Rewind. di Cinderella In Love (/viewuser.php?uid=102090)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. Blame it on the girls. ***
Capitolo 2: *** Parole, parole, parole. ***
Capitolo 3: *** Come noi nessuno al mondo(?) ***
Capitolo 4: *** Catturami ***
Capitolo 5: *** E' questione di sguardi ***
Capitolo 1 *** Prologo. Blame it on the girls. ***
Autrice:
Hikari(forum), RainLullaby(efp)
Titolo: Rewind
Fandom: Tppa
Rating: giallo
Genere: sentimentale, commedia
Avvertimenti: What if?
Slice of life
Personaggi: Monica, Michele, Laura,
Cristina, (?)
**
*Ps
: Nel testo appariranno dei
cuoricini, in quel caso sono link rimandanti a youtube, per il
collegamento alla colonna sonora adatta al momento. *Finiti i
chiarimenti:
Yuppy!* XD
Re-Wind
Rewind
...
PROLOGO
Blame it on
the girls
Laura
uscì sconsolata dalla sala medici, abbandonandosi
flaccidamente
alla sedia della sala d’aspetto, accanto a Paolo.
«Qualcosa
mi dice che i
fiocchi rosa prenderanno il sopravvento sulle bomboniere,
oggi…» dedusse Paolo,
in vena indubbiamente sarcastica.
«Stanno
nascendo le mie
nipoti: è un momento bellissimo ed io, io sono
tutt’altro che felice...» si
colpevolizzò quasi la bionda, con il
viso tra le mani.
Paolo
la strinse nelle
spalle: «Non devi sentirti in colpa: è andata
così,
ma è solo un caso…»
«Paolo,
non è un caso! Due
volte che ci proviamo ed ogni volta succede qualcosa che fa andare
tutto
storto…» si oppose Laura, con rassegnazione.
«Che
vuoi dire?» domandò Paolo, per metà
spaventato e per metà perplesso.
«Niente,
Paolo! Non
importa…» -ripose lei sbrigativa-
«Piuttosto, è meglio chiamare
Monica…»
«Sì,
certo…» farfugliò Paolo, ostentando un
flebile accenno di sorriso.
«Beh…
magari, almeno loro
riescono a sposarsi…» sospirò
pessimista.
Dopo
di che, si alzò a malavoglia, estrasse il cellulare dalla
borsetta
e lasciò strascicare il tulle bianco
a terra, rasento il pavimento di quell’ospedale.
«Ciao
Monica…» balbettò Laura al telefono.
«Laura,
finalmente! Ti
prego, dimmi che quella squinternata della maga di ieri non aveva
ragione…
Pozzuoli, la catastrafa, spade,
spade, spade… Niente di tutto questo, vero?»
farfugliò Monica, in preda alla nevrosi più
cronica.
«Mi
sa che, invece, aveva
ragione…» esalò lei.
«Ma
come?! Ma allora
ditelo che la sfiga è sovrana!» concluse Monica,
sbraitando tramite il
cellulare.
«Non
è sfiga, Monica… E’
tutta colpa mia!» precisò l’altra,
sconsolata.
«Ma,
tesoro, non dire così, Laura…»
cercò
di
tirarla su.
«No,
no, anzi, se tu e
Michele vi sposate, io e Paolo saremmo
felicissimi…» incalzò la bionda.
«Ma,
Laura, ti sei bevuta
il cervello? No!!! Io senza di te non mi sposo, capito?? Io non mi spo-
so!»
sottolineò Monica, innervosendosi.
«Monica,
non è giusto che
tu non ti debba sposare: tu e Michele vi volete bene, dovete sposarvi e
poi…
c’è un motivo in più per… tu
devi anche parlargli di…»
«No,
Laura mia, no! Se io
glielo dico, quello – io lo so, mi gioco il perizoma tigrato
taglia 40 che ho
da quando ho 23 anni e, tra l’altro, non mi è mai
andato- scappa!!» bofonchiò in preda
all’isterismo.
«Ma
perché, perché
dovrebbe farlo?» chiese Laura.
«Perché
ha un grandissimo
difetto!» esclamò.
«Cioè?»
«Ma
perché è uomo! E,
dunque, si sa è il testosterone, la colpa
risiede tutta là, è quello che li induce ad
essere BASTARDI!» strillò con voce man mano
crescente.
«Allora,
che intendi
fare?» chiese delucidazioni Laura.
«Adesso…
rimandiamo! E,
poi… ci sposeremo bene, no?» propose lei, fingendo
ottimismo.
«Speriamo…»
sospirò, mormorando tra sé.
«Che
dicevi?» chiese
Monica.
«No,
nulla! Comunque, vuoi
un consiglio? Parla a Michele, nascondersi le cose è brutto:
guarda me e Paolo
la scorsa volta…»
«Va
bene, ci proverò….» disse poco convinta.
«Ciao
tesoro e… scusami,
scusami tanto…» la salutò
flebilmente.
«Ma
non è colpa tua,
Laura: smettila! Mi raccomando, sta’ tranquilla! Un
bacio…» tentò di rassicurarla.
«Un
bacio…» fece eco
Laura.
~
«E
allora? Monica, su
parla!» la spronarono in coro Lea, Maya e Rosa, dimenandosi
nei loro
improbabili vestiti.
«Allora,
le notizie sono
due: una buona e una cattiva…»
«La
buona??!» buttò lì Maya,
con entusiasmo smorzato.
«La
buona è che Laura sta
diventando zia!» esclamò
Monica, affatto convinta.
«Ma
no, no, no!» si agitò Rosa.
«Un’altra
volta, pure
voi?! Ma è proprio una maledizione!»
costatò
Maya, rassegnata.
«Beh…
meglio ravvedersi e
attendere, soprattutto, se, poi, ‘il confronto con
l’altra metà del cielo’ si
conclude con un paio di corna…» buttò
lì
con risentimento Lea.
«Lea,
mica tutto si
conclude con un paio di corna…»
commentò
Rosa,
fingendo distacco.
Le
amiche soffermarono i
loro sguardi perplessi su Rosa che iniziò a
mugugnare.
«E
no, Rosa! Questo
momento di disperazione spetta a me di diritto e… non solo!
Mi spetta di
diritto e anche di rovescio!»
«Ahahahah!
Ma l’hai
sentita ‘di diritto e anche per
rovescio’!»- starnazzò Maya a Rosa,
mentre quest’ultima scoppiava a
piangere nuovamente.
«Ed
ora, cosa avresti
intenzione di fare?» buttò lì Lea.
«Cosa
avrei intenzione di
fare, adesso, dici? Beh… scappo a casa, seppellisco il
vestito in un posto dove
non potrà mai essere visto dagli indiscreti occhi della
yella, mi cambio e
torno, dopo di che mi imbottirò di
valeriana e mi proietterò verso
2 kili di variegato al cioccolato e fragola per tentare di capire cosa
la vita
abbia contro di me, per diamine!»
«Questo
sì che è ottimismo!»
piagnucolò
Rosa, gettandosi a picco sulla spalla di Maya che,
con una smorfia, esternò tutto
il suo disappunto alle altre, pur non negando all’amica il
suo braccio da
trastullare.
«E
adesso che si dice a
Michele?» domandò imperturbabile Lea.
«Eh…
non lo so, non lo so!
Io di cose da dire a Michele ne avrei, eccome se ne avrei,
ma… non può vedermi così
perché
porta sfiga!!» sbottò Monica frenetica.
«Eh,
tesoro, tanto più
sfiga di questo!» soggiunse Maya, cogliendo poi
l’occhiata torva di Monica.
«Sì,
va bene, va bene: la smetto e ti accompagno a
casa; tanto, qui, tra ‘Miss cleanex vacante’ e
tutto il resto, non si può fare diversamente!» la
invogliò Maya.
«No…
non dire così: io mi sento inutile… tanto, tanto,
tanto, tanto,
tanto…»
«Sì,
tanto inutile: ‘avvisiamo la gentile clientela
che: ‘Messaggio ricevuto il 16 settembre 2009, alle
ore…- aspetta un attimo- 11
e 37 minuti!’’»
«Rosa,
in sentesi: abbiamo
capito; Maya, piantala: non è ora di dimostrare quanto
sarebbe stato adeguata
per te la carriera di valletta sgallettata e… Monica, vengo
con te: i tuoi
gusti, quando sei sotto shock emotivo, crollano vertiginosamente verso
il
baratro e… siccome, il matrimonio è
andato… almeno evitare le corna sarebbe
propedeutico, non trovi?»
«No,
ma adesso ditemi: Me
la state a tirà ulteriormente!!?? Che amiche!»-
sbottò Monica, urlando contro le tre colleghe- «Va
bene,
ragazze: grazie! Se permettete, ora vado da sola e torno quando
sarà
emotivamente pronta e soprattutto vestita in altro modo, possibilmente
di
nero!»
«Eh
beh, ovviamente! Il
nero sfina!» si infilò Lea impassibile.
«Eh
no, il nero fa lutto!»
disse, andandosene indispettita.
~
«Chissà
che macello
abbiamo scatenato laggiù, Paolo…» disse
Laura delicatamente al compagno, sulla
cui spalla poggiava il capo.
«Ma
non ti devi
preoccupare, Laura… In fondo, non è successo
nulla di irrimediabile e… poi,
l’importante è che crediamo di essere perfetti uno
per l’altro…» cercò di
consolarla Paolo.
«Non
so perché, ma ne sono
sempre meno convinta, Paolo. Io non ce la faccio
più…»
«Laura,
ma…»
«Non
fa niente, non
ascoltarmi: sono una donna provata e ‘le donne provate dicono
sempre la cosa
sbagliata al momento sbagliato’: ‘Tu
donna’ numero 526, inserto psicologia,
pagina 34» si allontanò Laura,
stringendosi in un caldo scialle.
~
«Ma
credi veramente che
quello psicopatetico de l’altro giorno ch dicevi te,
c’ha ragione: ‘Questa è
yella! ‘Un se po’, qua o matrimoni
c’hanno ‘a ‘maledizione del
bouquet’!»
farfugliò Cristina, dimenandosi sulla
panchina fuori la chiesa.
«Oddio
santo, oddio santo:
‘psi-co-pa-ti-co’ e i congiuntivi, Cristina, i
con-giun-ti-vi! E, poi, ‘quello
là’ ha un nome: Paul Watzlawick, nato a Villach il
25 luglio 1921!» si infervorò Emanuele, colpendosi
il capo con il moleskine che
teneva tra le mani.
«Che
coglioni!! Tutta ‘sta
pignoleria: che sarà mai!» controbatté
Cristina.
«Cristina,
segui il mio
ragionamento: l’insuccesso amoroso dei nostri genitori si
traduce nient’altro
che nel ribadimento della nostra menomazione sentimentale!»
«Che?»
gli fece una
smorfia la ragazza.
«Cioè:
‘non battiamo un
chiodo’!» concluse lui, sbracciandosi.
«Un
par de pale, ‘a Ema!
E, poi, parla per te: io ero fidanzata!»
«Se…
va beh! Quanti anni
fa ? E, poi, con quel playboy da strapazzo esalante melassa…
- me lo concederai
quest’espressione dialettale, no?- sai che culo:
Palmieri!!!» si infastidì lui, cinico.
«E
te? Te la sei già
scordata ‘a tardona?!» tirò fuori
un sorrisetto malizioso lei.
«Ma
che centra??»
«’A
verità è che tutt’e
due vorremmo innamoracce, solo che l’amore è
lontano o ci scappa!» constatò Cristina.
«Sai
che se fosse espressa
in italiano decente, potrebbe diventare un aforisma!»
«Un
afo- che?»
***
Note
alla comprensione: Spazio
autrice:
Allora,
dunque, questa
storia è parte di una long fic ancora in fase di stesura,
ma, siccome sono
molto legata a questa scena, da cui nasce tutto il contesto precedente
e, poi,
successivo, ho deciso di partecipare con questa al concorso.
Diciamo
che, essendo io
una fan sfegatata -a dir poco- di
Neri Marcorè e Carlotta Natoli, sono rimasta molto
insoddisfatta dalla seconda
serie non per il riscontro complessivo che è stato piacevole
senz’altro, ma dal
fatto di non aver potuto vedere la
coppia insieme e, per giunta, alle prese con un pargolo: cosa che mi
avrebbe
fatto sicuramente sperticare dalle risate, ma, nel contempo, fatto
sorridere di
tenerezza perché il loro sì che
era un amore con la ‘A’ maiuscola.
Tutto qua, inoltre,
sognando la terza serie in arrivo, era proprio d’obbligo dare
adito alla
fantasia… <3
Hikari. <3
|
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Capitolo 2 *** Parole, parole, parole. ***
I CAPITOLO
Parole, parole,
parole.
Di Rewind, Still, Play !
Parole,
parole,
parole, parole, parole, soltanto parole… parole tra noi.
(Mina)
«Giuse,
ma che cacchio sta
succedendo, scusa? Io non ci sto capendo più
niente…!» affermò la signorina
concitata, rizzandosi sulla sua
poltroncina rossa.
«Ma
come, Carla? Non vedi
che…» fu interrotto Freiss.
«4,
3, 2, 1… Azione!»
«Dottor
Freiss! Mi vuole
spiegare cosa diamine sta succedendo?» civettò
Carla curiosa.
«E’
successo questo, signorina!»
annunciò trionfante il dottor
Freiss, alzando un telecomando e puntandolo a mo’ di arma
temibile, verso lo
schermo piatto appeso alla parete.
«Eh
??! Sei stato… No… E’
stato lei??» sbarrò gli occhi la signorina.
«Ma
che domande sono,
signorina?! Certo che sì!»
rispose fiero il dottorone.
«Cioè,
mi vuole dire che
lei può gestire il tempo a piacere?!»
«Diciamo
che arrivati alla
trecentocinquantasettesima replica di questa serie che la
‘mia dolce metà’ mi
obbligava a consolarla, fazzoletti alla mano, per il lutto di un attore
molto…-
come si può dire?- apprezzato dalla
popolazione femminile italiana… Ho pensato di autotutelarmi
e tentare il tutto
per tutto!» esplicò con un lieve retrogusto di
invidia lo psicologo.
«Davvero?»
chiese
strabiliata la donna.
«Signorina,
il cappello?»
suggerì lui di sottecchi.
«Ma
ho i capelli sciolti…»
rispose lei, sfiorandosi la chioma castana.
«L’introduzione,
Signorina…» si accigliò lui.
«Ah…
certo! Dottor Freiss,
lei che è un esperto di tragedie imminenti riguardo lutti
improvvisi di attori
molto, molto… fascinosi e particolarmente ambiti dalla
popolazione femminile,
mi dica: cosa può evitare questa tragedia? E
cosa comporterebbe nel corso del regolare svolgimento di una fiction
televisiva
di enorme successo…?» lo introdusse in tono
cantilenante lei.
«Beh,
la prima risposta è,
di per sé, molto semplice! Cosa può
evitare questo calo ormonale di massa da parte delle donne attratte da
un
suddetto personaggio? Questo!!» disse Freiss, sventolando con
orgoglio l’ormai
noto telecomando.
«No,
scusi, scusi, Freiss,
ma cosa vuole aver combinato con un telecomando?» lo sbeffeggiò
inconsapevolmente Carla.
«Rewind,
still, play!»
scandì lui, facendo tornare indietro il video proiettato
sullo schermo, fermandolo e mettendolo nuovamente in moto, mentre
prendeva
forma una nuova dinamica dell’accaduto.
«No,
ma lei ha fatto
tornare indietro il tempo??» sbarrò gli
occhi Carla.
«Certo
che sì! Volevo testare come il pubblico avrebbe reagito
ad un eventuale squanquasso della dimensione spazio
temporale!» esclamò compiaciuto lui.
«Ma
è sicuro che sia
legale?» bisbigliò lei sempre più
allibita.
«Ma
non era lei che voleva
a tutti i costi vedere ancora quell’attoruncolo da
strapazzo?» si innervosì Freiss.
«Prima
di tutto: non è un
attorunculo da strapazzo e, poi, tanto non ci sono speranze: nella vita
è
sposato felicemente e, nella finzione, la fortunata è stata la Natoli,
quindi…!» sbuffò la signorina,
gesticolando.
«Ma
che sto’ qui a
fare??!» si alzò furioso Freiss.
«Ma
Giuse! Dai, sei geloso
di Marcorè?» domandò lei suadente,
mentre lo
imbrancava per un braccio per evitare che si rintanasse in
quell’antro cupo che
lui soleva definire ‘camerino’.
«Lei
non mi sa apprezzare
a pieno, sa? Il sex appeal non è mica tutto nella vita!
Anche io, a mio modo,
potrei diventare un sex simbol di tutto rispetto, in fondo che ci
vorrà mai?»
contestò il grosso psicologo.
«Adesso,
non esageriamo!
Giuse, non è che puoi pretendere… Già
sei tuttologo…» - le fece l’occhiolino
lei, cercando di addolcirlo un po’-«Comunque,
secondo lei come si rivolterà l’ambaradan
adesso?»
«Beh,
diciamo che
potrebbero verificarsi i fatti più disparati, la vicenda
potrebbe evolversi
nelle maniere più assurde e, se, forse, si possono evitare
delle tragedie, se
ne potrebbero verificare altre, così come
per i personaggi: così come qualcuno resta,
qualcuno potrebbe andarsene, qualcuno tornare, qualcuno arrivare dal
nulla… Non
si sa mai a cosa si va incontro…» farneticò
il
grosso psicologo.
«Ma
dice davvero?
Diventerà il mercato del pesce! Gente che va, gente che
torna…!?» domandò
retorica lei.
«Gente
di mare, gente che
va… dove gli pare, ma dove non sa…»
canticchiò irriverente lui, volendo
risultare forzatamente simpatico.
«Dottor
Freiss, a Sanremo
magari un’altra volta!... Comunque, noi stiamo sempre a
guardare, no? Non
saremo mica vittime dei tagli Rai, no? »
«Signorina,
ma certo che
no! Secondo lei un palinsesto così
prestigioso quale la ‘Rai, radiotelevisione
italiana’ può fare a meno di due tali prodigi
dell’ambito della
scienza dei telefilm italiani?!» rispose secco.
«E
da quando io e te siamo
tutto quello che hai detto adesso?» chiese incredula Carla.
«Signorina,
va bene essere modesti, ma la sottovalutazione
di cui è vittima è controproducente!»
sbuffò Freiss.
«Secondo
me è più controproducente parlare, parlare,
parlare…! Io vorrei vedere come va a finire,
sa?...» rispose bruscamente la
signorina, ormai scocciata.
«Signorina…
Tempo al tempo!» ribattè lui.
«Ma
che tempo al tempo: adesso! Premi quel diavolo di
‘play’!» strillò
istericamente, imponendosi su di lui Carla.
«Va
bene, va bene…»- si intimorì il grosso
psicologo,
dondolandosi goffamente sulla sua poltroncina e premendo il tasto play
del
telecomando che stringeva in mano- «Te l’ho mai
detto quanto mi piaci quanto ti
arrabbi?»
|
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Capitolo 3 *** Come noi nessuno al mondo(?) ***
II CAPITOLO
Come noi nessuno al
mondo (?)
Di segreti nascosti e consolazioni.
Monica
calpestava la
ghiaia del piazzale fuori la chiesa, ormai deserto.
Per
quanto le pesasse
dover ammettere di non essere riuscita a realizzare il suo sogno,
voleva,
almeno, dimostrare fierezza e padronanza della situazione…
In
realtà, tutti questi
non erano altro che pretesti senza fondamento: era lì
perché voleva farsi consolare dal suo uomo e
basta! xD
Monica
arrivò dinnanzi al muretto di pietra fredda e scivolò
di peso su di una panchina di legno; guardava in
alto senza pretese.
«Ehi!»-
la riportò
alla realtà Michele -«Amore, che ci fai
qui?»- chiese sarcastico.
«Sei
incredibile, riesci a
fare ironia in qualsiasi caso, anche adesso: sei incredibile
proprio!»- si mise
a ridere amaramente lei, guardandolo negli occhi.
Michele
accarezzò
il viso di Monica, scostando un ricciolo che oltraggiava il suo volto,
non
permettendogli di vedere a pieno la profondità dei suoi
occhi celesti.
«Cosa
mi volevi dire
prima?» chiese Monica.
«No…
niente, tu invece?»
chiese non curante lui, celando dietro gli occhi neri, il cui il debole
sole di
settembre si specchiava, dando loro luce, l’ombra di un
omissione.
«Io…
beh, io…» iniziò
lei titubante, stringendosi nel copri spalle nero.
«Eccovi
qua!» la
interruppe don Luigi, barcollando nel suo passo incerto, fino a
sporgersi dal
portone della chiesa.
I
due si scambiarono
occhiate perplesse, Monica guardava Michele interrogativa.
«Io
mò
entro dentro, ma dovete venire ‘n pressa ‘n pressa
che vi devo fare un bel
discorsetto che ne avete bisogno, per la carità di
Dio!» farfugliò
don Luigi, tornando dentro.
«E
questo, s’è impazzito?»
chiese Monica a Michele con una risata.
«Fossi
in te non riderei…»
disse, ridendo nervosamente Michele, sapendo a cosa andava incontro.
«No,
aspetta… Dimmi tutto!
So già che mi incazzerò
come una iena, tanto…»
«Ecco,
ti ricordi di
quello che mi hai mandato a dire da parte di mio fratello?»
buttò
lì Michele, con
finta indifferenza.
«Certo,
gliel’ho detto io
di venirtelo a dire!» rispose Monica, disinvolta e con un
mezzo sorriso.
«Ecco,
bene: Don Luigi ha
sentito tutto!» disse Michele, con volto impassibile rivolto
al vuoto.
«Stai
scherzando, sì?»
- chiese, mentre rideva nervosamente- «Ma quello è
un deficiente!!! Michele, ma
che fratello hai? Cosa hai fatto quando era piccolo: l’hai
avvelenato con il
Dash nel biberon, l’hai buttato giù dalla culla,
qualcosa gli deve pur essere
successo a quel celebroleso per essere così
ebete!!!»- sbraitò
con tutta la voce che possedeva.
«Monica,
in fondo…» cercò
di calmare le acque- inutilmente- lui.
«In
fondo che, Michè?! Si
tutela tanto la privacy e, poi, bastano gli sproloqui di un cognato demente a mettere in piazza tutta la
vita privata delle persone!!!?»
«Amore,
calmati! Cosa ci
potrà mai dire don Luigi di così
terribile?!» chiese retorico e speranzoso nel
contempo.
«Non
lo so, ma quando
quell’uomo vuole innervosire la gente con i paradossi
biblici, risalenti alla
dottrina cattolica di 150 anni fa, ha capacità che sfuggono
alle leggi
spazio-temporali!» sbuffò Monica,
polemica, ma stranamente pacata nel tono.
«Michele…»-
mormorò,
prendendo fiato-«Michele, tu mi ami?»
«Fammici
pensare!...»- alzò
il volto al cielo Michele-«Mmm… sì,
dai!»- buttò lì, lui, sorridendole.
«Amore,
ma certo che ti amo!»
«Ma,
vedi ci hai pensato!
Sei un uomo indeciso, meschino, infame e… immancabilmente
traditore!» concluse
lei accigliata.
«Ma…
Lascia stare! Monica,
mi guardi negli occhi?!»- le disse, poggiando la sua fronte
contro quella della
compagna-«Monica, io ti amo, capito? Non
c’è niente che mi farà cambiare
idea!»
«Neanche
don Luigi?»
domandò lei, con
gli occhi spauriti tanto quanto quelli di
una bambina lasciata sola al buio, mentre Michele le prendeva il volto
tra le
mani e le baciava le labbra.
«E
questo era un sì
o un no?» domandò lei con un mezzo sorriso.
«Andiamo
al massacro?» si
mise a ridere lui, porgendole la mano.
~
«Sodomo
e Gomorra,
vogliamo tornare a Sodomo e Gomorra?!» domandò
infervorato don Luigi,
dimenandosi nell’abito talare bianco, rivolto a Michele,
rassegnato e seduto
sulla panca di legno della sagrestia, mentre Monica poggiava il capo
sulla sua
spalla.
«E
non mi rispondete?!»
chiese don Luigi sorpreso.
«Don
Luigi, che le
dobbiamo dire?» ribattè stancamente Michele,
risolgendo i palmi al cielo.
«Che
mi dovevate dire a me qualche mese
fa,
piuttosto!» lo corresse con la sua buffa inflessione il
parroco.
«Ma
scusi, eh! Ma cosa
sta…» saltò
in piedi Monica, strepitando.
«Monica
voleva dire che,
se lei si riferisce al fatto che…» cercò di rimediare
l’irrimediabile Michele, coprendo con la mano destra la bocca
della donna.
«E’
menzogna!!!» decretò
don Luigi, infervorandosi ulteriormente dinnanzi
all’opposizione dei due.
«Suvvia,
menzogna:
omissione, no?» propose, facendo l’occhiolino
Michele, in tono pacato.
«Menzogna
e lussuria!»
controbatté ulteriormente il vecchio prete.
«Lussuria???
Ma mica
stiamo ai tempi di Dante, ‘a don Luigi, manco don Abbondio ne
‘I promessi
sposi’ era così…»
venne interrotta bruscamente nuovamente Monica
da Michele che la zittì
per porre rimedio alla situazione.
«Lussuria,
prima del
matrimonio è lussuria!» ribadì
imperterrito e inamovibile.
«Ma,
gliel’ho già detto,
che avremmo dovuto fare? Noi siamo grandi, vaccinati, forse fin troppo,
siamo
fidanzati, che è?! Dovevamo limitarci ai baci!?»
domandò
retoricamente Michele, sorridendo a Monica.
«Perversione
di Dio, ‘nche
chilla!» echeggiò
la voce possente del prete.
«Ma
quindi? Bruceremo
imperterriti tra le fiamme dell’inferno: ha ragione
lei!» sbuffò,
ormai, stravolto e stufo Michele che, dimenandosi stancamente con ampi
gesti
lenti, mostrava la camicia bianca spiegazzata fuori dai pantaloni.
«Ecco,
appunto: noi
andremmo, dato che abbiamo concluso… La nostra sorte
è dettata ormai, no? Vorrà
dire che conosceremo Belzebù, Casanova e tutta la
banda… Arrivederci, don
Luigi…!» farfugliò, infastidita Monica,
mentre s’alzava e si sistemava il
vestito per poi tirare Michele per un braccio, invitandolo ad evadere
da quel
tormento.
«Dove
vorreste andare?»
tuonò don Luigi,
goffamente.
«Eh
beh… forse a
dormire!?» propose retorico Michele.
«Signorina
si ricordi:
lussuria!!!» echeggiò
don Luigi, rivolgendo uno sguardo severo a Monica
che si arrestò di
colpo, facendogli una smorfia.
«Eh…
proprio no, eh! Le
due pecorelle smarrite qua presenti, data la crisi, Tremonti e tutto
quello che
manca in questo benedettissimo Paese, hanno un letto solo con tutto ciò
che questo comporta: senza sconti… quindi, tanti
saluti!» sbottò
freneticamente Monica, strattonando ulteriormente Michele, ormai inerte
dinnanzi alla sua furia.
«Signorina…!»
la chiamò
con le mani sulla fronte il disperato don Luigi.
«Monica,
aspetta!»-
accelerò il passo
Michele per raggiungere Monica che
sbattendo i piedi a terra a ogni passo, evidenziando la presenza dei
suoi
tacchi alti e tanta, troppa rabbia- «Don
Luigi…»- lo sussurrò
alzando una mano flebilmente Michele.
~
Clelia
oltraggiava il
pavimento del corridoio dell’ospedale, incurante di tutti,
tenendo a dovuta
distanza Mario che camminava soddisfatto, mostrando un sorriso radioso
nell’osservare la sfrontatezza di Clelia.
La
donna fingeva
indifferenza, ma non era difficile capire che dentro di lei, le
emozioni si
contorcevano disperatamente, rendendola inquieta.
Non
poteva crederci: di
nuovo, era successo di nuovo!! Nonna per la ter… quarta
volta!
La
vecchiaia incombeva e
non teneva minimamente conto della sua stizza a riguardo, anzi sembrava
diventare sempre più beffarda nei suoi confronti.
Riflettendosi
in una delle
finestre che davano luce ai corridoi pallidi, vide una donna inerte
dinnanzi a
un tempo che passa inesorabile, senza tener conto di nulla, neanche di
far
comparire un’ulteriore ruga d’espressione sul suo
viso truccato; fermatasi
giusto un attimo davanti a quell’immagine sfocata che
sembrava offuscare i suoi
sogni di immortalità e impersonare l’incubo di
vedersi esattamente come non
avrebbe mai voluto. Scostò
la palandrana accesa in modo violento e continuò
la sua marcia verso la meta, facendo finta di niente.
Ciò
che le dava più fastidio in assoluto, pensava, era il fatto
che, in fondo, lei
non era in grado di mascherare le proprie emozioni a carnevale,
soprattutto in
quelle occasioni.
Avrebbe
voluto apparire
come sempre: fiera, distaccata, cinica e platealmente infastidita per
aver
dovuto interrompere una maschera di bellezza al cetriolo per correre a
vedere
la sua figlia minore, fatta a sua immagine e somiglianza,
impersonificare ciò
a cui l’aveva sempre invitata a non diventare. Per orgoglio,
ovviamente…
Non
avrebbe mai e poi mai
confessato, neanche sotto tortura, che ciò
a cui si era sempre
ostentata nemica: la carriera di mamma non era poi così
male, per quanto si distaccasse dal suo universo di egocentrismo.
Sistemò
una ciocca di capelli dietro le orecchie quando arrivò
a svoltare per entrare nel nuovo reparto, per non farsi cogliere
impaurita,
impreparata, fragile: umana… Giammai!
Fu
così
che rivolgendo un’occhiata scocciata dinnanzi a lei, incontrò
lo sguardo malinconico e commosso di Laura, abbracciata a Paolo.
«Eccoci!
Ci risiamo! Un
po’ troppo sovente, in questi ultimi anni, assisto a scene
del genere, mi verrà
sicuramente un attacco iperglicemico!» gracchiò Clelia per non destare
sospetti.
«Mamma…
possibile che tu
sia così
refrattaria!? E, poi, vorrei ricordarti che non
varchiamo il reparto d’ostetricia da quando è nata
Nina!...» piagnucolò
Laura.
«Praticamente,
l’altro
ieri!» ribattè immediatamente la madre.
«Eh
beh… Non proprio, Nina
ha già otto anni!» soggiunse Paolo, senza rendersi
conto.
«Cosa
vuoi insinuare, Paulo? Io sono la
stessa di allora, non
sono cambiata di una virgola, è chiaro?» rispose
subito accigliata e vagamente
offesa.
«Ragazzi,
entriamo!?» li
raggiunse Mario, arrivando alle spalle di Clelia.
«Oh,
eccolo! Guarda chi
mancava a chiudere il quadretto felice, il presepio vivente della
massima
melensa possibile! Andiamo a concludere, su! Voglio proprio vedere fin
dove si
può
arrivare!» sbuffò
nuovamente lei, facendo
cenno d’entrare a Paolo e Laura.
«Non
cambi mai…eh?»
sorrise Mario, guardandola divertito.
«Marsh,
prima che cambi
idea anche su di te!» gli fece l’occhiolino,
aspettando che entrasse.
~
«Certo
che anche tu, te la
prendi sempre con quel poveraccio di un prete…» si
mise a ridere Michele,
uscendo dalla camera da letto, dopo essersi infilato un paio di jeans e
una
camicia celeste.
«Monica,
ma…» la
richiamò lui, non
ottenendo
risposta.
Arrivato
davanti
all’entrata per il soggiorno, le si avvicinò
e stette a guardarla:
Monica se ne stava immobile, addormentata sulla manona come una bambina
al buio.
«Monica…»
sussurrò
dopo averla coperta- «Oh…»- le sorrise,
vedendola sgranare gli occhi.
«Che
stavi dicendo? Che me
la prendo sempre, no?» farneticò
Monica, non ancora sveglia del tutto, facendo
seguire un sonoro sbadiglio.
«No,
dimmi tu… Com’è che
ti addormenti così?»
le sorrise lui, baciandole le labbra.
«Eh…Ricordami
di dirtelo,
prima o poi… Ma non c’è tanta fretta,
comunque niente…» -sorrise lei,
sollevandosi a metà-«Michele, mi dici una
cosa?»
«Dimmi
tutto, amore…»
disse lui, mentre le accarezzava i capelli.
«Ho
sentito Laura: sono
nate le gemelle di Stefania, ma con Paolo…»
«Hanno
litigato?»
«Ma
che ne so, Michè?!
Mica ero là, no?! Non ho ancora il dono
dell’ubiquità io!!!»- rispose Monica,
nevriticamente-«Litigheremo, non ci capiremo più,
magari spuntano le corna e la
coppia scoppia, Michè! Perché voi uomini siete
stronzi… e traditori… e non
pensare di avere scusanti!»- sbraitò
lei, alzandosi come una
molla e gesticolando senza sosta.
«Monica…fermati!»-si
alzò,
prendendole il viso tra le mani lui.
«Che
succederà a noi,
allora?»
«Ma
tu davvero pensi che
si possa prevedere? Io e te siamo talmente squinternati che ci
potrebbero
scrivere un romanzo in chiave bretone… Siamo imprevedibili,
come noi...»
«Non
c’è nessuno dici?»
«E
certo! Come noi…
nessuno al mondo!»- le sorrise lui, buttando gli occhi al
cielo-«Perché…»- iniziò
a cantare. ♥
Prima di te,
c'era il buio più profondo
E non so perchè prendevo a calci il mondo
Vivevo con me stesso una stanca abitudine
E cercavo un compromesso, nella mia solitudine
Monica sorrise…
Prima di te, come una foglia al vento
Dentro me vibrava un sentimento spento
Per gli uomini che ho amato
Per le donne che mi han ferito
E per tutto quello che ho dato
Agli amici che mi han tradito
Io e te, come noi nessuno al mondo
Io e te, in questo amore più profondo
Io e te, cambio pelle cambio vita io e te
Per noi non sarà mai finita
Io e te, come noi nessuno al mondo
Io e te, in questo amore più profondo
Io e te, come un sogno questa vita io e te
Per noi non sarà mai finita
Dopo di te
Se ci penso mi treman le mani
Non potrei immaginare senza te il mio domani
Forse chiederei aiuto al mare
Nele notti per non morire
Ma non voglio pensarci ora
Che sei qui tra le mie braccia ancora
Io e te, come noi nessuno al mondo
Io e te, in questo amore più profondo
Io e te, cambio pelle cambio vita
Io e te, per noi non sarà mai finita
Io e te non ci lasceremo mai
Io e te mi risveglio e tu ci sei
Io e te, come noi nessuno al mondo
Io e te cambio pelle cambio vita io e te
Per noi non sarà mai finita…
«Hai visto, lo
dice anche Toto
Cutugno!» rise lui, prendendola in giro con un buffetto sulla
guancia e
recandosi verso l’atrio.
«Michè,
te che dici ste cose, ne sei
proprio sicuro, sì?»
***
Credits:
©
Come noi nessuno al mondo- Annalisa Minetti feat.
Toto Cutugno 2005
Spazio autrice:
Mi
scuso per il ritardo a dir poco vergognoso: chiedo venia! :'( sigh... e
vi ringrazio tantissimissimo tutte per le recensioni, i commenti su
facebook e per chiunque dia una sbirciata: grazie grazie grazie!!! ^^
Non ho controllato la storia... quindi, se trovate errori scusatemi...
lo ricorreggo domani e modificherò!!! (:
Grazie
a tutte davvero di cuore!!!
Bacioni
Hikari <3
|
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Capitolo 4 *** Catturami ***
CAPITOLO III
Catturami
Di rivelazioni e cappuccini
distratti.
«Laura,
ma non abbiamo
avuto il tempo di scambiarci neanche due parole stamattina,
già vai?» domandò
Paolo, zoppicando nelle sue morbide pantofole, tenendo lo spazzolino da
denti
in bocca.
«Sono
in un ritardo
mostruoso, le ragazze mi uccidono se arrivo in ritardo, lo sai,
no?» fece in fretta
Laura, prendendo con sé la borsa e la giacca sbrigativamente.
«Beh,
certo! Ci vediamo
stasera?» domandò
Paolo, atterrito dalla fretta con cui Laura stava
lasciando casa.
«Sì,
sì,
amore… Vedrai recupereremo stasera: mi farò
trovare come la donna perfetta: ai fornelli, tirata quanto una Barbie e
pronta
a sorridere a qualsiasi e fare sempre cenno di sì,
come una velina, in
pratica! A stasera…» sorrise sarcastica lei,
baciandolo appena sulla guancia e
chiudendo la porta.
«Non
so perché, ma più passa il tempo, più
io non la capisco!»-sbuffò
Paolo, percorrendo il corridoio e lasciandosi cadere sulla sedia al
tavolo
della cucina, dinnanzi alla catalessi dei figli, buttati brutalmente
giù dal
letto poco prima-«Beh, fa piacere il fatto che voi non mi
diate la benché
minima consolazione…»
«Pa’,
le donne sono un universo a sé stante, spesso
incomprensibile alla ragionevole
presa di coscienza della razionalità che guida la psiche del
genere maschile a
cui- modestamente- appartengo, apportando il mio contributo…
Quindi, non c’è
consolazione che regga! Una volta scelta la
‘femmina’ con cui decidiamo di
passare la vita, siamo legati a vita alla loro essere lunatiche e
assolutamente
indecifrabili sotto ogni profilo fisiologico -
psicologico…!»
«Facendo
un riassunto, che diavolo vorrebbe dire?» lo guardò
interlocutiva Cristina.
«Che
una volta trovata la propria donna, per l’uomo, sono
cazzi!» esclamò
disinibito Emanuele, addentando entrambe le fette biscottate, appena
inzuppate
nel tazzone di latte che teneva tra le mani.
«Ema!!!»
fecero in coro Paolo, Nina e Cristina, in segno di rimprovero.
«Ad
averla una donna, però!»
si rivolse sognante al cielo Ema, facendo finta
di niente.
~
«Maya,
Maya mi passi la
foto che hai scelto: dobbiamo aggiustarci alla male peggio, dato che il
grafico
non c’è!» alzò
il tono di voce Rosa, chiamando la rossa, in tono
polemico perché Monica sentisse.
«Rosa,
tesoro mio… Non
siamo ancora sotto dittatura, puoi esprimere senza artefici retorici il
tuo
disappunto sulla mancanza della nostra grafica!» commentò
senza troppi giri di parole la direttrice, scendendo dalla scaletta del
suo
ufficietto.
«Oh,
menomale! Mi sento
sollevata: a me, Elio manca! Non sentite che manca qualcosa, oltre
l’odore
delle scarpe che solo un uomo può
sopportare?» domandò
Rosa, spontanea come suo
solito.
«La
realtà, Rosa, è che
per quanto gli uomini ci siano ostili, sentiamo la necessità
di averci a che
fare, soprattutto se non ne
possediamo uno a portata di mano!» disse Lea, in tono
maestoso e, senza dubbio,
risentito.
«E
siamo rimaste solo io e
te…» piagnucolò
Rosa, nonostante l’iniezione di autostima dei
giorni precedenti che l’avevano portata a raggiungere- almeno
per quanto
possibile- un grado di stabilità psichico-emotiva
accettabile.
«Suvvia,
Rosa non ne fare
una tragedia: tu sei stata sposata e, quindi, in compagnia
d’un uomo per tutto
il periodo delle mie peggiori beffe
sentimentali: non può
sempre andare male agli stessi!» ribattè Monica,
abbozzando una linea difensiva.
«E,
poi, non credere che
sia tutto così
facile! La vita di coppia è durissima!»
commentò secca
Laura, percorrendo il corridoio della
redazione e lanciando, alla male e peggio, la borsa sul divano bianco.
«Ecco,
appunto! Adesso, Maya
si trova nella melassa dei primi tempi e non
può essere
oggettiva, ma io e Laura possiamo dirlo:
una storia che duri, anche solo, più di tre notti e due
giorni è fin troppo
faticosa!» appoggiò
l’affermazione dell’amica Monica, appoggiandosi
alla scrivania di Rosa.
«A
me non pare che voi due
siate così oppresse dalle
vostre relazioni: Laura, tu sembri
un po’ più perplessa, ma, concorderete con me,
che, Monica, entri qua dentro
con dei sorrisoni che non si vedevano da parte tua dai tempi del primo
fidanzatino in seconda elementare!» gracchiò
Lea con una smorfia di
disappunto.
«Ma
guardala, guarda che
occhi sbrilluccicosi che ha!» civettò
Maya con un sorriso
intenerito.
«Ce
ne siamo giocate tre,
capisci, Lea?! Tre nel giro di un solo anno!» denotò
Rosa all’orecchio di una fredda Lea.
«La
più colpita, però, rimane Maya. Da quando si
è innamorata, non ne
caviamo più ‘un ragno da un buco’! Vive
sulle nuvole, senza nessi reali: come
rovinare la vita? Basta un uomo!...» constatò
amaramente la bionda.
«A
proposito, Monica…»- le
fece l’occhiolino Laura- «Non dovevi chiedermi
quella consulenza sull’articolo
delle ‘donne manager’?»
«Certo!
Che sbadata, non
me ne ricordavo quasi: saliamo?!» propose Monica con
un’occhiata furtiva alla
bionda che s’apprestava, nel frattempo, a seguire la
direttrice su per la
scaletta.
«Ma
quell’articolo non è
uscito nello scorso numero?» domandò
Rosa analitica.
«Ma
certo che è uscito lo
scorso numero e, per giunta, l’ho scritto io: quindi, sì,
è proprio come stai pensando Rosa! Le due stanno
confabulando… di cosa non si
sa, ma…» commentò
Lea, senza distogliere lo sguardo dalla rivista
che stava avidamente sfogliando.
«Allora?!
Gliel’hai
detto?» chiese impaziente Laura, sedendosi alla scrivania.
«Beh…
no…» abbassò
lo sguardo Monica.
«Ma
perché?» domandò
scocciata la bionda.
«Ma
perché ho una paura
fottuta, Laura! Quello- lo so- appena lo sa, scappa!»
«Ma
perché dovrebbe farlo,
per la centesima volta?» chiese nuovamente con cadenza stanca
e ridondante.
«Ma
perché tu te lo vedi
Michele tra ciucci e pannolini?» chiese retorica Monica.
«Se
è per questo, fino ad
un anno fa, non avremmo mai pensato che avrebbe potuto mettere in piedi
una
relazione con una donna che durasse per più di 36 ore,
invece- dimmi se erro-
credo proprio che potrai darmi prova del
contrario…» la mise alle strette Laura
che si fermò, in
quel momento, a guardare soddisfatta
l’espressione attonita di Monica, ormai disarmata sopra ogni
fronte.
«Monica,
c’è Michele!» si
sentì dal piano di
sotto.
«Eccolo!
Guarda un po’: si
parla del diavolo e spuntano le corna e… il
forcone!» sorrise maliziosa Monica
a Laura, mentre chiudeva la porta del suo ufficio.
«Vai,
su!» la incoraggiò
Laura, invitandola a precederla.
«Amore!»
-gli sorrise
Monica, vedendolo, mentre scendeva le scale-«Come mai
qui?» disse, baciandolo
sulle labbra.
«Ti
devo parlare un
attimo, puoi?» chiese con un sorriso.
«Sì,
però usciamo a fare
due passi che mi manca l’aria…»
suggerì lei,
prendendogli la mano per poi tirarlo fuori la
porta della redazione.
«Dimmi,
che è successo?»
chiese Monica, prendendo una boccata dell’aria fresca di quel
settembre pieno.
«No…
niente di importante,
è solo che mio fratello…» accennò, sminuendo Michele.
«Non
doveva partire ieri
sera per tornare ‘sul cucuzzolo della montagna con la neve
alta così’?!»
sorrise piena d’entusiasmo lei, felice di immaginare
l’addio di un cognato
troppo ingombrante.
«Ecco:
proprio questo è il
punto… Adriano ha trovato lavoro a Roma e mi ha chiesto
se…» accennò
Michele con una smorfia, temendo ciò
a cui stava andando
incontro.
«Eh
no, Michè, no! Non me lo dire, ti prego!» sbuffò
Monica, presumendo il peggio.
«Va
bene, allora non lo
dico…!» gli fece l’occhiolino lui,
cercando di dileguarsi dall’ira furiosa
della compagna, che avvampava in viso sempre di più.
«Cretino,
è un modo di
dire!»-sbuffò
Monica-«Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo!»- si
rimproverò
nevroticamente.
«Eh
beh…d’altronde, me lo
aspettavo la tua mancata euforia ed è anche un pochetto
comprensibile, tutto
sommato…» constatò
Michele, alzando gli occhi al cielo.
«Un
pochetto
comprensibile, Michè?! Tu non hai un fratello: quello
è un extraterrestre, l’ET
de no’ altri, te lo sei forse dimenticato cosa non
è riuscito a combinare in
due giorni di permanenza nella capitale?! Ci ha fatto prendere una
lavata di
capo da don Luigi che neanche una puntata di Quark con a seguito un
‘polpettone’ polemico di ‘Porta a
Porta’ sarebbe riuscito ed eguagliare,
figurati in casa!» fece un breve resoconto Monica,
infervorandosi.
«Eh,
lo so, ma, Monica,
prima cosa: nonostante tutto, è mio fratello e non posso
lasciarlo dormire sulle
gradinate di piazza di Spagna, secondo: pensa che con una buona azione,
siamo
sempre in tempo a rimediare agli atti di ‘estrema
lussuria’ e a guadagnarci un
angolino misero misero di Paradiso, terzo: magari è un
occasione per
ritagliarci qualche momento da soli, io e te, no?» propose
ammaliatore.
«Faremo
finta di essere i
liceali alle prese con il primo amore?» domandò Monica con gli occhi che
brillavano.
«Perché
no? L’età ce
l’abbiamo, il fisico pure, domani andiamo anche a dare la
maturità, se vuoi…»
la prese in giro spudoratamente.
«Che
cretino che sei,
quanto sei cinico… Non sei cambiato di una
virgola…» ribatté lei, poggiandosi
al muretto.
«Mmm…
dillo che, in fondo,
ti piace questo spirito contestatario…» appoggiò le mani al muro Michele,
stringendo Monica.
«Forse…»
sorrise lei
maliziosa, facendosi desiderare.
«Allora,
ci stai?» domandò
Michele, guardandola negli occhi.
«Mmm…
sì,
ma solo perché non nient’altro di meglio da fare
in questo periodo…»
controbatté, scoppiando a ridere.
«Le
tue dichiarazioni di
affetto mi commuovono sempre, prima o poi mi si carieranno i denti solo
a
sentirti…» constatò
Michele.
«Già,
non corri pericolo,
tesoro: lo faccio per interesse del tuo dentista!» continuò
a polemizzare lei spudoratamente.
«Vieni
qua, va!» sussurrò
lui, avvicinandosi e incorrendo inevitabilmente in un bacio.
«Mmm…
devo andare…» disse
Michele, staccandosi.
«Già
vai?» chiese Monica,
sorridendogli.
«Mmm…
questione di vita o
di morte!»-esclamò,
ridendo Michele.
«Cioè?»
chiese lei,
divertita.
«Devo
andare da Paolo…» rispose
Michele, spostandogli un riccio dal volto.
«Mmm…
Potrei diventarne
tremendamente gelosa, lo sai sì?»
«E
non ti darei tutti i
torti!» la baciò
lui, andandosene, mentre Monica tornava dentro,
dinnanzi agli sguardi inquisitori delle amiche, schierate e sedute
tutte in
fila sul divano.
«Che
è? Sembra l’adunata
annuale degli alpini! Che fate?»
«Niente,
spettegolavamo di
te!» constatò
Lea, passando una mano nella lunga chioma di
capelli biondi.
«Oh,
che piacere! E cosa
c’è da spettegolare su di me?»
«Ma…
sai, non è che
proprio ce la conti giusta in questo periodo…»
«Chi?
Io?? Ma vi pare, io
sono una senza scheletri nell’armadio: mai li ho avuti e mai
li avrò!»
ribattè Monica spudoratamente, mentre, portando una mano
alla bocca, fuggiva
verso il bagno.
«Ecco,
l’avete visto che ho
il gps!?» esclamò
eccitata Rosa, divincolandosi sul divano.
«Ma
che gps?! Poverina,
starà male, chissà cos’ha!?»
piagnucolò Maya,
con le mani giunte.
«No,
ti prego, Maya! Dimmi
che stai scherzando, non puoi non aver capito!» sbuffò
esasperata Rosa.
«Eccola
qua!» mise su un
sorriso furbo Lea, constatando l’arrivo di Monica, pallida in
volto.
«Lo
volete capire che io non ho niente!» strepitò
Monica.
«Certo!
Come no?» ribatté
Lea, lasciandosi sfuggire un sorriso.
«Lunedì
hai avuto un mancamento e sei quasi svenuta, martedì
avevi il capogiro, ieri i colpi di sonno hanno fatto sì
che ti addormentassi… sette, dico sette volte in tre ore,
mentre cercavamo di
finire l’articolo per il numero nuovo e, adesso, corri in
bagno, è giorni che
nascondi la nausea…» gesticolava Rosa, in tono
d’ovvietà divertita.
«E
non provarti a negarlo,
è palese!» intervenne Lea, prima che la
‘povera vittima’ potesse replicare.
«Io
continuo a non capire,
poverina… Avrà preso una brutta influenza: devi
curarti e stare al caldo…!»
sindacò Maya
ingenuamente, che aveva assistito alla scena
con la testa tra le nuvole a tratti.
«Beh,
no… Curare, adesso,
risulterebbe un po’ impossibile, al limite si poteva
prevenire, ma…» alluse
Rose all’amica, sperando vivamente che potesse capire.
«Ma
l’influenza di
stagione è terribile, si sa!» esclamò presa Maya.
«Eh!!»
fece eco Monica per
difendersi, appoggiandosi dell’ingenuità
dell’amica.
«Ma
come?! Tu, Monica, chi
vuoi prendere in giro? Se ti accontenti di sviare la svampita, ok, ma
noi siamo
ancora coi piedi ben saldi a terra! E tu, Maya, su: che influenza di
stagione e
aspirine?! Monica non ha l’influenza!» mimò un sorrisetto tirato Rosa.
«A
no?» chiese con vocina
ingenua Maya.
«No,
tesoro… no, proprio
no!» gesticolò Rosa.
«E
come se l’è presa
allora?» chiese sempre più sorpresa la rossa,
mentre alle altre cadevano le
braccia e Monica tentava di defilarsi.
«Beh…
Non che ci siano
parecchi modi, la modalità è universale:
è sempre quella!» spiegò,
trattenendo le risa Rosa, fissando lo sguardo perduto di Maya.
«Ma
ci vuole tanto, Maya?!
Monica è evidentemente,
irrimediabilmente…» irruppe Lea, fino ad allora
silente.
«Influenzata!»
ricalcò
la rossa.
«E
no, e basta: stiamo
diventando vagamente patetiche e tu, Maya: non vorrai mica diventare il
cliché
della donna che, una volta perso il lume della ragione, innamorandosi,
diventa
totalmente incapace di intendere!?» disse Lea, tutto
d’un fiato.
«Io?
Cos’è che dovrei
capire io?» chiese Maya ingenuamente.
«Oddio!»
mise il volto tra
le mani Rosa, ormai esasperata.
«Ma
come?!» si accavallò
la voce di Lea.
«Va
bene, va bene: sono
incinta!» cedette Monica, facendo calare il silenzio.
«Ecco!
Avemus papae!»
sospirò Rosa, dopo
un attimo di perplessità.
«Oh
finalmente, credevo
seriamente di sfiorare la veneranda età di Matusalemme,
attendendo questa tua
confessione!» constatò Lea,
innegabilmente soddisfatta.
«Cosa
ha detto?» si accertò
la rossa, dubbiosa.
«Hai
capito bene: sono
in-cin-ta!» ripetè Monica risoluta.
«E’
incinta! E come è
successo?» civettò
Maya con sguardo confuso.
«Maya,
tu che fai di
queste domande?» scoppiò
a ridere Monica maliziosamente.
«Questa
ce l’hanno rubata
gli alieni!» si sprofondò all’indietro
sui cuscini candidi Rosa.
«Oh
che bello! Quanto sono
felice!! Monica diventa mamma, ma di chi è?»
chiese sempre più stralunata la
giovane.
«Oh,
sant’Iddio! Quello
là, ‘faccia da maiale’ l’ho
rincoglionita ieri sera…» constatò la
mora.
«Stupefacenti
pesanti,
probabilmente!» commentò Lea.
«Ma
Maya, io mica ho il
tuo morbo: di chi vuoi che sia incinta?! Di Michele, no?!»
«Uh….Che
bella cosa!!!
Sono commossa!!» scoppiò
a piangere Maya, dinnanzi agli occhi sbarrati
delle altre.
«Maya,
quello sarebbe il
mio golfino di Hermes, non un cleanex, per informazione!»
«Ma,
ora, Monica: Michele
che dice?» domandò Rosa, sorridendo.
«Ecco,
appunto, Michele
non dice…» farfugliò
Monica.
«Come?
Anche lui ha la rincoglionitaggine
alla Maya?» domandò
sarcastica Rosa.
«Non
gliel’ho detto…»
abbassò lo sguardo
Monica.
«Ma
come?» sbarrarono gli
occhi le altre.
«Ma
deve sapere, Monica,
su! Non facciamo le liceali al primo amore: tu di anni ne hai
quasi…» venne
interrotta Lea.
«Non
provare a nominare
quel numero! Io di anni ne ho trentasei, ripetilo:
tren-ta-sei!» si infervorò
Monica.
«E
mezzo!» si infilò
nuovamente Lea.
«Suvvia,
quanto sei
fiscale! E, poi, tu sei un mese più vecchia di me, quindi
non calcherei più di
tanto la mano su questo particolare!» la zittì
Monica, prendendola in
contropiede e ridendovi su di gusto, ovviamente.
«Comunque
non cambiare
discorso! Tu a Michele lo devi dire: la creatura è anche
sua, o sbaglio? Hai
fatto tutto da sola, per caso? Non credo!» la mise alle
strette l’amica.
«Beh,
no…Ma il problema è:
come glielo dico…?» ripetè
continuamente Monica, dirigendosi verso la
macchinetta del caffè.
«Ma
perché te ne vai?»
domandarono in coro le tre.
«Necessito
di zucchero, ho
le voglie!» tuonò Monica, in preda
l’isterismo più estremo.
«Oddio!
Già le voglie!?»
si alzò, tentando di raggiungerla
Rosa.
«Ho
un bisogno
irrefrenabile di cappuccino… con tanto, tantissimo, troppo
cacao!»
~
«Guarda
che, per quanto il
tuo sguardo fosse caliente un tempo, non credo che quel
cappuccino
rimarrà tiepido, contemplandolo…» disse
Paolo, nell’intento di dissuadere
Michele dal fissare il tazzone che aveva tra le mani.
«Che
è, fai l’ironico?! Io
sono in difficoltà: ho questo grossa zavorra sullo stomaco e
non riesco proprio
a liberarmene, sei soddisfatto?» sbottò
Michele, ammettendo,
inevitabilmente, la sua debolezza.
«Non
riesci proprio a
trovare proprio il modo di chiederglielo, eh?» arrivò
al punto l’amico, guardandolo negli occhi.
«Eh
beh… Non è una cosa
così facile da
chiedere e, per giunta, ora, sarà anche
peggio!» soggiunse Michele.
«Cioè?»
«Mio
fratello si ferma a
Roma…» farfugliò a mezzo sorriso
Michele.
«E
sei ancora vivo!?
Monica ti ama sul serio! Ad un altro a quest’ora, mai gli
avesse rifilato in
casa il fratello strampalato, l’avrebbe già come
minimo strangolato legato alla
macchinetta del caffè della cucina!» commentò
Paolo, sorridendo sornione.
«Beh,
in effetti… Il punto è che non so come possa
reagire.» spiegò
Michele, girando il cucchiaino nel caffè
rimasto nella tazza.
«Ma
mica la obblighi ad averne uno, è una dichiarazione
d’amore, anche
perché un bambino- da quel che posso ricordare- è
tutt’altro che una
passeggiata!» soggiunse lui.
«Grazie,
mi incoraggi sin da subito, vedo!» sorrise forzatamente.
«No,
va beh… Non essere sempre così suscettibile! In
ogni caso, io ci proverei:
siete innamorati, convivete… non ci vedrei proprio nulla di
strano!» concluse
Paolo, poggiando la sua tazzina vuota.
«Forse
hai ragione: massì,
dai! Aspetto qualche giorno e, poi,… qualcosa mi
verrà pur in mente, no!?» tentò
di convincersi e
farsi coraggio.
«Non
ne dubito!»
«Tu,
invece? Che è sta faccia appesa?» notò Michele,
sarcastico.
«Ma
che faccia appesa e faccia non appesa?! Va tutto… tutto
bene!»
concluse con una smorfia
«Guarda,
le tue doti da ammaliatore mi hanno sempre lasciato
perplesso, ma la tua capacità di raccontare balle
è qualcosa che sfugge proprio dall’immaginario
collettivo!» notò
l’altro,
prendendolo in giro.
«Si
vede così tanto,
eh?»
«Embè,
abbastanza!» annuì
Michele.
«Eh
va beh, Laura è un po’ distante: i ragazzi, la
redazione, il
libro, un editore un po’ troppo mollicone
e la mia gelosia che spaccherebbe i vetri di casa, uno ad uno a mani
nude…»
ammise con rammarico Paolo.
«Minchia!
Anche tu messo bene, ma che ci combinano ‘ste
donne?» si
mise a ridere.
«Creano
dipendenza…» sbuffò
l’altro, tormentando la tazza vuota.
«Se…
come ‘a coca cola, l’amatriciana e
l’odore della coccoina! A’
Socrate de’ i tempi nostri, piantala de fa’ il
fanatico!» ironizzò,
coprendosi le
spalle con la giacca, fino allora appesa alla sedia.
«Tu,
dici?» domandò
flebilmente.
«Renditi
utile: mi accompagni a prendere mio fratello?» propose
Michele con nonchalance.
«E
andiamo a prenderlo sto’ fratello, va!»
ripetè Paolo a fatica,
alzandosi in piedi flaccidamente.
«Mi
raccomando: non troppo entusiasmo!» gli strizzò l’occhio,
già
verso la porta d’uscita del bar.
***
N/A
Spazio
Autrice:
Oh
buonasera, finalmente ce l'ho fatta! Scusate infinitamente me medesima
per il ritardo mostruso, ma tra la scuola e il blocco dello scrittore a
tratti non ce l'ho proprio fatta!
Buone notizie, comunque: il prossimo capitolo arriverà
prestissimo, credo! *.* e sarà spassaso, lo garantisco! xD
In ogni caso: beh, lo so! Ho estremizzato al massimo i personaggi, sono
caricaturali all'ennesima potenza, ma , tenendo conto dei miei bollori
adolescenziali, ho proprio bisogno di eccesso e, in questo caso, ne ha
fatto le spese la povera Maya! xD
*ps: per quanto riguarda lo svolgimento della storia, me la sto
prendendo alla larga, moooolto alla larga, ma è debito un
chiarimento: la storia non sarà incentrata esclusivamente su
M&M (<3 * quanto li amo?!*), ma compariranno senza
dubbio con più frequenza per un semplice fatto: siccome mi
è piaciuto come si snodava la storia di Paolo e Laura nella
seconda serie, ho deciso di non cambiare più di tanto il
loro trascorso, aggiungerò delle cose, ma non
stravolgerò le loro avventure... Però, vi
anticipo che ci sarà una new entry: creazione del mio
cervello malato xD
Doverosi ringraziamenti a tutte quante: quante siete?! Tantissimeeee
per me! Sono veramente felice e vi riempio di baci per tutti i
complimenti, grazie, grazie, grazie!!!
Nella speranza che la storia continui a piacervi,
Bacioni
Hikari <3
|
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Capitolo 5 *** E' questione di sguardi ***
CAPITOLO IV
E’
questione di sguardi.
Sette e mezza di mattina
e… un maledetto telefono di troppo.
«Pronto…»
balbettò
Monica, afferrando con gli occhi semi chiusi il telefono, poggiato sul
comodino.
«Monica,
stavi dormendo,
suvvia che disastro?! A quest’ora ancora dormi?!»
la bacchettò
pungente la voce di Lea dall’altra parte del cavo.
«Mmm…
Lea, hai la faccia
tosta di farmi la paternale anche
alle sette e mezzo del mattino e, per
giunta, al telefono!?»
continuò
ancora addormentata Monica, tirandosi su dal cuscino.
«No,
ti dovrei dire una
cosa, se solo avessi la cortesia di non interrompermi continuamente,
certo…»
continuò austera la
voce di Lea.
«Ma
non ne possiamo
parlare tra un’oretta davanti a un bel cappuccino fumante e
mezza dozzina di
brioches?!»- borbottò
con apparente enfasi Monica, accorgendosi poco
dopo di essere ricaduta in un senso di nausea inimmaginabile-
«Oddio, ho detto
brioches!»
«No,
comunque, nonostante
le tue nausee,… ti ricordi del lavoro a Londra di cui ti
avevo parlato?» cambiò
rapidamente discorso l’altra.
«Certo,
sì,
sì, certo che mi
ricordo!» rispose, facendo mente
locale.
«Bene,
mi hanno chiamata
ieri per la conferma e… ho accettato.» concluse
secca.
«No,
ma come?!» si stupì
Monica, presa alla sprovvista.
«Lo
sai, Monica. Te l’ho
già detto la scorsa volta, sono convinta, nonostante
tutto.» ribadì
fredda.
«Sai
quanto mi dispiaccia
non averti più, ma non posso tarparti le ali,
quindi…» si arrese una Monica
comprensiva.
«Quindi?»
domandò
per invogliarla a terminare la frase.
«Quindi…
Non posso che
essere felice per te… Però
ne parliamo ancora bene in redazione!» la minacciò
scherzosamente Monica, ridendo a seguito.
«Sì,
certo! Però, vorrei
che alle ragazze lo dicessi tu… Non saprei
da come cominciare.» cercò
di risultare distaccata la bionda.
«Paura
di commuoverti,
eh?!» intervenne l’altra con cinismo.
«Ma
figurati! Non sono di
certo la tipa da sentimentalismi io!!» si mise sulla
difensiva, rivendicando la
sua freddezza.
«Mmm…
sì!
Donna senza sentimentalismi, ti lascio perché mi
è venuta una voglia
irrefrenabile di cioccolato e… la Nutella
dalla cucina mi sta proprio chiamando: scappo!»
attaccò.
~
«Su,
entra: che aspetti!!»
lo spronò Michele, entrando in casa.
«Sì,
ma tu sei sicuro che non ti disturbo, poi tu hai
anche…» farfugliò
l’uccellaro impacciato.
«Convivo
con una donna,
mica con una femmina di tigre…!»- iniziò, cogliendo lo sguardo di
dissenso del povero Paolo, si corresse- «Se, va
beh… Insomma, il concetto era
quello!»
«Ecco!»
continuò
Paolo, fingendosi serio.
«E
poi, ho anche la vaga
impressione di non andare così
a genio a Monica…» confidò
Adriano.
«Ma
figurati! E’ normale:
Monica è così
con tutti!» rispose Michele.
«Sì…
fidati! Con lui agli inizi è stato anche peggio: ti ha
già raccontato di quando
gli ha distrutto il ristorante a mani nude? Ancora
rido…» esordì
Paolo, scoppiando a ridere.
«Ah-ah-ah,
divertentissimo
proprio, eh?!»- fece una smorfia
all’amico-«Va beh… comunque è
normale!»-
continuò poco
convinto.
«Senti,
non è che posso
chiederti una cosa?» chiese impacciato, fissando la sua
camera ancora vuota.
«Spara!»
lo esortò
Michele.
«Posso
appendere al muro i
miei poster sulla campagna per la salvaguardia dell’aquila
reale? Non riesco a
dormire senza…»
«Perché?!
Conti le piume
per prendere sonno?» si mise a ridere Paolo, pensando di fare
ironia.
«Ma
no, per i sensi di
colpa: lo sanno tutti che lo sterminio delle aquile è uno
degli eventi che
stanno lacerando il pianeta negli ultimi anni, no?» si pose
retoricamente,
scorgendo gli sguardi accigliati degli altri.
~
«Cristina,
vieni subito
qui!» ordinò un
guardingo, ma pur sempre improbabile, Emanuele.
«E
che palle, però!
Che è?! Devo mettermi ad annà come ‘na
lumaca per nun fa’ sfigurà te, ‘on lo
so!» sbuffò
Cristina, arrestando il passo.
«Tranquilla,
neanche io ci
tengo ad essere associato ripetutamente a una scaricatrice di porto che
non è
in grado di dividere il piano dialettale da quello
dell’italiano corrente, però…»
tentò di
giustificarsi,
temporeggiando.
«Però
ti ho capito a te: va bene che mi ritieni ‘na capra, ma io in
‘ste cose
ci prendo, ‘o sai!» annunciò
entusiasta.
«E
qual è la tua teoria,
su illuminami!» la sfidò
lui, diffidente.
«Ma
è ovvio, no?! Ti sei
preso ‘na randellata tra
capo e collo
pe’ quell’altra psicopatetica
della
sapientona che viene in classe nostra, no?!» disse tutto
d’un fiato, con un
sorrisone finale.
«Ma
che scemenze vai
dicendo?! Non hai alcuna argomentazione per confutare questa tesi, per
Giove!»
si infervorò lui.
«Che
è ti sei messo a esse
pure politetistico? E, poi, vuoi
mette?! Io de prove ne ho una sola, ma imbattibile proprio!» lo puntò
col dito lui.
«E
quale sarebbe?» la
interrogò lui, con
fare sbruffone.
«Ma
quella faccia da trota
lessa che te ritrovi tutte le volte che entri ‘en classe,
‘a no?» disse con
stampato in volto un sorrisetto malizioso.
«Non
è vero, non è vero,
non è vero!» strepitò
lui, battendo i piedi a terra con foga.
«Ma
perché te scaldi
tanto? Se non è vero che hai d’arrabbiatte?
Statte bono che io mica voglio esse quella che te fa venì
n’infarto a diciassett’anni!» tentò
di calmarlo Cristina.
«Ecco,
vedi: se no mi
prende un infarto! Non provare mai più a dire che mi piace
quell’essere!» sbottò, chinandosi a
prendere lo zaino che era caduto
poco prima.
«Oh
signore! Ma vi
disdegnate fra de voi strambi e, poi, pretendete d’esse
accettati dagl’altri:
siete fuori come un terrazzo
proprio!» lo lasciò impalato lei,
continuando spedita verso l’entrata.
~
«Buongiorno
a tutte!»
esclamò con poco entusiasmo dalla sua parte Monica,
entrando in redazione, trascinando i piedi.
«Oh,
buongiorno! Come
stai? Tutto bene?» domandò Rosa con una
grossa pila di scartoffie in mano.
«Mi
sembra di essere
passata sotto un tram in ritardo!» annunciò
l’altra, lasciandosi cadere sulla sedia della scrivania di
Maya, che non era
ancora arrivata.
«E
in ritardo non è solo
quello, no?» sottolineò Lea, con
sorrisetto malizioso.
«Scherza
pure, non sei mai
stata incinta te! Io sì, che la capisco!»
la difese Rosa, gettando con un tonfo la pila di carta sulla propria
scrivania.
«Ho
vomitato anche l’anima
da stamattina!» si lamentò Monica, tenendo
il viso sulle mani.
«Comunque,
ieri sera ho
controllato il telefono: in segreteria, c’era una chiamata
dalla direzione di
Milano…» osservò Lea, cambiando
discorso.
«Ossì,
ci mancava solo questa!»- sbuffò irritata Monica,
alzandosi senza voglia alcuna-«Vado
a chiamare, vediamo cos’hanno da sbatacchiarci le palle
‘sta volta!»
«Nervosa
la tipa!» esordì Maya, appena entrata in redazione
ed in preda a
posare la giacca di jeans sullo schienale della poltroncina.
«Omoni,
ormoni, ormoni a
palla… Come la capisco!» continuò
Rosa, immergendosi nuovamente tra le scartoffie.
Monica
salì nel suo ufficietto, afferrò stancamente la
cornetta e compose distrattamente
il numero.
Dopo
aver sbagliato almeno
tre volte il numero, confuso con quello di un’erboristeria,
di una vecchina
novantenne interrotta nella visione dell’ennesima replica di
Beautiful (che tra
l’altro è sempre uguale
ù__ù) e un’impresa di pompe funebri, il
destino sembrò giocare a suo favore: il numero era finalmente quello giusto!
«Buongiorno,
sì, sì,
sì: sono io Monica Liverani. Mi hanno detto le mie
colleghe che avete chiamato la redazione ieri e che avete chiesto di
parlare
con me, ci sono problemi?» disse tutto d’un fiato
con tono vagamente
infastidito.
«Signorina
Liverani! Beh…
sì, sì,
lo sa: la signora De Angelis si trasferirà a Londra a breve
e credo che sia
giusto che qualcuno la sostituisca almeno fino al suo ritorno, non
trova?»
domandò la voce maschile profonda dall’altra parte
del
ricevitore.
«Ho
forse alternative?
Credo di no… Comunque di chi si tratterebbe?»
domandò Monica,
dondolandosi sulla sedia.
«Beh…
Intendiamo
intraprendere una collaborazione con la rivista di Londra in cui
trasferirà la
sua collega… Per questo, occorre una persona competente che
ho già individuato:
arriverà in giornata! E spero vivamente che sarete capaci di
accogliere questa
new entry nel migliore dei modi…» esplicò
esaurientemente.
«Eh
beh… dipende! Non sarà
mica un uomo!?»-si alterò al solo pensiero
di quella spiacevole evenienza Monica - «Pronto,
pronto…» attaccò con foga Monica,
capendo che l’interlocutore, per
paura di una sua crisi di femminismo acuto, aveva riattaccato.
~
Adriano
vagava per le
strade di Roma, come al solito, portando gli occhi al cielo, persi a
scrutare
ciò che ad altri sarebbe senza dubbio sfuggito.
Non
badava minimamente ai
suoi passi… Guardare il cielo consentiva di cogliere
meraviglie più ammalianti,
senza dubbio… Forse.
Rimase
per dieci minuti
buoni totalmente assorto nella voragine di pensieri che scandiva il
ritmo del
suo passare distratto. Attraversò
un paio di viottoli, non sapendo dove si stava dirigendo precisamente,
ma non
gli importava neanche quello. D’altronde, non era abituato
per una città tanto
bramosa come Roma, non lo sarebbe mai stato.
Giusto
un istante, il
tempo necessario per voltare il capo e i suoi passi per svoltare e
inondarsi in
un altro vicolo che si svicolava sinuosamente davanti ai suoi occhi
distratti
e…
Boom!
Scontrò
contro qualcosa, qualcuno… non capì esattamente
cosa fosse, ma lo travolse con la
forza di cui solo un uragano sarebbe stato capace.
«Scusami…»
Sentì
pronunciare appena da una cadenza particolare, poi
una mano fine gli porse gli occhiali.
Neanche
il tempo di
inforcarli nuovamente che il possessore di quella voce sembrò
essersi dissolto in qualche mondo fantastico,
altrove sicuramente.
Si
rialzò, rimanendo sorpreso e un po’ attonito.
Ricordava
solo una lunga
chioma di capelli biondo cenere…
Tutto
troppo confuso, come
lui del resto…
Si
guardò intorno per un po’, non scorgendo nulla che
potesse riportare la sua memoria a quell’attimo così
intenso…
Scosse
le spalle e continuò il suo cammino disordinato, lasciando
stare il
cielo.
~
«Certo
che anche tu però…! Perché non ci hai
detto che andavi via nel giro
di così poco tempo?» domandò Rosa,
guardando sommessa l’amica in piedi,
appoggiata alla scaletta di legno.
«Ma,
in realtà,… non lo
sapevo per certo neanche io fino a ieri… Solo che non sapevo
come dirvelo ed è
per questo che ho chiesto a Monica di…»
lasciò in sospeso Lea.
«Sì,
che poi adesso chissà chi arriverà al tuo
posto!»
sbuffò Maya, seduta cavalcioni alla scrivania di Rosa.
«Una
ex professoressa di
inglese, a quanto mi dice questa mail…» si
infilò Monica, scendendo dal suo
ufficio con un foglio di carta stampato in mano.
«Ma
non c’è scritto
nient’altro?» domandò curiosa e
sorpresa nel contempo Rosa.
«Dev’essere
davvero
terribile, se non scrivono nulla…» suppose Maya
con una smorfia.
«Solo
un numero di
telefono…» continuò Monica, scorrendo
la mail.
«Bah…
Io sono sempre stata ostile alle
prof di
inglese. Non so perché, ma me le sono sempre immaginate
vecchie, brutte e inevitabilmente…»
venne interrotta Rosa.
«Acide!»
aggiunse Laura,
fino ad allora silente nella sua postazione.
«Quindi… zitelle!!»
si infilò Rosa.
«E
magari
bigotte!» concluse
l’accusa Maya, alzandosi in piedi di scatto.
«Della
serie non tutti i
mali vengono per nuocere! Brave, ottimismo a palla, vedo!»
commentò Monica, inarcando il sopracciglio destro e facendo
comparire sul suo volto chiaro un sorriso furbo.
«Vabbè,
in quanto
direttrice, mi tolgo questo sfizio: invitiamo questa mummia a venire
allo
scoperto!!»- annunciò trionfalmente,
afferrando il cellulare e componendo il numero segnalato dalla mail il
più
rapidamente possibile.
~
Nel
frattempo, una ragazza
con un’indomata chioma di ricci rossi aspettava
chissà cosa, seduta sotto un
vecchio platano.
Si
alzò di scatto, appena intravisto l’arrivo di
Paolo a
piedi.
«Oh,
Giorgi: finalmente!»
gli venne incontro lei, aggressiva.
«Sempre
polemica vedo…»
denotò Paolo, con fare serioso e
vagamente indispettito.
«Sì
beh ma fai pure… Io aspetto la pratica da giorni e
tu non rispondi!» lo aggredì lei.
«Ho
avuto problemi a
casa!» motivò lui scocciato.
«Ah
beh, chi non ne ha?»
lo sfidò lei, sfrontatamente.
«La
pratica è già avviata,
direi che ho fatto il mio lavoro… no?»
controbatté lui.
«Ah…
scusa, pensavo che te
ne fossi stato con le mani in mano, invece…»
rispose con voce pacata, mostrando
il suo profondo disagio.
«Invece
no, come uno
stupido mi sono mobilitato per te e questo è il
risultato!» rispose
amareggiato.
«Scusami,
io sono fatta
così… Stento a fidarmi degli altri.»
si giustificò lei, abbassando gli
occhi.
«Non
me ne ero accorto,
forse è per questo che vai d’accordo con la
natura, no? Quella non parla!»
continuò impassibile lui.
«Per
me questo posto è
tutto, lo vedi?» chiese, alzando gli occhi blu elettrici al
cielo.
«In
effetti, è molto
bello!» confermò lui, guardandosi
intorno.
«Già,
mi ci dedico
totalmente: tutto il mio tempo, tutte le mie energie… tutta
me stessa.» lo
guardò, sorridendo.
«Ci
lavori sola?» domandò.
«Beh…
per adesso, sì! Ma, sinceramente, spero di trovare presto un
socio… Le cifre per mantenere un vivaio del genere sono
insormontabili per me
sola…» spiegò rassegnata.
«Immagino…»-cambiò
discorso lui- «Ora, devo andare! Ti telefonerò non
appena la pratica sarà conclusa per la firma
del contratto, me ne occupo io…»
«Grazie
Giorgi…» abbozzò un sorriso.
«E’
il mio lavoro…» concluse,
andandosene di schiena, lasciandola inerte, intenta a scrutare la
cadenza dei
suoi passi decisi che lo riportavano sulla strada.
~
«Mmm…
ma che ora ti ha
detto per telefono? Io sto diventando curiosa!» sbuffò
Maya, annoiata,
rimanendo con le gambe accavallate che mettevano in mostra le calze a
rete
rosse sotto i pantaloncini bianchi.
«Eh…
si fa desiderare:
dovrebbe essere qui da almeno un quarto d’ora!»
constatò Monica,
guardando di sfuggita l’orologio sul suo polso.
«Sì,
va beh… Ora, non siamo fiscali! Se fosse state così
prevenute anche nei miei riguardi, cosa avrei dovuto fare?!
Poverina… in fondo,
mica la conosciamo e, poi- se non bastasse- un libro non si giudica mai
dalla
copertina!» intervenì in difesa Laura.
«Ma
tu sei una di noi, che
c’entra?!» concluse con tono
d’ovvietà Maya, con un sorrisetto furbo.
Il
campanello.
«Avanti…»
disse, non
scomponendosi affatto, Monica.
Allora,
come in niente,
sul parquet della redazione, scricchiolava una lieve camminata, di cui
si
facevano portavoce due paperine scarlatte, a terra.
Da
quelle due caviglie
sottili, cinte dalle scarpette rosse, sembravano disegnarsi due gambe
sinuose,
lunghe- nonostante l’assenza dei tacchi- fasciate da un paio
di leggings neri
lucidi, sotto una maglia rosa stile anni ‘80 che arrivava a
coprire, a stento,
metà coscia.
Sulle
spalle, cadevano
lunghi capelli biondi, tirati.
Il
viso a cuore, vagamente
abbronzato, si affinava con una passata di blush e una goccia di
mascara per
allungare gli occhi verso le sopracciglia chiare dipinte
all’insù.
Quando
si affacciò
alla scala, sfoderando un sorriso radioso, esclamò
un sonoro: «Buongiorno!»
Monica,
Rosa, Maya e Laura
rimasero pressoché immobili.
«Buongiorno,
desidera?»
domandò, stringendo
la mano verso quella della donna che
sembrava aver portato con sé, nel solo tempo della sua
entrata in punta di
piedi, un uragano.
«Ma
come? Ci siamo parlate
prima al telefono, non ricorda?»- domandò
con un sorriso, porgendole
a sua volta la mano.
«No!...
Non può
essere, lei è la ex professoressa
d’inglese?» scosse la testa Monica per
convincersi che quello che stava intuendo non poteva essere…
No!
Non poteva affatto
essere!...
«Yes,
I’am. Nice to meet
you.»- rispose radiosa lei, porgendo la mano alle altre,
ancora allibite-«A
parte gli scherzi, piacere: Antonella.»
***
N/A
Credits:
-Ad A e L *.*
<3
Spazio autrice:
Oh,
quanto ho sognato questo momento!
Finalmenteee!!!!
<3
Allora,
spiego la mia euforia con l'entrata di questo personaggio (il primo di
due) nuovo... adottato da me, dico 'adottato' perchè,
ahimè, questa donna, proprio come quella che
arriverà nei prossimi capitoli, esiste sul serio: in carne
ed ossa! xD
Le
ho sotto gli occhi da un bel po' di tempo, ma... solo ora, ho capito
che dovevano essere le mie muse ispiratrici, perchè le adoro
troppo *.*
Due
donne troppo fantasticose!!
Comunque,
mi scuso anticipatamente, per eventuali errorucci... nella foga di
pubblicare non ho ricontrollato tutto...
Prometto
che domani la correggo!! (:
In
ogni caso, oltre a ringraziarvi infinitamente del supporto e delle
varie critiche/ complimenti, vi mando un bacione: vi adoro!!
Nella
speranza che continui a piacervi!
Hìkì
<3
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