Rewind.

di Cinderella In Love
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. Blame it on the girls. ***
Capitolo 2: *** Parole, parole, parole. ***
Capitolo 3: *** Come noi nessuno al mondo(?) ***
Capitolo 4: *** Catturami ***
Capitolo 5: *** E' questione di sguardi ***



Capitolo 1
*** Prologo. Blame it on the girls. ***


Autrice: Hikari(forum), RainLullaby(efp)

Titolo: Rewind

Fandom: Tppa

Rating: giallo

Genere: sentimentale, commedia

Avvertimenti: What if? Slice of life

Personaggi: Monica, Michele, Laura, Cristina, (?)

**

*Ps : Nel testo appariranno dei cuoricini, in quel caso sono link rimandanti a youtube, per il collegamento alla colonna sonora adatta al momento. *Finiti i chiarimenti: Yuppy!* XD




Re-Wind




Rewind ...




PROLOGO




Blame it on the girls




Laura uscì sconsolata dalla sala medici, abbandonandosi flaccidamente alla sedia della sala d’aspetto, accanto a Paolo.

«Qualcosa mi dice che i fiocchi rosa prenderanno il sopravvento sulle bomboniere, oggi…» dedusse Paolo, in vena indubbiamente sarcastica.

«Stanno nascendo le mie nipoti: è un momento bellissimo ed io, io sono tutt’altro che felice...» si colpevolizzò quasi la bionda, con il viso tra le mani.

Paolo la strinse nelle spalle: «Non devi sentirti in colpa: è andata così, ma è solo un caso…»

«Paolo, non è un caso! Due volte che ci proviamo ed ogni volta succede qualcosa che fa andare tutto storto…» si oppose Laura, con rassegnazione.

«Che vuoi dire?» domandò Paolo, per metà spaventato e per metà perplesso.

«Niente, Paolo! Non importa…» -ripose lei sbrigativa- «Piuttosto, è meglio chiamare Monica…»

«Sì, certo…» farfugliò Paolo, ostentando un flebile accenno di sorriso.

«Beh… magari, almeno loro riescono a sposarsi…» sospirò pessimista.

Dopo di che, si alzò a malavoglia, estrasse il cellulare dalla borsetta e lasciò strascicare il tulle bianco a terra, rasento il pavimento di quell’ospedale.

«Ciao Monica…» balbettò Laura al telefono.

«Laura, finalmente! Ti prego, dimmi che quella squinternata della maga di ieri non aveva ragione… Pozzuoli, la catastrafa, spade, spade, spade… Niente di tutto questo, vero?» farfugliò Monica, in preda alla nevrosi più cronica.

«Mi sa che, invece, aveva ragione…» esalò lei.

«Ma come?! Ma allora ditelo che la sfiga è sovrana!» concluse Monica, sbraitando tramite il cellulare.

«Non è sfiga, Monica… E’ tutta colpa mia!» precisò l’altra, sconsolata.

«Ma, tesoro, non dire così, Laura…» cercò di tirarla su.

«No, no, anzi, se tu e Michele vi sposate, io e Paolo saremmo felicissimi…» incalzò la bionda.

«Ma, Laura, ti sei bevuta il cervello? No!!! Io senza di te non mi sposo, capito?? Io non mi spo- so!» sottolineò Monica, innervosendosi.

«Monica, non è giusto che tu non ti debba sposare: tu e Michele vi volete bene, dovete sposarvi e poi… c’è un motivo in più per… tu devi anche parlargli di…»

«No, Laura mia, no! Se io glielo dico, quello – io lo so, mi gioco il perizoma tigrato taglia 40 che ho da quando ho 23 anni e, tra l’altro, non mi è mai andato- scappa!!» bofonchiò in preda all’isterismo.

«Ma perché, perché dovrebbe farlo?» chiese Laura.

«Perché ha un grandissimo difetto!» esclamò.

«Cioè?»

«Ma perché è uomo! E, dunque, si sa è il testosterone, la colpa risiede tutta là, è quello che li induce ad essere BASTARDI!» strillò con voce man mano crescente.

«Allora, che intendi fare?» chiese delucidazioni Laura.

«Adesso… rimandiamo! E, poi… ci sposeremo bene, no?» propose lei, fingendo ottimismo.

«Speriamo…» sospirò, mormorando tra sé.

«Che dicevi?» chiese Monica.

«No, nulla! Comunque, vuoi un consiglio? Parla a Michele, nascondersi le cose è brutto: guarda me e Paolo la scorsa volta…»

«Va bene, ci proverò….» disse poco convinta.

«Ciao tesoro e… scusami, scusami tanto…» la salutò flebilmente.

«Ma non è colpa tua, Laura: smettila! Mi raccomando, sta’ tranquilla! Un bacio…» tentò di rassicurarla.

«Un bacio…» fece eco Laura.

~

«E allora? Monica, su parla!» la spronarono in coro Lea, Maya e Rosa, dimenandosi nei loro improbabili vestiti.

«Allora, le notizie sono due: una buona e una cattiva…»

«La buona??!» buttò lì Maya, con entusiasmo smorzato.

«La buona è che Laura sta diventando zia!» esclamò Monica, affatto convinta.

«Ma no, no, no!» si agitò Rosa.

«Un’altra volta, pure voi?! Ma è proprio una maledizione!» costatò Maya, rassegnata.

«Beh… meglio ravvedersi e attendere, soprattutto, se, poi, ‘il confronto con l’altra metà del cielo’ si conclude con un paio di corna…» buttò lì con risentimento Lea.

«Lea, mica tutto si conclude con un paio di corna…» commentò Rosa, fingendo distacco.

Le amiche soffermarono i loro sguardi perplessi su Rosa che iniziò a mugugnare.

«E no, Rosa! Questo momento di disperazione spetta a me di diritto e… non solo! Mi spetta di diritto e anche di rovescio!»

«Ahahahah! Ma l’hai sentita ‘di diritto e anche per rovescio’!»- starnazzò Maya a Rosa, mentre quest’ultima scoppiava a piangere nuovamente.

«Ed ora, cosa avresti intenzione di fare?» buttò lì Lea.

«Cosa avrei intenzione di fare, adesso, dici? Beh… scappo a casa, seppellisco il vestito in un posto dove non potrà mai essere visto dagli indiscreti occhi della yella, mi cambio e torno, dopo di che mi imbottirò di valeriana e mi proietterò verso 2 kili di variegato al cioccolato e fragola per tentare di capire cosa la vita abbia contro di me, per diamine!»

«Questo sì che è ottimismo!» piagnucolò Rosa, gettandosi a picco sulla spalla di Maya che, con una smorfia, esternò tutto il suo disappunto alle altre, pur non negando all’amica il suo braccio da trastullare.

«E adesso che si dice a Michele?» domandò imperturbabile Lea.

«Eh… non lo so, non lo so! Io di cose da dire a Michele ne avrei, eccome se ne avrei, ma… non può vedermi così perché porta sfiga!!» sbottò Monica frenetica.

«Eh, tesoro, tanto più sfiga di questo!» soggiunse Maya, cogliendo poi l’occhiata torva di Monica.

«Sì, va bene, va bene: la smetto e ti accompagno a casa; tanto, qui, tra ‘Miss cleanex vacante’ e tutto il resto, non si può fare diversamente!» la invogliò Maya.

«No… non dire così: io mi sento inutile… tanto, tanto, tanto, tanto, tanto…»

«Sì, tanto inutile: ‘avvisiamo la gentile clientela che: ‘Messaggio ricevuto il 16 settembre 2009, alle ore…- aspetta un attimo- 11 e 37 minuti!’’»

«Rosa, in sentesi: abbiamo capito; Maya, piantala: non è ora di dimostrare quanto sarebbe stato adeguata per te la carriera di valletta sgallettata e… Monica, vengo con te: i tuoi gusti, quando sei sotto shock emotivo, crollano vertiginosamente verso il baratro e… siccome, il matrimonio è andato… almeno evitare le corna sarebbe propedeutico, non trovi?»

«No, ma adesso ditemi: Me la state a tirà ulteriormente!!?? Che amiche!»- sbottò Monica, urlando contro le tre colleghe- «Va bene, ragazze: grazie! Se permettete, ora vado da sola e torno quando sarà emotivamente pronta e soprattutto vestita in altro modo, possibilmente di nero!»

«Eh beh, ovviamente! Il nero sfina!» si infilò Lea impassibile.

«Eh no, il nero fa lutto!» disse, andandosene indispettita.

~

«Chissà che macello abbiamo scatenato laggiù, Paolo…» disse Laura delicatamente al compagno, sulla cui spalla poggiava il capo.

«Ma non ti devi preoccupare, Laura… In fondo, non è successo nulla di irrimediabile e… poi, l’importante è che crediamo di essere perfetti uno per l’altro…» cercò di consolarla Paolo.

«Non so perché, ma ne sono sempre meno convinta, Paolo. Io non ce la faccio più…»

«Laura, ma…»

«Non fa niente, non ascoltarmi: sono una donna provata e ‘le donne provate dicono sempre la cosa sbagliata al momento sbagliato’: ‘Tu donna’ numero 526, inserto psicologia, pagina 34» si allontanò Laura, stringendosi in un caldo scialle.

~

«Ma credi veramente che quello psicopatetico de l’altro giorno ch dicevi te, c’ha ragione: ‘Questa è yella! ‘Un se po’, qua o matrimoni c’hanno ‘a ‘maledizione del bouquet’!» farfugliò Cristina, dimenandosi sulla panchina fuori la chiesa.

«Oddio santo, oddio santo: ‘psi-co-pa-ti-co’ e i congiuntivi, Cristina, i con-giun-ti-vi! E, poi, ‘quello là’ ha un nome: Paul Watzlawick, nato a Villach il 25 luglio 1921!» si infervorò Emanuele, colpendosi il capo con il moleskine che teneva tra le mani.

«Che coglioni!! Tutta ‘sta pignoleria: che sarà mai!» controbatté Cristina.

«Cristina, segui il mio ragionamento: l’insuccesso amoroso dei nostri genitori si traduce nient’altro che nel ribadimento della nostra menomazione sentimentale!»

«Che?» gli fece una smorfia la ragazza.

«Cioè: ‘non battiamo un chiodo’!» concluse lui, sbracciandosi.

«Un par de pale, ‘a Ema! E, poi, parla per te: io ero fidanzata!»

«Se… va beh! Quanti anni fa ? E, poi, con quel playboy da strapazzo esalante melassa… - me lo concederai quest’espressione dialettale, no?- sai che culo: Palmieri!!!» si infastidì lui, cinico.

«E te? Te la sei già scordata ‘a tardona?!» tirò fuori un sorrisetto malizioso lei.

«Ma che centra??»

«’A verità è che tutt’e due vorremmo innamoracce, solo che l’amore è lontano o ci scappa!» constatò Cristina.

«Sai che se fosse espressa in italiano decente, potrebbe diventare un aforisma!»

«Un afo- che?»

***

Note alla comprensione: Spazio autrice:

Allora, dunque, questa storia è parte di una long fic ancora in fase di stesura, ma, siccome sono molto legata a questa scena, da cui nasce tutto il contesto precedente e, poi, successivo, ho deciso di partecipare con questa al concorso.

Diciamo che, essendo io una fan sfegatata -a dir poco- di Neri Marcorè e Carlotta Natoli, sono rimasta molto insoddisfatta dalla seconda serie non per il riscontro complessivo che è stato piacevole senz’altro, ma dal fatto di non aver potuto vedere la coppia insieme e, per giunta, alle prese con un pargolo: cosa che mi avrebbe fatto sicuramente sperticare dalle risate, ma, nel contempo, fatto sorridere di tenerezza perché il loro sì che era un amore con la ‘A’ maiuscola.

Tutto qua, inoltre, sognando la terza serie in arrivo, era proprio d’obbligo dare adito alla fantasia… <3

Hikari. <3


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Capitolo 2
*** Parole, parole, parole. ***


I  CAPITOLO

 

 

Parole, parole, parole.

 

Di Rewind, Still, Play !

 

 

Parole, parole, parole, parole, parole, soltanto parole… parole tra noi.

(Mina)

 

 

«Giuse, ma che cacchio sta succedendo, scusa? Io non ci sto capendo più niente…!» affermò la signorina concitata, rizzandosi sulla sua poltroncina rossa.

«Ma come, Carla? Non vedi che…» fu interrotto Freiss.

 

«4, 3, 2, 1… Azione!»

 

«Dottor Freiss! Mi vuole spiegare cosa diamine sta succedendo?» civettò Carla curiosa.

«E’ successo questo, signorina!» annunciò trionfante il dottor Freiss, alzando un telecomando e puntandolo a mo’ di arma temibile, verso lo schermo piatto appeso alla parete.

«Eh ??! Sei stato… No… E’ stato lei??» sbarrò gli occhi la signorina.

«Ma che domande sono, signorina?! Certo che sì!» rispose fiero il dottorone.

«Cioè, mi vuole dire che lei può gestire il tempo a piacere?!»

«Diciamo che arrivati alla trecentocinquantasettesima replica di questa serie che la ‘mia dolce metà’ mi obbligava a consolarla, fazzoletti alla mano, per il lutto di un attore molto…- come si può dire?- apprezzato dalla popolazione femminile italiana… Ho pensato di autotutelarmi e tentare il tutto per tutto!» esplicò con un lieve retrogusto di invidia lo psicologo.

«Davvero?» chiese strabiliata la donna.

«Signorina, il cappello?» suggerì lui di sottecchi.

«Ma ho i capelli sciolti…» rispose lei, sfiorandosi la chioma castana.

«L’introduzione, Signorina…» si accigliò lui.

«Ah… certo! Dottor Freiss, lei che è un esperto di tragedie imminenti riguardo lutti improvvisi di attori molto, molto… fascinosi e particolarmente ambiti dalla popolazione femminile, mi dica: cosa può evitare questa tragedia? E cosa comporterebbe nel corso del regolare svolgimento di una fiction televisiva di enorme successo…?» lo introdusse in tono cantilenante lei.

«Beh, la prima risposta è, di per sé, molto semplice! Cosa può evitare questo calo ormonale di massa da parte delle donne attratte da un suddetto personaggio? Questo!!» disse Freiss, sventolando con orgoglio l’ormai noto telecomando.

«No, scusi, scusi, Freiss, ma cosa vuole aver combinato con un telecomando?» lo sbeffeggiò inconsapevolmente Carla.

«Rewind, still, play!» scandì lui, facendo tornare indietro il video proiettato sullo schermo, fermandolo e mettendolo nuovamente in moto, mentre prendeva forma una nuova dinamica dell’accaduto.

«No, ma lei ha fatto tornare indietro il tempo??» sbarrò gli occhi Carla.

«Certo che sì! Volevo testare come il pubblico avrebbe reagito ad un eventuale squanquasso della dimensione spazio temporale!» esclamò compiaciuto lui.

«Ma è sicuro che sia legale?» bisbigliò lei sempre più allibita.

«Ma non era lei che voleva a tutti i costi vedere ancora quell’attoruncolo da strapazzo?» si innervosì Freiss.

«Prima di tutto: non è un attorunculo da strapazzo e, poi, tanto non ci sono speranze: nella vita è sposato felicemente e, nella finzione, la fortunata è stata la Natoli, quindi…!» sbuffò la signorina, gesticolando.

«Ma che sto’ qui a fare??!» si alzò furioso Freiss.

«Ma Giuse! Dai, sei geloso di Marcorè?» domandò lei suadente, mentre lo imbrancava per un braccio per evitare che si rintanasse in quell’antro cupo che lui soleva definire ‘camerino’.

«Lei non mi sa apprezzare a pieno, sa? Il sex appeal non è mica tutto nella vita! Anche io, a mio modo, potrei diventare un sex simbol di tutto rispetto, in fondo che ci vorrà mai?» contestò il grosso psicologo.

«Adesso, non esageriamo! Giuse, non è che puoi pretendere… Già sei tuttologo…» - le fece l’occhiolino lei, cercando di addolcirlo un po’-«Comunque, secondo lei come si rivolterà l’ambaradan adesso?»

«Beh, diciamo che potrebbero verificarsi i fatti più disparati, la vicenda potrebbe evolversi nelle maniere più assurde e, se, forse, si possono evitare delle tragedie, se ne potrebbero verificare altre, così come per i personaggi: così come qualcuno resta, qualcuno potrebbe andarsene, qualcuno tornare, qualcuno arrivare dal nulla… Non si sa mai a cosa si va incontro…» farneticò il grosso psicologo.

«Ma dice davvero? Diventerà il mercato del pesce! Gente che va, gente che torna…!?» domandò retorica lei.

«Gente di mare, gente che va… dove gli pare, ma dove non sa…» canticchiò irriverente lui, volendo risultare forzatamente simpatico.

«Dottor Freiss, a Sanremo magari un’altra volta!... Comunque, noi stiamo sempre a guardare, no? Non saremo mica vittime dei tagli Rai, no? »

«Signorina, ma certo che no! Secondo lei un palinsesto così prestigioso quale la ‘Rai, radiotelevisione italiana’ può fare a meno di due tali prodigi dell’ambito della scienza dei telefilm italiani?!» rispose secco.

«E da quando io e te siamo tutto quello che hai detto adesso?» chiese incredula Carla.

«Signorina, va bene essere modesti, ma la sottovalutazione di cui è vittima è controproducente!» sbuffò Freiss.

«Secondo me è più controproducente parlare, parlare, parlare…! Io vorrei vedere come va a finire, sa?...» rispose bruscamente la signorina, ormai scocciata.

«Signorina… Tempo al tempo!» ribattè lui.

«Ma che tempo al tempo: adesso! Premi quel diavolo di ‘play’!» strillò istericamente, imponendosi su di lui Carla.

«Va bene, va bene…»- si intimorì il grosso psicologo, dondolandosi goffamente sulla sua poltroncina e premendo il tasto play del telecomando che stringeva in mano- «Te l’ho mai detto quanto mi piaci quanto ti arrabbi?»

 

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Capitolo 3
*** Come noi nessuno al mondo(?) ***


II CAPITOLO

 

 

Come noi nessuno al mondo (?)

 

 

 

Di segreti nascosti e consolazioni.

 

 

Monica calpestava la ghiaia del piazzale fuori la chiesa, ormai deserto.

Per quanto le pesasse dover ammettere di non essere riuscita a realizzare il suo sogno, voleva, almeno, dimostrare fierezza e padronanza della situazione…

In realtà, tutti questi non erano altro che pretesti senza fondamento: era lì perché voleva farsi consolare dal suo uomo e basta! xD

Monica arrivò dinnanzi al muretto di pietra fredda e scivolò di peso su di una panchina di legno; guardava in alto senza pretese.

«Ehi!»- la riportò alla realtà Michele -«Amore, che ci fai qui?»- chiese sarcastico.

«Sei incredibile, riesci a fare ironia in qualsiasi caso, anche adesso: sei incredibile proprio!»- si mise a ridere amaramente lei, guardandolo negli occhi.

Michele accarezzò il viso di Monica, scostando un ricciolo che oltraggiava il suo volto, non permettendogli di vedere a pieno la profondità dei suoi occhi celesti.

«Cosa mi volevi dire prima?» chiese Monica.

«No… niente, tu invece?» chiese non curante lui, celando dietro gli occhi neri, il cui il debole sole di settembre si specchiava, dando loro luce, l’ombra di un omissione.

«Io… beh, io…» iniziò lei titubante, stringendosi nel copri spalle nero.

«Eccovi qua!» la interruppe don Luigi, barcollando nel suo passo incerto, fino a sporgersi dal portone della chiesa.

I due si scambiarono occhiate perplesse, Monica guardava Michele interrogativa.

«Io mò entro dentro, ma dovete venire ‘n pressa ‘n pressa che vi devo fare un bel discorsetto che ne avete bisogno, per la carità di Dio!» farfugliò don Luigi, tornando dentro.

«E questo, s’è impazzito?» chiese Monica a Michele con una risata.

«Fossi in te non riderei…» disse, ridendo nervosamente Michele, sapendo a cosa andava incontro.

«No, aspetta… Dimmi tutto! So già che mi incazzerò come una iena, tanto…»

«Ecco, ti ricordi di quello che mi hai mandato a dire da parte di mio fratello?» buttò lì Michele, con finta indifferenza.

«Certo, gliel’ho detto io di venirtelo a dire!» rispose Monica, disinvolta e con un mezzo sorriso.

«Ecco, bene: Don Luigi ha sentito tutto!» disse Michele, con volto impassibile rivolto al vuoto.

«Stai scherzando, sì?» - chiese, mentre rideva nervosamente- «Ma quello è un deficiente!!! Michele, ma che fratello hai? Cosa hai fatto quando era piccolo: l’hai avvelenato con il Dash nel biberon, l’hai buttato giù dalla culla, qualcosa gli deve pur essere successo a quel celebroleso per essere così ebete!!!»- sbraitò con tutta la voce che possedeva.

«Monica, in fondo…» cercò di calmare le acque- inutilmente- lui.

«In fondo che, Michè?! Si tutela tanto la privacy e, poi, bastano gli sproloqui di un cognato demente a mettere in piazza tutta la vita privata delle persone!!!?»

«Amore, calmati! Cosa ci potrà mai dire don Luigi di così terribile?!» chiese retorico e speranzoso nel contempo.

«Non lo so, ma quando quell’uomo vuole innervosire la gente con i paradossi biblici, risalenti alla dottrina cattolica di 150 anni fa, ha capacità che sfuggono alle leggi spazio-temporali!» sbuffò Monica, polemica, ma stranamente pacata nel tono.

«Michele…»- mormorò, prendendo fiato-«Michele, tu mi ami?»

«Fammici pensare!...»- alzò il volto al cielo Michele-«Mmm… sì, dai!»- buttò lì, lui, sorridendole.

«Amore, ma certo che ti amo!»

«Ma, vedi ci hai pensato! Sei un uomo indeciso, meschino, infame e… immancabilmente traditore!» concluse lei accigliata.

«Ma… Lascia stare! Monica, mi guardi negli occhi?!»- le disse, poggiando la sua fronte contro quella della compagna-«Monica, io ti amo, capito? Non c’è niente che mi farà cambiare idea!»

«Neanche don Luigi?» domandò lei, con gli occhi spauriti tanto quanto quelli di una bambina lasciata sola al buio, mentre Michele le prendeva il volto tra le mani e le baciava le labbra.

«E questo era un sì o un no?» domandò lei con un mezzo sorriso.

«Andiamo al massacro?» si mise a ridere lui, porgendole la mano.

 

~

 

«Sodomo e Gomorra, vogliamo tornare a Sodomo e Gomorra?!» domandò infervorato don Luigi, dimenandosi nell’abito talare bianco, rivolto a Michele, rassegnato e seduto sulla panca di legno della sagrestia, mentre Monica poggiava il capo sulla sua spalla.

«E non mi rispondete?!» chiese don Luigi sorpreso.

«Don Luigi, che le dobbiamo dire?» ribattè stancamente Michele, risolgendo i palmi al cielo.

«Che mi dovevate dire a me qualche mese fa, piuttosto!» lo corresse con la sua buffa inflessione il parroco.

«Ma scusi, eh! Ma cosa sta…» saltò in piedi Monica, strepitando.

«Monica voleva dire che, se lei si riferisce al fatto che…» cercò di rimediare l’irrimediabile Michele, coprendo con la mano destra la bocca della donna.

«E’ menzogna!!!» decretò don Luigi, infervorandosi ulteriormente dinnanzi all’opposizione dei due.

«Suvvia, menzogna: omissione, no?» propose, facendo l’occhiolino Michele, in tono pacato.

«Menzogna e lussuria!» controbatté ulteriormente il vecchio prete.

«Lussuria??? Ma mica stiamo ai tempi di Dante, ‘a don Luigi, manco don Abbondio ne ‘I promessi sposi’ era così…» venne interrotta bruscamente nuovamente Monica da Michele che la zittì per porre rimedio alla situazione.

«Lussuria, prima del matrimonio è lussuria!» ribadì imperterrito e inamovibile.

«Ma, gliel’ho già detto, che avremmo dovuto fare? Noi siamo grandi, vaccinati, forse fin troppo, siamo fidanzati, che è?! Dovevamo limitarci ai baci!?» domandò retoricamente Michele, sorridendo a Monica.

«Perversione di Dio, ‘nche chilla!» echeggiò la voce possente del prete. 

«Ma quindi? Bruceremo imperterriti tra le fiamme dell’inferno: ha ragione lei!» sbuffò, ormai, stravolto e stufo Michele che, dimenandosi stancamente con ampi gesti lenti, mostrava la camicia bianca spiegazzata fuori dai pantaloni.

«Ecco, appunto: noi andremmo, dato che abbiamo concluso… La nostra sorte è dettata ormai, no? Vorrà dire che conosceremo Belzebù, Casanova e tutta la banda… Arrivederci, don Luigi…!» farfugliò, infastidita Monica, mentre s’alzava e si sistemava il vestito per poi tirare Michele per un braccio, invitandolo ad evadere da quel tormento.

«Dove vorreste andare?» tuonò don Luigi, goffamente.

«Eh beh… forse a dormire!?» propose retorico Michele.

«Signorina si ricordi: lussuria!!!» echeggiò don Luigi, rivolgendo uno sguardo severo a Monica che si arrestò di colpo, facendogli una smorfia.

«Eh… proprio no, eh! Le due pecorelle smarrite qua presenti, data la crisi, Tremonti e tutto quello che manca in questo benedettissimo Paese, hanno un letto solo con tutto ciò che questo comporta: senza sconti… quindi, tanti saluti!» sbottò freneticamente Monica, strattonando ulteriormente Michele, ormai inerte dinnanzi alla sua furia.

«Signorina…!» la chiamò con le mani sulla fronte il disperato don Luigi.

«Monica, aspetta!»- accelerò il passo Michele per raggiungere Monica che sbattendo i piedi a terra a ogni passo, evidenziando la presenza dei suoi tacchi alti e tanta, troppa rabbia- «Don Luigi…»- lo sussurrò alzando una mano flebilmente Michele.

 

~

 

Clelia oltraggiava il pavimento del corridoio dell’ospedale, incurante di tutti, tenendo a dovuta distanza Mario che camminava soddisfatto, mostrando un sorriso radioso nell’osservare la sfrontatezza di Clelia.

La donna fingeva indifferenza, ma non era difficile capire che dentro di lei, le emozioni si contorcevano disperatamente, rendendola inquieta.

Non poteva crederci: di nuovo, era successo di nuovo!! Nonna per la ter… quarta volta!

La vecchiaia incombeva e non teneva minimamente conto della sua stizza a riguardo, anzi sembrava diventare sempre più beffarda nei suoi confronti.

Riflettendosi in una delle finestre che davano luce ai corridoi pallidi, vide una donna inerte dinnanzi a un tempo che passa inesorabile, senza tener conto di nulla, neanche di far comparire un’ulteriore ruga d’espressione sul suo viso truccato; fermatasi giusto un attimo davanti a quell’immagine sfocata che sembrava offuscare i suoi sogni di immortalità e impersonare l’incubo di vedersi esattamente come non avrebbe mai voluto. Scostò la palandrana accesa in modo violento e continuò la sua marcia verso la meta, facendo finta di niente.

Ciò che le dava più fastidio in assoluto, pensava, era il fatto che, in fondo, lei non era in grado di mascherare le proprie emozioni a carnevale, soprattutto in quelle occasioni.

Avrebbe voluto apparire come sempre: fiera, distaccata, cinica e platealmente infastidita per aver dovuto interrompere una maschera di bellezza al cetriolo per correre a vedere la sua figlia minore, fatta a sua immagine e somiglianza, impersonificare ciò a cui l’aveva sempre invitata a non diventare. Per orgoglio, ovviamente…

Non avrebbe mai e poi mai confessato, neanche sotto tortura, che ciò a cui si era sempre ostentata nemica: la carriera di mamma non era poi così male, per quanto si distaccasse dal suo universo di egocentrismo.

Sistemò una ciocca di capelli dietro le orecchie quando arrivò a svoltare per entrare nel nuovo reparto, per non farsi cogliere impaurita, impreparata, fragile: umana… Giammai!

Fu così che rivolgendo un’occhiata scocciata dinnanzi a lei, incontrò lo sguardo malinconico e commosso di Laura, abbracciata a Paolo.

«Eccoci! Ci risiamo! Un po’ troppo sovente, in questi ultimi anni, assisto a scene del genere, mi verrà sicuramente un attacco iperglicemico!»  gracchiò Clelia per non destare sospetti.

«Mamma… possibile che tu sia così refrattaria!? E, poi, vorrei ricordarti che non varchiamo il reparto d’ostetricia da quando è nata Nina!...» piagnucolò Laura.

«Praticamente, l’altro ieri!» ribattè immediatamente la madre.

«Eh beh… Non proprio, Nina ha già otto anni!» soggiunse Paolo, senza rendersi conto.

«Cosa vuoi insinuare, Paulo? Io sono la stessa di allora, non sono cambiata di una virgola, è chiaro?» rispose subito accigliata e vagamente offesa.

«Ragazzi, entriamo!?» li raggiunse Mario, arrivando alle spalle di Clelia.

«Oh, eccolo! Guarda chi mancava a chiudere il quadretto felice, il presepio vivente della massima melensa possibile! Andiamo a concludere, su! Voglio proprio vedere fin dove si può arrivare!» sbuffò nuovamente lei, facendo cenno d’entrare a Paolo e Laura.

«Non cambi mai…eh?» sorrise Mario, guardandola divertito.

«Marsh, prima che cambi idea anche su di te!» gli fece l’occhiolino, aspettando che entrasse.

 

~

 

«Certo che anche tu, te la prendi sempre con quel poveraccio di un prete…» si mise a ridere Michele, uscendo dalla camera da letto, dopo essersi infilato un paio di jeans e una camicia celeste.

«Monica, ma…»  la richiamò lui, non ottenendo risposta.

Arrivato davanti all’entrata per il soggiorno, le si avvicinò e stette a guardarla: Monica se ne stava immobile, addormentata sulla manona come una bambina al buio.

«Monica…» sussurrò dopo averla coperta- «Oh…»- le sorrise, vedendola sgranare gli occhi.

«Che stavi dicendo? Che me la prendo sempre, no?» farneticò Monica, non ancora sveglia del tutto, facendo seguire un sonoro sbadiglio.

«No, dimmi tu… Com’è che ti addormenti così?» le sorrise lui, baciandole le labbra.

«Eh…Ricordami di dirtelo, prima o poi… Ma non c’è tanta fretta, comunque niente…» -sorrise lei, sollevandosi a metà-«Michele, mi dici una cosa?»

«Dimmi tutto, amore…» disse lui, mentre le accarezzava i capelli.

«Ho sentito Laura: sono nate le gemelle di Stefania, ma con Paolo…»

«Hanno litigato?»

«Ma che ne so, Michè?! Mica ero là, no?! Non ho ancora il dono dell’ubiquità io!!!»- rispose Monica, nevriticamente-«Litigheremo, non ci capiremo più, magari spuntano le corna e la coppia scoppia, Michè! Perché voi uomini siete stronzi… e traditori… e non pensare di avere scusanti!»- sbraitò lei, alzandosi come una molla e gesticolando senza sosta.

«Monica…fermati!»-si alzò, prendendole il viso tra le mani lui.

«Che succederà a noi, allora?»

«Ma tu davvero pensi che si possa prevedere? Io e te siamo talmente squinternati che ci potrebbero scrivere un romanzo in chiave bretone… Siamo imprevedibili, come noi...»

«Non c’è nessuno dici?»

«E certo! Come noi… nessuno al mondo!»- le sorrise lui, buttando gli occhi al cielo-«Perché…»- iniziò a cantare.

 

Prima di te, c'era il buio più profondo
E non so perchè prendevo a calci il mondo
Vivevo con me stesso una stanca abitudine
E cercavo un compromesso, nella mia solitudine

 

Monica sorrise…


Prima di te, come una foglia al vento
Dentro me vibrava un sentimento spento
Per gli uomini che ho amato
Per le donne che mi han ferito
E per tutto quello che ho dato
Agli amici che mi han tradito


Io e te, come noi nessuno al mondo
Io e te, in questo amore più profondo
Io e te, cambio pelle cambio vita io e te
Per noi non sarà mai finita
Io e te, come noi nessuno al mondo
Io e te, in questo amore più profondo
Io e te, come un sogno questa vita io e te
Per noi non sarà mai finita
Dopo di te
Se ci penso mi treman le mani
Non potrei immaginare senza te il mio domani
Forse chiederei aiuto al mare
Nele notti per non morire
Ma non voglio pensarci ora
Che sei qui tra le mie braccia ancora
Io e te, come noi nessuno al mondo
Io e te, in questo amore più profondo
Io e te, cambio pelle cambio vita
Io e te, per noi non sarà mai finita
Io e te non ci lasceremo mai
Io
e te mi risveglio e tu ci sei
Io e te, come noi nessuno al mondo
Io e te cambio pelle cambio vita io e te
Per noi non sarà mai finita…

 

«Hai visto, lo dice anche Toto Cutugno!» rise lui, prendendola in giro con un buffetto sulla guancia e recandosi verso l’atrio.

«Michè, te che dici ste cose, ne sei proprio sicuro, sì

 

 

***

 

Credits:

© Come noi nessuno al mondo- Annalisa Minetti feat. Toto Cutugno 2005

Spazio autrice:

Mi scuso per il ritardo a dir poco vergognoso: chiedo venia! :'( sigh... e vi ringrazio tantissimissimo tutte per le recensioni, i commenti su facebook e per chiunque dia una sbirciata: grazie grazie grazie!!! ^^ Non ho controllato la storia... quindi, se trovate errori scusatemi... lo ricorreggo domani e modificherò!!! (:

Grazie a tutte davvero di cuore!!!

Bacioni 

Hikari <3

 

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Capitolo 4
*** Catturami ***


 

CAPITOLO III

 

 

Catturami

 

 

Di rivelazioni e cappuccini distratti.

 

 

«Laura, ma non abbiamo avuto il tempo di scambiarci neanche due parole stamattina, già vai?» domandò Paolo, zoppicando nelle sue morbide pantofole, tenendo lo spazzolino da denti in bocca.

«Sono in un ritardo mostruoso, le ragazze mi uccidono se arrivo in ritardo, lo sai, no?» fece in fretta Laura, prendendo con sé la borsa e la giacca sbrigativamente.

«Beh, certo! Ci vediamo stasera?» domandò Paolo, atterrito dalla fretta con cui Laura stava lasciando casa.

«Sì, sì, amore… Vedrai recupereremo stasera: mi farò trovare come la donna perfetta: ai fornelli, tirata quanto una Barbie e pronta a sorridere a qualsiasi e fare sempre cenno di sì, come una velina, in pratica! A stasera…» sorrise sarcastica lei, baciandolo appena sulla guancia e chiudendo la porta.

«Non so perché, ma più passa il tempo, più io non la capisco!»-sbuffò Paolo, percorrendo il corridoio e lasciandosi cadere sulla sedia al tavolo della cucina, dinnanzi alla catalessi dei figli, buttati brutalmente giù dal letto poco prima-«Beh, fa piacere il fatto che voi non mi diate la benché minima consolazione…»

«Pa’, le donne sono un universo a sé stante, spesso incomprensibile alla ragionevole presa di coscienza della razionalità che guida la psiche del genere maschile a cui- modestamente- appartengo, apportando il mio contributo… Quindi, non c’è consolazione che regga! Una volta scelta la ‘femmina’ con cui decidiamo di passare la vita, siamo legati a vita alla loro essere lunatiche e assolutamente indecifrabili sotto ogni profilo fisiologico - psicologico…!»

«Facendo un riassunto, che diavolo vorrebbe dire?» lo guardò interlocutiva Cristina.

«Che una volta trovata la propria donna, per l’uomo, sono cazzi!» esclamò disinibito Emanuele, addentando entrambe le fette biscottate, appena inzuppate nel tazzone di latte che teneva tra le mani.

«Ema!!!» fecero in coro Paolo, Nina e Cristina, in segno di rimprovero.

«Ad averla una donna, però!» si rivolse sognante al cielo Ema, facendo finta di niente.

 

 

~

 

«Maya, Maya mi passi la foto che hai scelto: dobbiamo aggiustarci alla male peggio, dato che il grafico non c’è!» alzò il tono di voce Rosa, chiamando la rossa, in tono polemico perché Monica sentisse.

«Rosa, tesoro mio… Non siamo ancora sotto dittatura, puoi esprimere senza artefici retorici il tuo disappunto sulla mancanza della nostra grafica!» commentò senza troppi giri di parole la direttrice, scendendo dalla scaletta del suo ufficietto.

«Oh, menomale! Mi sento sollevata: a me, Elio manca! Non sentite che manca qualcosa, oltre l’odore delle scarpe che solo un uomo può sopportare?» domandò Rosa, spontanea come suo solito.

«La realtà, Rosa, è che per quanto gli uomini ci siano ostili, sentiamo la necessità di averci a che fare, soprattutto se non ne possediamo uno a portata di mano!» disse Lea, in tono maestoso e, senza dubbio, risentito.

«E siamo rimaste solo io e te…» piagnucolò Rosa, nonostante l’iniezione di autostima dei giorni precedenti che l’avevano portata a raggiungere- almeno per quanto possibile- un grado di stabilità psichico-emotiva accettabile.

«Suvvia, Rosa non ne fare una tragedia: tu sei stata sposata e, quindi, in compagnia d’un uomo per tutto il periodo delle mie peggiori beffe sentimentali: non può sempre andare male agli stessi!» ribattè Monica, abbozzando una linea difensiva.

«E, poi, non credere che sia tutto così facile! La vita di coppia è durissima!» commentò secca Laura, percorrendo il corridoio della redazione e lanciando, alla male e peggio, la borsa sul divano bianco.

«Ecco, appunto! Adesso, Maya si trova nella melassa dei primi tempi e non può essere oggettiva, ma io e Laura possiamo dirlo: una storia che duri, anche solo, più di tre notti e due giorni è fin troppo faticosa!» appoggiò l’affermazione dell’amica Monica, appoggiandosi alla scrivania di Rosa.

«A me non pare che voi due siate così oppresse dalle vostre relazioni: Laura, tu sembri un po’ più perplessa, ma, concorderete con me, che, Monica, entri qua dentro con dei sorrisoni che non si vedevano da parte tua dai tempi del primo fidanzatino in seconda elementare!» gracchiò Lea con una smorfia di disappunto.

«Ma guardala, guarda che occhi sbrilluccicosi che ha!» civettò Maya con un sorriso intenerito.

«Ce ne siamo giocate tre, capisci, Lea?! Tre nel giro di un solo anno!» denotò Rosa all’orecchio di una fredda Lea.

«La più colpita, però, rimane Maya. Da quando si è innamorata, non ne caviamo più ‘un ragno da un buco’! Vive sulle nuvole, senza nessi reali: come rovinare la vita? Basta un uomo!...» constatò amaramente la bionda.

«A proposito, Monica…»- le fece l’occhiolino Laura- «Non dovevi chiedermi quella consulenza sull’articolo delle ‘donne manager’?»

«Certo! Che sbadata, non me ne ricordavo quasi: saliamo?!» propose Monica con un’occhiata furtiva alla bionda che s’apprestava, nel frattempo, a seguire la direttrice su per la scaletta.

 

«Ma quell’articolo non è uscito nello scorso numero?» domandò Rosa analitica.

«Ma certo che è uscito lo scorso numero e, per giunta, l’ho scritto io: quindi, sì, è proprio come stai pensando Rosa! Le due stanno confabulando… di cosa non si sa, ma…» commentò Lea, senza distogliere lo sguardo dalla rivista che stava avidamente sfogliando.

 

«Allora?! Gliel’hai detto?» chiese impaziente Laura, sedendosi alla scrivania.

«Beh… no…» abbassò lo sguardo Monica.

«Ma perché?» domandò scocciata la bionda.

«Ma perché ho una paura fottuta, Laura! Quello- lo so- appena lo sa, scappa!»

«Ma perché dovrebbe farlo, per la centesima volta?» chiese nuovamente con cadenza stanca e ridondante.

«Ma perché tu te lo vedi Michele tra ciucci e pannolini?» chiese retorica Monica.

«Se è per questo, fino ad un anno fa, non avremmo mai pensato che avrebbe potuto mettere in piedi una relazione con una donna che durasse per più di 36 ore, invece- dimmi se erro- credo proprio che potrai darmi prova del contrario…» la mise alle strette Laura che si fermò, in quel momento, a guardare soddisfatta l’espressione attonita di Monica, ormai disarmata sopra ogni fronte.

«Monica, c’è Michele!» si sentì dal piano di sotto.

«Eccolo! Guarda un po’: si parla del diavolo e spuntano le corna e… il forcone!» sorrise maliziosa Monica a Laura, mentre chiudeva la porta del suo ufficio.

«Vai, su!» la incoraggiò Laura, invitandola a precederla.

«Amore!» -gli sorrise Monica, vedendolo, mentre scendeva le scale-«Come mai qui?» disse, baciandolo sulle labbra.

«Ti devo parlare un attimo, puoi?» chiese con un sorriso.

«Sì, però usciamo a fare due passi che mi manca l’aria…» suggerì lei, prendendogli la mano per poi tirarlo fuori la porta della redazione.

«Dimmi, che è successo?» chiese Monica, prendendo una boccata dell’aria fresca di quel settembre pieno.

«No… niente di importante, è solo che mio fratello…» accennò, sminuendo Michele.

«Non doveva partire ieri sera per tornare ‘sul cucuzzolo della montagna con la neve alta così’?!» sorrise piena d’entusiasmo lei, felice di immaginare l’addio di un cognato troppo ingombrante.

«Ecco: proprio questo è il punto… Adriano ha trovato lavoro a Roma e mi ha chiesto se…» accennò Michele con una smorfia, temendo ciò a cui stava andando incontro.

«Eh no, Michè, no! Non me lo dire, ti prego!» sbuffò Monica, presumendo il peggio.

«Va bene, allora non lo dico…!» gli fece l’occhiolino lui, cercando di dileguarsi dall’ira furiosa della compagna, che avvampava in viso sempre di più.

«Cretino, è un modo di dire!»-sbuffò Monica-«Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo!»- si rimproverò nevroticamente.

«Eh beh…d’altronde, me lo aspettavo la tua mancata euforia ed è anche un pochetto comprensibile, tutto sommato…» constatò Michele, alzando gli occhi al cielo.

«Un pochetto comprensibile, Michè?! Tu non hai un fratello: quello è un extraterrestre, l’ET de no’ altri, te lo sei forse dimenticato cosa non è riuscito a combinare in due giorni di permanenza nella capitale?! Ci ha fatto prendere una lavata di capo da don Luigi che neanche una puntata di Quark con a seguito un ‘polpettone’ polemico di ‘Porta a Porta’ sarebbe riuscito ed eguagliare, figurati in casa!» fece un breve resoconto Monica, infervorandosi.

«Eh, lo so, ma, Monica, prima cosa: nonostante tutto, è mio fratello e non posso lasciarlo dormire sulle gradinate di piazza di Spagna, secondo: pensa che con una buona azione, siamo sempre in tempo a rimediare agli atti di ‘estrema lussuria’ e a guadagnarci un angolino misero misero di Paradiso, terzo: magari è un occasione per ritagliarci qualche momento da soli, io e te, no?» propose ammaliatore.

«Faremo finta di essere i liceali alle prese con il primo amore?» domandò Monica con gli occhi che brillavano.

«Perché no? L’età ce l’abbiamo, il fisico pure, domani andiamo anche a dare la maturità, se vuoi…» la prese in giro spudoratamente.

«Che cretino che sei, quanto sei cinico… Non sei cambiato di una virgola…» ribatté lei, poggiandosi al muretto.

«Mmm… dillo che, in fondo, ti piace questo spirito contestatario…» appoggiò le mani al muro Michele, stringendo Monica.

«Forse…» sorrise lei maliziosa, facendosi desiderare.

«Allora, ci stai?» domandò Michele, guardandola negli occhi.

«Mmm… sì, ma solo perché non nient’altro di meglio da fare in questo periodo…» controbatté, scoppiando a ridere.

«Le tue dichiarazioni di affetto mi commuovono sempre, prima o poi mi si carieranno i denti solo a sentirti…» constatò Michele.

«Già, non corri pericolo, tesoro: lo faccio per interesse del tuo dentista!» continuò a polemizzare lei spudoratamente.

«Vieni qua, va!» sussurrò lui, avvicinandosi e incorrendo inevitabilmente in un bacio.

«Mmm… devo andare…» disse Michele, staccandosi.

«Già vai?» chiese Monica, sorridendogli.

«Mmm… questione di vita o di morte!»-esclamò, ridendo Michele.

«Cioè?» chiese lei, divertita.

«Devo andare da Paolo…» rispose Michele, spostandogli un riccio dal volto.

«Mmm… Potrei diventarne tremendamente gelosa, lo sai sì

«E non ti darei tutti i torti!» la baciò lui, andandosene, mentre Monica tornava dentro, dinnanzi agli sguardi inquisitori delle amiche, schierate e sedute tutte in fila sul divano.

«Che è? Sembra l’adunata annuale degli alpini! Che fate?»

«Niente, spettegolavamo di te!» constatò Lea, passando una mano nella lunga chioma di capelli biondi.

«Oh, che piacere! E cosa c’è da spettegolare su di me?»

«Ma… sai, non è che proprio ce la conti giusta in questo periodo…»

«Chi? Io?? Ma vi pare, io sono una senza scheletri nell’armadio: mai li ho avuti e mai li avrò!» ribattè Monica spudoratamente, mentre, portando una mano alla bocca, fuggiva verso il bagno.

«Ecco, l’avete visto che ho il gps!?» esclamò eccitata Rosa, divincolandosi sul divano.

«Ma che gps?! Poverina, starà male, chissà cos’ha!?» piagnucolò Maya, con le mani giunte.

«No, ti prego, Maya! Dimmi che stai scherzando, non puoi non aver capito!» sbuffò esasperata Rosa.

«Eccola qua!» mise su un sorriso furbo Lea, constatando l’arrivo di Monica, pallida in volto.

«Lo volete capire che io non  ho niente!» strepitò Monica.

«Certo! Come no?» ribatté Lea, lasciandosi sfuggire un sorriso.

«Lunedì hai avuto un mancamento e sei quasi svenuta, martedì avevi il capogiro, ieri i colpi di sonno hanno fatto sì che ti addormentassi… sette, dico sette volte in tre ore, mentre cercavamo di finire l’articolo per il numero nuovo e, adesso, corri in bagno, è giorni che nascondi la nausea…» gesticolava Rosa, in tono d’ovvietà divertita.

«E non provarti a negarlo, è palese!» intervenne Lea, prima che la ‘povera vittima’ potesse replicare.

«Io continuo a non capire, poverina… Avrà preso una brutta influenza: devi curarti e stare al caldo…!» sindacò Maya ingenuamente, che aveva assistito alla scena con la testa tra le nuvole a tratti.

«Beh, no… Curare, adesso, risulterebbe un po’ impossibile, al limite si poteva prevenire, ma…» alluse Rose all’amica, sperando vivamente che potesse capire.

«Ma l’influenza di stagione è terribile, si sa!» esclamò presa Maya.

«Eh!!» fece eco Monica per difendersi, appoggiandosi dell’ingenuità dell’amica.

«Ma come?! Tu, Monica, chi vuoi prendere in giro? Se ti accontenti di sviare la svampita, ok, ma noi siamo ancora coi piedi ben saldi a terra! E tu, Maya, su: che influenza di stagione e aspirine?! Monica non ha l’influenza!» mimò un sorrisetto tirato Rosa.

«A no?» chiese con vocina ingenua Maya.

«No, tesoro… no, proprio no!» gesticolò Rosa.

«E come se l’è presa allora?» chiese sempre più sorpresa la rossa, mentre alle altre cadevano le braccia e Monica tentava di defilarsi.

«Beh… Non che ci siano parecchi modi, la modalità è universale: è sempre quella!» spiegò, trattenendo le risa Rosa, fissando lo sguardo perduto di Maya.

«Ma ci vuole tanto, Maya?! Monica è evidentemente, irrimediabilmente…» irruppe Lea, fino ad allora silente.

«Influenzata!» ricalcò la rossa.

«E no, e basta: stiamo diventando vagamente patetiche e tu, Maya: non vorrai mica diventare il cliché della donna che, una volta perso il lume della ragione, innamorandosi, diventa totalmente incapace di intendere!?» disse Lea, tutto d’un fiato.

«Io? Cos’è che dovrei capire io?» chiese Maya ingenuamente.

«Oddio!» mise il volto tra le mani Rosa, ormai esasperata.

«Ma come?!» si accavallò la voce di Lea.

«Va bene, va bene: sono incinta!» cedette Monica, facendo calare il silenzio.

«Ecco! Avemus papae!» sospirò Rosa, dopo un attimo di perplessità.

«Oh finalmente, credevo seriamente di sfiorare la veneranda età di Matusalemme, attendendo questa tua confessione!» constatò Lea, innegabilmente soddisfatta.

«Cosa ha detto?» si accertò la rossa, dubbiosa.

«Hai capito bene: sono in-cin-ta!» ripetè Monica risoluta.

«E’ incinta! E come è successo?» civettò Maya con sguardo confuso.

«Maya, tu che fai di queste domande?» scoppiò a ridere Monica maliziosamente.

«Questa ce l’hanno rubata gli alieni!» si sprofondò  all’indietro sui cuscini candidi Rosa.

«Oh che bello! Quanto sono felice!! Monica diventa mamma, ma di chi è?» chiese sempre più stralunata la giovane.

«Oh, sant’Iddio! Quello là, ‘faccia da maiale’ l’ho rincoglionita ieri sera…» constatò la mora.

«Stupefacenti pesanti, probabilmente!» commentò Lea.

«Ma Maya, io mica ho il tuo morbo: di chi vuoi che sia incinta?! Di Michele, no?!»

«Uh….Che bella cosa!!! Sono commossa!!» scoppiò a piangere Maya, dinnanzi agli occhi sbarrati delle altre.

«Maya, quello sarebbe il mio golfino di Hermes, non un cleanex, per informazione!»

«Ma, ora, Monica: Michele che dice?» domandò Rosa, sorridendo.

«Ecco, appunto, Michele non dice…» farfugliò Monica.

«Come? Anche lui ha la rincoglionitaggine alla Maya?» domandò sarcastica Rosa.

«Non gliel’ho detto…» abbassò lo sguardo Monica.

«Ma come?» sbarrarono gli occhi le altre.

«Ma deve sapere, Monica, su! Non facciamo le liceali al primo amore: tu di anni ne hai quasi…» venne interrotta Lea.

«Non provare a nominare quel numero! Io di anni ne ho trentasei, ripetilo: tren-ta-sei!» si infervorò Monica.

«E mezzo!» si infilò nuovamente Lea.

«Suvvia, quanto sei fiscale! E, poi, tu sei un mese più vecchia di me, quindi non calcherei più di tanto la mano su questo particolare!» la zittì Monica, prendendola in contropiede e ridendovi su di gusto, ovviamente.

«Comunque non cambiare discorso! Tu a Michele lo devi dire: la creatura è anche sua, o sbaglio? Hai fatto tutto da sola, per caso? Non credo!» la mise alle strette l’amica.

«Beh, no…Ma il problema è: come glielo dico…?» ripetè continuamente Monica, dirigendosi verso la macchinetta del caffè.

«Ma perché te ne vai?» domandarono in coro le tre.

«Necessito di zucchero, ho le voglie!» tuonò Monica, in preda l’isterismo più estremo.

«Oddio! Già le voglie!?» si alzò, tentando di raggiungerla Rosa.

«Ho un bisogno irrefrenabile di cappuccino… con tanto, tantissimo, troppo cacao!»

 

~

 

«Guarda che, per quanto il tuo sguardo fosse caliente  un tempo, non credo che quel cappuccino rimarrà tiepido, contemplandolo…» disse Paolo, nell’intento di dissuadere Michele dal fissare il tazzone che aveva tra le mani.

«Che è, fai l’ironico?! Io sono in difficoltà: ho questo grossa zavorra sullo stomaco e non riesco proprio a liberarmene, sei soddisfatto?» sbottò Michele, ammettendo, inevitabilmente, la sua debolezza.

«Non riesci proprio a trovare proprio il modo di chiederglielo, eh?» arrivò al punto l’amico, guardandolo negli occhi.

«Eh beh… Non è una cosa così facile da chiedere e, per giunta, ora, sarà anche peggio!» soggiunse Michele.

«Cioè?»

«Mio fratello si ferma a Roma…» farfugliò a mezzo sorriso Michele.

«E sei ancora vivo!? Monica ti ama sul serio! Ad un altro a quest’ora, mai gli avesse rifilato in casa il fratello strampalato, l’avrebbe già come minimo strangolato legato alla macchinetta del caffè della cucina!» commentò Paolo, sorridendo sornione.

«Beh, in effetti… Il punto è che non so come possa reagire.» spiegò Michele, girando il cucchiaino nel caffè rimasto nella tazza.

«Ma mica la obblighi ad averne uno, è una dichiarazione d’amore, anche perché un bambino- da quel che posso ricordare- è tutt’altro che una passeggiata!» soggiunse lui.

«Grazie, mi incoraggi sin da subito, vedo!» sorrise forzatamente.

«No, va beh… Non essere sempre così suscettibile! In ogni caso, io ci proverei: siete innamorati, convivete… non ci vedrei proprio nulla di strano!» concluse Paolo, poggiando la sua tazzina vuota.

«Forse hai ragione: massì, dai! Aspetto qualche giorno e, poi,… qualcosa mi verrà pur in mente, no!?» tentò di convincersi e farsi coraggio.

«Non ne dubito!»

«Tu, invece? Che è sta faccia appesa?» notò Michele, sarcastico.

«Ma che faccia appesa e faccia non appesa?! Va tutto… tutto bene!» concluse con una smorfia

«Guarda, le tue doti da ammaliatore mi hanno sempre lasciato perplesso, ma la tua capacità di raccontare balle è qualcosa che sfugge proprio dall’immaginario collettivo!» notò l’altro, prendendolo in giro.

«Si vede così tanto, eh?»

«Embè, abbastanza!» annuì Michele.

«Eh va beh, Laura è un po’ distante: i ragazzi, la redazione, il libro, un editore un po’ troppo mollicone e la mia gelosia che spaccherebbe i vetri di casa, uno ad uno a mani nude…» ammise con rammarico Paolo.

«Minchia! Anche tu messo bene, ma che ci combinano ‘ste donne?» si mise a ridere.

«Creano dipendenza…» sbuffò l’altro, tormentando la tazza vuota.

«Se… come ‘a coca cola, l’amatriciana e l’odore della coccoina! A’ Socrate de’ i tempi nostri, piantala de fa’ il fanatico!» ironizzò, coprendosi le spalle con la giacca, fino allora appesa alla sedia.

«Tu, dici?» domandò flebilmente.

«Renditi utile: mi accompagni a prendere mio fratello?» propose Michele con nonchalance.

«E andiamo a prenderlo sto’ fratello, va!» ripetè Paolo a fatica, alzandosi in piedi flaccidamente.

«Mi raccomando: non troppo entusiasmo!» gli strizzò l’occhio, già verso la porta d’uscita del bar.

 

***

N/A

Spazio Autrice:

Oh buonasera, finalmente ce l'ho fatta! Scusate infinitamente me medesima per il ritardo mostruso, ma tra la scuola e il blocco dello scrittore a tratti non ce l'ho proprio fatta!
Buone notizie, comunque: il prossimo capitolo arriverà prestissimo, credo! *.* e sarà spassaso, lo garantisco! xD
In ogni caso: beh, lo so! Ho estremizzato al massimo i personaggi, sono caricaturali all'ennesima potenza, ma , tenendo conto dei miei bollori adolescenziali, ho proprio bisogno di eccesso e, in questo caso, ne ha fatto le spese la povera Maya! xD

*ps: per quanto riguarda lo svolgimento della storia, me la sto prendendo alla larga, moooolto alla larga, ma è debito un chiarimento: la storia non sarà incentrata esclusivamente su M&M (<3 * quanto li amo?!*), ma compariranno senza dubbio con più frequenza per un semplice fatto: siccome mi è piaciuto come si snodava la storia di Paolo e Laura nella seconda serie, ho deciso di non cambiare più di tanto il loro trascorso, aggiungerò delle cose, ma non stravolgerò le loro avventure... Però, vi anticipo che ci sarà una new entry: creazione del mio cervello malato xD

Doverosi ringraziamenti a tutte quante: quante siete?! Tantissimeeee per me! Sono veramente felice e vi riempio di baci per tutti i complimenti, grazie, grazie, grazie!!!
Nella speranza che la storia continui a piacervi,
Bacioni

Hikari <3




 

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Capitolo 5
*** E' questione di sguardi ***


CAPITOLO IV

 

 

E’ questione di sguardi.

 

 

Sette e mezza di mattina e… un maledetto telefono di troppo.

«Pronto…» balbettò Monica, afferrando con gli occhi semi chiusi il telefono, poggiato sul comodino.

«Monica, stavi dormendo, suvvia che disastro?! A quest’ora ancora dormi?!» la bacchettò pungente la voce di Lea dall’altra parte del cavo.

«Mmm… Lea, hai la faccia tosta di farmi la paternale anche alle sette e mezzo del mattino e, per giunta, al telefono!?» continuò ancora addormentata Monica, tirandosi su dal cuscino.

«No, ti dovrei dire una cosa, se solo avessi la cortesia di non interrompermi continuamente, certo…» continuò austera la voce di Lea.

«Ma non ne possiamo parlare tra un’oretta davanti a un bel cappuccino fumante e mezza dozzina di brioches?!»- borbottò con apparente enfasi Monica, accorgendosi poco dopo di essere ricaduta in un senso di nausea inimmaginabile- «Oddio, ho detto brioches!»

«No, comunque, nonostante le tue nausee,… ti ricordi del lavoro a Londra di cui ti avevo parlato?» cambiò rapidamente discorso l’altra.

«Certo, sì, sì, certo che mi ricordo!» rispose, facendo mente locale.

«Bene, mi hanno chiamata ieri per la conferma e… ho accettato.» concluse secca.

«No, ma come?!» si stupì Monica, presa alla sprovvista.

«Lo sai, Monica. Te l’ho già detto la scorsa volta, sono convinta, nonostante tutto.» ribadì fredda.

«Sai quanto mi dispiaccia non averti più, ma non posso tarparti le ali, quindi…» si arrese una Monica comprensiva.

«Quindi?» domandò per invogliarla a terminare la frase.

«Quindi… Non posso che essere felice per te… Però ne parliamo ancora bene in redazione!» la minacciò scherzosamente Monica, ridendo a seguito.

«Sì, certo! Però, vorrei che alle ragazze lo dicessi tu… Non saprei da come cominciare.» cercò di risultare distaccata la bionda.

«Paura di commuoverti, eh?!» intervenne l’altra con cinismo.

«Ma figurati! Non sono di certo la tipa da sentimentalismi io!!» si mise sulla difensiva, rivendicando la sua freddezza.

«Mmm… sì! Donna senza sentimentalismi, ti lascio perché mi è venuta una voglia irrefrenabile di cioccolato e… la Nutella dalla cucina mi sta proprio chiamando: scappo!» attaccò.

 

~

 

«Su, entra: che aspetti!!» lo spronò Michele, entrando in casa.

«Sì, ma tu sei sicuro che non ti disturbo, poi tu hai anche…» farfugliò l’uccellaro impacciato.

«Convivo con una donna, mica con una femmina di tigre…!»- iniziò, cogliendo lo sguardo di dissenso del povero Paolo, si corresse- «Se, va beh… Insomma, il concetto era quello!»

«Ecco!» continuò Paolo, fingendosi serio.

«E poi, ho anche la vaga impressione di non andare così a genio a Monica…» confidò Adriano.

«Ma figurati! E’ normale: Monica è così con tutti!» rispose Michele.

«Sì… fidati! Con lui agli inizi è stato anche peggio: ti ha già raccontato di quando gli ha distrutto il ristorante a mani nude? Ancora rido…» esordì Paolo, scoppiando a ridere.

«Ah-ah-ah, divertentissimo proprio, eh?!»- fece una smorfia all’amico-«Va beh… comunque è normale!»- continuò poco convinto.

«Senti, non è che posso chiederti una cosa?» chiese impacciato, fissando la sua camera ancora vuota.

«Spara!» lo esortò Michele.

«Posso appendere al muro i miei poster sulla campagna per la salvaguardia dell’aquila reale? Non riesco a dormire senza…»

«Perché?! Conti le piume per prendere sonno?» si mise a ridere Paolo, pensando di fare ironia.

«Ma no, per i sensi di colpa: lo sanno tutti che lo sterminio delle aquile è uno degli eventi che stanno lacerando il pianeta negli ultimi anni, no?» si pose retoricamente, scorgendo gli sguardi accigliati degli altri.

 

~

 

«Cristina, vieni subito qui!» ordinò  un guardingo, ma pur sempre improbabile, Emanuele.

«E che palle, però! Che è?! Devo mettermi ad annà come ‘na lumaca per nun fa’ sfigurà te, ‘on lo so!» sbuffò Cristina, arrestando il passo.

«Tranquilla, neanche io ci tengo ad essere associato ripetutamente a una scaricatrice di porto che non è in grado di dividere il piano dialettale da quello dell’italiano corrente, però…» tentò di giustificarsi,  temporeggiando.

«Però ti ho capito a te: va bene che mi ritieni ‘na capra, ma io in  ‘ste cose ci prendo, ‘o sai!» annunciò entusiasta.

«E qual è la tua teoria, su illuminami!» la sfidò lui, diffidente.

«Ma è ovvio, no?! Ti sei preso ‘na randellata tra capo e collo pe’ quell’altra psicopatetica della sapientona che viene in classe nostra, no?!» disse tutto d’un fiato, con un sorrisone finale.

«Ma che scemenze vai dicendo?! Non hai alcuna argomentazione per confutare questa tesi, per Giove!» si infervorò lui.

«Che è ti sei messo a esse pure politetistico? E, poi, vuoi mette?! Io de prove ne ho una sola, ma imbattibile proprio!»  lo puntò col dito lui.

«E quale sarebbe?» la interrogò lui, con fare sbruffone.

«Ma quella faccia da trota lessa che te ritrovi tutte le volte che entri ‘en classe, ‘a no?» disse con stampato in volto un sorrisetto malizioso.

«Non è vero, non è vero, non è vero!» strepitò lui, battendo i piedi a terra con foga.

«Ma perché te scaldi tanto? Se non è vero che hai d’arrabbiatte? Statte bono che io mica voglio esse quella che te fa venì n’infarto a diciassett’anni!» tentò di calmarlo Cristina.

«Ecco, vedi: se no mi prende un infarto! Non provare mai più a dire che mi piace quell’essere!» sbottò, chinandosi a prendere lo zaino che era caduto poco prima.

«Oh signore! Ma vi disdegnate fra de voi strambi e, poi, pretendete d’esse accettati dagl’altri: siete fuori come un terrazzo proprio!» lo lasciò impalato lei, continuando spedita verso l’entrata.

 

~

 

«Buongiorno a tutte!» esclamò con poco entusiasmo dalla sua parte Monica, entrando in redazione, trascinando i piedi.

«Oh, buongiorno! Come stai? Tutto bene?» domandò Rosa con una grossa pila di scartoffie in mano.

«Mi sembra di essere passata sotto un tram in ritardo!» annunciò l’altra, lasciandosi cadere sulla sedia della scrivania di Maya, che non era ancora arrivata.

«E in ritardo non è solo quello, no?» sottolineò Lea, con sorrisetto malizioso.

«Scherza pure, non sei mai stata incinta te! Io sì, che la capisco!» la difese Rosa, gettando con un tonfo la pila di carta sulla propria scrivania.

«Ho vomitato anche l’anima da stamattina!» si lamentò Monica, tenendo il viso sulle mani.

«Comunque, ieri sera ho controllato il telefono: in segreteria, c’era una chiamata dalla direzione di Milano…» osservò Lea, cambiando discorso.

«Ossì, ci mancava solo questa!»- sbuffò irritata Monica, alzandosi senza voglia alcuna-«Vado a chiamare, vediamo cos’hanno da sbatacchiarci  le palle ‘sta volta!»

«Nervosa la tipa!» esordì Maya, appena entrata in redazione ed in preda a posare la giacca di jeans sullo schienale della poltroncina.

«Omoni, ormoni, ormoni a palla… Come la capisco!» continuò Rosa, immergendosi nuovamente tra le scartoffie.

Monica salì nel suo ufficietto, afferrò stancamente la cornetta e compose distrattamente il numero.

Dopo aver sbagliato almeno tre volte il numero, confuso con quello di un’erboristeria, di una vecchina novantenne interrotta nella visione dell’ennesima replica di Beautiful (che tra l’altro è sempre uguale ù__ù) e un’impresa di pompe funebri, il destino sembrò giocare a suo favore: il numero era finalmente quello giusto!

«Buongiorno, sì, sì, sì: sono io Monica Liverani. Mi hanno detto le mie colleghe che avete chiamato la redazione ieri e che avete chiesto di parlare con me, ci sono problemi?» disse tutto d’un fiato con tono vagamente infastidito.

«Signorina Liverani! Beh… sì, sì, lo sa: la signora De Angelis si trasferirà a Londra a breve e credo che sia giusto che qualcuno la sostituisca almeno fino al suo ritorno, non trova?» domandò la voce maschile profonda dall’altra parte del ricevitore.

«Ho forse alternative? Credo di no… Comunque di chi si tratterebbe?»  domandò Monica, dondolandosi sulla sedia.

«Beh… Intendiamo intraprendere una collaborazione con la rivista di Londra in cui trasferirà la sua collega… Per questo, occorre una persona competente che ho già individuato: arriverà in giornata! E spero vivamente che sarete capaci di accogliere questa new entry nel migliore dei modi…» esplicò esaurientemente.

«Eh beh… dipende! Non sarà mica un uomo!?»-si alterò al solo pensiero di quella spiacevole evenienza Monica - «Pronto, pronto…» attaccò con foga Monica, capendo che l’interlocutore, per paura di una sua crisi di femminismo acuto, aveva riattaccato.

 

~

 

Adriano vagava per le strade di Roma, come al solito, portando gli occhi al cielo, persi a scrutare ciò che ad altri sarebbe senza dubbio sfuggito.

Non badava minimamente ai suoi passi… Guardare il cielo consentiva di cogliere meraviglie più ammalianti, senza dubbio… Forse.

Rimase per dieci minuti buoni totalmente assorto nella voragine di pensieri che scandiva il ritmo del suo passare distratto. Attraversò un paio di viottoli, non sapendo dove si stava dirigendo precisamente, ma non gli importava neanche quello. D’altronde, non era abituato per una città tanto bramosa come Roma, non lo sarebbe mai stato.

Giusto un istante, il tempo necessario per voltare il capo e i suoi passi per svoltare e inondarsi in un altro vicolo che si svicolava sinuosamente davanti ai suoi occhi distratti e…

Boom!

 

Scontrò contro qualcosa, qualcuno… non capì esattamente cosa fosse, ma lo travolse con la forza di cui solo un uragano sarebbe stato capace.

«Scusami…»

Sentì pronunciare appena da una cadenza particolare, poi una mano fine gli porse gli occhiali.

Neanche il tempo di inforcarli nuovamente che il possessore di quella voce sembrò essersi dissolto in qualche mondo fantastico, altrove sicuramente.

 

Si rialzò, rimanendo sorpreso e un po’ attonito.

Ricordava solo una lunga chioma di capelli biondo cenere…

Tutto troppo confuso, come lui del resto…

Si guardò intorno per un po’, non scorgendo nulla che potesse riportare la sua memoria a quell’attimo così intenso…

Scosse le spalle e continuò il suo cammino disordinato, lasciando stare il cielo.

 

~

 

«Certo che anche tu però…! Perché non ci hai detto che andavi via nel giro di così poco tempo?» domandò Rosa, guardando sommessa l’amica in piedi, appoggiata alla scaletta di legno.

«Ma, in realtà,… non lo sapevo per certo neanche io fino a ieri… Solo che non sapevo come dirvelo ed è per questo che ho chiesto a Monica di…» lasciò in sospeso Lea.

«Sì, che poi adesso chissà chi arriverà al tuo posto!» sbuffò Maya, seduta cavalcioni alla scrivania di Rosa.

«Una ex professoressa di inglese, a quanto mi dice questa mail…» si infilò Monica, scendendo dal suo ufficio con un foglio di carta stampato in mano.

«Ma non c’è scritto nient’altro?» domandò curiosa e sorpresa nel contempo Rosa.

«Dev’essere davvero terribile, se non scrivono nulla…» suppose Maya con una smorfia.

«Solo un numero di telefono…» continuò Monica, scorrendo la mail.

«Bah… Io sono sempre stata ostile alle prof di inglese. Non so perché, ma me le sono sempre immaginate vecchie, brutte e inevitabilmente…» venne interrotta Rosa.

«Acide!» aggiunse Laura, fino ad allora silente nella sua postazione.

«Quindi… zitelle!!» si infilò Rosa.

«E magari  bigotte!» concluse l’accusa Maya, alzandosi in piedi di scatto.

«Della serie non tutti i mali vengono per nuocere! Brave, ottimismo a palla, vedo!» commentò Monica, inarcando il sopracciglio destro e facendo comparire sul suo volto chiaro un sorriso furbo.

«Vabbè, in quanto direttrice, mi tolgo questo sfizio: invitiamo questa mummia a venire allo scoperto!!»- annunciò trionfalmente, afferrando il cellulare e componendo il numero segnalato dalla mail il più rapidamente possibile.

 

~

Nel frattempo, una ragazza con un’indomata chioma di ricci rossi aspettava chissà cosa, seduta sotto un vecchio platano.

Si alzò di scatto, appena intravisto l’arrivo di Paolo a piedi.

«Oh, Giorgi: finalmente!» gli venne incontro lei, aggressiva.

«Sempre polemica vedo…» denotò Paolo, con fare serioso e vagamente indispettito.

«Sì beh ma fai pure… Io aspetto la pratica da giorni e tu non rispondi!» lo aggredì lei.

«Ho avuto problemi a casa!» motivò lui scocciato.

«Ah beh, chi non ne ha?» lo sfidò lei, sfrontatamente.

«La pratica è già avviata, direi che ho fatto il mio lavoro… no?» controbatté lui.

«Ah… scusa, pensavo che te ne fossi stato con le mani in mano, invece…» rispose con voce pacata, mostrando il suo profondo disagio.

«Invece no, come uno stupido mi sono mobilitato per te e questo è il risultato!» rispose amareggiato.

«Scusami, io sono fatta così… Stento a fidarmi degli altri.» si giustificò lei, abbassando gli occhi.

«Non me ne ero accorto, forse è per questo che vai d’accordo con la natura, no? Quella non parla!» continuò impassibile lui.

«Per me questo posto è tutto, lo vedi?» chiese, alzando gli occhi blu elettrici al cielo.

«In effetti, è molto bello!» confermò lui, guardandosi intorno.

«Già, mi ci dedico totalmente: tutto il mio tempo, tutte le mie energie… tutta me stessa.» lo guardò, sorridendo.

«Ci lavori sola?» domandò.

«Beh… per adesso, sì! Ma, sinceramente, spero di trovare presto un socio… Le cifre per mantenere un vivaio del genere sono insormontabili per me sola…» spiegò rassegnata.

«Immagino…»-cambiò discorso lui- «Ora, devo andare! Ti telefonerò non appena la pratica sarà conclusa per la firma del contratto, me ne occupo io…»

«Grazie Giorgi…» abbozzò un sorriso.

«E’ il mio lavoro…» concluse, andandosene di schiena, lasciandola inerte, intenta a scrutare la cadenza dei suoi passi decisi che lo riportavano sulla strada.

 

~

 

«Mmm… ma che ora ti ha detto per telefono? Io sto diventando curiosa!» sbuffò Maya, annoiata, rimanendo con le gambe accavallate che mettevano in mostra le calze a rete rosse sotto i pantaloncini bianchi.

«Eh… si fa desiderare: dovrebbe essere qui da almeno un quarto d’ora!» constatò Monica, guardando di sfuggita l’orologio sul suo polso.

«Sì, va beh… Ora, non siamo fiscali! Se fosse state così prevenute anche nei miei riguardi, cosa avrei dovuto fare?! Poverina… in fondo, mica la conosciamo e, poi- se non bastasse- un libro non si giudica mai dalla copertina!» intervenì in difesa Laura.

«Ma tu sei una di noi, che c’entra?!» concluse con tono d’ovvietà Maya, con un sorrisetto furbo.

 

Il campanello.

 

«Avanti…» disse, non scomponendosi affatto, Monica.

 

Allora, come in niente, sul parquet della redazione, scricchiolava una lieve camminata, di cui si facevano portavoce due paperine scarlatte, a terra.

Da quelle due caviglie sottili, cinte dalle scarpette rosse, sembravano disegnarsi due gambe sinuose, lunghe- nonostante l’assenza dei tacchi- fasciate da un paio di leggings neri lucidi, sotto una maglia rosa stile anni ‘80 che arrivava a coprire, a stento, metà coscia.

Sulle spalle, cadevano lunghi capelli biondi, tirati.

Il viso a cuore, vagamente abbronzato, si affinava con una passata di blush e una goccia di mascara per allungare gli occhi verso le sopracciglia chiare dipinte all’insù.

 

Quando si affacciò alla scala, sfoderando un sorriso radioso, esclamò un sonoro: «Buongiorno!»

Monica, Rosa, Maya e Laura rimasero pressoché immobili.

«Buongiorno, desidera?» domandò, stringendo la mano verso quella della donna che sembrava aver portato con sé, nel solo tempo della sua entrata in punta di piedi, un uragano.

«Ma come? Ci siamo parlate prima al telefono, non ricorda?»- domandò con un sorriso, porgendole a sua volta la mano.

«No!... Non può essere, lei è la ex professoressa d’inglese?» scosse la testa Monica per convincersi che quello che stava intuendo non poteva essere…

No! Non poteva affatto essere!...

«Yes, I’am. Nice to meet you.»- rispose radiosa lei, porgendo la mano alle altre, ancora allibite-«A parte gli scherzi, piacere: Antonella.»

 

 

 ***

 N/A

Credits:

-Ad A e L *.*  <3

Spazio autrice:

Oh, quanto ho sognato questo momento! 

Finalmenteee!!!! <3

Allora, spiego la mia euforia con l'entrata di questo personaggio (il primo di due) nuovo... adottato da me, dico 'adottato' perchè, ahimè, questa donna, proprio come quella che arriverà nei prossimi capitoli, esiste sul serio: in carne ed ossa!  xD

Le ho sotto gli occhi da un bel po' di tempo, ma... solo ora, ho capito che dovevano essere le mie muse ispiratrici, perchè le adoro troppo *.*

Due donne troppo fantasticose!! 

Comunque, mi scuso anticipatamente, per eventuali errorucci... nella foga di pubblicare non ho ricontrollato tutto...

Prometto che domani la correggo!! (:

In ogni caso, oltre a ringraziarvi infinitamente del supporto e delle varie critiche/ complimenti, vi mando un bacione: vi adoro!!

Nella speranza che continui a piacervi! 

Hìkì <3

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