They will be in love.

di CatcatKhad
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il nuovo lavoro, presentazioni. ***
Capitolo 3: *** Una passeggiata. ***
Capitolo 4: *** Ma cosa..? ***
Capitolo 5: *** Un gesto sorprendente. ***
Capitolo 6: *** Ti va? ***
Capitolo 7: *** Pranzo assieme ***
Capitolo 8: *** Ora va meglio. ***
Capitolo 9: *** Gentile da parte tua. ***
Capitolo 10: *** Inaspettabile. ***
Capitolo 11: *** E' quasi l'ora.. ***
Capitolo 12: *** Noi due. ***
Capitolo 13: *** Dimmi che non è vero. ***
Capitolo 14: *** Bugie. ***
Capitolo 15: *** Edward sa tutto, ma siamo solo all'inizio, sai? ***
Capitolo 16: *** Confessioni, e non preoccupatevi. ***
Capitolo 17: *** Compere in compagnia! ***
Capitolo 18: *** Misteri inquietanti ***
Capitolo 19: *** Biglietti, e rivelazioni fatali ***
Capitolo 20: *** L'unione fra sorelle fa la forza, e le feste portano aria di nuovo in casa... ***
Capitolo 21: *** Balli, festeggiamenti e ferite che riappaiono. ***
Capitolo 22: *** Quando un matrimonio può sembrare ciò che unisce, ma non sempre è così. ***
Capitolo 23: *** Lettere dal passato, potranno mai essere così pericolose? ***
Capitolo 24: *** Ciò che una bugia può provocare, è una dolorosa verità. ***
Capitolo 25: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** Prologo ***







Prologo:

Esme Stewart ha tre figlie: Rosalie, 19 anni; Alice, 18 anni e Bella, 17.
Ha avuto la prima a 16 anni, da un padre che dopo la nascita di Bella è morto, a causa di una malattia.
Siamo nel 1873.
Esme ha appena ricevuto la conferma del lavoro per tutte e quattro a casa Cullen, dei ricchi nobili che vivono in una villa fuori Londra.



Pov. Alice

Arrivò il gran giorno. Finalmente ci trasferivamo nella casa dei Cullen.
Non che mamma fosse tanto contenta, però almeno avevamo un lavoro ben pagato, e soprattutto onesto.
- Alice, tesoro, scendi che andiamo! - Mi chiamò a gran voce, la mamma.
Mi alzai, prendendo la borsa e tutta la robe che mi occorreva, poi scesi lentamente le scale della casa che l'anziana signora di cui mi occupavo mi aveva lasciato, e uscii, volgendo un ultimo sguardo prima di salire in carrozza.
Rosalie e Bella erano già li, mentre la mamma entrò dopo di me.
Mi sedetti dietro al cocchiere, che era vicino alla porta e appoggiai la testa al sedile, mentre la mamma e un suo amico caricavano i bagagli sul retro e Bella e Rose chiacchieravano tranquille.
Girai lo sguardo verso la casa, malinconica.
Poi, mamma salì e noi partimmo, verso la nostra nuova vita.
- Addio, Manchester.. -











Angolino Autrice: Salve a tutti! Ebbene, eccomi con questa nuova storia! E' una storia di media lunghezza, al massimo 30 capitoli, ma abbastanza lunghi e ben dettagliati. Beh, escluso questo. Vedremo cosa succederà, Alba97. Premessa: se la storia vi piace ma trovate che ci siano delle incongruenze, fatemelo sapere tramite recensione; se non vi piace, non recensite per insultare! Nessuno ve l'ha chiesto. Può sembrare la solita e banale Fanfic, ma non è così.

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Capitolo 2
*** Il nuovo lavoro, presentazioni. ***








Pov. Alice

Alice.. Alice.. Alice, tesoro, svegliati!
Aprii gli occhi, lentamente: ero in carrozza, ed eravamo arrivate a Londra. Sembrava passato così poco, e invece eravamo quasi arrivate nel posto in cui avremmo cominciato una nuova vita. Era una novità, per noi, e solo in quel momento l'agitazione fece capolino, scuotendomi energeticamente.
La mamma era di fronte a me, sorridente, mentre Rose e Bella erano già scese.
Mi tirai su, stiracchiandomi, e scesi velocemente i tre scalini della carrozza, raggiungendo le mie sorelle.
Il cocchiere scese, dirigendosi verso il retro e scaricandoci le valige.
Finalmente a Londra!
Mi avvicinai a Bella. - Allora, Bells, non sei felice? Finalmente abbiamo un lavoro! - Ci prendemmo le mani e iniziammo a saltare come due pazze, mentre Rose ci guardava sconvolta, ridendo allegramente.
Mamma ci interruppe, sorridendo, e insieme ci dirigemmo lentamente verso il cancello, emozionate e spaventate allo stesso tempo.
Chissà come sono i Cullen.. Tutti parlavano di loro come una famiglia per bene, non troppo montati per essere così nobili, ma non potevo ancora dare giudizi senza prima vederli di persona e conviverci per qualche giorno.
Arrivò un uomo, sulla cinquantina, che ci venne ad aprire il cancello con un largo sorriso, aveva indosso una divisa che lo distingueva dalle persone che probabilmente lavoravano in quella casa, probabilmente era il capo di tutti i servitori ed era importante un'accoglienza del genere.
- Buongiorno! Voi dovete essere le signore Stewart! Finalmente. Prego, accomodatevi. - Ci guardò, sorridendo alla mamma, e ci fece cenno di seguirlo.
Entrammo, titubanti, dentro alla villa, e il cancello si chiuse dietro di noi, era già buono come inizio.
- Io sono il signor Morrist, ma chiamatemi pure Trevor. Sono il direttore di sala, chiedetemi pure tutto quello che volete sapere. Ah, a proposito, non so come avete fatto, ma siete veramente fortunate! Siete le prime quattro donne che sono state assunte direttamente dal signor Cullen, sapete? Sono arrivate migliaia di domande, da molte donne, tutti scartate, escluse le vostre. - Ci incamminammo verso le nostre stanze, all'interno di quella meravigliosa villa, dopo aver seguito le sue indicazioni, e meravigliandoci sempre più di quanto era lussuosa quella villa.
- Beh, noi siamo onorate di venire a lavorare per i Cullen, qui. Non erano i cugini del Re in persona? - Chiese mamma, incuriosita dal fatto che delle persone così importanti avessero scelto proprio noi come lavoranti.
- Beh, si sono cugini di secondo grado, e contano davvero moltissimo nella società. Per cui, ritenetevi fortunate ragazze mie! Qui siete le uniche donne che lavorano, gli altri son tutti uomini. Non so il perchè, in realtà, forse la presenza femminile non è molto gradita al signor Cullen. - Sorrisi alla sua affermazione, anche se avevo una lieve curiosità su quel perchè.
- Allora, qui ci sono le vostre stanze. Fra un'ora vi vengo a prendere, così vi porto in cucina dove inizierete a lavorare e vi darò i turni e i posti assegnati. - E si dileguò, lasciandoci sole a riflettere sul come sistemarci.
Eravamo arrivate davanti a due porte, identiche, che però mostravano due stanze completamente diverse fra di loro.
Rose le aprii, rivelandoci una stanza singola e una con tre letti, come avevo intuito già dal principio.
Ci guardammo un secondo, poi noi tre ragazze entrammo in quella più grande e mamma nell'altra, dividendoci almeno temporaneamente per ambientarci meglio.
Scegliemmo un letto: Rose quello al centro, Bella quello vicino alla porta e io quello sotto alla finestra, come eravamo solite nelle precedenti dimore che avevamo abitato.
Posai la mia valigia li, e misi tutti i vestiti nell'armadio, infilandoveli con cura e cercando di non stropicciarli troppo.
Feci poi una doccia veloce, ma che mi aiutò a calmarmi, poi uscii e mi misi sul letto, ad aspettare le mie sorelle e mia madre.
Avevamo cominciato a chiaccherare da poco, quando bussarono alla porta, e ci fiondammo fuori da Trevor, pronte per iniziare la nostra nuova vita.
Ci sorrise, anzi a dire la verità sorrise alla mamma, e ci accompagnò in cucina a passo veloce, tanto da farci fare fatica prima di riuscire a raggiungerlo.
Era enorme, anche quella, molto luminosa e con tre cuochi che già lavoravano in maniera veloce, ma al tempo stesso precisa. Ci avvicinammo al bancone, e Trevor cominciò a parlare.
- Allora.. Esme.. Tu dovrai servire il signor Cullen. Mmm.. Rosalie, tu sarai la cameriera e dama di compagnia dell figlio maggiore, Emmett.
Alice.. Tu dovrai servire il secondogenito, Jasper. Mentre Bella farà il minore, Edward. Ok, per il resto saranno loro a decidere se farvi fare altre mansioni o tenervi come "dame di compagnia", oltre che come cameriere. Ok, ragazze, comincerete fra poco. Le stanze dei signori vi saranno indicate. A presto! - E scomparve nuovamente, lasciandoci sole in cucina. Ci guardammo un attimo, poi un altro uomo, forse il capocuoco, ci chiamò e ci indicò dei vassoi che avremmo usato per tutte le volte in cui avremmo servito il pasto.
- Allora, signore: la colazione sta per essere servita ai signori, per cui ognuna di voi starà insieme a un inserviente, che si appresterà a servire il pasto nelle relative camere dei signori. Allora? Tutto chiaro?? -
Parlava con un tono di voce alto, e non era inglese, lo si capiva dal fatto che aveva un accento strano.. Quasi fosse tedesco.
Annuimmo, poi dei ragazzi ci vennero a prendere e insieme, lentamente e chiaccherando, arrivammo alla stanza dei signori.
Il ragazzo, Thomas, bussò alla porta, e una voce possente, ma per me melodiosa, ci diede il permesso di entrare.
Entrai titubante, mentre lo sguardo di Jasper mi cadde addosso, un po' meravigliato forse.
La stanza era meravigliosa, e enorme: i mobili erano tutti bianchi, e il letto era a due piazze, con le lenzuola blu notte che profumavano di pulito e di fresco, come se fossero state pulite da poco.
- E tu saresti..? - Mi chiese, con fare altezzoso ma sprezzante, squadrandomi da capo e piedi con uno sguardo indagatore. Abbassai il mio, imbarazzata. - Io sono Alice Stewart, signore. Sono la nuova cameriera, al vostro servizio. - Abbassai anche la testa, cercando di mostrarmi umile e diligente.
Mi squadrò per una manciata di secondi, mentre Thomas uscì strizzandomi l'occhio e augurandomi buona fortuna senza farsi sentire dal signore.
- Non sei un po' troppo giovane per fare la sguattera? - Mi chiese, con tono sprezzante e ironico, finendo di osservarmi e girandosi dall'altra parte.
Spalancai per un istante gli occhi, cosa avrebbe potuto c'entrare la mia età con la mia esperienza lavorativa?
- In realtà, no. Sono maggiorenne, vaccinata, e tutta la mia famiglia lavora qui. - Gli risposi, con un pizzico d'orgoglio nella voce.
Mi guardò ancora, per studiarmi.
- Quanti anni hai? - Mi chiese, ghignando.
- 18. - Gli risposi, indietreggiando leggermente.
Si alzò dal letto, avvicinandosi a me.
- Mmm.. Allora, fai il letto. Ora! - Mi ordinò, severamente, ghignando sempre più.
Deglutii, avvicinandomi al letto e cominciando a tirare su il cuscino e le lenzuola. Sentii che lui stava uscendo dalla stanza, però sentivo anche il suo sguardo su di me.
Finii di rifare il letto velocissima, poi mi alzai e mi girai verso di lui.
- Vieni con me. - Mi disse, guardandomi con un ghigno spaventoso.
Deglutii di nuovo, avvicinandomi e seguendolo fuori.
Chissà come se la cavano le altre.. E la mamma..



Pov. Rosalie

Guardai per l'ultima volta le mie sorelle e la mamma, prima di seguire il ragazzo con il pasto da portare al signore, e mi sentii agitata, chissà cosa mi avrebbe aspettato!
- Allora, come ti chiami? - Mi chiese sorridendo il giovane accanto a me, girandosi ogni tanto per guardarmi negli occhi senza rischiare di cadere.
- Rosalie. Ma chiamami pure Rose. E tu? - Sorrisi a mia volta, controllando ogni mio passo per non inciampare in un possibile lembo di tappeto rivoltato.
- Beh, io mi chiamo Julian, ma sono francese. Anche tu sei straniera, non è così? - Continuammo a camminare, fra quei lunghi corridoi, quasi interminabili.
- Sì, la mia famiglia materna è spagnola. - Dissi, spostando come riuscii una ciocca di capelli dietro all'orecchio. Era gentile, e molto simpatico, anche se forse un po' invadente, e con lo sguardo lungo, però lo erano tutti con me. E non me ne vantavo affatto.
Arrivammo, nella stanza del signore, dopo un po', gli avevo domandato di andare lentamente per poter memorizzare in fretta la posizione esatta ed essere più veloce i giorni a venire.
Bussammo a tempo, poi entrammo, lui sicuro e io titubante. Infondo, come l'avrebbe presa, se non fosse stato ancora a conoscenza della nostra assunzione?
Era una stanza enorme, forse la più grande che io avessi mai visto: aveva le pareti bianche, come latte puro, il letto a due piazze con le lenzuola di un azzurro pallido, le tende dello stesso colore e gli infissi erano di mogano. Profumava di pino, era un odore aspro ma allo stesso tempo piacevole, come mi sarebbe piaciuto avere quel profumo anche nella nostra stanza!
Seduto a una scrivania anch'essa di mogano c'era il signore, o meglio Emmett Cullen, intento a lavorare su alcuni fogli che, probabilmente, riguardavano il suo lavoro.
Mi squadrò, dopo essersi accorto della presenza di entrambi, e sbuffò pesantemente, spostando lo sguardo sul ragazzo accanto a me.
- Un'altra, Julian? - Gli chiese, incrociando le braccia al petto e alzando un sopracciglio, in disaccordo.
- In realtà, signore, questa è per voi. - Rispose Julian, guardandomi sorridendo e posando il pasto sul tavolo mestamente, con la testa abbassata.
Invece, Emmett mi fissò, in modo strano.
- Mah.. A me pare giovane, per fare la cameriera.. Vai pure, Julian. - Disse, guardandomi storto e facendo cenno a Julian di andare.
- Tu, invece... Rifai il letto alla perfezione, pulisci a terra, e voglio questo pavimento lucido come uno specchio, pulisci il bagno, voglio che cambi completamente aspetto, lava le tende, sono un po' spente ultimamente, ordina la scrivania in modo che io possa trovare ogni oggetto in un posto visibile, la libreria, striglia e nutri il mio cavallo... - E mi fece un elenco infinito di cose da fare. Sbiancai, alla fine, deglutendo rumorosamente e attirando su di me un suo sguardo indagatore.
- Io.. Non so dove si trovano le scuderie.. - Dissi, con una punta di imbarazzo e abbassando la testa come avevo visto fare a Julian prima, arrossento appena.
- Ti arrangi! - Mi disse, rabbioso, poi uscì sbattendo la porta, dopo aver preso con sè tutti i fogli di cui necessitava.
Rimasi sola, dentro alla stanza, insieme ai miei pensieri. Finirò alla sera, tardi. Pensai, seduta per un istante sul suo letto per riordinare un attimo le idee, dopo averlo fatto.
E' impossibile... Non ce la farò mai.
Sospirai, poi mi misi al lavoro, sperando che le altre non fossero state nella mia stessa situazione.



Pov. Bella

Seguii il ragazzo della consegna pasto, dopo aver guardato con un sorriso le mie sorelle e la mamma. Ero un po' emozionata, era uno dei primi veri lavori che avessi mai avuto e non volevo assolutamente partire con il piede sbagliato.
Il ragazzo non era uno di molte parole, anzi.
Mentre camminavamo, mi guardavo intorno per ricordarmi poi la strada da fare, era così grande quella casa da rischiare di perdermi, anche se non sarebbe stato troppo difficile, infondo infondo. Il problema era che non sapevo come fosse il signore, e non sapevo se gli sarei piaciuta o no.
Sospirai, mentre arrivammo nell'ultimo corridoio prima della stanza.
Chissà le altre come stanno..
Arrivammo infine davanti alla camera, e bussai lievemente, senza fare troppo rumore, poi, entrammo a tempo io e quel ragazzo, guardandomi intorno per qualche secondo.
Era una stanza luminosa e arieggiata, soprattutto grande e spaziosa, mi dava come un senso di fresco e nuovo, e infatti colui che ci vivera era così, già dal primo impatto.
I mobili erano color legno naturale, l'armadio non era molto grande ma i dettagli erano molti, e refiniti in oro, mentre il letto era a due piazze con le lenzuola di un colore sull'arancione-dorato, incredibilmente affascinanti, e una scrivania con una poltrona in un angolo.

Seduto comodamente sulla poltrona, c'era Edward Cullen, con un giornale fra le mani e un'espressione concentrata in volto.
Mi tremavano le gambe, dalla paura, non sapevo come atteggiarmi con lui.
Avanti Bella, piantala! Non ti può mangiare!
- Ehm.. S..Salve.. Io sono.. La nuova cameriera.. - Dissi, balbettando. Perchè mi comportavo così, in quel momento? Ero davanti al mio capo, d'accordo, ma era pur sempre un ragazzo poco più grande di me!
- Ciao. Io sono Edward. Dammi pure del tu, non devi essere molto più vecchia di me, dal tuo aspetto non si direbbe affatto. - Mi disse lui, sorridendo e posando il quotidiano accanto a lui, sul tavolino di legno che non avevo visto prima, seminascosto.
Era molto gentile, nei miei confronti. Eppure, ero una sguattera, e nessuno era mai stato molto educato con me.
- Ok.. Grazie, Edward. - Dissi, con uno dei miei sorrisi migliori, e feci una lievissima riverenza.
- Prego. Allora, potresti rifare il letto? Poi andiamo insieme a strigliare il cavallo, così ti insegno. - Mi disse, facendomi un sorriso da scioglimento.
Ehy Bella, ma che fai?! E' un tuo superiore, e ha solo sorriso!
Ok, va bene, aveva solo sorriso, ma che sorriso! Sghembo ma dolce, un mix perfetto.
Feci il letto, poi mi avviai ad aprire le finestre e respirai una boccata d'aria fresca mattutina, dopo aver poi dato un lieve colpo al tappeto, attaccato da una parte al davanzale e dall'altra alla mia mano.
Lui si schiarì la gola, e io mi avvicinai a lui, seguendolo giù dalle scale verso le scuderie. Cosa mi sarei dovuta aspettare?








Ok, ragazze. Eccomi. Scusate L'ENORME ritardo, però non ho potuto postare prima il capitolo. Spero comunque vi sia piaciuto, prometto che il prossimo lo pubblicherò a breve. A presto, un bacio, Alba97.









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Capitolo 3
*** Una passeggiata. ***












Pov. Esme

Ero contenta come non mai.
Vidi le mie adoratissime figlie andare ognuno dietro a un ragazzo, e la commozione salì.
Beh, ero felice di essere riuscita a trovare questo lavoro per me e per loro, e non come quello di prima.
Perchè, piuttosto che tornare a fare quel lavoro, avrei preferito morire di fame.
Un ragazzo mi chiamò, destandomi dai miei pensieri, e lo seguii per i corridoio che portavano alla stanza del signor Cullen.
Da quello che avevo capito, erano cugini di secondo o terzo grado del Re in persona, e contavano molto nella società di Londra, e in generale di tutta l'Inghilterra.
Continuammo a camminare ancora per un po', fino a che non arrivammo nello studio.
Bussai, prendendo il vassoio con la colazione e entrando con passo deciso e con un sorriso stampato in faccia.
- Buongiorno sig. Cullen. Sono la sua nuova cameriera, e anche dama di compagnia, vi ricordate? - Dissi, posando delicatamente il vassoio sulla scrivania di legno davanti a lui.
- Certo che mi ricordo! Benvenuta. Allora, ti chiederei di portare questo messaggio al cocchiere, giù in salone, e poi torna qui. - Disse, con un sorriso.
Era gentile, un angelo in confronto al mio ex-padrone.

Scesi immediatamente di sotto, consegnando quel messaggio al cocchiere, poi tornai sopra.
- Bene, perfetto. Ora, ti prego di cambiare le lenzuola e rifare il letto, poi andiamo di sotto.

A fine giornata, nella camera delle ragazze.



Pov. Alice

Passarono le ore, e finalmente finii il mio turno.
Quasi volai verso la mia camera, arrivando davanti alla porta a tempo a Rose e Bella.
Aprii, e mi buttai sul letto.
- Ragazze.. Come è andata? - Chiesi, con la testa affondata sul cuscino.
- Guarda, uno schifo.. Voi? - Disse Rose, con la voce stravolta.
- Be, a me è andata bene.. E tu, Aly?- Disse Bella, sedendosi accanto a me.
- Pfff.. Non molto bene, Jasper non faceva altro che ghignare, spaventandomi seriamente. E poi, mi ha fatto pulire il box del suo cavallo. E io ho il terrore dei cavalli, cioè dei cavalli maschi. I cavalli femmine di solito sono calmi, più o meno, ma quelli maschi.. Porca miseria! - Dissi, sconsolata.
- Alice.. Io ho sgobbato come un mulo.. E solo in camera.. Non mi parlare delle scuderie.. E in più, Emmett era simpatico come un dito piantato nello stomaco. Ecco. - Affermò convinta Rose, facendomi ridacchiare.
- Beh, con me Edward è stato molto gentile.. Mi dispiace per voi.. - Disse Bella, abbassando la testa.
- Beh, tesoro, tu non hai mai avuto la faccia da sgualdrina come noi. E questo è un bene, anche perchè se prima non fruttava, ora frutta molto di più. - Disse Rose.
- Ma.. Rose! - Urlai, ridendo come una pazza.
- Accidenti, Aly, è vero! Non dirmi che noi non abbiamo la faccia da sgualdrine, perchè non è vero! Beh, se no non avremmo avuto tutto quel successo, anche se non era proprio una cosa bellissima eh.. - Disse Rose, con una nota sarcastica nella voce.
- Confermo.. - Dissi.
Sospirai; Bella si alzò e andò alla finestra.
- Ragazze, voi pensate ci troveremo bene nei giorni a venire? - Ci chiese poi, sempre con lo sguardo rivolto alla finestra.
Rimanemmo un po' in silenzio; Rose si alzò e la raggiunse.
- Non lo so.. So solo che ora è meglio se andiamo a dormire, domani ci tocca il turno completo, e non possiamo farlo come zombie! Buonanotte.. - Disse, poi si cambiò in fretta e andò a dormire.
Anche Bella, si spogliò e andò a letto in biancheria.
Io invece, mi cambiai ma uscii nel piccolo poggiolo della camera, seduta sullaringhiera.
Eravamo al primo piano, per cui non avevo da temere.
Sospirai; indossavo la mia camicia da notte, era cortissima e attillata, come piacevano a me.
Guardai di sotto: per essere al primo piano non era per niente alto.
Mi venne un'idea, così mi aggrappai alla ringhiera scendendo lentamente fino ad arrivare al limite, così mi mollai e caddi in piedi a terra.
Mi guardai un attimo in giro, poi mi incamminai verso il giardino-parco della villa.
Era estate, e vestita così stavo benissimo, e comunque la usavo anche al locale.
Non dovevo ripensare a quel periodo, non mi andava di causare di nuovo problemi alla mia famiglia per i miei incubi notturni, tutte le sere, o di finire quasi a non riuscire ad andare avanti, non potevo farlo.
Mi sedetti su una panchina.
Avevo i piedi nudi, accidenti! Mi ero dimenticata le ciabatte, però non avevo ancora trovato schegge o cose del genere.
Al massimo avrei avuto male per un po', ma suvvia, cosa avrebbero potuto farmi un paio di schegge di legno?
Sospirai, osservando le stelle e cercando di trovare un legame tra loro, immaginario.
Tirai su le gambe, incrociandole e sospirando.
Mi sentii poggiare una mano sulla spalla, e mi girai di scatto terrorizzata.
Era Jasper.



Pov. Rose

Avevo visto chiaramente Alice scendere dal poggiolo, ma era abituata a farlo, in più la finestra era così bassa a quel piano che ce l'avrebbe fatta anche nonna Iris.
Ero curiosa di sapere cosa stesse facendo però, infondo non avevo sonno e Bella dormiva da un pezzo, quindi l'occasione era ghiotta e nessuno mi avrebbe impedito di fare ciò che volevo.
Mi alzai e mi avvicinai alla finestra, spiandola. Avevo tirato la tenda davanti a me per non essere vista, ma era così intenta a osservare il cielo che non si sarebbe accorta comunque di me.
Si era seduta su una panchina, ma poi era arrivato Jasper, e le sue intenzioni non mi sembravano così tanto docili.
Cosa voleva da lei? Sperai nulla di brutto, non potevo immaginare come aiutare Alice se si fosse trovata in una situazione poco piacevole.



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Capitolo 4
*** Ma cosa..? ***



















Pov. Alice

Trattenni il fiato per qualche secondo, osservandolo.
Come aveva fatto a raggiungere lo stesso punto in cui avevo deciso di fermarmi un istante?
- Che ci fai qui tu, a quest'ora della notte? - Mi chiese, arrogante, con lo sguardo e la voce induriti dall'alcool.
Il puzzo si sentiva fino a lì, e le sue pupille dilatate mostravano l'ebbrezza che in quel momento stava provando, a causa della sua sbronza.
- Io.. I-io non.. - Balbettai, non riuscendo a dire altro. Dov'era finita la mia grinta, il coraggio che mi aveva sempre caratterizzata in altre situazioni, ben peggiori?
Si sedette vicino a me, quasi buttandosi sulla panchina, con ben poca grazia, era come se fossi rimbalzata sul posto a causa del suo peso, maggiore del mio.
- Non capisco veramente, Alice. Come posso essere attratto da te, semplice cameriera da quattro soldi che se la fa sotto per ogni cosa che incontra? Anche se... - Mi squadrò per un attimo, mentre io mi ero allontanata sempre più ed ero finita sull'orlo della panchina.
- La tua faccia vagamente mi ricorda quella di una poco di buono. Non so, ti ci vedrei meglio. -
Era strana, molto strana, quella situazione. Come si permetteva di parlarmi così, quel cafone maleducato? Seppure fosse il mio capo, non mi sarei fermata dal tirargli uno schiaffo se avesse detto una sola parola in più, anche se... No, non lo avrei fatto.
Mai mi sarei permessa di fare una cosa del genere, chi ero io per poterlo fare?
Mi alzai allora, lasciandolo solo alle sue chiacchiere, che si interruppero non appena si accorse di essere solo. Scossi la testa, mentre mi allontanavo, e ancora mi chiedevo perchè avevo deciso di fare quel giro in giardino, da sola.
Probabilmente se fossi rimasta in camera, sarei già stata nel mondo dei sogni da un po' e non mi sarei fatta umiliare in quel modo da un ubriaco che di me, conosceva solo il nome e la faccia.
Sospirai, poi allungai le braccia fino al balcone, afferrandone le sbarre con forza e tirandomi su, appoggiando un piede sul marmo freddo e aiutandomi con la gamba a salire, per poi scavalcare la ringhiera e aggiustare la camicia da notte prima di tornare in camera, in cui era rimasta solo Bella, dormiente. Rosalie dov'era?
Con quel pensiero, mi misi sotto alle coperte e mi addormentai quasi all'istante.

Pov. Rosalie

Mi scostai dalla finestra, Alice era grande abbastanza per cavarsela da sola, e comunque non riuscivo a dormire, anche se avevo sonno. Avevo come una morsa allo stomaco che mi aveva convinta ad uscire dalla stanza, per poter girovagare ancora un po' e riuscire infine ad addormentarmi, e per potermi gustare per bene ogni parte della casa. Ero vestita leggera, con la vestaglietta nera che mi fasciava il petto fin troppo in maniera eloquente e la parte inferiore che non arrivava al ginocchio, che svolazzava ad ogni mio passo. Cominciai a camminare, a piedi nudi era una meraviglia su quel marmo gelido e la temperatura molto elevata del momento.
Mi guardavo intorno, andando a sbattere contro qualcosa di enorme, duro e soprattutto forte.
Mi girai, ritrovandomi Emmett Cullen, visibilmente ubriaco ma ancora abbastanza sobrio da poter distinguere chi fossi.
Mi stava fissando da capo a piedi, non riuscivo a capire i suoi pensieri, nè le sue intenzioni.
Effettivamente non era una grande idea, quella di girare da sola in piena notte in quella casa, senza conoscere così bene gli abitanti e senza sapere che, magari, sarebbero potuti essere come i vecchi datori di lavoro.
Non portavo nemmeno il reggiseno, cosa che per una che come me aveva una terza abbondante non era decisamente il massimo, ma per dormire non lo indossavo.
Indietreggiai di mezzo passo, deglutendo sonoramente.
Lui si avvicinò a me pericolosamente, arrivando con le labbra davanti alla mia fronte.
Era più alto di me, di parecchio, e mi sentivo veramente uno scricciolo di fronte a lui, avrebbe potuto farmi del male senza che io avessi avuto la possibilità di difendermi in alcun modo.
Nemmeno i suoi fratelli, o il padre, avrebbero potuto fermarlo.

Degluitii nuovamente, appena il suo caldo alito toccò il mio collo e mi fece salire i brividi sulla schiena, e mi irrigidii, con lo sguardo rivolto dall'altra parte.
- Che cosa ci fai qui, a quest'ora della notte? Non lo sai che è pericoloso girare di notte da sole? - Mi chiese, con un sorriso malizioso e con gli occhi lucidi dal desiderio.
- Controllavo che fosse tutto a posto, tutto qui. - Dissi, con la voce ferma che nascondeva in realtà la mia paura fissa.
Lui rise, e la sua risata era così forte che pensavo potesse soffocare da un momento all'altro, e nel preciso istante in cui la sua mano si avvicinò al mio braccio, e l'altra alla mia nuca, mi scansai velocemente, prima che potesse afferrarmi.
Avevo perfettamente capito cosa voleva, non era la prima volta che un uomo aveva un approccio così con me, ma non lo avrei permesso a lui.
Non gli avrei dato la possibilità di umiliarmi in quella maniera, non di nuovo e non a lui.
Tentò di nuovo di farlo, stavolta quasi con rabbia e con la bocca contorta in una smorfia, e mi afferrò il polso, stringendolo.
- Lasciami andare. - Sussurrai, così piano che nemmeno mi sentì, e strattonai il braccio fino a fargli allentare la presa, poi girai i tacchi e tornai in camera, chiudendo a chiave.
Presi fiato, seriamente scocciata dalla situazione che si era creata poco prima, e notai che Alice era tornata su, così potei chiudere la finestra e andare a dormire.
Prima di riuscire ad addormentarmi, l'immagine di Emmett e di ciò che avrebbe potuto farmi continuava a rotearmi davanti agli occhi, e cercai in ogni modo di farla smettere, invano.

Il mattino dopo



Pov. Bella

Quella notte avevo dormito splendidamente. Mi svegliai verso le sei, sedendomi sul letto e stiracchiandomi. Pur avendo fatto finta di niente, avevo perfettamente sentito le mie sorelle uscire dalla camera, e tornarci dopo un po', con l'umore diverso da quando erano andate via. Probabilmente avevano avuto un incontro inaspettato, però avrebbero potuto avvertirmi. Infondo se mi fossi 'svegliata' e non le avessi trovate, mi sarei presa un bruttissimo spavento per niente!
Mi alzai e svegliai anche Alice e Rose, che ovviamente faticavano ad alzarsi e a svegliarsi del tutto.
Mi avvicinai all'armadio, prendendo uno dei vestiti più leggeri, perchè quel giorno faceva davvero molto caldo, e mi pettinai, facendo una coda di cavallo alta e aggiustando i ciuffi ribelli come potevo.
Nel frattempo, le mie sorelle si erano riprese del tutto e stavano finendo di prepararsi, quindi le attesi fino a che non furono pronte, poi uscimmo insieme, avviandoci verso le cucine, pronte per iniziare a lavorare.
Presi il vassoio, avviandomi verso la camera di Edward ma indugiando forse un po' troppo nel corridoio, rimanendo ad osservare quei bellissimi quadri appesi che mi avevano attirata anche il giorno prima.
Arrivai, bussando ed entrando in punta di piedi, non avendo ricevuto risposta alla mia richiesta di poter entrare.
Era ancora a letto, e dormiva profondamente, potevo scorgere benissimo il lenzuolo sopra di lui alzarsi e abbassarsi quel minimo che mi permetteva di capire che il suo respiro era fin troppo regolare.
Posai il vassoio, e mi girai a guardarlo ancora un po', era veramente un bel ragazzo e in quel momento provavo una lieve tenerezza nei suoi confronti, sembrava come un bambino innocente durante il sonno, e le sue lievi smorfie quasi mi divertivano. Scostai lo sguardo e mi avviai alla finestra, aprendo lentamente le tende facendo entrate il sole che illuminò immediatamente la stanza, accecandomi per un istante.
Sentii un mugolio infastidito provenire da lui, poi lo vidi aprire gli occhi con l'aria confusa e mettersi a sedere, guardandosi attorno come spaesato e ancora nel mondo dei sogni.
- Buongiorno, Edward.. - Dissi, imbarazzata, mentre lui si girava verso di me sorridendo, e capendo finalmente di non essere solo, e che l'artefice del suo brusco risveglio ero io.
- Buongiorno a te, Bella. - Disse, senza smettere di rivolgersi a me con quel sorriso che mi mise subito di buon umore.
Mi fece cenno di guardare dall'altra parte, e compresi che probabilmente era svestito. Infatti mi girai dall'altra parte, sentendo improvvisamente il rumore del tessuto dei suoi pantaloni strusciare sulle sue gambe nude, e il rumore della zip che si chiuse. Appena tornai a guardare verso di lui, lo vidi finire di infilarsi la maglia e aggiustarsela addosso davanti allo specchio.
Era affascinante, ogni suo gesto esprimeva eleganza e sobrietà allo stesso tempo, un mix quasi perfetto.
Mi si avvicinò sorridendo nuovamente e afferrò una scarpa, sedendosi sulla sua sedia per infilarla e allacciarla.
- Allora, Bella.. Puoi fare il letto, per cortesia? - Mi chiese, accucciato e con la voce soffocata a causa della sua posizione, poi constatai che stava afferrando un panno per lucidare a fondo le scarpe.
Annuii, tentata di offrirgli prima il mio aiuto, poi mi diressi verso il letto e lo sistemai accuratamente, poi gli diedi un paio di colpetti per aggiustare il copriletto girandomi di nuovo verso di lui.


Pov. Rosalie

Quella notte faticai a dormire, forse perchè lo avevo sognato.
Avevo sognato Emmett Cullen.
Emmett Cullen, il figlio maggiore del nostro nuovo capo, colui che la sera prima aveva dato un chiaro segno delle intenzioni che aveva con me, e che non aveva esitato un attimo a mostrarlo.
Quando Bella mi svegliò, mi sentii molto più sollevata, anche se ero così stanca che sarei potuta crollare di sonno da un momento all'altro..
Ero veramente riuscita a sognare quel ragazzo? Solitamente sognavo cose piacevoli, o favole che la mamma mi raccontava da piccola per farmi addormentare, come un segno di buon auspicio, ma... Emmett Cullen, cosa significava?

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Capitolo 5
*** Un gesto sorprendente. ***


mmm




Pov. Rosalie

Non riuscivo proprio a spiegarmi questo fatto.
Accidenti, perchè avevo sognato Emmett Cullen? Mi alzai di scatto, cominciando a prepararmi in fretta e furia, le mie sorelle non c'erano.
Allora, Rosalie, ti piace lui o no?
Beh, d'accordo era carino, e mi piaceva un po', però già innamorata no, era troppo presto. Continuai a prepararmi, con la divisa che ci avevano finalmente portato, pensando a cosa provavo davvero, ma nulla.
Ero pronta, aspettai un attimo Alice e Bella, poi ci incamminammo a prendere i vassoi.
Era il momento di rivederlo. Ma, sarei stata pronta?
Si, dovevo esserla, era il mio superiore e se non la fossi stata avrei cominciato a combinare guai, e la mamma avrebbe perso il lavoro assieme a noi.
Mi incamminai, arrivando in poco tempo alla camera in cui lui viveva, prendendo un lungo respiro.
Bussai, ma non sentendo minima risposta da lui entrai titubante, affacciandomi dapprima con la testa e poi richiudendo la porta dietro di me.
Stava dormendo profondamente, russando in modo... quasi rilassante beato. In effetti, mi stava facendo uno strano effetto...
Wow, stavo addirittura impazzendo? Posai il vassoio sul comodino, avvicinandomi al suo viso e sorridendo appena, sentendo crescere la voglia di accarezzarlo dolcemente e di stringerlo a me.
Effettivamente in quel momento era così bello, che per un attimo smisi di pensare ad altro per concentrarmi a conoscere bene il suo viso, approfittando del fatto che lui non fosse conscio. E mamma mia, se era bello.
Oddio ma che avevo pensato! Rose, è il tuo superiore!
Mi detti una calmata, andando ad aprire le tende mordendomi un labbro, non avrei dovuto lasciarmi andare in quel modo, se si fosse svegliato proprio in quel momento?
Che accidenti mi stava succedendo? Potevo essermi infatuata così di un uomo che aveva di me la stessa considerazione che aveva per il suo cavallo, o per una da strada?
Eppure, la sera prima, mi ero sentita lievemente lusingata dalle sue parole, sebbene rozze e inequivocabili.
Rose, smettila, per cortesia!
Mi imposi di calmarmi, o sarei tornata da lui e non avrei esitato un attimo ad esplorare il suo viso con le mie mani. Non mi sembrava il caso.

Mi sedetti su una sedia lì vicino, aspettando che lui si svegliasse, il che non sarebbe avvenuto molto presto, visto quanto aveva bevuto la sera prima.
Ma almeno avrei avuto tempo per riflettere sul da farsi, e su come comportarmi con lui una volta sveglio.



Pov. Alice

Quella notte avevo cercato di dormire un po' e in effetti ero riuscita, ma così male da farmi svegliare al mattino ancora più stanca di quando ero andata a letto la sera prima.
Era un dormiveglia continuo, frequentato da incubi brevi ma intensi che mi avevano fatta svegliare più volte.
Quando Bella mi chiamò al mattino, per avvisarmi di andare a fare colazione, ero riuscita da poco più di mezzora ad appisolarmi tranquillamente, e mi innervosii ancora di più, se possibile.
Mi vestii lentamente e senza dare troppo peso a ciò che indossavo, poi uscii dalla stanza assieme alle mie sorelle, parlottando a bassa voce per qualche minuto.
Erano due giorni che non vedevo la mamma, ero veramente curiosa di sapere come era andata a lei, e se Carlisle era un uomo per bene o, nel peggiore dei casi, era semplicemente una fotocopia del nostro passato.
Arrivammo in cucina e il cuoco ci diede il nostro vassoio con sopra la colazione per i signori, e in quel momento cercai di fare mente locale su dove si potesse trovare la camera di Jasper.
Era così grande quella casa, che per poter riuscire a ricordare bene l'ordine delle stanze mi ci sarebbero volute almeno un paio di settimane, per poter poi girovagare senza perdermi.
Uscii e cominciai a cercarla, fermandomi ad ogni porta per ricordare se era quella o meno, per sfortuna mia dovetti passarne sei prima di raggiungere quella corretta.
Dunque la aprii, dopo averla trovata, e lo vidi alla finestra a osservare il paesaggio assorto, con le mani appoggiate sul davanzale e i capelli ancora scompigliati.
Appena entrai lui si girò, sorridendomi appena e facendomi cenno di avvicinarmi a lui. Lo feci, sorridendo a mia volta, dopo aver posato il vassoio sulla scrivania poco distante dalla porta.
Lui fece lo stesso, e quando fummo talmente vicini da permettermi di scorgere con chiarezza i suoi occhi verdi che ritenevo incantevoli, mi afferrò delicatamente per un braccio e posò l'altra mano dietro alla mia nuca, baciandomi un attimo dopo.
Mi stava baciando?! Nell'esatto momento in cui le sue labbra si posarono sulle mie, smisi di respirare dallo shock e spalancai gli occhi, osservando come lui si staccò un attimo dopo confuso dal proprio gesto.
- Scusa. - Disse, poi si allontanò senza più guardarmi negli occhi e io andai a rifare il letto in silenzio, facendo tutto quello che avevo fatto il giorno prima.
Continuavo a cercare di capire perchè lui mi avesse baciata, e cosa lo avesse spinto a farlo dopo così poco tempo. Perchè poi si era scusato e aveva finto che io non ci fossi?
Mi era piaciuto però, anche se non lo davo a vedere, infondo avevo cominciato a provare una certa attrazione per lui dal primo momento in cui lo vidi, nonostante i toni della nostra prima conversazione furono tutt'altro che convenievoli o gioviali.
In cuor mio, sapevo che lui stava facendo di tutto per confondermi le idee, sarei riuscita a contrastarlo per un po', ma non avrei messo la mano sul fuoco ad un probabile invaghimento futuro.
Speravo di riuscire a non infatuarmi di lui, eppure ne ero quasi conscia, sapevo che non sarebbe passato molto tempo prima che io potessi cominciare a provare qualcosa per lui.
Dovevo solamente soffocare tutto, prima che potesse essere troppo tardi.





Angolino autrice: cari lettori, spero che voi abbiate visto che ho modificato il testo del capitolo e l'ho reso più ricco e coerente, continuerò a farlo con i prossimi! A presto!






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Capitolo 6
*** Ti va? ***


















Pov. Bella

Era.. Meraviglioso quel giorno. E anche lui mi fissava sognante, o forse era la mia immaginazione folle.
Si avvicinò a me.
Deglutii, sorridendo incantata.
- Bella.. Va tutto bene? - Mi chiese, mettendomi le mani sulle spalle.
Scrollai il capo quasi impercettibilmente, e negai con la testa.
- Perchè mi sembrava stessi male.. Va beh. Ascolta.. Dato che oltre a essere la mia cameriera sei la mia.. Come posso chiamarla.. Dama di compagnia.. Ecco, oggi io avevo intenzione di andare a fare un giro in città. Ti va di venire? Magari puoi comprarti degli abiti in più.. - Disse, sorridendo. Mi aveva chiesto di uscire con lui.. Certo che mi andava!
- Certo! Quando si va? Così mi preparo.. - Dissi.
- Avevo intenzione di partire dopo pranzo, così lo dico a mio padre.. Chissà, magari vengono pure Emm e Jazz.. - Disse, guardando in alto come se stesse pensando a qualcosa.
- E magari anche le tue sorelle! - Disse alla fine, puntando il dito verso la mia faccia a pochi centimetri. Indietreggai con la testa, sbattendo veloce le palpebre e facendolo ridere.
- Scusa.. - Disse ridendo.
Risi anche io.
- Figurati! Allora.. Prima di pranzo lo dico alle mie sorelle, così quando siamo a tavola te lo dico ok? - Dissi, guardandolo negli occhi.
Che occhi meravigliosi aveva! Erano verdi, ma non un verde comune, no, erano un verde smeraldo lucente, profondi e sempre riflessivi..
- Certo! Sa.. Ti lascio libera.. - Disse, ridendo e facendomi l'occhiolino.
Sorrisi, poi uscii e corsi in camera mia, a cambiarmi.
Sarei uscita con Edward Cullen! Sarei uscita con lui!
Va bene, era un'uscita a sei, però gli altri quattro chi lo sà!
Saltellavo per tutta la stanza felice come non mai, mentre guardavo negli armadi della stanza cosa mettermi. Noi sorelle ci scambiavamo i vestiti, non l'intimo per le diverse forme, prò certi vestiti andavano bene a tutte.
Alla fine, decisi di indossare qualcosa di mio, e aprii l'armadio prendendo un vestito corto fino a sopra il ginocchio azzurro, con le scarpe tacco quattro azzurre e un fermaglio di raso a forma di farfalla blu.
Lo misi sul letto e controllai l'orologio appoggiato alla parete.
Erano le tredici, mancava mezz'ora al pranzo.
Il problema era cambiarsi prima o dopo? Dopo, meglio dopo.
Sospirai, poi sentii arrivare le mie sorelle e sobbalzai, girandomi.
- Ragazze ragazze ragazzee! Ho una novità! Edward ha detto che ci vuole portare in città! - Dissi, avvicinandomi di corsa e prendendo una mano di ciascuna.
Strabuzzarono gli occhi.
- Davvero?! Wow! Che bello! - Dissero allo stesso tempo, poi si dirissero verso i loro armadi di corsa e scelsero un vestito anche loro: Rose lo prese rosa pallido, non troppo appariscente, ma abbastanza attillato e con la scollatura a V non tanto profonda, con la gonna che arrivava al ginocchio e le scarpe tacco sei; Alice lo prese verde chiaro, con un fiocco che le stringeva la vita, leggermente attillato e con la gonna a poco sotto metà coscia, con le scarpe tacco cinque e mezzo e un cerchietto verde anch'esso di raso e seta.
Posarono i vestiti sul letto e venirono a fianco a me.
Ci incamminammo lentamente verso la cucina, dove avremo preso il cibo da servire a tempo agli altri camerieri.
Arrivai per prima, ma il cuoco mi chiese cosa stessi facendo li.
- Beh, sono qui per servire.. - Dissi, mentre le mie sorelle mi raggiunsero.
- Oh no no no! Voi dovete stare con i signori! Siete le dame di compagnia! Le dame di compagnia non servono! Lo ha detto il signor Cullen che voi siete le dame, quindi fuori di qui. - Disse, all'inizio brusco poi gentile.
Ci guardammo un secondo, poi uscimmo e ci dirigemmo verso il Salone.
- Ragazze.. Dato che siamo le dame di compagnia, dobbiamo stare sempre con loro? - Chiese Rose guardandoci così seriamente da farmi paura.
- Beh credo di si.. - Disse Alice.
Vidi lo sguardo di Rose illuminarsi, così da azzurro divenne blu, quelli come il mare.
- Rose..? - Chiesi, guardandola con malizia.
Lei si girò e arrossì.
- Che c'è, Rosie? - Chiese Alice, maliziosamente.
Lei arrossì ancora di più, facendoci ghignare.
- Rose.. Devi dirci qualcosa..? - Chiedemmo, ridendo.
- NO! - Disse, bordeaux, mentre noi continuavamo a ridere.
Ad un tratto smisi, guardandola negli occhi.
- Rose ti prego. DIMMI che non è come credo! - Dissi, preoccupata.
Non poteva innamorarsi di quel.. animale, l'avevo sentita parlare fuori dalla porta la notte scorsa e l'avevo vista correre dentro impaurita, e avevo paura di cosa le avrebbe potuto fare.
- Non so.. Dipende da cosa pensi tu.. - Disse lei, tornando lentamente al colorito normale.
- Beh.. Che tu ti sia presa una cotta per QUELLO! - Dissi leggermente arrabbiata, cosa plausibile diciamolo.
- Ehm.. Bella.. Beh.. Ecco... - Disse, facendomi alzare di scatto.
- SEI.. PAZZA! CON QUELLO CHE TI HA FATTO! - Sbraitai, facendo alzare Alice. Mi prese per la vita e mi fece sedere, cercando inutilmente di calmarmi.
- Bella.. Non mi ha fatto nulla! E comunque.. Shh! - Disse, tappandomi la bocca.
Mi girai dove puntava il suo sguardo, e vidi arrivare i tre fratelli verso di noi.
Mi alzai e andai verso Edward.
- Ciao Edward.. Hai visto, sono pronta! - Dissi, sorridendo.
- Ho visto e sono sopreso, davvero! - Disse, ridendo.
Notai che i suoi fratelli mi guardavano strani, forse non si aspettavano che io dessi del tu al loro fratellino.
- Comunque Edward, è si. - Dissi, seria, poi mi diressi con il mio solito passo verso le mie sorelle e ci incamminammo tutti insieme verso la sala da pranzo.
Chissà, quel giorno magari mi sarei anche divertita.








 

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Capitolo 7
*** Pranzo assieme ***


















Pov. Bella


Ci incamminammo lentamente verso il tavolo, io ero a fianco a Edward e chiacchieravamo tranquilli, mentre le mie sorelle e i suoi fratelli stavano separati.
- Edward.. Secondo te.. Quei quattro.. - Dissi, alludendo al fatto che potessero provare qualcosa.
Annuì, sorridendo e avvicinandosi a me.
- E tu? - Mi chiese, poi si allontanò sorridendo e si sedette al suo posto.
Rimasi sbigottita, impalata per una manciata di secondi in quel punto, immobile e senza parole.
Cosa stava a significare quel E tu? e cosa avrei dovuto rispondere?
Che mi piaceva da impazzire? Oh, no, no di certo.
Non avrei potuto dirglielo dai! Siamo sincere!
Mi avvicinai lentamente al tavolo e scostai la sedia per sedermi, di fronte a lui e vicino alle mie sorelle.
Lui mi fece l'occhiolino, facendomi arrossire e abbassare il capo.
Si avvicinò a me. - Che fai, ora arrossisci? - Mi chiese, gentile, per poi ridacchiare.
Sorrisi, però continuai a tenere il capo abbassato.
Rose mi diede una lieve gomitata, che mi fece arrossire ancora di più.
Alice ridacchiò, guadagnandosi una mia occhiata di fuoco.
Arrivò poi il cameriere, che ci servì la pietanza.
Era.. Una cosa strana, che io assaggiai solo a causa dell'enorme quantità, anche se la trovai deliziosa.
Le mie sorelle invece ne mangiarono un po' di più, forse per il fatto che io mangiavo sempre poco e nulla.
- Bella, va tutto bene? - Mi chiese Edward premuroso, dopo aver finito.
- Si si, tranquillo. Solo non ho molta fame.. - Dissi, sorridendo e guardandolo negli occhi.
- Sei sicura che sia solo quello? - Mi chiese ancora, preoccupato più di prima.
- Certo! Non preoccuparti. - Dissi, sorridendo incerta.
E continuammo così, per tutto il tempo, io che mangiavo pochissimo, le mie sorelle che mi guardavano preoccupate e Edward che mi domandava che cosa avessi.
Appoggiai la testa sul dorso della mano, a fine pasto, guardando uno per uno i miei commensali.

Rose, vicino a me, che chiacchierava tranquilla con Alice e Edward, ignara del fatto che la stessi osservando.
Alice, seduta, con quell'aspetto da folletto, che io adoravo, che lanciava occhiate sospette a Jasper, e chiacchierava forse un po' nervosa.
Edward, che ogni tanto mi dava un sorriso, a volte sornione, a volte gentile, a volte scherzoso.
Jasper, che seduto su quella sedia immobile come una statua osservava Alice, senza una emozione precisa negli occhi o nel volto, e a volte mormorava qualche monosillabo a Emmett.
Emmett, che parlava a Jasper ignaro del fatto che lui lo stesse totalmente ignorando e, per prendere una breve pausa, fissava quasi famelico Rose.
Perfetto.. Pensai, essendo consapevole del fatto che Rose amava Emmett, ed era ricambiata; Alice amava Jasper, ed era ricambiata; io amavo Edward, e non ero ricambiata.
Accidenti, era ingiusto così..
Mi alzai, dopo gli altri, e mi avvicinai a Edward.
- Ci vediamo fra poco Bella. Ci ritroviamo dal cancello ok? - Mi disse lui, guardandomi negli occhi con quello sguardo da infarto.
Annuii, quasi incantata, poi Alice mi trascinò via e mi incamminai lentamente, con le mani appoggiate al ventre e lo sguardo basso, verso la camera.
Appena entrai, Alice mi lanciò sul letto, mettendosi a cavalcioni su di me e fissandomi sorniona negli occhi.
- Bella, tu sei innamorata di Edward! Non è così? - Mi chiese, tenendomi fermi i polsi.
- Alice.. Primo, togliti da sopra di me! Sei leggera, ma non così tanto!
Due, io sono innamorata di lui come tu la sei di Jasper.
Terzo, devo cambiarmi. - Dissi, facendola scendere imbarazzata.
- Che c'è Alice? E' vero quello che ha detto Bellina? - Disse Rose, mettendosi il vestito lentamente, poi filando in bagno ridacchiando.
- Forse.. - Rispose Alice, incrociando le braccia al petto abbassando la testa ancora più rossa.
Sentimmo Rosalie ridacchiare dal bagno.
- E tu allora? - Disse Aly, guardandola con aria di sfida.
Rosalie non fece alcun commento, così mi avvicinai al bagno e la vidi muta, rossa e mezza incipriata.
Ridacchiai.
- Ok ragazze, possiamo dire di essere belle e cotte! - Dissi, facendole ridere entrambe.
Tornai in camera a passi veloci e con le mani tese per prendere il vestito e indossarlo velocemente, andando poi davanti allo specchio e pettinandomi a lungo.
Alla fine, quando tutte e tre eravamo pronte, ci dirigemmo a passo spedito davanti al cancello, arrivanod giusto in tempo.
Quando i ragazzi ci videro così, rimasero a bocca a perta.
- Bella, stai benissimo! - Mi disse Edward, prendendomi per mano e facendomi fare un piccolo giro su me stessa.
Sorrisi, imbarazzata, abbassando il capo.
Poi, mi girai verso i suoi fratelli di sottecchi, vedendo che non dicevano nulla, solo stavano impalati davanti alle mie sorelle, con la bocca leggermente spalancata e gli occhi molto curiosi.
Sogghignai, poi mi incamminai sotto braccio a Edward verso la loro carrozza, e ci salii, aiutata da lui, aspettando le mie sorelle che mi raggiunsero subito.
Dopo, entrarono pure i ragazzi e il cocchiere partì.

Lo so, ragazze, odiatemi! Sono riuscita a postare solo ora, mi dispiace. A presto, Alba97.



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Capitolo 8
*** Ora va meglio. ***


















Salve a tutti! Allora, in questo capitolo, succederanno un sacco di cose. Vi lascio al capitolo. Buona lettura!




Pov. Bella


Mi sedetti in mezzo alle mie sorelle, sulla carrozza, mentre i ragazzi si sedettero di fronte a noi.
Edward continuava a sorridermi, e cominciammo a chiacchierare del più e del meno, mentre Rosalie si guardava le unghie leggermente ansiosa, Alice guardava fuori dal finestrino assolta nei suoi pensieri, Emmett scrutava un po' me, un po' Alice e direi parecchio Rosalie, Jasper guardava senza pudore la mia sorellina e il suono degli zoccoli dei cavalli faceva da sottofondo a questa scenetta.
- Allora Bella, dimmi un po'.. Tua madre è inglese? - Mi chiese Edward, avvicinandosi con il viso a me.
- Beh.. No, mia madre è italiana come mio nonno e tutta la sua famiglia paterna, e sua madre, quindi mia nonna, era spagnola.. Ho parenti sparsi in Spagna e in Italia, e ogni anno andiamo a Siena da loro.. - Dissi, sorridendo.
Lui mi guardò con aria estasiata.
- Davvero? Adoro le lingue! Avanti, dimmi qualcosa.. In spagnolo! - Disse, sorridendo.
Sorrise leggermente, arrossendo. Lui ridacchiò.
- Bella, è un vizio per te arrossire o lo fai solo con me? - Mi chiese, ridacchiando sotto ai baffi.
Arrossi ancora di più e non risposi.
- Me alegro de que gustan los idiomas
. - Dissi, guardandolo e sorridendo.
Mi guardò confuso. - Vuol dire che sono contenta che ti piacciono le lingue. - Dissi, sorridendo e facendolo sorridere.
Mi girai poi verso le mie sorelle, vedendole nella stessa posizione di prima; sospirai lievemente, quella situazione non mi piaceva molto, anche perchè io e Edward avevamo subito fatto amicizia e che le mie sorelle venissero trattate così, non mi andava molto giù.
- Rosalie, todo bien? (Rosalie, tutto bene?)  - Le chiesi, guardandola.
Lei annuì impercettibilmente, rimanendo immobile; la guardai sospirando, poi mi appoggiai bene contro il sedile e mi misi a posto la gonna.




Pov. Rosalie

Oh, Bella, potessi dirtelo cos'ho! Sospirai lievemente, guardando di sottecchi Alice, che era nella mia stessa situazione.
Sospirai di nuovo, alzando le mani davanti alla mia faccia e guardandomi le unghie, le avevo curate prima ed erano venute molto bene.
Sorrisi debolmente, scrutandole con attenzione nei minimi particolari.
- Rosalie? - Sobbalzai, girandomi verso Bella.
- Che cosa c'è? - Le chiesi, sbattendo le palpebre più volte.
- Ti ho chiamata quattro volte.. - Mi disse, guardandomi preoccupata.
- Non ti ho sentita.. Scusa. - Dissi, sedendomi meglio e notando che anche Edward ed Alice mi stavano guardando.
- Sei sicura di stare bene? - Mi chiese Bella, appoggiando la mano sulla mia spalla.
- Ma si sto bene! - Dissi, con la voce leggermente seccata; lei sospirò e tolse la mano da li.
- Cosa c'è? - Le chiesi, guardandola negli occhi e avvicinandomi a lei.
- Siamo arrivati. Scendiamo. - Mi disse, sorridendo debolmente; ricambiai il sorriso, poi aspettai che scesero tutti e scesi per ultima, con un saltino, molto agilmente, poi mi incamminai con una strana felicità dentro assieme alle mie sorelle, con i ragazzi che ci seguivano.
- Com'è che ora sei così felice? - Mi chiese Alice, ridacchiando.
- Mah! Non so.. - Dissi, ridacchiando assieme a lei e a Bella.
- Ragazze..? - Ci chiamò, Edward; ci girammo a tempo, sorridendo.
- Come sorelle siete meravigliose. - Ci disse, sorridendo.
Arrossimmo a tempo, poi lo ringraziammo sorridendo.
- Allora, andiamo a comprare i vestiti per stasera, che ne dite? - Ci chiese poi.
Annuimmo e ci incamminammo dietro di lui.
- Ragazze.. Dovremmo dividerci però.. Siamo in sei.. - Ci disse, facendomi sussultare.
Come dividerci?! Cosa voleva dire con quello..?
- Allora.. Jazz.. Tu vai con.. Lei. - Disse, indicando Alice. La vidi spalancare gli occhi e deglutire, mentre lui aveva una strana espressione.. Era forse.. Soddisfatto?!
- Emm, tu vai con Rosalie. Io andrò con Bella. - Disse, poi fece un cenno con la mano e si allontanò.
- Ci ritroviamo qui alle cinque in punto, ok? - Ci disse, poi se ne andò insieme a Bella.
Rimasi li, sul marciapiede, con Alice, mentre i ragazzi erano dietro di noi.
- Allora? - Ci chiese Jasper. - Volete dividervi o stiamo tutti insieme? - Si riferì più che altro a me, visto che si capiva da lontano un miglio che voleva stare solo con Alice e me lo stava implorando, ma io non mi fidavo totalmente. Però, in fondo, perchè no? Magari aveva buone intenzioni, e poi Alice sapeva difendersi benissimo da sola.
- Sarebbe meglio dividersi.. Staremmo più comodi per fare compere.. - Dissi, mentendo spudoratamente; Jasper mi fece un sorriso impercettibile per ringraziamento, e io ricambiai.
Poi, lui e mia sorella si incamminarono verso una via li vicino, in silenzio.
Io rimasi li a osservarmi intorno per un po', girandomi lentamente verso Emmett.
- Andiamo? - Mi chiese, con aria indifferente; annuii debolmente, incamminandomi insieme a lui.
Sarebbe andato tutto bene? Non so.



Pov. Alice

Quando Edward ci lasciò assieme ai suoi fratelli, ebbi un leggero moto di ansia. Cioè, d'accordo stare insieme a lui e alle mie sorelle, però da sola con Jasper.. Beh, almeno c'era Rosalie con me.
- Allora? Volete dividervi o stiamo tutti insieme? - Chiese ad un tratto Jasper. Trasalii leggermente, guardandoli uno ad uno.
- Sarebbe meglio dividersi.. Staremmo più comodi per fare compere.. - Disse Rosalie.
La guardai terrorizzata.
No no no no no no! Ti prego noo! Pensai, mentre avevo cominciato a camminare, seguita da Jasper.
Non sapevo cosa poteva succedere, ed ero sola.. Con un ragazzo più grande, più forte e molto più alto di me. E questo, mi spaventava un po'.





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Capitolo 9
*** Gentile da parte tua. ***


















Allora, ciao a tutti! Scusate il ritardo, ma il 14 sono partita e sono tornata stanotte, e non sono riuscita ad avvertirvi.



Pov. Bella

Mi incamminai, insieme a Edward, per la via dove ci aveva condotti.
Tutte le persone ci guardavano sorprese, all'inizio non ci feci molto caso, poi mi girai nervosa verso Edward.
- Edward, perchè ci fissano tutti? - Gli chiesi, guardandolo negli occhi.
- Perchè io sono un Cullen, e siamo molto importanti qui, a Londra.. Anche se non mi piace molto questa situazione.. - Disse, sorridendomi teso.
Mentre stavo per ribattere, due donne che passavano di li si avvicinarono a lui.
- Signor Cullen.. Che piacere rivedervi! Portate i nostri saluti a vostro padre! - Disse la più anziana, mentre l'altra annuiva e sorrideva.
Le guardai, infastidita, poi se ne andarono e lui sbuffò.
- Cavolo.. Non le sopporto quelle due. Sempre a fare le gentildonne con noi, per essere in buona luce con nostro padre. Ehm.. - Si girò verso di me imbarazzato.
- Scusa Bella.. Non volevo che quelle due ti infastidissero.. - Mi disse. Arrossii di botto. Lo aveva capito? Ero davvero così maldestra a nascondere le mie emozioni? Lui sorrise.
- Bella.. Ma faccio davvero così schifo?! - Mi chiese, ridendo.
Risi anche io. - No, scusa, è che io mi imbarazzo facilmente.. E poi, no.. Non mi hanno infastidita.. - Dissi, con voce che smentiva le mie parole, ma lui sembrò non farci tanto caso e continuammo a camminare tranquilli, poi notai un negozietto all'incrocio fra quella strada e un'altra, e mi fermai, avvicinandomi. Edward mi seguì, ed entrammo insieme dentro.
- Che bel posto.. - Dissi, con un sussurro, guardandomi intorno incantata.
Edward sorrise. - Qui è dove io e mia madre, insieme ai miei fratelli, venivamo a comprare i vestiti per lei.. - Disse, con una nota malinconica nella voce. Mi avvicinai a lui, appoggiando una mano sulla sua spalla.
- Poi, quando ha lasciato papà.. Beh, nulla.. Non siamo più tornati. Tranne che ora, con te.. E sai, mi fa strano.. Però è piacevole poterci entrare di nuovo, con te.. - Mi disse, sorridendo.
Arrossii di nuovo, abbassando il capo e facendolo ridere.
- Bella..! Ti giuro, mi stai facendo morire.. - Disse, ridendo ancora.
Ridacchiai ancora, incamminandomi per il negozio alla ricerca dell'abito "perfetto".
Mentre continuavo a camminare, cercandolo, il mio sguardo si posò su un abito meraviglioso, che mi fece sbarrare gli occhi dallo stupore.
Era rosa confetto, lungo fino a sotto il ginocchio e con la gonna ricoperta di uno strato di tulle, che lo rendeva incantevole.
Mi avvicinai per prenderlo, ma Edward fu più veloce e lo prese, portandolo alla cassa e pagandolo.
Lo guardai incredula. - Edward! Perchè l'hai fatto? - Gli chiesi, sorridendo imbarazzata.
- Beh, tu sei in compagnia con me, vivi in casa mia, sono un cavaliere e te lo pago io. E poi, mi sei tanto cara e.. - Si interruppe, portando una mano dietro alla testa imbarazzato. Sorrisi, poi presi il vestito dentro alla borsa e uscimmo, sorridenti.
Lui guardò in alto, verso il campanile.
- Oddio, Bella! Dobbiamo andare! Sono le cinque meno un quarto! - Disse, prendendomi per mano e cominciando a camminare in fretta.
Lo guardai sorpresa, incredula e soprattutto entusiasta, camminando al suo passo. Mi aveva presa per mano!! Ero troppo contenta! Con un sorriso raggiante continuai a camminare vicino a lui, raggiungendo in fretta il posto dove eravamo scesi dalla carrozza.



Pov. Rosalie

Mentre camminavamo, vedevo Emmett che evitava di guardarmi, addirittura guardava dall'altra parte, come se fosse infastidito dalla mia compagnia. E questo non mi faceva molto piacere..
Sospirai, guardandomi avanti, tranquillamente, poi mi sentii toccare la spalla e mi girai.
Un ragazzo, dall'aria poco raccomandabile, mi fissò intensamente il decollète e poi salì, fino agli occhi. Lo guardai male.
- Chi sei, e cosa vuoi da me? - Gli chiesi, fulminandolo con lo sguardo e incrociando le braccia al petto.
Lui mi guardò con un ghigno. - Ma come, bellezza, non ti ricordi più di me? - Mi chiese, guardandomi beffardo.
Emmett si avvicinò a noi, con la faccia contratta in un'espressione spaventosa, che mi fece sobbalzare.
- Tu chi sei? E cosa vuoi da lei? - Gli chiese, stringendo i pugni.
Lui lo guardò leggermente spaventato.
- Ehm.. Signor Cullen?! Ehm.. Ma io stavo parlando con questa incantevole ragazza.. Non stavo facendo nulla di male, ve lo giuro! - Disse, guardando prima lui, poi me.
Sbuffai, guardandolo, poi Emmett con un'altra occhiata lo mandò via.
- Ehy, chi era quello? - Mi chiese, guardandomi con un'espressione tranquilla, anche se fingeva. Sembrava.. Geloso?! Oh, no di sicuro, era una mia impressione.
- Ehm.. Non lo so.. Non ne ho idea. - Gli risposi, guardandolo negli occhi, sentendomi in quel momento inferiore a lui, e non perchè era il mio capo, ma perchè il suo sguardo era strano, mi metteva in soggezione, come sempre del resto.
Sbuffò, girandosi e continuando a camminare.
- Avanti andiamo. - Mi disse, guardandomi.. E quello?! Era un sorriso? Stava sorridendo! Ok, era un sorriso quasi impercettibile, ma era comunque un sorriso! Ed era magnifico.. Rinsalii dai miei pensieri, continuando a camminare verso un negozio, che da fuori sembrava carino.
Mi fermai a guardare la vetrina, spostando lo sguardo da un abito all'altro.
Anche Emmett si avvicinò, guardando annoiato la vetrina.
Entrai dentro, seguita da lui, dirigendomi a passo spedito verso un vestito che avevo visto nella vetrina, e che dentro era esposto in bella vista. Era un abito bianco, di seta, che arrivava fino in fondo ai piedi e aveva uno strato in più che lo rendeva come una nuvola, e un fiocco a forma di stella fatto di seta bianco attaccato a un cerchietto incorporato.
Lo presi in mano e, oltre a guardare la sua bellezza, guardai la taglia; era la mia, perfetto.
Feci per andare a pagare, quando Emmett lo prese dalle mie mani e lo andò a pagare, porgendomelo dopo e, sorridendomi quasi impercettibilmente, uscì. Lo seguii e ricominciammo a camminare, tornando indietro.
Dopo qualche minuto di silenzio, lo guardai e gli sorrisi.
- Grazie.. - Gli dissi. Lui mi guardò un attimo, poi si girò alzando le spalle.
- Di niente.. E' mio dovere. - Mi disse, liquidando il discorso.
Forse poco prima era stato un attimo preso da un attimo di gentilezza e pietà verso di me, ma ora era tornato il freddo e scontroso Emmett che, nonostante tutto, amavo con tutto il mio cuore.
Sospirai, a questi pensieri, mentre ora che la via era affollata tutti ci guardarono, sorpresi.
Li guardai confusa, mentre Emmett procedeva a passo spedito verso la piazzetta, dove eravamo scesi prima. Chissà se il mio rapporto con lui sarebbe migliorato, o peggiorato.. Avevo il timore di stargli in odio, e questo non era bello..



Pov. Alice


Beh, da quando Rosalie ed Emmett erano andati da soli per un'altra via, avevo il TERRORE di rimanere sola con lui, e non tanto per il fatto che eravamo soli, un ragazzo e una ragazza, no, ma per il fatto che lui era il ragazzo che AMAVO! Non gli avevo ancora rivolto la parola, per la troppa vergogna, e nemmeno uno sguardo, ma lui sembrò impassibile al mio comportamento e ogni due per tre mi guardava, poi guardava avanti e così via, sempre così.
Beh, non che mi desse fastidio, però mi chiedevo come mai mi guardava. Gli facevo schifo? Aveva intenzioni omicide? Sperai di no, erano pensieri assurdi.
Scrollai leggermente il capo e mi guardai in giro, vedendo che alcune persone ci fissavano e parlottavano qualcosa con altri.
Ero confusa, però pensai che Jasper comunque faceva parte di una famiglia importante a Londra, e vederlo in compagnia con me non era da tutti i giorni.
Continuammo a camminare, poi lui prese la parola.
- Alice.. Credo che quello faccia al caso nostro. - Disse, indicando un negozio di vestiti molto carino poco distante da noi.
Lo guardai negli occhi, poi sorrisi leggermente e annuii.
- Se lo dite voi mi fido. - Dissi, sorridendo; lui sornione mi si avvicinò.
- Mmh.. Avanti, dammi del tu.. Mi fai sentire più vecchio.. E, chiamami semplicemente Jasper. Ok? - Mi disse, sorridendo e guardandomi fisso negli occhi, con uno sguardo da farmi letteralmente sciogliere.
Annuii, incapace di fare altro, poi mi incamminai verso il negozio lentamente, sempre sorridendogli.
Lui mi seguì dentro e cominciammo a guardarci intorno, per cercarmi un abito adatto alla festa di quella sera.
La commessa si avvicinò a Jasper sorridendogli un po' troppo confidenzialmente.
- Allora, signor Cullen, che onore avervi qui! Posso aiutarvi? - Gli chiese, con voce da gatta morta che mi fece venire il nervoso da prenderla a calci nel sedere.
- No, grazie, stiamo dando solo un'occhiata. - Si allontanò, avvicinandosi a me, mentre la sua voce in quel momento era decisamente seccata.
Gli sorrisi quasi impercettibilmente, poi mi girai e lo vidi, l'abito perfetto per me.
Azzurro, con le spalline sottili, lungo fino alla metà fra il ginocchio e la caviglia, e una specie di copri spalle leggero, sempre azzurro ma di una tonalità più chiara, da legare dietro a fare effetto "ali d'angelo", con le scarpe coordinate.
Mi si illuminarono gli occhi e lo presi subito, girandomi e portandolo alla cassa.
Jasper si avvicinò a me.
- Ehy, ferma.. - Mi disse, prima di pagare il conto e porgendomi la busta.
Sorrisi, prendendola e avvicinandomi a lui gli sfiorai il braccio
- Grazie.. - Dissi, prima di uscire affiancata da lui e ricominciare a camminare, fino a che non arrivammo a una fontana, dove vicino c'era una panchina. Ci sedemmo e cominciammo a parlare di tutto e di più.
- Allora, Alice.. Che facevate prima tua madre e voi? - Mi chiese, sorridendo.
Sorrisi, imbarazzata: avrei dovuto dirglielo cosa facevo prima di andare a lavorare per lui e la sua famiglia? Beh me lo aveva chiesto e avrei dovuto rispondergli.
- Beh.. Lavoravamo in un club, tutta roba mondana.. - Dissi, e lui annuì, forse mi aveva capito?
- Anche mia madre, prima di conoscere mio padre, lavorava in un club. E credo lo faccia anche ora.. - Disse, guardando davanti a sè con sguardo perso nel vuoto.
- In che senso? - Gli chiesi, guardandolo e toccandogli la spalla con una mano.
- Che da quando se n'è andata via di casa, quando io avevo 5 anni, credo sia tornata a fare quel lavoro, Alice. - Mi disse, guardandomi dritto negli occhi, poi guardò in direzione della Chiesa e si alzò di scatto.
- Andiamo è tardi. - Mi disse, prendendomi per mano e portandomi in fretta, quasi correndo, verso la piazzetta dove avevamo l'appuntamento.
Il suo tocco, la sua mano intrecciata alla mia, mi fecero esultare di gioia, con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia, il cuore che galoppava svelto nel mio petto e gli occhi che brillavano come diamanti, grazie solo a lui.





Ok, spero vi sia piaciuto, a presto! Alba97




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Capitolo 10
*** Inaspettabile. ***


gfsasfg















Buongiorno a tutti! Allora, come state? Mi dispiace per il ritardo, ma ho deciso che aggiornerò la storia una volta a settimana, di solito il sabato, tranne eccezioni, per la quale avviserò, ok? Prima di lasciarvi alla lettura, volevo parlarvi di una questione: capitoli Hot. Allora, questo è un sondaggio. Volete che io faccia una nuova ficcy con i capitoli (censurati all'arancio così accessibili da tutti) hot e qui li "salto", cioè metto quello che succede dopo il capitolo con il link per andare a leggerlo per chi ne ha voglia, oppure li faccio qui (sempre censurati) ? A voi la scelta, per me non ha importanza. Ora vi lascio alla lettura!





Pov. Rosalie

Emmett sbuffò di nuovo, appoggiandosi allo schienale della panchina dove, da minimo un quarto d'ora, era seduto ad aspettare.
- Ma quando diamine arrivano? - Sbottò, quasi con un ringhio scocciato.
Lo guardai, titubante di una sua brutta reazione.
- Ehm.. Sono le cinque precise in questo momento.. Dovrebbero essere qui a momenti.. - Dissi, affermandolo. Il mio orologio era come uno di quelli svizzeri, precisi al secondo spaccato.
Mi guardò confuso.
- Oh.. Allora ho confuso.. Va beh.. Siediti qui.. - Disse, battendo con la mano sulla panchina vicino a lui.
Dopo pochi istanti, con il cuore in gola e il respiro mozzato, mi sedetti vicino a lui, rimanendo rigida.
Rilassati Rose.. Rilassati..
- Allora Rosalie.. Io e te dobbiamo parlare, non credi? - Mi disse, guardandomi serio negli occhi.
Feci per ribattere, quando la risata cristallina di Bella mi arrivò alle orecchie, facendomi girare con la testa verso di lei, e la vidi arrivare quasi per mano ad Edward, entusiasta. Si vedeva da lontano un miglio che lei avrebbe voluto stringergli la mano, ma non avrebbe potuto farlo.
Ma possibile che quel ragazzo non si accorgeva di nulla? Lo avrebbe capito un cieco avanti!
- Rose! - Una voce, dall'altra parte, mi fece voltare di nuovo.
Alice, anche lei quasi per mano a Jasper. Sbuffai, senza farmi vedere da nessuno, e abbassai lo sguardo.
Perchè ero l'unica a essere trattata da quelle che stanno in strada dal ragazzo di cui mi ero infatuata?
Per nascondere il mio astio, ma anche la mia tristezza, sorrisi a entrambe.
- Hey piccole.. Allora, trovato il vestito? - Dissi, guardandole con un pizzico di malizia.
- Sì trovato.. E tu? - Mi chiesero, scambiandosi uno sguardo d'intesa.
- Sì.. Credo sia ora di andare. - Dissi, guardando dritto negli occhi Jasper, poi Edward, e infine Emmett.
Mi alzai, seguita da Emmett, e nello stesso momento arrivò la carrozza, su cui salimmo velocemente.
- Allora ragazze.. Vi siete divertite? - Ci chiese Edward, una volta accomodati ai posti di prima, con in più le borse.
Annuimmo a tempo, guardandoci negli occhi e ridendo, mentre i ragazzi ci guardavano confusi.
- Vamos chicas, ahora paremos locas! - Disse Alice, facendoci ridere ancora di più, mentre i ragazzi si guardavano chiedendosi con lo sguardo il perchè noi ridevamo.
Poco dopo, quando ci fummo calmate, le guardai negli occhi.
- Perchè ridevamo? - Chiesi, con un sorriso strano stampato in viso.
Loro alzarono le spalle e, per il resto del viaggio, parlammo tutti insieme, di ciò che ci piaceva, di ciò che odiavamo, e cose così, e scoprimmo che Emmett era un apprendista avvocato, Jasper era quasi un medico e Edward aveva appena finito di studiare anche lui in campo medico, ma un'altra mansione.
Quando arrivammo a casa non ce ne accorgemmo nemmeno, tranne quando il cocchiere venne ad aprire la portiera per farci scendere.
Scesero prima i ragazzi, poi aiutarono a scendere a noi.
Nel mentre, arrivò il sign. Morrist, o meglio Trevor, ad accoglierci.
- Ben tornati signori! - Poi, si rivolse ai ragazzi. - Vostro padre vi attende nel suo studio, signori. - Disse; i ragazzi annuirono e andarono veloci verso la porta, mentre Trevor rimase li a sorriderci.
- Allora, signorine, siete contente? - Ci chiese, facendoci l'occhiolino e incamminandosi assieme a noi verso l'entrata che portava direttamente alle cucine.
- Tanto! E abbiamo anche comprato i vestiti per stasera! - Disse Bella, mostrandogli la busta con dentro il vestito e, di conseguenza, anche io e Alice lo facemmo.
- Oh e scommetto che hanno pagati i signori.. - Disse, arrivando davanti alla porta e posando la mano sulla maniglia, aprendola e facendoci entrare in cucina, così piena di profumi e colori come sempre, da farci venire l'acquolina in bocca.
- Scommette bene Trevor.. - Dissi, poi mi guardai intorno per un po' e mi rovolsi di nuovo a lui.
- Ehm.. Se è lecito saperlo.. Come mai il signor Cullen ha voluto dare una festa, questa sera? - Gli chiesi, sottovoce, mentre lui mi sorrise.
- Perchè, come mi ha riferito, ha da fare un annuncio molto importante che riguarda lui e.. una donna, quindi vuole che tutti i suoi più cari amici e anche i suoi parenti, tranne il Re e i suoi figli, sappiano che.. - Si interruppe, guardandosi attorno per vedere che nessuno lo stesse osservando poi ci fece abbassare la testa e continuò. - Lui si è innamorato e credo che siano fidanzati! - Disse, gongolando nel vedere le nostre facce ultrasorprese.
- Si è fidanzato?! E chi è lei? - Gli chiesi, a portavoce di noi tre.
- Eh ragazze.. Mi dispiace, ma questo è un segreto, che scoprirete voi stesse stasera! Avanti, su, a prepararsi! - Disse, quasi spingendoci fuori dalla cucina e chiudendosi dietro la porta.
Ci guardammo per qualche istante scioccate, poi ci incamminammo quasi correndo verso la nostra camera, con le buste in mano, a cambiarci.
La chiave la avevo io e, quando arrivammo davanti alla porta, posai la busta a terra, la tirai fuori dalla borsetta affannata, la presi e aprii la porta, fiondandomi dentro con le mie sorelle e posando il vestito sul letto. - Ragazze, non siete emozionate? Chissà cosa succederà stasera, e soprattutto chissà chi è la donna del mistero! - Dissi, togliendomi gli stivaletti, al gonna e la maglia e rimanendo in intimo.
Andai davanti allo specchio a osservarmi e notai subito che quell'intimo era troppo.. da nonna, quindi andai dal cassetto e ne presi uno più da ragazza giovane e provocante, molto provocante. Andai a farmi la doccia, poi lo indossai.
Le mie sorelle mi guardarono, poi fecero lo stesso e, a turno, andammo in bagno a cambiarci.
Quando mi cambiai, tornai in camera a mettermi il vestito che avevo comprato, poi le scarpe con il tacco alto bianche che avevo e che, diciamolo, adoravo. Andai dalla scrivania dove tenevamo gioielli, trucchi e cose varie e presi la trousse, con tutte le sfumature del bianco e del grigio chiaro, per occhi e unghie, e mi misi davanti al mio specchietto personale, truccandomi in modo accurato e fine, come sapevo fare io.
Alla fine, mi alzai e feci un giro su me stessa, ma mancava ancora qualcosa. Il cerchietto! Lo presi e, dopo aver spazzolato per bene i capelli, me lo misi in testa, con il fiocco che cadeva un po' da una parte.
Intanto, anche le mie sorelle si erano cambiate in fretta e aveva indossato i vestiti.
- Ragazze.. Siamo semplicemente meravigliose! - Disse Alice, e noi concordammo subito con lei.
Mi fermai a guardare Bella. - Bellina.. Vieni qui.. - Dissi, prendendola per un braccio e portandola davanti a me, per metterle a posto i capelli dietro.
- Che cosa volevi farti in testa? - Le chiesi, teneramente, facendola sedere su una sedia.
- Beh, volevo fare o una spiga di grano* o uno chignon.. - Disse, guardandomi sorridendo.
- Mmh.. Ok, allora ti faccio la spiga e poi la tiro su a formare uno chignon.. Vedrai! - Dissi, prendendo una spazzola e cominciando a pettinarla, mentre Alice andò in balcone a guardare il crepuscolo, girando su se stessa e fingendo di ballare un lento con qualcuno, e la cosa mi fece sorridere.

- Ragazze, avanti è tardissimo andiamo! - Dissi, mentre Alice e Bella erano sedute sul mio letto a parlare e io ero andata a rifarmi un secondo il trucco agli occhi.
- La festa sta per iniziare, se non dico che la è già! - Dissi, facendole alzare di scatto.
- Andiamo forza! - Disse Alice, la più agile fra noi, e con uno scatto felino aprì la porta e ci fece uscire, poi ci incamminammo veloci verso il grande salone dove si sarebbe svolta la festa, a passo quasi di marcia, ridacchiando e chiacchierando bellamente, fino a che non incontrammo il signor Morrist.
- Hey ragazze.. Siete tutte e tre splendide, stasera farete strage di cuori! - Disse, facendoci l'occhiolino; noi sorridemmo e ringraziammo, imbarazzate, poi lui a passo veloce entrò nel salone.
Noi tre ci fermammo, guardandoci negli occhi.
- Ragazze, siete pronte?! - Dissi, guardandole emozionata; loro annuirono sicure e, dopo esserci strette le mani per incoraggiarci, entrammo con passo lento ed elegante dentro alla sala, attirando tutti gli sguardi dei presenti su di noi, poi ci fermammo quasi al centro della stanza e tutti, anche se ancora ci guardavano, ripresero a guardare da una parte, dove forse c'era Carlisle.
Ci sentimmo chiamare, così ci girammo e vedemmo la mamma abbracciata proprio a lui! Era lei la donna misteriosa?!
-
Mamá, ¿qué pasó? Estado juntos? Es maravilloso! (Mamma, che è successo? State insieme? E' bellissimo!) - Dissi, guardandola felicissima, mentre le mie sorelle si erano tappate la bocca con una mano dallo stupore.
- Bueno, todo sucediò en un par de dias Rosalie! Nos enamoramos, y ahora estamos juntos.
¿Es usted feliz? (Beh, è successo tutto in un paio di giorni Rosalie! Ci siamo innamorati, e ora stiamo insieme. Siete felici?) - Mi chiese, sorridendo e baciando dolcemente Carlisle, con un applauso nostro, dei ragazzi che nel frattempo ci avevano raggiunti ed erano dietro di noi e di tutti gli altri, persino i camerieri.
- Mucho mamà! - Dissi, assieme alle mie sorelle, poi corremmo ad abbracciarla, mentre Carlisle ridacchiava allegro e si faceva un attimo da parte.
- Non ho capito una parola di quello che avete detto, ma credo sia una cosa bella! - Disse, facendoci ridere a tutte e quattro.
- Beh, attenzione prego. Visto che quello che era da far vedere è stato fatto vedere, direi che è ora di dare inizio alla festa! - Disse ancora, facendo partire la musica.
Alcune coppie avevano già iniziato a ballare, mentre altre stavano mangiucchiando qualcosa e altre ancora erano a gruppi a parlare.
Vidi Edward confabulare qualcosa a Bella, lei arrossire e infine li vidi andare a ballare, mano per mano.
Quanto sono belli! Pensai, ed era vero. Bella ed Edward sembravano fatti apposta per stare insieme.
Sospirai, chissà se io e Emmett ci saremmo mai messi assieme..
Dopo poco, vidi anche Alice e Jasper andare a ballare, lei sembrava strana ma cercava di non darlo a vedere, anche se io la conoscevo troppo bene e lei per me era un libro aperto.
Rimanemmo io e Emmett, li, fermi impalati, lui a bere un boccale di birra appoggiato al muro, io a far niente, se non a guardare per terra.
Diciamo che non era la cosa più bella che la gente poteva aspettarsi, in quel momento ero immobile, timorosa di fare qualunque minimo gesto.
- Rosalie.. - Mi girai, verso di lui. Era già ubriaco, forse non era il primo boccale che beveva, e a notarlo bene anche Jasper lo era, mentre Edward era totalmente lucido e tranquillo.
Emmett si avvicinò a me, fino ad arrivare a pochi centimetri dal mio viso. Aveva gli occhi scuri, che fosse desiderio?
Il suo alito profumava di caffè, ma aveva un odore forte a causa della birra e dell'alcool che aveva ingerito.
- Vieni con me.. - Disse, prendendomi per mano e portandomi fuori.


Angolino Autrice: Bene, eccoci a un altro capitolo. Esme e Carlisle, a insaputa di tutti, si sono fidanzati, Alice e Jasper, Edward e Bella stanno ballando, ma Emmett e Rosalie? Lo scoprirete al prossimo capitolo! A presto, Alba97.





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Capitolo 11
*** E' quasi l'ora.. ***


Uhuai















Buongiorno a tutti e Buona Pasqua! Come state? Mi dispiace per il ritardo, ma come ho detto nell'altra ficcy ho avuto da fare in questo periodo, ma ora che ci sono le vacanze vedrò di rifarmi nei capitoli! Bene, allora in questo capitolo si capiranno le VERE intenzioni di Emmett, e si capirà anche il perchè si è comportato sempre così male con Rosalie. Poi.. Beh, vi toccherà leggere! ;)
Credo che, da questo, un paio o due di capitoli saranno solo Pov. Rosalie, per il semplice motivo che questa parte di storia riguarderà essenzialmente lei e quello che le accadrà. Bene, ora vi lascio al capitolo. Buona lettura!



Pov. Rosalie

Appena misi piede fuori dalla sala, mi bloccai, facendo fermare anche Emmett.
- Ma che fai?! - Mi chiese, guardandomi negli occhi visibilmente scocciato.
- Non possiamo andare via ora, e nemmeno così! - Replicai, rimanendo immobile.
- Rimaniamo ancora un po' alla festa, magari diciamo che non sto tanto bene e ce ne andiamo, ok? - Dissi, guardandolo negli occhi.
Si fermò a pensare un po', poi accettò.
- Però poi tu vieni con me. - Disse, guardandomi a metà fra il serio e il malizioso.
Annuii e tornammo dentro, non più per mano, ma come due persone che si incontrano li per caso.
Mamma mi stava cercando, e per fortuna mi era venuto bene dire così a Emmett, visto che si leggeva benissimo cosa voleva da me.
- Rosalie,
¿dónde has estado? (Rosalie, dove sei stata?) - Mi chiese, visibilmente arrabbiata.
-
Yo estaba hablando con Emmett. No se preocupe por siempreNo tengo más de diez años y espero de mí mismo, gracias
. (Stavo parlando con Emmett. Non preoccuparti sempre! Non ho più dieci anni e so badare a me stessa, grazie.) - Dissi, guardandola negli occhi.
Lei sospirò e tornò con Carlisle a ballare in mezzo alla sala.
- Sei così.. Provocante quando parli spagnolo Rosalie.. - Mi disse Emmett, guardandomi famelico.
Alzai gli occhi al cielo e mi diressi verso mia sorella Alice, perchè in quel momento Jasper era a farsi una birretta come al solito.
- Rosalie, 
¿todo bien? - Mi chiese, guardandomi in faccia. Forse avevo un po' l'aria sconvolta, ma come biasimarmi? Il ragazzo che mi piaceva, se non vogliamo dire amavo, mi stava per portare in camera sua e non per pulire, mia madre mi aveva quasi colta in fragrante e tutto questo in due minuti!
Annuii e sorrisi impercettibilmente, poi andai avanti fino alla grande vetrata di quella stanza.
Quella casa non doveva essere nuovissima, perchè era molto sfarzosa, ma proprio per quella aveva quel non so che di misterioso, di affascinante.
Emmett si avvicinò a me, un po' rozzo, era ubriaco marcio cosa avrebbe potuto fare?!
- Sai Rosalie.. - Mi disse, mettendo le mani sulle mie braccia e avvicinando il suo viso al mio, da dietro.
- Sei ancora più sexy quando parli spagnolo.. Ti da un'aria passionale più di quella che hai già.. - Mi disse, poi avvicinò le sue labbra al mio collo e vi lasciò un bacio, anche se si capiva che voleva continuare.
Fremetti leggermente, mordendomi un labbro.
- Gracias Emmett. - Dissi, girandomi e guardandolo negli occhi.
- Ma non qui, per favore! - Dissi, quasi disperata, e lui si staccò.
Sorrisi e mi sedetti su una sedia, e lui fece lo stesso vicino a me.
- Non vedo l'ora di andare di là.. - Mi disse, con un tono di voce roco, e la cosa mi fece leggermente gioire, lui mi voleva!
A molte avrebbe dato fastidio, e un pochino anche a me, però come potevo rifiutare un'offerta così?!
Mi guardai le unghie, osservando distrattamente le persone che ballavano spensierate e Carlisle e mamma che chiacchieravano abbracciati con altri, forse parenti di lui.
Il mio pensierò volò a mia nonna Iris, chissà se sarebbe venuta al matrimonio di mamma.. Sorrisi.
Si, di sicuro sarebbe corsa qui per il suo matrimonio e ci sarebbe venuto anche il resto della famiglia, come minimo.
Ridacchiai per il mio pensiero, e questo non sfuggì a Emmett, che mi guardò confuso, poi alzò le spalle e andò a prendersi un'altra birra.
Sono nei guai.. Pensai. Un uomo ubriaco a letto non era mai tanto delicato, anzi!
Alcuni lo facevano apposta, dicevano che era più appagante.. Boh, chissà che c'era di tanto divertente.
Una folata di aria fresca mi fece venire un brvido nella schiena, e mi girai verso la finestra.
L'aveva aperta Trevor, e quando mi passò vicino mi sorrise e mi fece l'occhiolino.
Sorrisi a mia volta e mi alzai, andando verso la finestra e prendendo una boccata d'aria.
Mi ci voleva, ero agitatissima. Ora avevo un piccolo dubbio sul da farsi dopo.
Seguire Emmett e.. Oppure andare in camera mia e dormire?
La prima, decisamente.
Quanto tempo era passato? Circa un'ora.
Due o tre coppie già erano andare via, quindi mi girai verso Emmett, che già stava avanzando sicuro verso di me.
- Andiamo, non resisto più. - Mi disse roco, poi mi prese per mano e cominciò a camminare verso l'uscita.
Lanciai un'occhiata a Alice, che mi strizzò l'occhio e mi salutò con un cenno della mano. Mi incamminai, per mano a Emmett, fino a fuori la porta della sala, e lui si girò.
- Credo che tu sappia cosa voglio da te stasera. Quindi, ti faccio il punto della situazione: io non lo voglio solo stasera. - Mi disse, poi proseguì - Ma lo desidererei tutte le sere, o quasi. Questo lo capisci?! - Mi disse. Annuii, decisa.
- Bene.. - Mi disse, ghignando, poi ricominciò a camminare verso la sua camera e stavolta non si fermò fino a che ci fummo davanti.
Mi lasciò la mano e aprì la porta, poi mi fece entrare, mi seguì e chiuse la porta con uno spintone.
Appena entrai, il profumo dolcissimo di Emmett mi riempì le narici e sorrisi.
Lui mi afferrò per la vita e mi girò verso di lui, poi mi baciò con foga.
Ricambiai il bacio, mettendo le mani fra i suoi capelli.
Lui approfondì il bacio, e mi spinse all'indietro.
Ad un tratto si fermò e si sedette sul letto; lo guardai confusa e feci lo stesso.
Quel ragazzo a volte mi preoccupava. Stava guardando davanti a se e si stava "torturando" le mani, poi ad un tratto si girò verso di me.
- Ti voglio, ora. - Mi disse,e mi baciò di nuovo.





Angolino Autrice: Bene, eccoci qui. Allora, il prossimo capitolo lo mettò nella sezione apposta, poi riprenderò qui. A presto! Alba97.

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Capitolo 12
*** Noi due. ***


fsd Hey! Ciao a tutti! Bene, eccoci qui. Come ho già detto di là, mi dispiace per il mostruoso ritardo con cui posto i capitoli, ma la scuola mi aveva distrutta e necessitavo di una luunga pausa. Davvero. Ok, allora in quest capitolo Rosalie finalmente esaudirà le richieste di Emmett, ma poi? Vi basta leggere il capitolo ;) Buona lettura!



Pov. Rosalie


Io e Emmett. Camera sua. Letto suo.
Erano i miei pensieri, mentre con le sue mani mi sfilava il vestito, lanciandolo sulla sedia con una tale precisione che sembrava non avesse bevuto nemmeno un goccio. Ed erano i miei pensieri quando mi guardava con un tale desiderio da farmi impazzire, da farmi sentire subito e sempre sua.
Ma i miei pensieri vennero interrotti dalla splendida visione del suo corpo perfetto, coperto solo dai boxer che lo fasciavano in maniera così splendida da farmi fare dei pensieri quasi proibiti..
Mi sentii afferrare per i fianchi in una presa quasi ferrea, e si appoggiò a me, guardandomi con gli occhi scuri per il desiderio. Deglutii vistosamente, accarezzando con un dito il profilo del suo viso, forse per prendere tempo, forse per timore di sbagliare.
Mi sorrise dolcemente, poi mi afferrò per le cosce e mi fece sdraiare sul materasso. Dio quanto era magnificamente comodo!
Lo guardai con uno sguardo voglioso, mentre mi slacciava il reggiseno, rimanendo sopra di me senza pesarmi.
Inarcuai la schiena, aiutandolo, e feci lo stesso con le mutandine, alzando il bacino.
Le sue labbra avevano raggiunto il mio collo e lo stavano torturando in modo molto piacevole, facendomi stringere le labbra e chiudere gli occhi.
Le mie mani vagavano sul suo petto, veloci, per raggiungere la meta agognata e, quando raggiunsi i suoi boxer glieli tolsi quasi di fretta, tanto era lo stupore nel constatare che lui davvero era ultra dotato e soprattutto eccitato.
Mi afferò per i fianchi, facendomi allargare le gambe con un ginocchio e tornò a baciarmi sulle labbra, la mia mano andò fra i suoi capelli accarezzandoli dolcemente.
Mi guardò per un istante negli occhi, con un sorriso dolcissimo, poi lo sentii entrare dentro di me, sorprendendomi e facendomi sussultare.
Cominciò a muoversi, delicatamente, poi si fece sempre più veloce e potente da sembrare un leone.
Si piegò su di me, leccandomi il collo, da lasciarmi una scia di bava. Continuò questo trattamento anche sul petto, fino ad arrivare al bacino.
Le spinte si fecero sempre più frequenti e non riuscivo quasi a respirare dal piacere superbo che provavo.
Lo sentii entrare dentro ancora di più, toccando la prostata. Sussultai e spalancai gli occhi, ma ben presto questo stupore si trasformò in un gemito acuto.
Spinse di nuovo in quel punto. Mi sembrava di essere in Paradiso, un Paradiso di peccato e tentazione.
Eravamo giunti al culmine. Entrambi. Insieme. Un sonoro orgasmo echeggiò nella stanza buia. Un urlo di liberazione, che rappresentava la fine di una magnifica avventura, che fu consacrata da un casto bacio, che mi diede Emmett sulle mie labbra umide.
Ancora ansanti, ci guardammo qualche istante negli occhi, poi lui si appoggiò sul mio petto, e gli accarezzai i capelli sorridendo dolcemente.
- Eres hermosissimo mi amor.. - Dissi, sussurrandoglielo nell'orecchio, poi mi sentii capovolgere all'improvviso e mi ritrovai sopra di lui.
Ne voleva ancora? Lo guardai sgranando gli occhi, e lui ghignò.
- Non penserai mica che faccia tutto io vero? - Mi disse, e io inarcuai un sopracciglio, guardandolo con aria di sfida.
- Mi state sfidando, señor? Porque amo le sfide. - Dissi, facendolo uscire da me con un abile scatto. Mi sedetti davanti a
lui, guardandolo maliziosamente.
- Dove stai andando?! - Mi chiese, scattando anche lui seduto e barcollando un po'. L'effetto dell'alcool cominciava a farsi sentire.
Ghignai e mi alzai, appoggiando una mano sulla spalliera del letto e guardandolo fisso negli occhi.
- Ma come, io pensavo avessimo finito.. - Dissi, e cominciai a prendere il vestito in mano, ghignando di nascosto.
Mi sentii afferrare per i fianchi e buttai a terra il vestito. Lo guardai e lo sentii entrare con un colpo secco, facendomi urlare.
Era più veloce, più deciso e più potente di prima, quasi un'altra persona.
Sentivo le mie gambe tremare.

Crollò, sotto alle lenzuola, addormentandosi di botto.
Per lui ero solo un giochino, un bel passatempo con cui passare la notte.
Iniziai a sentire freddo, così mi misi la biancheria e il vestito e me ne andai in balcone. Sospirai. Voltai il capo verso di lui, aveva il respiro regolare e, come suo solito, russava bellamente.
Tornai a guardare il giardino.
Ero finalmente consapevole di quello che era successo, ma non di quello che stava accadendo dentro di me...

Pov. Alice

Il pizzicare dei violini facevano risuonare "La Campanella" di Paganini in tutta la stanza. La mano di Jasper intrecciata alla mia. I nostri sguardi, incatenati uno nell'altro, non si lasciavano nemmeno per un secondo.
L'ultima nota, e assieme alla musica ci fermammo, staccandoci lentamente.
- Vuoi un po' di vodka? - Mi chiese, poi senza darmi il tempo di rispondere si avviò al tavolo delle bevande e mi portò un bicchiere.
Cominciai a sorseggiare, guardandolo negli occhi. Non ero abituata a bere, e mi bruciava la gola a ogni sorso, ma non volevo dare agli altri l'impressione di essere debole.
Lui sembrava già mezzo ubriaco, lo vedevo dallo sguardo e dalla smorfia che aveva sulle labbra.

Gli ospiti stavano già andando via, era tardi in effetti. Mi avvicinai a mamma e a Carlisle.
- Meglio se vado, sono stanchissima e domani mattina ho da fare un sacco di cose. Buona notte! - Sorrisi a Carlisle e diedi un bacio sulla guancia alla mamma, poi mi avviai a cercare Bella e Rosalie.
Mi avvicinai a Edward e gli chiesi se aveva visto Bella. - No, mi dispiace, abbiamo ballato e poi è sparita.. - Annuii e continuai a cercarla.
Mi sentii toccare il braccio, mi girai e un'anziana signora mi disse che Bella era andata via poco prima perchè non stava molto bene.
E Rosalie? Uscii dalla stanza e mi avviai per i corridoi bui della residenza. Sentii un urlo, vicino alla stanza di Emmett.
Avvicinai l'orecchio. Erano lui e Rosalie.. Avvampai e mi allontanai di corsa verso la mia stanza.
E brava la mia sorellona!










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Capitolo 13
*** Dimmi che non è vero. ***


















Salve a tutti! Potete picchiarmi a sangue, vi capirò. ç_ç Vi chiedo umilmente scusa per non aver postato prima, ma ora sono pronta a ricominciare, non da capo ovvio. Ecco il capitolo che tutti (spero) stavate aspettando, buona lettura!
 



Pov. Rosalie
Erano passati ormai quasi due mesi da quella notte. E ogni notte, allo scoccare delle undici, senza destare le mie sorelle che dormivano, mi ritrovavo davanti alla porta della nostra camera, e quando sentivo tre colpi leggeri sulla porta uscivo, avvolta da una coperta di lana, e mi incamminavo silenziosa, come un'ombra oscura nella notte senza stelle, verso la sua stanza, a consumare quell'amore insano che mi stava logorando dentro, nel profondo.
Ogni volta, quando lui si addormentava beato vicino a me, speravo in qualcosa di più del semplice sesso, speravo con tutta l'anima di essere qualcosa di più, almeno un'amica.
Ma nulla, lui imperterrito mi aveva vista fin da subito come una bambola, per soddisfare le sue voglie e gettarmi via quando non gli servivo più.
E ogni volta, quando io sgattaiolavo via dalla sua camera, ormai verso l'alba, e tornavo in camera mia, mi infilavo sotto le coperte e cominciavo a singhiozzare silenziosamente, senza preoccuparmi di nient'altro.
Come stamattina, quando mi alzai mi sentivo uno straccio, avevo le occhiaie ed ero più pallida del solito. Le mie sorelle erano già in piedi da un pezzo, così scostai le coperte e mi misi a sedere piano, mi girava la testa e avevo la nausea. Portai una mano alla fronte e presi dei lunghi respiri, poi mi tirai su piano piano, appoggiandomi al muro per non cadere.
Guardai di fronte a me, le lucine non sparivano e non potevo muovermi.
Sentii un leggero tocco contro la porta, e trasalii. Chi poteva essere?
- Signorina Rosalie, sono Trevor! - La voce gentile dell'uomo mi tranquillizzò, ma non riuscii a parlare. La porta si apriì un istante dopo e Trevor entrò, quasi correndo verso di me. - Signorina, si sente male?! - Mi afferrò per le braccia delicatamente e mi fece sedere di nuovo.
Mi misi una mano sulla fronte e sospirai. - Trevor, avrei bisogno di mangiare qualcosa.. Mi accompagna? - Lo guardai e lui sorrise, mi prese sottobraccio e, molto lentamente, mi accompagnò fuori dalla camera fino alla sala da pranzo.
Incontrai Julian, vicino alle cucine, e mi lanciò uno sguardo apprensivo. Gli sorrisi appena, poi voltai lo sguardo verso la sala da pranzo appena vi misi piede.
Erano tutti seduti al tavolo, era domenica e probabilmente avevano deciso di fare colazione tutti assieme.
Appena entrata, mia madre e le mie sorelle mi guardarono preoccupata. - Rose, che hai? Stai male? - Mia madre si alzò e mi raggiunse.
Le sorrisi e scrollai la testa. - No, ho solo un po' di nausea ma adesso mangio qualcosa e passa. - Ringraziai di cuore Trevor e mi incamminai verso la mia sedia, mi sedetti lentamente sotto lo sguardo dei commensali.
Sul tavolo c'erano molte prelibatezze: pane tostato, marmellata, burro, tè, caffè, frittelle, pancake, torta..
Posai il tovagliolo sulle mie ginocchia e mi allungai per prendere una fetta di pane, vi spalmai un po' di marmellata e versai un po' di tè in una tazza.
Emmett mi guardava di sottecchi, lo sentivo perfettamente, non mi sfuggiva più nulla di lui; sembrava preoccupato, o magari era solo una mia impressione.
Bevvi un sorso di tè, sentendomi tutta d'un tratto calda, e addentai un pezzetto di pane.
- Domani verrà a trovarci nonna Iris, mi ha mandato un telegramma questa mattina e non vede l'ora di conoscerti, Carlisle. - La mamma guardò teneramente il futuro sposo, che ricambiò lo sguardo.
- La nonna Iris? Verrà da sola o con lo zio? - Alice era raggiante, adorava la nonna e di sicuro non vedeva l'ora di abbracciarla di nuovo.
- Sì, verrà anche lo zio Jeronimo con lei, ormai viaggiare da sola le viene molto difficile, tesoro. - Le sorrise e le accarezzò il viso teneramente, mentre Bella gongolava.
Certo, anche io ero felice, ma cercavo di contenermi, la nausea purtroppo era aumentata e mi girava ancora di più la testa.
Poi, successe. Feci cadere la fetta di pane sul piatto, sbarrai gli occhi e sbiancai.
Bella scattò in piedi e mi corse incontro. - Rose! ¿Qué pasa? - Si alzarono tutti e mi accerchiarono, compresi Trevor e Julian.
Il cuore cominciò a battere velocissimo, e ansimai. Avevo paura, avevo seriamente paura, che mi stava succedendo?
- Vai a chiamare un medico, sbrigati! - Carlisle spedì Trevor a chiamare il medico, ma io assicurai che stavo bene, anche se non era affatto vero.
- Vi prego, non è niente, sul serio.. - E mi alzai di nuovo, gli altri si scansarono per lasciarmi spazio.
Tentai di sorridere, ma molto probabilmente uscì una smorfia. Feci un paio di passi, verso la porta, ma mi sentii mancare, non riuscivo a respirare e il cuore ormai era come impazzito.
L'ultima cosa che vidi, fu lo sguardo terrorizzato di Emmett e le sue braccia che si allungavano verso di me, poi il buio.



Pov. Alice

Rosalie stramazzò, bianca come un cencio, e se non fosse stato per Emmett avrebbe preso una bella botta in terra.
- Mamma, cosa le succede? - Ero preoccupatissima, non l'avevo mai vista così e anche Bella e la mamma le erano.
- Emmett, portala in camera e tienila d'occhio, Trevor vai a chiamare il medico immediatamente! - Carlisle era più agitato di noi tre messe assieme. Si era affezionato a lei, o forse c'era qualcosa che non aveva il coraggio di ammettere, chi lo sa.
Seguii Emmett fino a camera nostra, anche se mi avevano esplicitamente proibito di farlo, e rimasi con loro fino all'arrivo del dottore.
L'uomo bussò alla porta ed entrò, Rose ancora non si riprendeva ed ero sempre più in pensiero per lei.
- Salve, sono il dottor. Juan Hernando Diaz, è un piacere immenso conoscervi. - Abbassò la testa in segno di saluto e ci offrì un sorriso caloroso. - Vediamo.. - Si avvicinò a Rose e posò la mano sulla sua fronte. - E' calda.. Troppo calda. - La sua faccia si fece seria, e io non potevo più resistere. -
Señor, por favor, dime lo que está pasando a mi hermana. (Signore, la prego, mi dica cosa succede a mia sorella.) - Avevo le lacrime agli occhi, il cuore si era fatto stretto e piccolo e cominciavo a tremare.
- Señorita, es una cosa delicada, los síntomas son muchos y yo no quiero cometer errores, te pido que salgas, yo hago la inspección. (Signorina, è una cosa delicata, i sintomi sono tanti e non vorrei sbagliare, vi chiedo di uscire, devo fare degli accertamenti.) -
Emmett non capiva una parola, così gli spiegai e uscimmo velocemente dalla stanza. Fuori tutti aspettavano una risposta, come noi.



Pov. Rosalie

Da quando avevo perso i sensi, continuavo a vedere immagini sconnesse, c'era sangue, sangue ovunque, e un pianto, forse un bambino, in lontananza. Mia madre, le mie sorelle, e tutti gli altri non c'erano, c'eravamo solo io e un bambino, piangeva e non sapevo come calmarlo, lo cullavo, gli cantavo una ninna nanna ma non si calmava, alla fine apriva gli occhi e ogni volta erano quelli di Emmett. Quest'immagine mi continuava ad apparire, fin quando non mi ripresi.
Tornai alla realtà con uno spasmo, ripresi fiato e spalancai gli occhi. Dove mi trovavo, e chi era quell'uomo davanti a me?
- Bentornata fra noi, signorina.. Mi chiamo Juan e sono un dottore. - L'uomo mi sorrideva, ma io avevo paura. - Che... che cosa vuole farmi? - Mi rannicchiai contro la coperta, mentre lui mi fissava sorridendo teneramente. - Niente, non abbia paura, voglio solo aiutarla, ma lei deve aiutarmi a capire cos'ha che non va.. Mi dica, da quanto tempo non ha più il ciclo? -
Mi sentii il mondo cadere addosso. Ora capivo tutto. Lo svenimento, la nausea, i giramenti di testa, il ciclo che non veniva da più di un mese e mezzo.. - Da tanto tempo, dottore. - Sussurrai, la mia voce si spense a pronunciare la parola dottore, quasi mi morì in gola, ero terrorizzata.
Sì alzò lentamente dal letto e cominciò a passeggiare per la stanza, i rumori dei suoi passi mi rimbombavano nelle orecchie, un'attesa quasi straziante mi stava invadendo e come se non bastasse, la nausea faceva di nuovo capolino.
- Beh, signorina, vedo che lei sa cosa sto per dirle. Vuole che lo dica io agli altri fuori, o lo farà lei? - Il suo sguardò tornò a posarsi su di me, e si avvicinò a me con fare gentile, sorrideva ma si vedeva che era teso e non sapeva cosa fare.
Una lacrima solcò il mio viso, la asciugai in fretta. - Provvederò io, signore, non si preoccupi. - Presi un respiro per non scoppiare a piangere.
- Vorrei sapere solo una cosa, se è lecito chiedere. Chi è lui? - La sua domanda mi trafisse come mille coltelli piantati nella schiena, come potevo dirgli che da più di un mese condividevo il letto con il figlio maggiore del padrone di casa?
- E'.. il moro, signore. - Sussurrai appena, tanto quanto bastava per fargli sentire tutto. Prese la sua borsa, poco dopo, e indossò la giacca. - Non si preoccupi signorina, dalla mia bocca non uscirà parola. Le consiglio solo di prendersi cura di sè e mangiare giusto, abbondante ma senza esagerare, riposi molto e stia attenta. - Poi uscì, silenzioso.
Tirai su le coperte e mi infilai sotto, dopo aver socchiuso le tende. Una delicata penombra ora padroneggiava la stanza, e mi faceva rilassare.
La porta si aprì, ed entrarono Alice e Bella.
Si guardarono lentamente, poi guardarono me e si avvicinarono cautamente. - Rose.. che succede? - Bella posò delicatamente la sua mano sul mio braccio, mentre Alice mi accarezzava i capelli.
Rimasi in silenzio per un po', poi le fissai. - C'è una cosa che devo dirvi, e so già che vi farà arrabbiare. - Erano impazienti, lo sapevo bene, ma piano piano glielo avrei detto.
- Gli altri sono qui fuori? - Chiesi, sussurrando. - No, ci hanno detto di chiederti come stai e di riferire tutto dopo. -
Era giunto il momento. Presi la mano di Alice e quella di Bella e le strinsi forte. - Io.. Sono incinta. -





Angolino autrice: ed ecco, finalmente si scopre qual'è la cosa che fa star male Rose. Ma come la prenderanno le sorelle, la madre e il resto della famiglia? Ma soprattutto, Emmett come reagirà? Lo scopriremo presto, baci!

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Capitolo 14
*** Bugie. ***


















Salve a tutti! Allora, dopo la fatidica scoperta, come la penseranno Alice e Bella, ma soprattutto, come lo diranno agli altri? Vi basta leggere. E a proposito, dal prossimo capitolo incontrerete una sorpresina, un indizio a fine capitolo. Buona lettura!



Alice.

No, tutto, ma quello no. Rose non poteva essere seria, mi stava prendendo in giro. Cominciai a ridere e la guardai. - Oh Rose, ti prego, non scherzare. Che succede? - Lei si adombrò, abbassò lo sguardo e lasciò la mano mia e quella di Bella.
- Vorrei fosse uno scherzo, Alice, ma non lo è. - I suoi occhi erano velati di tristezza, li vedevo anche da lontano. Mi allontanai di un passo da lei sbigottita. Come accidenti era riuscita a farsi mettere incinta?! Cavolo, c'era riuscita per un sacco di tempo con chissà quanta gente, e ora?
- No Rose, dimmi che non è vero. Accidenti! Con tutto quello che abbiamo passato, ora tu mi vieni a dire che.. - Avevo cominciato a urlare, ma Bella mi raggiunse di corsa e mi tappò la bocca, nessuno sapeva.
- Cavolo Rose! Non puoi permetterti certe cose! Ora quel.. quel coso.. - Rose si alzò, aveva le lacrime agli occhi e molto probabilmente l'avevo ferita. E tanto.
- Non è un coso, Alice! Es mi bebé! Y lo quiero ya, aunque vino de repente. (E' il mio bambino! E già lo amo, anche se è arrivato all'improvviso.) - Poi, dopo avermi sputato in faccia quanto ero stronza implicitamente, scoppiò a piangere e se ne andò davanti alla finestra.
Bella mi sussurrò qualcosa all'orecchio. - Al, è meglio se la lasciamo sola, è un momento delicato, ora è meglio non dire niente a nessuno. - Mi avviai alla porta, mentre lei andò a dirle qualche parola che la tranquillizzarono un po', e uscimmo.
- Cos'hai intenzione di fare ora? -  Guardai Bella e incrociai le braccia al petto, rassegnata. - Inventiamoci qualcosa, come una specie di influenza, o non so cosa. Ma leggero, o cominceranno a preoccuparsi troppo. -
Cominciammo a camminare verso la sala da pranzo, ma non c'era più nessuno. Avevano finito di mangiare, e rimanevamo solo noi due. Ci sedemmo e finimmo di fare colazione, scambiandoci idee su cosa dire agli altri.
- Magari possiamo dire che Rose ha avuto una specie di debolezza che l'ha fatta svenire, forse per la mancanza di sonno o per il fatto che lei mangia poco.. - Stavo per replicare, ma delle voci fuori dalla finestra ci fecero sussultare.
I tre fratelli erano lì e ci stavano guardando, ci chiamavano e probabilmente volevano avere notizie.
Io e Bella ci guardammo e, dopo un cenno di intesa, aspettammo che i tre ci raggiungessero.
Dei passi, quasi di corsa, e apparvero dalla porta. - Allora? Cosa succede a Rose? - Jasper sembrava morire di curiosità, che ci fosse qualcosa..?
- Rose ci ha detto che non è niente di grave, solo un po' di debolezza, tutto qui. - Mentire mi era sempre venuto facile, soprattutto quando dovevo mentire per questioni delicate, come quella appunto.
Emmett era rimasto in silenzio, in disparte, ma ascoltava tutto e quando dissi che non era niente di che lo vidi cambiare espressione e tornare sereno, da quando Rose aveva perso i sensi era pieno d'angoscia, si vedeva da lontano un miglio. Avrei davvero voluto sapere cosa provava in quel momento, e forse Edward avrebbe saputo aiutarmi, o forse Bella.
Erano nate delle belle amicizie, fra me e Edward, Bella e Emmett e Jasper e Rosalie. Forse l'ultima mi preoccupava, perchè se Rose avesse solo parlato della gravidanza con lui, sarebbe successa una catastrofe.
- Alice, ¿crees que debo ir a ver cómo esta Rosalie? ( Alice, credo che dovrei andare a vedere come sta Rosalie? ) - Bella mi toccò la spalla e io le annuii. - Con permesso. - Sorrise a Edward e uscì dalla stanza, lasciando me sola con quei tre. Sì, se mi avessero fatto ulteriori domande non avrei avuto la minima idea su come rispondergli.
- Alice, sei veramente sicura che si tratti di debolezza, o c'è altro? - Appunto, manco mi avesse letto nel pensiero. Edward, ovviamente.
- Sì, sono sicura, ho chiesto conferma al dottore prima che andasse via.. - La mia voce si faceva nervosa, cavolo!
I tre fratelli mi fissarono, insospettiti. Oh, no...



Rosalie.

Alice e Bella uscirono in silenzio dalla stanza, e rimasi sola. Tirai di nuovo le tende e chiusi gli occhi, dovevo rilassarmi per non scoppiare a piangere di nuovo.
Perchè Alice aveva reagito così? Mi aveva ferita, il mio bambino non era un coso, e anche se l'avevo scoperto da poco lo amavo già, era il mio piccolino, il frutto del mio amore con Emmett..
Emmett. Come avrei fatto a dirglielo? A malapena parlavamo fra di noi!
Era un tipo di poche parole, erano i fatti che contavano con lui. E non avevo sinceramente la minima idea su come dirgli che aspettavo un bambino.
E se l'avesse presa male? Se mi avesse detto che non voleva il bambino e che non voleva avere niente a che fare nemmeno con me? Ne sarei morta, sicuramente.
Mi sdraiai sul letto e appoggiai la testa sul cuscino, una mia mano si posò involontariamente sul mio pancino, ancora troppo piccolo per potersi scorgere.
Passarono pochi minuti, e probabilmente mi addormentai, perchè cominciai a sognare.
Un bambino, sul dondolo, era fra le braccia di un uomo. La voce mi era familiare, ma non riuscivo a collegarla a nessuno. Cantava una canzone, anche quella mi era familiare, me la cantava la mamma da piccola per farmi dormire.
Il piccolo piangeva, sembrava spaventato, e lentamente le braccia di quell'uomo si stavano trasformando, erano gonfie e violacee, e alla fine un volto, tumefatto, bruciato, che mi guardava in modo maligno, e sorrideva.
Mi svegliai di soprassalto, urlando, e vidi che vicino a me c'era Bella.
- Rose, stai tranquilla, era solo un sogno.. - Mi accarezzò dolcemente il braccio e mi guardò.
- Bella, tu cosa ne pensi del.. - Mi interruppi, presi la sua mano e la posai sul mio ventre, caldo. Lei sorrise.
- Sono felice, nonostante tutto, e anche se non lo dà a vedere, anche Alice la è. - Mi fece un buffetto su una guancia.
- Bella, io.. Ho sognato papà. - La sua mano si irrigidì, il suo sguardo divenne vitreo e la sua pelle, improvvisamente, pallida.



Bene, spero vi sia piaciuto questo capitolo, e ora ecco l'indizio: Pov. :3 A presto, Alba97!
P.S. Lo so che è un po' cortino, ma diciamo che è un capitolo che collega al prossimo :3

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Capitolo 15
*** Edward sa tutto, ma siamo solo all'inizio, sai? ***


Edward sa tutto















Salve a tutti! Come ho detto nell'altra FF, pubblicherò meno frequente per colpa della scuola -.- però sarà settimanale, al massimo dieci giorni, ma non credo di superare la scadenza.
Bene, siamo arrivati ad un momento importantissimo nella storia, ci avviciniamo al matrimonio di Carlisle ed Esme e Rose avrà dei problemi.. Ma scopriremo tutto leggendo! Vi avevo promesso una sorpresina, ed eccone un pezzo.. spero vi piaccia!
Buona lettura!
testo


Edward


Alice stava mentendo, ne ero sicuro. Ci avrei scommesso qualunque cosa, la conoscevo bene e sapevo che c'era qualcosa che la turbava, ma non voleva dirmi cosa.
Probabilmente la spaventava, o forse non voleva dirla davanti a Jasper, o addirittura Emmett.
Sapevo perfettamente che fra lui e Rosalie erano successe delle cose, ma come l'istinto mi aveva suggerito mi ero fatto gli affari miei, come d'altronde i due si facevano i loro.
Non mi importavano i pettegolezzi, e non sopportavo quando ne viaggiavano a fiotte, che divertimento c'è a rovinare la reputazione (o addirittura la vita) di una persona?
Comunque, decisi di lasciar perdere la questione, almeno per qualche tempo, e discuterne più avanti. - D'accordo Alice, ma ha bisogno di qualcosa? - Jasper e Emmett si stavano scambiando occhiate sospettose, come me non credevano alla versione di Alice, ma sapevamo perfettamente che non avrebbe spiccicato parola.
Scrollò la testa, sospirò e uscì dalla stanza.
- Io non le credo. - Mi girai verso i miei fratelli, loro mi fissarono e, dopo qualche secondo, replicarono. - Nemmeno noi, in realtà. Cosa può essere successo veramente? - Jasper si sedette davanti al tavolo e lo raggiunsi, Emmett rimase in piedi affianco a noi.
- Non ne ho idea, sinceramente.. Potrebbero anche essere semplici problemi da donne, e magari non vogliono dirlo per questo. Insomma, le ragazze non parlano di cose intime in giro. - Emmett fissò nostro fratello e lo vidi impallidire.
- Tutto bene Emm? - Lo guardai e aggrottai le sopracciglia. Quel ragazzo era strano forte.
- Sì, tutto bene. - Si allontanò in fretta e si diresse verso il corridoio.
Io e Jasper ci guardammo negli occhi scioccati. - Ma che ha!? - Lui alzò le spalle e si alzò. - Vado a fare un giro, ci vediamo. - Uscì anche lui, lasciandomi solo. Sospirai. Infondo erano affari di Rosalie, non mi dovevo immischiare.
Ma c'era un'altra cosa che mi premeva da giorni. Bella. Quella ragazza era unica, fin dal primo giorno l'ho desiderata e, poi, amata. Ormai erano mesi che ci conoscevamo, e la nostra vita era cambiata, almeno la mia sì.
Era semplicemente perfetta, stupenda e gentile, sempre educata e pronta ad aiutare gli altri... Mi ero innamorato, forse?
Rimasi a rimurginare a lungo, in quella stanza, solo con il mio silenzio e i miei dubbi.
Passi lontani mi incuriosirono, qualcuno correva verso la sala da pranzo.
Mi alzai in tempo per vedere Trevor tutto trafelato. - Signor Cullen, ci sono visite per voi. Credo siano stranieri. - Mi alzai e raggiunsi la porta d'ingresso.
Una signora sulla sessantina, con una vivace bandana arrotolata attorno ai capelli, un vestito ampio e una borsa enorme e un uomo dietro di lei, sui trentacinque anni, erano davanti all'uscio e attendevano qualcosa.
- Desiderate? - Li guardai, che fossero i familiari di Esme?
 - Esta è la casa del señor Cullen? - L'uomo si tolse il cappello e si avvicinò di un passo, il suo sguardo mi ispirava, sembrava un brav'uomo.
- Sono il figlio, voi chi siete? - La donna fissò il figlio, poi abbassò la testa e lo stesso fece lui. - Encantado señor, soy el fratello de Esme. E' en casa? -
Mi girai verso Trevor, ma lui scrollò il capo. - No signore, la signora Esme è uscita poco fa con il signor Cullen, ma può accomodarsi. - Si scansò e fece entrare i due, che ringraziarono sentitamente.
- Se volete posso chiamare le ragazze, credo siano in camera.. - I due probabilmente non capirono le mie parole, allora andai verso la camera delle sorelle e bussai.
- Avanti. - La voce rauca di Rose mi fece intuire che aveva pianto parecchio, ma cercai di non dare a vedere la curiosità ed entrai. - Sono arrivati i vostri familiari, sono qui fuori, li faccio entrare? - Alice e Bella, che stavano sedute sul letto accanto alla sorella, si illuminarono.
- Sì, falli entrare. - Rose sorrise e si mise a sedere. Allora uscii e feci segno ai due di entrare.
Era strano, i due non assomigliavano per niente alle nipoti, chissà.
- Vi lascio soli, ci vediamo a cena. - Feci un cenno di saluto e uscii. La mia camera stava aspettando il mio ritorno, e non la feci attendere molto.



Emmett

Rosalie. Quanti casini aveva portato nella mia vita, quella ragazza. Solo pensare al suo nome mi scatenava un brivido lungo la schiena, il cuore perdeva un battito e il respiro accelerava.
Mi stava completamente scombussolando, e in più quando l'ho vista stramazzare mi sono sentito morire. Che accidenti mi succedeva?! Da quando ero così un pappamolle?! Insomma, ero o non ero Emmett Cullen?
Sì, lo ero, eppure mi sentivo così.. fragile in sua presenza. Chi l'avrebbe mai detto, io fragile. Insomma, proprio deboluccio no, ma diciamo.. diverso.
C'era qualcosa in lei che mi faceva riflettere molto, soprattutto destava ricordi dolorosi di cui avrei fatto volentieri a meno.
Immagini, ormai offuscate dal tempo e dalla mia mente di bambino, che rimbalzavano nella mia testa e mi facevano quasi impazzire, mi stringevano il cuore in una morsa fatale e mi lasciavano sconvolto ogni santa volta.
Perchè era capitato a noi? Perchè, con tutte le persone malvagie che esistono al mondo, doveva capitare a delle persone che infondo si guadagnavano da vivere onestamente, e se lo vogliamo ammettere anche con una botta di fortuna.
A volte mi saliva una voglia matta di andare laggiù e chiedere giustizia, ma sapevo che era impossibile.
Quindi, mi tenevo tutti i magoni dentro, nello stomaco, e alla fine mi sfogavo su una persona che, infondo, non meritava affatto i miei capricci.
Ma sopportava, e come riusciva lo sapeva solo lei. La sua pazienza e la sua bontà erano infinite, e a volte mi domandavo come poteva avere tanto cuore dal lasciarmi fare su di lei tutto quello che mi passava per la testa.
Forse era stata abituata così, o forse era proprio carattere; ma Rosalie, la ragazza misteriosa, era riuscita a farmi trovare una pace interiore che da tempo, purtroppo, non riuscivo a raggiungere.
Sono un tipo emotivo, anche se non lo do a vedere, e ogni cosa negativa che mi circonda io la assorbo e la metto in circolo, come una droga. Ma non vorrei che questo accadesse, non vorrei dover provare tutte le sofferenze sulla mia pelle in questa maniera.
Eppure, era così.
Questi erano i pensieri che mi avevano accompagnato dalla sala da pranzo a camera mia, e questi erano i pensieri che, davanti alla porta della stanza dove Rosalie e le sue sorelle alloggiavano, mi avevano fatto cambiare idea sul da farsi almeno tre volte. Entrare? Non entrare? Non sapevo decidermi: alla fine optai per la seconda.
Mi buttai sul letto, con un pesante sospiro. Misi le braccia sotto alla testa e fissai il soffitto, in silenzio.
Cosa mi legava, in qualche modo, a quella ragazza? E come mai, dopo ormai quasi tre mesi, non conoscevo ancora pressochè nulla di lei?
Quel giorno, anzi esattamente otto o nove ore prima, la piccola Rosalie aveva passato dei brutti momenti, e il primo fra tutti ad esserne coinvolto ero proprio io, quando per puro caso riuscii ad afferrarla prima che cadesse a terra, con un tonfo.
E la preoccupazione era salita alle stelle, come tanti anni prima: non sapevo che fare, non sapevo se era colpa mia, se stava male, se le avevo fatto del male, e il rimorso mi stava divorando lentamente, fino a consumarmi.
Ma non avrei permesso a nessuno di farle del male, sentivo che qualcosa che non andava c'era, e dovevo assolutamente capire cosa.
Mi alzai velocemente dal letto, non potevo stare lì a piangermi addosso, dovevo fare qualcosa, anche la più inutile e insulsa, ma farla.
Uscii dalla camera e mi misi a girovagare silenzioso per i corridoi, Trevor stava controllando in cucina il menù per la cena, visto che il pranzo non era stato nemmeno preparato a causa del malore di Rosalie, ma nessuno lo avrebbe comunque consumato.
Allora decisi di uscire sulla balconata, nella sala da ricevimento. Jasper era appoggiato con entrambi i gomiti sulla ringhiera, la testa fra le mani e il peso delle antiche sofferenze sulle spalle.
Soffriva, più di quanto potessimo soffrire io, papà ed Edward assieme. La cosa lo riguardava in prima persona, e anche se faceva vedere a tutti che lui era forte, resistente e sereno, non lo era affatto.
I suoi demoni lo tormentavano da anni, come tormentavano me o gli altri. Probabilmente non ci saremmo abituati mai a questa situazione d'angoscia, e nemmeno al fatto che le perdite sono strazianti.
- Jazz.. - Mi avvicinai a lui e gli posai una mano sulla spalla, lui non si mosse da quella posizione, ma sentivo che la sua schiena tremava. Mi allontanai, dunque, da lui e tornai dentro.
L'inverno lentamente si avvicinava, e come ogni anno avremmo patito un po'.
Mi avviai verso la libreria, e vidi che Bella vi era già, con una signora che non avevo mai visto. Mi avvicinai curioso.
- Bella? Chi è questa signora? - Aveva un non so chè di familiare, come se assomigliasse vagamente a..
- E' mia nonna, Emmett. Abuela, esto es Emmett, el hijo mayor del señor Cullen. (Nonna, questo è Emmett, il figlio maggiore del signor Cullen.) - La signora si avvicinò a me e abbassò la testa, sorridendo.
- E' la mamma di Esme, lei? - Sorrisi a entrambe, era una signora abbastanza elegante, anche se non molto comuni i suoi abiti qui, a Londra.
- Sì, esatto, ed è arrivata qui con anticipo. Ha saputo del matrimonio e non vuole mancare. - Mi sorrise e la donna le si aggrappò delicatamente al braccio.
- Vuoi venire a fare una passeggiata in giardino con noi, Emmett? - Scrollai la testa.
- No Bella, grazie, devo fare una cosa prima. - Ero deciso, ormai, dovevo scoprire tutta la verità.
Cosa era successo a Rosalie? E io, dopo tutto quello che abbiamo passato, c'entro qualcosa?
Allora uscii quasi di corsa dalla libreria e cercai per tutte le stanze, ma sembrava sparita; chiesi ad Edward se l'aveva vista, ma non seppe rispondermi; incrociai Julian, e mi disse che forse era in balcone.
Il cuore fece un tuffo nel vuoto, e mi fece quasi correre verso la meta.



Jasper


Ormai troppo tempo era passato da quando lei non c'era più.
L'arrivo delle ragazze e di Esme, per fortuna, ci ha risollevati da una tensione quasi palpabile, ma purtroppo i ricordi hanno bussato alla porta della mente e qualcuno (disgraziato) gli ha aperto, e ora eccoli di nuovo qui.
Ma sarei riuscito a disfarmi di questi ricordi, e alla fine sarei riuscito a tornare finalmente felice.
Non che non lo fossi, ma a volte la malinconia era così forte che mi impediva di esserlo.
Ma se lo ero, dovevo tutto al mio piccolo angelo. Di chi parlo? Alice, ovvio.
Già dal primo giorno mi è piaciuta, era una sensazione nuova e non sapevo come comportarmi con lei, ma per fortuna notai che, poco dopo, si era rilassata e mi aveva reso il campo meno minato.
Negli ultimi giorni non avevo più pensato ai miei problemi, ma mi sentivo quasi libero. Se non ci fosse stato quel maledetto momento in cui Rosalie è stata male, forse me ne sarei dimenticato. Forse.
La somiglianza che c'era fra le due era quasi inquietante, la prima volta mi era preso un colpo al cuore. Insomma, erano identiche!
Poi qualche differenza di carattere c'era, la notavo, ma non erano tante.
Sentii dei passi dietro di me, ma non tirai su la testa. Era di nuovo Emmett?
- Jasper, tutto bene? - La vocina delicata di Rosalie mi convinse definitivamente a smuovermi, e la guardai negli occhi.
- Sì, più o meno sì. - Finsi un sorriso e la abbracciai, era arrivato il momento delle confessioni.



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Capitolo 16
*** Confessioni, e non preoccupatevi. ***


Una cena disastrosa















Salve a tutti! Finalmente riesco a postare, non immaginate quanta fatica per scrivere. Vorrei ringraziare due angeli che mi hanno aiutata a finire questo capitolo, e vorrei dedicare soprattutto a una delle due ciò che ho scritto, e farle tanti auguri per il suo compleanno (in ritardissimo ç_ç). Grazie mille, tesorini miei! *^*
Ho constatato con piacere che i capitoli precedenti vi piacciono molto, e spero che questo vi piaccia altrettanto!
Finalmente scopriremo cosa angoscia tutti i membri di quella famiglia, e soprattutto Rosalie e Jasper.
Siete pronti? Buona lettura!
P.s. Le parti seguite da un * (asterisco) sono pronunciate in spagnolo, così abbreviamo un po' (:



Rosalie


Edward aveva bussato alla porta annunciando l'arrivo dei parenti. E io ero decisamente nei guai.
Le mie sorelle corsero subito incontro allo zio e alla nonna, io invece rimasi a letto, rannicchiata sotto le coperte. Ero felicissima di vederli, ovvio, ma avevo anche un po' di timore.
La nonna aveva la capacità di riuscire a comprendere tutto di me, forse più della mamma, perchè diceva che ero come un libro aperto.
E diceva anche che, come mia madre, non riuscivo a nascondere un segreto o a dire una bugia per più di poco tempo.
E sosteneva anche che eravamo molto simili anche di aspetto.
Io non lo credevo sul serio, le mie sorelle le assomigliavano molto, ma io no.
Io avevo preso quasi tutto da mio padre, biondo e con gli occhi azzurri come me.
Mi mancava, sì, e avevo pochi ricordi di lui. Ma erano bellissimi, e molto significativi.
Mi rendevano orgogliosa di lui, perchè era sempre pronto a difendermi e a proteggermi da tutto.
Se solo mi avesse protetta quando avevo davvero bisogno, ora non sarei in questa situazione.
- Tesoro, non vieni a salutare la nonna?* - Stava lì, a braccia aperte, e mi sorrideva, forse con una vena di preoccupazione.
Mi alzai lentamente, indossai uno dei miei sorrisi migliori e andai ad abbracciarla, un solo istante.
Mi strinse a sè e mi stampò un bacio su entrambe le guancie. - Mi sei mancata piccola.*- Stavo per ribattere, ma un moto di nausea mi bloccò le parole in gola.
Sbarrai gli occhi, e Alice venne subito verso di me.
- Che cos'hai?! - Mi prese per le braccia e mi sostenne, probabilmente avevo un colore pallido in viso, ma scrollai la testa.
- Niente, solo nausea... - Mi staccai delicatamente da lei e tornai a sedermi.
Lo zio, nel frattempo, si era avvicinato a noi e aveva tolto il cappello; lo posò sul letto e si sedette accanto a me.
- Tutto bene nipotina? * - Mi strinse fra le sue braccia, con lui non avevo nulla da temere, così sorrisi appena.
- Sì zio, oggi non sono stata molto bene ma passerà presto.* - Allora si alzò e tornò dalla nonna.
- Vado a mostrare loro il resto della casa, voi restate qui? - Bella spuntò da dietro la nonna e sorrise.
- Io vado a fare un giro, mi sono stufata di stare chiusa in camera come una malata terminale. - Mi alzai lentamente e uscii dalla porta prima di loro; mi diressi verso la cucina e bussai tre volte prima di entrare.
Probabilmente avevo una faccia sconvolta, perchè quando entrai la cuoca mi guardò preoccupata.
- Signorina, desidera qualcosa? -  Posò lo strofinaccio sul bancone e posò una pentola piena d'acqua sul fuoco.
- Avrei una richiesta, se è possibile: vorrei solo un po' di brodo stasera, e un thè. -
Il signor Trevor fece il suo ingresso dalla dispensa e mi sorrise.
- Signorina, per lei questo e altro! Si sente meglio? - Feci un cenno col capo e mi avviai verso la porta.
Dovevo assolutamente parlare con Jasper, magari mi avrebbe dato un consiglio su come fare.
Ma dove poteva essere?
Continuai a camminare per tutta la casa, e solo allora mi accorsi di quanto era grande.
Notai Emmett che stava rientrando dal poggiolo, e feci appena in tempo a nascondermi prima che lui mi potesse vedere.
Sembrava turbato, e solo dopo vidi che anche Jasper era lì, appoggiato alla ringhiera, e stava immobile. Allora aspettai che Emmett girasse l'angolo e mi diressi velocemente in balcone.
- Jasper, tutto bene? - La mia voce era bassa, ed ero preoccupata per lui forse quanto lui lo era per me. Si tirò su e mi guardò negli occhi.
- Sì, più o meno sì. - Fece un sorriso, ma capii subito che era tirato, e mi abbracciò.
- Che ti succede Jazz? - Lo strinsi a me, forse il fatto di essere incinta mi rendeva più emotiva e quindi più sensibile, ma in quel momento era come se stessi stringendo mio fratello minore.
- Oh Rose, quanto vorrei sparire in questo momento.. - Sussurrò, appoggiando la testa sulla mia spalla. Gli posai una mano sui soffici capelli e sospirai.
- Perchè dici così Jazz? Non pensarlo nemmeno... - Stava per replicare, ma lo bloccai.
- Entriamo, così ci mettiamo più comodi. - Rientrai in casa e mi feci superare da lui, che si avviò velocemente verso la sala con il camino; lo raggiunsi lentamente, dovevo fare attenzione a tutti i movimenti che facevo per non far tornare la nausea.
Mi accomodai sul divano, e lui si sedette accanto a me. Aveva le gambe leggermente divaricate, i gomiti appoggiati sopra e la testa fra le mani. Mi faceva una gran pena, poverino.
- Rosalie, io ti voglio un gran bene, lo sai? - Sussurrò, poco dopo, e ruppe il silenzio.
- Sì, Jasper, anche io te ne voglio. Io sono qui per te, raccontami cosa ti succede, mi fa male vederti così. - Lo vidi tentennare, forse le parole non riuscivano a uscirgli dalla gola o forse non aveva il coraggio di farlo.
- Vedi, Rose... E' un po' difficile da spiegare... Mia madre, quando è nato Emmett, ha cominciato a soffrire di depressione. Mio padre non sapeva cosa fare, e pensava anche di essere l'artefice, ma non era così. Capita a molte donne, dopo il parto, di entrare in una fase così, ma a mia madre non passava. Poi, siamo nati io e... Eleanor. - Si fermò e deglutì un paio di volte.
Eleanor? Chi era? Lo guardai e appoggiai la mano sulla sua spalla, per incoraggiarlo a continuare.
- Eleanor era... era fantastica. Era la mia gemella e la adoravo. Eravamo entrambi affezionati alla mamma, mentre Emmett e, in seguito, Edward erano più legati a papà. Poi, un giorno, Eleanor si ammalò. E mamma decise di sparire e di portarmela via. - La sua voce si ruppe, e lo sentii tremare come una foglia sotto la mia mano. Nascose il viso fra le mani, ma ero totalmente certa del fatto che lui stesse piangendo.
E mi si strinse il cuore, come in una morsa. Gli ci vollero parecchi minuti, prima di riprendere il controllo.
- Quella disgraziata me l'ha portata via, e non ci diede mai più sue notizie. Sapevo che era grave e che forse non sarebbe vissuta ancora a lungo, ma mi sarebbe piaciuto averla qui, con me, almeno qualche altro anno. - Sospirò pesantemente, e stavolta toccò a me deglutire. Allargai le braccia verso di lui e mi abbracciò, lo strinsi contro di me e gli feci capire che ero lì solo per aiutarlo.
- Quando siete arrivate voi quattro, qualche mese fa, credevo di sognare. Tu, Rosalie, mi sei sembrata da subito mia sorella, e all'inizio speravo la fossi sul serio. Quando tua madre mi ha mostrato una tua fotografia da piccola, ho capito che non eri tu. E allora i ricordi sono riaffiorati, anche se per un breve istante. Pensavo di poterti avere come amica, come confidente, come lo ero con lei, perchè siete così simili... Per tutta la vita, da quel giorno, ho sempre avuto paura di perdere qualcuno che amo. E quando ti ho vista stramazzare mi sono sentito male, Rosalie, perchè sei come una sorella per me e non voglio ti succeda niente di male. - Aveva ripreso a tremare.
Nessuno mai aveva detto delle cose così, per me. Ero tremendamente lusingata, contenta ed emozionata.
Ma tutte quelle emozioni insieme, scatenarono in me un pianto irrefrenabile.
Scoppiai in lacrime, fra le sue braccia, e stavolta toccò a lui consolare me.
- Quello che dici è bellissimo Jasper. - Ero in singhiozzi, e non ero del tutto certa di riuscire a controllare le mie parole.
- Ma probabilmente ti arrabbierai, quando ti dirò cos'è successo. - Aveva ancora gli occhi lucidi, e un po' gonfi, quando si staccò leggermente per guardarmi negli occhi.
- Ho combinato un casino e non so come uscirne, devi aiutarmi. - Mi ero completamente staccata da lui, avevo affondato la faccia fra le mie mani e piangevo, mi liberavo di tutta quella tensione che si era accumulata in me da ore.
Probabilmente al mio bambino non facevano bene tutte quelle emozioni negative.
Jasper non si era mosso, era immobile accanto a me e mi fissava.
- Non è debolezza, è una cosa peggiore, io... - Mi interruppe, con un gesto della mano.
La mia vista era offuscata dalle lacrime, respiravo affannosamente e le mie labbra tremavano, non sarei riuscita a pronunciare nemmeno più una parola per i prossimi dieci minuti.
- L'avevo capito, Rose... Ma non ti devi preoccupare. - I suoi occhi erano velati, lo potevo immaginare benissimo, e le sue braccia mi avvolsero e mi strinsero dandomi affetto e calore.
- Nessuno ti dirà mai che è un casino, o una sciocchezza. E' una cosa bellissima, comunque sia successo. - Le lacrime, lentamente, si fermarono, e rimasi fra le sue braccia per non so quanto tempo, sollevata.
Credevo si sarebbe arrabbiato, e che avrebbe fatto una scenata assurda. Forse non era una cosa così tanto negativa, essere incinta.
- Te la senti di andare a cena? Si sta facendo tardi... - Jasper si alzò, e mi tese una mano.
Abbassai lo sguardo, fino a osservare attentamente il pavimento della stanza.
- Se non ne hai voglia non importa, vado da solo. - Si inginocchiò fino ad arrivare con il viso di fronte al mio. - Non sei obbligata, soprattutto non devi mangiare troppo. - Appoggiò una mano sul mio ginocchio e mi sorrise teneramente.
- Io non so se ho il coraggio di presentarmi in quella stanza, stasera. - Il sussurro che uscì dalla mia bocca mi fece sospirare più volte; non sarei riuscita nemmeno a sedermi, sapendo che Emmett, il padre del mio bambino, era lì e inconsapevolmente una nuova vita da lui generata cresceva davanti ai suoi occhi, anche se ancora non visibile.
Non avrei avuto il coraggio di guardarlo in faccia e fingere che non fosse successo nulla, e nemmeno sarei riuscita a stare in mezzo a tutte quelle persone che, a eccezione delle mie sorelle e di Jasper, non erano a conoscenza del mio attuale stato.
- Non devi temere il confronto con mio fratello, Rose. Fino a quando riesci, cerca di fingere che non stia succedendo niente, poi insieme troveremo un modo per farlo sapere. - Rimase ancora qualche secondo davanti a me, poi si alzò e, dopo avermi lanciato un paio di occhiate rasserenanti, se ne andò.
Quella sala era magnifica: un paio di lunghi divani e parecchie poltrone di lusso arredavano la parte centrale e quella sud della stanza, mentre il grande camino era attaccato alla parete di fronte ad esse. Dietro, una credenza con vari oggetti di valore, qualche premio e della cristalleria.
Quale quadro appeso rallegrava le pareti, un paio di antichi arazzi e le tendone che ormai erano tirate e che coprivano grandi vetrate. Un grande lampadario, ornato di cristalli bellissimi, troneggiava al centro, sopra al tavolino posto fra le poltrone.
Mi immaginavo lì, in quel piccolo paradiso, pochi mesi più tardi, a coccolare il mio bambino davanti al calore emanato dal camino e a sorseggiare un tè.
Erano immagini che facevano male, perchè ancora non sapevo cosa fare, nè se lo avessero accettato tutti, e cosa più importante non sapevo che cosa avrebbe fatto Emmett.
Dio quanto lo amavo. Lo amavo da impazzire, e la cosa che mi turbava era la possibilità che lui potesse pensare che io avessi cercato in tutti i modi di rimanere incinta per essere sicura di averlo tutto per me.
Ma non era così, non ero meschina fino a quel punto e me ne sarei fatta una ragione, se lui avesse scelto un'altra o se l'avessero scelta altri per lui.
E non avrei mai approfittato di una vita innocente, procreata da me oltretutto, per possedere un'altra persona. Non era giusto, nei confronti di nessuno.
Rimasi a riflettere in quella stanza per molto tempo, e l'ora di cena era ormai arrivata.
Ma l'ansia, l'agitazione, la paura e la nausea mi stavano trattenendo, e non avevo la minima intenzione di muovermi da lì.
La porta era aperta, e sentii dei passi sempre più vicini, probabilmente era mia madre, era un passo elegante e leggero, non da uomo.
- Rosalie, tesoro mio, come mai se qui tutta sola? Stai meglio? - La mamma spuntò con la testa dalla porta.
- Sì mamma, sto un po' meglio... Avevo voglia di stare sola e uscire dalla mia stanza per un po'. Lo sai che sono arrivati la nonna e lo zio? - Le mie dite, nervose, si stavano attorcigliando fra di loro e io mi mordevo debolmente il labbro.
- Sul serio? Non avevano detto domani? - Sembrava sorpresa, anche se credevo lo sapesse.
- Magari il telegramma è arrivato tardi. Comunque, loro sono già qui da qualche ora, forse sono in sala da pranzo. - Mi sollevò delicatamente il viso e mi stampò un bacio sulla guancia.
- Quando ti senti di venire a cena, e se ti sentirai, raggiungici. - Sorrise dolcemente e, dopo avermi accarezzato i capelli, se ne andò.
Appena sentii i suoi passi lontani, presi un lungo respiro. Avevo cominciato a sudare freddo, e avevo un forte senso di nausea: mi sarei sentita così fino alla fine, o solo un per un periodo?
Forse dovevo seguire il consiglio di Jasper, e cercare di fingere ancora un po'.
Così mi alzai e mi diressi in camera mia, a rinfrescarmi. Le mie sorelle erano già andate via, quindi aprii l'armadio e presi uno scialle, me lo avvolsi attorno alle spalle e mi pettinai lentamente i capelli, li raccolsi in una treccia e mi sedetti ancora per qualche minuto davanti allo specchio.
Ero ancora pallida, accidenti, e non sapevo cosa fare. Di solito mi incipriavo, ma se l'avessi fatto sarei sembrata ancora più bianca e non era il caso.
Un rossetto rosso era sconsigliato, si sarebbe visto il contrasto, e per mia fortuna i capelli erano biondi.
Allora, anche se non dovevo farlo perchè sapevo che avrei dovuto chiedere il permesso, frugai nella trousse di mia sorella Bella e vi trovai un fard.
Era perfetto. Presi anche un pennello e mi colorai appena le guance, e subito mi sentii un'altra. Solo esteticamente, però.
Presi un fazzoletto e mi asciugai gli occhi, ancora umidi. Poi, mi rimirai ancora un po'.
Mi alzai, mi strinsi nello scialle e uscii dalla stanza.
Intorno a me era tutto quasi al buio, dunque tutti erano in sala da pranzo.
Allora mi incamminai, rimanendo rannicchiata e cercando di nascondere la pancia. Forse era solo un mio timore, perchè non si vedeva ancora niente.
La luce piacevole della sala mi arrivò agli occhi e me li fece stringere per un istante, poi vidi lo sguardo di tutti puntato su di me.
- Finalmente sei arrivata, piccola! - Carlisle mi regalò un ampio sorriso e fece cenno di sedermi. Ricambiai, e andai al mio posto.
- Spero solo che la roba ora non sia fredda. - La mamma, accanto a lui, mi guardò e poi guardò il cameriere, che mi portò il brodo.
- Ecco, come aveva chiesto, signorina. - Poi abbassò il capo e se ne andò.
Gli altri stavano già mangiando la seconda portata, ma ero scusata per il ritardo.
- Il dottore cos'ha detto? - Edward, di fronte a Bella, mi guardò, mentre addentava un pezzo di pesce.
- Solo un po' di debolezza, devo riposare. - Accennai un sorriso, mentre la calda minestra scendeva fino allo stomaco, facendomi sentire molto meglio.
- Sei sicura che ti abbia detto esattamente così? - No, non credeva a una sola parola, ma non gliel'avrei ancora detto.
- Sì, sono sicura... - Abbassai la voce e la testa e continuai a mangiare lentamente e a fatica.
- Perchè secondo me non è solo quello, sai potrebbe... - Edward stava continuando, e la cosa mi infastidiva, ma per fortuna intervenne Carlisle.
- Ora basta Edward, lasciala tranquilla. - Non era severo, nè arrabbiato, ma era un tono che sottintendeva il 'se ha da dire qualcosa, lo dirà da sola.'
Gli sorrisi appena e, con un ultima cucchiaiata, finii il brodo.
Edward si scusò con me e continuò a mangiare in silenzio. Nel frattempo, la mamma stava chiacchierando con lo zio e la nonna, Alice e Bella anche, e gli altri mangiavano.
Mi appoggiai con la schiena contro la sedia e presi un respiro profondo, la nausea era passata e mi sarei gustata, di lì a poco, un buon thè.
Ma avevo come una sensazione strana, e aveva retrogusto di indagine.
Edward era uno che di solito pensava agli affari suoi, ma dentro di me sentivo che stavolta non l'avrebbe fatto.
E dovevo prepararmi, per non essere scoperta.
- Rose, allora che ne pensi? - Mia madre, con un sorriso radioso sul viso, mi stava guardando e attendeva una risposta, ma a cosa?
- Di cosa? - La mia faccia era confusa, ma di che parlava?
- Ho appena annunciato la data del matrimonio, non hai sentito? - Mi guardò aggrottando appena le sopracciglia.
- No, pensavo ad altro. - Sussurrai, e Jasper mi lanciò un'occhiata rassicurante.
- Comunque, io e Carlisle.. - E lo guardò con un sorriso tenerissimo. - Ci sposeremo fra un paio di settimane. - Posai il cucchiaio dentro al piatto di minestra vuoto e li guardai.
- Ma non sono poche due settimane? - Afferrai la fine della mia treccia e l'annodai fra le mie dita, mentre Alice, accanto a me, non faceva che parlare e parlare e parlare con lo zio e la nonna.
- Sono tre mesi che stiamo organizzando, e abbiamo deciso di dirvelo solo ora, ecco tutto. -
Improvvisamente capii che negli ultimi mesi, non avevo notato affatto tutte le cose che avevano fatto in casa, o le novità degli altri. Ma sono stata impegnata a concentrarmi su me ed Emmett, ormai non pensavo ad altro ed era sbagliato.
Ero egoista, sì, e non avrei dovuto esserla, con tutte quelle persone attorno a me che mi volevano bene, infondo.
E comunque si era visto il risultato, e per il momento la calma era ancora sovrana in quella casa, ma era questione di un paio di mesi, al massimo tre.
- Chi verrà alla cerimonia? - Bella se ne uscì con questa domanda, mentre il cameriere veniva a togliere tutti i piatti praticamente vuoti e tornava con quelli del dolce, e la mia tazza di thè.
- Potrei sapere come mai alla signorina non vengono servite le stesse pietanze che consumiamo noi? - Emmett guardò in malo modo il povero Julian, che stringendosi nelle spalle abbassò la testa.
- La signorina ha chiesto di prepararle una cena a parte, perchè voleva così. - Posò la tazza di fronte a me e lo ringraziai.
- Alla cerimonia verranno tutti gli zii e i cugini dalla Spagna, tesoro... Poi credo che ci saranno anche i loro parenti. - Guardò prima Carlisle, poi i suoi tre figli, infine sorrise.
- E quando andremo a comprare l'abito? - Stavolta parlò Alice, dopo aver mangiato un boccone di dolce.
Non sentii la risposta, perchè quando il mio sguardo si posò sul suo piatto, il mio cervello si spense.
Ero combattuta, da una parte c'era la voglia matta di mangiarlo all'istante, dall'altra la nausea tornò in un attimo e talmente forte da farmi mettere una mano davanti alla bocca.
- Scusate, torno subito. - Mi alzai di scatto dalla sedia, sentendomi ancora peggio, e mi allontanai in fretta dalla sala, verso un bagno.
Lo aprii quasi violentemente e mi ci fiondai, arrivai dal lavandino e mi sciacquai la faccia più volte, sporcando l'acqua con quel poco fard che avevo.
Rimasi così, con le mani appoggiate al lavabo e la testa bassa, per non so quanto tempo, poi lentamente mi asciugai la faccia con un asciugamano pulito e mi sentii meglio.
Riaprii la porta, e vidi che stavano tutti venendo verso di me.
- Rose, se te la senti andiamo in salotto, e prenderemo un caffè lì. - Mamma mi prese sottobraccio e lo strinse dolcemente, accanto a lei c'era Carlisle che mi sorrise e dietro di noi le mie sorelle.
La nonna e lo zio erano rimasti indietro, con i ragazzi. - Verrete con me per la scelta dell'abito? - La mamma ci guardò una per una, sorridendo.
- Certo mamma, che domande fai? - Bella scoppiò a ridere e Alice fece lo stesso.
- Se tu non te la senti, rimani pure a casa tesoro. - Mi strinse a lei con amore e rimasi fra le sue braccia per un po', sorridendo.
Arrivammo nella stanza dove prima io e Jasper avevamo parlato, e ci accomodammo tutti fra i divani e le poltrone.
Mi sedetti sulla poltrona accanto al caminetto acceso, non mi sentivo di stare vicino a nessuno in quel momento, e cominciavo a sentire freddo.
La mamma e Carlisle si sedettero vicini, Alice e Bella anche e lo zio e la nonna si divisero fra loro quattro, mentre i ragazzi si sedettero sulle poltrone rimanenti.
Da una parte, c'erano Jasper ed Edward, dall'altra, ovvero nella poltrona accanto alla mia, c'era Emmett.
Speravo che quello non fosse un approccio per avvicinarsi a me con un secondo fine, perchè non sarei riuscita ad uscirne.
Sapevo che voleva sapere cosa stava succedendo, ma non gliel'avrei detto nemmeno sotto tortura.
Poco dopo, Trevor arrivò con un enorme vassoio, sopra c'erano delle tazze e del caffè bollente, e ancora latte e zucchero.
Lo posò sul tavolino e lo servì quasi a tutti, solo io e la nonna non bevemmo nulla.
- Domani mattina andrò nell'albergo dove stanno Sol e i miei figli, stiamo cercando una casa qui per me e per la mamma, vorremmo starti vicini.* - Lo zio guardò la mamma, che bevve un sorso di caffè e fece una faccia sorpresa.
- Davvero verrete a vivere qui, a Londra?* - Stavolta parlai io, rivolgendomi sia alla nonna che allo zio.
- Sì, in Spagna ormai la nostra famiglia è sparsa in varie città e lo zio spesso è al lavoro, quindi posso contare anche sul vostro aiuto se avessi bisogno di voi. * - La nonna si strinse nello scialle e guardò sua figlia, che sorrise.
- Tu non hai nemmeno bisogno di chiederlo, mamma, lo sai che ti adoro e che se hai bisogno io ci sono.*- Poi, si coprì la bocca e sbadigliò.
- Dovremmo andare tutti a letto, domani sarà una giornata lunga e dovremo essere riposati. - Carlisle strinse mamma contro di sè e ci guardò.
- Mio padre ha ragione, oggi è stato un giorno davvero pesante e domani sarà peggio. Vi auguro una buona notte. - Jasper si alzò, e dopo aver finito di bere il caffè si ritirò, sorridendomi teneramente.
Lo stesso fecero le mie sorelle e, lentamente, se ne andarono tutti, tranne due.
Emmett ed Edward, chi se no?
Rimasi immobile sulla poltrona, la testa e lo sguardo bassi. I due indugiarono, e si guardarono per parecchi istanti.
Poi, Emmett, con mia grande gioia, si alzò e se ne andò, borbottando un "Buona notte." quasi impercettibile.
Stavo per uscire anche io, ero già in piedi, ma Edward mi fermò. Lo sapevo io, lo sapevo che lo avrebbe fatto.
- Rose, volevo parlarti riguardo a quello di cui discutevamo a tavola. - Sospirai, congiungendo le mani e girandomi lentamente verso di lui.
- Credo che non ci sia niente di cui parlare, tutto quello che dovevo dire l'ho detto. - Lo guardai quasi supplicante, ero molto stanca e non vedevo l'ora di andare a letto.
- Rose, io non voglio assolutamente forzarti, e sai che di solito sto sulle mie. Ma stavolta non posso, e non voglio nemmeno. Per quanto io possa sforzarmi di pensare, ragionare e scervellare, non riesco a capire come la semplice debolezza possa portarti a tutti quei sintomi. E nemmeno la mia teoria di apprendista medico, perchè ancora non ho tutte queste nozioni. Non ho intenzione di domandare a Jasper o, ancora meno, a mio padre, quindi vorrei sapere cos'hai esattamente. Non voglio fare pettegolezzi, ci mancherebbe, solo... - Sembrava esitare sul cosa dire, infatti congiunse le mani. - Solo voglio aiutarti, ecco. La mia coscienza dice che devo aiutarti. - Le sue parole mi avevano quasi convinta a dirglielo, ma una piccolissima parte dentro di me urlava che era sbagliato.
Non dovevo farlo, non ancora almeno: se poi l'avesse riferito ad Emmett? Potevo considerarmi morta.
- Io... Edward, io non posso. - Mi strinsi nello scialle, stavo tremando e il freddo ormai regnava nella stanza. Il fuoco del camino era spento, lo aveva spento un paio di minuti prima Trevor e già si congelava.
- Non ti fidi di me, ho indovinato? - La sua espressione mutò, e divenne quasi improvvisamente triste.
- Non è così, Edward, va ben oltre la fiducia che posso o non posso avere in te. - Sospirai di nuovo, e stavolta decisi di dargli un piccolo indizio.
- C'è un esserino, come se io fossi un albero e lui il germoglio, qui dentro al mio corpo, che mi procura tutti questi sintomi, ma il dottore ha detto che a volte può capitare e che non è nulla di grave. - Poi, senza dargli il tempo di dire altro, uscii dalla stanza e mi diressi verso la mia.
Lungo il corridoio, i miei passi rimbombavano, ma sentivo come un eco che non doveva esserci.
Mi fermai, e sentii un paio di colpi in più, poi silenzio. Girai il capo, e vidi che Emmett, a pochi metri di distanza da me, mi stava fissando, nessuna emozione gli disegnava il viso. Il mio cuore perse un paio di battiti, e sentii come un calore quasi piacevole all'altezza del ventre, dove un esserino c'era veramente, e cresceva al sicuro.
Rimase in silenzio per un po', fissandomi come se fosse perso in chissà quale pensiero, e mi fece quasi preoccupare; poi, imboccò la sua camera, e sparì.
Proseguii il mio cammino fino alla porta della mia stanza, entrai e chiusi lentamente.
Le mie sorelle erano sveglie, perchè si girarono a tempo verso di me per capire chi fosse appena entrato.
Alice mi sorrise, e Bella si mise a sedere guardandomi. Sbadigliai, coprendomi la bocca con la mano, e mi stropicciai un attimo gli occhi; posai lo scialle sulla sedia di fronte alla specchiera, e cominciai a spogliarmi lentamente, lì non faceva ancora troppo caldo.
Con mio grande rammarico, appena passai di fronte allo specchio, notai che il mio ventre era già un minimo rigonfio. Lo notavo solo io, ero abituata a vedermi praticamente con la pancia piatta e vidi subito che stava crescendo. Però, fortunatamente, era ancora un gonfiore minimo, e sotto ai vestiti non si percepiva ancora.
Per il matrimonio non avrei avuto problemi, ma più tardi sì.
Bella notò la mia faccia, e mi raggiunse a piedi nudi.
- Rose, c'è qualcosa che non va? - Mi sorrise e avvicinò una mano al mio ventre.
- Comincia a notarsi, ecco cosa non va. - La mia voce era amareggiata, era davvero scomodo trovarsi in quella situazione, probabilmente se non fossi rimasta incinta in quel momento mi sarei trovata fra le braccia di un'altra persona, ovvero un uomo con cui condividevo le notti da settimane ormai.
Non sapevo nemmeno cosa farne, di quel bambino. E anche se ero consapevole che non avrei dovuto nemmeno pensare certe cose, non potevo fare a meno di ricordarmi che probabilmente avrei avuto molti problemi con lui.
Insomma, era uno scandalo: aspettavo un bambino dal figlio maggiore del futuro marito di mia madre.
Se lo fosse venuto a sapere qualcuno, sarei morta di vergogna. E per un attimo, almeno quello parve a me, detestai quella creatura, e un moto di odio partì dalla bocca dello stomaco fino a dove stava lui.
Solo un attimo, poi mi destai dalle emozioni e mi infilai una vestaglia più lunga e, soprattutto, pesante.
E, con tutti quei pensieri negativi addosso, mi infilai sotto le coperte e chiusi gli occhi.






Ok, questo capitolo è stato davvero pensato a lungo, e ho preferito mostrare tutto dal punto di vista di Rosalie. Nel prossimo, vedremo come la giornata di tutti gli altri va avanti abbastanza normalmente, e poi chissà. Spero vi sia piaciuto, recensite numerosi!
Alba97.





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Capitolo 17
*** Compere in compagnia! ***


Compere in compagnia















Salve a tutti! Sono davvero contenta che la storia piaccia a così tanti, mi si scalda il cuore ogni volta che noto un aumento di recensioni o sempre più persone che la aggiungono fra le preferite, seguite o ricordate :D Grazie mille, non immaginate cosa vuol dire per me! :D
Allora, finalmente Breaking Dawn parte II è uscito, siete già andate a vederlo? Vi è piaciuto?
Io andrò sabato, e so già che piangerò come una fontana... Bene, spero che il capitolo vi piaccia, i commenti in fondo!!
Buona lettura!



Bella

Quella notte, come tutte quelle che avevo passato in casa Cullen, avevo riposato benissimo, e il mattino seguente ero riposata e pronta ad affrontare un'altra giornata.
Appena aprii gli occhi una lieve penombra invadeva la stanza, e rendeva il tutto molto rilassante. Alice e Rosalie stavano ancora dormendo, e speravo che quest'ultima fosse riuscita a rilassarsi un po' dopo lo sfogo della sera prima.
[Flashback.]
Mentre accompagnavo mia sorella verso il suo letto, lei sempre più sconsolata aveva cominciato a piangere silenziosamente, mentre la sua mano, per quanto lei potesse avere riluttanza, era appoggiata delicatamente sul ventre appena visibile.
- Rosalie, non ti devi preoccupare. Io e Bella ci occuperemo di te, e ti aiuteremo con il bambino; anche se sai che la cosa mi ha un po' spiazzata, sei pur sempre mia sorella e io ti adoro, tanto quanto adoro Bellina, e combatterò assieme a voi contro tutti quelli che avranno da dire sul tuo conto. E se Emmett per caso non lo volesse, beh passerà un brutto quarto d'ora. - Condividevo appieno le sue idee, e avevo annuito ad ogni pausa fiato.
Lei, in silenzio, aveva tirato giù le coperte e vi si era infilata sotto, poi ci aveva rivolto un sorriso e si era asciugata le lacrime, ma sapevamo sia io che Alice che non avrebbe smesso così facilmente, e anzi la cosa sarebbe andata avanti pe
r un po'.
[Fine Flashback.]

Mi alzai lentamente, i piedi nudi sul pavimento gelido, in quella stanza non faceva tanto caldo e mi dovetti stringere nelle braccia per evitare che quel poco che avevo in corpo se ne andasse definitivamente.
Mi avvicinai a passo felpato verso il letto di Alice, e vidi che era sul punto di svegliarsi; quindi raggiunsi Rose, che dormiva invece profondamente, una mano sotto alla guancia appoggiata al cuscino e la bocca contratta in una smorfia.
Chissà, magari sognava. Un mugulo proveniente dal letto di Alice mi fece girare quasi di scatto, e quando la vidi seduta sul letto con lo sguardo ancora impastato dal sonno sorrisi.
- Buongiorno Alice. - Mi alzai piano per non fare troppo rumore e, dopo aver lasciato un bacio sulla fronte di Rose, raggiunsi l'altra mia sorella.
- Non volevo svegliarti, ma sono abbastanza preoccupata per lei. - Incrociai le braccia al petto e lei, dopo essersi stirata per bene, mi guardò negli occhi.
- Riusciremo a farla stare meglio, non preoccuparti; staremo bene anche noi, comunque vada. - Sussurrò, poi si alzò e si vestì velocemente, rimirandosi allo specchio fin troppo tempo.
- Secondo te dovremmo svegliarla? - Mi tirai su e mentre infilavo la gonna rimasi ad osservarla dormire beata, rannicchiata sotto a quelle calde coperte.
- No, lasciamola in pace ancora un po', l'ho sentita rigirarsi parecchie volte stanotte, e probabilmente si è addormentata davvero tardi... - Si avvicinò a me reggendosi il corpetto, e la aiutai a stringerlo.
- Cosa diremo alla mamma, quando ci chiederà se viene con noi o no, allora? - Finii di annodarlo e la lasciai, poi mi infilai il largo coprispalle e lo legai stretto.
- Le diremo la verità, non è stata bene tutta la notte e si è addormentata poco fa. - Si aggiustò la lunga gonna con le mani e si diede una veloce spazzolata ai capelli, ancora troppo corti per i miei gusti.
Non le risposi, e dopo aver finito di prepararmi imboccai assieme a lei la porta, controllando che le tende fossero ben tirate per impedire alla luce di entrare.
Il corridoio era praticamente deserto, probabilmente erano tutti a fare colazione.
Ci incamminammo lentamente verso la sala da pranzo, e quando ne varcammo la soglia vidi che seduti attorno al tavolo c'erano solo Emmett, nostra madre e Carlisle.
Il primo alzò la testa, notando delle presenze (ovvero noi) accanto a lui, e da quello che intuii sembrò deluso di non aver visto anche Rose.
- Rosalie dov'è, tesoro?* - La mamma ci guardò, mentre imburrava una fetta di pane e sorrideva tranquilla.
Guardai Alice, che rispose al mio posto, - Non stava bene, ora sta dormendo ma forse più tardi verrà con noi. * - Mi sedetti accanto ad Emmett, che stranamente mangiava controvoglia, e Alice al mio fianco.
- Va bene, non c'è problema, andremo subito dopo pranzo, così avrà tutto il tempo di riposarsi per bene.* - Diede un piccolo morso al pane e dopo averlo posato bevve un sorso di thè.
Guardai di fronte a me e, dopo un attimo di indecisione, afferrai un paio di biscotti e un pancake.
- La nonna dov'è? - Dopo aver versato un po' di latte nel mio thè, cominciai a sorseggiarlo lentamente mentre la mamma mi osservava.
- E' uscita poco fa con lo zio, sono andati a vedere se la zia è riuscita a trovare una bella casa in periferia. - Carlisle finì di mangiare subito dopo le parole della mamma, e sorridendo si alzò.
- Purtroppo oggi devo andare via in fretta, ci vediamo questo pomeriggio. - Lui e la mamma si scambiarono uno sguardo di dolce intesa e dopo aver salutato il figlio e noi uscì dalla stanza.
Emmett, con un lieve sbuffo, posò in malo modo il tovagliolo accanto al piatto, con ancora del cibo sopra, e appoggiò la schiena contro la sedia. La mamma lo guardò, i suoi occhi pieni d'apprensione.
- C'è qualche problema, caro? - Addentò nuovamente il pane e lo ascoltò in silenzio.
- Sono solo... preoccupato. - Sussurrò, e il suo sguardo triste e spento ci fece stringere il cuore.
- Non inquietarti, caro, passerà in fretta. - Mia madre sorrise, ma si smorzò subito nel vedere entrare qualcuno.
Io ed Alice ci girammo di scatto, e scorgemmo Rosalie vicino allo stipite della porta, con la faccia stravolta dal sonno e due occhiaie violacee molto evidenti: a letto non l'avevo notata, forse la luce era troppo fioca. Quando Emmett la raggiunse con lo sguardo, fece quasi una smorfia.
- Sei già sveglia? - La guardai e spostai la sedia, stavo per alzarmi, ma lei con un lieve gesto della mano mi fece rimanere seduta.
- Non riesco a dormire. - La sua mano si appoggiò sulla fronte, velata di un sudore che equivaleva ad agitazione. No, doveva assolutamente calmarsi. Si sedette velocemente sulla sedia di fronte ad Emmett, ma di fronte a lei non era apparecchiato, e infatti appoggiò i gomiti sul tavolo e la fronte sui palmi aperti delle mani, sospirando pesantemente. La mamma finì di bere il suo thè e si alzò, poi si mise accanto a lei e le cinse le spalle con entrambe le mani, abbassandosi per arrivare con il viso all'altezza del suo.
- Tesoro, ora calmati, sei solo poco in salute, ma vedrai che in due giorni starai meglio. Vuoi mangiare qualcosa? - Rose scosse la testa e la mamma, sospirando, le diede un bacio sulla testa e ci salutò, congedandosi.
Io ed Alice eravamo in silenzio, mangiavamo la nostra colazione e intanto la guardavamo, per capire che intenzioni avesse. Emmett, invece, rimase immobile sulla sedia, la guardava con uno sguardo quasi perso, e sapevo perfettamente che forse era più agitato di noi tre messe assieme. Il dubbio che lui potesse sospettare qualcosa mi stava attanagliando l'anima da un po', ma non avrei osato aprire bocca sull'argomento.
Ma forse, se lui avesse sospettato qualcosa o peggio ne fosse stato sicuro, ne avrebbe sicuramente parlato con me o con Rose.
Julian, dal cantuccio della porta che dava sulla cucina, si avvicinò cautamente al tavolo, e chiese a tutti noi se avessimo avuto bisogno di qualcosa.
Alice gli sorrise, e gli disse che andava benissimo così. Allora il ragazzo posò lo sguardo su nostra sorella, mentre io appoggiai una mano sulla spalla di Emmett, e lui quasi con un sussulto si voltò verso di me e accennò un lieve sorriso.
Stavo per chiedergli di unirsi a noi per raggiungere la città, quando Rose improvvisamente tirò su la testa e prese un respiro, guardando tutti e quattro.
- Sentite anche voi questo odore? - Fece una smorfia di disgusto e portò una mano a coprire il suo naso.
- Quale odore, Rose? -, la guardai confusa e mi voltai verso Julian, che alzò le spalle in segno di diniego.
- E' rivoltante, possibile che non lo senta nessuno?! - Si alzò di scatto e posò l'altra mano sullo stomaco; Alice si alzò e la raggiunse.
- Stai male di nuovo?! - Le appoggiò un braccio sulle spalle e la tenne stretta a sè, mentre lei impallidiva sempre più; non le rispose e corse fuori, probabilmente diretta verso il bagno.
Julian si congedò, mentre mia sorella la seguì chiedendo scusa a me e ad Emmett.
Lui mi guardò negli occhi, e dopo avermi afferrato le mani divenne improvvisamente teso, quasi freddo.
- Ho bisogno di parlarti. -, disse, alzandosi improvvisamente. Lo seguii fuori, in balcone: l'aria frizzante del mattino mi trafisse il viso con violenza, e strinsi gli occhi, per abituarmi al cambio di temperatura.
- Che cosa succede, Emmett? - Lui si appoggiò con le mani al bordo ghiacciato della ringhiera, lo sguardo rivolto davanti a sè e la bocca mutata in un'espressione senza emozioni particolari.
- Io sinceramente non so cosa pensare, sono confuso, totalmente. - Strinse con le dita il ferro del bordo e sospirò.
- Da un po' di tempo avrei una voglia matta di andarmene da qui, ma mi sentirei un vigliacco, non posso abbandonare la mia famiglia così. - Gettò la testa all'indietro e chiuse gli occhi, quasi sconsolato.
- Perchè dici così, che cosa ti angoscia in tal modo? - Non capivo, qual'era il suo vero problema?
- Io... Beh, visto che sei donna forse non capirai, ma quando vedo alcune ragazze, io... sento come un senso, qui.. -, e si toccò il petto con una mano, - mi sento come se dovessi proteggerle, perchè ne hanno bisogno. - Abbassò lo sguardo e attese una mia risposta. Ma sinceramente, non sapevo cosa rispondergli. Cioè, il suo era un sentimento nobile, ma a cosa si riferiva esattamente?
- Sì, ti capisco. Credo sia una cosa molto bella, ma bisogna stare attenti con noi donne, siamo delicate, fragili e molto sensibili. - Sussurrai, e le ultime parole si persero nella volata di vento che ci raggiunse impetuosa e fischiante.
- Secondo te devo seguire il mio istinto, o semplicemente ignorarlo? - Si staccò, finalmente, dal gelido balcone e si girò verso di me, stringendosi nelle spalle.
- Segui il tuo cuore, Emmett: è la miglior cosa, da sempre. - Gli sorrisi e lo abbracciai, eravamo legatissimi e lo sentivo così vicino a me, come se fosse stato mio fratello.
Si staccò da me dopo un po' e sorrise. - Grazie Bella, sei un'amica. - Lo guardai e mi strinsi nelle spalle per scaldarmi, cominciava a fare più freddo e io ero vestita leggera.
- Andiamo dentro, dai, fra poco io e i miei fratelli cominceremo una partita di Whist, ne abbiamo parlato prima. - Rientrò, dopo di me, e si sfregò le mani soddisfatto.
Nemmeno il tempo di scaldarci, che Jasper spuntò da un corridoio laterale e diede una pacca sulla spalla di Emmett.
- Forza, fratello, la partita ci aspetta! Dobbiamo solo trovare il quarto giocatore... - Mi rivolse uno sguardo quasi speranzoso, ma con un sorriso gli feci intuire che non avrei giocato con loro. In realtà, non sapevo nemmeno come si faceva.
Ci incamminammo dunque verso la sala dove si sarebbe tenuto il gioco, ovvero la biblioteca.
Edward probabilmente era già lì, perchè era come se il suo profumo mi conducesse in quella stanza, e in effetti quando la raggiungemmo lui era lì, seduto al tavolo, e di fronte a lui... Alice.
Che cosa ci faceva mia sorella lì, con Edward? - Che hai intenzione di fare?* - La guardai sorpresa.
- Voglio giocare con loro, mancava il quarto giocatore e allora mi sono proposta io. O meglio, Edward mi ha chiesto di unirmi a loro. * - Mi sorrise angelicamente, mentre vidi che sul divanetto poco distante Rosalie era rannicchiata in un angolo e lavorava all'uncinetto. O almeno ci provava, anche se di solito era davvero brava, in quel momento era come se le sue mani fossero di burro, perchè non riusciva a finire nemmeno un punto. Non aveva alzato lo sguardo, anzi era concentrata sul lavoro che aveva fra le mani, invano.
La raggiunsi, afferrando un libro di poesie, e mi sedetti accanto a lei, con un lieve tonfo. Era da sempre, quello che stringevo, uno dei miei libri di poesie preferiti, la cui autrice era Rosalía De Castro. In realtà il fatto che quel libro, in lingua originale, fosse nella biblioteca personale di una delle famiglie più importanti di Londra mi aveva sorpresa.
Ma, sebbene con stupore, cominciai ad immergermi fra quelle pagine che, per quanto potessero sembrare parole scritte di getto, a me davano una commozione tale da portarmi quasi alle lacrime. Ma quel giorno non ero veramente attenta alla lettura, perchè se con gli occhi scorrevo quelle scritte, con le orecchie e con la mente ero intenta a capire cosa stessero facendo quei quattro al tavolo. Le loro risate raggiungevano i miei timpani come una folla impazzita, e la cosa mi stava facendo innervosire, perchè temevo che Edward potesse innamorarsi di mia sorella. Sì, esatto, la mia paura più grande era vedere Alice ed Edward innamorati, un giorno. Inizialmente ero preoccupata anche per Rosalie, anche se lei era più grande di lui di un anno, ma in quel momento non poteva fare niente, e ormai nemmeno più tardi, visto che aspettava un bambino da un altro.
La cosa mi avrebbe uccisa, molto probabilmente.
Rose, accanto a me, era sempre più sconsolata: il lavoro che aveva iniziato un paio di settimane era praticamente rovinato, le sue mani tremanti non riuscivano ad andare avanti e anzi, retrocedevano e disfavano le parti già finite.
Chiusi il libro, lasciando il pollice in mezzo per non perdere il segno, e le appoggiai una mano sulla spalla, dolcemente.
Lei si girò di scatto, era talmente tesa che pensavo sarebbe scoppiata da un momento all'altro.
- Che succede? - Inclinai la testa e socchiusi le labbra, mentre lei fece una smorfia e sbuffò.
- Sto bene, davvero. - Nemmeno mi aveva ascoltata, andiamo bene. Il lavoro le cadde dalle dita, e finì per terra, sotto il suo sguardo spento.
- Mi spieghi che cosa ti sta succedendo o no? - Il mio tono era più duro, ma non ce la facevo più a vederla così: lei, sempre così decisa, forte e risoluta, in quelle condizioni, sembrava dovesse morire, diamine!
Abbassò lo sguardo e, con molta fretta, raccolse il lavoro da terra e lo scrollò lievemente per ripulirlo dall'eventuale sporcizia.
- Bella, sono due giorni che non dormo, il mio stomaco rifiuta il cibo e sono completamente sconvolta, cosa vuoi che succeda? - Il suo tono sprezzante mi infastidì, ma non potevo biasimarla infondo; anche se lei se l'era cercata, era comunque una ragazza di 19 anni incinta del suo fratellastro.
Ricominciò a lavorare, e questa volta riuscì a non disfare più di molto, forse era pure tornata al punto di partenza.
Intanto, il gioco proseguiva, e se guardavamo attentamente i loro sguardi, si poteva capire che si faceva sempre più intrigante. Vedere Alice così felice, e sapere che lei poteva scherzare con Edward senza problemi mi faceva male, ma l'invidia era una brutta, bruttissima bestia.
Ma la stessa cosa avrebbe potuto pensarla Rosalie, visto che io come Alice mi ero fatto amico il suo 'amore proibito'.
Era tutto un collegamento, e l'unica cosa che ci impediva veramente di fare un passo avanti era l'imminente matrimonio della mamma. A noi piaceva molto il fatto che i nostri genitori si fossero innamorati, ma ci aveva anche posto davanti ad una cruda realtà, e cioè che una storia amorosa con i propri fratellastri non era il massimo. Ma infondo, non avevamo praticamente nessun legame autentico di sangue, solo legale, quindi la cosa non sarebbe stata davvero tanto scandalosa.
Decisi, dunque, di proseguire con la mia lettura, e stavolta mi impegnai talmente tanto, che quando la mano di mia madre si posò sulla mia spalla per poco riuscii a trattenere un grido di spavento: insomma, possibile che ogni volta che riuscivo a fare qualcosa di interessante, ci doveva essere per forza qualche cosa che mi impedisse di continuare?
- Tesoro, ti ho chiamata tre volte. - Scossi la testa, non l'avevo sentita.
- Dove hai trovato quel libro? - Il suo sguardo era fisso sulla copertina del volumetto che tenevo ancora fra le mani, e sul suo viso si dipinse un sorriso allegro.
- Lì, nella libreria, mamma. Perchè? - Anche io avevo avuto la sua stessa reazione poco prima, ma non ne trovavo il motivo.
- Beh non ne ho mai visto uno così qui in Inghilterra, e volevo solo sapere piccola. - Una delle qualità che preferivo di mia madre era il suo modo di approcciarsi con noi, perchè non tutte, anzi quasi nessuna donna si comportava così con i figli, o le figlie ovvio, e sentirmi così amata da lei mi riempiva ogni volta il cuore di felicità innocente.
- C'è qualcosa che non va?* - Si sedette accanto a noi, dopo aver lasciato un altro bacio sulla fronte di Rose.
- No, mamma, va tutto benissimo.* - Le sorrisi e tornai ad immergermi nella lettura, anche se superficialmente, non avevo voglia di farmi spaventare altre volte.
Allora lei, cominciando a srotolare il gomitolo di lana che aveva fra le mani, afferrò i due ferri e iniziò a lavorare a maglia. Era velocissima nel farlo, e soprattutto ogni cosa che realizzava era bella, confortevole e soprattutto calda.
Rimasi a guardarla qualche minuto, rendendomi lentamente conto di quanto fosse brava; lei la era sempre stata, aveva sempre cercato di fare tutto ciò di cui era capace per permetterci una vita dignitosa, e noi invece non l'avevamo mai apprezzata fino in fondo.
Rosalie si era fermata, e il suo sguardo era fisso sul mio libro aperto. - Che? -, le chiesi, fissandola stranita. Ma era una mia sensazione, o da quando aveva scoperto di aspettare un bambino era come ammattita?
- Quello non è il libro di... - Ma si interruppe, il suo viso divenne improvvisamente pallido e la sua mano, involontariamente, si posò sul ventre.
- No, non di nuovo.* - Una smorfia le dipinse la faccia, e sia noi sul divano che Alice ci bloccammo all'istante e ci girammo verso di lei, in allerta.
Anche i ragazzi capirono che qualcosa non andava, perchè si interruppero dopo la sospensione di mia sorella.
Tutti noi eravamo pronti a correre in aiuto di Rose, in caso ce ne fosse stato bisogno.
Lei chiuse gli occhi, e respirò profondamente, a lungo, per far passare la probabile nausea.
Ormai ci aveva fatto l'abitudine, in due giorni aveva avuto così tante volte la nausea da sembrare almeno di tre mesi; sinceramente non avevo ancora capito di quanto fosse, non doveva essere molto considerato il fatto che la sua pancia era ancora praticamente piatta, ma nemmeno poco, tenendo conto dei giorni passati da quando aveva cominciato il ciclo delle sue scappatelle.
Alla fine le passò, e sebbene tutti noi fossimo stati pronti ad aiutarla, la nausea, almeno per il momento, non tornava.
La mamma mi pareva strana, probabilmente doveva dirci qualcosa ma non voleva farlo davanti ai ragazzi, o forse non ne aveva semplicemente il coraggio. O, e la cosa sarebbe stata bizzarra, anche quella era solo una mia sensazione.
Continuammo così tutta la mattina, i quattro al tavolo giocarono con molta concentrazione, la mamma e Rose sferruzzarono fino a comporre un bel lavoro, e io finii di leggere quel libro da me tanto amato.
Intorno a mezzogiorno Carlisle, la nonna e lo zio tornarono a casa, ognuno con una novità; una mezz'ora dopo, infatti, a tavola ci raccontammo come avevamo passato la mattinata: la nonna tutta elettrizzata ci raccontò di come Juan, nostro cugino più piccolo, avesse cominciato a parlare abbastanza bene, alla candida età di due anni e mezzo; lo zio era contento perchè la casa dove si sarebbero stabiliti era a due piani, molto larga e con un giardino notevole, e non era nemmeno molto cara; Carlisle invece aveva appreso molte nozioni da un incontro con un noto medico francese in visita speciale a Londra.
Il pranzo era anche molto buono, forse perchè eravamo tutti insieme e si sa, il calore e l'affetto che la famiglia può dare sono tali che tutto il resto passa in secondo piano, e ti basta quello per essere felice sul serio.
Anche Rose riuscì a mangiare qualcosa, faticando e deglutendo fin troppe volte, ma almeno il suo stomaco si riempì un po' dopo quasi due giorni.
Arrivò dunque il momento di prepararsi per andare in città, e in camera nostra le mie sorelle ed io ci cambiammo d'abito almeno tre volte.
- Non so davvero cosa mettermi, ho paura che si possa notare qualcosa. - Rose era di nuovo caduta nella sconsolazione, e io ed Alice cercammo di convincerla che non si vedere ancora nulla.
Io mi ero già preparata tutto prima della colazione, e quando lo indossai decisi di coordinare al vestito anche un cappello, e un paio di guanti sottili.
Alice decise di indossare una gonna, e un altro corpetto simile a quello di prima; Rose optò per un gonnellone che la nonna le aveva portato direttamente dalla Spagna, ancora poco convinta della poca visibilità del suo pancino, e di conseguenza una maglia che le ricadeva morbida sui fianchi.
Ero un po' in ansia, non sapevo assolutamente cosa indossare al matrimonio, nè sapevo come comportarmi, e la cosa mi agitò molto.
Quando fummo finalmente pronte, ci dirigemmo verso la porta d'ingresso, dove la mamma, Emmett e Jasper attendevamo pazienti. E perchè Edward non c'era? Mi sconsolai, cercando di non darlo a vedere, e intanto quella domanda continuava a ripetersi nella mia mente, come una cantilena, fino a quando non arrivammo dai tre.
La mamma indossava un cappello largo, con un fiore di lato piccolo e molto, molto fine, che la rendeva davvero elegante.
I ragazzi, invece, erano vestiti in modo semplice, ma sapevano emanare un certo fascino; ovvio, mai come Edward.
Rosalie, un paio di passi dietro di me, teneva lo sguardo basso, mentre Alice stava parlando con la mamma; Emmett continuava a osservare mia sorella, forse pensava di non essere visto. Il suo viso, però, era contratto in un'espressione che, vista da un estraneo, sarebbe parsa quasi neutra; ma infondo sia io che Rose speravamo che così non fosse, o che almeno potesse mutare nel tempo.
Emmett era pieno di mistero, non lasciava intendere niente delle sue emozioni, dei suoi stati d'animo, dei suoi incredibili turbamenti, e nemmeno io riuscivo a capire cosa potesse provare.
- Ora aspettiamo solo Edward, e possiamo andare. Dov'è finito? - Nostra madre, dopo essersi aggiustata il vestito, si guardò attorno, fino a che non vide spuntare da lontano una testa ramata.
Quindi con un sorriso uscì dalla porta e si avviò verso la carrozza, appena fuori dal cancello. La seguirono tutti, e rimasi ultima, dopo Jasper.
Le campane suonarono già le due del pomeriggio, e con mio grande rammarico fuori faceva freddo, e il mio vestito non era così tanto pesante.
Mi strinsi, per l'ennesima volta, nelle spalle e affrettai il passo, raggiungendo velocemente gli altri e salendo sulla carrozza, vicino al finestrino. Alice stava chiacchierando tranquillamente con i ragazzi, ma soprattutto Edward; la mamma cercava di dare indicazioni al cocchiere; Rose guardava fuori, in silenzio, e le sue mani erano appoggiate delicatamente sulla gonna; dal mio stomaco partì un moto di rabbia, non riuscivo a capire come mia sorella potesse parlare così sfacciatamente a tre uomini, dei quali uno stava anche per diventare padre.
Insomma, non era una cosa molto bella, anche se per qualche tempo avevano fatto molto peggio.
La carrozza partì, e prendendo velocità imboccò una larga strada diretta al centro.
Emmett, di fronte a me, cercò di staccare gli occhi da Rose e guardò verso di me, accennando un sorriso.
- Tutto ok, Bella? - Si sporse verso di me, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, e inclinò appena la testa. Annuii e sorrisi, mi riusciva facile mentire tutto sommato.
- Cosa farete in città, oggi? - Lo guardai negli occhi, mentre Alice continuava a chiacchierare allegramente con gli altri ragazzi. La mamma stava frugando nella borsa, cercava le indicazioni per far confezionare il vestito per la nonna; Rose invece guardava fuori in silenzio, con la testa appoggiata al sedile, e gli occhi stanchi e assonnati.
Emmett, dopo essere rinsavito dai suoi pensieri che sicuramente la riguardavano, guardò i suoi fratelli e alzò le spalle come indifferente. - Probabilmente verremo con voi in giro per i negozi, nostro padre ha detto che i nostri abiti devono essere speciali, e in più oggi c'è una fiera. - Si scrocchiò le ossa del collo, dopo di esse quelle delle dita e infine si appoggiò comodamente e tornò, cercando di non farsi notare molto, a guardare mia sorella, che si stava per addormentare.
La carrozza intanto stava lentamente rallentando, e quando con un colpo secco si fermò, venimmo scombussolati.
Il cocchiere scese ad aprire lo sportello, e la prima a scendere fu proprio Rose, con un movimento abile e veloce, e si allontanò di qualche passo, probabilmente presa da un altro attacco di nausea. Mi faceva quasi pena, poverina, infondo non si meritava di stare male così, sia fisicamente che moralmente ed emotivamente. Jasper la raggiunse quasi correndo, e Alice livida li seguì con lo sguardo.
La mamma ringraziò il cocchiere a nome di tutti noi, e cominciò a spiegarci cosa avremmo fatto.
- Il programma della giornata è questo: ora andiamo al negozio di abiti poco lontano da qui, e le prime a prendere le misure saranno le ragazze, mentre voi ragazzi -, alluse con lo sguardo a Emmett, Edward e Jasper e sorrise dolcemente, - voi cari andrete dopo di loro, così noi avremo tutto il tempo per andare a scegliere il mio vestito da sposa, perchè come ben sapete non potete vederlo in anticipo. Ne eravate al corrente, giusto? - I ragazzi annuirono all'unisono, quindi ci incamminammo verso una via accanto a quella principale. Mi sembrava familiare, non ne capivo però il perchè. Edward mi affiancò, con un sorriso, e abbassandosi appena verso il mio viso mi sorrise. - Ti ricorda qualcosa questa via, Bella? - Purtroppo non mi veniva in mente nientre, quindi scossi il capo con un sorrisino innocente e lui, con un'allegra risata, mi indicò il negozio in cui eravamo andati alla nostra prima uscita. Ecco perchè avevo come una specie di déjàvu! Risi assieme a lui, mentre raggiungemmo tutti assieme il negozio.
Prima che riuscissi ad entrarvi, Rose mi trattenne per un braccio con aria ansiosa. - Ti prego, sorellina, quando toccherà a me cerca di tenere fuori gli altri, così posso chiedere alla sarta di allargarlo un pochino, se dovesse andarmi stretto. - La sua voce uscì così bassa che faticai a sentirla e a capire il senso delle parole, ma ci riuscii, quindi varcammo entrambe la soglia, e appena fui dentro la commessa, che mi aveva probabilmente riconosciuta, mi raggiunse con un sorriso.
- Signorina, lieta di rivederla in questo negozio! - Poi guardò nella direzione di Edward.
- Signor Cullen, è un onore averla di nuovo qui. - Allora la mamma si avvicinò e, con voce tranquilla, le fece un ordine.
- Vorrei che mi portasse i tre abiti che le ho ordinato esattamente tre settimane fa, ora possiamo apportare le dovute modifiche. - Ero senza parole. Aveva già ordinato i vestiti? Perchè l'aveva fatto senza di noi? Almeno avremmo potuto dire il nostro parere! Ancora con il sorriso stampato in faccia, la donna di fronte a noi fece cenno ad un'altra commessa, che scomparve dietro ad una porta aperta e tornò pochi istanti dopo, con tre abiti perfettamente uguali e, soprattutto, fantastici. Oh sì, quel vestito era incantevole, così perfetto da farmi credere di essere in un sogno. Mi pizzicai appena, e no, non stavo sognando. Mia madre fu soddisfatta delle nostre espressioni, e chiese gentilmente alla commessa di cominciare a prenderci le misure, poichè ci aspettava una lunga lista di cose da fare. Dovevamo ancora passare in Chiesa per confermare la data, poi avevamo da selezionare i fiori per abbellire gli interni e il luogo, a noi ancora sconosciuto, in cui si sarebbe svolto il ricevimento, e la torta! La mamma ci aveva detto che non aveva la minima idea sul come far preparare la torta, che sarebbe dovuta bastare per almeno un centinaio di persone.
Intanto, Alice venne fatta portare nel retrobottega con una sarta, e vi rimase per qualche minuto, poi quando uscì con quell'abito i ragazzi rimasero sorpresi, causandomi altra invidia.
Le stava d'incanto, perchè risaltava il colore dei suoi capelli e quello delle sue labbra, colorate appena con un rossetto color pesca.
Aveva qualche spillo conficcato infondo alla gonna, e un paio sul corpetto, ma non più di molto. La mamma dopo aver controllato che il vestito le stesse a pennello approvò, e decisi di far entrare prima Rose, per intrattenere gli altri e darle il tempo di spiegare alla sarta cosa aveva intenzione di fare.
Nel frattempo, chiesi a mia madre se i ragazzi avessero dovuto scegliere da soli l'abito, e lei disse che avrebbe contato sul mio buon gusto in modo da aiutarli a fare la scelta giusta.
Quindi io e i tre fratelli ci avviammo al reparto uomini (sapevo esattamente che Rose ci avrebbe messo più tempo, e in più Alice e la mamma avevano iniziato una fitta conversazione con la commessa che ci aveva accolti all'inizio), i tre non avevano un compito molto difficile, sia perchè avevano me come punto di riferimento, sia perchè i completi erano tutti pressochè uguali.
Si dovevano basare, infatti, solo sulla corporatura, l'altezza e i tratti del viso. Emmett si avvicinò ad un gessato a rigo fine, mentre Jasper ed Edward puntarono a due completi a tinta unita rispettivamente blu scuro e nero.
Non male, pensai, quando li vidi indossare la giacca e voltarsi verso di me con un'espressione interrogativa. - Sì, possono andare, ma dovete anche provare i pantaloni, l'effetto così non rende molto... - Le loro occhiate scioccate si puntarono sulla mia, e dopo aver capito il perchè specificai immediatamente quello che intendevo. Dovevano cambiarsi dentro al camerino, era scontato.
Mi sentii chiamare, quindi dopo aver approvato gli abiti raggiunsi il retrobottega, in cui Rose si stava lentamente togliendo il vestito, e attesi che finisse. - Ce l'hai fatta, tesoro? Ti va comodo? - Lei sorrise, e annuendo scese dal piedistallo per farmici salire.
Dopo essermi accomodata sopra alla piattaforma, mi slacciai i bottoni posteriori e, facendo scivolare quello che indossavo, afferrai l'abito che mi porse l'anziana signora di fronte a me. Accidenti, era piuttosto largo. Forse avrei dovuto prendere dei chili?
Rose intanto uscì, e la sarta prese il metro, del gesso e degli spilli e cominciò a restringere il tessuto attorno alla mia vita e al mio dorso.
- Scusate se vi interrompo, ma avremo anche un coprispalle sopra, vero? - Avrei avuto un po' di timore ad entrare in chiesa così, spudoratamente. Lei annuì e conficcò l'ultimo spillo nella stoffa, accanto alle scapole, poi si allontanò di qualche passo e rimase ad osservare il risultato.
Sì, la soddisfaceva; cercai dunque di sfilarmi il vestito di dosso senza pungermi, ma purtroppo uno degli aghi mi graffiò la mano facendomi uscire una goccia di sangue.
Aggrottai le sopracciglia e, dopo averlo finalmente tolto, mi rivestii e uscii dal retrobottega in fretta.
- Pensavo ti stesse rifacendo l'intero capo adosso, non uscivi più! - La mamma salutò cortesemente tutte le commesse e le sarte e diede appuntamento ai ragazzi fuori dal negozio, un paio di ore più tardi. Quindi quasi ci trascinò fuori dal negozio e ci ritrovammo nuovamente in strada, in mezzo alla via che lentamente si stava animando a festa.
Un paio di donne sulla trentina, vestite con gonnelloni colorati, sandali sgangherati e paillettes svolazzanti su copricapo e top, ci passarono di fronte: parlottavano fra di loro in un dialetto a noi conosciuto, uno spagnolo che si parlava nella città natale della nonna. Erano lì per esibirsi in uno spettacolo di danza popolare affinchè potessero racimolare degli spiccioli per superare la giornata. Quanto ci ritrovavamo nei loro discorsi, non se lo poteva immaginare nessuno all'infuori di noi.
Proseguimmo però per la nostra strada, Alice si guardava attorno quasi estasiata per tutti gli aromi che provenivano dalle bancarelle della fiera di cui mi aveva parlato Emmett, mentre Rose camminava accanto alla mamma, allungando ogni tanto un'occhiata agli oggetti esposti sui banchi.
Il negozio distava ancora qualche metro, e già dalle vetrine potei intuire che avremmo passato un pomeriggio in mezzo ad un tale lusso che noi non ci eravamo mai potute permettere nemmeno di vedere lontanamente.
Alice e Rose si fermarono ad una bancarella in particolare, da dove proveniva una melodia che subito mi fece bloccare. La mamma si girò verso di noi, con un sorriso in faccia.
- Ragazze, vi ricordate questa canzone? - Ci disse, riavvicinandoci in un piccolo cerchio di fronte alla bancarella. Annuimmo a tempo, e vidi che Rose aveva gli occhi lucidi, dalla commozione.
- Mamma ti prego, posso prenderlo? - Le chiese, accennando al carillon che continuava a far risuonare quella melodia incantevole, che sia nostra madre che la nonna ci cantavano da piccole, per farci addormentare.
- Lo vorrei come ricordo, è un oggetto davvero magnifico. -  Anche lo scatolino era grazioso, aveva delle decorazioni fatte a mano molto particolari, ma sapevo che Rose lo avrebbe voluto anche per un altro motivo.
- Certo che puoi, chiedi quanto costa, Alice? - Mia sorella con un sorriso si rivolse al venditore che, con un tono di voce gentilissimo, ci comunicò il prezzo.
Era abbordabile, quindi Rose lo afferrò delicatamente fra le mani e lo porse alla donna che era dietro al bancone accanto all'uomo, che glielo riporse dentro ad un sacchetto di velluto rosso.
La mamma porse il borsello con i soldi ad Alice, poi mi prese in disparte.
- Tesoro, visto che ora siamo sole, volevo parlarti di una cosa davvero molto, molto importante. * - Il suo sguardo era serio, ma chissà come mai io mi sentivo da qualche ora una strana sensazione, partire proprio dal ventre, che mi dava senso di angoscia e pericolo.
E, dal modo in cui alla mamma tremavano le mani e le labbra, sapevo che non era nulla di buono.



Vestito da damigella delle ragazze (coprispalle a parte)







Eccoci arrivate alla fine del capitolo, come avete notato c'è solo il POV Bella, perchè da un po' non parlavo molto di lei. Chissà cosa avrà di tanto urgente Esme da comunicare alla sua figlia più piccola! Spero vi sia piaciuto, e spero che anche Breaking Dawn vi piaccia (sono imparagonabili, senza dubbio), come piacerà sicuramente a me.
Recensite numerosi, vi lascio un bacio, Alba97!












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Capitolo 18
*** Misteri inquietanti ***


Capitolo 18















Salve a tutti! Eccoci qui con un nuovo capitolo, in cui scopriremo cosa Esme voglia dire a sua figlia, forse... E beh, ovviamente scopriremo altri tratti nascosti di ogni personaggio, e chissà cos'altro. Non vi resta che leggere!
Buona lettura, i commenti infondo!



Bella


- Tesoro, visto che
ora siamo sole, volevo parlarti di una cosa davvero molto, molto importante. * - Il suo sguardo era serio, ma chissà come mai io mi sentivo da qualche ora una strana sensazione, partire proprio dal ventre, che mi dava senso di angoscia e pericolo.
E, dal modo in cui alla mamma tremavano le mani e le labbra, sapevo che non era nulla di buono.
- Di che si tratta, mamma?* - Abbassai la voce in modo che nessuno potesse sentirmi, o almeno captare qualche parola.
- Vedi, in questo momento stiamo andando a scegliere un abito da sposa per me, non è così?* - Annuii appena, ma non capivo: perchè mi stava facendo quella domanda? Lo avevano capito ormai tutti a casa che noi quel giorno saremmo andate a comprare anche il vestito.
- Ma, vedi c'è una cosa che dovresti sapere... Sei abbastanza grande, sei bella, intelligente e soprattutto diligente, e questo fa di te una ragazza veramente in gamba, tesoro. Però io credo che alla tua età una come te dovrebbe cominciare a pensare a come sistemarsi, in futuro... - Non riuscivo ad afferrare correttamente il filo del discorso, non avevo per caso una sistemazione permanente? Mi avrebbe per caso cacciata di casa?
Dalla mia espressione confusa, la mamma ne trasse un sospiro e tentò di spiegarmi con parole più semplici.
- Insomma, credo che sia tu che le tue sorelle dobbiate cominciare a trovare qualcosa che vi possa assicurare un futuro, no? - Le sue parole, sempre dette con un tono di voce quasi nervoso, a giudicare dal leggero tremolio, mi resero immediatamente le idee ancora più confuse, ma mentre stavo per chiederle spiegazioni più dettagliate, Alice e Bella tornarono da noi con quel sacchetto fra le mani e lo sguardo di Rose sempre più entusiasta, quindi la mamma con un'occhiata mi fece capire che ne avremmo parlato più tardi, con calma.
Allora, tutte e quattro ci incamminammo finalmente verso quel negozio, dalle quali vetrine si potevano già vedere dei modelli d'abito veramente incantevoli, lussuosi e preziosissimi.
Appena ne varcammo la soglia, una distinta signora vestita molto elegantemente ci raggiunse a passo lento, controllato e soprattutto aggraziato.
- Buonasera, signore. Come posso aiutarvi? - Il suo sguardo indagatore cercava di intuire, a occhio, chi di noi potesse essere la sposa, mentre il suo sorriso appena accennato mi fece capire che era arrivata da poco tempo ed era contenta di avere delle clienti così presto.
- Buon pomeriggio a lei, signora. Fra un paio di settimane mi sposerò, e sono qui per scegliere un abito che possa essere adatto a me, alle mie seconde nozze e al tipo di cerimonia. - La mamma, senza troppi giri di parole, spiegò all'assistente quale fosse più o meno il modello che desiderava.
Quindi la donna, dopo aver fatto un paio di conti fra sè, ci fece accomodare in una sala privée, con un divanetto su cui sedemmo noi tre, e si portò dietro la mamma per la scelta del vestito.
- Rose, mi fai vedere il carillon? - Mia sorella, dopo aver frugato nella sua borsa, tirò fuori il sacchetto di velluto e me lo porse, pregandomi di fare attenzione per non rovinare niente.
Lo afferrai delicatamente, e dopo averlo aperto e averne tirato fuori l'oggetto, lo posai sulle mie gambe e diedi un giro di corda al carillon, che cominciò a spandere la dolce melodia tutt'intorno, lo avevo fatto perchè sapevo che non c'era ancora nessuno in quel momento.
Alice rimase in silenzio, ascoltando assorta la musica, e io cominciai a battere un piede a terra, senza fare troppo rumore, seguendone il ritmo, mentre Rose aveva chiuso gli occhi e posato una mano, nuovamente, sul suo ventre, forse beandosi di quella sensazione pura che solo quella canzone poteva donare a noi tre.
Pochi minuti dopo, la mamma riapparve con la donna e un paio di vestiti fra le braccia, e dopo averci lanciato un breve sorriso, si infilò nel camerino. Già da fuori potemmo notare come quel vestito fosse bellissimo, anche se l'avevamo scorto solo un attimo.
Rose si guardava attorno estasiata, i vestiti da sposa le erano sempre piaciuti e fin da piccola non vedeva l'ora che arrivasse il momento in cui anche lei avrebbe trovato l'uomo che le avrebbe dato la possibilità di indossarne uno, mentre Alice era fissa su un vestito in particolare, che a parer mio le sarebbe stato benissimo, i giochi di pizzo sul corpetto e sulle maniche creavano un decoro magnifico, e i piccoli cristalli incastrati in esso emanavano un luccichio che lo rendeva quasi fatato.
Io invece, sebbene fossero tutti fantastici, non ne avevo ancora trovato uno che potesse piacermi più di altri, solo per provare l'ebbrezza di dire "Io mi sposerò con quello!". Che poi quel giorno era ancora molto lontano, ma chi non ha mai fatto una cosa del genere?
Mentre ero ancora persa fra i miei pensieri e nella mia ricerca all'abito 'perfetto', la mamma uscì dal camerino con indosso un abito. E che abito!
La gonna, ampissima, arrivava fino in fondo ai piedi, e sul fondo aveva un ricamo fatto interamente di pizzo che lo rendeva ancora più ampio, un lungo strascico completava la parte inferiore, mentre lo scollo a V era impreziosito dalle maniche completamente ricoperte di fronzoli. Io ed Alice eravamo entusiaste, infatti ci alzammo e quasi ci fiondammo da lei, che con un sorrisone sul viso allargò appena le braccia, mentre Rose aveva gli occhi lucidi e se li asciugava con un fazzolettino bianco, probabilmente si era commossa troppo.
- Tesoro, non piangere, farai piangere anche me altrimenti... - La mamma, con la voce intenerita, si rivolse a lei, che si alzò e le si fiondò fra le braccia, riempendole le guance di baci. Io ed Alice ci guardammo, con un sorriso stampato in fronte, e ci unimmo all'abbraccio, mentre la commessa ci guardava senza battere ciglio.
- Mamma, questo vestito è perfetto. * - Ci staccammo dopo un po', avevamo anche persona la cognizione del tempo, e quando la mamma osservò il vestito addosso a lei e lo strofinò appena all'altezza delle sue gambe, annuì convinta.
- Sì, è questo. - Alice si guardò attorno e, dopo aver chiesto il permesso alla commessa, afferrò un velo che vide non molto lontano e lo posò delicatamente sul capo di mia madre, dopo averle spostato un ciuffo di capelli dietro ad un orecchio.
E dentro di me, potevo già sentire la musica d'ingresso e le campane risuonare per le vie di Londra, e noi tre che la accompagnavamo fiere di essere figlie di una tal meraviglia di donna.
- Però è un pochino largo qui, sui fianchi... - La mamma vi appoggiò le mani, e la commessa con un portaspilli in mano le si avvicinò e le strinse appena il tessuto attorno a quel punto, e lì fu perfetta.
Si rimirò allo specchio, il suo sguardo luminoso mostrava una grande gioia nell'essere lì con quell'abito bellissimo addosso, e dopo qualche minuto annuì sorridente, incamminandosi nuovamente in camerino a cambiarsi.
E in quel momento mi venne un'idea; mi avvicinai alla donna accanto alla tendina, che attendeva che la mamma le porgesse il vestito, e sottovoce la presi da parte.
- Signora, secondo lei in un paio di ore quella piccola modifica la sarta riuscirà a farla, o è chiedere troppo? - Lei mi guardò negli occhi, e dopo aver riflettuto qualche istante, mi sorrise calorosamente.
- No, abbiamo la migliore scelta di sarti di tutti i negozi da spose, e credo che in poche ore possiamo riuscire a fare anche di più. - E mi spiegò, per ben cinque minuti, quanto loro fossero state brave a completare degli abiti rovinati in nemmeno una giornata per spose disperate alla ricerca di un miracolo.
Intanto la mamma aveva appena finito di cambiarsi, e dopo essere uscita le proposi la mia idea, che le piacque subito. Allora di demmo appuntamento poche ore dopo, prima di tornare a casa con i ragazzi.
All'istante i miei pensieri corsero ad Edward, ero così curiosa di vederlo con l'abito da cerimonia!
Uscimmo dal negozio, e un'altra botta di freddo colpì tutte noi, che quasi all'unisono ci stringemmo nei nostri vestiti, non eravamo abbigliate in maniera molto pesante, per nostra sfortuna.
- Dobbiamo andare a scegliere i fiori, sono importanti! - Alice constatò che erano davvero utili, visto che in giro non ce n'erano quasi più per l'arrivo dell'autunno inoltrato, quindi ci incamminammo su per la via verso un fiorista.
Era un negozietto all'angolo, molto carino, e la ragazza che li vendeva aveva un accento strano, come se non fosse di quelle parti.
La mamma le chiese cortesemente se poteva mostrarci qualche tipo di fiore diverso, possibilmente sui toni del bianco o comunque un colore tenue e chiaro, e lei si incamminò a passo svelto verso il retrobottega.
Tutti quei profumi mescolati insieme emanavano una fragranza davvero piacevole, per quasi tutte noi, l'unica ad esserne un po' disturbata fu Rosalie, ma credo che in quel periodo praticamente tutto le dava molto fastidio, com'era logico che fosse.
- Tesoro, quali preferisci fra questi?* - La mamma si girò verso di me, dopo che la commessa ebbe portato tutti i fiori chiari che possedeva. Come mai lo chiedeva solo a me?
- Mi piacciono molto le orchidee, sono delicate e hanno un buon profumo.* - Ne accarezzai una con il polpastrello dell'indice, avvicinandovi il viso e aspirando l'odore che inalai sorridendo.
- Voi che ne pensate ragazze?* - Si voltò verso le mie sorelle, e mentre Alice era completamente d'accordo con me, Rose storse il naso e disse che a parer suo avremmo dovuto prendere anche delle rose, ovviamente bianche e rosse, perchè erano il simbolo puro dell'amore.
In effetti anche il suo ragionamento non faceva una piega, quindi la mamma decise di accontentare tutte e tre e chiese alla ragazza se poteva avere il bouquet fatto interamente di rose, rosse e bianche con qualche decorazione che avrebbe poi piazzato lei secondo i suoi gusti, e il resto fatto di orchidee per decorare la Chiesa, la sala del ricevimento e tutto il resto.
Quindi la ragazza ci fece vedere, davanti ai nostri occhi, come avrebbe composto il bouquet, aggiungendovi un nastro alla fine, utilizzando solo poche rose come esempio, e l'effetto fu piacevole.
Dunque, si segnò qualcosa su un foglietto, e ci chiese se per caso avessimo qualcos'altro da ordinare, e la mamma le rispose che per ora eravamo a posto così; la salutammo cortesemente e uscimmo, dirette stavolta verso la Chiesa. Lasciammo per ultima la pasticceria, nessuna delle quattro aveva ancora la minima idea sul come far preparare la torta, e doveva essere enorme.
Da lontano, potevamo scorgere benissimo il curato in compagnia di due donne, e molto probabilmente le due erano lì a chiedere consigli, vista l'espressione bonaria dell'uomo.
Quando ci avvicinammo, le due donne ci squadrarono dalla testa ai piedi per un istante, e dopo aver salutato rispettosamente il prete, accennarono verso di noi un 'Buongiorno.' appena udibile.
La mamma, sorridente, si avvicinò all'uomo, che la scrutava per capire chi bene fosse; poi il suo sguardo cadde su di noi, ma la sua espressione era diversa, quasi dura.
- Salve padre, vorrei parlarvi di un argomento... - Lui, con un cenno della mano, ci chiese gentilmente di seguirlo dentro alla Chiesa, in cui non faceva davvero molto caldo.
- Signore, raccontatemi tutto. - Con un caloroso sorriso si rivolse a nostra madre, mentre noi ci guardavamo attorno, immaginando come sarebbe venuta con tutte le decorazioni e, soprattutto, con tutti noi vestiti a festa.
- Sono passata, giorni fa, con il mio futuro marito, vi ricordate padre? - Lui si portò una mano sotto al mento, e dopo aver riflettuto un po' annuì.
- Ma certo, voi e il signor Cullen! Beh, per caso, c'è qualche problema? - La mamma scrollò il capo, sorridendo.
- No, assolutamente, volevo solo controllare che tutto fosse a posto, sia il giorno che l'ora. - Allora l'uomo le sorrise bonariamente e, con un gentile cenno della mano, fece avvicinare un ragazzino, mingherlino e tremante, con un grosso libro.
Lo aprì e sfogliò le pagine, fino a che non arrivò a quella da lui desiderata, e alla fine annuì convinto.
- La data stabilita è il 23 ottobre, alle ore 17 in punto, signora. E' come avevate chiesto? - Era molto cordiale con la mamma, ma meno con noi. Eppure, non avevamo proferito parola se non per saluto, e non ci aveva mai viste prima.
O forse sì? Il dubbio salì, e anche alle mie sorelle, infatti ci guardammo all'unisono e scrollammo il capo, poco dopo, visto che nessuna di noi si ricordava nessun incontro con il curato.
L'uomo e nostra madre finirono di discutere sulle informazioni che lei gli aveva dispensato, poi ci congedammo, non dopo aver ricevuto una predica da parte di quest'ultimo.
Fuori, l'aria si era fatta più fredda e pungente, e l'orologio scoccava le cinque e un quarto del pomeriggio. Ci eravamo intrattenute così tanto?
- Ragazze, ho deciso che la torta la faremo preparare dai nostri cuochi, non ho ancora idee sul come farla fare. - La guardammo e sorridemmo, poi ci incamminammo verso l'inizio della via, dove si trovava il negozio di abiti davanti al quale vi erano Emmett, Jasper ed Edward ad attenderci.
Ci dirigemmo in silenzio verso il punto in cui avevamo appuntamento con la carrozza, trovandola già lì, e vi salimmo uno per volta.
Appena seduti, e dopo aver chiuso la porta, ci accorgemmo che qualche goccia di pioggia stava scendendo ritmicamente, appena in tempo dunque.
Rosalie ci guardò per un istante, poi tirò fuori il sacchetto di velluto sorridendo dolcemente. Mi faceva una gran tenerezza, sapevo cosa stava provando ed era una cosa davvero carina; passò un dito sulle rifiniture del carillon, sotto lo sguardo confuso dei ragazzi, poi fece un cenno alla mamma e lo aprì, e la melodia si sparse in tutto l'abitacolo.
Cominciarono ad intonare la ninna nanna, insieme, e sia io che Alice stringemmo loro le mani, seguendole con il ritmo.
Emmett ed Edward ascoltavano in silenzio, mentre Jasper aveva abbassato la testa sulle mani e stringeva le dita attorno ai capelli. Che gli succedeva?



Vestito da damigella delle ragazze (corpetto escluso)




Vestito da sposa di Esme





Carillon di Rosalie




Angolino autrice: buona sera! Beh, spero che vi sia piaciuto, e che siate un pochino curiosi di sapere il segretuccio di Esme e di Jasper.... Beh, recensite numerosi! A presto, un bacio a tutti, Alba97.


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Capitolo 19
*** Biglietti, e rivelazioni fatali ***


Capitolo 19















Salve gente! Come state? Avete passato bene le feste? E il ritorno a scuola, traumatico come sempre eh? Sì, vi capisco :( Molto meglio rimanere a casa ad oziare, che alzarsi presto e andare alle porte dell'inferno -.-' Comunque, vi rendete conto del miracolo che avete compiuto, ragazzi? Più di 100 seguiti, quasi 70 recensioni a 18 capitoli, che dire? WOW! Siete fantastici, seriamente, sono commossa! :') Va bene dai, in questo capitolo ci saranno altri problemi, e un indizio che si collegherà a qualcosa di futuro, ma chissà!
P.s.: siete liberissimi di picchiarmi a sangue per aver ritardato così tanto, ma in questi giorni sto davvero da cani :(
Buona lettura!



Alice


Da tutta la mattina, fin dal momento in cui avevo aperto gli occhi, avevo la sensazione che sarebbe accaduto qualcosa di brutto, quel giorno.
Per tutta la mattina avevo avuto l'attenzione di Bella su di me fino a sentirmi quasi perforare la schiena, Rosalie era stata male e avevo dovuto aiutarla con la nausea e il rigetto improvviso, la mamma era come se stesse vivendo sopra ad un altro pianeta, e l'unica normale al momento parevo io.
Anche durante gli acquisti, i ragazzi non facevano che starci dietro, Edward che mi osservava inquieto per incitarmi a carpire le emozioni di mia sorella, Emmett che non faceva altro che scambiarsi occhiatine di intesa con Bella, che dal canto suo ricambiava senza problemi, e Jasper. Oh, Jasper, quanti grattacapi che mi dava!
Ero sempre più confusa con lui, all'inizio mi aveva esplicitamente detto che cosa sentiva, mentre dopo, come in quel momento, cercava di tagliare corto con me, le poche parole che mi rivolgeva erano sempre su altri argomenti, e mai su quello.
Era ovvio che non volevo fare la fine di Emmett e Rosalie, soprattutto quella di mia sorella, ma mi sarebbe veramente piaciuto capire se lui provava qualcosa per me, o no. Perchè almeno, se non fosse stato così, avrei potuto mettermi il cuore in pace, trovare la calma adatta per andare avanti e, forse, incontrare il vero amore.
Anche se ero perfettamente convinta che era lui, me lo sentivo dentro; ormai erano quasi quattro mesi che vivevamo assieme, e in quel breve, ma intensissimo, arco di tempo avevo cambiato idea un sacco di volte su di lui, su di me, su di noi.
E come i quattro mesi erano stati importanti per me, anche per Bella, e soprattutto per Rose, li erano. La mamma si stava per risposare, e per nostra grandissima sfortuna il nostro futuro patrigno era il genitore degli uomini che, ahimè, ci avevano rubato il cuore. Senza nemmeno chiederci il permesso, per giunta.
Oh, ma a chi volevo darla a bere? Probabilmente ero l'unica che sarebbe rimasta a bocca asciutta, perchè Edward aveva una cotta per Bella, e si capiva. Emmett? Forse anche lui era cotto di Rose, sebbene il suo stato d'animo o i suoi sentimenti fossero veramente difficili da decifrare, ma Jasper? Oh, lui sin dal primo istante andava dietro a mia sorella. Rosalie, ovviamente. Non che Bella non fosse abbastanza per lui, ma con Rose aveva avuto da subito un rapporto di complicità che, ammettendolo a fatica, si stava rafforzando sempre più, fino a che non sarebbe diventato indissolubile.
E in più, lei gli aveva confidato della gravidanza, lo avevamo intuito sia io che Bella quando ci accorgemmo che le sue occhiate erano identiche alle nostre. Ero da sempre la più sfortunata in amore, in effetti.
Infatti, sulla carrozza, mentre Rose e la mamma intonavano quella ninna nanna piena di emozioni ed io e Bella facevamo da coro, con un 'Uuh' bisbigliato che lo accompagnava, i ragazzi guardavano loro, mentre Jasper si rifiutava anche di alzare lo sguardo verso di me. Mi sentivo ferita, possibile che ero davvero così disgustosa, anche solo per un'occhiata veloce e indifferente?
Fra lui e la mamma, erano seriamente preoccupanti quel giorno. Peggio di Rosalie, forse, il che era davvero grave.
Avevo voglia di stringerlo a me, coccolarlo e consolarlo, dirgli che ero lì per lui e che l'avrei potuto aiutare, ma non lo feci, non osai farlo.
Bella lo osservava cautamente, mentre Rosalie stava avvicinando pericolosamente una mano alla sua spalla.
- Jasper, va tutto bene? - Sussurrò, e lui sollevò appena la testa, e quei meravigliosi ricci color del grano fresco e maturo.
Annuì appena, e dall'espressione d'intesa che lanciò per un istante verso di lui, capii che lei sapeva qualcosa di cui nessun'altro era a conoscenza. E un moto di gelosia salì fino ad arrivarmi alla testa e farmi chiudere gli occhi, per riuscire a tranquillizzarmi.
Ma, un attimo dopo, quel lieve sorriso che aveva stampato in faccia si tramutò in una smorfia, e gli occhi le si riempirono di lacrime. Che le stava succedendo, allora? Possibile che fosse uno sbalzo d'umore? Avevo sentito dire alla mamma, mesi prima, che la zia Sol durante la sua ultima gravidanza, fino alla quindicesima settimana circa, aveva avuto degli sbalzi incredibili, un attimo prima era estasiata, l'attimo dopo piangeva a dirotto. Poi la sua pancia era cresciuta di colpo, anche se era una caratteristica di tutte le donne della nostra famiglia, fino a poco prima era solo gonfia, non più di tanto, e nel giro di tre settimane era lievitata talmente tanto da far preoccupare tutti.
Ma, a parer mio, Rosalie non sarebbe stata come lei, perchè anche se era poco percepibile, da lì a tre mesi prima la sua pancia era già cresciuta, e anche se non molto, io l'avevo notata. Ovvio, era svestita e l'ho fissata a lungo, ma un pochino si vedeva; ma non avevo osato dirglielo, o sarebbe stata la fine.
Anche Bella la pensava così, poichè appena la guardai lei abbassò gli occhi verso il pancino di Rose e poi di nuovo nei miei, e io annuii appena.
- Amore, che cosa succede ora?* - La mamma sospirò, e le appoggiò delicatamente una mano sulla spalla, mentre Emmett la osservava in silenzio ed Edward bisbigliava qualcosa nell'orecchio dell'angelo seduto accanto a lui.
- Niente, sono triste.* - Incrociò le braccia al petto e rimase così, immobile e con un'espressione desolata, per tutto il tempo, fino all'arrivo a casa.
Intanto, il silenzio era calato nell'abitacolo, io e Bella ci osservavamo per trovare, con un'illuminazione degna di quel nome, la soluzione al nostro problema, ovvero come aiutare nostra sorella a non farsi scoprire subito, la mamma stava giocando nervosamente con un lembo della sua gonna, Edward stava parlando con Jazz che, finalmente, si era ripreso, mentre Emmett osservava fuori in silenzio, scontroso come al solito. Come aveva fatto Rose ad innamorarsi di lui? Oddio, non era affatto brutto, anzi, ma il carattere non era dei migliori, tutt'altro. Lui l'aveva solo usata, per mesi lei era il suo giocattolo preferito, e lui se ne fregava dei sentimenti di mia sorella, in tutto e per tutto. Solo quella notte, dopo chissà quanti giorni, non aveva fatto niente di niente, ma solamente perchè lei era stata male. Non avevamo un buon rapporto, era abbastanza freddo e distaccato, e infondo mi andava bene così. Non ero mai stata molto d'accordo sul fatto che lui e Rose si frequentassero, e per quanto potessi capire l'infatuazione di lei (questo era un modo per autoconvincere me stessa che Rose non era realmente innamorata di Emmett), non riuscivo a realizzare pienamente il loro gesto, assurdo e avventato, che li aveva portati ad una situazione che ben presto sarebbe diventata ingestibile.
Mentre pensavo a questo, la carrozza si fermò davanti al cancello di casanostra, e tutti, adombrati e silenziosi, scesero lentamente, con gesti freddi e ristretti, e si diressero verso differenti direzioni, a gruppetti: la mamma e Bella si ritirarono verso la sala da pranzo, Rosalie si dileguò in camera a falcate, a metà fra il pallido e il verdino in viso e con una mano a sorreggerle lo stomaco in subbuglio, senza salutare né guardare minimamente niente e nessuno, Jasper si rifugiò nell'angolo più remoto della stanza in cui, poco dopo, ci riunimmo io e i suoi fratelli, seduti sul divano in mezzo alla stanza.
- Siete soddisfatti dei vostri acquisti, ragazzi? - Non mi importava granchè della risposta, in realtà, ma dovevo pur dire qualcosa che nascondesse il mio interessamento e la mia curiosità, ben più centrati e grandi, per Jasper e il suo improvviso cambio d'umore, che sebbene in quantità minore, persisteva.
- Abbastanza, sì, anche se avrei fatto molto volentieri un giro in fiera con tutti voi, come una famiglia. - Edward, sorridente, si allungò appena sul divano, toccando il ginocchio di Emmett che, scocciato, lo squadrò in malo modo.
- Sì, soddisfatto. - La voglia di alzarmi e andarmene crebbe a tal punto, da farmi arrivare al limite, ma non lo feci per Edward ed afferrai il libro che, ore prima, stava leggendo accuratamente Bella.
La prima pagina, ingiallita dal tempo, aveva un leggero rigonfiamento, e con un dito vi passai sopra fino a che non scoprii un foglio, nascosto fra la copertina e il rivestimento. Sopra, vi era una dedica scritta a mano, con una calligrafia che mi faceva subito percepire un moto di angoscia e agitazione.
L'aveva scritta una donna, ne ero quasi certa, con la mano delicata, sebbene rilasciata in fretta con poco, davvero poco inchiostro, anche se ancora abbastanza leggibile.
Strizzai le palpebre, avvicinando il tomo in modo da riuscire a capirne esattamente le lettere, e mentalmente decifrai la scritta.
'Amore, che i tuoi giorni siano immensamente felici, anche senza di me. A.'
Strabuzzai gli occhi, quasi soffocandomi con la mia stessa saliva, sussultando e cercando di tornare a respirare normalmente, e come sull'attenti Edward scattò verso di me, facendo sbuffare il fratello.
- Alice, che c'è? - Allungò una mano verso di me e mi guardò apprensivo negli occhi, mentre la sua gamba ormai era vicina alla mia, in un gesto senza alcuna malizia.
Non gli risposi, dentro di me sentivo la sensazione che da lì a poco sarebbe successa una catastrofe. Ma non potevo evitare di andare a dirlo al diretto interessato, che sapevo era lui.
Dunque, mi alzai e, scusandomi con i presenti, mi misi quasi a correre verso l'ufficio del capofamiglia.
Carlisle era seduto alla scrivania, assorto nei suoi documenti, e teneva in mano un foglio che, da lontano, pareva un referto.
Bussai, la porta era già aperta, ma volevo il suo permesso per entrare; non sollevò gli occhi dal suo lavoro, ma sussurrò un 'Avanti.' gentile, educato.
- Carlisle, disturbo? - Spuntai con la testa e lui, dopo avermi squadrata un attimo, sorrise e mi fece cenno di avvicinarmi.
- No, non disturbi, affatto. C'è qualche problema? - Allungò appena il collo verso di me, scrutandomi negli occhi, e io, stringendo il foglietto nella mano destra, e in quella sinistra il libro, abbassai la testa.
- Beh, ecco.. Poco fa stavo leggendo questo. - Posai il volume di fronte al suo calamaio, e lui lo osservò con un'espressione muta, indecifrabile.
- E dentro, nella prima pagina, ho trovato una cosa che potrebbe riguardarti. Anche se, non so come. - Quindi, dopo aver atteso che lui allungasse la mano, gli porsi il biglietto e, sorridendogli, uscii in fretta, tornando sui miei passi.
Non era cambiato assolutamente niente, i ragazzi erano ancora nelle stesse identiche posizioni, e dunque lo feci anche io, immergendomi nella lettura di quel libro che, contrariamente a prima, aveva cominciato ad attirarmi.
Ero, però, veramente curiosa di sapere cosa stessero facendo mia madre e Bella, da quando ci eravamo incamminate in fiera per andare a comprare il vestito da sposa si erano come ammutolite, e la mamma era veramente, veramente enigmatica e misteriosa.
Faceva così quando ci nascondeva qualcosa, ma ormai ci avevamo fatto l'abitudine, e ci avrebbe raccontato tutto a breve, me lo sentivo. Anche se, infondo, speravo fosse qualcosa di allegro, in mezzo a quell'incredibile macello.
Più andavo avanti a leggere, più trovavo quelle poesie sciatte, di poco gusto. Cosa ci trovava mia sorella di così bello, in quelle righe buttate lì, a casaccio? O forse, ero io a non cogliere il
senso 'romantico' di tutto ciò.
L'orologio a pendolo, maestoso e massiccio, accanto alla libreria, suonò impetuoso le otto di sera. Era già passato così tanto tempo, dal nostro rientro?
Edward, Emmett e Jasper si alzarono all'unisono, si guardarono, chi triste, chi imbronciato e chi, semplicemente, rilassato, e si incamminarono fuori, verso la sala da pranzo.
Posai il libro sul divano, accanto a me, e mi alzai, misi a posto la mia gonna e andai verso camera mia, socchiusa.
Bella era seduta sul letto, Rosalie le era stesa accanto, e stavano piangendo entrambe.
La prima aveva le mani posate sul viso, chino, e singhiozzava mestamente, di sicuro stava cercando di trattenersi; la seconda era rannicchiata contro di lei, con le braccia che le cingevano i fianchi e il viso affondato nella sua gonna, e una smorfia spuntava da sotto alla stoffa, disgusto.
Chiusi la porta dietro di me, quasi sbattendola, e preoccupata corsi verso di loro.
- Ragazze, che succede? - La mia voce allarmata le fece rianimare, e Bella, asciugandosi le lacrime con il fianco della mano e tornando a respirare normalmente, accennò un lievissimo sorriso.
- Beh, è una lunga storia. - Sussurrò, e mi fece cenno di sedermi accanto a lei, ma rifiutai.
- Adesso andiamo a cena, o si insospettiranno e verranno a cercarci, ne riparliamo dopo, con calma, va bene tesoro? - Annuì, e si tirò su, aiutando anche Rosalie che, invece, non smetteva di piangere. Ma non le avrei detto niente, e anzi, mi sarei offerta di stare con lei fino a che non si sarebbe sentita meglio.
Bella si sistemò il viso davanti allo specchio, mentre io aiutavo Rosalie a rilassarsi, non le faceva bene tutto quel miscuglio di emozioni negative e forti, lo sapeva meglio di me.
- Dai Rose, tranquilla, passerà tutto vedrai... - Le appoggiai una mano sulla spalla, e lei si coprì il viso e si rannicchiò fra le mie braccia, facendomi una gran tenerezza.
- Alice, io non voglio più stare male... - Riprese a singhiozzare, e per poco trattenni le lacrime anche io, non era assolutamente piacevole vedere come tua sorella, la tua amata sorella maggiore, quella che da bambina ti proteggeva sempre e faceva sempre dei sacrifici per te, stesse così male, in tal modo.
Non se lo meritava, infondo, aveva sempre vissuto cercando di fare del bene agli altri.
- Lo so che non vuoi, tesoro, lo so. - La strinsi a me e le accarezzai i capelli delicatamente ma con decisione, e lei scosse la testa.
- Perchè è così cieco da non accorgersi che io sto male?* Magari non gliene frega niente, di me.* - Sussurrò, poi afferrò un cuscino, accanto a noi, e lo buttò in terra, il suo viso era impiastricciato di lacrime e non sapevo cosa fare.
- Ora calmati, non gli fai del bene facendo così... * - Bella si era girata e rimaneva appena in disparte, osservando la scena immobile.
Mi alzai e le allungai una mano, e lei la afferrò e si fece aiutare a sollevarsi, poi fece un lungo respiro, ad occhi chiusi, e infine ci guardò.
- Andiamo a cena, è meglio. - Io e Bella ci guardammo, lei aveva ancora gli occhi rossi ma erano poco evidenti, mentre Rose...
- Vieni così, senza aggiustarti un minimo? - Bells le si avvicinò e le baciò una guancia, mentre Rose annuì lentamente.
- Voglio che veda quanto sto male, e che si senta in colpa per ciò che mi ha fatto e che continuerà a fare imperterrito. - Il suo sguardo, spento e fisso davanti a sè, mi fece intuire che quella ragazza, entro un paio d'ore, sarebbe crollata in un sonno profondo, fortunatamente.
Quindi ci incamminammo, io ero avanti, mentre loro due mi seguivano in silenzio, ognuna persa nei nostri pensieri più profondi.
Poco prima della sala da pranzo, incontrammo Trevor, che evidentemente ci stava venendo a cercare.
- Signorine, eccovi qui! Stavo giusto giungendo da voi... Cos'è capitato? - Il suo sguardo indagatore mi colpì dritto in faccia, e abbassai lo sguardo per non farmi beccare.
- Niente, non si preoccupi Trevor, ci siamo perse in discorsi un po' pungenti, e non ci siamo accorte dell'ora. - Gli sorrisi appena, inscenando una delle mie espressioni da bugiarda migliori, e lui si scansò, facendoci passare.
La mamma, seduta affianco a Carlisle e di fronte alla nonna, alzò immediatamente lo sguardo verso di noi, al nostro ingresso, e accennò un sorriso.
- Siete arrivate, finalmente. - Di fronte a lei, il piatto ancora intatto di zuppa e il cucchiaio, fra le sue mani, sospeso in aria.
Bella, quasi con uno scatto di rabbia, girò la testa e si incamminò a sedersi, cambiando posto: tirò in fuori la sedia accanto ad Edward, che la stava guardando sorpreso, e si sedette pesantemente, senza rivolgere lo sguardo a nostra madre.
Io accompagnai Rosalie dall'altra parte, per mia sfortuna fra Emmett e Jasper, e infine mi accomodai accanto a Carlisle e mio zio.
Ci servirono la zuppa, era abbastanza buona, anche se era praticamente fredda.
Bella rimase a guardarla, senza nemmeno allungare la mano verso il cucchiaio, mentre Rosalie ne mangiò un pochino, rinunciando dopo un paio di bocconi.
Io riuscii quasi a finirla, mi scocciava vedere gli altri tutti impegnati a fare altro, tanto da non poter concludere tranquilla la mia cena.
Per il secondo fu il contrario, non lo toccai affatto, mentre tutti gli altri, tranne Rosalie, lo finirono quasi tutto.
Ma il momento del dolce, quello fu traumatico. Appena tutti i Queen Of Puddings furono serviti, tutti impugnarono la forchetta e ne assaggiarono un pezzo. Tutti, tranne una persona.
Ebbene, l'appetito perso di Rosalie rinsavì, e lei, con gli occhi spalancati e la bocca socchiusa, mangiò con tale foga e ingozzamento da farmi rimanere di sasso. Bella e Jasper si guardarono per un istante, e a lui scappò un mezzo sorriso, che mi fece imbestialire.
Con un grugnito trattenuto a stento, strinsi la mia presa sulla forchetta che a malapena non si piegò, e mi alzai scocciata.
- Mi ritiro, scusatemi. - Edward mi seguì con lo sguardo fino all'uscita, e io mi dileguai in camera da letto.





Pov. Rosalie


Tic. Tic. Tic. Tic. Quel ticchiettìo fastidiosissimo dell'orologio che si trovava in camera nostra mi avrebbe portata alla follia in breve, brevissimo tempo.
Ma, fortunatamente, Bella entrò in quel momento, in cui ero distesa sul letto, a piangermi addosso. Come del resto facevo da due giorni, e forse più.
Ma, nemmeno lei era messa bene, anzi: piangeva, a dirotto, e aveva un'espressione addolorata che mi fece spezzare definitivamente il cuore.
- Rose, è successo un casino! - Socchiuse la porta e si buttò sul letto accanto a me, nascondendo la faccia fra le mani.
Ma non continuò, lasciandomi in sospeso, quindi mi rannicchiai contro di lei per poter sentire un po' di calore, nella gelida coltre di dolore che mi aveva attorniata da quel maledettissimo momento.
Poco dopo, Alice fece il suo ingresso in camera e, come giustamente pensavo, ci chiese subito cosa fosse successo.
Bella rispose anche da parte mia, e decisero di andare a cena, aiutandomi poi a sollevarmi.
Ma no, non volevo andare a mangiare, volevo solo rimanere lì a soffrire e a piangere per un problema dal quale non sarei uscita facilmente.
Le sue parole fecero male. - Dai Rose, tranquilla, passerà tutto vedrai... - Mi strinse a sè, e io mi accoccolai fra le sue braccia, sentendomi improvvisamente uno schifo.
Non sarebbe passato niente, non avrebbe potuto farlo, ormai quello che era fatto, era andato e non avrei potuto rimediare a niente.
Le spiegai tutto, e lei per poco non pianse con noi, e alla fine decidemmo di andare a cena.
Non volevo nemmeno rendermi presentabile, non mi importava assolutamente, perchè avrei dovuto farlo e mentire, mentire, mentire a me stessa e agli altri?
Quando uscimmo dalla camera, ci venne incontro Trevor, che subito si preoccupò del nostro ritardo.
Appena entrammo in sala da pranzo, carpii una certa tensione, partita da Bella, che aleggiava sulla mamma, e sul suo sorriso quasi spento. Strano, però, di solito lei era una donna sorridente anche nelle situazioni peggiori.
La cena fu un disastro, se non per la parte finale. Quel dolce, tanto invitante, mi fece venire una voglia matta di affondarci le mani e ingozzarmi, ma non l'avrei fatto per educazione.
Ma lì dentro, nel mio pancino, lui aveva voglia di mangiare quel dolce, e io forse ancora di più.
Notai, però, che sia Bella che Jasper si stavano guardando, e lui sorrideva appena. Alice si alzò, scocciata, e se ne andò in malo modo.
Presi il tovagliolo, mi ripulii e rimasi ad osservare il piatto davanti a me, sentendo la solita ondata di nausea. Oh, accidenti a lui e alle sue stupide voglie!
Nessuno prese altro, e nessuno, per tutta la cena, aveva detto una parola. Era triste, deprimente, quella situazione, ma non sarei stata di certo io a migliorarla.
Infatti, non appena tutti se ne furono andati, Bella rimase seduta al tavolo, guardandomi con aria sconsolata.
- Rosalie, devo parlarti.* - Disse, appoggiando entrambe le mani sulle mie, a fatica.
- Che.. che cosa succede?* - Sussurrai, mentre lottavo con tutte le forze per non dover correre al bagno per l'ennesima volta.
- Devi aiutarmi, perchè sono finita in un incubo, proprio come te.* - Impallidii, a sentire quelle parole, e mi paralizzai.
Che accidenti voleva dire? Era incinta anche lei? O Edward aveva fatto qualche sciocchezza?






Angolino autrice: bene ragazzi, finalmente ecco l'atteso capitolo ahaha xD spero che vi sia piaciuto, e che non mi vogliate troppo male per averlo interrotto qui! A presto, un bacio, Alba97.
P.s. Recensite numerosi mi raccomando!


















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Capitolo 20
*** L'unione fra sorelle fa la forza, e le feste portano aria di nuovo in casa... ***


Capitolo 20















Salve a tutti! Come state? Tutti pronti per il Carnevale? Bene, allora passiamo direttamente al nostro capitolo.
Ho letto nelle recensioni che siete curiosi di sapere cosa succede a Bella, ad Alice e a tutti gli altri, quindi.. Eccovi accontentati! Finalmente scopriremo (forse u.u) cosa è successo fra Esme e Bella, e vedremo l'arrivo dell'orda dei parenti delle nostre ragazze per il matrimonio... con una piccola sorpresa. u.u Siete pronti? Buona lettura!





Bella


Rosalie impallidì, appena sentì le mie parole. E faceva bene, in quel caso, a fare così, perchè c'era ben poco da rallegrarsi, vista la mia situazione precipitata troppo in fretta, e drasticamente.
- Parla, Isabella.* - Sussurrò, appoggiando una mano sul tavolo accanto alla mia e l'altra sul suo stomaco, storpiando la bocca in una lieve smorfia.
- Non so da dove iniziare, ma vedrò di partire dal principio.* - Sussurrai a mia volta, lontana da orecchie indiscrete che avrebbero potuto aggirarsi nei dintorni.
La mamma mi aveva chiesto, gentilmente, di seguirla nella sala da pranzo, che avevamo raggiunto velocemente, e in silenzio. Ci eravamo accomodate al tavolo, una di fronte all'altra, come in quel momento le eravamo io e Rose, e con fare nervoso si stava quasi torturando le mani, con lo sguardo basso.
L'ansia stava crescendo, e dal mio stomaco si diradiava in tutto il corpo, e per poco non sarei esplosa, se non fosse che il suo inizio discorso era fin troppo misterioso.
- Ascolta, tesoro mio, c'è una cosa di cui dovrei parlarti, e vorrei farlo apertamente, senza doverti spaventare oltremodo. - Le feci cenno di proseguire, mentre accavallai le gambe sotto al tavolo impaziente.
- Anni fa, quando tu avevi appena sei mesi e tuo padre era ancora vivo, facemmo una promessa reciproca, noi e un nostro caro amico. Billy. Lui ha un figlio, dell'età di Rosalie, e si chiama Jacob, Jacob Black. - E si interruppe, guardandosi attorno quasi impaurita. Si avvicinò al mio viso, tremando appena.
- Sarebbe meglio dire che lui e tuo padre presero un accordo, in cui dicevano che lui, Jacob, si sarebbe sposato appena compiuti i diciannove anni, e che a venti avrebbe cercato di procreare un figlio. - Sussurrò, e io aggrottai le sopracciglia, appoggiando un gomito sul tavolo e osservandola confusa.
- E io, cosa c'entro in tutto questo mamma? - Scosse la testa, sospirando pesantemente, e si aggiustò i capelli nervosamente, sebbene cercasse in tutti i modi di nascondermi il suo stato d'animo inquieto.
- Beh, ecco... Durante la promessa, stabilimmo che lui avrebbe dovuto sposare una donna degna di lui, buona, che lo ami, che venga amata per come merita, e che riesca a dargli una vita bella e soddisfacente. E' un bravo ragazzo, ha un lavoro che frutta abbastanza e soprattutto viene sa una famiglia onorevole, e onesta. - Non mi aveva ancora risposto, ma girava attorno al problema come se ne avesse paura, come se non volesse dirmi qualcosa che mi avrebbe spaventata più di quanto non fossi già stata.
- E quella donna, o ragazza, rispecchia tutti i criteri che decidemmo, quel giorno, figlia mia. - Alzai entrambe le sopracciglia, dandole quasi un incitamento a finire.
- E chi è, questa ragazza? - Lo sguardo della mamma si fece quasi lucido, e non seppi decidermi fra la tristezza o la gioia, ovviamente sua.
- Sei tu, Isabella. - Sorrise appena, mentre io mi sentii crollare il mondo addosso.
Rosalie, di fronte a me, era rimasta pietrificata, con un colorino verdastro in viso, mentre io, ricordando quelle parole terribili, cominciai a singhiozzare, nascondendo la faccia dietro alle mie mani tremanti e chiuse come in difesa.
- Non è possibile, Bells... - Sussurrò, alzandosi lentamente e raggiungendomi, per stringermi poi fra le sue braccia.
- Non volevo crederci nemmeno io, Rose, ma purtroppo è così. - Mi alzai e mi rannicchiai contro di lei, che sfregava la sua guancia contro la mia testa per tranquillizzarmi.
Ma cosa avrei potuto fare, se non cercare almeno di capire perchè i miei genitori, allora, avevano fatto una cosa del genere? Perchè mio padre, che dai racconti di mia madre sembrava volermi un bene dell'anima nonostante la malattia e l'indisposizione, aveva stabilito una cosa così, per la sua bambina?
- Andiamo a letto, sorellina, e domani troveremo una soluzione, almeno per te. E così ne parleremo anche con Alice, magari ci aiuterà. - Annuii, e mi asciugai le lacrime seguendola verso la camera da letto, accompagnandola prima al bagno.
- Tu stai bene, Rosellina mia? - Scosse la testa e mi fece segno di andare, mentre si accovacciò a terra con le ginocchia e avvicinò a sè una bacinella vuota.
- No, ma tu vai in camera amore. - La osservai un attimo, ma quando si piegò scossa dai conati, distolsi lo sguardo e raggiunsi Alice, che era già sotto alle coperte ma fingeva di dormire, con un'espressione imbronciata stampata in volto.
- Al, a te cosa succede adesso? - Ma era mai possibile che a nessuna delle tre andasse tutto bene, per una volta? Perchè doveva sempre succede qualcosa di sconvolgente alle nostre vite, già travagliate di loro?
- Niente, Bella, niente. - Scocciata si rigirò dall'altra parte del letto, ma io ignorai il suo segnale evidente di lasciarla in pace e le scostai le coperte, facendola sedere furiosa.
- Che cosa vuoi, adesso?! - Alzò le mani e digrignò i denti, e io mi scostai appena, con gli occhi aperti.
- Sto per sposarmi.* - Dissi, cambiando completamente umore e raffreddandomi all'istante, e lei si fermò.
- Come hai detto, scusa?* - Il suo tono di voce si abbassò e aggrottò le sopracciglia, poi si scansò appena per farmi spazio.
- E' una lunga storia... * - E gliela raccontai, per filo e per segno, catturando la sua attenzione e la sua disapprovazione, tale a quella di Rose.
- Domani ne parleremo con la mamma, e risolveremo. E scusa se t'ho risposto male, prima.* - Scossi il capo, e sorrisi appena, alzandomi dal suo letto e dirigendomi verso il mio dopo aver chiuso la porta dietro a Rosalie, che in un attimo si fiondò a letto e crollò in un sonno profondo.
- Secondo me non cambia idea.* - Dissi, a voce bassa, per non svegliare Rose, ed Alice dopo essersi rimboccata le coperte mi guardò.
- Dai non dire così, sii ottimista, la mamma farebbe di tutto per noi e magari riusciamo a convincerla.* - Sospirai appena, appoggiando la schiena contro il cuscino che avevo precedentemente messo contro la spalliera del letto.
- Lo spero, tutto qui. - Dissi, poi mi infilai sotto alle coperte e, dopo aver mandato un bacio ad Alice e uno ad una Rosalie già nel mondo dei sogni, mi addormentai.




Alice

Erano passati alcuni giorni, dalla sera in cui Bella ci aveva confidato l'orribile destino che le era capitato. Beh, infondo si sapeva che noi tre, in un modo o nell'altro, avremmo avuto una sistemazione del genere, soprattutto perchè ormai eravamo entrate in quella fascia d'età in cui la mamma si aspettava qualcosa di più da noi, magari un fidanzamento. Ma cosa potevamo farci, noi, se ci era successo di innamorarci dei nostri futuri fratellastri?
Avevamo tentato un approccio con la mamma, e sia io che Rose avevamo anche cercato di convincerla a sciogliere la promessa con quel certo Billy Black, inutilmente.
La sera del 18 ottobre, pochi giorni prima del fatidico momento, la zia Sol e i cugini erano arrivati a casa nostra, per poter aiutare la mamma e la nonna con gli ultimi preparativi ed organizzare qualcosa in onore degli sposi.
Rosalie, dopo il lieve shock iniziale, subito si mosse per andare a prendere fra le sue braccia il piccolo Juan, che allegro si era raggomitolato sulla suo petto e giocava con i suoi capelli mentre lei, entusiasta, sorrideva senza smettere un attimo di osservarlo.
Bella, invece, si stava dilettando con le sue sorelle maggiori, Aurora, che aveva da poco compiuto cinque anni, e Socorro, otto anni e mezzo, e nel soggiorno in cui ci eravamo riuniti tutti assieme continuavano a girovagare e a scherzare, facendomi ricordare quando noi eravamo piccole e scorrazzavamo per il giardino della nostra vecchia casa.
La sottoscritta preferiva passare del tempo a parlare con Ramon, il figlio più grande, da poco undicenne, di cose più 'da grandi', come le aveva definite lui, anche se non eravamo legatissimi gli volevo bene, infondo era il figlio del nostro carissimo zio Jeronimo!
La nonna, Carlisle e gli zii stavano chiacchierando anche se a fatica, perchè la mamma doveva fare da interlocutrice per permettere a tutti di capire, e i ragazzi stavano facendo un'altra partita, con Julian come quarto giocatore d'eccezione, probabilmente non aveva mai giocato e sarebbe stata l'ultima volta.
Ci eravamo trattenuti tutti fino a tardi, in quei giorni nessuno era impegnato ad andare al lavoro per poter accogliere tutti i parenti ed ultimare i preparativi per il grande giorno.
Il mattino seguente, mentre tutti noi eravamo in sala da pranzo a fare colazione insieme, stranamente tranquilli e allegri a chiacchierare fra di noi come se fosse un giorno speciale, il signor Trevor arrivò trafelato e con un chiaro e netto messaggio.
- Signor Cullen, signor Cullen! Una missiva per voi, da Windsor. - Carlisle, allarmato, si alzò e afferrò la lettera, poi la aprì in fretta e cominciò a leggerla.
- Come mai è arrivata proprio qui, a Maidstone? - Emmett squadrò Trevor che, avendo ripreso a respirare normalmente, scosse la testa e alzò le mani.
- Non lo so, signore, mi dispiace. - Jasper ed Edward rimasero in attesa di una risposta dal padre, mentre noi cominciammo a chiacchierare con lo zio e la zia, che ancora non capiva niente di inglese ma si stava ambientando facilmente.
- Esme cara, hai detto alle ragazze cosa abbiamo organizzato per questo pomeriggio?* - La zia Sol finì di bere il thè e posò in terra Juan, che subito corse fra le braccia di una entusiasta Rosalie, e tutte noi rimanemmo ad ascoltare.
- Oh, pensavo che glielo avresti detto tu, cara Soledad!* - La mamma sorrise, poi ci guardò con uno sguardo d'intesa, e per quanto Bella fosse risentita della sua decisione non potè fare altro che fingere che non succedesse nulla.
- Lo farò io, allora. Ragazze mie, preparatevi come si deve perchè questo pomeriggio, a casa Cullen...* - Faceva ancora fatica a pronunciare quel cognome e per questo emanava a tutti noi una grande tenerezza, - Tutta la nostra famiglia si riunirà per la Zambra(*) di vostra madre.* - Noi tre sorelle sbarrammo gli occhi, poi lanciammo un gridolino entusiasta e scattammo in piedi, portando insieme a noi il piccolo Juan che rideva contento, per correre incontro alla zia ed abbracciarla forte.
- Wow ragazze, tutto questo entusiasmo?* - Disse, scoppiando a ridere e recuperando suo figlio, che dalla stretta di Rose si sbracciava per andare dalla sua mamma.
- Andate a prepararvi ragazze, che io cerco di convincere gli uomini a partecipare con noi. - I ragazzi, compreso Carlisle che aveva appena annunciato il ritardo dell'arrivo di sua madre, ovvero della nonna di Edward, Jasper ed Emmett, la guardarono confusi, ma prima che potessero replicare noi ci dileguammo verso la nostra camera.
- Ragazze, ma ci pensate? La prima Zambra della nostra vita! - Rosalie era entusiasta, e anche noi due le eravamo, ultimamente la nausea era diminuita e compariva solo alla sera, prima di andare a dormire, quindi eravamo più tranquille tutte, almeno in quello. Meno bugie da raccontare!
- Secondo voi, loro balleranno?* - Bella ci guardò e abbassò poi la testa, arrossendo appena, e non potei fare a meno di sorridere.
- Se la mamma riesce a convincerli a partecipare, qualcuno li costringerà poi a ballare insieme a noi Bells, tranquilla. Il tuo cavaliere sarò lì per te!* - Dissi, prima di scoppiare a ridere e beccarmi un'occhiataccia da Bella, che camminò più veloce superando anche Rosalie, che con me sghignazzava allegra.
- Che cosa indosserete? - Bella aprì l'armadio e cominciò a frugare fra i vestiti belli, mentre io ero in bagno a risciacquarmi il viso e Rosalie si stava infilando il vestitone che aveva ostinatamente voluto mettersi per nascondere la pancia.
Era cresciuta ancora, ed era incredibile quanto due centimetri fossero evidenti, su di lei.
Ovviamente era una sua idea, perchè anche se io e Bella l'avevamo carpita, gli altri non se ne erano assolutamente accorti, ma lei testarda aveva continuato a fare di testa sua. Anche se il suo malessere era scemato, la sua paura persisteva eccome.
Tornai in camera, dopo aver sentito la voce della zia e di Socorro, e appena vidi sul letto un vestito nuovo di zecca, bianco e nero e diviso come in due pezzi, con un nastro da legarmi attorno ai capelli e tutti i gioielli preziosi possibili e immaginabili, dai bracciali alle collane, ai grandi e sfarzosi orecchini a cerchio decorati in oro.
Mi brillarono gli occhi, e subito cominciai ad afferrare i vestiti e ad appoggiarmeli contro, davanti allo specchio, per capire come stavo.



Rosalie

Sapevo perfettamente che Alice e Bella mi stavano nascondendo qualcosa. Da quando avevo scoperto di essere incinta, ero più sensibile alle bugie o ai misteri, e sentivo che loro due, le mie sorelle, avevano qualcosa che non andava. Forse era legato alla mia pancia, o semplicemente avevano dei problemi con Jasper ed Edward, ma avrei tanto voluto scoprire cosa.
La zia bussò alla porta, subito dopo averci dato l'annuncio, e seguita da Socorro che era sommersa da stoffe di tutti i tipi ed era già quasi pronta per la festa, e ci porse dei vestiti nuovi, dicendoci che non potevamo assolutamente presentarci alla festa di matrimonio di nostra madre con un vestito già messo.
Per mia sfortuna, ciò che dovevo indossare io era a due pezzi, con la gonna lunga fino ai piedi e sommersa di paillettes azzurra e il pezzo superiore che partiva da una spalla e finiva sotto al seno, scoprendomi quindi la già ben visibile pancia.
Appena uscì, seguita dalla nostra piccola cuginetta, subito andai da Bella e la implorai con lo sguardo.
- Posso mettere il tuo, Bells? Se indosso questo si capirebbe subito ed Emmett lo verrebbe a sapere! - Lei alzò gli occhi al cielo, e mi porse il suo vestito intero rosso, con le maniche larghe che lasciavano intravedere un pezzo di pelle e la parte sopra ampia, mentre la gonna era lunga fin quasi alle caviglie con dei giochi di pizzo e le due parti erano unite da un pezzo di stoffa nero che copriva esattamente la pancia, e una eventuale lieve rotondità sospetta.
Alice spuntò dal bagno, e subito volle provare i suoi vestiti, fantastici quanto i nostri.
Bella prese un nastro dal suo portagioie, e si legò i capelli in una coda bassa, stringendoli per bene per non farli sciogliere, e cominciò a truccarsi velocemente, cominciando dalla cipria per finire con il rossetto leggermente più marcato del solito, come da tradizione per una festa così.
Sapevo che l'avrebbero organizzata, ma che fino all'arrivo di tutti quanti non si sarebbe fatto nulla di speciale, e dunque il resto della famiglia doveva già essere giunto dalle varie città spagnole fino a qui, pronto per festeggiare.
Fortunatamente, Carlisle ci aveva informati del protocollo che nella sua famiglia, soprattutto da sua madre, veniva seguito alla lettera, e alla mamma e alla zia era venuto bene in mente di festeggiare il matrimonio con la Zambra prima dell'arrivo del resto della famiglia Cullen, per evitare disagi e incomprensioni.
Mi spogliai dunque in fretta, e dopo aver infilato il vestito mi rimirai allo specchio, e sentii dentro di me la vena latina pulsare e riempirmi il cuore d'orgoglio, perchè pur avendo il padre inglese e pur essendo nata in Inghilterra, mi sentivo più vicina alle mie origini gitane, infatti per la maggior parte del tempo seguivamo le tradizioni, allontanandoci dai costumi tipici di Manchester e adottando i nostri, che la mamma conosceva bene.
Mi avvicinai al mio portagioielli, e dopo aver preso un paio di collane e gli orecchini, vidi spuntare dal fondo una cavigliera. Mi ricordò subito la nonna Iris, e quando il giorno del mio decimo compleanno si presentò con quella scatolina minuscola e quel gioiello a me carissimo, perchè fine ma con quella pietra rossa che lo rendeva al tempo stesso prezioso.
Sorrisi, e dopo aver aperto il gancetto, mi abbassai e annodai il bracciale alla mia caviglia, muovendola subito per sentire i minuscoli campanellini produrre quel suono fantastico che sempre avrei adorato.
Afferrai una piccola molletta, presi un paio di ciocche dei miei capelli che andavano davanti al viso e li fermai dietro alla testa, poi diedi una ravvivata ai lievi boccoli infondo e mi truccai appena, rendendomi presentabile.
Intanto, Alice aveva indossato un gioiello particolare, e lo aveva infilato in modo che un pezzo fosse sulla fronte e il resto le cingesse la testa in maniera perfetta, tale da farla sembrare una principessa.
Finito di prepararci, guardammo l'ora e vidi che ormai era ora di pranzo. Bussarono alla porta, e la zia Sol fece capolino con la testa, sorridendo estasiata appena ci vide.
- Oh ragazze mie, siete semplicemente bellissime!* - Disse, e congiunse le mani contemplandoci per un attimo. Lei aveva raccolto i lunghissimi capelli neri in una complicata acconciatura, che risaltava i suoi ricci fantastici, e dei nastri bianchi la arricchivano di una luce particolare.
- Ma adesso andiamo a mangiare, che avremo tempo per festeggiare a lungo oggi! E ricordate, ci saranno anche lo zio Pablo, la zia Mercedes, i cugini da Madrid...* - E iniziò ad elencare tutti, e ripeto TUTTI, i parenti che sarebbero stati presenti quel pomeriggio. Nel frattempo, ci eravamo incamminate tutte insieme verso la sala da pranzo, indossando le scarpe che nel giro di un'ora avremmo tolto prima di entrare in giardino, e Juan, sulle sue gambine, ci stava correndo incontro con le braccine aperte.
La zia me lo fece prendere in braccio, e subito lo riempii di bacini, fino a che non arrivammo dentro alla sala, in cui erano tutti seduti attorno al tavolo, ad attenderci.
I miei occhi scrutarono i presenti, da un Carlisle agitato perchè sicuramente non sapeva cosa aspettarsi, ad uno zio Jeronimo impaziente di terminare il pranzo per dare il via alle danze, ad una nonna Iris che in mezzo ai suoi gonnelloni e alla bandana rossa ricamata con decorazioni bianche che la rendevano magnifica, per essere già avanti con gli anni.
La mamma non era presente in sala, e fino alla festa non avrebbe potuto vedere Carlisle per via del suo abito tradizionale, che fino al matrimonio, o in quel caso fino all'inizio delle celebrazioni di quel giorno, lo sposo non avrebbe potuto vedere indosso alla sua amata.
Edward aveva indossato una camicia bianca e i pantaloni che sicuramente gli aveva consigliato lo zio Jeronimo, e gli donavano molto, vista l'occhiata interessata che Bella gli lanciò e che a me e ad Alice non sfuggì affatto.
Jasper, dal canto suo, aveva preferito la camicia nera e il gilet smanicato bianco, e accanto al polso aveva un foulard nero che avrebbe forse indossato più tardi.
Anche lui era molto gradevole alla vista, e nonostante nostra sorella volesse non darlo a vedere, apprezzava molto il fisico che spiccava dietro a quei vestiti zingareschi che mai avremmo sperato di vedere addosso a loro.
Il mio sguardo cadde infine su Emmett, e il mio cuore ebbe un lieve sobbalzo. Era incantevole, nei pantaloni grigio scuri con un rigo bianco classico che lo rendevano elegante e al tempo stesso molto, molto bello, e la camicia beige scuro coperta dalla giacca, smanicata anche quella, nera che lo rendevano misterioso e affascinante come non mai.
Juan si sbracciò, e dopo avermi stampato un bacio sulla guancia corse a sedersi sulle gambe di suo padre, che rideva mentre guardava la scena, e io potei solamente arrossire appena, sotto lo sguardo inquisitore dei tre fratelli.
Appena arrivai al mio posto, accanto a Jasper e a Bella, lui subito si sporse verso di me sorridendo dolcemente.
- Ehi, oggi stai meglio, direi! - Sussurrò, e io annuii, guardandolo negli occhi. In realtà avrei voluto chiedergli se si vedesse qualcosa, ma lui intuì la mia domanda e scosse la testa, prima di cominciare a mangiare ciò che Julian gli aveva appena servito.
Tutti, presa la forchetta in mano, finimmo velocemente ogni pietanza, anche se io cercai di mangiare poco per non rischiare un improvviso malessere durante la festa, che sicuramente avrei voluto evitare, e alla fine, dopo che il thè fu servito a chi ne aveva richiesta una tazza, ognuno di noi si alzò dalla propria sedia, la zia e le nostre cuginette corsero dalla mamma per finire di aiutarla a vestirsi, perchè a noi era proibito vederla, quindi noi fummo costrette a rimanere con gli uomini e con la nonna Iris, che era già emozionata.
Edward si mise a posto i polsini della camicia, e si passò una mano fra i capelli sotto consiglio di suo padre, e io senza farmi vedere tirai una lieve gomitata a Bella, che subito si schiarì la voce e, dopo aver scambiato uno sguardo con me ed Alice, si avviò verso di lui.
Io e mia sorella rimanemmo vicine ad osservarla, con un sorrisino in faccia che fortunatamente Bella non vide, o ci avrebbe uccise a mani nude solo per quello.
Jasper, intanto, stava cercando una maniera per indossare quel foulard senza successo, perchè inizialmente lo aveva arrotolato intorno alla propria testa pentendosene praticamente subito, poi attorno al polso senza riuscire a capire il senso, e alla fine attaccato alla cintura dei pantaloni.
Ma, ovviamente, non andava messo lì, e io ridacchiando appena mi avvicinai a lui.
- Jasper, lo sai che va messo qui? - E dopo essermi fatta dare l'accessorio, glielo annodai delicatamente attorno al collo, senza smettere di ridere.
Lui si guardò un attimo, poi alzò le spalle e scosse la testa come sconsolato, poi si aggiustò i pantaloni sfregandoci sopra le mani e sbuffò.
- Non ho mai calzato vestiti del genere, dovresti capirmi! - E dopo aver fatto cenno a me, si incamminò verso Alice a passo spedito, che nel frattempo lo stava osservando curiosa di capire cosa avesse intenzione di fare.
- Nipotine, io esco in giardino con Ramon e Juan per accogliere gli altri, come definito con vostra madre, ci vediamo dopo!* - Lo zio Jeronimo diede un dolce bacio sulla guancia a tutte tre, e il piccolo Juan fece lo stesso, mentre Ramon sorrise e uscì per primo, seguito dai due.
Bella, dal canto suo, aveva cominciato a parlare con Edward timidamente, perchè il suo sguardo era basso e il suo sorriso perennemente stampato in faccia erano un chiaro segnale del suo lieve imbarazzo, anche se lui non sembrava farci caso.
Jasper aveva fatto segno ad Alice di uscire in giardino, e la stava seguendo, e in cuor mio ero felice per lei, perchè sapevo quanto tenesse a lui e facendo così lui le dimostrava il proprio interesse, che con certezza potevo affermare che era veramente tanto.
- Rose, noi usciamo, ci raggiungete? - Edward, interrompendo un attimo il suo discorso con Bella, si rivolse a me e agli altri; ma appena mi guardai attorno, notai che solo una persona era rimasta. Oh-oh.
- Andate. Noi arriviamo. - Tre parole che, uscite dalla sua bocca, mi fecero correre i brividi lungo tutta la schiena.
Allora i due, dopo essersi scambiati un paio di occhiate confuse, raggiunsero tutti gli altri fuori, da dove cominciava a provenire la musica prodotta dalle due chitarre e dal tamburello della zia Sol, lasciandoci soli.
Quindi, quasi diedi le spalle a lui, che tentennava per avvicinarsi a me, e in un momento di distrazione, il mio istinto mi fece portare la mano sul ventre, che sentivo pieno di vibrazioni che mi davano un senso di ebbrezza, per me era davvero incredibile pensare che lì dentro c'era il mio bambino, anche se ormai erano giorni che ne ero a conoscenza.
Ero combattuta, da una parte c'era l'amore infinito che già provavo per quella creaturina che si stava lentamente formando dentro di me, ma dall'altra c'era la rabbia e la frustrazione, e il pensiero che mi diceva che se solo lui fosse arrivato più tardi, in una situazione più comoda, sarebbe stato meglio per tutti.
Mi sentii sfiorare la spalla, erano giorni che non ci rivolgevamo praticamente la parola e il nostro unico contatto erano le occhiate fugaci che scappavano ad entrambi, e mi mancava sentire le sue mani, voraci ma allo stesso tempo tanto attese, sul mio corpo; ma non potevo più concedermi, per quanto lo volessi.
- Stai bene, Rosalie? - Sussurrò, avvicinando il volto al mio orecchio, e da lì potei sentire il suo respiro, calmo e regolare, picchiare sulla pelle nuda del mio collo; era così diverso da quello di poco tempo prima, quello forte e ansimato che lo caratterizzava durante le nostre avventure clandestine.
E nel ricordare quei momenti, le mie gote si fecero improvvisamente troppo colorate, e a lui non sfuggì questo dettaglio.
- Sì, Emmett, sto bene. - Sussurrai più piano di lui, e per non rischiare di cadere in tentazione, mi scansai da lui quasi subito, evitando il suo sguardo che mi avrebbe lacerato l'anima e scuotendo la testa.
Dalle vetrate della stanza, potevo benissimo vedere tutta la mia famiglia che aveva iniziato a ballare a ritmo della musica incalzante che i musicisti, ovvero lo zio Jeronimo, il cugino Antonio e il suo gemello Pedro e la zia Mercedes, avevano cominciato ad intonare poco prima.
La festa stava iniziando, e non volevo perdermi nemmeno un attimo. Mi sentivo che sarebbe successo qualcosa, e non mi sarei sbagliata.





Angolino autrice: Eccoci arrivati alla fine del capitolo, cari lettori! Allora, sono soddisfatta di aver pubblicato con un largo anticipo u.u anche se spero che vi sia piaciuto, perchè ovviamente i miei dubbi persistono e non mi convince molto, aspetto una vostra risposta! Recensite numerosi, mi raccomando! A presto, un bacione, Alba97.


(*) Zambra: tipica festa gitana per celebrare matrimoni, o perdonare affronti subiti. In questo caso, festeggiano la zambra per il matrimonio di Esme (poichè sua madre è di origini gitane) e Carlisle.

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Capitolo 21
*** Balli, festeggiamenti e ferite che riappaiono. ***


Capitolo 21















Salve a tutti! Come state? Finalmente siamo a Marzo, gente! Speriamo che tutto vi vada bene, lascio i commenti infondo e sopratutto a voi!
Buona lettura!




Alice

Le prime note della canzone che avrebbe aperto ufficialmente la Zambra di mamma e Carlisle cominciarono a risuonare nel giardino, la nonna si era accomodata sulla panca di legno sotto all'albero più alto di quella zona e accanto a lei c'era il piccolo Juan, che vestito in quel modo era veramente un bambino adorabile, e soprattutto le sue paroline ancora poco comprensibili erano divertenti e tenere. Jasper mi aveva invitato, poco prima, ad uscire di casa per raggiungere tutti i miei parenti, impegnati al massimo nei saluti, fra chi non si vedeva da tempo a chi si era visto pochi giorni prima ma era comunque entusiasta di incontrarsi di nuovo. Dentro, invece, erano rimasti i suoi fratelli e le mie sorelle, ma in quel momento l'unica cosa che mi interessava veramente era l'essere lì con lui, parlargli liberamente e vederlo sorridere, come da tempo ormai non faceva più. L'ultima volta in cui eravamo usciti da soli erano più di due mesi prima, esattamente il giorno in cui i nostri genitori si erano fidanzati ufficialmente e in cui Rose era, probabilmente, rimasta incinta.
Anche se non era stata un'uscita romanticissima, ancora ci conoscevamo poco ed eravamo stati poco da soli, il tempo di comprare l'abito per la festa ed era già tempo di riunirci insieme agli altri, ed era per quello che alla Zambra, vicino all'ombra della casa e accanto ad un vecchio zio venuto direttamente da Edimburgo per festeggiare insieme a noi, sordo e molto lento nel camminare, io mi sentivo emozionata e agitatissima allo stesso tempo.
Finalmente aveva deciso di avvicinarsi a me, in qualche modo, ed ero curiosa di sapere cosa volesse da me. Anche se in una remota parte di me, il timore che lui esigesse quello che Emmett aveva avuto da Rose per un sacco di tempo stava lentamente crescendo.
Ma Jasper e suo fratello erano diversi, lui non era così materialista e maschilista. Forse la seconda, un pochino, ma mai come Emmett.
Edward, non sembrava nemmeno fratello loro; aveva preso completamente dal padre, perchè come lui era educato, gentile e un assiduo sostenitore del fatto che le donne non erano oggetti, e che quindi si dovevano rispettare in ogni caso.
Sfortunatamente, noi non avevamo avuto un bel trattamento dai datori di lavoro precedenti, e la mamma un giorno ci aveva effettivamente detto che lei e Carlisle ne avevano parlato, perchè non voleva avere dei segreti con colui che in pochi giorni sarebbe diventato suo marito. Gli aveva confidato tutto, e lui ne era rimasto seriamente turbato, da come mamma lo aveva descritto, ma alla fine aveva capito che lei infondo lo aveva fatto per noi.
- Alice, è da tanto che non parliamo, noi due. - La voce soave di Jasper mi fece tornare con i piedi per terra, e mi fece sobbalzare il cuore. Aveva detto... noi due?
- Sì, hai ragione, ma questo periodo è stato veramente difficile, non trovi anche tu? - Cercai di dare una controllata al tono della mia voce, e fortunatamente ci riuscii in pochi istanti.
- Fra i preparativi del matrimonio, l'incontro di domani con mia nonna, e la faccenda di Rosalie, direi che lo stress non manca affatto. - Mi aveva colpito il fatto che mia sorella, a nostra insaputa, gli aveva detto della gravidanza, ma non feci in tempo a replicare che subito Ramon, da lontano, mi chiamò a gran voce, costringendomi quindi a girarmi.
- Alice, ormai sono arrivati tutti, dove sono Rosalie e Isabella?* - Corse verso di me, prima di interrompersi e osservare come Bella ed Edward stessero uscendo fuori, teneramente.
Intanto, la zia Mercedes aveva aperto le danze con uno scatenatissimo flamenco, avvolta nel suo vestito apposito rosso a pois neri, e lo zio Jeronimo, seduto di fronte ai tamburi, la stava accompagnando con un ritmo incalzante.
Poco dopo, vidi uscire Rosalie, lievemente rossa in viso e agitata, ed Emmett, che la osservava senza trapelare alcuna emozione da lontano, come se fosse stato sovrappensiero.
Allora, la nonna si alzò lentamente, e la musica, dopo l'esibizione della zia, scemò lentamente, cosicchè tutti noi potemmo rimanere ad ascoltare ciò che aveva da dire.
- E' un piacere sapere la nostra famiglia riunita per un'occasione così speciale, il matrimonio della mia figlia prediletta, Esme. Da molto tempo non abbiamo organizzato nulla, per poterci incontrare tutti insieme, e finalmente sono riuscita a vedere tutti voi, uniti, per l'ennesima volta. Ancora non so quante volte mi ritroverò in una situazione del genere, e vorrei ringraziarvi, miei cari parenti, per tutto ciò che avete fatto per me.* - Quindi tutti noi ci riunimmo attorno a lei, compresi i Cullen e Carlisle, che aveva fatto da poco il suo ingresso trionfale assieme ad un altro cugino della mamma.
- Bella, tesoro della nonna, per favore aiutami tu, vorrei che ringraziassi da parte mia il carissimo Carlisle, che presto sarà mio genero, per tutto ciò che ha fatto per vostra madre, e per voi stesse. Digli che sono orgogliosa di entrare a far parte di una famiglia così per bene come la sua, e che spero sia lo stesso per lui.* - Mia sorella, dopo essersi rivolta ai Cullen, disse loro ciò che le aveva chiesto la nonna, mentre Rosalie, fra le lacrime, cercava di calmarsi lentamente.
Era sensibile, infondo, e sapere che in pochi minuti sarebbe arrivata la mamma, e con Carlisle avrebbero compiuto il primo passo, ovvero il matrimonio gitano, aveva emozionato tutti, ma soprattutto lei.
I due mazzi di fiori, piantati dentro a due grandi vasi posizionati apposta per la zambra, erano ben in vista e Carlisle, accompagnato da nostra nonna, vi si diresse, arrivandovi vicino e aspettando, impaziente, l'arrivo della sposa.
Dopo pochi minuti, tutti noi ci girammo verso la casa, da dove, a passo lento, emozionata e a braccetto di zio Jeronimo, la mamma stava lentamente uscendo, con un abito bianco e dei voile sulla gonna che la rendevano magnifica.
Fra i capelli, aveva dei fiorellini bianchi e un nastro nero glieli spingeva indietro, nemmeno uno era fuori posto o sulla fronte, il trucco abbastanza naturale e i piedi scalzi, campanellini attaccati al corpetto e una collana di perle.
Ramon, probabilmente grazie agli insegnamenti dello zio, cominciò ad intonare una canzone con la chitarra, una delle preferite da me e Socorro. (Shakira - Gitana)
Zia Mercedes, nota in tutta la famiglia per la voce cristallina, cominciò a cantare, mentre la mamma, sempre scortata dallo zio, raggiunse Carlisle, visibilmente emozionato.
Si presero per mano, sorridendo incantevolmente e facendomi stringere il cuore dalla commozione, e cominciarono a ballare lentamente, a ritmo della musica, e tutti noi li seguimmo, seppure con un'attenzione particolare su di loro.
Bella era visibilmente agitata, temeva che in breve tempo la stessa cosa l'avrebbe dovuta fare lei, con un uomo che mai aveva visto e che non amava affatto, e noi due, Rose ed io, eravamo preoccupate per lei, e in pensiero.
La mamma faceva delle giravolte, lente ed aggraziate, e Carlisle le teneva delicatamente la mano, lasciandola fare e osservandola come incantato; alla fine della canzone, cominciò la cerimonia vera e propria, e in quel momento non seppi veramente dire con esattezza quanta fosse la commozione, Bella ed io, insieme alla zia Mercedes, alla zia Sol e alla nonna avevamo gli occhi lucidi, Rosalie piangeva da tempo seduta sulla panca, sempre allestita per il matrimonio, in prima fila, fra Emmett e Jasper, tenuta sotto controllo da entrambi, ma soprattutto dal biondo, per mia grandissima sfortuna.
Juan le si avvicinò, triste nel vederla piangere così, e si allungò per farsi prendere in braccio, e lei subito cambiò umore, come succedeva ormai da giorni, e lo strinse dolcemente al suo petto, con gli occhi ancora rossi e seguita da un sorriso di Jasper. Il mio stomaco ebbe una morsa d'acciaio, vederli così, come se fossero stati una famigliola felice, mi rese quasi disperata.
Edward aveva affiancato Bella, poco distanti da noi, e stavamo parlottando, a bassa voce, senza ovviamente perdersi nemmeno una mossa dei nostri genitori.
Appena anche l'ultimo passo fu compiuto, l'anziano zio, che dall'inizio era rimasto nell'ultima panca ad osservare in silenzio e con un portamento austero ma buono, si alzò lentamente, appoggiandosi al bastone con manico d'ottone e camminando per tutta la navata affodando le scarpe, volute con insistenza per non rischiare di farsi male, nell'erba fresca del giardino, e appena raggiunse gli sposi, diede loro la sua benedizione, e poterono scambiarsi un dolce e tenero bacio, ricevendo applausi a destra e a manca da tutti.
Era arrivato il momento di festeggiare. Ci spostammo in un'altra area del giardino, mentre i musicisti cominciarono ad intonare una canzone più movimentata, e la zia distribuì un paio di nacchere a tutte le donne presenti, inclusa la mamma.
(Ain't Funny - Jennifer Lopez) Ramon si avvicinò a me, sorridendo, e mi chiese un ballo; gli porsi una mano, e mi portò in mezzo a tutti, cominciando a ballare a ritmo, e io subito lo seguii, afferrando con la mano libera un lembo della gonna e facendola sventolare al momento giusto, e poco dopo anche Edward e Bella e Rosalie e un cugino lontano, di circa vent'anni, ci raggiunsero, tutti e sei accompagnati dal suono delle nacchere usate dalle zie e dalla nonna, entusiaste.
La mamma, invece, era visibilmente contrariata, probabilmente per la storia di Bella, ma non lo diede a vedere a lungo, non voleva ancora dare spiegazioni a Carlisle a riguardo e non lo avrebbe fatto per molto, molto tempo.
Emmett e Jasper erano rimasti in disparte, assieme ai musicisti e a Juan, che cercava disperatamente di salire in braccio a uno dei due, inutilmente.
Poi, arrivò il momento in cui mamma e Carlisle, mano nella mano, si avvicinarono a Rose, Bella e me, prima dell'inizio della canzone successiva, e ci invitarono a ballare con i ragazzi, come voleva la tradizione.
Noi tre ci guardammo un attimo, titubanti, poi non potemmo fare altro che accettare, e avviarci verso di loro.
- Ragazze, credete che sia una buona idea? Infondo loro non potrebbero affatto immaginare cosa c'è sotto...* - Bella, dal canto suo, non avrebbe mai detto ad Edward del matrimonio, e temeva che, rimanendo con lui, le sarebbe potuto sfuggire qualcosa che avrebbe rovinato tutto; Rosalie era quasi terrorizzata dal fatto che Emmett, forse osservandola più del dovuto, avrebbe potuto intravedere il suo pancino e sospettare, se non capire.
Io avevo paura di cosa avrebbe potuto dire Jasper, o fare, perchè quasi ero certa che lui provasse qualcosa per Rose, e io non avrei potuto fare assolutamente niente a riguardo.
Ma, li raggiungemmo ugualmente, e li invitammo a ballare, chi in un modo, chi nell'altro. Accettarono tutti e tre, anche se Jasper e Emmett faticarono a dire di sì, e ci portammo in mezzo al gruppo di parenti che, acclamanti e festosi, batterono le mani a tempo di musica per accompagnarci, e anche mamma e Carlisle ballarono, fortunatamente attirando tutte le attenzioni su di loro ed evitandoci un grande imbarazzo.
Continuammo così tutta la sera, e proseguimmo il resto della Zambra a cena, con piatti tipici della tradizione gitana e inglese. Alla fine, i parenti si ritirarono, ormai era quasi mezzanotte ed eravamo tutti stanchi, soprattutto noi tre, dopo aver ballato praticamente tutto il giorno.
Ci eravamo ritrovati per l'ennesima volta nel salotto, seduti sui divani e sulle poltrone, e per puro caso, ognuno era seduto vicino a colui, o colei, che amava.
Edward si era ritrovato accanto a Bella, contenta di questo fatto, Jasper era accanto a me e a Rosalie, seduta appunto vicino ad Emmett che la osservava in silenzio, e poi mamma e Carlisle, e lo zio Jeronimo con la zia Sol.
Gli ultimi due, poco dopo l'uscita dei parenti, si ritirarono e decisero di tornare a casa loro, quella nuova, insieme ai cugini e alla nonna.
Si congedarono, dicendo solamente - Ci rivedremo, e tu sarai in bianco, Esme. -, sorridendo in maniera complice e tenera.
- Alice, sai ora che ci penso tesoro mio...* - Il tono della mamma subito mi fece preoccupare, e non poco. Perchè ogni volta che si parlava del suo matrimonio aveva quel sorriso stampato in faccia e si rivolgeva a noi tre, come se avesse dovuto dirci qualcosa in particolare?
- Anche tu e Rose dovreste cominciare a cercare uno spasimante, per farvi corteggiare e magari...* - Il thè che poco prima ci aveva servito Trevor mi andò di traverso, e per poco non soffocai lì, in mezzo a tutta quella gente, mentre Rose per poco non svenne, bianca come un cencio.
- Sei impazzita, mamma?! Cos'è tutta questa fretta di farci accasare, con sconosciuti, eh? Vuoi già mandarci via da casa, veramente ti sei già stufata di noi?* - Lei scosse la testa, visibilmente sorpresa dalla mia reazione: certamente non si aspettava che io le rispondessi così, e forse non aveva nemmeno messo in conto quell'aspetto della cosa, che di per sè già non era positiva.
- No amore mio, ma cosa vai a pensare! Come potrei solamente osare una cosa del genere? Solo, non voglio che voi facciate la mia fine, non che ne fossi stata contenta alla fine, ma vostro padre...* - Si rabbuiò, ammutolendosi all'improvviso e non aprendo più bocca fino alla fine. Se non per dire, - Me ne vado a dormire, a domani famiglia. -, praticamente sussurrato. Carlisle la osservò in pensiero, poi si rivolse a noi, che lo assicurammo dicendogli che doveva andare a riposare, per la stanchezza.
- Speriamo che cambi in fretta idea, la mamma, o mi toccherà andare da lei e dirle che sono incinta. Già loro mi stanno guardando male perchè ancora non ci credono, me ne sono accorta perfettamente, e devo solo sperare che al matrimonio non ci sia troppo da mangiare o, nei casi peggiori, una folata di vengo che mi picchi dritta addosso, o addio tentativi per nascondere questa...*- Rose aveva iniziato a farneticare, e Bella ed io subito la stoppammo, prima che potesse farsi sfuggire qualcosa di comprensibile anche agli uomini di casa.
- Andiamo a dormire, è molto meglio per tutti. - Dissi, lanciando un'occhiata truce a nostra sorella maggiore e alzandomi in fretta, aggiustando la gonna.
Infondo, sarebbe stata una delle ultime notti prima del fatidico giorno, che cosa avevamo da perdere? Beh, io e Bella i presunti uomini della nostra vita, e Rose il padre del suo bambino. Un nulla di fatto, insomma.
Ci salutammo tutti, e filammo dritti nelle nostre stanze, non ancora del tutto pronti per affrontare un'altra giornata.



Rosalie

La signora Anne Bertha Cullen, vedova del signor Charles Antony Cullen, deceduto esattamente ventitrè anni prima, non era il miglior prototipo della suocera perfetta. Soprattutto se la futura nuora era straniera, e perdipiù gitana, e suo figlio era uno dei nobili più ricchi e importanti di tutta Londra.
La sera in cui lei, assieme alla dama di compagnia e al suo fido servitore, mise piede in casa di Carlisle, suo figlio, e ormai nostra, non ci fu un momento in cui io, le mie sorelle e nostra madre non provammo paura, o meglio timore, di quella donna che, pur la sua statura fosse esile e aggraziata, era così determinata e forte d'animo da poter abbattere un muro con una sola occhiata.
Alla fine, erano riusciti ad arrivare solo il giorno prima del matrimonio, e tutti noi eravamo agitati, ormai gli invitati erano giunti, in tempo fortunatamente, e gli unici che mancavano erano proprio loro, nessuno era ancora entrato in casa ma i messaggi che i servitori portavano di persona a Trevor li avevano annunciati più volte, quindi alla fine potemmo tirare un sospiro di sollievo, che non durò più di molto.
Non ci guardò affatto bene, e anzi subito commentò con ciò che mai avremmo voluto sentire.
- E la tua futura consorte, Carlisle? Non dirmi che non si è nemmeno presentata a vedere la donna che ti ha messo al mondo. - Lui si avvicinò lentamente alla mamma, fino a cingerle la vita con un braccio, e le sorrise amabilmente.
- E' lei, mamma, la mia futura sposa. Esme, mia cara, ho il piacere di presentarti mia madre. - Lei, dopo aver indossato i sottili occhiali, inforcati sul naso con un gesto sprezzante, osservò nostra madre dalla testa ai piedi, con un sopracciglio appena sollevato, e arricciò il naso, storse la bocca e si aggiustò il cappellino, ritto sulla chioma bianca raccolta in alto.
- Una domestica? Figlio mio, tu stai per sposare una semplice domestica, per di più vedova e con tre figlie, adulte ma come posso constatare ancora non accasate, a suo carico? Ma sei impazzito, per caso? - Nostra madre si raggelò, e il caloroso sorriso con cui aveva intenzione di accogliere la donna si spense all'istante, lasciando il posto ad uno sguardo deluso e ferito, e alle labbra tremanti che sicuramente volevano sputare addosso alla quasi suocera tutto ciò che stava pensando.
Carlisle si era irrigidito, mentre la donna li aveva superati e si era diretta a passo spedito, e seguita a ruota dai suoi lavoranti, verso la camera degli ospiti migliore della casa.
Emmett, Jasper ed Edward erano rimasti ad osservare sbigottiti la scena, mentre Bella ed Alice, accanto a me, si erano ammutolite e, probabilmente, provavano un lieve senso di vergogna.
- Avrei dovuto immaginarlo. - Disse mestamente la mamma, abbassando il capo e allontanandosi velocemente, verso la sua camera. Carlisle tentò di seguirla, ma noi lo fermammo, sapevamo perfettamente che lei doveva restare un po' sola, per elaborare il tutto.
- Infondo non è la prima volta che qualcuno si rivolge a noi così. - L'orologio scoccò le otto di sera, e la cena fu servita: la mamma non si presentò, disse di non voler rischiare di stare male per il giorno dopo, anche se io in cuor mio sapevo perfettamente che non osava presentarsi per non dover fare i conti con l'amara verità. La nonna dei ragazzi non l'aveva in simpatia, e probabilmente stava studiando una tattica per poter capire come far breccia nelle sue grazie. Se ve ne erano, ovviamente.
Io, al contrario suo, cercavo veramente di non sentirmi male, anche se non era molto di aiuto ciò che mi ritrovavo nel piatto, il pesce che solitamente mangiavo con gusto mi dava un senso di malessere incredibile, il mio pallore doveva essere evidente viste le occhiate preoccupate delle mie sorelle.
- Ancora, Rose? Sei sicura che domani non ti sentirai male nel bel mezzo del matrimonio? - Scossi la testa, sicuramente speravo il contrario, era ovvio!
Ma non parlai, cercai solo di soffocare quella maledetta nausea, per non rischiare di fare brutte figure davanti alla donna che, oltre a detestare nostra madre, ci vedeva di mal occhio, come se fossimo state delle perfide approfittatrici infami e alla ricerca di una particolare dote.
Proprio adesso mi vuoi dare problemi, piccolino? Proprio adesso vuoi mettere nei guai tua madre, più di quanto tu non abbia ancora fatto fino ad ora?
Improvvisamente tutto passò, ma anche la fame era scemata, e rinunciai a mangiare, per l'ennesima volta.
Jasper mi stava guardando male, lui come le mie sorelle era contrario al fatto che non mangiassi praticamente nulla, ma sarebbe stato pressocchè inutile.
Dopo il dolce, la cosa che più mi attirava ma a cui dissi di no categoricamente, tutti si alzarono, e la madre di Carlisle si congedò, salutando solo suo figlio e i suoi nipoti adorati.
Io e le mie sorelle, comunque ferite, non rivolgemmo parola a nessuno e ci avviammo verso la camera, con lo sguardo basso e a passo veloce.
- Non speriamo che quella possa cominciare a sciogliersi domani, sarà come impossibile. Già lo capisco, me lo sento. - Alice e Bella si guardarono, dopo che quest'ultima sputò la sua sentenza, e si infilarono quasi subito a letto, per poter avere un aspetto più fresco e riposato il giorno dopo.
Mi diedero un bacio entrambe, e subito ricambiai, ma non riuscii nemmeno a sfiorare il letto, mi sentivo dentro come di essere in dovere di uscire, correre da lui e dirglielo.
Avrei dovuto farlo, da un paio di giorni avevo quel desiderio e, infondo, non era un male esprimere quei sentimenti verso una persona.
Il mio cuore mi suggeriva di uscire da quella stanza e correre verso di lui, per poco riuscii a contrastarlo, ma quando non ne fui più in grado, mi decisi definitivamente.
Mi avvolsi nello scialle, che mi legava a tanti ricordi belli ma allo stesso tempo dolorosi e malinconici, e mi diressi fuori, le luci erano spente e solo un chiacchierio proveniva dallo studio.
Erano dei ragazzi, e di Carlisle, ma da fuori non riuscivo a distinguere bene chi stesse parlando in quel momento e cosa stesse dicendo, anche se avevo come il presentimento che noi quattro, e la signora Anne, fossimo al centro della loro discussione.
Ma ero decisa, se non di più, a fare ciò che andava fatto, quindi non esitai.
Entrai nella stanza, bussando prima educatamente, in cui i quattro uomini stavano discutendo in maniera seria. Si girarono verso di me, in attesa di una mia parola.
- Carlisle, vorrei parlarti. - La mia voce, che immaginavo potesse uscire forte e sicura, e invece risultò fastidiosamente bassa e rigata, si rivolse a quello seduto alla scrivania, con i gomiti appoggiati e le mani congiunte.
- Rosalie, non dovresti essere a letto? E' tardi, non trovi? - Il suo sguardo apprensivo raggiunse il mio, ma scrollai appena il capo, facendogli intendere che era importante. E lo era davvero.
Dunque si alzò, e mentre i tre ragazzi ci osservavano, lui mi fece cenno di uscire e mi seguì, fuori dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
- Che cosa succede? - Si avvicinò a me e attese una spiegazione. Ma io, senza rispondergli, lo abbracciai di getto e trattenni a stento le lacrime. Perchè ogni cosa che avevo pianificato nel tragitto dalla mia stanza allo studio, era completamente diversa da quello che stavo facendo in quel momento? Forse, era la spontaneità la chiave di tutto.
- Grazie per quello che hai fatto per noi, ma soprattutto per quello che hai fatto a mia madre. - La mia voce era rotta, un pianto improvviso mi colse ma seppi frenarlo in tempo, e la cosa lo turbò, perchè mi strinse forte a lui e lo immaginai sorridere appena.
- Te ne sono grata, perchè hai fatto ciò che di meglio non avresti potuto, hai ridato la speranza e il sorriso a mia madre, ed è ciò che conta veramente. - Lui si staccò appena e mi guardò negli occhi, avrei voluto dirgli tutto, e anche se mi ero ripromessa di farlo, mi resi conto che effettivamente non potevo.
- Lei ha sempre cercato di essere forte, per noi, da quando... - Mi interruppi un attimo, riprendendo fiato. Nominarlo era sempre difficile per me, anche se ormai erano passati tantissimi anni. Una delle poche cose che da sempre mi rendeva fragile e facilmente psicolabile, da tutti.
- Da quando nostro padre non c'è più, ha sempre fatto di tutto per aiutarci, non si è mai mostrata debole, ma sapevo che dentro di lei c'era un vuoto incolmabile e il dolore per una scomparsa troppo grande da sopportare. - Le lacrime, alla fine, cominciarono a scendere copiose, ma le lasciai andare, non avrei potuto fare altrimenti.
Anche lui mi parve appena commosso, infatti i suoi occhi erano velati di un lucido che troppe volte avevo visto su di me, allo specchio.
- Ero piccola, ma ricordo benissimo il suo sguardo innamorato sempre rivolto verso di lui, e quando l'ho scorto dopo così tanti anni, in un viso più sereno e felice, ho capito che tu sei l'uomo giusto per lei. - Il malessere stava tornando, non era nausea stavolta, era solo nostalgia dell'uomo che mai mi avrebbe tradita, mai mi avrebbe fatto del male, sempre mi avrebbe amata come avrei voluto davvero.
E mi accorsi solo in quel momento di quello che avevo appena fatto. Quello che mi ero predisposta si era tramutato in una cosa completamente diversa, e solo allora compresi che ciò che avevo fatto era stata una sciocchezza, sarei dovuta andare a letto e addormentarmi, e invece no. Mi sentii una stupida, e forse ciò che avevo appena detto a Carlisle era dettato dal mio sbalzo d'umore che, da poco prima di scoprire di essere incinta, non faceva altro che ricomparire. Abbassai dunque lo sguardo, le mani congiunte davanti al mio ventre, maledetto il mio istinto, e farfugliando cercai una scusa.
- Non so cosa mi sia preso, perdonami Carlisle. - Lui appoggiò una mano sulla mia spalla, sorprendendomi, e dopo aver risollevato il mio viso con due dita mi sorrise dolcemente, e notai che dal suo occhio sinistro scese una lacrima, forse più dolorosa di mille coltelli.
- No Rosalie, non c'è bisogno che io ti perdoni. E anzi, sono davvero molto contento che tu la pensi così, infatti credevo che tu non fossi molto entusiasta del matrimonio mio e di vostra madre. Ma al contrario della mia, io sono contento di poter formare una nuova famiglia insieme a voi, siete così delle persone fantastiche e speciali che... Oh Rosalie, non sai che miracolo avete compiuto! - Si asciugò la lacrima ribelle con un dito e spostò lo sguardo di lato, forse per non farsi vedere da me.
- Vuoi... vuoi venire dentro, Rosalie? Magari davanti ad una tazza di thè potrai sentirti meglio, e sfogarti se ti va. - Si voltò di nuovo verso di me, e io senza rispondergli a parole annuii appena e, dopo aver abbassato lo sguardo, sentii che lui stava aprendo la porta e mi stava facendo cenno di andare avanti.
Ma, appena rimisi piede dentro, la voce della mia coscienza si fece largo fra le mie ormai esili e solitarie sicurezze.
E tu avresti intenzione di presentarti nella stessa stanza in cui si trova il padre di tuo figlio, fingendo che non stia accadendo niente e mantenendo quella faccia tosta?
Una fitta allo stomaco mi prese, il senso di colpa e lo smarrimento che mi bloccavano mi fecero capire che, forse, non era il momento adatto.
- Io... No Carlisle, è meglio di no. - Il mio sguardo cadde prima su Edward, che completamente girato sulla sedia stava indagando fra le mie emozioni, Jasper che cercava di infondermi coraggio con un sorriso e... appena arrivò in quello di Emmett, mi sentii come morire. In quel momento, avevo una grandissima voglia di correre fra le sue braccia e rivelarglielo, dirgli che entro pochi mesi avrebbe avuto un pargoletto da coccolare e da amare e che lo avrebbe, in futuro, chiamato papà.
Ma non lo feci, perchè solo allora capii, che Edward aveva illuminato lo sguardo, posato sul mio ventre.
Lui ne era a conoscenza, non sapevo chi, nè quando glielo avesse detto, nè il perchè, ma lui era consapevole che io aspettavo un bambino.
Glielo leggevo in faccia, mentre lentamente si alzava dalla sedia e annunciava di essere stanco, senza staccare gli occhi dai miei, impauriti e stralunati.
- Andiamo a dormire, Rosalie, non credi sia troppo tardi? Dovresti riposare. - Il suo tono di voce mi fece rabbrividire, e capii di essere in guai seri, serissimi.




Angolino autrice: bene ragazzi, con due giorni di ritardo pubblico questo capitolo che, spero, sia venuto abbastanza decentemente da non farvi venire voglia di spaccare il PC dallo schifo! xD Nuovi personaggi, e un nuovo problema per le sorelle all'orizzonte, che porterà a tante, tantissime vicissitudini. Mi raccomando, se vi va lasciate una recensione per farmi sapere se vi piace, o se volete dirmi qualcosa in particolare, sono ben accette ^^ a presto, Alba97.















 



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Capitolo 22
*** Quando un matrimonio può sembrare ciò che unisce, ma non sempre è così. ***


Capitolo 22















Salve a tutti! Come state? Allora, Pasqua si avvicina e non posso che augurarvi buone feste e buone (brevi...) vacanze! E, soprattutto, buona Pasqua a voi e alle vostre famiglie!
 Allora, in questo capitolo finalmente Esme e Carlisle si sposeranno ufficialmente, e i ragazzi rimarranno a casa da soli per un po', quindi... Cosa succederà? Non vi resta che leggere!
Buona lettura!



Bella

Dopo aver salutato le mie sorelle, mi ero quasi subito messa a letto per non dover, il giorno dopo, apparire appena stanca. Infondo era il gran giorno di nostra madre e avremmo fatto di tutto per lei, no?
Anche se stai per finire accasata con un uomo che non hai mai visto, Isabella? La voce della mia coscienza aveva ragione, anche se la mamma non poteva farci molto, non potevo ancora credere che mio padre avesse fatto una cosa del genere alla sua figlia più piccola.
Non che avesse dovuto farlo a Alice, nè tantomeno a Rose, solo non capivo come un uomo come lui, descritto come dolce e apprensivo, sempre disposto ad aiutare gli altri, avesse potuto farmi una cosa del genere.
Non ero riuscita ad addormentarmi, in preda a questi pensieri che ormai non facevano che tenermi sveglia da giorni, e avevo visto benissimo nostra sorella Rosalie uscire dalla stanza come se avesse dovuto fare qualcosa di importante.
Il sospetto che avesse deciso di raccontare tutto a Emmett, proprio il giorno prima del matrimonio dei nostri genitori, mi attanagliò lo stomaco, e mi precipitai a svegliare Alice, che già dormiva profondamente.
Fece una smorfia e si stropicciò gli occhi, guardandomi abbastanza imbronciata, poi appena notò la mia faccia si mise a sedere in fretta.
- Beh? - Disse, mentre io mi ero infilata qualcosa per nascondere la vestaglia da notte e uscire dalla porta.
- Dobbiamo fermare Rosalie, credo che sia andata a rovinare tutte e tre con la storia della gravidanza.* - Lei saltò in piedi e non si curò nemmeno di coprirsi, ma uscì subito così, e quasi le corsi dietro.
Poco dopo, vidi Rose fuori dallo studio di Carlisle, insieme a quest'ultimo, che parlavamo e, a meno che non avessi avuto allucinazioni, entrambi stavano piangendo.
Ci nascondemmo davanti alla porta accanto, per tentare di capire di cosa stessero parlando, ma non riuscimmo a captare nessuna parola che, legata una all'altra, formassero un discorso logico completo.
Poi, li vedemmo entrare dentro, e ci avvicinammo silenziosamente. Rosalie si stava congedando, e sentimmo le parole di Edward.
- Andiamo a dormire, Rosalie, non credi sia troppo tardi? Dovresti riposare. - Ci si gelò il sangue nelle vene, e per poco non collassai a terra; come faceva l'angelo a sapere della gravidanza? Era palese che ne fosse al corrente, il suo tono alludeva a quello.
Ovviamente, solo noi due e Jasper potemmo comprendere l'allusività allo stato interessante, ma era già molto che gli altri fortunatamente non se ne accorsero.
Alice mi diede una lieve gomitata, e mi fece cenno con il capo e un sopracciglio alzato di andare avanti e fare qualcosa; farfugliai una scusa, ma lei mi diede un leggero spintone e per poco non finii addosso ad Edward, davanti alla porta dello studio.
- Rose, ecco dov'eri! Ci hai fatte preoccupare tanto, lo sai? - Anche un sordo avrebbe potuto sentire la mia voce acuta e a scatti, tipica di quando ero in un momento panico e non sapevo come uscirne, ma fortunatamente sembrarono non farci troppo caso, i tre ancora dentro alla stanza.
Edward afferrò delicatamente nostra sorella per un braccio, e lei ci lanciò un'occhiata disperata, una muta richiesta d'aiuto: come potevamo negarglielo?
- Avanti Rose vieni con me, andiamo a letto che non stai tanto bene, non è così? - Alice sgranò appena gli occhi, avvicinandosi ai due, e Rose, cogliendo immediatamente la palla al balzo, annuì e si appoggiò la mano libera sulla fronte.
Allora intervenni io, e chiamai in disparte Edward che, pur controvoglia e desideroso di parlare con Rosalie per chiederle delle spiegazioni accurate, mi seguì fino alla sala.
I tre nello studio, come riuscii a vedere un attimo prima di girare l'angolo, si richiusero dentro per parlare, e io sgattaiolai sulla poltrona accanto al caminetto quasi spento, raggomitolandomi nella coperta che mi ero portata appresso.
Edward si mise esattamente di fronte a me, divaricò appena le gambe e appoggiò i gomiti sulle ginocchia, raccolse la testa fra le mani e tirò un lungo sospiro, che preannunciava un altrettanto lungo discorso.
- Bella, non vorrei risultare maleducato, nè tantomeno una persona che si impiccia nelle cose degli altri. Però veramente, non pensavo che voi poteste arrivare al punto da credermi così sciocco da non capire che lei è... - Si guardò attorno, ebbe anche quell'accortezza, e in quel momento intuii che lui, nonostante tutto, era dalla nostra parte.
- Incinta, ecco. Non è una cosa che si potrà nascondere ancora per molto, e poi... - Il suo sguardo si indurì appena, e senza che io potessi chiedergli di proseguire, finì la frase.
- Non pensavo che tu, o Alice, poteste tenermi all'oscuro di tutto. Non vi fidate di me, non è così Isabella? - Il suo tono freddo mi fece male, come uno schiaffo in pieno viso.
- Oh no, Edward, non è affatto così! Noi abbiamo cercato di non farlo sapere a nessuno perchè non volevamo altri problemi, è già una situazione molto scomoda per tutti noi... - Non osavo nemmeno immaginare quando lo sarebbe venuto a sapere Emmett. Se quella era la reazione di Edward, quella del futuro padre sarebbe stata molto, molto peggio, ne ero quasi certa. Infondo lo conoscevo bene, non era affatto un ragazzo che esternava le emozioni belle invece che quelle brutte, e sarebbero state quasi catastrofiche.
E non osavo nemmeno immaginare, anche se di ciò non ero assolutamente certa, la reazione di Edward alla notizia del mio prossimo matrimonio, che, da come la mamma continuava a farmi intuire, non doveva essere molto lontano.
- Bella, non posso nascondere il mio rammarico. Ma, infondo, anche voi avete ragione; non è una cosa semplice da risolvere, e infatti vedo molti disagi e disguidi, quando comincerà a vedersi qualcosa che, al momento, è ancora camuffabile. - Annuii alla sua affermazione, poi mi alzai.
- Vado a letto, si sta facendo tardi. Ci vediamo domani, e poi si vedrà. - Gli sorrisi, venendo subito ricambiata, e me ne tornai in camera, dalle due ragazze con cui avevo condiviso praticamente tutto, dal primo istante.
- Ok, ragazze, ho risolto, almeno per ora. Dobbiamo solo sperare che nessun'altro lo venga a sapere.* - E, dopo esserci abbracciate a lungo, andammo a letto, e non ci svegliammo fino al mattino dopo.


Emmett

Due zaffiri lucenti e preziosi, incastonati in un viso madreperla e in risalto con le labbra rosee carnose e dalla forma elegante e sofisticata.
Quella era l'immagine che si era stanziata nella mia mente da un po', e che non riuscivo a togliere.
Un leggero tocco contro alla porta, e mi si fermò per un istante il cuore: e se avesse deciso di riprovarci? Se avesse voglia di tentarci di nuovo, dopo quella pausa che aveva logorato entrambi, o almeno me, sicuramente? Se le fosse venuto quell'istinto che io reprimevo da giorni, per rispetto della sua persona, e che solo lei poteva liberare dalla gabbia immaginaria in cui era chiuso?
Risposi, un lievissimo 'Avanti', sussurrato con una tale enfasi da sorprendere anche me stesso, ma una doccia fredda, e l'amaro in bocca: Jasper.
- C'è qualche problema, fratello? - Non avevo molta voglia di parlare con lui, anzi mi scocciava quasi, volevo solo andare a letto e togliermi di dosso tutti i pensieri che mi assillavano la mente. Forse, c'era solo una persona che avrei accolto a braccia aperte, ma non era il caso di mio fratello.
- Buonasera anche a te, Emmett. Siamo di cattivo umore come al solito, eh? - Il suo sarcasmo mi irritava, e mi buttai a peso morto sul letto, con le braccia incrociate sotto alla testa e le gambe unite.
- Avanti, Jasper, se devi parlare fallo adesso, sono stanco. -  Stai diventando parecchio sgradevole, caro Emmett, quando imparerai? Ci mancava solamente la vocina maledetta della mia coscienza, quanto avrei voluto un pulsante per spegnerla e farla stare zitta, soprattutto in momenti in cui avrei tanto voluto rimanere solo!
- Che c'è, Emmett? Aspettavi una persona, non è arrivata e ora te la prendi con me? Avanti, ammettilo che aspettavi lei. - Mi misi a sedere di scatto, e lo guardai furente. Che gli importava a lui, di quello che facevo io della mia vita? Aveva già i suoi problemi, e io i miei, perchè doveva impicciarsene sempre e comunque?
- Non sono in vena di scherzare, caro fratellino. E no, non stavo aspettando nessuno, ho solo voglia di andare a letto, è stata una giornata faticosa. - E inutile, soprattutto; non concepivo il fatto che avessimo dovuto partecipare a quella festicciola che, a parer mio, non aveva avuto alcun senso logico. Ma Esme voleva così, e ormai per nostro padre ciò che voleva lei, era legge. Quando mai si era vista una donna che prendeva decisioni di quel tipo, senza ascoltare il parere degli uomini di casa?
- Beh, non andrai ancora tanto presto a dormire, papà vuole parlarci di una questione, non mi ha detto esattamente cosa ma dice che è urgente, fossi in te mi alzerei e muoverei le gambe fino al suo studio, sai com'è. Non vorrai farlo arrabbiare alla vigilia delle sue nozze. - Sbuffai pesantemente, infilai le scarpe e lo seguii fino alla camera di nostro padre, in cui lui era seduto sulla solita poltrona di fronte alla scrivania, e ci attendeva con le mani congiunte e i gomiti appoggiati al tavolo, in silenzio.
Edward già era lì, ma sembrava stesse sulle spine, come se ci fosse qualcosa che gli premesse così tanto da avere come fretta di andare a risolvere una questione delicata.
Più passavano i mesi, più in quella casa noi avevamo sempre più problemi, sempre più complicazioni e disagi fra di noi, io ero sempre più assente con la testa e fantasticavo su cose a cui mai avrei mai immaginato di pensare minimamente, Jasper era come entrato in una crisi di abbandono ed Edward era alla ricerca di un qualcosa, di cui non parlava quasi mai, che sembrava occuparlo quasi tutto il giorno.
- Ragazzi, c'è un qualcosa di importante di cui vorrei parlarvi. - Nostro padre era serio, era da un po' che non lo vedevo così, ma aspettavo solo che finisse per tornare in camera mia, a dormire.
- Cosa succede, papà? - Edward si risvegliò dal suo torpore e lo guardò curioso, mentre appoggiai le spalle alla parte più alta della poltrona, con il sedere sul bordo della sedia, e incrociai le braccia al petto scocciato e Jasper sbadigliò con la mano davanti alla bocca.
- Domani sera, dopo la cena, io ed Esme partiremo per la luna di miele, e come sapete staremo via per due settimane. La casa dovrebbe rimanere sotto il vostro controllo... - A quelle parole mi illuminai, e rimasi ad ascoltarlo con molta attenzione: avremmo avuto la casa tutta per noi, e quindi sarei stato libero di proseguire con i miei lavoretti per un po', indisturbato.
- Ma la nonna ha detto che rimarrà qui fino al nostro ritorno, perchè mi ha esplicitamente dichiarato di non fidarsi della mia quasi moglie, nè tantomeno delle sue figlie. - La sua voce era dura, e risentita; si sapeva che la nonna, da quando aveva saputo del fidanzamento, aveva subito voluto conoscere la nuova futura signora Cullen, e quando era venuta a sapere delle sue origini aveva come fatto una specie di coalizione contro di lui, assieme alla zia Petunia, perchè non aveva mai sopportato gli spagnoli, e i gitani ancor meno.
- Grazie, ma sappiamo badare a noi stessi papà. Ormai ho quasi ventitrè anni, credo di essere abbastanza grande per poter rimanere a casa da solo per due settimane, assieme ai miei fratelli che hanno pochi mesi e un paio di anni meno di me, e soprattutto per poter proteggere anche le nostre future... - Pronunciare quella parola, mi fece rendere conto dell'enorme sbaglio che avevo commesso mesi prima. - Sorelle. - Ero veramente finito a letto con la mia futura sorellastra? E per giunta per due mesi di fila, tutte le sere, senza saltarne nemmeno una?
- Io questo lo so, figliolo, ma tua nonna non vuole sentire scuse, ha già deciso che rimarrà qui per controllare e non cambierà idea, sappiamo benissimo tutti e quattro che quando vuole una cosa la ottiene. - Jasper si massaggiò gli occhi e sospirò pesantemente, scuotendo il capo come sconsolato, mentre io rinunciai ad ogni vago tentativo di ribellione per starmene in silenzio sulla poltrona.
- Però con lei rimarrà anche Beth, deve svolgere delle commissioni e ne approfitterà per 'dare una lezione di galateo a quella gente maleducata e poco civile'. - Sembrava furioso, dentro di sé, e non negavo di esserlo un po' anche io, non mi era mai piaciuta la nomea che girava su di loro, mi ero affezionato ad Esme anche se non lo davo troppo a vedere, e Bella era come diventata una mia sorella minore, e sentire che tutti le consideravano di così bassa classe solo perchè non inglesi pure mi scocciava parecchio.
Sentimmo bussare alla porta, era un tocco delicato, sicuramente era una donna; appena la porta si aprì, ci girammo tutti e quattro a tempo verso... Rosalie.
Sembrava agitata, come se avesse avuto qualcosa di importante da dire e fosse stata sul punto di farlo, e appena parlò, la sua voce cadde profondamente, faticai perfino a sentirla.
Nostro padre, dopo la sua richiesta, uscì dalla stanza insieme a lei, e vi rientrò solamente dopo una manciata di minuti, completamente diverso e premuroso nei confronti della figlia più grande di Esme.
Lei ed Edward, infine, uscirono insieme, avvolti da un leggero alone di mistero, e nostro padre ci congedò, augurandoci una buona notte.
Io e Jasper ci avviammo verso le nostre camere, non molto distanti l'una dall'altra, e ci scambiammo un cenno con la testa, non appena ognuno imboccò la propria strada.
Sarebbe stata una lunga, lunghissima notte per me, piena di pensieri, di voglia di tornare indietro, di desideri respinti e di sentimenti repulsi alla base. Era stata la mia tattica, da piccolo, per sopravvivere all'abbandono di nostra madre e alla perdita di nostra sorella, e la era ancora a ventitrè anni, per sfuggire a qualcosa di cui avevo solo sentito parlare e che non avevo mai provato. Ne avevo paura, o solo timore, non sapevo nemmeno se c'era in effetti, e magari me lo stavo solo immaginando. Forse erano antichi sentimenti che risalivano a galla, magari nei confronti di Esme, ma lì, nel profondo del mio cuore, una lieve diversità c'era. Ma non sapevo darle un nome, ancora.



Jasper

Un profumino di thè e biscotti appena sfornati raggiunse le mie narici mentre io, da ormai mezz'ora, mi rigiravo nel letto per tentare di prendere ancora un po' di sonno.
Era ancora presto, troppo presto accidenti, e quasi nessuno era sveglio già a quell'ora, se non il personale di servizio. Mi ero anche dimenticato di tirare le tende, la sera prima, e in quel momento la luce accecante del primo mattino mi trafiggeva il viso quasi con violenza, tanto da farmi infilare la testa sotto al cuscino in un battibaleno.
Era esattamente il giorno del matrimonio, avevo ancora un sacco di tempo per prepararmi però, quindi potevo fare con calma, infondo avrei solo dovuto indossare uno smoking, aggiustare i capelli e infilarmi le scarpe, e sarei stato pronto. Così almeno speravo...
Avevo un leggero tirmore in realtà, ovvero che Isabella ed Alice sarebbero venute da noi per smanettarci da capo a piedi e renderci praticamente perfetti, assieme alla loro zia Soledad e a tutte le altre donne della loro famiglia.
Anche se non mi sarebbe dispiaciuto troppo, soprattutto se Alice fosse venuta ad aggiustarmi la cravatta con le sue manine delicate che tanto mi piacevano.
Lo sapevo dal principio, da quando le mie labbra avevano sfiorato le sue settimane prima, che mi piaceva, ne ero attratto sia fisicamente che caratterialmente, e più stavo a contatto con lei più me ne rendevo conto, se all'inizio ero confuso in quel momento non lo ero più, il giorno in cui confessai a Rosalie dell'abbandono di nostra madre ne fu una conferma, era come il mio piccolo angelo caduto.
Non mi accorsi, durante questi pensieri, di essermi già vestito e di trovarmi quasi in sala da pranzo, solo quando oltrepassai la porta capii di essere di fronte al tavolo a cui erano sedute Alice e sua nonna.
Stavano chiacchierando fittamente, non sembravano troppo agitate e anzi apparivano serene, ai miei occhi. La commozione, quella sicuramente c'era, infondo tutti al posto loro si sarebbero commossi già da prima.
Le raggiunsi a capo basso, mentre loro si interruppero come se fossero nel bel mezzo di una conversazione che un uomo non dovrebbe sentire, anche se io effettivamente non capivo assolutamente niente.
- Buongiorno, Alice. Signora, come vi sentite oggi? - Alice arrossì appena, facendomi sorridere, mentre la signora, che si sforzava di capire qualcosa, annuì con energia e si fece il segno della croce.
- Come mai sei già sveglio? Solitamente sei uno degli ultimi, dopo mia sorella e tuo fratello Emmett. - Disse la ragazza, ma prima di riuscire a replicare, sua nonna si alzò lentamente e si congedò, dicendo qualcosa che, nuovamente, non riuscii a comprendere.
- Alice, ascolta... - Dissi, una volta che l'anziana signora si fu dileguata. - Vorrei parlarti, se hai voglia di ascoltarmi. - Lei mi guardò incuriosita, con lo sguardo acceso e un lieve sorriso sulle labbra.


Perseveravo. Perseveravo da dopo pranzo, e non avevo ancora combinato niente, se non bighellonare per tutta casa mentre le tre sorelle ed Edward si stavano preparando, nostro padre e Jeronimo finivamo di discutere tranquillamente, forse con un po' d'agitazione, degli ultimi dettagli e la nonna ripassava con zia Petunia, zio Jack e Beth l'etichetta che avrebbero dovuto mantenere durante tutta le cerimonia.
Come se non lo facessero già tutti i giorni. Ridacchiai da solo, mentre finalmente tiravo fuori lo smoking che mi avrebbe accompagnato ad una nuova vita, completamente diversa.
Mi stava ancora a pennello, non ne ero stato completamente certo fino a quel momento, forse avevo esagerato un po' negli ultimi tempi a tavola, ma fortunatamente facevo anche esercizio fisico.
Presi il pettine, e mi sistemai i capelli all'indietro, davanti allo specchio di camera mia, poi allacciai saldamente la cintura per non perdere i pantaloni e afferrai la cravatta, anche se sapevo perfettamente come annodarla avrei potuto fingere di non essere capace e farmi aiutare da Alice, ma non lo feci, non ero così perfido.
L'avrei solamente messa alla prova, per testare un piccolissimo dubbio che avevo da un paio di giorni, ma alla fine rinunciai e indossai le scarpe, che avevo fatto lucidare per bene da Trevor il giorno prima.
Poi, come stabilito all'ora di pranzo, alle quattro ci ritrovammo tutti, tranne Esme e suo fratello Jeronimo, davanti al cancello di casa, per salire sulle carrozze che ci avrebbero scortati direttamente dalla chiesa.
Salii per secondo, dopo Emmett, assieme a nostro fratello Edward e alle tre sorelle, che già avevano gli occhi lucidi e non avrebbero retto ancora molto.
Alice si sedette accanto a me, e Rose dall'altro fianco, di fronte a me c'era Bella e ai suoi lati i miei fratelli, così il cocchiere chiuse lo sportello e, quando anche le altre carrozze furono piene, partimmo velocemente.
- Ci siamo quasi. - Sussurrò Bella, con lo sguardo come perso nel vuoto, mentre Alice spostava lo sguardo da me a Rose, e viceversa.
- Fra un paio d'ore, saremo una sola famiglia. Posso dire di essere completamente fregata.* - Non compresi le parole di Rosalie, ma provai ad intuirle quando le sue sorelle annuirono e le diedero ragione, mentre lei quasi scoppiò in lacrime, con Emmett di fronte a lei che la osservava come la sera precedente, senza far trasparire emozioni in particolari.
Ma io sapevo cosa stava provando in quel momento, anche se faticavo ancora a capire come avesse potuto farlo, un ragazzo esattamente come lui.


Rosalie

Ore 16.15, fuori dalla Chiesa
I preparativi, fin dal primo istante in cui io e Bella ci svegliammo quella mattina, furono così stressanti che io, da donna incinta qual'ero, avevo dovuto sedermi e rilassarmi ben otto volte, in tre ore e mezzo. Alice e Bella quasi correvano insieme alle nostre cugine per prepararsi, ma io non potevo affatto farlo, e avevo rallentato tutti a causa dei lievi malori che ogni tanto mi coglievano di sorpresa.
Il viaggio verso la chiesa era durato troppo poco, per i miei gusti, e il piccolo che portavo in grembo da circa undici settimane ne aveva probabilmente risentito, visto il mio malessere appena scesa dalla carrozza. Avevo fatto i conti, dal giorno in cui avevo finito il mio ultimo ciclo fino ad allora, e più o meno avrei avuto ancora una manciata di settimane, prima di dover rivelare della sua presenza al resto del mondo.
Era finalmente arrivato il giorno, in cui io, Alice e Bella saremmo diventate ufficialmente le sorellastre di Jasper, Edward ed Emmett. Cosa avremmo fatto, da allora in poi? Avremmo represso i nostri sentimenti per loro, impuri e ingiusti, malsani e sbagliati, per amore dei nostri genitori, poco ma sicuro.
Io ero incinta di Emmett, Bella stava per sposarsi con un ragazzo di cui conosceva solo il nome, Alice sola si salvava ancora, ma chissà cosa c'era in serbo per lei.
Entrammo in chiesa, dopo aver indossato il coprispalle e il cappello, e ci sedemmo sulle prime panche, almeno io mi sedetti subito, gli altri rimasero accanto all'organo per un po', a parlare tranquillamente fra di loro.
Non me la sentivo di rimanere insieme a loro in piedi, e di fingere che andasse tutto alla grande, non il giorno in cui mia madre si sarebbe sposata per la seconda volta, non avevo minimamente la voglia di parlare ed elargire sorrisi a destra e a manca, che più che falsi non sarebbero stati.
- Signorina, vi sentite bene? - Il ragazzino smagrito che giorni prima, quando eravamo andati a ultimare le spese grosse per il matrimonio, avevamo incontrato assieme al vescovo era di fronte a me, in quel momento, vestito con una lunga tunica bianca e un cordone dello stesso colore annodato alla vita, probabilmente avrebbe aiutato il celebrante durante la messa e la celebrazione.
- Sì, vi ringrazio per esservi preoccupato per me inutilmente, signorino. - Dissi, sorridendogli appena e facendogli gonfiare il petto dall'orgoglio.
- Non mi sembrate molto in forma signorina... Per caso, sono quei problemi da donne che si hanno quando stanno per avere un... - Colsi il senso della frase ancora prima che la terminasse, e dopo aver alzato le mani verso la sua bocca lo zittii all'istante, sgranando gli occhi e stringendo la bocca come per implorarlo di non continuare.
- Vedo che la mia teoria è giusta, allora. - Disse, e dopo avermi fatto un educato cenno con la testa, si avviò verso la sagrestia, facendo roteare la cima del cordone fra le dita.
Sperai con tutto il cuore che non gli venisse la voglia di spifferarlo a qualcuno, e tornai ad immergermi fra i miei pensieri.


Alice

Ore 17.10, interno della Chiesa

Tutti erano al proprio posto, ognuno di essi attento al minimo movimento del vicino, ad una parola fuori posto o ad un comportamento inappropriato al luogo in cui ci trovavamo in quel momento, una sacra chiesa in cui ben presto si sarebbe svolto il matrimonio dell'anno.
Noi tre sorelle eravamo le damigelle d'onore, e saremmo dovute uscire per accompagnare la mamma dentro alla chiesa, e dopo un lieve cenno che ci fece il nostro cocchiere, uscimmo dalla porta laterale quasi infreddolite, scorgendo da lontano la carrozza bianca su cui veniva scortata nostra madre.
Arrivò, e appena mise piede a terra Rose si mise a piangere in silenzio per la commozione, così tanto che per poco non cominciammo anche noi tre.
Lo zio Jeronimo scese subito dopo, costretto in uno smoking che la zia Sol gli aveva fatto fare dalla sarta che, al suo matrimonio, le aveva confezionato un abito che andasse bene per i costumi della Spagna, e non solo gitani.
Allora la mamma si mise a posto l'abito, aggiustò il velo di fronte al viso e strinse con energia il bouquet fra le mani, agitata ed emozionata; noi ci posizionammo dietro di lei, ognuna intenta a tenere un lembo del suo lungo strascico per non farlo strisciare a terra, e aspettammo che le piccole Socorro ed Aurora partissero, davanti a noi cinque, con i cestini pieni di petali di rose bianchi da spargere sul tappeto lungo che ci avrebbe accompagnate fino all'altare.
Da dentro, sentimmo partire l'organo, e lo zio prese la mamma a braccetto, sorridendole orgoglioso e cominciando a camminare lentamente verso la meta.
Nella mia mente, tentavo quasi disperatamente di non farmi prendere dall'agitazione e sbagliare, cadere, strappare un lembo di vestito o ferire qualcuno, era come se mi sentissi completamente nuda di fronte a tutta quella gente che mis crutava con fare attento, soprattutto le donne della famiglia Cullen, avevano una nota critica nei commenti che si facevano fra di loro, ne ero quasi completamente certa.
Fra meno di due ore, tutto ciò che avevamo sperato io e le mie sorelle sarebbe svanito sotto ai nostri occhi in un attimo, infrangendo i nostri sogni di bambine che altro non sognavano che la più romantica delle storie d'amore, con un principe azzurro, un matrimonio da favola in un castello incantato e un mondo di bambini tutti nostri da accudire al meglio.
Era l'unica cosa che quella mattina mi avrebbe fatto chiudere gli occhi per non riaprirli fino all'indomani, sperando che quel giorno, per chissà quale imprevisto, venisse cancellato il matrimonio per non essere mai più fatto.
Ma come avrei mai potuto sperarlo fino infondo? Sarebbe significato sperare nell'infelicità di mia madre, in un atto egoistico, per pensare solo ed esclusivamente alla mia, e non l'avrei mai permesso, nostra madre aveva sempre fatto di tutto per vederci felici, e noi avremmo fatto lo stesso per lei.
Volsi un ultimo sguardo all'esterno della chiesa, per l'ultima volta.

Bella

Ore 18.15, interno della chiesa

- Io, Esme, prendo te, Carlisle, come mio sposo, e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. - La voce tremante della mamma risuonava in tutta la chiesa, silenziosa e col fiato sospeso, durante quel magico momento dei voti.
- Io, Carlisle, prendo te, Esme, come mia sposa, e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. - Anche il nostro futuro patrigno era emozionato, lo si poteva notare dall'espressione che aveva in volto e dalle sue mani, tremanti, che stringevano però, molto saldamente, l'anello che stava per consegnare alla mamma.
Si scambiarono gli anelli, poi le ultime formule, e finalmente il vescovo diede il permesso a Carlie di baciare nostra madre; quando le tirò su il velo dal viso, la mamma era sul punto di piangere, io ed Alice avevamo già preso un fazzolettino per asciugarci gli occhi e Rose singhiozzava, cercando di non fare troppo rumore, dall'inizio della cerimonia, aumentando sempre di più le lacrime.
Eravamo esattamente sedute sulla prima panca, davanti a tutta la famiglia di Carlisle, mentre i ragazzi erano dalla pare opposta, di fronte a nostra zia e a nostra nonna; ma mentre loro facevano già parte della grande famiglia che era la nostra, noi non eravamo ancora ben viste dalla loro, e anzi non avevano fatto altro che criticare ogni cosa che ci riguardava, direttamente o no, dal primo momento in cui ci avevano viste entrare in chiesa.
Ma non mi importava un granchè, al momento avevo da pensare a mia madre, a Carlisle, al loro magico momento... e, ben presto, mi resi conto che nel giro di qualche mese, mi sarei ritrovata nella stessa situazione.
Ogni ragazza dovrebbe avere il diritto ad essere felice, in quei momenti, e dovrebbe sentirsi al settimo cielo, sapendo di stare per sposarsi e di essere sul punto di crearsi una nuova famiglia, accanto ad un uomo che l'avrebbe amata e rispettata tutta la vita, e dovrebbe andare in giro ad urlare ai quattro venti la propria felicità.
Ma io non ero così. Sapevo, di essere un'ipocrita egoista, che pensava solo all'amore che provava per colui che era appena diventato il suo fratellastro, ufficialmente, e che non considerava il fatto che non avrebbe potuto, in ogni caso, contestare la decisione di suo padre, ne ero perfettamente consapevole e cosciente.
Ma non volevo, non volevo affatto sposarmi con Jacob Black. Non lo conoscevo, non sapevo com'era la sua faccia, il suo corpo, il suo carattere e, tanto meno, non sapevo quali erano i suoi sentimenti.
Non era naturale, per me, non era nel mio essere me stessa, dover accettare l'idea di un matrimonio combinato stabilito nei miei primi mesi di vita, dall'uomo che mi aveva messa al mondo e che stava vivendo i suoi ultimi atti, prima del lungo viaggio verso l'ultima tappa della vita terrena di un uomo.
Pensai, per un attimo, a cosa stesse provando lui, quel Jacob Black a me sconosciuto, in quel momento: e se fosse stato nella mia stessa situazione? E se anche lui avesse avuto una ragazza nel cuore, e magari le avesse promesso un qualcosa che, per cause maggiori, non avrebbe potuto mantenere, e l'avesse ferita dicendole che fra di loro era tutto finito, che era promesso ad un'altra di cui non conosceva niente, e che magari non l'avrebbe nemmeno reso felice come sarebbe potuto essere accanto a lei?
Cosa avremmo potuto fare noi, due ragazzi che, nonostante tutto, dovevano ancora conoscere appieno la vita e i suoi misteri, di fronte alla decisione di tre adulti consapevoli di ciò che stavano per fare, se non cercare una via di fuga?
La fuga, Bella, sii Giulietta. Quelle cinque parole mi rimbombarono nella mente per tutto il tempo, dall'uscita dalla chiesa degli sposi e di tutta la famiglia, dalle grida di gioia che si spandevano per le strade, fino a casa, dove si sarebbe svolta la cena e il ricevimento.
Anche sulla carrozza, insieme alle persone con cui avevo condiviso il viaggio all'andata, e sulla quale il clima che avevamo trovato prima era completamente diverso, quasi pesante, le parole non dette, i sentimenti repressi, i pensieri lasciati liberi di correre e viaggiare solo perchè nessuno sarebbe mai venuto a conoscerli, nemmeno per sbaglio, fluttuavano su di noi, una nuova, unica famiglia, come un antico fantasma aleggiava fra le torri più alte di un castello oscuro, malvagio, in cerca di vendetta verso il suo uccisore.
Nessuno di noi aveva avuto il coraggio di parlare, né di scambiarsi opinione alcuna sulla cerimonia appena conclusa, anche se tutti sapevano che i nostri genitori non erano al corrente di ciò che stava accadendo fra di noi, né lo sarebbero stati tanto presto. O forse mai.


Edward

- E' stato carino, infondo, anche se mi sarei aspettata una moglie diversa. - Beth, seduta di fronte a me quasi agli ultimi posti a tavola, lontani entrambi dagli sposi e dai loro genitori, fratelli e sorelle, non faceva che ripetere quella frase che avrei cancellato dalla mia memoria all'istante, se solo avessi potuto.
- Lo so, Beth, lo so. Ho capito che Esme non ti va giù, potresti non continuare a ripeterlo, soprattutto davanti a loro? - Jasper l'aveva interrota, dopo che lei ebbe iniziato a pronunciare nuovamente quelle parole, ed Emmett la guardò in malo modo, senza aggiungere altro, dopo aver posato la forchetta accanto al piatto quasi vuoto, che stranamente non fu ripulito completamente.
Bella, Alice e Rosalie non avevano detto una sola sillaba, dal ritorno dalla chiesa, e non avevano intenzione di cominciare in quel momento, a giudicare dalle loro facce.
- Come se fosse possibile per una persona di così poco tatto, capire che a volte le parole feriscono più di una spada.* - Mi sbagliai, dopo aver sentito quella frase incomprensibile uscire dalla bocca della sorella più grande, che a fatica mangiava e beveva.
- Non cambia assolutamente niente, caro cugino, rimarrà così comunque, anche dopo i nostri preziosi insegnamenti. - La sua arroganza quasi mi disgustava, non avevo mai capito perchè lei dovesse essere così sprezzante nei confronti delle persone che non erano come lei, quando loro sarebbero benissimo potuti essere persino migliori di lei.
- Quali insegnamenti? - Alice si asciugò le labbra, dopo aver guardato nostra cugina e noi, in ordine; lei ridacchiò in maniera subdola, e dopo essersi posata sulle ginocchia il tovagliolo la guardò come se fosse stata un animale.
- Come, ragazzina, non ti hanno avvertito? Io e mia nonna rimarremo qui per insegnarvi ad essere degne di far parte della nostra famiglia, e ad essere almeno presentabili come lontane parenti. - E riprese a mangiare, facendomi perdere immediatamente l'appetito.
- Avere un anno più di Rosalie ti fa sentire così grande da credere di permetterti il lusso di fare l'adulta con loro, Bethany? Perchè, se non erro, se vogliamo proprio puntualizzare, sono io che dovrei poter anche solo minimamente pensarlo, essendo il più grande. O sbaglio? - Mai, come in quel momento, avrei detto di adorare mio fratello Emmett così tanto. Finalmente, la cugina si tappò la bocca risentita, e finì di mangiare come se fosse sola ed isolata rispetto ai suoi genitori, lasciando in pace le povere sorelle.
- Edward, credi che un giorno di questi potrò suonare qualcosa al pianoforte, assieme a te? Mi piacerebbe imparare. - Bella, dal cantuccio in cui era seduta, se ne uscì con quelle parole che mi mozzarono il fiato. Pensavo che non mi avesse ancora visto suonarlo, eppure l'aveva fatto, senza che io me ne potessi solo accorgere.
- Oh, beh.. Certo Isabella, non vedo perchè non si possa fare. - Mi sorrise dolcemente e tornò a mangiare lentamente, e in cuor mio ne gioii come un pazzo, se avessi potuto mi sarei messo a ballare per tutta la sala!


- Vedi di comportarti come si deve, anche se so di potermi fidare, e cerca di mantenere alta la mia dignità durante la mia assenza figliolo, ci conto! - Mio padre, dopo aver stretto la presa della sua mano sulla mia spalla, mi abbracciò a lungo, facendomi sentire tutto l'affetto che provava nei miei confronti.
Esme, intanto, stava stritolando in una morsa quasi ferrea le sue figlie, tutte in lacrime da minuti interi ormai, e si stavano salutando senza che io, o i miei fratelli, potessimo comprendere una sola sillaba.
- Bambine mie, so che è la prima volta che ci separiamo per così tanto tempo, ma non temete, ci saranno i ragazzi a proteggervi in ogni caso, quindi non disperate, ci vedremo molto presto.* - Si staccarono, infine, e venne a salutarci con un bacio sulla guancia.
Era così dolce con noi, che la sentivo come una seconda madre vera, forse molto più affettuosa e benevola che la nostra naturale, anche se di lei avevo ormai così pochi ricordi, vaghi e senza un vero significato particolare, che rimembrarne tutte le caratteristiche era ormai un'impresa non da poco per la mia povera mente.
Si presero per mano, conclusi i saluti, e dopo aver imboccato la porta si girarono un'ultima volta, con un cenno della mano e un sorriso stampato in viso, per poi sparire dalla nostra vista sopra alla carrozza che li avrebbe accompagnati molto lontani.
Tutti gli invitati erano andati via pochi minuti prima di loro, ed eravamo rimasti solo noi sei, i servitori e il pensiero che, il giorno dopo, nostra nonna ci avrebbe raggiunti nuovamente per 'mantenere in buono stato la casa e impedire che venga ridotta ad un grandissimo porcile da gente poco civile e matura, per potersi permettere un tale lusso.'
Ci stavamo incamminando verso le nostre stanze, quando Trevor fermò Alice poco prima di raggiungerle, e decidemmo di aspettarla per augurarci una buonanotte diversa da tutte le altre.
- Signorina, oggi è arrivata una lettera per voi, credo che sia urgente. - Una busta ingiallita finì fra le sue mani, e lei curiosa lo ringraziò e la aprì velocemente, leggendone il contenuto.
Mentre eravamo tutti riuniti di fronte alla porta di camera mia, la vidi impallidire all'improvviso, e ci spaventammo all'unisono.
- No, non posso crederci. -  Sussurrò, con gli occhi quasi fuori dalle orbite e la bocca semi dischiusa.
Qual'era il suo problema?



Angolino autrice: *riemerge da una coltre di vergogna* Ok ragazze, sono riuscita a pubblicare con DUE SETTIMANE D'ANTICIPO! Wow, non me lo aspettavo proprio! Allora, spero che non vi abbia fatto così schifo e che il matrimonio vi abbia soddisfatti, siamo arrivati ad uno dei punti cruciali della storia, da qui in poi siamo ad un punto di non ritorno! E, volevo annunciare che ho apportato delle lievissime modifiche nei primi capitoli, quindi di dare loro un'altra occhiata per non perdervi nella storia ;) Se poi voi, carissimi lettori, doveste notare delle incoerenze fra i vari capitoli, vi basterà scrivermi un messaggio per avvisarmi, sarà molto gradito! Mi raccomando, recensite numerosi! A presto, un bacione, Alba97.

























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Capitolo 23
*** Lettere dal passato, potranno mai essere così pericolose? ***


Capitolo 23 Salve a tutti! Come state? Finalmente sono qui con questo nuovo capitolo, noto con piacere che tutti voi siete rimasti in attesa di sapere cosa c'è scritto nella lettera che Alice ha ricevuto... Pronti a scoprirlo?
Buona lettura!





Alice

                                                                     Quindicesimo giorno di agosto, anno 1873, Manchester, Inghilterra.
Cara Alice,
sebbene sappia quasi con esattezza dove tu sia finita, e ovviamente spero sia un posto piacevole e confortevole, sento molto la tua mancanza, tu e la tua famiglia avete lasciato un enorme vuoto qui a Manchester, non sentiamo quasi più l'allegria in cui si viveva prima, cara amica.
Voci mi hanno riferito che siete finite nella bella Londra, a casa di nobili prestigiosi, la mia preghiera sarà sempre per voi e per la vostra felicità, anche se per vostra grande sfortuna devo informarvi di un terribile accaduto. Joseph Dickson, so che questo nome vi lascerà scosse, ha deciso di lasciarci per sempre, in seguito ad una malattia grave e misteriosa, di cui nemmeno i più rinomati dottori hanno capito le cause. Il suo funerale vi è stato tre giorni fa, eppure moltissima gente vi ha partecipato, sentitamente commossi. Non capisco come certi orrori possano accadere impuniti, mia cara Alice. Siamo donne, ecco il problema.
Spero vivamente che tutto continui a procedere a voi per il meglio, e vi auguro molta gioia e molto amore.
Con affetto, vi abbraccio.
Tiffany.
Scossi la testa, rileggendola più e più volte, sempre più sorpresa ma anche sollevata. Joseph Dickson, quel maledetto che per anni ci aveva tenute a lavorare per lui, era morto poco dopo la nostra partenza. Ero così tanto sorpresa da questa notizia, avrei dovuto sentirmi diversamente in quel momento, il nostro tiranno non c'era più, e infatti non ero così tanto dispiaciuta.
Mi accorsi solo dopo delle facce stranite di tutti gli altri attorno a me, e compresi di averli messi in agitazione, probabilmente a causa della mia esclamazione e del mio pallore, che potei notare solo grazie ad uno specchio poco distante.
- Bella, Rose? - Mi fissarono attentamente, cercando di sbirciare ciò che vi era scritto nella lettera, ma la ripiegai e la infilai nuovamente nella busta, con un'espressione sconcertata in viso.
- Che cosa succede, Al? - Bella si sporse, come se si aspettasse che le consegnassi la busta, ma non lo feci. Rose era accanto ai ragazzi, che si stavano scambiando sguardi e cenni incomprensibili.
- Joseph Dickson. - Sussurrai quel nome, e le vidi sbiancare tanto quanto avevo fatto io, se non di più. Si guardarono e si presero per mano, pronte al peggio.
- Che cosa vuole, ancora? - Rose singhiozzò, quasi in lacrime, e subito i ragazzi furono accanto a loro due, come per proteggerle da un eventuale pericolo.
- E' morto. - Sussurrai nuovamente, ancora più piano, così tanto che mi sentirono a malapena: ma date le loro espressioni più che sconvolte, capii che mi avevano compresa eccome.
- Come? - Bella scosse la testa, con lo sguardo perso nel vuoto, le sue labbra tremavano e il pallore sul suo viso non era affatto scemato.
- Non può essere morto. - Rosalie dovette reggersi la testa con la mano e aggrapparsi al braccio di Edward, il più vicino a lei, per non collassare.
Fu in quel momento, che ricordai le ultime parole che James Dickson, il secondo figlio di Joseph, ci gettò addosso, prima del momento fatidico in cui riuscimmo ad andare via da quel posto.
'Non pensare di riuscire a sfuggirmi, Alice. Sarà solo più lungo il tempo che passerà da adesso a quando ci rivedremo, ma ti assicuro che non la passerete liscia.'
Mi rimbombavano nella mente, così forti e così minacciose da farmi chiudere gli occhi e tentare disperatamente di scacciarle ad ogni costo, inutilmente. Ricordai anche la terribile sensazione che mi aveva colta in quel momento, e che aveva tenuto con il fiato sospeso sia noi tre che la mamma, a tal punto da indurla a cercare un altro lavoro quasi subito, per non dover avere futuri ripensamenti e finire in una situazione ancora più drammatica.
- Chi è Joseph Dickson? - Emmett aveva corrucciato le sopracciglia dal primo istante in cui aveva visto il nostro evidente disagio, e ora voleva fare chiarezza sulla situazione: potevo io, Alice, dire ai tre di fronte a noi cosa ci fosse realmente accaduto, tempo prima? Se la mamma non aveva ancora raccontato a Carlisle la nostra storia, e uno dei tre per caso lo avesse voluto poi fare dopo il mio racconto, cosa sarebbe successo? Se per colpa mia, la vita della mamma e di conseguenza la nostra sarebbe stata completamente rovinata?
Anche le mie sorelle la pensavano così, ne ero praticamente certa, nessuna di loro due avrebbe voluto fare una cosa tanto avventata.
- Colui che ha reso impossibile la nostra serenità per anni, Emmett. - Sussurrò Bella, dopo qualche minuto di riflessione sul come poter affrontare e liquidare in una sola frase l'argomento spinoso.
- Non posso crederci. - Rosalie era scoppiata a piangere fra le braccia di Jasper, ma ero così impegnata a pensare a come evitare di fare una brutta fine che la solita fitta di gelosia non la sentii nemmeno.
- Cosa intendi con 'ha reso impossibile la nostra serenità per anni'? - Edward si era appoggiato con la schiena al muro, e ci stava osservando corrucciato e stranamente arrabbiato.
- Rose, vai a letto, è meglio. - Bella prese per mano Rosalie e la portò in camera, dalla quale uscì pochi minuti dopo con un'aria preoccupata.
- Beh, Edward, è una storia lunga, se avete voglia e tempo di ascoltarla possiamo parlarne adesso, oppure domani. - Disse, appena la nostra attenzione fu rivolta nuovamente su di lei.
- E' ovvio che abbiamo tempo e voglia, si parla sempre di un fatto che successe a voi, che siete parte della nostra famiglia ormai. - Jasper si incamminò per primo verso il salotto, mi avviai subito dietro di lui dopo aver dato un'occhiata a Rosalie in camera, e tutti gli altri dopo di noi.
- Bella, sei sicura che possiamo raccontare tutto? Non sono sicura che la mamma abbia già fatto questo discorso con Carlisle... * - Avevo affer
rato dolcemente per un braccio mia sorella e le avevo sussurrato quel mio timore nell'orecchio, e lei con un sorriso amaro smontò tutte le mie paura.
- Mamma mi ha già schiarito le idee anche su questo.* - Scrollai la testa, il suo rancore verso la mamma era ancora presente, ma pur sempre lecito a parer mio.
- Allora? - Emmett, con la voce scocciata e alterata, ci invitò a parlare velocemente su tutto ciò che ci era capitato, dopo esserci accomodate sul divano senza nemmeno accorgercene. Bella mi guardò, e decisi di far cominciare lei.
- Cominciò tutto quando avevo appena nove anni e dieci mesi, a Manchester. - Si sistemò la gonna con le dita, tenendo lo sguardo basso per far trasparire meno emozioni possibile, erano ricordi così dolorosi che a fatica riuscivamo a parlarne senza soffrirne ancora.
- La mamma aveva appena finito di farci leggere una pagina di un libro che utilizzavamo per imparare correttamente la sua lingua madre, quando arrivò una lettera urgente. Tutti nel quartiere ci additavano ogni volta che uscivamo di casa, eravamo le zingare schifose che andavano in giro a rubare nelle loro case, e la mamma era solo una donna facile, che ci guadagnava molto sul proprio corpo, solo perchè era l'unica donna del posto a lavorare fuori casa tutti i giorni, per mantenere una famiglia che conosceva un grande lutto da anni. - Sapendo quanto si stesse sforzando, le appoggiai il braccio sulla schiena e la guancia destra sulla spalla, per farle sentire maggiormente la mia presenza.
- In quella lettera c'era scritto che un certo signor Dickson aveva sentito parlare di lei, e della sua quasi disperata ricerca di un lavoro che potesse permetterci di vivere in maniera dignitosa, e ci aveva scritto proprio per sapere se era disponibile ad andare a lavorare a casa loro in maniera permanente, con varie condizioni. Una di quelle, era che noi andassimo insieme a lei per aiutarla e per poter fare lavoretti per cui saremmo poi state pagate comunque, anche se con una cifra inferiore. Per noi era come manna dal cielo, lo zio Jeronimo ci spediva ogni tanto dei soldi ma non era un periodo facile nemmeno per lui, sebbene si sforzasse di racimolare qualcosa anche per aiutarci a mangiare almeno una volta al giorno. - I ragazzi erano attenti, non avevano più aperto bocca dall'inizio del racconto ed erano rimasti ammutoliti sapendo della nostra vecchia situazione economica.
- La mamma accettò subito quel lavoro, e in tre giorni eravamo pronte per iniziare con ogni tipo di mansione richiesta, ci saremmo adattate a qualunque cosa pur di riuscire ad essere pagate. Per i primi due mesi tutto fu semplice, piacevole e apprezzato dal padronte, che ci pagava profumatamente per cucinare, ripulire e servire i figli. - Bella si fermò un attimo, prendendo fiato, e con una lieve occhiata mi disse di proseguire, senza che io potessi esitare nemmeno un attimo.
- Il giorno dopo il pagamento del secondo stipendio, tutto cambiò improvvisamente, o forse solo si mostrò nelle sue vere spoglie. Il signor Dickson aveva smesso di essere gentile con noi, ci faceva sgobbare come muli e non permetteva più a nessuna delle quattro di avere un'ora libera per rilassarci, dormire o poterci occupare delle faccende che ci riguardavano personalmente. Ricordo ancora che il giorno del compleanno di Bella, il decimo per l'esattezza, l'unico regalo che ricevette da loro fu un sonoro schiaffo che le venne percosso dal padrone stesso, e la mortificazione dei tre figli, ancora piccoli per rendersi pienamente conto del fatto che anche noi eravamo persone e che meritavamo del rispetto, come loro. - Mia sorella si posò una mano sulla guancia, come se l'antico bruciore alla guancia fosse tornato all'improvviso e avesse cominciato di nuovo a dolerle in maniera atroce.
- Eravamo costrette a rimanere lì, ci avevano confiscato ogni cosa che avrebbe potuto aiutarci a fuggire, non avevamo più nemmeno un soldo e tutto ciò che ci avrebbe mantenute vive e vegete era rimanere lì ed essere maltrattate come bestie. Per anni fummo solamente delle schiave a cui si potevano percuotere violente quotidiane continue, calci e pugni che ben assestati avrebbeto potuto romperci qualcosa, o rovinarci definitivamente. - Aveva ripreso a parlare lei, mentre i ragazzi seduti di fronte a noi si erano irrigiditi e stringevano i pugni in una morsa ferrea, erano così alterati che avrei giurato che sarebbero potuti esplodere da un momento all'altro.
- Il peggio venne quando Rosalie compì quindici anni, pochi mesi prima che io potessi arrivare ai quattordici pura. Effettivamente la mamma non ce lo aveva mai raccontato, ma quello che cominciò ad accadere a noi da lì in poi, lei lo subiva ormai da anni, ma cercava di mantenerlo segreto per non turbarci troppo. - Edward si sporse verso di noi e mi guardò fisso negli occhi, per scrutarmi.
- Ovvero, Alice? - Jasper mi stava incitando ad andare avanti, ma mi ci vollero interi secondi per trovare la forza di farlo.
- Un giorno, il primogenito di Joseph, Richard, entrò con veemenza nella nostra camera da letto e senza nemmeno darci il tempo di capire cosa stesse succedendo afferrò nostra sorella per i capelli e la trascinò fuori, lei urlava e si dimenava per liberarsi senza alcun successo. - I loro occhi sbarrati e come iniettati di sangue mi stavano spaventando, e lasciai proseguire Bella.


Bella

Alice mi diede un lieve colpetto sulla spalla, come richiesta d'aiuto, e io le strinsi una mano con forza, senza osare nemmeno guardare in faccia i ragazzi.
- Io ed Alice eravamo titubanti, non sapevamo se seguirli e cercare di aiutare nostra sorella a liberarsi oppure rimanere in camera e cercare l'aiuto della mamma, infondo pensavamo che come tutte le volte volesse sfogarsi su di lei alzando le mani e lasciandole addosso dei lividi. - Un brivido corse sulla mia schiena, e mi rannicchiai contro il bracciolo del divano per riprendermi.
- Ricordo solamente che io andai, e dissi a Bella di rimanere in camera e aspettare che la mamma tornasse per chiederle di aiutarci, e quando finalmente riuscii ad arrivare nella camera in cui li avevo visti entrare, trovai la cosa più scioccante che potessi vedere: Richard la stava violentando, e lei era così terrorizzata da non riuscire a muoversi o a parlare, piangeva e si tappava gli occhi per non vedere quello che lui le stava facendo. - Alice aveva sussurrato l'ultima parte, con la voce tremante e acuta, e appena chiuse la bocca Emmett si alzò di scatto, come una furia, e uscì dalla stanza travolgendo tutto ciò che si ritrovava davanti.
-  Ciò che non mi sarei mai aspettata era che poco tempo dopo, sapendo che Richard continuava a fare del male fisico a nostra sorella, la cosa avrebbe potuto nuocere anche Alice, per mano di James. E la mamma soccombeva tale e quale, sotto la superiorità e l'arroganza di Joseph, e le sue manie letali che aveva attaccato anche ai figli. Erano violenze di quel genere continue, tutti i giorni almeno una di loro veniva violata da quelle bestie. - L'immagine di Alice impressa nella mia mente nel giorno in cui James abusò di lei per la prima volta, il suo shock e le sue lacrime disperate era ancora così vivida che mi sorprendevo sempre di come potessi riuscire a non sentirmi male ogni volta.
La vidi piangere accanto a me, con le mani sul viso e la schiena ricurva su se stessa, scuoteva la testa in segno di diniego, per molte volte aveva cercato di convincersi che quello fosse solo un brutto incubo dal quale si sarebbe potuta risvegliare presto, peggiorando solamente la propria situazione.
- Nessuno si accorgeva che voi stavate subendo tutto ciò? - Edward quasi urlò quella frase, e la vena del suo collo si gonfiò così tanto da farmi pensare che potesse saltare da un momento all'altro, con un brivido.
- La cosa che più mi turbava era il fatto che... - Alice singhiozzò la frase, poi proseguì. - Che i figli avevano un pub in cui facevano lavorare delle ragazze giovani e disperate, come noi. Il loro compito era intrattenere i clienti facoltosi sia in sala che nelle camere soprastanti, sottostando ai loro ordini, anche ai più crudeli. - I ragazzi si scambiarono un'occhiata, avevano capito perfettamente cosa mia sorella stesse intendendo, quindi continuai io a parlare.
- Appena io compii tredici anni, Richard e James ci costrinsero a lavorare al pub di notte, la mamma ne era al corrente ma non poteva opporsi, anche Joseph era d'accordo e ne traeva ancora più profitto. Io ero costretta a ballare per quei ricconi, secondo loro fino a che non avessi avuto quattordici anni non sarei riuscita a soddisfare tutto ciò che i clienti richiedevano, ma alle mie sorelle non andò meglio. - Alice mi toccò una gamba, forse era meglio che escludessi i dettagli per non far fare loro la figura delle poco di buono, anche se i ragazzi sapevano che era tutto contro la nostra volontà.
- Siamo riuscite ad andare via da quell'inferno quando a mio zio Jeronimo capitò una fortuna fra le mani, aveva appena ereditato dalla morte di un lontano cugino dei soldi che aveva condiviso amorevolmente con noi, e quindi potemmo smetterla di farci torturare e trovare momentaneamente un posto in cui vivere tranquille. - Concluse lei, con gli occhi rossi di pianto e la voce ancora incrinata, mentre i ragazzi si erano tirati in piedi e stavano camminando avanti e indietro per la stanza.
- Vi chiediamo scusa se abbiamo deciso di raccontarvi tutto ora, il giorno del matrimonio di nostra madre e Carlisle, ma mai avremmo pensato che il momento adatto fosse questo. - Li guardai negli occhi entrambi, con le mani appoggiate sulle gambe serrate e la schiena ritta, poi la stanza calò in un silenzio di tomba.
- Andate a letto, domani ne riparliamo. - La voce di Jasper era così dura e tagliente da farmi salire le lacrime agli occhi, forse avevamo rovinato tutto con la nostra confessione? Alice assieme a me si incamminò verso la nostra stanza, in silenzio, e ci ritirammo.
Fuori dalla porta, ci fermammo un attimo, intuendo che dentro, oltre a nostra sorella, c'era Emmett, che non aveva nemmeno sentito finire il nostro racconto, che sedeva sul mio letto, con il viso rivolto verso Rosalie e le mani fra le gambe, appena divaricate. Era teso, arrabbiato come mai l'avevo visto e soprattutto nervoso, batteva ritmicamente il piede sinistro a terra e si torturava le mani, mentre il suo sguardo teso mostrava tutto ciò che stava reprimendo, rischiando un'implosione.
Bussammo lievemente, facendolo girare quasi di scatto con lo sguardo assottigliato. Quando comprese chi fosse alla porta, si alzò dal letto e ci fece un cenno della buonanotte, passandoci accando come una furia. Io e Bella ci guardammo un attimo, poi ci avvicinammo a Rose e le stampammo un dolce bacio sulla guancia, prima di infilarci sotto alle coperte, e finire fra le braccia di un Morfeo diverso dal solito.


Rosalie

Buttai a terra l'ennesimo fazzoletto zuppo di lacrime, accanto agli altri otto che avevo già consumato da quando le mie sorelle mi avevano costretta a letto per superare la 'crisi' che mi avevano diagnosticato.
Ogni emozione negativa nuoceva al mio bambino, ma non potevo semplicemente evitarle o rimandarle ad una data post parto, se solo avessi potuto l'avrei fatto molto volentieri!
Come al solito, ogni volta che venivano menzionate quelle persone, i ricordi dolorosi erano così tanti che mi sopraffavano e mi costringevano a rimanere sola per un po', per potermi calmare e non dare troppo spettacolo.
Non passò troppo tempo, prima che sentissi dei passi pesanti e rabbiosi raggiungere la mia porta e spalancarla, mostrandomi un Emmett cupo e inferocito fino al midollo.
- Perchè accidenti non me ne hai mai parlato, Rosalie? - Il suo viso si avvicinò pericolosamente al mio, e la sua voce dura mi perforò i timpani, costringendomi a tappare le orecchie con le mani per attenuare il suono troppo forte.
- Cosa avrei dovuto fare? - Ero impaurita, ancora disturbata dalle varie sensazioni e in più il bambino cominciava a ridarmi problemi come la nausea e il mal di schiena, quindi nascosi metà faccia sotto alla coperta, e lo vidi trattenersi a lungo per non urlare più forte.
- Vedi di dormire che è meglio, per cortesia. E la prossima volta ti conviene dire tutto subito, non farlo uscire allo scoperto quando ormai è troppo tardi, maledizione. - Strinse i pugni e si buttò sul letto di Alice, e lì mi salì il dubbio che le ragazze avessero potuto spifferargli della mia gravidanza.
- Che cosa intendi? - Sussurrai appena, girandomi lentamente verso di lui e rimanendo nascosta sotto alle coperte fino alle spalle. Mi lanciò un'occhiataccia e si scrocchiò le dita delle mani, in un gesto quasi minaccioso.
- Delle schifezze che quel certo Richard ti ha fatto, altrimenti cosa? - Tirai un sospiro di sollievo di cui lui non si accorse, e scossi la testa, appoggiandola poi sul cuscino e chiudendo gli occhi, quasi finendo per addormentarmi.
Poco dopo, sentii arrivare le mie sorelle, che provvedettero a salutarmi e a filare a letto, la giornata successiva sarebbe stata pesante e soprattutto faticosa, fra il ritorno della malefica nonna e le occhiate dei ragazzi riguardo al nostro passato.

Per tutta la notte, non feci che rimembrare ogni volta in cui quel maledetto mi aveva messo le mani addosso o aveva abusato di me, nei miei incubi, che mi facevano risvegliare in un bagno di sudore e lacrime. Avrei voluto cancellare la mia memoria per poter vivere più serenamente, ma era praticamente impossibile, e la persona che ci rimetteva di più era il piccolo dentro al mio ventre, subiva tutte le orribili sensazioni che provavo io e ne veniva ingiustamente disturbato, me lo dimostrava facendomi stare male anche a causa dei problemi di salute che mi provocava.
Nel momento in cui il sole attraversò la finestra e le tende, aprii gli occhi e non li richiusi più, cercando con lo sguardo quelli delle mie sorelle, nella stessa situazione in cui mi trovavo io.
La casa era ancora avvolta nel sonno, e il tocco sulla porta che fece sobbalzare tutte e tre mi diede da pensare che, forse, quella sarebbe stata la visita meno gradita di tutte.
- Non possono essere loro. - Sussurrò Bella, avvolgendosi nelle coperte per il freddo, mentre Alice si avvicinava lentamente alla porta e osservava dal buco della serratura chi fosse.
- Oddio, sono... - Si girò verso di noi, con un'espressione indecifrabile in viso. Chi era, a quell'ora della mattina?




 

 

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Capitolo 24
*** Ciò che una bugia può provocare, è una dolorosa verità. ***


Capitolo 24 Salve a tutti! Come state? Volevo solo avvertirvi che il 18 giugno partirò per 12 giorni e non potrò connettermi, causa mancata connessione internet in viaggio! Ma spero comunque che nei giorni che mi mancano io possa finire anche l'altro capitolo. A presto, buona lettura e, soprattutto, preparatevi!
Buona lettura!










Alice

Jasper, Edward ed Emmett avevano appena bussato alla nostra porta. Le loro facce, ancora infuriate per ciò che era successo la sera prima, erano così tese che pensai fossero paralizzati, ma mi fecero anche intuire che volevano sapere, e soprattutto volevano spiegazioni sul perchè avessimo nascosto una cosa del genere così a lungo.
- Sono i ragazzi.* - Sussurrai, allontanandomi e tornando a letto, con l'animo più sollevato di prima, poichè le persone fuori dalla porta non erano chi invece, in fondo al nostro cuore, temevamo che fossero.
- Rose, Bella, fingete di dormire, me ne occupo io. Se dovessi avere bisogno, vieni ad aiutarmi tu Bells.* - Loro seguirono subito le mie istruzioni, anche se per Rosalie non fu molto difficile riaddormentarsi velocemente, soprattutto dopo la notte che tutte e tre avevamo appena passato.
Sotto alle coperte, cercai una soluzione al più presto, mentre prendevo tempo con i tre fuori dalla porta che, imperterriti, continuavano a bussare sempre più forte.
- Non ci converrebbe dormire veramente ancora un po', tanto da calmare le acque, Al? - Bella aveva ragione, non sapevo veramente come uscire da quella situazione, e il sonno era così tanto che sarei potuta svenire nel giro di un paio d'ore.
- Sì, sorellina. Hai perfettamente ragi... - Non feci in tempo a finire la frase, che i ragazzi erano entrati, senza aspettare il nostro permesso. Io e Bella ci nascondemmo dietro alle coperte, mentre Rose fece una smorfia senza svegliarsi minimamente.
- Perchè non avete risposto subito, se siete sveglie almeno voi due? - Edward corrucciò la fronte e allargò appena le braccia, mentre Jasper faceva il giro della stanza ed Emmett fissava nostra sorella con un'espressione dura in viso.
- Non... Non avevamo sentito. - Mentre pronunciavo quelle parole, fuori il cielo cominciò a coprirsi, e ben presto fecero capolino nuvoloni neri che promettevano un temporale con i fiocchi, e il sole sparì.
Edward aveva assottigliato lo sguardo, mentre Jasper aveva incrociato le braccia al petto e ci stava guardando malissimo; feci intendere ai tre che desideravamo che si girassero, per darci il tempo di cambiarci, e si diressero verso il bagno fino a che perfino le scarpe non furono ai nostri piedi.
- Perchè avete deciso di parlarne solo ieri, Alice? - Edward aveva appoggiato una mano sullo schienale della sedia di fronte alla specchiera, mentre Jasper era appoggiato alla porta chiusa ed Emmett aveva deciso di sedersi sul mio letto e osservare noi, e nostra sorella.
- E'... era una questione delicata, Edward, come avremmo potuto raccontarvi quegli orrori senza un valido motivo? Cosa avreste pensato di noi, e soprattutto di nostra madre, se non che siamo delle sporche approfittatrici? - Mi strinsi nelle braccia, distogliendo lo sguardo da quello dei tre di fronte a noi e spostandolo su mia sorella, che lentamente si stava riscaldando, e da come potei intuire non sarebbe durata molto.
- E invece quali credi che siano, adesso, le nostre opinioni su di voi? Non lo avremmo mai pensato, e sai cosa ci dà più fastidio? - Bella picchiettò nervosamente con le dita contro il legno color mogano dell'armadio accanto a lei, mentre Jasper stava per pronunciare le fatidiche parole.
- Il fatto che voi non foste state in grado di potervi fidare di noi, che fin da subito vi abbiamo accolte come parte della nostra famiglia, e che abbiate preferito tenere nascosto tutto! A me personalmente non importa che voi siate compromesse, e non mi interessa nemmeno che non sia consono alla situazione. Io odio questa società e tutte le regole che ha imposto, ma sai qual'è il peggior dramma? Il fatto che quelle semplicissime cose che fanno di una persona un uomo o una donna veri, come il saper distinguere fra il male e il bene, abbia contribuito alla vostra scelta di tenerci all'oscuro di tutto ciò. - Scossi la testa, sospirando pesantemente. Loro pensavano veramente che noi avessimo voluto nascondere tutto per ipocrisia ed egoismo!
- Puoi accusarci di quello che vuoi, Jasper, e anche tu Edward, e non da meno sei tu, Emmett, che non pronunci parola, eppure fai intuire che sei d'accordo con i tuoi fratelli. - Sapevo perfettamente dove voleva andare a parare mia sorella Bella, quindi la lasciai proseguire con un tonfo al cuore.
- Siamo state violate per anni, chi in un modo chi nell'altro tutte noi abbiamo patito le pene dell'inferno su questa terra solo perchè siamo nate nel posto sbagliato, al momento sbagliato, con una situazione familiare completamente distrutta. Abbiamo faticato per anni per poter mangiare e non morire di freddo in pieno inverno, abbiamo sgobbato come muli mentre uomini con il potere vivevano con il frutto del nostro sudore e del nostro sangue, molte volte abbiamo rischiato di non poter camminare più per tutte le botte ingiuste e dolorose che abbiamo ricevuto in cambio di tutto il lavoro che abbiamo fatto. E posso dire perfettamente a tutti e tre che siamo forti abbastanza ora, e che non ci faremo più procurare del male da nessuno. - Rimasi basita, sapevo che non avrebbe mandato a dire niente a nessuno ma non credevo si potesse spingere fino a quel punto.
Tutti e tre erano rimasti senza parole, e nessuno osò replicare all'accusa, fondata, di mia sorella. Quindi lei, piena d'orgoglio e con gli occhi lucidi, mi guardò a testa alta e allargò le braccia.
- Ti vorrò sempre bene, Al. - Disse, e io le corsi incontro, la strinsi a me e per poco non scoppiai a piangere, quindi strusciai il mio naso contro la sua guancia e lei fece lo stesso.
- E lo stesso vale per quella dormigliona pestifera e terribilmente dolce che abbiamo come sorella maggiore. - Scossi la testa divertita, mentre la lunga chioma di Rosalie cominciò a penzolare giù dal letto, accanto alle gambe di Emmett, allungate all'inverosimile.
- Ragazze, io propongo di andare a fare colazione. Sarà una lunga giornata, questa. - Edward ci lanciò un'occhiata, poi accennò un lieve sorriso e si rivolse a Bella.
- In fondo, suonare il pianoforte richiede un forte impegno e una grande concentrazione, e lo stomaco pieno non può che giovare. - Lei arrossì appena, e dopo aver abbassato la testa si morse il labbro inferiore.
- Ma... Come facciamo con lei? La lasciamo sola? - Posai una mano sul letto, poco distante dal piede di Rosalie che ancora dormiva, e Jasper appoggiò il gomito sulla testiera, osservandola per un istante.
- Io credo che se la lasciamo qui tutta sola, al suo risveglio si prenderà un gran bello spavento. In effetti, a chi piacerebbe ritrovarsi isolati in queste condizioni? - Aveva colto nel segno ciò che io avevo cercato di fargli intuire senza accennarne minimanente il discorso, e l'unico che non ne se accorse fu proprio Emmett, impegnato a scrocchiarsi le dita.
- Rimarrò io con lei, non ho fame. - Tutto ci aspettammo da lui, tranne che una frase del genere, per due semplici motivi. Emmett aveva sempre fame, e non si era mai, nemmeno una volta, offerto volontario per aiutare qualcun'altro. Proprio per questo lui aveva scelto una strada diversa dagli altri, il lavoro dei quali implicava un certro altruismo e la volontà di sacrificarsi per i bisognosi.
- Sei sicuro, fratello? - Jasper si scansò dal letto e si avviò verso la porta, scoccandogli un'altra occhiata. - Non è necessario, possiamo aspettare che si svegli anche lei... - Edward aveva teso le mani e, ancora prima che potesse finire, il fratello si rivolse a lui con una scrollata di spalle.
- No, le ho fatto una promessa ieri sera e, come ben sapete, mantengo sempre la mia parola. Dobbiamo ancora parlare di molte cose, andate pure. Non preoccupatevi per me. - Lo scrutammo ancora un po', perplessi, poi animati dalla curiosità di vedere quanto avrebbe resistito uscimmo a tempo e ci dirigemmo verso la sala da pranzo, in totale silenzio. Entro non molto sarebbero arrivate la nonna e la cugina dei ragazzi, e sarebbero stati guai seri se solo avessimo sbagliato una sola volta.
- Dovete scusarci per il nostro comportamento, è solo che... - Jasper aveva stretto i pugni, poco distanti dalla nostra camera, e aveva digrignato i denti in un gesto di rabbia, così il fratello proseguì.
- Troviamo inconcepibile un comportamento del genere nei confronti di brave persone come voi. - Alla fine, Edward mise piede per primo in sala da pranzo e ci accomodammo a tavola. Poco dopo, gran parte delle pietanze erano di fronte a noi, portate da Julian che non si risparmiò la cortesia di domandarci come stesse nostra sorella.
- Al momento sta dormendo, Julian, grazie per l'interessamento. - Dissi, sorridendogli appena, mentre Bella osservava fuori come le prime gocce di pioggia avevano cominciato a correre sui vetri delle finestre. Da un momento all'altro, il tempo era cambiato. Che fosse anche quello un segno?
- Se dovesse arrivare, io cosa farei Alice? - Mia sorella mi guardò dritta negli occhi, e io non seppi risponderle. Per una volta, nessuna risposta mi sembrava quella adatta, o almeno capace di infonderle del coraggio.
Se Jacob Black fosse arrivato, saremmo finite in un guaio impossibile, e forse avremmo rovinato del tutto quel momento non idilliaco fra di noi.


Bella

Il calore del thè che si stava lentamente diffondendo nel mio stomaco riuscì ad ammorbidire appena il nodo che si era formato per la troppa tensione, già di prima mattina. Fu accompagnato da un morso di biscotti freschi, e un succo di frutta, e mi riempii in modo tale da sfamarmi completamente. Un attimo dopo, Trevor fece capolino dalla porta accanto alle due donne che, in quel momento, non avrebbero affatto aiutato a placare la situazione, già molto precaria.
Bethany e sua nonna, imbacuccate in vestitoni con più di quattro sottogonne ciascuno e sotto ad un cappello nientemeno che ridicolo che copriva interamente le loro facce, si guardarono compiaciute, per poi cominciare a procedere verso di noi con passettini irritanti e rumorosi, ed un'espressione equivoca stampata in viso.
- Se questo è l'inizio, non voglio nemmeno lontanamente immaginare come sarà dopo.* - Alice si chinò verso di me e sussurrò quelle parole, e tutto ciò non sfuggì allo sguardo attento della nonna dei ragazzi, che non si perse d'animo.
- Punto primo, signorine, parlare in un modo incomprensibile è inaccettabile a tavola, soprattutto se in presenza di uomini che fortunatamente fanno parte di una società nobile elevata. - Faticai per un istante a seguire il suo discorso, difatti mi accorsi solo dopo di aver fatto una smorfia confusa, a giudicare dall'espressione quasi divertita dei due accanto a noi.
- Oh nonna, è inutile che sprechi troppo fiato con queste due, non sono inglesi e non comprenderanno mai il vero significato della nostra lingua così colta e raffinata! Sono delle sempliciotte, non aspettiamoci troppo. - Strinsi i pugni a quell'affermazione malfamata, e dovetti respirare profondamente per non scattare in piedi, o per non vedermi costretta ad andarmene da quella stanza.
- Isabella, preferisci la mattina o il primo pomeriggio, per la nostra lezione? - Edward cercò inutilmente di smorzare la tensione che subito si era creata fra di noi, e cercando in ogni modo di ignorare completamente le due mi girai verso di lui.
- Se per te non è un problema, la farei volentieri questa mattina, non sia mai che questo pomeriggio ci sia qualche inconveniente! - Alice mi diede un colpo allo stinco da sotto al tavolo e strabuzzai appena gli occhi, rivolgendole un'occhiataccia.
- Già la nostra situazione non è rosea, cerca di non attirare addosso a noi tre tutte le sciagure di questo mondo!* - Sbottò così Alice, alzando entrambe le sopracciglia e incrociando le braccia al petto.
Appoggiai il gomito sul tavolo, e la guancia destra sul palmo aperto della mano, sbuffando. - Effettivamente hai ragione, devo essere più positiva, eh?* - Lei annuì energicamente, facendo sorridere i due al tavolo assieme a noi.
- Questa è la seconda e ultima volta che ve lo ripeto, signorine. In questa stanza tutti devono avere la possibilità di capire, anche se comprendo bene che i vostri discorsi non siano così colti da poterci importare minimamente. E' il protocollo. - Edward si alzò da tavola e mi guardò per un attimo, poi si avviò verso la porta senza guardare minimamente le due parenti.
- Io ti aspetto di là, Isabella, finisci pure con calma di fare colazione. Intanto mi esercito un po'. - Gli sorrisi appena, anche se avevo già finito di mangiare mi concessi ancora due minuti a tavola, per rilassarmi appena prima di raggiungerlo e cominciare la prima lezione di pianoforte della mia vita.
- Dove pensa di andare la signorina, casualmente? Noi saremmo qui per educarle al meglio ed essere presentabili, non per perdere il nostro preziosissimo tempo in maniera così poco costruttiva! - Io e Alice scuotemmo la testa a tempo, mentre Jasper iniziò a leggere il giornale che Julian aveva posato poco più in là, sopra ad un tavolino con sopra un vaso di fiori.
- Io ed Edward abbiamo intenzione di fare una lezione di pianoforte, signora. E non vedo alcun ostacolo, visto che è lecito per una donna imparare un mestiere colto come quello di suonare uno strumento, grazie all'aiuto di una persona buona come Edward. - Rimase in silenzio per qualche secondo, e prima di poter udire la risposta feci per andarmene, completamente certa di non poter sopportare altre provocazioni simili. Non avrei invidiato minimamente mia sorella, in quel momento!
- Io invece ho da occuparmi di faccende personali alquanto importanti, e non mi aspetto certo che tutti qui presenti possano comprendere appieno la gravità di tutto ciò. - Lo scherno di Alice nei confronti delle due era fin troppo evidente, eppure sembrava che loro non se ne fossero nemmeno accorte, impegnate quant'erano a controllare ogni nostro movimento per poter dedicare un minimo di attenzione alle parole di mia sorella.
- Parli di Tiffany, Al? - La vidi annuire appena, seguita poi dallo sguardo incuriosito di Jasper che aveva sollevato dal giornale che, a giudicare da come lo stava leggendo, lo aveva veramente appassionato.
- Se dovesse succederle qualcosa, non me lo perdonerei mai. - La sua occhiata angosciata mi fece stringere il cuore, ma prima che potessi solamente pronunciare una sillaba, l'odiosissima voce della cugina dei ragazzi bloccò la mia.
- Dov'è quella biondina stralunata? Non ha nemmeno il becco di presentarsi agli appuntamenti ufficiali, la signorina! Come se non sapesse che non siamo qui per una visita di piacere, non per queste tre almeno. - Io e mia sorella ci guardammo per un istante, e io mi allontanai subito, lasciando perdere la risposta che sicuramente le avrebbe spiazzate completamente.
Mi incamminai a passo spedito verso la sala dalla quale proveniva una dolcissima melodia, e prima di entrarvi rimasi fuori dalla porta per qualche minuto, godendo appieno dello splendore di quelle note che riempivano l'area circostante di una stranissima allegria.
Poi bussai, delicatamente, e una nota stonata interruppe il magico momento, concludendosi con un improvviso scatto all'indietro di Edward, con il viso rivolto verso di me.
- Ehi, sei arrivata finalmente. - Sorrise appena, e mi fece posto sullo sgabello di fronte all'enorme pianoforte a coda nero che padroneggiava al centro della stanza.
- Mi ero trattenuta fuori, ad ascoltarti. Che componimento era, Edward? - Mi accomodai accanto a lui, appena impacciata, e ripensai a quanto tempo fosse passato dall'ultima volta in cui io e lui eravamo rimasti soli.
- L'ho scritto io, effettivamente, in un momento di grande ispirazione, e volevo solamente verificare che fosse un bel pezzo, tutto qui.- Gli sorrisi e osservai come le sue dita fossero rimaste sopra ai tasti senza spostarsi minimamente, pronte per ricominciare a suonare.
- Allora, iniziamo? - Disse, notando che io ero rimasta in silenzio. Annuii e lo osservai incuriosita, fino a quando non afferrò dolcemente le mie mani e le fece appoggiare sui tasti di fronte a me, con delicatezza.
- Conosci le note musicali, Isabella? - Chiuse lo spartito davanti a noi e lo posò poco distante, tornando ad occuparsi delle mie mani.
- Sì, Edward, ma non so come riconoscerle qui sopra. - Sussurrai, impacciata e imbarazzata allo stesso tempo, e lui con una risatina posizionò le mani come aveva fatto prima e mi guardò.
- Allora suoniamo insieme tutte e sette le note, Isabel... - Alzai gli occhi su di lui e aggrottai le sopracciglia, non tanto per ciò che mi aveva detto, ma per come si rivolgeva a me.
- Perchè mi chiami Isabella, Edward? All'inizio mi chiamavi Bella, e perchè ora no? - Lui aprì più volte la bocca, nel vano tentativo di pronunciare una qualche replica, ma non ci riuscì.
- Scusa. - Disse solo, guardando davanti a sè. - Non voglio le tue scuse, Edward. Non ne ho bisogno, so perfettamente che la situazione in casa è cambiata radicalmente, e che ci sono state delle... Decisioni azzardate, ma... - Abbassai la testa, facendo ricadere le dita sui tasti del piano.
- Fra noi non deve cambiare niente, Edward, eppure noto che è tutto diverso, sei più lontano, scostante e freddo con me, distaccato. Non devi preoccuparti di sembrare sfacciato con me, non lo saresti comunque. - Lui sorrise, scuotendo appena la testa, e allungò lo sguardo verso di me.
- Grazie, Bella. In effetti è così, non volevo darti una impressione sbagliata. Allora, iniziamo? - Annuii e riposizionai le dita correttamente, seguendo tutti i movimenti che faceva, fino a comporre la scala musicale completa.




Rosalie

Un sonno agitato e movimentato aveva accompagnato quasi tutta la mia mattinata, sotto a quelle calde ma ben poco accoglienti coperte che mi avvolgevano fino al mento, e forse qualcosa in più. Sognavo tutto il nostro passato in maniera diversa, le mie sorelle ed io avevamo la meglio su quei mostri, stavamo riuscendo perfettamente a sconfiggerli e a regnare sovrane sul bene, e assomigliava tanto alle favole della buonanotte che la zia Belinda, scomparsa poco dopo la morte di nostro padre, ci raccontava ogni sera prima di addormentarci, e che rappresentavano perfettamente la sua personalità, cupa e pesante. Ma in fondo era venuta a stabilirsi da noi solo per aiutare nostra madre a stare al capezzale di nostro padre, durante tutta la sua malattia, e non potevamo certo aspettarci che una persona negativa e pessimista come lei potesse cercare di migliorare appena quella situazione tanto tragica e drammatica.
Quando mi svegliai, l'orologio a cucù in corridoio scoccò le undici, e il lieve rumore che venne prodotto mi diede la carica per aprire gli occhi. Ma appena lo feci, mi ritrovai, sul letto accanto al mio, Emmett sdraiato a pancia in su, con le braccia incrociate sotto alla testa e un polpaccio accavallato sull'altro. Il suo sguardo era fisso davanti a sè, ma era così pensieroso che probabilmente nemmeno si accorse che io ero sveglia.
Quindi, veramente sorpresa di averlo ritrovato lì dopo tutte quelle ore, scostai le coperte, ricevendo una gran botta di freddo alle braccia che mi fece rabbrividire, e rimasi ferma qualche secondo per abituarmi e potermi poi sedere.
Lui girò la testa verso di me, e i suoi occhi azzurri mi guardarono con una tale intensità da sentirmi il cuore cominciare a battere a mille, frenetico.
- Sei sveglia. Finalmente, direi. - Si mise a sedere in un attimo, con le gambe appena divaricate e le mani chiuse a pugni accanto alle cosce.
- Sono tre ore e mezza che ti aspetto, Rosalie. - Il suo tono era duro, secco e non ammetteva repliche. Allora piegai le gambe, fino a che il lenzuolo non venne sollevato dalle mie ginocchia, appoggiai una mano sul mio stomaco e l'altra vicino al mio fianco e lo guardai.
- Scusami. - Sussurrai, mentre i miei capelli contornavano il mio viso in modo abbastanza disordinato e confusionario. Si alzò e si posizionò accanto alla specchiera, fuori dalla finestra la pioggia aveva cominciato a scendere a dirotto, eppure poche ore prima c'era il sole a picco.
- Perchè Rosalie? Accidenti, perchè?! - Aveva alzato improvvisamente la voce, e un pugno era rivolto verso di me. Sgranai gli occhi e mi misi a sedere, sempre coperta dal copriletto sopra di me.
- Emmett, io... - Provai a spiegargli le mie ragioni, provai per una volta nella mia vita a farmi sentire e a cercare di farmi valere come donna, ma subito mi interruppe.
- No, Rosalie! Avresti potuto dirmelo prima che succedesse tutto! E invece, hai preferito nascondermi tutto e farmelo scoprire solo dopo, perchè è così divertente, vero? E' divertente prendersi gioco di me, e farmi credere veramente che fra i due, quello colpevole ero io, per ciò che è successo, non è così? E io che mi sono passato giorni infernali per i sensi di colpa che mi stavano logorando, mi sono attribuito la colpa del tuo malessere per il mio infondato egoismo, visto che fra i due l'egoista sei tu! - Scossi la testa, e appoggiai i piedi a terra, sul marmo ghiacciato. Mi alzai e, dopo essermi stretta il solito scialle attorno alle spalle, alzai lo sguardo verso di lui.
- No, Emmett. - Dissi, trovando un coraggio che nemmeno sapevo di avere dentro di me, e lui si ammutolì all'istante, fremente di rabbia.
- Non puoi venire a dirmi che sono egoista, questo no. Puoi dirmi tutto ciò che vuoi, che sono una ignorante, una scoccia ingenua e poco attenta alle cose che la circondano, ma non che sono un'egoista. Mi sono sacrificata tutta la vita per le mie sorelle e per mia madre, non ho tralasciato da parte nemmeno un secondo per me, per il mio benessere o per potermi rilassare un attimo. Mi sono lasciata fare di tutto, mi hanno picchiata, quasi sfigurata e violentata perchè a loro andava di fare così, eppure ho continuato a subire e ad essere sottomessa per poter assicurare un pezzo di pane e uno straccio di letto su cui dormire alle mie sorelle, e so che loro lo hanno fatto per me. Avrei potuto farmi promettere in sposa a qualche riccone e avere dei maggiordomi al mio servizio, la bellezza non mi manca purtroppo, avrei potuto fare tutt'altra vita, ma non l'ho fatto. Quello sarebbe stato un gesto egoistico, ma rinunciare a tutto ciò per la propria famiglia non è da egoisti. - E prima che lui potesse replicare, anche se la probabilità era veramente bassa, me ne andai dalla camera, senza nemmeno preoccuparmi di cambiarmi d'abito e anzi, rimanendo in camicia da notte.
Non sapevo dove andare, il poco appetito che avevo era scemato del tutto e quasi sicuramente la nonna e la cugina dei ragazzi erano già arrivate, quindi mi diressi velocemente verso la saletta contenente semplicemente un paio di poltrone, una piccola libreria e un caminetto spento.
Stavo quasi congelando, ma prima di entrare nella stanza notai qualche legnetto in una cesta sotto ad un tavolo, e dei fiammiferi; a fatica sollevai la cesta, la portai di fronte al caminetto e buttai tutto il suo contenuto sopra alla cenere, e dopo qualche tentativo vano riuscii ad accendere un cerino e ad appiccare una fiammella.
Mi accomodai sopra ad una delle due poltrone, dopo aver afferrato un libro a caso, e mi rannicchiai su me stessa prima di iniziare a leggere.
Fortunatamente, avevo chiuso la porta dietro di me prima di accomodarmi, perchè riuscii a sentire, pochi minuti dopo, i passi rabbiosi di Emmett passare davanti e poi superare quella stanzetta in cui mi ero rintanata, era così poco ovvia quella stanza che a nessuno sarebbe mai venuto in mente di cercarmi lì dentro.
Avrei atteso lì dentro l'ora di pranzo, in modo tale da poter rimanere in pace con il mio bambino per un po', cercare di trovare una soluzione al più presto e valutare un piano con cui dare la notizia ad Emmett. Prima che fosse troppo tardi.
Che problemi avrei causato alla mia famiglia, una volta nato il mio bimbo? Avrei disonorato sicuramente mia madre, e le mie sorelle si sarebbero viste arrivare il titolo di poco di buono anche per questo, e soprattutto tutti avrebbero cominciato ad infangare il nome di Carlisle, e lo avrei mandato in rovina.
Scossi la testa, scacciando via quei pensieri opprimenti, e ritornai alla lettura di 'Romeo e Giulietta.' E chi l'avrebbe mai detto che in quella casa ci fosse stato un libro del genere? In effetti, nella prima pagina c'era una dedica scritta a mano da una figura femminile, e l'arredamento della stanza, sebbene fosse stato semplice, ricordava il gusto raffinato ed elegante di una donna di classe.
Allora cominciò a nascere dentro di me il dubbio che, forse, quella era la biblioteca personale della mamma dei ragazzi, e per quello nessuno ci aveva mai messo piede dentro, se non per sbaglio.
Un brivido mi corse su per la schiena, e mi guardai un attimo attorno: tutto silenzio, e buio, se non fosse stato per la mia immagine proiettata sul muro, ondeggiante e ingigantita, dal fuoco scoppiettante del camino di fronte a me.
Portai istintivamente una mano sulla mia pancia, e solo allora mi accorsi dell'errore fatale che avevo commesso poco prima: come avevo potuto essere così sciocca da mostrarmi a Emmett con quella camicia da notte, che non nascondeva affatto l'evidente rotondità del mio pancino? Nel giro di una manciata di settimane, era cresciuta poco e fino a pochi giorni prima del matrimonio non mi aveva dato problemi, ma era come se in quei pochi giorni fosse lievitata come una torta. E se lui si fosse accorto di qualcosa, che avrei fatto io?
Ma poi, ripensandoci, compresi che se si fosse accorto di qualcosa di diverso, me lo avrebbe fatto notare impedendomi di allontanarmi da lui con quella foga.
Allora rimasi lì a lungo, con lo sguardo fisso su quelle pagine che si rincorrevano velocemente, tale era la mia voglia di leggere, e con la mani appoggiata sul mio ventre caldo, che si sollevava ritmicamente seguendo il mio respiro e che sprizzava vibrazioni emozionanti ad ogni secondo.
Ogni tanto dovetti interrompere quel momento idilliaco per attizzare il fuoco che si faceva flebile sempre più spesso, fino a che i legnetti non si esaurirono.
Guardai nella stanza alla ricerca di un orologio, ma sfortunatamente non ce n'era nemmeno uno, quindi mi feci coraggio e mi alzai, portando con me il libro, che avrei continuato nel pomeriggio, e uscii in punta di piedi dalla stanza, rimettendo tutto a posto come l'avevo trovato.
L'orologio, non troppo distante, segnava le dodici e mezza. Accidenti, dovevo sbrigarmi se volevo arrivare almeno al dolce!
Allora mi rintanai velocemente in camera, e notai i miei vestiti accuratamente appoggiati sul letto, rifatto, e un bigliettino accanto. Lo afferrai, e lo lessi. 'Cerca di non tardare troppo, Rose, guai in vista. A e B.' Sorrisi, per conto mio, e mi diedi della sciocca da sola, mentre in fretta e furia mi tolsi la camicia da notte e infilai quel vestitone, largo al punto giusto, che le mie sorelle avevano lasciato fuori apposta per me. Come potevo non adorarle?
Mi diedi una sistemata davanti allo specchio, stranamente la mia faccia era più rilassata e pacata del solito, e le occhiaie non erano troppo evidenti, quindi raccolsi velocemente i capelli in una lunga treccia morbida e presi un lungo respiro.
- Forza piccolo, ce la faremo anche oggi. - Sussurrai, osservandomi il pancino, poi uscii nuovamente dalla mia camera per dirigermi verso il luogo dal quale provenivano voci sommesse, e piene di tensione.
Appena feci il mio ingresso, tutti si zittirono. La luce era fioca, tremante e illuminava veramente poco l'intera stanza, fuori il temporale infuriava imperterrito e rendeva l'atmosfera ancora più cupa e tetra.
Le mie sorelle si alzarono e quasi mi corsero incontro, con un sorriso stampato in faccia, e non potei non abbracciarle in una morsa stretta e calorosa, dichiarando loro più e più volte tutto il bene che provavo.
In un angolino del tavolo, sedute una accanto all'altra, la nonna e la cugina dei ragazzi ci osservavano con un'aria di superiorità e arroganza da farmi venire il voltastomaco, e proprio per questo evitai di trattenermi per più di due secondi a guardarle.
Jasper ed Edward mi avevano rivolto un cenno di saluto, mentre Emmett aveva rumorosamente appoggiato il bicchiere sul legno e stava guardando di sbieco la nonna, ancora parecchio alterato. Fortunatamente c'erano tutte quelle persone che avrebbero impedito chissà cosa da parte sua, anche se... Sapevo perfettamente quanto fragile fosse in realtà.
O almeno, speravo che lo fosse in fondo al suo cuore!
- Le sembra questa l'ora di arrivare, biondina? No, dico, ora non si sa nemmeno leggere un'ora? - L'anziana donna si sistemò gli occhialetti sul naso gobbuto e mi squadrò con un sopracciglio alzato, mentre la nipote aveva sollevato così tanto il mento da farmi pensare che si sarebbe potuto staccare da un momento all'altro.
- Avevo altro da fare. - Dissi semplicemente, con un lieve sorriso che nascondeva la voglia che cresceva di mandarle direttamente a quel paese. Ma quale signorina con un po' di buon gusto lo avrebbe mai fatto?
- Lei è veramente una cafona! Si vede che mio figlio ha veramente preso un abbaglio, altrimenti non avrebbe sposato una donna con una tale mancanza di educazione che si è anche rifiutata di passare alle figlie! Come si permette di venire a dire a me, signorina, che aveva altro da fare? Non lo sa che quando si prende un impegno, si rispetta sempre e comunque? - Digrignai i denti verso la sua direzione, e mi dovetti mordere la lingua per non rispondere seriamente.
Quindi mi accomodai al solito posto, di fronte ad Emmett che si irrigidì ancora di più, e attesi che mi venne servito il pasto. Cominciammo tutti a mangiare in silenzio, a parte le frecciatine che continuavano tutti a lanciarci, e sentii la rabbia salire dalla bocca del mio stomaco.
- Perchè nemmeno oggi abbiamo un po' di tranquillità in casa, ragazze? E' chiedere troppo, un pomeriggio in cui rilassarsi e pensare a qualcosa di positivo, ogni tanto?* - Le mie sorelle cercarono in ogni modo di mandarmi degli strani segnali, con occhiate che indicavano chiaramente le due e un labbiale incomprensibile che mi mandarono in confusione: che avevo fatto?
- Allora non ci siamo capite! E' l'ultima volta che lo ripeto, mi avete intesa? Non voglio che si parlino linguaggi rozzi e incomprensibili a tavola, nè qui nè altrove! Non siamo zingari, non possiamo capire i versi insensati che considerate come la vostra lingua madre, è impossibile che io o mia nonna ci abbassiamo ad un livello così insulso di comunicazione! - I miei ormoni, già altamente provati dal piccolo che portavo in grembo, schizzarono alle stelle da un momento all'altro, e decisi che era il momento di dire basta.
- Lei chi è per venire in questa casa e permettersi di dire a me cosa devo dire, fare o pensare? Pensa che avere i quattrini la faccia sembrare una persona come si deve? Lei è veramente così convinta di essere superiore a me per come pensa di parlare o atteggiarsi in pubblico, o è solo ipocrisia? Sapete, signore, potete avere tutti i soldi che volete, tutta la fama e la nobiltà che volete. Potete essera anche i sovrani in persona, ma se la vostra anima è povera, non ha un minimo di sentimento verso coloro che hanno più bisogno, non valete nulla. - Mi ero alzata dalla sedia, e con un gesto rabbioso avevo scostato il piatto da davanti a me. Ero stufa di dover sentire ogni santo giorno qualcuno che criticasse o giudicasse me o la mia famiglia, anche noi eravamo persone con dei sentimenti e con il diritto di essere trattati al loro pari.
Erano ammutoliti tutti, le mie sorelle erano sbiancate e si stavano osservando come scioccate, i due fratelli erano interdetti e non mossero nemmeno un muscolo facciale.
Ma colui che mi spaventò di più, fu Emmett. In un attimo, mi piombò accanto e mi afferrò un polso, stringendolo, poi mi trascinò fuori dalla stanza quasi di peso, così velocemente e così violentemente da farmi accapponare la pelle.
Finimmo fuori dalla porta, dall'altra parte della casa, esattamente sul balcone. La pioggia ci stava ricoprendo dalla testa ai piedi, eravamo già bagnati come pulcini quando la porta finestra si richiuse dietro di noi con un tonfo.
- Come ti permetti, Rosalie, di osare solamente pensare di poterti permettere un affronto a mia nonna? Non sai nemmeno chi accidenti è lei, che con un semplice comando può farti marcire in galera fino alla fine dei tuoi insulsi giorni! Perchè le hai risposto così, quando sapevi perfettamente di essere in torto marcio, per essere arrivata in ritardo a pranzo dopo aver perso tutta la mattinata dietro al nulla, e dopo aver lasciato un discorso a metà con il sottoscritto? Chi accidenti credi di essere, ora che tua madre ha sposato mio padre pensi di essere la regina? Ti sbagli, cara Rosalie, non la sei affatto. - Il mio stomaco si contrasse in un secondo, e un senso abnome di nausea mi colpì come uno schiaffo in pieno viso. Probabilmente cambiai colore, e da rosa appena accennato divenni verde insana, ma non mi importò affatto. Ormai avevo cominciato a sputare sentenze, e non sarei riuscita a fermarmi nemmeno sotto tortura, anche se sapevo che me ne sarei pentita ben presto.
- Hai intenzione di picchiarmi, Emmett? Oltre ad avermi fatto passare più di due mesi sotto alle lenzuola con te, ora hai anche il coraggio di venire a dire a me che ho un'aria di superiorità? Avanti, Emmett, picchiami. Massacrami, riempimi anche tu di lividi dalla testa ai piedi, rompimi il naso e buttami giù dalle scale come se fossi un sacco. Riempimi di calci e pugni come se fossi un saccoccio, tanto io sono una donna che non vale niente, no? Sono una sporca zingara, avanti Emmett, dammi la lezione che mi merito per essere ciò che sono. Ma poi, non accusare me. - E appena finii di parlare, sentii tutta la mia forza interiore svanire nel nulla, e lasciarmi come una corazza vuota sotto all'acqua scrosciante e purificatrice.
Scoppiai in lacrime, la tensione era così forte che arrivai al limite, e singhiozzai così forte da dover portare una mano al petto, per tutto il peso che sentivo nel cuore.
Emmett, di fronte a me, si adombrò e strinse i pugni, mentre io non feci altro che abbassare la testa, per non vedere nulla di quello che mi sarebbe accaduto, poco dopo.



Angolino autrice: buon giorno a tutti! Come state? Allora, visto che sono in ritardissimo volevo scusarmi con tutti voi, ma pregarvi seriamente di lasciare un commentino alla storia, per sapere cosa ne pensate e cosa, secondo voi, dovrei cambiare. Spero vi sia piaciuto, recensite numerosi! A presto, un bacione, Alba97.







 



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Capitolo 25
*** AVVISO ***


Ciao a tutti!! Dopo ben sette anni di inattività, ritorno finalmente con un remake della FF che é stata visualizzata da ben 5500 persone!! Spero con tutto il cuore che possiate rileggerla e apprezzarla forse più della versione originale. Vi lascio il link ;) https://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3938617&i=1

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