Aiutami sottovoce

di Josie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***
Capitolo 3: *** Tre ***
Capitolo 4: *** Quattro ***
Capitolo 5: *** Cinque ***
Capitolo 6: *** Sei ***
Capitolo 7: *** Sette ***
Capitolo 8: *** Otto ***
Capitolo 9: *** Nove ***
Capitolo 10: *** Dieci ***
Capitolo 11: *** Undici ***



Capitolo 1
*** Uno ***


- Lo so che infondo a te non interessa.
- Non è che non..

- Non t'interessa.

- Va bene, forse non m'interessa, ma a te che cambierebbe?

 

Il bello era che aveva ragione. Che sarebbe cambiato? Saperlo, non saperlo. Era la stessa cosa. Anzi, forse la consapevolezza avrebbe reso tutto più difficile. 

 

- Mi cambia, metterei l'anima in pace!

- Ah, giusto. Dimenticavo. Tu vuoi salvarmi.. 

 

Ed ecco il suo rinomato tono di sfida. Riusciva ad essere così beffardo, chissà come faceva.
 

- No.

- E' così. Non mentire, non lo sai fare. Tu sei ancora decisa a volermi salvare. Che stupida che sei. Quando capirai che non ho bisogno di te? Io non voglio il tuo aiuto, né ora, né mai. 

 

Quella frase faceva più male di quanto ricordasse. 

 

- Perché allora continui a cercarmi quando stai male?

- Io non.. 

 

Silenzio, imbarazzante e lungo silenzio. 

 

- Io non.. Non è vero.

- Smettila di dire stronzate. Tu hai bisogno del mio aiuto almeno quanto io ho bisogno di aiutarti.

- So bene che non vedi l'ora di vedermi stramazzato al suolo per porgermi la tua mano con quel fottutissimo sorriso. 

- Questo non puoi dirlo. Io voglio.. io vorrei aiutarti ad evitarla la caduta. Non godo della tua sofferenza.

 

Era calma, era convinta e decisa. Voleva aiutarlo. 

 

- Vattene!

 

Non si muoveva.

 

- Vattene ho detto!

 

Silenzio, singhiozzi, lacrime. 

 

- Vattene, ti prego.- disse piangendo - ti prego. 

 

In quel caso con quelle parole voleva chiederle di rimanere. E lei rimase.

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Capitolo 2
*** Due ***


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Andava avanti da tanto quella storia. Ogni volta la stessa scena. Si divertiva con gli amici Dann, fumava Dann e non solo 
 
sigarette. Niente di male, si sa, un ragazzo a sedici anni è idiota. Fuma per sentirsi grande. Poi però le canne si trasformarono 

in droga, di quella forte. Non voleva uscirne Dann, non poteva, non ci provava nemmeno.
 
 
La chiamava ogni tanto. "Vienimi a prendere.." le diceva. Non sapeva dove andare, e non sapeva come. Ecco cosa facevano quei bei 
 
pomeriggi divertenti. Lo rincoglionivano e lo bruciavano piano piano. La droga se lo stava fumando. Aveva cominciato col fumare ed 
 
era finito fumato. Bella, bella fine.
 
 
Non è che lei lo amasse, non è che lei sapesse di amarlo. Gli voleva soltanto bene a detta sua, come fosse un fratello diceva. 
 
Dann nei suoi pochi momenti lucidi capiva la realtà, più di quanto la capisse lei. Capiva lei più di chiunque altro. Ma faceva lo 
 
stronzo. Non che non le volesse bene, ma il timore di piacerle e di farla soffrire lo irrigidivano. Era distante Dann, ma solo 
 
quando il cervello era connesso.
 
 
Puntualmente si sentiva il telefono squillare, puntualmente usciva di casa per acchiapparlo. Aspettava che si riprendesse. Ci 
 
passava interi pomeriggi. Era la sua baby sitter, perché Dann in quelle condizioni sembrava proprio un bambino. Stupido, eh, ma un 
 
bambino.
 
 
Era davvero un idiota. Idiota forte. Alternava periodi di "astinenza" a quelli di completo abuso. Peccato che quando sembrava che 
 
le cose anssero meglio, tac, arriva il sabato sera e.. prima alcool, poi cannetta, e poi.. beh, poi si ricominciava tutto da capo. 
 
Idiota era anche lei, che si era messa nel ruolo di sua madre, di sua amica, di suo tutto. E la cosa peggiore era che le piaceva 
 
pure. Gli correva dietro con il solito tazzone di caffè e la solita pazienza. Lo scarrozzava al pronto soccorso, lo riportava a 
 
casa, o meglio, tra le mura di casa. I genitori di Dann? Divisi, inesistenti. Litigavano ed urlavano, solo quello sapevano fare. 
 
Lo accusavano, non lo aiutavano; lo minacciavano, non ci parlavano. Non si parlavano. Così Dann arrivato a casa si metteva le sue 
 
cuffiette e aspettava fino a quando il suo cervello si fosse ricollegato.

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Capitolo 3
*** Tre ***


- Grazie, anche se ti tratto male tu ci sei sempre quando ho bisogno.
 
Sicuramente non era in sè.
 
- Non mi devi ringraziare.
- Si che devo, devo eccome. Quando sto bene ti caccio, quando sto male ti cerco. Io mi sarei mandato a quel paese da un bel po'.. 
 
Quant'era bella la spiaggia quel pomeriggio. Il mare si muoveva piano, un rumore costante e calmante. Faceva freddo però. Un tipico pomeriggio invernale, niente sole, poca luce, troppa calma. 
Lei studiava, lui cercava di non cadere di faccia per terra. Lei seduta in mezzo alla spiaggia, lui in piedi sul bagnasciuga.
Dann era scalzo, i pantaloni alzati al ginocchio; faceva rimbalzare le pietre in acqua e pensava. Poi, d'un tratto si girò verso di lei. 
 
- Chissà come urlerrebbero i miei se sapessero che oltre a rovinare la mia vita sto rovinando anche la tua.. Ti vogliono bene sai, quei due. Ne vogliono più a te che a me.. - rise - Ti ricordi quando mia madre ti pregò di sposarmi? - rise ancora - Eh si, ti vuole proprio bene quella! Invece a me.. mi odia. Non mi caccia di casa solo perché non sto mai in mezzo ai piedi. Solo quando mi ci riporti tu a casa. Solo un anno e potrò andarmene, non so dove ma me ne andrò. In Olanda probabilmente.. - scoppiò a ridere di gusto - Oh avanti, ridi!
 
Non voleva alzare lo sguardo dal libro, lei.
Dann prese le scarpe e le si accucciò vicino.
 
- Non ti pare meraviglioso il mare? Si inghiotte tutti i problemi. Tu esci di casa tutto incazzato, te ne vai in spiaggia, stai cinque minuti incazzato a fissare il mare e tutto sparisce. Non trovi?
- Smettila Dann.
- Di fare cosa? 
- Di non vivere.
- Eccola che ricomincia..
- Cosa pretendi, che io passi tutta la mia vita a controllare che tu non prenda una craniata al suolo? Credi forse che durerà per sempre la mia pazienza? Per non parlare di te.. Dio santo Dann! Cosa aspetti a renderti conto di non stare vivendo? Davvero sei convinto che questo sia vivere? Pensa alla sofferenza che provochi in quelli che ti vogliono bene.. Va beh, lascia stare i tuoi. Pensa a me, pensa ai tuoi vecchi amici. Quelli che nonostante tu li abbia scaricati per fartela con quelli lì, ci sono sempre. Mi chiedono sempre di te. Quando esci il sabato ti salutano, ti invitano. O no? Se tu volessi uscirne, io potrei aiutarti, ma finché a te va bene così, io posso fare ben poco. Beh, oltre quello che faccio già.. No, non te lo sto rinfacciando. Lo sai che lo faccio perché ti voglio bene.. Ma che parlo a fare? Non so nemmeno se capisci cosa dico, non so nemmeno se domani ti ricorderai di oggi. 
- Scusa. 
- Che.. ? 
 
La zittì, e la strinse al petto. 
 
- Non credo di meritarti. 
 
Rimasero così per tanto tempo. Si tenevano caldo. 
No, decisamente il cervello era ancora scollegato, ma quanto era tenero così.

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Capitolo 4
*** Quattro ***


Si, se avesse potuto attribiure un colore all'infinito avrebbe scelto quello degli occhi di Dann. Per lei guardarli era come per Dann fumarsi una canna. 
Era il suo metodo di autodistruzione preferito. Più li guardava meno capiva. Più lo guardava meno capiva. Ma non lo sapeva, non se n'era mai accorta. A sedici anni speri di innamorarti, ma fai fatica ad ammetterlo. Hai paura di rimanere solo con in mano un sentimento troppo distruttivo. Così, anche se l'aveva spesso pensato, non mostrò mai a nessuno i suoi sentimenti. Tranne che a Dann stesso. Anche se non gli parlò mai di cosa le passasse per la testa, lui se ne accorse prima e se ne accorgeva anche adesso. Non era stupido, non del tutto almeno.
 
La verità è che la disarmavano quegl'occhi, la rincoglionivano come una botta in testa. Era loro che amava. Fin dalle medie ci si perdeva dentro. Chissà cosa ci leggeva.. Odio, stupore, voglia di riscatto e di andarsene via. Anche amore a volte, un amore lontano dai canoni tradizionali. Dann prima amava la vita. Nessuna malizia, nessuna ragazza che lo avesse depistato dal suo vero amore, mai. 
 
Ci coglieva l'ispirazione negli occhi di Dann. L'ispirazione per una frase, o per una vita bruciata. Quando Dann rideva, lo facevano prima i suoi occhi. 
Se la ridevano loro, ma mai che si lamentavano, no. Morivano a volte, ma non si lamentavano mai. Sembrava cogliessero la bellezza della vita in tutto, in una canzone, in un pomeriggio con gli amici. E certamente anche nel mare. 
 
Questo quando era ancora uno sbarbatello.
 
Ora le cose erano un po' cambiate.
L'unica cosa rimasta immutata era il mare negli occhi di Dann. Sembravano nati per portarne con se il riflesso. E lo amava il mare Dann, almeno quanto lo amava lei. Per questo tutti i pomeriggi, dopo aver letto il nome di Dann sul display, sapeva già dove andare. Stavano in spiaggia ore e ore. Con il sole e soprattutto con la pioggia. Con gli occhi che nuotavano nel mare e gli ombrelli gracili sopra le teste. Sembrava riprendersi prima Dann in spiaggia. Sembrava che il mare solo riuscisse a mutarlo dentro. Così lei gli prescrisse il mare come terapia. 

Ora il colore non era quello dell'infinito, era quello della rovina.
Viola, tanto viola intorno a quegl'occhi. Occhiaie marcate e violacee rovinavano il color dell'infinito che lei tanto aveva amato. Cresceva quel viola, quasi si nutrisse del disprezzo di Dann per la sua vita. E della la voglia di cambiare che gli mancava. Così crescevano le occhiaie di Dann, a dismisura, fuori controllo. Fuori controllo erano loro e fuori controllo era Dann. 
Più il viola aumentava e più Dann moriva. Era così che stava morendo, di giorno in giorno, ma non fisicamente, no.. Era la sua lucidità che moriva. 
L'unica cosa che continuava a crescere era l'affetto di lei. Evitava di guardare Dann negli occhi per non rendersi conto dell'autodistruzione. Le faceva male al cuore, ma non smetteva di volerlo aiutare. Ora che Dann non aveva più nessuno intorno lei c'era sempre. Le piaceva essere d'aiuto per Dann, le piaceva stargli accanto. 
Si era messa in testa di volerlo salvare da se stesso. Trovava ogni momento più lucido per fargli capire, farlo ragionare; sembrava anche che lui le desse ascolto, ma, puntualmente, il pomeriggio successivo ci ricascava come un idiota. E pensare che sembrava così forte! Ora, guardandolo negli occhi, tutto quello che si vedeva era debolezza. Ah, oltre che quel viola opprimente. 
 
Erano color dell'infinito, ora sono color dell'autodistruzione. Ma porteranno sempre con loro il riflesso del mare.

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Capitolo 5
*** Cinque ***


- Che.. che ci fai, tu, qui?
- Sono a scuola fenomeno, cosa credi che faccia, imparo no? - rise - Va beh, forse non è totalmente credibile, lo ammetto.
- Io non..

Non fece in tempo a dire altro. La folla se lo risucchiò, sparì in un batter d'occhio.
Si ritrovò sola con una faccia mista tra meraviglia e perplessità. Cosa succedeva a Dann? Cosa lo aveva riportato a scuola? Troppe domande, nemmeno uno straccio di risposta.

La campanella suonava la fine di quella mattinata infinita.

- Ehi!
- Oh, ciao Dann.
- Cos'è, non sei felice di vedermi?
- Sono solo un po' perplessa, ma sono felice per te.
- Non sembra.
- Lo sono però.
 
Era contenta effettivamente, ma niente nel suo viso lo rendeva palese. Il suo Dann stava tornando a vivere e sentiva come se non fosse grazie a lei, come se tutta quella montagna di parole fosse crollata senza prima essere stata sormontata. Si sentiva inutile, ma anche contenta per Dann.Ma anche inutile. Ma anche tanto.

- Beh, ho il motorino qui, vuoi..
- No, grazie, ho già il biglietto dell'autobus pronto.
- Come preferisci.

Allacciò il casco e si allontanò rapido.



Il telefono vibrava. Era Dann, rispose con un filo di ansia.

- Dann, tutto okay?
- Hey tranquilla, è tutto apposto!
- Oh.. mi stavo preoccupando. Mi stavo già infilando il giubbotto.
- Hai fatto bene, sono in spiaggia, ti aspetto.

Cosa stava succedendo? Tutto cambiava e i suoi occhi erano ciechi, non lo avevano visto quel cambiamento.

- Eccoti! Ti stavo aspettando.
- Scusa, ho evitato di correre dato che stai bene..

Stava bene davvero, i suoi occhi erano meno viola ma non meno sofferenti però.

- Cosa..
- Dimmi.
- No, niente.
- Oh, avanti!
- Cosa sta succedendo, Dann?
- In che senso?
- Sembra tu stia meglio.
- Sto meglio, ed è merito tuo, più di quanto tu possa mai immaginare.

Sole, tanto sole. Un tranquillo cielo invernale. Forse il meteo seguiva Dann. I suoi occhi brillavano effettivamente, sembravano accantonare il dolore ogni secondo di più. Era bellissimo. Un sorriso quasi dimenticato faceva capolino su quel viso segnato da tanti odi. Le venne in mente il Dann di tre anni prima. Quello scemo che non faceva altro che ridere di cuore, senza pensieri, senza sofferenze.

Così sorrise.
Dann l'accompagnò volentieri.

- E' strano vederti sorridere
- Per me vale lo stesso, Dann.
- Lo so, ma ti prometto che sorriderò più spesso.

Silenzio. 

- Non so come comportarmi quando sei.. 
- Connesso col cervello - rise.
- Già - rise - connesso col cervello. Sei intrattabile di solito, ho paura di parlare, ho paura che per una sola parola saresti capace di mandarmi via.
- L'ho già fatto, ma non mi pare che ti sia interessato, se sapevi di essermi d'aiuto vicina, tu rimanevi. E te ne ringrazio.

Era seriamente commossa. Si limitò a sorridere, ci aveva preso gusto.

- Di niente. Mi devi delle spiegazioni però.. Cosa ti ha fatto cambiare così tanto? E da un giorno all'altro poi.. 
- Tu, te l'ho detto, sei stata tu! 
- E' da quest'estate che provo a farti ragionare senza nessun risultato, cosa..

La interruppe.

- Allora, un bel gelato?
- Dann.
- Okay, forse non è tempo di gelato.. Il sole mi aveva depistato. Che ne dici di un caffè?
- Va bene, ma ne riparleremo, okay?

Come se non avesse parlato, era già lontano Dann.

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Capitolo 6
*** Sei ***


Sarà stato il mare, sarà stata qualsiasi altra cosa.. Ma era cambiato davvero.
Non che non le facesse piacere, non che non fosse ciò che stava provando a fare da mesi ormai.
Anche se Dann diceva il contrario, non era merito suo, ne era certa. Si logorava e cercava di capire; meno capiva più si logorava.

"Il mare lo avrà aiutato, sì". Più lo ripeteva più perdeva senso. "Se fosse davvero stato il mare, come te la spieghi questa gelosia?" "No, no. Non sono gelosa, no. Sono contenta per lui. E' affetto, non gelosia".

Lunghi dibattiti con se stessa.

Aspettava eterni pomeriggi che qualcosa accadesse: un libro sulle gambe e un telefono nell'altra. Ma non accadeva niente, un assurdo silenzio si era impossessato dei suoi giorni. Lontano però arrivava l'eco di mille risate. L'eco di ciò che non stava vivendo. Non lei. Non senza Dann. Allora chiudeva gli occhi per cercare il silenzio. Il silenzio assassino, quello che allunga i minuti, le ore, i giorni. Tutto ciò che trovava, però, erano un paio di occhi stupendi, sorridenti, perfetti. Poco viola, molta vita. Occhi senza colore, occhi dell'arcobaleno. Occhi color dell'infinito. 

"Che starà facendo?" Silenzio. Non sapeva cosa rispondersi. 
Testa china su un libro senza parole. 
Il telefono lontano. Lontano come Dann.

Poi la stanza cominciò ad urlare tante domande. E va bene che una stanza vuota può essere rumorosa, sono forse i ricordi a fare rumore? Sono i sogni che muoiono di una morte così violenta e rumorosa? E' forse il cervello che, cercando una via d'uscita dal nulla, corre e s'affanna e urla e piange?
Il cuore sussulta e crepita, come un'imperfetta macchina che ad un certo momento, nel mezzo di tanti altri momenti, annoiata, decide di rompersi. Un ingranaggio incastrato, una briciola di noia e.. Puf, si rompe. Il meccanismo intero smette di funzionare, così, d'improvviso. Senza alcun tentennamento né preavviso. Magari si ferma per un momento, magari per l'eternità. 

Lui che ride. Lui che è di nuovo e finalmente felice. Tu che assisti come spettatrice di uno spettacolo incomprensibile. Distogli per un attimo lo sguardo dal palco e lo scenario è cambiato, i personaggi pure. Cambia scena e non conosci il motivo. Come sentirsi se non persi? Ora ti trovi ad un bivio: puoi uscire dal teatro, oppure concentrarti e cercare di capire da sola qual'è stato quell'attimo che ha sconvolto tutto lo spettacolo. Potresti anche chiedere al tuo vicino, sì, ma nessuno sarebbe così stupido da distogliere l'attenzione per te.
Così lei fece la scelta più difficile. Volle capire gli attimi persi di quell'incomprensibile spettacolo, sola. Ripercorrere controcorrente un fiume di parole per arrivare alla sorgente. E, finalmente, capire.

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Capitolo 7
*** Sette ***


Una sera di primavera.
Lei con le sue amiche. 
La spiaggia. 
Il mare.




D'improvviso, In mezzo al silenzio sentì da lontano ridere, e lei si fece trascinare.




- Non ho ancora capito cosa ci trovi in lui.
- La sua leggerezza, credo. Lui è leggero dentro. Davvero, non sono mai riuscita a capire come fa ad essere così. Ha passato periodacci, ma aveva sempre pronti un sorriso e una cosa stupida da dire. Non è ottimismo, è.. Leggerezza. Anche con le occhiaie viola e profonde, con la testa che gli girava, lui sorrideva. Anche dopo aver assistito ad un' altra lite dei suoi. Mi chiamava. Anche al telefono sentivi il suo sorriso.. Che poi la sua leggerezza era contagiosa, questo è da dire. Magari gli facevo una sfuriata, e lui era serio e capiva; ma comunque cinque minuti dopo era lì che ti sorrideva, anche con il pianto nel cuore. Capisci Elise? 
- Vorrei, ma non capisco. E' proprio l'amore che io non capisco.
- Nessuno capisce l'amore, ed è per questo che tutti lo desiderano.
- Com'hai fatto a capire che era la sua, la risata di prima?
- Questo Elise, io proprio non lo so. E' stato bello ridere insieme a lui ancora una volta, però.

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Capitolo 8
*** Otto ***


Finalmente si decise a tornare a vivere. 
Le sue amiche la convinsero ad uscire, ma diciamo che lei comunque voleva uscire. Era troppo tempo che non sentiva il profumo di Dann, che non lo sentiva cantare.
Vedere quei suoi occhi di sfuggita a scuola non le bastava, non dopo che aveva passato interi pomeriggi a fissarli ed accudirli.
 
E così uscì.
 
Si divertì come faceva prima. E rise, rise tutta la sera. Una risata che scaricava tutte le domande senza risposta. Le faceva uscire e le uccideva mentre galleggiavano in aria, illuse. Le assassinava per vivere, si nutriva del loro sangue. Un'immagine cruda, ma vera.
 
In spiaggia aveva sentito Dann ridere. Sapeva che era lui. Fece un grande atto di coraggio: non seguì il filo di Arianna della sua risata, che l'avrebbe sicuramente portata a Dann. Rimase immobile dov'era, con i piedi affondati nella notturna sabbia ghiacciata. Nel mezzo di un silenzio scoppiò a ridere di gusto, però. Rise insieme a Dann, però, come avevano sempre fatto. Dopo quella prima risata non smise più per tutta la sera, però. Le sue amiche si chiesero cosa le fosse preso, però.
Era uscita con l'intento di vederlo, ma a pochi passi da lui preferì immaginarselo. Non trovò lui, trovò molto di meglio: la sua felicità. La sua e quella di Dann mischiarsi insieme come sempre, ancora una volta. Nascere lontane ed unirsi nello stesso istante. Questa è perfezione.
 
Sentire Dann ridere la convinse che stava bene, e che era una stupida. Non avrebbe dovuto preoccuparsi per lui, lui che non aveva più bisogno di lei. 
Lei cominciava a capire quanto bisogno aveva di lui, del suo Dann dagli occhi color dell'inifinito.
Basta, doveva chiuderlo fuori. Basta pensare a qanto ancora avrebbe potuto aiutarlo. A quanto avrebbe voluto farlo.
 
Lo cancellò dalle sue priorità.
Una cosa incora le ingombrava la mente, le impediva di andare avanti: lei continuava a non capire. Continuava ad ipotizzare ed ipotizzare, senza mai intuire la verità. Cos'era successo a Dann? Continuava un'inutile azione di logoramento interiore. 
Era come in una strada sbarrata da insicurezze e buio. Si era seduta davanti all'enorme masso che ostruiva il passaggio e lo fissava, lo trapassava con lo sguardo, chiedendosi mille perchè. Di tornare indietro non se ne parlava proprio. Doveva escogitare un piano, doveva ragionare e capire come fare per proseguire. Ragionare e capire.
Ma ormai aveva intrapreso la strada della leggera felicità. Quella che anche se sai instabile, speri sempre possa durare un'eternità. Non è una completa felicità, è un limbo tra la serenità e la gioia. Tra il dolore e il pianto. E' l'attimo esatto dopo un bacio, quando hai gli occhi chiusi e tutti i pensieri che ti ronzano nella testa. E' quando ti senti morire, ma anche vivere, perché soffri e ti accorgi di quanto sia vera una lacrima, una vita. E visse settimane di questa leggera felicità, immersa nella sua vita. Con il profumo di Dann nei vestiti, ma il suo futuro davanti agli occhi.
 
Sperava solo che lo avesse aiutato davvero. Che fosse riuscita a migliorarlo almeno un po'. Almeno da poterlo sentir pronunciare il suo nome con un velo di riconoscenza. Almeno quel poco che avrebbe impedito a Dann di dimenticarla.

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Capitolo 9
*** Nove ***


- Tra pochi giorni è il tuo compleanno. Hai deciso cosa ti piacerebbe fare? Discoteca, pizzeria.. Spiaggia?
- Niente. 
- Smettila con questa apaticità. Come può un ricordo farti così male? E' passato un'anno, e ancora ci pensi. Dovresti dimenticare, e mi sembrava lo avessi fatto.
- Non posso dimenticare, e tu lo sai. Mi ha preso solo questa nostalgia di Dann. Ma ci pensi che un'anno fa cominciai ad innamorami di lui? E' passato esattamente un anno.
- Si ma adesso basta! 
 
Era così Elise: le cose te le diceva in faccia. Lei Dann non lo aveva mai sopportato. E dopo aver visto la sua amica piangere per lui, lo cominciò ad odiare. E adesso voleva che lei se ne sbarazzasse. E' anche vero che l'amore lei, non l'aveva mai provato. E forse era per questo che era così cinica ed a tratti insensibile. Parlava dei sentimenti come se fossero cartacce. Utili solo ad alimentare fuochi. Ma poi bruciavano in fretta e nella gente come nei camini, non lasciavano nient'atro che polvere e fumo. I sentimenti offuscavano la vista. Per questo non si lasciava nemmeno andare all'amicizia di quella strana ragazza. Quella ragazza piena di propositi ed intenzioni. La stessa ragazza che amava più gli altri di sè. Quella che aveva buttato via mesi per quello stupido Dann. Odioso. Ad Elise faceva propio rabbia. Lei vedeva che non staccava dalla sua amica mai gli occhi di dosso. Ma a lei questo non lo diceva, e guardava Dann con occhi cattivi, come per dirgli di allontanarsi e lasciarla in pace. E lui non si era mai avvicinato a lei. Ma non di certo per merito di Elise. 
 
- Facciamo che organizzo io? Diciassette anni si compiono una volta sola nella vita. Dai.. Mi metto d'accordo con tua madre. 
- No dai, lascia stare, Elise. Faccio io. Hai ragione. Voglio che il mio compleanno sia l'inizio di un nuovo periodo della mia vita. Un periodo felice. Per questo voglio festeggiare in spiaggia. Sai quanto è importante per me il mare. 
- Si: il mare calma e tutte le altre menate. 
- Esatto, tutte le altre menate.. 
 
Risero.
 
- Quindi fai tu, eh?
- Si, non ti preoccupare!
- Però io porto un paio dei miei amici.
- E dai! Non voglio conoscere nessuno.
- Chi ha detto che non li conosci già?
- Non dirmi che devi portare anche Theodore?
- Certo! Non si perderebbe il tuo compleanno per niente al mondo. - Ammiccò - Hai fatto colpo! 
- Si, nel senso che se si avvicina di nuovo gli tiro un'altro pugno in faccia! 

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Capitolo 10
*** Dieci ***


Ciao. 
Non ti sto scrivendo per chiederti come stai. Ti sto scrivendo per raccontarti quello che ho in testa adesso. Se vuoi possiamo entrambi fare finta che sia ubriaco. Sarebbe più facile. Sarebbe tutto più spontaneo e credibile. Allora è andata, sono ubriaco, okay? 
Forse te l'ho già detto, forse no.. Ma grazie. Grazie dei pomeriggi in spiaggia, delle chiacchiere, delle sfuriate tenere. Grazie di essere stata mia madre per mesi. Grazie di aver cantato con me, di non aver dato peso alle stonature. O ai testi delle canzoni. Grazie per le risate e per lo schiaffo di quel giorno, quando avevo la vista appannata e non riuscivo più a parlare. Grazie a te ho vinto la droga. Grazie della pazienza.
Ma c'è una cosa per cui devo ringraziarti più di tutte: grazie di avermi amato. In silenzio, ma con i gesti. Me ne sono accorto, sai? Non sono poi così scemo. Dai tuoi occhi si vedeva l'affetto che provavi per me. E anche io ti ho amata. In quei pochi timidi abbracci sulla spiaggia sono stato tuo amante. Credimi se ti dico che ti ho amato. Ti ho amato perché mi hai salvato. E non mi faccio più vedere perché voglio essere io a salvare te. Ti ho allontanata per rendere la tua vita completamente tua. Questo è stato il mio modo di ringraziarti. E voglio chiederti scusa per queste parole che stai leggendo ora. Perché ora ti sto vicino, e io non voglio. Voglio che tu dimentichi il mio volto, che vada avanti. Voglio continuare a spiarti a scuola e vederti ridere, con i tuoi amici. Quei pomeriggi d'inverno non ridevi spesso. Ti ho invecchiata. Ti ho reso una giovane vecchia; con tutte quelle preoccupazioni e pensieri che ti ho dato.
Ancora mi ricordo i tuoi messaggi: "Aspettami in spiaggia, arrivo". Io ricordo tutto di te: la tua pelle che profumava di un profumo tutto suo, ricordo ogni pagina di quei libri che studiavi, ogni sasso che provavi a far rimbalzare sul pelo del mare. Ricordo le tue parole, mai dimenticherò la tua voce. E le tue lacrime. Quelle che io stesso ho causato. Quelle lacrime mi perseguitano la notte. Io non volevo farti soffrire. Non avrei mai voluto impossessarmi della tua vita. Scusami. Sono stato un egoista. Ti amavo e sapevo che non mi avresti abbandonato mai. E così ti ho tenuta legata a me. Scusa.. Nemmeno puoi immaginare di quanto io mi senta egoista e cattivo. Hai presente quel giorno a scuola che ti sono passato vicino? Eri con la tua amica, quella che mi odia. Ti ho vista piangere. Ancora una volta. Ho sentito che le dicevi che ti mancava il mio profumo. Non voglio che ti manchi niente di me. Voglio che tu sia sempre felice come adesso. E io ti sarò sempre invisibilmente vicino. Non ti accorgerai di me. Me lo prometto, questo. So di quanto odi il fumo adesso, e so anche il perché. Mi chiedo solo quante cose ti ho portato ad odiare. 
Scusa se queste sono le prime mie parole che senti da mesi. Forse le avrei dovute tirare fuori prima, per non riaprire la ferita. Ma mi conosci, e sai quanto tutto questo è difficile per me. Soprattutto scrivere immaginando che leggerai tutto questo piangendo. Scusa. 
Non sono convinto che ti manderò questa mail. Non sono più tanto sicuro che sia la cosa più giusta da fare. Ma tu hai sempre preteso sincerità. Tutto questo te lo devo. Ma scusa lo stesso. Ho da dirti tante altre cose. Ma credo che se provassi a scriverle suonerebbero uguali a quella canzone che ti dedicai tempo fa'. Riascoltala l'ultima volta ed eliminala. Ma tanto so già che non lo farai. Sei testarda almeno quanto me, ed è uno dei motivi per cui ti ho amato. Uso il passato solo per convincermi che adesso è tutto diverso. Che non ti amo più. Ma non credo sia vero. Credo piuttosto che non smetterò mai di farlo. La mia salvatrice. Sappi che mai nessuna mi salverà più. Se mi vedi con un'altra promettimi di ridere: mi pentirò sempre di averti lasciato andare. Ma lo sto facendo perché ti ho amato. Se non mi sentissi in colpa magari adesso starei dormento al tuo fianco. Ma questo sarebbe stato possibile solo se tu non mi avessi salvato. E se non mi avessi salvato forse nemmeno ci saremmo amati. Se non fossi stato così debole avrei vissuto la mia adolescenza tra sicura stupidità e la tua tiepida compagnia. Ma il passato non si cambia. Adesso ho diciassette anni e tutto quello che so è che devo tutto ad una sola persona. La persona che ho fatto soffrire più di tutte. 
Sono le tre di notte. Fino a tre ore fa' era San Lorenzo. Ma di stelle io ne ho viste ben poche. Questa è la vendetta del cielo per aver amato l'unica stella che abbia mai visto. E adesso tra l'altro è la notte del tuo compleanno. 
Questo è il mio regalo per te. Ho gli occhi appannati ora, anche gli scemi si commuovono. Le parole le distinguo a fatica. Facciamo finta che sia per l'alcol e non per te. Facciamo finta che non ci amiamo più.  

Ti prego, vivi come se non avessi mai incontrato il mio profumo. 
Ti ho amata.

Dann

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Capitolo 11
*** Undici ***


- Che bella serata!
- E tu che non volevi festeggiare.
 
Erano tutti intorno ad un piccolo falò. Erano sulla loro spiaggia preferita. Quella piccolina che nessuno conosceva. Quella stessa spiaggia complice di aver fatto innamorare lei di Dann. Il cielo era nero, e contrastava con una grande luna bianca. Il cielo si era svuotato dalle stelle dalla sera prima. Di nuvole non c'era nemmeno l'ombra. Un tiepido venticello estivo muoveva e stuzzicava il fuoco. L'aria era così leggera che brividi di benessere percorrevano la schiena di quei ragazzi intorno al fuoco. I cartoni delle pizze piano piano bruciavano. Dalle casse si alzava una musica in sottofondo. Sopra la musica c'era gente che ballava, o rideva, o cantava. La notte avanzava ma loro stavano bene così. Le tende erano pronte per ospitare i loro sonni una volta che questi fossero giunti. Ma le bottiglie di birra ritardarono per un po' l'effetto del sonno, e aiutarono qualcuno a fingersi ubriaco giusto per strappare qualche risata.
I suoi amici c'erano tutti. Tutti tranne uno. Ma nessuno sembrava accorgersene. O era stata Elise ad avvertire tutti gli altri, o a minacciarli di non pronunciarne il nome. Come potevano sapere gli altri le lacrime di quella stessa mattina? Aveva aperto la posta, quella mattina. Appena vide il nome di Dann tra le mail ricevute il suo cuore fece un tuffo. Rilesse quel messaggio talmente tante volte che non ricordava più se era stata lei stessa a scriverselo. Dopo tanto tempo non si aspettava di risentirlo, né tantomeno aveva mai sperato in quelle parole. Ora però sapeva che mai sarebbe tornato da lei, orgoglioso com'era. Che niente sarebbe mai tornato come prima, che non avrebbe mai rotto la promessa che aveva fatto con se stesso. Dann aveva deciso per entrambi. A lei questa cosa non andava giù. Cosa ne sapeva lui della sia sofferenza? A lei non importava soffrire. Le bastava averlo vicino una notte soltanto. Una lunga notte. Niente. Avrebbe dovuto farsene una ragione ormai. Niente più Dann nella sua vita. E niente stronzate tipo: si è portato una parte di me con lui. Lei aveva anche accettato la sua assenza, ma se fosse tornato, lei non l'avrebbe più lasciato andare. 
 
- Ehy, come stai?
- Ciao Theodore, bene, tu?
 
Era così tenero, Theodore. Era alto e magro e con perfetti capelli biondicci. Era anche bello con quel suo fare timido con le ragazze e il suo essere il leader tra i suoi amici. Quel suo viso vedeva pochi sorrisi, come se la serietà gli donasse. Aveva un solo difetto che a lei non andava giù. Non era Dann. E lei era Dann che voleva. Per quello non dava a Theodore nemmeno una possibilità. 
 
- Ti vedo strana.
- No, è che.. Stamattina, sai, stamattina ho perso qualcuno.
- Oddio, è tutto okay?
- Si, non ti preoccupare.
 
I sassi facevano male anche da sopra l'asciugamano. Ma non importava. Per quel mare avrebbe sopportato sofferenze anche maggiori. Si era allontanata dal resto del gruppo per rispondere a sua madre al telefono. Qualche minuto dopo aveva visto spuntare Theodore. Il suo profumo le dava alla testa. Era buono, ma sapeva di qualcosa che non vuoi avere mai. Una cosa vista in vetrina ma che non andrai mai a comprare, fino a quando poi dalla vetrina sparisce. Theodore sapeva già di occasione perduta, ancora prima di averla potuta rifiutare, quell'occasione.
 
Un altro brivido le percorse la schiena, Theodore approfittò per abbracciarla. Ecco, ora era immersa nel suo profumo. 
 
Sentiva passi avvicinarsi.
 
- Scusate - fece una finta tosse - Theodore, ci puoi lasciare un'attimo?
- Che c'è Elise? E' successo qualcosa? O hai semplicemente cambiato idea su Theodore? - Fece cenno di ridere ma Elise la fermò con lo sguardo.
- Ho visto Dann. 
- Cosa?
- Dann. 
 
Si voltò. Si alzò di scatto. Fece qualche passo e lo vide. Era con una ragazza. Lei si sentì morire. Il suo cuore si fermò per qualche minuto, o forse anche per ore. Durante quel periodo di tempo tante cose le passarono per la mente: rabbia, odio, senso di abbandono, ancora rabbia ed una sfrenata voglia di piangere. Quando il cuore ripartì tutte quelle sensazioni sparirono. Apparve una voglia infantile di ridere.
E rise.

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