Figlio di Hermes

di lastessazoediieri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'arrivo ***
Capitolo 2: *** La lettera ***
Capitolo 3: *** Riflessi ***
Capitolo 4: *** Battaglia!! ***
Capitolo 5: *** La missione ***
Capitolo 6: *** Sulla Transacanadian per il Lago Michigan ***
Capitolo 7: *** Ade! ***
Capitolo 8: *** Peter POV: Mi trovo in acque cattive ***
Capitolo 9: *** POV Mel: Faccio sky diving con i mostri ***
Capitolo 10: *** POV Peter: Morta? ***
Capitolo 11: *** POV Melissa: L'isola delle Cacciatrici ***
Capitolo 12: *** Gelosie ***
Capitolo 13: *** Giovani per sempre ***



Capitolo 1
*** L'arrivo ***


- E questa è la vostra casa fino a quando Zeus, non avrà dato i fondi al nostro camp per altre case. Vedete, questa era originariamente la casa dei figli di Zeus... Ma adesso le divinità sono aumentate e le case sarebbero davvero troppe... - Un sacerdote basso e tozzo con la barba bianca, aveva portato l'ultimo gruppo di semi-dei nell'ultima casa del camp. La sua voce stridula echeggiava nel silenzio della sera, alta.

Aprì la porta e un spettacolo affascinante si presentò agli occhi dei ragazzi.

In mezzo alla grande sala in cui erano stati portati, c’era una grande scala che divideva la casa in due diverse parti e al piano di sopra si apriva una grande vista consentita da un’ampia finestra che dava sull’intera valle del Campo Mezzo-Sangue. Sui muri c’erano milioni di piccoli affreschi che luccicavano alla luce morente del sole che calava. Il pavimento, invece, era popolato da mosaici, impreziositi di decorazioni d’oro, che raccontavano le storie e i miti dei greci.

- Le stanze sulla destra delle scale saranno occupate dalle ragazze, quelle sulla sinistra dai ragazzi. E il bagno è in comune. Maschi e femmine, stesso bagno - Scapparono suoni di sconforto da tutta la stanza. - Non si fanno storie! Alle otto sulla piazza comune, puntuali! - disse e uscì chiudendosi dietro la porta.

Era stato loro detto che le camere sarebbero bastate per tutti, visto che erano un gruppo di 18 persone e le camere erano venti. 

Jake e Peter salirono le scale per arrivare alle camere sulla destra quando dalla porta di entrata arrivò una ragazza alta e filiforme, con i capelli scuri e gli occhi color ghiaccio. Aveva una spada che pendeva su un lato della sua cintura e un coltellino posto in una fibula sul bicipite.

- Hey tu!- gridò, appena entrata.

Si girarono tutti per guardarla.

- No, non tutti! Tu - disse, puntando a Peter - Vogliono vederti i capi camp - aggiunse, posando il braccio sul fianco.

Peter si sentì quasi minacciato dalla figura della ragazza ma le chiese - Posso almeno andare a mettere le borse in stanza? - chiese Peter.

- Si fai pure con comodo! Tanto qui abbiamo cent'anni per aspettarti! Fatti pure una doccia e, perché no? porta a spasso Quilchee... - disse con un tono che gocciolava ironia - Devi venire adesso. È importante - aggiunse, calmandosi.

I ragazzini che le erano stati vicini avevano cominciato ad indietreggiare lentamente, come se avessero paura che cominciasse ad usare quel coltellino.

- Okay! Calmati - rispose Peter, alzando le mani al cielo. Poi si girò a Jake e disse - Jake ti dispiacerebbe portare le mie borse in una camera? - chiese, volgendo uno sguardo confuso all’amico.

- Si, si. Va bene - disse - Stai attento è una figlia di Ares - aggiunse e si tirò il pollice lungo la linea del collo. - So di cosa parlo - 

Jake era stato confermato essere figlio di Ares quando, due anni prima, era entrato al camp dopo essere quasi stato ucciso da un’empousa.

Peter scese le scale velocemente e varcò insieme alla ragazza la soglia, lei veloce come un fulmine. I suoi capelli rossicci le cadevano perfettamente sulle guance come ad una dea.

- Scusa.. come ti chiami? - chiese Peter, dando voce ai suoi pensieri.

- Melissa Panter e tu sei Peter Brown, figlio di Hermes - rispose, sbuffando.

- Già. Vorrei sapere cosa c’è di tanto importante da non poter andare in camera a mettere giù la mia roba - chiese in tono sarcastico.

- Lo scoprirai quando sarai arrivato - rispose fredda. Non si era neanche voltata a guardarlo in faccia ma Peter aveva l'impressione che i suoi occhi stessero luccicando di pura ira.

Arrivarono davanti ad una grande porta e Melissa entrò velocemente senza aspettare di essere sicura che Peter fosse entrato e facendogli quasi arrivare la porta in faccia.

La porta apriva in una grande sala illuminata da tantissime candele d'oro. Uno dei muri era ricoperto da un grande specchio, che brillava di mille colori. Quando Peter provò a guardarsi sulla superficie riflettente, vide un ragazzo che gli assomigliava alzo e muscoloso che indossava un’armatura aurea con in mano una spada e nell’altra uno scudo.

Stette a guardare, meravigliato e spaventato, ma un' occhiata di Melissa lo fece tornare alla realtà.

- Quello specchio ti fa vedere quello che diventerai o quello che vorresti diventare - disse. Questa volta la sua voce era più dolce. Si girò verso di lui e gli sorrise - Mi spiace se sono stata così burbera ma Eustachio mi usa come serva e non è che mi piaccia molto... Senza rancori? - disse e gli porse una mano.

- Senza rancori - confermò Peter, sorridendole.

- Ok adesso devi girare a destra e poi dovrai dire il tuo nome e il nome del tuo genitore divino davanti ad una porta dorata - sorrise - Buona fortuna -

- Grazie - rispose, mentre Melissa camminava elegantemente verso la porta.

Peter si incamminò verso dove gli era stato indicato da Melissa e trovò la porta dorata.

- Peter Brown, figlio di Hermes - appena lo ebbe detto si creò una nebbia colore del mare intorno a lui e dopo poco si trovò sdraiato in un campo, sotto un cielo azzurro, punteggiato da nuvole color panna. 

La città che si presentò sotto i suoi occhi ers di una bellezza straordinaria. Al centro della radura, in cui era sommersa, c’era un maestoso tempio, fin troppo grande perché ci stessero dei comuni mortali. Intorno ad esso, c’era un piccolo villaggio in cui saltellavano piccoli satiri con le loro lire e le loro piepe, mentre ragazze vestite di tessuti leggeri e colorati.

A interrompere i suoi pensieri fu una ragazzina con i capelli color del miele e occhi che invitavano a sedersi e contemplare il suo bel viso.

- Salve, Peter Brown - disse la ragazza, sorridendo.

- Salve - rispose Peter.

- Sono Estia - disse la dea con un sorriso caldo - Sei qui perché devi incontrare gli dei - dissi indicando una piccola radura vicino al tempio, che Peter aveva contemplato prima.

Attraversarono un grande portale di pietra che circondava l’entrata dalla radura.

- Ok tu siediti là - la dea indicò il trono e gli mise una mano sulla spalla - Ora vado a chiamare gli altri dei -

Si guardò intorno. Il cielo era chiaro ma  si cominciavano a scorgere le stelle che brillavano e Peter poteva vedere le costellazioni. Il trono era in mezzo ad un giardino pieno di rose che emanavano un profumo intenso.

Mentre si guardava in giro, sentì in lontananza passi pesanti che si succedevano. Si voltò e vide giganti con armature che venivano da Ovest. Pochi secondi dopo questi sparirono e lasciarono posto a scie colorate di blu, rosso, verde e altri colori.

Poco dopo comparve un gruppo di uomini e donne armate (tranne una) insieme ad Estia.

- Questi sono gli dei, Peter- disse Estia con tono pacato.

- Salve - ripeté Peter, attonito davanti alla grazie della sua famiglia divina.

Il primo che parlò fu un uomo grande ma dallo sguardo gentile. Indossava un’armatura argentea e sandali, come del resto tutti gli altri. Aveva gli occhi blu e la barba sul mento. – Hermes credo che dovresti presentarti a tuo figlio non credi?- Sorrise guardando un uomo alla sua destra.

Hermes. Dunque lui era suo padre...

Era un uomo alto e snello aveva uno sguardo felice. Ai piedi aveva sandali dorati con ali - Ciao Peter - esordì - Io sono tuo padre, Hermes - aggiunse, dandogli un sorriso.

Peter salutò suo padre con un cenno della testa e poi gli strinse la mano che il dio gli aveva dato. 

- Ora vatti a sedere sul trono, Peter - disse Hermes, sorridendogli incoraggiante.

Peter andò a sedersi. Il padre gli sedeva accanto e dopo pochi secondi una potente luce li inondò. La luce era azzurrina e una scia con scritto Ἑρμῆς comparse sulla sue testa attorniata da due ali. Una folata di vento li riportò da dove erano venuti. 

Nel giardino tutti gli dei si erano seduti ad un banchetto che sembrava essere spuntato dal nulla, che conteneva ogni tipo di pietanza. 

– Adesso assaggia l’ambrosia e nettare, cibo e unico cibo degli dei immortali - disse Hermes mentre gli porgeva una conchiglia di madreperla che conteneva un liquido color miele che profumava di fiori e acacia. Ne sorseggiò un po’.

- Wow! - Era stata la prima volta che aveva parlato in tutta la sera.

- È una forza vero? La prima volta che l’ho bevuta ho quasi vomitato e mi sono dato a bere il vino di Dioniso per riprendermi dallo schif... -

- Ok basta, Apollo! Credo che Peter debba tornare al Camp Mezzo-Sangue – Peter guardò l’uomo. Era piuttosto alto e una folta barba bianca popolava il suo mento. Il suo sguardo non era sereno. Aveva una punta di stress e ira allo stesso tempo. In mano teneva una folgore.

“Zeus!” si trovò a pensare Peter.

Una dea bellissima si fece avanti. Era l’unica senza armatura –Io sono Afrodite. Dea dell’amore, della bellezza eccetera eccetera tutti sanno chi sono! - prese la mano e Peter e lo portò dentro alla sala da cui era arrivato. - Non sai come sarà bella la tua storia d’amore. Ah e nel caso non avessi capito chi erano gli altri erano gli dei dell’Olimpo! Era era quella che teneva il braccio di Zeus, Efesto era quello che sedeva tra me e Ares, che aveva una spada in mano. Poi vicino a me c’era quella zoticona di Atena che aveva vicino Apollo, che hai incontrato. Poi c’era la casta Artemide vicino ad Apollo e poi c’era Dioniso che aveva sette bicchieri di vino davanti - aggiunse facendo l’occhiolino a Peter.

Quand’ebbe finito il lungo elenco di divinità la dea sorrise a Peter – Beh adesso puoi tornare al camp - sorrise - Afrodite – disse, poggiando la mano sulla porta che era nuovamente comparsa vicino a loro. 

L’immagine dell’Olimpo svanì sotto gli occhi del ragazzo. E si ritrovò di nuovo nel corridoio dorato.

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Capitolo 2
*** La lettera ***


 

 

 

 

Si diresse verso la stanza e si riguardò allo specchio. Vedeva di nuovo un ragazzo altro e muscoloso che indossava un'armatura. " Strano!"

Un po' impaurito da quella visione si allontanò e uscì dalla grande porta. Erano le otto meno tre. " Devo sbrigarmi!" pensò, mentre accelerava il passo.

Con la stessa agitazione di poco tempo prima, si incamminò verso il boschetto che lo portava in Piazza Comune. Il cielo era scuro e non si riusciva a vedere bene quello che c'era tra i cespugli ma Peter continuava a sentire fruscii nell'ombra e per non incorrere in qualche mostro disarmato, s'incamminò più velocemente verso lo spiazzo in cui cenavano gli altri.

Uscito dal bosco aveva sentito la voce del sacerdote, Eustachio, che urlava al microfono ai semi-dei bambini che razzolavano intorno al rialzo di terra.

Si guardò in giro in cerca di Jack e poco dopo lo scorse ad un tavolo con due altri ragazzi. S'incammino in quella direzione.

- Hey ciao Pete - lo salutò Jake cordialmente - Questi sono Alaistair, figlio di Efesto, e Milo, tuo fratello figlio di Hermes - 

Gli sorrise - Piacere -

- Allora com'è andata? - chiese il ragazzo che si chiamava Eustachio. Era un ragazzo abbastanza alto e muscoloso con i capelli colore del legno e gli occhi di un color bruno caldo. Aveva un sorriso perenne in viso. Indossava una giacca sporca d'olio con dentro infiniti oggetti di meccanica che spuntavano dalle numerose tasche.

- Tutto bene - sorrise di nuovo - Quello è Eustachio? -

- Si quello è Eustachio, davvero un simpaticone - aveva risposto ironico Milo - sta diventando troppo vecchio per questo tipo di lavoro, dico: guardalo! -

Lo guardarono tutti. Stava zoppicando in giro per il palco naturale con un bastone in mano e urlava ai bambini cose come "smettetela brutti horatsu!!" o "non ce la faccio più! Zeus salvami tu!!". Si erano messi a ridere tutti quanti alla vista. 

Milo era un ragazzo basso e magro. Avevo il volto di chi sta per tenderti una trappola ma per il resto aveva un sorriso sincero. Aveva gli occhi azzurri e i suoi capelli erano scur, diversamente da quelli di Peter che erano quasi biondi. Indossava la maglia del camp che ritraeva l'immagine di un combattimento. Doveva essere una maglietta vecchia poiché aveva strappi sulle spalle e dietro, come Peter aveva potuto notare mentre camminava verso il tavolo, era stata cucito un grosso squarcio. 

Mentre rideva, Peter non si accorse che Melissa si era seduta vicino a lui e quando gli chiese - Allora com'è andata? - mettendogli una mano sulla spalla, Peter per poco non cadde dalla panca.

- Oh, ciao Melissa - disse, girandosi a sorriderle.

- Allora? - incalzò lei, sorridendo.

- Cosa? -

- Com'è andata? Che ti hanno dato? - disse Melissa,tirandogli una pacca sul braccio e ridendo giuliva.

- Non mi hanno dato niente - rispose, mostrando le mani vuote - Ma credo di essere antipatico a Zeus...- rispose Peter, capendo finalmente ciò di cui stava parlando Melissa

- Ah! Zeus! Anche a me ha fatto paura. Mi sono anche messa a piangere, avevo solo sei anni e mi ricordo di aver guardato Zeus e poi di aver pianto. Non riuscivano a farmi smettere - rise e mostrò nuovamente il suo sorriso lucente - Gli altri come ti sono sembrati? Apollo? -

- Apollo era simpatico si è messo a parlare della prima volta che aveva preso l'ambrosia - sorrise più rilassato - Dioniso era troppo impegnato ad osservare i suoi bicchieri di vino e non credo si sia accorto di me, Era non ha parlato ma sorrideva ed Estia è stata gentile. Poi, c’era Afrodite che mi ha detto che la mia storia d’amore sarà in qualche modo interessante. Credo che Poseidone mi abbia presentato mio padre. Atena ed Efesto sorridevano - spiegò cercando di ricordare tutti, ma fallendo nel tentativo.

- Estia sorride sempre. Anche a me sorrideva. Apollo è quello che mi ha fatto smettere di piangere, mi ha anche regalato un braccialetto - disse e gli mostrò un bracciale che aveva all'avambraccio - Apollo dice che c'è una mappa qui sopra e che si mostrerà a me solo quando ne avrò bisogno... - sembrava pensierosa, osservava con disappunto il braccialetto. Era un normale braccialetto d'oro senza decorazioni.

- Magari un giorno capirai a cosa serve... - suggerì Peter, osservando il braccialetto, dubitando delle sue stesse parole.

Melissa alzò lo sguardo su Peter - Si hai ragione! Un giorno lo scoprirò - aveva sospirato - Adesso è meglio che vada... Ci sono le mie amiche che ci osservano - aveva sorriso e aveva di nuovo guardato Peter - A dopo allora! -

- A dopo - rispose Peter e Melissa si alzò per andarsi a sedere con le sue amiche che subito cominciarono a chiederle un’infinità di domande.

- Hai fatto colpo! - disse Jake, tenendo ancora gli occhi fissati su Melissa.

- Eh? - esclamò Peter.

- Hai fatto colpo, dico! - ripeté Jake, guardando l’amico con un sorriso furbo.

Peter si girò a guardare Melissa che parlava alle sue amiche - Nah - disse - Non credo proprio - aggiunse, rigirandosi verso il suo nuovo gruppo di amici.

Jake rise e ricominciò a mangiare.

- Bene! Se abbiamo finito di fare casino! - Eustachio aveva guardato tutti gli semi-dei con occhi di fiamma e con un'espressione degna di Terminator - Io sono Eustachio, il capo-camp. Adesso esporrò le regole di questo posto - agginse affannato - Regola n° 1: non si fa casino in nessun modo; regola n°2 il coprifuoco comincia alle 10,30, non un minuto di più non uno di meno; regola n°3 senza il mio permesso non si può fare niente; regola n°4 non si sale al piano tre della Sala Comune; regola n°5 non si devono vedere maschi e femmine nella stessa stanza o verranno prese gravi provvedimenti - disse puntando gli occhi su tutte le coppie del camp - Sono poche regole ma vanno rispettate! Ora se non vi dispiace ne ho avuto abbastanza - aggiunse e, sbuffando,saltellò giù dal podio e corse velocemente verso il boschetto.

- Strano... - commentò Peter, guardando il sacerdote che correva verso i boschi con un andamento proprio di un pazzo.

- Si, è da un eternità che è strano! Ha avuto più crisi nevrotiche che Alyssa Mayne - Milo indicò una ragazzina da una folta massa di capelli rossi in un angolo della Piazza, da sola.

- Perché sta da sola? - aveva chiesto Peter.

- Perché è pazza da legare! - aveva detto Alistair.

Peter l'aveva guardata di soppiatto - A me non sembra tanto anormale -

- Perché non sta facendo niente, quando è in compagnia diventa pazza... - aveva detto Jake.

Peter allora si era girato di scatto - E tu come fai a saperlo?! -

-  Uh, beh sono qui da tanto tempo e so come si comporta, Pete, e negli ultimi tempi è sempre stata una pazza nevrotica - disse Jake, imboccando un altro pezzo della sua bistecca.

- Oh, - commentò Peter incerto - Sapete perché io non sono arrivato prima al camp? - chiese Peter, cambiando argomento.

- Perché nostro padre vuole tenerci fuori dal pericolo. Quando un semideo scopre di esserlo allora il suo odore diventa più forte ai sensi dei mostri e per questo si viene attaccati più spesso - aveva Milo risposto al fratello Peter con un sorriso - Io però sono un'eccezione... Ero sempre in pericolo e quindi mi ha mandato qui in anticipo - sorrise di nuovo.

- Oh... - ripeté a disagio adesso - Beh io comincio ad andare alla mia nuova stanza... Non l'ho ancora vista - sorrise e si alzò.

- Vengo anch'io - aveva detto Milo - Devo mettere in ordine la mia stanza: è già in disordine! -

 

 

 

 

 

 

Peter poggiò a terra le sue borse e osservò la stanza.

Era una piccola stanzetta, con un letto grande che ne occupava quasi la metà. Il soffitto era altissimo e tutto di legno. C'era una grande vetrata con delle tende blu. Il perimetro della stanza era occupato da tre poderose librerie, una di esse era ancora piena di libri e quaderni da disegno.

C'erano anche due porte sui due lati della stanza. La prima portava in una stanzetta con armadi a muro polverosi mentre l'altra portava ad un bagno privato e Peter si rese conto, con gioia, di non doverlo condividere con diciassette altri semidei.

Aveva cominciato a mettere a posto i suoi vestiti negli armadi dello stanzino quando aveva trovato una lettera. L'aveva osservata ma non l'aveva aperta e l'aveva posta sul comodino vicino al suo letto.

Quando ebbe finito di mettere a posto i vestiti, andò verso la libreria e lesse i titoli dei libri. Erano tutti sulla meccanica e sulla mitologia greca.

Ne prese uno e lo aprì: c'erano disegni di macchinari. " Sarà stata la stanza di un figlio di Efesto... ".

Non riusciva a capacitarsene, il sacerdote aveva detto che era la casa dei figli di Zeus...

Mise al suo posto il quaderno e prese in mano la lettera.

Era vecchia e polverosa e aveva la ceralacca rosso porpora non ancora rotta. C'erano incise sopra due iniziali: RP.

Strappò la ceralacca e prese il contenuto.

La scrittura sulla lettera era molto ordinata e precisa, diceva:

 

ISTRUZIONI PER L'USO 

- Mettere una mano sul cuore e una sul muro dello  Sgabuzzino;

- Chiudere gli occhi;

- Ignorare i primi due punti;

- Spingere la prete dietro all'armadi (i tuoi oggetti non spariranno) 

- Et voila!!

 

R . P . 

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Capitolo 3
*** Riflessi ***


Hello Everyone!!  (come se tantissimi leggessero la mia storia!! -.-'').
Mi sono accorta che nel capitolo precendente ho fatto un sacco di errori grammaticali!! -.- Come sempre! La grammatica non è il mio forte! Cmq... Spero vi piaccia questo capitolo E spero di non aver fatto troppi errori!!
*********

Se c'era una cosa che aveva il potere di emozionare Peter Brown erano i misteri e le cose nascoste. Non ci penso un attimo e andò nello sgabuzzino e poggiò la mano sul muro dietro gli scaffali.

Al suo tocco il muro si spostò aprendo un varco con delle scale a chiocciola.

Peter esitò. Cosa c'era là sotto? Poteva esserci una trappola. Ma non stette troppo a pensarci e scese le scale.

Era tutto buio ma riuscì a scorgere un piccolo interruttore.

Non appena lo premette la stanza fu inondata da moltissima luce.

Era una stanza molto grande piena zeppa di marchingegni di ogni tipo.

Peter rimase esterrefatto. "Whoa!"

Comiciò a rovistare con lo sguardo su tutti i tavoli della stanza. C'erano cianfrusaglie di ogni tipo, fogli da ogni parte, matite, penne e attrezzi sparsi dappertutto.

Non sapeva che fare.

Dopo poco decise di chiamare qualcuno. Scartò in prima analisi Jack, a cui non poteva fregare di meno di una stanza nel semiterrato; Milo non lo conosceva; Alaistair lo conosceva poco e gli stava un po' antipatico, e poi era un laboratorio di un figlio di Efesto e l'avrebbe reclamato per diritto. Non rimaneva nessuno.

O forse sì.



Busso alla sua porta.

- Ehi Melissa... -

- Oh hey Peter! Come va? C'è qualcosa che non va? -

- No, tutto a posto -

- Te lo chiedo perchè è mezzanotte meno un quarto... -

- Devo farti vedere una cosa... - la sua faccia era strana, pensò Melissa.

- Che hai? Non stai dormendo vero? - gli sventolò la mano sotto il naso.

- No - sorrise - Sono sveglissimo! Devo farti vedere una cosa! -

- Non può aspettare domani? Sai sono un po' stanca... - sbadigliò. Poi arrossì, perchè si era accorta di essere in pigiama con le ciabbatte di Spongebob.

- No, è urgente... - Peter non se ne era neache accorto.

- Ok. Fammi solo cambiare. -

Rientrò in stanza e si mise i primi vestiti che trovò sul letto. Cioè una canotta rossa porpora e dei jeans.

Quando uscì Peter era ancora lì, fermo nella stessa posizione di prima.

- Andiamo... Cos'è che devo assolutamente vedere? -

- Beh è in camera mia... Sotto, camera mia... Solo che non so con chi parlarne... Tu sei qui da tanto tempo? -

- Si, da quando sono nata - era stata la risposta confusa di Melissa.

- Allora saprai un po' della storia di questo posto, no? - aveva detto Peter mentre apriva la porta del dormitorio 8.

Melissa lo aveva guardato con curiosità - Si, ma non so a cosa possa servire la mia conoscenza storica di Campo Mezzo-Sangue... -

- Capirai, forse, quando arriveremo. - le sorrise.



Quando Melissa entrò nella stanza di Peter si sorprese dell'ordine. A casa suo fratello non era mai stato così ordinato. Il primo giorno dopo il trasferimento a New York la sua stanza era diventata una topaia. Tutti i libri erano messi al posto giusto, i vestiti ripiegati.

Peter andò nello sgabuzzino e spinse la parete.

- Melissa, vieni -

Lei eseguì l'ordine, anche se non sapeva davvero quello che stava facendo, un po' per la stanchezza.

Fu molto sorpresa quando entrò nello sgabuzzino e vide al posto di un armadio una rampa di scale. " Devo essere in una fase profonda di sonno...".

Scese le scale, inciampando un paio di volte nei propri piedi, ma alla fine riuscì ad arrivare sana e salva in fondo.

- Pronta? -

- Per cosa? - "Non è mica il mio compleanno... "

Non rispose e accese la luce, rivelando la stanza disordinata.

All'inizio non parve molto impressionat, poi spalancò gli occhi. - Cos'è questo? - sapeva esattamente cos'era ma aveva bisogno di prove.

- Non lo so, uno studio probabilmente -

- C-come hai fatto ad entrarci? -

- C'era una lettera sullo scaffale... - la prese dalla tasca - Ecco.. - gliela porse.

Melissa la prese con un gesto veloce ma gentile.

Ne lesse velocemente più volte il contenuto, con le mani tremanti e gli occhi che erano sul ponte di rovesciare lacrime.

- Oh, stai bene? - Peter si era preoccupato vedendola piangere.

- Io... io... credevo fosse.. fosse finto... - disse con voce rotta. Senza forze si era seduta su uno sgabello lì vicino.

- Cosa? Cos'è questo posto? -

- E' il laboratorio... - rispose come se fosse cosa risaputa. Il laboratorio.

- Che laboratorio? -

Non rispose. Stette lì, ferma con la lettera tra le mani e le lacrime agli occhi.

Peter la osservò. Sembrava una piccola bimba indifesa.

Improvvisamente parlò - Il laboratorio di mia sorella... -

- Tua sorella? -

- Si, Rita Panter... E' scomparsa tempo fa, dopo un litigio con nostra madre e non è più tornata... Nessuno sa dov'è... Si presume in un isola lontana ma neanche gli Dei l'hanno trovata. -

- Oh... Magari ha lasciato indizi qui dentro... - Peter cominciò a studiare attentamente la stanza. Non sapeva dove cominciare, c'erano tantissime cianfrusaglie. - Beh, ci metteremo un saccoi di temp.. - si era fermato perchè Melissa si era di nuovo messa a piangere. - Guarda che se è troppo doloroso, ricominciamo domani... -

Melissa l'aveva guardato sorridendo - No! Cominciamo adesso! Dobbiamop trovare gli indizi - aveva sorriso di nuovo.

- Adesso? -

- Si adesso, subito! - si era alzata dallo sgabello e si era avvicinata al tavolo più vicino. - Se vuoi puoi andare a letto... - aveva detto mentre si legava i capelli.

Peter l'aveva guardata. I suoi capelli le accarezzavano le guance, leggeri.

- No, ti aiuto. -

- Ok, grazie -

Le si era avviccinato e aveva cominciato a smitare i fogli.

Melissa era rimasta sorpresa, suo fratello non l'avrebbe mai aiutata.



Dopo un paio di ore Peter aveva messo a posto tutti i fogli che stavano sul tavolo ed era passato agli attrezzi. Melissa invece si era messa a leggere un libretto di appunti, ma dopo poco era crollata e adesso giaceva addormentata con la faccia su alcune matite.

Peter non se n'era neanche accorto. Solo quando le aveva parlato si era accorto che non lo stava ascoltando.

- Hey... - le aveva sussurrato.

- Si, eh.. - si era alzata di scatto - Si, scusa mi sono distratta... Ricominciamo -

- No fa niente ricominciamo domani... Adesso è tutto in ordine, domani avremo tempo. -

- Uhm, domani c'è la battaglia tra squadre... -

- La cosa? - sbadigliò.

- Una battaglia tra le squadre... Ci sono tante squadre qui, tu non sei ancora stato smistato? -

- No.. -

- Bene, allora domani srai smistato in una delle squadre: Coraggio, Velocità, Forza o Riflessi.

- Qual'è il criterio di smistamento? -

- Io sono nella squadra Forza, credo che mi abbiano messa lì a caso... Forse no, ma quando glil'ho chiesto non mi hanno risposto... Forse per volere Divino... Boh! - sbadigliò senza accorgersene - In che squadra vorresti essere? -

Fu spiazzato da quella domanda. Non lo sapeva. - O Coraggio o Riflessi... -

- Riflessi... Anche Alyssa sta in quella squadra.. -

- Quella coi capelli rossi? -

- Si, lei -

- Perchè la considerate pazza? -

Melissa fece una faccia - E' pazza, e basta.. -

- Perchè? -

- Non lo so... Era una ragazzina simpatica, allegra, solare e gentile fino a due estati fa, poi è diventata, non so come dire "ostile" forse. Adesso non parla più con nessuno... E se qualcuno osa parlarle lei lo fulmino con lo sguardo. E' per questo che vive in una casa separata dagli altri... Aveva distrutto la sua stanza e fatto un buco che arrivava alla stanza di sotto... Non si saperchè sia diventata così "feroce", io penso che sia stata spaventata o magari è soltanto una maschera... Magari ha problemi familiari... - scosse le spalle - Non so veramente... perchè ti interessa? -

- Nessun motivo. Sono solo curioso... Credo di dover andare a dormire. - disse sentendo gli occhi chiudersi sotto un peso invisibile.

- Sì... Ti dispiace se resto qui ancora per un po'? -

- Sì, va bene... Ti do le chiavi... -

- Non servono... Se ho capito bene qui intorno dovrebbe esserci un sottopassaggio... - aveva detto ricominciando a sfogliare il libretto - Si! Ecco qui.. Dovrebbe essere lì... - puntò in direzione di un muro.

-Ok, ti lascio comunque le chiavi... - sorrise - Buonanotte! -

- Ok, grazie e grazie ancora - sorrise stanca - Buonanotte. -



La mattina seguente si era svegliato con il sole. Si affacciò alla finestra della sua stanza e si accorse che tutti in giro stavano lavorando. In fretta si vestì e si diresse verso la porta.
Attaccato alla porta c'era un biglietto di Melissa:
"Devi andare in Piazza, ci sarà lo smistamento!! :), Mel "
Sorrise automaticamente senza pensare poi se ne accorse e tornò serio. "Cosa mi sta succedendo?!? ".
Aprì la porta e uscì.
Non c'era nessuno nella Casa 11 tranne una ragazzina dai capelli rossi. Alyssa Mayne.
Stava sulle scale a leggere un libro. Quando Peter passò non gli fece caso.
Peter la guardò mentre apriva la porta. Forse era strana. Stava lì tutta sola a leggere un libro mentre tutti gli altri si divertivano fuori

- Non esci? -

La ragazzina non lo considerò nemmeno e continuò a leggere il suo libro.

Peter stette sulo stipite della porta, come per aspettare una risposta, poi uscì velocemente.

- Hey, ciao dormiglione! - Jack lo aveva salutato dandogli un pugno sulla spalla.

- Ouch! Hey ciao Jake -

- Pronto allo smistamento? - chiese, quasi urlando dall'emozione.

- Si. In che squadra sei? -
 
-  E me lo chiedi pure?!? Sono in Forza!! Quasi tutti i figli di Ares sono in Forza. Tu in che squadra vorresti essere? -

- Coraggio oppure Riflessi.. Alla mattina non mangiate niente? -

- Beh sì naturalmente sì... Solo che è mezzogiorno, quindi se vuoi possiamo pranzare, al massimo. -

- E' già mezzogiorno?!? -

- Sì! Dormivi come una principessa! - disse con fare divertito - Che hai fatto ieri sera? -

Peter sembrò sul punto di dirgli della stanza segreta ma decise di non dirgli niente - Solo andato aletto tardi... Ho letto dei libri nella mia camera...  -

- Mammamia che roba! Divertente? -

- Non molto.. Erano sulla meccanica... -

- Che palla... -

- Ehi! Non offendere! - aveva urlato Alaistair. Era già in armatura di bronzo, con uno scudo e una spada lucente.

Jack aveva riso - E' davvero una palla! -

Alaistair li aveva raggiunti con un sorriso raggiante - Oggi si combatte!! In che squadra sei? -

" Tutti con 'sta domanda! Deve essere molto importante... " - Non lo so. Devo ancora essere smistato... -

- Oh! Beh allora spera di non essere contro i Forza... Non usiamo le spade per spargere la marmellata sul toast... - disse con voce tenbrosa, come se volesse far paura a Peter - Naturalmente cercherò di non uccidere nessuno... - si mise una mano sul petto - Ma non lo garantisco -

- Wow! - Peter non era molto colpito dall' ego di Alaistair - Allora spero proprio di essere contro di voi! -

- Coraggioso! Ma non hai speranze! No tienes esperanza! You don't have a chanc.. -

- Sì, sì sei poliglotta! E chissene frega! - disse Jack con la solita delicatezza - Te l'avevo già detto? Al è poliglotta e molto vanitoso! - poi si avvicino all'amico e gli sussurrò - E figlio anche di Arodite.. -

Alaistair non disse niente, si limitò a fare una faccia stranza.  Era molto orgoglioso delle sue radici, era quasi un dio vero e proprio. Secondo lui era più potente degli altri perchè era più di un semi-dio.

Quando arrivarono in piaza era pieno di semi-dei e sul podio della sera prima c'era un trono di legno coperto di edere, su cui seevano e si alzavno gli semi-dei.
Ogni volta che un ragazzo o una ragazza si sedevano comparivano una nuvola di colore diverso, seconda della squadra.

- Giallo, riflessi; Blu, coraggo; Rosso, forza e Verde, velocità. Spera di essere rosso!! - sorrise, Jack vicino a lui.

- No, non sperare rosso... Io voglio combattere contro di te! - Melissa si era volatilizzata al fianco di Peter.

- Oh! Ciao Mel, come stai? Pronta per essere squalificat? - chiese Jack, anche se sapeva che Melissa era imbattibile in battaglia.

- Continua a sognare angioletto. - rispose acida Melissa.

- Ma non siete nella stessa squadra? -

- Sì, quando si arriva al tesoro a volte si combatte con il proprio compagno di squadra. Comunque è meglio che vai, se no finirai per non giocare. - disse l'ultima parola facendo con le dita il segno delle "virgolette".

Peter si accomodò su trono di legno, dopo pochi minuti. Una nuvola gialla si formo intorno alla sedia.

Riflessi.

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Capitolo 4
*** Battaglia!! ***


Wow! Allora in questo capitolo ho fatto, come in Percy Jackson, che un dio gli parla... Non riuscivo a trovare un altra soluzione! ! ! :)
Dovete perdonarmi per questa mancanza di creatività!!
********


Peter gioì.
 Mentre camminnava verso il suo gruppo Jack lo guardo' quasi deluso.
 
- Sfigato, Riflessi. - disse Jack facendo una smorfia - A riflessi ci sono le pappe molle... Quando siamo andati a Camp Quadrifoglio, in Irlanda, quasi tutti quelli di riflessi sono dovuti andare in infermeria per ferite gravi. Vado a prenotarti un letto in infermeria... - disse con la faccia da ebete.
 
Una delle caratteristiche di Jack è quella di non prendere mai niente sul serio. Quando si parla di qualcosa con lui, è sempre ironico e prende in giro tutti. Non si poteva fare un discorso serio senza non essere criticati o presi in giro.
 
- Magari io non sono così - disse Peter, colpito nell'orgoglio - Sono sicuro di poterti battere  -
 
Peter ha tante qualità, tra le quali spicca moltissimo l'orgoglio e la competitività. Quando Jack l'aveva sminuito, si era sentito molto offeso.
Melissa che gli stava vicino aveva visto nei suoi verdi un lampo di ira, ma non diede troppo peso alla cosa. Erano amici. Non si potevano mica uccidere sul posto.
- Come vuoi tu... - aveva sputato Jack, alla risposta dell'amico.
 
- Ragazzi, stanno per cominciare - aveva detto Melissa, per evitare un litigio. Ma anche perchè Dioniso, stava richiamando le squadre a raccolta.
 
- Ok ragazzi come sapete, oggi si gioca a battaglia tra squadre. Chi non ha ancora un armatura dovrà andare nella baita laggiù dove troverà Holly che gli consegnerà un armatura nuova. Per chi non se la sente di giocare, perfavore, vada a fare qualcos'altro. - al che molte ragazze si staccarono dal gruppo sollevate - Il gioco consiste nel trovare il tesoro delle squadre nemiche, chi trova più tesori è isonerato dalle "fatiche" per il resto della settimana. Durante il gioco pregherei tutti di non uccidere o far eccessivamente male agli avversari, soprattutto ai nuovi arrivati. Se vedo qualcuno usare un GPS dei figli di Efesto, sraà automaticamente buttato fuori dal gioco, così da far perdere la propria squadra. Bene! Se tutti hanno capito tutto, do dieci minuti ai nuovi arrivati per andare a prendere le armature lo scudo, le freccie e la spada. -
 
Un gruppo ingente, tra cui c'era anche Peter , si precipitò alla baita di Holly, dove ognuno prese la sua armatura.
Peter non la trovò e chiese a Holly per aiuto - Scusi lei sa dov'è la mia armatura? -
 
- Chi sei? - chiese pigramente Holly.
 
- Peter Brown, figlio di Hermes... -
 
Holly indicò un angolo della baita - Là, quella è la tua armatura, foggiata da Efesto in persona - disse con tono sarcastico.
 
- Uh, grazie. - rispose Peter incerto e si diresse cesro l'armatura. Era la stessa armatura che aveva visto su di sè la sera prima, quando si era visto allo specchio. Era dorata, come quella che aveva visto. E aveva la stessa spada, e lo stesso scudo che aveva visto in quello specchio.
La prese dalla vetrina e in pochi minuti l'aveva indosso.
Si vergognava non poco, perchè era la prima volta che la metteva e gli sembrava strano, non ci era abituato.
Mentre uscivano non si era acorto di tutte le ragazzine che lo guardavano, attonite.
Sì, Peter era un bel ragazzo. Capelli mori, occhi verdi, molto magro e abbastanza alto, aveva un naso ben proporzionato e dritto, ma non si faceva notare tanto era un po' timido. Non sapeva neanche lui, dove aveva trovato il coraggio di chiamare Melissa la sera prima, anche se la conosceva da poche ore.
Ma con quell'armatura stava veramente bene e tutte le ragazzine gli sbavano dietro come boxer inglesi. Lui però non se ne accorse neanche, pensava lo stessero guardando male.
 
Raggiunse i suoi amici ma dovette subito separarsene perchè dovevano partire dal parti opposte. Nel suo gruppo, come aveva detto Melissa c'era Alyssa. Anche lei aveva un armatura, bronzea, e lo scudo che ritraeva la testa di un orribile mostro con serpenti per capelli. " Medusa!" pensò Peter, soddisfatto di sapere qualcosa di mitologia greca.
 
Alyssa stava addossata ad un albero e aspettava paziente il segnale dell'inizio partita. Nessuno osavav guardarla o avvicinarsi a lei.
Era vestita di nero e aveva un trucco a dir poco scuro. Le labbra viola contrastavano moltissimo con la pelle chiara della faccia, piena di lentiggini, gli occhi verdi fissi nel vuoto. Gli anfibi di pelle e le borchie sui polsi, la facevano sembrare davvero una serial killer.
 
Peter però era incuriosito. Non la conosceva, e prima di giudicare una persona, bisogna conoscerla.
 
Era sul punto di andarle a parlare quando Dioniso diede segnale dell'"inizio gioco".
Tutti partirono di corsa a cercare i tesori.
Alyssa partì subito camminando lentamente, annoiata.
 
Peter invece si diresse nella direzione opposta.
Doveva cercare un tesoro, di cui ignorava anche l'aspetto. Comunque coninuava a camminare.
 
Il bosco era un bel posto. Non era buio come la sera prima.
 
Il camp era un bel posto, in generale. Era situate su un'altura che nella parte ovest dava su mare. Era un posto solare.
 
Stava pensando quando sentì dei rumori alle sue spalle. All'inizio stette fermo, come se gli avessero puntato una pistola alla schiena. Successivamente mise una mano sulla spada.
 
Sentì un altro rumore e si girò velocemente nella direzione del rumore. I cespugli si muovevano a tratti.
Peter si avvicinò e puntò la spada al cespuglio.
Sorrise, anche se sapeva di non essere per niente allenato, era emozionato.
 
Il cespuglio si mosse ancora e dopo secondi ne uscì una ragazzina.
 
Aveva i capelli rossicci e pieni di foglie. Sorrideva come un diavolo.
 
- Tu sei quello nuovo? - chiese.
 
- Sì - rispose Peter, sempre con la spada puntata.
 
- Sarà più facile batterti - sorrise di nuovo e fu addosso a Peter con la spada al collo del ragazzo e lo sbattè contro l'albero.
 
Peter cercò di togliersela di dosso ma era veramente forte e non mollava. Poi prese un corda da dietro e in cinque minuti lo legò saldamente all'albero.
 
Peter la guardò esterrefatto.
 
-Slegami! -
 
- Mi dispiace... Ma io non slego il nemico! - poi lo guardò strano - Scusa ma di che scadrà sei? -
 
- Riflessi.. -
 
La ragazzina sbiancò - Ommieiddei! Scusami tantissimo! Non lo sapevo - e cominciò velocemente a slegarlo - Anche io sono di riflessi! -
 
quand'ebbe tolto le corde gli sorrise - Ti va di aiutarmi? Io non sono mai stata brava in questo gioco. E poi quest'anno mi hanno messo con i Medium, l'anno scorso ero con i Small... E perdevo sempre. Mi aiuti? - si girò di scatto con un sorrisone.
 
Peter esito poi accettò. Era un ragazzo molto magnanimo.
 
Cominciarono a camminare insieme nel bosco.
 
- Da dove si comincia? - chiese Peter.
 
- Non ne ho idea, ma l'anno scorso ci hanno detto che dobbiamo pensare ai colori, l'anno scorso le mie amiche prendevano i colori delle squadre e li associavano ai luoghi del camo. Per esempio: il blu era il mare e quindi la squadra coraggio ha nascosto il tesoro vicino al mare, Il giallo era il sole, il nostro tesoro però non ho mai saputo dov'era... -
 
- Il rosso può essere la terra quindi l'altura... ? - chiese Peter incerto.
 
- Sì esatto, Sull'altura dev'esserci il tesoro dei Forza! E poi il verde è il colore dell'erba quindi il tesoro dovrà essere nel Prato delle Ninfe. - sorrise realizzata.
 
- Da quale cominciamo? -
 
- Dal tesoro dei Velocità! - urlò - Io non vedo l'ora di combattere.
 
Cominciò a salterellare per il bosco e Peter la seguì camminando velocemente.
 
 - Sai, forse dovremmo correre... Le mie amiche correvano sempre. Una volta la mia amica non stava guardando e si è shiantata contro un albero. Poi è dovuta andare in infermeria poi non è stata molto bene... Allora corriamo? -
 
- Sì va bene -
 
E cominciarono a correre nel bosco.
Dopo alcuni minuti arrivarono al Prato delle Ninfe.
 
Era un grande prato nel quale danzavano delle ragazze, altre raccoglievano i fiori e altre ancora svolazzavano tra i rami degli alberi.
Al centro del prato c'era una scatola d'oro che fluttuava nell'aria.
 
- Quelle sono le ninfe... - disse con tono da film d'azione. - Adesso potrebbe sembrarti che prendere quel tesoro sraà facile.. Ma non lo è!!! - urlò quasi - Tra gli alberi, anche adesso, ci sono tantissime guardie dei Velocità, che aspettano che noi ci avviciniamo, per saltarci addosso come tigri affamate - disse sussurrando - Il mio piano è: vado prima io, così faccio da esca, poi tu quando mi attaccano tu corri velocemente verso il tesoro. Ti sembra giusto? -
 
Peter ci pensò. Sì era un buon piano ma l'aveva appena detto ad alta voce. - Hai appena detto il nostro piano a tutte le guardie che sono tra gli alberi... -
 
La ragazzina sbiancò - Hai ragione... E allora cosa facciamo? -
 
- Quello che hai detto tu.. Ma dobbiamo stare attenti.-
 
- Sì, Sì! Dobbiamo stare attenti! - poi pensò - Come ti chiami? Io sono Shelly Moon, figlia di Apollo! tu chi sei? -
 
"Cosa c'entra adesso?!? " - Mi chiamo Peter Brown, figlio di Hermes... -
 
- Fico!!!! Tu puoi volare! - lo guardò illuminata - Allora cambiamo piano! ... -
 
- Si ma cerca di non urlarlo a tutti...-
 
- Ok! - disse a voce quasi impercettibile - Allora tu puoi volare... Quindi facciamo così: io vado verso il tesoro velocissimamente, tu aspetterai qui fino a quando non usciranno le guardie, quando avrò il tesoro tu volerai al me e mi tirerai su e avremo vinto un tesoro!! - sorrise di nuovo con una faccia da super realizzata.
 
Peter invece era un po' sconcertato - Solo un problema... Io non so volare... -
 
Shelly lo guardò esterrefatta - Non sai volare? Ma sei un figlio di Hermes! Dovresti essere un esperto volatore! - lo guardava con due occhi grandissimi - E' facile : devi pensare di essere una piuma leggera e devi comandarti nella tua mente. Non devi distrarti troppo se no cadi e ti fai male! Capito? - disse tutto velocemente.
 
- Sì, va bene - anche se non era ancora molto convinto.

Shelly partì alla ricorsa e arrivò in poco tempo al tesoro. Non appena arrivò un mostro gigantesco verde e marrone si stacco dal quello che sembrava un pezzo di terreno. Shelly si fermò, immobilizzata dalla paura e osservò il mostro spaventata.
Intanto Peter aspettava che lei prendesse il tesoro, ma lei non si muoveva.
Poi il mostro con una mossa velocissima, prese Shelly e la lanciò tra gli alberi.
Peter allora si mosse e prese la spada in mano. Corse fino al mostro enorme, e gli ficco la spada nel piede.
Questo non sembrò essersi fatto male e prese nella zampa Peter. Lo scaraventò tra gli alberi.
Si aspettava di dover schiantarsi rovinosamente contro un albero, ma quando aprì gli occhi si trovò sospeso in aria.

Stava volando!

Si diresse verso il mostro che si stava muovendo verso Shely e gli conficco la spada nella schiena.
Il mostro si girò di colpo e lo gardò per pochi secondi poi cominciò a correre velocemente per provocare una tromba d'aria.
Peter fu attirato nel vortice. Combatteva contro l'aria per provare a fermarla ma non ci riusciva.
Poi sentì una voce nella sua testa " Doma ".

Non sapeva cosa significasse. Ma provò a domare l'aria.
Chiese all'aria di virare a destra, contro il mostro. E l'aria eseguì il comando, formando una bolla d'aria attorno al mostro.
Il mostro combatteva senza forze contro quella prigione invisibile.

Peter si precipitò da Shelly che si stava togliendo di dosso la terra. Aveva un'espressione indignata.

- Non l'avevo visto scusami! - disse preoccupata - Come stai? -

- Io bene! Sei tu quella che ha fatto un volo micidiale! -

- Non mi sono fatta tanto male - disse mentre cercava di alzarsi. Non ci riuscì - Ahia! Devo essermi rotta un piede! - diosse massaggiandosi la caviglia.
Poi si girò velocemente - Hai preso il tesoro? -

- No... -

- Vai subito! - disse urlando.

Peter volò velocemente verso il tesoro e lo prese. Volò verso Shelly e la prese il braccio e si diresse verso l'infermeria.

- Abbiamo vinto! Dobbiamo cercare un altro tesoro adesso! Andiamo dai rossi... -

- Non se ne parla nemmeno! Hai un piede rotto! Ti porto in infermeria! -

- Prima vai in piazza comune.. Così diamo il tesoro -

E così fece Peter.

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Capitolo 5
*** La missione ***


- Hey Pete! Ho sentito che hai preso un tesoro! - gli venne in contro sorridendo - Ti cerca Melissa - 
 
- Ah, ok... Dov'è? - 
 
- Mi sembra fosse andata nella sua stanza ma non lo so... - disse noncurante - Shelly ha un piede rotto? -
 
- Sì, ma il dottore ha detto che starà meglio tra poco - Peter gli sorrise e si diresse alla Casa 8. 
 
 
- Guarda! Questi sono i fogli della missione! Mia sorella deve averne portata una copia.. - Peter osservò i fogli che Melissa gli aveva dato. 
 
- Tu verresti con in una missione? - lo guardò con occhi di cristallo come se stessero per far traboccare tantissime lacrime, di felicità. 
 
Peter non sapeva cosa rispondere. 
 
- Ti prego, ti prego, ti prego! - aveva detto allora Melissa. Sembrava una bambina piccola. 
 
- Va bene. - disse infine Peter
 
- Va bene Mel... - non fece in tempo a finire la frase che Melissa lo aveva abbracciato emozionata. 
 
- Grazie Peter!! - sciolse l'abbraccio - Dobbiamo preparare le borse! - disse mentre tirava vestiti a caso fuori dall'armadio. - Bisogna portare un sacco di roba! - sbuffò - Non abbiamo neanche cominciato e sono già stressata. Faccio una lista, che ne dici? - si voltò verso Peter. 
 
- Sì v bene. Ma che ne dici se andiamo da Dioniso prima? - chiese ragionevolmente Peter. 
 
- Uh! Si giusto... Andiamo da Dioniso poi faremo le borse. Oh sono così emozionata! - sorrise - Non vedo l'ora di partire! Sono sicura che Dioniso dirà di sì! Sai perché? - 
 
- No... - 
 
- Perchà mia sorella era la migliore amica di sua sorella, Naima. - sorrise per un breve istante - Dai andiamo -
 
Prese un maglione dal letto e si diresse con Peter alla casa di Dioniso. 
 
 
 
- No! - aveva detto subito o - Non venirmelo a chiedere mai pù! Lo sai che è una missione difficile...- 
 
-Ma io sono preparata! E' tuta la mia vita che mi alleno! E poi è per Rachel! - 
 
- Melissa capisco il tuo volere ma è troppo pericoloso per una ragazzina come te... - 
 
Melissa alla parola "ragazzina"  divenne rossa per la rabbia. Sembrava sul punto di piangere. - Io non sono una ragazzina... Io sono pronta! E' tutta la mia vita che mi prometti una missione, questa è la mia possibilità! - 
 
Peter, mentre i due discutevano, era seduto scomposto su un'amaca nella casa di Dioniso. Non parlava e osservava la casa. 
Era una tana all'interno di un grande albero. I muri erano tutti di legno e anche tutti i mobili. 
 
Erano tutti intorno ad un tavolo che aveva disegnatata sopra la mappa del camp. 
 
- Ti prego Dioniso! Mi accompagnerà anche Peter... - 
 
Dioniso volse lo sguardo su Peter - M aut non sei uno dei nuovi arrivati? - 
 
Peter annuì. 
 
- Sì è uno dei nuovi arrivati, ma è bravissimo. L'ho visto oggi con i miei occhi mentre combatteva contro il Monstra... Ha usato l'aria! Era i incredibile, non ho mai visto nessuno qui fare una cosa del genere... - 
 
Dioniso, mentre Melissa parlava guardava Peter con studio - Davvero? - 
 
- Beh si... - 
 
- E dimmi, saresti in grado di rifarlo? - 
 
- Credo di sì, signore... - disse timidamente. 
 
- Bene. Domani vedrò se sei davvero cos' bravo... - 
 
Melissa fece una faccia sollevata. Poi prese Peter per un braccio e salutò il satiro. 
 
 
- Hai sentito? Se sei abbastanza bravo potremmo andare in missione! - 
 
- E chi ti dice che io sarò bravo? - 
 
- Lo so perché sei stato bravissimo oggi. Non ti eri mai neanche allenato e hai intrappolato quel mostro in pochissimo tempo! - 
 
- E tu come fai a saperlo? - 
 
- Ero dietro di voi mentre parlavate... Volevo sfruttare un vostro fallimento a mio vantaggio - sorrise furbescamente - Non ti seguivo, ma ad incerto punto quando stavo per attaccare siete arrivati voi a rovinarmi l'attacco - diede un pugno sul braccio a Peter. 
 
Dall'altura, su cui stavano, si vedeva il tramonto sul mare. 
Peter lo osservò e vide un raggio verde. 
Poi scosse la testa. 
 
- Hai idea di dove potrà essere tua sorella? - chiese Peter. 
 
- No, non ho nessuna idea di dove possa essere, ma se seguiamo l'itinerario di viaggio di mia sorella, forse arriveremo nello stesso punto  in cui è scomparsa lei... - una nota di malinconia compave nella voce della ragazza. - Ma io nutro tanta speranza, sai? Non lo so sarà l'emozione per l'autorizzazione di Dioniso, ma mi senti proprio sicura... La troveremo. - sorrise. 
 
Peter non disse niente e si limitò a sorridere. 
 
- Sai Peter, sei un ragazzo troppo silenzioso... Non parli quasi mai... - 
 
- Dovrei cominciare a parlare di più? Prima parlavo troppo, e non riuscivano a farmi smettere poi un giorno ho perso questa mia dote. - 
 
- Beh... Puoi fare tutto quello che vuoi ma io parlo tanto e mi sembra di toglierti la parola ogni volta che apro bocca. - 
 
- Adesso sai che non è così - 
 
- Già... - guardò il tramonto - Meglio che vada, ci vediamo stasera? - 
 
Peter annuì sorridendo, poi si divisero. 
 
Melissa andava ad allenarsi mentre Peter andò in camera sua. 
 
Non appena entrò noto che c'era una ragazzina dai capelli rossi, seduta su un divano vicino alle scale con un libro tra le mani.
 
Sapeva che non gli avrebbe parlato quindi salì le scale. 
 
- Scusami per stamattina... - 
 
Peter fu sorpreso dalla voce limpida della ragazza. Si era immaginato una voce triste e cupa e invece era dolce e forte. 
 
- Non sono abituata a persone che mi parlano così, senza neanche conoscermi. - 
 
Peter scese piano piano le scale e si avvicinò al divano - Di niente... - 
 
- Hai preso un tesoro. - disse senza togliere gli occhi dal libro - Bravo. E' una cosa abbastanza sconvolgente per una prima volta... - 
 
Peter non disse niente, perché non sapeva cosa dire.  
 
- Cos'è adesso non mi parli più? - chiese di nuovo Alyssa, con tono quasi dispiaciuto. 
 
- No, no. Non so cosa dire. Anche per me è strano che tu mi parli... Stamattina sembrava mi volessi evitare come una malattia adesso invece mi parli. -sorrise, per paura di aver offeso Alyssa - Io sono Peter, figlio di Hermes. - 
 
- Io, Alyssa, ma questo lo sai di già... I tuoi amici ti avranno di sicuro parlano di me come se fossi un mostro biforcuto. Sono figlia di Hermes anch'io... - sorrise alzando lo sguardo - Siamo fratelli - 
 
Peter sorrise. 
 
 
 
Nell'ora successiva parlarono del i e del meno poi Peter le chiese una domanda. 
 
- M aperchè ti conserano pazza? - 
 
Alyssa si ghiacciò, gli occhi che erano fino a quel momento così allegri diventarono all'improvviso tristi. 
 
- Se non vuoi dirmelo, fa niente. Sono sempre stato tanto invadente - si pettino i capelli con una mano.
 
- No fa niente. Sei mio fratello, anche io facevo così, prima... Non lo so veramente cosa mi è successo. E' successo tutto un giorno d'estate. Stavo con Electra, una delle figlie di Zeus. Avevamo sei anni e stavamo giocando a nascondino con le ninfe. Toccava a me cercare... - prese un sospiro - Avevo trovato tutte le ninfe ma lei non la trovavo. Ho chiesto a tutti aiuto, ma Dioniso non aiutò più di tanto. Hanno messo su una ricerca e hanno mandato la sorella di Melissa, che però è scomparsa pure lei... Io sono caduta in depressione e lentamente ho smesso di essere amica di tutti... Ma ne sono accorta tardi. Tu come ti saresti sentito se da un giorno all'altro ti scompare la migliore amica... E' come un pezzo di te. Era la mia famiglia... Non ho nessuno io, nessuno vuole essere mio amico perché sono strana e sembro una killer. Ma non mi lamento! - sorrise - Meglio soli che mal accompagnati, giusto? - 
 
- Neanche i nostri fratelli? - 
 
- Soprattutto loro. Mi reputano una disgrazia - storse la faccia - Tu sei strano invece. Anche se i tuoi amici ti hanno detto che sono una pazza sclerotica, mi sei venuto a parlare. - 
 
- Non do ascolto agli altri, soprattutto se dicono la stessa cosa che dice Jack. Quello sta sempre a sparare cavolate, figurati se lo sto ad ascoltare... - sorrise. 
 
Anche Alyssa sorrise. Era contenta per la prima volta in tanto tempo. 
 
- Beh adesso vado. Devo lavorare sulla mia bravura in battaglia... Domani fare dimostrazione... - poi si ricordò del perché di quella dimostrazione - Aspetta ma tu hai detto che la sorella di Melissa è stata incaricata di quella missione? - 
 
- Sì, perché? - 
 
- Devo farti vedere una cosa, potresti perfavore venire nella mia stanza? - 
 
Alyssa si alzò lentamente dal divano - Non ho nient'altro da fare - 
 
Peter salì le scale freneticamente. Ci mise un po' ad aprire la porta perché aveva le mani scivolose.
 
Alyssa lo seguiva silenziosa.
 
- Vedi, l'altro giorno ho preso questa stanza e ho scoperto che c'é un'altra stanza sotto di essa. Prima era la stanza della sorella di Melissa e abbiamo trovato fogli che parlano di una missione... - disse mentre apriva il sottopassaggio. Scese velocemente le scale e prese i fogli - Ti sembrano familiari? - 
 
Alyssa li prese in mano. Li studiò poi venne ad una conclusione - Queste devono essere le istruzioni del viaggio di Rita... - 
 
- Siamo arrivati anche noi a questo e abbiamo già chiesto a Dioniso se ci può mandare a cercare Rita.. Lui ha detto che se domani sarò in grado di superare la prova a cui mi sottopone, potremo partire... - 
 
Alyssa rifletté - Se non ti disturba verrei anch'io... - 
 
- Non è solo mia la decisione, c'è anche Melissa. Vado a chiamarla, resta qui. - 
 
 
Trovò Milo che stava collaudando un carretto con un suo amico. 
 
- Hey Milo, hai visto Melissa? - 
 
- Ciao fratello! Sì Melissa era alle Cascate di Lava e si allenava... - indicò un lato della montagna piena di lava. 
 
- Okay, grazie Milo... - 
 
- Di niente. Hey, vengo anch'io... - lasciò lo straccio con cui stava lavorando. 
 
- Sì lasciami qui a lavorare - rise il ragazzo sotto la macchina. 
 
- Sì Stephen, devo chiedere qualcosa a Mel - poi raggiunse Peter, correndo. 
	
- Allora come va? Ho sentito che hai trovato il nostro Tesoro - sorrise - Non ho capito come ,Melissa mi ha detto che hai virato l'aria... Ma io non ho mai virato l'aria... - 
 
Milo era poco più alto di Peter. Aveva gli occhi grigi e i capelli neri. Aveva sempre il sorriso stampato sulla bocca, denti bianchissimo. I suoi vestiti erano tutti sporchi di olio e aveva macchie nere sul viso. 
 
- Beh eravamo io e Shelly, figlia di Apollo, e lei mi ha detto che noi figli di Hermes possono volare... Io non sapevo volare e quindi non ero molto convinto. 
Pensavo che le guardie fossero persone e invece era un mostro gigantesco. Mi sono sentito male quando Shelly si è immobilizzata e quando il mostro la lanciata contro gli alberi ho attaccato il mostro... Ho fatto schifo all'inizio perché gli ho preso un piede e mi ha lanciato contro gli alberi. Pensavo di dovermi sbattere contro un albero, ma quando ho aperto gli occhi ero a mezz'aria. Ho attaccato di nuovo il mostro che ha formato un vortice intorno a me. Poi ho sentito una voce che diceva "Doma" e sono riuscito a domare l'aria col pensiero. - sorrise soddisfatto - Credo sia stato papà a parlarmi - 
 
Milo era illuminato. Guardava con il suo solito sguardo felice il fratello. - E' bello vero sentire papà? La prima volta che mi ha parlato, non sapevo ancora di essere un semi-dio... Erano arrivati a scuola nuovi compagni. Tutti antipatici, non sorridevano mai e vivevano in simbiosi. Avevo deciso di diventare loro amico. Un giorno sono andato a casa della ragazza, e di tutti gli altri, e per poco non sono morto di infarto... Si sono trasformati in un'idra e mi volevano uccidere. Papà allora mi ha detto qualcosa come " Combatti" e mi sono trovato in mano una spada leggera. Solo che poi sono scappato e sono arrivati altri semi-dei a salvarmi - sorrise come un bambino - Sono un fifone - 
 
Intanto erano arrivati alle cascate. 
 
Melissa stava combattendo con un altro semi-deo e sembrava aver la meglio. Il ragazzo doveva essere più grande, a parere di Peter, di lei ma non riusciva a sovrastarla. 
 
- Melissa, non vorrai mica uccidere quel piccoletto - 
 
Il " piccoletto " gli tirò un occhiattaccia. 
 
Melissa lo fece cadere per terra e gli punto la spada al collo - Già fatto - sorrise e camminò verso gli amici - Cosa volete? Mi sto allenando.. - 
 
- Sì lo sanno tutti che è un momento sacro il tuo allenamento, ma Peter qui deve dirti qualcosa.. - disse con voce da maggiordomo. 
 
Melissa spostò lo sguardo su Peter - Che c'è? - chiese. 
 
Melissa era tornata strana come il primo giorno al camp. " Soffre di multipla personalità.. " - Devo farti vedere qualcosa. qualcuno a dire la verità.. - 
 
- Potresti aspettare cinque minuti, devo buttare Adone nel fiume - non aspettò risposta e tornò al combattimento. In pochi secondi fece cadere il povero ragazzo nel fiume. 
 
Peter rimase impressionato. Si era fatto male? 
Si affacciò dalla rupe e lo vide appeso ad una corda con 'espressione imbronciata. 
Trasse un respiro di sollievo. 
 
- Okay adesso sono libera... - 
 
- Posso venire anch'io?- chiese esitante Milo. 
 
Melissa fece segno di no a Peter. " E' mio fratello perché no? " 
 
- Vieni pure - disse. Melissa lo fulminò con lo sguardo. 
 
- Grazie! - 
 Melissa, per tutto il tragitto stette in silenzio , mentre Milo e Peter parlavano di cose, a suo parere, futili. 
 
Quando entrarono nella sua stanza Milo esclamò - Oddio, fratello, sono due giorni che sei qui e la tua stanza è così... così... - 
 
- Ordinata? - disse Melissa, che era stupita da tanto ordine; anche la sua stanza sembrava una discarica di vestiti. 
 
Peter si limitò a sorridere. 
 
Spinse la parete e Milo rimase basito. - Anche la mia stanza ha una cosa del genere? - 
 
- No Milo, solo privilegiato Pete... - stette zitta quando scendendo le scale vide una fontana di capelli rossi. " Oddio e lei che ci fa qui? " 
 
Milo invece si era messo a mangiare una barretta energetica che aveva trovato in tasca. 
 
- Ragazzi, questa è Alyssa. Alyssa, questi sono Milo e Melissa. - sorrise vedendo l'espressione di Melissa che cambiava continuamente. Non sapeva come comportarsi. 
 
 
 
 
 
- So chi è lei, ma gradirei sapere perché sta nel laboratorio di mia sorella... - Melissa la guardò, ostile. 
 
Alyssa stette seduta sullo sgabello, silenziosa. 
 
- Perché anche lei è interessata. - disse semplicemente Peter. 
 
Melissa non seppe replicare. 
 
- Anche io c'entro? - chiese Milo. 
 
- Se volete posso andarmene... - 
 
- Sì! - 
 
- No. - 
 
Dissero contemporaneamente Melissa e Peter. 
 
- Peter, forse è meglio che vada - fece finta di guardare l'orologio da polso - Urcapé! Com'è tardi! - 
 
- Stai qui Alyssa... Non ti preoccupare... - disse tranquillamente Peter - Ti ho portata qui perché volevo chiederti se Alyssa poteva venire con noi, se Dioniso ci desse il permesso. - chiese in tono diplomatico. 
 
Sul viso di Melissa si alternarono diverse espressioni, dalla disperazione alla costernazione, dalla rabbia al disprezzo. - Dubito che ci possa aiutare... E' coinvolta sentimentalmente in questa faccenda e credo si dispiacerà,  in tal caso non trovassimo Electra. - 
 
- Io devo veramente andare a... dare da mangiare ai... cani di Dioniso. - disse velocemente Alyssa. 
 
- Dioniso non ha un cane! - disse Milo, confuso. 
 
- Va bene... Alyssa potrà venire con noi... - disse Melissa sbalordendo tutti. Si sedette esausta su una sedia di legno vicino al tavolo. 
 
Peter la guardò non mutando faccia, ma era davvero sorpreso - Okay allora possiamo metterci al lavoro! - 
 
- Adesso mi sa che devo andarmene io - disse Milo. 
 
- Se vuoi puoi rimanere e venire con noi.. - disse Melissa - Tanto ormai lo sanno tutti che andiamo in missione.... - era affranta. Non sapeva cosa dire. Non voleva sembrare la guastafeste della situazione. 
 
Alyssa le mise una mano sulla spalla - Grazie - 
 
Melissa si girò ancora arrabbiata - Di niente - disse mogia. 
 
- Graffie! - disse Milo a bocca piena. 
 
- Di niente - disse sorridendo Peter. 
 
Non sapeva perché aveva provocato in quel modo Melissa. Ma non gli importava così tanto. Peter non amava molto i pregiudizi, e probabilmente non gli piaceva il fatto che tutti reputassero Alyssa un mostro killer. E poi era sua sorella , perché non avrebbe dovuto aiutarla? 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Sulla Transacanadian per il Lago Michigan ***


- Beh adesso me ne vado davvero... - aveva detto allora Alyssa - Grazie ancora Pete - diede un bacio sulla guancia del fratello e salì le scale, frettolosamente.

Melissa intanto era rimasta ferma sullo sgabello, con il viso corrucciato in un'espressione di disaccordo.

- Me ne vado anch'io - disse Milo, dopo aver ingoiato l'ultimo boccone della sua merendina. Sorrise e si eclissò sulle scale.

Peter si girò a guardare Melissa sorridendo. - Perchè non volevi che facessero parte della spedizione? Anzi, perchè non volevi che Alyssa facesse parte della spedizione? -

- Perchè non mi fido di lei... Non la conosco. E' tutto. - disse alzandosi e prendendo un fascicolo di sua sorella - Ed è anche per colpa sua che mia sorella è scomparsa. Prendo questi fogli e me li leggo in camera mia. Te li riporterò domani mattina. - disse fredda - Buona fortuna per la prova, domani -

- Grazie Melissa, a domani allora - sorrise con aria ironica e la guardò mentre se ne andava.

"Ragazza strana!" penso mentre sfogliava uno dei tanti fascicoli riguardanti la missione di Rita.
Dopo alcune ore si addormentò sui fogli.




- Hey Pete! - disse una voce familiare, mentr gli smuoveva una spalla - Sveglia Pete! - disse strattonandolo più forte.

- Ciao Jake! Te ne vai? La porta è di sopra... - disse Peter mettendosi comodo sul tavolo.

-Perchè tu hai la stanza più un'altra stanza? Non è valido! Anche a me serve una stanza segreta! -

- Jake! Te ne vuoi andare? - disse un pochino spazientito.

- Il buon giorno si vede dal mattino, eh? Dai, su svegliati Cenerentola! -

Peter alzò la testa e guardò l'amico.

- Uh! Che brutta cera, amico! - disse tastandogli la faccia, con un bambino - Ache ora sei andato a dormire ieri? -

- Non lo so... -

- Mi ha mandato qui Dioniso dice che devi fare un prova importante -

Alla parola prova Peter scattò in piedi e si andò a cambiare.

Jck intanto era rimasto nella stanza e guardava i fogli riguardanti la missione - Tu vai già in missione? - chiese incredulo.

" Merda! "

- No sono dei fogli, che ho trovato là dentro... -

- Posso venire anch'io? - chiese: aveva già capito che Peter stava mentendo.

" Che palle!"

- Sì se proprio devi... -

- Grazie amico! Sei un grande! - disse saòendo le scale - E' per questo che devi fare la prova, oggi? -

- Sì... -

- Beh, vedi di superarla! - disse ridendo - Voglio andare in missione! - e con queste parole uscì dalla stanza di Peter.

Uscì dalla stanza anche Peter e incontrò Alyssa.

- Ciao Peter - cinguettò allegra.

Jack si girò verso il suo amico e lo osservò mentre abbracciava la sorella e le sorrideva.
Lo squadrò fino a quando non fu fuori dalla casa poi si stropicciò gli occhi, incredulo. Poi si afffrettò ad uscire, per seguire il suo amico.
Era ancora vicino a lei e gli stava parlando.

- Scusa Peter... ehm.. Posso parlarti? -

- Sì dimmi pure. - e si allontanò con lui.

- Ma ti è partito il cervello? -

- No, perchè? - disse tastandosi la testa.

Jack lo guardò male - No! Sbaglio o hai appena abbracciato e parlatoa quella là? - disse facendo una smorfia e indicando la ragazza.

- No, hai visto bene- disse sorrdente - E' mia sorella perchè non dovrei? -

Jack lo guardò a bocca aperta.

- Beh adesso devo andare a fare la prova! - disse e mentre se ne andava gli diede ua pacca sulla spalla.

Jacknon disse niente e lo guardò mentre scompariva con Alyssa nel bosco.



- Dobbiamo andare sulla Montagna del Fuoco - disse Dioniso mentre prendeva il suo bastone - Dovrai combattere contro il o la più forte del camp: Melissa Panter... -

Peter per poco non si strozzò con l'ambrosia - Melissa? -

- Sì. Se vuoi andare nella missione devi combattere contro di lei... -

- Ok... - disse sconfortato.

Alyssa gli si avvicinò - Dai Peter non ti preoccupare... Devi solo pensare che non è lei! -

"Facilissimo, grazie di cuore!" Pensò Peter, ma non le disse niente.

Dioniso si mise in cammino verso la Montagna del Fuoco. Continuava a parlare del moto delle stelle. Come se potesse interessare a Peter il moto delle stelle.
Alyssa camminava accanto al ragazzo e ogni tanto gli sorrideva, cercando di confortarlo.

Dopo una mezzoretta di cammino si trovarono sulla cima della montagnetta.
C'era uno spiazzo vuoto dove stava Melissa che combatteva contro un mostro.

- E' un robot dei figli d'Efesto. E' con quelli che ci esercitiamo contro i veri mostri - disse sorridente Alyssa - Io sono bravissima - si vantò - Anche tu lo sei secondo me! Sarò qui a guardarti! - disse e sia Andò a sedere da sola in una platea.

Melissa stava all'altra parte dello spiazzo e aveva finito di combattere contro il robot. Lo guardava consprezzo. Poi spostò l'attenzione su Peter e sorrise.

- Ok ragazzi, sapete quello che dovete fare... Cercate di non uccidervi. - disse Dioniso.

" Tutto qui?" pensò Peter poi si girò a guardare Melissa e vide che aveva tirato fuori la spada.
Fece anche lui lo stesso e aspettò che fosse lei a fare il primo passo.
Lei non si fece asettare molto e cominciò a corrergli contro.
Lui prese il volo e schivò per poco il colpo di Melissa. Atterrò a pochi metri da lei.
Non voleva colpirla. Per lui veleva la legge " Non si picchia una donna!" che sua mamma gli aveva raccontato quando alla materna una ragazzina l'aveva morso sul braccio e lui le aveva lanciato la sabbia negli occhi. Non le era successo niente ma la madre di quella aveva chiamato casa sua per avere delle spiegazioni sul comportamento di Peter.

Tuttavia Melissa lo attaccò di nuovo e gli colpì un braccio, facendogli male.
Peter affondò a Melissa che schivò agilmente il colpo e affondò a lui, che a sua volta prese il volo.

- Vigliacco! Io non so volare e tu scappi così! - disse infuriata Melissa.

" Ha ragione!" pensò Peter tornando a terra.

Melissa sorrise soddisfatta e gli corse incontro per un altro affondo che Peter schivò per fortuna.
Decise di comandare l'aria e di farla andare a sbattere da qualche parte, ma più Melissa si avvicinava meno riusciva a concentrarsi. Chiuse gli occhi e pnsò alla cosa più leggera a cui poteva pensare. Aprendo gli occhi scoprì che il consiglio di Shelly aveva aiutato. Melissa stava a mezz'aria in una bolla d'aria. Combatteva inerme con la spada ma non riusciava a liberarsi.

" Scusa Mel! " pensò Peter un attimo prima di lanciarla contro agli alberi.

Alyssa che seguiva con foga l'incontro guardò tesa la figura di Melissa immobile ai piedi di un pino. Aveva in mano delle caramelle e mentre oservava se le portava lentamente alla bocca.

Peter andò incontro a Melissa - Mel stai bene? -

Lei non gli rispose ma dopo un paio di secondo aprì gli occhi di scatto e saltò addosso al ragazzo.
Se lui era vigliacco...

Gli mise un braccio al collo cercando di soffocarlo ma lui sgusciò da quella presa e gli puntò la spada alla gola.

- Morta! - disse soddisfatto.

D'altro canto lei non si era data pr vinta e saltò in piedi affondando e attaccando Peter che si difendeva con grande agilità che anche lui non sapeva di avere.
Melissa continuava ad attaccare Peter senza successo e piano piano si stancò e buttò a terra la spada. - Mi arrendo! -

A Dioniso che stava guardando con foga la scena cadde la mandibola - No! Devi ucciderlo! -

" Gran bel incoraggiamento! "

Melissa però non fece altro che raccogliere le armi e darle in mano a Dioniso. - E' bravo abbastanza per venire in missione... -

Peter era rimasto esterrefatto. Lei era la più brava del camp? A lui sembrava una facile da sfidare.

Alyssa gli corse incontro - Bravo Fratellino! -

Lui le sorrise - Ma non ho fatto niente di faticoso! -

- Beh intanto, se fosse stato un vero combattimento l'avresti uccisa. L'hai atterrata! -

Peter sorrise senza dire niente e camminò verso Melissa. Lei lo guardò ma non sorrise, era seria. - Domani partiamo alle sei e mezza. Prepara una borsa con tutto il necessario. Se puoi vai a prendere dei gajets dalla cabina Efesto; ho già chiesto a Paul tutto quello che dovrai prendere. A domani. - disse tutto di un fiato, freddamente.

- Hey Mel, non sarai mica arrabbiata perchè ti ho atterrata... - disse interrogativo.

- Ho detto che ci vediamo domani... - ringhiò.

Lui la prese per un braccio. - E dai! Cos'hai? -

- Niente - disse guardandolo male.

Lui sostenne il suo sguardo per un po' poi le sorrise - Dai dimmi che hai -

- Ho detto niente - disse brusca e si tolse da quella stetta. Si allontanò da quel luogo velocemente.

" Stupida!" si disse Melissa.
"Una figlia di Ares non è mai stupida! " disse un'altra voce, quella di suo padre.  
" E tu cosa vorresti saperne, eh?"
La voce tacque e lei potè ricominciare a pensare da sola.



Peter andò verso il laboratorio dei figli di Efesto.
C'era un gran casino e una grande quantità di ragzzi correva di qua e di là.
Peter chiese ad uno di essi - Ciao, sto cercando Paul. Devo prendere delle munizioni. -
Il ragazzo indicò una porta aperta senza dire parola.
Peter ringraziò e si diresse in quella direzione.

In quella stanza dominava l'ordine. C'era una grossa scrivania di legno scuro dove stava un grande sacco.

- Ciao! - disse una voce non familiare - Io sono Paul, e tu devi essere Peter... Giusto? - era un ragazzo alto e snello, coi capelli biondi. I suoi occhi erano azzurri come il mare. Stava sorridendo. Non era brutto come il ragazzo di prima, anzi era di una bellezza abbagliante. Indossava un jilet beije con sotto una maglietta bianca e dei jeans neri.

- Questa è tutta la roba che serve a Melissa. - disse indicando il sacco - Ma, posso chiederti una domanda? -

- Sì certo... -

- A cos'è che servono queste cose? - chiese gentilmente.

Peter esitò un attimo; avrebbe dovuto dirglielo? - Stiamo andando in missione per cercare la sorella di Mel... -

- Oh... Capisco. E in quanti siete? -

- Ieri eravamo in quattro oggi in cinque... -

- E dimmi: c'è un figlio di Efesto? -

- No... -

- Non credi che sarebbe utile? -

- Forse... - Peter capì che voleva venire anche lui - vorresti venire anche tu? -

- Adesso che me lo chiedi sarebbe una grande idea! Potre costruire arnesi quando servono -

" Evvai simo in sei! " pensò ironico - Va bene. Domani partiamo alle sei e mezza... Ci vediamo -

Con ungesto furtivo salutò Peter e si sedette alla scrivania.

" Ci manca solo Shelly e poi siamo tutti... " pensò triste.

- Ciao Peter! -

" Appunto!" - Ciao Shelly! Come stai? -

- Tutto a posto! Ho sentico che vai in missione! -

- E già! - " Te pareva?!?"

- Posso venire anch'io? Siete già in quattro.... -

- Siamo in sei... Ma se vuoi vieni! -

- Quanto sei gentile! Ci vediamo domani allora... -

- Alle sei e mezza di mattina in Piazza Comune - sorrise e si diresse verso la casa 11.


Davanti alla porta della sua camera c'erano Melissa, Jack, Milo e Alyssa che stava in disparte.

- Ciao Pete! - disse Jack allegro.

- Ciao... - fu il saluto "super felice" di Melissa - Ho sentito che stiamo tutti andando in missione, con il resto del camp... - disse con lo stesso tono.

- Già. Ho pensato fosse una buona idea fare una gita tutti insieme. Vengono anche Shelly e il tuo amico Paul -

- Viene anche lui? - chiese arrossendo - Comunque non è colpa mia - Melissa alzò le mani innocente.

- Beh cosa ci fate tutti qui davanti alla mia stanza? Aspettate che si apra la porta magicamente? -

- Aspettavamo te - disse Milo sorridendo.

Peter aprì l porta della sua stanza - Per che cosa, esattamente? - chiese gentilmente.

- Cosa dobbiamo fare? Perchè c'è questa missione? - chiese Jack.

- Domani portate delle borse leggere ma con tutto il necessario in Piazza Comune; si parte alle sei e mezza. Dobbiamo cercare la sorella di Melissa ed Electra, scomparse tutt'e due. - fece per chiudere la porta ma una mano glielo impedì.

- Che tappe faremo? - chiese diligentemente Milo.

- Dobbiamo discuterne io e Peter stasera. Prima di partire vi diremo tutto... Adesso andate a dormire e riposatevi. Domani sarà una giornata stancante. - rispose Melissa al posto di Peter.
Entrò nella sua stanza e si diresse verso la stanza sotterranea.

Peter diede la buonanotte a tutti e seguì la ragazza.

- Allora che tappe faremo? - chiese quando la raggiunse.

- E' tutto scritto nei fogli che ho preso ieri... - li mise sul tavolo, insieme alla mappa. - Partiremo da Vancouver, non distante da qui, e prenderemo la Transcanadian. Potremmo viaggiare in moto o in macchina. Io andrei in moto ma fara molto caldo e non ci sono stazioni di srvizio a tiro. Dovremo portarci dietro carburante e molta acqua. Se prendiamo le macchine prenderemo la Maserati, la Lamborghini e la Ferrari. Per le moto, avevo intenzione di prendere la mia Ducati, ma, ancora, dubito di poter resistere sotto il solleone... Percorreremo tutta la Transcanadian e nel lago Michigan dovrebbe esserci la casa di Ade, invisibie all'occhio dei mortali. - mentre parlava indicava le destinazione con le dita. - Dovremo portare armature resitenti perchè la strada è temepestata da mostri... - disse tutto velocemente poi alzò lo sguardò e inocntrò quello di Peter. - Domade? -

- No. E' tutto liscio come l'olio. Solo una cosa: visto che ci sono tanti mostri non sarebbe imprudente portare tutta quella preziosa carrozzeria? -

Melissa sembrò confusa - Mio padre mi ha regalato queste macchine... Se vuoi andare in Fiat 500 fai pure. - era irosa.

- Non ti incazzare per ogni singola cosa che puntualizzo. - disse tranquillo - Magri è meglio prendere delle Jeep o fuoristrada... -

- Non abbiamo Jeep o fuoristrada - disse scimmiottando la sua voce - Se ti vanno bene, queste sono le possibilità. Se no puoi andare a piedi per quando mi riguarda... - disse arrabbiata.

- Va bene, va bene. Non c'è bisogno di arrabbiarsi... A proposito: perchè stamattina eri arrabbiata? - chiese dolcemente.

- Mi sembra di averti già detto che non ero arrabbiata... - disse avvicinandosi a Peter.

- Ok... Come vuoi tu - disse lui che era seduto su una sedia divano.

- Ci vediamo domani.. Sii puntuale.. -

- Va bene mamma... -

Lei sbuffò e uscì dalla sua stanza sbattendo la porta.





Erano tutti entrati nella parete della montagna con a capo Melissa che aveva l'unica chiave di quel garage... Il suo garage.
Peter era riuscito a prendere le chiavi dell Lamborghini mentre gli altri si erano litigati le altre chiavi.

- Non toccate niente... Sono tutti in fase di restaurazione... - disse Melissa vedendo Jack che era salito su una moto rossa fiammante.

- Perchè sei arrabbiata Mel - chiese con voce dolce Peter.

- Non mi hanno messo a posto la Ducati e oggi non posso andare in moto... -

- Fa niente. Puoi venire con me... - propose lui.

Lei si girò e gli sorrise - Grazie Pete -

Lui entro nella Lamborghini gialla, con le finestre one way e accese il motore mentre lei si sedeva al posto del passeggero.
Parti velocemente sfrecciando per il camp, esaltato di essere veramente in una Lamborghini.

- Fai piano Pete! Gli altri si sveglieranno! - disse quasi ridendo Melissa.

Peter sorrise non perchè fosse felice ma perchè Melissa aveva sorriso, quel sorriso che lo faceva diventare allegro all'istante.
Melissa prese il cellulare e chiamò Shelly - Shelly! Dì ad Alyssa di prendere la Transcanadian e di chiamare in necessità.... Ok... Passa parola agli altri... Ciao - e chiuse la chiamata.

- Stai meglio? - chiese allora Peter, che aveva notato il suo buon umore.

- Sì... Scusami per il mio comportamento, ieri... -

- Fa niente... - sorrise lui. Però voleva sapere perchè lei si era arrabbiata così tanto.

- Non è vero... -

- Davvero fa niente... -

- Non è vero... Gira a destra... Ieri mi sono arrabbiata perchè nessuno mi ha mai messa a terra e quando ieri mi hai sconfitta mi sono sentita una debole... E poi pensavo saremmo andati da soli in missione e poi arrivano altre persone... -

- Ah! Oh! - fu l'unica cosa che riuscì a dire Peter.

- Già! E poi scusa: perchè mai hai invitato Paul? -

- Ehm.. Si è autoinvitato praticamente.. -

- Ah... E tu sai perchè si è autoinvitato? -

- Voleva darci una mano... -

- No, bugia grande come le Americhe! Lui viene solo per tenermi d'occhio... Ha una cotta per me da quando l'ho lasciato e non ha ancora capito che per me non è più niente... -

- Ah! - disse Peter con un altra espressione molto complicata.

- Giaà!" Ah" ... Non vedo l'ora che sia finita questa missione... Già non ce la faccio più... -

- Calmati Mel! Non potrà essere così tragico... -

- Mmh, non so perchè ma non ti credo sai? -

- Non come fare per tirarti su... -

Lei sorrise dolcemente - Perchè sei sempre così gentile con me? Ieir ti ho trattato malissimo e tu mi tratti bene... Non ti capisco... -

- Non lo so neanch'io il perchè... -

- Gira a sinistra.. Grazi ePeter... - disse accarezzandogli la spalla con la punta delle dita. Si ritrasse subito e si ranicchio nel suo sedile.

- Mel... -

- Sì? -

- Abbiamo dei soldi? -

- No... -

- E come facciamo a sopravvivere? -

Si mise di nuovo a sedere composta - Non lo so... - prese il cellulare e chiamò Jack.

- Pronto sorellina? -

- Hai dei soldi? -

- No... -

- Chiedi a Paul -

Peter si sentì percorrere da una scossa lungo tutta la spina dorsale a quel nome.

- Ha mille dollari in contanti e la carta di credito -

Melissa tirò un sospiro di sollievo e chiuse la chiamata senza salutare. - Paul ha dei soldi - disse felice.

- Bene -

- Gira a sinistra -




- Melissa ho sonno - disse una voce squillanteal telefono.

- Non sono Melissa sono Peter... Ci fermiamo tra cento metri c'è una stazione di servizio... -

- Oh ciao Peter! Ma ci sarà un hotel? -

- Non credo... Siamo in mezzo al nulla.. -

- Ah okay- disse Shelly sconcertata. - Beh allora ci vediamo tra cento metri.

Peter chiuse la telefonata e guardò l'orologio: mezzanotte meno un quarto. Melissa stava dormendo sulla sedia con la mappa in mano. A Peter si chiudevano gli occhi dalla stanchezza.

In un periodo che sembrò eterno a Peter arrivarono alla stazione di servizio... Non c'era niente, solo un bagno.
Aspettò in macchina che arrivassero gli altri, in silenzio.

Dopo poco sentì picchiettare alla finestra. Era Alyssa.

Peter aprì la portiera - Ciao Alyssa... - disse sbadigliando.

- Stiamo qui per la notte? -

- Sì... Se non vuoi tra tredici chilometri c'è un ostello -

- No, no, va bene qui... Non ce la faccio a guidare con Shelly che parla e canta un'altra ora.. Buonanotte allora... -

- Buonanotte... -

- Mel...? -

- Mpf... - fu la sua risposta molto articolata.

- Devi svegliarti... Vai nel sedile dietro è più comodo... -

- Sono troppo stanca... Portami tu... -

Sospirò paziente e uscì dalla macchina per poi ricomparire dall'altra parte e prendere in braccio Melissa. Voleva lasciarla nei sedili dietro per darle tutto lo spazio ma lei si addormentò su di lui - Mel? -

Non ripose e si accoccolò tra le sue braccia.

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Capitolo 7
*** Ade! ***



La mattina dopo si svegliò con il suono della sveglia del cellulare.
E si accorse subito che Melissa gli stava bloccando le vie respiratorie, poichè gli stava dormendo addosso. Aveva la faccia sulla sua spalla e il suo respiro gli faceva il solletico, stava parlando in una lngua strana.
Si sentì avvampare quando vide Shelly che cercava di vedere qualcosa nel finestrino. Meno male che non poteva vedere niente...

- Melissa - la chiamò a voce bassa con l'intenzione di farla svegliare ma lei si strinse a lui, ancora tra le braccia di Morfeo.

- Melissa... - disse mentre se la scollava di dosso.
A quel punto si svegliò e vide in quale posizione era. Si staccò subito da lui, sbattendo la testa prima sul tetto dell'auto poi sul finestrino, spaventando Shelly.

- Ahia! Scusa... - disse massaggiandosi la testa e scusandosi con Peter.

- Per cosa? -

Lei arrossì violentemente - Per... per... Sai ti stavo incollata addosso -

- Ah sì... - disse lui mentre si grattava la testa - Non ti preoccupare -

Lei si mise a sedere e aprì la portiera - Ciao Shelly... - disse decisamente non allegra.

- Ciao Mel! Si riparte? -

- Già... Tra un giorno dovremmo arrivare... Dai mettiamoci in viaggio! - disse tra uno sbadiglio e l'altro. Shelly annuì e troterellò verso la Ferrari.

Peter si accomodò nel sedile del guidatore e aspettò che Melissa si sedesse.
Accese il motore e fece manovra per ritrovarsi sulla strada.
Melissa moriva di sonno: non aveva dormito tutta la notte perchè aveva avuto incubi e quindi non si era per niente rilassata. Era nervosa anche perchè la mattina dopo si era trovata stesa su Peter.
Mentre pensava a quelle cose Peter le chiese - Hai dormito male? -

Leggeva forse la mente? - Sì... -

- Ti sei dimenata tutta la notte e stamattina parlavi in una strana lingua... -

- Probabilmente è greco, ma forse anche latino... - disse piano - Cosa ho detto? -

- Non ho capito niente... - disse - Possiamo fermarci a fare colazione? -

- Mhm sì.. Sto morendo di fame! -

. A tredici chilometri c'è un ostello... Ci fermiamo lì? -

Lei annuì guardando la mappa. In quel punto c'era un cerchio rosso. " Chissa che vuol dire... " ma non diede troppa importanza a quel segno.

Si fermarono dopo poco ed entrarono insieme con gli altri nell'ostello, dove li accolse una signora piccola e magra con un sorrise a trentadue denti.
Peter notò nei suoi occhi un lampo di paura mentre li faceva ccomodare ma non fece caso.
Mentre leggevano i menù si sentì un tonfo seguito da un fremito. Melissa come Jack mise una mano sulla spada.
Non successe più nulla e tutti tornarono ai menù ma furono interrotti di nuovo da un altro tonfo e fremito, più forti.  Melissa si alzò e andò verso il bancone, da dove proveniva il rumore.
Paul si alzò contemporaneamente a Peter e si avvicinò a Melissa con la spada in mano.
Ci fu un altro fremito che fece cadere dalla sedia Shelly, che stava cercando di alzarsi.
Peter si avvicinò al muro e non appena cercò di toccarlo scoppiò e ne uscì un leone, all'apparenza. Ruggì in faccia a Peter e lo fece cadere a terra di schiene. Melissa prontamente saltò addosso al mostro e cercò di ficcargli la spada nelle spalle ma la pelle era troppo dura e fu scaraventata su uno dei tavoli dell'ostello dalla testa di capra che il leone aveva sulla schiena.
Il mostrò ruggì ancora e si avventò su Milo, che prontamente si spostò dalla sua traettoria facendolo sbattere sul muro.

Peter si rialzò sentendo una forte fitta sulla testa e vide Melissa a terra con un tavolo addosso e Milo per terra che cercava di rialzarsi.
Paul stava combattendo con il mostro con Alyssa. Shelly invece era nascosta sotto un tavolo.

Corse a togliere il tavolo da Melissa poi corse a fianco di Paul.

- Vattene! Non sai combattere - gli disse lui mentre prendeva un piccolo aggeggio dalla tasca e lo lanciava addosso al mostro.

Peter rimase profondamente colpito da quello che gli aveva detto ma si allontanò per riavvicinarsi a Melissa.
Aveva una taglio sulla nuca e il sangue le colava sulla fronte. Stava per toglierlo ma in quel momento arrivò Paul che la prese in braccio spingendolo da parte.

- E il mostro? - chiese Peter indignato.

- Ci ho pensato io... - disse guardandolo con cattiveria - Ragazzi uscite subito di qui! - urlò agli altri.
Uscì di corsa dall'ostello con in braccio Melissa.

Peter prima di uscire guardò il mostro. Era intrappolato da qualcosa di invisibilee rugiva straziato. Si soffermò un po' poi uscì di corsa.

Quando uscì vide Melissa a terra in un fiume di sangue  con Paul vicino che le versava nettare in bocca.

Si avvicinò - Come sta? - chiese preoccupato.

- Come vuoi che stia? E' appena stata attaccata da una Chimera... - disse rabbioso Paul.

- Scusa tanto se mi preoccupo... - replicò Peter.

- Anche io mi preoccupo! - disse Paul alzandosi per guardare in faccia Peter - Non ti azzardare ad avvicinarti a lei! - disse spintonandolo.

Peter rispose dandogli un pugno che lo fece girare - Tu non ti avvicinare a lei! -

Paul si massaggiò la guancia mentre si avvicinava a Peter per piantargli un pugno sulla guancia.
Peter stava per rispondere ma Shelly si intromise.

- Hey ragazzi! Non penso sia una grande idea litigare proprio adesso! - disse Shelly che si era messa tra i due con le spalle rivolte a Peter.

- Già! Non abbiamo bisogno di morti... - disse Paul ghignando.

- Si è svegliata - disse Alyssa che era rimasta accanto a Melissa.

Peter le si avvicinò - Stai male? -

Tossicchiò - No... Dobbiamo andare via di qui... - cercò di alzarsi ma era troppo debole.
Peter allora la sostenne per il gomito e la aiutò. - Grazie Pete - disse lei debolmente poi gli cadde esanime tra le braccia.

- Dobbiamo andare via prima che la trappola svanisca... -disse Paul acido - Non è eterna -

Peter portò Melissa nella macchina e la poggiò nei sedili posteriori. Aveva ancora il sangue sulla testa e il braccio recavatre graffi.
Peter salì velocemente in macchina e accese il motore.



- Che ore sono? - chiese Melissa con voce rauca.

Peter sussultò, non l'aveva più sentita da quando era partito. - Sono le undici di sera... Siamo al confine tra Saskatchewan (dtt Sascachiuen) e Manitoba... Come stai? - chiese preoccupato.

- Bene... Mi fa male la testa e il braccio - disse guardando la ferita - Non dovevi picchiare Paul... -

- Ha cominciato lui... - disse sulla difensiva Peter.

- Non dirmi che gli hai dato quel pugno per sbaglio! -

- E' acqua passata, ormai... -

- Questa è la più grande stronzata! Da ora in poi dovrei stargli lontano se non vuoi essere pestato a sangue... - disse animandosi - Sei un idiota! -

- Grazie, davvero... - replicò sarcastico lui.

- ... Sei un incosciente, un... un irresponsabile! - continuò lei indignata.

-Ti ringrazio davvero tanto! - disse mantenendo lo stesso tono.

- Cosa ti è saltato in mente? Cavolo siete tutti ugiuali! Alla prima occasione vi menate! - dissse lei sedendosi nei sedili davanti. -  Guardati! - disse vedendo con orrore il grosso livido che si era formato sulla sua guancia. - Sei proprio un deficente! -

- Oh così mi consoli tantissimo, lo sai? -

- Non voglio consolarti, voglio dire che sei uno stupido incosciente idiota! -  

- Grazie... -

- Di nulla! - replicò lei incorociando le braccia... - Ho pure fame... -

- Meglio se ci fermiamo quando arriviamo... Non vorrei morire mentre mangio un panino... -

- Adesso fai anche il premuroso! - disse ironica lei.

- Melissa! Se vuoi andare in macchina con gli altri fai pure! Scusami tanto se mi preoccupo per te! -

- Ma.. -

- Niente ma! Se vuoi, vai in macchina con Paul... Sono sicuro che starai meglio con lui... -

- Forse ci andrò! -

- Bene! - urlò lui.

- Bene! - urlò lei di rimando.
Prese la mappa. Scoprì che c'erano tantissimi cerchi rossi in quell'are del Canada. " Se quello era il covo della cHimera, chissa chi c'è qui..." pensò preoccupata.
Voleva dirlo a Peter ma era troppo orgogliosa per parlargli di nuovo. Chiese solo - Dove staremo, di grazia? -

- Non lo so chiedilo al tuo caro ex... - disse lui indignato.

- Fai poco il geloso... -

- Non sono geloso! -

- Sì che lo sei! - disse lei prendendo il cellulare e digitando il numero di Paul.

- No, non lo sono... -

- Va bene come vuoi... Ciao Paul - disse con voce dolce - Senti, non sappiamo dove strae stanotte... Ci pensi tu? - chiese mielosa. Sorrideva, avendo visto che Peter era diventato rosso. - Uhm... Okaay.. Ciao Paul... - chise la telefonata e cominciò a ridere come una pazza. - E tu non saresti geloso? Guardati sei rossissimo. - gli mise una mano sulla guancia - Scotti pure! - disse ridendo.

- E' perchè ho la febbre! Prova a guidare tu per due giorni di fila senza dormire perchè tu parli in greco drante il sonno e mi dai i pugni perchè avevi gli incubi - disse lui quasi urlando.

- Scusa... Volevo solo prenderti in giro un po'... -

Peter si sentì stupido - Fa niente.. Scusami... -

Melissa si sedette di nuovo composta sulla sedia guardando la strada. - Vuoi che guidi io? - disse gentilmente.

- No - rispose lui secco.

"Okay... " pensò lei.

Per tutto il tragitto fino al Lago Superiore Melissa non parlò e nemmeno Peter, che la sentì parlae solo quando Paul la richiamò per dirle che aveva prenotatola suite in un Hotel sulla costa. - Devi cercare Naniboujou Lodge & Restaurant, in Naniboujou Trail numero 20.. - poi ritornò il silenzio di pochi istanti prima.

Peter non le rispose, si limitò ad acconsentire con il capo.

In un paio di ore erano arrivati davanti all'hotel che Paul aveva prenotato. Peter scese dalla macchina e si appoggiò alla portiera, dando le spalle a Melissa, che stava ancora in macchina.

Dopo alcuni minuti arrivarono gli altri quasi tutti con facce da zombie.
Stanchissimi si diressero alla porta dell'hotel dove li accolse un ometto anche lui stanco. Andarono alla suite. Non ebbero la forza di contemplarla perchè era tutti stanchissimi. Shelly non litigò neanche con Alyssa che aveva rubato il letto che voleva lei.
Paul si lasciò cadere sul divano e stette lì tutta la notte.
Mentre tutti dormivano, Peter e Melissa erano più svegli che mai.

Peter si addormentò pensando a quello che aveva detto e Melissa pensando al suo comportamento da bambina.



La mattina dopo Melissa si svegliò non trovando nessuno in stanza.

Si alzò scoprendo di avere un terribile malditesta. Si vestì velocemente e si affacciò alla finestra.
La vista era fantastica. Il lago si stendeva davanti ai suoi occhi.

Sbadigliò e si recò al piano di sotto. Fuori c'erano ancora le macchine, quindi non se ne erano andati. Trasse un sospiro di sollievo.

Vide tutti che stavano all'aperto e facevano colazione. Tutti tranne Shelly che stava in piscina. Sui sedette silenziosa accanto a Peter, che era l'unico posto libero.

- Buongiorno Mel! - disse Jack - Oggi è il grande giorno; inocntriamo tua sorella! -

Lei non parve allegre quanto Jack - Sì... - era inerta. Come si sarebbe sentita se non l'avesse trovata? Scacciò il pensiero e cambiò argomento - Come avete dormito? -

- Bene - dissero tutti all'unisono.

- Bene! - urlò Shelly dalla piscina.

- Non so come tu abbia fatto a dormire fino ad ora... - disse Peter.

- E perchè? -

- Perchè ha preso la chitarra e ha suonato tutto il suo repertorio musicale... Mi chiedevo perchè portasse chitarra, flauto e tutto il resto l'altro giorno... -

Melissa sorrise. - Menomale che non mi sono svegliata... Sarei stata più antipatica del solito -

- Ma no! Tu sei più antipatica, sorellina - disse Jack ridendo.

Melissa sorrise sarcastica.
Aveva voglia di saltargli addosso e picchiarlo ma c'era la piscina e lui avrebbe potuto prenderla in braccio e lanciarla in acqua. Al solo pensiero rabbrividì. Finì la sua colazione in silenzio e aspettò che tutti gli altri facessero lo stesso per rientrare nella suite, tutti insieme.

- Dovremmo prendere un battello per arrivare alla casa di Ade... - disse Paul mentre era in bagno - Mio padre però dovrebbe avere uno jot lì... Dovrò solo chiedere le chiavi a Joshua... -

- E chi è Joshua? - chiese Jack.

- E' mio fratello - disse, cose fosse ovvio.

Melissa cominciò ad avere paura. Lei odiava l'acqua, non sapeva nuotare e non sarebbe mai e poi mai salita sullo jot di Paul.

- Ehm.. Non ci sarebbe un altro modo per arrivare alla csa di Ade? - chiese incerta.

- No... O in barca o a nuoto... -

- Ah... - disse con lo stesso tono.

- Perchè cosa avevi in mente? Di volare, forse? -

Melissa ebbe un tuffo al cuore: volare era anche peggio. Non ci poteva essere un ponte fino a lì? - Fa niente, Paul - disse infine sconsolata.

Qundo tutti si furono vestiti Paul andò a pagare il conto, che dovette essere altissimo perchè spalancò gli occhi in modo terribile, mentre tutti andavano in macchina.
Melissa salì in auto con Peter perchè non voleva stare in macchina con caneterellina-Shelly o con Paul-sono-un-figo.
Si sedette agitata per quello che stavano per fare. Andare in una barca sull'acqua.

- Che hai? - disse Peter a metà strada, vedendo che stava tremando.

- Niente... -

- Va bene... - disse lui, per niente convinto, ma non replicò perchè non voleva litigare un'altra volta.

Melissa guardò fuori dalla finestra. Il lago era davvero bellissimo. Peccato che lei avesse paura dell'acqua. - Non voglio andare sulla barca... - disse senza accorgersi di aver parlato.

- Vuoi volare allora? -

- Cosa? No, no... Ancora peggio... -

Peter sembrò deluso da quella risposta: come faceva a non piacerle l'aria? Era una cosa così bella. Quando volava lui si sentiva libero da ogni pensiero. - Neanche se ti ci porto io? -

- Non è che non mi fido di chi mi sta portando o cosa... E' che ho paura di cadere... in acqua... - disse quasi rabbrividendo.

- E se ti prometto di non farti cadere? Gurda è pure una bella giornata di sole... Non c'è vento... - disse guardando il cielo.

- Vedrò... - disse lasciando in sospeso.

- Va bene... -



Per arrivare al lago ci misero due ore buone e poi arrivati alla riva c'era traffico e Paul non trovava la sua Mansion, e quindi per salire in barca ci misero quattro ore.
Appena saliti Melissa, come aveva già previsto, vomitò tre volte di seguito in un ora scarsa poichè Joshua guidava come un pazzo.
Peter cercava di tranquillizzare Melissa ma ogni volta che le parlava lei si sentiva male o vomitava; ad un certo punto aveva smesso.

Quando finalmente arrivarono Peter non vide niente. - Abbiamo sbagliato lago? -

- No scemo! - disse Paul con la solita gentilezza - Dobbiamo aspettare che ci veda Persefone... -

- Ah... -

Stettero lì alcuni minuti quando comparve una porta e dentro di essa c'era una ragzza dai capelli neri. Era vestita di bianco e aveva una corona di fiorellini appassiti neri in testa. Intorno agli occhi aveva una linea fitta di matita nera e il rossetto che aveva sulle labbra era rosso scuro. Guardò tutti sorridendo.
- Oh vi aspettavamo! - disse con voce melodiosa e prese la mano di Milo - Tu sei Milo, figlio di Hermes, eh? -

- S-sì! Sono io... - disse paralizzato.

La ragazza prese la mano di Melissa, che fece una faccia e vomitò di nuovo. - Oh... Non sapevo di essere tanto brutta... - disse rattristandosi e lasciando la mano della ragazzina.

Peter si avvicinò a Melissa - Non è che lei è brutta il fatto è che ha il maldimare... - disse sorridendo incerto.

La ragazza guardò Peter e gli prese la mano. Fece subito una faccia terrorizzata - Tu sei Peter, figlio di Hermes... - chiese.

- Sì s-sono io... -

- Mi dispiace... - disse lasciandogli la mano.

" Le dispiace? Per cosa? " pensò lui.

- Ragazzi venite dentro... Sta per piovere... - disse guardando il cielo, che era ancora azzuro.

Entrarono tutti. La stanza, o meglio il castello in cui erano entrati, non era colorata. Tutti i mobili erano si ebano scurissimo e i muri erano color rosso porpora molto scuro. C'erano, in vasi di vestro nero, fiori appassiti, probabilmente gli stessi che aveva in testa
La figura bianca e delicata della ragazza stonava con tutto il resto della stanza

 - Io sono Persefone, moglie di Ade... - disse girandosi verso di loro - C'è anche mia mamma... E quindi cercate di non farla esaurire è un po' nervosa ultimamente... - aprì una porta, anch'essa nera dove stavano due troni: uno rosa ricoperto di fiori e l'altro interamente nero. Peter osservò attentamente e vide che era fatto di ossa nere.
La stanza in cui stavano era sempre nera ed era illuminata da un focolare dalla luce blu verdastra e da un lampadario di murano, che aveva tantissime gocce di cristallo.

- Ade! - chiamò Persefone con voce doce - Abbiamo ospiti... -  

All'improvviso comparve dalla polvere un uomo vestito completamente di nero. Era alto e bello e in viso aveva un espressione terrificante - E chi siete, ditemi pure mentre vi sedete sulle sedie - disse indicando delle sedie rosse lì vicino.
Milo stava per andare a sedersi ma Alyssa lo prese per il colletto della camicia - Non vogliamo sederci - disse minacciosa - Vogliamo che tu ci dia indietro Electra. Adesso. -

- Electra chi? La figlia di Zeus che è scomparsa anni fa? Beh vi posso dire una cosa... Qui non ci è mai stata e neanche negli Inferi, purtroppo... Volete un frutto? -

- Forse è meglio se non li mangiate..  Se non volete stare qui per tutta la vostra vita... - disse Persefone togliendo il cesto di frutta dal tavolino.

- E Rita? - chiese titubante Melissa.

- Tua sorella? - disse Ade avvicinandosi a Melissa e facendo finta di pensare - No, lei non è ancora venuta a farmi visita - disse fingendo di essere dispiaciuto. Melissa trasse un sospiro di sollievo - Ma se vuoi puoi rimanere tu con me... - disse lui accarezzando la guancia di Melissa, terrorizzata.

- ADE! - urlò un altra voce da dietro di loro.

Ade fece una faccia stremata - Che c'è? -

- Cosa hai intenzione di fare a questi poveri ragazzini? - disse una signora bassa con gli occhi nocciola e con i capelli color del grano. Era vestita come Persefone. Tremava dalla rabbia mentre guardava il suo genero con odio  - Hai già troppe anime! Hai pure la mia delicata figliola... Cosa vuoi di più? Vuoi altre anime? Beh, non ti permetterò di toglierli la libertà! - disse posizionandosi davanti a lui e guardandolo minacciosa anche se era molto più bassa di lui, non aveva paura.

- Demetra! Ti avrò già detto un milione di volte di non impicciarti nei miei affari, va bene? -

- Va bene, va bene? - disse lei scimmiottanto la voce di Ade - Certo che non va bene, idiota! - disse mentre prendeva le mani a Milo e Shelly - Venite ragazzi, se non volete stare con questo mostro per tutta la vostra esistenza. -

Tutti la seguironop tranne Peter che rimase con loro.

- Cos'hai ragazzino? Vuoi rimanere tu? - chiese Ade.

- No, voglio chiedere a Persefone perchè le dispiace... - disse lui guardando la ragazza.

- Persefone... Ti ho già detto... - non ebbe il tempo di finire perchè Persefone lo precedette.

- ... Che non devi predire il futuro degli eroi... Bla, bla, bla, lo so! - disse lei annoiata - Poi tornò seria e prese la mano di Peter - Tu ssarai un eroe valoroso. Andrà tutto bene per te, sarai amato, sarai glorioso , troverai ciò che cerchi, avrai quello che vorrai... - disse allegra - Ma morirai giovane, e c'è solo una soluzione... - non fece in tempo a finire perchè Ade prese per il braccio il ragzzo e lo portò via dalla moglie.

- Mi sembra che tu gli abbia detto abbastanza - disse minacciosamente - Il resto lo scoprirai, quando ne avrai bisogno... -
Lo portò alla porta da cui era entrato nel castello e lo lanciò fuori facendolo cadere in acqua. - E non tornate mai più se non il giorno della vostra morte - disse e chiuse la porta, facebndo un gran rumore.

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Capitolo 8
*** Peter POV: Mi trovo in acque cattive ***



Ok! Quanto tempo! Scusatemi se non ho pubblicato per trooooooooopppo tempo ma ho avuto un periodo di cacca quindi non ho avuto tempo...
Mi scuso anche con Ella_Sella_ Lella perchè non le ho risposto per tipo due settimane!! Scusami tanto ma ero in castigo fimo a ieri!! =S
Da ora in poi, scriverò la storia anche con il POV (Point Of View) dei personaggi perchè trovo che sia meno soggettivo e più facile :)
Spero vi piaccia!!
Baci, Zoe
***************************

- E non tornate mai più se non il giorno della vostra morte - aveva detto Ade mentre ci sbatteva la porta in faccia.
Ci rimettemmo in barca e subito Melissa dietro di me cominciò a vomitare... Mi stava facendo venire la nausea: volevo vomitare anch'io da quanto faceva schifo la scena.

- Allora adesso dove si va? - chiese Alyssa. C'era qualcosa nel suo tono di voce che somigliava alla tristezza, ma la sua espressione era sollevata.

- Hmm non lo so... Chi è che ha i fogli della missione? - disse Paul, guardando Melissa con una faccia schifata. Doveva essere un colpo basso, vedere Melissa che vomitava da mezz'ora.

- Io - dissi io mentre prendevo i fogli dalla tasca - Tieni. - dissi porgendoli ad Alyssa.

Lei li prese e cominciò a studiarli. - Se qui c'e scritta la verità Rita dovrebbe essere andata a nord verso l'Alaska... E li dovrebbe esserci la Terra dei Dragoni... Dubito che lì abbia trovato qualcosa... E se dobbiamo in macchina ci metteremo un eternità... Percè non saltiamo? - propose lei.

- No! Magari c'è mia sorella... - disse Melissa che aveva smesso vomitare per parlare.

- Ma in macchina non ce la faremo mai! - disse esasperata Alyssa.

- Potremmo volare! - disse Milo gongolante mentre mangiava un panino.

Vidi Melissa sbiancare di colpo e vomitare un altra volta.

- Sì potremmo volare - dissi io.

- Sì Brown, dimmi come... - disse Paul con fare di sfida.

- Beh siamo tre figli di Hermes e quattro non, noi figli di Hermes potremmo portare uno di voi ciascuno... -

- Sì ma uno rimane fuori... -

- Beh potrei stare io! - disse Melissa.

- No Mel! Tu servi alla missione- disse Shelly preoccupata. - Potrei stare io a terra... -

- Perchè non stai tu a terra Paul? - propose Jack - Non sei molto utile... - aggiunse con la sua solita delicatezza.

- Io non servo? - disse lui arrabbiato - Io, se non te lo ricordi sono quello che ci ha portati alla casa di Ade; io vi ho salvati dalla chimera... Io servo eccome! -

- Sì ma tu sei quello che ha menato Peter... - disse Alyssa facendosi avanti tra lui e Jack - Che è anche mio fratello... -

- E il mio migliore amico - disse Jack facendo capolino dietro la spalla di Alyssa.

- E' anche mio fratello - disse Milo mettendomi una mano sulla spalla e sorridendo con la bocca piena di cibo.

Mi sentivo importante. Stavo quasi vincendo una battaglia contro quel brutto ammasso di muscoli e niente cervello di Paul.

- Paul forse è meglio se non vieni... - aveva detto Melissa. - Sai non è che non ti vogliamo ma potresti essere un problema per la missione... -

- Sono un intralcio, eh? - domandò lui avvicinandosi alla porta dello jot. La aprì velocemente e ci guardò - Bene! Siccome sono un intralcio anche voi lo siete per me... Quindi se volete potete prendere i salvagenti -

Stava dicendo sul serio? Ci stava "sfrattando" dalla sua barca con una che vomitava l'anima?
Shelly si diresse verso la porta e salì sul parapetto e si buttò in acqua urlando " Geronimooo!". Quella ragazzina è davvero una pazza! - Venite! Non è fredda! - aveva urlato subito dopo.
Milo salutò come un militare Paul e si lanciò in acqua con Shelly - Non è fredda! - anche lui era pazzo da legare. Tutti gli altri li seguirono salutando con ironica benevolenza Paul che rimaneva impassibile, con una faccia da schiaffi.
Melissa aveva alzato lo sguardo verso Paul, interrogativa e spaventata allo stesso tempo. La presi per la mano e mi chinai davanti a lei, sperando non mi vomitasse in faccia - Dai... Non ti succederà niente. Ci sono qui io... - lei annuì lentamente, guardandomi negli occhi. Lafeci alzare dalla sedia su cui era seduta e la portai al parapetto.

- Ho paura - disse mentre guardava le onde che si infrangevano sulla barca.

- Vuoi stare in aria? - dissi io volando dall'altra parte della barca.

Lei annuì silenziosamente e io aprii le braccia per prenderla.

- Non mi fai cadere, vero? - io risposi facendo segno di no con la testa. Lei mi mise le mani sulle spalle e si lasciò tra le mie braccia, affondando la faccia sul mio petto e stritolandomi le braccia in modo da non farmi scorrere più il sangue.

- Non vomitarmi addosso.. - gli dissi.

Lei rispose con un "No" soffocato.

- Beh vedo che non sono più un problema per voi.... Adesso tolgo il disturbo del tutto - disse Paul e richiuse la porta dello jot.
Joshua, che stava dentro alla cabina con loro, guardava la scena con la bocca aperta ma quando il fratello gli disse di partire fece come comandato senza fare obbiezioni.

- Che bastardo... - disse Alyssa mentre guardavamo la barca partire - E adesso che facciamo? -

Zoe Jackson 17 January at 21:55
- Facciamo quello che avevamo detto... Noi figli di Hermes prenderemo uno di voi ciascuno e andremo in Alaska. - Melissa tremò alle mie parole e mi strinse più forte.

D'improvviso sentii qualcosa dietro di me avvicinarsi a noi e mi giraì di scatto.
C'era qualcosa che veniva verso di noi facendo muovere l'acqua. Non vidi più niente per alcuni secondi poi una ragazzina dai capelli blu mare e la pelle azzurra spuntò dalle onde e sorrise allegra. Ci guardò tutti attentamente e sorrise quando Milo si allontanò da lei quando aveva cercato di toccargli il naso. - Nais sum! - disse lei mettendosi una mano sul petto. Stranamente avevo capito quello che aveva detto.

- Milus sum - gongolò Milo.

Lei si girò verso di lui e sorrise. - Quare in lacu estis? - gli chiese.

- Sta parlando in latino... - mi sussurrò Melissa ammirata - Io non sono mai riuscita... - disse un po' delusa.

- Io la sto capendo... - dissi io, meravigliato di me stesso. Mi sedetti sulla superficie dell'acqua con Melissa sulle ginocchia per stare più comodo.

- Beato... - disse lei tenendosi forte per non cadere in acuqa.

- Quod amicus nostrum nos relinquit qua -

- Amicum non est! - replicò lei incrociando le braccia sul petto. - Venitis ad meum patrem... - disse lei prendendo il polso di Milo e tirandolo verso di lei facendolo diventare istantaneamente rosso. - Venitis - disse a noi altri facendo segnando la via con il braccio.

Melissa mi strinse i muscoli delle braccia con le unghie, bloccandomi la circolazione - No ti prego Peter! Ho paura dell'acqua - aveva capito quello che aveva detto la Naiade.

Le sorrisi - Dai, Mel... Non c'è niente di cui avere paura... - le dissi nonostante il dolore alle braccia - Ci sono io! - disse cercando di rassicurarla.

Lei diventò rossissima e premette la sua fronte contro la mia spalla - Non mi lasciare... Mai! - disse lei con voce tremante.

- Mai! - le sussurrai io accarezzandole i capelli col respiro.

Mi addentrai lentamente nell'acqua e sentii la sua pelle rabbrividire e la sua stretta farsi più forte, se era possibile. Mi parve di sentirla gemere un attimo prima di entrare totalmente in acqua.
Quando fui in acqua un'altra Naiade venne verso di me e mi formò attorno alla testa una bolla d'aria con le mani così che potessi respirare. Fece lo stesso a Melissa che aprì gli occhi per accertarsi di essere in acqua e quando e fu certa dei suoi presentimenti tornò nella posizione iniziale.

La Naiade ci condusse nell'abisso del lago da cui veniva una luce strana, bluastra.
Mentre ci avvicinavamo mi accorsi che era emanata da un palazzo enorme, protetto da un'enorme bolla d'aria.
Entrammo dopo le Naiadi.

- Ego Ptolemais sum - disse lei " Io sono Ptolemaia"

- Ego sum Peter - dissi io dicendo il mio nome con la sua pronuncia normale.

- Venitis ad patrum nostrum - disse l'altra Naiade - Ego, Elpis sum.. - " Venite da nostro padre. Sono Elpis" Era molto simile a Ptolemaia ma aveva uno sguardo serio e tagliente come la lama di un rasoio. Indossava un vestito blu scuro e la pelle azzurrina che luccicava alla luce emanata dal castello di Poseidone. Sorrideva ma non mi faceva sentire bene. Era ovviamente più piccola di me ma mi faceva paura. Aveva in testa una fascetta dorata che la faceva sembrare un hippie.

Due ragazzi, normali, si avvicinarono a noi.
Uno di loro prese il mio polso e senza che io me ne accorgessi ero asciutto, completamente. Fece così anche gli altri - Come mai qui? - chiese uno dei due. Era alto e aveva gli occhi azzuri. Indossava una maglietta blu e dei jeans neri. Aveva un sorriso smagliante, che abbagliava. Se lo si guardava troppo, probabilmente, si diventava ciechi, quindi decisi di non fissarlo troppo a lungo.

- Non lo sappiamo - disse Milo. - E' stata Ptolemaia a portarci... -

- Ptolemaia è una nuova Naiade. Non sa che non dovrebbe portare mortali a casa di nostra maestà... Mi dispiace ma adesso dovrò obliarvi... -

- No!! - sbottò Melissa che si era staccata da me, finalmente - Siamo semi-dei... Non siamo mortali... -

Il ragazzo spalancò gli occhi - Davvero? -

- Sì... Io sono Milo, figlio di Hermes -

- Io sono fratello di Milo, Peter - dissi io. Era la prima volta che lo dicevo ad un completo estraneo e mi sentivo strano.

- Io sono Melancton... Vi porterò dalla regina, vi stava aspettando...-

Mi venne subito da pensare come facesse a sapere del nostro arrivo ma immaginai che ci fosse qualche Oracolo e cose del genere.
Le due Naiadi ci salutarono e si unirono alle altre.

L'isola in cui eravamo finiti era un isola che fluttuava nel mezzo del lago.

Notai, mentre camminavamo, che l'isola era divisa in quattro parti, l'una diversa per l'altra. Nella parte in cui stavamo camminando il prato era verde e tutti gli alberi erano in fiore. Nel prato crescevano margherite bianche. Le ninfe danzavano con i fauni che suonavano strani flauti dal suono melodioso. Tutte le creature sembravano in trans mistica perché ciondolavano per l'isola come ubriachi e perché dormivano nel mezzo dei prati, come se fosse del tutto normale.
Sulla nostra sinistra c'era un altro tipo di paesaggio. Era tutto bianco, coperto di neve. Non c'era nessuno lì, o almeno non vedevo nessuno.
Alla destra c'era un paesaggio tipico dell'inverno. Qui c'erano delle strane figure che si muovevano dietro agli alberi, per non farsi vedere.

Shelly si era avvicinata per vedere meglio e quello si era trasformato in una Ninfa vestita di foglie. Shelly saltò all'indietro rischiando di cadere, ma Melancton la prese per un braccio impedendoglielo.
Tutte le creature sembravano in trans mistica perchè ciondolavano per l'isola come ubriachi e perchè dormivano nel mezzo dei prati, come se fosse del tutto normale.

- Quella è una ninfa dell'inverno... Oggi le chiamiamo fate... Quando vieni il tempo di cambiare le stagioni, loro fanno si che succeda - disse lui tenedola tra le braccia.

Lei se ne accorse e diventò rossa - Oh b-bene... M-ma hanno paura d-di me??- aveva chiesto lei.

- Probabilmente perchè sei umana... Hanno paura di tutto... - disse mettendola di nuovo in piedi - Le naiadi, no invece... Sono molto meno riservate, soprattutto Ptolemaia... - la lasciò e ricominciò a camminare verso il castello - Venite, il re sta per partire... -

Entrammo nel castello re. Da fuori era bianca con le rifiniture d'oro.
Davanti c'era un giardino diviso nello stesso modo dell'asty, c'erano di nuovo quattro diverse stagioni per ogni quarto.

L'entrata del palazzo era un'enorme porta stile Hindu. Aveva decorazioni floreali e di animali. C'era la figura di un leone con in bocca una rosa. Non sapevo cosa c'entrasse ma non feci troppa attenzione.
Qualcosa del giardino mi ricordava qualcosa che avevo studiato a scuola. Era un isola importante, ma non riuscivo a capire il perché.

Melancton salì le poderose scale che stavano in mezzo alla sala d'entrata.
Quando fummo in cima giungemmo ad una porta bianca sen le rifiniture che camminavano colore.
Ci fece segno di aspettare lì, ed entrò nella stanza.

- Mi ricorda qualcosa, quest'isola... - quasi sovra pensiero.

- Anche a me... - disse Melissa, guardandosi intorno - Non è sicuro qui. Dobbiamo andarcene subito... -

Guardai attorno anch'io in cerca di cose insolite ma sembrava che tutto fosse a posto. Poi ripensai al comportamento strano delle creature nel giardino.

- Potete entrare - disse Melancton interrompendo i miei pensieri.

Entrammo come un gregge di pecore sgraziate e stanche e ci fermammo sulla soglia.
Melancton uscì e si chiuse la porta alle spalle.

Eravamo entrati in una stanza che assomigliava ad un grande ufficio.
Davanti a noi c'era una scrivania tutta meticolosamente ordinata e una sedia viola, voltata verso la grande vetrata che dava sul giardino sulla parte che sembrava ritrarre il tipico paesaggio estivo.
Sulla sedia c'era incisa un M. Non mi diceva niente.

- Potete sedervi - la voce che ci aveva parlato era dolce e soave. L'emittente della voce non si era però voltata.

Mi sedetti su una delle sedie che erano nello studio, come fecero gli altri.
Da lì vedevo le mani della regina che tempestavano una ciocca di capelli neri.

- Peter Brown... Vieni qui... - disse di nuovo la voce.

Mi alzai di scatto senza volere, era come se una magia mi stesse obbligando a camminnare verso la scrivania della regina.
- Perchè sei qui? - chiese lei.

- Stiamo cercando Electra, figlia di Zeus, e Rita, sorella di Melissa - dissi ma mi sorpresi perchè non avrei voluto dirlo. Non era mia intenzione dire tutta la verità ad una completa estranea. Poteva essere pericoloso.

- Peter! - sussurrò Melissa alzandosi, ma fu violentemente messa a sedere da quella forza che aveva obbligato a me di alzarmi.

La regina si voltò verso di noi. Aveva i capelli nerissimi e lucenti, indossava un vestito Violaceo e teneva in grembo un'animale cohe non riuscii a  - State cercando due semi-dei? -

- Sì..- dissi io non controllando le mie azioni.

- Dove pensate di trovarli? -

- Dobbi-iamo... andarr-re a Norr-rd in AAAlll-aasssssk-a e... - stavo cercandodi stare zitto o di chiudere le mie labbra ma nonostante la mia forte volontà non ci riuscivo. - Ppoi dobbiamo annn-ddaaaa-re... - serrai le mie labbra deciso a non parlare.

La regina doveva trovare la mia faccia molto divertente perchè si mise a ridere. Una risata fragile ma cristallina, non era né buona nè cattiva. Mi faceva rizzare i capelli.

- Ora basta venti! - disse e fece un gesto della mano - Remeavit ad vostram operam! -

Non appena lo fece caddi a terra. Non mi ero accorto di essere sorretto da quella forza invisibile. - Quis erat? - poi mi accorsi di aver parlato in una lingua strana - Che cos'era? -

- Venti... Spiriti del vento che lavorano per me... Fanno tutto quello che dice la regina... Se non lo aveste capito, sono Medea, la più grande maga della storia greca. - disse, non staccando gli occhi dal mio sguardo.

Sentii Melissa gemere. Aveva capito qualcosa.
Il nome Medea mi sembrava familiare ma non c'entrava con il paesaggio. Qualcosa che rigurdava Odisseo.
- Alcinoo! - urlai come un deficente, guadagnandomo uno sguardo stranito da parte di Medea.

- Vuoi dire l'isola? - chiese lei abbastanza annoiata - Sì è uguale alla sua... L'ho fatto apposta perchè mi piaceva averla così... - disse. Non mi convinceva. Era come se una voce dentro la mia testa dicesse "Non ascoltarla, sta mentendo" . - Dovete restare per un po' nella mia isola state tutti male.... E avete appena perso il mezzo di trasporto, o sbaglio? -

- E' vero... Potremmo rimanere qui per un po' e poi ripartire... - disse Milo.

Annuirono tutti felici e convinti. Erano stati ipnotizzati.
Melissa sembrava essersi addormentata da quanto era calma, gli occhi semichiusi e un sorriso pigro sulle labbra.
Cosa stava succedendo?

Tutto di un tratto mi girai verso Medea e vidi il suo sorriso pigro che nascondeva qualcosa di malvagio. Mi guardò e  mi disse - Tranquillo non ti succederà niente -
Poi tutto diventò nero.




Quando mi svegliai ero sdraiato su della paglia vecchia. La stanza aveva una sola finestra che faceva entrare poca luce.
Melissa era addormentata vicino a me con gli altri.

Mi alzai per vedere meglio dove ero finito. Era una cella di prigione. I muri ed il tetto erano di pietra, la porta invece di legno. Mi avvicinai e cercai di aprirla ma una scossa elettrica mi impedì di toccarla. Sfoderai la mia spada e "attaccai" la porta ma non servì a nulla.

- Non servirà a nulla - disse una voce femminile alla mia destra.

Mi girai. Seduta a terra c'era una figura incappucciata. - Chi sei? - chiesi.

Senza alzare la testa disse - Io... -

- Tu chi? -

- Elpis - disse togliendosi il cappuccio lentamente per poi guardarmi.

- Come si fa ad uscire di qui? - ero sorpreso che Elpis fosse lì con me. Cosa aveva fatto?

- Non si esce... - disse sospirando - Ci faranno lottare e se vinciamo possiamo essere liberati. Se perdiamo... Siamo morti e basta -

Le sue parole mi inquietarono. - Perché siamo qui? - chiesi comunque.

- Perchè Medea ti vuole morto... E vuole morta lei... - disse indicando Melissa.

Una fitta mi colpì il cuore. - E perchè mai? - dissi con voce roca. Mi si era seccata la gola appena aveva indicato Melissa.

- E' una figlia di Afrodite... - disse rimettendosi il cappuccio.

- Cosa?!? - dissi girandomi di scatto verso Elpis - Dev'esserci un errore... Lei è figlia di Ares... -

- Anche... - la guardava da sotto il cappuccio - E ' una dea... E' pericolosa per tutti e quindi gli dei non le hanno rivelato la sua vera forma. Medea l'ha scoperto di nascosto tre anni prima della nascita di Melissa e ha fatto di tutto per farla arrivare alla sua isola. Sua sorella è stata rapita da lei mentre cercava la figlia di Zeus e adesso chissadov'è... - Mi guardò con uno sguardo di ghiaccio - Adessso Medea l'ha trovata e vuole drenarla del suo poter, o almeno, vuole usarla per diventare più forte. La rinchiuderà nella gabbia e nessuno riuscirà a liberarla tranne un nobile guerriero dell'aria...- In quel momento pensai che fossi io quel guerriero ma scacciai il pensiero - Medea sta cercando questo nobile guerriero dell'aria ma non lo troverà per molti anni... Lo so perchè ho interrogato gli oracoli e Alcinoo... -  

- E' ancora vivo? -

- Più morto che vivo... E' rinchiuso nella cella più profonda dell'isola e non può uscire, se non con l'aiuto del guerriero dell'aria... Quindi morirà prima che sia salvato... -

Ancora una volta avevo pensato che quel nome fosse mio. Ero io il guerriero dell'aria?
Elpis si sedette contro il muro e incrociò le braccia davanti a se.

- Perchè tu sei qui? -

- So troppo... -

- Che cosa sai? -

- Se te lo dicessi probabilmente non vedresti l'ora di ucciderti con la tua spada... Quindi mi asterrò dal dirtelo -

Anocra una volta non volevano dirmi quello che stava per accadermi. Prima con Persefone adesso con Elpis. Cos'avevo che non andava? Riguardava la mia morte?

Elpis intantosi era accucciolata a terra. Si era messa a giocare con una amuleto.

- Cos'è? - chiesi tra l'irritato, per quelloc he non aveva voluto dirmi prima, e il curioso.

- Un amuleto che mi ha dato Zeus... Quando me l'ha dato ha detto che mi sarebbe servito quando avrei trovato Melissa o il guerriero... Ed è da quando siete saltati in acqua che è diventato nero... Naturalmente e azzurro... Credo significhi che Melissa è quella vera... -

In quel momento la porta si spalancò ed entrò un mostro squamato con due grossi corni che gli uscivano dalla bocca.
Elpis si ritirò nell'ombra come per nascondersi da quell'essere orribile.

- Dovete venire con me - la sua voce roca e baritonale mi fece alzare e d'istinto misi la mano sul manico della mia spada.

Andai a svegliare i miei amici. Shelly mi tirò un pugno nel ventre urlando "Stregaccia!"; Milo invece si girò dall'altra parte e disse "Mamma ancora cinque minuti". Gli altri si svegliarono come persone normali.
Esitai a svegliare Melissa. Era così tranquilla. Era da giorni, già prima della partenza, che dormiva male.
Finito di pensare a quello il viso di Melissa si corrugò in un'espressione angosciata e urlò "NO!" dimendandosi nel sonno.

- Melissa! - disse Alyssa mettendole le mani sulle spalle per calmarla - Svegliati! -

Melissa aprì gli occhi. Si guardò in torno spaesata poi ci guardò negli occhi - Vi somigliate davvero tanto... - disse tranquilla - Dove siamo? -

- In prigione e adesso dobbiamo andare a fare un torneo con mostri che di sicuro ci uccideranno - disse Milo. Anche se non sapevo come aveva fatto a sapere tutto quello che aveva appena detto, annuii sempre guiardando esterrefatto Melissa.

- Dobbiamo andare! - disse impaziente il mostro facendomi sobbalzare di nuovo.












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Capitolo 9
*** POV Mel: Faccio sky diving con i mostri ***


Rieccomi con un nuovo capitolo Di "Il Figlio di Hermes"!!! :D
Visto che tutti lo fanno vorrei per prima cosa ringraziare Ella_Sella_Lella e Koochi che mi seguono sin dall'inizio e anche kimartwins18che non so se mi segue ancora, ma che ringrazio ugualmente! :)
Bene questo capitolo è con il POV di Melissa... :O E' un po' corto ma fa niente... :| Spero...
Spero vi piaccia :D
 
 
 
Nel mio sogno ero in una stana con Rita e Peter. Rita era felice e sorrideva, Peter era sdraiato a terra e piangeva. Mi chinai su di lui e gli misi una mano sulla testa. Scottava.
D'un tratto mi sentii una mano sulla spalla e mi accorsi che era fatta di una materia simile alle nuvole. Mi scansò da Peter e gli punto un scettro al cuore, dal quale uscì una luce blu e rossa che trafisse il cuore si Peter che diventò cenere.
Volevo correre da lui ma il mostro si girò verso di me e disse " Dovrai fare una scelta, giovane Melissa. O lei - disse indicando mia sorella - O lui - indicò la cenere - Se si incontrano uno dei due morirà."
A quel punto avevo tirato fuori la spada ma l'ombra mi aveva preceduto e mi trafisse col suo scettro.
 
Quando mi svegliai c'era Alyssa che mi guardava con espressione preoccupata che diceva qualcosa che non riuscii a decifrare.
Di fianco a lei c'era Peter che mi guardava triste. Mi alzai a sedere e abbracciai Peter. Era vivo!
Non per molto...
- Vi somigliate davvero tanto... - poi mi guardai attorno - Dove siamo? - chiesi vedendo che non era niente di simile all'ufficio in cui eravamo entrati prima.
 
- In prigione e adesso dobbiamo andare a fare un torneo con mostri che di sicuro ci uccideranno - disse Milo.
 
- Dobbiamo andare! - Questa voce non mi era familiare. Mi girai per vedere chi era stato. Un orribile mostro squamoso ci guardava arrabbiato. - Sbrigatevi! - urlò.
 
Peter si mise in piedi e mi tirò su. Il mostro ci aspettava davanti alla porta.
 
- Dobbiamo scappare - mi sussurrò Peter provocandomi solletico.
 
- E come facciamo? - domandai cercando di non ridere.
 
- Noi vi porteremo fuori di qui volando - naturalmente avrei avuto paura di volare ma in quel momento non pensavo ad altro che a scappare - Dillo ad Alyssa e Milo perfavore - mi chiese mentre ci dirigevamo alla porta della nostra cella.
 
Cos'ero la serva per caso? Stavo per tirargli una sberla ma le mie braccia erano diventate pappa per cani.  Mi girai per andare da Alyssa che stava davanti a me.
 
Quando ebbi finito di dirle il messaggio lo recapitò a Milo poi si girarono verso Peter per annuirgli.
Mi voltai a mia volta per guardare Peter in faccia per scoprire che stava osservando i miei capelli. Aveva ancora quell'espressione triste, quasi malinconica.
Distolse lo sguardo per fissarlo su un punto indefinito della strada che stavamo percorrendo.
 
In quel momento mi accorsi che col mostro c'era un'altra sagoma con indosso una coperta scura.
Chi era?
 
Non ebbi il tempo di riflettere che inciampai sul un sasso inesistente e Peter mi prese, come a solito.
 
- Grazie - gli dissi ma non udii alcuna risposta.
 
Arrivati ad una porta il mostro ci superò e l'aprì.
Quello che c'era fuori era uno spettacolo orripilante. Una miriade di mostri si riversavano sugli spalti intorno ad un'arena. Non appena eravamo entrati nel campo avevano cominciato a urlare.
 
Galleggiando sopra l'arena c'era un'isola nella quale sedevano, probabilmente le persone importanti, tra le quali doveva esserci anche Medea.
 
Non appena arrivai a questa conclusione i miei presagi si avverarono poichè Medea si era allontanata dall'isola su una nuvoletta bianca e ci era venuta incontro.
 
- Allora ragazzi siete pronti? - ci chiese con un sorriso allegro sul viso, come se non gli importasse niente della nostra vicina morta, che probabilmente era vero.
Il suo sorriso però era così allegro che portava allegria anche dentro di me e per un momento mi dimenticai che stavo per morire e sorrisi come un ebete.
Avrei continuato a sorridere se Peter non mi avesse messo una mano sulla spalla con l'intento di risvegliarmi. Mi girai e lo ringraziai con lo sguardo.
 
- Credo che voi siate abbastanza pronti - sorrise di nuovo e mi guardò dritto negli occhi - Adesso io libererò i vostri avversari e voi dovrete decidere contro chi combattere. Adesso decidete l'ordine in cui mori... cioè combatterete. - sorrise di nuovo e poi ci lasciò per alzarsi in aria per parlare ai spettatori.
 
Comiciò dicendo - Abitanti della mia Isola! ... - e non riuscii ad ascoltarla perché Peter interruppe i miei pensieri.
 
- Dobbiamo scappare - disse di nuovo - Ma dobbiamo salvare Alcinoo... -
 
- E come facciamo? - lo interruppe Shelly.
 
- Adesso io, Milo e Alyssa vi prenderemo in braccio e vi porteremo in salvo sulla terra ferma poi torneremo per liberare Alcinoo... -
 
- E se chiedessimo a Dioniso di mandare qualcuno per salvarlo? - chiese Milo - Non abbiamo molto tempo per trovare Electra e Rita... -
 
 Quel nome mi rattristò. Sapevo che Peter sarebbe morto se l'avessimo trovata ma volevo ritrovarla e riabbracciarla per almeno una volta. Ero davvero costretta a scegliere qualcosa di così grande? La vita di Peter era nelle mie mani?
 
- Melissa tu che ne pensi? - mi chiese Alyssa.
 
- Uh... Credo che non abbiamo abbastanza tempo per portare con noi Alcinoo... Dovremo chiedere a Dioniso. - dissi cercando di sembrare convincente anche se sapevo di essere sembrata piuttosto      .
 
Con mia grande sorpresa tutti annuirono e accolsero l'idea con entusiasmo. Erano di sicuro impazziti.
 
- ..Diamo inizio ai giochi! - urlò Medea in quel momento. - Aprite le porte! - aggiunse ridacchiando ai due mostri che erano comparsi vicino alle porte che circondavano l'arena.
 
Ci voltammo tutti a guardarla mentre dava ordine ai suoi sudditi di aprire un portone nero che stava dalla parte opposta dell'arena.
 
Ero rimasta immobile dietro Alyssa.
 
- Melissa tu devi scappare... - disse non voltandosi per guardarmi in faccia. - Tu sai come trovare Electra e Rita... -
 
- Ma.. Ma non.. Non posso lasciarvi qui e non so neanche come partire... -
 
- Peter ti porterà fuori di qui con l'aiuto di Elpis... - disse scrutando le porte aperte.
 
- Elpis? -
 
Non mi rispose ma prese per il braccio Peter e la figura con la coperta. Sussurrò ai due probabilmente ciò che aveva già detto a me e diede un bacio sulla guancia di Peter - Andate! Il più veloce possibile -
 
Peter aveva una faccia alquanto stravolta ma non ribattendo ad Alyssa mi prese il braccio a me e Elpis, probabilmente, e, senza che io me ne rendessi conto, si liberò in aria alla velocità della luce uscendo dalla bolla d'aria.
Non appena Elpis ci formò la bolla d'aria intorno alla testa mi sentii svenire. Quasi come se mi leggesse la mente Peter mi strinse a se e lo sentii mormorare un "Grazie" ad Elpis.
 
Mentre Peter nuotava verso la superficie, guardando indietro, notai un grosso tentacolo avvicinarsi a noi. Fui pervasa dalla paura ma prima quell'orribile coso ci potesse afferrare Peter uscì dall'acqua e prese velocità verso il cielo, ora azzurro.
 
Mi resi conto di essermi aggrappata a Peter  anche con le gambe e lo stavo trafiggendo con le unghie.
 
Cercai di scusarmi ma non avevo voce a causa della paura e smisi di torturarlo.
 
 
- Adesso dove andiamo? - mi chiese con una nota malinconica nella voce.
 
- Non lo so - dissi con un filo di voce.
 
- Non hai la mappa - che stupida! Sì che ce l'avevo!
 
Mi sfilai la mappa dalla tasca dei jeans, cercando di non lasciare Peter e gliela porsi. Per farlo dovette scollarmi da lui e fui costretta a guardarlo in faccia. La sua voce aveva detto la verità: anche sulla faccia di Peter c'era tristezza.
 
- Quindi dobbiamo andare in Canada - disse senza emozione.
 
Scrutai la mappa - Sì a Vancouver... - dissi indicando con un dito la nostra prossima destinazione, perdendo quasi l'equilibrio.
 
- Bene - disse secco - Tieniti forte - disse pochi secondi prima che partisse a tutta velocità, ma questa volta non persi l'equilibrio e non dovetti uccidere Peter.
 
 
 
 
Stavamo volando da un'ora, in silenzio e il cielo si era fatto scuro. Avevamo rallentato e l'avevo percepito dall'aria che non mi sferzava più la faccia.
Ero stanchissima, ma dovevo stare sveglia se no Peter avrebbe dovuto faticare di più. Anche lui era stanco e l'avevo capito perché continuava a sbadigliare e a sgranchirsi.
 
- Come stai? - mi parlò per la prima volta.
 
- Bene... Se sei stanco potremmo fermarci... -
 
- No dobbiamo arrivare a destinazione - disse trattenendo uno sbadiglio.
 
- Sei stanco, dobbiamo fermarci Peter... I poteri degli semi-dei non durano per sempre. Abbiamo bisogno di riposarci anche noi. Scendi e troveremo un hotel dove stare... -
 
- Melissa... - cercò di replicare.
 
- Peter non accetto obb... - non riuscii a finire la frase perché Peter si mise un dito sulla bocca.
 
- Che c'è? - chiesi senza ricevere risposta. Mi misi ad ascoltare il buio e a scrutare il cielo scuro.
 
Peter si girava di continuo a causa di rumori inesistenti. Guardai nella direzione in cui guardava lui - Peter non saremo mica nell'area degli aeroplani? - Due lucine rosse stavano davanti a noi, ferme.
 
- Peggio  - disse tetramente.
 
In un secondo le lucine si moltiplicarono e ovunque guardassi c'erano coppie di piccole luci.
 
- Sono mostri - dissi, mentre sentivo il mio cuore cominciare a correre come un impazzito nel mio petto - Cosa facciamo? Non abbiamo neanche le armi! - dissi in preda ad una disperazione crescente.
Dedussi che a Peter non piacesse rispondere e solo agire di testa sua quando si lasciò andare come un sacco di patate verso la terra.
 
In quel momento gli occhietti rossi vennero fuori dalle nuvole scure per inseguirci. Così riuscii ad identificare la loro forma: erano giganti uccellacci neri con enormi artigli che  si stendevano per prenderci.
 
- Peter veloce! - dissi terrorizzata.
 
Peter virò verso il basso sempre più velocemente ma uno dei mostri ci superò e prese Peter per la gamba trascinandolo verso l'alto. Un altro di quei schifosi uccelli mi staccò da Peter e mi porto nella direzione opposta.
 
-Lasciami andare!! - urlai dimenandomi.
 
D'un tratto un coltello comparse nella mia mano e senza pensare a come fosse comparso lì trafissi la zampa del mostro che mi lasciò cadere.
 
Ecco stavo facendo caduta libera da mille metri da terra e acquistavo velocità ogni secondo di più. Era una delle scene che sognavo la notte per i quali mi svegliavo sudata.
Mi misi le mani al petto pregando "E' solo un sogno! Adesso mi sveglio e Holly mi porterà la colazione! E' solo un SOGNO!" ma non succedeva niente vedevo gli alberi piccolissimi farsi vicini.
 
Poi non ricordo più nulla.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** POV Peter: Morta? ***




 Kia Ora!! Eccomi tornata con un nnuovo capitolo :) Spero vi piaccia
Baci, Zoe

************

La mattina dopo mi svegliai in mezzo ad un bosco sotto a delle foglie che mi coprivano. Sul braccio avevo un taglio profondo che mi bruciava tantissimo e da cui sgorgava sangue.
La prima a cui pensai fu "Melissa!". Dov'era? Dove l'avevo lasciata cadere? Era morta?
Sì probabilmente era morta. L'avevo fatta cadere a chilometri da terra e chissà dove si era andata a schiantare...
Mi alzai a fatica e cominciai a guardarmi intorno mentre mi toglievo le foglie di dosso. Ero in un bosco, apparentemente da solo.
Mi guardai di nuovo il tagli e decisi di coprirlo per evitare che si infettasse ulteriormente; quindi mi tolsi la maglietta e la strappai per farmi una fasciatura. Mi fasciai piuttosto male ma almeno non faceva più così tanto male.
Cominciai a camminare senza meta nel bosco.
Sotto i miei piedi c'era la sabbia quindi dovevo essere in un posto vicino al mare.

Aspetta: com'ero fatto ad arrivare al mare? Eravamo nel mezzo dell'America! Non mi risultava ci fossero mari in mezzo all'America!

Ma non me ne importava molto perchè la mia testa era inchiodata sulla figura di Melissa morta.
Perchè l'avevo fatta cadere? Avevo le mani di burro?
Mentre pensavo scalciavo a terra i sassi invisibili dalla rabbia.
Avevo ucciso una persona e mi sarebbe pesato sulla coscienza per tutta la vita.

Un rumore mi fece sobbalzare e fece sparire ogni pensiero dalla mia mente.

Mi girai per controllare tutto quello che mi circondava. Non c'era niente. Era tutto immobile.

Mi girai per ricominciare a camminare quando dietro di me udii una voce roca chiamarmi "Hey!"

Sfoderai la spada e urlai - Chi sei? -

Vidi un'ombra da dietro all'albero che mi stava davanti. Mi avvicinai lentamente all'albero con la spada puntata al tronco. - Chi sei? - chiesi con il tono di voce più serio e fermo che avevo in corpo.

Da dietro l'albero spuntò una ragazzina dai capelli neri. Aveva le mani puntate al cielo - Giuro che non ti farò niente! - disse guardandomi con occhi di ghiaccio.

Come per istinto misi giù la spada. " Fidati di lei... " mi disse una voce.

- Scusa se ti ho spaventato ma dovevo atirartio senza fare rumore - mi spiegò - Vieni la ragazza sta ancora dormendo... E non fare rumore! - mi ammonì prendendomi la mano con la sua manina piccola.

Non sapevo se fidarmi della bambina ma feci come mi aveva detto e stetti in silenzio. La ragazza era Melissa? Stava dormendo o era morta, e quindi sembrava stesse dormendo?
Le domande, i dubbi e il terrore mi assalirono maggiormente.

La bimba cominciò a guardare il cielo e mi disse - Dobbiamo stare attenti perchè se ci vede il Guardiano saranno guai! E stai attento dove metti i piedi, perché qui attorno ci sono tantissime trappole - Ma dov'ero andato a finire? - Siamo quai arrivati comunque non ti preoccupare... A pochi passi da qui c'è la mia casa... - disse e affrettò il passo.

Camminammò nella selva per circa mezzora quando arrivammo davanti ad una porticina ricoperta di edere sotto un grosso albero. La bimba ci poggio sopra la mano e questa brillò per poi aprirsi.

L'ascensore in cui eravmo entrati era azzurra e sul soffitto c'era dipinto un cielo azzurro con le nuvole. All'inizio pensai che fosse solo un'allucinazione ma guardando meglio vedevo le nuvole muoversi come spinte da un vento inesistente sul soffitto dell'ascensore. Saliti diversi piani ci trovammo in una piccola stanzetta ornata di fiori che emanavano un profumo soave. C'erano anche delle finestre che facevano intravedere il cielo.

La bambina scostò un po' di piante per aprire una varco che portava in un'altra stanza.

Prima che potessi seguirla mi fece segno, con la mano, di stare dove stavo.

Mentre aspettavo mi resi conto che il braccio mi faceva male davvero e il dolore non accennava ad arrestarsi. Mi dovevo essere fratturato qualcosa, anche se guardandolo non vedevo niente di anormale, tranne molto sangue.

L'attesa mi stava mangiando: era Melissa, quella "ragazza" di cui aveva parlato la bimba? Se non lo era, dov'era finita Melissa? Era morta? La stavano mangiando gli avvoltoi? Tutte le immagini più macabre mi vennero alla mente facendomi quasi vomitare.

Una manina salvatrice spuntò dalle piante e mi fece segno di entrare.

Entrai velocemente temendo che non fosse Melissa.

- Sta bene ma ha solo sonno - mi disse la bambina con voce seria - Vi lascio; mi ha chiamata la Madre. - disse e scomparì nella'altra stanza.

Una ragazza stava sul letto che stava vicino alla finestra. Era voltata e quindi le vedevo solo i capelli, che erano molto simili a quelli di Melissa.

- Melissa? - la chiamai con voce bassa.

Non mi rispose e cominciai a pensare che non fosse Melissa per davvero. Mi avvicinai al letto di un passo. - Melissa sei tu? - chiesi di nuovo.

Non rispose di nuovo e mi avvicinai per mettermi in ginocchio vicino al letto - Melissa? -

- Come hai potuto abbandonarmi così in mezzo all'aria? - mi urlò voltandosi verso di me - Mi hai lasciata nelle grinfie di sette beccacci neri! - mi disse incrociando le braccia al petto - Lo sai che odio volare e tu mi lasci addirittura cadere! Sei un incosciente, stupido! - mi rimproverò con il broncio.

Un'improvvisa ondata di allegria mi inondò e sorrisi come un ebete ingnorando la sberla che avevo appena ricevuto.
La mia mente fece in tempo per svegliarsi mentre Melissa mi diceva che era stata in pensiero per me - E' cinque giorni che ti cerchiamo, sai? -

- Cinque giorni?!? - chiesi incredulo.

- Sì e ieri ti stavo cercando ma siamo state attaccate da un mostro enorme -

- Mi stavate cercando? - chiesi.

- Sì. Siamo finiti su un'isola dedicata alla dea Artemide e qui ci sono le sue cacciatrici che si allennano per essere un giorno nel suo esercito di cacciatrici... Io mi sono aggregata a loro per cercarti -

- Sei una cacciatrice? -

- No! - disse imbarazzata - Se lo fossi probabilmente non potrei neanche parlarti... - disse arrossendo.

- Ah... - fu la mia risposta molto intelligente.

- Comunque qui siamo al sicuro... - aggiunse ancora imbarazzata - Siamo a casa di Artemide, che non è molto felice della tua presenza ma ha accettato sapendo che ci sono io che ti conosco... Possiamo stare qui fino a quando vogliamo... -

- Ma dobbiamo partire presto... Il termine della missione e tra due settimane... - cercai di replicare.

- Non c'è bisogno di preoccuparsi, Peter... Quest'isola è in grado di fermare il tempo... E' per questo che le cacciatrici sono immortali - mi spiegò calma Melissa. I suoi occhi avevano un non so che di mesto e due occhiaie scure le marcavano gli occhi. Aveva sicuramente fatto uno dei suoi incubi che la tenevano sveglia tutta la notte. Mi sentivo un essere inutile... Volevo sapere ciò che le premeva? Chi poteva farle una cosa del genere?
 
Melissa si portò una mano alla fronte pigramente. - Ho la febbre... - constatò disgustata - Di sicuro starò sudando come un maiale... - disse.
 
Sorrisi perché in quella affermazione riconobbi il temperamento delle figlie di Afrodite che l'altra mattina, al campo, avevano rifiutato di combattere (tutte tranne Valeria che aveva ferito Jessica per averle fregato il ragazzo) con la scusa di sudare troppo. Un po' mi dispiaceva saperla figlia di Afrodite e per questo non glielo avevo ancora detto, perché se l'avesse saputo sarebbe diventata come una di loro? Vanitosa e antipatica?

- Cosa hai fatto al braccio? - mi chiese distogliendomi dai miei pensieri, facendomi ricordare del mio braccio dolente.

- Non lo so ma ho un taglio - dissi mentre mi toglievo la benda.

- Vieni andiamo da Jeevika: devi essere curato - disse non staccando gli occhi dalla ferita per poi guardarmi negli occhi - Non parlare di niente e non guardarla per troppo tempo: è una cacciatrice e odia tutti voi uomini - mi avvertì.

Uscimmo dalla stanza da cui ero entrato e Melissa scostò delle edere per uscire.

La vista mi tolse il respiro. Eravamo in alto ad un albero enorme e tra i rami degli alberi c'erano tanti ponticelli che formavano una sorta di villaggio sospeso.

Melissa mi fece cenno di seguirla con la mano e io feci come ordinato.

Sotto tutti gli alberi c'erano ascensori come quella su cui ero salito prima che portavano a diverse aree della città sospesa.
 
Melissa era molto agile sui ponti nonstante fossero alquanto traballanti, ma doveva averci fatto l'abitudine dopo averci vissuti per quasi una settimana.

Mentre camminavamo tra i rami si affacciavano dalle casete delle ragazzinepoco più grandi della bimba che mi aveva guidato fino all'ascensore. Una aveva cominciato a seguirci ma era stat subito richiamata da una ragazza più grande che l'aveva presa per un braccio e riportata all'interno della casetta.

Dopo aver quasi richiato la morte per linciaggio o per caduta dai ponti arrivammo ad una casetta a due piani colorata di verde e marrone, come del resto tute le altre casette.

- Jeevika - chiamò Melissa- Ho un paziete per te -

Una ragazzina coi capelli castani scese le scale per venire incontro a Melissa e me. Mi guardò con diffidenza - Potrei lasciarti morire, lo sai vero? - mi disse.

Non diedi molto peso alla cosa; avevo capito che i ragazzi non erano ben accetti.

Stranamente si mise a ridere - Stavo scherzando! Non lascerei mai nessuno morire! - disse e mi prese la mano per farmi sedere su una sedia di pelle e mi medicò il braccio.

Mentre mi medicava mi parlava di tutte le volte che si era fatta male lei, facendomi ridere dalla stranezza di tutti quegli eventi.

- Comunque noi cacciatrici non siamo tutte come la Madre... Non tutte facciamo voto... le più grandi sì perchè hanno avuto brutte esperienze, ma altre no... Quindi non devi rinchiudeti da nessuna parte puoi anche fare giri per l'isola... Per adesso però ti consiglierei di non fare niente per almeno cinque giorni - così dicendo si alzò e mi sorrise - Beh vado a progettare la mia spada- multiuso. Ciao Peter - mi disse e se ne andò al piano di sopra.

- Ciao Jeevika - salutai a mia volta.

Uscito dalla casetta vidi Melissa poggiata alla balaustra.

- Hey - dissi quando le fui accanto.

- Ciao - disse - Vado ad allenarmi - disse e se ne andò velocemente senza aspettarmi.

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Capitolo 11
*** POV Melissa: L'isola delle Cacciatrici ***




Ero così contenta che Peter stesse bene. Mi ero quasi arresa alla sua ricerca.
Tuttavia la mia felicità dovette presto farsi da parte quando Jeevika cominciò a provarci spudoratamente con Peter.
 
Perché non l'avevo medicato io?!
 
Non che fossi gelosa, no. E' solo che mi dava fastidio il modo in cui rideva con lei ad ogni cosa che diceva... Con me non rideva mai e aveva una faccia funerea. Sempre...
 
Jeevika aveva oltrepassato il limite quando aveva cominciato a parlare del voto di castità, allora me ne ero andata fuori non riuscendo più a sopportare quella stupida scenetta.
 
Peter era uscito con la sua solita aria funerea e mi aveva saluta con un "Hey.. " poco convinto quindi avevo deciso di andare al spiaggia per uccidere qualche mostro.
 
Appena misi piede nell'ascensore mi pentii di quello che avevo fatto perché Peter non aveva dato segno di seguirmi.Dovevo rassegnarmi: non gli interessavo e non potevo farci nulla.
 
Mi legai i capelli in una coda e presi la mia spada dallo sgabuzzino dove tutte le cacciatrici (ma quindi anche io che non lo ero) mettevano le loro armi.
Presi anche un arco e delle frecce  e una lancia, tanto per allenarmi.
 
Non ero mai stata ad allenarmi sulla spiaggia ma Luka mi aveva spigato che era vicino al villaggio verso nord.
Mi diressi verso nord nel bosco.
 
L'isola era un bel posto. Era rigogliosa e tutte le cacciatrici si davano una mano a vicenda. C'erano i turni per chi dovesse andare a cacciare la selvaggina una settimana e chi l'altra. Non erano divise in gruppi come noi e non giocavano mai; l'unica cosa che si faceva era combattere, allenarsi e salire di livello e l'unico scopo era diventare cacciatrice al cospetto della Madre, Artemide.
 
Il bosco non era pieno di erbacce era anzi molto curato e accogliente.
 
Mentre mi inoltravo nel bosco vidi delle altre cacciatrici davanti a me che probabilmente si stavano dirigendo verso la spiaggia e questo mi rassicurò.
 
Stranamente mi venne in mente Paul. Non il suo sdegnoso comportamento ma l'immagine della sua faccia si impresse nella mia mente come un poster.
 
Poi successe un'altra cosa strana: mi comparve una persona davanti.
 
Indossava un vestito bianco con i bordi dorati e sei sandali dorati.
I capelli nocciola le cadevano sulle spalle  con boccoli perfetti senza un capello fuori posto.
Aveva un docce sorriso sulle labbra e gli occhi azzurri luccicavano di allegria.
 
- Come sei diventata bella! - mi aveva detto subito e mi prese una mano - Più bella di me! Sei bellissima! - mi fece fare una giravolta e sorrise di nuovo.
 
Io ancora confusa la guardai e le chiesi - Chi sei? -
 
- Non posso dirtelo ma Peter può dirtelo ... L'ha scoperto da poco ma lo sa e non vuole dirtelo perché ha paura... - sorrise di nuovo - Vieni devo farti vedere una cosa - mi disse e prendendomi la mano e si diresse allegra nel bosco nella direzione opposta alla spiaggia - Sull'isola di Artemide non c'è solo il campo delle cacciatrici ci sono anche le cascate delle naiadi e sono stupende... Adesso tu vieni lì con me, ma io dovrò andarmene via subito perché in teoria ti posso parlare solo attraverso messaggi di Iris, quindi - si girò e mi sorrise come per scusarsi - Le naiadi sanno quello che devono farti quindi non c'è bisogno che io resti lì -
 
Cosa mi dovevano farmi le naiadi? Trasformarmi in sirena?
 
Avevo seguito il discorso della donna senza interromperla ma la sua vocetta dolce e melodiosa mi dava alla testa e volevo urlarle di stare zitta non riuscendoci. Mi lasciai condurre attraverso il bosco senza dire niente e seguendo docilmente le donna.
 
Dopo quasi un quarto d'ora giungemmo alla famosa cascata di cui parlava la donna.
 
Era una paesaggio mozzafiato. Cascate azzurre cadevano leggere da un'altura e piccoli fiori azzurri e rosa decoravano l'acqua. e le sponde del laghetto.
Alcune naiadi stavano nelle acque e giocavano.
 
L'atmosfera era allegra e la misteriosa donna sembrava una delle naiadi ma non aveva la pelle azzurra e i capelli color delle alghe.
 
La donna era una persona strana e strana era la sensazione che sentivo quando mi guardava. I suoi occhi somigliavano  moltissimo ai miei e le sue labbra pure. E ogni volta che mi sorrideva volevo sorridere anch'io.

Non appena arrivammo sotto il grande salice che stava vicino al laghetto mi lasciò con delle naiadi e mi abbracciò forte per poi scomparire nel bosco.

Tutte le naiadi mi guardavano con sorrisi che non mi convincevano per niente e giuro di avere visto sguardi complici tra di loro. Io mi sentivo fuori luogo e, per la prima volta dal mio arrivo sull'isola, mi sentivo imbarazzata.

Parlavano tutte la mia lingua quiandi non dovetti richiamare alla mente il latino o il greco che avevo lasciato l'estate scorsa.
 
- Non c'è molto da fare ma possiamo vestirti meglio e truccarti... Esme vai a prendere le maschere per il viso e tu portami il pettine... - disse il capo, supposi.

- Scusa ma voi chi siete e perché sono qui? - chiesi sul limite di una crisi.

- Io sono Thety e tu stai per ricevere un trattamento di bellezza.. Eirene portami il kit per le dobbie punte - disse guardando con orrore le ciocche di Melissa.

All'espressione trattamento di bellezza mi venne da vomitare. Trattamento di bellezza? Ma che me ne fregava di un trattamento di bellezza... Mi andava bene anche il mio look da forestiera mezza morta con terra dappertutto... Non che fossi davvero fangosa...

Non riuscii però a togliermi da quella tortura a cui ero stata sottoposta, nonostante le mie preghiere.

Per rpuima cosa mi fecero fare un bagno nelle terme lì vicino. Poi Thety mi taglio i capelli e mi fece una maschera alla menta che mi bruciò la faccia.

Poi la naiade ragazzina di nome Esme mi truccò e dalla sua espressione avevo capito che non sopportava Thety, almeno quanto io la odiavo.

Dopodichè venne il momento di vestirmi e di farmi le valige. Non sapevo come ma mi avevano ritirato le valige e tutti i vestiti (due magliette e un paio di jeans) vennero buttati non so dove ma comunque persi per sempre.

- Senti, tu non puoi decidere quello che metti, capito? - mi rimproverò Thety all'ennesima mia lamentela sulla maglietta rosa che mi avevano rifilato.

- Senti - esordii - Io odio il rosa. E non userò mai il rosa... Dammi quella maglietta azzurra, quella va benissimo; ma non il rosa. E perché mia hai dati sti pantaloni super stretti? Non si riesce neanche a camminare! E i tacchi! Come faccio a combattere con i tacchi?! - dissi non potendone più di quella ragazzina che si credeva mia mamma.

- Come osi parlarmi così?! - urlò allora Thety - Io sono una dea! Io sto migliorando la tua immagine! - aggiunse sempre urlando.

- Mi stai rienpiando di cose che non mi servono! - replicai io.

- Mamma cosa stai facendo a questa povera creatura - chiese un ragazzo moro che era comparso alla sue destra.

- Niente questa ragazzina viziata non vuole che l'aiuti a migliorare la sua immagine -

- Non credo abbia bisogno di nessun miglioramento la sua immagine mamma - mi sorrise - Tranne per quella maglietta rosa, forse -
Arrossi alle sue parole ma almeno mi aveva dato ragione "Finalmente una persona intelligente" - Ecco lo dice anche lui... Posso mettermi quella azzurra? - chiesi spearando che almeno quel ragazzo l'avesse convinta.

Thety guardò la maglietta azzurra poi me ala porse sconfitta - Tieni mettitela... - mi disse bruscamente.

Orgogliosa della mia vincita andai a cambiarmi in quella maglietta scomoda ma almeno di un colore accettabile. A guardarmi nello specchio sembrava una modella. Avevo i capelli curati e senza quelle doppie punte che avevano fatto trasalire Thety e indossavo dei pantaloncini corti bianchi che stavano abbastanza bene con la maglietta.

Mi agganciai la spada al fianco e sorrisi felice di non essere del tutto cambiata con quel look schifoso.  

Qunado uscii Thety mi gaurdò - Ho preparato la tua valigia... Non c'è niente di rosa come sua maestà desidera - dopodiché mi salutò acida e se ne andò portandosi dietro tutto il suo corredo di aiutanti.

L'unico che restò fu il ragazzo che non mi toglieva gli occhi di dosso, il che mi fece abbastanza vergognare di quello che indossavo.

- Bene. Io me ne andrei adesso - dissi stanca dal pomeriggio in quell'infermo.

- Ti accompagno - disse lui avvicinandosi a me sorridendo.

- Grazie - fu l'unica cosa che riuscii a dire.

- Sai chi sono vero? - mi chiese.

- Non lo so... - ammisi.

- Comincia con la "A" e finisce con "chille" - disse sempre sorridendo.

Si poteva essere più scemi? Ero stata al fianco di un eroe greco per cinque minuti e non l'avevo capito! Thety è la madre di Achille! - Ma non eri morto? - chiesi. Solita domanda da imbarazzo.

- Sì ma mia mamma è riuscita a farmi uscire dall'Oltretomba... - sorrise di nuovo

Per il resto del tragitto parlammo di tute le sue avventure e delle sue gesta. Mi disse anche che , al contrario di quello che aveva scritto Omero, lui non aveva trattenuto Ettore perché gli faceva schifo e un corpo di un morto puzzava moltissimo; aveva lasciato il corpo fuori dalle mura di troia e Priamo l'aveva trovato e per vendetta era andato a casa di Achille per ucciderlo ma non ci era riuscito ed era dovuto andare a casa; Achille non l'aveva voluto uccidere.

- E tu perché sei qui? - mi chiese quando ebbe finito di raccontarmi le sue imprese.

- Io ci sono finita per sbaglio. Sono in missione per trovare mia sorella Rita... -

- Panter Rita?! - chiese incredulo.

- Sì lei... Come fai a sapere che è lei? -

- Beh... Anche lei è passata di qui e siamo diventati subito migliori amici... Sai guerrieri che uccidono mostri insieme diventano subito amici... Però poi se n'è andata... -

- Ah... Sì giusto -

Per il resto del tragitto ci fu un silenzio tagliente.
Mi accompagnò fino al villaggio poi se ne andò di corsa per non essere ucciso dalla cacciatrici.

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Capitolo 12
*** Gelosie ***


 Ciaooo! :D
Sono tornata dal Canada con un nuovo capitolo! Non l'ho mai messo prima per la mia solita pigrizia ma ecco qua il nuovo capitolo :)
Spero vi piaccia!!
Zoe xx
 
 
 
 
Mentre Melissa se ne andava in giro con un fusto alto due metri io ero stato rapito da un gruppo di cacciatrici inferocite. Una ragazza mi aveva preso per un braccio strattonandomi, non appena ero salito per andare nella stanza "di Melissa", e mi aveva a dir poco trascinato verso l'ascensore.
Avevo cercato di chiederle spiegazioni ma mi aveva tirato un cazzotto, lanciandomi uno sguardo di puro orrore nei miei confronti.
Non appena fummo al piano -3 uscimmo e lei mi prese il braccio ficcando le sue lunghe unghie dentro alla mia pelle.
Mi portò in una stanza e mi buttò sulla sedia più vicina alla porta, vicino al tavolo. Se ne andò poi correndo.
 
C'erano altre tre cacciatrici nella stanza. Tutte coi capelli scuri e, al contrario delle altre più giovani, avevano dei diademi di pelle scura decorati d'argento sulla fronte.
 
Avevano tutte facce moolto incoraggianti e sembravano davvero simpatiche, fin da subito quando la più alta mi ruggì in faccia - Tu! -
 
- Io - dissi, orripilato per il litro di sputo che mi era stato spalmato in faccia.
 
- Tu. Dovrai partire il più presto da quest'isola. - proseguì lei fissando i suoi occhi fiammeggianti nei miei. Le altre cacciatrici stavano dietro di lei e mi guardavano con lo stesso sguardo e con le braccia incrociate al petto.
 
- Va bene, ma posso chiederle una domanda? -
 
- No! - si girò e mi frustò la faccia con una delle lunghe trecce che popolavano i suoi capelli.
 
- Perché non posso stare qui? C'è qualche problema? - chiesi ignorando la sua gentile risposta.
 
- Certo che ci sono problemi! - disse girandosi e mettendo tutt'e due le mani suoi braccioli della mi sedia - Da quando, solo stamattina sei arrivato tu, tutte le cacciatrici si sono innamorate di TE! E come sai questo è inammissibile! - disse scandendo l'ultima parola - Tu e la tua amichetta dovrete andarvene immediatamente e non tornare mai più -
 
- Oh su non siamo così Lena - disse una voce dolce dietro di me. Non mi girai a vedere chi fosse, perché i denti di Lena stavano troppo vicini alla mia faccia ed ero sicuro che mi avrebbero tagliato se mi fossi girato. - Dai adesso và a sederti e parliamo con diplomazia, eh? Che ne dici? -
 
Lena aveva alzato il feroce sguardo per guardare la ragazza - Alia, non credo di averti chiamata... - ruggì.
 
- Ho seguito i tuoi cani e sono arrivata da te... Non ho l'invito ma posso comunque venire, no? Oppure volete uccidere il ragazzo senza di me? - disse ironica - Lo sai com'è la Madre su queste faccende. " Più fate insieme meglio è" - disse scimmiottando probabilmente la "Madre" - Dai su smetti di bavare come un rotweiler sul ragazzo e siediti da brava... - disse staccando una delle mani di Lena dalla mia sedia.
 
Lena si staccò e ricominciai a respirare aria pulita.
 
Alia mi si sedette accanto. Era castana e aveva gli occhi verdi come gli smeraldi - Non ti preoccupare è solo una maschera - mi sussurrò. Mi guardò sorridendo.
 
- Ti ho sentita - ringhiò Lena.
 
Alia rise una risata cristallina - Ok! Parliamo del problema "Ormoni a mille che fanno si che le cacciatrici raccolgano fiori invece che uccidere Pterodattili" ... Dimmi Weena qual è il problema. - chiese alla cacciatrice più bassa.
 
- Da quando è stato previsto dalla Pizia l'arrivo di Mister Muscolo e quando poi è arrivata la sua ragazza, tutte le cacciatrici hanno prima cominciato a ribellarsi contro il Consiglio e poi quando lui è finalmente arrivato hanno cominciato a fare lezioni di disegno ed è da tutta la mattinata che disegnano lui semi-nudo - disse serissima Weena.
 
Al mio fianco vedevo Alia sorridere. - Non mi sembra che sia un grande problema -
 
- Come. No? - urlò inferocita Lena - Noi. Siamo. Cacciatrici!!! - disse sottolineando ogni parola del suo discorso.
 
- Ok allora Yasmina, dimmi la tua opinione a riguardo - chiese di nuovo.
 
- Beh... Io veramente non ci trovavo niente di male... - Lena a quello aveva dato un pugno sul tavolo - Ma Lena vuole sempre che noi la seguiamo come "cani" come avevi detto tu... Ma comunque è inaccettabile che un ragazzo stia con noi per troppo tempo ancora... Dopotutto siamo cacciatrici - disse guardandomi di sfuggita.
 
- Mmmh - Alia si mise una mano sul mento - Secondo te come dovremo fare? - disse girandosi verso di me.
 
- Cosa lo chiedi a fare a quel troglodita? E ' un maschio è genetic.. -
 
- Lena! Eccheccavolo vuoi starte zitta! Ma che due noci di cocco, he! E basta! - disse girandosi spazientita verso di lei e stendendo le braccia. - Ok adesso Peter dimmi la tua opinione... -
 
Non sapevo che dire e quindi alzai le spalle - Non so... Se è proprio un problema me ne vado, non c'è problema abbiamo anche la missione da finire -
 
- Mm si forse hai ragione... Ma guardati.. Il tuo braccio è rotto e non credi che una settimana di riposo sarebbe un buon affare? Per non essere attaccato dai Mangia-uomini - indicò col pollice Lena e i suoi "cani" - possiamo metterti nella "suite-imperiale-vista-panoramica-di-tutta-l'isola" ovvero la stanza del capo, ovvero io. Che ne dici? E' un buon affare, no? - disse sorridendo.
 
- Ma se è la tua stanza tu dove starai, genia? - chiese Weena.
 
- Hai studiato la mappa della città, Weena? - disse Alia alzando gli occhi al cielo/soffitto.
 
- Sì, certo -
 
- Saprai allora che ho un'altra stanza tutta mia... -
 
Weena se ne stette zitta e abbassò lo sguardo.
 
Alia mi guardò di nuovo. Sorrise - Allora che ne dici? Anche Melissa starà là se vuoi? -
 
Esitai - Va bene - vidi Lena sbuffare ed alzarsi.
 
- Bene allora staranno qui un'altra settimana - disse Alia sorridendo - Adesso voglio proprio andare a vedere queste opere d'arte. Mi potresti accompagnare tu, Weena? -
 
- Sì capo - ubbidì.
 
- Bene tu puoi anche andare a prendere la tua roba e Lena ti porterà alla Suite Imperiale -
 
- Grazie - dissi solamente.
 
 
 
 
 
 
- Ecco, questa è la tua stanza... - disse mentre mi apriva la porta Lena - E non mi parlare mai più.... - disse scagliandomi addosso le chiavi. E se andò quasi distruggendo il pavimento coi suoi passi di piombo.
 
Non dissi niente a entrai nella mia nuova stanza/prigione. Era una stanza incavata nel tronco dell'albero ma aveva finestre di vetro che permettevano di vedere tutta l'isola dall'alto. C'era un grosso tavolo intagliato da un ramo che veniva fuori dal centro della stanza, attorno al quale c'erano delle sedie di legno anch'esse. Il tavolo aveva una specie di lastra di vetro sopra che aveva dei tasti e due paia di guanti strani stavano attaccati ad un piccolo chiodo al lato del tavolo. Sul tetto c'erano delle finestre ad oblò da cui si poteva vedere il cielo. C'era anche una porta su cui era recata la scritta "Bagno!".
 
Andai a poggiare le mie cose accanto all'amaca che stava vicino al muro sinistro della stanza e mi misi a guardare fuori dalla vetrata.
Si vedeva tutto che succedeva sull'isola in ogni suo punto. Capivo perché Alia l'avesse scelta come la sua stanza.
 
Decisi di non stare nella mia prigione per troppo tempo: mi sarei annoiato troppo. Presi la mia spada per andarla a far riparare poiché con la caduta aveva perso la punta.
 
Mentre scendevo ebbi di nuovo la sensazione di avere gli occhi di Lena attaccati alla schiena.
 
Quella ragazza era davvero una bestia. A guardarla sembrava una normale adolescente ma i suoi modi erano da mostro.
Scacciai l'immagine di Lena e i suoi occhi da drago incazzato e mi diressi velocemente verso la prima ascensore che si trovava nei paraggi.
 
Sull'ascensore c'erano delle ragazzine cacciatrici che cominciarono subito a sorridere e ridere piano quando salii.
Facevo questo effetto?
 
Mi misi a pensare a Melissa... Dov'era? Era sparita di mattina e non più tornata.
Mentre pensavo mi accorsi che le ragazzine ora mi guardavano esterrefatte, con gli occhi attaccati al mio viso come se fosse una calamita.
La prima volta che l'ascensore si fosse fermato, sarei sceso.
 
Ma purtroppo la mi unica speranza non arrivò mai perché al primo piano altre ragazzine salirono sull'ascensore bloccandomi la strada a causa dell'infermità causata a sua volta dalla mia visione.
 
Man mano che scendevamo le ragazzine cominciavano a farsi veramente strane. Fino a quando una di loro, la più grande, mi si fece vicina e mi parlò.
 
- Allora dove devi andare? -
 
- A riparare la mia spada - le risposi il più calmo possibile e mostrai la mia spada.
 
- Uh... - disse osservandola - Ti conviene scendere al prossimo piano - mi disse guardando stranita le altre che alla parola "scendere" l'avevano guardata male. - Sì ti conviene scendere adesso - disse - e converrà anche a me - disse prendendomi la mano e trascinandomi fuori alle porte che si erano appena aperte.
 
Quando fummo al di fuori dell'ascensore cominciò a correre e mi incitò di fare lo stesso.
Feci come ordinato perché avevo visto la mano di una della ragazzine quasi afferrarmi la maglietta
Corremmo fino a quando non fummo arrivati ad un salto con delle liane.
Lei ne prese una e a mo' di Tarzan si lanciò dall'altra parte.
Io feci lo stesso ma caddi faccia in giù a terra perché l'avevo presa male e le mie mani erano scivolate.
 
Mi rialzai con le mani bruciate e la pancia a pezzi.
 
La ragazza dell'ascensore stava al piano di sopra e mi guardava con gli occhi spalancati - Stai bene? -
 
- Sì - dissi alzando una mano col pollice alzato - Sto benone! -
 
Con un balzo saltò giù pochi secondi prima che un'orda di ragazzine si catapultasse dall'altra parte del salto, naturalmente senza farsi alcun male.
 
- Ma hai un braccio rotto? - mi chiese puntando la fasciatura sul braccio.
 
- Sì - dissi perplesso dell'inutilità della domanda.
 
- Ah ok. Va beh il nostro fabbro sta al centro della piazzola qui - disse sorridendo - Non ti preoccupare non ti assalterà: è un leone - disse poi aggiunse - Come ti chiami? -
 
- Peter - risposi.
 
- Peter... Sai che non mi è nuovo questo nome... Ha qualcosa di cui già ho sentito parlare, ma era un mistero quindi.. Io sono Clara - disse e se ne andò pensierosa.
 
Mentre mi avviavo verso la capanna vidi le ragazzine che ci avevano quasi assaliti correre sul ponte sospeso, cercandoci.
 
Sì, dovevo andarmene da quell'isola e anche velocemente.
 
Entrai nella capanna in cui regnava il silenzio totale. Un grosso tavolo stava in mezzo alla stanza e sopra di esso c'erano vari arnesi per riparare armi.
Dal soffitto pendeva un'armatura argento con striature azzurre che sembrava non avere niente di rotto.
 
Mi guardai attonro per trovare il prorpietario del negozio ma non vidi altro che cose vecchie.
 
Mi aggirai osservando i dipinti che stavano sui muri; in uno di questi c'era la figura di un guerriero con il mano una spada che splendeva.
 
- Quello è il guerriero dell'aria -
 
Mi girai per vedere chi aveva detto quelle parole. Un grosso leone rossastro era entrato nella stanza e mi guardava con due occhi verdi. - Vedi lui è il più importante e potente semi-deo che verrà... Non si sa quando ma gli dei lo aspettano per proteggerlo dalle grinfie dei Titani che sono sempre in agguato - disse venendomi accanto - Quella è la sua armatura - disse indicando col muso l'armatura appesa al tetto - Non mi chiedere a cosa serva perché non lo so.. - disse abbassando il muso per poi chiedermi - In che cosa ti posso aiutare? -
 
- Oh, volevo solo chiederle se mi poteva riparare la spada... - dissi mostrandogli la spada ormai quasi inutilizzabile.
 
La osservò per poi concludere - Non posso farci molto... Credo tu debba prenderne una nuova... Credo di averne una in magazzino ma è molto antica e quasi ogni persona che l'ha provata me l'ha ridata indietro dopo poco più di quattro ore... E' un po' difficile da controllare - e con questo andò nell'altra stanza. Tornò dopo pochi istanti con una spada abbastanza grande coperta da una custodia di acciaio. Me la porse - Stai attento è una spada troppo importante... È quella del guerriero dell'aria passato -
 
Lo ringraziai e uscii dal negozio senza pagare perché mi disse che era un regalo.
 
Mentre camminavo verso l'ascensore vidi Melissa che sorrideva vicino ad un altro ragazzo palestratissimo.
Non so che cosa fosse ma una fitta mi prese il cuore facendomi perdere il respiro. Con un senso di malinconia poi continuai per la mia strada e salii di fretta al mio piano per evitare altre orde di ragazzine impazzite.
 
 
*****
 
 
Alia mi aveva detto che dovevo salire all'ultimo piano dell'ascensore S per arrivare alla mia nuova stanza. Da quello che avevo capito Lena odiava la mia presenza e quella di Peter e per questo dovevo starmene là sopra, rinchiusa, per tutta la durata della nostra permanenza nell'Isola delle Cacciatrici.
 
Riunii le mie cose e le misi nella borsa che mi aveva offerto Alia, poiché la mia era stata completamente distrutta quando ero caduta sull'isola.
 
Salii con l'ascensore e mi trovai alla stanza delle riunioni, dove avevamo discusso per ore io, Lena ed Alia sul da farsi.
 
Chissà se Peter sarebbe già stato nella stanza... Aprii la porta e i miei dubbi furono risolti, vedendo che la sua borsa era accanto all'amaka; vidi anche lui, cioè la sua gamba, che pendeva da una parte dell'amaca.
 
- Peter? - chiamai.
 
Nessuna risposta. Così mi avvicinai all'amaca e lo vidi dormire come un bambino.
In quel preciso istante ogni mio rancore verso di lui si sciolse. Era così divinamente bella quella visione. Mi trovai a contargli le ciglia e a guardare quelle piccole lentiggini, sparse sul suo viso.
Involontariamente presi a pettinargli i capelli con la mano e appoggiai l'altra sul suo petto. Il suo viso sembrò aprirsi in un leggero sorriso.
 
Poi come d'incanto mi svegliai da quel dormiveglia e, spaventata da quello che avevo appena fatto, mi ritrassi dall'amaka. 
Perché l'avevo fatto? Peter era solo un amico! Non poteva essere in altro modo. Eravamo amici e amici dovevamo restare.
 
Ma quei capelli così belli... No! Basta! Dovevo andarmene. L'isola mi stava facendo brutti scherzi. Era tutta colpa delle ragazzine che mi stavano cercando di far innamorare di Peter con qualche strano miscuglio di erbe. E poi la piccola Nina che mi diceva che anche lei voleva innamorarsi di uno come il mio Peter... Mio.. Mio non era proprio la parola giusta... Era tutt'altro che mio. Forse di Jeevika o di Shelly Moon... Magari ha una fidanzata!
 
Mentre andavo a sdraiarmi nella mia amaka, orribili immagini si succedevano nella testa, distruggendo così ogni mia speranza. Mi calai nella mia amaka e presi il primo libro che mi capitò.
 
 
 
 
Mi accorsi che era notte fonda quando la mia luce cominciò a fare piccoli giochi sulla mia pagina.
 
Fu allora che mi accorsi anche che Peter si stava alzando.
E lì notai il suo fisico perfetto.
 
Ah, Melissa! Che ti succede?! Tu sei una figlia di Ares e non ti puoi innamorare! Questo lascialo alle figlie di Afrodite.
 
- Melissa, ci sei? - chiese Peter con una voce così tenera da far sciogliere ogni legame della ragione con il mio cervello. Non riuscivo più neanche a cercare di fermare quegli assurdi pensieri.
 
- Sì sono qui - subito volli cancellare quello che avevo detto: la mia voce era stata acida e terribilmente scortese.
 
- Che fai? - chiese di nuovo mentre si alzava.
 
Prima di parlare cercai di tornare il più seria possibile ma di non essere troppo acida - Leggo un libro... Stai bene? -
 
- Mmh- mmh - disse acconsentendo - Sto benissimo... Sapresti dirmi che ore sono? -
 
- Non ne ho idea... Sarà pressapoco mezzanotte -
 
- Ah... - mentre parlava prese uno sgabello e mi venne vicino - Ti devo parlare di una cosa di estrema importanza, Mel... - disse serio mentre si sedeva.
 
Oh no! Non può essere! Era sveglio, era sveglio mentre io gli pettinavo i capelli!
Un improvviso brivido mi corse lungo la schiena. Volevo scappare di lì e buttarmi dalla finestra per poi spappolarmi come un budino a terra ma stetti immobile, congelata dalla sua vicinanza.
 
- Per te è un momento giusto? - mi chiese tranquillo con gli occhi mezzi aperti - Perché adesso ho il coraggio di dirtelo - deglutì - che forse non avrò domani... -
 
Rimasi immobile e annuii.
 
- Ok allora vado... Quando eravamo nella reggia di Medea ho scoperto una cosa che potrebbe essere sconvolgente per te... - si soffermò a guardare la mia reazione - Io ho scoperto da una naiade che tu sei una figlia di Afrodite... -
 
Questo non l'avevo immaginato. Mi misi subito a sedere sull'amaca, rischiando per poco di cadere se Peter non mi avesse  presa per un braccio.
 
- Sono una figlia di Afrodite? - chiesi senza capire bene quello che stava accadendo.
 
- Sì... - disse lui - Scusa se non te l'ho detto ma non sapevo come l'avresti presa ed eri così fragile che ho deciso di lasciar stare -
 
D'un tratto mi venne in mente la giovane donna che mi aveva portato da Teti. Mi aveva avvisata che Peter lo sapeva. Ero una figlia di Afrodite.
Misi una mano alla testa e constatai di avere una forte febbre. Cercai di intendere quello che stava dicendo Peter ma non fui in grado perché svenni.
Cosa potevo fare di più intelligente?!
 
***
 
Quando mi svegliai ero a terra e Peter terrorizzato mi guardava negli occhi e urlava chissà cosa. Mi teneva le mani sulle spalle e sembrava stesse cercando di tenermi ferma.
 
- Melissa calmati! - capii quando le mie orecchi si sbloccarono - Calmati! -
 
Rimasi allora immobile e guardai Peter. Cominciai a tremare e sentirmi fredda. Il tocco di Peter era caldissimo.
 
Una lacrima dopo l'altra mi scese dagli occhi, dapprima più lentamente per poi diventare fontane e cominciai a piangere senza un motivo plausibile.
 
Peter mi prese in braccio e mi abbracciò forte. Mi sembrava di stare tra le braccia di un padre. La sicurezza che mi dava Peter era una cosa straordinaria: mi bastava solo una sua parola, un suo cenno per farmi cambiare d'umore.. E così fu anche questa volta. Diversamente perché, sentendomi sicura, piansi ancora di più e lo abbracciai anch'io. Mentre mi teneva sussurrava che era tutto a posto e che non dovevo avere paura.
 
Dopo un bel po' di minuti io smisi di piangere e il mio respiro era tornato normale, togliendo un paio di singhiozzi.
 
Peter mi mise a sedere sulla poltroncina che stava davanti alla vetrata e si sedette a terra accanto a me. - Mi hai fatto prendere un bello spavento sai? - disse, ancora scosso.
 
- Scusa... - non capivo cosa avesse potuto fargli tanta paura - Cos'è successo? -
 
- Ti sei alzata dall'amaka e hai cominciato a urlare parole strane poi ti sei sdraiata a terra...  E lì hai sbattuto la testa e poi hai cominciato ad urlare -
 
Wow! - Scusami.. - dissi di nuovo.
 
- Non fa niente... - tirò un lungo sospiro e si girò verso di me.
 
- Quindi io sono una dea... Ho i poteri di Ares e quelli di Afrodite? -
 
- Non lo so... Ma so che tu dovrai essere salvata da un guerriero dell'aria e che tutti i cattivi del mondo ti cercano per drenare il tuo potere... E credo che il momento si stia avvicinando. - constatò.
 
Mi venne in mente il sogno di tante notti prima dove Peter moriva e si trasformava in polvere.
 
- Peter.. Tu non potrai venire con me... - dissi.
 
- Perché? - disse spalancando gli occhi.
 
- Perché ho fatto un sogno che mi ha illustrato te e mi sorella... Mia sorella stava bene ma tu eri in pena e quando io cercavo di aiutarti tu morivi e ti trasformavi in polvere.. - sentii di nuovo le lacrime pizzicarmi gli occhi.
 
Sospirò a lungo poi disse - Melissa... Io verrò con te... Tu sei troppo vulnerabile... Non mi importa se morirò. Morirò per aver aiutato qualcuno e questo mi rende felice. Non c'è bisogno che tu ti preoccupi per me... -  in un vano tentativo di consolarmi sorrise.
 
- Peter! No, tu non verrai con me... Questa è la mia missione e tu non dovrai morire per colpa di mia sorella. E poi stai male, hai un braccio rotto -
 
Peter si alzò e incrociò le braccia davanti al petto - Melissa... se non vuoi che io venga allora dammi un'altra ragione perché questa non mi arrenderà... -
 
Mi alzai anche io per poterlo fronteggiare al meglio e con voce sicura ma le cose mi sfuggirono dalle mani e di nuovo mi misi a piangere - Perché tu non devi morire! Tu sei importante per tante persone! Pensa a tua mamma, a Jack... Io non sono importante quanto te! -
 
- Melissa! - sembrava contenere la rabbia a stento - Tu sei una dea e io ti devo proteggere fino a quando non arriverà questo famelico principe dell'aria.. Lì io ti lascerò e non prima -
 
- Ma Peter! - no riuscii ad aggiungere altro perché non sapevo come combattere contro un cocciuto come lui. - Fa come vuoi... Tanto sei tu che verrai ucciso e io vivrò lo stesso perché gli dei non possono morire! - la mia voce sembrò ovviamente meno sicura di quello che volevo.
 
Mi girai di scatto e me ne andai a dormire.
 
 
A gli Inferi, Peter Brown!
 
 
 
 
*****
 
 
"Agli Inferi. Melissa Panter!" questa frase riecheggiava nella mia testa come un disco rotto mentre l'ira che mi aveva preso andava pian piano diluendosi con la stanchezza che mi era saltata addosso, benché avessi dormito per chissà quanti giorni e almeno due ore da quando ero salito nella stanza.
 
Nel mezzo del mio sonno Melissa mi era comparsa in sogno e mi aveva preso per la mano e mi aveva mostrato un'armatura e mi aveva parlato sorridendo in un altra lingua. Il suo sorriso mi rassicurava e questo mi diede la forza di andarle a dire la verità. Cosa che non aveva portato alcun bene visto che era svenuta e che poi saltata su tutte le furie quando le avevo detto che venivo con lei.
Si era arrabbiata tanto con me solo perché volevo proteggerla... Mah! Chi la capisce quella!? Mi misi nella mia amaka e stetti a pensare nel buio a quello che mi aveva detto "Tanto morirai tu!" nonché al suo strano sogno. Significava che anche lei se avesse trovato Rita avrebbe segnato la mia morte. Quindi sarei morto lo stesso.
Stranamente questo non mi rattristò per niente, ero anzi molto calmo.
 
Decisi che la mattina dopo le avrei chiesto scusa e le avrei detto che non l'avrei seguita, per poi seguirla a debita distanza fino alla presunta posizione di sua sorella.
Era un piano perfetto e nessuno mi avrebbe potuto fermare.
 
Sentii Melissa sbuffare di nuovo.
 
- Che c'è? - chiesi.
 
- Niente - disse secca.
 
- Non ci credo - dissi e siccome non ero tanto stanco da non potermi alzare andai verso la sua amaka per la seconda volta in un quarto d'ora e mi sedetti sullo sgabello.
 
- Ti ho detto niente e non ho chiesto che tu venissi qui a rompere di nuovo... -
 
- E prima ti avrei rotto? -
 
 
 
 
 
*****
POV: Melissa
 
- Certo che mi hai rotto! Per prima cosa hai interrotto la mia lettura e poi adesso non riesco più a dormire dal nervosismo! -
 
- Sì?! -
 
- Già! -
 
- Spiegami una cosa allora... Perché quando mi hai visto dormire hai cominciato ad accarezzarmi, eh? -
 
Stronzo! Era stato sveglio tutto il tempo! Sicuramente ero diventata rossissima - Ah... Eh... Non l'ho fatto apposta e poi.. e poi volevo vedere se avevi la febbre. Hai la febbre? - dissi cercando di sviare la conversazione.
 
- Un po' di febbre ce l'ho... Comunque ti informo che non ti seguirò e ti lascerò sola visto che non hai bisogno del mio aiuto sarò felice di togliere il disturbo - disse, lo sfacciato.
 
- Benissimo! Non potevo desiderare di meglio! - dissi sorridendo e mi misi di nuovo a leggere il libro senza più guardarlo negli occhi. Ah! Tanto meglio se non veniva! Io non lo volevo più vedere.
 
Stette a guardarmi per un paio di minuti poi si alzò lentamente e trascinò le gambe verso la sua amaca.
 
Com'era successo di nuovo? Era l'ennesima volta che litigavamo in pochi giorni e mi sentivo già in colpa per avergli detto tutte quelle cose... Chissà cosa stava pensando... Fa niente. Lui non poteva venire. Sarebbe di sicuro morto. Benissimo adesso sarebbe tornato al camp e non avrebbe più rischiato la morte.
 
Contenta chiusi il libro e gli occhi per poi essere portata lontana da Morfeo. E stranamente per la prima volta non feci brutti sogni.
 
 
*****
 
 
La mattina dopo mi alzai col sole sul volto e mi stiracchiai felice.
 
Fui deliziata dal profumo di ciambelle che sentivo e mi alzai.
 
Peter non c'era. Bene. Non mi avrebbe rovinato la giornata sin da subito.
 
Mi misi a sedere l tavolo e accesi lo schermo per andare a vedere se mi avevano scritto gli altri. Niente.
Però si erano collegati ad una rete internet e quindi dovevano essere tutti incolumi.
Anche Paul si era collegato e diceva di essere in California. Che grande amico! Era sempre molto altruista!
 
Paul era solo un grande bambino che si credeva il più bello del mondo. Peter invece era... Aspetta perché li sto confrontando?! Scacciai i pensieri con la mano.
 
Mentre mangiavo la mia ciambella alla marmellata e zucchero a velo mi misi a pensare alla missione. Con cosa avrei viaggiato? Mi sarebbe servito qualcosa di veloce per arrivarci... Andai a cercare nell'archivio dell'Isola, sul computer. Passai in rassegna tutti i sottomarini, gli ariavolanti, le armature del vento, i roller-di-Poseidone, i carri armati cingolati ma non trovai niente di utile... Quello che mi servire era un'aeroplano veloce che avrei potuto guidare... Niente. Non c'era alcun aeroplano.
 
Decisi che più tardi sarei andata da Alia a chiedere qualcosa e a far sì che impedisse a Peter di seguirmi.
 
 
*****
 
 
 
Alia mi aveva chiamata la mattina per darmi una buona notizia. Speravo che fosse il mio mezzo di trasporto perché mi ero soffermata fin troppo sull'Isola e vedevo Lena innervosirsi sempre più ogni volta che la incrociavo.
 
La raggiunsi nella parte Ovest dell'Isola.
Quando arrivai era in piena armatura e teneva i capelli in grosse trecce, il che non era normale perché mi aveva confidato giorni prima di amare i capelli sciolti.
 
Era sudata e piena di graffi ma sorrideva apparentemente soddisfatta.
 
- Buon giorno Melissa! - disse non appena mi vide con un sorrise. - Ho il tuo mezzo di trasporto - disse e mi fece cenno di seguirla.
 
Camminammo per vari minuti attraverso la foresta abbastanza selvaggia e puntellata da fiori molto grossi e minacciosi. Sembravano pericolosi.
I miei sospetti si avvertono quando Alia tagliò una della teste che cominciò, non so come, a strillare e dimenarsi e dai tagli usciva un liquido violaceo.
 
Alia avanzó per un altro po' nella foresta e arrivammo on una piccola radura al cui centro c'era un animale abbastanza grosso con ali possenti sulle spalle.
 
- Un drago? - chiesi cercando una conferma.
 
- Sì un drago: questo è il tuo mezzo di trasporto... Non é eccessivamente veloce ma è l'unica cosa che siamo in grado di trovarti... - disse quasi in tono di scusa.
 
- Oh no! Andrà benissimo Alia. Mi posso avvicinare? - chiesi.
 
- Sì ma devi stare attenta... È un animale molto strano e devi stare attenta a quello che fai... Stai attenta a non fare gesti bruschi, a non mostrare paura né sentirla perché i draghi percepiscono la paura di qualcuno con l'olfatto... - mi spiegò Alia - La prima impressione del drago è la più importante. Se fai colpo, diciamo, col drago allora vivrai se invece gli starai antipatica morirai quindi stai attenta se ci tieni alla pelle... - mi disse e mi diede una pacca sulla spalla - Buona fortuna, eh! - concluse e andò a nascondersi tra gli alberi, in agguato.
Mi avvicinai al drago di pochi passi per poi fermarmi.
Sentivo il sangue correre tra le mie vene come un treno in corsa.
Il drago aveva gli occhi chiusi e respirava lentamente.
Mi feci coraggio e mi avvicinai di qualche passo.
Ad dieci metri dal drago calpestai un legnetto e gli occhi del drago si aprirono di scatto.
 
Perlustrò con lo sguardo l'area che lo circondava e posò gli occhi su di me.
 
A quello sguardo mi si gelò il sangue nelle vene. Mi immobilizzai sul posto e cercai con tutte le mie forze di non guardarlo negli occhi ma non ci riuscii.
 
Il drago cominciò ad alzarsi lentamente e con uno sguardo simile alla fame feroce.
 
Sperai all'improvviso, per la prima volta nella mia vita, di non sapere di buono.
 
Il drago si avvicinò lentamente e con meno di tre passi il suo muso mi sfiorò e mi annusò e indietreggiò e si sedette come un cagnolino.
 
Per pochi secondi rimasi ferma poi mi girai verso Alia, che aveva alzato la testa dal nascondiglio e mi faceva segno di andare avanti con la mano.
 
Tremante come una foglia mi avvicinai al drago che stava fermo davanti a me. Trovai il coraggio anche perché gli occhi del drago avevano perso quell'iniziale sguardo d'odio e ora era calmo.
 
Avvicinai la mia mano al muso del drago spèerando vivamente che non me la staccasse.
All'inizio non successe niente ma prima che potessi pensare a tutte le cose brutte che mi potevano succedere il drago mise di sua spontanea volontà il naso sotto la mia mano.
 
Ero salva!


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Capitolo 13
*** Giovani per sempre ***


 

Alia per poco non mi saltò addosso quando uscii dalla foresta dopo aver lasciato il drago. 

 

- Sei stata fantastica! - mi disse, spaccandomi i timpani con la sua voce acuta. 

 

- Alia, non ho fatto niente! - dissi sopraffatta sia da Alia che dal sollievo del pericolo, ormai passato. 

 

- Oh no! Tu hai addomesticato un drago! - disse tutta sorridente mentre mi metteva in mano una spada dorata tutta decorata con fiori e piccoli colibrì - Tieni questa è il premio per il tuo coraggio. Era mia ma adesso te la regalo - disse con un sorrise dolce. 

 

La guardai stupita - No.. Alia io non posso accettare - 

 

- Tienila - disse sorridendo ancora - Ne avrai bisogno... Con me è totalmente sprecata quella spada... Tu la userai - 

 

Era davvero una bella spada. - Beh allora grazie, Alia - dissi ricambiando il sorriso. 

 

Mentre tornavamo al villaggio Alia mi parlò di tutti i problemi che c'erano al villaggio e di come non sapesse tirarsene fuori. Io la ascoltai ma l'unica cosa che riuscivo a pensare era Peter. 

Non l'avevo neanche visto quel giorno. 

Chissà dov'era... 

 

Il mio cuore fu trafitto da una lama ghiacciata quando mi venne in mente la figura di Jeevika. 

Ah, perché non l'avevo lasciato venire con me? Forse non si sarebbe arrabbiato e non sarebbe andato per le sue. 

Dentro di mi maledicevo per tutta la mia caparbietà. 

 

Alia invece continuava a parlare dell'isola e dei suoi problemi. 

 

Quando arrivammo al villaggio le dissi che ero stanca e dovevo riposarmi e lei mi salutò dicendo che se mi fosse servito il suo aiuto era sulla Collina del Vento, a est dell'Isola.  

 

Salii il più in fretta possibile. Volevo vedere se Peter era veramente uscito per andare da Jeevika

Ma quando entrai in camera trovai compagnia. 

 

Peter era seduto davanti allo schermo accesso del computer e mangiava la sua colazione: una ciambella alla marmellata. 

 

Quando mi vide mi sorrise. - Ti è piafuta la mia fambella? - mi chiese con mezza ciambella in bocca e tutta la marmellata sulla guancia. 

 

Non appena vidi Peter la mia malinconia andò a farsi fottere lasciando posto ad una tenerezza infinita e il mio broncio si trasformò in un sorriso. 

 

- Perché era tua? - gli dissi divertita. 

 

- Sì ma tu te la se mangiata tutta mentre andavo a prendere il latte - disse con finta indignazione. 

 

- Scusa Peter - dissi e mi andai a sedere sull'amaka con un grandissimo sospiro di sollievo.  

 

- Fa niente... Ma la prossima volta me la vai a prendere tu le ciambelle... Oggi sono quasi stato ucciso due volte da ragazzine imbestialite e una Lena con il suo pugnale. - disse mentre sorseggiava il suo latte. 

 

- Che fai oggi? - mi chiese dopo una decina di minuti mentre ancora guardava lo schermo del computer. 

 

Non mi aspettavo una domanda e quindi gli chiesi un sinceramente sorpreso - Perché? - 

 

- Uhm... Niente volevo solo sapere che facevi e se potevo sottrarmi alla mia prigione - rispose lui. 

 

- Oggi mi riposo... Sai domani parto e non voglio essere del tutto addormentata... - 

 

- Ah già... - disse lui rabbuiandosi - Ho visto che stavi cercando dei mezzi... Con cosa viaggerai? - mi chiese. 

 

Volevo mentirgli e dirgli che sarei partita con qualcosa di non pericoloso ma tutta la verità uscì dalla mia bocca prima che potessi pensare di dire aereo - Drago - dissi guadagnandomi uno sguardo pieno di dubbio e preoccupazione da parte di Peter. 

 

- Drago? - ripeté meravigliato e preoccupato insieme. 

 

- Sì Alia mi ha trovato un drago per il viaggio - dissi sempre più nervosa a causa di quello sguardo indagatore - Ma non ti preoccupare l'ho già addomesticato e ades... -

 

- Tu hai già fatto cosa? - chiese ancora più preoccupato. 

 

D'un tratto mi sentii piccola e indifesa - Ho addomesticato il drago e adesso sono al sicuro e posso andarci sopra e viaggiare e non mi ucciderà, ti giuro! - dissi tutto d'un fiato, con voce simile a quella di un'anguilla che stava per morire strozzata. 

 

Peter mi guardò ancora per una decina di secondi poi il suo viso sembrò lisciarsi e i suoi occhi azzurri si trasformarono da mare in tempesta a lago di montagna. 

 

- Melissa.. Lo so che ti dà fastidio quando mi preoccupo per te ma la prossima volta che stai per commettere suicidio perfavore ammoniscimi - disse con estrema calma. 

 

- Scusa - mi sentivo in colpa come una bambina che ha rubato dei biscotti dalla dispensa del padre. 

 

Spuntò un debole sorriso sul suo viso, poi si girò e continuò a guardare lo schermo. 

 

- Se vuoi oggi possiamo andare alle cascate... - proposi io timidamente, volendo già uccidermi per quello che avevo detto: odiavo l'acqua! Cosa mi era saltato in mente? 

 

- Ci sono delle cacciatrici impazzite che potrebbero saltarmi addosso e uccidermi? - 

 

- No. E' lontano dal villaggio - risposi. 

 

- Allora va bene - disse e sorrise nella mia direzione sciogliendo ogni muscolo nel mio corpo. 

 

Stette ancora dieci minuti a smanettare con lo schermo poi si alzò e prese dalla borsa il suo costume e andò a cambiarsi in bagno.

 

Andai a cambiarmi anch'io rimettendomi quegli orrendi pantaloncini corti che mi aveva dato Tety. Nella mia nuova valigia c'erano pantaloncini di quel genere in serie. Ce n'era uno strappato, l'atro blu scuro, uno marrone, uno denim... Tutta la collezione di "Vai in giro in mutande anche tu!". E niente pantaloni che superavano il ginocchio. Benissimo. 

 

Quando Peter uscì ci incamminammo silenziosi verso l'ascensore e non trovammo, per fortuna, alcuna cacciatrice impazzita. 

Purtroppo la nostra fortuna durò poco perché non appena scendemmo chi trovammo? 

Meraviglia delle meraviglie Jeevika! Sprizzavo di gioia da ogni poro. 

 

Non appena ci vide ci venne incontro saltellando come una carpetta di Heidy. 

 

- Ciao Peter. Ciao Melissa. - disse con una contentezza che scatenò in me la Melissa-Terminator che veniva come accessorio con un padre come Ares. 

 

- Ciao Jeevika - dissi io sperando che il mio alito la putrefasse seduta stante.

Si limitò a fare un gesto con la mano. 

 

- Cosa fate? - chiese lei in direzione di Peter. 

 

Stavo per urlarle in faccia che non erano affari suoi quando quell'imbecille di Peter le disse - Ma niente andiamo alle cascate. Vuoi venire? - 

 

E lei con uno strano scintillio negli occhi rispose - Certo! - 

 

In quel momento maledissi mentalmente Peter con atrocità impossibile. 

Poi mi accorsi di quello che stavo facendo. Stavo facendo una scenata d gelosia mentale contro Jeevika e Peter. 

Mi schiaffeggiai più volte la faccia con la mano per cercare di tornare il più normale possibile, con il solo risultato di sembrare completamente stupida sia davanti a Jeevika che aveva ancora quel suo sorriso merdoso sul viso sia Peter che mi fissava completamente stupito e impaurito dal mio gesto. 

 

- Zanzara! - dissi. Che idiota.

 

Jeevika mi guardò stranita poi disse - Beh io vado a cambiarmi. Mi aspettate giù? - chiese. 

 

"NOOO!" 

 

- Va bene - disse Peter cordialmente. 

 

Mentre scendevamo le scale Peter stette muto come un pesce poi quando fummo sull'ultimo scalino si fermò e mi chiese - Melissa perché ti sei schiaffeggiata la faccia? - 

 

- Una zanzara mi aveva punto - dissi. 

 

- Su tutt'e due le guance? - 

 

- Sì era velocissima! - disse imbarazzata - Correva da una guancia all'altra a pungermi le guance - 

 

- Ah - disse lui sconcertato. Sembrava volesse aggiungere altro ma non disse niente e sorrise. 

 

- Perché sorridi? - gli chiesi. 

 

- No, niente - disse lui. 

 

- No. Perché sorridevi? - gli chiesi più insistente. 

 

Aprì la bocca per dire qualcosa ma non fece in tempo dire una parola che Jeevika comparse dalle scale e lo prese sottobraccio urlando - Andiamo! - tutta contenta. 

 

- Sì andiamo - disse Peter con entusiasmo quasi falso. 

 

Per tutto il tragitto fino alle cascate io rimasi dietro a Peter e Jeevika, odiando anche solo l'aria che respirava. 

 

- Sei stupida - sentii ad un certo punto una voce femminile nella mia testa. 

 

Rimasi un po' sorpresa ma non diedi molto peso né alle parole né al fatto di sentire voci nella mia mente. 

 

Poi dopo dieci secondi la sentii un'altra volta - Lui non è innamorato di quella! - disse tutta irosa la voce - E si vede lontano un miglio! E poi sarebbe tutta colpa tua che non fai niente per conquistarlo! - aggiunse. 

 

Mentre ascoltavo la voce mi ero fermata nel mezzo del bosco e Peter si era girato a guardarmi.

 

- Ecco adesso non dirgli che stai male solo perché senti delle voci. Riprendi a camminare e stai zitta. - e ripresi a camminare come spinta da qualcuno.

 

Peter smise di guardarmi e si girò in avanti dove Jeevika raccoglieva mirtilli selvatici e fragoline di bosco avvelenate che mi avrebbe dato dopo da mangiare.

 

Quando arrivammo alle cascate ero già stanca di essere lì. Si prospettava una giornata di merda. 

 

Ogni volta che guardavo Luke e Jeevika mi veniva un conato di vomito qui di per sottrarmi a quella vista decisi di andare a fare una passeggiata sul bordo. Da sola. Non me ne fregava niente.

 

Mi tolsi la maglietta e rimasi orripilata. 

 

Cosa era successo al mio costume? E perché ora ne avevo uno blu scuro a dir poco scollato? E perché si era trasformato in un due pezzi e non un costume intero? 

 

Era strettissimo e avevano un'orrendissimo scollo a "V"

Rimasi ancor più orripilata quando mi accorsi di non aver messo nella borsa i miei pantaloncini per l'acqua. 

 

- Meglio di prima, eh? - mi disse la voce e io senza re vermene conto iniziai ad insultarla a voce alta. Per fortuna Luke e Jeevika non mi stavano ascoltando.

 

Certo che non era meglio di prima! Che schifo! 

 

Decisi di spostarmi dove né Jeevika né Luke mi avrebbero vista. 

Ero stata così attenta a non farmi vedere che non feci caso alle rocce melmose su cui stavo per andare e così in men che non si dica mi trovai a terra e scivolai in acqua come una grosso sacco di patate. 

 

L'acqua era fredda e mi congelai, rimasi immobile nell'acqua. 

Mentre pensavo alla mia imminente morte e a tutto il resto una mano mi prese per il braccio e mi salvò. 

 

- Ti senti bene? Hai fatto un bel volo. - 

 

Quella voce non era quella di Peter. Chi era? 

 

Mi girai a guardare in faccia il mio "salvatore". Achille. 

 

Con i suoi capelli mori e il suo sorriso raggiante mi teneva con il braccio alla vita. E, non so perché, ero delusa di vederlo. 

 

- Achille. Ciao. - dissi mogia. - Grazie per avermi presa... Non ce l'avrei mai fatta…  - 

 

- Di niente...Passavo di qui e ti ho vista cadere... E mi sono ricordato che hai paura dell'acqua - disse con finta modestia, che mi fece venire voglia di vomitargli in faccia. 

 

Mi tenne così per almeno dieci minuti, facendomi sentire abbastanza male e in imbarazzo e arrivai a pensare che sarebbe stato meglio cadere in acqua e affogare. 

Povero Achille! 

 

- Guarda che puoi anche lasciarmi, eh? - dissi io al culmine della sopportabilità di quella situazione imbarazzante. 

 

- Ma se ti lasciassi potrei fare questo? - disse e mi mise una mano dietro l'orecchio e mi guardò intensamente negli occhi. Si avvicinò lentamente. 

 

Ero immobilizzata in quella stretta mortale e sono sicura che sulla mia faccia ci fosse un'espressione misto schifo e conato di vomito in arrivo. 

 

- Melissa? - una voce a me familiare fermò quella insulsa e imbarazzante manovra del divino Achille. 

 

La cosa che mi preoccupava era la voce. Peter. 

Peter aveva visto Achille quasi baciarmi. 

In quel momento mi sentivo la creatura più orrenda e cattiva del mondo. Ma io cosa avrei potuto fare? 

 

 

**************

 

 

POV Peter. 

 

Più li guardavo più pensavo che un pezzo del mio cervello fosse stato asportato dagli alieni: cosa stava facendo quel bellimbusto pompato? 

 

D'improvviso sentii la rabbia montarmi nelle vene e di nuovo un sentimento strano mi prese lo stomaco. 

 

Lui mi guardava come se aspettasse che me ne andassi di corsa e lei invece evitava di guardare nella mia direzione. 

 

- Bhe? Te ne vai o hai intenzione di stare qui a lungo? - chiese il ragazzo, sfacciatamente. 

 

- Lascia Melissa e poi ne parliamo - dissi io, trovando non so dove il coraggio. 

 

Lui mi guardò di sbieco poi assunse una faccia felina - Sai chi sono io? - chiese infine.

 

- No e tu non sai chi sono io - risposi io. 

 

Melissa si girò a guardarmi da dietro la spalla con gli occhi spalancati e un'espressione che diceva << Ma sei completamente impazzito?! >>. 

 

Lentamente, le sue braccia lasciarono Melissa. 

La sua mano passò dai capelli di Melissa al suo fianco dove c'era una spada dorata. 

 

- Io - cominciò - Sono il divino Achille. - disse e mi guardò con aria feroce - Tu, misero semideo, hai osato insultarmi e per questo sei biasimevole di morte - disse. - Ti sfido a duello, per questo -

 

In quel momento mi tornarono alla mente le parole di mia madre la sera del ricevimento del suo ufficio "Non insultare nessuno… potrebbe essere il figlio del mio capo". Avrei dovuto starmene zitto. 

 

- Dimmi dove e quando. - risposi io senza pensare.

 

A quel punto vidi Melissa spalancare gli occhi e trattenere il fiato. " Tu sei completamente impazzito!" disse la sua voce nella mia testa. 

 

Achille mi guardò con un sorriso che non prometteva nulla di buono - La spiaggia delle ninfe tra tre giorni - decretò, serio - Fatti preparare una tomba - e con questo si girò di nuovo verso Melissa e accarezzò il suo viso e se ne andò, facendosi strada nella foresta con la sua spada dorata. 

 

Io, Melissa e Jeevika restammo per cinque minuti immobili. 

 

Melissa alzò gli occhi per incontrare i miei. Aveva un'espressione che rappresentava un misto fra ira e imminente pianto e i suoi occhi erano già lucidi. - Ti sei completamente scemo! Quello è Achille! Achille! Capisci? Sai chi è Achille? - sbottò dopo una lunga attesa. 

 

Io non dissi niente. 

 

- Adesso stai zitto, eh? - disse lei - Prima non ti passava per l'anticamera del cervello di stare zitto per non peggiorare la tua situazione. - mentre mi diceva questo, si avvicinò a me - Devi capire che a volte l'orgoglio lo devi tenere dentro -

 

Prese la borsa che conteneva tutte le sue cose e se ne andò tutta impettita nella direzione da cui eravamo venuti. 

 

Jeevika, che stava dietro di me, disse - Quant'è bambina quella ragazza. Non ti preoccupare: ti aiuto io Pete -

 

Le parole di Jeevika mi diedero fastidio. Come si permetteva di insultarla quando neanche la conosceva? Poi mi resi conto che l'aveva fatto tutto il tempo che ero stata con lei. 

 

Mi girai verso di lei - Senti Jeevika - dissi - so che potrebbe sembrarti strano ma io a quella "bambina", di cui parli tanto male, tengo più di quanto tenga alla mia stessa vita. E non è una bambina: si è arrabbiata giustamente con me per una mia cazzata. E non ho bisogno del tuo aiuto, grazie mille. - dissi e me ne andai anch'io nella stessa direzione di Melissa, lasciando Jeevika sola. 

 

 

 

 

 

**************** 

 

 

 

 

 

Quando entrai nella stanza di Alia, Melissa stava mettendo a posto le sue cose e vicino alla sua amaka c'era un borsone marrone pieno di roba da viaggio. 

 

- Cosa fai? - le chiesi. 

 

- Mi preparo, domani parto. Da sola. - disse secca. 

 

- Che viaggio hai intenzione di fare? - 

 

Mi guardò con due occhi di ghiaccio - Non pensare di seguirmi, Peter. - e, dicendo questo, si avvicinò pericolosamente a me per ficcarmi un dito sul petto - Hai già causato troppi problemi. Pensa a tornare al camp sano e salvo. E ti consiglio di andartene prima del duello se non vuoi morire - mi disse, sempre fissandomi negli occhi. 

 

Volevo dire qualcosa per scusarmi ma il suo sguardo mi aveva congelato sul posto e sentivo ancora nello stomaco il sentimento che avevo sentito nel bosco. 

Non sapevo come descriverlo ma ero quasi sicuro che fosse gelosia. Ero una persona abbastanza calma e riflessiva, non me la prendevo tanto ed ero stato geloso soltanto altre due volte in vita mia: quando mia madre aveva dato i biscotti al cioccolato al nipote del vicino di casa e quando i miei compagni di classe avevano presentato i loro papà alla classe. Io ero stato l'unico a non presentare nessuno, perché mia madre quella settimana era a New York ed ero rimasto solo con nonna Olga. 

Fatto sta che quando avevo visto Melissa nelle braccia di quello, ero stato pervaso dalla voglia di saltargli addosso e strappargli le braccia. Avventato, lo so, ma era stata la prima cosa che mi era saltata in mente. 

 

Mentre facevo questa riflessione dagli occhi di Melissa erano cominciate a scendere lacrime. 

 

- Cos'hai? - le chiesi preoccupato, sentendomi inutile. 

 

- Niente - rispose lei freddamente. 

 

La guardai, cercando di decifrare quegli occhi di ghiaccio - Sei sicura che non vuoi che venga con te? - 

 

- No - disse - Non voglio che tu venga. E' pericoloso e secondo il mio sogno moriresti. Non vedo perché dovresti venire con me. E poi ce la faccio da sola, non ho bisogno della guardia del corpo - aggiunse alla fine. Si allontanò da me per poi strappare dal muro due delle trappole appese. 

 

- Sei sicura? - chiesi - Perché prima al lago sei caduta nel lago e se non ti avesse salvata quello probabilmente non saresti uscita - 

 

Melissa si girò come scottata da qualcosa. - Io me la sarei cavata benissimo! - ringhiò minacciosa. 

 

- Ah sì? Perché mi pare di ricordare che tu non ami tanto l'acqua - 

 

Lei non disse niente e si limitò a guardarmi con un'espressione triste e irosa insieme. - Senti scusami - le dissi - Sono una palla. Ma sono così perché ci tengo a te… So che non è uno dei tuoi momenti migliori e voglio solo aiutarti. Immagina se durante un combattimento ti distrai per solo un momento. Potrebbe costarti la vita. O se qualcuno ti buttasse in mare… Non voglio immaginare chi ti tirerà fuori! Perché non ci sarà sempre un Achille che viene a salvarti la pelle - le dissi nel tono più sincero che riuscii a trovare - Voglio solo proteggerti. Dammi tempo fino a quando non arriva questo fatidico Principe dei Venti e poi ti lascio in pace. E se vuoi mi trasferisco pure dal camp: non ti sarò più di intralcio - 

 

Melissa si portò una mano alla fronte. - Peter lo sai che tu hai la capacità di strappare i nervi dalla mente di una persona? Sei insopportabile al punto che a volte vorrei strapparmi le orecchie per non sentirti parlare - e si girò a guardarmi - Domani partiamo all'alba. Quindi prepara la tua roba e non lasciare niente - disse - Vado ad avvisare Alia - 

 

Le sorrisi - Grazie - 

 

Lei si limitò a guardarmi e annuì lievemente. Dopodiché uscì e corse giù dalle scale. 

 

 

 

 

 

 

 

************** 

 

La sera Alia aveva organizzato una specie di cena di addio ma alla fine dovette annullare tutto perché Lena aveva rischiato di spaccare tutto a causa della furia scatenata dalla proposta.

Per questo Alia venne da noi con una montagna di cibo, munizioni e strani fogli. 

 

Entrò in camera quasi cadendo sotto il peso delle cose che aveva in mano. - Ragazzi! Ho notizie nuove per voi - disse appena riuscì a mettere tutto sul tavolo. 

 

Io e Melissa le andammo incontro e la guardammo entrambi interrogativi. 

 

Lei accese la mappa sul tavolo e puntò il dito sull'Isola delle Cacciatrici. - Noi siamo qui - disse poi spostò il dito verso la meta verso cui eravamo diretti io e Melissa - Non ve l'ho detto prima perché non ero sicura, credevo fosse solo una confidenza o qualcosa del genere, ma guardate qui - mentre diceva questo ingrandì dove aveva puntato. A differenza di tutto il resto della mappa in quella zona c'erano una miriade di puntini rossi - Quelli sono mostri… Non ho mai visto tante creature raggrupparsi prima d'ora e sono preoccupata. - ci guardò con occhi preoccupati. 

 

- E…? C'è qualcos'altro? - chiese Melissa evidentemente preoccupata. 

 

Alia parve pensarci un po' - Non so come dirvelo ma credo che quelle creature siano lì per un motivo… - ci guardò - Secondo me vi stanno aspettando - disse in tono greve. Cominciò a tirare fuori fogli dalle scatole e li mise in ordine sul tavolo. 

 

- Cosa sono? - chiesi. 

 

- È la nostra storia. La storia di tutte le cose che somigliano a quello che ho potuto verificare in questi giorni dall'antichità a oggi. Non lo dico perché voglio preoccuparvi per qualcosa che magari non è neanche vero ma ho un brutto presentimento - abbassò gli occhi sui fogli e cominciò a leggerli come se volesse trovare qualche altro indizio. 

 

Melissa si avvicinò alla finestrata e si mise a guardare il bosco dall'alto. Mi diressi anch'io lì. 

 

Credevo che non mi avrebbe parlato ma non appena le fui abbastanza vicino da sentire la sua voce sussurrata mi disse - Sai, ho sempre immaginato di fare la parte dell'eroina in un'avventura come questa - si fermò a sospirare - E mi sono sempre immaginata a sconfiggere mostri con il solo aiuto della mia spada ma adesso che è tutto davanti ai miei occhi mi sento come se non fossi pronta. Se ci sono davvero così tanti mostri in Alaska non oso pensare come farò da sola a sconfiggerli tutti - si girò a guardarmi - Capisci? - 

 

La guardai per una attimo - Ci sono io con te e poi tra poco dovrebbe arrivare il tuo principe… E poi sei una dea! - le dissi. Non sapevo che dirle. Ero un essere inutile e senza midollo, in battaglia non l'avrei aiutata più di tanto, sarei stato sostituito da un fatidico principe e poi, quando eventualmente avremmo trovato Electra, sarei morto. Non ero nella migliore condizione per dare consigli ad animo aperto. In quel momento sarei voluto scappare a rifugiarmi sotto ila terra, in una gabbia che mi impediva di fare stupidate.  

 

- Grazie Pete - disse lei ricominciando a guardare fuori dalla finestra. 

 

Io mi sedetti nella poltrona vicino alla finestrata. 

 

Mentre guardavo la foresta e sentivo Alia che spostava i fogli sul tavolo, mi assopii e caddi in un lungo sonno. 

 

Non sognavo spesso ma quando mi capitava avevo sogni strani e senza un apparente significato. 

 

Sognai di essere in una radura di notte e avevo addosso l'armatura che avevo visto nel bazar del leone in cui ero stato prima. 

Intorno a me c'era un 'orda di mostri che parlottavano tra loro mentre riempivano le loro bocche di cibo. Sembravano non potermi né vedere né sentire quindi mi avvicinai a loro. 

Dietro a uno dei tavoli c'erano accatastate varie gabbie in cui stavano persone e animali. 

 

Il più grande e strano di tutti che aveva anche in testa una sorta di cappello - Grollub mostrami la gabbia della figlia di Ares - 

 

Il mostro di nome Grollub si alzò e prese la sua clava e si diresse verso le gabbie. 

 

Li seguii e mi fermai vicino a loro davanti ad una gabbia al cui interno vi era una ragazza dai capelli biondi e occhi color del cielo. Più la guardavo più vedevo nel suo viso moltissime somiglianze con Melissa, solo che quella che vedevo era più grande ed era difficile vederla bene per il buio. 

 

Non appena le si avvicinarono i mostri tirò fuori il suo pugnale. Non disse niente ma il suo sguardo parlava di suo e non stava dicendo niente di troppo simpatico. 

 

Il mostro più grande si avvicinò a lei con il viso - Oh Electra, come sei importante per noi - disse poggiando una mano sulla gabbia - Sai che ti vorrei lasciare ma tu attiri colui di cui la Madre vuole la vita. Appena viene qui giuro che lo prenderò e ti lascerò andare - disse. 

 

Electra non ci pensò due minuti e si fiondò sulla mano del mostro per ferirla con il pugnale. Il capo urlò lanciandomi le orecchie.

Il mostro di nome Grollub iniziò ad aprire la gabbia ma il suo capo lo interruppe - Non ti azzardare ad aprire la porta a questa selvaggia. potrebbe scappare - la sua voce rombò in tutta la radura. - Vieni a medicarmi la mano invece - disse più calmo. 

 

- Sì capo Tumsum - disse Grollub richiudendo il lucchetto per poi seguire il suo capo. 

 

La scena cambiò e mi trovai nel salotto di casa mia ma a differenza di come l'avevo lasciata una settimana prima tutte i mobili erano stati rovesciati a terra e mia madre era legata ad una poltrona immersa in un profondo sonno. Cercai di andarla a slegare ma una voce profonda mi fermò. 

 

"Questa non è una tua invenzione, Peter Brown, tu stai vedendo esattamente quello che sta accadendo a casa tua…" disse la voce sonnolenta "Se tu non ti consegnerai direttamente a noi, a me, tua madre non avrà un bell'avvenire, anzi non avrà proprio un avvenire… Ti consiglio di consegnarti

 

L'immagine cambiò di nuovo e mi trovai in un campo punteggiato da fiori bianchi e lilla. 

 

Ero disteso sul prato ed ero felice. 

 

Vicino a me c'era Melissa che dormiva pacifica accoccolata tra il mio braccio e il mio petto. 

 

Mi pervase una grande tenerezza e fui sul punto di accarezzarle i capelli quando una voce, melodiosa, diversa di quella del sogno prima mi disse - Tu questo lo vuoi, no? E' bello, vero? Stare qui per sempre. Peter non ti conviene andare avanti, fermati. Salva anche lei e avrete un futuro insieme. Giovani per sempre

 

Quella cosa mi colpì. Io avevo paura di crescere. Da quando ero piccolo non potevo sopportare l'idea di crescere e invecchiare. Era uno dei miei incubi ricorrenti, svegliarmi un giorno ed essere vecchio e grigio con dei fastidiosi nipoti che mi giravano intorno. 

Per questo mi sentii spinto a non andare più avanti e a portare via Melissa con me in quel posto ameno. Ma mia madre era in trappola e dovevo affare qualcosa. 

 

D'un tratto i contorni delle fronde e dei fiori cominciarono ad offuscarsi e mi trovai in faccia Melissa che dolcemente sussurrava - Svegliati, Pete, dobbiamo partire - 

 

Mi resi conto che ero sveglio quindi mi alzai. 

Il cielo fuori era ancora buio ma Mel era sveglissima. Era tutta indaffarata a controllare un'ultima volta la sua valigia.

 

- Sei vuoi fatti una doccia - mi disse - Non so quanto tempo ci metteremo ad arrivare al prossimo rifugio - aggiunse. 

 

La ringraziai e mi infilai nel bagno. 

 

 

*********** 

 

 

Peter durante il sonno aveva detto "Salvare Melissa" e la cosa mi aveva preoccupata. 

 

Peter probabilmente stava facendo uno dei sogni premonitori. Noi semidei li abbiamo abbastanza spesso. Io a volte vedo una giovane donna che mi illustra le cose che devo fare. 

 

Il fatto che lui volesse salvarmi significava che c'era pericolo e fui grata di aver concesso a Peter di venire con me. 

 

Era nuovo, poteva sembrare debole ma quando combatteva sembrava un dio. Non un normale figlio di Ares, era di più. 

I suoi occhi si illuminavano di uno strano luccichio e sembrava fosse rinvigorito nonostante fosse colpito. La forza gli scorreva dentro. 

Per questo, quando ero stata incaricata di giudicare le sue abilità, l'avevo fatto passare: non tanto perché avesse mostrato buone abilità, ma perché aveva un talento naturale. E perché mi aveva spinto l'istinto. 

 

Poi si erano aggiunti gli altri. 

Mi andava bene. Anzi, più eravamo, meglio era ma significava dividere quell'impresa con troppe persone a cui non importava niente. Sapevo che si erano aggiunti tutti per la gloria: se noi semidei andiamo in missione e torniamo vittoriosi siamo direttamente degli eroi. Ed è per questo che venivano, non perché mossi da compassione o sentimento. 

 

Peter invece doveva venire. 

Non sapevo perché ma dovevo portarlo con me. Era un tassello fondamentale. 

 

Ancora non capivo perché. 

 

Mentre riflettevo, Peter era uscito dal bagno e ancora gocciolante si diresse verso la sua amaka a prendere i suoi vestiti. 

 

Mi girai per dirgli di caricarsi di vestiti pesanti ma finii per dimenticarmi come si facesse e mi ritrovai ad osservare la figura scolpita di Peter. 

Avevo già visto ragazzi a petto nudo, come le volte che facevano nuoto e io e Tasha andavamo a spiarli dalla collina, ma Peter... Era qualcos'altro. Sembrava uno di quei senior del camp che si aggiravano di tanto in tanto, dopo le loro missioni segrete, che facevano invidia a tutti e tutte desideravano. 

 

Alle cascate non l'avevo guardato avevo solo incrociato sue o tre volte il suo sguardo ma non l'avevo osservato. 

 

Adesso me lo trovavo davanti agli occhi a non più di tre metri, chino sulla sua valigia, con un sottile asciugamano come indumento. 

I miei battiti cardiaci aumentarono e la mia faccia bollì. 

Quando si girò ero in stato di narcolessia e non riuscivo né a dire qualcosa di sensato né a distogliere lo sguardo. 

 

Potevo solo sperare che la mia bocca non fosse spalancata e che non stessi sbavando sui miei vestiti. 

 

- Che c'è? - chiese Peter accortosi del mio sguardo. 

 

Volevo rispondere. Con tutte le forze cercavo di cavare fuori qualche sillaba ma niente. Ero completamente in trance. 

 

Sentii la mai coscienza dire "Sai, fai abbastanza schifo. Non riesci neanche a contenere la diga degli ormoni che rimani a fissare sto qua come un ebete. Dai su, reagisci! Dì qualcosa! Stai facendo la figura della ninfomane!" 

 

- Ba... - un minuto buono di sforzi e questo era il risultato. "Ba". 

 

- Eh? - disse Peter frastornato. 

 

- ... Peter? - grandi progressi. 

 

- Sì sono io - rispose lui, adesso era preoccupato. 

 

- Mi prendi un bicchiere d'acqua? - addirittura una domanda! 

 

- Sì, Mel. Che hai? Ti senti male? - chiese lui mentre si dirigeva verso la dispensa a prendere il bicchiere. 

 

- Ho un leggero malditesta - la palla più grande che mi potesse venire alla mente ma almeno era credibile. 

 

Mi portò il bicchiere e si sedette accanto a me e mi mise una mano sulla guancia - Sei rossa e calda - constatò - Sei sicura di voler partire proprio adesso? - chiese preoccupato. 

 

- Sì, non ti preoccupare, Pete - dissi - Sto bene. E' solo che non sono abituata a svegliarmi così presto -

 

Mi guardò - Guarda che se vuoi partiamo più tardi, non c'è nessuna fretta - 

 

- No, Pete. Prima partiamo, meglio è - dissi io. 

 

Annuì e si alzò. Mi porse la mano e mi tirò su, per poi tirarmi tra le braccia per poggiarmi delicatamente sul divano morbido che dava sulla finestrata. 

 

Forse per il sonno, forse per gli ormoni non capii quello che stava succedendo. 

Appena mi aveva preso fra le braccia ero ricaduta in trance.

Riuscivo solo a pensare a quanto fosse morbida e profumata la sua pelle. Il calore che emanava era come quello delle coperte calde d'inverno e emanava un profumo inebriante. Quando mi poggiò sul divano sentii immediatamente freddo. 

 

Per fortuna non riuscivo a parlare perché probabilmente avrei dato fiato a troppe cose che preferivo fossero serrate chiuse dentro al più profondo scrigno del mio cuore. 

 

- Riposati ancora per un po', Mel - disse con voce soffice - Io devo fare una cosa - disse. 

 

Volevo sapere cosa sarebbe andato a fare ma non riuscii a spiccicare parola e così mi limitai a mugugnare un consenso. 

 

Lui sorrise e si richiuse in bagno. 

 

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