Devil's Powers

di Albertyon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lucci e CP9: power up ***
Capitolo 2: *** Neve Rossa ***
Capitolo 3: *** Trasformazione ***
Capitolo 4: *** Offerta Irripetibile ***
Capitolo 5: *** Il Cacciatore e il Diavolo ***
Capitolo 6: *** l'Alba del Cacciatore Bianco ***
Capitolo 7: *** Fuoco Vs Fuoco, parte 1: Ambizione d'Acciaio ***



Capitolo 1
*** Lucci e CP9: power up ***


Salve a tutti e grazie per aver scelto di leggere questa fic, che di fatto è la prima che scrivo. Ciò che sta alla base di questa e delle prossime storie è la domanda: come hanno fatto Lucci, Ace, Magellan, Mister 2, Crocodile e compagnia bella ad appropriarsi dei poteri dei frutti del diavolo?  In questi capitoli cercherò di rispondere alla domanda, aggiungendo un po’ del mio.

N.B. in alcuni capitoli vedrete apparire personaggi che di fatto non rientrano nella storia di one piece, ma che hanno a che fare con una fiction che, se riesco a scriverla come si deve, li comprenderà un po’ tutti, perciò vorrei considerare tutti gli avvenimenti di cui parlerò come appartenenti a un A.U., anche se cercherò di attenermi il più possibile alla trama di O.P.

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 LUCCI E CP9: POWER UP

 

 

Era una notte buia e tempestosa,  una notte nella quale gli elementi, se non gli dèi stessi , sembravano darsi battaglia:  la pioggia che cadeva furiosamente, martellante, assordante,  copriva persino i ruggiti del vento, che tuttavia a tratti riusciva a far sentire la sua voce, simile a un coro d’anime furenti e battagliere. Eppure qualcosa riusciva a sovrastare il frastuono: folgori selvagge illuminavano quasi a giorno il tremendo spettacolo, serpeggiando tra le torri di nubi, mettendo quasi a tacere per il terrore la tempesta, che subito tornava a farsi sentire con rinnovato vigore.

Ma se il cielo urlava la sua rabbia, non da meno era il mare: imponenti palazzi d’acqua si innalzavano, culminavano e poi si abbattevano come magli titanici sui possenti bastioni della fortezza, che se pure era stata costruita per resistere a mille di quelle tempeste, subiva inerte ogni colpo, ogni gigantesco cavallone, e tremava dalle fondamenta per l’incessante sforzo di resistere, di affrontare ancora un’onda, e quella dopo, e quella dopo ancora…

 

All’interno della fortezza tutto questo si percepiva appena, niente più che una sorta di vibrazione di fondo,  quindi nello stretto corridoio di pietra,  adornato di simboli della marina e di ritratti di grandi ufficiali, fiocamente illuminati da diverse torce appese al muro, non risuonava nulla oltre al ritmico rumore di passi di un ragazzo. Era un ragazzo alto, dai capelli neri e caschetto; indossava un completo scuro, con tanto di cravatta nera, un uniforme da agente segreto. Non dimostrava più di sedici, al massimo diciassette anni, ma il suo volto era gelidamente inespressivo,  e la freddezza del suo sguardo era sottolineata dalle sopracciglia sottili, dritte come fusi tranne che nel tratto terminale, presso le tempie, in cui si curvavano a uncino verso il basso.

Il suo passo era tranquillo, non lento, ma nemmeno affrettato: la sua destinazione era la porta di legno in fondo al corridoio, oltre la quale lo attendeva il suo futuro capo, il nuovo direttore del CP9, per quella che al lumacofono aveva definito “una riunioncina informale con i miei nuovi sottoposti” poco prima di urlare come una donnetta per il dolore, come se si fosse rovesciato qualcosa di bollente addosso. Il primo approccio con la personalità del nuovo direttore non era stato esattamente dei migliori, ed in quel momento, sebbene non lo stesse dando a vedere, stava decidendo di dimenticare quel primo evento, e di considerare quella che ci sarebbe stata di lì a poco la prima impressione in assoluto. Nonostante questo, si preparava al peggio.

Aveva finalmente raggiunto la porta, la sua mano si stava già protendendo verso la maniglia; dalla stanza che si trovava dall’altra parte non giungeva nessun suono: era perfettamente insonorizzata.

Con un breve sospiro, si decise ad abbassare la maniglia.

 

“Aaaaaaaaaaaaaarghhhhh!!  Scotta scotta scoootttaaaa!!!!”:  furono le prime parole che udì allo schiudersi della porta.

Se la prima impressione era la più importante, quella che si fece in quel preciso istante del nuovo direttore superò le sue peggiori aspettative: si trovava in piedi dietro una scrivania in legno scuro, massiccio, posta  vicino a una caminetto acceso, e stava urlando a squarciagola, con una voce stridula e sgradevole; sul vestito elegante si notava benissimo un’ampia chiazza scura e fumante, odorosa di caffè.

Accortosi della presenza del ragazzo, si fermò di colpo e si ricompose, permettendogli di osservare con maggiore attenzione il suo singolare aspetto:  si trattava di un uomo di corporatura media,non particolarmente alto e i capelli erano di un tenue color lilla, leggermente mossi; la faccia era una di quelle difficili da dimenticare, con occhiaie violacee, un naso misteriosamente dello stesso colore e una specie di maschera di ferro a coprirgli una buona metà del viso.

“Bene bene bene,è arrivato anche il giovane Rob Lucci!”, disse il direttore Spandam con la sua voce sgradevole e suadente, “Prego, accomodati.”

Lucci entro nella camera lentamente, impassibile. Mentre la porta gli si chiudeva da sola alle spalle, si guardò intorno, studiando con attenzione la camera ed i suoi occupanti: era di forma quadrata, non particolarmente ampia; la parete sul fondo era quasi completamente occupata dalla scrivania e dal caminetto, quelle laterali da divanetti e poltrone.

Su una poltroncina della parete alla sua sinistra, Lucci vide un ragazzo più giovane di lui, forse tredicenne, dai cortissimi capelli bruno-dorati e dagli zigomi particolarmente incavati, indossante una camicia color paglia e pantaloni di velluto rossi lunghi fino a metà polpaccio; lo giudico privo di interesse e passò alla parete di destra, dove un altro ragazzo dormiva stravaccato su un divano. Questo indossava degli abiti scuri di taglio orientale,  portava i lunghi capelli neri raccolti in una coda di cavallo e non dimostrava più di un anno di Lucci. “Jabura!”, pensò, mentre, senza che se ne accorgesse, la sua espressione si faceva impercettibilmente più sprezzante, per poi ammorbidirsi quando si fu accorto dell’ultimo occupante della stanza: era un ragazzo dal corpo sproporzionato, le cui gambette sparivano quasi sotto l’imponente massa dei muscoli  del busto e delle braccia, il tutto sormontato da un volto inespressivo, quasi bovino. Malgrado l’aspetto, Lucci sapeva che quel ragazzo, Blueno, aveva portato a termine diverse missioni, soprattutto di spionaggio, ed era uno dei pochi colleghi che meritassero il suo rispetto.

 

 “Molto bene”, iniziò Spandam, “ ora che siamo tutti qui, possiamo iniziare. Svegliati Jabura!”

Il ragazzo si svegliò come se avesse appena chiuso gli occhi e si mise un po’ più composto, pronto ad ascoltare.

“ come stavo dicendo, possiamo cominciare, ma prima le presentazioni. Lucci, Jabura, Blueno, tra di voi dovreste già conoscervi, ma questo ragazzino per voi dovrebbe essere un volto nuovo. Il suo nome è Ray, ed è l’allievo del maestro Jeff.”

I tre membri del CP9 guardarono il nuovo venuto con occhi sgranati: Jeff era un uomo leggendario, che si diceva avesse padroneggiato le tecniche Rokushiki ad un livello inimmaginabile, e che i suoi allievi fossero straordinari; come poteva quel moccioso essere allievo di una simile leggenda?

Senza perdere la sua fredda calma, Lucci mormorò una singola parola: “Shigan!”, per poi lanciarsi all’attacco più veloce di un proiettile, con un dito proteso altrettanto letale.

Senza scomporsi, Ray mormorò a sua volta: “Soru!”, sparendo dalla sua poltrona e ricomparendo in piedi sul braccio rigido di Lucci. Ma l’attacco non era ancora finito. Jabura e Blueno urlarono all’unisono: “Rankyaku!”, scalciando in aria e creando correnti d’aria tanto violente da squarciare la pietra.

Sempre impassibile, il ragazzino sussurrò: “Tekkai!”, al che le tecniche degli avversari si infransero sul suo corpo senza causargli alcun danno. Dispersa la corrente d’aria tagliente, Ray rilassò il corpo duro come l’acciaio e fissò gli altri con aria serafica. “Finito?” chiese, prima di sparire dal braccio di Lucci e ricomparire sulla poltrona, come se non fosse successo nulla.

 

Lo scontro era durato pochissimi istanti, ma aveva lasciato Spandam completamente basito. Mentre i giovani agenti tornavano composti, anche lui si riprese, e iniziò a pensare: “ Se avrò dei tizi bestiali come questi al mio servizio, la mia carriera sarà inarrestabile! Muhahahahaha!!!”, assumendo un espressione comicamente esaltata, con tanto di stelline luccicanti intorno alla testa e lacrimoni di gioia.

Fu Lucci, ora soddisfatto per le prestazioni di Ray, a interrompere i suoi sogni di gloria: “Stava dicendo, direttore?”.

“ Come? Ah, sì! Ora ascoltatemi bene! Io sono il nuovo direttore del CP9, il mio nome è Spandam, e mi è stato affidato questo incarico per i miei meriti nel CP5 e per aver risolto brillantemente un caso a Water Seven”, disse, tralasciando la “spinta” data dall’influenza di suo padre.

“ Come vostro direttore, è mio compito e volere imporre ovunque la nostra giustizia, con qualunque mezzo, se necessario”. Qui si interruppe brevemente, soffermandosi con lo sguardo su ognuno dei sottoposti, poi ricomincio, parlando lentamente, in modo che le sue parole non potessero essere fraintese: “ Con qualunque mezzo. E questo ci porta al motivo per cui siete qui. Ho letto con molta attenzione i vostri fascicoli, e sono giunto alla conclusione che siete i migliori a cui affidare un simile compito. Lucci, il lavoro che ti ha permesso di entrare nel CP9 a soli tredici anni, quello in cui da solo hai soppresso tutti i soldati di n regno presi in ostaggio dai pirati è stato a dir poco encomiabile. Jabura, hai sempre portato a termine le tue missioni di assassinio come pochi professionisti saprebbero fare. Blueno, la tua abilità nell’infiltrazione e nello spionaggio è senza pari. Giovane Ray, il fatto che tu sia allievo del Maestro Jeff e che sia già nel CP9 nonostante la giovane età fanno di te una promessa.”

“Tuttavia, tutto questo non basta!” esclamò, battendo un pugno sulla scrivania ber darsi maggiore enfasi. “Se vogliamo che quest’era di pirateria abbia fine, quello che ci serve è il potere, ed il potere è ciò che intendo darvi!”

 

Detto questo, pestò col piede una pietra del pavimento di forma ottagonale: il gesto attivò un meccanismo segreto che fece scorrer via parte del pavimento nel centro della stanza. Dal buco apertosi si sollevò tra mille cigolii, ma per il resto nel perfetto silenzio, una bassa figura rettangolare, coperta da un drappo azzurro con sopra ricamato il simbolo del Governo Mondiale.

Quando la base sulla quale la figura poggiava ebbe raggiunto il livello del pavimento, smise di salire con un fragoroso Clonck. I giovani agenti fissarono la figura con cortese curiosità, che si trasformò in meraviglia e stupore quando il direttore, con un gesto teatrale, levò il drappo, rivelando cosa si nascondeva sotto di esso: poggianti su una morbida base di seta rossa, sorretta da una colonna piena di bassorilievi, e protetti da una teca squadrata trasparente, stavano davanti ai loro occhi ben sei grossi frutti multicolori, tutti di forme diverse, ma accomunati da un ben noto motivo di spirali: i leggendari Frutti del Diavolo!

Fu Jabura, con la mascella scardinata fin quasi a toccar terra, a spezzare il silenzio di stupore e reverenza: “ MA COME HA FATTO A PROCURARSENE TANTI, DIRETTOREEEE!!?”

“Ehh, beh… vi basti sapere che ho anch’io i miei mezzucci… “, disse ridacchiando e portandosi una mano dietro la nuca con fare assieme divertito e imbarazzato.

 

La scena si tinge momentaneamente di tonalità scure, mentre un flashback ci riporta a pochi giorni prima, in una località sconosciuta.

Spandam si trova in un locale buio, seduto ad un tavolo, solo, eccetto che per un individuo quasi completamente nascosto dall’ombra, che sta concludendo un discorso:

“… e questo è quanto. Di certo capirà le mie ragioni se le chiedo il pagamento anche senza maggiori informazioni…”

Spandam guarda il suo interlocutore con fare sospettoso, ma mette comunque mano alle valigie che appoggiate sul pavimento.

“ Ecco i soldi, un miliardo e cinquecento milioni di Berry, come pattuito. Puoi controllarli se vuoi, ma ti assicuro che sono tutti, e veri. Sei sicuro di non potermi dare più informazioni su questi frutti?”

Una mano grassoccia, appesantita da una decina di anelli, si protende verso la prima valigia per verificarne il contenuto, mentre un’altra, altrettanto carica, sospinge una cassa verso il nuovo direttore del CP9.

“Assolutamente sicuro. Ho controllato su tutte le enciclopedie sui Frutti del Diavolo, ma non li ho trovati. Posso solo fidarmi di ciò che mi ha detto il mio fornitore, e ti ho riferito le sue esatte parole: Due appartenenti alla classe Paramisha e quattro alla Zoo-Zoo. Quello  color indaco è lo Zou-Zou, che permette di trasformarsi in elefante. Ti assicuro che se sapessi altro, a un cliente come lei lo direi subito.”

“Molto bene, in questo caso non mi resta che salutarla e sperare in un futuro pieno di affari proficui tra noi, sinor…ehm… come posso chiamarla?!

“mi può chiamare Nemo, se proprio vuole”, disse al figura in ombra. “ È stato un piacere fare affari con lei, un  piacere che spero si ripeterà al più presto.”

Le ultime parole si perdono in un nuovo offuscarsi della scena, mentre torniamo al presente.

 

“Come ho già detto, il potere è ciò di cui abbiamo bisogno, e questi Frutti del Diavolo sono il mezzo perfetto per ottenerlo. Ora voglio che ognuno di voi, che siete stati da me riconosciuti come i più meritevoli e promettenti tra gli attuali membri del CP9, ne mangi uno, per diventare parte del grande progetto di cancellare l’Era della Pirateria dai libri di storia! “.

Il viso di Spandam mostrava un’esaltazione maggiore a ogni parola che pronunciava, mentre quello dei giovani sottoposti esprimeva via via sempre maggiore meraviglia.

“Questi due frutti appartengono alla categoria Paramisha o Super-Uomo, e oltre a questo non vi so dire altro”, riprese Spandam indicando due dei Frutti: uno assomigliava vagamente a un limone, a parte il fatto che era blu scuro e grosso come un melone, mentre l’altro era simile a un ananas color tuorlo d’uovo.

“Questi invece sono tutti Zoo-Zoo, e a parte questo qui, che secondo una fonte fidata permette di trasformarsi in elefante, non si sa che poteri possano darvi”.

Lucci, persa del tutto la sua storica impassibilità, era paralizzato dall’eccitazione: aveva sempre sognato di poter mangiare uno Zoo-Zoo, la categoria che l’aveva sempre affascinato più di tutte, dato che potenziava le capacità nel corpo a corpo, e ora poteva scegliere tra ben quattro frutti di quel tipo. A quel punto, l’unico dubbio stava tra lo scegliere di trasformarsi in elefante o il fare un tuffo nel vuoto. La decisione fu semplice: non aveva per niente voglia di diventare un elefante.

 

Senza pensarci due volte sollevò la teca e prese in mano un Frutto simile a un grappolo d’uva celeste e lo mangiò senza esitazione impaziente di scoprire quale potere avrebbe ottenuto.

Gli altri si sbrigarono a imitarlo: Blueno optò per l’ananas, mentre Jabura e Ray scelsero altri due Zoo-Zoo; Lo Zou-Zou, il Frutto indaco, rimase intoccato.

Spandam rimase a guardare soddisfatto i ragazzi che mangiavano con espressione leggermente schifata i Frutti magici ma notoriamente insapori, con un sorriso dal quale proruppe una risata da folle quando i poteri si manifestarono.

Lucci diventò gigantesco, il suo corpo si ricoprì di una pelliccia gialle a macchie, gli occhi, i denti, le unghie diventarono quelli di un felino predatore: a lui era toccato il Felix-Felix, modello Leopardo, e riusciva a stento a credere alla fortuna.

Anche Jabura divenne enorme, si ricoprì di una pelliccia ispida, grigia e nera, trasformandosi in un vero e proprio Uomo-Lupo: aveva mangiato il Canis-Canis, modello Lupo.

Blueno appoggio una mano per terra, trasformando parte del pavimento in una porta: aveva il potere del frutto Door-Door.

L’ultimo a rivelare le sue capacità fu Ray: come Lucci e Jabura diventò più grosso, anche se non come gli altri due; una pelliccia bruno-dorata come i suoi capelli ricoprì il suo corpo, mentre le unghie e i denti venivano sostituiti da quelli di un predatore. Gli occhi assunsero una tonalità verde smeraldo, le orecchie si trasformarono, diventando grosse e triangolari, terminanti con un ciuffo di pelo nero: aveva mangiato anche lui un Felix-Felix, ma il suo era il modello Lince.

 

Così si concluse la riunione, in una cacofonia di urla e ululati, di ruggiti e risate folli tale da sfidare la tempesta che all’esterno continuava a infuriare.

 

 

 

 

 

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Ecco fatto, il primo capitolo è concluso, spero che vi sia piaciuto. Come avete visto, questa è la mia personale versione di come gli users del CP9 sono entrati i possesso dei loro poteri. Ne ho approfittato anche per introdurre i personaggi di Ray e Jeff, che avranno un ruolo in un’altra fic, e di almeno un misterioso quanto ricco commerciante di frutti del diavolo, che potrebbe fare la sua comparsa nei capitoli successivi.

Resta per ora irrisolta la questione della spada-elefante di Spandam, che forse svilupperò nei capitoli seguenti.

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Capitolo 2
*** Neve Rossa ***


Per prima cosa mi scuso con i lettori per la lunga attesa, ma un piccolo problema tecnico (mi si è spento il computer che avevo quasi finito e non avevo salvato, quindi ho dovuto riscrivere tutto da capo) ha ritardato la pubblicazione.

 KH4: ti ringrazio per la recensione, mi ha fatto molto piacere che tu abbia apprezzato tanto a figura di Spandam e come sono venuti fuori Lucci&Co., ma devo ammettere che sono personaggi che si prestano molto per le fic, date le loro personalità molto particolari.

 Parliamo ora del nuovo capitolo. Devo dire che inventare una storia su questo personaggio, che non è certo dei principali, mi ha dato diverse gatte da pelare, specie per l’impostazione da dare al racconto, che in una prima bozza era decisamente più truculento.

Cmq spero che apprezzerete anche questo capitolo.

 

 

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Neve Rossa

 

Una delle più terrificanti bufere di tutti i tempi si stava abbattendo sull’isola di Drum; vortici di neve e vento scorrevano tra le sue alte montagne simili a tronchi d’albero, sferzando e schiantando i rami degli alberi che tentavano di opporsi alla loro furia, per poi riversare la loro gelida potenza sul suolo già permanentemente ghiacciato.

Raffiche fredde e taglienti come rasoi soffiavano caoticamente da tutte le direzioni, congelando e ricoprendo di neve l’isola, rendendola un’uniforme  distesa bianca, nascondendo ogni forma sotto una coltre di gelo.

 In mezzo ai turbini della bufera una figura umana arrancava lentamente, immersa nella neve fino alla vita, tentando inutilmente di proteggersi dal terribile vento. Senza un adeguato equipaggiamento, qualunque uomo sarebbe morto congelato in pochi istanti a causa delle continue raffiche; tuttavia, avere un tale equipaggiamento concedeva a Dorton una speranza di vita, anche se  di poco superiore alla mezz’ora.

-Devo trovare un riparo-  pensava  –immediatamente, altrimenti sono finito!-

Continuando ad avanzare, con le forze che pian piano lo abbandonano sostituite dal gelo, Dorton ripensava agli eventi che l’avevano portato in quell’inferno ghiacciato.

  Nonostante non avesse ancora compiuto i diciott’anni, era già entrato a far parte della guardia personale del re, un incarico importante e perfetto per un giovane forte e volenteroso come lui, che ammirava profondamente il suo sovrano, anche se non si poteva dire lo stesso del viziatissimo principe Blik.

Proprio quella mattina, date le condizioni apparentemente favorevoli, il re aveva deciso di visitare alcuni dei villaggi del regno, ovviamente accompagnato dalla sua scorta; purtroppo, nemmeno due ore dopo la partenza, avevano iniziato a manifestarsi i primi segni della bufera. Una raffica di straordinaria potenza aveva sollevato Dorton e lo aveva scaraventato in chissà quale parte dell’isola, completamente isolato dagli altri.

 All’improvviso, dopo pochi passi barcollanti, Dorton stramazzò a terra con un gemito.

-È finita- pensò – non ho più forze- e si abbandono sul manto nevoso, mentre la neve lo ricopriva tra i fischi rabbiosi del vento.

 -Sono morto?- si chiese Dorton al risveglio, dopo qualche ora. Dopo essersi accertato di essere vivo, passò alla seconda domanda: -Dove sono?-

Una breve occhiata all’ambiente circostante gli fece capire di trovarsi in una caverna, ben illuminata da un allegro fuocherello scoppiettante acceso nel mezzo. A quel punto nel suo cervello ancora intorpidito si formò un’altra domanda: -Come sono arrivato qui?-

A questa domanda non sembrava esserci una risposta: nella grotta sembravano esserci solo lui, il fuoco e un enorme mucchio di foglie morte… -Un momento!!!  Ma quello è…-

 Mentre lo guardava, il mucchio di foglie si mosse, si stiracchiò, sbadigliò e infine estrasse da chisà dove un grosso bastone nodoso.

A quella vista Dorton si rilassò, quasi non credendo alla fortuna: quello spiegava tutto.

-Buongiorno signor Orso Escursionista.- disse all’enorme creatura accennando col capo un gesto di saluto –le sono infinitamente grato per avermi salvato la vita-

Il gigantesco Orso Escursionista si limitò a imitare il cenno col capo e a grugnire, per poi spostarsi verso l’imboccatura della caverna, al di fuori della quale il vento continuava a ululare.

 Quando l’orso si fu spostato, la giovane guardia reale quasi svenne di nuovo vedendo cosa si nascondeva dietro al suo corpo. L’aspetto era inconfondibile, il motivo a spirale che li ricopriva leggendario, la loro rarità, faceva sì che fosse impensabile trovarne su un’isola come quella, eppure per qualche strano scherzo del destino, erano lì: non uno, ma ben DUE FRUTTI DEL DIAVOLO!!!

 Dorton si avvicinò ai de frutti con timore reverenziale, ammirandoli, cullandoli con gli occhi e, benché l’egoismo fosse lontano dalla sua natura, pensando ai vantaggi che avrebbe potuto ricavarne.

Tuttavia un campanello d’allarme gli risuonò in mente, sotto forma dell’irritante voce del principe Wapol:

-… e ricordate, se per qualche improbabile caso doveste mai mettere le mani su un Frutto del Diavolo, dovrete immediatamente consegnarlo a me, il vostro futuro re-

Per quanto Blik non gli piacesse minimamente, in quanto membro dell’esercito reale Dorton doveva eseguire qualunque ordine del re o del principe senza lamentarsi.

Con un sospiro di rassegnazione il giovane soldato si mise i due Frutti in tasca, non avendo posti più sicuri a disposizione, e si mise ad aspettare che la tormenta finisse.

 La bufera continuò senza calare di intensità fino al mattino seguente, quando si fermò di colpo, da un momento all’altro, confermando ancora una volta l’imprevedibilità del clima sulla Rotta Maggiore.

Senza perdere tempo, Dorton salutò educatamente il suo salvatore e uscì dalla caverna, deciso ad andare alla ricerca del re e delle altre guardie.

-Speriamo che abbiano trovato un buon riparo- si augurò mentre si allontanava dal suo rifugio.

 Dopo un paio d’ore di marcia trovò i primi segni del passaggio dei suoi compagni; per la precisione, trovò un braccio, mozzato, ancora coperto dalla divisa.

L’effetto di quella vista fu tremendo: per quanto fosse un ragazzo forte, tutto d’un pezzo, era solo un ragazzo, ancora privo di esperienza e di sangue freddo.

 Un urlo e un fragore di spari lacerarono l’aria, scuotendo Dorton dallo shock. Non erano tutti morti! Poteva andare in loro soccorso! Correndo a perdifiato, raggiunse in breve tempo il luogo di origine dei rumori, ma il suo entusiasmo fu infranto dal cruento spettacolo che gli si stava parando davanti.

Un ampio spiazzo circolare e privo di alberi, che avrebbe dovuto essere bianco di neve, era ovunque cosparso di sangue e di corpi inermi.

 Era arrivato giusto in tempo per vedere gli ultimi membri della guardia ancora in piedi cadere, lasciando il re privo di protezione, sotto i colpi degli animali più terribili dell’isola.

-Dannazione! Lapin!- imprecò Dorton tra sé e sé.

Un intero branco di giganteschi conigli carnivori aveva annientato la guardia reale, ora lui era l’unico in grado di proteggere il re.

 Stringendo le mani intorno all’elsa della sua spada, Dorton si preparò ad attaccare e a dare la vita per proteggere il sovrano, ma prima che potesse avventarsi sui feroci animali, qualcosa cambiò.

 I Lapin, che stavano accerchiando il re, si fermarono di botto e, all’unisono, si drizzarono sulle zampe posteriori, tendendo le orecchie ad un suono impercettibile per la giovane guardia e mostrando segni di una strana inquietudine.

-Cosa gli prende?- si chiese Dorton –stanno arrivando i soccorsi?

Le sue domande trovarono una risposta in pochi istanti, ma non certo quella che sperava: ai margini dello spiazzo aveva fatto la sua comparsa l’unica creatura in grado di spaventare i Lapin quanto questi spaventavano gli isolani.

 Quasi senza che gli occhi di Dorton potessero percepirne il movimento, l’essere si scagliò contro i grandi conigli carnivori e ne decapitò due in un battito di ciglia. Di fronte a una simile dimostrazione di forza, la maggior parte dei Lapin si dileguò, ma tre, i più grossi, rimasero ad affrontare il nuovo arrivato.

 Sia Dorton che il sovrano avrebbero potuto approfittare della distrazione dei predatori per scappare, ma nessuno dei due era in grado di muoversi: quello che avevano davanti era una vera e propria leggenda, la bestia che tutte le mamme dell’isola dicevano rapisse i bambini cattivi dalla loro cameretta; era come se un uomo adulto, guardando sotto il letto, scoprisse che c’era davvero un mostro rintanato nell’oscurità.

Quello che avevano davanti era, in due parole, Il Generale.

Il Generale era il più grosso e feroce Lapin dell’isola, una belva solitaria e sanguinaria,che uccideva indiscriminatamente uomini e Lapin.

 I due uomini osservarono in silenzio mentre il Generale faceva a pezzi i tre Lapin, dimostrando un’agilità e una velocità insospettabili per una creatura di una simile mole, oltre che una forza selvaggia e irresistibile.

 Quando il massacro fu finito, il gigantesco Lapin rivolse la sua attenzione verso il sovrano che, vedendoselo venire incontro, non resse al terrore e svenne.

 A quella vista, Dorton si riscosse, dandosi dello stupido per non essere riuscito ad agire prima.

Brandendo la spada, la giovane guardia Dorton si lanciò in un affondo contro il generale.

-Ce l’ho fatta!- pensò, un attimo prima che una zampato lo mandasse a sbattere contro un albero a diversi metri di distanza.

Ancora stordito dalla botta,Dorton tornò a guardare il Lapin.

-Merda! Non ha nemmeno rallentato! Mi ha solo scacciato come una mosca!_

Abbassando lo sguardo, un attimo dopo, si accorse che la spada era a pezzi. Questa non ci voleva!

Si mise a cercare un’altra arma, frugando anche sotto i corpi dei compagni caduti, ma non riusciva a trovarne una ancora intera.

 Finalmente le sue mani incontrarono l’unica arma che aveva resistito alla furia dello scontro: era un oggetto quantomeno singolare, con un lungo manico e una lama molto larga, a forma di mezzaluna.

Afferrata l’arma, Dorton si scagliò di nuovo contro il Generale, ma l’esito fu lo stesso.

 -Merda!- imprecò, disperato. Non sapeva cosa fare, il nemico era troppo forte, era impossibil..

Un’idea invase la mente di Dorton: c’era una speranza!

Si mise una mano in tasca, controllando in che stato fosse il prezioso contenuto, poi afferrò uno dei Frutti che vi aveva riposto e, ignorando la vocina fastidiosa di Blik che gli ripeteva di consegnargli qualunque Frutto del Diavolo, lo morse.

 Per un istante l’orrendo sapore del Frutto fece pentire la giovane guardia del suo gesto, ma immediatamente sentì un’ondata di energia pervadergli il corpo.

-Sì!- pensò esaltato, mentre si scagliava per la terza volta contro il Generale – Con questa forza posso farcela!-

 Mentre correva, avvenne la trasformazione: tutto il suo corpo si ricoprì di un caldo manto scuro, mentre dalle tempie fuoriuscivano delle piccole corna; la schiena si incurvò a formare un’ alta gobba, mentre una coda si allungava dalla colonna vertebrale; infine, le gambe si arcuarono e i piedi si trasformarono in zoccoli.

La trasformazione era completa: ora, avendo mangiato una varietà dello Zoan Cow -Cow, era un perfetto Uomo Bisonte.

 Con la sua nuova velocità, Dorton non ebbe problemi ad aggirare la guardia del Generale, ma quando menò un fendente con la sua strana arma quello fu abbastanza rapido da evitarla.

Dorton incalzò l’avversario, che rimaneva sulla difensiva, ma senza riuscire a colpirlo.

 Quando con un colpo mirato al muso pensò di avere la vittoria in tasca, il Generale fece finalmente la sua mossa.

Dove fino a un attimo prima c’era un’enorme massa di pelo e muscoli, la lama non incontrò che aria: sfruttando la sua prodigiosa agilità, il Lapin era saltato in una frazione di secondo dietro Dorton e stava per colpirlo con una delle zampe artigliate.

Fortunatamente, l’Uomo Bisonte fu abbastanza rapido da parare il colpo, ma ne subì comunque gli effetti, mentre sentiva il terreno creparsi sotto di lui.

 - Non va bene- pensò, mentre cercava di parare e schivare una raffica di colpi – Se va avanti così, non riuscirò a salvare il re. Devo cercare di chiudere in fretta, o sarò buono per la griglia-

Sorridendo alla battuta si lanciò in un nuovo assalto, trovò miracolosamente un’apertura e menò un fendente; questa volta la lama incontrò il suo bersaglio, e uno schizzo di sangue gli macchiò la divisa.

 Vedendo il risultato, tuttavia, Dorton non poté che scoraggiarsi: non era riuscito a fare che un graffio al Generale, una sottile linea vermiglia sopra e sotto l’occhio sinistro, nemmeno lontanamente sufficiente per abbatterlo, probabilmente abbastanza per farlo incazzare.

Tuttavia, dopo aver ricevuto il colpo, il Generale si fermò, e si mise a fissare attentamente l’unico avversario che fosse mai riuscito a ferirlo. Gli si avvicinò lentamente, avanzando a quattro zampe.

Dorton era pronto a continuare il duello con quella specie di valanga dotata di artigli, ma il Generale, inaspettatamente, lo superò senza attaccarlo, e prese ad allontanarsi nel paesaggio innevato.

 Quando il Lapin gigante si fu allontanato, Dorton si ricordò finalmente del re svenuto, che in realtà svenuto non lo era poi tanto, perché lo stava applaudendo.

 -Ottimo lavoro ragazzo! Non avrei mai creduto di vedere qualcuno in grado di affrontare alla pari il Generale, e nemmeno che qualcuno sull’isola avesse i poteri dei Frutti! Mi vuoi dire come li hai ottenuti?-

Un po’ imbarazzato, Dorton iniziò il racconto delle sue avventure del giorno precedente, estraendo, alla fine, il Frutto superstite e consegnandolo al re.

-Mmh…- fece il sovrano, analizzandolo – Se non vado errato, questo è il Frutto Chew-Chew, dei Paramisha. Bel colpo, Dorton, mio figlio sarà felice di averlo. Ora che ne diresti se tornassimo al castello?-

-Sì, vostra maestà-

 E così partirono, con Dorton che, trasformato in bisonte, trascinava una sorta di grande barella ricavata dagli alberi e sulla quale giacevano i soldati feriti, verso il castello.

 

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 Ed ecco ultimato il secondo capitolo!

Spero che vi sia piaciuto, anche se sinceramente temo di essere parecchio calato nel finale.

Approfitto anche per fare una piccola anticipazione sul prossimo capitolo: anche se al momento sono ancora indeciso fra quattro o cinque personaggi, posso già dire con certezza che sarà qualcuno che sfrutta un Logia.

Chiudo dicendo che aspetto le vostre recensioni e che, se volete la storia di un personaggio in particolare, potete scriverlo e io vedrò cosa si riesce a fare. La parola a Voi!!

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Capitolo 3
*** Trasformazione ***


Ed ecco sfornato a tempo di record anche il terzo capitolo!!! Sinceramente mi stupisco di me stesso, non credevo di fare così in fretta ;)

 

KH : grazie per gli auguri, che ricambio, e per la recensione in tempi brevissimi, sei stata(giusto?, oppure stato?) un fulmine JL’idea di fare una fic su Dorton mi è venuta un po’ all’improvviso e non pensavo che ti sarebbe piaciuta tanto. In particolare sono contento che ti sia piaciuto il Generale, anche se avrei voluto svilupparlo meglio (E forse lo farò se riuscirò a scrivere di Chopper).Se sei patita dei poteri elementali, spero che ti piacerà anche questo capitolo, in cui cerco di rispondere anche a una o due domandine che mi stuzzicavano su un certo personaggio…

P.S. ebbene sì, sono un maschio.

 

Parlando di questo capitolo, l’ispirazione mi è venuta guardando in streaming l’episodio 443 di OP, prima avevo un’idea del tutto diversa.

 

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Trasformazione

 

Dopo lunghi e tempestosi giorni di navigazione i pirati avevano finalmente raggiunto un luogo tranquillo. Si trattava dell’isola di Meridia, uno dei luoghi dal clima più piacevole di tutta la Rotta Maggiore, e ora i pirati si godevano il bel tempo in un piccolo golfo non molto distante dal centro abitato, che per il momento avevano deciso di evitare, dato che ci si trovava un avamposto della Marina.

Tranne i pochi impegnati in lavoretti di manutenzione o in cucina, quasi tutti si stavano godendo lo splendente pomeriggio soleggiato, chi prendendo il sole, chi facendo giochi da spiaggia, capitano compreso; perfino due giganteschi Coccobanana, animali di solito ferocissimi, si beavano cullati dalle onde, con la pancia all’aria e perfino gli occhiali da sole!

Solo una persona non era minimamente interessata a simili svaghi e fissava con disprezzo tutti gli altri, come accusandoli di non starsi impegnando per farla diventare un pericolo di livello mondiale.

La figura di questa persona si stagliava decisa sul ponte di comando: indossava un elegante completo da uomo, sopra il quale portava, nonostante l’afa pomeridiana, una pesante pelliccia, solo appoggiata sulle spalle, ma che non sarebbe caduta nemmeno durante il più feroce degli scontri.

Invece che con una mano, il suo braccio sinistro terminava con uno sproporzionato e antiestetico uncino dorato, mentre sotto gli occhi sprezzanti, sovrastati da corti capelli scuri dai riflessi verdi e pettinati all’indietro, una cicatrice orizzontale ne deturpava il viso da uno zigomo all’altro.

Questa persona non era altri che Crocodelle, la giovane tesoriera di bordo, nonché addestratrice dei Coccobanana.

Sebbene fosse uno dei pochi membri dell’equipaggio a non avere una taglia, tutti i suoi compagni la temevano, e a ragione! D’altra parte, lei non li considerava che semplici mezzi per raggiungere il suo scopo: trovare un Frutto del Diavolo e far tremare il mondo al suono del suo nome!

Il suo obbiettivo megalomane era tuttavia ignoto al resto della ciurma, che pensava fosse pazza solo quando si parlava di soldi o, ancor più rischioso, di prestiti ( il fatto che tendesse ad aizzare i grossi rettili contro chi era in ritardo con i pagamenti non migliorava  l’opinione che i compagni avevano di lei ).

Stufa di guardare la massa di pezzenti che si divertiva in spiaggia invece di impegnarsi in attività produttive, Crocodelle decise di fare un salto in città.

Ignorando gli inviti del capitano a giocare a Spacca l’Anguria, la ragazza saltò agilmente a terra e si mise in cammino.

 

Al suo arrivo, si trovò davanti nient’altro che una misera cittadina portuale, mediamente abitata e sovrastata dall’edificio della Marina.

Stava esplorando il centro in cerca di opportunità di guadagno, leggendo distrattamente alcune pagine di un giornale raccattato da per terra (-Ultime notizie! Roger manda a picco un Buster Call! Il giovane rivoluzionario Dragon crea scompiglio anche nella Rotta Maggiore!-), e ascoltando gli inutili discorsi che le risuonavano intorno, quando un’esplosione echeggiò dall’altra parte della cittadina. Subito la gente che circondava Crocodelle iniziò a vociare, spaventata.

-Ci attaccano!-

-Sono i pirati!-

-È Roger!-

La ragazza decise di ignorare le ipotesi sempre più inverosimili sulle cause dell’esplosione, per concentrarsi su un quartetto di Marines che si dirigevano in direzione opposta a quelli che stavano accorrendo dal forte.

Seguendoli di nascosto, riuscì a capire che i responsabili dell’esplosione erano i rivoluzionari, guidati da un… Crocodelle non riuscì a capire chi guidasse i rivoluzionari, ma sentì che i quattro avevano ordine di prendere un qualche oggetto nascosto nel forte e portarlo in un posto più sicuro.

Quando il gruppetto di Marines fu entrato nell’edificio, Crocodelle si appostò pazientemente in un vicolo, fantasticando su quale genere di tesoro fosse così importante da meritare una protezione speciale, e pregustando l’incasso con uno scintillio diabolico negli occhi.

 

Quando i quattro uscirono, ciò che la ragazza udì superò le sue più sfrenate fantasie: stavano discutendo sull’attacco, su come fermarlo e, soprattutto, del contenuto del cofanetto portato da uno di loro.

Marine1- … e quindi secondo te ci attaccano solo per questo!?-

Marine2- Non vedo altre ragioni-

Marine1-Ma non potrebbe semplicemente mangiarlo uno di noi e andare a combattere?

Marine3-Ma sei pazzo??? Ti rendi conto di cosa hai appena detto??-

Marine2-Potresti essere condannato per alto tradimento se certa gente ti sentisse-

Marine1(impallidendo)- Cosa!?!?! E perché?-

Marine4(sospirando)- Tu non ti rendi conto di cosa tieni tra le mani. Quello è il frutto Sand-Sand, della categoria Rogia; è abbastanza potente da rendere quest’isola un banco di sabbia. Credi davvero che lo lascerebbero a qualcuno che fosse meno che vice-ammiraglio?

 

Quelle parole paralizzarono per un attimo Crocodelle: un Frutto del Diavolo tanto potente era davvero così vicino al diventare suo?

Con pochi passi si portò sulla strada del quartetto, che la guardò stranito.

 

Crocodelle- Dubito che mi consegnerete quel Frutto con le buone, quindi, se non vi dispiace, passerò subito alle maniere forti-

Marine3- Ma che dici, moccios…-

 

Il sodato non fece in tempo a finire la frase che si ritrovò con la gola squarciata.

Marine1- Ma cosa?-

Marine2- Tu! Piccola…-

Marine4-Muori!-

 

Due dei Marines superstiti crollarono inermi in pochi istanti, lasciando l’ultimo, giovane e terrorizzato completamente indifeso. Ben presto , anche lui si unì ai compagni.

Messi fuori gioco i soldati, Crocodelle si chinò con occhi luccicanti sul cofanetto, lo aprì e ne rivelò il contenuto: il terribile Sand-Sand.

Stava per addentarlo, quando una voce risuonò dietro di lei.

 

???- Bene bene, cosa abbiamo qui?-

 

Nascosto con un rapido gesto il Frutto in una tasca interna della pelliccia, Crocodelle si voltò.

Quello che si trovò davanti non era un uomo normale, anzi, era già difficile definirlo uomo.

La sua stazza era parecchio superiore alla media, e il mento triangolare era di certo peculiare, ma gli elementi più appariscenti della sua figura non erano certo quelli!

Su una capigliatura cespugliosa e blu portava una coroncina ornata da pietre preziose; il suo viso era coperto da strati e strati di trucco. Indossava un vestito da donna, color giallo canarino, calze a rete e stivali di cuoio pieni di borchie.

 

Crocodelle- E tu chi saresti, schifoso pervertito?

 

Gli disse freddamente.

L’altro non si scompose, anzi, sembrava che la ragazza gli avesse fatto un complimento.

 

???- Chi sono io? Te lo divò, zucchevino-

 

Da qualche dove partì una musica molto ritmica. L’uomo(?) iniziò a scuotere il bacino a tempo.

???- Tu mi definisci un pevvevtito…-

 

Luci da palcoscenico lo puntano, mentre inizia a cadere una pioggia di coriandoli a forma di cuore.

 

???- Ma non è così. Io sono ben più che un pevvevtito… io sono un Gay!!!-

 

Un coro iniziò a fare da accompagnamento alla presentazione, mentre Crocodelle cominciava a pentirsi della sua domanda.

 

???- E non sono nemmeno un semplice gay! Io sono… IL VEGINO DI TUTTI I GAY!!!!-

 

Stelle filanti invasero il vicolo assieme a un coro di urla inneggianti la Gay Way.

 

???- Dall’ isola di Kamabakka, eccomi, il solo e inimitabile… Emporio Ivankov!!!-

 

Crocodelle fissò il regino con tanto d’occhi: ma quanto si poteva essere deficienti?

Ripreso il controllo, gli disse:

 

Crocodelle- Dovrei essere impressionata?-

 

Ivankov (senza scomporsi più di tanto)- Ti convevvebbe, carvmellino. Sai che mi sembvi pvopvio il mio tipo?-

 

Crocodelle- Caramellino?! Guarda che sono una don…-

 

Crocodelle non ebbe tempo di reagire: il regino superò la sua guardia, con un movimento fulmineo.

 

Ivankov- EMPOVIOOOO… BOY HOVMONE!!!-

 

Mentre il travestito gridava queste parole, le punte delle sue dita si tramutarono in aghi, che conficcò nel corpo della ragazza che urlò per il dolore e la sorpresa.

Avvicinato il volto alle sue orecchie le disse sghignazzando:

 

Ivankov- C’è una vagione, se ti ho chiamato caramellino, mio cavo!-

 

In quel momento gli ormoni maschili iniettati nel corpo di Crocodelle iniziarono a fare effetto: le sue spalle si allargarono e i muscoli si fecero più solidi, mentre il seno si ritirava; in pochi secondi, Crocodelle si trasformò in un uomo.

 

Crocodelle- COSA CAZZO MI HAI FATTO, SCHIFOSO TRAVESTITO!?!?!?!?... COSA È SUCCESSO AL MIO CORPO!?!?!?

 Ivankov rispose, ma solo dopo averla/o colpita/o con una forza tale da farla/o quasi svenire.

 

Ivankov- dopo avev mangiato un Fvutto del Diavolo, sono diventato un uomo in grado di controllare gli ovmoni. Con la mossa di prima ti ho semplicemente messo in corpo abbastanza ovmoni maschili da favti cambiave sesso. E ora, zuccherini, andiamo al fovte a cercave quel Sand-Sand!-

 

I compagni di Ivankov- Sìììììì!!!!-

 

Ivankov( lanciando un ultimo sguardo a Crocodelle)- Che peccato, alla fine non sei pvopvio il mio tipo.-

 

 

Crocodelle rinvenne diverso tempo dopo, ormai i rivoluzionari se n’erano andati.

Precipitosamente, si controllò la tasca interna della pelliccia, salvo tirare un sospiro di sollievo quando ne trovò il contenuto ancora intatto e al suo posto.

Tenendolo in mano davanti al viso, scoppiò in una risata folle, che si protrasse per diversi minuti.

Quando sentì infine dei passi dietro di sé si decise a fermarsi e addentò il Frutto: aveva un sapore orrendo, ma al suo palato sapeva di potere e conquista.

 

Tre ore dopo, sull’isola, ormai ridotta a un arido banco di sabbia, non rimanevano che cinque esseri viventi: la fu Crocodelle aveva risparmiato solo i due Coccobanana, un Marine e un Lumacofono.

Lanciando la lumaca-telefono verso il soldato, gli ordinò:

 

Croco(?)-Prendi questo e chiama il tuo quartier generale: di loro cosa è successo qui, e dì loro che a farlo è stato Crocodile!-

 

Poi si allontanò in mare, ridendo come un folle, sul dorso di uno dei giganteschi rettili, abbandonando dietro di sé il deserto che aveva creato.

 

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Piaciuto? Spero di sì, perché mi pare che questo capitolo sia il migliore tra quelli scritti finora. Cmq rimetto a voi lettori il giudizio, e ricordate che mi aspetto molte recensioni o idee per i prossimi capitoli.

Questa volta mi dispiace, ma niente anticipazioni. Io stesso al momento non so cosa scrivere, quindi per il prossimo capitolo potrebbe volerci un bel po’ di tempo, anche perché la matura è in arrivo (SIGH!!).

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Capitolo 4
*** Offerta Irripetibile ***


Cari lettori e lettrici, siamo arrivati al capitolo n 4, scritto nel breve intervallo tra una settimana d’inferno e un’altra pure.

KH4: un ringraziamento speciale alla prima a recensirmi e a mettermi tra i preferiti, più i complimenti per il suo “Giglio di Picche” che continua ad appassionarmi. Per l’ultima recensione … grazie, sono contento che ti sia piaciuto Iva, la sua entrata in scena ha fatto piegare in due parecchi amici a cui l’ho fatto leggere e ne vado particolarmente fiero. Il nome Crocodelle, è facile capirlo, ho dovuto  inventarmi qualcosa di molto simile al nome che porta adesso, e questo è quello che suonava meglio. Su Bon Clay, sono accordissimo ( ho quasi pianto quando ha lasciato “Paglietta” per affrontare Magellan).

STELLARIUM: grazie per i complimenti e benvenuta tra i recensori di questa fic. Posso affermare in tutta certezza che sia Marco che Ace saranno protagonisti  tra pochi capitoli, ma trattandosi di personaggi primari mi prendo il mio tempo per rendere al meglio le loro storie. Inoltre, se segui gli spoiler sai che il Maestro sta trattando l’incontro tra Ace e Rufy, quindi preferisco aspettare i prossimi sviluppi. Non so se farò un capitolo su Iva, e per quanto riguarda Dragon, vorrei prima essere sicuro che abbia effettivamente mangiato uno dei Frutti, e se sì quale.  Su Akainu concordo

Un’ultima curiosità sullo scorso capitolo: il titolo doveva essere “Trasformazione: farò di te un homo!” ma sul momento me ne ero dimenticato.

Godetevi questo capitolo!

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Offerta Irripetibile

 

Alubarna era avvolta in un’insopportabile cappa di calore: sotto i raggi del sole cocente e implacabile, persino i più resistenti abitanti del deserto avevano preferito rifugiarsi nella frescura delle loro case.

In tutta la città, come in una città fantasma, non si sentiva il minimo rumore, non sembrava esserci traccia di vita.

Al palazzo, invece, il silenzio non regnava incontrastato, ma era disturbato da un duplice rumore di passi: due giovani uomini correvano  per le grandi sale del palazzo, il rumore dei loro sandali contro i preziosi pavimenti di marmo echeggiava ovunque; ovunque passassero, i due uomini non trovavano che corpi riversi a terra, svenuti e con la bava alla bocca. Guardie, uomini di sevizio: nessuno sembrava essere scampato al misterioso flagello.

chiese il primo, ansimando. Nella sua voce risuonava tutta l’angoscia di una guardia che non è riuscita a proteggere nessuno.

replicò con un cenno affermativo del capo. Certo che la avvertiva anche lui, quella sensazione indefinibile e opprimente. Aveva iniziato a sentirla più o meno dieci minuti prima, e contemporaneamente tutte le persone intorno a lui erano crollate come sacchi di patate. Presagendo un pericolo, era corso subito verso la sala del trono per proteggere il suo sovrano. Durante il tragitto  aveva incontrato il suo compagno, che aveva avuto la stessa idea.

I due continuarono a correre in silenzio verso la comune destinazione, ma furono costretti a fermarsi appena imboccato un nuovo corridoio: in quel luogo, anche se alla vista non si presentava nulla di strano, la sensazione era più forte che mai. Entrambi si portarono una mano alla bocca e caddero in ginocchio, quasi all’unisono, avvertendo una forza tremenda provenire da un luogo poco distante da loro.

<… è senza dubbio dopo questo corridoio!>

Entrambi strascicavano le parole, lottando per pronunciarle, ma tacquero quando sentirono un urlo acutissimo:

La voce della principessa! Bruscamente, la sensazione si fece più sopportabile: i due guerrieri più forti di Alabasta si alzarono in piedi e ripresero a correre con rinnovato vigore. La principessa li aveva chiamati, e se la piccola Bibi era in pericolo, l’avrebbero protette a costo della vita.

Preparandosi ad affrontare un nemico formidabile, Chacka sfoderò la spada, Pell strinse i pugni e fece scrocchiare le nocche, poi, con un disumano urlo di sfida, entrarono nell’ ampio salone dal quale era giunta la voce della bambina, pronti a massacrare qualunque avversario si fosse posto tra loro e la sua salvezza.

 

                                                                                                                                           *

 

Si trovarono davanti un giocoliere. Bibi rideva estasiata.

Le mascelle dei guerrieri si scardinarono e si schiantarono a terra, danneggiando il pavimento; gli occhi uscirono dalle orbite. Troppo stupiti per articolare al meglio, i due riuscirono solo a balbettare:

Pell:

Chacka:

Lentamente, l’indignazione prese il poso dello stupore, tanto che riuscirono a gridare, contemporaneamente:

La risposta arrivò dallo sconosciuto giocoliere, che stava ancora facendo volteggiare tre o quattro oggetti di diversi colori, ma troppo velocemente perché si capisse di cosa si trattasse:

Finalmente l’attenzione dei guerrieri si concentrò su di lui: sebbene ora avvertissero una forza molto minore, era evidente che lo sconosciuto ne fosse l’origine.

Pell, troppo contento per il fatto che la principessina fosse sana e salva, non replicò; d’altra parte, il fatto che lo sconosciuto invasore parlasse loro dando loro la schiena e continuando con le sue acrobazie come se niente fosse fece infuriare Chacka, che gli urlò

Il guerriero cadde a terra, ansimando: la forza che in quel momento sentiva provenire dallo sconosciuto era perfino superiore a prima, ma né Bibi né Pell questa volta sembravano patirne gli effetti.

Bibi.< Ehi, cosa stai facendo?>

La bambina, anche se non capiva molto della situazione, si era comunque resa conto che se Chacka era a terra era dovuto a qualcosa che stava facendo il suo nuovo e strano amico, quindi gli fece notare il suo disappunto con un calcio nello stinco:

ribatté quello, a metà tra il condiscendente e il divertito, e annullò la morsa del so Haki sul guerriero.

Pell aveva assistito a tutta la scena in silenzio, e avendo deciso che l’estraneo, sebbene mostruosamente forte, al momento non sembrava rappresentare una minaccia, si azzardò a porgli le stesse domande fatte dal compagno, solo un po’ più cortesemente.

Finalmente lo sconosciuto si voltò verso i due: era giovane, forse sui diciotto- diciannove anni, alto quasi due metri, con corti capelli castani. Sotto uno di quei mantelli usati sull’isola delle sabbie per proteggersi durate i viaggi nel deserto,  indossava una sorta di tuta da combattimento (stile Dragonball, rendo l’idea? n.d.a.) verde, con orli e cintura scarlatti, molto aperta sul davanti, in modo da rivelare la possente muscolatura. Sulla schiena portava una katana con impugnatura e fodero color sangue, la guardia dorata, un pomolo anch’esso d’oro e ornato con un grosso rubino.

Senza smettere di far roteare in aria quei suoi strani oggetti colorati, il giovane intruso lanciò in qualche modo a Pell un aeroplanino di carta.

Incuriosito,Pell dispiegò l’aeroplanino in un avviso di taglia che ritraeva il ragazzo che gli stava di fronte, presentato come Drey il “Cacciatore Diabolico”. Quando vide la taglia assegnata, il guerriero sbiancò sotto il suo cerone: quattrocento milioni di Berry per la sua testa, cinquanta anche solo per informazioni che lo riguardassero.  Chacka, adocchiando il manifesto, quasi svenne.

Vedendo le reazioni esagerate dei due combattenti più forti di Alabasta, Drey non riuscì a trattenersi: scoppiò in una risata fragorosa, tenendosi una mano sulla pancia, mentre con l’altra si asciugava le lacrime. Altre due mani continuavano a far volteggiare gli oggetti colorati, anche se i due erano troppo sconvolti per accorgersene.

Quando ebbe finito di ridere, Drey li rassicurò:

< State tranquilli, non sono qui per prendere il posto del vostro re o cose simili!>

Pell:< E allora cosa sei venuto a fare?>

La bocca del Cacciatore Diabolico si dischiuse in un tranquillo sorriso:

Finalmente smise di far volteggiare i suoi oggetti colorati, e i due guerrieri, vedendo di cosa si trattava, rimasero se possibile ancora più di sasso.

 

                                                                             *

 

Cobra Nefertari non riusciva a credere a quel che gli stava succedendo: durante il sonnellino pomeridiano, un super ricercato aveva fatto irruzione nel suo palazzo mettendone fuori gioco tutte le guardie e il personale, e ora si trovava davanti a lui per fargli una proposta così assurdamente vantaggiosa da avere del’incredibile.

Il ricercato in questione, pazientemente, si accinse a esporre per la terza volta ciò che aveva in mente:

< Come ho già detto, so per certo che in siete in possesso di due Frutti del Diavolo. Dopo qualche ricerca, sono venuto a sapere che da queste parti era usanza farli mangiare ai guerrieri più forti dell’esercito, e che essendo arrivati agli ultimi due esitavate a privarvene. La mia offerta è semplice: io ho qui Quattro Frutti del Diavolo, che sono disposto a consegnarvi e dei quali posso descrivervi dettagliatamente le caratteristiche. L’unica cosa  che chiedo in cambio è di poter prendere in mano quelli in vostro possesso, o in alternativa, combattere conto quei due guerrieri (indicando Chacka e Pell)  dopo che li abbiano mangiati: dopo  tutto dubito che nel vostro esercito ci siano altre persone in grado di restare coscienti in mezzo a tutto quell’ Haki.>

Il sovrano di Alabasta  annuì pensosamente.

Cobra:< Prima di darti una risposta, ti farò alcune domande. La prima è: come fai a sapere che sono in possesso di due Frutti?  La seconda è: perché li vuoi?>

Drey rimase in silenzio per pochi istanti: doveva davvero rivelare tutto sulle sue ragioni? Sentiva per istinto di potersi fidare del re, e sapeva che non avrebbe raccontato nulla al Governo Mondiale: scendere a patti con uno come lui avrebbe portato solo guai al re se la voce si fosse sparsa. Inoltre, se non avesse dato una risposta soddisfacente,  Cobra Nefertari avrebbe potuto rifiutare, cosa che l’avrebbe costretto a indesiderate misure drastiche. Era anche per scongiurare quell’eventualità che aveva fatto sì che la proposta  fosse tanto allettante: molti avrebbero accettato senza nemmeno dire “Ba!”, ma questo re era diverso, e questo piaceva al Cacciatore. Decise per la verità.

< Tempo fa ho mangiato un Frutto molto particolare: il Copy-Copy. In teoria è un Paramisha, ma le sue capacità sono uniche: mi permette di individuare i Frutti del Diavolo e coloro che li hanno mangiati, inoltre posso copiarne i poteri semplicemente toccandoli col palmo della mano. Grazie a questo, sono riuscito a localizzare i due Frutti in vostro possesso.  Per varie ragioni, mi sono prefissato lo scopo di copiare tutti i poteri dei Frutti, e visto che mi mancano i vostri, sono arrivato fin qui.>

< E per quanto riguarda i quattro che mi offri in cambio?>

Cobra si richiuse per qualche istante in un silenzio riflessivo, poi fece la sua ultima domanda:

Malgrado il ragazzo che aveva davanti avesse sulla testa una taglia stratosferica, il sovrano non lo riteneva una vera minaccia. Tuttavia la domanda era d’obbligo.

Con questo, notarono i due guerrieri, che assistevano al’incontro, non aveva negato di POTER radere al suolo il palazzo, volendolo.

Con un gran sospiro, il sovrano si alzò dal trono e si avvicinò alla parete alla sua destra. Quando premette apparentemente a caso su di essa, la parete si aprì, rivelando una stanza segreta. Cobra vi entrò da solo e, dopo breve tempo, ne uscì reggendo un Frutto del Diavolo in ogni mano. Poi si rivolse a Pell:

Pell era commosso: il suo re gli stava davvero concedendo una simile grazia?

esclamò entusiasta prendendo il Frutto che gli veniva offerto. Cobra annuì soddisfatto e ripeté la formula per Chacka.

 

                                                                                                                                   *

I due guerrieri erano fianco a fianco, pronti al combattimento; Drey era di fronte a loro, rilassato: si era liberato del mantello e aveva lasciato la katana in custodia al re, che assisteva allo scontro dal trono. L’accordo prevedeva il copiare i poteri durante un combattimento, e così sarebbe stato. Inoltre, Cobra era curioso di sapere di cosa fosse capace il “Cacciatore Diabolico”.

I combattenti erano pronti. Quando il re diede il via allo scontro, Chacka e Pell si lanciarono all’unisono incontro all’avversario, senza accorgersi che, invisibile e rapidissimo, era già dietro di loro.

 Senza che potessero fare nulla per fermarlo, li tocco, con i palmi protesi, dove avevano la pelle scoperta: immediatamente, la sensazione di potenza che li aveva invasi appena avevano mangiato i Frutti sparì, lasciando il posto allo stupore.

In risposta agli sguardi interrogativi, Drey spiegò cosa aveva appena fatto:

Entrambi i guerrieri accettarono la sfida e si lanciarono all’attacco, senza trattenersi: menavano fendenti, scalciavano tiravano pugni secondo perfette coreografie mortali, ma sebbene gran parte dei colpi andasse a segno, non sembravano aver davvero danneggiato Drey; al contrario, si sentivano gli arti indolenziti, come se avessero colpito un blocco di solido acciaio.

quando i due si furono allontanati per studiarlo meglio, Drey rilassò un poco i muscoli.

Tekkai? Un’altra parola sconosciuta a Chacka e Pell, assieme al così detto Haki di prima: ma che razza di poteri aveva quel ragazzo?

Non ebbero tempo per farsi tante domande: il super ricercato si era scagliato contro di loro e aveva ingaggiato un combattimento serrato, dando prova di eccezionali capacità nelle arti marziali. Non si limitava a un solo stile di lotta, ma sembrava alternarne almeno una decina, con colpi fulminei e imprevedibili

I guerrieri si difesero al meglio, cercando di compensare la sua straordinaria abilità unendo le loro, ma erano comunque in difficoltà: quel che è peggio,  è che si rendevano perfettamente conto che non stava usando che una minima parte della sua forza, senza contare che non aveva nemmeno accennato a usare i poteri di cui disponeva. In pratica, capirono, stava giocando con  loro.

Erano entrambi sul punto di cedere, quando un’ondata di forza li invase: il Copying Process era finito, avevano di nuovo i loro poteri. Senza esitare, come se avessero sempre saputo come fare, li usarono.

Il corpo di Pell si ricoprì di piume, il suo naso e la bocca si unirono e indurirono, formando un becco da rapace; possenti ali gli spuntarono dalle spalle, mentre gli arti si facevano screpolati e dalle dita spuntavano artigli crudeli: era in possesso del potere dell’ Avis-Avis, modello falco.

Contemporaneamente, Chacka si trasformava in una sorta di licantropo , dalle zampe potenti e dotate di artigli: era un Uomo-Sciacallo!

Questa volta furono di nuovo loro ad attaccare, ma non poterono frenare urla di euforica esaltazione: si sentivano fortissimi, invincibili.

mormorò Drey con un ghigno divertito: ora che potevano usare i loro poteri, nulla gli impediva di usare i suoi!

Concentrandosi, attivò la funzione più importante del suo potere, quella di riprodurre le abilità copiate, e selezionò uno dei suoi preferiti.

La sua ombra si stese sugli avversari, momentaneamente intimoriti: era diventato enorme, mostruoso.

Il suo corpo si era ricoperto di robuste scaglie color rubino, tranne che sulla gola, sul torace e sui palmi, dove assumevano un colore dorato. Una corona di corna scaturì dalla testa, mentre la bocca, ora da predatore, si riempiva di una terrificante chiostra di denti. Ali sfavillanti di rubini si aprirono sulla sua schiena, la spina dorsale si allungò in una lunga coda, dalle dita scaturirono unghioni neri e terribili.

Drey terminò la trasformazione con un ruggito trionfale, fiero del raro potere che strava mostrando: lo Zoo-Zoo leggendario Draco-Draco, modello drago di fuoco, nella fora ibrida.

Nonostante l’impressionante dimostrazione di potere, i guerrieri non si arresero, anzi, moltiplicarono i loro sforzi, colpirono con tutte le loro forze, ma il nemico era semplicemente troppo forte.

Erano ormai esausti quando Drey decise di farla finita: con un gesto, fece comparire sul corpo di Pell un paio di braccia gigantesche  e sfavillanti di rubini. Lo stesso fece con Chacka. Entrambi si trovarono in un attimo a terra, schiacciati dal peso.

Ciò detto, il Cacciatore Diabolico scomparve in e non lo videro più

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Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo e in particolare ditemi cosa ne pensate di Drey, perché potrebbe comparire anche nei prossimi capitoli. Ci tengo anche a precisare che il potere di cui è dotato l’ho pensato molto prima che Teach facesse la sua comparsa a Marinefort, quindi non centra nulla.

Grazie di nuovo per aver letto fino a questo punto, recensite numerosi e al prossimo capitolo!

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Capitolo 5
*** Il Cacciatore e il Diavolo ***


Con un po’ di ritardo rispetto a quanto speravo, eccoci arrivati al capitolo numero 5. Voglio iniziare con un sentito ringraziamento a tutti i lettori che sono arrivati fino a questo punto, e in particolare KH4, angela90 estellarium, che hanno recensito i precedenti capitoli, oltre a Tomoyo_hana che mi ha messo tra i seguiti.

Un ringraziamento   speciale lo dirigo di nuovo alle ragazze che mi recensiscono per l’apprezzamento che hanno riservato a Drey, il Cacciatore Diabolico: il vostro incoraggiamento mi ha spento ad anticipare l’uscita di questo capitolo, in cui si torna a parlare di lui, e state certe che in futuro ne vedrete delle belle su di lui.

KH4 se Drey ti è piaciuto tanto finora, aspetta di vedere quando farà sul serio. In effetti, ho paura di avergli dato un ruolo fin troppo di risalto, per essere la sua prima apparizione, specie visto che il capitolo era dedicato, almeno in teoria, ai due guerrieri di Alabasta, che hanno fatto una ben magra figura. Non sei l’unica che sul momento non ricordava quei particolari, anche io mi sono dovuto andare a rileggere per bene i capitoli in questione per essere sicuro di tutto. Bella l’immagine di Drey su una piramide di nemici sconfitti, ma nel caso specifico non penso che la principessina avrebbe apprezzato (Anche se me la terrò presente, magari la uso nelle prossime puntate XD). Concludo con un profondo inchino di fronte a tutti i tuoi complimenti, guarda che così mi emoziono XD …

angela90 benvenuta a bordo! Sono contento che la mia modesta fiction stia appassionando man mano che va avanti più lettori e credimi, il meglio deve ancora arrivare XD

stellarium ci hai preso in pieno, dalla descrizione (figo e potente) alla capacità di sputare fuoco a quella di usare la spada (per ora non ne farà molto uso, ma sto escogitando un paio di tecniche niente male per quando dovrà sfoderarla).  Hai ragione, i personaggi un po’  bastardi hanno di solito più stile e fanno più presa, ma non mi sembrava il caso di peggiorare la situazione dei due poveri guerrieri, che già non si sono fatti una gran figura così. Per quanto riguarda re Cobra, non ha la minima idea di cosa sia l’Haki, ha solo “annuito pensoso”, che in questo caso è qualcosa tipo “sorridi e annuisci”.

Spero che tutti voi lettori gradirete questo nuovo capitolo tanto quanto piace a me. Nell’idea originale dovevano esserci un po’ più dialoghi tra i protagonisti, ma veniva troppo lungo. Buona lettura!

 

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Il Cacciatore e il Diavolo

 

Finalmente, dopo tanto tempo, le sale del castello ormai diroccato traboccavano di energia, di musica, di gioia. Moria era sconfitto, le ombre recuperate: cos’altro avrebbe potuto meglio giustificare i festeggiamenti?

Robin, seduta un po’ in disparte, contemplava serenamente la masnada di pendagli da forca impegnati con tutte le loro forze a divertirsi: Brook aveva appena attaccato col “Sakè di Binks” e già quasi si erano uniti in un allegro canto a squarciagola, alcuni in modo più appariscente degli altri( Franky e Usopp erano riusciti ad allontanare per un momento Chopper da Zoro e lo avevano coinvolto, senza troppa fatica, nella ormai celeberrima “Danza con gli stecchetti nel naso”).

Osservando la scena, la mora non poté evitare di riflettere sul fatto che da quando si era unita alla ciurma di Rufy aveva partecipato a più feste che in tutto il resto della sua vita, e che feste! Quella testa di legno del suo capitano aveva la strana capacità di attirarsi attorno tutti gli individui più improbabili, che finivano immancabilmente per partecipare a festeggiamenti di proporzioni epiche! Insomma, alla festa di Water Seven avevano partecipato perfino dei giganti e una sirena (anche se Sanji si sarebbe strappato gli occhi pur di non rivedere QUELLA sirena)!  E che dire di quelle sull’Isola del Cielo?

In effetti bastava guardare alla ciurma stessa per trovare un bel campionario di gente che si sarebbe potuta definire come minimo strana: uno spadaccino privo del minimo senso dell’orientamento, un cuoco dongiovanni, un cyborg esibizionista, un bugiardo che si riconosce dal naso  …

E poi c’erano quelli che erano stati considerati dei mostri: una renna che si trasforma in un gorilla, uno scheletro canterino (Robin era quasi sicura che Rufy gli stesse chiedendo di unirsi a loro proprio in quel momento …), e poi c’era lei …

Robin era stata chiamata “Diavolo” e “Mostro “ fin da prima che alcuni dei suoi compagni nascessero, e non aveva saputo cosa fosse una vita felice prima di incontrarli. Ma quando avevano iniziato a darle quegli appellativi? Di certo prima che Ohara fosse distrutta, prima ancora che arrivasse Sauro, ma allora quando?

A questa domanda, tutta l’allegra scena si colora dei toni scuri del flashback, i suoni si smorzano, e un ricordo affiora …

                                                                                                 *

Una bambina dai capelli scuri e con una sacca piena di libri in spalla stava percorrendo uno stretto sentiero che si snodava nel bosco, diretta verso la sua radura, uno dei posti che preferiva quando si trattava di starsene da soli a studiare: l’esame che le avrebbe permesso di diventare un’archeologa a tutti gli effetti avrebbe avuto luogo solo da lì a tre mesi, ma non aveva amici, né altro che le impedisse di iniziare a prepararsi con largo anticipo.

Finalmente la piccola Robin raggiunse la sua meta: una radura stretta, più o meno circolare, circondata da alti alberi, con un comodo tronco abbattuto  proprio nel mezzo.

Sedutasi sul tronco, la bambina frugò un po’ nella sacca, estrasse il primo libro, se lo posizionò, aperto, sulle ginocchia, e iniziò a leggere.

Era completamente assorbita dal testo quando il primo sassolino le rimbalzò vicino a un piede. Al primo seguì subito un secondo, accompagnato da risate e grida di scherno: erano gli altri bambini di Ohara, che da qualche tempo la tormentavano in ogni modo possibile.

 

Robin, ricorrendo a tutta la sua straordinaria pazienza, decise di ignorarli per non finire in guai peggiori: non era abbastanza forte per opporsi ai due ragazzini, e se avesse fatto a botte poi quella strega della zia l’avrebbe di certo messa in castigo.

Decisa a lasciar perdere i seccatori si girò dall’altra parte e continuò imperterrita a leggere. Almeno, quella sarebbe stata l’intenzione, ma un sassolino, colpendola in testa, le strappò un lieve gemito, più di sorpresa che di dolore.

Il bulletto caricò il tiro. In mano aveva una pietra decisamente troppo grossa perché si potesse ancora parlare di scherzo. Robin questa volta era attenta alle mosse dei due: se quella pietra l’avesse presa le avrebbe fatto parecchio male.

Il bambino fece per lanciare, mentre Robin si preparava a schivare, ma accadde qualcosa di imprevedibile, inconcepibile, grottesco: sulla schiena di entrambi i ragazzini spuntarono un paio di braccia, e non certo esili braccia infantili, ma muscolose da adulto. Le braccia estranee bloccarono in un attimo i bulletti, che in qualche modo, senza che neanche loro sapessero spiegarsi come, si trovarono a terra bloccati in una presa articolare.

<È stata lei! È un mostro!!>

Finalmente la morsa delle braccia si allentò abbastanza perché potessero scappare, ma queste non scomparvero prima di aver dato ai pestiferi ragazzini un sonoro e doloroso scapaccione.

Robin aveva assistito a tutto la scena in un silenzio attonito: cosa stava succedendo? Chi aveva fatto una cosa simile, e dove si trovava?

La risposta all’ultima domanda non tardò ad arrivare: appena i bulletti si furono allontanati, vicino a lei scoppiò una fragorosa risata. Voltandosi di scatto, la bambina poté facilmente scoprirne l’origine: la risata proveniva dalle fronde di uno degli alberi che delimitavano la radura, dove, guardando con sufficiente attenzione, si poteva scorgere una figura umana.

Lo straniero, percependo su di se lo sguardo stupito della giovane Robin, che fino a quel momento non si era assolutamente accorta della sua presenza, nonostante fosse lì da prima che lei arrivasse, decise di rivelarsi del tutto. Con un agile movimento, saltò a terra atterrando proprio di fronte alla bambina, sul cui volto allo stupore si era sostituita una modesta curiosità: per lei quello non era che un voto nuovo, e anche quelle braccia potevano essere spiegate in modo molto semplice, quindi non esitò a chiederglielo:

Questa volta fu lo sconosciuto a stupirsi: certo, Ohara era uno dei massimi centri di culturali a livello mondiale, ma perfino da quelle parti i Frutti del Diavolo erano poco più che una leggenda. Che una bambina così giovane non solo avesse capito almeno in parte cosa aveva fatto, ma non ne fosse nemmeno particolarmente stupita, aveva dell’incredibile. Comunque, decise, non aveva senso nascondere una cosa così evidente.

Il Fior-Fior, il Frutto che permette di far apparire ovunque delle parti del proprio corpo, proprio come fiori. Robin ne aveva letto qualcosa l’anno prima, mentre consultava l’enciclopedia sui Frutti del Diavolo presente in biblioteca. Enciclopedia che, tra l’altro, in quel momento si trovava in mano allo straniero.

Un flash percorse la mente di Robin: non era la prima volta che vedeva quell’ individuo alto e muscoloso, quasi sulla ventina e dai corti capelli castani.

, la corresse.

 

                                                                                                     *

 

Anche  lui si ricordava della bambina: in quei giorni era arrivato a Ohara per delle ricerche sui Frutti, che il Professor Clover, essendo uno un pirata, l’altro uno studioso, gli aveva concesso di condurre solo  in cambio di una dettagliata descrizione delle sue abilità: il frutto Copy-Copy che aveva ingerito aveva proprietà uniche, e per il ricercatore sarebbe stato da folle perdere quell’opportunità, dato che il diretto interessato aveva acconsentito, anche se un po’ contro voglia.

Comunque, aveva terminato la sua esposizione al professor Clover proprio quella mattina, e mentre prendeva in prestito l’oggetto delle sue brame, l’enciclopedia sui Frutti del Diavolo della biblioteca di Ohara, la più dettagliata e irreperibile di tutte, aveva visto la piccola Robin gravitare intorno a tomi impressionanti di storia e archeologia. Incuriosito, aveva chiesto una spiegazione al Professore, che ne aveva ampiamente descritto le tristi vicende

 

                                                                                               *

 

Il pirata prese Robin sotto la sua ala protettiva, e  per tutto il suo restante soggiorno sull’isola si impegnò a tener lontani da lei quei piccoli teppisti che ormai la chiamavano abitualmente “mostro”: la bambina, dopo un’iniziale indifferenza, ormai lo considerava un buon amico, a seconda delle occasioni allegro o silenzioso, ma sempre affidabile; e poi era divertente vedere i suoi aguzzini fuggire a gambe levate senza capire cosa stesse succedendo.

Arrivò infine il giorno dell’addio: Drey aveva finito di documentarsi e doveva continuare sulla via del pirata, senza contare che, con una taglia come la sua, un ulteriore indugio avrebbe potuto mettere l’isola in guai ancora peggiori di quelli in cui già era (così pensava, ma non avrebbe mai immaginato che su Ohara sarebbe stato scatenato un Buster Call).

Come tutti i giorni, i due si videro nella stretta radura, ma questa volta l’atmosfera sembrava fremere di novità.

Quando Robin arrivò, percependo la strana tensione, si limitò a un “ciao “ sommesso.

La curiosità della bambina era stata solleticata: cosa aveva in mente il suo amico?

Robin ubbidì senza esitare, ma con una miriade di domande che le si affollavano in mente: come poteva avere più di un potere? Era impossibile!>

Ma la parola impossibile sembrava non potersi applicare a Drey: appena la bambina si fu allontanata abbastanza, la trasformazione ebbe inizio. In un attimo, la radura fu completamente occupata dalla mole di un possente drago dalle scaglie color rubino: una vista mozzafiato; quando il drago ruggì, ogni singolo uccello dell’isola spiccò il volo, terrorizzato.

Robin non se lo fece ripetere due volte: quando mai le sarebbe capitato di nuovo di cavalcare un drago?

Non appena fu riuscita a salirgli in groppa e a mettersi comoda, imprese tutt’altro che facili contando che doveva anche tenere strette la sacca da viaggio e la katana di Drey, il drago, con pochi, energici colpi d’ala, s librò nel cielo dell’isola, che si rivelò in tutto il suo splendore sotto lo sguardo commosso di Robin.

Non era mai stata più felice, nella sua breve vita: sotto di lei le case dove era odiata e disprezzata scorrevano come macchiette colorate, mentre si dirigevano verso le fronde del gigantesco Albero della Conoscenza.

I due atterrarono su un ramo più largo  di una strada maestra, sul quale perfino il drago appariva poco meno insignificante di un uccellino .

Da quella posizione, dopo aver contemplato il fascino del panorama, Drey chiese alla bambina di aprire la sacca:

Trepidante, Robin si affrettò a eseguire, aprì il cofanetto e rimase a bocca aperta quando ne vide il contenuto.

Immaginando quale fosse la reazione della piccola amica, il Cacciatore Diabolico riprese a parlare, con un gran sorriso tutto denti stampato sul suo volto da rettile:

mangiato il Fior-Fior, o sbaglio? Col mio potere, non ho bisogno di mangiare i Frutti, mi basta copiarne gli effetti toccandoli col palmo della mano. Comunque questo ormai è tuo, puoi farne quello che vuoi, anche venderlo…>

Non aveva ancora finito di parlare, che la bambina aveva già divorato il Frutto senza lasciarne traccia.

La discesa fu molto più terrificante del viaggio d’andata: un’unica, interminabile picchiata, dalle fronde dell’ albero fino al centro cittadino, dove Drey depositò la bambina sotto gli occhi sgranati di tutti i presenti.

Questo ruggì il drago color rubino, dopo aver preso tra gli artigli la sua sacca e la splendida katana dal fodero scarlatto, per poi allontanarsi verso l’orizzonte, lasciandosi dietro la ragazzina in lacrime.

 

                                                                                                  *

 

Il ricordo aveva fatto affiorare lacrime di nostalgia sulla Robin del presente, ancora immersa nell’allegria dei festeggiamenti, che mormorò tra sé e sé:

 

                                                                                                  *

 

Molto lontano da Thriller Bark, su una nave pirata dalla polena intagliata a forma di dragone, risuonò un possente starnuto.

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Ed ecco finito il quinto capitolo, di nuovo con Drey come figura centrale,ma dedicato a Nico Robin. Immagino che tutti i lettori di One Piece si siano sempre chiesti come facesse una bambina di soli otto anni a usare con tanta disinvoltura il potere del Fior-Fior, quindi ho dato la mia personale risposta, cercando di adattarla il più possibile alla trama originale, nonostante, ripeto, la presenza di personaggi come Drey  rendano quello di questa fic un AU. Per alcuni potrebbero esserci alcune incongruenze circa l’età di Drey, che sia in questo capitolo che nel precedente dimostra la stessa età, ma che lo pensa si metta il cuore in pace: ci sono delle ragioni se è così, anche se le spiegherò in altra sede.

Detto questo, non mi resta che salutarvi fino al prossimo capitolo, dove ho intenzione di trattare uno dei miei personaggi preferiti. E ricordate, recensite numerosi!!

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Capitolo 6
*** l'Alba del Cacciatore Bianco ***


Ciao a tutti e ben tornati a Devil’s  Powers!!! Innanzitutto mi scuso tantissimo con tutti voi amati lettori che avete dovuto sopportare questa lunghissima attesa per il nuovo capitolo, e spero una cosa simile non si ripeta.
Ora, il capitolo che state per leggere, come anticipato,lascerà per un po’ da parte il Cacciatore Diabolico per parlare di uno dei miei personaggi preferiti in assoluto e, come penso abbiate già capito dal titolo, non si tratta del buon Portogas D. Ace, né di Marco, ma vi garantisco che in quanto a stile non perde con nessuno dei due … e ora, l’angolo risposte!
KH4: le tue recensioni sono sempre stupende e sono molto felice che tu abbia apprezzato anche uesto lato più tenero di Drey… cmq ho seguito subito il tuo consiglio ed ho guardato il video che mi hai indicato… Bellissimo XD. Ti chiedo anche scusa per non essere più passato sul tuo Giglio di picche, ma ora cercherò di redimermi XD.
STELLARIUM: ebbene sì, in questa fiction faranno occasionalmente la loro comparsa anche i Mugiwara’s, e non vedo l’ora di scrivere qual cosina su Brook o Chopper, ma per il momento c’è ben altro in cantiere.
Sono felice che anche tu apprezzi questo lato di Drey, e posso dire che la tua teoria è in parte esatta (il Draco –Draco non è l’unico tra i suoi  frutti a rallentarne l’invecchiamento)… per quanto riguarda i capelli rossi, posso dire soltanto che è un colore che riserverò a qualcun altro in futuro, e mettere due rossi in ciurma mi sembrava un po’ troppo (forse mi sono lasciato sfuggire troppo?). su Kokoro, poi, non si può non essere d’accordo XD.
ANGELA 90: se per ora ti sembra interessante, fra poco troverai Drey a dir poco straordinario, e se va tutto in porto un progetto futuro, di draghi ne vedrai a bizzeffe!! XD.
 
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L’ALBA DEL CACCIATORE BIANCO
 
Era una notte tranquilla quella che scesa a Logue Town:  la città “dell’inizio e della fine”, il luogo dove nacque il più grande pirata  di tutti i tempi, e dove ormai dodici anni fa egli fu giustiziato; il luogo di nascita di una nuova era di pirateria e di sogni, e tappa obbligatoria per coloro che dal pacifico mare orientale desiderano lanciarsi in nuove avventure lungo la Rotta Maggiore.
Il silenzio notturno era bandito dalle rissose taverne del porto, dove si radunavano tutti i poco di buono della città, e perfino qualche ciurma di pirati, nonostante il presidio della marina; tuttavia, per le strade, esso regnava sovrano, tranne che per un occasionale ticchettio, un lieve rumore come di una pietra che viene appoggiata su un’altra, e poi un’altra, e poi un’altra,  fino a quando infine un rumore leggermente più forte e un sommesso grugnito di disappunto non ne denunciavano la caduta.
Questi lievi rumori provenivano dal centro cittadino, per la precisione da una piazza, deserta, che aveva visto un’era finire per lasciare il posto alla successiva, da un patibolo che di quel cambiamento era stato protagonista. Sul patibolo, seduto a gambe incrociate a dominare con lo sguardo una buona parte della città, era seduto un giovane uomo.
Non dimostrava più di ventiquattro anni, ma i suoi corti capelli sembravano bianchi alla luce tenue della luna. Indossava un pesante giubbotto bianco, aperto sul davanti, e sugli occhi aveva calato un berretto della marina. Subito dietro di lui, sulle robuste assi di legno, era appoggiato un enorme Jitte creato con una lega di metallo e agalmatolite, regalo di suo padre per quando si era arruolato (un’arma non esattamente standard per un marine, ma dato che non era di servizio poteva girare un po’ come gli pareva, no?), mentre sotto il suo sguardo leggermente frustrato giacevano sette sassi bianchi, poco più piccoli del suo pugno e approssimativamente di forma ovale: da qualche tempo tentava inutilmente di impilarle tutte quante, quando aveva un po’ di tempo libero, ma immancabilmente quando cercava di mettere l’ultima crollavano come un castello di carte.
Con un sospiro il giovane marine riprese a impilarle: le prime tre non gli dettero problemi, la quarta e la quinta con qualche aggiustamento riuscì a renderle stabili, la sesta gli costò due minuti buoni di concentrazione e poi… la settima! Con la fronte imperlata di sudore afferrò l’ultima pietra, per poi tenerla leggermente sollevata sopra le altre, stretta nel pugno. Per circa quattro minuti rimase immobile come una statua, poi iniziò a calarla impercettibilmente,,di pochi millimetri per volta… era quasi fatta! A malapena filtrava qualche raggio lunare tra la pietra ancora sospesa e l’ultima appoggiata, e già un urlo di trionfo affiorava sulle labbra del giovane che stava per riuscire nella sua piccola, ma nel suo piccolo formidabile, impresa, quando…
Anticipate da una mefitica zaffata di fumo, due mani femminili gli agguantarono le spalle di sorpresa, rischiando di rendere vano l’ultimo quarto d’ora di sforzi; solo con un’immensa dose di sangue freddo il marineriuscì a mantenersi immobile, e forse sarebbe anche riuscito a concludere felicemente quella sfida con se stesso, se la misteriosa assalitrice non gli avesse strillato con quanta voce aveva in corpo:
-TENENTE SMOKER!! AAATTENTI!!!!
Mentre le pietre rotolavano sul patibolo, il tenente si voltò verso colei che aveva infranto i suoi sogni di gloria con uno sguardo a metà tra il rassegnato e l’omicida: era una bella ragazza, dal fisico slanciato e dai capelli di un rosa chiaro. Indossava un completo rosso, guanti e, nonostante l’ora, occhiali da sole.
-Che vuoi, Hina?- le ringhiò contro: non era uno che se la prendeva facilmente, ma un po’ perché la conosceva da tempo, un po’ perché era il suo diretto superiore e un po’ per il vizio di sbuffargli il fumo di quelle sue sigarettine disgustose in faccia, trovava molto facile arrabbiarsi con lei.
-Oh, nulla di particolare. Volevo solo vedere che faccia avresti fatto se ti avessi fatto cadere quei sassolini- ribatté lei serafica, badando bene a soffiargli una bella zaffata fumogena addosso.
Quello era esattamente il tipo di comportamento che,lei  lo sapeva bene, lo avrebbe fatto imbufalire; le sue aspettative non furono deluse, e per qualche minuto si divertì un mondo ad ascoltare i deliri furenti del suo sottoposto.
Dopo la sfuriata, Smoker tornò a sedersi  sul bordo del patibolo, con le gambe che oscillavano nel voto sopra la piazza. Era calmo, ormai: gli ultimi giorni erano stati stressanti, e aveva proprio bisogno di urlare un po’ per sfogare la tensione. Con un gran sospiro, il marine appoggiò la schiena alle assi per osservare le stelle, mentre Hina gli si sedette di fianco. Rimasero così, immobili, per qualche tempo, persi ognuno nei suoi pensieri.
Fu Smoker a interrompere il silenzio:
-Posso chiederti una cosa, Hina?- la sua voce aveva un tono insolito, nervoso, imbarazzato –È una cosa che deve rimanere tra noi due…-
La ragazza lo guardò stupita e incuriosita: cosa poteva farlo parlare in quel modo?
-È da molto che ci penso, e adesso voglio solo parlarne con qualcuno… Hina, secondo te, siamo davvero noi i buoni?-
La domanda lasciò la donna completamente basita: come poteva un marine avere il minimo dubbio al riguardo?
-Non mi fraintendere, sai che sono fiero di essere un marine, e so benissimo che i pirati e i criminali in generale devono essere trattati senza pietà, ma…-  Smoker si tolse il berretto e se lo rigirò tra le mani, mentre cercava le parole per esprimere un concetto che avrebbe potuto costargli una condanna per tradimento – non hai anche tu l’impressione che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato? Non dico nella marina, intendo in quello che intendiamo per giustizia. Da anni il Governo mondiale si serve della Flotta dei Sette, dei pirati - pronunciò quelle parole come se fossero infette- per contrastare altri pirati, e poi sai anche tu del CP9, no? Anche se sono solo un tenente ne ho sentito parlare, e quello che  ho sentito non mi piace per niente. I Nobili Mondiali, poi, meglio non parlarne, vero?  Tutti quei bastardi d’alto rango fanno finta di non vedere la merda che hanno sotto il naso quando gli si inginocchiano davanti! Cazzo! Quei pezzi di merda commerciano schiavi e a noi ordinano di far finta di niente!-
Ormai il tenente si era infervorato, e Hina era troppo sconvolta per fermarlo mentre enumerava una per una le varie ingiustizie delle quali era stato testimone negli ultimi anni, da Ohara al ponte del mare settentrionale, all’indulgenza con i pirati che ogni giorno arrivavano in città prima di ripartire per  la Rotta Maggiore.
Gli ci volle parecchio tempo per calmarsi, e quando lo fece rimase a lungo in silenzio. Quando riprese a parlare, il suo tono era mortalmente serio:
-E poi c’è stata l’esecuzione di Roger. È successo proprio qui, dove sono seduto in questo momento. Io c’ero, sai? Ero lì, in quella piazza, quando l’hanno ucciso, e sai cosa ha fatto un attimo prima di morire? Non mi riferisco alle sue ultime parole, quelle le conoscono tutti, ma a qualcosa che già allora mi ha colpito, anche se non capivo ancora perché. Vuoi sapere cosa ha fatto? Ha sorriso. Quell’uomo, che tutti chiamano mostro, a un istante dalla sua morte sorrideva come un bambino al quale abbiano regalato un gelato a tre piani. Un attimo prima di morire, Roger ha accettato pienamente di morire, e con quell’ultimo addio ce l’ha messa sonoramente in culo, la nostra giustizia!-
Ciò detto, Smoker afferrò il Jitte, si mise le pietre in tasca e come se niente fosse saltò giù dal patibolo, incrinando il selciato della piazza col suo atterraggio.
Passò il resto della notte bighellonando per le vie semideserte della città; non aveva una meta precisa, ma non aveva sonno, e voleva evitare di pensare, quindi si limitò ad assecondare i suoi piedi, che lo portarono in una ronda solitaria tra le taverne e i bassifondi, nei vicoli più bui e nei porti più malfamati.
Fu proprio in uno di questi porti che si imbatté in quella che sembrava una rissa in grande stile. Se fosse stato uno scontro tra  criminali di bassa lega che infestavano la città, probabilmente avrebbe lasciato correre, o magari avrebbe aspettato che si mettessero a terra a vicenda per poi portarli tutti in prigione, ma quello non sembrava il caso.
Avvicinandosi in un breve momento di pausa, il marine riuscì a distinguere due fazioni, una apparentemente intenta a proteggere una specie di cofanetto dalle brame della seconda. Avvicinandosi ancora, si rese anche conto che quelli non erano i soliti rissaioli di Logue Town, quelli che una settimana erano all’ospedale e quella dopo in prigione: quelli che aveva davanti in quel momento erano senza ombra di dubbio pirati!
-Consegnateci  quel cofanetto se ci tenete alla pelle!
-Dovrete passare sui nostri cadaveri! Noi non tradiremo mai il capitano!
- Poco male. Vorrà dire che prima ammazziamo voi e ci prendiamo quel dannato frutto, e poi penseremo anche a quella mezza calzetta dalla quale prendete ancora ordini.
-E pensate veramente di farcela, cani bastardi? Provateci se ci tenete tanto!
A queste ultime battute tutti i pirati avevano stretto le loro armi più forte che mai, poi quando uno di loro ebbe gridato:- All’attacco!!!- , le due fazioni si scagliarono una contro l’altra in un turbine di lame e pistole.
Da parte sua, Smoker era allibito: aveva davvero sentito quel che credeva di aver sentito? Avevano veramente parlato di un frutto? Se valeva la pena di scannarsi per il contenuto di quel cofanetto, allora rimanevano ben pochi dubbi sulla sua natura.
Nonostante la scoperta sorprendente, Smoker non perse il sangue freddo e rimase dov’era per studiare le sue prossime mosse: quei piratucoli non erano certo delle forze della natura, anche se se le davano in grande stile! Giudicò che in pochi minuti sarebbero stati tutti esausti e facilmente arrestabili, non c’era bisogno di un suo intervento diretto.
Aveva appena deciso sul da farsi, quando lo scontro prese una piega inaspettata: uno dei pirati che volevano sottrarre il cofanetto ai suoi ex-compagni riuscì a passare a fil di spada quello che lo custodiva e a estrarne il contenuto, rendendolo ben visibile a tutti.
Come per magia, la rissa si calmò:tutti ora fissavano il pirata che stringeva in mano un Frutto del Diavolo grosso come un pompelmo, di colore argenteo , e stava per addentarlo  vittorioso.  Purtroppo per lui, aveva fatto i conti senza l’oste.
Quasi nessuno dei pirati capì da cosa erano stati colpiti, e i pochi che riuscirono a vedere Smoker  non ebbero che la fugace visione di un enorme Jitte e di un cappotto bianco, prima di cadere a terra privi di sensi. Il pirata che stava per mordere il Frutto si trovò in bocca l’arma del tenente, sentì lo schiocco della mascella che si rompeva e svenne convinto di essere stato ucciso da un demone bianco…
Smoker ripulì il suo Jitte dalla saliva dell’ultimo pirata e si guardò intorno, vedendo solo corpi riversi a terra, alcuni messi decisamene male: come pensava, non erano per niente forti.
Chiamò la base col suo Lumacofono  per far venire qualcuno a occuparsi delle pulizie, visto che non era in servizio, poi prese il Frutto e si diresse verso casa.
Non aveva ancora pensato a cosa farne: aveva attaccato i pirati per evitare che cadesse nelle loro mani, ma ora? In teoria, i Frutti trovati dai marines dovevano essere consegnati al superiore di grado più alto, perché ne informasse la sede centrale e si avviassero le ricerche per l’identificazione. Solo in seguito, a seconda dei poteri, si decideva chi avesse il diritto di mangiare un determinato Frutto. Ad ogni modo, di certo un semplice tenente non poteva nemmeno sperare in una simile possibilità: più un Frutto è potente, maggiore è il grado che si deve avere per poterlo mangiare, e raramente qualcuno che non fosse almeno capitano otteneva una simile opportunità.
Pensando a queste cose,  Smoker arrivò davanti  casa. Già a quell’ora sottili volute di sumo filtravano da sotto la porta: tutti i suoi parenti erano accaniti fumatori, ed essendo costretto fin da piccolo a vivere costantemente immerso nel fumo, ora ne era assolutamente disgustato.
Prima di entrare in quell’ambiente infernale, si appoggiò per qualche istante al muro, proprio di fianco alla porta, e sollevò il Frutto all’altezza del viso: il colore grigio- argenteo gli ricordava molto quello del fumo che usciva a zaffate continue dalla bocca di suo padre; l’odore, per quanto flebile, era inequivocabilmente quello di un sigaro di bassa qualità. Tanto per curiosità, se lo portò alla bocca per leccarlo e farsi un idea di quale sapore potesse avere, anche se viste le premesse poteva anche farsene un’idea … NON L’AVESSE MAI FATTO!!!
Stava giusto ritraendo la lingua con un’ espressione schifata, quando di colpo la porta gli si spalancò dritta in faccia spingendogli  il Frutto intero in gola.
Con uno sforzo disumano, Smoker riuscì a deglutirlo, e avrebbe preso a calci in culo chiunque gli fosse il responsabile, se all’improvviso non si fosse sentito soffocare, come se l’aria gli fosse stata strappada via da sotto il naso. Cadde a terra boccheggiante, a malapena consapevole delle persone che si stavano affollando intorno a lui, del tutto ignaro che, per quanto cercassero di aiutarlo, non riuscivano nemmeno a toccarlo.
All’improvviso, un soffio d’aria pura. Per un istante Smoker tornò a respirare, la vista gli si schiarì abbastanza da vedere suo padre chino su di lui, col suo immancabile sigaro.
Strano – pensò in quel beve attimo – non sento puzza…
Poi l’aria mancò di nuovo, e ancora per qualche breve attimo ritornò, per poi sparire di nuovo. E così andò avanti per  qualche minuto, fino all‘arrivo di Hina. Le bastò un attimo, vedendo come il corpo del suo sottoposto si scomponeva in volute di fumo ogni vola che qualcuno provava a toccarlo, per capire tutto. Senza esitazione, estrasse una sigaretta e l’accese, la accostò alle labbra di Smoker e gli sussurrò:- Tira!
E Smoker tirò. Si riprese come se finalmente potesse respirare normalmente, e guardò stupefatto la sua salvatrice, che mostrava occhi di ghiaccio.
-Frutto Fum-Fum, categoria Rogia … avrai qualcosa da spiegare a parecchia gente, Smokey.
Due settimane dopo, all’alba, il tenente Smoker era di nuovo sul patibolo, di nuovo con Hina alle sue spalle. Entrambi silenziosi. Fu la ragazza a prendere per prima la parola:
-Nelle tue mani ora c’è un grande potere…
Il tenente rimase muto e immobile, come se la sua amica non ci fosse nemmeno.
-Se davvero pensi tutto quello che mi hai detto quella volta…
Smoker alzò la testa, mantenendo il suo silenzio.
-… allora usalo per cambiare tutto questo!!!
Il Cacciatore Bianco si alzò in piedi,  e, senza smettere di dare le spalle a Hina, si sistemò il Jitte in spalla e mormorò qualcosa, per poi scagliarsi al suolo come una meteora fumosa.
A questo punto Hina rise, perché aveva sentito bene cosa aveva detto il suo vecchio amico.
-Sì, Smoker, ci conterò.
 
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Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, non vedo l’ora di leggere le vostre recensioni, e quindi non mi resta che salutarvi fino al prossimo capitolo!!! BYE!!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  

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Capitolo 7
*** Fuoco Vs Fuoco, parte 1: Ambizione d'Acciaio ***


Hola gente!! Eccoci dopo molto tempo al capitolo sette. Se c’è una ragione per cui ho tardato tanto a pubblicare il cap 6, è proprio perché non riuscivo a togliermi questo dalla testa. Quella che leggerete questa volta è una storia un po’ diversa da quelle a cui vi ho abituato finora, perché si dividerà in due parti, e la prima è quasi interamente dedicata a personaggi di mia invenzione, anche se lascia intuire il protagonista della seconda .
KH4:  sono molto felice che il mio giovane Smoker ti sia piaciuto… certo, si fa un bel po’ di problemi, ma in quanto a stile non perde con nessuno XD da quel che scrivi, mi viene il tremendo dubbio di aver reso poco chiaro un piccolo particolare, e cioè che non ha mangiato il frutto di proposito ma gli è finito in gola suo malgrado a causa della porta. Ovviamente è sacrosanto che i superiori siano dei gran bastardi e che lui li veda proprio come tali, ma non per questo voleva infrangere la legge!  Cmq, cos’è che gli avresti fatto al posto di Hina? Lo avresti “sinsigato”?ma che parola è!? XD non so te, ma io non l’avevo mai sentita, vabbe’…XD
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Ambizione d’Acciaio (Fuoco Vs Fuoco, Parte 1)
 
 
Molte cosa potevano essere dette su Solomon  “Chiomanera”  Key: lo si poteva tranquillamente definire un essere spietato, irascibile, testardo, egomaniaco, vanitoso,  per molti versi strano, ma neppure il più acerrimo dei suoi rivali l’avrebbe mai definito uno sprovveduto. Quando il capitano degli Heavy Pirates prendeva una decisione, raramente cambiava idea. Ma non agiva mai in maniera avventata, assicurandosi sempre di avere la mano vincente prima ancora di iniziare a giocare. Molti dei nemici da lui affrontati hanno scambiato questo aspetto della sua personalità per semplice vigliaccheria, lo hanno sottovalutato, e di conseguenza sono finiti in pasto ai pesci, tutti, senza eccezioni.
I ritmi lenti con i quali raggiungeva i suoi obbiettivi erano dovuti non alla paura del fallimento, parola che lui aborriva nella maniera più assoluta, ma a una fredda mentalità razionale che gli permetteva di affrontare ogni scontro alle sue condizioni, ogni partita con le sue regole, e di subire ogni volta perdite irrisorie, a volte addirittura nessuna, nonostante il numero e la potenza dei sui nemici.  “Pianificazione prima di tutto!” era il suo motto, la sua religione, lo stile di vita al quale si era sempre attenuto prima e dopo essere diventato pirata, lo stile di vita che l’avevano portato a raggiungere la vertiginosa taglia di 240 milioni di Berry, qualificandosi come la Super Nova più valida del suo anno di debutto nel Nuovo Mondo.
Dopo essere entrato nella seconda parte della Grand Line, Solomon aveva fatto perdere le sue tracce: per oltre due anni aveva mantenuto un profilo talmente basso che in molti pensarono che fosse morto ancora prima di aver lasciato l’isola degli uomini pesce. Nessuna supposizione sarebbe potuta essere tanto errata.
La realtà era che, superata la Linea Rossa, aveva sentito che era ora di cambiare, di puntare più in alto della semplice fama: lui desiderava il potere, e per ottenerlo avrebbe fatto ciò che nessuno, per quanti ci avessero provato in passato, era mai riuscito a fare.
Quando lo disse alla ciurma, la reazione generale fu di sconforto, poiché l’impresa sembrava impossibile, ma poi la speranza si accese nei cuori di quei lupi di mare: se il capitano diceva di poterlo fare, allora avrebbe avuto successo, come l’aveva sempre avuto in passato. Il capitano avrebbe ucciso Barbabianca e sarebbe diventato Imperatore.
 
Una delle navi più grandi mai costruite galleggiava placidamente nei pressi di un isola dal clima estivo, una delle poche davvero ospitali che si trovavano nel Nuovo Mondo. Sulla sua ampia polena intagliata a raffigurare una balena bianca sorridente e sul ponte ampio come una piazza diverse  figure erano intente una volta tanto in attività rilassanti: alcuni stavano semplicemente sonnecchiando o giocando a carte, altri ancora si allenavano nella scherma o nella lotta a mani nude. Perfino il gigantesco Imperatore, il più anziano e potente dei quattro, aveva deciso di passare il pomeriggio a godersi quel clima così piacevole all’aperto, ovviamente sempre assistito da un esercito di infermiere. Di tutti gli uomini che si trovavano sopracoperta, quasi nessuno, tranne lo stesso Barbabianca e alcuni dei sui comandanti di divisione, si accorse di uno strano uccello che in tutta fretta si era tuffato oltre la soglia che introduceva ai labirintici meandri di quell’enorme galeone …

Nella nuova era di piraterie, in cui individui privi di scrupoli scorrazzavano per i mari ognuno alla ricerca della sua personale fetta di gloria, centinaia erano i luoghi che senza una adeguata protezione sarebbero presto diventati preda delle scorrerie di tutti gli equipaggi di turno. Molti di questi luoghi tuttavia si erano salvati proprio grazie a un pirata, forse il più forte di tutti i tempi, se si escludeva Roger. Barbabianca e i suoi “figli” proteggevano centinaia di isole dalle bande minori, e per riuscirci al meglio dovevano sapere con che razza di individui si sarebbero potuti confrontare. Per  questa ragione era nato l’Archivio: uno stanzone immenso adibito esclusivamente alla raccolta e catalogazione di ogni tipo di informazione; inizialmente vi si raccoglievano solo i giornali e gli avvisi di taglia, ma col tempo vi si erano accumulati testi di ogni tipo, dalle carte nautiche ai diari di bordo, dai testi storici ai libri di cucina, fino a creare cataste di tomi che rendevano quasi impossibile orientarsi. Tra i membri della ciurma, si diceva che se qualcuno non si vedeva per un po’, probabilmente si era perso nell’Archivio, e non sempre era uno scherzo …

Quell’ improbabile giungla di carta era anche  chiamata “il regno sotterraneo di Tobo”.

Tobo, con i suoi tredici anni appena compiuti, era in assoluto il membro più giovane della ciurma dell’anziano imperatore, ma era anche l’unico in grado di muoversi tra quei soffocanti cunicoli di carta e inchiostro, e lo faceva con una tale disinvoltura da lasciare sconcertati anche alcuni dei suoi compagni più navigati, soprattutto se si pensava al soggetto in questione. Il giovanissimo pirata era un ragazzino smilzo, portava un paio di spessi occhiali a fondo di bottiglia e un caschetto con torcia incorporata palesemente troppo grosso per la sua testa, i suoi vestiti erano logori e piene di toppe, mentre alle scarpe aveva rinunciato da tempo. Da quando, ancora in fasce, era stato portato a bordo dal vecchio Jizo, l’allora responsabile dell’archivio, era sempre vissuto lì sotto, quindi conosceva ogni angolo di quel labirinto cartaceo che lui chiamava casa. Il suo unico compagno in quel sotterraneo fiocamente illuminato dalla luce della torcia era Cleto, un gufetto poco più grosso di un pugno che lo seguiva ovunque.
La vita nell’Archivio era spesso estremamente eccitante, soprattutto quando qualcuno dei comandanti si avventurava ignaro dei pericoli tra gli stretti sentieri di quel regno sotterraneo, per poi vagare a vuoto per ore o addirittura giorni, prima di ritrovare la via d’uscita o essere recuperato dal giovane custode. Tuttavia, in quei giorni presso l’isola estiva di Ollsan non era capitato nulla che fosse degno di nota, quindi Tobo si sarebbe aspettato di tutto tranne che un enorme piccione con addosso una divisa mimetica e un marsupio piombasse così all’improvviso nel suo ufficio!
Il curioso volatile si guardò un po’ intorno disorientato, poi, vedendo il giovane che lo fissava con occhi sgranati, si voltò verso di lui eseguendo un perfetto saluto militare. Tobo era confuso, ma  dato che il piccione non accennava a fare altro, tentò goffamente di rispondere al saluto. Soddisfatto, il piccione soldato aprì la lampo del marsupio con un rapido colpo d’ali (“ma come ha fatto?” si chiese Tobo) e ne estrasse una busta, che consegnò al giovane archivista con tutte le cerimonie, per poi ripetere il saluto e volarsene via.
Tobo rimase perfettamente immobile per qualche istante, fino a quando il frullio delle ali dell’inaspettato visitatore non fu tanto lontano da non poter più essere udito, poi con estrema calma iniziò a esaminare la busta: non ne riceveva moltissime, ma quando gli arrivavano, sapeva come gestire le richieste di soccorso.

Il giovane pirata, concluso il suo lavoro, dopo aver percorso i labirintici corridoi della nave, i quali tuttavia in confronto a quelli dell’Archivio sembravano strade maestre, fece per la prima volta da settimane la sua comparsa sul ponte: la luce improvvisa e abbagliante lo costrinse a strizzare gli occhi abituati ad un’illuminazione ben più tenue.  Allegre esclamazioni di sorpresa acclamarono il suo ritorno al mondo della luce da quel regno buio: quasi tutti i suoi compagni gli volevano bene e lo consideravano come un nipote o un figlio, anche se era comunque ritenuto da tutti un tipetto parecchio strano, e molti erano stati salvati da lui dopo essere andati alla ricerca di qualche testo senza le dovute precauzioni. Ma quando gli occhi di tutti si posarono sulla mole di carte che portava sottobraccio, gli occhi di quei bucanieri si riempirono di rispetto, poiché non stavano guardando il Piccolo Tobo, ma Tobo l’Archivista, che stava andando a fare rapporto al Re dei mari.

Se tutti i membri della sua ciurma lo chiamavano “padre” proprio come lui li chiamava “figli”, ora Edward Newgate si trovava davanti all’unica persona alla quale permetteva di chiamarlo “nonno”: con una simile differenza di età, e col fatto che il giovane custode dell’archivio, dopo essere stato adottato da uno dei suoi “figli”, fosse sempre vissuto a bordo della Moby Dick, Barbabianca non poteva che considerare Tobo suo nipote a tutti gli effetti. Mentre lo osservava sistemare le sue carte davanti a lui con una serietà che sembrava fuori luogo in un ragazzo così giovane, l’uomo più forte del mondo ritornò con la memoria al giorno in cui l’aveva visto per la prima volta.

Era un fagottino minuscolo e roseo che piangeva come un disperato, mentre mezza ciurma si destreggiava in ogni modo per farlo smettere: c’era chi gli faceva facce buffe (in realtà spaventose e a dir poco traumatizzanti, in particolare quelle tentate da Teach), altri provavano col cavalluccio o con la pappa (intrugli fondamentalmente a base di patate e rum); nessuno riusciva a farlo smettere. Newgate, che allora  stava assistendo alla scena leggermente seccato, si alzò, congelando completamente tutta quello che si trovava intorno a lui; perfino il neonato Tobo aveva smesso per un momento di piangere. I pochi secondi che seguirono se li sarebbe ricordati fino alla morte: il gigantesco Imperatore si avvicinò e chinò la sua mole traboccante di muscoli su quel frugoletto che avrebbe potuto stringere nel pugno, e protese verso di lui un dito, l’indice in grado di far tremare il mondo. Tuttavia l’immenso potere contenuto in quel singolo dito non sembrò impressionare Tobo, che lo afferrò con le sue manine e scoppiò in un’allegra risata infantile. Quel giorno, Edward Newgate divenne nonno.

Ora davanti a lui si era presentato un vero ometto e lo guardava con un affetto che nemmeno i suoi amati figli potevano sperare di ottenere, per quanto fosse pronto a morire per ciascuno di loro.
Dopo aver finito di mettere in ordine tutte le sue carte, Tobo iniziò a esporre al torreggiante capitano quale fosse la situazione.
-La richiesta di soccorso proviene dall’isola di Pekari, un’isola dal clima primaverile che hai preso sotto la tua custodia circa dieci anni fa. A quanto pare, una flotta pirata si sta radunando per attaccarne il centro abitato, e quindi sfidare la tua stessa autorità. Al momento le navi pirata hanno circondato l’intera isola, concentrando la maggior parte della flotta a qualche miglio al largo rispetto al porto cittadino. Gli abitanti di Pekari dicono di aver contato fino a venti navi, e che ne arrivano di nuove ogni giorno. Gli isolani hanno ragione di credere che l’attacco sia organizzato da un certo Solomon Key, alias Chiomanera, e che sarà sferrato tra qualche giorno.
Il ragazzino aveva detto tutto quasi senza prendere fiato, e ora fissava con ansia il nonno che sembrava molto interessato alla faccenda.
-Ovviamente appena ricevuto il messaggio mi sono messo alla ricerca di informazioni su questo Solomon. A quanto pare, fino a qualche anno fa era una vera promessa tra le nuove leve, avendo accumulato una taglia di oltre duecento milioni, soprattutto a causa di massacri tra i civili. I giornali non hanno più parlato di lui da quando è entrato nel Nuovo Mondo, ma i nostri informatori garantiscono che è vivo e vegeto, nonostante abbia mantenuto un profilo basso. Sempre secondo i rapporti, pare che in questi anni sia entrato in possesso del potere di qualche Frutto, molti pensano un Rogia, ma non ci sono conferme definitive. Qui ho anche un suo avviso di taglia…-
Detto questo, Tobo allungò a Barbabianca un rettangolo di carta ingiallita che raffigurava un uomo sulla trentina, dal torace a botte e dotato di avambracci enormi e pelle scura, caratterizzato dalla capigliatura molto particolare che gli dava il nome: nel complesso, assomigliava a un gorilla con una pettinatura afro di proporzioni epiche.
L’imperatore si rigirò l’avviso tra le dita come fosse stato un francobollo, poi lo restituì al nipote e gli chiese quale delle sue flotte si trovasse attualmente più vicina all’isola in questione per poter informare subito il comandante della nuova missione.
-Mi sono già preso la libertà di inviare un messaggio al comandante. Si tratta della prima divisione, quella di Marco, e si trovano a un paio di giorni da Pekari.-
 
Nei due anni e otto mesi che erano passati da quando aveva lasciato l’isola degli uomini pesce, Chiomanera non aveva fatto altro che prepararsi per quel giorno: aveva stretto alleanze, fatto accordi, accumulato tonnellate di informazioni su ogni singolo membro della flotta di Barbabianca e sui suoi alleati, analizzandone i punti di forza e passando notti insonni pur di trovare le debolezze, anche minime, di ciascuno di loro. I suoi uomini, e lui stesso ancor più di loro, avevano lavorato sodo per rafforzarsi fisicamente e spiritualmente in vista di quello scontro epocale, ricorrendo  in alcuni casi ai poteri dei Frutti, molto più facili da trovare nel Nuovo Mondo che in qualunque altra parte del globo. Key, che aveva affrontato i mille pericoli di quello che oltre la Red Line veniva chiamato “Paradiso” solo con le sue forze, come anche i suoi compagni, dopo aver ottenuto quel potere si era sentito ancora più invincibile e vicino al sogno di diventare uno degli imperatori, ma non per questo aveva trascurato gli l’esercizio, anzi si era sottoposto a uno sfiancante allenamento speciale per affinare al massimo le potenzialità uniche del Frutto che aveva avuto la fortuna di ingerire. Sentendosi finalmente pronto, aveva messo in atto con rapidità fulminea il piano che con i suoi collaboratori aveva escogitato e poi riveduto fino a ottenere quello che perfino per uno come lui sembrava rasentare la perfezione.
I preparativi per il primo attacco a un dominio del Re si erano stati effettuati con rapidità ed efficienza,con la partecipazione di altre otto flotte di pirati, per un totale di trenta navi ricolme di uomini armati fino ai denti. Tutto sembrava andare alla perfezione, i pirati avevano piena fiducia in Chiomanera e nelle proprie forze, sarebbero stati in grado di vincere, ne erano certi, anche se si fosse presentato Barbabianca in persona con tutto il suo esercito. Si sbagliavano.

Tutto accadde molto rapidamente. Fu inatteso, imprevedibile.
Le navi pirata avevano finito di posizionarsi e avevano cannoneggiato per qualche minuto il centro abitato; già allora qualcosa era parso strano a quelli che volevano osservare la distruzione dell’isola di Ollsan dal ponte: molte delle palle di cannone sembrava che non esplodessero quando colpivano il bersaglio, e pareva che le fiamme di quelle esplose venissero soffocate troppo rapidamente.
Pensando che si trattasse solo di un caso o di qualche difetto nella costruzione delle bombe, i comandanti lasciarono perdere e si imbarcarono sulle scialuppe con il resto dei loro uomini, raggiungendo in breve tempo il porto. I masnadieri erano quasi tutti a terra quando la tragedia ebbe inizio: erano ancora impegnati a urlare con esaltata ferocia quando si sentì il primo, terribile schianto provenire dal mare. Presi di sorpresa, i pirati si voltarono come un sol uomo per vedere che una delle navi sembrava esplosa in mille pezzi e colava miserevolmente a picco. Da quel momento, in pochi riuscirono a capire anche solo parzialmente cosa stesse accadendo: le navi continuavano a esplodere una dietro l’altra, come colpite da una forza pazzesca, oppure a scindersi come affettate da una lama titanica, mentre gli uomini a terra erano vittime di esplosioni e turbini di vento, venivano accecati da una foschia venuta dal nulla o scaraventati in aria o tagliati o trafitti o ancora finivano invischiati in una strana sostanza collosa.

Quell’esercito di centinaia di uomini fu annientato nel giro di pochi minuti.

L’unico ancora in piedi era Solomon Key, il cui corpo scimmiesco mandava ora bagliori metallici. Intorno a lui, minacciose, si stagliavano una ventina di figure che, quasi accecato dall’ira, a malapena riusciva a distinguere. Erano loro! Loro avevano infranto il suo sogno, e avrebbero pagato caro un simile affronto.
Senza pensare, Solomon partì all’attacco, alla cieca, e attivò il suo potere: protese un braccio in avanti, e questo parve sciogliersi, per poi assumere la forma ben definita di una lancia di lucido acciaio. La lancia si allungò per colpire con rapidità fulminea quelle sagome indistinte, ma non incontrò alcuna resistenza:  chiunque fosse stato l’avversario preso di mira, questi aveva schivato senza problemi il colpo mortale.
Senza perdersi d’animo, Chiomanera trasformò l’altro suo braccio in una lunga lama affilata e menò un fendente verso una sagoma che gli si era avvicinata, ma invece dello spezzarsi delle ossa sentì un clagore metallico; stupito guardò cosa lo stava bloccando e vide che un braccio ricoperto di scaglie grigie come il ferro terminante con una mano artigliata aveva fermato l’impatto della sua lama senza esserne scalfito, mentre un altro braccio in tutto simile all’altro si era stretto in pugno e stava per arrivargli in faccia.
Solomon era pronto a trasformarsi in un ammasso di metallo fluido per evitare il colpo, ma prima che potesse farlo il pugno fu fermato da un possente urlo: “BASTA! FERMO KAIN!”

All’udire quel secco ordine del capitano il proprietario del braccio scaglioso fermò il pugno a pochi centimetri dal volto confuso di Key. A urlare era stato un ragazzo molto alto e muscoloso con indosso uno strano indumento verde dagli orli rossi. Sebbene sembrasse poco più che adolescente, Chiomanera percepì distintamente provenire dallo straniero un flusso di energia impressionante, qualcosa che solo raramente aveva incontrato durante i suoi viaggi: quel giovane possedeva senza ombra di dubbio un Haki da competere con i migliori! Per di più il volto non gli era completamente sconosciuto …
-Speravo che il nostro primo incontro andasse un po’ diversamente, “Cacciatore Diabolico”. A cosa devo l’onore?-
Drey fissò il pirata che aveva davanti per qualche istante con un’espressione indecifrabile, poi la sua bocca si piegò in uno strano ghigno, come quello di un predatore che ha trovato una preda molto ambita.
-Vedo che la mia fama mi precede, quindi penso tu conosca già la risposta.-
Queste parole furono accompagnate da uno sguardo fermo, che Chiomanera riuscì a malapena a sostenere. Sul “Cacciatore” aveva raccolto tutte le informazioni possibili, poche a dire il vero, e per molti versi contradditorie, ma sufficienti a fargli correre un brivido lungo la schiena.

Per quel che aveva capito, il suo luogo di nascita era un non meglio precisato “regno esterno”, una di quelle poche nazioni che rifiutavano di annettersi al Governo Mondiale, ma per il resto avvolto nella leggenda. Quasi trent’anni prima era il secondo in comando in un’imponente flotta pirata, paragonabile a quella di un odierno Imperatore, che era stata annientata dalla marina. Per molti anni non se ne era saputo più nulla, salvo voci su un suo avvistamento a Ohara. Il suo ritorno alla ribalta era avvenuto una decina d’anni prima, quando è stato identificato da un ufficiale della marina dopo aver  annientato un Buster Call. Da allora il suo nome è tornato sulle labbra dei marines e dei pirati accompagnato da una taglia stratosferica.
Anche se l’idea di avere davanti un uomo in grado di sconfiggere da solo un esercito già non era delle più tranquillizzanti, il peggio doveva ancora arrivare. Avendo l’aspetto di un ragazzo sui 18-19anni da almeno un paio di decenni, inizialmente il soprannome che gli era stato affibbiato era “il Giovane”; fu cambiato nel giro di due mesi, dopo che gli furono imputate le scomparse di diversi alti ufficiali della marina, tutti possessori dei poteri dei Frutti. Questi erano stati ritrovati in fin di vita, e dopo una lunga convalescenza, a quanti chiedevano cosa gli fosse successo, erano solo stati in grado di dire che stato come essere preda di un diavolo cacciatore.
Per quanto riguardava la ciurma, Chiomanera rimase a bocca aperta vedendo chi vi si era unito: famosi pirati con un passato da capitani o ufficiali e criminali di fama mondiale. Elsa “Corazzata Rossa”, Kain “Pelle di Ferro” , Genki “Fiato di Drago”, Leòn “lo Spadaccino Bianco e Nero”: erano tutti nomi in grado di far tremare non pochi marines al solo udirli, e ora lui li vedeva davanti a se, loro e molti altri.

Key non si faceva illusioni. Sapeva che avrebbe dovuto combattere per salvarsi, e che non aveva molte possibilità: una volta che il Cacciatore puntava una preda, difficilmente se la lasciava sfuggire.
-Allora uomo d’acciaio, sei pronto?-
La domanda riscosse Solomon Key dalle sue riflessioni: come aveva fatto quell’uomo dall’aspetto di un ragazzo a capire così in fretta in cosa consistesse il suo potere?
-Più che pronto.-
A quelle parole l’equipaggio di Drey si dispose in cerchio, lasciando i due capitani a fronteggiarsi.
Il primo a colpire fu il Cacciatore: con un movimento rapidissimo  colpì un braccio di Chiomanera, che aveva prontamente assunto una posizione difensiva. In effetti, non fu neanche un colpo: Drey si era limitato a TOCCARE Key col palmo della mano, ma questo era stato sufficiente. Con orrore, Chiomanera si rese conto di non riuscire a mutarsi in acciaio!
-Un piccolo assaggio del mio potere. Ora divertiamoci.-
Solomon riuscì a non perdere il sangue freddo solo perché aveva capito che così avrebbe solo fatto il gioco del suo avversario. I suoi poteri Rogia erano spariti, quindi l’unica cosa da fare era affidarsi alla forza. Con un sospiro, Chiomanera si mise in posizione di guardia, fronteggiando il ragazzo. Se era uno scontro fisico che voleva,  non si sarebbe tirato indietro: non aveva ottenuto una taglia di oltre duecento milioni facendo combattere solo i suoi uomini!
Drey schivò i primi due pugni micidiali, ma il terzo lo prese in pieno, con una potenza tale che persino con il Tekkai al massimo ne subì l’impatto: quell’uomo era un mostro! I due cominciarono a scambiarsi una raffica di pugni, privi di qualunque grazia: il Cacciatore era stato trascinato dallo stile di lotta da rissaiolo da bar del suo avversario, privo di tecniche sopraffine dai nomi altisonanti, solo cazzotti e calci che se ti prendono ti fanno un male boia!

I due si malmenarono per qualche minuto, e quando si separarono erano entrambi contusi e ansimanti. Drey si era astenuto dall’usare il suo potere contro quell’uomo fino a quando  il processo di copia non fosse terminato, ma così facendo stava avendo non pochi problemi; dal canto suo, Solomon aveva capito che l’avversario per qualche ragione non stava dando il 100% nello scontro, ma non poteva non ammirare come un ragazzo che a confronto con lui sembrava un mingherlino gli stesse tenendo testa senza fare uso dell’Haki o delle capacità speciali che di certo possedeva.
All’improvviso Solomon avvertì un’ondata di nuova energia pervadergli il corpo: i suoi poteri erano tornati!
Al grido di “Heavy Metal Slayers!!”  si lanciò all’assalto con le braccia trasformate in enormi spadoni. Tentò di tagliare la testa a Drey con una sforbiciata, ma quello aveva evitato il colpo saltando in aria e l’aveva colpito con un pugno fiammeggiante. Ora un braccio di Drey era interamente rivestito da scaglie di ferro avvolte in fiamme ruggenti. Lo scimmione incassò il colpo stupito ma non si perse d’animo, anzi, gridò: “Drum Solo!” , al ché l’enorme capigliatura afro si trasformò in una sfera metallica irta di punte che si abbatté sul Cacciatore … o almeno l’avrebbe fatto, se questo non avesse assunto la consistenza di una nube di vapore. Key non ebbe il tempo di riprendersi dallo stupore che fu colpito da una decina di pugni fiammeggianti contemporaneamente: ci vedeva doppio, o sul corpo del suo avversario erano davvero comparse per un attimo più braccia, per poi scomparire in uno sbuffo di petali?

Pur se intontito, Chiomanera fu colpito da un’idea improvvisa: come aveva fatto a non pensarci prima? Dando fondo a tutte le risorse del suo potere, iniziò ad aumentare la massa del suo corpo metallico fino a diventare gigantesco: ormai era un titano d’acciaio, un mostro metallico dotato di molteplici braccia, artigli, lame e spuntoni. Con voce  rimbombante emise una risata folle:
 -Ahahahaha! Grazie per l’idea, non avevo mai pensato di usare il mio potere in questo modo: questa sarà la mia arma finale, l’ “Heavy Metal Steelgod!” e ora muori, Cacciatore Diabolico!
Con queste parole iniziò a tempestare il terreno con una gragnola  di colpi da far tremare il terreno, causando il crollo delle abitazioni più vicine al porto. Quando il polverone che aveva alzato si fu disperso, guardò ansimante dove aveva colpito per cercare i corpi del Cacciatore e dei suoi compagni, che credeva di aver coinvolto nell’attacco. Non trovò nulla.
Con suo immenso stupore, Chiomanera sentì qualcosa battergli sulla spalla. Voltandosi, vide un incubo trasformarsi in realtà.

Alle sue spalle vi era un essere grande quanto lui, simile a un drago dalle scaglie color rubino e oro, ma dotato di braccia e busto  simili a quelle di un uomo dai muscoli possenti.  Quello da solo era uno spettacolo da mozzare il fiato, ma mentre Key lo fissava, il drago cambiò aspetto: le scaglie da rosse fiammanti divennero di metallo lucente, poi furono avvolte da un fuoco ardente, mentre gli occhi da rettile iniziarono a mandare strani bagliori violacei.
Solomon contemplò quel  mostro apocalittico e capì che avrebbe perso, ma non si arrese. Si allontanò con un balzo e urlò: “Heavy Metal Steelgod: Last Apocalypse!”, generando dal suo intero corpo una miriade di spuntoni dalle mille ramificazioni  dirigendoli tutti verso il mostro fiammeggiante. Questo non fece nemmeno il gesto di spostarsi,  ma  rimase immobile ad aspettare di essere colpito dalle punte.  Nessuna di esse lo trafisse: molte si sciolsero prima ancora di toccarlo, mentre quelle che avevano resistito si piegarono o si spezzarono all’impatto con le scaglie rivestite di metallo.
Solo allora il Cacciatore si mosse: con una velocità incredibile per un essere così grosso, si portò in un attimo oltre la guardia dell’avversario. Bastò un unico, devastante colpo: il pugno trapassò da parte a parte l’immenso corpo metallico di Chiomanera.

Il pirata da 240 milioni tornò agonizzante alle sue dimensioni: così ridotto, non avrebbe potuto mantenere quella forma per un altro minuto. Con la vista appannata, scorse il mostro tornare un ragazzo e avvicinarglisi.
-Hai combattuto bene, Key, e mi hai dato due cose di cui avevo un gran bisogno: un grande potere e una bella scazzottata. Non te la prendere per non essere riuscito a resistere all’ultimo colpo: avrei potuto affondare un isola ben più grande di questa con quel pugno. Ora riposa, pirata, il tuo potere da oggi rimarrà con me .-
Queste furono le ultime parole che Solomon udì in questo mondo. Il Cacciatore rimase al suo fianco fino all’ultimo respiro, attorniato dai suoi compagni silenti.
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Olè, anche questa è andata. A parte Drey, che spero non vi abbia deluso nel ricoprire finalmente il suo ruolo di “Cacciatore Diabolico”, avete potuto vedere parte della sua ciurma, il piccolo Tobo e,  dulcis in fundo, il possessore del Rogia Steel -Steel. Si tratta di un potere che da tempo volevo dare al Cacciatore, e ho pensato: perché non fare leggere qual cosina di interessante e un po’ diverso ai miei fan? Infatti per una volta sono riuscito a dare una grande importanza a un singolo combattimento, e penso che non mi sia venuto per niente male J
Mi raccomando, non perdetevi il prossimo capitolo, in cui scoprirete le origini del potere di uno dei personaggi comparsi di recente più interessanti del mondo di One Piece, almeno secondo il mio modesto parere. E ricordate di recensire XD
 
 
 
 
 
 
 
 
  

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