Please Come Back

di FraRose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bonnie ***
Capitolo 2: *** Blue Eyes ***
Capitolo 3: *** Pazzia ***
Capitolo 4: *** Amici ***
Capitolo 5: *** Partenza ***
Capitolo 6: *** The Apparition ***
Capitolo 7: *** Scomparso ***
Capitolo 8: *** Consigli ***
Capitolo 9: *** Festa dei Fondatori (Parte I) ***
Capitolo 10: *** Festa dei Fondatori (Parte II) ***
Capitolo 11: *** Solitudine ***
Capitolo 12: *** What Are You Doing Here? ***
Capitolo 13: *** Destiny ***
Capitolo 14: *** Cammino ***
Capitolo 15: *** Bugie ***
Capitolo 16: *** Perdono ***



Capitolo 1
*** Bonnie ***


1.BONNIE

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Bonnie Bennett stava nella sua camera, illuminata solo dalla luce fioca di una lampada per bambini posta sopra il comodino. La stanza era ancora quella che Bonnie aveva quando aveva dieci anni, per questo non esisteva un computer, una televisione o la Wii. Ecco quindi una delle due ragioni per cui Bonnie stava leggendo e studiando il suo libro di incantesimi alla luce debole e tremolante della lampadina ormai consumata. Il chiarore che riusciva ancora a emanare era appena sufficiente per leggere il libro aperto sulle ginocchia di Bonnie, che tentava di decifrare e memorizzare i complicati incantesimi. Potevano tornarle utili, un giorno o l’altro, e così studiava, come se fosse la matematica o la storia.

Ma Bonnie era una strega e doveva sapere quelle formule magiche, e per questo studiava come non studiava mai nient’altro. La matematica a Bonnie sarebbe servita fino a un certo punto, sicuramente mai quanto la magia, di questo ne era certa. Non voleva ammetterlo, ma era fiera dei suoi poteri magici e le sarebbe piaciuto, un giorno, poterli usare con destrezza e sicurezza, padroneggiandoli come una volta aveva fatto sua nonna.

Nonostante tutto, però, le palpebre di Bonnie si abbassavano sempre di più supplicando pietà, ma lei non voleva dormire: doveva imparare qualcosa. Tutti i casini con Damon, Stefan e Elena… Tutto quello che era successo negli ultimi giorni le aveva impedito di esercitarsi, e questa era la prima sera in cui la vita le dava qualche ora di tregua. Era consapevole che forse quei momenti le erano stati dati per dormire, ma non ci faceva caso, faceva finta di non aver sonno e ignorava i continui lamenti del suo cervello.

Bonnie riuscì a distrarsi un’altra volta, pensando alla sua amica. Alla sua migliore amica, che ora si trovava nei casini, ma non ne era consapevole.

Elena si era lasciata con Stefan… quel cretino l’aveva tradita con Caroline, che ora non aiutava a far sentire meglio Elena. Quando Bonnie l’aveva costretta a scusarsi con Elena per quello che aveva fatto aveva solamente peggiorato la situazione:“Ma è ovvio che preferisca me, cioè ma ti sei vista? E hai visto me?” diceva con tono da gallina, e poi si indicava con un gesto ampio delle braccia.

Elena a quel punto era scoppiata a piangere e Bonnie aveva mandato a quel paese Caroline, che indignata e soddisfatta allo stesso tempo, era uscita sculettando dalla porta.

Bonnie chiuse gli occhi. Pensava a tutto quello che era successo. E il fatto peggiore di tutta quella storia: Elena ora frequentava Damon “come amico”. Era lui la ragione per la quale ora la streghetta si trovava a casa sua. “Tranquilla Bonnie, ci sarà Damon con me” le aveva detto Elena, “vai a riposarti”. Bonnie aveva annuito lentamente, lanciandole occhiate di fuoco fulminanti e piene di avvertimenti silenziosi. Come faceva Bonnie a dormire se sapeva che Damon stava con Elena? Lui era cattivo, spietato, pericoloso… Bonnie però doveva ammettere che Elena, da quando vedeva Damon “come amico” era migliorata: non piangeva così spesso, non era sempre triste…

Ma la domanda che la tormentava era: perché? Perché? Perché doveva capitare a lei tutto questo? Perché alla sua migliore amica? Perché a Elena? Bonnie capì che la causa della sua stanchezza e della sua mancanza di concentrazione era Elena. Era troppo preoccupata per lei e per la sua salute. Per i suoi sentimenti. Temeva che Damon l’avrebbe fatta soffrire in un futuro e Elena Gilbert non si meritava questo. Era buona, dolce, altruista. Damon era l’opposto.

Gli opposti si attraggono…

Perché Elena s’innamorava solo delle persone più sbagliate? Perché? Voleva un vampiro? Perché? Perché non andava bene un umano comune, un comune mortale? Perché non Matt? Perché non un qualsiasi cretino che potevi incontrare per strada? Perché un vampiro?

E se voleva un vampiro, perché voleva i due più stupidi e meno affidabili presenti su questa maledetta terra? Bonnie non lo sapeva. A volte non capiva la sua amica.

Perché Damon e Stefan Salvatore?

Perché non Edward Cullen?

Perché… un momento.

Le palpebre di Bonnie si sollevarono improvvisamente, gli occhi diventarono grandi come delle palle da calcio, illuminati dalla brillantezza della sua idea. Era complicato, lo sapeva, e forse in quel momento, con quella stanchezza che non le dava un momento di tregua e che non le permetteva di camminare senza traballare, lo era ancora di più. Ma il pensiero di Damon e Elena insieme sul letto, a parlare… in ogni momento Damon avrebbe potuto approfittare di lei. Ed Elena forse non era in grado di capire quello che poteva succedere con Damon in camera. Il pensiero di Elena sotto Damon, al buio e vicinissimi le fece sparire tutta la stanchezza e senza alcun indugio accese la luce principale, e non le importava il male che le facevano gli occhi per il cambiamento. Quasi le lacrimavano, ma a lei non interessava. Lei avrebbe salvato la sua migliore amica dai vampiri Salvatore. Non avrebbe permesso che la facessero ancora soffrire.

Iniziò a sfogliare il libro degli incantesimi con più lena, accecata dall’entusiasmo, ma facendo sempre molta attenzione nel girare quelle pagine ingiallite dal tempo, delicate e sottili, per paura che si rompessero.

Esaminò ogni singolo incantesimo nel capitolo dedicato all’evocazione di persone e agli scambi. Bonnie non sentiva più la stanchezza come prima, e dopo un’ora di ricerche e di traduzione, eccolo lì, l’incantesimo che faceva al caso suo. Saltellando tutta contenta guardò l’orologio; segnava le 03.16 AM. Si lasciò sfuggire uno sbadiglio, ma a Bonnie non interessava proprio nulla, era determinata a salvare l’amica.

Si mise a studiare nei minimi dettagli l’incantesimo: non voleva che qualcosa andasse storto. Dopo aver memorizzato bene e senza nessun dubbio le parole, prese il libro e lo posò delicatamente sul pavimento. Accese le candele, spense la luce e si sedette sul tappeto, iniziando a pronunciare parole latine e incomprensibili. Nemmeno Bonnie stessa le comprendeva bene, riusciva ad afferrare il concetto generale e da quello che poteva capire l’incantesimo sembrava giusto.

La strega iniziò a muovere le braccia, le fiamme delle candele si allungavano sempre di più verso l’alto, come se ci fosse una forza che le trascinasse verso il soffitto. A un estraneo poteva sembrare una situazione in qualche modo pericolosa, ma non lo era. Bonnie era una strega esperta, sapeva quel che faceva e aveva il totale controllo della situazione.

Improvvisamente le due candele si spensero, una dopo l’altra. La camera ritornò buia.

Fuori, Elena si ritrovò da sola. Per poco, la porta si aprì.

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Capitolo 2
*** Blue Eyes ***


2. BLUE EYES

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Tutta la famiglia Cullen era seduta intorno a un tavolo rettangolare, coperto da un’elegante tovaglia bianca ricamata e con i bordi all’uncinetto. Era tutto perfetto. I bicchieri erano tutti posizionati con la giusta distanza dai piatti, le forchette pure e le lame dei coltelli erano rivolte verso l’interno. Tutto perfettamente perfetto. Esme Cullen guardava il suo lavoro con un sorrisino ebete compiaciuto, dicendosi: “Quale nonna di questo mondo prepara una tavolata così per la sua nipotina? La distanza fra tutte le forchette e tutti i coltelli è di esattamente 5,41 centimetri. Quale nonna farebbe un lavoro del genere? Quale nonna? Qual-“ .

“Mamma, la vuoi piantare, stai urlando!” sbraitò Edward Cullen, scocciato. Ultimamente era sempre molto su di giri, nervoso ed irritabile, soprattutto nell’ultimo mese, ossia da quando aveva saputo che il primo anniversario di matrimonio di sua figlia sarebbe stato festeggiato a breve. Aveva a malapena sopportato la notizia del matrimonio, e ora festeggiare l’anniversario quando non si era ancora ripreso dall’anno prima per lui era troppo. Jacob Black proprio non gli andava giù. Ci aveva provato per far felice la moglie, ma nemmeno l’amore che provava nei suoi confronti era riuscito a fargli piacere quel lupo puzzone.

“Uh?” Esme alzò gli occhi, come se fosse uscita da uno stato di trans.

“Stai.Urlando.Io.Leggo.I.Tuoi.Pensieri!” scandì bene Edward.

“Su, amore non essere così maleducato!”. Bella Cullen tirò per il braccio il marito e lo costrinse a guardarla e a distogliere lo sguardo dalla madre.

“Scusa, tesoro.” disse lui, improvvisamente dispiaciuto.

“Non è a me che devi chiedere scusa!” rispose Bella, come se avesse a che fare con un bambino che aveva dato uno schiaffo a un altro e chiedeva scusa alla madre invece che all’interessato.

Edward fissò la moglie e poi, abbattuto, disse: “Scusa, mamma”.

Bella scosse la testa, pensando “non c’è speranza”.

Un rumore di passi leggeri e apparve Alice Cullen, il folletto matto della famiglia. Aveva in mano un righello con sensibilità maggiore di un millimetro e ricontrollava ogni distanza fra le forchette e i cucchiai. Era concentratissima e se qualcuno avesse osato interromperla avrebbe potuto perdere il controllo e ammazzare tutti in pochi secondi.

Quando finì di esaminare il tovagliolo, urlò: “Molto bene! Ora vi spiegherò come andranno le cose. Ho previsto tutto. Dunque, per quei cretini che suppongo non lo sappiano (e guardò i licantropi), oggi è l’anniversario d-“

“Della disgrazia” l’interruppe Edward, mentre Bella scuoteva la testa. Lo faceva così spesso ultimamente che era da sorprendersi che non si fosse svitata e caduta a terra.

“Sta’ zitto una buona volta!” strillò Alice, isterica. “Dicevo” continuò, “che oggi è l’anniversario di matrimonio di Renesmee e Jacob Black”.

Edward appariva piuttosto incavolato con il mondo, soprattutto quando i lupi intonarono un coro stonato di “Tra rosa e fior, nasce l’amore, Nessie e Jaky si son già sposati. Lei disse sì, lui disse sì, poi non nacque un figlio chiamato…” e scoppiarono a ridere. Edward avrebbe potuto sgozzarli in poco tempo, questo era poco ma sicuro.

“E per questo” continuò Alice, ignorandoli,  “deve essere tutto perfetto nei minimi dettagli! Quindi, datevi da fare e contribuite! Jazz, che fai lì seduto come una scimmia? Sta’ dritto con quella schiena!”

Alice passò la mezzora seguente a lamentarsi per come Rosalie accavallava le gambe “Rose, mostri un po’ troppo quello che non dovresti mostrare! Questa è una cerimonia importante, non uno strip club!”. Emmett aveva riso divertito e aveva messo le mani sotto il vestito di Rose, per aggravare la situazione e quando Alice lo aveva beccato gli aveva dato un pugno degno di un giocatore di wrestling. Solo che lei era la metà di un giocatore di wrestling.

Ad Alice non andava bene nemmeno il vestito che Seth Clearwater aveva indossato. Era di tessuto scadente, fatto in Cina. “Ma dove credi di essere??” diceva o meglio, urlava, “Un anniversario di matrimonio non è una serata qualsiasi! E ci si veste decentemente. Oh ma voi licantropi non siete capaci di indossare delle maglie, passate tutto il tempo mezzi nudi?!”.

Poi aveva chiamato i grandi magazzini Armani e si era fatta spedire vestiti all’ultimo minuto per tutti coloro non si fossero vestiti decentemente, a parer suo. Il povero signor Armani era stato minacciato di morte se non avesse fatto come Alice aveva ordinato di fare.

Arrivarono le 20.00 precise, e Alice andò a chiamare Renesmee. La ragazza si aspettava di incontrare solamente i suoi genitori, la sua madrina Alice, il suo padrino Jazz e suo marito Jake. Non aveva idea che al ristorante avrebbe trovato mezza Forks.

La porta si aprì, e Nessie apparve in tutto il suo splendore. Indossava un bel vestito bianco, poco sopra il ginocchio, che rendeva la sua pelle incredibilmente luminosa e i metteva in risalto il contrasto con i suoi occhi color cioccolato fuso. Era innegabilmente bellissima.

Si avvicinò al tavolo e appena vide la sua famiglia al completo, i licantropi tutti rigidi per paura del folletto organizzatore, la povera Renesmee quasi svenne.

“Ciao!” disse, incerta. “Per fortuna che doveva essere una cosa veloce, senza troppi festeggiamenti!”. Guardò la zia, con quello sguardo da “ti voglio uccidere ora” e “lo sapevo che non dovevo fidarmi di te”. Ma nonostante questo, tutti sapevano che si volevano un gran bene.

Alice si strinse nelle spalle, cercando di giustificarsi: “Bhe, tesoro, ho pensato che qualche persona  in più sarebbe stata di compagnia. Ho fatto bene, no?”

“Naturalmente, zia Alice. Ma…se avessi saputo, avrei passato più tempo davanti allo specchio…”

“Sei bellissima tesoro” disse Bella mentre abbracciava la figlia, facendo la madre affettuosa come sempre. Dopotutto, sua figlia aveva sette anni e ne dimostrava 18. Era normale che una donna non voleva abbandonare l’atteggiamento materno nei confronti della sua bambina. Era accaduto troppo in fretta, la sua crescita accelerata non era mai andata a genio a Bella Cullen.

“Sai che ti dico, Nessie? Anche troppo” brontolò Edward.

“Smettila. Amore. Smettila” lo rimproverò Bella, che iniziava a spazientirsi sul serio.

“Come puoi dirmi di smetterla se Nessie è vestita come una dea per… per… per festeggiare… un anno di matrimonio con quel… verm…cioè…lombri…bruc…” Edward aveva perso l’uso della parola.

“Non è un verm, non è un lombri, non è un bruc, ma è Jacob. Chiaro? J-A-C-O-B. E tua figlia lo ama. Accettalo o sei un pessimo padre che dovrebbe vergognarsi!” sbraitò Bella.

“Bella smettila anche te. Stai urlando!” ordinò Alice, cercando di riportare tutto all’ordine. Era disperata. Le sue visioni stavano cambiando, erano sfumate. Non stava andando come voleva lei e come era stato previsto. Edward e Bella stavano litigando, di nuovo. E doveva essere un giorno di festa e di felicità per Nessie! Non doveva vedere i suoi genitori litigare o avrebbe sofferto. Dopotutto, lei aveva ancora sette anni.

“Nessie, amore, perché sei ancora lì in piedi?” chiese un Jacob estremamente premuroso, dolce e tirato a lucido come quei modelli del gel per capelli. Era arrivato poco dopo perché aveva dovuto cercare un parcheggio.

La fissò, poi si accorse che tutti i suoi amici erano vestiti Armani e seduti composti sulle sedie di legno pregiato. Non riuscì a trattenersi, e scoppiò a ridere. “Che state facendo? Ahahahahah!” si piegò in due dalle risate, e Nessie senza una ragione sensata, si unì a lui. Forse per coprire le urla dei genitori che la facevano star male. Perché sapeva che se stavano litigando era per causa sua, perché aveva sposato Jacob… E poi, la risata del marito era contagiosa.

“Non è colpa nostra. È colpa sua” Embry, imbronciato, indicò il folletto impazzito davanti alla lite famigliare.

“Ahahahahahahah… comunque, Alice, grazie. È tutto così perfetto!” accentuò la presa sulla mano di Nessie e la guardò con amore. Lei ricambiò, nonostante tutto quello che stava succedendo.

“Non è per te che l’ho fatto! L’ho fatto per Nessie! Comunque” disse Alice, non riuscendo a trattenersi, “i tovaglioli sono perfetti al millimetro!” si vantò, improvvisamente non curandosi di quello che stava succedendo attorno.

“Edward lasciami stare, sei un emerito idiota!” scoppiò Bella.

“Che dici, amore?!” replicò urlando Edward.

“Fai schifo. Non chiamarmi amore. Sparisci, fai solo soffrire Nessie! Idiota!”. Bella stava delirando, a dir poco delirando. Edward non era da meno.

“Da quando mi detesti in questo modo?” chiese Edward, senza più contenersi.

“Da quando continui a lamentarti su Nessie e Jacob assieme. Non fai altro che dire che non stanno bene assieme, che sono esagerati, che il loro matrimonio non durerà… Ma sai che ti dico? Il matrimonio che non durerà è il nostro, perché io ho chiuso con te, Edward Cullen!” finì Bella, senza smettere di urlare. L’amore di Bella per Nessie vinse su quello per Edward. Lei non voleva che sua figlia soffrisse perché Edward non approvava il suo matrimonio. Non avrebbe permesso che Nessie divorziasse o cose del genere. Se l’unico modo per risolvere la situazione e il matrimonio della figlia era lasciare Edward, Bella ne sarebbe stata in grado. Amava troppo Renesmee.

Calò il silenzio nella stanza, tutti i vecchi nel ristorante che prima ascoltavano distrattamente, ora avevano gli occhi sbarrati e scuotevano la testa, scandalizzati dall’accaduto. Una volta le coppie non si lasciavano così, e forse Edward non aveva considerato che il 1918 era passato. Ma Edward sperava con tutto il cuore che le intenzione di Bella non fossero così definitive e serie. Sperava che ritornasse in se e se ne potesse discutere con un po’ di più calma. 

Il silenzio tombale venne interrotto dal pianto di Nessie. Soffriva, e Alice voleva consolarla, ma non osava fare un passo in avanti. Sembrava che Edward volesse staccare la testa a tutti.

“E dove andresti, Bella Swan?” chiese Edward, con un tono risoluto, curioso e cattivo allo stesso tempo, per nascondere la sofferenza che lo travolgeva.

“Non lo so, ma ovunque è meglio di qui. Andrò dove tu non ci sarai.”

“Bhe, sappi che poi mi vorrai. Mi verrai a cercare. Ti mancherò. Perché tu mi ami, e anch’io ti amo” disse Edward, sicuro di se.

Bella stava per ribattere ma, improvvisamente, accadde una cosa assurda. Edward fece un’espressione stralunata, si girò su se stesso e s’incamminò verso l’uscita del ristorante. Camminava come uno zombie, con passi lenti e barcollanti. Ci mancavano solo le braccia in fuori e sarebbe potuto sembrare sonnambulo. La porta sbatté.

I Cullen si guardarono stupiti e spaventati. Pure Bella era preoccupata, iniziava ad avere una strana sensazione.

Presto la porta si riaprì ed entrò un ragazzo. Niente di strano, fino a quando lo sconosciuto entrò nel ristorante. Ma poi, egli s’incamminò deciso verso il tavolo dei Cullen, come se li conoscesse.

Si posizionò nello stesso posto dove prima stava Edward, che era vestito elegante nel suo completo D&G apposta per l’occasione. Ora il “nuovo Edward” era vestito con una camicia nera, sbottonata sui primi tre bottoni. Da sotto quel tessuto leggero si intravedevano dei muscoli scolpiti. I jeans fasciavano delle gambe ancora più muscolose di quelle dell’Edward di prima. Erano completamente diversi i due ragazzi, non avevano nulla in comune se non la bellezza disarmante e il pallore.

Gli occhi non erano più color dell’oro fuso, ma di un azzurro intenso e ardente, i capelli non erano più ramati ma neri. Lo sconosciuto era anche leggermente più basso di Edward.

Quel ragazzo apparso da chissà dove avrà avuto circa vent’anni, forse un po’ di più. I Cullen capirono all’istante che era un vampiro, per il colore della sua pelle e per i canini che si intravedevano dal sorriso a 250 Watt che era spuntato sul viso del giovane. Erano appuntiti, tipici di quelli della loro specie.

La domanda era: era vegetariano? Nessie poteva star tranquilla? Non aveva gli occhi rossi, ma neanche dorati e nemmeno neri, tipici dei vampiri affamati. Erano azzurri, come se la trasformazione da umano a vampiro non avesse cancellato il loro colore originale. Jacob, comunque, non ci pensò due volte a pararsi davanti a Renesmee. Bella, invece, era troppo sconvolta per muoversi.

La domandissima era: dove diavolo era finito Edward?

In quel momento le donne Cullen non ci pensavano più di tanto: Alice, Esme, Rosalie e Bella Cullen avevano allungato il collo nel momento esatto in cui il sorriso era comparso sul volto del vampiro sconosciuto. Era abbagliante.

Renesmee continuava a piangere sulla camicia di Jake e guardava stralunata con gli occhi arrossati il nuovo arrivato. Non perché lo trovasse attraente, ma perché aveva sostituito il suo amato papy.

Gli uomini Cullen cercavano di attirare l’attenzione delle mogli, senza grandi risultati.

“Ehm… Salve, gente!” iniziò lo sconosciuto. Aveva una voce forte, profonda e, Bella l’aveva notato subito, molto sensuale. Voleva rispondergli, attirare la sua attenzione, ma non poteva parlare. Per due ragioni: uno, non trovava la voce. Era sparita, forse per la vista del vampiro supersexy. Due, Nessie non avrebbe mai dovuto vedere la madre fare qualsiasi cosa che assomigliasse alla traditrice di papà deficiente.

Vedendo che nessuno gli rispondeva, lui continuò, sempre con quella voce: “Scusate, cos’è questa puzza?”.

Bella scoppiò a ridere e ricevette uno sguardo fulminante dalla figlia che, per niente abbagliata dalla bellezza del vampiro, non si diede contegno di dire: “Non c’è nessuna puzza qui. Ora se ne torni a casa”. Questa affermazione le costò quattro paia di occhi gialli femminili spalancati come palle da tennis e un coro di: “Ma Nessie, non essere maleducata!”

La ragazza guardò le zie, la nonna e la mamma con disprezzo. Si pulì le lacrime con un tovagliolo (Alice sussultò quando lo piego senza rispettare le pieghe precedenti), si alzò, tirò il marito per una manica e si allontanò dal tavolo. Jacob la seguì, guardando dispiaciuto e mormorando scuse. Poco dopo si sentì la porta d’ingresso del ristorante sbattere. I vecchi, stupefatti per quanto che avevano visto, iniziarono ad avviarsi verso casa, convinti che avessero bisogno di una bella dormita.

“Oh, ora c’è meno odore. Era davvero insopportabile” disse allegramente il ragazzo.

Bella ritrovò l’uso della parola. “Scusaci, ma siamo un po’ sorpresi dal tuo arrivo. Prima… Bhe, diciamo che prima al tuo posto c’era… Un po’ difficile da spiegare e comprendere, lo so, ma è la verità!” concluse tutto d’un fiato.

“No, capisco benissimo. Dove vivo io c’è pure una strega. Sono abituato a queste cose assurde… maledizioni e compagnia bella. Quindi, bellezza, non devi preoccuparti…” il tipo ammiccò a Bella, che non poté non esserne grata.

“Io sono Bella Cullen” si presentò lei, tendendo una mano.

“Damon Salvatore, piacere”. Si sorrisero, un sorriso pieno di intesa, nonostante non si conoscessero neppure. Fra le loro mani si sentì una scarica elettrica. Non come quelle che Bella aveva talvolta con Edward, quelle erano imbattibili, ma comunque forte.

“Bhe, loro sono i miei parenti… mio padre Charlie, sua moglie Sue, poi le mie cognate Alice e Rosalie, e i mariti Jasper e Emmett. Sono tutti figli adottivi di Esme e Carlisle. Loro sono Embry, Paul, Jared, Seth, Leah, Quil, Sam, Emily… e quelli che se ne sono andati poco fa erano Jacob e mia figlia Renesmee. A proposito, scusala per il suo comportamento…”Bella iniziava a dimenticare quello che stava dicendo. Lo sguardo di Damon la mandava in tilt. E questo non doveva accadere: era una donna sposata.

“Naturalmente è già perdonata. Ma, è figlia tua e di…?” chiese Damon, alquanto interessato.

“Ehm… di Edward.” Rispose Bella, rimanendo sul vago. Non le piaceva ammetterlo, ma quella litigata con suo marito l’aveva lasciata piuttosto scossa.

“E sarebbe?” chiese Damon, guardandosi intorno per riconoscere nei parenti qualcuno che Bella aveva presentato col nome di Edward.

“Ehm… lui non c’è. È…in bagno” improvvisò Bella, non volendo dirgli la verità.

“Ah, allora lo conoscerò più tardi!”. Damon sorrise. “Da bere?” chiese, allegro.

“Ehm…non so” mormorò Bella. Era imbarazzata a dir poco. Stava semiflirtando con quel Damon che chissà da dove veniva davanti alla sua famiglia.

“Insisto”. Damon insisteva proprio. Forse era meglio dirgli che era sposata, perché quello sguardo era molto da “playboy che ottiene sempre quello che vuole”.

“Credo che sarà meglio iniziare a mangiare!” Alice era un dono divino.

Bella ne approfittò e si sedette a tavola, e per educazione fece accomodare Damon vicino a lei, al posto di Edward.

Damon non fece nessuna domanda su Edward. Chissà cosa stava pensando… Bella al suo posto avrebbe di certo riflettuto dove era finito il misterioso tipo del bagno: “Sarà caduto nel water? Lo sciacquone l’ha inghiottito?”

Il cameriere arrivò con l’antipasto che i licantropi divorarono affamati. Ormai non si curarono di mantenere una posizione eretta e composta e Alice non pensava a rimproverarli. La serata era rovinata, in ogni caso. Mancavano gli sposi, mancava il padre che doveva fare il discorso. E in una cena intima come quella, era presente questo Damon Salvatore che cercava di rimorchiare Bella, la quale cercava di resistere con tutte le sue forze alle sue provocazioni. Perché Bella, odiava ammetterlo, adorava guardare quegli occhi blu. L’avevano rapita al primo impatto. I rimpianti però iniziavano a farsi sentire e il desiderio di chiarire con Edward si faceva sempre più forte.

A Damon non sfuggì che i Cullen non mangiavano niente, ma bevevano del misterioso liquido rosso che si erano portati dietro. Tuttavia, decise di imitare i puzzoni e mangiare. La vera cena l’avrebbe fatta dopo…

Rosalie si versò un bicchiere di sangue di cervo, ma qualche goccia rimbalzò nel bicchiere e finì proprio vicino a Damon. Gli occhi si annerirono, i canini pungevano. E questo non sfuggì a Bella. “Ne vuoi un po’?” chiese, gentilmente. Era anche tuttavia stupita dal fatto che Damon potesse mangiare cibo umano senza vomitare, ma lo avevano capito tutti ormai che era diverso dai Cullen.

“Mi farebbe molto piacere, dolcezza” rispose Damon, grato che Bella avesse intuito il suo bisogno e avesse capito tutto all’istante e che soprattutto non avesse fatto domande. Afferrò il bicchiere che lei gli porse e lo finì in un sorso. Lo appoggiò poi sul tavolo e schioccò le labbra, soddisfatto a metà. Poi mormorò all’orecchio di Bella: “Mmmmm… cervo?”. Lei annuì, lievemente imbarazzata. Se fosse stata umana sarebbe arrossita dalla testa ai piedi; non era normale rispondere a una persona apparentemente umana che stava bevendo del sangue di cervo.

“Ammetto che non rientra nei miei favoriti” disse Damon con uno sguardo ammiccante. I suoi denti erano così bianchi che avrebbero potuto illuminare una stanza buia.

“Già, nemmeno nei miei… io adoro le puzzole” rispose Bella, senza accorgersene. Damon per tutta risposta scoppiò a ridere. “Le puzzole?” riuscì a dire, in mezzo alle risate. Un’altra volta Bella si sentì imbarazzatissima, e nascose il viso sotto i capelli. Annuì leggermente con la testa, cercando di farsi notare il minimo indispensabile.

Poi, improvvisamente vinta dalla curiosità, chiese: “Bevi sangue umano?”

Damon rispose, senza alcun timore: “Rubo il sangue dall’ospedale, ma non uccido”.

La testa di Carlisle Cullen si girò di scatto, poco certo di quello che aveva sentito. Cercava una conferma che il suo udito non stava peggiorando nei secoli. E se l’avesse trovata, un vampiro in meno avrebbe girovagato per la Terra.

“Come scusa?” sibilò il dottore, mentre la moglie lo tirava per un braccio, cercando di fermarlo.

“Che rubo il sangue dall’ospedale. Mio fratello Stefan preferisce la dieta Bambi, ma io la sopporto ben poco. Così, ecco una strada alternativa che potete intraprendere anche voi, se vi va. Ah, l’ho inventata io. Copyright 2009” aggiunse sorridendo.

“E prima del 2009 cosa facevi?” Carlisle stava perdendo il controllo.

“Oh, uccidevo qualche persona qua e là…” rispose Damon, rimanendo sul vago. Non si era accorto che Carlisle gli si stava avvicinando dall’altro lato del tavolo come una serpe.

“Io.Ti.Ammazzo!” urlò Carlisle. Damon voltò la testa verso di lui e lo guardò sorpreso, cercando di capire cosa aveva detto di tanto brutto.

Bella, che aveva assistito alla scena senza interromperla, non pensando che Carlisle sarebbe arrivato a tanto, prese la mano di Damon e senza pensarci due volte corse via, lontano, insieme a lui. Non voleva che pure questo misterioso vampiro fosse coinvolto in quel casino.

I Cullen non provarono nemmeno a seguirla. Era giovane, forte e veloce. E pensarono anche che aveva bisogno di riflettere, di stare da sola. Forse quella sera sarebbe andata a trovare Nessie, oppure a cercare Edward. L’unica cosa che speravano era che non si lasciasse andare con quel Damon. Non era proprio il caso di rovinare ulteriormente la vita di Renesmee.

Decisero di lasciarle il suo spazio.

Quando i due se ne furono andati, i rimanenti Cullen fissarono Carlisle ad occhi spalancati, che era nel frattempo ritornato in se e aveva borbottato qualche scusa e qualcosa riguardo al fatto che la scomparsa del figlio lo aveva un po’ scosso.

Rosalie Cullen guardava Emmett Cullen con uno sguardo che comunicava una sola cosa “andiamocene via di qui”.

Charlie Swan e Sue Clearwater si alzarono senza dire niente a parte qualche scusa e si allontanarono verso La Push. I licantropi li seguirono a ruota.

Alice Cullen guardò la sala svuotarsi. Le si velarono gli occhi di lacrime che non poteva far scendere; era la prima volta che qualcosa organizzato da lei falliva miseramente. Sua madre Esme l’abbracciò in quel modo di cui solamente una madre è capace. Intanto, il proprietario del ristorante stava dicendo a Rosalie e ad Emmett, che avevano tentato di scappare, di riferire ai famigliari di pulire il ristorante per l’eccessivo disastro.

I Cullen passarono la sera così, a pulire come tante Cenerentole.

Bella Cullen invece, era arrivata con Damon a un caffè piuttosto lontano da lì e si era messa a raccontare tutto quello che doveva dire per sentirsi meglio. Damon ascoltava interessato. Quella sera ascoltò e basta.

Edward Cullen era fermo nella stessa posizione da un’ora buona, davanti a una ragazza carina sui vent’anni, in quel che doveva essere il bagno di casa sua. Entrambi, avevano lo sguardo sconvolto e non erano in grado di aprir bocca.

 

 

Angolino della Matta Fra o.O

Bhe, che dire? Siete fantastiche ragazze, grazie per tutte le recensioni che mi avete lasciato. Sono super eccitata per il successo di questa storia nata dalla mia mente malata dopo aver studiato per due ore tedesco… Grazie, grazie mille! Posterò appena posso, credo che ora con le vacanze di Natale (grazie Dio per aver inventato le vacanze di Natale, J) riuscirò a postare forse entro venerdì… Vi amo, grazie per tutto il sostegno che mi date.

Ringraziamenti particolari a…

1 - fra3
2 - Marissa_Salvatore
3 - Miss Maela
4 - nada650
5 - Saruxxa 

…che hanno inserito la mia storia fra le seguite

MA SOPRATTUTTO A: fra3 ; kiss88 ;  saruxxa ;  Alister09 ;  Nada650  che hanno recensito.

Sono le recensione che mi danno la forza, la voglia di andare avanti e scrivere, perché so che qualcuno legge. Quindi grazie, spero di ricevere altre bellissime recensioni da parte vostra e di altri.


Questo capitolo è dedicato a: fra3 per le sue recensioni a raffica, a kiss88 perché mi sta regalando momenti delena con la sua fan fiction e saruxxa per il suo entusiasmo che mi ha fatto impazzire per questa storia!

Grazie ragazze siete mitiche!

W THE VAMPIRE DIARIES & TWILIGHT

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Capitolo 3
*** Pazzia ***


3. PAZZIA

 

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Elena Gilbert era nella sua stanza. Erano le 19.00 e lei, come aveva fatto per tutto il mese, piangeva e soffriva. La ragazza non capiva, nonostante si sforzasse in tutti i modi, perché la sua vita doveva essere un disastro del genere. Fra tutti i ragazzi che potevano piacerle, quelli che lei amava erano due vampiri. Due vampiri che l’avevano avvicinata più di una volta, seppure senza volerlo, alla morte. Come se non bastasse la sua migliore amica Bonnie era una strega. E l’altra sua amica Caroline, che poi tanto amica non era più, era diventata un vampiro da qualche mese.

E Elena aveva un fratello, Jeremy, il cui il passato era molto doloroso. Si era innamorato di Vicky Donovan, la sorella drogata del suo ex Matt. Che fine aveva fatto lei? Morta. E poi Jeremy si era ripreso dalla sua perdita, ma poi si era innamorato di nuovo, questa volta di Anna, una vampira. Che fine aveva fatto lei? Morta. Povero Jeremy, sicuramente soffriva non meno di lei.

E Stefan… Elena aveva amato Stefan. Di questo ne era certa, ma negli ultimi tempi le sensazioni e le emozioni che lei provava quando una volta si trovava accanto al vampiro erano sparite. Fra di loro non c’era più passione, nessun tipo di scintilla.

Elena avrebbe facilmente ignorato quello che stava accadendo fra di loro, non le sarebbe interessato più di tanto, avrebbe pensato che fosse normale se quei brividi che una volta la travolgevano in sua presenza ora non l’assalivano più. Avrebbe pensato che fosse completamente normale fra una coppia di innamorati, dopo un po’ di tempo, non provare più quello che si provava il primo giorno. La cosa che preoccupava Elena era che quei brividi che ora erano spariti con Stefan sembravano essere molto più frequenti con Damon, il fratello di Stefan.

Il fratello cattivo di Stefan. “Ma”, rifletteva Elena, “non più tanto cattivo”.

Damon aveva capito i suoi errori, non uccideva più gli umani come quando lei lo aveva conosciuto. Di certo non seguiva la dieta di Santo Stefan o come la chiamava lui, ma comunque era diventato più buono e più compassionevole. Elena era certa che si fosse pentito di ciò che aveva fatto in passato, e per questo, nonostante tutto quello che aveva fatto, l’aveva perdonato.

Poteva sembrare una follia l’atto di perdono compiuto dalla ragazza; dopotutto il vampiro aveva tentato di uccidere Jeremy e se lui non avesse avuto indosso l’anello sarebbe sicuramente morto. Ma Elena non poteva e soprattutto non voleva ignorare più quello che il suo cuore e il suo corpo urlava ogni volta che vedeva il vampiro, nella vita reale ma anche nei suoi pensieri: “Ti amo!”.

Ogni volta che Elena vedeva quegli occhi azzurri profondi, quel viso così pallido ma non troppo, quel corpo muscoloso e dannatamente perfetto, quelle labbra così… rosse e tentatrici, quei capelli neri che sembravano urlare “toccaci!” ogni volta che Elena li fissava.

Elena aveva realizzato di amare Damon come non aveva mai amato nessuno, ed era determinata a dirglielo, a confessarglielo.

Lui sarebbe dovuto arrivare a momenti. Era sempre stato presente da quando lei aveva lasciato Stefan per il suo tradimento con Caroline. Damon l’aveva consolata, abbracciata nei momenti di malinconia estrema e l’aveva sopportata quando non faceva altro che lamentarsi della vita incasinata che aveva. E chissà per quale strana ragione lui si rompeva a fare tutto questo per lei. Bonnie diceva che Damon rimaneva con lei anche a dormire. Vegliava su di lei, le sussurrava parole tranquillanti quando si agitava nel sonno. Ed Elena non poteva non trovare tutto questo veramente dolce e carino da parte sua.

Però non riusciva proprio a capire perché Damon tenesse così tanto a lei.

Elena adorava pensare a lei e a Damon insieme, e negli ultimi tempi era determinata a voler realizzare le sue fantasie. Sarebbe stato difficile che lui comprendesse quello che lei voleva comunicargli; Damon non era tipo da confessioni romantiche. Elena, da parte sua, non era neppure convinta di riuscire a confessargli tutto quella sera. Non aveva mai dichiarato il suo amore così apertamente a qualcuno e non era certa di esserne in grado.

Le tende della stanza di Elena si mossero, distogliendola dalle sue riflessioni. La ragazza controllò di aver aperto la finestra per lasciar passare Damon, come ogni sera.

 

 

 

Improvvisamente lui apparve dal nulla davanti a lei. La ragazza presto si ritrovò fra le sue braccia muscolose, avvolta da un abbraccio possessivo e da una sensazione di pace che solamente Damon riusciva a provocarle. Lui infilò la testa fra i suoi capelli, fino ad arrivare al collo e a posarci sopra un bacio delicato. Elena venne scossa dai soliti brividi che le attraversavano la schiena ogni volta che lui la sfiorava. Quell’abbraccio così stretto e intimo le permetteva di sentire meglio il suo profumo di dopobarba e la ragazza riusciva solamente a pensare che tutto era perfetto in lui. Tutto quanto. Non c’era nulla di sbagliato.

L’abbraccio si sciolse, con grande rammarico di Elena. “Tutto bene? Scusa se non sono arrivato prima, ma ho avuto un po’ di difficoltà con le serrature dell’ospedale…” e fece quel sorriso da 250 Watt che mandava in tilt anche una vecchia rugosa e pensionata. Figurarsi l’effetto che faceva a un’adolescente innamorata persa di diciotto anni.

“No, è tutto ok. Non preoccuparti. Sono contenta che tu sia qui. Sai, credo che mi andrò a fare una doccia” disse lei. Non aveva la forza necessaria per dirgli quello che doveva dirgli e stava cercando tutte le scuse possibili per sfuggire al temuto momento.

“Va bene. Io ti aspetto qui, a meno che tu non voglia compagnia…”

Elena arrossì, afferrò un cuscino e glielo tirò per distrarlo. Non voleva che i suoi occhi la tradissero, perché era piuttosto certa che stavano urlando “vieni con me sotto l’acqua calda”.

“Ehi! Mi vendicherò…” Damon fece quella faccia da semicattivo, che fece scoppiare a ridere la ragazza, la quale afferrò l’asciugamano e si chiuse dietro la porta del bagno, non prima di avergli fatto una linguaccia.

Elena stava ancora ridendo mentre apriva il getto d’acqua e aumentava la temperatura al massimo. Si spogliò ed entrò sotto la doccia. Presto il vapore avvolse la stanza, appannando lo specchio.

Elena si insaponò per bene il corpo con il bagnoschiuma alla mora che tanto adorava e si lavò i capelli cura, massaggiandoli. Poi li pettinò per bene, sciogliendo tutti i nodi che riuscì a trovare.

Intanto, fuori dal bagno Damon passeggiava per la stanza impregnata dell’odore, o meglio del profumo, di Elena. L’amava tantissimo, Dio se l’amava… ma sapeva che era anche sbagliato, lui era il vampiro cattivo che cercava di essere buono. Come poteva Elena, la dolce, gentile e altruista Elena, perdonarlo per tutto quello che le aveva fatto? Presto quando lei sarebbe uscita da questa crisi sentimentale lo avrebbe mandato via. Non lo avrebbe più voluto vedere. E lui non avrebbe biasimata, perché lui sarebbe stato quello dalla parte del torto. Per questo doveva godersi gli ultimi momenti con lei, perché sapeva che sarebbero finiti presto. Presto lei non lo avrebbe più voluto.

Intanto, però, pensava anche alla sua vendetta. Naturalmente, sarebbe stata una vendetta “per gioco”. Non voleva che la sua principessa soffrisse ancora di più. Più che una vendetta sarebbe stato uno scherzo.

Decise di uscire dalla finestra della stanza e di rientrare dalla finestra del bagno. Silenziosamente, si sedette sopra il lavandino e sbirciò Elena sotto l’acqua. Il box doccia la rendeva una figura sfocata, ma Damon non guardava dove avrebbe guardato il vecchio Damon o qualsiasi altro ragazzo: il nuovo Damon rispettava la privacy di Elena e si limitava a fissare il suo viso.

Lei non pareva essersi accorta che qualcuno la stava fissando incantato e abbagliato dalla sua bellezza mozzafiato.

Elena spense il getto d’acqua, prese l’asciugamano e se lo avvolse intorno al corpo. I capelli lunghi le ricadevano sulle spalle, facendo cadere piccole goccioline che discendevano lungo il collo.

La ragazza uscì dalla doccia, guardandosi i piedi. Quando alzò lo sguardo per vedere quanto appannato era lo specchio, lanciò un urlo. La ragione? Semplice, il ragazzo-vampiro che le piaceva, o meglio amava, la stava fissando. E lei aveva addosso solamente un asciugamano.

“Tu… pervertito che non sei altro!” urlò Elena, con un tono scherzoso. Nonostante le sue scenate, non ce l’aveva realmente con lui. Si trovava in una situazione imbarazzante, ma allo stesso tempo lei era… felice che lui avesse scelto quel modo per vendicarsi.

“Ehi, calma. Non ho guardato nulla!” la tranquillizzò, mentre scendeva dal lavandino.

Lei lo guardò diffidente, poi decise di lasciar perdere. Una battaglia con Damon era persa in partenza, sempre, e la ragazza lo sapeva bene.

Poco dopo, il cervello di Damon andò definitivamente in tilt. Ora che la guardava da più vicino, Elena era davvero splendida e sexy con solo l’asciugamano a coprirla. Aveva poi stampato in faccia quel sorriso fintamente arrabbiato che tentava di nascondere il leggero imbarazzo che l’aveva assalita. E a Damon piaceva tanto quell’espressione, e sommata alla vista del suo corpo, il cervello del vampiro andò a farsi benedire; non riusciva più a formulare dei pensieri che non fossero: “Perché non glielo dici ora? Fallo e basta. Dille che la ami…”.

Anche Elena trovava quella situazione adatta per dirgli quello che doveva dirgli. La tensione fra loro due in quel momento c’era, ed era pure forte. La si poteva percepire da kilometri; nessuno sapeva che cosa dire. Perché non riempire quel vuoto con le parole che lei doveva dire assolutamente?

I due aprirono la bocca nello stesso momento, ma poi accadde una cosa assurda che nessuno dei due aveva potuto prevedere: gli occhi di Damon si velarono, la sua bocca si richiuse. Come un robot telecomandato da chissà chi, lui si voltò senza nemmeno salutare Elena, che era troppo stupefatta e preoccupata per parlare. Intanto, il vampiro si era incamminato verso l’uscita della casa. Si sentì la porta sbattere e poi dei passi che si avvicinavano sempre di più al bagno.

Elena aveva paura e provò a chiamare il nome di Damon, ma nessuno rispose. Si sentivano solo quei passi che si avvicinavano sempre di più. Poi Elena udì il cigolio della porta della camera che si apriva, lo scricchiolio delle assi di legno del pavimento e infine la porta del bagno che si apriva.

Pochi secondi prima nel bagno di Elena Gilbert c’erano: una doccia nell’angolo, un lavandino circondato da creme, profumi e prodotti di bellezza al centro, un water e la proprietaria del bagno che stava in piedi, immobile, con addosso solamente un asciugamano. Niente di fuori dal comune.

Dopo che la porta venne aperta, nel bagno si era aggiunta un’altra statua. Quella di un ragazzo. Il ragazzo non conosceva la ragazza e la ragazza non conosceva il ragazzo. Eppure, si trovavano nello stesso bagno. E questo rientrava nella categoria di “strano”.

La ragazza era ovviamente Elena, ragazza dai capelli scuri, lisci e lunghi fin sotto le spalle. Aveva un corpicino magro ed esile, che nascondeva una personalità coraggiosa e sicura di se.

Di fronte a lei stava il ragazzo, bellissimo. Non era l’ex Stefan Salvatore, il bel ragazzo muscoloso con i capelli castano chiaro, alto e con gli occhi verdi. Non era nemmeno il fratello di quest’ultimo, Damon, altrettanto bello se non di più, con gli occhi azzurri e intensi e i capelli neri. Il ragazzo non era nessuno di questi due vampiri di Mystic  Falls. Non ci assomigliava nemmeno. Era completamente diverso, l’unica cosa che si poteva dire che avesse in comune era la bellezza disumana tipica dei vampiri. Sì perché, Elena l’aveva capito subito, lo sconosciuto era proprio un vampiro.

Quel ragazzo misterioso dai capelli bronzei e dagli occhi color dell’oro fuso, era indubbiamente e innegabilmente bellissimo e misterioso. Un’aura di mistero lo avvolgeva tantoché sembrava essere racchiuso in una bolla che gli impediva di rivelare qualsiasi dettaglio superficiale della sua vita.

Questo Elena l’aveva notato subito, ma quello che non sapeva era che quella bolla che lo circondava e che le impediva di studiarlo fino in fondo, lui riusciva a trapassarla senza alcuna difficoltà. Lui riusciva a leggerle i pensieri. Un po’ insolito, ma lui ne era in grado. Era il suo dono.

Era il dono di quel vampiro.

La cosa sconvolgente era che quel vampiro non doveva trovarsi lì. Doveva essere alla cena per il primo anniversario di matrimonio di Renesmee e Jacob Black.

Ed Elena Gilbert invece avrebbe dovuto finalmente ammettere a Damon Salvatore che lo amava.

Tutto era sbagliato in quella situazione. Non c’era nulla di giusto, ma era successo e non si poteva cambiare l’accaduto. Perché era successo tutto questo? Nessuno lo sapeva, tranne una streghetta chiamata Bonnie McCullough…

Elena riuscì a biascicare qualche parola, poco comprensibili: “Io, tu… che… Damon…”.

Il vampiro però non riusciva a rispondere.

Poi Elena rimase ferma per un altro quarto d’ora buono, non muoveva un muscolo, come se fosse incapace di compiere qualsiasi tipo d’azione. Anche le più semplici, come muovere un dito. Era immobile. Si vedeva a malapena il petto che si alzava e abbassava per respirare.

Il vampiro non era da meno, ma lui era un vampiro. Non era poi così strano. Rientrava nella sua natura, ma non in quella di Elena, una comunissima umana.

Il vampiro non riusciva nemmeno a leggere i pensieri della sconosciuta, da quanto era sconvolto.

Improvvisamente, senza nessun tipo di preavviso, Elena si mosse velocemente verso il lavandino e iniziò ad afferrare i suoi profumi e li spruzzò sugli occhi del ragazzo. Non poteva sapere che il profumo non glieli pizzicava nemmeno.

Vedendo presto che lo sconosciuto non soffriva, provò a tirargli addosso i vari bagnoschiuma, gli shampoo, i pettini, le creme… tutto quello che le capitava sottomano andava a finire contro il corpo del vampiro. Ma non sembravano nemmeno dargli fastidio. Ed Elena non lo sopportava. Voleva che quel cretino, bello senz’altro, ma cretino, soffrisse per aver sostituito Damon. Dov’era finito il suo vampiro? Dove? Dove? Dove?

Lo sconosciuto doveva uscire da quel bagno con almeno cinque lividi, ed Elena non si sarebbe mai arresa al suo scopo.

Poco dopo la ragazza non riuscì più a reggere la situazione e scoppiò a piangere. Le sue gambe cedettero e lei cadde a terra, facendosi male. Elena si coprì meglio con l’asciugamano, mentre lo sconosciuto si risvegliava dal suo stato di trans. Evidentemente le lacrime femminili erano un suo punto debole. (N.d.A. Edward è un personaggio di un famoso libro, Twilight, e non è mai stato rappresentato in un film ed è per questo che Elena non lo riconosce. Invece la storia di The Vampire Diaries non è mai stata un libro o un telefilm, è la realtà).

“Tutto bene?” chiese lo sconosciuto stupidamente, ma dopotutto lui poco prima si trovava a litigare con sua moglie a una cena di famiglia e ne era rimasto piuttosto scosso. Il suo cervello non elaborava ancora bene gli avvenimenti delle ultime ore. Erano troppo assurdi per essere digeriti in poco tempo, anche per un vampiro.

“Secondo te? Da dove spunti fuori? Dove hai messo Damon?” strillò lei, in mezzo alle lacrime.

“Chi? Scusa, ma non ti seguo… anch’io sono leggermente confuso. Prima ero a-“ il vampiro era sconcertato da quello che stava succedendo. I due non si conoscevano, e nessuno dei due voleva conoscersi. Nessuno sapeva perché lui si trovava lì. Entrambi volevano riavere qualcuno che chissà dov’era.

“DOV’ERI? DIMMELO! SENTIAMO DA DOVE VIENI, IDIOTA!” gridò Elena, diventando sempre più isterica.

Edward indietreggiò, colpito dall’aggressività: “A Forks! Ora mi puoi fare la grazia di dirmi dove mi trovo ora?” chiese forzatamente gentile, ma iniziando a perdere la calma.

“Siamo a Mystic Falls, deficiente che non sei altro. E non ti credo, tu non vieni da Forks! Lì vive Edward Cullen, non gli sfigati come te!” Elena delirava. Ricominciò a tirare i balsami che erano caduti per terra vicino a lei quando erano rimbalzati sul corpo dello sconosciuto.

Lui le sfiorò a malapena un braccio e si sedette accanto a lei. “Io-…” incominciò lui.

“NON MI TOCCARE!” strillò, scrollandosi di dosso il vampiro. Corse fuori dal bagno e entrò in camera sua. Iniziò a svuotare gli armadi fra le lacrime. Presto, accanto a lei c’era una pila di vestiti ammucchiati in disordine. Controllando che quel vampiro fosse ancora in bagno, si infilò una maglietta e un paio di pantaloncini. L’importante era coprirsi in fretta, l’intimo l’avrebbe indossato dopo.

Delusa per non aver trovato Damon nell’armadio, attraversò i vestiti inciampando più volte. Cadde a terra e ne approfittò per guardare sotto il letto, ma non trovò nulla. Si alzò e si guardò attorno. Il tipo la fissava.

Lei borbottò qualcosa di incomprensibile e si sdraiò sul letto, apparentemente sfinita e innocua dopo il  suo momento di follia. Il vampiro riprovò a dire qualcosa: “Veramente, lo sfigato in questione si chiama proprio Edward Cullen e non sa proprio che cosa sta succedendo”.

Lei sbarrò gli occhi e lo guardò come se fosse un matto psicopatico. Quel tipo, alla fine, aveva appena detto di essere lo strafigo Edward Cullen di Twilight, uno dei libri preferiti di Elena.

“Ahhhhhhhhhhhh, sei un bugiardo che non è capace di mentire! Ahhhhhhhh io ti ammazzoooo!” strillò Elena. Si rialzò dal letto, improvvisamente accesa da un’energia apparentemente inesauribile. Afferrò Edward per la cravatta e lo buttò giù dalla finestra. Lui la lasciò fare, tanto non si sarebbe fatto nulla. Così forse almeno si sarebbe calmata.

“Però” pensò Edward mentre l’aria gli sfiorava la pelle durante la caduta, “come ragazza è forte”. Quella di cadere e volare allo stesso tempo era una delle sue sensazioni preferite. Era come perdere il controllo di tutto ma sapere allo stesso tempo di avercelo completamente.

Il vampiro atterrò a piedi uniti, con la sua solita grazia, inclinando appena le ginocchia.

Percepì i pensieri di Elena, che apparivano lontanissimi. Vedeva chiaramente la sua immagine che strabuzzava gli occhi e che non riusciva a spiegarsi come lui aveva fatto a sopravvivere dopo una caduta di dieci metri.

Corse verso il muro della casa, si arrampicò e in meno di mezzo secondo fu accanto a Elena. “Sono Edward Cullen e sono un vampiro. Piacere”. Le tese una mano. Lei non fece lo stesso, alzò il mento, incrociò le braccia e scoppiò a piangere di nuovo.

“Ehi, mi spieghi perché ce l’hai tanto con me? Mi spieghi che ti ho fatto?” chiese lui, senza più curarsi di usare le buone maniere.

“Perché…” iniziò Elena.

“No, non te lo dico. Prima dici come hai fatto a non morire!” cambiò idea lei.

“Perché sono Edward Cullen e sono un vampiro”ripeté Edward. Lui la faceva facile… Elena era abituata ai vampiri e alla loro presenza, ma lui era diverso. Aveva degli occhi gialli piuttosto insoliti ed era più pallido rispetto a Stefan e a… Damon…

Il solo pensiero del suo vampiro le fece annebbiare la mente e i suoi occhi si velarono di altre lacrime amare.

“Ok”. Elena annuì, mantenendo la calma. Si voltò e iniziò a passeggiare per la stanza. “Vuoi uccidermi?”

Edward appariva sorpreso, sconcertato e impaurito allo stesso tempo. Quando mai una ragazza umana avrebbe mantenuto la calma alla presenza di un personaggio letterario che tutti credevano inventato e che fra l’altro era un vampiro?

“Cioè… tu non stai correndo per tutta la casa urlando aiuto? Non hai paura che la storia del vampiro vegetariano sia qualcosa di davvero inventato?” le chiese.

Elena alzò le spalle: “Il mio ex è un vampiro. E ora sono innamorata di suo fratello. È un vampiro anche lui, ovviamente. Ci sono abituata. E lui non è esattamente vegetariano…”. Elena alzò le spalle, con fare ovvio. Come se fosse normale vivere con i vampiri e innamorarsi di loro, dei vari fratelli e non aver paura che ti possano prosciugare da un momento all’altro.

“Sì, ma io non ti conosco. Questi vampiri ti conoscono, sono tuoi amici, immagino. Forse è per questo che non bevono il tuo sangue. Non hai paura di un vampiro che non ti conosce nemmeno un po’?” le chiese, seriamente interessato e colpito.

“Se sai che sono innamorata di Damon Salvatore e che farei di tutto per trovarlo o per farlo felice, allora conosci una gran parte di me…” disse lei, sicura di se.

Edward era colpito dalla sicurezza di questa ragazza. Sorrise e poi le chiese, scherzando: “Molto poetic-…”.

Venne interrotto da un bagnoschiuma alla pesca che lo colpì in piena faccia. “… ma non trovi che forse la cosa principale per conoscerti è sapere come ti chiami” concluse, seccato.

Gli occhi di Elena si aprirono in due grandi cerchi e si fece rossa in viso. Edward si ricordò la sua Bella da umana, che arrossiva per niente. Bastava farle un minimo complimento e si sarebbe potuto distinguere il rossore sui suoi piedi, nonostante fossero coperti dai calzini e dalle scarpe. Lui sorrise al ricordo, e venne riportato alla realtà dalla ragazza: “Uh, giusto… ehm, io sono Elena. Elena Gilbert”. Tese la mano e Edward la strinse, moderando la forza. Lei ritrasse la mano e se la mise in tasca.

“Ho fatto qualcosa che non va?” chiese lui, seriamente preoccupato, poi aggiunse con un sorriso: “Non ho la peste…”. Ho la spagnola, pensò lui.

“No, è solo… La tua mano è… molto fredda…” mormorò lei, imbarazzata.

“Oh, i tuoi vampiri sono caldi?” chiese lui, sempre più interessato.

“Certo! Come gli umani! Voi siete così freddi, sempre? Intendo, voi Cullen?”

“Tutti quanti!” confermò lui, annuendo.

Elena annuì più volte, per assimilare il sovraccarico di informazioni. Poi alzò lo sguardo, fissò Edward e ricominciò a tirargli addosso roba, senza tregua e senza pietà. Grazie a Dio Jenna era uscita con Alaric e Jeremy era andato al Grill, altrimenti in quel momento Elena si sarebbe trovata molto probabilmente in un manicomio.

“Tu mi hai portato via Damon!” strillò lei, ricominciando a piangere.

“Chi scusami?” domandò lui, cortesemente mentre evitava un cuscino che cadde poi giù dalla finestra.

“D-A-M-O-N!” sillabò bene lei, parlando come se avesse a che fare con una scimmia.

“N-O-N S-O C-H-I È!” gridò Edward, ormai anche lui disperato.

“Non fare finta di niente!”. Un vaso volò per la stanza.

“Non sto fingendo un bel niente!”. Il vaso si spaccò in mille pezzi.

“Invece sì”. L’acquario dei pesci attraversò la stanza.

“Adesso, smettila, Elena Gilbert!”. I pesci iniziarono a cercare ossigeno e a rimbalzare sul letto, soffocando.

“Io amo Damon, non lo vuoi capire?” singhiozzò Elena.

“Ho capito. Anch’io ho perso una persona che amo tanto” la consolò Edward.

“Chi?! Bella? Ma voi siete sposati, vi siete detti che vi amate! Io stavo per dire a Damon che lo amavo e poi è sparito e sei arrivato tu” Elena puntò un dito accusatore contro Edward.

“Sì è vero, ma non è colpa mia. Non capisco niente di quello che sta succedendo! Qualche minuto fa ero con i miei parenti ed ora sono qui con te. Io ho perso Bella, Nessie e la mia famiglia, tu hai perso Damon. Punto, fine della storia. Non accusarmi di tutto questo casino” gridò Edward.

Elena sbarrò gli occhi, capendo tutto, o almeno una parte.

“Ho capito. C’è stato uno scambio fra te e Damon. Lui ora si trova dove ti trovavi tu!” disse lei, la voce improvvisamente illuminata dalla speranza. “Dove ti trovavi tu?” chiese poi.

“A Forks…” iniziò lui.

“Giusto, come ho fatto a non pensarci prima?” Elena si batté una mano sulla fronte e iniziò a muoversi velocemente per la stanza non sapendo bene dove andare, ancora confusa dal delirio di prima. Forse la cosa migliore era andare a farsi una bella dormita, ma Elena doveva andare da Damon e dirgli che lo amava…

“Senti, Elena, non vorrei essere…” cominciò a dire Edward.

“Sì ho capito. Vuoi che vada a dormire, giusto?” sbuffò la ragazza.

“Ti farà bene. Poi credo che domani potremo iniziare la nostra ricerca… non sono sicuro di quanto durerà…” le disse Edward, evidentemente nascondendo qualcosa.

“Come? Credo che in qualche giorno dovremmo farcela, giusto il tempo per il viaggio e per trovarli in una cittadina più piccola di questa. Tu avrai Bella e io avrò Damon. Problema risolto.” Elena sorrise al ricordo di Damon; usava spesso quell’espressione. La prima volta che l’aveva usata con lei era quando voleva dirle di abbandonare le cheerleader. Per lui era sempre facile: uccidevi la persona che ti creava problemi e il problema era risolto, sempre.

“Ehm… non esattamente. Senti, mi fai vedere una foto di quel Damon” chiese lui, gentilmente, ma sempre con quel tono che nascondeva qualcosa.

“Certo, aspetta che la trovi”. Elena si guardò intorno e sospirò vedendo il disastro che aveva combinato. Edward ridacchiò, beccandosi un’occhiata fulminante da parte della ragazza.

Elena attraversò valorosamente il lago d’acqua, ignorò i cadaveri dei pesci, rivoltò tutti i vestiti ammucchiati e spostò gli oggetti caduti dagli armadi, fino a quando non trovò la sua foto preferita di Damon.

Raffigurava loro due, abbracciati. Stefan non appariva in quella foto, perché essa risaliva all’ultimo periodo, quando Damon l’aveva aiutata a riprendersi dalla rottura con Stefan…

 

[Flashback]

 

Elena fissava Damon, incantata. Lui stava leggendo uno dei libri preferiti di lei, Orgoglio e Pregiudizio. Lei ascoltava, rapita più che dalla storia dalla voce profonda e sensuale di Damon.

 Elizabeth: Fin dall’inizio avete resistito alla mia bellezza e, per quanto riguarda le mie maniere, il mio comportamento nei vostri confronti è sempre stato al limite della scortesia e non vi ho mai rivolto la parola senza desiderare di offendervi piuttosto che il contrario. Ora siate sincero: mi avete ammirato per la mia impertinenza?

Darcy: Vi ho ammirato per la vivacità della vostra intelligenza, questo sì…”

“Dio, ma ci vuole così tanto a capire che c’è attrazione? Tutto questo casino per capire che lui piace a lei e lei piace a lui? Insomma, tutti questi dialoghi dove si danno del voi… che robe da matti. Lo leggo solo per te, sai, Elena. Neanche si baciano, nessuna scena piccante… Che palle” stava criticando Damon.

Elena aveva una voglia matta di saltargli addosso, di togliergli quel libro dalle mani e di tirarlo dall’altra parte della stanza. E baciarlo. Toccare quelle labbra estremamente provocanti, farle finalmente sue. Ma non ci riusciva perché sapeva che era sbagliato. O almeno era quello di cui Elena stava cercando di convincersi.

“No, Damon. Insomma… è una storia d’amore antica, dove l’amore veniva inteso in un modo diverso da come lo intendiamo noi oggi…” Elena si rendeva perfettamente conto di dire cose scontate, ma cosa mai poteva dire con gli occhi di Damon che la stavano fissando. Quegli occhi blu, intensi e profondi…

“Tutto ok?” chiese lui, sinceramente preoccupato. Damon l’amava troppo, e ne era perfettamente consapevole, ma non poteva rovinare la loro amicizia, soprattutto quando lei aveva così tanto bisogno di aiuto.

“Sì, certo…” rispose lei.

Damon la fissò per un attimo, cercando di convincersi che stesse dicendo la verità. Poi distolse lo sguardo che si posò invece sulla macchina fotografica. “Ehi, che ne dici se ci facciamo una foto?” suggerì lui.

Elena sorrise e annuì, felice. Damon adorava vederla sorridente dopo tanto tempo. Si avvicinò a lei, le mise un braccio intorno alla schiena e con l’altro scattò la foto.

La prima venne male: la faccia di Elena era venuta tagliata. I tentativi successivi non furono migliori. Finalmente, la quindicesima foto venne bene: Elena sorrideva in modo naturale e guardava Damon ridendo, mentre lui fissava l’obiettivo, anche lui sorridendo.

Sembravano una coppia felice, e chiunque avesse visto la foto avrebbe detto che i due erano fidanzati e innamorati persi. Lo si capiva dalla luce che illuminava i loro occhi.

Damon, appena vista l’ultima foto, chiese il parere a Elena.

“Mi piace. È davvero bellissima” disse lei. Lui si alzò e andò verso il computer, mentre Elena già soffriva di nostalgia per qualche metro di distanza.

Pochi minuti dopo Damon ritornò con la foto stampata. Afferrò la cornice vuota che una volta conteneva la foto di Elena e Stefan e ci infilò dentro quella nuova. Poi la posò sul comodino di lei e le disse piano: “Così quando non ci potrò essere ti ricorderai di me”.

“Grazie, Damon. Ti voglio bene.”

“Anch’io, Elena”.

Rimasero abbracciati per chissà quanto tempo, felici perché erano vicini e perché erano insieme, senza nessun altro che li poteva interrompere.

 

 

Edward fissò la foto e riuscì solamente a dire: “Mi sa che ci serviranno più di qualche giorno…”

“Perché?” chiese curiosa Elena, ma anche preoccupata. Che avrebbe detto a Jenna? Doveva studiare per il diploma, la zia non le avrebbe mai permesso di scappare con uno sconosciuto per andare a cercare Damon.

“Perché il tuo caro Damon è… beh, un figo da paura” concluse Edward, non trovando dei sinonimi adatti.

Elena sorrise orgogliosa, all’inizio non comprendendo fino in fondo il significato di quello che le stava cercando di dire Edward.

“No, Damon non lo farebbe mai…” iniziò, ma poi si rese conto che quella che lo amava era lei. Lui non amava lei, e questo poteva risultare un problema. Ma non poteva credere che Bella avrebbe tradito Edward, anche se Damon poteva risultare molto persuasivo a volte.

“Ma perché Bella dovrebbe andare via con lui?” chiese Elena.

“Abbiamo avuto una discussione” rispose semplicemente Edward, con un tono che voleva chiaramente mettere fine alla conversazione.

“Oh Dio. Questo potrebbe complicare le cose… credo che me andrò a dormire. Ne ho bisogno” mormorò a se stessa Elena. Ormai Edward non la stava più ascoltando, annebbiato dal ricordo di Bella e della loro figlia.

Elena si infilò sotto le coperte e poco prima di cadere in un sonno profondo riuscì a mormorare: “Ehi Cullen!”

Lui si voltò, sorpreso che Elena riuscisse ancora a tenere gli occhi aperti. “Sì?”

“Ti odio, anche se non hai fatto niente” disse lei.

Lui sorrise: “Anch’io, Elena.”.

 

 

 

Angolino della Matta Fra o.O

Ciao a tutti! Beh, devo dire che mi aspettavo più recensioni visto il grandioso risultato del primo capitolo… sono comunque contenta e ringrazio dieci milioni di volte le tre grandiose ragazze che mi hanno recensito.

Ringrazio chi ha aggiunto la storia fra le seguite, le preferite e da ricordare.

Ringrazio chi legge in silenzio.

Vi auguro di trovare tantissimi bellissimi regali sotto l’albero domani mattina… e io spero di trovare tante recensioni! Che ne dite? Beh, comunque vada, vi ringrazio sempre e tantissimo per leggere questa storia che sta prendendo pure me, incredibile!

Bacioni e tantissimi auguri di Buon Natale e di felice 2011, anche se spero di riuscire a rinnovare gli auguri per l’anno nuovo in tempo postando il 4 capitolo!

Bacioni enormi a tutte,

♥♥ Fra

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Capitolo 4
*** Amici ***


4. AMICI

 

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Bella aveva afferrato la mano di Damon ed era fuggita dal ristorante, non voleva più affrontare tutto quello che stava succedendo; Edward era sparito, ora c’era Damon. Bella sentiva di doversi assolutamente prendere una pausa per riflettere e sfogarsi. Lei non voleva più stare a contatto con la realtà per almeno qualche minuto. Non aveva più la possibilità di dormire e sognare per isolarsi dal resto del mondo, come faceva da umana; poteva solamente distrarsi nei modi più assurdi: quello di Alice era fare shopping, quello di Emmett era cacciare e il suo era correre. Bella adorava sentire il vento gelido e l’aria che le sfiorava la pelle del viso e delle braccia scoperte. A differenza di quand’era umana, amava sentire le sue gambe muoversi con agilità sul terreno. Non le venivano mai dolori da nessuna parte per il troppo sforzo e Bella adorava ogni aspetto della corsa da vampiro. Non aveva mai amato così tanto correre in tutta la sua vita.

Non sapeva con esattezza perché si era portata via Damon, uno sconosciuto a tutti gli effetti. Bella sapeva soltanto che quando aveva visto Carlisle dare i numeri lei aveva capito che non avrebbe retto quella situazione così troppo insolita ancora per molto, e aveva approfittato del momento per andarsene e scappare. E si era portata via Damon per… non per metterlo in salvo da Carlisle, perché sapeva che comunque il dottore non avrebbe esagerato e avrebbe ripreso presto il controllo di se, ma perché aveva un bisogno insaziabile di parlare con qualcuno, di sfogarsi con uno sconosciuto, con qualcuno che non finisse per preoccuparsi per lei.

Correvano lungo la strada fra gli alberi, per non farsi notare dalle macchine che sfrecciavano accanto a loro. Bella aveva lasciato la mano di Damon, perché improvvisamente era stata assalita dalla sensazione che forse era meglio così, per se stessa ma anche per lui.

Bella era veloce come un puma, e Damon iniziava a fare fatica a tenere il suo passo. Sentiva la stanchezza che lo assaliva, dopotutto la cena non l’aveva ancora fatta e questo cambio di programma non facilitava le cose. Aveva un disperato e insaziabile bisogno di bere. Gli sarebbe bastata anche una puzzola…

Lui iniziò a rallentare sempre più visibilmente e la distanza che separava i due vampiri era sempre più evidente. Bella pareva non accorgersene; era troppo occupata a bearsi della sensazione dell’aria sulla propria pelle. E Damon aveva capito che lei non si sarebbe distratta dalla corsa nemmeno a pagarla, così si fermò e le urlò, piegato in due per lo sforzo immenso: “Ehi! Bella, per favore…”. Damon prese un respiro profondo e riprese a parlare il più forte possibile, prima che Bella si allontanasse troppo. Era una fortuna che lei avesse deciso di zigzagare un pochino per godersi meglio il paesaggio, nonostante fosse sempre lo stesso che vedeva ogni giorno, ma oggi le appariva diverso. “Senti… fermati!” ansimò Damon.

L’orecchio vampiresco di Bella si accorse che lui la stava chiamando e si voltò, curiosa di quale fosse il problema. Poi lo vide accasciato a terra, ansimando per la corsa.

“Oh mio Dio! Perché non mi avevi detto che voi vampiri dagli occhi azzurri avete un limite?” esclamò Bella, avvicinandosi preoccupata e posando una mano sulla spalla di Damon.

“Mi piacciono le… sfide” ansimò Damon.

Bella alzò gli occhi al cielo: sarebbe perfettamente andato d’accordo con Emmett.

“Sì, anche se poi svieni a terra semi-morto?” chiese lei.

“Meno…” rispose Damon, iniziano a riprendere fiato.

Bella sorrise. Damon le stava simpatico. “Dai, ora camminiamo”disse lei, con un tono dolce tipico di quando parlava con Nessie. Damon pareva così piccolo in quel momento.

“Dove andiamo?” domandò lui.

Bella improvvisò, visto che il suo programma era vagare per il bosco e poi iniziare a tormentarlo con i suoi problemi: “Ehm… a una caffetteria”.

“Ok… ma qui siamo in mezzo al nulla. Ti rendi conto? Non arriveremo mai” le fece notare Damon.

Bella apparve un po’ persa, poi capì: a questo non ci aveva proprio pensato…

Damon parve capire che qualcosa non andava e propose il suo “metodo”, senza spiegarglielo.

Probabilmente Bella si sarebbe opposta.

La prese per un braccio e la trascinò proprio sul ciglio della strada, mentre lei era chiaramente dubbiosa e esitante. “Ehm… Damon? Che diavolo stai facendo?” chiese lei.

Lui non rispose. Fece il suo sorriso migliore, quello che illuminava la notte, e si sistemò dove un automobilista avrebbe potuto chiaramente vederlo. Gli serviva una donna al volante, con un uomo non avrebbe di certo funzionato.

Passarono qualche auto, e poi una si fermò. L’autista abbassò il finestrino e i due vampiri videro una ragazza sui trent’anni, non troppo giovane ma nemmeno vecchia.

“Ehi, che fai lì?” gli disse, in tono seducente, facendo un cenno col chiaro invito a salire.

Bella lo guardava ad occhi aperti; quando lo vide avvicinarsi al finestrino abbassato quasi le “mancò il respiro”. Cosa stava facendo?

“Ehi, chi è quella?!” chiese la ragazza, indicando Bella, con un tono fra l’infastidito e il sorpreso.

“Nessuno che ti interessi. Avvicinati.” le ordinò Damon, con quella voce così tremendamente sexy e provocante.

La ragazza, come una calamita, raggiunse Damon sedendosi sul sedile del passeggero senza mai staccare gli occhi da lui. Erano come incatenati. Bella assisteva a tutto quello spettacolo senza avere il coraggio di interromperlo.

“Come si chiama la caffetteria?” chiese Damon, voltandosi velocemente verso la vampira.

“Ehm… Caffè Forks” sussurrò Bella. Un millesimo di secondo dopo lui stava già soggiogando la ragazza.

“Noi siamo tuoi amici, e ora tu ci porterai al Caffè Forks all’istante, e poi ci lascerai lì e te andrai a casa e non ricorderai niente di questa conversazione e di quello che è successo stasera”

“Sapete? Vi accompagno al Caffè Forks se è lì che dovete andare!” annunciò la ragazza, con un sorriso smagliante.

“Bene, credo che accetteremo il tuo passaggio, non è vero, Bella?” chiese Damon, girandosi verso la vampira, che annuì incerta.

Salirono in macchina mentre la ragazza li portava e li lasciava davanti al Caffè Forks. Nessuno dei due aveva parlato durante il viaggio. Avevano solo pensato: Bella pensava a come fare con Edward, voleva risolvere i suoi problemi con lui.

A pensare a lui le si velavano gli occhi di lacrime che non poteva più versare; Edward, suo marito, colui che l’aveva sempre resa felice. Per tutti quegli anni, il vampiro di cui si era innamorata era sempre riuscito a farla sentire più che amata, e lei non aveva mai smesso di ricambiare il suo amore. Mai. Nemmeno ora, nemmeno per quella litigata. Nonostante tutto, lo amava e lo avrebbe amato per sempre. Non sapeva perché prima aveva detto quello cose così cattive, aveva bisogno di chiarire e di abbracciarlo. Le mancava.

Il cuore di Bella era sempre stato pieno di amore per Edward e per la loro figlia. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per loro. E in questo momento lei si trovava con un ragazzo incredibilmente sexy, ed era sbagliato. Lei voleva Edward, e non aveva la più pallida idea di dove si trovasse.

Damon intanto pensava a Elena; poche ore prima si trovava da lei, come ogni sera. Amava consolarla e vederla sorridere. Desiderava vedere il suo sorriso in ogni momento della giornata, quel sorriso che lui, Damon Salvatore, era riuscito a far ricomparire dopo giorni sul volto dolce e innocente di Elena. Quel viso che amava così tanto e a cui pensava sempre. Quegli occhi che ora gli mancavano così tanto. Era innamorato e ne era pienamente consapevole.

Non è che non gli piaceva stare con Bella; era stata carina con lui, lo aveva accolto piuttosto bene ed era riuscito a entrare nella conversazione con i Cullen, sempre per merito di quella vampira piuttosto strana. Non poteva nemmeno soggiogare la gente, da quello che aveva capito dalla faccia che aveva fatto poco prima. Non sapeva nemmeno perché quando l’aveva vista avrebbe voluto socializzare “intimamente” con lei… era bella, su questo non c’era dubbio. Ma questo non lo giustificava.

Però aveva la certezza che se Bella non avesse opposto resistenza a lui, lui si sarebbe fermato. Il volto di  Elena sarebbe apparso così vividamente da fargli capire che stava facendo la cosa sbagliata. Il cuore di Damon apparteneva solamente a Elena. E Damon, nonostante non stessero neanche insieme, non l’avrebbe tradita.

Bella da quel momento, sempre che lei fosse stata d’accordo, sarebbe stata solamente un’amica. Niente di più.

La ragazza parcheggiò con un’abile manovra davanti al Caffè Forks. Bella non se ne rese conto fino a quando non vide la pilota girarsi e strillare allegra: “Siamo arrivati!”.

Damon scese senza fare troppe storie, mentre Bella fu un po’ più lenta. Quando finalmente riuscì ad aprire la porta e a mettere le gambe fuori dalla vettura, trovò Damon appoggiato a un muro.

Lo raggiunse mentre la ragazza se ne andava con la sua macchina.

“Ma… che hai fatto a quella ragazza?” chiese lei, scioccata.

“Nulla. L’ho solamente soggiogata. Credo che la vostra specie di vampiri non possa farlo”. Damon alzò le spalle.

“Ma… starà bene? Non ricorderà niente?” domandò Bella, preoccupata per la ragazza.

“Certo! Non preoccuparti per lei, l’ho fatto solamente perché altrimenti saremmo arrivati domani, per colpa mia. E io ho trovato il rimedio” disse Damon, sorridendo a 250 Watt.

“Ehm… grazie” mormorò Bella, non ancora del tutto convinta e confusa da quel sorriso.

“Di niente” rispose il vampiro, mentre entravano nella caffetteria. Lui si guardò attorno, mentre Bella ne fece a meno visto che conosceva anche dove stava ogni singolo granello di polvere.

Una cameriera bionda e mascherata dal trucco si precipitò verso di loro per assegnarli un tavolo. Avere Damon voleva dire avere la garanzia sul posto al ristorante, se beccavi la cameriera femmina.

“Salve, ecco a voi”. La cameriera porse due listini a Damon e a Bella. Li fece accomodare a un tavolo appartato e Damon ordinò subito due cioccolate, per evitare di rivederla una volta in più.

“Spero che vada bene” si scusò Damon, “ma quella proprio non la sopporto” aggiunse.

“Sì figurati…” rispose in un sussurro lei.

Per un momento nessuno parlò, poi Bella perse il controllo e iniziò a parlare. Doveva parlare e sfogarsi, era venuta lì per quello, giusto? Non avrebbe voluto tartassare Damon con i suoi problemi, ma non riuscì a resistere, doveva assolutamente liberarsi di tutti i problemi che le pesavano troppo.

“La mia vita… non fa schifo. Stiamo scherzando? È bellissima, ma… insomma, Edward mi ha sempre dato tutto quello che volevo. Mi ha amata, io lo ho amato. E ci amiamo ancora, ma non può andare avanti così…” attaccò Bella. Damon, inizialmente sorpreso per quello scatto dopo minuti di imbarazzante silenzio, decise di ascoltarla.

“Ecco le vostre ordinaz-“ annunciò la cameriera, ma venne interrotta da una Bella infastidita per essere stata interrotta da una tipa con una cioccolata che neanche poteva bere.

“Sì, ok. Ora vattene. Non vedi che sto parlando?” domandò Bella, seccata. La cameriera la guardò indignata; dai suoi occhi si vedeva che avrebbe voluto farsi scivolare “accidentalmente” la cioccolata di mano sulla camicia di Bella.

“Oh scusami, sai”. La cameriera se ne andò tutta sculettante, cercando di attirare l’attenzione di Damon, che aveva occhi solamente per Bella e le cioccolate.

Bella proseguiva con il suo monologo da un quarto d’ora. Damon ce l’aveva messa tutta a provare a distoglierla dal suo discorso con gentilezza, ma senza successo, nonostante tutto l’impegno che ci aveva messo. Damon aveva qualche domanda su quello che Bella stava dicendo, ma lei non gli permetteva di chiedere niente.

Dopo venti minuti Damon crollò. Il monologo era sempre più monotono e noioso, Bella si stava ripetendo.

“… Nessie non deve soffrire. Si sentirà in colpa; lei pensa che la causa dei nostri litigi è lei, perché ha sposato Jacob, ma in realtà è Edward la causa di tutto questo casino. Lui è così testardo: non ci prova nemmeno seriamente a farsi piacere Jake. Non vuole proprio capire che è un bravo ragazzo, certo… è un licantropo ma che c’entra? Lui mi aiutata tantissimo quando Edward mi aveva lasciata…”

Damon voleva far riposare le sue orecchie per qualche benedetto secondo, e non gliene fregava niente se sarebbe suonato scortese: “La bevi la tua cioccolata? Diventa fredda, sai?”.

Bella lo fissò con gli occhi dilatati, come se si rendesse finalmente conto che stava parlando da un tempo esageratamente lungo e non aveva minimente coinvolto il suo compagno nella conversazione. D’altro canto, come avrebbe potuto? Damon non ci capiva niente di quello che stava dicendo lei: erano tutti nomi sconosciuti, eventi ammassati e confusi fra di loro, come se ogni anno della vita di Bella fosse stato caratterizzato da una tragedia o da un evento particolarmente memorabile per la sua bellezza o bruttezza.

“Uh, ehm, sì… giusto la cioccolata” balbettò Bella, nella sua insicurezza.

“Siamo messi male”, pensò Damon, “questa è così scossa da non saper afferrare una tazza”.

Damon voleva capire questa ragazza, anche se temeva che se le avesse fatto una domanda il monologo sarebbe ricominciato per non finire mai. “Allora… non bevi? Non ne hai voglia? Se preferisci qua hanno anche il caffè, succhi…” disse Damon, gentile, scorrendo con l’occhio il listino della cameriera-mascherata. Vedendo Bella sempre più in difficoltà non sapeva cosa pensare: era spaventata per una bevanda? “…Vodka, Tequila…” continuò con un sorriso dei suoi, cercando di persuaderla.

“Senti, io non bevo” disse lei, dopo aver preso un profondo respiro.

Lui la guardò interrogativo: “Beh, ma qui hanno anche Coca, Fanta…”

Lei scosse la testa: “No, no. Mi hai frainteso; io non bevo proprio, non è che non bevo alcolici”.

Damon aggrottò la fronte e riuscì a pronunciare un semplice e sonoro “ah”. Si riprese velocemente e propose un gelato.

“No, Damon io… non mangio e non bevo” sussurrò lei, avvicinandosi con la testa per non farsi sentire dai tavoli vicini. Effettivamente poteva suonare un po’ da matti.

“Oh… ho capito! Tu vuoi Bambi!” disse Damon, battendosi una mano sulla fronte come per dire “ma perché non ci ho pensato prima?”.

“Già, ehm… potresti non urlare?” chiese lei timidamente.

“Ma certo. Beh qui non hanno Bambi, mi dispiace…” la informò lui, sorridendo.

“Non importa, non ho sete”.

“Allora, se non bevi…” Damon sorrise, complice. Afferrò la tazza di cioccolata e la bevve velocemente, mentre Bella accennava a una risatina.

I due rimasero per qualche lungo minuto in silenzio. Damon riusciva solamente a pensare a Elena, a dove fosse e se fosse sparita anche lei. Chissà cosa sarebbe successo in quel bagno se non fosse successo quel casino. Magari lui le avrebbe detto che l’amava, e lei avrebbe detto che lo amava anche lei, e si sarebbero baciati con passione… “Basta, Damon. Basta” s’impose mentalmente lui.

Invece Bella pensava a come avrebbe fatto a risolvere i problemi con Edward. Non sapeva dov’era, non sapeva dove andarlo a cercare…

“Senti, lo so che ti sto rompendo come non so cosa, ma… è che non ho mai nessuno con cui parlare. Nessie ci sarebbe, ma non posso dirle quello che sto dicendo a te ora, non credi? Dimmi di te, dai” lo incitò lei.

Damon aggrottò le sopracciglia e si strinse nelle spalle, cercando nella mente che cosa poteva dire. Non aveva mai detto apertamente a qualcuno come stavano le cose e aveva paura di farlo con una semisconosciuta.

Bella lo fissò, chiaramente attendendo una risposta.

“Non c’è molto da dire, davvero” disse lui, sperando di essere convincente.

Ma non fu così, perché Bella subito gli fece notare che i suoi occhi parlavano chiaro. “Tu sei uno di quei ragazzi che appaiono superficiali e non vogliono ammettere di provare dei sentimenti. Lo so che sei una persona profonda, Damon. Lo capisco. E comprendo perfettamente anche il fatto che vuoi nasconderti e non parlare con nessuno di ciò che provi e dei tuoi problemi ma, credimi, non funzionerà. Soffrirai sempre e comunque. Non posso garantirti che saprò darti una soluzione al tuo problema, e nemmeno che ti sentirai meglio ma, davvero, mi piacerebbe provare ad aiutarti” lo esortò di nuovo Bella, cercando di essere convincente e sembrare il più dolce possibile, come se avesse a che fare con un bambino impaurito. Perché dentro, molto profondamente, Damon era proprio così: un bambino, che non capisce completamente quello che gli sta accadendo.

Damon provò a convincerla che non c’era proprio niente, che non aveva problemi, ma senza successo. Ancora una volta, i suoi bellissimi e profondi occhi blu parlavano chiaro.

“Non parlerò, Bella. Scordatelo” brontolò lui risoluto.

“E se ti faccio le domande partendo dalle basi?” lo supplicò lei. Anche senza gli occhi da cucciolo indifeso, Bella sapeva influenzare la gente e farla cedere in tempi piuttosto rapidi.

“Va bene, ma sappi che sarò sintetico… molto, sintetico” sbuffò Damon, sconfitto e amareggiato dalla sconfitta. In genere lui non perdeva mai, e il fatto di non poter nemmeno usare il potere dell’influenza mentale su un vampiro lo faceva imbestialire più del solito. Ma, chissà, forse Bella aveva ragione. Forse avrebbe saputo dargli dei consigli, e lui si sarebbe sentito meglio. Si convinse che forse stava prendendo la strada giusta.

“Ok. Come ti chiami?” domandò Bella.

“Damon Salvatore” rispose lui, alzando gli occhi al cielo.

“Ah ah, non fare quella faccia. Io ti ho dato la possibilità di fare il tuo bel discorso, ma tu hai rifiutato” disse lei, sorridendo divertita.

“No, no va bene così” mentì Damon. A dir la verità, nessuna delle opzioni da lei proposte andavano bene, e sin da subito Damon iniziava a trovare l’intera faccenda sempre più ridicola.

“D’ora in poi ignorerò le tue lamentele, sia chiaro. Bene, Salvatore… cognome interessante. Vieni dall’Italia?” chiese Bella, sinceramente interessata. Chissà se aveva dei legami con i Volturi…

“Sì, Firenze” rispose lui, guardando da un’altra parte. Sì. La confessione con prete Bella stava davvero abbassando la sua autostima.

“Mmmmm… conosci un certo Aro? O Caius? O Marcus?”. Gli occhi di Bella si fecero grandi e luminosi, accesi da un insensato entusiasmo.

“No, temo di no. Mi dispiace” disse lui, “è da tanto che non ci vado”.

“Oh, beh, non importa” rispose lei, alzando le spalle.

“L’interrogatorio è finito?” sbuffò Damon, cambiando argomento.

Bella si risvegliò dalle sue riflessioni e fece un cenno negativo con il capo. “Ho solamente iniziato!”.

“Età, hobby e famiglia. Parti” ordinò lei, con un tono autoritario.

“Ok… bene sono vampiro dal 1864. Ero figlio di Giuseppe Salvatore… ho un fratello Stefan. Lui è a Mystic Falls, dove poco fa mi trovavo anch’io. E… non ho hobby, ad essere sinceri” raccontò lui, anche se sembrava che quello che diceva l’aveva imparato a memoria e lo stava semplicemente ripetendo, perché il suo tono era privo di qualsiasi tipo di emozione.

“Chi ti ha trasformato?” chiese Bella.

“Una donna. Katherine”. Damon fece una pausa, prese un bel respiro e non riuscì a trattenere una lacrima. Se l’asciugò velocemente, fingendo di doversi pulire la bocca. Quella stronza gli ricordava, ovviamente fisicamente, in modo intenso la sua Elena.

“Oddio, Damon! Scusami, non volevo. Sul serio, davvero, mi dispiace!” mormorò Bella.

“No, non preoccuparti. Sto bene. Lei era… beh, la donna più bella che avessi mai visto. Non avevo mai visto una donna del genere… era divertente, unica, ma anche molto egoista.

Era venuta in visita dai Salvatore, nobili, e mio fratello si innamorò di lei. Ma anch’io. Lei fece credere a entrambi che il suo unico amore fossimo noi. Ci controllava la mente, ci impediva di farci fare qualsiasi cosa che noi volevamo fare. Eravamo completamente al suo servizio.

Poi… beh ci trasformò e… ecco tutto. Ho passato i successivi duecento anni pensando che lei pensasse a me, che mi stesse cercando. In realtà, poi ho scoperto che lei sapeva benissimo dove mi trovavo ma non gliene importava niente. L’ho amata per ottenere nulla in cambio della mia sofferenza. Ora sono innamorato di un’altra ragazza, Elena. Per misteriose ragione e molto complicate, loro sono identiche fisicamente. Ma dentro… sono completamente diverse. Elena è dolce, gentile, altruista…”. Damon si perse ad aggiungere i dettagli della sua storia di sofferenze e di amore intenso, mentre Bella rideva e si commoveva a seconda del momento. Damon raccontò di come Elena l’aveva cambiato, di come il piacere di uccidere non faceva più parte del suo stile di vita. Raccontò di Stefan, che in fondo gli vuole bene, ma che quello che ha fatto a Elena non glielo ha ancora perdonato.

Damon pianse mentre riviveva tutto quello che aveva passato, e Bella lo abbracciò. Avrebbe voluto piangere con lui, fargli capire che non era solo.

“La ritroverai” promise Bella. “Io ti aiuterò. Te lo prometto, Damon”. Improvvisamente, i problemi che l’avevano tormentata fino a pochi minuti prima non avevano più tanta importanza. Bella riusciva solamente a pensare a Damon, che l’aveva incantata dapprima con i suoi modi provocanti e i suoi occhi azzurri, ora per la profondità dei sentimenti di quel ragazzo. Aveva capito il perché di tante cose che erano successe quella sera e non avrebbe permesso che Damon soffrisse ancora, sarebbe riuscita a riaccompagnarlo da lei, anche a costo di non tornare a casa per mesi. È vero, c’era Nessie di cui preoccuparsi, anche se non era più una bambina. Magari Bella sarebbe ritornata a salutarla per qualche ora mentre Damon dormiva, ma niente di più. Sì, i vampiri di Mystic Falls dormivano. E Mystic Falls era il posto da cui Damon veniva, glielo aveva detto prima.

Di una cosa era assolutamente certa: Damon Salvatore era un suo nuovo grande amico e lo avrebbe aiutato, proprio come fa un’amica sincera.

Damon si asciugò le lacrime che da parecchi minuti, con sua grande sorpresa e stupore, erano iniziate a sgorgare dai suoi occhi e avevano rigato le sue guance, fino a scendere sul collo e a bagnare la camicia nera. “Grazie, non me lo merito, davvero” sussurrò Damon.

“Scherzi? Hai fatto cose sbagliate, ma l’importante è che hai capito i tuoi errori. E poi, ami davvero Elena: ogni volta che l’hai nominata o solamente accennata nel tuo discorso, prima, ho visto come ti si illuminava il viso. La ami, Damon, ti credo” dichiarò Bella.

“Io…” mormorò Damon, stupito dal suo imbarazzo. Damon Salvatore imbarazzato? Non era mai accaduto prima d’ora.

Bella allungò una mano fino a coprire quella del vampiro, e la strinse forte, ma nel modo per solidificare una grande amicizia che è solamente agli inizi, e che entrambi sapevano sarebbe durata per l’eternità, anche quando non sarebbero più stati legati dal casino che era successo poche ore prima.

“Ehi, sai che prima al ristorante ho detto che Edward, mio marito, è sparito?” disse Bella, per alleggerire la tensione, cambiando argomento.

“Ehm… sì. Oddio!”esclamò Damon.

“Ho capito! Come può essere successo?” chiese Bella, stupita.

Damon stava scuotendo la testa, sforzandosi di pensare come era potuta accadere una cosa del genere, ma l’unica frase che gli venne da dire fu l’ovvio: “Io e Edward siamo stati… scambiati. Quindi lui è a…”

“…Mystic Falls e tu invece sei qui con me…”

“…a Forks, il che significa che…”

“…Elena…”

“…è con Edward” concluse Damon, improvvisamente agitato.

“Non devi preoccuparti. Edward non le farebbe mai del male. Scusami la domanda… hai letto Twilight?” chiese lei.

“Sì… Dio che libro assurdo!” rispose lui, alzando gli occhi al cielo. Poi la risata di Bella lo risvegliò da chissà quale tipo di dormiveglia. Come aveva potuto non pensarci prima?

“I Cullen, Bella, Edward… il leone e l’agnello, uh, che scemo!” esclamò lui.

Bella rideva come una matta.

“Ehi, ma tu mi hai detto che hai una figlia…” disse lui, non capendo.

“Ehi, mi sa che ti sei perso Breaking Dawn!” rise lei.

“Ops, ma è il terzo?”

“No, il quarto!”. Bella rideva sempre di più.

“Sai che ti dico? È meglio che mi racconti un po’ di te!” disse lui, divertito, lasciando i soldi per il conto sul tavolo. Prese per mano Bella, ovviamente come amica, mentre lei iniziò a raccontare tutta la sua storia coinvolgendolo, a differenza di come aveva fatto prima.

E insieme si avviarono verso la strada, senza una meta. L’importante era conoscersi fino in fondo, e più sarebbe durato quel momento magico, più sarebbero stati felici.

 

 

Angolino della Matta Fra o.O

Ehilà! Mi scuso per l’enorme ritardo e per questo schifo che avete potuto leggere. Se ho scritto tutto questa sera dovete ringraziare la mitica TVD (non sta per The Vampire Diaries, è un nickname di una bravissima scrittrice qui su EFP) che mi ha incoraggiata con un messaggio che mi ha illuminato il viso e fatto accelerare il battito cardiaco.

Ringrazio per le 6 recensioni. Dico, voi mi volete far morire! Ho ricevuto 14 recensioni in 3 capitoli? Vi amo, ognuna di voi!

Mi scuso se a voi non piace particolarmente il cambiamento che ho fatto nei personaggi di Twilight, ma ho trovato che sarebbe stato più divertente. Mi dispiace se alcuni di voi non hanno fatto altrettanto. Ringrazio per gli infiniti complimenti che ho ricevuto, vi adoro.

Alla prossima (spero di riuscire ad aggiornare un po’ prima XD)

Mi scuso se avete letto errori, ma ieri volevo postare ma non avevo più tempo. Ora ho riletto il capitolo, ho corretto un tempo verbale da pelle d’oca e ho aggiunto le immagini (spero che vengano fuori!).

Baci Fra

 

 

 

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Capitolo 5
*** Partenza ***


5. PARTENZA

 

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Bonnie si alzò tardi la mattina dopo. L’incantesimo era stato piuttosto faticoso e le aveva richiesto un grande sforzo. In quel momento voleva solamente dormire, dormire e dormire, ma non poteva. Doveva avere la conferma che l’incantesimo avesse funzionato, e non c’era altro modo che andare a scuola. Probabilmente, conoscendo Elena da sempre, lei avrebbe iniziato la conversazione con “ho fatto un sogno stranissimo…” e glielo avrebbe raccontato dopo averla pregata di farlo per qualche minuto. Se Elena avesse detto di aver sognato, per quanto assurdo potesse sembrare, proprio l’Edward Cullen di Twilight, allora Bonnie avrebbe avuto la conferma che il suo incantesimo aveva avuto un esito positivo. E non vedeva l’ora di scoprirlo.

Con quel pensiero, si alzò, indossò le sue ciabattine rosa e scese le scale, pronta per fare colazione e andare a prendere la sua migliore amica.

 

Bella stava guardando Damon dormire. Erano andati a casa sua... e di Edward. Cercò di non pensare troppo al marito, senza troppo successo. Sperava solamente che lei e Damon erano sulla strada giusta e Edward si trovava davvero a Mystic Falls. Se così non fosse stato… Bella non voleva nemmeno pensarci.

Bella ovviamente era rimasta sveglia per tutta la notte, per controllare che nessuno arrivasse; non era il caso che qualcuno la vedesse con Damon Salvatore. No, non era proprio il caso. Qualcuno avrebbe potuto farsi venire in mente strane idee e interpretare male la vista di Damon nel suo letto, fra l’altro senza camicia. Non era successo assolutamente niente fra di loro, lei non avrebbe mai tradito suo marito, anche se non poteva fare a meno di pensare che quella Elena era davvero fortunata ad avere un amico e probabilmente un futuro fidanzato del genere. Sarebbe stata invidiata da mezza città da cui provenivano. Damon era bello, in poche, semplici e riduttive parole. Innegabilmente bello, ma Bella non provava nemmeno un briciolo di attrazione nei suoi confronti.

Era strano vedere un vampiro dormire, ma si era abituata alle stranezze della specie di Damon in una sola serata: aveva un limite per gli sforzi, non aveva gli occhi rossi o gialli, poteva soggiogare la mente delle persone… sì, era proprio diverso da lei. L’unica cosa che gli accomunava era la perdita di una persona e il fatto che entrambi appartenessero alla classe “vampiri”.

Damon si rivoltò fra le coperte, e Bella capì che si era svegliato.

“Buongiorno! Vuoi fare colazione?” lo salutò Bella.

“Eh? Come? Ah… hai A positivo? Oppure AB negativo? Ho una certa voglia… e se fosse a temperatura 37.6° ancora meg-“ cominciò lui, ma Bella lo interruppe con la sua risata cristallina. “No, caro mio. Qui abbiamo alci, puma…”.

“Sì anche puzzole, probabilmente…” borbottò lui, ricordando un dettaglio simpatico della sera prima. Vide Bella imbarazzata; se avesse potuto sarebbe diventata rossa come un pomodoro maturo. “Sì, ci sono anche quelle…” mormorò, cercando di nascondersi nei capelli.

“Lo immaginavo. Ehi, va bene tutto. Basta che non sia… piumato” disse Damon, disgustato al solo pensiero di dissanguare un pettirosso o un gufo.

“Sì non preoccuparti. C’è ampia scelta. Un lupo, ti va?” chiese Bella, mascherando un sorriso.

“Uh, perfetto. Non troppo peloso, possibilmente” rispose Damon.

“Te lo sconsiglio. Qui i lupi sono licantropi, sai? Nemici dei vampiri. O meglio, lo sarebbero, se non avessimo una tregua. Credo che capirai che se noi li mangiassimo, la tregua verrebbe infranta. Non so se dalle tue parti ci sono dei lupi mannari” ridacchiò Bella.

“Uno… forse di più. Una tregua? Perché? Comunque, come fate a resistere al sangue dei lupi? Cioè, deve essere buono, in confronto a quello di un procione” rifletté Damon.

“No, fa schifo. Puzza da morire. E comunque, la tregua ha una lunga storia. Ah, oggi andiamo a trovare mia figlia. Devo avvisarla che parto, o andrà fuori di testa. Lei vive nella riserva di La Push. È piena di licantropi. Ora… il marito di mia figlia è un licantropo…” iniziò Bella.

“Che cosa? Come hai potuto permettere che tua figlia sposasse un licantropo?! Se puzza…” domandò Damon, scandalizzato.

“Imprinting, comunque dicevo che…” ricominciò Bella, ma venne nuovamente interrotta.

“Imprinchecosa?” ripeté Damon.

“Imprinting! Vuol dire… colpo di fulmine. Ecco ti stavo dicendo che visto che Nessie è sposata con un licantropo, allora i Cullen, ossia io e la mia famiglia, hanno il permesso di andare alla riserva un po’ di volte alla settimana. Ma tu non sei un Cullen, quindi… è meglio che non entri, per sicurezza” spiegò Bella.

Damon però l’ascoltava solo con un orecchio. Era invece intento a pensare al fatto che forse questo imprinting era venuto anche a lui, con Elena, se significava colpo di fulmine. Sin dall’inizio fra loro due c’era stata dell’intesa, un qualcosa di unico. Avrebbe a chiesto a Bella di questa cosa durante il viaggio, ora doveva assolutamente bere.

“Damon?” lo chiamò Bella.

“Uh, eh, sì? Eh?” disse lui, risvegliandosi dal suo stato di riflessione in un altro mondo.

“Andiamo a caccia? Ti senti bene?” chiese Bella, preoccupata.

“Sì, sì… andiamo a bere puzzole!” ridacchiò Damon, ritornando il solito vampiro con uno strano senso dell’umorismo. Prese la camicia, la indossò e Bella sorrise, incoraggiante. Poi uscirono, pronti per cacciare qualche puzzola.

 

Elena Gilbert si alzò la mattina grazie a sua zia Jenna, che aprì la porta e si mise a gridare: “Che hai intenzione di fare? Dormire tutto il giorno? Devi andare a scuola!”.

Elena era andata a dormire tardi la sera prima. Con tutto il casino che era successo si era messa sotto le coperte verso l’1.00 di notte e poi aveva impiegato ore prima di addormentarsi. Era chiaro che non riusciva nemmeno ad alzare le palpebre. Era distrutta.

Poi il pensiero di Edward Cullen nella sua stanza la fece alzare di scatto.

“Oh, ce l’ho fatta a svegliarti! Cento punti per zia Jenna! Woah!” festeggiò zia Jenna, saltellando e chiudendo la porta e continuando a balzellare fino in cucina.

Elena, appena la porta si chiuse, si alzò. Aprì gli armadi e chiuse la finestra. Questo perché voleva controllare che quel pazzo che assomigliava tanto a Edward Cullen, sì proprio il figo di Twilight, non fosse nella stanza e si nascondesse negli armadi nella speranza di poter sbirciare qualcosa. E chiuse la finestra per impedire che quel maniaco entrasse, nel caso fosse fuori.

Prese un bel respiro, si vestì e indossò vestiti scuri per far capire che il suo umore era pessimo e che era meglio non andare da lei a disturbare. Doveva trovare un modo per fuggire da Mystic Falls e arrivare a Forks. Non contava sull’aiuto di Jenna e di Jeremy, forse poteva sperare in Bonnie. Era la sua migliore amica, sperava che avesse capito.

Scosse la testa, come per allontanare i pensieri che la turbavano e scese le scale per fare colazione. Trovò Jenna e Alaric già seduti, mentre Jeremy era probabilmente ancora nel letto.

“Salve a tutti. Dormito bene?” salutò Elena.

“Benissimo, te?” chiesero in coro Jenna e Alaric.

“Da schifo…” borbottò Elena, mentre afferrava la scatola dei cereali e ne rovesciava un po’ nella ciotola piena di latte.

“Oh, vedrai che domani dormirai meglio. Inizia a studiare per il diploma, ok?” le ricordò la zia.

“Sì, perché io non faccio favoritismi” scherzò Alaric.

“Ok, studio” mentì Elena. Che studio? Doveva andare a cercare Damon e poi doveva trovare qualcuno che le dicesse che non fosse pazza. Edward Cullen a casa sua? Mah! Prima aveva persino chiuso la finestra per evitare che un personaggio di un romanzo entrasse in casa! Non è che ieri si era fumata qualcosa? A Elena iniziavano a venire dei dubbi…

Le sue riflessioni vennero interrotte da Bonnie che suonò al campanello. Elena non si era nemmeno lavata i denti, ma non le importava; non ne aveva voglia e forse Bonnie le avrebbe detto che lei era normale, solamente un po’ strana, ma non pazza.

Andò quindi ad aprire di corsa e la salutò senza troppo entusiasmo: “Ehi, Bonnie!”. Chiunque avrebbe chiaramente intuito che Elena fosse in uno stato depressivo.

“Ehi, che hai? È successo qualcosa?” chiese lei preoccupata ma eccitata allo stesso tempo: quello sarebbe stato il momento in cui avrebbe saputo se il suo incantesimo aveva funzionato oppure no. Salirono in macchina, Bonnie accese il motore e partì.

“Guarda… è meglio non parlarne. Mi sembra di vivere in un incubo. Ho fatto un sogno assurdo e non so se magari era realtà… sono confusa al millesimo” disse Elena mettendosi le mani nei capelli, come faceva sempre quando era disperata.

Bonnie sorrise di nascosto, per fortuna Elena non la vide. “Dai, ti posso aiutare. Parlane” la incitò la sua migliore amica.

“Mi prenderesti per pazza…” sbuffò Elena.

“No, davvero. Non lo farei mai” rispose Bonnie, prendendola per mano mentre con l’altra teneva il volante. Elena la guardò con una faccia molto diffidente e Bonnie aggiunse: “Senti. Sono una strega, tu… beh hai a che fare con dei vampiri. Abbiamo affrontato maledizioni, pietre e compagnia. Non ci può esserci nulla di più strano di tutto questo”.

Elena si lasciò convincere e disse tutto quello che aveva da dire in uno fiato: “Ho sognato, o è successo, non lo so, che Edward Cullen è venuto in camera mia. E Damon allo stesso tempo è scomparso. Poi credo che si siano scambiati e… oh Bonnie, sono così disperata. Devo andare a cercarlo!”. Ed Elena scoppiò a piangere.

Bonnie trionfava. Finalmente la sua migliore amica avrebbe avuto qualcuno di sano di mente con cui stare, un bravo ragazzo. Bonnie aveva solamente aiutato la sua amica, l’aveva messa in buone mani. E Damon non faceva parte della vita di Elena e non avrebbe più disturbato la sua esistenza. I Salvatore non avrebbero più avuto nessun rapporto con Elena. Mai più.

“Se mi stai chiedendo di aiutarti, no. Non verrò a cercarlo con te. È giusto così Elena, tu non puoi stare né con Damon e ovviamente né con Stefan. E io ti credo. Penso che sia davvero successo, ma non so come” mentì Bonnie.

Per fortuna Elena non si accorse della bugia. Una cosa però Bonnie la notò: Elena era delusa e furiosa con lei. Effettivamente, come darle torto? Bonnie non aveva fatto domande sull’accaduto, aveva solo detto “ti credo” e “non ti aiuterò”. Era normale che Elena ne fosse rimasta ferita.

Le due arrivarono al parcheggio del Liceo Robert Edward Lee e prima che Bonnie spegnesse il motore, Elena era già scesa e s’incamminava verso l’aula, ignorando tutti.

Poi si bloccò: quello che vide fu così straordinariamente assurdo che non riuscì più a muovere un passo. Lui. Lui. Davanti. A. Lei. E circondato da una marea di ragazze sbavanti.

“No. Non è possibile. È lo stesso” sussurrò fra se Elena.

Bonnie intanto l’aveva raggiunta: “Senti Elena, non vorrei essere un po’ così, ma per consolarti guarda chi c’è? Dio guarda che viso. Vai a chiedergli come si chiama, no?” la incitò Bonnie, sperando che quello fosse un buon modo per farsi perdonare, quando sapeva benissimo dall’inizio che era un tentativo penoso.

Elena si girò: “Bonnie” disse solo.

Lei mosse la testa incitandola ad andare avanti col discorso. “Sì?”.

Elena mosse appena le labbra che pronunciarono un debole “è lui”.

Bonnie fece uno sguardo interrogativo. “Lui chi?”

“Edward Cullen” sussurrò flebilmente Elena.

“Che coosa?” chiese Bonnie.

“Sì, è quello che ho sognato. Ma  a questo punto, credo che non l’abbia sognato. Era vero!” sussurrò Elena, spaventata.

“Beh vai a dirgli ciao, che aspetti?” disse Bonnie.

Elena annuì, guardò l’amica e s’incamminò dritta verso di lui. Marciava diretta, senza nessuna paura. Arrivò davanti a lui dopo aver superato l’orda di fan che gli stavano attorno. “Tu!” gridò lei. Non era ancora certa al cento per cento che fosse lui quello che quella notte aveva fatto visita a casa sua, ma non le importava molto in quel momento.

“Io?” chiese lui stupidamente. Aveva indosso gli occhiali da sole, forse per nascondere gli occhi così particolari… era innegabilmente bellissimo.

“Sì, tu!” gridò ancora Elena, che a quel punto si iniziò a chiedere che cosa diavolo stava combinando. E se non fosse stato lui Edward? Dio, non voleva pensare alla figura che avrebbe fatto.

Elena lo fissò per qualche secondo in silenzio poi, non sapendo cosa dire, disse solo: “Come ti chiami?”.

Il ragazzo così terribilmente somigliante ad Edward le passò accanto e le sussurrò in un orecchio: “Io sono certo che tu lo sai già”, le fece l’occhiolino e si incamminò verso la porta principale. Ok, era Edward.

La gente intorno a Elena cominciò a ridere. Era raro che Elena Gilbert venisse umiliata in quel modo. Lei si guardò attorno mandando sguardi di fuoco fulminanti e seguì il ragazzo, che ormai era sparito.

Elena si sedette al suo posto nell’aula di latino. Presto arrivò Bonnie, ma era ancora arrabbiata con lei, per lo scarso aiuto (no, per l’aiuto inesistente) che le aveva offerto. Credeva davvero che questo nuovo ragazzo sarebbe stato la soluzione? Pensava sul serio che lei avrebbe affrontato il periodo della sua vita senza Damon con serenità? Beh, se lo pensava, allora non la conosceva affatto. Appena Bonnie si accomodò sulla sedia al suo fianco, Elena prese i suoi libri, lo zaino e si diresse verso il primo banco libero che trovò lontano dalla sua migliore amica.

Si sedette e appoggiò tutta la sua roba.

“Ehi, ci incontriamo di nuovo” la salutò quella voce. Quella voce che non voleva sentire neanche sotto pagamento. Quando la sentiva i suoi peggiori pensieri popolavano la sua mente. La scomparsa di Damon e l’arrivo di lui.

Elena si voltò lentamente, preparandosi a mandare saette con gli occhi. “Tu. Che vuoi?”

Lui la guardò un po’ divertito e un po’ fintamente impressionato. “Ciao. Sei la mia compagna di banco. Non vuoi sapere come mi chiamo?” chiese lui gentilmente, facendole l’occhiolino.

Elena sbuffò, alzando gli occhi al cielo e voltandosi, improvvisamente interessata a una versione impossibile che aveva provato a fare in tutti modi ma non c’era riuscita.

“Beh io te lo dirò lo stesso” ricominciò lui, “mi chiamo Anthony Masen” aggiunse ridacchiando.

Elena scaraventò nell’astuccio la penna che stava rosicchiando e lo guardò a bocca aperta: “Anthony… Masen? Dio che idiota che sei!”. Elena alzò ancora una volta gli occhi al cielo; voleva ritornare vicino a Bonnie in quel momento, peccato che era troppo tardi.

Elena Gilbert non era una codarda: avrebbe affrontato la situazione.

La lezione incominciò. “Anthony” aveva conquistato il cuore del professore con il suo latino perfetto. Ed era stato perfino invitato ad aiutare la sua vicina di banco non altrettanto brava con la versione che non era riuscita a fare. E a detta di Anthony e del prof, era così semplice che l’avrebbe saputa fare anche un bambino.

L’ora successiva Elena aveva geometria. Ancora una volta il destino fu crudele con lei: anche Anthony - l’idiota  aveva geometria. Le dimostrazioni che nei giorni scorsi aveva fatto, non andavano bene secondo Anthony. Mancavano dettagli, troppe imprecisioni.

Tutti l’avevano già inquadrato come un completo cretino leccaculo dei prof. Quando aveva fatto il suo discorso sulla “precisione” il professor Banner era andato completamente fuori di testa, pretendendo l’applauso da parte della classe e rimproverando Elena perché aveva sbuffato. A quel punto, anche lei era stata costretta a battere le mani e lo aveva fatto… alla velocità di un bradipo e con l’entusiasmo di uno che sta per venire impiccato.

La terza ora: storia, con Alaric. Elena era entrata imbufalita, sbattendo i piedi. I vestiti neri non erano che una conferma del fatto che oggi lei ce l’aveva col mondo.

Purtroppo, Alaric era al corrente di ciò che era successo fra lei e Stefan. Così, credendosi generoso, gentile e un bravo professore e fidanzato-della-zia, propose che il nuovo studente Anthony Masen si sedesse accanto a Elena. Lei quando lui aveva fatto questo annuncio lo aveva fulminato, ma lui aveva sorriso, scambiando la sua occhiataccia come una smorfia di imbarazzo.

Presto aveva capito il vero significato di quello sguardo: Elena aveva iniziato a occupare il banco di Anthony con i quaderni, facendolo andare fuori di testa. Era un maniaco dell’ordine.

Poi Elena prendeva il suo astuccio e ci frugava dentro. Scambiava i tappi delle penne, facendo andare su tutte le furie Anthony, che ad un certo punto era scoppiato e andato in bagno. Elena avrebbe voluto alzarsi sul banco e urlare “ho vinto io!”, ma non lo fece. Aveva una reputazione.

Le ultime due ore, grazie a chissà quale dio, furono senza Anthony Masen. Elena aveva mandato un bigliettino a Bonnie durante algebra:

 

Senti, se ti rifiuti di aiutarmi e se pensi che con Anthony Masen alias Edward Cullen sarò felice e mi riprenderò, ti sbagli di grosso.

Chiunque è meglio di Damon.

Sono comunque tutti uomini dentati (nel caso il bigliettino fosse letto da qualcun altro)

Non importa. Non ritornerai a cercare Damon.

Ci andrò da sola. Credo di avere una vaga idea di dove sia.

Ah sì? Dove?

E secondo te, te  lo dico? Fammi un piacere, in questo momento non voglio neanche più vederti Bonnie, ok? Io amavo Damon e lo amo ancora. Devo trovarlo.

 

A quel punto Bonnie non aveva saputo replicare. Elena amava Damon? E da quando? Amare era una cosa grossa! Sapeva che erano molto amici, che lui l’aveva aiutata. E lui era affascinante, ma… amare?

Ma quello che l’aveva ferita di più erano quelle parole, in mezzo a una frase: “in questo momento non voglio neanche più vederti”. Faceva male. Molto male. Soprattutto perché il casino, tutto questo, l’aveva combinato lei con l’intenzione di fare qualcosa di buono. E solo ora aveva capito che era stato un grosso errore. Stava perdendo un’amica. Si era rifiutata di aiutarla e le stava mentendo. Ogni minuto che passava era una bugia.

Decise che avrebbe sistemato le cose con un incantesimo, poi avrebbe spiegato tutto a Elena. Sì, avrebbe fatto così. Tutto sarebbe ritornato a posto.

Perché, doveva ammetterlo, Anthony era proprio un cretino. Probabilmente Edward stava fingendo e si divertiva a fare lo scemo, sicuramente era così, ma Elena non sarebbe mai potuta essere felice con lui e Bonnie si dava della stupida per averlo pensato anche solo per un attimo.

La campanella suonò. Bonnie non aveva il coraggio di parlare con la sua migliore amica, così se ne andò in fretta, mentre la povera Elena doveva fare i conti ancora una volta con Anthony alias Edward l’idiota.

“Che vuoi? Smettila di rovinarmi la vita, Edward!” sbuffò Elena.

“Io sono Anthony, comunque. Senti… ok, oggi sono stato uno stronzo, è vero. Ma credimi, io non sono così!” le disse lui.

“E allora perché ti comporti così?” chiese lei, esasperata e guardandolo torva.

“Perché… boh, sono ritornato al liceo e…” tentò di spiegare lui.

“La parte dell’adulto che torna al liceo la fa meglio Zac Efron in 17 Again, te lo posso assicurare…” borbottò Elena.

“Dio, ma perché non mi ascolti?” le gridò lui.

“Perché non mi interessa ascoltarti!” rispose.

“Tu non vuoi andare a Forks per il tuo Damon?” le domandò.

“Sì. Ecco, mi accompagni?” rispose, improvvisamente carina e gentile.

“Questa sera, si parte. A dopo” la salutò lui, e se ne andò a grandi passi. Lei rimase lì impalata, poi si decise a muoversi. Se avesse trovato qualcuno che l’accompagnasse a Forks prima di quella sera…  il tramonto era ancora troppo lontano. Chissà dov’era il suo vampiro.

 

Bella suonò nervosa al campanello di casa Black, alla riserva di La Push.

Damon stava al confine, con la macchina della sua nuova amica. Era meglio che un vampiro non autorizzato a entrare stesse fuori dalla riserva.

Mentre Bella iniziava ad avere i suoi ripensamenti, aprì Jacob, un po’ assonnato e indolenzito. Bella l’aveva svegliato…

“Ehi, Bella! Come va?” la salutò Jacob, con il suo sorriso ancora un po’ spento per la stanchezza, mentre l’abbracciava.

“Ehm… tutto ok, voi?” rispose lei, ricambiando l’abbraccio un po’ titubante.

Jake si strinse nelle spalle: “Sì tutto ok…”.

“Tesoro, chi è?” urlò Renesmee che già stava arrivando. Quando vide la madre senza Edward si fermò, come se si fosse congelata.

“Ciao Nessie. Sono venuta per parlarti di una cosa importante” iniziò Bella.

“No! Non dirmelo! L’ho già capito!” gridò Nessie, sofferente mentre iniziava a piangere.

Bella scosse la testa, avvicinandosi per tranquillizzarla: “No, no, non è come pensi!”.

“Non ti voglio ascoltare! Dio, tu e papà divorziate vero? Non voglio che tu me lo dica, l’ho già capito. Per favore, non dirlo!” singhiozzò Nessie.

Bella le mise una mano sotto il viso, cercando di farglielo alzare per poterla guardare negli occhi. La fissò intensamente, guardò i suoi occhi di quand’era umana, color cioccolato: “No. Papà… è scomparso. È stato fatto uno scambio” disse Bella, rendendosi conto che avrebbe dovuto spiegare molto di più. Appariva strano quello che stava dicendo, e lo sguardo interrogativo di sua figlia fu una conferma piuttosto chiara. Anche Jacob era perplesso.

“Scambio?” chiese Jacob.

“Scomparso?” balbettò Nessie.

“Sì… ricordi ieri? Quel tipo che è arrivato quando papà se ne è andato? Ecco. Uno scambio, qualcuno ha fatto una specie di… magia. Credo…” spiegò Bella, aiutandosi un po’ con le mani.

“Oddio. E dov’è finito?” domandò Nessie, improvvisamente agitatissima.

“Non ne siamo sicuri…” mentì Bella. Ne erano sicuri, forse non al cento per cento, ma quasi. Ma non voleva coinvolgere Nessie in quella storia.

“Aspetta… siamo?” chiese la ragazza.

 “Ehm… sì, Damon è rimasto qui, giustamente”, Bella optò per la verità, perché poi sarebbe venuta a galla comunque.

“Dov’è?” ringhiò Jacob. “E’ un vampiro, non è così?” aggiunse,

Bella si staccò dalla figlia e andò a trattenere Jacob per le spalle, mentre lui stava già andando fuori di casa per beccare Damon intento a uccidere qualcuno.

“Sì, ma è al confine. E ha detto che non si sarebbe avvicinato alla riserva” lo rassicurò Bella.

“Non ne sarei così sicuro” ringhiò ancora lui.

“Smettetela. Tutti e due. Mamma: questo Damon non sa niente? Non è che sia lui il colpevole?” chiese Nessie, con quello sguardo da investigatrice preoccupata.

“No, non è stato lui” la rassicurò sua madre.

“Sì ma lui è un vampiro strano oppure è come noi?” chiese ancora Nessie.

“Un pochino diverso da noi. Ha dei poteri diversi…” spiegò Bella, ma venne interrotta: “Appunto! Mamma, non possiamo credere che lui non c’entri niente con questa magia o come la vuoi chiamare. Non ha i nostri stessi poteri! Chi sa cosa sa fare?” cercò di convincerla Nessie.

“Anche lui ha perso una persona, tesoro. Sarebbe stupido venire qui in questo posto se poi sa che soffrirà di nostalgia” rispose Bella, cercando di far ragionare sua figlia.

“Che ne sai tu? Magari mente” disse Nessie.

“Vuoi andare da lui? Così vedrai tu stessa!” la sfidò Bella.

“Bene. Andrò da l-“ accettò Nessie, ma venne bloccata da Jacob: “No, tu non vai da un vampiro che beve sangue umano. Proprio non se ne parla!”.

“Scusami, amore, ma devo andare” scandì bene Nessie, superando Jacob senza fare troppe storie.

S’incamminò diretta e veloce verso il confine, salutando i bambini che incontrava sulla sua strada. La adoravano, Nessie con i piccoli era veramente dolce.

Arrivò davanti al vampiro che aveva visto la scorsa sera. Come se lo ricordava: vestito di nero, occhi azzurri e sguardo da perfetto idiota. Per quanto lei si sforzasse, in lui non ci trovava niente di affascinante, a differenza delle sue zie e di sua nonna.

“Sentimi bene, tu!” iniziò Renesmee, puntando un dito verso di lui.

Bella intanto l’aveva raggiunta e le aveva intimato di essere più educata. Nessie non le aveva dato molto ascolto; Damon o come si chiamava doveva essere trattato in quel modo: probabilmente era un bugiardo, uno scemo e uno psicopatico.

“Io” rispose Damon, fingendosi indifferente. In realtà si stava sforzando di non ridere: la faccia angelica di Nessie e quel tono di voce sembravano incompatibili.

“Sì, tu. Sentimi bene. L’abbiamo capito tutti che sei un bugiardo. Tu hai combinato tutto questo casino…” gridò Nessie, ritornando in crisi di lacrime insensate.

“Ehi, bellissima, calma” sorrise il vampiro, facendo imbestialire Jacob. Sembrava che gli stesse uscendo il fumo dalle narici e dalle orecchie, come un toro impazzito che stenta a controllarsi. “Io non ho la più pallida idea del perché mi trovo qui e, per tua informazione, non ho la dote del bididibodidibu. Quindi… non sono stato io. E non provare di nuovo ad accusarmi, altrimenti…” la minacciò Damon.

“…altrimenti? Che mi fai?” lo sfidò la ragazza.

Damon non sapeva come continuare la frase. Raramente succedeva, ma Bella gli aveva detto quanto  bene voleva a Nessie. Non poteva minacciare la figlia della sua amica; lei non era come la prima ragazza che trovi per strada che potevi soggiogare e di cui potevi approfittare.

Damon abbassò lo sguardo verso la sabbia, mentre la ragazza ghignava trionfante: “Ecco, visto? Non puoi farmi niente, e lo sai questo. Perfettamente” e lanciò un’occhiata a sua madre, che assisteva alla scena impassibile.

“Beh sai, ragazzina, tu puoi credere quello che vuoi, sai? Ma la verità è una sola e io la so: non sono così scemo da lasciare la ragazza che amo per venire qui in mezzo a occhi gialli e lupi puzzolenti quindi… ora me ne vado. E Bella, grazie di tutto, ma io vado. Ora. Da solo. Non ho tempo da perdere. Devo ritornare da Elena” concluse Damon. Uno dei discorsi più seri e lunghi della sua intera esistenza.

Bella lo fissò, all’inizio non comprendeva bene quello che aveva detto. Lo capì solo quando il suo nuovo amico vampiro si girò, allontanandosi sempre di più da loro.

“Ehi, Damon! Che fai?” gridò lei, raggiungendolo con la sua velocità vampiresca sotto lo sguardo stupefatto di Renesmee.

“Mamma che stai facendo?” le urlò dietro la figlia.

“Me ne vado. Il tuo posto è qui, non posso costringerti a venire!” spiegò Damon.

“Ho promesso Damon. Ho promesso che ti avrei seguito fino a quando non avresti trovato Elena, e mantengo le mie promesse. Soprattutto se le ho fatte ad un amico. Quindi, vengo con te” concluse lei. Si voltò verso la figlia che la guardava stupefatta: “Nessie mi dispiace, ma io credo che Damon non sia un bugiardo e lo aiuterò perché l’ho promesso” disse Bella lentamente. Probabilmente sua figlia avrebbe interpretato tutto questo come se Bella preferisse un nuovo amico a sua figlia.

“E così forse troverò papà” continuò Bella, “tornerò appena potrò. E ti prometto anche questo. Ma ho fatto una promessa a Damon, e io mantengo sempre le mie promesse” aggiunse lei.

Detto questo, Bella si avviò all’auto facendo a Damon un cenno di seguirla. Damon prese posto al volante, mentre la vampira andò al sedile del passeggero. Si sentì il rombo del motore che si accendeva, si sollevò un po’ di polvere e in un attimo la macchina sparì.

Renesmee Cullen, in lacrime, andò a rifugiarsi fra le braccia calde e possenti del suo bellissimo e premuroso marito.

 

Bonnie arrivò a casa di corsa, con il fiatone. Elena poteva combinare cose stupide da un momento all’altro e lei doveva agire in fretta.

Prese il libro degli incantesimi, lo aprì alla pagina della scorsa sera e cercò di tradurre la formula inversa. Doveva annullare tutto nel minor tempo possibile.

Eccolo, l’incantesimo. Bonnie era riuscita ad individuare le parole magiche. Prese la sua inseparabile candela e pronunciò le parole magiche. La fiamma della candela traballava, fino a quando essa si spense del tutto. Dal naso di Bonnie incominciò a scendere una goccia di sangue, ma Bonnie lo stava facendo per la sua amica, avrebbe aiutato Elena. Questa volta Bonnie era certa di fare la cosa giusta.

Poi tutto finì. Bonnie svenne per il troppo sforzo, ma era certa di avercela fatta.

Tutto era ritornato a posto. Forse.

 

 

Angolino o.O della matta Fra

 

Ciao ragazze!

Wow vi ho mai detto che vi amo? Adoro letteralmente ognuna di voi, tutte quelle che hanno aggiunto la mia storia alle preferite, alle seguite e alle ricordate. Grazie, grazie un milione di volte:

 

1 - Giuls_Salvatore
2 - RoseCullen97
3 - Samirina
4 - Selene Krystal
5 - Siu_Mpf
6 - sydney bristow
7 - TVD
[Contatta]
8 - _Marti28_ 

1 - Giuls_Salvatore
2 - kija_salvatore
3 - RoseCullen97
4 - Siu_Mpf

1 - Cipa20
2 - crazyjuve
3 - fede95
4 - fra3
5 - Giuls_Salvatore
6 - Katherina Petrova
7 - Laura the vampire slayer
8 - mafy90
9 - Marissa_Salvatore
10 - Miss Maela
11 - nada650
12 - Ramona37
13 - Red ice
14 - RibelleDentro
15 - Rosalie_Elly91
16 - RoseCullen97
17 - Saruxxa
18 - Siu_Mpf
19 - Slytherin_Yuna
20 - TataCullen98
21 - terry93
22 - TVD

Ovviamente grazie a chi ha recensito, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. Ho inserito più vicende ed è venuto un po’ lunghetto. Ho già preso appunti per i prossimi capitoli, preparatevi a un intrigo di vicende davvero spaventoso!

Mi scuso per l’enorme ritardo, ormai credo che vi siate abituate…

Sto pensando con la mia mente malata anche ad un’altra storia che posterò quando l’avrò scritta tutta, quindi state all’erta!

Mi scuso con le ragazze di cui seguo alcune storie se non ho ancora recensito, in particolare con la mitica kiss88 e la grandiosa TVD, arrivo! Arrivo, ci provo, arriverò! Ma dovevo postare, mi capite?

Spero possiate perdonarmi…

Alla prossima, bacioni a tutte!

Uh, e iniziamo il conto alla rovescia per The Descent e il 27 Gennaio. Non vedo l’ora!

 

 

 

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Capitolo 6
*** The Apparition ***


6. THE APPARITION

Bonnie all’improvviso si risvegliò dal suo svenimento. Sbarrò gli occhi e si guardò attorno come se la sua stanza avesse il potere di darle una conferma che il suo incantesimo avesse funzionato.

Si sollevò faticosamente da terra, cercando l’interruttore della luce. Quando la camera si illuminò per quanto lo permetteva la lampadina consumata, Bonnie si guardò attorno. Capì che la stanza non aveva nessun potere magico e afferrò il cellulare, per chiamare la sua migliore amica.

Elena era nella sua stanza e stava afferrando qualche borsa dal fondo dell’armadio. Doveva sceglierne una capiente, che potesse contenere tutto lo stretto indispensabile. Quando ebbe fatto la sua scelta, prese i vestiti più comodi e facili da abbinare fra di loro e ce l’infilò dentro. Non aveva molto tempo per prepararsi una valigia come si deve; quella sera (o forse prima, anche se molto difficilmente) sarebbe partita con quell’idiota sbucato fuori da un romanzo per adolescenti.

Quando ebbe finito di preparare la valigia, si buttò sul letto e chiuse gli occhi, tentando di esiliarsi dal mondo.

Venne interrotta dallo squillo del suo cellulare sul comodino. Elena sospirò, un po’ infastidita; al momento non voleva sentire nessuno. Vide il nome di Bonnie sullo schermo e decise che con lei non ci voleva proprio parlare. Ignorò la chiamata e riappoggiò il telefono sul comodino.

Dopo qualche secondo ricominciò a squillare. Ancora una volta, era Bonnie. A quel punto Elena decise che la sua “cara” amica non le avrebbe dato tregua fino a quando non avrebbe risposto, quindi tanto valeva sentire quello che aveva da dire.

“Che vuoi Bonnie? Non voglio né parlarti né vederti!” sbuffò Elena.

“Senti, Elena. Mi dispiace. Io…” provò a dire Bonnie.

“Tu cosa? Ti ho chiesto di aiutarmi, ti ho detto come sto! E tu? Niente. Non hai nemmeno preso in considerazione l’idea di aiutarmi o di accompagnarmi a Forks. Non volevo che mi dicessi di sì, so che non l’avresti mai fatto. Abbiamo il diploma, lo capisco. Ma speravo almeno che ci pensassi. Sei la mia migliore amica!” singhiozzò Elena, travolta da una crisi di pianto. Non amava litigare con Bonnie, si conoscevano dall’asilo.

“Lo so… Elena. Io…” mormorò Bonnie.

“Tu cosa?” sibilò Elena.

“Lo so che è complicato e non me lo perdonerai mai. Però…” provò a dire Bonnie.

Il campanello di casa Gilbert suonò. Elena colse la scusa al volo: “Scusami, qualcuno ha suonato alla porta. Devo andare”. Elena premette sul tasto rosso e non poté fare a meno di pensare che tutto era così difficile e ingiusto. Aveva perso la sua migliore amico, Damon. Dov’era finito? A Forks? Era tutto così assurdo, ma era la sua unica speranza e la sua unica idea.

Prendendo un profondo respiro, scese dal letto, andò giù per le scale e aprì la porta. Si trovò davanti un ragazzo dalla pelle abbronzata con due occhi e dei capelli neri scurissimi. Aveva un bel viso e un bel fisico messo in mostra da… beh, praticamente niente.

Quello sconosciuto indossava dei jeans lunghi fino al ginocchio sporchi e consumati. Non aveva una maglia, era a petto nudo. E aveva dei muscoli… ma Elena lo trovava ridicolo. Fuori saranno stati 10°C e questo tipo se ne andava in giro seminudo? Attirare l’attenzione era evidentemente il suo obiettivo principale, e ci riusciva benissimo. Le donne superficiali sarebbero cadute ai suoi piedi all’istante, ma Elena non lo avrebbe fatto. Se confrontava lui al suo Damon (no, non era suo, doveva imparare ad accettare l’idea), quella specie di indiano avrebbe fatto la figura della talpa vecchia e raggrinzita.

Poi vide la fede all’anulare sinistro e qualche dubbio l’assalì: quale moglie faceva andare suo marito fuori in strada a mostrare i suoi pettorali scolpiti? Forse lei non ne era al corrente… gli uomini, tutti uguali.

“Ehm… salve. Ecco, io… non hai idea di quanto tempo ho impiegato a suonare il campanello…” disse lui, insicuro. Al primo sguardo non sembrava affatto un tipo timido, ma a quanto pareva, lo era.

“Troppo freddo?” chiese Elena, ironica e sgarbata. Timido lo era, antipatico pure, nonostante non lo conoscesse nemmeno.

Lui sorrise: “No, ecco. No, si sta bene” rispose.

Elena annuì, anche se non concordava affatto con lui, nonostante avesse indosso una maglia pesante di lana e dei pantaloni lunghi e felpati.

“Senti… io sono…” cercò di presentarsi lui.

“Non mi interessa chi sei. Che vuoi? Perché sei qui?” domandò Elena. Poi si rese conto di essere stata scortese a dir poco: “Senti, scusami… ma il ragazzo che amo più di me stessa è scomparso e al suo posto è arrivato un idiota. Non puoi nemmeno immaginare che casino… e io sono un po’ fuori di me, capisci questo?” si scusò Elena.

Nella mente del ragazzo scattò un sospetto.

“Certo… ecco… uno scambio, dicevi?” domandò lui.

Elena lo guardò curiosa. Come aveva fatto a capire che Damon era sparito nello stesso momento in cui Edward era arrivato?

“Non mi pare di aver detto “scambio”” disse Elena, socchiudendo gli occhi.

Il ragazzo iniziò a strofinarsi le mani, evidentemente in una situazione difficile: aveva capito che aveva sbagliato parola. “Ehm… io, non so…” balbettò lui.

“Chi sei?” sibilò Elena, minacciosa. Era strano vedere una ragazza così minuta e apparentemente innocente sottomettere un ragazzo così grosso.

“Jacob”.

Le rotelle del cervello di Elena iniziarono a lavorare, sempre più velocemente. Qualcosa le diceva che questo Jacob avrebbe potuto aiutarla se solo fosse stato quel Jacob.

“Jacob cosa?” chiese Elena, tagliente.

“Jacob Black, ma perché? Vuoi sapere se sono quello di Twilight? Beh sì, noi esistiamo anche nella realtà. E siamo finiti in un libro” spiegò velocemente lui, sperando che la ragazza gli dicesse qualcosa riguardo a un certo Edward…

Elena sbarrò gli occhi; già l’aveva intuito, ma sentire la conferma la faceva sentire confusa, entusiasta, triste, felice. Tutte le emozioni possibili nello stesso momento.

“Bene. Senti… tu… non so… hai visto Bella negli ultimi giorni?” chiese agitata Elena.

“Oh. Mio. Dio. Tu sei la ragazza che quel Damon ama!”. Jacob sbarrò gli occhi, improvvisamente consapevole che la ragazza che aveva davanti era la causa della fuga di Bella con il suo nuovo amico Damon.

Elena si bloccò. Tutto il mondo attorno a lei sembrava non esistere più. “Cosa?” mormorò lei, con un tono di voce così basso che persino lei faticava a sentirsi.

Jacob la guardò interrogativo: “Che? Sì, insomma… Edward, Edward Cullen, è sparito e al suo posto è arrivato questo Damon. E Bella è rimasta a Forks, mentre Edward, credo che sia qui…” spiegò Jacob.

Ma Elena non riusciva a parlare, non era certa di quello che aveva sentito. Aveva di sicuro capito male. “No, cioè, sì, lui è qui ma… cos’hai detto prima? Quella cosa su Damon…” sussurrò lei.

Jacob pensò a quello che poteva aver detto: “Non mi pare di aver detto qualcosa di importante. Cioè quello che sai anche tu, che Damon, il tuo ragazzo, si trova a Forks” disse Jacob. Non poteva sapere quanto ci fosse di più di tutto questo.

“Chi ti ha detto che Damon è il mio ragazzo?” domandò Elena, sconvolta dall’eccesso di novità e confusa da tutte quelle emozioni che le riempivano il cuore.

Jacob alzò le spalle: “Beh, quando ha detto che sarebbe partito per andare a cercarti ha fatto una faccia. Quasi piangeva, mi spiego? Si vedeva che ti ama come non so cosa. Oserei dire più di Edward e Bella. Mah, comunque, perché ti colpisce tanto?” domandò alla fine Jacob, alzando le spalle.

Elena era senza fiato dalla sorpresa: quelle emozioni provate nel bagno di casa sua, forse allora le aveva provate anche lui?! Tutte quelle notti che passava assieme a lei, per tranquillizzarla. Lo faceva perché l’amava? E ora erano separati da un qualcosa che si opponeva alla loro amicizia e al loro amore. Se Elena pensava a tutti i momenti in cui si era voluta trattenere dal baciarlo, o tutti i momenti che avrebbe voluto che non la lasciasse per andare a cacciare. Per lei lui aveva smesso di uccidere. Per lei Damon era cambiato. E lei lo aveva fatto soffrire, scegliendo Stefan e solo Stefan, fino a quando aveva capito che era Damon il ragazzo che amava e non suo fratello. Se l’avesse capito prima, sicuramente in quel momento non si sarebbe trovata in quella situazione. O forse sì, ma di certo non si sarebbe tormentata con tutti quei sensi di colpa, rimpianti e pensieri.

“Ehi, ti senti bene?” le domandò preoccupato Jacob.

Elena venne scossa da quelle braccia calde come il fuoco.

“Sì. Ehm… andiamo a Forks? Insomma, tu avrai nostalgia di Nessie e allora…” lo incitò Elena.

“Sì, hai ragione. Ma tu hai qualche idea di come sono arrivato qui?” chiese lui.

Elena scosse la testa: “Dev’essere un qualcosa di simile allo scambio fra Edward e Damon” riflettè Elena.

“A proposito, Edward è qui?” domandò curioso Jacob.

“Sì, è qui. Ma lasciamolo stare. Dobbiamo partire. Ah, io sono Elena” si presentò lei, tendendo la mano. Lui la strinse forte.

“Come andiamo a Forks?” chiese lui. Elena meditò per un attimo e poi disse: “Là c’è la vecchia moto di mio fratello. Non la usa mai, ora ha la macchina. Cerchiamo di arrivare all’aeroporto con quella e poi da lì arriveremo a Forks con il primo volo che c’è. Che ne dici?” propose Elena.

“Penso che sia un’idea grandiosa” rispose lui mentre si avvicinava alla moto. Fortunatamente era ancora in buone condizioni e non ci volle molto per farla partire.

Intanto Elena era corsa a scrivere un biglietto a Jenna e a prendere la sua borsa. L’aveva un po’ svuotata per agevolare il viaggio. Aveva controllato che ci fosse il passaporto e tutti i documenti, poi aveva raggiunto Jacob, chiaramente eccitato all’idea della partenza.

Ma poi accadde un imprevisto: la voce della sua migliore amica. Perché Bonnie doveva sempre immischiarsi? Non voleva parlarle, era tanto complicato da capire?

“Che stai facendo, Elena?” domandò Bonnie, urlando con una voce sorpresa tremendamente acuta e cinguettante.

Elena si voltò, ormai già salita sulla moto: “Non sono affari tuoi, Bonnie” disse lei, seccamente.

Bonnie la guardò sconvolta: “Certo che lo sono. Sono la tua migliore amica e tu sei con uno sconosciuto su una motocicletta!” esclamò lei.

Elena chiuse gli occhi e prese un profondo respiro: “Lo credevo anch’io, Bonnie. Ma tu non hai nemmeno preso in considerazione l’idea di aiutarmi nella mia ricerca. L’hai trovata un’idea assurda, senza fondamenti e pazza. Io amo Damon, ok? E sono stupida per averlo capito solo adesso. In realtà l’avevo capito già da quando lui mi aveva iniziato ad aiutare per la storia di Stefan, ma non pensavo che anche lui mi amasse…”.

Bonnie a quel punto aveva gli occhi fuori dalle orbite: “Che cosa?” esclamò, “come puoi credere che Damon sia davvero innamorato di te? Dico, sei pazza?”.

Elena scosse la testa: “No, Bonnie. Lui”, e indicò Jacob, “è coinvolto in parte in questo casino. Lui conosce Edward Cullen, lui viene da Forks, e anche lui è stato teletrasportato a Mystic Falls. Qualcosa sta accadendo… e io me ne vado, perché Jacob ha detto che Damon è là, con Bella. E lo so che è incredibile, ma è quello che sta succedendo e se tu non mi vuoi aiutare, bene. So arrangiarmi” concluse Elena.

Bonnie avrebbe voluto urlare: “Elena, sono stata io. È tutta colpa mia!” ma non ne aveva il coraggio. Elena era dell’umore da “oggi uccido tutti”. Se avesse scoperto che la sua migliore amica aveva combinato un casino così…

Poi le riflessioni di Bonnie vennero interrotte dalla voce di Elena: “Forza Jacob. Partiamo”. Si sentì il rombo del motore e poi scomparirono dalla vista della strega, senza che lei potesse fermarli, ancora scioccata per le rivelazioni che popolavano la sua mente:

Jacob. Viene da Forks. Conosce Edward. Oddio.

Jacob.

Pantaloncini corti, petto nudo. Aveva caldo, effettivamente…

… licantropo…

… Jacob Black.

Che ci faceva lì? Come era potuto arrivare lì?

E se… oh no. Non voleva nemmeno pensarci. Non poteva essere successo davvero. Doveva avere una conferma. Doveva andare a cercare Edward. All’istante. Dove poteva essere? A scuola?

Bonnie corse via dalla casa di Elena e cercò il più fretta possibile di arrivare a scuola.

Quando raggiunse il cortile senza fiato e piegata in due dallo sforzo, era in corso la preparazione della festa dei fondatori di Mystic Falls. Alcuni studenti, probabilmente costretti dai genitori, facevano volontariato per preparare e organizzare l’evento. Edward probabilmente trovava il tutto molto insolito e divertente. Quindi, probabilmente, era lì ad attaccare cartelloni.

Bonnie si guardò attorno, salutando le persone che incontrava velocemente e senza guardarle in faccia. Doveva controllare ogni singolo angolo del cortile del Liceo.

Poi lo vide. Stava dipingendo un cartellone con scritto “Giorno dei Fondatori”. E si divertiva da pazzi, nonostante fosse solo. Canticchiava, ridacchiava come uno scemo. Sicuramente l’Edward Cullen del libro era stato reso meno cretino, perché la storia d’amore fra un’umana e un vampiro deficiente non avrebbe mai avuto successo e non sarebbe mai potuto diventare un bestseller mondiale.

Bonnie si avvicinò a grandi passi decisi, ignorando le occhiate di avvertimento dei suoi compagni. Edward a quanto pareva si era rivelato molto fastidioso e leggermente insopportabile.

“Bonnie, giusto? Come andiamo? Tutto ok? Mi vuoi dare una mano?” disse Edward, con un ampio sorriso.

Bonnie alzò gli occhi al cielo: “Ed-…”.

Edward la interruppe: “Anthony, il mio nome è Anthony” disse, sempre con quel sorriso irresistibile ma allo stesso tempo insopportabile.

“Ah, giusto… Anthony. Senti, una domanda. Ma sei davvero così idiota? Intendo, sempre, tutto il tempo?” domandò Bonnie.

Lui non si toglieva quel sorriso dalla faccia per un secondo. “La tua amica mi ha fatto la tua stessa domanda” disse lui, tendendo un pennello sporco di tempera blu, “e io ho risposto: è il Liceo che mi fa quest’effetto. E lei ha avuto il coraggio di paragonarmi a Zac Efron. Veramente sfrontata” e fece una smorfia, mentre Bonnie afferrava il pennello e iniziava a dipingere la “F”.

“Spero che abbia detto che Zac è meglio” borbottò Bonnie. “Sì, lo ha detto. Mi ha ferito nel profondo del cuore e il mio dolore…” recitò Edward, con fare fintamente drammatico.

“Piantala di fare il pagliaccio. Non ti viene bene nemmeno quello. Senti… Jacob. Presente? Black” disse Bonnie, fissandolo.

Al suono di quel nome, Edward scattò: “Sì che ha fatto? Quel cane…” sussurrò minaccioso.

“Sì bene. Ecco… lui ha detto che Damon, hai presente? Ecco, lui si trova a Forks. Con Bella. Quindi è confermato” lo informò Bonnie.

“Lui ha detto… che cosa? Uno: tu come fai a sapere di questa storia? Due: come hai fatto a parlare con quel verme pompato?” domandò Edward, improvvisamente mollando il pennello, rovinando il cartellone con schizzi di tempera gialla ovunque.

“Lui… beh è andato via, ma prima era qui. E Elena fino a qualche minuto fa era la mia migliore amica. Non abbiamo reso la rottura ufficiale, ma è meglio iniziare ad abituarsi per non soffrire quando lo sarà” mormorò afflitta la strega.

“Che hai combinato?” le chiese Edward, improvvisamente premuroso e preoccupato per la situazione.

“Davvero è così evidente che la colpa è mia? Beh ecco ho combinato un casino, cioè… io…” balbettò Bonnie, non più tanto sicura di volerne parlare. Poi si ricordò il motivo che l’aveva spinta a venire a scuola: trovare Edward. Se l’avesse trovato, tutto questo sarebbe significato che invece di invertire di nuovo Damon e Edward per farli tornare a casa, aveva mantenuto la situazione di prima. Anzi, l’aveva aggravata: ora anche Jacob-Black-il-licantropo era stato coinvolto nel casino.

Edward la guardò, incitandola ad andare avanti. Lei scosse la testa: “Scusami, devo andare” e Bonnie si allontanò senza voltarsi indietro. Solo un pensiero le popolava la testa: partire e raggiungere Jacob e Elena. Spiegarle tutto e questa volta senza tanta paura.

Ma non poteva partire da sola, aveva bisogno di un complice. Edward no, assolutamente no: primo, non aveva voglia di sopportarlo per chissà quante ore di viaggio. Secondo, forse era meglio che stesse dov’era, perché se fosse partito probabilmente avrebbe complicato le cose più di quanto lo erano già.

Riassumendo: Damon si trovava a Forks con Bella, e probabilmente erano partiti ormai. Ma allora perché Jacob aveva fatto la scelta stupida di portare Elena a Forks se sapeva che Damon stava venendo a Mystic Falls? O non lo sapeva perché era già stato materializzato dal suo incantesimo al momento della loro partenza, o se ne era dimenticato oppure aveva qualcosa in mente. Sì, su questo Edward aveva proprio ragione: Jacob Black era un cretino.

E Edward si trovava a Mystic Falls senza uno scopo. Che avrebbe fatto Edward poi? Non le interessava più di tanto, Bonnie aveva solo uno scopo: andare a riprendersi Elena, prima che perdesse di nuovo Damon il quale probabilmente stava arrivando a Mystic Falls. Se fosse riuscita a riportarla indietro, lei avrebbe incontrato presto Damon e Bella sarebbe ritornata insieme a Edward. Tutto suonava così perfetto… Bonnie sognava un lieto fine impossibile. Fidarsi era un vicolo cieco, tutto dipendeva dalle scelte di troppe persone. Ma lei non si accorgeva di tutti quegli ostacoli, perché accecata dall’entusiasmo e dalla preoccupazione per la sua amica.

Bonnie si guardò attorno, cercando qualcuno che la potesse accompagnare in quella “missione di salvataggio”.

Jeremy Gilbert stava attaccando il cartellone all’ingresso della scuola. Era sulla scala per arrivare più in alto e sbuffava scoraggiato. Si voltò e vide Bonnie che lo fissava con intensità. Poi la vide avvicinarsi a passo svelto, fino a quando non fu sotto di lui.

“Ehi, Bonnie. Come va?” domandò lui, amichevole, contento che qualcuno fosse arrivato a toglierlo dalla tortura di scotch scadente e cartelloni pesanti.

“Jeremy ti devo parlare” disse Bonnie, ignorando la sua domanda.

“Sì, anch’io sto bene, grazie mille” disse il ragazzo, un po’ seccato.

Bonnie gli raccontò tutto. In fondo, Jeremy sapeva dell’esistenza dei vampiri e sapeva anche che Bonnie era una strega. Insomma, sapeva tutto. La ragazza non tralasciò nemmeno il “piccolo” dettaglio che il casino lo aveva combinato lei, nonostante all’inizio avesse avuto le migliori intenzioni del mondo.

“Andrà tutto bene, Bonnie. Non è stata colpa tua, no, non piangere” sussurrò Jeremy, consolandola. Aveva sempre avuto un debole per quella ragazza. Era così dolce, innocente. I suoi occhi arrossati le davano un’aria così indifesa da cucciolo smarrito, e il suo corpo era così minuto che a prima vista non si sarebbe potuto dire che sotto c’era una personalità forte e un potere immenso.

“Andiamo, prima che sia troppo tardi. Vedrai, ce la faremo” la incoraggiò Jeremy, sollevandola e portandola verso la sua macchina.

“Mi dispiace causarti tutti questi problemi, ma… non sapevo a chi altri rivolgermi” balbettò Bonnie.

“Non preoccuparti… hai fatto bene a chiedere a me. Ora facciamo un salto veloce a prendere le borse e partiremo prima che quei due si allontanino troppo, ok?” la rassicurò lui, tenendola per mano, come un fratello maggiore estremamente premuroso.

Bonnie annuì, rassicurata dalle parole del fratello della sua migliore amica.

Poi Jeremy decise di sdrammatizzare la situazione: “Ehi, mi fai vedere chi è Edward?”.

Bonnie sorrise, sollevata da quell’improvviso cambio di atmosfera: “Quello lì, lo vedi?” e lo indicò. Edward stava saltando su quei castelli gonfiabili che si mettevano sempre durante le feste, quelli tutti pieni di bambini impazziti. Sembrava un bambino. Era diventato il mito dei ragazzini, perché misteriosamente riusciva a fare i salti altissimi.

“Dio, che scemo…” disse Jeremy, alzando gli occhi al cielo.

Entrambi scoppiarono a ridere di gusto, come non facevano insieme da molto tempo.

“No, seriamente, Jeremy. Io penso che lui stia pensando a sua figlia, a quando era piccola…” disse Bonnie.

“Sì… la figlia è il Mostro di Loch Ness, no?” ridacchiò il ragazzo.

Bonnie gli diede un pugno sul braccio: “Con voi maschi non si può mai fare un discorso serio…” sbuffò. Scoppiarono a ridere di nuovo come due bambini.


Damon aveva acceso il motore della Ferrari di Bella appena aveva sentito la portiera dalla parte del passeggero sbattere. Senza esitare era partito, diretto verso Mystic Falls. La strada non la conosceva, ma non importava. Era un vampiro: il senso dell’orientamento non gli mancava.

Vide Bella che si metteva le mani fra i capelli, con fare disperato. Quel gesto gli ricordava tanto la sua Elena; gli mancava così tanto, e la semicertezza di arrivare a casa sua e poterla di nuovo stringere fra le braccia era l’unica cosa che gli impediva di piangere e disperarsi. Quando sarebbe arrivato a casa, le avrebbe detto tutto quello che avrebbe voluto dirle nel bagno, la scorsa sera. Il tempo era passato così lentamente, stentava a credere che il suo arrivo a Forks risaliva alla notte prima.

“Che succede, Bella?” domandò Damon, preoccupato.

Lei chiuse gli occhi e rispose lentamente: “Sono così… non so più cosa fare. Siamo certi che là troveremo Edward e Elena?” domandò lei.

Damon alzò le spalle: “Tanto vale tentare. Non abbiamo certezze ma dobbiamo trovarli. E non abbiamo altre idee quindi…” rispose lui.

“Dimmi… com’è fatta Elena? Cioè descrivimela come se… come se lo stessi scrivendo sul tuo diario” lo incitò Bella, curiosa senza risultare troppo invadente.

Damon sospirò: “Non c’è un modo per descrivere Elena, davvero. Non esiste”.

Bella scosse la testa: “Non ci credo. Dammi una ragione per la quale descriverla sarebbe impossibile. Dimmi una sola ragione valida e ti lascerò in pace” disse Bella, non ammettendo repliche.

“Elena è… così troppo fantastica. È dolce, gentile, altruista, determinata e forte. Non si scoraggia mai, pensa sempre in positivo. Non la sentirai mai dire qualcosa come: abbiamo perso, è finita. Lei pensa sempre che ci sia una possibilità, e non le interessa se sia lontana un kilometro o un miglio. Per lei esiste. E se la soluzione è sacrificare se stessa, allora è pronta a farlo. Ovviamente io glielo impedisco, ci mancherebbe”. Damon sorrise, pensando alla sua Elena. La sua principessa coraggiosa, troppo coraggiosa.

Bella stava zitta, attendeva che Damon continuasse. Sapeva che l’avrebbe fatto, perché aveva bisogno di parlare di lei. Primo perché gli mancava, secondo perché non l’aveva mai fatto con nessuno. E se l’aveva fatto, di certo non così apertamente come in quel momento.

Infatti, il vampiro continuò: “Stefan è stato il suo ragazzo per così tanto tempo. E quello che non sopporto è che lei era sempre convinta che Stefan fosse la scelta migliore. Sempre ed in ogni caso. Non ha mai considerato l’idea che io potessi essere migliore per lei” sospirò Damon.

Prese un altro respiro, mentre imboccava l’autostrada a tutta velocità, poi continuò: “E il fatto che tutti, anche Katherine, vogliano sempre Stefan mi fa impazzire. Tutti vogliono il fratello buono, mentre a me tocca sempre la parte del cattivo. Effettivamente, io ero cattivo e stronzo, ma nessuno vuole credere davvero che io sono cambiato. Grazie a lei ora sono un’altra persona. Non vado più a letto con nessun altra. Perché penso a lei, sempre a lei. Ogni volta che faccio qualcosa di stupido mi blocco, perché Elena appare nella mia mente e sembra che mi stia dicendo: no, non lo devi fare. E io l’ascolto. È ridicolo, ma è così”. Damon continuava a sospirare, immerso nei ricordi.

L’auto sfrecciò accanto alle indicazioni per arrivare all’aeroporto di Portland. Damon borbottò qualcosa, poi si schiarì la gola: “Che facciamo? Prendiamo un biglietto last minute e un volo low cost e andiamo in aereo oppure optiamo per la Ferrari?” chiese Damon, mentre rallentava avvicinandosi all’incrocio.

“Vada per la Ferrari. Chissà quando c’è un volo per la Virginia. E poi ci toccherebbe rubare un’auto. No, ci metteremo di meno ad attraversare gli Stati Uniti con la mia Ferrari” rispose Bella, con una piccola nota di disprezzo sull’ultima parola.

A Damon non sfuggì: “Capto disgusto per la tua macchina?” domandò incredulo.

Bella sbuffò: “Non disgusto. Più che altro, nostalgia” aggiunse malinconica.

Damon la guardò, interrogativo: “In che senso? Cos’avevi prima? Una Aston Martin? Cosa può esserci di meglio di una Ferrari?” meditò lui. Non poteva nemmeno immaginare quale fosse la risposta.

Bella andava fiera del suo ex-mezzo. Il suo signor pick-up aveva accompagnato i suoi ultimi anni di liceo e ne avrebbe conservato il ricordo per sempre.

“Ehm… un pick-up Chevrolet degli anni ’50…” mormorò Bella. Si era fatta timida non per l’imbarazzo, ma per la paura della reazione di Damon. Gli uomini erano tutti uguali, se dicevi che amavi di più un trattore che una macchina sportiva, dovevi prepararti a una scenata. Infatti…

“Cooooosa? Tu vuoi dire che hai nostalgia di un pick-up quando hai una Ferrari ultimo modello? Ecco, nemmeno tu sei tanto normale…?” la informò Damon.

Bella annuì scoraggiata da quella solita reazione maschile: “Siete voi uomini che siete patetici…” sbuffò lei.

“Ok, non parliamone più. Ora preparati! Hai la cintura di sicurezza, piccola?” ammiccò Damon.

Lei fu scossa improvvisamente dalla voglia di fare qualcosa di pazzescamente folle e annuì, dondolandosi per quanto poteva sul sedile. Damon le lanciò un ultimo sorriso, le fece l’occhiolino e premette con tutta la forza che aveva sul pedale dell’acceleratore.

Poi aprì il tettuccio della decappottabile e mise a tutto volume All_I_Need dei Within Temptation. Non era esattamente il genere di canzone che uno metteva mentre sfrecciava sull’autostrada con tutti che gli urlavano dietro e clacson ovunque. Ma quella melodia aveva un significato profondo per lui; era la canzone che gli ricordava Elena. La prima volta che avevano ballato assieme. Un momento magico. Il ricordo delle sensazioni che quella ragazza gli provocava e che ora gli mancavano tantissimo lo assalì, ma poi venne distratto: Bella rideva come una matta: “Tu sei pazzo, Salvatore!”.

Anche il vampiro rideva di gusto, divertito da quell’azione folle e matta. Pensava a Elena, al momento in cui l’avrebbe rivista. “Lo so!” rispose lui, alzando ancora di più il volume.

Bella continuava a ridere come una pazza: aveva voglia di alzarsi in piedi sul sedile e mettersi a urlare: “Edward sto arrivando!”, ma non era l’idea migliore che poteva venirle in mente. Decise di starsene seduta buona.

“Tu devi finire di raccontarmi di Elena!” strillò Bella.

“Finiremo più tardi! Ora divertiamoci!” urlò Damon in risposta.

“Più tardi quando? Stai guidando come un matto, arriveremo in tre ore invece di sette!” gli fece notare lei.

“Davvero pensi che questa sia l’ultima volta che ci vediamo? Quando tutto si sarà risolto, manterremo i contatti” disse Damon serio, improvvisamente rallentando, “non dimenticherò mai tutto quello che stai facendo per me. E avremo l’eternità, per raccontarci le nostre vite” aggiunse poi.

Rallentò ulteriormente: “E voglio che tu conosca Elena. Appena la vedrai… sono certo che andrete molto d’accordo” disse Damon, sicuro e pensieroso.

“Ne sono certa” mormorò Bella, lusingata da tutte le promesse fatte da Damon riguardanti il futuro.

“Ora che dici? Andiamo avanti o facciamo una pausa all’Autogrill?” domandò ironico Damon.

“Credo che potremmo farne a meno, tu che dici?” rispose Bella.

Damon scrutò un punto alla sua destra: “Là, vedi quelle insegne? Mi pare una discoteca molto affollata… che ne dici di-?” ridacchiò Damon, ovviamente con lo scopo di farla arrabbiare. Ci riuscì: “Damon, non farai mica sul serio?” domandò lei, scioccata.

Il vampiro si stava piegando in due dal ridere: “Ovvio che no, Bellina!”.

Bella digrignò i denti: “Sapevo che tu potevi andare benissimo d’accordo con Emmett!” borbottò.

“Emmett? Lo scimmione?” chiese Damon, interessato. “Sì” sbuffò Bella.

“Eddai… su con la vita, Belluccia!” la prese in giro Damon, alzando ancora di più il volume e ricominciando a sfiorare il 300 all’ora.

“Tu devi dormire, caro. Passa qui il volante” lo esortò Bella, cercando di cambiare argomento.

“Non se ne parla. Se guidi tu saremo ancora qui fra due giorni. Abbiamo fretta, ricordi?”. Damon non ammetteva repliche, nonostante nel profondo fosse piuttosto stanco. Ma non voleva sentirsi colpito nell’orgoglio vampiresco che lo caratterizzava.

“Ti prometto che quando ti sveglierai saremo a Mystic Falls” disse Bella, solenne.

“Ok…” mugolò il vampiro, che accostò l’auto. Si scambiarono di posto e Bella conquistò la posizione del pilota.

“Conosci il detto: donna al volante, pericolo costante?” chiese Damon, fingendosi preoccupato per la sua sicurezza.

“Maschilista, io sono una vampira al volante. Giovane e sveglia, con i riflessi altissimi. Credo che non hai scuse e ti toccherà correre il rischio…” annunciò lei.

“Ok, parti” ordinò Damon, mentre si sistemava comodo sul sedile, pronto per addormentarsi. Bella alzò gli occhi al cielo e riaccese il motore. Fissò Damon chiudere gli occhi e abbassò la musica, per farlo addormentare prima. Ma venne bloccata: “No, non farlo. Tieni questa canzone, fino a quando dura” la implorò.

“Va bene” rispose lei, chiedendosi per quale ragione Damon volesse addormentarsi con quella canzone in particolare.

Accelerò al massimo, per mantenere la promessa fatta a Damon e per raggiungere Mystic Falls in tempo. Dopotutto, anche lei avrebbe ritrovato la felicità, laggiù.

Angolino della Matta Fra O.o

Ciao come state?

Ecco qui il 6° Chappy! Come avevate intuito dal “forse” finale dell’altra volta, le cose non si sono affatto sistemate. Anzi… sono così complicate che potreste trovare un po’ di confusione nei nomi perché sono comunque le 22.41 e sto un po’ fondendo…

Allora che ne pensate? Fatemi sapere…

Vi ringrazio per le 10 recensioni! Oddio, mi fate morire…

Amo tutti coloro che hanno aggiunto questa storia alle preferite, alle seguite e alle ricordate.

Grazie anche a chi legge in silenzio, ovviamente!

Spero che recensiate sempre in tante, perché come vedete ho postato prima del previsto, proprio grazie a una cifra mai raggiunta di recensioni. Grazie, grazie di ♥, siete importantissime per me. Mi fate amare i momenti quando scrivo come non li ho mai amati, grazie veramente.

Ora vi prego aiutatemi: come si mettono le immagini nei capitoli? HELP! Ditemelo, perché io ci provo, ma non ci arrivo proprio.

Spero di aver recensito tutte le vostre storie che seguo e di non essermene perse alcune, siete bravissime anche voi! Vi ringrazio ancora per tutti i vostri complimenti!

Bacioni Fra

PS The Descent e il 27 Gennaio si avvicinano…

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Capitolo 7
*** Scomparso ***


7. SCOMPARSO

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Renesmee Cullen poteva ritenersi una delle più fortunate persone del mondo. Era stata una bambina amata in tutti i modi possibili dai parenti: zia Rosalie aveva sempre curato il suo aspetto e l’aveva portata al parco insieme a zio Emmett, il simpaticone che le faceva fare le capriole e la prendeva in braccio, facendola volteggiare nell’aria. Adorava quando lui  lo faceva: il vento le scompigliava i capelli color del bronzo e le sembrava davvero di poter  volare.

Nessie aveva poi zia Alice, che le aveva comprato tantissimi bellissimi vestiti colorati e femminili. Il suo guardaroba era pieno e vario: da semplici paia di jeans a gonne a palloncino, dalle t-shirt agli abiti eleganti.

Zio Jasper era il suo compagno preferito di caccia, ovviamente dopo Jake: ogni volta che voleva cacciare qualche puma, zio Jazz c’era sempre stato. Nessie adorava la competizione con lo zio, e quando zio Emmett si univa a loro tutto risultava ancora più divertente.

I nonni Esme e Carlisle erano così dolci e affettuosi nei suoi confronti e lo dimostravano in tutti i modi: le davano regali, la portavano nei posti dove lei voleva, facevano tutto quello che lei voleva. E poi, ovviamente, c’erano i suoi genitori: quando era una bambina li vedeva sempre assieme, abbracciati. Talvolta li aveva beccati pure a baciarsi. Ma lei era felice e per niente schifata o scandalizzata da quei gesti intimi: per lei contava solamente che fra i suoi genitori ci fosse quell’amore indistruttibile e invincibile, che niente avrebbe mai potuto spezzare.

E infine c’era Jake: l’amico di infanzia con cui aveva condiviso tutto, che poi era diventato il fidanzato premuroso e perfetto durante la sua adolescenza. Il destino li voleva assieme, e Nessie era contentissima che Dio le avesse dato una persona così speciale che si prendesse cura di lei. Amava Jake con tutto il cuore, e le dispiaceva che a suo padre non andasse a genio. Contava però sul fatto che ci fosse l’eternità per farselo stare simpatico, ma a quanto pareva la mamma non la pensava allo stesso modo. Ultimamente, Edward era sempre più nervoso per la storia dell’anniversario fra Nessie e Jake e continuava a fare critiche, battute di cattivo gusto… e questo a Bella non stava affatto bene, così iniziavano le liti. E Nessie si sentiva in colpa, perché si sentiva responsabile di quello che stava accadendo fra i suoi genitori. Alla fine, chi era sposata con Jacob? Non la mamma, non il papà, ma lei. Solo lei.

Ultimamente li vedeva sempre più distaccati e Nessie aveva assistito alla partenza di sua madre con quello sconosciuto, con quel Damon, che ora era partito con la Ferrari di Bella alzando un polverone da terra e facendo stridere le ruote. Non era ancora del tutto convinta che la madre andasse con lui solo per una semplice promessa, ma comunque si fidava; si fidava del rapporto sincero fra di loro e si fidava dell’amore della sua mamma per Edward. Se lei diceva che tutto si sarebbe risolto e che lo stava andando a cercare, ci credeva.

Abbracciata a Jacob ricominciò a piangere per tutto quello che stava succedendo.

“Nessie, su, non piangere…”, la consolò lui.

“No, è che… che succederà? Come andrà a finire tutto questo?”, singhiozzò lei.

“Andrà tutto bene. La rivedrai, ne sono certo. Te lo prometto, Nessie”, sussurrò rassicurante Jacob.

Lei lo fissò con quei suoi enormi occhi da cerbiatta color cioccolato, quegli occhi che Jacob amava con tutto se stesso. “Ti va di vedere un film?”, propose lui.

Renesmee annuì, mentre si lasciava trascinare verso casa dal suo bellissimo e dolcissimo marito.

“Allora… sappi che non ho intenzione di sopportare film strappalacrime un’altra volta”, la ammonì lui, ridacchiando.

“Sono così belli… ma nemmeno io ho voglia di piangere adesso quindi sei fortunato. Guardiamo un horror?”, suggerì Nessie.

Jake la guardò storto: “Fai sul serio?”, chiese.

“Perché, hai paura?”, lo punzecchiò lei.

“Certo che no. Io non ho mai paura”, si vantò Jake.

“No, comunque guardiamo… un cartone. Ho voglia di vedere un film per bambini”, annunciò Nessie.

“Sei sicura di sentirti bene, tesoro?”, chiese lui.

Nessie annuì energicamente: “Ok… O Piovono Polpette, o Up, o Mostri contro Alieni o Rapunzel… scegli tu”, disse lei, tirando fuori dal reparto dei dvd per i bambini della riserva i vari film.

“Wow, sono tutti così belli che non so davvero cosa scegliere…” la schernì Jake, che ricevette un pugno in pancia. “Smettila. Allora decido io: si guarda Rapunzel”, annunciò seccata Nessie.

“Ok. Guardiamo Rapunzel… tu inizia tranquilla, io prendo i popcorn”, disse Jacob.

“No ti aspetto, non c’è problema”, lo rassicurò lei.

“Davvero, non vorrei che attendessi troppo per un film così bello. Ti raggiungo subito, tu comincia”, la incitò lui.

Jacob tornò nel momento in cui una bella ragazza stava facendo calare i suoi capelli dalla torre.

Quel film era così noioso che in un quarto d’ora di film aveva finito i popcorn, come gli fece notare la sua bella moglie che si stava apparentemente godendo ogni singolo secondo del film: “Dio, ma come hai fatto a finire i popcorn in dieci minuti?”, domandò incredula.

Jake alzò le spalle: “Ne vado a prendere altri”, annunciò lui, mentre Rapunzel dava padellate a qualcuno.

Passarono i minuti, dieci, quindici…

“Jake?” chiamò Renesmee dal divano. Era da un po’ che si era alzato per andare a prendere i popcorn. Ok che il film non gli piaceva, ma almeno avrebbe potuto portarglieli.

“Jake, tesoro?”, lo chiamò ancora Nessie. Perché non rispondeva? Voleva farle prendere uno spavento? Non era divertente; doveva smetterla con questi giochetti infantili. Se un giorno sarebbe scomparso davvero, chissà come avrebbe reagito lei e come si sarebbe comportata. Sicuramente avrebbe fatto qualche follia.

Nessie si alzò, iniziando seriamente a preoccuparsi. Dov’era finito il suo amore? Fermò il film proprio nel momento in cui il cavallo stava volando facendo una faccia buffissima, ma Nessie, che normalmente avrebbe riso, questa volta non lo fece.

Si infilò le sue ciabattine azzurrine con i pompon e andò in cucina. Si guardò attorno e quello che vide fu… tutto normale. Il pacchetto dei popcorn era aperto e stava appoggiato sul tavolo, accanto ad una ciotola semipiena che Jake stava finendo di riempire, a quanto pareva. E poi l’aveva lasciata lì. Perché? Forse era dovuto andare urgentemente al bagno.

Nessie allora controllò tutti e due i bagni della casa. Ma di Jacob non c’era traccia.

Ora Renesmee non era più preoccupata, di più. Si sentiva il cuore battere forte; stava impazzendo e poteva tranquillamente uscire dal petto se le pulsazioni fossero aumentate ancora di più. Che l’avessero rapito? Era assurdo, ma Nessie non sapeva più cosa pensare.

Afferrò un coltello dal cassetto della cucina e si preparò a difendersi da chiunque avesse potuto incrociare.

Ma non trovò nessuno. Nessun malintenzionato, nessun rapitore, nessun ladro, nessun pericolo. Ma soprattutto, non trovò suo marito.

Quando Nessie realizzò che Jacob era scomparso, se ne era andato chissà dove, crollò a terra e ricominciò a piangere. Venne assalita da un attacco di vomito e di nausea, così corse in bagno accovacciandosi sul water.

Disgustata, afferrò lo spazzolino e si lavò i denti, e per un attimo riuscì a dimenticare quello che stava succedendo. Poi però ritornò accanto alla scatola dei popcorn e non riuscì più a trattenere le lacrime. Scoppiò a piangere, disperata. Si chiedeva: perché, perché, perché a lei doveva succedere tutto questo? Che aveva fatto di male?

Suo padre era stato scambiato con uno psicopatico, il quale aveva trascinato sua madre alla ricerca della sua amata e suo marito era sparito. Scomparso, smaterializzato nel nulla.

Nessie era scossa dai singhiozzi, continuava a piangere e le lacrime le solcavano il viso, rendendolo arrossato come gli occhi spenti e tristi. I capelli erano tutti appiccicati al viso, dandole un aspetto leggermente spaventoso.

In quel momento a Nessie vennero in mente solamente due cose: la prima era quello che doveva fare in quel momento. Non c’erano molte alternative: avrebbe chiamato la famiglia, le sue zie, con cui aveva un rapporto speciale. Erano le uniche persone che rimanevano nella sua vita. La seconda cosa era la motivazione di quel casino: Renesmee Carlie Cullen poteva ritenersi una delle più fortunate persone del mondo. Aveva una famiglia che l’amava, un marito che la seguiva da tutta la vita, due genitori che si amavano… Aveva gli zii più generosi e simpatici del mondo: Alice, Rosalie, Emmett e Jasper. Voleva tantissimo bene anche a nonno Charlie e a nonna Renèe, anche se lei non l’aveva mai conosciuta. E adorava ogni singolo bambino nella riserva di La Push, così come loro adoravano lei.

Dalla vita, Nessie l’aveva capito ora, non si poteva avere tutto. Se l’infanzia e l’adolescenza erano andate a gonfie vele, i problemi sarebbero iniziati a età adulta. Infatti, era successo. Per una volta nella vita, Nessie avrebbe voluto essere completamente umana e non avere a che fare con gli eventi soprannaturali come le scomparse improvvise.

Strascicando i piedi, Nessie si alzò e andò a prendere il telefono, per chiamare zia Alice e tutti i parenti. Aveva bisogno di una mano, non voleva essere sola in una situazione del genere.

 

 

Damon stava dormendo e sognava su una bellissima Ferrari rossa scintillante. Pensava ai momenti più belli della sua vita, quegli attimi che non avrebbe mai potuto dimenticare. A volte una vita dannata per l’eternità riservava delle sorprese, delle persone entravano nella tua vita e ti facevano dimenticare chi eri, chi eri stato e chi volevi essere. Elena era una di quelle persone. Lei lo aveva cambiato: se prima il progetto di Damon Salvatore era riavere Katherine, ora tutto quello che aveva sognato negli ultimi 150 anni gli sembrava stupido. Non c’era niente, nemmeno il sangue, che poteva desiderare più di Elena. Ogni volta che la sfiorava, ogni volta che le parlava… sapeva che forse il destino non li voleva assieme, ma lui si sentiva in dovere di proteggerla. Se ne stava dietro le quinte, in attesa che lei un giorno capisse quello che c’era fra di loro.


[Flashback]

 

“Vieni al parco?” domandò Damon, giocherellando con un anello trovato sul comodino di Elena.

Elena lo guardò: “Non credo proprio. Sto troppo male…”, rispose lei.

Damon si alzò, si avvicinò a lei per prenderle una mano: “Dovresti smetterla di chiuderti in questo modo. Ti fa sentire solo peggio. Esci, dai” la incitò lui. Elena scosse la testa. Era davvero testarda. E Damon adorava anche questo lato del suo carattere.

“Facciamo qualcosa di tremendamente folle, avanti”, cercò di convincerla lui. Vedendo che lei non aveva alcuna intenzione di cedere, recitò la parte dell’offeso e ritornò a sedersi sul letto, che intanto era divorata dai sensi di colpa.

Elena sospirò: “Va bene… ma solo perché sei tu”, sbuffò. Damon adorava quando faceva quell’espressione scocciata.

“Sì, lo so che sono tremendamente affascinante, sexy e…” si vantò lui, ma poi fu costretto a smettere perché gli arrivò una cuscinata dritta in faccia.

“Smettila di essere così egocentrico. Mi dà i nervi” disse Elena, seccata. Ma dentro, non poteva essere più d’accordo con lui: era davvero troppo affascinante e sexy;  per resistergli le serviva tutta la forza di volontà che possedeva.

“Mi scusi, Miss Gilbert. Allora, andiamo?” domandò lui.

Lei, per quanto avesse voluto fare la dura, non riuscì a non dire di sì. Damon l’afferrò per le gambe e se la caricò sulla schiena. A velocità sovrumana, si buttarono fuori dalla finestra. Normalmente Elena avrebbe avuto paura e si sarebbe messa a urlare, ma sapeva che Damon non l’avrebbe mai fatta cadere.

La strada era deserta a quell’ora del mattino; tutti erano a lavorare o a scuola, così Damon non si fece problemi a correre a quella velocità folle sul marciapiede.

Elena rideva come una matta: forse Damon aveva ragione; lei aveva davvero bisogno di uscire. Si sentiva la pelle riprendere colore, da pallida e malaticcia la sentiva arrossarsi. Iniziava a sentirsi meglio, molto meglio. Si sentiva viva.

Dopo qualche minuto, Damon si fermò e la fece scendere con delicatezza dalla sua schiena.

“Dove siamo?”, domandò Elena guardandosi attorno, non riconoscendo bene il posto in cui erano finiti. C’era un grande prato verde, un po’ più ingiallito in alcuni punti. Erano circondati dagli alberi: alcuni erano davvero alti e li sovrastavano completamente. La loro imponenza faceva quasi paura. C’erano qualche cespuglio e qualche panchina sparse per la radura.

Poco a destra si trovava un parco giochi con delle altalene e uno scivolo. Elena ci si precipitò.

“Uh, un posto poco a Nord di Mystic Falls”, rispose Damon, alzando le spalle, mentre fissava Elena correre verso lo scivolo.

“Fai sul serio? Noi in due minuti abbiamo percorso kilometri?”, chiese Elena, incredula.

“Niente di che. Una decina di kilometri…”, confermò Damon.

Elena guardò il cielo: quella mattina, appena alzata, era sereno. Il sole splendeva e l’aria era calda. Ora invece, era stato coperto da nuvole scure che avrebbero portato di certo pioggia, e faceva più freddo, tantoché Elena si lasciò sfuggire un lamento.

“Hai freddo?” chiese Damon, premuroso come sempre, raggiungendola sullo scivolo e scendendo assieme a lei facendo il “trenino”. Elena non capiva perché con lei si comportava così dolcemente, la trattava così bene e la aiutava come nessun altro aveva mai fatto.

Elena scosse la testa, ma Damon ovviamente non le credette. Si sfilò la giacca di pelle nera, a sua compagna immancabile di avventure, e la mise sopra le spalle della ragazza.

“No, Damon. Ora avrai freddo tu…”, tentò Elena.

Damon alzò gli occhi al cielo: “Dimentichi che sono un vampiro, cara la mia Elena”, le ricordò lui. Per quanto avesse voluto farlo, Elena non riuscì a restituire la giacca al suo proprietario. Forse perché aveva davvero troppo freddo, o forse perché avere così vicino il profumo di Damon le piaceva troppo da non poterne fare a meno.

“Vieni qui”, sussurrò il vampiro, ed Elena andò a rifugiarsi fra le sue braccia muscolose. La facevano sentire protetta, al sicuro.

Damon si diresse verso una panchina in mezzo al prato e ci si sedette assieme a Elena, che stava sulle sue gambe. Da lontano sarebbero potuti apparire come la coppia perfetta e innamorata.

Qualche goccia umida iniziò a scendere dal cielo. Stava cominciando a piovere.

“Ehi, dimmi a che pensi”, sussurrò Damon.

“Se sei un vampiro dovresti avere il dono della lettura del pensiero” gli fece notare Elena.

Damon scoppiò a ridere: “Devi smetterla di leggere Twilight. Ti fa male. Io non sono un vampiro glietterato, ne sei consapevole?” domandò lui.

Elena sbuffò: “Sì, lo so. Ma a me piacciono di più i vampiri che luccicano…”, lo stuzzicò lei.

Damon aveva uno sguardo scherzosamente sconvolto: “Non farai sul serio?! Preferisci Cullen a me? Elena credo che ora faremo una visitina all’ospedale…” la avvisò lui.

Elena scoppiò a ridere come una bambina: “Voglio ben vedere come gli spieghi i miei sintomi…”.

“Oh, non sarà difficile. Senti qui: la mia amica Elena preferisce un personaggio inventato a me, le pare corretto?”.

Elena non la finiva più di ridere: “Per me chiameranno i poliziotti per la presenza di uno psicopatico all’ospedale”, disse lei.

“Che ci provino…”, sussurrò fintamente minaccioso Damon.

A quel punto nessuno sapeva più cosa dire. Elena provò a sbloccare quel silenzio imbarazzante che si era creato: “Sei sicuro di non avere freddo?”, domandò preoccupata, fissando la maglia a maniche corte che Damon indossava in quel momento.

“Elena, smettila di preoccuparti. Ok?”, la rassicurò lui.

Elena annuì: “Prima mi avevi chiesto quello che stavo pensando…” disse, rimanendo vaga.

Lui abbassò il viso al livello di quello di lei: “Sì. Hai intenzione di rispondermi?” chiese, senza curarsi di nascondere la curiosità.

“Sì, te lo dirò. Solo se tu non mi prenderai in giro”, gli fece promettere lei.

“Promesso”, disse solo Damon, con quel tono solenne che usava spesso per fare lo spiritoso.

“Ecco… pensavo alla mia vita. È ingiusta. Cioè, Stefan è un cretino e Caroline mi ha ferita. E devo ringraziarti Damon, per non rendere la mia vita uno schifo totale. Se non fosse per te, chissà dove sarei ora…”, sussurrò Elena.

Damon la fissò: “Lo faccio volentieri. Sappi Elena, che se tu avrai bisogno di me, ci sarò in qualsiasi momento. Non dimenticarlo mai, ok? Ricordatelo per sempre. Promettimelo”, aggiunse poi.

Elena lo guardò, incantata da quegli occhi così dannatamente belli: “Promesso”.

Rimasero in quella posizione ancora per qualche minuto, poi la pioggia si fece più insistente e si costrinsero ad alzarsi.

“Ho sempre sognato di trovarmi sotto alla pioggia e non avere fretta di andare. Come nei film. Mi piace stare qui, non andiamocene subito”, Elena pregò Damon.

“Diventerai un ghiacciolo. E ti verrà la febbre e mi sentirò in colpa per giorni. Quindi, no, ce ne andiamo”, disse risoluto il vampiro.

“Daaai, per favore. Damon, daaai. Io ti voglio bene!” lo supplicò lei, tirando fuori l’arma degli occhi da cucciolo bastonato. Come poteva Damon resisterle?

“D’accordo” cedette lui, “ma faremo a modo mio” aggiunse. Si chinò raccogliendo una palla di fango e la tirò addosso a Elena, che non riuscì a schivarla.

Anche la ragazza si preparò alla battaglia e iniziò a tirare palle di fango da tutte le parti, sperano di centrare Damon. Passarono dieci minuti a giocare così, come due bambini. E, per quanto il vampiro si sentisse in colpa per il raffreddore che si sarebbe preso Elena, Damon si era divertito come non faceva da tempo. Quando stava con Elena, si sentiva umano. E giocare con lei era magico.

“Ok, chiedo tregua”, gridò Damon, sconfitto.

“Ma dai! Damon Salvatore che si arrende così? Chi l’avrebbe mai detto?” lo provocò Elena, ricominciando a correre per il prato. Sentendo che Damon non la stava seguendo, si voltò e lo guardò. Il vampiro sembrava piuttosto strano: aveva gli occhi spalancati, come se avesse visto chissà che cosa.

“Tutto ok?”, domandò Elena, incerta sul da farsi.

Damon non rispondeva. “Terra chiama Damon”. Niente, Damon non sembrava avere intenzione di alzarsi e risvegliarsi. Elena si sedette accanto a lui, in attesa.

Poi, quando Elena iniziava seriamente a preoccuparsi per il vampiro, sentì un gemito e un sussurro: “La… mia… giacca…”.

Eh? Elena era leggermente confusa. La sua giacca?

Poi si ricordò che l’aveva indosso lei ed era completamente marrone e incrostata di fango.

“Ops, scusami”, mormorò lei, temendo di morire da un momento all’altro. Damon era disposto a dare la vita pur di salvare la sua giacca di pelle. Chissà cosa poteva farle…

“Elena… oh mio Dio. Che faccio ora?” gemette lui.

Elena si sentiva in colpa come mai si era sentita: “Che ne dici se ne andiamo a comprare un’altra?” propose.

Damon era ancora scosso: “Lei era l’unica…”

“Lo so…”

“Lei era speciale…”

“Lo so…”

“Non ci sarà mai un’altra giacca come lei…”

“Lo s-, cioè… sì che ce ne sarà un’altra…”

“No”

“Sì”

“Era fatta a mano…”

Elena alzò gli occhi al cielo: “No, era made in China…”

“Come osi dire una cosa del genere?”

“Scusami, ma c’è scritto sull’etichetta… senti, andiamo a cercarne una simile, ok?”

“Ok… uguale, però”

“Sì, sì, uguale. Vieni, alzati. Dai, ok. Andiamo”.

 [Fine Flashback]

 

Edward stava ancora saltando sul castello gonfiabile quando non poté fare a meno di essere attirato da un odore, o meglio un profumo, che proveniva da… da poco dietro di lui. Si voltò di scatto, pronto a seguire i suoi istinti.

Chissà dov’era finita Bonnie… non riusciva a leggere i suoi pensieri, chissà perché. E Elena? Non l’aveva vista ad aiutare per il Giorno dei Fondatori. Che lo odiasse così tanto per la sua piccola commedia della mattina?

Ma Edward non riuscì più a pensare quando vide un bambino che stava sanguinando dal ginocchio. Si avvicinò a passo felpato, pronto a cedere alla sua natura. Poi, come un lampo, si ricordò che lui non era quel tipo di vampiro: lui era vegetariano. Notando che non andava a caccia da ben quattro giorni, cambiò direzione e svoltò verso il bosco, lasciando la Festa dei Fondatori.

Mentre afferrava un piccolo scoiattolo decisamente poco soddisfacente, vide che non era solo. C’era qualcun altro che si stava dedicando alla sua stessa attività. Un vampiro? Un altro vampiro?

La sua attenzione venne però distratta da una piccola puzzola che stava attraversando lo spiazzo di terreno sotto al ramo sul quale stava seduto: quella piccola creaturina gli ricordava in modo troppo chiaro e marcato la sua Bella. Appena l’avrebbe rivista si sarebbe scusato a non finire; le mancava decisamente troppo. Ogni follia che faceva, ogni cosa che stava facendo che non apparteneva alla personalità di Edward Cullen era causata dalla nostalgia verso la moglie. Non poteva fare a meno di lei, e quello che stava accadendo in quei giorni non era che l’ennesima prova di questo.

I suoi occhi si fecero lucidi ma non scesero lacrime. Poi di nuovo vide quel vampiro, e ritornò a concentrarsi.

Scese dal ramo e lo inseguì. Poi lui si fermò ed Edward poté finalmente guardarlo in faccia. Lo aveva già visto, ma non sapeva dove…

“Ciao”, lo salutò il vampiro misterioso.

“Ciao, sei di qui, tu?”, chiese Edward.

“Sì. Io non ti ho mai visto… da dove vieni?”, domandò a sua volta il vampiro, pulendosi con la manica la bocca sporca di sangue.

Dove diavolo l’aveva già visto? Edward non riusciva proprio a capirlo, ma si sentiva la risposta sulla punta della lingua…

“Da Forks”, rispose distrattamente Edward, concentrato al massimo nella sua ricerca mentale.

“Ah, comunque io sono Stefan”, si presentò lui. E a quel punto Edward capì: era l’ex di Elena, lo aveva visto nei suoi pensieri e forse lei stessa lo aveva accennato indirettamente nelle loro animate discussioni.

“Piacere. Io sono Edward”, rispose lui, stringendo la mano dell’altro vampiro.

 

Nessie teneva in mano la cornetta del telefono, sperando con tutta se stessa che gli zii e i nonni non fossero a caccia. Grazie a chissà quale dio, erano a casa.

“Pronto?”, rispose Alice Cullen, allegra come sempre.

“Ehi, zia Alice. Come va?”, chiese Nessie, con la voce un po’ cupa.

“Sì tutto ok, grazie Nessie. Te?”, domandò la zia, che sembrava non essersi accorta dell’umore della nipote.

“Non va bene, zia Alice. È successo un casino… dovete venire qui a La Push, subito. Oppure vengo io… devo parlarvi”, annunciò Nessie, seria.

“Oddio, mi fai preoccupare. È meglio che venga tu, sai come sono i licantropi, no?”, le ricordò Alice.

“Sì, hai ragione. Solamente qualche secondo e sono lì da voi…”. Nessie chiuse la chiamata e partì a velocità sovrumana verso casa Cullen. Appena arrivò, Alice aveva previsto il suo arrivo e l’aspettava con la porta aperta e uno sguardo ansioso. Dietro di lei stavano tutti gli altri parenti.

“Che è successo, Nessie? Dove sono Edward e Bella?”, chiese Carlisle, calmo come sempre.

Renesmee scoppiò a piangere, e prontamente Rosalie e Alice andarono da lei e la sorressero prima che potesse cadere a terra. “Io… vi ricordate quel tipo del ristorante…”, singhiozzò Nessie.

“Il ladro dell’ospedale?”, mugolò Carlisle.

“Quello sexy?”, domandò Rosalie.

“Si ce lo ricordiamo. Che ha fatto?”, tagliò corto Alice.

“Ecco… non so perché e non so come, ma… lui e Edward sono stati… ehm, scambiati”, balbettò Nessie. Dopo quell’affermazione si ritrovò sei facce di sei vampiri pieni di domande.

Così Nessie raccontò tutto, dallo scambio alla scomparsa di Jacob.

“Quindi tu pensi che Jacob sia sparito e sia andato dove stava prima Damon… ma non sei certa che è stato scambiato. Quindi… smaterializzato?”, chiese Esme.

Nessie annuì. Non riusciva a parlare. Aveva la nausea.

“Basta con le chiacchiere. Che facciamo?”, domandò Emmett. Adorava le sfide e le missioni di salvataggio.

“Non ne ho idea…”, rispose Jasper.

I sei vampiri e la semivampira passarono le ore successive sul divano a prendere una decisione. Ma non erano comunque certi di niente. Non c’erano certezze in quello che stava accadendo.

 

“Ehi, Damon?”, chiamò una voce.

Lui non voleva uscire dal sogno, gli piaceva troppo. Pensava a Elena, la vedeva. Era come se fosse accanto a lui, non voleva andarsene.

“Damon”, sentì ancora chiamare. Poi si costrinse ad aprire gli occhi e a ritornare alla realtà: Bella, non Elena, stava sopra di lui e lo stava fissando leggermente preoccupata.

“Che c’è, Bella?”, domandò lui, cercando di nascondere senza molto successo il fastidio.

“Siamo arrivati”, annunciò lei.

Damon si guardò attorno, ancora confuso dal meraviglioso sogno che aveva appena lasciato: “Arrivati dove?” chiese.

Bella sorrise: “A Mystic Falls. Ti avevo promesso che saremmo arrivati entro la mattina quando ti saresti svegliato, quindi eccoci qua”, concluse lei.

Damon iniziò a ricordare: “Quindi… qui c’è Elena?”, chiese lui, improvvisamente entusiasta e trovando finalmente un lato positivo nel suo risveglio.

Bella annuì, anche se dentro sapeva che non era sicuro, ma non voleva rovinare la mattinata a Damon. Preferiva illuderlo, dopotutto la probabilità che avrebbero trovato Elena (e Edward) era molto più alta di quella che non gli avrebbero trovati. Bella Cullen era molto fiduciosa.

“Allora, non mi dici dove abita?”, chiese lei, sorridendo.

Damon si raddrizzò sul sedile della Ferrari, e cominciò a dare le istruzioni per arrivare a casa Gilbert.

 

 

Angolino della Matta Fra o.O

Ciao!

Ok, lo so che volete uccidermi per il mio immenso ritardo. Ma io mi sono ammalata, carissime. E lo sono tuttora e sto affrontando il mal di testa perché vi voglio tantissimo bene! ♥♥

Allora, non è un granché, lo so. Visto che pure a me mancano i Delena, allora ho deciso di mettere un flashback, spero che comunque vi piaccia e vi faccia placare l’attesa per il gran finale, che non so quando avverrà.

Così Stefan e Edward si incontrano. Nel prossimo capitolo ci saranno i dettagli e ci sarà anche una grande delusione per il nostro vampiro preferito, come avrete intuito.

Mi scuso di nuovo per il ritardo e per il fatto che non ho ancora risposto ad alcune recensioni (9, vi voglio bene, ragazze!), ma ho la febbre e non posso stare al computer troppo…

Il capitolo 5 ha raggiunto quota 11 recensioni: quando l’ho visto ho amato Fantasticgirl (ti rispondo appena posso!).

Grazie per tutti i preferiti, per i seguiti e per le ricordate e grazie anche a chi legge in silenzio.

Grazie a Nada950, come vedi non ho messo le immagini. Non ho più voglia di stare al computer, sperimenterò la prossima volta il tuo consiglio. Rispondo anche alla tua recensione appena posso.

E… sì, abbiamo tutte visto The Descent? Dio quanto ho atteso il 27 Gennaio. Stupendo!

Ora vado, la mia testa urla.

Bacioni e fatemi sapere che ne pensate,

Fra

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Consigli ***


8. CONSIGLI

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Jenna Sommers e Alaric Salzman avevano una relazione da tantissimo tempo ormai. Nonostante tutti i segreti che Alaric che doveva tenere al sicuro per il bene di Jenna, loro erano felici. E da tempo lui pensava di rendere il tutto più ufficiale di quanto già lo era. Ma aveva paura: non voleva che andasse a finire come con Isobel, anche se sapeva perfettamente che Jenna non faceva ricerche sui vampiri nel suo tempo libero e aveva molto da fare e di cui occuparsi con i suoi due nipoti Elena e Jeremy.

Alaric, che era insegnante dei due nipoti della fidanzata, iniziava davvero a considerarli come due specie di figli. Non figli, ma comunque era affezionato a loro e li voleva bene. E per questo, in quel momento, a casa Gilbert, Jenna non era l’unica ad essere preoccupatissima per Elena e Jeremy.

La ragazza aveva lasciato un semplice biglietto con su scritto: “Ciao Jenna… io devo andare. È importante. Tornerò presto, scusami. Bacioni. Salutami Alaric e Jeremy”. Non c’era scritto dove era andata, con chi era andata, quando sarebbe tornata con precisione e perché era andata. Una cosa l’aveva indirettamente detta, però: “Salutami Jeremy”. Quindi, Elena non era al corrente che Jeremy non era più a casa ed era scappato, e sicuramente lei non era con lui. Una cosa di tutto quello che stava succedendo era sicura, ma rendeva il tutto ancora più preoccupante. Per di più, Jeremy non aveva lasciato nessun messaggio, a differenza della sorella. Jenna stava letteralmente impazzendo e Alaric non sapeva come consolarla o tranquillizzarla; non voleva fare promesse che non era sicuro al cento per cento di mantenere.

“Dove può essere finita? Elena saprà badare a se stessa, ma Jeremy…”, singhiozzò Jenna. Aveva accanto a se un rotolo di carta igienica, come nei film. E ai suoi piedi stava un cumulo di notevoli dimensioni di fazzoletti usati. Alaric era lì in mezzo a quella montagna e abbracciava con affetto Jenna e tentava di consolarla: “Vedrai che li troveremo. Aspettiamo ancora un po’…”. Ma non prometteva niente.

Jenna aveva esaurito le parole, non sapeva più cosa dire senza diventare monotona. E lo stesso Alaric. Erano ammutoliti dagli eventi. Elena non aveva voluto saperne di uscire da casa per le ultime due settimane. Ora improvvisamente scappava senza avvisare?

Improvvisamente i due sobbalzarono facendo svolazzare a qualche centimetro da terra dei fazzoletti, perché sentirono qualcuno bussare alla porta. Chi poteva essere? Elena? Jeremy? Se fosse stato Jeremy, Jenna gli avrebbe dato una bella lezione e si sarebbe fatta sentire: un biglietto, un qualcosa? No, ovviamente no! Adolescenti immaturi!

Jenna corse ad aprire la porta, entusiasta ed eccitata, ma rimase delusa: Damon e una… la sua nuova fiamma.

“Jenna. Elena è qui?”, domandò lui cortese.

Lei lo guardò con odio: “No, non è qui. Se ne è andata. Ha lasciato un biglietto”, lo informò lei.

Damon sbarrò gli occhi, spaventato: “Che cosa? Dove è andata? Posso vederlo?”.

“Non ha detto dove è andata. Ha detto che sarebbe tornata presto, ma non so quanto è per lei presto. Non so nemmeno se è andata da sola oppure è stata accompagnata da qualcuno…”, sussurrò Jenna, ricominciando a piangere.

“Damon. Questo è il biglietto che Elena ci ha lasciato”. Alaric raggiunse il gruppo e gli tese un post-it giallognolo. Damon riconobbe all’istante la stretta e piccola calligrafia di Elena.

“Lei chi è?”, chiese curioso Alaric.

“Oh, ehm… io sono Bella. Un’amica di Damon”, si presentò lei tendendo la mano.

“Piacere, Alaric Salzman. Amica, dicevi, eh?”, chiese discretamente il professore.

Bella se avesse potuto sarebbe arrossita: “Oh, sì, amica. Amica e basta”, chiarì sorridendo innocentemente. Poi fece in modo che l’anulare sinistro passasse disinvoltamente sotto l’occhio di Alaric, per fargli capire che era sposata. Lui parve notarlo e cambiò subito argomento.

“Oh molto piacere. Sei nuova, non ti ho mai vista qui”, osservò educatamente Alaric senza essere invadente.

Bella sorrise imbarazzata: “No, io in realtà… sono qui per una specie di vacanza, mi spiego?”.

Alaric annuì, comprensivo: “Vecchie conoscenze”, disse facendo l’occhiolino e dando un particolare accento alla parola “vecchie”, come se avesse intuito la vera natura di Bella.

“A dir la verità non proprio vecchissime”, ribatté Bella.

“Infatti”, intervenne Damon, “Rick dobbiamo parlare. Urgentemente”, lo informò.

Ci fu un’occhiata significativa fra i due e incominciarono a parlare l’uno vicino all’altro, impedendo agli altri, soprattutto a Jenna, di sentire una sola sillaba.

“Quindi… no, tu scherzi, vero?”, domandò incredulo Alaric, dopo aver sentito tutto il racconto molto sinteticamente.

Damon scosse la testa: “No. Qui da qualche parte ci deve essere Edward. L’hai visto?”, chiese Damon, preoccupato.

“No, no… c’è un nuovo studente, però. Uno pignolo e anche piuttosto bravo in storia che ha fatto impazzire Elena questa mattina”, ricordò Alaric pensieroso. Damon non capì più niente quando sentì parlare di Elena e si mise a sorridere come un ebete; poi si rese conto che Alaric aveva parlato di un qualcuno che l’aveva disturbata. Improvvisamente aveva voglia di fargli del male, molto male: nessuno doveva importunare la sua Elena.

“Chissene frega se è bravo in storia. Piuttosto… il tipo ha un nome?”, chiese Damon.

“Anthony… Anthony Masen, mi pare”, tentò di ricordare Alaric.

“Scusa? Anthony? Masen? Oh mio Dio, come era fatto? Capelli, occhi?”, intervenne Bella, che aveva origliato tutta la conversazione con il suo superudito da vampira.

“Sì… ehm, capelli bronzei, occhi di uno strano giallo oro”, descrisse il professore.

“Oh santo. È Edward. Ha usato il suo secondo nome e il suo vero cognome per non farsi riconoscere dalle ragazzine! Damon ci siamo: sicuramente Edward è stato qui, ma…”, Bella si interruppe non sapendo come continuare.

“Elena ha detto che se ne andava per qualche giorno, ma non ha detto con chi”, rifletté Damon.

“Elena sapeva chi era Edward? Non è che ha parlato seriamente con lui e anche lei ha intuito che c’è stato uno scambio?”, pensò Bella.

“Rick hai visto occhi-gialli questo pomeriggio?”, domandò preoccupato Damon.

“Io… non lo so. Mi sembrava di averlo intravisto alla Festa dei Fondatori a dare una mano, ma non lo so!”, disse disperato Rick.

“Qualcuno vorrebbe spiegarmi che succede?”, intervenne seccata Jenna.

“Che bella casa, Jenna giusto? Sono rose quelle?”. Bella salvò la situazione colpendo il punto debole di Jenna, essendo la prima a farle i complimenti per le rose.

“Sì, le ho comprate ieri. Le annaffio ogni giorno tre volte o anche di più”, le spiegò Jenna tutta orgogliosa, mentre Bella annuiva interessata.

“Quindi che si fa?”, domandò Alaric appena le donne se ne furono andate.

“Facile. Andiamo alla Festa dei Fondatori per vedere se Edward è là. Se non c’è, allora sappiamo chi è il rapitore”, concluse Damon, alzando le spalle.

Uscirono dalla porta: “No, ripensandoci… tu rimani qua, non voglio umani di mezzo. Niente responsabilità”, lo ammonì Damon con un sorriso.

“So badare a me stesso”, ribatté seccato Alaric.

“Non ne sono così sicuro”, disse Damon ponendo fine alla conversazione. “Bella, dobbiamo andare”, la chiamò Damon. Bella arrivò. “Promettimi che verrai di nuovo qui, Bella!”, strillò Jenna mentre la vampira si stava allontanando.

“Certo Jenna! A presto!”, la salutò Bella, pensando seriamente di regalarle uno di quei concimi potentissimi. Quella donna era davvero simpatica.

“Che si fa, allora?”, chiese lei, ritornando alla realtà.

“Ma davvero ascoltavi Jenna e non noi?!”, domandò Damon colpito.

“Era interessante”, si difese la vampira.

Damon annuì alzando gli occhi al cielo e accese il motore della Ferrari.

 

La decisione a casa Cullen era stata presa. Nessie sarebbe partita alla ricerca di Bella e Jacob. Non potevano rimanere senza loro notizie per così tanto tempo. E ovviamente speravano di trovare anche Edward o perlomeno qualche sua notizia: come stava, che stava facendo, se tutto era ok… cose così. La famiglia si stava davvero preoccupando per lui.

Ma Nessie non sarebbe partita da sola: sarebbero venute con lei zie Rosalie e Alice. I nonni, per quanto sapessero bene che Nessie era forte, non si fidavano a mandarla da sola fino a Mystic Falls, in Virginia, dall’altra parte degli Stati Uniti.

Rosalie e Alice avevano preparato le valigie in fretta, e si stavano dirigendo a La Push dove Nessie stava preparando le sue.

Renesmee, però, non riusciva a fare i bagagli. Era troppo preoccupata per la sua famiglia. Tutte le persone più importanti erano in pericolo. Lei non poteva assolutamente permettere che Jacob scappasse o che ritornasse, o che venisse rapito o chissà che cosa. Doveva vederlo, toccarlo. Aveva bisogno di avere la certezza che stesse bene e che non fosse ferito, che non fosse capitato chissà dove. Probabilmente era a Mystic Falls, ma chi poteva esserne certo? L'unica certezza era che Forks e quella cittadina della Virginia erano legate più che mai nel modo più assurdo in quel momento, e se Nessie e i Cullen volevano fare un tentativo di salvataggio, allora dovevano proprio cominciare da lì.

Rosalie e Alice si presentarono davanti alla porta della casa di Nessie con due valigie enormi fra le mani. Dovevano pesare una tonnellata, ma non sembravano darlo a vedere con la loro forza vampiresca. Nessie non aveva avuto tempo per fare una valigia decentemente, era troppo agitata a pensare al suo bel marito. Non riusciva a concentrarsi su altro, e aveva quindi preso i primi vestiti che le erano capitati fra le mani e nient'altro di più.  Se avesse dimenticato qualcosa, lo avrebbe comprato per strada se fosse stato fondamentale, e sennò ne avrebbe fatto a meno. Jake aveva la priorità in quel momento.

"Solo quella valigetta? Sembra quella di un bancario!", esclamò Rosalie guardando storta la piccola valigia di Nessie.

"Non riuscivo a prepararmene una. Non riesco a concentrarmi!", si giustificò disperata Nessie.

Rosalie continuava a guardarla male. "Alice, dille qualcosa!".

Alice disse solamente: "Dobbiamo darci una mossa! Non posso avere visioni e non so che stia succedendo. Jacob mi offusca tutto!". Alice aveva lo sguardo perso nel vuoto, tipico di quando aveva delle visioni. Peccato che quando si trattava di Nessie e di Jacob, il futuro era imprevedibile e completamente ignoto. Non poteva sapere quello che sarebbe successo a loro e alle persone che gli stavano attorno.

Rosalie scosse la testa demoralizzata: se nemmeno Alice voleva rimproverare la nipote per la valigia, allora doveva rinunciarci subito. "Allora, andiamo?", sbuffò spazientita Rose.

"Sì. Andiamo subito", rispose Nessie, afferrando la valigia e chiudendosi dietro la porta di casa. Fece qualche rapido giro di chiave e raggiunse le zie alla macchina. Avrebbero usato la BMW di zia Rosalie. La Porsche era anche più veloce, ma dove avrebbero messo le valigie? Non avevano tempo per noleggiare un rimorchio...

Dopo aver caricato con molta fatica i bagagli, Rosalie accarezzò il volante della sua piccolina e accese il motore, che iniziò a fare le fusa, pronto a partire. Rosalie pigiò l'acceleratore e la macchina partì a tutta velocità.

 "Allora... Alice. Ci sarà un volo per la Virginia?", domandò Rosalie.

"Io... credo di sì, però dovremmo arrivare in tempo a Portland. Ce la facciamo per le 19?", chiese Alice.

Rosalie guardò l'orologio e annuì: "Naturalmente arriveremo. Non ho mai fallito una missione del genere!". Ammiccò e rivelò una serie di denti perfetti, poi accelerò di scatto ancora di più, superando una serie di macchine che le intralciavano la strada.

Alice iniziò a prenotare il volo in Internet, mentre la povera Nessie stava sul sedile posteriore a disperarsi e a singhiozzare silenziosamente. "Ce la faremo?", balbettò lei.

Alice si voltò dalla sua parte: "Certo che ce la faremo. Lo troveremo vedrai", la rassicurò dolce la zia.

Nessie annuì e incominciò a soffiarsi il naso senza smettere per tutto il viaggio.

"Siamo arrivati!", annunciò Rosalie parcheggiando con un'abile manovra. Scese dall'auto facendo voltare di scatto le teste degli uomini, che lei ignorò prontamente.

Anche Nessie scese insieme alla zia, presero tutte le valigie e si avviarono verso l'aeroporto di Portland.

Dopo aver fatto il check-in, Nessie voleva solamente mangiare. Comprò una brioche alla marmellata che divorò in pochi minuti, accompagnandola con una bella tazza di tè. Era cibo dell'aeroporto, non era poi così buono, ma soddisfacente comunque per il suo povero stomaco brontolante. Rosalie e Alice assistevano alla scena disgustate da quell'odore e cercavano di distrarsi con uno stupido giochino sul cellulare.

Improvvisamente, Nessie venne colpita da forti conati di vomito. Mettendosi una mano sulla bocca, corse a cercare il bagno. Lo trovò facilmente, anche perché la gente le liberò la strada terrorizzata al pensiero del vomito sui loro vestiti. Nessie si accovacciò sul water come aveva fatto quel pomeriggio. Questa volta non aveva però lo spazzolino a portata di mano, ormai aveva consegnato la valigia, così bevette un po' di disgustosa acqua calda dal rubinetto. Guardò il suo volto riflesso nello specchio e, sentendosi orribilmente male, tornò dalle zie che la scrutavano con aria a dir poco preoccupata.

“Tutto ok?”, domandò ansiosa zia Rosalie.

“Sì… io è da un po’ di giorni che ho questi conati di vomito ma... non è niente di che. Passerà”, le rassicurò Nessie.

“Cibo umano…”, borbottò zia Alice. Zia Rosalie annuì energicamente: “Non dovresti mangiare quelle schifezze”, la rimproverò, annusando l’imballaggio della brioche.

“A me piacciono le schifezze”, si difese Nessie.

“Va bene, fai come vuoi”, concluse Rosalie. Lasciò cadere la plastica sul tavolo e si diresse verso un negozietto di profumi. Presto Alice e Nessie la raggiunsero: Nessie adorava spruzzarsi i profumi dappertutto e in più gratuitamente… peccato che poi era una nuvola di gas.

“Dopo non ti siedi vicino a me”, l’ammonì zia Alice.

“E nemmeno vicino a me”, sì unì zia Rosalie.

Nessie le guardò male e si annusò: “Non puzzo mica così tanto”, tentò di convincerle.

Rosalie la guardò storto: “Ti sei messa almeno cinquanta profumi e hai davvero il coraggio di dire che non puzzi?”, esclamò sorpresa. Nessie in risposta si nascose nel collo alto del suo dolcevita. Rosalie sorrise, intenerita da quel comportamento così infantile: “Dai, sopporterò…”, le disse.

“Grazie zia Rose! Ti voglio così tanto bene!”, strillò Nessie, abbracciandola.

“Non dovresti cedere così in fretta, Rosalie”, sbuffò Alice mentre andava a pagare un profumo Chanel.

“Lo so, infatti tutto ha un prezzo. Non comprerai proprio niente, Nessie”, l’avvisò la zia.

Nessie la guardò con gli occhi spalancati: “No! Come sarebbe a dire?!”, chiese incredula.

“No! Puzzi all’aeroporto che è enorme. Pensa a casa quanto puzzeresti. Non se ne parla. Così la prossima volta non ti spruzzerai cinquanta profumi diversi”, concluse soddisfatta.

Nessie era furiosa. “Bene, ho pagato. Adesso chiameranno il nostro volo… Infatti”, annunciò Alice tutta saltellante con una borsetta nuova di zecca.

“I passeggeri diretti a Richmond sono pregati di venire al…”, annunciò una voce nasale.

“Bene si parte! Alice, Rosalie e Nessie Cullen in una nuova strabiliante avventura-missione di salvataggio per il lupacchiotto”, strillò Alice, attirando l’attenzione di mezzo aeroporto.

“Che stai facendo, Alice?”, domandò Rosalie.

“Sto solo dicendo che…”, spiegò Alice, ma Nessie le prese per le braccia e le trascinò via dalla profumeria, pronta per andare a salvare il suo Jacob o come diceva la sua pazza zia, il lupacchiotto.

 

I due vampiri si fissavano nel bosco, senza sapere bene che cosa dire. Era una situazione alquanto bizzarra, visto che la loro dieta non era normale e casualmente due rari vampiri vegetariani si incontravano a caccia nel bosco di Mystic Falls.

“Così… tu, sei…”, iniziò Stefan indicando il cervo accanto a loro che sanguinava abbondantemente.

Edward annuì: “Sono vegetariano. Anche tu?”, chiese poi.

Stefan scoppiò a ridere: “Vegetariano? Che? Ahahahahah!”. Stefan cadde dal ridere. Non ce la faceva; come poteva quel vampiro definirsi “vegetariano”? Ahahahahahahah! Questa era buffa sul serio. Era da tempo che non rideva così.

Edward lo guardava male, non capendo cosa ci fosse di buffo di due persone che ammazzavano animali del bosco.

“Che c’è da ridere?”, domandò seccato Edward.

“Vegetariano?”, chiese Stefan a scatti per il ridere.

“Oh, ehm… sì, io e la mia famiglia ci chiamiamo così”, sbuffò Edward capendo che cosa faceva tanto ridere.

Stefan iniziava a trovare il tutto ancora più divertente: come i Cullen? Quelli là dei libri che legge Elena? No, non doveva pensare quel nome. Assolutamente no. Come quelli che legge Caroline, si corresse. Ma chi era quell’Edward? Cioè si chiamava anche come il protagonista della saga. La vita riservava delle sorprese e delle coincidenze davvero strane, a volte.

“Fai sul serio? Leggi Twilight? Sei un Cullen? Li trovi così affascinanti?”, lo schernì Stefan.

Edward lo guardò storto: “Veramente… io sono Edward Cullen”, rivelò Edward.

Stefan ci rimase di sasso: la vita era proprio stranissima a volte. Chi diavolo gli mandava il vampiro per le adolescenti nel bosco?

“Ah ah… non è divertente. E da quando Edward Cullen vive a Mystic Falls?”, domandò ironico Stefan.

“Da quando qualcuno ha fatto uno scambio fra un certo Damon e me…”, lo informò altrettanto ironico Edward.

“Damon? Sii serio, per favore. Sai come fa di cognome questo Damon?”, chiese curioso Stefan.

Edward scosse la testa: “Mi pare… Salvatore, qualcosa così. Insomma… non lo so. Perché lo vuoi sapere?”, aggiunse poi aggrottando le sopracciglia sospettoso.

“No, non è possibile. Damon?”. Stefan non poteva assolutamente crederci. Il suo povero fratello era stato scambiato con l’eroe delle adolescenti? Oh, se la doveva passare proprio male.

“Sì. Il tipo di cui quella Elena è cotta. A proposito: tu dovresti conoscerla!”, esclamò Edward dandosi una pacca sulla fronte.

Stefan la conosceva, e bene. Ma probabilmente si sbagliava: non poteva essere quella Elena. Elena cotta di Damon? “Come fai a sapere che la conosco?”, chiese Stefan agitato.

“Me l’ha detto lei, ovvio. Come se no? Ho avuto l’onore di conoscerla meglio oggi a scuola”, spiegò ironico Edward.

“Vai a scuola? Fai sul serio? Comunque… come fai a conoscerla?”, chiese di nuovo Stefan, iniziando a spazientirsi davvero. “Te l’ho detto! Uno scambio. Quel Damon era lì da lei, poi qualcuno ha fatto uno scambio e puf. Io ho abbondato la mia cena e sono capitato nel bagno di Elena in asciugamano…”, lo informò Edward, iniziando a rompersi di quell’interrogatorio. “Tu vuoi dire che Elena era in asciugamano e tu hai preso il posto di Damon?”, domandò incredulo Stefan. “Questo vuol dire… che Elena era in asciugamano davanti…”, aggiunse Stefan. “…davanti a Damon, sì. Sveglia la mattina! Driiiin!”, Edward finì la frase per lui annuendo con energia e sempre meno pazienza.

“Oh mio Dio”, scandì perso Stefan, scioccato da quelle rivelazioni.

“Non metterti a fare il fidanzatino geloso perché rischio davvero di impazzire in modo irrecuperabile”, lo informò Edward.

“Non sono geloso. Io non amo Elena, ma l’ho amata e ci tengo a lei”, si difese Stefan.

“Sì, ci tieni così tanto che l’hai tradita con Caroline o come si chiama. Non ricordo bene i nomi che leggo nel pensiero…”, disse Edward sedendosi su un sasso e sporcandosi i pantaloni di sangue.

Stefan sarebbe arrossito da umano: “No, io… ecco, sono solo attratto da lei. Punto”, disse distogliendo lo sguardo. Non aveva voglia di ammettere che aveva sbagliato a andare a letto con Caroline, anche se lo sapeva perfettamente.

“E ora ti frequenti con lei? Sentimi bene… non potevi prima rompere con Elena e poi andare a letto con Caroline?”, chiese seccato Edward.

“Io… non lo so. Però credo di amare Caroline”, confessò Stefan tutto d’un fiato.

“Che cosa? Solo perché è bella, bionda e sexy?”, domandò incredulo Edward. Per lui era inconcepibile l’idea di tradimento e di essere attratti da una donna che non fosse la propria fidanzata.

“No. Amo il suo essere quella che vuole essere. Non ha paura di nascondere se stessa e dice sempre le cose come stanno. A volte mente, ma lei è quella che è, vede i suoi difetti e cerca di correggerli. Ma poi, quando si rende conto che non può cambiare quella che è, ci rinuncia e si accetta. Non tutte le ragazze sono così”, confessò Stefan. Da una normale discussione fra vampiri sconosciuti, quello era diventato una specie di confessione da peccatore a prete. E Edward, con sua grande sorpresa, iniziava davvero a interessarsi a fare il prete per Stefan. Un ragazzo tormentato, quello.

“Senti… devi chiarire con Elena”, gli consiglio lui.

Stefan annuì: “Lo so. Ma Damon mi impedisce di entrare in casa sua, le sta continuamente addosso e non capisco perché sinceramente. Perché è così fissato con lei, non capisco che cosa…”, Stefan iniziò a esprimere i suoi dubbi. Non poteva farlo con Caroline perché lei non voleva sentire nominare Elena durante le loro conversazioni.

Edward lo fissò: “Hai mai pensato che Damon è innamorato di lei?”, domandò.

Stefan scosse la testa: “Non credo che Damon sia in grado di amare, a dir la verità. Tu non lo conosci. È malvagio. Ama uccidere. Lo considera normale. E ha ragione, è la nostra natura ma non prova a reprimerla. E questo lo rende una…”, Stefan prese un profondo respiro, “… una delle persone peggiori che conosca. Anche se è mio fratello, questo non cambia niente”, aggiunse.

“Come fai a dire una cosa del genere? È tuo fratello!”, esclamò Edward. Per lui l’odiarsi fra fratelli era una cosa inconcepibile.

“Lo so. Edward”. Per Stefan fu uno sforzo immane pronunciare quel nome. Non sapeva perché, ma avrebbe preferito non dirlo.

“Senti… io sono stato una persona orribile in passato. Mi rifiutavo di imparare a resistere al sangue umano. Da quel che ho capito, ero un po’ Damon, con l’eccezione che io uccidevo solo chi… beh, diciamo che uccidevo solo chi se lo meritava. Capisci?”, spiegò Edward.

Stefan annuì: “Ma tu appunto uccidevi chi se lo meritava. Damon uccide la prima persona che gli capita sotto tiro. Fa strage di povere ragazze che cedono al suo fascino”, disse demoralizzato Stefan.

“Io penso che tu dovresti iniziare a capirlo. E non dovresti sorprenderti così tanto se lui amasse qualcuno”, disse Edward.

“Ma io non posso permettere che lui rovini la vita a Elena!”, spiegò esasperato Stefan.

“Io penso che invece dovresti dargli una possibilità. Lui non ti ha ucciso perché hai fatto soffrire Elena, la ragazza che ama”, ragionò Edward.

“Non sono ancora del tutto convinto che lui ami Elena”, borbottò Stefan.

“Io sì, per quello che posso capire da questa storia”, rifletté Edward.

“Tu pensi dunque che io dovrei concedergli una chance con Elena per il suo bene e perché io possa stare con Caroline?”, rifletté Stefan.

“Sì”, ripeté Edward, paziente.

“Anche a costo di farla soffrire un’altra volta”

“Sì”

“Non ce la faccio a fidarmi di lui”, esplose Stefan.

Edward lo guardò: “Allora fidati di me”.

Stefan non sapeva che cosa scegliere: fissava gli occhi del suo interlocutore con fare sospettoso, come se si aspettasse che da un momento all’altro iniziasse a schernirlo in tutti i modi possibili. Ma Edward non lo fece e così, di malavoglia, si costrinse ad annuire.


Angolino della Matta Fra o.O

Ciao ragazze!

Dire che sono di fretta è poco. Sono di frettissima!

Vi dirò che sono rimasta delusa dalle 6 recensione, dopo essere riuscita a toccare le 11! Comunque, grazie ragazze. Siete mitiche e non finirò mai di ringraziarvi abbastanza!

Come potete vedere ho messo la mia immagine per la storia, spero vi piaccia. Ringrazio Nada650 per i suoi preziosi consigli.

So di non aver risposto alle recensioni, arrivo appena posso! Scusatemi!

Mi scuso in particolare con kija_salvatore per non aver recensito “impossibile”. Arrivo, tesoro!

E dedico il capitolo a Giuls_Salvatore, perché è davvero una ragazza speciale!

Bacioni a tutte e fate un salto qui , Deleniane! È una mia raccolta solo all’inizio di Delena! Fatemi sapere che ne pensate, vi prego!

Vi voglio bene e sognate un bel Damon in doccia… e al posto di Andie, sperate di esserci voi! Bacioni

Fra

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Capitolo 9
*** Festa dei Fondatori (Parte I) ***


9. FESTA DEI FONDATORI (PARTE I)

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Damon parcheggiò l’auto con una sgommata che fece voltare parecchie teste verso di loro. Bella non parve essere spaventata dalla pazza guida del suo amico e appena la vettura si fermò, si slacciò la cintura di sicurezza e scese con la sua solita grazia vampiresca dalla macchina.

“Wow… W i fondatori”, commentò Bella guardandosi attorno. Si trovavano nei pressi della scuola superiore di Mystic Falls; la palestra era un buon posto per allestire una sala da ballo per i giovani. Carol Lockwood non si fidava ad organizzare una discoteca nella villa di famiglia. Delle lucette e dei cartelloni decoravano le entrate e gli alberi, che scintillavano come se fosse Natale. I tavoli e le panchine erano imbanditi di ogni bibita e dolcetto trovabile sulla Terra. Il prato era pieno di studenti che bevevano e ballavano a ritmo di musica. Nell’aria si percepiva solamente divertimento, svago, nessuna preoccupazione. Le uniche persone che erano prede dell’ansia erano Damon Salvatore e la sua nuova amica Bella Cullen.

“Sì… qui è così. Ogni giorno c’è una qualche celebrazione. Da questa parte”, disse Damon senza guardare in faccia l’amica e analizzando ogni angolo del cortile.

Damon prese per un braccio Bella. “Senti… tu manco l’hai mai visto Edward. Cioè forse in qualche foto ma… non pensi che dovrei essere io a cercarlo?”, domandò la vampira.

Damon si fermò, ragionando sulle sue parole: “Sì… beh in effetti… forse hai ragione”, rifletté lui.

Bella lo fissò sorridendo: Damon faceva una strana espressione quando doveva ammettere che era lui quello dalla parte del torto.

La vampira si concentrò al massimo. Sapeva che c’era un modo per trovarlo che avrebbe sicuramente funzionato: doveva separarsi dal suo scudo, in modo che Edward potesse sentire i suoi pensieri. Così lui l’avrebbe di certo trovata.

 

Stefan e Edward erano seduti su un tronco e avevano smesso di parlare. Perché non c’era assolutamente niente da dire: Stefan aveva accettato di fidarsi di Damon e Edward stava pensando con orgoglio che aveva compiuto la sua buona azione quotidiana. Pensava che Nessie e Bella sarebbero state fiere di lui, del papà scomparso.

Gli mancava così tanto, Bella. Gli mancava il suo sorriso, i suoi occhi che si illuminavano alla vista della loro figlia, gli mancava tutto di lei. E non riusciva più a sopportare la distanza dalla persona che più amava al mondo. Fra poco sarebbe dovuto andare da Elena per partire. Diede un’occhiata all’orologio e si rese conto che doveva andarsene all’istante: “Ehi, amico. È stato bello conoscerti, devo andare”. Edward salutò Stefan, che si alzò per stringergli la mano. “Anche per me. Grazie, Edward”, aggiunse poi, sinceramente riconoscente.

Edward annuì, leggendo nei suoi pensieri la sua autentica e vera gratitudine nei suoi confronti: “Stefan, aiuto volentieri le persone. Per me è stato un piacere”, rispose il vampiro. Si voltò, pronto a partire ma una voce lo distrasse. No, non una voce: era un pensiero, che conosceva benissimo nonostante lo avesse potuto leggere poche volte: Bella. Era là, da qualche parte. Doveva trovarla, assolutamente, all’istante.

“Oh mio Dio”, sussurrò Edward. In quel momento Elena e il suo Damon avevano perso tutta l’importanza, perché a dirla tutta lui avrebbe accompagnato Elena a Forks solo perché sapeva che là avrebbe trovato Bella, e non perché tenesse davvero così tanto a quella povera ragazza. Ma ora la domanda era: che ci faceva Bella lì? Non doveva essere a Forks con Damon?

“Tutto ok?”, chiese Stefan leggermente preoccupato. Poi vide Edward scattare verso la festa a velocità massima; senza nemmeno pensare a quello che stava facendo, lo inseguì tentando di tenere il suo passo. Doveva però ammettere che era davvero velocissimo, nonostante bevesse sangue animale come lui.

Arrivarono nei pressi della festa e rallentarono un po’ la velocità, giusto per salvare le apparenze. Edward era sparito. No, guardando meglio non era sparito: era abbracciato a una ragazza. E, accanto a loro, l’ultima persona che si sarebbe mai aspettato di vedere: suo fratello.

“Che ci fai qui?”, ringhiò Stefan, avvicinandosi.

Damon ringhiò a sua volta: “Io che ci faccio qui? Tu piuttosto! Dovresti vergognarti di uscire di casa! Non hai la biondina a tua disposizione oggi?”, domandò Damon ironico e allo stesso tempo minaccioso.

Stefan era furioso: “Stai zitto. Ora giochi a Santo Damon?”, chiese lui.

“Hai fatto soffrire Elena. Idiota!”, sibilò Damon.

Stefan, per quanto fosse dispiaciuto di quello che aveva fatto, non poté fare a meno di rispondere ironicamente: “ Wow, che novità. Santo Damon ora la protegge, la aiuta a riprendersi?”, chiese divertito.

Damon iniziava davvero a perdere il controllo: “Dov’è Elena?”, sibilò.

Stefan si guardò attorno: “Non l’ho vista. La chiamiamo? Elenaaaa? No, non risponde. Credo che non sia qui”, sogghignò Stefan.

Damon iniziava a credere di averla persa per sempre; al solo pensiero le lacrime iniziarono ad accumularsi, pronte a scendere. Ma lui non doveva assolutamente piangere, lui era Damon Salvatore, non Stefan il santarellino.

“Piangi? Fai sul serio?”, chiese incredulo Stefan.

Damon si voltò e quasi avrebbe voluto vomitare: Bella si stava baciando appassionatamente con il suo Edward dagli occhi gialli. E in quel momento si sentì più solo che mai: ora che Bella aveva trovato il suo amore per quale ragione al mondo lei avrebbe dovuto rimanere con lui nella sua ricerca? Elena non c’era, e chissà dov’era. A quel punto le lacrime scesero a cascate. Perché capitavano tutte a lui? Perché Bella e Edward si erano ritrovati, e lui e Elena no?

Bella si staccò dal suo Edward. Rivederlo, toccarlo nuovamente, sentire il suo respiro affannoso sul suo viso, le faceva rendersi conto di quanto gli era mancato.

“Tu. Devi assolutamente chiedere scusa”, cominciò Bella puntandogli un dito contro.

Edward abbassò il viso, colpevole: “Lo so. Mi dispiace Bella. Amore, non so cosa mi è preso negli ultimi giorni, anzi nell’ultimo mese. Insomma, l’anniversario mi ha fatto andare fuori di testa e io ho perso il controllo… perdonami, Bella io ti amo. Lo sai. E da adesso mi farò piacere il lupo”, promise il vampiro. Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Bella, che avevano una strana luce, tipica di quando lui diceva qualcosa di sbagliato. Ripensò a quello che aveva detto: “Uh, mi farò piacere Jacob”, si corresse lui con un enorme sforzo fisico.

“Bene. Ricorda che hai promesso”, gli ricordò Bella. Poi la vampira sentì un rumore di lacrime e si voltò: Damon piangeva.

Si staccò immediatamente da suo marito e corse dal suo amico e lo abbracciò, suscitando la gelosia di Edward: “Chi è lui?”, domandò lui, acido.

“Un amico. Damon”, rispose lei, mentre lo stringeva forte a se.

Edward improvvisamente capì: era il fratello di Stefan, quello di cui Elena era innamorata. E Damon? Era innamorato? Edward lo capì presto.

“Elena… non c’è. Perché non c’è?”, singhiozzava Damon.

“La troveremo, Damon non piangere. Edward tu hai mai parlato con Elena?”, chiese Bella senza smettere di abbracciare il vampiro. Intanto Stefan assisteva alla scena un po’ scioccato dal comportamento del fratello e un po’ disgustato dal quadretto che si era formato.

Edward pensò a tutto quello che aveva scoperto in quella giornata: “Allora… ho parlato con Elena e le avevo detto che stasera partivamo per Forks, per andare da voi due. Ma poi… non so”, disse Edward preoccupato e agitato. Un amico di Bella soffriva? Lo avrebbe aiutato anche lui. Per lui funzionava così.

“Bonnie”, sussurrò poi. “Bonnie era strana oggi. E ha detto… che Jacob era stato qui”, aggiunse.

Damon, fra le lacrime riuscì a imprecare contro la strega: “Quella… che ha detto? Jacob il lupo? Ah sì lui, quello che abbiamo visto con Nessie!”, ricordò Damon.

“Sì!”, mormorò Bella. “Dev’essere arrivato non da tantissimo. Questa mattina o questo pomeriggio, noi ieri l’abbiamo visto… quindi lui si è materializzato a Mystic Falls”, ragionò Bella.

“E Bonnie ha detto che se n’è pure andato via. Ma per quale ragione? Per Nessie, probabilmente. Ma lui sapeva che qua c’ero io…”, disse Edward.

“Sì lo sapeva. Ma non è che siete migliori amici, voi due”, gli fece notare Bella.

“Ok. Ma quello che sta accadendo è la cosa più strana che può succedere. Insomma, io avrei voluto sapere che ne pensasse un'altra persona coinvolta”, esclamò Edward.

“Ok, su questo hai ragione. Non è che… è andato via con Elena?”, suggerì Bella.

Damon alzò gli occhi verso di loro. “Quel verme? Con Elena? Oh mio Dio. Siete sicuri?”, chiese Damon., sinceramente preoccupato.

Bella scosse la testa: “Qui niente è sicuro, Damon. Ma è probabile. Elena non è a casa sua”. Bella informò Edward, che la guardò incredulo.

“Aveva detto che partivamo assieme!”, esclamò lui. Poi pensò a quanto fosse innamorata di Damon e quanto voleva avere la certezza che lui stesse bene. E, trovando una persona che doveva andare a Forks, ne aveva sicuramente approfittato. “Sì, sono quasi certo che sia andata così”, disse risoluto Edward. Se pensava a quanto quei due si amavano ma non volevano dichiararsi, gli veniva da ridere.

“Dobbiamo capire un’altra cosa: Jeremy”, disse Bella.

“Chi, scusa amore?”, domandò Edward.

“Jeremy. Il fratello di Elena. È sparito anche lui. Il punto è che non è con lei…”, spiegò lei.

Damon li interruppe: “Scusa… tu, avevi detto che hai parlato con Bonnie”, rifletté il vampiro. Edward annuì: “Questo non cambia niente. Che vuoi che c’entri Bonnie in questa storia?”.

“Quella piccola streghetta… nasconde qualcosa. Ne sono certo”, dichiarò Damon, riflettendo.

“Ok… Edward, prima quando hai parlato con questa Bonnie… lei dopo se n’è andata o cosa ha fatto?”, indagò la vampira.

Edward la fissò, tentando di ricordare i dettagli, anche quelli più insignificanti: “Lei… si effettivamente aveva qualcosa da nascondere. Diceva che lei e Elena non erano più amiche perché lei era stata una stupida, aveva fatto qualcosa che non doveva fare. Io a quel punto le ho chiesto che cosa aveva fatto, ma non me l’ha voluto dire. E poi, la situazione si è fatta imbarazzante e complicata, quindi… se n’è andata”, concluse Edward, non sapendo cos’altro poteva aggiungere.

“Dove?”, chiese Damon, ragionando.

“Credo che te l’avrei detto se lo sapessi”, ringhiò Edward. Quel vampiro gli stava sulle scatole. Aveva viaggiato attraverso gli Stati Uniti con sua moglie e non sapeva con certezza che cosa avevano fatto durante il viaggio. Per ora si fidava di Bella, ma poi le avrebbe fatto un bell’interrogatorio.

“Scusami tanto, sai?”, ringhiò a sua volta Damon.

“Smettetela. Bonnie… non è che Jeremy era qui a dare una mano?”, ragionò Bella, guardando suo marito.

“Non so nemmeno come è fatto questo Jeremy”, sbottò seccato da tutte quelle domande.

“Genio leggi il pensiero di uno di loro”, esclamò Bella, indicando Stefan e Damon. Edward si concentrò, dandosi dello stupido per non averci pensato prima. Visualizzò la mente di Damon e vide il volto di un giovane adolescente, dai capelli castani e occhi castani. Era piuttosto alto e magro. Non assomigliava poi così tanto a Elena, ma doveva essere lui. Damon non aveva di certo voglia di scherzare in quel momento; l’unica cosa che voleva era Elena e avrebbe fatto di tutto per lei; di certo non si sarebbe mai messo a rallentare tutta la ricerca.

“Non ne sono certo, ma mi pare di averlo visto sulle scale, prima”, disse Edward, incerto.

“Oh ma perché facciamo tutte queste storie?”, esclamò Damon, lasciando il gruppo e avvicinandosi a una ragazza che passava di lì. La afferrò per un braccio e la fissò negli occhi: “Tu. Questo pomeriggio hai visto Jeremy Gilbert ad aiutare per i preparativi?”, domandò Damon.

Lei rispose di sì. “E poi l’hai visto andare via?”, continuò il vampiro.

Lei annuì di nuovo. “Con chi?”, sussurrò minaccioso Damon.

“Bonnie Bennett”, mormorò la ragazza. Damon la lasciò andare con uno strattone. Lei, spaventata, si allontanò velocemente.

“Bene. La streghetta se n’è andata con Jeremy Gilbert… la domanda ora è dove”, disse Damon, ritornando nel gruppo.

“Ma come hai fatto?”, esclamò Edward, allibito.

“Ho usato quello che ti manca”, spiegò Damon.

Edward lo fissò: “Se intendi il cervello, sappi che…”, iniziò ma venne interrotto.

“A dir la verità… intendevo il fascino”, lo informò Damon, con un sorrisetto.

Edward ringhiò. “Basta, smettetela!”, ordinò Bella.

“Sì, Damon smettila. Hai rotto con il tuo comportamento ossessionato verso Elena”, disse seccato Stefan, che ricevette un’occhiata fulminante. “Sono più forte di te, fratellino, lo sai questo?”, lo minacciò Damon.

“Uh che paura… comunque io ho Caroline. Almeno con lei ci si diverte un po’ di più quindi… addio, buona ricerca”, li salutò Stefan, lasciandoli soli.

“Brutto idiota figlio di…”, cominciò Damon fissando il punto in cui suo fratello era sparito con ferocia.

“Ora smettila. Damon, che facciamo?”, chiese Bella.

 

Poco lontano dalla scuola, tre ragazze parcheggiarono davanti all’unica casa con le luci accese. Si avvicinarono e bussarono, attendendo sulla veranda. Poco dopo, una giovane donna e un uomo vennero ad aprire: “Salve… cercavate qualcuno?”, domandò Alaric Salzman.

Le tre ragazze si guardarono… “Ehm… a dir la verità, sì. Stiamo cercando Damon Salvatore”, disse incerta la ragazza più giovane, con i capelli bronzei.

“Oh, Damon sì… ehm, probabilmente non è a casa. Dovete andare verso la scuola. Non è lontana e si vede anche da qui: è là dove ci sono tutte quelle luci. C’è una festa. Lo troverete quasi sicuramente lì e in caso… beh, tutti sanno dov’è il pensionato dei Salvatore. Chiedete alla prima persona che incontrate”, spiegò Alaric con un sorriso.

“Ok, grazie mille”, lo ringraziarono le tre ragazze.

“Di niente. Siete nuove di qui? Da dove venite”, domandò senza invadere troppo Alaric.

“Veniamo da Forks. Non abbiamo intenzione di fermarci per molto comunque”, disse la bionda. Sorrisero e salutarono un’ultima volta, poi se ne andarono. Rosalie, Alice e Nessie Cullen erano dirette alla Festa dei Fondatori, dove avrebbero finalmente trovato delle risposte.

 

Angolino della Matta Fra o.O

Ciao!

Questo capitolo è un po’ più corto degli altri, altrimenti veniva davvero troppo lungo…

Sono davvero delusa, ragazze! Ho capito che vi mancano i Delena, che voi volete solamente loro e cose così. Sappiate che anch’io concordo con voi! Però fatemi sapere che ne pensate! Da 11 meravigliose recensioni sono arrivata a 5 per un capitolo. Non sono poche, non fraintendetemi! Ma mi demoralizza, capite… sento che sto sbagliando qualcosa. Pazientate per favore. I Delena sono il gran finale. Ho progettato tutto e la storia non finirà assolutamente con loro due ce si ritrovano, ci saranno altri capitoli molto Delena per riprenderci dall’astinenza che ci ha accompagnate durante tutta la storia! Fatemi sapere, vi prego…

Ringrazio tutte coloro che hanno recensito, in particolare Giuls_Salvatore, GlobulesROUGE, kija_salvatore, kiss88, Laura the vampire slayer che non mancano mai. Grazie di cuore!

E grazie anche a tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite, tra le seguite, tra le ricordate e ovviamente anche a chi legge in silenzio. I vostri pareri sono sempre graditi, fatemi sapere!

E per chi passa S.Valentino a casa sua a studiare e a scrivere in uno stato depressivo, leggete le mie prime OneShot Delena: qui avete le risate assicurate! Lasciatemi anche lì un bel commentino, se vi va ovviamente. Critiche ben accettate!

Ok ho detto tutto, grazie mille come sempre

xoxo Fra

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Capitolo 10
*** Festa dei Fondatori (Parte II) ***


10. FESTA DEI FONDATORI (PARTE II)

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Nessie, Rosalie e Alice Cullen arrivarono al Liceo di Mystic Falls. Il cortile e quella che doveva essere la palestra erano gremiti di gente. Si scambiarono un’occhiata piena d’intesa e iniziarono a scrutare la folla, in cerca di chi stavano cercando.

Nessie si guardava attorno, preoccupata mentre cercava il suo unico amore. Allo stesso tempo, però, voleva rivedere la sua mamma e il suo papà. Perché le mancavano e voleva vederli trovare un accordo. Solo quando quello sarebbe successo, lei sarebbe stata completamente felice.

“Non li vedo!”, esclamò Alice seccata.

“In che senso non li vedi? Nelle visioni oppure…?”, domandò Rosalie allungando il collo ancora di più, in cerca di un paio di occhi gialli.

“In entrambi i sensi! Ed è così frustrante!”, disse Alice sbuffando di rabbia.

“Smettetela”, ordinò Nessie. “Sto cercando di sentire”, aggiunse sussurrando e chiudendo gli occhi per concentrarsi meglio. Sentiva delle voci indistinte, soffuse. Provenivano da…

“Là! Là c’è qualcuno!”, le informò la ragazza. Loro fissarono il punto indicato da Nessie e si diressero in quell’angolo del cortile senza esagerare troppo con la velocità.

 

“Bella… Io provo ad andare a casa di Elena. Magari… non so. I lupi puzzano, vero?”, chiese Damon a Edward.

Il vampiro annuì: “E tanto. Fidati, se tu passi dove è passato un licantropo, te ne accorgi”, gli garantì lui con una smorfia. Dovevano puzzare proprio tanto…

Damon pensò a come si poteva fare: “Ok. Io vado là e spero di trovare qualcosa. Se tu dici che me accorgerò…”, disse Damon.

“Assolutamente. Non puoi sbagliarti”, disse Edward. Poi si voltò verso Bella: “Bella… noi dobbiamo parlare”, le sussurrò. Lei annuì, capendo che il bisogno di parlare era forte in lui quanto era forte in lei.

“Aspettami solo un attimo”, mormorò Bella.

La vampira raggiunse Damon che si era già incamminato vero casa Gilbert per lasciarli soli: “Ehi! Ti aiuterò, lo sai? Te l’ho promesso”, gli ricordò lei, continuando a camminare.

Lui la fissò intensamente e poi sbottò, sempre senza smettere di camminare: “Perché lo fai Bella? Perché? Dimmi solo perché fai tutto questo quando hai ritrovato il tuo Edward. Torni a Forks e sono certo che troverai tutti gli altri. Ormai non ti servo più  niente. Perché sei ancora qui?”.

Lei lo guardò, non capendo come Damon potesse essere così insicuro e testardo: “Damon: non ti ho mai usato. Avevamo la stessa meta e… siamo andati assieme. Ma ti ricordi? Ho fatto una promessa: ti avrei aiutato. Sempre. E la sto semplicemente mantenendo. Io non me ne vado da nessuna parte. Ora vai a casa di Elena a fiutare l’aria e a vedere se c’è puzza di licantropo; io devo parlare con Edward. Hai capito?”, domandò poi Bella, afferrandolo dolcemente per un braccio. Poi l’abbracciò, sentendo che era la cosa giusta da fare.

Lui annuì, la guardò un attimo, si staccò da lei e poi riprese a camminare. Lei rimase a fissarlo e prima che potesse tornare indietro Damon si voltò: “Grazie”, sussurrò.

Bella rispose: “Prego”. Si sorrisero.

 

“Ancora un po’ più in qua! Ecco… o mio Dio!”, gridò Rosalie mettendosi subito una mano sulla bocca per attutire l’urlo agghiacciante. Le altre due la fissarono non capendo che cosa avesse. Rosalie indicò un punto di fronte a loro: Bella e… quel Damon. Abbracciati.

“Lo sapevo”, ringhiò Nessie, ricominciando a camminare in direzione della madre.

“No! Magari non è come sembra”, cercò di fermarla Alice.

“No? E allora com’è? Ho sopportato abbastanza fino a adesso. Ora non ne voglio più sentir parlare. Ammazziamo quel Damon. Ci sta rovinando la vita”, continuò Nessie, sfiorando i confini dell’isteria.

“Senti… Nessie, forse stai un po’ esagerando. Che ne sai? Magari sono solo amici…”, provò Rosalie, ma senza successo. Nessie quando voleva era davvero molto testarda.

“Non trovare scuse. È la terza volta che li becco assieme. Sono proprio curiosa di quello che dirà questa volta mamma. Un’altra bugia: siamo solo amici, lo devo aiutare, ha perso quella, ha perso questa…”, cantilenò Nessie, imitando malamente la voce della madre.

Ormai mancavano pochi metri a Bella; l’altro vampiro se n’era andato chissà dove. Nessie sperava per lui che se ne fosse andato lontano, perché altrimenti non sarebbe servito tanto tempo per raggiungerlo e farlo fuori una volta per tutte.

“Mamma!”, gridò Nessie.

Bella si voltò, sorpresa e felicissima di sentire la voce che più le era mancata in quei giorni. “Tesoro!”, esclamò, andandole incontro con le braccia allungate pronte a prendere la “piccola”.

Nessie schivò le braccia della madre. Non voleva che la toccasse. Perlomeno doveva lavarsi le mani, visto che poco prima aveva abbracciato quel vampiro schifoso.

“Non mi abbracciare, non mi toccare. Non fare niente”, ordinò Nessie mettendosi proprio di fronte a lei. Ora le due erano faccia a faccia: Bella era dir poco stupita dal comportamento della figlia, mentre Nessie aveva uno sguardo minaccioso stampato sul viso.

“Non esagerare, Nessie. Tesoro…”, la avvisò dolcemente zia Alice, vedendo che Bella non riusciva a spiccicare una parola.

Di tutta risposta Renesmee si voltò verso le zie e ringhiò; era davvero molto arrabbiata.

“Non ditemi cosa devo fare e cosa non devo fare”, disse con un tono cattivo, poi ritornò a dedicarsi alla sua mamma vampira.

“Tu. Ora sono stufa delle bugie, mamma. Se c’è qualcosa fra te e Damon, devi dirmelo!”, dichiarò Nessie, tentando di mantenere la calma.

Bella, vedendo che Nessie era tornata più o meno normale, prese un profondo respiro e parlò: “Non c’è niente. Proprio niente… siamo solo amici”, rispose lei, cercando di far emergere la sua sincerità da ogni punto della sua pelle.

Nessie la guardò diffidente: “E allora mi spieghi come mai ogni volta che ti vedo ti trovo sempre abbracciata a lui?, chiese Nessie iniziando a sentire le lacrime nei suoi occhi.

Bella la fissò, in cerca della risposta giusta: “Senti, amore… c’è stato uno scambio. Non so come è potuto succedere ma è successo, ok?”, cominciò la vampira sedendosi sul prato e invitando la figlia a fare lo stesso.

Nessie annuì: fin lì c’era arrivata anche lei. Si sedette di fronte alla mamma.

Bella prese un profondo respiro: “Quello che hai visto alla cena… non so come spiegare il mio comportamento. Ero furiosa con Edward e tu sai benissimo il perché ma voglio che tu sappia una cosa: non sei tu la causa dei nostri litigi. È lui, papà. Lui non ci ha mai provato sul serio a farsi piacere Jacob, ma in fondo sa che tu lo ami e lui ti ama. Ma non riesce a farselo piacere e io mi sono arrabbiata con lui per questo. Ok? Tu non c’entri niente. e già che siamo in argomento, io non intendevo davvero divorziare”, precisò Bella.

Nessie alzò lo sguardo verso la mamma: “Davvero voi… io… pensavo che tu…”, singhiozzò lei; le lacrime avevano ceduto.

“No, tesoro. Te l’ho detto: non so come mai mi sono comportata così e mi dispiace che tu abbia dovuto assistere. Ti prometto che non accadrà mai più”, promise Bella.

“Ok… quindi… beh mamma, tu credi che con tutto quello che sta succedendo papà si farà piacere Jake?”, chiese Nessie, con il tono di una bambina indifesa che non sa come cominciare a fare qualcosa ed è terribilmente spaventata per questo.

Bella annuì e prese la mano della figlia: “Sì. Io sono certa di sì”, disse.

“Ok… puoi andare avanti?”, domandò timidamente Nessie. Quella ragazza furiosa di prima era sparita alla stessa velocità di come era comparsa.

“Sì, certo. Dopo questo scambio io e Damon siamo andati a bere un caffè… beh lui l’ha bevuto. E mi ha raccontato tutto quello che era successo a lui: stava per dire alla ragazza che amava che lui era innamorato di lei da troppo tempo, ma poi è avvenuto lo scambio e non ha potuto dirglielo. Ora Damon è tormentato dai sensi di colpa per non averglielo detto prima. E soffre. Soffre Nessie. Tu hai avuto la fortuna unica di non soffrire per amore e ti assicuro che sei davvero molto fortunata”, dichiarò Bella.

Nessie iniziava a capire: “Quindi lui ti ha raccontato tutto. Stava davvero male?”, domandò la ragazza.

Bella annuì: “Sì. E gli ho promesso che avremo fatto di tutto per trovare Elena. Sia lui che io dovevamo andare a Forks dove sospettavamo che ci fossero Elena e Edward. Infatti… ma Elena non c’è. Pensiamo che sia andata via con…”, Bella prese un profondo respiro e poi aggiunse: “Jacob”.

Nessie spalancò gli occhi: “Jacob? Come… allora è finito qui! Io, zia Alice e zia Rosalie siamo venute qui per vedere se tu eri qui e speravamo di trovare anche Jake”, esclamò Nessie voltandosi per guardare le zie, che apparivano molto stupite. Com’era possibile tutto questo?

“Vuoi dire che Jacob si è… smaterializzato da Forks? È davvero andata così?”, domandò incredula Bella.

Nessie annuì vigorosamente: “Sì. Volevamo guardare un film e lui è sparito. Nel nulla”, confermò la ragazza. Poi rifletté un attimo: “Hai detto che Jake è partito con Elena…”, disse.

Bella annuì: “Sospettiamo che sia andata così. Ma non lo sappiamo. Edward aveva detto a Elena che sarebbero partiti questa sera, ma Elena è sparita. E ora sappiamo per certo che Jacob è stato davvero qui… dobbiamo solo avere la conferma che è passato a casa di Elena. E a quel punto sapremo dove sono Jacob e Elena”, rifletté Bella.

Nessie e le zie Cullen si sforzavano di capirla: “Cioè?”, chiesero in coro.

Bella le guardò: “Pensate. Se Elena si è ritrovata Edward Cullen a casa sua proprio nel momento in cui prima c’era Damon Salvatore, deve aver fatto uno più uno. Ha capito che Damon si era materializzato a Forks, dove prima si trovava Edward. Poi ha deciso di partire con Edward il giorno dopo per raggiungere Damon, ma si è presentato Jacob Black che doveva andare a Forks anche lui. Elena ne ha sicuramente approfittato per arrivare prima a Forks. Mi seguite?”, chiese poi Bella.

Loro ripassarono tutto quello che aveva detto da Bella e poi annuirono: “Quindi tu vuoi dire… che Jacob è partito con Elena per Forks?”, chiesero poi.

Bella annuì: “Sì ne sono quasi certa. Ma non è finita qui: anche Jeremy e Bonnie sono spariti”, le informò con tono tragico. Loro si scambiarono occhiate interrogative: “Chi sarebbero?”, domandarono.

Bella si ricordò che loro effettivamente non potevano sapere chi fossero Jeremy e Bonnie: “Jeremy è il fratello di Elena. Bonnie è la migliore amica di Elena. Sono partiti… e crediamo che siano partiti assieme”, annunciò Bella.

Rosalie sorrise: “Mi sembra ovvio: Elena avrà detto loro che era diretta a Forks. E loro stanno cercando di fermarla”, disse battendosi due dita sulle tempie come per dire “io sì che sono intelligente”.

Bella scosse la testa: “Primo. Non è detto che siano diretti a Forks. Secondo. Elena era arrabbiata con Bonnie e con Jeremy non parla più molto spesso, si sono parecchio allontanati da quanto mi è stato detto. Terzo. Bonnie e Jeremy, invece, si sono molto avvicinati nell’ultimo periodo. Potrebbe benissimo essere una specie di “fuga d’amore””, spiegò Bella.

Rosalie sbuffò, delusa.

“Tu non dici niente, Nessie?”, domandò con dolcezza Bella.

Nessie aveva lo sguardo perso nel vuoto e sembrava voler dire qualcosa, ma non lo diceva per qualche strana ragione: “Hai detto che Elena ha incontrato Edward”, disse solamente, piano.

Bella annuì e poi capì: “Vuoi vedere papà, vero?”, disse contenta.

Nessie annuì, sorridendo. Era un po’ incerta perché non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi con lui: pochi giorni di lontananza e il loro rapporto poteva cambiare a tal punto da non capire più molto.

“Vieni, è di là”, disse Bella sorridendo, ricordandosi che anche lei avrebbe dovuto parlare con Edward per risolvere alcune questioni.

Nessie si alzò e si lasciò guidare dalla mamma, entusiasta e felice di poter finalmente chiarire con suo padre.

 

Edward era rimasto lì da solo ed era da un po’ che aspettava. Si era messo a girovagare per il cortile, non sapendo bene che cosa fare. Aveva messo tutto l’impegno possibile per “spegnere” il sistema della lettura dei pensieri. Non voleva leggere quelli di Damon, quelli di tutti gli abitanti di quella cittadina misteriosa. Voleva semplicemente esiliarsi dal mondo per qualche minuto, per poter star da solo con i suoi pensieri.

In quel momento voleva due cose: la prima era chiarire con la sua Bella. Non poteva credere che dopo tutti quegli anni di matrimonio, d’amore e di felicità fossero riusciti a litigare in quel modo. Era davvero tragicamente incredibile.

La seconda, ma non meno importante, era rivedere Nessie. Con lei aveva da chiarire ancora di più di quanto doveva chiarire con Bella. In un certo senso, avrebbe voluto alzarsi da quel dannato prato, lasciare la festa e correre in direzione di Forks, per riabbracciare la sua piccola.

Sentii qualcuno avvicinarsi a lui e sedersi accanto a lui. Aprì gli occhi e si voltò: Stefan Salvatore.

“Che ci fai tu qui?”, domandò Edward, seccato.

Stefan sospirò: “Senti… sono uno stronzo. Sono peggio di mio fratello fino a qualche mese fa. Mi sento peggiore di quello che ero all’inizio della mia non-vita”, dichiarò.

Edward sbuffò: “E tu pensi sul serio che mi possa interessare?”, sbottò il vampiro.

“No. Non t’interessa. Ma io te lo voglio dire lo stesso. Ho fatto cose terribili quando ero stato appena trasformato. E Damon invece era… buono”, raccontò Stefan.

Edward non aveva molta voglia di sentire l’autobiografia di un vampiro tormentato, ma se proprio non c’era niente da fare l’avrebbe ascoltato.

“Poi sono riuscito a trovare la mia strada. Ho smesso di uccidere”, confessò Stefan. In quel momento Edward si ritrovò in quel vampiro: anche lui all’inizio non voleva essere qualcosa che non apparteneva alla sua natura, ma poi aveva imparato a combatterla.

“E Damon invece è diventato… non so. Uccideva cameriere, le seduceva per poi mangiarsele a colazione. Era un vampiro a tutti gli effetti”, disse Stefan immerso nei ricordi.

“Io ero il fratello buono. Lui quello cattivo. Ma da quando è arrivata Elena… prima mi hai dato da pensare; hai detto di dare a Damon una chance. Ho riflettuto e ho deciso che lo farò, perché mi sono reso conto che mio fratello è una persona migliore da quando vede Elena. Ha smesso di uccidere perché… è come se volesse essere un uomo migliore”, spiegò Stefan, faticando a trovare i termini giusti per esprimere correttamente quello che voleva dire.

“Mentre io sono uno stronzo”, aggiunse poi. “Ho fatto soffrire Elena. Però sono anche felice; perché adesso so che Elena ha capito che ama Damon e mio fratello è meglio per lei. Io nel mio cuore ho ancora Katherine e sinceramente adesso c’è anche Caroline. Lei può sembrare davvero superficiale, ma sta cambiando. Ora che è vampira sta cambiando”, disse Stefan.

“Perché mi dici tutto questo?”, domandò infine Edward.

Stefan prese un profondo respiro: “Perché… senti. Sono uno stronzo e…”.

“Questo l’hai già detto”, lo interruppe borbottando Edward.

“Sì, lo so. Ma io penso che tu… abbia bisogno di vedere qualcuno. Solo che… sei come bloccato”, spiegò Stefan fissandolo.

Edward si voltò verso di lui e annuì: “Hai ragione. È vero”, confermò lui.

“Devi andare da chi vuoi vedere. Affronta le tue paure”, lo incitò Stefan.

Edward si mise le mani nei capelli: “Non so… ho paura che Nessie non mi vorrà più vedere e… non voglio affrontarla ora”, confessò il vampiro.

“Lo so. Ma per Forks ci si vuole qualche ora o no? Mentre correrai avrai il tempo per pensarci. Te lo dico perché ti sono davvero grato che tu mi abbia fatto riflettere su mio fratello e su Elena”, disse Stefan.

Edward annuì: “Tranquillo. Sai? Penso che seguirò il tuo consiglio. Non posso continuare a scappare e a rimandare. Però fammi il favore di dire a Bella che sono andato a Forks e che potremo parlare appena ci ritroveremo?”, chiese Edward.

Stefan gli diede una pacca sulla schiena: “Tranquillo, amico. Lo farò”, lo rassicurò.

“Grazie”, disse Edward, sinceramente riconoscente.

“Di niente”, rispose Stefan.

Poi Edward se ne andò di corsa, verso Forks. Là avrebbe parlato e chiarito con Nessie. Finalmente.

 

“Edward?”, chiamò Bella.

Nessie si guardava attorno preoccupata: dov’era papà?

“Edward?”, riprovò Bella.

Zia Alice e zia Rosalie avevano teso le orecchie al massimo per poter sentire il loro fratello che magari stava parlando con qualcuno. Ma niente.

“Sono sicura di averlo lasciato qui!”, esclamò stupita Bella. Si erano appena ritrovati e poi spariva? Allora era davvero duro di comprendonio.

“Dove può essere finito?”, chiese Nessie, preoccupata sul serio.

“Bella!”, si sentì gridare. Per un piccolo, meraviglioso attimo le donne Cullen si illusero che fosse Edward a chiamare. Poi comparve Damon Salvatore e la delusione le invase.

“Ehi, Damon! Hai visto Edward?”, domandò preoccupata Bella.

Lui scosse la testa: “Non dirmi che è sparito di nuovo?”, domandò stupito Damon.

Bella annuì: “Non so come devo spiegargli le cose. Sembra che non parli la mia stessa lingua”, esclamò la vampira seccata. “Trovato niente?”, aggiunse poi.

“Sì. Una puzza… non era più così forte, prima non l’ho sentita perché sono passate alcune ore. Ma se ti concentri la senti ed è… tremenda”, disse Damon con una smorfia disgustata.

“Ok… quindi Elena è a Forks con Jacob”, concluse Bella.

“Fratellino?”, chiamò qualcuno. Damon si voltò e vide Stefan l’idiota.

“Che vuoi, Stefan?”, ringhiò Damon.

“Il caro Edward mi ha detto di avvisarvi che lui è partito per Forks per abbracciare una certa Nessie. Anche se sinceramente ho pensato che si fosse sbagliato e intendesse dire Loch Ness”, sghignazzò lui. Poi, prima che qualcuno potesse staccargli un braccio, se ne andò.

“Dobbiamo andare a Forks”, annunciò risoluta Nessie.

“No! Se c’è una cosa che abbiamo imparato fino a adesso è che non dobbiamo rincorrere la gente. Perché dopo non li ritroveremo mai. Stiamo qui e aspettiamo che Edward si rendi conto che Nessie è qui e non a Forks. È la cosa migliore”, disse Bella.

Intanto Damon si crogiolava nel senso di colpa: “Mi dispiace. È tutta colpa mia”, disse lui.

Nessie a quel punto fece un gesto del tutto inaspettato: lo abbracciò. “Non è vero. Damon, andrà tutto bene”, disse dolcemente, stringendolo forte a se.

Rimasero abbracciati per un po’, ma poi Nessie venne assalita da un conato di vomito e fu costretta a staccarsi e a correre nel bosco.

 

Angolino della Matta Fra o.O

Ciao!

Allora ragazze come va?

Lo so che non aggiorno da parecchio tempo, ma ora ho le mie OneShot Delena (fateci un salto: ♥Damon&Elena♥)da portare avanti! Grazie per le bellissime 8 recensioni! Davvero molte grazie alla mitica GLObulesROUGE, a cui dedico questo capitolo. Ti adoro compagna di pazzie. Grazie anche a   Giuls_Salvatore, che mi fa sognare con quella fantastica storia di Giulia e Roberta. E che mi recensisce sempre. Grazie! Un benvenuto e un grazie speciale anche a  elviraj, che legge tutte le follie che scrivo. Ovviamente anche alla mia Laurathevampireslayer (scusami se scrivo tutto attaccato, solo che… oddio, non so come spiegarlo. Robe da computer comunque XD), che mi segue sempre. E anche grazie a  kiss88! E a  kija_salvatore! E a  Samirina! E a tutte quante! Grazie grazie grazie!

Ora ecco l’elenco di chi ha aggiunto la storia alle preferite:

 1 - bella_blond [Contatta]
2 - Chiaretta_Vampiretta
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3 - foreverme96
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4 - Giuls_Salvatore
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5 - Katherina Petrova
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6 - live in love
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7 - RoseCullen97
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8 - Rosss
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9 - Samirina
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10 - Selene Krystal
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11 - Siu_Mpf
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12 - spaccafurnaru96
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13 - sydney bristow
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14 - Titty_94
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15 - TVD
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16 - _Marti28_
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 Di chi l’ha aggiunta alle seguite:

1-Anastasia_Malfoy [Contatta]
2 - Cipa20
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3 - crazyjuve
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4 - Erika 97
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5 - fede95
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6 - fra3
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7 - Gattino Bianco
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8 - Giuls_Salvatore
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9 - giuly97
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10 - Katherina Petrova
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11 - Lady Salvatore
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12 - ladyherm
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13 - latuacantante
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14 - Laura the vampire slayer
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15 - live in love
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16 - loulou72
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17 - mafy90
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18 - marapotter
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19 - Marissa_Salvatore
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20 - Miss Maela
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22 - Ramona37
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24 - RibelleDentro
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25 - Rosalie_Elly91
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26 - RoseCullen97
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27 - Salamanca Tree Hiddle
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28 - sarettapallina
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29 - serenella94
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30 - Siu_Mpf
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31 - terry93
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32 - TVD
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33 - __darksun__
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 E di chi l’ha aggiunta alle ricordate:

1 - alice91 [Contatta]
2 - kija_salvatore
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3 - MaTiSsE
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4 - Nebbia4e
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5 - RoseCullen97
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6 - Siu_Mpf
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7 - _L a d y_ C a m y_
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Vi ringrazio di ♥!

Al prossimo capitolo. Spero che questo vi sia piaciuto! Bacioni

La matta Fra

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Capitolo 11
*** Solitudine ***


11. SOLITUDINE

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Nella vita non sempre va tutto correttamente e secondo i piani.

Ogni mattina ti alzi con il buon proposito di non fare cazzate, ma appena ti trovi in quella situazione, tutte le cose che più detesti di te stessa vengono fuori, per quanto tu ti sforza di reprimerle. È sempre così.

Così la sera ti dici: da domani basta fare quello, smettila di dire questo. Ma la mattina del giorno dopo alle ore 10.00 hai già sbagliato una mossa e a quel punto ti dici: rimandiamo a domani; da domani sarò migliore. E va sempre avanti così, all’infinito, senza mai una fine.

Questo è più o meno quello che Caroline Forbes pensava di sé stessa.

Per fare una sintesi del groviglio di pensieri nel suo cervello si potevano dire tre parole: sensi di colpa.

Sì, perché tutto quello che Caroline pensava di aveva combinato nella vita erano guai.

Se pensava a quella che era stata da umana avrebbe avuto voglia di sprofondare in un buco nero e non fare più ritorno. Era stata civettuola, vanitosa, superficiale. Aveva usato la gente, l’aveva offesa e trattata come giocattoli da quattro soldi. Come se fossero nulla. Tutto per essere popolare, bella e fare la parte della star.

Caroline aveva voglia di vomitare pensando a quella che era stata; per reprimere il conato di vomito ordinò un altro bicchiere di scotch al  barista. Lo scolò tutto in un sorso e riappoggiò il bicchierino sul tavolo con un tonfo.

Se Caroline pensava a quella che era ora, aveva bisogno dell’intero patrimonio alcolico del Mystic Grill per evitare di vomitare. Era una stronza di prima categoria.

Si era innamorata dell’ultima persona di cui doveva innamorarsi: Stefan Salvatore. Il ragazzo di Elena. Beh, tecnicamente, l’ex ragazzo di Elena, ormai. Ma è Elena! Come aveva potuto fare questo alla sua migliore amica? Perché Elena è la sua migliore amica, insieme a Bonnie. Le uniche amiche che aveva erano loro; erano le uniche a conoscere il suo “piccolo” segreto vampiresco. E cosa aveva fatto? Le aveva deluse, soprattutto Elena. Le aveva perse. Per sempre.

La tentazione di chiedere al barista un paletto di legno era opprimente, ma Caroline riuscì a reprimere nel profondo l’istinto suicida che le faceva compagnia da troppo tempo.

Stefan… beh, lo conosceva da tanto tempo. Le era stato vicino, l’aveva aiutata. Era stato un carissimo amico. Come aveva potuto innamorarsi di lui? Non riusciva a darsi una risposta, e sinceramente non voleva nemmeno darsela: l’avrebbe solo fatta stare peggio.

Caroline non aveva la forza necessaria per soggiogare il barista; per questa volta avrebbe lasciato due banconote sul banco.

Dopo aver lasciato i soldi, s’incamminò verso la pensione dei Salvatore.

Caroline arrivò. Non c’era nessuno; per forza, pensò. Saranno tutti alla Festa dei Fondatori a divertirsi. Stefan stava con lei praticamente tutto il tempo, ma aveva già messo in chiaro che doveva prendersi una sera per riflettere se stava facendo la cosa giusta. E Caroline lo aveva assecondato e lo aveva lasciato andare alla festa, sperando che si sarebbe chiarito le idee sul loro rapporto e su quello ormai finito con Elena.

Andò nella camera da letto di Stefan, che ora poteva tranquillamente considera anche sua, dove aveva il suo reparto personale per metterci i suoi vestiti e le sue cianfrusaglie. I vestiti erano tutti piegati e appesi, mentre i beauty, le spazzole e i profumi erano ammassati su uno scaffale, in completo disordine. Fra tutta quella roba, Caroline custodiva il suo diario. Lo aveva cominciato a scrivere da quando era vampira, per scrivere le memorie di un’eternità. Aveva pensato che fra qualche secolo, sarebbe stato interessante leggere quello che la sua mente partoriva anni prima.

Durante la sua ricerca trovò un calzino a righe che non le apparteneva. “Elena…”, sussurrò a se stessa Caroline. E quello non fece che ricordarle quanto era stata stupida, egoista e impulsiva.

Chiuse gli occhi e gettò il calzino sotto il letto, dove avrebbe potuto impolverarsi e dove non l’avrebbe più trovato. Non aveva motivo di andare a spolverare sotto il letto, non erano lavori da lei, quelli. “Smettila, Caroline. Perché non dovrebbero essere lavori per te?”, si rimproverò Caroline per la sua solita superficialità.

Aprì il diario, ma non per scrivere: per leggere.

 

Caro diario,

sono innamorata di Matt. Me lo sento. Insomma… quando ero all’ospedale e l’ho trattato male, beh… dopo sono stata così triste per averlo mandato via. Ma voleva aprire la tenda e farmi bruciare! Che dovevo fare? Ok che lui non sa quello che sono diventata, ma non potevo bruciare davanti a lui. Poi alla festa l’ho raggiunto, e sono dovuta andarmene. La sete. Questa dannata e stupida sete. Mi tormenta, ho la gola che arde ogni minuto di ogni lungo giorno. È una tortura che non riesco a placare se non a un caro prezzo. Uccidere. Riesco a malapena a controllarmi, ma… diario, Stefan. Sì lui, Stefan Salvatore. Mi ha aiutata, mi ha spiegato come fare a non uccidere (sì, ho ucciso un ragazzo innocente). Mi ha spiegato come essere me e basta, rimanere legata alla mia umanità. È un grandissimo amico, diario. Mi aiuta. Elena è davvero fortunata!

Buona notte

Care

 

Già… Caroline pensava a quanto era stato facile quel giorno, in confronto a quello che stava passando ora. Il ricordo della sete che la perseguitava, del battito del cuore di Matt, l’istinto di penetrare il suo collo con i canini… Ma in confronto a quello che stava affrontando adesso, quella era una passeggiata in discesa. Voltò la pagina del diario.

 

Diario!

Oggi sono un po’ fuori di testa. Ho provato a mangiare (a cacciare, ma non mi piace questa parola), dei coniglietti. Sì, hai capito bene. Coniglietti. Stefan mi ha aiutata, mentre Damon e Elena erano chissà dove a fare qualche ricerca, mi pare di aver capito… boh. Non capisco perché Elena si ostini a dire che non sia cotta di Damon. Cerca di negare tutta quell’attrazione innegabile con la solita e noiosa  storia di Stefan. Stefan di qui, Stefan di là. Non voglio dirglielo io, lo deve capire da sola. Vedo Damon soffrire, perché lui è davvero innamorato di lei. Non che me ne freghi molto di quello che provi o passi lui, anzi. Ma lo vedo davvero così preso da Elena. È protettivo nei suoi confronti. Le si parerebbe davanti e morirebbe al suo posto. È dolce, ma Elena deve fare attenzione: è dolce, ma è pur sempre Damon! Ma se si mettessero insieme io allora potrei stare con Stefan?

Care, che vai a pensare?

Devo dormire, la caccia ai conigli mi ha distrutta.

Baci

Tua Care

 

Caroline si rese conto che l’interesse per Stefan era incominciato presto. Era strano innamorarsi di qualcuno solo perché le aveva mostrato come ammazzare dei coniglietti, ma lei non la vedeva esattamente così: per lei Stefan non era stato un insegnante, bensì colui che le aveva spiegato che c’era una strada alternativa. Perché si ha sempre una scelta. C’è quella facile noto anche come il sentiero di Damon, e c’è quella in cui bisogna combattere a lungo, ma che però garantisce una vita normale e umana nei limiti del possibile. Non uccidere non significava per lei rinnegare la sua natura; era semplicemente un altro modo di vivere. Come dire un vegetariano: non è che uno smette di mangiare carne perché vuole rinnegare il fatto di essere umano.

Caroline riprese a leggere.

 

Caro diario,

ho cominciato ad avere un rapporto piuttosto strano con Tyler. Lo sto aiutando: è un lupo mannaro. Capisci? Si è trasformato questa notte e io… sono rimasta con lui. E sapevo benissimo che mi avrebbe potuto uccidere con un solo morso. Eppure… sono rimasta con lui. Sono così fiera di me stessa e inizio davvero a capire cosa intendeva mamma prima che le cancellassi la memoria: sono davvero un’altra persona, mi sento migliore. Come se per la prima volta facessi del bene, aiutassi le persone. Non sono più così superficiale e penso agli altri prima di tutto. Sono una nuova Care. Me lo sento. E ne vado fiera. Spero di continuare sempre così.

Augurami buona fortuna

Care

 

Caroline si ricordava il piacere che l’aveva avvolta quando si era sentita migliore. Aveva potuto sentire tutti i nuovi lati positivi del uso carattere splendere orgogliosi sulla sua pelle, pronti a rendersi utili e a farsi valere nei momenti di bisogno.

Caroline voltò la pagina, questa volta con un certo timore e con le mani tremolanti: la pagina dove tutto era cominciato stava per arrivare.

 

Mi sento uno schifo. No, di più. Diario, ho combinato un casino.

Sai, con tutte le persone con cui potevo andare a letto, sai chi ho scelto?

Sì, lui. Stefan Salvatore. Il ragazzo di Elena.

Ma non è finita qui: lei mi ha (o meglio, ci) ha beccati. È rimasta paralizzata, ed è corsa fuori dalla stanza. Ci credo! Dio che idiota che sono stata.

Care migliorata? Ma che avevo bevuto? Questo gesto cancella tutte le buone azioni che ho compiuto negli ultimi mesi… Sono andata a scusarmi, ma… mi sono comportata ancora peggio. Ho dato a Elena della vecchia raggrinzita e ho fatto il paragone con me. Posso essere così deficiente? Da quello che ho sentito ha lasciato Stefan.

Effettivamente, non capisco perché lui non mi abbia fermata; ho agito d’impulso, senza sapere con esattezza quello che stavo facendo. E lui non era ubriaco o chissà che cosa (Stefan ubriaco? Per favore…)! Che si sia davvero innamorato di me? No, Care. Ma che vai a pensare? Però inizio a credere che sia così, perché anch’io sento qualcosa di nuovo nei suoi confronti. Mi ha aiutata, mi ha confortata, mi ha fatto sentire meno sola. Tutto questo credo che mi abbia portato all’amore.

Era da tempo, inoltre, che il mio radar aveva captato cose che non andavano fra Elena e Stefan: meno passione, meno sguardi intensi, meno scambi di effusioni. Forse è per quello che Stefan si è lasciato andare?

Diario, ho perso Bonnie ed Elena: le mie migliori amiche. Tyler è partito. Sì. Proprio così. E non so per dove. L’unica mia consolazione è che Bonnie ha Elena, una buona amica. E Elena ha Bonnie per riprendersi da quello che ho combinato. Ma non solo: ha Damon. Spero che lui riesca a rimettere a posto e a ricucire il cuore di Elena: perché lei amava Stefan e io l’ho delusa. Ho deluso tutti quanti. Matt, mamma, Tyler, Bonnie, Elena. Non ho più nessuno.

Care

 

Caroline chiuse di scatto il diario e lo lanciò dall’altra parte della stanza, facendolo rimbalzare sulla parete per poi farlo ricadere sul tappeto con un tonfo appena accennato.

La vampira stava guardando il suo triste riflesso nello specchio, e appena vide una lacrima solcarle la guancia, distolse lo sguardo. Non voleva piangere per la sua solitudine; solitudine che si era creata da sola. Sì, perché era colpa sua se aveva fatto lasciare Elena e Stefan. Era colpa sua se Bonnie non le mandava più i messaggi prima di andare a dormire. Era colpa sua se Matt non la voleva più nemmeno stare a sentire. Era colpa sua se Tyler se n’era andato. Era colpa sua se mamma non le parlava praticamente mai. Era colpa sua se era così sola. Nessuno voleva sapere come stava, che faceva, quali erano i suoi programmi per il sabato sera. Nessuno le telefonava, le mandava messaggi o le lasciava qualche parola sulla segreteria.

Caroline si alzò dal letto e frugò di nuovo dentro l’armadio, cercando il suo adorato coniglietto rosa, Pinky. Era morbido, soffice, caldo. Quando era bambina amava metterselo davanti a se e provare a insegnargli le materie che imparava a scuola, usando libri e quaderni.

Quando era cresciuta, Caroline lo aveva tenuto come consigliere segreto sui ragazzi.

Ma Caroline mai avrebbe pensato che lo avrebbe dovuto chiamare per la solitudine, perché Caroline, la bella e popolare Caroline, aveva sempre avuto qualcuno su cui contare. Ora non più.

 

Angolino della Matta Fra o.O

Ciao!

Chiedo umilmente perdono per questo immenso ritardo. Scusatemi, ma questo capitolo lo ritengo davvero importante. Non potevo assolutamente far passare Caroline per una stronza senza almeno farle dare le sue motivazioni, più o meno valide.

Come vedete, Care è in conflitto con sé stessa. Non può chiamare Stefan perché gli ha dato la sera per riflettere. E a parte lui non ha nessun altro.

Spero che non vi abbia annoiato troppo, ma come ho già detto è un capitolo importante ed è stato molto difficile da scrivere perché quando non ci sono dialoghi, è molto complicato per me non addormentarmi davanti al computer XD! Il prossimo capitolo… tutti a Forks. E lì ci saranno dei passi avanti importanti nei prossimi capitoli!

Ringrazio tutte coloro che hanno aggiunto la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate. Grazie a chi legge in silenzio e grazie un milione di volte a chi recensisce.

Ovviamente le pazze che mi seguono ovunque sono quelle a cui dedico il capitolo insieme a SalamancaTreeHiddle, che nonostante abbia paura di essere ripetitiva nelle recensioni ha recensito lo stesso. Grazie di ♥.

Ovviamente le pazze che mi seguono ovunque sono le mitiche TVD, GLObulesROUGE,  Laura the vampire slayer,  Giuls_Salvatore e elviraj. Grazie di ♥ ragazze!

E infine le altre mitiche ragazze Samirina, che non manca mai. Ti voglio bene. E ovviamente a   kija_salvatore, che c’è sempre! Grazie infinite.

Uh e anche a kiss88 che arriva sempre, prima o poi. In questo ci assomigliamo molto. Veramente grazie!

Bacioni e al prossimo capitolo!

Fra

Uh e vi segnalo  ♥Damon&Elena♥, la mia raccolta di OneShot demenziali. Visto che in questa storia i Delena non ci sono per un bel po’, ho deciso di pubblicare questa raccolta “deleniosa”. Spero vi piaccia! Fatemi sapere!

 

 

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Capitolo 12
*** What Are You Doing Here? ***


12. WHAT ARE YOU DOING HERE?!

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“Senti… la storia di Twilight io l’ho letta migliaia di volte. La amo, sul serio. Ma è tutta vera? Dalla prima all’ultima parola?”, chiese curiosa Elena mentre scendevano dalla vecchia moto di suo fratello. Erano arrivati all’aeroporto in poco tempo, grazie alle grandiose abilità di guida pazza di Jacob.

“Uh, sì. Diciamo di sì. Quasi”, rispose il licantropo, spegnendo il motore.

Elena annuì: “Quindi… i Volturi…”, cominciò.

Jacob annuì a sua volta: “Sì, esistono. E sono davvero brutti. Cioè… puzzano”, spiegò con un sorriso accecante. Ma mai come quelli di Damon, il suo Damon.

“Uh, capisco. Di spazzatura?”, chiese interessata Elena.

Jacob storse il naso: “Non proprio di spazzatura. Credo… più di cibo andato a male. Con i moschini sopra. Ci capiamo, non serve che vada avanti, vero?”, domandò. Elena scosse la testa con vigore e con una smorfia disgustata stampata in faccia.

Arrivarono al check-in e supplicarono di avere dei biglietti last minute. Jacob riuscì a corrompere l’impiegata facendo quel suo sorriso del cavolo e lasciando un autografo. Consegnarono le valigie e andarono a prendersi un qualcosa da bere.

“E tu, invece?”, domandò Jake.

Elena si strinse nelle spalle: “Non ho una vita normale. Sono Elena, genitori morti, un fratello. Ex migliore amica strega, ex vampiro. E… sono di nuovo innamorata di un vampiro”, confessò sospirando Elena. Era la prima volta che lo diceva così apertamente. Era come essersi liberati di un grosso peso nel cuore. Si sentiva molto più leggera.

Jake annuì, sorseggiando la sua Coca. “Uh. Capisco. Mai pensato di scrivere un libro su questo? Farebbe successo! Comunque, mi dispiace che i tuoi siano morti. È successo tanto tempo fa?”, chiese, cercando di essere sensibile.

Elena scosse la testa: “Non troppo. Me li ricorderò per sempre. A volte ci sto male, ma la vita va avanti”, sospirò la ragazza.

“Già”, concordò Jacob. “A che ore è il nostro volo?”, aggiunse poi.

Elena diede un’occhiata al suo biglietto: “Fra circa due ore. Che facciamo? Mi porti in profumeria?”, propose lei, facendo gli occhi da cucciolo bastonato.

Lui alzò gli occhi al cielo: “Solo perché sono due ore”, si arrese.

 

“Beh… Bonnie. Hai combinato un casino, su questo sarò chiaro e diretto ma… non è irrimediabile. E comunque da quello che ho capito tu volevi solamente fare del bene a Elena. Ti capirà e ti perdonerà, ne sono certo”, disse Jeremy a una Bonnie divorata dai sensi di colpa.

La strega scosse la testa: “Non ne sono così certa. Lei… beh, ho fatto la cosa sbagliata. Non dovevo impicciarmi nei suoi affari. Io non sapevo che fra lei e Damon ci fosse… questo tipo di feeling. Insomma, è di Damon che stiamo parlando. Capisci, Jer?”, domandò Bonnie.

Jeremy rimase piacevolmente sorpreso dal modo in cui Bonnie lo aveva chiamato; di solo “Jer” lo usava solamente la sorella, sua zia, lo zio John e magari qualche amico. Ma lei, Bonnie, non l’aveva mai usato. Cominciava davvero a ricredersi sul fatto che per lei fosse solamente “il fratellino di Elena”. E non poteva che esserne felice, contento, estasiato.

“Certo… il fatto è che, beh. Nemmeno io pensavo che Elena potesse innamorarsi davvero di quel verme, ma è successo. Spero solo che siano felici assieme”, sospirò Jeremy.

Loro non sono assieme. Ho ostacolato quella che poteva essere una bella storia d’amore. Capisci come mi sento in colpa? Non voglio la mia migliore amica assieme a quello lì, ma se lei lo ama io…  io non posso ostacolarla. Perché l’amore è irrazionale, non ci fa ragionare. E se il destino ha voluto che lei, Elena Gilbert, dovesse stare con Damon Salvatore, beh… io che posso fare?”, rifletté ad alta voce Bonnie.

Arrivarono al check-in dell’aeroporto, sperando con tutto il cuore di poter avere dei biglietti all’ultimo minuto. Non avevano avuto il tempo di prenotare, così speravano sulla fortuna. Se il destino gli si sarebbe proprio messo contro, Bonnie avrebbe potuto fare uno stupido incantesimo per rivoltare la situazione a loro favore.

“Salve… c’è un volo per Portland?”, domandò incerto Jeremy, mentre Bonnie parlottava ancora fra sé.

La ragazza bionda ossigenata lo guardò male: “Ma che avete tutti oggi?”, sbottò.

Jeremy aggrottò le sopracciglia: “In che senso, mi scusi?”, chiese.

Lei alzò gli occhi al cielo, schiacciando qualche tasto sul suo computer: “Siete la seconda coppia che si presenta qui senza biglietto. Siete fortunati, comunque… vi faccio questo maledetto biglietto. Ma solo perché… te mi stai simpatico”, disse la ragazza facendo l’occhiolino a Jeremy.

Lui non si sentì né lusingato, né offeso. Però non poté fare a meno di notare che Bonnie alla parole dell’impiegata aveva smesso di borbottare da sola.

“Grazie”, disse solo Jeremy. Consegnò i bagagli e se ne andò insieme a Bonnie.

“Quanto manca al volo?”, domandò sbuffando dalla noia la strega.

Lui diede una rapida occhiata al biglietto: “Circa un’ora e mezza. Che facciamo?”chiese lui, guardandosi intorno in cerca di qualcosa da fare.

Bonnie saltellò: “Andiamo in profumeria!”, propose lei.

Jeremy alzò gli occhi al cielo e si fece trascinare in quella dannata profumeria.

 

“Quanto cavolo manca, Jacob?”, chiese Elena. Nemmeno il nuovo profumo di Chanel le aveva tirato su l’umore. Era a pezzi: voleva andare dal suo Damon.

“Un’ora e tre quarti. Che facciamo adesso? Il profumo non ti è bastato?”, chiese lui, ironicamente.

Elena scosse la testa come una bambina: “Andiamocene in libreria. Volevo prendermi un libro…”, cominciò, lasciando la frase in sospeso visto che non sapeva nemmeno lei come continuarla.

“Quello!”, strillò Elena indicando un libro esposto in vetrina.

“Quello quale?”, chiese Jacob, esausto. Allora Nessie non era l’unica femmina a comportarsi così.

“Quello!”, continuava a ripetere Elena.

Poi entrarono nella libreria e la ragazza ne uscì con in mano un libro piuttosto grosso, con la copertina viola. “Fairy Love!”, esclamò lei entusiasta, incominciando già a leggere.

“Fairy che?”, borbottò Jacob.

“Fairy Love! Parla di un ragazzo figo che diventa una fata, in poche parole. Me l’aveva consigliato secoli fa un’amica”, disse Elena tristemente, ripensando ai tempi in cui lei e Caroline erano davvero inseparabili.

“Se ti piace questa roba qui…”, disse Jacob. “Che facciamo ora? Manca ancora un’ora”, la informò.

“Andiamo ad aspettare l’aereo. Così quando è ora di imbarcarci, saremo già là”, disse solamente, troppo presa da quel libro che era davvero appassionante dalla prima pagina.

 

“Bonnie, lasciatelo dire: questa cosa puzza da pazzi”, sbottò Jeremy, annusando il polso che la streghetta gli porgeva tutta saltellante.

“Ah, voi maschi non capite niente. Come puoi non adorare questa dolce fragranza dei divini Dolce & Gabbana?”, domandò estasiata Bonnie.

Jeremy scosse la testa; adorava Bonnie nella sua follia, ma a volte proprio non la capiva.

“Quanto manca?”, chiese distrattamente la strega.

Jeremy guardò il suo iPhone: “Mezz’ora, santo Dio. Quanto ci hai messo per prendere quel profumo?”, esclamò lui.

Bonnie si strinse nelle spalle, non sentendosi poi così colpevole. Se aveva un profumo, tutto il resto non contava. No, giusto: quella volta tutto contava. Doveva spiegare a Elena tutto.

Corsero a perdi fiato verso il luogo di imbarco. Persero minuti preziosi perché Bonnie si rifiutava di togliersi la cintura al controllo raggi X.

Arrivarono appena in tempo a salire sull’aereo. Appena si furono accomodati nei posti davanti, passarono cinque minuti che già si ritrovarono per aria.

 

Elena si stava lamentando della scomodità della seconda classe da quelle che parevano ore. “La vuoi piantare, Elena? Neanche uno stereo incantato è più ripetitivo di te”, si lamentò Jacob.

“Ma questi sedili! E per di più il motore! Siamo nei posti più in fondo dell’aereo e non ci danno nemmeno la Pepsi gratis!”, sbottò seccata Elena, tirando la sua lattina in faccia al licantropo.

“Ok, ma non devi assolutamente prendertela con me!”, spiegò con calma lui.

“E con chi sennò? Non ho più nessuno!”, mugolò Elena, iniziando a sentire le lacrime negli occhi.

Dio, perché qualcuno le aveva tolto Damon? Perché non avevano ammesso il loro sentimenti prima? Perché? Perché?

Jacob sapeva che pregare Dio ogni tanto solo quando serviva non funzionava. Ma voleva davvero avere delle risposte a tutte quelle domande che lo tormentavano. Non poteva fare a meno di incolpare Elena se ora si trovavano in quella situazione. Tutto partiva da loro: Damon e Elena. Lui era come lo strumento magico che aiutava il protagonista di una fiaba a raggiungere il suo obiettivo. Lui non c’entrava niente in tutto quello; era solo lo sfigato che era stato prescelto per quel ruolo.

“No. Elena calmati. Vuoi qualcosa?”, chiese dolce Jacob. Ovviamente non le avrebbe detto che la considerava la causa di tutto. Le conseguenze le avrebbero pagate entrambi, se lui lo avesse detto.

“Sì”, singhiozzò lei.

“Che cosa?”, continuo a chiedere Jake, paziente.

“Domanda sbagliata”, replicò Elena.

Jacob sospirò: “Vuoi Damon, vero?”.

Elena annuì.

“Adesso stiamo andando da lui, vedrai. Lo ritroverai presto. Tutto tornerà come prima. Ora riposati un po’, che ne hai bisogno”, sussurrò lui.

Elena si sdraiò sulle gambe muscolose di Jacob, tentando di esiliarsi da quello che le stava attorno e cadere in un sonno profondo.

 

[Qualche ora dopo…]

 

“Elena, svegliati. Siamo arrivati”, sussurrò una voce profonda e calda all’orecchio di Elena.

“Mmmmm no, ancora un po’”, mugolò lei.

Jacob sorrise: sembrava tanto la sua Nessie. “No, è ora. Piccola, siamo a Portland. Manca poco a Forks”, mormorò ancora lui.

Elena si rizzò a sedere, si slacciò la cintura di colpo. Jacob si spaventò per quello scatto pauroso. “Su, op! Che fai ancora lì impalato? Sbaglio o hai detto che siamo quasi a Forks? Alzati!”, ordinò lei. Probabilmente faceva come i cammelli: loro immagazzinavano cibo, Elena immagazzinava energia.

“Sì, ok. Calmati”, esclamò Jacob.

Poco dopo si ritrovarono su quegli autobus pidocchiosi che ti trasportano per cinque metri dall’aereo all’aeroporto.

“Ok, ora dobbiamo prendere le valigie. E poi prendiamo un taxi, paghiamo bene il tassista e ci porta a Forks”, annunciò Jacob attendendo che le valigie cominciassero a circolare. Nonché dovessero prendere molta roba: lui proprio niente, Elena uno zaino un po’ più grande del normale.

 

“Dove cavolo saranno le nostre valigie?”, chiese seccata Bonnie, attendendo la sua Carpisa giallo evidenziatore a righe fuxia.

“Calmati Bonnie, per favore. Ci sono”, la rassicurò Jeremy.

“Eh tu che ne sai? Io una volta ho perso la valigia. Dovevamo andare a Buenos Aires e sai dove era arrivata la valigia? Al Cairo!”, disse lei indignata, esultando quando vide i lacci verdi elettrici della sua amatissima valigia.

Jeremy si vergognava a prenderla, ma lo fece per amore della sua Bonnie. Sul serio aveva pensato “per amore”? Sicuramente il sentimento che provava verso la streghetta era cambiato negli ultimi tempi, maturato ma… era amore?

“Andiamo. Dobbiamo andare a Forks, giusto?”, chiese conferma Jeremy.

Bonnie annuì, saltellando e trascinandosi dietro la sua amata compagna di viaggio, attirando gli occhi dei passanti.

 

Uno, due, tre, quattro, cinque…

No, Elena non stava contando le colonne fuori dall’aeroporto. Nemmeno le nuvole nel cielo. Stava contando i tassisti che si rifiutavano di portarli a Forks.

“Non se ne parla. C’è una coda là nell’autostrada. No! Arriverò domani a casa!”, aveva sbottato il primo.

“Mi piacerebbe, ma uno mi ha offerto il doppio per portarlo in centro. Gli affari chiamano”, aveva detto con un sorriso beffardo il secondo.

Gli altri avevano ignorato Jacob e Elena, lasciandoli di sasso sul ciglio della strada. Antipatici.

“Ma tu sei di questo posto, no? Sono sempre tutti così cordiali?”, chiese scocciata Elena.

“Sì. Devi solo beccare quello giusto…”, spiegò Jacob mentre fermava l’ennesimo uomo occhialuto e barbuto. “Mi scusi… quanto vuole per Forks?”, domandò il licantropo, mettendo bene in mostra le banconote.

“Mi basta. Saltate su”, rispose il tipo.

Elena ringraziò Dio per averla salvata dall’ennesima crisi isterica.

 

Bonnie e Jeremy si trovavano nella stessa situazione. Non sapevano come convincere quegli odiosi tassisti a farsi trasportare a qualche chilometro di distanza. “Vanno bene questi?”, aveva chiesto Jeremy supplicante. Ci mancava poco che si mettesse a baciare i piedi e a stringere le ginocchia del tassista.

Aveva ripetuto la frase cinque volte a cinque tassisti diversi. E la risposta era stata: “Spero che stai scherzando, ragazzino!”, per cinque volte.

Jeremy fece l’ultimo tentativo: “Signore, dobbiamo andare a Forks! Le bastano questi?”, domandò.

Lui guardò i soldi: “Assolutamente sì. E poi stavo proprio andando a Forks. Qui dietro ci sono altri passeggeri che vanno proprio là. Però non ci starete. A meno che… non andate nel baule”, aggiunse imbarazzato il tassista.

Jeremy lo guardò male e rimase sorpreso quando Bonnie disse: “Certo! Sarà fico!”.

Il signore annuì cordiale e aprì il baule del taxi, spostandosi di lato per farli entrare. Fico? Fico un cazzo…, pensava Jeremy.

“Cosa ti salta in testa, Bonnie?”, chiese Jeremy.

“Aspetta…”, sussurrò lei, con quella sua tipica di voce precedente gli incantesimi.

E, improvvisamente, lo stretto e angusto baule si allargò. Dato che il tassista non disse niente, Jeremy capì che la macchina all’esterno manteneva le dimensioni normali, mentre dall’interno risultava enormemente ampia.

“Fico! Grande Bonnie!”, sussurrò Jeremy. Non voleva che gli altri passeggeri, che non era riuscito a vedere, si insospettissero.

“Grazie. Ora speriamo di arrivare a Forks presto”, disse solo lei, sdraiandosi e cercando una posizione abbastanza comoda.

Dopo circa un’ora passata nel più totale relax (Bonnie aveva fatto apparire qualche cuscino), il tassista annunciò l’arrivo. Tutti scesero dal taxi e finalmente Jeremy e Bonnie videro i misteriosi passeggeri dei sedili posteriori.

“Tu!”.

“Tu!”.

“Voi!”.

“No!”.

“Eh?”.

“Che diavolo fate qui?”

“Bonnie non ci posso credere. Non voglio parlare con te! Mi hai capita? Che fai? Mi segui?”, urlò Elena, iniziando a riperdere il controllo.

“No, io… dovevo fermarti. Non volevo che andassi a Forks con lui… non mi fidavo”, tentò di spiegare Bonnie.

Elena la guardò furiosa: “E tu? Che ci fa Jeremy qui? Anche tu adesso partecipi alla missione: salviamo Elena dai cattivi?”, domandò lei, senza smettere di urlare.

“No io… non volevo che tu partissi e facessi cose stupide. Ne hai già fatte abbastanza Elena. Sei qui per amore. Lo sai che quando si tratta di amore te non capisci più niente”, tentò di farla ragionare Jeremy, con il solo risultato di farla arrabbiare ancor di più.

Intanto Jacob salutava cortesemente l’autista, che aveva assistito allibito alle prime battute del dialogo Elena-Bonnie-Jeremy.

“Ok… ho capito! Tu l’hai costretto ad accompagnarti, vero? Idiota! E saresti la mia migliore amica? Vergognati. Jake andiamo a casa Cullen, per favore”, lo supplicò Elena.

“No! Elena ti sbagli! Io… “, singhiozzò Bonnie.

“Lei non mi ha costretto. L’ho fatto perché è una mia amica, Elena”, concluse Jeremy.

Elena li fissò a bocca aperta: non aveva capito che fra loro c’era questo tipo di rapporto.

“Elena, dobbiamo andare da questa parte… per prendere la macchina e arrivare alla casa dei Cullen. Probabilmente Nessie non sarà a casa e starà passando del tempo con le zie e i nonni”, spiegò piano Jacob, timoroso di dire anche due sillabe.

Tutti si diressero alla macchina seguendo Jacob, e ogni tanto Elena non mancava di rivolgere a suo fratello e a Bonnie delle occhiate di fuoco.

Salirono sulla vecchia Golf rossa arrugginita, proprio come Elena la immaginava dalla descrizione del libro. A stenti il motore riuscì a farli arrivare a casa Cullen, che si trovava in mezzo a quella folta e rigogliosa vegetazione.

Appena scesero dall’auto, Elena non poté fare a meno di sentire l’odore di pioggia, l’umidità che caratterizzava quel posto. Dalle fronde degli alberi cadevano goccioline ininterrottamente facendo uno strano ticchettio. Le strade erano punteggiate da pozzanghere di piccole e medie dimensioni. E davanti a loro troneggiava la meravigliosa villa bianca e luminosa. Esattamente come Elena la immaginava: enorme, lussuosa, con un ampio giardino appena visibile sul retro, pulita e curata. Il bianco era immacolato, letteralmente. Forse Esme davvero la puliva ogni giorno? Quando hai l’eternità davanti e non sai cosa fare…

Jacob si avvicinò e fece un cenno agli altri di seguirlo. Elena lo vide storcere il naso; probabilmente lo infastidiva la puzza tremenda di vampiro che era costretto a sopportare.

Il licantropo suonò il campanello ultramoderno; Elena sospettava che ci fossero cinquemila telecamere nascoste per vedere chi stesse suonando. Si era sempre immaginata i Cullen come vampiri tecnologicamente avanzati.

La porta si aprì e apparve un uomo giovane, biondo e dai capelli corti e ben pettinati. Aveva gli occhi color ocra, esattamente come quelli che Elena aveva visto in Edward: oro fuso.

“Jacob! Che fai qui?”, chiese evidentemente sorpreso. “Nessie è con te?”, aggiunse poi, scrutando la gente sconosciuta che stava alle spalle del lupo.

Jake fece una faccia stupita e confusa: “Che cosa? Lei non è qui?”, domandò.

L’uomo scosse la testa: “No! È partita assieme a Rosalie e a Alice per venirti a prendere, insieme a Bella e a Edward!”, spiegò.

“Chi è tesoro?”, domandò una voce dolce come il miele, tenera e innocente come quella di una madre premurosa. Elena l’aveva riconosciuta al volo: quella era Esme. E di conseguenza l’uomo che aveva aperto la porta era Carlisle.

“Jacob… e alcuni suoi amici, suppongo”, rispose Carlisle.

“Loro sono… Elena, la ragazza che stava cercando Damon. E Damon è quello che è stato scambiato con Edward. Ora noi ci stiamo chiaramente chiedendo dov’è Damon. E Bella. E Nessie. Mentre loro sono… beh, Bonnie e Jeremy, che non so bene perché sono qui”, spiegò rapidamente Jake.

“Quindi tu saresti la ragazza di Damon”, rifletté Carlisle.

Elena scosse la testa: “No, non esattamente”, sussurrò imbarazzata.

“Ok… quindi. Allora, Nessie si è spaventata tantissimo quando sei sparito ed è venuta da noi. Ha capito che eri finito in quel posto insieme a Edward. Così Alice e Rosalie sono partite con lei per Mystic Falls o come si chiama. E voi siete qui quindi… loro saranno molto deluse, direi”, ragionò Carlisle.

“Basta caro, parlare. Facciamoli entrare, così rifletteremo meglio davanti a… beh, una tazza di tè. Gradite?”, chiese dubbiosa Esme.

“Certo!”, risposero in coro i quattro.

Entrarono, ansiosi di avere qualche risposta.

 

 

Angolino della Matta Fra o.O

Ciao!

Ad essere sincera non ricordo se sono in ritardo o no… comunque questo capitolo mi è piaciuto un mondo, intendo… da scrivere. Ovviamente leggerete presto le discussioni dei Cullen e di Bonnie, Jeremy, Elena e Jacob. Sappiate che ci stiamo avvicinando ai Delena, quindi faranno la cosa giusta… Sono così contenta che questa storia stia avendo il successo che ha. Guardavo l’altro giorno così per caso nelle storie più popolari e ho visto che c’è anche questo pazzo crossover! Grazie grazie grazie, per me è fantastico. Scrivere è bello e rilassante, ma è ancora più meraviglioso se la gente legge, apprezza e commenta. Veramente grazie. anche perché ♥Damon&Elena♥ è una delle storie più popolari. Sono veramente contentissima che tutto quello che scrivo viene apprezzato. Veramente grazie.

È la prima volta che arrivo al 12° capitolo di una storia e non sono stufa, e questo lo devo proprio a voi. Non finirò mai di ringraziarvi.

Continuate a commentare,

vi voglio bene!!

Purtroppo non ho tempo per citare tutte le meravigliose persone che mi sostengono sempre. La classe è stata punita di scienze per aver utilizzato una giustificazione. Eheh giustificazione generale di tutta la classe, la prof si è arrabbiata! E allora… il doppio di roba da studiare per mercoledì! Sarà da pazzi…

Grazie grazie mille ancora. Risponderò alle vostre bellissime recensioni questa sera.

Baci Fra

 

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Capitolo 13
*** Destiny ***


13. DESTINY

 

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Damon decise che avrebbe portato tutta la bella compagnia vampiresca a casa sua: lo spazio era più che sufficiente, di letti quelle vampire non ne avevano bisogno, e per quel che riguardava il cibo non sembrava che Nessie ne avesse molta voglia. Era ininterrottamente assalita da quei fastidiosi, rumorosi e puzzolenti conati di vomito.

“Tutto ok, Nessie?”, domandò Damon mentre salivano tutti sulla Ferrari di Bella; stavano tutti stretti come delle sardine, e se fossero stati umani avrebbero seriamente sofferto di claustrofobia.

Lei gemette e annuì leggermente; non aveva la forza sufficiente per spiccicare una parola: stava davvero male. E questi problemi andavano avanti da un bel po’ di tempo: all’inizio leggeri, poi sempre più frequenti e fastidiosi.

Damon non voleva che Nessie stesse male. Per quanto gli costava ammetterlo, gli stava a cuore la salute, la vita di quella ragazza che a malapena conosceva. Prima lo aveva colpito quando lo aveva abbracciato in quel momento di tristezza. Lo aveva avvolto tra le sue calde braccia come se si conoscessero da anni e fossero amici dai tempi dell’asilo. E inoltre era sorpreso dal cambiamento di umore della ragazza: prima lo mandava a quel paese senza troppi problemi; dopo veniva lì e lo abbracciava. E Damon non riusciva a trovare una ragione valida che motivasse quel comportamento alquanto incoerente e assurdo.

Si consolava che in quel mondo non era l’unico lunatico.

“Si parte”, annunciò Damon premendo il piede sull’acceleratore.

“Per favore, facciamo in fretta”, sbuffò Rosalie che si sentiva tirare il vestito attillato da tutte le parti.

“Sì, Nessie sta male, Damon. Fai in fretta”, lo incitò Alice.

Bella invece meditava dove diavolo poteva essere quel cretino di suo marito: si erano appena ritrovati e ripartiva solo perché gli girava? Era quasi certa che fosse andato a Forks per Nessie, ma non poteva aspettare due minuti? In ogni caso, non gli sarebbero andati dietro; avrebbero solamente rischiato di perdersi un’altra volta e la situazione sarebbe peggiorata, come se non fosse già abbastanza complicata.

“Bella, a che pensi?”, chiese Damon mentre guidava verso la pensione dei Salvatore.

Lei sospirò: “Che ho sposato un uomo che amo con tutta me stessa, ma a volte mi sorprende per quanto sia stupido”, confessò. Nessie sorrise sui sedili posteriori: sua madre aveva davvero detto che amava papà.

Damon ridacchiò e parcheggiò fuori dal pensionato. Si sentivano delle urla; probabilmente anche Rosalie la gnocca, Alice la matta e Bella le avevano sentite. Non era ancora sicuro di quanto si estendessero le capacità soprannaturali di Nessie. Lei non era una vampira completa, ma una semivampira. Un ibrido.

“Damon, che succede?”, domandò Alice guardandosi attorno e fissando la porta dei Salvatore.

Damon aguzzò l’udito e distinse la voce di suo fratello e quella di Caroline. Forse stavano affrontando la loro prima crisi di coppia.

Il vampiro alzò le spalle: “Santo Stefano ha i suoi primi problemi amorosi”, spiegò avvicinandosi alla porta e infilando con disinvoltura la chiave nella toppa. La porta si spalancò, rivelando Caroline con i capelli arruffati e due cuscini in mano e a piedi scalzi sulla moquette. Stefan aveva le braccia spalancate, segno che stavano davvero affrontando una situazione critica.

Caroline, notò Alice, aveva l’eye-liner colato sulle guancie, misto a lacrime. Sembrava una specie di mostro imbufalito.

Stefan e Caroline guardarono i nuovi arrivi e si sedettero imbarazzati sul divano. “Scusate”, mormorò Alice, seguita a ruota da Rosalie e Nessie.

Damon le guidò su per le scale salutando con un “ciao fratellino” Stefan. Alice ridacchiò sotto i baffi e aiutò Nessie a salire le scale. Bella guardò un attimo Stefan e, non sapendo bene cosa dire, raggiunse gli altri su per le scale.

“Va meglio, amore?”, domandò Bella, sempre premurosa.

Nessie annuì lievemente; sembrava che stesse facendo uno sforzo disumano. Probabilmente mentiva: non stava affatto bene.

“Ma che può avere?”, chiese scocciata Rosalie. “Hai mangiato qualcosa che non dovevi? Sangue di maiale avariato? Pomodori marci? Nessie, diccelo, dai!”, la incitò ancora la vampira bionda.

Nessie prese un profondo respiro: “Io… non so. No, sono sana. Non ho mangiato niente di strano”, rifletté lei. Poi si ricordò di una cosa: aveva un ritardo di due settimane…

Gli occhioni espressivi color cioccolato di Nessie parlavano da soli. “Hai scoperto qualcosa? Che hai mangiato, tesoro?”, chiese Alice. “Un attimo… provo a vedere il tuo futuro! Perché non ci ho pensato prima? Ecco un attimo…”, disse Alice, concentrandosi.

Chiuse gli occhi, ma poco dopo li riaprì: “Non. È. Possibile.”, sputò, digrignando i denti.

Nessie ora non aveva più dubbi: era incinta. Oh. Mio. Dio.

“Oh. Mio. Dio”, ripeté Nessie, questa volta non nei suoi pensieri, ma ad alta voce.

“Che succede?”, sbuffò spazientita Rosalie. Quando Alice aveva le visioni e Nessie faceva quelle facce, lei veniva esclusa completamente dalla conversazione, come se non esistesse. Detestava quando succedeva, soprattutto perché si ricordava che lei non aveva nessun dono. Non poteva leggere i pensieri, non prevedeva il futuro, non aveva lo scudo.

“Nessie, dicci che succede. Noi non possiamo capirlo”, sussurrò con dolcezza Bella.

“Non riesco a vedere niente!”, esclamò Alice scocciata. La sua faccia parlava chiaro: voleva una spiegazione; e l’unica che poteva dare una spiegazione era Nessie.

La ragazza prese un profondo respiro e disse: “Sono incinta”.

Silenzio. Silenzio. Silenzio.

Bella spalancò gli occhi. Rosalie si mise una mano sulla bocca come per dire: oh mio Dio. Alice scattò in piedi: “Ma come si è permesso quel… quel… cane?”, sputò urlando.

“Come ha potuto… come…”, strillò, indignata. “Quel Jacob… non ne combina una di giusta. Mettere incinta una ragazza che in fin dei conti ha solamente sette anni? Si deve vergognare”, esclamò Alice, che poi cercò sostegno nella sorella: “Rose?”, domandò. Era implicito il messaggio: di’ qualcosa, per favore.

Rose annuì con vigore: “Assolutamente. Come si è permesso, come ha potuto?”, domandò, con tono scandalizzato.

Bella si riprese velocemente dallo shock iniziale. Quelle reazioni non facevano che spaventare la sua bambina. “Smettetela. Tutte e due. Sono sposati. È ovvio che prima o poi sarebbe dovuto succedere”, tentò di farle ragionare.

Le due vampire scossero la testa: “Ma non ora! Non quando Nessie è ancora così giovane! Lo sapevo che per il tuo compleanno dovevo regalarti quei preserv…”, rimpianse Rosalie. Nessie la bloccò: “Zie ma che state dicendo? Così avrete un altro nipotino, non è fantastico?”, provò a convincerle.

Loro scossero la testa: “Assolutamente no”, dissero in coro.

Nessie amava chiunque le stesse crescendo dentro. La stava facendo stare male fisicamente, ma il fatto di avere un esserino dentro di sé la faceva sentire felice, contenta. Perché quell’esserino era frutto dell’amore fra lei e Jacob, il suo lupo, il suo tutto. Erano destinati a stare assieme, era stato scritto dal primo momento. Già dalla nascita di sua madre, il fato aveva voluto che lei e Jake stessero assieme. Amava quel piccolo che era riuscita ad avere assieme al suo amore. E come se non bastasse, il piccolo nella sua pancia ammortizzava la nostalgia del suo lupacchiotto peloso e soffice, perché il piccolo Jake Junior era parte di lui. Se lo immaginava con gli stessi suoi occhi scuri, quasi neri. Intensi ed espressivi. Quegli occhi che al primo sguardo riescono a farti capire se la persona che ti sta davanti è triste oppure se sprizza gioia da tutti i pori. I suoi occhi…

I capelli li immaginava esattamente dello stesso suo colore: ramati. Come quelli di papà Edward. E pieni di dolci boccoli. Sarebbe stato il bambino più bello del mondo.

Nessie dichiarò che la voglia di parlare degli accaduti era pari a zero e se ne andò a dormire, sotto lo sguardo stupefatto delle zie e della mamma. L’unico che sembrava avere una luce di comprensione negli occhi era Damon, ma Nessie si costrinse a vedere degli splendidi occhi azzurri colmi di qualsiasi cosa che non fosse comprensione.

 

[La mattina seguente…]

 

“Scusa”, mormorò Caroline, abbattuta. Era così a pezzi che riusciva a ignorare le urla di Rosalie e Alice al piano di sopra. Di nuovo. Urlavano e basta, come se non sapessero fare altro. Cosa stava accadendo nella loro stanza, lei proprio non lo sapeva.

Stefan ignorò Caroline, indeciso sul da dirsi. Cosa doveva dire? Caroline ti amo? Oppure Caroline ti detesto? Perché la prima era vera, e quella dura e passionale verità era davvero difficile da dire. Mentre la seconda era una grande e spudorata bugia. Eppure erano solamente due parole. Due  stupide e semplici parole.

Da quando Stefan Salvatore impiegava tanto per dire “ti amo”? L’aveva detto innumerevoli volte a Elena; perché risultava tanto difficile dirlo a Caroline? Perché non trovava la forza di parlare in quel momento? Perché? Perché? Perché?

Intanto, di sopra si sentivano strilli acuti femminili. Che diavolo stavano facendo? Era tutta la notte che continuavano.

Stefan prese un profondo respiro, si impose di dirglielo e aprì la bocca. Rimase un attimo con la bocca spalancata, dimenticandosi cosa volesse dire e poi parlò: “Caroline io… io… ti… ti… perdono”, concluse rapidamente lui. E nell’animo di Stefan scoppiò una tempesta: “perché non glielo hai detto, perché?!?”, pensò Stefan maledicendosi e tentando di mantenere un’espressione normale sul viso.

Gli occhi di Caroline si illuminarono leggermente: “Davvero?”, sussurrò sorpresa.

Stefan annuì. Ma lo fece non perché si stava rivolgendo a Caroline, ma perché aveva bisogno di farsi coraggio e riprovare a dirglielo. Ma Elena come avrebbe reagito? E se… se lo avesse detestato?

Ti detesta già, idiota.

Ma dopo mi detesterà di più.

Ti importa? Ti detesterà comunque. Non badare al “quanto”. Diglielo.

I dilemmi con le vocine interiori non erano un buon affare. Significavano delirio per un umano, figurarsi cosa significavano per i vampiri. Probabilmente biglietto di sola andata per il manicomio.

“Caroline io… ti… io ti…”, ricominciò Stefan.

Lei lo guardava, impaziente. Detestava quando la gente per dire qualsiasi cosa la tenevano sulle spine in quel modo.

Forza, vai!, disse la vocina stupida della coscienza.

“Ti amo”, concluse. L’ ho detto, l’ho detto!, esultò Stefan. Un sorriso si dipinse sul suo volto. Era stato più semplice di quanto avesse mai pensato. E si sentiva più leggero di cinquanta chili. Ora capiva quanto era stato forte il bisogno di dirlo.

Lei apparve sorpresa, all’inizio, come se stesse assimilando bene le parole con cura, per capirne appieno il significato. Poi, il suo viso si illuminò di un sorriso accecante. “Davvero?”, domandò sussurrando Caroline.

Stefan annuì.

“Ripetilo”, disse Caroline chiudendo gli occhi e avvicinandosi.

Stefan questa volta non fece nessuna fatica a dire quelle due paroline elementari: “Ti amo, Caroline. Per sempre”, dichiarò lui. Si avvicinò fino a quando le loro labbra non si toccarono.

Quel bacio fu diverso da tutti gli altri. Prima di quel bacio Caroline si era sempre sentita in colpa e divorata dalla vergogna per essere felice mentre la sua migliore amica soffriva a causa sua. E Stefan invece era sempre stato dubbioso su quello che stava facendo e su quello che provava per Caroline.

Ma ora non c’erano più dubbi.

Tutto era chiaro.

Caroline si sentì la ragazza più fortunata del mondo, in quel momento. Stava baciando il ragazzo che era certa, l’avrebbe resa felice. Non era Matt o Tyler quello giusto. No, era lui, Stefan. Colui che l’aveva aiutata nei momenti di difficoltà, l’unico che si era mai davvero preoccupato per lei. E sapeva, in quel momento, che lui pensava le stesse cose di lei, in qualche modo. E aveva ragione. Stefan sentiva che Caroline era sempre stata quella giusta. Il suo interessamento verso di lei non gli era più indifferente da mesi, ormai.

L’unico rimpianto che aveva era quello di aver fatto soffrire Elena più di quanto lei si meritasse.

Le loro labbra giocavano, si cercavano, si amavano. C’era passione, ma non troppa. Caroline e Stefan attendevano quel momento da troppo tempo. Lo volevano assaporare fino alla fine, senza tralasciarne un attimo.

“Stefan. Io ti… amo, anch’io ti amo”, dichiarò Caroline fra un bacio e l’altro.

Gli occhi di Stefan, seppur chiusi, luccicavano di felicità sotto le palpebre abbassate: davvero Caroline aveva detto che ricambiava il suo amore? Un po’ se lo aspettava, ma non pensava che lo avesse detto così chiaramente e in quel momento. Credeva che le sarebbe servito del tempo per assimilare e digerire la notizia. Invece, aveva avuto una splendida e radiosa sorpresa.

“Caroline. Ti amerò per sempre”, disse solo lui prima di rimpossessarsi delle sue labbra. Poi si fermò un attimo: “E non so come ho fatto ad accorgermi solo ora… sei sempre stata importante per me, sempre”, confessò.

Si lasciarono sprofondare nel divano, fino a quando si sentirono dei passi che scendevano le scale.

“Ma wow. Santo Stefan si lascia trasportare dalla passione con Barbie vampira”, sghignazzò Damon facendo la sua solita entrata trionfale mattutina. Per quanto fosse cambiato, le sue battute non mancava mai di farle, soprattutto nelle occasioni speciali.

Stefan, mentre si sistemava la camicia e si riprendeva, tentava di trovare qualcosa da dire: “Perché tu non l’hai mai fatto?”, disse lui sarcastico.

Damon alzò le spalle: “Non con Barbie vampira”, spiegò lui sorridendo mentre sorreggeva Nessie.

Caroline si avvicinò al vampiro con il cardigan messo al rovescio, pronta a dirgliene quattro.

“Il cardigan, tesoro. Nuova moda?”, le fece notare lui sghignazzando.

Lei, furiosa, si guardò la maglia e notò che effettivamente aveva messo l’aveva messa al rovescio, e litigando con i bottoni se la sistemò, sotto lo sguardo divertito del vampiro.

“Tu! Non dire che non sei venuto a letto con me! Ammetti almeno le cose schifose che mi hai fatto, razza di scem…”, cominciò lei.

“No, tesoro. Io sono andato a letto con Barbie umana”, sottolineò Damon con un sorriso.

Caroline digrignò i denti e si buttò sul divano, stufa di discutere con uno psicopatico. Stefan la consolò mettendole un braccio attorno alle spalle e fulminò suo fratello con un’occhiataccia.

“Bene, Damon… hai qualcosa per le nausee o cose così?”, chiese Bella preoccupata per la figlia.

Damon parve leggermente disorientato: era già tanto se sapeva cosa era la nausea, figurarsi ciò che poteva curarla. Insomma, alla fine che gliene importava a lui di disturbi umani?

Elena

Sì, beh, forse avrebbe dovuto cominciare a informarsi per la sua piccola umana.

“Credo di no”, rispose Damon, imbarazzato.

Bella iniziò a entrare in una crisi di panico: che poteva fare? Rosalie, Alice e Bella stavano attaccate a Nessie come cozze.

“Mamma! Zie… non respiro. Sto meglio”, le rassicurò Nessie mentre si sedeva su un gradino per la stanchezza. Quella notte aveva dormito poco o niente, a causa delle urla soavi delle sue amate zie.

“Sicura?”, domandarono in coro le vampire.

La ragazza annuì, con la testa persa nei suoi pensieri: stava ancora pensando al suo bambino. Come avrebbe potuto chiamarlo?

“Di cosa hai voglia, tesoro?”, chiese premurosa Rosalie, pronta a fare i salti mortali pur di dare alla nipotina quello che desiderava.

Nessie ci pensò su per un po’, poi le venne in mente di cosa aveva voglia: shopping.

“Di shopping!”, annunciò Nessie, ricevendo come risposta tra paia di occhi gialli stralunati.

“Ne sei proprio sicura, tesoro?”, domandò incerta Bella.

Nessie annuì decisa. “Ti farai male!”, l’ammonì Alice.

“Vomiterai sui vestiti!”, disse Rosalie, in ansia al solo pensiero.

“Basta! Se lei vuole fare shopping, ce la porto io!”, le zittì tutte Damon.

Tutte le persone nella stanza lo guardarono straniti. Caroline bisbigliò qualcosa all’orecchio di Stefan e lui scosse la testa, come per dire “hai ragione”.

“Grazie, Damon. Sei davvero un amico”, disse Nessie alzandosi lentamente.

“Di niente”, rispose Damon prendendola delicatamente per un braccio. Stava davvero per cadere. Era incredibilmente instabile.

Ignorando le occhiate allibite delle vampire, di suo fratello e di Barbie vampira, condusse Nessie fuori dal pensionato e salirono sulla sua, di Ferrari.

 

“Ahahahahah! No, questo è orribile”, gridò Nessie fissando un orrendo vestito rosso da sera per donne incinte. Sembrava davvero fatto su misura per una donna obesa e Nessie non si trovava ancora in quelle condizioni estreme.

“Ma dai! Sicuramente potrà servirti!”, le fece notare Damon ridendo come un cretino. Era contento di aver portato fuori Nessie: sembrava davvero quello di cui lei avesse bisogno. Quella povera ragazza aveva la necessità di uscire e godersi l’aria aperta, fare qualcosa di ricreativo.

Nessie fece una smorfia: “Sì, figurati. Piuttosto che andare a cena con quel coso, resisto alla fame e mi invento un’otite acuta. E me sto a casa”, esclamò lei, mettendo via quel confetto alla fragola di poliestere.

“Vuoi davvero dirmi che preferisci questo”, domandò scandalizzato Damon, scegliendo un vestito color giallo cacca e mettendolo in bella mostra davanti agli occhi della ragazza.

Lei simulò l’ennesima vomitata, e quasi Damon ci cascò; era incredibile quanto si sentisse in dovere di proteggere Nessie. Forse perché sua madre per lui aveva fatto davvero tanto?

“Ti prego, Damon. Ho solo bisogno di un gelato”, disse Nessie rimettendo a posto il vestito e dirigendosi verso l’uscita del negozio.

“Ti raggiungo subito”, le disse Damon.

Nessie annuì e si incamminò verso la gelateria del centro commerciale.

Quando Damon la raggiunse al tavolino circolare fuori dal locale, egli le porse un piccolo pacchetto regalo. “Non dovevi”, disse Nessie, commossa dal pensiero. Ci voleva così poco per farla piangere.

La ragazza scartò il pacchetto e ne uscì fuori una piccola copertina ripiegata più volte. Era bianca, semplice ma allo stesso tempo incredibilmente unica e originale.

E sarebbe andata bene sia se il bimbo fosse stato un maschio o una femmina, visto che Damon aveva scelto davvero un colore neutro, che andasse bene in entrambi i casi.

“Ho scelto il bianco perché… beh, non sappiamo se è un maschio o una femmina. Comunque, congratulazioni”, sussurrò Damon.

Nessie annuì, non sapendo bene cosa dire: “Sei stato molto gentile, Damon. Grazie mille”, rispose solamente.

Damon annuì a sua volta; non riusciva nemmeno lui a trovare le parole. “Vuoi il gelato?”, domandò poi con un tono più distaccato.

Nessie scosse la testa: “A dir la verità… non ne ho più voglia. Andiamo a casa, ti va?”, propose lei.

Damon annuì ancora una volta, si alzarono e ritornarono alla macchina. Era ora di tornare a casa: se Elena fosse tornata lui avrebbe dovuto esserci. Lui doveva esserci.

 

Intanto, al pensionato, le vampire si risvegliarono dal loro stato di sonnolenza.

“Ma l’ha davvero portata a fare shopping?”, urlò Rosalie.

“Mystic Falls non è il luogo dove c’è il grande magazzino di Loubotin? Come ha osato? Doveva portare anche me!”, strillò Alice, più preoccupata di vedere Nessie con l’ultima borsa Louis Vuitton che invece lei non aveva, piuttosto che Nessie sofferente.

“Davvero, non me lo sarei mai aspettato…”, stava dicendo Stefan.

“Ma ti rendi conto di quanto è cambiato?”, osservò incredula Caroline.

“Una volta beveva il sangue della prima umana che gli capitava sotto mano!”, notò allibito Stefan di nuovo. A quelle parole le vampire, compresa Caroline, impallidirono per quanto fosse possibile: “Oddio. Possiamo fidarci?”, domandò Caroline preoccupata.

Le altre fremevamo in attesa della risposta della persona che lì lo conosceva meglio: “Sì. È davvero cambiato”, rispose Stefan.

Tutte tirarono un sospiro di sollievo e si rilassarono sul divano, attendendo il ritorno di Damon e Nessie, non ancora del tutto calme.

E Caroline si spostò più verso il suo Stefan, finalmente non sentendosi più sola e per la prima volta percependo che aveva trovato il suo posto nel mondo.

 

 

Angolino della Matta Fra o.O

Ciao a tutte!

Prima di tutto mi scuso miliardi di volte perché:

  1. Sono in ritardo con il capitolo

  2. Sono in ritardo con il capitolo di ♥Damon&Elena♥

  3. Sono in ritardo con il leggere le vostre storie…

 

Mi dispiace davvero tanto, ma sono davvero molto impegnata e per me è stata un’impresa riuscire a scrivere questo capitolo e postarlo oggi.

Vi avviso che per le OS pazze ci vorrà ancora almeno una settimana… mi dispiace!

Comunque, lasciando perdere i miei dilemmi…

11 recensioni! Wow che traguardo! Mi raccomando continuate così, vi voglio bene! È un’enorme soddisfazione per me e ad essere sincere sono quelle che mi spingono ad accelerare la stesura dei capitoli, perché penso “la gente legge, quindi…”, capite vero?

Ok… mi sa che con questo capitolo voi mi odierete un po’ di meno, o no? Caroline e Stefan sono sistemati, ora mancano i Delena e un po’ di cosette. E Nessie è incinta: maschio o femmina? =)

Attendo tutti i vostri pareri con ansia…

E il capitolo va tutto a  GLObulesROUGE,  nada650 e  Giuls_Salvatore. Glo perché mi fa impazzire, Nada perché condividiamo la nostra assenza al concerto di Taylor Swift qualche giorno fa e Giuls… perché Giuls è Giuls ed è una delle persone più fantastiche che conosco qui su EFP. Siete tante ragazze, non posso elencarvi tutte. Sappiate che vi ringrazio una per una e vi mando un grosso bacione, ovunque voi siate.

Fra

 

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Capitolo 14
*** Cammino ***


14.  CAMMINO

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Era circa mezzanotte. Probabilmente era passata da un po’. Tyler Lockwood stava al Grill, seduto su uno sgabello traballante a fissare sette bicchieri vuoti che fino a pochi minuti prima erano stati pieni di liquidi dai colori più svariati.

Tyler sbuffò, esausto e davvero poco lucido. Lasciò sul banco qualche banconota e si avviò barcollante verso l’uscita.

Era migliorato; nel senso che una volta non era così instabile dopo una sbornia del genere. Se c'era una cosa che Tyler Lockwood aveva imparato negli ultimi mesi era sopportare il dolore. All’inizio aveva tentato di ignorarlo nel modo più naturale e sano possibile, ma poi si era arreso all’alcool. Ogni sera si recava al Grill e ci mancava poco che il barista gli preparasse in anticipo i bicchieri sul bancone. Ormai andare a ubriacarsi era un rito sacro serale per Tyler.

Aveva provato davvero a combattere il pianto, ma aveva imparato ad arrendersi ad ogni lacrima che spesso solcava le sue guance. Erano lacrime amare e difficili da accettare, poiché Tyler sapeva benissimo che, dopo tutto quello che era successo, era lui la ragione dei suoi stessi pianti.

Tyler camminò dondolando leggermente, sperando di trovare una panchina al più presto. Aveva bisogno di riflettere da seduto, per evitare che i suoi pensieri pungenti lo facessero definitivamente cadere a terra. Riusciva solamente a pensare al fatto che non si fosse mai comportato da amico, che non avesse mai trattato sua madre come meritava. Se ora si trovava in quella condizione, era tutta colpa sua. Era se stesso l’artefice di tutti i casini di cui ora Tyler si ritrovava sommerso.

Aveva fatto molti errori nella vita. Probabilmente "molti" era un eufemismo. Non vuol dire che la gente normale non fa errori, anzi: le persone normali fanno errori. Ma Tyler sapeva di essere stato un vero stronzo con gli altri e raramente aveva rappresentato  il ruolo del vero amico per qualcuno. Era sempre stato il figlio del sindaco, che tutti imparavano a sopportare sin dai tempi dell’asilo. Forse da bambino era stato anche simpatico, gentile e disponibile verso il prossimo, ma non aveva nessun ricordo della sua infanzia. E comunque, nessuno si ricordava come fosse stato da bambino: quello che contava, era che cosa fosse ora.

Nella sua mente era però rimasto impresso il fatto che fosse sempre stato un ragazzo viziato che aveva la “fortuna” di vivere nella villa più maestosa della cittadina.  Ma questo non significava assolutamente che lui amasse essere questa persona, perché in realtà Tyler detestava essere quello che era stato e quello che era in quel momento.

Odiava il fatto che  la gente  lo detestasse ma fingesse di tenere a lui; ricordava il giorno della morte di suo padre: quando sua madre aveva organizzato un ritrovo in memoria di Richard Lockwood nella villa di famiglia, centinaia di persone erano venute da lui e gli avevano stretto la mano con finta compassione. Aveva dovuto sorbirsi migliaia di false condoglianze; la metà di quella gente non conosceva nemmeno suo padre e soprattutto non conosceva lui. E pensare che probabilmente quelle persone che lo avevano consolato lo stessero circondando! Tyler digrignò i denti e si alzò, sentendosi già leggermente più lucido.

Camminava per il vialetto senza sapere bene dove fosse diretto; succedeva spesso che non avesse una meta precisa e lasciava che fossero i suoi piedi a guidarlo. Chissà dove lo avrebbero condotto questa volta.

Tyler odiava il fatto che avesse un atteggiamento spesso scorretto nei confronti degli altri. Non era una cosa che riusciva a controllare, perché se ne fosse stato in grado, si sarebbe comportato bene tutto il tempo. Il problema era che, per quanto si sforzasse di essere un bravo ragazzo, finiva sempre per mettere le mani addosso agli altri, fare cazzate, offendere. Ricordava perfettamente quella volta dove ci aveva provato con la madre di Matt, appena tornata in città. Kelly era sempre stata così, per quanto lui riuscisse a ricordare. E non riusciva a capire come avesse potuto fare una cosa del genere al suo unico vero amico, quando sapeva perfettamente che stava soffrendo e nutriva una sincera speranza che sua madre ritrovasse la retta via.

Inoltre detestava la facilità con la quale si arrabbiava. Bastava un attimo, una leggera provocazione; bastava che qualcuno lo irritasse un momento e lui scattava sempre: iniziava una rissa, in cui la maggior parte delle volte aveva la meglio, altre volte andava tragicamente male. Quando tutto finiva, gli dispiaceva di aver cominciato a fare a botte con gente che, lo sapeva bene, non gli aveva fatto proprio niente che giustificasse il suo comportamento così esageratamente impulsivo.

In passato Tyler non aveva idea che questi scatti d’ira facessero parte del gene del lupo mannaro. Ma soprattutto, non poteva minimamente sospettare che questo gene esistesse davvero.

Continuava a camminare e si accorse di passare davanti a casa di Elena; forse lei era stata sua amica, un tempo. Forse lo rimaneva tuttora. Tyler era convinto che Elena, in qualche modo, volesse bene a tutti. Lo trovava affascinante; Elena sapeva anche perdonare chiunque, per quanto lui potesse saperne. Forse aveva perdonato anche lui? Tyler scosse la testa a quel pensiero ridicolo e continuò a camminare.

Dopo gli amici, c’era la famiglia, sulla quale in genere si può sempre contare. Per Tyler non era stato esattamente così: voleva bene alla madre, ma non sopportava suo padre. Era anche a causa sua se ora lui era quella persona che tutti conoscevano; perché i nostri punti di riferimento nella vita, come mamma e papà, influenzano in modo incredibilmente gigantesco la persona che diventeremo. Ci trasmettono i loro ideali. E onestamente il sindaco Lockwood non era assolutamente stato un buon modello da imitare, Tyler se ne rendeva perfettamente conto. Quel giorno dove aveva avuto una discussione con Jeremy Gilbert si era davvero vergognato di avere Richard Lockwood come padre: come poteva un uomo maturo spingere due stupidi ragazzini a prendersi a botte?  

A volte Tyler si chiedeva perché sua madre avesse sposato un coglione del genere, ma poi arrivava sempre alla solita risposta: l'amore non ci fa ragionare razionalmente. Carol stessa glielo aveva detto: aveva sposato un coglione, ma lei lo amava. E il matrimonio fra sua madre e Richard ne era la chiara prova. Tyler sperava un giorno di trovare qualcuno da amare, di cui prendersi cura. Voleva provare quel sentimento potente, forte e intenso di cui si sentiva parlare solamente nei romanzi e nei film. Quel sentimento che si chiama amore.

Per orgoglio maschile, ovviamente, Tyler non avrebbe mai ammesso una cosa del genere. Neanche se gli avessero dato miliardi di dollari. Però sospettava che in fondo, tutti i ragazzi avevano questo profondo e nascosto desiderio. Ma era molto ben nascosto, come un bambino piccolo che gioca a nascondino e che non vuole farsi scoprire.

E, come se qualcuno avesse davvero ascoltato il desiderio di un idiota, Tyler si era innamorato. Si era sentito felice e come se finalmente avesse trovato la ragione della sua esistenza. Prima vedeva se stesso come uno scherzo della natura che non sarebbe mai dovuto nascere; ora trovava un senso a tutto ciò che lo circondava.

C’era solamente un piccolo problema che rovinava l’atmosfera di quella bella favola che era riuscito a costruire: lui era un lupo mannaro, che ad ogni bellissima ma inquietante luna piena si tramutava in un animale dalla forza disumana. Non si era mai visto quando assumeva le sembianze del lupo; mettere uno specchio nei sotterranei dei Lockwood non era proprio quella che si chiamava una buona idea: primo, Carol avrebbe fatto non poche domande. Secondo, l'avrebbe spaccato nel giro di qualche minuto. Ad un lupo non interessava di certo specchiarsi, su questo Tyler era certo.

Voleva riuscire ad essere se stesso durante le notti di luna piena e ogni volta si riprometteva di sforzarsi fino allo stremo, ma ogni volta cedeva. Perché lottare era troppo difficile. A quale fine per di più? Ora non aveva davvero più ragioni per lottare e mascherare la sua natura. Caroline non c'era più.

L'unica cosa che splendeva nella sua fiaba era lei, la ragazza che conosceva dai tempi dell'asilo. Solare, allegra, entusiasta di vivere, sorridente, ottimista. Una volta a Caroline si poteva anche attribuire gli aggettivi "egoista" e "vanitosa". Ma un giorno, tutto d'un tratto, era cambiata in positivo. E Tyler ne era rimasto incantato, letteralmente.

Non avrebbe mai creduto che Caroline Forbes potesse offrire il suo aiuto. E invece, l'aveva confortato e sostenuto durante la sua prima notte di luna piena, durante la sua prima trasformazione. La più dolorosa e la più inquietante. Quella dove non sai cosa succederà, non ne hai la più pallida idea perché nessuna persona di tua conoscenza l'ha vissuta e può raccontarla. Il video che suo zio Mason era stato prezioso, certo, ma Tyler era più che convinto che senza Caroline lui non avrebbe mai potuto farcela.

La cosa scioccante era che Caroline fosse una vampira. Una vampira che poteva venire uccisa tranquillamente con un solo morso di un licantropo. E lui era un licantropo. Quindi, per quale diavolo di ragione Caroline aveva speso una notte a sorvegliare Tyler quando era perfettamente consapevole di poter rimanere uccisa da un momento all’altro?

Tyler ricordava che lei l’aveva abbracciato, ad un certo punto. Le sue braccia incredibilmente fresche avevano avvolto il suo corpo in fiamme. Ogni attimo che aveva preceduto la trasformazione Tyler si era sentito bruciare, e il sollievo che aveva provato quando Caroline era intervenuta era indescrivibile. Come quando stai morendo di sete e dopo ore riesci a venire a contatto con dell’acqua.  

Ma ora Caroline non gli voleva più parlare, giustamente. Il fatto che non l’avesse aiutata nelle situazioni difficili, il fatto che avesse permesso a quell’idiota di Jules e a quel suo amico di rapirla e farle passare la notte più orribile e dolorosa della sua vita, il fatto che avesse persino esitato davanti alla possibilità di liberarla dalla sua prigionia lo faceva sentire nuovamente egoista e stupido. Non meritava di vivere. Non meritava Caroline.

Chissà dov’era ora Care; sapeva che non lo voleva più vedere e che non voleva più saperne di lui. Ma non aveva idea se avesse trovato qualcun altro. Se fosse stato rimpiazzato davvero, avrebbe seriamente voluto parlare con il nuovo fidanzato. Dirgli che Caroline non si merita di soffrire e che lui ha clamorosamente fallito nei suoi tentativi. Tyler voleva assicurarsi che la sua Caroline fosse in buone mani.

I suoi piedi si fermarono improvvisamente. Tyler alzò lo sguardo da terra e si voltò, per orientarsi meglio. In alto splendeva la luna; mancava circa un quarto per diventare piena. Tyler sospirò. Poi riconobbe il posto: la casa di Caroline.

Le luci erano spente, tutti dormivano. Caroline dormiva.

Tyler si avvicinò furtivo, attento a non far rumore. Sapeva a memoria quale fosse la finestra della camera di Caroline. Le tende erano alzate; lei amava avere i vetri scoperti per lasciare filtrare il sole, che poteva godersi pienamente grazie a un incantesimo. Glielo aveva detto uno dei tanti pomeriggi che avevano passato assieme.

Tyler scrutò la camera, ma lei non c’era. Allora lui capì che forse la sua Caroline era felice, dopo tutto quel tempo e tutto il dolore che aveva provato a causa sua.

L’ennesima lacrima scese. Tyler si voltò e ritornò a casa, non sapendo bene perché si fosse lasciato guidare a casa Forbes.

 

Angolino della Matta Fra o.O

Ciao!

Allora, quanto mi detestate da 1 a 10? Spero non dieci, dai. Perdonatemi! Ho avuto molto da fare e spero davvero che voi comprendiate, nonostante il mio ritorno sia segnato da questa cacchetta che avete avuto l’”onore” di leggere. Che ve ne pare, sinceramente? A me non piace. Però fa è importante per il mio famoso gran finale. Eheh

Allora mi sento in dovere di ringraziare qualche persona: TVD,  Nada650,  Giuls_Salvatore,  GLObulesROUGE,  Laurathevampireslayer,   kija_salvatore,  elviraj,  dreem,  Samirina. Grazie per le vostre bellissime recensioni! Particolari ringraziamenti a Marghe, con cui ieri ho messaggiato un pochino, Nada che… non so cosa hai fatto! Sarà la tua mitica storia che mi piace così tanto (che vi segnalo qui! Leggetela è stupenda!) o sarà la tua ossessione per la mitica Taylor, oppure sarà che mi hai inviato qualche messaggio super affettuoso, non lo so. Ti amo! Grazie a Giuls che c’è sempre! Grazie amore. Glo perché la stimo in tutti i sensi e che mi sopporta. E Vale che mi insegna lo spagnolo! Grazie mille.

Grazie a cui ha aggiunto la storia tra le seguite, le preferite, le ricordate e grazie a chi legge in silenzio. Sono tra le autrici preferite di 13 persone che amo. Grazie.

E ora pubblicità!

La storiella di Elena con i superpoteri di Marghe  (qui!)

La storia di Stivalazza Graham e di Ian in delirio di Glo   (qui!)

La storia che vi farà sognare di Ian, Giulia, Steven e Roberta di Giuls (qui!) 

I nostri Delena a New York City di Silvia (qui!)

Non volete mica perdervi Damon che torna umano della cara dreem?   (qui!)

Beh questa la leggerete già tutte perché è famosa qui su EFP ed è strabella. Glo ti adoro. (qui!)

Il seguito di Tutte le strade portano a te… stupenda la prima e il seguito meraviglioso. Grande Sara! (qui!)

Damon e Elena umani. Bellissima e della mia cara prof di spagnolo!  (qui!)

Un’altra storia meravigliosa tra Ian e la cara Bibi. Dede! (qui!)

E sempre di Dede (ma anche di Giuls! XD) questa meravigliosa Ian x Avril (Lavigne). Bravissime! (qui!)

E infine una bella e originale storia tra i Delena! Di Giuls (qui!)

Tengo a precisare che non sono assolutamente in ordine di preferenza, ma sono in ordine di aggiornamento (ho preso i link dalla pagina delle mie storie preferite). Leggetele, sono tutte meravigliose. La storia super bella, una delle più belle, l’ho messa prima nei ringraziamenti. Leggete leggete è meravigliosa. Ma vedete quanto mi piace? XD

Infine ne approfitto per pubblicizzare le altre mie due storie, che spero andrete a leggere e mi lascerete un commentino:  la mia storia seria e Delena. Dateci un’occhiata se vi va! ( qui!) e la raccolta matta di OneShot Delena:  ♥Damon&Elena♥.

Grazie mille per l’attenzione! E  scusate eventuali errori; presto provvedero a rivedere tutti capitoli. Appena ho un po' di tempo.

Recensite in tanti e tanti bacioni

Fra

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Bugie ***


15. BUGIE

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Bonnie, Jeremy e Elena entrarono in casa Cullen guardandosi attorno, leggermente intimoriti da quei vampiri così pallidi e da quelle pareti che sembravano non avere una fine. Quella villa era a dir poco immensa.

Elena lanciò uno sguardo fugace a Jacob, che però sembrava tranquillo e a proprio agio. Effettivamente lui passava in quella casa gran parte del suo tempo; sicuramente non aveva più problemi ad entrarci e riusciva a rimanere rilassato con un vampiro alle proprie spalle. Ma il trio di Mystic Falls aveva immediatamente cambiato idea riguardo all’entrare in casa, e in quel preciso momento avrebbe tanto preferito rimanere nel giardino a parlare.

Si era creata una certa tensione che Elena avrebbe tanto voluto rompere, peccato che avesse perso l’uso della parola.

"Esme fa il tè più buono del mondo!", scherzò Emmett. Ecco: un'altra ragione per aver paura: quel vampiro era delle dimensioni di un bisonte che poteva tranquillamente sbriciolarti con un pugno. E poi aveva stampato quel sorriso giocherellone che spaventava a morte chiunque non avesse molta confidenza con lui. Come Elena, Bonnie e Jeremy.

“Ehi, amico. Come ti chiami?”, domandò ancora lo scimmione rivolto a Jeremy, vedendo che la sua battuta non aveva avuto molto successo.

Jeremy impiegò un po’ di tempo di troppo per rispondere, visto che non aveva nemmeno capito che la domanda era indirizzata proprio a lui. “Jeremy”, farfugliò lui dopo qualche secondo.

Emmett sorrise divertito: “Non mordo mica, tranquillo”, lo rassicurò il vampiro sghignazzando. Jeremy annuì lievemente e seguì Bonnie, sperando di sfuggire a quel sadico. Sarebbe stato più tranquillo vicino a Damon arrabbiato e affamato.

“Ehi, Jer! È la tua ragazza?”, chiese ancora Emmett, senza preoccuparsi troppo di essere invadente.

Jeremy si sentì avvampare e abbassò lo sguardo, timoroso che qualcuno lo notasse. Forse davvero stava iniziando a provare qualcosa per Bonnie? Elena si voltò, incuriosita dalla domanda di Emmett: “Che cosa?”, chiese lei, incredula.

“No, noi… non, niente. Siamo solo amici”, biascicò Jeremy.

“Meglio così”, commentò Elena, lanciando uno sguardo omicida alla sua ex migliore amica, che si era voltata improvvisamente interessata ad un quadro ottocentesco.

“Davvero molto bello!”, esclamò la strega.

Carlisle notò il suo interessamento e cominciò a blaterare qualcosa sui pittori del secolo, fino a quando Esme li salvò, chiamandoli in cucina.

"Allora... volete un infuso o un tè normale?", domandò la vampira, premurosa.

Elena non aveva nemmeno capito la domanda, era un tantino terrorizzata da Jasper che stava facendo dei respiri molto profondi: "Ehm... va bene tè", disse. Bonnie e Jeremy la imitarono a ruota.  Esme annuì e si mise ad armeggiare con il bollitore.

Nel frattempo, il dottor Cullen li aveva raggiunti e si era seduto di fronte a loro. Voleva sapere tutta la storia, era evidente. La sua curiosità traspariva chiaramente dal suo volto. "Allora: spiegate tutto dall'inizio", sottolineò.

Elena prese un profondo respiro, esausta di dover ripetere tutto quel romanzo per l'ennesima volta. Raccontarlo le faceva pensare a Damon, e pensare a Damon la faceva soffrire tanto da farle male il cuore. Si sentiva completamente idiota per non essersi dichiarata prima a lui. Poi si sentiva stupida solamente per aver pensato che Damon potesse realmente ricambiare i suoi sentimenti.

Ma nonostante questo, cominciò: "Allora... io e Damon eravamo nella mia stanza qualche giorno fa. Improvvisamente, Damon è uscito, sparito. L’ho cercato, ma non c’era più. E poco dopo è apparso quello che poi si è presentato come Edward Cullen".

Carlisle aveva il volto contratto per lo sforzo di non perdersi nemmeno un dettaglio: "Ok... tutto combacia. Insomma... noi invece abbiamo visto sparire Edward ed è arrivato quello che poi si è rivelato Damon", rifletté.

Bonnie, mentre la sua ormai ex migliore amica e uno dei protagonisti dei libri che più amava parlavano, si crogiolava nel suo senso di colpa divorante e crescente parola dopo parola di Elena e Carlisle. Come poteva starsene zitta mentre i suoi amici si scervellavano per trovare una motivazione a quell'assurdità? Non si sarebbe sorpresa se  l'avessero smascherata senza alcun indizio da parte sua. Probabilmente la sua faccia lasciava trasparire tutto, o buona parte. Non le piaceva mentire e non ci riusciva nemmeno bene. E comunque in quel casino era coinvolta pure lei; presto le avrebbero fatto delle domande. E lei che avrebbe risposto?

"Il giorno dopo Edward è arrivato alla mia scuola e ha fatto finta di essere Anthony Masen. Era davvero un idiota patentato", aggiunse Elena, sapendo perfettamente che la sua precisazione era inutile, ma sperava che riuscisse ad alleggerire l'atmosfera di quel momento.

Emmett non rinunciò alla sua solita battuta: "Edward il santo va alla ricerca di pollastrelle?", domandò stupito.

Elena scosse la testa: "Faceva semplicemente il cocco del prof", spiegò divertita.

"Oh, per questo non finirò mai di prenderlo in giro. Hai fatto un video, Elena?", chiese ancora lo scimmione.

Elena aveva bisogno di sollevarsi il morale e andava bene anche quel vampiro spaventosamente divertente; si mise la mano sulla bocca, stando al gioco di Emmett e fingendosi dispiaciuta: "Oh, no! Non ci ho pensato! Peccato, ma posso convincerlo a farlo di nuovo", aggiunse con un occhiolino. Emmett scoppiò a ridere: "Contaci sorella!", esclamò.

I due si diedero un cinque, ma poi Carlisle li interruppe: "Avanti ragazzi! Non siate così stupidamente scemi! Dicevamo... quando Damon è arrivato da noi io… ehm, ho perso il controllo e poi... Damon è fuggito con Bella. Non so dove siano andati, sta di fatto che il giorno dopo Nessie ci ha raccontato che si sono presentati a casa sua per dirle che andavano a Mystic Falls. E poi sono partiti", spiegò il dottore.

Elena ritornò seria: "Ecco. Poi c'è stata la festa dei Fondatori di Mystic Falls e Edward è andato a dare una mano, ve l'ho detto: era davvero cretino. Un autentico esemplare di cretino. Avrebbe dato una mano solamente perché voleva infastidirmi, visto che gli avevo detto che avevo una certa urgenza di andare a Forks. Mi disse che saremmo partiti quella sera”, continuò a spiegare Elena.

“Ma Jacob arrivò prima di lui”, intervenne Carlisle.

“Esatto”, confermò Elena. “Non ragionavo. Volevo solamente ritrovare Damon, così accettai di partire prima insieme a Jake”, disse con un sospiro lei.

“Inutile dire che abbiamo fatto un grande errore”, sospirò Jacob.

“Ma cosa è successo? Voglio dire, tu eri in casa con Nessie e poi, puf?”, esclamò Elena incredula. Jacob alzò le spalle: “Non saprei, a dir la verità. So solo che ero andato a prendere dei popcorn in cucina e non sono mai tornato indietro perché… quasi non me ne sono accorto, è stato così veloce. Davvero, non ricordo”, mugolò sconsolato Jake.

Tutti in quella stanza stavano facendo sforzi immensi per capire cose che per Bonnie, l’artefice di tutto, erano banali e elementari. Se solo si fosse decisa a dire la verità…

“Non importa, Jake”, lo consolò Esme.

“Bene. Poi voi due siete partiti. Nessun altro dettaglio?”, domandò Carlisle. Sembrava un interrogatorio poliziesco.

Elena fece per scuotere la testa in cenno negativo, ma poi si bloccò e guardò Bonnie: “Sì. Lei” e la indicò in modo accusatorio.  Bonnie si sentì talmente osservata che abbassò lo sguardo.

“Non serve essere così diretti”, le fece notare seccato Jeremy.

“Sta zitto, Jeremy!”, ordinò Elena. “Lei! appena stavo partendo assieme a Jacob si è presentata e mi ha pregato di non andare, che era la cosa più sbagliata che potessi fare e tutte cose del genere. E poi… poi ci avete seguiti!”, esclamò Elena, arrivando solo in quel momento alle conclusioni di quel labirinto.

Bonnie scosse la testa: “No! Non è vero, io… Jeremy era ad aiutare per la festa, come potevo trascinarlo con me se non si trovava neppure a casa tua? Sono andata a scuola e ho parlato con Edward e poi ho deciso di seguirvi, trascinando Jeremy con me”, concluse colpevole Bonnie.

Carlisle sobbalzò alle parole della strega: “Ma tu hai parlato con Edward?”, esclamò stupito.

Lei annuì, rendendosi conto che forse avrebbe dovuto dirlo prima.

“Che ti ha detto?”, continuò lui con gli occhi spalancati, eccitati all’idea di scoprire qualche notizia del figlio a cui teneva di più.

“Niente di importante. Gli ho detto che Jacob era arrivato e che avevo litigato con Elena. Lui non è rimasto troppo dispiaciuto alla notizia, visto che doveva essere lui l’accompagnatore di Elena a Forks”, spiegò Bonnie. “Evidentemente non ne aveva voglia di trascinarsi dietro Elena. Comunque, davvero, non mi ha detto niente di importante”, aggiunse.

“Figurati”, borbottò Elena diffidente.

Bonnie la ignorò, sentendo di meritare ogni singola offesa e insulto che Elena le stava rivolgendo.

Carlisle, felice di avere avuto qualche insignificante ma preziosa notizia del figlio, continuò ad indagare: “Bene… da quel punto lì non sappiamo  più niente di quello che è successo a Mystic Falls se non che Rosalie, Nessie e Alice sono andate là”, rifletté il dottore.

A quelle parole Jacob sobbalzò; Nessie era a Mystic Falls?

“Non ci posso credere!”, esclamò furioso. Prese un vaso di fiori e lo lanciò dall’altra parte della stanza. Ringhiava, terrorizzato al pensiero che non si trovava dove la sua anima gemella era in quel momento.

“Calmati, Jake”, ordinò Jasper. Il vampiro se ne era stato in disparte fino a quel momento, con l’aria leggermente annoiata. Questa era la prima volta che interveniva, utilizzando il suo potere del controllo dell’umore per calmare il lupo, che si sedette di nuovo sul divano senza protestare.

“In teoria loro sono arrivate. Anzi sono sicuramente arrivate. Probabilmente ci aspettano là. Avranno parlato con Bella, chissà che è successo!”, esclamò esasperato Carlisle.

Esme lo guardò preoccupata; perdere la calma non era da suo marito. Capitava un po’ troppo spesso ultimamente.

 “Dobbiamo fare qualcosa”, intervenne improvvisamente Emmett. Era stato zitto quasi tutto il tempo, e sentire la sua voce potente in quella conversazione così intima fece uno strano effetto a tutti. “Sì, è ovvio”, sbottò Elena. Tutto quello che si pensava di fare non andava mai a buon fine. Sempre. Dio, se scopriva chi aveva combinato tutto questo casino…

“Ma che cosa?”, domandò Jeremy. Avrebbe fatto di tutto pur di aiutare la sorella, nonostante la colpa fosse di Bonnie; Damon non gli piaceva poi così tanto, ma amava Elena e avrebbe dato la propria vita per la sua.

“Intanto dobbiamo stare calmi”, disse Carlisle, per convincere per primo se stesso, poi gli altri membri della famiglia e infine tutti gli altri coinvolti nel caos.

“E poi?”, continuò a chiedere Emmett. Era davvero sempre pronto all’azione.

“Calmati, Emmett”, ordinò Jasper e le pupille dei suoi occhi si dilatarono leggermente.  All’improvviso Emmett si afflosciò sul divano, molto meno agitato.

“Potremmo mandare qualcuno di voi a Mystic Falls per evitare che le ragazze tornino indietro o cose del genere. Intanto noi aspetteremo qui e il gioco è fatto. Prima o poi, tutti ci ritroveremo qui a Forks e sarà tutto molto più semplice. Elena, Damon, Jeremy e Bonnie torneranno a Mystic Falls mentre gli altri rimarranno qui e le nostre vite ritorneranno normali”, propose impeccabilmente Esme. Donna brava in cucina e nei lavori domestici e con un’intelligenza davvero niente male.


Elena scosse la testa: “Questo è l’errore più grande che potremmo fare”, sbuffò.

Esme la guardò un attimo, tentando di capire quale fosse la pecca nel suo piano: “Cos’ha che non va la mia idea?”, chiese stupita.


Elena sospirò e spiegò: “Finora non abbiamo fatto altro che rincorrerci da una parte all’altra dell’America. Questo perché ci siamo fatti guidare dai nostri sentimenti e volevamo essere certi che i nostri amici e parenti stessero bene. Ma questo non ha fatto altro che separarci e creare ancora più confusione. Quello che faremo è stare qui, fermi in questa casa fino a quando loro non si decideranno a venire qui e solamente a quel punto avremo risolto la questione”, concluse Elena senza fiato.

Esme ragionò su quello che aveva detto la ragazza ma poi scosse la testa: “Gli altri avranno ragionato nel tuo stesso modo; aspetteranno che noi andiamo da loro, ma se noi facciamo come hai detto tu, non andremo mai da loro. E finiremo bloccati qui per sempre. Non è una cosa molto positiva, non trovi? Qualcuno di noi deve agire, altrimenti non finiremo mai”, constatò Esme.


Elena capì che la vampira centenaria aveva vinto la gara di cervelli e si lasciò cadere sul divano, abbattuta dal pensiero che non riusciva mai a vincere contro le vampire centenarie. Erano vecchie e anziane; perché lei, giovane e bella, non vinceva mai contro di loro? Forse proprio per il fatto che loro erano vampire, esseri immortali e (quasi) indistruttibili. Mentre lei era mortale e fragile. Sognava spesso il momento in cui Damon l’avrebbe trasformata; se lo immaginava come un punto di svolta, dove la sua vita sarebbe radicalmente cambiata e non avrebbe più avuto possibilità di ritornare come prima. Sarebbe stato un momento perfetto, assolutamente unico. La svolta, il momento in cui avrebbe detto addio a tutto e a tutti per amore. Solo per amore.



E, anche se molto meno importante, la trasformazione le avrebbe donato la forza immensa, la bellezza disarmante e il poter considerarsi all’altezza di Damon.

“Bene, allora. Faremo a modo tuo”, concluse Elena, sconfitta.


Vedendo la sorella così demoralizzata, Jeremy aggiunse: “Forse è davvero l’idea migliore, Elena”, tentò. Bonnie fece la sua timida presenza con un “Sì, Elena. Forse è davvero meglio così”, che a Elena non sfuggì.

“Te! Come hai potuto coinvolgere mio fratello in questo casino!”, urlò d’improvviso la ragazza.

Bonnie balbettò qualcosa di incomprensibile.

“No, non rimuginarti nei tuoi sensi di colpa, perché non ha alcun senso. Potevi chiedere a chiunque e tu vai a chiedere a mio fratello. Ti avevo detto che detesto che sia coinvolto in questi fatti soprannaturali!”, gridò Elena, iniziando a cedere delle lacrime.

“Scusami Elena. Io…”, balbettò Bonnie. Voleva dirglielo, davvero, tutto quello che aveva combinato, ma non ne aveva la forza. Aveva paura di Elena, nonostante si conoscessero da una vita. Ma qui c’era in ballo il codice dell’amicizia: Bonnie non si era per niente comportata da amica con Elena in quell’ultimo periodo. Sperava davvero che la sua amica capisse, perché le amiche devono capire gli errori dell’altra. Vero?

“Non dire una sola parola di più!”, urlò Elena e corse su per le scale, senza bene sapere dove stesse andando.

Si sentì una porta sbattere, ma i Cullen non si curarono di andare a vedere in che stanza Elena si fosse rifugiata. Probabilmente non avevano particolari segreti da nascondere, se non il fatto che fossero vampiri.

“Lasciatela sfogare”, disse solamente Carlisle, “ne ha bisogno. Povera ragazza”, aggiunse con un sospiro. “Bene, faremo come ha detto Esme”, annunciò.

“Ma come? Non possiamo andare tutti a Mystic Falls. E se qualcuno di loro stesse venendo qui?”, obiettò Emmett. L’effetto calmante di Jasper era purtroppo terminato.

“Infatti andrà solamente qualcuno di noi…”, spiegò paziente Carlisle.

Bonnie riusciva solamente a pensare al disastro che aveva combinato, doveva dirlo a Elena. Il prima possibile; stava disperatamente cercando di comunicare ai suoi piedi di muoversi verso il piano di sopra, ma loro non ne volevano proprio sapere.

“Chi?”, esclamò entusiasta Emmett. Jasper assunse uno sguardo più interessato; probabilmente aveva pensato alla possibilità di rivedere Alice, la sua amata Alice.

Carlisle li fissò per un attimo, riflettendo: “Andranno Jacob e Emmett”, annunciò.

Emmett quasi saltò sul divano dalla contentezza, mentre Jasper ritornò quello di prima, senza quella luce di speranza negli occhi. Era perso della sua Alice.

“Suvvia Jazz!”, lo consolò il fratello scimmione. “Vedrai che troverai da divertirti”, aggiunse sornione fissando Bonnie. Era incredibile come riuscisse a trovare dei lati positivi in quella situazione così assurdamente disastrosa.

Jasper annuì; a volte era meglio assecondare Emmett se volevi evitare di alzarti dal divano per fare a botte.

“Andiamo, lupo! Abbiamo una missione di salvataggio!”, urlò Emmett, entusiasta del suo compito. Jacob sbuffò, esausto di andare avanti e indietro. Ma quando pensò che avrebbe rivisto Nessie cambiò idea e corse da Emmett, pronto a fare tutto quello che Carlisle avrebbe detto. Non aveva idea di cosa avrebbe trovato a Mystic Falls, proprio no.

“Bene. Voi due dovete andare semplicemente a Mystic Falls a dire a Bella e a chiunque sia coinvolto di stare là fermi e di non muoversi. Vi daremo tre giorni: allo scadere dei tre giorni vi raggiungeremo”, spiegò il vampiro Carlisle. I due annuirono, pronti a memorizzare tutte le sue sagge parole, colme di secoli di esperienza.

“Bene, ora partiamo”, annunciò Emmett strofinandosi le mani. Adorava le missioni, soprattutto quelle di salvataggio, perché poi avrebbe potuto interpretare la parte dell’eroe della situazione.

Aprirono la porta d’ingresso e cominciarono a correre; dopo cinque minuti furono così lontani che nemmeno l’orecchio potente dei vampiri fu più in grado di percepire il loro passo.

“Se ne sono andati”, annunciò Carlisle ritornando sul divano. “Ma voi non avete idea di come possa essere successo?”, chiese ancora.

“Staranno bene?”, domandò interrompendoli Esme, con la sua solita premura esagerata.

Carlisle la tranquillizzò con un abbraccio e le disse: “Certo che staranno bene, tranquilla”.

Con lo sguardo poi incitò Jeremy e Bonnie a dire tutto quello che sapevano. Jeremy non sapeva cosa aveva intenzione di fare Bonnie, ma lei non parlava. Sembrava che avesse la bocca cucita con il filo, così decise di dire qualche bugia clamorosamente falsa: “Noi no, non ne sappiamo proprio niente. Siamo venuti a sapere di questa cosa con l’arrivo di Edward e con qualche soffiata di Elena quando ci trovavamo ancora a Mystic Falls. Ci siamo uniti nelle ricerche, non pensavamo che il nostro aiuto sarebbe stato così insignificante e che avrebbe aggravato ancora di più la situazione”, spiegò tranquillo il fratellino di Elena.

Carlisle sospirò: “A volte abbiamo buoni intenti, ma poi va tutto a finire nel peggior modo possibile”, disse sconsolato.

Bonnie sobbalzò a quella frase tremendamente vera. Non ce la faceva più, non poteva sopportare di rimanere ancora in quella stanza. Non poteva stare a sentire Jeremy che la copriva con storielle inventate lì sul momento. Prima o poi sarebbe venuta a galla la verità, e più tardi sarebbe arrivata, più Elena si sarebbe arrabbiata.

Forse era davvero ora di agire.

Questa volta il tentativo di comunicazione con i piedi funzionò: Bonnie si alzò suscitando l’attenzione dei Cullen. Decisa, si diresse verso le scale, guardò un attimo in su e poi corse, fino ad aprire tutte le porte del piano.

All’ultimo tentativo, riuscì ad aprire quella giusta, dove si trovava Elena in lacrime, sul letto.

Bonnie si avvicinò, lentamente e timorosa di quello che sarebbe potuto succedere. Perché non aveva una garanzia che Elena non le avrebbe staccato la testa o chissà cos’altro.

Un passo, un altro, un altro ancora.

Bonnie arrivò a toccare la mano dell’amica, la strinse forte e con suo stupore Elena non la respinse. Forse si è sempre pronti a perdonare, perché l’amicizia va sopra ad ogni altra cosa.

Ma si può perdonare la menzogna?

 

Angolino della Matta Fra o.O

Ciao!

Ma lo sapete che vi amo? Vi amo vi amo vi amo! Siete dei tesori preziosi come… non so che cosa. Come la mia colazione la mattina (vi assicuro che lo è), come il mio computer (importantissimo), come il mio letto (fondamentale).

Vi ringrazio una ad una per tutto il sostegno che continuate ininterrottamente a darmi, siete degli angeli con le ali. Che poetica che sono, o no?

Vi informo che per le vacanze di Pasqua scappo a Londra e dubito che riuscirò ad aggiornare, ma ho già scritto parecchia roba quindi tenetevi pronte che appena torno vi massacro. Beh una volta tanto è bello che succeda o no?

Questo capitolo non è una gran cosa. Incasiniamo ulteriormente ma vedrete che fa la nostra Bonnie. Qualche idea magari? Vi dico solo che manca pochissimo, ormai. Se non dovessi raccontare quello che succede a Mystic Falls, già il prossimo capitolo sarebbe quello decisivo per i Delena. Grazie per essere arrivate fino a qui, ormai stiamo venendo a capo del labirinto. Ma mi dovrete sopportare ancora un po’, infatti dovrà nascere il piccolino o la piccolina.

Vi saluto tutte quante, grazie a chi ha aggiunto la storia tra le seguite, le preferite, le ricordate, grazie particolari a chi ha recensito e grazie anche a chi legge in silenzio. Sappiate che anche due parole sono gradite per dirmi quello che pensate, bacioni

Fra

 

 

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Capitolo 16
*** Perdono ***


16. Perdono

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“Elena” cominciò indecisa Bonnie. Mille diverse emozioni ronzavano dentro il suo corpo, ma doveva pur cominciare, no? Era obbligata a metter da parte la timidezza e la paura e a tirar fuori il coraggio che talvolta emergeva nella vita, lasciandola sempre senza parole. È questo quello che succede quando scopri di possedere un lato della tua personalità che non avresti mai creduto di possedere. Bonnie sapeva per esperienza che ce la poteva fare a confessare tutto.
La sua amica non la guardava, aveva occhi solamente per il copriletto. Quel dannato copriletto a quadri blu e verdi. Lo fissava così intensamente da urtare i nervi.
“Elena, ascoltami. Devo parlarti” ripeté Bonnie, sempre più nervosa. Cominciò a giocare con le mani, intrecciando le dita nelle posizioni più assurde.
Elena si decise a guardarla: la strega poté finalmente vedere i suoi occhi lucidi e rossi di pianto. Bonnie non era più tanto sicura di voler affrontare un discorso così serio, perché sapeva che ogni lacrima versata da Elena era per colpa soltanto sua. Elena stava soffrendo, era ovvio, e lei non riusciva, e non voleva,  perdonarla per ciò che la strega le stava facendo passare.
Primo, Elena aveva problemi a trovare quella persona che aveva combinato quel disastro: non aveva la più pallida idea di chi potesse essere e non immaginava nemmeno che quella ragazza era proprio davanti a lei.
Secondo, Bonnie aveva coinvolto in quel caos anche suo fratello.
Terzo, era preoccupata per Jeremy: era evidente, almeno per Elena, che suo fratello era cotto della sua ormai ex amica strega. Ma Bonnie poteva renderlo felice? Poteva non farlo soffrire? Dopo tutte le ragazze che aveva dovuto perdere, Bonnie poteva essere quella giusta?
“Bene, Bonnie” farfugliò. “Che vuoi ora da me? Vuoi darmi inutili spiegazioni inventate sul momento sul perché sei qui con Jeremy?” continuò lei ricominciando a singhiozzare.
“No! No, io voglio solamente…” provò a dire la streghetta.
“Ti prego! Ti conosco da quando avevi cinque anni, anzi prima. Ti conosco dalla nascita, Bonnie. Non fingere con me” l’ammonì Elena, stringendo un cuscino tra le braccia.
Bonnie abbassò di nuovo lo sguardo: “Non sto fingendo un bel niente, Elena. Anch’io ti conosco da una vita ed è proprio per questo che capisco che tu stai davvero soffrendo molto” rispose lei.
“Ma dai!” esclamò Elena, alzandosi e cominciando a camminare avanti e indietro davanti al letto. “Sul serio credi di conoscermi fino in fondo?” domandò ancora, “beh ti sbagli. Sai qualcosa su quello che provo per Damon?” continuò a chiedere, fermandosi finalmente di camminare.
Bonnie sussultò al suono di quel nome: “No, non ne ho idea” ammise.
Elena annuì: “Già. Non ne hai la minima idea” confermò.
“Sì, infatti. Ma se io avessi saputo, se lo avessi saputo non avrei mai fatto quello che ho fatto” cominciò. La verità stava cominciando a venire a galla: la bomba era stata sganciata; ora bisognava attendere quanto sarebbe stata potente l’esplosione.
Elena la fissò con uno sguardo pieno di domande: “Che cosa non avresti mai fatto?” chiese sospettosa, ritornando a sedersi sul letto con una lentezza disarmante.
Bonnie riusciva solamente a pensare al dopo, ma se non lo diceva il dopo non ci sarebbe mai stato. Il punto era che lei lo voleva dire perché era la cosa giusta da fare, ma aveva paura del dopo. Come avrebbe reagito Elena?
“Io…” tentò. Primo tentativo: fallito.
“Tu…” la incitò Elena, impaziente. Ora la rabbia era stata coperta dalla curiosità; sentiva che quella rivelazione era qualcosa di grosso, qualcosa che voleva sentire ad ogni costo, ma che avrebbe avuto un prezzo enorme alla fine.
“Io…” riprese Bonnie. Secondo tentativo: fallito.
Elena sbuffò e ritornò alla sua passeggiatina nella camera: “Che perdita di tempo! Ci conosciamo da una vita, Bonnie” ribadì lei, esasperata.
Bonnie colse la verità in quelle parole. Quella ovvia verità che avrebbe dovuto toglierle almeno un po’ della paura per il dopo. L’amicizia fra loro due era nata diciannove anni fa e durava tuttora. Stavano solo attraversando un brutto periodo.
“Ok, hai ragione. Sarò… ok, lo dico. Io… sono stata io” ammise Bonnie tutto d’un fiato.
Elena non capiva, il suo cervello lavorava, correva per capire quello a cui si stava riferendo la sua amica. Sentiva che la risposta era lì davanti, che dondolava con lena e canticchiava per farsi notare. Ma per quanto Elena si sforzasse di capire quello che l’intuito e l’intelligenza le stavano comunicando, non riusciva ad arrivare ad una conclusione.
“A che ti riferisci?” domandò Elena, socchiudendo gli occhi con sospetto. Di cosa stava parlando?
Bonnie chiuse gli occhi, prese un profondo respiro e li riaprì, guardando Elena piena di scuse: “Sono stata io. Io ho fatto l’incantesimo che ha scambiato Damon e Edward, io ho mandato Jacob a Mystic Falls, io sono l’artefice di tutto questo disastro ma” aggiunse, prima che Elena potesse cominciare a urlarle contro, “Elena l’ho fatto con tutte le buone intenzioni del mondo. Pensavo che non provassi certi sentimenti nei confronti di Damon! Lui ti aveva fatto del male in passato, e lo vedevo come una cattiva presenza nella tua vita, ma mi sbagliavo!” spiegò disperata Bonnie. Aveva le lacrime agli occhi da quanto era dispiaciuta.
Elena sentiva acqua salata che stava per ricominciare a scendere a bagnarle le guance. Tentava di parlare, ma non ci riusciva. Apriva la bocca, e invece delle parole usciva un singulto, un singhiozzo pieno di comprensione e di dolore. Delusione. Confusione. Voglia di perdonare, che Elena tentava di reprimere con tutte le sue forze. Come poteva davvero perdonare una cosa del genere? Aveva sofferto giorni; ogni singolo minuto era stata una ferita durante l’assenza di Damon. E ora era distrutta, sì. Distrutta dal dolore.
Non erano mancati i momenti in cui era riuscita ad alleviare tutto quel male. Emmett, i Cullen, Jacob. Non sapeva come avrebbe fatto senza di loro. Era vero che erano in grado di sentirti meglio in modo incredibile; nonostante non si conoscessero nemmeno, erano grandi amici. L’avevano aiutata. Era debitrice nei loro confronti.
Elena tentò nuovamente di parlare: “Quindi tu… tu hai fatto tutto questo” ragionò infine.
Bonnie annuì: “Ma per…” tentò di dire.
“Tu non hai la più pallida idea vero? Tu non sai come mi sono sentita!” gridò Elena, scoppiando nuovamente a piangere.
“Io no, non ne ho idea! Ma voglio rimediare! Sono pentita di quello che ho fatto!” rispose Bonnie.
Elena scosse la testa, asciugandosi le lacrime: “No, tu non lo sei” sussurrò. Non sembrava che quella fosse un’affermazione rivolta all’amica che le stava di fronte, in lacrime e quasi inginocchiata a terra; no, sembrava che quella frase fosse rivolta a sé stessa, in un disperato tentativo di non voler accettare la verità.
Bonnie cadde a terra: “Sì che lo sono” farfugliò, stringendo le mani di Elena fra le sue. L’amica non le ritrasse perché, per quanto le costasse ammetterlo, le erano mancate quelle mani. Quella pelle leggermente secca e ruvida, ma così piacevole e che le ricordava tanto che la vita aveva un  senso. Le faceva pensare a una persona con cui poteva confidarsi, con cui poteva parlare di tutto. Ma non lo aveva fatto: Elena non aveva parlato di Damon a Bonnie.
Era colpa sua, in fondo.
Elena spalancò gli occhi tremanti: “Scusami” balbettò; sembrava che le sue palpebre potessero cedere da un momento all’altro.
Bonnie scosse la testa, confusa: “Per che cosa, Elena?” domandò, stringendo più forte le mani dell’amica. Le erano mancate così tanto…
Elena prese un profondo respiro: “In fondo è colpa mia: io non ti ho mai parlato di Damon prima. È solo che… la storia di Caroline, Stefan… Damon era sempre con me e non ne avevo avuto l’occasione. Mi dispiace Bonnie” concluse con un singhiozzo la ragazza.
Fissò per un ultimo istante gli occhi neri pece di Bonnie e poi si catapultò tra le sue braccia. Immerse la testa nei suoi capelli e la strega fece lo stesso nei suoi. Finalmente si erano ritrovate.
In quel momento, Elena capì che non aveva solamente sofferto per Damon in quei giorni, come si era invece ostinata a credere. Le era mancato il fratello, la zia, la migliore amica e Damon. E, pian piano, tutti i tasselli del puzzle si stavano mettendo a posto.
“Mi perdoni?” domandò Elena, abbracciando più forte Bonnie.
“Certo. E tu perdoni me?” chiese lei.
Elena annuì: “Certo! Come non potrei?” sussurrò, inspirando il profumo dei capelli dell’amica. Improvvisamente lei si staccò: “Devo fare una cosa” annunciò.
Frugò negli armadi in cerca di qualcosa, e ne venne fuori con qualche candela.
“Che stai facendo?” domandò Elena, storcendo il naso.
Bonnie sorrise, indaffarata: “Mi faccio perdonare meglio” disse, senza chiarire i pensieri confusi di Elena, che continuava ad avere uno sguardo interrogativo stampato in faccia.
“Vedrai” disse solo Bonnie.
Elena si fidò; e quella scelta fu la migliore che aveva fatto negli ultimi giorni.

 

*

 

Caroline era così felice di essere accanto a Stefan. Avere la persona più importante nella sua vita tutta per sé era una sensazione già provata sicuramente, ma in modo completamente diverso. Non si era mai sentita così libera e felice di essere se stessa, ma allo stesso tempo con il peso di mille responsabilità per far funzionare quella relazione.
La vampira continuava a sorridere ogni volta che pensava a un futuro contorto dove c’erano solo lei e Stefan, circondati da amici e parenti, con lo sfondo di mille paesaggi diversi. Come un album fotografico che scorreva a velocità allucinante.
Caroline non si curava di Alice, Bella e Rosalie che giravano per la casa, in attesa che Damon tornasse con Nessie alla pensione. Non le importava se la vedessero sorridere come un’idiota. Perché non ti importa di niente quando sei felice. Sei felice; punto e basta.
“Perché sorridi?” chiese Stefan, giocando con un boccolo di Caroline.
Lei sorrise di nuovo per tutta risposta e tentò di trovare le parole più giuste per esprimere la sua felicità. “Io… io sono solo felice. Solamente molto, tanto felice” spiegò lei. Le sembravano parole talmente scarne in confronto alla contentezza che sentiva dentro di sé, che aveva paura che si sarebbe arrabbiato un po’.
“Anch’io lo sono. Perché ti amo” dichiarò Stefan. Perché lui riusciva a comunicare i propri sentimenti con così tanto trasporto, mentre Caroline non ne era in grado? Per la prima volta dopo ore, la vampira si lasciò andare una smorfia.
“Ora non sei più felice quando ti dico che lo sono anch’io?” chiese divertito Stefan, anche se leggermente preoccupato per i tremendi sbalzi di umore inspiegabili della sua nuova fidanzata.
Lei scosse la testa: “No, ovvio! È solo che… tu sei così bravo a dire ti amo, mentre io sono davvero incapace!” confessò imbarazzata, abbassando la testa e coprendola per bene con la folta chioma bionda.
Stefan ridacchiò: “Non è vero! E comunque, anche fosse, ti amerei anche per questo” disse dolcemente, tentando di alzare la testa di Caroline la quale, cocciuta fino al midollo, non intendeva guardarlo negli occhi.
“Avanti, Care! Avrai l’eternità per imparare a migliorare… e non devi fare tanta strada! Io ti credo quando mi dici ti amo, anche se magari non è il modo in cui vorresti dirlo! Sai, non siamo tutti perfetti e grazie a Dio siamo tutti diversi, se tutti dicessimo ti amo nello stesso modo uno finirebbe per annoiarsi, non trovi?” cercò di farla ragionare ancora Stefan. Solo in quel momento Caroline alzò la testa, gli occhi leggermente lucidi e lo guardò, annuendo impercettibilmente.
Stefan sorrise, contento che la sua Care avesse cambiato opinione sui suoi modi di fare. A volte bastava così poco per convincerla.
Sentirono bussare alla porta. Si scambiarono un’occhiata e Stefan si alzò di malavoglia per andare ad aprire a chiunque fosse quel cretino che fosse arrivato a disturbare. Casa Salvatore era grande e su questo non c’era dubbio, ma non voleva che fosse stata scambiata per un Bed & Breakfast.
Aprì la porta e davanti a sé trovo l’ultima persona che avrebbe voluto vedere: Tyler Lockwood.
“Ciao, Stefan!” lo salutò il licantropo tenendo le mani nelle tasche per l’imbarazzo. Lui e Stefan non avevano mai avuto molto da raccontarsi e c’era della tensione all’ingresso della casa.
Stefan annuì in cenno di saluto a Tyler, che sorrise nervoso. Dopo secondi che sembrarono un’eternità, nella quale Caroline si stava chiedendo disperatamente cosa volesse il suo ex, cosa ci facesse lì e cosa lei avrebbe dovuto fare, Tyler riprese a parlare: “Senti, non è che sai dov’è Caroline?” chiese sempre più con la voce tremolante. Probabilmente, pensò Caroline, aveva lo sguardo rivolto al tetto della casa per non fare trapelare l’imbarazzo che lo invadeva dalla testa ai piedi, accumulato particolarmente sulle guance.
Stefan a quella domanda cominciò a digrignare i denti, furioso solamente per aver fatto il nome della sua nuova ragazza. Si erano appena messi assieme, questo doveva proprio venire a rompere le scatole durante quel momento perfetto?
“Oddio, amico. Non serve essere così furiosi. Ho solamente fatto una domanda…” cercò di calmare le acque Tyler, cominciando ad arretrare. Forse non era stata una buona idea venire in quella casa. No, forse la prossima volta sarebbe stato meglio ignorare quei dannati piedi che lo spingevano in una direzione e usare la testa, che sicuramente ne sapeva di più.
Caroline agì d’istinto, senza sapere bene perché lo stesse facendo e si presentò all’entrata della casa, in modo che Tyler la potesse vedere bene. “Sono qui, Tyler” disse, sicura di sé come non lo era mai stata in passato.
Lui strabuzzò gli occhi, confuso. Che ci faceva Caroline a casa Salvatore? “Ah, io… non lo sapevo” farfugliò lui in preda alla confusione. Guardava Stefan e vedeva l’odio nei suoi occhi, come se gli avesse detto qualcosa di incredibilmente offensivo. E Caroline lo squadrava con una luce negli occhi che non le aveva mai visto. Aveva visto egoismo, gentilezza, rabbia, felicità, tristezza negli occhi di Caroline Forbes, ma quella sfumatura delle sue iridi proprio non l’aveva mai notata in tutti gli anni che si conoscevano.
Era… preoccupazione, forse? Premura, forza di volontà?
Non riusciva ad arrivarci per quanto si sforzasse e a distrarlo forse era il mistero sul perché Caroline si trovasse a casa di Stefan.
Doveva capire: sentiva di avere il diritto di ricevere delle spiegazioni. Cominciò ad indicare i due con le dita, muovendole velocemente: “Voi due… così, state… siete” farfugliò, mettendo le mani in tasca a scatti.
Caroline si sentiva in colpa; meritava di sapere, ma non voleva sbattergli in faccia la grande novità del secolo. Sapeva anche, però, che se fosse stato Stefan a dirgli la verità, sarebbe stato molto meno delicato di quanto lo sarebbe stata lei.
Aveva bisogno di una scusa; all’istante. Per grazia divina, vide spuntare da dietro l’angolo una macchina piuttosto nota. Appena conducente e passeggero uscirono, Caroline colse l’occasione al volo.
“Ciao, Damon!” urlò Caroline. Corse verso di lui e Nessie che stavano chiacchierando animatamente. Lui la teneva d’occhio, come se fosse una preziosa gemma di vetro che potesse cadere da un momento all’altro e spezzarsi in mille pezzi.
Tyler seguì con gli occhi la corsa di Care e la vide allegra. Si aspettò di vederla tra le braccia di Damon, ma invece stava abbracciando con delicatezza qualcuno che stava accanto al vampiro, che intanto faceva delle strane smorfie disgustate e si stava allontanando a passo svelto.
Passò accanto al fratello e sbottato qualcosa ironicamente su: “Le donne, fratello” e poi aveva alzato gli occhi al cielo.
Si stava dirigendo verso il suo tavolino preferito su cui teneva con estrema cura la sua scorta di alcolici, ma poi si accorse di essere passando davanti a…
“Lupacchiotto” esclamò con un sorriso, tornando all’ingresso della casa.
“Damon” lo salutò Tyler, osservando il punto dove Caroline stava ancora abbracciando quella persona che ancora non riusciva a distinguere chiaramente.
“Oh, non lo sai lo scoop?” lo provocò ancora il vampiro, che nel frattempo era riuscito ad andare a prendere due bicchieri e una bottiglia di scotch.
Tyler scosse la testa e Damon gli si avvicinò, cominciando a parlare con un tono da vecchia pettegola che raccontava alla vicina l’ennesimo scandalo della settimana: “Presente quel libro per povere ragazzine arrapate? Twilight? Ecco, i personaggi sono arrivati a Mystic Falls” concluse con un tono misterioso. “E quella lì è la figlia del vampiro tormentato e della Bella” aggiunse, indicando la ragazza emersa dai capelli biondi di Caroline.
Tyler rimase colpito dalla sua bellezza così innocente: aveva lunghi capelli mossi color del bronzo, occhi marroni come il cioccolato fuso e un viso pallido. Due braccia e due gambe fine e… una pancia enorme.
Il licantropo non riusciva a trovare le parole adattate per un commento: “Wow… la generazione va avanti. Nuovo libro?” commentò sarcastico per coprire quanto fosse incantato da quella ragazza. Una forza lo stava attirando verso di lei, un qualcosa che non riusciva a toccare, a vedere, a respirare, a sentire con le orecchie. Sì, perché la riusciva a percepire solamente con il cuore.
Qualcosa di cui Tyler sentiva di potersi fidare lo stava trascinando verso quella ragazza. Non era attrazione vera e propria, sentiva che era molto di più. Un sentimento che non poteva essere paragonato all’amicizia, ma nemmeno era così potente come l’amore. Era una forza d’attrazione a cui non riusciva resistere.
Tyler si sentiva come un elastico: una forza lo trascinava verso Nessie, e lui tentava con tutto quello che poteva fare di resistere a quel richiamo così dolce.
“Speriamo di no… quelli che ci sono bastano e avanzano” rispose sarcastico Damon. Poi, vedendo che Tyler stava cominciando ad apparire un po’ strano, cominciò a destare qualche sospetto: “Ehi lupo. Tutto ok?” chiese prendendo per una spalle e scuotendolo.
Tyler ritornò in sé, dopo un po’. Scosse la testa e mormorò delle scuse.
“Figurati amico” disse solo Damon, senza smettere di fissarlo con preoccupazione.
“Nessie!”. Il coro delle tre vampire del Nord America fece la sua trionfale comparsa.
“Mamma! Zie!” strillò lei in risposta. Corse incontro a loro e le abbracciò. Mentre lei correva goffamente, Tyler seguì ogni suo singolo passo con lo sguardo, come se i suoi occhi e i piedi di lei fossero poli che si attraggono.
“Guardate! Damon mi ha regalato questa per il piccolo!” esclamò tutta contenta lei, saltellando goffamente per il peso che era costretta a portare in grembo.
Le tre vampire guardarono il regalo di Damon meravigliate, e si aprirono in un “oh” collettivo, fastidiosamente acuto.
“Damon non dovevi. Grazie” disse affettuosamente Bella a Damon.
Lui alzò le spalle, cominciando a bere: “Un piccolo pensierino per il piccolo” disse tranquillo.
Bella lo fissò intensamente: “Davvero: grazie” ripeté più decisa. Poi lo abbracciò, e Damon si sentì un amico. Sentì che Bella lo considerava un vero amico.
“Già Damon! Grazie!” strillarono Alice e Rosalie, correndo ad abbracciarlo.
Dopo essere stato stritolato per bene, Damon decise di correre verso la casa di Elena. Avrebbe dormito nel suo letto, quella notte. Avrebbe respirato il suo profumo, sarebbe stato circondato dalle sue fotografie. Sì, lo avrebbe fatto.
“Bene, io me ne vado” si congedò. Non aggiungendo altro, si andò confondendo nella foresta.
Tyler, che era stato muto tutto il tempo, non riusciva a trovare la forza di andarsene. Voleva abbracciare una sconosciuta e lei non sembrava mostrare particolare interesse nei suoi confronti. Stefan si avvicinò a lui e gli batté con una mano sulla schiena: “Voglio dirti che io e Caroline stiamo assieme e che non ti voglio di mezzo” mormorò minaccioso, ma senza guardarlo negli occhi. Caroline voleva essere lei a dirlo a Tyler, ma Stefan ci teneva alla sua relazione e voleva allontanare il concorrente da subito.
“Caroline vuole dirtelo per prima, ma io non mi fido di te” spiegò rapidamente il vampiro. “Quindi non metterti in mezzo e trovati qualche altra lupa” concluse Stefan. Gli lanciò una rapida occhiata e se ne andò.
Tyler decise in quel momento che sarebbe rimasto a conoscere Nessie; doveva farlo. Per rimediare alla ferita lasciata da Caroline, per capire meglio quello che stava succedendo alla sua mente e al suo corpo.
Era come se quella di conoscere Nessie fosse la sua unica strada. Non aveva scelta.

 

*

 

Damon entrò dalla finestra a casa Gilbert. Passando attraverso le tendine leggere sentì il profumo di Elena invadere le sue narici. Era una sensazione che non provava da giorni, giorni eterni che gli parevano anni.
Si sdraiò sul letto e fissò il soffitto, incantato dalle stelle luminose che Elena non aveva voluto staccare durante l’adolescenza perché le ricordavano i bei tempi dell’infanzia.
Improvvisamente Damon sentì che in quella stanza non era più solo. Qualcuno era apparso.
Ma sentiva che non c’era nulla di spaventoso.
Non aveva paura.
Perché lei era lì con lui.
In tutti i sensi.

 

 

Angolino della Matta Fra o.O

 

Ciao!
Vedete che sto aggiornando a tempo record! Ieri sono tornata con I Feel You e oggi, finalmente dopo quasi due mesi, ritorno con il mio pazzo crossover!
Mi dispiace tanto, ma sono stata molto occupata e spero di esservi mancata (perché significa che ciò che scrivo vi piace
J) ma la scuola mi stava uccidendo.
Per inaugurare l’ultima verifica del mio primo anno di Liceo
J, ecco un nuovo fresco capitolo. E finalmente ci siamo! Voglio recensioni a palate, ok? =)
Spero che abbiate intuito cosa è successo nella terza parte, che si collega con la prima…
Il prossimo capitolo sarà quello che voi attendete da molto tempo, spero di non deludere le vostre aspettative.
Vi ringrazio davvero per tutto il vostro sostegno, grazie a chi ha aggiunto questa storia tra le ricordate, le seguite e le preferite. Grazie anche a chi legge solamente in silenzio.
Grazie soprattutto a chi recensisce… purtroppo sono piuttosto in ritardo con le risposte alle recensioni, quindi corro a rispondervi e a farvi i ringraziamenti persona per persona.
Grazie ragazze! Spero di aggiornare prestissimo!
Bacioni

Fra

 
PS Vi segnalo qualche mia storiella più qualche altra che adoro:
Una mia OS deprimente che spero leggiate… qui
La mia pazza raccolta demenziale…  qui
E infine…  Impossibile di  kija_salvatore, che (come me
J) è appena tornata da una lunga assenza. Presto recensirò! Bentornata Vale! =)

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