Ti prendi il mio meglio.

di lud_194
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La donna del lago ***
Capitolo 2: *** Charlie ***
Capitolo 3: *** Il potere del distintivo ***
Capitolo 4: *** Tu fai troppe domande ***
Capitolo 5: *** Un nuovo arrivo ***
Capitolo 6: *** La medium ***
Capitolo 7: *** Una festa indesiderata ***
Capitolo 8: *** Wherever you will go ***
Capitolo 9: *** Serial killer ***
Capitolo 10: *** Sulle tracce di Jay ***
Capitolo 11: *** L'incendio ***
Capitolo 12: *** Il buon motivo ***
Capitolo 13: *** Troppo facile ***
Capitolo 14: *** Capitoli chiusi ***
Capitolo 15: *** I believe ***



Capitolo 1
*** La donna del lago ***


Ti prendi il mio meglio

1)La donna del lago.

Il cellulare continuava a squillare, vibrando sul comodino. Kate Beckett, dall’altro capo della Big Apple, sospirò e, rassegnata, chiuse per la quarta volta la telefonata. In quel momento Rick aprì leggermente gli occhi, allungando il braccio alla sua destra per cercare il telefono.
Il display luminoso dell’iPhone mostrava le chiamate della detective e due di Gina. Lo scrittore ignorò le ultime e compose velocemente un numero.
“Castle, è mezz’ora che ti telefono!”
“Lo so, lo so. Non ho sentito la sveglia, ieri sono stato con Gina e abbiamo fatto tardi e..”
“Ho capito. Non mi interessa. Abbiamo un omicidio.” Lui arricciò le labbra.
“Non l’avrei mai detto, detective. Ma quindi..non mi hai chiamato per darmi il buongiorno?” Assunse un espressione da cucciolo abbandonato, come se lei potesse vederlo.
“Non fare lo spiritoso Castle, non è aria. La prossima volta ti lascio a dormire e il caso me lo vedo io.”
“Non temere, sarò subito da te. Contenta?” Beckett si concesse un sorriso, appurata la distanza.
“Lago Forked, tra non più di un’ora.”
 
“Ah, ecco il bell’addormentato nel bosco! O forse ti si addice di più il bello e la bestia..sì, decisamente. La bestia ti ha fatto fare le ore piccole?” Martha lanciò la sua frecciatina non appena il figlio fece ingresso in cucina.
“Mamma, non essere cattiva con Gina..”Le rispose, facendo risuonare la frase come una regola ripetuta tante ed inutili volte.
“Lo sai che quella donna non mi piace.” Concluse lei agitando la mano.
“Buongiorno papà!” Alexis baciò il padre e afferrò la borsa per andare a scuola.
“Ciao tesoro, buona scuola.”
“Ah, papà, dimenticavo di chiederti una cosa. Oggi pomeriggio Ashley verrà qui a studiare, la nonna però ha un massaggio a quell’ora, quindi saremo da soli a casa, ma.. stai tranquillo, ti puoi fidare. Per te va bene, non è vero?” Alexis. Ashley. Soli. Casa. No, decisamente no.
“Ma veramente io..”
“Grazie, ti voglio bene!” Gli stampò un bacio sulla guancia e sgattolaiò fuori. Rick guardò Martha, che prese parola.
“So a cosa stai pensando, ma avanti.. Alexis è responsabile!”
“Se rinunci al massaggio di oggi, te ne pagherò altri dieci, lo prometto. Inventati qualcosa e resta qui.”
“Ma Richard..”
“Sono in ritardo, Beckett mi uccide. Conto su di te.”
“Ma cosa mi invento?!”
“Sei un’attrice, improvvisa!” Martha sospirò e tornò nella sua camera borbottando qualcosa sui tempi spensierati dei suoi vent’anni.
 
Castle raggiunse il luogo del delitto, da lontano adocchiò Beckett e si avvicinò.
“Per farmi perdonare.” Le porse il caffè appena comprato e sorseggiò il suo.
“Notte da leone, Castle?”
“Non avevi detto che non ti interessava?” Lei spostò lo sguardo. Colpita e affondata.
“Infatti, era per dire.” Concluse frettolosamente, riavvicinandosi al cadavere e a Lanie.
“Beh, per essere morta.. è messa bene.” Notò Rick guardando il corpo di una donna adagiato su un materassino nero. Indossava una veste celeste, le mani erano congiunte sul ventre, i capelli pettinati e, a prima vista, non mostrava alcun segno di violenza fisica.
“Infatti, è strano. L’hanno trovata che galleggiava sul materassino, in mezzo al lago. In più, attorno c’erano molti fiori, mentre sulla riva alcune candele.”
“Un suicidio?” Ipotizzò Rick.
“No, lo escludo. Il corpo è perfettamente asciutto, compresi i capelli. Non avrebbe potuto mettere in acqua il materassino senza bagnarsi, e tantomeno asciugarsi durante la notte. Lanie, l’ora  del decesso?”
“Si aggira senza dubbio tra le 3 e le 5 di stamattina. In più ha un polso rotto, segno di una probabile lotta. Con l’autopsia saprò dirvi di più.” Ritornò a guardare il cadavere.
 “Inoltre abbiamo trovato due boccette sulla riva, probabilmente contenevano veleno, la scientifica dovrà analizzarle.” Finì Beckett. Arrivarono anche Ryan ed Esposito.
“Nei paraggi non abbiamo trovato nulla di interessante, il guardiano del lago dice di aver finito il suo turno alle undici, che è l’ultimo. ” Disse Esposito.
“Ryan, chiama la stampa e dì di scattare e pubblicare qualche foto della vittima, se non ne hanno denunciato la scomparsa, qualcuno la riconoscerà.”
“Sono già arrivati, li porto qui.” Beckett annuì e si allontanò, seguita da Castle.
“Se è stato un omicidio, il suo assassino ha preparato tutto con estrema cura.. le candele, i fiori.. non sembrerebbe, ma è piuttosto macabro.” Esordì Rick.
“Non più di altri omicidi..”
“Questo è diverso. Dietro questo delitto, si nasconde un uomo spietato e maniacale, forse amava la donna, sì.. un delitto passionale, spinto da un’incredibile dose di odio e gelosia..” Castle iniziò a fantasticare, come al suo solito.
“Complimenti Castle, sei già arrivato all’assassino? Peccato che dobbiamo ancora scoprire il nome della donna.” Lo smontò Kate, stringendosi nel cappotto blu elettrico.
“Hai freddo? Strano, una donna gelida come te non dovrebbe soffrire per il freddo. Ah, ma io lo so che in fondo sei un vulcano bollente.” Lei si girò a guardarlo corrugando la fronte con un’espressione mezza divertita.
“Molto in fondo.” Aggiunse lui.
“Così in profondità che tu non lo scoprirai mai, Castle.” Rick alzò un sopracciglio.
“Sali in macchina, baby.” Beckett rise.
“Tanto non ti faccio guidare..” Lui alzò le spalle.
“Almeno ci ho provato.”
 
Nel distretto si respirava aria di novità, i primi giorni di dicembre, infatti, venivano sempre assunti nuovi detective e poliziotti, per compensare quelli che durante l’anno erano andati in pensione o avevano ricevuto un trasferimento.
“Mi ero completamente dimenticata dei nuovi arrivi..” Disse Beckett mentre uscivano dall’ascensore. Castle notò il suo disappunto.
“Cos’è quella faccia? Credi che possa essere arrivata una prorompente e bellissima detective pronta a soffiarti il posto?”
“Deve ancora nascere.” Rick sorrise e si accinse a rispondere, ma il capitano Montgomery il interruppe.
“Ehi ragazzi, vi stavo cercando. Vi presento una dei due nuovi detective che abbiamo assunto, Charlotte Jordan.” Dietro il capitano comparve una ragazza, alta, lisci capelli castani e una frangetta, occhi azzurri, pelle bianca in contrasto con le labbra rosse. Una bambola di porcellana a misura d’uomo.
Sorrise ai due, ma i suoi occhi si focalizzarono su Castle, la sua espressione cambiò.
“Rick?! Rick Castle?!”
“Charlie?!” 

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Capitolo 2
*** Charlie ***


2)Charlie

“Oh mio Dio, Rick.. sei davvero tu!” Charlotte Jordan continuava a guardarlo esterrefatta.
“Charlie.. vieni qui, fatti abbracciare!” Lei gli saltò in braccio. Mentre Beckett e il capitano guardavano la scena senza capire, arrivarono Esposito e Ryan.
“Cioè, lui.. lui la conosce?” Chiese il secondo.
“A quanto pare. Richard Castle si ritrova una vecchia fiamma ovunque vada.” Bisbigliò Kate con le braccia incrociate al petto.
“E che fiamma.. in effetti provoca un calore..” Aggiunse Esposito, Ryan annuì allentandosi il nodo della cravatta. Beckett li guardò male. Molto male.
Quando l’abbraccio dei due si sciolse, tutti sembrarono cercare una spiegazione.
“Quanto sei cambiata cuginetta!” Esclamò Rick guardandola.
“Cuginetta?” Fu l’eco degli altri quattro.
“Oh, ehm, si ragazzi.. Charlotte è mia cugina” Lei sorrise di nuovo.
“Si beh.. mia madre è la sorella di Martha. Io sono nata qui a New York, ma a 16 anni mi sono trasferita a Los Angeles, perdendo quasi del tutto i contatti con Richard. Sapevo che eri diventato uno scrittore così famoso, lo sapevo eccome..ma non pensavo fossi rimasto qui. Quando ho avuto il trasferimento non avrei mai pensato di incontrarti. Mi piacerebbe rivedere zia Martha, e anche Alexis.. è passato così tanto tempo! Ma..mi spieghi che ci fai in un distretto di polizia?”
“E’.. come dire, una lunga storia. In breve, grazie ad un permesso del sindaco, aiuto la detective Beckett nei suoi casi.” Indicò Kate, che le sorrise e si presentò.
“Loro invece sono i detective Ryan ed Esposito, nostri amici e colleghi.” Entrambi le porsero la mano,  contemporaneamente. Ryan ritrasse la sua, fulminando con lo sguardo il partner.
“Detective Javier Esposito, molto molto piacere..”
“Io invece sono il detective Kevin Ryan, infinito piacere..” Ryan continuava a stringere la mano di Charlie, fin quando Castle non gli diede una gomitata.
“Beh, adesso che le presentazioni sono state fatte, vorrei che informaste la detective Jordan sull’ultimo caso, la donna del lago, lei ne prenderà parte. Mi sembra inutile dirvi di farla sentire a suo agio. Buon lavoro.”  Detto questo il capitano si dileguò nel suo ufficio.
“Vieni Charlie, ti spiego brevemente il caso. Posso chiamarti Charlie, non è vero?” Disse Ryan conducendola nell’altra stanza. Castle fermò Esposito prima che li seguisse.
“Ehi, Esposito, lo dirò a te e vi prego di non farmelo ripetere: giù le zampe da mia cugina, chiaro? E tieni d’occhio quel polipo di Ryan!” Esposito abbozzò un mezzo sorriso e se ne andò, mentre Beckett scoppiò a ridere.
“Temo che dovrai ripeterglielo ancora, in soli 10 minuti l’hanno mangiata con gli occhi!”
“Lasciamo perdere! Charlie..” Castle si aprì in un sorriso.
“Non sapevo avessi una cugina..si vede che è importante per te.” Kate si sedette sulla sua scrivania e Rick al suo fianco, poi si girò a guardarla con la faccia di chi si sentiva improvvisamente troppo soddisfatto.
“Dimmi la verità, Beckett. Per un attimo hai pensato che Charlie fosse una mia ex?” Kate si alzò e avanzò di qualche passo, per poi rigirarsi verso di lui, improvvisando l’espressione più naturale che riuscisse a fare.
“No. Non vedo perché mi debba interessare. Piuttosto, parlami di lei.” Sperò di aver sviato a sufficienza l’argomento.
“Quando Charlie viveva a New York, eravamo come fratelli. Si può dire che l’abbia cresciuta, data la differenza d’età. Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe diventata una detective..”
“Come mai avete perso i contatti?”
“A 15 anni suo padre morì. Mia zia non si è mai ripresa dalla perdita, e a quel tempo entrò in un vero e proprio conflitto con mia madre, perché si sentiva sola, e ce l’aveva con il mondo intero. Non reggeva la situazione, non ne era in grado, e così mia madre decise di interrompere i rapporti per un po’. Ma quando la mamma di Charlie conobbe un altro uomo, si trasferì in California, portando la figlia con se. Charlotte era furiosa, non voleva partire. Le promisi che sarei andato a trovarla spesso, ma non l’ho fatto. Mi domando perché non mi detesti per questo.”
“Perché ti vuole troppo bene, e preferisce sfruttare quest’occasione per recuperare il tempo perso piuttosto che per dare spazio al rancore. Non perdere quest’occasione.”
“Non lo farò.” Castle le sorrise, lei ricambiò.
“Credo che adesso andrò a recuperare mia cugina dai tentacoli di quei due.”
“Già..è meglio!” Quando Rick si allontanò, Kate tirò un lungo sospiro. Di puro sollievo.
 
Beckett camminò a passo svelto verso gli altri con i risultati della scientifica stretti tra le mani.
“La donna del lago ha finalmente un’identità: Helena Dake, 41 anni, viveva da sola nei pressi di Central Park, separata dal marito da qualche mese.. è stata riconosciuta da un vicino di casa. E ho i risultati della scientifica, le due boccette ritrovate contenevano veleno, come sospettavo. Infine, Lanie ha trovato alcuni lividi pre-mortem sulle braccia della vittima.” Rick si alzò.
“E’ omicidio.” Disse.
“E non hai sentito la parte migliore..il vicino di casa afferma di aver visto, ieri sera, l’ex marito entrare nell’appartamento della Dake, i due hanno litigato. Un anno fa hanno perso la figlia in un incidente d’auto, alla guida c’era la madre, salva per miracolo..”
“La crisi del loro matrimonio deve essere partita da qui..” Riflettè Castle.
“Lui non l’ha mai perdonata..” Beckett alzò l’indice della mano destra, sfiorandosi il labbro.
“Una separazione potrebbe non essere bastata alla sua rabbia..”
“E così lui arriva all’esasperazione..”
“E la uccide.”
“Castle, andiamo a fare quattro chiacchiere con lui. L’ho convocato.” Si diressero velocemente verso la sala degli interrogatori, Charlie li guardò fino a dove le era possibile.
“Ma..fanno sempre così?” Chiese.
“Intendi finirsi reciprocamente le frasi, a volte facendo ragionamenti a cui tu non avresti neanche minimamente pensato, ma loro sì e per di più nello stesso momento?” Disse Esposito.
“Esatto..”
“Sì, fanno sempre così.”
“Ti presento Caskett.” Aggiunse Ryan.
“Caskett?”
“Castle-Beckett. Noi li chiamiamo così. Loro ovviamente non lo sanno. Benvenuta nel fan club.”
Charlie sorrise. Avrebbe dovuto fare al più presto una lunga chiacchierata con il cugino.

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Capitolo 3
*** Il potere del distintivo ***


3)Il potere del distintivo

Entrarono nella stanza degli interrogatori, Castle approfittò dello specchio per sistemarsi i capelli, Beckett lo guardò con la coda dell’occhio e sospirando si concentrò sull’interrogato.
Il signor Daniel Watson sedeva nervoso, muovendo la gamba in un fastidioso tic che non sfuggì alla detective. Capelli neri brizzolati, occhi castani, barba non fatta. L’aspetto di chi ha dormito poco e male nelle ultime 24 ore.
“Signor Watson, sono la detective Beckett, lui è Richard Castle. Da quanto tempo eravate separati lei e la signora Dake?”
“Da quasi 9 mesi.”
“Voi.. avevate una figlia, Wendy. E’ morta in un incidente stradale, giusto?”
Lui annuì, abbassando lo sguardo.
“Sì. Helena era alla guida.”
“Lo sappiamo signor Watson.”
“E’ mai riuscito a perdonarla?” Intervenne Castle, l’uomo alzò di scatto gli occhi su di lui, assumendo un’espressione severa, cupa.
“Cosa intende dire?! Non ho mai incolpato Helena dell’incidente, è stata una tragedia! Io ho continuato ad amare mia moglie come sempre, forse anche di più, in quei momenti così difficili.” La sua voce si incrinò, deglutì.
“Non si permetta mai più di insinuare certe cose!” Urlò poi a Castle, e prima che lui potesse reagire, Beckett si alzò di scatto dalla sedia.
“Signor Watson non si azzardi ad alzare la voce con noi. E’ chiaro?” L’uomo rimase in silenzio.
“Sono stata chiara?” Tuonò nuovamente Beckett scandendo bene ogni singola parola. Lui annuì.
“Procediamo. Quali sono stati, allora, i motivi della separazione?” Continuò la detective, più calma.
“Mia moglie è sempre stata una donna molto misteriosa, a tratti strana. E una grande troia.” Pronunciò l’ultima parte della frase con evidente disprezzo, accennando un sorriso amareggiato. Rick si incuriosì.
“Aveva un amante?”
“Ne ha avuti tanti, da sempre. E ho fatto finta di nulla, perché l’amavo, l’amavo troppo. E’ stata a lei a volere la separazione, nonostante tutto.” Strinse i pugni sul tavolo freddo.
“La prego di essere il più chiaro possibile, signor Watson. Abbiamo un testimone che dice di averla vista entrare in casa della vittima, ieri sera, e afferma che avete litigato.” Kate si sporse leggermente in avanti, guardandolo fisso nelle pupille.
“Si, abbiamo litigato per soldi. Helena mi ha lasciato e continuava a dire di voler essere pagata gli alimenti e varie altre spese, io ovviamente mi sono sempre rifiutato. Ho un negozio di vernici in periferia, non navigo nell’oro, anche se, quando stavamo insieme, non ho mai fatto mancare nulla alla mia famiglia.”
“Che lavoro faceva Helena?”
“Prima lavorava come commessa in un supermercato, part time. Ma ha lasciato quel lavoro da tempo, e non ne ha mai trovato un altro.”
“Cosa intendeva dire quando ha detto che sua moglie, cioè ex moglie, era una donna misteriosa e strana?” Chiese Castle, Beckett si sistemò sulla sedia ansiosa di conoscere la risposta.
“Helena ha sempre creduto nel paranormale, magia nera, spiriti.. ma era come un gioco, all’inizio. Ma poi, dopo la morte di Wendy.. è diventata un’ossessione per lei. E quella maledetta donna, Cheryl Dok, le aveva fatto il lavaggio del cervello.”
“Cheryl Dok?”
“Si, una medium. Helena andava da lei quasi tutti i giorni, oramai. Era anche per questo che mi chiedeva soldi.. per pagare una stupida medium, convinta che la potesse mettere in contatto con nostra figlia.”
“Ho capito. Conosce i nomi di qualche amante della sua ex moglie?”
“No. Non ho mai voluto approfondire.”
“Dov’era stanotte tra le due e le sei?”
“A ubriacarmi, in un bar sulla dodicesima, si chiama Drunk. Sono stato lì fino alle 5.”
“Verificheremo. Grazie per il suo tempo.” Quando Daniel Watson uscì, Castle e Beckett si guardarono in silenzio, riordinando le idee.
“Dunque. Abbiamo il quadro di una donna in effetti sola, anche se tradiva il marito. Andava da una medium, aveva bisogno di soldi, non lavorava. Era strana. Beh, il suo omicidio in effetti è strano.” Disse Castle.
“Questo è ciò che dice il marito. Dobbiamo parlare con Cheryl Dok.”
“Prendo un appuntamento?” Chiese Rick già con il cellulare nella mano destra. 
“Un..appuntamento?”
“Le medium ricevono su appuntamento. E sono anche piuttosto impegnate.” Kate rise.
“Ehi, Castle..stai perdendo di vista il potere del distintivo.” Lui annuì e camminarono verso la tabella per segnare le nuove informazioni.
“Errore mio. Il potere del distintivo. Suona così sexy..”
“Credi che mi renda sexy?” Disse Beckett distrattamente iniziando a scrivere.
“Quasi come la sfuriata che hai fatto a Watson.” Lui sorridendo al ricordo incrociò le braccia e continuò a guardarle la schiena.
“Ti è piaciuta, eh?” Lei continuava a scrivere e non lo guardava, ma aveva un sorriso divertito stampato in faccia. Lo stesso che le compariva ogni volta che Richard le tirava fuori il suo lato così.. non ordinario.
“Davvero eccitante.” In quel momento arrivò Charlie, sentendo l’affermazione del cugino.
“Ehm..sono arrivata nel momento sbagliato?” Entrambi si girarono verso di lei e notarono la sua espressione divertita ed una risata trattenuta.
“Charlotte! Oh no, figurati, noi stavamo parlando di..ehm..non importa. Io.. stavo andando a prendere.. di là, stavo andando di là.” Kate si congedò imbarazzata.
Charlie ronzò attorno al cugino attendendo una spiegazione, una frase, una parola, un qualsiasi cosa. Ma lui rimase a guardarla con l’espressione di chi dice Qualsiasi cosa tu abbia visto o sentito, non mi riguarda.
“Richard. Dobbiamo parlare.”
“Quando mi chiami Richard, vuol dire che sei seria. O arrabbiata.”
“Sono seria.” O semplicemente molto, troppo, curiosa.
“Vieni da noi a cena?” Le chiese.
“Certo. Credi che Martha mi riconoscerà?”
“Questi occhi non si dimenticano..”
“Il solito adulatore. Scommetto che sei rimasto lo sciupa femmine di sempre.” Rick l’abbracciò.
“Mi sei mancata, piccola.”
“Anche tu, vecchiaccio. Ehi, dobbiamo parlare!”
“Ho capito! E poi non sono affatto vecchio. Mi mantengo bene, molto bene!”
“Chissà per chi..” Bisbigliò.
“Come?”
“Niente, Rick. Ti voglio bene!” 

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Capitolo 4
*** Tu fai troppe domande ***


4)Tu fai troppe domande

Mentre la macchina di Rick percorreva le ultime strade prima di arrivare a casa, Charlie raccontò della sua vita in California, entusiasta e senza veli di nostalgia.
“..E così mi iscrissi a criminologia per seguire la mia migliore amica. E anche un ragazzo che mi piaceva, ero stracotta di lui. Sai com’è finita? Che la mia migliore amica ci si è fidanzata! Fatto sta che alla fine io sono diventata una detective, loro due no. E adesso sono incredibilmente felice di essere tornata a New York! Cavoli..che città fantastica. Poi amo il mio lavoro..”
“Questo deve essere un qualcosa di genetico. Da quando seguo Beckett nei suoi casi, per me è diventato più di un lavoro.. risolvere casi è una passione.” Ci furono alcuni istanti di silenzio.
“Rick.. tu e Beckett andate a letto insieme?” Castle approfittò del semaforo rosso  per guardare Charlie.
“No.” Lei provò a decifrare il tono con cui quel no era stato pronunciato. Non era secco, né duro. Fu come se lei gli avesse chiesto Vuoi ancora dell’acqua? No.
Il no più normale del mondo. Eppure lui lasciò trasparire un sorriso.
“Mi stai prendendo in giro?”
“No, giuro. Non c’è mai stato niente tra di noi.”
“Ma se oggi..”
“La frase di oggi? Stavamo solo scherzando, lo facciamo spesso.”
“No, no. Non mi riferisco alla frase che ho sentito.” Castle si girò per un momento a guardarla perplesso, poi ritornò con gli occhi sulla strada.
“Rick, non mi dire che lo definisci un rapporto tra colleghi! O peggio ancora tra amici. Voi vi guardate in un modo che..”
“Charlie, frena. Kate ha una relazione, e.. anche io.”
“Ah.” Commentò un po’ delusa.
“Chi è lei? La conosco?”
“Credo che ricordi il nome.. Gina.”
“Gina?! Quella Gina? Non vi eravate sposati?”
“E anche separati.”
“Ma che combini?”
“Non lo so.”
“E Kate con chi sta?”
“Con un certo Josh.”
“E’ bello?”
“Chiedilo a lei.”
“Ho capito, è bello. Ma tu di più.” Sfoggiò un sorriso che sapeva un po’ di infanzia,  d’innocenza e  sincerità. Castle rise.
“E’ finito l’interrogatorio? Siamo quasi arrivati.” 
“Hai mai pensato a..te e Kate? Insieme?”
“Charlie.. non posso risponderti siamo colleghi, o siamo amici. Non lo so cosa siamo. E’.. complicato.”
“Forse siete voi a renderlo complicato.” Rick sospirò.
“Sono così tante le cose che abbiamo vissuto insieme, che.. ormai lei fa parte della mia vita. Non lo so in quale ruolo.”
“Un ruolo importante?”
“Sì. Decisamente un ruolo importante.” Charlotte lo lasciò in silenzio con i suoi pensieri, mentre parcheggiava l’auto.
“Charlie?” Disse prima di spegnere il motore.
“Dimmi.”
“Tu fai troppe domande.”
 
Quando Martha aprì la porta di casa, rimase a guardare quella ragazza che le sorrideva e non riuscì a staccarle gli occhi di dosso. Quel viso.. le era così familiare..
“Tu.. ma sì, tu..Charlotte?!”
“Zia!” Martha si portò le mani sulla bocca, sbalordita. Guardò Rick, intento a godersi la scena.
“La mia piccola Charlie!” Le due si abbracciarono, come non facevano da davvero troppo tempo. Alexis fece capolino dietro la nonna.
“Che succede qui?” Chiese curiosa.
“Tesoro, non so se ti ricordi di Charlie, mia cugina.. tu eri così piccola l’ultima volta che vi siete viste..” Alexis la guardò meglio.
“E’ possibile che mi ricordi una scena in cui io e te mangiamo tutta la panna della torta del compleanno di papà?” Charlie scoppiò a ridere.
“Me lo ricordo come se fosse ieri. Quanto sei cresciuta! Sei bellissima.” Alexis l’abbracciò ed entrarono tutti in casa.
“Cosa ci fai qui? Quanto tempo è passato? Devi raccontarmi tutto!” Martha improvvisamente sembrò entusiasta come un bambino il giorno di Natale, condusse Charlie sul divano e assieme ad Alexis iniziarono a parlare. Rick rimase in cucina.
“No, non vi preoccupate signore, la preparo io la cena! Ma grazie per l’interessamento!” Sorrise scuotendo la testa e iniziò a fare il giocoliere con le cipolle.
 
Kate gettò nel lavandino il piatto sporco e controllò di nuovo il cellulare. Silenzio.
Provò a richiamare, stavolta finalmente squillò. Quando dall’altro capo sentì quella voce maschile, si rilassò leggermente.
“Josh, finalmente!”
“Ho visto solo adesso le chiamate, scusami. Come stai? Sei a casa? Il nuovo caso? E’ difficile?”
“Prendi fiato, ok? Stasera fai troppe domande. Non è da te. Che succede?” Quel tono anomalo così palese,  non poteva certamente sfuggire ad una detective. Sentì un sospiro.
“Kate, ti devo parlare.” Lei socchiuse gli occhi per un attimo.
“Passo da te.” Aggiunse lui. Senza neanche dire ciao, la telefonata si concluse lì.
Kate vacillò fino al divano in salotto e si sedette portando le ginocchia al petto. Strinse i denti e strinse i pugni, deglutì.
Nel silenzio della sua casa, si sentì per la prima volta a disagio. Sola. Mentre all’esterno di quelle mura la vita procedeva ricca di volti, risate e parole, quella sera più di altre lei sentì sulla sua pelle il tempo inesorabilmente fermo. Immobile. Immobile come la sua posizione sul divano.
Amava la tranquillità, quella che nasceva la sera e la cullava dolcemente. Ma..quella volta fu diverso. Qualcosa a cui si stava aggrappando, la stava lentamente lasciando cadere, lei lo sapeva. L’aveva capito, intuito, percepito come il morso di una zanzara che inizia a prudere.
Quella volta avrebbe voluto prenderla a calci, la tranquillità. Perché tranquillità non era. Era ansia, paura, solitudine.
Invidiò chi si stava godendo un po’ di vita. Un gelato in compagnia, una birra, un amico, un amante. Lei cosa si stava godendo, invece? Gli ennesimi pensieri annegati in un silenzio che corrode, ennesime riflessioni confessate ad un libro o ad un cuscino e mai alla persona giusta.
 
P.s. Scusatemi se in questo capitolo non ci sono scene che coinvolgono Castle e Beckett insieme, ma mi serviva un capitolo per creare determinate situazioni. Ne approfitto per ringraziare chiunque leggerà e lascerà una recensione!

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Capitolo 5
*** Un nuovo arrivo ***


Un nuovo arrivo

La giornata di Kate iniziò male tanto quanto era finita la precedente.
Quando entrò nel distretto, Rick ruotava sulla sedia girevole della detective, intento a parlare con Charlie. La vide e si alzò di scatto, ma lei sembrò non averlo minimamente notato.
“Buongiorno” Disse semplicemente, senza sforzarsi di improvvisare un sorriso.
“Ehi detective, un ritardo non è nel tuo stile. Va tutto..” Prima che finisse la domanda, il cellulare di Beckett squillò. Frettolosamente lo prese tra le mani, quasi rischiando di farlo cadere. Lesse il nome sul display. Si allontanò di qualche passo dai due, cercò di moderare il tono di voce, ma dopo qualche secondo di conversazione era già alle stelle.
“Ti ho pregato chiaramente di non chiamarmi più! E’ finita, me l’hai detto tu! L’hai voluto tu. No, no, no! Non mi interessa! Oh, certo, adesso è colpa mia.. và al diavolo!” Spense il telefono e lo gettò sulla scrivania.
A passo svelto si diresse nel bagno. Castle fece per alzarsi, ma Charlie lo bloccò.
“No. Fermo lì. Sono cose da donne.” Lei non gli diede modo di replicare e seguì Beckett. Entrata nella toilet, si abbassò in cerca di un paio di piedi. E la trovò, seduta sulla tavoletta coperta. Bussò leggermente.
“Castle sparisci!”
“Kate, sono Charlie..”
“Ah..Charlie sto bene, è tutto ok.” Tirò su con il naso.
“Sì lo so, è una brutta indole che ci spinge a rispondere così. Ti va di parlarne?” Kate non rispose subito, poi aprì la porta. Charlie cercò di farle il sorriso più rassicurante che aveva, le tese la mano destra e la portò vicino i lavandini. Attese che lei iniziasse a parlare, e che gli occhi non fossero più lucidi.
“Gli uomini sono così maledettamente bambini..” Beckett interruppe il silenzio.
“Vi siete lasciati?” La mano di Charlie finì sulla sua spalla. Lei annuì.
“Mi ha lasciata. Per il suo lavoro. Gli hanno proposto un trasferimento in Australia, e lui l’ha accettato, senza esitazioni, senza neanche chiedermi cosa ne pensavo. E pretende di avere ragione, pretende che restiamo amici. Amici, capisci? Per mesi ho creduto di essere importante per lui, ho creduto che finalmente le cose funzionassero. Mi ha riempito la testa di belle parole e di sogni, ma appunto.. restano solo parole. Non credevo che fosse quello giusto, ma forse non si è mai in grado di avere questa certezza. Lui.. era adatto a me, ecco. Non dico di essere stata la compagna perfetta, ma..non mi merito questo trattamento. E non ho intenzione di soffrire un altro minuto per questo stronzo.” Concluse guardandosi allo specchio e pulendosi il trucco sciolto.
“Sei una forza, Becks.”
“Beh..non sempre. Ehi, grazie. E scusami per prima, ma istintivamente ho pensato che fosse Castle e..”
“Hai un buon istinto. L’ho fermato io. Ma sai, lui ha quell’impulso paterno e protettivo..”
“Sì, lo so.” Kate sorrise sincera.
Quando uscirono dal bagno, Beckett si diresse verso la macchina del caffè, ma qualcuno le afferrò un polso. Si girò di scatto.
“Non volevo spaventarla. L’ufficio del capitano Montgomery?” Davanti a lei era piazzato un uomo sulla trentina, alto, un viso da spot pubblicitario, con capelli e occhi neri, zigomi alti e una leggera barbetta incolta. Il giubbotto di pelle nera non nascondeva degli evidenti muscoli.
“La terza porta a destra..” Lui le regalò un sorriso accennato, mostrando appena una dentatura perfetta. Kate involontariamente rimase a guardarlo fin quando lui si chiuse la porta alle spalle.
Dall’altra parte del distretto, Castle continuava ad estorcere informazioni alla cugina.
“Non ti dirò niente, era una sua confidenza.” Ripetè ancora lei.
“Mi devo preoccupare?”
“No, devi farti gli affari tuoi.”
“Sta bene almeno?”
“Sta arrivando, chiediglielo.” Charlie se ne andò e Rick si alzò verso Kate, ma prima che lui potesse aprire bocca, arrivò Montgomery seguito dall’uomo con il giubbotto di pelle.
“Ragazzi, vi voglio presentare l’agente Adam Lane, farà parte della nostra squadra.” Lui alzò la mano in segno di saluto senza scomporsi molto.
“Adam, lei è la detective Kate Beckett.”
“Ci siamo incrociati prima. E così lei è la famosa detective Beckett.. ne ho sentito parlare molto.” Kate gli sorrise tendendogli la mano.
“Beh, spero bene. Ma diamoci del tu..”
“Benissimo.” Aggiunse lui. Castle, dopo aver osservato il tutto, si mise in mezzo con irruenza.
“Io sono Richard Castle, piacere.”
“Castle è uno scrittore, ma collabora con noi da tempo.” Chiarì il capitano.
“Conosci i miei libri? Sono famosi..”
“No, ne ho solo vagamente sentito parlare.” L’espressione di Rick fu quasi una smorfia.
“Ah. Strano.” Rimasero qualche secondo a guardarsi, ma furono interrotti da Charlie che camminava a passo svelto verso di loro.
“Capitano, c’è stata una rapina in una banca a..” Le sue parole si fermarono quando incrociò lo sguardo di Adam.
“Charlotte, ti presento velocemente l’agente Adam Lane. Adam, lei è la detective Charlotte Jordan.” Lui finalmente si aprì in un sorriso e le strinse la mano.
“Mi stavi dicendo, dov’è la rapina?” Non ci fu nessuna risposta da parte della mora che continuava a sorridere al nuovo arrivato.
“Charlotte?!” Esclamò il capitano, facendola ritornare alla realtà.
“Sulla ventiquattresima capitano. Sulla ventiquattresima.” Montgomery annuì.
“E cosa stai aspettando ad intervenire?”
“Sì, sì.. vado..”
“L’agente Lane verrà con voi. Sei pronto Adam?” Lui annuì deciso e ritornò nell’ufficio di Montgomery per prendere pistola e distintivo. Charlie si voltò verso Castle e Beckett.
“Mio Dio! E’ meglio di quello che fa agosto nel mio calendario dei pompieri!”
“No, aspetta.. agosto è agosto!” Replicò Kate.
“Becks, ma dico, l’hai visto?! Ok, adesso vado. Riacquisto un contegno e vado. Ci vediamo.” Concluse Charlie, mentre Rick le urlava di stare attenta. Poi si voltò verso Kate.
“Beckett, hai il calendario dei pompieri?” Lei esordì in un mezzo sorriso.
“Dobbiamo andare a interrogare Cheryl Dok.” Disse poi voltandosi.
“Hai il calendario dei pompieri! Se adesso scopro che ti piace George Clooney, potrei pensare che in realtà non provieni da un pianeta strano ed affascinante come vuoi far credere!” Lei rispose mentre si infilava il cappotto.
“George Clooney no. Ma Johnny Depp è davvero..piccante.” Quando misero piede fuori dal palazzo del distretto, Castle ancora stava parlando di calendari e di attori belli e famosi, ma quando Beckett si fermò all’improvviso sul marciapiede, lui si zittì.
“Kate.” Josh stringeva tra le mani due grandi valige, e la stava aspettando. Chissà da quanto tempo.
“Che vuoi?” Rispose secca.
“Non voglio andarmene così. Ti prego parliamone, mi dispiace, ma..”
“Ah, ti dispiace? Pensaci prima, idiota!” Kate gli tirò uno schiaffo, in piena guancia. Rick sgranò gli occhi e non potè trattenere una risata soffocata, che mascherò con un colpo di tosse.
“Andiamo.” Sussurrò a Castle, che prima di arrivare alla macchina, si girò altre tre volte a guardare Josh, rimasto impalato sul marciapiede con la guancia che prendeva fuoco.
“Wow. Cioè.. woow.” Commentò una volta seduti nell’auto.
“Ero arrabbiata.” Sembrò quasi giustificarsi lei.
“Io ti faccio arrabbiare sempre, eppure non mi hai mai picchiato.” Gli occhi di Beckett si rifletterono in quelli dello scrittore.
“Non farmi mai innervosire sul serio, Castle.”
“Altrimenti?” Lui alzò un sopracciglio e si avvicinò di più a lei.
“Potrei sculacciarti.” Rick deglutì.
“Dici davvero?” Chiese a mo’ di implorazione sporgendosi completamente verso Kate, quasi che lei poteva sentire il suo respiro sul collo. Beckett inizialmente non rispose, prolungò quell’attesa perché l’espressione di Castle la divertiva troppo. E il suo profumo le era così familiare che le dava uno strano ed inaspettato senso di protezione.
“No.” Rispose ridendo, prima di tornare con lo sguardo sulla strada e mettere in moto.
“Pensaci, miss calendario dei pompieri.” Concluse lui sorridendo.  

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Capitolo 6
*** La medium ***


6)La medium

Il palazzo in cui la medium Cheryl Dok riceveva i suoi clienti, era un edificio nel Bronx ridotto in pessime condizioni, con evidenti segni di un precedente incendio, vetri rotti e un via vai di clandestini e barboni. Ma al suo interno era praticamente l’opposto. La medium aveva un proprio ingresso al piano terra ed un lungo corridoio adornato con quadri e simboli orientali.
Giunti davanti la porta di legno, Beckett suonò il campanello. La Dok non si fece attendere ed aprì non prima di averli inquadrati per bene attraverso lo spioncino.
Era una signora bassina e con la pelle olivastra, lineamenti orientali, sulla cinquantina, i capelli nerissimi raccolti in uno chignon.
“Salve. Avete un appuntamento?” Esordì con una voce profonda ma allo stesso tempo molto femminile. Beckett afferrò il distintivo e glie lo mostrò.
“Detective Kate Beckett.” La medium per un istante adottò un’espressione stranita, ma aprì la porta ai due e li fece accomodare.
“Potete venire nel mio ufficio, prego seguitemi.” La donna fece strada, mentre Rick curioso si guardava intorno. La casa aveva un forte odore di incenso ed erano innumerevoli gli oggetti che sovrastavano intere mensole e pareti.
“Beckett.. ma se è una sensitiva, non avrebbe dovuto prevedere il nostro arrivo?” Sussurrò Rick.
“Non dirmi che credi a queste cose..anzi, non me lo dire. Lo so che ci credi.” Castle si fermò davanti ad una particolare maschera arancione appesa al muro del corridoio e iniziò a toccarla.
“Castle, stai fermo.” Kate gli diede uno schiaffetto sulla mano, il secondo schiaffo della giornata, e gli fece cenno di seguirla.
“Donne e schiaffi.. potrebbe sembrare il titolo di un porno.” Concluse sospirando lo scrittore.
Cheryl Dok li fece accomodare dall’altra parte del suo tavolo, dove, a detta della detective, mancava solo la palla di cristallo. Tutto l’arredamento era molto simile a quelli che si vedono nei film, dove una pazza ti legge la mano o ti predice il futuro.
“Detective Beckett, i suoi occhi mi stanno parlando.” Disse la donna guardandola. Kate spostò lo sguardo imbarazzata.
“Io devo farle alcune domande, signora..”
“C’è tempo. C’è tanto tempo.. ma i suoi occhi.. mi stanno parlando in questo istante! Dobbiamo cogliere l’attimo..” La medium sembrava entrata in uno stato di trance, prese delicatamente la mano di Kate e la strinse tra le sue.
“Vedo della sofferenza che ha segnato il suo passato, detective.. vedo delle ferite non rimarginate.. vedo persone che se ne vanno.. ma vedo persone destinate a restare.. è disposta a farle restare, detective? E’ disposta a non perdere l’attimo giusto? Non se le lasci sfuggire. Vedo..” Beckett per un attimo si sentì inerme nelle mani della medium, sembrò ascoltare le sue parole con attenzione, quasi fidarsi.. Ma le bastò poco per ritornare alla realtà.
“Vedo che lei ha molto tempo, signora. Noi no. Adesso, se non le dispiace, devo farle alcune domande.” Kate ritirò la mano ed assunse un tono severo. Rick era rimasto affascinato dalle parole e della visione della medium, e stava già pensando di chiedere lo stesso trattamento. Beckett non glie l’avrebbe mai permesso.
“Mi dica.” Cheryl Dok sembrò finalmente concentrarsi sulle parole di Kate.
“Helena Dake era una sua cliente, non è vero?”
“Sì. Helena veniva da me per essere in contatto con la figlia. Ho saputo del suo omicidio. Mi dispiace così tanto..”
“Ultimamente le era sembrata strana? Preoccupata?”
“No, ed io non sono tenuta a notare l’umore dei miei clienti. Loro vengono qui per isolarsi dal mondo che quotidianamente provoca sofferenza.”
“Helena ha mai ritardato nei pagamenti?”
“No, so che spendeva la maggior parte dei soldi dei suoi risparmi per pagare le mie sedute, ma.. lei era contenta così.”
“La prego di pensarci bene, era a conoscenza di qualche episodio della vita privata di Helena?”
“No detective, glie l’ho detto. Di Helena Dake sapevo solo che ha vissuto malissimo la perdita della figlia. E suo marito non la rendeva felice.”
“Aveva degli amanti, lo sapeva?” La medium non rispose subito, si sistemò una ciocca di capelli che fuoriusciva dall’acconciatura.
“No, sapevo solo che lei e il marito non erano una coppia perfetta, ecco.”
“Dov’era la notte tra l’11 e il 12 dicembre?”
“Dove potevo essere? A casa, a dormire!”
“Chi lo può confermare?”
“Mio figlio.” Beckett annuì, poi si alzò e le porse la mano.
“La ringrazio. Se le viene in mente qualcosa che potrebbe esserci utile, qualsiasi cosa, non esiti a chiamarci.” Lei annuì e poi strinse la mano a Castle.
Mentre ripercorrevano il corridoio esterno alla casa della medium, un ragazzo che camminava nel senso opposto a loro, urtò Beckett.
“Mi scusi” Farfugliò e riprese a camminare
“Prego.. Ehm, mi scusi, ha un momento?” Lui si girò e mostrò una faccia preoccupata.
“Lei è.. il figlio di Cheryl Dok?” Proseguì la detective.
“Cheryl, sì come no.. mia madre si chiama Darah. Quello è il suo nome d’arte. Io sono Hassan. Ma voi chi siete?”
“Polizia. Lei non è d’accordo con il lavoro che svolge sua madre?”
“Sì, lei è libera di fare ciò che vuole, ma..sono io che mi ammazzo di lavoro per mandare avanti tutta la casa.”
“Conosceva Helena Dake?” Hassan abbassò per un momento lo sguardo e si passò la lingua sulle labbra.
“No.”
“E’ morta.” Continuò Beckett.
“L’ho sentito. Vado di fretta, mi scusi.” In pochi secondi era già sparito. Castle e Beckett tornarono alla luce del sole e si rimisero in macchina.
“Scommetto che questo Hassan ti ha insospettito.”
“Accidenti Castle, tu sì che potresti fare il veggente..”
“Che faremo?”
“Intanto lo metto sotto sorveglianza, poi..” La suoneria di Beckett coprì le sue parole.
“Castle rispondi tu, non ho portato gli auricolari..” Rick lesse sul display e rispose.
“Ehi Lanie!” Dall’altra parte ci fu un momento di silenzio.
“Ehm Castle, ma ho chiamato te? In realtà volevo Be..”
“No, il numero è giusto. Sta guidando e ho risposto io.”
“Ok, passate da me, ragazzi. Ho delle novità su Helena Dake.”
“Riferirò. Ciao cara.” Kate lo guardò per un attimo, curiosa.
“Ha delle novità sulla nostra vittima, andiamo da lei.”
 
Lanie li stava aspettando con la faccia di chi non ha niente di felice da annunciare. Non che lei solitamente annunciasse cose felici, ma sapeva prendere il suo lavoro con lo spirito necessario. Ma a volte, determinate situazioni la toccavano più di altre.
“Dicci tutto” Disse Beckett, notando il corpo di Helena Dake sul tavolo.
“Stavo effettuando gli ultimi controlli, e.. ho scoperto che prima di morire è stata stuprata.” Nessuno dei tre parlò subito.
“Ne sei sicura?”
“Beckett, il kit antistupro non mente mai.” Lei annuì, immersa nei suoi pensieri.
“L’assassino è più verme del previsto.” Continuò Castle.
“Avete dei sospetti?” Chiese.
“Sì, qualcosa, ma.. siamo in alto mare.”
“Tenetemi informata.” Concluse la dottoressa Parish e li salutò.
“Ciao cara!” Esclamò Beckett prima di uscire scimmiottando Castle poco prima. Tutti e tre risero, sciogliendo il clima di tensione che si era creato pochi minuti prima.  
 
“Ripensavo alle parole della medium..” Fu Castle a rompere il silenzio mentre uscivano dall’obitorio.
“Cosa ti insospettisce?”
“Non mi riferisco al caso.. intendevo le parole su di te. Persone che se ne vanno, persone che restano..”
“Castle ti prego, sono solo sciocchezze.” Lei non aveva nessuna voglia di starlo a sentire. Per paura che potesse dire cose così tremendamente giuste.
“Restano se sei disposta a farle restare..” Senza accorgersene si erano fermati sul marciapiede, faccia a faccia.
“Ricky! Ricky!” Una voce stridula era sempre più vicina a loro. Castle si voltò e si ritrovò le labbra di Gina stampate sulle sue prima ancora che potesse accorgersene.
“Gina! Che coincidenza..” Lui abbozzò un sorriso e diede un’occhiata alle numerose buste che la bionda manteneva a malapena.
“Non dirlo a me! Sto facendo un po’ di shopping, e.. ma che maleducata, non ho salutato la detective!” Gina spostò lo sguardo da Rick a Kate, che era rimasta semi nascosta dietro lo scrittore.
“Salve Gina.” Salutò composta e senza alcun tipo di moina.
“Detective, è sempre un piacere.” Mostrò il suo sorriso più falso, peccato che il tono lasciò  trasparire l’esatto contrario di ciò che aveva affermato. Non le dedicò più di trenta secondi e tornò a sbaciucchiare il volto di Castle.
“Ricky, mi avevi promesso che un giorno mi avresti accompagnata in giro per i negozi!” Civettò Gina.
“Immagino che quel giorno sia arrivato.” Commentò lui.
“Sempre se a Beckett non dispiace..”
“Ma chi, a me? Sicuramente no, tanto avevamo finito..” Disse imponendosi una certa disinvoltura.
“Beckett guarda che..”
“No Castle, vai. Ci vediamo domani.” Lui le diede un bacio sulla guancia prima di essere a dir poco trascinato da Gina. Beckett non si aspettò quel gesto, tantomeno di fronte all’ex moglie. Rimase impalata e li guardò allontanarsi, lei sotto il suo braccio che agitava la chioma e le mani, come se stesse raccontando chissà cosa. Le sembrò di rivivere una scena di qualche mese prima, quando l’estate era alle porte e lei ebbe l’illusione che forse, quell’estate, sarebbe stata diversa. Era giugno. Aveva raccolto tutto il suo coraggio, messo da parte l’orgoglio, aperto la mente al cuore. Ricordò perfettamente gli occhi di Castle, quel giorno li vedeva brillare particolarmente, erano proprio belli. Avrebbe voluto specchiarsi in quegli occhi per un’estate intera. Era perfetto. Un piccolo passo e sarebbe stato tutto perfetto, già sembrava così. Ma bastò pochissimo a far crollare il suo castello di convinzioni. Bastò una bionda tinta e delle labbra rifatte. Lui era già lontano. E anche stavolta, nel freddo secco di dicembre, lui era distante, la bionda aveva vinto un altro piccolo round.
Kate ripensò alle parole di Cheryl Dok. Com’erano esattamente? Non lasciarti sfuggire quelle persone destinate a restare. Cogli l’attimo.
Ritrovò la forza per riattivare ogni muscolo e si avviò a passo veloce in macchina. E’ solo una stupida medium.

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Capitolo 7
*** Una festa indesiderata ***


7)Una festa indesiderata

Beckett si distrasse dallo schermo del computer solo quando l’odore del caffè si insediò nelle sue narici. Salutò lo scrittore e riprese a scrivere. Dopo un po’ rialzò lo sguardo, sentendosi osservata.
“Castle?”
“Non sembri arrabbiata. Direi neanche offesa, o innervosita.” Dichiarò scrutandola e sembrando sollevato.
“Perché dovrei esserlo?” Domandò lei abbandonandosi allo schienale della poltrona.
“No, sai, pensavo che.. dopo ieri.. insomma, non è stato carino andarmene, ma..”
“Castle non me la prendo per certe cose. Sono una donna matura.”
“Non sarei dovuto andare.”
“Ancora?!”
“Guarda che lo dico anche per me. E’ stata un’esperienza..traumatica.” Il suo volto assunse una strana espressione.
“Sei abituato davvero male con le donne..” Rick tornò a guardarla.
“Non con te.”
“Ovviamente.”
Ryan entrò nella stanza diretto verso la detective.
“Beckett, ho i tabulati telefonici di Hassan Madrah, il figlio di Cheryl Dok. Indovina un po’? Si sentiva con Helena Dake. E anche piuttosto assiduamente.”
“Lo sapevo che ci stava nascondendo qualcosa.. bene, farò una visitina al signor Hassan.”
“Ehi Ryan, Charlie è di là?” Chiese Castle.
“Ehm.. sì, è in sala relax con Adam..sono molto in confidenza, sai? Adesso a quanto ho capito stanno parlando dei loro tatuaggi..” 
“Charlie non ha tatuaggi!”
“Forse non li ha in parti visibili..” Ryan fu incendiato con un solo sguardo.
“Castle, io sto andando.” Disse Beckett già con la borsa in spalla. Per un attimo Rick rimase indeciso su cosa fare. Spostò lo sguardo da Beckett alla sala relax, poi il contrario.
“Cosa ha di tanto speciale, quello?” Borbottò mentre si avviava verso l’ascensore con Kate.
“Devo proprio rispondere? Castle, ricorda che Charlie non è Alexis.”
“Già..”
“Sei carino quando sei geloso.” Disse Kate trattenendo una risata.
“Tu hai qualche tatuaggio?” Beckett non rispose, semplicemente iniziò a fissare i tasti dell’ascensore. Ma quella smorfia sul suo volto era senza dubbio un sorriso.
“Dove?” Rick passò dal broncio post-gelosia paterna alla sua espressione di più totale curiosità maniacale. In quel momento le porte si aprirono e la detective iniziò a camminare molto velocemente.
“Che dirti, Castle? Se fossimo in tv ti ricorderei che siamo in prima serata.” E lo lasciò leggermente indietro a crogiolarsi nei suoi pensieri.
 
Beckett diventò molto silenziosa non appena raggiunsero il luogo in cui lavorava Hassan Madrah, un mercatino popolare. Forse avevano a che fare con un assassino, o comunque con una persona che aveva qualcosa da nascondere.
“Eccolo, è lì. Dietro la bancarella dei profumi.” Spalla a spalla lo raggiunsero.
“Hassan, si ricorda di me? Sono..” Il terrore sul volto dell’uomo prese il sopravvento ancora prima che Beckett finisse di parlare, e con un salto agile scavalcò la propria bancarella ed iniziò a fuggire. Beckett iniziò a correre per raggiungerlo, Castle fece lo stesso, ma la grande folla del mercato rendeva le cose molto difficili. La detective cercava di aprirsi un varco urlando che era della polizia, e questo mise in fuga molti proprietari di altre bancarelle.
Ad un certo punto, Hassan inciampò in una corda abbandonata a terra e Kate potè finalmente raggiungerlo. Lo afferrò, lo stese a terra e gli mise le manette. Castle arrivò trafelato un minuto dopo, piegandosi sulle ginocchia.
“Tutto bene?” Gli chiese Beckett mentre portava Hassan verso la macchina.
“Sì.. è che non ho l’età per certe cose.” Rispose lo scrittore con il fiatone.
 
Un’ora dopo Hassan si tormentava le mani nella sala degli interrogatori. Era un pessimo attore, dal suo volto e dai suoi gesti continuava a trasparire paura ed insicurezza.
“Hassan, è giunto il momento di parlare. Perché ha mentito? Conosceva Helena Dake.” I suoi occhi grandi color nocciola si spalancarono.
“Non l’ho uccisa io, lo giuro!”
“Lei è il figlio di una medium, Hassan. La vittima è stata ritrovata circondata di fiori e candele. Questi indizi conducono a lei.”
“Amico, sei un mare di guai..” Sussurrò Castle.
“Perché mentire? Perché fuggire non appena ci ha visti?” Beckett incrociò le mani sul tavolo senza mai staccare gli occhi dal sospettato. Lui, dopo essersi sfregato gli occhi, sospirò.
“Vi ho mentito perché non volevo guai con la polizia. Non fraintendetemi, non ho mai commesso un omicidio. Io e mia madre siamo indiani, ma non abbiamo il permesso di soggiorno. Siamo clandestini, ma non possiamo rischiare di essere rispediti in India. Siamo gente povera, ma.. qui in America abbiamo una possibilità di sopravvivenza. Dovete credermi!” Questo spiegò perché molti proprietari delle bancarelle fuggirono quando sentirono che Beckett era della polizia. Clandestini.
“Dai tabulati telefonici abbiamo scoperto che si sentiva spesso con la Dake. Qual era il vostro legame?” Lui abbassò lo sguardo e gli occhi gli si riempirono di lacrime.
“Avevamo una storia..” Confessò quasi piangendo.
“Lei era l’amante di Helena Dake?” Chiese incredulo Castle, Hassan annuì.
“Mia madre non vi ha detto nulla perché sapeva che poi sarei diventato un sospettato, e non possiamo permetterci di avere guai con la polizia. Io amavo Helena, l’amavo davvero! Ci eravamo conosciuti quando lei andava da mia madre, e.. io me ne sono innamorato dopo poco. Era una donna fantastica e non mi interessava se era sposata. Io la rendevo felice. Non avrei mai potuto ucciderla!” Le parole si mutarono in un pianto disperato.
“Hassan..quand’è stata l’ultima volta che ha visto Helena?”
“Il giorno prima della sua morte, di pomeriggio. Siamo stati insieme e lei era assolutamente normale. Non avrei mai immaginato che potessero ammazzarla.”
“Dov’era la notte tra l’11 e il 12 dicembre?” Lui tirò su con il naso e provò a fermare le lacrime.
“Sono tornato a casa verso le 3 e mezza, dopo aver portato il nuovo carico di profumi al mercato. Devo farlo di notte, perché è roba illegale. Poi mi sono messo a dormire, può confermarlo mia madre, ma mi hanno visto entrare nel palazzo anche due uomini. Sono i clienti di una prostituta che vive al primo piano.” Beckett annuì e lo fece uscire dalla stanza chiedendo che gli venisse portato un bicchiere d’acqua per calmarlo.
“Mi ha fatto tenerezza..” Commentò Castle mentre si dirigevano verso la lavagna.
“Non è stato lui. Siamo punto e a capo.” Kate sbuffò.
Nello stesso momento arrivarono nella stanza Charlie, Adam, il capitano, Ryan ed Esposito, tutti intenti a parlottare di qualcosa. Castle capì solo parole sconnesse come ballo, Natale, vestito, che scocciatura.
“Ehi latte e miele, potresti portare la tua dolce metà!” Disse Esposito a Ryan, mentre lui continuava a leggere un foglio che assomigliava ad un volantino.
“Che succede?” Chiese Kate.
“La festa di Natale del distretto. Quest’anno siamo gemellati ad un altro distretto, è indispensabile la partecipazione.” Disse il capitano consegnando gli inviti a Beckett e a Castle.
“Ma l’anno scorso non abbiamo fatto nessuna festa.. abbiamo solo brindato tra di noi..”
“Infatti Castle, secondo me era molto meglio!” Aggiunse Ryan.
“Naa..ci divertiremo..” Rick si aprì in un sorriso e si girò verso Kate, che ancora stava leggendo.
“Capitano, ma.. è domani sera!”
“Sì Beckett, scusami per il poco preavviso, ma è stato così per tutti.”
“Che c’è, detective?  Non hai un vestito adatto per l’occasione?”
“Zitto Castle. Ti stupirai, ma il vestito ce l’ho. E’ che non mi piacciono queste cerimonie eleganti..”
“Io invece le trovo molto piacevoli..e poi ti vedrò in abito da sera..”
“Io non ci giurerei, perché non ho intenzione di partecipare.” Detto questo,  si avviò verso l’ufficio di Montgomery.
Charlie si staccò da Adam per avvicinarsi al cugino.
“Davvero non verrà?” Rick sorrise, sicuro di se.
“Verrà.. a costo di portarla in braccio.” 

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Capitolo 8
*** Wherever you will go ***


Wherever you will go

“No, non ci vado.” Esordì infine Kate allontanandosi dallo specchio e sedendosi sul letto. Lanie la seguì.
“Ma ti sei vista? Sei splendida, splendida da fare invidia. Non puoi non andare, non te lo permetterò.” Kate si specchiò per l’ennesima volta. Il vestito blu notte che indossava le stava alla perfezione. Senza spalline, scendeva lungo e morbido sulle sue curve, accentuandole piacevolmente. La scollatura sulla schiena metteva in mostra la sua pelle candida, quasi di seta. Lanie le aveva fatto una pettinatura degna di tutta quella bellezza, non c’era un solo particolare che stonasse.
“Non sono fatta per queste cose..”
“Ehi, sarà solo una stupida festa di Natale con gente del distretto.. non stai andando ad un brunch con gli amici di Castle!”
“Ecco, Castle. Lui è così adatto per queste occasioni, io..io mi sentirò in imbarazzo.”
“Smettila, Kate. Castle è sempre dolcissimo con te..e poi non mi spiego questo nervosismo.”
“Neanche io..” Concluse sistemandosi la collana.
 
Anche in casa Castle l’agitazione non era da meno. Martha, Alexis e Charlie ronzavano attorno a Rick da ore, gli consigliavano cravatte, profumi, cinture, gli sistemavano il colletto della camicia blu ogni due minuti.
“Signore, mi state agitando. E’ solo una festa di Natale.” Sembrò quasi autoconvincersi.
“Figliolo, questo non vuol dire che tu non debba essere perfetto. A proposito, hai usato l’acqua di colonia?”
“No, mamma. Quell’acqua di colonia puzza.” Martha alzò gli occhi al cielo e diede un altro sorso al Martini nel bicchiere. Alexis abbracciò il padre.
“Sei bellissimo papà.. ma io avrei scelto la cravatta rossa.”
“No, la cravatta grigia è perfetta. Si intona allo smoking.” Commentò Charlie soddisfatta della sua scelta, poi tornò a guardare il suo riflesso.
“Charlie, con questo vestito stenderai Adam.” Disse Rick.
“Credi che gli piacerà?” Domandò entusiasta. Il suo vestito rosso aveva uno spacco in direzione dello sterno e si fermava sopra il ginocchio, lasciando ammirare le sue gambe magre e slanciate.
“Quel ragazzo è così strano, misterioso.. affascinante..” Continuò lei.
“Sì, lo sappiamo com’è mister muscolo, ce l’hai detto mille volte. Ragazzi miei, dovete darvi una mossa, o farete tardi. E non è elegante.” Concluse Martha spingendoli verso la porta.
“Mamma, aspetta. Non è che stai aspettando qualcuno?” Lei accennò una risata.
“Solo qualche amico dei vecchi tempi, Richard..”
“Mamma! Devi chiedermi il permesso prima di organizzare feste in casa nostra! Alexis, tienili d’occhio!” La figlia gli fece l’occhiolino e Martha chiuse del tutto la porta.
 
Kate e Lanie arrivarono al luogo della festa con una buona mezz’ora di ritardo rispetto all’orario indicato, come è giusto che sia per due donne.
In ascensore, Kate continuava a maneggiare il ciondolo della collana, con gesti nervosi e meccanici che infastidirono non poco l’amica.
“Finiscila.”
“E’ che non lo so cosa mi prende! A me piace  brindare con la birra, in un bar qualsiasi, con i miei jeans addosso. Non voglio mettermi in ghingheri per una serata che..” Le porte si aprirono e Lanie la zittì, prendendola sottobraccio. Fu un sollievo per la detective vedere quasi subito Ryan con la sua ragazza ed Esposito. Si avvicinarono e dopo brevi saluti si spostarono verso il capitano, intento a parlare con il capitano del distretto gemellato. Dopo essersi presentata a quest’ultimo, Kate si guardò intorno, in cerca di Castle. Guardò attentamente ogni uomo nel raggio della sua visuale, ma nessuno era lui. A volte il suo sguardo venne ricambiato, alcuni uomini infatti presero a fissarla, soffermandosi sul suo corpo. Lanie le diede una piccola gomitata per attirare la sua attenzione.
“Arriverà.” Si limitò a sussurrare.
Poco dopo, mentre Kate era intenta a versarsi dello spumante, una mano calda si posò sul suo fianco.
“Stasera ci sono troppi occhi puntati su di te, detective.” Le venne la pelle d’oca al contatto con quel fiato caldo nell’orecchio. Lei sorrise e si voltò verso Castle.
“Ti infastidisce?”
“Non poco.” Rispose lui, serio ma con quel solito tono ammaliatore.
“Sei bellissima.” Aggiunse poi, guardandola da testa a piedi. Li raggiunse anche Charlie, già seguita da Adam. Si salutarono e raggiunsero nuovamente il capitano, che li aveva chiamati.
In fondo la festa era stata organizzata anche per uno scambio di idee tra i distretti e per eventuali collaborazioni, quindi era molto importante dialogare con altri agenti e detective, anche se Beckett non ne aveva per niente voglia.
Castle al contrario sembrava molto a suo agio, raccontava aneddoti vissuti con Kate ed era curioso di conoscere quelli altrui, ma soprattutto era curioso di conoscere casi che potevano interessarlo o, meglio ancora, ispirarlo.
Dopo un paio d’ore, quando la festa prese davvero la piega di una festa, persone d’ogni età iniziarono a ballare e ad alzare il gomito.
Fu allora che Kate si sedette su una poltroncina con un cocktail stretto tra le mani. Osservò Castle in lontananza, intento ancora a parlare con chissà chi. Lei non aveva voglia di fare lo stesso, così rimase da sola per qualche minuto. Non passò molto che iniziarono i balli lenti. Si sentiva come se fosse ritornata al liceo, al ballo di fine anno. Capitava quasi sempre che ci andava con un ragazzo che in realtà non le piaceva davvero, ma solo perché era stata troppo orgogliosa con quello giusto, o forse lui era attratto da un’altra..e lei non era il tipo che inseguiva i ragazzi a tutti i costi.
Per la seconda volta nella serata, non sentì Rick avvicinarsi a lei. Stavolta le porse una mano, rimanendo inizialmente in silenzio. Lei lo guardò in cerca di una spiegazione, intanto era partita una vecchia canzone, Wherever you will go.
“Lo so che tanto hai capito, ma sei una di quelle donne all’antica..e vuoi che te lo chieda. Ti va di ballare?” Lei afferrò la sua mano e si fece condurre al centro della sala, dove riuscì ad intravedere Lanie che ballava e rideva con un agente dell’altro distretto, e Charlie abbracciata ad Adam. Lui stava parlando, aveva anche una faccia piuttosto seria. Kate incrociò le braccia dietro il collo di Rick, mentre lui le cinse i fianchi. Fu questione di un momento, si attaccarono, s’incollarono.
“Ti ho visto intento a stringere molte nuove amicizie..”
“Nulla di particolare. E non mi sono dimenticato di te. Aspettavo.. non lo so, il momento giusto, la canzone adatta.”
“Questa è adatta?”
“Potrebbe, o forse no.. ma è bella, so che ti piace. Ti ho vista sorridere non appena è iniziata.. questo la rende adatta.” Kate sorrise. Incredibile quanto quell’uomo fosse attento ai dettagli, quanto fosse attento a lei. 
“Io e te che balliamo, abbracciati, questa canzone.. potrebbe quasi sembrare romantico.” Disse la detective.
“Possiamo anche far finta che non lo sia.”
“Già..”
“Ma forse facciamo già finta di troppe cose, tu ed io..” Sussurrò, poi tornò a guardarla negli occhi. Poche volte li aveva visti così da vicino, così vicino che li avrebbe ricordati per sempre. Con quell’affermazione, l’aveva spiazzata. Non capitava spesso di lasciare Kate Beckett senza parole, senza una risposta pronta..ma ci era riuscito. Lei rimase a guardarlo, e probabilmente la distanza tra i loro volti stava diminuendo, la canzone era quasi finita, sarebbe finita anche la magia?
“Beckett!” La voce del capitano creò un varco tra loro. Montgomery li raggiunse correndo, gli si leggeva in faccia il rammarico per averli interrotti, ma era visibilmente allarmato.
“Beckett, c’è stato un omicidio. Una donna è stata ritrovata nella piscina del Royalton Hotel, su un materassino nero. Temo che il nostro assassino sia un serial killer.”
“Andiamo.” Kate concesse solo un ultimo sguardo a Castle e seguì alla svelta il capitano. Rick, invece, rimase immobile, con lo sguardo perso. Fu distratto solo da Charlie, quando la vide arrivare con le sue scarpe alte in mano e la faccia triste.
“Ho paura di avere la stessa faccia che hai tu in questo momento..che succede?”
“Non mi vuole. Adam non mi vuole!” Disse quasi piagnucolando.
“Ma..”
“Dice che ha una relazione complicata con la sua ex, e non hanno chiuso definitivamente..sono la solita cretina, stupida, illusa e sfortunata! E adesso ci mancava solo l’omicidio!” Rick le prese il volto tra le mani.
“Ehi, ascoltami. Adesso tu ti rimetti le scarpe, fai sparire questo faccino triste e ti concentri sull’omicidio..non deve vederti così.” Charlie annuì poco convinta, ma si rimise le scarpe e fece un lungo sospiro. Rick le cinse le spalle con un braccio e si lasciarono alle spalle una stanza colma di occasioni gettate al vento.

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Capitolo 9
*** Serial killer ***


9)Serial killer

La piscina del Royalton Hotel fu circondata dal nastro giallo e nero in poco tempo, mentre una marea di agenti, ancora in abito da sera, perlustravano i dintorni.
Beckett raggiunse Lanie accanto al cadavere. Una donna bionda, probabilmente sulla trentina, giaceva con le mani congiunte sul ventre. Esattamente come Helena Dake. Ed era simile anche la veste che indossava.
“Non abbiamo trovato le boccette con il veleno, ma è stata questa la causa del decesso, la lingua è praticamente blu. Segno che è morta da poco. Vedrò se è stata stuprata e se presenta segni di lotta, domattina presto avrai tutti i risultati.” Concluse Lanie. Arrivò Esposito con il taccuino in mano.
 “Sappiamo come si chiama, Pamela Lewis. Il direttore dell’albergo dice che aveva prenotato una stanza matrimoniale per questa notte, ma non si è mai presentata. O meglio.. non si è mai presentata viva.” Beckett corrugò la fronte.
“Questo vuol dire che l’assassino sapeva che la vittima doveva venire qui..non ha scelto un posto a caso.”
“Questo potrebbe significare che l’assassino la spiava, la controllava.” Aggiunse Castle, Beckett annuì.
“Dobbiamo parlare con i familiari. Esposito, contattali e falli venire al distretto domattina. Per adesso non possiamo fare più nulla.” Beckett si allontanò di qualche metro, incespicando nel vestito.
“Il caso è più complesso del previsto..” Disse Castle seguendola.
“Non abbiamo neanche un sospettato..cos’hanno in comune queste due donne?”
“Pensarci adesso è inutile.” Kate non trattenne una risatina nervosa.
“Guardaci..mi sento ridicola.”
“Non lo sei, lo sai. Credo che abbiamo un discorso in sospeso.” Beckett riprese a torturare il ciondolo della collana.
“Castle..non qui, non ora, insomma.. lasciamo perdere..’notte.”  Ecco, era già voltata dall’altra parte, si stava maledicendo, ma l’istinto non si può comandare. 
“Non si può scappare per sempre, detective..” Furono solo parole sussurrate. Rick la guardò allontanarsi, la guardò stringersi nello scialle grigio e sparire dalla sua visuale. Si sedette su una panchina con una mano stretta nell’altra, continuando a guardare avanti a sé. Charlie silenziosamente si mise al suo fianco, poggiando i gomiti sulle gambe e la testa nei palmi delle mani. Nessuno dei due parlò. Ad un certo punto le parole diventano superflue, quando bisogna dar spazio ai pensieri. 
 
Quando la mattina dopo Castle arrivò al distretto, si accorse subito del clima frenetico che regnava. Beckett lo salutò solo con un piccolo cenno della testa, Ryan ed Esposito stranamente non erano in vena di scherzi, Charlie aveva due occhiaie che le arrivavano all’ombelico e il capitano era pressoché intrattabile.
“Beckett, è arrivato un uomo, si chiama Roger Finch, è per Pamela Lewis..” Annunciò Ryan.
“E’ il marito?” Beckett si alzò dalla sedia abbandonando il suo lavoro al computer.
“Non proprio..” Prima che lei potesse replicare, Ryan lo portò dentro.
“Detective Beckett..è vero che Pamela è morta?” Un uomo giovane, con i capelli rossicci e gli occhi verdi si presentava di fronte la detective.
“Purtroppo sì. Ma lei.. chi è?” Prima di rispondere, Finch chiuse gli occhi, e li riaprì colmi di lacrime.
“Ero.. beh ecco..l’amante di Pamela. Mi chiamo Roger Finch.” Castle ebbe un’illuminazione, provò ad attirare l’attenzione di Kate, ma lei lo ignorò nonostante l’avesse notato.
“Signor Finch, la camera d’albergo prenotata al Royalton era per voi due?”
“Sì detective, ma io non sapevo che l’albergo era quello. Mi sono sentito con Pamela ieri mattina telefonicamente, e mi ha detto che mi avrebbe chiamato nel pomeriggio per farmi sapere in che hotel ci saremmo visti e a che ora. Facevamo sempre in questo modo, capitava che lei avesse degli impegni con il marito all’ultimo momento, e così.. era sempre a lei a prenotare. Non ho mai ricevuto la sua telefonata ieri pomeriggio, e allora sono rimasto a fare il mio turno di notte all’ospedale, al Presbyterian Hospital. Sono un infermiere.”
“Quindi era al Presbyterian ieri sera tra le 11 e mezzanotte?” Lui annuì. Beckett stava per porgli un’altra domanda, ma delle voci la distrassero. Stava arrivando il marito di Pamela Lewis. Roger Finch assunse un’espressione terrorizzata.
“Detective, non posso trattenermi. Ma sarò a vostra disposizione.” Finch corse via, cercando di evitare l’uomo muscoloso entrato nel distretto. 
“Che situazione..” Commentò Castle, mentre Beckett accolse il marito.
“Sono John Parker, il marito di Pamela.” Gli strinse la mano.
“Detective Kate Beckett. Venga di là.” Lo condusse verso i divanetti del distretto. Castle provò ancora una volta a parlare con Kate, ma non ottenne nessun risultato. Si sedette rassegnato accanto alla detective.
“Signor Parker, condoglianze. Quand’è stata l’ultima volta che ha visto sua moglie?”
“Ieri mattina, prima di andare entrambi al lavoro. Io ho una ditta di computer, lei lavorava in un supermercato.” 
“Un supermercato?” Echeggiarono Castle e Beckett. Lei si girò per un momento nella sua direzione, ma spostò subito lo sguardo.
“Sì..sulla dodicesima.”
“Vede, l’omicidio di sua moglie è stato uguale a quello di un’altra donna, Helena Dake. Anche lei purtroppo è stata stuprata. La conosceva?”
“Mai sentita..”
“Beh, lavorava in un supermercato, verificheremo se è lo stesso. E poi.. credo che ci sia un altro punto in comune tra le due donne.” 
“Ovvero?”
“Era a conoscenza del fatto che sua moglie aveva un amante?” John Parker sospirò.
“Sì, Pamela ha avuto un amante, ma la loro storia si è conclusa all’incirca quattro mesi fa.”
“Si ricorda il nome dell’uomo?”
“Certo, non potrei mai dimenticarlo. Roger Finch.” Beckett cambiò posizione.
“Signor Parker.. quello che sto per dirle non sarà piacevole..sua moglie si vedeva ancora con Finch. Lui si è presentato qui appena prima di lei, per avere conferma della morte. Pamela doveva vedersi con lui al Royalton.”
“Quel figlio di..Pamela mi aveva giurato che non si vedevano più, e per i suoi impegni usava la scusa di andare a trovare le amiche..che idiota ad essermi fidato. Finch ce l’ha un alibi?”
“Sì, lo controlleremo. Devo chiederlo anche a lei, signor Parker, dov’era ieri tra le 11 e mezzanotte?”
“A casa, sono rientrato alle nove e mezza e non sono più uscito. Possono testimoniarlo le telecamere di sorveglianza del palazzo. C’è una sola uscita e abito al nono piano.. mi sarebbe impossibile uscire dalla finestra. Se abbiamo finito, io me ne andrei.”
“Prego.. si tenga a disposizione, noi la informeremo di eventuali novità.” John Parker uscì distrutto dal distretto.
Beckett si diresse veloce verso la lavagna ed impugnò il pennarello.
“Due donne morte nello stesso modo, infedeli ai rispettivi mariti.. dobbiamo verificare se il supermercato è lo stesso. Questa è la pista giusta. Dobbiamo convocare il signor Watson, il marito di Helena Dake.. lui ci dirà del supermercato.” Concluse, ma parlò più a se stessa che a Castle.
“Beckett.” 
“Hm?” Rispose distratta.
“Mi stai evitando.”
“Non ti sto affatto evitando.” Pessima, a dire le bugie. Incapace, più che altro. 
“Ti fermi un momento?”
“Cosa c’è, Castle? E’ solo una giornata pesante.”
“I morti di solito non ti fanno quest’effetto.” Nel frattempo le si era avvicinato, costringendola a fermarsi, a guardarlo.
“Castle ti prego..”
“Beckett, adesso ne parliamo. Perché se non ne parliamo adesso, non ne parleremo più. Come succede sempre. Che stava succedendo ieri, mentre ballavamo? Com’era, per te? Normale? Che stava succedendo?” Ripetè lui. Kate si guardò intorno, nessuno sembrava averli notati.
“Non stava succedendo proprio niente, ok?”
“E’ ok se me lo dici guardandomi. E’ ok se adesso alzi lo sguardo su di me e me lo ripeti, con convinzione. Non sarà davvero ok, ma ti lascerò in pace.” Era serio. Incredibilmente serio. Non era abituata a vederlo così, la sua voce la fece quasi rabbrividire. Alzò lo sguardo, istintivamente. Sapeva che stava sbagliando, che stavolta non si scherzava, e le conseguenze sarebbero arrivate. Ma l’orgoglio..
“Non è successo niente.” Una frase breve, secca. Pronunciata con la stessa freddezza con cui si parla ad un criminale prima di buttarlo in prigione. Rick dischiuse appena le labbra, poi le serrò nuovamente. E annuì. Annuì arretrando. 
“Vedi? Non era difficile, detective.” Si congedò con un sorriso amaro, prima di andare verso i bagni maschili. Kate si passò una mano tra capelli e riprese a respirare regolarmente, le sembrava di essere stata in apnea.
“Beckett!” Esposito dovette toccarle una spalla per ricevere la sua attenzione.
“Stai..stai bene?” Chiese stranito quando lei si girò.
“No. Cioè sì, sì.. bene.. benissimo, alla grande. Che c’è Esposito?” Lui lasciò perdere la sua reazione e indicò in lontananza.
“Si è presentato il signor Watson, dice che vuole parlare con te.”

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Capitolo 10
*** Sulle tracce di Jay ***


10)Sulle tracce di Jay

Daniel Watson si era presentato volontariamente in centrale prima ancora che Beckett lo convocasse per ricevere le informazioni che le servivano. La detective aveva aperto la porta della stanza degli interrogatori e l’aveva fatto entrare, in quel momento arrivò anche Castle. Tra i due ci fu un momento di esitazione, sguardi imbarazzati e tensione alle stelle. Castle le fece gesto di entrare, poi entrò anche lui ma rimase ad ascoltare in piedi nell’angolo.
“Signor Watson, mi dica tutto.” Lui sembrava meno preoccupato ed ansioso rispetto alla prima volta che fu interrogato, stavolta era più sicuro e determinato.
“Non appena ho letto sul giornale che Pamela Lewis era morta, mi sono sentito in dovere di comunicarvi i miei sospetti. Innanzitutto Pamela Lewis fu assunta al supermercato lo stesso giorno che mia moglie Helena decise di licenziarsi. Non può essere una coincidenza, lo stesso posto di lavoro! Inoltre la ricordavo bene, a causa di un episodio. Nel supermercato, lavorava e lavora ancora, presumo, un uomo, Victor Jay. E’ davvero un tizio strano, oserei dire pericoloso, maniaco. Ci aveva provato con mia moglie, nulla di serio, ma sapeva diventare davvero fastidioso e ossessivo dopo un rifiuto. E mi ricordo che non appena Pamela Lewis entrò nel supermercato, Victor le si avvicinò, con quella sua faccia da verme..” Beckett aveva avuto la risposta alla sua domanda, il supermercato era lo stesso. Si appuntò il nome di Victor Jay.
“Queste informazioni sono molto importanti signor Watson, abbiamo finalmente una pista da seguire. Andremo al supermercato e parleremo con Jay. Grazie per la collaborazione.”
 
Dopo che Beckett finì di appuntare le ultime cose, fu inevitabile il contatto con Castle.
“Io.. vado a cercare Victor Jay al supermercato.”
“Sì.. vengo con te.”
Rimasero in silenzio per tutto il tragitto. Beckett non era abituata, Castle aveva una voglia enorme di parlare, di chiarire, ma, come poche volte nella sua vita, decise di dare spazio alla razionalità. Di lasciare da parte l’istinto.
Entrati nel supermercato, Beckett si rivolse ad una cassiera che masticava volgarmente la gomma a bocca aperta.
“Victor Jay lavora qui?”
“Sì, ma oggi non c’è.” Fece lei.
“Posso parlare con il direttore?”
“Signora, non effettuiamo cambi sui prodotti in offerta, sulla tessera c’è scritto.”
“Crede che questo sia un prodotto in offerta?” Disse sbattendole il distintivo sotto il naso. Quella deglutì e chiamò il suo superiore con l’altoparlante.
“L’ufficio del direttore è da quella parte.” Indicò una porta seminascosta da alcuni scaffali e riprese a fare scontrini.
Il direttore si chiamava Christopher Cooper, quarantacinquenne, alto con i capelli già mezzi grigi, all’apparenza un tipo schivo. Li fece accomodare e iniziò a scrutarli con i suoi occhi piccoli e chiari.
Si soffermò soprattutto su Beckett, quasi che lei più di una volta non ebbe la certezza che lui stesse effettivamente ascoltando le sue parole. Quello sguardo la infastidiva.
“Quindi, ricapitolando, voi sospettate di Victor?”
“Il marito di una delle due vittime, ce l’ha descritto come un uomo ossessionato dalle donne, molesto. Può confermarlo?”
“Beh.. sì, Victor è un tipo strano, ma non avrei mai pensato che potesse fare del male a qualcuno. Quale potrebbe essere il movente?”
“Non lo sappiamo, signor Cooper. Ma sia Helena Dake che Pamela Lewis l’avevano rifiutato.”
“Il rifiuto in amore è un ottimo movente.” Aggiunse Castle.
“Sa dirmi perché Victor non è al lavoro oggi?”
“Manca da ieri, si è dato in malattia.”
“Mi serve il suo indirizzo ed una foto.” Il direttore controllò sul suo computer.
“Abita qui vicino, sulla tredicesima.” Segnò via e numero civico e consegnò la foto, presa dal curriculum di Jay.
“Detective, mi informi sugli sviluppi dell’indagine. Le mie dipendenti iniziano ad aver paura.” Disse Cooper mentre li accompagnava alla porta.
“Signor Cooper, se Victor si dovesse presentare qui, deve avvisarci subito.”
“Lo farò.”
 
Beckett fermò la macchina poco dopo essere usciti dal supermercato.
“Stiamo andando a casa di Jay?” Chiese Castle chiudendo la portiera.
“Indovinato.” Rispose lei senza degnarlo di uno sguardo. Salirono le tre rampe di scale e bussarono alla porta di legno con una targhetta mezza staccata, sulla quale si poteva ancora leggere, nonostante fosse quasi del tutto sbiadita, la scritta Victor Jay.
Bussarono due, tre, cinque volte, ma non ci fu nessuna risposta. Anche nella casa accanto non c’era nessuno, molto probabilmente era abbandonata. Non avendo un mandato, Beckett non ebbe altra scelta e tornò al distretto, ordinando di stampare più copie della foto consegnatale da Cooper.
Il resto della giornata passò lento, il cielo era ricco di pesanti nuvole nere che diedero vita ad un violento temporale di metà dicembre.
“Ehi..” Charlie raggiunse il cugino vicino la macchinetta del caffè. Lui accennò un sorriso.
“Rick perché non ne parlate?”
“Lo sapevo che saresti venuta per una seduta di psicoanalisi.”
“Nessuna seduta, semplicemente..”
“Charlie, lascia stare. Ti adoro, lo sai, e non vorrei rischiare di mandarti al diavolo.. ma non è momento. E’ meglio che torno a casa..” Lei annuì.
“D’accordo. E scusami..”  
“Non devi.” Le diede un bacio sulla fronte e uscì dalla stanza, incontrando lo sguardo di Kate che stava entrando. Rimasero a guardarsi per alcuni istanti, poi lui riprese a camminare. Beckett entrò e sbuffando si lasciò cadere su una poltrona. Charlie prese il caffè che si era appena preparata e glie lo porse, in silenzio. Pensò che aveva già parlato fin troppo.
 
Rick girò la chiave nella toppa e un odore di tacchino ripieno lo investì. Alexis aveva lo sguardo fisso nel forno, invece Martha si staccò dai fornelli andandogli incontro con un sorriso a 32 denti. Indossava il grembiule bianco ed il cappello da cuoco.. segno che si era data alla preparazione della cena con immenso impegno.
“Figliolo, questo è un grande giorno. Sono fiera di poter dire di aver cucinato il miglior tacchino ripieno degli ultimi cent’anni. Neanche quelli del ringraziamento sono così belli.. avanti, vieni a dare un’occhiata!”
“Wow, mamma.. è.. fantastico, sul serio. Ma non ho molta fame, scusatemi.” Mandò un bacio ad Alexis e si chiuse nel suo studio.
“Ha messo il broncio. E quando mette il broncio, vuol dire che ha litigato con Beckett.” Dichiarò la ragazzina.
“E il tacchino?!”
“Scommetto che è buonissimo, nonna. Ma sai.. in questi casi aiuta di più un doppio cheeseburger con bacon.” Alexis l’abbraccio e si infilò alla svelta il giubbotto, diretta da McDonald’s .
“Che.. che.. eresia!” Commentò Martha quando ormai era già troppo tardi.

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Capitolo 11
*** L'incendio ***


11)L'incendio

L’indomani, Rick si presentò alla stessa ora di sempre, portando i due caffè.
“Castle..”
“Senti Beckett..” Parlarono contemporaneamente appena dopo che i loro occhi si incrociarono. Castle le fece segno di proseguire.
“Odio questa situazione.”
“Anche io.”
“E’ che.. mi dispiace, Castle. Non è vero che per me il ballo non ha significato niente. Però con te è tutto così complicato..e non lo so perché! E’ così, probabilmente lo è sempre stato. Non ho le idee chiare. E odio non avere le idee chiare. Mi fa sentire insicura, debole.”
“Prima o poi ne dovremo uscire, lo sai?”
“Forse non ne usciremo mai..” Lui si avvicinò di qualche passo.
“Vedi, io penso che..” Il cellulare di Kate iniziò a squillare, facendola leggermente sussultare.
“Scusa.” Disse portandolo all’orecchio.
“Beckett. Sì, sono al distretto.. che cosa?! Andiamo subito.”
“Che succede?” Rick la guardò stranito.
“Hanno segnalato un incendio, il negozio di vernici di Watson ha preso fuoco. Lui è ancora dentro, dobbiamo sbrigarci.”
 
L’auto di Beckett frenò di colpo la sua disperata corsa, bloccata dalle ardenti fiamme che sembravano alzarsi fino al cielo.
Il negozio di vernici di Watson, isolato nella periferia della città, appariva davanti ai loro occhi come un vero e proprio inferno in miniatura, mentre il fumo, già nero e denso, annebbiava la vista.
La detective e lo scrittore si precipitarono fuori dall’abitacolo, increduli di fronte a tale disastro.
“Dobbiamo portar fuori Watson, e alla svelta. Castle chiama un’ambulanza!” Kate avanzò verso la porta, immediatamente Rick la seguì.
“Dove credi di andare?!” Tuonò la detective ad un passo dalle fiamme.
“Non puoi portarlo fuori da sola! Sarò attento, promesso.” Beckett ebbe un momento di esitazione, poi sospirò. Non c’era tempo per discuterne. Velocemente si srotolò la sciarpa dal collo e la mise nelle mani di Castle.
“Copriti naso e bocca.” Lei ringraziò di aver indossato una maglia a collo alto e si coprì con quest’ultimo.
Appena varcarono la soglia dell’entrata un incredibile calore li investì in pieno, mentre la puzza di vernici bruciate rendeva il tutto più difficile.
“Lo vedi?” Urlò Castle.
“No.. spostiamoci nell’altra stanza. Signor Watson, mi sente?!” Non ci fu nessuna risposta. Continuarono a farsi spazio tra le fiamme.
“Andiamo a destra” Disse Kate.
“No, meglio a sinistra.”
“Castle non mi sembra il momento di discu..” Non finì la frase, che una trave cadde dal soffitto, prendendo fuoco verso la parte destra del negozio. Entrambi deglutirono.
“..Ringraziami.” Sussurrò Rick ancora con lo sguardo fisso sulle nuove e vive fiamme.
“Se usciremo vivi, ricordamelo.” 
“Puoi scommetterci..”
“Castle, guarda. E’ lì!” Beckett corse verso la sagoma che aveva appena intravisto, Watson giaceva a terra, ma respirava ancora.
“Avanti signor Watson, presto sarà tutto finito..” Lui non rispose, ma provò ad alzarsi. I due l’aiutarono e in poco tempo furono fuori. L’ambulanza era arrivata, già pronta con la barella. Mentre i medici lo caricavano, Watson cercò con lo sguardo la detective, ma incontrò gli occhi di Castle.
“Lì dentro.. lì dentro c’è il mio gatto.. Wilson.. il mio..gatto..” Poche parole borbottate e sconnesse, ma Rick capì.
“Farò il possibile.” Gli sorrise e corse nuovamente verso l’entrata.
Beckett, distratta a chiamare i vigili del fuoco, non si accorse di nulla. Poi iniziò a guardarsi intorno, in cerca di Rick.
“Castle?! Dove sei?” Eppure era convinta che fosse accanto a lei, pochi attimi prima. Raggiunse il signor Watson un attimo prima che le porte dell’ambulanza si chiudessero, un medico notò la preoccupazione sul suo volto.
“Il suo collega è rientrato nell’edificio, qualche minuto fa.” Bastò questo per farla trasalire. Quasi come se le gambe non fossero le sue prese a correre, così veloce che in qualche secondo era nel negozio.
“Castle!” La visuale era peggiore rispetto a prima, il fumo stava aumentando.
Dopo poco lo trovò, lui si stava avvicinando, stringeva tra le braccia un bel gattone persiano.
“Ehi Beckett.. va.. va tutto alla grande..” Detto questo, le sue gambe cedettero, e si accasciò quasi del tutto sulla detective. Kate, in prossimità della porta, lasciò andare il gatto che corse all’aria aperta e condusse fuori anche Rick, adagiandolo per terra. In lontananza si sentivano le sirene dei vigili del fuoco, ma erano soli, in una periferia troppo dimenticata dal traffico cittadino.
“Castle, rispondimi!” Beckett iniziò a schiaffeggiarlo per farlo rinvenire, ma i suoi occhi continuavano a rimanere chiusi. Le mani della detective tremavano, nonostante lei cercasse di affrontare la situazione con quanto più possibile sangue freddo.
“Forza Castle! E’ davvero troppo presto per sbarazzarci di te, non te lo concedo assolutamente! Devo ancora sgridarti, e ringraziarti e..averti con me, maledizione!” Gli schiaffetti non portarono a nessun risultato, così si avvicinò alle labbra dello scrittore e iniziò la respirazione bocca a bocca.
“Saresti stato attento, eh? Non mi devo fidare di te, accidenti!” Di nuovo soffiò nella sua bocca.
“I gattini li salvano i pompieri, non gli scrittori!” Ancora una volta un soffio.
“Non puoi lasciare la tua famiglia!” E ancora. Iniziò a sentire cedimenti nella sua voce.
“E non puoi lasciare me, Rick!” Fu a quel punto che sentì un lieve colpo di tosse da parte di Castle, primi segni di rinvenimento. Kate sorrise debolmente, constatando che stava aprendo gli occhi. Per un attimo alzò lo sguardo verso il cielo, sospirando. Tornò a guardarlo continuando a sorridere; smise solo quando in un attimo la mano di Rick finì dietro la sua nuca e si ritrovò ad un centimetro dalle labbra dell’uomo. Passò un secondo e quel centimetro non esisteva più. La stava baciando, con dolcezza. Ma stava anche aspettando una risposta..Kate con un solo movimento finì a cavalcioni su di lui, gli prese il viso tra le mani e in quel bacio finì una dose di passione accumulata da troppo tempo.
Da quanto stava durando, ormai? Più di un minuto. Forse due. A Kate iniziava a girare la testa. Da quanto non le girava la testa per un bacio? L’ultima volta che è successo aveva all’incirca 15 anni.
Non fu il rumore delle sirene dei pompieri, sempre più vicino, a farli staccare di colpo, ma l’avvicinarsi di alcune macchine.
Beckett si staccò e rimase a guardarlo, confusa. Poi sciolse quell’imbarazzante posizione e si alzò in fretta, impegnandosi a pulirsi i jeans per sfuggire agli sguardi di Ryan, Esposito e Charlie che erano arrivati sul posto, ma soprattutto per sfuggire a Rick.
In breve tempo quel luogo si mutò in un covo di rumori, di voci e di sirene. I vigili del fuoco iniziarono a spegnere l’incendio mentre arrivavano altre volanti della polizia per cercare di spiegare l’accaduto.
“Beckett, state bene?” Chiese allarmato Esposito.
“Sì, credo..credo di sì..”
Non molto distante, Charlie aveva abbandonato temporaneamente il suo ruolo da agente per saltare euforica di fronte al cugino.
“Vi ho visti! Vi ho visti con questi occhi! Ryan ed Esposito erano nella macchina dietro, ma io.. io ero avanti! Visuale perfetta, ragazzi! E..wow! Non so se è più focoso quest’incendio o il vostro bacio! Belli eh, bellissimi, l’ho sempre detto! Ce ne avete messo di tempo però.. si insomma, meglio tardi che mai, e bravo il mio cuginetto! Ci dai dentro eh!”
“Charlie! Abbassa la voce!”
“Oh sì, scusa, hai ragione, hai ragione..Sai, appena vi ho visti mi è venuta in mente quella canzone, quella vecchia che fa Nananananana so kiss meeee! Cioè davvero era perfetta!” Rick la guardò solo per un momento, scuotendo la testa rassegnato.
“Non lo so perché è successo..”
“Perché doveva succedere! E adesso non fare l’adolescente complessato dopo aver dato un bacio!” Charlie si zittì quando vide arrivare Kate nella loro direzione.
“Io.. io vado a vedere.. qualcosa..qualcosa da fare, sì. Ho giusto sentito Esposito che mi stava chiamando..” Abbozzò un largo sorriso e si dileguò in fretta.
“Ehm.. è arrivata l’ambulanza, è meglio che vai in ospedale per dei controlli.” Fece lei.
“Che cosa?! Non voglio andare in ospedale!”
“Cast..Ri..beh, ci devi andare!”
“Anche tu dovresti!”
“Io non mi sono sentita male!”
“E se mi ricoverano?”
“Ma stai zitto!”
“Andrai a parlare dell’incendio con Watson senza di me..”
“Ci andremo insieme.”
“Promesso?”
“Sì, promesso. Adesso sali su quella dannata ambulanza.” Rick finalmente si arrese e salì.
“La sciarpa?” Disse prima che i paramedici chiudessero la porta. Kate dovette guardarla bene prima di ricordarsi che glie l’aveva data.
“Ma che me ne..tienila.” Tagliò corto. Lui le mostrò un ultimo sorriso compiaciuto.
Montgomery si avvicinò a Kate.
“Beckett, come va? Te la senti di scrivere il rapporto?” Lei si girò a guardare l’edificio, poi tornò sul capitano e annuì poco convinta. Sentiva la testa vuota, come se avesse rimosso ogni cosa successa prima di quel bacio.

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Capitolo 12
*** Il buon motivo ***


12)Il "buon" motivo

Il signor Watson stava meglio, aveva riportato solo qualche ustione ed un braccio slogato, ma nessun trauma cranico o problemi gravi di altro genere.
La cosa più importante è che era perfettamente lucido mentalmente e dichiarò senza alcun’ombra di dubbio di aver visto chi aveva appiccato il fuoco al suo negozio tentando di ucciderlo: Victor Jay.
Quest’ultimo si era presentato nel negozio di Watson approfittando dell’assenza dei clienti e della distrazione del proprietario che era andato in bagno, aveva cosparso di benzina il pavimento e vi aveva gettato un fiammifero.
Appena tornati al distretto, Beckett informò il capitano delle novità e quest’ultimo si prese dieci minuti di isolamento per organizzare un piano per incastrare una volta e per tutte Jay e per verificare che fosse davvero lui l’assassino di Helena Dake e Pamela Lewis.  
Fin dall’inizio della giornata, Castle e Beckett non ebbero occasione di parlare del bacio del giorno prima; lei approfittò del primo momento di tranquillità. Con disinvoltura si avvicinò alla porta dell’ufficio vuoto di Montgomery, sperando che lo scrittore la notasse, ma era troppo preso a fare il giudice tra una gara a braccio di ferro tra Esposito e Ryan. Fu indispensabile passare al piano B.
“Castle, potresti..venire un secondo? Devo.. devo farti vedere..dobbiamo parlare di..quella cosa..di Watson.” Rick si accertò che quei due non lo seguissero con lo sguardo e raggiunse Kate, chiudendo la porta a chiave.
“Immagino che dobbiamo parlare di tutto tranne che di Watson.”
“Perspicace, Castle.”
“Ieri mi hai chiamato Rick. O forse l’ho immaginato?”
“Ecco, a proposito..” Kate iniziò a torturarsi le mani camminando avanti e indietro per la stanza, mentre Castle si era fermato di fronte la scrivania e giocherellava con il fermacarte del capitano.
“Siamo due persone adulte e mature, ragioniamo come tali..” Disse lei.
“Sì, certo, maggiorenni e vaccinati, no?”
“Sicuro.”
“Potresti solo.. si beh, fermarti?”
“Lo so, innervosisce.” Beckett lo raggiunse vicino la scrivania, entrambi guardavano avanti a se.
“Vedi, forse..” Continuò lei.
“E’ successo..”
“Già, sì.. su questo non ci piove..”
“Però..”
“Però non so.. cioè.. le circostanze..”
“Giusto, le circostanze erano particolari..”
“Il fuoco, le fiamme..”
“Il bacio..”
“Sì.. mi hai baciata.”
“Oh, anche tu mi hai baciato.”
“Ma la situazione era particolare..”
“Certo, abbiamo detto le circostanze..”
“Non deve succedere più.” Concluse Beckett con voce decisa, si staccò dalla scrivania e gli si piazzò di fronte, occhi negli occhi.
“Lo penso anche io. Non deve succedere più.” Lei annuì debolmente, posando lo sguardo sulle labbra di Rick.
“Quindi..siamo d’accordo, abbiamo deciso..” Sussurrò lui avvicinandola al suo corpo.
“D’accordissimo..” Si avvinghiarono nello stesso istante, presero a baciarsi senza smettere neanche per un decimo di secondo, si spostarono dalla scrivania e camminarono per tutta la stanza continuando a rimanere attaccati, finchè Kate non sbattè la schiena al muro. Non voleva aprire gli occhi, ma la fastidiosa vocina del buon senso iniziava a martellare nella sua testa. Staccò leggermente il corpo di Castle dal suo.
“Rick, Rick..aspetta..”
“Sshh..” Prima che lui riprendesse a baciarla, lo allontanò ancora. Sapeva che, se avessero ricominciato, smettere sarebbe stato molto più difficile.
“Richard Castle, ascoltami!” Sussurrò con la stessa intensità con la quale si urla.
“Dica, madame.”
“Che.. che stiamo facendo?!”
“Ehm.. vuoi che ti faccia un disegnino?”
“Dannazione fa la persona seria! E’ tutto sbagliato!”
“O tutto giusto..”
“No.. è sbagliato..”
“Dammi un solo un motivo per smettere.. dammi un solo motivo per cui io non debba divorare queste labbra così..stupende, e perfette..” Il tono diminuì man mano che finiva la frase e che si avvicinava nuovamente a Kate. Lei socchiuse gli occhi e accennò un sorriso, con quell’ultima affermazione stava annientando del tutto ogni tipo di resistenza.. ma qualcosa nella tasca di Castle iniziò a vibrare, e successivamente a squillare. Beckett gli regalò uno sguardo furioso e prese il cellulare al suo posto. Lesse il display.
“Ho trovato il buon motivo per smettere.” Disse dura. Castle afferrò il telefono.
“Gina..” Mormorò con rammarico.
“Rispondi. E’ lei la tua donna..” Beckett riaprì la porta e una volta fuori la chiuse sbattendo. Mentre andava verso la sua scrivania, Montgomery l’avvisò della riunione che aveva appena convocato.
“Dov’è Castle?” Chiese poi.
“Nel suo ufficio, capitano.” Concluse Beckett prima di andarsene a passo svelto. Montgomery spalancò la porta del proprio ufficio e trovò Castle di spalle intento a parlare al telefono.
“Gina, smettila di raccontarmi una marea di chiacchiere inutili! No, non mi interessa della tua nuova acconciatura! Perché sei sempre così.. frivola?! Ah, e noi due dobbiamo parlare! Che cosa? No, non riguarda la carta di credito che mi hai prosciugato.. è molto più grave! Ciao!”
“Castle.” Lui si girò di colpo.
“Ehi,capitano..”
“Mi spieghi perché parli al telefono nel mio ufficio?” Rick si portò una mano in testa e si guardò intorno.
“Ma certo.. beh, è molto semplice.. perché.. perché qui c’è un’ottima acustica. E non parliamo del segnale.. è praticamente perfetto. Non a caso è l’ufficio del capitano.. ottima scelta!” Sorrise e gli fece l’occhiolino, mentre Montgomery rimase impassibile.
“E’ per caso di tuo interesse la riunione su come arrestare Victor Jay?”
“Arrivo subito.”
 Una volta raggiunti gli altri, Rick si posizionò affianco a Kate.
“Parliamone..” Le sussurrò, lei alzò gli occhi al cielo.
“Lasciami stare!”
“No.”
“No?!”
“Non posso.”
“Puoi eccome. Te lo ordino.”
“Vi pregherei di fare silenzio!” Tuonò il capitano, Rick e Kate si zittirono, mentre quasi tutti si girarono verso di loro. Charlie provò a scrutarli meglio che poteva..
“Mmh.. brutte notizie da Caskett..”
“Che ne sai?” Chiese curioso Ryan.
“Guarda Kate..si sistema i capelli dietro l’orecchio ogni..” Diede un veloce sguardo all’orologio sul polso.
“Ogni 4 secondi. Segno che è nervosa. Nervosa per un uomo. E poi Rick..la guarda continuamente come se volesse dirle qualcosa, ma poi ci ripensa. Ormai sono come un libro aperto.” Ryan continuò a fissarli, annuendo con la bocca semiaperta.
“Charlie, oltre al bacio dell’incendio? Qualche altra novità?” Chiese Esposito.
“Ehi, voi non lo dovreste neanche sapere! Non fatemi pentire di avervelo detto.. era una confidenza segreta! Ne vale la mia incolumità.”
“Quindi.. nient’altro?” Insistette lui. Charlie si portò l’indice sulle labbra in segno di silenzio.
“E comunque.. no, nient’altro che io sappia.” Aggiunse dopo una ventina di secondi.
Quando il capitano sciolse la riunione, tutti si dileguarono nel giro di pochi istanti: il piano era chiaro e bisognava agire in fretta. 

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Capitolo 13
*** Troppo facile ***


13)Troppo facile

Una decina di agenti muniti di giubbotto antiproiettile, protezioni per il volto e pistola alla mano salirono le scale, in direzione dell’appartamento di Jay. Si erano appostati di fronte casa sua fin dal primo mattino, e finalmente era rientrato.
Beckett e la sua squadra erano in prima linea, Castle compreso. Come da rituale, lei gli aveva ordinato di rimanere in macchina, ma lui non si sarebbe perso l’ennesimo arresto per nulla al mondo.
Ryan ed Esposito spalancarono la porta d’ingresso che dava sulla cucina.
“Libero!” Gli altri agenti, compresa Beckett, si spostarono nel salotto. Victor Jay era immobile e li guardava con la bocca semiaperta.
“Stia fermo lì Jay.” Lo intimorì Kate puntandolo con la pistola. Gli si avvicinò piano e con un solo movimento gli portò le braccia dietro la schiena per mettergli le manette.
“Victor Jay, la dichiaro in arresto per il tentato omicidio di Daniel Watson e per gli omicidi di Helena Dake e Pamela Lewis.” Victor rimase zitto, inerme, e si fece condurre fuori senza la minima resistenza.
“Ma andiamo, così non è divertente! E’ troppo facile! Non vale neanche la pena scriverlo su Twitter!” Esclamò deluso Rick.
“C’è sempre la confessione, amico. Non disperare.” Lo rassicurò Ryan con una pacca sulla spalla.
“Figuriamoci, Beckett lo farà parlare in 5 minuti.”
“Ma dai, hai visto gli occhi di Jay? Sono piccoli, malefici. Sarà un osso duro.” Continuò Ryan. Castle lo guardò scettico ed uscì.
 
“Deve confessare i due omicidi, conto su di te Beckett.”
“Non si preoccupi capitano, so già dove e come colpire.” Mentre entravano nella sala degli interrogatori, Castle mimò con le dita due pistole verso Ryan ed Esposito. Decise che era meglio affrontare la delicata situazione con Kate in un momento di calma, ma tutto ciò non doveva destare sospetti  nel distretto o inutili agitazioni. E poi lo spirito di sdrammatizzazione era perfettamente nel suo stile.
“Castle, prova a stare zitto.” Disse lei prima di chiudere la porta. Finalmente poterono osservare con attenzione il loro uomo: era molto più magro rispetto alla foto che avevano, grandi occhiali sproporzionati rispetto al viso ovale nascondevano due occhietti piccoli e neri, ma profondi. Già durante l’arresto, Beckett aveva notato che Jay era basso e particolarmente magro, faceva quasi trasparire debolezza, fragilità. I capelli neri riempivano a malapena tutta la testa, lasciando spazio ad una leggere calvizie. Infine, le numerose rughe e macchie della pelle sul suo volto, gli davano almeno dieci anni in più.
“Ti parlerò molto chiaramente, Victor. La tua libertà è pressoché finita, ti conviene confessare tutto e anche piuttosto in fretta, inutile perdere ulteriore tempo. E soprattutto inutile per te peggiorare la tua situazione. Non hai chiesto un avvocato, il che mi fa pensare che hai voglia di parlare..” Disse Beckett estremamente padrona della situazione.
“Esatto. V-voglio c-c-c-onfessare. Tutto.” Era parecchio nervoso, questo gli provocava balbettamenti.
“Ti ascolto.”
“Ho stuprato ucciso Helena Dake e Pamela Lewis. E ho provato ad uccidere Watson, incendiando il suo negozio. L’ho fatto perché lo stesso giorno dell’incendio è venuto al supermercato, pensando che non mi accorgessi di lui. Allora ho deciso di seguirlo, e l’ho visto arrivare qui alla polizia.. sapevo che avrebbe detto qualcosa su di me.. volevo toglierlo di mezzo.” Affermò con lucidità.
“Perché hai ucciso Helena e Pamela?”
“L-loro lavoravano al s-s-upermercato. Ero stato innamorato d-di entrambe, ma loro mi hanno sempre r-rifiutato. Tutti hanno sempre creduto che io fossi un uomo pericoloso, molesto.. io..io lo sono diventato, col tempo. Io s-s-apevo corteggiare le donne, ma l-loro non mi volevano..allora le ho seguite, perché ero ossessionato da loro. Iniziai con Helena, a-aveva degli a-a-manti..eppure n-non voleva me.. la stessa cosa vale per Pamela. Io sono un uomo molto triste.. ma loro.. loro erano solo delle puttane.” Beckett sospirò.
“Perché le hai stuprate?”
“P-p-erchè volevo la mia rivincita..”
“E perché le ha uccise nello stesso modo, su un materassino, avvelenandole?”
“Non volevo devastare i loro bei corpi.. e nemmeno i l-loro volti c-c-osì belli..”
Beckett continuò ancora per un po’ a farsi descrivere dettagli e ulteriori particolari degli omicidi. Caslte stranamente rimase in silenzio, prese a studiare Victor Jay per tutto il tempo. Provò ribrezzo, ma anche incertezza, a tratti curiosità.
Ad interrogatorio finito, Jay fu portato via, mentre Castle e Beckett andarono dall’altro lato dello specchio, dove il capitano, Ryan, Esposito, Charlie ed Adam avevano assistito al tutto.
“Un osso duro, eh? Occhietti piccoli e malefici..come no!” Disse Rick a Ryan con una certa dose di sarcasmo.
“Scusa Castle se ti ho rovinato le aspettative! E per la cronaca, è malefico lo stesso. Non dimenticare che ha stuprato ed ucciso due donne!”
“A me sembra solo un povero idiota.. le apparenze ingannano, è proprio vero.” Concluse pensieroso.
Quando Beckett tornò dall’ufficio del capitano, trovò Castle a guardarla, perplesso.
“Conosco quello sguardo..che cosa c’è?”
“Non so. Non ti sembra.. strano?” Lei si avvicinò, giusto quel po’ che serviva per poter essere sentita anche parlando a bassa voce.
“Sì, mi sembra strano. Ma ha raccontato tutto con precisione..alla fine ho visto criminali e assassini di ogni tipo, e quelli più impensabili si sono rivelati essere sempre i peggiori.”
“Lo so, però..”
“Detective Beckett.” Una voce li distrasse, Kate si voltò. Fu sorpresa di vedere Christopher Cooper, il direttore del supermercato. Castle scattò all’impiedi.
“Signor Cooper.. come mai qui?” Lui si avvicinò stringendo la mano ad entrambi.
“Ho saputo di Victor. Un mio amico si trovava a passare di qui, e l’ha visto mentre lo portavano via. Quindi.. è vero?”
“Sì, è vero. Ha confessato poco fa.”
“Accidenti.. un brutto colpo, davvero. Non me lo sarei mai aspettato.. Non voglio assolutamente giustificarlo, ma..”
“Ma?” Si incuriosì Beckett.
“No, nulla. Semplicemente posso capire, in un certo senso, la sua amarezza. Io sono separato da mia moglie da poco, per sua volontà.. so cosa significa essere infelici per colpa di una donna infedele. Ma questa è un’altra storia. Comunque grazie per aver risolto il caso, detective.” Cooper porse nuovamente la mano per congedarsi, e lo fece piuttosto in fretta.
“Chi era quell’uomo?” Arrivò Charlie.
“Il direttore del supermercato degli orrori.. un uomo davvero strano..”
“Trovami un uomo che non sia strano, Becks. A proposito..” Charlie si girò verso Rick che si stava infilando la giacca.
“Tu.. dove stai andando? E’ appena ora di pranzo..” Kate sbirciò nella direzione di Castle fingendo di sistemare alcuni fogli sulla scrivania.
“Devo.. devo andare, devo risolvere una questione..personale.” Charlie gli fece segno di chiamarla dopo. Kate lasciò perdere i fogli e guardò Rick, ma non appena lui incrociò il suo sguardo, lei lo spostò altrove.
 
Il pomeriggio fu lungo, estremamente lungo e noioso. Kate sapeva che l’assenza di Castle non contribuiva a renderlo migliore, ma in fondo erano in una situazione difficile e probabilmente, a causa del suo caratteraccio, lei avrebbe finito per ignorarlo completamente.. ma almeno, se ci fosse stato, avrebbe sentito la sua presenza, avrebbe sentito che lui era lì. Alternava questi pensieri a quelli del caso appena risolto, il suo sesto senso non le dava pace, aveva la brutta sensazione che le stava sfuggendo qualcosa. La cosa peggiore è che non poteva parlarne con nessuno. Tutti gli altri sembravano averlo già archiviato, e solo una persona aveva i suoi stessi dubbi. Soprattutto, solo ragionando con una certa persona, avrebbe potuto raggiungere la soluzione. Strinse ancora più forte la pallina antistress che aveva tra le mani.
“Quanto non vorrei essere quella pallina..” Commentò Esposito avvicinandosi.
“Cos’è quel foglio?”
“E’ una foto.” Rispose consegnandogliela.
“E’ Angela Tork, il marito ha segnalato la scomparsa.. ha il cellulare staccato e non è tornata a casa, dice che non è da lei. Adesso facciamo passare qualche foto nei vari distretti..”
“Sappiamo qualcos’altro su di lei?”
“Ah, sì.. questa è una cosa curiosa: fa la parrucchiera in un negozio esattamente di fronte il supermercato di Cooper.” Lei corrugò la fronte e rimase a fissare il vuoto per qualche secondo.
“Tieni questa.” Kate gli lanciò la pallina, afferrò giacca e borsa e si diresse verso l’ascensore.
“Beckett ma dove..ehi, è davvero rilassante!” Esordì guardando l’antistress.
 
Prima di mettere in moto prese il telefono.
“Rispondi.. avanti..cellulare spento?! Non puoi avere il cellulare spento proprio ora, Castle!” Decise di lasciare un messaggio in segreteria e partì sgommando. 

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Capitolo 14
*** Capitoli chiusi ***


14)Capitoli chiusi

Gina gli aprì la porta e lo fece entrare.
“Volevi parlarmi, ma devo farlo anche io.”
“Wow, pensavo..pensavo che prima mi avresti offerto del vino, od un cocktail. Avvelenato casomai, in modo da potermi portare in camera da letto con estrema facilità.” Disse Rick passeggiando per il salotto.
“Non sono in vena di battute, Ricky. Spegni il cellulare, non voglio interruzioni.”
“E’ già spento.” Gina si accomodò e lo invitò a fare lo stesso.
“Sto bene in piedi. Forse è il caso che inizi io..”
“No, inizierò io. Credo che debba finire tra noi.” Lui rimase per un momento in silenzio.
“Sei seria?”
“Assolutamente. E ti prego di non farne una tragedia, la vita continua. E’ che.. devo ritrovare la mia libertà , i miei spazi.. tempo per me.” Farne una tragedia?
“Non credo di averti mai tolto libertà , tempo o spazi, Gina..” Disse lui con un sorrisetto.
“Oh no ti prego non sentirti in colpa, è davvero un problema mio, solo che..” Un talento speciale a rigirare le cose.
“Gina..so che ami creare e recitare farse e melodrammi, l’unica cosa che in questi anni ha evitato un incontro di wrestling con mia madre, ma il punto è..che anche io voglio una rottura.”
“Ah.” Esclamò lei sorpresa.
“E’ per quella detective che ti piace tanto, non è così?” Aggiunse subito dopo.
“Potrebbe.”
“Ricky, non ti farà giocare con la pistola neanche se vi mettete insieme.”
“Ci siamo appena lasciati e tu stai già iniziando a fare la ex gelosa e rompiscatole.”
“E’ così nel mio stile..”
“Sono contento che comunque sia finita..bene, in un certo senso. Prevedevo già le telefonate alla polizia dei vicini.”
“Possiamo rimanere amici se ti va, siamo adulti maturi..”
“Già, perché no..”
“Ceniamo insieme?”
“Gina, non succederà come l’ultima volta che ci siamo lasciati. Non finiremo a letto dicendo questo è un addio.” Lei sospirò.
“Quella volta fu grandiosa, me la ricordo. Eri.. più spronato? E va bene, l’ho capito che muori dalla voglia di correre da Beckett. Adesso vai, mi aspetta una serata tra vino rosso e maratona di Sex and the city..”
“Dimenticavo quanto adori fingerti infelice..” Lei ghignò e alzò lo sguardo.
“Ah, lo sai che ho fatto rifare la copertura al soffitto?”
“Quando eravamo sposati te l’avrò detto almeno mille volte, non mi hai mai dato retta!”
“Già.. adesso mi sono convinta.”
“Una copertura..” Sussurrò lui fissando un punto.
“Come dici?”
“Ma certo, una copertura! Victor Jay è solo una copertura!”
“Victor che?”
“Gina, devo andare. Grazie per avermi detto della copertura!” Urlò mentre usciva. Appena fuori il palazzo riaccese il cellulare, ascoltando il messaggio di Beckett.
“Castle, accidenti a te hai il telefono spento! Comunque, non è stato realmente Jay! O almeno credo. Lui è solo una copertura! Christopher Cooper ci nasconde qualcosa, sto andando a casa sua, abita sulla Lexington, proprio di fianco il cinema. Te lo dico nel caso domani non mi presentassi! Non fare le tue solite cavolate e avverti il distretto!”
“Sapevo che ci eri arrivata anche tu..” Sorrise. Ma il sorriso sparì in fretta quando realizzò che Kate poteva essere in pericolo, da sola, in casa di un omicida. Mise in moto e partì a tutta velocità.
 
Kate fece un lungo sospiro prima di percorrere gli ultimi metri che la separavano dalla porta di casa di Cooper. Tastò la pistola per sentirsi sicura. Bussò. Dopo un poco, Christopher aprì.
“Detective..quale onore?” Finse indifferenza, lei estrasse la pistola.
“So tutto Cooper. Ti ho scoperto. Sei tu il vero colpevole, Victor ti ha solo coperto per un motivo che presto scoprirò. E credimi, ti farò confessare tutto.. troverò ogni singola prova.. sei finito.” Lui arretrò, ridendo.
“Fermo lì!” Urlò lei stendendo le braccia.
“Detective Beckett.. ormai è troppo tardi.” Afferrò la pistola che nascondeva nella tasca posteriore dei Jeans e la puntò su di lei.
“Posala subito Cooper.”
“Oh no.. io credo che sarai tu a posarla..” Ormai erano già dentro casa, Christopher indicò con un cenno della testa nell’altra stanza: una donna imbavagliata e legata a terra guardava con terrore la scena.
“E’ Angela Tork.” Sussurrò Kate. Se non altro, aveva la sua prova.
“Bene, vedo che non ci sarà bisogno di fare le presentazioni..adesso posa la pistola, o lei morirà prima del previsto.” Non potendo fare altro, Kate posò l’arma, e subito Cooper la raccolse. Dopodiché, senza mai spostare l’altra pistola dalla sua mira, l’afferrò. Kate provò a liberarsi dimenandosi, ma la stretta di Cooper, esattamente sotto il suo collo, era davvero forte. Le puntò l’arma alla tempia.
“Questo non è l’atteggiamento giusto, Kate..” Le alitò sul collo.
“Tua moglie era infedele, l’hai detto stesso tu.. e sei tu quello che ci ha provato con la Dake e con la Lewis, non è vero? Ti hanno rifiutato, ma tu non potevi passarci sopra.. avevano sempre avuto degli amanti, perché non potevi divertirti anche tu? La confessione di Victor Jay è giusta.. è la persona ad essere sbagliata.”
“Sei furba, sei sveglia.. sarà fantastico con te..”
“Perché le hai uccise in quel modo, Cooper?”
“Te lo dirò, perché ucciderò anche te così..e ti piacerà. Le ho stuprate per avere vendetta, volevo fermarmi lì.. ma loro hanno iniziato a minacciarmi, a diventare aggressive.. allora le ho avvelenate, perché non volevo devastare i loro copri, e poi le ho messe in acqua perché.. l’acqua avrebbe potuto cancellare i loro peccati.. ma non dimentichiamoci del materassino, che impedisce il contatto diretto con l’acqua.. dopo tutti i loro sbagli non avrebbero mai potuto eliminare, cancellare, lavare via le loro colpe..” Un essere spregevole. Una mente malata.
“Perché Victor Jay ti ha coperto?” Intanto lui l’adagiò a terra, accanto al corpo tremante di Angela Tork. Kate rimase rigida nei movimenti, il che aumentò la violenza di Cooper, ma lei rimase anche concentrata a continuare con le domande.
“Per soldi. E’ una persona estremamente debole, e non ha nulla da perdere. Una volta uscito dal carcere, potrà farsi una bella vita. Quando Watson l’ha scoperto..abbiamo deciso che era meglio far fuori anche lui. Ma adesso abbiamo parlato troppo, tesoro.” Cooper afferrò un pezzo di scotch da metterle sulla bocca, Kate provò a reagire, a sferrare pugni e calci, ma ottenne solo un pugno di risposta sul labbro, che prese a sanguinare. In pochissimo tempo Cooper le legò anche le braccia e le caviglie.
“Sai, mi ha fatto sentire meglio parlarne. In questi casi si dice.. grazie? Sai che non lo dirò. Diamo inizio ai giochi..” Ormai Kate con la bocca coperta non poteva dire più nulla, ma lo stava maledicendo con lo sguardo. Cooper le accarezzò una guancia e iniziò a sbottonarle la camicia..
 
Rick salì tre scalini alla volta, ma si fermò non appena notò la porta dell’appartamento di Cooper semiaperta. Forse era un buon segno. Si avvicinò con cautela, ma ciò che vide non era affatto un buon segno. Kate ed un’altra donna erano legate a terra, e Cooper stava baciando Kate sul collo, con foga, con avidità. Entrò facendo meno rumore possibile e prese l’unica cosa che gli poteva essere utile in quel momento: un vaso di porcellana appoggiato sulla mensola all’ingresso. Quando Kate lo vide, la sua espressione fu un misto di rassicurazione e ulteriore paura. Non osava immaginare se Castle fosse stato scoperto.. era disarmato, lei inerme, sarebbe finita male. Non poteva permetterlo, ma allo stesso tempo non poteva fare altro che confidare in lui, nel suo coraggio.. e in un bel po’ di fortuna. Cooper era di spalle, Rick poteva e doveva agire solo in quel momento. Con un’incredibile forza dovuta alla rabbia e all’adrenalina, scagliò il vaso sulla nuca di Cooper. Questo si fermò sul colpo per qualche istante, poi cadde a terra in una pozza di sangue.
Rick strappò il cerotto dalla bocca di Kate, lei prese una lunga boccata d’aria, si sentiva mancare il fiato.
“Sono qui, va tutto bene. Sono qui.” Lei gli afferrò il braccio, cercando disperatamente un contatto. Rick le baciò la fronte e le accarezzò una guancia.
“Stai sanguinando..” Disse sfiorandole il labbro spaccato.
“Sto bene..” Mormorò Kate mentre riprendeva le forze. Castle la slegò e poi passò all’altra donna, ammutolita, visibilmente sotto shock.
“Chi è lei?” Chiese a Beckett.
“E’ Angela Tork, lavora di fronte il supermercato.. era sparita da ieri. Quando Esposito me l’ha detto, mi è venuto il colpo di genio.” Kate si riabbottonò la camicia e provò ad alzarsi, barcollò visibilmente. Rick la strinse a se e lei si abbandonò alle sue braccia.
“Menomale che ci sei.” Gli sussurrò, lui sorrise e le accarezzò i capelli.
“Dobbiamo andare in ospedale.”
“Castle, hai chiamato i rinforzi, vero?”
“Ops..”
“Castle!”
“Ero troppo agitato per ricordarmene!”
 
Quasi due ore dopo, Kate ritornò nella sala d’aspetto con un polso fasciato e un cerotto sul labbro.
“Ehi..va meglio?” Rick le porse il the che aveva comprato.
“No, non va meglio.. adesso sto realizzando, e.. stavo per fare davvero una brutta fine. E questa brodaglia non aiuta.” Aggiunse riferendosi al the.
“Non potevo prendere il caffè, al massimo una camomilla.” Lei non rispose, guardando fisso nel bicchiere.
“Kate..” Rialzò lo sguardo, una lacrima stava facendo capolino.
“Vieni qui..” Lei appoggiò la testa sul petto di Rick, che la cinse con un braccio.
“Grazie per prima, ma soprattutto grazie per..esserci sempre. Non me lo merito.”
“E’ solo la più piccola tra le cose che meriti a questo mondo.”
“Rick! Kate!” Charlie arrivò trafelata seguita da Adam.
“Grazie a Dio state bene!” Li baciò entrambi.
“Fortunatamente anche Angela Tork sta bene. E’ solo molto spaventata.. adesso è arrivato il marito. Gli altri sono in casa di Cooper?” Chiese Kate.
“Sì, sono arrivati tutti. Certo che.. ha preso una bella botta in testa! Sei forte cugino!” Rick sorrise.
“Come mai voi non siete lì?” Chiese poi, guardando anche Adam.
“Beh, perché..quando ci è arrivata la notizia eravamo insieme, e.. abbiamo pensato di raggiungervi direttamente qua perché.. si beh ero molto agitata..”
“Ah, eravate insieme?”
“Sì Rick, ma.. la vostra avventura è più interessante! Raccontateci tutto!” Charlie ed Adam si sedettero al loro fianco.
“In fondo non ho fatto nulla di che..” Disse Rick.
“No, infatti. Ci ha solo salvato la vita. E con me non è la prima volta..sta diventando un'abitudine.” Aggiunse Kate.
“Mi piace come passatempo. Voglio dire, c’è chi colleziona francobolli, monete antiche, chi guarda i film a luci rosse.. io salvo la vita di Kate Beckett. E rispetto alle altre cose.. è davvero molto più appagante.” Tra le risate generali, il sorriso sincero di Kate si fuse con quello di Rick. Lei lasciò perdere la situazione, il contesto, si concentrò solo negli occhi dell’uomo che ancora la teneva stretta, per non farla scappare. Gli baciò una guancia e gli afferrò la mano che teneva sul ginocchio. La gratitudine, spesso, ha semplicemente la forma di piccoli gesti.

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Capitolo 15
*** I believe ***


Carissimi lettori e lettrici, questo sarà l'ultimo capitolo della storia.
Innanzitutto mi scuso per il ritardo, ma purtroppo è ricominciata la scuola e ho scritto solo adesso.
Avevo pensato ad altri mille possibili finali e colpi di scena, ma quello che ho scritto è tutto ciò che è venuto dal cuore. Ne approfitto per ringraziarvi ancora una volta tutti. Tutti quelli che hanno letto ogni singolo capitolo e soprattutto chi, con enorme costanza e gentilezza, ha commentato passo dopo passo. Siete state davvero importanti, d'appoggio, incoraggianti. E' essenziale avere un buon pubblico, e voi siete un pubblico fantastico!
Spero di tornare presto con qualche altra idea, un forte abbraccio!

15)I believe

Dopo molto tempo, Kate Beckett riscoprì la bella sensazione che provocava starsene seduta sulla sua sedia a fine giornata, quando il distretto era quasi vuoto. Ultimamente l’aveva considerato superfluo, o non l’aveva considerato proprio. Ma dopo la giornata precedente, starsene rilassata era un gran bel traguardo.
Sentì dei passi anticipare il profumo di una figura maschile. Sorrise.
“Come sapevi che ero ancora qui?”
“Prima cosa, non te ne saresti mai andata senza salutarmi. E poi.. so che adori restare qui. Lo fai quando ti serve un po’ di calma.” Rick le si avvicinò.
“Sai tante cose..”
“Puoi dirlo. Ad esempio, so anche che ti piace bere il caffè verso le 3 del pomeriggio e che odi l’arancione.” Kate scrutò il suo volto.
“Non ricordo di avertelo mai detto..”
“Molte cose si percepiscono..non è necessario dirle.” Lei si alzò.
“Ti va di sentire una buona notizia arrivata da poco? Cooper ha ri-confessato, e anche Jay ha ammesso di essere stato solo una copertura.” Il viso di Rick apparve ancora più rilassato di come era prima.
“E’ finalmente tutto finito.”
“Sì..ma noi due abbiamo ancora un discorso in sospeso..” Eccolo, il nervosismo era tornato. Lo stomaco pesante, in subbuglio, il cuore impazzito.. solo lui la faceva sentire così. Come un’adolescente. E forse, come un’adolescente, era alle prese con le prime vere emozioni. Quelle forti, che ti fanno restare sveglia di notte e che ti distraggono dall’ordinario, dal quotidiano. Non l’aveva mai voluto ammettere a sé stessa, ma prima o poi ci si arrende di fronte l’evidenza.
“So che mi sono comportata davvero male..”
“Ma non sai che con Gina è finita..” Rick sorrise non appena averlo detto. Kate dischiuse le labbra, che poi si arricciarono dando vita ad un buffo sorriso. Al diavolo tutte le parole a cui aveva pensato per ore, aveva il cervello svuotato. Al diavolo le parole.
“Hai ragione, le cose si percepiscono. Adesso percepisco che ho un’incredibile voglia di lasciare da parte il mio discorso di scuse, anche se prima o poi te lo farò. Soprattutto percepisco che.. sto per saltarti addosso.”
“Oh, attenta Kate Beckett..hai appena detto una cosa molto alla Nikki Heat.”
“Scommetto che ti piace.”
“Deve essere il mio giorno fortunato..” Lui le mise le mani sui fianchi e la baciò, riprendendo esattamente da dove avevano finito. In pochi secondi la prese in braccio e la fece sedere sulla scrivania, continuando a baciarla. Iniziarono a cadere fogli, penne e fascicoli meticolosamente appoggiati uno sull’altro in un precario equilibrio. Lei rise e si spostò.
“Rick..c’è ancora qualcuno qui..” Disse guardandosi intorno.
“Nikki Heat è trasgressiva..”
“Ma Nikki non ha la vasca idromassaggio a casa sua..” Rispose lei mordendogli il labbro inferiore.
“Hai..hai l’idro?”
“Sai, ogni tanto anche i detective possono farsi passare qualche sfizio..”
“L’hai comprata pensando a me?” Kate rise.
“Sei davvero egocentrico!”
“E allora mi chiedo..perché siamo ancora qui?”
“Beh..perché ad esempio tu mi impedisci di alzarmi.” Rick guardò la posizione in cui erano. Si spostò, raccogliendo le cose cadute per terra. Dopo un po’ di silenzio, lei prese la parola.
“Rick, io credo che.. insomma, almeno per un po’.. è meglio se non mettiamo i manifesti su noi due, ecco.” Lui alzò le spalle ed annuì.
“Sì.. sono d’accordo.. andiamo con calma.”
“Bene.” Gli sorrise sincera ed entrarono in ascensore.
“Hai davvero un ottimo profumo..” Fece lui.
“Signor Castle, è una scusa per provarci?” Ammiccò Kate.
“Non ne ho alcun bisogno, detective Beckett..” Portò il braccio dietro la sua schiena e finirono di nuovo in un lungo bacio. Quando le porte si aprirono, non sciolsero il loro abbraccio, ma arrivarono fino al marciapiede labbra contro labbra. Evitarono per poco di andare a sbattere contro la colonna dell’atrio.
Ad un certo punto, appena furono fuori, accarezzati dal vento freddo di New York, si sentirono contemporaneamente colpi di tosse, una risatina ed un urlo soffocato. Si staccarono e si voltarono lentamente, insieme.
Martha, Alexis, Ryan, Esposito e Montgomery li guardavano senza sbattere le palpebre per un solo momento.
Ryan ed Esposito avevano stampato in faccia uno dei loro migliori sorrisi maliziosi, il capitano sorrideva senza alcun segno di sorpresa, Martha se la rideva guardando fieramente il figlio, mentre Alexis aveva la bocca spalancata e gli occhi sognanti. Kate non si staccò di molto da Rick, semplicemente abbassò lo sguardo, imbarazzata.
“Che cosa.. che cosa ci fate tutti voi qui?!” Chiese lo scrittore. Ottenne un groviglio risposte farfugliate da tutti e cinque.
“Silenzio signori, parlo io!” Martha avanzò di un passo.
“Io ed Alexis volevamo farti una sorpresa e siamo venute qui, ma mentre entravamo abbiamo incontrato loro e ci siamo messi a parlare e.. e poi vi abbiamo visti. Ma state tranquilli, ce lo aspettavamo tutti che prima o poi accadesse.”
“Davvero? Era davvero così.. scontato?” Fece lui.
“Ovvio fratello!” Risposero a coro Ryan ed Esposito.
“In effetti..” Aggiunse il capitano.
“Questione di tempo!” Esordì raggiante Martha.
“Ci speravo così tanto!” Finì in bellezza Alexis prima di abbracciarli entrambi. Nello stesso momento, arrivarono Charlie ed Adam.
“C’è per caso un party a cui non siamo stati invitati?”
“C’è per caso qualcosa che dovete dirci, cugina?” Rispose a tono Rick. Charlie e Adam si guardarono sorridendo.
“Ok, va bene, confesso! Tra me e Adam.. si beh, ci stiamo frequentando.” Dichiarò lei quasi saltellando.
“Accidenti, è la giornata delle rivelazioni!” Urlò Ryan.
“Già.. vuoi dirci qualcosa anche tu? Quando porterai Jenny all’altare? Ormai la proposta l’hai fatta, ma..servono i fatti.” Fece Kate.
“Senti Beckett, pensa alle tue di nozze!” Kate rispose con una smorfia.
“Beh, signori e signore, a questo punto perché non ceniamo fuori, tutti insieme?” Propose Rick tra il consenso generale.
“Amico, offri tu?” Chiese Esposito.
“Certo, se offrissi tu, saremmo costretti a mangiare da McDonald’s!” I due mimarono qualche pugno e finirono con due pacche sulle spalle.
“Richard, che ne dici se andiamo in quel ristorantino italiano che scopristi l’altra volta?”
“Perfetto mamma, è anche qui vicino. Conducici tu!” Martha sorrise e si pose a capo del gruppetto. Rick rimase più indietro, con Kate.
“Credo che il nostro piano di far restare le cose segrete per un po’ sia.. beh ecco..sfumato.” Le disse.
“Ho la stessa sensazione, pensa un po’. Ehi, non fa niente.. alla fine sarebbe venuto a galla lo stesso, forse.. solo in modo meno imbarazzante.”
“O forse di più.” Lei sorrise e gli prese la mano.
“Non ti spaventare.. purtroppo sono una donna romantica.”
“Non finirai mai di stupirmi.. e di piacermi.”
“Sai, Rick.. forse sto facendo una grande cavolata.. ma di quelle davvero abnormi!”
“Mmh.. di solito i ripensamenti arrivano almeno dopo qualche nottata insieme e qualche giorno di convivenza. Hai superato ogni record!”
“Stupido, fammi finire! Potrebbe essere uno sbaglio, ma.. dopo tanto tempo mi sento così leggera, mi sento così bene.. Sono passati più di due anni, forse il nostro rapporto era destinato a rimanere com’era prima, ma.. prima o poi tu te ne saresti andato, o in qualche modo le cose sarebbero cambiate. Non voglio permettere che sia così. Voglio essere il tuo pretesto per rimanere qui dove sei, perché.. io non me ne andrò.” Rick sorrise.
“E’ una minaccia?”
“Certo che lo è. Vedi, tu ti prendi il mio meglio. Ma soprattutto ti prendi e hai sempre preso anche il mio peggio..e sei ancora qui.”
“Kate, il tuo meglio mi fa capire quanto tu sia fantastica e straordinaria..ma è il tuo peggio a farmi capire che voglio stare con te.” Si fermarono, faccia a faccia. Kate appoggiò le mani sulle sue guance e gli diede un leggero bacio sulle labbra.
“Siamo davvero melensi..”
“Già..non ci fare l’abitudine!” Rispose lei.
“Posso sdrammatizzare questo momento?”
“Vai.”
“L’invito per l’idro è ancora valido, non è vero?”
“La Jacuzzi è piantata saldamente a terra..aspetterà.”
“Fantastico.” Lo guardò ridere, riprenderla per mano, quel volto era una calamita per i suoi occhi. Si soffermò su ogni centimetro di pelle, sulle labbra, sul naso, sugli occhi, sul leggero strato di barba incolta. Poteva guardarlo e riguardarlo, senza dare spiegazioni, senza nascondersi. Adesso non doveva più. Avrebbe potuto svegliarsi con lui, percorrere con un dito il suo profilo mentre lui ancora dormiva, accarezzato dalle lenzuola e da un debole raggio di sole, in quelle domeniche in cui è bello dormire fino a tardi. Sì, avrebbe potuto farlo. Avrebbe creduto in tutte quelle cose in cui non credeva più. Avrebbe riscoperto la tenerezza, la dolcezza nascosta ormai troppo in profondità. Sarebbe tornata a galla. Non faceva più paura, ormai.
Era tutto a portata di mano, lo era sempre stato. E non se ne è mai andato.
 
I don’t believe in much, but I believe in us. 

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