Banana SPLIT

di Kimmy_90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Andava tutto fottutamente bene ***
Capitolo 2: *** 2. We already met ***
Capitolo 3: *** 3. Stand by me ***
Capitolo 4: *** 4. Conflittualmente parlando ***
Capitolo 5: *** 5. Accettazione. ***
Capitolo 6: *** 6. Ovest ***
Capitolo 7: *** 7. Prima del buio, la luce ***
Capitolo 8: *** 8. Giù. ***
Capitolo 9: *** 9. Destarsi: o forse no. ***



Capitolo 1
*** 1. Andava tutto fottutamente bene ***


B•a•n•a•n•a Split ~


B•a•n•a•n•a SPLIT ~



Lei è una ragazza apparentemente calma e tranquilla.
Lui è un casinista.
Lei tende ad evitare i problemi, è remissiva, cerca il dialogo.
Lui è superbo e sprezzante.
Lei è moderatamente bassa, lui è alto; lei è acqua e sapone, lui si trucca pesantemente; lei beve, lui è astemio; lei non fuma, lui si fa le canne; lei ha gli occhi grigi, lui neri; lei segue i suoi ideali... bhe, lui anche.
Il problema, sostanzialmente, è che sono la stessa persona.







 Prologue

Una storia romantica non dovrebbe iniziare in bagno.
Voglio dire, potrebbe iniziare in un bagno pubblico - in un Bel bagno pubblico...  anche se nel 90% dei casi finiremmo a parlar d'omosessuali.
Non è questo il caso.
Perchè "bagno" tende a voler dir Bagno, ovvero quel posto in cui una persona si richiude nella sua intimità e fa quello che madre natura la chiama a fare, volente o nolente.
No. Il cesso Non è Romantico.
E la cosa bella del cesso è che esso si chiude a chiave.

Quindi questo lascia pensare che sia tecnicamente impossibile - o per lo meno improbabile - ci siano i presupposti per una buona storia romantica.

  MA
Questa storia inizia in un bagno.
Con una ragazza seduta sulla tazza - vestita, fortunatamente. In mano della carta igenica, inumita unicamente da lacrime.
 ... Potrebbe essere un inizio interessante.

No, effettivamente no.




 1. Andava tutto fottutamente bene

Aria era chiusa lì dentro da qualche ora.
Apparentemente la scelta poteva sembrare stupida, perchè in casa c'era solo sua sorella Kaylee, una persona la cui arte del farsi gli affari propri era molto sviluppata.
Certo, però, che dopo ore di piagnisteo anche Kaylee iniziava a voler intervenire negli affari degli altri - e, soprattutto, iniziava ad avere incombenze fisiologiche. Quindi chiudersi a chiave in bagno poteva essere veramente una scelta ben ponderata, per Aria.
"Ary, esci, per cortesia"
Nulla.
"Ary, cazzo, devo usare il cesso!"
Piagnucolìo.
"Ary!"
"Vattene via, Kaylee!"
"Ma devo andare in bagno..!"
"E io devo elaborare il mio dolore!" strillò quella, da dietro la porta.
Kaylee non fece in tempo a digrignare i denti che giunse un'altra scarica di singhiozzi.
"Stupida donna, io non mi sono mai chiusa in cesso per piangere la fine di una storia!"
"E - Grazie! Te sei una troia!"
"VAFFANCULO, STRONZA"
Piagnucolìo, singhiozzo, singhiozzìo, e un'adolescente rabbiosa che tira un calcio a una porta già di per se' malconcia e si allontana, lasciando la sorella in preda alla disperazione.


Lucas l'aveva lasciata tre giorni prima.
Aria aveva tutto il diritto di dare a sua sorella della sgualdrina, data la quantità di ragazzi avevano violato quella che per suo padre era ancora Verginità, e soprattutto dato che Aria e Lucas erano un binomio che durava da quasi tre anni. Ovvero Svariate Ere Geologiche.
Che fra lei e Lucas le cose non potessero andare avanti era intuibile, a partire dal fatto che lui si era trasferito sulla costa ovest per frequentare il college - pardòn, UN college. Un college anonimo, assolutamente scelto a caso, secondo Aria: il che non giustificava affatto il cambiare drasticamente fuso orario e rendere la loro relazione giusto un pochino impossibile.
Certo, però, che tutto avrebbe potuto aspettarsi da lui tranne che un tradimento spudorato e vigliacco, a migliaia di chilometri di distanza.
Vuoi mollarmi? Ok, mollami, me ne farò una ragione. Con calma, magari, ma me ne farò una ragione. Ma cazzo, tradirmi senza nemmeno prenderti la briga di nascondermelo - questo significa prendermi per il culo.
La parte sfigata della storia era che, se Lucas dopo tre anni era stufo marcio e voglioso di sperimentare 'cose nuove', Aria era ancora follemente innamorata del soggetto.
Sicchè, azione e reazione: nella vignetta l'unica vera vittima era Kaylee, che stava iniziando a pensare troppo seriamente di scendere a usare il bagno del ristorante cinese sotto casa.


"Andava tutto bene... andava tutto bene, diamine." 
Aria fissava il nulla davanti a se'. A dire il vero fissava le piastrelle, ma poco cambia. 
Sola. Si sentiva disperatamente sola.
Che Lucas fosse uno stronzo era assolutamente irrilevante. Lo amava. Lo aveva amato, e continuava a farlo. L'immagine del suo corpo avvinghiato a quello di una puttanella a caso - esatto, A Caso, esattamente come il suo College e come il resto della sua vita - le trapanava le tempie.
L'idea di essere sola le martellava il cranio. Lo sconvolgimento di non avere più niente su cui contare le annodava l'intestino.
Torturata da giorni, rossa in volto e sfinita, continuava a ripetersi tre rassicuranti parole.
"Andava tutto bene"
...
"Andava tutto bene"
...
"Andava tutto bene" 
"E piantala di raccontarti palle!"
Lei arricciò le labbra. La voce maschile le aveva perforato i timpani.
Non mosse lo sguardo, deglutì leggermente,
Non sei ancora a questi livelli, Vero, Aria?
"No, non sei ancora a questi livelli" rispose la voce maschile.
Lei sbattè le paplebre, dondolando leggermente il busto.

Di scatto si alzò.
A passi lunghi e pestati si lanciò contro la porta del bagno, girando violentemente la chiave e irrompendo in corridoio. Prese un paio di boccate d'aria, cercando di ritrovare un minimo di equilibrio.


Kaylee vide la sorella fare capolino dalla porta di camera sua, come un fantasma in preda a un attacco di panico. Aria la guardava con occhi vuoti, eppure lei avrebbe giurato ch'erano iniettati di sangue.
"  ...  Aiuto." mormorò il fantasma, dopo un lungo tempo passato a fissarsi negli occhi.
"Chiedi aiuto a una puttana, adesso? Tu sei superiore, no? Tu ti fai le storie da tre anni, non hai niente a vedere con un'infima troietta come me."
Aria si fece disperata in volto. Non avrebbe detto nulla del genere, normalmente. Ma gli attacchi isterici fanno questo ed altro.
"... mi spiace. Sai che non lo penso davvero."
"O forse lo pensi ma non lo dici se non in questi casi"
Le labbra di Aria si piegarono violentemente all'ingiù.
"Mi spiace."
"Lo sai che l'unica terapia valida che conosco è rifarsi il guardaroba, Vero?"
"... mi rifarò il guardaroba."
"Ottimo."






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Capitolo 2
*** 2. We already met ***


B•a•n•a•n•a Split ~



 2. We already met


Aria era tuttosommato bassina, calmina, pacata, un visino dolce e delicato circondato da un caschetto biondo. Camminava lentamente e aveva una particolare abilità nel tenere lo sguardo basso. Era una persona pratica, generalmente imbrattata di vernice a causa della sua maniacale passione per tutto ciò che fosse grafico: non era raro vederla girare con la macchina fotografica, anche se stava solo andando a prendere la cena al take away. Ragion per cui al momento frequentava l'accademia delle belle arti.
C'erano solo tre casi in cui si poteva avere il privilegio di vederla in abiti spudoratamente femminili: quando c'erano occasioni importanti, quando aveva un bisogno incredibile di sesso - e nella sua lingua sesso poteva voler dire solo Lucas -, e quando Kaylee cercava di mettere mano sul suo guardaroba.

Questo era il terzo caso, ovviamente.
La sorella, ovvero una sedicenne esplosiva dai boccoli rossi e chili di mascara, stava cercando da ore di convincerla a comprare un paio di scarpe coi tacchi.
Lo sguardo di Aria era torvo e scocciato. Il massimo che poteva sopportare erano degli stivali, casomai leggermente rialzati, ma niente di più impegnativo. Non che fosse pronta a scappare per andare a comprare un paio di anfibi da duecento dollari e altrettante borchie, ma il tacco 12 che Kaylee le sventolava sotto il naso non riusciva ad affascinarla nemmeno di striscio.
Anzi, il solo pensiero di indossarlo le provocava dolore fisico.
"Non te ne troverai mai un altro se non inizi a fare la Donna, sai"
"Ci siamo mollati da una settimana, come fai a pensare che abbia già bisogno di un altro?!"
Kaylee fece spallucce "Io ne avrei. Niente sesso, no buono."
"Mi fai orrore."
"Anche tu."
"E sono giorni che mi stai riempiendo di vestiti - non sono nemmeno sicura sia la strada giusta. Specialmente con te che ogni tre minuti rigiri il coltello nella piaga."
"Oh, va bene, Scusa! Non sono certo io quella che non esce più con i suoi amici ne' cerca forme di socializzazione all'infuori della propria famiglia."
"E' solo una settimana!" Aria si stava innervosendo, le voce le si inacuiva in uno stridìo sempre peggiore, che infastidiva lei per prima. Cercò di calmarsi.
"Che ne dici di quello lì?" domandò de impròvviso la sorella, indicando un commesso abbronzato e possente.
"Sei impazzita?"
"Non ti piace?" fece quella, con una leggera delusione stampata in volto.
"Non... oh, ma l'hai visto? Non è certo uno alla mia portata... Eh - oh - Insomma" respirò, per evitare di passare al falsetto. "ci siamo lasciati da una settimana! Dammi pace!"
"Diventerà presto un mese, se non ti dai una mossa."
"No, non diventerà un mese."


"E' passato un mese."
La voce maschile, profonda eppure giovanile, le trapanò i timpani.
Forse il fatto di aver passato il mese principalmente in camera propria poteva avere un nesso con un'idea di coscienza a sussurrarle 'è passato un mese'. Posò la matita con cui stava scarabocchiando completamente a caso e socchiuse gli occhi.
Nella sua mente pensieri del genere le si erano affollati da tempo.
Non era questione di dar ragione a Kaylee e trovarsi un ragazzo che sostituisse Lucas - Lucas, il cui pensare anche solo il nome la faceva comunque fremere. Il problema era che la sua vita sembrava stare perdendo senso. Anche se aveva un obiettivo chiaro da raggiungere a livello di realizzazione personale e di carriera futura, il tutto, senza condimento, sapeva fastidiosamente di insipido.
E la cosa che la turbava di più era che sulla sua scrivania erano tornati a regnare i colori pastellosi e grigiastri: nelle tempere, negli schizzi, ovunque. Anche le macchie del suo camice avevano ripreso ad essere acrome. Tornava fastidiosamente ai suoi quindici anni.
"Non dovresti sentirti così sola."
Non dovrebbe? Non lo aveva fatto, quando Lucas era emigrato a ovest. Era stata turbata e impaurita, ma non si era mai sentita sola.
Cos'era cambiato?
Ufficiosamente era come se si fossero lasciati molti mesi prima.
"Chiama qualcuno. Una tua amica. Ti hanno cercato, lo sai. Sii cortese."
"Smettila", fece Aria, al vento.


I dreadlocks di Manuel rimbalzavano a ritmo di musica, mentre lui strimpellava sulla chitarra. Dall'altra parte del vetro dello studio di registrazione, Aria osservava il moto ipnotico dei suoi capelli.
Senza preavviso, Ella la stritolò in un abbraccio.
"Mi mancava un po' di sano affetto femminile" le disse l'amica, la cui idea di abbraccio corrispondeva ala presa di un polipo. Si allontanò da Aria, tenendole saldamente le spalle e fissandola negli occhi:
"Come va?" le domandò poi. Aria fuggì lo sguardo empatico di Ella, facendo spallucce.
"Va'. ... bhe, sai, potrebbe decisamente andare meglio"
"Io e Denise siamo preoccupate, non sai quanto mi ha tranquillizzata vederti oggi."
Aria la guardò con un sopracciglio levato, perplessa e leggermente invasa dall'apprensione che Ella manteneva nel tono. Tacque.
Sino ad allora tutti e tre si erano ben guardati dal parlare della questione Lucas, ma qualcuno doveva pur iniziare. Manuel era forse il migliore amico di Aria, ma Ella sapeva come Parlare a una ragazza, mentre Manuel si limitava a osservarla con quello sguardo di comprensione e presenza se si scambiano i maschi. Al momento, Aria avrebbe preferito la tecnica Manuel. Non aveva voglia di parlarne. Voleva solo sapere che loro c'erano: e Manuel sapeva fare intendere in religiosi silenzi la sua vicinanza ad una persona cara.
    "Devi affrontare la cosa"
"Eh?" Aria aggrottò le sopracciglia, guardando allibita Ella.
"*Eh* Cosa?" domandò Ella, perplessa dall'esclamazione apparentemente fuori luogo.
Aria si morse leggermente le labbra, andando a guardare la stanzina insonorizzata dove Manuel strimpellava senza nemmeno guardarle.
Scosse il capo.
    "Sì, chiamiamole pure allucinazioni uditive... se ti tranquillizza."
Aria sbuffò, schioccando la lingua sul palato.
"Che hai?" le chiese l'amica, studiandone il volto.
"No, niente. Scusa." Fece spallucce, in maniera leggermente asimmetrica, e scosse il capo per mandare via l'eco di quella voce maschile che le rimbalzava in testa.




***

Era stata una lunga ricerca, ma alla fine lo aveva trovato.
Fra le mani stringeva un plico di fogli risalenti a non più di quattro anni prima. Alcuni erano addirittura di qualche mese prima della sua storia con Lucas.
I tratti imprecisi, immaturi, ma già sicuri di quei disegni sembravano dar loro più realtà di quella che sapeva dare adesso ai suoi lavori, nonostante l'accademia e tutto. Sapeva perchè.
Disegnare, scarabocchiare, pitturare, fotografare e pasticciare con i programmi di grafica era sempre stato uno sfogo. Lo sfogo. Manuel componeva, su quello si capivano. "L'importante, quando provi qualcosa, è convertirlo in qualcosa di produttivo. Così non solo ti sfogherai, ma creerai anche qualcosa di incredibilmente unico."
Così diceva.
Anche se, onestamente, non sapeva se ora come ora provava veramente qualcosa.
Ma Allora sì. Tristezza, rassegnazione, inadeguatezza - il classico profilo del quindicenne, solo che lei ci si crogiolava con particolare profondità. Si sentiva sola e incompresa, e non comprendeva il mondo. 
Era cambiato qualcosa? Con Lucas e tutto? Prima c'erano stati Manuel, Denise ed Ella. Amici - già un grande passo avanti. Amici veri e fidati. Solo poi era arrivato Lucas.
Qualcosa era cambiato, ma non era sicura di essere stata lei, a cambiare.
Sui fogli che teneva ora in mano compariva sempre e morbosamente lo stesso volto, lo stesso corpo - la stessa persona. O forse era meglio dire lo stesso personaggio.
Dopo un po' di scartabellare reperì svariati character designs che tentavano, con visibile difficoltà, di riassumere quell'essere improbabile che era stato al centro della sua produzione per più di un anno.
Doveva essere un ragazzo un po' punk, un po' emo, leggermente effemminato nei tratti ma mascolino nella mascella e nei movimenti. Sui capelli dall'acconciatura improbabile erano caduti svariati secchi di tinte dei più fantasiosi colori.
Aria se lo ricordava.
Era stato la sua creatura, al tempo. Un personaggio finito e rifinito nei minimi dettagli. Un centinaio di schizzi e altrettanti disegni a testimoniarlo.
Continuò a guardare i fogli, sorridendo ogni tanto per l'ingenuità che vedeva trasparire dalle proporzioni bislacche. 
Vestiva in maniera assurda, con reti e borchie e qualsiasi cosa le fosse venuto in mente all'epoca. In uno schizzo l'aveva fatto in kimono: rendeva. 
Era alto e longilineo, pallido, apparentemente effimero. Sempre muscoloso, ovviamente, nonostante il corpo flessuoso. Lo aveva descritto caratterialmente: 'spavaldo, tagliente, superbo e altezzoso. Ma ferito dentro.' 'Nobile d'animo e di intenti, felino nel cuore.' Aria rise leggermente. 
Incappata su di un primo piano del soggetto, rimase ferma ad osservare due occhi sottili e neri, scuri, profondi.
'Fuma in maniera sconsiderata ma aborra l'alcol. Fa della sigaretta un simbolo con cui si atteggia'

'Voce profonda e greve.'

'Mani lunghe, coperta da anelli e bracciali.'

'Gran provocatore.'

Senza nemmeno pensarci su troppo, Aria sparse i fogli sulla scrivania e andò alla ricerca di matite e tempere - e di qualcosa che potesse fungerle da tela.

Rimase chiusa per tre giorni in camera sua.
Kaylee cercava di estrarla in ogni modo, ma non sembrava funzionare. L'operato di Ella e Denise non fu migliore. Nemmeno il dover andare a lezione la smosse di lì: saltò i corsi dell'accademia.
Completamente assorbita dal suo lavoro, perse la cognizione del tempo, senza curarsi di andare a dormire nelle ore in cui conveniva farlo. Quando doveva fare asciugare la vernice, si metteva a fare nuovi bozzetti o a studiare i vecchi.
Per tre giorni, la perdettero completamente.


Con mano ferma e sicura, Aria diede le ultimissime pennellate.
Dalla tela finita un ragazzo apparentemente misterioso la fissava con due occhi sottili e profondi.
Lei indietreggiò di qualche passo, per avere una visione d'insieme. 
I giochi di luce e ombra facevano risaltare i lineamenti particolari del ragazzo raffigurato. Sorrise leggermente, vedendo finalmente prendere corpo quell'idea che anni fa aveva cercato maldestramente di rappresentare.
Il suo personaggio era lì, esattamente com'era stato nella sua mente.
Lo aveva chiamato Hera. Scegliere quel nome l'aveva divertita molto: non solo era femminile, ma conteneva il pronome 'Her', con cui sosteneva poi si abbreviasse il suo nome - cosa che accentuava le complicazioni.

Hera la guardava. Sì, ovvio. Perchè l'aveva disegnato in modo che guardasse lo spettatore.

"Così ti si ricordata di me."
Disse lui, sollevando leggermente le sopracciglia, levando il mento e inclinando la testa di lato.









_______________________

[Notes :D]

Ciao! Grazie alla quantità inaspettata di folli che hanno favvato/seguito questa storia ^^
Dunque, cerchiamo un po' di organizzarci :) intanto mi scuso per la quantità schifosa di errori di battitura - che CHIARAMENTE si confermano il mio marchio di fabbrica, in quanto ho una capacità incredibile nel produrli e altrettanta incapacità nello scovarli.  Ho già risistemato il primo capitolo, spero di non dover riaggiustare il secondo se no sarebbe abbastanza tragico.
Forse cambierò un po' i generi della fic, dato che la commedia è solo parziale (l'idea di fondo, a livello di ritmo, diciamo, era qualcosa di simile a scrubs - non simile, ok, ma su quell'idea. Solo che non riesco assolutamente a farlo, quindi, onde evitare forzature, mi manterrò sul mio stile assolutamente inclassificabile.).
Dato che la storia è abbastanza 'svarionata', vi avverto per tempo. ... ssì, cioè. L'avvertimento consiste nel dire: occhio, la storia è svarionata.
Ritengo inoltre di dovere dichiarare che il pg preso in considerazione è sotto taluni aspetti molto simile ad un pg di una mia per ora incompiuta fic su dr.house. Questo a causa di una mia sconsiderata passione per il look alla visual-band. Hera, di fatto, prende spunto da un mio personaggio 'realmente esistente' (se la cosa si può dire xD) in un gdronline. Il fatto che quel personaggio e il personaggio dell'altra fic siano molto simili (fisicamente, affatto caratterialmente e storicamente / ovviamente  (...troppi "*mente" xD) ) è causato semplicemente dal fatto che li ho sviluppati nello stesso periodo :) (in cui il mio fanatismo toccava picchi sconcertanti.).

Detto questo, grazie ancora a tutti ed Enjoy :D
(ah, sì, al solito uù le recensioni sono comunque gradite. ... parecchio :P)







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Capitolo 3
*** 3. Stand by me ***


3. Stand by me





3. Stand by me


Hera - l'immagine di Hera - non si mosse ne' parlò più.

La cosa appariva destinata a non ripetersi. 

Aria era convinta di aver avuto delle allucinazioni, la cui causa attribuiva facilmente ai fumi dei colori che usava. Non era una cosa improbabile, dato che era rimasta chiusa in camera sua per tre giorni senza mai far areare: il giorno dopo aver finito il dipinto, andò a comprarsi una carrellata di tinte completamente naturali.

Il ritratto rimase lì.
Non lo toccò, non ci aggiunse niente, proibì a chiunque di avvicinarvisi. Ogni tanto lo guardava, a metà fra l'orgoglioso e il turbato per la perfezione che le sembrava avere quell'immagine.
Non si ricordava di aver visto mai niente di più vivido in vita sua: i contorni sfumati e i dettagli messi invece perfettamente a fuoco davano all'immagine una trascendenza che ipnotizzava lei per prima. La parte più curata erano gli occhi, dettagliati in maniera maniacale, che conferivano allo sguardo diretto del soggetto una penetranza indicibile. Nelle pupille nere era concentrata tutta l'altezzosità e la provocazione di cui aveva scritto nel character design, e il portamento, retto e flemmatico, gli dava l'aria d'un principe machiavellico.
Aria ogni tanto si avvicinava alla tela per cercare di capire se era riuscita a rendere visibile anche la parte più celata del suo carattere. Le sembrava perfetto in maniera sconcertante: una velatura di malinconia e dolore traspariva dalle sopracciglia, il vero specchio dell'anima.
Per quanto adorasse quel suo lavoro, non era convinta.
Probabilmente era ancora suggestionata dall'idea che aveva avuto in testa nel momento in cui dipingeva, e quindi vedeva cose che l'opera in se' non era in grado di trasmettere allo spettatore.
Dopo qualche settimana spesa a osservare morbosamente quel ritratto, decise di metterlo nell'armadio, per ritirarlo fuori più avanti. Voleva aspettare di essere libera dell'immagine di Hera per poter valutare obiettivamente la propria opera.




"E quindi ammettiamolo: 'sta roba non serve a un cazzo!"
Il panegirico di Manuel sembrava finito. Il ragazzo stava litigando ferocemente con il mixer nuovo, e al momento era intento a staccarne violentemente e furentemente gli spinotti. Liam, il bassista, lo guardava basito maltrattare così quei poveri cavi, e dopo un primo istante di sconcerto si lanciò sul compagno per fare in modo che non assassinasse del tutto la loro attrezzatura. 
Denise e Aria sedevano sulle panche della prima fila, intente a mangiare patatine fritte e totalmente insensibili allo stress che traspirava la band.
"Non credo che inizieranno in orario." asserì Aria, retorica.
"Credo sarebbe sconvolgente se una cosa del genere potesse accadere."
Il palchetto, allestito più o meno maldestramente nella piazzetta del quartiere, avrebbe dovuto ospitare la bellezza di quattro band. Manuel e gli altri si erano aggiudicati il primo posto nella scaletta: peccato che dal loro punto di vista quella non fosse assolutamente una nota positiva. Anzi, Liam aveva quasi azzannato alla giugulare Manuel quando aveva saputo che non aveva nemmeno Pensato di dire 'no, vogliamo suonare più tardi'. Manuel si era incazzato, Liam si era incazzato, il mixer si era incazzato e alle nove di sera tutti stavano ancora bisticciando con tutti (e tutto).
Aria e Denise osservavano con felice ignavia e incompetenza i loro amici, intenti a scannarsi per riuscire a far funzionare la baracca.
"Quando porti il superquadro al tuo tutor, Ary?" Le domandò Denise, mentre ancora guardava assente quattro ragazzi particolarmente maldestri pronti alla crisi di nervi.
"Bho" rispose lei, stringendosi nelle spalle. "Quando avrò il coraggio di tirarlo fuori dall'armadio, suppongo."
Denise, abbondante nelle forme e dalla chioma più corvina d'un corvo stesso, si volse verso l'amica: "Dov'è il problema, di preciso?"
"Suppongo di aver paura di ritrovarmi in mano un dipinto molto diverso e decisamente peggiore di quello che credevi di aver prodotto"
"Ma se lo adoriamo tutti, dai! Non puoi essere sempre così maledettamente insicura."
"Ma chissenefrega, è solo un dipinto fatto a caso. Quando avrò voglia lo poterò al tutor."
Denise inarcò un sopracciglio, mordendosi leggermente le labbra carnose e scrutando Aria da dietro gli occhiali da vista scosse leggermente il capo. "Ecco cosa succederà: finirà nel dimenticatoio, non lo toccherai più per i prossimi quarant'anni, e dopo aver passato una vita frustrante a insegnare arte a degli adolescenti cerebrolesi e disinteressati lo ritroverai, lo porterai in una galleria, diventerai improvvisamente famosa e ti dichiareranno il genio di questo secolo. Due giorni dopo, mentre andrai interrogandoti di quanto più utile e appagante avrebbe potuto essere la tua vita se avessi sottoposto quel quadro ad un giudizio critico molti anni prima, scoprirai di avere un cancro terminale, e in due settimane morirai, fra dolori lancinanti, vomito, bava, e il rimpianto di non avere mai osato abbastanza e di aver sprecato completamente la tua esistenza."
"Grazie per la previsione così dettagliata, Ise. Auguro un cancro anche a te."
Lei schioccò la lingua sul palato, scuotendo il capo.
"Sarebbe bello se ogni tanto le ascoltassi seriamente, le mie previsioni."
"Perchè, si avverano?"
"Non lo so. Ma sinceramente, fossi in te, non aspetterei di avere sessant'anni per riceverne la conferma."
Toccò ad Aria schioccare la lingua.
"Che'ppalle. Quando iniziano?"




Onde evitare di tornare a pensare a Hera, Aria finì con l'accettare di curare la grafica dell'album demo di Manuel e compagnia.
La tattica fu piuttosto funzionale, soprattutto perchè il quartetto aveva una capacità di bisticciare e non trovare un accordo degna di altrettante comari costrette a lavorare nella stessa cucina.
Come avessero fatto a mettere su un gruppo, era un mistero universale.

"No, No, No - cazzo - Liam - Non hai capito una sega. Non puoi farle mettere dei toni violacei, ti sei bruciato il cervello? VIOLA? Cristo, siamo Hardcore Punk, non dei cazzo di Emo!"
Aria fissava il fondo della tazza di caffè, muta.
"Ma che hai contro il viola, Sam? Cioè, cazzo, verde e viola! I colori del punk! Abbiamo tutto il diritto di usarlo, sai cosa me ne frega se il viola se lo sono preso gli Emo, te e 'sta cazzo di paranoia di sembrare Emo?"
"Ma no, cazzo! E' una questione di principio! Blu, rosso, nero, BIANCO se proprio ci tieni, ma cazzo, non VIOLA!"
"Sai cosa" intervenì Manuel "'sta storia dell'essere Emo sarà tipo quella dell'essere.. no cioè... cioè, no, non intendevo questo - volevo dire, no, 'spe... sì, ecco, no, cioè cazzo, ci stai scartavetrando i coglioni con 'sta storia di non voler essere Emo che inizio a pensare che tu lo sia - ma cazzo, Sam, non è una malattia, oh, se hai tendenze suicide basta dirlo e risolviamo, cioè, cazzo, io non ho niente contro gli Emo"
"Ma cosa cazzo 'stai dicendo? Ma neanche io hi un cazzo contro i cazzo di Emo, cazzi loro, cazzo, ma noi siamo Hardcore Punk, CAZZO!"
Aria deglutì. "Vabè, ragazzi, quando vi siete messi d'accordo... fate un fischio..." disse, senza elevare eccessivamente il tono. Il che, in quel cafè e con quella compagnia, equivaleva all'avere la certezza di non essere calcolati.
"Ma devi sempre essere così fottutamente conformato, cazzo?! Ma fai quello che ti senti di fare! E' musica, cazzo! E' libera!"
"E 'fanculo, io mi sento di NON voler avere la demo VIOLA, ci arrivi, cazzo, ci arrivi che non voglio la demo viola?! E poi, cazzo, è questione di Marketing!"
"Ma 'sto cazzo il marketing! Il marketing lo fa la casa discografica, son cazzi suoi, sai cosa cazzo gliene frega delle copertine delle demo, a loro!"
"E allora te perchè ti sei impuntato su 'sto viola del cazzo? Cioè, a 'sto punto manco la facciamo, cazzo, la copertina del cazzo!"
"Sempre col cazzo in bocca siete, voi quattro." sibilò una voce femminile da dietro la nuca di Manuel.
I quattro gelarono. Come la loro testolina comprese cosa significasse, improvvisamente smisero di parlare.
Cadde il silenzio.
Aria sbuffò, sgonfiandosi. "Brava, Ella. Almeno adesso stanno zitti."
Ella schioccò un bacio sulle labbra di Manuel, e poi tornò a guardare la band nel suo complesso. "Fossi in voi mi darei una regolata". Sbuffò, sistemandosi la borsa sulla spalla.
"Bene, dichiaro il ritrovo ufficialmente finito" fece Aria, levandosi in piedi. "Quando avete preso una decisione stabile sulla linea generale della grafica, fate un fischio. Intanto ci vediamo dopodomani per scegliere le foto che vi ho fatto l'altro giorno..." guardò i quattro, domandandosi se far scegliere a loro fosse un'idea furba. "Casomai facciamo qualche altra sessione."
Sistemò la sedia, e pronta per avviarsi mosse qualche passo in direzione dell'uscita del cafè.
Ella la prese per il braccio prima che potesse allontanarsi dal tavolo
"Ary, Ary aspetta un attimo. Devo parlarti."
Lei la guardò perplessa.
"Dimmi" rispose, facendo spallucce.
Ella storse la labbra. "Mh... ecco, vedi." Le si avvicinò "Lucas sta girando da queste parti con la sua nuova ragazza" comunicò all'amica, mantenendo un tono che cercava di essere il più rassicurante e tranquillo possibile. "Dev'essere tornato qui per la pausa natalizia."
"... ah." Fece Aria.
"Bhe, ecco. Volevo avvertirti. Meglio sapere che rischiare di fare la figura dell'idiota, no?" 
Aria notava il tono di apprensione nell'amica, e finì con il sentirsi infastidita. "Oh, dai, Ella. Cosa credi, che abbia tredici anni? Sono passati due mesi, ho superato tutto il superabile. Non metterti a fare la chioccia, adesso."
"Sai che è il mio mestiere, no?"
Aria sbuffò leggermente. "Non iniziare a farti preoccupazioni inutili. Sono matura - so arrangiarmi. Grazie dell'avvertimento."
Ella la guardò fissa negli occhi per ancora qualche istante, e poi la lasciò andare.
"Bene, meglio così." 
Le sorrise.


Fuori, il tempo era spastico.
Da loro l'inverno non era degno di tale nome, dato che se arrivavano a 10 gradi potevano dire di star congelando. In compenso, le nuvole si susseguivano in un turbinio che faceva comparire e scomparire il sole a caso.
Camminando, Aria ripensava a Lucas. Era strano come se ne fosse più o meno dimenticata, finendo con l'ossessionarsi ad Hera quasi per caso. Certo, fra un essere umano che una volta era stato il suo ragazzo e un personaggio della sua fantasia, ne passava. Comunque, negli ultimi giorni non pensava più ne' all'uno ne' all'atro.
Così Lucas era tornato a casa con la ragazza. Chissà se poi era la stessa della prima volta, o se aveva fatto circolare un po' il suo seme, il bastardo.
Sicuramente non si era potuto permettere il sesso senza guanto, cosa che invece con lei poteva ben che fare. Magra soddisfazione. E se non usava il profilattico egualmente, allora era Idiota in via ufficiale.
Anzi, a ripensarci avrebbe anche potuto farlo.
Lui e la sua stupidaggine, lui e quella sua mania di fare le cose a caso.
Macchè mania, era pura incoscienza.
E se poi...
"Ciao!"
Aria risollevò improvvisamente lo sguardo da terra, andando a guardare davanti a se'.
".. ciao", mormorò.
Lucas le sorrise: un sorriso tranquillo e di cortesia. Le passò oltre continuando il suo incedere, la mano stretta in quella di una ragazza anonima, alta e biondiccia, dal passo sculettante e le labbra sottili.
Aria rimase immobile dov'era, senza che probabilmente la coppietta se ne accorgesse.

Gelata.
Completamente sconvolta.
Svuotata di qualsiasi cosa potesse avere dentro. E colta disastrosamente di sorpresa.
Lucas l'aveva salutata con disarmante naturalezza, e lei, incapace di connettere, gli aveva pure risposto.
Dio, che IDIOTA.
Le si schiusero leggermente le labbra. All'altezza del cuore aveva avuto in bruciore di adrenalina ed emozione, il cui eco ancora rimbalzava nelle sue vene. E il muscolo palpitava, agitato.

Ancora stranita, calò lo sguardo, respirando lentamente e con insicurezza.
L'aveva superato. Tsk - ma in quale improbabile universo parallelo?
Era solo riuscita a non pensarci fino ad allora. quello era stato il suo massimo risultato.
La realtà era che non era cambiato assolutamente nulla. Niente di niente, era ancora tutto come prima. Dentro di lei, per lo meno.
Fuori, la realtà la contraddiceva parecchio.
E lei odiava quel modo di essere della realtà. Non poteva fare assolutamente niente.
Solo rimanere lì, ferma, a ricordarsi quanto stesse effettivamente male.

Alle sue spalle, iniziò a percepire una presenza.
Manteneva lo sguardo fisso nel vuoto, calato, il capo rintanato nelle spalle cadenti.
Sapeva che era lì.
Sapeva che era sempre stato lì.
  "Non ti crucciare, piccola"
Lei strinse le labbra.
  "Sono qui per te. Lo sai che sono qui per te."
Lo sei?, pensò.
  "Non me ne vado finchè non mi cacci. E non lo stai facendo, piccola."
No, non lo sto facendo, pensò.

Hera le si avvicinò.
Aria sentì le sue braccia cingerle in busto, il suo respiro avvicinarsi, i suoi capelli sfiorarle il capo.
Ma non aveva senso. Era tutto falso, inesistente, rinchiuso nella sua mente.
  "Non ha importanza cosa sono. Sono qui. Questo è importante."
Non aveva bisogno di un amico immaginario per tirare avanti. Era patetico.
  "Evidentemente ne hai bisogno."


Aria levò il capo, fissando qualcosa di inesistente davanti a lei.
Iniziarono ad inumidirlesi gli occhi grigiastri.
Mosse leggermente le labbra, ma non un suono ne uscì.







When the night has come
And the land is dark
And the moon is the only light we'll see
No I won't be afraid, no I won't be afraid
Just as long as you stand, stand by me



















[Notae Autrix] (dubito fortemente si scriva così xD)
Bho, forse "stand by me" alla fine era esagerato però... chiamava xD
Adesso è chiarissima la piega che prenderà il tutto (anche se non troppo banale / bhe, difficile trattare una cosa flashata e folle come questa 'banalmente', però, insomma, spero non sia tanto scontato)... quindi siete liberi di abbandonare con la scusante "troppo fuori di testa".
Bhe, succede.
Spero vi sia piaciuto il capitolo.
Grazie a chi segue e a chi mette fra i preferiti - sono contenta che la storia piaccia.
E grazie a DonnaH - sì, il "TOTALMENTE FOLLE" è un ottimo complimento :)  l'idea era quella. ^^ spero tu gradisca come sta continuando la follia.

Ovviamente, le recensioni sono mmmmmmolto ben accette ^__^ grazie nche a Dada88 e CipDebbi

Ci vediamo al prossimo capitolo x3



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Capitolo 4
*** 4. Conflittualmente parlando ***


4. Conflittualmente parlando

[ERRATA CORRIGE] // gente, ma sono fortemente idiota, io xD ho sbagliato la coppia. Capitolo corretto xD pardòn. 



4. Conflittualmente parlando



Tornò a casa lentamente, con la mente svuotata e gli occhi lucidi.
L'ombra di Hera la seguiva a qualche passo di distanza. Come se le guardasse le spalle.
Si infilò a letto, stendendosi.
Poi tirò una mano fuori dalle coperte.
Hera la prese fra le sue:  Aria si addormentò.




La mattina seguente Hera sembrava scomparso. Kaylee rivide la sorella tramutata in un fantasma, che per tutto il giorno si aggirò per la casa in pigiama.
"Che succede, Ary?" le domandò.
Quella non rispose.
Aria aveva l'impressione che finchè non ci avrebbe pensato, niente di quello che era successo il giorno prima si sarebbe ripresentato: ne' il suo dolore, ne' Hera.
Si tenne lontana da camera sua per non ricordare l'esistenza del quadro: si piazzò sul divano, zappando senza sosta sulla tv via cavo.
"Aria, seriamente." disse Kaylee, sedendosi accanto a lei. "Sembri distrutta. Cos'è successo?"
Lei la ignorò per qualche istante, poi rispose: "Nulla."
Kaylee la scrutò, cercando di capire cosa balenasse nei suoi occhi. Dopo una ricerca inutile, rinunciò: si sistemò a guardare la tv con la sorella, spalla a spalla, avvolte dal silenzio.

Aria si morse le labbra svariate volte.
Più cercava di concentrarsi sul programma televisivo che le passava davanti in quel momento, più sentiva di stare per scivolare nuovamente verso i ricordi del giorno prima.
Non voleva. Echi degli eventi passati la catturavano: e ogni volta che li sentiva, si rendeva conto di quanto era stato doloroso e di quanto sarebbe stato riviverlo.
E poi... dover accettare di essere per metà impazzita non era cosa facile.
L'unica cosa che poteva permettersi, al momento, era ignorare deliberatamente tutto quello che era successo.




"Per pura curiosità, quando hai intenzione di ritirare fuori il mio ritratto?"
Aria si girò di scatto. Hera sedeva, svaccato, sulla sua scrivania: spalle poggiate al muro e gambe a ciondoloni. La frangia multicroma ricadeva sugli occhi neri e sottili. Il ragazzo estrasse tabacco e cartine dalla tasca della giacca di pelle, e si mise a rollare quella che Aria sperava davvero fosse una sigaretta.
"Non puoi fumare qui dentro" sibilò la ragazza, guardandolo allibita.
Lui fece scivolare lo sguardo su di lei, levando un sopracciglio.
"Stai scherzando, vero?" domandò, fra l'ironico e il perplesso.
"Cristo, no!" rispose Aria, agitata.
"Piccola, sono un personaggio immaginario. Non ti aspetterai davvero che tutta questa roba con cui sto trafficando sia vera, no?" Sorrise leggermente, beffardo, e si accese la sigaretta continuando a fissare Aria negli occhi. La guardava come se lei avesse appena urlato 'la terra è tetraedrica!'. "Certo, a meno che quello che faccio io non sia quello che fai tu. In tal caso sarebbe molto interessante, soprattutto perchè Kaylee ti vedrebbe rollare, fumare e parlare da sola" Hera indicò con la testa verso la porta della sua camera: Kaylee si avvicinava.
"Aria, hai per caso una taglierina? Non riesco a fare un taglio decente al poster, con le forbici."
Aria la guardò immobile per qualche istante. Kaylee corrugò la fronte, senza comprendere perchè una risposta così facile non arrivasse immediatamente.
"Hai intenzione di darle la taglierina o vuoi farti dichiarare definitivamente incapace di intendere e di volere?" Le domandò Hera, dalla scrivania.
"Sì, scusa." Si affrettò lei a rispondere alla sorella "Stavo pensando a dove l'avevo messa." Raccattò la taglierina su di una delle tante mensoline che affollavano la sua camera, e gliela porse. "To'."
"Come va', meglio?" domando Kaylee, afferrato l'oggetto.
"... sì?" rispose, indecisa, Aria. Che l'avesse sentita parlare al vento? Quello SI' che avrebbe fatto pensare alla sorella che era completamente andata di testa. Magari in parte lo pensava già, ma c'è un limite a tutto.
"... vabene." Senza troppi convenevoli, Kaylee girò sui tacchi e se ne andò.
Aria le chiuse la porta alle spalle, per poi voltarsi verso Hera: "Di un po', come funziona? Parlo con te, parlo al vento, dico quello che dici tu..? Devo sapere se rischio che mi pensino pazza."
"Io non mi preoccuperei troppo di quello che pensano gli altri, quando un personaggio che avevo inventato più di quattro anni fa si presenta davanti ai miei occhi. Cioè, tecnicamente, fuori di testa lo sei già."
"Ma se hai detto prima l'esatto opposto" asserì lei, esasperata
"Potrebbe essere, in effetti."
"Che cazzo vuol dire? Voglio sapere se sto parlando da sola o no, non mi sembra complicato!"
Lui si strinse nelle spalle. "Stai parlando con me."
"Ma STO EMETTENDO SUONI?" Domandò, digrignando i denti in un attacco d'ira.
"E io cosa ne so?" Fece lui, portandosi la sigaretta alle labbra. "Sono frutto della tua mente: se non lo sai tu, non lo so io. Non posso mica inventarmi le cose."
"Allora sei inutile."
Fece nuovamente spallucce. "Anche se fosse, rimane il fatto che sono qui. E che non hai ancora risposto alla mia domanda: hai intenzione di ritirare il mio ritratto fuori dall'armadio, oppure aspetti che si avveri la profezia di Denise?"
"Vaffanculo. Lo tiro fuori quando ne ho voglia."
"Il quadro rappresenta me, però. Quindi ho diritto di volerlo vedere. Ergo, tirarlo fuori."
"No. E adesso lasciami in pace." Concluse, con tono da ultimatum. Si sedette alla scrivania, cercando di schiarire la mente per poter fare qualcosa di produttivo. I compiti dell'accademia, ad esempio. Qualche studio di anatomia.
Qualsiasi cosa che la distraesse dal ragazzo che sedeva a qualche spanna dal suo gomito.
Cadde il silenzio per qualche minuto.
"Non riuscirai mai a fare niente finchè non risolvi la cosa." continuò Hera, spegnendo il mozzicone sulla scrivania.
"Ti ho detto di lasciarmi in pace."
"Tanto non stai facendo niente. Non otterrai nulla se ti ostini a non pensare a nulla."
"Ti preferivo quando eri solo un quadro parlante. Almeno avrei potuto bruciarti."
"E perchè non lo hai fatto?"
"Perchè non pensavo che ti materializzassi sulla scrivania di camera mia."
"A dire il vero sono comparso prima."
"Sì, a dirmi stronzate del tipo 'Sono qui per te, non me ne vado finchè non mi mandi via', blah blah blah. Boiate. Non ti voglio qui, e stranamente non te ne vai."
"Evidentemente non mi stai mandando via."
"VATTENE."
I due si fissarono, Aria che lanciava sguardi d'odio vivo, Hera che faceva il noncurante. Dopo un po' di silenzio, lui iniziò a guardarsi attorno, con aria perplessa.
"Mmh - no." disse "Non mi sembra che funzioni. Forse la parola magica è un'altra."
"Certo che ti metti d'impegno per irritare la gente, eh?" rispose lei, scuotendo la testa, con tono acido.
"Mi spiace. Non sono stronzo... è che mi disegnano così."




Mentre camminavano, Aria continuava a fissare Ella. Ogni tanto lo sguardo pareva perdersi un po' nel nulla: l'altra ricambiava con occhiate perplesse.
"Non starai ancora pensando alla stronzata che ha detto Denise qualche settimana fa, Vero?" le domandò di colpo l'amica, stufa d'essere fissata in quel modo. "Sai che non la penso come lei. Anzi, nemmeno lei lo pensa."
"Che stronzata?" domandò Sam, rischiando di far rovinare in terra il mozzicone che serrava fra le labbra.
"Perchè non spegni quella sigaretta, di grazia? Stai fumando il filtro!" fece Aria, verso Sam. Il ragazzo sputò quello che rimaneva della sigaretta. 
"Ma soprattutto, Sam, perchè sei venuto a prendere Manuel in stazione con noi?" domandò Ella "Aria, la mia domanda attende ancora risposta." precisò, subito dopo.
Sam fece spallucce. "E' anche mio amico, oltre che il tuo ragazzo. Ho tutto il diritto di venire a prenderlo in stazione con voi."
"Ma non l'hai mai fatto prima."
Fece spallucce di nuovo.
Tornarono a camminare nel silenzio. Il pomeriggio volgeva al termine, e probabilmente Manuel era già in stazione ad aspettarli. La visita mensile al padre era una cosa che non gli si riusciva a togliere, nemmeno dopo che l'obbligo legale era decaduto con la sua maggiore età.
"Brutta storia, i divorzi." fece Sam, come se pensasse ad alta voce.
"Non sto pensando a quello stupido pronostico" fece Aria, ignorando deliberatamente l'altro.
"Ok" rispose Ella, con noncuranza.
     "E allora perchè la guardavi?" le domandò Hera, camminando con passo flemmatico e sguardo dritto davanti a se'.
     "Perchè le cammini a fianco, genio." tagliò corto lei
     "Aaah. Quindi ti piace guardarmi. Divertente. Lo sai in che altro modo potresti guardarmi? Tirando fuori il tuo quadro dall'armadio."
     "Che palle, piantala. Sono affari miei."
     "Certo, certo. Ok. Come vuoi. Ma sappi che non sono tanto scemo da non rendermi conto d'essere un uomo-schermo. Stavi guardando Ella. E stavi pensando a Denise, e al quadro."
     "Taci."
Sam ed Ella videro Aria ammutolirsi per qualche minuto, intenta a fissare a terra, come se fosse immersa nei suoi pensieri.
"Oi, Aria?"
"Sì?" rispose lei, tornando a guardare l'amica.
"A che pensi?"
"A niente."
Quando arrivarono alla stazione, Manuel era già lì, intento a dondolare sotto le cuffie insonorizzate che gli fasciavano la testa. Ella dovette sbracciarsi prima che quello si rendesse conto che erano arrivati.
Si tolse le cuffie e li raggiunse, raggiante.
"Oi! Buongiorno, mondo!" Schioccò un bacio sulle labbra di Ella, per poi rendersi conto della presenza di Sam. "We', Sam. Cosa ci fai qui?"
Sam aggrottò le sopracciglia. "Ma che cazzo c'è di strano, insomma? Non posso venire a prendere un mio amico alla stazione? Eh? Non, so, cazzo, è mezz'ora che mi chiedono tutti 'cazzo ci faccio qua! E che coglioni!"
     "Che linguaggio forbito" commentò Hera, le labbra sottili piegate in un sorrisetto di disprezzo
Aria schioccò la lingua sul palato. "Andiamo?"
"Sì, certo, sua maestà. Oh, forse torno dal vecchio fra qualche settimana. Sta smanettando su qualcosa, tipo, progetto, no, tipo, quelle robe lì. Vuole che lo aiuti."
Manuel era sempre mezzo afasico, capacità di espressione zero. La maggior parte dei suoi discorsi era costituita da interlocuzioni e sì, no, tipo, cioè. Quello. Avete capito.
Ella gli sorrise: "Ottimo!"
Lui se la strinse a se'.
Aria si morse le labbra, cercando di impedire all'immagine di Lucas di comparire nella sua immagine. Il problema era non far capire agli altri che quegli atteggiamenti la uccidevano. Contrasse gli addominali, sperando di disperdere tutta la sua energia in quella contrazione invisibile agli altri, cosìcchè non giungesse sino al suo volto: Ella aveva una capacità di smascherarla molto sviluppata.  
Sollevò lo sguardo verso l'amica, affiancata da Manuel, cercando la figura di Hera con lo sguardo. Scomparso.
Arricciò le labbra.
"Tutto bene, Aria?" Domandò l'amica, osservandola perplessa.
"Sì, certo."
Sam la scrutò, perplesso a sua volta.




"Sei uno stronzo"
Esordì Aria, appena si chiuse la porta di camera sua dietro le spalle.
Hera era disteso sul suo letto, agghindato in camicia bianca, cravatta e jeans particolarmente malconci. Oltre le l'enorme quantità di catenine che indossava. La guardava col mento poggiato su una mano, il gomito puntellato sul materasso.
"Perchè tanto odio, piccola?"
"E piantala di chiamarmi 'piccola'."
"A te piace farti chiamare piccola."
Lo guardò, le labbra serrate. Andò a sedersi sul letto, accanto a lui. "Non da te." commentò, guardando fisso fronte se'.
"Perchè hai quest'atteggiamento conflittuale con me?" domandò lui, vagamente divertito. "Sono una parte di te, non un estraneo. Ma sembra che mi odi incondizionatamente."
"'Perchè'?" fece Aria, voltandosi verso Hera. "Come sarebbe a dire 'perchè'? Compari promettendomi di starmi vicino, e non fai altro che punzecchiarmi. Sei una produzione della mia testa, e sei pure fastidiosissimo. Quale mente malata produce un amico immaginario con in quale non può nemmeno andare d'accordo?"
"... la tua?" levò le sopracciglia, quasi la domanda se la stesse ponendo sul serio.
"Avevi detto che eri qui per me" mormorò lei, abbassando lo sguardo. "E nell'unico momento in cui mi servivi veramente sei scomparso."
"Avevi tre amici su cui contare. Forse avresti dovuto provare prima a farti aiutare da loro. Non potrai tenergli nascosta per sempre la tua sofferenza."
Lei rimase con lo sguardo basso, muta.
Hera poggiò l'indice sul suo mento, sollevandoglielo, in modo da poterla guardare negli occhi. Lei si ritrovò con quegli occhi neri e sottili puntati addosso. Profondi e imponderabili come li aveva visti nel suo dipinto. Ma vivi.
Possibile che quella fosse tutta opera della sua mente?
Possibile che fosse talmente fragile da arrivare a quello?
Hera sembrava stare scavando in lei. Come aveva descritto, ora subiva: occhi indagatori, occhi che cercano. 
Fuggì lo sguardo.
"Non puoi scappare da te stessa", disse Hera, facendo scivolare lentamente l'indice via dal suo mento. "E non puoi nemmeno permetterti di isolarti. Parla con loro, piccola. Non aspettano altro. Vogliono poter fare gli amici."
"Non ne ho voglia" mugugnò lei, alzandosi dal letto.
"Cosa fai adesso?"
"Non lo so, ma voglio starti lontana."
"Un po' complicato, da fare."







[Note]
Spero che la relazione Hera/Aria vi piaccia :) un personaggio come lui sempre non riuscire proprio a fare solo la spalla su cui piangere, eh? xD dev'essere proprio una rottura avere uno così che vaga per la propria testa.
Al solito, recensioni sono gradite ^_^ @reki: spero di aver beccato tutti gli errori di battitura ... >.<'''





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Capitolo 5
*** 5. Accettazione. ***


5. Accettazione.




5. Accettazione.



Manuel la fissò negli occhi, le gote gonfie d'aria, le sopracciglia levate a corrugare la fronte spaziosa.
Lei manteneva un muso ch'era tutto un grugno e fastidio.
"La vuoi smettere di fare l'idiota, dai!"
Il ragazzo sgonfiò la bocca in un fischio acuto, mentre faceva cadere la testa in avanti.
Aria si lasciò scappare una risata, e poi schioccò con la lingua sul palato, in uno 'TSK' fortemente infastidito. Se c'era una cosa che odiava, era quando la facevano ridere - e lei, invece, era di tutt'altro umore.
"Volevo solo tirarti un po' su, scusa"
"Sai che è una cosa che Detesto." grugnì lei, scivolando sulla seda del FastFood.
Manuel si schiaffò metà hamburger in bocca, iniziando a parlare molto prima di aver mandato giù tutto il boccone. 
"Dunque" fece, cercando di non soffocarsi. "Secondo me, dovresti trovarti un ragazzo."
Aria aggrottò le sopracciglia, fissandolo torvo.
"Ok, cioè, sì, insomma dai, sai che non sono bravo a dar consigli, però... cazzo, non so proprio che fare in 'ste situazioni."
Lei si sgonfiò.
"Scusami, forse è colpa mia. Non avrei dovuto chiamarti se tanto poi non mi lascio aiutare. Non sei certo il primo che mi dice che dovrei trovarmi qualcuno. Mph. Neanche fossimo al supermercato."
Lui ridacchiò. "So benissimo che detesti pensarla in questo modo, però, insomma... un po' è così." 
Lei incrociò le braccia al petto e sprofondò nella sedia.
Hera sedeva al tavolo accanto a loro, apparentemente intento a bere un frappè. Gli occhi neri scivolavano ogni tanto verso Aria, ma per il resto rimaneva silente e in disparte.
"In tal caso, non ho soldi."
Manuel fece un 'mph' sinceramente divertito, per poi avventarsi sulla sua bibita. "Trovati un lavoretto" rispose, con naturalezza.
"Ah - ah - ah."
Aria vide con la coda dell'occhio Hera poggiare il bicchierone del frappè ed andare ad osservarla con aria di rimprovero.
Fantastico.
Adesso si faceva pure giudicare dai suoi amichetti immaginari. Che comparivano e scomparivano quando girava loro, in maniera del tutto casuale. Per quello che la riguardava, poteva essere benissimo che, una volta tornata a guardare Manuel, Hera svanisse nel nulla. A dire il vero, Aria non aveva ancora capito in quale preciso istante si era materializzato nel locale.
"Mi spiace, Manuel, non avrei dovuto rubarti ad Ella per pranzo. Sono sicura che sarà incazzata come una mina. Dille che è colpa mia e via."
Lui fece spallucce. "Lascia stare, dai, non è mica tipo nulla di preoccupante se, no, per un giorno mi dedico alla mia migliore amica e non alla mia ragazza - che è migliore amica della mia, quindi... cioè. Piuttosto, sai cosa, insomma, penso che si incazzerà con me perchè tipo hai parlato con me e non con lei, tipo. Capace di farlo."
"E' solo che tu mi hai conosciuta in modalità Single molto meglio di lei, che mi ha presa quando già sbavavo su quel coglione di Lucas"
      "Oh, figo, adesso è diventato un coglione! Mi piace." commentò Hera, voltandosi leggermente verso i due con sguardo vagamente ebete.
"Mettiamola così - cioè: se Lucas per te è diventato un coglione, sei già alla fase due del lutto, no?" fece Manuel, cercando di articolare con discreto successo.
      "'Sto uomo ha capito tutto di te - ottima scelta." Continuò Hera "Come amico, intendo. So che su di lui non sei capace di fare nemmeno un bozzetto di pensiero erotico." 
Aria si voltò verso Hera: sebbene i suoi movimenti fossero immaginari, per un minimo istante, lontanamente percepito da Manuel, fu assente.
      "Io non ho capito una mazza, invece" rispose acida a quello, arricciando le labbra. "E lascia perdere i miei pensieri erotici"
      "Seh, seh. Come vuoi." Hera tornò ad attaccarsi alla cannuccia del frappè, facendo un cenno del capo in direzione di Manuel.
L'attenzione di Aria tornò alla realtà.
"La fase due del lutto?" domandò, perplessa.
"Rabbia!" fece il rasta, sporgendosi in avanti, verso Aria. "Cioè, insomma, prima eri depressa, ti sei tappata in casa e tutte quelle cose lì... fase uno, no? Così ti sei tipo evoluta un po', no? Quindi è tipo un miglioramento, che va bene. Quindi bene. Bene, no?"
Lei lo osservò di sottecchi. "Manuel, sul serio, ti ringrazio moltissimo per il tentativo, ma la depressione è al quarto posto - e in mezzo c'è la contrattazione, che è al terzo. Non credo che mettermi a contrattare sia una cosa furba."
Manuel la guardò assorto nei suoi pensieri per qualche istante, e poi ricadde sulla sedia, svuotato.
"Cazzo, hai fottutamente ragione - non torna un boia di niente, così. Merda."
      "Ti diverti a rovinare i colpi di genio dei tuoi amici? Sta cercando di aiutarti, Aria" la rimproverò Hera.
      "Scusa, mister sono qui per te ma per ora mi limito a complicarti la vita. Mi lasci in pace? Un secondo solo?"
Hera tornò a tirare su il frappè dalla cannuccia, rumorosamente.
      "Ti ho lasciata in pace per più di un giorno, ma evidentemente non te ne sei nemmeno resa conto" fece lui, con un accenno di fastidio nella voce improvvisamente piatta.
      "Oddio, non dirmi che te la sei presa, adesso. Ti rendi conto che è il colmo, vero? Dai, guardaci - siamo patetici."
Lui la fissò negli occhi, il volto duro, il capo voltato verso di lei mentre ancora sedeva scomposto al tavolo. Le labbra sottili erano immobili, come ogni suo singolo muscolo.
      "TU sei patetica." Sottolineò il ragazzo, mantenendo quella posizione statica e traspirante rancore. 
Rancore, ecco. Qualcosa che le esplose improvvisamente dentro: rancore; non suo, ma ricevuto. Il rancore di Hera, probabilmente. Anche se pareva non avere alcun motivo di provare rancore nei suoi confronti - senza calcolare il paradosso per cui Hera e lei erano la stessa persona. Non riusciva a capire assolutamente cosa passasse per la mente del ragazzo immaginario. Perchè mutasse improvvisamente atteggiamento - perchè, in particolare, ogni tanto se la prendeva con lei.
L'immagine di Manuel tornò ad occupare la sua vista e la sua mente.
"Bha, mi spiace" fece l'amico, scuotendo la testa carica di dreadlocks. "Sono proprio una frana."
Hera pareva scomparso.
Aria sorrise dolcemente, espirando.
"No, Manu, non stare a preoccuparti. Sto cercando di superare la cosa. L'ho quasi superata, penso. Almeno, finchè Lucas non ricomparirà dal nulla. Ma se rimane dall'altra parte del continente, non ho troppi problemi."
"Ti avvertirò quando compare, allora" fece lui, raggiante e carico di buone intenzioni. "Sai, penso che... tipo, secondo me, la cosa migliore è se gli tipo parli. Non tipo 'parliamone', cioè, di cosa è successo - cazzo, no. Dico, se tipo ci parli come persona e... e tipo scopri che è una persona tipo una qualsiasi, ecco. Che non vale più un penny. Non è che c'hai da ammazzare i fantasmi, per liberartene. Basta farli scomparire, penso."
Aria chinò lo sguardo, pensosa.
"Mh. ... già."
Calò il silenzio, lei intenta a rimurginare pensieri stantii, lui con lo sguardo perso in aria - a fissare il vuoto.
Basta far scomparire i fantasmi, pensò Aria.
Lucas era il suo problema, in teoria. Ma Hera era la concretizzazione dei suoi problemi.
Non era Lucas il guaio. Lucas era un fastidio, quando ripensava alle sere passate avvinghiati sul letto, quando ne sentiva il profumo, quando la sua voce profonda richiamava tutte le sue attenzione ed i suoi istinti.
Bastava così poco, pensò.
Ma adesso Lucas non c'era - fosse successo quello che fosse successo. Adesso Hera la perseguitava. A meno che non fosse svanito per sempre, ovvio.
"Ohu - ohu - ohu - c'ho un'idea!" esplose Manuel, destandola dalle sue riflessioni.
Lei sollevò lo sguardo "Cioè?" domandò, sollevando un sopracciglio perplesso.
"Te l'ho detto che tipo mio pa' mi vuole da lui 'sto weekend o quello dopo, boh, uno dei due tipo, che deve sistemar due robe. Tipo vieni con me, dai! Un bel viaggio e via. Così vedi Lucas e ci parli - facile, no? Tanto il college dove va lui è appiccicato."
Ad Aria la sola idea fece prendere un colpo. "No, no, no, tu sei fuori. Cosa vuoi, che vado dal mio ex a parlargli? Quando sicuro c'è la tipa che si scopa a meno di un chilometro di distanza? Cosa son, cerebrolesa?"
"Cazzo, dai, prendi sempre le cose tutte così. Mica è vietato andare dall'ex!"
"Penserà che sono un'idiota, dai! Ma ti rendi conto? Mica siamo in buoni rapporti! Essì che è vietato, dai!"
"Ma chiccazzosenefrega di cosa pensa, dai, cazzo. Ormai non hai più niente a che fare con lui, quindi che ti interessa cosa pensa? Lo fai per te e basta, il resto a fanculo."
Più Manuel si agitava, più il suo lessico peggiorava. 
E Aria vedeva che Manuel era agitato - agitato per lei. Sì, cercava di aiutarla.
Sì, era suo amico per questo.
Sì, era il suo migliore amico esattamente per questo. E perchè, indipendentemente dalla funzionalità dei consigli, faceva sempre di tutto per darle i migliori che avesse.
Ciò nonostante, non era convinta.
E da un lato la cosa non la convinceva, e dall'altro la infastidiva non essere convinta di un'idea di Manuel, che tentava di venire in suo soccorso.
"Va bene, ci penserò."
Quello sorrise raggiante. 
Aria, a sua volta, imbastì un sorriso largo e dolce verso l'amico entusiasta.


***


"Che tu non abbia grande intenzione di andare con Manuel e di vedere Lucas - dirtelo, suppongo, è fiato sprecato. Sbaglio?"
Aria si prese il volto fra le mani, cercando di non disperare troppo. Davanti a se' aveva una stupida natura morta da finire, esattamente quel tipo di dipinti (acquarello, per la precisione) che odiava. 
Ed ora Hera rifaceva la sua magica apparizione.
"Primo, tu non hai fiato." chiosò lei. "Secondo" continuò "pensavo fossi incazzato con me. E non era male, come idea."
Lui scese dalla scrivania - uno dei posti ove privilegiava sostare, assieme al letto. Sigaretta accesa in mano, tirò a pieni polmoni il fumo fasullo.
"Se vuoi davvero che me ne vada, scompaio. Non ci metto molto, sai. Rimango una tua produzione, nulla di troppo reale e indipendente." rispose lui, vagamente infastidito. 
Si avvicinò al foglio su cui stava lavorando, prendendolo in mano ed osservandolo con saccenza. 
"Vedi" fece infine, riappoggiandolo senza troppi riguardi sulla scrivania "stai facendo uno schifo. Non riesci nemmeno più a dipingere seriamente."
"Ah, e fammi indovinare: dovrei ritirare fuori il tuo ritratto? Così da poter 'guarire'?"
"No" espirò lui, sbattendosi sul letto. 
Tacque.
La fissava interessato, come fosse un oggetto di studio. Aria non sopportava quell'atteggiamento, e distolse lo sguardo.
"Che carina, fa la preziosa" canzonò lui, dopo un po' che lei manteneva gli occhi sul muro. "Potrei quasi darti cinque anni."
"Sei sempre qui per insultare, vero?"
"Vuoi un po' di fumo?"
"Non cambiare argomento."
"Ah, no, scusa, evidentemente tu preferisci il vile alcol."
"Ma allora sei proprio un rompicoglioni! Come cazzo ho fatto a pensare che un personaggio come te potesse funzionare?"
Lui fece spallucce. "Forse eri ubriaca."
Le labbra di Aria erano sottili per la rabbia.
Tonnellate di frecciatine, mai un insulto vero, in realtà. 
Esattamente quel tipo di cose per cui non potevi fare niente - non reagire, non mandare definitivamente a fanculo qualcuno.
Certo però che quel qualcuno era immaginario. E allora perchè non rifilargli un bel cazzotto, così, giusto per vedere cosa succede? Non c'erano leggi che impedivano di pestare i propri prodotti mentali. E Aria avrebbe veramente voluto farlo.
Ma non lo fece.
Non era da Aria, dopotutto. 
Deglutì, come se avesse appena ingoiato letteralmente un rospo.
"So cosa vuoi fare, piccola. E - no - non ne sei assolutamente capace."
Hera la osservava con una velatura di divertimento godurioso dietro il volto statico.
"Ma chi cazzo sei tu, eh?" Urlò di colpo, serrando i pugni lungo i fianchi e protendendosi verso il ragazzo.
La sua immagine scomparve, lasciandola improvvisamente sola, tremante, in camera sua.
Dopo un po' di silenzio, la porta si aprì. Kalyee fece capolino dall'apertura minuscola che aveva liberato, osservando perplessa la sorella.
"Esattamente, con chi stai parlando?" domandò, perplessa.
Il volto di Aria si fece allibito.
      "Vedi, piccola" rindondò la voce di Hera nella sua testa. "Mi tratti male, ti tratto male. Mi allontani, ti allontano. In maniera più o meno figurata. E' questione di conseguenze. Ma no, non mi stai mandando via. E non ti aspetterai certo che io sopporti i tuoi atteggiamenti senza rispondere. D'altronde, dovresti sapere meglio di me come sono fatto."
"... niente, devo... aver... esagerato." rispose, assorta e persa, alla sorella.
Kaylee non era esattamente quel che si può definire 'persuasa': "Esagerato cosa?" insistette. Di colpo, parve avere un'illuminazione agghiacciante: "CRISTO, Aria, MICA TIRI DI COCA, VERO? Cazzo conosco gente che fa 'ste stronzate, vanno fuori di testa!"
Aria non seppe cosa rispondere, sussultando. Coca? Ma sua sorella aveva vagamente idea di chi fosse, lei, o la prendeva come una tipa a caso?
"Cosa cazzo ti stai inventando?" sillabò, sinceramente sgomenta ed incredula. "No che non tiro, un cazzo di niente! Ma si può porconare contro il cellulare ogni tanto in santa pace o dev'esserci una sedicenne che si improvvisa assistente sociale e psicologa alla porta accanto, eh!?" sbottò, cercando di mettere insieme un alibi accettabile.
Kaylee rimase allibita dall'acidità di Aria, tanto che non fece troppo caso al fatto che del cellulare non c'era alcuna traccia nelle vicinanze. D'altronde, aveva appena accusato la sorella d'essere una cocainomane. Anche se quelle urla non erano la norma, per Aria, Kayleee trovò la cosa plausibile.
"Scusa" mormorò, calando leggermente lo sguardo. "Ti ho sentita urlare e m'hai fatto venire un colpo, tutto qua. Me ne torno in camera mia, va', Che è meglio."
Si chiuse la porta dietro le spalle, lasciando nuovamente Aria sola.
Sola, con la sua testa.
Si crogiolò nel silenzio della solitudine per un po', sedendosi ai margini del letto.
Si rialzò qualche minuto dopo, con lentezza, sguardo fisso nel vuoto, una volta resasi conto di sentire ancora il respiro di Hera nell'aria.
"Era una vendetta, quella?" domandò lei, con tono basso e tagliente.
"No, piccola. Quella era solo una tua reazione esagerata. Il confine fra realtà e immaginazione si assottiglia, quando inizi ad avere problemi di schizofrenia - credo."
"Non sono schizofrenica." sottolineò lei, acida.
"Magari anche sì" rispose il ragazzo, pacatamente.
I due si fissarono. Hera calmo e serio, Aria con la mascella mezza serrata.
La ragazza socchiuse gli occhi, cercando di fare ordine nella sua testa e nei suoi sentimenti.
Quando li riaprì, l'immagine di Hera era scomparsa. Eppure ne sentiva ancora la presenza.
"Ci stiamo scannando." asserì lei, al vento. Il volume basso della sua voce rasentava il sussurro. Voleva evitare che Kaylee tornasse alla carica. E meno male che era stata lei, ad entrare in camera, e non sua madre. Kaylee era domabile, sua madre iniziava a dar di matto a gratis.
Non giunse risposta.
"E sono patetica." Continuò lei, socchiudendo gli occhi e richiamando il discorso avuto quando era stata a pranzo con Manuel.
"Non voglio farti del male, piccola" disse la voce di Hera, lontana. "Sono qui per aiutarti."
"Mi sembra quasi sia il tuo motto, Hera."

Per la prima volta, l'aveva chiamato per nome.

"Hai definitivamente accettato la mia presenza" fece Hera, interpretando così i pensieri che fluttuavano nella testa della ragazza.
"... già." L'immagine del personaggio tornò davanti ai suoi occhi. " Ho definitivamente accettato di essere andata fuori di testa per una stupida banalità come una storia finita." precisò, cercando di non lasciare fluire le lacrime. "Sono patetica"
Lui le affiancò le labbra all'orecchio, scostandole leggermente i capelli del caschetto. "Non sei patetica. Non adesso."
"E prima? Prima sì, invece?"
"Prima ti rifiutavi di ammettere quello che in realtà già sapevi" rispose lui, tornando a fissarla negli occhi.
Lei rimase in silenzio, osservandolo a sua volta. Controllò lentamente i suoi lineamenti, cercando, quasi con disperazione, qualcosa che non tornasse. Qualcosa che le dicesse che non era quell'Hera che si era immaginata. Che non era solo un'idea della sua testa materializzatasi davanti a lei.
"Cosa sei, Hera?" domandò, la voce sussurrata e rotta da un pianto imminente.
Lui le si avvicinò ancora di più, incombendo leggermente su di lei a causa della forte differenza d'altezza. I capelli multicolori del ragazzo le piombavano addosso, chiudendola in un minuscolo angolo di mondo.
E per quanto non potesse essere reale, ne sentì il respiro sul volto, e il profumo nelle narici.
E per quanto non potesse essere reale, sapeva lontanamente di tabacco bruciato, di notti insonni e di erba bagnata.
Ma non aveva senso.
"Se non lo sai tu, piccola." rispose, portando il dorso della mano alla sua tempia.
"Io dovrei saperlo. Davvero, dovrei. Ma adesso non riesco a vederlo."
Lui espirò, lentamente, senza distogliere un istante le iridi scure dai suoi occhi.
"E' come se fosse bloccato" continuò lei. "Incastrato nella mia testa."
Lui sorrise leggermente.
"E' semplice, piccola." disse, con tono lieve. "Io sono te. Io sono tutto ciò che tu non sei. Io sono le cose che non hai mai osato essere, ma che hai sempre desiderato. Sono la parte di te stessa che ti sei negata, di cui ti sei dovuta privare per forgiare la tua identità: poichè per essere in un certo modo, bisogna rinunciare ad essere in un altro."
Lei socchiuse un isto gli occhi, assimilando. 
Sì.
Lo sapeva. Lo sapeva già da prima.
Forse lo aveva saputo sin dai suoi primi bozzetti di Hera.
"E perchè sei qui, allora?" domandò avanti lei, mentre lasciava che un paio di lacrime le solcassero il viso.
"Per aiutarti, piccola. Perchè se come sei adesso non ce la fai ad andare avanti, allora è il caso di chiedere aiuto a quello che non sei, per poterne uscire."
Lei deglutì, soffocando un singhiozzo.
Essere smontata da se' stessa - da una parte di se' stessa, a sottolineare ogni sua incapacità e fallibilità e fragilità, la distrusse.
"Ma non sono qui per distruggerti, piccola." sottolineò dolcemente lui, avvicinandosi di millimetro in millimetro, rispondendo ai pensieri di Aria.
Lei s'irrigidì di colpo quando si rese conto che la distanza fra loro era scomparsa.
Ma non scappò.
Rimase allibita ed estasiata ad ascoltare due labbra sottili e surreali lievemente posate sulle sue. 
Più per caso che per intenzione.

Più per follia che per attrazione.

C'era una parte di lei con cui era in conflitto, eppure in amore.
E questa parte di lei le si presentava come un ragazzo dalla pelle morbida e setosa, inventato da lei stessa anni prima.
Era una cosa malsana.
Lo sapeva.
Era andata definitivamente fuori di testa.

Davanti a lei non c'era più nulla.
Solo il muro della sua stanza, a qualche metro.
E due righe di lacrime sulle gote affatto arrossate.

"... MERDA."
Di colpo singhiozzò. 
Si sedette sulle sedia, lasciandovisi cadere sopra: occhi sgranati, labbra socchiuse.
Un aroma inesistente ancora fastidiosamente intrappolato nei suoi ricordi alterati.



***

Sam fissava intensamente il foglio, quadrato e plasticato, su cui era impressa l'anteprima della copertina della loro demo.
Storse leggermente le labbra, scrutandone i toni scuri, grigi e opachi, feriti da rossi saturati e densi.
A conti fatti, era decisamente contento che non fosse viola.
Anzi, a dire il vero rispecchiava completamente quello che Secondo Lui era lo spirito della band: graffiante, cupo, potente e dai ritmi melodici.
"Cazzo, questa Sì che è una copertina." concluse, annuendo.
"E con questo siamo a tre su quattro. Ottimo."  rispose Aria, sorridendo e riprendendosi il bozzetto di prova. "Manca solo Liam, e siamo a cavallo."
Almeno una cosa era riuscita a farla.
Questo era molto positivo.
"Cazzo, l'idea di prenderci uno alla volta è fottutamente geniale. Cioè, cazzo, guardaci, siamo come quattro zitelle in menopausa quando decidiamo qualcosa insieme. Una rottura di palle. Mi faccio schifo da solo."
"Sì, infatti non riesco ancora a capire con che logica abbiate messo su un gruppo" commentò lei, risistemando il foglio nella cartelletta. Si scostò dal muretto di cinta dove si erano appoggiati, che divideva l'Accademia dove studiava Aria dal resto della città. "Grazie per essere venuto." Sorrise lui, sollevata dall'avere finalmente concluso qualcosa. 
"Ma che, niente, cazzo, lo stai facendo per noi, figurati se hai pure da ringraziare."
"Sì, sì - intanto quando diventerete schifosamente famosi mi dovrete una bella valanga di diritti."
Lui ridacchiò, divertito "Seh! Hai idea di quanto cazzo si mangiano le case discografiche? I gruppi che sfondano fanno solo finta di esser ricchi, va tutto a quelle cazzo di agenzie dei diritti autori editori, figurati. Sono tutte palle, stronzate montante per far credere alla gente quello che vuole."
Lei fece spallucce. "In tal caso, mi limiterò ad avere il mio nome onnipresente sui libretti dei vostri dischi"
"Fatta!" convenì lui, esibendo due dita a V.
Aria fece per muovere qualche passo in lontananza, ma prima che potesse salutarlo Sam si sollevò a sua volta dal muretto, con un cenno del capo.
"Ohi, che fai sabato sera?"
Lei si voltò a metà, non avendo ancora concluso il primo movimento. "Veramente questo weekend vado con Manuel da suo padre."
Sam levò un sopracciglio, perplesso. "Eh?" domandò poi, apparentemente incapace di articolare altrimenti.
"... qual'è il problema?"
"Cazzo, non starai mica pensando di andare da Lucas, Vero?" chiese il ragazzo, sgomento.
"E a te che te ne frega? Vado solo a farmi un giro." rispose acida.
Sam roteò gli occhi, soffiando. "Tsk. Sei proprio una scema." fece lui, infastidito.
"Fatti gli affari tuoi, Sam. Come la gestisco è una questione mia. Se voglio andare a tirare una sputtanata colossale e memorabile a Lucas, lo faccio. 'Sti cazzi."
Scosse leggermente il capo, e s'incamminò. Sam rimase fermo dov'era, per poi tornare a poggiarsi sul muro, a braccia conserte e intento a sbuffare.


"Una sputtanata colossale e memorabile?" domando Hera, intento a rollare una sigaretta mentre avanzava affianco a lei.
"Ciao anche a te, Hera." rispose la ragazza, continuando a camminare.
"Dai, dai, non raccontarti palle, piccola. Non esiste che tu abbia intenzione di sputtanarlo. Non ne sei capace."
"La differenza sostanziale fra quello che si dice di voler fare e quello che si fa sta esattamente nel Verbo Portante delle due frasi."
Lui gettò la testa indietro, sputando il fumo del primo tiro della sigaretta. "L'importante è non fare casino, no? Nessuno può sapere la differenza fra intenzione e azione di un'altra persona. A meno che non ti conosca particolarmente bene, ovvio. Ad esempio, Denise sarebbe scoppiata a ridere sguaiatamente ad una frase simile."
"Che palle, Hera."
Lui posò il braccio sulle sue spalle, sincronizzando il passo con lei.
"We, sto solo cercando di fare ordine."
Lei mugugnò, andando con lo sguardo al terreno davanti a lei.
"Che tu abbia deciso di affrontare Lucas è un bel passo avanti."
"Già."
"Vedi di ricordarti la differenza fra intenzione e azione, piccola."


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[Nota dell'autrice]
Ok, il genere commedia è stato definitivamente abolito - in quanto da me impossibile da realizzare. Non che ci abbia provato, ma come avrete notato le cose mi sono partite... non dico per la tangente, ma per strade molto più serie. Certo, è sempre una storia fondamentalmente folle, ma folle in maniera seria. 
Ovviamente cado disastrosamente nell'introspettività, che non riesco a non toccare. Insomma, è più forte di me. D'altronde, non affrontare quel lato dell'argomento credo che renderebbe la storia quantomeno superficiale. Ok, una si innamora dell'amico immaginario. E allora? Così, a secco, non ha senso - e a me le cose senza senso danno disastrosamente fastidio.
Vabè, spero che apprezziate.
Se le cose vanno come dovrebbero andare, dovrei rimanere sotto i 15 capitoli. 
E scusate per l'impaginazione, che ha uno stile un po' salterino, fra tonnellate di acapo e asterischi. quando avrò finito riguarderò per dare una struttura omogenea. 


Come sempre, grazie a quelli che seguono e favvano :)
Ovviamente è superfluo che io ci tenga a sottolineare che recensioni di qualunque natura e intento sono fortemente gradite.
Bhe, quelle costruttive un po' di più, ovviamente.


Ah, spero che la storia delle fasi del lutto non sia troppo contorta. Non mi sono messa a spiegarla - un po' perchè, ad essere sincera, non l'ho completamente capita nemmeno io xDDD (non le fasi di lutto in se', ma come compaiono in questa storia). Però penso che siano abbastanza immanenti, tutto sommato. Ne ho viste parecchie comparire e scomparire a caso.
Insomma, l'interpretazione è abbastanza libera, considerato che io stessa mi ritrovo a dover interpretare quello che scrivo xD
ok, son malmessa.



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Capitolo 6
*** 6. Ovest ***





6. Ovest


Il treno dondolava sulle rotaie, scosso dall'imperfezione del tracciato.
Manuel dormiva. Della grossa.
Aria lo osservava mentre appoggiato al sedile con la bocca mezza aperta scivolava lentamente verso il basso – per poi ritirarsi su di scatto, in un gesto inconscio. I dreadlocks rimbalzavano, spargendosi sul poggiatesta e sul suo volto:  pareva che il ragazzo stesse per mangiarsene uno, che penzolava proprio davanti alle sue labbra.
Lei difficilmente si tratteneva dallo scoppiare a ridere.
Hera sembrava dello stesso avviso.
I due si guardavano complici, entrambi consci del fatto che trovare divertente una persona che dorme era cosa alquanto subdola.
Ma Hera non era la coscienza di Aria - né viceversa.
Quindi, cullati dal dondolio del treno, i due serravano labbra e denti cercando di non scoppiare in una fragorosa risata.
Non che quella di Hera fosse udibile, ma se lui avesse ceduto, l'avrebbe fatto anche Aria: e dunque l'effetto era lo stesso.
Dopotutto Manuel aveva diritto di dormire.
"Smettila di guardarmi con quella faccia"
"Perchè, TU cosa stai facendo?"
era una gara.
O per lo meno lo era diventata.
"Taci!"
"Taci CHE? Se io parlo non cambia nulla."
"Se tu parli mi fai ridere, idiota!"
Hera aggrottò le sopracciglia, perplesso, mentre sul volto gli rimaneva impressa l'espressione beota di chi sta per esplodere in una risata sguaiata.
“Mph.”
“Mpha.”
“Ha.”
“AH.”
 – Boom.
“Mphahahahahahahah!”
Manuel si svegliò di scatto, sgomento e sull'attenti – il terrore negli occhi. Quando vide Aria intenta a non soffocare causa le risate che la scuotevano quasi violentemente, si mise ad osservarla con il volto di chi non ha capito assolutamente nulla, ma vorrebbe davvero ridere a sua volta.
“Che hai? Che hai visto?” Domandò, iniziando a guardarsi attorno per individuare il motivo della sua risata sguaiata.
Aria era alle lacrime, e non riusciva a parlare.
“Ohi! Aria!”
E Manuel continuava a cercare una cosa che non c'era.
Hera, immaginariamente seduto accanto ad Aria, rideva a sua volta.
“Ariaaaaa!” iniziò, lamentevole, Manuel “ 'Cazzo ti prende?!”
Ma lei non riusciva a guardarlo senza tornare a ridere.

Era stato un viaggio decisamente piacevole. Aria scese dal treno serena, preceduta da Manuel e accompagnata da Hera. Il suo alter ego era diventato, tempo qualche giorno, una presenza normale. La ragazza si incamminò lungo i binari, reggendosi lo zaino caricato a dovere per il weekend e fermandosi, ogni tanto, ad annusare l'odore di ferro tipico delle stazioni. Le piaceva.
E più il tempo passava, più si convinceva che era stata un'ottima idea. Sebbene l'idea di incontrare Lucas la intimoriva, avanzava a testa alta e continuava a ripetersi che ce l'avrebbe fatta.
    “Certo che ce la farai, piccola.”
Inavvertitamente, Aria sorrise.
“Eccoci!”
Da lontano, l'alta figura del padre di Manuel li salutava.

***

Costa ovest.
Tre concetti che la identificano nella testa dell'americano medio: Caldo, Uragani, Fighe in Bikini.
Nulla di tutto ciò, scoprì quel pomeriggio Aria. Il tempo era anonimo, velato, e il lembo di spiaggia dove le scene dei film avrebbero preteso partite di beach volley, ragazzotti biondi e abbronzati coi cani, freesbee che volano e modelle seminude era tristemente deserto. L'oceano, però, era una meraviglia: il tempo di farle appoggiare le sue cose nella stanza, e Manuel non ebbe alcun modo di impedire ad Aria di lanciarsi in spiaggia a guardarlo da vicino.
Era grigio.
Un mare grigio dovrebbe essere una cosa deprimente, sciatta, priva di significato.
Ma no, non era così: era grigio e potente. Aria camminava su e giù per la spiaggia, studiando i movimenti e la schiuma delle onde impetuose. L'orizzonte si riduceva a una linea, nemmeno troppo definita, che lasciava solo intendere quante altre miglia d'oceano seguivano, prima di ritrovare un granello di terra.
Si fermò, restando ad ammirare il quadro che le regalavano gli occhi.
“Constable.”
“Seascape Study with Rain Cloud.” Rispose ad Hera, continuando a scrutare il mare.
“Vuoi una sigaretta?”
“No.”
Hera si strinse nelle spalle, facendo scattare un paio di volte l'accendino.
“Per essere immaginario sei molto realistico. Hai anche l'accendino che non funziona.” commentò la ragazza, scrutando con la coda dell'occhio l'altro.
Hera fece nuovamente spallucce, riponendo l'accendino ed estraendo dalla tasca dei jeans i fiammiferi. “Chissà qual'è il profondo significato psicologico di questa metafora prodotta dalla tua mente contorta.”
“Nessuno.”
“Immagino che anche se esistesse, non lo scopriremo mai.”
“Già.”
Lì rimasero, in silenzio.
Minuti e minuti che si accavallavano. Il tempo che passava, calmo ma inarrestabile.
E alla fine, se ne rese conto: stava procrastinando.
Hera annuì.
“Devo andarci.” si ripeté Aria, nel tentativo di convincersi. Ma non pareva funzionare affatto.
“Se vuoi, vacci. Se no, no.” fece Hera, con ovvietà. “Non ti costringe nessuno.”
“Io mi costringo.”
“Ti vuoi proprio male, eh, piccola?”
Aria si voltò verso di lui, osservandolo torva. “Non mi voglio male. Mi voglio bene, perché voglio superare questa cosa.”
Hera sorrise. Picchiettò sulla sigaretta, facendo cadere la cenere sulla sabbia compatta. “Questa era una cosa carina, da dire.”
Aria tacque.
“Davvero, piccola. Un bel quadretto da appendere in camera?” domandò retorico il ragazzo, che poi si mise a mimare con le mani la forma della cornice: “Ecco, tipo quelle cose ricamate – Home Sweet Home; tu invece ci scrivi: Mi voglio bene perchè. Sì. Ci sta. Negalo, se ne hai il coraggio.”
Aria lo fissò di sottecchi, basita.
“Ho davvero inventato un personaggio così idiota?”
“No, piccola, Stronzo e Idiota, se vogliamo essere precisi.”
“Stronzo, Idiota, Saccente e Ipocrita.”
“Ohè – non esageriamo, adesso.”
“So ben io come sei fatto, no?” chiosò lei.
“Seh, seh. Come no.”
“Stronzo.”
“Ed è tutta colpa tua.”
Sorrisero.
E poi si resero conto che non c'era poi così tanto da sorridere. Anzi.
E sorrisero ancora di più.

***


“Ma se tipo porti giù i cavi con una roba tipo – chessò, condotto a muro? Come si chiamano quelle robe di plastica che metti fuori?”
“Canalette. Non si può, ho già parlato con l'amministratore. Piantala.”
Manuel azzannò il toast, sbuffando e ruminando. “Hfe pfallhe.” sputò.
Suo padre lo guardò di traverso, scuotendo il capo squadrato. “Non ho parole.”
Aria li guardava come si guarda una sit-com, con la differenza che doveva sforzarsi di non sorridere.
“Perché?” domandò Manuel, dopo aver mandato giù il boccone.
“Perché sei una scimmia. Una scimmia satellite dipendente.”
“Confermo.” fece aria, ridacchiando sotto i baffi.
“Bene! Grazie! Attacco incrociato, bene – vi siete mesi d'accordo? Chiedevo solo, pa', per il satellite – non lo chiedo più, ok? Niente parabola. Amen. Tanto sei tu quello che non vede un cazzo in tv.”
“Io non la guardo, la cazzo di tv – scusa il linguaggio, Aria.”
Padri di ventenni sboccati che pensano che le ventenni non siano avezze al linguaggio scurrile dei figli.
Meraviglioso, pensò Aria. Sembrava di essere tornati al liceo – sinceramente entusiasta della situazione.
“Mi dai gli orari del bus per il college, a proposito?”
“Terzo cassetto a sinistra. Vai da sola, Aria?” domandò l'uomo, perplesso.
Aria tacque un istante, cercando di mettere in piedi una frase sensata che non si riducesse ad un 'si faccia gli affari suoi'. Anche perché non era quello che voleva dire.
Alla fine si strinse nelle spalle, annuendo come se niente fosse.
Era talmente cristallino che il padre di Manuel conosceva tutta la storia nei dettagli, che Aria non si mise nemmeno a pontificare al riguardo. Dopo tutto, era un brav'uomo. Un neo-scapolo sopravvissuto in modo prodigioso ad un divorzio inaspettato, il quale non aveva permesso alla sua vita di fermarsi per un così banale incidente di percorso. Lo conosceva abbastanza da poter dire di essergli affezionata – e, in fondo, non c'era niente di male se la sua vita sentimentale gli veniva rivelata dal figlio: suonava normale, dato che loro due erano amici in modo quasi eccessivamente morboso. Tanto che, agli inizi – quando si Aria e Manuel si conobbero e la famiglia del ragazzo era ancora unita, i loro genitori erano rimasti piuttosto scioccati dall'apprendere che fra quel ragazzo e quella ragazza non sarebbe mai scoppiata alcuna scintilla, dato che si adoravano come due gemellini.
“Non portarti dietro tanta roba, Aria, che sui bus gira brutta gente. I soldi del biglietto, telefono e un documento di riconoscimento, niente di più e niente di meno.”
Autoelettosi vice-padre in azione.
“Documento nel caso in cui ti trovino in fondo al fiume –” specificò ridacchiando Manuel “dato che questa è Gotham City e Batman è stato ucciso secoli fa, tipo.”
“Ma che idiozie spari, Manuel?” pontificò il padre, perso dal discorso delirante di quello.
“Era tipo per ridere, dài! Manco fossimo ai confini col Messico o nel bronx! Così me la terrorizzi, guardala: non prenderà tipo mai più un bus in tutta la sua vita, con quella faccia.”
L'uomo scosse il capo, sconsolato.

“Pronta?”
“Pronta.”
    “Davvero?”
    “Sì, cazzo. Piantala di farmi venire dubbi all'ultimo momento.”
“Ti veniamo a prendere per le sei, se no mio pa' va in para.”
Aria annuì. “Che bravo papà.” commentò, sorridendo.
“Ssseh, certo. Come no. Bene. Ok.”
“Ok.”
“Non so più checcazzo dirti.”
“Era meglio se venivi con me, così è pretestuoso.”
    “Vedi che non sei pronta?”
“Ma no, dài – che abbiam passato la notte a imbastire l'alibi!”
“Vedere il college per conto di mia mamma per conto di mia sorella? Non glielo dirò, è ancora più pretestuoso.”
“Cheppalle, Aria. E dagli la microSD, quello sì, cazzo, che la tengo da – boh? Mesi? – e non gliela riesco mai a tornare.”
“E mi faccio i cazzi suoi e vedo la troia che si sbatte ogni sera. Evviva.”
“Non cercarlo, eh. Lo incontri per caso e via. E se hai casini, chiama.  E tipo mentre mi aspetti vai a cazzeggiare da qualche parte, boh, non so, cosa c'è lì? Ecc, tipo nel centro commerciale lì vicino. Ok?”
Aria sbuffò.
“La gente dovrebbe fare casini del genere per cose più serie, sai? Trovare un lavoro, salvare la vita a qualcuno, o magari parlare con un fratello con cui la litigato anni prima – ma non boiate come incrociare l'ex per poter convincersi di averlo dimenticato. Mi sento sporca a fare tanto casino per una cosa così stupida.”
Manuel osservò le labbra di Aria che andavano sempre più piegandosi verso il basso.
“Seh, Aria, ci sono tremila cose più brutte, tipo la fame del mondo, tipo il cancro, l'hiv, le guerre, gli omicidi, la gente che muore, la sclerosi multipla... Se tipo passi la vita a cercare cose più serie, sai, cazzo, ne troverai a fiotti... che poi ti verrà da suicidarti.”
    “Non è scemo, davvero. Ha solo un po' di afasia.”
“Vabbè, ma...”
“Boh, ok, quando torni a casa vai a fare una donazione, ecco, cazzo, ai medici senza frontiere, ok? Così ti lindi l'anima sporca e la pianti di rompere. Ora, te, ti prendi, sali, vai, e fine, piantala. Ok? Cazzo.”
“Ok.”
Manuel sorrise, felice.
    “Non sei pronta.”
    “Vaffanculo, Hera.”
“Grazie, Manu. A dopo.”









________________________________

[NDA] domando scusa per la lunga attesa, mi sono fatta decisamente desiderare >.<''''
vabbè. Ho avuto qualche priorità, che mi ha impedito di scrivere.
Capitolo di transizione. Nulla di particolare, le cose interessanti succedono dopo. Un po' introspettivo e storico.
Grazie a tutti quelli che leggono ^^

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Capitolo 7
*** 7. Prima del buio, la luce ***








7. Prima del buio, la luce



Ogni passo meno convinta. Ogni passo la schiena più curva.
'Ma che sto facendo?' - andava chiedendosi Aria, mentre, più si avvicinava all'entrata del campus, più realizzava che tutto il suo piano era privo di senso.
“Meno pare, più fatti.”
Aria non sembrò calcolare il dire di Hera, e continuò ad avanzare sembrando farsi ad ogni metro più piccola – neanche volesse sprofondare direttamente nel terreno.
“Dovevi fermarmi prima, Hera.” mormorò, sempre rinchiusa nella sua tana immaginaria per cui un ragazzo dall'aspetto più che notevole le camminava al fianco, le mani dietro la nuca.
“Perché? Eri convinta.”
“E' un'idea idiota.”
“Io ti ho solo detto che non eri pronta, non che l'idea era idiota.”
“Non mi interessa cosa hai detto! Lo sai – lo sai perfettamente che è un'idea idiota, scema, insensata e sovrastimata!” sbottò lei, fermandosi a serrare i pugni lungo i fianchi.
Dovette ricollegare a forza il cervello con il mondo reale, per poter assicurarsi che in verità stava ancora camminando con ritmo invariato.
Sbuffò.
“E allora cosa vuoi fare?” domandò Hera, retorico.
“Niente!”
Lui roteò gli occhi, schioccando la lingua sul palato. “Torna indietro, allora – chi se ne frega. Basta che ti decidi e fai qualcosa, piccola.”
“Non è quello il punto!”
“E qual'è il punto?”
“Il punto è che è una cosa stupida! Non la cosa in sé, ma come la sto prendendo – dio, neanche avessi tredici anni! Quando imparerò a pesare i consigli di Manuel, diamine? E' così ovvio che non hanno senso!”
“Seh, seh – tu intanto stai continuando a camminare verso il college di Lucas, ti faccio notare.”
Aria si fermò.
Per davvero, questa volta.
Guardando in basso, prese un paio di respiri.
Sei infantile, Aria. Sei infantile. Non sai valutare le situazioni. Non sai comportarti in modo furbo. Non sai comportarti e basta – sembri una di quelle diciassettenni tette e culo dei telefilm, che vivono per andare a uomini e non hanno un briciolo di testa, ne' etica, ne' tanto meno valori di qualsiasi tipo. Aspettano il principe azzurro, vogliono una villa e tanti bei bambini.
Ecco a cosa ti sei ridotta.
Una figura vuota. Un niente. Anche una puttana ha più sostanza di te. Anzi, ne ha bidonate di più. Anche una soubrette, ecco, anche una soubrette ha più carattere di te.
Insulti puttane e soubrette, adesso.
E dire che alcune di loro sono studentesse universitarie – ti dimentichi sempre di Pretty Woman, Aria?
Stupida Aria. Stupida.
“Quando hai finito col monologo, fai un fischio.”
La ragazza portò lo sguardo, concentrato nell'insultarsi ed odiarsi, su Hera – che sembrava osservarla con un certo astio.
“Bhe? Ti sei incazzato? Di nuovo?” domandò, scocciata. “Che ho fatto, adesso?”
Il ragazzo non rispose. Dopo qualche istante di immobilità, sbuffò, portando lo sguardo al celo grigiastro. Aria lo vide avvicinarsi a lei, e per un attimo ebbe l'impulso di indietreggiare.
“Ora mi eviti?”
Lei corrugò ancora di più le sopracciglia: “No – che stai facendo?” domandò, quando quello infilò la mano nella tasca della giacca. Aria lo scrutò perplessa mentre estraeva il lettore mp3 e le metteva le cuffie nelle orecchie.
“Bhe?”
Hera trafficò un po', per poi darle l'oggetto in mano e premere Play.
Enorme punto di domanda.
You're so bad you're so bad you're so
Sopracciglia che convergono verso l'alto.
 You're so bad you're so bad
“EH?” domandò, stranita.
You think you're in love
Like it's a real sure thing
“Mi prendi in giro, Hera?”
But every time you fall
You get your ass in a sling
Aria osservava sgomenta ed incredula Hera in una (strepitosamente ben riuscita) coreografia da palcoscenico, intento a cantare – roba da far invidiare Steven Tyler, sì, il vero proprietario della voce che sentiva Aria.
“Ok – Senti, oh, cazzo, Hera, PIANTALA!”
You used to be strong
But now it's ooh baby please
'Cause falling in love is so hard on the knees
“Perché? Non ti bastava essere il mio amichetto immaginario – no, dovevi anche CANTARE! Hera! Smettila! Non è divertente, sono già fuori di testa di mio, questo è eccessivo!”
Che bello essere ignorati.
 You're so bad you're so bad you're so
You're so bad you're so bad
Lei quella canzone la conosceva un po' troppo bene – e se Hera avesse continuato, avrebbe davvero finito per fare violenza sul suo personaggio.
Hera attaccò, uscendo dal ritornello, rivolgendosi ad Aria mentre mimava o cantava o chissàdiocosafaceva: “We was making love when you told me that you loved me – I thought ol' cupid he was taking aim – I was believer when you told me that you loved me  – And then you called me someone else's name – YEHA
Alla ragazza sembrava seriamente che stesse parlando con lei, tanto che gli saltò su, adirata:
“Oddio! Piantala! Non è vero!”
“Non è vero?”  Chiese quello, mentre l'mp3 ripeteva il ritornello “E tu che ne sai?”
“Tu sei fuori, Hera! Fuori come un balcone!”
“No, bimba, tu sei fuori, ti ricordo – Chip off the old block –Man you're so much like your sister  –My fantasize it must be out of luck  – My old libido has been blowing a transistor  –I feel like I have been hit by a fuck – YEAH
Aria, isterica, non sapeva nemmeno più se ridere o piangere.
La scena era troppo surreale. OK, era surreale a rigor di fatto, ma c'era modo e maniera di trascendere la realtà: così, davvero, si esagerava. Hera camminava all'indietro, costringendola ad avanzare tirandola per il braccio – non che lei opponesse resistenza.
Perché aveva messo quella canzone?
Che poi aveva messo su lei – di nuovo, perché?
A caso?
E Hera faceva il pagliaccio a caso? O c'era un motivo?
E che ne sapeva, lei? Mica era psicologa. Forse è giunto il momento di andare in analisi – pensò Aria, osservando Hera maltrattare una chitarra talmente finta che nemmeno la sua immaginazione si era degnata di raffigurargliela in mano.
“E sorridi, diamine!”
Aria corrugò per l'ennesima volta la fronte: le sue sopracciglia stavano assumendo via via tutte le configurazioni possibili: fastidio, sorpresa, sconcerto, rabbia, perplessità – e via dicendo. Al momento era più che perplessa, e scrutava il ragazzo senza capire nulla.
“Mi fai questa pantomima per farmi sorridere?” domandò, basita.
What are you looking for – It's got to be hard core – Must be some kind of nouveau riche –Is this your only chance – Or some hypnotic trance  –Let's get you on a tighter leash!  Own it, own it, own it!
“Basta!”
“Ma sei ancora a cercare significati profondi in quello che faccio? Vai dallo strizzacervelli, no?”
“Ci stavo giusto pensando!”
“Lo so – pessima idea, comunque. Sometimes I'm good but when I'm bad –I'm even better – Don't give me no lip  – I've got enough of my own – There ain't gonna be no more beggin' you please
“Hera, ti prego, smettila!”
– I'm major in love –But in all minor keys –'Cause falling in love is so hard on the knees! Ha! Ti ho vista, stavi ridendo!”
“No!” negò l'evidenza Aria. Che stava ringraziando dèi casuali per il fatto che la canzone fosse finita: si tolse le cuffie e spense il lettore con una foga quasi furiosa.
Anche perché Aria odiava quando cercavano di farla ridere senza che lei ne avesse la più lontana voglia. Si sentiva violentata – come aveva spiegato da sempre a Manuel.
“Sei una persona curiosa, piccola, eh. Potevi togliertele prima, le cuffie.”
“Ti odio.”
“Dai, che ti sei divertita.” fece lui, sorridendo beota. “Tanto lo so – e poi io che canto sono la cosa più Fiqa che esista al mondo, quindi non è pensabile che la performance ti sia stata sgradita.”
Aria sfiatò, arresa.
“Come vuoi, Hera.”
“Che carina – fa l'assertiva, adesso.”
“Mph.”
E fra una scena assurda e l'altra, era finita dentro al campus senza rendersene conto. Storse le labbra, guardandosi attorno per ambientarsi.
Alla fine aveva deciso di andare fino in fondo.
Forse.
O forse no.
“Piantala di cercare i significati, Aria. Stai cercando nel posto sbagliato.”
“Grrrrazie.”
“Sul serio, sprechi neuroni e basta. E non è che ne hai molti, uh.”
“Sempre dolcissimo, lui.”
“Niente auto-psicanalisi, piccola. Promettere.”
“Promettere?”
“Sì – ci stai provando da ieri pomeriggio. Se fossi capace di farlo, credo che non sarei qui.”
“Promesso...” rispose, affatto convinta delle parole dell'altro.





***




Se ne stava seduta su di una panchina, le mani avvolte sul bicchiere di cartone fumante, lo sguardo basso, ma non troppo. In grembo, libretti e librettini, opuscoli e volantini vari che presentavano le varie facoltà.
Che alibi.
'Non cercarlo', aveva detto Manuel.
Che idea Stupida.
Come diavolo fai a trovare una matricola fra migliaia e migliaia di studenti se non ti metti nemmeno a cercarla? Preghi la divina provvidenza?
Stupido Manuel.
Non ha un filo di senso pratico.
“Palle.”
“Ma è vero, dai: guarda. Come faccio a trovare Lucas?”
Hera, stravaccato accanto a lei con i gomiti sullo schienale metallico, sputò fumo verso l'alto.
“Penso che 'non cercarlo' non significasse 'aspetta che compaia dal nulla', ma 'non farti sgamare in modo evidente'. ”
Aria sbuffò, andando a bere qualche sorso di caffè.
“Tanto non so nemmeno da dove iniziare. Non so, a volte mi sembra che Manuel davvero non abbia la concezione della realtà: era evidente che dovevamo venire qui assieme – così non ha senso.”
“Potevi pensarci prima e dirglielo. Tanto lo sai che è anche colpa tua se il piano fa schifo.”
Aria sbuffò.
Che giornata delirante. Passata a saltellare da una segreteria all'altra – fra alloggi e biblioteche, laboratori e via dicendo – con lo sguardo perennemente vigile e attento: ma, ovviamente, di Lucas nessuna traccia.
“Lascio perdere, che è meglio.”
“Continui a raccontarti palle e non mantenere uno straccio di promessa. Sei di un'incoerenza sconcertante.”
“Grazie.”
“Sai da dove iniziare: fa ingegneria – facoltà di ingegneria: easy, baby.”
“Questo significherebbe cercarlo.”
“Sì, Donna Ovvietà. Cercalo. E' quello che ti sto dicendo da due ore.”
“Ah, sì?”
“Eh, sì.
“Tramite quale assurda metafora, di grazia?”
Hera storse le labbra, sullo scocciato andante.
“Sono io quello sarcastico, ti ricordo.”
“Scusa se ti ho usurpato il trono, piccolo.” concluse, tagliente, alzandosi in piedi: in una mano il caffè, nell'altra i depliant. “Si ricomincia a litigare?”
“Come preferisci, piccola.”
“Va bene. Ingegneria. Andiamo ad ingegneria.” Dichiarò così la resa, incamminandosi.
Il campus era carino, doveva ammetterlo. Molto pittoresco – ma anche la sua accademia era pittoresca, quindi la cosa non la stupiva troppo. L'aria che si respirava, nonostante il tempo, era frizzante. Viva, quasi eccessivamente per essere un'università – e sì che era risaputo che certi posti, fra confraternite e stupidate varie, erano più un luogo di cazzeggio per digli di papà che posti in cui si studia. Si strinse nelle spalle, scuotendo il capo in lontano segno di disapprovazione.
Forza, Aria.
Resisti.
E vai fino in fondo.
Ma fino in fondo dove?
“Ohi.”
Ohi?
“Ciao!”

'Ciao', aveva detto. Ciao.
Chiamiamola divina provvidenza. Karma. Equilibrio universale.
Sfiga.
Culo?
O puro caso.
Aria si volse come un gatto verso quella voce che ricordava sin troppo bene. Scrutò la figura possente, dai capelli scuri e sorprendentemente corti: sul volto albergava sorpresa. Viva sorpresa.
Allegra sorpresa.
Allegra sorpresa?
Aria inclinò il capo, concedendosi mezzo secondo per studiare il ragazzo che non vedeva da tempo.
Lucas non era cambiato.
Però era diverso.
In cosa?
“Ciao.” rispose, senza pensare.
“Cosa fai qui?”
E non era un tono inquisitore, no.
Aria rispose con una naturalezza che sorprese lei per prima: levò i depliant all'altezza del volto, di modo da farli vedere all'altro: “Sorella che progetta fughe ad ovest. E il college è un'ottima scusa – almeno per le madri.”
Uno stiletto al posto della lingua. Sottilissima provocazione.
Non voluta, si rese conto.
E non colta: Lucas parve ignorare qualsiasi significato recondito. “Ah.” Si limitò a dire, con un vaghissimo sorriso spurgante idiozia.
Aria non si ricordava che quando Lucas sorrideva in quel modo le sue labbra fossero così fastidiosamente appiattite sui denti.
Il ragazzo rimase ad osservarla, cercando di nascondere il disagio che la situazione di circostanza doveva provocare in tutti e due.
“Bhe, mi aspettano in sala studio.” fece infine il ragazzo, non troppo convinto. “... Ciao.”
“Ciao.”
E quello le voltò le spalle.
Aria non sfiatò: non aveva niente da sfiatare. Non era tesa. No. Nemmeno a disagio. Anzi. Era piuttosto apatica. Del tutto indifferente.
Era di nuovo stata colta talmente di sorpresa da non rendersi nemmeno conto della situazione?
No, no. Più cercava di focalizzare, più continuava a sentirsi indifferente.
Che cosa meravigliosa, l'indifferenza.
Oh, merda.
“Lucas!” lo chiamò, prima che quello potesse girare definitivamente l'angolo.
Lucas si volse verso di lei – in un movimento strano. Aria sentì il suo sguardo addosso, le sopracciglia alte: “Sì?”
Oh.
Aria la vide. Laggiù: una lontana speranza. Che senso aveva?
    “Oh, di sensi ne ha molti, piccola. Li vedi tutti subito: come si è girato, come ti sta scrutando. Persino il passo con cui si è allontanato: era lento. Quasi troppo, non trovi?”
    “E' fortemente incasinato anche lui, eh?”
    “Direi.”
“Manuel ti manda questa.” fece la ragazza, cercando nella tasca la microSD per poi porgergliela. “Ovviamente è troppo pigro e deneuronato per portartela da sé.”
Le sopracciglia di Lucas scesero lievemente, grevi.
    “Guardala. Delusione. Cazzo, poi ti lamenti di Manuel: è stato un genio. Il trucco della schedina da tornare è geniale.”
    “Mio dio. Si aspettava davvero qualcosa da me.”
    “Già.”
“Grazie.”
Lucas prese la schedina, soppesandola – neanche fosse una cosa di valore. Ma, evidentemente, qualcosa significava. Forse, per quel momento, per quella situazione, fosse un sasso o una schedina o un lingotto d'oro, non era affatto importante: importava che Aria glielo avesse dato.
Ops.
    “Forse, fuori dal bar, mesi fa... Non è stato facile, per lui.”
Lucas levò lo sguardo, mettendo a fuoco in lontananza.
“Vabè. Ciao.” tagliò la ragaza.
    “Aria...”
“Ss, ciao. Ciao.” Lucas sorrise – ma non era, chiaramente, un sorriso rivolto a lei.
    “Voltati.”
Aria si voltò.

Hera intento a cantare 'Falling in love is so hard on the knees' lungo la strada sembrò improvvisamente una scena molto meno surreale di quanto Aria avesse giudicato all'inizio.
E sì che questa – questa qui, che si concretizzava in questo preciso momento – se l'era aspettata.
Però Aria continuava a reagire nel modo che non aveva previsto.

“Ciao!” Aria salutò, serena – troppo serena –, la ragazza di Lucas.
Quella la osservò prima perplessa, poi mimando un sorriso che cercava di censurare un fortissimo astio.
Aria la scrutò senza cambiare espressione, mentre nella sua testa i pensieri frullavano, insorgendole rapidi come saette e iniziando a demolire, nanosecondo dopo nanosecondo, il mondo di vittimismo che si era costruita addosso negli ultimi mesi.
E se.
Iniziò a pensare Aria.
E se.
E se.
E se.

Hera le prese la mano.
Non erano quei due, là fuori, quelli da affrontare.
Non ancora.
Il problema era dentro.












_____________________________________________________________________________


NDA

Bhe, lo sappiamo che la mia produttività funziona a pacchetti – sono quantizzata, io.
OK, sto delirando.
Bene, bene, pronti a entrare nel trip vero?
Perchè se sino ad ora vi sembrava delirio, non avete visto niente.
Aria è una persona contorta. Mostruosamente contorta.
Spero apprezzerete. Il caos inizia adesso.
E spero che Non capirete dove voglio andare a parare. Occhio che potrebbe essere deludente X°D che non lo capiate non significa che sia figo xD




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Capitolo 8
*** 8. Giù. ***


stte


8. Giù.




Com'era, Aria?
Anzi, com'eri?
Come sei sempre stata.
Ammettilo.

Sei una stronza, Aria.

Un'enorme stronza. Di un apocalittico inenarrabile.

Stupida ragazzina che passa il tempo libero a rotolarsi nei vittimismi. Prima perchè non c'è; poi perchè se n'è andato.
Ma non raccontarti palle, Aria.
Guardali.
Com'eri, Aria?
Prima, molto prima.
Sempre sbagliata.

    "Aria, smettila di insultarti. Cerchiamo di chiudere questa cosa."
    "Cerchiamo? Cosa centri, tu?"
    "Tutto."
    "No. Non è vero."

Sempre sbagliata, ma al contrario.
Sempre a fare la vittima, ma al contrario.
Perchè ti piace fare la vittima, Aria – non è vero?

    "Va bene, abbiamo capito. E adesso?"
    "E adesso cosa? Niente. Decido io."
    "E cosa decidi?"
    "Decido il modo in cui fare la vittima, dato che proprio non posso farne a meno."
    "Non puoi farne a meno?"
    "No. Ma posso evitare di fare male agli altri, almeno."
    "Ah. Sì, certo. Come no. Così almeno avrai la scusa di aver fatto del bene. Super-Aria in azione! Comodo – comodissimo. Una martire."
    "Taci, Hera."
    "Una fottutissima martire incapace di fare qualcosa che non sia subire – brava. Complimenti. Questo spiega decisamente una valanga di cose."

Guarda gli occhi di quella tipa, Aria. Ti odiano. Ti stanno vivisezionando. Che cosa divertente – eh, Aria?
Non era lei la stronza?
Non eri tu la buona disgraziata, la ex lasciata, la povera abbandonata?
Sola.
Chi è il buono, Aria?
Non eri tu, quella buona? Quella che tutti avevano fregato?
La vittima è buona per definizione, no?



Aria lo aveva intuito in un attimo.
Lo avea prima temuto, poi realizzato, infine ammesso ed ora confessato.
Tenendo lo sguardo basso e terrorizzato da quelle due persone che le parevano più ostili che mai.
Ma non erano ostili – lo sapeva, lo aveva capito, lo aveva visto.
Erano esattamente come dovevano essere, come sono due persone normali in una situazione del genere: uno confuso, stressato da una situazione che gli sta scomoda e da cui vorrebbe fuggire - ma non trova neanche lontanamente il coraggio -; l'altra semplicemente terrorizzata.
Terrorizzata perchè non serviva uno studio per vedere che il taglio definitivo al cordone che lo legava ad Aria Lucas lo aveva saputo dare solo grazie alla lontananza, e non in altro modo. Terrorizzata perchè una 'ex' che compare da chilometri e chilometri di distanza, in versione 'tranquilla ed amichevole', è cosa estremamente sospetta.
Ed essere così tanto terrorizzati da scattare su una difensiva del genere, talmente serrata da poter degenerare in un attacco da un momento all'altro, significava solo una cosa: tenere in modo estremo a quello che era l'oggetto della contesa, ovvero Lucas.
Aria si sentì rimpicciolire, minuscola.
No.
Non era Aria quella buona.

Aria si fece travolgere dal senso di colpa.



    "Aria, piantala." Hera la strattonò violentemente, costringendola a voltarsi verso di lui: in un solo istante, Aria si era fatta riccio, completamente chiuso e muto – se non per il continuo pensare che stava per farle saltare i neuroni.

Perchè, piccola Aria, adesso che l'hai capito possiamo intenderci bene: i buoni non esistono. E tu, in particolar modo, sei la cosa più lontana che esista da una creatura 'buona'. Sei un essere subdolo che simula uno sfacciato buonismo nel tentativo di raccogliere consensi attorno a sé.
Perchè a te non piace essere odiata – vero, Aria?
Sei talmente concentrata nel non farti odiare che metti da parte qualsiasi tuo bisogno.
O per lo meno, sei convinta di farlo: è così che farai anche adesso, Aria? Simulerai buonismo totale?
Perchè il buono è la vittima – lo è sempre, e tu questo lo sai.
Perchè Lucas ha dovuto patire le pene dell'inferno per raggiungerti – mai fosse che tu facessi qualcosa, all'epoca: troppo rischioso, troppo rischioso perchè avrebbe potuto comportare pestare le uova nel paniere a qualcuno: e tu questo non lo vuoi, vero, Aria?
E figurarsi cercare di riprendersi ciò che ti apparteneva, una volta che è fuggito. Non lo hai fatto.
Ci hai mai pensato, Aria?
Hai mai pensato che sei venuta a fargli visita solo mesi e mesi dopo – cioè adesso?
Egoismo per egoismo.
Fintanto che era tutto lontano, e tu eri la vittima lasciata con il cerino in mano, era semplice fare la povera addolorata.
Certo.
E nonostante fossero tutti lì per te, non hai praticamente accettato le loro 'cure'
Perchè, Aria?
Forse perchè così ti sentivi ancora più vittima?

E la vittima è buona, per definizione.

    "Aria. Sono discorsi insensati – cristo, te lo avevo detto: niente autopsicanalisi."
Aria non rispose.

Ora come ora non hai scampo: sei tu la stronza.
Sei tu qualla che è comparsa dal nulla.
Sei tu quella che può rubare.
Ladra.
Ladra.
Ladra.

E lei ha sempre pensato così – lo sai, vero?

    "Ehi."
Aria levò lo sguardo all'ennesmi strattone di Hera.
    "Ti stai comportando come una deficente. E lo sai."
    "No."
    "Aria!"
    "Sono fatta così. Fine. Me ne vado in silenzio."
    "Rifletti su quello che è successo, cazzo!" e l'enne più unesimo strattone.

Tanto non ci riesci.
Perchè non vuoi farlo.

Ops.






Fu un lungo, lunghissimo silenzio. Fu troppo lungo, per tutti e tre.
Per Lucas perchè voleva fuggire – lontano, possibilmente, dall'una e dall'altra.
Per Aria perchè quel tempo aveva ospitato discorsi mentali che forse avrebbero richiesto mesi, nella realtà – ed ora, invece, le si ribaltavano addosso tutti assieme, senza tregua, senza fine, sino a schiacciarla.
Per Lavie – così si chiamava – perchè si divideva fra il portare Lucas il più possibile lontano dal pericolo che costituiva Aria e l'andare direttamente ad aggredire la ragazza, come il suo terrore in difensiva le suggeriva di fare.
E dato che Lucas pareva inamovibile e Aria priva di qualsiasi espressione, alla fine fu proprio lei, Lavie, a scattare.
"Lucas, andiamo via."
Alle orecchie di Aria giunse un sibilo serpentino.
Metà della sua testa le raccontava quando astio, quanto odio e quanta ira si celavano dietro quelle tre parole pronunciate in quel tono così tagliente. L'altra metà le raccontava quale paura, che lei stessa aveva provato, che qualsiasi persona in una situazione lontanamente simile prova, si nascondeva dietro quella barricata di insofferenza.



Così qui siamo, Aria. Sai perfettamente cosa sta accadendo.
E questo significa solo una cosa – che non c'entra niente con loro due, no: c'entra con te.
Perchè lo sai che c'entra Sempre e Solo con te.
Hai passato mesi senza progredire in alcun modo, Aria.
Sei peggiorata, anzi.
Sei tornata – eccoti, ai tuoi quindici anni. E non è che tu fossi migliorata, nel frattempo – lo sai, questo.
Era solo una parentesi.
Sei pessima.
Lo sei sempre stata.
E sempre lo sarai.
Vittimizzati quanto vuoi.

    "Adesso andiamo via." Hera cercò di farla allontanare, senza nessun risultato: Aria continuava ad arrovellarsi, facendo discorsi con se' stessa – Hera completamente in disparte: neanche fosse che ora le parti in cui si era divisa la sua personalità fossero tre. Hera levò lo sguardo al cielo, scuotendo prima il capo, poi storcendo le labbra: sarebbe finita male.
Molto male.

E più ci pensi e più ti vittimizzi, e più ti vittimizzi e più finisci nel circolo vizioso di odiare prima te stessa, poi gli altri, poi gli altri ancora, poi te stessa di nuovo – finchè non ti lasci sotterrare dal tuo finto altruismo, sotto li muri dei tuoi errori e delle tue pene: vittima, sotterrata, persa ed inutile: oh, certo, però buona.
In modo schifosamente falso ma – sì, secondo gli altri, buona.
Tu e la tua verità rimarrete sotto le macerie, Aria.
Pessima ed inutile donna.
Problema risolto.
Bel modo di vivere.




"Dai, cazzo – Lucas, che fai?" saltò nuovamente l'altra, che si faceva isterica. E, non dotata di particolare autocontrollo, scattò voltandosi verso Aria: "Cosa cazzo sei venuta a fare qui, puttana? Vattene."




E intanto quella ragazza, a buona ragione, ti insulta.
Perchè ha paura.
E dato che ha paura, non puoi risponderle.
Perchè sai che non sei tu la buona.
Sei tu la stronza, oggi. E' lei la buona.
Lei
ha ragione. Tu hai torto.
Non riesci a vederla in modo diverso, vero?
Sai agire da stronza, Aria?
No.
Restatene qui ad implodere, Aria.
Non sarà buonismo a farti saltare, ma solo la miriade di contraddizioni che ti sei costruita addosso.
    "Aria."





Aria, alle parole dell'altra, respirò tanto a fondo da non avere più spazio nei polmoni: respirò incredula, sgomenta, e più inspirava più pareva che anzichè l'aria inglobasse il colpo, l'insulto, le parole ed il loro tono, l'espressione del viso di chi la stava aggredendo.
Respirò e, incapace di espirare, trattenne il fiato mentre le si contraevano gli addominali: un calore fastidiossimo in volto la costrinse ad abbassare lo sguardo, per non far notare ch'era prima sbiancata e poi divenuta d'un rosso troppo prossimo al violaceo. Fissava il marciapiede, ma non fissava niente.
Ops.
Aria.
Ops.
E più rimaneva lì a non fissare ninete, più 'niente' vedeva.
E tutto quel calore alla fine divenne un fischio alle orecchie, che si faceva sempre più acuto ed elevato.
Sino alla nausea.

Lavie e Lucas – due L, che carini – videro Aria così, capo chino e gli occhi sbarrati, talmente persa da riuscire, per un minimo istante l'una e per molto più tempo e con molta più apprensione l'altro, a preoccuparsi.
Aria non diede loro il tempo di focalizzare la cosa, rialzando lo sguardo sui due: e mentre lo faceva levava il volto, e nel levarlo levò il mento più in alto di quanto non fosse necessario per fissarli negli occhi. No, levò il mento di modo da poterli scrutare da ben altra angolazione, molto più distorta: e sembrò erigersi, quasi gonfiare il petto mentre si riprendeva.
Tacque scrutandoli a lungo, il volto fattosi serio: sinchè non si dipinse un vaghissimo sorriso, giusto appena accennato, ma sufficiente da farsi intendere in tutti i suoi significati.
"Che carina, la bimba." fece, poi sbuffando. "Quante te ne sei portate a letto, da farle avere una reazione del genere alla sola presenza  della tua ex – quella ufficiale, per lo meno?"
Lucas tacque, osservando Aria attonito.
Aria sorrise, osservando la ragazza prima tremare, poi afferrare con violenza il braccio di Lucas e trascinarlo via.








_______________________________

NDA


Dio, 'sta ragazza l'ho fatta troppo complessata. ._.'
Mi sa che ho esagerato.

Dunque, nel capitolo precedente in molti mi hanno scritto come se nell'ultimo pezzo fosse stata Aria a fare l'acida e Lavie la tranquilla. Bene, io veramente intendevo il contrario xD ho riguardato l'impostazione della frase ed in effetti era ambiguissima. Bene, l'ho cambiata: Aria era quella 'scialla' e Lavie quella che malcelava l'astio.

Risposte alle recensions :D [si, so che esiste il tastino rispondi, ma in fondo al capitolo è più carino secondo me, salvo emergenze ^^]


@Miroku
intanto grazie per la valanga di recensioni on the road, sono molto carine xD devo dire che con le tue riflessioni hai quasi più incasinato me che te <.<' ma non è colpa tua, specifico! xD
Felice abbia gradito la scena di Hera che canta, erano secoli che la volevo fare xD fra l'altro si è scelto una canzone ambiguissima... *lol*.
Bon, spero che il seguito sia gradito. :D



@moet et chandon
ciao, grazie per la lettura e la recensione xD  Anche Tu mi hai fatto una superconfusione in testa con le teorie, mentre voi cercate di immaginare dove voglio andare a parare io, io con le recensioni finisco a cercare di immaginare dove voi vi immaginate io vada a parare xD bel trip, eh xD soprattutto per capire se si capisce la narrazione o se è talmente contorta che ognuno segue un suo filo logico... <.<'
grazie ancora :D al prossimo capitolo :)


@gintama_ e just_love_me
grazie :3












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Capitolo 9
*** 9. Destarsi: o forse no. ***


nove

9. Destarsi: o forse no.




Aria osservò i due allontanarsi, il vago sorriso accennato che rimaneva immobile sul suo volto. Dopo averli visti svanire dietro l'angolo, si voltò sprezzante: incamminandosi, tuffò le mani nelle tasche della giacca alla ricerca di qualcosa.
Che non trovò.
Rimase immobile, le mani ancora affossate nelle tasche: lo sguardo scese lentamente, sino a toccare il terreno di cemento.

L'animo di Aria spintonò con violenza, soffocato.

Buio.

Poi allargò le palpebre, drizzando il busto ed inspirando con la stessa foga di chi è stato costretto per troppo tempo sott'acqua. Si guardò attorno, il fiatone addosso come una camicia di forza, e solo dopo aver ricollegato i pensieri riuscì a decidere di andare a sedersi sulla panchina che stava a qualche metro da lei.
Si flesse con lentezza, lo sguardo perennemente intento a cercare il nulla.
"Ehi."
Era strano come il mondo le si muovesse attorno. Non che girasse, no: l'equilibrio ce l'aveva tutto, lungi dall'essere sensazione d'ubriachezza. No, il mondo si muoveva, letteralmente: la gente andava, veniva, tornava, parlava. Ogni persona, ogni oggetto, ogni pianta mormorava vita, flettendosi, spostandosi, o solo vibrando al vento tenue.
E lei, lì, rimaneva immobile mentre tutto il resto continuava ad avanzare, come progredendo – sì, così lo sentiva: in progressione, proiettato in avanti, ignaro e disinteressato a lei.
"Aria."
Si decise a levare lo sguardo: Hera, comparso di fronte a lei, posò le mani sulle sue ginocchia e si flesse, quasi accovacciato, a guardarla dal basso.
Rimasero muti per lungo tempo, limitandosi a guardarsi l'un l'altra.
Improvvisamente parlare sembrava essere davvero superfluo: erano la stessa persona, la stessa cosa – e ognuno dei due conosceva meglio l'altro di quanto non conoscesse se' stesso.
Lo avevano appena provato.
"Non l'ho fatto apposta."
Aria sembrò lontanamente perplessa da quelle parole.
Per la prima volta da quando le era comparso davanti, vide sul volto di Hera una velatura di inquietudine.
"Dovevo." aggiunse il ragazzo.
"Dovevi?" domandò Aria, ancora intenta a collegare i puntini nella memoria.
Sapeva cosa era successo.
Le sfuggiva il come. E i dettagli – piccoli dettagli che in quel momento le sembravano vitali.
Era uscita vittoriosa da quello scontro. Sì, scontro. Perché era uno scontro, volenti o nolenti.
Il che significava che, per vincere, aveva combattuto.
E lei non voleva combattere. Non lo aveva praticamente mai voluto.
Hera aveva combattuto per lei.
Contro la sua volontà.
"Deciditi, o dovevi farlo, o non l'hai fatto apposta." mormorò, atona. "Non tutte e due insieme."
Hera espirò, scostando lo sguardo scuro che sino ad allora aveva mantenuto fisso sulla ragazza.
"Immagino siano quelle cose che succedono e basta."
Era strano vedere Hera in difficoltà. Non era da lui, decisamente no.
Questo lo rendeva ancora più umano di quanto non facesse l'immagine davanti a lei, il tocco delle sue mani sulle sue ginocchia e l'odore di tabacco, di quello fresco e quello fumato mescolati, che le arrivava alle narici.
"No. Non 'succedono e basta'." Aggrottò le sopracciglia, ritrovandosi lei, ora, a scrutarlo con insistenza. "Cos'hai fatto?"
"Io non ho fatto niente, Aria. E' successo e basta."
"Non ti appropri del mio corpo e basta, Hera!" Saltò.
Hera sembrò, per un minimo istante, rintanare la testa fra le spalle: un momento solo, e partì alla carica con il suo tono e sguardo in bilico fra l'affetto preoccupato e la più sfrontata saccenza.
"Ti ho protetta. Questo ho fatto. Ma ti ricordo che qualunque cosa sia successa, l'abbiamo fatta insieme."
"Palle! Il mio corpo, la mia voce, totalmente al di fuori dal mio controllo! Hai rubato, Hera!"
"Non dire boiate – " sibilò lui " – stavi per compiere un suicidio psicologico, non ne saresti uscita viva."
"Ah, e invece uscirne così è meglio, vero?"
Le labbra di Hera si ridussero ad un'unica, sottilissima, linea orizzontale.
Tacquero.
A lungo, in silenzio.
Hera sospirò.
"Aria..."
"Taci."
Hera tacque.
Di nuovo.
A lungo, in silenzio.

Aria pensava.
E non sapeva se, pensando, i suoi pensieri rimbalzassero in quelli di Hera.
Ma non aveva importanza: ormai i meccanismi che li legavano erano ufficialmente inconoscibili.
Aveva appena passato tre minuti d'inferno.
Sì, tre.
Soli tre minuti per generare quel pandemonio dentro la sua testa: non una, ma mille cose contemporaneamente.
Era come se avesse improvvisamente rotto il ghiaccio sotto i suoi piedi, e fosse precipitata nell'acqua gelata.
Di colpo.
E si domandava: è successo tutto quello che poteva succedere?
O c'è altro?
Riuscirà ad essere peggio di così?

Aria sembrava una statua, intenta a rimuginare: unico movimento il suo respiro.
Hera scivolò lentamente sulla panchina, andando a sedersi accanto a lei.

La prima cosa che aveva capito era che Lucas era sfumato: da assenza a fantasma, a nulla. La sua presenza non le aveva provocato nessuna reazione, se non forse una lontana nostalgia paragonabile a quella che si prova nel tirare fuori dall'armadio lo scatolone dei giocattoli.
Questo era stato un passo.
Uno solo.

Hera si mise ad osservarla, apparentemente mansueto.
Quasi fosse capace di restare lì per ore, senza far parola.
In attesa che quella si ridestasse.

La seconda cosa che aveva capito era che Lucas, invece, non era del suo stesso avviso: il suo distacco era stato molto più sofferto di quanto Aria non avesse mai immaginato. Tanto che, a ben guardare, gli si leggeva negli occhi quel qualcosa che ancora lo legava ad Aria.
E così Aria aveva scoperto le sue manie di vittimismo.
In tre minuti, Aria si era odiata più di qualsiasi altra persona al mondo. Ed è difficile odiarsi perché si è vittima, dato che nell'odiar se' stessi si accresce ulteriormente il proprio essere vittima – di se' stessi.
Un ciclo senza fine, rincarato dalla comparsa della ragazza di Lucas che, da idealizzata idiota quale era stata nella sua testa, si era rivelata una normalissima ragazza innamorata, impaurita – e, a differenza di Aria, pronta a combattere, seppure con una certa maldestria.

Hera ritentò.
"Aria."
Aria storse le labbra, dimostrandosi ricettiva.
La sua espressione, però non cambiava.
Ed Hera intravide la velatura di odio e disgusto che aveva notato poco prima: storse le labbra, già temendo la ricaduta.

Non poteva succedere di nuovo.
No.
Non poteva.

"Va bene." proruppe, scostando prima lo sguardo e poi il volto verso Hera. "Parliamone."
Hera parve nascondere un sorriso di soddisfazione.
"Parliamone."

Ma aveva la pessima sensazione che quello, quello, non i mesi precedenti, non il quadro, non Hera, non l'isolamento – macché: quello era stato, solo, l'inizio.

"In un certo senso sono guarita."
"Da Lucas? Sì."
"Sì."
E il mondo continuava a muoversi attorno a loro.
"Ed è un bene?" domandò infine Aria, con voce fattasi insicura.
Hera la vide mordersi le labbra. "Sì, è un bene." la rassicurò.
Aria non sembrò convinta.
"Va bene." mormorò. "Ammettiamo che vada bene, e che io sia guarita. Siamo obbiettivi: non è quello il punto."
"E qual'è il punto?"
"Tutto il resto."
"Sì?"
"Sì."

Quali profonde turbe mentali hai, Aria?
Perché evidentemente le hai.
Ma non hai avuto traumi infantili, vita disagiata, niente del genere: nessuna giustificazione.
Sei solo un disastro.
E ti sei disastrata tutta da sola.

Aria sentì il braccio di Hera prima posarsi dolcemente sulle spalle, poi stringerla a se': si sorprese nel provare, inizialmente, un brivido di paura per il gesto inaspettato.
Ma, beh, era successo anche di peggio.
Se si può definire peggio.
Perché, per altri, avrebbe potuto essere catalogato come qualcosa di meglio.
A seconda dei punti di vista. O, per meglio dire, del contesto.
Il contesto, però, s'era fatto talmente contorto ed assurdo che Aria finì col tralasciarlo.
Poggiò il capo sul suo petto, osservando il movimento che li circondava.
Era curioso come un amico immaginario che pochi minuti prima aveva indebitamente sostituito la sua personalità alla sua emanasse un tiepido calore.
Aria si sentiva bene. Turbata, ma bene.
Ciò nonostante, si costrinse a non chiudere gli occhi.
"Se è tutto il resto il problema, la cosa sarà assai più complicata." fece il ragazzo, serafico. "Però un problema lo abbiamo risolto."
"Certo, adesso mi odiano tutti e due e fine." mormorò Aria.
"Non ti odiano, Aria. Hai fatto la tua parte, la parte che ti spettava."
"La parte che mi spettava? Non è un film, Hera, questa è la realtà. Nessuno ha una parte, ognuno è se stesso e basta."
"Nha. In questi casi ci sono dei ruoli. Perché, se non ci sono, va a finire male. E lo hai provato sulla tua pelle."
"Non mi piace questa cosa."
"Non è una cosa giusta. E' una cosa comoda. Serve a tutti, per evitare conflitti interni o confusione. Il buono e il cattivo, servono a chiarire le idee nei momenti di panico."
"Io –" Aria si fermò prima di proseguire con il resto della frase.
Io non credo nei buoni e nei cattivi, avrebbe voluto dire.
Pensava fosse così. Invece no. Lei per prima si era sempre curata di essere la buona. La buona vittima. Che non fa mai male a nessuno. Quasi per principio.
"Non mi piace il silenzio." fece Hera, retorico, nel notare che era tornata a riflettere con una certa intensità.
"E' una stronzata, questa cosa dei ruoli." fece lei, cercando di dare un senso al discorso.
"Sì, lo è."
"E allora?"
"Stronzate per idioti. Sì. Vero. Le persone sono idiote. Tutte. Noi compresi. Benvenuta al mondo, piccola."
"... grazie."
Hera le posò un bacio sul caschetto biondo. E lei, pensosa, si lasciava cullare.
"Quindi il mio errore è che mi sono sempre costretta ad un solo ruolo, quello della buona vittima."
"Nha."
"Nha?" domandò lei, perplessa. "Come 'Nha'?"
"I ruoli sono cose d'emergenza. Per il resto, importa essere se stessi. Almeno, secondo me."
Secondo me.
Era la prima volta che Hera diceva Secondo Me.
'Secondo Me' significava avere un'opinione.
Un'opinione era una cosa umana.
Non da apparizione mistica rivelatrice.
Aria volse lentamente il capo verso il ragazzo, incuriosita da quel modus dicendi.
" 'Secondo te' ?". Ripeté, scrutantolo.
"Sì." rispose lui, con inaudita naturalezza.
Aria tacque, osservando il suo dipinto fattosi tridimensionale e vivo ai suoi occhi.
Chissà cosa vedeva la gente che passava, fuori. Una ragazza immobile a pensare? O intenta a parlare con qualcuno che non esiste?
"Allora, secondo te, cosa significa per me essere me stessa?" domandò, quasi in tono di sfida. "Essere ciò che sono adesso? Me stessa è la continua vittima del mondo che mi sono costretta ad essere? O è la mia natura subdola che mi ha portata a comportarmi in questo modo?"
Hera sembrò rifletterci seriamente.
La sua risposta fu quasi inaspettata, per Aria.
"Non lo so."
Inaspettatamente deludente.
"... Non lo sai?"
"No."
Ma forse avrebbe dovuto aspettarselo.
Questo non le impedì di rabbuiarsi in un'espressione di disillusione. Se non lo sapeva Hera, aveva finito le persone a cui chiedere.
Persone.
Si fa per dire.
"Sai che so solo quello che sai tu."
"Quindi io non ho la benché minima idea di cosa sono in realtà. Solo tante belle parole, bei modi di porsi – ma niente di concreto. Il buio. Il più totale buio."
Hera non aggiunse nulla, limitandosi ad osservarla con un vago sorriso sulle labbra. Aria lo notò, con una certa disapprovazione.
"Ci sono tante altre cose che so. Dovresti puntare su quelle, piuttosto che sui massimi sistemi." fece, con un sorriso felino.
Aria sospirò, rassegnata. "Cosa sai?"
"Che sei guarita da Lucas, ad esempio."
"Ci ero arrivata da sola."
"E che hai visto il problema."
"E allora? Non lo so risolvere."
"Ma conoscendolo, puoi risolverlo."
Aria soppesò queste parole, tastandole, accarezzandole, incubandole nella sua mente.
Puoi farlo.
E' un potenziale.
E' come sapere di non aver la garanzia di fallire.
Fa bene al cuore.
Ara si fece seria, investita di un potere che pensava di aver perso.
E mentre iniziava a rendersi realmente conto di che cosa significava, provò di nuovo quella sensazione, inaudita, della distanza che si fa nulla: labbra inesistenti, sì, ma pressate; braccia inesistenti, sì, ma strette; volto inesistente, sì, ma lì – vicino.
Odore inesistente, sì, ma d'erba estiva e di tabacco fresco.
Rassicurante.
Più che mai.
Il contesto era troppo assurdo per pensarci seriamente.
E in fondo, era quello che stava aspettando.
Perchè ne aveva bisogno.
Non di quello.
Di lui.

Di Hera vicino. Del suo profumo. Della sua fluttuanza fra assenza e presenza.
Della sua voce.
Profonda.
Che oscillava dallo strafottente al rassicurante.
E che la conosceva meglio di chiunque altro.
Perchè Hera era lì.
In un modo o nell'altro.
In un guaio o nell'altro.
Per litigarci o discuterci.
O per un bacio che sembrava essere più che un rimborso ai lunghi momenti di confusione e svilimento che l'avevano investita.

Era una cosa malsana.
Lo sapeva.
No, lo ammetteva.
Aria, sei fuori di testa.

Fanculo.

Anche perché ormai Hera era divenuto, da presenza, persona.

Aria, sei fuori di testa.

Oh, sì.




***


"Shock. Sei viva."
Aria roteò gli occhi, stringendosi nelle spalle.
"E' andata meglio di come pensavo." Abbozzò un sorriso, osservando Manuel intento a gongolare per la soddisfazione.
"Gli hai dato la microSD?" domandò l'altro, di colpo.
Aria annuì.

Il discorso cadde lì.

Cosa fantastica, gli amici maschi.
Ti guardano negli occhi e decidono come stai.
Se non vuoi parlarne non ne parli.
Se no, faranno l'atroce sforzo di ascoltarti. Poi si possono rivelare inutili per mancata esperienza, ma, sul momento, sono estremamente pratici.

A casa ci sarebbero stati gli interrogatori di Ella e Denise.
E forse anche di Kaylee.

Ma sì.
Avrebbe detto la verità.
O per lo meno buona parte di essa.


Aria salì in macchina con una certa serenità sul volto.
Era un'espressione strana, affatto raggiante, ma più che altro determinata. Cercava, guardando passivamente fuori dal finestrino, di fare ordine nella sua testa, ripassando in modo più obiettivo possibile la valanga di sensazioni e pensieri che l'avevano investita dall'arrivo al college alla dipartita di Lucas e consorte.
La cosa la impegnava abbastanza, chiudendola in un silenzio che Manuel trovava quasi inquietante – ma ben si guardava dal farglielo notare. Forse, pensò, in treno avrebbe potuto parlargliene meglio.
Sempre che lei avesse voluto.
Se no, fa niente.
Aria, dal canto suo, era talmente concentrata nel rimettere insieme il puzzle della sua personalità e della sua vita da non accorgersi di un'assenza che di lì a poco l'avrebbe fatta sbandare per l'ennesima volta.






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Oooooh là.
Bhe, nessuno ha capito cosa era successo realmente? xD strano...
vabè, ci vediamo al prossimo capitolo.
a volte mi domando se effettivamente questa storia possa essere catalogabile come romantica xD io ci provo....


@moet
Hera un mistero un po' per tutti mi sa xDDD del suo spirito di autoconservazione ne parleremo un po' più in là... U_U'''' è il mio pg preferito, e come a tutti i pg preferiti gliene faremo passare di tutti i colori X°D

@Miroku
oh ^^ spero che ti piacciano le mie su Naruto... ^^' anche se so che sono tutte molto strane, ognuna a modo suo xD
per quanto riguarda il misunderstanding della frase, è colpa mia che l'avevo scritta male xD
thau :3

@Cohava
ecco qua! xD























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