Anche se

di ValeWolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Solo un po' brilli ***
Capitolo 2: *** Babysitting ***
Capitolo 3: *** Capelli Rossi ***
Capitolo 4: *** Solo Ron ***
Capitolo 5: *** Situazioni ***
Capitolo 6: *** La Fine di un’Amicizia ***



Capitolo 1
*** Solo un po' brilli ***


CAPITOLO I

Premetto che non so come andrà a finire esattamente, ma un paio di chap li ho in mente, quindi fatemi sapere se vorreste che la continui. Vi avviso che se non la finirò prima dell'uscita del sesto libro probabilmente resterà incompiuta, dato che non saprei andare avanti sapendo come vanno le cose nell'originale. Se però avrà successo vedrò di concluderla… Buona lettura.

 

Capitolo I

Solo Un Po' Brilli

 

“Cause I'm in too deep, and I'm trying to keep,
Up above in my head, instead of going under.
Cause I'm in too deep, and I'm trying to keep,
Up above in my head, instead of going under.
Instead of going under.”

(sum 41 – In too deep)

 

Si sentivano solo loro tre. Ridevano spensierati per una battuta che uno dei due ragazzi aveva appena fatto, ma che in realtà nessuno ricordava già più. Nemmeno la ragazza sapeva perché stava ridendo, eppure lo faceva, eccome se rideva, e stranamente, per la prima volta in vita sua, il fatto di non capire il perché, non faceva che divertirla di più. Non aveva pensieri. Anzi, uno lo aveva: pensava di non essersi mai sentita meglio in vita sua. Quel rigido controllo che si imponeva era… Ma perché non l’aveva capito prima? Perché la sua vita fino a quel momento era sempre stata dominata da una sorta di contegno che l’aveva privata di quella sensazione di libertà che invece provava ora?

Camminavano uno affianco all’altro: verso l’interno, sulla sinistra, c’era il ragazzo alto che aveva fatto la battuta; al centro barcollava un ragazzo piuttosto minuto che aveva l’aspetto di chi stesse crescendo tanto in poco tempo, ma che restava comunque molto magro; la ragazza era sulla destra, verso il margine della banchina. Camminava più velocemente, portandosi a un paio di passi innanzi agli altri due. Quando avanzava troppo, si fermava per aspettare gli amici, dondolando sul posto in modo buffo. Probabilmente proprio questo suo ciondolare era stato l’oggetto del commento del rosso, che ancora non smetteva di ridere.

Per niente indispettita, lei aveva ripreso a camminare ridendo e fregandosene delle prese in giro, anzi divertita come una matta da esse. Aveva infine trovato molto interessante il testare il proprio stato di lucidità avanzando in linea retta.

Ron si girò e la vide cercare di camminare diritta sulla striscia gialla che segnava il limite da non superare. Immancabilmente però lei sbandava da una parte o dall’altra, avvicinandosi ora a Harry, ora al ciglio. Il ragazzo spostò lo sguardo divertito su Harry, che era ancora in preda a risate gutturali. Vedendo Ron, cercò di trattenersi col solo risultato di gonfiare le guance in modo ridicolo e sbuffare fuori l’aria con una sonora pernacchia non prevista, sputacchiando un po’ addosso all’amico. Quest’ultimo, indeciso se arrabbiarsi o schifarsi, prese a ridere ancora più forte, asciugandosi gli occhi per metà dalla saliva e per metà dalle lacrime che gli uscivano per le troppe risate. Iniziava ad avvertire un dolorino alla bocca dello stomaco, là dove i muscoli si contraevano nel ridere. Era un dolore piacevole, che la sua mente era disposta a provare anche per tutta la vita, ma che il suo corpo rifiutava di sopportare per troppo tempo. Boccheggiò e si impose di prendere aria… ma non doveva essere una cosa involontaria? Perché doveva dare lui l’ordine ai suoi polmoni di respirare?

Si era proprio rincitrullito, pensò. E a seguire vi fu un’altra risata. Questa volta Harry lo guardò incuriosito, ma poco dopo fu contagiato dall’allegria dell’amico. Ripresero a ridere, mentre la minuta ragazza alla loro destra percorreva ancora la striscia di demarcazione. Si sentì un fischio ovattato in lontananza. Una donna tutta imbacuccata in una pelliccia, sebbene fosse l’inizio di settembre e facesse ancora relativamente caldo, li guardò sprezzante. Harry le fece una smorfia, e quella alzò il mento, altezzosa, andandosene scandalizzata. Ron le gridò dietro qualcosa che riguardava il mondo della magia e che non avrebbe dovuto dire in presenza di Babbani, ma nessuno se ne curò. La gente che passava semplicemente pensò che erano un po’ fuori di testa e non vi badò più di tanto. Harry però aveva ripreso a ridere per il commento di Ron, qualcosa che riguardava un molliccio che ha per caso incontrato Neville, e poi una cosa sulle Pallottole Puzzole ed il naso di quella donna, anche se non ricordava più come due cose fossero connesse. Hermione, presa com’era dal suo test, non aveva visto la donna e ora si era girata verso i suoi due amici, curiosa. Non guardando più la linea, procedeva ancora più a zig zag.

Harry era troppo preso a ridere per fare altro che non fosse mettere un piede davanti all’altro. Ron lo guardò con poca concentrazione. Aveva ricominciato a girargli la testa. Fu un fischio, stavolta più vicino, molto più vicino, che lo fece risvegliare completamente e sgranare gli occhi. Girò di scatto la testa all’indietro. Le ossa del collo gli scricchiolarono sonoramente, ma lui non se ne badò. Velocissimo, riportò lo sguardo su Hermione: eccola là, stava barcollando e… era terribilmente vicino al ciglio della piattaforma. Tagliò la strada a Harry, scostandolo senza troppi complimenti con una brusca manata e facendolo cadere con le chiappe per terra. Ignaro, quello riprese a ridere, anche se un po’ offeso. Non poteva farne a meno.

Ma Ron non sentiva più niente intorno a lui, nemmeno l’altoparlante della stazione, che avvisava i gentili passanti di non superare la linea gialla di demarcazione. Ora la testa gli vorticava paurosamente, ma non era per lo stesso motivo di prima. Hermione l’aveva superata quella linea, e, per merlino, stava per superare anche il margine. Si buttò in avanti e le prese le braccia tra le sue mani. Lei lo guardò disorientata. Si scambiarono un breve sguardo intensissimo, che a entrambi sembrò durare una vita e che esprimeva tutto ciò che provavano in quel momento: Hermione aveva le pupille dilatate dallo spavento e dalla confusione, Ron uno sguardo di pura angoscia e qualcos’altro di indecifrabile, come di rimpianto per non aver fatto qualcosa. Poi quell’attimo si spezzò e Ron sollevò di peso per le spalle l’amica, ancora incapace di reagire. Girò su sé stesso, portando la ragazza lontano dai binari e rivolgendo la schiena ad essi. Strizzò forte gli occhi mentre il treno passò dietro di lui, sferragliando così vicino che lo spostamento d’aria gli sollevò completamente la maglietta bianca leggera che indossava e gli fece cadere a terra la bacchetta che teneva nella tasca posteriore dei calzoni. Barcollò, un po’ per l’alcol che aveva in corpo, un po’ per la ventata, ma soprattutto per lo spavento. Aveva ancora gli occhi serrati quando si accorse che si stava sbilanciando all’indietro. Poi sentì una mano nella sua e venne riportato con fatica in avanti. Riacquistò l’equilibrio, ma non riaprì gli occhi. Il cuore gli batteva all’impazzata, eppure poco prima sembrava essersi fermato completamente. Ora gli rimbombava nelle orecchie. Aveva ancora la sua mano nella propria.

«Ron…». Un nome, appena sussurrato, quasi con timore. Eppure lui l’aveva sentito benissimo nel trambusto della stazione. La sua bacchetta vibrava, ancora  a terra, per la scossa causata dal passaggio del treno. Poi il convoglio rallentò e si fermò del tutto. «Ron?», ripeté Hermione. Lui aprì gli occhi, piano. «Stai bene?», gli chiese lei, non appena vide il suo sguardo. Lui la guardò, spiazzato e confuso. Aprì la bocca per parlare, ma fu interrotto dal controllore del treno, che era sceso e sembrava furibondo. Aveva iniziato a sbraitare contro i due ragazzi.

«Ma dico, siete impazziti?!?», urlò, «Vi è dato di volta il cervello per caso??»

Hermione cercò di rispondere, ma non seppe cosa dire. E questa volta la nuova sensazione di essere senza parole non le piaceva affatto. Ora capiva benissimo perché fino ad allora si era sempre controllata. Lei e Ron avevano appena rischiato la pelle, e Ron l’aveva rischiata per lei! La consapevolezza di ciò che aveva appena pensato si abbatté su di lei, e si buttò tra le braccia del ragazzo che aveva di fronte. Lui barcollò ancora, ma la sostenne, imbarazzato e con le orecchie rosse e bollenti.

«’rmio’…», disse, rauco. Gli era venuto mal di gola. Inspirò profondamente. Riprovò a parlare. «Herm…». Le mise una mano sulla testa, cauto.

«Allora?», asserì il controllore. Ron girò la testa di scatto, Hermione si tirò indietro sobbalzando. Si erano completamente scordati della presenza dell’uomo, ma questa volta non era a causa della sbronza. Ron si schiarì la voce.

«Ci scusi», lo interruppe l’amica, «ci eravamo distratti».

«Sì, certo!», fece brusco l’uomo, sentendo odore di vino. Fece finta di nulla, ma scossa la testa. «Be ’, state più attenti la prossima volta», concluse, lanciando loro un’occhiata allusiva. Hermione abbassò lo sguardo, e Ron ringraziò il cielo per questo: era diventato scarlatto. Il controllore risalì sul treno, urlandogli dietro un ultimo «E levatevi di lì!» e scomparendo nel vagone.

Si guardarono zittiti per un attimo, poi il silenzio fu interrotto da una sonora risata. Si girarono entrambi verso la fonte del suono, e si stupirono non poco di vedere Harry rialzarsi facendo leva sul baule che aveva accanto. Anche Hermione arrossì.

«Dovreste vedervi, sembrate due culi di babbuino rossi!», asserì ridendo.

Ron lo guardò cupo, poi la sua espressione mutò. Aggrottò le sopracciglia, perplesso. «Che ci facevi lì per terra?», chiese, sulla faccia dipinta la più genuina curiosità.

«Boh!», rispose Harry. I tre si guardarono un attimo, dubbiosi. Poi scoppiarono di nuovo a ridere, e Harry ricadde a terra. Si rialzò, spazzandosi via la polvere dal retro dei jeans. Sghignazzarono ancora: dopo quei momenti di lucidità, tutto l’alcol che avevano in corpo riprese a fare effetto. Si riavviarono, trascinandosi dietro quell’unico baule di cui Harry si era servito per rialzarsi.

Si accorsero di aver superato la colonna tramite la quale si raggiungeva il binario 9 e ¾. Senza preoccuparsene più di tanto tornarono indietro e si apprestavano ad oltrepassare il muro, quando sentirono una voce alle spalle.

«Hermione!». Era Ginny. Le due ragazze, che non si vedevano dal giugno scorso, si salutarono calorosamente. L’ultima nata dei Weasley salutò sbrigativamente gli altri due ragazzi, che aveva visto la mattina del giorno prima alla Tana. Harry vi aveva soggiornato per quasi tutto agosto: ormai, da quando il suo sangue scorreva in Voldemort, non aveva più molto senso tornare dai Dursley, ma Silente aveva insistito affinché passasse almeno un mesetto a casa dei suoi zii. Harry sospettava che ci fosse sotto qualcosa, ma in fondo non voleva creare troppo disturbo alla famiglia di Ron e non aveva protestato. Non più di tanto, almeno.

Ginny avvertì l’odore che aleggiava attorno ai tre ragazzi. «Vi siede dati alla pazza gioia dai gemelli, vedo», disse, non senza una punta di amarezza. Fred e George avevano proposto di passare l’ultimo giorno, e soprattutto l’ultima notte di vacanza a Diagon Alley, dove avevano comprato baracca e burattini, ovvero un piccolo appartamento ed un grandioso negozio di scherzi che avrebbero inaugurato di lì a un mese. Harry e Ron avevano accettato subito, e nemmeno Molly era riuscita ad impedire loro di andare, ma per la più piccola dei suoi figli non c’era stato niente da fare. La signora Weasley si era imposta, non volendo che anche la sua bambina venisse traviata da quegli irresponsabili ed insensati che erano i gemelli, ma non sapeva che ormai Ginny era la loro complice più fedele. Assomigliava senza dubbio ai due fratelli ed aveva l’importantissimo compito di presiedere alle vendite dei loro articoli all’interno di Hogwarts senza farsi beccare da Hermione. Ron non rappresentava un problema: anche se era prefetto, non avrebbe mai osato mettersi contro ai gemelli, un po’ per paura, ma anche perché in fondo amava i loro scherzi e non riusciva ad immaginarsene il castello privo.

Ginny era rimasta alla Tana, meditando di prendersi la vendetta sulla madre. Hermione, dal canto suo, li aveva raggiunti a casa dei gemelli solo nel pomeriggio, poiché era appena tornata dalle vacanza con i suoi. Durante il giorno avevano visitato il negozio, non ancora ultimato, ed avevano aiutato i gemelli in alcuni preparativi. Alla sera avevano… festeggiato, ci si può ben immaginare come, date le condizioni dei tre. Fred e George, abituati a feste in stile Weasley – i veri Weasley, avevano aggiunto, escludendo dalla definizione Percy e lanciando un’occhiataccia a Ron, sperando che ben presto si sarebbe dato una svegliata –, li avevano definiti tre “mocciosi che non reggono l’alcol”, ma in realtà anche loro erano un po’ allegri. La festa di addio vacanze era andata un po’ fuori misura, visto che persino Hermione si era lasciata andare – non dopo insistenti sollecitazioni di tutti.

«Non fatevi vedere così da mamma!», avvertì Ginny, preoccupata. Molly Weasley si stava avvicinando, trasportando a fatica un carrello carico di bauli e gabbie di animali, tutte appartenenti a Harry, Ron e Ginny. Il baule di Hermione era quello che si era trascinato dietro Harry, non prima di averlo alleggerito con l’aiuto di Fred – loro non potevano ancora fare magie al di fuori di Hogwarts. Ginny sfoderò la bacchetta velocemente con l’intenzione di fare qualcosa per quell’odore.

«Ferma che fai?», la interruppe Harry, mettendosi a ridere sommessamente. Lei lo guardò male.

«Come, che faccio? Ucciderebbe prima voi, poi i gemelli se vi vedesse così!», indicò con la punta della bacchetta la macchia violacea sulla maglietta di Ron.

«Ti espelleranno!», spiegò Ron, mettendosi a ridere anche lui. Hermione, con grande sorpresa di Ginny, li seguì a ruota.

«Oddio!», fece la ragazza, disperata. «È peggio di quanto sembri!»

Qualcuno però le venne in aiuto. George stava correndo verso di loro con la gabbietta di Grattastinchi in mano. Fred si era fermato a distrarre la madre.

«Hai dimenticato questo», disse sbrigativo il ragazzo, porgendo il gatto alla proprietaria, che ricominciò a ridere. Grattastinchi le soffiò, come a ricordarle che non era da lei. Ginny alzò gli occhi al cielo, concordando col gatto. Era Hermione quella che risolveva questioni come quella, di solito. Lei non sapeva che fare. Il fratello più grande la soccorse. Con un rapido incantesimo tolse il puzzo, e diede ai ragazzi delle capsule colorate. I tre le presero in mano non troppo convinti.

«Forza, sbrigatevi!», li esortò.

«Mmh», fece Ron. In quel momento sembrava quasi sobrio. «Che sono, Fred?»

«George», corresse Ginny, lanciando uno sguardo preoccupato alla madre. Fred non l’avrebbe tenuta lontana ancora per molto.

«Ah», disse semplicemente Ron.

«Cosa sono?», ripeté Harry.

«Pastiglie Dopo-Sbornia. Forza, sbrigatevi!»

Dopo un attimo di esitazione ingoiarono le pillole. George sorrise soddisfatto, poi trascinò Ginny da parte, sussurrandole qualcosa. Ron si lasciò cadere sul baule di Hermione, aspettando la madre. La pastiglia stava facendo effetto, perché ora non vedeva più di tanto doppio.Si accorse di essersi seduto, ma di non sentire la bacchetta nella tasca dei calzoni. Ricordò lo spostamento d’aria che c’era stato quando il treno gli era passato vicino, e scattò in piedi.

«Miseriaccia!»

«Tutto bene?», chiese Harry. Anche lui si stava riprendendo.

Ron non rispose. Corse nel punto dove si erano fermati qualche minuto prima e raccolse qualcosa da terra. Tornò sconsolato dagli altri, mostrando loro la bacchetta. Qualcuno doveva esserci passato sopra col carrello, perché era scheggiata verso la punta. La rimise in fretta nella tasca, questa volta in quella davanti. Non voleva che sua madre la vedesse.

Poco dopo la signora Weasley li raggiunse. Harry sbarrò gli occhi notando la chiazza di vino che spiccava ancora sulla maglia bianca di Ron. Attirò l’attenzione dell’amico e gliela indicò con un cenno del capo. Ron la coprì con una grossa mano, sussurrandogli un ringraziamento. Non vedeva l’ora di tornare ad Hogwarts e poter usale l’incantesimo gratta-e-netta tutte le volte che voleva. Si promise di non rifiutarsi più di usarlo, lasciando il compito di pulire agli elfi domestici con grande disappunto di Ron.

Molly li salutò senza accorgersi di niente. «Allora, Hermione, come sono andate le vacanze?», chiese ingenuamente. La ragazza se la cavò piuttosto bene nel risponderle.

«E tu adesso me lo dici?», sbraitò Ginny, rivolta al fratello.

«Ti sto solo dicendo di tenerli un po’ d’occhio per le ore successive!», si difese George.

«No, tu mi stai dicendo che saranno più ciuchi di prima per tutto il giorno, e che io dovrò essere responsabile per loro!»

«Abbassa la voce!», disse George.

«Abbassa la voce? Abbassa la voce??», sbraitò lei in tutta risposta.

«Non capisco perché ti agiti tanto», s’intromise Fred, che aveva raggiunto i due. «In fondo non ti sarà difficile controllarli. Sarete sul treno, no?»

«Sul treno?», chiese Ginny, sarcastica. «Massì, certo, che stupida! Saremo sul treno… e poi io posso sempre sdoppiarmi, nessun problema, proprio nessunissimo problema!»

«Sdoppiarti?», chiese George. «Non ti capisco…»

«Già, quei tre sono inseparabili», continuò Fred, «non avrai bisogno di…»

«Farti in quattro», concluse George.

«In quattro no, George, ma in due si!», asserì la sorella.

«Vuoi dire che Hermione e…»

«No, Fred, voglio dire che Ron e Hermione sono prefetti!», interruppe lei, intuendo cosa stesse per dire il fratello. «E io non posso seguirli alla riunione», concluse, sconfortata.

Fred e George finalmente capirono, ma non comparve preoccupazione sul loro viso, come invece si era aspettata Ginny.

«Oh, beh», fece Fred sbrigativamente, «poco male».

Ginny rimase basita.

«Il massimo che possono fare, se beccano Ron ubriaco, è toglierli il distintivo da prefetto», sul viso di George comparve un ghigno soddisfatto.

«Esattamente», disse Fred. «Non possono togliere punti a Grifondoro, perché tecnicamente non ha bevuto mentre era a scuola…»

George annuì. Ginny aprì la bocca per parlare: non gli impostava se Ron avrebbe perso il posto di prefetto, ma per Hermione sarebbe stata una vera e propria rovina. Poi però cambiò idea. Loro non avrebbero capito, e se anche l’avessero compreso, se ne sarebbero fregato. In fondo per loro non era mai contato nulla, anzi, era quasi un disonore diventare prefetto, e lei in realtà la pensava più o meno così. Ma per Hermione era una cosa di vitale importanza, faceva parte della sua natura, mentre per Ron… oddio, per Ron era un modo per distinguersi, per farsi valere, per essere all’altezza degli altri fratelli Weasley. Beh, come aveva detto Fred, “poco male”: se avessero perso la carica, sarebbe stato un motivo per Hermione di cambiare un po’, mentre lei stessa avrebbe aiutato Ron a farsi valere, nel suo stile, però, o se preferite nello stile dei gemelli.

Richiuse la bocca e scosse la testa. «Speriamo in bene», disse. Gli altri due annuirono. Poi fece la fatidica domanda: «Avete dato loro qualcos’altro?», chiese, rassegnata. Era appena venuta a sapere che Fred e George non solo li avevano fatti ubriacare, ma avevano anche fatto un incantesimo all’alcol di modo che l’effetto durasse di più.

Incredibilmente i gemelli scossero la testa. «Solo le Pastiglie che hanno appena ingoiato, dovrebbero diminuire per un po’ l’euforia», ribadì Fred.

«A proposito», disse George, vedendo Hermione ricominciare a ciondolare, «credo che l’effetto stia svanendo».

Ginny si girò, salutò i fratelli con un gesto della mano e raggiunse i tre ragazzi alla velocità della luce.

Fred e George la videro salutare sbrigativamente la madre con la scusa che si fosse fatto tardi, anche se mancavano ancora una decina di minuti alla chiusura del binario. Molly abbracciò tutti ad uno ad uno, poi li lasciò andare, commossa. Ginny trascinò i tre ragazzi, che avevano cominciato a deridere la signora Weasley, verso il muro. Poi sparirono, diretti a Hogwarts.

«Ci mancherà tutto questo, non è vero?», disse Fred.

George annuì. «Credi che avremmo dovuto dirgli che erano solo Caramelle Tutti-i-Gusti+1?», chiese, dopo un attimo di pausa.

Fred scosse la testa. «No. Assolutamente non era il caso. E poi, ha funzionato, no?»

George sorrise in risposta, guardando la madre che, ignara, si avvicinava per salutarli.

Fine I Capitolo

 

Spero davvero di non aver fatto casino con l’html, è la prima volta che lo uso e sinceramente non ci capisco molto. Incrocio le dita… voi intanto, sempre che siate riusciti a leggere, commentate…

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Capitolo 2
*** Babysitting ***


CAPITOLO II

Ehi, dimenticavo: RINGRAZIAMENTI VIVISSIMI A TUTTI PER LE RECENSIONI^^!!! Davvero mi sono di grande aiuto

Dunque, scusate per come è venuto fuori questo capitolo, nella mia testolina doveva venire molto meglio, ma non sono riuscita a fare di meglio… avrei voluto che fosse più divertente, chiedo ancora schiusa… ah, volevo avvisare che se leggete i testi delle canzoni, sono sempre inerenti alla storia, perché è divertente ritrovare nelle canzoni situazioni simili, perciò io li metto, così, giusto per sfizio^^.

Capitolo II

Babysitting

 

If people say I'm crazy, I tell 'em that it's true
Let them watch with amazement
Say it won't last beyond breakfast
It's a phase he's going through
Denigrate or speculate on what I'm going through
Because it isn't the sort of thing I would normally do.
(Pet Shop Boys - I wouldn't normally do this kind of thing)

 

Percorsero velocemente lo stretto corridoio del treno alla ricerca di uno scompartimento libero. Ginny sbuffò: quei tre avevano ripreso a ridere a vanvera e questo la infastidiva, probabilmente perché avrebbe voluto spassarsela anche lei, ma a causa della madre non aveva potuto, e inoltre ora era costretta a fare loro da balia. Il che non era affatto facile.

Ron trovava molto interessante il paesaggio che scorreva fuori dal vagone e lei doveva strattonarlo ogni tre secondo per farlo avanzare. Harry continuava a fare volteggi su se stesso per qualche oscuro motivo e con gran disappunto di Edvige, costretta a ruotare con lui nella gabbia. Hermione certo non era d’aiuto: ogni volta che Ginny si distraeva nel badare ai due ragazzi, si sedeva sul suo baule affermando tranquillamente di essere stanca.

Finalmente raggiunsero uno scompartimento completamente vuoto – non era proprio il caso che altre persone, fossero pure Neville o Lunatica, li vedessero in quelle condizioni. Ron entrò e si lasciò cadere sul sedile accanto al finestrino, lasciando la gabbia con Leotordo in mezzo alla stanza. Harry vi inciampò immancabilmente, mettendosi a ridere, poi si andò a sedere di fronte all’amico.

«Potresti mettere via le tue cose, Ronald», lo rimproverò Ginny, odiandosi. Solo allora si rese conto di come era indispensabile in questi momenti Hermione. Lei non era brava a sgridare la gente, e non le piaceva nemmeno farlo… anzi, stava per mettersi a ridere a sua volta quando Harry stava per cadere. Lanciò un’occhiata speranzosa verso l’amica, ma in quel momento era davvero inutile. Si era finalmente accasciata sul sedile accanto a Ron come aveva tentato di fare per tutto il tragitto nel corridoio. Semplicemente sedersi, era quella l’unica cosa che sembrava essere interessata a fare. Ginny lanciò un’occhiata al fratello. Sebbene ubriaco, si era irrigidito notevolmente per la presenza di Hermione accanto a sé. Probabilmente non se ne rendeva nemmeno conto. Le faceva quasi tenerezza. Quasi. Perché per la maggior parte riteneva Ron uno stupido ingenuo e testardo ragazzino. Non riusciva a capire il suo comportamento, possibile che non capisse davvero? Oppure semplicemente non aveva il coraggio di ammetterlo in primo luogo a se stesso? Ginny pensava che una volta che Ron avesse realizzato ciò che provava nei confronti di Hermione, le cose si sarebbero sviluppate velocemente, e molti comportamenti – con particolare allusione alla sua gelosia – sarebbero stati spiegati. Testardo e orgoglioso com’era, però, non sarebbe stata un’impresa così facile. A tutto si aggiungeva che era molto, ma molto timido, e che aveva paura di rovinare l’amicizia più grande che avesse oltre a quella con Harry. Non che Hermione fosse molto più sveglia, comunque. Ginny alzò gli occhi al cielo: valli a capire, quei due.

Mise a posto Leo e si sedette accanto a Harry. Sbirciò l’orologio.

«Tra un quarto d’ora dovete essere alla riunione dei prefetti», disse, piatta. «Ron, cambiati quella maglietta, per favore, fai schifo».

Ron parve lievemente offeso. «Ehi», protestò. Ginny sperò si stesse riprendendo, ma lo vide spogliarsi lì davanti a tutti senza preavviso e capì di essersi illusa. Hermione in ogni caso aveva gli occhi chiusi mentre Harry ovviamente aveva già visto Ron a dorso nudo, quindi la situazione non era poi così imbarazzante. Gli porse la prima maglietta che trovò in cima al baule del fratello. Era un po’ sfilacciata e consunta lungo le cuciture, ma almeno era pulita. Ron la indossò senza obiezioni. Ginny lo squadrò un momento per vedere se era sporco da qualche altra parte, ma sembrava tutto a posto. Guardò un attimo Hermione, ma almeno in quello aveva mantenuto un certo autocontrollo: era impeccabile, se si escludeva il fatto che non stava in piedi. Insomma, se stava zitta e ferma non sembrava affatto bevuta. L’aspetto non tradiva niente. Pensò di parlare a lei, visto che fare affidamento su Ron sarebbe stato impossibile anche da lucido.

«Okay», disse, mettendosi in ginocchio di fronte alla ragazza. «Herm, ci sei?», provò. Sembrava profondamente addormentata. La scrollò leggermente e lei aprì un po’ gli occhi, mugugnando qualcosa.

«Oh, bene, sei sveglia… no, Herm, non ti riaddormentare, ti prego. Ti revocheranno il distintivo da prefetto!», tentò. Questo parve scuotere un po’ Hermione, ma non più di tanto. Ginny si fece bastare quella poca attenzione che le stava prestando e le espose le sue raccomandazioni, pregandola di trattenersi. Lei sembrò annoiata ma le promise di comportarsi bene e di controllare anche Ron. Un minuto dopo se n’era già dimenticata, ma Ginny valutò di aver svolto il suo compito e di essere a posto con la coscienza. Li spedì velocemente alla riunione, indirizzandoli verso la giusta parte del treno – loro stavano già svoltando verso quella opposta. Poi si sedette di fronte a Harry, decidendo di non preoccuparsi più di tanto per loro o sarebbe uscita di matto.

In qualche modo raggiunsero il primo vagone dell’espresso, con una decina di minuti di ritardo e qualche livido in più nei punti dove avevano sbattuto contro le pareti. Ernie Macmillan li guardò di sottecchi, ma fu l’unico che parve notare qualcosa. Il caposcuola di Corvonero sembrò stupito del ritardo di Hermione, poiché la sua fama di ragazza impeccabile si estendeva ormai a tutta Hogwarts, ma era troppo impegnato a continuare il suo discorso per esigere spiegazioni. I due ragazzi presero posto il più lontano possibile dagli altri, dando retta a quel minimo di buon senso che avevano ancora in corpo. Non appena trovavano qualcosa di divertente, però, si tiravano qualche gomitata, ridendo silenziosamente. Per fortuna il caposcuola era un tipo alla Percy, tutto concentrato nel dare istruzioni. Gli occhi gli luccicavano dall’orgoglio. In realtà nessun ragazzo del sesto anno lo stava ascoltando, sapendo già come funzionavano le cose. Quando la riunione fu conclusa, comunque, il ragazzo chiamò a sé Hermione. Ron, fattosi improvvisamente serio, notò Malfoy ridacchiare con Pansy, ma poi raccolse tutto il suo coraggio e seguì l’amica.

Il ragazzo stava parlottando a bassa voce con lei. Ron si fece improvvisamente rosso in viso.

«Ti dispiace?», gli disse, sprezzante. Lui lo guardò confuso, aggrottando le sopracciglia, ma Ron non gli diede il tempo di capire. Prese bruscamente Hermione per un braccio e la trascinò fuori dallo scompartimento. Lei lo seguì inerme, ma appena furono fuori si divincolò. Stava sicuramente per replicare qualcosa, quando una voce la interruppe.

«Che c’è, Weasley, sei geloso dell’unica cosa che possiedi?». Malfoy era poggiato di spalle alla finestra, e li guardava con un sorrisetto compiaciuto. «Bella coppia», commentò.

«Sta’ zitto, Malfoy», replicò Ron, tentando di stare in piedi perfettamente fermo. Era diventato rossissimo. Alzò la bacchetta contro il ragazzo biondo. Malfoy sghignazzò.

«Credi di farmi paura, pezzente?». Ron fece per muovere il braccio, ma Hermione, svelta, vi posò una mano sopra, fermandolo.

«No, Ron», disse. Lui si bloccò, leggermente stupito e infastidito dalla razionalità di Hermione. Mai una volta che lo lasciasse agire d’impulso.

Malfoy lo fissò. «Sottomesso pure a quella! Che razza di sfigato…»

Ron, che stava guardando male Hermione, dopo quella frase concentrò tutto il suo odio verso il Serpeverde. Era infuriato non per come Malfoy aveva definito lui, perché ormai era abituato alle sue frecciatine, ma non sopportava il modo con cui parlava di lei. Mosse nuovamente il polso, ma venne bloccato un’altra volta.

«No», stava dicendo Hermione tra le risate. Entrambi i ragazzi aprirono la bocca per lo stupore, non capendo il motivo per cui ridesse. «Ron, non vorrai trovarti a vomitare ancora lumache». Ron non capì subito. Poi si guardò la bacchetta, incrinata sulla punta, e si decise a rimetterla nella tasca. Ricordò l’episodio accaduto durante il suo secondo anno, quando a causa della bacchetta rotta l’incantesimo gli si era rivoltato contro. Fece una smorfia di disgusto al pensiero di vomitare ancora lumache, poi prese a sghignazzare, conscio delle intenzioni dell’amica. Di sicuro non voleva starsene con le mani in mano, a ignorare Malfoy come faceva di solito. Quest’ultimo sorrise malignamente, senza sapere cosa lo aspettava, ma il suo ghigno sparì dalla faccia quando si vide la bacchetta di Hermione puntata alla gola.

«Vediamo…», gli disse lei. «Dovrei ricordarmi abbastanza bene le parole che ha usato Moody due anni fa, vero Ron?»

«Sicuro», confermò lui, sorridendo largamente. «Stai bene come furetto, Draco. Sei molto più malleabile in quella forma».

Malfoy aveva uno sguardo piuttosto spaventato, e fissò nervoso la bacchetta di Hermione, puntata contro di lui. «Non ne saresti capace», disse con una punta di insicurezza nella voce. Di certo non si era aspettato quel comportamento dalla ragazza.

«Oh», disse Ron, con uno strano sorriso in faccia, «non c’è niente che lei non sappia fare».

Hermione si girò velocemente, colpita da quelle parole, guardando l’amico stupefatta. Era un complimento, quello? Malfoy approfittò subito della loro momentanea distrazione ed estrasse la bacchetta, disarmando Hermione a meno di un centimetro da lei. La ragazza cadde indietro, presa alla sprovvista, mentre la sua bacchetta volava lontano. Malfoy puntò la propria contro il petto di lei.

«Sudicia Mezzosangue», cominciò.

Ron portò la mano alla tasca, fulmineo. Era diventato viola dalla rabbia. Ma prima che potesse fare altro il caposcuola di Corvonero uscì dallo scompartimento dove si trovava. La scena che gli si presentò davanti agli occhi era quella di due ragazzi disarmati e Malfoy che li sovrastava, pronto a lanciare un incantesimo.

«Signor Malfoy!», disse altezzoso. Di nuovo Ron con una smorfia notò la somiglianza con Percy. In ogni caso si era bloccato nell’atto di sfoderare la bacchetta, e ben presto vi rinunciò.

«Vuole seguirmi, prego?», ordinò il Caposcuola a Malfoy. Prima di andarsene si avvicinò a Hermione, ancora seduta a terra. La aiutò ad alzarsi, e dovette praticamente tirarla su di peso, dato che non era molto reattiva. Le gettò una rapida occhiata prima di guardare di sottecchi Ron, che aveva assunto un cipiglio piuttosto minaccioso. «Beh, tornatevene nel vostro vagone», disse, piatto. Ron lo squadrò un’ultima volta con le orecchie rosse, prima di trascinare via Hermione prendendola per il braccio, come aveva fatto poco prima. E lei si lasciò trasportare, mansueta e sorridente.

Fecero il tragitto inverso per tornare allo scompartimento dove li aspettavano Ginny e Harry, ma a metà strada qualcuno li fermò.

«Ron, Hermione!». Era Colin Canon, con la solita macchina fotografica al collo. I due ragazzi si voltarono, scocciati, e subito se ne pentirono. Furono accecati dal flash della foto che Colin aveva appena scattato e videro a macchie blu e rosse per i successivi venti minuti. «Ho saputo che siete stati aggrediti da Draco Malfoy!» disse freneticamente il ragazzino.

Ron gli scoppiò letteralmente a ridere in faccia. «Uh, aggrediti», biascicò tra una risata e l’altra. «Aggrediti, e da Malfoy». Riprese a ridere ininterrottamente, seguito da Hermione.

«Che c’è da ridere?», chiese ingenuamente Colin. «Siete sotto un incantesimo?»

«Oh, oh sì!» esclamò Hermione, cogliendo al volo l’occasione e continuando a sghignazzare.

«Cavolo! Questa volta spero davvero che gliela facciano pagare a quel Malfoy, è odioso, non trovate?» I due annuirono pomposamente. «Beh, io cercavo Harry, sapete per caso dov’è?».

«Ma certamente!», rispose allegramente Ron. Fece strada al ragazzo, non del tutto sicuro di aver preso la direzione giusta. Colin non sembrava davvero intenzionato a stare zitto per due secondi di fila e a Ron venne subito mal di testa.

«Ho sentito che vi ha aiutato Thaddeus Beadle… È il caposcuola di Corvonero», si affrettò ad aggiungere, in risposta agli sguardi interrogativi dei due, che lo ascoltavano a malapena.

«Ah, sì, è stato molto gentile», confermò Hermione, uscendo dalla trance in cui oziava.

«Gentile? Gentile?!?», intervenne Ron, improvvisamente furibondo. «Quello non ci ha affatto aiutati! Lui ti mangiava con gli occhi!»

«Calmati, Ron, sei impazzito?», gli chiese lei, tranquilla. Colin si allontanò, spaventato, tenendosi a debita distanza.

«Impazzito, io?», rispose lui, abbassando la voce solo a causa del mal di testa, e non per quello che aveva detto l’amica. «Ma se appena Colin l’ ha nominato, subito il discorso si è fatto interessante per te, quando prima si vedeva benissimo che eri annoiata!»

«Ma…»

«Zitto tu!», gli urlarono contro i due all’unisono. Colin si pentì all’istante di essere intervenuto.

«Comunque non capisco davvero perché te la prendi tanto», disse Hermione.

«Beh… beh, perché… prima Vicky, poi quel Thaddy… e poi chi altro?», disse Ron. In un momento parve essersi tradito da solo, ma poi un luccichio gli balenò negli occhi e continuò a parlare. «La vuoi smettere di andartene in giro a cianciaschiasciare» Ron incespicò nella parola, che non suonò affatto come quella che aveva pensato, «sempre con i ragazzi più grandi, poi… cosa deve pensare di te la gente?»

Hermione si scaldò. «Ma che te ne frega a te? Tu non hai voce in capitolo, capito?!? E poi sai benissimo che non vado in giro a fare la svampita coi ragazzi!»

«Io sì, ma chi ti vede in giro? Sapessi le voci che ci sono in giro su te e Krum!», le urlò di rimando Ron.

«Non m’importa, tanto chi mi conosce sa che non sono vere

Quelle parole parvero colpire Ron… aveva avuto la conferma che tutte le dicerie che sentiva erano solo pettegolezzi, appunto. Ma ne era poi tanto sicuro? Hermione non aveva specificato che cosa esattamente fosse falso.

«Ma poi che vuoi da me, Ron?», gli chiese Hermione. Ora la sua voce era pacata e rassegnata.

«Solo proteggerti», ammise Ron, sinceramente.

«Ma da cosa?». Hermione attese la risposta, ma quella non arrivò. Sospirò e riprese a camminare verso il vagone dove c’erano Ginny e Harry. Colin salterellò fino a raggiungerla e poi proseguì al suo fianco, finalmente muto. Era mortificato per aver fatto scoppiare quel litigio tra loro due, l’ennesimo, certo, ma il primo di quell’anno. Ron li seguì restando qualche passo indietro, scuro in viso.

Ginny guardò Harry che si era profondamente addormentato. Un rivolo di saliva gli usciva dalla bocca spalancata, ma il ragazzo non se ne rendeva probabilmente neanche conto. Lei pensò che dopotutto un po’ d’alcol non era poi così male. Harry sembrava stare molto meglio di come stava alla Tana, comunque. Ron le aveva confessato che probabilmente non dormiva la notte, e anche se cercava di non darlo a vedere era molto afflitto. Era sempre distante e pensieroso, e quelle rare volte che lei l’aveva visto sorridere, aveva notato quanto fosse tutto forzato. Quel giorno, invece, l’aveva rivisto ridere di gusto.

La porta dello scompartimento sbatté bruscamente e ne entrò un’Hermione piuttosto scocciata. Non furibonda, solo stufa. Ginny sperò che almeno lei si fosse ripresa. Subito dopo la ragazza fece capolino una delle persone meno adatte alla situazione: Colin Canon. Colin non era un cattivo ragazzo, ma era tremendamente ingenuo e spiegargli la situazione sarebbe stato come far preparare una pozione ad un Neville ubriaco quanto Harry. Ron entrò poco dopo, con un’espressione indifferente e distratta sul viso. Sembrava essersi già dimenticato della scenata di poco prima.

«Oh, Harry, sei qui», disse Colin, sollevato di non dover stare più solo con quei due. Ginny poteva ben immaginare il perché. A vote si chiedeva come facesse Harry a starsene sempre tra quei due fuochi. Non lo si poteva biasimare se poi usciva di testa.

«Harry dorme», gli disse.

«Oh… ecco, io… non lo si potrebbe svegliare?»

«Ehm…». Ginny sapeva bene che, anche volendo, non sarebbero riusciti a svegliarlo.

«No che non si può», intervenne Ron. La sorella chiuse gli occhi, sperando che non dicesse nulla di compromettente. «Non lo vedi che è ubriaco?», continuò lui, ignaro. Rideva. E così aveva preso a fare Hermione, accantonando l’ennesima litigata. Nessuno riesce a tenere il broncio da ubriaco.

Sulla faccia di Colin spuntò un’espressione imbarazzata e allo stesso tempo stupita. Il suo eroe, ubriaco?

«Ron, non dire scemenze», Ginny tentò di salvare la situazione, ma effettivamente si vedeva benissimo che Harry non si era semplicemente appisolato. Sembrava mezzo svenuto. Ron si mise a ululare come un pazzo e Ginny divenne rossissima.

«Oh», disse Colin, guardando Ron e Hermione «ma che razza di fattura vi ha fatto Malfoy?». La ragazza si tenne la pancia con una mano e lo indicò con l’altra. Faticava a respirare.

Colin era ancora convinto che ridessero a causa di un qualche incantesimo. Mamma quant’era ingenuo! Forse dopotutto Ginny poteva ancora smentire le parole di Ron. «Vedi, Colin», cominciò, calma. «Visto che, ehm… Harry non è stato molto bene ultimamente e soffre anche un po’ di mal di treno, mamma mi ha dato una pozione per farlo dormire…»

«Oh», ripeté Colin. Un lampo di speranza era apparso nei suoi occhi. Aveva abboccato. «Beh, io volevo giusto chiedergli come stava… ho saputo che gli è morto il padrino…»

Dal modo in cui il ragazzino ne parlava, si capiva che non sapeva chi fosse il suddetto padrino. In effetti, per quanti pettegolezzi giungessero alle orecchie di Colin, nessuna notizia era trapelata su Sirius. Il Ministero della Magia fingeva che non fosse mai esistito per evitare di ammettere un errore così clamoroso. La Gazzetta del Profeta non aveva mai nominato nemmeno Codaliscia. A Harry però non importava più che le accuse contro Sirius fossero smentite, tanto ormai il suo padrino non avrebbe più potuto essere libero. Anche se gli dispiaceva che il nome di Sirius rimanesse così diffamato, il silenzio da parte del Ministero gli evitava parecchie domande e sguardi curiosi che non avrebbe mai potuto sopportare. Chi era venuto a sapere dell’intera faccenda, come Neville, che aveva assistito alla morte di Sirius, evitava il discorso con Harry, ma se fosse stata la Gazzetta a diffondere la notizia, sarebbe stata sulla bocca di tutti.

«Si, è vero», rispose Ginny, a disagio. «Ma… evita il discorso con lui, per favore. È una storia abbastanza complicata».

Colin annuì, risentito. Disse agli altri di salutargli Harry quando si fosse svegliato e se ne andò a testa china. Ron, come se nulla fosse, propose una partita a scacchi che durò fino alla fine del viaggio, poiché spesso il ragazzo si distraeva e smetteva di giocare per una mezz’oretta. Harry dormì quasi tutto il tempo e si svegliò una mezz’ora prima di arrivare ad Hogwarts. La dormita gli aveva fatto bene, perché era più lucido, ora. I suoi eccessi di risa erano stati sostituiti da nausea e un forte mal di testa. Purtroppo non si poteva dire lo stesso di Ron e Hermione, che trovavano da ridere su ogni cosa. Quando il treno si fermò, comunque, erano tutti impazienti di scendere. Ginny aveva una gran fame, Harry principalmente volevano buttarsi nei propri letti per starci una settimana, mentre gli altri due non sembravano rendersi conto di ciò che facevano.

Preso com’era nel domare i postumi della sbornia, Harry non partecipò attivamente al banchetto di inizio anno, né sentì il discorso del cappello parlante, che fu molto simile a quello dell’anno passato, comunque – il cappello ormai aveva quel duplice compito di smistare e dare consigli. Ora che il Ministero aveva ammesso il ritorno di Voldemort, però, gli studenti diedero più peso alle sue parole.

Nemmeno Hermione riuscì a prestare abbastanza attenzione da seguire la parole del cappello, ma insieme a Ron prese parte iperattivamente alla cena, ridendo e scherzando con gli altri Grifondoro e prendendo in giro i novellini, soprattutto quelli che finivano a Serpeverde. Quando il banchetto finì, da bravi prefetti svolsero il loro compito di richiamare gli altri studenti della loro casa. Naturalmente anche in questo caso i più piccoli furono oggetto di scherno. Ron mortificò un paio di volte un bambino prima di essere fermato da Ginny. Hermione continuava a ridere senza controllo, ma quantomeno riuscirono a radunare tutti i Grifondoro. Il loro compito fallì però miseramente quando fu il momento di condurre tutti nella Sala Comune, e si sarebbero sicuramente persi nel giro di cinque minuti se non ci fossero stati tutti gli altri studenti dal secondo anno in su, che fecero meccanicamente la strada fino al settimo piano. Ron e Hermione finirono per seguire la massa, ma qualche buona anima pia fece in modo che stessero sempre in prima fila, di modo che sembrasse che fossero loro a dirigere il gruppo.

«Qual è la parola d’ordine?», chiese qualcuno davanti al ritratto della Signora Grassa. Per fortuna era una delle cose che avevano fatto ridere di più i due ragazzi nella riunione, e dunque una delle poche che ricordavano. Il motivo per li avesse fatti ridere così tanto rimase un mistero, come molte altre cose successe in quella singolare giornata di inizio scuola.

Ora Ron era stanchissimo. Sette piani di scalinate da ubriaco non sono affatto rilassanti, e lui se li sentiva tutti addosso, come una zavorra. Le gambe erano diventate pesanti, e la testa pulsava minacciosamente, rombando nelle orecchie. Anche Harry sembrava provare la stessa cosa, ma in più lui aveva anche un gran mal di testa. La nausea era cosa comune a tutti e tre i ragazzi, poiché dopo tre ore di giramento di testa era una cosa inevitabile. Ah, ma adesso finalmente potevano rilassarsi nei propri letti.

Mentre la maggior parte degli studenti più grandi si fermarono in Sala Comune per festeggiare – persino l’inizio della scuola poteva essere usato come pretesto per una festa, se lo si faceva passare come un addio alle vacanze –, Ron e Harry si fiondarono nella loro camera ed Hermione, spinta da Ginny, prese subito per il dormitorio femminile. Se fosse stato per lei, che rimaneva ancora molto attiva, sarebbe rimasta a divertirsi con gli altri, ma Ginny insistette per mandarla a letto. Il giorno dopo sarebbe tornato tutto come prima.

Ron si tolse maglietta e pantaloni e si mise sotto le coperte solo coi boxer. Rimase seduto sul letto un secondo, guardando Harry che girava insieme al resto della stanza, poi chiuse le tende e si sdraiò. Sicuramente ora sarebbe passato tutto… che meraviglia, a letto, tranquilli, fermi, rilassati. Emise uno sospiro di sollievo e chiuse finalmente gli occhi. Ah… ora si che si stava bene. No, un momento! Ooh-nooo! Ma perché ora aveva ripreso tutto a girare? Riaprì gli occhi di colpo e cercò di domare le vertigini. Un po’ meglio. Li richiuse. E tutto riprese a girare. Mugugnò un lamento.

Ron si apprestò a passare una notte d’inferno. Parecchie volte fu tentato di parlare con Harry, che giaceva nelle sue stesse condizioni sul letto accanto al suo, ma sentiva che se avesse aperto bocca avrebbe di sicuro vomitato. Così si appisolò e si risvegliò per un centinaio di volte fino a quando si decise finalmente ad alzarsi verso le quattro e mezza del mattino, incapace di restare ancora sdraiato, sudato fradicio e con un gran mal di testa. Almeno però questa non girava più così tanto e la nausea si era fatta più sopportabile. Scese in Sala Comune senza rivestirsi, con l’intenzione di fare due passi per svegliarsi e poi andare a buttarsi sotto una bella doccia fresca per levarsi di dosso sudore e malessere.

Ma non poteva immaginarsi che nel salottino avrebbe trovato Hermione, seduta sul divano a cucire qualche berretto o calzino per gli elfi, che lo vide conciato nel modo in cui era.

Fine II Capitolo

Beh, questo è ciò che sono riuscita a tirar fuori… però vi ho anche regalato un Ronnie in boxer e coi capelli disastrosi (dopo una notte agitata, è più che normale)… me lo lasciate un commentino?

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Capitolo 3
*** Capelli Rossi ***


CAPITOLO III

Avvertenza: spesso questo capitolo è confusionario perché riporta pensieri così come ragionano i nostri due drunks (simbolicamente e ormai anche letteralmente^^) e io non ho voluto alterare il loro modo di trarne qualche conclusione, non so se mi spiego… Spero comunque che sia tutto chiaro, in caso contrario fatemelo notare!

Volevo scusarmi se ci ho messo un sacco di tempo ad aggiornare, ma ho una buona scusante: ho perso un po’ di tempo per riuscire a caricare immagini nel sito, perché ho una sorpresa per voi! (la trovate alla fine della pagina, ditemi cosa ne pensate)

 

Ed ora:

Thanks To (che la scorsa volta mancavano imperdonabilmente):

StefyGranger: Beh, sono felice che ti piaccia sia la storia che il mio modo di scrivere! Farò del mio meglio anche nei prossimi capitoli.

Gigia990: Dunque, sbavare è l’unica reazione che avrei anch’io alla vista di Ron, ma si sa che Hermione è molto più controllata^^. Comunque, se hai voglia di allagare un po’ la casa, vai alla fine del capitolo e sbava pure quanto vuoi (occhio però a non farlo sul computer, altrimenti poi non funziona più e non puoi più recensire!).

Ransie86: Scusa, un po’ ti ho fatto aspettare, ma mi farò perdonare! Sono felice che ti piaccia la mia storia…

Francina: In realtà sì, solo tu vomiti SEMPRE… cosa credi, Ronnie lo regge l’alcol! Per quanto riguarda Draco, devo dire che una parte di lui mi piace (quella bastarda), ma quando si mette a fare il moribondo raccomandato non lo sopporto. Comunque non penso di dargli una grande parte in questa storia perché vorrei dedicarmi solo ai due stronzini per ora…

SiJay: anch’io vado pazza per Fred e George, che saranno molto importanti per lo svolgimento della storia…

Daisy05: Sì, beh, non è che Herm volesse proprio ubriacarsi, ma con Fred e George che ti spingono a bere e Ron che ti tenta è difficile opporsi^^.

DeepDerk: Grazie della recensione, spero continui ad interessarti. Fammi sapere cosa ne pensi dei prossimi capitoli quando li leggerai…

Ronny92: Onoratissima di ricevere una recensione da te. Sai, sto leggendo “tutte le migliori coppie iniziano così” ed è stupenda, ma non l’ ho ancora finita e per questo non ho ancora recensito (non pensare subito male). Appena raggiungo il capitolo l’ultimo capitolo la inserirò, per adesso sappi che mi piace tantissimo (Ron è adorabile, come al solito) e che ti faccio i miei complimenti.

NOTA: Per l’interruzione della storia dopo il 6, non credo che riuscirò a finirla entro l’uscita, ma se ci tenete la continuo, anche perché mi ci sto affezionando e manca ancora il capitolo che mi ha dato lo spunto per tutta la storia e che ci tengo a pubblicare. Il prossimo aggiornamento potrebbe tardare ancora un po’ perché quei tesori dei miei prof hanno deciso di riempirci di verifiche tutte quest’ultima settimana, ma sarà di sicuro per Natale (spero). Dopo vado una decina di giorni in montagna, dove non ho internet (sigh) e non potrò aggiornare, ma potrò comunque scrivere, così non appena torno vi posto il o i chap nuovo/i… Dopo il 6 non scriverò fino a che non avrò finito di leggere HP (cioè per più o meno mezza giornata^^), perché la lettura occuperà tutto il mio tempo libero e anche non libero… Poi se volete che continui lo farò. Ho voluto chiarire queste cose per non farvi aspettare senza sapere niente. Tutto chiaro? Bene, ho finito il mio monologo, grazie per l’attenzione. Ora vi lascio al Capitolo III, Buona Lettura!!!

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Capitolo III

Capelli Rossi

 

"Push it out, fake a smile
Avert disaster, just in time
I need a drink, cause in a while
Worthless answer from friends of mine

It's dumb to ask, cool to ignore
Girls posess me, but they're never mine
I made my entrance, avoided hazards
Checked my engine, I fell behind

I fell behind 

She makes me feel like it's raining outside
And when the storm's gone i'm all torn up inside
I'm always nervous on, days like this like the prom
I get too scared to move, cause i'm a fuckin' boy"

(Blink 182 - Story of a lonely guy)

 

Hermione sentì qualcosa di fastidioso solleticargli il naso, come se avesse inspirato una piuma. Si svegliò, ma tenne gli occhi chiusi. C’era qualcosa sul cuscino accanto a lei. Sollevò le palpebre, giusto il tempo di scoprire che qual qualcosa accanto alla sua testa era rosso. Capelli rossi. Serrò gli occhi, strizzandoli con tutta la forza che riusciva a metterci, mentre il cuore cominciò ad accelerare inesorabilmente il suo ritmo.

Ron, pensò. Ron, si ripeté. Quel nome gli martellava nella testa. Si sforzò di ricordare cos’era successo la sera precedente, dopo che aveva visto Ron in boxer. Ron in boxer… i suoi pensieri razionali si persero completamente spazzati via dalle sensazioni che aveva provato solo poche ore prima. O almeno, così credeva. Non sapeva esattamente quanto aveva dormito, ma presupponeva che fossero passate circa due ore. Se Ron era lì con lei non poteva essere nel suo dormitorio, visto che era proibito ai maschi di salire, e quindi probabilmente era ancora in Sala Comune. Siccome sembrava deserta (cioè, lei non sentiva né voci né passi, e tanto meno era stata svegliata con l’urlo di stupore che sicuramente sarebbe stato caratteristico se qualcuno avesse sorpreso lei in quella situazione, e con Ron per giunta), allora doveva essere ancora mattino presto. Sapeva bene per esperienza personale che già dalle sette la Sala Comune iniziava a essere frequentata dai più mattinieri, anche se le lezioni iniziavano solo alle nove. Di solito anche lei si svegliava e scendeva presto per dare una ripassata alle lezioni… un momento, ora! Non perdiamo il filo, torniamo al problema imminente: cos’era successo dopo che aveva visto Ron così… Beh, era stata investita da un’ondata di emozioni che non credeva nemmeno si potessero provare. Divagò di nuovo, nel ricordo di ciò che aveva realmente sentito. Ron in boxer era stato… lei non si sarebbe mai immaginata di poter avere un simile pensiero sul suo migliore amico, ma la prima cosa che aveva pensato, ancora prima di realizzare chi fosse esattamente quel ragazzo, era stata che lui era stupendo. Il fiato le si era mozzato in gola ed era rimasta immobile, con i ferri in mano ed un gomitolo di lana sul grembo, muta. Poi, lentamente, aveva alzato lo sguardo, percorso tutto il suo corpo fino a raggiungere i suoi occhi [ehi, io li immagino scuri, poi voi potete spaziare e ignorare qualsiasi mio riferimento al colore degli occhi - NdVale]. Aveva incatenato il suo sguardo a quello di Ron ed era stata pervasa da una nuova paralisi, mentre si perdeva nei suoi occhi profondi, dalle pupille dilatate dal buio e dallo stupore. Non sapeva quanto fossero stati così, fermi, a respirare l’uno per l’altra, ma quel momento le sembrò interminabile. E a dire la verità sperava che lo fosse. Fissare Ron ed essere fissata da lui in quel modo – spaventato, sì, ma in qualche modo misterioso anche felice di vederla – l’aveva fatta sentire in paradiso, e soprattutto completa. Ma come poteva aver provato tutto questo in pochi secondi, e per il suo migliore amico? Il suo migliore amico, i cui vestiti, troppo deformati dagli altri fratelli, non rendevano affatto giustizia al suo fisico. Era incredibile che non avesse mai visto Ron a dorso nudo in cinque anni esatti che si conoscevano. O forse un paio di volte, alla Tana, l’aveva intravisto senza maglietta, ma era stato qualche anno fa, quando ancora non aveva sviluppato quel fisico ed aveva una struttura ancora da ragazzino. Comunque, non importava se l’aveva già visto prima oppure no, fatto sta che questa volta ne rimase completamente folgorata, e non poteva far finta di non aver pensato ciò che invece aveva. Ora doveva fare i conti con ciò che aveva sentito e capire ciò che provava per Ron. Perché qualcosa era scattato in quell’attimo, prima che…

Inizialmente era stato davvero felice di vederla così, inaspettatamente e piacevolmente. In un primo momento non aveva realizzato appieno la situazione, perché quando la incontrava senza averlo previsto veniva svuotato da ogni sensazione, non capiva più nulla, iniziava ad aumentare il battito del cuore e saliva l’adrenalina, ma contemporaneamente si sentiva in pace e straordinariamente e in qualche modo inspiegabile a proprio agio. Perché quella non era stata, non lo era stata assolutamente, una situazione agevole. Eppure perché continuava a ripetersi che, nonostante tutto, era stato gradevole incontrarsi così? Per lui certo era stato meraviglioso, lo era sempre stare con lei, in qualsiasi situazione… ma per lei cos’era stato? Lui non era nelle condizioni ideali per farsi guardare da lei. Sì, lei, Hermione, ragazza, sua migliore amica, sua, lei! Cosa c’era di strano? Dal quarto anno sapeva bene che Hermione era una ragazza. Prima di allora non lo aveva del tutto realizzato… che razza di idiota. Hermione faceva bene a definirlo così. Prese un appunto mentale di riferirle che aveva ragione a chiamarlo idiota, quale era. Pensò al suo sorriso quando glielo avesse riferito, poi scosse la testa per ritornare al fulcro dei suoi pensieri. Doveva ragionare, non vagare tra sogni futuri e ricordi passati come faceva sempre quando pensava a lei. E cioè la maggior parte del tempo. Doveva smetterla, seriamente. Si stava rovinando a furia di distrarsi… come stava facendo ora. Si impose di concentrarsi. Allora, cos’era successo esattamente? A un certo punto era rabbrividito, questo è sicuro. Quando lei l’aveva percorso con lo sguardo. Ancora non si era reso conto di essere fondamentalmente nudo davanti a lei, perché altrimenti sarebbe direttamente raggelato. O magari sarebbe esploso, chi può dirlo… avrebbe iniziato a surriscaldarsi e a diventare rosso come al solito, dannatamente rosso – come odiava quando arrossiva – poi forse avrebbe cominciato a fumare finché non avesse raggiunto la massima temperatura consentita e sarebbe imploso. Personalmente avrebbe preferito la seconda opzione, perché almeno così non sarebbe rimasto più niente di lui, ma proprio niente, se non un vago ricordo. Se avesse realizzato subito ciò che lei stava guardando quando l’aveva percorso con gli occhi, sarebbe davvero stata la fine del mondo (causata dalla sua esplosione dalla vergogna, beninteso). Per fortuna, comunque, aveva realizzato la situazione solo dopo, quando lei non stava più guardando il suo corpo, ma era fermamente concentrata sul suo sguardo, come lui su quello di lei. Quant’erano stati fermi in quel modo? Chi può dirlo… Cos’aveva provato quando si erano guardati come se non ne potessero fare a meno? A questo poteva rispondere, forse. Aveva capito di non poter mai rinunciare a lei. Mai. Ma anche di non potersi accontentare di ciò che al momento erano l’uno per l’altra. E stava anche per parlare, rompendo così quel momento indimenticabile che si era creato, ma solo per crearne uno nuovo e migliore, quando improvvisamente aveva sentito freddo. Sì, era stata una folata di vento a ricordargli di essere nudo. Nudo e sudato. Indecoroso (o irresistibile? NdVale). E allora era tornato in sé. Avrebbe davvero voluto fare una figura dignitosa, giustificarsi, scusarsi. Ma i suoi occhi e il suoi stesso sangue l’avevano tradito, facendolo ordinariamente arrossire. Strano. E ora si trovava in una stanza che non era il suo dormitorio.

Era sveglia da poco più di due minuti, ma non aveva ancora avuto il coraggio di riaprire gli occhi. Cercando di ragionare, stava per ricadere nel dormiveglia. Si impose di stare sveglia, anche se era difficile dopo una notte insonne stare vigile tenendo gli occhi chiusi.

Aveva ripensato agli avvenimenti di quella notte senza riuscire a spiegare come potesse trovarsi in un letto con Ron accanto. Alla fine aveva capito di non essere in Sala Comune dato che sentiva il materasso comodo e il guanciale sotto di sé. Era sicura di essere in un letto, ma non sapeva dove. Probabilmente era nel dormitorio dei ragazzi, il che le rendeva il tutto ancora più inspiegabile. Perché lei non si ricordava affatto di esservi andata. Ma Ron non poteva essere venuto in quello delle ragazze mentre lei dormiva, perché ai maschi era vietato l’accesso, quindi l’unica possibilità era che era andata lei da lui inconsciamente, oppure semplicemente non si ricordava cosa aveva fatto, ancora una volta per colpa delle bevute del giorno prima. Ripercorse per l’ennesima volta con la mente ciò che era successo dopo che Ron aveva rotto il contatto visivo…

Aveva realizzato di essere in boxer e il suo sguardo era cambiato. Lo stupore, la tenerezza che c’era stata nei suoi occhi quando l’aveva vista, fatto inaspettato ma gradito, erano stati soppiantati da vergogna e terrore allo stato puro. Avrebbe voluto tranquillizzarlo, farlo tornare a proprio agio… magari così lui sarebbe salito in dormitorio giusto il tempo di mettersi un paio di pantaloni e una maglietta per poi ritornare lì con lei, a riderci sopra…

Ma lui non gliene aveva dato il tempo. Mentre cercava le parole, che incredibilmente non riusciva a trovare, lui si era riscosso ed era scappato via, lasciandola lì interdetta con la bocca aperta ed una mano, che aveva alzato inconsciamente per bloccarlo, fermatasi a mezz’aria. Sì, era andato via e lei non lo aveva seguito, rincorso, abbracciato. Com’erano finiti lì, allora, se lei era rimasta immobile, sconvolta non per come l’aveva visto ma per come aveva reagito lui. Era rimasta interdetta per un po’, chiedendosi perché era sembrato così spaventato – certo, lei l’aveva appena visto quasi nudo ma non era la fine del mondo –, poi aveva deciso di tornare nella propria camera per ragionare meglio: doveva capire cosa successo, non in sala comune, ma nella sua testa. Doveva capire perché si sentiva così confusa, e perché era così delusa, e perché per lei in quel momento la reazione di Ron era l’unica cosa importante.

Non ricordava altro, solo un sogno che aveva fatto, di passare la notte abbracciata con il suo amico. E temeva che, come spesso accade quando si ha bevuto un po’ troppo, avesse confuso la realtà coi sogni.

Era arrabbiata. Lo sapeva, e per questo era terrorizzato dai risvolti che l’intera faccenda avrebbe comportato sul loro rapporto – rapporto di amicizia. Da un po’ era tormentato da quest’idea che il loro legame dovesse prendere una svolta drastica, ma ogni volta ricacciava indietro il pensiero, perché comportava troppe domande e troppi dubbi.

Ora però si trattava di un peggioramento della situazione, e lui questo non lo voleva. Non voleva che per colpa di una sua stupida sbadataggine avesse dovuto rimetterci la loro amicizia, ciò che di più caro lui aveva al mondo.

Hermione era di sicuro furiosa con lui. Certamente. Quando si sarebbero incontrati, quel mattino, lei o lo avrebbe ignorato, facendo finta che non esistesse ed esprimendo così tutto il suo disprezzo, oppure gli avrebbe urlato contro, dandogli dell’idiota – e lui concordava pienamente – per essere andato in giro così, dell’incurante irresponsabile per non pensare a quelli che potevano incontrarlo, e dell’insensibile per essersi mostrato a lei così. E sarebbero andati a cozzare contro l’ennesimo litigio. Ogni volta che lui si predisponeva di non reagire, di darle sempre ragione, di restare calmo e di non urlarle contro a sua volta, finiva per fare l’esatto opposto. E dire che gli davano dell’ impulsivo… con Hermione programmava ogni discorso da cima a fondo, ma poi finiva per cedere ad una sua parola particolarmente dura, forse non detta per ferirlo ma che invece lo faceva. Non era lui l’insensibile. Erano gli altri a non capire lui, a non vedere ciò che gli faceva davvero male, a provocarlo e a colpirlo proprio dove era più debole.

Si sarebbe arrabbiata, ma lui questa volta non avrebbe reagito. Gli avrebbe chiesto scusa a testa china, in ginocchio se fosse stato necessario. E sarebbe stato dolce. Dolce come non le aveva mai dimostrato di poter essere. E lei avrebbe ceduto. Sperò solo che lei non avrebbe scelto la via dell’indifferenza e della freddezza. Quella era più difficile da risolvere, ma lui ci avrebbe provato comunque, assumendosi le proprie responsabilità e parlandole chiaramente, prendendo egli stesso l’iniziativa. Cosa che faceva raramente. Ma per lei, avrebbe fatto di tutto. Si passò una mano nei capelli, accingendosi ad alzarsi.

Se davvero la situazione era come sembrava, allora avrebbe dovuto risolverla velocemente. E per risolverla doveva aprire gli occhi. Il problema, l’ennesimo, era che non ci riusciva. E se Ron fosse stato davvero lì, cosa gli avrebbe detto? Non aveva ancora capito cosa aveva provato, non sarebbe riuscita a spiegargli un bel niente. Avrebbe fatto solo una figuraccia, e lei odiava fare brutte figure. Però doveva uscire da quella circostanza, non poteva certo rimanere immobile ancora per molto. Fece un respiro profondo. Le palpebre non si alzarono. Ne fece un altro, poi, di botto, spalancò gli occhi. Vide un groviglio di peluria rossa davanti alla sua faccia, prima di realizzare il tutto e tirarsi seduta di scatto. Le scappò un urlo scocciato di sorpresa.

Era Grattastinchi. Grattastinchi era il pelo rosso che aveva creduto i capelli di Ron. Si era fatta un sacco di problemi mentali per un gatto sul letto. Era andata come ricordava: dopo l’incontro con Ron era tornata in camera sua per pensare e doveva essersi addormentata. Non aveva più visto l’amico dopo le quattro di quella notte. Diventò bordeaux mentre scacciava malamente il gatto dal suo cuscino. Improvvisamente aveva caldo, era sudata e arrabbiatissima col gatto. Grattastinchi, lui… l’aveva fatta illudere. Ma no, cosa diceva? Illudere di che cosa? Però era vero che per colpa di quel gatto si era tormentata inutilmente per ben tre minuti. Tre minuti che le erano sembrati ore.

Non avrebbe mai immaginato che tra qualche tempo sarebbe finita col ringraziare Grattastinchi per quella mattina, perché in fin dei conti l’aveva obbligata ad aprire un po’ gli occhi. E prima avesse aperto gli occhi, prima avrebbe realizzato il sogno che non sapeva di avere.

Ora però altri pensieri le riempivano quella testolina piena di nozioni. Aveva pensato ciò che aveva pensato, e ora doveva farci i conti: come avrebbe potuto guardare ancora Ron allo stesso modo di prima? Come sarebbe riuscita a parlargli ancora? E se lui avesse frainteso tutto, credendo che l’imbarazzo derivava da come lo aveva visto? Lei non voleva che lui pensasse questo. Erano amici da tanto tempo ed in fin dei conti non c’era bisogno di chiarire niente riguardo alla vicenda. Ci avrebbe scherzato sopra benevolmente se non fosse stata afflitta da altre preoccupazioni. Aveva altro per la testa, ma doveva cercare di comportarsi normalmente.

Guardò l’ora. Erano le sette. Si vestì lentamente, ignorando Calì e Lavanda che si erano svegliate poco dopo e le avevano chiesto come stava. Doveva avere un’aria molto sbattuta se aveva fatto preoccupare persino le sue compagne di stanza. Si sistemò meglio che poté i capelli più scarmigliati del solito. Aveva davvero una brutta cera, ma al momento di scendere in Sala Comune, dopo una doccia rigenerante, si stampò un sorriso sulla faccia, augurandosi di mantenerlo anche quando avrebbe visto Ron.

Lui era in una piccola stanza della torre di Grifondoro, raggiungibile passaggio dietro un ritratto della Sala Comune. Fred e George l’avevano usata come laboratorio quando ancora frequentavano la scuola e ora che non c’erano più solo Ron sapeva della sua esistenza. Dopo essere corso via da buon codardo, era andato nel suo dormitorio. Lì si era rivestito. Aveva lasciato passare una decina di minuti, poi, in un momento di risolutezza particolarmente ardita, era ridisceso in Sala Comune per parlare con Hermione. Ma la ragazza se n’era andata e tutta la fermezza di Ron era venuta meno. Aveva notato che un piccolo cappello per Elfi Domestici era stato abbandonato per terra accanto alla poltrona. L’aveva raccolto, ricordando che tutti gli Elfi della scuola erano indignati nel trovare vestiti per tutta la torre di Grifondoro e si erano rifiutati di pulirla. Il povero Dobby doveva fare tutto da solo.

Ron si era schiacciato il berretto di lana in una tasca dei jeans ed era entrato nella stanzetta. Era quasi tutta occupata da un massiccio tavolo in pietra che una volta era pieno di strumenti e gabbie di animali usati dai gemelli per i loro esperimenti. Quella notte però era sgombro e Ron si era sdraiato sulla fredda roccia per organizzare i propri pensieri e prepararsi un discorso per ogni eventuale reazione di Hermione. Nel suo dormitorio non riusciva a concentrarsi, con Neville che russava e Harry che mugugnava nel sonno, così si era rifugiato lì.

Verso le sette si alzò e tornò nel dormitorio del sesto anno. Si lavò e si mise la divisa della scuola. Harry si svegliò che lui era già pronto per scendere. Si preparò mentre Ron rimaneva immobile in piedi davanti alla porta, indeciso sul da farsi. Harry lo guardò con uno sguardo interrogativo.

«Ho avuto uno strano incontro con Hermione questa notte», confessò Ron, sapendo di non potere mentire all’amico.

«Strano in che senso?», chiese Harry, infilandosi un calzino. Ron sospirò. Non voleva dirgli altro. «Va bene», disse Harry, intuendo i pensieri dell’amico. «Ma la situazione è così drastica?»

«Non lo so… forse sì», rispose Ron dopo un attimo di esitazione.

«Vedrai che risolverete anche questa», lo tranquillizzò.

«Lo spero proprio», disse Ron, non troppo convinto. Quando anche Harry fu pronto, non aveva scelta. Doveva scendere con lui. Scese le scale, mentre Harry lo seguiva, ma giunto alla fine si bloccò di colpo. Non era pronto, Hermione era già in Sala ad aspettarli, guardando sorridente fuori da una finestra, e lui si dimenticò tutti i discorsi che si era preparato. Non sapeva cosa dire, aveva la bocca arida e non connetteva più. Harry era rimasto sullo scalino sopra di lui e per poco non cadde quando Ron frenò bruscamente davanti a lui.

«Che diavolo…», cominciò, ma si interruppe quando vide Ron flettere le gambe e girare fulmineamente su se stesso, per poi ributtarsi a capofitto su per la rampa di scale. Lo bloccò con un braccio e lo trattenne faticosamente, puntandosi sui piedi.

«Ron!», gli ringhiò a bassa voce, un po’ per non farsi sentire da altri e un po’ perché gli rimaneva davvero poco fiato mentre cercava di contrastare la forza dell’amico. «Ma che fai? Sei impazzito? Va’ e assumiti le tue responsabilità!». Con uno sforzo non da poco riuscì a far girare il ragazzo, che pian piano si arrese. Inspirò e trattenne il respiro quando Harry, con una spintarella questa volta leggera, lo indirizzò in Sala Comune, mentre  lui rimaneva all’imboccatura delle scale per assistere da lontano alla scena. Aveva imparato a proprie spese a stare lontano dai suoi migliori amici quando questi litigavano tra loro.

Ron avanzò nella stanza verso la finestra davanti alla quale sedeva Hermione, dalla parte opposta delle scale. La ragazza aveva lo sguardo perso nel paesaggio e pensieroso. Sorrideva, ma il suo sorriso non si estendeva agli occhi. Ron si chiese per la millesima volta in due ore come avrebbe reagito, se si sarebbe arrabbiata o avesse finto indifferenza. Scrutò attentamente il suo sguardo, ma non sembrava arrabbiato, né deluso, né preoccupato. Gli parve solo confuso. Avrebbe voluto tranquillizzarla e chiarire i suoi dubbi, ma sapeva di non poterlo fare. Anche perché il suo dubbio era lui.

Era fermo a guardarla a pochi passi da lei, ma la ragazza, persa nei propri pensieri, non l’aveva notato. La guardò ancora un attimo, sperando che continuasse a sorridere anche dopo averlo visto. Deglutì mentre il solito pensiero gli attraversava la testa: avrebbe fatto qualsiasi cosa per quella ragazza, perché Hermione era tutto per lui. Forse non capiva il significato integrale di quel pensiero, però sapeva di non volerla deludere né fare arrabbiare. Voleva che ridesse, o che lo guardasse teneramente, o che lo abbracciasse, o che gli desse un altro bacio di buona fortuna. Allungò una mano per attirare la sua attenzione toccandole una spalla. A quel contatto la ragazza sussultò vistosamente e si girò subito verso di lui.

«Ron!», disse. Il sorriso si cancellò dal suo volto, sostituito da un evidente rossore in zona guance. Ma il tono con cui aveva pronunciato il suo nome non era né seccato né distaccato. Solo sorpreso ed imbarazzato. Ron si chiese perché lei dovesse essere imbarazzata, era lui che avrebbe dovuto esserselo. Come a ricordargli che in realtà lo era, le sue orecchie si fecero bollenti e allora fu sicuro di essere arrossito a sua volta. Hermione prese a balbettare. «No-non ti ho sentito a-arriv-vare…»

«Non volevo spaventarti», le disse Ron, pacato, facendole un timido sorriso.

«No… no, non mi hai spaventato, non preoccuparti», gli disse Hermione, rispondendo al suo sorriso in modo un po’ impacciato ma sincero. Le labbra del ragazzo si curvarono di più, acquistando un po’ di sicurezza e tranquillità. Hermione non se l’era presa. Ora restava solo da chiederle scusa lo stesso, ma decise di aspettare un momento più opportuno per affrontare un discorso abbastanza lungo e privato. Girò la testa verso le scale, facendo cenno a Harry di avvicinarsi. Harry recepì il via libera e si avvicinò a loro, salutando Hermione con una buffa occhiata. Doveva morire dalla voglia di sapere cos’era successo tra quei due.

«Come va la testa?», chiese Harry, riferendosi ai postumi.

Hermione non capì subito. Afflitta da tutti quei pensieri, si era completamente dimenticata della sbornia. «La…?», chiese, interrogativa. Poi, dopo un eloquente sguardo di Ron, i suoi occhi si illuminarono. «Ah!», esclamò, capendo. Ridacchiò, e stava per rispondere che le faceva un po’ male quando concretizzò di essersi ubriacata e che probabilmente era stata vista in uno stato non completamente lucido. «Oddio», venne assalita dall’ansia, ritornando la solita impeccabile e puntigliosa Hermione. «Che cosa ho fatto?», chiese, petulante. Voleva evidentemente sapere se aveva creato qualche guaio.

«E chi se lo ricorda?», affermò Harry.

«Sai, mi chiedevo quanto sarebbe durato ancora lo stato di grazia», confessò Ron a Harry. Hermione gli diede uno spintone giocoso, senza riuscire a spostarlo di mezzo millimetro. Beh, ora almeno sapeva da dove derivava la forza del suo amico. Arrossì ancora al pensiero che lei reputava decisamente inopportuno, ma i due ragazzi non se ne accorsero. Hermione attaccò con la sua predica.

«No, davvero, siamo stati degli incoscienti…»

Ron parlò sopra alle parole della ragazza. «Ora sì che mi sento a casa!», affermò, sorridendo.

Ed suo sorriso fu contagioso.

FINE III CAPITOLO

 

Beh, che ne pensate? Ringraziatemi perché dopo 3 ore di tema in classe sono ancora qui a scrivere per aggiornare entro stasera… ma come sono brava!

Dunque, so che non accadono molte cose in questo chappy, però ho voluto dedicare il giusto spazio a delle riflessioni importanti. Perché secondo me, per precisare, Ron e Hermione non sono ancora innamorati, o almeno non sanno di esserlo. E visto che non è una cosa che accade da un momento all’altro, questo capitolo era necessario.

CONSIDERAZIONI: Allora, devo dire che Ron è un po’ più sveglio di Hermione in questo capitolo, nel senso che ha capito più cose di lei. Questo perché secondo me Ron in fondo sa che Hermione gli piace, ma non sa fino a che punto. Ron lo sa, Hermione no, assolutamente… o almeno, è ora che inizia a sospettare qualcosa. Però di sicuro, per una volta, ha capito meno di Ron. Questo perché Ron è dal ballo che è alle prese con la propria gelosia, con cui ha dovuto fare i conti. Per giustificarla, ha dovuto ammettere alcune cose a se stesso. Hermione invece, anche se vuole bene a Ron, ancora non ha compreso in che modo gliene voglia, anche perché da brava ragazza studiosa si rifugia dietro ai libri fingendo di non essere interessata ai ragazzi.

Il prossimo capitolo sarà un po’ più attivo, e Ron dovrà parlare con Hermione. Inizierà l’anno scolastico, con tutte le nuove abitudini e analizzerò un po’ anche il personaggio di Harry, che ho un po’ trascurato insieme al mio personaggio preferito (SIRIUS), che poverino l’ ho appena accennato!

 

Ed ora vi lascio alla SURPRISE. Ecco a voi Ron in boxer, paralizzato da una certa situazione nota a tutti! Godetevelo, ma ricordate che Hermione potrebbe essere gelosa^^

Baci, Vale.

 

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Capitolo 4
*** Solo Ron ***


CAPITOLO IV

Capitolo IV

Solo Ron

 

You know I got black eyes
But they burn so brightly for her
This is a blind kind of love
Oh oh oh, the sweetest thing

(U2 - Sweetest Thing)

 

Ginny si presentò alla prima colazione dell’anno scolastico con un sorriso di scherno. Si avvicinò velocemente agli altri tre, li guardò trattenendo a stento le risate e porse loro una domanda ben precisa. «Allora, vi siete ripresi?».

Ron mugugnò qualcosa di incomprensibile a causa dell’enorme quantità di Pancakes che gli ostruiva la bocca, segno che stava bene visto che come al solito si stava ingozzando di cibo. Tutto l’imbarazzo di Hermione si era tramutato in sollievo per il non aver apparentemente combinato danni e giocherellava a testa bassa con i suoi cereali e un mezzo sorrisetto stampato in faccia. La sua attenzione fu però richiamata dalla giovane Weasley.

«Ginny, Ginny!», esclamò concitata. «Confermami che non abbiamo fatto niente di… inopportuno…»

«Ehm…», fece Ginny, a disagio. «Se vuoi te lo dico, ma…»

«Oddio-che-è-successo!», esclamò Hermione tutto d’un fiato, sull’orlo di una crisi isterica.

«Ma niente di grave, stai tranquilla», Ginny cercò di rimediare, ma Hermione, ormai nuovamente preoccupata, non ne voleva sapere di stare zitta e incitava Ginny a continuare. Ron sbuffò divertito da dietro il suo boccone troppo grosso, e subito dopo prese a tossire, diventando via via più rosso un po’ perché gli era andato di traverso del cibo, un po’ per l’imbarazzo di stare soffocando davanti a tutta la scuola. Certo questo non giovava alla sua reputazione di perdente. Nonostante tutto gli venne da ridere per il suo grado di idiozia, impedendo così maggiormente la propria respirazione. Harry, seduto accanto a lui prese a dargli energiche pacche sulla spalla, approfittando per esagerare e fargli qualche dispetto. Certo, prima aveva riassunto la sua aria assente, ma ora che era a Hogwarts sembrava meno pensieroso. Forse presto sarebbe tornato tutto come prima. Ma come sarebbe potuto senza Sirius? Al ricordo del suo padrino, Harry smise subito di colpire Ron con la mano, sentendosi come in colpa per aver sorriso un momento. Ron inghiottì a fatica, gettò uno sguardo interrogativo a Harry, poi riconcentrò su Ginny la sua attenzione, anche lui curioso di sapere cosa avevano fatto da ubriachi. Si asciugò con due dita gli occhi, bagnati dalle lacrime causate dalle risate e dalla tosse. Posò lo sguardo sulla sorella. Ginny attese che la comica scenetta fosse finita prima di cominciare a parlare. Tenne lo sguardo fisso su Harry, che non sembrava per nulla interessato al loro discorso. Sospirò, sperando che tornasse sorridente. L’ennesima scossa di Hermione la indusse a continuare.

«Ok, ok!», la assecondò. «Niente di grave, solo… credo che tu abbia quasi scagliato una maledizione contro Malfoy», finì tutto d’un fiato Ginny.

Ron, che aveva i gomiti appoggiati al tavolo, scivolò in avanti picchiando il mento contro il tavolo e rovesciando una brocca di succo con un braccio. Hermione si era bloccata nell’atto di portarsi un cucchiaio alla bocca, e pian piano la stretta sulla posata si fece più lieve finché non le cadde di mano nella tazza, schizzando latte un po’ ovunque. Ma la ragazza non parve rendersene conto. Era del tutto immobile. Harry aveva alzato lo sguardo e finalmente fissava Ginny, anche se non si poteva dire che la guardasse con un interesse. Ron si era raddrizzato sulla panca, ricomponendosi. Lentamente un sorriso incredulo ed ebete comparve sul suo viso. Aveva uno sguardo felice e fiero. Hermione, come ricordandosi di respirare, boccheggiò un paio di volte, tentando di parlare. Alla fine un suono stridulo e angosciato le uscì dalle labbra. Il sorriso di Ron si allargò.

«Andiamo, Hermione, finalmente abbiamo dato una lezione a quell’arrogantello di…»

«Un momento!», lo interruppe la sorella. «Ho detto quasi, non ha concluso niente»

«In che senso?», chiese Hermione con un filo di voce, in apprensione.

«Beh, nel senso che siete stati interrotti», disse Ginny, come se la cosa fosse ovvia. Il sorriso di Ron divenne qualcosa di un po’ deluso.

Hermione si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, poi rivalutò le parole dell’amica e un nuovo problema spuntò nella sua testolina. «Interrotti?», ribadì, «Vuol dire che qualcuno mi ha beccato a lanciare un incantesimo a Malfoy?»

«No», rispose Ginny, con troppa calma per i gusti di Hermione, che le lanciò un’occhiata per spronarla a continuare in fretta. Intimorita, la ragazza riprese a parlare speditamente, incespicando nelle parole per la foga ed il timore di Hermione. «Ecco, vedi, ehm, il, sì, un Corvonero… Colin mi ha detto che vi ha visti mentre stavate per essere attaccati da Malfoy, ma lo sapete bene come lui ingigantisca sempre tutto»

«Quindi?», chiese Ron, con uno sguardo un po’ cupo. Improvvisamente si era ricordato di qualcosa. O meglio, di qualcuno. Sperò che Hermione non ne avesse ricordo. Non voleva litigare ancora e sicuramente se fosse saltato fuori l’argomento si sarebbero urlati addosso, e lui si era ripromesso di non farlo. Evidentemente il suo desiderio fu esaudito, perché Hermione non dava segno di aver capito chi fosse il Corvonero.

«Beh, Malfoy si difende dicendo che sei stata tu ad attaccarlo, ma non è questo ciò che ha visto il Caposcuola…»

«Un momento», la interruppe Hermione. «Il Caposcuola di Corvonero mi ha vista mentre attaccavo uno studente?», chiese, sempre più preoccupata.

«Ma no!», disse subito Ginny. «A quanto pare Malfoy ti ha disarmato prima che vi beccasse, così praticamente la punizione l’ ha beccata solo lui. Ovviamente va cianciando che non è colpa sua e così via, ma è la sua parola contro quella del Caposcuola, quindi non conta molto… oltretutto quel Beadle è un tipo alla Percy, quindi gode di molta fiducia da parte dei professori…»

Ron storse la bocca, ricordando l’impressione che il bellimbusto gli aveva fatto, ma si astenne dal commentare apertamente. «E che hanno fatto a Malfoy?», chiese invece.

«Gli faranno pulire la sala dei trofei, o qualcosa del genere. Volevano anche sospendergli l’incarico di prefetto, ma a quanto pare la decisione finale spettava a Piton, che ovviamente ha difeso il suo pupillo»

«Se lo sarebbe meritato», intervenne improvvisamente Harry, aspro. «Almeno questa volta non ci sarebbe stato il suo caro paparino a difenderlo». Fece una smorfia persino troppo crudele, poi tornò a chiudersi in se stesso. Gli altri tre si lanciarono un’occhiata.

«Sta ancora ad Azkaban?», chiese Hermione. Non aveva avuto molti contatti col mondo della magia durante l’estate, ma riceveva comunque tutti i giorni la Gazzetta del Profeta, che era tornata a pubblicare articoli obbiettivi, e l’avrebbe saputo se Lucius Malfoy fosse stato rilasciato o fosse evaso. In realtà con quella domanda voleva solo spingere Harry a parlare.

«È ovvio, no?», disse invece Ron, senza capire le intenzioni della ragazza. «Voglio dire, le accuse contro di lui erano troppo pesanti, no?»

«Era la parola di Harry contro la sua», disse Hermione, cercando di suscitare una reazione da parte di Harry.

Ron la guardò, estremamente stupito, e pensando che Hermione stesse accusando l’amico non riuscì più a trattenersi. «Che vuoi dire?», sbottò. Lei gli lanciò un’occhiata allusiva che ovviamente Ron non afferrò. Prima che potesse ribattere, però, la professoressa McGranitt passò a consegnare loro l’orario delle lezioni.

«Perfetto!», disse Ron, «Niente Pozioni di lunedì… chissà che quest’anno riesca a godermi il weekend».

Hermione lo guardò pensosa. «Ron… quando abbiamo le ronde?»

«Che?», chiese Ron, tutto intento a fissare il suo orario.

«Le ronde, sai, quelle cose che ogni tanto si deve fare se si è prefetti…», disse, sarcastica.

«Ah», disse Ron. «Oh…», aggiunse, non appena si rese conto di non saper rispondere alla domanda di Hermione.

«Bravo, Ron, hai imparato due vocali», fece Ginny, sorridendo, felice che il possibile litigio fosse stato sviato.

«Ehm… tu non lo sai?», chiese invece Ron, ignorando la sorella.

«No», rispose Hermione, passandosi disperata le mano fra i capelli. «Ecco cosa succede quando si fanno delle cretinate…»

«Oh, andiamo, non è poi così grave, andremo a chiedere l’orario… diremo che abbiamo perso il foglio su cui avevamo accuratamente appuntato tutto»

«Non è solo questo, Ronald», esclamò lei, inviperita dalla voce annoiata del ragazzo. «Abbiamo combinato fin troppi guai! E io non posso credere che l’effetto dell’alcol duri per tutta la notte e il giorno seguente. In fondo non abbiamo bevuto così tanto!» Ginny, essendo a conoscenza della situazione, arrossì furiosamente, e per non farsi scoprire da Hermione bevve un sorso troppo lungo dalla sua tazza. Ron guardò l’amica senza capire a cosa si riferisse, e probabilmente fu un bene.

«Chi avete alla prima ora?», chiese Ginny, tentando di cambiare argomento.

«Ehm», Ron ricontrollò il suo orario. «Difesa Contro le Arti Oscure…»

«Chi è il nuovo insegnante?», chiese Hermione a Ginny.

Lei fece un grosso sorriso prima di rispondere. «Finalmente uno competente!», disse allegramente.

«Lo conosci già?», chiese Seamus, che li aveva raggiunti solo ora.

Ginny esitò. Non poteva certo dire che conosceva il nuovo insegnante perché i suoi genitori lavoravano per l’Ordine con lui. Ovviamente anche adesso che il Ministero si era deciso ad appoggiarlo, restava sempre un’associazione segreta. Non era prudente, con le spie di Voldemort in circolazione, andare in giro a fare nomi. «No», disse infine. «Non lo conosco, ma ne ho sentito parlare molto bene».

Ron la guardò incuriosito. «Ma chi diavolo è?», chiese.

«Ti senti bene, Ron?», chiese Seamus. «Silente ne ha parlato per un quarto d’ora ieri alla cena… Ha anche detto che le ore di Difesa, visti gli ultimi tempi, saranno almeno tre in più del solito»

«Ma certo che sto bene», fece il rosso con veemenza «Mi chiedevo solo come faccia Ginny ad averne sentito parlare», si giustificò.

«Beh, Elphias Doge è un nome che si sente piuttosto spesso in giro», disse Ginny, rivelando abilmente l’identità dell’insegnante senza farsi scoprire. Harry alzò la teste, prestando più attenzione. Conosceva quel Doge, era andato a prenderlo dai Dursley un anno prima per portarlo al Quartier Generale.

«In giro dove?», chiese Dean, piuttosto distaccato. Anche lui aveva preso posto al tavolo accanto a Seamus.

«Papà mi ha parlato di lui qualche volta», mentì Ginny.

«Silente dice che è un grande sostenitore della lotta contro Voldemort», disse Dean.

«Sì, a quanto pare sa un sacco di roba…», convenne la ragazza. Hermione notò che Dean non la guardava in faccia e si ricordò che i due avevano rotto un paio di settimane prima. Ginny invece sembrava completamente a suo agio.

«Beh», disse improvvisamente Hermione. «Io avrei anche finito di mangiare e dovrei passare in biblioteca un attimo. Harry, Ron, mi accompagnate?»

«In biblioteca il primo giorno di scuola?», chiese Ron storcendo il naso in modo buffo, ma alzandosi dal tavolo per seguire Hermione. Dopo un’ultima occhiata desiderosa alle torte di fronte a lui, scavalcò la panca e si diresse senza altre obiezioni verso l’uscita della Sala Grande. Harry fece lo stesso in silenzio, con un nuovo nome che gli martellava in testa. Sicuramente un membro così importante dell’Ordine non era lì ad Hogwarts solo per insegnare.

«Cosa ne pensate?», disse Hermione, non appena le porte si furono richiuse alle loro spalle.

«Di cosa?», chiese ingenuamente Ron.

«Beh, sicuramente ci sono altri motivi per cui è qui», disse Harry, tornando per un momento il solito ragazzo che cercava di risolvere una questione.

«Già», convenne la ragazza.

«Oh, andiamo», disse invece Ron. «Magari è qui solo perché è bravo»

«Certo, Ronald, e al posto di andare a combattere Voldemort sta qui a perdere tempo con noi studenti», sussurrò Hermione, per non farsi sentire da nessuno, mentre camminavano per i corridoi verso l’aula di Difesa Contro le Arti scure.

«Anche noi abbiamo il diritto di essere preparati al peggio», disse saggiamente Ron, alzando un poco la voce.

«Certo», fece calma la ragazza, «Ma c’è un sacco di gente che saprebbe insegnarci senza far parte dell’Ordine. Non dico che non sia un bene averne un membro come insegnante, anzi, ma secondo me non è questo il solo motivo per cui è ad Hogwarts…»

«Pensi che sia qui per controllare il castello?», chiese Harry, alquanto interessato al discorso.

«Mh, può darsi», rispose Hermione, valutando le ipotesi. «Ma credo che in particolare voglia reclutare un po’ degli studenti più grandi, metterli al corrente della situazione, addestrarli ulteriormente… non mi stupirei se quest’anno venissero organizzate lezioni supplementari di duello, cose così. Un po’ come l’ES, insomma. Ma in realtà credo che la ragione principale per cui è qui sia tu, Harry», aggiunse infine, facendo immobilizzare i due ragazzi.

«Che… che intendi dire?», chiese Harry titubante.

«Che sei tu quello che deve essere preparato maggiormente allo scontri decisivo, Harry», sentenziò. Ron la guardò supplichevole. Non voleva scatenare la furia dell’amico, era stufo che si sfogasse sempre su loro due, anche se a dire la verità ultimamente era stato piuttosto sulle sue. Hermione invece era da quella mattina che cercava di estorcergli qualche confessione. Harry prese un profondo respiro prima di iniziare a parlare.

«Credo di dover parlare a Silente», disse semplicemente. «Non ho intenzione di restarmene un altro anno a far niente»

Né Hermione né Ron trovarono niente da replicare. Si limitarono a continuare a camminare, mentre Harry li informava che sarebbe andato a prendere un appuntamento col preside non appena possibile.

Il mercoledì, due giorni dopo l’inizio della scuola, la professoressa McGranitt aveva chiamato a sé Harry al termine della prima lezione di Trasfigurazione. Sbrigativa, gli aveva detto di presentarsi quella sera dopo cena davanti all’ufficio del preside. Così, poco dopo aver mangiato, Harry vi si diresse, impaziente. Ron e Hermione si ritrovarono a passare la serata da soli, potendo così chiarire alcune faccende. Ma ovviamente Ron non aveva ancora trovato il coraggio di introdurre l’argomento e se ne stava in silenzio, mentre camminavano in silenzio verso la Torre di Grifondoro. Le signora Grassa fece loro un piccolo cenno di saluto prima di lasciarli passare. Una volta entrati nella Sala Comune, fu Hermione che si decise finalmente a parlare.

«Hai chiesto l’orario dei prefetti?», chiese, con voce insicura. Probabilmente temeva di spezzare la calma che si era creata. Dall’inizio della settimana non avevano ancora litigato.

«Ehm, sì», mentì Ron, sorridendole preventivamente.

«Ah sì?», gli disse lei, guardandolo ironicamente, ma senza rabbia. «Allora quando abbiamo il primo turno?»

«Ehm, sì», ripeté stupidamente Ron, continuando a sorriderle. Hermione lo guardò con bonario rammarico.

«Sei irrecuperabile», gli disse.

«Facciamo una partita a scacchi?», propose Ron, ignorando palesemente il commento.

«Beh…», disse Hermione. «Veramente avrei da sistemare il compito di Antiche Rune che mi hanno dato questo pomeriggio…»

«Fai ancora Antiche Rune?», chiese Ron, incredulo.

«Sì, non ti sta bene?»

«No, ma… che lavoro intendi fare dopo Hogwarts?»

«Non lo so ancora, per questo voglio avere una preparazione completa in tutto»

«Secondo me tu pensi troppo al futuro, devi fare quello che ti piace», le disse Ron, affondando le mani nelle tasche dei jeans.

«Ma a me piace studiare Antiche Rune, Ron», gli rispose lei, inarcando un sopracciglio. Non capiva dove volesse andare a parare il ragazzo.

Ron tirò su col naso. «Certo, e a me piace Cura delle Creature Magiche»

Hermione capì. «Ron, sono sicura che Hagrid capirà… insomma, è una materia secondaria, seguo già troppe materie quest’anno»

«Beh, anche Antiche Rune è una materia secondaria, potevi rinunciare a quella», disse Ron, scocciato.

«Non arrabbiarti ora, Ronald», rispose Hermione, mantenendo un tono di voce pacato. «Ho solo pensato a quello che mi potrà servire per un futuro lavoro»

«Quando hai la prossima lezione?», chiese Ron.

Hermione aggrottò le sopracciglia. «Perché?»

«Tu rispondi e basta, tanto se volessi ci metterei un attimo a scoprirlo da qualcun altro», fece Ron, fissandola insistentemente.

«Beh, mercoledì», si arrese lei, guardando Ron con sguardo interrogativo.

Lui sorrise, consapevole di averla incastrata. «Allora puoi giocare a scacchi con me!»

Hermione arrossì. «Che imbroglione!», gli disse, dandogli una pacca sul braccio.

«Andiamo, è la prima settimana, non abbiamo compiti arretrati e possiamo rilassarci forse per la prima e ultima volta nel corso dell’anno.»

Lei sospirò, cedendo alla richiesta dell’amico. Non che poi le dispiacesse molto, avevano un sacco di cose da dirsi. Ron le fece il sorriso di un bambino che trova una montagna di regali sotto l’albero di Natale, poi corse a prendere la scacchiera. Hermione si avviò verso le loro poltrone preferite, accanto al tenue fuocherello che crepitava leggermente nel camino. Poco dopo Ron la raggiunse, raggiante. Non giocavano spesso a scacchi insieme, quasi sempre le partite erano tra Harry e Ron, e Hermione solitamente si limitava a guardare Ron che stracciava inesorabilmente il suo migliore amico.

«Ti avverto, non sarà facile come con Harry», gli disse lei.

Ron storse la bocca. «Oh, lo spero proprio. Mi manca un avversario degno… com’è che tu non giochi mai?»

«Diciamo che mi piace molto di più starvi a guardare», Hermione sorrise dolcemente al ragazzo, che aveva inclinato la testa di lato.

«Perché?», le chiese.

«Mi rilassa. E poi intanto di solito mi porto avanti con i compiti o correggo i vostri»

Ron rise. «Non pensare ai compiti per una sera», le disse, tornando serio. Si sedette sulla poltrona di fronte a lei e appoggiò la scacchiera con i bianchi dalla parte di Hermione. «Prima le signore», le disse.

Hermione sorrise. «Signore?»

«Beh, ragazze», disse Ron, arrossendo come un bambino, e diventando ancora più rosso dopo aver intuito di essere arrossito. Era una specie di reazione a catena, se ci entravi poi era dura fermarsi. Abbassò lo sguardo, cominciando a disporre a casaccio i pezzi sulla scacchiera.

A Hermione venne da ridere vedendolo così agitato per una cosa così semplice, e non riuscì a trattenersi. «Sei adorabile»

Ron si bloccò.

Hermione si rese conto di ciò che aveva detto ed arrossì a sua volta.

Il ragazzo prese coraggio, alzò lo sguardo, straordinariamente riuscì a parlare ed ancor  più incredibilmente disse proprio quella parola: «Quando?»

Hermione rimase a bocca aperta per la domanda inaspettata. «In che senso?»

«Quando lo sono?»

Hermione non era del tutto convinta di aver capito, e inoltre voleva sentirlo dire da Ron, così disse: «Lo sei cosa?»

«Quando sono, ehm, l’ hai detto tu… insomma, adorabile?», disse Ron, impacciato, sprofondando nella poltrona ma continuando a guardare Hermione negli occhi.

Lei sorrise per la dolcezza dell’amico. «Beh, adesso, per esempio». Ron la fissava insistentemente. Si era ritirato su leggermente, appoggiandosi ai braccioli della poltrona.

«Quando?», ripeté, continuando a guardarla negli occhi.

Hermione si arrese sotto il suo sguardo. «Quando arrossisci», confessò, abbassando finalmente gli occhi ed interessandosi alla scacchiera. Ron divenne se possibile ancora più rosso.

«No, ehm, nah… non è vero, è una cosa insopportabile», disse Ron, cercando di essere il più spigliato possibile e spezzando così l’atmosfera di imbarazzo e sincerità che si era creata. «Non… non può essere questo, andiamo, Hermione!», continuò, non capendo nemmeno cosa stava dicendo. Gli si era completamente annebbiato il cervello.

Hermione non smise di sorridergli. «Mi piace quando sei te stesso», gli disse. «Quando non c’è nessuno intorno e non ti preoccupi di mantenere la tua aria da duro perché siamo solo noi due…» Hermione si interruppe perché Ron si era raddrizzato e la guardava con troppa intensità.

«Anche se sono solo Ron?», le chiese con voce roca e triste.

Hermione sbatté gli occhi. Sapeva bene come Ron soffrisse di un complesso di inferiorità, soprattutto nei confronti di Harry, ma non riusciva a capire come potesse parlare di se stesso come di un ragazzo insignificante. Non era famoso quanto Harry, ma non per questo era meno importante. O almeno per lei. Lo guardò negli occhi prima di dirgli l’unica cosa che avrebbe potuto rassicurarlo.

«Perché sei Ron», gli rispose, col tono più controllato che riuscì a trovare. Tremava sotto lo sguardo profondo dell’amico. «Non il sesto Weasley, non il migliore amico di Harry Potter, non il successore di Baston nella squadra di Quidditch di Grifondoro. Solo Ron, ed è la cosa più bella che tu possa essere».

L’espressione persa del ragazzo mutò per far posto ad un timido sorriso, e finalmente si rilassò sulla poltrona, invitando con un cenno Hermione a muovere la sua pedina.

Fine IV Capitolo

 

Oh-ho! Non mi uccidete se ho interrotto qui il capitolo, in realtà non doveva finire così, ma altrimenti non riuscivo proprio ad aggiornare prima di partire… a proposito, mi scuso se non ho aggiornato entro Natale come avevo promesso, vi faccio comunque gli auguroni anche se in ritardo!

Stoppare il capitolo proprio ora però aumenta la vostra curiosità, così aspettate con più ansia il prossimo chappy… intanto potete recensire e dirmi come vi è sembrato questo capitolo che possiamo definire di Ambientazione…

Ma cosa hanno combinato i due scemotti? A voi le ipotesi, ma non illudetevi troppo, è ancora prestino e le fette di salame sono ancora ancorate saldamente agli occhi di entrambi.

Anche gli Special Thanks per questa volta devono saltare, vi dico solo GRAZIE INFINITE e mi farò perdonare la prossima volta, quando risistemerò anche l’immagine (il problema è che il sito in cui è caricata cambia ogni giorno indirizzo, così la caricherò su un altro sito).

Auguro a tutti un BUONISSIMO ANNO, è incredibile quanto lo si dica sempre con facilità, ma ve lo auguro davvero, e in montagna vedrò di scrivere più di un capitolo, anche se potrò pubblicarlo solo dopo.

Alla prossima, un mega bacione a tutti!

Buon Anno!!!!!!!!

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Capitolo 5
*** Situazioni ***


Capitolo V

Scusate se ancora una volta mancano i ringraziamenti, ma sono tornata da poco e non ho fatto proprio in tempo, non mi sembrava il caso di ritardare l’aggiornamento, mi rifarò col prossimo chap!

Buona lettura!

 

Capitolo V

Situazioni

 

"Pink it's my new obsession
Pink it's not even a question,
Pink on the lips of your lover, cause
Pink is the love you discover

(...)

Pink it was love at first sight
Pink when I turn out the light, and
Pink gets me high as a kite
And I think everything is going to be all right
No matter what we do tonight"
(Aerosmith - Pink)

 

Avevano quasi finito la partita, ma come al solito Ron non aveva ancora trovato il coraggio di parlarle… e Harry sarebbe tornato tra non molto, ormai. Aveva poco tempo per poter parlare a quattrocchi con Hermione.

«Hermione», cominciò. Lei alzò lo sguardo, ordinando distrattamente alla sua torre di avanzare di qualche casella. «Miseriaccia!», esclamò Ron. Gli aveva fatto scacco, e per salvarsi il ragazzo avrebbe dovuto sacrificare la propria regina. «Vai, vai», disse al pezzo senza esitare. Non che avesse molta scelta. Hermione sorrise con sfida a Ron. Lui accantonò nuovamente i suoi buoni propositi di parlarle e si concentrò attentamente sulla partita, accettando la sfida che la ragazza gli aveva appena lanciato. Alla fine rimasero solo con i due re e qualche pedone, e Ron alzò di nuovo lo sguardo. «Incedibile», le disse.

«Io ti avevo avvertito, non sono Harry»

«Oh, sì-sì, si capisce. E meno male che non sei lui», aggiunse, ridendo nel vedere il sorriso imbarazzato sul viso di lei. Poi prese un profondo respiro, pensando che comunque l’atmosfera era già imbarazzata e tanto valeva non rimandare. «Senti, Hermione…». Un forte ticchettio lo interruppe nuovamente. «Miseriaccia, ma non si può mai parlare, qui?», esclamò aprendo la finestra a un grosso gufo bruno. Quello si andò a posare sulla poltrona dove prima sedeva Ron, aspettando il ritorno del ragazzo e bagnando tutti  cuscini, poiché fuori pioveva piuttosto violentemente. Ron sfilò bruscamente la busta dalla zampa dell’uccello.

«È di Fred e George», disse mentre prendeva in mano il pacco allegato. Avrebbe volentieri messo tutto da parte per finire il discorso nemmeno cominciato con Hermione, ma capì che altrimenti il gufo non se ne sarebbe andato, e non voleva uno spettatore dagli occhi enormi e gialli mentre le parlava. Chissà che Fred e George non gli avessero fatto qualche incantesimo per farsi successivamente riferire quello che il gufo avrebbe visto e sentito. «Perché non l’ hanno mandato con la posta del mattino?»

«Lo sai come sono, se possono fare di testa loro e dare fastidio non perdono l’occasione»

Ron sorrise, aprendo la busta. «Già, mi mancheranno quei due qui a Hogwarts…», poi sfilò la lettera, ma subito la lasciò cadere come se fosse rimasto scottato, prendendo a scuotere febbrilmente la mano con un’espressione terrorizzata sul viso. Indietreggiò e ricadde seduto sulla poltrona, con gran disappunto del gufo bruno, ma si trattenne dall’urlare. Anche se con lei poteva essere se stesso, come gli aveva fatto notare poco tempo prima, non era proprio il caso di mettersi a frignare davanti alla ragazza che… Ron scosse la testa, era solo questione di orgoglio, non aveva bisogno di fare bella figura con Hermione, che cosa ci avrebbe guadagnato mai? Beh… E di nuovo negò con la testa.

«No?», fece Hermione, in ginocchio davanti a lui, preoccupata. «No, non stai bene o no, stai bene?» Lui aggrottò le sopracciglia, prima di scrollare un’ultima volta la mano.

«No, bene, sto bene», disse a corto di fiato. Hermione era molto vicina a lui, ma probabilmente lei pensava che la mancanza di ossigeno fosse dovuta allo spavento. Ron invece sapeva bene che era lei a fargli quest’effetto. Estrasse la bacchetta, scansando gentilmente la sua migliore amica, e la puntò contro la lettera. «Ehm», disse, scegliendo l’incantesimo più opportuno. «Stupeficium», mormorò, e un piccolo getto di luce rossa colpì la busta illuminandola per un breve attimo. Ron si avvicinò e la raccolse disgustato, poi svuotò sul tavolo il suo contenuto. Un ragnetto schiantato e una lettera scivolarono fuori.

Hermione sorrise, rassicurata. «Mi hai fatto prendere un colpo…»

«Mi dispiace», disse Ron mentre raccoglieva la lettera stando ben attento a non sfiorare nemmeno il ragno.

«…ma in fondo avrei dovuto aspettarmelo da uno come te», aggiunse amichevolmente.

«E con questo che cosa intendi dire?», le chiese con un sorriso falsamente incredulo e scandalizzato. Era strano, normalmente avrebbe risposto malamente, ma per una volta si era accorto del tono scherzoso dalla ragazza, e inoltre non gli andava di litigare.

«Mah, forse dovrei insegnarti a cogliere le allusioni, Ron», lo punzecchiò lei, mettendoglisi accanto e appoggiandogli una mano su braccio, per leggere con lui la lettera dei gemelli. Ron la aprì molto lentamente, così che rimanessero vicini in quel modo per più tempo. Alla fine fu però costretto a iniziare a leggere.

 

Fratellino, siediti, perché stai per ricevere una notizia bomba.

 

Ron e Hermione si scambiarono un’occhiata scettica e tornarono a leggere.

 

Abbiamo quasi terminato l’allestimento del negozio e così abbiamo anticipato la festa di apertura. Inutile rimandare… si terrà alla fine della prossima settimana, sabato sera festa di inaugurazione, domenica di apertura. Sistemiamo tutto noi per la scuola, incredibilmente mamma è disposta a chiedere dei permessi per tutti. Dillo tu a Ginny. Vestiti decentemente, ti abbiamo spedito un nuovo vestito da cerimonia, è nel pacco che ti abbiamo mandato col gufo… a proposito, non credo che se ne andrà prima di averti visto scartare la scatola.

 

«Come volevasi dimostrare», disse Ron. Hermione lo guardò interrogativa, ma lui le fece segno di lasciar perdere.

 

Facci un po’ di pubblicità a Hogwarts, Ronnino. Ti aspettiamo sabato pomeriggio a Diagon Alley, e vedi di portarci anche Hermione, zucca vuota. Ovviamente è invitato anche Harry. Saluti,

George, Fred

PS: piaciuto il nostro MiniMolliccio Tascabile, Ronnie? Purtroppo si trasforma una sola volta e poi smette di funzionare, ma è immune al Riddikulus e per togliertelo dai piedi devi trattarlo come ciò in cui si è trasformato. Articolo acquistabile ai Tiri Vispi Weasley, fai circolare la voce.

 

Ron, che era diventato incredibilmente rosso leggendo l’ultima parte della lettera, quella in cui si parlava di Hermione, prese a balbettare. «Ah, ehm, allora io andrei a… sai, non ho intenzione di scartare il mio pacco qui, davanti a tutti…». Hermione annuì ricordando i precedenti.

«Beh, ci… ci vediamo domani, allora», le disse Ron, chinandosi a raccogliere la scatola.

«S-sì… grazie per la partita, per… per la serata»

Ron le fece un sorrisetto vispo. «Come la chiudiamo?», le chiese, indicando con la testa la scacchiera.

«Patta?», propose Hermione.

Ron sorrise largamente. «E sia», acconsentì, ignorando le proteste del re nero che inveiva sostenendo di essere in vantaggio. Non era vero, avevano finito davvero pari, nessuno dei due aveva pedine sufficienti per dare una svolta al gioco.

«Buonanotte», le disse Ron, dopo un lungo momento di silenzio. Era evidente che non desiderava andarsene.

«’Notte», disse Hermione, e senza riuscire a trattenersi gli sfiorò la punta del naso con un dito. Dannazione! Eppure lei non era un’impulsiva, era Ron quello che agiva d’istinto.

E fu proprio per non cedere a quest’ultimo che Ron le rivolse un sorriso più breve di quanto non avesse voluto e fugò alla volta del proprio dormitorio, con il pacco sottobraccio e l’ennesima questione rimasta irrisolta.

La sera in cui aveva parlato con Silente, Harry era rientrato a notte fonda e aveva trovato la Sala Comune completamente deserta. Sorridendo al pensiero del clima di tensione che poteva esserci stato in quella stanza fino a poche ore prima, era salito in dormitorio, dove tutti erano profondamente addormentati, e aveva rimandato al giorno seguente il resoconto della serata a Ron e Hermione. Per fortuna aveva scelto l’ora di Trasfigurazione per parlarne ai due, così che Ron si era dovuto trattenere dal protestare.

«Prenderò lezioni supplementari quasi ogni sera», disse Harry quando le domande dei due si erano fatte troppo insistenti per essere ignorate. «Piton riprenderà a insegnarmi Occlumanzia», prese ad elencare, mentre Ron storceva la bocca e gli dava comprensive pacche sulla spalla. «Hagrid mi dirà dell’Ordine, degli incantesimi usati dai Mangimorte e delle diverse creature dell’esercito di Voldemort. Doge mi darà lezioni di Difesa Contro le Arti Oscure e la McGranitt di Incantesimi e Trasfigurazione Avanzati… Ma la cosa più impostante è che Silente mi darà lezioni private di duello – quello vero, non quella schifezza che ci aveva insegnato Allock…». Lo sguardo ammirato di Hermione si era trasformato in preoccupazione, ma Ron sembrava entusiasta.

«Silente ti insegnerà a combattere come fa lui?»

«Sì, o almeno, finché potrà… ha detto che prima o poi dovrò arrangiarmi da solo, quando non avrà più niente da insegnarmi».

«Cioè», aveva chiesto Ron, «secondo Silente tu supererai presto il suo potere?»

«Ma certo, no? Altrimenti come farà a sconfiggere Voldemort?», aveva risposto Hermione, ma nemmeno lei ne sembrava convinta. Harry era stato zitto: non era assolutamente convinto di poter raggiungere quei livello, ma se non altro ci avrebbe provato. Sapeva di non essere all’altezza né di Silente, né tanto meno di Voldemort, ma doveva tentare di raggiungerli per poter battere quest’ultimo.

Si riscosse dai propri pensieri e decise di dare la notizia che avrebbe sconvolto Ron.

Colpì distrattamente la scarpa che aveva davanti, mormorando «Portus» senza che accadesse niente, poi si girò verso Ron, senza però guardarlo negli occhi. «Sai che non potrò più giocare a Quidditch, vero?», gli disse, depresso. Ron si immobilizzò nell’atto di colpire la sua bottiglia di vetro. Hermione smise di fare congetture sul futuro di Harry e si concentrò sui due ragazzi.

«Insomma», continuò Harry, «ho già troppe cose da fare e…». Si interruppe vedendo lo sguardo spaesato di Ron.

«Ma non possono toglierti il Quidditch!», disse con una sfumatura di supplica nella voce.

«Non sono io che scelgo, insomma, io vorrei continuare, ma…»

«Tanto non hai bisogno di allenarti, sei già abbastanza bravo. Tu… tu puoi sempre partecipare alle partite e…»

Ron continuò a protestare finché non si guadagnò un rimprovero di Hermione, che come al solito lo accusò di essere un bambino, e infine una sgridata dalla McGranitt, che interruppe tempestivamente il litigio fra Ron e Hermione. Era la seconda volta, quell’anno, che la professoressa salvava senza saperlo la situazione tra loro, e Harry si lasciò scappare un sorriso pensando a cosa avrebbe detto la Cooman circa il destino, che a quanto pareva non li desiderava litiganti.

Alla fine Ron si era calmato, ma era stato zitto per tutto il resto della lezione. Aveva anche fatto cadere la bottiglia che doveva trasformare in una Passaporta, facendo perdere dieci punti a Grifondoro. A cena, comunque, avevano trovato altre novità, che avevano momentaneamente allontanato Ron dal problema del Quidditch. Per quella sera si era indetto un piccolo banchetto per spiegare alcune novità a tutti gli studenti. Silente si era alzato per tenere un piccolo discorso ed era calato il silenzio nella Sala Grande.

«Desidero innanzitutto congratularmi», cominciò il Preside, sorridendo in direzione del tavolo di Grifondoro, «con gli organizzatori del gruppo clandestino di Difesa delle Arti Oscure che si è tenuto l’anno passato. Ovviamente era una cosa assolutamente proibita dal corrente Inquisitore Supremo, e quindi largamente approvata da me…», continuò, suscitando risate fra i tavoli. «Mi complimento soprattutto con l’ideatrice di questo progetto e…»

Ma Ron non ascoltò gli altri ringraziamenti perché si era voltato raggiante verso Hermione, seduta accanto a lui. Lei gli aveva sorriso e lui non ci aveva più capito niente… ma che diavolo gli prendeva?

«Ehi, Ron, ti conviene ascoltare!» Harry lo aveva riportato alla realtà. Ron lo guardò e notò che tratteneva a stento le risate, probabilmente per l’espressione che aveva in quel momento. Si sentì arrossire ancora di più e decise di ascoltare, ma gli venne in mente che a Hermione piaceva quando lui arrossiva…

«Per questo motivo», stava dicendo Silente, «Abbiamo convenuto di organizzare corsi pomeridiani di Magia Difensiva Pratica. Tutti coloro che volessero iscriversi, sono pregati di rivolgersi ai Direttori delle proprie Case. A seconda del grado di preparazione, gli studenti verranno divisi in gruppi…»

Nei giorni seguenti, la McGranitt rivolgeva continue raccomandazioni ai Grifondoro che desideravano partecipare, e non si asteneva nemmeno dal minacciare quelli che di solito non seguivano le regole della scuola.

«È incredibile», disse Ron una sera. Lui e Harry erano seduti davanti al fuoco, una delle poche serate libere di Harry, e giocavano a scacchi. «Ancora non abbiamo iniziato ad allenarci che già ci raccomanda di fare attenzione e di non combinare guai… l’anno scorso ce la siamo cavata benissimo senza professori, che vuoi che succeda quest’anno»

Hermione rispose, pensierosa come al solito. «Secondo me è preoccupata… non vuole che gli alunni dimostrino di poter far parte dell’Ordine»

«Per te è un modo per valutare le nostre capacità?», le chiese Ron.

«Potrebbe…»

«Silente vuole prepararci tutti al peggio», disse Harry, con un tono che metteva fine alla conversazione.

«Harry, sai qualcosa che non vuoi dirci?», domandò cauto Ron. «Guarda che se non puoi dircelo, non fa niente, basta saperlo…»

«Io non so niente», disse Harry brusco, muovendo un pedone. Ron lasciò perdere il discorso per non scatenare l’ira di Harry e sorrise, facendogli scacco matto.

«Sai, dovrei iniziare a giocare con Hermione…», buttò là Ron.

«Hermione?», fece Harry, poi si rivolse all’amica. «Quando hai imparato a giocare a scacchi?»

«Dopo il primo anno ho deciso che è una delle cose indispensabili da sapere per salvarsi la pelle», rispose Hermione, sorridendo. «Poi sono diventata esperta guardando le vostre infinite partite, ho imparato le mosse di Ron e visto te perdere tante di quelle volte che mi sarebbe impossibile commettere i tuoi stessi errori»

Ron scoppiò a ridere, e Harry li guardò entrambi leggermente offeso.

«Ha ragione, sai? Fai sempre gli stessi sbagli…», gli disse Ron.

«Prova a stare attento alle mosse dell’avversario», suggerì Hermione.

«Facile a dirsi, Ron è un mostro negli scacchi!»

«Non è vero, l’ ho quasi battuto l’altro giorno. Abbiamo pareggiato!», disse Hermione, curiosa di vedere la reazione di Harry.

Lui rimase a bocca aperta, poi incrociò le braccia e finse di arrabbiarsi. «Cos’è, avete intenzione di allearvi contro di me?», urlò, ridendo, mentre si godeva quell’attimo di serenità.

«Oh, sì», disse Hermione.

«Assolutamente sì!», concordò Ron.

«Ah, ma guardate che se mi ci metto anch’io a combattere contro voi due, vi sbaraglio subito!», minacciò Harry, maligno. Le risate si attenuarono perché in effetti i due ragazzi avevano capito che cosa potesse usare Harry come arma per farli stare zitti. Ron divenne subito rosso, Hermione parve soppesare i pro e i contro dell’intera faccenda ma alla fine, guardando le orecchie di Ron, fu vinta dalla compassione e smise di punzecchiare Harry, chiedendosi da quale momento ogni accenno a lei e Ron insieme era diventato motivo di così tanto imbarazzo.

La seconda settimana di scuola era terminata tranquillamente. Nel pomeriggio sarebbero partiti tutti per Diagon Alley, per la festa di apertura dei Tiri Vispi Weasley. Alla fine la signora Weasley si era arresa e aveva accettato la professione dei figli, soprattutto perché sembrava essere molto più proficua di tutti i lavori degli altri Weasley messi insieme.

Hermione si diresse al bagno dei prefetti, decisa a farsi una rilassante nuotata nella splendida vasca prima di partire. Voleva essere profumata e in ordine per la serata, ma non voleva ammetterne il motivo. La verità era che voleva passare la serata con Ron.

In quell’ultima settimana, con Harry spesso assente e Ginny impegnata con i compiti essendo nell’anno dei G.U.F.O., lei e Ron avevano passato sempre più tempo insieme. C’erano momenti in cui erano rilassati e si divertivano come avevano sempre fatto. In quei momenti, Hermione si era resa conto di quanto Ron fosse importante per lei, perché senza di lui sarebbe stata sola. Non poteva fare a meno di Ron come amico, ma in altri momenti sembrava che l’amicizia non bastasse più. Tra di loro calava il silenzio, portandosi dietro un forte imbarazzo, e allora Hermione si ritrovava a pensare che quell’atmosfera non poteva esistere tra sue semplici amici. Il fatto era che guardando Ron perdeva la capacità di pensare e quindi di parlare. Ogni cosa gli sembrava stupida da dire, si sentiva a disagio eppure non desiderava che quella sensazione passasse, non voleva che si separassero…

In quel fine settimana avrebbe dovuto capire cosa stava succedendo. Per ora, si sarebbe rilassata nella vasca, cercando di scacciare la stanchezza accumulata nelle ultime notti insonni. Raggiunse la porta del bagno e pronunciò la parola d’ordine. La porta si aprì cigolando e lei entrò nel bagno illuminata da un candeliere. Già parecchie bolle aleggiavano nella stanza.

«Hermione!»

Lei si voltò al suono di quella voce famigliare, sgranando gli occhi per lo stupore. Ron, che era immerso nella vasca, al posto di rimanere fermo dov’era, nascosto dalla densa schiuma, scattò in piedi d’istinto.

«Oddio-Ron-scusa», strillò Hermione, voltandosi con una mano sugli occhi. Fortunatamente la vasca era alta anche considerando la statura del ragazzo e parte del suo corpo rimase coperto. Hermione non esitò nemmeno un attimo e prese subito la porta, correndo fuori dalla stanza per il corridoio.

Nemmeno Ron perse tempo. Ascoltando la parte impulsiva di sé, si issò fuori dal bagno, agguantò velocemente il suo accappatoio e corse dietro alla ragazza infilandoselo.

«Hermione, aspetta!», le urlò dietro. Lei si bloccò subito, incredula, mentre Ron la raggiungeva di corsa. «Devo… dobbiamo parlare», disse ansimando, prendendole un polso e facendola voltare. Lei lo squadrò un attimo prima di annuire. Aveva un aspetto piuttosto scarmigliato e l’accappatoio gli era scivolato da una spalla, ma copriva ciò che doveva.

«Io…», cominciò Ron, inspirando profondamente. Era talmente preso da quel discorso che non si era reso conto della situazione, e forse proprio per questo aveva mantenuto il suo colore normale. «Devi scusarmi per quello che è successo il primo giorno di scuola… se ti ho fatto sentire a disagio. Cioè, non avrei dovuto andarmene in giro così, è solo che…»

Hermione si perse nel profumo di bagnoschiuma del ragazzo, chiedendosi perché avesse scelto proprio quel momento per fare un simile discorso, ma non stupendosi più di tanto… in fondo Ron si era sempre comportato in modo strano.

«Sì, nemmeno io stasera avrei dovuto entrare così, senza bussare. Non pensavo fosse occupato…», lo interruppe lei.

«Cioè, non mi sgridi?», Ron fece il suo solito sorrisetto furbo. «Non mi dici che sono uno scemo che non ragiona e che…»

«Siamo pari, no?», fece Hermione, interrompendolo per la seconda volta. Voleva che quella conversazione terminasse il prima possibile. «In fondo non è successo niente»

«Oh, no, saremmo pari se io vedessi per due volte te come tu hai visto me», la sua espressione si fece, se possibile, ancora più furbesca.

«RON!», lo rimproverò Hermione, ma rideva.

«Si, beh… una volta per colpa tua e una volta per colpa mia… dovresti avvertirmi la prossima volta che fai un bagno»

Se Ron voleva la guerra, allora lei gliela avrebbe data volentieri. «A proposito di bagni… non credi che sia ora di rivestirsi?»

Ron abbassò lo sguardo sul proprio corpo e si ricordò della situazione. Arrossì furiosamente, perdendo tutta quella sicurezza che aveva sfoggiato fino a quel momento.

«Ah, sì, ehm… ecco, vado», disse, e schizzò via lasciando Hermione sola in mezzo al corridoio, vincitrice e sorridente. Guardandolo correre via imbarazzato, si disse che non c’era bisogno di tutto il weekend per capire cosa provava per Ron. Era bastato un attimo.

Fine V Capitolo

 

Ahi, che faticaccia che ho fatto a scriverlo, spero sia venuto bene… Non l’ ho nemmeno riletto perché volevo pubblicarlo prima dell’uscita del 6°!

A proposito, POCHE ORE! Sono EUFORICA… GNAAAV! (= esclamazione impronunciabile che esce dalla mia bocca incapace di formulare frasi di senso compiuto).

Allora, il prossimo capitolo arriverà con un po’ di ritardo e sarà ambientato alla festa di Fred e George… non dico altro. Voi intanto recensite che mi ispirate, prometto che la prossima volta ringrazierò tutti come si deve! Un bacioneeeeeeeeee

 

***PICCOLO ANGOLO DEDICATO AL 6° LIBRO! WAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH! CHIUSO ANGOLO, IGNORATE I MIEI SCLERIIIII!***

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Capitolo 6
*** La Fine di un’Amicizia ***


Capitolo VI

Ehm… dovreste proprio perdonarmi per il tremendo tempo di attesa di questo capitolo, ma è un periodo un po’ brutto e non me la sento di scrivere se non ho la massima aspirazione, perché non voglio pubblicare velocemente qualcosa di cui poi potrei pentirmi… Ora vi lascio finalmente alla lettura, sappiate che per farmi perdonare il capitolo è un po’ più lungo ed ho anche pronta per voi l’immagine che tanto aspettavate!

 
 
Capitolo VI
La Fine di un’Amicizia
 
 

" It's strange what desire will make foolish people do.
I never dreamed that I'd meet somebody like you.
And I never dreamed that I knew somebody like you.
No, I don't want to fall in love.

(This world is only gonna break your heart)
No, I don't want to fall in love.

(This world is only gonna break your heart)
With you. With you.

(This world is only gonna break your heart)"

(Chris Isaak - Wicked Game)

 

Sebbene fossero già le dieci del mattino l’ingresso della scuola era ancora quasi del tutto deserto. L’assenza degli alunni era sicuramente dovuta al fatto che era uno dei primi sabati dell’anno, non c’erano lezioni e gli studenti dormivano ancora beati nei loro letti, cercando di abituarsi al ritmo di vita scolastico e recuperando le ore di sonno nei fine settimana. Solo un piccolo gruppo di Grifondoro sedeva sulla scalinata principale, aspettando la professoressa McGranitt.

«Ma dove si è cacciato Ron?», chiese Ginny, sbuffando. Hermione alzò una volta le spalle con un’espressione rassegnata prima di rivolgere il suo sguardo interrogativo a Harry. Anche il ragazzo scosse la testa.

«Ha detto che ci avrebbe raggiunto subito… credo che volesse nascondermi qualcosa che ha messo in baule», spiegò.

«È colpa tua, Harry», disse Hermione, stupendo gli altri due. «Dovresti saperlo ormai che Ron è fatto così… è sempre in ritardo, se la McGranitt arrivasse prima di lui…», sbuffò, «dovevi controllarlo, Harry!», concluse esasperata.

L’amico la guardò con un’espressione ferita, ma prima che potesse replicare qualcosa Ginny parlò. «Non è colpa sua se mio fratello è in ritardo… che ti è preso, Hermione?», le disse con voce fredda.

La ragazza la guardò arrossendo. In realtà non sapeva nemmeno lei perché aveva voluto difendere Ron in quella situazione. Provava solo un moto di comprensione e benevolenza verso il suo amico dalla sera prima. Aveva sentito l’impulso di giustificare il suo ritardo e l’aveva fatto. Ora si era resa conto di quanto stupide dovessero essere suonate le sue parole. Sperò di non tradirsi e inventò una scusa lampo. «Non volevo rimproverare Harry, era… era solo un modo per sottolineare quanto Ron si ostini a perseverare nei suoi difetti…». Difetti che lo rendevano lui. Difetti terribilmente piacevoli. Dannazione Hermione, controllati!

«Stai bene?». La domanda di Harry le sembrò così azzeccata. Stava bene?

Un rumore di passi arrivò dalla cima delle scale, dietro di loro. Hermione si girò, sperando che non fosse la direttrice di Grifondoro, ed ebbe un tuffo al cuore. Una figura, alta e allampanata, era comparsa dal corridoio. I capelli attraversati dal sole erano chiaramente rossi. Stupendamente rossi. Strano quanto le piacesse il colore unico di quei capelli. Senza accorgersene sorrise largamente, trattenendo a stento una risata emozionata. Era la prima volta che lo vedeva dopo il loro imbarazzante chiarimento, ed ora che lei aveva capito i propri sentimenti non riusciva più a nascondere ciò che provava, ciò che dopo tanti anni aveva finalmente ammesso a se stessa. Rimase con quell’espressione da imbecille sul volto, mentre il cuore irrimediabilmente accelerava i suoi battiti. Avrebbe dovuto sgridarlo, fargli la predica… perché diamine non ci riusciva?

Ron scese velocemente le scale a due a due. Sembrava di ottimo umore.

«Buongiorno a tutti!», canticchiò.

«Cos’è tutto questo buonumore?», chiese Ginny, sospettosa. Gli lanciò un occhiata estremamente diffidente. Se Ron si comportava in modo così diverso dal solito, c’era di certo qualcosa sotto.

«Non si può essere di buonumore, adesso?», rispose Ron, baciando la guancia alla sorella. Decisamente c’era qualcosa sotto…

Ginny rimase interdetta per un momento, stupita da quel gesto. Ron era un tipo piuttosto chiuso, in genere…

«Harry.», lo salutò Ron con un’amichevole pacca sulla spalla. Harry aggrottò le sopracciglia, ma non disse niente. «Sembri Krum se fai quella faccia… sì, proprio quella», disse Ron in risposta allo sguardo sempre più accigliato dell’amico. Harry e Ginny si scambiarono uno sguardo eloquente. Quando Ron si girò, iniziarono a confabulare.

«Ma che ha?»

«Non lo so», bisbigliò Ginny. «Quando l’hai lasciato per venire qui, era normale

«Sì… cioè, mi sembrava felice, ma…»

«Non è solo questo… Harry, ha parlato di Krum senza disprezzo! L’ha messo in una frase senza insulti a seguire e sguardi cupi!»

«Già, è per quello che ho fatto quella faccia…»

«Quella con le sopracciglia unite?», rise Ginny. «Un po’ è vero che gli assomigli…»

«Non è questo il punto», cominciò Harry, prima di rendersi conto di quello che aveva detto Ginny. «Un momento! Io non assomiglio a Krum!», replicò sdegnato.

Ron nel frattempo si era avvicinato a Hermione. «E tu che hai da sorridere tanto?», le chiese.

Hermione aveva cercato di cancellare dalla faccia quella stupida espressione che era consapevole di avere, fallendo miseramente. Camuffò una risata in uno sbuffo. «Non si può, adesso?», Hermione gli rigirò la sua stessa frase, ma Ron non sembrò incassare il colpo.

«Io posso, tu no… dovresti sgridarmi, sono in ritardo!», gli ricordò Ron, sorridendo. Non sapeva esattamente perché stesse giocando col fuoco in quel modo, ma pensava di poterla stuzzicare un po’ dopo l’imbarazzante situazione della sera prima, senza che ne scaturisse un litigio. In fondo lui amava provocarla, era bellissima quando si fingeva arrabbiata o scandalizzata o…

Hermione arrossì, ma decise di tenere testa all’amico. Anche lei amava le sfide, se poi quella sfida era Ron… «Ho perso la speranza», disse saccente, ma lo strano sorriso aleggiava ancora sul suo volto. «In fondo sono affari tuoi se fai tardi, io ed Harry non ti copriremo più le spalle dai professori, quindi non vale la pena di arrabbiarsi».

Ron la guardò negli occhi, facendola arrossire. «Ma lo so che è una cosa più forte di te…»

Lei non distolse lo sguardo e alzò un sopracciglio. «Posso sopravvivere anche senza sgridarti»

A Ron brillarono gli occhi per un momento. Il suo sguardo fu attraversato da un guizzo di trionfo. «Io intendevo che aiutarmi è più forte di te». Sorrise.

Lei divenne rossa. Era la prima volta che si poteva notare Hermione rossa e a disagio di fianco a un Ron del tutto tranquillo.

«Si può sapere che cosa è successo al nostro Ron?». Harry e Ginny avevano concluso il loro silenzioso battibecco e si erano girati giusto in tempo per vedere quell’insolito quadretto. Ron, di solito timido e impacciato, quella mattina era sicuro di sé e anche un po’ sfacciato. Hermione tentava di nascondere ciò che provava quando lui le sorrideva in quel modo, o quando centrasse appieno senza saperlo i suoi punti deboli, ma non poteva evitare di sentirsi tremendamente in imbarazzo. Si sforzò di essere la solita razionale e petulante Hermione, per camuffare quella strana sensazione che provava.

«Non gli è successo niente, è solo il solito bambino…»

Ron la guardò leggermente offeso, ma poi sfoderò un altro sorriso. «Vedremo…»

Hermione e Ginny avevano aperto la bocca per chiedere che cosa si sarebbe visto, ma non poterono formulare la domanda perché furono interrotti dall’arrivo della professoressa. Sembrava, come al solito in quegli ultimi tempi, piuttosto preoccupata.

«Bene, ragazzi», disse affannando come se avesse corso. «Tonks», storse leggermente la bocca, «vi aspetta fuori dal castello. Prenderete il Nottetempo per il Paiolo Magico. Vi accompagno fino all’entrata del castello. Tonks», altra smorfia inquieta, «verrà con voi a Londra. Fate molta attenzione, mi raccomando. Bene, andiamo?»

Prese a camminare spedita. Era evidente che non approvasse la loro scorta. Senza ombra di dubbio avrebbe preferito qualcuno di più responsabile, più esperto, più vecchio. Ma in fondo, nel pericolo, Tonks perdeva quell’aria sbarazzina che solitamente ostentava e sapeva gestire la situazione egregiamente. Non a caso era una delle poche persone che era stata accettata fra gli Auror in quegli ultimi anni. Raggiunsero presto i cancelli sormontati dai cinghiali alati e videro una ragazza dai capelli azzurro puffo in piedi ad aspettarli. Tonks sorrise raggiante.

«Ciao ragazzi»

«Per l’amor del cielo, Ninfadora, non attiri così l’attenzione», la interruppe la McGranitt accennando ai capelli di Tonks. Poi, senza aspettare che il suoi consiglio venisse preso in considerazione, salutò il gruppo e ripercorse velocemente il parco per rientrare nel castello.

«Be’, ha un mucchio di cose da fare», spiegò Tonks, guardando la donna che ormai aveva già raggiunto le serre e le stava oltrepassando altrettanto rapidamente. «Comunque», riprese guardandoli, sporgendo poi la bacchetta verso la strada acciottolata, «vi trovo bene. Anche tu, Harry, stai bene».

In effetti aveva ragione. Dall’ultima volta che si erano visti, qualche settimana prima alla Tana, Harry si era parecchio ripreso. Forse era l’essere finalmente ritornato a Hogwarts, o forse il fatto di non sentirsi più inutile e di non perdere tempo senza allenarsi, comunque Harry stava davvero bene. Non aveva più quell’aria afflitta, pensierosa e colpevole che aveva fino a qualche giorno prima. Sentiva di stare finalmente facendo la cosa giusta. Il peso della profezia non gli gravava più addosso, il pensiero di uccidere Voldemort e magari anche la Lestrange non lo spaventava più così tanto, e persino la morte di Sirius sembrava più accettabile se poteva essere vendicata. Sì, vendicata, Potter il Santo Patrono della Giustizia e del Bene voleva vendicarsi.

«Sì», disse Harry. «Posso dire di star bene. Mi sento utile.»

«Bene», si complimentò Tonks, prima che un sonoro bang troncasse il discorso. Un grosso pullman viola a tre piani arrivò traballando. Ron fece una smorfia.

«Quanto odio questo coso»

Il Nottetempo si fermò con uno sbuffò e i cinque salirono sul bus, accolti da Stan Picchetto, che non era per niente cambiato: la solita giovane faccia brufolosa, l’entusiasmo –subito smorzato da un’esplicita miniaccia di Tonks – nel vedere Harry, le stesse ambizioni per il futuro di un condannato a morte. Harry e Ron si sedettero nei primi due posti liberi che trovarono, le tre ragazze poco più indietro.

«Dunque, ora che non c’è Hermione me lo spieghi che cos’hai stamattina?», chiese a tradimento Harry all’amico.

«Che c’entra il fatto che non ci sia Hermione?», chiese Ron, diventando rosso. «E comunque no,  non ti dico niente, anche perché non c’è molto da dire». Harry alzò le sopracciglia, scettico. «Che c’è? Ti ho detto che sono solo contento…»

«Per cosa?»

«Lo vedrai stasera»

«È qualcosa che potrebbe far piacere a Hermione?»

Di nuovo, l’amico arrossì, ma a differenza di quanto si sarebbe aspettato Harry, al posto di negare o chiedere di nuovo cosa c’entrasse Hermione, Ron sorrise. «Può darsi»

Il Nottetempo, con un nuovo rumore di scoppiò, si trasferì in una tortuosa strada di montagna, facendo cadere Ron dal suo sedile e picchiare il naso contro quello davanti. Il ragazzo si rimise dritto e guardò fuori dal finestrino. Subito sulla sua faccia comparve un’espressione scocciata e arricciò il naso guardando la strada tutta curve.

«Ron, ti vuoi dare una mossa? La festa è già iniziata». Harry prese a battere la porta del bagno con un pugno finché quella si spalancò e lui quasi cadde dentro perdendo l’equilibrio. Ron uscì dal bagno in accappatoio.

«Non ti sei ancora vestito?», sbraitò Harry. Un lieve odore di bruciato usciva dal bagno, ma non vi fece caso.

«Non si capisce?», rispose Ron sarcastico, rovistando velocemente nel suo baule. Erano nella camera degli ospiti dell’appartamento di Fred e George a Diagon Alley, proprio sopra al negozio. Hermione e Ginny, invece, sarebbero arrivate dalla Tana tramite Metropolvere. O magari erano già alla festa. Harry guardò dalla finestra.

«C’è mezza comunità magica là fuori», disse.

«Già»

«Si può sapere che hai fatto là dentro fino ad adesso?», chiese Harry.

«Io…», sembrò tentato di raccontare a Harry chissà quale mistero, ma alla fine ci ripensò. «Niente», disse, continuando a vestirsi ed evitando di guardare in faccia l’amico.

Harry gli lanciò uno sguardo indagatore. Ron sbuffò. Rinunciò a vestirsi e si sdraiò sul letto a pancia in su, abbandonando le braccia sul materasso. «Mi sono messo il profumo», rispose finalmente. Harry inarcò un sopracciglio, ma lo lasciò finire. «Solo che devo aver fatto qualcosa di sbagliato»

«Cioè?», lo incalzò Harry piano, trattenendosi dal ridere.

«Ho fatto scoppiare il lavello»

Harry respirò, si assicurò di mantenere un minimo di autocontrollo e chiese, con un tono di una calma insopportabile: «E come avresti fatto?».

«I… Io credo… credo, Harry, che i gemelli mi vogliano morto», rispose, ogni parola impregnata di amaro sarcasmo, la voce un po’ stridula.

Harry decise di fare la domanda più urgente, sempre con quel suo tono esasperante. «E perché ti stavi mettendo del profumo?»

«Era un consiglio di Fred e George», rispose Ron, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, sempre abbandonato sul letto. Le sue orecchie si stavano lentamente tingendo di rosso.

«E tu l’hai seguito», disse Harry. Non era una domanda, piuttosto un rimprovero rassegnato. «Ancora però non capisco perché volevi metterti il profumo…»

Ron fece uno misero tentativo di aggirare la domanda. «Te l’ho detto, me l’hanno consigliato Fred e George»

«Sì», disse Harry, combattuto tra il ridere e il preoccuparsi seriamente, mantenendo il tono di voce placido. «Ma tu perché l’hai seguito?»

«Non sembrava un consiglio tanto stupido»

Harry decise di non cedere. «Ma ci sarà pure un motivo, altrimenti ti saresti messo a ridere di un consiglio del genere… e poi, perché i gemelli ti hanno detto di metterti il profumo?». Su quelle ultime parole, il tono della sua voce si era leggermente incrinato, rischiando di cedere alle risate. Lui sapeva benissimo tutte quelle risposte, ma voleva sentirsele dire da Ron.

Ron finalmente rispose, dopo un iniziale mutismo nel quale probabilmente aveva cercato le parole migliori, o forse un tentativo di eludere la domanda. «Loro… hanno detto che le sarebbe piaciuto»

«A lei chi?», chiese Harry, che era finalmente giunto alla domanda cruciale.

Ron evitò di rispondere. Harry decise di accantonare momentaneamente la domanda. «Come hai fatto a far scoppiare il lavandino?»

«Non lo so», disse Ron, sbuffando. «O sono un emerito imbecille, oppure, come ti ho detto, i gemelli mi vogliono morto.»

D’improvviso Harry capì. «Cioè, fammi capire», disse, esasperato dalla stupidità dell’amico. «Il profumo che hai tentato di metterti è un articolo di Fred e George?»

Ron storse la bocca. «Io non ci ho pensato subito… pensavo mi avessero mandato un profumo che si solito usavano loro», disse. «Lo vedi? Sono un imbecille.»

«Perché ti sei fidato?», chiese Harry. Sperava che sparando domande a raffica avrebbe estrapolato qualche informazione a Ron.

Ron rispondeva mansueto, stanco di opporre resistenza. «Pensavo volessero aiutarmi»

«Ma a fare che, scusa?»

Di nuovo, silenzio.

«Ron?»

Il ragazzo sospirò. «A non fare la figura dell’idiota. Con Hermione», aggiunse, capendo di non potere evitare ancora a lungo il discorso.

Harry sorrise soddisfatto. «Già», disse Harry, in parte con comprensione, ma anche con biasimo. «Ora invece farai un figurone. Non so se ti sei visto, hai le sopracciglia bruciate»

Ron fece una faccia terrorizzata.

«Tranquillo, puoi fartele sistemare da tua madre… devi solo assicurarti di incontrare prima lei di Hermione».

Ron si tranquillizzò. Poi, d’improvviso, scattò a sedere e rivolse a Harry uno sguardo sospettoso. «Un momento, perché non mi fai il sesto grado?»

«Su cosa?», disse innocentemente Harry.

«Lo sai benissimo»

«No dai, su cosa?», chiese ancora. Provava un certo piacere nell’obbligare Ron a fargli ammettere e ripetere tutto.

Ron sbuffò, seccato. Abbassò lo sguardo e ringhiò: «Su di lei, su Hermione»

L’amico fece un sorriso sincero. «Non è una gran novità»

«Che… come?»

Finalmente Harry si lasciò andare ad una lunga risata. Rise forte. Quando finalmente riprese un minimo di controllo, rispose a Ron, che era rimasto immobile ad attendere la fine delle risate e una risposta. «Andiamo, Ron, mancavi solo te a capirlo»

Ron arrossì. «Che… che vuoi dire?»

«Che lo sa tutta la scuola che voi due siete innamorati cotti l’uno dell’altra!»

«Innamorati? No, Harry, i-io non sono innamorato di Hermione!», protestò Ron.

Di nuovo, Harry scoppiò a ridere. «Si, certo Ron»

«N-no, Harry, davvero n-non lo so-… Un momento! Siamo? Hermione è innamorata di me?»

Harry lo guardò un attimo, sorridendogli come si sorride a un bambino un po’ stupido a cui si deve spiegare come nascono i bambini e che non riesce a capacitarsene. Poi si girò e abbandonò la stanza senza una parola, lasciando Ron a fare i conti con una nuova e strana sensazione.

«Non lo sai che non dovresti fidarti a bere qualcosa preparato dai miei cari fratelloni?»

Hermione, sentendo la voce di Ron alle sue spalle, si bloccò nell’atto di versarsi qualcosa in un bicchiere con un mestolo. Un sorriso felice le comparve sul volto, senza che Ron potesse vederlo. Non si girò, posò il bicchiere e gli rispose.

«Non lo sai che sono le donne quelle che si devono fare aspettare?», gli disse. Diamine, aspettava l’arrivo di Ron da più di mezz’ora… Era davvero curiosa di sapere il motivo del suo buonumore di quella mattina, ma resistette alla tentazione di girarsi. In fondo quello che realmente aveva atteso era la sua presenza.

«Ho avuto dei problemi», si giustificò lui, ricordando con imbarazzo il lavandino esploso. Dopotutto, però, Fred e George un favore gliel’avevano fatto… ora si trattava di verificare quanto sarebbe servito. Raccolse tutto il suo coraggio e si avvicinò ulteriormente a Hermione. Respirò vicino al collo della ragazza e la sentì rabbrividire. Solo allora si rese conto di com’era vestita. Ultimamente la trovava sempre più bella, tanto da non fare mai caso a come si vestisse. Persino con la divisa di Hogwarts lo faceva impazzire. Perché ormai era indubbio che per lei provasse qualcosa. Aveva solo una paura tremenda di rovinare tutto. Le ultime settimane passate insieme, quasi sempre da soli, i momenti in cui avevano riscoperto quanto potessero andare d’accordo, senza litigare. Lui ci aveva visto qualcosa in quelle situazioni, qualcosa che andava oltre l’amicizia. Ma se poi avesse frainteso tutto? Era disposto a rischiare di esporsi senza essere contraccambiato, incrinando un’amicizia che durava da una vita? E se invece anche lei provasse le stesse cose per lui, ma sarebbero finiti inevitabilmente per litigare e lasciarsi, era disposto a perdere la sua migliore amica per una cottarella? Non per una cottarella, no. Ma se non era una semplice cotta, allora cambiava tutto…

«Hai freddo?», le chiese. Lei ancora non si era decisa a girarsi. Sentiva il suo respiro vicino all’orecchio e temeva di essere diventata paonazza. Non poteva certo svelare tutto ciò che provava così. Ma Ron le stava passando innocentemente le mani sulle braccia scoperte dal vestito senza maniche per trasmettergli un po’ di calore, così lei si girò, facendolo smettere per non tradirsi.

«N-no, sto be-…», si bloccò quando lo vide, e tutt’a un tratto capì il perché del buonumore di Ron quella mattina. Lui le sorrise vedendola completamente immobile con la bocca leggermente aperta. Guardò le sue labbra socchiuse e fu tentato di sfiorarle. Si trattenne. Una cosa alla volta… in fondo non aveva ancora nessuna certezza, né su cosa provava lui né tanto meno sui sentimenti di Hermione. Eppure se anche lei provava qualcosa per lui, allora forse far finta di niente era anche peggio…

«Come sto?», le chiese con voce squillante, ricacciando indietro quella sgradevole sensazione di indecisione ed oppressione.

«Co… Cosa?», balbettò lei in seria difficoltà a riprendersi.

«Il vestito», spiegò allora Ron, ridendo leggermente. «Come mi sta?»

Hermione cercò di isolare uno dei tanti pensieri che le erano vorticati nella testa quando si era girata e l’aveva visto, ma tutto quello che le uscì fu forse il meno azzeccato. «È babbano…», mormorò ancora imbambolata.

«Cosa?»

Ron parve preoccupato e anche un po’ deluso. Deluso? Poteva essere deluso per un suo giudizio? Che si aspettasse qualcosa in particolare? Poi si rese conto che non era proprio un complimento quello che gli aveva fatto. Era più simile ad una constatazione un po’ negativa. Si riscosse. «No, Ron, io intendevo che sembra babbano, il vestito. È… non è come i vestiti da cerimonia dei maghi. Non…» stava per nominare il vestito che Ron aveva indossato al Ballo del Ceppo, ma si interruppe in tempo. Notò comunque la faccia confusa dell’amico e si chiese perché diavolo non le venissero le parole. Ultimamente imprecava mentalmente davvero spesso contro se stessa. Riprese fiato, e una nuova serie di parole cominciò a uscirle dalle labbra, anche se non erano esattamente quelle che aveva pensato, che voleva invece dire. «Voglio dire, non ha tutti quei pizzi, ricami, code. È… semplice, è…», vide la delusione sul viso di Ron. Questa volta era inequivocabilmente deluso. La consapevolezza che Ron potesse aver indossato quel vestito per lei la investì. Cercò di nuovo le parole e finalmente le uscì quella giusta. «Splendido». Ron risollevò lo sguardo, incredulo.

«T-ti-ti… ti piace?», le chiese.

«Ti sta bene. Stai benissimo», rispose invece lei.

Ron sorrise largamente e si ritrovò a ringraziare mentalmente Fred e George per quel regalo. Di sicuro aveva fatto una figura migliore che al Ballo del Ceppo. «Già, non potevo certo venire con quell’orrore che ho messo al quarto anno… a parte che non mi andrebbe più bene…» Hermione gli sorrise. «Ma poi non sono sicuro che sia babbano», continuò il ragazzo guardandosi le maniche del vestito. «Credo solo che non sia… insomma lo sai, anche quello di Harry non aveva il pizzo…»

«Certo, ma quello di Harry era più sfarzoso. L’hai visto stasera? È troppo elegante, a me piacciono le cose semplici…» Quelle parole spinsero Ron a guardare di nuovo il modo in cui era vestita Hermione. Semplice ma impareggiabile.

«Anche a me», le disse allora, continuando a guardarla per farle capire che in fondo anche il suo era un complimento per il vestito della ragazza. Lei sembrò capire e, anche se le sarebbe piaciuto farselo dire esplicitamente, non poté fare a meno di sorridere e Ron intuì che aveva afferrato il concetto. Si guardarono un attimo, imbarazzati. Insomma, non proprio come si guardano due amici. Una strana tensione aleggiava tra i due, e Ron non poté a meno di pensare che, qualunque cosa fosse successa, quella rappresentava in qualche modo la fine della loro amicizia. Nonostante ciò, o forse proprio per questo, trovò il coraggio di sorriderle come non aveva mai fatto, gli occhi incollati allo sguardo di lei. Prese fiato come per dire qualcosa, ma fu interrotto da un fischio di interferenza e poi da una voce amplificata proveniente dal palco. Solo allora i due ragazzi si accorsero che il gruppo che faceva da colonna sonora alla serata aveva smesso di suonare per cedere la parola a Fred e George. La piazza era piena di gente che assisteva a quella sorta di concerto organizzato da Lee Jordan, altre persone rivolgevano la propria attenzione alle innumerevoli tavolate esponenti i più ricercati articoli dei Tiri Vispi, un piccolo spazio era riservato alle dimostrazioni della funzionalità di qualche articolo, a rischio e pericolo delle persone che si offrivano come tester, e vi era persino, in un angolo del palco, un gruppo di giornalisti che fotografavano sia il gruppo famoso sia la festa. Insomma, Fred e George avevano allestito un vero e proprio spettacolo. Ed ora se ne stavano lì, uno accanto all’altro, entrambi con le bacchette puntate alla gola, pronti a salutare tutti i presenti e a presentare finalmente il loro negozio. O almeno così credevano Ron e Hermione.

«Salve a tutti, signore e signori… in realtà l’ora delle presentazioni non è ancora arrivata, vedo che molta gente è ancora molto presa dal buffet e non ho nessunissima intenzione di interrompere prematuramente questo loro intrattenimento, ma ruberemo solo qualche minuto per dedicare una canzone, anche se questo, ripeto, non sarebbe il momento. George…». Fred aveva cominciato a parlare speditamente ma si interruppe cedendo la parola a suo fratello George e porgendogli la bacchetta per fare scena, visto che George aveva già la sua. Ron sorrise ai due fratelli chiedendosi quale diavoleria avessero mai in mente e non notò Ginny correre tra la folla proprio davanti al suo sguardo e precipitarsi sul palco urlando qualcosa che però veniva sovrastato dal vociare della folla curiosa e dalle discorso ormai ripreso da George.

«Grazie, Fred», disse George prendendo in mano la bacchetta del fratello e portandosela alla gola, dimentico di averne già un'altra. «Come diceva il mio socio, qui, è di assoluta necessità dedicare un momento di questa serata ad una persona davvero importante. Ma che dico? Davvero ottusa! Insomma, non abbiamo potuto fare a meno di notare che ci sono due personcine, là al banco delle bevande, - possiamo illuminare, per favore?-» aggiunse rivolto alle quinte. Lee, improvvisato coreografo e coordinatore, dall’impalcatura mosse la sua bacchetta su una lente ed eseguì gli ordini, illuminando il punto specificato con l’occhio di bue. George continuò senza badare a quei retroscena: «che finalmente, come tutti potete notare, si stanno parlando e guardando in un modo tutto nuovo… e dovevate vedere come le stava addosso il nostro fratellino fino a pochi attimi fa! Quello che volevamo dire è: bravo, Ronnie, forse alla fine ti sei dato una svegliata, e devo anche aggiungere che parte del merito è proprio nostro: vedo che hai seguito tutti i nostri consigli, da…» Si sentì un altro sonoro fischio e nessuno seppe quali fossero stati i consigli dei gemelli. Ron non capì cosa avesse spinto George a bloccarsi, ma fu grato di vedere spegnersi la luce che aveva illuminato lui e Hermione. Forse, nella ritrovata ombra, nessuno avrebbe notato il colore delle sue orecchie. Non alzò mai lo sguardo sul palco né tanto meno su Hermione. Si limitò a guardare fisso a terra, mentre un misto di sensazioni contrastanti lo invadeva. Imbarazzo, rabbia contro i gemelli, paura nei confronti della reazione di Hermione, e tristezza perché in fondo si era rovinato tutto proprio adesso che aveva iniziato a capire e che aveva trovato un minimo di coraggio. Ora l’aveva perso tutto. Fece un passo indietro fissandosi la punta delle scarpe. Poi, con un filo di voce, si congedò sbrigativamente da Hermione, inventando una qualsiasi scusa per andarsene. E senza aggiungere altro, né dando la possibilità a nessuno di fermarlo, di parlargli, fece dietro front e se ne andò con passo sempre più veloce fino a sparire tra la folla.

Fine VI Capitolo

 

Se dopo questo capitolo odiate Fred e George, prima di darvi agli insulti aspettate il prossimo, ok? Devo purtroppo annunciarvi che non riuscirò più ad aggiornare velocemente come prima, ma spero solo di non farvi aspettare mai più così tanto.

Come avevo immaginato, è stato difficile riprendere a scrivere dopo il sesto, ma porterò la storia fino alla fine e probabilmente qualche cosuccia del Principe potrei usarla nella mia storia, ovviamente estratta dal contesto… per esempio, potrei usare qualche incantesimo nominato nuovo o qualche idea, ma naturalmente non terrò conto degli avvenimenti.

Ed ora…

Thanks To:

Ronny92: già, stava proprio per vederlo nudo, però in fondo cosa cambia, prima o poi??

Francina: anche se l’hai già visto in anteprima, goditi di nuovo il gran bel pezzo di fisico… Ahi ahi ahi, Fra, mai parlare male del morto…

Nunki: wow, non è da meno, eh? Mi sembra esagerato ma mi fa piacere che ti piaccia così tanto… mi sento lusingata! Spero continui a piacerti…

Gigia990: …vorrei essere una tartaruga per poter nascondere la testa nel guscio… o uno struzzo… Perdonami!!

SiJay: Felice che sia piaciuta a così tanti la scena del bagno! Grazie mille!

Metamorpheus: grazie! Sono contenta che ti piaccia soprattutto come scrivo! Ma… come tratto Hermione?

 

Ringrazio anche per tutte le recensioni degli altri capitoli: SeR; FaiLo (wow, è davvero la prima fic che recensisci?); DeepDerk (hai poi letto gli altri chap?); Domanga; Akane87; Melbonfix.

 

Un grazie speciale agli affezionatissimi che commentano tutti i capitoli. A voi dedico, finalmente, l’attesissima (insomma) immagine di Ron… Fatemi sapere tutti se vi piace, perché potrei disegnare altre FanArt…

Un bacio a tutti, alla prossima!

 

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