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Premetto che non so come andrà a finire esattamente, ma un
paio di chap li ho in mente, quindi fatemi sapere se vorreste che la continui. Vi
avviso che se non la finirò prima dell'uscita del sesto libro probabilmente
resterà incompiuta, dato che non saprei andare avanti sapendo come vanno le
cose nell'originale. Se però avrà successo vedrò di concluderla… Buona lettura.
Capitolo I
Solo Un Po' Brilli
“Cause I'm in too
deep, and I'm trying to keep, Up above in my head, instead of going under. Cause I'm in too deep, and I'm trying to keep, Up above in my head, instead of going under. Instead of going under.”
(sum 41 – In too
deep)
Si sentivano solo loro tre. Ridevano spensierati per
una battuta che uno dei due ragazzi aveva appena fatto, ma che in realtà
nessuno ricordava già più. Nemmeno la ragazza sapeva perché stava ridendo,
eppure lo faceva, eccome se rideva, e stranamente, per la prima volta in vita
sua, il fatto di non capire il perché, non faceva che divertirla di più. Non
aveva pensieri. Anzi, uno lo aveva: pensava di non essersi mai sentita meglio
in vita sua. Quel rigido controllo che si imponeva era… Ma perché non l’aveva
capito prima? Perché la sua vita fino a quel momento era sempre stata dominata
da una sorta di contegno che l’aveva privata di quella sensazione di libertà
che invece provava ora?
Camminavano
uno affianco all’altro: verso l’interno, sulla sinistra, c’era il ragazzo alto
che aveva fatto la battuta; al centro barcollava un ragazzo piuttosto minuto
che aveva l’aspetto di chi stesse crescendo tanto in poco tempo, ma che restava
comunque molto magro; la ragazza era sulla destra, verso il margine della
banchina. Camminava più velocemente, portandosi a un paio di passi innanzi agli
altri due. Quando avanzava troppo, si fermava per aspettare gli amici,
dondolando sul posto in modo buffo. Probabilmente proprio questo suo ciondolare
era stato l’oggetto del commento del rosso, che ancora non smetteva di ridere.
Per niente
indispettita, lei aveva ripreso a camminare ridendo e fregandosene delle prese
in giro, anzi divertita come una matta da esse. Aveva infine trovato molto
interessante il testare il proprio stato di lucidità avanzando in linea retta.
Ron si girò e
la vide cercare di camminare diritta sulla striscia gialla che segnava il
limite da non superare. Immancabilmente però lei sbandava da una parte o
dall’altra, avvicinandosi ora a Harry, ora al ciglio. Il ragazzo spostò lo
sguardo divertito su Harry, che era ancora in preda a risate gutturali. Vedendo
Ron, cercò di trattenersi col solo risultato di gonfiare le guance in modo
ridicolo e sbuffare fuori l’aria con una sonora pernacchia non prevista,
sputacchiando un po’ addosso all’amico. Quest’ultimo, indeciso se arrabbiarsi o
schifarsi, prese a ridere ancora più forte, asciugandosi gli occhi per metà
dalla saliva e per metà dalle lacrime che gli uscivano per le troppe risate.
Iniziava ad avvertire un dolorino alla bocca dello stomaco, là dove i muscoli
si contraevano nel ridere. Era un dolore piacevole, che la sua mente era
disposta a provare anche per tutta la vita, ma che il suo corpo rifiutava di
sopportare per troppo tempo. Boccheggiò e si impose di prendere aria… ma non
doveva essere una cosa involontaria? Perché doveva dare lui l’ordine ai suoi
polmoni di respirare?
Si era proprio
rincitrullito, pensò. E a seguire vi fu un’altra risata. Questa volta Harry lo
guardò incuriosito, ma poco dopo fu contagiato dall’allegria dell’amico.
Ripresero a ridere, mentre la minuta ragazza alla loro destra percorreva ancora
la striscia di demarcazione. Si sentì un fischio ovattato in lontananza. Una
donna tutta imbacuccata in una pelliccia, sebbene fosse l’inizio di settembre e
facesse ancora relativamente caldo, li guardò sprezzante. Harry le fece una
smorfia, e quella alzò il mento, altezzosa, andandosene scandalizzata. Ron le
gridò dietro qualcosa che riguardava il mondo della magia e che non avrebbe
dovuto dire in presenza di Babbani, ma nessuno se ne curò. La gente che passava
semplicemente pensò che erano un po’ fuori di testa e non vi badò più di tanto.
Harry però aveva ripreso a ridere per il commento di Ron, qualcosa che riguardava
un molliccio che ha per caso incontrato Neville, e poi una cosa sulle
Pallottole Puzzole ed il naso di quella donna, anche se non ricordava più come
due cose fossero connesse. Hermione, presa com’era dal suo test, non aveva
visto la donna e ora si era girata verso i suoi due amici, curiosa. Non
guardando più la linea, procedeva ancora più a zig zag.
Harry era
troppo preso a ridere per fare altro che non fosse mettere un piede davanti
all’altro. Ron lo guardò con poca concentrazione. Aveva ricominciato a girargli
la testa. Fu un fischio, stavolta più vicino, molto più vicino, che lo fece
risvegliare completamente e sgranare gli occhi. Girò di scatto la testa
all’indietro. Le ossa del collo gli scricchiolarono sonoramente, ma lui non se
ne badò. Velocissimo, riportò lo sguardo su Hermione: eccola là, stava
barcollando e… era terribilmente vicino al ciglio della piattaforma. Tagliò la
strada a Harry, scostandolo senza troppi complimenti con una brusca manata e
facendolo cadere con le chiappe per terra. Ignaro, quello riprese a ridere,
anche se un po’ offeso. Non poteva farne a meno.
Ma Ron non
sentiva più niente intorno a lui, nemmeno l’altoparlante della stazione, che
avvisava i gentili passanti di non superare la linea gialla di demarcazione.
Ora la testa gli vorticava paurosamente, ma non era per lo stesso motivo di
prima. Hermione l’aveva superata quella linea, e, per merlino, stava per
superare anche il margine. Si buttò in avanti e le prese le braccia tra le sue
mani. Lei lo guardò disorientata. Si scambiarono un breve sguardo intensissimo,
che a entrambi sembrò durare una vita e che esprimeva tutto ciò che provavano
in quel momento: Hermione aveva le pupille dilatate dallo spavento e dalla
confusione, Ron uno sguardo di pura angoscia e qualcos’altro di indecifrabile,
come di rimpianto per non aver fatto qualcosa. Poi quell’attimo si spezzò e Ron
sollevò di peso per le spalle l’amica, ancora incapace di reagire. Girò su sé
stesso, portando la ragazza lontano dai binari e rivolgendo la schiena ad essi.
Strizzò forte gli occhi mentre il treno passò dietro di lui, sferragliando così
vicino che lo spostamento d’aria gli sollevò completamente la maglietta bianca
leggera che indossava e gli fece cadere a terra la bacchetta che teneva nella
tasca posteriore dei calzoni. Barcollò, un po’ per l’alcol che aveva in corpo,
un po’ per la ventata, ma soprattutto per lo spavento. Aveva ancora gli occhi
serrati quando si accorse che si stava sbilanciando all’indietro. Poi sentì una
mano nella sua e venne riportato con fatica in avanti. Riacquistò l’equilibrio,
ma non riaprì gli occhi. Il cuore gli batteva all’impazzata, eppure poco prima
sembrava essersi fermato completamente. Ora gli rimbombava nelle orecchie.
Aveva ancora la sua mano nella propria.
«Ron…». Un nome, appena sussurrato, quasi con
timore. Eppure lui l’aveva sentito benissimo nel trambusto della stazione. La
sua bacchetta vibrava, ancoraa terra,
per la scossa causata dal passaggio del treno. Poi il convoglio rallentò e si
fermò del tutto. «Ron?», ripeté Hermione. Lui aprì gli occhi, piano. «Stai
bene?», gli chiese lei, non appena vide il suo sguardo. Lui la guardò,
spiazzato e confuso. Aprì la bocca per parlare, ma fu interrotto dal
controllore del treno, che era sceso e sembrava furibondo. Aveva iniziato a
sbraitare contro i due ragazzi.
«Ma dico, siete impazziti?!?», urlò, «Vi è dato di volta il cervello per caso??»
Hermione cercò
di rispondere, ma non seppe cosa dire. E questa volta la nuova sensazione di
essere senza parole non le piaceva affatto. Ora capiva benissimo perché fino ad
allora si era sempre controllata. Lei e Ron avevano appena rischiato la pelle,
e Ron l’aveva rischiata per lei! La consapevolezza di ciò che aveva appena
pensato si abbatté su di lei, e si buttò tra le braccia del ragazzo che aveva
di fronte. Lui barcollò ancora, ma la sostenne, imbarazzato e con le orecchie
rosse e bollenti.
«’rmio’…»,
disse, rauco. Gli era venuto mal di gola. Inspirò profondamente. Riprovò a
parlare. «Herm…». Le mise una mano sulla testa, cauto.
«Allora?»,
asserì il controllore. Ron girò la testa di scatto, Hermione si tirò indietro
sobbalzando. Si erano completamente scordati della presenza dell’uomo, ma
questa volta non era a causa della sbronza. Ron si schiarì la voce.
«Ci scusi», lo
interruppe l’amica, «ci eravamo distratti».
«Sì, certo!»,
fece brusco l’uomo, sentendo odore di vino. Fece finta di nulla, ma scossa la
testa. «Be ’, state più attenti la prossima volta», concluse, lanciando loro
un’occhiata allusiva. Hermione abbassò lo sguardo, e Ron ringraziò il cielo per
questo: era diventato scarlatto. Il controllore risalì sul treno, urlandogli
dietro un ultimo «E levatevi di lì!» e scomparendo nel vagone.
Si guardarono
zittiti per un attimo, poi il silenzio fu interrotto da una sonora risata. Si girarono
entrambi verso la fonte del suono, e si stupirono non poco di vedere Harry
rialzarsi facendo leva sul baule che aveva accanto. Anche Hermione arrossì.
«Dovreste
vedervi, sembrate due culi di babbuino rossi!», asserì ridendo.
Ron lo guardò
cupo, poi la sua espressione mutò. Aggrottò le sopracciglia, perplesso. «Che ci
facevi lì per terra?», chiese, sulla faccia dipinta la più genuina curiosità.
«Boh!», rispose Harry. I tre
si guardarono un attimo, dubbiosi. Poi scoppiarono di nuovo a ridere, e Harry
ricadde a terra. Si rialzò, spazzandosi via la polvere dal retro dei jeans.
Sghignazzarono ancora: dopo quei momenti di lucidità, tutto l’alcol che avevano
in corpo riprese a fare effetto. Si riavviarono, trascinandosi dietro
quell’unico baule di cui Harry si era servito per rialzarsi.
―
Si accorsero di aver superato la colonna tramite la
quale si raggiungeva il binario 9 e ¾. Senza preoccuparsene più di tanto
tornarono indietro e si apprestavano ad oltrepassare il muro, quando sentirono
una voce alle spalle.
«Hermione!».
Era Ginny. Le due ragazze, che non si vedevano dal giugno scorso, si salutarono
calorosamente. L’ultima nata dei Weasley salutò sbrigativamente gli altri due
ragazzi, che aveva visto la mattina del giorno prima alla Tana. Harry vi aveva
soggiornato per quasi tutto agosto: ormai, da quando il suo sangue scorreva in
Voldemort, non aveva più molto senso tornare dai Dursley, ma Silente aveva
insistito affinché passasse almeno un mesetto a casa dei suoi zii. Harry
sospettava che ci fosse sotto qualcosa, ma in fondo non voleva creare troppo
disturbo alla famiglia di Ron e non aveva protestato. Non più di tanto, almeno.
Ginny avvertì
l’odore che aleggiava attorno ai tre ragazzi. «Vi siede dati alla pazza gioia
dai gemelli, vedo», disse, non senza una punta di amarezza. Fred e George
avevano proposto di passare l’ultimo giorno, e soprattutto l’ultima notte di
vacanza a Diagon Alley, dove avevano comprato baracca e burattini, ovvero un
piccolo appartamento ed un grandioso negozio di scherzi che avrebbero
inaugurato di lì a un mese. Harry e Ron avevano accettato subito, e nemmeno
Molly era riuscita ad impedire loro di andare, ma per la più piccola dei suoi
figli non c’era stato niente da fare. La signora Weasley si era imposta, non
volendo che anche la sua bambina venisse traviata da quegli irresponsabili ed
insensati che erano i gemelli, ma non sapeva che ormai Ginny era la loro
complice più fedele. Assomigliava senza dubbio ai due fratelli ed aveva
l’importantissimo compito di presiedere alle vendite dei loro articoli
all’interno di Hogwarts senza farsi beccare da Hermione. Ron non rappresentava
un problema: anche se era prefetto, non avrebbe mai osato mettersi contro ai
gemelli, un po’ per paura, ma anche perché in fondo amava i loro scherzi e non
riusciva ad immaginarsene il castello privo.
Ginny era
rimasta alla Tana, meditando di prendersi la vendetta sulla madre. Hermione,
dal canto suo, li aveva raggiunti a casa dei gemelli solo nel pomeriggio,
poiché era appena tornata dalle vacanza con i suoi. Durante il giorno avevano
visitato il negozio, non ancora ultimato, ed avevano aiutato i gemelli in
alcuni preparativi. Alla sera avevano… festeggiato, ci si può ben immaginare
come, date le condizioni dei tre. Fred e George, abituati a feste in stile Weasley
– i veri Weasley, avevano aggiunto, escludendo dalla definizione Percy e
lanciando un’occhiataccia a Ron, sperando che ben presto si sarebbe dato una
svegliata –, li avevano definiti tre “mocciosi che non reggono l’alcol”, ma in
realtà anche loro erano un po’ allegri. La festa di addio vacanze era andata un
po’ fuori misura, visto che persino Hermione si era lasciata andare – non dopo
insistenti sollecitazioni di tutti.
«Non fatevi
vedere così da mamma!», avvertì Ginny, preoccupata. Molly Weasley si stava
avvicinando, trasportando a fatica un carrello carico di bauli e gabbie di
animali, tutte appartenenti a Harry, Ron e Ginny. Il baule di Hermione era
quello che si era trascinato dietro Harry, non prima di averlo alleggerito con
l’aiuto di Fred – loro non potevano ancora fare magie al di fuori di Hogwarts.
Ginny sfoderò la bacchetta velocemente con l’intenzione di fare qualcosa per
quell’odore.
«Ferma che
fai?», la interruppe Harry, mettendosi a ridere sommessamente. Lei lo guardò
male.
«Come, che
faccio? Ucciderebbe prima voi, poi i gemelli se vi vedesse così!», indicò con
la punta della bacchetta la macchia violacea sulla maglietta di Ron.
«Ti
espelleranno!», spiegò Ron, mettendosi a ridere anche lui. Hermione, con grande
sorpresa di Ginny, li seguì a ruota.
«Oddio!», fece
la ragazza, disperata. «È peggio di quanto sembri!»
Qualcuno però
le venne in aiuto. George stava correndo verso di loro con la gabbietta di
Grattastinchi in mano. Fred si era fermato a distrarre la madre.
«Hai
dimenticato questo», disse sbrigativo il ragazzo, porgendo il gatto alla
proprietaria, che ricominciò a ridere. Grattastinchi le soffiò, come a
ricordarle che non era da lei. Ginny alzò gli occhi al cielo, concordando col
gatto. Era Hermione quella che risolveva questioni come quella, di solito. Lei
non sapeva che fare. Il fratello più grande la soccorse. Con un rapido
incantesimo tolse il puzzo, e diede ai ragazzi delle capsule colorate. I tre le
presero in mano non troppo convinti.
«Forza,
sbrigatevi!», li esortò.
«Mmh», fece Ron. In quel momento sembrava
quasi sobrio. «Che sono, Fred?»
«George»,
corresse Ginny, lanciando uno sguardo preoccupato alla madre. Fred non
l’avrebbe tenuta lontana ancora per molto.
«Ah», disse
semplicemente Ron.
«Cosa sono?»,
ripeté Harry.
«Pastiglie
Dopo-Sbornia. Forza, sbrigatevi!»
Dopo un attimo
di esitazione ingoiarono le pillole. George sorrise soddisfatto, poi trascinò
Ginny da parte, sussurrandole qualcosa. Ron si lasciò cadere sul baule di
Hermione, aspettando la madre. La pastiglia stava facendo effetto, perché ora
non vedeva più di tanto doppio.Si accorse di essersi seduto, ma di non sentire
la bacchetta nella tasca dei calzoni. Ricordò lo spostamento d’aria che c’era
stato quando il treno gli era passato vicino, e scattò in piedi.
«Miseriaccia!»
«Tutto bene?»,
chiese Harry. Anche lui si stava riprendendo.
Ron non
rispose. Corse nel punto dove si erano fermati qualche minuto prima e raccolse
qualcosa da terra. Tornò sconsolato dagli altri, mostrando loro la bacchetta.
Qualcuno doveva esserci passato sopra col carrello, perché era scheggiata verso
la punta. La rimise in fretta nella tasca, questa volta in quella davanti. Non
voleva che sua madre la vedesse.
Poco dopo la
signora Weasley li raggiunse. Harry sbarrò gli occhi notando la chiazza di vino
che spiccava ancora sulla maglia bianca di Ron. Attirò l’attenzione dell’amico
e gliela indicò con un cenno del capo. Ron la coprì con una grossa mano,
sussurrandogli un ringraziamento. Non vedeva l’ora di tornare ad Hogwarts e
poter usale l’incantesimo gratta-e-netta tutte le volte che voleva. Si promise
di non rifiutarsi più di usarlo, lasciando il compito di pulire agli elfi
domestici con grande disappunto di Ron.
Molly li
salutò senza accorgersi di niente. «Allora, Hermione, come sono andate le vacanze?»,
chiese ingenuamente. La ragazza se la cavò piuttosto bene nel risponderle.
―
«E tu adesso me lo dici?», sbraitò Ginny,
rivolta al fratello.
«Ti sto solo
dicendo di tenerli un po’ d’occhio per le ore successive!», si difese George.
«No, tu mi stai
dicendo che saranno più ciuchi di prima
per tutto il giorno, e che io dovrò essere responsabile per loro!»
«Abbassa la
voce!», disse George.
«Abbassa la
voce? Abbassa la voce??», sbraitò
lei in tutta risposta.
«Non capisco
perché ti agiti tanto», s’intromise Fred, che aveva raggiunto i due. «In fondo
non ti sarà difficile controllarli. Sarete sul treno, no?»
«Sul treno?»,
chiese Ginny, sarcastica. «Massì, certo, che stupida! Saremo sul treno… e poi
io posso sempre sdoppiarmi, nessun problema, proprio nessunissimo problema!»
«Sdoppiarti?»,
chiese George. «Non ti capisco…»
«Già, quei tre
sono inseparabili», continuò Fred, «non avrai bisogno di…»
«Farti in
quattro», concluse George.
«In quattro
no, George, ma in due si!», asserì la sorella.
«Vuoi dire che
Hermione e…»
«No, Fred,
voglio dire che Ron e Hermione sono prefetti!», interruppe lei, intuendo
cosa stesse per dire il fratello. «E io non posso seguirli alla riunione»,
concluse, sconfortata.
Fred e George finalmente
capirono, ma non comparve preoccupazione sul loro viso, come invece si era
aspettata Ginny.
«Oh, beh»,
fece Fred sbrigativamente, «poco male».
Ginny rimase
basita.
«Il massimo
che possono fare, se beccano Ron ubriaco, è toglierli il distintivo da
prefetto», sul viso di George comparve un ghigno soddisfatto.
«Esattamente»,
disse Fred. «Non possono togliere punti a Grifondoro, perché tecnicamente
non ha bevuto mentre era a scuola…»
George annuì.
Ginny aprì la bocca per parlare: non gli impostava se Ron avrebbe perso il
posto di prefetto, ma per Hermione sarebbe stata una vera e propria rovina. Poi
però cambiò idea. Loro non avrebbero capito, e se anche l’avessero compreso, se
ne sarebbero fregato. In fondo per loro non era mai contato nulla, anzi, era
quasi un disonore diventare prefetto, e lei in realtà la pensava più o meno
così. Ma per Hermione era una cosa di vitale importanza, faceva parte della sua
natura, mentre per Ron… oddio, per Ron era un modo per distinguersi, per farsi
valere, per essere all’altezza degli altri fratelli Weasley. Beh, come aveva
detto Fred, “poco male”: se avessero perso la carica, sarebbe stato un motivo
per Hermione di cambiare un po’, mentre lei stessa avrebbe aiutato Ron a farsi
valere, nel suo stile, però, o se preferite nello stile dei gemelli.
Richiuse la
bocca e scosse la testa. «Speriamo in bene», disse. Gli altri due annuirono.
Poi fece la fatidica domanda: «Avete dato loro qualcos’altro?», chiese,
rassegnata. Era appena venuta a sapere che Fred e George non solo li avevano
fatti ubriacare, ma avevano anche fatto un incantesimo all’alcol di modo che
l’effetto durasse di più.
Incredibilmente
i gemelli scossero la testa. «Solo le Pastiglie che hanno appena ingoiato,
dovrebbero diminuire per un po’ l’euforia», ribadì Fred.
«A proposito»,
disse George, vedendo Hermione ricominciare a ciondolare, «credo che l’effetto
stia svanendo».
Ginny si girò,
salutò i fratelli con un gesto della mano e raggiunse i tre ragazzi alla
velocità della luce.
Fred e George
la videro salutare sbrigativamente la madre con la scusa che si fosse fatto
tardi, anche se mancavano ancora una decina di minuti alla chiusura del
binario. Molly abbracciò tutti ad uno ad uno, poi li lasciò andare, commossa.
Ginny trascinò i tre ragazzi, che avevano cominciato a deridere la signora
Weasley, verso il muro. Poi sparirono, diretti a Hogwarts.
«Ci mancherà
tutto questo, non è vero?», disse Fred.
George annuì.
«Credi che avremmo dovuto dirgli che erano solo Caramelle Tutti-i-Gusti+1?», chiese,
dopo un attimo di pausa.
Fred scosse la
testa. «No. Assolutamente non era il caso. E poi, ha funzionato, no?»
George sorrise
in risposta, guardando la madre che, ignara, si avvicinava per salutarli.
―
Fine
I Capitolo
―
Spero davvero di non aver fatto casino con l’html,
è la prima volta che lo uso e sinceramente non ci capisco molto. Incrocio le
dita… voi intanto, sempre che siate riusciti a leggere, commentate…
Ehi, dimenticavo: RINGRAZIAMENTI VIVISSIMI A TUTTI PER LE
RECENSIONI^^!!! Davvero mi sono di grande aiuto
Dunque, scusate per come è
venuto fuori questo capitolo, nella mia testolina doveva venire molto meglio,
ma non sono riuscita a fare di meglio… avrei voluto che fosse più divertente,
chiedo ancora schiusa… ah, volevo avvisare che se leggete i testi delle canzoni,
sono sempre inerenti alla storia, perché è divertente ritrovare nelle canzoni
situazioni simili, perciò io li metto, così, giusto per sfizio^^.
Capitolo II
Babysitting
“If people say I'm crazy, I tell 'em that it's true Let them watch with
amazement Say it won't last
beyond breakfast It's a phase he's going
through Denigrate or speculate
on what I'm going through Because it isn't the
sort of thing I would normally do.” (Pet Shop Boys - I
wouldn't normally do this kind of thing)
Percorsero
velocemente lo stretto corridoio del treno alla ricerca di uno scompartimento
libero. Ginny sbuffò: quei tre avevano ripreso a ridere a vanvera e questo la
infastidiva, probabilmente perché avrebbe voluto spassarsela anche lei, ma a
causa della madre non aveva potuto, e inoltre ora era costretta a fare loro da
balia. Il che non era affatto facile.
Ron
trovava molto interessante il paesaggio che scorreva fuori dal vagone e lei
doveva strattonarlo ogni tre secondo per farlo avanzare. Harry continuava a
fare volteggi su se stesso per qualche oscuro motivo e con gran disappunto di
Edvige, costretta a ruotare con lui nella gabbia. Hermione certo non era
d’aiuto: ogni volta che Ginny si distraeva nel badare ai due ragazzi, si sedeva
sul suo baule affermando tranquillamente di essere stanca.
Finalmente
raggiunsero uno scompartimento completamente vuoto – non era proprio il caso
che altre persone, fossero pure Neville o Lunatica, li vedessero in quelle
condizioni. Ron entrò e si lasciò cadere sul sedile accanto al finestrino,
lasciando la gabbia con Leotordo in mezzo alla stanza. Harry vi inciampò
immancabilmente, mettendosi a ridere, poi si andò a sedere di fronte all’amico.
«Potresti
mettere via le tue cose, Ronald», lo rimproverò Ginny, odiandosi. Solo allora
si rese conto di come era indispensabile in questi momenti Hermione. Lei non
era brava a sgridare la gente, e non le piaceva nemmeno farlo… anzi, stava per
mettersi a ridere a sua volta quando Harry stava per cadere. Lanciò un’occhiata
speranzosa verso l’amica, ma in quel momento era davvero inutile. Si era
finalmente accasciata sul sedile accanto a Ron come aveva tentato di fare per
tutto il tragitto nel corridoio. Semplicemente sedersi, era quella l’unica cosa
che sembrava essere interessata a fare. Ginny lanciò un’occhiata al fratello.
Sebbene ubriaco, si era irrigidito notevolmente per la presenza di Hermione
accanto a sé. Probabilmente non se ne rendeva nemmeno conto. Le faceva quasi
tenerezza. Quasi. Perché per la maggior parte riteneva Ron uno stupido ingenuo
e testardo ragazzino. Non riusciva a capire il suo comportamento, possibile che
non capisse davvero? Oppure semplicemente non aveva il coraggio di ammetterlo
in primo luogo a se stesso? Ginny pensava che una volta che Ron avesse realizzato
ciò che provava nei confronti di Hermione, le cose si sarebbero sviluppate
velocemente, e molti comportamenti – con particolare allusione alla sua gelosia
– sarebbero stati spiegati. Testardo e orgoglioso com’era, però, non sarebbe
stata un’impresa così facile. A tutto si aggiungeva che era molto, ma molto
timido, e che aveva paura di rovinare l’amicizia più grande che avesse oltre a
quella con Harry. Non che Hermione fosse molto più sveglia, comunque. Ginny
alzò gli occhi al cielo: valli a capire, quei due.
Mise
a posto Leo e si sedette accanto a Harry. Sbirciò l’orologio.
«Tra
un quarto d’ora dovete essere alla riunione dei prefetti», disse, piatta. «Ron,
cambiati quella maglietta, per favore, fai schifo».
Ron
parve lievemente offeso. «Ehi», protestò. Ginny sperò si stesse riprendendo, ma
lo vide spogliarsi lì davanti a tutti senza preavviso e capì di essersi illusa.
Hermione in ogni caso aveva gli occhi chiusi mentre Harry ovviamente aveva già
visto Ron a dorso nudo, quindi la situazione non era poi così imbarazzante. Gli
porse la prima maglietta che trovò in cima al baule del fratello. Era un po’
sfilacciata e consunta lungo le cuciture, ma almeno era pulita. Ron la indossò
senza obiezioni. Ginny lo squadrò un momento per vedere se era sporco da qualche
altra parte, ma sembrava tutto a posto. Guardò un attimo Hermione, ma almeno in
quello aveva mantenuto un certo autocontrollo: era impeccabile, se si escludeva
il fatto che non stava in piedi. Insomma, se stava zitta e ferma non sembrava
affatto bevuta. L’aspetto non tradiva niente. Pensò di parlare a lei, visto che
fare affidamento su Ron sarebbe stato impossibile anche da lucido.
«Okay»,
disse, mettendosi in ginocchio di fronte alla ragazza. «Herm, ci sei?», provò.
Sembrava profondamente addormentata. La scrollò leggermente e lei aprì un po’
gli occhi, mugugnando qualcosa.
«Oh,
bene, sei sveglia… no, Herm, non ti riaddormentare, ti prego. Ti revocheranno
il distintivo da prefetto!», tentò. Questo parve scuotere un po’ Hermione,
ma non più di tanto. Ginny si fece bastare quella poca attenzione che le stava
prestando e le espose le sue raccomandazioni, pregandola di trattenersi. Lei
sembrò annoiata ma le promise di comportarsi bene e di controllare anche Ron.
Un minuto dopo se n’era già dimenticata, ma Ginny valutò di aver svolto il suo
compito e di essere a posto con la coscienza. Li spedì velocemente alla
riunione, indirizzandoli verso la giusta parte del treno – loro stavano già
svoltando verso quella opposta. Poi si sedette di fronte a Harry, decidendo di
non preoccuparsi più di tanto per loro o sarebbe uscita di matto.
―
In
qualche modo raggiunsero il primo vagone dell’espresso, con una decina di
minuti di ritardo e qualche livido in più nei punti dove avevano sbattuto
contro le pareti. Ernie Macmillan li guardò di sottecchi, ma fu l’unico che
parve notare qualcosa. Il caposcuola di Corvonero sembrò stupito del ritardo di
Hermione, poiché la sua fama di ragazza impeccabile si estendeva ormai a tutta
Hogwarts, ma era troppo impegnato a continuare il suo discorso per esigere
spiegazioni. I due ragazzi presero posto il più lontano possibile dagli altri,
dando retta a quel minimo di buon senso che avevano ancora in corpo. Non appena
trovavano qualcosa di divertente, però, si tiravano qualche gomitata, ridendo
silenziosamente. Per fortuna il caposcuola era un tipo alla Percy, tutto
concentrato nel dare istruzioni. Gli occhi gli luccicavano dall’orgoglio. In
realtà nessun ragazzo del sesto anno lo stava ascoltando, sapendo già come
funzionavano le cose. Quando la riunione fu conclusa, comunque, il ragazzo
chiamò a sé Hermione. Ron, fattosi improvvisamente serio, notò Malfoy
ridacchiare con Pansy, ma poi raccolse tutto il suo coraggio e seguì l’amica.
Il
ragazzo stava parlottando a bassa voce con lei. Ron si fece improvvisamente
rosso in viso.
«Ti
dispiace?», gli disse, sprezzante. Lui lo guardò confuso, aggrottando le
sopracciglia, ma Ron non gli diede il tempo di capire. Prese bruscamente
Hermione per un braccio e la trascinò fuori dallo scompartimento. Lei lo seguì
inerme, ma appena furono fuori si divincolò. Stava sicuramente per replicare
qualcosa, quando una voce la interruppe.
«Che
c’è, Weasley, sei geloso dell’unica cosa che possiedi?». Malfoy era poggiato di
spalle alla finestra, e li guardava con un sorrisetto compiaciuto. «Bella
coppia», commentò.
«Sta’
zitto, Malfoy», replicò Ron, tentando di stare in piedi perfettamente fermo.
Era diventato rossissimo. Alzò la bacchetta contro il ragazzo biondo. Malfoy
sghignazzò.
«Credi
di farmi paura, pezzente?». Ron fece per muovere il braccio, ma Hermione,
svelta, vi posò una mano sopra, fermandolo.
«No,
Ron», disse. Lui si bloccò, leggermente stupito e infastidito dalla razionalità
di Hermione. Mai una volta che lo lasciasse agire d’impulso.
Malfoy
lo fissò. «Sottomesso pure a quella! Che razza di sfigato…»
Ron,
che stava guardando male Hermione, dopo quella frase concentrò tutto il suo
odio verso il Serpeverde. Era infuriato non per come Malfoy aveva definito lui,
perché ormai era abituato alle sue frecciatine, ma non sopportava il modo con
cui parlava di lei. Mosse nuovamente il polso, ma venne bloccato
un’altra volta.
«No»,
stava dicendo Hermione tra le risate. Entrambi i ragazzi aprirono la bocca per
lo stupore, non capendo il motivo per cui ridesse. «Ron, non vorrai trovarti a
vomitare ancora lumache». Ron non capì subito. Poi si guardò la bacchetta,
incrinata sulla punta, e si decise a rimetterla nella tasca. Ricordò l’episodio
accaduto durante il suo secondo anno, quando a causa della bacchetta rotta
l’incantesimo gli si era rivoltato contro. Fece una smorfia di disgusto al
pensiero di vomitare ancora lumache, poi prese a sghignazzare, conscio delle
intenzioni dell’amica. Di sicuro non voleva starsene con le mani in mano, a
ignorare Malfoy come faceva di solito. Quest’ultimo sorrise malignamente, senza
sapere cosa lo aspettava, ma il suo ghigno sparì dalla faccia quando si vide la
bacchetta di Hermione puntata alla gola.
«Vediamo…»,
gli disse lei. «Dovrei ricordarmi abbastanza bene le parole che ha usato Moody due
anni fa, vero Ron?»
«Sicuro»,
confermò lui, sorridendo largamente. «Stai bene come furetto, Draco. Sei molto
più malleabile in quella forma».
Malfoy
aveva uno sguardo piuttosto spaventato, e fissò nervoso la bacchetta di
Hermione, puntata contro di lui. «Non ne saresti capace», disse con una punta
di insicurezza nella voce. Di certo non si era aspettato quel comportamento
dalla ragazza.
«Oh»,
disse Ron, con uno strano sorriso in faccia, «non c’è niente che lei non
sappia fare».
Hermione
si girò velocemente, colpita da quelle parole, guardando l’amico stupefatta.
Era un complimento, quello? Malfoy approfittò subito della loro momentanea
distrazione ed estrasse la bacchetta, disarmando Hermione a meno di un
centimetro da lei. La ragazza cadde indietro, presa alla sprovvista, mentre la
sua bacchetta volava lontano. Malfoy puntò la propria contro il petto di lei.
«Sudicia
Mezzosangue», cominciò.
Ron
portò la mano alla tasca, fulmineo. Era diventato viola dalla rabbia. Ma prima
che potesse fare altro il caposcuola di Corvonero uscì dallo scompartimento
dove si trovava. La scena che gli si presentò davanti agli occhi era quella di
due ragazzi disarmati e Malfoy che li sovrastava, pronto a lanciare un
incantesimo.
«Signor
Malfoy!», disse altezzoso. Di nuovo Ron con una smorfia notò la somiglianza con
Percy. In ogni caso si era bloccato nell’atto di sfoderare la bacchetta, e ben
presto vi rinunciò.
«Vuole
seguirmi, prego?», ordinò il Caposcuola a Malfoy. Prima di andarsene si
avvicinò a Hermione, ancora seduta a terra. La aiutò ad alzarsi, e dovette
praticamente tirarla su di peso, dato che non era molto reattiva. Le gettò una
rapida occhiata prima di guardare di sottecchi Ron, che aveva assunto un
cipiglio piuttosto minaccioso. «Beh, tornatevene nel vostro vagone», disse,
piatto. Ron lo squadrò un’ultima volta con le orecchie rosse, prima di
trascinare via Hermione prendendola per il braccio, come aveva fatto poco
prima. E lei si lasciò trasportare, mansueta e sorridente.
―
Fecero
il tragitto inverso per tornare allo scompartimento dove li aspettavano Ginny e
Harry, ma a metà strada qualcuno li fermò.
«Ron,
Hermione!». Era Colin Canon, con la solita macchina fotografica al collo. I due
ragazzi si voltarono, scocciati, e subito se ne pentirono. Furono accecati dal
flash della foto che Colin aveva appena scattato e videro a macchie blu e rosse
per i successivi venti minuti. «Ho saputo che siete stati aggrediti da Draco
Malfoy!» disse freneticamente il ragazzino.
Ron
gli scoppiò letteralmente a ridere in faccia. «Uh, aggrediti», biascicò
tra una risata e l’altra. «Aggrediti, e da Malfoy». Riprese a
ridere ininterrottamente, seguito da Hermione.
«Che
c’è da ridere?», chiese ingenuamente Colin. «Siete sotto un incantesimo?»
«Oh,
oh sì!» esclamò Hermione, cogliendo al volo l’occasione e continuando a
sghignazzare.
«Cavolo!
Questa volta spero davvero che gliela facciano pagare a quel Malfoy, è odioso,
non trovate?» I due annuirono pomposamente. «Beh, io cercavo Harry, sapete per
caso dov’è?».
«Ma
certamente!», rispose allegramente Ron. Fece strada al ragazzo, non del tutto
sicuro di aver preso la direzione giusta. Colin non sembrava davvero
intenzionato a stare zitto per due secondi di fila e a Ron venne subito mal di
testa.
«Ho
sentito che vi ha aiutato Thaddeus Beadle… È il caposcuola di Corvonero», si
affrettò ad aggiungere, in risposta agli sguardi interrogativi dei due, che lo
ascoltavano a malapena.
«Ah,
sì, è stato molto gentile», confermò Hermione, uscendo dalla trance in cui
oziava.
«Gentile?
Gentile?!?», intervenne Ron,
improvvisamente furibondo. «Quello non
ci ha affatto aiutati! Lui ti mangiava con gli occhi!»
«Calmati,
Ron, sei impazzito?», gli chiese lei, tranquilla. Colin si allontanò,
spaventato, tenendosi a debita distanza.
«Impazzito,
io?», rispose lui, abbassando la voce solo a causa del mal di testa, e non per
quello che aveva detto l’amica. «Ma se appena Colin l’ ha nominato, subito il
discorso si è fatto interessante per te, quando prima si vedeva benissimo che
eri annoiata!»
«Ma…»
«Zittotu!»,
gli urlarono contro i due all’unisono. Colin si pentì all’istante di essere
intervenuto.
«Comunque
non capisco davvero perché te la prendi tanto», disse Hermione.
«Beh…
beh, perché… prima Vicky, poi quel Thaddy… e poi chi altro?», disse Ron.
In un momento parve essersi tradito da solo, ma poi un luccichio gli balenò
negli occhi e continuò a parlare. «La vuoi smettere di andartene in giro a cianciaschiasciare»
Ron incespicò nella parola, che non suonò affatto come quella che aveva
pensato, «sempre con i ragazzi più grandi, poi… cosa deve pensare di te la
gente?»
Hermione
si scaldò. «Ma che te ne frega a te? Tu non hai voce in capitolo, capito?!? E poi sai benissimo che non
vado in giro a fare la svampita coi ragazzi!»
«Io
sì, ma chi ti vede in giro? Sapessi le voci che ci sono in giro su te e Krum!»,
le urlò di rimando Ron.
«Non
m’importa, tanto chi mi conosce sa che non sono vere!»
Quelle
parole parvero colpire Ron… aveva avuto la conferma che tutte le dicerie che
sentiva erano solo pettegolezzi, appunto. Ma ne era poi tanto sicuro? Hermione
non aveva specificato che cosa esattamente fosse falso.
«Ma
poi che vuoi da me, Ron?», gli chiese Hermione. Ora la sua voce era pacata e
rassegnata.
«Solo
proteggerti», ammise Ron, sinceramente.
«Ma
da cosa?». Hermione attese la risposta, ma quella non arrivò. Sospirò e riprese
a camminare verso il vagone dove c’erano Ginny e Harry. Colin salterellò fino a
raggiungerla e poi proseguì al suo fianco, finalmente muto. Era mortificato per
aver fatto scoppiare quel litigio tra loro due, l’ennesimo, certo, ma il primo
di quell’anno. Ron li seguì restando qualche passo indietro, scuro in viso.
―
Ginny
guardò Harry che si era profondamente addormentato. Un rivolo di saliva gli
usciva dalla bocca spalancata, ma il ragazzo non se ne rendeva probabilmente
neanche conto. Lei pensò che dopotutto un po’ d’alcol non era poi così male.
Harry sembrava stare molto meglio di come stava alla Tana, comunque. Ron le
aveva confessato che probabilmente non dormiva la notte, e anche se cercava di
non darlo a vedere era molto afflitto. Era sempre distante e pensieroso, e
quelle rare volte che lei l’aveva visto sorridere, aveva notato quanto fosse
tutto forzato. Quel giorno, invece, l’aveva rivisto ridere di gusto.
La
porta dello scompartimento sbatté bruscamente e ne entrò un’Hermione piuttosto
scocciata. Non furibonda, solo stufa. Ginny sperò che almeno lei si fosse
ripresa. Subito dopo la ragazza fece capolino una delle persone meno adatte
alla situazione: Colin Canon. Colin non era un cattivo ragazzo, ma era
tremendamente ingenuo e spiegargli la situazione sarebbe stato come far
preparare una pozione ad un Neville ubriaco quanto Harry. Ron entrò poco dopo,
con un’espressione indifferente e distratta sul viso. Sembrava essersi già
dimenticato della scenata di poco prima.
«Oh,
Harry, sei qui», disse Colin, sollevato di non dover stare più solo con quei
due. Ginny poteva ben immaginare il perché. A vote si chiedeva come facesse
Harry a starsene sempre tra quei due fuochi. Non lo si poteva biasimare se poi
usciva di testa.
«Harry
dorme», gli disse.
«Oh…
ecco, io… non lo si potrebbe svegliare?»
«Ehm…».
Ginny sapeva bene che, anche volendo, non sarebbero riusciti a svegliarlo.
«No
che non si può», intervenne Ron. La sorella chiuse gli occhi, sperando che non
dicesse nulla di compromettente. «Non lo vedi che è ubriaco?», continuò lui,
ignaro. Rideva. E così aveva preso a fare Hermione, accantonando l’ennesima
litigata. Nessuno riesce a tenere il broncio da ubriaco.
Sulla
faccia di Colin spuntò un’espressione imbarazzata e allo stesso tempo stupita.
Il suo eroe, ubriaco?
«Ron,
non dire scemenze», Ginny tentò di salvare la situazione, ma effettivamente si
vedeva benissimo che Harry non si era semplicemente appisolato. Sembrava mezzo
svenuto. Ron si mise a ululare come un pazzo e Ginny divenne rossissima.
«Oh»,
disse Colin, guardando Ron e Hermione «ma che razza di fattura vi ha fatto
Malfoy?». La ragazza si tenne la pancia con una mano e lo indicò con l’altra.
Faticava a respirare.
Colin
era ancora convinto che ridessero a causa di un qualche incantesimo. Mamma
quant’era ingenuo! Forse dopotutto Ginny poteva ancora smentire le parole di
Ron. «Vedi, Colin», cominciò, calma. «Visto che, ehm… Harry non è stato molto
bene ultimamente e soffre anche un po’ di mal di treno, mamma mi ha dato una
pozione per farlo dormire…»
«Oh»,
ripeté Colin. Un lampo di speranza era apparso nei suoi occhi. Aveva abboccato.
«Beh, io volevo giusto chiedergli come stava… ho saputo che gli è morto il
padrino…»
Dal
modo in cui il ragazzino ne parlava, si capiva che non sapeva chi fosse il
suddetto padrino. In effetti, per quanti pettegolezzi giungessero alle orecchie
di Colin, nessuna notizia era trapelata su Sirius. Il Ministero della Magia
fingeva che non fosse mai esistito per evitare di ammettere un errore così
clamoroso. La Gazzetta del Profeta non aveva mai nominato nemmeno Codaliscia. A
Harry però non importava più che le accuse contro Sirius fossero smentite,
tanto ormai il suo padrino non avrebbe più potuto essere libero. Anche se gli
dispiaceva che il nome di Sirius rimanesse così diffamato, il silenzio da parte
del Ministero gli evitava parecchie domande e sguardi curiosi che non avrebbe
mai potuto sopportare. Chi era venuto a sapere dell’intera faccenda, come
Neville, che aveva assistito alla morte di Sirius, evitava il discorso con
Harry, ma se fosse stata la Gazzetta a diffondere la notizia, sarebbe stata
sulla bocca di tutti.
«Si,
è vero», rispose Ginny, a disagio. «Ma… evita il discorso con lui, per favore.
È una storia abbastanza complicata».
Colin
annuì, risentito. Disse agli altri di salutargli Harry quando si fosse
svegliato e se ne andò a testa china. Ron, come se nulla fosse, propose una
partita a scacchi che durò fino alla fine del viaggio, poiché spesso il ragazzo
si distraeva e smetteva di giocare per una mezz’oretta. Harry dormì quasi tutto
il tempo e si svegliò una mezz’ora prima di arrivare ad Hogwarts. La dormita
gli aveva fatto bene, perché era più lucido, ora. I suoi eccessi di risa erano
stati sostituiti da nausea e un forte mal di testa. Purtroppo non si poteva
dire lo stesso di Ron e Hermione, che trovavano da ridere su ogni cosa. Quando
il treno si fermò, comunque, erano tutti impazienti di scendere. Ginny aveva
una gran fame, Harry principalmente volevano buttarsi nei propri letti per
starci una settimana, mentre gli altri due non sembravano rendersi conto di ciò
che facevano.
―
Preso
com’era nel domare i postumi della sbornia, Harry non partecipò attivamente al
banchetto di inizio anno, né sentì il discorso del cappello parlante, che fu
molto simile a quello dell’anno passato, comunque – il cappello ormai aveva
quel duplice compito di smistare e dare consigli. Ora che il Ministero aveva
ammesso il ritorno di Voldemort, però, gli studenti diedero più peso alle sue
parole.
Nemmeno
Hermione riuscì a prestare abbastanza attenzione da seguire la parole del
cappello, ma insieme a Ron prese parte iperattivamente alla cena, ridendo e
scherzando con gli altri Grifondoro e prendendo in giro i novellini,
soprattutto quelli che finivano a Serpeverde. Quando il banchetto finì, da
bravi prefetti svolsero il loro compito di richiamare gli altri studenti della
loro casa. Naturalmente anche in questo caso i più piccoli furono oggetto di
scherno. Ron mortificò un paio di volte un bambino prima di essere fermato da
Ginny. Hermione continuava a ridere senza controllo, ma quantomeno riuscirono a
radunare tutti i Grifondoro. Il loro compito fallì però miseramente quando fu
il momento di condurre tutti nella Sala Comune, e si sarebbero sicuramente
persi nel giro di cinque minuti se non ci fossero stati tutti gli altri
studenti dal secondo anno in su, che fecero meccanicamente la strada fino al
settimo piano. Ron e Hermione finirono per seguire la massa, ma qualche buona
anima pia fece in modo che stessero sempre in prima fila, di modo che sembrasse
che fossero loro a dirigere il gruppo.
«Qual
è la parola d’ordine?», chiese qualcuno davanti al ritratto della Signora
Grassa. Per fortuna era una delle cose che avevano fatto ridere di più i due
ragazzi nella riunione, e dunque una delle poche che ricordavano. Il motivo per
li avesse fatti ridere così tanto rimase un mistero, come molte altre cose
successe in quella singolare giornata di inizio scuola.
Ora
Ron era stanchissimo. Sette piani di scalinate da ubriaco non sono affatto
rilassanti, e lui se li sentiva tutti addosso, come una zavorra. Le gambe erano
diventate pesanti, e la testa pulsava minacciosamente, rombando nelle orecchie.
Anche Harry sembrava provare la stessa cosa, ma in più lui aveva anche un gran
mal di testa. La nausea era cosa comune a tutti e tre i ragazzi, poiché dopo
tre ore di giramento di testa era una cosa inevitabile. Ah, ma adesso
finalmente potevano rilassarsi nei propri letti.
Mentre
la maggior parte degli studenti più grandi si fermarono in Sala Comune per
festeggiare – persino l’inizio della scuola poteva essere usato come pretesto
per una festa, se lo si faceva passare come un addio alle vacanze –, Ron e
Harry si fiondarono nella loro camera ed Hermione, spinta da Ginny, prese
subito per il dormitorio femminile. Se fosse stato per lei, che rimaneva ancora
molto attiva, sarebbe rimasta a divertirsi con gli altri, ma Ginny insistette
per mandarla a letto. Il giorno dopo sarebbe tornato tutto come prima.
Ron
si tolse maglietta e pantaloni e si mise sotto le coperte solo coi boxer.
Rimase seduto sul letto un secondo, guardando Harry che girava insieme al resto
della stanza, poi chiuse le tende e si sdraiò. Sicuramente ora sarebbe passato tutto…
che meraviglia, a letto, tranquilli, fermi, rilassati. Emise uno sospiro di
sollievo e chiuse finalmente gli occhi. Ah… ora si che si stava bene. No, un
momento! Ooh-nooo! Ma perché ora aveva ripreso tutto a girare? Riaprì gli occhi
di colpo e cercò di domare le vertigini. Un po’ meglio. Li richiuse. E tutto
riprese a girare. Mugugnò un lamento.
Ron
si apprestò a passare una notte d’inferno. Parecchie volte fu tentato di
parlare con Harry, che giaceva nelle sue stesse condizioni sul letto accanto al
suo, ma sentiva che se avesse aperto bocca avrebbe di sicuro vomitato. Così si
appisolò e si risvegliò per un centinaio di volte fino a quando si decise
finalmente ad alzarsi verso le quattro e mezza del mattino, incapace di restare
ancora sdraiato, sudato fradicio e con un gran mal di testa. Almeno però questa
non girava più così tanto e la nausea si era fatta più sopportabile. Scese in
Sala Comune senza rivestirsi, con l’intenzione di fare due passi per svegliarsi
e poi andare a buttarsi sotto una bella doccia fresca per levarsi di dosso
sudore e malessere.
Ma
non poteva immaginarsi che nel salottino avrebbe trovato Hermione, seduta sul
divano a cucire qualche berretto o calzino per gli elfi, che lo vide conciato
nel modo in cui era.
―
Fine
II Capitolo
―
Beh, questo è ciò che sono riuscita a
tirar fuori… però vi ho anche regalato un Ronnie in boxer e coi capelli
disastrosi (dopo una notte agitata, è più che normale)… me lo lasciate un
commentino?
Avvertenza:
spesso questo capitolo è confusionario perché riporta pensieri così come
ragionano i nostri due drunks (simbolicamente e ormai anche letteralmente^^) e
io non ho voluto alterare il loro modo di trarne qualche conclusione, non so se
mi spiego… Spero comunque che sia tutto chiaro, in caso contrario fatemelo
notare!
Volevo scusarmi se ci ho messo un sacco di tempo ad aggiornare,
ma ho una buona scusante: ho perso un po’ di tempo per riuscire a caricare
immagini nel sito, perché ho una sorpresa per voi! (la trovate alla fine della
pagina, ditemi cosa ne pensate)
Ed ora:
Thanks To (che la scorsa
volta mancavano imperdonabilmente):
StefyGranger: Beh, sono felice che ti piaccia sia la storia che il
mio modo di scrivere! Farò del mio meglio anche nei prossimi capitoli.
Gigia990: Dunque, sbavare è l’unica reazione che avrei anch’io alla
vista di Ron, ma si sa che Hermione è molto più controllata^^. Comunque, se hai
voglia di allagare un po’ la casa, vai alla fine del capitolo e sbava pure
quanto vuoi (occhio però a non farlo sul computer, altrimenti poi non funziona
più e non puoi più recensire!).
Ransie86:
Scusa, un po’ ti ho fatto aspettare, ma mi farò perdonare!
Sono felice che ti piaccia la mia storia…
Francina: In realtà sì, solo tu vomiti SEMPRE… cosa credi, Ronnie
lo regge l’alcol! Per quanto riguarda Draco, devo dire che una parte di lui mi
piace (quella bastarda), ma quando si mette a fare il moribondo raccomandato
non lo sopporto. Comunque non penso di dargli una grande parte in questa storia
perché vorrei dedicarmi solo ai due stronzini per ora…
SiJay: anch’io vado pazza per Fred e George, che saranno molto
importanti per lo svolgimento della storia…
Daisy05: Sì, beh, non è che Herm volesse proprio
ubriacarsi, ma con Fred e George che ti spingono a bere e Ron che ti tenta è
difficile opporsi^^.
DeepDerk: Grazie della recensione, spero continui ad interessarti.
Fammi sapere cosa ne pensi dei prossimi capitoli quando li leggerai…
Ronny92: Onoratissima di ricevere una recensione da te. Sai, sto
leggendo “tutte le migliori coppie iniziano così” ed è stupenda, ma non l’ ho
ancora finita e per questo non ho ancora recensito (non pensare subito male).
Appena raggiungo il capitolo l’ultimo capitolo la inserirò, per adesso sappi
che mi piace tantissimo (Ron è adorabile, come al solito) e che ti faccio i
miei complimenti.
NOTA: Per l’interruzione della storia dopo il 6, non credo che
riuscirò a finirla entro l’uscita, ma se ci tenete la continuo, anche perché mi
ci sto affezionando e manca ancora il capitolo che mi ha dato lo spunto per
tutta la storia e che ci tengo a pubblicare. Il prossimo aggiornamento potrebbe
tardare ancora un po’ perché quei tesori dei miei prof hanno deciso di
riempirci di verifiche tutte quest’ultima settimana, ma sarà di sicuro per Natale
(spero). Dopo vado una decina di giorni in montagna, dove non ho internet
(sigh) e non potrò aggiornare, ma potrò comunque scrivere, così non appena
torno vi posto il o i chap nuovo/i… Dopo il 6 non scriverò fino a che non avrò
finito di leggere HP (cioè per più o meno mezza giornata^^), perché la lettura
occuperà tutto il mio tempo libero e anche non libero… Poi se volete che
continui lo farò. Ho voluto chiarire queste cose per non farvi aspettare senza
sapere niente. Tutto chiaro? Bene, ho finito il mio monologo, grazie per
l’attenzione. Ora vi lascio al Capitolo III, Buona Lettura!!!
"Push it out,
fake a smile
Avert disaster, just in time
I need a drink, cause in a while
Worthless answer from friends of mine
It's dumb to ask, cool to ignore Girls posess me, but they're never mine I made my entrance, avoided hazards Checked my engine, I fell behind
I fell behind
She makes me feel like it's raining outside
And when the storm's gone i'm all torn up inside
I'm always nervous on, days like this like the prom
I get too scared to move, cause i'm a fuckin' boy"
(Blink 182 - Story of
a lonely guy)
Hermione sentì qualcosa di
fastidioso solleticargli il naso, come se avesse inspirato una piuma. Si
svegliò, ma tenne gli occhi chiusi. C’era qualcosa sul cuscino accanto a lei.
Sollevò le palpebre, giusto il tempo di scoprire che qual qualcosa accanto alla
sua testa era rosso. Capelli rossi. Serrò gli occhi, strizzandoli con tutta la
forza che riusciva a metterci, mentre il cuore cominciò ad accelerare
inesorabilmente il suo ritmo.
Ron, pensò. Ron,
si ripeté. Quel nome gli martellava nella testa. Si sforzò di ricordare cos’era
successo la sera precedente, dopo che aveva visto Ron in boxer. Ron in boxer… i
suoi pensieri razionali si persero completamente spazzati via dalle sensazioni
che aveva provato solo poche ore prima. O almeno, così credeva. Non sapeva
esattamente quanto aveva dormito, ma presupponeva che fossero passate circa due
ore. Se Ron era lì con lei non poteva essere nel suo dormitorio, visto che era
proibito ai maschi di salire, e quindi probabilmente era ancora in Sala Comune.
Siccome sembrava deserta (cioè, lei non sentiva né voci né passi, e tanto meno
era stata svegliata con l’urlo di stupore che sicuramente sarebbe stato
caratteristico se qualcuno avesse sorpreso lei in quella situazione, e con
Ron per giunta), allora doveva essere ancora mattino presto. Sapeva bene
per esperienza personale che già dalle sette la Sala Comune iniziava a essere
frequentata dai più mattinieri, anche se le lezioni iniziavano solo alle nove.
Di solito anche lei si svegliava e scendeva presto per dare una ripassata alle
lezioni… un momento, ora! Non perdiamo il filo, torniamo al problema imminente:
cos’era successo dopo che aveva visto Ron così… Beh, era stata investita da
un’ondata di emozioni che non credeva nemmeno si potessero provare. Divagò di
nuovo, nel ricordo di ciò che aveva realmente sentito. Ron in boxer era stato…
lei non si sarebbe mai immaginata di poter avere un simile pensiero sul suo
migliore amico, ma la prima cosa che aveva pensato, ancora prima di realizzare
chi fosse esattamente quel ragazzo, era stata che lui era stupendo. Il fiato le
si era mozzato in gola ed era rimasta immobile, con i ferri in mano ed un
gomitolo di lana sul grembo, muta. Poi, lentamente, aveva alzato lo sguardo,
percorso tutto il suo corpo fino a raggiungere i suoi occhi [ehi, io li
immagino scuri, poi voi potete spaziare e ignorare qualsiasi mio riferimento al
colore degli occhi - NdVale]. Aveva incatenato il suo sguardo a quello di Ron
ed era stata pervasa da una nuova paralisi, mentre si perdeva nei suoi occhi
profondi, dalle pupille dilatate dal buio e dallo stupore. Non sapeva quanto
fossero stati così, fermi, a respirare l’uno per l’altra, ma quel momento le
sembrò interminabile. E a dire la verità sperava che lo fosse. Fissare Ron ed
essere fissata da lui in quel modo – spaventato, sì, ma in qualche modo
misterioso anche felice di vederla – l’aveva fatta sentire in paradiso,
e soprattutto completa. Ma come poteva aver provato tutto questo in pochi
secondi, e per il suo migliore amico? Il suo migliore amico, i cui vestiti,
troppo deformati dagli altri fratelli, non rendevano affatto giustizia al suo
fisico. Era incredibile che non avesse mai visto Ron a dorso nudo in cinque
anni esatti che si conoscevano. O forse un paio di volte, alla Tana, l’aveva
intravisto senza maglietta, ma era stato qualche anno fa, quando ancora non
aveva sviluppato quel fisico ed aveva una struttura ancora da ragazzino.
Comunque, non importava se l’aveva già visto prima oppure no, fatto sta che
questa volta ne rimase completamente folgorata, e non poteva far finta di non
aver pensato ciò che invece aveva. Ora doveva fare i conti con ciò che aveva
sentito e capire ciò che provava per Ron. Perché qualcosa era scattato in
quell’attimo, prima che…
―
Inizialmente era stato davvero
felice di vederla così, inaspettatamente e piacevolmente. In un primo momento
non aveva realizzato appieno la situazione, perché quando la incontrava senza
averlo previsto veniva svuotato da ogni sensazione, non capiva più nulla,
iniziava ad aumentare il battito del cuore e saliva l’adrenalina, ma
contemporaneamente si sentiva in pace e straordinariamente e in qualche modo
inspiegabile a proprio agio. Perché quella non era stata, non lo era stata
assolutamente, una situazione agevole. Eppure perché continuava a ripetersi
che, nonostante tutto, era stato gradevole incontrarsi così? Per lui certo era
stato meraviglioso, lo era sempre stare con lei, in qualsiasi situazione… ma
per lei cos’era stato? Lui non era nelle condizioni ideali per farsi guardare
da lei. Sì, lei, Hermione, ragazza, sua migliore amica, sua, lei! Cosa
c’era di strano? Dal quarto anno sapeva bene che Hermione era una ragazza.
Prima di allora non lo aveva del tutto realizzato… che razza di idiota.
Hermione faceva bene a definirlo così. Prese un appunto mentale di riferirle
che aveva ragione a chiamarlo idiota, quale era. Pensò al suo sorriso quando
glielo avesse riferito, poi scosse la testa per ritornare al fulcro dei suoi
pensieri. Doveva ragionare, non vagare tra sogni futuri e ricordi passati come
faceva sempre quando pensava a lei. E cioè la maggior parte del tempo. Doveva
smetterla, seriamente. Si stava rovinando a furia di distrarsi… come stava
facendo ora. Si impose di concentrarsi. Allora, cos’era successo esattamente? A
un certo punto era rabbrividito, questo è sicuro. Quando lei l’aveva percorso
con lo sguardo. Ancora non si era reso conto di essere fondamentalmente nudo
davanti a lei, perché altrimenti sarebbe direttamente raggelato. O magari
sarebbe esploso, chi può dirlo… avrebbe iniziato a surriscaldarsi e a diventare
rosso come al solito, dannatamente rosso – come odiava quando arrossiva – poi
forse avrebbe cominciato a fumare finché non avesse raggiunto la massima
temperatura consentita e sarebbe imploso. Personalmente avrebbe preferito la
seconda opzione, perché almeno così non sarebbe rimasto più niente di lui, ma
proprio niente, se non un vago ricordo. Se avesse realizzato subito ciò che lei
stava guardando quando l’aveva percorso con gli occhi, sarebbe davvero stata la
fine del mondo (causata dalla sua esplosione dalla vergogna, beninteso). Per
fortuna, comunque, aveva realizzato la situazione solo dopo, quando lei
non stava più guardando il suo corpo, ma era fermamente concentrata sul suo
sguardo, come lui su quello di lei. Quant’erano stati fermi in quel modo? Chi
può dirlo… Cos’aveva provato quando si erano guardati come se non ne potessero
fare a meno? A questo poteva rispondere, forse. Aveva capito di non poter mai
rinunciare a lei. Mai. Ma anche di non potersi accontentare di ciò che al
momento erano l’uno per l’altra. E stava anche per parlare, rompendo così quel
momento indimenticabile che si era creato, ma solo per crearne uno nuovo e
migliore, quando improvvisamente aveva sentito freddo. Sì, era stata una folata
di vento a ricordargli di essere nudo. Nudo e sudato. Indecoroso (o
irresistibile? NdVale). E allora era tornato in sé. Avrebbe davvero voluto fare
una figura dignitosa, giustificarsi, scusarsi. Ma i suoi occhi e il suoi stesso
sangue l’avevano tradito, facendolo ordinariamente arrossire. Strano. E ora si
trovava in una stanza che non era il suo dormitorio.
―
Era sveglia da poco più di due
minuti, ma non aveva ancora avuto il coraggio di riaprire gli occhi. Cercando
di ragionare, stava per ricadere nel dormiveglia. Si impose di stare sveglia,
anche se era difficile dopo una notte insonne stare vigile tenendo gli occhi
chiusi.
Aveva ripensato agli
avvenimenti di quella notte senza riuscire a spiegare come potesse trovarsi in
un letto con Ron accanto. Alla fine aveva capito di non essere in Sala Comune
dato che sentiva il materasso comodo e il guanciale sotto di sé. Era sicura di
essere in un letto, ma non sapeva dove. Probabilmente era nel dormitorio dei
ragazzi, il che le rendeva il tutto ancora più inspiegabile. Perché lei non si
ricordava affatto di esservi andata. Ma Ron non poteva essere venuto in quello
delle ragazze mentre lei dormiva, perché ai maschi era vietato l’accesso,
quindi l’unica possibilità era che era andata lei da lui inconsciamente, oppure
semplicemente non si ricordava cosa aveva fatto, ancora una volta per colpa
delle bevute del giorno prima. Ripercorse per l’ennesima volta con la mente ciò
che era successo dopo che Ron aveva rotto il contatto visivo…
Aveva realizzato di essere in
boxer e il suo sguardo era cambiato. Lo stupore, la tenerezza che c’era stata
nei suoi occhi quando l’aveva vista, fatto inaspettato ma gradito, erano stati
soppiantati da vergogna e terrore allo stato puro. Avrebbe voluto tranquillizzarlo,
farlo tornare a proprio agio… magari così lui sarebbe salito in dormitorio
giusto il tempo di mettersi un paio di pantaloni e una maglietta per poi
ritornare lì con lei, a riderci sopra…
Ma lui non gliene aveva dato il
tempo. Mentre cercava le parole, che incredibilmente non riusciva a trovare,
lui si era riscosso ed era scappato via, lasciandola lì interdetta con la bocca
aperta ed una mano, che aveva alzato inconsciamente per bloccarlo, fermatasi a
mezz’aria. Sì, era andato via e lei non lo aveva seguito, rincorso,
abbracciato. Com’erano finiti lì, allora, se lei era rimasta immobile,
sconvolta non per come l’aveva visto ma per come aveva reagito lui. Era rimasta
interdetta per un po’, chiedendosi perché era sembrato così spaventato – certo,
lei l’aveva appena visto quasi nudo ma non era la fine del mondo –, poi aveva
deciso di tornare nella propria camera per ragionare meglio: doveva capire cosa
successo, non in sala comune, ma nella sua testa. Doveva capire perché si
sentiva così confusa, e perché era così delusa, e perché per lei in quel
momento la reazione di Ron era l’unica cosa importante.
Non ricordava altro, solo un
sogno che aveva fatto, di passare la notte abbracciata con il suo amico. E
temeva che, come spesso accade quando si ha bevuto un po’ troppo, avesse
confuso la realtà coi sogni.
―
Era arrabbiata. Lo sapeva, e
per questo era terrorizzato dai risvolti che l’intera faccenda avrebbe
comportato sul loro rapporto – rapporto di amicizia. Da un po’ era tormentato
da quest’idea che il loro legame dovesse prendere una svolta drastica, ma ogni
volta ricacciava indietro il pensiero, perché comportava troppe domande e
troppi dubbi.
Ora però si trattava di un
peggioramento della situazione, e lui questo non lo voleva. Non voleva che per
colpa di una sua stupida sbadataggine avesse dovuto rimetterci la loro
amicizia, ciò che di più caro lui aveva al mondo.
Hermione era di sicuro furiosa
con lui. Certamente. Quando si sarebbero incontrati, quel mattino, lei o lo
avrebbe ignorato, facendo finta che non esistesse ed esprimendo così tutto il
suo disprezzo, oppure gli avrebbe urlato contro, dandogli dell’idiota – e lui
concordava pienamente – per essere andato in giro così, dell’incurante
irresponsabile per non pensare a quelli che potevano incontrarlo, e dell’insensibile
per essersi mostrato a lei così. E sarebbero andati a cozzare contro l’ennesimo
litigio. Ogni volta che lui si predisponeva di non reagire, di darle sempre
ragione, di restare calmo e di non urlarle contro a sua volta, finiva per fare
l’esatto opposto. E dire che gli davano dell’ impulsivo… con Hermione
programmava ogni discorso da cima a fondo, ma poi finiva per cedere ad una sua
parola particolarmente dura, forse non detta per ferirlo ma che invece lo
faceva. Non era lui l’insensibile. Erano gli altri a non capire lui, a non
vedere ciò che gli faceva davvero male, a provocarlo e a colpirlo proprio dove
era più debole.
Si sarebbe arrabbiata, ma lui
questa volta non avrebbe reagito. Gli avrebbe chiesto scusa a testa china, in
ginocchio se fosse stato necessario. E sarebbe stato dolce. Dolce come non le
aveva mai dimostrato di poter essere. E lei avrebbe ceduto. Sperò solo che lei
non avrebbe scelto la via dell’indifferenza e della freddezza. Quella era più
difficile da risolvere, ma lui ci avrebbe provato comunque, assumendosi le
proprie responsabilità e parlandole chiaramente, prendendo egli stesso
l’iniziativa. Cosa che faceva raramente. Ma per lei, avrebbe fatto di tutto. Si
passò una mano nei capelli, accingendosi ad alzarsi.
―
Se davvero la situazione era
come sembrava, allora avrebbe dovuto risolverla velocemente. E per risolverla
doveva aprire gli occhi. Il problema, l’ennesimo, era che non ci riusciva. E se
Ron fosse stato davvero lì, cosa gli avrebbe detto? Non aveva ancora capito
cosa aveva provato, non sarebbe riuscita a spiegargli un bel niente. Avrebbe
fatto solo una figuraccia, e lei odiava fare brutte figure. Però doveva uscire
da quella circostanza, non poteva certo rimanere immobile ancora per molto.
Fece un respiro profondo. Le palpebre non si alzarono. Ne fece un altro, poi,
di botto, spalancò gli occhi. Vide un groviglio di peluria rossa davanti alla
sua faccia, prima di realizzare il tutto e tirarsi seduta di scatto. Le scappò
un urlo scocciato di sorpresa.
Era Grattastinchi.
Grattastinchi era il pelo rosso che aveva creduto i capelli di Ron. Si era
fatta un sacco di problemi mentali per un gatto sul letto. Era andata come
ricordava: dopo l’incontro con Ron era tornata in camera sua per pensare e
doveva essersi addormentata. Non aveva più visto l’amico dopo le quattro di
quella notte. Diventò bordeaux mentre scacciava malamente il gatto dal suo
cuscino. Improvvisamente aveva caldo, era sudata e arrabbiatissima col gatto.
Grattastinchi, lui… l’aveva fatta illudere. Ma no, cosa diceva? Illudere di che
cosa? Però era vero che per colpa di quel gatto si era tormentata inutilmente
per ben tre minuti. Tre minuti che le erano sembrati ore.
Non avrebbe mai immaginato che
tra qualche tempo sarebbe finita col ringraziare Grattastinchi per quella
mattina, perché in fin dei conti l’aveva obbligata ad aprire un po’ gli occhi.
E prima avesse aperto gli occhi, prima avrebbe realizzato il sogno che non
sapeva di avere.
Ora però altri pensieri le
riempivano quella testolina piena di nozioni. Aveva pensato ciò che aveva
pensato, e ora doveva farci i conti: come avrebbe potuto guardare ancora Ron
allo stesso modo di prima? Come sarebbe riuscita a parlargli ancora? E se lui
avesse frainteso tutto, credendo che l’imbarazzo derivava da come lo aveva
visto? Lei non voleva che lui pensasse questo. Erano amici da tanto tempo ed in
fin dei conti non c’era bisogno di chiarire niente riguardo alla vicenda. Ci
avrebbe scherzato sopra benevolmente se non fosse stata afflitta da altre
preoccupazioni. Aveva altro per la testa, ma doveva cercare di comportarsi
normalmente.
Guardò l’ora. Erano le sette.
Si vestì lentamente, ignorando Calì e Lavanda che si erano svegliate poco dopo
e le avevano chiesto come stava. Doveva avere un’aria molto sbattuta se aveva
fatto preoccupare persino le sue compagne di stanza. Si sistemò meglio che poté
i capelli più scarmigliati del solito. Aveva davvero una brutta cera, ma al
momento di scendere in Sala Comune, dopo una doccia rigenerante, si stampò un
sorriso sulla faccia, augurandosi di mantenerlo anche quando avrebbe visto Ron.
―
Lui era in una piccola stanza
della torre di Grifondoro, raggiungibile passaggio dietro un ritratto della
Sala Comune. Fred e George l’avevano usata come laboratorio quando ancora
frequentavano la scuola e ora che non c’erano più solo Ron sapeva della sua
esistenza. Dopo essere corso via da buon codardo, era andato nel suo
dormitorio. Lì si era rivestito. Aveva lasciato passare una decina di minuti,
poi, in un momento di risolutezza particolarmente ardita, era ridisceso in Sala
Comune per parlare con Hermione. Ma la ragazza se n’era andata e tutta la
fermezza di Ron era venuta meno. Aveva notato che un piccolo cappello per Elfi
Domestici era stato abbandonato per terra accanto alla poltrona. L’aveva
raccolto, ricordando che tutti gli Elfi della scuola erano indignati nel
trovare vestiti per tutta la torre di Grifondoro e si erano rifiutati di
pulirla. Il povero Dobby doveva fare tutto da solo.
Ron si era schiacciato il
berretto di lana in una tasca dei jeans ed era entrato nella stanzetta. Era
quasi tutta occupata da un massiccio tavolo in pietra che una volta era pieno
di strumenti e gabbie di animali usati dai gemelli per i loro esperimenti.
Quella notte però era sgombro e Ron si era sdraiato sulla fredda roccia per
organizzare i propri pensieri e prepararsi un discorso per ogni eventuale
reazione di Hermione. Nel suo dormitorio non riusciva a concentrarsi, con
Neville che russava e Harry che mugugnava nel sonno, così si era rifugiato lì.
Verso le sette si alzò e tornò
nel dormitorio del sesto anno. Si lavò e si mise la divisa della scuola. Harry
si svegliò che lui era già pronto per scendere. Si preparò mentre Ron rimaneva
immobile in piedi davanti alla porta, indeciso sul da farsi. Harry lo guardò
con uno sguardo interrogativo.
«Ho avuto uno strano incontro
con Hermione questa notte», confessò Ron, sapendo di non potere mentire
all’amico.
«Strano in che senso?», chiese
Harry, infilandosi un calzino. Ron sospirò. Non voleva dirgli altro. «Va bene»,
disse Harry, intuendo i pensieri dell’amico. «Ma la situazione è così
drastica?»
«Non lo so… forse sì», rispose
Ron dopo un attimo di esitazione.
«Vedrai che risolverete anche
questa», lo tranquillizzò.
«Lo spero proprio», disse Ron,
non troppo convinto. Quando anche Harry fu pronto, non aveva scelta. Doveva
scendere con lui. Scese le scale, mentre Harry lo seguiva, ma giunto alla fine
si bloccò di colpo. Non era pronto, Hermione era già in Sala ad aspettarli,
guardando sorridente fuori da una finestra, e lui si dimenticò tutti i discorsi
che si era preparato. Non sapeva cosa dire, aveva la bocca arida e non
connetteva più. Harry era rimasto sullo scalino sopra di lui e per poco non
cadde quando Ron frenò bruscamente davanti a lui.
«Che diavolo…», cominciò, ma si
interruppe quando vide Ron flettere le gambe e girare fulmineamente su se
stesso, per poi ributtarsi a capofitto su per la rampa di scale. Lo bloccò con
un braccio e lo trattenne faticosamente, puntandosi sui piedi.
«Ron!», gli ringhiò a bassa voce,
un po’ per non farsi sentire da altri e un po’ perché gli rimaneva davvero poco
fiato mentre cercava di contrastare la forza dell’amico. «Ma che fai? Sei
impazzito? Va’ e assumiti le tue responsabilità!». Con uno sforzo non da poco
riuscì a far girare il ragazzo, che pian piano si arrese. Inspirò e trattenne
il respiro quando Harry, con una spintarella questa volta leggera, lo indirizzò
in Sala Comune, mentrelui rimaneva
all’imboccatura delle scale per assistere da lontano alla scena. Aveva imparato
a proprie spese a stare lontano dai suoi migliori amici quando questi
litigavano tra loro.
Ron avanzò nella stanza verso
la finestra davanti alla quale sedeva Hermione, dalla parte opposta delle
scale. La ragazza aveva lo sguardo perso nel paesaggio e pensieroso. Sorrideva,
ma il suo sorriso non si estendeva agli occhi. Ron si chiese per la millesima
volta in due ore come avrebbe reagito, se si sarebbe arrabbiata o avesse finto
indifferenza. Scrutò attentamente il suo sguardo, ma non sembrava arrabbiato,
né deluso, né preoccupato. Gli parve solo confuso. Avrebbe voluto
tranquillizzarla e chiarire i suoi dubbi, ma sapeva di non poterlo fare. Anche
perché il suo dubbio era lui.
Era fermo a guardarla a pochi
passi da lei, ma la ragazza, persa nei propri pensieri, non l’aveva notato. La
guardò ancora un attimo, sperando che continuasse a sorridere anche dopo averlo
visto. Deglutì mentre il solito pensiero gli attraversava la testa: avrebbe
fatto qualsiasi cosa per quella ragazza, perché Hermione era tutto per lui. Forse
non capiva il significato integrale di quel pensiero, però sapeva di non
volerla deludere né fare arrabbiare. Voleva che ridesse, o che lo guardasse
teneramente, o che lo abbracciasse, o che gli desse un altro bacio di buona
fortuna. Allungò una mano per attirare la sua attenzione toccandole una spalla.
A quel contatto la ragazza sussultò vistosamente e si girò subito verso di lui.
«Ron!», disse. Il sorriso si
cancellò dal suo volto, sostituito da un evidente rossore in zona guance. Ma il
tono con cui aveva pronunciato il suo nome non era né seccato né distaccato.
Solo sorpreso ed imbarazzato. Ron si chiese perché lei dovesse essere
imbarazzata, era lui che avrebbe dovuto esserselo. Come a ricordargli che in
realtà lo era, le sue orecchie si fecero bollenti e allora fu sicuro di essere
arrossito a sua volta. Hermione prese a balbettare. «No-non ti ho sentito
a-arriv-vare…»
«Non volevo spaventarti», le
disse Ron, pacato, facendole un timido sorriso.
«No… no, non mi hai spaventato,
non preoccuparti», gli disse Hermione, rispondendo al suo sorriso in modo un
po’ impacciato ma sincero. Le labbra del ragazzo si curvarono di più,
acquistando un po’ di sicurezza e tranquillità. Hermione non se l’era presa.
Ora restava solo da chiederle scusa lo stesso, ma decise di aspettare un
momento più opportuno per affrontare un discorso abbastanza lungo e privato.
Girò la testa verso le scale, facendo cenno a Harry di avvicinarsi. Harry
recepì il via libera e si avvicinò a loro, salutando Hermione con una buffa
occhiata. Doveva morire dalla voglia di sapere cos’era successo tra quei due.
«Come va la testa?», chiese
Harry, riferendosi ai postumi.
Hermione non capì subito.
Afflitta da tutti quei pensieri, si era completamente dimenticata della
sbornia. «La…?», chiese, interrogativa. Poi, dopo un eloquente sguardo di Ron,
i suoi occhi si illuminarono. «Ah!», esclamò, capendo. Ridacchiò, e stava per
rispondere che le faceva un po’ male quando concretizzò di essersi ubriacata e
che probabilmente era stata vista in uno stato non completamente lucido.
«Oddio», venne assalita dall’ansia, ritornando la solita impeccabile e
puntigliosa Hermione. «Che cosa ho fatto?», chiese, petulante. Voleva
evidentemente sapere se aveva creato qualche guaio.
«E chi se lo ricorda?», affermò
Harry.
«Sai, mi chiedevo quanto
sarebbe durato ancora lo stato di grazia», confessò Ron a Harry. Hermione gli
diede uno spintone giocoso, senza riuscire a spostarlo di mezzo millimetro.
Beh, ora almeno sapeva da dove derivava la forza del suo amico. Arrossì ancora
al pensiero che lei reputava decisamente inopportuno, ma i due ragazzi non se
ne accorsero. Hermione attaccò con la sua predica.
«No, davvero, siamo stati degli
incoscienti…»
Ron parlò sopra alle parole
della ragazza. «Ora sì che mi sento a casa!», affermò, sorridendo.
Ed suo sorriso fu contagioso.
―
FINE
III CAPITOLO
―
Beh, che ne
pensate? Ringraziatemi perché dopo 3 ore di tema in classe sono ancora qui a
scrivere per aggiornare entro stasera… ma come sono brava!
Dunque, so che
non accadono molte cose in questo chappy, però ho voluto dedicare il giusto
spazio a delle riflessioni importanti. Perché secondo me, per precisare, Ron e
Hermione non sono ancora innamorati, o almeno non sanno di esserlo. E visto che
non è una cosa che accade da un momento all’altro, questo capitolo era
necessario.
CONSIDERAZIONI:
Allora, devo dire che Ron è un po’ più sveglio di Hermione in questo capitolo,
nel senso che ha capito più cose di lei. Questo perché secondo me Ron in fondo
sa che Hermione gli piace, ma non sa fino a che punto. Ron lo sa, Hermione no,
assolutamente… o almeno, è ora che inizia a sospettare qualcosa. Però di
sicuro, per una volta, ha capito meno di Ron. Questo perché Ron è dal ballo che
è alle prese con la propria gelosia, con cui ha dovuto fare i conti. Per
giustificarla, ha dovuto ammettere alcune cose a se stesso. Hermione invece,
anche se vuole bene a Ron, ancora non ha compreso in che modo gliene voglia,
anche perché da brava ragazza studiosa si rifugia dietro ai libri fingendo di
non essere interessata ai ragazzi.
Il prossimo
capitolo sarà un po’ più attivo, e Ron dovrà parlare con Hermione. Inizierà
l’anno scolastico, con tutte le nuove abitudini e analizzerò un po’ anche il
personaggio di Harry, che ho un po’ trascurato insieme al mio personaggio preferito
(SIRIUS), che poverino l’ ho appena accennato!
Ed ora vi lascio
alla SURPRISE. Ecco a voi Ron in boxer, paralizzato da una certa situazione
nota a tutti! Godetevelo, ma ricordate che Hermione potrebbe essere gelosa^^
You know I got black eyes
But they burn so brightly for her
This is a blind kind of love
Oh oh oh, the sweetest thing
(U2 - Sweetest Thing)
Ginny si
presentò alla prima colazione dell’anno scolastico con un sorriso di scherno.
Si avvicinò velocemente agli altri tre, li guardò trattenendo a stento le
risate e porse loro una domanda ben precisa. «Allora, vi siete ripresi?».
Ron mugugnò
qualcosa di incomprensibile a causa dell’enorme quantità di Pancakes che gli
ostruiva la bocca, segno che stava bene visto che come al solito si stava
ingozzando di cibo. Tutto l’imbarazzo di Hermione si era tramutato in sollievo
per il non aver apparentemente combinato danni e giocherellava a testa bassa
con i suoi cereali e un mezzo sorrisetto stampato in faccia. La sua attenzione
fu però richiamata dalla giovane Weasley.
«Ginny,
Ginny!», esclamò concitata. «Confermami che non abbiamo fatto niente di…
inopportuno…»
«Ehm…», fece
Ginny, a disagio. «Se vuoi te lo dico, ma…»
«Oddio-che-è-successo!»,
esclamò Hermione tutto d’un fiato, sull’orlo di una crisi isterica.
«Ma niente di
grave, stai tranquilla», Ginny cercò di rimediare, ma Hermione, ormai
nuovamente preoccupata, non ne voleva sapere di stare zitta e incitava Ginny a
continuare. Ron sbuffò divertito da dietro il suo boccone troppo grosso, e
subito dopo prese a tossire, diventando via via più rosso un po’ perché gli era
andato di traverso del cibo, un po’ per l’imbarazzo di stare soffocando davanti
a tutta la scuola. Certo questo non giovava alla sua reputazione di perdente.
Nonostante tutto gli venne da ridere per il suo grado di idiozia, impedendo
così maggiormente la propria respirazione. Harry, seduto accanto a lui prese a
dargli energiche pacche sulla spalla, approfittando per esagerare e fargli qualche
dispetto. Certo, prima aveva riassunto la sua aria assente, ma ora che era a
Hogwarts sembrava meno pensieroso. Forse presto sarebbe tornato tutto come
prima. Ma come sarebbe potuto senza Sirius? Al ricordo del suo padrino, Harry
smise subito di colpire Ron con la mano, sentendosi come in colpa per aver
sorriso un momento. Ron inghiottì a fatica, gettò uno sguardo interrogativo a
Harry, poi riconcentrò su Ginny la sua attenzione, anche lui curioso di sapere
cosa avevano fatto da ubriachi. Si asciugò con due dita gli occhi, bagnati
dalle lacrime causate dalle risate e dalla tosse. Posò lo sguardo sulla
sorella. Ginny attese che la comica scenetta fosse finita prima di cominciare a
parlare. Tenne lo sguardo fisso su Harry, che non sembrava per nulla interessato
al loro discorso. Sospirò, sperando che tornasse sorridente. L’ennesima scossa
di Hermione la indusse a continuare.
«Ok, ok!», la
assecondò. «Niente di grave, solo… credo che tu abbia quasi scagliato una
maledizione contro Malfoy», finì tutto d’un fiato Ginny.
Ron, che aveva
i gomiti appoggiati al tavolo, scivolò in avanti picchiando il mento contro il
tavolo e rovesciando una brocca di succo con un braccio. Hermione si era
bloccata nell’atto di portarsi un cucchiaio alla bocca, e pian piano la stretta
sulla posata si fece più lieve finché non le cadde di mano nella tazza,
schizzando latte un po’ ovunque. Ma la ragazza non parve rendersene conto. Era
del tutto immobile. Harry aveva alzato lo sguardo e finalmente fissava Ginny,
anche se non si poteva dire che la guardasse con un interesse. Ron si era
raddrizzato sulla panca, ricomponendosi. Lentamente un sorriso incredulo ed
ebete comparve sul suo viso. Aveva uno sguardo felice e fiero. Hermione, come
ricordandosi di respirare, boccheggiò un paio di volte, tentando di parlare.
Alla fine un suono stridulo e angosciato le uscì dalle labbra. Il sorriso di
Ron si allargò.
«Andiamo,
Hermione, finalmente abbiamo dato una lezione a quell’arrogantello di…»
«Un momento!»,
lo interruppe la sorella. «Ho detto quasi, non ha concluso niente»
«In che
senso?», chiese Hermione con un filo di voce, in apprensione.
«Beh, nel
senso che siete stati interrotti», disse Ginny, come se la cosa fosse ovvia. Il
sorriso di Ron divenne qualcosa di un po’ deluso.
Hermione si
lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, poi rivalutò le parole dell’amica e un
nuovo problema spuntò nella sua testolina. «Interrotti?», ribadì, «Vuol dire
che qualcuno mi ha beccato a lanciare un incantesimo a Malfoy?»
«No», rispose
Ginny, con troppa calma per i gusti di Hermione, che le lanciò un’occhiata per
spronarla a continuare in fretta. Intimorita, la ragazza riprese a parlare
speditamente, incespicando nelle parole per la foga ed il timore di Hermione.
«Ecco, vedi, ehm, il, sì, un Corvonero… Colin mi ha detto che vi ha visti
mentre stavate per essere attaccati da Malfoy, ma lo sapete bene come
lui ingigantisca sempre tutto»
«Quindi?»,
chiese Ron, con uno sguardo un po’ cupo. Improvvisamente si era ricordato di
qualcosa. O meglio, di qualcuno. Sperò che Hermione non ne avesse
ricordo. Non voleva litigare ancora e sicuramente se fosse saltato fuori
l’argomento si sarebbero urlati addosso, e lui si era ripromesso di non farlo.
Evidentemente il suo desiderio fu esaudito, perché Hermione non dava segno di
aver capito chi fosse il Corvonero.
«Beh, Malfoy
si difende dicendo che sei stata tu ad attaccarlo, ma non è questo ciò che ha
visto il Caposcuola…»
«Un momento»,
la interruppe Hermione. «Il Caposcuola di Corvonero mi ha vista mentre
attaccavo uno studente?», chiese, sempre più preoccupata.
«Ma no!»,
disse subito Ginny. «A quanto pare Malfoy ti ha disarmato prima che vi
beccasse, così praticamente la punizione l’ ha beccata solo lui. Ovviamente va
cianciando che non è colpa sua e così via, ma è la sua parola contro quella del
Caposcuola, quindi non conta molto… oltretutto quel Beadle è un tipo alla
Percy, quindi gode di molta fiducia da parte dei professori…»
Ron storse la
bocca, ricordando l’impressione che il bellimbusto gli aveva fatto, ma si
astenne dal commentare apertamente. «E che hanno fatto a Malfoy?», chiese
invece.
«Gli faranno
pulire la sala dei trofei, o qualcosa del genere. Volevano anche sospendergli
l’incarico di prefetto, ma a quanto pare la decisione finale spettava a Piton,
che ovviamente ha difeso il suo pupillo»
«Se lo sarebbe
meritato», intervenne improvvisamente Harry, aspro. «Almeno questa volta non ci
sarebbe stato il suo caro paparino a difenderlo». Fece una smorfia persino
troppo crudele, poi tornò a chiudersi in se stesso. Gli altri tre si lanciarono
un’occhiata.
«Sta ancora ad
Azkaban?», chiese Hermione. Non aveva avuto molti contatti col mondo della
magia durante l’estate, ma riceveva comunque tutti i giorni la Gazzetta del
Profeta, che era tornata a pubblicare articoli obbiettivi, e l’avrebbe saputo
se Lucius Malfoy fosse stato rilasciato o fosse evaso. In realtà con quella
domanda voleva solo spingere Harry a parlare.
«È ovvio,
no?», disse invece Ron, senza capire le intenzioni della ragazza. «Voglio dire,
le accuse contro di lui erano troppo pesanti, no?»
«Era la parola
di Harry contro la sua», disse Hermione, cercando di suscitare una reazione da
parte di Harry.
Ron la guardò,
estremamente stupito, e pensando che Hermione stesse accusando l’amico non
riuscì più a trattenersi. «Che vuoi dire?», sbottò. Lei gli lanciò un’occhiata
allusiva che ovviamente Ron non afferrò. Prima che potesse ribattere, però, la
professoressa McGranitt passò a consegnare loro l’orario delle lezioni.
«Perfetto!»,
disse Ron, «Niente Pozioni di lunedì… chissà che quest’anno riesca a godermi il
weekend».
Hermione lo
guardò pensosa. «Ron… quando abbiamo le ronde?»
«Che?», chiese
Ron, tutto intento a fissare il suo orario.
«Le ronde,
sai, quelle cose che ogni tanto si deve fare se si è prefetti…», disse,
sarcastica.
«Ah», disse Ron. «Oh…», aggiunse, non
appena si rese conto di non saper rispondere alla domanda di Hermione.
«Bravo, Ron,
hai imparato due vocali», fece Ginny, sorridendo, felice che il possibile
litigio fosse stato sviato.
«Ehm… tu non
lo sai?», chiese invece Ron, ignorando la sorella.
«No», rispose
Hermione, passandosi disperata le mano fra i capelli. «Ecco cosa succede quando
si fanno delle cretinate…»
«Oh, andiamo,
non è poi così grave, andremo a chiedere l’orario… diremo che abbiamo perso il
foglio su cui avevamo accuratamente appuntato tutto»
«Non è solo
questo, Ronald», esclamò lei, inviperita dalla voce annoiata del ragazzo.
«Abbiamo combinato fin troppi guai! E io non posso credere che l’effetto
dell’alcol duri per tutta la notte e il giorno seguente. In fondo non abbiamo
bevuto così tanto!» Ginny, essendo a conoscenza della situazione, arrossì
furiosamente, e per non farsi scoprire da Hermione bevve un sorso troppo lungo
dalla sua tazza. Ron guardò l’amica senza capire a cosa si riferisse, e probabilmente
fu un bene.
«Chi avete
alla prima ora?», chiese Ginny, tentando di cambiare argomento.
«Ehm», Ron
ricontrollò il suo orario. «Difesa Contro le Arti Oscure…»
«Chi è il
nuovo insegnante?», chiese Hermione a Ginny.
Lei fece un
grosso sorriso prima di rispondere. «Finalmente uno competente!», disse
allegramente.
«Lo conosci
già?», chiese Seamus, che li aveva raggiunti solo ora.
Ginny esitò.
Non poteva certo dire che conosceva il nuovo insegnante perché i suoi genitori
lavoravano per l’Ordine con lui. Ovviamente anche adesso che il Ministero si
era deciso ad appoggiarlo, restava sempre un’associazione segreta. Non era
prudente, con le spie di Voldemort in circolazione, andare in giro a fare nomi.
«No», disse infine. «Non lo conosco, ma ne ho sentito parlare molto bene».
Ron la guardò
incuriosito. «Ma chi diavolo è?», chiese.
«Ti senti
bene, Ron?», chiese Seamus. «Silente ne ha parlato per un quarto d’ora ieri
alla cena… Ha anche detto che le ore di Difesa, visti gli ultimi tempi, saranno
almeno tre in più del solito»
«Ma certo che
sto bene», fece il rosso con veemenza «Mi chiedevo solo come faccia Ginny ad
averne sentito parlare», si giustificò.
«Beh, Elphias
Doge è un nome che si sente piuttosto spesso in giro», disse Ginny,
rivelando abilmente l’identità dell’insegnante senza farsi scoprire. Harry alzò
la teste, prestando più attenzione. Conosceva quel Doge, era andato a prenderlo
dai Dursley un anno prima per portarlo al Quartier Generale.
«In giro
dove?», chiese Dean, piuttosto distaccato. Anche lui aveva preso posto al
tavolo accanto a Seamus.
«Papà mi ha
parlato di lui qualche volta», mentì Ginny.
«Silente dice
che è un grande sostenitore della lotta contro Voldemort», disse Dean.
«Sì, a quanto
pare sa un sacco di roba…», convenne la ragazza. Hermione notò che Dean non la
guardava in faccia e si ricordò che i due avevano rotto un paio di settimane
prima. Ginny invece sembrava completamente a suo agio.
«Beh», disse
improvvisamente Hermione. «Io avrei anche finito di mangiare e dovrei passare
in biblioteca un attimo. Harry, Ron, mi accompagnate?»
«In biblioteca
il primo giorno di scuola?», chiese Ron storcendo il naso in modo buffo, ma
alzandosi dal tavolo per seguire Hermione. Dopo un’ultima occhiata desiderosa
alle torte di fronte a lui, scavalcò la panca e si diresse senza altre
obiezioni verso l’uscita della Sala Grande. Harry fece lo stesso in silenzio,
con un nuovo nome che gli martellava in testa. Sicuramente un membro così
importante dell’Ordine non era lì ad Hogwarts solo per insegnare.
«Cosa ne pensate?»,
disse Hermione, non appena le porte si furono richiuse alle loro spalle.
«Di cosa?»,
chiese ingenuamente Ron.
«Beh,
sicuramente ci sono altri motivi per cui è qui», disse Harry, tornando per un
momento il solito ragazzo che cercava di risolvere una questione.
«Già»,
convenne la ragazza.
«Oh, andiamo»,
disse invece Ron. «Magari è qui solo perché è bravo»
«Certo,
Ronald, e al posto di andare a combattere Voldemort sta qui a perdere tempo con
noi studenti», sussurrò Hermione, per non farsi sentire da nessuno, mentre
camminavano per i corridoi verso l’aula di Difesa Contro le Arti scure.
«Anche noi
abbiamo il diritto di essere preparati al peggio», disse saggiamente Ron,
alzando un poco la voce.
«Certo», fece
calma la ragazza, «Ma c’è un sacco di gente che saprebbe insegnarci senza far
parte dell’Ordine. Non dico che non sia un bene averne un membro come
insegnante, anzi, ma secondo me non è questo il solo motivo per cui è ad
Hogwarts…»
«Pensi che sia
qui per controllare il castello?», chiese Harry, alquanto interessato al
discorso.
«Mh, può
darsi», rispose Hermione, valutando le ipotesi. «Ma credo che in particolare
voglia reclutare un po’ degli studenti più grandi, metterli al corrente della
situazione, addestrarli ulteriormente… non mi stupirei se quest’anno venissero
organizzate lezioni supplementari di duello, cose così. Un po’ come l’ES,
insomma. Ma in realtà credo che la ragione principale per cui è qui sia tu,
Harry», aggiunse infine, facendo immobilizzare i due ragazzi.
«Che… che
intendi dire?», chiese Harry titubante.
«Che sei tu
quello che deve essere preparato maggiormente allo scontri decisivo, Harry»,
sentenziò. Ron la guardò supplichevole. Non voleva scatenare la furia
dell’amico, era stufo che si sfogasse sempre su loro due, anche se a dire la
verità ultimamente era stato piuttosto sulle sue. Hermione invece era da quella
mattina che cercava di estorcergli qualche confessione. Harry prese un profondo
respiro prima di iniziare a parlare.
«Credo di
dover parlare a Silente», disse semplicemente. «Non ho intenzione di restarmene
un altro anno a far niente»
Né Hermione né
Ron trovarono niente da replicare. Si limitarono a continuare a camminare,
mentre Harry li informava che sarebbe andato a prendere un appuntamento col
preside non appena possibile.
―
Il mercoledì,
due giorni dopo l’inizio della scuola, la professoressa McGranitt aveva
chiamato a sé Harry al termine della prima lezione di Trasfigurazione.
Sbrigativa, gli aveva detto di presentarsi quella sera dopo cena davanti
all’ufficio del preside. Così, poco dopo aver mangiato, Harry vi si diresse,
impaziente. Ron e Hermione si ritrovarono a passare la serata da soli, potendo
così chiarire alcune faccende. Ma ovviamente Ron non aveva ancora trovato il
coraggio di introdurre l’argomento e se ne stava in silenzio, mentre
camminavano in silenzio verso la Torre di Grifondoro. Le signora Grassa fece
loro un piccolo cenno di saluto prima di lasciarli passare. Una volta entrati
nella Sala Comune, fu Hermione che si decise finalmente a parlare.
«Hai chiesto
l’orario dei prefetti?», chiese, con voce insicura. Probabilmente temeva di
spezzare la calma che si era creata. Dall’inizio della settimana non avevano
ancora litigato.
«Ah sì?», gli
disse lei, guardandolo ironicamente, ma senza rabbia. «Allora quando abbiamo il
primo turno?»
«Ehm, sì»,
ripeté stupidamente Ron, continuando a sorriderle. Hermione lo guardò con
bonario rammarico.
«Sei
irrecuperabile», gli disse.
«Facciamo una
partita a scacchi?», propose Ron, ignorando palesemente il commento.
«Beh…», disse
Hermione. «Veramente avrei da sistemare il compito di Antiche Rune che mi hanno
dato questo pomeriggio…»
«Fai ancora
Antiche Rune?», chiese Ron, incredulo.
«Sì, non ti
sta bene?»
«No, ma… che
lavoro intendi fare dopo Hogwarts?»
«Non lo so
ancora, per questo voglio avere una preparazione completa in tutto»
«Secondo me tu
pensi troppo al futuro, devi fare quello che ti piace», le disse Ron,
affondando le mani nelle tasche dei jeans.
«Ma a me piace
studiare Antiche Rune, Ron», gli rispose lei, inarcando un sopracciglio. Non
capiva dove volesse andare a parare il ragazzo.
Ron tirò su
col naso. «Certo, e a me piace Cura delle Creature Magiche»
Hermione capì.
«Ron, sono sicura che Hagrid capirà… insomma, è una materia secondaria, seguo
già troppe materie quest’anno»
«Beh, anche
Antiche Rune è una materia secondaria, potevi rinunciare a quella», disse Ron,
scocciato.
«Non
arrabbiarti ora, Ronald», rispose Hermione, mantenendo un tono di voce pacato.
«Ho solo pensato a quello che mi potrà servire per un futuro lavoro»
«Quando hai la
prossima lezione?», chiese Ron.
Hermione
aggrottò le sopracciglia. «Perché?»
«Tu rispondi e
basta, tanto se volessi ci metterei un attimo a scoprirlo da qualcun altro»,
fece Ron, fissandola insistentemente.
«Beh,
mercoledì», si arrese lei, guardando Ron con sguardo interrogativo.
Lui sorrise,
consapevole di averla incastrata. «Allora puoi giocare a scacchi con me!»
Hermione
arrossì. «Che imbroglione!», gli disse, dandogli una pacca sul braccio.
«Andiamo, è la
prima settimana, non abbiamo compiti arretrati e possiamo rilassarci forse per
la prima e ultima volta nel corso dell’anno.»
Lei sospirò,
cedendo alla richiesta dell’amico. Non che poi le dispiacesse molto, avevano un
sacco di cose da dirsi. Ron le fece il sorriso di un bambino che trova una
montagna di regali sotto l’albero di Natale, poi corse a prendere la
scacchiera. Hermione si avviò verso le loro poltrone preferite, accanto al
tenue fuocherello che crepitava leggermente nel camino. Poco dopo Ron la
raggiunse, raggiante. Non giocavano spesso a scacchi insieme, quasi sempre le
partite erano tra Harry e Ron, e Hermione solitamente si limitava a guardare
Ron che stracciava inesorabilmente il suo migliore amico.
«Ti avverto,
non sarà facile come con Harry», gli disse lei.
Ron storse la
bocca. «Oh, lo spero proprio. Mi manca un avversario degno… com’è che tu non
giochi mai?»
«Diciamo che
mi piace molto di più starvi a guardare», Hermione sorrise dolcemente al
ragazzo, che aveva inclinato la testa di lato.
«Perché?», le
chiese.
«Mi rilassa. E
poi intanto di solito mi porto avanti con i compiti o correggo i vostri»
Ron rise. «Non
pensare ai compiti per una sera», le disse, tornando serio. Si sedette sulla
poltrona di fronte a lei e appoggiò la scacchiera con i bianchi dalla parte di
Hermione. «Prima le signore», le disse.
Hermione
sorrise. «Signore?»
«Beh,
ragazze», disse Ron, arrossendo come un bambino, e diventando ancora più rosso
dopo aver intuito di essere arrossito. Era una specie di reazione a catena, se
ci entravi poi era dura fermarsi. Abbassò lo sguardo, cominciando a disporre a
casaccio i pezzi sulla scacchiera.
A Hermione
venne da ridere vedendolo così agitato per una cosa così semplice, e non riuscì
a trattenersi. «Sei adorabile»
Ron si bloccò.
Hermione si
rese conto di ciò che aveva detto ed arrossì a sua volta.
Il ragazzo
prese coraggio, alzò lo sguardo, straordinariamente riuscì a parlare ed
ancorpiù incredibilmente disse proprio
quella parola: «Quando?»
Hermione
rimase a bocca aperta per la domanda inaspettata. «In che senso?»
«Quando lo
sono?»
Hermione non
era del tutto convinta di aver capito, e inoltre voleva sentirlo dire da Ron,
così disse: «Lo sei cosa?»
«Quando sono,
ehm, l’ hai detto tu… insomma, adorabile?», disse Ron, impacciato, sprofondando
nella poltrona ma continuando a guardare Hermione negli occhi.
Lei sorrise
per la dolcezza dell’amico. «Beh, adesso, per esempio». Ron la fissava
insistentemente. Si era ritirato su leggermente, appoggiandosi ai braccioli
della poltrona.
«Quando?»,
ripeté, continuando a guardarla negli occhi.
Hermione si
arrese sotto il suo sguardo. «Quando arrossisci», confessò, abbassando
finalmente gli occhi ed interessandosi alla scacchiera. Ron divenne se
possibile ancora più rosso.
«No, ehm, nah…
non è vero, è una cosa insopportabile», disse Ron, cercando di essere il più
spigliato possibile e spezzando così l’atmosfera di imbarazzo e sincerità che
si era creata. «Non… non può essere questo, andiamo, Hermione!», continuò, non
capendo nemmeno cosa stava dicendo. Gli si era completamente annebbiato il
cervello.
Hermione non
smise di sorridergli. «Mi piace quando sei te stesso», gli disse. «Quando non
c’è nessuno intorno e non ti preoccupi di mantenere la tua aria da duro perché
siamo solo noi due…» Hermione si interruppe perché Ron si era raddrizzato e la
guardava con troppa intensità.
«Anche se sono
solo Ron?», le chiese con voce roca e triste.
Hermione
sbatté gli occhi. Sapeva bene come Ron soffrisse di un complesso di
inferiorità, soprattutto nei confronti di Harry, ma non riusciva a capire come
potesse parlare di se stesso come di un ragazzo insignificante. Non era famoso
quanto Harry, ma non per questo era meno importante. O almeno per lei. Lo
guardò negli occhi prima di dirgli l’unica cosa che avrebbe potuto
rassicurarlo.
«Perché sei
Ron», gli rispose, col tono più controllato che riuscì a trovare. Tremava sotto
lo sguardo profondo dell’amico. «Non il sesto Weasley, non il migliore amico di
Harry Potter, non il successore di Baston nella squadra di Quidditch di
Grifondoro. Solo Ron, ed è la cosa più bella che tu possa essere».
L’espressione
persa del ragazzo mutò per far posto ad un timido sorriso, e finalmente si
rilassò sulla poltrona, invitando con un cenno Hermione a muovere la sua pedina.
―
Fine IV Capitolo
Oh-ho! Non mi uccidete se ho interrotto qui il
capitolo, in realtà non doveva finire così, ma altrimenti non riuscivo proprio
ad aggiornare prima di partire… a proposito, mi scuso se non ho aggiornato
entro Natale come avevo promesso, vi faccio comunque gli auguroni anche se in
ritardo!
Stoppare il capitolo proprio ora però aumenta la
vostra curiosità, così aspettate con più ansia il prossimo chappy… intanto
potete recensire e dirmi come vi è sembrato questo capitolo che possiamo
definire di Ambientazione…
Ma cosa hanno combinato i due scemotti? A voi le
ipotesi, ma non illudetevi troppo, è ancora prestino e le fette di salame sono
ancora ancorate saldamente agli occhi di entrambi.
Anche gli Special Thanks per questa volta devono
saltare, vi dico solo GRAZIE INFINITE e mi farò perdonare la prossima volta,
quando risistemerò anche l’immagine (il problema è che il sito in cui è
caricata cambia ogni giorno indirizzo, così la caricherò su un altro sito).
Auguro a tutti un BUONISSIMO ANNO, è incredibile
quanto lo si dica sempre con facilità, ma ve lo auguro davvero, e in montagna
vedrò di scrivere più di un capitolo, anche se potrò pubblicarlo solo dopo.
Scusate se ancora una volta mancano i ringraziamenti, ma
sono tornata da poco e non ho fatto proprio in tempo, non mi sembrava il caso
di ritardare l’aggiornamento, mi rifarò col prossimo chap!
Buona lettura!
Capitolo V
Situazioni
"Pink it's my new obsession
Pink it's not even a question,
Pink on the lips of your lover, cause
Pink is the love you discover
(...)
Pink it was love at first sight
Pink when I turn out the light, and
Pink gets me high as a kite
And I think everything is going to be all right
No matter what we do tonight" (Aerosmith - Pink)
Avevano quasi finito la partita, ma come al solito
Ron non aveva ancora trovato il coraggio di parlarle… e Harry sarebbe tornato
tra non molto, ormai. Aveva poco tempo per poter parlare a quattrocchi con
Hermione.
«Hermione», cominciò. Lei alzò lo sguardo, ordinando
distrattamente alla sua torre di avanzare di qualche casella. «Miseriaccia!»,
esclamò Ron. Gli aveva fatto scacco, e per salvarsi il ragazzo avrebbe dovuto
sacrificare la propria regina. «Vai, vai», disse al pezzo senza esitare. Non
che avesse molta scelta. Hermione sorrise con sfida a Ron. Lui accantonò
nuovamente i suoi buoni propositi di parlarle e si concentrò attentamente sulla
partita, accettando la sfida che la ragazza gli aveva appena lanciato. Alla
fine rimasero solo con i due re e qualche pedone, e Ron alzò di nuovo lo
sguardo. «Incedibile», le disse.
«Io ti avevo avvertito, non sono Harry»
«Oh, sì-sì, si capisce. E meno male che non sei
lui», aggiunse, ridendo nel vedere il sorriso imbarazzato sul viso di lei. Poi
prese un profondo respiro, pensando che comunque l’atmosfera era già
imbarazzata e tanto valeva non rimandare. «Senti, Hermione…». Un forte
ticchettio lo interruppe nuovamente. «Miseriaccia, ma non si può mai parlare, qui?»,
esclamò aprendo la finestra a un grosso gufo bruno. Quello si andò a posare
sulla poltrona dove prima sedeva Ron, aspettando il ritorno del ragazzo e
bagnando tutticuscini, poiché fuori
pioveva piuttosto violentemente. Ron sfilò bruscamente la busta dalla zampa
dell’uccello.
«È di Fred e George», disse mentre prendeva in mano
il pacco allegato. Avrebbe volentieri messo tutto da parte per finire il
discorso nemmeno cominciato con Hermione, ma capì che altrimenti il gufo non se
ne sarebbe andato, e non voleva uno spettatore dagli occhi enormi e gialli
mentre le parlava. Chissà che Fred e George non gli avessero fatto qualche
incantesimo per farsi successivamente riferire quello che il gufo avrebbe visto
e sentito. «Perché non l’ hanno mandato con la posta del mattino?»
«Lo sai come sono, se possono fare di testa loro e
dare fastidio non perdono l’occasione»
Ron sorrise, aprendo la busta. «Già, mi mancheranno
quei due qui a Hogwarts…», poi sfilò la lettera, ma subito la lasciò cadere
come se fosse rimasto scottato, prendendo a scuotere febbrilmente la mano con
un’espressione terrorizzata sul viso. Indietreggiò e ricadde seduto sulla
poltrona, con gran disappunto del gufo bruno, ma si trattenne dall’urlare.
Anche se con lei poteva essere se stesso, come gli aveva fatto notare poco
tempo prima, non era proprio il caso di mettersi a frignare davanti alla
ragazza che… Ron scosse la testa, era solo questione di orgoglio, non aveva
bisogno di fare bella figura con Hermione, che cosa ci avrebbe guadagnato mai?
Beh… E di nuovo negò con la testa.
«No?», fece Hermione, in ginocchio davanti a lui,
preoccupata. «No, non stai bene o no, stai bene?» Lui aggrottò le sopracciglia,
prima di scrollare un’ultima volta la mano.
«No, bene, sto bene», disse a corto di fiato. Hermione
era molto vicina a lui, ma probabilmente lei pensava che la mancanza di
ossigeno fosse dovuta allo spavento. Ron invece sapeva bene che era lei a
fargli quest’effetto. Estrasse la bacchetta, scansando gentilmente la sua
migliore amica, e la puntò contro la lettera. «Ehm», disse, scegliendo
l’incantesimo più opportuno. «Stupeficium», mormorò, e un piccolo getto di luce
rossa colpì la busta illuminandola per un breve attimo. Ron si avvicinò e la
raccolse disgustato, poi svuotò sul tavolo il suo contenuto. Un ragnetto
schiantato e una lettera scivolarono fuori.
Hermione sorrise, rassicurata. «Mi hai fatto
prendere un colpo…»
«Mi dispiace», disse Ron mentre raccoglieva la
lettera stando ben attento a non sfiorare nemmeno il ragno.
«…ma in fondo avrei dovuto aspettarmelo da uno come
te», aggiunse amichevolmente.
«E con questo che cosa intendi dire?», le chiese con
un sorriso falsamente incredulo e scandalizzato. Era strano, normalmente
avrebbe risposto malamente, ma per una volta si era accorto del tono scherzoso
dalla ragazza, e inoltre non gli andava di litigare.
«Mah, forse dovrei insegnarti a cogliere le
allusioni, Ron», lo punzecchiò lei, mettendoglisi accanto e appoggiandogli una
mano su braccio, per leggere con lui la lettera dei gemelli. Ron la aprì molto
lentamente, così che rimanessero vicini in quel modo per più tempo. Alla fine
fu però costretto a iniziare a leggere.
Fratellino, siediti, perché stai per ricevere una
notizia bomba.
Ron e Hermione si scambiarono un’occhiata scettica e
tornarono a leggere.
Abbiamo quasi terminato l’allestimento del
negozio e così abbiamo anticipato la festa di apertura. Inutile rimandare… si
terrà alla fine della prossima settimana, sabato sera festa di inaugurazione,
domenica di apertura. Sistemiamo tutto noi per la scuola, incredibilmente mamma
è disposta a chiedere dei permessi per tutti. Dillo tu a Ginny. Vestiti
decentemente, ti abbiamo spedito un nuovo vestito da cerimonia, è nel pacco che
ti abbiamo mandato col gufo… a proposito, non credo che se ne andrà prima di
averti visto scartare la scatola.
«Come volevasi dimostrare», disse Ron. Hermione lo
guardò interrogativa, ma lui le fece segno di lasciar perdere.
Facci un po’ di pubblicità a Hogwarts, Ronnino.
Ti aspettiamo sabato pomeriggio a Diagon Alley, e vedi di portarci anche
Hermione, zucca vuota. Ovviamente è invitato anche Harry. Saluti,
George, Fred
PS: piaciuto il nostro MiniMolliccio Tascabile,
Ronnie? Purtroppo si trasforma una sola volta e poi smette di funzionare, ma è
immune al Riddikulus e per togliertelo dai piedi devi trattarlo come ciò in cui
si è trasformato. Articolo acquistabile ai Tiri Vispi Weasley, fai circolare la
voce.
Ron, che era diventato incredibilmente rosso
leggendo l’ultima parte della lettera, quella in cui si parlava di Hermione,
prese a balbettare. «Ah, ehm, allora io andrei a… sai, non ho intenzione di
scartare il mio pacco qui, davanti a tutti…». Hermione annuì ricordando i
precedenti.
«Beh, ci… ci vediamo domani, allora», le disse Ron,
chinandosi a raccogliere la scatola.
«S-sì… grazie per la partita, per… per la serata»
Ron le fece un sorrisetto vispo. «Come la
chiudiamo?», le chiese, indicando con la testa la scacchiera.
«Patta?», propose Hermione.
Ron sorrise largamente. «E sia», acconsentì,
ignorando le proteste del re nero che inveiva sostenendo di essere in
vantaggio. Non era vero, avevano finito davvero pari, nessuno dei due aveva
pedine sufficienti per dare una svolta al gioco.
«Buonanotte», le disse Ron, dopo un lungo momento di
silenzio. Era evidente che non desiderava andarsene.
«’Notte», disse Hermione, e senza riuscire a
trattenersi gli sfiorò la punta del naso con un dito. Dannazione! Eppure
lei non era un’impulsiva, era Ron quello che agiva d’istinto.
E fu proprio per non cedere a quest’ultimo che Ron
le rivolse un sorriso più breve di quanto non avesse voluto e fugò alla volta
del proprio dormitorio, con il pacco sottobraccio e l’ennesima questione
rimasta irrisolta.
―
La sera in cui aveva parlato con Silente, Harry era
rientrato a notte fonda e aveva trovato la Sala Comune completamente deserta.
Sorridendo al pensiero del clima di tensione che poteva esserci stato in quella
stanza fino a poche ore prima, era salito in dormitorio, dove tutti erano
profondamente addormentati, e aveva rimandato al giorno seguente il resoconto
della serata a Ron e Hermione. Per fortuna aveva scelto l’ora di
Trasfigurazione per parlarne ai due, così che Ron si era dovuto trattenere dal
protestare.
«Prenderò lezioni supplementari quasi ogni sera»,
disse Harry quando le domande dei due si erano fatte troppo insistenti per
essere ignorate. «Piton riprenderà a insegnarmi Occlumanzia», prese ad
elencare, mentre Ron storceva la bocca e gli dava comprensive pacche sulla
spalla. «Hagrid mi dirà dell’Ordine, degli incantesimi usati dai Mangimorte e
delle diverse creature dell’esercito di Voldemort. Doge mi darà lezioni di
Difesa Contro le Arti Oscure e la McGranitt di Incantesimi e Trasfigurazione
Avanzati… Ma la cosa più impostante è che Silente mi darà lezioni private di
duello – quello vero, non quella schifezza che ci aveva insegnato Allock…». Lo
sguardo ammirato di Hermione si era trasformato in preoccupazione, ma Ron
sembrava entusiasta.
«Silente ti insegnerà a combattere come fa lui?»
«Sì, o almeno, finché potrà… ha detto che prima o
poi dovrò arrangiarmi da solo, quando non avrà più niente da insegnarmi».
«Cioè», aveva chiesto Ron, «secondo Silente tu
supererai presto il suo potere?»
«Ma certo, no? Altrimenti come farà a sconfiggere
Voldemort?», aveva risposto Hermione, ma nemmeno lei ne sembrava convinta.
Harry era stato zitto: non era assolutamente convinto di poter raggiungere quei
livello, ma se non altro ci avrebbe provato. Sapeva di non essere all’altezza
né di Silente, né tanto meno di Voldemort, ma doveva tentare di raggiungerli
per poter battere quest’ultimo.
Si riscosse dai propri pensieri e decise di dare la
notizia che avrebbe sconvolto Ron.
Colpì distrattamente la scarpa che aveva davanti,
mormorando «Portus» senza che accadesse niente, poi si girò verso Ron,
senza però guardarlo negli occhi. «Sai che non potrò più giocare a Quidditch,
vero?», gli disse, depresso. Ron si immobilizzò nell’atto di colpire la sua
bottiglia di vetro. Hermione smise di fare congetture sul futuro di Harry e si
concentrò sui due ragazzi.
«Insomma», continuò Harry, «ho già troppe cose da
fare e…». Si interruppe vedendo lo sguardo spaesato di Ron.
«Ma non possono toglierti il Quidditch!», disse con
una sfumatura di supplica nella voce.
«Non sono io che scelgo, insomma, io vorrei
continuare, ma…»
«Tanto non hai bisogno di allenarti, sei già
abbastanza bravo. Tu… tu puoi sempre partecipare alle partite e…»
Ron continuò a protestare finché non si guadagnò un
rimprovero di Hermione, che come al solito lo accusò di essere un bambino, e
infine una sgridata dalla McGranitt, che interruppe tempestivamente il litigio
fra Ron e Hermione. Era la seconda volta, quell’anno, che la professoressa
salvava senza saperlo la situazione tra loro, e Harry si lasciò scappare un
sorriso pensando a cosa avrebbe detto la Cooman circa il destino, che a quanto
pareva non li desiderava litiganti.
―
Alla fine Ron si era calmato, ma era stato zitto per
tutto il resto della lezione. Aveva anche fatto cadere la bottiglia che doveva
trasformare in una Passaporta, facendo perdere dieci punti a Grifondoro. A
cena, comunque, avevano trovato altre novità, che avevano momentaneamente
allontanato Ron dal problema del Quidditch. Per quella sera si era indetto un
piccolo banchetto per spiegare alcune novità a tutti gli studenti. Silente si
era alzato per tenere un piccolo discorso ed era calato il silenzio nella Sala
Grande.
«Desidero innanzitutto congratularmi», cominciò il
Preside, sorridendo in direzione del tavolo di Grifondoro, «con gli
organizzatori del gruppo clandestino di Difesa delle Arti Oscure che si è
tenuto l’anno passato. Ovviamente era una cosa assolutamente proibita dal
corrente Inquisitore Supremo, e quindi largamente approvata da me…», continuò,
suscitando risate fra i tavoli. «Mi complimento soprattutto con l’ideatrice di
questo progetto e…»
Ma Ron non ascoltò gli altri ringraziamenti perché
si era voltato raggiante verso Hermione, seduta accanto a lui. Lei gli aveva
sorriso e lui non ci aveva più capito niente… ma che diavolo gli prendeva?
«Ehi, Ron, ti conviene ascoltare!» Harry lo aveva
riportato alla realtà. Ron lo guardò e notò che tratteneva a stento le risate,
probabilmente per l’espressione che aveva in quel momento. Si sentì arrossire
ancora di più e decise di ascoltare, ma gli venne in mente che a Hermione
piaceva quando lui arrossiva…
«Per questo motivo», stava dicendo Silente, «Abbiamo
convenuto di organizzare corsi pomeridiani di Magia Difensiva Pratica. Tutti
coloro che volessero iscriversi, sono pregati di rivolgersi ai Direttori delle
proprie Case. A seconda del grado di preparazione, gli studenti verranno divisi
in gruppi…»
Nei giorni seguenti, la McGranitt rivolgeva continue
raccomandazioni ai Grifondoro che desideravano partecipare, e non si asteneva
nemmeno dal minacciare quelli che di solito non seguivano le regole della
scuola.
«È incredibile», disse Ron una sera. Lui e Harry
erano seduti davanti al fuoco, una delle poche serate libere di Harry, e
giocavano a scacchi. «Ancora non abbiamo iniziato ad allenarci che già ci
raccomanda di fare attenzione e di non combinare guai… l’anno scorso ce la
siamo cavata benissimo senza professori, che vuoi che succeda quest’anno»
Hermione rispose, pensierosa come al solito.
«Secondo me è preoccupata… non vuole che gli alunni dimostrino di poter far
parte dell’Ordine»
«Per te è un modo per valutare le nostre capacità?»,
le chiese Ron.
«Potrebbe…»
«Silente vuole prepararci tutti al peggio», disse
Harry, con un tono che metteva fine alla conversazione.
«Harry, sai qualcosa che non vuoi dirci?», domandò
cauto Ron. «Guarda che se non puoi dircelo, non fa niente, basta saperlo…»
«Io non so niente», disse Harry brusco, muovendo un
pedone. Ron lasciò perdere il discorso per non scatenare l’ira di Harry e
sorrise, facendogli scacco matto.
«Sai, dovrei iniziare a giocare con Hermione…»,
buttò là Ron.
«Hermione?», fece Harry, poi si rivolse all’amica.
«Quando hai imparato a giocare a scacchi?»
«Dopo il primo anno ho deciso che è una delle cose
indispensabili da sapere per salvarsi la pelle», rispose Hermione, sorridendo.
«Poi sono diventata esperta guardando le vostre infinite partite, ho imparato
le mosse di Ron e visto te perdere tante di quelle volte che mi sarebbe
impossibile commettere i tuoi stessi errori»
Ron scoppiò a ridere, e Harry li guardò entrambi
leggermente offeso.
«Ha ragione, sai? Fai sempre gli stessi sbagli…»,
gli disse Ron.
«Prova a stare attento alle mosse dell’avversario»,
suggerì Hermione.
«Facile a dirsi, Ron è un mostro negli scacchi!»
«Non è vero, l’ ho quasi battuto l’altro giorno.
Abbiamo pareggiato!», disse Hermione, curiosa di vedere la reazione di Harry.
Lui rimase a bocca aperta, poi incrociò le braccia e
finse di arrabbiarsi. «Cos’è, avete intenzione di allearvi contro di me?»,
urlò, ridendo, mentre si godeva quell’attimo di serenità.
«Oh, sì», disse Hermione.
«Assolutamente sì!», concordò Ron.
«Ah, ma guardate che se mi ci metto anch’io a
combattere contro voi due, vi sbaraglio subito!», minacciò Harry,
maligno. Le risate si attenuarono perché in effetti i due ragazzi avevano
capito che cosa potesse usare Harry come arma per farli stare zitti. Ron
divenne subito rosso, Hermione parve soppesare i pro e i contro dell’intera
faccenda ma alla fine, guardando le orecchie di Ron, fu vinta dalla compassione
e smise di punzecchiare Harry, chiedendosi da quale momento ogni accenno a lei
e Ron insieme era diventato motivo di così tanto imbarazzo.
―
La seconda settimana di scuola era terminata
tranquillamente. Nel pomeriggio sarebbero partiti tutti per Diagon Alley, per
la festa di apertura dei Tiri Vispi Weasley. Alla fine la signora Weasley si
era arresa e aveva accettato la professione dei figli, soprattutto perché
sembrava essere molto più proficua di tutti i lavori degli altri Weasley messi
insieme.
Hermione si diresse al bagno dei prefetti, decisa a
farsi una rilassante nuotata nella splendida vasca prima di partire. Voleva
essere profumata e in ordine per la serata, ma non voleva ammetterne il motivo.
La verità era che voleva passare la serata con Ron.
In quell’ultima settimana, con Harry spesso assente
e Ginny impegnata con i compiti essendo nell’anno dei G.U.F.O., lei e Ron
avevano passato sempre più tempo insieme. C’erano momenti in cui erano
rilassati e si divertivano come avevano sempre fatto. In quei momenti, Hermione
si era resa conto di quanto Ron fosse importante per lei, perché senza di lui
sarebbe stata sola. Non poteva fare a meno di Ron come amico, ma in altri
momenti sembrava che l’amicizia non bastasse più. Tra di loro calava il
silenzio, portandosi dietro un forte imbarazzo, e allora Hermione si ritrovava
a pensare che quell’atmosfera non poteva esistere tra sue semplici amici. Il
fatto era che guardando Ron perdeva la capacità di pensare e quindi di parlare.
Ogni cosa gli sembrava stupida da dire, si sentiva a disagio eppure non
desiderava che quella sensazione passasse, non voleva che si separassero…
In quel fine settimana avrebbe dovuto capire cosa
stava succedendo. Per ora, si sarebbe rilassata nella vasca, cercando di
scacciare la stanchezza accumulata nelle ultime notti insonni. Raggiunse la
porta del bagno e pronunciò la parola d’ordine. La porta si aprì cigolando e
lei entrò nel bagno illuminata da un candeliere. Già parecchie bolle
aleggiavano nella stanza.
«Hermione!»
Lei si voltò al suono di quella voce famigliare,
sgranando gli occhi per lo stupore. Ron, che era immerso nella vasca, al posto
di rimanere fermo dov’era, nascosto dalla densa schiuma, scattò in piedi
d’istinto.
«Oddio-Ron-scusa», strillò Hermione, voltandosi con
una mano sugli occhi. Fortunatamente la vasca era alta anche considerando la
statura del ragazzo e parte del suo corpo rimase coperto. Hermione non esitò
nemmeno un attimo e prese subito la porta, correndo fuori dalla stanza per il
corridoio.
Nemmeno Ron perse tempo. Ascoltando la parte
impulsiva di sé, si issò fuori dal bagno, agguantò velocemente il suo
accappatoio e corse dietro alla ragazza infilandoselo.
«Hermione, aspetta!», le urlò dietro. Lei si bloccò
subito, incredula, mentre Ron la raggiungeva di corsa. «Devo… dobbiamo
parlare», disse ansimando, prendendole un polso e facendola voltare. Lei lo
squadrò un attimo prima di annuire. Aveva un aspetto piuttosto scarmigliato e
l’accappatoio gli era scivolato da una spalla, ma copriva ciò che doveva.
«Io…», cominciò Ron, inspirando profondamente. Era
talmente preso da quel discorso che non si era reso conto della situazione, e
forse proprio per questo aveva mantenuto il suo colore normale. «Devi scusarmi
per quello che è successo il primo giorno di scuola… se ti ho fatto sentire a
disagio. Cioè, non avrei dovuto andarmene in giro così, è solo che…»
Hermione si perse nel profumo di bagnoschiuma del
ragazzo, chiedendosi perché avesse scelto proprio quel momento per fare un
simile discorso, ma non stupendosi più di tanto… in fondo Ron si era sempre
comportato in modo strano.
«Sì, nemmeno io stasera avrei dovuto entrare così,
senza bussare. Non pensavo fosse occupato…», lo interruppe lei.
«Cioè, non mi sgridi?», Ron fece il suo solito
sorrisetto furbo. «Non mi dici che sono uno scemo che non ragiona e che…»
«Siamo pari, no?», fece Hermione, interrompendolo
per la seconda volta. Voleva che quella conversazione terminasse il prima
possibile. «In fondo non è successo niente»
«Oh, no, saremmo pari se io vedessi per due volte te
come tu hai visto me», la sua espressione si fece, se possibile, ancora più
furbesca.
«RON!», lo rimproverò Hermione, ma rideva.
«Si, beh… una volta per colpa tua e una volta per
colpa mia… dovresti avvertirmi la prossima volta che fai un bagno»
Se Ron voleva la guerra, allora lei gliela avrebbe
data volentieri. «A proposito di bagni… non credi che sia ora di rivestirsi?»
Ron abbassò lo sguardo sul proprio corpo e si
ricordò della situazione. Arrossì furiosamente, perdendo tutta quella sicurezza
che aveva sfoggiato fino a quel momento.
«Ah, sì, ehm… ecco, vado», disse, e schizzò via
lasciando Hermione sola in mezzo al corridoio, vincitrice e sorridente.
Guardandolo correre via imbarazzato, si disse che non c’era bisogno di tutto il
weekend per capire cosa provava per Ron. Era bastato un attimo.
―
Fine V
Capitolo
―
Ahi, che
faticaccia che ho fatto a scriverlo, spero sia venuto bene… Non l’ ho nemmeno
riletto perché volevo pubblicarlo prima dell’uscita del 6°!
A proposito,
POCHE ORE! Sono EUFORICA… GNAAAV! (= esclamazione impronunciabile che esce dalla
mia bocca incapace di formulare frasi di senso compiuto).
Allora, il
prossimo capitolo arriverà con un po’ di ritardo e sarà ambientato alla festa
di Fred e George… non dico altro. Voi intanto recensite che mi ispirate,
prometto che la prossima volta ringrazierò tutti come si deve! Un
bacioneeeeeeeeee
***PICCOLO ANGOLO
DEDICATO AL 6° LIBRO! WAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH! CHIUSO ANGOLO, IGNORATE I MIEI
SCLERIIIII!***
Ehm… dovreste proprio perdonarmi per il tremendo tempo di
attesa di questo capitolo, ma è un periodo un po’ brutto e non me la sento di
scrivere se non ho la massima aspirazione, perché non voglio pubblicare
velocemente qualcosa di cui poi potrei pentirmi… Ora vi lascio finalmente alla
lettura, sappiate che per farmi perdonare il capitolo è un po’ più lungo ed ho
anche pronta per voi l’immagine che tanto aspettavate!
Capitolo VI
La Fine di un’Amicizia
" It's strange
what desire will make foolish people do.
I never dreamed that I'd meet somebody like you.
And I never dreamed that I knew somebody like you.
No, I don't want to fall in love.
(This world is only
gonna break your heart)
No, I don't want to fall in love.
(This world is only
gonna break your heart)
With you. With you.
(This world is only
gonna break your heart)"
(Chris Isaak - Wicked Game)
Sebbene fossero già le dieci del
mattino l’ingresso della scuola era ancora quasi del tutto deserto. L’assenza
degli alunni era sicuramente dovuta al fatto che era uno dei primi sabati
dell’anno, non c’erano lezioni e gli studenti dormivano ancora beati nei loro
letti, cercando di abituarsi al ritmo di vita scolastico e recuperando le ore
di sonno nei fine settimana. Solo un piccolo gruppo di Grifondoro sedeva sulla
scalinata principale, aspettando la professoressa McGranitt.
«Ma dove si è cacciato Ron?»,
chiese Ginny, sbuffando. Hermione alzò una volta le spalle con un’espressione
rassegnata prima di rivolgere il suo sguardo interrogativo a Harry. Anche il
ragazzo scosse la testa.
«Ha detto che ci avrebbe
raggiunto subito… credo che volesse nascondermi qualcosa che ha messo in
baule», spiegò.
«È colpa tua, Harry», disse
Hermione, stupendo gli altri due. «Dovresti saperlo ormai che Ron è fatto così…
è sempre in ritardo, se la McGranitt arrivasse prima di lui…», sbuffò, «dovevi
controllarlo, Harry!», concluse esasperata.
L’amico la guardò con
un’espressione ferita, ma prima che potesse replicare qualcosa Ginny parlò.
«Non è colpa sua se mio fratello è in ritardo… che ti è preso, Hermione?», le
disse con voce fredda.
La ragazza la guardò arrossendo.
In realtà non sapeva nemmeno lei perché aveva voluto difendere Ron in quella
situazione. Provava solo un moto di comprensione e benevolenza verso il suo
amico dalla sera prima. Aveva sentito l’impulso di giustificare il suo ritardo
e l’aveva fatto. Ora si era resa conto di quanto stupide dovessero essere
suonate le sue parole. Sperò di non tradirsi e inventò una scusa lampo. «Non
volevo rimproverare Harry, era… era solo un modo per sottolineare quanto Ron si
ostini a perseverare nei suoi difetti…». Difetti che lo rendevano lui. Difetti
terribilmente piacevoli. Dannazione Hermione, controllati!
«Stai bene?». La domanda di Harry
le sembrò così azzeccata. Stava bene?
Un rumore di passi arrivò dalla
cima delle scale, dietro di loro. Hermione si girò, sperando che non fosse la
direttrice di Grifondoro, ed ebbe un tuffo al cuore. Una figura, alta e
allampanata, era comparsa dal corridoio. I capelli attraversati dal sole erano
chiaramente rossi. Stupendamente rossi. Strano quanto le piacesse il
colore unico di quei capelli. Senza accorgersene sorrise largamente,
trattenendo a stento una risata emozionata. Era la prima volta che lo vedeva
dopo il loro imbarazzante chiarimento, ed ora che lei aveva capito i propri
sentimenti non riusciva più a nascondere ciò che provava, ciò che dopo tanti
anni aveva finalmente ammesso a se stessa. Rimase con quell’espressione da
imbecille sul volto, mentre il cuore irrimediabilmente accelerava i suoi
battiti. Avrebbe dovuto sgridarlo, fargli la predica… perché diamine non ci
riusciva?
Ron scese velocemente le scale a
due a due. Sembrava di ottimo umore.
«Buongiorno a tutti!»,
canticchiò.
«Cos’è tutto questo buonumore?»,
chiese Ginny, sospettosa. Gli lanciò un occhiata estremamente diffidente. Se
Ron si comportava in modo così diverso dal solito, c’era di certo qualcosa
sotto.
«Non si può essere di buonumore,
adesso?», rispose Ron, baciando la guancia alla sorella. Decisamente
c’era qualcosa sotto…
Ginny rimase interdetta per un
momento, stupita da quel gesto. Ron era un tipo piuttosto chiuso, in genere…
«Harry.», lo salutò Ron con
un’amichevole pacca sulla spalla. Harry aggrottò le sopracciglia, ma non disse
niente. «Sembri Krum se fai quella faccia… sì, proprio quella», disse Ron in
risposta allo sguardo sempre più accigliato dell’amico. Harry e Ginny si
scambiarono uno sguardo eloquente. Quando Ron si girò, iniziarono a
confabulare.
«Ma che ha?»
«Non lo so», bisbigliò Ginny.
«Quando l’hai lasciato per venire qui, era normale?»
«Sì… cioè, mi sembrava felice,
ma…»
«Non è solo questo… Harry, ha
parlato di Krum senza disprezzo! L’ha messo in una frase senza insulti a
seguire e sguardi cupi!»
«Già, è per quello che ho fatto
quella faccia…»
«Quella con le sopracciglia
unite?», rise Ginny. «Un po’ è vero che gli assomigli…»
«Non è questo il punto», cominciò
Harry, prima di rendersi conto di quello che aveva detto Ginny. «Un momento! Io
non assomiglio a Krum!», replicò sdegnato.
Ron nel frattempo si era
avvicinato a Hermione. «E tu che hai da sorridere tanto?», le chiese.
Hermione aveva cercato di
cancellare dalla faccia quella stupida espressione che era consapevole di
avere, fallendo miseramente. Camuffò una risata in uno sbuffo. «Non si può,
adesso?», Hermione gli rigirò la sua stessa frase, ma Ron non sembrò incassare
il colpo.
«Io posso, tu no… dovresti
sgridarmi, sono in ritardo!», gli ricordò Ron, sorridendo. Non sapeva
esattamente perché stesse giocando col fuoco in quel modo, ma pensava di
poterla stuzzicare un po’ dopo l’imbarazzante situazione della sera prima,
senza che ne scaturisse un litigio. In fondo lui amava provocarla, era
bellissima quando si fingeva arrabbiata o scandalizzata o…
Hermione arrossì, ma decise di
tenere testa all’amico. Anche lei amava le sfide, se poi quella sfida era Ron…
«Ho perso la speranza», disse saccente, ma lo strano sorriso aleggiava ancora
sul suo volto. «In fondo sono affari tuoi se fai tardi, io ed Harry non ti
copriremo più le spalle dai professori, quindi non vale la pena di
arrabbiarsi».
Ron la guardò negli occhi,
facendola arrossire. «Ma lo so che è una cosa più forte di te…»
Lei non distolse lo sguardo e
alzò un sopracciglio. «Posso sopravvivere anche senza sgridarti»
A Ron brillarono gli occhi per un
momento. Il suo sguardo fu attraversato da un guizzo di trionfo. «Io intendevo
che aiutarmi è più forte di te». Sorrise.
Lei divenne rossa. Era la prima
volta che si poteva notare Hermione rossa e a disagio di fianco a un Ron del
tutto tranquillo.
«Si può sapere che cosa è
successo al nostro Ron?». Harry e Ginny avevano concluso il loro silenzioso
battibecco e si erano girati giusto in tempo per vedere quell’insolito
quadretto. Ron, di solito timido e impacciato, quella mattina era sicuro di sé
e anche un po’ sfacciato. Hermione tentava di nascondere ciò che provava quando
lui le sorrideva in quel modo, o quando centrasse appieno senza saperlo i suoi
punti deboli, ma non poteva evitare di sentirsi tremendamente in imbarazzo. Si
sforzò di essere la solita razionale e petulante Hermione, per camuffare quella
strana sensazione che provava.
«Non gli è successo niente, è
solo il solito bambino…»
Ron la guardò leggermente offeso,
ma poi sfoderò un altro sorriso. «Vedremo…»
Hermione e Ginny avevano aperto
la bocca per chiedere che cosa si sarebbe visto, ma non poterono formulare la
domanda perché furono interrotti dall’arrivo della professoressa. Sembrava,
come al solito in quegli ultimi tempi, piuttosto preoccupata.
«Bene, ragazzi», disse affannando
come se avesse corso. «Tonks», storse leggermente la bocca, «vi aspetta fuori
dal castello. Prenderete il Nottetempo per il Paiolo Magico. Vi accompagno fino
all’entrata del castello. Tonks», altra smorfia inquieta, «verrà con voi a Londra.
Fate molta attenzione, mi raccomando. Bene, andiamo?»
Prese a camminare spedita. Era
evidente che non approvasse la loro scorta. Senza ombra di dubbio avrebbe
preferito qualcuno di più responsabile, più esperto, più vecchio. Ma in fondo,
nel pericolo, Tonks perdeva quell’aria sbarazzina che solitamente ostentava e
sapeva gestire la situazione egregiamente. Non a caso era una delle poche
persone che era stata accettata fra gli Auror in quegli ultimi anni.
Raggiunsero presto i cancelli sormontati dai cinghiali alati e videro una
ragazza dai capelli azzurro puffo in piedi ad aspettarli. Tonks sorrise
raggiante.
«Ciao ragazzi»
«Per l’amor del cielo, Ninfadora,
non attiri così l’attenzione», la interruppe la McGranitt accennando ai capelli
di Tonks. Poi, senza aspettare che il suoi consiglio venisse preso in
considerazione, salutò il gruppo e ripercorse velocemente il parco per
rientrare nel castello.
«Be’, ha un mucchio di cose da
fare», spiegò Tonks, guardando la donna che ormai aveva già raggiunto le serre
e le stava oltrepassando altrettanto rapidamente. «Comunque», riprese
guardandoli, sporgendo poi la bacchetta verso la strada acciottolata, «vi trovo
bene. Anche tu, Harry, stai bene».
In effetti aveva ragione.
Dall’ultima volta che si erano visti, qualche settimana prima alla Tana, Harry
si era parecchio ripreso. Forse era l’essere finalmente ritornato a Hogwarts, o
forse il fatto di non sentirsi più inutile e di non perdere tempo senza
allenarsi, comunque Harry stava davvero bene. Non aveva più quell’aria
afflitta, pensierosa e colpevole che aveva fino a qualche giorno prima. Sentiva
di stare finalmente facendo la cosa giusta. Il peso della profezia non gli
gravava più addosso, il pensiero di uccidere Voldemort e magari anche la
Lestrange non lo spaventava più così tanto, e persino la morte di Sirius
sembrava più accettabile se poteva essere vendicata. Sì, vendicata, Potter il
Santo Patrono della Giustizia e del Bene voleva vendicarsi.
«Sì», disse Harry. «Posso dire di
star bene. Mi sento utile.»
«Bene», si complimentò Tonks,
prima che un sonoro bang troncasse il discorso. Un grosso pullman viola
a tre piani arrivò traballando. Ron fece una smorfia.
«Quanto odio questo coso»
Il Nottetempo si fermò con uno
sbuffò e i cinque salirono sul bus, accolti da Stan Picchetto, che non era per
niente cambiato: la solita giovane faccia brufolosa, l’entusiasmo –subito
smorzato da un’esplicita miniaccia di Tonks – nel vedere Harry, le stesse
ambizioni per il futuro di un condannato a morte. Harry e Ron si sedettero nei primi
due posti liberi che trovarono, le tre ragazze poco più indietro.
«Dunque, ora che non c’è Hermione
me lo spieghi che cos’hai stamattina?», chiese a tradimento Harry all’amico.
«Che c’entra il fatto che non ci
sia Hermione?», chiese Ron, diventando rosso. «E comunque no,non ti dico niente, anche perché non c’è
molto da dire». Harry alzò le sopracciglia, scettico. «Che c’è? Ti ho detto che
sono solo contento…»
«Per cosa?»
«Lo vedrai stasera»
«È qualcosa che potrebbe far
piacere a Hermione?»
Di nuovo, l’amico arrossì, ma a
differenza di quanto si sarebbe aspettato Harry, al posto di negare o chiedere
di nuovo cosa c’entrasse Hermione, Ron sorrise. «Può darsi»
Il Nottetempo, con un nuovo
rumore di scoppiò, si trasferì in una tortuosa strada di montagna, facendo
cadere Ron dal suo sedile e picchiare il naso contro quello davanti. Il ragazzo
si rimise dritto e guardò fuori dal finestrino. Subito sulla sua faccia
comparve un’espressione scocciata e arricciò il naso guardando la strada tutta
curve.
—
«Ron, ti vuoi dare una mossa? La
festa è già iniziata». Harry prese a battere la porta del bagno con un pugno
finché quella si spalancò e lui quasi cadde dentro perdendo l’equilibrio. Ron
uscì dal bagno in accappatoio.
«Non ti sei ancora vestito?»,
sbraitò Harry. Un lieve odore di bruciato usciva dal bagno, ma non vi fece
caso.
«Non si capisce?», rispose Ron
sarcastico, rovistando velocemente nel suo baule. Erano nella camera degli
ospiti dell’appartamento di Fred e George a Diagon Alley, proprio sopra al
negozio. Hermione e Ginny, invece, sarebbero arrivate dalla Tana tramite
Metropolvere. O magari erano già alla festa. Harry guardò dalla finestra.
«C’è mezza comunità magica là
fuori», disse.
«Già»
«Si può sapere che hai fatto là
dentro fino ad adesso?», chiese Harry.
«Io…», sembrò tentato di
raccontare a Harry chissà quale mistero, ma alla fine ci ripensò. «Niente»,
disse, continuando a vestirsi ed evitando di guardare in faccia l’amico.
Harry gli lanciò uno sguardo
indagatore. Ron sbuffò. Rinunciò a vestirsi e si sdraiò sul letto a pancia in
su, abbandonando le braccia sul materasso. «Mi sono messo il profumo», rispose
finalmente. Harry inarcò un sopracciglio, ma lo lasciò finire. «Solo che devo
aver fatto qualcosa di sbagliato»
«Cioè?», lo incalzò Harry piano,
trattenendosi dal ridere.
«Ho fatto scoppiare il lavello»
Harry respirò, si assicurò di
mantenere un minimo di autocontrollo e chiese, con un tono di una calma
insopportabile: «E come avresti fatto?».
«I… Io credo… credo,
Harry, che i gemelli mi vogliano morto», rispose, ogni parola impregnata di
amaro sarcasmo, la voce un po’ stridula.
Harry decise di fare la domanda
più urgente, sempre con quel suo tono esasperante. «E perché ti stavi mettendo
del profumo?»
«Era un consiglio di Fred e
George», rispose Ron, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, sempre
abbandonato sul letto. Le sue orecchie si stavano lentamente tingendo di rosso.
«E tu l’hai seguito», disse
Harry. Non era una domanda, piuttosto un rimprovero rassegnato. «Ancora però
non capisco perché volevi metterti il profumo…»
Ron fece uno misero tentativo di
aggirare la domanda. «Te l’ho detto, me l’hanno consigliato Fred e George»
«Sì», disse Harry, combattuto tra
il ridere e il preoccuparsi seriamente, mantenendo il tono di voce placido. «Ma
tu perché l’hai seguito?»
«Non sembrava un consiglio tanto
stupido»
Harry decise di non cedere. «Ma
ci sarà pure un motivo, altrimenti ti saresti messo a ridere di un consiglio
del genere… e poi, perché i gemelli ti hanno detto di metterti il profumo?». Su
quelle ultime parole, il tono della sua voce si era leggermente incrinato,
rischiando di cedere alle risate. Lui sapeva benissimo tutte quelle risposte,
ma voleva sentirsele dire da Ron.
Ron finalmente rispose, dopo un
iniziale mutismo nel quale probabilmente aveva cercato le parole migliori, o
forse un tentativo di eludere la domanda. «Loro… hanno detto che le sarebbe
piaciuto»
«A lei chi?», chiese Harry, che
era finalmente giunto alla domanda cruciale.
Ron evitò di rispondere. Harry
decise di accantonare momentaneamente la domanda. «Come hai fatto a far
scoppiare il lavandino?»
«Non lo so», disse Ron,
sbuffando. «O sono un emerito imbecille, oppure, come ti ho detto, i gemelli mi
vogliono morto.»
D’improvviso Harry capì. «Cioè,
fammi capire», disse, esasperato dalla stupidità dell’amico. «Il profumo che
hai tentato di metterti è un articolo di Fred e George?»
Ron storse la bocca. «Io non ci
ho pensato subito… pensavo mi avessero mandato un profumo che si solito usavano
loro», disse. «Lo vedi? Sono un imbecille.»
«Perché ti sei fidato?», chiese
Harry. Sperava che sparando domande a raffica avrebbe estrapolato qualche
informazione a Ron.
Ron rispondeva mansueto, stanco
di opporre resistenza. «Pensavo volessero aiutarmi»
«Ma a fare che, scusa?»
Di nuovo, silenzio.
«Ron?»
Il ragazzo sospirò. «A non fare
la figura dell’idiota. Con Hermione», aggiunse, capendo di non potere evitare
ancora a lungo il discorso.
Harry sorrise soddisfatto. «Già»,
disse Harry, in parte con comprensione, ma anche con biasimo. «Ora invece farai
un figurone. Non so se ti sei visto, hai le sopracciglia bruciate»
Ron fece una faccia terrorizzata.
«Tranquillo, puoi fartele
sistemare da tua madre… devi solo assicurarti di incontrare prima lei di
Hermione».
Ron si tranquillizzò. Poi,
d’improvviso, scattò a sedere e rivolse a Harry uno sguardo sospettoso. «Un
momento, perché non mi fai il sesto grado?»
«Su cosa?», disse innocentemente
Harry.
«Lo sai benissimo»
«No dai, su cosa?», chiese
ancora. Provava un certo piacere nell’obbligare Ron a fargli ammettere e
ripetere tutto.
Ron sbuffò, seccato. Abbassò lo
sguardo e ringhiò: «Su di lei, su Hermione»
L’amico fece un sorriso sincero.
«Non è una gran novità»
«Che… come?»
Finalmente Harry si lasciò andare
ad una lunga risata. Rise forte. Quando finalmente riprese un minimo di
controllo, rispose a Ron, che era rimasto immobile ad attendere la fine delle
risate e una risposta. «Andiamo, Ron, mancavi solo te a capirlo»
Ron arrossì. «Che… che vuoi
dire?»
«Che lo sa tutta la scuola che
voi due siete innamorati cotti l’uno dell’altra!»
«Innamorati? No, Harry, i-io non
sono innamorato di Hermione!», protestò Ron.
Di nuovo, Harry scoppiò a ridere.
«Si, certo Ron»
«N-no, Harry, davvero n-non lo
so-… Un momento! Siamo? Hermione è innamorata di me?»
Harry lo guardò un attimo,
sorridendogli come si sorride a un bambino un po’ stupido a cui si deve
spiegare come nascono i bambini e che non riesce a capacitarsene. Poi si girò e
abbandonò la stanza senza una parola, lasciando Ron a fare i conti con una
nuova e strana sensazione.
—
«Non lo sai che non dovresti
fidarti a bere qualcosa preparato dai miei cari fratelloni?»
Hermione, sentendo la voce di Ron
alle sue spalle, si bloccò nell’atto di versarsi qualcosa in un bicchiere con
un mestolo. Un sorriso felice le comparve sul volto, senza che Ron potesse
vederlo. Non si girò, posò il bicchiere e gli rispose.
«Non lo sai che sono le donne
quelle che si devono fare aspettare?», gli disse. Diamine, aspettava l’arrivo
di Ron da più di mezz’ora… Era davvero curiosa di sapere il motivo del suo
buonumore di quella mattina, ma resistette alla tentazione di girarsi. In fondo
quello che realmente aveva atteso era la sua presenza.
«Ho avuto dei problemi», si
giustificò lui, ricordando con imbarazzo il lavandino esploso. Dopotutto, però,
Fred e George un favore gliel’avevano fatto… ora si trattava di verificare
quanto sarebbe servito. Raccolse tutto il suo coraggio e si avvicinò
ulteriormente a Hermione. Respirò vicino al collo della ragazza e la sentì
rabbrividire. Solo allora si rese conto di com’era vestita. Ultimamente la
trovava sempre più bella, tanto da non fare mai caso a come si vestisse.
Persino con la divisa di Hogwarts lo faceva impazzire. Perché ormai era
indubbio che per lei provasse qualcosa. Aveva solo una paura tremenda di rovinare
tutto. Le ultime settimane passate insieme, quasi sempre da soli, i momenti in
cui avevano riscoperto quanto potessero andare d’accordo, senza litigare. Lui
ci aveva visto qualcosa in quelle situazioni, qualcosa che andava oltre
l’amicizia. Ma se poi avesse frainteso tutto? Era disposto a rischiare di
esporsi senza essere contraccambiato, incrinando un’amicizia che durava da una
vita? E se invece anche lei provasse le stesse cose per lui, ma sarebbero
finiti inevitabilmente per litigare e lasciarsi, era disposto a perdere la sua
migliore amica per una cottarella? Non per una cottarella, no. Ma se non era
una semplice cotta, allora cambiava tutto…
«Hai freddo?», le chiese. Lei
ancora non si era decisa a girarsi. Sentiva il suo respiro vicino all’orecchio e
temeva di essere diventata paonazza. Non poteva certo svelare tutto ciò che
provava così. Ma Ron le stava passando innocentemente le mani sulle braccia
scoperte dal vestito senza maniche per trasmettergli un po’ di calore, così lei
si girò, facendolo smettere per non tradirsi.
«N-no, sto be-…», si bloccò
quando lo vide, e tutt’a un tratto capì il perché del buonumore di Ron quella
mattina. Lui le sorrise vedendola completamente immobile con la bocca
leggermente aperta. Guardò le sue labbra socchiuse e fu tentato di sfiorarle.
Si trattenne. Una cosa alla volta… in fondo non aveva ancora nessuna certezza,
né su cosa provava lui né tanto meno sui sentimenti di Hermione. Eppure se
anche lei provava qualcosa per lui, allora forse far finta di niente era anche
peggio…
«Come sto?», le chiese con voce
squillante, ricacciando indietro quella sgradevole sensazione di indecisione ed
oppressione.
«Co… Cosa?», balbettò lei in
seria difficoltà a riprendersi.
«Il vestito», spiegò allora Ron,
ridendo leggermente. «Come mi sta?»
Hermione cercò di isolare uno dei
tanti pensieri che le erano vorticati nella testa quando si era girata e
l’aveva visto, ma tutto quello che le uscì fu forse il meno azzeccato. «È
babbano…», mormorò ancora imbambolata.
«Cosa?»
Ron parve preoccupato e anche un
po’ deluso. Deluso? Poteva essere deluso per un suo giudizio? Che si aspettasse
qualcosa in particolare? Poi si rese conto che non era proprio un complimento
quello che gli aveva fatto. Era più simile ad una constatazione un po’
negativa. Si riscosse. «No, Ron, io intendevo che sembra babbano, il vestito.
È… non è come i vestiti da cerimonia dei maghi. Non…» stava per nominare il
vestito che Ron aveva indossato al Ballo del Ceppo, ma si interruppe in tempo.
Notò comunque la faccia confusa dell’amico e si chiese perché diavolo non le
venissero le parole. Ultimamente imprecava mentalmente davvero spesso contro se
stessa. Riprese fiato, e una nuova serie di parole cominciò a uscirle dalle
labbra, anche se non erano esattamente quelle che aveva pensato, che voleva
invece dire. «Voglio dire, non ha tutti quei pizzi, ricami, code. È… semplice,
è…», vide la delusione sul viso di Ron. Questa volta era inequivocabilmente
deluso. La consapevolezza che Ron potesse aver indossato quel vestito per lei
la investì. Cercò di nuovo le parole e finalmente le uscì quella giusta.
«Splendido». Ron risollevò lo sguardo, incredulo.
«T-ti-ti… ti piace?», le chiese.
«Ti sta bene. Stai benissimo»,
rispose invece lei.
Ron sorrise largamente e si
ritrovò a ringraziare mentalmente Fred e George per quel regalo. Di sicuro
aveva fatto una figura migliore che al Ballo del Ceppo. «Già, non potevo certo
venire con quell’orrore che ho messo al quarto anno… a parte che non mi
andrebbe più bene…» Hermione gli sorrise. «Ma poi non sono sicuro che sia
babbano», continuò il ragazzo guardandosi le maniche del vestito. «Credo solo
che non sia… insomma lo sai, anche quello di Harry non aveva il pizzo…»
«Certo, ma quello di Harry era
più sfarzoso. L’hai visto stasera? È troppo elegante, a me piacciono le cose
semplici…» Quelle parole spinsero Ron a guardare di nuovo il modo in cui era
vestita Hermione. Semplice ma impareggiabile.
«Anche a me», le disse allora,
continuando a guardarla per farle capire che in fondo anche il suo era un
complimento per il vestito della ragazza. Lei sembrò capire e, anche se le
sarebbe piaciuto farselo dire esplicitamente, non poté fare a meno di sorridere
e Ron intuì che aveva afferrato il concetto. Si guardarono un attimo,
imbarazzati. Insomma, non proprio come si guardano due amici. Una strana
tensione aleggiava tra i due, e Ron non poté a meno di pensare che, qualunque
cosa fosse successa, quella rappresentava in qualche modo la fine della loro
amicizia. Nonostante ciò, o forse proprio per questo, trovò il coraggio di
sorriderle come non aveva mai fatto, gli occhi incollati allo sguardo di lei.
Prese fiato come per dire qualcosa, ma fu interrotto da un fischio di
interferenza e poi da una voce amplificata proveniente dal palco. Solo allora i
due ragazzi si accorsero che il gruppo che faceva da colonna sonora alla serata
aveva smesso di suonare per cedere la parola a Fred e George. La piazza era
piena di gente che assisteva a quella sorta di concerto organizzato da Lee
Jordan, altre persone rivolgevano la propria attenzione alle innumerevoli
tavolate esponenti i più ricercati articoli dei Tiri Vispi, un piccolo spazio
era riservato alle dimostrazioni della funzionalità di qualche articolo, a
rischio e pericolo delle persone che si offrivano come tester, e vi era persino,
in un angolo del palco, un gruppo di giornalisti che fotografavano sia il
gruppo famoso sia la festa. Insomma, Fred e George avevano allestito un vero e
proprio spettacolo. Ed ora se ne stavano lì, uno accanto all’altro, entrambi
con le bacchette puntate alla gola, pronti a salutare tutti i presenti e a
presentare finalmente il loro negozio. O almeno così credevano Ron e Hermione.
«Salve a tutti, signore e
signori… in realtà l’ora delle presentazioni non è ancora arrivata, vedo che
molta gente è ancora molto presa dal buffet e non ho nessunissima intenzione di
interrompere prematuramente questo loro intrattenimento, ma ruberemo solo
qualche minuto per dedicare una canzone, anche se questo, ripeto, non sarebbe
il momento. George…». Fred aveva cominciato a parlare speditamente ma si
interruppe cedendo la parola a suo fratello George e porgendogli la bacchetta
per fare scena, visto che George aveva già la sua. Ron sorrise ai due fratelli
chiedendosi quale diavoleria avessero mai in mente e non notò Ginny correre tra
la folla proprio davanti al suo sguardo e precipitarsi sul palco urlando
qualcosa che però veniva sovrastato dal vociare della folla curiosa e dalle
discorso ormai ripreso da George.
«Grazie, Fred», disse George
prendendo in mano la bacchetta del fratello e portandosela alla gola, dimentico
di averne già un'altra. «Come diceva il mio socio, qui, è di assoluta necessità
dedicare un momento di questa serata ad una persona davvero importante. Ma che
dico? Davvero ottusa! Insomma, non abbiamo potuto fare a meno di notare
che ci sono due personcine, là al banco delle bevande, - possiamo illuminare,
per favore?-» aggiunse rivolto alle quinte. Lee, improvvisato coreografo e
coordinatore, dall’impalcatura mosse la sua bacchetta su una lente ed eseguì
gli ordini, illuminando il punto specificato con l’occhio di bue. George
continuò senza badare a quei retroscena: «che finalmente, come tutti potete
notare, si stanno parlando e guardando in un modo tutto nuovo… e dovevate
vedere come le stava addosso il nostro fratellino fino a pochi attimi fa!
Quello che volevamo dire è: bravo, Ronnie, forse alla fine ti sei dato una
svegliata, e devo anche aggiungere che parte del merito è proprio nostro: vedo
che hai seguito tutti i nostri consigli, da…» Si sentì un altro sonoro fischio
e nessuno seppe quali fossero stati i consigli dei gemelli. Ron non capì cosa
avesse spinto George a bloccarsi, ma fu grato di vedere spegnersi la luce che
aveva illuminato lui e Hermione. Forse, nella ritrovata ombra, nessuno avrebbe
notato il colore delle sue orecchie. Non alzò mai lo sguardo sul palco né tanto
meno su Hermione. Si limitò a guardare fisso a terra, mentre un misto di
sensazioni contrastanti lo invadeva. Imbarazzo, rabbia contro i gemelli, paura
nei confronti della reazione di Hermione, e tristezza perché in fondo si era
rovinato tutto proprio adesso che aveva iniziato a capire e che aveva trovato
un minimo di coraggio. Ora l’aveva perso tutto. Fece un passo indietro
fissandosi la punta delle scarpe. Poi, con un filo di voce, si congedò
sbrigativamente da Hermione, inventando una qualsiasi scusa per andarsene. E
senza aggiungere altro, né dando la possibilità a nessuno di fermarlo, di
parlargli, fece dietro front e se ne andò con passo sempre più veloce fino a
sparire tra la folla.
—
Fine VI Capitolo
—
Se dopo questo capitolo odiate Fred e George, prima
di darvi agli insulti aspettate il prossimo, ok? Devo purtroppo annunciarvi che
non riuscirò più ad aggiornare velocemente come prima, ma spero solo di non
farvi aspettare mai più così tanto.
Come avevo immaginato, è stato difficile riprendere
a scrivere dopo il sesto, ma porterò la storia fino alla fine e probabilmente
qualche cosuccia del Principe potrei usarla nella mia storia, ovviamente
estratta dal contesto… per esempio, potrei usare qualche incantesimo nominato
nuovo o qualche idea, ma naturalmente non terrò conto degli avvenimenti.
Ed ora…
Thanks To:
Ronny92: già, stava
proprio per vederlo nudo, però in fondo cosa cambia, prima o poi??
Francina: anche se l’hai
già visto in anteprima, goditi di nuovo il gran bel pezzo di fisico… Ahi ahi
ahi, Fra, mai parlare male del morto…
Nunki: wow, non è da
meno, eh? Mi sembra esagerato ma mi fa piacere che ti piaccia così tanto… mi
sento lusingata! Spero continui a piacerti…
Gigia990: …vorrei essere
una tartaruga per poter nascondere la testa nel guscio… o uno struzzo…
Perdonami!!
SiJay: Felice che sia
piaciuta a così tanti la scena del bagno! Grazie mille!
Metamorpheus: grazie! Sono
contenta che ti piaccia soprattutto come scrivo! Ma… come tratto Hermione?
Ringrazio anche per tutte le recensioni
degli altri capitoli: SeR; FaiLo (wow, è davvero la prima fic che recensisci?);
DeepDerk (hai poi letto gli altri chap?); Domanga; Akane87; Melbonfix.
Un grazie speciale agli affezionatissimi
che commentano tutti i capitoli. A voi dedico, finalmente, l’attesissima
(insomma) immagine di Ron… Fatemi sapere tutti se vi piace, perché potrei
disegnare altre FanArt…