V&A (Veleno e Antidoto)

di Grace kiwi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Partenza immediata. ***
Capitolo 2: *** La mia nuova "prima pagina". ***
Capitolo 3: *** Il ritorno del passato. ***
Capitolo 4: *** Incontri. ***
Capitolo 5: *** Un pò di svago. ***
Capitolo 6: *** Lei. ***
Capitolo 7: *** Quel maledetto cinema. ***
Capitolo 8: *** Ancora quei capelli. ***
Capitolo 9: *** Rudie can't fail. ***
Capitolo 10: *** Life,the return ***
Capitolo 11: *** The final ***



Capitolo 1
*** Partenza immediata. ***


Ho visto spesso la vita di una persona andare in frantumi.

E' come quando sai di avere qualcosa di fragile nelle mani e puntualmente rischia di frantumarsi.

Questo successe a me.

Un giorno qualsiasi, decisi di partire e di non tornare più nella mia terra “madre”.

Perchè? Ovvio, ne avevo le scatole piene. Ormai non si poteva più vivere.

Era come un circolo vizioso,dove tutti pretendevano qualcosa come se fosse corretto averlo, e come se se lo meritassero.Tutte le persone che conoscevo erano ormai diventate egocentriche ed egoiste,convinte che tutto il mondo dovesse girare intorno a loro.

Io non ero così e ormai era palese che in mezzo a quella gentaccia non ci volevo stare.

Gentaccia non perchè facevano delitti,ma perchè non ci si poteva più vivere insieme.

 

Quel giorno,in cui decisi di cambiare la mia vita,mi svegliai alle 5 di mattina,come se qualcuno mi avesse chiesto di recuperare ciò che stavo perdendo,cioè la voglia di suonare.

Mi alzai con fretta e subito mio vestii cercando il mio bancomat con i risparmi di una vita..Insomma degli anni in cui ero riuscita a lavorare in modo decente.

Presi la valigia che avevo accuratamente riposto sotto il letto,in modo che nessuno potesse vedere il disordine che veniva direttamente dalla mia testa.

La riempii con tutti i vestiti piegati male e l'appoggiai in un angolo della stanza.

Cominciai a sfogliare l'elenco telefonico,le cui pagine ormai sapevano di passato e di vecchio,con le punte ingiallite.

Trovai il numero dell'aereo porto e prenotai un biglietto per los angeles.

Non appena però sentii che l'ultima partenza era tra due ore, accettai e scesi subito le scale rischiando di cadere.

Proprio quel giorno (ovviamente) il traffico si canalizzò e per fermare un taxi mi ci dovetti quasi buttare addosso.

Fortunatamente si fermò e riuscii a stare tranquilla.

Durante il viaggio,non pensai a quello che stavo lasciando,alle opportunità che stavo perdendo,all'amore che magari avrei incontrato.

Volevo solo correre via da lì, non volevo più percorrere la solita strada deserta con il solito tabaccaio nascosto dalla cabina del gas, e soprattutto non volevo più vedere quelle facce cattive, che cercavano di spogliarti e farti vergognare di quello che eri.

Cercavo disperatamente di dimenticare il mio passato e di ricominciare una nuova vita.

Arrivati all'aereo porto lasciai la manica al tassista e corsi dentro.

Dopo i vari controlli finalmente varcai il tunnel che mi avrebbe condotto dentro l'aereo.

Appena mi sedetti sul sedile,sentii una scossa lungo la schiena che mi faceva capire del possibile sbaglio che stavo commettendo.

Ebbi la sensazione di vomito,di paura, perchè non avevo un futuro davanti,non avevo persone ad aspettarmi,non avevo una casa pronta per essere abitata, non avevo niente.

Mentre pensavo ciò,l'aereo prese il volo e cominciai a farmi le paranoie.

Continuavo a ripetermi che forse mi avrebbero uccisa,molestata, derubata, e poi c'era sempre quella brutta consapevolezza: che oltre alla mia voglia di cantare e suonare,non avevo niente in cui credere.

Dopo essermi ferita con tutti questi pensieri però,guardai fuori il finestrino,e mentre vedevo le case allontanarsi,sentii pulsare una ferita ormai chiusa da tempo: Anche se fossi rimasta, provabilmente non mi avrebbe cercata nessuno,perchè anche la più piccola cosa importante della mia vita,il mio unico pezzo di cuore rimasto intatto,mi era stato strappato dalle braccia in cui la tenevo stretta e al caldo come se fosse la mia unica speranza di sopravvivere. E forse lo era davvero.

Sentii una lacrima dolce e sinuosa avviarsi verso la mia bocca,attraversando i solchi del mio viso fino ad arrivare alle piccole increspature del mio labbro inferiore, per poi schiantarsi sul mio ginocchio,che avevo involontariamente portato sotto il mento,ritrovandomi così in posizione fetale.

Cosa mi avrebbe offerto la vita appena avessi messo piede su quella terra non lo sapevo,e non potevo immaginarlo.

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Capitolo 2
*** La mia nuova "prima pagina". ***


Cominciai a cercare lavoro,con l'assurda speranza di farmi una vita nuova.

Vagai per molto,spostandomi da un bar a un altro,fino a trovare un lavoro nell'asilo del posto.

Di certo non avrei fatto la maestra,ma almeno potevo pulire i piccoli banchi e la mensa.

Da quando scesi dall'aereo,non trovai niente di quello che mi aspettavo,anche se nemmeno le mie aspettative erano molto alte.

Trovare la casa fu un vero incubo: passai dalle topaie vere e proprie alle case di lusso,troppo di lusso.

Alla fine prenotai una settimana in un ostello del posto,in cui avrei potuto alloggiare in pace fin quando non avrei trovato una casa.

Il primo giorno di lavoro fu davvero una doccia di sale sulle mie ferite di infanzia.

Genitori emozionati per il primo giorno di “scuola” del figlio,le maestre che prendevano il caffè sbirciando le foglie arancioni che cadevano e si adagiavano su una qualsiasi superficie, bidelle che finivano di pulire i banchi..Insomma tutto quello che io non avevo potuto vedere da piccola.

Mentre attraversavo il vialetto che mi avrebbe portato al portone di ingresso,mi resi conto che tutto quello che in quel momento mi stava mancando,non era altro che la monotonia delle persone.

Prendere il caffè ogni mattina,accompagnare i propri figli a scuola ogni santo giorno,svolgere il proprio lavoro solo per avere qualche solo per vivere..Era tutto un giro monotono che io non avevo mai avuto,e forse ne avevo un disperato bisogno.

Nella mia infanzia non ebbi ma il modo di vedere mio padre con le lacrime agli occhi,o comunque non avrei mai potuto prenderlo per mano come quei fanciulletti facevano davanti i miei occhi,inconsapevoli del dolore che mi provocavano dentro.

 

Arrivai alla maniglia del portone e, inciampando allo zerbino sporco che in modo poco dolce invitava le persone ad entrare, aprii la porta.

Tutti si girarono a guardarmi grazie alla mia fantastica “gaff” ed io,per completare l'opera, salutai con un “ciao” strozzato dalla saliva che ingoiai e che mi fece tossire per un bel po'.

Tutti mi salutarono con un finto entusiasmo,usato solo per nascondere la noia che l'autunno portava con sé.

La giornata passò con qualche urla di bambini che non volevano lasciare le proprie madri e i giochi che di solito si facevano il primo giorno,per far conoscere i bambini tra di loro.

Tornata a casa,strimpellai un po' la chitarra classica e andai a dormire senza mangiare.

Devo dire che i primi mesi passarono con una monotonia impressionante e non come mi aspettavo nel profondo del mio cuore,cioè magari incontrando il vero amore facendo una figuraccia.

Non fraintendete,le figuracce le feci ed anche enormi,ma oltre ad occhi impressionati e a risate malefiche,non incontrai nessuno.

 

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Capitolo 3
*** Il ritorno del passato. ***


Per la precisione passarono due mesi,quando fui licenziata per la prima volta nella mia “nuova vita”.

Il motivo tutt'ora non lo capisco,sarà stato forse per il mio aspetto,anche se non credevo di spaventare le persone.

Era un sabato mattina,e se non ricordo male,era il giorno in cui i genitori parlavano con le maestre per vedere se i loro figli si comportavano bene.

Mentre pulivo il pavimento della stanza in cui erano posizionati vari banchi,sentii un padre che si lamentava di una bidella.

Capii che parlava di me,quando descrisse il problema che aveva riscontrato:”Mia figlia ha deciso che si farà i capelli neri e viola come quella ragazza,ed io non lo accetto.Quindi,chiedo dei provvedimenti al riguardo..Insomma non vorrei arrivare a decisioni drastiche,come quella di togliere mia figlia da qui e spargere voce dei vari problemi che questo asilo potrebbe portare ai nostri bambini...”

Non appena udii queste parole,cominciai a fissare il bianco-grigiastro del banco, come se fosse una trottola ipnotizzante.

Ripensai al mio passato e soprattutto alla mia adolescenza: pensai al mio primo bacio,dato alla fermata dell'autobus ad una persona che non avevo mai amato,forse perchè all'epoca non ero in grado di amare. Tuttavia dovevo avere la certezza che qualcuno mi pensasse,che qualcuno mi amasse. Ricordai anche i primi concerti,le prime litigate,le prime espulsioni,le prime risse,la prima sigaretta..la prima volta..

Sussultai ripensando a quella sera, a casa di una persona che nemmeno conoscevo,ad una festa dove non era offerta acqua,ma solo birra,vodka,pillole anticoncezionali e preservativi.

All'epoca ero fidanzata da due settimane con un ragazzo di nome Jay,credo.

Non ne ero innamorata,ma lui voleva per forza crescermi ed io non sapevo come ribellarmi.

Non fu bellissimo,ma fu un'esperienza abbastanza piacevole.

Nulla a che vedere con il mio vero ed unico amore.

Lo incontrai l'ultimo anno di scuola,ma non me ne innamorai subito,anzi,forse inizialmente mi era antipatico.

Dopo mesi di corte da parte sua però,cedetti e me ne innamorai perdutamente.

 

Mentre pensavo a tutto ciò, sentii una porta sbattere e sussultai così tanto che feci cadere la spugna a terra.

Mi girai subito e vidi un uomo uscire da una stanza:era barbuto e mi dava l'impressione di una vaga somiglianza a babbo natale,solo vestito da avvocato e con dei lineamenti seri e severi.

Non appena uscì dall'edificio,venni chiamata da una specie di “preside” dell'asilo,e senza darmi molte spiegazioni, mi disse con voce ferma e stridula che non potevo più lavorare lì.

 

Quando tornai a casa,mi sedetti al tavolo e senza volerlo cominciai a piangere senza muovere nemmeno uno zigomo.

Non piangevo per il lavoro,ma forse per il fatto che anche nella mia “nuova” vita avevo già combinato un disastro.

Guardando la busta della mia ultima paga di circa 500 dollari,ripresi a pensare al mio amore ormai perduto ai tempi della scuola.

Pensai alla prima volta che facemmo l'amore: lui aspettò paziente per quattro mesi,sapendo che io su queste cose ero molto ferma.

Lo facemmo a casa sua,senza nessun preparativo,ma fu bello comunque.

Quando si ama una persona,non importa se la “cosa” non è programmata,perchè sarà bello lo stesso.

La storia continuò per circa due anni,anche perchè rimasi incinta.

Fu la cosa più bella che mmi fosse capitata,anche perchè lui non mi rifiutò ma mi chiese di sposarlo.

Furono i 9 mesi più belli della mia vita,ma ovviamente,qualcosa andò storto.

Ovviamente,per mantenere un bambino all'età di 20 anni,e soprattutto quando non c'è nessuno a sostenerti,bisogna cercare lavoro.

Lui né trovò uno,che ovviamente non era il massimo,ma ci permetteva di vivere abbastanza tranquillamente.

Ma come volle il destino,mi tolse le uniche due cose in una sera.

Era il 7 maggio ed io stavo per partorire: “distacco della placenta” sentii dire da un dottore.

Quella frase ferma e affilata come un coltello mi fece capire che non era niente di buono.

Mi avrebbero dovuto operare in 10 minuti perchè alla mia bambina non arrivava più l'ossigeno.

Peccato che mi operarono dopo 7 ore.

Quando mi svegliai,non trovai il mio ragazzo accanto a me e nemmeno mia figlia.

Ormai mi ero resa conto che un pezzo di cuore mi era stato tolto per sempre: dopo circa venti minuti,arrivò un dottore che mi spiegò che la mia vita,la persona che avevo creato dal quel piccolo amore che ero riuscita ad ottenere da una serie di tragedie,non respirava più,perchè era passato troppo tempo dal distacco della placenta.

Rimasi immobile e dopo aver analizzato bene quelle parole fredde come ghiaccio cominciai ad urlare, e a mandare a fanculo il mondo.

 

Sussultai di nuovo al pensiero di quel giorno e mi accorsi che con tutte le lacrime che avevo cacciato,avevo bagnato la mia ultima busta paga.

Cercai di cacciare via i miei pensieri e mi affacciai fuori la finestra nella speranza di eliminare la mia capacità di ragionare con l'aria fredda dell'autunno,ma non feci altro che peggiorare la situazione: nella mia testa cominciò a passare un nastro di tutte quelle sensazioni di disperazione, arrivando al momento in cui la mia unica speranza di riprendermi,mi lasciò un mese dopo l'accaduto,dicendomi che per lui ero nociva e che gli ricordavo troppe cose brutte e troppi errori.

 

Presi il pacco di sigarette nella speranza di fumare per tranquillizzarmi, ma per la troppa furia di uscire da quella stanza,non mi resi conto che era vuoto.

Nel giro di 30 secondi mi ritrovai sul marciapiede della strada con il fiatone e con le lacrime secche sulle guance.

Mi fermai in un angolo di un negozio con la vetrina a specchio e senza preoccuparmi delle persone che mi vedevano,mi sistemai e mi asciugai il viso,cercando di riprendere la mia sembianza standard:una ragazza indifferente a qualsiasi emozione di un essere umano.

 

Cominciai a camminare,ma quando aprii il pacchetto mi accorsi che era vuoto,così dovetti andare a comprarne un altro.

Dopo aver comprato una steccha però,decisi di comprare anche un giornale di annunci,perchè erano ormai passati mesi e le mie risorse economiche erano agli sgoccioli e dopo il licenziamento,ero davvero nei guai.

Approfittando del fatto che fosse sera, andai in un pub per mangiare qualcosa e farmi qualche tazza che si rivelarono alla fine una lunga serie di birre.

Quando mi accorsi di essere sbronza,sentii il calore nella mia testa,che stava a significare un'altra delusione.

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Capitolo 4
*** Incontri. ***


L'odore di quel pub cominciava a farmi venire il vomito.

Avevo decisamente bevuto troppo,nonostante ciò continuavo ad ingoiare sorsi di tequila e birra.

Dopo un po',stufa di stare seduta su uno sgabello scomodo,decisi di pagare e uscire.

Quando andai alla cassa però non riuscii ad aprire il portafoglio, così la barista mi mise un foglietto nella tasca della camicia stile “trash” con il conto che le dovevo.

Mentre però uscivo dalla porta,mi schiantai contro qualcosa...o qualcuno.

In un certo senso, sperai in un principe azzurro come nelle favole,dove ti salvano dal mostro cattivo o ti riportano la scarpetta.

Però niente di questo.

Mi scontrai contro una ragazza.

Inizialmente non sapevo distinguere i capelli dal viso così balbettai:”albinaaaa...no.Stranieeeraa...no. Ragazza tu sei un mistero”.

Per un attimo mi guardò male,ma poi mi aiutò ad alzarmi,perchè ero caduta a terra.

Mi chiese qualcosa che tutt'ora non ricordo,ma poi mi riportò dentro e mi fece bere un caffè.

Cominciò a chiedermi come mi chiamavo,ma io riuscivo solo a balbettare i versi di un cane moribondo,così mi prese per la vita e mi portò fuori.

Mentre camminavamo senza meta,cominciò a tirarmi qualche schiaffo,probabilmente per farmi riprendere,ma questo ebbe poco effetto sulla mia sbronza.

Mi chiese dove abitassi,ma io ovviamente le dissi.”Vuoi derubarmi?! Eh?! No cara...Noo!”

E lei, con una faccia decisamente infastidita rispose:”No,voglio solo portarti a casa”.

Rimasi un po' perplessa. Era la volta buona? Avevo trovato qualcuno a cui essere amica in quell'inferno mascherato da paradiso?

“lemon's garden boulevard caraaa...” Le dissi urlando.

Lei mi guardò un po' sospettosa,non fidandosi molto delle parole di un'ubriaca, ma alla fine riuscì a portarmi davanti la stanza del mio appartamento.

“Allora,hai le chiavi?” Disse con voce paziente.

Senza parlare né annuire,le feci cenno e le indicai la tasca,così lei potette estrarre la chiave e infilarla nella serratura,senza fare nessun tipo di rumore.

 

Ci sedemmo al tavolino,ma nel giro di pochi secondi,mi ritrovai al bagno a vomitare tutto quello che avevo bevuto e mangiato.

Stando abbracciata al water,i miei capelli mi facevano da tenda, e di conseguenza il brutto odore del vomito mi ritornava in faccia,facendomi sentire ancora più male. Improvvisamente però sentii le sue mani fredde toccarmi le orecchie per poter prendere anche le ciocche più corte,per poi tenerle nelle mani come una coda.

Non credevo che ci fossero persone così gentile su questo mondo,o comunque io non le avevo mai incontrate.

 

Non appena smisi di rigettare anche la mia anima, mi alzai e lei mi portò verso il lavandino dove mi lavai la faccia e i denti per 5-6 volte ripetutamente.

L'ultima cosa che ricordo di quella notte, è che mi misi a letto vestita.

 

Il giorno dopo,quando mi svegliai,sentii come se ci fosse vuoto sotto di me,così feci un salto dal letto e caddi a terra come una mela cade dall'albero.

Cercai di alzarmi velocemente,ma il mal di testa era così fottutamente atroce che non riuscii ad alzarmi in piedi,ma rimasi in ginocchio.

Alzai il viso,nella speranza di ricevere in faccia una bella secchiata d'acqua,ma vidi solo una ragazza dai capelli biondi-dorati che dormiva con il viso poggiato sul mio tavolino.

Inizialmente mi spaventai,ma poi riuscii a ricordare qualcosa della notte prima.

Cercai di nuovo di rialzarmi e questa volta con successo,ed arrivai alla sedia accanto a quella sua.

Le scoprii il viso,e vidi una ragazza con i lineamenti dolci,come una bimba indifesa.

Ovviamente come era mio solito fare,rovinai il bel quadretto di migliori amiche,dandole uno schiaffo sulla nuca per svegliarla.

“COOOOOOOOOOOSA!” Urlò senza ritegno.

Non appena vidi la scena di per sé buffa,scoppiai a ridere come non facevo da molto ormai.

“Calma....Chi sei?” Le chiesi senza darle un attimo di respiro.

“Desirèe....Ma tu chi sei piuttosto!”Nella sua voce ancora roca,udii un po' di nervosismo,forse perchè si accorse che lo ero anche io.

“Grace...Grazie per avermi portata a casa...” Le dissi con voce imbarazzata.

“Di niente....” Rispose.

Dopo quel piccolo discorso imbarazzante,incombette su di noi un tragico silenzio, che nessuna delle due rompette.

Approfittai dell'occasione per guardarla meglio: capelli biondi,ondulati,lineamenti del viso dolci ma a tratti severi,naso a “patatina”,labbra carnose ma non troppo,fisico non troppo sinuoso ma nemmeno smilzo..Era davvero una bella ragazza.

Di certo era tutto il contrario di me,visto che io ero bruna con le meches viola solo verso la nuca, poco seno e poco sedere, decisamente bassa e con degli occhi così brutti da far mettere paura anche a voldemort: uno nero e uno color nocciola,senza parlare della mia pelle bianca lattea tipo cadavere.

 

Continuò questo silenzio,fin quando non mi chiese da dove venissi,modo migliore per fare amicizia.

Non ero sicura che potesse portarmi nel paradiso con la sua amicizia,ma qualcosa mi diceva che sarebbe stata disposta a vivere nell'inferno con me.

 

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Capitolo 5
*** Un pò di svago. ***


Desirèe non aveva una casa e da me non poteva rimanere,visto che anche io stavo per essere cacciata fuori dall'appartamento.

Dal giorno in cui venni licenziata e incontrai lei, non riuscii a trovare più un lavoro ed ero ormai al verde.

Nonostante avessimo entrambe comprato i giornali con le offerte e avessimo girato molti isolati,o il lavoro non rendeva abbastanza per pagare due affitti,oppure erano davvero impensabili,come una cameriera che doveva andare in giro solo con un paio di mutande.

Forse non avremmo dovuto rifiutare,anche perchè non avevamo il diritto di pretendere qualcosa da un paese che ci aveva accettatto come nuovi abitanti.

 

Ricordo una mattina in cui io e Desirèe decidemmo di andare al parco,passando per il bar che da anni ormai postava annunci.

Portai anche la mia chitarra,perchè entrambe amavamo la musica e forse per un po' di tempo ci avrebbe fatto bene non pensare ai problemi.

Cominciammo a canticchiare qualche parola,ma niente di speciale.

Lei aveva una voce molto intonata,quasi come se le fosse stata donata per avere un futuro nel mondo della musica. Fu proprio in quel momento che mi venne un'idea: proposi a Desirèe di provare a cantare qualche cover in un pub,almeno con un altro lavoro avremmo trovato i soldi per andare avanti.

Inizialmente mi guardò scettica,ma poi,con la sua voce melodica al quale mi ero ormai abituata,annui quasi squittendo.

Ci scambiammo un sorriso pieno di speranza e anche di amicizia,che forse era nata a causa della nostra somiglianza sottile ed invisibile,che si nascondeva nel mare di diversità che ci separava.

 

Cercammo fin quando si fece sera e concludemmo il giro entrando nel pub nel quale ci eravamo conosciute. Ovviamente bevemmo qualche birra in più ma uscite dalla stanza eravamo ancora in grado di seguire un discorso logico ed equilibrato.

Invece di tornare a casa però, entrammo in un altro pub dove c'erano delle persone e dei gruppi che si esibivano.

Dopo aver assistito a varie performance, i presentatori palesemente impreparati,cominciarono a chiedere chi del pubblico volesse esibirsi.

Ovviamente non perdemmo l'occasione ed entrambe alzammo la mano contemporaneamente.,e in quel momento,ci guardammo e ci scambiammo un'occhiata complice e furba.

Salimmo sul palco e chiedemmo un batterista,un basso,una chitarra,e nell'attesa dell'arrivo di questi strumenti e di questa persona, decidemmo di cantare basket case.

Subito le imposi di cantare,perchè la mia voce non era adatta.

Quando cominciammo a suonare,sentii un brivido attraversare tutto il mio corpo fino ad arrivare alla mi mente,facendomi sentire completamente sbronza e drogata.

Era decisamente il momento più bello che stavo trascorrendo da quando ero arrivata per ricominciare la mia nuova vita,che alla fine era quasi peggio dell'altra.

 

Quando finimmo di suonare e scendemmo dal palco,ci rendemmo entrambe conto che forse l'idea di cantare e suonare insieme,era la cosa più bella che avessimo mai pensato.

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Capitolo 6
*** Lei. ***


Guardandola negli occhi,riuscivo a smettere di pensare,a zittire i miei pensieri.

Sentivo la sua gioia penetrare attraverso i pori della mia pelle,entrare nelle ossa,nei muscoli,nelle vene,prendendo il posto del sangue.

Quando la osservavo mentre faceva qualcosa di stupido,ma per lei importante, mi si stampava un sorrisino in faccia.

Dopo tutto quel tempo,qualcosa in me era nato,come un fiore sotto quintali e quintali di sabbia.

Sentivo quel fiorellino piangere,perchè voleva liberarsi e voleva cominciare a respirare,eppure io lo comprimevo con gli accumuli di rabbia che ogni giorno crescevano,e non sapevo perchè.

Eppure,grazie a una ragazza biondina incontrata per caso,qualcosa stava cambiando.

Non capisco tutt'ora come lei si possa essere affezionata a me,perché io non ne davo modo a nessuno di fare ciò che lei ormai aveva già fatto.

Non le chiesi mai perchè mi volesse così bene,così mi accontentai di un'insulsa teoria,cioè quella che descriveva lei che si chiudeva dentro l'unica parte buona del mio cuore,perchè il resto era completamente nero,completamente marcio.

In fondo però,anche io le volevo bene,perchè senza di lei,tutt'ora io non riuscirei a guardare uno specchio,perché vedrei la rovina della mia vita,cioè me stessa.

Era ovvio ormai, le volevo davvero bene,forse l'amavo come si può amare un'amica o una sorella.

E questo,mi bastava per andare avanti.

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Capitolo 7
*** Quel maledetto cinema. ***


 

Il soffitto,così inutilmente opaco,mi fece pensare alla sera prima per tutto il pomeriggio.


Quei ragazzi che avevamo incontrato,erano molto strani,decisamente più strani di me.

Quella ragazza Meredith,non credevo potesse avere così tanto bisogno di essere guardata.

E poi quell'altra ragazza di cui non ricordo il nome,che gusti schifosi aveva riguardo i ragazzi:Quell'essere con i capelli rossi accecanti come se anche lui avesse bisogno di essere guardato,era decisamente assillante.

Il suo sguardo attento e vispo, mi suscitava rancore e odio,come se in una vita passata mi avesse fatto dei torti.

Era bello si,ma il mio odio era così accecante che non riuscivo a concentrarmi sui suoi lineamenti.

Quella sera non feci altro che sbuffare e lamentarmi.

Cercai di concentrarmi di nuovo sul soffitto privo di personalità e anima,ma al suono del citofono,il letto sul quale ero allungata si mosse,a causa di Dez, che si alzò per andare a rispondere.

Mi sedetti un po' perplessa e mi girai a guardarla mentre prendeva un cappottino di pelle e pronunciava la frase più odiata della mia vita:”Luke (ragazzo di ieri sera) mi ha invitato al cinema,vieni?”.

Rimasi di stucco,ma prima che il mio cervello potesse farmi ragionare le risposi:”Cosà?! E perchè dovrei?!” Ovviamente cominciai a balbettare qualcosa ma lei si riparò dietro una scusa scontata e decisamente inutile:”Dai porta anche gli amici..”

Certo. Anche in questa vita ho la funzione di candelabro.

Infine accettai l'invito forzato,avvertendola però che se mi fossi annoiata sarei andata via.

Prima di scendere le scale,mi girai un attimo allo specchio posizionato verticalmente accanto la porta: non ero sistemata,avevo la matita sbavata della mattina,capelli un po' mossi e una delle mie solite maglie di un gruppo italiano (nerorgasmo),senza parlare poi dei miei pantaloni neri e stracciati con le catene ai fianchi.

Dopo essermi resa conto della mia imminente figuraccia,scesi le scale e vidi la solita scena sdolcinata di una ragazza innamorata che si avvia e abbraccia il suo principe azzurro.

La cosa che mi fece venire i sensi di vomito però, fu la sagoma della persona che aspettava in macchina:capelli rossi,orecchino e...Quel fottuto sguardo.

Rimasi immobile e senza volerlo mi girai verso Dez guardandola a dir poco malissimo.

Ci rimase male, ma in quel momento nessuno poteva rovinarle i suoi pensieri.

Entrai in macchina e salutai Luke con falsa enfasi,mentre guardando quel ragazzo negli occhi,biascicai un ciao davvero poco felice.

Ci fu un attimo di silenzio,in cui tutti pensarono al motore dell'auto con il sottofondo di “let me go” dei Rancid. L'unica cosa che forse mi alleggeriva il carico di nervosismo che mentalmente cresceva,

Arrivammo davanti un edificio un po' tricolore,come se con quei colori avrebbero voluto rendere il posto internazionale.

Scendemmo e ci avviammo (io con passo molto più svelto ) verso l'entrata,cercando di arrivare primi alla fila che tutti e quattro immaginavamo,ma che fortunatamente non c'era.

Pagai il mio biglietto e mi sedetti su un sedile a pois rossi e blu e due contenitori ai lati per una fantomatica bibita e un pacchetto di pop-corn.

Cominciai ad osservare Dez che,a suo modo,civettava con Luke,che sicuramente da lì a mezz'ora l'avrebbe baciata facendola innamorare.

Ad un certo punto sentii crescere molto velocemente dentro me un senso di ansia e noia,così mi alzai e avvisai la mai compagna di avventure che sarei andata a farmi una birra in un pub vicino.

Mentre scendevo le scalette della sala di proiezione,pensai di nuovo a quel ragazzo che tanto disprezzavo con una fiamma rossa sulla testa.

Non so perchè lo odiavo,resta il fatto però che quello era il sentimento che provavo.

Facevo un passo avanti e due indietro,curiosa di sapere cosa stesse facendo e cosa pensava,però andai avanti fino alla porta del bar del cinema,sedendomi e ordinando una birra.

Non passarono dieci minuti però che lo vidi entrare e sentii i suoi occhi guardarmi.

Si avvicinò e si sedette davanti a me senza nemmeno chiedermi il permesso.

“Perchè sei fuggita via?” Cominciò con aria spavalda.

“Mi annoiavo.”Risposi indifferente.

“Ma...Dez ci è rimasta male...”

“Non posso farci niente,io l'avevo avvisata”.

Mentre tentai di abbassare i miei occhi terribilmente immobili e piantati nei suoi,lo vidi fremere e poi dire con voce ferma:”Ma perchè ti sono antipatico?! Insomma,siamo entrambi punk e già per questo dovremmo andare d'accordo..”

Mi sentii offesa ma senza batter ciglio gli risposi con molta enfasi:” Mi sei antipatico e ancora capisco perchè. Però mi sei terribilmente antipatico.”

“Però...le dici le cose in faccia tu eh...” Rispose sorpreso e quasi eccitato dalla situazione.

“Certo...Cosa credevi...?”

Non so perchè,ma dopo aver detto quella frase ironica sorrisi maliziosamente e aprii bene le palpebre come se volessi fargli vedere il mio occhio diverso dall'altro.

Lui sorrise in modo ancora più malizioso,ma quando decisi di avvisarlo del fatto che forse aveva capito male,mi invitò ad uscire dal bar,facendomi vedere una sigaretta.

Lo seguii e non appena ci trovammo fuori mi mise la sigaretta tra le labbra e me la accese.

Ero decisamente tentata dal fargli notare che forse quel gesto poteva infastidire una persona,ma decisi di stare al suo gioco,palesemente sporco.

Cominciò a girarmi intorno e si fermò a guardare il mio petto,cioè....la scritta “nerorgasmo”.

Mi chiese chi fossero ed io gli spiegai tutta la loro storia,facendolo rimanere sorpreso:alzò un sopracciglio e sorrise come se volesse farmi complimenti.

Ci guardammo per qualche istante,ma proprio nel momento in cui decisi di cancellare l'odio nei suoi confronti,mi sentii premere delle labbra calde e fine sulle mie.

Quel sapore totalmente sconosciuto,mi fece inizialmente venire la pelle d'oca,ma subito dopo tutto il rancore che qualche secondo prima avevo riposto nel cassetto riuscì,esplodendo in un sonoro schiaffo a mano aperta sulla sua guancia.

Fece così rumore che mi assicurai che nessuno avesse sentito e con odio negli occhi lo rimproverai di quello che aveva fatto,ma con grande sorpresa vidi di nuovo quel sorriso e sentii un suo commento:”tu sei strana cazzo.”

Io mi girai e cominciai a camminare provando a distrarmi con il pensiero della lingua di Dez nel palato di Luke e viceversa,cosa che mi fece venire da vomitare.

Mentre mi allontanavo a velocità record dal luogo “del delitto”, mi venne in mente Sharon,l'attuale fidanzata di Dimitri,così,approfittando della distanza che ci divideva,urlai:” ricorda che sei fidanzato!!”.

Con un espressione soddisfatta mi girai e rientrai nell'edificio,fregandomene della sua reazione.

Ora avrei dovuto raccontare tutto a Dez.

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Capitolo 8
*** Ancora quei capelli. ***


Passavano i giorni e Dez non faceva altro che sprizzare di gioia da tutte le parti.

Quandol la sera dell'”invito al cinema” le andai a dire di Dimitri,la trovai avvinghiata a Luke come se si fossero fidanzati da più o meno 3 anni. La cosa mi parve assai strana,perchè dopo tutto questo tempo,da quando l'avevo conosciuta,non avevo mai provato a immaginarla davvero felice.

Inizialmente mi stupii così tanto che sentii un po' di rabbia nello stomaco,ma ricordando immediatamente il mio passato,”ingoiai il rospo” e decisi di fare finta di niente.

Per molto tempo Luke portò con sé Dimitri a casa nostra senza nemmeno chiederci il permesso,ma essendo abituata ad ignorare le persone,continuai a vivere la mia vita con Dez.

Una sera,la vidi davanti lo specchio intenta a trovare un'acconciatura adatta per una serata romantica...Insomma romantica per un metallaro e una punk.

Era particolarmente nervosa ed eccitata: la sentivo parlare tra sé e la vedevo bisticciare comicamente con la piega della maglia che aveva appena comprato in uno dei pochi negozi rock che avessi visto da queste parti.

Mi appoggiai alla porta della stanza e sorridendo le dissi:”Ancora niente sesso vero?”

Non appena sentii la sua risata dolce e maliziosa,cominciai a ridere con lei,come se quella domanda

ce l'aspettassimo entrambe prima o poi.

“Eh..” Rispose emozionata e anche un po' delusa.

“Come mai? Non dirmi che state facendo sul serio!” Non appena le posi questa domanda,si girò verso di me e con voce innamorata rispose:”Forse...”

Con un po' di rammarico nel cuore le sorrisi e mi girai in direzione del frigorifero.

Aprii lo sportello ed esaminai bene il contenuto:presi uno yogurt alla vaniglia e un cucchiaino dal porta posate ed iniziai a mangiare.

Dopo più o meno 10 minuti,giusto il tempo di assaporare l'ultimo cucchiaino di yogurt,sentii Dez brontolare nei miei confronti;”Che palle Grace,ma sei diventata una zitella?Insomma non dico che devi trovarti un ragazzo,ma esci cazzo,il mondo è grande! Anzi perchè non vai a saltare sotto un palco come quella sera dove abbiamo incontrato Luke,Dimitri e le latre?”

Effettivamente aveva ragione.

Da quando ero arrivata nella “nuova terra madre”,non avevo fatto quasi mai niente di divertente,anzi,non facevo altro che strimpellare la chitarra,mangiare e dormire.

Cose fondamentali per una vita come la mia,ma ovviamente dovevo uscire qualche sera.

“Lo sai Dez? Hai proprio ragione. Questa sera visto che è sabato,me ne vado a vedere un concertino dentro un pub. Sai, credo che quel bustino di pelle ecologica si stia marcendo nella valigia.

Credo che lo metterò questa sera.”Detto questo,Dez non ebbe il tempo di ribattere su quel che avevo detto,perchè suonò il citofono e dovette andare via.

“Salutami Luke!!” Le dissi con voce stranamente materna.

Andai in camera,mi guardai allo specchio e cominciai a mettermi dei pantaloncini neri di Jeans con le calze violetto e un paio di stivali che arrivavano fino al ginocchio.

Dopodiché indossai il bustino abbastanza “aggressivo” e decisi finalmente di usare la piastra che Dez mi aveva messo a disposizione molto tempo fa.

Trovandomi pronta verso le otto di sera,presi il cappottino di pelle,la mia classica tracolla e uscii di casa.

Ovviamente fu una pessima idea mettermi in pantaloncini con quel tempo,così cercai il primo pub ed entrai,portando con me una scia di freddo.

Mi sedetti ad un tavolino isolato e vicino un termosifone,in modo così da potermi riscaldare molto più velocemente.

Passarono 20 minuti e la noia si fece sentire,così decisi di bere altre due o tre Kilkenny pinte.

Non ricordo bene quanto tempo passai seduta su quella sedia,ma cominciai a vedere le persone affollarsi sotto un palco non molto grande,nell'attesa di un gruppo.

Un po' barcollando,mi avvicinai anche io e senza volerlo mi posizionai vicino un ragazzo con i capelli rossi.

Non mi resi conto che fosse Dimitri,e quando mi salutò,io non risposi ma gli sorrisi.

Durante il concerto bevvi molto rum e cominciai a sentirmi male.

Vomitai,credo,nel bagno del pub e poi in una macchina di non so chi.

Verso le 4 di notte mi svegliai e mi sedetti a cavalcioni sul letto,ma quando accesi la luce,vidi una stanza con delle pareti rossastre e un letto con delle coperte giallo canarino.

Mi girai palesemente spaventata e non appena i miei occhi arrivarono vicino la mia coscia,trovai tanti capelli rossi accecanti attaccati ad una testa da me molto odiata.

Dimitri.

Non pensai subito al peggio,ma feci male:vestiti buttati a terra,coperte tutte raggrinzite ai piedi del letto,ed io,solo con una maglia addosso.

Tirai uno schiaffo sulla nuca di quell'idiota facendogli appiattire i capelli impregnati di sudore.

Balzò in piedi come un lampo,e questo mi diede il tempo di notare il suo bel fisico:per un attimo,quello che era successo,non mi era dispiaciuto affatto.

Poi tornai alla realtà.

“Ma che caz...?!” Disse con voce persa.

“Oddio ma io che ci faccio qui,che ci faccio con te,che ci faccio in queste condizioni,e cazzo copriti!!!!!” Urlai senza voce.

Dimitri mi guardò un po' perplesso,ma assecondò il mio ordine,rimettendosi i pantaloni e la maglia.

“Ma non urlare..”Aggiunse.

“Non urlare?! Ma ti rendi conto di quello che è successo?! Oddio mio....”

“Andiamo non dirmi che ti ho sverginata io perchè non ci crederei nemmeno se lo vedessi!”

Non appena sentii quelle parole lo presi letteralmente a schiaffi.Ma come si era permesso?! Come aveva osato dirmi quelle parole? Cercai di picchiarlo con tutta la forza che trovai in corpo,ma dopo il terzo schiaffo mi prese i polsi e cominciò a urlarmi contro:”Ma la smetti?! Chi ti credi di essere per prendermi a schiaffi?! Ma non ti sta nemmeno bene che io mi sia interessato a te?! Abbiamo fatto sesso e ci siamo divertiti,punto.Non è successo niente!!”

Rimasi scioccata.Le sue dita premevano sui miei polsi e ciò mi fece rendere conto di quanto io potessi essere inutile davanti gli occhi di un uomo.

Ci guardammo un attimo e non appena lui si accorse del terrore che mi aveva scatenato dentro,mi lasciò andare e mi passò tutti i miei vestiti.

Senza guardarlo mi girai e,cercando di non far vedere molto,mi vestii ed arrivai alla porta.

Mi seguii.

Scendemmo le scale del suo appartamento fino ad arrivare al portone,ma quando decisi di non fermarmi a guardarlo negli occhi,mi mise le mani sulle spalle e mi sussurrò all'orecchio:”Ci vediamo domani.”

Dopo quelle parole,non mi girai come lui avrebbe voluto che facessi,ma ricominciai a camminare senza nemmeno salutarlo.

Non so se ci rimase male per questo,ma era già tanto se non lo avevo buttato dalle scale.

Mentre tornavo a casa sentii tremare la borsa e con la mano cercai il cellulare: Era Dez.

“Pronto” le dissi con voce roca.

“Ma dove cazzo sei?! Non voglio farti la morale ma sono le 5 del mattino e ti ho cercato per tutti i pub!!! Vuoi farmi prendere un infarto per caso?!”

“Guarda...sto tornando ma sono a piedi....”

“Io sono con Luke, ti veniamo a prendere. Dove sei di preciso?”

MOMENTO.

Nel giro di un secondo pensai:Luke sta con Dez,(ma perchè stanno insieme a quest'ora?),Luke conosce Dimitri,quindi sa dove abita.

Quindi:Se Luke e Dez mi vengono a prendere nel quartiere dove abita Dimitri,capiranno sicuramente cosa è successo,e di sicuro nella macchina ci sarà un'aria di “post sesso” per tutti e tre.

Cosa avrei inventato?

CONTINUIAMO.

“Vuoi v-v-venirmi a prendere?” Dissi spaventata.

“No guarda voglio investirti. Secondo te?!”

“Guarda torno a piedi.” Dissi sentenziosa.

“Ma non farmi ridere! Fa un freddo cane e non ho intenzione di lasciarti congelare”.

Mi arresi. Cominciai ad aumentare il passo nella speranza di allontanarmi da quel vicolo e di arrivare in un altra via.

“Sono davanti la pasticceria “sugar”Commentai alquanto depressa.

“Mmm...Ok. Non ti muovere,siamo vicini.”

Riattaccai. Ancora una volta avevo combinato un disastro e non sapevo come rimediare.

Il pensiero di quei capelli rossi accanto alla mia coscia cominciarono ad alimentare una specie di mal di stomaco e un leggero giramento di testa,Dovuto soprattutto all'alchool.

Una macchina lampeggia verso la mia direzione. Eccoli.

Ora me la vedrò con la mia compagna di avventure,che ha osato preoccuparsi per me,nonostante le avessi già detto di non farlo.

 

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Capitolo 9
*** Rudie can't fail. ***


.9

Ormai Dez e Luke avevano intrapreso una storia seria e ogni volta che la guardavo pensavo a me.

Era ormai passato un anno e più da quando avevo deciso di ricominciare vita, ma alla fine non era cambiato niente.

Avevo un lavoro part-time da schifo,suonavo una fottuta chitarra classica senza motivo,e riuscivo ad essere anonima più della mia vita precedente.

In amore non avevo concluso niente purtroppo. Ogni volta che provavo ad intraprendere una storia decente con qualcuno,la mia negatività mandava tutto a puttane.

L'unica persona che riusciva a soffocare quella che ero davvero,era Dimitri.

Da quella notte non ci parlammo più tanto,ma quando ce n'era l'occasione,parlavamo di quanto le nostre vite facessero così schifo.

Più che altro passavamo il nostro tempo da single facendo sesso.

Ogni volta che ne avevo voglia ci incontravamo e lo facevamo. Lo so,era decisamente senza senso,ma ci andava,e non avevamo nient'altro da fare.

Dez si accorse subito di questo e non fu affatto felice per me:” Sei una grandissima cogliona. Si,sei impazzita. E se rimani incinta?!”

INCINTA.

Io:”ma cosa cazzo dici?! Esistono i contraccettivi lo sai?! Non posso nemmeno divertirmi adesso?! Già la mia vita fa cagare,ora ci manchi tu a farmi la predica?!”-

Passammo il 15 agosto senza parlarci. Lei con Luke,che tentava disperatamente di farla ragionare,e io da sola,appoggiata a una spranga fredda di ferro,con l'insana idea di spaccare la chitarra che rimaneva appoggiata accanto a me,nella speranza di essere riportata in vita.

Sentivo il vento spostarmi il ciuffo ribelle davanti gli occhi,per poi penetrarmi lentamente nella maglia bianca facendomi rabbrividire.

Mentre giocavo con le dita a ritmo di “police on my back-the clash”,immaginavo la mia vita tornata di nuovo in italia: le stesse piante,le stesse strade,le stesse facce.

Mi cominciai ad immaginare seduta nel bar a prendere il solito caffè macchiato,servito dalla solita persona e contornato dalle solite chiacchiere così poco importanti da sparire subito nell'aria,come se fossero l'eco di un urlo smorzato dai pensieri troppo affaticati.

Tornai subito nella realtà però,grazie a uno schiaffo alla nuca che mi diede un po' fastidio.

Dimitri giaceva accanto a me,con i suoi occhi lucenti piantati nei miei,attraversati da una voglia che avevo già esaudito varie volte,e che aveva per un attimo riempito quel vuoto che sentiva dentro,ma di cui non mi aveva mai parlato.

“Non vi parlate ancora?”- Disse guardando Dez.

“No.” Risposi secca.

“Quindi non sei dell'umore adatto per...”Sentii i miei occhi riempirsi di lacrime e di rabbia. Allora ero davvero un gioco? Per lui ero la ragazza facile che allargava le gambe ogni volta che lo chiedeva? Eppure lo avrei dovuto capire. Anzi lo sapevo benissimo,ma forse in quel momento avrei voluto un appoggio morale da parte sua,perchè non volendo,aveva conquistato una parte importante del mio cuore.

“Non scocciarmi Dimitri. Io torno in Italia.”Dissi sentenziosa.

Avevo deciso di tornare alla mia vecchia vita,nella solita casa,nella solita auto,con le solite persone,con i soliti ricordi.Al dire il vero non volevo,ma era l'unica cosa giusta da fare.

Non riuscivo a trovare l'antidoto che serviva alla mia vita,per calmare la mia mente.

Mentre pensavo e ripensavo alla frase che avevo appena pronunciato vidi il viso di Dimitri impallidire e poi tornare normale:”Stai scherzando?” Disse con voce fiacca.

“No perchè dovrei? Non ho trovato niente qui,niente lavoro,niente vita nuova,niente amore. Perchè dovrei rimanere?”

“Niente amore? Tu cercavi amore?” Disse stupefatto.

“Si,anche.”

Non appena smisi di parlare,diede un calcio alla spranga di ferro su cui ero appoggiata,facendola tremare.

“Se ne torna in italia la signorina!!!!!!!!! Capito Dez? La tua amica torna in italia a trovare l'amore!!” Cominciò ad urlare in preda a delle convulsioni terrificanti. Ma cosa gli importava? Per lui io non ero niente, perchè reagiva in quel modo?

Non feci in tempo a rispondere,che Dez si avvicinò a me e mi tirò uno degli schiaffi più forti che avessi mai ricevuto. Poi corse via piangendo.

Ormai il danno era stato fatto.

“Cosa vuoi Dez?! Tu sei felice,io no,tu hai trovato quello che cercavi,io no!!!!! Lasciami vivere come voglio,la vita è la mia e io decido come farla andare!!!!” Urlai disperatamente.

Quando mi girai verso Dimitri,mi accorsi del suo sorriso malefico e lo sentii pronunciare le parole più brutte della giornata:” Fai quel che cazzo ti pare. A me non frega niente. Eri solo un gioco,un passatempo. Se te ne vai tu,ne trovo un'altra sgualdrina disposta a darmela ogni volta che mi annoio.”

Mi sentii inutile,stupida,e usata.

Non ebbi la forza di prenderlo a schiaffi,ma andai in macchina,mi sedetti,accesi la radio e partii.

Mentre risalivo la strada brecciata di campagna ascoltando “rudie can't fail-the clash”, cominciai a piangere senza motivo. Davvero in questo modo doveva finire la giornata?

Arrivai a casa,salii le scale e mi guardai intorno.

Non so se tutto questo mi sarebbe mancato,ma avevo di nuovo bisogno di scappare da una vita piena di disastri.

Rimisi i panni nella valigia,presi qualcosa dal frigo per mangiare durante il viaggio e ritornai in macchina.

Rimisi da capo la canzone,premetti play,e partii di nuovo verso la catastrofe che avevo provato a lasciare.La mia vecchia vita.

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Capitolo 10
*** Life,the return ***


 

Stava tornando tutto come prima.

Vagavo di nuovo per quelle strade che circa due anni prima avevo lasciato per trovarne altre.

Da quando mi sedetti di nuovo sul materasso imballato della mia vecchia casa,non rividi più Dez,Luke e soprattutto Dimitri.

Strano ma vero,non smisi mai di pensare a lui,perchè forse era riuscito ad impadronirsi di quella piccola parte del mio cuore,rimasta intatta dopo tante tragedie.

Ben presto però ricevetti una sorpresa: era sera e il ristorante in cui lavoravo stava per aprire.

Di solito suonavo e cantavo al pianoforte,esaudendo le richieste dei clienti che venivano a mangiare.

Quella sera però, avevo portato anche la chitarra,che ormai non suonavo da mesi.

Avrei dovuto accordarla,ma probabilmente non lo avrei fatto,forse perchè non avrei sopportato la vagonata di ricordi che mi avrebbe investita,non appena avessi riletto la dedica di Dimitri sul retro della cassa.

Persa nei pensieri,il tempo passò e mi ritrovai avvolta da signori che chiedevano con impazienza qualche brano che parlasse d'amore,visto che era S.Valentino.

Certo,che festa interessante quella.

C'è chi dice che è bello essere single perchè in realtà nessuno è disposto a passare del tempo con uno di loro,visto che sono pesanti quanto un alito dal sapore di aglio,poi ci sono anche le ragazzine che aspettano quel giorno per dire TI AMO,come se fosse quasi un obbligo.

Poi ci sono io,che non si ricorda nemmeno che giorno è S.Valentino.

 

Cercando di accontentare tutti i clienti per assecondare il loro inutile piano di far innamorare proprio quella sera le loro ragazze, non pensai ne a mangiare ne a soffocarmi con la mia vita con Dez.

Per fortuna la serata finì e verso le 00:30 potei tornare a casa e fumare una sigaretta.

Cominciai a salire le scale per arrivare al portone ma sfortunatamente mi imbattei in un mazzo di rose blu appoggiato all'angolo tra la porta e il muro.

Pensai ad un ragazzino intento a corteggiare una ragazzina di quella palazzina,così lo presi e lo spostai sul secondo scalino,in modo da lavarmene le mani e dimenticare quell'odore estasiante.

Non feci in tempo però a girare la chiave nella serratura,che sentii una voce purtroppo familiare:

-Non sei cambiata affatto in questi mesi eh?-

Sentii il sangue gelarsi e il cuore palpitare sempre più. Come faceva ad essere lì? Perchè era venuto davanti la mia porta?

Mi girai e vidi i suoi occhi azzurri come il cielo brillare nell'oscurità della tromba delle scale,perchè la luce a timer si era spenta.

-Ma che ci fai qui..- Dissi senza fiato.

Non sentii una risposta ma un bacio dimenticato nei meandri del mio cuore,riposto accuratamente in ordine di tristezza insieme ad altri milioni di fogli in attesa di essere bruciati,ma che puntualmente venivano riportati in vita.

Non mi lasciai trasportare così come lui avrebbe sperato e lo staccai dandogli uno schiaffo con molta rabbia repressa:- Dimitri ma cosa vuoi? Perchè sei qui? Cosa vuoi da me?!-

-Ma ero venuto per te...Per stare con te. Tu cercavi l'amore e io ho deciso di portartelo. Lo so che ci ho messo tanto,ma in questi tre mesi sono stato a pensare a come tornare da te....Ovviamente ho portato anche altre persone....-

-Altre persone?- Dissi senza fiato.-Quali persone?-

Mi sorrise-c'è Dez e....ha una sorpresa....-

Non sapevo cosa aspettarmi.

Senza che lui mi dicesse qualcos'altro scesi le scale correndo e mi affacciai dal portone di casa,fin quando non scorsi un'auto e una ragazza bionda all'interno.

Aprii subito la portiera e vidi Dez con i capelli a caschetto e leggermente ingrassata.

-Grace!!!- La sentii urlare,come se non riuscissi a sentirla.

Senza alzarsi mi tirò a sé e mi abbracciò singhiozzando.

Credo che piansi anche io,perchè mi mancava tanto,perchè era lei il mio antidoto,era lei il mio opposto.

Quando scese dall'auto però,la vidi leggermente rotondeggiante e capii subito qual'era la sorpresa.

-Ma tu...tu sei.....-Non riuscii a finire la frase.

-Incinta? Si,da tre mesi.....Non sei felice?-

IO: Uhm.....Si che sono felice...Un futuro marmocchio....Wow!- Risi sarcastica.

-Ma Dimitri lo hai lasciato davanti la porta di casa? Ha una sorpresa per te!-

IO:-Ma non era questa la sorpresa?

-hahaha no!!- Mi sorrise maliziosa.

Lasciandola in piedi davanti la portiera,tornai davanti il portone di casa e trovai Dimitri seduto sugli scalini,con un sorriso stampato sulla bocca e con il mazzo di rose blu che poco prima avevo disprezzato appoggiandolo accanto al muro.

IO:La sorpresa?-

-Beh Dez e Luke si stanno per sposare e stanno per diventare genitori,e poi ci sono io.Non ti basta?-

Mi sarebbe bastato di certo,ma sapevo che avremmo dovuto chiarire qualcosa di molto  importante.

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Capitolo 11
*** The final ***


.11

Ci guardammo negli occhi per molto tempo quella notte, allungati sullo stesso letto,nell'attesa che qualche parola riempisse quel silenzio ovattato nella mente di entrambi.

Le sue labbra,i suoi capelli e tutto ciò che lo componeva in tutta la sua stranezza, mi bastava per poter vivere serenamente e per poter richiudere il cassetto degli incubi che si apriva ogni notte facendo tornare in vita il passato.

Tutta via c'era ancora qualcosa che non andava: sapevo che non sarei riuscita a resistere troppo vicina a ciò che desidero.

Mi avvicinai alle sue labbra fine perfettamente disegnate dal fato e lo baciai con un pizzico di dolore,che si trasformò subito in lacrima.

Non appena la goccia fredda toccò la sua guancia mi guardò e capì che non saremmo mai potuti stare insieme.

Sapeva benissimo ciò che provavo per lui,ma il nostro destino non era incrociato,o almeno,non nel modo giusto.

Mi baciò di nuovo,per indicare un addio, si alzò dal letto e uscì dall'appartamento.

Io rimasi allungata sul letto per una decina di secondi,dopodichè mi sedetti,accesi una sigaretta e presi un foglio,dove scrissi tutto ciò che mancava al bambino che stava per arrivare.

Passai tutti e sei i mesi per negozi,a braccetto con Dez e Luke, per prepararci al parto,fin quando non arrivò il giorno: 24 agosto.

Dormivo con i soliti incubi che tormentavano il mio sonno estivo, quando lo squillare incessante del telefono fisso mi fece alzare nel pieno della notte e risposi al telefono con voce smorzata e rauca:

-Pron..to..-

-Sta per partorire..!!-

Rimasi in silenzio e mi svegliai di colpo,nel dolce ricordo della voce di mio padre prima della sua morte e anche per il fatto che la mia migliore amica stava per mettere al mondo una parte di lei,il frutto di una pianta rara,che non cresce sempre e se cresce,cresce male: l'amore.

Mi preparai e corsi all'ospedale,dove vidi Dimitri seduto scorrettamente sul sedile scomodo dela sala d'attesa con una cartina in mano:

-Ciao..- Dissi spaventata,e lui,non appena sentì la mia voce si rizzò in piedi e mi abbracciò,come se fossi stata io a salvarlo dal baratro della sua mente scura e drogata.

Parlammo del più e del meno,fin quando non vidi Luke distruggere le sedie accanto alle nostre,piangendo come un disperato.

Dimitri,convinto che piangesse per felicità,lo abbracciò amichevolmente, ma quando vide che non riceveva nessuna risposta, tolse le sue braccia e le posizionò accanto alle tempie come se non volesse far uscire le lacrime.

Sentii una fitta allo stomaco,come se qualcuno mi stesse attorcigliando con una pinza tutto il mio apparato digerente,fino a farmelo vomitare.

Cominciai a piangere cosciente del fatto che il mio antidoto e la sua piccola creazione erano state risucchiate dal fato maledetto,così non mi rimase altro che continuare ad uccidermi con il mio stesso veleno.

Non piansi davanti alle casse bianche l'una accanto all'altra,su quel prato verde,non avevo più lacrime da cacciare,ma solo urla e rabbia che presto avrei sfogato sulla mia stessa pelle.

Lanciai un mucchietto di terra, consapevole che lì dentro, nel cuore di metà della mia vita che ormai aveva smesso di battere,c'era anche la mia anima,troppo strappata per poter essere aggiustata malamente di nuovo.

Ogni 24 agosto, io, Dimitri e Luke ci recavamo nel cimitero con un mazzo di rose blu,in ricordo di tutto quello che avevamo passato insieme.

Durante il tempo però, il nostro trio si spezzò, dandola vinta al destino,che tirò a sé con prepotenza e cattiveria anche lo sposo della mia migliore amica,troppo drogato e disperato per poter continuare a vivere una vita ormai senza senso.

Ora sono qui, a 42 anni,con Dimitri che legge il giornale Rock del mese,per prendere in giro i ragazzini poser di oggi, ed io che mi pettino i capelli corvini allo specchio, ricordando tutto ciò che ho vissuto,con la consapevolezza che questi anni,sono volati, e, probabilmente,non li ho vissuti al pieno come avrei dovuto,tra tragedie,alchol e droga, contro cui combatto insieme alla mia unica speranza per vivere ancora quel po' che rimane: lui.

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