Addiction

di wustawak
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Diavolo Decaduto ***
Capitolo 2: *** Nella tana del serpente ***
Capitolo 3: *** La terapia ***
Capitolo 4: *** Crisi d'astinenza ***
Capitolo 5: *** La calma dopo la tempesta ***
Capitolo 6: *** Confessioni ***
Capitolo 7: *** Convalescenza ***
Capitolo 8: *** Una cenetta tranquilla ***



Capitolo 1
*** Diavolo Decaduto ***


Capitolo #1
Diavolo Decaduto
 
Era stato un dio… ed ora, non era niente.
La gente l’aveva guardato con deferenza, in passato, trattenendo il fiato come di fronte a qualcosa di troppo grandioso per passare sotto silenzio… Avevano tremato, al suo cospetto, schiacciati dalla consapevolezza della propria insignificanza, tributandogli lo stesso rispetto dovuto ad un principe. Un astro luminoso in mezzo ad una volta oscura, ultimo erede di due delle più importanti famiglie di maghi del mondo magico, fulgida promessa di rivalsa.
 
Una promessa, sì… Una promessa infranta.
 
Hermione non sapeva bene cosa aspettarsi, quando era arrivata lì.
Le avevano accennato qualcosa, avevano provato a prepararla a cosa si sarebbe trovata di fronte, ma in quel momento si rese conto che nessuna parola che qualcuno fosse mai stato in grado di pronunciare sarebbe mai stata in grado di descrivere la sensazione di vuoto che l’assalì quando i suoi grandi occhi castani si posarono su di lui.
 
Fino ad allora era sempre stata convinta che, appena usciti da Hogwarts, le loro vite avrebbero seguito una parabola ascendente che li avrebbe condotti ad una felice affermazione personale e professionale, coronando una vita che per quel che la riguardava considerava perfetta.
 
Nel suo caso, almeno, era stato così: da sempre brava negli studi, non aveva fatto fatica a farsi ammettere all’accademia magica di medimagia, nella si era diplomata a pieni voti dopo appena tre anni, quando solitamente gli altri ce ne impiegavano quattro o cinque.
 
Al San Mungo non aveva dovuto nemmeno sostenere un colloquio, l’avevano assunta sulla base dei suoi ottimi voti e dell’alta considerazione in cui era tenuta da persone influenti del calibro di Silente; e data la sua grandissima bravura e la sua innata abilità nell’apprendere, dopo pochi anni era diventata primario del terzo piano del San Mungo, quello degli avvelenamenti da pozioni e piante.
 
La sua scalata alla vetta era stata talmente veloce che quasi non se n’era resa conto: da un giorno all’altro si era ritrovata ad occupare una posizione di grande responsabilità, professionista stimata ed ammirata da tutta la comunità magica.
 
Si era fatta una fama, una fama niente affatto immeritata: dopo pochi anni trascorsi al San Mungo era considerata la migliore nel suo campo, quello dell’avvelenamento e delle intossicazioni. Aveva inoltre approfittato delle influenti conoscenze accademiche del direttore dell’ospedale per approfondire anche le proprie nozioni del campo della psichiatria, altro campo nella quale era molto rinomata.
 
Era stato a causa della stima che l’intero mondo della medimagia nutriva nei suoi confronti che quella non ben identificata clinica privata l’aveva contatta per un incontro, una consulenza su un paziente molto importante di cui le avrebbero rivelato il nome solo di persona.
 
Il tono deferente del medico con cui aveva parlato l’aveva infastidita, così come il termine ‘paziente importante’ (come se ce ne fossero di non importanti; nel loro mestiere non ci sarebbero dovute essere simili distinzioni); ma aveva comunque acconsentito ad effettuare una visita, spinta anche dalla curiosità.
 
Le rivelarono il suo nome soltanto pochi minuti di vederlo, e non riusciva neanche a descrivere il proprio stupore; quando se lo ritrovò davanti, poi, non gli parve neanche più lui.
 
Cioè, era innegabilmente lui, l’avrebbe riconosciuto ovunque, ma allo stesso tempo non era lo stesso ragazzino arrogante e spocchioso con il quale aveva sovente litigato dentro le rassicuranti mura di Hogwarts. Il Draco che aveva conosciuto al tempo della scuola era sempre elegante, curato e perfetto, senza mai un capello fuori posto, con lo sguardo sicuro di sé e quell’odioso sorrisetto da vincente, che sembrava sottolineare l’inadeguatezza di tutti quelli che avevano l’onore di incrociare la sua strada.
 
Il Draco che in quel momento era seduto scompostamente di fronte a lei, sul pavimento lurido della stanzetta buia della clinica privata… Sembrava una persona completamente diversa.
 
La barba lunga e incolta, i capelli opachi e incrostati di sporcizia, il volto magro e scavato, lo sguardo spento, tutto in lui era nuovo per Hermione e sembrava trasudare malessere. Sembrava un cadavere, tanto era malridotto!
 
Teneva la testa stancamente appoggiata contro la parete imbottita della stanzetta, come se sostenerla con le sue sole forze gli costasse troppa fatica.
 
Inoltre, come Hermione ebbe modo di notare immediatamente, aveva le braccia imprigionate in una camicia di forza annodata strettamente… Aveva fatto resistenza. Si trattava di ricovero coatto.
 
A pensarci bene, non doveva nemmeno stupirsene: il giorno in cui Draco Malfoy avrebbe avuto l’umiltà di riconoscere di avere un problema e sarebbe venuto a chiedere aiuto, doveva ancora venire.
 
Certo, gliel’avevano anticipato che l’avrebbe trovato in quelle condizioni; ma nessuna delle sue immagini mentali potevano anche solo sperare di essere all’altezza della dura realtà che le si prospettava innanzi.
Poco dopo il suo arrivo alla clinica era stata raggiunta da un’infermiera, che brevemente l’aveva informata riguardo i dettagli della sua convocazione e i termini del ricovero: fu in quel momento che seppe qual era la vera identità del paziente misterioso e che non si trovava in quella clinica di sua spontanea volontà.
 
Successivamente, sbrigate le prime faccende burocratiche, le si era avvicinato un medico piuttosto piacente, di età non ben precisata compresa tra i trenta e i quarant’anni, con un bel completo di velluto marrone sotto il camice bianco: dal fatto che non portasse gli abiti tipici da lavoro, Hermione intuì che doveva trattarsi di un pezzo grosso dedito maggiormente alla scrivania che non alla corsia dell’ospedale, il direttore della clinica o, quantomeno, un primario.
 
Aveva una folta chioma castana, uno sguardo intrigante mascherato da un paio di occhiali dalla montatura dorata ed un bel sorriso caldo. Uno specchietto per allodole, pensò Hermione, dove le allodole erano i facoltosi clienti che venivano in quella clinica a farsi spennare, contando poi sulla discrezione di medici compiacenti. Era anche per colpa di simile gente se la sanità era spesso malvista da molte persone, pensò Hermione, ben decisa a non farselo star simpatico nonostante il modo di fare gentile e cortese del medimago in questione.
 
“Molto piacere, dottoressa Granger. Sono Robert Tucker, il direttore della clinica. Sono stato io a farla chiamare, su precise istruzioni della signora Narcissa Malfoy.” si presentò, stringendole calorosamente entrambe le mani.
 
Era dunque per volere della madre se Draco si ritrovava rinchiuso e legato come un salame, al pari di un pericoloso detenuto ad Azkaban. Hermione l’aveva pensato immediatamente: d’altronde, lei era l’unica ad avere abbastanza autorità e denaro a sufficienza per convincere chicchessia a mettersi contro il volere di un mago importante del calibro di Draco.
 
Socchiuse gli occhi, soppesando la situazione, valutando e analizzando quelli che potevano essere i motivi per cui i Malfoy avevano richiesto proprio lei, tra le decine di medici capaci che c’erano, nella fattispecie anche più qualificati di lei.
 
“Di grazia, dottor Tucker, che cosa desidera la signora Malfoy dalla sottoscritta?” gli chiese pacatamente Hermione con fredda cortesia, che nascondeva in realtà un’assai poco velata curiosità.
 
“Oh, mi chiami pure Robert. Per rispondere alla sua domanda, una persona intelligente come lei non può non averlo intuito da sé.” la adulò il dottor Tucker, con quella sua voce suadente e carezzevole che doveva aver intortato più di un paziente, in passato; tuttavia Hermione non era affatto tipo da lasciarsi incantare così facilmente.
 
“Mi sono fatta una certa idea… dottor Tucker.” ribadì, con voce fredda, sottolineando quel ‘dottor’ quasi fosse un insulto “Ma, non so se ne è a conoscenza, i miei rapporti passati con il signor Malfoy non sono propriamente amichevoli. Sicuramente non tali da spiegare la loro specifica preferenza nei miei confronti. Insomma, ad essere onesti non vedo proprio in che modo possano aver esplicitamente fatto richiesta della mia consulenza.”
 
“Beh, guardi, Draco non ha… Non è che ha… Beh, diciamo pure che il signor Malfoy non avuto molta voce in capitolo. Da collega a collega, posso dirle candidamente che non ne ha avuta affatto. Il punto è che stiamo parlando di un ricovero coatto, fortemente voluto dalla signora Malfoy.”
 
La faccenda doveva essere grave… Se Narcissa aveva usato la propria influenza per scavalcare il figlio e costringerlo a sottostare a simili interventi, Draco doveva essere particolarmente assuefatto agli stupefacenti di cui faceva uso.
 
“Il motivo per cui la signora Malfoy ha fatto sua esplicita richiesta, vede, risale al fatto che il sottoscritto si è permesso di raccomandarle il suo nome. Desiderava la migliore, per suo figlio, e non è un mistero che, nel nostro ambiente, lei è la migliore.”
 
Nell’oliare le persone il migliore nel proprio campo era senza dubbio il dottor Robert Tucker, si ritrovò a pensare lei, a sua volta.
 
“Mi permetta di dissentire, dottor Tucker.” si sentì in dovere di dire Hermione, per nulla toccata dalle ripetute moine di cui era oggetto da parte del collega “E’ vero che mi occupo di intossicazioni, ma non ho una preparazione specialistica nella dipendenza da droghe. Ci sono dei colleghi ben più preparati della sottoscritta a cui potrebbe rivolgersi. Sarei felice di indicargliene alcuni.”
 
“Nessuno di questi, tuttavia, è dotato della sua esperienza nel campo della psichiatria.”
 
“Non vedo cosa c’entri quest’altra mia specializzazione con tutto ciò.”
 
“Venga, dottoressa Granger, le spiegherò strada facendo.
 
Le illustrò sinteticamente le condizioni cliniche in cui versava il giovane, soffermandosi sui risvolti psicologici riguardanti la sua dipendenza che erano emersi nelle poche sedute psicoterapeutiche a cui Draco aveva accettato di sottoporsi.
 
“I nostri esperti hanno ragione di pensare che vi siano motivi molto gravi dietro a questi comportamenti assunti dal paziente.” le spiegò “Unitamente al fatto che rifiuta sistematicamente di collaborare alla propria riabilitazione, abbiamo pensato che forse il giovane Malfoy si confiderebbe più volentieri con un volto noto, una persona familiare… Un’ex compagna di scuola, come nel suo caso, ci è parsa una scelta eccellente.”
 
Avevano fatto male i loro calcoli, pensò Hermione; tuttavia non disse niente, prima di tutto voleva sincerarsi fino in fondo di quella strana situazione.
 
“Da quanto tempo è ricoverato?” si informò con tono neutro, annotandosi un paio di appunti sul taccuino.
 
“Parla di quest’ultimo ricovero? Un mese e qualcosa, quasi due. Siamo ancora nella fase iniziale della terapia, le altre volte è stato qui con noi per circa sei mesi. A dir la verità la seconda volta quasi otto.” disse Tucker, sfogliando velocemente il fascicolo di Draco.
 
“Le altre volte? Quante altre volte è già stato in cura qui da voi?”
 
“Due, oltre a questa. Il problema, dottoressa Granger” le spiegò Tucker, togliendosi gli occhiali e riponendoli con aria professionale nel taschino del camice “è che riesce sempre a trovare il modo di corrompere qualcuno affinché gli fornisca la droga. E se anche ipoteticamente riusciamo a liberarlo dalla dipendenza (cosa molto difficile da stabilire in termini oggettivi per una lunga serie di motivi), non appena esce fuori di qua si riattacca alla siringa.”
 
“Capisco.” mormorò lei.
 
Hermione finì di annotare diligentemente i dati della cartella medica di Draco sul proprio taccuino degli appunti, poi tornò a prestare attenzione al suo collega che nel frattempo aveva finito di parlare e, impaziente, attendeva di conoscere il suo parere medico.
 
“Credo di essere in grado di guarirlo dalla dipendenza senza troppi problemi.” disse la ragazza dopo aver riflettuto brevemente.
 
Si tolse gli occhiali, poi proseguì:
“Mi è già capitato in passato di aver a che fare con tossicodipendenti recidivi. Pur non essendo propriamente il mio campo, so come comportarmi in una situazione del genere. Ho giusto in mente una terapia che, teoricamente, dovrebbe impedirgli di assumere droga importata da qualche infermiere compiacente. Però…”
 
“Però?” le domandò il dottor Tucker.
 
“Però liberarlo dalla sua dipendenza fisica dalla droga è tutto quello che mi è possibile fare. La dipendenza psicologica, è quella il vero nemico da sconfiggere. E personalmente, dati i miei trascorsi non propriamente idilliaci con il paziente in questione, non credo di essere adatta al ruolo di sua psichiatra. Non mi vedrebbe come una confidente, ma come una nemica, e reagirebbe con ostilità. Non vedo come tutto questo potrebbe giovare al suo percorso riabilitativo.”
 
“La signora Malfoy ha detto che non deve preoccuparsi di questo. Le posso parlare schiettamente, senza troppi giri di parole?”
 
Hermione annuì leggermente.
 
“Non le ripeterò le testuali parole della signora Malfoy.” proseguì Tucker, a quel punto “Le basti sapere che il succo del lungo discorso che mi fatta è che suo figlio Draco dovrà fare buon viso a cattivo gioco. D’altronde avrà già compreso da sé che il giovane Malfoy non ha alcuna voce in capitolo.”


“L’avevo intuito.” disse Hermione. La prima impressione che aveva avuto sul dottor Tucker si stava rivelando sempre più corretta.
 
“La signora Malfoy mi ha inoltre incaricato di farle sapere che il compenso per i trattamenti a cui intende sottoporre suo figlio saranno più che adeguati, e per esperienza posso dirle che la signora sa essere molto generosa. L’unica cortesia che chiede in cambio della sua generosità è la massima discrezione, sarebbe terribile se le condizioni del giovane Malfoy trapelassero al di fuori delle mura di questa clinica. Quest’ultimo punto è di basilare importanza, non so se mi sono spiegato.”
 
Hermione storse la bocca, disgustata.
 
“Dica alla signora Malfoy che non è mia abitudine accettare soldi al di fuori del mio stipendio, specie da pazienti. Se accetterò il caso sarà solo ed unicamente perché la mia etica professionale mi impone di farlo. E la rassicuri sulla mia discrezione, non è mia abitudine fare pettegolezzi sulle persone che ho in cura.”
 
Tuttavia, tanto il dottor Tucker disse e insistette, che alla fine Hermione fu costretta a scendere a un compromesso, ovvero che la signora Malfoy devolvesse l’ammontare del suo compenso a delle associazioni benefiche i cui nomi si sarebbe premurata personalmente di segnalarle.
 
La condusse quindi nel luogo dove Draco era tenuto rinchiuso, una cella di modeste dimensioni con le pareti imbottite. Hermione dedusse, considerate quelle e la camicia di forza, che Draco doveva aver assunto dei comportamenti autolesionisti, in seguito a quest’ultimo ricovero.
 
“Sono imbarazzato dallo stato in cui versa il signor Malfoy, dottoressa Granger,” si affrettò a spiegare Tucker, non appena notò l’espressione torva che si era dipinta sul viso di Hermione “ma francamente non me la sento di rischiare l’incolumità dei miei dipendenti per farlo lavare. Ci limitiamo ad alimentarlo come meglio possiamo e controllare che non si faccia troppo male da solo.”
 
“Non mi deve delle spiegazioni, dottor Tucker.” disse la giovane medimaga “Desidero solamente che mi facciate conferire con il signor Malfoy. Possibilmente da sola.”

“In tutta onestà, dottoressa Granger,” disse Tucker “non me la sento di lasciarla entrare. Come avrà capito dalla camicia contenitiva il signor Draco Malfoy ha assunto dei comportamenti… Ecco, dei comportamenti per così dire distruttivi. Per il suo stesso bene e, soprattutto, per quello degli altri, non è saggio che abbia a che fare con altre persone, almeno in questa precisa fase della terapia.”

“Oh, sciocchezze.” lo liquidò velocemente Hermione, infastidita “Non ho la minima intenzione di parlare con una porta chiusa. Mi faccia entrare, o si cerchi un’altra specialista.”
 
“Mi lasci almeno entrare assieme a lei.” insistette Tucker “Nel caso Draco la aggredisse o tentasse di farle del male.”
 
“Ha una camicia di forza, è visibilmente denutrito e fa fatica a reggersi in piedi. Credo di riuscire a gestire la situazione, dottor Tucker. Glielo ripeto: mi apra la porta e poi faccia allontanare il suo staff, desidero conferire con il signor Malfoy da sola.”
 
Il primario non poté fare altro che obbedire a quelle precise richieste: dopo pochi minuti Hermione valicò la soglia della cella e, dopo alcuni passi, si fermò al centro di essa, proprio davanti alla misera figura di quel biondo prigioniero che la fissava incuriosito.
 
Strizzò gli occhi, come se la stesse mettendo a fuoco. Poi un sogghigno che le era fin troppo familiare fece capolino sulle labbra sottili del giovane, seguito dalla stessa, vecchia voce strascicata e vagamente derisoria.
 
“Bene, bene, bene… Guarda un po’ chi si rifà viva dopo tanto tempo.”


CONTINUA...

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Capitolo 2
*** Nella tana del serpente ***


Capitolo #2
Nella tana del serpente
 
“Che c’è, Mezzosangue? Non dici niente? Un serpente ti ha mangiato la lingua?”
 
Hermione si portò una mano alla bocca come per trattenere un sussulto. Visto da vicino era ancora più malmesso di quanto non apparisse dalla finestrella della porta blindata della cella… Ancora più magro, ancora più cagionevole. Sembrava che quel mucchio d’ossa dovesse crollare da un momento all’altro sotto il peso della sua stessa pelle, pallida come il ghiaccio.
 
“Vorrei dire che è un piacere rivederti, Draco. Ma non ti voglio mentire, non lo è affatto.” disse infine, guardandolo, mentre una grandissima angoscia le ghermiva il cuore e l’anima.
 
“Vorrei dire che è un piacere rivederti, Draco. Ma non ti voglio mentire, non lo è affatto.”

“Quanto sei scortese, Granger. E io che stavo per stappare una bottiglia per questa bella rimpatriata.”

Hermione lo fissò con compassione. Aveva la lingua pungente come e più del solito, ma gli mancava nella voce quell’allegra sfrontatezza che lo contraddistingueva, la spavalda arroganza di chi guardava gli altri dall’alto del proprio personale, splendido Olimpo.
 
“Non fraintendermi. Il motivo per cui non faccio i salti di gioia non sei tu, sono le tue condizioni. Mi dispiace vedere come ti sei ridotto durante questi ultimi anni.” precisò la ragazza, venendo però interrotta dalla risata sarcastica di Draco.
 
“Già… Perché se stessi bene saresti la persona più felice della terra?” le domandò sogghignando da dietro la folta barba bionda, divertito da quel pensiero strampalato “Ti ci vedo proprio. Razza di ipocrita.”
 
“Pensala come vuoi, Draco. La verità è che sono sinceramente dispiaciuto di quello che ti è capitato.”


“Non mi è capitato proprio un bel nulla, cara la mia saccente Mezzosangue. Solo un bel giorno mi sono volati addosso gli sgherri di mia madre, erroneamente convinta che io abbia un problema, e mi hanno rinchiuso in questo cesso di posto. Tutto qui.” le spiegò il giovane, inarcando le sopracciglia come se fosse ormai stufo di ripetere quella storia.
 
“Posso non essere d’accordo con i metodi che ha adottato finora, Draco… Ma in tutta onestà non credo che tua madre abbia torto nel sostenere che tu abbia un problema.”

Il ragazzo sbuffò, seccato. Forse aveva compreso il motivo per cui la giovane Mezzosangue era venuta fino a lì, oppure semplicemente si era stufato della conversazione: in ogni caso, spazientito, esplose in un’imprecazione a bassa voce, poi aggiunse con voce ringhiante:
 
“Smettila di sparare queste cazzate e arriva al nocciolo della questione. Che diavolo ci fa una brava bambina come te nella tana del serpente? Perché non fai marcia indietro e non te ne torni da dove sei venuta, mia piccola, saccente So-tutto-io?”
 
Hermione sospirò. Stabilire un contatto con lui, trovare un punto di partenza per instaurare un dialogo, si stava rivelando difficile esattamente come aveva previsto.
 
“Il dottor Tucker mi ha parlato brevemente del tuo problema.” disse, cercando di mantenere la voce neutra e di non cedere alle provocazioni di Draco.
 
“Se vuoi io ti parlo del suo. E’ da quando ha imparato a camminare che ha una Nimbus 2000 infilata su per il…”


“In questo momento il problema del dottor Tucker sei tu.” lo interruppe Hermione, prima che il discorso scivolasse nella scurrilità.
 
“No, sono la sua gallina dalle uova d’oro. Gli faccio fare più soldi io che tutti quanti gli altri pazienti di questa cazzo di clinica messi assieme.” ribatté Draco.
 
Hermione nella fattispecie trovava difficile dargli torto, ma chiaramente non poteva ammetterlo apertamente, così, seppur a malincuore, si mise a difendere il collega: “Sono sicura che le preoccupazioni del dottor Tucker non sono di natura così venale.”
 
“Dottor Tucker di qua, dottor Tucker di là! Ti piace proprio quel tizio, eh?” esplose Draco.
 
Sghignazzò, in maniera esagerata e un po’ volgare.
”Tu e il dottor Tucker… Sareste davvero una bella coppietta. Anche lui è uno sporco Mezzosangue, lo sapevi? Tu e lui insieme avreste degli insopportabili mocciosi Mezzosangue e saccenti.”
 
La voce di Draco era sibilante e maligna… Forse dopotutto, sotto quella superficie sudicia e indebolita, dietro a quello sguardo spento, era rimasto esattamente la stessa miserabile persona che si divertiva a farla ammattire ad Hogwarts con le sue meschinità e le cattiverie.
 
“L’igiene del dottor Tucker mi è sembrata ineccepibile. Lo stesso non si può certo dire della tua, signor Malfoy.” ribatté Hermione con fare sostenuto, decisa a dimostrargli sin da subito che il comando, in quella stramba situazione, era interamente in mano sua. In casi come quelli, era di basilare importanza sottolineare chi avesse il coltello dalla parte del manico.
 
A quelle parole il giovane scrollò le spalle, tentando stizzosamente di apparire noncurante… Ma l’occhio allenato di Hermione fu in grado di notare, non senza un briciolo di piacere sadico, che quella battuta aveva raggiunto l’effetto sperato, ovvero quello di farlo tacere dalla vergogna.
 
“Ti diverte vedermi così, Sanguesporco? Ti diverte vedermi piegato come una marionetta a cui hanno tagliato i fili, spezzato e umiliato?”
 
La voce di Draco era rotta e tremante… Non stava piangendo, ma solo perché probabilmente era disidratato e in quel momento di lacrime da versare proprio non ne aveva.
 
“Non sono una persona così meschina.”
 
“No, certo. Non sei come noi Slytherin. Tu sei superiore!”
 
“Si puoi sapere cosa vuoi da me, Draco?” sbottò Hermione “Vuoi che io gioisca perché sei ridotto uno straccio, o perché ti sei rovinato la vita con le tue stesse mani? E’ questo che vuoi? Non posso farlo, Draco, e tu lo sai. E non perché io sia particolarmente virtuosa, è solo che non sarebbe da me, soltanto questo.”
 
“Non essere ipocrita, Granger. Il solo fatto che tu ti rifiuti di infierire su di me fa capire chiaramente che ti reputi superiore.” sibilò Draco, socchiudendo gli occhi.
 
“Questo non fa di me superiore o inferiore. Fa di me ciò che sono.” rispose la giovane medimaga.
 
“E quel che sei è una piccola, saccente, insopportabile Mezzosangue.”
 
“Può darsi.” replicò Hermione, con voce pacata. Doveva cercare di moderare i toni e non cercare lo scontro, se avesse assecondato la vena polemica di Draco avrebbe ottenuto come unico risultato di indisporlo ancora di più e di farlo chiudere ulteriormente in sé stesso.
 
Avanzò piano, poi si inginocchio vicino a lui. Non voleva guardarlo dal basso in alto, desiderava che entrambi potessero guardarsi negli occhi senza che Draco dovesse alzare il mento, azione che chiaramente gli costava non poca fatica, data la scomoda posizione.
 
“Che diavolo stai facendo, Granger?” sussurrò Draco, stupito da quel gesto. Evidentemente il dottor Tucker e il suo staff, ammesso e non concesso che ogni tanto scambiassero qualche parola con il loro preziosissimo paziente (o meglio, cliente), non prestavano particolarmente attenzione all’amor proprio di chi si trovavano davanti e non si abbassavano a guardarlo come un proprio pari, considerandolo come un patetico caso umano di cui prendersi cura per compiacerne la ricca madre.
 
“Ho mandato via tutti quanti, Draco. Siamo soli, io e te faccia a faccia.”


“Non me ne frega niente, Mezzosangue. Vattene e basta!” esplose Draco. Aveva la voce stanca, provata… Le faceva una gran pena, ma non poteva lasciare il discorso sospeso a metà, doveva andare fino in fondo.
 
“L’ho fatto,” gli spiegò lei, ignorando quell’ultima frase “perché sia subito ben chiaro, a te come a chiunque altro, che io non lavoro per tua madre, come le persone che ho appena mandato via.”

“No, tu sei solo qui per goderti lo spettacolo.” sibilò lui, con tono cattivo.
 
“No. Affatto.”
 
“E per quale altro motivo saresti venuta, allora?”


“Sono venuta per aiutarti, Draco. Come ti dicevo, non ho intenzione di lavorare per tua madre. Lei sta bene di salute, per quanto mi è dato sapere, non ha bisogno di me. Io lavoro per te, per te e nessun altro.”
 
Una risata lugubre e profonda sfuggì dalle labbra livide di Draco, sinceramente divertito da quanto appena detto da Hermione. Tuttavia smise dopo pochi secondi, tornando a guardarla con sguardo cattivo.
 
“E così saresti alle mie dipendenze?” ringhiò, aggressivo “Se è così, perché non mi sleghi da questa cazzo di camicia e poi ti togli di torno una buona volta?”
 
“Ho detto che lavoro per te, non che ho intenzione di assecondare i tuoi capricci da bambino viziato.” lo redarguì lei.
 
“Allora non mi servi. Sei licenziata.”

“Non puoi licenziarmi.”

“Se non ti posso licenziare allora vuol dire non lavori per me.”

“Pensala come vuoi, Draco. Non mi interessa.” disse Hermione, rimettendosi in piedi. Non voleva litigare con lui, né prolungare ulteriormente quella conversazione “Quello che mi interessa al momento è rimetterti in sesto. Ho giusto in mente una terapia che fa al caso tuo.”


“Accomodati. Non funzionerà.”
 
Sorrise, o per meglio dire esibì i denti in quello che sembrava maggiormente un ringhio rabbioso: “Non funziona mai.”
 
“Lo vedremo.” ribatté Hermione, avviandosi verso la porta della cella. Prima di andarsene definitivamente, si voltò verso di lui:
 
“Tieniti pronto, la terapia incomincerà al più presto. Tra qualche giorno, al più tardi la prossima settimana.”
 
“Vai al diavolo.”
 
Hermione non rispose a quell’ultima provocazione, si limitò a richiudere la porta della cella dietro di sé, e ad allontanarsi a passo spedito.
 
Le aveva fatto molta impressione stare in quella minuscola stanzetta imbottita, molta di più di quando non dimostrasse, e voleva allontanarvisi il più in fretta possibile.
 
Non riusciva a credere che quello che un tempo era stato il temuto Principe delle Serpi, l’altro più sfolgorante della Casa di Slytherin, ora fosse ridotto ad una patetica e strisciante parodia di ciò che era stato in passato. Non era giusto, non era così che doveva andare…
 
Se l’era meritato? Hermione non riusciva a darsi una risposta a quella domanda, o meglio, non voleva: sapeva in cuor suo che il comportamento che Draco aveva adottato spesso e volentieri nei suoi confronti non l’avrebbe fatta rispondere in maniera imparziale, e non voleva sentirsi in colpa per quello. Stava già abbastanza da schifo solo per il fatto di averlo visto in quello stato, i sensi di colpa erano proprio l’ultima cosa che le ci volevano.
 
Si avviò fuori di lì camminando in fretta, aveva un groppo alla gola e sperava che se ne andasse non appena messo piede fuori da quel posto.
 
Il dottor Tucker, non appena la vide uscire, si avvicinò a lei per sapere l’impressione che aveva avuto dopo il colloquio, ma Hermione non era affatto dell’umore giusto per parlare con lui; inoltre era piuttosto in ritardo, doveva ancora passare al San Mungo per sbrigare le ultime pratiche e poi andare a cena a casa di Harry e Ginny.
 
Aveva rimandato fin troppe volte, non poteva dare ancora buca: così liquidò velocemente il collega, per poi venirsene via in fretta e furia.
 
“La chiamo entro domani,” gli disse “così le comunicherò la terapia che ho deciso di intraprendere.”
 
“Attenderò impazientemente la sua chiamata, dottoressa Granger. Anzi… visto che a quanto pare ci capiterà di lavorare assieme, le dispiace se la chiamo Hermione? A patto però che lei mi chiami Robert, si intende.”
 
Hermione non aveva nessun piacere nel fare ciò, ma non si trovava nella posizione di rispondere negativamente, tanto più che se l’avesse fatto avrebbe dovuto prolungare la sua permanenza in quella maledetta clinica, eventualità che non l’attraeva affatto; per questa ragione, seppur malvolentieri, acconsentì a darsi del tu con il dottor Tucker, che felice per quella concessione l’accompagnò fino al parcheggio e, al momento di congedarsi, le diede il proprio biglietto da visita (sul quale, a biro, si era preoccupato di scrivere il proprio numero privato).
 
Il pensiero di quanto accaduto, tuttavia, non l’abbandonò per tutto il resto del giorno, né tantomeno la sera: quando più tardi arrivò a casa di Harry e Ginny con la prospettiva di una tranquilla cenetta tra amici, quel chiodo fisso non accennava minimamente a lasciarla in pace.
 
“Hermione, tesoro, va tutto bene?” le chiese più volte la padrona di casa, preoccupata dal fatto che la giovane Medimaga fosse piuttosto taciturna.
 
“Stai tranquilla, Ginny… Sono solo stanca, i turni in ospedale mi stanno uccidendo.” disse Hermione cercando di sdrammatizzare; dopotutto era una così bella serata, non le sembrava il caso di rovinare il buonumore generale della tavolata con i suoi problemi di lavoro.
 
Più tardi, quando i fratelli di Ginny e gli altri invitati se ne furono andati, Hermione si confidò finalmente con Harry e Ginny, e parlò loro del nuovo paziente che le era stato affidato.
 
“Ti giuro, Harry, che mi è venuta una morsa al cuore quando l’ho visto. Non posso neanche lontanamente farti capire in che condizioni era, dovresti vederlo con i tuoi occhi per fartene un’idea.”

“Sinceramente, non posso dirmene un granché dispiaciuto. Era veramente un bastardo.” commentò il giovane Potter, stravaccato sul divano di fianco alla mogliettina, che stava bevendo il caffè ascoltando in silenzio la conversazione.
 
“Neanche ai tempi di Hogwarts,” mormorò Hermione, scuotendo la testa “quand’era all’apice della sua stronzaggine, gli avrei mai augurato di fare una fine del genere, né me lo sarei aspettato.”

“Che intendi dire?”

“Intendo dire che non mi spiego come una persona come lui, ricca, di bell’aspetto… Non fare quella faccia, Harry, lo sai benissimo anche tu che non era affatto un brutto ragazzo!” esclamò Hermione, redarguendo l’amico che aveva fatto una smorfia buffissima “Insomma, quello che intendo è che aveva tutto ciò che desiderava. Perché una persona del genere deve andare a rovinarsi la vita in questo modo?”
 
“Beh, se devo essere sincero, non posso dire di essere stupita. Che si facesse uso praticamente di ogni droga universalmente conosciuta non era certo un mistero, era solo questione di tempo prima che finisse in una di queste cliniche specializzate nella disintossicazione.” disse Ginny.

“Ma perché? E’ una cosa risaputa che si droghi?” domandò Hermione, stupita. Per quanto la riguardava, lei l’aveva saputo quel pomeriggio per la prima volta, e non si sarebbe mai aspettata che fosse una cosa di pubblico dominio.
 
“Ma Hermione!” esclamò l’amica, sbalordita “Si può sapere dove vivi? Lo sanno praticamente tutti.”

“Già.” disse Harry “Probabilmente fino a oggi eri l’unica persona in tutta Londra a non sapere che Malfoy è un tossico. E va avanti già da diversi anni.”
 
“Non c’è giornale che parli di gossip che non pubblichi quotidianamente le sue foto da strafatto o quelle dei festini dei suoi amici tossici.”
 
Forse era per quel motivo che Hermione ne era all’oscuro: non era mai stata sua abitudine leggere i tabloid o i giornaletti scandalistici. Eppure non poté fare a meno di sentirsi un po’ in colpa per la propria ignoranza, anche se razionalmente si rendeva conto di non aver fatto nulla di male.
 
Salutò gli amici, li abbracciò e se ne tornò dritta a casa, stravolta dopo quella fin troppo lunga giornata, con l’intenzione di farsi un bel sonno ristoratore. Ma neanche il dolce abbraccio di Morfeo riuscì a distoglierla per un istante da quegli occhi torbidi che la fissavano, come se si aspettassero da lei un qualche tipo di miracolo.
 
La bocca sottile e leggermente digrignata le intimava di andarsene via, di sparir sene, di tornare da dove era venuta… Ma negli occhi, si convinse, nei suoi occhi grigi e sfuggenti, c’era un grido di aiuto, un messaggio dentro una bottiglia che sperava fosse raccolto al più presto da qualcuno.

Forse nemmeno Draco stesso se ne rendeva conto, ma Hermione doveva fare qualcosa per aiutarlo, altrimenti non sarebbe più riuscita a guardarsi allo specchio senza provare disgusto…
 
Neanche il sonno la liberò da quel senso di angoscia, quel genere di pensieri continuò a tormentarla per tutta la notte, senza darle nemmeno un secondo di tregua.


CONTINUA...

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Capitolo 3
*** La terapia ***


Prima del nuovo capitolo volevo soffermarmi un attimo a ringraziare Nimphalys, Vi Vanish, barbarak e Public Enemy che hanno commentato. Le recensioni, inutile dirlo, fanno sempre molto piacere, e infatti invito tutti coloro che avranno voglia di leggere questa storia a commentare, indipendentemente dalla natura positiva o meno di tali commenti (si cresce come scrittori anche grazie alle critiche!)
 
Inoltre vorrei rispondere brevemente a Public Enemy che chiede di Ron: in queste premesse iniziali non comparirà (o al limite avrà un ruolo marginale), dal momento che in questa fase la sua non è una delle figure chiave della vicenda.
Come si sarà già capito i primi capitoli saranno tutti incentrati quasi esclusivamente sui personaggi di Hermione e Draco, e sull’evolversi del loro rapporto, per cui ci sarà poco spazio per altri personaggi (per adesso).
 
Tuttavia (anche se non voglio anticipare nulla) in tempi relativamente brevi altri personaggi acquisteranno maggior rilevanza e, di conseguenza, troverà naturalmente spazio anche Ron.
 
Sperando di avervi annoiati con questa premessa, non mi resta che augurare buona lettura!
 
 
 
 
 
Capitolo #3
La terapia
 
Una settimana esatta era trascorsa da quando la sporca Mezzosangue gli aveva fatto visita e, esattamente come promesso, la terapia ebbe inizio proprio quel giorno.
 
Lo vennero a prendere praticamente all’alba.
 
Il sole non era ancora sorto e lui aveva trascorso la notte praticamente in bianco a fissare il soffitto della cella, tanto che gli sembrava di stare dormendo da una manciata di minuti appena, quand’ecco che arrivò un nutrito manipolo di infermieri nerboruti che, dopo averlo sollevato di peso, lo trascinò via dalla stanzetta imbottita.
 
Approfittando del fatto che fosse ancora intontito dal sonno e quindi non particolarmente incline a fare resistenza, lo spogliarono e lavarono con acqua gelata; dopodiché, dopo averlo rinfilato nella camicia di forza, lo trasportarono fuori dalla clinica passando da una delle uscite di servizio, sul retro, probabilmente per non dar spettacolo.
 
Narcissa Malfoy non apprezzava che il suo giovane rampollo fosse visto in giro in quelle condizioni, realizzò tristemente Draco… Forse era per quel motivo che l’aveva fatto rinchiudere in quel buco maleodorante per l’ennesima volta, lontano dalla vista indiscreta dei benpensanti.
 
Che andassero tutti al diavolo, pensò digrignando i denti… Il sole che sorgeva gli feriva gli occhi, si era disabituato alla luce diretta stando in quella cella semibuia, illuminata tenuamente da luci al neon. Li chiuse, in ogni caso non gli importava un accidente dove lo stavano portando, quindi perché avrebbe dovuto tenerli aperti?
 
Lo caricarono su un’ambulanza, senza spiegazioni, sballottandolo a destra e sinistra senza ritegno alcuno. Non che gliene importasse… Accasciato là dove l’avevano scaraventato, si mise a dormire beatamente, cercando di non pensare a niente.
 
Era stanco, non aveva energie… Era passato un sacco dall’ultima volta che l’infermiere che aveva corrotto era riuscito a passargli una dose, e incominciava a sentirsi addosso i primi sintomi dell’astinenza. L’unica era cercare di dormire, sperando che col sonno quel maledetto senso di malessere che lo pervadeva sparisse o, perlomeno, si attenuasse.
 
Si risvegliò qualche tempo dopo, scosso rudemente da uno degli infermieri. Il sole era ormai alto nel cielo, dovevano essere trascorse diverse ore da quando si era addormentato, e di strada dovevano averne fatta parecchia… Nulla del paesaggio che lo circondava gli risultava anche solo vagamente familiare, l’unica cosa sicura è che non si trovavano più a Londra.
 
Con una rapida occhiata identificò il panorama circostante come un generico scorcio della campagna inglese; tuttavia non fu in grado di individuare riferimenti più precisi che gli fornissero ulteriori indicazioni riguardo alla località dove l’avevano condotto. C’erano alberi in abbondanza, prato a perdita d’occhio, un grazioso laghetto solcato da numerose anatre e un piccolo cottage con il tetto in pietra e le pareti di legno, sprofondato nella lussureggiante vegetazione che, incolta, incorniciava quello che per molti doveva essere un angolo di paradiso ma che per lui era solo un posto come un altro..
 
“Si può sapere dove diavolo mi avete portato?” biascicò, con la voce ancora impastata dal sonno.
 
Fu a quel punto che fece la sua comparsa Hermione che, sbucando dal nulla sorridente e radiosa, gli si parò davanti facendolo trasalire violentemente.
 
“Benvenuto nella casa delle vacanze dei miei genitori.” lo accolse dolcemente, afferrandolo per un braccio scortandolo verso il grazioso cottage che aveva visto quand’era sceso dall’ambulanza.
 
“Cosa diavolo ti passa per la testa, Mezzosangue?” ringhiò Draco, confuso.
 
“Ti avevo avvertito che intendevo cominciare la terapia al più presto.”


“Pensavo ti riferissi a… a… Non so, a nuove medicine, o cose del genere! Non mi sarebbe mai venuto in mente che mi avresti fatto sequestrare e portato in questo cesso di posto.”

“Bada come parli!” lo rimbrottò Hermione, scherzosamente “Questo è il posto dove venivo a passare le vacanze da piccola. Ci sono affezionata, vedi di non insultarlo!”

“Lo insulto quanto mi pare e piace. Mi dici una buona volta che cosa sta succedendo?” sbraitò Draco, che non ci stava capendo più niente.
 
“E’ molto semplice. Staremo qui per tre settimane, io e te da soli, così sarò sicura che non corromperai nessuno perché ti porti la tua dose quotidiana. Ti disintossicherò per benino, dopodiché ognuno andrà per la sua strada e, se Dio vuole, non ci rivedremo più. Domande?”
 
“Una. Sei impazzita del tutto?” le domando Draco, sbalordito. Non era nemmeno più in grado di arrabbiarsi, tanto era lo stupore per quella poco ortodossa terapia.

“Non lo escludo.” rise Hermione. Si sentiva stranamente di buonumore. Forse dipendeva dal fatto che dopo tanto tempo era ritornata in uno dei luoghi che più aveva amato durante la sua infanzia, o forse era Draco che, ripulito e privo della camicia di forza, non gli faceva più tanta pena come prima.
 
Stavano per entrare in casa quando Tucker, uscito dalla porta d’ingresso, la prese da parte e la trattenne sulla verandina di legno, parlottando sottovoce per non farsi sentire da Draco.
 
“Non posso fare a meno di pensare che questa non sia una buona idea. Sei sicura che ti troverai bene, Hermione?” domandò, angustiato.

“Sono stata io a optare per questa soluzione, Robert. Ti garantisco che funzionerà.”

“Sarai tutta sola con Draco Malfoy, per dio! Non voglio dire malignità, ma… Ti ho già parlato dei suoi comportamenti e, sinceramente, ritengo che la tua sia una decisione affrettata. Può essere pericoloso rimanere da sola con lui, e tu lo sai.” disse il dottor Tucker, con espressione truce, mentre con la coda dell’occhio guardava il giovane biondo il quale, poco distante, stava fissando con aria indifferente il panorama attorno a sé.
 
“Cosa vuoi che mi faccia? E’ talmente messo male che non riuscirebbe a schiacciare un moscerino, figurarsi fare del male a me, che sono perfettamente in grado di difendermi.” ribatté lei senza scomporsi.
 
“Una ragazza giovane e carina come te con un tossico come quello… Non ci voglio nemmeno pensare!” insistette il dottor Tucker, visibilmente preoccupato.
 
“Ti prometto che starò benissimo, Robert.” disse Hermione, cercando di porre fine a quella conversazione “E comunque, se ti farà stare più tranquillo, ti contatterò almeno una volta al giorno per informarti dei progressi, così saprai che sto bene.”
 
Il dottor Tucker non era per niente convinto, ma la sua giovane collega non avrebbe accettato alcuna interferenza nel proprio lavoro, e così non gli rimase altro che scaricare le provviste che Hermione gli aveva fatto preparare e, dopo aver salutato mestamente, andarsene via con la coda fra le gambe.
 
Anche gli infermieri se ne andarono via, non appena sistemati i pacchi dove volva la bella Medimaga, radunarono le proprie cose e partirono alla volta della clinica privata: rimasero loro due, soli sulla veranda.
 
Draco era accigliato e taciturno: fu Hermione a rompere il silenzio per prima, invitandolo ad accomodarsi.
 
“Entra pure, non fare complimenti. Come ti dicevo, questo cottage è dei miei genitori, quando ero piccola era qua che venivamo a trascorrere le vacanze.”
 
“Che storia affascinante. E scommetto che non è nemmeno finita.” biascicò Draco, immusonito, che da parte sua ostentava il più totale disinteresse per l’intera vicenda.
 
“E’ bello perché è tranquillo, silenzioso e, soprattutto, è a più di due ore di distanza dalla città più vicina. Se per caso tu riuscissi a scappare, senza un mezzo di locomozione o la tua bacchetta, non potresti andare da nessunissima parte.” proseguì Hermione, imperterrita.
 
“Non sottovalutarmi, stupida Mezzosangue.” grugnì Draco, ma lo disse semplicemente per darsi importanza. Si rendeva perfettamente conto che, in quella situazione, non poteva fare proprio un bel niente, e questo lo faceva sentire così piccolo e impotente da fargli venire le lacrime agli occhi per la rabbia.
 
“Robert manderà qualcuno a prenderci tra tre settimane, non un minuto prima e non un minuto dopo. Abituati all’idea, perché è così e basta.”
 
Un lampo gelido saettò negli occhi argentati del giovane rampollo della famiglia Malfoy, che non perse occasione per colpire con la sua lingua tagliente, maligno e insinuante come la serpe che era sempre stato.
 
“Hai fatto presto a passare da ‘dottor Tucker’ a ‘Robert’, eh Mezzosangue? Nozze in vista?” insinuò Draco, con perfida malizia, sorridendo scaltramente.
 
“Oh, ma che cosa terribile… Socializzare con un altro essere umano, cosa mi sarà saltato in mente. Devo essere impazzita..” commento Hermione, sarcastica. Forse in passato le prese in giro di Malfoy l’avevano messa in crisi… Non raramente si era ritrovava a piangere per gli insulti e gli appellativi con cui l’apostrofava davanti a tutti i loro compagni… Ma i tempi della scuola erano finiti e lei era cresciuta, e ora non poteva più permettersi di farsi ferire da commenti così infantili.
 
“E’ da prima che lo sostengo, Granger.” mugugnò Draco, insoddisfatto dalla reazione di Hermione. Si aspettava rabbia, o vergogna, o almeno irritazione… Tutto quello che aveva ottenuto era stato sarcasmo, e questo lo infastidiva parecchio.
 
“Che ne direbbe il tuo fidanzatino storico, mia piccola So-Tutto-Io? Quella donnola dai capelli inguardabili sarebbe contento di vederti socializzare con un altro… Come l’hai chiamato? Essere umano?” sibilò. Era deciso più che mai a provocarla, voleva litigare e ce l’avrebbe messa tutta per non fallire.
 
“Premesso che non sono affari tuoi. Premesso che se anche fosse, Ron non avrebbe nulla da ridire sulla mia amicizia con un collega. Premesso tutto questo, io e Ron non stiamo più insieme da una vita.”
 
Draco sogghignò.
 
“Cos’è successo, alla fine s’è fatto furbo pure lui e ti ha mollato? Ha capito che sei un attentato alle palle e se n’è scappato via?” domandò il giovane, con tono fintamente cordiale.
 
“Sei talmente infantile da non meritare nemmeno una risposta.” disse Hermione, tranquilla e per niente toccata da velenose frecciate “Comunque mi fa piacere che tu rida e ti diverta, continua pure, approfittane finché puoi! Sappi solo che non farai il galletto ancora per molto, Malfoy.” commentò poi, acidamente.
 
Draco alzò le spalle, noncurante, attribuendo scarsa importanza a quelle parole. Non sapeva ancora quanto queste fossero veritiere, né che cosa lo avrebbe aspettato di lì a poco…
 


CONTINUA….

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Capitolo 4
*** Crisi d'astinenza ***


Prima del capitolo volevo ringraziare Nimphalys, barbark e Public Enemy che continuano a seguire questa storia e ad essere molto incoraggianti. Grazie!

Chiedo inoltre scusa per eventuali errori, ma ho dovuto fare le cose un po' di corsa e ho riletto a malapena una volta; se mi accorgo di strafalcioni incredibili provvedo a correggere. Grazie dell'attenzione e buona lettura!




Capitolo #4

Crisi d’astinenza
 
I primi sintomi della crisi che poi sarebbe esplosa violenta arrivarono verso mezzogiorno, con qualche ora d’anticipo rispetto a quello che Hermione aveva previsto: forse dopotutto la sorveglianza speciale organizzata dal dottor Tucker aveva effettivamente, se non bloccato del tutto, almeno diminuito l’intensità con cui Draco si faceva passare la droga sottobanco.
 
“Perché non mi dai quel cazzo di metaqualcosa? In clinica me lo davano, mi faceva star meglio…” ringhiò il giovane ad un certo punto, accasciato contro il muro, mentre affondava le unghie nelle cosce, sperando invano che il dolore lo distraesse da quei crampi che gli stavano sconquassando l’addome.


“Non ti darò il metadone, Draco.” disse Hermione, pacata “I drogati del tuo tipo non fanno altro che sostituire la dipendenza dalla droga con quella per un’altra droga, in questo caso il metadone. No, quello che farai per liberarti del tuo demone sarà startene circa sessanta ore senza prendere nulla.”
 
“Vaffanculo!” gridò Draco utilizzando quel poco di fiato che gli rimaneva nei polmoni, con voce strozzata, con un rivolo di saliva che gli colava dal lato della bocca digrignata. Stava veramente male poté constatare Hermione, il corpo magro era scosso da tremiti di freddo, l’incarnato del viso era bianco come un cencio e le unghie delle dita erano diventate ormai cianotiche.
 
“Sessanta ore. Sessanta ore, e poi il tuo fabbisogno fisico di droga sarà solo un brutto ricordo, e per i giorni restanti potremo occuparci degli altri tuoi problemi.”
 
“Non vi è mai passato nell’anticamera del cervello che io non voglio smettere? Se lo volessi non avrei certo bisogno dell’aiuto di una cazzo di Mezzosangue saccente e insopportabile come te…”
 
Ormai non provava nemmeno più a stare seduto in posizione vagamente eretta… Era caduto sopra una spalla e non riusciva più a rialzarsi, come un insetto sdraiato sul dorso, o una marionetta dai fili tagliati. Dovette accorrere Hermione per rimetterlo diritto, dal momento che da solo non me era più in grado.
 
“La dipendenza non è qualcosa che puoi sconfiggere con la sola forza di volontà, Draco.” disse poi la ragazza, con voce dolce, ma ferma.
 
“Con la tua ovviamente no, Mezzosangue.”


“Se ti fa piacere credere di esserne in grado, dall’alto del tuo status di Purosangue, fa pure. I risultati che hai ottenuto finora danno ragione alla mia tesi.”
 
“Quale tesi, stronza d’una Mezzosangue? Che mi stai torturando anche se non ti ho chiesto nulla? Che mi stai imponendo una cura che non voglio in nome della tua fottuta etica professionale?”
 
“Lo faccio per il tuo bene.” disse Hermione, cercando di parlare il più pacatamente possibile.
 
“Sei solo un burattino di mia madre. Come tutti gli altri, del resto.” sibilò Draco, furente.
 
Stava incominciando a sudare copiosamente, e al contempo a tremare. Violenti brividi di freddo percorrevano le sue membra ghiacciate e percorse di fremiti. Hermione lo fece alzare e stendere sul letto che aveva preparato poco prima: lui si lasciò guidare docilmente.
Anche volendo, non avrebbe avuto l’energia per opporsi.
 
“Devi permettermi di aiutarti, Draco. Lo devi a te stesso.” disse la ragazza, dolcemente, mentre gli rimboccava le coperte.

“Io non devo nulla a nessuno! Un Malfoy non deve un cazzo di nulla a nessuno, ti è ben chiaro, razza di stronza?” gridò Draco, con voce roca, sputando bile e saliva.
 
Con un rigurgito d’orgoglio sollevò il busto e tentò di sottrarsi dalla tiepida stretta delle coperte: ma un giramento di testa lo fece crollare nuovamente sdraiato, senza la forza nemmeno di respirare.
 
“Lo devi a te stesso.” ripeté Hermione per la seconda volta “E non mi importa se non lo capisci, o se pensi che lo faccia solo per compiacere tua madre. Ti aiuterò, che ti piaccia o meno.”
 
“E allora fallo! Fatti sotto, fatevi sotto tutti quanti, fate del vostro peggio, avanti!” gridò a squarciagola, facendo sobbalzare violentemente Hermione “Tanto non potete tenermi rinchiuso per sempre, fra non molto sarete costretti a lasciarmi andare. E allora tornerò a farmi, come sempre.” aggiunse poi sottovoce, dopo una breve esitazione.
 
Rise, una risata amara e grottesca che li liberò lugubre da quella bocca livida, simile al rantolo di agonia di un animale ferito. Hermione non aveva mai sentito un suono del genere, e nel farlo avvertì una strana fitta all’altezza del petto. C’era una tale sofferenza in quelle parole, un tale desiderio di autodistruzione…
 
Si scoprì a provare pena per lui, mentre lo guardava sdraiato sotto le coperte, raggomitolato su sé stesso. La crisi d’astinenza non era ancora nemmeno incominciata, ma già stava così male…
 
Se aveva fatto bene i calcoli, era solo questione di tempo prima che avvenisse il crollo definitivo e il dolore esplodesse in tutta la sua violenza. Poche ore, al massimo, e poi per le successive sessanta avrebbe dovuto aiutarlo nella battaglia contro il suo stesso corpo, che si sarebbe ribellato alla forza dominatrice dell’astinenza da quella droga che per tanto, troppo tempo era stata la sua tirannica padrona.
 
Avrebbe dovuto accudirlo, condurlo fuori da quella brutta esperienza… Ce l’avrebbe fatta, si disse, ma sarebbe stata una strada faticosa e molto, molto dura, irta di mille difficoltà.
 
“Il motivo per cui tua madre si è rivolta a me è che non ho le competenze specifiche adatte per liberarti soltanto dalla tua dipendenza fisica nei confronti della droga, ma anche dal demone interiore che si ostina a perseguitarti.” provò a spiegargli Hermione, venendo però interrotta.
 
“Ho avuto dottori che hanno cercato di curarmi la dipendenza. Ho avuto psichiatri che hanno cercato di analizzare quello che c’è qui dentro.”
 
Sorrise appena, appoggiando l’indice sulla fronte. Se la sua espressione non fosse stata così sofferente, sarebbe sembrato quasi divertito alla vista del volto terreo della giovane medimaga, che lo fissava con espressione afflitta.
 
Quel viso appuntito dai lineamenti aguzzi che un tempo apparteneva ad un ragazzo che possedeva tutto ciò che si poteva desiderare, era ora una maschera di dolore a stento trattenuto. L’espressione di Draco era grottesca ed Hermione, francamente, ne era un po’ spaventata.
 
“Hanno fallito tutti quanti, Granger. Cosa ti fa credere di essere più in gamba di loro?” mormorò poi il ragazzo, a bassa voce, fissandola con quella che la ragazza interpretò essere più curiosità che odio.
 
“Posso estirpare quel male, Draco. Posso aiutarti e voglio farlo, ho solo bisogno che tu me lo consenta.” ribatté Hermione.
 
Il giovane non rispose, si limitò a chiudere gli occhi e a fingere di essere altrove.
 
E a lei non rimase che attendere pazientemente che la natura facesse il proprio corso.
 
 
 
 
 
 
“Dammi qualcosa… dammi qualsiasi cosa, non importa cosa mi dai, ma dammelo, cazzo! Mi sento come se avessi dei vermi sotto la pelle…”
 
Era trascorso ancora altro tempo… Le condizioni di Draco, com’era facilmente prevedibile, erano peggiorate.
 
Oltre ai crampi, alla nausea e i continui dolori su ogni fibra del suo corpo, ora aveva anche la terribile sensazione di avere delle bestie che si muovevano all’interno dei suoi organi, sotto la pelle, le unghie, nelle ossa… Stava impazzendo, gli mancava pochissimo a impazzire per davvero.

“E’ normale che sia così. Devi sopportare ancora per un poco, presto sarà tutto finito.” mentì Hermione. La strada era ancora lunga e tortuosa, e irta di ostacoli…
 
 
 
 
 
 
Passarono le ore, una dopo l’altra, ma a Draco parvero mesi, anni… Secoli.
 
Tremava, tremava e piangeva. Lacrimava quasi senza rendersene conto, stringendosi in posizione fetale, rannicchiato sul materasso cigolante. Era bianco come un cadavere e freddo come un ghiacciolo, mentre i tremiti percorrevano quel corpo già provato da innumerevoli sofferenze.
 
Hermione gli toccò la fronte, un gesto intimo, premuroso… Quasi materno.
 
Draco quasi nemmeno se ne accorse, sconvolto da quel dolore senza fine che l’aveva ghermito e si rifiutava di lasciarlo libero, quel demone maledetto che si approfittava della sua debolezza per divorargli le viscere e dilaniargli il petto.

La temperatura corporea del giovane stava calando a vista d’occhio, notò con preoccupazione la ragazza: era pallido come un cencio e freddo come un cadavere, stava reagendo ancora peggio del previsto.
 
Per un istante fu tentata di andare a prendere il kit di emergenza che si era portata dietro e di somministrargli qualcosa che lo facesse star meglio, ma infine decise di non farlo: voleva evitare il più possibile che, dentro la mente di Draco, la dipendenza dalla droga di trasformasse in quella altrettanto pericolosa da medicinali, e l’unico modo per farlo era rendere il più naturale possibile quel processo di disintossicazione a cui si stava sottoponendo.

In qualche modo, però, doveva riscaldarlo, o Draco rischiava seriamente di andare in ipotermia…
 
Lo avvolse amorevolmente tra le coperte che si era portata dietro dalla clinica e si infilò sotto di esse assieme a lui, tenendosi dietro alle sue magre spalle.
 
Si sfilò la maglietta, buttandola con noncuranza in mezzo alla stanza; poi  strinse forte quel torace ossuto e sussultante al seno, avvertendo con un brivido la pelle nuda di Draco contro la propria, coperta a malapena da una canotta bianca.
 
“Che cazzo fai?” mormorò Draco, con la voce scossa dai tremiti.
 
Nonostante i continui tremiti e i sussulti che sconquassavano il suo corpo, Hermione lo avvertì irrigidirsi contro di lei, stupito da quell’inaspettato contatto al quale non sapeva come reagire.
 
“Cerco di riscaldarti usando anche il mio calore corporeo. Cerca di stare tranquillo. Presto starai meglio…” gli sussurrò in un orecchio, dolcemente.
 
La sua voce era così rassicurante… Draco avrebbe voluto ribattere che il semplice contatto con una Mezzosangue del suo calibro lo disgustava, o quantomeno vomitarle in faccia tutto il proprio disprezzo ma, per qualche strano motivo, il fiato si rifiutò di uscire dai polmoni e la voce gli morì in gola, con un gorgoglio strozzato. Alla fine si accoccolò contro quel petto morbido e caldo, abbandonandosi al dolce oblio del sonno.
 
Si addormentò nel giro di pochi minuti, cullato dal suono dolce del battito del cuore di Hermione che gli rimbombava nelle orecchie, avvolgente e stranamente tranquillizzante.
 
Per la prima volta da giorni… No, da anni, Draco riuscì a dormire serenamente, senza che mille e più demoni oscuri popolassero i suoi incubi notturni.
 
Oscurità, volti bianchi senza fattezze che lo fissavano in silenzio, turbinii di luci, stridii, vicoli bui, occhi spaventati, sguardi ostili, denti digrignati, urla spezzate, freddo pungente… No, niente del genere questa volta: fu un tranquillo, appagante, dolce sonno ristoratore, tiepido e confortante.
 
Che sapeva vagamente di vaniglia.

Proprio come lei.
 
 
 
CONTINUA… 

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Capitolo 5
*** La calma dopo la tempesta ***


Come promesso, ecco il nuovo capitolo. Causa malfunzionamenti di internet ho dovuto usare la connessione che c’è in facoltà (ebbene sì: siamo tra i pochi bamba che hanno ancora lezione il 23 dicembre! =P)
 
Ne approfitto per ringraziare moltissimo barbarak, Nimphalys, Public Enemy, slytherin ele e Carrie_brennan che hanno recensito. Grazie mille! Nel prossimo capitolo farò ringraziamenti più personali e dettagliati,ora c’è la professoressa che mi guarda male e non è il caso! =P
 
Non mi resta che augurare a tutti buona lettura!
 
 
 
 
 
 
Capitolo #5
La calma dopo la tempesta
 
Draco si svegliò la mattina seguente, quando il sole era ormai già alto nel cielo.
 
Era il terzo giorno, l’ultimo, lo capì immediatamente. Stava da schifo, certo, ma era dovuto al fatto che non aveva mangiato e aveva lo stomaco spaccato in due a furia di vomitare, i sintomi delle crisi di astinenza di cui era stato ripetutamente vittima in quei tre giorni erano spariti: la violenta crisi della notte precedente era stata con ogni probabilità l’ultima, ora il suo organismo era completamente libero da quel maledetto veleno che egli stesso introduceva dentro di sé con foga autolesionista…
 
Tentò di alzarsi sui gomiti e mettersi seduto, ma scivolò e ricadde supino sul materasso.
 
Sentiva Hermione muoversi in cucina, e il borbottio di una pentola sul fuoco… Si mosse con cautela, era indolenzito dappertutto, per tentare nuovamente (e invano) di alzarsi, ma era troppo debole per farlo tutto da solo. Non ebbe bisogno tuttavia di chiamare Hermione poiché, cigolando, ci pensò il letto a segnalare il suo risveglio alla giovane dottoressa, che accorse subito al suo capezzale, per aiutarlo a mettersi in posizione eretta.
 
“Sei ancora troppo debole, Draco. Lascia che ti aiuti.” disse.
 
Lo fece scendere dal letto senza dire una parola e lo aiutò a sedersi per terra; poi si accinse a cambiare le lenzuola sporche, che avevano assorbito vomito e urina durante quella notte così travagliata.
 
“Vieni con me.” disse infine, al termine di quell’operazione “Prima una bella lavata, e poi facciamo colazione. Ti va?”
 
Draco non rispose. Se non fosse stato per gli occhi aperti, che sbarrati fissavano il vuoto, probabilmente Hermione avrebbe pensato che stesse ancora dormendo.
 
Si lasciò sollevare passivamente, aiutando come poteva la dottoressa a sorreggere il proprio peso; ma il proprio contributo non poteva che essere minimo, a causa della debolezza che lo pervadeva.
 
“Il peggio è passato. Ora devi solo ristabilirti al più presto.” gli sussurrò Hermione con la tenerezza di una madre, mentre lo svestiva.
 
Vide le gote di lui tingersi di porpora mentre lo faceva, mentre vergognoso tentava invano di coprire la propria nudità. Le strappò un sorriso e nel suo cuore provò una strana sensazione di calore nel vederlo così vulnerabile, così indifeso, così… umano, ecco.
 
Lo aiutò ad entrare nella vasca da bagno e, arrotolatasi i jeans fino alle ginocchia, si sedette dietro di lui tenendo i piedi a mollo, appoggiando la testa del ragazzo al proprio grembo.
 
Lo lavò amorevolmente con la stessa delicatezza che avrebbe riservato ad un neonato, passando la spugna umida su quel corpo magro da far spavento, tanto bianco da parere quello di un cadavere. Draco rabbrividì appena, al tocco sapiente di Hermione che nettava via la sporcizia degli ultimi giorni, mentre l’acqua tiepida scorreva sul suo torace scheletrico.
 
Gli lavò amorevolmente i capelli, facendoli tornare da opachi a lucidi, belli e chiari come si immaginava dovessero essere quelli del dio greco del sole, Apollo.
Gli accorciò persino la barba che era diventata fin troppo lunga, tagliando quella in eccesso e acconciando la restante, modellandola come meglio poteva: lo rimise a nuovo.
 
Gli abiti puliti li aveva già preparati e distesi ordinatamente sulla sedia fuori dal bagno: una camicia nera, fresca e morbida, e un paio di pantaloni lunghi.

I vestiti di Draco se li era fatti mandare dalla madre (o, più probabilmente, da uno dei suoi domestici); tuttavia gli andavano larghi, doveva aver perso molti chili da quando li aveva indossati l’ultima volta. Per far stare su i pantaloni dovette stringere la cintura fino all’ultimo buco, e anche così gli andavano piuttosto abbondanti; tuttavia stavano su, ed era questo l’importante.
 
Quand’ebbe finito con lui, sembrava una persona nuova.

Pallido e magro, ma seppur patito aveva parzialmente riacquistato l’antica bellezza che lo aveva sempre accompagnato durante gli anni di Hogwarts.
 
Una morbida barba bionda gli ricopriva le guance scavate e gli incorniciava la bocca, conferendogli un aspetto ingannevolmente più maturo dei suoi ventisei anni; i capelli bagnati, pettinati all’indietro, splendevano lucenti alla luce del mattino, mentre una ciocca sfuggita al pettine vigoroso di Hermione gli scendeva lungo la fronte ampia, sfiorandogli la tempia e la guancia, sbarazzina.
 
“Non trovi che vada molto meglio, ora?” gli domandò, mentre gli girava attorno tenendo lo specchio sollevato, affinché lui ci si potesse vedere riflesso.
 
Draco annuì leggermente, ma non aprì bocca. Non aveva ancora pronunciato una singola parola, da quando si era risvegliato: forse aveva paura di sentire la propria voce e, dopo quanto passato in quegli ultimi tre giorni, riscoprirla cambiata.
 
“Ci so ancora fare con forbici e pettine. Sai,” gli confidò, ridendo allegramente “quando andavamo a Hogwarts ogni tanto mi capitava di tagliare i capelli a Harry e a Ron. All’inizio non mi veniva un granché bene, ma dopo un po’ ci ho preso la mano.”
 
Lo fece uscire dal bagno e accomodare al tavolo della cucina, che apparecchiò velocemente.

“Ora che ti sei dato una bella ripulita, direi che è arrivato il momento di mettere qualcosa sotto i denti!” disse Hermione, di evidente buonumore “Ti preparerei la colazione, ma è già mezzogiorno passato… Vista l’ora, forse è meglio che ti cucini un buon pranzetto!” rise poi, legandosi un grembiule in vita mentre si avvicinava ai fornelli.
 
“Cucinare non è mai stata una delle mie specialità, questo è vero,” sentenziò, agitando un mestolo a mo’ di bacchetta “ma vedrai che in qualche modo riuscirò a imbastire qualcosa di buono!”
 
Draco non aveva per niente fame, aveva ancora lo stomaco distrutto dai crampi dei giorni precedenti, senza contare un filo di nausea tipico di quando si rimane senza mangiare per tanto tempo: ma la ragazza gli preparò una minestra leggera e dall’aspetto invitante, e minacciò di imboccarlo se non l’avesse mangiata di sua spontanea volontà.
 
Capacissima di farlo, pensò Draco, che aveva ormai imparato fin dove si spingesse la determinazione di Hermione; così prese il cucchiaio e, senza fretta, si sorbì tutta la minestra.
 
Infine, sempre su insistenza della ragazza, mangiò una mela sbucciata e grattugiata:

“Grattugiandola, la mela si ossida. Vedrai che farà bene al tuo stomaco.” disse lei, con un sorriso.
 
Draco stette subito meglio, al termine del pasto, tanto che quando Hermione gli chiese se se la sentiva di fare qualche passo nei dintorni del cottage, per prendere una boccata d’aria fresca, annuì quasi senza nemmeno pensarci su.
 
Arrivarono fino alle rive sabbiose del laghetto, dove si fermarono a riposare.
 
Il ragazzo non si sentiva particolarmente stanco, ma le gambe disabituate al movimento gli dolevano leggermente, scricchiolanti: quella di stendersi un momento sulla rena chiara non era un’idea da buttare via, e così fece.
 
Hermione, da parte sua, si tolse i sandali, arrotolò i jeans fino alle ginocchia, e si divertì ad avventurarsi nelle acque fresche del laghetto, almeno per i primi due metri, dove l’acqua era bassa.
 
“Vedrai che, prima della fine di queste due settimane e mezza che ci restano da trascorrere qui, quando ti sentirai un po’ meglio, ti porterò a fare il bagno qui. Io lo facevo sempre, da bambina.” rise. Si comportava come se stessero facendo un’allegra scampagnata tra amici, di certo non come una dottoressa con il suo paziente.

Quel comportamento fino a pochi giorni fa lo avrebbe infastidito, ma ora lo incuriosiva e basta.
 
Una strana curiosità si accese pian piano nel suo petto: perché si era presa tutto quel disturbo? Accudirlo in quei tre giorni doveva essere stata una faticaccia, dal momento che non era stato in grado nemmeno di mettersi seduto da solo.

Perché lo trattava come un vecchio amico e non per quello che era, uno qualsiasi che tanti prima aveva incrociato la sua strada giusto per osteggiarla e umiliarla?
 
Cosa la spingeva a fare così tanto per una persona come lui? Moriva dalla voglia di saperlo, la faccenda non gli dava pace al punto che, dopo tanto tempo che non apriva bocca se non per respirare, ruppe il silenzio per farle quella domanda che tanto lo tormentava:
 
“Perché l’hai fatto?”
 
“Fatto cosa?” domandò Hermione, presa in contropiede. Uscì dall’acqua, andandosi a sedere accanto a Draco.
 
“Accettare il mio caso, venire fin qui… Tutto quanto, insomma. Cosa gliene frega ad una come te di aiutare uno come me?” la incalzò.
 
La voce gli uscì profonda e cavernosa… O forse era solo lui che si era disabituato al suono che essa aveva e quindi gli appariva in quel modo.
 
“Beh, ci deve proprio essere un motivo per aiutare una persona in difficoltà?”
 
“Certo che ci deve essere.” affermò Draco, fissandola accigliato “So che non l’hai fatto per i soldi di mia madre, d’altronde non sei mai stata interessata a questo genere di cose. So anche che non mi trovi particolarmente simpatico. Non che tu non abbia le tue ragioni, in effetti… E allora, perché l’hai fatto?”
 
“Beh, se ci deve essere per forza una ragione, allora diciamo che l’ho fatto per dimostrare a me stessa che ero in grado di farlo e a te che persino una sporca Mezzosangue come me era in grado di fare qualcosa di buono, dopotutto. Ti piace di più come risposta?” disse Hermione.

Draco tacque, pensieroso. Sapeva benissimo che quella detta da una ragazza era una bugia bella e buona: una come lei non doveva dimostrare proprio un bel niente a nessuno, né a sé stessa, né a lui, né a chiunque altro. Era sempre stato così, sin dai tempi della scuola, quando procedeva a testa alta senza mai abbassare lo sguardo, noncurante delle sue prese in giro e dei suoi insulti.
 
Tuttavia non ribatté: anche se non completamente sincera, quella risposta gli andava abbastanza bene. Sempre meglio di quella che lui credeva (e temeva) potesse essere la verità, ovvero che l’aveva fatto perché aveva pietà di lui: quello proprio non avrebbe potuto sopportarlo.
 
“E poi non è vero che non ti trovo simpatico.” aggiunse Hermione dopo un po’, con un sorriso dolce. Non sapeva nemmeno perché l’aveva detto, se per rompere quel silenzio imbarazzato che si era venuto a creare o, più semplicemente, se le fosse uscito spontaneamente, quasi senza pensarci.


“Certo. Ricordo che stravedevi per me.” rispose Draco, sarcastico.


“No. Non è così.” rispose Hermione, con espressione seria “Ma solo perché non mi hai mai permesso di conoscerti.”
 
“Fidati. Non ti sei persa molto.” disse il giovane, con un sorriso amaro.
 
“Può darsi. O forse sì, chissà? Forse se mi avessi dato una possibilità invece di bollarmi come sporca Mezzosangue saremmo diventati amici, o magari no… Ma ora come ora direi che non lo sapremo mai, giusto?”
 
Draco aprì bocca, come per ribattere, ma le parole gli morirono sul nascere. No, decisamente non sapeva come risponderle sul perché in passato si fosse comportato in maniera tanto odiosa con lei, e allora preferì tacere e andare avanti, accarezzato da una brezza leggera che si era sollevata, scompigliandogli i capelli e increspando leggermente la superficie argentata del lago, poco distante da loro.
 
Si alzarono e, dopo essersi tolto il grosso della sabbia di dosso, proseguirono la loro passeggiata in silenzio. Nessuno dei due sapeva più cosa dirsi, al punto che ben presto, adducendo come scusa la stanchezza, Draco comunicò alla ragazza il proprio desiderio di fare ritorno; ma una volta arrivati sulla porta di casa Hermione gli domandò di attendere.
 
“Aspetta un momento prima di rientrare. Ti devo dire due parole e preferirei farlo qui, così ci godiamo il fresco ancora un po’.”
 
Draco si lasciò cadere stancamente sulla panca di legno posta vicino alla porta di entrata, e lei gli si sedette accanto. Si scostò una ciocca castana dal viso e rimase in silenzio per qualche secondo, come se stesse misurando le parole alla ricerca di quelle più adatte al caso suo; poi, ad un certo punto, si decise a parlare.
 
“Vorrei tanto poterti dire che sei guarito, e che da qui in avanti è tutto in discesa… Ma non posso farlo, Draco, perché non sono una bugiarda. Paradossalmente questa è stata la parte più facile. Certo, hai sofferto e io non voglio assolutamente sminuire il tuo dolore, ma questo non toglie il fatto che da adesso in avanti devi fare appello a tutto il tuo coraggio e debellare i tuoi demoni interiori. Se non lo fai tutto quello che abbiamo fatto finora sarà privo di significato.”
 
Draco la guardava, inespressivo, senza profferir parola; poiché continuava a non dire nulla, Hermione decise di proseguire.
 
“In questa prima fase della terapia ho potuto prendermi cura di te, in qualche modo. Da ora in avanti, però, non potrò aiutarti a meno che non sia tu a volerlo.”
 
Gli prese teneramente una mano tra le proprie, e gliela strinse forte, come per confortarlo.
 
“Adesso non sei più attratto dalla droga, non fisicamente… Ma i motivi che ti hanno spinto a bucarti la prima volta, quelli ci sono ancora. Ci saranno sempre, non importa cosa fai o dove vai, ti seguiranno per tutta la vita e, presto o tardi, dovrai fronteggiarli. Se vuoi davvero smettere, dovrai essere in grado di domarli. Non eliminarli, bada bene, ma affrontarli: eliminarli non è possibile, per te come per nessun altro. Io, Tucker o chiunque altro possiamo provare a darti una mano, ma sei tu l’unico che può decidere o meno di provarci. La scelta sta a te, tutto quello che posso sperare io è che tu faccia la scelta giusta. Il massimo che posso fare per aiutarti è tenderti una mano, e sperare che tu la prenda e ti lasci aiutare.”
 
 

Draco chinò lo sguardo. Era la prima volta che qualcuno gli parlava in maniera così schietta e al contempo così dolce: non sapeva come controbattere a quelle parole e questo lo faceva sentire strano, così come non si era mai sentito in vita sua. Erano ben poche le persone che si potevano vantare di averlo lasciato senza parole, ed Hermione ora apparteneva a questo elitario gruppo.
 
“Dai, entriamo dentro adesso. Si è fatto tardi.” disse la ragazza.
 
Una volta varcata la soglia lo scortò fino al letto.
 
“Mettiti un po’ giù, più tardi ti preparerò da mangiare. E vedi di riposarti, nei prossimi giorni avremo molto da fare e sarà meglio che tu sia in forma!” gli disse poi Hermione, con tono autoritario.
 
Draco obbedì, controvoglia; non si sentiva stanco, solo stranito, come se non fosse completamente riabituato al proprio corpo, ora che era libero dalla schiavitù della droga. Ciononostante, non appena ebbe poggiato la testa sul guanciale, sentì subito le palpebre farsi pesanti e, in men che non si dica, arrivò il sonno a ghermirlo per portarlo nel mondo dei sogni.
 

Pochi istanti dopo stava dormendo saporitamente.
 
 
 
 
CONTINUA… 
 

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Capitolo 6
*** Confessioni ***


Ciao a tutti! Chiedo scusa per il ritardo, avevo detto che avrei messo online il capitolo il 24 sera o il 25 mattina, e invece ho aspettato fino adesso. Quasi mi vergogno, a mia parziale discolpa posso dire che con tutto quello che è successo in questi giorni è già tanto non essersi buttati giù da un ponte con una pietra al collo.
 
In ogni modo eccoci qui, basta i pensieri deprimenti e passiamo ai ringraziamenti: innanzitutto tutti coloro che hanno letto, e in particolar modo Nimphalys, Romareturn, barbarak, Public Enemy e dracolover, le cui recensioni mi hanno davvero tirato su il morale.
Grazie di cuore per i vostri commenti, non avete idea della contentezza che mi date. Già normalmente farebbero piacere, naturalmente, ma in un periodo come questo bisogna elevare il tutto al quadrato. Grazie mille ragazze, siete veramente delle grandi. Spero continuerete a seguirmi anche in futuro!
 
Ora basta però, spero di non avervi annoiati e vi auguro buona lettura. Ciao!
 
 
 
 
Capitolo #6
Confessioni
 
“Sarai soddisfatta di te stessa, Granger. E’ la prima volta che qualcuno riesce ad disintossicarmi. Per davvero intendo, non per finta.”
 
Erano sdraiati sul manto erboso immediatamente precedente la striscia sabbiosa che cingeva il laghetto, con i capelli ancora bagnati e gli abiti umidi. Avevano appena fatto il bagno nelle fresche acque del laghetto vicino al cottage dei genitori di Hermione.
 
Nessuno dei due si era portato dietro il costume da bagno, così Draco aveva indossato solamente i boxer Draco, mentre Hermione le mutandine e il reggiseno; poi erano usciti e, infreddoliti, si erano rimessi i vestiti sulla pelle ancora umida e si erano asciugati sotto il sole ancora insolitamente tiepido di settembre, in attesa del tramonto.
 
Solo pochi giorni erano trascorsi dalla loro chiacchierata, e Hermione da allora non aveva più tirato in ballo l’argomento. Voleva che fosse Draco a fare la prima mossa secondo i propri tempi, senza forzature di sorta.

Per uno come lui doveva già essere abbastanza umiliante dover dipendere per tutto o quasi da qualcun altro; la giovane dottoressa desiderava almeno che potesse decidere da sé quando e come farsi aiutare, in modo che non spogliarlo del tutto del proprio potere decisionale.
 
Doveva farlo sentire importante, dargli la sensazione di essere ancora lui a condurre il gioco.
 
Inoltre era inutile forzarlo ad aprirsi quando era evidente che lui non ne aveva nessunissima voglia, non ne avrebbe ricavato proprio nulla; e così quegli ultimi giorni erano trascorsi in mezzo alla placida tranquillità della campagna inglese, dove regnava la quiete e il silenzio era rotto solo dai cinguettii degli uccelli e dallo stormire delle foglie.
 
Quella sera Hermione aveva pensato che a Draco avrebbe potuto far piacere fare il bagno nel lago e osservare il tramonto, dopotutto in quell’ultimo periodo il giovane aveva messo raramente il naso fuori di casa e ogni volta per poco tempo; forse godersi quello spettacolo superbo gentilmente offerto dalla natura avrebbe potuto giovargli al morale, almeno così aveva pensato lei.
 
Evidentemente, però, si era sbagliata di grosso, dal momento che gli occhi del ragazzo erano tristi e malinconici, e vagavano sul quel magnifico paesaggio come se in realtà non lo stessero affatto guardando. Sembravano persi nel vuoto, attirati da qualcosa che nemmeno lui stesso era in grado di focalizzare.
 
“E le altre volte che sei stato ricoverato?” gli domandò Hermione, incuriosita. Stando alla cartella clinica che il dottor Tucker le aveva fornito, Draco aveva subito il trattamento ben due volte prima che sua madre decidesse di far ricorso a lei.
 
“Fingevo. Corrompevo degli infermieri affinché mi portassero la roba e poi fingevo di esserne uscito. Al momento dei vari test sostituivo le mie provette con altre che qualcuno mi passava sottobanco, o pagavo i tecnici del laboratorio affinché falsificassero gli esiti… Tucker se l’è bevuta tutt’e due le volte. Quell’imbecille…” rispose Draco, aggiungendo infine quell’ultima parte della frase a voce bassa.
 
Si fermò poi a scrutare il cielo che si tingeva di rosso ogni minuto di più. La notte stava prendendo il sopravvento sul giorno e l’orizzonte, ormai, era poco più di una sottile striscia scarlatta, una ferita insanguinata che diventava sempre più sottile.
 
“Sono bravo a fingere, io.” proseguì, abbozzando un sorrisetto amaro. La ragazza sospirò… forse quella contrita smorfia di dolore mascherata da sorriso era il massimo che poteva tirare fuori dal giovane Malfoy. L’unica cosa che era riuscita ad ottenere, portandolo fuori, era solo immalinconirlo ancora di più.
 
“E non sei contento?” tentò invano di blandirlo “Se non sbaglio per uno Slytherin fingere, nascondere in profondità i propri veri pensieri, le proprie debolezze e le proprie emozioni, è una delle qualità migliori.”
 
“Così dicono.” borbottò Draco, poco convinto.
 
“E non è vero?”
 
“Non lo so. So solo che sono stufo di fingere.” rispose lui, con un sospiro.
 
“Se sei stufo, puoi sempre smetterla.” obiettò Hermione.
 
“No che non posso. Sono uno Slytherin, l’hai appena detto tu. Uno Slytherin non può smettere di fingere, o non sarebbe più uno Slytherin.”
 
Hermione gli sorrise dolcemente, scuotendo la testa.
 
“Non ti pare infantile rimanere legato a queste divisioni?” disse “Sono passati anni da quando siamo andati ad Hogwarts, forse è arrivato il momento di lasciarsi alle spalle queste faide campanilistiche tra dormitori e concentrarti su ciò che è davvero importante.”
 
“Per esempio?”


“Per esempio la tua salute, sia fisica che mentale.” disse Hermione, severamente.
 
Draco tacque, pensieroso. Aveva un’espressione assorta e concentrata, come se stesse riflettendo attentamente su un pensiero che gli era balenato in quel preciso istante.
 
Prima ancora che la ragazza facesse in tempo a chiedergli a cosa stava meditando, il giovane la sorprese con un’affermazione inattesa.
 
“E sia, Mezzosangue. Ti sfido.” disse, improvvisamente, prendendo Hermione alla sprovvista e facendola trasalire leggermente.
 
“Mi sfidi? E a far che?” domandò lei, incuriosita.
 
Si sollevò sui gomiti per guardarlo negli occhi, cercando di capire a cosa alludesse. Non aveva sinceramente idea di cosa diavolo il giovane stesse parlando.
 
“E’ da quando siamo qui che fai allusioni, che parli, parli e parli, ma non arrivi mai al dunque, ci giri attorno e basta. E sia, ci arriverò io al punto per te.”
 
Si portò l’indice sulla fronte, con voluta lentezza, con studiata teatralità. Ogni suo gesto era calcolato e melodrammatico, ma anche carico di vibrante tensione: sembrava volerle comunicare il concetto prima ancora che con le parole, con il proprio corpo.
 
“ Vuoi psicoanalizzarmi?” sussurrò, con voce roca “Accomodati. Sono a tua completa disposizione.”
 
Superato il primo stupore, Hermione si sentì tenuta a spiegargli che quello che lui sembrava considerare alla stregua di un vile gioco di prestigio, in realtà era una cosa molto più articolata e complessa.
 
“Psicoanalizzare qualcuno non è affar semplice, Draco. In un certo senso è come aprire una scatola e guardarne il contenuto, e partendo da questo ricomporre un puzzle assai intricato che possa aiutare a capire perché il paziente abbia fatto le scelte che ha fatto. Ma per aprire una scatola ci vuole una chiave: se voglio prendere in esame il tuo passato, ho bisogno che tu me ne parli minuziosamente, che mi renda partecipe dei momenti più intimi della tua vita.” gli spiegò Hermione, con voce calma, cercando di essere chiara e dettagliata quanto più le era possibile. Era quasi sicura che, a quel punto, il ragazzo avrebbe fatto marcia indietro, ci contava quasi: non lo reputava essere ancora pronto per quello, erano lì da troppo poco tempo e, nonostante quello strano rapporto che si era venuto a creare tra di loro, non si sentiva ancora sufficientemente in confidenza.
 
Ma ecco che Draco la sbalordì di nuovo con poche, semplici parole:
 
“Dimmi solo da dove vuoi che incominci, Granger.”
 
Poi, in risposta allo sguardo stupito della giovane dottoressa, aggiunse: “Te l’ho detto, voglio collaborare. E collaborerò, fosse anche solo per vederti fallire come hanno fatto tutti quanti gli altri.” esclamò, con un sorrisetto vagamente derisorio stampato sulle labbra sottili.
 
La ragazza dovette pensarci parecchio, su. Non voleva affrettare le cose, temeva che Draco si sarebbe scoraggiato se affrontavano certi argomenti prima che questi fosse stato pronto.
 
Ma d’altra parte era Draco stesso che l’aveva sfidata, e sicuramente non l’avrebbe fatto se non si fosse sentito pronto. Forse era semplicemente un modo come un altro per sfidarla o prenderla in giro, ma almeno un tentativo avrebbe dovuto farlo.
 
“Va bene.” disse infine Hermione, risoluta “Non sia mai che una Gryffindor non raccolga una sfida!” aggiunse scherzosamente.

“Non hai un taccuino?” le domandò Draco, a quel punto.

“No. Cosa me ne faccio?”
 
“Boh, non lo so… Per prendere appunti o cose del genere. Non fate così voi strizzacervelli?”


“Non c’è una regola. Chi vuole lo usa, io personalmente ritengo che se gli psicoterapeuti passassero meno tempo a scarabocchiare e più ad ascoltare, le loro professioni ne gioverebbero.”
 
“Tutti quelli che ho avuto prima di te ce l’avevano.” obiettò Draco, polemicamente.

“Dovresti averlo ormai imparato che io non sono come tutti gli altri.” disse Hermione, con quella sua risata dolce e musicale che in quei pochi giorni aveva sentito così tante volte, al punto che gli pareva di conoscerla da sempre.
 
In ogni caso, non la contraddisse. Lei era tante cose, ma ‘come gli altri’ era una definizione che non le si addiceva affatto. Decisamente non lo era, pensò Draco.
 
“Tanto per cominciare,” esordì Hermione, pensosa “penso che potrebbe essere interessante se mi parlassi degli anni immediatamente successivi alla guerra.”
 
Dopotutto, fino ad Hogwarts, ce lo aveva sempre avuto sotto gli occhi. Certo, all’epoca non erano certo amici intimi, ma se fosse successo qualcosa di talmente traumatico da fargli imboccare quella brutta strada, era quasi sicura che se ne sarebbe accorta.
 
No, le cause erano da ricercarsi altrove, ne era quasi certa.
 
“Dopo la guerra?” disse Draco, grattandosi pensosamente il meno “Non ho fatto un granché, se devo essere onesto. Non c’è mai niente di interessante da fare, in prigione.”

“Prigione?” esclamò Hermione, stupita. Quella rivelazione la lasciò basita: non aveva mai saputo che il ragazzo
 
“Prigione.” confermò lui.
 
“Non sapevo nemmeno tu ci fossi stato…” disse la ragazza.
 
Draco scrutò attentamente nei suoi occhi, leggendovi la sincerità dentro di essi.
 
“La gente non ne parla. Dicono tutti che non mi sono fatto un giorno di galera… quegli stronzi. Che ne sanno loro di queste cose…” borbottò Draco, scrollando le spalle vagamente annoiato.
 
“E per quanto tempo?”
 
“Per cinque anni. In realtà la pena originaria era di dieci, ma un po’ per buona condotta e un po’ grazie alle mazzette che mia madre aveva gentilmente elargito alle persone giuste, me ne hanno condonati la metà. Dopodiché… Beh, come dicevo sono uscito di prigione e ho finito gli studi da privatista. Sarebbe stato impensabile tornare ad Hogwarts dopo quello che era successo, e poi avevo perso tutti quegli anni… No, non era proprio pensabile.”
 
Hermione lesse del rammarico, nella sua voce… Forse oltre a cinque anni, con la galera aveva perso qualcos’altro. Inoltre, in quel grandi occhi chiari e tristi, vi lesse qualcosa che non avrebbe pensato di trovare. Possibile si trattasse di nostalgia?
 
D’altronde, perché no? Lei era tornata ad Hogwarts, e quando si era diplomata aveva accanto tutti i propri amici più cari era stato un momento di grandissima gioia, accresciuta dal fatto di avere volti familiari e rassicuranti attorno a sé. Cos’aveva avuto, lui?

Niente di tutto questo, poco ma sicuro. Una fredda lettera di congratulazioni, probabilmente… Anche il diploma doveva essergli arrivato per posta, uno squallido intermezzo alla sua solitudine. La sua esperienza a Hogwarts non aveva avuto una conclusione degna di questo nome, concluse Hermione, provando una gran pena per lui.
 
“Dopo il diploma sono subentrato alla presidenza dell’azienda di famiglia.” disse Draco, assumendo un’espressione mesta che lì per lì la giovane guaritrice non fu in grado di interpretare.
 
“Quanti anni hai detto che avevi, scusa?” gli domandò Hermione, incuriosita.


“Ventiquattro appena compiuti.”
 
“E il consiglio di amministrazione ti ha eletto così giovane? E’ una cosa buona, dovresti esserne fiero.”
 
Draco non rispose nemmeno, si limitò a roteare gli occhi con espressione infastidita.
 
“Perché sei così triste? Ne parli come se fosse una tragedia!” disse la ragazza, sorridendogli dolcemente.
 
“La mia elezione a presidente non ha nulla a che vedere con i miei cosiddetti meriti. Il consiglio di amministrazione fa semplicemente quello che gli azionisti gli dicono di fare, e il pacchetto azionario di mia madre è tale che se lei dice di saltare, loro chiedono quanto in alto. E’ sempre stato così.” sospirò.
 
Si prese un momento per riflettere, per mettere in ordine i propri pensieri, poi aggiunse amaramente: “E comunque le mie mansioni sono starmene in ufficio tutto il giorno a fare niente, e a farmi fotografare durante gli eventi ufficiali cercando di apparire il meno sbronzo possibile.”
 
Una brezza leggera si era levata, scompigliando le chiome ancora umide dei due ragazzi. Sdraiati sull’erba uno accanto all’altra, semivestiti, mentre le cicale frinivano all’unisono in un naturale concerto campestre, sembravano quasi una di quelle coppie di amanti ritratti in un idilliaco paesaggio rurale, immortalati e al contempo fusi con la natura circostante.
 
Draco poi, così pallido e magro, sembrava la tipica bellezza romantica, maledetta da una sorte infausta; un eroe che vanamente aveva tentato di ergersi contro un destino troppo grande per quelle spalle esili e che, naturalmente, era da questi stato miseramente battuto. Se solo avesse lasciato che Hermione scrutasse in quelli che, ne era sicura, dovevano essere stati dei traumi tanto grandi da modificare la sua intera concezione della vita!
 
Si scostò aristocraticamente la frangia color cioccolata dal viso, mentre Draco incatenava al suo sguardo di ghiaccio quegli occhi solcati da innumerevoli pagliuzze dorate, tanto luminose da parere quasi delle stelle.
Aveva degli occhi bellissimi, li aveva sempre avuti, sin dai tempi di Hogwarts li aveva ammirati e invidiati: ma in quel momento le parvero tremendamente vuoti e tristi.
 
Una patina opaca velava quello sguardo un tempo fiero e arrogante. La curiosità di sapere cosa in quegli anni lo avesse ridotto in quello stato pietoso crebbe in Hermione, che appoggiò la mano sulla sua spalla, per rassicurarlo e indurlo a continuare.
 
“Per quanto riguarda il resto … E’ tutto un po’ sfocato.”
 
Draco si fermò, introducendo tra le labbra pallide lo stelo sottile di una margheritina. Lo mordicchiò appena, pensoso, mentre con la mente rivangava i confusi ricordi che aveva di quegli anni. Se era vero quello che il dottor Tucker le aveva detto, ovvero che per molti anni praticamente non aveva fatto altro che drogarsi, non doveva esser facile vagare alla cieca nei meandri di quella mente all’epoca distrutta dall’abuso di sostanze stupefacenti.
 
Draco chiuse gli occhi come rapito dall’estasi, nello sforzo di rimembrare gli avvenimenti di quegli anni.
 
“Mi ricordo la droga, me la ricordo bene quella. Ricordo la prima volta che mi sono fatto come se fosse ieri, il pizzico dell’ago che mi penetrava nella pelle e la droga che mi scivolava nella vena… E ricordo anche che dopo di allora non feci altro per quasi tutto il resto del mio tempo. La mia vita per un certo periodo era costellata da festini che non conoscevano la parola ‘fine’ se non alle sei di mattina, ragazze che definire prostitute sarebbe equivalso a far loro un complimento, siringhe, occhiaie, bugie e giustificazioni che non convincevano nemmeno me stesso… Pian piano i miei amici, i pochi veri che avevo, non ne vollero più sapere di me. Onestamente, non me la sento di dar loro torto. Ero un drogato, lo spettro grottesco di quello che una volta era stata una persona che loro credevano di conoscere. Una persona non particolarmente simpatica, aggiungerei.”
 
Si prese un’altra pausa, come se parlare gli procurasse dolore. Cominciò a sfogliare la margherita che teneva tra le dita sottili, con espressione distratta. Aveva lo sguardo assente, perso in chissà quali sgradevoli ricordi che Hermione, dall’alto della torre d’avorio ch’era stata la sua vita, in mezzo ad amici affettuosi e genitori sempre presenti e orgogliosi di lei, non poteva nemmeno immaginare.
 
“Non hai idea delle volte che mi sono risvegliato in un vicolo,” riprese Draco, quasi come se le avesse letto nel pensiero “completamente ubriaco di alcol e di droga, o sul pavimento di un bagno pubblico ricoperto del mio stesso vomito. E trovare scuse diventava sempre più difficile… Anche perché ormai lo sapeva tutta Londra che il promettente rampollo dei Malfoy non era che un miserabile drogato, schiavo del suo esecrabile vizio.”
Draco cercò di tirare fuori qualche altro ricordo di cui far partecipe Hermione, ma invano: in quegli anni, oltre alle cose che le aveva già raccontato, non c’era proprio niente.
 
“All’infuori di questo, beh… All’infuori di questa mia insensata autodistruzione è tutto un banale susseguirsi di immagini senza significato.” concluse, mentre l’ultimo petalo della margherita cadeva infine sul manto erboso su cui i due giovani languivano pigramente.
 
“Perché hai cominciato, Draco?” domandò allora la ragazza, spinta più che dalla propria specializzazione in psichiatria dalla propria curiosità “Avevi tutto quello che si poteva desiderare. Sei uscito da Azkaban tutto sommato in poco tempo, avevi un buon lavoro e prospettive più che rosee. Non sei affatto un brutto ragazzo e, almeno stando a quello che ho avuto modo di vedere ad Hogwarts, non avevi difficoltà a socializzare. Potevi avere tutto: una fidanzata, degli amici, un buon lavoro e una posizione sociale che ti avrebbero invidiato tutti quanti. Cosa ti ha indotto a fare… sì, insomma, a fare quello che hai fatto?” mormorò.
 
Il ragazzo non rispose, si limitò a osservare l’ultimo spicchio rossastro di sole che spariva oltre il frastagliato contorno delle montagne innevate che li circondavano. Hermione capì che, quel giorno, non gli avrebbe tirato fuori nient’altro.
 
In fondo, già solo quel poco che si erano detti era sufficiente.
 
L’indomani, avrebbero parlato ancora.
 
 
 
CONTINUA… 

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Capitolo 7
*** Convalescenza ***


Ciao a tutti! Eccomi di ritorno dalle vacanze con un capitolo nuovo di zecca!
Contrariamente a quello che pensavo la connessione ad internet ce l’avrei avuta anche in vacanza, ma la mia innata pigrizia ha avuto la meglio ancora una volta. =P
 
Ad ogni modo eccoci qui, prima di cominciare come al solito i ringraziamenti: desidero ringraziare Romareturn,slytherin ele, dracolover, barbarak, Public Enemy, Nimphalys e Sephora. Grazie a tutte, leggere i vostri commenti oltre a farmi molto piacere è quello che mi dà la carica per scrivere! Siete le mie muse ispiratrici! =)
 
Un grazie particolare soprattutto a Nimphalys e a Romareturn che, come ho avuto modo di scoprire, mi hanno addirittura inserito tra gli autori preferiti, cosa che mi ha dato naturalmente una soddisfazione immensa.
 
Sperando di non avervi annoiato troppo, vi auguro buona lettura.
Ciau!
 
 
Capitolo #7
Convalescenza
 
“Smettiamola qui. Non ho più voglia di fare ginnastica.” biascicò Draco con voce stravolta.


A dispetto del panorama bucolico, il tempo era trascorso tutto fuorché tranquillamente, in quel piccolo cottage sperduto nella campagna inglese.
 
Malfoy non aveva avuto un solo attimo di respiro, Hermione non gliel’aveva permesso.
 
Non si poteva certo dire che la giovane dottoressa avesse perso tempo, d’altronde era risaputo che non era nel suo carattere rimanersene con le mani in mano: in attesa che Draco decidesse di aprirsi interamente, condividendo con lei i propri segreti più intimi, Hermione si era data da fare per rimettere in sesto quel suo corpo malandato.
 
L’aveva fatto mangiare per riprendere le forze e camminare avanti e indietro per quei luoghi meravigliosi quel tanto che bastava per riacquisire una minima confidenza con il proprio corpo, l’aveva persino portato ogni giorno a nuotare nel lago; quando infine l’aveva giudicato in grado di reggersi in piedi senza troppa fatica, l’aveva messo sotto con la ginnastica riabilitativa.
 
Lo sottoponeva di continuo a quegli assurdi esercizi, lo assillava senza dargli un istante di tregua, lo torturava con flessioni e piegamenti, come nemmeno il più spietato sergente dei marines avrebbe saputo fare con i propri sventurati cadetti.
 
Ai tempi di Hogwarts la cosa non gli avrebbe dato per nulla fastidio: in quanto Cercatore di Slytherin, era avvezzo agli allenamenti quotidiani e avrebbe potuto dire tranquillamente di essere stato, all’epoca, in forma smagliante.
 
Tuttavia molti anni ormai erano passati da allora, e i suoi trascorsi da sportivo erano ormai un bel ricordo: senza contare che i continui abusi ed eccessi non avevano certo favorito il mantenimento di quel fisico di cui era andato fiero per tanti anni, ma che ora era solo un pallido riflesso di quei giorni gloriosi.
 
Cosa avrebbe pensato l’orgoglioso Draco Malfoy di quei bei tempi andati se solo lo avesse visto in quel momento…
 
Probabilmente sarebbe rimasto disgustato nel vederlo stremato e madido di sudore, affogato in quella maglietta sbiadita che gli andava troppo larga, disteso su quell’orribile tappetino rosa che, stando alle parole di Hermione, apparteneva alla madre di lei e serviva per una strana cosa babbana chiamata yoga.
 
Era umiliante per uno come lui, e non aveva più intenzione di sottoporsi a quello strazio: ma nonostante le sue proteste, Hermione proseguiva imperterrita a fare quegli stessi esercizi che l’avevano messo al tappeto, con una grazia e una grinta degna di un’atleta professionista. Sembrava quasi che non provasse nemmeno fatica!
 
Dal momento quindi che la giovane dottoressa non accennava a dargli retta, Draco decise di rincarare la dose.
 
“Sei diventata sorda, Mezzosangue?” mugugnò, stravolto “Ti ho detto che sono stanco. Non mi va più di fare gli esercizi.”
 
“Devi.” disse Hermione, severa, decidendosi infine a rispondergli “Il programma che il fisioterapista della clinica ha stilato prevede che tu ti faccia come minimo un'altra oretta di allenamento. E se continui a battere la fiacca come stai facendo le ore diventano due.” lo minacciò scherzosamente.
 
“Io non devo fare proprio un bel niente.” ribatté Draco, altezzoso.
 
“Il tuo tono muscolare è andato giù, gli esercizi ti servono per farlo ritornare com’era prima.” disse la giovane dottoressa, con un tono di voce che al suo infastidito paziente parve tremendamente saccente “Ora smettila di fare i capricci e torna ai tuoi esercizi!”
 
“Non faccio i capricci.” borbottò il giovane Malfoy, seccato. Per chi lo aveva preso, per un bambino pestifero?
 
Si abbandonò sul materassino, scoraggiato, respirando profondamente, nel vano tentativo di riportare il battito del proprio cuore ad una velocità vagamente accettabile.
 
Hermione non disse nulla, concedendogli un attimo di tregua nell’attesa che si riprendesse: lui approfittò di quel raro intervallo di pausa per guardarla di sfuggita, con la coda dell’occhio, cercando di non farsi scoprire dalla ragazza nell’atto di spiarla.
 
Era diventata innegabilmente una donna di notevole bellezza: in passato era stata una bambina graziosa (nonostante i capelli crespi e i denti sporgenti) e poi, in seguito, una bella ragazza, era infine sbocciata nella donna stupenda ch’era diventata.
 
I capelli crespi erano stati domati in morbidi riccioli, le forme acerbe s’erano tramutate in curve sinuose; ed era in forma, dannazione, in forma smagliante.

Si piegava e si torceva senza sforzo, probabilmente molto più avvezza di lui alla ginnastica quotidiana, fasciata strettamente in una canottiera nera che gli faceva ribollire il sangue.
 
Si scoprì a guardarla con risentimento: tutta quella situazione lo faceva imbestialire.
 
Hermione aveva fatto esattamente gli stessi identici esercizi che aveva fatto lui, ma se Draco faceva fatica a respirare a causa della fatica e aveva tutte le membra indolenzite, lei, invece, era fresca come una rosa, tonica e bella come una fotomodella.
Non era nemmeno sudata, dannazione! Aveva solo le gote lievemente arrossate, cosa che la rendeva, se possibile, ancora più attraente.
 
Provò a contrarre gli addominali per mettersi seduto, ma non servì a nulla: il suo corpo si rifiutava categoricamente di obbedirgli.
 
Era in debito d’ossigeno e le tempie gli pulsavano dolorosamente: odiava quella situazione. Detestava sentirsi debole, impotente, inferiore.
 
Sì, inferiore. Durante tutta la sua giovinezza gli avevano insegnato ad essere superiore, un modello a cui ispirarsi, un dio tra gli uomini, baciato in fronte dalla fortuna benigna e da un fato particolarmente fasto, destinato a svettare come un titano in mezzo a tante insignificanti formiche.
 
Persone come Paciock, Weasley o anche Tucker, per esempio, un tempo gli sarebbero parsi alla stregua di tanti miseri insetti sul proprio glorioso cammino, destinati ad essere calpestati senza alcun ritegno, né più né meno di un povero ramoscello da spezzare in due come e quando gli piaceva. Adesso, invece, era lui l’insetto, il ramoscello, la nullità, il microbo!
 
Erano ormai anni che la gente lo guardava dall’alto al basso, con aria di superiorità. Il fatto di essere trovati svenuti nel proprio vomito un giorno sì e uno no non giovava certo, dovette ammettere Draco; eppure non si era ancora abituato agli sguardi delle persone, ai commenti malevoli che si scambiavano alle sue spalle, convinti che lui fosse troppo fatto o ubriaco per sentirli.
 
D’altronde fin da piccolo si era abituato all’ammirazione e all’invidia della gente, per quanto in basso potesse essere caduto non era facile guardare in faccia l’amara verità, ovvero che la sua presunta superiorità non era che una mera illusione destinata ad infrangersi miseramente, come un bel sogno al risveglio.
 
Sospirò, affranto.
 
Erano trascorsi ormai diversi minuti e il suo fiato non ne voleva sapere di tornare alla normalità.
 
Sentì su di sé lo sguardo preoccupato di Hermione. Lo schivò, chinando il capo con vergogna, per paura di scoprirlo simile a quello degli ipocriti che l’avevano sempre giudicato e deriso: non voleva leggervi disgusto per la sua patetica condizione o, peggio ancora, compassione.
Compatire lui, Draco Malfoy! Il Principe delle Serpi!
Il solo pensiero lo faceva infuriare, tanto da fargli pulsare più veloce il sangue nel petto.

“Non ti fermare per troppo tempo, Draco, cerca di non perdere il ritmo. Fammi ancora dieci piegamenti e poi passiamo ad altro, ti va?” gli disse Hermione, sorridendo comprensiva “Intanto ricomincia pure senza di me, devo chiamare Robert. Gli avevo promesso che l’avrei chiamato ieri sera e poi me ne sono scordata, sarà preoccupatissimo.”
 
La rabbia lo assalì non appena sentì nominare quel maledetto medico. O forse non fu il fatto di averlo sentito nominare, forse fu semplicemente quell’intimità sottintesa nell’uso del nome proprio.
 
Robert.
 
A cos’era dovuta quella confidenza, quella familiarità?
 
Chiaramente agli occhi della Mezzosangue uno come Tucker doveva apparire ben più appetibile di un miserabile come lui, che non era uomo abbastanza nemmeno per dominare il proprio corpo.
 
Le tempie gli martellavano furiosamente, un po’ per la fatica e un po’ per la rabbia: quel maledetto dottore gli sembrava così in alto adesso, così irraggiungibile!
 
Le parole gli uscirono di bocca in un soffio rabbioso, senza che potesse fare niente per trattenerle:
 
“Non hai paura di far ingelosire Donnola a furia di tubare con Tucker, Mezzosangue? O Robert, come lo chiami tu.”
 
“Non fare così, Draco…” mormorò Hermione, con espressione addolorata.
 
Si chinò su di lui per aiutarlo a mettersi seduto, ma lui fu più lesto nel ritrarsi: fu solo un attimo, ma fu come se qualcuno avesse calato un velo rosso davanti ai suoi occhi.
 
La rabbia lo assalì, e non capì più nulla: fu solo quando quella scarica adrenalinica fu passata che si rese conto di averle sputato addosso.
 
“Toglimi di dosso le tue luride mani, puttana d’una Sanguesporco! Vai a farti fottere da quello stronzo di Tucker!” aveva ruggito, furibondo, alla ragazza che lo fissava impietrita, sconvolta da quel gesto di umiliante disprezzo.
 
Hermione indietreggiò, non si sarebbe aspettata una reazione così violenta da parte di Draco, non dopo quello che avevano condiviso nei giorni passati.
 
“Che c’è, Mezzosangue, non rispondi? Non dici niente?” la provocò il giovane Malfoy, con i lineamenti deformati dalla collera.
 
“Si vede allora che ho colpito nel segno. Ti piace quel Tucker, non è così?” ringhiò, facendo ricorso al poco fiato che gli restava, con la voce resa roca dalla fatica.


“Piantala, Draco.” sussurrò Hermione, con le lacrime agli occhi, ma lui non l’ascoltò.

“Te lo vuoi sposare? Vuoi scopartelo?” sibilò, maligno “Allora fallo, smettila di perdere tempo con me e fallo!”
 
Non sapeva nemmeno da dove gli uscivano quelle cattiverie Hermione era stata l’unica ad essere stata gentile con lui in maniera disinteressata, ed era così che la ripagava? Ma fu più forte di lui, quella frase gli uscì dalle labbra con un soffio rabbioso.
 
Dopotutto uno scorpione non poteva trattenersi dal pungere la rana, e per lui affondare il pungiglione in quella schiena indifesa fu la cosa più naturale che gli venne in mente di fare.
 
Poco importava se la rana in questione aveva aiutato lo scorpione quando tutti gli altri gli avevano voltato le spalle…
 
Hermione serrò le labbra. Sentiva che stava per scoppiare a piangere ma non voleva farlo davanti a lui, non voleva dargli quella soddisfazione.
 
Ricacciò indietro le lacrime che, brucianti, lottavano furiosamente per fuoriuscire.
 
Non sapeva nemmeno perché ci fosse rimasta così male, dopotutto Draco Malfoy non era mai stato un gentiluomo con lei. Forse si era illusa che, dopo quello che avevano passato in quegli ultimi giorni, l’antica cattiveria dell’ex Slytherin si fosse attenuata… Aveva creduto che quello che lei aveva fatto per lui avesse avuto un qualche valore, ma evidentemente si sbagliava.
 
Quello che avevano condiviso, in fondo, si era rilevato una menzogna, nient’altro che una schifosa, miserabile menzogna.
 
“Sei fuori luogo, come al solito. E gratuitamente maligno, ma non vedo come potrei stupirmene, visto e considerato con chi mi sto confrontando.” disse Hermione, con voce piatta.
 
Si alzò da terra e si allontanò lentamente, dandogli le spalle, stando ben attenta a non incrociare mai lo sguardo con quello del giovane Malfoy.
 
“Per oggi abbiamo finito.” aggiunse poi, freddamente.
 
Fece per andarsene. Draco la guardò inebetito, boccheggiante, senza sapere cosa fare: si era già pentito del proprio comportamento e non aveva la minima idea di come fare per rimediare alle cose orribili che le aveva vomitato addosso, da perfetto bastardo qual era.
 
“No ti prego!” gridò di istinto, prima ancora di aver formulato un qualsiasi pensiero.
 
Hermione si fermò, ma non si voltò indietro. Rimase semplicemente ferma al centro della stanza, immobile, in attesa di sentire quello che il giovane aveva da dirle.
 
“Ti prego… ti scongiuro, non te ne andare!” sussurrò Draco.
 
Aveva definitivamente mandato al diavolo il proprio orgoglio, e la cosa strana era che non gliene importava un accidente.
 
Implorare, umiliarsi… Non l’aveva mai fatto e non l’avrebbe fatto per nessun altro al mondo, ma per lei sì. La paura che se ne andasse, che lo abbandonasse, lo aveva ghermito con i propri gelidi artigli, e prima che potesse formulare un qualsivoglia pensiero razionale aveva pronunciato quelle parole.
 
“Ti chiedo scusa per quello che ho detto, ma non te ne andare. Non voglio rimanere da solo.” ammise mortificato, con sincerità, chinando lo sguardo.
 
Si sentiva strano, non era mai stato così onesto con nessuno in vita sua.
 
Per la prima volta aveva deciso di mettere da parte l’orgoglio e di offrire il fianco scoperto a qualcuno, a rischio di venir ferito a sua volta. Non era mai stato così vulnerabile, così esposto, ma non gli importava: al momento voleva solo che lei lo guardasse di nuovo senza quello sguardo infelice a rabbuiare quel suo bellissimo volto.
 
Voleva disperatamente rivedere il suo sorriso…
 
Hermione si voltò di scatto verso di lui, per poterlo guardare negli occhi: non vi lesse altro che sincera accettazione. Si rispecchiò nelle grandi iridi grigie di Draco, non vi erano menzogne o bugie a rabbuiare quei limpidi specchi d’argento che, una volta tanto, erano a rivolti a lei non in una beffarda presa in giro, bensì in una tacita supplica.
 
Perché fosse stato tanto onesto con lei, una disprezzabile Mezzosangue che tanto aveva odiato durante la sua gioventù, questo non le era dato saperlo... Ma lo era stato, e questo era l’importante.
 
Le lacrime sopraggiunsero nuovamente, non più di dolore questa volta, ma di commozione per quell’inaspettato gesto che mai si sarebbe aspettata provenire da Draco Malfoy. Non le ricacciò indietro stavolta, ma le lasciò uscire, silenziose e salate, accogliendole assieme a quella splendida sensazione di gioia che le accompagnava.


Lo raggiunse immediatamente con pochi, rapidi passi, e si sedette al suo fianco, sul parquet lucido di quel piccolo cottage immerso nel verde.
 
Lo abbracciò stretto, stringendosi a quel torace magro… Insinuò le braccia sotto quelle magre di Draco e appoggiò il capo sul petto del giovane.
 
Dapprima titubante, infine cedette e si abbandonò tra quelle braccia morbide e sottili, appoggiando la testa nell’incavo della spalla di lei, appagato da quel contatto dolce e inebriante, tanto inaspettato quanto apprezzato e, segretamente, desiderato.
 
“E’ stato tanto brutto appoggiarsi ad un’altra persona? Chiedere aiuto, per una volta?” gli domandò Hermione, sorridendogli dolcemente.

“Se vogliamo essere precisi io non ti ho chiesto aiuto. Ti ho chiesto di rimanere, è diverso.” puntualizzò il giovane, cocciuto.


“Se è così allora me ne vado.” disse Hermione, facendo finta di essere seccata… Ma Draco si strinse ancora di più a lei, per impedirle di mettere in atto la minaccia.
 
Draco Malfoy era una persona decisamente complicata, si ritrovò a pensare Hermione, mentre ricambiava quell’abbraccio dolce e sudaticcio. Passava repentinamente da un un’aggressività malcelata ad una tenerezza quasi bambinesca, da una rabbia spumeggiante e distruttiva a quella dolcezza sincera e disarmante.
 
Era una persona difficile, sì… Ma ormai riusciva ad intravedere la sua vera personalità dietro a quella corazza di collera, odio e amarezza, e si sorprese a pensare che non le dispiaceva affatto, anzi: ne era in un certo senso attratta e affascinata.
 
Affondò il volto nel collo di Draco, con i lunghi capelli biondi di lui che, spettinati, le solleticavano la fronte.
 
Era sudato per via della ginnastica, ma aveva comunque un buon odore…
 
Scostandosi da lui solo quel tanto che bastava da poterlo guardare negli occhi, Hermione gli parlò con espressione seria:
 
“Ascoltami, Draco… E’ importante che tu capisca che, nonostante quello che hai passato e che stai passando, non sei solo. C’è un sacco di gente disposta ad aiutarti.”

“C’è un sacco di gente disposta ad arricchirsi alle mie spalle.” disse Draco, scontroso “C’è una bella differenza.”

“Io non voglio arricchirmi, ma solo aiutarti.” gli fece notare Hermione, infilando la mano nella sua, intrecciando le dita a quelle pallide e sottili di Draco, scoprendole fredde come il ghiaccio.

Gli strinse forte la mano, come se con quel gesto tenero potesse cedergli un po’ del proprio calore.


“Lo so. Lo so.” mormorò Draco, a voce bassa. Lo sapeva bene: era forse l’unica al mondo che gli aveva teso una mano senza chiedere nulla in cambio e questo lo sconvolgeva, al punto da esitare a rivolgerle la parola per paura che cambiasse improvvisamente idea e decidesse di voltargli le spalle.
 
Ma nonostante tutto lei era ancora lì, nonostante le ingiurie, le offese e le prese in giro era rimasta al suo fianco, pronta a tendergli la mano quando lui ne aveva bisogno.
 
“Sei l’unica.” aggiunse Draco sottovoce, arrossendo leggermente nel guardarla dritto negli occhi. Quelle pozze profonde color cioccolata lo fissavano con dolcezza infinita, con quella tenerezza che lei gli riservava ogni volta e che il giovane Malfoy faticava ancora a credere poter essere rivolta ad uno come lui…
 
Sei unica, avrebbe tanto voluto aggiungere… Ma ci sarebbe stato tempo per quello, pensò abbandonandosi in quell’abbraccio.

Quel momento era perfetto così com’era, senza bisogno di dire nient’altro.
 
 
 
CONTINUA... 

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Capitolo 8
*** Una cenetta tranquilla ***


Anches se con un ritardo mostruoso rieccomi con un nuovo capitolo!
Un grazie di cuore a slytherin ele, Sephora, barbarak, Romareturn, temelau90, Public Enemy, Nimphalys, Sanji94 e Neko51 (che non avevo ancora ringraziato nonostante avesse recensito tantissimo tempo fa, scusami! ^^)
Siete davvero mitici, non ci sono abbastanza parole per ringraziarvi. =)

Sperando che mi perdoniate per il sopracitato mostruoso ritardo, vi auguro buona lettura!



Capitolo #8
La cena
 
“Dove hai imparato a cucinare così, Mezzosangue?” disse Draco servendosi di una seconda, abbondante porzione di arrosto. Era la prima volta che mangiava così di gusto da non ricordava nemmeno quanto tempo… Probabilmente l’ultima risaliva addirittura ai tempi dei banchetti di Hogwarts, quando il nome di Draco Malfoy significava ancora qualcosa e non era divenuto ormai irrimediabilmente sinonimo di risatine sommesse fatte alle sue spalle.
 
Per quel giorno avevano deciso di lasciar perdere gli esercizi: dopotutto era da un bel po’ di tempo che andavano avanti e Draco era oggettivamente provato, c’era il rischio che si scoraggiasse ulteriormente se avessero proseguito imperterriti e Hermione non voleva forzarlo.
 
Il fisioterapista se ne sarebbe fatto una ragione, dopotutto il giovane Malfoy aveva fatto sacco di progressi da quando erano arrivati lì e un po’ di relax non avrebbe affatto pregiudicato tutto il lavoro fatto fino ad allora, al contrario anzi; probabilmente avrebbe persino giovato.
 
Hermione fece la doccia per prima, mentre Draco riprendeva fiato e si faceva passare la sudata: poi, quando fu il turno del giovane di lavarsi, lei ne approfittò per apparecchiare in tavola e imbastire velocemente qualcosa da mangiare per cena.
 
Quella sera la giovane medimaga aveva deciso di apparecchiare in veranda, c’era una serata così bella che sarebbe stato un autentico delitto non approfittarne; e così avevano mangiato fuori, accarezzati dal venticello leggero e cullati dal rilassante suono dell’acqua del laghetto che, increspandosi appena sotto il tocco lieve della brezza serale, si sollevava in piccole onde argentate che si infrangevano sulla rena bagnata.
 
Un impercettibile sorriso piegò le labbra sottili di Draco senza che nemmeno se ne accorgesse: una serata così bella non la trascorreva da tanto tempo, e la causa non riguardava soltanto il clima favorevole, che in quel momento, anzi, non lo colpiva più di tanto.
 
No, il motivo del suo buonumore aveva lunghi boccoli scuri e grandi occhi castani, in quel momento persi di fronte al sole che tramontava, sparendo inghiottito dall’orizzonte.
 
Hermione era davvero bellissima, si ritrovò a pensare Draco, mentre fissava incantata le ultime luci del giorno.
 
I raggi del sole, ormai rossastri, davano il loro benvenuto alle prime stelle, mentre una pallida luna faceva capolino in mezzo agli alberi, illuminandoli fiocamente.

Hermione aveva il mento appoggiato al palmo della mano e osservava il panorama con l’aria assente, sporgendo leggermente il labbro all’infuori, come una bambina distratta.
 
Aveva un’espressione così dolce e infantile in quel momento, esattamente la stessa che aveva quindici anni prima, quando l’aveva vista per la prima volta… Al contrario di quanto era successo a Draco, lei non era cambiata affatto durante tutti quegli anni.
 
Sorrise lievissimamente, nel vederla così assorta e pensierosa, come era solita fare in passato quando era alle prese con una pozione particolarmente difficile, e allora vi rimuginava sopra ancora e ancora fino a quando non ne veniva a capo.
 
Probabilmente stava ripensando al pomeriggio, d’altronde anche lui non era in grado pensare ad altro. Riusciva ancora a sentire il calore di Hermione sulla propria pelle, la sensazione che i suoi capelli gli davano quando gli sfioravano il viso, il solletico provocatogli dal suo respiro sulla sua fronte…
 
Poteva addirittura sentire il suo profumo ancora addosso! Per fortuna nemmeno la doccia fredda che aveva fatto dopo non era riuscito a strapparglielo dalle narici…
 
“Allora, Granger?” esclamò a quel punto Draco, per richiamare la sua attenzione.
 
Hermione, tutta presa ad osservare quel paesaggio stupendo, sobbalzò appena.
 
“Scusami, mi ero imbambolata. Dicevi?”

“Ti chiedevo dove hai imparato a cucinare.” ripeté Draco, con la bocca piena di patate.
 
Il suo aspetto in quel momento era tutto fuorché regale… Ai tempi di Hogwarts era sempre stato composto nel mangiare, sempre attento all’etichetta; quella sera, invece, si era avventato sulle vivande e le aveva letteralmente sbranate, noncurante della postura scomposta o del fatto che appoggiare i gomiti non fosse consono ad una persona del suo rango.


Era un bene che gli stesse tornando l’appetito, pensò Hermione: doveva mettere su qualche chilo, e possibilmente alla svelta. Era sempre stato di costituzione esile, e quando l’aveva rivisto alla clinica l’aveva trovato spaventosamente sottopeso.
 
Doveva farlo mangiare e riacquistare un po’ di peso, e per fare ciò aveva sfoderato le proprie migliori arti culinarie (cosa che, tra l’altro, le faceva piuttosto piacere: recentemente, all’infuori di sé stessa, nessun altro aveva avuto modo di apprezzare i suoi manicaretti).
 
“Un po’ mi ha insegnato mia madre, un po’ Molly Weasley.” rispose Hermione “E poi vivendo da sola bisogna imparare per forza a farsi da mangiare, se no si finisce a vivere di sole schifezze.”
 
La brezza leggera si era sollevata dal laghetto e improvvisamente aveva preso a soffiare verso di loro, tanto che si erano visti costretti a immobilizzare gli angoli della tovaglia con dei sassi raccolti lì vicino.
 
“Se hai freddo possiamo rientrare. Ci metto un attimo a portare tutto dentro.” si offrì la ragazza, ma Draco non volle.
 
Si era già seduto e osservava il panorama con un sorriso soddisfatto stampato sulla faccia
 
“Non è il caso. Prendere un po’ d’aria non può che farmi bene.”
 
“Sicuro? Davvero, non è un problema.”


“Fidati, Granger. Non sono mai stato meglio.” disse il giovane, sincero.
 
Hermione si morse il labbro inferiore, titubante sul da farsi: sollevare un argomento difficile rischiando di rovinargli quella serenità faticosamente riconquistato o, invece, approfittare di esso per discutere di argomenti che, altrimenti, non avrebbero mai toccato?
 
Si concesse solo un istante di indecisione, sapeva benissimo quello che doveva fare:
 
“Senti Draco… Non è che ti andrebbe ti parlare un po’?”
 
“Stiamo parlando, se non sbaglio. Poco fa ti ho persino fatto un complimento mascherato da domanda, che tra parentesi è il massimo che potrai mai aspirare dal sottoscritto. Per cui vedi di farne tesoro.” le rispose Draco, che era per l’appunto insolitamente allegro. Ma il buonumore se ne andò via in fretta quando incrociò lo sguardo con quello severo di Hermione, che lo fissava con espressione seria.
 
“Ancora con questa storia della psicanalisi? Ora no, non mi va.” disse Draco, secco.


“Veramente l’ultima volta il discorso l’hai tirato in ballo tu, se non ricordo male.” gli fece notare Hermione.
 
“Ecco, appunto. Anche la prossima volta lo tirerò in ballo io.”


“E’ solo che pensavo... Sì, ecco, visto che oggi eravamo piuttosto in sintonia… Non fare quella faccia, lo sai che è vero.” esclamò la ragazza offesa, di fronte alla smorfia del giovane Malfoy.
 
“Che cosa vuoi sapere, di preciso?” sbottò lui di punto in bianco, interrompendola.


“Tutto.” rispose Hermione, guardandolo negli occhi con espressione seria.
 
Draco sospirò. Aveva uno sguardo così limpido, dannazione! Quegli occhi da cerbiatta lo fissavano silenziosi, implorandolo di aprirsi con lei, come se scrutare nella gelida oscurità del suo passato fosse l’unica cosa che desiderava al mondo.

Detestava quell’atteggiamento disinteressato che Hermione aveva sempre, per il semplice motivo che non sapeva come rapportarsi ad esso.
 
Lo faceva sentire piccolo e inadeguato…
 
“Tutto è un po’ troppo. O troppo poco in un certo senso, visto che alla fine non è che ci sia molto da dire.” mormorò.
 
“Questo dovresti lasciarlo giudicare a me, non trovi?”
 
 “Il problema è che non mi sento ancora molto a mio agio a… a…” disse il ragazzo, titubante “Voglio dire, mi sento strano.”
 
Dopo una breve pausa, si affrettò ad aggiungere:
 
“Non è che stia male o che mi manchi la droga. Non fisicamente almeno, ma…”


“E’ naturale, Draco. Sei stato assuefatto così a lungo che il tuo corpo non si è ancora riabituato alla disintossicazione. Ormai è solo più questione di tempo, ancora qualche giorno e ti sarai ristabilito del tutto. Devi solo avere pazienza.” lo tranquillizzò Hermione.
 
“E continuare gli esercizi.” aggiunse poi, severamente.
 
“Se lo dici tu…” borbottò il giovane, poco convinto.
 
“Sul serio, non è importante quello che mi dici.” disse la ragazza, comprensiva “Pensa a qualcosa, qualsiasi cosa che ti venga in mente… Un ricordo particolare, una sensazione che hai provato in passato e di cui ti piacerebbe parlarmi.”
 
“Non potremmo finire di mangiare e basta?” provò a proporre di nuovo Draco, implorante “E’ una così bella serata, perché rovinarla?”
 
“Di serate belle ne avrai fin che vuoi quando avrai risolto i tuoi problemi, Draco.”
 
“Intanto, se permetti, preferisco godermi questa. Ottimo cibo, panorama splendido e buona compagnia, visto che sono in vena di complimenti.”
 
“Grazie. Sono commossa!” rise Hermione, divertita.
 
“A casa mia finiva sempre che mangiavo da solo.” disse Draco, improvvisamente serio “Mio padre aveva sempre un sacco di impegni e non cenava mai ad un orario fisso. Mia madre il più delle volte lo aspettava, e così a cena c’eravamo solo io e gli elfi domestici.”
 
Ritornò con la mente a quei tempi, quando l’immensa tavolata della sala da pranzo di Malfoy Manor veniva apparecchiata per una persona soltanto – lui – e l’unica compagnia che aveva durante l’ora dei pasti era quella ossequiosa degli elfi che gli servivano le pietanze.
 
Avrebbe preferito mangiare in camera sua piuttosto che in quella stanza enorme che sembrava sottolineare con crudeltà la solitudine di quel bambino pallido, ma i suoi non gliel’avevano mai permesso.
 
Non stava bene, dicevano, non è consono al tuo rango… Che diavolo ne sapevano loro, poi…
 
Prima di andare ad Hogwarts accadeva che passassero anche dei mesi senza che nessuno che non fosse un tremebondo elfo domestico gli rivolgesse la parola.
 
Ogni tanto sua madre lo degnava di un gesto affettuoso, questo sì… Una carezza, un abbraccio, un complimento. Suo padre mai.
 
L’affetto è debolezza, mostrare affetto per qualcuno equivale a mostrarsi deboli.
 
E un Malfoy non è debole, questo diceva sempre suo padre. Non può e non deve esserlo, non può permettersi di esserlo…
 
Si riscosse da quei pensieri foschi e, per scacciare la malinconia che l’aveva ghermito di sorpresa e rischiava di incupirlo ulteriormente, incominciò a raccogliere le posate sporche dalla tavola.
 
“Lascia, sparecchio io.” disse Hermione, ma Draco la interruppe subito.
 
“No. Ormai mi sono ripreso. Sto bene e, anche se le mie condizioni aerobiche farebbero ridere il cadavere di una vecchietta novantacinquenne, non c’è motivo per cui debba continuare a fare sempre tutto tu.” disse Draco, alzandosi dalla sedia.
 
Le tolse le posate di mano e le radunò goffamente sui tovaglioli; appoggiò poi i bicchieri sopra una pila di piatti sporchi che, tintinnanti, oscillarono pericolosamente.
 
Si vedeva che non era abituato a quel genere: Hermione tuttavia non disse niente e si limitò a fissarlo, divertita.
 
“Draco Malfoy che rifiuta di farsi servire? Chi l’avrebbe mai detto, e dire che pensavo di averne viste di cose strane!” rise Hermione.
 
“Sono pieno di sorprese, io.” rise il giovane, trasportando il proprio carico oscillante fino al lavabo, dove si accinse a combattere furiosamente contro le incrostazioni di cibo, armato di spugna e detersivo.
 
“Ti vedo in difficoltà. Sicuro di non aver bisogno di aiuto?”
 
“Un Malfoy non ha bisogno di aiuto, né lo chiede. Pensavo di avertelo già accennato poco fa.” disse Draco, sfoderando un sorriso a trentadue denti.
 
“Non si direbbe, a giudicare da come ti stai accanendo su quelle povere posate.” gli fece notare scherzosamente Hermione “Facciamo così: io lavo e tu asciughi, va bene?”
 
Era un compromesso accettabile dal punto di vista di Draco, e così fecero: ridendo, scherzando e spruzzandosi a vicenda, affiatati come solo due amici di vecchia data potevano essere, si accinsero a lavare i piatti.
 
Le mani si sfiorarono più volte, ma nessuno dei due ritrasse mai la propria, come se toccarsi fosse la cosa più naturale del mondo... In un certo senso forse lo era, si sorprese a pensare Hermione, arrossendo leggermente.
 
Per un momento si scordò dei loro ruoli, lei dottoressa e lui paziente: erano solo Hermione e Draco, Draco e Hermione, un ragazzo e una ragazza come tanti altri che si godevano una serata come tante altre.
 
E non era niente affatto male, pensò con stupore, molto meglio di quanto non avesse mai immaginato.
 
“Mezzosangue, perché mi guardi così?” domandò Draco, aggrottando le sopracciglia incuriosito. Erano diversi minuti che lei lo guardava senza dire niente.


“Scusa, mi ero imbambolata di nuovo. Devo essere distratta oggi.” si scusò Hermione, distogliendo in fretta lo sguardo, imbarazzata.
 
“Senti, ci ho pensato un po’ su. Facciamo così.” disse Draco, cambiando discorso “Io accetto di dirti qualcosa di me se tu, in cambio, mi dici qualcosa di te.”
 
“Qualcosa di che genere?” domandò la ragazza, sospettosa.

“Niente di scabroso. Ma deve essere qualcosa di personale. E non vale non rispondere o rispondere con una bugia, che tanto me ne accorgo se menti.” le spiegò il giovane.
 
“Scelgo io l’argomento, o fai tu le domande?”
 
“E’ ovvio che faccio io le domande, che gusto ci sarebbe altrimenti?”
 
“E prometti di non fare domande imbarazzanti?”

“Sbrigati ad accettare, prima che cambi idea.”
 
Hermione ci pensò su per un istante prima di decidere, poi lo guardò divertita e annuì, sorridendogli teneramente.
 
“Ci sto.”
  

CONTINUA...

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