All I Want For Christmas is...

di mamogirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte - I don't want a lot for Christmas ***
Capitolo 2: *** Seconda Parte - There's just one thing ***
Capitolo 3: *** Terza Parte - Laughter Fills The Air ***
Capitolo 4: *** Quarta Parte - I just want him ***
Capitolo 5: *** Quinta Parte - Make My Wish ***
Capitolo 6: *** Sesta Parte - Cause I just want you here tonight ***
Capitolo 7: *** Settima Parte - Holding On To Me So Tight ***
Capitolo 8: *** Ottava Parte - All I Want For Christmas... ***
Capitolo 9: *** Epilogo - ... Is You. ***



Capitolo 1
*** Prima Parte - I don't want a lot for Christmas ***


I don't want a lot for Christmas

 

In Florida, non vi era una sostanziale differenza fra estate ed inverno, o almeno non come comunemente riconosciuta: faceva freddo sì, ma il sole continuava sempre a splendere in un cielo terso e sempre privo di nuvole.
Era il quindici dicembre, tra meno di dieci giorni sarebbe stato Natale, e l’unico segno di questo periodo natalizio erano le luminarie delle strade e dei negozi, finti Santa Claus che deliziavano i bambini nei centri commerciali, ascoltando pazientemente le loro richieste.
Le case, anche quelle meno abbienti, risplendevano di luci e lucette, dalle finestre si scorgevano gli alberi che illuminavano l’interno della stanza e le note di “Merry Christmas” risuonava nell’aria.
In una casa, però, sembrava esserci un’esplosione natalizia: in ogni stanza era stato addobbato un albero, in alcune di piccole dimensioni mentre in altre, come per esempio nel salotto, questi arrivava al soffitto.
Mille luci colorate adornavano le finestre, Babbi Natale e pupazzi di neve ritagliavano il loro spazio negli angoli delle stanze e, appese al camino, due calze aspettavano solamente di essere riempite con dolci e sorprese.
Uno dei due residenti, in quel particolare momento, si trovava nel piccolo studio che occupava gran parte del piano inferiore, uno spazio ritagliato accanto al garage e ad una taverna adibita principalmente come una sorta di palestra. La stanza, decorata in legno di cedro sul pavimento ed in un delicato tono di beige sulle pareti, ospitava principalmente un divano ed un piccolo scrittoio con una lampada. Il ragazzo era entrato in quella stanza qualche ora prima, quando ancora il sole non era sorto ed il cielo era ancora assonnato sotto violacee tonalità; anche volendo, non sarebbe riuscito a ritornare a dormire con l’idea di una canzone che fluttuava liberamente nella sua mente: aveva bisogno di scrivere, le parole continuavano a scorrergli davanti agli occhi ma, quando le metteva per iscritto, perdevano la loro magia.
Era frustante, diavolo! Avere così tante idee per la testa e non riuscire a metterle nero su bianco! Eppure, l’argomento della canzone gli stava davvero a cuore, era una dedica alla persona più importante della sua vita ma... era come se ci fosse una sorta di paura nell’aprire a tutto il mondo il reale sentimento che albergava in lui.
Come poteva scrivere che niente di quanto possedeva avesse importanza se non poteva condividerlo con il suo amante, senza però sembrare totalmente ridicolo?
Brian appallottolò il foglio bianco e lo lanciò dietro le spalle, sorridendo sornione quando il rumore prodotto gli comunicò che aveva centrato il cestino: non aveva perso il suo tocco nonostante non si esercitasse a basket da qualche settimana.
Prese in mano un nuovo foglio e buttò giù tutte le parole che aveva in mente, senza alcun filo logico o grammaticale: era un piccolo trucco che gli aveva insegnato sua mamma quando lo aiutava a fare i compiti, specialmente i temi. Aveva promesso a Kevin che avrebbe concluso quella canzone per quando si sarebbero visti in Kentucky per le vacanze natalizie ma, di questo passo, tutto quello che gli avrebbe potuto far sentire era solamente un mero fischiettio.
“Sapevo che ti avrei trovato qui.”
La voce di Nick lo destò dai suoi pensieri e Brian si voltò, sorridendo immediatamente quando vide il ragazzo sulla soglia.
“E dove altro sarei potuto essere?” ribatté Brian mentre Nick si avvicinava e si sedeva accanto a lui.
“Per esempio, a letto con me.” Rispose prontamente Nick, baciandogli velocemente la punta dell’orecchio. “A che ora ti sei svegliato?”
Brian socchiuse gli occhi, arricciando il naso mentre cercava di ricordare l’orario esatto. Quando non ci riuscì, scrollò le spalle. “C’era ancora il buio. Ed avevo paura di svegliarti girandomi e rigirandomi nel letto quindi sono venuto qua.”
Nick lanciò uno sguardo al foglio scarabocchiato che teneva sulla gamba. “Deduco che non abbia fruttato molto...”
Brian si lasciò sfuggire uno stanco sospiro. “Kevin mi ucciderà.”
“Non lo farà. -  Affermò Nick. - Altrimenti dovrà prima sopportarmi e poi subire la mia vendetta.”
Brian non rispose verbalmente, lasciò che fosse la sua risata a farlo prima di sistemarsi più comodamente fra le braccia di Nick, la schiena appoggiata al suo petto ed il viso nascosto nell’incavo tra spalla e collo. 
Forse, se chiudeva gli occhi, si sarebbe potuto addormentare. Quella posizione era sempre così rilassante, la sua preferita perché poteva sentire il respiro ed il battito di Nick e farli coincidere con i suoi.
“Che cosa vuoi per Natale?” la domanda di Nick lo risvegliò inaspettatamente. Brian alzò il viso quel tanto che bastava per poter incontrare quello del ragazzo, un’espressione seria dipinta nei suoi tratti.
“Niente.” Rispose semplicemente Brian: non c’era davvero niente, oltre quello che già aveva, che potesse desiderare.
“Non ci credo, devi pur desiderare qualcosa! - ribatté Nick, più insistente nel tono. - Una chitarra nuova?” propose poi, adocchiando in un angolo lo strumento preferito di Brian.
“Non potrei mai disfarmi di Chynthia!”
Nick lo guardò di sottecchi. “Le hai anche dato un nome?”
“Beh, sì. - Rispose Brian, il tono di chi non ci vedeva nulla di male in quella cosa. - Quella ragazzotta mi è stata accanto per tutti questi anni. Ci ho scritto “The Perfect Fan” con questa amica!”
Okay, Nick doveva rinunciare a prendergli quella bellissima chitarra che aveva visto in un negozio di strumenti musicali qualche giorno prima.
“Vestiti?” Nick tentò una seconda volta, sperando di azzeccarci
Brian fece una strana espressione. “Nick, abbiamo una camera adibita solo a guardaroba! Non ti sembra che ne abbiamo troppi?”
Nick annuì, sconsolato. “E poi usi costantemente i miei vestiti!” Aggiunse poi come commento.
“Perché: uno, sono più comodi; due, hanno il tuo profumo.” Spiegò Brian.
“E tu sei il solito romantico.” Esclamò Nick. “Cd?”
“Sai che preferisco i vecchi vinili.”
“Allora ti regalo quelli.”
Brian sbuffò, gettando il foglio su cui stava scrivendo. “Nicky, amore, ti ricordi che mi hai già dato il tuo regalo? - gli domandò, alzando la mano per mostragli l’indice sul quale brillava la fedina che Nick gli aveva regalato una settimana prima. - Non desidero altro. Ho già tutto quello che possa desiderare.” La mano di Brian si appoggiò sulla guancia di Nick mentre le sue labbra lasciarono un piccolo segno sulla bocca.
“Uffa.” Ammise Nick sconfitto. Quando Brian partiva con il romanticismo, era impossibile per lui vincere qualsiasi discussione; già, lui, Nick Carter, si scioglieva come neve al sole quando Brian estraeva dal suo cilindro frasi ad effetto come quelle.
“Vedila in positivo, hai più tempo per pensare al regalo dell’anno prossimo!”
“Già... come se fosse facile farti un regalo! - sbottò Nick. - Non mi chiedi che cosa voglio io per Natale?” scoccandogli poi un sorriso sornione.
“Ho paura nel farti quella domanda.”
Nick non rispose, si alzò dal divano e dopo poco scomparve anche dalla stanza, ritornando poi con un fogliettino fra le mani.
“Tieni. -  Esclamò Nick mettendoglielo fra le mani. - E’ la mia letterina a Babbo Natale.”
Brian aggrottò la fronte. “Okay, appena passo dal Polo Nord la lascerò all’elfo che vive sulla calotta di ghiaccio.”
“Mi stai prendendo in giro?” chiese Nick.
“No, hai ragione. La darò al pinguino, mi fido decisamente più di lui che dell’elfo.”
“Leggila prima di scherzare con il fuoco.”
Brian scoppiò a ridere ma aprì lo stesso il foglio ed incominciò a leggere. In meno di pochi secondi, il suo viso si fece paonazzo, macchie rosse coloravano le sue guance mentre il respiro si faceva più affannoso. Quando ebbe finalmente terminato di leggere, Brian alzò lo sguardo, gli occhi sbarrati. “Nick... a parte che... nella neve te lo scordi che lo facciamo! Conoscendoci, io mi becco una polmonite e tu una bronchite!”
“Okay, bocciamo la neve.”
Brian proseguì nella lettura, fermandosi dopo poche righe. “A casa di Kevin? Vuoi morire giovane? Sai, preferirei almeno essere sposato con te per almeno più di un anno!”
“Dov’è finito il tuo senso dell’avventura?”
“Avventura? Tu la chiami avventura questa? Io lo chiamo tentato suicidio.”
Nick sbuffò insoddisfatto. “Okay, escludiamo casa di tuo cugino... in effetti trovarmi di fronte al diabolico sopracciglio mentre ti sto baciando è un’immagine alquanto spaventosa.”
“In un Luna Park? Nick, vuoi anche farci arrestare?”
“Bri, stai smontando ogni mio desiderio per Natale!”
“Uno di noi due deve avere la testa sulle spalle.”
“Stai diventando noioso come tuo cugino.”
“Bypasso questo commento poco natalizio... e, mi dispiace dirtelo, ma dovrai cancellare un’altra voce. Backstage? Non ti ricordi che lo abbiamo già fatto?”
Nick lo guardò stranito, la punta del naso arricciato mentre cercava di ricordare e perplesso, con una punta di fastidio, che non se lo ricordasse. Diamine, ecco perché aveva avuto problemi a scrivere le sue richieste, erano quasi tutte già esaurite in partenza! “Dammi qualche indizio.”
“Due volte. Durante la prima, abbiamo quasi rischiato di essere scoperti da Kevin.”
“Oh.” Esclamò Nick, ricordandosi quel momento. “Come ho fatto a dimenticarmene? Tu sei entrato nel panico più completo perché non avevamo ancora detto a nessuna della nostra relazione e non volevi che lo scoprissero mentre avevi le mani nei miei pantaloni!”
Brian si coprì gli occhi con il dorso della mano. “Non avrei dovuto parlare. Ora me lo ricorderai fino a settimana prossima!”
“Esatto. Ma non mi ricordo la seconda volta.”
“Milano, tu eri là per promuovere il tuo album, io ti ho fatto una sorpresa.”
Gli occhi di Nick si illuminarono al pensiero di quella giornata. “Oh già... nel camerino del programma Disney! - commentò poi. - E’ per questo che non ci hanno più invitato?”
“Probabile. - Rispose Brian, scompigliandogli i capelli con una mano. Si avvicinò per lasciargli un veloce bacio. - Scordati anche di farlo in cima ad un grattacielo.”
“Ti aiuterà con la tua fobia.”
“Facendomi venire un attacco di panico? Sai quanto possa essere romantico... tu che dici “ti amo” ed io che mi giro dall’altra parte per vomitare?”
“Sarai troppo impegnato per vedere a che altezza ti trovi.”
“Chissà per quale astruso motivo ne dubito molto.”
Nick recuperò dalle mani di Brian il foglio. “Ecco, questo secondo me ti piacerà.” Gli disse indicando con il dito una delle ultime frasi. Brian si curvò verso di lui per poter leggere meglio.
“In spiaggia al chiaro di luna?” domandò poi.
“Romantico, vero?” chiese Nick, cercando una rassicurazione nel volto di Brian.
“Assolutamente. - Gli confermò Brian, passandogli un braccio attorno al collo ed appoggiando la testa sulla sua spalla. - Anche se...” incominciò a dire, non terminando di proposito la frase.
“Cosa?” chiese Nick, stuzzicato nella sua curiosità.
“Beh... -  rispose Brian, tracciando un piccolo cuore con la punta dell’indice sul palmo della mano. - ... in realtà, avrei già pensato al tuo regalo.”
“E’ sotto l’albero?” domandò sempre più incuriosito Nick. Il giorno prima era stato dedicato ai lavori di decorazione della casa a tema natalizio ma, quando si era trattato di decorare l’albero, Brian lo aveva costretto ad uscire a fare la spesa.
“Potrebbe... - rispose con nonchalance Brian. - ...ma anche no.”
“Che risposta è?”
“Oh, ti conosco. Se ti dicessi che il mio regalo è sotto l’albero, in meno di due secondi saresti nell’altra stanza a sbirciare fra i pacchetti!”
“Quindi lo hai nascosto da qualche altra parte...” dedusse Nick.
“Ermeticamente sigillato, a prova di Carter.” Terminò Brian per il ragazzo.
Nick si passò la lingua sulle labbra, eliminando con uno spostamento la distanza, seppur minima, fra lui e Brian. “Però so  che qualcos’altro non è a prova di Carter... -  mormorò all’orecchio di Brian, la mano posizionata sul suo petto.
Le labbra di Brian si curvarono in un malizioso sorriso. “Davvero?” domandò, socchiudendo poi gli occhi e voltando di poco il viso, in modo da essere a contatto intimo con quello di Nick.
“Uhm uhm.” Fu la risposta di Nick, le cui labbra avevano incominciato a scendere sulla mascella di Brian, lasciando infuocate impronte del suo passaggio.
Brian cambiò posizione, mettendosi di lato e con una gamba appoggiata sopra il corpo di Nick.
“Decisamente un ottimo metodo per svegliarsi.” Commentò.
“Chi dice che siamo svegli? -  ribatté scherzosamente Nick. - Magari stiamo facendo un meraviglioso sogno.”
Il suono del telefono, squillante nel suo eterno drin, interruppe i due ragazzi proprio sul più bello.
“Non... rispondere...” mormorò Nick, premendo ancora di più le labbra su quelle di Brian.
“Potrebbe essere importante.” Rispose Brian, staccandosi a malincuore dal ragazzo.
“Più importante di quello che stiamo facendo?” domandò Nick, inarcando il sopracciglio mentre osservava Brian alzarsi e raggiungere, con pochi passi, l’interruzione.
“Prometto che mi farò perdonare.” Sussurrò Brian prima di rispondere al telefono.
“Una madre dovrebbe sapere il motivo per cui il proprio figlio deve farsi perdonare dal proprio fidanzato?” l’interlocutore dall’altra parte della cornetta era sua mamma e Brian sentì avvampare le guance per l’imbarazzo.
“Mamma!” esclamò Brian, il tono più alto volontariamente per avvisare Nick di chi stava al telefono. Nick fece il gesto di salutarla.
“Sì, sono io... da quasi trent’anni ormai! - scherzò Jackie. - Non ti chiedo che cosa stavate facendo ma deduco che stiate entrambi molto bene.”
“Divinamente! Nick mi stava facendo leggere la sua letterina a Babbo Natale!”
“Perché non ne sono sorpresa?”
“Perché se non fosse così, non sarebbe il Nick che tutti amiamo!”
“Qualcuno lo ama più degli altri, però.”
“Touchè. - Rispose Brian, sorridendo. - A che cosa debbo la tua chiamata, mamma?”
“So che voi verrete a Natale ma mi chiedevo se potresti invitare anche gli altri ragazzi. È da qualche anno che non facciamo una rimpatriata come si deve e... Natale è la festività giusta per stare tutti insieme.”
Brian si grattò il mento mentre rifletteva sulla proposta. “Howie sarà con la sua famiglia ed Aj... provo a sentire...”
“Sai benissimo che non abbiamo problemi di spazio quindi possono portarsi dietro chiunque vogliano.”
“Mamma, ti rendi conto che il clan Dorough è praticamente una piccola nazione?”
Jackie si lasciò scappare una risatina. “Sto preparando da mangiare per un esercito quindi credo che ci sarà cibo pronto anche per loro!”
“Sai che solamente parlandone mi hai fatto venire l’acquolina in bocca?”
“Beh, dovrai aspettare ancora qualche giorno...”
Brian lasciò che la voce allegra ed eccitata della donna gli suonasse nelle orecchie mentre un’idea incominciava a farsi strada nella mente. “Sai mamma... credo che tu abbia avuto un’ottima idea nel volere tutti a casa. Perché... - lo sguardo cadde sulla fedina alla mano. - ... io e Nick abbiamo un annuncio da fare e vorremmo che ci fossero tutte le famiglie.”
Nick, che non aveva prestato attenzione alla telefonata di Brian – era più impegnato a pensare a come il ragazzo potesse farsi perdonare per l’interruzione – drizzò le orecchie nel sentire quelle ultime parole. Sapeva che Brian non lo aveva fatto apposta ma, per Nick, il periodo natalizio coincideva sempre con il riacutizzarsi di una vecchia ferita, quella cicatrice lasciata da sua madre il giorno in cui gli aveva dato l’aut aut: o Brian o la famiglia.
A distanza di anni, la sua scelta sarebbe stata sempre la stessa ma, a volte, nei periodi di maggior debolezza, si rammaricava di non avere quel contesto di amore e supporto che solo dei genitori potevano dare.
Aveva tentato, molte volte, a chiamare sua madre ma il coraggio lo aveva abbandonato dopo aver composto i primi numeri. Che senso aveva quando sapeva che sarebbe stato, ancora, rifiutato per quello che era? Per la persona che amava?
Nessuno.
In sottofondo, Nick sentì Brian concludere la telefonata con sua madre, promettendole che l’avrebbe informata una volta avvisato anche gli altri; aveva solo pochi secondi per nascondere le tracce della sua malinconia prima che Brian se ne accorgesse.
“Mamma sta organizzando il Natale del secolo, Nick... -  Brian si voltò verso Nick ma il sorriso gli morì sul volto quando vide l’espressione mesta su quello del ragazzo. - Ehi, che cosa c’è?” domandò quindi, preoccupato.
Nick scrollò le spalle, chiudendo le palpebre non appena li sentì bruciare a causa delle lacrime che si stavano formando.
“E’... è... -  incominciò a dire Nick ma si fermò per un secondo per rimandare indietro il groppo in gola. - E’ stupido.” Concluse poi, abbassando lo sguardo sulle sue mani.
Brian gli si avvicinò, inginocchiandosi davanti al ragazzo seduto sul divano; gli prese le mani e le strinse forte fra le sue. “Nicky... niente è troppo stupido se ti fa stare così, okay?” incominciò a dirgli. Gli passò una mano fra i capelli mentre Nick sospirava con lieve tremore.
“Sai che... - Nick si interruppe un secondo, non sapendo bene come incominciare a spiegare quello che gli passava per la mente. - Ti amo, okay? E non rinnego, nemmeno per un secondo, il giorno in cui abbiamo deciso di metterci insieme. E sai anche che rifarei quella scelta ogni volta. È stata la cosa più bella che mi sia capitata e, da quel momento, è come se finalmente tutto fosse andato al suo posto perché non ero più solo. - Un piccolo e timido sorriso si formò su entrambi i volti. - Ma... a volte ti osservo quando sei al telefono o parli direttamente con tua mamma e, nonostante sappia quanto Jackie mi voglia bene, non riesco a non sentirmi geloso. Non riesco a non chiedermi perché anche a me non è stata concessa la stessa possibilità e... mi si stringe il cuore e parte del dolore riappare perché, nonostante tutto quello mi ha tirato dietro e ciò che ha urlato dietro a te... lei rimane sempre mia madre.”
“Oh Nicky.” Sussurrò Brian.
“So che è un desiderio impossibile da realizzare ma... quando mi hai detto che Jackie vuole tutti a Natale, per un lungo attimo ho desiderato... la vorrei lì con noi ma sarebbe troppo da chiedere visto che proprio quel giorno annunceremo la nostra decisione.” Con la mano, Nick si asciugò la silenziosa lacrima che era riuscita a sfuggire all’argine che lui stesso aveva creato.
Brian appoggiò la fronte contro quella di Nick, il dorso della mano posto accanto alla sua guancia ed il disperato bisogno di cancellare quella ferita dall’animo del ragazzo. Tutto l’amore che aveva dentro di sé – che era infinitamente immenso – non sarebbe mai stato sufficiente a riempire il vuoto lasciato dalla decisione di sua madre.
“E’ questo quello che vuoi per Natale?” gli chiese Brian dopo qualche secondo.
“Sei capace anche a produrre miracoli? - tentò di scherzare Nick, ben conscio che Brian sarebbe stato in grado di smuovere mari e monti pur di renderlo felice. - Bri, va bene. Ho accettato questa situazione tanto tempo fa perché, se l’alternativa è rimanere senza di te... non potrei mai ritornare indietro. Entrambi sappiamo che é impossibile vivere stando divisi.”
No, Nick non sarebbe ritornato in quel mondo grigio e freddo.
“Io voglio solo che tu sia felice.” mormorò Brian, guardandolo dritto negli occhi.
“E lo sono. - Affermò Nick con tono deciso. - Sono più felice di quanto possa ammetterlo con me stesso. Ed è tutto merito tuo, lo sai? - Nick passò velocemente le labbra sopra quelle di Brian, come a sottolineare quella sua affermazione. - E’ solo che ogni tanto... ci penso, okay? E mi lascio prendere dai sentimenti...”
Brian circondò le spalle di Nick, facendogli appoggiare la testa sulla sua spalla, e lo strinse fortemente per un tempo indeterminato, l’importante era solamente riportare il buonumore.
Sarebbe servito un miracolo ma se quello era ciò che Nick desiderava più di qualsiasi altra cosa, Brian avrebbe provato a renderlo possibile.   

 

*********

 

Lo so, avevo promesso una one - shot ma si tratteranno di capitoli veloci veloci, al massimo tre! Che ho intenzione di aggiornare e concludere entro il 24 in modo da augurare a tutte voi un Buon Natale ^__^ Quindi, al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** Seconda Parte - There's just one thing ***


There's just one thing I need

 


 

Brian non sapeva dove avesse trovato il coraggio per arrivare fino a quella casa.
In realtà, era conscio del fatto che era solamente il suo desiderio di far felice Nick che lo aveva spinto a mentire al ragazzo riguardo il suo impegno giornaliero e farsi quell’ora di viaggio fino a Tampa. Anzi, non gli aveva propriamente raccontato una bugia, visto che all’appuntamento con il direttore del reparto cardiaco pediatrico dell’ospedale di Tampa vi era andato realmente.
Gli aveva semplicemente omesso che avrebbe fatto un’altra fermata prima di ritornare a casa.
Ed ora, seduto ancora sul sedile, le mani che tamburellavano nervosamente contro il volante, Brian cercava di ripensare mentalmente a tutto quello che doveva dire per far sì che il miracolo potesse accadere. Non aveva frasi ad effetto, formule magiche che avrebbero potuto cancellare gli anni trascorsi fra l’incertezza, l’odio e la sofferenza. In parte, anche rabbia.
La sua.
La rabbia e l'impotenza che aveva provato quel giorno di non tanti anni prima, davanti ad una madre che voltava le spalle al proprio figlio solamente perché non accettava la sua scelta - o forse era meglio dire che rinnegava la sua prima decisione - senza accorgersi del dolore che provocava. Brian era stato sul punto di venir meno ad uno degli insegnamenti più importanti che gli era stato impartito, ovvero quello di rispettare, sempre e comunque, chi era più adulto.
E, in quella situazione particolare, l'unico che si era comportato come tale era stato, ironicamente, il più giovane fra tutti: Nick.
Non aveva mostrato nessun'emozione, né si era scagliato con rabbia contro sua madre: le aveva domandato solamente se era davvero quello che voleva -  lui fuori non solo dalla sua vita ma anche quella dei fratelli -  e quando la donna aveva annuito, Nick aveva preso la sua mano e lo aveva accompagnato fuori di casa. 
Da quel giorno, il discorso non era stato mai più affrontato, il nome della donna mai pronunciato, almeno volontariamente e Nick si era buttato a capofitto nella promozione del suo album solista e nella sua relazione con Brian.
Aveva mascherato la sofferenza così bene da aver ingannato anche se stesso ma non Brian.
Ecco perché lui si trovava lì, davanti all'enorme facciata della villa.
Sapeva che sarebbe stato un miracolo già il sol venire ascoltato ma doveva, almeno, provarci. 
Brian quindi scese dalla macchina e suonò al campanello, sperando che fosse uno dei figli ad aprirgli ma... ma sapeva che non sarebbe stato così fortunato, ormai ognuno aveva la propria vita e quella casa era abitata solamente dai genitori. O meglio, dalla madre e dal suo nuovo marito.
La porta non si aprì completamente ma Brian fu più veloce a bloccarla con il piede, impedendo alla donna di chiudergliela in faccia. “Jane... per favore...” la pregò.
“Non voglio vedervi.” Fu la risposta concisa della donna, credendo che Nick avesse mandato avanti Brian per paura di vedersi chiusa in faccia la porta.
“Sono da solo. Nick non sa nemmeno che sono qui. -  Si affrettò a rispondere Brian. - Voglio solo parlarti, Jane, nient’altro.” Aggiunse poi alla fine.
Fra i due calò un silenzio carico di tensione e di indecisione.
“Hai solo dieci minuti, non sprecarli.” Giunse ad una conclusione la donna, spalancando la porta per farlo entrare. Rimasero così nell’ingresso, una sorta di limbo neutrale in cui depositare le proprie armi.
“So quello che è trascorso tra te e Nick e... non voglio intromettermi ma... anche se non me lo dice, anche se non si lamenta mai di questa situazione, so che ci sta soffrendo. Sei sua madre, come potrebbe non rimanerci male se questa non vuole più vederlo?”
“Non cambierò idea, Brian. Se sei venuto fin qua solamente per perorare la sua causa, la vostra causa, puoi anche tornare indietro.” Commentò la donna con tono duro.
“Non... non pretendo questo. So che parole e discorsi ti sembrano solamente vuoti ma... amo tuo figlio, più di qualsiasi altra cosa al mondo. Non c’è niente che non farei per renderlo felice ed è per questo che sono qui. -  Brian trafficò con la sua giacca, alla ricerca di una busta bianca. - Questo Natale siamo tutti dai miei. Questo è un biglietto aereo per Lexington.”
“Sprechi solamente i tuoi soldi.” Rispose Jane, tenendo le mani sui fianchi e non facendo nemmeno un minimo gesto per accettare quella busta che Brian le stava offrendo.
Brian scrollò le spalle. “Non diventerò povero. -  Ci scherzò sopra, tentativo più che altro per allentare la tensione. - Non pretendo che tu mi risponda adesso. Puoi accettare di venire come anche rimanere qui. Puoi portare i ragazzi o escluderli completamente dalla vita di Nick. Io ti sto offrendo solamente la possibilità di recuperare qualcosa prima che sia troppo tardi. Anche se Nick mi ama, rimane pur sempre tuo figlio. Non è cambiato, non lo ha mai fatto se non in meglio.”
Jane non rispose ma l’espressione sul suo volto fece capire a Brian che forse, un piccolo scorcio di speranza...
“Dovresti vederlo, Jane.” Continuò quindi Brian, gli occhi di una tonalità di azzurro più acceso come ogni volta che parlava di Nick. “E’ maturato, si prende più responsabilità e non ha paura di affrontare le conseguenze delle sue azioni. Ha tutte queste mille idee in testa e lavora sodo per farle accadere e... ed anche se non dice mai niente, so che vorrebbe la tua approvazione. O, almeno, la possibilità di condividere la sua felicità con te. Tu lo hai spinto verso questo mondo, tu hai sempre creduto in lui, nelle sue qualità e nei suoi talenti; lo hai sostenuto ogniqualvolta voleva smettere.”
“Quello era mio figlio.” Brian comprese che cosa sottostava a quella affermazione e, per quanto cercasse di controllarla, la rabbia stava vorticosamente cercando di farsi dare attenzione.
“A meno che qualcuno non lo abbia scambiato con un perfetto clone, il Nick che conosco e che amo è quel bambino. Non voltargli le spalle.”
Jane non rispose, battute argute e taglienti erano ormai armi inefficienti di fronte alla determinazione del ragazzo, no uomo, davanti a lei; se le circostanze fossero state differenti, avrebbe apprezzato, in una donna, quel tentativo di riportare unione nella famiglia. E lei aveva sempre avuto un debole per Brian, prima che se ne uscissero con quella storia dello stare insieme, lo considerava come un’ottima guida per suo figlio, sempre educato e mai totalmente troppo estraneo dalla realtà di rock – star.
“Jane, davvero... pensaci, okay? E’ solamente un invito...” Brian lasciò la busta sul tavolino al centro dell’ingresso, accanto al vaso di girasoli. "E significherebbe il mondo per Nick." concluse poi, voltando la schiena alla donna e prendendo la strada di ritorno verso casa. 
Verso la sua famiglia.
Verso Nick.

  

*********

  

Un'ora dopo l'incontro, di cui non sapeva decidere se l'esito fosse stato positivo o negativo, Brian era ancora in viaggio sull'autostrada che collegava Tampa a  Bay Hill, una piccola cittadine a sud - est di Orlando, nella ormai famosa Orange Country; era in quella zona tranquilla che lui e Nick avevano deciso di sistemarsi, comprando una casa sulle rive di un piccolo lago e circondati dalla natura di un boschetto. 
Il luogo in cui vivere era stato oggetto di discussioni, a volte animate, fra lui e Nick: Brian aveva proposto Atlanta, una via di mezzo tra la scelta di Nick, ovvero di rimanere ad Orlando, e la voglia di ritornare in Kentucky. Poi, un giorno, Howie li aveva portati a vedere quella casa a Bay Hill e loro se ne erano innamorati immediatamente: nascosta nel verde, provvedeva loro la privacy e la tranquillità che tanto anelavano, un soffio di normalità nella loro vita frenetica.
Non solo il traffico dei pendolari aveva allungato il suo viaggio, visto che solitamente avrebbe impiegato un'oretta scarsa ad arrivare, ma un incidente fra un camion ed una berlina aveva bloccato l'autostrada e, vista la velocità con cui si muovevano le macchine davanti a lui – una lumaca azzoppata sarebbe andata più veloce di loro! – avrebbe impiegato ore prima di scorgere all'orizzonte le tranquille acque del lago, Brian prese il telefonino e digitò il numero che ormai conosceva a menadito.
“Ehi, tesoro, quanto ti manca?” Aveva esordito Nick, non appena aveva scorto il nome dell'interlocutore. Non lo avrebbe detto ad alta voce ma aveva incominciato a preoccuparsi della prolungata assenza di Brian; non era mai tranquillo quando lo sapeva all'interno di un ospedale, anche se era solamente per un visita informale. 
Brian, già solamente nel sentire il tono allegro della voce di Nick, sentì scomparire tutta negatività e desolazione per l'incontro con Jane.
“Sono imbottigliato nel traffico.” Rispose Brian. “Ne avrò ancora per molto.”
“Maledizione!" esclamò Nick. "Vuoi che ti faccia compagnia?"
"Certo."
"Come è andato l’incontro?” domandò quindi Nick.
“Lungo ma molto proficuo: il direttore di cardiologia ha approvato il programma della fondazione e ha proposto di farmi seguire da uno stagista per quando saremo in tour, in modo da poter parlare con i bambini nei vari ospedali.”
“Non è che ti stancherai un po’ troppo?”
“Può darsi ma se posso aiutare qualche famiglia o qualche bambino a non passare quello che ho dovuto affrontare io... un po’ di fatica e stanchezza ne valgono la pena!”
“Sei incorreggibile, lo sai?”
“Mi ami anche per questo.”
“E per molto altro.” mormorò Nick maliziosamente.
Brian si lasciò scappare un’imprecazione notando che la coda non si muoveva nemmeno di un centimetro. “Ti prego, raccontami qualcosa di divertente...”
“Ho parlato con Kevin.”
“E questo dovrebbe essere divertente?” chiese perplesso Brian.
“Aspetta, lasciami raccontare. Lo chiamo e già lui incomincia con la solita tiritera sul fatto che stia prendendo il tuo accento.”
“Non ascoltarlo, sei sexy quando ti fingi campagnolo.”
“Mai come il migliore.”
“Gli hai detto di Natale?” domandò Brian.
“Sì, arriverà direttamente da Los Angeles perché Kristin deve finire di registrare alcune scene.”
“Bene.”
“Anche se per me è perché non si fida a venire in macchina con noi.”
“E’ lui che ci perde!”
“Ho chiamato anche Howie e Jay e loro sono più che contenti. Sarah e Leigh ci raggiungeranno in aereo.”
“Se mi dici che hai anche organizzato tutto il viaggio...”
“Non molto... ho pensato che sarebbe più facile passare a prendere prima Jay e poi Howie, così possiamo costringerlo a non portare mille valigie per un viaggio di tre giorni al massimo!”
“Nicky, Howie è la componente femminile del nostro gruppo!”
“Guarda che gliela riferisco questa!”
“Non oserai! Ho una lista di tutte le battute che hai fatto su di lui in questi anni! E non ho paura di mostrargliela!”
“Mi stai ricattando?”
“Io? Lei mi offende con questa vile e bruta accusa.”
“Non fare l’arcaico con me! Conosco i tuoi trucchetti!”
“Tutti?” domandò maliziosamente Brian, accarezzando con la punta dell’indice il volante.
“Stai dicendo che mi hai tenuto segreto qualche asso?” rispose altrettanto maliziosamente Nick.
“Potrei...”
“Beh, allora perché non ti sbrighi a tornare a casa così me li puoi mostrare?”
“Sarei già lì volando se potessi... - sbuffò Brian. - Aspetta, forse qualcosa si muove! Ci vediamo a casa, okay?”
“Ti aspetterò fremente!”
“Ci conto!”
Brian lanciò il cellulare sul sedile del passeggero, impaziente come non mai di tornare a casa.
Forse il suo tentativo con Jane sarebbe risultato un buco nell’acqua; forse, invece, era riuscito a squarciare un velo nella freddezza della donna.
C’erano tanti se e ma... tranne una certezza.
Il loro amore.
Ed era per quello che Brian stava lottando, per far sì che da quel sentimento potesse nascere qualcosa di duraturo.
 

*********

 

Per prima cosa: Buon Natale a tutti!!!!
Ed ecco il mio regalo, una piccola parte del capitolo! Non potevo lasciarvi senza un regalino! ^__^
Ringrazio tutte coloro che hanno letto il primo capitolo e tutte coloro che mi seguono in queste pazze avventure!
Auguri, non mangiate troppo e divertiti!!!

Cinzia

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Capitolo 3
*** Terza Parte - Laughter Fills The Air ***


Laughter Fills The Air







 

“Hai controllato se abbiamo benzina?”
Nick alzò gli occhi al cielo, ridacchiando fra sé e sé mentre si rendeva conto, ancora una volta, di come Brian si stesse trasformando in una mini – e non solo per la statura – copia di Kevin. La parentela, a volte, era davvero terrificante ma almeno al ragazzo era stato risparmiato quell’orribile mono sopracciglio che, in passato, era stato il protagonista dei suoi peggiori incubi!
In quella calda giornata di dicembre, il ventidue per l’esattezza, lui e Brian si trovavano fuori sul vialetto di casa, intenti a riempire il fuoristrada con borsoni, due, ed i numerosi pacchi natalizi per l’enorme famiglia Littrell; quell’anno, poi, era il turno di Jackie di ospitare anche l’altra branca del clan, i Richardson, quindi Nick deduceva che, come minimo, sarebbero stati una trentina, se non oltre! Lui non era abituato a quelle grandi e chiassose riunioni di famiglia, i suoi di Natale erano sempre stati i classici giorni in cui poteva stare tranquillo con i suoi fratelli: erano due differenti modi di vivere quelle festività e lui non sapeva dire quale fosse il migliore... come puoi decidere una cosa del genere? Ma ciò che gli piaceva dei Natali trascorsi in Kentucky era l’intimo legame instaurato tra ogni membro della famiglia e di come si era subito sentito accettato, senza pregiudizi di sorta: solo Harry, il fratello di Brian, gli aveva lanciato qualche battuta ma erano solo bonarie prese in giro, risolte immediatamente quella stessa sera quando, mentre entrambi lavano i piatti (rigorosamente a mano! Brian ogni anno tentava di convincere la madre a comprare una lavastoviglie ma lei, integerrima, continuava a dichiarare che non c’era niente di meglio che olio di gomito e sapone!), gli aveva dato la sua benedizione, a patto che non spezzasse il cuore del suo fratellino.
“Sì, ho controllato. Ma tanto dovremo fermarci per strada, visto che non credo che basterà per tutto il viaggio.” Rispose a Brian, ridestandosi dai suoi pensieri.
“Sì, ho già segnato sulla cartina tutte le varie stazioni di benzina.”
Nick lo guardò sorpreso. “Dimmi che stai scherzando, per favore.”
Fu il turno di Brian di mostrarsi stupito. “Perché dovrei scherzare?”
“Perché è da Kevin fare una cosa del genere! Ti ricordi quando si segnò anche gli hotel? Dove eravamo? Germania? Francia?”
Brian ci rifletté su per qualche attimo. “Germania. Il bus si era rotto e noi dovevamo spostarci con una macchina mezza rotta perché Lou ovviamente non sganciava più del necessario.”
“Sei la memoria storica del gruppo, per caso?” domandò Nick, corrugando la fronte.
“E se non sbaglio, tu eri geloso perché Aj si era seduto in mezzo e quindi non potevi stare vicino a me.”
Nick fece una strana espressione, un misto tra un ghigno ed una linguaccia e Brian intuì di aver fatto centro.
“Eri geloso!” Incominciò a cantilenare come un bambino, saltellando attorno a Nick.
“Se proprio devo essere sincero, lo sono anche ora. - Ammise Nick, non prendendo sul serio lo scherzo di Brian visto che, fra i due, quello più geloso era proprio lui! - Quindi tu ti metti davanti e Jay dietro di me!”
Brian, nel sentire quella frase, si bloccò e lo guardò a bocca aperta.
“Che c’è?” domandò Nick, non rendendosi conto del significato alquanto dubbio della sua affermazione..
Brian tentò di rispondere ma tutto quello che uscì dalla sua bocca fu una grossa risata.
“Che cosa ho detto? - Chiese Nick una seconda volta, ancora più perplesso. - Ho solo detto che... tu stai davanti e Jay dietro.”
Il tentativo di spiegazione di Nick non fece altro che aumentare l’ilarità di Brian, ormai piegato in due dalle risate. “Nicky... amore...”
“Ma che ho detto di male?” esclamò esasperato Nick, allargando le braccia in alto in segno di aiuto al cielo.
Brian tentò di calmarsi, il minimo controllo necessario per poter almeno parlare, anche se con il fiatone e le lacrime agli occhi. Si raddrizzò e si avvicinò al ragazzo, mettendogli un braccio attorno alle spalle. “Nicky, pensa bene alle parole che hai usato.”
“Ma no, secondo te che cosa sto facendo da quando hai deciso di morire dalle risate?”
“Ripeto le tue parole: tu davanti e Jay dietro.”
“Continuo a non capire... oh. Ohhhhhhhhhh. - Esclamò Nick, capendo finalmente che cosa avesse scatenato quella reazione in Brian. - Certo che devi sempre trovare il doppio senso in qualsiasi cosa! E poi saresti l’angioletto? Certo, come no!”
“Me l’hai offerta su un piatto d’argento, non potevo non prenderla! -  Brian si avvicinò fino a quando le sue labbra non furono a pochi millimetri dall’orecchio di Nick. - Però... se vuoi possiamo proporlo ad Alex e vedere che cosa ci risponde. Pervertito com’è...” suggerì Brian con voce roca.
Nick si staccò di scatto da Brian, un’espressione shockata sul volto. Con l’indice tremolante, puntò Brian. “Che cosa ne hai fatto del mio fidanzato? Tu, alieno, esci da questo corpo!”
Brian aveva un’espressione estasiata.
“Rivoglio il mio dolce ed innocente Brian!”
Brian si avvicinò a Nick, prendendo nella mano il dito puntatogli contro e baciandolo gentilmente. “Nick, per quanto mi piacerebbe continuare questo gioco... siamo in ritardo!”
Nick lo guardò confuso. “Sei un mistero... un momento sei sexy e quello successivo sei un gentiluomo.”
“E’ il mio fascino. - Esclamò Brian con un sorrisone. - Okay, mente locale: gas chiuso, acqua chiusa, luci spente, allarme inserito, i cani sono dalla vicina... abbiamo dimenticato qualcosa?”
“Lo chiedi proprio a me?” domandò Nick.
Brian si portò una mano sulla fronte. “Che idiota che sono!” esclamò. Dopo di che, incominciò a cercare le chiavi della macchina. Freneticamente, controllò ogni tasca, anche quelle della felpa che aveva sotto la giacca. Il panico incominciò a farsi prepotente insieme alla consapevolezza di non sapere che fine avessero fatto quei semplici oggetti metallici. 
“Nicky... diavolino, non trovo le chiavi! Dove le avevo posate prima? Oh no, devo rientrare in casa... ma...”
Nick osservò, un po’ divertito, il ragazzo in panico prima di mettergli davanti agli occhi le chiavi. “Ce le ho io.”
“Grazie di avermi fatto prendere uno spavento!” lo rimproverò Brian, facendo un lungo respiro e cercando di calmare i rapidi battiti del suo cuore. Cercò di prendere le chiavi dalle mani di Nick ma questi le allontanò e si diresse verso la macchina, chiudendo lo sportello del baule.
“Hey! Perché guidi tu?” domandò Brian, fermando Nick mentre questi apriva la portiera del guidatore.
“Come perché?” domandò Nick sorpreso.
“Da quando tu sei diventato il nostro autista ufficiale?” chiese Brian con le braccia conserte.
“Non mi fido della tua guida.” Spiegò semplicemente Nick.
“Tu non ti fidi di me? - Esclamò Brian. - Ma se non ho mai fatto un incidente!”
Nick aggrottò le sopracciglia.
“Okay, okay... nessun incidente a parte quella volta in cui mi sono ribaltato in Sud America ma, a mia discolpa, devo addurre la prova di un centinaio di fans impazzite che circondavano la mia macchina!”
Nick non rispose ma entrò in macchina, seguito da Brian che prese posto sul sedile del passeggero sbottando e sbuffando. “Non è giusto. - Bofonchiò mentre armeggiava con la cintura di sicurezza. - Solo perché sei più grande e grosso di me...”
Nick ridacchiò ma si sporse abbastanza per poter stampare un bacio sulla guancia di Brian. “Puoi scegliere la musica, però.” Gli disse.
“Oh, come sei magnanimo!” commentò sarcastico Brian ma, ad ogni modo, iniziò a cercare un cd nel vano porta – oggetti; non appena trovò quello che aveva in mente, lo inserì nel lettore cd e, in un attimo, dolci e soffuse note di un violino si diffusero nell’abitacolo.



Well, it’s not far down to paradise
At least it’s not for me
And if the wind is right
You can sail away
And find tranquillity.



“Che cos’è questa nenia da funerale?” esclamò Nick, schiacciando con forza il pulsante stop per bloccare quell’insieme di note.
“Oddio! E' “Sailing” di Christopher Cross. - ribatté  indignato Brian. - Almeno sai chi é?” domandò poi con sguardo inquisitore.
Nick ci rifletté su qualche secondo. “Colui che ha scoperto l’America?” chiese poi.
Brian si voltò a fissarlo con gli occhi sgranati. “Quello era Cristoforo Colombo!”
“Beh, un Christopher c’era pur sempre... e navigava anche! - Addusse a spiegazione Nick. Poi, recuperò un cd dal suo vano porta oggetti e fece segno a Brian di inserirlo. - Cambiamo un po’ genere!”
“Non avevi detto che la musica la potevo scegliere io?”
“Beh, questo diritto ti è stato tolto dopo aver messo quella roba lì!”
“Quella roba lì ha vinto tre Grammy.” Replicò in tono saccente Brian.
Nick non rispose, la voce di Steve Perry, il vocalist del suo gruppo preferito, aveva iniziato a sussurrare le prime parole della canzone dopo l'introduzione di un piano.


Highway run
Until the midnight sun
Wheels go round and round
You’re on my mind.

 

“Oh, questa sì che é musica da viaggio! Non per niente sono i “Journey”!” esclamò Nick prima di unire la sua voce al ritornello della canzone.

 

They say that the road
Ain’t a place to start a family
Right down the line it’s been you and me

 

 Nick si voltò per un secondo a fissare Brian, dedicandogli così il verso seguente.

 

And loving a music man
Ain’t always what’s supposed to be
Oh boy
You stand by me
I’m forever yours
Faithfully.


Dire che Nick adorava quella canzone era un eufemismo vero e proprio; suo padre gliela aveva fatta sentire sin da piccolo ed aveva usato proprio quella per il suo provino agli inizi del gruppo. Crescendo, l’aveva sempre considerata come una perfetta canzone d’amore per un musicista, indipendentemente dal tipo di genere che questi suonava, sempre in giro per il mondo con nessuna radice a tenerlo legato ad una terra. Poi era arrivato Brian e Nick aveva compreso il reale significato di quella ballata, la dedica ad una persona che, indipendentemente da quello che succedeva nel mondo o nella propria vita, sarebbe sempre stato al suo fianco. Sarebbe stato difficile metter su famiglia mentre si era in giro per il mondo, sotto l’occhio del ciclone e con tutti pronti a criticare qualsiasi gesto o decisione ma con Brian tutto sembrava meno difficile, meno spaventoso. E quello era un differente concetto di famiglia, il cui focolare non era un edificio materiale ma, come diceva Brian, “casa è qualsiasi posto in cui io e te siamo insieme”.
“Allora... che cosa hai da ridire sulla mia scelta?” domandò Nick, una volta che la canzone terminò.
“Beh, ammetto che non è male... ma sai, tu mi hai abituato a qualsiasi cosa. E sai come si dice, prevenire è sempre meglio che curare!” scherzò Brian.
“Ehi, e questo che cosa significherebbe?”
“Beh, hai momenti di elevata cultura musicale e poi... mi cadi cantando a squarciagola “Oops I did it again!” con tanto di balletto! Avrei dovuto registrarti quella volta ed usare la videocassetta come ricatto!”
“Guarda che sono sempre in tempo a lasciarti in mezzo alla strada!”
“Non lo faresti mai! Dopo due ore ti mancherei terribilmente!”
Sfortunatamente, pensò Nick, Brian aveva maledettamente ragione.

  

*********

  

Tra scherzi, battute, amichevoli prese in giro e qualche bacio e carezze rubate quando il semaforo era rosso, Brian e Nick arrivarono a destinazione, ovvero a casa di A.J.
“Ma non avevate detto puntualità? - Esclamò Aj non appena i due ragazzi scesero dalla macchina per aiutarlo con le valigie. - Siete in ritardo!” terminò, indicando l’orologio che aveva al polso.
“Scusaci. Qualche imprevisto.” Spiegò con poche parole Nick.
“Ho paura a chiedere quale fosse l’imprevisto... quindi non lo faccio!” commentò Aj.
“Niente di perverso, Alex! - Lo rassicurò Brian. - Ah, Nick ti vuole dietro di lui.” Aggiunse prima di scoppiare a ridere. 
Nick gli lanciò un’occhiata fulminante mentre l’amico li guardava con fare perplesso.
“Era scontato che Brian prendesse il posto davanti. - Commentò, non cogliendo incredibilmente il doppio senso celato. - Conoscendo il suo stomaco debole, lo voglio lontano da me.”
“E’ da un secolo che non sto male in viaggio! Mi succede solamente quando sei te al volante, chiediamoci pure il perché! - Mormorò Brian mentre prendeva un borsone e lo sollevava. - Ma che cosa ci hai infilato dentro? Mattoni della casa?”
“In quella? - Chiese Aj. - Ah, è il regalo per Nick!”
Brian lo fissò con uno sguardo tra l'allibito e lo sconvolto.
“Non preoccuparti, sono sicuro che piacerà anche a te.”
A quel commento, la sua bocca si aprì ma non uscirono parole né suoni.
All’improvviso, una mano si appoggiò sulla sua spalla. “Non preoccuparti. Non è niente di porno.” A parlare, con quel tono confortante, era stato Howie.
“Ehi D! Ma non dovevamo passarti a prendere?” Chiese Nick non appena notò la presenza dell'amico.
“Ciao Nick. - Rispose Howie al saluto. - Ho pensato che fosse più semplice in questo modo. Così partiamo direttamente ed evitiamo un po’ di traffico.”
“Sempre pratico e razionale!” fu il commento di Brian.
Una volta che tutti si furono sistemati, Nick avviò la macchina e diede inizio al viaggio avventuroso alla volta del Kentucky.

 

*********




Capitolo di passaggio. Mi sa che questa one - shot si sta trasformando in una storia vera e proprio, spero almeno di riuscire a terminarla per la fine delle festività ma tutto dipende da quando tornerà il mio portatile. Eh sì, perché nella giornata di Santo Stefano, il mio amico di tante avventure ha deciso di abbandonarmi e proprio oggi lo devo spedire in assistenza. Nel frattempo sto usando quello di mia mamma!
Le due canzoni citate sono: "Sailing" di Christopher Cross (e la battuta di Nick é una citazione di una puntata di Glee!) e "Faithfully" dei Journey (ascoltate anche la versione di Glee, da brividi!).
Mancano ancora due colpi di scena prima del finale!
Ringrazio chi legge, chi commenta e chi, come Kia, mi corregge sempre!

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Capitolo 4
*** Quarta Parte - I just want him ***


Oh, I just want him for my own 

 

 


 

 

Era ormai giorno inoltrato e la macchina solcava il manto grigio dell’autostrada macinando chilometri in direzione nord, verso lo stato del Kentucky. Mancava ancora metà viaggio e, se continuavano con quella velocità, sarebbero arrivati verso sera, anche se non prima della mezzanotte. Anche se, inizialmente, Nick aveva preso in giro Brian per la sua cartina con tutte le informazioni possibili ed immaginabili, questa si era rivelata utile nell’evitare di girare in giro alla ricerca di un benzinaio o di un’area di servizio: a mezzogiorno, si erano fermati poco dopo Jacksonville per un veloce pranzo e fare benzina e, giudicando dall’indicatore sul cruscotto, Nick era sicuro che si sarebbero dovuti fermare tra un po’, tanto si stavano avvicinando ad Atlanta.
Aj si era offerto più volte di dargli il cambio alla guida ma Nick aveva gentilmente declinato l’offerta, adducendo come scusa che la macchina era nuova e non vi aveva ancora preso la mano. La verità era che, se c’era una guida di cui aveva paura maggiormente, era proprio quella dell’amico: Aj aveva una guida spericolata oltre che una sicurezza sulle sue capacità abbastanza terrificante!
“Nick! - Lo richiamò Jay, che si trovava sul sedile posteriore dietro al ragazzo. - Brian si è addormentato?”
Nick diede un veloce sguardo alla sua destra, sul sedile dove Brian era riuscito ad accoccolarsi in una posizione scomoda per chiunque tranne per lui: aveva appoggiato la fronte sul finestrino e le braccia strette attorno allo stomaco; il viso era rilassato, in una pacifica e beata espressione che assumeva solamente quando era addormentato e che gli conferiva un’aurea quasi angelica. Se non fosse per il fatto che si trovavano in macchina e lui stava guidando, Nick si sarebbe disteso accanto a lui per unirsi a quelli che potevano essere solamente dolci sonni piacevoli, come spesso succedeva a casa.
“Profondamente.” Rispose ad Aj, riportando lo sguardo e l’attenzione sulla strada davanti a lui.
“Aveva l’aria parecchio esausta.” Commentò Howie, ridestandosi anche lui dal sonno in cui era caduto non appena salito in macchina. Si stiracchiò, allungando le braccia fino quasi a toccare il tettuccio mentre, con lo sguardo oltre il finestrino, cercava di captare qualche indizio che gli facesse capire dove si trovavano. Ma lo scenario attorno a loro lo informò che si trovavano ancora in aperta autostrada; quindi, oltre a grattacieli da una parte e campi sterminati dall’altra, niente era utile per decifrare lo stato.
“Frick non ha ancora compreso la differenza tra vacanze e lavoro! - Esclamò Nick. - Negli ultimi giorni non ha fatto altro che occuparsi della fondazione, fra telefonate ed incontri con cardiologi e pediatri. La scrivania dello studio è ancora nascosta sotto un oceano di documenti, fogli e quant’altro.” 
Nick sorrise mentre ripensava ad una scena accaduta qualche giorno prima, quando era entrato in quella stanza ed aveva trovato Brian seduto per terra, perché anche la sedia era stata usata per appoggiarvi sopra gli ultimi documenti da controllare e firmare. 
“Quando aveva detto che voleva occuparsi personalmente della fondazione, io avevo pensato che intendesse fare qualche evento benefico in più o visite in ospedale! Non dimenticarsi di vivere!”
“Può sembrare tutto semplice, Nick, ma anche organizzare una serata benefica o una semplice visita richiede mesi di preparazione: persone da contattare, autorizzazioni da chiedere e non sempre la frase “sono un Backstreet Boy” funziona da passpartout. - Dichiarò Howie, anche lui impegnato nella sua fondazione per la ricerca contro il Lupus. L’unica differenza fra lui e Brian era che lui si faceva aiutare dalle sue sorelle mentre, da quanto gli stava raccontando Nick, l’amico sembrava aver deciso di fare tutto da solo. Non che la cosa lo sorprendesse. - Gli hai mai proposto di assumere un’assistente?”
Nick scoppiò in una fragorosa risata davanti a quella domanda. 
“Intendi una persona che, in teoria, dovrebbe occuparsi delle scartoffie? Oh, ma ce l’ha! Credo si chiami Lilian ma, ogni volta, rifà tutto quello che lei gli porta concluso perché non ha seguito il suo metodo. Quindi non credo che gli serva molto ma non vuole licenziarla.”
“E’ giovane?” Domandò Aj.
“Jay! Sei fidanzato!” Esclamò Howie, rifilandogli una pacca sulla coscia.
“E con ciò? - Ribatté lui. - Ho ancora l’uso della vista!”
“No, Jay, non è giovane. È sulla cinquantina, felicemente sposata ed un nipotino in arrivo." Rispose Nick. 
Un giorno, lui e Lilian avevano incominciato a chiacchierare dopo che avevano discusso chi di loro dovesse preparare il caffè; alla fine, aveva vinto la donna e Nick aveva dovuto ammettere che il suo caffè era migliore di quello preparato da lui. "Prepara un caffè eccezionale. E si assicura che Brian faccia qualche pausa mentre disfa ciò che lei ha fatto.” 
“Tutto molto da Brian. - Commentò Aj. - Vi ricordate quante volte ha fatto rifare il coro di “The Perfect Fan” solamente perché non era esattamente come quello che aveva in mente?”
“Io non c’ero quel giorno. E credo di dover ringraziare la mia buona stella per ciò!” Fu il commento di Nick. 
“Eri malato, non la considererei una fortuna.” Obiettò Howie.
“Meglio che trovarsi di fronte a “Psyco Brian”!”
“Meno male che non ti sta sentendo o avremo assistito ad una litigata fra voi piccioncini!”
Nick tirò fuori la lingua verso lo specchietto retrovisore.
“Ad ogni modo, ho detto a Brian che, appena mette piede in casa di sua mamma, il suo cellulare verrà sequestrato fino a data da destinarsi.” Disse Nick.
“Certo che siete davvero una bella coppia. - Commentò Howie, dopo qualche secondo di silenzio. - Fino a qualche anno fa, eravamo noi a preoccuparci che tu non stessi troppo occupato con i videogiochi ed ora... guardati, ti prendi cura di qualcun altro. È proprio vero che l’amore ti fa crescere.”
Nick arrossì di fronte a quel complimento. “Io non faccio nient’altro che seguire l’esempio di Brian.” Rispose poi, alzando le spalle come per sottolineare quanto fosse semplice e poco importante quella situazione.
“No, sul serio. - Continuò a parlare Howie. - Quando tu e Brian vi siete messi insieme, eravamo tutti un po’ scettici...”
“Ehi! Parla per te! Io ero contento per loro!” intervenne Aj.
Howie rifilò una gomitata all’amico prima di riprendere a parlare. “Non sto dicendo che non eravamo felici per loro, solamente che non eravamo sicuri che... insomma, tu non eri il ragazzo più responsabile di questo mondo, pensavi solamente a divertirti e Brian non è mai stato il tipo da una notte e via. E poi avevamo paura delle conseguenze sul gruppo nel caso non avesse funzionato.”
“Grazie dell’onestà.” Commentò Nick sorridendo.
“Aspetta a ringraziarmi, non ho ancora terminato con il mio discorsetto.”
Nick aggrottò la fronte, lanciando poi uno sguardo alla sua destra per assicurarsi che Brian stesse ancora dormendo. “Non dovrebbe essere Kevin a farmi questo tipo di conversazione?” domandò poi perplesso.
“Siamo una famiglia, Nick. - Rispose Howie. - Ed in questo momento sono io il più grande.”
“Che Dio me ne scampi. - Borbottò Nick tra i denti stretti, sperando che Howie non lo sentisse. - D, apprezo che voi siate preoccupati per noi ma, ti assicuro, non ho intenzione di scappare, se è questo ciò che ti preoccupa.”
Passò un lungo momento di silenzio prima che Howie rispondesse. “Lo hai già fatto. E lo hai quasi distrutto.”
Non serviva spiegare a che cosa Howie si stesse riferendo; un’ombra oscurò gli occhi di Nick mentre il ricordo di quei mesi lo colpì in pieno. La sua attenzione, per un secondo, si spostò dalla strada a Brian ed ad un particolare, a cui entrambi cercavano di non farci ormai più caso, ovvero una piccola cicatrice sul polso: era quasi scomparsa, ora era una semplice linea bianca, quasi invisibile ad occhio nudo ma, per loro due che sapevano della sua esistenza, era un doloroso ricordo di quei terribili mesi.
“Non ne vado fiero. - Mormorò Nick, atono, riportando lo sguardo sulla carreggiata davanti a sé. - E, se potessi, tornerei indietro e cambierei tutto. Ma non si può e ho imparato a convivere con quell’errore. Brian mi ha perdonato ed è questo ciò che conta.”
“Brian è innamorato.” Fu l’acida rispose di Howie. 
Aj gli lanciò un’occhiataccia, sapeva che era da tempo che Howie voleva fare quel discorso a Nick ma non gli sembrava il caso di farlo sotto Natale. A parte quel breve periodo, Brian e Nick erano sempre stati l’emblema della coppia perfetta, innamorati persi l’uno dell’altro come se fosse il primo giorno.
“Anch’io.” Rispose Nick con tono duro. - E sono passati due anni da quel giorno quindi credo che possiamo anche chiudere qui questa parentesi. E l’anello che Brian indossa sull’anulare, indica quanto sia sicuro di questo passo e dei miei sentimenti.”
“Vogliamo esserne sicuri anche noi.” Rispose Howie, nella voce lo stesso tono tenuto da Nick.
“D, ho fatto una scelta e non torno indietro. Brian ora è la mia famiglia.”
La stretta attorno al volante si fece più stretta, le nocche delle dita erano quasi cadaveriche da quanto lo stava stringendo.
“Ho solo lui, D, e che io sia maledetto se me lo lasciassi scappare un’altra volta. - Continuò Nick dopo qualche secondo di silenzio. - E, visto che tanto Jane non ritornerà mai sui suoi passi, posso focalizzare tutta la mia attenzione su di lui.”
A nessuno dei due, Aj e Howie, passò inosservato che Nick si fosse riferito a sua madre con il suo vero nome. 
Fu il primo a prendere in mano le redini del discorso, era un esperto in fatto di genitori che abbandonavano i propri figli. Almeno, nel caso di Nick, sua madre gli aveva dato una spiegazione. “L’hai mai sentita dall’ultima volta?” gli domandò quindi, sapendo che doveva risalire a quasi due anni prima.
“No. - Fu l’amara risposta di Nick. Prima che Aj potesse ribattere, Nick proseguì. - A volte ho provato a chiamarla, componevo il numero di telefono, ma poi rimettevo giù prima che iniziasse a suonare. Nonostante tutto, continuo a volerle bene.”
“E sarà sempre così, Nick. Una parte di te continuerà ad anelare per la sua approvazione, le sue opinioni su le tue scelte e, semplicemente, a desiderare che un giorno possa varcare la soglia della tua porta, implorando il tuo perdono e richiedendo un posto nella tua vita. - Disse Aj, lo sguardo perso nel vuoto del paesaggio che sfrecciava di fianco a lui. - Un giorno succederà, Nick.”
“Io sto bene senza di lei. - Dichiarò Nick. - E non accadrà, Jay.” Aggiunse poi, riferendosi al discorso che l’amico aveva appena fatto. - Semplicemente perché, per far sì che lei ritorni nella mia vita, io dovrei lasciare Brian. Non lo farò mai quindi non la rivedrò mai. Semplice e lineare.”
“E se lo facesse?” chiese Howie.
“Siamo nel campo delle ipotesi. Ipoteticamente, se si scusasse per il suo comportamento ed accettasse completamente le mie decisioni, potrei dimenticare quello che è successo. Ma... realisticamente, non accadrà e, pensare ai se ed ai ma, non fa altro che aumentare la malinconia natalizia.” Rispose Nick. 
Si voltò velocemente verso gli amici. “Non ditelo a Bri, però. Si sentirebbe in colpa, anche se lui non c’entra. Non è stato lui a chiedermi di fare una scelta.”
Il tono duro con il quale aveva concluso quell’affermazione fece intendere che non voleva continuare con quel discorso.
Così un silenzio teso e snervante cadde nell’abitacolo, l’unico sollievo proveniva dallo stereo e dal lieve russare di Brian.


 

*********

 

 

Brian non era propriamente addormentato, si trovava in quella sorta di limbo tra l’essere sveglio e l’essere sul punto di farsi trascinar via dalle braccia di Morfeo; così aveva continuato a tenere gli occhi chiusi, sperando che il sonno lo rapisse velocemente.
Ma, proprio quando era sul punto di lasciarsi andare, la domanda di Howie l’aveva ridestato completamente, specialmente quando aveva sentito lo sguardo di Nick posarsi sul suo polso. Istintivamente, sentì l’impulso, quasi ormai dimenticato, di nascondere quella linea sotto la manica della giacca. Ma quel gesto avrebbe fatto capire agli altri che non stava proprio dormendo.
Così rimase in silenzio mentre ascoltava Howie riportare tutto a galla, rimbalzato dal tono duro che Nick usava sempre per difendersi e per non mostrare la sua vulnerabilità: era una reazione che aveva imparato a conoscere con gli anni, già molto tempo prima che lui e Nick iniziassero a percorrere un percorso differente dall’essere solamente l’uno il migliore amico dell’altro.
Sapeva che l’intenzione di Howie era più che giustificata, ma erano sbagliati i tempi ed i modi; se avesse fatto questo discorso qualche anno prima, forse non avrebbe sentito quella rabbia incominciare a salire su ogni nervo.
Che diritto avevano di mettere il naso nella loro relazione?
Poteva comprendere la preoccupazione, la paura che qualsiasi cosa intercorsa fra loro potesse  significare anche la fine del gruppo... ma...
Nick aveva ragione, lui si sentiva in colpa.
Sapeva che era un sentimento irrazionale, non era stato lui a puntagli una metaforica pistola alla tempia affinché prendesse una decisione; però era un fardello a volte troppo pesante da portare, a volte aveva paura che Nick, un giorno, si rendesse conto che non valeva la pena perdere tutto per lui...
Oh, quante volte quel pensiero lo aveva tormentato, svegliandolo di soprassalto durante la notte con il cuore che gli batteva all’impazzata. Così si voltava di scatto e guardava il suo compagno dormire pacificamente, un braccio sempre stretto sul suo corpo, come se non volesse lasciarlo andare nemmeno quando non era cosciente.
E lì, in quel momento così speciale, i suoi dubbi e le sue paure venivano scacciate via con un unico colpo di vento.
Brian sentì la macchina fermarsi, Nick che annunciava che doveva fare benzina ed Aj che lo avrebbe raggiunto per prendersi qualche snack.
“Non credi di essere stato un po’ duro con lui, Howie?” Domandò così all’amico rimasto in macchina, alzandosi e mettendosi seduto più comodamente.
Howie rimase all’inizio interdetto, non si aspettava che Brian fosse già sveglio e, punto più importante, che avesse sentito ciò di cui avevano discusso.
“Ma non stavi dormendo?” ribatté quindi Howie, spostandosi verso il centro dei sedili posteriori per osservare meglio l’amico.
“All’inizio sì. - Rispose Brian. - Ma urlavate così tanto che era impossibile non sentirvi. E poi...” Brian si fermò per un secondo, il pensiero che stava cercando di formulare sarebbe sembrato troppo strano anche per lui! “... poi ho percepito la tensione in Nick. Non so spiegartelo... è forse uno dei mille motivi per cui io e Nick siamo fatti l’uno per l’altro.”
Brian sorrise mentre osservava, dal finestrino, Nick che scherzava con Aj utilizzando in modo inappropriato la pompa della benzina. “E’ come se, e non scoppiare ridere, per favore, le nostre anime fossero in qualche modo in contatto. Non è che se Nick si fa male anch’io sento il suo dolore ma... anche senza parole, riesco a sentire quello che prova. Forse sarà che ho imparato bene a leggere il suo comportamento, specialmente quello non verbale... - Brian si voltò verso Howie e sorrise. - Se qualcuno mi ascoltasse in questo momento, penserebbe che io sia da ricovero!”
“Ma che sei matto ormai lo sanno tutti!”
“Grazie, Howie! - Rispose sarcastico Brian. - Ritornando a prima... apprezzo che voi siate così protettivi ma... ci sei andato giù pesante, sono passati due anni! L’ho completamente perdonato e... non è più quel ragazzo. In questo arco di tempo, è maturato, ha imparato a prendersi le responsabilità non solamente delle sue azioni ma anche delle sue decisioni e sono certo che, se potesse rifare tutto, non prenderebbe più quella direzione.”
Howie sorrise. “E’ la stessa cosa che ha detto Nick.”
“Vedi?” Rispose Brian con un mezzo sorriso.
Nella macchina e fra i due cadde un’innaturale silenzio, era strano discutere di qualcosa che tutti, non solamente i diretti interessati, avevano cercato di seppellire in fondo nei loro cuori.
“Howie... so che quella storia ha coinvolto tutti ma è ora di andare avanti. Non posso vivere nel passato, con la costante paura che qualcosa possa succedere e riportare tutto a galla. E’ vero, Nick mi ha ferito ed è qualcosa con cui dovremo conviverci per tutta la nostra vita, soprattutto lui. Per mesi si è lasciato annegare nel rimorso e in mille e più tentativi per rimediare a ciò che aveva fatto e... e solo ora stiamo finalmente incominciando una vita completamente estranea da problemi o qualsiasi altro dubbio.”
“Bri... io...” Incominciò a dire Howie ma Brian non lo fece continuare.
“Il punto è che la vita non è una certezza. Anche se il destino ci ha fatto incontrare, rendendoci l’uno l’anima gemella dell’altro, ciò non significa che tutto andrà per il meglio o che non ci saranno mai nubi all’orizzonte. D’altronde, siamo esseri umani, commettere errori è una cosa naturale, bisogna imparare da essi ed andare avanti, guardando al futuro e non vivendo nel passato. - Brian sorrise. - Ed è quello che io e Nick stiamo facendo. Voglio un futuro con lui, una famiglia solamente nostra... una famiglia solamente sua, che non lo abbandonerà quando le cose non vanno come vogliamo o ci sono troppo ostacoli da superare.”
“Non sarà facile, questo lo sai, vero?” Gli fece notare Howie.
Brian represse una risata amara. “Secondo te? So che non sarà rose e fiori. Già è difficile per coppie normali ed io e Nick siamo tutto fuorché normali!”
“Su questo non posso far altro che assecondare il tuo giudizio.”
Brian gli fece una pernacchia. “Da quando Nick mi ha dato l’anello, non faccio altro che preoccuparmi delle reazioni che riceveremo una volta annunciata la nostra relazione. So che mia madre sarà al settimo cielo, ha già adottato Nick come se fosse suo figlio; alcuni miei parenti potrebbero non capire ma... - Brian scrollò le spalle. - ... perdita loro, e meno persone per noi da invitare alla cerimonia. Il problema sarà quando lo diremo in pubblico: i media ci mangeranno vivi e... posso sopportare se prendono di mira me ma non se lo fanno con Nick o con voi altri. Voi che non c’entrate niente.”
Howie allungò una mano e l’appoggiò sulla spalla di Brian, in gesto di conforto.
“E le fans... non oso pensare alla loro di reazione. Potrebbero voltarci le spalle, odiarci...”
“Oppure potrebbero essere felici per voi e sostenervi. Brian, tu e Nick avete sempre dato da pensare!”
Brian sorrise maliziosamente. “Hai ragione. Ma un conto è fantasticare su qualcosa che, almeno nella tua mente, sai che non avverrà mai. Un’altra è accettare che uno dei tuoi idoli non solo si sta togliendo dalla piazza ma lo fa con un altro ragazzo. Ed alcune delle fan di Nick sono abbastanza... spaventose. - Sentì un tremore scuotergli i nervi, ripensando a molte cose che aveva letto sulle presunte sue fidanzate quando si era avventurato in qualche fan forum. - E’ come se vedessero Nick come una divinità, chiunque vi si avvicini viene immediatamente usato come bersaglio per il loro odio. Alcune sono davvero convinte che un giorno potranno avere una possibilità con lui.”
“Credi che possano fare qualcosa di...?” Incominciò a dire Howie ma si bloccò, nemmeno pensarlo rendeva meno brutto quel pensiero. Ma comprendeva la preoccupazione dell’amico, la storia era piena di avvenimenti di quel genere, fan troppo ossessionati al limite di commettere crimini, anche se erano riferiti a gente molto più leggendaria di loro, come John Lennon.
“Realisticamente? Sì.” Rispose sinceramente Brian.
“Potete sempre non annunciarlo in pubblico... almeno all’inizio. L’album, se tutto va bene, sarà pronto in estate ed incominceremo la promozione in autunno, avete davanti un anno intero per poter decidere che cosa volete fare.”
“E poi? Nasconderci come se fosse un terribile segreto? No, non voglio vergognarmi di quello che provo per Nick. Glielo devo... lui ha scelto me...”
Howie, sentendo quell’ultima frase, comprese il motivo per cui Nick non voleva far sapere al ragazzo quanto ancora ci soffrisse  per quella situazione. Ma Howie intuiva anche che Brian, in qualche modo, lo sapesse già.
“Sono stato da lei.”
Come volevasi dimostrare.
“Forse ho rovinato tutto ma so che questa situazione lo sta facendo soffrire. Amare non è anche cercare di rendere la persona amata felice?”
“Sei almeno riuscito a parlarci o ti ha chiuso la porta in faccia?”
“Mi ha concesso dieci minuti e mi ha fatto ben capire che non era gradita la mia presenza.”
“Ti aspettavi il tappeto rosso?”
“Non mi aspettavo niente. Ma è Natale, se li chiamano “miracoli” un motivo ci sarà, no?” 
Brian chiuse gli occhi, immaginando il momento in cui Nick si sarebbe accorto della presenza della madre il giorno di Natale. “Le ho lasciato un biglietto per Lexington. Ora la decisione è tutta nelle sue mani.”
“Sai che se ci riesci ti chiamerò l’uomo dei miracoli?”
“Il punto è, Howie, che io non ho fatto proprio niente. E più di così non posso fare, se non dare a Jane una possibilità. Ora è tutto nelle sue mani.”
“E... - Mormorò Howie, quasi una preghiera, mentre anche il suo sguardo andava a posarsi sull’amico. - ...pregare che il miracolo avvenga.”
 

 


*********

 

 


Nick stava terminando di fare benzina quando il suo cellulare incominciò a vibrare nella tasca dei pantaloni.
Mezzo intenzionato a non rispondere ma comunque incuriosito per sapere chi è che rompeva le scatole, Nick recuperò il suo telefonino, sbalordendosi quando vide sul display chi lo stava chiamando.
“Ryan?” Si chiese fra sé e sé, incuriosito e preoccupato allo stesso tempo: Ryan era il suo avvocato, colui che si era occupato del suo contratto con la casa discografica per il suo cd da solista e che ora stava cercando di liberarlo da quell’accordo che, con il senno di poi, era davvero un patto con il diavolo. 
Ma non era solo quello; con il tempo, e soprattutto grazie a Brian, lui e Ryan erano anche diventati ottimi amici. “Ehi, c’è qualche problema o mi chiami solamente per farmi gli auguri di Natale?” Gli domandò non appena accettò la telefonata.
“Entrambi.” Fu la risposta.
“Non mi piace il tuo tono.”
“Devi venire a New York.”
“Certo, stavamo già pensando di venirci per il Capodanno. Cioè... è una mia idea ma non credo che a Brian dispiacerà molto.”
“Ehm... dovresti venire entro domani. E da solo.”
“Okay. Che cosa sta succedendo?” Domandò Nick, allontanandosi da Jay per avere più privacy.
“Mi ha appena chiamato la controparte, la casa discografica vuole chiudere entro il trentuno per motivi fiscali. Ma, i suoi avvocati chiudono lo studio il ventiquattro fino al nuovo anno.”
“Ryan, sto andando in Kentucky. Non posso abbandonare tutto all’improvviso.”
“Credi che ti avrei chiamato se non fosse stato urgente? Vuoi o non vuoi liberarti di quegli avvoltoi?”
“Certo che lo voglio! Ma... - Nick sbuffò ed il suo sguardo andò a posarsi sul viso rilassato di Brian dentro la macchina. - Non capisco perché devo venire da solo.”
“Stai scherzando, vero? A meno che tu e Brian vogliate uscire puliti sulla vostra storia, sarebbe molto insolita e strana la sua presenza a degli incontri che non vertono sul gruppo.”
“Hai ragione.” Rispose melanconico Nick, passandosi una mano fra i capelli: sapeva che Ryan aveva ragione ed anche lui voleva chiudere quella storia definitivamente una volta per tutte. Ma, conoscendo chi avrebbe trovato dall’altra parte del tavolo, c’era il rischio di non riuscire a tornare per il Natale. Dall’altra parte, però, c’era Brian e l’importanza di quella vacanza.
“Nick, so quanto sia importante tutto per te e so anche che lasciare Brian all’improvviso è l’ultimo dei tuoi desideri, ma questa volta non stai scappando.”
Ryan era a conoscenza di quello che era successo, era stato l’aiuto per non andare alla deriva in quei mesi di buio ed oscurità.
Proprio per questo, Nick sapeva che non gli avrebbe mai chiesto di partire se non fosse stato assolutamente necessario.
Si passò una mano fra i capelli, scalciando la sabbia attorno a lui nervosamente. 
“Va bene. - affermò infine. - Ti richiamo non appena so a che ora posso arrivare.”
“A me basta che sia qui domani mattina. La riunione incomincerà alle dieci e potrebbe durare tutto il giorno.”
“Fantastico. - Commentò in tono sarcastico Nick. - Solo domani, giusto?”
“Se raggiungiamo un accordo, sì. Ma potrebbe richiedere un altro giorno, a meno che tu non voglia rinunciare a qualche diritto.”
“Cosa mi consigli?”
“Come avvocato o come amico?”
“Entrambi.”
“Hai lavorato tanto per quell’album e, se non è andato come speravi, è solamente colpa loro; sai che il loro intento non era quello di farti vendere ma usarti come spinta per il cd di Timberlake. Hanno già ottenuto quello che volevano, ora tocca a te ottenere ciò che ti spetta.”
Nick vide Brian avvicinarsi, il viso crucciato in un’espressione preoccupata e si lasciò sfuggire un sospiro: come sempre, si era accorto che qualcosa che non andava in lui, quasi come se avesse un sesto senso ogni qualvolta si trattava dei suoi sentimenti o di quello che aveva in mente. L’unica cosa positiva era che anche lui aveva quel sesto senso, anche se meno affilato e mento arguto: Brian era molto più bravo di lui nel nascondere i suoi sentimenti.  
“Bri si sta avvicinando, ti richiamo appena so qualcosa.” Disse Nick a Ryan.
“Vuoi che gliene parli io?”
“Sarebbe utile ma... è ora che impari a sbrigamerla da solo.”
Nick chiuse velocemente la telefonata esattamente nel momento in cui Brian lo raggiunse, avvicinandosi da dietro e stringendogli le braccia attorno alla vita. L’istante successivo, sentì il peso del suo volto appoggiarsi sulla sua schiena. 
“Che cosa è successo?” Gli chiese Brian sottovoce: lo aveva osservato dall’interno della macchina, il suo allontanarsi da Jay lo aveva insospettito immediatamente mentre una sensazione, non brutta ma di certo non piacevole, lo aveva costretto ad alzarsi ed a raggiungerlo. La telefonata non doveva avergli portato buone notizie, dedusse Brian, dai brividi che percepiva sotto la sua pelle.
“Era Ryan. - Rispose Nick, anche lui in un sussurro. - Devo... devo raggiungerlo a New York.”
“Quando?” Mormorò Brian mentre una brutta sensazione incominciava a farsi strada dentro di lui.
Ecco la domanda che Nick aveva temuto fino a quel momento. E Brian non vi aveva nemmeno girato attorno, era andato direttamente al punto. “Il prima possibile. A... abbiamo un incontro con quelli della casa discografica domani mattina.”
Nel momento in cui le parole uscirono dalle sue labbra, le mani di Brian si staccarono improvvisamente dal suo corpo ma Nick fu veloce e le prese fra le sue, voltandosi per poterlo guardare negli occhi. Ma Brian teneva lo sguardo fisso per terra.
Nick sapeva a che cosa stava pensando il ragazzo, aveva visto quella maschera tante volte che ormai riusciva a riconoscerla prima che Brian la indossasse. Così si abbassò in modo da essere allo stesso livello del viso di Brian e, con gentilezza, gli alzò il mento. Incontrò due occhi celesti, quasi sul grigio perlato nascosti da un velo di dubbio, di incertezza e di passata sofferenza. La domanda era lì, adagiata su quel mare agitato: sarebbe tornato? Doveva credergli? 
“Non sto scappando.” Nick tentò di infondere, in quella semplice affermazione, tutta la determinazione e la fermezza necessaria affinché Brian gli credesse.
“Non l’ho detto. - Si difese Brian. - Anzi, non ho detto proprio niente.”
“Guarda che non sei il solo capace a leggere l’altro.”
“Ma io sono molto più bravo.” Ribatté Brian.
“Hai avuto più tempo per esercitarlo, io ero piccolo!”
Brian sorrise, anche se era solamente un’ombra di quello che solitamente illuminava il suo volto e riempiva il cuore di Nick. Era vero che erano passati due anni ma quella era la prima volta che si ritrovavano nella stessa situazione, lui che partiva all’improvviso per un “viaggio d’affari” e poi... no, non sarebbe ritornato indietro in quella spirale di pensieri, ora doveva essere lui, Nick, a prendere le redini del rapporto. Fino a quel momento era sempre stato Brian ad essere forte per entrambi.
“Bri, torno. - Promise Nick. - Vorrei non andare ma devo, se voglio finalmente liberarmi da quegli avvoltoi.” Aggiunse con fermezza.
“Lo so. E' una stupida paura.” Rispose Brian.
Nick prese la mano sinistra di Brian, sul cui anulare spiccava la fedina che gli aveva regalato. “Quando ti ho dato questo anello, ti ho fatto una promessa, quella di starti sempre accanto e di superare insieme le avversità. Ma, soprattutto, quella di non abbandonarti e di non scappare mai più di fronte ad un ostacolo. Ma tu devi fidarti.”
“Ti credo, Nick. Mi fido. -  Rispose Brian, guardando Nick negli occhi. - E’ solo che... così all’improvviso... e proprio sotto Natale! Non potevano aspettare?”
Nick passò un braccio attorno alle spalle di Brian. “Lo so. Ryan dice che per motivi fiscali devono chiudere il contratto entro il trentuno.”
“Sempre all’ultimo, eh?”
“Non si smentiscono mai.”
Brian prese il suo telefonino. “Dove siamo?”
“Qualche chilometro da Atlante, perché?”
“Per trovarti un volo. Poi dobbiamo chiamare e prenotare un albergo, la sicurezza per il tempo in cui starai a New York e...”
Nick prese per mano Brian, un sorriso malizioso dipinto sul volto. C’era un solo modo per calmare l’ansia del ragazzo, anche se l’idea di doverlo fare in uno squallido benzinaio non era il top delle sue fantasie.
“Jay, io e Bri scompariamo per dieci minuti! - Urlò all’indirizzo dell’amico, appoggiato alla pompa della benzina. - Dobbiamo... usare il bagno.” Addusse a spiegazione, strizzando l’occhiolino nella speranza che il ragazzo comprendesse il significato nascosto in quella affermazione.
“Solo dieci minuti? - Scherzò Aj, catturando il doppio senso. - Non pensavo che fossi un velocista!”
Nick evitò di rispondere a quel commento, sospingendo Brian verso il piccolo bagno che aveva notato dietro il negozio.
“Nick, dove diavolo mi stai portando?” Domandò Brian, troppo perso nei pensieri di quello che andava fatto prima di raggiungere l’aeroporto, per accorgersi dello scambio di battute fra Nick ed Aj oppure al piglio malizioso che illuminava i suoi occhi.
“Secondo te?” Ribatté Nick mentre apriva la porta del bagno e spingeva dentro Brian. 
La porta dietro di loro si richiuse con un tonfo e per qualche secondo rimasero nell’oscurità, fin quando Nick non riuscì a trovare l’interruttore: le luci al neon si accesero lentamente ed una di esse andava ad intermittenza, con un sordo suono meccanico che stava già iniziando a dare sui nervi. Il locale era minuscolo, vi erano semplicemente tre orinatoi al muro opposto alla porta e solamente due lavandini, di cui uno il rubinetto continuava a perdere acqua in ripetitive goccioline di uno strano colorito giallino.
E l’odore che si respirava non era altrettanto segno di buona pulizia.
Nonostante ciò, pensò Nick, sarebbe comunque servito al suo scopo.
“Nicky, tesoro, abbiamo un mucchio di cose da fare...” Incominciò a dire Brian, specie quando sentì il rumore della serratura che scattava.
“Possono aspettare.” Mormorò rauco Nick, spingendo il ragazzo contro la porta, le mani sulla superficie ai lati della testa di Brian.
“Non è igienico, qui!” Tentò di controbattere Brian, sentendo però già il calore nel suo corpo incominciare a salire. 
Nick si avvicinò ancora di più, i due visi ormai a poca distanza l’uno dall’altro; una mano si appoggiò sulla sua guancia, la punta dell’indice a seguire la linea della mascella fino ad arrivare al labbro inferiore che iniziò a tremare sotto il suo tocco. L’altra mano di Nick si infilò sotto i mille strati di indumenti che Brian indossava.
“Nick...” mormorò Brian, indeciso se farlo smettere o lasciargli libera azione. Approfittando della sua indecisione, Nick socchiuse le sue labbra, racchiudendole in un bacio appassionato. Di reazione, Brian incominciò a rispondere, le sue stesse mani cercarono la loro strada sulla schiena di Nick, facendo nascere in lui brividi e tremori di piacere.
“Frick... - Nick sussurrò rocamente in un orecchio mentre l’intima distanza fra i due corpi veniva completamente annullata. - Let’s get dirty.” Pronunciò poi mentre le mani scivolavano sulla cintura, slacciandola lentamente.
“Oh, Nicky.” fu tutto quello che riuscì a mormorare prima che la sua parte razionale e logica venisse annullata completamente dalle mille e più sensazioni che il tocco esperto di Nick faceva nascere in lui.

 

 


*********

 

 


La sala d’attesa vip dell’aeroporto di Atlanta era semi – deserta, solamente qualche uomo d’affari che aspettava che il suo volo venisse annunciato, intento a leggere le ultime notizie sulla Borsa e che non sembrava per nulla riconoscere in quelle quattro figure dei personaggi famosi.
Durante il tragitto dalla stazione di servizio fino al parcheggio dell’aeroporto, Brian si era tenuto occupato facendo telefonate, organizzando nei minimi particolari il viaggio di Nick ed il soggiorno, ritardando il pensiero di quando avrebbe dovuto salutarlo.
Momento che era ormai arrivato, lì, davanti alle vetrate che davano sulle piste di decollo.
Aj e Howie se ne stavano in disparte, non volendo intromettersi nei saluti finali fra i due innamorati.
“Allora, ho prenotato una suite sia al Ritz che all’Hilton, in modo da confondere le probabili fans. Ti consiglierei il Ritz, all’Hilton non vorrei che ti scontrassi con Paris e sai bene che ha messo le sue mira su di te.” Stava blaterando Brian mentre controllava per l’ennesima volta se avesse preso tutto quello che sarebbe servito a Nick in quei giorni.
“Brian.” Lo richiamò Nick ma Brian continuò a tenere gli occhi bassi, torturando una pellicina dell’indice.
“Una macchina ti aspetterà all’aeroporto, ho contattato il servizio di bodyguards che usiamo quando ci spostiamo per brevi tragitti...”
“Brian.” Questa volta il richiamo da parte di Nick fu più deciso, le mani sollevarono il mento di Brian, mettendo in primo piano la malinconia che oscuravano l’azzurro dei suoi occhi.
“Lo so... è stupido reagire così! Starai via solamente qualche giorno e non è la prima volta che stiamo lontani. - Incominciò a dire Brian, appoggiando la fronte sul petto di Nick. Immediatamente le braccia di Nick circondarono la sua vita. - Avevo fatto così tanti progetti per queste vacanze... a che cosa è servito lavorare come un matto se poi non posso comunque stare con te?”
“Ehi, ehi. Cerco di fare il più presto possibile, okay? E nei momenti liberi staremo così tanto al telefono che le compagnie telefoniche ci cercheranno con offerte per essere loro testimonial.”
“Non è la stessa cosa...” brontolò Brian. Dio, si sentiva esattamente come un bambino il cui padre aveva appena annunciato che non ci sarebbe stato per le vacanze natalizie. Ma sapeva come andavano quelle riunioni, fin tanto che la controparte, ovvero la casa discografica, non avesse ottenuto ciò che desiderava, Nick non sarebbe stato libero di tornare a casa. E Brian non voleva assolutamente che ottenesse un inferiore buon’uscita solamente perché lui faceva capricci per la mancanza del suo ragazzo.
“Bri, ascolta. Posso sempre delegare tutto a Ryan. Mi fido ciecamente di lui.”
“No, no, no. Tu devi andare e farti valere!” Esclamò Brian, lanciando un pugnetto contro il petto di Nick.
“Allora tu puoi venire con me.” Propose Nick, anche se sapeva che non era fattibile per differenti e svariati motivi: punto primo, nessuno, al di fuori della cerchia dei famigliari e qualche fidato amico, era a conoscenza della vera natura della loro relazione; quindi, la presenza di Brian in un incontro in cui gli interessi del gruppo non erano minimamente accennati avrebbe destato qualche curiosità e stupore; secondariamente, era giusto che Brian passasse un po’ di tempo con la sua famiglia, invece che rinchiuso in una stanza d’albergo. E, conoscendolo, Nick era sicuro che il ragazzo avrebbe passato quelle ore lavorando, quando invece aveva bisogno di staccare un po’ la spina.
“Sai che non mi è possibile.” Rispose rassegnato Brian.
Proprio in quel momento, la voce metallica all’altoparlante annunciò il volo di Nick. Brian si alzò in punta di piedi e sfiorò le labbra di Nick con le proprie. Nick strinse di più il ragazzo a sé, coprendo la sua bocca in un bacio appassionato, al diavolo chi li poteva vedere. Quello sarebbe stato l’ultimo bacio, l’ultima volta che avrebbe potuto assaporare quel profumo unico di Brian, che nemmeno riusciva a descriverlo... era Brian, unico nel suo genere e così raro che ne bramava anche per un solo soffio.
All’inizio Brian tentennò, la sua parte razionale gli stava urlando che erano in pubblico, che chiunque avrebbe potuto vederli e spifferare tutto al mondo intero e mille e più presagi affollavano la sua mente ma poi... poi mandò al diavolo tutti quei ragionamenti, lasciandosi trasportare dalla passione che sempre scaturiva quando i loro due corpi si fondevano insieme, anche con un solo bacio.
“Ehm ehm.” Howie dovette interromperli, a malincuore. Brian e Nick si staccarono ma per qualche secondo rimasero ancora abbracciati, cercando di prendere il maggior calore possibile.
“Nick... promettimi solo una cosa.” Mormorò Brian, la sua voce soffocata, in parte, dal tessuto della maglia di Nick.
“Starò lontano da Paris, non preoccuparti.” Scherzò Nick.
“Stupido! - Lo riprese Brian bonariamente. Poi l’espressione sul suo volto si fece più seria. - Promettimi che per Natale, per quel giorno, sarai a casa.”
“Farò il possibile.”
“E’ l’unico regalo che ti chiedo.”
Nick si abbassò abbastanza per lasciare un veloce bacio sulla punta del naso. “Se è tutto quello che desideri...”
Brian annuì, un groppo in gola ormai gli impediva di poter emettere anche una sola e semplice vocale senza lasciarsi prendere dalle lacrime. Prima di prendere totalmente il controllo, si staccò quindi dal ragazzo ed indietreggiò fino a quando non sentì sbattere contro Aj.
“Fai buon viaggio, Nick.” Lo apostrofò l’amico.
“Anche voi. Jay, mi raccomando, la mia macchina!” Lo riprese Nick, conscio del fatto che Brian non avrebbe potuto guidare in quelle condizioni. Almeno lui avrebbe preso un aereo e doveva solamente stare seduto e tentare di non sprofondare nella malinconia.
“Fai sapere quando atterri. - Howie lo abbracciò mentre gli faceva le ultime raccomandazioni. - E non preoccuparti, ci prendiamo noi cura di Brian.” Gli sussurrò in un orecchio.
“Grazie.”
Nick scomparve poi nel lungo corridoio che lo avrebbe portato al suo gate, lanciando un ultimo sguardo alle spalle per osservare l’uomo che amava. Sarebbero stati dei giorni infinitamente lunghi.
“Non sto per piangere.” Mormorò Brian, una rassicurazione a se stesso più che un’affermazione per i due amici che lo avevano circondato in un abbraccio, nonostante incominciasse già a sentire il pizzico delle prime lacrime pronte a scendere dai suoi occhi. Non riusciva a spiegarsi il motivo ma, mentre osservava l’alta figura di Nick scomparire dalla sua vista, una brutta sensazione aveva incominciato a farsi strada dentro di sé, localizzandosi soprattutto allo stomaco... era quello stesso sentimento che provi quando stai guardando un film e sai che nella scena successiva sta per succedere qualcosa di brutto; nonostante ciò, non riesci a staccare lo sguardo dalle immagini. Il bisogno e l’urgenza di fermarlo era troppa, rendeva frenetici i suoi nervi, scalpitanti nel raggiungere il ragazzo e bloccarlo prima che fosse troppo tardi.
“Lo sappiamo che sei allergico alla polvere. - Intervenne Aj. - E qui sembra che non spolverino da qualche giorno.”
“Ma Brian non é...” Stava per ribattere Howie ma con uno scambio di sguardi capì dove voleva andare a parare l’amico con quella affermazione, una scusa per permettere a Brian di lasciare sfogo alle sue emozioni senza sentirsi imbarazzato da quel crollo in un luogo pubblico.
“Va tutto bene. - Disse Brian, un triste sorriso ad illuminare il volto. O, almeno, cercare di rasserenare gli altri. - Mi ha promesso che tornerà. E Nick non infrangerà un’altra volta questa promessa.” 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*********


Rieccomi! Mi scuso per il ritardo ma ho un alibi più che giustificabile! Come sempre, la mia mente ha avuto il sopravvento... quella che doveva essere solamente una semplice storia, ora fa parte di un progetto molto più ampio. Quindi, come avete potuto leggere, in questo capitolo ci sono alcuni rimandi che mi serviranno poi per scrivere il prequel. E ho ha anche in mente i seguiti, quindi questi Brian e Nick vi terranno compagnia per tanto tempo!
Ringrazio come sempre le mie fedeli recensitrici, Malena che ha aggiunto la storia fra i preferiti e jessie1122 e Shin_86 che l'hanno aggiunta fra le storie da seguire.
E ringrazio ancora Kia, la mia beta, e Sakura che mi ha dato una nuova trama su cui lavorare!

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Capitolo 5
*** Quinta Parte - Make My Wish ***


Make my wish come true

 

 

 

 

 

 

Il viaggio era stato lungo, una volta che il gruppo di amici si era lasciato alle spalle l’aeroporto di Atlanta.
Aj aveva preso l’onere, ed il divertimento, di guidare fino a Lexington, con Howie che aveva preso le redini dell’orientamento; Brian si era accomodato nei sedili posteriori ma, invece che prendere tutto lo spazio, si era accoccolato in un angolo, avvolto in una delle giacche di Nick recuperata dal borsone che gli aveva dovuto disfare e rifare per il suo improvviso viaggio. Teneva lo sguardo fisso oltre il finestrino ma a malapena la sua mente prendeva nota dello scenario che sfrecciava veloce attorno alla macchina: il color sabbia della terra, chiazzato qua e là dal verde degli alberi, si era trasformato in un’immensa distesa bianca. Non era più in Florida, l’unico stato in cui non nevicava quasi mai, ma stava ritornando nel suo Kentucky, dove gli inverni erano freddi, nevosi e perfetti per rimanere nel caldo rifugio davanti ad un caminetto, la cioccolata fatta da sua mamma che profumava nella casa e Nick...
Maledizione!
Da quando si era trasformato improvvisamente in una ragazzina alle prese con la sua prima cotta? Doveva essere abituato a viaggi improvvisi, a lunghe telefonate per rimediare all’assenza fisica, ad eventi e feste a cui far fronte da solo. Solo che... già, solo che solitamente era lui che si trovava dall’altra parte, a scusarsi all’infinito per non essere presente ad una cerimonia di laurea o ad un battesimo o a tentar in tutti i modi di finire qualsiasi impegno in tempo per almeno un bacio, una cena o un lungo abbraccio.
Brian strinse ancora più stretta a sé la giacca di Nick, inalando il profumo che ancora era rimasto prigioniero in quel tessuto; da quando si erano messi insieme, erano state poche le volte in cui si erano trovati separati l’uno dall’altro, soprattutto dopo quei lunghissimi mesi di cui nessuno aveva voluto più parlare, a parte Howie qualche ora prima.
E poi... poi c’era quella sensazione, quel preludio di una tempesta pronta ad abbattersi sulle loro vite, che non si era calmata nemmeno quando Nick aveva telefonato per rassicurarlo sul fatto che fosse arrivato sano e salvo a New York.
I suoi sensi erano perennemente in allerta, pronti a reagire. Oltre che ad inondare la sua mente con apocalittici scenari!
Forse era la sua paura a creare quella rete di false premesse e premonizioni che lo rendevano nervoso; forse era l’incertezza che lo rendeva paranoico: non sapere quando Nick sarebbe tornato lo rendeva pazzo.
Non sapere se Nick sarebbe tornato.
No, non sarebbe ritornato in quel circolo vizioso! 
Nick gli aveva promesso che sarebbe tornato a casa e, conoscendolo, avrebbe fatto di tutto pur di mantenere la parola data.
“Hey Bri, siamo nella tua città!”
La voce, un po’ troppo estasiata di Aj, ridestò Brian dalle sue insicurezze; si sedette meglio sul sedile ed incominciò ad osservare con più attenzione lo scenario attorno a loro: erano ancora in periferia, la casa dei suoi era dall’altra parte della città ma già poteva sentire quell’aria unica che lo faceva immediatamente tornare bambino.
Lexington era cambiata da quel lontano giorno di maggio in cui lui aveva lasciato la sicurezza per incontrare, in tutti i sensi, il suo destino ma, in uno strano connubio tra vecchio e moderno, era rimasta la stessa. Il centro si era riempito di grattacieli, i piccoli negozi come panettieri, pasticcieri e fruttivendoli erano stati sostituiti da WalMart ed altre catene di supermercati mentre le botteghe di artigiani avevano lasciato il posto a centri commerciali. Ma appena uscivi dalle strade di cemento grigio, sormontate da edifici uno adiacente all’altro, sembrava ritrovarsi lanciati direttamente nel passato: case con giardini in cui far giocare i propri figli, staccionate bianche, strade dove ancora i bambini potevano andare in bicicletta o giocare a pallone senza il rischio di essere investiti... ed i campi di calcio e basket.
“Questo è il mio vecchio quartiere, lo sapete?” affermò Brian, riconoscendo alcuni dei luoghi della sua infanzia: la chiesa in cui aveva incominciato a cantare, il campetto dove giocava a basket fin quando il sole non lasciava posto alla notte e sua madre veniva a riprenderlo perché, in teoria, non doveva stancarsi così tanto; più in giù nella strada c’era la gelateria dove suo padre portava lui e Harry dopo la messa della domenica. O quando voleva festeggiare un voto alto preso in un compito o la vittoria della squadra di basket.
“Fermati qui un secondo, Alex.” Intimò Brian.
“Perché?” Domandò Aj confuso, fermandosi comunque davanti ad una casa.
“Questa è la mia vecchia casa.” Affermò semplicemente Brian. Quando erano diventati famosi, con i primi soldi aveva comprato una nuova dimora ai suoi genitori, più grande, in una zona più tranquilla dove le fans non avrebbero mai potuto disturbare la tranquillità della loro esistenza. Suo padre all’inizio non aveva voluto accettare quel dono, ed in parte Brian aveva compreso il motivo, quella che doveva lasciare era la casa che aveva costruito con il suo lavoro, ma lui ricordava tutte quelle sere, quando in teoria doveva essere addormentato ed invece girovagava per le stanze perché ancora energico, e sentiva i suoi discutere preoccupati perché facevano fatica ad ottenere l’assicurazione medica a causa del suo problema al cuore.
Quello era il suo modo per ripagargli di tutto quello che avevano fatto per lui.
“L’avete venduta?” Chiese Howie incuriosito.
Era ormai notte inoltrata, tutte le luci della casa erano spente tranne per una piccola lampada sul patio all’ingresso, segno che quindi non era disabitata.
“Non esattamente. - Rispose Brian. - L’abbiamo donata alla parrocchia dove sono cresciuto ed ora viene utilizzata come centro di assistenza per chi ha problemi, soprattutto bambini orfani, abbandonati e bisognosi di cure mediche.”
Aj si lasciò sfuggire un fischio. “Non ne sono nemmeno sorpreso. - Commentò mentre rimetteva in moto la macchina. - E, lasciami indovinare: domani farai la parte di Babbo Natale, vero?”
“Non esattamente.” Mormorò Brian malizioso. Aj incrociò lo sguardo dell’amico nello specchietto retrovisore e conosceva quell’espressione dipinta sul suo volto, lui aveva qualcosa in mente.
“Ah, scordati che mi infili un vestito rosso con il panciotto ed una barba bianca finta!”
“E’ per una buona causa, Alex!”
“Io sono un ospite. Al massimo, posso aiutare ad aprire i regali!”
“Dov’è finito il tuo spirito natalizio, Alex?”
“Ecco che cosa ho dimenticato in Florida!”
Brian lasciò cadere la discussione, tanto ci avrebbe pensato sua madre a convincere l’amico il giorno successivo. E nessuno riusciva a dire di no a Jackie Littrell.
 

 

 

*********

 

 

Nonostante fossero arrivati nel mezzo della notte, le luci in casa Littrell erano ancora accese in attesa del loro arrivo.
Jackie Littrell era una madre apprensiva di natura, senso che era stato poi accentuato con la fragile salute del figlio minore ma, negli anni – e soprattutto quando questi aveva preso a girare per il mondo – era riuscita a non impazzire e far impazzire gli altri.
Nonostante ciò, aveva comunque deciso di aspettare suo figlio per assicurarsi che il motivo del suo ritardo non fosse stato a causa di un incidente.
Non appena Aj parcheggiò davanti al portico, la porta si aprì.
“Babyduck!” Esclamò Jackie, utilizzando il nomignolo affettuoso che aveva coniato quando Brian era piccolo.
“Mamma!” Rispose Brian con lo stesso entusiasmo, scendendo dalla macchina ed andando ad abbracciare la madre.
“La prossima volta avverti quando fai tardi! - Lo rimproverò la donna, staccandosi dall’abbraccio e puntando il dito contro il petto del figlio. - Vi avrei aspettato comunque ma almeno non mi sarei preoccupata!”
“Scusa. C’è stata un’imprevista sosta.” Rispose Brian, abbassando lo sguardo verso le sue scarpe, diventate all’improvviso così interessanti.
“E’ successo qualcosa? - Domandò Jackie ansiosa e nello stesso tempo incuriosita. - E dov’è Nick?” Aggiunse, non vedendo il ragazzo in macchina.
“Non è successo niente, mamma. - La rassicurò subito Brian, preventivando la miriade di pensieri apocalittici che, di sicuro, stava per avere inizio nella sua mente. - E’ dovuto andare a New York per dei problemi di lavoro. La sosta improvvisa è perché lo abbiamo dovuto accompagnare all’aeroporto.”
“Ma proprio a Natale?” chiese Jackie.
“E’ quello che ci siamo domandati anche noi.” Commentò Brian, accompagnando la madre e gli amici all’interno della casa. 
Quell’edificio era decisamente più grande di quello precedente, nel quale Brian aveva dovuto lottare strenuamente per avere una stanza propria, fatto che era accaduto solamente quando suo fratello Harry era partito per il college; in questa nuova casa, invece, c’erano abbastanza camere per ospitare una piccola tribù: parte del piano superiore era stato dedicato solamente agli altri Backstreet, visto che non era strano averli in giro durante i momenti di vacanze.
“Ma torna, vero?” Domandò Jackie al figlio, prima di rivolgersi ad Aj e Howie chiedendo loro se si ricordassero dove fossero le loro stanze.  I due annuirono con un cenno del capo e, dopo un breve e veloce saluto, scomparvero in direzione del piano superiore.
“Mamma, possiamo parlarne tra qualche ora di sonno?” ribatté Brian. Conosceva troppo bene sua madre, non lo avrebbe lasciato andare fino a quando non le avesse confessato tutto quello che gli passava per la testa.
Jackie lo osservò attentamente, indecisa se lasciare perdere o pressare per avere maggiori informazioni ma poi preferì per la prima opzione. Così lo accompagnò nella sua camera.
“Mamma... so bene dove si trova la mia camera!” Sbottò Brian bonariamente mentre apriva la porta ed accendeva la luce; okay, forse aveva sbagliato stanza perché quella in cui si trovava non era esattamente come si ricordava che fosse: le pareti, una volta di un semplice color panna, ora erano di un azzurro pallido, delle tende di organza della stessa tonalità drappeggiavano l’enorme finestra che dava sul giardino, scivolando dietro ad una panca con cuscini blu; il letto, a due piazze, prendeva la maggior parte dello spazio. Ciò che catturò, però, l’attenzione di Brian, fu il cassettone posizionato davanti al letto; vi si avvicinò lentamente, passando la punta dell’indice sopra gli intagli del legno di cedro.
“E’ quello che ha fatto nonno Thomas?” Domandò alla madre, non voltando lo sguardo ma continuando ad osservare quel legno così pregiato.
“Sì. - Rispose Jackie.  - Ricordo ancora che le uniche ore in cui riuscivi a stare fermo ed immobile era quando lo osservavi lavorare il legno.”
Sopra il cassettone, erano state disposte tutta una serie di fotografie, alcune di lui e la sua famiglia, altre solamente di lui e Nick.
“E’ il nostro regalo di Natale per voi due.”
Brian si voltò ed abbracciò la madre. “E’ stupenda. Grazie davvero.”
“Un’unica condizione. Niente sesso in questa casa!” Con quella minaccia, Jackie lasciò il figlio da solo in camera, raccomandandogli di dormire qualche ora.
Brian si lasciò cadere sul letto, in quel momento sembrava troppo grande e troppo freddo per pensare di dormirci; recuperò il cellulare dalla tasca dei jeans e digitò un semplice messaggio.  
“Mi manchi già. Buonanotte.”
Dopo aver finito, lanciò letteralmente il telefonino dietro di sé e, senza nemmeno scomodarsi a cambiarsi, si avvolse attorno una delle coperte extra che sua madre aveva lasciato sul letto.
Forse, nell’oblio offerto dal sonno, avrebbe potuto dimenticarsi di quella sensazione opprimente che aveva preso possesso del suo stomaco.
 

 

 

*********

 

 

Il giorno successivo, Brian era intento a dare una mano a sua madre in cucina quando sentirono la porta d’ingresso aprirsi, seguita dalla voce di Kevin che riempì l'atrio con il suo “Buongiorno truppa!”.
Jackie nascose un sorriso. “Vai pure da tuo cugino, qui posso finire da sola.”
Brian appoggiò il mestolo con il quale era impegnato a controllare la salsa per l’arrosto. “Sei sicura? Non è che sia tantissimo tempo che non vedo Kevin.”
“Tuo padre e tuo fratello non ci sono quindi sei tu l’uomo di casa. E tocca a te fare gli onori di casa.” Rispose Jackie, spingendo il figlio verso la porta.
“Okay, okay... vado, vado! Ma tanto lo so che mi stai cacciando dalla cucina perché non vuoi che scopra il tuo segreto per l’arrosto!”
Jackie scosse la testa mentre osservava Brian uscire dalla cucina con fare drammatico: poteva avere anche trent’anni ormai ma certi atteggiamenti non sarebbero mai mancati!
“Kev! Pensavo arrivassi domani!” Esclamò Brian non appena apparve in corridoio, dove Kevin si stava togliendo il cappotto.
“Ho pensato di fare una sorpresa ed arrivare prima. - Rispose il maggiore, scrollando i capelli per togliere quel poco di neve che era riuscito a colpirlo nel breve tragitto dal vialetto all’ingresso. - Inoltre domani è prevista neve e non vorrei rimanere bloccato in aeroporto e perdermi la vigilia qui da voi.”
“Oh. - Mormorò Brian, la fronte crucciata. - E.. nevicherebbe in tutti gli stati??” domandò poi, maledicendosi per non aver controllato le previsioni del tempo.
“A parte la Florida, sì.” Rispose Kevin.
“Maledizione!”
“Perché lo vuoi sapere?  E dov’è l’altra tua metà?” chiese Kevin incuriosito, soprattutto visto che, solitamente, Nick e Brian erano praticamente inseparabili.
“A parte che funzioniamo anche separati. - Rispose piccato Brian. - Nick è a New York.”
Kevin aggrottò la fronte. “Come mai?”
“Impegni di lavoro.” Fu la risposta di Brian mentre si spostavano nel salotto.
“E’ la verità?”
“Con questa tua domanda, vorresti implicare che io ti sto mentendo per non ammettere che abbiamo problemi oppure vuoi suggerire che Nick mi abbia mentito?” Rispose Brian sulla difensiva.
Kevin alzò le mani in segno di arresa. “Ehi, non ho detto niente. Ho fatto semplicemente una domanda.”
“Conosco i tuoi trucchi, Kev.”
“Mi preoccupo.”
“Ma in queste vacanze tu e Howie avete deciso di fare gli psicologi?”
“Siamo saggi e maturi.”
“Ed anche dei ficcanaso.”
“Sempre, sia nei giorni festivi sia in quelli lavorativi! - Commentò ironico Kevin. - A proposito, il mio compare e Jay dove sono?”
“Tua madre li sta portando in giro dai parenti. - Rispose Brian, il sorriso ad illuminare di nuovo il suo volto. - Voglio vedere in che stato torneranno visto che una delle tappe era casa di zia Jen!” 
In tutte le famiglie esisteva una zia Jen, la simpatica vecchietta vedova da anni che viveva solamente per gli incontri con i parenti, pronta a stritolarli in un abbraccio stretto, a lasciare impronte di rossetto e saliva sulle guance ed emicranie al ritorno a casa per il volume troppo alto della voce e delle risate sguaiate.
Kevin scoppio a ridere, alleggerendo così la tensione che si era creata dopo la sua amara domanda: non lo faceva intenzionalmente, si era reso conto di quanto suo cugino fosse felice, forse veramente felice da chissà quanto tempo e sapeva che la risposta stava tutta in Nick. Ma preoccuparsi era nei suoi geni, non poteva farne a meno, era abituato ad aspettarsi sempre il peggio in ogni situazione per non rimanerne ferito ed a volte invidiava l’infinito ottimismo di suo cugino.
Forse era anche per quello che andavano così d’accordo, in un certo senso si bilanciavano, aiutandosi a non andare agli estremi.
Brian era seduto sul divano, di lato con la testa appoggiata sulla testata, le ginocchia appoggiate al petto; da quella posizione, riusciva ad osservare il mondo esterno oltre alla finestra, quel paesaggio ormai imbiancato dove avevano trascorso metà della sua vita.
“Allora, Nick è a New York per quale motivo?” Chiese Kevin, sedendosi accanto a lui.
“Problemi con il contratto. L’etichetta vuole chiuderlo entro la fine dell’anno. Motivi fiscali, a quanto pare."
"Avresti potuto chiamarmi. Sai che ormai sono diventato un esperto in questo campo."
"Lo abbiamo saputo solo ieri! Eravamo a metà strada quando Ryan lo ha chiamato."
”“Ti ha detto quanto ci impiegherà?”
“Li conosci, fin quando non avranno quello che vogliono, lo terranno là, fregandosene se aveva impegni per Natale o altro.”
“Beh... magari si avvera un miracolo. - Commentò Kevin. - Io, il mio, l’ho già avuto.”
“Davvero? E quale sarebbe?” domandò Brian incuriosito. Il suo primo pensiero fu che lui e Kristin avessero finalmente scoperto di essere in dolce attesa, un desiderio che entrambi stavano inseguendo da qualche mese e che, fino a quel momento, s'era sempre fatto attendere. 
Kevin aspettò a rispondergli, andò a recuperare qualcosa dalla sua valigia, lasciata in corridoio.
“Che cos’è?” Domandò incuriosito Brian, una volta che Kevin ritornò in salotto e, all'apparenza, con niente in mano.
“L’ho finita.” Fu l'unica risposta di Kevin mentre faceva apparire fra le sue dita un foglio bianco.
Non serviva esplicitare il soggetto, Brian aveva intuito immediatamente che cosa stava tenendo fra le mani. Qualche anno prima, Kevin aveva incominciato a scrivere una canzone per suo padre, scomparso nel 1992 a causa di un cancro. Ma, fino a quel momento, era riuscito solamente a scrivere la melodia, trascorrendo ore ed ore su un pianoforte.
“Davvero?” Mormorò Brian con occhi sgranati, luccicanti però di orgoglio.
“Sembra strano, vero? Per anni ho distrutto blocchi, non trovando mai le parole giuste, il modo giusto per esprimere che cosa provavo. E una settimana fa, quando Nick ha chiamato per dire che la zia ci voleva a casa per Natale, ho incominciato a riflettere su che cosa significava tornare qui e ritrovare quei ricordi.” 
Kevin si alzò in piedi ed incominciò a camminare davanti al camino acceso, sulla cui mensola vi erano fotografie di famiglia, tra cui una di lui e Brian quando erano piccoli, forse qualche mese dopo il ricovero di Brian in ospedale. 
“Per la prima volta, non ho ricordato il dolore e la sofferenza, anche la rabbia, per la sua assenza. Ho ripensato a tutti i bei momenti passati, alla sua espressione d’orgoglio la prima volta che mi ha sentito suonare al pianoforte... e le parole sono fluite dal mio cuore a quel foglio.”
Senza indugi, Brian prese dalle mani di Kevin il foglio bianco ed incominciò a leggere quelle parole scritte nell’inconfondibile calligrafia del cugino:

 

The things we did, the things we said
Keep coming back to me and make me smile again
You show me how to face the truth
Everything that’s good in me I owe to you
Though the distance that’s between us
Now may seem to be too far
It will never separate us
Deep inside I know you are
Never gone, never far
In my heart that’s where you are
Always close, every day
Every step along the way
Even though for now we’ve got to say goodbye
I know you will forever in my life
Never gone
I walk alone these empty streets
There isn’t a second that you’re not here with me
The love you gave
The grace you’ve shown
Will always give me strength and be my cornerstone
Somehow you found a way
To see the best I have in me
As long as time goes on
I swear to you that you will be
Deep inside I know you are
Never gone, never far
In my heart that’s where you are
Always close, every day
Every step along the way
Even though for now we’ve got to say goodbye
I know you will forever in my life
Never gone

 
 

Per qualche secondo, l'unico suono udibile era lo screpitio della legna nel camino. 
"Allora?" Domandò Kevin impaziente. 
Brian alzò lo sguardo, gli occhi lucidi che nemmeno cercò di nascondere.  
“Kev... è perfetta! - Esclamò non appena fu sicuro che la sua voce potesse funzionare senza bloccarsi. - Non osare cambiare nessun virgola. Anzi, questo foglio lo tengo io!”
“Tanto ho una copia!” scherzò Kevin, cercando di mascherare quanto lo avesse commosso una reazione del genere da parte di Brian. 
Brian si alzò e si avvicinò al cugino. “Lo zio sarebbe fiero di te, lo sai?” Gli mormorò mentre lo stringeva in un abbraccio.
Con il groppo di lacrime al sentire quelle parole, quello che aveva sempre cercato di onorare dal giorno della sua scomparsa, Kevin si limitò ad annuire.
Sciolsero l'abbraccio dopo qualche secondo, fra le mani di Brian vi era ancora quel prezioso foglio. Kevin si schiarì la voce prima di porgli una domanda a cui teneva molto. “Bri, posso chiederti un favore?”
“Certo.”
“Papà amava la tua voce. Diceva sempre che avremmo potuto costituire un duo formidabile, io con il piano e tu con la tua voce."
“Solo in un caso: quando urlavo perché uno dei tuoi fratelli mi stava prendendo in giro!”
“I miei fratelli sono anche i tuoi cugini. - Sottolineò sorridendo Kevin. - Quello che voglio chiederti é di essere tu la voce principale. Solo così potrà essere perfetta."
Con l'espressione seria, Brian sorrise a Kevin.“E’ un onore. - Gli disse dolcemente. - E questa canzone finisce direttamente sull’album, qualsiasi sia la direzione che prenderemo.”
“Grazie.”
Non c'erano altre parole necessarie a spiegare che cosa significava quell'assenso da parte di Brian.
“Quindi, se io sono riuscito a finire questa canzone, Nick tornerà prima della mattina di Natale!”
Brian chiuse gli occhi, dolcemente dolorosa era la tentazione di sentire la pelle di Nick sotto le sue mani, di sentire il suo respiro sul suo collo mentre se ne stavano tranquilli davanti al camino. “Lo spero.” Pronunciò in un sussurro, insicuro se metterci così tanta fiducia in una mera fiaccola di speranza. Ma si fidava di Nick ed a quella fiducia si sarebbe aggrappato con tutto se stesso. 


 

*********

  

Il telefono incominciò a squillare che ormai il sole aveva abbandonato il suo posto – anche se oscurato dalle nubi colme di neve – per lasciare spazio ad una mezza luna.
Il numero che apparve sul display era sconosciuto a Brian e, per una frazione di secondo, fu tentato di non rispondere temendo che fosse qualcuno della fondazione; inoltre, se non fosse stato Nick, avrebbe tenuto occupato la linea impedendogli di raggiungerlo.
E, se invece, fosse proprio Nick il misterioso chiamante?
Abbandonando ogni indugio, Brian rispose quindi al telefono.
“Pronto?”
“Sono io.” 
“Come mai non stai usando il tuo cellulare?”
“E’ completamente morto. -  Spiegò Nick. - E indovina chi ha dimenticato il ricarica batteria a casa?”
“Howie?”
“Howie, probabilmente, ne ha cinque o sei di scorta in caso uno si rompa. Immagina se rimanesse senza cellulare!”
“Morirebbe... andrebbe prima in crisi di astinenza!”
Dall’altra parte della cornetta, Nick scoppiò a ridere. Aveva bramato quel momento per tutto il giorno, era stato strano e, in un certo senso, assurdo non sentire la voce di Brian per tutto quel tempo, non potergli chiedere consiglio sulla decisione migliore da prendere o commentare ironicamente il comportamento dei loro ex – manager. “Mi sei mancato.” Gli sussurrò quindi.
Brian sospirò. “Anche te. - Si sdraiò completamente sul letto e chiuse gli occhi, lasciando che la voce di Nick creasse l’illusione del suo corpo accanto a lui, un braccio attorno alle sue spalle mentre lui teneva la testa appoggiata al petto. - Com'é andata?”
“Bene. Ricordami che dobbiamo fare a Ryan un grande regalo, questa volta è riuscito a superare pur se stesso!”
“Quindi hai già concluso?” Chiese Brian speranzoso.
“Sembra strano ma sì. Le premesse non erano molto favorevoli e Ryan mi aveva preparato ad una battaglia senza esclusioni di colpi ma... scoppierai a ridere quando scoprirai qual era il gigantesco ostacolo che impediva loro di chiudere il contratto.”
“Devo indovinare o me lo dirai?”
“Nah, ti risparmio l’uso prolungato dei pochi neuroni rimasti! - Scherzò bonariamente Nick. - Il cavillo era il fatto che avevo firmato con Nick Carter invece che con il mio nome completo.”
“Oh certo, nel mondo della musica ci sono così tanti Nick Carter che dovevano assicurarsi che tu fossi quello giusto.”
“Riassumendo, il loro pensiero era proprio quello.”
“Okay, i dettagli me li potrai raccontare con calma quando sarai qui. Quando parti?”
“Ho chiamato l’aeroporto e questa notte non partono nemmeno i jet personali a causa della neve; c’è rischio di tempesta e quindi ogni volo è stata cancellato o rimandato alla mattina. Ho pensato anche a noleggiare una macchina ma...”
“No, Nick. Non fare cavolate! Se ci fosse qualcun altro con te sarebbe un conto, avresti qualcuno con cui dividere le ore di guida. Poi con la neve...” Brian non aveva lasciato terminare quello che Nick stava dicendo, il gene della preoccupazione era salito in automatico, superando di gran lunga la voglia di avere Nick fra le sue braccia.
“Se mi avessi lasciato concludere, papà, mi avresti sentito dire che non era una buona idea. Ho prenotato un posto per il volo di domani mattina, sempre ammesso che le piste riaprano.” Dopo di che, Nick dettò a Brian tutte le informazioni del suo volo, non sapendo se fosse riuscito a trovare un telefono disponibile per avvisarlo in caso di problemi.
“Okay, controllerò che il volo sia in orario e ti vengo a prendere all’aeroporto.” Disse Brian, una volta finito di scrivere.
“Non ce n’è bisogno.” Obiettò Nick, volendo fare una sorpresa al ragazzo.
“No, no... non provarci nemmeno! - Si oppose Brian. - E poi mi darai la scusa perfetta per sfuggire agli interrogatori delle tue  piccole fan.” Le piccole fan erano le nipoti di Brian, Lola e Nadia, innamorate pazze dello zio Nick.
“Le mie piccole pesti!”
“Appunto. La parola chiave è proprio pesti!”
“Sei geloso ed invidioso perché preferiscono lo zio Nick allo zio Brian!”
“Non è vero!”
“Ammettilo!”
“Mai.”
“Mai dire mai.”
“Su questo, posso darti la mia completa rassicurazione che non arriverà il giorno in cui ammetterò che sono geloso dello zio Nick.”
“Ahah! Lo hai appena ammesso!”
“Non è vero!” Esclamò Brian, anche se sapeva di essere caduto nella trappola tesogli da Nick.
“Ed arrivò finalmente il giorno in cui l’allievo superò il maestro.” Commentò Nick.
“Okay... potrei ammettere di essere un tantino geloso... ma non invidioso!”
Fra i due ragazzi calò un breve silenzio, entrambi rimasero quasi ipnotizzati nel sentire il suono dei loro respiri. 
“Bri... ti ricordi quando ero piccolo e venivo sempre a dormire da te?” Domandò Nick dopo qualche secondo.
“Certo che me lo ricordo. - Rispose Brian, un sorriso dipinto sul volto mentre riviveva quelle immagini. - Tu eri triste e Kevin non voleva farti chiamare a casa. Era la sua teoria del “strappa il cerotto in fretta che così farà meno male”.”
“Ti chiedevo sempre di cantarmi qualcosa. La tua voce mi rilassava sempre, stare fra le tue braccia mi faceva sentire protetto ed amato. Sapevo che, qualsiasi cosa sarebbe successa, tu l’avresti risolta. Eri il mio supereroe.”
“Non ho mai smesso di proteggerti, lo sai.” Mormorò Brian, la mano che era andata a sfiorare la piccola fede sul suo dito.
“Lo faresti ancora?”
“Che cosa?” Domandò confuso Brian.
“Cantare per me. Non so come potrei, altrimenti, riuscire ad addormentarmi senza di te.”
“Certo. - Rispose Brian. - Hai qualche richiesta particolare?”
I’ll be home for Christmas.” Rispose Nick. “E’ la mia promessa, dopotutto.”
"E' più che perfetta.” 


I’ll be home for Christmas
You can count on me
Please have snow and mistletoe
And present on the tree 
Christmas Eve will find me
Where the love light gleams
I’ll be home for Christmas
If only in my dreams

 

 

“Buonanotte amore.” Sussurrò Brian, appena finito di cantare e sentendo il lieve russare di Nick dall’altra parte della cornetta. 
Please, be home for Christmas.” Aggiunse prima di chiudere anche lui gli occhi e sperare di lasciarsi prendere da un sonno senza incubi e sogni.

 

 

*********

 

 

La mattina successiva arrivò velocemente, portandosi dietro l’anticipazione e l’eccitazione che la Vigilia di Natale regalava sempre in casa Littrell.
Nonostante ciò, quando Kevin entrò in cucina per prendersi una meritata tazza di caffè per svegliarsi completamente, lo fece con il pensiero che nessun altro, a parte lui, fosse già uscito dal mondo dei sogni.
Invece, per sua infinita sorpresa, nella stanza c’era già Howie, seduto al tavolo con una tazza in mano, il giornale davanti agli occhi e la televisione accesa su un canale di informazioni.
“Ehi.” Esclamò Kevin, annunciando la sua presenza.
Howie alzò gli occhi, mezzo sorpreso perché non si aspettava nessuno alzato a quell’ora. “Oh, buongiorno. Il caffè è ancora caldo.” Disse al ragazzo.
“Grazie. - Fu la risposta di Kevin. - Siamo noi i mattinieri del gruppo?” Gli domandò poi mentre si serviva, anche lui, una tazza di caffè.
“Jackie ti ha battuto. Quando sono sceso, mezz’ora fa, era già ai fornelli. Brian l’ha raggiunta poco dopo, non credo che abbia dormito molto ieri notte. - Incominciò a spiegare Howie. - Ad ogni modo, sono andati in centro a recuperare gli ultimi ingredienti per il cenone.”
“Si sa qualcosa di Nick?”
“Brian ha detto che ieri sera l’aeroporto era chiuso quindi Nick prendeva il primo volo nel mattino.”
“Meno male. Ieri sembrava un cagnolino abbandonato.” Scherzò Kevin.
Howie stava per ribattere quando una notizia dell’ultimo minuto al notiziario gli mozzò la voce in gola. 
“Oh Santissimo...” Imprecò, alzando il volume al massimo.
“Il volo FNFK20275, decollato da New York e diretto a Lexingotn, Kentucky, è caduto poco dopo il decollo. Al momento non si hanno ancora informazioni sulle cause del disastro, l’unica informazione resa disponibile è che non vi sono sopravissuti.”
L'asettica informazione era corollata da immagini da apocalisse: immense fiamme rosse occupavano il primo piano della scena mentre pompieri e soccorritori si davano da fare per poter prestare soccorso. 
Anche se inutilmente perché chiunque, vedendo quelle immagini, poteva dedurre che nessuno, per quanto fortunato o graziato dal destino, avesse avuto la possibilità di mettersi in salvo.
Howie si voltò verso Kevin, un Kevin completamente irrigidito e cadaverico nel volto. Dedusse che anche lui fosse giunto alla sua stessa conclusione.
“Forse... forse era un differente volo...” Cercò di dire ma la convinzione, nel suo tono di voce, era così flebile da non riuscire ad ingannare nemmeno se stesso.
Kevin non disse nulla, non poteva pronunciare nemmeno un esile suono senza avere la certezza di poter avere controllo sulle sue emozioni. Girò sui suoi tacchi e si diresse verso il corridoio, la sua meta era uno scrittoio sul quale sapeva che Brian lasciava tutte le informazioni importanti. Se conosceva suo cugino, sapeva che vi avrebbe trovato il numero di volo di Nick su un post it.
“Kev!” Howie lo stava richiamando ma il ragazzo continuò nei suoi passi. Una volta giunto a destinazione, incominciò a frugare fra i block – notes, appunti su ricette, appuntamenti che a lui non interessavano.
“Che cosa stai cercando?” Howie lo aveva raggiunto, sentiva la sua mano tremante sulla spalla.
“Brian annota tutto... - Mormorò Kevin flebilmente. - Avrà sicuramente scritto le informazioni del volo di Nick...” 
Mancavano ormai qualche altro foglietto e Kevin stava incominciando a pensare che lo avesse lasciato in camera sua. E ciò avrebbe significato il dover entrare, con il rischio magari di farsi beccare e senza una scusa pronta per giustificare la sua presenza lì o il perché stava frugando tra i suoi cassetti. 
Finalmente lo trovò e, una volta letto i numeri e le lettere nella calligrafia ordinata del cugino, Kevin rimpianse di averlo cercato. 
L’ignoranza, rispetto alla cruda realtà, era nettamente più attraente.
“Kevin? Che dice?” 
Kevin respirò a fondo, contando fino a dieci per ogni esalazione: ispira ed espira, ecco il mantra che il suo stesso cervello stava ripetendo ai suoi polmoni. Ma dalle sue labbra non uscì nemmeno il più flebile delle voci. Dirlo ad alta voce significava ammettere che era tutto reale.
Così, con una mano tremante, passò il foglio a Howie ma i suoi occhi non incontrarono mai quelli dell’amico. Non poteva sopportare di vedere riflessa la sua stessa disperazione.
“Oh... - Incominciò a dire Howie ma si bloccò, la voce rotta dalla consapevolezza che quei numeri portavano tristemente con sé. - Esiste un numero... un numero verde... per sapere se... oh Dio, non Nick!”
Il volume di tono in Howie era alto abbastanza per svegliare chiunque in quella casa così Kevin alzò di scatto la testa e gli fece segno di rimanere calmo. “Non... glielo possiamo ancora dire.” Non serviva pronunciare il nome, in entrambi c’era un’unica persona che non doveva essere messa al corrente fino al momento in cui non avessero trovato certezze.
In positivo o in negativo.
“Che cos’è questo baccano?” Gridò una voce dall’alto delle scale. Per un momento, Kevin ebbe paura che si trattasse di Brian ma poi si ricordò che era ancora fuori con sua madre. 
La figura che stava scendendo dalle scale apparteneva solamente ad Aj.
Solamente. Che eufemismo!
“Perché avete quelle facce da funerale? Domani é Natale, sant’iddio!”
In uno scambio veloce di sguardi, fu presa la decisione di chi avrebbe dovuto informare l'amico.
Fu Howie a prendersi quell'amaro onere. Ma non lì, in uno spazio dove chiunque avrebbe potuto sentirli così lo prese per mano e lo trascinò in cucina, dove ancora la televisione proiettava le immagini del disastro aereo. Inoltre, sapeva che senza una conferma l’amico non avrebbe mai creduto alle sue parole. Maledizione, nemmeno lui voleva crederci!
“Fischia, che brutto incidente! E poi proprio a Natale! Chissà che dolore per le famiglie di quei poverini...” Commentò Aj, mezzo addormentato non aveva ancora fatto attenzione alla scritta che compariva in sovraimpressione sotto le immagini del disastro aereo.
“Jay. Quell'aereo era diretto qui a Lexington.”
“E quindi? Conoscevamo qualcuno?” domandò Aj
“Sì.” Fu la laconica risposta di Kevin.
“Chi? Un vostro parente?” Aj si era voltato verso Kevin, dando così le spalle alla televisione.
“Non ne siamo sicuri.” Disse Howie. “Ma...”
Dio, se non riuscivano a dirlo a Jay, dove avrebbero trovato il coraggio di dirlo a Brian?
“Nick doveva tornare stamattina.” Intervenne Kevin.
“Oh, ha chiamato? Non ho sentito nessun telefono squillare!”
Kevin e Howie si scambiarono un’occhiata, sfidando l’altro a prendere parola. 
“No. Non ha chiamato.” Disse Howie. “Non stamattina, almeno.”
“Ah, vuole fare una sorpresa a Brian!”
Kevin incominciò a provare la voglia sempre più impellente di prendere Aj e sbattergli la testa contro il vetro del televisore, forse così sarebbe riuscito a comprendere quello che stavano cercando di dirgli.
“Jay. L’aereo che è caduto è partito da New York ed era diretto a Lexington.”
Aj aprì la bocca per dire qualcosa ma si bloccò, rendendosi conto di ciò che quella semplice affermazione comportava. “Vuoi... vuoi dire che... che Nick... é... - Incominciò a balbettare, disperazione e shock in un tono di voce che mai, solo rare volte, aveva tremato così violentemente. - ... là dentro?” Concluse indicando le fiamme che avvolgevano ciò che rimaneva di un enorme boeing.
“Non ne siamo sicuri.” Affermò Howie.
“Ma Brian ha segnato il volo che Nick doveva prendere e...”
“E cosa?”
“E coincidono.”
Aj si lasciò cadere sulla prima sedia disponibile, le mani che tenevano la testa, non volendo accettare quella cruda realtà. Il bisogno di qualcosa con cui stordirsi ed annebbiare il dolore lo investì in pieno.
“Come glielo diciamo?” Mormorò a sottovoce, una domanda rivolta non solo ai due amici ma anche ad una presenza celestiale.
Howie e Kevin non risposero: il primo si sedette sulla sedia accanto ad Aj, un braccio pronto a circondare l’esile figura dell’amico in uno scambio reciproco di conforto; il secondo rimase in piedi, non riuscendo a distogliere lo sguardo da quelle immagini che beffarde continuavano ad urlare una disperazione ed una sofferenza che presto avrebbero riempito anche quella casa.
Ed una lacrima, solitaria e invisibile, scivolò sul suo volto.  

 

 

 

 

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*Appare con uno scudo e giubbotto antiproiettile* Non mi uccidete, please! Tutto verrà spiegato... (ma tanto lo sapete che io sono sadica, vero?)
La prima canzone é "Never Gone" (ovviamente dei Back!) e la seconda la bellissima "I'll be home for Christmas", nella versione cantata da Brian!
Al prossimo aggiornamento, ringraziando prima tutte quelle che commentano o semplicemente leggono!
Cinzia

 

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Capitolo 6
*** Sesta Parte - Cause I just want you here tonight ***


‘Cause I just want you here tonight

 

 

 

 


 

C’era una strana tensione che alleggiava nella casa, un’aria gelida d’inspiegabile provenienza perché il riscaldamento era più che funzionante e nel salotto il fuoco scoppiettava nel camino. Nonostante ciò, Brian non riusciva a spiegarsi che cosa avesse dato inizio ai fremiti che, partendo dalla schiena, avevano avvolto tutto il suo corpo.
Certo, una spiegazione logica poteva essere che fuori c’erano quasi cinque gradi sotto lo zero ma, in qualche modo, ciò non spiegava perché il freddo sembrava provenire da una parte molto vicina al suo cuore.
Quella mattina, quando si era svegliato, per un lungo attimo Brian si era trovato spaesato, ignaro di dove fosse e perché; soprattutto, a ridestarlo dall’oblio, era stato un incubo, un’insieme confuso di immagini, figure nere che si sovrapponevano una sull’altra dando forma a disegni intricati ed, infine, grida di disperazione che si mescolavano ad una promessa di un ritorno.
In un angolo della sua mente, nonostante questa fosse ancora annebbiata dai fumi del sonno, una vocina aveva reclamando furiosamente la sua attenzione ma lui non era riuscito a decifrarne i suoni.
Istintivamente, quindi, si era voltato sul fianco, la mano a tastare la superficie attorno a lui, sperando di incontrare la pelle calda del suo amato; ma, quando trovò solamente le fredda e lisce coperte non utilizzate tutto era ritornato a galla: era da solo ma quel giorno... oh, sì, quello era il giorno in cui Nick sarebbe tornato da lui, scacciando via quella malinconica solitudine che lo aveva avvolto fra le sue glaciali braccia il giorno precedente.
Brina aveva aperto lentamente gli occhi, un po’ per abituare le sue iridi al brusco passaggio dall’oscurità alla luce, un po’ perché non voleva ancora svegliarsi; una piccola sensazione, un presagio, se ne stava lì nell’angolo, pronto ad assalirlo non appena fosse stato cosciente.
E quel sentimento non lo aveva lasciato in pace nemmeno quando, una volta abbandonato il letto e ridiscese le scale fino alla cucina, aveva acconsentito ad accompagnare sua madre al supermercato del loro vecchio quartiere per comprare gli ultimi ingredienti per il pranzo di Natale.
Con la mente da tutt’altra parte, Brian camminava tra gli scaffali colmi di prodotti senza vedere realmente ciò che stava prendendo in mano e buttando poi alla rinfusa nel carrello che spingeva con malavoglia.
Se solo avesse potuto contattare Nick per sapere se stava bene!
Sapeva che, sentire la sua voce assonnata bofonchiare un timido “Chi... rompe...”, avrebbe potuto calmare i suoi nervi.
“Bri, ti ho chiesto la salsa di pomodori non il ketchup.” Il rimprovero di sua madre lo ridestò dai suoi pensieri.
“Scusa, mi sono distratto.” Si scusò Brian, rimettendo al loro posto i due vasetti di ketchup che aveva infilato nel carrello.
“E’ la stessa cosa che mi hai detto per il tonno al posto del pollo e per le patate al posto delle cipolle. - Rispose sua madre. - Che cosa c’è che non va?”
“Niente.” Mentì Brian, sapendo che non sarebbe riuscito a convincere sua madre. A volte, avere un ottimo rapporto con la tua genitrice può avere risolti molto negativi, come quello di sapere, anche da un minimo segno, se stavi sostenendo la verità o meno.
“Sicuro?” Domandò Jackie, notando lo sguardo sconsolato del figlio.
“E’... - Brian sbuffò, rendendosi conto quanto fosse ridicola e patetica quella situazione, soprattutto tenendo conto quanti anni aveva. - Da quando Nick è andato a New York, continuo ad avere questa brutta sensazione. All’inizio, credevo che fosse per il viaggio, ma è andato bene; poi ho pensato che potesse essere per la riunione, avevo paura che non facesse in tempo a tornare per Natale e non so nemmeno per quale motivo è così importante per me!” Nervosamente, Brian incominciò a superare il reparto delle salse per passare a quello successivo. “Pensavo che le mie paure venissero spazzate via ieri notte, quando Nick mi ha detto che stava tornando. Invece, sono peggiorate. Continuo... continuo ad avere questa sensazione, è tutto quello cui riesco a pensare... - Brian si voltò verso la madre. - Sta per succedere qualcosa. E non posso fare niente per fermarlo.”
“Bri, perché non lo chiami?” Domandò affettuosamente Jackie.
“Ha il cellulare scarico, siamo rimasti d’accordo che ci saremmo visti all’aeroporto.” Rispose Brian, mentre le immagini del suo incubo tornavano a tormentarlo: su tutto, la voce tormentata di Nick che però gli prometteva che sarebbe tornato. 
Era quello che non riusciva a capire, perché avere un incubo su qualcosa di brutto se poi Nick sarebbe comunque tornato?
“So come ti senti, figlio. I primi tempi del matrimonio, tuo padre viaggiava molto e tu sai quanto io sia apprensiva. - Brian riuscì a sorridere a quella frase, l’ansia era qualcosa che sua madre gli aveva trasmesso. - Trascorrevo le giornate a pensare a quello che poteva succedergli, un incidente, una malattia... avevo mille e più scenari nella mente e ogni volta che il telefono squillava, pregavo che fosse tuo padre e non qualche sconosciuto con solo una brutta notizia.”
“Sai che così non mi fai star meglio?”
“Quello che sto cercando di dirti è che non puoi controllare quello che può succedere. Nella maggior parte dei casi, sarai solamente sopraffatto dalla paura e dall’ansia e rischierai solamente di rovinarti la vita. Oltre che la salute.”
“E’ solo che... - Brian si mordicchiò il labbro. - ... la nostra relazione è sempre stata segnata, ogni qualvolta riuscivamo a metterci sulla strada giusta, qualcosa s’intrometteva. Ed ora, ora che siamo così vicini a realizzare il nostro sogno, sto aspettando il prossimo cataclisma dietro l’angolo. E so che non è da me! Per quanto ne sappiamo, sono io quello che ha sempre spaventato le persone. E preferirei mille volte che succedesse qualcosa a me piuttosto che a Nick.”
“Bri, così non riuscirai mai ad apprezzare totalmente il buono che hai attorno. Tu sei la prova vivente che niente è impossibile quindi non perdere la fede. Tutte queste prove servono solamente per rendervi più forti. E voi avete già superato abbastanza ostacoli per sapere che non sarà un viaggio all’improvviso a spezzare il vostro legame.”
“E... e se lo fosse, invece? Sai come si dice, la classica goccia che fa traboccare il vaso. - Brian alzò lo sguardo ed incrociò quello della madre. - E se il nostro vaso fosse ormai già colmo?”
Jackie decise di non continuare quel discorso in un luogo pubblico così raggiunsero le casse per pagare ed uscire. In silenzio, si avviarono verso la macchina; Brian prese tempo nel mettere le buste marroni nel retro della jeep, ben sapendo che cosa gli aspettava una volta salito in macchina.
“Brian, da quando sei diventato così insicuro?”
Dritta al punto.
“La mia non é insicurezza, mamma. So che Nick mi ama ed io lo amo così follemente che, a volte, mi spaventa l’intensità di quello che provo. Ho sempre desiderato che questo rapporto diventasse qualcosa di serio, un impegno, ed ora che ci stiamo arrivando, ora che Nick stesso è pronto a fare questo passo... non lo so, è tutto troppo perfetto!”
“E non lo può essere? Ne avete passate, tu e Nick, sia come individui che come coppia. Niente è mai stato facile e non ci sarebbe gusto o soddisfazione in quel modo. Se pensi in negativo, se rimani sulle tue aspettando un dramma o qualsiasi cosa possa andar male. - lo rassicurò Jackie. - Non aver paura di sentirti finalmente felice.”
Brian abbracciò sua madre, non era sicuro di essere riuscito a mettere da parte le sue paure ma quella chiacchierata era riuscita ad indebolire.
Per tutto il viaggio di ritorno, aveva sentito lo spirito natalizio riuscire finalmente ad emergere oltre il  mare di insicurezze e malinconia che lo avevano sommerso in quei due giorni.
Sua madre aveva ragione, era finalmente giunto il loro momento di essere felici.
Ma questa nuova consapevolezza si era infranta non appena era entrato in casa.

 

 


********* 

 

 

 

Brian aveva quasi timore ad entrare in cucina, il luogo da dove provenivano voci concitate e... qualcuno che piangeva?
Sì, indubbiamente quei suoni che venivano sempre più forti man mano che lui si avvicinava alla porta erano singhiozzi, colmi di sofferenza.
Che cosa era accaduto?
Una parte di lui voleva scoprirlo, anelava a confortare chiunque dei suoi amici stesse soffrendo in quel modo; ma un’altra parte, molto più inconscia, lo stava mettendo in allerta, dicendogli di non entrare, di scappare prima che il dolore colpisse anche lui, tramortendolo fino a quando non si fosse trovato al suolo completamente distrutto.
Così Brian rimase immobile davanti alla porta, l’udito pronto a captare qualche frase, nella conversazione che avveniva al di là di quella soglia, che gli potesse far luce su quel miscuglio di contrastanti emozioni e pensieri.
“Non risponde nessuno.”
Quella prima voce apparteneva a Kevin, anche se non era il suo solito tono calmo ma tradiva agitazione e preoccupazione.
“... non fasciamoci la testa prima della botta... può darsi che abbia trovato...”
La seconda persona era sicuramente Aj, colui che cercava sempre mille attenuanti per non confrontarsi con la realtà.
“Quando torna?”
Howie era l’ultima voce. Di chi stava parlando? Brian lo aveva incontrato quella mattina presto, prima di uscire con sua madre, e gli aveva detto che Nick sarebbe tornato quel giorno. Perché doveva chiederlo, quindi?
“... Jackie ha detto che saranno qui tra poco...”
Sua madre? Che cosa centrava, ora, sua madre?
Perché avrebbe dovuto avvisare quando tornavano?
"... non possiamo ancora dirglielo...”
Dirgli che cosa?
“... lo distruggerà...”
Era sicuro di voler sapere che cosa stava succedendo?
Forse l’oblio dell’ignoranza era la scelta migliore. 
No, non poteva ripararsi dietro a mezze frasi, per quanto preoccupanti, solamente perché non voleva, o non poteva, far fronte a tutto ciò che lo aspettava in quella stanza.
Così Brian decise di entrare, la mano destra stretta attorno alla maniglia per un lungo momento prima di abbassarla ed aprire la porta.
Howie era in piedi, la schiena rivolta verso la porta e con la fronte appoggiata sul vetro della finestra; Aj, invece, era seduto su una delle sedie dell’isola, le mani congiunte sulla testa mentre lo sguardo era fisso verso lo schermo della televisione, Brian dedusse che fosse accesa ma il volume era quasi totalmente abbassato che riusciva a captare solamente qualche parola. Kevin, infine, continuava a camminare avanti ed indietro davanti al bancone, parlando animosamente al cellulare mentre stringeva, nella mano che non aveva il telefonino, un foglietto bianco.
“Che..." Incominciò a chiedere Brian ma si ritrovò la voce bloccata in gola. Aveva paura a fare quella domanda, anche se era più giusto dire che temeva di più nella risposta. Ed aveva ragione, visto che non appena il suo tono, dismesso, aveva annunciato la sua presenza nella stanza, i tre amici avevano alzato lo sguardo o si erano voltati verso di lui, un’espressione di assoluto terrore negli occhi.
“Brian! - In meno di un secondo, Kevin aveva chiuso la telefonata ed aveva fatto per avvicinarsi a lui ma Howie lo aveva anticipato. - Bri, perché non andiamo a parlare in salotto?” Gli domandò mentre, con forza, cercava di trascinarlo fuori dalla cucina. Ma Brian puntò i piedi, rimanendo immobile nella sua posizione.
“Voglio sapere che cosa sta succedendo.” Intimò con fermezza, volgendo lo sguardo su quello dei suoi amici.
Aj lo guardava come se fosse un fantasma mentre Kevin si stava dibattendo sulla mossa giusta da fare.
“Niente di cui...” Incominciò a dire Howie ma Brian voltò lo sguardo, fulminandolo con un’occhiata che non ammetteva risposte se non quella giusta.
Aj spense la televisione, Howie continuava a tenere le mani sulle spalle di Brian mentre lui e Kevin si fissavano a lungo, sfidandosi a chi avrebbe resistito fermo nelle sue decisioni.
“Va bene. - Mormorò Kevin, abbassando per primo lo sguardo. - Te lo diciamo."
“Non puoi!” Esclamò Howie, guardandolo sbalordito. Si voltò verso Aj, sperando nel suo aiuto ma, come sempre, questi preferì rimanere in disparte.
“Non possiamo nasconderglielo. - Obiettò Kevin. - Ha il diritto di sapere.”
Brian osservava spazientito quello scambio di battute, le unghia affilate di una paura crescente stavano risalendo sulla sua pelle, lasciando segni tangenti del suo passaggio mentre la voce che aveva sentito prima, quella che gli aveva consigliato di rimanere all’oscuro, ora stava riprendendo forza e per un lungo momento Brian pensò di darle ascolto.
“Potremo aspettare di avere maggiori informazioni.” Popose Howie, convinto di risparmiare così all’amico inutile sofferenza se la storia si fosse rivelata una bufala.
C’era anche una minima possibilità che potesse essere solamente un malinteso.
“E rischiare che lo venga a sapere accendendo la tv o da qualche vicino?” Fu la risposta di Kevin, ben sapendo che non appena si fosse saputo, chiunque conoscevano, anche solo di faccia, sarebbero giunti per offrire condoglianze o solamente per spettegolare.
“Mi dispiace deludervi ma, se non ve ne siete accorti, io sono ancora nella stanza! - Sbottò Brian. - Quindi, smettetela di discutere come se io non ci fossi e ditemi che cosa é successo!”
Kevin si avvicinò al cugino, volontariamente con passi lenti. “Questo che hai segnato è il volo di Nick, giusto?”
Brian osservò il fogliettino che Kevin teneva in mano. “Sì. Tra qualche ora lo vado a prendere.”
“Non dovrebbe chiamarti per avvisarti?”
“Ha il cellulare spento. La batteria si è scaricata ieri e non ha con sé il ricaricatore. Così siamo rimasti d’accordo che ci saremmo visti direttamente all’aeroporto.”
Kevin si passò una mano fra i capelli. Ecco spiegato perché il telefono di Nick risultava non raggiungibile, anche se non era un aiuto per fugare qualsiasi dubbio.
“Forse è meglio se ti siedi.” Gli consigliò Howie.
“Non ho bisogno di sedermi, ho solo bisogno di una risposta!” Ribadì Brian, sottolineando con forza quelle parole. No, non voleva sedersi e non voleva nemmeno stare in quella stanza! Voleva andare in aeroporto, vedere i capelli biondi di Nick apparire all’improvviso e finalmente riavere il suo corpo stretto accanto a lui, a scacciare via quelle stupide paure.
“Okay. Stamattina c’è stato un incidente aereo, un aereo è precipitato qualche minuto dopo il decollo.” Disse Kevin, non riuscendo a guardare Brian negli occhi.
“Che... - Brian deglutì il groppo in gola, le parole gli stavano morendo prima ancor che potesse pronunciarle. Ora comprendeva quel senso di allerta che aveva provato per tutto il mattino, qualcosa era effettivamente successo ma ancora la sua mente non riusciva a collegare le due informazioni. Forse ne era solamente terrorizzata, una sorta di difesa naturale perché ciò che non sai non ti può uccidere. - Quale volo?”
“Era partito da New York. - Rispose Howie. - Diretto a Lexington.”
L’informazione arrivò dritta al suo cervello, rompendo quella barriera che era stata costruita per difendersi mentre un invisibile coltello entrava piano nel suo petto.
C’è un solo volo diretto a Lexington. Ho prenotato un biglietto ma è solo domani mattina.
L’amara rivelazione, pronunciata dalla voce stanca ma felice di Nick, aveva schiacciato quello scorcio di speranza al pensiero che lui potesse tornare prima del Natale, come se fosse un fragile uccello, incapace di liberarsi da quella rete che gli era caduta sopra all’improvviso.
Nick.
Il suo Nick era su quell’aereo.
L’aereo che era caduto, forse ora vi erano ancora delle fiamme che lo avvolgevano e... no, no, no... non poteva pensare che Nick fosse là dentro, imprigionato e senza via d’uscita!
C’era un peso sul suo petto, stringeva, opprimeva il suo cuore che, in risposta a quella mancanza di spazio, batteva furiosamente, reclamando spazio, urlando il suo dolore; le voci attorno a lui si erano attutite, sembravano ovattate, così tanto che lui non riusciva nemmeno a comprendere che cosa stessero urlando, solo una arrivava chiara e forte ma Brian non riusciva a chi appartenesse: era una voce lacerante, perché nessuno lo stava consolando? Lui avrebbe voluto farlo, era straziante sentire quella voce negare quella verità, ma non poteva farlo; come poteva farlo quando l’aria sembrava bruciargli la gola, non riusciva a passare oltre alla sua bocca, in qualche modo veniva rigettata fuori prima che i suoi polmoni potessero riempirsi dell’agonizzato ossigeno?
Come poteva consolare qualcuno quando lui stesso ne aveva bisogno?
Faticava a respirare ed a comprendere quello che stava succedendo attorno a lui, davanti ai suoi occhi brillava una sola luce, sotto le sembianze di quel ragazzino, ora uomo, che era entrato nella sua vita e l’aveva modificata radicalmente. Il solo pensiero di non poter più respirare insieme a lui lo rendeva completamente vuoto, come se qualcuno avesse risucchiato qualsiasi emozione, sentimento, pensiero o funzione vitale; un contenitore senza vita, un mero corpo che camminava senza anima.
Perché la sua stessa anima stava bruciando, all’interno di quel groviglio di ferro e metallo.
Le voci attorno a lui si susseguivano ma lui non riusciva a distinguere le frasi: che cosa potevano chiedergli?
Che cosa potevano dirgli per scacciare via quel dolore?
Non esistevano parole giuste, formule magiche che, in un battito di ciglia, potessero cancellare le ondate di sofferenza che continuavano a colpirlo. 
Che senso aveva, quindi, anche solamente provare?
Brian voleva andarsene, scappare via, nascondersi fin quando quell’incubo non fosse terminato, fin quando Nick non fosse tornato dicendogli che era tutto uno scherzo. Lui si sarebbe arrabbiato, gli avrebbe urlato che scherzi di quel genere erano crudeli ed assurdi; ed avrebbero finito per litigare, oh Brian ne era certo perché lui e Nick erano egualmente testardi ed ostinati e nessuno dei due avrebbe ceduto facilmente! Ed infine... sì, infine avrebbero fatto la pace celebrando quell’armistizio fra le braccia l’uno dell’altro, scambiandosi promesse di non litigare mai più o di ammettere ogni qualvolta si era in torto.
Ma non poteva scappare: le gambe erano ferme immobili, i muscoli non rispondevano agli ordini che il cervello trasmetteva loro, oltre al fatto che qualcuno lo teneva stretto fra le sue braccia, in un abbraccio stritolante ma, in un certo senso, era rassicurante, anche se non apparteneva a Nick. Il profumo che lo avvolgeva era differente, più acre e... dolciastro? Vagamente, riuscì a ricondurre quell’odore ad un volto, Howie era la persona che lo stava tenendo fermo, sentiva la sua voce sussurrargli in un orecchio di stare calmo, che tutto sarebbe andato per il meglio.
E lui doveva anche crederci?
Nick era morto, come poteva Howie dirgli che tutto si sarebbe risolto?
Anche l’altra voce, quella che prima stava urlando, era arrivata alla sua stessa conclusione e lo stava gridando a tutti.
Era familiare, l’aveva già sentita... quell’accento pronunciato, tipico di quella zona...
Quando aprì gli occhi e si trovò di fronte lo sguardo colmo di disperazione e di altrettanta preoccupazione di suo cugino, Brian capì che quella voce apparteneva a lui.

 

 

 

 *********

 

 


 

New York

 

Il ragazzo scalpitava sul marciapiede, allungando lo sguardo alla ricerca di un taxi.
Era in ritardo e, ovviamente, niente era andato come di dovere: non solo la sera precedente si era dimenticato di puntare la sveglia ma, una volta vestitosi alla rinfusa, aveva impiegato una buona mezz’ora a disfare e rifare il borsone perché non trovava più il suo portafoglio; quando era sceso alla reception per il check out, aveva scoperto che la ragazza non aveva inserito la sua prenotazione nel sistema e quindi non aveva ancora pronto il conto.
Mancava mezz’ora alla partenza del suo volo ma con molte probabilità non sarebbe mai riuscito a prenderlo: il traffico di New York era paralizzato, come sempre durante le vacanze natalizie e già riuscire a trovare un taxi sarebbe stato un miracolo.
L’unica opzione era quella di cambiare il piano, farsi portare all’aeroporto La Guardia e lì sperare che ci fosse un altro volo, anche non diretto, che andasse a Lexington.
All’improvviso, vide apparire in fondo alla strada una macchina gialla, l’inconfondibile insegna con la scritta “taxi” spenta, quindi era libero; scese dal marciapiede ed incominciò a fare cenni per richiamare l’attenzione del guidatore. Fortunatamente, questi doveva essere un’anima pia perché si accostò immediatamente, scendendo pure dall’abitacolo per aiutarlo con il borsone.
“Dove la devo portare?” Gli chiese il tassista, un uomo di origini indiane a giudicare dall’accento.
“Con questo traffico, quanto ci impieghiamo a raggiungere l’aeroporto "La Guardia"?” Domandò il ragazzo mentre gli passava la sua borsa.
“Conosco qualche scorciatoia per arrivare in meno di mezz’ora.”
Il ragazzo annuì, prendendo posto sui sedili posteriori. Certo, quel cambiamento di programma avrebbe ritardato il suo arrivo e, non appena arrivato in aeroporto, avrebbe dovuto cercare un telefono ed avvisare il suo compagno, che altrimenti lo avrebbe aspettato per ore, preoccupandosi da morire. Lo prendeva sempre in giro su quel punto: gli diceva sempre che avrebbe avuto i capelli bianchi prima del tempo se continuava in quel modo, al che lui rispondeva che tanto esistevano le tinte e nessuno avrebbe scoperto il suo scheletro nell’armadio!
Oh, non vedeva l’ora di tornare a stringere fra le braccia il ragazzo, pensava fra sé e sé mentre la mano destra andava a sfiorare la piccola fedina sull’anulare sinistro, come se stesse accarezzando quella del suo compagno.
“I’m coming back. Sto tornando.” Sussurrò al vento mentre la macchina partiva spedita fra i grattacieli newyorkesi.


 

 

*********

 

 

 

 

Lexington, Kentucky

 

Kevin appoggiò il telefono sulla superficie di legno del tavolo, chiudendo gli occhi e sperando in qualche modo che il suo mal di testa scomparisse nell’immediato presente.
No, quello che sperava ardentemente che scomparisse era quell’incubo.
Mai si era immaginato di dover fare quelle telefonate; mai aveva preteso di sapere come si sarebbe comportato, ognuno di loro, di fronte ad un emergenza o ad una tragedia.
Nelle orecchie aveva ancora l’eco delle urla di Brian e, di sicuro, avrebbe continuato a sentirle per giorni e giorni esattamente come avrebbe ricordato lo sguardo nei suoi $occhi, un’angoscia che lo aveva reso impotente, terrorizzato fino al midollo al pensiero che niente, se non l’impossibile ritorno di Nick, avrebbe potuto rimettere insieme i pezzi di un cuore non spezzato ma completamente frammentato.
Nei film o nei libri si parlava sempre di “andare in shock” e mai, prima di allora, Kevin era riuscito a comprendere che cosa significasse quel termine; quel giorno, però, aveva ne aveva avuto una diretta testimonianza.
Evento che avrebbe preferito evitare di assistere.
Dopo essersi, se così si poteva dire, calmato, Brian lo aveva fissato negli occhi per un lungo momento prima di pronunciare, in un sibilo flebile ma determinato, che Nick non era morto.
Quelle erano le uniche parole che erano uscite dalle sue labbra, prima di rinchiudersi in se stesso; nessuno era riuscito più ad avvicinarlo, nemmeno sua madre che, invano, aveva tentato di aprire uno scorcio. Brian se ne stava seduto sul divano, lo sguardo fisso sulla finestra, senza notare niente e nessuno. L’unico lampo di luce era stato quando il suo cellulare aveva incominciato a squillare, solo per poi fare un volo/scontro contro il muro quando il chiamante era risultato essere un giornalista alla ricerca dello scoop sulla reazione alla morte di Nick da parte dei suoi “fratelli”.
I giornalisti, già.
Erano trascorse esattamente tre ore dal momento dell’incidente e, inspiegabilmente, era già stata divulgata la notizia che su quel volo vi era anche Nick Carter; nonostante non fossero più sotto la luce dei riflettori – i Backstreet Boys erano in pausa ormai da un anno e mezzo – l’isteria attorno a Nick era ancora a livelli indescrivibili, considerato che era l’unico del gruppo ad essere uscito con un cd solista e tutti i vari gossip attorno alla sua misteriosa fidanzata.
Da quel momento, era stato un susseguirsi di telefonate che aveva reso impossibile anche solamente fermarsi un secondo e riflettere su tutta quella situazione.
“Kev?”
Howie era entrato silenziosamente in salotto e si era avvicinato all’amico.
“Che c’è?”
“Mi ha appena chiamato Johnny, visto che non riusciva a raggiungere né te né Brian.”
Lo sguardo di Kevin, ed anche quello di Howie, finì sui resti del cellulare adagiati sul pavimento.
“Vuole sapere se vogliamo fare un comunicato stampa con delle dichiarazioni. I siti gestiti dai fan stanno implodendo, i telefoni della casa discografica sono presi d’assalto...”
“No.”
A rispondere non era stato Kevin, né Aj. No, quel secco rifiuto ad annunciare al mondo che Nick era effettivamente uno delle vittime di quella tragedia, proveniva dall’unico che ancora negava quella realtà.
“Brian. - Lo richiamò Kevin, sedendosi accanto a lui. - Non puoi continuare ad illuderti.”
“Nick è vivo.” Ripeté Brian con più forza e determinazione.
“Brian, non credi che è quello che tutti noi vorremmo? Credere che sia ancora vivo e sperare che sia solamente uno scherzo?”
Brian alzò di scatto il volto, per la prima volta nei suoi occhi, fino a quel momento completamente vacui e svuotati da ogni espressione, una luce gli illuminava il viso. “Non mi sto illudendo. Se voi siete così convinti che sia morto, non è un mio problema!”
Kevin scambiò uno sguardo con gli altri due ragazzi, indeciso su come andare avanti.
“Brian, il suo nome era fra i passeggeri. Tu stesso sai che avrebbe preso quell’aereo.”
“Avrebbe! Magari non lo ha fatto! Lo sai com’è fatto, se non ci sono io si dimentica di puntare la sveglia. Potrebbe essersi svegliato in ritardo! Avete provato a chiamare l’hotel per sapere a che ora ha fatto il check – out?”
“Brian...”
Ma Brian continuò con le sue ipotesi, come se non avesse sentito la voce di Aj. “E dovremmo controllare anche altri voli, magari è andato ad un altro aeroporto.”
“Brian.”
“Probabilmente é così. Si é svegliato tardo ed é andato ad un altro aeroporto, trovando solo un volo che faceva scalo in un'altra città."
Fu Kevin ad intervenire. Gli mise le mani sulle spalle, costringendolo a guardarlo negli occhi. “Se fosse così, perché non ha chiamato? A quest’ora avrà saputo quello che è successo e sa benissimo quanto tu ti preoccupi. Ti avrebbe chiamato per rassicurarti che stava bene.”
“Magari non ha potuto! - Ribatté Brian, non volendo nemmeno per un secondo pensare a ciò che Kevin stava insinuando. - Non sono pazzo, Kev!”
Kevin cercò di stringerlo a sé ma Brian non glielo permise. 
“Non lo penso, Brian. Sei sotto – shock ed è comprensibile, lo siamo tutti. Nick era... era un fratello per me, credi che la sua morte non abbia distrutto anche me? O Aj? O Howie?”
“Voi siete così convinti che lui sia morto..”
“No, non ci stiamo nascondendo dietro ad una falsa illusione. So che fa male ma sarà peggio se ti chiudi in un angolo negando la realtà.”
Per un momento, il silenzio scese come un velo fra i due ragazzi.
Fu Brian a spazzarlo via, anche se il tono era così basso che poteva essere benissimo sormontato dal ticchettio del pendolo o dallo strepitio della legna nel camino. Ma Kevin sentì benissimo quelle quattro parole, una frase sotto il cui peso il suo cuore si stava lentamente spezzando per il cugino.
“Me lo aveva promesso.”
Questa volta, quando Kevin cercò di abbracciarlo, Brian non oppose resistenza, lasciò che le braccia lo circondassero mentre una lacrima incominciava a scendere dal suo viso.
“Me lo ha promesso! - Continuò a mormorare Brian mentre Kevin lo cullava come una madre avrebbe fatto con un bambino, accarezzandogli i capelli in lenti gesti. - Aveva detto che sarebbe tornato... me lo ha promesso... Kev, fallo tornare... per favore... ho bisogno di lui...”
Kevin non poteva fare niente per alleviare quel dolore, quell’angoscia che scaturiva da ogni singhiozzo, ogni lacrima, calda acqua, che scendeva dal viso di suo cugino; gli si stringeva il cuore sentire quelle suppliche disperate sapendo che nessuno poteva esaudirle.
Così non fece altro che stringere ancora di più quel batuffolo fra le sue braccia, incontrando altre due paia di braccia; alzò lentamente il viso ed incontrò quello di Howie ed Aj, entrambi segnati dalle lacrime.
Sentire Brian pregare che qualcuno facesse tornare Nick era stato sufficiente per far crollare quel poco di autocontrollo che erano riusciti a mantenere fino a quel momento.
“Kev... è vivo... lo so... non mi avrebbe mai lasciato senza dirmi addio...”
Il maggiore ributtò indietro il groppo che gli si stava formando in gola. “Lo so, Bri, lo so. Ma non lo ha fatto apposta. A volte... - la sua voce tremò ma sapeva che doveva rimanere forte. Lui aveva imparato quella lezione nel modo peggiore. - ... a volte devono andare senza salutare perché farebbe più male vederli lasciarti. E Nick non è scomparso. Sarà sempre con te, con noi.” Terminò con un dolce bacio sulla fronte.
“No, no, no, no! - La veemenza con il quale Brian reagì a quelle parole spaventò i tre ragazzi. Brian alzò il volto e guardò attentamente, per qualche secondo, quei visi famigliari. - Vi prego... almeno voi... dovete credermi! Nick è vivo! Lo so, lo so... non è possibile ma... lui è ancora qui!”
Kevin, Howie ed Aj lo guardarono, chiedendosi se fosse ormai troppo tardi per cercare di fargli cambiare idea.
“O... okay, Bri. Facciamo così. Tu ora vai su a riposare... - Gli propose Kevin, spostando un ciuffo, ormai bagnato dalle lacrime, dalla fronte di Brian. - ... e noi vediamo se riusciamo a recuperare qualche informazione.”
Howie stava per ribattere ma il cenno, quasi impercettibile, d’assenso di Brian lo interruppe prima che potesse parlare.
Aj aiutò Brian ad alzarsi, quest’ultimo appoggiandosi completamente all’altro. Un pensiero lo colpì, anzi, un ricordo, alquanto sfocato visto che apparteneva ad un periodo in cui la sua mente era annebbiata dall’alcool: ma quella particolare scena non era avvenuta solamente una sera ma molte a seguire, quasi come un rituale: lui che ritornava da qualche locale e Brian ad aspettarlo, pronto ad aiutarla ad entrare in camera.
Già, i ruoli si erano modificati quella sera ma, per una volta, Aj era grato di poter essere d’aiuto.
Una volta raggiunta la sua camera, Brian si lasciò cadere sul letto, raggomitolandosi immediatamente su se stesso; Aj scomparve per qualche secondo per tornare con una coperta, con la quale coprì il ragazzo.
“Alex?”
“Sì?” Aj si sedette sul bordo del letto, stringendo la sua mano attorno a quella di Brian.
“Puoi... - Incominciò a dire Brian, chiudendo gli occhi nella speranza di poter metter freno alle lacrime. - Puoi rimanere qui con me? Non voglio rimanere solo.”
“Certo. - Lo rassicurò Aj. - Ora cerca solamente di dormire un po’, okay?”
La mano di Brian, quella che non era stretta fra le dita di Aj, andò a coprire quell’ingarbuglio. “Lo sai... Nick ti ha sempre ammirato.” Gli disse a bassa voce.
“Scherzava. Non ho niente per cui farmi ammirare. A parte il fatto che ballo meglio di lui.” Cercò di buttare sul ridere Aj.
Brian scosse la testa. “No. Ammirava come eri riuscito a rimetterti in piedi, nonostante all’inizio fossi stato molto riluttante ad entrare in riabilitazione. Hai toccato il fondo e sei stato in grado a risalire il pozzo e cambiare. Questo richiede molta forza e Nick te l’ha sempre invidiata.”
Aj non sapeva che cosa rispondere, gli succedeva sempre quando qualcuno gli faceva un complimento, soprattutto se proveniva da uno dei suoi amici.
“Non dirglielo, per favore.” Sussurrò Brian.
“Sarà il nostro segreto.” Gli mentì Aj, ben sapendo che non avrebbe avuto mai la possibilità di parlare con Nick di quello che Brian gli aveva appena rivelato.
“Quando avevo un incubo, Nick rimaneva sveglio fin quando non mi addormentavo, rassicurandomi che così avrebbe scacciato via qualsiasi cosa avrebbe potuto disturbarmi. - Continuò Brian, gli occhi socchiusi, accarezzando la mano che teneva stretta la sua. - Era la stessa cosa che facevo io quando Nick aveva un incubo. Solo che questo non è un brutto sogno, vero? Se anche mi svegliassi, non troverei il viso di Nick a pochi centimetri dal mio, quel sorriso che amo illuminargli gli occhi e augurarmi “Buon Natale”. E... e nella mia mente, so che devo accettare che se n’è andato ma... non so come spiegartelo, una parte di me sa che non è così, sa che Nick è ancora vivo e sta cercando in tutti i modi di tornare a casa da me. A chi devo credere? A cosa devo credere?”
Aj non seppe che cosa rispondere, lì sul momento, frastornato da quel discorso; non era da Brian non sapere che cosa fare. La determinazione che aveva sempre ammirato nel ragazzo era crollata miseramente come un castello di sabbia. E quelle mani che stringevano le sue ora gli stavano chiedendo un appiglio, qualcosa a cui aggrapparsi per non perdersi in quel buco nero che lo stava avvolgendo. 
“Credi a Nick, Brian.” Gli disse quindi. Una mezza bugia o forse, solamente, un piccolo conforto.
Brian sembrò essere soddisfatto di quella risposta, il suo cuore gli aveva detto la stessa cosa, credere sempre in Nick e nel loro amore, anche quando le circostanze combattevano contro di loro; si lasciò cullare dal battito, lento e regolare, di Aj e poi si ritirò in quello spazio onirico dove Nick lo stava aspettando.
Aj tirò un sospiro di sollievo quando si accorse che Brian s’era finalmente addormentato.
E, prima di sedersi comodamente su una poltroncina, pregò che, almeno quel Natale, anche per loro ci potesse essere un piccolo miracolo.

 

 

 

 

********* 

 

 

 

 


La Guardia, New York

 

 

Il ragazzo biondo tamburellava nervosamente le dita sul bancone mentre aspettava che la ragazza dietro lo sportello gli potesse dare qualche risposta.
Appena arrivato all’aeroporto, come prima cosa aveva cercato il monitor in cui venivano annunciati i voli in partenza ed aveva scoperto con sgomento che ogni volo diretto a Lexington era stato cancellato.
Così eccolo lì, a chiedersi in che modo avrebbe potuto raggiungere la sua destinazione.
“Mi spiace ma i voli diretti sono stati cancellati a causa di un incidente.”
“Incidente?” Domandò sbigottito il ragazzo.
“Non l’ha saputo? Il volo diretto delle nove è precipitato subito dopo il decollo. Per questo non partono gli altri.”
Quel volo era quello in cui sarebbe dovuto salire se non fosse stato per l’essersi svegliato in ritardo.
Doveva chiamare a casa.
Doveva rassicurarlo che non era morto, che era vivo, respirava e stava tornando.
Ma prima doveva prendere un biglietto, per qualsiasi città, bastava che poi potesse raggiungere, in qualsiasi modo, Lexington.
“Io devo raggiungere Lexington assolutamente.” Disse quindi alla ragazza.
“Può prendere un volo per Louisville, ce n’è uno che parte tra un’ora.”
Il ragazzo calcolò quanta distanza c’era tra Louisville e Lexington. Doveva essere un’ora e mezza o due, quindi avrebbe potuto essere a casa prima che la mezzanotte scoccasse.
Sì, era fattibile.
Avrebbe noleggiato una macchina.
“Lo prendo. - Disse alla ragazza, passandole la sua carta di credito e un documento d’identità. La ragazza, prendendoli in mano, si lasciò scappare un gemito di sorpresa. - Lei é...?”
“Preferirei che non si sapesse in giro." Mormorò Nick a bassa voce, girando lo sguardo a destra ed a sinistra per assicurarsi che nessuno gli stesse prestando attenzione.
“Comprendo. - Rispose la ragazza. - Sa, sono una vostra fan sin dall’inizio.”
Il biondino le sfoderò il suo miglior sorriso. “Spero che continuerà ad esserlo.”
“Quando vi deciderete a tornare, sarò una delle prime in coda a prendere il cd.”
“Uscirà presto.”
Il ragazzo ritirò il suo biglietto; stava per girarsi quando la ragazza lo richiamò. “Mi saluti Brian. Lui è sempre stato il mio preferito.”
Lui avrebbe voluto chiedergli come diavolo avesse fatto a capire che stava andando proprio da Brian quando un piccolo dettaglio gli rischiarò la situazione: lei aveva detto di essere una loro fan, lui stava andando in Kentucky e Brian era di quello stato; fare due più due non doveva essere difficile; anzi, in questo caso, tre più tre.
Siccome aveva ancora da aspettare prima di potersi imbarcare, il ragazzo decise di andare a cercare un telefono. Doveva assolutamente chiamarlo ma, una volta trovata una cabina e composto il numero, l’unico suono che ricevette fu quello di una voce metallica che lo informava che l’utente da lui contattato non era raggiungibile.
“Perfetto!” Sbottò mentre riattaccava. Avrebbe provato a chiamare prima dell’imbarco.

 

 

 


********* 

 

 

 

 

Lexington


Il tempo aveva incominciato a trascorrere lentamente, quasi come non volesse portare la gioia di un giorno festivo come il Natale in quella casa colpita da quella terribile tragedia.
Piano piano, non appena saputo della notizia, parenti ed amici avevano incominciato a far visita, chi per portare una parola di conforto e chi, invece, solamente per catturare qualche gossip o pettegolezzo.
Kevin era al telefono ma, almeno per quella chiamata, era con una persona amica.
“Ho provato a chiamare Brian direttamente sul suo cellulare ma mi dice che non è raggiungibile.”
“Ha fatto un brutto incontro con il muro.”
“Avrei dovuto immaginarlo. Come sta?”
Kevin si lasciò sfuggire un sospiro, tremolante per l’intensità delle emozioni che teneva imbottigliate dentro di sé. “Onestamente? Sono preoccupato. Passa dall’essere completamente distrutto dalla notizia al credere testardamente che Nick sia ancora vivo in meno di cinque secondi. Ed io ed i ragazzi non sappiamo che cosa fare, se lasciarlo in questa bolla che si è creato o se metterlo davanti alla realtà ogni volta.”
“Non ci sono consigli giusti, Kev. So che è brutto da dirlo ma... devi lasciarlo crollare. Solamente in questo modo potete davvero aiutarlo.”
“Tu ne hai avuto una diretta testimonianza, vero?”
“Già, anche se le circostanze erano molto differenti. Ma, una volta liberatosi da tutto il dolore e dalla disperazione, solo allora potrà cominciare a rimettersi in piedi.”
Kevin, con il telefono incastrato fra spalla ed orecchio, stava nel frattempo cercando qualsiasi appiglio che potesse dar concretezza all’idea di Brian. “Credi che possa essere possibile? Che in qualche modo, astruso e lontano da ogni logica, Brian sia in grado di sapere se Nick sia vivo o morto?”
Era quella la domanda che aveva continuato a girargli intorno per la mente, quello il motivo per cui aveva acconsentito a non scrollare il cugino fin quando non aprisse gli occhi ed accettasse la realtà, per quanto tragica essa fosse.
“Ci ho pensato spesso. Quei due... hanno un legame speciale, quasi unico. A volte è come se si leggessero il pensiero, capiscono immediatamente che cosa preoccupa l’altro solamente da uno sguardo, senza scambi di parole o altro. Quindi è molto probabile che possa essere una cosa del genere.”
“Vuoi parlarci? Posso vedere se è sveglio, Aj è con lui... preferiamo non lasciarlo solo. Non che pensi che possa essere in grado di fare qualche gesto drastico ma... meglio prevenire che curare, no?”
“Lascialo dormire. In questi casi è l’unica medicina possibile.”
“Sei tu il medico, obbedisco al tuo consiglio.”
“Proverò a chiamare più tardi, tienimi comunque informato nel caso ci fossero sviluppi. In ogni senso.”
“Avrebbe bisogno del tuo conforto, Ewan. Non riesci proprio a venire?”
“Non sai quanto darei per essere lì ma sono bloccato in ospedale. Nel periodo natalizio c’è il picco dell’influenza e la maggior parte dei pazienti sono bambini. Ed io sono l’unico pediatra disponibile.”
“Allora ti farò sapere qualcosa.”
Proprio mentre Kevin stava chiudendo la telefonata, Aj e Howie fecero la loro apparizione nel salotto.
“Novità?” Domandò Howie vedendolo al telefono.
“No. Era semplicemente Ewan. Non ho la più pallida idea di chi chiamare per verificare se Nick sia davvero salito su quell’aereo o su un altro.” Rispose Kevin mettendosi la testa fra le mani. Organizzare meeting con la casa discografica, trattare con i proprietari di studi di registrazione o con produttori, quello era ciò in cui era più che bravo ed efficiente!
“Incominciamo dall’inizio. Brian ci ha dato alcuni spunti, prima.” Esclamò Aj, sedendosi accanto a Kevin e prendendo il computer.
“In che senso?” Domandò perplesso Howie.
“Prima, quando Kevin gli ha detto di Nick, ha ribattuto che molto probabilmente avrà perso l’aereo perché si era svegliato tardi. Quindi, basta solo ricordarci in quale hotel soggiornava e potremo verificare a che ora ha fatto il check – out.”
Kevin lo guardò dubbioso. “E baseremo tutta una difesa su un mero fatto?”
“Beh, se ha lasciato l’albergo dopo le nove, è molto improbabile che si sia imbarcato sull’aereo precipitato.” Si intromise Howie, seguendo il filo logico del ragionamento di Aj.
“E quindi perché il suo nome figura tra la lista dei passeggeri?” Ribatté Kevin, inarcando il sopracciglio.
“Stai per caso facendo l’avvocato del diavolo?” sbottò Aj.
“E’ una giusta considerazione.” Osservò Howie.
“Tu da che parte stai?” gli domandò Aj.
“Direi dalla parte della verità.”
“Odio quando fai il diplomatico. - Borbottò Aj fra sé e sé. - Almeno ti ricordi a che albergo alloggiava?”
Howie ripensò all’altro giorno, quando avevano accompagnato Nick all’aeroporto. Durante il tragitto, Brian aveva fatto parecchie telefonate, fra cui le prenotazione a più di un albergo: era una pratica a cui erano abituati da anni, considerato che le loro fan erano meglio di spie russe del KGB e riuscivano a sapere l’esatto luogo in cui sarebbero arrivati ancora prima che loro stessi lo sapessero! “Sono sicuro che abbia menzionato l’Hilton.”
“Sì ma anche aggiunto che avrebbe preferito che Nick non rimanesse lì perché Paris ha messo le sue mira su di lui.” Obiettò Aj.
“Prova con il Ritz, allora.” Lo incoraggiò Howie, sperando di essere sulla strada giusta. Aj cercò il numero sul portatile, controllò una seconda volta di aver trascritto il numero giusto e poi lo passò a Kevin.
Non ancora convinto che quella fosse l’idea giusto, Kevin compose le cifre del numero ed aspettò che qualcuno gli rispondesse.
Howie ed Aj rimasero in silenzio ad osservare lo scambio di battute fra il maggiore, il cambio di espressione sul volto dell’amico prospettava loro un esito positivo.
“Allora?” Domandarono all'unisono speranzosi, una volta terminata la telefonata.
“Non è una cattiva notizia ma nemmeno buona. La ragazza con cui ho parlato ha detto che Nick ha fatto il check – out verso le otto e mezza.”
Howie comprese dove volesse andare a parere Kevin. “Mezz’ora è sufficiente per raggiungere l’aeroporto ed imbarcarsi sull’aereo.”
“Oh, andiamo! Stiamo parlando di Nick! Se ci fosse stato Brian con lui, forse ce l’avrebbe fatta! Ma, conoscendolo, si sarà perso.” Obiettò Aj.
“Jay, capisco che tu voglia credere a Brian ma tutti gli indizi portano alla conclusione che Nick è salito su quell’aereo.”
“Quindi tu ti arrendi alla prima difficoltà?”
“Jay, vorrei quanto te che Nick non avesse preso quel maledetto aereo ma sfuggire alla realtà non servirà a riportarlo indietro!” Kevin era furioso ma cercava di tenere basso il volume, per non svegliare Brian. Assistere ad una discussione era l’ultima cosa di cui avesse bisogno in quel momento e lui voleva dedicare qualsiasi energia, mentale e fisica, ad occuparsi di lui. 
Era l’unico modo che aveva per non crollare e piangere.
Aj stava per ribattere qualcosa ma Howie intervenne, deciso ad interrompere quell’inutile lite prima che sfociasse in qualcosa che entrambi avrebbero rimpianto. “Litigare non è la soluzione. Kevin ha perfettamente ragione. - Disse guardando Aj. Poi voltò lo sguardo verso Kevin. - Ma anche Jay non ha tutti i torti. Mezz’ora è davvero poco tempo per arrivare in aeroporto e fare tutti i controlli per l’imbarco, specialmente con il traffico di New York la vigilia di Natale.”
Aj lanciò uno sguardo di vittoria verso Kevin.
“Non esiste un unico aeroporto a New York. E se Nick si fosse diretto verso uno degli altri due?”
“Qual è il più vicino?” Domandò Aj, avvicinandosi all’amico.
Howie prese possesso del computer e cercò su internet una mappa di New York. “Il più vicino è La Guardia.”
“Quindi ora chiamiamo loro?”
Howie prese il suo cellulare pensieroso. “Conosco qualcuno che ci lavora. Faccio qualche telefonata.”
Aj sorrise, alzando lo sguardo verso il cielo.
Forse quest’anno avrebbero avuto un miracolo.

 

 

 

 


********* 

 

 

Tampa, Florida

 

 

Jane Carter aveva un’abitudine, una routine che aveva iniziato a seguire da qualche giorno.
Si sedeva sul bordo del letto, apriva il secondo cassetto del comodino e tirava fuori un lungo biglietto bianco; con la punta dell’indice seguì il breve tratto di inchiostro nero, tracciando i confini delle parole inscritte.
Per l’ennesima volta, si domandò quale fosse la scelta migliore: partire o rimanere a casa?
Non era una decisione semplice da prendere.
Partire, raggiungere suo figlio, significava ammettere di aver sbagliato qualche anno prima.
Brian le aveva fatto capire che non avrebbe trovato odio o risentimento se avesse deciso di presentarsi a casa Littrell. Ma lei conosceva suo figlio, quello che gli aveva fatto era troppo per poter essere accolta con un abbraccio ed un “ti voglio bene mamma.”
Aveva sempre riflettuto su quelle sue azioni, sin dal momento in cui Nick era uscito dalla sua vita. Fino a quel momento, aveva sempre pensato di aver agito giustamente, avendo sempre in mente il bene di suo figlio. Scioccamente, non si era mai resa conto di quanto Brian fosse la persona giusto, quella che tutti cercano per se stessi.
L’anima gemella di Nick.
Erano amanti, erano migliori amici, erano l’uno la roccia dell’altro.
Grazie a Brian, Nick aveva imparato a pensare prima agli altri che a se stesso, a preoccuparsi delle conseguenze delle sue azioni invece che al profitto che ne avrebbe potuto ricevere.
Grazie a Brian, suo figlio, quel ragazzino che aveva spronato a salire su un palco per risplendere, splendeva anche quando i riflettori erano spenti ed il teatro si era ormai svuotato di fans acclamanti.
Ma lei si era spaventata.
Si era preoccupata di ciò che la gente avrebbe potuto pensare di quella relazione, del male che avrebbero potuto fare a quell’angelo una volta saputo chi era il centro del suo mondo.
Mai aveva creduto in quell’amore.
Ma il fatto che Brian fosse venuto, di sua spontanea volontà, per cercare di rimettere in sesto un rapporto di cui lui era l’involontario colpevole... quello le aveva aperto gli occhi.
Entrambi i ragazzi, per l’altro, avrebbero smosso mari e monti se fosse servito a renderlo felice.
“Mamma?”
Jane si asciugò velocemente gli occhi ed alzò il viso, alla ricerca della voce che l’aveva richiamata. Trovò suo figlio minore, Aaron, appoggiato allo stipite della porta. In controluce, la somiglianza con suo fratello maggiore era quasi shockante.
“Vai. È ora che rimettiate insieme i cocci.”
“Non è così semplice.”
“Lo so. Ma Nick non è più il ragazzino viziato che ti cancella dalla sua vita se sgarri una volta. Brian... sì, stare con Brian lo ha cambiato. E in meglio.”
Dicendo quelle parole, Aaron si era avvicinato e si era seduto accanto alla madre, prendendo una mano fra le sue.
“Solo un miracolo può far sì che Nick mi perdoni.” Mormorò la donna.
“Beh... domani é Natale. Se deve avvenire un miracolo, quale giorno migliore se non quello?”
Con rinnovata speranza, tratta da quella fonte di ottimismo che si era rivelato essere suo figlio, Jane prese la sua decisione.
Certo, aveva commesso molti errori in passato.
Ed era giunto il momento di correggerli.

 


 

********* 

 

 

Lexington, Kentucky

 

Il giorno stava ormai dando ospitalità alla sera.
Il grigio del cielo si era dissolto in un violetto, risultato del blu che incominciava a richiedere spazio, a reclamare attenzione e a ricordare a tutti che fra poche ore sarebbe sopraggiunto il Natale.
Dal piano superiore non giungevano suoni da ore e, in qualche modo, ciò era confortante per gli altri abitanti della casa. Il fatto che Brian fosse sfuggito nell’oblio offerto dal sonno, coadiuvato da un lieve calmante, permetteva loro di focalizzare le loro energie nel decifrare quel rompicapo. Nella speranza che, una volta risvegliato, avrebbero potuto offrire a Brian notizie certe.
Quell’incertezza di non sapere esattamente com’era la situazione, chiara e limpida nella sua tragicità solamente qualche ora, aleggiava nel salotto come un peso e nessuno dei tre ragazzi sapeva come reagire.
Howie era al telefono, rimbalzato numerose volte dagli addetti dell’aeroporto non molto propensi a divulgare informazioni sui passeggeri, per quanto questi fossero famosi. O per quanto quella fosse una situazione di vita e di morte.
Letteralmente.
Aj aveva incominciato ad intrattenere se stesso dando una mano in cucina; cucinare lo rilassava, gli permetteva di mettere il cervello in momentanea pausa. E poi, così, aveva la sensazione di dare una mano in una casa sconvolta nelle sue abitudini. Per quanto Harold, il padre di Brian, avesse mandato a casa parenti e vicini, in quel momento vi erano ancora Harry e la sua famiglia, due pesti di bambine che non avevano compreso perché, quel giorno solitamente allegro, fosse all’improvviso diventato fonte di lacrime.
Kevin, invece, faceva la spola dalla camera di Brian al salotto, incapace di fermarsi. Perché, se lo avesse fatto, avrebbe incominciato a pensare quanto fosse surreale quella situazione, quanto la perdita di Nick fosse un pensiero troppo immenso da digerire e quanto illusoria fosse l’idea che, grazie ad una serie fortuita di coincidenze, il ragazzo fosse scampato a quella catastrofe.
In quella strana atmosfera, nessuno fece caso ai fari di una macchina che parcheggiava davanti al portico.
Si accorsero della presenza di uno sconosciuto quando questi aprì la porta, facendo entrare l’aria gelida della notte.
E fu la sua voce, quella voce che non avrebbero mai pensato di poter risentire, a mandarli in shock.
Kevin lasciò cadere il giornale che aveva in mano e, con il cuore palpitante furiosamente contro il suo sterno, si affacciò sul corridoio dell’ingresso.
“Oh mio Dio.”

 



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Uhm... chissà il misterioso ospite? Nick o Jane?
Come vedete, ho ascoltato le vostre minacce e non ho fatto morire Nick! Brian non me lo avrebbe mai permesso e, vi assicuro, il ragazzo fa abbastanza paura quando é arrabbiato!
Certo che io non dovrei mai dire "oh sì, questa sarà solo una piccola one - shot!" visto che, fino a questo capitolo, siamo già a quota quaranta e passa pagine! Non dovrebbe comunque mancare molto, due capitoli o tre (così rimango nella decina che mi sono prefissata!)
L'Ewan che appare non é Ewan McGregor, volevo chiarirlo! Nonostante l'idea di shipparlo con Brian sia molto intrigante, questo Ewan é un personaggio originale che fa capolino per poi avere la sua scena nella prossima fan - fiction! Siccome la prossima sarà il seguito di questa, volevo già introdurlo visto che é una figura importante nella storia fra i due biondini!
Ordunque, non mi resta che ringraziare i miei fidati lettori, commentatori e beta - reader!
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 7
*** Settima Parte - Holding On To Me So Tight ***


Holdin on to me so tight

 

 

 

 

Brian si ritrovò in uno di quei sogni in cui uno è consapevole di stare sognando, nonostante le sensazioni, i suoni, i profumi ed i gesti potessero sembrare così reali.

L’indizio che portò quella scoperta fu il luogo in cui si trovava: sabbia soffice e dorata sotto i piedi, l’aria salmastra trasportata da una leggera brezza che gli scompigliava i capelli e gli ultimi raggi di sole che luccicavano sull’azzurro cristallino dell’acqua.

Non era una spiaggia qualsiasi, no. Era il loro nascondiglio, quel luogo così segreto che poche persone ne erano a conoscenza. E quell’isolamento era dato, principalmente, dalla natura di quella spiaggia, circondata da rocce ed insenature con qualche cottage che spuntava qua e là. Solamente chi era proprietario di uno degli edifici sapeva come poter arrivare senza ritrovarsi in un vicolo senza uscita, bloccato dagli scogli.

Brian incominciò a camminare sulla riva, le piccole onde che si infrangevano sul bagnasciuga, lambendogli la punta dei piedi. L’acqua era calda, stranamente.

Beh, era un sogno quindi poteva anche evitare di congelarsi, no?

Davanti a lui, la costa si allungava fino a raggiungere l’infinito ma qualcosa, o meglio qualcuno, catturò il suo sguardo. Incominciò a correre, cercando di raggiungere la figura che si stagliava su una roccia; era Nick, lo sapeva.

“Nick! Nick!” incominciò a chiamarlo ma il ragazzo sembrava non accorgersi di lui o sentire la sua voce. “Nick!”

Brian lo richiamò una terza, quarta e quinta volta; solamente alla sesta il ragazzo si voltò ma sul suo volto non vi era nessuna espressione, né gioia o felicità ad illuminargli gli occhi.

“Nick?” domandò Brian, avvicinandosi cautamente. Allungò un braccio per sfiorare quello di Nick, volendo accertare, quasi con paura, se il ragazzo fosse in carne ed ossa o solamente un’illusione.

Solo al contatto, Nick sembrò rendersi conto della presenza di Brian. Un sorriso incominciò a disegnarsi sulle sue labbra ma era strano, non era quello splendente che lo aveva fatto innamorare.

“Brian.” il nome uscì in un soffio, così tenue da confondersi con il suono delle onde che si infrangevano contro lo scoglio sul quale stavano. “Sei arrivato.”

Un passo annullò la distanza fra i due corpi. Ma qualcosa non andava, Brian continuava a chiedersi che cosa ci fosse di sbagliato, che cosa lo stesse spaventando a morte. Era una situazione così surreale!

“Ti stavo aspettando.”

“Perché?” domandò Brian mentre la paura incominciava a risalirgli su per la gola.

“Non potevo andarmene senza averti salutato.”

“Che...” provò a domandare Brian ma la voce gli si smorzò in gola mentre un brivido saliva sulla spina dorsale.

Nick non si lasciò scuotere dalla domanda interrotta di Brian; gli prese il viso fra le mani ed incominciò a baciarlo lentamente, come se volesse far durare quel bacio il più lungo possibile.

Come se fosse l’ultima volta.

No! La mente di Brian urlava che non poteva essere quello il loro addio, la fine di tutto. No! Meritava molto di più di un sogno o di qualsiasi cosa fosse quella in cui si trovava!  

“No!” urlò mentre si staccava da lui. “Non puoi andartene! Dobbiamo... dobbiamo sposarci! Perché mi hai fatto quella proposta se poi te ne vai? Non è giusto! Non è dannatamente giusto!” continuò ad urlare, le mani strette in pugni che sbattevano contro il petto di Nick, che non cercava nemmeno di fermarlo.

Con gli occhi ricolmi di lacrime, Brian cercò di trovare, nel viso del ragazzo, qualcosa che gli confermasse che quello era solamente uno scherzo ma era come specchiarsi in un lago ghiacciato.

Non trapelava niente, nemmeno un’ombra.

E ciò lo spaventava, anzi, lo intimoriva fin nel profondo.  

Una mano ritornò ad appoggiarsi sulla sua guancia, la punta dell’indice che asciugava le lacrime che continuavano a scendere. Le labbra di Nick sfiorarono la sua pelle, salendo dalla sua bocca fino all’orecchio. “Brian, ti amo. Ricordati sempre questo.” Un sussurro, nemmeno troppo più alto del suono del vento o delle onde del mare, ma riecheggiò nell’anima di Brian come se fosse stato urlato a squarciagola. “Sarò sempre con te.” L’ultima promessa fu una carezza, prima di incominciare ad allontanarsi da lui.

Brian scrollò la testa in diniego, sperando che, se chiudeva li occhi e poi gli riapriva, Nick sarebbe riapparso accanto a lui, il sorriso sornione sul volto mentre gli chiedeva scusa.

Ma non accadde e Brian poté solamente osservare quella figura allontanarsi sempre di più fino quasi a scomparire, confondendosi nel violetto del tramonto ed incurante dei suoi richiami.

“NICK!”

L’urlo riecheggiò in tutta la sua disperazione ma la figura di Nick non si voltò mai ad osservare il ragazzo cadere per terra

 

 

*********

 


“Oh Mio Dio.”

Kevin era sicuro che colui che stava fissando in quel momento fosse semplicemente un’illusione.

Incolpò, per prima cosa, la stanchezza.

Da ore, andava avanti solamente per inerzia, senza mai fermarsi un attimo. Sapeva che, se l’avesse fatto, non sarebbe riuscito a riprendersi. Interrompersi e contemplare su quello che era accaduto o quello che poteva essere, richiedeva fin troppe energie.

Tutti contavano sul suo autocontrollo e sulla sua forza: c’erano decisioni da prendere, alcune di fondamentale importanza, e Brian non era nelle condizioni per poterci pensare personalmente. Sapeva che si stava ancora aggrappando all'idea che Nick fosse vivo e non avrebbe mai accettato di discutere di questioni come la cerimonia funebre, come contattare la sua famiglia o che cosa dire ai media ed ai fans.

Per quanto potesse essere plausibile l’ipotesi generata prima dal delirio del cugino e poi dalle teorie di Aj e Howie, Kevin continuava ad essere convinto che non ci fosse più nulla da fare, se non accettare la triste realtà dei fatti.

Nick se n’era andato. Per sempre.

E questo lo portava al secondo motivo per cui non poteva essere Nick la persona appena entrata.

Era sicuro che quella figura che stava osservando fosse solamente una proiezione del suo subconscio, quella parte di lui che voleva rivedere il ragazzino con i capelli a tendine.

“Ero sicuro che in questa casa non si nominasse il nome di Dio invano.” scherzò la proiezione, togliendosi la giacca ed appendendola alla parete. 

No, non poteva essere davvero Nick! 

“Sei davvero tu?” domandò Kevin quando riuscì a ritrovare la voce. C’erano tante domande che voleva fargli, tante informazioni preziose per ricostruire quel puzzle incompleto.

Ma Nick non poté rispondere, interrotto da un’altra imprecazione.

“Kev, perché hai impreca... Oh Santissimi dei del cielo!” Aj, attirato dal tono di Kevin. Si bloccò a metà corridoio mentre il bicchiere, che aveva in mano, scivolò dalla presa delle mani, frantumandosi in mille pezzi non appena toccò il pavimento. “Porca miseria! Spero che tu non sia un fantasma!”

“Jay, ti sembro uno spirito? Non ho nemmeno le catene!”

“E che ne so, io?  Appari magicamente quando dovresti essere...” Aj tralasciò la conclusione logica di quella frase. L’importante era che Nick fosse a casa e non in mezzo ad un incendio. “Brutto bast...”

“AJ!” lo rimproverò immediatamente Kevin.

“Non lo stavo insultando!” si difese il ragazzo.

“Ed allora, mi spieghi che cosa stavi facendo?” domandò incuriosito Kevin, incrociando le braccia sul petto.

“Se mi avessi lasciato terminare, ti saresti accorto che stavo per dire “brutto bastian contrario”, invece che “bastardo”.” Rispose scocciato Aj.

Nick lo guardò dubbioso. “Che cosa sarei, io?” domandò, non sapendo il significato di quella parola così oscura per lui. Era una nuova offesa?

Bastian contrario. È un’espressione tipica italiana per indicare una persona che assume, par partito preso, una posizione opposta a quella della maggioranza.” Spiegò cinicamente Kevin, assumendo l’espressione da professore. “Il che mi porta a domandarmi come Jay possa saperlo.” Aggiunse a mo’ di commento, un sorriso bonario ad alleggerire la frase.

“Niente di che. Lo sentì dire da una ragazza, mah, l’ultima volta che siamo stati in Italia. Fa cool usarlo ogni tanto, no?”

Mentre Kevin lo osservava con fare tra lo sconcerto ed il divertito, Nick optò per quella seconda espressione: scoppiò a ridere e, per un solo attimo, sembrò che niente fosse accaduto nelle ore precedenti. Come se Nick fosse semplicemente arrivato in ritardo, senza nessuna causa tragica o drammatica.

“E’ cool” intervenì ancora Kevin “Se almeno sapessi che cosa significa e lo usassi in modo corretto. Per esempio, questo non era il contesto adatto.”

“Ma anche a Natale devi fare lezioni di grammatica?” sospirò Aj.

“Sempre.” Fu l’ermetica risposta del maggiore.

“Ehi! Ma che deve fare un povero ragazzo per meritarsi un gruppo di accoglienza decente?” sbottò in finta rabbia Nick, mettendo fine al battibecchio tra Kevin ed Aj.

Kevin fu il primo ad abbracciare Nick. Lo strinse stretto, quasi incredulo che l’illusione che aveva tenuto in piedi Brian fino a quel momento, alla fine si fosse rivelata una verità. In quella stretta, Kevin sfogò tutti quei sentimenti che aveva dovuto trattenere di fronte a Brian: Nick, per lui, era più di un fratello minore, per molto tempo era stato quasi un figlio; la differenza di età, quei quasi dieci anni che li separavano gli aveva dato una sorta di responsabilità sulle sue spalle.

“Kev... mi stai soffocando!” esclamò Nick, cercando di liberarsi dalla stretta di Kevin.

“Scusami.” Disse Kevin, allentando la presa. “Lo sai che sono orgoglioso di te?” sussurrò poi. Non sapeva perché lo aveva detto; forse, dipendeva dal fatto che per tutto il tempo in cui aveva pensato che Nick fosse morto, si era maledetto per non averglielo mai detto, per essere sempre stato duro con lui, per averlo sempre rimproverato ogni qualvolta si comportava male o commetteva qualche sciocchezza.

Non gli aveva mai detto di quanto fosse orgoglioso dell’uomo che era diventato.

“Non so che cosa possa c’entrare adesso.” Disse Nick, vagamente imbarazzato. Il complimento da parte di Kevin era stato sincero ed era quello che lo aveva intimidito. Non era abituato a quel lato di Kevin e, di sicuro, quel momento lo avrebbe tenuto con sé per tanti altri anni a seguire.

Fu Howie a spezzare quel momento intimo e magico, arrivando di corsa con ancora in mano il cellulare ed ignaro del fatto che Nick fosse entrato in casa.

“Ragazzi! Buone notizie! Nick...” si fermò di botto quando vide il soggetto della sua frase vivo e vegeto davanti a i suoi occhi, fra Aj e Kevin. “Credo che ormai sappiate già che Nick ha preso un altro aereo.”

Aj scoppiò a ridere mentre Nick si faceva avanti per poter abbracciare l’amico. “Grazie lo stesso.” Mormorò, intuendo che Howie si fosse occupato di ricercare tutte le informazioni possibili.

“L’importante è il risultato finale.” Concordò Howie.

“Ehi, vogliamo sapere come hai fatto ad arrivare qui!” si intromise Aj, mettendosi vicino a Howie. “Dì la verità: ti sei svegliato tardi o hai dimenticato di puntare la sveglia?”

“Non è stata colpa mia! Io l’avevo puntata ma lei, quella diabolica sveglia, ha suonato tardi!” si scusò Nick mentre Aj dava una gomitata a Howie, come per dire “te l’avevo detto.” Kevin nascose semplicemente gli occhi dietro una mano, ringraziando silenziosamente quel disguido. “Dopo aver fatto il check out, mi sono reso conto che non ce l’avrei mai fatta a prendere il volo già prenotato. Così, mi sono diretto a “La Guardia” e lì ho scoperto dell’incidente aereo. Non vi erano voli diretti a Lexington, erano stati tutti cancellati; così ho preso un volo per Louiseville e, una volta atterrato, ho noleggiato una macchina per venire qui.”

“Avresti potuto chiamare.” Lo rimproverò, con tono serio, Kevin. E, sotto quell’unica frase, vi era un filo di rabbia. Più che giustificata, pensò Nick.

“Lo so.” Ammise Nick. Ora che era cresciuto, sapeva che era meglio non discutere con il maggiore a caldo, entrambi ne sarebbero usciti con ossa rotte e frasi di cui si sarebbero pentiti non appena raffreddati gli animi. Ma, solamente qualche anno prima – per non parlare di quando aveva solo vent’anni – bastava un mezzo rimprovero da parte di Kevin affinché lui incominciasse con una scenata melodrammatica! Con Brian che, il più delle volte, faceva da mediatore fra i due.

“La prossima volta, ricordati il caricabatteria.”

“Sì.” Rispose Nick. “Papà.” Aggiunse poi, con un sorrisetto.

Fu, in quel momento, che un urlo, quasi disumano, spezzò l’allegra aria che si era creata attorno a quel ritorno inatteso.

Nick si voltò verso la direzione del grido, bloccato sui suoi passi mentre un braccio, forse Kevin o Howie, in quel momento non riusciva a collegarlo ad un nome, lo abbracciava cercando di sostenerlo. Perché, ad essere urlato così disperatamente, era il suo nome. Fino a quel momento, Nick non aveva chiesto come stava Brian e non per mancanza di interesse o altro; era l’opposto, moriva dalla voglia di correre da lui, rassicurarlo che stava bene ma...

La verità era che aveva paura.

Temeva quello che avrebbe trovato una volta aperta la porta, era impaurito nel vedere quanto quella notizia, seppur falsa, avesse sconvolto e ferito il suo ragazzo. La consapevolezza che non aveva potuto alleviare quel dolore per tutte quelle ore era stato, sì, ciò che lo aveva spinto a correre più del consentito pur di raggiungere velocemente casa Littrell; ma, altrettanto, era stata un’esplosione di senso colpa che continuava a consumarlo.

Dagli sguardi che lesse negli occhi dei suoi tre amici, Nick dedusse che le cose erano andate male per tutto il giorno.

E che cosa pretendevi? La sua coscienza, che non era mai riuscito a spiegarsi ma aveva sempre la voce di Kevin, richiese la sua attenzione. Nick vide Kevin passarsi una mano fra i capelli e dovette chiederlo. A lui, non solo perché, essendo suo cugino, lo conosceva meglio di qualsiasi altro, persino di lui, ma anche perché era l’unico che gli avrebbe detto la verità, senza fronzoli.

“Come l’ha presa?”

“Male.” La risposta fu concisa e netta. Come una stilettata nel costato. “All’inizio nemmeno voleva crederci. Fissava il telefonino sperando in una tua telefonata, qualsiasi appiglio che tu fossi ancora vivo. Poi... non lo so, Nick, so solo che non l’ho mai visto in quello stato.” Kevin scosse la testa, come se quel gesto potesse cancellare, in un sol battito d’ala, tutte le ore precedenti. Nella mente risuonavano ancora le strazianti preghiere di Brian, quel “fallo tornare” che aveva spezzato ogni argine di controllo in tutti loro; ci sarebbero voluti mesi prima che fosse riuscito a dimenticare quel sentimento di impotenza che aveva provato, che poche volte aveva sentito invadere il suo corpo. “Vai.” Kevin spinse Nick verso le scale. “Dio solo sa quanto abbia bisogno della tua presenza.”

Nick annuì, abbracciando ancora una volta il maggiore e poi sali velocemente gli scalini, il cuore che gli batteva furiosamente nel petto.

Sarebbero mai riusciti a vivere tranquilli, senza drammi o catastrofi?

Se ricordava bene, la camera di Brian – e che con il tempo era diventata anche la sua – era l’ultima a destra, tra il bagno e quella che un tempo gli era stata affibbiata nelle frequenti visite. La porta era aperta e riusciva a sentire le parole di conforto di mamma Jackie sopraffatte dai singhiozzi di Brian.

“Jackie?” domandò non appena giunto oltre alla soglia. Nel chiaroscuro diffuso da una piccola lampada, Nick mise a fuoco le due figure sul letto: Jackie era seduta sul bordo, le braccia attorno a Brian, anche se non riusciva a vederlo distintamente, essendo ricoperto dal piumone.

La donna alzò di scatto la testa, voltandola verso la direzione da cui proveniva la voce che l’aveva richiamata. Enorme fu la sua incredulità quando vide il ragazzo biondo appoggiato allo stipite della porta, tanto dal spingerla ad alzarsi e raggiungerlo, lasciando suo figlio sul letto, intrappolato ancora nel suo incubo per riconoscere quella voce.

Quando fu a pochi centimetri dal ragazzo, il forte aroma dell’acqua di colonia, che usava regolarmente da dieci anni a questa parte, le diede la prova definitiva sul fatto che non fosse una proiezione della sua mente. No, gli spiriti o i fantasmi, qualsiasi cosa avesse pensato di vedere, non avevano odori.

Quello che era davanti a lei era realmente Nick Carter, il ragazzino che aveva accolto nei primi anni novanta e che poi era diventato una persona molto più importante nella loro famiglia.

“Non sono mai salito su quell’aereo.” Si prodigò Nick immediatamente. “Ma i telefoni, in questa casa, non erano raggiungibili e non ho potuto avvisare.” Abbassò lo sguardo, imbarazzato per aver causato, anche se indirettamente, tutto quel dramma proprio la Vigilia di Natale.

Jackie strinse le braccia attorno alla vita di Nick, la sua testa che arrivava a metà petto del ragazzo. “Non osare fare mai più scherzi del genere, Nicholas Gene Carter!” lo rimproverò. “Sei come un figlio, per me!”

“Non era mia intenzione, Jackie.”

“E’ un miracolo. Un vero e proprio miracolo di Natale!” la voce era parzialmente rotta dalla commozione di quel momento e Nick, non abituato a quel tipo di dimostrazioni di affetto materno, sentì le lacrime incominciare a pizzicargli gli occhi.

“Hai mangiato?” gli chiese affettuosamente la donna. “Posso prepararti tutto quello che vuoi e sarà di certo più salutare di quello che avresti trovato in qualche area di servizio!”

“Jackie, non ce n’è bisogno...”

“Non voglio sentire né se né ma.” ribatté Jackie. “Ho come la sensazione che, una volta finito con Brian, avrete bisogno di energie!”

Il viso di Nick si tinse di mille e più gradazioni di rosso, raggiungendo quasi il porpora melanzana. Fare sesso in quella casa, per lui, era come farlo in una chiesa, rischiavi la dannazione eterna! Ed il fatto che a farlo intuire fosse la madre del suo ragazzo, rendeva la situazione ancor più surreale.

“Ja... insomma... sai che... non è che...” Nick incominciò a balbettare frasi sconnesse, bocconi di parole senza trovare un legame logico a quel che diceva. “... cioè... lui pensa... ma io non penso che penserà a quello una volta che mi vede...”

Jackie scoppiò a ridere, un gesto che spezzò l’aria tesa in quella camera. “Scherzavo. Anche perché, come ho detto a mio figlio, certe regole valgono anche per voi!”

Nick annuì. “Non ti preoccupare. Se conosco un pochino Brian, credo che sia abbastanza esausto da questa giornata. Il massimo che faremo saranno qualche coccole ma nient’altro.”

“Sono felice che tu sia qui con noi. Quest’anno abbiamo molto per cui ringraziare.”

Nick sorrise alla donna, ormai la considerava una seconda madre... no, forse l’unica vera madre che avesse avuto; anche prima che lui e Brian si mettessero insieme, lo aveva sempre protetto, amato e trattato come se fosse un figlio. Gli aveva dato tutte quelle attenzioni in cui sua madre aveva peccato, accecata nel voler primeggiare grazie al talento del proprio primogenito.

“Grazie, Jackie. Te l’ho detto poche volte ma...”

“Non ne hai bisogno. Ho sempre saputo quanto tu fossi speciale per mio figlio, anche quando eravate solamente amici lo rendevi sempre così felice!” ammise Jackie. “Ora prenditi cura di lui, però. Di queste cose possiamo parlarne tranquillamente qualsiasi altro giorno.”

Nick abbracciò semplicemente la donna un’ultima volta prima che questa uscisse dalla stanza lasciandolo solo con Brian.

Brian che non si era nemmeno accorto della sua presenza, nascosto dal piumone. Mormorava qualcosa, a fil di labbra ma Nick non riusciva a decifrarne le parole.

Non lo aveva mai sentito piangere in quel modo, nemmeno la sera prima della sua operazione.

Nemmeno quando lo aveva lasciato, in quel modo così vile e vigliacco... Nick scosse la testa, allontanando quel pensiero.

Non era quello il momento per i ricordi, specialmente quelli negativi.

Con passi misurati, giunse al letto, dalla parte opposta. Si tolse le scarpe e poi salì sulle coperte inutilizzate ma nemmeno quei movimenti servirono a ridestare il ragazzo. Non sapeva come fare, che cosa fare per svegliarlo. Se nemmeno sua madre era riuscita, come poteva lui farcela?

Nick fece quindi la cosa più naturale, ovvero prenderlo fra le braccia. Tremava, ogni singhiozzo scuoteva il minuto corpo e le lacrime, che scendevano copiose, bagnavano qualsiasi cosa incontrassero sul loro tragitto.

“Nicky... Nicky... non andartene...” Quella litania era pronunciata con una voce ormai rauca, soffocata dal pianto convulso ed impregnata di un dolore che stringeva il cuore di Nick in una morsa d’acciaio al solo sentirlo. Fra le mani, s’accorse Nick, Brian teneva stretta una foto, racchiusa in una cornice d’argento. Non serviva vederla per sapere che cosa raffigurava, o meglio chi erano i protagonisti.  

“Shh... baby... sono qui.” Sussurrò Nick dolcemente all’orecchio di Brian. “I don’t know what he’s done to make you cry but I’ll be there to make you smile.” Cantò poi, sperando che quelle parole potessero riportare indietro Brian e fargli comprendere che lui era lì.

Brian alzò lo sguardo e, fra la nebbia creata dalle lacrime, mise a fuoco il viso di Nick. “Nicky?” domandò con voce tremante.

Nick gli accarezzò la guancia, portando via con il suo palmo alcune lacrime. “Sì.” Le labbra presero il posto della mano. “Sono qui, non me ne sono andato e non lo farò mai più.” Gli promise a contatto con la pelle.

Brian lo osservava, incredulo che lui potesse trovarsi davvero lì.

Non era un’illusione, vero?

Non si era riaddormentato dopo quel spaventoso incubo, non aveva creato una nuova allucinazione per portare conforto alla sua mente ed al suo cuore ormai a pezzi?

Quel Nick era così differente da quello sognato poco prima, non era freddo, inespressivo e quasi intimorito nel toccarlo; no, quel Nick che lo stava stringendo a sé assomigliava così tanto al suo amato, anche il suo tocco era simile. E quella voce! Oh, la sua mente la stava ricreando in modo così perfetto che stava per crederle senza alcun minimo dubbio.

Ma poteva farlo?

Poteva davvero fidarsi che Nick fosse tornato quando tutti erano convinti che fosse morto?

Ma lui voleva farlo!

Voleva credergli, voleva così follemente abbandonarsi all’idea che non era vero, che non era stato abbandonato in quel modo tremendo.

“Ni... Nicky?” ripeté, posando la sua mano sulla guancia di Nick.

Poteva, un fantasma, avere la stessa pelle liscia?

Poteva, uno spirito, essere caldo al tocco e fremere sotto le sue mani?

“Sei davvero tu?” gli domandò allora. “Non me lo sto inventando, vero?”

Nick, il fantasma, chiunque fosse davanti a lui, scosse lievemente il viso. “Sono io, in carne ed ossa. Più carne che ossa, se proprio devo essere sincero!” scherzò, appoggiando la sua mano su quella di Brian.

Nuove lacrime incominciarono a scendere dagli occhi di Brian ma, questa volta, erano di sollievo, gioia e liberazione. “Lo sapevo, lo sapevo!” esclamò con rinnovata forza.  “Loro, Kevin... Howie... Aj... continuavano a dirmi che eri morto e...” Brian si bloccò, lasciando sfuggire, in un singhiozzo, parte di quella sofferenza che scivolava via. “... dicevano che mi stavo illudendo!”

“Oh, angelo.”

“Io... io ero sicuro che tu saresti tornato!” I singhiozzi incominciarono ad aumentare, come la stretta della mano di Brian attorno al braccio di Nick. “Non potevi andartene così! Non mi avresti mai lasciato senza un ultimo addio! E... e me lo avevi promesso! Avevi promesso che saresti tornato!”

Nick strinse ancora di più Brian a lui, il suo volto ormai nascosto fra le pieghe del suo maglione – che fra qualche ora sarebbe stato completamente bagnato - ed una mano ad accarezzargli la schiena; la propria anima si stava angosciando nel sentire quel pianto disperato, nel provare quel sentimento di totale sconforto e... impotenza. Sì, sentirsi inutile nel sapere di non poter far nulla per cambiare le cose, portare indietro le lancette del tempo o altro.

Esattamente come si stava sentendo in quel momento, impotente nel mettere a freno le lacrime di Brian.

“Oh Nicky... Nick... stavo perdendo la speranza, lo sai?” mormorò Brian. “E... e ho avuto questo sogno, eravamo alla nostra spiaggia e... e tu... ho creduto che quello fosse il tuo addio... che, siccome non potevi averlo fatto di persona...” La voce gli si spezzò in gola e lasciò spazio ai singhiozzi, forti da bloccargli il respiro ogniqualvolta tentava di inspirare aria ed ossigeno prezioso.

“Va tutto bene. Non potevano sapere che non ero mai salito su quell’aereo.” Bisbigliò Nick , sperando che la sua risposta potesse arrivargli oltre i suoi stessi singhiozzi. “E’ stata una fortunata coincidenza di eventi: la sveglia che è suonata in ritardo, poi non trovavo più il mio passaporto, l’impiegata che non aveva segnato il mio soggiorno sul computer... quando finalmente sono uscito dall’hotel, era troppo tardi per prendere l’aereo prenotato così mi sono diretto a La Guardia. Una volta arrivato lì, ho scoperto quello che era successo e... mio Dio, ho pensato a come dovevi sentirti, sapendo che non potevi raggiungermi perché avevo il cellulare completamente scarico. Ed il tuo non raggiungibile? Cos’è, lo hai nascosto nella neve?”

Una lieve risata, un lungo sospiro poi Brian rispose. “Ho trovato che cosa puoi regalarmi per il mio compleanno! Un idiota di giornalista ha chiamato volendo sapere qual era il miglior ricordo che avevo di te! Non gli ho nemmeno fatto finire la frase, il telefono ha avuto un brutto frontale contro il muro. Non credo sia sopravvissuto.”

Nick si unì alla risata, sollevato dal fatto che Brian stesse scherzando invece che semplicemente piangere.   

Brian staccò il viso dal maglione di Nick e, alzandolo, si perse per qualche secondo nell’osservare il ragazzo. “Sei qui. Sei qui davvero.” Mormorò poi incredulo.

“Sì.” Assentì Nick, abbassandosi quel tanto che bastava per appoggiare la sua fronte su quella di Brian. “E prometto che non ti lascerò più. Diventeremo come due gemelli siamesi.”

“Mi piace come idea.” Rispose Brian, appoggiando il viso sulla spalla di Nick, il punto in cui avrebbero dovuto unirli vista la differenza di altezza. Ricordava a malapena il momento esatto in cui lui era risultato essere più alto di Nick, forse solo per qualche giorno all’inizio dell’avventura con il gruppo.

Le mani di Nick sulla sua schiena lo stavano riportando alla calma, il respiro, ancora saturo di singhiozzi, stava ritornando normale, solo ogni tanto tremava per lasciar uscire le ultime lacrime. Ma ciò che lo stava calmando maggiormente era il poter sentir il battito del suo cuore, forte, stabile.

Nick era vivo ed era lì con lui.

Qualcosa in lui si accese, un fuoco che incominciava ad ardere sempre più prepotentemente dentro le sue vene. Voleva, no aveva bisogno, di raggiungere quel luogo in cui sarebbero diventati un unico corpo, dove non sarebbero esistiti limiti tra lui e Nick.

Solamente in quel modo sarebbe riuscito a convincersi, definitivamente, che Nick era davvero tornato.

Alzò a malapena il volto, non serviva vedere quando ogni centimetro della sua pelle era inscritto nella sua anima.

La mano destra prese possesso del lembo finale del maglione, portandolo sempre più alto e scoprendo la maglietta che Nick indossava sotto.

“Bri... che cosa stai facendo?” domandò Nick, interdetto da quell’improvviso slancio.

Senza rispondere, Brian gli fece alzare le braccia in modo da potergli sfilare il maglione che indossava. “Te l’ho bagnato completamente, non posso lasciarti dormire in questo stato.” Spiegò ma il tono di voce, cancellate le lacrime, tradiva il reale motivo dietro quel gesto.

Il maglione nero finì, dunque, sul pavimento, oltre il letto e ben presto anche la maglietta che indossava sotto fece la stessa fine. Le mani di Brian bloccarono quelle di Nick sopra la sua testa e, prima che egli potesse dire anche una sola sillaba, le labbra di Brian presero possesso delle sue, sigillandole in un bacio dapprima tenero e dolce fino a fluire in uno molto più appassionante. Nick rispose immediatamente, socchiudendo le labbra ed incominciando a mordicchiare leggermente il labbro inferiore di Brian, ben conscio di quanto lo avrebbe fatto impazzire. E, il gemito di piacere che eruppe da Brian, non fu altro che conferma del suo pensiero.

Si staccarono quel tanto che bastava per riprendere velocemente aria, e poi la bocca di Brian riprese l’assalto su quella di Nick, nel frattempo sciogliendo la presa attorno ai suoi polsi; non appena le sue mani ritornarono in libertà, Nick ne portò una sulla nuca di Brian, lasciando affondare le sue dita nei riccioli ribelli del ragazzo e spingendolo ancora di più contro di lui. L’altro mano sfiorò tutta la lunghezza della schiena, per poi insinuarsi sotto la felpa, a contatto con la pelle.

Le labbra di Brian abbandonarono quelle di Nick ed incominciarono a scendere sul collo, poi lungo il petto ed oltre fin quando si scontrarono con il jeans che Nick aveva ancora indosso. Brian alzò per un nanosecondo il viso, uno luce maliziosa negli occhi prima di ritornare a prestare attenzione alle parti bassi.

“Mi... mi fai impazzire...” boccheggiò Nick, fra le ondate di piacere che lo travolgevano mentre Brian lavorava nello slacciare i bottoni e la cerniera. Fece segno a Nick di alzare il bacino, per potergli sfilare i pantaloni con più facilità.

“Non hai ancora idea di ciò che ho in mente.” Sussurrò Brian in un orecchio, con quel tono basso e roco che lo faceva tremare tutto, nemmeno importava quello che gli stava dicendo.

“Siamo... in casa... dei tuoi...” protestò Nick debolmente, appigliandosi a quell’unico barlume di lucidità rimastogli. Non che volesse che Brian si fermasse, certo che no! Ma sarebbe stata una scena molto imbarazzante se qualcuno avesse deciso di entrare proprio in quel momento: lui mezzo nudo e Brian... e Brian che faceva cose molto poco cristiane. “Se entrasse tua madre?” domandò poi accigliato.

Brian non rispose, saltò giù dal letto, si diresse verso la porta e, con uno scatto, chiuse la porta a chiavi. “Così ora nessuno può disturbarci.” Annunciò, avvicinandosi lentamente al letto. “Non m’importa se Dio stesso appare in questa stanza, ho bisogno di te.”

Giunto di fianco al letto, Brian si sfilò la felpa, rimanendo con una semplice canottiera nera.

Nick si appoggiò ai gomiti, rimanendo così in parte sollevato per poter osservare, in tutta comodità, il corpo del ragazzo.

“Anche la canottiera.” Suggerì Nick. Nonostante fossero trascorsi alcuni anni dall’operazione, Brian era ancora riluttante a mostrarsi completamente privo di qualsiasi velo che mascherasse la cicatrice, anche se ormai quasi del tutto scomparsa. Rimaneva solo una linea, più chiara del resto della pelle. Ma Nick aveva imparato che, proprio quella sottile striscia pallida, era anche il punto più sensibile e vi dedicava sempre particolare attenzione. Quel piccolo particolare era anche ciò che aveva permesso a Brian di continuare a vivere.

Brian obbedì a quella richiesta, togliendosi quell’indumento e rimanendo a petto nudo.

“Sei perfetto.”

Uno battito di ciglia, come per scacciare via l’imbarazzo che cercava di scappargli ogni qualvolta Nick gli faceva quel complimento.

“E’ vero.” Rimarcò Nick, appoggiando le labbra sulla cicatrice.

“Sempre così, io incomincio il gioco e tu ne prendi subito le redini.” Si lamentò Brian.

Per tutta risposta, Nick lo fece rotolare in modo che finisse con la schiena contro il materasso, il suo corpo sopra il suo.

“Perché sai benissimo che posso portarti in paradiso.”  

“Siamo modesti, vedo.”

“Andiamo, Brian.” ribatté Nick. “Quando mai ho ammesso di essere modesto?”

“Mai, in effetti.”

“Quindi, perché dovrei incominciare proprio ora?”

“Nessuna ragione.”

“Perché stiamo parlando quando dovremo fare altro?”

“Tipo questo?” rispose Brian, allacciando le braccia attorno al collo di Nick ed iniziando a torturarlo muovendo il bacino.

“Ora incominciamo a capirci.” Mormorò Nick, rispondendo anche lui con lo stesso movimento. Scintille di piacere incominciarono a scaldare entrambi i corpi.

Nick si perse nell’azzurro acceso degli occhi di Brian: quando dicevano che gli occhi erano lo specchio dell’anima, dovevano aver visto quelli del ragazzo. Non c’era emozione che non passasse in quelle iridi, per quanto a volte Brian cercasse di mascherarle. Ma Nick aveva imparato, dopo lunghe ed attente osservazioni, a discernere ogni minima gradazione e collegarla ad uno stato d’umore. L’anima di Brian era come i suoi occhi: limpida, senza ombre scure. Ciò non significava che era perennemente felice o che non si arrabbiasse mai, anzi! Quando la rabbia prendeva controllo, l’azzurro diventava quasi ghiaccio, tanto da poter sentire il freddo glaciale se il suo sguardo si posava su di te. Ciò che Nick amava maggiormente era quella luce perenne che gli rendeva l’azzurro così acceso che, quando era più piccolo, Nick aveva seriamente pensato che potesse illuminare una stanza.

Ora, quegli occhi racchiudevano differenti emozioni così contrastanti fra loro, come uno di quei quadri astratti in cui il pittore spruzza i più disparati colori creando un armonioso caos: c’era l’eccitazione, una fiamma rossa che mescolava insieme il desiderio e il proibito; veniva poi la luce bianca dell’amore incondizionato che provava per lui. E poi... e poi, dietro a quel turbinio, c’era la sofferenza e la paura per tutto quello che era successo quel giorno.

“Nicky... per favore... ho bisogno di te...”

La preghiera di Brian, dritta al punto, sciolse gli ultimi nodi che legavano Nick alla realtà. Si buttò completamente sul ragazzo, divorando ogni centimetro della sua pelle con baci sempre più carichi di un desiderio bruciante. Ora comprendeva la motivazione dietro il comportamento di Brian, perché anche la sua stessa anima richiedeva quell’unione.

E, quando Nick fu finalmente dentro Brian, tutto ciò che li circondava scomparve.

Non importava dov’erano, non importava chi poteva sentire i loro gemiti.

In quel momento, tutto ciò che aveva importanza erano loro due.

 

 

*********

 

 

Erano trascorse alcune ore quando Nick si svegliò.

All’inizio, non capì che cosa lo avesse ridestato dal suo sonno, più che giustificato visto quanto Brian lo aveva esaurito nella passata ora.

Non che lo rimpiangesse, no davvero!

L’alchimia che c’era fra lui e Brian era davvero speciale, qualcosa che non aveva mai provato con chiunque altro; non era solo questione di intesa sessuale, nonostante questa fosse ottima sotto ogni punto di vista, ma... qualcosa di molto più profondo. A volte, era davvero come se fossero un unico corpo ed un’unica mente: non che riuscissero a leggere il pensiero dell’altro ma si riuscivano a leggere quasi come si trovassero di fronte ad uno specchio.

C’era una frase che lo aveva colpito prima: Brian aveva detto che, in qualche modo, lui era sicuro che non gli fosse successo niente. E questo lo riportò indietro di qualche anno, a quel periodo mai completamente dimenticato, in cui erano separati; nonostante si trovasse dall’altra parte dello stato, nonostante non avessero avuto contatti per mesi, Nick aveva sentito, all’improvviso, che qualcosa non andava con Brian ed era stato quello la molla che lo aveva spinto a tornare da lui.

Forse loro erano davvero l’esempio lampante di anime gemelle.

Fra le sue braccia, Brian si mosse lievemente e Nick, attirato da quel movimento, abbassò lo sguardo verso di lui: l’espressione sul volto era finalmente rilassata, pacifica come mai non lo era stata in quei giorni. Vi erano ancora tracce di lacrime asciugatosi mentre scendevano dagli occhi ed il lieve rantolio dietro ad ogni respiro gli suggeriva che, al risveglio, Brian si sarebbe ritrovato con un bel mal di gola.

Osservandolo dormire, Nick si domandò come lui si sarebbe sentito se fosse stato nei panni di Brian.

Come ti puoi sentire quando qualcuno ti annuncia che l’uomo che ami è morto in un incidente?

Come puoi accettare l’idea che l’altra metà della tua anima si possa essere volatilizzata all’improvviso, senza un avvertimento, saluto o preavviso; sapere che aveva solamente lasciato vuoto il suo posto e si era librata, troppo lontana per poter essere afferrata?

“Quanto davvero hai sofferto?”

Sapeva che Brian non gliene avrebbe mai parlato, per paura che lui si sentisse in colpa.

Già solamente pensare che, quello che era successo lui, potesse accadere a Brian, lo faceva stare male.

Se era così doloroso solo il pensiero, immaginare una vita senza Brian sembrava essere una sorta di harakiri, una contraddizione perché lui viveva solamente grazie all’amore di Brian.

La sua attenzione venne attirata da un oggetto, finito in fondo al letto; con peripezie da perfetto circense, Nick riuscì a recuperarlo e si accorse che era la foto che aveva visto fra le mani a Brian quando era entrato in camera.

Un sorriso gli curvò le labbra quando vide quale foto era contenuta nella cornice: sembrava risalire ad un secolo prima quando, in realtà, erano trascorsi solamente pochi anni. Erano vestiti orribilmente, d’altronde erano gli anni Novanta! Sperò che quelle camicie gialle canarino fossero state bruciate ma ne dubitò molto: conoscendo Brian, l’aveva messa via in uno scatolone con gli abiti di quell’anno!

Ricordava esattamente quando era stata scattata quella foto: stavano registrando il video per il singolo benefico “Let the music heal your soul” e lui e Brian avevano deciso di indossare i loro berretti Frick e Frack. Era stato lui a proporlo: sarebbe stato l’ultimo video registrato prima dell’operazione di Brian e... Nick era impaurito che potesse essere l’ultimo definitivo!

Brian guardava direttamente la fotocamera mentre lui aveva lo sguardo rivolto verso qualcuno alla sua destra, forse Kevin che lo stava rimproverando per qualcosa che aveva fatto; nonostante ciò, il suo braccio era stretto attorno alle spalle di Brian mentre le loro mani erano intrecciate fra loro.

E dire che, a quei tempi, nemmeno stavano insieme!

Solo quando il suo stomaco fece sentire la sua presenza, per la seconda volta, Nick si accorse di essere abbastanza affamato. D’altronde, quella mattina non aveva fatto nemmeno colazione, in aeroporto aveva mangiato un panino al volo e poi si era diretto a Lexington senza nemmeno fare una sosta.

Per non parlare, poi, delle energie spese solamente qualche ora prima!

Aveva più che diritto ad un buon cibo rifocillante!

Incominciò, o meglio, tentò di slacciarsi dall’abbraccio stile koala di Brian, nella speranza di riuscire a sgattaiolare via senza svegliarlo ma questa risultò essere vana. Il battito di sopraciglia sul suo petto lo informò che, quei movimenti all’apparenza leggiadri, erano invece quasi simili a passi di un elefante in una cristalleria ed avevano destato il ragazzo.   

“...ove... ai?” domandò la voce assonnata mentre la stretta del braccio divenne più salda. Brian non voleva lasciarlo, non se fosse stato necessario.

“Vado solamente in cucina, alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare.” Rispose Nick, scostando un ciuffo dalla sua fronte.

“...ozzo … fondo...” ribatté Brian. “Pozzo senza fondo” lo usava ugualmente anche per Aj.

“Ma sentilo! Non ho mangiato niente per tutto il giorno! Ho bisogno di cibo per crescere!”

“...emmeno io... ma on mi... amento...” Brian continuava il batti e ribatti senza aprire gli occhi, battibecchi abituali per loro due fra le lenzuola, tanto che ormai Nick comprendeva benissimo ciò un assonnato Brian pronunciava senza bisogno di chiarimenti.

“Vuoi che ti porti qualcosa? Già che sono giù...”

Quella proposta ebbe l’effetto di scacciar via le ultime briciole di sonno dalla mente di Brian. Se Nick scendeva in cucina, l’avrebbe rivisto solamente la mattina seguente e non c’era verso che lui perdesse altri momenti! Anche se questo significava perdere ore preziose di sonno. “Dai, ti accompagno.” Si offrì, quindi, mettendosi seduto.

“No! Voglio che tu rimani a letto e dormi. Non ci metterò molto, davvero!” protestò Nick, cercando di spingerlo indietro in posizione supina. “Conoscendoti, non avrai nemmeno tanta fame e ti addormenteresti con il viso nel piatto!”

Un broncio apparve sul volto di Brian. “E’ successo solo una volta!”

“Però è stato divertente!”

“Per te, forse!”

“Eri carino comunque.” Fu il commento di Nick, una risatina trattenuta a stento. Poggiò le labbra sulla fronte di Brian. “Anche con foglie di insalata sulla fronte.”

In risposta, a quella battuta, ottenne solamente una pernacchia.

“Torno subito.” Promise Nick.

“Pwef... come no! Per riempire il tuo stomaco, ci vorranno almeno sette ore!”

“Non così tante!” fu la protesta in risposta.

Brian lo guardò di traverso.

“Va bene, cinque ore! Ma non di più!” ammise sconfitto Nick.

Brian annuì, soddisfatto della risposta. “Credo che Aj abbia cucinato per un esercito prima... anche se non so bene che cosa. Non ero molto in me per rendermi conto di quello che facevano gli altri.” La voce si fece flebile mentre ricordava il motivo per cui era stato quasi assente per tutta la giornata. Era quasi riuscito a convincere se stesso che era stato solamente un brutto sogno ma riecco, come una docciata d’acqua ghiacciata, che tutto era tornato alla luce.

“Mi sono comportato da egoista.” Mormorò a mezza voce, tenendo lo sguardo fisso sul lenzuolo che stringeva fra le dita. “Non stavo soffrendo solo io ma non riuscivo a vedere oltre alla patina del mio dolore.”

Nick lo guardò, in parte sorpreso ed in parte no. Una delle cose che aveva sempre ammirato nel ragazzo, e poi amato, era la forza nell’ammettere sempre quando aveva sbagliato, o quando pensava di essere in errore. A volte, però, era frustante perché Brian aspettava quello stesso comportamento anche da gli altri.

“E’ normale. Nessuno si aspettava di più.” Cercò di rincuorarlo Nick, non sapendo nemmeno l’esatta reazione di Brian. “Ma, non ne parliamo più, okay? Dimentichiamo questa giornata e focalizziamoci solamente sulle cose belle.”

“Non... non posso.” Sottotono, Brian ammise quella verità. “Non puoi chiedermi di dimenticare.”

Nick voleva approfondire ma sapeva, anche, quando era il momento di lasciare perdere. E quello lo era.

“Okay, non dimentichiamo. Ma, almeno il giorno di Natale, possiamo essere felici e grati di ciò che abbiamo?”

Brian annuì, grato che Nick avesse deciso di lasciar stare.

Nick si mise seduto, le gambe toccarono il pavimento ed il freddo della superficie lo fece rabbrividire; cercò velocemente le calze, che trovò nascoste fra le scarpe ma il resto dei suoi vestiti era sparso per tutta la stanza.

“Ti sei divertito a lanciare i miei vestiti?” domandò a Brian.

“Ho una mira perfetta.”

“Infatti hai centrato la lampada con il mio maglione!” commentò Nick, prendendo il maglione dalla lampada. Lo indossò velocemente, insieme ai jeans finiti oltre la poltrona.

“Torno in un lampo.” Promise a Brian, schioccandogli un bacio sulla fronte. “Tieni caldo il letto anche per me.”

“Nick?” lo richiamò Brian quando questi era sulla soglia della porta. “Ti amo.”

“Anch’io.”

 

 

*********

 

Nick stava scendendo gli ultimi scalini della scala quando sentì qualcuno bussare alla porta principale.

Chi poteva essere a quell’ora tarda della notte? Per giunta alla vigilia... no, Natale?

Rimase fermo qualche secondo, indeciso sul da farsi. Non era casa sua, non poteva far entrare chiunque e, soprattutto, se fosse stato così, non avrebbe di certo aperto la porta a quell’ora!

Però casa Littrell era diversa dalla sua.

Lì, la porta era sempre aperta per chiunque ne avesse bisogno; lo era sempre stata, anche quando Brian non era famoso ed erano una semplice famiglia. Ma quando le cose erano cambiate, Brian aveva cercato di mettere in guardia i genitori, dicendo loro che fans psicopatiche potevano approfittarsi della loro ospitalità ma, fino ad allora, non c’erano mai stati di quei problemi.

Un altro colpo alla porta, chiunque fosse alla soglia doveva essere veramente disperato o bisognoso per continuare anche quando tutte le luci erano spente!

Rassegnatosi ormai a dover rinunciare, almeno per il momento, a metter cibo solido nel suo stomaco, Nick scese gli ultimi gradini ed aprì la porta d’ingresso.

Shockato da chi si ritrovò sulla soglia.

O, forse, nemmeno tanto... con tutto il putiferio che vi era stato quel giorno, la sua presenza non era alquanto strana. E le motivazioni potevano essere molteplici: assicurarsi che lui fosse veramente scomparso, domandare che cosa spettasse a lei se fosse stato quello il caso... okay, forse quell’ultimo pensiero era molto cattivo, soprattutto fatto in quella giornata/nottata.

Ma non riusciva a credere che lei, quella donna, fosse venuta di sua spontanea volontà perché preoccupata.

“Jane.” 

 

*********

 

Incredibile ma vero! Ho aggiornato! Yuppie!

Manca davvero poco alla fine, prometto prometto! Ma mi sembrava giusto dedicare totalmente questo capitolo al reincontro fra i due amanti. Con tutto quello che ho fatto passare loro, mi sembra il minimo! 

Beh, spero che l'attesa sia stata gratificata e ringrazio, davvero, le quasi 200 persone che hanno letto il capitolo precedente! Bye Bye!

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Capitolo 8
*** Ottava Parte - All I Want For Christmas... ***


All I Want For Christmas...

 

 

 

 

“Jane.”

Il nome gli era uscito in un breve respiro, così piano da scomparire dietro il rumore del vento.

Per un lungo momento, Nick pensò di essere ancora addormentato e stretto nell’abbraccio stile koala di Brian perché era impossibile che di fronte a lui ci fosse sua madre.

Non dopo tutto quello si erano lanciati dietro, non dopo che lo aveva completamente ignorato negli ultimi due anni.

Non dopo averlo costretto a rinunciare ed a far del male all’unica persona...

“Nick.” rispose la donna, la speranza l’unica fiamma che accendeva il coraggio di essere lì, davvero, davanti a suo figlio. “Io...”

Nick la interruppe prima che potesse terminare ciò che voleva dire. La rabbia ed il dolore crearono immediatamente una difesa, non lasciando spazio alla sottile speranza che, forse, un miracolo stava per accadere. “Volevi sapere se ero veramente vivo. Lo sono, come vedi.” Rispose con tono tagliente. Non riusciva ad essere civile con quella donna, non poteva essere gentile con colei che aveva rovinato la sua vita e, per molto tempo, lo aveva fatto vergognare dei suoi sentimenti per Brian. “Sono vivo e vegeto ed ancora innamorato di Brian.”

“Non è per questo che sono qui. O, meglio, una volta che ho saputo dell’incidente, è stata una motivazione in più. In realtà... volevo parlarti.”

“Potevi non disturbarti a venire. Hanno inventato il telefono apposta.”

Nick non voleva cedere, nonostante sentisse il suo cuore incominciare a battere più velocemente

“Non avevo il tuo numero. Lo hai cambiato dopo...” Jane abbassò lo sguardo. “... il nostro ultimo incontro.”

“Un motivo ci sarà se non te l’ho fatto avere.”

La donna rabbrividì, non solamente per il freddo. Poche volte aveva sentito suo figlio usare quel tono così freddo e glaciale, e mai con lei, comunque. “Ti chiedo solo qualche minuto.” Lo pregò, stringendosi ancora di più nel giaccone.

Nick ponderò bene le sue possibilità, le braccia incrociate sul petto.

Da una parte, poteva lasciarla entrare, sentire che patetiche scuse si era inventata e trattarla come se fosse una semplice estranea, preoccupata per la sua sorte.

Dall’altra, invece, voleva farla entrare per vedere se era davvero lì per chiedergli scusa.

Per ammettere che aveva sbagliato.

Magari... magari si stava solamente illudendo...

“Prego.” Quasi colpendo se stesso, le sue mani aprirono la porta abbastanza per far passare la donna. Dopo averla chiuso, Nick precedette Jane in salotto; lui si sedette su una poltrona e le fece segno di sedersi sul divano di fronte.

Passarono alcuni minuti di silenzio, il ticchettio del pendolo ricordava loro che, se anche tutto sembrava essersi fermato in quella stanza, il tempo continuava il suo inesorabile cammino.

“Perché sei qui?” domandò Nick, all’improvviso.

“Per provare a vedere se si può avverare un miracolo di Natale.”

“A che cosa è dovuto questo improvviso cambiamento?” chiese Nick dopo qualche minuto di silenzio.

“Brian.”

Nick alzò di scatto lo sguardo, shock e sorpresa dipinti sul suo volto. Poi, si ricordò di qualche giorno prima, quando aveva confessato al ragazzo che avrebbe voluto avere sua madre per Natale... tipico di Brian cercare di realizzare quel sogno.

Dio, quanto lo amava!

“Ora comprendo perché lo ami così tanto, Nick. E ho compreso quanto immenso sia il suo amore per te. Nonostante lo abbia trattato veramente male, non si è lasciato intimidire e ha solamente parlato di te e di quanto fossi maturato. E... e per tutto il tempo, nei suoi occhi, c’era questa luce che brillava.”

Nick non poté evitare il sorriso che incominciò ad incurvare le sue labbra: sapeva di che luce stava parlando Jane, quella speciale luce che illuminava gli occhi di Brian facendoli assomigliare a piccole stelle. Quell’espressione di assoluta estasi che riservava solamente a lui.

Molto probabilmente, la stessa luce che rischiarava i suoi di occhi quando guardava Brian.

“Mi ha lasciato un semplice biglietto aereo ma entrambi sapevamo che rappresentava molto di più: la possibilità di rimettere a posto o il definitivo taglio.”

“Che cosa... perché proprio ora? E’ stato solamente Brian o sei qui perché lo vuoi veramente?”

Jane non rispose immediatamente. Non sapeva da dove iniziare, la molteplicità delle cose che voleva raccontare era tanta da non permetterle di trovare il bandolo della matassa per poter incominciare. “E’ un po’ più complicato e non c’è una sola risposta.” Incominciò, quindi. “C’è sempre stata una voce, dentro di me, che mi ripeteva che avevo sbagliato e che dovevo provare a recuperare il rapporto con te. Ma poi mi dicevo che era ormai troppo tardi e che tu, di sicuro, mi avresti sbattuto la porta in faccia se mi fossi presentata da te. Così, all’inizio, ho pensato che fosse meglio far finta di essere ancora arrabbiata della tua scelta, ignorare era molto meglio che prendere coscienza di ciò che ti avevo detto. Parole che una madre non dovrebbe mai nemmeno pensare di pronunciare. Io, invece... non solo l’avevo fatto ma per qualche tempo ne avevo tratto anche una sorta di soddisfazione.”

“Ho sempre voluto sapere il perché di quelle parole. Di quell’odio così accecante da non farti rendere conto di quanto mi stessi distruggendo. E di come avevi distrutto qualcosa che era così perfettamente bello. Potevo passare sopra alle minacce rivolte a me ma quando hai incominciato a minacciare anche Brian... ho dovuto far qualcosa, dovevo mettere freno a tutto ciò!” Nick stava cercando di tenere il tono basso, non volendo svegliare tutta casa con le sue urla, ma era così difficile! Tutto quello che voleva fare era urlare tutto il dolore che si era portato dentro da quel lontano giorno in cui era scappato via da casa. “Scioccamente, ho pensato che se accettavo la tua richiesta, avrei potuto riacquistare il tuo affetto e, forse, un giorno farti comprendere quanto bello fosse il mio rapporto con Brian. Ma tu...” Nick scosse la testa, cercando di cancellare le immagini di quei mesi. “...tu non me ne hai mai dato la possibilità. Il tuo odio ed il tuo rancore erano così radicati che nemmeno il riavermi ti soddisfava, vero? Dovevi in qualche modo farmela pagare per aver commesso quel peccato, per aver rischiato di rovinare la tua reputazione. Perché, alla fine, era questo il nocciolo di tutto, vero?” le domandò Nick, le sopracciglia aggrottate. “Ciò che la gente avrebbe pensato di te, come ti avrebbe giudicato e di come quella mia scervellata scelta avrebbe potuto rovinare la carriera di Aaron! Era questo che realmente ti spaventava, non la mia vita!”

Jane, per tutto il tempo, tenne gli occhi fissi sulle mani in grembo, rabbrividendo all’evidente dolore nel tono di suo figlio. Si era preparata, certo, anche se non aveva mai avuto una precisa idea di quale sarebbe stata la sua reazione nel vederla comparire all’improvviso, come se niente fosse successo. Ma conosceva suo figlio, anche se i fatti non lo avevano dimostrato, e sapeva che Nick reagiva sempre di petto, sull’onta dell’istinto. Ma quando questa scemava, sapeva riconoscere dove e se avesse sbagliato, concedendo all’altro di giustificarsi e di spiegarsi.

Ed era proprio su quel punto che Jane contava.

Le parole, specialmente quel tono usato, se le meritava tutte.

Ma per mettersi tutto alle spalle, avrebbe dovuto far capire a Nick il perché di quelle azioni.

“Sai ciò che mi ha fatto più male, però?”

Jane scosse la testa, anche se dubitava che Nick potesse vedere quel gesto, visto che continuava a darle le spalle e sembrava essere completamente immerso nei propri pensieri.

“Non sono state le offese e gli insulti verso di me, no. Quelli potevo sopportarli, ero forte abbastanza per lasciarmeli scivolare addosso, anche se lasciavano i loro segni. Ma ciò che hai lanciato contro Brian...” Nick scosse la testa, ancora sentiva quelle parole, le accuse di averlo corrotto, di essersi approfittato di lui e della sua innocenza, paragonandolo quasi ad un pedofilo... al suo ragazzo non ne aveva mai parlato, tenendo conto che per molto tempo quelli erano stati quasi i suoi stessi pensieri e, insieme, avevano faticato molto per trovare una sorta di equilibrio. Come avrebbe potuto romperlo senza creare danni permanenti? Non che poi le cose fossero andate meglio... “Non so se potrò passare sopra a ciò, soprattutto senza una spiegazione.”

Jane comprese che quello era il momento: la rabbia era scemata, lo intuiva dal modo con cui Nick aveva abbassato le spalle, un piccolo spiraglio filtrava attraverso le mura che si era eretto a protezione. “Ed è proprio per questo che sono venuta, per cercare di spiegarti perché mi sono comportata in quel modo, anche se le mie azioni non sono minimamente giustificabili.”

“Puoi sempre provarci, sarebbe meglio del niente.”

“Non è facile, per una madre, ammettere di aver sbagliato. La mia unica giustificazione è quella che, per molto tempo, ho pensato solamente a quello che era giusto per te e... a proteggerti. Hai ragione, avevo paura di ciò che la gente potesse pensare e sì, anche di ciò che potessero dire su di me. Ma l’ultima cosa che volevo era che ti ridicolizzassero... sai molto bene quanto la gente possa essere cattiva quando credono che qualcosa o qualcuno sia sbagliata. In un contorto pensiero, volevo farti capire come la gente vi avrebbe visto e darti un assaggio di come saresti stato trattato. Non ho mai guardato più in là, non ho mai voluto vedere quanto invece quell’amore ti stesse facendo bene.”

“Non ho mai amato così tanto, Jane. E, soprattutto, non ho paura di farlo. È questo ciò che mi ha insegnato Brian, a non aver paura dei propri sentimenti e di lottare, sempre e comunque.” Interruppe Nick, distogliendo lo sguardo dalle fiamme scoppiettanti del camino. “Dopo il nostro ultimo incontro, ti ho odiato. Perché era più semplice odiare te invece che me stesso. Mi odiavo per essere sceso a patto con te quando sapevo benissimo che era solamente inutile. Ciò che è successo poi a Brian è solamente colpa mia e ne pagherò sempre le conseguenze. Ma... sì, era molto più facile colpevolizzare te che me.”

“Tuo fratello mi ha raccontato qualcosa...” azzardò Jane a chiedere. “E’ quello che penso o...?”

Un’ombra oscurò il viso di Nick mentre veniva travolto dai ricordi.

“Non volontariamente ma... sì.” Disse Nick, non dicendo più di tanto per non riaprire la ferita. “Il punto è che ciò che è successo è stata come una fredda doccia, lì mi sono reso conto che potevo perdere qualsiasi cosa ma niente sarebbe stato doloroso ad annientante quanto il perdere Brian. Lui è la mia altra metà, senza... era come vivere senza metà del mio corpo e della mia anima.”

“Mi... mi dispiace. So che ora vale poco o niente ma...” provò a scusarsi Jane, rendendosi conto di quanto le sue azioni avrebbero potuto avere conseguenze drastiche.

E tutto per una mera paura.

“Già. Per quanto drammatico possa essere stato, quello è stato il nuovo inizio. Anche se per molto tempo, i fantasmi non mi davano tregua e riuscire a perdonare me stesso sembrava quasi un’utopia.” Nick sorrise, forse il primo vero sorriso da quando sua madre era entrata in casa. “Anche quella è stata una lezione che mi ha insegnato Brian, perdonare. Il perdono è davvero la più grande arma per sconfiggere il tuo nemico e dimostrarti superiore.”

Nick s’avvicinò alla poltrona sulla quale stava seduta sua madre; vi si inginocchiò davanti e prese una mano fra le sue. “Voglio perdonarti, Jane. Più di qualsiasi altra cosa, voglio essere certo di poter contare sull’aiuto di mia madre quando io e Brian litigheremo o quando io combinerò una di quelle stupidaggini che sembrano enormi e poi, in realtà, è solamente una minima cosa.” Alzò poi gli occhi per guardare dritto in quelli della madre. “Devo sapere, Jane.”

Un groppo le si era formato in gola, l’incredibilità nel sentire quelle parole stava spazzando via il discorso che aveva pronto in bocca. Ma gliele doveva, almeno quelle.

 “Quando ho capito che avevo solamente sbagliato con te, non sapevo come fare per ricucire quella ferita. Ero andata troppo oltre per poter pensare di cavarmela solamente con una lettera o con una telefonata ma non sapevo come fare. Così ho lasciato passare il tempo, nell’incertezza, nell’indecisione.” Gli occhi della donna erano lucidi, le mani stringevano nervosamente l’orlo del maglione. “Mentre stavo venendo qui, ho sentito la notizia della tua “presunta morte”. Ero sul punto di tornare indietro quando l’ho sentita ed è stato come se il mondo mi fosse crollato addosso: ti avevo perso, te ne eri andato senza sapere quanto fossi orgogliosa di te e quanto volessi ritornare nella tua vita. Rimandiamo sempre le cose a domani con la certezza che avremo tempo per recuperare, che domani potremo fare tutto ciò che oggi non abbiamo voluto o potuto fare. Ma questa certezza è solamente illusoria perché, in realtà, nessuno di noi sa se ci sarà un domani. Avevo perso tempo prezioso ed ora, figlio mio, non voglio più farlo. Voglio far parte della tua vita.”

Nick non se lo fece ripetere una seconda volta: aprì le braccia ed abbracciò stretta la donna, sì, la donna che poteva tornare a richiamare madre.

C’era ancora molto da lavorare, un rapporto così logorato da tempo non poteva riprendere da dove si era spezzato; avrebbero dovuto trovare un nuovo equilibrio, nel periodo di lontananza erano diventati due persone completamente differenti da quelle di una volta che ora era come se fossero due estranei.

Ma non avrebbero perso altro tempo.

 

 

*************

  

Dopo che Nick era sceso per mangiare, Brian aveva cercato di riaddormentarsi, spostandosi al centro del letto per continuare a sentire il profumo caldo del ragazzo, ma il sonno sembrava essere un sogno dimenticato. Girandosi e rigirandosi, non aveva fatto altro che ingarbugliarsi nelle coperte, annodandosi le lenzuola attorno alle caviglie e facendo volare un cuscino per terra.

Fosse stato un bambino, quel non riuscire a dormire poteva essere ben spiegabile con l’eccitazione per l’apertura dei regali il giorno – o mattina – seguente.

No, non era quello.

Era più un’incapacità di non riuscire a rilassarsi senza avere Nick al suo fianco.

Liberandosi finalmente dalle lenzuola, Brian si voltò sul fianco ed il suo sguardo cadde sulla sveglia digitale sul comodino, parzialmente coperta da... oh, i suoi boxer.

E poi era lui che si era divertito a lanciare i vestiti?

Recuperò i boxer e, mentre li indossava, guardò finalmente che ore erano.

Le tre e mezza.

Dove diavolo era finito Nick?

Okay che il suo stomaco aveva una capacità praticamente infinita ma era notte fonda! Ed il giorno dopo avrebbe praticamente trovato ogni ben di Dio, già a partire dalla colazione, quindi avrebbe potuto anche aspettare... Nick aspettare? Ridacchiò da solo, era quasi una missione impossibile per lui aspettare!

Specialmente quando si trattava di cibo e di regali.

Oh, ed anche di sesso!

Brian si rivestì velocemente e decise di andare giù per vedere a che punto della cena Nick fosse.

La casa era immersa nel silenzio ma, per la prima volta, non era qualcosa di spaventoso né vi era nell’aria un senso di catastrofe imminente come solo qualche ora prima.

Senza rendersene conto, Brian incominciò a canticchiare una canzoncina natalizia a mezza voce ma si bloccò quando, entrando in salotto, vide Nick abbracciato ad una donna.

E non una qualsiasi ma niente di meno che Jane.

Con il cuore gonfio di estrema gioia, Brian alzò gli occhi al cielo, mormorando un semplice “grazie del miracolo”, prima di far notare la sua presenza.

“Jane?” domandò, quindi, interrompendo l’abbraccio tra madre e figlio; entrambi si voltarono a guardarlo, sui loro volti un’espressione di gratitudine.

Nick fece segno a Brian di avvicinarsi e di sedersi accanto a lui; non appena Brian fu accanto a lui, gli scoccò un bacio sulla guancia. “Grazie, amore.” Gli sussurrò in un orecchio.

“Perché?” domandò incuriosito Brian. “Io non ho fatto niente!”

“Nick ha ragione.” Intervenne Jane, allungando una mano per poggiarla sulla coscia di Brian. “Se non fosse stato per te, non avrei mai avuto questa possibilità.”

Imbarazzato, Brian spostò lo sguardo sui suoi pantaloni. “Ti ho solo offerto un biglietto.”

“E’ più di un biglietto.”

Nick gli tirò una gomitata. “Smettila di fare il modesto!”

“Non lo sto facendo!” rispose Brian, ricambiando la gomitata, sotto lo sguardo divertito di Jane.

“Brian, ti devo delle scuse.” Incominciò poi a dire la donna, ignorando il tentativo di Brian di interrompere quel discorso. “Come ho detto a Nick, non ci sono giustificazioni per il male che vi ho fatto. E molta della mia rabbia l’ho riversata su di te perché avevo paura che, per te, fosse solamente un esperimento e poi avresti lasciato Nick con un cuore spezzato ed un’immagine infangata. Invece, nel momento peggiore, non solo sei stato al suo fianco ma lo hai anche perdonato per ciò che ti aveva fatto passare. Potessi tornare indietro, cambierei molte cose; soprattutto, non metterei più Nick davanti alla scelta fra te e la famiglia. Perché tu sei già la sua famiglia.”

Brian non sapeva che cosa dire, fatto abbastanza raro, e soprattutto non sapeva come poteva avere altre lacrime dopo la nottata trascorsa; invece ecco che alcune gocce incominciarono a solcargli il viso, piccole gocce di felicità.

Non c’erano altre parole per descrivere quel momento se non come un “miracolo”.

Brian strinse la mano di Nick nella sua. “Vale il mondo sapere che mi hai accettato, Jane. E che, soprattutto, continuerai ad essere nella vita di Nick. Oggi è nuovo inizio e, se c’è qualcosa che ho imparato da questa pazza giornata, è che non si può rimanere ancorati al dolore ormai passato o alle brutte cose. Esiste sempre una ragione perché alcune cose capitano e, per quanto dolorose e terribili possano essere, ci possono solamente far diventare più forti. Viviamo appieno la vita, gustandoci fino in fondo i bei momenti, anche se pochi. Ma è proprio per quelli che vale la pena vivere.”

Jane sorrise. “Ora capisco perché mio figlio è così follemente innamorato di te.”

“Te l’ho sempre detto che è un vecchio saggio travestito da nano!”

“Ehi! Nano a chi?”

“Io non posso di certo esserlo!”

“Tu sei troppo alto. Ancora mi chiedo come sia successo: un giorno eri più basso di me ed il giorno dopo ritrovo una versione allungata di Nick!”

“Eh... segreto che custodisco più della mia stessa vita.”

Jane osservava divertita lo scambio di battute: non erano cambiati, erano gli stessi Brian e Nick di diciotto e tredici anni che si divertivano a far impazzire Kevin con i loro scherzi.

Come aveva potuto pensare che una relazione così potesse essere sbagliata?

“Nah... in realtà sei una pianta!”

“Eh?”

“Sì. Ti innaffiavi di sera i piedi, ecco perché sei cresciuto così in fretta!”

“No, sono cresciuto affinché potessi prendermi cura di te. Era l’unico modo.” Rispose Nick dolcemente.

Jane si schiarì la voce, riportando l’attenzione sulla terza persona che ancora era presente in quella stanza. “Credo che questo sia il mio segnale che è ora di andarmene. Devo ancora cercare un hotel.”

“Non se ne parla, Jane.” Intervenne con tono deciso Brian. “Tu rimani con noi!”

“Non posso imporre così la mia presenza.”

“Non stai imponendo.” Si intromise Nick.

“Davvero, non ci sono problemi. I miei hanno sempre pronta una stanza per gli ospiti, puoi usare quella.”

“Cosa dirà Jackie quando mi vedrà domani mattina?”

“Che era ora?” commentò ironico Nick. “J... mamma, se c’è una cosa che ho imparato subito della famiglia Littrell è che nessuno è mai malvoluto. Che si tratti di un parente, un amico o anche uno sconosciuto, Jackie non dice mai di no.”

“Siamo fatti così.” Aggiunse Brian con un’alzata di spalle. “Ci piace dare una mano.”

“Beh... allora credo che resterò.”

“Nick, sai dov’è vero?”

Nick annuì.

“Bene. Così, mentre accompagni tua madre, io ti preparo qualcosa da mangiare, sempre che tu abbia ancora fame.”

Senza nemmeno bisogno di rispondere, lo stomaco di Nick fece sentire la sua presenza.

Jane scoppiò a ridere.

“Deduco che la risposta sia sì.” Commentò Brian, alzandosi in piedi.

“Ottima deduzione, Watson.”

“Non so se possa essere considerato un complimento, visto che tu saresti Sherlock Holmes e, per quanti ti ami, non credo tu sia intelligente quanto lui.”

Nick si bloccò, guardandolo confuso. “Significherebbe...”

Brian si avvicinò a Nick. “Significa che ti amo così come sei.” Sussurrò, suggellando quella semplice frase con un tenero bacio sulla guancia.

Jane, che li osservava dallo stipite della porta, non fu sorpresa nel ritrovarsi a sorridere nel vederli insieme.

Frick e Frack non erano soltanto dei soprannomi per due amici inseparabili, no,  quelle due semplici parole racchiudevano l’essenza del rapporto fra Nick e Brian: l’uno l’anima gemella dell’altro, due metà che si completavano alla perfezione.

E lei, come madre, avrebbe dovuto essere fin da subito felice che suo figlio avesse trovato chi lo rendesse un uomo migliore, invece che focalizzarsi solamente su come poteva essere percepita dal mondo.

Sarebbe trascorso molto tempo prima che potesse perdonare se stessa per gli errori commessi ma già avere il perdono di Nick era uno dei regali più meraviglioso mai ricevuti in tutta la sua vita.   

 


*********

 

Quando Nick rientrò in cucina, dopo aver mostrato a sua madre la stanza degli ospiti ed averla riassicurata che non avrebbe rovinato i festeggiamenti, trovò Brian davanti ai fornelli, intento a scaldare qualcosa che non riusciva a decifrare da quella distanza. Sembrava quasi una delle loro serate a casa, con Brian che cucinava e lui che si eleggeva ad assaggiatore ufficiale, il che solitamente finiva con un lancio di cibo.

Era un uomo fortunato, pensò Nick.

Dannatamente fortunato.

E la sua più grande fortuna era lì, davanti a lui, con indosso una della sue felpe.

“Mh... che profumino!” esclamò Nick, avvicinandosi e circondando Brian in un abbraccio. “Non ci credo che lo ha cucinato Jay.”

“Infatti credo sia di mia madre. Solo che non ho ben capito che cosa sia.” Rispose Brian, mettendogli il mestolo vicino alle labbra per fargli assaggiare ciò che stava cucinando.

“Decisamente opera di tua madre!” commentò Nick dopo aver dato il mestolo a Brian. “Ma, tanto, l’importante è mangiare!”

“Perché stupirsi, oramai?” mormorò fra sé e sé mentre spegneva il gas e versava il tutto in un piatto; lo portò a tavolo e poi prese posto accanto a Nick. Come sempre, Nick dimenticava di usare il tovagliolo, così gliene passò uno Brian.

“E dire che, un tempo, eri solito usare un semplice fazzoletto di carta per asciugarti le mani!”

“Questo perché c’era Kevin che ci ricordava sempre la buona igiene!” ribatté seccato Brian. “Una volta che siamo rimasti io e te da soli, qualcuno doveva diventare l’adulto maturo.”

“Sono felice che sia toccato a te questo ruolo.” Rispose Nick, non importandosi del fatto che aveva la bocca piena.

Brian scosse la testa sconsolato; lasciando perdere il commento pronto sulla punta della lingua, appoggiò invece la testa sulla spalla di Nick, socchiudendo gli occhi.

Era esausto.

Tra la montagna russa di emozioni del giorno e la loro sessione di esercizio fisico, era già tanto se era riuscito a tenere gli occhi aperti mentre cucinava! Ora, però, poteva finalmente rilassarsi, sicuro che Nick potesse occuparsi di lui per qualche ora.

“Sei stanco, vero?” domandò Nick mentre, semplicemente, circondava con il braccio che non utilizzava le spalle del ragazzo.

“Stanco ma felice.” Rispose sottovoce Brian. “Sono fiero di te, lo sai?” si complimentò poi, arrotolando un ciuffo di capelli di Nick attorno al suo dito. “Fosse stato qualche anno fa, non avresti mai dato una seconda possibilità a Jane. L’avresti cancellata completamente dalla tua vita, ignorando la sua esistenza. Questo dimostra quanto tu sia maturato ed io non posso che esserne fiero ed orgoglioso. Oltre che ancor di più follemente innamorato.”

“Nel suo contorto pensiero, stava cercando di proteggermi da qualcosa che lei pensasse fosse pericoloso per me. Questo mi dice che mi ha sempre voluto bene.”

“Nicky, una madre non smette mai di amare un proprio figlio, anche quando questi commette un errore dopo l’altro. Entrambi siete molto testardi ed ostinati e ci vuole una tempesta di neve in estate per smuovervi dalle vostre convinzioni! Ma, nello stesso modo, una volta che comprendete che vi siete sbagliati, fate di tutto per porvi rimedio. In questa situazione, avevamo perso tutti: tu, Jane... ed anche io. Perché sapevo che, per quanto avessi potuto amarti, non avrei mai potuto riempire il vuoto creato da quell’abbandono. Non avrei mai potuto cancellare quella ferita.”

“E’ per questo che sei andato da lei?” domandò Nick, il suo piatto completamente dimenticato. Non riusciva ad essere arrabbiato con Brian per aver agito alle sue spalle, a parti inverse avrebbe agito nello stesso modo.

“Sì. Non sapevo se fosse una buona idea o meno ma volevo provarci. Come potevamo incominciare una nostra famiglia quando avevamo tante cose in sospeso? E...” Brian alzò le spalle, cercando di riunire i suoi pensieri. “E se mi fosse successo qualcosa, volevo che tu potessi appoggiarti a qualcuno. Avere la tua famiglia al tuo fianco nei momenti più difficili.

“Beh, ora cerchiamo di non pensare ai se o ai ma. Siamo entrambi vivi e vegeti, in salute, con due famiglie alle spalle che ci supportano.”

“Tre.” Lo corresse Brian, riferendosi alla famiglia Backstreet.

“Hai ragione.”

“Anzi, quattro.”

Nick lo guardò aggrottando la fronte in confusione.

“La nostra, solo mia e tua.”

Nick avvicinò la punta del naso a quella di Brian. “Abbiamo un futuro roseo di fronte a noi. E’ ora di focalizzarci sulle cose belle.”

“Com’è che stanotte sei un vulcano di idee?”

“Non lo so.” Rispose maliziosamente Nick. “Perché non lo scopri?”

“Nick...! Siamo nella cucina dei miei!” protestò Brian, cercando di scansarsi.

“Prima non ti ha fermato.”

“Era differente.”

“Davvero? Perché lo hai iniziato te?”

“No.” Rispose con veemenza Brian. Non era un discorso su chi aveva preso l’iniziativa... Prima era stato spinto dal dolore, dalla sofferenza; non aveva pensato alle conseguenze, non si era preoccupato se qualcuno fosse potuto entrare o se, al piano inferiore, qualcuno avesse potuto sentire. Aveva deliberatamente infranto una regola per la sua sopravvivenza: necessitava di Nick, esattamente come i polmoni necessitano dell’ossigeno o come il cuore ha bisogno di pompare sangue per poter vivere. Ora, invece, era solamente un fuoco scatenato dalla lussuria; ora che lui era ritornato funzionante, il raziocinio e la lucidità lo rammentavano di quelle che erano le regole in quella casa. “Non avremmo dovuto farlo. Ma era una situazione... d’emergenza.”

“Emergenza.” Ripeté lentamente Nick, continuando imperterrito ad accarezzare il torso del suo fidanzato.

“Sì.” Rispose Brian, morsicandosi un labbro per evitare di dare libertà al gemito pronto ad evadere. “Un unico show. Unico ed irripetibile.”

“Sai che è sempre stata una mia fantasia? Farlo qui, in questa cucina, con magari i tuoi in salotto impegnati a guardare la televisione. Con il rischio che qualcuno entri, magari Kevin.” Riprese Nick, abbassando la voce fin quando non fu più alto di un lieve sussurro. “Ho immaginato questo momento, sai?” Una mano si infilò dentro la felpa, sorprendo Nick per la mancanza di altri strati di vestiti al di sotto. “Anche se non so dove poterlo fare... il tavolo? Oppure contro il gas.”

“Nicky...” Brian continuava ad opporre resistenza, una battaglia inutile perché Nick conosceva bene i suoi punti deboli e non si sarebbe certo fermato.

“O contro la credenza, con la finestra davanti a noi.”

Le parole di Nick, e soprattutto il suo tono, avevano incominciato ad avere effetto sul corpo di Brian, costringendolo a cambiare posizione sulla sedia. Qui urgeva una contromossa o, presto, Nick avrebbe annullato qualsiasi sua resistenza.

“Davvero?” il tono di Brian imitò alla perfezione quello di Nick. Si protese in avanti, le mani appoggiate sulle ginocchia di Nick; lasciò che le labbra di Nick accarezzassero la sua mascella, scendendo poi sul collo. In quel modo, aveva diretto accesso all’orecchio di Nick. “Che altro avevi in mente?” chiese quindi, fingendo di essere ormai capitolato sotto le sue mani.

“Oh... vuoi davvero sentire tutto quello che ho in mente di farti?” ribatté Nick, credendo sul serio di avere convinto Brian in quel gioco. “Non preferisci che te lo mostri?”

“Oh, anche. Ma sai bene che effetto ha la tua voce su di me.” Le mani di Brian risalirono di pochi centimetri, fermandosi nell’interno coscia.

“Non vale così, però.” rispose Nick, mordicchiando un lembo di pelle, lì dove il collo lasciava spazio alla spalla. “Sai cosa? Dovremo mettere uno specchio sul soffitto.”

“Non stai esagerando?”

“No.” Rispose fermamente Nick. Poi, con una sola mano, fece pulizia di qualsiasi cosa ci fosse sopra il tavolo. Per fortuna, pensò Brian, si trattava solo di un piatto e di un bicchiere! Altrimenti sarebbe stato ancor di più nei guai l’indomani mattina con sua madre: prima faceva sesso con il suo compagno quando lei gli aveva detto esplicitamente che era vietato, poi distruggeva mezza cucina il giorno di Natale. “Ora sto esagerando.”

“Puoi fare di meglio.” Lo sfidò Brian.

“Oh, mi piace questo tuo lato, lo sai? Tutti si aspettano che tu sia l’angioletto, sempre innocente, che non fa certe cose. Se potessero vederti come lo faccio io...”

“E come mi vedi?” domandò maliziosamente Brian, la mano che saliva di qualche centimetro.

Prima che Nick potesse parlare, un gemito di piacere lo anticipò. “Sei un diavolo. Sei così maliziosamente sexy quando diventi rosso per un complimento, fai l’ingenuo e poi mi sbalordisci prendendo l’iniziativa.”

“Ma poi sei tu che prendi il controllo.” Commentò Brian, spostando di poco il viso per dare maggior accesso a Nick. Stava aspettando il momento giusto, l’attimo in cui Nick avrebbe chiuso gli occhi e si sarebbe distaccato da qualsiasi evento esterno.

“Perché a te piace, non negarlo.” Mormorò Nick. “Ti piace, finalmente lasciare che sia un altro ad occuparsi di te...” Maledizione a Nick ed alle sue parole! “... lasciare il controllo nelle mie mani, non poter prevedere le conseguenze. Tutto questo ti eccita, non è vero?”

Brian preferì non rispondere, non sapendo nemmeno se ne fosse stato capace.

Proprio lì capitò l’occasione che stava aspettando: Nick si era avvicinato, sbilanciandosi in avanti; con un colpo di reni, Brian spinse indietro la sua sedia e osservò Nick cadere per terra.

Una scena alquanto comica.

“Perché l’hai fatto?” domandò ferito Nick, massaggiandosi il gomito che aveva sbattuto contro il pavimento.

“Non accettavi il mio rifiuto.”

Nick alzò il sopracciglio. “Tu non hai mai detto di no.”

“Sì che l’ho detto!” ribatté Brian, puntandogli il dito contro il petto.

“No!” esclamò Nick alzandosi in piedi. “Il tuo corpo non ha detto di no prima.”

“Ti ho detto che non era il caso di farlo in cucina. Ma tu mi hai ascoltato? No, ovviamente! A volte sei proprio un ormone vivente!”

Nick sapeva che Brian stava solamente scherzando, quello era uno dei loro “giochi”. Incominciò ad avvicinarsi, Brian che indietreggiava ben sapendo quale fosse la sua mossa.  “Beh, significa che io sono molto più giovane di te. Con molta più stamina, tra l’altro.”

“Oh certo... e come mai non mi hai ancora battuto in una partita di basket?” fu la ribattuta piccata di Brian, le labbra incurvate in un sorriso malizioso.

“Beh, perché preferisco combattere altri tipi di battaglie.” Rispose altrettanto maliziosamente Nick, cancellando con un ultimo passo la distanza fra di loro.

Brian si ritrovò con la schiena pressata contro il frigorifero, realizzando solo all’ultimo che il piano gli si era ritorto contro, visto che l’unica via d’uscita era bloccata dal corpo di Nick, che, ovviamente, era soddisfatto di quella situazione, il sorriso beffardo ne era una prova abbastanza lampante.

Maledizione!

“Nicky... dai... sono esausto!” cercò quindi di ragionare Brian.

“Beh, non devi per forza essere attivo!”

“Nick! E’ Natale!” esclamò totalmente imbarazzato Brian ed in parte sotto il controllo della vicinanza di Nick. Si trovavano a poca distanza l’uno dall’altro, le braccia di Nick tese ai suoi lati e Brian già si stava perdendo nell’azzurro scuro di quegli occhi che tanto amava.

Per un secondo, la paura della giornata precedente ritornò con la stessa forza di una pugnalata, tanto da lasciarlo per un secondo completamente senza fiato. Se Nick fosse stato su quell’aereo, non avrebbe avuto la possibilità di rivedere quelle iridi cambiare completamente gradazione per quanto fosse attratto da lui...

“Qualche altro miglior modo per festeggiare?” il roco sussurro di Nick lo riportò indietro, rammentandogli che non aveva perso niente, che erano ancora insieme e lo sarebbero stati per molto tempo.

Niente avrebbe potuto più dividerli.

Con improvvisa determinazione, Brian prese una mano di Nick ed incominciò a trascinarlo fuori dalla cucina.

“Ehi! Che...?” cercò di domandargli Nick ma la domanda morì in gola quando vide un’espressione ben nota negli occhi del suo ragazzo. Bingo, l’aveva fatto capitolare! Pensò Nick, ignorando la vocina nella sua mente che gli diceva che, come qualche ora prima, Brian stava agendo sotto l’impulso del bisogno.

“Andiamo a festeggiare in camera.”

 

 

*********

 

I raggi del sole facevano timidamente la loro comparsa fra le nubi grigie, regalando uno scenario totalmente magico a chiunque si affacciasse alla finestra mentre si riflettevano come piccoli Narcisi sulla bianca coltre di neve.

La temperatura si era alzata rispetto ai giorni precedenti, come se sapesse che quel giorno era l’ideale per giocare all’esterno, fra corse con gli slittini e combattimenti a palle di neve.

Casa Littrell era nel pieno dei preparativi per il grande pranzo natalizio: Jackie, Kristen e le altre donne di famiglia si erano ritirate in cucina per concludere ciò che da giorni era stato deciso come menù mentre gli uomini erano stati mandati fuori per fare le consegne dei regali e recuperare legna sufficiente per alimentare il camino. I bambini si erano svegliati quasi all’alba, tanta era l’eccitazione che quel giorno portava: regali da scartare, dolciumi da mangiare e con la mente solamente focalizzata su giocare e divertirsi.

Nessuno si era sorpreso quando avevano visto scendere dalle scale Jane, in molti avevano sperato in quel miracolo e, ora che si era avverato, era solamente un motivo in più per ringraziare quella giornata.

Gli unici due che ancora mancavano all’appello stavano ancora dormendo nella loro camera, ignari di quanto frenetica fosse l’attività al piano inferiore o di come fossero l’argomento principale di ogni conversazione.

O, meglio dire, uno dormiva ancora profondamente, il lungo corpo occupava quasi tutto lo spazio del letto ed un braccio stretto attorno alla figura sdraiata di fianco a lui. Brian era sempre il primo a svegliarsi, per potersi gustare quei preziosi momenti nell’osservare semplicemente il suo compagno; prima ancora che si mettessero insieme, quelli erano gli unici attimi in cui lui poteva concedersi il lusso di sognare che Nick lo amasse, più di un fratello e più di un semplice amico.

Nick aveva quell’aura di innocenza che lo avvolgeva come una sottile ed invisibile coperta: le labbra socchiuse e curvate in un piccolo sorriso, alcuni ciuffi biondi sopra gli occhi chiusi. Con una mano, Brian li spostò per poi tornare ad osservare Nick, gratitudine ed amore riscaldavano il suo cuore facendogli apprezzare ancora di più quei momenti.

L’aver provato che cosa poteva essere una vita senza Nick aveva rafforzato il suo amore, ricordandogli ancora quanto fluttuante potesse essere un’esistenza. No, non avrebbe più dato niente per scontato e stretto a sé qualsiasi momento come se fosse l’ultimo, bello o brutto che fosse.

“Tanto lo so che mi stai fissando.” Mormorò Nick, ancora mezz’addormentato, aprendo lentamente gli occhi.

“Non è colpa mia se sei così affascinante.”

“A cosa debbo questo complimento?”

Brian alzò le spalle. “A niente. Non posso fare un complimento all’uomo che amo?”

“Certo che puoi.” Rispose Nick, alzandosi un pochino ed appoggiandosi al materasso con un gomito. Si sporse quel tanto che bastava per accarezzare le labbra di Brian con le sue. “Come io posso baciarti senza motivo apparente.”

“Mi piace questo modo di pensare, Carter.”

“Anche il tuo, Littrell.”

“Sposami.”

“Non me lo avevi già chiesto?”

“Ah, già! Che smemorato!” detto ciò, Nick saltò giù dal letto ed andò a cercare qualcosa nel suo borsone. “E’ ora di scambiarci i nostri regali!”

Era una delle loro tradizioni, quella di scambiarsi i loro regali ancora fra le lenzuola, solamente loro due; nonostante molti dei loro regali fossero sotto l’album, quelli che avrebbero appena ricevuto rappresentavano qualcosa di speciale per loro, con significati che si sarebbero persi in mezzo ai famigliari ed agli amici.

Era nato per caso quel rito, tanti anni prima quando ancora Nick era un ragazzino e Brian solamente uno dei suoi fratelli maggiori ed il suo primo vero amico; si trovavano dall’altra parte del mondo, in quello che avevano sempre conosciuto come il vecchio continente e che si stava rivelando essere la loro vera patria per quanto riguardava fans e successo. Il che significava trascorrere la maggior parte dell’anno lontano dalle proprie famiglie, anche durante le festività. E proprio durante un Natale trascorso in qualche stato a Nick sconosciuto dell’Europa che Brian aveva dato inizio a quella tradizione: avendo visto il suo amico triste e sconsolato, lo aveva portato fuori alla ricerca di qualche regalo per rendere davvero Natale il giorno successivo. Da lì, ogni anno, ovunque si trovassero, si prendevano qualche ora di libertà per la ricerca di un regalo speciale, solamente per la loro amicizia.

E, più tardi, solamente per il loro amore.

“Prima il mio!” esclamò Nick mentre ritornava a letto con in mano il suo pacchetto.

“Da quando è una gara?” domandò Brian, il sopracciglio alzato in un’espressione sorpresa e confusa allo stesso tempo.

“Da quanto tu fai sempre regali tutti mielosi ed importanti. Venire dopo di te è perdere senza nemmeno scendere in campo!”

“Ma di che diavolo stai parlando?” l’espressione sempre più corrucciata.

“Niente, niente.” Rispose Nick, mettendogli fra le mani una busta bianca, un semplice filo d’argento di contorno sul bordo. “Questa è la seconda parte del regalo che ti ho fatto qualche settimana fa. Non è niente di decisivo, possiamo cambiare carattere e tutto quello che non ti piace...” incominciò poi a spiegare mentre Brian, con cauta attenzione, apriva la busta. Un semplice biglietto, in carta di papiro, fece la sua apparizione: a destra ed a sinistra, in alto, vi erano scritti i loro nomi, Brian Thomas Littrell e Nicholas Gene Carter; al centro, solamente una data. 8 maggio. “Visto che non abbiamo ancora deciso quando ed il dove, ho pensato solo di mettere la data. Quell’otto maggio ha molti significati: per lungo tempo, è stato il mio incubo, la mia paura che quel giorno potesse essere inscritta sulla sua tomba. Poi, è diventata la data in cui i medici hanno rimesso in sesto il tuo cuore, la parte più importante di te.” Nick appoggiò la sua mano sinistra su quella di Brian, le due fedi che si sfioravano fra loro. “Ora, voglio ricordare quel giorno per un motivo molto ben più felice. Voglio che l’otto maggio sia il giorno in cui sei diventato ufficialmente mio, legati per sempre da un vincolo che va oltre al semplice “sì, lo voglio”. L’inizio di una nuova vita, la nostra.”

Quando Nick alzò gli occhi, vide quelli di Brian lucidi. “Non volevo commuoverti!” esclamò, stringendo il ragazzo a sé, la testa appoggiata sulla sua spalla. “Non piangere! Non voglio più vederti piangere, nemmeno durante un film! Aboliamo i film romantici, quelle pellicole strappalacrime che a te piacciono tanto!”

“Ti amo, Nick. Lo sai?” domandò Brian, senza alzare il viso.

“Certo.” Una mano fra i capelli, una carezza gentile. “Ti amo anch’io.”

Rimasero in quella posizione per qualche minuto, semplicemente ascoltando i battiti dei loro cuori.

“Ora è il mio turno.” Mormorò Brian, spezzando il silenzio. Recuperò un pacchetto, abbastanza grande perché gli occhi di Nick diventassero il doppio per la sorpresa. Rubò di mano il regalo ed incominciò a tastarlo, cercando di capire che cosa potesse contenere.

Morbido. Era qualcosa di morbido.

Lanciò a Brian uno sguardo stranito. “Mi hai regalato una bambola gonfiabile?”

“Come rovinare un momento romantico. Prima lezione. Insegnante Nick Carter.” Commentò Brian, tirandogli un buffetto sulla spalla. “Idiota! Apri il pacco prima di sparare a caso!”

“Okay, okay! Stavo solo scherzando, come sei permaloso!” ribatté Nick, togliendo il nastro ed aprendo il regalo: vi infilò la mano dentro e tirò fuori un peluche, un pinguino per la precisione. Un pinguino con indosso un berrettino azzurro, di lana, ed una maglietta dello stesso colore con la scritta “Frick”.

Guardò Brian, chiedendogli con lo sguardo che cosa significasse ma il ragazzo gli fece segno di continuare a guardare il suo regalo.

Nick sospirò insoddisfatto mentre riesumava, dal pacchetto, il secondo peluche: era un pinguino, come il primo, ma sulla maglietta c’era scritto “Frack”.

“Ce ne è ancora uno.” Gli disse Brian.

Effettivamente, in fondo al pacchetto, c’era ancora un peluche, più piccolo rispetto agli altri due. La scritta sulla maglietta diceva solamente “F&F”.

Nick osservò a lungo i tre pinguini, cercando di capire quale messaggio Brian volesse fargli capire.

“Okay... ho compreso che i due pinguini più grandi siamo io e te ma... questo qui?” domandò Nick, indicando il piccolo pinguino che teneva in una mano.

“E’ una promessa. Una promessa che, un giorno, avremo una famiglia solamente nostra. Una piccola Nicky ed un piccolo Brian a riempire la nostra casa di risate e gioia.” Spiegò Brian, prendendo le mani di Nick ed intrecciandole assieme al piccolo pinguino.

“Appena torniamo a casa, ci mettiamo al lavoro, okay?” propose Nick, nemmeno spaventato un pochino per quella proposta. Come poteva, d’altronde? Praticamente, aveva cresciuto lui i suoi fratelli e l’idea di poter crescere un bambino insieme a Brian... lo rendeva totalmente euforico, da non riuscire nemmeno a stare nella propria pelle. “Non sarà facile, lo sai?” aggiunse poi con più tenerezza.

“Lo so, lo so.” Acconsentì Brian, nonostante il suo sorriso non diminuì mai di intensità. “Ma renderà ancora più meraviglioso il momento in cui diventeremo genitori.”

“Credi che ne siamo all’altezza?”

“Più che all’altezza, Nicky.” Rispose Brian, rassicurandolo con un semplice gesto. “Non c’è nessun altro al mondo con cui vorrei crescere un bambino.”

“Nemmeno io.” Aggiunse Nick, prima di lasciare che le sue labbra dicessero la loro sopra quelle di Brian. Quel bacio non era passionale come quelli che si erano scambiati la notte precedente e nemmeno ardevano di un fuoco che solamente la lussuria ed il bisogno potevano accedere. No, quella mattina, da quel bacio suggellava la promessa che i due innamorati si erano appena scambiati reciprocamente, una promessa di un futuro che ora pareva solamente una meravigliosa illusione ma per il quale entrambi avrebbero combattuto fino a quando non avessero potuto realizzarlo.

Si staccarono dopo qualche minuto e, per qualche secondo, rimasero semplicemente incantati nell’osservare la luce d’amore che si rifletteva nei loro occhi. Era come riscoprire tutto, come ricominciare ancora una volta dall’inizio ma con una marcia in più, con la consapevolezza di quanto prezioso fosse il loro amore e di quanto sfuggevole potesse essere la vita. 

Lentamente, una mano di Nick incominciò a tracciare il profilo del viso di Brian, scendendo poi sul collo. Sentì sotto il suo palmo la pelle fremere, brividi di piacere che scorrevano sulle sue stesse cellule nervose. Era una fame insaziabile, la sua. Dentro di sé, c’era quel bisogno quasi spasmodico di essere in contatto con Brian, di marcare quasi quella pelle affinché nessuno si avvicinasse.

“Ni... Nicky?” balbettò Brian mentre si mordicchiava il labbro per non gemere. Dio, ogni volta che Nick incominciava con i suoi giochi, era come se lo trasformasse in cera da modellare. E... oh, quanto voleva vedere come sarebbe finito quel gioco ma quel poco di razionalità rimastagli lo stava informando che era la mattina di Natale e presto qualcuno sarebbe entrato per chiamarli da basso, insieme al resto della famiglia. “Non è il momento, lo sai.”

Nick alzò gli occhi, sul viso la stessa espressione di un bambino a cui era stato portato via il giocattolo con cui stava giocando.

“Non fare quell’espressione da cucciolo abbandonato!” lo rimproverò con tono scherzoso Brian.

“Ma... ma... è la seconda parte del mio regalo!” piagnucolò Nick.

“Non dovrebbe essere la terza, scusa?” domandò confuso Brian. “L’anello, la data del matrimonio... sono i primi due quindi questo è il terzo.”

“Oh, come sei fiscale!” sbuffò Nick. “E’ il mio terzo regalo e mi offendo se non lo scarti!”

Brian si avvicinò e lasciò un languido bacio sull’angolo della bocca. “Prometto che poi lo scarto, quando saremo sicuri di essere solamente...” una mano si appoggiò sul suo petto. “...e completamente soli.”

“Oh, puoi stare sicuro che lo faremo più tardi!” esclamò Nick con uno sguardo malizioso, prendendo la mano di Brian ed appoggiandola sull’interno coscia.

“Nicky!”

“Ed ora che cosa ho fatto di male?” si lamentò Nick, fingendosi innocente.

“Questo.” Disse Brian con fare paterno, spostando la mano. “Sembri essere ritornato un ragazzino nel bel mezzo di una tempesta di ormoni!” terminò poi, puntandogli il dito contro il petto.

Nick non si lasciò sfuggire quell’occasione, prese il polso di Brian e, con uno scatto che lasciò spiazzato il suo compagno, scivolò sopra di lui; gli bloccò le mani sopra la testa e, con la mano ancora libera, incominciò a fargli il solletico.

“Visto che dici che penso solo a quello!”

Brian, sotto Nick, cercò di liberarsi dalla stretta e dalla mano che lo stava torturando ma, tra la forza di Nick ed il fatto che non riuscisse a smettere di ridere, ogni suo tentativo risultò essere vano.

“Nicky... mi arrendo... Nick...”

“Sento qualcosa? Mi è sembrato di sentire qualcuno parlare ma non vedo nessuno...” scherzò Nick.

“Ti prego Nick.”

“Oh, tu le sai le parole d’ordine...”

Prima che Brian potesse rispondere, la porta della camera si spalancò. “Bri, tua madre mi ha detto di...” Aj si bloccò nel bel mezzo della frase, avendo notato che cosa stessero facendo – o, meglio, ciò che pensò i due stessero facendo in quella posizione così piena di doppi sensi – i due ragazzi.  “Ma per la miseria, siete peggio dei conigli!”

Brian approfittò di quel momento per sfuggire alla presa di Nick e scendere dal letto, dimenticandosi però di essere completamente nudo.

“Brian! Non aspiro a vedere il tuo sedere!” urlò Aj, girandosi di scatto e coprendosi gli occhi con il palmo della mano.

Brian, imbarazzato, prese la coperta e se la mise attorno. “Almeno io ce l’ho!” ribatté scherzando.

“Ed aggiungerei che è anche un...” incominciò a dire Nick ma Aj lo silenziò immediatamente.

“Non osare finire quello che stai per dire! Non voglio sapere i vostri sordidi giochini sessuali!”

“E Buon Natale anche a te, Alex!” scherzò Brian.

“Buon Natale anche a voi. Ora vestitevi e scendete che dobbiamo aprire i regali!” e, con questa ultima frase, Aj richiuse la porta mentre Nick si lasciava andare ridendo a crepapelle per la scenetta appena vista.

“Lo trovi divertente?” chiese Brian con le mani sui fianchi, gesto che serviva anche a tener su la coperta.

“O divertente o estremamente geloso! Nessuno può fissarti il sedere oltre a me!”

“Esiste una terza scelta? Queste due non mi piacciono!”

“Non ti piace che sia geloso?”

“Non del mio sedere! E’ l’unica cosa di cui tu sei geloso?” domandò Brian, il sopracciglio alzato.

“Aspetta un attimo.” Lo bloccò Nick, alzando una mano. “Stiamo davvero liti – discutendo su che cosa dovrei o non dovrei essere geloso?”

Brian lasciò la sua risposta sospesa, semplicemente si avvicinò a Nick. “Stavo solo scherzando.” Gli mormorò in un orecchio, alzandosi sulle punta dei piedi. “Adoro il fatto che tu sia così geloso di me.” E, prima che Nick potesse anche solo ribattere, lasciò cadere la coperta e poi si diresse verso il bagno adiacente.

Nick lo osservò, la bocca totalmente aperta e shockato ancora da come Brian potesse trasformarsi in un angelo provocatore in poco meno di un secondo.

“Che ne dici di una doccia insieme? Per risparmiare tempo, ovviamente!” urlò Brian dal bagno.

Inutile dirsi che Nick non se lo fece ripetere due volte e, più veloce della luce, raggiunse il suo compagno nel bagno, chiudendo a chiave la porta dietro di lui.

Onde evitare spiacevoli intrusioni.

“Ed ora, mio caro Bri, non puoi scapparmi!” disse Nick fra sé e sé.

Era davvero il miglior Natale che avesse mai trascorso.

Ed era solamente all'inizio.

 

_________________________________________________________________________

 

Sì, sono io! E sì, solamente io potevo concludere una storia dedicata al Natale il giorno di Pasqua! lol

Il motivo di tanto ritardo é che, ogni volta che aprivo il capitolo, mi veniva il magone sapendo che sarebbero state le ultime parole su questi Brian e Nick. Li amo, sul serio. Mi hanno tenuto compagnia per tutti questi mesi e sono troppo cuccioli. Specialmente in questo capitolo dove hanno dato sfogo a tutta la loro tenerezza (oltre che alla pervesione intriseca di Nick!).

Manca solo l'epilogo che posterò domani. 

Ma, non preoccupatevi. Questi Brian e Nick ritorneranno perché c'é ancora tanto da scoprire, sia nel loro passato sia nel loro futuro. 

Quindi, Buona Pasqua e non mangiate troppo cioccolato! =)

Cinzia

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Capitolo 9
*** Epilogo - ... Is You. ***


... Is You

 

 

 

 

 

“Zio Nick!”
Lo strillo acuto, accompagnato dal veloce e rapido scalpitio di passi, accolse Brian e Nick non appena scesero al piano inferiore. Brian fece appena in tempo a spostarsi dal suo ragazzo prima che una chioma bionda si tuffò su Nick, rapido ad aprire le braccia e issarla, come un peso piuma, sulle sue spalle.
“Ma chi abbiamo qui? La mia principessa!”
La risposta fu solamente una cristallina ristata, di quelle uniche che appartengono solamente ai bambini, mentre Nick la faceva volteggiare sopra la sua testa, stando attento a non farle sbattere la testa da qualche parte.
“Zio Nick, posso stare vicino a te a tavola?”
Nick fece scendere la bambina, inginocchiandosi per poter essere a pari livello e poi lanciò un’occhiata verso Brian. “Dovresti chiedere allo zio Brian.”
Appena pronunciate quelle parole, il viso della bambina si mosse alla ricerca dell’altro zio. Non appena lo vide, si fiondò su di lui. “Zio Bri!”
Brian prese in braccio la bambina. “A cosa debbo questo onore, mia principessa?” Le domandò facendole il solletico sotto il mento.
“Zio Bri! No! - Si lamentò lei, anche se fra le risate e mai abbandonando il sorriso. - No solletico!”
Il ragazzo finse di essere sorpreso. “Davvero? Eppure mi ricordavo che ti piaceva.”
“No! - La bimba scrollò la testa con decisione. - E’ mia sorella!” Esclamò poi con tono di rimprovero, sconcertata che un adulto avesse potuto scordarsi un fatto così importante!
Gli occhi di Brian si ingrandirono per lo stupore. “Eh, devi perdonare lo zio Bri. - Si scusò, quindi. - Sta diventando vecchio e voi due vi assomigliate così tanto... che è difficile riconoscervi!”
Il mento della bambina si imbronciò. “Già, e poi mamma ci veste sempre uguale!”
“Lo vuoi sapere un segreto?”
Gli occhi della bimba si illuminarono per la gioia. Annuì con vigore.
“Tu sei la mia principessa preferita. - Le sussurrò in un orecchio. - Allora, che cosa dovevi chiedermi?”
“Posso stare vicino a zio Nick?”
“Non vicino a me?”
“Anche! Però posso? Per favore?”
“Come posso resistere ad un faccino così bello?”
La bambina stava già per lasciarsi sfuggire un gridolino di gioia.
“Ma prima, che cosa ottengo in cambio?”
Le labbra della bimba formarono una o. “In cambio?”
Da dietro la sua testa, Brian poté vedere Nick sorridere ed alzare gli occhi al cielo, avendo riconosciuto quello stesso giochetto di cui lui era stato vittima tanti anni fa.
“Beh, stare vicino a zio Nick è un privilegio. Per questo devo avere qualcosa in cambio.”
La bambina sembrò rifletterci su un pochino, ponderando con estrema serietà ciò che lo zio gli aveva appena raccontato. D’un tratto, il viso le si illuminò. “Trovato!”
Prima che Brian potesse chiedere quale fosse quell'idea, la bimba si sporse e gli diede un grosso bacio sulla guancia. Poi si ritrasse e con innocente malizia sbatté le sopracciglia sapendo di aver raggiunto il suo scopo.
Nessuno poteva resistere ai suoi baci!
“Va bene, va bene. - Ammise Brian sconfitto. - Potrai stare vicino a zio Nick.”
“Yuppie!”
Brian fece scendere la nipotina che, felice di aver compiuto la sua missione, sfuggì via prima che i due adulti potessero cambiare idea.
“Certo che le donne sanno già fin da piccole come ottenere qualcosa!” Commentò Nick avvicinandosi a Brian.
“Ricordo un ragazzino che sapeva esattamente come fare quando voleva qualcosa.”
“Già, ma con Kevin non ha mai funzionato.” Rispose sospirando Nick mentre entrambi si sedevano sul divano.
“Oh beh, pochi ne sono capaci. - Commentò Brian, scostando un ciuffo di capelli dalla fronte di Nick. - Sai, l’altro giorno ero qui proprio con Kevin e... non indovinerai mai! Ha terminato la famosa canzone!”
Nick lo guardò sorpreso. “Davvero?”
Brian annuì. “Sì. Me l’ha fatta leggere ed è davvero bella. Zio Gerald ne sarebbe fiero.”
“Un altro miracolo da aggiungere a quelli già avuti.”
“Esatto. - Assentì Brian, facendo apparire un foglio bianco. - No, non è quella. Ma leggere quella di Kevin mi ha ispirato a scrivere la mia, quella con cui combattevo da settimane. - Incominciò a spiegare Brian. - Stavo commettendo lo stesso errore di Kevin, mi stavo focalizzando solo su ciò che avrebbe significato la tua perdita. Poi ho provato veramente quella sensazione e sai ciò che ho compreso? Che oltre alla tua presenza ed al tuo amore, mi sarebbero mancate le piccole cose, come svegliarmi di mattina e poterti osservare per un po’ oppure i nostri sabato sera a base di pizza e film. Non sono i grandi discorsi o quante volte ci ripetiamo “ti amo” a rendere speciale il nostro amore. No, sono le piccole cose come il modo con cui dici il mio nome durante il sonno, il fatto che sai esattamente come prendo il caffè alla mattina o dove trovarmi quando sono immerso nei miei pensieri. Sono tutti questi piccoli particolari che ti rendono l’uomo che amo.”
Nick non riuscì a dire nemmeno un semplice “Bri”, tanta era la commozione che gli bloccava anche il solo respiro. Così, con mano tremante, prese dal ragazzo il semplice foglio e lo aprì. 



  

Once there was a time love was just a myth
It just wasn't for real, didn't exist
Til the day you came into my life
You forced me to think twice
I didn't have too much, no I wasn't rich
Gave me belief someday I'd be more than this
That's why until this day I'm still your man
Cause you made me understand that

Love is kisses in a bean bag chair
The two of us but no one there
Love is the moment that I climb the stairs
To hold you in my arms after we make love
Love is waking up to see your face
Or kissing in the morning rain
Love is
The only thing that keeps me sane
At the end of the day is that I've got you

You're my secret place where I can be myself
You connect with me like nobody else
Even though our circumstances changed
Our love still remains
Meet me on the ground, still you help me fly
You taught me to be patient, I taught you to rely
So no matter what tomorrow brings
We got the simple things cause

Love is kisses in a bean bag chair 
The two of us but no one there 
Love is the moment that I climb the stairs 
To hold you in my arms after we make love
Love is waking up to see your face 
Or kissing in the morning rain
Love is
The only thing that keeps me sane 
At the end of the day is that I've got you

Love is
A Sunday morning with the blanket wrapped around your waist
Love is
The way your lips seem to curve
When you say my name 
Love is
And when I'm stressing like the world's turning upside down
it all makes sense when you're around

Love is
Waking up to see your face
Kissing in the morning rain 
At the end of the day is that I've got you
 

 

 

 

 

 

Le ultime parole sembravano solo un insieme confuso di inchiostro, sbiadite e sfocate dietro le lacrime che riempievano gli occhi di Nick. Era un testo semplice, senza troppi orpelli o metafore complicate: chiaro e lineare c’era l’essenza di ciò che provavano, il disegno di un amore che aveva vacillato, sì, ma che era uscito dalle sue ceneri più forte di prima.
“E’...” Provò a dire ma tutto quello che uscì dopo fu un semplice singhiozzo. Ecco un altro potere nascosto di Brian: l’unico che riusciva a far singhiozzare Nick Carter come una femminuccia davanti ad un bigliettino trovato nei Baci Perugina.
“E’ la semplice verità. - Terminò Brian per lui. Appoggiò il palmo della mano sulla guancia di Nick, asciugando dolcemente le lacrime che gli solcavano il viso. - Tu mi hai insegnato che cosa sia il vero amore. E questo è il miracolo più bello che potessi mai ricevere.”
L’unica risposta di Nick fu un bacio, niente di passionale o erotico in quel tocco di labbra. Perché c’era molto di più fra loro, molto più di una perfetta combinazione chimica: era una fusione di anime, un aiutarsi continuo nel crescere e nell’essere forti quando l’altro era troppo debole per affrontare ciò che la vita poneva loro davanti.
“Ti amo, Brian Thomas Littrell. Ti amo per la tua mania quasi compulsiva di pulire qualsiasi superficie almeno cinque volte, ti amo perché tieni ancora tutti i vestiti di ogni singolo video che abbiamo fatto, ti amo perché, quando non ci sei, mi lasci piccole note in giro per non farmi sentire la tua mancanza. Ma, soprattutto, ti amo per il tuo immenso cuore. Non c’è niente che non faresti per qualcun altro, muoveresti mari e monti pur di rendere felice chi ami.”
Brian stava per ribattere ma la voce di sua madre che richiamava tutta la truppa per il pranzo fece morire qualsiasi parola sul nascere.
L’unica cosa che poté fare fu intrecciare le dita fra quelle di Nick e raggiungere insieme la sala da pranzo.
Un annuncio attendeva i commensali, anche se ancora non lo sapevano. 

 

 

 

*********

 

 

 

La sala da pranzo sembrava essere sul punto di esplodere dalla quantità di persone presenti: un lungo e massiccio tavolo di cedro occupava tutto il centro della stanza, sopra di esse una miriade di leccornie facevano profumare l’aria ed aumentare l’acquolina dei commensali.
Era impossibile ricercare il silenzio, tra i gridolini di gioia dei bambini che ancora entusiasti mostravano ciò che Babbo Natale aveva portato loro; i grandi si erano divisi in gruppetti ed il loro chiacchierare allegro si confondeva con le note in sottofondo di musica natalizia.
Nick, seduto fra le due nipotine, lanciò uno sguardo a Brian, chiedendogli se fosse il momento giusto; dopo aver ricevuto il nulla osta, fece vibrare la forchetta contro il calice, richiamando l’attenzione su di lui.
“Prima che l’attenzione crolli drasticamente e l’abbiocco diventi padrone dei nostri sensi, io e Brian abbiamo un piccolo annuncio da fare.” Esordì Nick, alzandosi in piedi.
“Ehm, se dovete dirci che state insieme, mi spiace ma lo sappiamo già!” Commentò Kevin, con tono scherzoso.
“Molto divertente.” Fu la risposta di Brian.
“Uno di voi due è incinto? - Domandò Aj. - Io punto tutti i miei soldi su Nick!”
“Jay! Ci sono delle bambine innocenti in questa stanza!” Lo rimproverò Howie.
“Possiamo parlare? - Sbottò Nick, ben sapendo che avrebbe dimenticato presto ciò che voleva dire. Quando riottenne l’attenzione di tutti, ricominciò a parlare. - Come credo ormai sappiate tutti, qualche settimana fa io e Brian siamo stati in una piccola baita. Ciò che non sapete, è che durante quel piccolo viaggio, ho chiesto a Brian di sposarmi.”
“Ovviamente ho risposto di sì.” Aggiunse prontamente Brian.
All’udire la notizia, tutta la tavolata esplose in una serie di congratulazioni e felicitazioni, tanto dal shockare positivamente Brian. Si era aspettato qualche battuta non felice, quale espressione contrariata dai parenti più conservativi e forse qualche discussione su quanto il loro pubblicizzare così apertamente la loro relazione fosse di cattivo gusto.
Niente di tutto questo accade: i visi su cui il suo sguardo si posava erano la perfetta rappresentazione tra gioia per la notizia e un pizzico di invidia per il momento, frenetico ed eccitante, che aspettava la giovane coppia. I preparativi per un matrimonio, di qualsiasi genere o religione fosse, era sempre considerato come una prova finale per la resistenza della coppia: se si riusciva ad uscire indenni da discussioni sui parenti da invitare e dove farli sedere fino ad arrivare al cosiddetto “panico” della sera precedente, voleva dire che i due sposi erano pronti per affrontare quel nuovo capitolo.
Nick, con una certa apprensione, cerò il volto di sua madre, desideroso di vedere quale fosse la sua reazione. Forse avrebbe dovuto avvisarla la sera prima, chiedere qual era la sua opinione al riguardo perché non poteva pretendere che accettasse, in un colpo solo, relazione e matrimonio. 
Però, una minuscola e sottile vocina gli diceva di non preoccuparsi. 
Ed infatti, quando finalmente incontrò quel viso tanto famigliare, l’unica luce ad illuminare quelli occhi uguali ai suoi era quella dell’amore. A fior di labbra, Jane mormorò un semplice “Congratulazioni” che risuonò forte come uno squillo di trombe.
Qualcuno incominciò a strattonare un angolo del suo maglione. Nick abbassò lo sguardo ed incontrò gli occhioni verdi di Lola.
“Che cosa c'é piccolina?” Le domandò con tenerezza, credendo che volesse chiedergli spiegazioni su tutto quel eccitamento.
“Posso portare i fiori?”
Nick la guardò incuriosito. “Fiori?”
“Sì, al matrimonio!” Ripeté lei tutta agitata.
“Oh. - Rispose Nick, sentendo a lato la risatina di Brian. - Certo, piccola.”
Lola lo guardò intensamente per un lungo momento. “E potrò mettere un vestito da principessa?”
“Certo.”
Soddisfatta della risposta, la bimba guardò prima Nick e poi Brian. “Okay, potete sposarvi.”
I due ragazzi scoppiarono a ridere. “Beh, principessa, se abbiamo la tua benedizione, non possiamo esimerci dal farlo.” Commentò scherzoso Brian.
“Che arduo dovere abbiamo.” Aggiunse Nick.
“Però, chissà come mai, non ho dubbi sul fatto che ci riusciremo.”
“Nemmeno io.”
Brian e Nick ripresero posto sulle loro sedie e, complice il fatto che la bambina era scappata dalla madre per raccontarla la nuova meravigliosa notizia, poterono stringersi l’uno accanto all’altro, beandosi della scena che si svolgeva sotto i loro occhi.
Una grande ed immensa famiglia.

 

 

 

********* 

 

 

 

Il pranzo si era ormai concluso, i bambini erano usciti a giocare gustandosi le ultime ore di sole, mentre gli adulti erano rimasti a tavola, a chiacchierare, discutere o ricordare passati Natale.
Brian osservava la scena apprezzandone ogni singolo attimo, ogni espressione ed ogni voce, ringraziando per il regalo migliore che avesse ricevuto quell’anno: una famiglia.
In un angolo vi erano le due famiglie finalmente riunite: Jane, Jackie e Harold erano assorbiti in una reminiscenza dell’infanzia dei loro figli mentre Nick tentava inutilmente di cambiare discorso.
Poco oltre Nick, vi era la loro famiglia acquisita negli anni: Kevin, Howie ed Aj, insieme alle rispettive compagne, erano immersi in un’animata discussione sulla direzione da prendere con il nuovo album.
Per un breve secondo, Brian e Nick si scambiarono uno sguardo, con Nick che gli chiese a fior di labbra che cosa stesse guardando; Brian fece spallucce, riportando sul suo volto un luminoso sorriso.
Dietro Nick, appoggiati alla mensola sopra il camino, i tre pinguini di peluche gli ricordavano che, in quella sala festosa, vi era anche una terza famiglia che stava muovendo i primi passi.
La sua e di Nick.
Aveva chiesto solo una cosa per Natale e lì, in quella stanza piena di armonia, si accorse di aver ricevuto molto di più.
Ed era un regalo che avrebbe custodito gelosamente. 

 

 

 

 

The End

 

 

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*_* E' finita.

Incredibile, ce l'ho fatta. Lo dico con il magone agli occhi (o forse é l'allergia? lol) ma questa avventura é conclusa. I miei piccoli si sposano! *__* (anche se non sanno che cosa aspetta loro... credevate che potessi farli sposare tranquilli? Non sarei io, allora!) Però dovete aspettare, perché prima bisogna fare un bel salto nel passato e vedere come si sono messi, quali drammi ho fatto passar loro.... XD
Ringrazio tutti: le mie pie donne che leggevano, correggevano e commentavano; tutti coloro che hanno recensito ed apprezzato questa storia ed anche quelli che si sono limitati solamente a leggere. Sì, fantasmini, ringrazio anche voi! Tutte voi mi avete spinto a finirla e, se l'avete anche solo letta, spero che qualcosa vi abbia lasciato (la mia insana voglia di torturare i miei pg preferiti? XD).
Ultima menzione... la canzone qui citata é la meravigliosa "Love Is", una di quelle perle non finite su "Never Gone".
Arrivederci ed alla prossima!
Cinzia

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