Three of a kind

di Valaus
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Nightmare before Christmas ***
Capitolo 2: *** 2. Tre all'improvviso ***
Capitolo 3: *** 3. Family Portrait ***



Capitolo 1
*** 1. Nightmare before Christmas ***







A Jup, Rea e Zab, le mie meravigliose Sex and the City Slytherin Girls.
A tutta la rinomata e nobilissima Mafia Potteriana Facebookiana.
A tutte le stupende lettrici di "October and April".
A tutti voi, perché per un Grinch come me questo è l'unico modo per augurarvi
Buon Natale
<3
















"Three of a kind"












Capitolo Uno
“Nightmare before Christmas”





Hermione Granger era una giovane Strega dai molti talenti, magici e non. Era intelligente, curiosa, assennata, scrupolosa, discreta, reattiva, diplomatica, sagace e sensibile. In molti traevano ispirazione dal suo buon esempio, ammirandola ed invidiandola più o meno apertamente.
Molly Weasley non aveva mai fatto mistero del suo spassionato – ed irrealizzabile – desiderio di avere dei figli un po’ più “HermioneGrangereschi”. Peccato che i rampolli dalla chioma rossa fossero teste calde tanto dal punto di vista cromatico quanto caratteriale. Eccetto Percy, che però negli ultimi tempi stava mostrando una discutibile inclinazione in puro stile Serpeverde che non mancava di preoccupare alquanto la madre. Certo, comprendeva che la politica fosse fondamentalmente basata su un sistema “cane mangia cane”, soprattutto in caso di candidatura a Ministro della Magia. Ma alcuni accorgimenti della campagna elettorale del figlio le parevano decisamente troppo subdoli, anche se evitava di sottolinearglielo in nome della pace e dell’armonia familiare – se Percy era piuttosto suscettibile normalmente, in vista delle elezioni diventava intrattabile quanto un Ungaro Spinato femmina in quel periodo del mese.
Dunque, molti encomiabili aggettivi potevano essere utilizzati per descrivere Hermione Granger.
Tuttavia, come ogni buona femmina che si rispetti, anche lei aveva i suoi scheletri nell’armadio. Segreti inconfessabili persino ai suoi due migliori amici, particolari inaspettati e sfumature insospettabili della sua inappuntabile morale.
In particolare, Hermione era un’eccellente dissimulatrice.
Ciò non significava che fosse una bugiarda o un’ipocrita. Al contrario, era praticamente incapace di mentire. E non per una questione di etica, o perché reputasse la sincerità un valore tanto imprescindibile da non discostarvisi mai.
Semplicemente, non sapeva raccontare le bugie. Poteva anche architettare la menzogna più credibile nella storia delle menzogne credibili, supportata da tanto di testimoni, date e riferimenti precisi e persino prove tangibili.
Inutile. Il suo corpo la tradiva sempre. Che fosse un tremolio nella voce, un rossore diffuso sul volto, un gesticolare inconsulto, un disperato tentativo di evitare lo sguardo dell’interlocutore in qualunque modo, in ogni caso qualcosa finiva sempre per smascherarla.
Una bugia di Hermione era più semplice da individuare di un Troll in mezzo ad una mandria di Thestral.
Tuttavia, la sua affabilità le consentiva di districarsi da situazioni spinose o sgradevoli senza necessariamente mentire. Per l’appunto, dissimulava.
Le bastava sorridere forzatamente, glissare con nonchalance di fronte a domande scomode, e focalizzarsi su qualche elemento piacevole che le consentisse di esibire una solarità non realmente sentita. Nel caso di molti noiosi ricevimenti del Ministero, faceva sì che tutte le sue conversazioni vertessero sulla magnificenza degli addobbi e sull’ottimo lavoro svolto dagli addetti all’arredamento della sala. Giusto per evitare l’ennesima estenuante discussione sui diritti degli Elfi o sul ruolo marginale delle donne all’interno del Wizengamot, due questioni per cui – si era resa conto – spesso finiva con l’inimicarsi l’interlocutore di turno. Del resto, le idee rivoluzionarie ed innovative di Hermione non erano neppure lontanamente condivise dai vecchi funzionari Ministeriali retrogradi e conservatori.
Ciò nonostante, c’erano due sole circostanze in cui le capacità dissimulative di Hermione venivano meno.
Nel primo caso, quando si trattava di festeggiare le odiate ricorrenze Natalizie, il suo aplomb vacillava pericolosamente sotto i colpi inferti dagli sgraziati coretti, le moleste nevicate, i fastidiosi riti dello scambio dei regali e l’insopportabile tortura degli interminabili cenoni.
Vacillava, ma non cedeva mai del tutto. Certo, tentava con ogni mezzo di risparmiarsi l’ennesima festa della Vigilia a casa Weasley – della Vigilia e del giorno dopo, perché non sia mai che Molly Weasley lasci andare via i suoi ospiti la sera del ventiquattro dicembre! – , sebbene adorasse la compagnia di quella chiassosa ed eccessivamente numerosa famiglia.
Ma quando non vi riusciva – ovvero sempre, perché non sia mai che Molly Weasley festeggi un Natale senza i suoi figli adottivi, come le piaceva definire lei ed Harry – partecipava comunque, per quanto il suo sorriso forzato fosse un po’ meno smagliante, il livello di sopportazione di fronte a fronzoli, vischi e lucine colorate ad una soglia pericolosamente bassa e la tentazione di attaccarsi ad una delle bottiglie di Whisky Incendiario “Riserva di nonno Septimus Weasley” e scolarsela d’un fiato praticamente irresistibile, nonostante l’alta probabilità di ritrovarsi nelle ore successive piegata in due sul gabinetto a rimettere anche l’anima.
Nel secondo caso, tuttavia, dissimulare era assolutamente impossibile.
In quella particolare circostanza, il suo savoir-faire, la sua morigeratezza, il suo autocontrollo, la sua pazienza e – soprattutto – la sua sanità mentale andavano a farsi benedire nel giro di pochi secondi.
Per quanto Hermione detestasse mostrarsi rude, scortese e sì, persino maleducata, non riusciva proprio a farne a meno, né a sentirsene in colpa in seguito.
Quella era in assoluto la situazione più insopportabile per lei, senza eguali né rivali.
O almeno, lo credeva fino a poche ore prima.
Ma quando nel tardo pomeriggio del ventiquattro Dicembre il neo-promosso Capo del dipartimento degli Auror Hestia Jones le comunicò con chi avrebbe dovuto pattugliare le strade di Diagon Alley quella sera, non solo il suo iniziale entusiasmo per il pretesto che le avrebbe permesso di scampare la cena a casa Weasley scemò del tutto, ma ebbe la certezza che al peggio non c’è mai fine.
E che se ci sono due circostanze nella tua vita capaci di farti sprofondare il morale a venti metri sotto terra ed al tempo stesso scatenare la tua ira più funesta, puoi star certo che prima o poi ti ritroverai a doverle affrontare entrambe contemporaneamente.
Vigilia di Natale e Draco Malfoy.
Insieme.
Era troppo persino per lei.




Settantadue.
Li aveva contati.
Settantadue sbuffi in un’ora.
Non aveva idea se si potesse considerare o meno una sorta di record mondiale, ma in ogni caso era davvero qualcosa di notevole.
Una media che si aggirava intorno ad uno sbuffo ogni due secondi, più o meno. Avrebbero dovuto darle una medaglia o qualcosa di simile, anche solo per il semplice fatto che nonostante tutte quelle emissioni di fiato non era ancora andata in iperventilazione.
< Credevo di avere a che fare con una donna, non con una locomotiva.> la punzecchiò, sarcastico.
A quel commento, Hermione rispose ringhiando.
Il che portò Malfoy a domandarsi se per caso non dovesse cominciare a tenere anche il conto dei ringhi, per quanto dubitasse di riuscire davvero a fare due cose contemporaneamente.
Il malumore della sua compagna non lo stupiva affatto. Sapeva bene di farle quell’effetto.
Era più forte di lei, ogni volta che s’incrociavano nei corridoi del Ministero, che si ritrovavano insieme nell’ufficio del Capo o che – disgrazia delle disgrazie – i loro turni coincidevano, la fanciulla si mostrava perennemente con un umore plumbeo, al punto che paragonato a lei, la buon’anima di Severus Piton sarebbe risultato un gaio giovincello affettuoso e sorridente.
Era evidente che, nonostante gli anni trascorsi dal loro periodo scolastico, Hermione non si era dimenticata delle spiacevolezze che quel ragazzino con la puzza sotto il naso le aveva procurato, seguitando a detestarlo apertamente ed a mal sopportare la sua presenza.
Non che fosse la sola. Per quanto, nei quasi sette anni trascorsi dalla fine della Guerra, Draco si fosse letteralmente dannato l’anima per riabilitare il suo nome e la sua reputazione, nonché riguadagnarsi la fiducia e la tolleranza del Mondo Magico, le animosità del passato erano ancora ben salde. Forse meno palesi, visto che la maggioranza delle persone con cui interagiva tentava di fare buon viso a cattivo gioco, ma in ogni caso era certo che non avrebbe mai vinto il premio per il Mago più amato dell’anno. E, del resto, neppure gli interessava.
Tutto sommato, ci teneva a quella sua sorta di “distacco” dal resto della popolazione magica. Non era un animale particolarmente socievole, e segretamente temeva di soffrire di una forma piuttosto molesta di agorafobia, visto il fastidio ed il prurito che la presenza di troppe persone gli causavano.
In ogni caso, si era impegnato con tutto se stesso per riuscire a venire considerato un membro rispettabile della comunità, nonostante i suoi discutibili trascorsi. Non perché desiderasse essere circondato da affetto e simpatia come nel caso di San Potter Dono del Cielo, piuttosto perché aspirava a poter condurre una vita normale e tranquilla, senza che il tarlo del sospetto e della sfiducia lo accompagnasse costantemente in ogni suo passo.
Aveva accettato di buon grado le pene inflittegli dal Wizengamot in seguito alla sconfitta di Voldemort, fortunatamente mitigate dal fatto di essere stato praticamente costretto da cause di forze maggiori ad unirsi ai Mangiamorte, per giunta ancora minorenne, e dall’entusiastica collaborazione fornita agli Auror a seguito della sua cattura. Qualcuno lo reputava un codardo per tutto ciò, lui semplicemente si definiva accorto.
Che senso avrebbe avuto continuare a giocare la parte del Mago Oscuro dall’incrollabile fede nel suo Signore, quando quest’ultimo era bell’e stecchito ed un simile teatrino gli avrebbe procurato solo innumerevoli svantaggi?
I suoi stessi genitori, che a differenza sua dovevano rispondere di accuse più gravi ed incriminanti, gli avevano consigliato di mostrarsi il più accondiscendente possibile, al fine di scampare il carcere e cavarsela con poco.
Con poco non era esattamente il termine giusto, visto che in ogni caso il Ministero gli aveva confiscato parte dei propri possedimenti, inflitto una multa pari alla metà del suo ricco fondo fiduciario – ridotto ormai ad un misero gruzzoletto di risparmi – e costretto ad un servizio socialmente utile nel dipartimento degli Auror. E nemmeno servizio socialmente utile era esattamente il termine giusto, dato che dubitava vi fosse alcuna utilità sociale nel portare ogni mattina il caffè al Capo, lavare le uniformi sporche, riordinare gli uffici e girare come una trottola su e giù per il Ministero a consegnare e ritirare messaggi, rapporti e fascicoli.
Ciò nonostante, Draco aveva sopportato stoicamente ogni privazione ed aveva svolto i compiti e le mansioni che gli venivano affidate il più diligentemente possibile, al punto che il suo periodo di servizio alla comunità era stato in seguito drasticamente ridotto per buona condotta . E, inoltre, si era guadagnato l’ammirazione del quasi ex-Ministro Shacklebolt, che impressionato dalla sua positiva disposizione d’animo e dalla sua solerzia, aveva sponsorizzato entusiasticamente la sua richiesta di arruolamento nel corpo degli Auror.
In molti erano rimasti quasi sconvolti dal desiderio del giovane di entrare a far parte delle squadriglie del Ministero. Alcuni ne furono positivamente colpiti, giudicandolo ravveduto e dunque degno di fiducia e stima.
Ma a differenza di quanto sospettavano i più, nessun nobile proposito figlio di una nuova e più luminosa coscienza aveva spinto Draco a compiere quella scelta.
In realtà, due ne erano i motivi principali.
La sua pena sociale gli aveva permesso di osservare molto da vicino l’operato degli Auror, nonché il loro impatto sull’opinione pubblica.
Oltre ad avere quasi totale carta bianca in materia di utilizzo della magia nei conflitti – il che, in parole povere, significava “lancia pure quanti più incantesimi e fatture preferisci, se fai dei danni la tua carica ti vale da giustificazione” – , gli Auror erano ammirati e rispettati da tutti indipendentemente da quale fosse il loro effettivo valore sul campo.
Suo padre gli aveva sempre detto che lo scintillio di un distintivo acceca l’occhio del Mago comune, e aveva avuto modo di assistere in prima persona all’effettiva conferma di tale sacrosanta verità. Draco, dunque, anelava la stima e le onorificenze che spettavano ad un Auror, nonché la loro discreta libertà d’azione “bacchetta in mano”.
E questo era il primo motivo.
Il secondo era da un certo punto di vista assai più frivolo, ma altrettanto influente.
E camminava di fianco a lui per le vie di Diagon Alley in quel preciso istante.
Hermione Jean Granger.




Che la Grifondoro non fosse mai stata indifferente al biondo Serpeverde era un dato di fatto, ampiamente testimoniato dai continui pungolamenti e battibecchi ai tempi di Hogwarts. Del resto, Malfoy era il tipo che tendeva ad ignorare le persone che considerava non degne di nota, dunque la sua aperta ostilità nei confronti della ragazza era la principale dimostrazione del fatto che, per un motivo o per l’altro, la Granger lo impensieriva.
Che, invece, Draco avesse una cotta per Hermione era una faccenda piuttosto recente, benché evidentemente radicata nel passato, ed altrettanto segreta, sebbene a detta dei più stretti amici del ragazzo fosse lampante come un Lumos sparato dritto sugli occhi.
La fine della Guerra aveva spazzato vie tutte le assurde convinzioni del giovane sulla purezza del sangue ed il mancato diritto dei Nati Babbani di esercitare la magia. Alla luce della sua rinnovata politica di pacata tolleranza – li sopportava e si tratteneva dall’offenderli, ma di certo non li salutava con calorosi abbracci e sorrisi a trentadue denti – nei confronti degli ex SangueSporco, aveva iniziato a guardare Hermione Granger con occhi diversi.
O meglio, ad ammettere a se stesso che il suo interesse per la fanciulla non aveva nulla a che fare con i suoi passati tentativi di affossarla ed umiliarla.
Nott sosteneva che, sotto sotto, a lui la Granger fosse sempre piaciuta, persino quando si aggirava per i corridoi di Hogwarts con lo sguardo saccente, i capelli ispidi e le braccia cariche di volumi polverosi. E Draco dovette convenire che probabilmente il suo migliore amico aveva persino ragione.
In effetti, per quanto ai tempi della scuola si fosse spesso accompagnato a fanciulle piuttosto disinibite, che si prodigavano con solerzia alla soddisfazione dei suoi piaceri carnali e la cui principale preoccupazione fosse evitare i carboidrati come la peste, ciò che realmente attraeva ed eccitava Draco Malfoy erano anima e cervello, molto più di tette e culo. E, a conti fatti, non esisteva ragazza al mondo con più anima e cervello di Hermione Granger.
Ovviamente, queste erano conclusioni a cui era giunto gradualmente, nel corso di quei sette anni passati dalla parte dei “buoni”. Di certo non si era svegliato una mattina riscoprendosi improvvisamente infatuato della sua antica nemesi scolastica.
Era stato un percorso lento e faticoso, ostacolato dalla sua stessa riluttanza nell’ammettere di provare dei sentimenti così positivi per qualcuno tanto diverso da lui, sia caratterialmente che come stile di vita. Ma, oltre a riscoprirsi irresistibilmente attratto da lei, si era pian piano reso conto che in fondo loro due non erano poi così dissimili.
Erano due facce della stessa moneta, a conti fatti. Tanto antitetici per un lato quanto somiglianti per l’altro.
Attualmente, Draco non aveva più alcuna remora nel riconoscere di essere invaghito di Hermione Granger. Era fin troppo riservato e geloso della propria intimità per sbandierarlo al mondo intero, ma nemmeno faceva chissà cosa per nasconderlo.
Certo, l’evidente ostilità della ragazza era un problema nel suo proposito di conquista.
Ed era esattamente per questo che aveva deciso di entrare a far parte del corpo degli Auror. Quale occasione migliore per tentare l’assalto a Fort Granger, se non lavorare a stretto contatto con lei?
Oltretutto, da quando quello che aveva giudicato come il suo principale rivale potenziale – per quanto l’idea della sua Mezzosangue e di Lenticchia Weasel insieme lo disgustasse – si era fatto incastrare da Lavanda “non ho un cervello e non ne sento la mancanza” Brown e dalle sue prolifiche ovaie, la strada verso la conquista del cuore della fanciulla si era fatta sgombra di ulteriori ostacoli.
Il suo era un progetto a lungo termine, perché sapeva fin troppo bene che far capitolare una testarda spocchiosa come lei richiedeva tempo ed impegno. Erano ormai quasi due anni che, lentamente, lavorava sottobanco nel tentativo di entrare nelle sue grazie.
Zabini, gran conoscitore del mondo femminile ed esperto tombeur de femme, sosteneva che il primo passo per ammaliare una donna fosse guadagnarsi la sua attenzione. Ed in questo, Draco poteva certamente vantare una vittoria schiacciante.
Sebbene l’attenzione di cui sopra fosse momentaneamente più orientata verso l’ostilità e l’istinto omicida, in ogni caso era innegabile che la Mezzosangue non fosse in grado di ignorare la sua persona.
Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per Draco Malfoy.




Se Hermione avesse sospettato che dietro la sua allegra scampagnata natalizia per le vie di Diagon Alley assieme a Malfuretto ci fosse proprio lo zampino di quest’ultimo, probabilmente avrebbe festeggiato la nascita di Bambin Gesù banchettando sulla sua precedentemente martoriata carcassa.
Del resto, non avrebbe neppure compreso le reali motivazioni di Draco, giudicando il suo come un tentativo di dispetto. Lungi da lei poter immaginare che gli abili maneggi del giovane per far sì che loro due venissero accoppiati quasi costantemente nei turni di sorveglianza e ricognizione facessero parte del suo vasto ed ambizioso piano di seduzione.
Come, oltretutto, non avrebbe mai sospettato che in quel momento il ghigno di Malfoy non fosse un compiacimento della sua frustrazione e disappunto, quanto un’inevitabile e spontanea catalizzazione del gongolamento interiore per l’ennesima buona riuscita del proprio piano e, dunque, per la possibilità di trascorrere del tempo con lei.
Se fosse stata a conoscenza di tutto ciò, Hermione avrebbe persino mostrato contrarietà per le subdole tecniche di conquista del ragazzo. Lei preferiva i corteggiatori schietti, che le confessavano apertamente il proprio interesse e tentavano di guadagnarsi la sua approvazione secondo i metodi canonici.
Ma lui non era di certo un ragazzo comune. In primis, era un Serpeverde, e si sa che gli esponenti della Casata verde-argento tendono a lavorare nell’ombra e colpire alle spalle più che affrontare il nemico vis à vis. Secondariamente, era un Malfoy, sebbene al momento il suo cognome non risplendesse dell’autorevole luce di magnificenza del passato. E non sia mai che un Malfoy si abbassi a supplicare una fanciulla per ottenere la sua considerazione, magari tentando di lusingarla con fiori di campo e cioccolatini di quart’ordine come un Weasley qualunque.
Aveva i suoi metodi. Ed avrebbe continuato a fare riferimento ad essi, per quanto i tempi di riuscita fossero considerevolmente più lunghi ed estenuanti.
Tuttavia, al settantatreesimo sbuffo della fanciulla, la sua proverbiale pazienza cominciò a vacillare.
< Ti prego, non mostrarti così entusiasta della mia compagnia, Granger. Rischio seriamente di commuovermi!> commentò, ironico.
Hermione lo fulminò con lo sguardo.
< Taci, maledizione!> lo rimbeccò < Ti sopporto già a fatica quando stai zitto, se parli pure rischio di farmi venire una crisi isterica.>
Draco ghignò, rivolgendole un’occhiata.
< Santi numi, sarebbe una vera disdetta!> la punzecchiò.
La giovane sbuffò per la settantaquattresima volta, esasperata. Il suo odio per il Natale quella sera minacciava di raggiungere il suo picco massimo.
< Sai, dovresti mostrarti un po’ più, come dire... gentile, almeno stasera.> proseguì lui < Non siete voi Babbani i primi a sostenere che a Natale si è tutti un po’ più buoni?>
Lei storse le labbra in un’evidente smorfia di disappunto.
< Primo, io sarò anche nata tra i Babbani, ma sono comunque una Strega, quindi piantala con questo “voi Babbani”. Secondo, detesto i falsi buonismi e terzo, per essere gentile con te dovrei essere necessariamente sotto Imperius. O particolarmente ubriaca.>
< Lo terrò a mente, dunque. La prossima volta mi porterò dietro una bottiglia di Whisky Incendiario. Che oltretutto non guasterebbe, con questo freddo dannato.> aggiunse, stringendosi maggiormente nel cappotto nero.
Hermione inarcò un sopracciglio, evitando di sottolineare che, dopotutto, si trovava d’accordo con la sua ultima affermazione.
< La prossima volta? Col cavolo che mi faccio nuovamente fregare dalla Jones a fare coppia con te!>
Draco ridacchiò.
< Allora spero che tu abbia scritto “Ti prego, uccidi Malfoy” nella tua letterina a Babbo Natale, Mezzosangue, perché fin quando saremo entrambi Auror ci sarà sempre il rischio di ritrovarci a lavorare insieme.>
E finché non sarai capitolata, aggiunse tra sé e sé.
In risposta, Hermione emise il settantacinquesimo sbuffo della serata. Era una situazione già abbastanza sgradevole, senza che ci si mettesse anche Malfoy con la sua ironia da quattro soldi.
Certo, era comunque piuttosto soddisfatta di aver potuto rifilare a mamma Weasley una scusa inattaccabile ed incontestabile per assentarsi dall’odiosa cena della Vigilia alla Tana, ma avrebbe preferito che l’ex-Serpeverde non fosse compreso nel pacchetto.
Ma, del resto, era lo scotto da pagare. E, tutto sommato, poteva persino riuscire a sopportare una serata in compagnia di Malfuretto, se ciò significava niente chiassosi festeggiamenti e stucchevoli rituali. Non avrebbe retto l’ennesimo “amico” presentatole da Ginny che tentava di baciarla con la scusa del vischio.
Non riusciva a comprendere perché la più giovane degli Weasley non fosse in grado di godersi il suo fidanzamento ufficiale con Harry Potter senza preoccuparsi continuamente di tentare di accasare anche lei. Ginevra non aveva chiaro che Hermione stava benissimo per conto suo, e che non aveva la benché minima intenzione di cambiare il suo status di single.
Preferiva dedicare il suo tempo al conseguimento dei suoi obiettivi lavorativi, piuttosto che a procacciarsi un uomo. Poteva sembrare un ragionamento un po’ cinico, se ne rendeva conto, ma il naufragato tentativo di instaurare qualcosa di diverso dall’amicizia tra lei e Ron, nonché le sue dimenticabili e fulminee relazioni con Seamus Finnigan e Roger Davies, l’avevano portata a nutrire verso il mondo maschile una sorta di sfiducia a priori che le impediva di desiderare un rapporto più intimo con qualsivoglia ragazzo.
Oltretutto, se a frequentare un uomo rischiava di ritrovarsi come Lavanda, suo malgrado ingravidata e futura madre e moglie, preferiva evitare. Chiaramente desiderava un giorno metter su famiglia, ma a ventiquattro anni si riteneva davvero troppo giovane anche solo per pensarvi.
E poi, il suo istinto materno aveva bisogno ancora di tempo per svilupparsi, visto che al momento rasentava lo zero assoluto.
< Esattamente, quale sarebbe il motivo di questa perlustrazione?> domandò, osservando perplessa le strade deserte di Diagon Alley.
Malfoy inarcò un sopracciglio.
< Bella domanda. Tenendo conto che è la Vigilia di Natale, e che gli unici fessi a giro con questo freddo siamo noi, davvero non riesco ad immaginare quale terribile minaccia dovremmo sventare.> commentò, sarcastico.
Hermione sospirò, annuendo.
< Appunto.> disse < Si gela, ed è il ventiquattro Dicembre. Nemmeno il più incorreggibile dei furfanti deciderebbe di combinare qualcosa stanotte.>
Svoltarono un angolo, avvicinandosi all’ingresso di Nocturne Alley. Istintivamente, entrambi misero la mano destra in tasca, stringendo l’impugnatura della bacchetta.
Ciò che sosteneva la fanciulla era corretto e verosimile, ma in ogni caso era meglio non fidarsi troppo, soprattutto nei pressi di un luogo così evidentemente discutibile.
< Suppongo che quanto di più utile potremmo ritrovarci a fare stanotte sarebbe evitare che qualche ubriacone depresso si suicidi.> dichiarò il ragazzo, scrollando le spalle < Queste stupide feste tirano fuori il peggio della gente. Secondo me sono fatte apposta per invogliare a tagliarsi le vene, piuttosto che sorbirsi l’ennesimo coro di mocciosi gracchianti sulla porta di casa.>
Hermione si voltò di scatto verso Malfoy, osservandolo ad occhi sgranati.
< Anche se non sono del tutto sicuro che potrei effettivamente impedire a quell’ipotetico povero diavolo di farla finita.> proseguì lui < Anzi, casomai potrei considerare di fargli compagnia...>
Compì ancora un paio di passi, prima di rendersi conto che la Granger non era più al suo fianco. Si fermò, voltandosi indietro, e la vide impalata a qualche metro da lui. Lo fissava a bocca aperta e con uno sguardo talmente sbalordito che, per un secondo, Draco temette di avere qualcosa di strano in faccia, o in testa.
< Che c’è?> le fece, perplesso.
La giovane era completamente ammutolita. Non riusciva a credere a quello che aveva appena sentito.
Malfoy odiava il Natale.
Malfoy odiava il Natale esattamente come lo odiava lei.

Di conseguenza, lei e Malfoy avevano qualcosa in comune.
Lei e Malfoy.
Assurdo.
Eppure, le parole pronunciate dal ragazzo erano esattamente le stesse che aveva pensato anche lei. Eccetto la faccenda del fare compagnia al suicida, quello non l’allettava particolarmente – ma nemmeno a Malfoy, ne era certa: tentava semplicemente di fare il melodrammatico, come suo solito.
< T-tu...> cominciò, ancora sconvolta dalla recente scoperta.
Draco fraintese il tentennamento della fanciulla, immaginando che fosse inorridita per quella dichiarazione macabra ed anti-Natalizia. Del resto, i Grifondoro erano tutti disgustosamente carini e coccolosi.
< Sì, Granger, sono il brutto e cattivo Grinch che detesta il Natale, bu-hu-hu.> commentò, sarcastico.
Hermione scosse rapidamente il capo.
< Non intendevo questo, io...> s’interruppe di colpo < Aspetta, tu conosci la storia del Grinch?>
Adesso era decisamente più sconvolta di prima.
Malfoy che cita un racconto Babbano?
Malfoy che conosce un racconto Babbano?
Non poteva essere vero, doveva per forza trattarsi di un sogno.
Anzi, in questo caso, di un incubo.
Che altro l’aspettava adesso?
Lavanda Brown che vince il premio Nobel? Mundungus che si trasforma in un onesto filantropo? Il povero Cedric Diggory che si reincarna in una fatina che sbrilluccica al sole?
Probabilmente, quello era uno dei primi segni dell’Apocalisse.
A ben pensarci, in effetti, il 2012 era ormai alle porte.
Draco la squadrò con un’occhiata eloquente, poi mosse la mano a mezz’aria in un gesto vago.
< Sono un uomo pieno di sorprese, io.> commentò, malizioso.
La ragazza si ritrovò a dover concordare con lui.
< Decisamente.> replicò ancora scossa, annuendo impercettibilmente.
Ghignando, il giovane si complimentò silenziosamente con se stesso. Era certo che l’avrebbe colpita, mostrando di possedere una minima cultura Babbana.
Per quanto odiose, le ore passate a studiare faticosamente quei triviali e rozzi usi e costumi si erano rivelate estremamente utili. L’aveva impressionata non poco, e senza ombra di dubbio si era appena guadagnato un bel po’ di punti.
Il tutto limitandosi a tirare in ballo l’omino verde di una storiella per bambini. Omino di cui, peraltro, si sentiva di sposare appieno la filosofia.
Dopo qualche ulteriore secondo di sconcerto, Hermione si ricompose, riprendendo ad incamminarsi. Malfoy attese che lo raggiungesse, poi proseguì al suo fianco.
< Comunque,> esordì lei, mentre l’ingresso a Nocturne Alley si faceva più vicino < non immaginavo che tu odiassi il Natale.>
Draco fece una smorfia.
< Ma non mi dire. Davvero non sospettavi che io potessi detestare una festa tanto ipocrita, buonista e sdolcinata?>
< No, dal momento che la penso esattamente come te.>
Stavolta, fu il turno del ragazzo di sbalordirsi.
< Mi prendi in giro?> fece, sbigottito.
Hermione scosse il capo in segno di diniego, per poi rivolgergli uno strano sorriso che fece schizzare il cuore di Draco in gola.
< Anch’io non sopporto il Natale. E per quanto ciò mi lasci indubbiamente basita, dunque, almeno su qualcosa andiamo d’accordo, tu ed io.>
Malfoy dovette fare appello a tutto il proprio autocontrollo per non sorridere a sua volta, certo che gli sarebbe venuta fuori un’espressione da ebete totale.
Ma non riusciva, tutto sommato, a non sentirsi felice.
Per la prima volta, lui e la sua Mezzosangue avevano condiviso qualcosa, senza che dietro vi fosse alcuna sua macchinazione o stratagemma. Qualcosa di spontaneo, di inaspettato, di imprevisto e di insospettabile.
Non aveva dovuto spiarla per scoprire le sue abitudini, né passare ore ed ore in biblioteca a raccogliere informazioni sui Babbani, o tantomeno somministrare di nascosto una pozione a quell’allocco di Weasley per farsi rivelare qualche particolare intimo della ragazza da usare a proprio vantaggio.
Si erano intesi naturalmente ed istintivamente.
E quello era davvero un enorme passo avanti.
Per entrambi.




Hermione non amava particolarmente doversi avventurare per Nocturne Alley, nemmeno quando poteva contare sulla rassicurante presenza di un ex Mangiamorte – il che, effettivamente, poteva sembrare un controsenso, ma almeno in quella circostanza doveva ammettere che avere affianco Malfoy la tranquillizzava non poco: lui conosceva quei vicoli molto meglio di lei, ed aveva assai più dimestichezza con i suoi abitanti.
Il fatto che le strade fossero completamente deserte, eccezion fatta per lei ed il suo compagno, non solo non riusciva a tranquillizzarla, ma anzi contribuiva ad accrescere ulteriormente il suo disagio. Istintivamente, si fece un po’ più vicina a Malfoy.
Notando la sua tensione, il ragazzo fu tentato di passarle un braccio dietro le spalle, ma si trattenne, temendo che se l’avesse fatto, lei avrebbe cercato di amputarglielo.
Optò quindi per una soluzione più consona, e molto più fedele al suo stile.
< Granger, se vuoi abbracciarmi non hai che da chiederlo.> la punzecchiò, ironico.
Allibita, Hermione gli scoccò un’occhiataccia.
< Tu deliri!> gli rispose, piccata.
Il ghigno sul viso del giovane si allargò ulteriormente.
< Allora ti sei avvicinata a me perché hai paura?> insinuò.
La fanciulla socchiuse pericolosamente gli occhi, fissandolo con astio.
< Ti piacerebbe.> sibilò < Figurarsi se io ho paura!>
< Perdona il mio scetticismo, Miss Granger Cuor di Leone.> ridacchiò lui.
In tutta risposta, lei gli rivolse un’imprecazione talmente colorita da fomentare ulteriormente la sua ilarità.
Indispettita, Hermione sollevò sdegnosamente il capo ed accelerò il passo, allontanandosi da lui.
Draco sorrise, osservando i suoi riccioli indomabili oscillarle lungo la schiena al ritmo delle sue falcate.
Era quasi incredibile quanto bene avesse imparato a conoscerla negli ultimi anni. Sapeva che, provocandola, l’avrebbe irritata al punto da far passare i suoi timori per il luogo in cui si trovavano in secondo piano. E del resto, considerò, quello era decisamente un gesto che ci si sarebbe aspettati da Draco Malfoy.
Lui non era certo il tipo che rassicurava con abbracci e carezze. Lui utilizzava la sua strafottenza, il sarcasmo e l’irrisione. Ma, in fondo, il risultato non cambiava più di tanto.
Dal suo passo spedito, era evidente che la fanciulla avesse riacquistato la sua solita baldanza e sicurezza.
Stava ancora riflettendo su tutto ciò, quando un rumore proveniente dalla sua destra lo mise in allerta.
Si bloccò di colpo, scrutando il buio in cerca della fonte di quel suono ovattato. Gli era sembrata una voce umana, anche se non poteva esserne del tutto certo.
Lentamente, tirò fuori la bacchetta dalla tasca, puntandola verso l’angolo oscuro con fare circospetto. Sempre mantenendo la propria arma dritta di fronte a sé, rivolse una rapida occhiata ad Hermione, che continuava a procedere come se nulla fosse.
Evidentemente, non si era accorta di nulla.
Decise di non richiamare la sua attenzione, temendo che il suono della propria voce potesse far fuggire – o peggio partire all’attacco – qualunque cosa fosse appostata nel buio.
Accese la punta della propria bacchetta con un incantesimo non verbale, ritrovandosi a fissare una fila di cassonetti chiusi.
Cercando di fare il minor rumore possibile – ed aiutato in questo dal manto innevato che ricopriva il suolo – si avvicinò cautamente, con l’orecchio sempre teso e pronto a cogliere un eventuale ennesimo rumore.
Aveva mosso qualche passo, quando lo sentì di nuovo. Era un suono flebile, quasi indistinto, che poteva rassomigliare quasi ad un miagolio. Ma era riuscito ad individuarne l’origine.
Raggiunse il cassonetto più largo, dipinto di un color verde sbiadito e graffiato sui lati. Di qualunque cosa si trattasse, era nascosta lì dentro.
Afferrò silenziosamente il manico presente sulla parte superiore e sollevò leggermente il braccio, così da rivolgere la punta direttamente verso l’interno del cubicolo.
Contò mentalmente fino a tre, pronto e reattivo nel caso che la cosa tentasse di attaccarlo.
Uno.
Due.
Tre.

Spalancò di colpo il cassonetto. E non appena vide ciò che conteneva, gli si mozzò il fiato.




Hermione impiegò qualche minuto prima di rendersi conto che Malfoy non era più dietro di lei.
Per l’esattezza, fu solo quando raggiunse un tratto di strada sgombero dalla neve e constatò che erano solo i suoi passi a risuonare nel silenzio spettrale del vicolo.
Si bloccò di colpo, rabbrividendo. Per un fugace istante, temette di essere rimasta da sola. E la cosa non le piacque affatto.
Per questo, quando si voltò e vide che Malfoy era rimasto molto più indietro rispetto a lei – ma che comunque c’era ancora – tirò un sospiro di sollievo, prima di avvertire la rabbia montare rapidamente dentro di sé.
Si mosse verso di lui a passo svelto, digrignando i denti per il nervoso e preparandosi mentalmente a fargli una lavata di capo coi fiocchi.
Quel dannato idiota le aveva fatto prendere un colpo, accidenti a lui!
Avvicinandosi, notò che stava impalato di fronte ad un cassonetto scoperchiato, con uno sguardo allucinato. Aveva tutta l’aria di chi si è appena risvegliato da un incubo terribile, ed ancora ne conserva il vivido ricordo. Le parve persino più pallido del solito, sebbene non fosse del tutto sicura che non si trattasse in realtà di una semplice illusione ottica dovuta alla poca illuminazione di quelle strade.
Si arrestò a qualche metro di distanza da lui, incrociando le braccia al petto.
< Malfoy, che diamine stai facendo?> lo rimproverò con tono acido < Ti sembra questo il momento di metterti a frugare nella spazzatura?>
In tutta risposta, Draco continuò a fissare l’interno del cassonetto con la stessa espressione sconvolta.
Hermione alzò gli occhi al cielo. Per quale dannato motivo la mettevano sempre in coppia con degli psicopatici? Prima McLaggen col suo protagonismo da diva di Hollywood, poi la Midgen che aveva paura persino della sua stessa ombra ed infine Malfuretto, che era un vero e proprio incubo, e per più di un motivo.
< Malfoy!> lo richiamò nuovamente, esasperata.
A quel punto, il ragazzo si voltò verso di lei, evidentemente ancora turbato, e le fece segno con la mano di avvicinarsi.
La giovane aggrottò le sopracciglia, perplessa. Cosa accidenti c’era in quel cassonetto da traumatizzarlo a tal punto?
Dubbiosa, si diresse verso di lui.
< Mi dici che cavolo stai combinan...>
Le parole le morirono in bocca non appena il suo sguardo si posò sulla causa dello sconcerto di Malfoy. Sgranò a sua volta gli occhi, trattenendo il fiato e coprendosi la bocca con la mano destra.
< Oh santissimi numi!> mormorò sbigottita.
Lì, circondato da sacchetti d’immondizia e vecchi giornali, un bambino di pochi mesi se ne stava avvolto in una copertina bianca, ricambiando le espressioni allucinate degli Auror Granger e Malfoy con un largo sorriso sdentato.











NdA:


1) "Three of a kind" è il nome inglese del tris, cosa di cui credo chiunque conosca un minimo le regole del Poker sia informato. La scelta di questo titolo è una mia personale sottigliezza, definiamola così. Innanzitutto perché, è evidente, i protagonisti di questa storia sono tre, più o meno costretti a formare un trio. Ma oltre a questo, la mia scelta è stata condizionata anche dal termine "kind", che letteralmente significa "tipo, genere, sorta" (ovviamente mi riferisco al sostantivo, non all'aggettivo).
In inglese, l'espressione "one of a kind" sta ad indicare una persona (o tipo, più colloquialmente) unica, particolare, speciale, in senso tanto negativo quanto positivo. Il mio intento nello scegliere un simile titolo, dunque, oltre a voler evidenziare la trinità dei protagonisti della fict, è anche rivolta a sottolineare l'unicità di questi tre differenti individui. E, in una sfumatura ancora più sottile, al tempo stesso anche della loro somiglianza, dato che letteralmente "three of a kind" può essere tradotto con "tre dello stesso tipo".
Ma vi pregherei di sorvolare su questi particolari. Vorrei evitare che i miei allucinanti trip mentali di matrice linguistica vi sconvolgessero xD
Al tempo stesso, sottolineo una curiosa particolarità. Spulciando su - sempre sia lodata - Wikipedia, ho scoperto che "Three of a kind" è anche il titolo di un vecchio programma di sketch Britannico, trasmesso dalla BBC dal 1981 al 1983.
Ma non solo. Uno dei tre protagonisti dello show, tale Lenny Henry, viene "ricordato" per la sua intensa interpretazione (notare l'ironia xD) della testolina rinsecchita appesa allo specchietto retrovisore del Nottetempo in "Harry Potter ed il Prigioniero di Azkaban", dove in risposta alla domanda di Potty "Ma i Babbani non ci vedono?" dichiara "No, ma se l'infilzi con la forchetta sentono!". (Che amarezza, per citare il vecchio Cesare Cesaroni u.u)

2) Il titolo di questo capitolo è una chiara e lampante citazione all'omonimo capolavoro di quel gran geniaccio di Tim Burton. E chiunque tra voi non l'abbia visto merita di marcire all'Inferno, oh u.u

3) L'inclinazione in puro stile Serpeverde è un'interpretazione personale (ma neanche tanto) del mio adorato Perce, il pargolo Weasley con la maggiore percentuale di piastrine verde-argento nel sangue. In ogni caso, che Percy sia evidentemente molto ambizioso non è certo una mia invenzione, così come il fatto che possa essere disposto a tutto per raggiungere i propri scopi. Il che va detto, nell'ambiente politico non è poi così inconsueto. Nemmeno nel Mondo Magico.

4) La battuta del Troll in mezzo ad una mandria di Thestral è talmente triste che me ne vergogno da sola u.u
La spiegazione suppongo sia superflua, in ogni caso mi pare evidente che sia semplice individuare un coso enorme come un Troll, soprattutto se mescolatosi ad una mandria di animali invisibili.
Ovviamente questo vale nel caso in cui non abbiate visto la morte coi vostri occhi e dunque non siate in grado di vedere i Thestral, cosa di cui mi auguro caldamente ^^

5) L'odio di Hermione e di Draco nei confronti del Natale è - credo - farina del mio sacco. O, per meglio dire, una mia personale catarsi attraverso i "miei" (magari u.u) personaggi. Posso affermare che detesto il Natale esattamente quanto loro, che anch'io come Hermione cerco ogni scusa possibile immaginabile per sfuggire al ritrovo dei parenti e che nonostante - grazie al cielo - in Italia non esista l'usanza dei famosi coretti porta a porta di bimbi che cantano tutte le varie nenie Natalizie, mi basta vedere la pubblicità della Bauli per ringhiare peggio di una belva feroce u.u

6) Septimus Weasley non è una mia invenzione, mi sembra giusto sottolinearlo. Harry Potter Wiki lo indica come probabile padre di Arthur Weasley - perché ovviamente la Row ha pensato bene di non esprimersi su questo punto, come su tanti altri - per via di una frase pronunciata da Sirius nell'Ordine della Fenice sulla sua parentela con il capofamiglia dei rossi, che non ricordo e che dunque non starò a specificare.
Che invece si occupasse di imbottigliare il Whisky Incendiario è una mia personale interpretazione. Non so che dirvi, mi piaceva l'idea che uno degli Weasley fosse dedito alla produzione e distribuzione di alcolici. Forse perché, visto quanto figliano, devono consumarne parecchio, ed è sempre meglio avere qualcuno che te lo fornisce "aggratis", nevvero? xD

7) Hestia Jones è uno dei tanti personaggi secondari della Saga, citato casualmente perché per un breve e glorioso istante il suo cammino s'intreccia con la luminosa ascesa di San Potter da Privet Drive u.u
La cara Hestia è un membro dell'Ordine della Fenice, si occupa sia del trasferimento di Potty a Grimmauld Place nel quinto libro che della "fuga" dei Dursley nel settimo. Ho scelto di eleggere lei a nuovo capo del reparto Auror in primis perché cadrà la neve a Tahiti il giorno in cui eleverò lo stupido Pottah ad una simile carica, e secondariamente perché volevo che il Capo fosse un personaggio generalmente di sfondo e, soprattutto, una donna (perché il girl power è ancora vivo in me, nonostante lo scioglimento delle Spice Girls xD).

8) L'agorafobia è la paura degli spazi aperti e dei luoghi affollati, ma spesso viene utilizzata anche per riferirsi alla cosiddetta demofobia, ovvero la paura della folla. A ben vedere, non ha molto senso accusare Draco di soffrire di agorafobia, seppure in una forma particolare. Ma, ovviamente, dietro a questa scelta lessicale c'è un retroscena personale.
Anche qui, ammetto di aver messo del mio. Tuttavia, io non ho paura della folla nel vero senso del termine. Semplicemente, la detesto.
Una gran moltitudine di gente, che si tratti di una lunga fila, di un treno particolarmente affollato o di una strada percorsa da molte persone, ha sempre la capacità di irritarmi in maniera quasi incontrollabile. Il più delle volte tento di mantenere un contegno, giusto per non portare chi mi sta accanto a contattare immediatamente il CIM, ma spesso la presenza di troppe persone mi porta sull'orlo di una crisi isterica.
Ciò è risultato evidente durante una gita al liceo, quando per le strade di un'inaspettatamente affollata Granada ho cominciato a dare in escandescenza. Da lì, la mia professoressa di latino ha preso a scherzare dichiarandomi affetta da una forma assai molesta e violenta di agorafobia. E da lì, questo termine è entrato a far parte del mio vocabolario quotidiano ^^
Mi piaceva l'idea di dare a Draco qualcosa di mio (e qui Zab è autorizzata a leggerci tutti i doppi sensi che preferisce xD), e al tempo stesso la vedevo una caratteristica piuttosto calzante per uno tendenzialmente schivo, sdegnoso e quasi misantropo come lui.

9) Anche le pene inflitte a Draco dal Wizengamot sono una mia personale fantasia. A prescindere dal fatto che dubito seriamente che i Malfoy se la siano cavata con una stretta di mano ed una pacca sulla spalla dopo la fine della Guerra, confesso che necessitavo di un pretesto che ponesse Draco a stretto contatto con gli Auror e, soprattutto, con Hermione. Del resto, è stato poi questo stesso contatto a spingerlo ad unirsi a loro.
Spero che il biondo del mio cuore possa perdonarmi per averlo relegato per qualche tempo a fare l'inserviente e la segretaria xD

10) Vabbé, che ve lo dico a che fare, chi mi segue è ormai pienamente consapevole della mia ferma convinzione che, sotto sotto, Draco ed Hermione fossero segretamente cotti l'uno dell'altra già ai tempi di Hogwarts xD
La scelta di Zabini e Nott come migliori amici di Malfoy è uno dei tanti stereotipi del fandom, me ne rendo conto, ma dopotutto sto povero ragazzo dovrà pure avere degli amici che non si distinguano dalle scimmie solo per i pollici prensili, no? (ogni riferimento a Tiger e Goyle è volutamente voluto u.u)
Per quanto invece riguarda l'accoppiamento (in tutti i sensi xD) Ron-Ron/Lav-Lav... beh, in fin dei conti è così che le cose dovevano andare. Quei due sono fatti l'uno per l'altra. Due cuori, una capanna e mezzo cervello, olé olé xD

11) "Un piccolo passo per l'uomo, un grande passo per Draco Malfoy". Se non indovinate questa citazione vi considero tutti rimandati in storia seduta stante, e senza possibilità d'appello xD
Dite che è un pò troppo pretenziosa? Draco sostiene di no u.u

12) Vis à vis è la traduzione francese del nostro "faccia a faccia". E mi rendo conto che da quando ho ripreso a studiare francese, lo infilo costantemente in ogni mia storia xD

13) Sul "naufragato tentativo di instaurare qualcosa di diverso dall'amicizia" tra Hermione e Ron non mi esprimo u.u
Per quanto riguarda invece Seamus Finnigan e Roger Davies, la loro liason con la nostra bella è un mio delirio personale. Seamus suppongo lo ricordiate tutte, è uno dei Grifondoro dello stesso anno di Hermione.
Roger Davies, invece, è un Corvonero più grande di un paio d'anni, noto soprattutto per essere stato il fortunato accompagnatore di Mademoiselle Fleur Delacour al Ballo del Ceppo. L'ho scelto solo ed esclusivamente perché aspettavo da tempo un pretesto per infilarlo in qualche fict, lo ammetto xD

14) “Carini e coccolosi” è la geniale frase caratterizzante dei Pinguini di “Madagascar”, personaggi che amo alla follia di un film che a sua volta amo alla follia. Se notate in questa citazione una lieve stoccata al buonismo esasperante dei Grifoni... beh sì, avete visto bene u.u

15) Il Grinch, oltre ad essere probabilmente l'unico film di Natale che mi piaccia, è un racconto del Dr. Seuss, meglio noto come "How the Grinch stole Christmas" (Come il Grinch rubò il Natale). E', per l'appunto, la storia di un peloso coso verde che odia il Natale, e che decide di "rubarlo" agli abitanti del paese di Chinonso.
Se non avete mai visto il film con Jim Carrey, ve lo consiglio. E se io vi consiglio un film Natalizio, è tutto un dire xD
Peraltro, solo dopo aver scritto il riferimento mi sono resa conto che il Grinch è verde, e dunque color Serpeverde. ^^

16) "Lavanda Brown che vince il premio Nobel" è una chiara irrisione alla stupidità della bionda fanciulla.
"Mundungus che si trasforma in un onesto filantropo" è un riferimento alla ben nota disonestà di Mund, che ruba, sgraffigna e rivende in nero.
La battuta sul povero Cedric Diggory invece è un evidente riferimento alla saga di Twilight =P
“A ben pensarci, in effetti, il 2012 era ormai alle porte” in questo caso è evidente il mio tentativo d’irrisione della sciocca superstizione secondo cui, in base alle profezie Maya, il 21 dicembre del 2012 il mondo cesserà d’esistere, o qualcosa del genere. Bubbole, come direbbe il vecchio zio Scrooge xD

17) McLaggen direi che lo conosciamo tutti piuttosto bene, ed allo stesso modo il suo divismo. La Midgen invece è Eloise Midgen, la brufolosa Tassorosso che viene citata nei libri quale oggetto di scherno di molti ragazzi. Non vi è alcuna effettiva testimonianza della sua codardia, ma vista la Casa di appartenenza non mi pare una cosa tanto improbabile (sì lo so, sono fottutamente crudele xD).





Dunque dunque ^^
Innanzitutto, voglio rassicurare chi segue "October and April": la fict non verrà assolutamente abbandonata.
Questa storia non vuole sostituire l'altra long già in pubblicazione. Semplicemente, è un'idea che mi ha colta all'improvviso, in un momento del tutto inaspettato, e che mi ha travolta come un uragano, al punto che non ho potuto esimermi dal metterla subito su word.
E', diciamo, una sorta di mio "regalo" per voi in occasione delle meeeeravigliose (come no u.u) festività Natalizie.
Non so ancora che piega prenderà questa storia, in ogni caso sarà un racconto molto fluff e leggero, dai toni ben diversi rispetto ad "October and April" e, salvo contrattempi e/o colpi di testa della sottoscritta, sarà composta di sette capitoli.
Per quanto riguarda gli aggiornamenti, vorrei potervi assicurare che ne pubblicherò uno ogni settimana, ma conoscendomi non mi sembra il caso di alimentare false speranze u.u
In ogni caso, farò il possibile, promesso :)
Infine, come sempre, vi rimando alla mia pagina di Facebook per spoiler, commenti, offese, insulti, pernacchie e quant'altro xD
E sì, anche per gli auguri di Natale xD

Alla prossima!!


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Capitolo 2
*** 2. Tre all'improvviso ***













"Three of a kind"












Capitolo Due
“Tre all'improvviso”





Tra i molti pregi e gli altrettanti – se non maggiori – difetti che Hermione Granger poteva vantare, uno in particolare le era valso più e più volte plausi ed encomi, in primis per l’ottimo uso che sempre ne aveva fatto, e secondariamente perché si trattava di una caratteristica assai difficile da riscontrare in una persona, soprattutto in un’adolescente e soprattutto in una donna.
Per giunta, chi maggiormente aveva beneficiato di suddetto dono era nientepopòdimenoche Harry Potter il Magnifico, l’eroe dei due mondi, il Prescelto, il paladino della legge venuto per punire i malvagi in nome di Godric Grifondoro. E ne aveva beneficiato molto sia in termini quantitativi che qualitativi, soprattutto considerando che, senza il supporto e l’aiuto della fanciulla, sarebbe passato alla storia come “il fu Harry Potter” già dal suo primo anno ad Hogwarts, semplificando non poco la vita a molti – prima fra tutti, paradossalmente, la stessa Hermione, che non avrebbe dovuto trascorrere anni ed anni a dannarsi l’anima per salvargli le chiappe.
La proverbiale flemma della giovane, dunque, era il rinomato faro nella notte oscura del Bambino Sopravvissuto, e non solo.
Indipendentemente da quanto drammatica, preoccupante, ardua o persino mortale la situazione potesse rivelarsi, lei rimaneva stoica e concentrata, lucido caposaldo d’ingegno e risoluzione logica. Il panico, con tutte le sue relative problematiche, le era sconosciuto, e non intaccava la fermezza del suo spirito.
Hermione aveva affrontato tranelli magici, creature gigantesche, esseri mitologici, mostri terrificanti, licantropi, vampiri, leggendari maghi oscuri, psicopatici, i patemi sentimentali di Ginny – il cui soggetto finiva immancabilmente per essere Harry Potter – , le crisi mistiche di Ron – che vertevano esclusivamente sul Quidditch, data l’incapacità del ragazzo di attribuire un valore seppur minimo a qualcosa che non implicasse la presenza e l’uso di scope, pluffe e boccini – e persino la terrificante Rita Skeeter, senza battere ciglio. Sempre razionale, sempre lucida, sempre assennata, sempre efficiente.
Sempre.
Peccato che la sua proverbiale flemma avesse scelto proprio quella notte per prendersi delle meritate ferie.
Era una sensazione assolutamente nuova ed altrettanto sgradevole per Hermione ritrovarsi a boccheggiare di fronte a quello che evidentemente era appena divenuto un suo – o meglio, un loro – problema, in preda alla confusione e lo sconcerto più totali – il suo ultimo baluardo di razionalità si rifiutava categoricamente di nominare la parola “panico”.
In quel momento, il suo cervello si dimostrava solo in grado di porsi una domanda apparentemente destinata a rimanere senza risposta: cosa faccio?
Anzi, a voler essere precisi, c’era anche un altro interrogativo, altrettanto retorico ed insolubile, che le angustiava la mente: cosa ho fatto di male per meritarmi tutto ciò?
Non bastava il fatto di dover passare la vigilia di Natale al lavoro con Malfoy? Non era forse abbastanza come punizione per qualunque orrendo crimine di cui si era a sua totale insaputa macchiata?
Perché doveva aver fatto qualcosa di davvero grave e riprovevole per ottenerne in cambio un simile castigo divino. Forse in una vita precedente si era comportata davvero male. Forse nell’attuale Hermione si era reincarnata l’anima di una donna ottocentesca dai facili costumi, e adesso era costretta a pagare il fio di quella vita dissoluta e peccaminosa.
O forse, semplicemente, chiunque si trovasse al di sopra dei cieli la detestava furiosamente.
In ogni caso, era evidente che lo smarrimento e l’incredulità della giovane fossero ampiamente condivisi dal suo compagno.
Entrambi fissavano il fagottino custodito in quel lurido cassonetto avvolti da un silenzio sbigottito. Nessuno dei due sapeva cosa pensare di quella situazione assurda, né tantomeno come comportarsi nei confronti di quell’imprevisto. E sia per Hermione sia per Draco quest’incapacità di reazione era quanto di più frustrante potesse esserci.
< Merlino!> sussurrò lei, dopo quella che ad entrambi parve un’eternità.
Al ragazzo sfuggì un sospiro.
< “Merlino” è un po’ riduttivo, Granger.> mormorò, tentando di suonare sarcastico ma tradito dal tono incerto della propria voce < Qui ci sta bene un’imprecazione coi fiocchi.>
Hermione l’osservò di sottecchi, pensierosa. Un sorriso accennato incurvò le sue labbra.
< Per i testicoli di Merlino?> suggerì.
Draco scrollò lentamente il capo, con una smorfia divertita dipinta in volto.
< Per i testicoli di Merlino.> ripeté, con una sfumatura ironica d’incredulità < Non solo come imprecazione lascia molto a desiderare, ma è pure terribilmente da secchioni. Suppongo che questo sia il massimo del turpiloquio che posso aspettarmi da te.>
La ragazza inarcò un sopracciglio.
< Dici così solo perché non mi hai mai vista arrabbiata.>
< Dovrei essere cieco e sordo per non aver assistito a qualche tuo sfogo d’ira.>
Hermione fece schioccare la lingua contro i denti.
< Fidati Malfoy, non mi hai mai vista davvero arrabbiata.> ruotò leggermente il capo verso di lui, fissandolo con un’espressione sarcastica < Ma sei sempre in tempo, non temere.>
Il giovane non riuscì a trattenersi dal ridacchiare.
< Non lo metto in dubbio.>
Si perse per un istante ad osservarlo ridere. Persino per lei era innegabile come simili istanti d’ilarità fossero capaci di trasfigurare in maniera quasi impressionante l’algido volto di Malfoy.
Anche in passato, quando le sue risate avevano un retrogusto maligno ed erano indirizzate per la maggiore contro di lei, non poteva evitare di accorgersi di come avessero il potere di farlo sembrare diverso.
Quasi umano, pensava allora.
Quasi piacevole, considerava in quel momento.
Perché, effettivamente, la sola vista di Malfoy tendeva di solito a provocarle acidità di stomaco, ma doveva ammettere che tutto sommato quando rideva riusciva ad essere più sopportabile.
In ogni caso, gli era grata per quella piccola parentesi ironica. Era esattamente ciò di cui entrambi avevano bisogno, per spezzare l’atmosfera surreale che regnava dalla scoperta del bambino.
Lanciò un’occhiata all’interno del cassonetto, riassumendo immediatamente un’espressione accigliata.
Forse era meno tesa ed angosciata adesso, ma comunque continuava a non avere idea di come agire.
Si augurò che almeno il ragazzo avesse visto la luce, nel frattempo.
< Che facciamo?> gli chiese, serrando a pugno le mani tanto per il freddo pungente quanto per l’agitazione.
Ogni traccia di sorriso era scomparsa dal volto di Draco, lasciando il posto ad uno sguardo assorto che fece ben sperare la giovane. Fissava il neonato come se stesse valutando un rompicapo particolarmente insidioso, studiandolo ed analizzandolo in cerca di una valida risoluzione.
E, per quanto le costasse ammetterlo, Malfoy era diventato negli anni – o forse lo era sempre stato e lei mai se n’era accorta prima? – abbastanza scaltro da concludere simili ragionamenti con esito vittorioso. Del resto, quando in precedenza aveva dovuto fare coppia con lui, al di là della sgradevolezza della sua persona, in verità il giovane si era spesso rivelato discretamente essenziale ai fini della loro collaborazione lavorativa.
Spesso.
Oh, ma chi voleva prendere in giro?
Non spesso.
Sempre.
Con tutti i difetti che poteva avere – e Salazar solo sapeva quanti ne avesse – , il ragazzo era uno degli Auror più in gamba che il Ministero potesse vantare. Il che a conti fatti poteva tranquillamente apparire un paradosso, ma la loro era forse una delle pochissime professioni per cui essere un ex-Mangiamorte cresciuto in una famiglia da sempre invischiata in attività illecite, circondato da una quantità di artefatti oscuri da poterci riempire almeno due o tre camere blindate della Gringott ed istruito sin dall’infanzia alle pratiche di magia nera, tanto che presumibilmente aveva imparato a scagliare Maledizioni senza Perdono prima ancora che a parlare, costituiva un indiscutibile punto a proprio vantaggio.
Lo vide socchiudere leggermente le palpebre, e riconobbe in ciò il segnale del sopraggiungere di un’idea.
E si ritrovò inevitabilmente a chiedersi per quale astruso motivo conoscesse il linguaggio corporeo di Malfoy, e soprattutto da quando notasse simili suoi particolari.
< C’è solo una cosa da fare, in una simile circostanza.> pronunciò in tono perentorio.
Perplessa, Hermione rimase ad osservarlo in silenzio mentre si chinava sul cassonetto. Draco afferrò l’infante con quanta più delicatezza possibile, strappandolo a quel lurido giaciglio improvvisato per accoccolarlo tra le proprie braccia.
La fanciulla avvertì un inspiegabile moto di tenerezza nel vedere la propria vecchia nemesi scolastica con un neonato stretto tra le braccia. E, per quanto fossero stati istruiti ripetutamente ed insistentemente a non avvicinarsi troppo a ciò che di sospetto potevano incontrare durante i loro turni – memori del fatto che persino un apparentemente innocuo professore balbuziente poteva nascondere un pericolosissimo Mago Oscuro sulla parte posteriore del cranio – ed attendere piuttosto l’intervento dei loro superiori, convenne con lui che raccogliere il bambino da quel cumulo d’immondizia putrida e maleodorante fosse la cosa migliore.
Almeno finché non lo vide estrarre la bacchetta e puntarla contro il fagottino in questione.
Oh.Santo.Cielo.
< M-Malfoy?>
Il terrore la paralizzò sul posto. Non stava avvenendo davvero, non era possibile.
Il giovane non era certo rinomato per la sua bontà d’animo o per lo spassionato altruismo, ma non riusciva a credere che potesse arrivare al punto di rivolgere la propria arma contro una creaturina indifesa.
Dunque era quella la sua brillante risoluzione? Sbarazzarsi del problema alla radice?
Scrutò rapidamente l’espressione del viso di Malfoy per sincerarsi delle sue reali intenzioni. Lo sguardo compunto ed accigliato con cui fissava il bambino le ricordò spaventosamente lo stesso cipiglio che assumeva sempre in duello – ed era davvero troppo preoccupata per rendersi conto di aver nuovamente dato sfoggio delle sue conoscenze Malfoyesche – , cosa che non le piacque affatto. Senza preoccuparsi di celare lo sgomento che trasfigurava i tratti del suo volto, fece scattare la mano destra nella tasca del cappotto. Afferrò saldamente la bacchetta e la estrasse con decisione, puntandola contro il ragazzo e preparandosi persino a Schiantarlo, pur d’impedire quella bestialità.
Tuttavia, Draco non le lasciò neppure il tempo di aprire bocca. Mentre la mano della giovane scattava fuori dalla tasca del cappotto, armata di bacchetta e combattività, lui pronunciò un’unica, breve parola, che mise fine a tutta quell’assurda situazione.
< Forveo.>




Hermione si bloccò di colpo, con la bacchetta a mezz’aria e la bocca spalancata per lo stupore. Atterrita, ascoltò in silenzio i gorgheggi entusiasti del bambino in risposta all’incantesimo riscaldante di Malfoy.
Quando Draco alzò lo sguardo dal neonato a lei, fulminandola con un’espressione sdegnosa, non poté evitare di darsi mentalmente della stupida. Si morse il labbro inferiore, contrita ed imbarazzata.
Davvero aveva creduto che lui avesse intenzione di fare del male al piccolo?
D’accordo, Malfoy non era uno stinco di santo, né sembrava aver intenzione di diventarlo. Ma da lì a sospettare che potesse tentare di uccidere un neonato...
Si sentiva terribilmente idiota. E terribilmente in colpa.
E terribilmente crudele, perché aveva sospettato di lui solo in nome di uno stupido, antico e soprattutto infondato pregiudizio.
Per anni aveva disprezzato i Mangiamorte per il loro prevenuto ed assurdo razzismo nei confronti dei Nati Babbani come lei, e adesso si ritrovava a fare la stessa cosa verso Malfoy.
Orribile. Era davvero una persona orribile.
Abbassò immediatamente la bacchetta ed inspirò a bocca aperta, sperando di riuscire ad immagazzinare assieme all’aria anche un modo decente per farsi perdonare quella tremenda gaffe.
Draco teneva il bambino col braccio sinistro, mentre la sua mano destra scivolava nuovamente in tasca per riporre la bacchetta. Il neonato stava placidamente succhiando uno dei bottoni del suo cappotto nero, ma non se ne curava. Era troppo preso ad incenerire con lo sguardo la sua collega.
In parte comprendeva il gesto di Hermione: del resto, nonostante tutto, la ragazza non aveva mai mostrato eccessiva fiducia nei suoi confronti. Era sempre piuttosto guardinga quando si trattava di lui, come se non fosse ancora del tutto persuasa dalla sua “redenzione”. E non la biasimava, probabilmente al suo posto avrebbe fatto lo stesso. Soprattutto vista la mancanza di mutamenti nell’atteggiamento di lui, che continuava a comportarsi come l’altezzoso bastardo che era sempre stato.
Ma arrivare addirittura a temere che potesse alzare la bacchetta contro un bambino per fargli del male! Non era la persona migliore del mondo, ma non era nemmeno Voldemort.
Esibì un ghigno, seppur privo di qualunque divertimento. Hermione era certa di non aver mai visto prima una simile indignazione riflettersi nei suoi occhi grigi.
< Spiacente di disattendere le tue aspettative, Granger, ma l’infanticidio non rientra ancora tra i miei passatempi preferiti.> sibilò seccamente.
La ragazza desiderò con tutta se stessa di venir risucchiata da una buca profonda dove nascondersi assieme alla sua vergogna.
< Io...> fece, titubante.
Lo vide aggrottare le sopracciglia, e non si stupì di leggere la delusione dipinta su quei tratti duri e glaciali.
< Cosa accidenti credevi?> le chiese, brusco.
Hermione serrò gli occhi, sospirando profondamente.
< Scusa.>
Il giovane distolse lo sguardo, voltando sdegnosamente il capo.
< Tieniti pure le tue scuse, non me ne faccio di niente.> replicò, sperando che il suo tono di voce non tradisse il dispiacere che realmente provava. Espirò lentamente a bocca chiusa, tentando di sopprimere il sospiro che minacciava di sfuggirgli dalle labbra.
Poi, lanciando un’occhiata al fagottino che stringeva tra le braccia, e che nel frattempo aveva allegramente sbavacciato sul suo elegante cappotto, si ricordò che tutto sommato era ancora in servizio, e dunque le sue paturnie personali andavano lasciate da parte.
< Piuttosto, > riprese < è il caso di portare questo marmocchio al Ministero.>
La fanciulla riaprì gli occhi.
< Al Ministero?>
< Vuoi forse lasciarlo qui?> rispose lui aspramente < Qualcuno lì saprà cosa fare con lui.>
Hermione annuì in silenzio. Effettivamente, era la cosa migliore da fare.
Con tutta probabilità, era quella la soluzione a cui Malfoy aveva pensato sin dall’inizio. Ed aveva estratto la bacchetta al solo scopo di rinfrancare le piccole membra infreddolite del neonato, che era rimasto in quel gelido cassonetto per chissà quanto tempo.
Presumibilmente, erano quelle le sue intenzioni. E lei aveva frainteso come una sciocca.
Mentre s’incamminavano verso una zona sicura in cui smaterializzarsi, il ragazzo, che procedeva qualche metro in avanti rispetto a lei, ruotò lievemente il capo per scoccarle un’occhiata torva.
< E, nel caso tu te lo stessi chiedendo, era a questo che mi riferivo, quando dicevo che c’era solo una cosa da fare.> puntualizzò, con tono acido.
Lei si morse nuovamente il labbro inferiore, arrossendo.
Appunto.




Hermione non era mai riuscita a spiegarsi perché, quando disgraziatamente era costretta a passare del tempo in – sgradevole – compagnia di Malfoy, lui si dimostrasse ogni volta così pedante.
Era assurdo, perché davvero non lo ricordava tale, ai tempi di Hogwarts.
Non era mai stato timido o taciturno, questo no. Anzi, dava spesso e volentieri sfoggio della sua bocca larga e della sua lingua lunga. Lunga ed affilata, per inciso.
La sua odiosa voce strascicata era sempre pronta a cogliere il minimo fallo del cosiddetto Trio delle Meraviglie, sempre smaniosa di schernire, offendere, insultare ed esibirsi nella creazione di nuovi maligni epiteti con cui apostrofare i Grifondoro. Ma al di là di quello, non le era mai parso il tipo di persona che si lancia in appassionate conversazioni e scambi d’opinioni.
Al contrario, le era sempre sembrato piuttosto riservato, in questo senso. E più volte aveva sospettato che la sua scelta di accompagnarsi costantemente a Tiger e Goyle – che possedevano mezzo cervello in due – ed a Pansy Parkinson – che, oltre a dar sfoggio di un Q.I. talmente basso da battere persino i minimi storici raggiunti da Lavanda Brown, in sua presenza si trasformava in una vera oca, piume comprese – fosse dettata da un suo desiderio di evitare il più possibile un qualunque interlocutore che non si limitasse a pendere fedelmente dalle sue labbra e ripetere a pappagallo ogni sua dichiarazione, come se fosse una verità assoluta ed insindacabile.
Soprattutto, aveva inizialmente creduto che Mister “Ho il sangue talmente puro che anziché macchiare, pulisce” non si sarebbe mai e poi mai abbassato a rivolgere la sua preziosa e nobile parola ad una comune ed indegna Mezzosangue come lei. Una speranza tanto auspicata quanto vana.
Sin dalla loro prima collaborazione, Malfoy l’aveva letteralmente rimbambita di chiacchiere. Non che si fosse sbilanciato troppo, confidandole i suoi più intimi segreti e rivelandole lati insospettabili del proprio carattere.
Più che altro, tendeva a parlare del niente. Però ne parlava ininterrottamente.
Che tentasse di punzecchiarla ed indurla ad uno dei loro soliti battibecchi verbali, o che esponesse il suo sdegnoso punto di vista sui rozzi costumi dei Babbani, o che si lanciasse in un monologo-invettiva contro Potty e Weasel, accusati a suo dire di “appropriazione indebita di ossigeno destinato ad esseri umani pensanti, a differenza loro”, in ogni caso zittirlo si dimostrava praticamente impossibile.
Dovendo essere del tutto sinceri, la cosa non le dispiaceva moltissimo. Aveva sempre apprezzato le persone loquaci e discorsivamente versatili, ed inoltre, in mezzo ai vari vaneggiamenti senza senso, Malfoy si era spesso lasciato scappare qualche piccolo particolare su di sé che aveva permesso ad Hermione di chiarirsi un paio di idee su di lui, e di confutarne altre. La questione del loro odio comune per il Natale ne era un palese esempio.
Inoltre, per quanto si sarebbe rifiutata di ammetterlo persino sul suo letto di morte, trovava la voce del ragazzo – più adulta e profonda, meno stridula e supponente rispetto a quando era ancora un bambino – decisamente affascinante. Aveva sempre avuto una curiosa propensione per le belle voci maschili, ed a conti fatti quella di Malfoy rientrava a pieno titolo in un simile novero.
Ma al di là di tutto ciò, la sua logorrea finiva spesso – no, sempre – per esasperarla, portandola a bramare qualche istante di silenzio con la stessa intensità con cui un Kappa desidera del sangue umano.
E, quando riusciva ad ottenerlo, le sembrava quasi di aver raggiunto il nirvana.
Eppure, quella notte, per la prima volta in assoluto, Hermione avvertì il pesante silenzio di Draco Malfoy gravarle addosso come una tonnellata di cemento armato.
Da quando avevano messo piede al Ministero, non le aveva più rivolto la parola neppure per sbaglio. E lei, ancora contrita e dispiaciuta per il malinteso, l’aveva seguito passo passo come una timida adolescente, lasciando che fosse lui ad esporre la situazione a chi di dovere e limitandosi ad annuire silenziosamente quando le veniva chiesta conferma.
Sospirò, fissando pensosamente la sua schiena. Stava immobile di fronte a quella finestra a scrutare le strade innevate da più di dieci minuti. Le dava le spalle, si trincerava dietro il suo ostinato mutismo e, Hermione ne era fermamente persuasa, fingeva di trovare interessante il paesaggio solo per evitare il suo sguardo.
Non lo biasimava. E se, da un lato, gli era grata per averle risparmiato la sequela di insulti che lei stessa sentiva di meritare per quello spiacevole episodio, dall’altro li rimpiangeva.
Avrebbe preferito imprecazioni, epiteti, urla, scenate, sfilze di “Lurida SangueSporco” e via dicendo. Tutto, piuttosto che quel gelido silenzio.
Abbassò lo sguardo sulle sue mani, placidamente posate in grembo. Prese a giocherellare con le frange della sua sciarpa rossa, tentando nel frattempo di fare ordine nei propri pensieri.
Doveva chiedergli scusa.
E non perché fosse realmente suo dovere, o almeno non solo.
Doveva scusarsi perché ne avvertiva il bisogno.
E perché, incredibile ma vero, desiderava anche che Malfoy tornasse a parlarle.




Chiunque avesse inventato il vetro doveva essere sicuramente un genio, e di questo Draco ne era convinto al cento percento.
Era una soddisfazione quasi fisica per lui poter giocare a fare il sostenuto con la Granger, dandole le spalle e negandole il suo sguardo, eppure poterla ugualmente osservare, grazie all’astuto gioco di riflessi della finestra di fronte a lui.
Aveva finto di rimirare la neve che cadeva su Londra, beandosi invece dell’immagine della sua Mezzosangue che, oltre ad essere indiscutibilmente bella a prescindere, sortiva su di lui un fascino particolare, in quel momento.
Il fascino del torto.
Perché, finalmente, Hermione Granger l’infallibile aveva toppato. Alla grande, per giunta, e nei suoi confronti. Ciò, dunque, lo poneva in un’indubbia posizione di vantaggio.
E dallo sguardo mortificato della ragazza, aveva dedotto che di lì a poco si sarebbe prodigata in scuse ed invocazioni di perdono. Tutto ciò lo elettrizzava, regalandogli un’inebriante sensazione di potere.
Non che gioisse realmente del suo disagio. Dopotutto, era pur sempre un gentiluomo, e come tale era suo preciso compito e dovere alleviare le pene di una madamigella.
E neppure aveva dato sfoggio di un risentimento non reale. Per quanto fosse abituato al sospetto altrui, soprattutto da parte di lei, era rimasto discretamente ferito da quella manifestazione di sfiducia così radicata ed ingiustificata.
Però, da buona Serpe, aveva saputo immediatamente cogliere in quella circostanza un’eccellente occasione per dare nuovo impulso al suo piano di conquista.
Fare leva sul rimorso della fanciulla per giocare la parte della povera vittima ingiustamente ferita e, dunque, accattivarsela era probabilmente una delle mosse più subdole, sleali ed infide che avrebbe potuto compiere. Il che, secondo la sua ottica, la rendeva perfetta ed ineccepibile.
Era una splendida, splendida, splendida idea.
Da quasi un quarto d’ora sostavano in quell’umido corridoio, nei pressi dell’Ufficio per la Salvaguardia dei Minori, in attesa che il funzionario a cui avevano affidato il bambino desse loro il responso della sua “attenta analisi”, come lui stesso l’aveva definita – provocando, peraltro, una smorfia sui volti di entrambi gli Auror, ben avveduti dell’effettiva professionalità di quel particolare dipartimento del Ministero.
Hermione sedeva timidamente dal lato opposto rispetto a dove si trovava lui, ed a giudicare dal modo frenetico con cui arricciava le frange della sua sciarpa intorno alle dita, era certo che si stesse arrovellando il cervello in cerca di una valida maniera di discolparsi.
Dovette reprimere un sorrisetto quando, finalmente, la vide annuire tra sé e sé ed alzarsi, per poi dirigersi lentamente verso di lui. Si parò alla sua sinistra, fissando a sua volta il paesaggio innevato.
Voleva evitare il suo sguardo, era evidente. Lo faceva sempre, quando si sentiva in colpa: rifuggiva qualunque contatto visivo con la persona verso cui aveva commesso un torto. Draco aveva appreso questa sua particolare caratteristica negli anni, osservandola da lontano, anche se non riusciva a spiegarsi se si trattasse di orgoglio o di semplice vergogna.
< Mi dispiace per prima.> mormorò, stringendosi nelle spalle.
Lui rimase in silenzio, osservandola di sottecchi.
< E’ che...> tentennò, lisciandosi con la mano sinistra un’inesistente piega nel cappotto < Beh, Nocturne Alley mi rende sempre particolarmente diffidente.>
Draco scosse il capo, ridacchiando amaramente.
< Sì, certo. Nocturne Alley.> commentò, ironico < Dì piuttosto che sono io il problema.>
Hermione si morse il labbro inferiore.
< No, no. Era il... contesto, ecco. Ero già piuttosto guardinga, e poi tu hai tirato fuori la bacchetta, e...> sospirò, passandosi una mano sul volto < Avrei fatto lo stesso con chiunque altro.>
Il ragazzo fece schioccare la lingua contro i denti.
< Non insultare la mia intelligenza, Granger. Vorresti farmi credere che se al mio posto ci fossero stati Potter o Weasley avresti puntato la bacchetta anche contro di loro?>
Lei arrancò.
< No, ma...>
< Appunto. Ti sei risposta da sola.>
Ruotò il capo verso di lui, incontrando i suoi occhi grigi. Lo sguardo di Malfoy aveva il potere di farla sentire doppiamente in colpa.
O forse, erano i suoi tentativi di giustificarsi. Del resto, difendere la propria colpa è un’altra colpa.
Tornò a fissare il vetro di fronte a lei, mentre le sue guance s’imporporavano leggermente.
< D’accordo.> ammise in tono cupo < Hai ragione. Ho reagito così perché, nonostante tutto, ancora non riesco a fidarmi completamente di te. So che, insomma... che è un atteggiamento infantile, forse persino ipocrita da parte mia, ma è più forte di me. Ed ammetto che non te lo meritavi, almeno non in questo caso.> puntualizzò.
Draco non riuscì a trattenere un ghigno divertito.
Almeno non in questo caso.
Non riusciva a dargli fiducia nemmeno sulla carta, quella maledetta strega.
< Mi dispiace di averti... ehm... offeso?> avanzò lei, incerta su quale termine usare per descrivere i sentimenti del giovane.
Lui scosse lentamente il capo, poi si voltò e si appoggiò con le spalle al vetro. Infilò le mani nelle tasche del cappotto, rivolgendo lo sguardo alla parete opposta, dove si stagliava la porta ancora chiusa dell’Ufficio.
< Vedi Mezzosangue, il punto non è che tu non ti fidi di me. Voglio dire, questo è piuttosto comprensibile, in primis alla luce dei nostri trascorsi ad Hogwarts, oltre al fatto che “Mai fidarsi di un Malfoy” è un dettame del Mondo Magico che probabilmente risale ai tempi di Merlino in persona.>
Hermione gli scoccò un’occhiata incredula.
< Perciò non ti dispiace?>
Draco piegò le labbra in uno strano sorriso, che per un istante le fece inspiegabilmente schizzare il cuore in gola.
< Non ho detto questo.> mormorò, in un tono di voce così carezzevole che la ragazza stentò quasi a riconoscere come suo < Però è giustificabile, non te ne faccio di certo una colpa. Peraltro, ti assicuro che non sei la sola a pensarla così.>
Anche se di tutti gli altri non me ne frega un accidente, pensò, mordendosi la lingua per evitare di dichiararlo ad alta voce.
La fanciulla si grattò una tempia con l’indice della mano destra.
< Credevo che ti fossi arrabbiato.> confessò.
Il ragazzo si voltò a fissarla, nuovamente serio.
< Infatti. Anche se, a dire il vero, “arrabbiato” non è il termine giusto. Il fatto è, Granger, che tu non hai semplicemente dubitato delle mie intenzioni. Tu hai realmente creduto che io volessi fare del male a quel bambino, o peggio ammazzarlo. Dannazione, so di non essere esattamente il primo nella lista dei tuoi preferiti,> non ancora < ma sospettare addirittura una cosa simile! Potrai non concordare su questo punto, ma ti assicuro che io non sono un mostro. Ed essere stato un Mangiamorte, peraltro senza neppure la piena consapevolezza di ciò che stavo facendo, non mi rende tale.>
Mortificata, Hermione serrò le labbra in una smorfia, abbassando lo sguardo sulla punta delle proprie scarpe.
Fu con sommo stupore che Draco, dopo quasi un minuto di silenzio, percepì la mano di lei posarsi delicatamente sul proprio braccio. Quel contatto, seppure lieve, lo portò a tendere istintivamente i muscoli ed a trattenere per qualche secondo il respiro.
Pazzo, era sicuramente pazzo.
Perché solo un pazzo avrebbe potuto sentire la pelle bruciare furiosamente sotto la stoffa nel punto in cui sostava la sua mano. E solo un pazzo avrebbe potuto rischiare di perdere la testa solo perché lei lo stava toccando attraverso il cappotto.
< Lo so.> gli disse, dolcemente < E’ questo il punto, Malfoy, so benissimo che tu non sei un mostro, tanto quanto so che non sei diventato Mangiamorte esattamente per tua scelta, o che perlomeno non avevi idea di ciò a cui andavi incontro. Io lo so. E sono stata stupida, insensata e crudele a dubitare di te in quel modo. Ti chiedo profondamente scusa, anche se comprendo che tu possa rifiutarti di perdonarmi.>
Pregando con tutto se stesso che la sua parte esteriore non lo stesse tradendo come quella interiore – il cuore che batteva furiosamente, lo stomaco contratto in una morsa, il respiro pesante ed il cervello che continuava ad inviare freneticamente impulsi a cui il suo corpo non poteva e non doveva obbedire – , Draco scrollò le spalle con fare vago.
< Perdonarci reciprocamente le nostre balordaggini è la prima legge di natura.> commentò elusivo.
Hermione alzò gli occhi al cielo, sorridendo divertita.
< Devi sempre essere così contorto?>
< Mi hanno disegnato così.> replicò lui, sarcastico.




La mano di Hermione indugiava ancora sul braccio di Draco, circostanza che rappresentava per lui tanto una benedizione quanto una condanna.
Di certo non gli dispiaceva un simile contatto ravvicinato con la sua Mezzosangue, ma era alquanto turbato dall’effetto che ciò sembrava sortire sul suo corpo, per quanto esteriormente tentasse di darlo a vedere il meno possibile.
Era pienamente consapevole di avere una considerevole infatuazione per la giovane, ma una reazione del genere gli pareva decisamente eccessiva.
Le questioni erano due: o la mancanza di rapporti col genere femminile degli ultimi due anni aveva causato danni permanenti al suo sistema nervoso – perché, a differenza delle dicerie, i Serpeverde erano tutto meno che dei playboy per indole: indubbiamente sfruttavano l’ascendente che il loro fascino sembrava possedere nei confronti delle fanciulle per bearsi della loro piacevole compagnia, ma una volta scelta una compagna fissa le restavano fedeli imperituramente; e da quando lui aveva deciso di volere solo ed esclusivamente la Granger si era focalizzato solo ed esclusivamente su di lei, cessando qualunque altra frequentazione muliebre – , oppure aveva davvero sottovalutato la portata dei suoi sentimenti.
Hermione lo scrutò, esibendo un sorriso obliquo.
< Sai, non avrei mai detto che possedessi una simile inclinazione verso i bambini.> gli fece.
Draco inarcò entrambe le sopracciglia.
< Solo perché ho tenuto il marmocchio in braccio?>
< Anche. Ma, a parte ciò, sospettavo che il regalino che ti ha lasciato sul cappotto ti avrebbe fatto meno piacere di quanto contrariamente sembra.>
Il giovane sgranò gli occhi, impallidendo di colpo.
< Che?!>
Lei scoppiò impietosamente a ridere, allontanando la mano dal suo braccio per portarla a coprirsi la bocca ed indicandogli con un cenno del capo il vistoso alone che campeggiava sul suo prezioso cappotto nero.
Rivolgendo lo sguardo a suddetto, impietoso scempio, l’Auror si lasciò sfuggire una sequela di colorite imprecazioni, alternate da maledizioni indirizzate a tutta la razza infante, lamentele tanto per la propria immagine impunemente macchiata – era proprio il caso di dirlo – quanto per il costoso ed elegante capo tragicamente rovinato ed, ovviamente, occhiate torve alla fanciulla, che continuava ad infierire ridendo della sua sventura.
< Chiunque abbia detto che i bambini sono un dono del cielo è un fottuto imbecille.> concluse infine, inclinando stancamente la testa all’indietro e rivolgendo lo sguardo al soffitto.
< Non lo sai che chi sta con i fanciulli s’imbratta la camicia?> commentò lei, ironica.
< Fanculo.>
< La tua perpetua trivialità è davvero un dono, Malfoy.>
< Quasi quanto il tuo inopportuno sarcasmo.> decretò Draco, caustico.
Hermione sbuffò, seppure segretamente lieta che la situazione fosse rientrata nella norma. Aveva seriamente temuto che il rapporto tra lei ed il ragazzo si fosse irrimediabilmente incrinato, e, come per tutte le cose apparentemente assurde della vita, si era accorta di quanto ci tenesse solo ad un passo dal perderlo.
Ciò non significava certo che adesso Malfoy le fosse simpatico o cosa. Restava sempre il solito indisponente, insopportabile, odioso, sgarbato e volgare tanghero di sempre. Ma, doveva riconoscerlo, lo preferiva decisamente così.
Prese fiato, intenzionata a rispondergli a tono, ma il rumore della porta dell’Ufficio che veniva aperta bloccò sul nascere qualunque suo intervento.
Entrambi riassunsero immediatamente un’espressione quanto più professionale possibile. Ed entrambi, tuttavia, non riuscirono a trattenere una smorfia, quando notarono la maniera impacciata, sdegnosa e persino vagamente schifata con cui il funzionario del Ministero teneva il bambino tra le braccia.
Hermione si domandò come potesse una persona così inetta ed incapace con i pargoli lavorare proprio in quel settore, mentre Malfoy giunse alla più rapida ed ovvia conclusione che il tipo era un emerito idiota.
Lo raggiunsero con pochi passi, e la ragazza si preoccupò subito di recuperare il piccolo, stringendolo tra le sue più sicure ed affidabili braccia. Il neonato, dal canto suo, parve gradire quel “passaggio di testimone”, palesando la sua soddisfazione con una serie di trilli e gorgoglii entusiastici. Draco concordò silenziosamente con le sue esultazioni, considerando che anche lui avrebbe gioito – in modo molto più adulto e virile, ovviamente – se avesse avuto la possibilità di accoccolarsi sul petto della Granger.
< Dunque?> domandò, tentando di suonare abbastanza conciliante, ma riservando comunque all’ometto di fronte a lui la sua migliore occhiata algida “alla Malfoy”.
Questi scosse lentamente il capo, esibendo un cipiglio altero che non mancò di irritare considerevolmente Hermione.
< Sono desolato signori, ma nonostante tutte le mie accurate e meticolose ricerche, non sono riuscito a risalire in alcun modo all’identità del soggetto.>
I due Auror inarcarono le sopracciglia in contemporanea.
Soggetto? Era davvero necessaria tutta quella assurda formalità burocratica, in una simile circostanza?
< Oltretutto,> proseguì l’uomo < non ci risulta alcuna denuncia di scomparsa o rapimento che risponda alle sue caratteristiche. Per quanto sia una conclusione davvero spiacevole, mi pare dunque ovvio che il soggetto sia stato volontariamente abbandonato dai genitori, o chi per loro.>
< Magari i genitori non hanno ancora contattato il Ministero per segnalare la sua scomparsa.> avanzò Hermione.
L’occhiata carica di disprezzo che l’altro le riservò portò Draco a serrare rabbiosamente le mani a pugno. Dovette fare un grande sforzo di autocontrollo per trattenersi e non saltargli addosso in quel preciso istante.
Nessuno poteva permettersi di guardare in quel modo la sua Mezzosangue. Nessuno eccetto lui, chiaramente.
< Lo escludo, Miss Granger.> puntualizzò l’uomo, in tono acido < Probabilmente lei si confonde con l’amministrazione Babbana. Noi siamo informati in tempo reale dai genitori di qualunque contrattempo o circostanza nefasta riguardi un minore, di conseguenza se nessuno ha provveduto a farlo significa che chi ha depositato il soggetto in quel cassonetto a Nocturne Alley aveva deliberatamente deciso di disfarsene.>
Hermione abbassò lo sguardo sul bambino, che giocherellava con le frange della sua sciarpa. Probabilmente non era dotata di chissà quale istinto materno, ma in ogni caso non comprendeva come si potesse abbandonare una simile creaturina. Soprattutto, non riusciva ad immaginare con quale cuore qualcuno avesse potuto gettarlo assieme alla spazzatura.
Sospirò profondamente, accarezzando con la mano destra i radi ciuffetti che costituivano la capigliatura del piccolo.
< Qual è la prassi?> chiese Draco.
L’uomo si schiarì la gola con un colpo di tosse, lanciando un’ennesima occhiata di disappunto al gesto affettuoso di Hermione ed attirando su di sé per la seconda volta nel giro di pochi secondi l’ira del ragazzo, repressa con estrema difficoltà.
< Ho personalmente appurato che il soggetto è dotato di poteri magici, per quanto ancora piuttosto flebili e mal sviluppati. Dunque è da ritenersi un membro a tutti gli effetti della nostra comunità, sebbene non abbiamo testimonianze di una sua appartenenza ad una famiglia di Maghi. Di conseguenza, è preciso compito del Ministero della Magia provvedere all’inserimento del soggetto nell’apposita struttura destinata ai minori nella sua situazione.>
Hermione aggrottò le sopracciglia, cupa. I pomposi giri di parole del funzionario le stavano procurando un mal di testa coi fiocchi, ma era ancora abbastanza lucida da recepire con chiarezza l’ultima parte del discorso. E sperò con tutta se stessa di aver compreso male.
< Che intende per “apposita struttura”?> chiese.
L’uomo le riservò un sorrisetto caustico e vagamente sardonico, lo stesso che probabilmente avrebbe rivolto ad un Magonò che gli avesse chiesto come si lancia uno Schiantesimo.
Draco inspirò profondamente, trattenendosi dal prendere a pugni quella faccia arrogante e supponente solo perché poi avrebbe dovuto alla sua Mezzosangue troppe spiegazioni riguardo al proprio comportamento.
< Un orfanotrofio, Granger.> rispose, battendo il funzionario sul tempo.
Questi annuì, increspando le labbra in una smorfia contrariata.
< Esattamente. Anche se noi del settore preferiamo definirla “casa d’accoglienza per minori”.>
< Potreste definirla anche “caramella al limone”, sempre orfanotrofio resta.> commentò sarcastico Malfoy.
Voltò lievemente il capo verso la propria destra, deciso ad evitare l’ennesima, irritante espressione di sdegno dell’ometto e preferendo rivolgere la propria attenzione alla ragazza.
Lo sguardo di Hermione lo lasciò interdetto. Era piuttosto abituato alle stranezze della fanciulla, ed anzi aveva imparato ad adorare molte di esse proprio perché contribuivano a renderla così unica ed atipica, non solo rispetto alle altre streghe ma persino all’intero genere femminile.
Tuttavia, era alquanto sconcertato da quella sorta di mix tra sgomento, rabbia ed orrore che lesse nei suoi lineamenti tesi, negli occhi sgranati e nelle labbra contratte.
Non riusciva a comprendere cosa avesse potuto sconvolgerla tanto. Perplesso, notò l’occhiata stravolta che la giovane indirizzò al neonato accoccolato tra le sue braccia. Lo osservava come se improvvisamente quel pargoletto la terrorizzasse.
Fu logico ed istantaneo comprendere che no, non era terrorizzata da lui.
Era terrorizzata per lui.
< Cielo, no.> mormorò lei, scuotendo lentamente il capo, lo sguardo spiritato ancora fisso sul bambino.
Draco aggrottò le sopracciglia, ancora confuso.
< Granger, cosa...>
< No.> lo interruppe la ragazza, rialzando di scatto la testa per fronteggiare con risolutezza il funzionario, che ancora la squadrava con un’espressione sdegnosamente interrogativa < Se lo scordi. Non spedirete il bambino in un orfanotrofio, non ho intenzione di permettervelo.>
L’uomo sgranò gli occhi, turbato da una simile irriverenza, nonché da quell’evidente tentativo di ribellione alle sacre, imprescindibili ed incontestabili leggi del Ministero.
< Signorina, è nostro preciso dovere...>
Hermione mosse un passo in avanti, scrutandolo con aria bellicosa.
< Non mi interessa quale sia il vostro preciso dovere, lui non finirà in uno di quei tuguri, fosse anche l’ultima cosa che faccio!> ringhiò, stringendo possessivamente contro il proprio petto il neonato, che, quasi a voler dare ulteriore enfasi alle parole della fanciulla, si aggrappò con una manina al colletto del suo cappotto.
Il funzionario boccheggiò, inorridito ed al tempo stesso intimorito dalla veemenza della ragazza. Spostò lo sguardo su Malfoy, in una muta richiesta di soccorso.
Richiesta vana, in primis perché il ragazzo era altrettanto interdetto dalla reazione della Granger, e secondariamente perché, anche se avesse potuto, di certo non avrebbe voluto far nulla per aiutare quell’idiota in giacca e cravatta.
Tuttavia, dato che ogni Malfoy che si rispetti deve sempre assicurarsi che le sue proprietà siano in perfetto stato, e dato che la salute mentale della sua Mezzosangue gli stava particolarmente a cuore, decise comunque d’intervenire.
Per lei, ovviamente, non per quell’ingessato da strapazzo.
Si avvicinò alla fanciulla, posandole una mano sulla spalla. Con una leggera pressione, la costrinse a distogliere il proprio sguardo infuocato dal funzionario ed a voltarsi verso di lui.
Fu quasi tentato di sorridere, quando notò come l’espressione di lei si fosse lievemente addolcita, non appena era entrato nel suo campo visivo. Ma si trattenne, abbastanza arguto da intuire che dietro l’apparente languore di quegli occhi color nocciola non si celava una – da lui fortemente anelata – frenesia sentimentale, quanto piuttosto la cognizione di una sorta di complicità tra loro. Dopotutto, Draco era un suo collega, aveva trovato il bambino con lei – anzi, ad essere precisi era stato lui a trovarlo – ed aveva evidentemente condiviso sin da subito la sua antipatia per quell’impettito e borioso ometto; era dunque chiaro che Hermione si aspettasse la sua comprensione ed il suo appoggio in quella crociata contro gli orfanotrofi.
< Malfoy.> mugolò, fissandolo con uno sguardo implorante.
Il ragazzo sospirò, posando anche la mano sinistra sull’altra spalla della fanciulla. Scoccò una rapida occhiata al funzionario ministeriale, che parve comprendere immediatamente l’implicita richiesta di un minimo di privacy e dunque indietreggiò di qualche passo, fingendosi particolarmente interessato all’iscrizione sulla porta del proprio Ufficio.
< Mezzosangue, qual è il problema?> esordì Draco, tentando di suonare conciliante.
Hermione abbassò nuovamente lo sguardo sul bambino, mordendosi il labbro inferiore.
< Non capisci? Non può andare in quel posto. Se verrà affidato ad un orfanotrofio, automaticamente il Ministero smetterà d’interessarsi a lui, lo giudicheranno “sistemato”, e lui non avrà più alcuna possibilità di tornare dai suoi genitori.>
< Sei davvero convinta che non siano stati loro a lasciarlo in quel cassonetto?>
La giovane sospirò profondamente, per poi tornare a fissare il collega.
< Non lo so.> ammise < Però... è una sensazione, ecco.>
Lui aggrottò le sopracciglia.
< Una sensazione?>
La ragazza annuì, con un accenno di sorriso.
< So che è stupido, però dentro di me sento che non sono stati loro. Non riesco ad immaginarlo come un bambino rifiutato dalla propria famiglia, trovo più presumibile che gli sia capitato qualcosa, anche se non saprei cosa di preciso.>
Inaspettatamente, anche Draco sorrise.
< Non è stupido. O meglio, in linea di massima lo sarebbe, ma si dà il caso che ti sei sempre dimostrata piuttosto, come dire, perspicace, perciò è lecito supporre che tu possa avere ragione anche questa volta.>
Hermione spalancò occhi e bocca in un’espressione di compiaciuto stupore.
< Sei d’accordo con me?> domandò, non riuscendo a nascondere un tono di profonda sorpresa.
< Temo di sì, anche se non è particolarmente piacevole.> replicò lui, ghignando ironico.
La giovane avvertì l’impellente desiderio di gettargli le braccia al collo per manifestargli la propria riconoscenza. Fortunatamente, il bambino che stringeva tra le braccia e la consapevolezza che – miseriaccia – si trattava di Malefico Malfoy in persona bloccarono sul nascere quella folle tentazione.
< Comprendo i tuoi timori.> proseguì < Effettivamente è piuttosto probabile che, una volta depositato in un orfanotrofio, il suo caso finisca nel dimenticatoio. Ma entrambi abbiamo conoscenze abbastanza importanti da impedirlo, no? Possiamo portare avanti la sua causa mentre viene momentaneamente tenuto in custodia.>
La ragazza inspirò a fondo, lievemente turbata dall’intimità e complicità che si erano appena instaurate tra di loro. Sentire Malfoy proporsi di spalleggiarla in una delle sue solite battaglie sociali, offrendo persino di avvalersi dei propri contatti “in alto”, era piuttosto curioso, e da un certo punto di vista persino inquietante.
Non che le dispiacesse, di solito nessuno si era mai mostrato minimamente interessato a darle man forte quando decideva di “scuotere il sistema” – la bruciante debacle della sua campagna pro-elfi ai tempi di scuola era ancora un ricordo vivido – , ma che fosse proprio lui a schierarsi al suo fianco era qualcosa di cui stentava a capacitarsi.
In ogni caso, c’erano questioni più importanti di cui doveva occuparsi, rispetto all’apparente e momentanea schizofrenia – perché di quello doveva trattarsi, come minimo – di Malfoy.
< Non è solo questo il punto.> sentenziò < Un orfanotrofio è un luogo... ecco... lugubre. I bambini che vi crescono potrebbero, come dire, mostrarne le conseguenze una volta adulti,. Come è già accaduto in passato, se capisci cosa intendo.>
Draco sgranò gli occhi.
Capiva, capiva eccome.
Certo, temere che il soggiorno in orfanotrofio potesse fare del marmocchio un nuovo Tom Riddle era una considerazione un po’ drastica ed esagerata, ma indubbiamente un fondo di verità c’era.
Non erano esattamente i luoghi più piacevoli ed ospitali del mondo, soprattutto se paragonati al calore che una famiglia – persino una apparentemente rigida e scostante come la sua – poteva infondere nell’animo di un pargolo.
Non aveva considerato la situazione da quel punto di vista, ma comprendeva. Peraltro, durante una delle sue indagini tramite Weasley – ovvero una delle soffiate di cui il ragazzo lo aveva reso partecipe dopo essere stato opportunamente incantato ed imbottito di Veritaserum – aveva scoperto come la storia del piccolo Voldemort “bulletto d’orfanotrofio” avesse impressionato la Granger.
Annuì, mostrandosi concorde.
< E cosa pensi di fare, dunque?> le chiese.
Hermione abbassò nuovamente lo sguardo sul neonato, le cui palpebre calanti indicavano il sopraggiungere del sonno.
Aveva già preso la sua decisione al riguardo. Ad essere onesti, ne era stata convinta fin dal primo accenno di “orfanotrofio” da parte del funzionario del Ministero.
E sebbene ciò andasse contro ogni sua logica e stridesse notevolmente con quello che aveva sempre giudicato il suo modus operandi con gli infanti – vale a dire la mancanza più assoluta di alcun senso materno o predisposizione in generale – , le era parsa immediatamente la scelta più ovvia, inevitabile e soprattutto più giusta.
Per il bambino sicuramente.
Per lei... anche, si augurava.




< E’ fuori discussione!> esclamò l’ometto, inorridendo.
Le intemperanze di quella giovane Auror stavano raggiungendo livelli impensabili. Appena possibile, avrebbe contattato Miss Jones per proporle un consulto psichiatrico.
< Non vedo quale sia il problema.> commentò Hermione, perplessa.
< E’ evidente che lei non lo capisca, signorina, o comprenderebbe da sola la stoltezza della sua richiesta.> chiosò quello, acido e tagliente.
Draco decise che poteva sopportare l’insolenza altrui nei confronti della sua Mezzosangue solo un certo numero di volte, e che il tizio aveva già abbondantemente varcato quel limite.
< Cerchi di moderare tono e termini.> sibilò, minaccioso < Non mi costringa a punirla per oltraggio a pubblico ufficiale.>
L’uomo lo squadrò ad occhi sgranati. Per tutto il tempo aveva sperato che almeno lui fosse ragionevole, ma forse aveva affrettato eccessivamente il proprio giudizio.
< Signor Malfoy, mi auguro che lei comprenda quanto la prospettiva avanzata dalla sua collega sia inattuabile.>
< No, onestamente non lo comprendo.> replicò, fugando ogni ulteriore dubbio dell’ometto riguardo al suo buonsenso < Capisco che il Ministero non sia propenso ad affidare neonati nelle mani di sconosciuti non qualificati, è piuttosto ovvio. Ma la Granger è un’eccellente Auror, un’eroina di guerra ed un’amica di Harry Potter,> sottolineò l’ultimo “attributo” della ragazza sopprimendo il proprio disgusto, consapevole che rientrare nella cricca dello Sfregiato in certe circostanze valeva come sfoggiare una medaglia d’oro al valore civile < sarebbe in grado di tutelare e proteggere il bambino quanto se non meglio dei gestori di un orfanotrofio.>
Il funzionario parve tentennare, e Draco non riuscì a trattenere un ghigno: tutto sommato, anche rientrare nella cricca dei Malfoy in certe circostanze aveva i suoi vantaggi.
< Non lo metto in dubbio,> fece < ma insomma... affidare un minore ad una donna nubile...>
Hermione sbuffò sonoramente, alzando gli occhi al cielo. L’ennesima dimostrazione di trivialità del Ministero della Magia: una donna non sposata, a loro dire, non era in grado di occuparsi da sola di un bambino.
Ovvio, secondo la loro ignobile politica “io Tarzan, tu Jane”, una donna single valeva meno della metà di una coniugata, che comunque a sua volta non spiccava particolarmente per rilevanza.
Malfoy inarcò un sopracciglio, squadrando l’ometto da capo a piedi.
< Tutto qui? Allora non sussiste alcun problema.>
Sia la ragazza che l’uomo lo osservarono perplessi.
< Cosa intende dire?> chiese quest’ultimo, dubbioso.
< Che non se ne occuperà da sola. La aiuterò io.> concluse Draco, scoccando ad Hermione un’occhiata eloquente.
Lei si sentì improvvisamente soffocare. Un conto era Malfoy che si offriva di spalleggiarla, un altro conto era la prospettiva di accudire un neonato assieme a lui.
Come accidenti avrebbero potuto, se a malapena si sopportavano?
Comprese però, dallo sguardo del giovane, che era l’unica soluzione possibile perché il Ministero le concedesse la tutela del bambino. Sapevano entrambi quanto i funzionari – soprattutto quelli particolarmente odiosi – potessero mostrarsi intransigenti di fronte a certe “pratiche”.
Suo malgrado, si ritrovò a dover accettare la collaborazione del ragazzo. Ed il funzionario, altrettanto malvolentieri, fu costretto a cedere alle loro richieste, concedendo agli Auror Granger e Malfoy la custodia temporanea del “soggetto”, almeno finché l’Ufficio per la Salvaguardia dei Minori non fosse riuscito a risalire alla sua famiglia d’appartenenza.
Per quanto rincuorata dal pensiero di aver scampato al piccolo uno sgradevole soggiorno in orfanotrofio, Hermione non riuscì a dissipare la preoccupante sensazione di essersi appena cacciata in un impiccio di proporzioni epiche.
E se avesse avuto il potere di leggere i pensieri di Malfoy – che non la finiva di ringraziare mentalmente la sua buona stella per la ghiotta occasione che gli aveva appena offerto – , o perlomeno si fosse soffermata ad analizzare con più attenzione l’espressione soddisfatta e vittoriosa che si era dipinta sul suo volto, avrebbe compreso che non si trattava semplicemente di una banale sensazione.
Era una certezza.
Si era realmente cacciata in un impiccio di proporzioni epiche.
E neppure s’immaginava quanto.












NdA:


1) Il titolo di questo capitolo è evidentemente ispirato al recente film “Tre all’improvviso” con Katherine Heigl. Oltre ad essere, oserei dire, particolarmente calzante sia per la storia che per questa parte nello specifico, bisogna sottolineare che l’assurda idea di scrivere questa sottospecie di “fict Natalizia” (molto tra virgolette, tenendo conto che è la cosa più Natalizia che potreste aspettarvi da un Grinch come me xD) mi è balenata in quell’arida distesa desertica che mi ostino a chiamare cervello proprio mentre me ne stavo seduta al calduccio del cinema a guardarmi questo film (ed a godermi il protagonista maschile, che è davvero tanta roba *ç*).

2) Sono sincera, “nientepopòdimenoche” è una parola che mi ha sempre, sempre e ribadisco SEMPRE mandata in confusione. In primis perché non è esattamente una “parola”, quanto più un’espressione, peraltro se non erro di derivazione televisiva (mi pare che fosse il motto di un vecchio presentatore degli anni 50, tipo il “Allegria!” di Mike Buongiorno o qualcosa del genere). Secondariamente, perché lo stesso google, che solitamente funge da mia oasi di salvezza per i dubbi lessicali, mi fornisce molteplici trascrizioni, tutte tanto corrette quanto sbagliate u.u
Alla fine, ho deciso di fare di testa mia, che in molti casi è un vero dramma xD
La mia scelta di scrivere la parola tutta attaccata ed in corsivo è, a dire il vero, piuttosto semplice. E’ chiaro che la sfumatura che volevo impartire all’espressione sia evidentemente molto ironica e sarcastica.
L’intenzione è quella di rendere nello scritto il tono che io vi darei nel parlato, ovvero molto ampolloso ed estremamente beffardo.
Del resto, si cita nientepopòdimenoche sua maestà Harry Potter, e sapete bene che quando si tratta di lui la malignità mi viene praticamente spontanea xD

3) Nel mio elenco di “lodi” al caro Sfregiato ho impropriamente citato tre grandi personaggi, che spero abbiano la bontà d’animo di perdonarmi per averli accostati ad un simile soggetto.
Il Magnifico si riferisce, ovviamente, a Lorenzo il Magnifico, alias Lorenzo de’ Medici, alias gran figo fiorentino quattrocentesco, come piaceva ricordarlo alla mia prof di letteratura del liceo xD
L’eroe dei due mondi altri non è che Giuseppe Garibaldi, per quanto forse, a conti fatti, questo sia l’unico appellativo che quasi quasi potrebbe andare bene per il vecchio Pottah. Non che sia un eroe in senso lato – quelli veri tendenzialmente salvano, non si fanno salvare u.u - , ma la sua appartenenza a due mondi è indubbia, direi.
Dulcis in fundo, personaggio forse di minor rilievo storico (ma forse, eh u.u), ma d’indubbio spessore: “il paladino della legge venuto per punire i malvagi in nome di Godric Grifondoro”. Chi coglie il riferimento vince una caramellina (Jup e Rea non sono autorizzate ad esprimersi xD).


4) “Il fu Harry Potter” è ovviamente un calco – il Signore mi perdoni – de “Il fu Mattia Pascal”, una delle opere a mio modesto parere meglio riuscite di Luigi Pirandello.

5) Mentre per gli altri dell’elenco i libri possono confermare, non ho reale prova del fatto che Hermione abbia affrontato o meno dei vampiri. Tuttavia, presuppongo che, durante il suo lavoro di Auror, possa esserle capitato di avere a che fare con simili creature. O forse il mio inconscio manifesta così il suo non tanto segreto desiderio di vedere la cara Hermie prendere a calcioni nel didietro tutta la famiglia Cullen, cane-futuro genero compreso xD

6) I testicoli di Merlino sono una gentilissima nonché provvidenziale concessione della mia Rea <3
L’innocuo professore balbuziente, invece, è evidentemente il vecchio Raptor :)

7) Per quanto concerne l’incantesimo pronunciato da Draco per riscaldare il pupo, confesso le mie colpe ed ammetto che è una mia creazione. Che poi “creazione” è un termine improprio, in quanto mi sono semplicemente limitata a sfogliare il mio vecchio vocabolario di latino del liceo, cercare la traduzione del verbo “riscaldare” e schioccarla impunemente su word. Mi sono dannata per ore sul web, alla ricerca di un incantesimo riscaldante, perché ero certa che esistesse realmente. Non so come me ne sia convinta, ma è molto probabile che l’incantesimo “tergeo” mi abbia tratta in inganno, portandomi inspiegabilmente ad associarlo, almeno per suono, alla parola “tepore”. Fatto sta che la mia ricerca si è conclusa con un pugno di mosche, e dunque mi sono dovuta arrangiare per conto mio. Perché poi la Row si sia preoccupata di propinarci gli incantesimi più assurdi, evitando formule di ordinaria amministrazione come questa, è davvero una cosa che mai comprenderò u.u

8) Il Kappa è una delle creature magiche citate dalla Row nella saga (peraltro solo nel terzo libro, dato che Lupin lo fa studiare alla classe di Difesa contro le Arti Oscure). Più informazioni al riguardo sono reperibili in “Animali fantastici: dove trovarli”. I Kappa si nutrono di sangue umano, e ne sono talmente assuefatti che non si fanno scrupoli a strangolare qualunque ignara vittima attraversi la loro zona pur di ottenerlo. Non a caso, sono classificati XXXX, ovvero “pericolosi”.
Lo ammetto, i miei tentativi di trovare metafore del Potterverse si dimostrano ogni volta sempre più difficoltosi, e gli esiti sempre più tristi u.u
Ma mi piaceva rendere l’idea che Hermione, in condizioni normali, avverta una necessità quasi fisica di zittire l’interminabile blabla di Draco. Che, peraltro, può tranquillamente essere giudicato OOC, ma bisogna tenere conto di due considerazioni.
La prima è di carattere puramente oggettivo: Draco, vi ricordo, è fermamente intenzionato a conquistare Hermione, dunque a mio parere è piuttosto scontato che tenti di “accattivarsela”, mostrandosi spigliato, eloquente ed estroverso. Onestamente, il fascino del bel misterioso taciturno non funziona con un tipo come lei (e lo so per esperienza, visto che caratterialmente le sono ahimè molto affine).
La seconda, invece, è di carattere soggettivissimo: il mio esplicito proposito è di scrivere una storia “fluff”. Non necessariamente stupida o troppo discostante dai dettami della Rowling (soprattutto in termini di caratterizzazione dei personaggi), però comunque una cosina comica e leggera. E francamente, Draco versione mutrignone che non spiaccica una parola manco a pagarlo oro mi renderebbe le cose un po’ complicate xD

9) Ok, sarò sincera, sono in assoluto una delle persone più ignoranti sulla faccia della Terra in questioni religiose ed affini. E dunque, spesso, mi ritrovo ad utilizzare termini derivanti da questo campo in maniera del tutto impropria (ed a volte persino blasfema, anche se in certi casi confesso che è voluto xD). Perciò, se c’è qualche Buddhista o esperto di religioni in ascolto, chiedo venia in anticipo >.<
Detto ciò, da quel poco – pochiiiiiiiiissimo – che so io, il Nirvana (oltre ad essere il nome della band di Kurt Kobain, e sempre sia lodata *_*) è la condizione dello spirito che rappresenta il fine ultimo del Buddhismo e che in sostanza corrisponde ad una sublimazione dell’anima che libera il credente dal dolore e dai desideri materiali, alla quale si giunge attraverso la meditazione.
Il mio uso di suddetto termine sta ad indicare che, nei fugaci attimi di silenzio che Hermione riesce in qualche modo ad ottenere, raggiunge una sorta di beatitudine totale e quasi trascendentale. Un po’ come quella che si prova quando si verbalizza il voto positivo di un esame particolarmente ostico, per metterla in termini universitari (e sono certa le mie colleghe studentesse condivideranno questa mia posizione xD)

10) “E’ una splendida, splendida, splendida idea” è una delle frasi cult di Yzma, personaggio del cartone Disney “Le follie dell’Imperatore” e della serie di Disney Channel “A scuola con l’Imperatore” (che io amo visceralmente, entrambi <3)

11) L’Ufficio per la Salvaguardia dei Minori è un’altra mia misera invenzione, per la quale oltretutto lo sforzo di fantasia è stato davvero minimo. Inizialmente avevo pensato di ripiegare sull’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia – e nello specifico, sull’Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche, quello che si occupa di supervisionare ed impedire l’uso della magia da parte di minorenni al di fuori delle mura di Hogwarts (quello che spedisce le famose tre lettere di richiamo ad Harry, per intenderci) – , ma a ben considerare non sarebbe stato esattamente corretto. Ho voluto dunque sperare che il Ministero includesse anche un dipartimento dedicato alla tutela dei minori, una cosa sulla falsariga dell’USSM italiano (Ufficio Servizi Sociali Minorenni).

12) “Difendere la propria colpa è un'altra colpa” è, se non erro, un vecchio proverbio italiano, che la mia adorabilissima professoressa di storia e filosofia del liceo usava sempre per motivare la sua ferma volontà di schioccare un sonoro tre sul registro a chi si presentava impreparato ad un’interrogazione, indipendentemente dal fatto che lo studente in questione tentasse o meno di giustificarsi u.u
Ancora più personale – e di conseguenza per voi forse ancora meno interessante – è il fatto che io ed il mio “dirimpettaio” di banco commentavamo questa sua uscita con un “Ammazza la vecchia col flit” (citazione di “Chi ha incastrato Roger Rabbit”, ad onor di cronaca). E sì, la canticchiavamo pure xD

13) “Perdonarci reciprocamente le nostre balordaggini è la prima legge di natura” è una citazione di Voltaire, mentre la frase successiva di Draco è una sottospecie di calco della più famosa “Non sono cattiva, è che mi disegnano così” pronunciata da Jessica Rabbit nel film Disney “Chi ha incastrato Roger Rabbit” (e stampata a grandi lettere in una mia fighissima t-shirt, peraltro xD).

14) Ennesimo mio esempio di blasfemia, temo. “I bambini sono un dono del cielo”, oltre ad essere una frase fatta, è un libero adattamento del “i figli sono un dono che viene dal Signore”, che il fedele google mi segnala appartenere al Salmo 127:3 (non chiedetemi quale Salmo e di cosa, perché non sono ASSOLUTAMENTE in grado di rispondervi O.O).
La successiva frase di Hermione è invece un proverbio italiano in cui mi sono per caso imbattuta durante le mie varie scampagnate nel web.

15) La caramella al limone, oltre ad essere una battuta di infimo livello, è un omaggio a Albus Silente, dal momento che suddetti dolciumi sono i suoi preferiti (oltre che la parola d’ordine per accedere al suo ufficio durante il primo anno, se non erro).
Per quanto riguarda la scelta dell’orfanotrofio come futura destinazione del pupo, oltre ad un evidente accorgimento funzionale ai fini della storia (perché è piuttosto ovvio che se le prospettive del bambino fossero state diverse, probabilmente Hermione non avrebbe lottato così ardentemente per sottrarlo al suo triste destino, con la conseguenza di autocandidarsi a sua momentanea tutrice), ammetto che la mia è stata anche una decisione dettata dalla logica. Insomma, non ho idea di come funzionino le cose nel mondo Magico – a dire il vero ho poche conoscenze in questo senso anche nel mondo Babbano, ma dettagli xD – ma mi pare presumibile che un neonato abbandonato a se stesso, apparentemente senza famiglia, dall’identità sconosciuta e non reclamato da nessuno venga infine indirizzato ad un orfanotrofio. Forse la tempistica è un po’ più rallentata rispetto alla mia descrizione, probabilmente anche a causa delle lunghe trafile burocratiche. Ma, oltre ad ulteriori motivazioni narrative ed oltre a supporre che in un mondo in cui si dispone della magia le cose siano verosimilmente più rapide, ho voluto rendere l’ennesima testimonianza della supponenza e del fare sbrigativo dell’ometto – ed in generale, di tutto quel reparto del Ministero – , che reputa l’orfanotrofio la soluzione più consona ma soprattutto meno fastidiosa e gravosa per lui.

16) “Malefico” quale soprannome di Draco non è un’idea mia, bensì una citazione della meravigliosa Saga di fanfiction di Kysa e del suo relativo quinto “capitolo”, “L’alchimia del Sangue”, scritto da Axia.
Personalmente ho sempre adorato quel nomignolo, è una denominazione geniale e particolarmente calzante per lui, e ritengo doverosi i credits ad una serie che è semplicemente ed incontestabilmente un vero capolavoro.

17) Debacle è un termine francese che viene usato correntemente – ma nemmeno poi tanto, a dire il vero o.o – anche nel gergo italiano, seguendo in parte la sorte di altre parole come savoir-faire o nonchalance. Il che poi spiega perché è stato scritto senza gli accenti tipici che la sintassi francese avrebbe richiesto.
Debacle significa letteralmente “disfatta, tracollo”, ed in senso più generale sta ad indicare un fallimento, un fiasco. Come, appunto, il tentativo di Hermione di sensibilizzare il resto della popolazione di Hogwarts alla sua causa pro-elfi domestici.

18) La questione Tom Riddle-orfanotrofio mi sembra piuttosto chiara, ma in ogni caso ve ne do una rapida delucidazione.
Il futuro Signore Oscuro, come saprete, crebbe in un orfanotrofio in seguito alla morte della propria madre e l’abbandono del padre Babbano. Trascorse lì i suoi primi undici anni di vita, finché non gli venne consegnata la convocazione per Hogwarts da Silente in persona.
Durante la sua infanzia, Tom iniziò subito a mostrare i primi segni di “squilibrio”, terrorizzando i propri compagni con la magia e divertendosi a rubare loro i pochi oggetti che possedevano.
Ovviamente, lui era così di natura. Pensare che sia stata la permanenza nell’orfanotrofio a trasformarlo in ciò che poi è diventato sarebbe una semplificazione bella e buona, peraltro tremendamente ingiusta . Insomma, a prescindere da ogni cosa, Voldie sarebbe diventato comunque un Mago Oscuro. Forse meno fanatico e razzista (forse), ma comunque sempre discretamente malvagio.
Tuttavia, nella fict ho voluto riportare il punto di vista di Hermione, che da buona Grifondoro suppongo sposi la filosofia del “nessuno nasce cattivo”. Dunque, trovo presumibile che la nostra cara Mezzosangue ritenga che il modo in cui Tom è cresciuto, e perciò anche l’ambiente inospitale e freddo dell’orfanotrofio, abbiano contribuito a trasformare Riddle in Voldemort.
Ed ecco perché teme che una simile sistemazione possa esercitare degli effetti negativi sul bambino.
Draco, invece – e spero si comprenda dal testo – , concorda sulla mancanza di piacevolezza del luogo e sull’indubbio senso di “malinconia” che possa causare il crescere lontano dall’affetto di una vera famiglia. Ma per quanto riguarda l’idea dell’orfanotrofio che trasforma in crudeli Signori del Male, si limita semplicemente a mostrarsi accondiscendente e ad assecondare Hermione, più che altro sempre per il suo costante tentativo d’ingraziarsela e conquistarla.
Che poi sotto sotto anche lui tenga al pupetto è un altro discorso, presumibilmente troppo precoce per essere affrontato ora xD

19) Che gli Auror siano pubblici ufficiali, credo sia indubbio. Che esista una legislatura che tuteli anche la loro condizione e li protegga da eventuali comportamenti irrispettosi dei cittadini, è una mia mera supposizione.
Che Draco scelga di minacciare l’ometto in questa maniera soft, piuttosto che promettergli di schiantargli le chiappe o qualcosa di simile, è una nostra (sì, nostra xD) scelta presa di comune accordo. Perché del resto, anche se si sente in dovere di difendere l’onore della sua bella, non gli è certo congeniale esporsi così tanto, soprattutto in una fase delicata del suo rapporto con Hermione.

20) La politica “Io Tarzan, tu Jane” è un modo pittoresco e di riferimento cinematografico per indicare un atteggiamento retrogrado e vagamente primitivo del Ministero nei confronti delle donne. Anche in questo caso, è una stupidaggine che fa parte del mio vocabolario colloquiale xD







Sorprendentemente, sono riuscita ad aggiornare dopo solo una settimana O.O
Questo mi rende immensamente fiera di me, lo confesso xD
Non vi assicuro altrettanto per i prossimi capitoli, ma giuro che ci proverò.
Devo, ovviamente, ringraziare tutti voi per le stupende recensioni e per la bella accoglienza che avete riservato a questa storiella, ne sono davvero molto felice :)
Dopo venti note, direi che aggiungere altro sarebbe superfluo e fastidioso per voi, dunque vi do appuntamento a gennaio (che sembra lontanissimo, ma a ben pensarci è già sabato o.o), vi faccio i miei più sentiti auguri di Buon Anno e vi rinnovo il mio amore estremo per ognuna di voi, singolarmente.
Grazie grazie grazie <3
Infine, come sempre, vi rimando alla mia pagina di Facebook per spoiler, commenti, offese, insulti, pernacchie e quant'altro xD
Alla prossima!!


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Capitolo 3
*** 3. Family Portrait ***













"Three of a kind"












Capitolo Tre
“Family Portrait”





Quando, durante il settimo anno aggiuntivo, Miss Berry dedicò ben tre lezioni alla comparazione delle diverse tecniche di “allevamento dei fanciulli” nel mondo Magico e nel Mondo Babbano, Hermione non poté evitare di ritenerla una grossa, grossissima perdita di tempo – tempo prezioso, da dedicare piuttosto ad argomenti che presumibilmente sarebbero stati riproposti ai M.A.G.O.
A diciotto anni, l’ultima cosa che le interessava era documentarsi su come crescere un bambino, argomento che peraltro presupponeva di affrontare parecchi anni dopo, una volta trovato un uomo decente con cui metter su famiglia, un lavoro dignitoso e che ben impiegasse le sue capacità, e soprattutto dopo aver liberato tutti gli elfi domestici d’Inghilterra – il che lasciava ben supporre, già a quel tempo, quanta voglia e quanto desiderio Hermione avesse di diventare madre, soprattutto nell’immediato futuro.
Inoltre, non riteneva vi fossero chissà quali differenze tra la maniera Magica e quella “tradizionale”: d’accordo, i piccoli maghi e streghe potevano lasciarsi scappare qualche magia involontaria, ma sempre bambini erano.
Tuttavia, da buona So-tutto-io, non aveva potuto fare a meno di seguire con estrema attenzione le spiegazioni di Miss Berry, nonostante la tentazione di saltare quelle fatidiche tre lezioni di Babbanologia per immergersi piuttosto nel quarto ripasso di Trasfigurazione fosse pressante.
Quando poi Ron e Lavanda avevano comunicato alla famiglia Weasley – con l’aggiunta dei due figli adottivi, s’intende – la “lieta novella”, aveva ripensato con un sorriso alla foga maniacale con cui la sua ex-compagna aveva riempito pergamene su pergamene di appunti su “come crescere un piccolo mago”, dimostrandosi in quella circostanza persino più solerte di lei. Lavanda aveva sempre avuto una curiosa inclinazione per le materie e gli argomenti più superflui, ma almeno per una volta questa sua caratteristica si era dimostrata utile.
Qualche mese prima, era stata ben lieta di “regalare” anche i propri appunti alla futura signora Ron Weasley, alla quale simili nozioni facevano decisamente più comodo. E sebbene Hermione fosse il genere di persona che si separa da libri e quaderni con la stessa sofferenza con cui mamma aquila vede i propri aquilotti spiccare il volo lontano dal nido, in quella circostanza non le era affatto pesato disfarsi di quelle inutili pagine.
Certo, se allora avesse saputo che la notte del ventiquattro dicembre si sarebbe ritrovata improvvisamente a doversi prendere cura di un pupetto di pochi mesi, forse ci avrebbe pensato due volte prima di rinunciare a quelle preziose pagine.
E, se informato a sua volta di quell’assurdo futuro, anche Draco Malfoy avrebbe emulato Lavanda Brown, riempiendo pergamene su pergamene di vitali appunti. O, perlomeno, avrebbe evitato di impiegare le ore di Babbanologia, soprattutto quelle ore, a ronfare sonoramente sul proprio banco in ultima fila.
Disgraziatamente, piangere sul latte versato era tanto inutile quanto snervante, e soprattutto non avrebbe risolto il loro attuale problema. Anzi, il loro problema nel problema, partendo dal presupposto che, per quanto adorabile, quel bambino era decisamente una bella gatta da pelare sotto ogni punto di vista.
Tuttavia, sebbene per il resto fossero fiduciosi di riuscire a cavarsela, recuperare un giaciglio adatto ad un neonato nel cuore della notte – notte di Natale, per giunta – poteva effettivamente dimostrarsi piuttosto difficoltoso. Soprattutto tenendo conto che nessuno dei due aveva la benché minima nozione al riguardo, magica o meno.
Hermione si rigirava con sguardo spiritato per il salotto, nella vana speranza che un’improvvisa illuminazione divina la cogliesse e le suggerisse la formula magica per trasfigurare la poltrona in una culla a misura di bambino.
Il neonato dormiva ancora placidamente tra le sue braccia, mentre Draco scrutava con attenzione l’ambiente circostante, non per giungere a sua volta ad una soluzione al loro problema quanto per raccogliere silenziosamente informazioni sulla sua Mezzosangue attraverso il proprio “habitat naturale” – perché sua signoria aveva ripetutamente rifiutato la sua offerta di accogliere lei ed il pargolo a Malfoy Manor, ostinandosi a voler ripiegare per quella sottospecie di squallido tugurio che aveva l’ardire di chiamare “casa”. Non che fosse effettivamente così riprovevole – eccetto per l’assurdo giallo ocra delle pareti – , ma era indubbiamente molto al di sotto degli standard di lusso a cui un rampollo Malfoy era abituato.
Per un fugace istante, la sua mente considerò che quell’ambiente era sì piuttosto accogliente e persino gradevole sotto certi punti di vista, ma troppo rozzo e spartano per essere degno di ospitare una creatura sublime come la sua Granger. Poi si ricordò di esser stato smistato a Serpeverde e non a Tassorosso, e si rimangiò seduta stante quello stucchevole commento sostituendolo con un più appropriato “è troppo da Weasley per la futura signora Malfoy”.
Perché, del resto, non nutriva il minimo dubbio sulla buona riuscita del suo piano di conquista, soprattutto adesso che gli eventi sembravano aver piegato a suo favore, garantendogli un pretesto bello e buono per trascorrere quanto più tempo possibile con la fanciulla.
Già si vedeva in giacca e cravatta sull’altare, a guardarla avanzare verso di lui avvolta in un sontuoso abito da sposa bianco virginale – simbolo di una purezza smarrita già da qualche anno, e per quanto da un lato il pensiero che la sua Mezzosangue fosse stata deflorata da un altro uomo lo disturbasse, d’altra parte lo rassicurava sul fatto che la propria “castità forzata” non si sarebbe protratta sino al giorno delle nozze.
< Io continuo a ripeterti che se lo portassimo a casa mia le cose sarebbero più semplici.> borbottò.
La ragazza alzò gli occhi al soffitto.
< Per la dodicesima volta Malfoy, no, non ho alcuna intenzione di trasferirmi da te col bambino. Casa mia va benissimo, sono perfettamente in grado di trovargli un posto dove stare.>
< Lo vedo.> commentò lui sarcastico, inarcando un sopracciglio e beccandosi in risposta un’occhiata torva.
< In ogni caso, le cose sarebbero più semplici solo perché tu ti limiteresti a delegare il lavoro agli elfi, e sai bene come la penso al riguardo.>
Stavolta fu il turno di Draco di alzare gli occhi al soffitto.
Lo sapeva eccome, aveva più volte tentato di convincere anche lui a sposare quella sua sciocca causa pro elfi domestici. E, per quanto propenso ad assecondarla al solo scopo di accattivarsi la sua simpatia, non era disposto a scendere a patti per quello specifico argomento.
Il pensiero di dover gestire il Manor da solo, senza elfi che pulissero, riordinassero, cucinassero e quant’altro lo terrorizzava. Non sia mai che un Malfoy si abbassi a lavare la propria biancheria o a passare lo straccio sui pavimenti.
Dannazione, era un nobile Mago purosangue, non un’ignobile sguattera!
< Preferisci dunque trascorrere la notte col marmocchio in braccio in attesa che la tua Fata Madrina giunga in tuo soccorso e trasformi una zucca in una culla?>
Hermione si bloccò di colpo, annaspando sbigottita.
< Cos’hai detto?> mormorò, fissandolo ad occhi spalancati.
Era la seconda volta in poche ore che la impressionava con le sue risicate conoscenze Babbane. Quasi riusciva a scorgere l’agognato traguardo farsi sempre più vicino.
< Te l’ho già detto Granger, sono un uomo pieno di sorprese.>
< Già, è quasi inquietante.> commentò lei, accigliandosi.
Draco sospirò, passandosi una mano sul viso. Cominciava ad accusare la stanchezza, e l’atteggiamento affatto collaborativo della giovane non contribuiva a migliorare la situazione.
< Insomma, nessuno dei due si ricorda quella dannata formula, e questo dimostra che non bisognerebbe insegnare incantesimi di Trasfigurazione a Babbanologia. Ma al di là di simili considerazioni, il problema sussiste. Non possiamo nemmeno comprarne una, visto che sarebbe più probabile imbattersi in un Irlandese sobrio piuttosto che in un negozio aperto a quest’ora, soprattutto stanotte. Possibile che non ti venga in mente niente? Con tutti i libri che hai letto ad Hogwarts...>
Il volto di Hermione s’illuminò improvvisamente.
< Libri!> esclamò, interrompendolo < Libri!>
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia.
< Eh, libri.>
La fanciulla colmò la distanza che li separava con un paio di rapide falcate. Sorridendo entusiasta, gli depositò il bambino tra le braccia.
< Sei un genio!> gli fece, prima di sparire di corsa su per le scale che portavano al secondo piano.
Draco, ancora sconcertato, abbassò lo sguardo, incontrando quello del neonato, probabilmente ridestatosi durante quel “passaggio di testimone”.
Gli sorrise, sorreggendolo con le mani e sollevandolo finché i loro visi non furono alla stessa altezza.
< Lo dice sempre con quel tono sorpreso.> commentò, ricevendo in risposta un sonoro vagito.




Hermione adorava incondizionatamente gli Weasley, nessuno escluso. Quell’adunata di teste rosse e lentiggini era stata sin dall’età di undici anni la sua famiglia nel Mondo Magico, il porto sicuro in cui approdare quando mamma e papà erano troppo lontani, troppo ignari o semplicemente troppo Babbani per comprendere. Molly Weasley era per lei come una madre – molto più ingombrante, apprensiva e per certi versi tradizionalista della propria, ma comunque altrettanto amorevole – , Ginny era la sorella che sfortunatamente la vita non le aveva realmente concesso, Fred e George i due protettivi e dissacranti fratelli maggiori e la Tana una vera e propria seconda casa.
Amava la famiglia Weasley nella sua interezza, nessuno escluso. Certo, aveva spesso provato l’impellente desiderio di stringere le mani attorno al collo di Ronald fino a soffocarlo – soprattutto nel breve ed inglorioso periodo della loro disastrosa pseudo relazione – , o di cucire insieme le labbra della piccola di casa per evitare che pronunciasse l’ennesima di un’infinita serie di balordaggini isteriche da adolescente con gli ormoni in subbuglio, ma simili momentanei “fastidi” fanno parte della vita di ogni normale nucleo familiare e non inficiano l’affetto che comunque regna sovrano tra i suoi membri.
Tuttavia, Hermione aveva sempre avuto una segreta predilezione per uno dei fratelli Weasley in particolare. Nulla di sentimentale o – miseriaccia – sessuale, ben inteso.
Non aveva mai nutrito verso costui alcuno spasmo amoroso, in nessun senso. Ciò nonostante, questa sua particolare “inclinazione” era rimasta inconfessata negli anni. Non perché indecorosa, conturbante o scandalosa; semplicemente, non riteneva educato e cortese sottolineare alla sua famiglia di maghi preferita che aveva tra loro un eletto. E, soprattutto, non era esattamente l’ideale evidenziare a Ron che non era lui il suddetto favorito.
In realtà, sin dal loro primissimo incontro, Hermione nutriva una profonda ammirazione ed una disinteressata simpatia nei confronti dello Weasley più sui generis. Non l’aveva mai rivelato ad anima viva, nemmeno ad Harry, ma era sempre stata oltremodo affascinata dal rigore, l’autodisciplina, l’acume, l’ambizione, la maturità, la compostezza e la magniloquenza di Percy.
Non faticava a riconoscere, così come Fred e George, che tutto sommato era un pomposo ed impostato pallone gonfiato con manie di grandezza epiche ed un ego eccessivamente sviluppato. Ma, a conti fatti, l’immagine del giovane non era poi così dissimile dalla propria, e forse per questo avvertiva una certa sintonia tra lei ed il terzogenito Weasley.
Dopo la conclusione della seconda guerra, Percy aveva leggermente abbassato la cresta, soprattutto nei confronti della propria famiglia, e si era in parte concesso una maggiore “rilassatezza”, che aveva contribuito a renderlo generalmente più affabile e piacevole. Ma, come il lupo che perde il pelo ma non il vizio, neanche lui aveva smesso del tutto le buone, vecchie abitudini.
Del resto, se uno nasce quadrato non può certo sperare di morire tondo. Può smussare gli angoli per evitare di cavare gli occhi alla gente, ma ciò non lo renderà mai neppure vagamente simile ad un cerchio.
Peraltro, Percy stesso non desiderava mutare più di tanto il proprio atteggiamento. Era meno perfetto, ma restava comunque Prefetto.
Dunque, la Granger lo aveva sempre ammirato ed apprezzato, ed evidentemente era stato lui il modello da cui trarre ispirazione e riferimento nel corso della sua carriera scolastica. I sentimenti di Hermione erano, oltretutto, ampiamente ricambiati da Percy, che non aveva mai fatto mistero dell’affetto che nutriva per la giovane e della stima e del favore che si era guadagnata presso di lui grazie al suo intelletto, l’ingegno, la sagacia, la loquacità e tutte le altre caratteristiche con cui era universalmente nota.
Tuttavia, quando il Natale precedente la fanciulla si era ritrovata a scartare il regalo del – perché ormai era praticamente certo – futuro Ministro della Magia, tutta la simpatia e l’amicizia che aveva sempre provato per lui si erano improvvisamente e drasticamente ridotte.
D’accordo, Percy non era mai stato un campione di tatto e di certo non era particolarmente affabile nei rapporti col gentil sesso – dopotutto, da qualcuno doveva pur aver preso Ron, timido ed imbranato orco in una famiglia di incalliti seduttori di natura – , ma non credeva che sarebbe arrivato al punto di regalarle “Incantesimi, pozioni e trucchi magici per una giovane Strega single”, il cui tacito ed evidentissimo messaggio sottinteso, persino per il più beota tra i beoti, era “Sei una povera zitella senza speranza, dunque ti regalo questo tomo per aiutarti a rendere meno miserabile la tua vita in solitaria”.
Inutile dire che Hermione aveva dovuto fare appello a tutte le sue consumate capacità da dissimulatrice per fingere di aver gradito quel “utilissimo regalo” – e per resistere alla tentazione di rispedirlo al mittente, magari tirandoglielo direttamente nei suoi bianchissimi e drittissimi denti – , e ciò non l’aveva comunque salvata dalle velate battutine pungenti di Fred e George, che per quanto le fossero affezionati non potevano davvero lasciarsi scappare l’occasione di schernire una così facile preda.
Ma quando qualche minuto prima, dopo aver frettolosamente raggiunto il proprio studio al piano superiore ed aver estratto suddetto libro dalla ricca – ma a suo parere fin troppo esigua, almeno per i propri gusti – libreria, scorgendo con palpitante gioia il titolo “Incantesimi basilari per una giovane madre single” nell’indice, aveva mentalmente benedetto Percy con molteplici e variopinte espressioni di gratitudine estrema, ripromettendosi di riferirgliele di persona quanto prima. Era talmente entusiasta al pensiero di aver finalmente trovato quella stramaledettissima formula che non si era neppure soffermata a riflettere, come invece le capitava ogni volta che si ritrovava quel tomo tra le mani, su come l’autore tentasse viscidamente d’indorare la pillola, sostituendo il più ingrato ma assai più consono “zitella” con “giovane single”: lungi da lui considerare che, magari, la sua opera avrebbe potuto occupare un posto nella libreria di una strega nubile di oltre cinquant’anni, per la quale “giovane” non era esattamente il primo aggettivo che sorgeva spontaneo utilizzare.
Decise di appuntarsi mentalmente la formula, evitando di scendere in salotto con il libro in bella vista. Ed anzi, si prodigò nel nasconderlo in un angolo particolarmente alto e riparato del mobile.
Un volume con un simile titolo era in assoluto una delle sue proprietà di cui più smaniava tenere all’oscuro Malfoy – secondo solo all’orripilante e vergognosissimo perizoma di paillettes regalatole qualche tempo prima da Ginny, nascosto al sicuro nel suo armadio ed ancora ben custodito ed incartato nella sua confezione.
Uscì dallo studio con un senso di leggerezza all’altezza del torace, lo stesso che avvertiva ogniqualvolta riusciva a trovare la brillante risoluzione ad un problema spinoso. Come sempre, i suoi amati libri le avevano fornito un appiglio a cui aggrapparsi per riemergere dal mare dell’ignoranza. Ebbe quasi la tentazione di mandare un gufo a Ron, che sminuiva costantemente l’assistenza che le preziose pagine di un tomo potevano fornire, ma il pensiero di dovergli spiegare perché aveva dovuto cercare la formula per trasfigurare una poltrona in una culla la fece desistere immediatamente.
Scese lentamente le scale, ripetendo tra sé e sé l’incantesimo per assicurarsi di non averlo dimenticato e di pronunciarlo con la corretta dizione – qualunque strega assennata era ben consapevole che un accento sbagliato vanifica gli sforzi di compiere una magia – , ma quando ebbe posato entrambi i piedi sul pavimento dell’ingresso si bloccò di colpo.
Lo spettacolo che le si presentò davanti, non appena rivolse lo sguardo verso il salotto, la paralizzò molto più efficacemente di quanto avrebbe potuto fare un buon Petrificus Totalus.
Draco Malfoy stava serenamente spaparanzato sul suo divano, evidentemente vittima di un violento attacco di sonno che non gli aveva lasciato scampo. Accoccolato a pancia in giù sul suo petto, il neonato dormiva a sua volta, con un braccio del ragazzo posato sulla sua piccola schiena per assicurarsi che non cadesse a terra.
Hermione rabbrividì, impressionata dalla disarmante tenerezza di quella scena. Ciò che maggiormente la sconvolse, tuttavia, fu rendersi conto che il suo cuore aveva preso a battere ad un ritmo più serrato, e che la sua mente le stava inspiegabilmente comunicando quanto quel siparietto familiare fosse, a suo dire, giusto.
Perché evidentemente, nonostante le sue iniziali titubanze, il suo inconscio non trovava nulla di sbagliato nel vedere Malfoy appisolato con un bambino tra le braccia.
Anzi, nel vedere Malfoy appisolato con un bambino tra le braccia in casa sua, sul suo divano.
Malfoy appisolato con il – momentaneamente – loro bambino tra le braccia, in casa sua, sul suo divano.
Scosse ripetutamente la testa, avanzando verso il salotto e scacciando quei pensieri con un sorrisetto amaro. Forse era “una giovane Strega single” da troppo tempo, o forse essere circondata perennemente da coppie di piccioncini tubanti e famigliole felici con prole in arrivo cominciava a nuocere gravemente alla sua salute mentale.
Altrimenti, non riusciva davvero a spiegarsi come, obnubilata da una fugace parentesi al sapore di miele, avesse potuto formulare simili considerazioni.
O come avesse potuto pensare che, mentre dormiva, Malfoy era davvero bello.
O come fosse stata quasi costretta a schiaffeggiarsi una mano, per non cedere all’impulso istintivo di scostargli un ciuffo ribelle che gli era scivolato sugli occhi.
O persino come, ancor più grave, avesse avvertito la pressante e fortunatamente passeggera tentazione di lasciare il bambino tra le braccia del ragazzo – anziché sollevarlo dal petto di Malfoy, facendo attenzione a non svegliare nessuno dei due, ed adagiarlo con delicatezza nella sua prontamente trasfigurata culla – e di stendersi a sua volta accanto a lui.
Quasi come in un vero e proprio quadretto familiare.




Quando Draco riaprì pigramente gli occhi, disturbato nel suo sonno dall’improvvisa quanto inspiegabile sensazione che il suo petto si fosse alleggerito di un peso impercettibile ma importante, la sua mente impiegò qualche istante di confuso dormiveglia prima di realizzare che nello spettacolo che gli si presentava davanti c’era qualcosa che non andava.
Già preventivamente abituato al pensiero di ritrovarsi a fissare l’alto soffitto verde scuro ed i tendaggi grigi del proprio letto a baldacchino, rimase piuttosto sconcertato quando il suo sguardo mise a fuoco uno sconosciuto giallo ocra ed un’anonima plafoniera che nulla aveva a che spartire con i sontuosi lampadari di cristallo di Malfoy Manor.
Non riusciva a ricordare quando o come avesse infine ceduto al sonno. Aveva vissuto una giornata – ed una nottata, soprattutto – indiscutibilmente pesante e faticosa, ma non era da lui crollare sotto i colpi della stanchezza.
In particolare da dopo la fine della guerra, aveva sposato una nuova e più rigida linea di pensiero, stabilendo che per nessun motivo avrebbe permesso agli eventi o ad una volontà differente dalla propria di sopraffarlo. Una conclusione piuttosto ovvia per uno come lui, considerando quanto permettere agli altri di fare il bello ed il cattivo tempo con la propria esistenza l’avesse inguaiato: dopotutto, a conti fatti, tutte le varie magagne col Ministero non erano la conseguenza di una scelta che aveva preso spontaneamente, quanto piuttosto di uno stile di vita che era stato costretto quasi con la forza ad adottare.
Si era ripromesso di avere il controllo su ogni cosa, persino il minimo particolare. Persino il sonno, dunque. La stanchezza non avrebbe dovuto coglierlo impreparato, sarebbe stato piuttosto lui a decidere volontariamente di abbandonarvisi, come e quando l’avesse ritenuto conveniente.
Tuttavia, conservava memoria di una piacevole quanto insolita sensazione di pace, probabile fautrice di quel cedimento. Si era sentito stranamente bene, avvolto da un inaspettato calore che difficilmente avvertiva nella perenne semioscurità di Malfoy Manor.
Forse era stato quell’accecante e dozzinale giallo.
O forse quel peso sul petto.
Peso sul petto.
D’improvviso, la sua mente rivide la luce. Si risvegliò dal nebuloso torpore che l’aveva avvolto sino a pochi secondi prima, drizzandosi a sedere di scatto e guardandosi intorno convulsamente.
Si era addormentato col marmocchio sul petto. Ed ora il marmocchio non c’era più.
Il suo movimento repentino colse di sorpresa Hermione, facendola sobbalzare e voltare verso di lui. Quando Draco constatò che il neonato era tra le braccia della sua Mezzosangue, tirò mentalmente un sospiro di sollievo.
< Mi hai fatto prendere un colpo, Malfoy.> lo redarguì lei con un sorrisetto.
Anche tu.
Si limitò a scrollare le spalle, evitando di dar voce ad un pensiero che avrebbe implicato fin troppi scomodi sottintesi.
< Perché non mi hai svegliato?> le chiese, scompigliandosi i capelli con una mano.
Hermione si sedette sul bracciolo del divano, fissandolo con un ghigno divertito.
< Draco dormiens numquam titillandus, non lo sai?>
Il ragazzo sbuffò, alzando gli occhi al soffitto.
< Simili battute di bassa lega ti vengono spontanee o te le studi pure?> commentò, squadrandola con un sopracciglio inarcato.
Lei ridacchiò, concedendogli la propria ilarità come unica risposta.
Del resto, non avrebbe mai esplicitamente ammesso il vero motivo per cui non l’aveva svegliato. Confessare a Draco Malfoy di trovarlo adorabile e, , bello mentre dormiva era impensabile, ed allo stesso modo Hermione si rifiutava anche solo di considerare l’idea di rivelargli di averlo osservato a lungo mentre giaceva addormentato sul suo divano. Oltre al fatto che simili dichiarazioni le sarebbero valse anni ed anni di ripetute derisioni, spiare qualcuno durante il sonno era una pratica quanto mai inquietante e disturbata, e non ci teneva di certo a fare la figura della psicotica.
Peraltro, quel suo momentaneo “Malfoywatching” non era certo frutto di una qualche mania ossessivo-compulsiva, piuttosto si era ritrovata – o, per meglio dire, si era imbambolata – ad ammirare quanto, smessa la solita maschera di dissacrante e pungente bastardo, il ragazzo fosse effettivamente molto affascinante e – sebbene le facesse specie utilizzare un simile aggettivo per riferirsi a lui – persino angelico.
A ben pensarci, le aveva davvero le sembianze di un angelo, con quei serici capelli biondi, la pelle chiara ed i lineamenti armoniosi. Certo, un angelo con la lingua affilata di una serpe, il carattere di una faina ed il cervello di un demonio, ma pazienza.
Oltretutto, aveva avuto modo di verificare che non era poi così perfido come sembrava.
Abbassò lo sguardo sul bambino, che succhiava avidamente dal biberon che lei gli reggeva con la mano. Inaspettatamente, soprattutto alla luce della proverbiale mancanza di istinto materno di cui spesso e volentieri si era fregiata, dovette ammettere che il suo biondo collega non era l’unico “esemplare” interessante da osservare.
Il modo in cui quel frugoletto s’ingozzava di latte era affascinante e quasi ipnotico. Sembrava non respirasse nemmeno, come se il liquido bianco che ingeriva gli fornisse anche l’aria sufficiente per alimentare i suoi polmoni. Poppava con una foga che le ricordò vagamente la voracità con la quale Ron ed i suoi fratelli – esclusa ovviamente Ginevra alias “Miss-sono-sempre-a-dieta-perché-la-futura-moglie-del-Prescelto-non-può-certo-permettersi-chili-di-troppo” – spazzolavano i manicaretti con cui la loro madre imbandiva costantemente la tavola.
Quando si decise ad allontanare momentaneamente il biberon dalle sue labbra, per concedergli qualche istante di respiro, il neonato reagì sollevando le manine a mezz’aria verso la propria fonte di approvvigionamento, tentando di richiamarla a sé con qualche lamentoso vagito.
< Vacci piano giovanotto, non vorrai farti venire un’indigestione!>
Il gorgoglio secco e quasi indignato che ricevette in risposta le valse come un “non me ne frega un accidente dell’indigestione, restituiscimi il mio biberon”.
Scosse lentamente il capo, ridacchiando, ed accontentò le richieste del piccolo, permettendogli di riprendere il proprio “pasto” da dov’era stato interrotto.
Spostò lo sguardo su Malfoy, notando che la fissava con un’espressione indecifrabile. Una sorta di misto tra curiosità, perplessità, divertimento ed un qualcosa che non riuscì bene ad identificare.
Del resto, nemmeno nella sua più fervida immaginazione sarebbe arrivata a sospettare che, osservando in silenzio quella scena, Draco aveva segretamente desiderato che quel bambino fosse davvero loro.
A conti fatti, era una reazione inspiegabile ed incomprensibile persino per lui. Al di là della consapevolezza dei propri sentimenti per la ragazza, e della sua ferma volontà di prendersela in maniera definitiva – preferiva non definire il traguardo della sua lenta ed estenuante opera di conquista “farla sua”, per il semplice fatto che, dall’alto della propria Malfoyesca presunzione, già la considerava di sua proprietà – , i suoi molteplici voli di fantasia non l’avevano mai portato, almeno in precedenza, ad approdare sulle affollate coste di “Genitorilandia”.
Ovvero, sebbene avesse fantasticato spesso un futuro ben consolidato con la Granger, figurandosi con una soddisfazione tutta verde-argento le deliziose espressioni di rabbia, frustrazione e sgomento che Pinco Panco e Panco Pinco avrebbero esibito al loro matrimonio, non era mai arrivato ad idealizzare una vera e propria famiglia, con prole annessa e quant’altro.
Forse perché non era attualmente interessato a metter su un allegro nucleo familiare bensì ad assicurarsi che la donna che desiderava fosse sua e di nessun altro, forse perché era carente in materia di spirito paterno, forse perché si riteneva – a ragione – troppo giovane per pensare già a degli eredi.
Forse perché era un Malfoy, ed i suoi principali interessi erano gloria e grandezza, non pannolini sporchi e biberon ricolmi di latte.
Forse perché l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era incasinarsi ulteriormente la vita con un moccioso tra i piedi – anche se, alla luce dei recenti sviluppi, il danno ormai era già stato fatto, sebbene fosse una parentesi temporanea.
O forse, più semplicemente, perché al momento reputava la prospettiva di avere dei figli ripugnante, esecrabile, fastidiosa e persino spaventosa.
Eppure, vedere la sua Mezzosangue in un atteggiamento così materno gli aveva fatto aumentare il cuore di tre taglie. Per una volta, non aveva desiderato essere al posto del marmocchio, per potersi beare delle coccole e delle attenzioni della fanciulla.
Per una volta, stava benissimo dove stava: seduto su quello stesso divano, a guardarla. Meditando tra sé e sé che vederla con un neonato in braccio la rendeva, se possibile, ancora più bella del solito. E che, evidentemente, la prospettiva di avere dei figli non era poi così malvagia come aveva creduto.
< Come te lo sei procurato?> le chiese, indicando il biberon con un cenno del capo.
< Un bel mistero.> commentò lei ironica, alzando gli occhi al soffitto ed esibendo un sorrisetto sardonico < Sono o non sono una strega?>
Draco ghignò.
< Indubbiamente, ed in molti sensi.> replicò, beccandosi un’occhiataccia in risposta < Ma sei anche una strega che meno di un’ora fa si aggirava per il salotto come una disperata perché non era in grado di trasfigurare una culla. Devo dedurne che mentre dormivo è disceso qualche spirito dal cielo e ti ha fatto dono della sapienza magica assoluta in materia di marmocchi?>
Hermione inarcò un sopracciglio, assottigliando le labbra in una smorfia.
< Quanto sei spiritoso, Malfoy. Evidentemente, come sono stata in grado di trovare la formula per la culla, ho fatto altrettanto per il biberon, no?>
< Giusto, giusto. Il potere dei libri.> chiosò lui sarcastico, con una malcelata espressione di disgusto. Era stato uno dei migliori studenti del proprio corso – ovviamente, sempre secondo a lei – e, sebbene non gli facesse piacere ammetterlo, non poteva negare di aver trascorso innumerevoli pomeriggi piegato su voluminosi tomi. Ma da lì ad essere così ossessivamente fissato con la lettura, ne passava.
Draco era quel genere di persona che si affida alle pagine di un libro solo se costretto, in entrambe le accezioni del termine. Di certo, non custodiva gelosamente volumi su volumi per proprio diletto, né si divertiva a trascorrere il proprio tempo libero ficcando il naso tra la carta stampata, come invece faceva lei.
Eppure, i suoi propositi di conquista l’avevano portato, suo malgrado, ad immergersi in svariate e spesso noiose letture allo scopo tanto di acquisire le giuste conoscenze da utilizzare come armi a proprio favore, quanto d’immedesimarsi nella stessa visuale del mondo della fanciulla. Aveva trovato nei libri la chiave d’accesso per buona parte dell’altrimenti imperscrutabile mente della Granger.
E per quanto alla fine quelle ore si stessero rivelando ben spese, soprattutto alla luce degli ultimi progressi fatti nei confronti della ragazza – infilare qua e là casuali riferimenti alla cultura Babbana, soprattutto, era una vera e propria mossa da maestro, per la quale continuava a complimentarsi con se stesso – , avevano anche contribuito a rendere la propria idiosincrasia per i libri ancora più acuta.
< Il tuo sarcasmo è fuori luogo, Malfoy.> replicò Hermione, posando il biberon ormai vuoto sul tavolino accanto al divano < Se non mi fosse venuto in mente di consultare i miei libri, a quest’ora non sapremmo dove farlo dormire.> concluse, sollevando il bambino ed appoggiandolo contro la propria spalla.
Dalle poche reminiscenze che aveva in fatto di neonati, soprattutto merito dei film e telefilm Babbani che spesso aveva seguito a casa dei propri genitori, sapeva che dopo ogni pasto bisognava aiutare il piccolo a digerire battendogli delicatamente sulla schiena. O almeno lo sperava, dal momento che stava eseguendo quel gesto senza la piena consapevolezza delle proprie azioni ed incerta su un eventuale risultato, positivo o meno.
Draco la osservò inclinando il capo verso destra. A differenza della giovane, la sua esperienza in fatto di pargoli si limitava all’aver intravisto un paio di volte gli elfi di casa Greengrass prendersi cura della piccola Astoria. Ma all’epoca, oltre ad essere assolutamente disinteressato tanto della pupetta quanto delle sudice creaturine che se ne prendevano cura, aveva a malapena quattro o cinque anni – infausta età in cui i suoi genitori si ostinavano a trascinarlo ogni domenica a casa di Daphne con la speranza di incoraggiare la loro amicizia e, di conseguenza, una futura e proficua liaison amorosa tra i due rampolli Malfoy e Greengrass, prima di arrendersi all’evidente ostilità che i due bambini nutrivano l’uno nei confronti dell’altra; il fatto che poi, crescendo, i rapporti tra loro fossero migliorati considerevolmente non aveva comunque giocato a favore dell’antico sogno di Lucius e Narcissa, dal momento che la fanciulla si era legata ancora prima dei M.A.G.O. a Theodore Nott – , e dunque conservava assai scarsa memoria di quelle fugaci ed involontarie testimonianze.
Ogni gesto di Hermione lo incuriosiva, ed al tempo stesso lo lasciava perplesso. In primis, non sempre era certo che ciò che la giovane faceva fosse davvero corretto o comunque frutto di una qualche pregressa conoscenza, dal momento che aveva avuto la prova poche ore prima della sua altrettanto scarsa cultura in fatto di marmocchi. Ma, al di là di tutto ciò, lo turbava il modo in cui lo affascinavano le impacciate ed insicure attenzioni che riservava al bambino.
Già vedere la Granger in difficoltà era un evento epocale – una come lei, sempre così sicura di sé e del proprio operato, quasi fosse la depositaria della verità assoluta e dispensatrice di scienza infusa, che non tentennava mai di fronte alle avversità, preda del panico a causa di un cosino di pochi mesi appena – , ma se a ciò si aggiungeva il fatto che quello spettacolo fosse per Draco ipnotico e persino adorabile, le dimensioni di quell’assurda circostanza aumentavano vertiginosamente.
< Tanto per cominciare, l’idea dei libri è venuta a me, precisiamo.> esordì, riservando alla giovane un’occhiata ammiccante.
Hermione sbuffò.
< Come ti pare.>
< Prenderti il merito di geniali trovate altrui non è esattamente un comportamento da brava Grifondoro, Granger. Certo, a meno che tu non risponda ai cognomi “Potter” e “Weasley”, ma in quel caso non mi prenderei neppure il disturbo di rivolgerti la parola in modo civile.>
La ragazza gli scoccò un’occhiata penetrante, arricciando le labbra in una smorfia.
< Perché, tu reputi civile il tuo atteggiamento? Insinuare ogni tre frasi un insulto ed offendere costantemente i miei migliori amici?> replicò aspramente.
Draco aggrottò le sopracciglia, facendosi improvvisamente serio.
< Non mi risulta di averti insultata, Granger. Se sei permalosa al punto che una misera battutina ironica la recepisci come un grave oltraggio alla tua persona, non è certo un problema mio. E per quanto riguarda i tuoi preziosi amichetti, li sfotto da quando avevo undici anni, peraltro a ragione, dal momento che evidenzio semplicemente la realtà dei fatti. E’ un po’ troppo tardi per cambiare adesso, ed in ogni caso non ha nulla a che vedere con te.>
Aveva finito con l’essere più duro di quanto avrebbe voluto, sia nei toni che nelle parole. Ma, a prescindere dal fastidio che gli provocava il fatto che lei reputasse le sue frecciate a Potter e Weasley un affronto personale – perché ciò lasciava ben intendere quanto tenesse in conto quei due patetici sfigati e come si ostinasse a preferire loro a lui – , cosa avrebbe potuto dirle altrimenti?
E’ una menzogna, non ti offenderei mai – più – perché sono pazzo di te, ti sogno notte e giorno, ti sto dietro da ben oltre due anni con la stessa metodica e folle devozione con cui Voldemort aspirava all’immortalità e ti desidero più ardentemente di qualunque altra cosa al mondo?
Per quanto ciò fosse innegabilmente vero, non avrebbe certo potuto ammetterlo. Non così presto, non in una simile circostanza, non ad una Granger non ancora perdutamente innamorata di lui – ed a ciò avrebbe ovviato quanto prima – e soprattutto non con simili colorite espressioni che lo facevano apparire irrimediabilmente penoso, miserabile, morboso ed inquietante.
Da un Malfoy non ci si aspetta certo che spasimi per una Nata Babbana fino quasi a perderci il senno, né tantomeno che lo confessi a chiare lettere.
Hermione, indignata, raddrizzò le spalle e sollevò il mento di qualche millimetro, dando sfoggio del classico contegno spocchioso ed altero con cui l’aveva fronteggiato nei corridoi di Hogwarts.
< E’ affar mio invece, non ho intenzione di lasciare che tu schernisca così gratuitamente Harry e Ron. Ed oltretutto, sfotti anche me da quando avevi undici anni. Non sono permalosa, semplicemente conosco te ed i tuoi modi irriverenti.>
< Evidentemente no.> commentò Draco, distogliendo lo sguardo e voltando il capo verso destra, nella vana speranza di nasconderle l’espressione amareggiata che si era dipinta sui suoi lineamenti < Non ti ho mai trattata come loro.>
Il tono eloquente con cui pronunciò quell’ultima frase colpì Hermione come un pugno nello stomaco. Sgranò gli occhi, fissandolo allibita.
A ben pensarci, era vero. Malfoy in passato l’aveva offesa, apostrofandola con termini razzisti e dispregiativi sul suo sangue Babbano, augurandole di finire tra le fauci del Basilisco, dandole della secchiona e quant’altro.
Ma non era mai stata la stessa cosa. Non si era mai deliberatamente ed immotivatamente accanito contro di lei come faceva con Ron ed Harry. Con loro si era sempre lasciato trascinare da un’evidentissima antipatia personale, che a conti fatti non aveva chissà quali reali basi e presupposti, almeno all’inizio.
Nel suo caso, paradossalmente, le ingiurie erano quasi giustificabili – sempre secondo l’ottica Malfoy, chiaro – , tenendo conto tanto dei propri natali Babbani quanto dell’ostilità e della repulsione a prescindere che le famiglie come la sua nutrivano nei confronti di quelli come lei, e che si assicuravano d’inculcare anche ai figli sin dall’infanzia.
In sostanza, se la prendeva con i due Grifondoro volontariamente ed intenzionalmente, mentre con lei lo faceva per costume e consuetudine: perché in qualità di Draco Malfoy, Serpeverde e Purosangue, ci si aspettava un simile atteggiamento da parte sua.
Evidentemente, non erano due situazioni paragonabili. Né sul piano della motivazione, né su quello dell’effettiva esecuzione.
Del resto, non l’aveva mai apostrofata con nomignoli sullo stile di “Sfregiato” e “Lenticchia”, non aveva approfittato di ogni occasione per farle perdere punti e cacciarla nei guai, non aveva creato spille magiche o canzoncine in rima per lei.
Si era comportato in maniera odiosa, questo era vero ed innegabile. Ma, rispetto al trattamento riservato ai suoi amici – e, riflettendoci, non solo a loro due – , era risultato piuttosto soft, almeno nella Malfoyesca accezione del termine.
Se Hermione avesse riflettuto più a lungo e più intensamente sulla questione, avrebbe potuto constatare, col favore dei propri ricordi, che il comportamento del ragazzo nei suoi confronti era sempre stato anche volutamente ambiguo. Avrebbe notato che, nell’insultarla, non manifestava la stessa evidente soddisfazione di quando le sue vittime designate erano Potter e Weasley; piuttosto, le rivolgeva delle offese stereotipate e standardizzate, nei suoi canoni di Purosangue, con l’atteggiamento di chi si limita ad agire automaticamente, e non per reale desiderio.
Forse avrebbe persino ricordato un paio di occasioni in cui, sempre alla sua maniera subdolamente Serpeverde, si era quasi mostrato vagamente “gentile” nei suoi confronti.
E chissà, forse il suo acuto ingegno l’avrebbe indirizzata sulla giusta strada, permettendole d’intuire che quegli sporadici attimi di defaillance ed il suo “blando” atteggiamento in generale costituivano le timide ed al tempo impercettibili avvisaglie di quello che, evolvendosi, era diventato il sentimento attuale del giovane nei suoi confronti.
Ma non ebbe modo di approfondire fino a quel punto le proprie riflessioni.
Stava ancora fissando Malfoy stupefatta, scossa tanto dal tono quanto dalla veridicità delle sue parole, quando l’efficacia delle proprie attenzioni nei confronti del neonato si palesò, molto più rumorosamente di quanto si sarebbe aspettata da un frugoletto come lui.
Draco sgranò ugualmente gli occhi, voltandosi per fissare la creaturina che la fanciulla teneva ancora accoccolata contro la propria spalla.
< Per le braghe di Merlino!> esclamò, incrociando lo sguardo di lei < Ma è un marmocchio o un cucciolo di Troll?>
Hermione afferrò delicatamente il piccolo, allontanandolo dal proprio petto per osservarlo esterrefatta. Questo, che nel frattempo si era infilato una manina chiusa a pugno in bocca e la stava ciucciando allegramente, rispose all’espressione della fanciulla con una risatina entusiasta ed un largo sorriso.
< E se ne compiace anche!> commentò lei, prima di rialzare lo sguardo su Malfoy.
Rimasero ad osservarsi in silenzio per un paio di secondi, poi entrambi scoppiarono a ridere, accantonando del tutto la discussione di poco prima.
Indubbiamente, il pittoresco intervento del neonato era stato tanto provvidenziale quanto involontario: ritenere che il bambino avesse intenzionalmente spezzato la tensione del momento con quell’effetto acustico sarebbe stato folle.
Eppure, mentre ancora lui e la sua Mezzosangue erano in balia dell’ilarità, Draco giurò di aver visto comparire sul volto del marmocchio un ghigno in puro stile verde-argento.




< Non sei obbligato a restare.>
Draco stava ancora scrutando con attenzione la camera da letto della fanciulla, dopo avervi faticosamente trasportato la culla – senza l’uso della magia, ovviamente, perché la Mezzosangue temeva che usare troppi incantesimi sul giaciglio del pupo potesse agitargli il sonno – , ed impiegò dunque un paio di secondi prima di registrare il significato di quelle parole.
Lo stava forse invitando ad andarsene?
Si voltò verso di lei, che nel frattempo stava finendo di rimboccare le coperte al neonato. Se pensava di potersi liberare di lui così facilmente, era una povera illusa.
Da oltre due anni aspettava l’occasione giusta, non se la sarebbe lasciata scappare così a cuor leggero. Quel bambino era la sua gallina dalle uova d’oro, l’espediente giusto attraverso il quale avvicinarsi a lei e conquistare la sua approvazione – approvazione era ovviamente un eufemismo, in questo caso.
Non si sarebbe fatto fermare da niente e nessuno, non adesso che il traguardo del suo obiettivo amoroso a lungo termine si prospettava più vicino che mai.
< Come se mi fidassi a lasciarti il marmocchio. Se ti viene un altro attacco di panico, rischi di farlo crepare di fame o chessò io.>
Hermione sollevò lo sguardo dalla culla, rivolgendolo verso Malfoy e fulminandolo con un’occhiataccia.
< Non essere sciocco. Anche se, evidentemente, mi rendo conto che potrebbe risultare alquanto arduo per te.>
Draco sogghignò, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni.
< Sto semplicemente tentando di tutelarmi, Granger. A conti fatti, sono responsabile del moccioso tanto quanto te, e se disgraziatamente gli capitasse qualcosa, c’andrei di mezzo anch’io.>
La giovane sbuffò, mordendosi la lingua per non ricoprirlo d’insulti. Come se già quella situazione non fosse abbastanza stressante, ci si metteva pure lui col suo sarcasmo da quattro soldi.
I suoi nervi avrebbero ceduto entro breve, soprattutto se farle perdere la pazienza era il palese obiettivo di quell’insopportabile e petulante biondino che, suo malgrado, si ritrovava per casa.
< Non gli capiterà niente Malfoy, non dire assurdità. Sono perfettamente in grado di prendermi cura di un bambino.>
Lui inclinò il capo verso sinistra, alzando lo sguardo al soffitto e fingendo di soppesare le sue parole.
< Sì, forse hai ragione.> le concesse < Considerando le tue credenziali, devo dartene atto.>
La fanciulla inarcò un sopracciglio, perplessa.
< Le mie credenziali?>
< Oltre un decennio al fianco di Sfregiato e Lenticchia: è evidente che sai badare ai poppanti.> commentò, con un’espressione maliziosa.
Hermione assottigliò le labbra in una smorfia contrariata, ma evitò di replicare a quell’ultima affermazione. Del resto, non poteva esattamente dargli torto, il più delle volte lei stessa si era ritrovata a comparare i suoi due migliori amici a dei bambini, soprattutto per i loro atteggiamenti infantili, per l’immaturità e per l’evidente inferiorità intellettuale – concetto che non aveva espresso in simili termini, optando per una soluzione più diplomatica e meno offensiva, ma che comunque era quanto mai veritiero.
< In ogni caso,> riprese lui, facendosi improvvisamente più serio < l’impegno che ho preso non è solo formale. Non ho intenzione di lasciare a te tutti gli oneri e le magagne, voglio occuparmi a mia volta del bambino.>
Vide lo sguardo della fanciulla addolcirsi, e comprese di essere sulla strada giusta.
Era consapevole che le donne impazziscono per gli uomini che sanno prendersi le proprie responsabilità, ed era ovvio che una simile caratteristica fosse ancora più apprezzata da una ragazza naturalmente assennata e coscienziosa come lei.
Ma, al di là di tutto ciò, doveva ammettere che il suo non era stato solo un discorso di circostanza. Innanzitutto, l’educazione di stampo Malfoyesco aveva fatto di lui un gentiluomo – anche se, in determinate situazioni, tendeva a dimenticarsene – , ed un gentiluomo che si rispetti si presta sempre a soccorrere una donzella in difficoltà, di qualunque entità quest’ultima sia. Certo, quando suo padre gli aveva trasmesso le regole base del comportamento di un nobile galantuomo si era anche premunito di specificargli che SangueSporco e traditrici del proprio sangue non rientravano nel loro ideale di “donzelle”, ma del resto i tempi – e non solo – erano considerevolmente cambiati e perciò lui doveva adattarvisi. Dopotutto, la tendenza all’autoconservazione era una pratica ereditaria della sua famiglia ed uno degli insegnamenti su cui Lucius aveva insistito maggiormente.
In secondo luogo, per qualche ignoto ed incomprensibile motivo, voleva davvero prendersi cura di quel frugoletto. Non riusciva a dare una chiara spiegazione a tutto ciò, dal momento che mai prima di allora si era dimostrato tanto incline nei confronti di qualcuno che non fosse la sua Mezzosangue e che aveva sempre manifestamente detestato gli infanti, rei di urtare i suoi sensibili nervi con i loro capricci, gli schiamazzi e le risate.
Con tutta probabilità, questa sua improvvisa propensione al ruolo di baby-sitter era da imputarsi al fatto che, in fin dei conti, era stato lui a trovare il neonato e dunque a sottrarlo al suo triste ed avverso destino. Presumibilmente, si stava comportando come quei bambini che s’imbattono in cuccioli abbandonati e, mossi a pietà, implorano i genitori per ottenere il permesso di tenerli con sé.
Lungi da lui ammettere che, magari, si era affezionato al piccolo.
Hermione, per quanto colpita dalle parole del ragazzo e dalla sua ammirevole coscienziosità, aveva vagamente intuito dove stesse cercando di andare a parare. La preoccupava il pensiero di restare da sola a badare al bambino, anche se non l’avrebbe ammesso esplicitamente neppure sotto tortura, ma al tempo stesso non l’allettava neppure l’idea di avere a che fare con Malfoy più di quanto non fosse strettamente necessario.
< Stai cercando di autoinvitarti?> gli chiese, aggrottando la fronte.
Lui scrollò le spalle con fare noncurante.
< Potresti avere bisogno d’aiuto.> replicò.
< In tal caso, potrei chiamarti.>
< E nel tempo che impiegherei a smaterializzarmi, qui la situazione potrebbe essersi aggravata ulteriormente.> commentò Draco, con un ghigno ironico.
La ragazza alzò gli occhi al soffitto, sospirando. Malfoy aveva l’invidiabile capacità di rigirare sempre tutto a proprio favore, era quasi impossibile spuntarla con lui.
< Non so quali catastrofi tu ti figuri, ma dubito che potrebbe accadere qualcosa di eccessivamente grave. E comunque, il “tempo che impiegheresti a smaterializzarti qui” sarebbero a malapena pochi secondi.>
< Ma ci metterei molto meno se fossi già qui.> rispose lui, ridacchiando di fronte all’espressione esasperata della giovane < Oppure potresti venire tu al Manor, e così risolveremmo la faccenda.>
< E con questa siamo a quota tredici.> mormorò Hermione, scrollando lentamente il capo < No Malfoy, dannazione, non passerò la notte a casa tua. E tu non la passerai a casa mia, oh!>
Draco incrociò le braccia al petto, fissandola con un’espressione divertita.
< Che c’è, hai paura a dormire sotto lo stesso tetto di un Mangiamorte?> la provocò, con tono insinuante.
La ragazza s’irrigidì, memore della brutta gaffe di poche ore prima. Chiuse gli occhi, espirando profondamente.
< Non dire assurdità, sai che non è così. Solo, mi sembra... sconveniente, ecco.>
Il giovane ridacchiò, inarcando le sopracciglia.
< Sconveniente? Diamine Granger, tranquillizzati! Non sto mica tentando d’infilarmi nel tuo letto.> commentò, sarcastico.
Bugia, sottolineò la sua coscienza. A torto, perché non stava mentendo in maniera poi così spudorata. Effettivamente, il suo obiettivo non era certo infilarsi a tradimento nel letto della giovane.
Affatto.
Al contrario, voleva fosse lei ad invitarcelo.
Le guance della fanciulla s’imporporarono leggermente. Riaprì gli occhi per rivolgergli un’occhiata severa.
< Santo cielo Malfoy, è Natale! Possibile che tu non abbia impegni, pranzi, feste o qualunque altra cosa? Devi per forza stare qui ad infastidire me?>
Un’ombra attraverso il viso di Draco, rendendo la sua espressione improvvisamente seria e malinconica. Abbassò lo sguardo, voltandosi verso la finestra e dandole così le spalle.
< Già, i miei genitori staranno sicuramente organizzando una sontuosa festa di Natale ad Azkaban, forse dovrei raggiungerli.> mormorò, greve < O magari potrei andare a pranzare al cimitero assieme al mio padrino e agli altri miei amici deceduti durante la guerra.>
Hermione sgranò gli occhi, mordendosi il labbro inferiore e dandosi mentalmente della stupida. Come aveva potuto essere così sciocca da dimenticare l’infelice situazione in cui versava al momento il ragazzo? Come aveva potuto essere così rude ed indelicata, quando in fin dei conti lui si stava solo offrendo di aiutarla?
I suoi genitori stavano scontando una lunga pena in prigione, durante il conflitto aveva perso molti amici e conoscenti e di certo nessuno faceva a gara per conquistarsi la presenza di un ex servitore del Signore Oscuro nella propria casa il giorno di Natale.
Probabilmente era per quello che aveva insistito così tanto per ospitare lei ed il neonato a Malfoy Manor. Non doveva essere piacevole, dopotutto, vivere da soli in un immenso palazzo vuoto.
Si era dimostrata, per la seconda volta nel giro di poche ore, crudele ed insensibile nei suoi confronti, e per quanto non lo adorasse particolarmente, lui non aveva fatto davvero nulla per meritarsi un simile trattamento.
Mortificata, prese a giocherellare con una ciocca di capelli, arrotolandola intorno all’indice.
< Non ho camere per gli ospiti.> esordì, spezzando il silenzio glaciale che era calato tra di loro.
Draco ruotò leggermente il capo, fissandola interrogativo.
< Pensi di poterti accontentare del divano?> proseguì lei, con un timido sorrisetto.
Lui accennò a sua volta un sorriso.
< Posso fare questo sforzo.> commentò.
Dentro di sé, avvertì un crescente moto di soddisfazione diffondersi per tutto il corpo, riscaldandolo e rinvigorendolo. Dovette reprimere con forza la pressante tentazione di ridacchiare festosamente, per non intaccare quell’aura sofferente e melodrammatica che si era abilmente cucito addosso.
Ormai aveva capito dove, come e quando colpire.
E che nessuno si azzardasse a mettere in dubbio le sue doti recitative! Per la seconda volta, quella sera, si era dimostrato un interprete geniale e dannatamente talentuoso.
Un vero e proprio re della farsa e della tragedia, un attore coi fiocchi.
Certo, sua zia Andromeda sarebbe stata dispiaciuta di non vederlo arrivare per pranzo come promesso, e di sicuro Daphne e gli altri si sarebbero letteralmente infuriati nello scoprire che aveva dato loro buca.
Ma, del resto, aveva una giustificazione più che valida per la sua assenza.




Ricordava distintamente di aver affrontato l’argomento “figli” con suo padre, qualche mese dopo il suo quindicesimo compleanno.
Lucius era stato spinto da Narcissa a discutere con lui, per illustrargli determinati aspetti della vita di un giovane uomo di cui, giunto a quell’età, era giusto venisse messo al corrente. Ovviamente, stando alle parole della donna, quello era un compito che spettava senza ombra di dubbio al padre.
I metodi educativi di Lucius Malfoy non erano mai stati definibili “convenzionali”, e lui di certo non era un uomo che amava andare per il sottile o trastullarsi con vuoti giri di parole. Non gli piaceva perdere tempo in frivolezze, né abbellire o ingentilire i propri insegnamenti con orpelli stilistici e retorica dozzinale, che a suo dire rischiavano solo di contaminare la ricezione del proprio messaggio da parte di Draco.
Anche in quella circostanza, non era stato da meno. Aveva fatto il suo ingresso nella stanza del figlio tuonando “Mi auguro, alla tua età, di non doverti delucidare sulla meccanica del sesso”.
Fortunatamente per Lucius, il ragazzo non aveva trascorso quindici anni sugli allori ed apparteneva ad una Casata i cui componenti imparavano determinati segreti della vita molto prima degli altri coetanei. Draco non era digiuno in materia di rapporti sessuali, né dal punto di vista della teoria né, ultimamente, da quello della pratica. Di certo non era – ancora – un gran tombeur de femme né poteva vantare l’esperienza e le conoscenze del padre, ma, complici una Pansy piuttosto disinibita ed i coniugi Parkinson assenti per lavoro in una calda giornata estiva trascorsa a casa della ragazza, era già avvezzo alle tecniche base.
Rincuorato dal non dover affrontare la classica chiacchierata “sulle api ed i fiori” – oltre che dalla comprovata eterosessualità del figlio, argomento che precedentemente l’aveva preoccupato non poco viste le discutibili inclinazioni di alcuni membri della famiglia di sua moglie – , Lucius aveva comunque ritenuto saggio informare il giovane sulle conseguenze di una vita sessuale eccessivamente dissoluta ed irresponsabile.
Draco si era mostrato non poco perplesso di fronte alle dichiarazioni del padre sul perché avesse imperturbato la propria camera da letto, durante i suoi primi mesi di vita. Sapeva già che il genitore aveva ordinato che fin da subito lui dormisse nella propria stanza, per non doversi preoccupare della presenza di un marmocchio nei pressi del proprio letto, e sapeva anche che Lucius aveva designato uno dei loro elfi domestici perché trascorresse la notte accanto alla culla, pronto ad intervenire per ogni occorrenza.
Tuttavia, non comprendeva perché fosse stato necessario incantare le pareti della camera padronale per evitare di udirlo piangere. Dubitava che un cosino di pochi giorni fosse in grado di provocare quello che suo padre aveva definito “un fracasso infernale”, e soprattutto non riteneva verosimile che il pianto di un neonato fosse così potente da rimbombare addirittura per tutto il corridoio e raggiungere la camera dei genitori.
Non aveva sollevato esplicite obiezioni a quanto dichiarato da Lucius, ma aveva convissuto sin da quel momento con tale perplessità.
Almeno fino a quella notte.
Perché quando fu bruscamente svegliato alle cinque da un fracasso infernale proveniente dal piano di sopra, talmente improvviso ed energico da farlo sobbalzare e rovinare a terra dal divano, dovette riconoscere che suo padre non era stato poi così esagerato come aveva creduto in precedenza.
Si lasciò sfuggire un’imprecazione particolarmente colorita, massaggiandosi il fondoschiena dolorante per la caduta e tentando di districarsi dal groviglio con cui la coperta gli aveva intrappolato le gambe.
Il pianto del neonato parve aumentare di qualche ottava, cosa che lo portò contemporaneamente a ringhiare per il disappunto ed a scattare in piedi per affrettarsi a raggiungere la camera di Hermione.
La sua totale mancanza di esperienza in fatto di bambini non gli permise di comprendere quanto fosse normale ed ordinario per un bimbo svegliarsi nel cuore della notte e dare fiato ai polmoni strepitando peggio di una Banshee. Al contrario, Draco avvertì una crescente preoccupazione, che lo spinse ad accelerare il passo.
Irruppe nella stanza della ragazza spalancando la porta e guardandosi intorno freneticamente, quasi stesse cercando con lo sguardo la creatura mostruosa che poteva aver causato tutto quel rumore.
Quando, finalmente, vide la giovane in piedi accanto alla culla, questa lo squadrò con un’espressione scettica.
< Dico, ma sei impazzito?> gli chiese, alzando la voce per sovrastare le urla del neonato.
Malfoy, ancora col fiatone, espirò profondamente, tentando di placare l’affanno.
< Credevo... fosse successo... qualcosa.> esalò, appoggiandosi con le mani alle ginocchia.
Hermione ridacchiò, scrollando lentamente il capo.
< Rilassati, Malfoy. E’ normale che pianga, anche se non ho ancora ben capito quale sia il motivo. Non c’è nessun pericolo da sventare.>
Draco risollevò lo sguardo su di lei, avvertendo i battiti del proprio cuore riprendere un ritmo contenuto.
Approfittò delle attenzioni che la ragazza stava rivolgendo al neonato strepitante nella culla per osservarla a fondo, indisturbato.
Quando era piombato come una furia nella sua camera, preso dall’ansia com’era non aveva considerato che quasi sicuramente avrebbe potuto cogliere la fanciulla in un semi deshabillé. I suoi precedenti rapporti con il gentil sesso l’avevano portato a maturare un’esperienza costellata di mise quanto più risicate e provocanti possibili, fino ad approdare a giovani che usavano coricarsi come mamma le aveva fatte – e tutte rigorosamente truccate in sua presenza, perché secondo loro farsi vedere in versione “acqua e sapone” era quanto di meno sexy potesse esserci.
Tuttavia, non nutriva il minimo dubbio sul fatto che, anche in quel caso, la sua Mezzosangue si sarebbe distinta dalle altre, fornendogli l’ennesima prova della sua classe e finezza.
Hermione non aveva disatteso le aspettative di Draco, mostrandosi con disinvoltura senza un filo di trucco, con i capelli ancor più spettinati del solito ed un sobrio pigiama blu a maniche lunghe, ampio quanto bastava per garantirle un riposo comodo e confortevole.
Normalissima, ordinaria, naturale.
Eppure, sempre bellissima ai suoi occhi. Forse persino più di quanto non fosse quotidianamente.
Sorrise al pensiero di essere stato, negli anni dell’adolescenza, tanto frivolo e superficiale da reputare attraenti ed eccitanti quelle fanciulle che, in camera da letto, esibivano baby-doll trasparenti e ridottissimi completino di pizzo. Col senno e la maturità di poi, poteva affermare con assoluta convinzione che non c’era nulla di più seducente ed ammaliante della sua Granger avvolta in un morbido pigiamino di cotone.
< Qual è il problema?> esordì, una volta ripreso fiato a sufficienza.
Il neonato non accennava a smettere di piangere, anzi pareva sgolarsi con sempre più veemenza. La ragazza lo fissava con un’espressione concentrata, le sopracciglia aggrottate e la punta del pollice tra i denti.
Draco ricollegò immediatamente quello sguardo allo stesso che la giovane esibiva ad Hogwarts di fronte ad un problema o un quesito di difficile risoluzione, e che ogni volta era preludio di un suo brillante intervento e delle lodi spropositate dei professori – eccetto Piton, che mostrava il proprio apprezzamento per l’arguzia della fanciulla gratificandola con un’occhiata impercettibilmente meno disgustata del solito.
Quando la vide voltarsi verso di lui e prendere fiato a bocca aperta, si aspettò di sentirla snocciolare una ricca ed elaborata risposta in puro stile Grangeresco.
< Non ne ho idea.> ammise lei, inclinando il capo verso sinistra.
Il ragazzo la fissò incredulo, ad occhi completamente sgranati. La sua Mezzosangue che ammetteva di non avere la soluzione ad un problema aveva un che di fantascientifico.
Hermione parve cogliere il motivo dello stupore del giovane, ed arrossì lievemente.
< Non ho esperienza in fatto di bambini.> si giustificò.
< Non avevi nemmeno esperienza in fatto di Ippogrifi e Schiopodi Sparacoda, eppure ciò non ti ha impedito di prendere il voto più alto della classe in Cura delle Creature Magiche.> commentò lui, inarcando un sopracciglio.
La fanciulla sbuffò, accigliandosi.
< In questo caso non c’entrano nulla i voti.>
Draco sogghignò, avanzando verso di lei.
< Vorresti farmi credere, dunque, che in mancanza di un professore che ti assegni una valutazione, sei disposta a non eccellere in qualcosa?> la provocò.
Quando la vide sussultare e trattenere il fiato, comprese di aver colpito nel segno.
In quei due anni, aveva imparato a conoscerla quasi a menadito – e spesso aveva notato, con suo sommo stupore, come fosse già consapevole di molte cose che la riguardavano, segno che sin dai tempi di Hogwarts il suo cervello aveva preso a registrare inconsciamente quante più informazioni possibili sulla Granger – , dunque era ben consapevole di quanto l’orgoglio, il perfezionismo quasi maniacale e la costante smania di primeggiare fossero per lei tanto dei pregi quanto degli innegabili difetti. Pungolarla in quel senso portava sempre ad una reazione da parte sua: il pensiero di poter risultare al di sotto dei suoi normali standard – che di “normale” a conti fatti non avevano davvero nulla – la sconcertava come nemmeno una foto di Albus Silente nudo come un verme avrebbe potuto fare.
Hermione tacque, non concedendogli la soddisfazione di rispondere e tenendo dunque fede alle aspettative di Draco, che dava per scontato un simile atteggiamento da parte sua. Del resto, sapeva che la fanciulla era troppo corretta per mentire, persino con lui, e perciò non avrebbe tentato di negare la veridicità di quella sua affermazione; ma, al tempo stesso, se riconoscere i propri difetti era un comportamento tipico dell’ex Grifondoro, non lo era ammetterli apertamente, soprattutto con lui.
La raggiunse, affiancandola nei pressi della culla e concentrando a sua volta lo sguardo sul neonato, che seguitava a strillare imperterrito.
< Magari ha solo bisogno di essere aiutato a riaddormentarsi?> avanzò titubante lei.
Il ragazzo scrollò le spalle.
< Proviamo.> fece, prima di chinarsi per afferrare il bambino.
Lo sguardo di Hermione cadde involontariamente sulle braccia del ragazzo, lasciate scoperte dalla maglietta a mezze maniche che indossava a mo di pigiama. Erano pallide, ricoperte da una rada peluria chiara e da qualche sporadico neo.
Esattamente come le ricordava dai tempi di Hogwarts, quando a Pozioni si tirava su le maniche della divisa per evitare di macchiarle o quando, nelle calde giornate di giugno, girava per i corridoi con i polsini della camicia rimboccati sino al gomito. Le stesse, eppure nel contempo tremendamente diverse.
Perché le braccia magre, sottili ed apparentemente delicate di allora si erano trasformate in maniera quasi radicale, divenendo più robuste, più scolpite, più toniche. Più forti.
Più seducenti, considerò osservando il guizzare ipnotico di vene e muscoli sotto la pelle chiara.
Si schiaffeggiò mentalmente, inorridita da simili torbidi pensieri. Poco importava che le sue fantasie ripiegassero solo su un paio di braccia, si trattava comunque delle braccia di Malfoy.
Lo stesso Malfoy che aveva detestato dalla tenera età di undici anni.
Lo stesso Malfoy che costituiva la sua spina nel fianco sin da quando aveva malauguratamente deciso di entrare a far parte del corpo degli Auror.
Lo stesso Malfoy di cui sopportava a fatica la presenza solo perché le veniva imposta con la forza dal suo capo.
Lo stesso Malfoy che, un paio di ore prima, aveva osservato dormire rapita, con un’espressione imbambolata ed il battito cardiaco accelerato.
Fu un odore nauseabondo a distoglierla dai meandri delle proprie riflessioni. Arricciò il naso, disgustata, e finalmente entrambi compresero il motivo di quel pianto disperato.
< Stramaledettissimo marmocchio!> berciò Draco, tenendo il bambino per le ascelle ma cercando di allontanarlo il più possibile da sé < Merlino Granger, ma che gli hai dato da mangiare, scimmie morte di vaiolo arabo?>
< Dobbiamo cambiarlo.> replicò lei, tappandosi il naso con il pollice e l’indice.
< Si, possibilmente con uno che puzzi di meno.>
Hermione roteò gli occhi, posando la mano libera sulla schiena di Draco per spingerlo verso la porta.
< Non essere sciocco, Malfoy.>




Hermione non si era mai particolarmente distinta per la propria abilità manuale, cosa che in passato l’aveva crucciata non poco. Con libri, piume, pergamene, bacchetta e l’ausilio della propria mente era in grado di fare meraviglie, ma bastava metterle in mano un attrezzo qualunque, che fosse un cacciavite, un ago o un comune ferro da stiro, per vederla fallire piuttosto miseramente. Aveva imputato a tale incapacità meccanica anche i suoi primi – ed ultimi – fiaschi nel tentare di volare con una scopa, e dall’alto della totale impossibilità di riconoscere che sì, la grande Hermione Granger non era perfetta in tutto ed esisteva effettivamente qualcosa che non fosse in grado di fare, precisava sempre che tale mancanza di abilità manuale era dovuta al fatto che, quasi istintivamente, il suo cervello tendeva a focalizzarsi del tutto sulle attività intellettuali e sullo sforzo cognitivo, non lasciando dunque spazio a futili questioni come ricucire un bottone, attaccare un chiodo alla parete o, appunto, librarsi in aria su un manico di scopa – passatempo peraltro pericolosissimo e dunque poco adatto a chi, come lei, veniva bloccata dalla propria ragionevolezza e dallo spirito di autoconservazione se in procinto di avventurarsi in qualcosa di tanto sconsiderato.
Data questa deficienza manuale, Hermione aveva negli anni compensato informandosi il più possibile sui piccoli trucchi magici in grado di facilitare la vita domestica, col risultato che allo stato attuale si serviva della bacchetta per rammendare i propri abiti, riparare gli oggetti in casa e simili. In cucina non era una brillante chef, ma i trascorsi a Pozioni le avevano perlomeno insegnato ad accendere il fuoco ed a cavarsela con i piatti meno complessi.
Ciò nonostante, aveva sempre saputo districarsi alla bell’e meglio in qualunque situazione di difficoltà, motivo per il quale aveva supposto di essere in grado, anche in quel caso, di risolvere la faccenda con relativa facilità.
Si sbagliava.
Oh, se si sbagliava!
Le ci vollero ben tre pannolini – due messi vergognosamente al contrario ed uno che il pupo, insensibile agli sforzi sovrumani appena compiuti, pensò bene di ridurre dopo pochi istanti nelle medesime condizioni del suo sudicio predecessore – per rendersi conto del proprio gravissimo errore di valutazione. Una volta portata a termine l’ardua impresa, si ripromise di cominciare ad avvalersi dell’ausilio della magia anche in quella circostanza.
In tutta questa memorabile vicissitudine, Malfoy diede prova innanzitutto di una capacità di molestia fuori dalla norma, urtando sensibilmente i già provati nervi della giovane con le proprie continue lamentele, che variavano da “marmocchio della malora” a “tu guarda se un Malfoy deve ritrovarsi con la cacca fino ai gomiti” per concludere con svariate imprecazioni, talmente grette e triviali da far arrossire persino Hagrid. Ma, al tempo stesso, si dimostrò inaspettatamente abile, cosa che se da un lato fu un sollievo per Hermione, contribuì anche ad inasprire maggiormente la sua irritazione.
Se per una come la ex-Grifondoro non riuscire in qualcosa costituiva un vero e proprio smacco, farcela solo grazie all’aiuto di un Malfoy evidentemente più capace di lei era un’umiliazione tragicamente ironica. O, per dirla alla raffinata maniera del giovane, “una sonora presa per il culo”.
Evitò di ringraziarlo – ci mancherebbe altro! – per l’assistenza, ma decise di ricompensarlo compiendo il faticoso sforzo di contare fino a dieci prima di rispondergli in malo modo, almeno per quella sera.
Tuttavia, Draco non sembrava incline a darle modo di trattenere la propria stizza. Si era lasciato andare pesantemente sul divano accanto a lei, che cullava tra le braccia il bambino per farlo riaddormentare, limitandosi ad esalare un sospiro che lasciava ben trasparire tutta la sua stanchezza.
Hermione si concesse di osservarlo di sottecchi. Aveva gettato il capo all’indietro, sollevando il volto verso il soffitto, e stava con entrambe le braccia distese lungo il poggiatesta, al punto che il suo avambraccio sinistro era adagiato dietro la nuca della fanciulla. Il petto si alzava ed abbassava al ritmo del suo respiro, concedendole d’intravedere parzialmente l’ombra del torace scolpito – e lei era assolutamente certa che ai tempi di Hogwarts Malfoy non sfoggiasse simili muscoli, risultato dunque delle ardue sessioni di addestramento fisico a cui era stato sottoposto da quando era diventato Auror.
Era la seconda volta quella sera che si perdeva ad osservarlo. E, per la seconda volta, non poté negare neppure nell’intimità dei propri pensieri quanto quel borioso ed indisponente biondino fosse oggettivamente bello. Bello di una bellezza rara, assoluta, evidente, quasi fastidiosa nella propria ovvietà. Almeno dal punto di vista fisico – solo dal punto di vista fisico – non riusciva davvero a trovargli un difetto, tutto in lui era armonico, giustificato, perfetto. E ciò la infastidiva non poco.
Ringraziò il cielo che avesse gli occhi chiusi, perché davvero non avrebbe potuto sopportare che la vedesse arrossire mentre vagava con lo sguardo sul suo corpo.
< Il controllo delle nascite è un’inutile stronzata.> proruppe improvvisamente lui, rimanendo statico nella propria posizione < Dovrebbero rifilare un marmocchio come questo per un paio di giorni a chiunque abbia intenzione di fare sesso, e poi vedi come passerebbe in fretta la voglia!>
< Come sei melodrammatico Malfoy!> esclamò lei, senza però riuscire a trattenere un sorrisetto.
Un ghigno si dipinse sul volto di Draco.
< Certo, io sono melodrammatico. E tu invece, che sei andata in iperventilazione di fronte ad un pannolino?> commentò, beffardo.
Hermione sbuffò, senza smettere di sorridere. Aveva supposto fin da subito che sarebbe stata questione di minuti prima che il ragazzo le rinfacciasse l’ennesimo attacco di “panico da neonato”, ma stranamente non ne era infastidita.
Forse perché era troppo stanca anche per arrabbiarsi, ormai.
< La mia era un’eccezione, nel tuo caso è un’abitudine. Anzi, un vizio.>
O forse perché aveva già la risposta pronta.
< Io posso permettermi di fare la primadonna, Granger, sono un egocentrico Serpeverde figlio di papà disgustosamente viziato.> replicò sarcastico, schiudendo le palpebre per rivolgerle un’occhiata.
Lei ridacchiò, scrollando lentamente il capo.
O forse perché quell’insopportabile sbruffone si stava rivelando un po’ più sopportabile di quanto credesse.
< Sapevamo che non sarebbe stato semplice.> disse poi, tornando seria.
Draco sospirò, ruotando leggermente il capo verso sinistra per fissarla.
< Non ho mai neanche minimamente sperato il contrario, ma mi accontenterei almeno di riuscire a dormire un paio di ore a fila a notte.>
Hermione inarcò il sopracciglio destro, fissandolo con la stessa espressione scettica ed incredula che avrebbe potuto esibire di fronte ad una dichiarazione d’amore della Cooman.
< Ok, tralasciando di sottolineare l’assurdità di questa tua aspettativa, stai per caso insinuando che la tua permanenza in casa mia si prolungherà?>
Lui roteò gli occhi, mostrandosi infastidito da quella che, evidentemente, era una domanda inutile e retorica.
< Non sono un vagabondo in cerca di un tetto, ce l’ho una casa, sai? E, concedimelo, è almeno quattro volte questa in quanto a dimensioni, ed indiscutibilmente più, come dire... adatta ad uno del mio calibro.>
La giovane non riuscì ad impedire alle sue sopracciglia di scattare verso l’alto. Rieccolo, il solito vecchio tracotante Malfoy.
< Ma, e mi pare che ne abbiamo già discusso a sufficienza, sono responsabile quanto te di questo marmocchio. E, sempre come te, lo sono a tempo pieno. Oltretutto, ho constatato di persona le tue evidenti carenze in fatto di bambini, non mi fido molto a lasciarti da sola con lui. Perciò credimi, per quanto l’idea non faccia impazzire di gioia nemmeno me,> bugia, grossa grossissima bugia < temo proprio che dovrai abituarti alla mia presenza qui.>
Ad Hermione sovvennero immediatamente numerose ed esplicite imprecazioni, che trattenne solo per rispetto del neonato che cominciava ad appisolarsi tra le sue braccia. Si limitò a digrignare i denti in silenzio, ingoiando innumerevoli quantità di bile.
Nel contempo, decise di rimangiarsi immediatamente anche le considerazioni fatte pochi istanti prima sul ragazzo. Non solo Malfoy non si stava dimostrando più sopportabile, ma al tempo stesso stava evidentemente cospirando per avvelenare la sua esistenza ed uccidere il suo umore.
Ne era certa, l’insoddisfazione dell’ex Serpeverde per quella circostanza era più finta dei deboli applausi forzati di Piton di fronte alla vittoria di Grifondoro nel torneo di Quidditch. In verità era assai persuasa che il giovane provasse un sadico piacere nel perpetuare quella loro “convivenza”.
Ed indubbiamente era nel giusto.
Peccato che Hermione non fosse in grado d’intuire la reale natura di quel piacere.
< Certo,> riprese lui < si potrebbe sempre ovviare a questo problema e...>
< Dì un’altra volta che potremmo trasferirci a Malfoy Manor e giuro che ti affatturo le corde vocali!> lo interruppe lei, con fare minaccioso < E, pensandoci, non mi sento di scartare questa possibilità indipendentemente da ciò che dirai.>
Draco ridacchiò, tamburellando con la mano sinistra sul poggiatesta del divano.
< Come sei suscettibile, Mezzosangue.> la canzonò.
< Sappilo, una volta conclusa questa faccenda, non voglio più vederti nemmeno in fotografia. Chiaro?>
Il ragazzo la squadrò in silenzio, con un’espressione maliziosa.
Ne riparleremo a tempo debito. E per allora non sarai più dello stesso avviso, mia cara.
Improvvisamente, dalle labbra di Hermione sfuggì un lamento. Incuriosito, Malfoy abbassò lo sguardo verso il suo grembo, osservando il neonato che, afferrato un ricciolo della ragazza, si divertiva a tirarlo verso di sé.
< Non ti ci mettere anche tu adesso.> mugugnò lei all’indirizzo del bambino, sfilandogli delicatamente la propria ciocca di capelli dalle manine.
Questo protestò debolmente, per poi spalancare la bocca in un silenzioso sbadiglio.
Draco ghignò in direzione della fanciulla.
< E’ linguaggio infantile, Granger. Sta cercando di farti capire che dovresti decisamente fare qualcosa per quei capelli.> la punzecchiò.
Sollevò l’avambraccio sinistro dal poggiatesta, vagando con la mano sulla chioma della giovane ed incatenando tra le proprie dita un paio di ciocche.
Nel sentire il tocco di Malfoy tra i propri capelli, Hermione s’irrigidì immediatamente. Un leggero brivido le risalì per tutta la lunghezza della schiena, ma lo imputò all’ovvia reazione del proprio corpo ad un’intrusione esterna ed indesiderata – per quanto, a conti fatti, non riuscisse a registrare alcuna sensazione sgradevole in tutto ciò.
< In effetti, sono anni che vai in giro con questo cespuglio in testa. Ancora non ti sei stufata di sembrare uno spaventapasseri?> proseguì, seppur con un tono considerevolmente meno pungente. Era quasi ipnotizzato dal movimento delle proprie dita tra i riccioli della fanciulla.
Persino per lui, i capelli di Hermione erano esteticamente discutibili. Folti, voluminosi, ispidi ed aggrovigliati, così diversi dai morbidi e definiti boccoli di Astoria Greengrass, tanto per fare un esempio.
Sembravano rispecchiare alla perfezione la sua personalità: indomabili, impetuosi ed indiscutibilmente intricati.
Da sempre nutriva una particolare propensione per i ricci, più “frizzanti” di una classica e composta acconciatura liscia, ma la chioma della Granger era decisamente eccessiva.
Aveva finito col trovarla a suo modo attraente, perché tutto sommato contribuiva a rendere la fanciulla quella che era – e per cui lui, dunque, spasimava – e perché, per l’appunto, erano una testimonianza visiva del suo carattere, ma considerati a sé risultavano davvero improponibili.
Spesso aveva fantasticato di accarezzarli, e non poche volte aveva sorriso al pensiero di restare invischiato in una coltre di nodi e grovigli. Dunque rimase non poco sorpreso nello scoprire che, contrariamente a quanto supposto sino ad allora, l’apparenza tradiva la reale morbidezza di quei ciuffi castani.
Le sue dita scivolavano indisturbate tra le ciocche, senza incontrare ostacoli che ne interrompessero bruscamente il percorso. Al tatto, erano quanto di più lontano dall’ingarbugliato cespuglio che sembravano essere.
Hermione avvertì il proprio stomaco contorcersi in maniera quasi dolorosa. Sebbene le parole del ragazzo fossero state intrise di evidente scherno, il modo in cui la sua mano affondava nei propri ricci era un’evidente dimostrazione d’ipocrisia. Malfoy aveva brutalmente criticato i suoi capelli, eppure li stava sfiorando con una dedizione che le parve quasi reverenziale.
Gli piaceva, era indubbio.
Ed era altrettanto indubbio che piacesse anche a lei.
In passato, nessun ragazzo aveva mai dedicato simili attenzioni ai suoi capelli. Persino Ron non aveva mai avvertito la necessità di accarezzarglieli, forse timoroso di restare “incastrato” con le dita.
Malfoy era la prima persona, oltre a lei stessa ed all’occasionale parrucchiere – a cui era ricorsa sì e no tre volte in tutta la sua giovane vita – , a toccarle i capelli.
Paradossalmente, era quasi un momento intimo. E paradossalmente, lo stava condividendo proprio con lui.
Era giunta alla conclusione che la piacevole sensazione di benessere che la permeava fosse imputabile al suggestionato entusiasmo della “prima volta”. Perché, del resto, pensare di apprezzare quel gesto da parte sua era inconcepibile.
Da un lato, avrebbe voluto che quell’istante non terminasse mai. Dall’altro, quello più razionale e logico, stava difficoltosamente studiando un modo per interromperlo. Soprattutto per il bene dell’innocente pargolo che giaceva tra le sue braccia, perché quel contatto l’aveva portata istintivamente a rafforzare la stretta, e se avesse continuato così rischiava seriamente di soffocarlo.
Il suo cervello, infine, riuscì a registrare quale fosse il braccio con cui il ragazzo l’accarezzava. E, a quel punto, la domanda le sorse quasi spontanea.
< Malfoy.>
< Mh?>
< Mi faresti vedere il tuo Marchio?>
Draco si bloccò con la mano sospesa a mezz’aria, mentre i riccioli della fanciulla scivolavano dalle sue dita per ricongiungersi al resto della chioma.
Spostò lo sguardo verso destra, incontrando quello dell’ex Grifondoro. Rimase a scrutarla in silenzio per qualche istante, con un’espressione a metà tra il sorpreso e l’irritato. Quando infine si decise a parlare, la sua voce suonò dura e glaciale, come poche altre volte lei l’aveva sentita.
< Perché?> le chiese.
Hermione scrollò le spalle.
< Curiosità, suppongo.>
Il volto del giovane s’incupì.
< Non sono più un Mangiamorte, Granger. A dire il vero, non sono mai stato neppure definibile tale. Non...>
< Lo so.> lo interruppe lei, pacatamente < Ma... ecco, a ben pensarci non ne ho mai osservato uno da vicino, ed insomma...>
Draco chiuse gli occhi, distendendo le labbra.
< Sindrome da prima della classe, non puoi esimerti dal verificare con i tuoi occhi.> scosse il capo, ridacchiando sommessamente < A volte mi dimentico con chi ho a che fare.>
Sollevò il braccio dal poggiatesta, distendendolo sul divano nello spazio che li separava, con il Marchio bene in vista.
Hermione lo fissò rapita, scivolando più vicina a lui per osservarlo meglio. Studiò il disegno, le linee scure, il modo in cui sembrava inciso su quella pelle cerea, l’ombra che i bordi neri ed il trasparire delle vene sembravano gettare sul teschio e sul volto del serpente.
E, contemporaneamente, Malfoy studiò lei. Aveva temuto di scorgere biasimo, terrore, persino disgusto sui suoi lineamenti. Eppure, l’espressione della fanciulla non mostrava nulla di tutto ciò.
Non sembrava intimorita dal Marchio, né da tutti i sottintesi che esso rappresentava. L’osservava con sincero interesse e con lo stesso sguardo affascinato che avrebbe potuto rivolgere ad uno dei suoi preziosi libri. Riusciva persino a leggere nei suoi occhi l’inarrestabile flusso di domande che stavano prendendo forma nella sua mente.
Sorrise, deliziato dalla genuina e quasi fanciullesca curiosità di cui stava dando sfoggio.
L’ultima persona a cui aveva mostrato quel terrificante segno, qualche anno prima, era stato il Medimago degli Auror, incaricato di verificare le sue effettive condizioni di salute prima di ritenerlo idoneo per iniziare l’addestramento. E l’uomo, per quanto avesse cercato di contenersi, era evidentemente inorridito di fronte al Marchio, tentando di fissarlo il meno possibile. A ben pensarci, tutti coloro che non avevano fatto parte della cricca di Voldemort reagivano allo stesso modo.
Ma, dopotutto, Hermione Granger non era tutti. E, come giustamente aveva sottolineato prima, a volte dimenticava con chi aveva a che fare.
< Sostanzialmente, è come un tatuaggio.> esordì lei dopo qualche istante di religioso silenzio.
Draco storse le labbra.
< Ne dubito. Farsi fare un tatuaggio non è di certo così doloroso.>
La ragazza scosse il capo.
< Intendevo dire che come effetto visivo può tranquillamente essere scambiato per un comune tatuaggio. E comunque anche in quel caso non è esattamente un processo piacevole.>
< Fidati Granger, non c’è il minimo paragone.>
La giovane lo scrutò curiosa.
< Che ne sai di com’è farsi un tatuaggio?> gli chiese, ironica < Devo dedurne che ne hai uno?>
Lui la squadrò intensamente.
< Già.>
Hermione sgranò gli occhi, sorpresa.
< Davvero?>
< Sì, un furetto sulla chiappa destra.> commentò, sarcastico < Ma secondo te?>
Rimase spiazzata per qualche secondo, poi scoppiò a ridere di gusto.
< Effettivamente, non ci sarebbe stato male.> fece.
Il ragazzo si unì alla sua ilarità, scrollando lentamente il capo. La parte più bassa di sé non mancò di considerare che la sua Mezzosangue aveva esternato una sottospecie di vago complimento – molto vago, ma dopo due anni di piccoli passi si era abituato ad attaccarsi ad ogni più minuscolo ed impercettibile segnale – al proprio fondoschiena, e se ne compiacque non poco.
< E’ stato così terribile?> riprese poi lei, una volta tornata seria.
Draco annuì, incapace di trattenere un lieve sospiro mentre i ricordi del passato gli sfilavano dinnanzi agli occhi.
< E’ come se... hai presente quando i Babbani marcano gli animali da macello?>
Hermione annuì a sua volta, talmente concentrata su quanto il ragazzo le stava rivelando da dimenticarsi di restare sorpresa di fronte all’ennesimo sfoggio di conoscenze Babbane di Malfoy.
< Ecco, è la stessa cosa. In ogni senso, perché a conti fatti il destino era più o meno lo stesso delle bestie. Era come se fosse stato impresso col fuoco. La pelle, i muscoli, la carne, tutto bruciava come se fosse avvolto dalle fiamme, il sangue nelle vene del braccio ribolliva, avevo perso del tutto la sensibilità a qualunque altra parte del corpo. E la cosa peggiore era l’odore.>
La ragazza sbatté ripetutamente le palpebre.
< L’odore?>
< Carne bruciata. La mia carne bruciata. Era nauseante di per sé, ma pensare a cosa lo stesse causando era persino peggio.>
< Credevo che... insomma, che Voldemort usasse un incantesimo.> commentò lei, orripilata.
< E così era.> replicò Draco, lugubre < Ma da che ricordi c’è mai andato per il sottile lui, anche con la Magia?>
Hermione aggrottò la fronte.
< In pratica, ha creato un incantesimo che riproducesse esattamente le medesime sensazioni di un vero e proprio ferro rovente? Merlino, ma perché sottoporre i propri alleati ad una simile tortura?>
Il ragazzo esibì un sorriso amaro.
< Perché non eravamo i suoi alleati, Granger. E lui ci teneva a sottolinearlo in ogni modo possibile.>
Lei si morse il labbro inferiore, colpita. Istintivamente, allungò la mano verso il suo braccio e sfiorò i contorni del Marchio con la punta delle dita.
Al tatto era come una cicatrice, una chiara incisione sulla pelle più che un mero disegno.
Il giovane sussultò, trattenendo il respiro. Lei si accorse di quella reazione, e sollevò immediatamente la mano.
< Ti fa male?> domandò, turbata.
Draco rilasciò il fiato, sospirando col naso. Le rivolse un sorriso accennato, per tranquillizzarla.
< No, mi hai solo... preso alla sprovvista, ecco.>
Hermione sorrise a sua volta, avvertendo un moto di tenerezza farsi spazio dentro di lei. Aveva reagito a quella sottospecie di carezza come un adolescente impacciato che viene sfiorato per la prima volta da una ragazza. Non credeva che Malfoy fosse in grado di mostrarsi anche così smaliziato.
Ma, del resto, lui stesso le aveva detto di essere un uomo pieno di sorprese. E non poteva di certo dargliene torto.
< Ti dispiace?> gli chiese dolcemente, facendo indugiare la propria mano a pochi centimetri dal suo braccio.
Lui le rivolse un’occhiata intensa.
< No.> le rispose.
Assolutamente, totalmente e completamente sincero.




Non si erano mossi dal divano, rimanendo seduti l’uno accanto all’altra – forse fin troppo vicini rispetto ai loro trascorsi, ma nessuno dei due pareva curarsene minimamente – e conversando in modo inaspettatamente civile.
Hermione continuava a cullare il neonato, in attesa che finalmente si riaddormentasse per portarlo di sopra ed infilarsi a sua volta sotto le coperte. Ogni tanto le sfuggiva qualche sbadiglio, sintomo dell’evidente stanchezza che si stava impossessando tanto delle sue membra quanto della sua mente.
Abbassò lo sguardo sul suo grembo, osservando il bambino accoccolato tra le sue braccia. Era in un chiaro stato di apatia e dormiveglia, abbandonato pacificamente contro il suo petto e con il pollice stretto saldamente tra le labbra. Gli occhi chiari, di un azzurro che ad Hermione ricordava il colore del cielo nelle giornate estive, erano socchiusi, e di quando in quando le palpebre cedevano del tutto, per poi scattare immediatamente verso l’alto.
Sembrava quasi che il piccolo, per qualche inspiegabile motivo, si crogiolasse nell’indolenza ma, al tempo stesso, tentasse di combattere contro il sonno. La fanciulla era piuttosto infastidita, dal momento che fin quando il bambino non avesse preso sonno del tutto non sarebbe potuta andare a dormire, ma al tempo stesso non riusciva a non ridacchiare ogni volta che lo guardava.
Le ricordava Harry e Ron a Divinazione – quelle due o tre brevi lezioni a cui aveva assistito prima di stabilire che quella materia era solo una gran perdita di tempo e la professoressa una ciarlatana che aveva costruito la propria “fama” su un paio di casuali predizioni, peraltro indubbiamente tutto tranne che frutto di specifiche capacità o accurati studi – , quando faticavano per non cedere al torpore indotto dalla classe, dai cuscini su cui sedevano, dagli effluvi degli incensi e dal tono di voce soporifero della Cooman.
< Prima o poi si deciderà ad addormentarsi, questo stupido marmocchio.> commentò Draco fissandolo a sua volta.
Aveva nuovamente disteso le braccia lungo il poggiatesta, e la posizione del suo corpo era un evidente segnale di spossatezza. Anche lui, come la ragazza, aspettava che il bambino prendesse sonno per coricarsi a sua volta, ma evidentemente il neonato aveva stabilito che quella notte nessuno dormisse più.
Hermione lo squadrò con un’occhiata di biasimo.
< Sai, non è carino che tu continui a riferirti a lui chiamandolo marmocchio.> puntualizzò.
Il giovane fece schioccare la lingua contro i denti.
< E come dovrei chiamarlo allora? Poppante? Moccioso? Lattante? Sgorbio?>
Lei sbuffò, alzando gli occhi al soffitto.
< Idiota.> sentenziò, perentoria. Parve riflettere per qualche istante, infine proseguì < Però, effettivamente, hai sollevato una valida questione.>
Draco inarcò un sopracciglio, con un’espressione sarcastica.
< E’ la “maniera Granger” per dire che ho ragione?> la provocò.
< E’ la “maniera Granger” per dire che dovremmo trovargli un nome vero.> replicò lei, fulminandolo con lo sguardo < Non possiamo continuare a riferirci a lui come se fosse un oggetto indefinito.>
Il ragazzo sospirò, facendosi improvvisamente serio.
< Mezzosangue, non credo sia un bene compiere un gesto così personale nei suoi confronti.>
Perplessa, Hermione assunse un cipiglio interrogativo.
< Perché, scusa?>
Malfoy ruotò il capo verso di lei, fissandola direttamente negli occhi. Sollevò il braccio sinistro, sfiorando delicatamente una delle ciocche che le incorniciavano il viso, poi lo lasciò nuovamente cadere sul poggiatesta.
< Non è per sempre, Granger. Prima o poi qualcuno se lo riprenderà, i suoi genitori o chi per loro. E tu dovresti evitare di fare cose che potrebbero portarti ad affezionarti troppo a lui, perché finiresti solo per soffrirne.>
Lei rimase immobile, in silenzio, turbata tanto dalle parole del ragazzo quanto dal suo precedente gesto di tenerezza.
Alla fine, abbassò lo sguardo, esibendo un sorriso accennato.
< Lo so.> mormorò < Ne sono pienamente consapevole, non preoccuparti.>
Si voltò, concentrandosi sul neonato. Osservò la sua placida espressione, i suoi occhi azzurri che continuavano a socchiudersi, il nasino, le guance paffute, la boccuccia senza denti che succhiava imperterrita il pollice destro, gli sparuti capelli castano chiaro.
Sapeva di non doversi affezionare troppo a quel piccoletto, ed era stata assolutamente certa che la sua mancanza di senso materno l’avrebbe agevolata, in questo senso. Tuttavia, di fronte a quel faccino dolce ed indifeso, cominciava a temere che sarebbe stata un’impresa molto più ardua di quanto si era figurata.
< Non è questione di gesti personali.> riprese poi < Credo solo che sarebbe giusto trovare un modo più “umano” per riferirci a lui. Sarebbe più rispettoso per lui, e molto più semplice per noi. Non pensi?>
Tutto sommato, Draco si trovò costretto a concordare. Del resto, se voleva fare bella impressione sulla sua Mezzosangue, non poteva continuare ad apostrofare il neonato con appellativi che, da un certo punto di vista, potevano quasi apparire degli insulti.
< Hai già in mente qualcosa?> le chiese.
Hermione negò col capo.
< Sbaglio o la famiglia Black ha come tradizione...>
< Lascia perdere.> la interruppe bruscamente lui.
La ragazza tentennò, presa in contropiede. Poi, parve comprendere.
< Quale sarebbe il prossimo nome in linea di successione?> domandò eloquentemente.
< Scorpius.> affermò lui, con una smorfia di disgusto dipinta sulle labbra.
< Sì, lasciamo perdere.> sentenziò a sua volta la giovane, agghiacciata.
Avvertì il peso della stanchezza farsi improvvisamente più insopportabile. Si concesse uno sbadiglio e si adagiò in una posizione più comoda, poggiando distrattamente il capo sulla spalla di Draco.
Quando questo se ne avvide, pensò bene di non farglielo assolutamente notare, consapevole che il sonno incombente le impediva di rendersi pienamente conto dei propri gesti. Peraltro, non voleva rischiare che lei mal interpretasse le sue parole e decidesse dunque di spostarsi.
Aveva impiegato due anni, innumerevoli sforzi ed un’attesa logorante per giungere a quel primo approccio di confidenza ed intimità. Aveva persino dovuto assumersi la responsabilità di accudire un marmocchio sconosciuto, non avrebbe sprecato una simile occasione con leggerezza.
< Quando mia madre era incinta di me,> esordì lei dopo qualche istante < aveva stilato una lista di nomi con papà. Forse dovremmo fare anche noi qualcosa del genere.>
< E’ solo un nome temporaneo, Granger. Probabilmente, anzi, sicuramente i suoi genitori gliene hanno già messo uno. E’ semplicemente una cosa a nostro uso e consumo, quindi scervellarsi troppo è inutile.>
Hermione annuì stancamente contro la sua spalla, mentre avvertiva le palpebre farsi sempre più pesanti.
< Qual era il primo nome maschile della lista?> le chiese il ragazzo.
< Philip, se non ricordo male.> mormorò lei, reprimendo uno sbadiglio.
< Philip...> rifletté lui < Penso che possa andare. A te piace?>
La ragazza chiuse gli occhi, sospirando.
< Aha.> confermò in un sussurro.
Draco si portò la mano destra davanti alla bocca, sbadigliando a sua volta.
< E Philip sia.> dichiarò tra sé e sé.
Quando, pochi secondi dopo, si voltò alla propria sinistra, vide il neobattezzato placidamente assopito tra le braccia di Hermione, con le labbra socchiuse e la mano destra abbandonata sul petto.
Si rivolse alla ragazza per farglielo notare, ma constatò che anch’ella aveva infine ceduto al sonno e si era addormentata così, accoccolata sulla propria spalla.
Sorrise, consapevole del fatto che un occhio esterno avrebbe potuto scambiare quella scenetta intima per un vero e proprio quadretto familiare.
E, prima di addormentarsi a sua volta con la guancia posata contro il capo della sua Mezzosangue, si ritrovò a considerare che, almeno per quell’anno, Babbo Natale gli aveva fatto davvero un gran bel regalo.












NdA:


1) “Family portrait” significa letteralmente “ritratto di famiglia”, e di solito si usa per indicare le classiche foto del nucleo familiare al gran completo che sono soliti scattare in America, soprattutto sotto le festività Natalizie (tanto per restare in tema xD). In un’interpretazione più libera, quella peraltro che ho adottato io scegliendolo come titolo, simboleggia il cosiddetto “quadretto familiare”, espressione che può essere utilizzata anche in senso sarcastico.
Dulcis in fundo, “Family Portrait” è anche il titolo di una famosa canzone di Pink, sebbene il contesto sia assai differente rispetto a quello della fict.

2) Miss Berry è evidentemente farina del mio sacco. Come tutti saprete, la professoressa di Babbanologia di Hermione and company era Charity Burbage, rapita, torturata ed uccisa da Voldemort durante la seconda guerra (e data in pasto a Nagini, dulcis in fundo). Nel settimo libro viene sostituita da Alecto Carrow, ma non si sa chi poi subentri a quest’ultima una volta conclusosi il conflitto, dunque mi sono sentita libera di “inventare” un personaggio fittizio quale nuovo professore (anzi, professoressa) di Babbanologia.
Il nome Berry è un chiaro omaggio a Rachel Berry, una delle protagoniste di Glee e mio personaggio femminile preferito.
Per quanto riguarda invece la partecipazione di Hermione e Lavanda alle lezioni di Babbanologia, urge una chiarificazione. Mentre ammetto di non avere idea se Lavanda secondo Canon segua o meno il corso, Hermione ha effettivamente studiato Babbanologia al terzo anno, salvo poi ritirarsi una volta costretta a rinunciare alla Giratempo e dunque a fare una cernita delle materie facoltative.
Detto ciò, il fatto che Hermione assista alle lezioni durante il settimo anno aggiuntivo può – giustamente – apparire una forzatura. Confesso che avevo bisogno di uno stratagemma per introdurre le differenze tra Mondo Babbano e mondo Magico, e dato che trovo poco plausibile che la nostra Mezzosangue possa essersi informata spontaneamente sull’argomento, le lezioni di Babbanologia mi sembravano la scelta migliore.
Per contestualizzarla, adduco a mia giustificazione il fatto che, durante la presidenza Piton, Babbanologia diventa una materia obbligatoria per tutti gli studenti: paradossalmente, la nuova preside McGrannit avrebbe potuto decidere di proseguire con questa politica, col chiaro intento non di demonizzare e svilire i Babbani, bensì di rimarcare la necessità d’instaurare con loro un rapporto di pacifica convivenza, così da favorire l’integrazione dei Nati Babbani ed evitare che gli eventi appena conclusi potessero ripresentarsi in futuro (sì lo so, sono fenomenale nell’arrampicarmi sugli specchi u.u E’ una gran dote, e mi è sempre tornata molto utile).
Per quanto concerne poi le tanto decantate differenze tra le tecniche d’allevamento Babbane e quelle Magiche, sono una mia mera invenzione, con il preciso scopo di incasinare ulteriormente la vita di Hermione e Draco xD

3) Suppongo che tutti abbiate colto il riferimento alla Fata Madrina ed alla zucca trasformata. In ogni caso, giusto per onor di cronaca, in questo passaggio Draco fa l’ennesimo sfoggio di conoscenze Babbane (e spero abbiate notato che suddette conoscenze sono alquanto, ehm, infantili. Non me ne voglia il mio biondo, ma ho deliberatamente deciso di indirizzarlo verso una cultura più elementare. Del resto, bisogna sempre partire dalle basi, no? xD) citando la favola di Cenerentola.

4) La questione dell’incantesimo di Trasfigurazione potrebbe apparire controversa, ed effettivamente la è xD
Molti, soprattutto i puristi della Saga, potrebbero giudicarla forzata ed inverosimile, e sono già pronta a ricevere eventuali critiche al riguardo. Anzi, io stessa nei panni di lettrice probabilmente avrei storto il naso in questa circostanza, lo ammetto.
La mia decisione di impostare in questo modo la trama è innanzitutto da imputare allo svolgimento della scena in sé: mi sono immaginata sin da subito Hermione che studia il proprio salotto in cerca di una sistemazione per il pupo, Draco che propone per l’ennesima volta di andare a casa sua, lei che si ribella per la faccenda degli elfi (e non solo) e via dicendo. Mi mancava la motivazione, la ragione per cui Hermione si trovasse in difficoltà nel procurare al bimbo un giaciglio.
Da lì, mi è nata questa malsana idea delle lezioni di Babbanologia, cosa che peraltro servirà da spunto per altre scene. Potevo risolvere il tutto trasformando le lezioni di Babbanologia in lezioni di Trasfigurazione, è vero, ma A) trovo poco probabile che Hermione non ricordi un incantesimo insegnatole dalla McGrannit, B) non vedo per quale motivo la MC dovrebbe insegnare a trasfigurare una poltrona in una culla e C) Babbanologia mi sembrava l’unica materia “papabile” nella quale attuare questa sorta di lezioni di “economia domestica”.
Peraltro la faccenda dell’incantesimo mi ha dato lo spunto anche per la battuta di Cenerentola e per la chiusa di questa parte di capitolo, dunque alla fine ho deciso di mantenerla sebbene si possa considerare OOC (passatemi il termine, anche se non mi riferisco nello specifico a dei personaggi).

5) La battuta sulla “rarità” rappresentata da un Irlandese sobrio fa parte del mio bagaglio culturale Simpsoniano. Nello specifico, vi rimando all’episodio in cui Homer ed il Signor Burns si cimentano nella cattura del mostro di Loch Ness, allo scopo di rendere il vecchio miliardario amato dagli Springfieldiani. Il Signor Burns, in procinto d’imbarcarsi nell’impresa, annuncia ad Homer che “darà al mondo qualcosa che ha cercato sin dall’alba dei tempi”, al che Homer replica “un Irlandese sobrio?”.
La frase “lo dice sempre con quel tono sorpreso” è invece un mio personale adattamento della battuta pronunciata sia da Ron che da Hermione nel corso di DH. L’originale, nel caso non lo ricordaste, è “sempre questo tono sorpreso”: Ron lo dice ad Hermione quando questa si mostra meravigliata di fronte al racconto di Tonks sulle sue “eroiche gesta” durante lo scontro volante con i Mangiamorte (quello coi sette Potter, per intenderci), Hermione invece lo dice a Ron quando lui si complimenta con lei per la sua mise al matrimonio di Bill e Fleur.
La mia scelta di questa specifica frase, uno dei capisaldi dello schieramento Kickers (o Ronmione che dir si voglia), non è assolutissimamente casuale, ed ha un suo perché. Se conoscete un minimo me, la mia ferma convinzione che L&L sia il vero pairing e che dunque la Row abbia optato per una scelta scontata e “politically correct” (specialmente in nome del suo malcelato quanto incomprensibile odio per Draco), e soprattutto la mia infima natura di Slytherin, coglierete immediatamente tutti i vari sottintesi e la maliziosità insite in queste misere sette parole (sette, peraltro, il numero magico più potente, manco a farlo apposta xD) ^^

6) Sì, avete letto bene, “Fred e George”. Tra tutti i crimini di cui si è macchiata mamma Row in DH, la morte di Fred è a mio parere uno dei più tremendi ed ingiustificabili (nella mia personalissima ottica, però, meno grave del mancato accoppamento di Potty, il – buon Dio – matrimonio tra Ron ed Hermione e la stempiatura di Draco – tre eventi che detengono il primo posto in classifica a pari merito), di conseguenza ho deciso di fare la sovversiva e di ribellarmi a questa ingiustizia.
Motivo per il quale, almeno in “Toak”, Fred Weasley è vivo, vegeto e più irriverente che mai.

7) Sui generis è un’espressione latina di uso comune nel gergo quotidiano, e sta ad indicare un qualcosa o un qualcuno particolarmente atipico.
Invece, se non ricordo male, “chi nasce tondo non può morire quadrato” dovrebbe essere un proverbio siciliano (chiedo conferma a chi ne sa di più di me). In ogni caso, ho deciso di “rigirarlo” innanzitutto perché trovo che il quadrato sia una figura geometrica assai più adatta a Percy, e secondariamente per la successiva frase sullo “smussare gli angoli”. Peraltro, questa mia soluzione è a sua volta una citazione, dato che “Se uno nasce quadrato non muore tondo” è il titolo dell’autobiografia di Gennaro Gattuso (centrocampista del Milan ed uno dei campioni del Mondo del 2006, per chi fosse a digiuno di calcio).
Il giochino di parole “perfetto... Prefetto” è assai triste, me ne rendo conto, ma si rifà al nomignolo con cui Fred e George si rivolgono a Percy, oltre alla carica che effettivamente ha ricoperto ad Hogwarts.

8) “Incantesimi, pozioni e trucchi magici per una giovane Strega single” è un titolo di mia fantasia che, però, si ispira ad un altrettanto deprimente regalo di una conoscente molto inopportuna ad una mia amica, il cui significato sottinteso è peraltro il medesimo del libro di Hermione (“Sei una povera zitella senza speranza, dunque ti regalo questo tomo per aiutarti a rendere meno miserabile la tua vita in solitaria” è l’implicito messaggio da me medesima sviscerato dopo che la suddetta mia amica mi ha mostrato il libro in questione, per condividere con me il suo disappunto).
L’accento sbagliato che vanifica gli sforzi di compiere una magia, invece, è un palese riferimento ad Hermione stessa ed al suo “è leviosa, non leviosà”.

9) Qualche precisazione “ambientale”: il giallo ocra è un giallo scuro, più o meno come questo, e teoricamente sarebbe il colore delle pareti della mia taverna. A differenza di Draco, che evidentemente lo trova rivoltante, io lo adoro. Ritengo che le pareti gialle siano di gran lunga preferibili a quelle bianche, almeno in una casa. Danno una luminosità ed un calore di cui il bianco è privo, e sono molto più semplici da gestire (tenendo conto che un muro bianco basta che ti ci appoggi contro con una mano e già si sporca u.u). Le digressioni sui miei gusti non c’entrano un tubo, ma da questo punto di vista suppongo che io ed Hermione potremmo essere sulla stessa lunghezza d’onda. Ce la vedo a scegliere un colore così pacatamente vivace (è un ossimoro, lo so xD) per il proprio salotto. Peraltro, i tizi che mi hanno tinteggiato casa hanno detto che statisticamente il giallo è il colore prediletto dalle donne per le proprie pareti. D’altro canto il nostro Draco, cresciuto nella cupezza di Malfoy Manor e contornato dal verde e l’argento di Slytherin, presumibilmente lo troverebbe un colore tanto insolito quanto fastidioso, almeno per lui.
Per quanto riguarda il letto del mio biondo preferito, ammetto anche in questo caso di averci messo del mio. Al di là del fatto che il letto a baldacchino è il mio più grande desiderio sin dall’infanzia (e prima o poi riuscirò ad averlo, costi quel che costi u.u), ho sempre immaginato Draco che dormiva sotto una simile struttura. Sarà per l’aura aristocratica e quasi principesca di questi mobili, sarà perché tutto sommato nella mia mente vedo Malfoy Manor simile ad un vecchio palazzo ottocentesco, in ogni caso, per me il letto di Draco è sempre stato a grandi linee così, anche se un po’ meno “pomposo”, ecco. Peraltro, ho sempre supposto, come si evince dal testo, che la struttura fosse verde scuro ed i tendaggi grigio perla, in onore della nobile discendenza di Salazar.
Infine, la plafoniera. Per chi non lo sapesse, questo è ciò a cui mi riferisco. Un’illuminazione molto più semplice e spartana rispetto ai classici lampadari (che oltretutto io non amo particolarmente, ma dettagli), e dunque molto più vicina allo stile di Hermione. Ad onor del vero, esistono anche plafoniere finemente lavorate, con cristalli e pendenti vari, ma in questo caso io mi riferisco a qualcosa di molto simile alla foto, una struttura estremamente elementare e scevra di qualunque inutile e fastoso orpello.

10) Inutile che vi dica che “Draco dormiens numquam titillandus” è il motto di Hogwarts, oltre che l’ennesima mia tristissima battuta u.u
La parte sullo “spiare Draco mentre dorme” è una velatissima stoccata – come sempre – alla saga di Twilight, mentre per quanto riguarda il “Malfoywatching” è un termine da me coniato sulla falsariga del “birdwatching” (ovvero, l’osservazione degli uccelli – pennuti Zab, pennuti u.u)

11) Pinco Panco e Panco Pinco sono i due strampalati gemelli ciccioni di “Alice nel paese delle meraviglie”, che la bambina incontra qualche scena dopo essere approdata in quel fantastico mondo e che si dilettano nel raccontare pittoresche storielle sottoforma di canzone (nel caso di Alice, le narrano la storia delle ostrichette curiose). Paradossalmente, sono i miei personaggi preferiti, subito dopo Alice (che prediligo non per reale propensione quanto per personali questioni affettive <3) ed un pochino prima dello Stregatto, eppure nonostante ciò ho scelto di utilizzarli per deridere Ron e soprattutto l’odiatissimo Harry.
Diciamo che sto cominciando a sviluppare una sorta di sadico piacere nel ricercare nomignoli sempre più fantasiosi e variopinti con cui schernire la coppia in questione.
Peraltro, che Pinco Panco e Panco Pinco siamo due Gingers (ovvero hanno i capelli rossi) come Ron e che vestano di rosso e giallo è una curiosa coincidenza xD
Ovviamente, mi riferisco ai due personaggi del cartone Disney, non a quelli del recente film con Johnny Depp. Quelli, a mio parere, non rendono loro affatto giustizia u.u

12) Il cuore che aumenta di tre taglie è un’altra citazione Grinchesca, mentre il “sono o non sono una strega?” è una sorta di parafrasi Potteriana: si rifà alla scena di PS dove Hermione, di fronte al Tranello del Diavolo, si lascia cogliere dal panico per la mancanza di legna con cui ardere e dunque distruggere la pianta, e Ron la fa rinsavire sottolineandole bruscamente “Sei una strega sì o no?”.
Lo spirito che discende dal cielo è l’ennesima prova della mia blasfemia ed un riferimento talmente famoso che dubito di doverlo stare a spiegare a chiare lettere ^^
Infine, la questione lessicale della parola “costretto”. Ho scritto “in entrambe le accezioni del termine” perché, in questo caso, mi riferisco sia alla costrizione nel senso di assoluta necessità (della serie “non posso fare altrimenti, i libri sono la mia unica ancora di salvezza dunque li consulto seppur controvoglia”), sia nel senso di obbligo ed imposizione di terzi.

13) Per quanto riguarda la questione Draco/Daphne (e Nott), è tutto frutto della mia testolina bacata. Vi confesso che l’unica volta in cui ho letto il nefasto “19 anni dopo” (per poi non ripetere l’errore e fingere allegramente che non esistesse), constatando che Draco PERLOMENO non era stato tristemente accoppiato con Pansy, ho subito pensato a Daphne come sua probabile sposa. In seguito, ho scoperto con amarezza che invece si trattava della (chi?!) sorella (O.O) di questa, Astoria (o Asteria, ma tra le due preferisco la prima versione u.u).
Ora, tralasciando i commenti sull’epilogo e sul matrimonio di Draco (ed è meglio, o potrei spendere pagine su pagine fitte di lamentele ed insulti), io rientro nella categoria di fanwriter che, tendenzialmente, non ama la “leggenda metropolitana” dei matrimoni combinati tra Purosangue. Ritengo più probabile che i genitori incoraggino certe unioni, ma non che stipulino contratti vincolanti. Da tutto ciò, la mia idea di Lucius e Narcissa che tentano invano di spingere Draco e Daphne l’uno verso l’altra (l’avversione infantile tra i due è un pretesto fantasioso ed anche piuttosto semplicistico, ma che mi garba non poco xD).
Altra questione delicata, il “non ti ho mai trattata come loro”. Liberissimi di giudicare quella parte troppo forzata o visionaria o inverosimile, ma ci tengo a specificare che mi sono semplicemente limitata a riportare la realtà dei fatti, consultabile da chiunque possegga i libri di HP. Che io veda l’L&L dovunque è assodato, ma in questo caso non si tratta di fantasie o invenzioni quanto di passaggi reperibili su carta, anche se in molti casi bisogna leggere tra le righe – ma nemmeno più di tanto. Per inciso, gli atteggiamenti vagamente quasi “gentili” di Draco sono, in particolare, la sua mancata reazione allo schiaffo di Hermione in PoA (avrebbe fatto il diavolo a quattro contro chiunque altro, sia sul momento che vendicandosi successivamente) e l’incontro tra il Trio dei Miracoli e Malfoy alla Coppa del Mondo di Quidditch (dove Draco, velatamente, invita Hermione a darsela a gambe per non farsi catturare dai Mangiamorte). C’è anche dell’altro ovviamente, ma nello specifico ho pensato subito a questi due momenti.
“Le spille magiche e le canzoncine in rima” si riferiscono, ovviamente, alla spilla con slogan anti-Potter che Draco crea e diffonde per la scuola durante il Torneo Tremaghi ed a “Perché Weasley è il nostro Re”.

14) Defaillance è un termine francese importato anche nel linguaggio comune italiano, e sta ad indicare un momento di debolezza, un cedimento tanto fisico quanto mentale.
La Gallina dalle uova d’oro è invece un modo di dire traslato da una vecchia fiaba. Letteralmente si usa riferirlo ad un metodo con cui arricchirsi facilmente e velocemente, ma in senso più esteso si applica anche a situazioni particolarmente favorevoli, che garantiscono un rapido e consistente successo non necessariamente solo monetario.
Per quanto riguarda Andromeda, infine, la sua presenza nella vita di Draco è una mia libera “interpretazione”, diciamo.
Lucius e Narcissa, come ho già specificato, sono in carcere per scontare la propria pena, ed ho presupposto che, una volta rimasto solo, Draco avesse voluto riallacciare i rapporti con la sua ultima parente rimasta in vita, fosse solo per una questione di comodità. D’altro canto, anche Andromeda stessa è rimasta sola col piccolo Teddy, presumibilmente non le sarà dispiaciuta l’idea di trascorrere del tempo col figlio di sua sorella.
Spero sia risultato evidente che Draco in realtà aveva impegni per il giorno di Natale, nello specifico con sua zia, Daphne Greengrass e gli altri suoi amici (perché no, non sono tutti morti, che diamine u.u). Ma si sa, in guerra ed in amore tutto è lecito, anche calcare la mano sulle proprie sventure e fingersi completamente soli al mondo per ottenere compassione dalla fanciulla del proprio cuore. Peraltro, Draco si è già dimostrato melodrammatico in precedenza, e continuerà a farlo finché ciò contribuirà alla sua missione di conquista ^^

15) “Le api ed i fiori” sono la metafora base con cui la maggior parte dei genitori tenta di spiegare ai figli il processo riproduttivo – e questo credo che lo sappiate in molti xD
Per quanto riguarda i metodi educativi di Lucius Malfoy, ho scelto di mettergli in bocca le parole che trovo più adatte ad un personaggio come lui. Onestamente, ce lo vedete Luc ad intavolare una conversazione con Draco su come nascono i bambini? O.O
La “precocità” dei Serpeverde è un topos letterario delle fanfiction del Potterverse, ma in fin dei conti non la trovo una considerazione così inverosimile. Caratteristica degli Slyth è l’essere molto più smaliziati dei propri compagni, è una cosa che fa parte della loro indole naturale. Trovo plausibile che già in tenera età si confrontino su argomenti più adulti, mentre i Grifoni (tanto per fare un esempio xD) stanno ancora a lucidare i loro manici di scope e ad arrossire per un bacio su una guancia. Che poi questa tendenza sia attualmente la triste realtà della gioventù odierna è un argomento che eviterei di affrontare in questa sede, ma che ad onor di cronaca mi lascia sempre più basita e sconcertata.
Dulcis in fundo, una puntualizzazione sull’ipotetica “prima volta” di Draco. Che la sua partner sia Pansy è a sua volta un topos letterario molto diffuso, ma io lo ritengo piuttosto probabile, considerando il “legame” che si evince anche dai libri. La Row non ha perso tempo a chiarirci se Draco e Pansy stessero effettivamente insieme o se semplicemente lui le concedesse di ronzargli attorno – per quale motivo avrebbe dovuto, del resto? A chi potrebbe interessare la vita sentimental-sessuale di un personaggio della Saga che NON SIA Harry Potter? u___u – , ma dal momento che vanno anche al Ballo del Ceppo insieme, non ci vedrei nulla di strano.
Detto ciò, ho deliberatamente scelto di far “sbocciare” Draco in estate proprio per far sì che l’evento non si verifichi tra le mura di Hogwarts, dove secondo alcune fiction esistono veri e propri circoli di libertinaggio, club del sesso ed associazioni di scambisti O.O
E’ evidente, considerando che Draco è nato a giugno, che la chiacchierata tra lui e Luc avviene anche qualche mese dopo la sua prima volta.
Sulle inclinazioni di alcuni membri della famiglia Black non mi esprimo, ma se mi conoscete anche solo un minimo avete già intuito dove voglio andare a parare xD

16) Le Banshee sono spiriti della tradizione fantasy, diffuse tanto nella saga di HP quanto in altre opere del genere. Vengono spesso definite “demoni urlanti” per il grido agghiacciante che le contraddistingue, che in alcuni casi ha il potere di uccidere chi lo ascolta o in altri scatenare onde d’urto. In ogni caso, si tratta di un urlo sovrumano potente e molto stridente, e chi come me ama le metafore colorite usa spesso questo riferimento per indicare strepiti e toni di voce eccessivi (io stessa sono stata spesso additata come Banshee u.u)
Lasciatemi poi spendere qualche parolina sul pigiama di Hermione. Ho notato che nelle fict vi sono due correnti di pensiero al riguardo: o una Granger fedele in maniera piuttosto esagerata alla sua anima da secchiona rigida e casta che si veste di pigiamoni di flanella, magari pure a quadri, inguardabili ed inavvicinabili; o un’insospettabile femme fatale che rivela in camera da letto (e soprattutto in presenza di monsieur Malfoy) un’inattesa indole pornografica, sfoggiando succinti completini, pizzi e trasparenze.
Ora, alla qui presente Val non piace né l’una né l’altra tendenza, sarò sincera. Non mi piace il tentativo di estremizzare Hermione per un verso o per l’altro, il voler rendere palese e quasi stereotipata la sua assoluta discordanza con le sue compagne più discinte e disinibite o al contrario il volerla uniformare ad esse attraverso gli indumenti da notte.
Hermione, Dio sia lodato, è un personaggio femminile con le contropalle. E’ quanto di più lontano ci sia da una Mary Sue, una Babi, una Bella Swan, un’Alice Cesaroni, una Patty, una Ugly Betty e chi più ne ha più ne metta. E’ una ragazza assolutamente normale, come me e tante altre di voi (nel mio caso, anche la chioma è la stessa, più o meno), che si distingue per un carattere particolarmente spiccato ed una florida intelligenza.
Non sopporto gli stereotipi ed i topos letterari pretestuosi in nessun caso, ma men che meno se vengono usati su Hermione, che io adoro, venero, ammiro e che è una dei miei idoli dell’infanzia – e non solo. Motivo per il quale la mia Hermie, in qualità di ordinaria fanciulla normotipo, dorme con un comunissimo, sobrio e soprattutto decente pigiama. Niente di comicamente castigato ed ingeneroso, niente di eccessivamente provocante e volgare.

17) Le scimmie morte di vaiolo arabo sono una peculiarità del mio gergo casalingo, vi basti solo sapere che è un’espressione che serve ad indicare l’ipotetica causa dell’odore nauseabondo di.... beh, certi prodotti corporali xD
I capelli boccolosi di Astoria sono una mia interpretazione personale. Nel mio immaginario, ho sempre idealizzato le due sorelle Greengrass entrambe bionde, Daphne molto chiara ed Astoria con un colore più tendente al biondo cenere. Ma mentre la primogenita per me è contraddistinta da lunghi e setosi capelli lisci, per la seconda ho immaginato un’acconciatura mossa, sebbene comunque ordinata e definita – ovvero esattamente l’opposto del cespuglio di Hermione (che è poi anche il mio cespuglio u.u)
Un doveroso chiarimento, infine, sulla questione Hermione-Marchio. Non fraintendetemi, il fatto che Hermione non si mostri impaurita o disgustata non significa né che abbia cancellato qualunque memoria di Voldemort e di tutto ciò che ha causato – ci mancherebbe, chi ne sarebbe in grado? – né che il suo “amore” – ed in questo caso sono evidentemente ironica, è ovvio che lei ancora non nutre simili sentimenti – per Draco le consenta di adorare anche quell’abominio che si ritrova sul braccio.
O meglio, da un certo punto di vista è anche così. Al momento, come ho detto, Hermione non nutre simili sentimenti per lui, ed anzi non è ancora neppure consapevole che sotto sotto non le dispiace, ma a tempo debito il suo rapporto col Marchio prenderà la forma di quello tra Draco ed i capelli della giovane. Ovvero, una cosa che presa a sé non piace, ma che considerata nell’insieme dell’altra persona, dal momento che è comunque sua parte integrante e contribuisce a renderla ciò che è, finisce col venir inglobata nel turbine affettivo.
Attualmente, Hermione si comporta da perfetta Hermione, nel senso che il suo amore per la conoscenza e per l’onestà intellettuale vince sugli spaventosi ricordi di guerra. Sa di non aver nulla da temere, né da Draco né dal Marchio, e l’osserva dunque con l’interesse tipico dei collezionisti di cultura. E’ un po’ come chi va a visitare un campo di concentramento, tanto per fare un esempio drastico: non è una gita di piacere e di certo non amano il luogo, ma restano affascinati dall’aria “storica”, da quanto quel posto abbia da raccontare e dall’importanza che ha avuto a livello culturale. Hermione è la prima – e presumibilmente unica – persona che riesce ad andare al di là della paura, per accogliere quel simbolo come ciò che realmente è, ovvero una testimonianza del passato.
Che poi intimamente lei nutra anche il desiderio di non cadere più in una di quelle gaffe già compiute nei confronti del ragazzo e dei suoi trascorsi oscuri è un altro paio di maniche :)

18) Per quanto riguarda la breve descrizione di Draco sulla Marchiatura da parte di Voldemort, anche in questo caso è una mia libera interpretazione, dato che, se non ricordo male, la Row non si è mai soffermata a descriverla più dettagliatamente (come, del resto, ogni cosa che diverga leggermente dalla sua visione Pottercentrica u.u). Ho sempre istintivamente associato la cosa alla marchiatura degli animali, dunque mi sono limitata a rendere quelle che potrebbero essere le sensazioni di un essere umano sottoposto ad un simile trattamento (non che gli animali siano da meno, è evidente che non è piacevole nemmeno per loro, ma non possono testimoniare a parole la loro esperienza, ovviamente).
La descrizione delle reazioni corporali, e soprattutto della puzza di bruciato, è già stata affrontata da me medesima in una mia vecchia One-shot (“Dove c’è molta luce, l’ombra è più nera”), con la differenza che in quel caso il soggetto in questione non era Draco.
La mia opinione sul nome Scorpius è piuttosto risaputa (ma in generale su tutta la nuova generazione, e non solo per una questione di nomi), dunque nelle mie storie non leggerete MAI di un Malfoy chiamato a quel modo u.u A prescindere dal fatto che qui non si tratta di un vero e proprio Malfoy, dettagli.
Il nome Philip non ha alcuna precisa motivazione. E’ un nome semplice, senza grandi pretese, facilmente ricordabile e comunque, a mio avviso, bello. Il fatto che fosse l’opzione “maschile” dei Granger è un’altra supposizione di fantasia della sottoscritta, un mero modo con cui giustificare il perché Hermione lo abbia preso in considerazione.






Mie care, sono estremamente dispiaciuta per tutto il tempo che vi ho fatto aspettare per questo aggiornamento, e mi auguro che il capitolo sia sufficientemente all'altezza di una simile attesa.
Devo ringraziare profondamente tutti voi, chi recensisce innanzitutto, ma anche chi si limita a leggere in silenzio.
Un grazie gigantesco ai 22 che hanno inserito "Toak" tra i preferiti, i 4 che la ricordano ed i 53 che la seguono. Infine, è giusto dirlo, grazie a chi ha inserito me tra gli autori preferiti (cosa che, lo confesso, mi lusinga e confonde non poco <3).

Ora, purtroppo, una nota dolente.
Sono in un periodo piuttosto complesso della mia vita, sia per questioni meramente personali che per faccende universitarie. Settimana prossima avrò gli esami scritti, ma a prescindere da ciò ho iniziato in modo effettivo a lavorare alla tesi (che discuterò a luglio, evviva evviva *_*).
Per questo motivo, purtroppo, il tempo da dedicare alla scrittura delle fict si è drasticamente ridotto, e di conseguenza temo che i tempi di aggiornamento al contrario si allungheranno notevolmente u.u
Da parte mia, vi prometto che farò il possibile per tentare di essere rapida, per quanto le circostanze me lo concederanno.
Mi auguro solo che i miei ritardi non vi portino ad allontanarvi da me xD

Come sempre, vi rimando alla mia pagina di Facebook per spoiler, commenti, offese, insulti, pernacchie e quant'altro xD
E con ciò, vi saluto calorosissimamente *__________*

Alla prossima!!
(Che mi auguro sia il prima possibile ._.)


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