-The reason of my life-

di Bibismarty
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cosa me ne poteva fregare a me del monsone? ***
Capitolo 2: *** cosa? ***
Capitolo 3: *** An deiner Seite ***
Capitolo 4: *** Sul viale dei ricordi ***
Capitolo 5: *** Vigilia di Natale ***
Capitolo 6: *** Ti sei rincitrullito? ***
Capitolo 7: *** Saresti SEXY ***
Capitolo 8: *** Ti amo ***
Capitolo 9: *** Lei è tutto per me ***
Capitolo 10: *** Morte all'improvvio ***
Capitolo 11: *** Mi sono preoccupato moltissimo ***
Capitolo 12: *** Fuori di qui! ***
Capitolo 13: *** Perché a te da fastidio che mi occupi di te? ***
Capitolo 14: *** Aspetterò tutta la vita ***
Capitolo 15: *** Bill Kaulitz: aspetto un tuo bacio ***
Capitolo 16: *** L'amore è una dipendenza? ***
Capitolo 17: *** Un fine anno esplosivo! ***
Capitolo 18: *** Dichiarazione tardiva ***
Capitolo 19: *** The Reason Of My Life ***



Capitolo 1
*** Cosa me ne poteva fregare a me del monsone? ***


Ciao, se state leggendo questo messaggio sappiate che dovete...correre! Esplosione tra dieci, nove, otto, sette, sei, cinque, quattro, tre, due, uno...Scherzavo! Beh se avete aperto storia, prima di leggere dovete sapere che i Tokio Hotel non mi appartengono e nessuno di questi eventi è accaduto nella realtà (a parte gli EMA). La protagonista è frutto della mia fantasia e spero sarà di vostro gradimento in questa avventura, che non vi risparmierà risate e lacrime.Ora sicuramente avrà piacere la mia creatura di mostrarvi la sua storia, con le parole adeguate, che io decisamente non avrei. :) Buon viaggio :)



Capitolo 1: Cosa me ne poteva fregare del monsone?


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Lie. All'esordio di tutto.

Era buio. Davvero buio. Non vedevo niente o semplicemente non volevo vedere niente. Ero confusa. Era successo tutto così di fretta.Ora mi ritrovavo a camminare sotto la pioggia mentre il freddo gelido della notte mi penetrava nelle ossa per via della giacca che indossavo e che era estiva. Non avevo altro.
Quella giacca era l’unica che mio papà era riuscito a permettersi. Ce l’aveva messa tutta, ma dopo aver scoperto di avere il tumore non aveva più potuto lavorare. Quel pensiero mi fece troppo male.
Il ricordo del mio caro papà nel letto di morte che mi stringeva gentilmente prima di chiudere gli occhi per sempre mi si presentò vivido nella mente. Dentro di me lo stomaco si rivoltò.
Come potevo andare avanti? Ma non potevo nemmeno tornare indietro. Non volevo.
Cosa mi sarebbe accaduto? Se mia madre mi avesse trovato mi avrebbe picchiata o chissà cosa. Non era mentalmente stabile. Si drogava dalla separazione con mio padre. Progressivamente non fu più in grado di badare a se stessa, era finita in una clinica. Ma poi credendo che fosse guarita la fecero tornare a casa e ora io ero stata affidata a lei. Ma mia madre non era guarita. Le servivano soldi per la droga e se io fossi tornata mi avrebbe venduto oppure mi avrebbe sbattuto sulla strada solo il signore sa a fare cosa.
Il solo pensiero mi fece arrabbiare e cominciai a covare un fuoco di puro odio per quella madre che non mi aveva mai amato. Provavo odio per il mondo che non mi amava. Nessuno su questa terra mi amava. Potevo scommetterci.
Passai accanto all’edificio scuro con su scritto “DATCH FORUM”. Il Datch forum di Milano. Quello in cui quella sera si svolgeva il concerto del gruppo tedesco. Come si chiamava? Ah si! Tokio Hotel!
Non erano male di aspetto, quei quattro. Ma a me cosa me ne poteva fregare del monsone?
Io soffrivo giorno dopo giorno di un dolore immenso. Soffrivo la solitudine. Quelli erano solo quattro stupidi ragazzi che erano diventati famosi e della vita non sapevano un cazzo.
Come potevano? Erano troppo giovani e la fama forse aveva offuscato loro la testa. E poi da dove sbucavano? Non avevo mai sentito parlare di loro prima di quell’estate…Ma perché poi mi ero soffermata a pensare a loro?
Il ricordo vivido di mio padre mi si parò davanti ancora e le lacrime mi riempirono gli occhi.
Non vedevo altro che luci sfuocate. Dove era la strada? Oh, forse quella…
Mi fermai e misi un piede giù dal marciapiede. “Ti prego papà aiutami…Non posso andare avanti da sol…”.
Non so come fosse possibile, ma non capii perché non riuscii a finire la frase. In quel momento sentii solo una frenata. Un frenata e vidi buio totale.
Sembrava passata un’eternità, quando sentii delle voci e degli urli. Una mano mi sfiorò, ma non capivo niente. Non capivo dove ero. Non capivo chi fosse quel qualcosa che mi toccava. Che mi accarezzava la testa.
Dove ero finita?
Sentii urla concitate e captai diverse parole tedesche. Io lo capivo bene. Mia mamma era tedesca. Qualcosa di caldo mi calò dalla fronte. Cos’era? Il dolore al corpo era troppo forte.
Cosa mi era successo? Dove ero? Volevo solo mio papà. “Papà…”
L’unica cosa che riuscii a capire era: “Sono qui, non abbandonarmi”.
Era tedesco.



Il silenzio mi svegliò. Non so perché, ma io odiavo il silenzio. Io amavo la musica e il silenzio mi innervosiva terribilmente. Aprii gli occhi che richiusi subito perché una luce mi ferì. Una luce artificiale proveniente dall’alto. Mi protessi con una mano la faccia e mi sedetti.
Una volta abituata alla luce cominciai a guardarmi intorno e non ci volle molto per capire che ero all’ospedale. Ero confusa, non sapevo perché mi trovassi li, ma non volevo rimanere, volevo andare via subito. Mia mamma avrebbe potuto rintracciarmi.
Nonostante sentissi un fortissimo male dalla vita in giù provai a alzarmi.
Il mio tentativo non ebbe risvolti positivi. Ci riprovai e sporgendomi troppo caddi sul pavimento. Solo allora mi accorsi che avevo le gambe ingessate. Il sangue nelle vene mi si gelò di colpo. Non potevo fuggire.
Mentre il mio sguardo scorreva sulle mie gambe immobilizzate un orribile pensiero mi attraversò la testa. E se avessi perso l’uso delle gambe? Chiusi gli occhi e le lacrime mi bagnarono il volto. Ero sconvolta.
Capitavano tutte a me. Ma perché?
In quel momento una porta, o meglio la porta, della camera si aprì di scatto e entrò qualcuno.
Non volevo farmi vedere in quelle condizione chiunque fosse, ma non avevo la forza per alzarmi e aprire gli occhi.
Dei passi affrettati si avvicinarono a me. Qualcuno si chinò davanti a me e mi abbracciò.
Aprii gli occhi d’improvviso. Da quanto non ricevevo un abbraccio? Da secoli ormai. Quel contatto era troppo insolito. Ancora di più perché quel qualcuno che me lo stava offrendo era…
Lui si staccò ed entrò nella mia visuale.
Era un uomo.
“Che cazzo…?”
L’uomo era…il cantante dei Tokio Hotel!
Ora si che ero completamente andata. Perché un cantante avrebbe dovuto abbracciarmi?
Lui indossava delle semplici scarpe da ginnastica, una maglietta nera e un paio di jeans.
I capelli piastrati verso il basso e gli occhi liberi di qualsiasi trucco, semplici e tristi.
Il color nocciola non era vivace come quello delle volte che lo avevo visto in televisione. Era un colore spento. Ma perché?
“Scusa…scusa…Sono qui…Se per caso ti serve qualcosa…per rimediare.”
In quel momento entrarono un dottore e l’infermiera seguiti da gli altri componenti del gruppo. Mentre il dottore mi alzava e mi rimetteva a letto i miei occhi non smisero di lacrimare e si bloccarono insistentemente sui volti sconvolti dei quattro ragazzi.
Cosa potevano volere quelli da me? Cosa li…? Ma certo!
Le urla in tedesco. Loro mi avevano soccorso! “Grazie” fu l’unica cosa che riuscii a dire in un semplice sussurro.
Bill il più vicino a me era l’unico ad aver sentito. Sgranò gli occhi e portò una mano alla bocca. Mentre molto probabilmente cercava di calmarsi per non essere sopraffatto da qualcosa che ribolliva dentro di lui.
Una volta sotto le coperte il torpore mi fece addormentare con l’immagine sconnessa di Bill e dei suoi occhi.


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Capitolo 2
*** cosa? ***


Capitolo 2: cosa?

Bill aveva le mani nei capelli. “Non posso crederci…”

Tom vestito con i soliti vestiti XXL e i rasta che gli cadevano sulle spalle chiusi in un berrettino con la visiera si avvicinò al suo gemellino e gli si sedette accanto.

“Cosa c’è, Bibi?” chiese piano.

Bill spostò i suoi occhioni su Tom. “Ha detto grazie…Insomma è sconvolgente. Crede che noi l’abbiamo salvata e invece siamo quelli che la costringiamo su quel letto…”

Georg pose una mano sulla spalla di Bill. “Cosa potevamo farci? È spuntata fuori all’improvviso…Saki non poteva frenare…Non possiamo fare niente.”

“Però non è così semplice. Non siamo noi là su quel letto. Non sappiamo neanche minimamente cosa sta passando quella povera ragazza!” aggiunse Gustav.

“Mi sento troppo male…Ho visto i suoi occhi…erano vuoti. Erano gli occhi di chi ha perso tutto ed è costretto ad andare avanti, ma non ne ha le forze. Erano gli occhi di chi soffre…”

“Tipo i tuoi quando ti si spettinano i capelli?” domandò Georg.

“Si…No! Vaffanculo Georg!” urlò Bill.

Tom e Gustav sorrisero di nascosto. L’immagine di Bill che strillava per i capelli si cristallizzò nelle loro menti.

Bill si alzò e incrociò le braccia cominciando a marciare per il corridoio prima avanti e poi indietro in preda alle sue più brutte preoccupazioni. 

 

 

Li sentii. Erano loro che parlavano. Un’altra volta mi ero svegliata, ma stavolta rimasi in ascolto. Magari potevo capire come mai erano qui.

In un’ora non riuscii a cavare un ragno dal buco neanche pagarlo.

Non distinguevo bene le loro voci, solo quella di Bill.

Forse perché parlava concitato e la sua voce si incrinava spesso come se qualcosa lo attanagliasse.

Che fosse causa mia?

Chiusi gli occhi e rimasi lì ad ascoltare. Sperando…

Una voce estranea si aggiunse a quella dei quattro.

“Siete voi i signori Kaulitz, Schafer e Listing?”

“Come sta’?” chiese Bill senza rispondere.

“Per favore dopo. Siete voi?”

Loro quattro dovettero annuire con la testa perché non sentii risposta.

“Bene. Sapete chi sia questa ragazza?”

“No. Eravamo sulla nostra macchina e d’improvviso è sbucata fuori. È stato un attimo. L’abbiamo beccata in pieno…Saki non ha avuto il tempo per frenare. Ha sbattuto contro il vetro ed è caduta a terra. Ci siamo spaventati a morte. Siamo scesi e lei era in quelle condizioni pietose. Abbiamo chiamato l’ospedale…” raccontò Bill frettoloso quel tanto che bastava per farmi crollare. Era stata colpa mia…Io avevo attraversato e loro mi avevano investito.

“Non ci deve raccontare tutto signore. Questo lo deve dire alla polizia. Volevo solo sapere se eravate parenti…”

“No…” rispose Tom.

“Mi dispiace, ma non si è presentato nessuno che la conoscesse”.

“Cosa?” chiese Georg, credo, esterrefatto.

“Nessuno. L’infermiera mi ha appena detto che negli indumenti non vi era nessun documento e neanche nello zainetto. Nel taccuino abbiamo trovato solo cinque euro. E una foto” disse.

Era la foto di mio padre. La tenevo sempre nel taccuino.

“E quindi?”

“Siete autorizzati voi a firmare al posto di un conoscente se volete farle visita…”

“Si certo” disse Bill senza esitare.

Gli altri risposero allo stesso modo.

Adesso potevo sentire un rimorso profondo. E io che li credevo ancora dei bambini arroganti e viziati.

Invece erano gli unici che avevano il coraggio di starmi vicino.

Con l’amara consapevolezza che forse un giorno o l’altro se sarebbero andati via anche loro non avrei avuto nessuno e…be’ allora avrei avuto la certezza che il mondo era davvero uno schifo totale.

Per ora avevo un briciolo di speranza…

 

 

Bill, una volta che il medico sparì dietro l’angolo, seguito dai suoi compagni entrò nella stanza di soppiatto. Volevano vedere come stava la ragazza anche se il primario l’aveva escluso categoricamente.

Georg chiuse la porta delicatamente e raggiunse gli altri davanti al letto.

Lei stava dormendo. Bill sfiorò le coperte nell’intento di vedere come gli avevano fasciato la testa.

Tom gli diede uno schiaffo sulla schiena. “Stupido la svegli!” disse in un sussurro.

Bill fece la faccia triste. “Poverina guarda come è ridotta! Volevo solo vedere come…”

“Se la svegli e ti vede così vicino crede che sei il demonio, scemo!” ironizzò Georg.

Bill fece finta di non sentire e allungò la mano per…

“Bill!!!!!!”

Il moro si girò seccato. “Che c’è?” domandò a voce bassissima. “Volevo solo vedere le gambe…”

“E poi il porco sono io…” protestò Tom rivolto a Georg e a Gustav.

“Ma no! Le fasciature…”

“Non sei un medico, che cazzo vuoi fare scemo?” chiese Tom.

Bill si ritirò e fece una smorfia a Tom. “Questa cosa mi sconvolge…Volevo solo essere certo che non morisse…”

Tom sobbalzò e la sua mano scattò giù verso il suo adorato amichetto.

“Cretino! Mica ho detto che muori anche te!”

“Si sa mai con te che porti sfiga” aggiunse rilassandosi.

“Come potrei vivere senza di te?” disse Bill.

“Se volete conversare di voi due andate fuori di qui no?” protestò Gustav.

Bill e Tom si voltarono verso di lui. “Cosa?” dimenticando il tono di voce basso.

E ecco che la ragazza aprì gli occhi di scattò e si sedette improvvisamente.

 

“Cosa?”

Quella domanda mi entrò nelle orecchie come un grosso martello pneumatico.

Mi svegliai di colpo e mi sedetti sul letto.

Non mi aspettavo fossero tutti li…

Mi fecero prendere uno spavento madornale che cacciai un urlo stridulo.

“Shhhh! Ci fai scoprire!” sibilò Georg.

Portai una mano alla bocca.

“Eravamo venuti perché il mio adorato fratellino voleva vedere come stavi…” spiegò Bill subito.

Tom rimase a bocca aperta. “Che schifoso bugiardo!”

Il ragazzo con i rasta aveva una faccia incazzata.

Sul mio viso si dovette pronunciare un sorriso perché l’attenzione di tutti fu puntata di nuovo su di me.

Gli occhi di Bill luccicarono di una felicità che pareva di un angelo.

Non so cosa mi stesse succedendo ma c’era qualcosa in loro che mi sorprendeva veramente. Qualcosa di grande che non riuscivo a comprendere.

Non ero una loro fan.

Non avevo mai detto la mia sulla loro musica.

Potevo essere una di quelli che si fanno chiamare anti-tokio hotel e avrei potuto odiarli, ma loro avevano accettato di firmare al posto dei miei conoscenti.

Loro che erano famosi, che potevano pavoneggiarsi su un palco con migliaia di fan che urlavano erano qui nella mia stanza dell’ospedale e svolgevano le loro scaramucce come se mi conoscessero da tempo.

“Perché fate questo per me?” chiesi semplicemente. “Ho sentito ciò che avete detto. So come sono finita qui e che è colpa mia. Perché allora rimanete?”

“Vedi il fatto è che non hai nessuno che possa starti vicino e la colpa secondo noi è anche nostra e ci sentiamo in debito.”

“Ma non mi conoscete neppure e poi non sono una vostra fan…”

“E allora?” chiese alzando un sopracciglio Tom. “Non vuol dire niente. Se una persona ha bisogno non si guarda in faccia a nessuno.”

Li fissai storta. Tutto questo mi stava mandando in tilt.

“Anche se pensi che bill è una femmina…” cominciò Georg.

Bill lo bloccò prima che potesse finire. “E che Georg è grasso…”

“E che Gustav è cretino…” aggiunse il bassista per ribattere.

“E che Tom è un porco…” disse lui sbuffando.

Tom si rivolse verso i suoi amici che in quel momento avrebbe voluto fucilare. “Non ce ne frega proprio un tubo.”

Io li fissai incredula poi scoppiai a ridere. Loro fecero lo stesso.

Una volta calmati si presentarono e così memorizzai bene i loro nomi anche se avevo già una vaga idea di come si chiamavano.

Ormai credo che lo sapesse pure mia nonna che abitava giù a Roma che era sorda e faceva zapping per trovare qualcosa alla tv che le andasse a genio.

“Io sono Lie. Piacere di conoscervi.”

Loro quattro annuirono. “Il piacere è tutto nostro” disse Gustav.

“Leccaculo…” bofonchiò Tom.

“Fanculo scemo!”

Sotto la visiera del capellino trattenne una risata divertito.

“Bene ora che ci vogliamo amorevolmente bene come una famiglia festeggiamo!” esclamò Bill.

Georg voleva strapparsi i capelli e sapeva benissimo che li aveva appena stirati. Era proprio in disperazione. “Ma sentitelo! Neanche fosse la maestrina dell’asilo!”

Bill sorrise facendo finta di non aver sentito. “Allora cosa volete fare di bello? Ci sono le costruzioni, i puzzle, possiamo colorare…” disse divertito.

“Maestra posso giocare con la mia compagna di banco?” domandò Tom, mentre il suo piercing luccicò.

Bill gli puntò il dito contro. “Ancora con questa storia!”

Georg e Gustav si guardarono esterrefatti. Se ne inventavano una al minuto! Tom e Bill intanto erano riscoppiati a ridere.

Mentre ridevo divertita non mi passò per la testa neanche un attimo il mio passato e riuscii a lasciare tutto alle spalle certa che d’ora in avanti sarei dovuta andare avanti.

 

 Grazie a Black_DownTH, layla the punkprincess, steffylove e angeli neri per le recensioni.

Spero che vi si piaciuto anche questo capitolo... Baci  

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Capitolo 3
*** An deiner Seite ***


Questo è il primo capitolo leggermente ristrutturato :) spero vi piaccia :) La storia non cambia ovviamente, ho solo modificato il modo di raccontare e ampliato in alcuni punti, senza mai modificare la storia! Colgo anche l'occasione per ringraziare Kessy993, prima d'ora mai ringraziata!

Ps:cosa volete farci? Io amo questa storia, pensavate forse che l'avrei lasciata nelle condizioni pietose in cui versava?



Capitolo 3: An deiner Seite

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Lie. Milano.
Quella notte, nel mio letto d'ospedale, rivissi il ricordo più glaciale che possedevo. La morte di mio padre. Fu un sogno, che mi atterrì completamente finché non fui inghiottita dal baratro. Il mio urlo, che seguì, risuonò lacerante nell'oscurità.
Mi risvegliai nella stanza dove regnava il buio più assoluto, mentre il mio cuore batteva ancora a mille.
La porta si aprì di scatto e la lampada a neon si accese lentamente, con il solito ronzio che segnala la fatica che ci sta impiegando per funzionare.
Bill, uno dei miei salvatori, stava correndo verso di me allarmato. Quando mi fu vicino mi prese una mano, ma io mi divincolai. Nonostante mi avessero salvata, non volevo nessuna confidenza con il gruppo: non ero abituata e poi non volevo illudermi che mi avrebbero aiutato. Appena fossi riuscita a mettere piede a terra me ne sarei andata. Per l'ennesima volta.
Bill allontanò la mano, sembrava comprendermi.
La mia espressione lo trapassò come se stessi fissando uno sgradito cumulo di polvere. Ma mi era impossibile fare la dura. Il mio cuore martellava ancora nel petto per l'immagine nitida che avevo appena rivissuto.
La testa cominciò a pulsarmi con spasmi sempre più forti. Mi piegai su me stessa, portandomi le mani al colletto. Mi sembrava che mi mancasse l'aria.
Bill salì sul letto, non lo avevo visto, ma lo sentii avvicinarsi e…
E poi sentii che l’aveva fatto un’altra volta. Mi aveva abbracciato.
Eppure questa volta per un motivo completamente diverso. Lo aveva fatto per distrarmi dal dolore alle tempie. Dovevo ammettere che c'era riuscito. E mi stava scaldando.
Mi sentivo come un piccolo embrione nell'abbraccio affettuoso dell'utero materno, che ti tiene al caldo e al sicuro finché non sei pronto per vedere la luce.
Io di statura ero molto più bassa di lui, quindi riusciva ad avvolgermi molto bene e a stringermi a lui facilmente. Forse troppo. Lo era a tal punto da farmi pensare che dopo mio padre non avevo mai ricevuto un abbraccio così. Era in grado di avvolgermi, di cullarmi l'anima con un soffio intenso.
Appoggiai il mento sulla sua spalla, rassegnata.
Ci sono qua io adesso. Sono qui per proteggerti.”
Era un perfetto sconosciuto, lo sapevo benissimo eppure mi stava proteggendo. Chi aveva fatto questo per me ultimamente? Nessuno.
La risposta mentale che mi diedi mi mandò in confusione. Come era possibile che una star internazionale si preoccupasse di una scadente cartuccia ferita?
Scrollai le braccia di Bill dalle mie spalle. “Bill…vattene” sibilai sperando mi ascoltasse.
Ma Bill non si mosse. Era troppo cocciuto per arrendersi.
Per favore Bill. Non ho bisogno di te” riprovai con più enfasi.
Nessuna risposta.
Ti supplico Bill. Non puoi rimanere a lungo e lo sai. Prima o poi andrai come tutti hanno fatto prima di te e allora si che starò male.”
Bill si addolcì, ma nella sua voce sentivo determinazione e forza. Forse anche coraggio. “No, non Bill Kaulitz.”
Cretino lasciami. In ogni caso me ne andrò io quando sarò in grado di alzarmi da questo letto” gridai spingendo con le mie poche forze le spalle di Bill, per farlo scandere dal letto.
A quella spinta fisica, Bill si alzò e senza guardarmi negli occhi si diresse verso la porta.
Tuttavia, successe qualcosa, in quei secondi. Qualcosa che mi sfracellò il cervello e mi scombussolò l'anima. Una richiesta improvvisa fece dischiudere le mie labbra e con disperazione uscì, all'improvviso.
Bill dove vai…Aspetta!”
Lui non si fermò.
Allora, tutto il mio essere cominciò a protestare, così non fui più in grado di fermare il fiume in piena. “Mio padre è morto e lo sogno di continuo, mentre mi lascia qui da sola. Ho paura. Ho paura della solitudine…”.
Solo in quel momento la camminata di Bill si arrestò, mentre stava per aprire la porta. “Allora perché vuoi che vada via?” chiese, gelidamente.
Perchè faccio soffrire tutte le persone che mi stanno vicino” risposi, rendendomi conto solo dopo aver parlato di quanto fosse vera quella risposta.
Bill incrociò i miei occhi. “Io non ho paura. Lascia che io rimanga.”
Lo guardai intensamente, desiderando che qualcuno decidesse ancora per me. Invece non parlò nessuno. L'unico suono che emisi fu un debole sbuffo. Era un tacito permesso.
Bill ritornò indietro e si sedette sul letto vicino al mio. “Se farai un brutto sogno ci sono io qui. Ok?”
Alzai gli occhi al soffitto. Forse era meglio lasciarlo andare? Cancellai in fretta quel pensiero, mi stesi nuovamente e gli voltai le spalle. Perché aveva tutta sta confidenza con me?
Grazie” borbottai, infine.
Strano ma vero, quella notte non ebbi più incubi, ma appena sveglia mi accorsi che Bill non c’era.
Cazzo mi ha preso per il culo!
Da questa parte” chiamò una voce ormai familiare alle mie orecchie.
Mi voltai verso la finestra e lo vidi. Indossava un berretto grigio in testa e una giubba nera, che la sera prima non indossava. Si stava ascoltando la musica con l’i-pod e credo che in bocca avesse una gomma americana.
Hai mai sentito le nostre canzoni?” disse continuando a fissare lo schermo di quell’aggeggio.
No. Perché avrei dovuto?” chiesi, freddamente. Quel tono continuava a suonarmi falso sulle mie labbra.
Era solo una domanda…” alzò gli occhi e sorrise incrociando i miei. “Come stai oggi?”. Si avvicinò e si sedette sul mio letto.
Mi distanziai leggermente. Lui prese il mio cuscino e lo sistemò contro la testa del letto e mi fece segno di appoggiarmi con la schiena. Lo fissai in malo modo, ma poi feci come voleva.
Il moro si sistemò accanto a me. La mia spalla sinistra toccò la sua destra. Cercai di allontanarmi, ma lui mi ficcò in un orecchio un auricolare, mentre allungava le gambe sul mio letto. “Sei comodo?” domandai, stizzita.
Lui rise. “Uhm quasi.”
Io sbuffai. “Cosa vuoi?”
Bill non rispose e con un gesto delicato diede il via alla riproduzione di una canzone.
Ubers ende der Welt” commentò semplicemente.
La musica partì e non feci in tempo a chiedere cosa avesse detto, che la musica faceva parte di me.
Non capii quali intenzione avesse, finché non sentii la voce di Bill che cantava dall’auricolare entrando nel mio orecchio. Mi stava facendo ascoltare le sue canzoni. Ah beh se non le ho mai sentite sono costretta ad ascoltarle! Perchè non ci avevo pensato prima cavolo!
Improvvisamente scivolò nella mia mente un pensiero che non riuscii a fermare. Sarebbe stato come voler afferrare l'acqua che scorre. Aveva una bella voce.
Bill accanto a me muoveva la testa a ritmo e canticchiava la sua canzone. Chissà cosa doveva provare ad ascoltare le sue canzoni come aveva fatto magari con tutte quelle d’altri artisti e chissà cosa pensava sul fatto che tutte le fan le riascoltavano giorno dopo giorno e sapevano a memoria tutti i testi.
Doveva essere super orgoglioso di sé.
Bill non sembrava fare molto caso alla mia presenza, perché continuò a cantare come se nulla fosse. E io ascoltavo.
Ma non riuscivo a trovare il pulsante in grado di frenare il flusso dei miei pensieri.
Prima pensai che Bill fosse un pazzo fuggita da qualche manicomio, poi mi resi conto che gli ero vicinissima e che le nostre spalle si toccavano ancora.
Arrossii violentemente, ma fortunatamente non se ne accorse.
La canzone finì e ne partì un'altra.
Leb die Sekunde” disse lui con il sorriso stampato in faccia.
Lo stacco iniziale era ricco di musica ben fatta e ne fui contenta, naturalmente nascondendolo.
Non volevo dargli la soddisfazione. Non capivo la finalità di farmi ascoltare le loro canzoni. Io non le volevo ascoltare. Cosa gli era saltato in mente?
Seguì una sequenza di ben cinque canzoni.
Wo sind eure Hande ”
Der letzte tag”
Ich brech aus”
Wenn nicht mehr geht”
Reden”
Bill le aveva cantate tutte e non sembrava stufo, mentre io progressivamente cominciavo a interessarmi sempre di più al loro modo di fare.
Oddio, cosa sto facendo? Ma era più forte di me.
Le loro canzoni non le avevo mai sentite e credevo facessero schifo, ma invece erano…carine. Forse per questo Bill voleva farmele ascoltare. Perché aveva pensato (e ci aveva azzeccato) che io credessi fossero un gruppo da quattro soldi solo perché avevo sentito Monsoon.
Screi”
Totgeliebt”
Lass uns hier raus”
Heilig”
Ich bin nich’ Ich ”
Stich ins Glück”
Rette mich”
Nach dir kommt nichts”
Jung und nicht mehr jugendfrei”
Spring nicht”
Freunde Bleiben”
Wir sterben niemals aus”
Unendlichkeit”
Vergessene Kinder”
Gegen meinen Willen”. Questo titolo lo disse con un tono diverso. Più malinconico. Capii, quando sentii Bill cantare: in quelle parole c’era l’odio di una persona che si sente tradita dai suoi genitori.
Si sente tradito e non amato mentre li vede allontanarsi uno dall’altro e lui che si sente solo, lì al centro, a fissarli perso.
C’ero passata anch’io. Non sapevo che anche lui avesse vissuto la stessa cosa e ne avesse fatto una canzone.
Bill, ora, si era voltato verso di me e mi fissava intensamente. Qualcosa di caldo mi rotolò sulla guancia. Lui allungò una mano e mi sfiorò poi si ritrasse. Aveva il dito bagnato, bagnato di una mia lacrima.
Non me ne ero accorta, ma mi ero messa a piangere. Mi asciugai in velocità il volto con il dorso della mano.
Scusa non sapevo che anche a te…Perdonami…”
Gli occhi di Bill erano due pozzi di comprensione, misto paura.
Abbassai lo sguardo, era una vera tortura sostenere il suo. Forse perché lui si stava scusando con me.
Era una scena così buffa eppure non mi veniva da ridere.
Bill Kaulitz era seduto sul mio letto nella mia stanza d’ospedale e ascoltava le sue canzoni con me e si scusava perché non sapeva che i miei genitori si erano separati. Se mi avessero visto le fan dei Tokio Hotel mi avrebbero ammazzato.
Bill abbassò lo sguardo come se avesse letto nel pensiero il mio disagio.
E infine An deiner Seite” disse porgendomi anche l’altro auricolare e lasciandomi nella mano l’i-pod.
Si alzò e senza aprire bocca se ne uscì dalla stanza, mentre le parole di Bill mi risuonavano nelle orecchie.
Riconobbi subito che quella canzone era bellissima. Le lacrime non avevano vergogna a pizzicarmi le guance mentre pensavo a Bill e al suo viso triste che mi aveva fatto rivivere tutte le mie più terribili paure, come il divorzio dei miei genitori.
La canzone finì e senza accorgermene mi ritrovai a riascoltarla di continuo.
 “Io sono al tuo fianco
solo per un po’
ce la faremo se ci proviamo.”
 E con quell’ultima frase che mi ronzava nel cervello, chiusi gli occhi svuotata di tutte le mie forze.

Quel pomeriggio quando mi svegliai non sentii voci nel corridoio. Pensai subito che si fossero ricreduti e fossero fuggiti come tutti, ma un omone grande e grosso entrò nella mia stanza e mi disse che sarebbe rimasto lui fuori e se avevo bisogno dovevo semplicemente chiamarlo perché i Tokio Hotel erano momentaneamente assenti. Si trovavano a Monaco.
Non capii perché Bill non me l’avesse detto, ma di certo sapevo che non era obbligato a dirmelo.
In fondo non poteva mollare il suo lavoro per sempre.
Avrei voluto darmi tante sberle sul viso per essere stata tanto stupida ma ci ripensai. Poi Bill mi avrebbe fatto un mucchio di domande.
In quel momento non sdegnai neanche l’idea di buttarmi giù dalla finestra per scappare. Il problema era che dopo alcuni tentativi per riuscire a scendere dal letto pensai fosse impossibile correre per fuggire. Avrei dovuto prolungare la permanenza in quel buco.
Rassegnata per non dire disperata voltai lo sguardo verso il comodino. Meraviglia!
Un foglietto e l’I-pod di Bill. Per quale ignoto motivo me l’avrà lasciato?
Con il dubbio presi il biglietto e lessi le righe che vi erano impresse, firmate da uno scarabocchio enorme. Oh no! Era la firma di Bill! Povero, che cretina!
C’era scritto: “Ben svegliata. Quando leggerai questo biglietto molto probabilmente saremo già a Monaco e staremo facendo le prove per la nostra esibizione agli EMA. Ti ho lasciato l’i-pod così ti puoi riascoltare “An deiner Seite” tutte le volte che vorrai. Se hai voglia di parlare basta che chiami l’uomo che è fuori dalla porta e mi chiamerà. Sarò sempre disponibile a parte domani sera che c’è la premiazione. Non vorrei mi squillasse il cellulare improvvisamente. Non ci farei una bella figura. Restiamo via qualche giorno. Un abbraccio”.
Ma deve proprio fare bella figura? Pensai lusingata all’idea di chiamarlo domani sera, ma poi ritornai in me. Non potevo fargli questo. Era lui il ragazzo che mi aveva tenuto compagnia ieri sera, quando avevo fatto un incubo. Sarebbe stato tanto cattivo.
Avevo voglia di sfogarmi. Dovevo urlare. Ma non avevo nessuno contro cui urlare. E se avessi chiamato Bill?
Non lui. No lui era stato così carino con me. Eppure desideravo insultarlo. Forse mi dava fastidio che una persona potesse occuparsi di me quando solo mio padre l’aveva fatto in vita mia. Probabilmente non ero abituata.

Il mio urlo trapassò il muro e l’omone preoccupato entrò per venire a vedere cosa mi era successo.
Alla sua vista urlai di nuovo. Inconsapevolmente avevo sperato fosse Bill. Pensavo fosse solo lui l’unico a potermi calmare.
Avevo fatto lo stesso orribile sogno della sera prima e l’omone preoccupato non riuscì ad avvicinarsi, cosa che mi causò una nuova depressione.
Mi coprii la testa con le mani per cercare di cacciare le immagini della morte che prendeva mio padre. Faceva troppo male.
L’omone prese alla svelta un cellulare e cominciò a digitare un numero. Qualche secondo dopo qualcuno rispose. Parlava in tedesco.
L’omone confabulò con il suo interlocutore e poi allungò il cellulare verso di me e la voce di Bill raggiunse le mie orecchie.
Il mio corpo percosso da fremiti di paura si protese verso l’aggeggio e afferrato lo avvicinai all’orecchio. “Lie! Ascoltami…”
Mi immobilizzai impressionata. Bill stava cantando An deiner Seite solo per me.
Il cellulare mi scivolò dalla mano e cadde sulle coperte del mio letto, mentre Bill continuava ad intonare i versi di quella canzone. Quella canzone che mi piaceva. Non capivo come potesse averlo intuito Bill.
Bill?” mi sfuggì dalla bocca, piano.
Lui smise di cantare.
Riafferrai quell’affarino così piccolo e la voce del ragazzo tedesco mi tranquillizzò.
Io non avevo nessuna voglia di dire niente, volevo solo stare lì a sentire la voce di Bill che in qualche modo aveva qualcosa di vago che mi ricordava mio papà.
Non capivo neanche quello che diceva perché non riuscivo a seguire il filo del discorso.
La mia mente volava via veloce, mentre guardavo fuori dalla finestra la pioggia scendere dal cielo scuro e bagnare il vetro della mia stanza.
Quando mi chiese come stavo mentii. Non stavo bene, ma per non farlo preoccupare gli dissi che stavo già meglio.
Non credo proprio che se la sia bevuta, ma comunque mi salutò e chiusi la chiamata.
Riporsi il cellulare all’uomo grande e grosso che uscì dalla stanza lasciandomi sola.
Ritornai a fissare fuori dalla finestra. Non vedevo l’ora di poter fuggire da quelle quattro mura o sarei morta al pensiero di quei tanti perché che da giorni mi affollavano la mente.


Bill. Monaco.
Bill rimase a fissare lo schermo spento del cellulare nella sua stanza d’albergo.
Ora si sentiva impotente. Così distante da lei. Non sapeva nemmeno perché si sentiva in lotta con se stesso per non essere rimasto al suo fianco.
Non la conosceva neppure. Non sapeva proprio niente di lei. Si e no il suo nome, ma niente più. Tuttavia si sentiva in dovere di darle una mano. Di aiutarla ad andare avanti e a farle dimenticare il passato…Come per dare qualcosa a qualcuno che lui non aveva mai ricevuto se non con suo fratello.
Posò il cellulare sul comodino. Filò in bagno e ne uscì sbadigliando. Si tolse la maglietta e rimase a petto nudo. Si tolse anche i jeans e si mise a letto rimanendo in boxer.
Nel suo lettone matrimoniale dove dormiva solo. Non gli fu facile conciliare il sonno, ma quando pensò al suo adorato fratellone gli si stampò un sorriso sulle labbra e gli occhi gli si chiusero stanchi morti.


Lie. Milano.
Quella mattina mi svegliai di soprassalto. Mi massaggiai le mani e la nuca lentamente. Sentii l'esigenza di fare un giro per prendere un po’ d’aria.
Ma come si poteva fare? Le gambe me lo impedivano.
Decisi di chiamare l’omone. Con mia sorpresa, però, entrò nella stanza una ragazza bionda.
Credetti a primo impatto che fosse un'infermiera.
Mi sorrise beata e quando gli spiegai che avrei tanto voluto fare un giro lei andò a chiamare il dottore che mi aiutò a sedermi su una carrozzella.
 Quello stesso giorno scoprii che non avrei perso l’uso delle gambe e che avrei anche potuto continuare a camminare anche se mi ci sarebbero voluto del tempo per rimettere un po' in sesto le ossa.
Una volta pronte uscimmo dalla stanza e con occhio furbo scrutai ogni via di fuga nel corridoio.
Individuai una porta d’emergenza che dava sulle scale antincendio e l’ascensore non distante da lì.
Se fossi riuscita a eludere la sorveglianza alla stanza non era niente fuggire, poi.
Dentro di me andava formandosi un piano di fuga molto dettagliato.
Ecco ora scendiamo e la porto nel giardino così può vedere gli alberi…Sa che qui sotto c’è un sacco di vita”
Dammi del tu. Se no mi sento vecchia. Mi chiamo Lie” dissi io socievole pregustando di trovare addirittura l’uscita dell’ospedale oltre il parco.
Io mi chiamo Erika. Lavoro con i Tokio Hotel da due anni”. Ok non era un'infermiera. “Mi occupo di varie cose. È stato Bill ad offrirmi di lavorare per loro. Mi diverto un sacco a seguirli per il mondo” Ok come si poteva fuggire se Bill mi avrebbe messo tutte queste guardie del corpo? Pensava forse che mi sarei buttata giù dalla finestra? Ok era quello che avevo desiderato fare, ma...
Io sono orfana” continuò la ragazza. “Ho diciassette anni e ho vissuto l’intera mia vita in un squallido orfanotrofio. Non ero nessuno. Non avevo nome, identità, dignità, nulla. Ero solo una povera bimba messa al mondo e poi abbandonata. Dimenticata dal mondo intero. Credo che Bill si sia ispirato alla mia vita per scrivere Vergessene Kinder”
Quella canzone la ricordavo. Parlava proprio di bambini dimenticati. Ed aveva un testo commovente.
È stato lui l’unico che sia preso cura di me oltre naturalmente a tutto il gruppo e alle persone speciali che li seguono. Sono la mia immensa famiglia”. Ebbi un sussulto. Lei aveva una famiglia. Aveva realizzato il mio sogno.
Una volta non sapevo nemmeno cosa voleva dire letteralmente quella parola. Era solo qualcosa che io non meritavo. Invece ora ci credo ciecamente. Al mondo non si è mai soli.”
Come hai fatto a conoscerli?” chiesi io, ora incuriosita.
Oh be’ anche in orfanotrofio in Germania si parla di loro. Tutti sognano di vivere una vita del genere. Una vita da persone libere. Quando sono venuti nella nostra città per un concerto ho allestito la più spettacolare fuga della storia. Ero a conoscenza di un passaggio stretto che conduceva alla libertà. Solo uno avrebbe potuto, perché non potevamo farci scoprire e così escludendo i piccoli che si sarebbero persi per la strada e i grandi che non ci passavano rimanevo io che era abbastanza grande, ma di corporatura mingherlina. Mi ricordo che corsi come una pazza per la notte e corsi al concerto che si sarebbe tenuto il giorno dopo. Sai, quando c’è tutta quella ressa è facile dire che sei insieme ad un altra ragazza che gli porge più di un biglietto”.
Ora ero impietrita. Che cosa aveva visto questa ragazza? Bill della sua vita ne aveva fatto una canzone. Chi era Bill in verità? E chi era questa ragazza?
Erika rise. “Nessuno si accorse di me, così sono riuscita a intrufolarmi. Mi sono guadagnata la prima fila e durante il concerto Bill mi ha scelto per salire sul palco. Non gli c’è voluto molto per capire da come ero vestita che venivo da un orfanotrofio. Avevo ancora i vestiti sudici e sporchi perché mi ero messa a dormire lì fuori al freddo sul terreno fangoso. Saki invece di rimettermi di nuovo tra le fan mi portò nel camerino dei Tokio Hotel e finito il concerto li conobbi uno ad uno.
È stata l’esperienza più entusiasmante che potessi fare”. Bill. Bill. Bill le aveva salvato la vita.
Poi un dubbio si insinuò nella mia testa. “E gli altri bambini che sono rimasti all’orfanotrofio?” chiesi.
Oh be’ non mi sono dimenticata di loro. Qualche giorno dopo ho portato tutto il gruppo a conoscere i miei amici. Sono stati loro ad aiutare l’orfanotrofio a velocizzare le pratiche per trovare una famiglia per ogni ragazzo. Sai la proprietaria ci guadagnava un sacco a tenerci li ma con il ricatto di informare la televisione ha mosso il suo culone e finalmente ha fatto qualcosa di decente nella sua vita. Poi la zia di Tom e di Bill ha firmato l’adozione per me. Così diciamo che sono loro cugina anche se non di sangue.”
Io fissai interdetta il sentiero di mattoni rossi che portava al cancello verde enorme dell’ospedale. Ora non mi sembrava più così importante.
Davvero?” domandai d'un fiato.
La bionda si fermò e mi si parò davanti. “Certo. Non so cosa tu credi che facciano o come li giudichi, ma non si gasano per il loro successo. O meglio lo fa solo Tom con le fan perché se le vuole portare a letto. Però poi sono tutte delle persone fantastiche!”
Io tenni sempre lo sguardo basso, nascondevo gli occhi con la frangetta.
Erika si avvicinò ancora di più a me. “Non ti devi vergognare. Bill mi ha raccontato tutto. So che tuo padre è morto e i tuoi si sono separati. So che dolore provi. Ma Bill vuole aiutarti. Lui in qualche modo ti aiuterà! Anche solo ascoltando “An deiner Seite…”
Di colpo alzai la testa. “No, non mi piace!”
Ma tu l'hai ascoltata una notte intera quando Bill è uscito dalla tua stanza”
Non è vero…” cercai di mentire io, incredula.
Lei sorrise complice. Fece finta di crederci, ma sapevo che aveva capito tutto. “Ti piacciono i Tokio Hotel?”
Non risposi. Esitai. Non erano male e alcune canzoni erano davvero belle, ma non credo che questo volesse dire: mi piacciono!
Non lo so. Ho sentito le loro canzoni e non sono male, ma di certo non sono i miei preferiti”.
Sul volto della ragazza apparve un’espressione un po’ ferita. “Pensavo ti avessero colpito di più…”
Io le sorrisi amaramente. “Forse è stato il primo impatto, ma le riascolterò.”
Sembrava di nuovo allegra. “Vieni ti devo riportare nella tua stanza”.
Tutto qui il mio viaggetto? Ti prego rimaniamo ancora!”
Erika non si fece supplicare due volte e mi accompagnò a fare il giro dell’intero stabile.
Mi parlò della sua vita e di come da un giorno all’altro fosse cambiata così radicalmente e mi dimenticai addirittura di cercare una via di fuga.
La ragazza castana pranzò con me e mi tenne compagnia per tutto il pomeriggio.
Verso sera però mi disse che doveva proprio scappare, mi lasciò il suo numero di telefono e mi disse che fuori c’era l’omone di ieri.
Io annui mentre addentavo un grande panino con la Nutella (quando sei all'ospedale alla dieta non ci pensi).
Prima di uscire mi fece un segno con la mano e mi fissò da dietro gli occhiali da sole neri.
Non sapevo sinceramente perché li portasse anche se fuori era buio, ma non feci commenti.
Quella sera stesa nel mio lettone cominciai a fare zapping con la tv. (goduria l'ospedale!)
E dove potevo capitare? Su Mtv naturalmente. Stavano trasmettendo una cosa strana. In diretta…da Monaco! Ecco dove erano i Tokio Hotel. E gli EMA erano gli European Music Awards!
Come se fosse il miraggio più assurdo lo vedo là, oltre lo schermo. Quel gruppetto così giovane era là. Dentro la scatola a colori.
Sgranai gli occhi…Non potevo credere che io li conoscevo sul serio! Quanta gente darebbe per essere al mio posto!
Mi sistemai comoda sul letto per vedere meglio cosa ci facevano loro in un posto zeppo di celebrità di altissimo livello e esperienza musicale da far rabbrividire i quattro tedeschi con i loro tre anni di acerbo successo.
Sullo schermo scorreva l’immagine di Snopp dog circondato da un sacco di ragazze svestite.
Cominciarono con le premiazioni. Non ci volle tanto perché mi venisse un infarto.
Quella aveva proprio detto Tokio Hotel? Oh cazzo!
Non sapevo che erano nominati in una categoria! Ed eccoli li che saltano e gioiscono!
Salgono a prendersi il premio che prontamente Tom sgraffigna per primo. Inquadrano più volte la faccia commossa di Bill che scuote la testa in segno di incredulità e si gratta la fronte.
Quando agguanta un microfono e ringrazia nella sua voce c’è una nota di emozione che trattiene a fatica.
Nelle loro espressioni non è difficile trovare stupore per quel premio che aveva quella forma stranissima ma che valeva così tanto!
Alla loro tenera età essere catapultati in un programma del genere con tutte quelle persone famose e affermate nel mondo dello spettacolo e ricevere un premio, doveva significare moltissimo.
Finito di ringraziare cambiarono inquadratura e continuarono il programma, ma io ero ancora mezza stordita. È tutto così assurdo!
Chiamai l’omone che stava fuori e feci comporre il numero del ragazzo tedesco con i capelli sparati. “Pronto?”
Bill sono io, Lie” dissi io.
Dall’altra parte sentii diversi urli (potevano essere di Tom, Georg e Gustav).
Allora smettetela che non capisco!” gridò Bill contrariato.
Un brontolio confuso di Tom, colorito di varie parolacce in tedesco mi fece sorridere.
Ciao, Lie. Cosa volevi?”
No, niente. Vi ho visti in Tv…”
Ancora urla e risate sconnesse. “Ero bello in primo piano? Lo so che me l’hanno fatto perché sono un figo da paura ed è tutto merito mio se il gruppo ha tutto questo successo…Loro lo sanno ma non l’ammetteranno mai davanti al pubblico…Poi mi ringrazieranno in privato…” disse tutto d’un fiato Tom che evidentemente aveva preso il cellulare.
Non ti hanno fatto nessun primo piano…” dissi io indifferente.
Il cameraman doveva essere cieco! Si non c’è nessun altra spiegazione.”
Bill riprese il cellulare. “Scusalo ma ha le crisi. Lo fa sempre dopo che sa il merito non è mai suo. È nel gruppo solo perché mi faceva pena”.
Non credo proprio fratellino. Il fatto è che deve avere qualcosa anche lui da fare nella band, allora gli ho chiesto se veniva a cantare. È lui che mi faceva pena là solo soletto” rimbeccò lui urlando.
La risata inconfondibile di Georg mi fece scoppiare a ridere. Bill al sentir me ridere mi imitò. E con lui Tom e Gustav. Fu una specie di catena. La catena di risate più strana in cui io facessi parte e anche la più bella.


Bill. Monaco.
Bill chiuse la chiamata. Si volse al gruppo e sorrise beato. “Allora cosa devo fare per voi? Come posso risollevare i vostri sciagurati problemi con la mia voce soave?”
“ ’fanculo Bill!” risposero in coro i tre ridendo.
Arrangiatevi allora e grogiolatevi nella ricerca di un cantante migliore di me che vi canti Monson per l’esibizione tra neanche un’ora.”.
Tom rimase a bocca aperta.
Bill portò le mani ai fianchi. “Ok lo so che non potete fare senza di me quindi per oggi chiuderò un occhio o anche due”.
Dovremmo chiuderli noi per non vedere continuamente il tuo faccione impiccione che ci segue dappertutto!” proruppe Georg ridendo.
Bill sbuffò contrariato. “Si parla parla ma un giorno te la faccio pagare…”
Di rimando gli altri risero ancora più forte.
Il moro imprecò tra se e se e continuò a scaldare la voce ignorando le risate di scherno.
Non se la prendeva tanto per ciò che gli dicevano, ma solo perché non erano seri.
In fondo le battute su di lui lo facevano ridere. Sapeva stare allo scherzo. Ma a volte voleva che un po’ di autocontrollo soprattutto prima di quell’importante esibizione li a Monaco.
Con una faccia lunga che dava tutta l’aria di una preoccupazione e ansia all’inverosimile e l’impressione di essere un morto che cammina cominciò a ripassare gli esercizi per la voce.
Pure Tom e i due G accantonarono le risate per ripassare velocemente la loro parte nel più completo silenzio.


Lie. Milano.
Rimasi a fissare lo schermo della televisione. Erano tutti quattro fradici come pulcini.
I capelli del frontmen si erano bagnati tutti e gli coprivano il volto.
Gli si intravedeva un occhio puntato davanti di se con un’espressione del tipo “Visto ciò che so fare? Io NON sono una mezza calzetta e te l’ho dimostrato!”
Mi sfuggì un sorriso di ammirazione. Aveva stupito ancora, il porcospino dello spettacolo. Sapeva far parlare di se.
Ritornai in me. Spensi il televisore. Esitai, quando stavo per mettere sul comodino il telecomando e rividi l’i-pod di Bill. Scambiai gli oggetti e mi ficcai gli auricolari nelle orecchie.
Andai alla ricerca di qualcosa da ascoltare, solo che istintivamente mi ritrovai nella cartella delle canzoni dei Tokio Hotel. Cosa poteva succedere se le avessi riascoltate?
Niente. Diedi l’avvio e mi ritrovai ad ascoltare per un’altra volta quelle canzoni.
Le canzoni dei quattro tedeschi. Non m’importava cosa avrebbero detto tutti. Alcune mi piacevano e le riascoltavo volentieri. Riascoltai anche Gegen meinen Willen e non riuscii a trattenere le lacrime. Era più forte di me.  
Come l'altra volta tenni per ultima An deiner Seite e con l'ultimo verso della canzone che mi frullava nel cervello, mi addormentai, stringendo il cuscino come se fosse l'unico mio appiglio per non cadere in baratro vuoto.



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Capitolo 4
*** Sul viale dei ricordi ***


Capitolo 4:  Sul viale dei ricordi


Mi svegliai verso mezzogiorno.
Ieri sera per ascoltare la musica probabilmente ero stata sveglia tutta la notte.
La stanza era illuminata dalla luce del sole che penetrava dalle tendine arancione tirate…
Un momento…le tendine arancione ieri non c’erano!
Dalla stanza entrò Gustav portando un vassoio con un piatto fumante di spaghetti. Me lo sistemò davanti e io gli sorrisi.
“Grazie. Non sapevo foste già tornati!”
“Oh niente. Comunque ho pregato le cuoche dell’ospedale di cucinare questo per te da portare in camera perché abbiamo saputo dalla polizia che hai una mamma un po’ pazza che ti sta cercando. Hanno affermato che sa che sei in quest’ospedale, ma non in che reparto.
Per cui per garantire la tua sicurezza hanno detto che non potrai uscire finché non la trovano”.
Io rimasi pietrificata e la forchetta mi cadde dalla mano.
“Che ha? Non sa come deve prendere in mano una forchetta?” chiese sarcastico Tom a Gustav entrando. 
Mi ridestai. “Che grande cretino che sei!”
“Chi ha detto la vera e pura verità al mio fratellone gasato?” Bill entrò nella stanza salutandomi con un cenno della mano. Io contraccambiai e lo feci anche con Georg.
Ci dispiace tanto per questo brutto intoppo. Ma la polizia sta facendo del suo meglio” continuò Gustav. Io annui ficcando in bocca una forchettata dei gustosi spaghetti.
 “BUONI!” commentai io una volta mandato giù.
“Li ho fatti i…” Bill diede una pacca sulla schiena di Tom che non riuscì a finire la frase. “IO!” aggiunse, appena sfuggito alla mira di Bill.
“È impossibile. Sono troppo buoni!” ribadii io.
 Scoppiammo a ridere. Anche Tom. Fui felice che sapeva stare allo scherzo.
 “Tu si che ci sai fare!” aggiunse Georg piegandosi dalle risate. “Hai già imparato a mettere Tom al suo posto. Così forse la smetterà di gasarsi!”
 Tom imitò Georg con varie smorfie simili a quelle delle scimmie.
 Il vero problema è che stavo per bere e per poco non mi si rovesciava il bicchiere.
 Gustav si diede una sberla sulla fronte. In segno di rassegnazione. “Cosa ho fatto di male?”
 Bill ridacchiò, mentre fissava suo fratello esibirsi in un mimo contorto di Georg.
 Forse non aveva tutti i torti Erika. Forse mi sarei potuta lasciare andare. Avrei potuto fidarmi di loro. In fondo eranoquattro semplici ragazzi come tutti quelli della loro età.
 
 
 Quel pomeriggio lo passai con loro quattro che mi raccontarono per filo per segno come fosse Monaco e come fosse stato conoscere la maggior parte dei loro idoli tutti in una volta.
 Rimasi stupita da come erano ancora elettrizzati e dal fatto che nella loro voce c’era emozione.
 Vivevano tutto questo come un incredibile favola e un sogno che si realizza senza che se ne rendano conto. Poi mi dissero che quando sono arrivati Bill aveva richiesto delle tendine arancioni per abbellire la stanza.
“Ha cominciato a dire che questa stanza per una ragazza come te doveva essere colorata e non scialba…Però poi se l’è scelto lui il colore…Così si vede il suo adorato arancio pulcioso!”commentò Tom.
 Io ridacchiai. “Grazie Bill. L’arancione è anche il mio di colore preferito”.
 “Oh che bello! Però io adoro il nero nei vest…”
 “VESTITI!” urali io felice. “Si pure a me! Perché mi fanno magra!”
 Bill mi fece una frettolosa radiografia. “Non sei grassa. Le riconosco le persone grasse. Georg per esempio è uno grasso, ma non tu…” Tom diede un cinque a Bill e risero.
 “Me la pagherete gemelli Kaulitz!” disse Georg indispettito.
 Gustav mi sorrise e io risposi divertita.
 Quei tre erano pazzi e noi due eravamo gli unici ad essere a posto di mente.
 Fu così l’intero pomeriggio. Pieno di frecciatine pungenti per i diversi contendenti che gareggiavano alla battuta più cattiva. E io e Gustav sembrava avessimo guadagnato il ruolo di giudici per le loro scaramucce.
 Si stabilirono lì anche la sera e si fecero portare nella mia camera la cena.
 Dopo aver mangiato Bill improvvisò un microfono con la forchetta e mentre stava per mettersi a cantare si prese una tirata d’orecchie da suo fratello. “Ma ti sembra questo il posto per cantare, zuccone? Siamo in un ospedale se non te ne fossi accorto”.
 Bill posò la forchetta e sbuffò. “Volevo solo cantare…”
 “Appunto. Vuoi rovinarci la serata?”
 “Ha parlato il re dalle note sballate!”
 Tom alzò un sopracciglio. “Sballo le note?” chiese preoccupato.
 “Si a volte”.
Tom si disperò. “E non me l’hai mai detto? E che cavolo adesso tutti credono che sono un ignorante!”
 “Ma lo sei fratellone e tutti lo sanno non c’è bisogno che gli altri lo scoprono.”
 Tom lo guardò storto.
 “Ma dai che skerzavo cretino! Tu non sballi le note!” disse Bill ridendo.
 “Fanculo Bibi!” rispose Tom brusco non riuscendo ancora a capire come aveva potuto cadere in uno skerzo così facilmente.
 “Avevi una faccia Tom!” aggiunse Georg.
 Certo che avevo una faccia…e davvero bella, direi. Mi preoccuperei se non ce l’avessi…” protestò Tom.
 Bill ridendo si volse verso di me e i nostri sguardi s’incrociarono.
 Non so per quanto rimanemmo a fissarci. Non c’era bisogno di parlare. I nostri occhi parlavano da soli. Non so cosa volesse dire, quella fitta che mi pervase, ma era quasi piacevole.
 Non so se c’entrasse con Bill ma sapevo solo che desideravo tanto stare così bene come quel giorno per tutta la vita. In fondo non potevo tornare indietro e l’unica soluzione era andare avanti e pensare alla mia felicità senza dover per forza dimenticare mio padre.
 Si, avrei fatto così.
 Ero sicura che tanto non potevo cadere più in basso di così.
 Valeva la pena tentare, no?



I giorni seguanti volarono proprio nel vero senso della parola. Non mi ero mai sentita così leggera e felice dopo la morte di mio padre. Sembrava che io stessi migliorando velocemente e lo confermò anche il medico. Insomma forse entro l’anno sarei uscita da questo buco, mamma permettendo.
 Si perché di lei non c’erano tracce.
 La polizia stava facendo del suo meglio senza portare risultare positivi.
 Una notte me la sognai, mentre arrampicava sul muro e entrava dalla finestra.
 Quella notte era di guardia Gustav che fu pronto a entrare in azione. Fu lui a calmarmi e mi fece riaddormentare stringendomi la mano. Non so perché non provai nessun problema con lui, quando mi toccò come mi era successo con Bill.
 Il giorno dopo scoprii che Gustav non aveva detto niente agli altri del mio incubo perché non mi dissero niente.
 Lo ringraziai perché mi accorsi che mi aveva fatto evitare i discorsi del cantante un po’ troppo apprensivi.
 Quel pomeriggio venne a farmi visita Erika.
 Provai una strana gioia nel vederla e non ci feci nemmeno caso al suo abbraccio affettuoso che mi stritolò (cosa che normalmente non sopporto).
 Si sedette sul letto e confabulammo di tantissime cose come delle vere sorelle. Mi mostrò cosa si era comperata nei negozi in centro facendomi provare anche i fantastici occhiali da sole che si sfilò come una vera diva.
 “Ma con cosa le paghi tutte queste cose?” chiesi sbalordita alla vista di tutta quella roba.
 Lei mi sorrise e estrasse dalla borsetta il taccuino e lo aprì sotto il mio naso. Le banconote che vi erano dentro mi fecero venire il voltastomaco. Tutti quei soldi non li avevo mai visti insieme in una sola volta. “Ma…”
 “Bill. Lavoro per lui ricordi?”
 “Che cosa fai di preciso scusa?”
 “Varie cose. Lo tengo informato sugli appuntamenti, quando serve faccio da interprete, gli do una mano, quando ha urgenza di una cosa e non può andare a comperarla per via dei fotografi così ci vado io al posto suo. Vado con lui a fare shopping e gli consiglio cosa prendersi anche se veramente lui è molto deciso e fa tutto da solo. Però comunque me lo chiede sempre anche se sa già che gli dico che sta bene. E poi lo aiuto a fare pratica per creare vestiti e scelgo io ogni volta gli abiti per i set fotografici e lui non fiata mai. È una specie di angioletto che protegge me e io di conseguenza proteggo lui. Abbiamo questa specie d’accordo.”
 “E ti paga così tanto?”
 “Si. Io veramente ho insistito sul fatto che era pazzo…Ma lui dice che i manicomi non fanno per lui e quei soldi me li merito”.
 Io rifissai ancora una volta i soldi. “Come fai ad aver preso tutte quelle robe ed ad avere ancora tutti questi soldi?”
 “Oh be’ te l’ho detto che Bill è pazzo…”
 “E perché non li hai spesi tutti?”
 “Oh questi mi servono per mangiare e poi gli altri li metto in banca. Quando sarò maggiorenne voglio tornare al mio orfanotrofio e finanziare la ristrutturazione in modo che i bambini che ci vivranno poi almeno dormiranno nei letti e mangeranno cibi caldi”.
 “Vieni da Magdeburg pure tu?”
 “Non proprio, lì c’è l’orfanotrofio. Io vengo da un paesino della Germania dell’est  vicino a Magdeburg.”
 Io annuii in segno che avevo capito.
 Lei mi sorrise e cominciò a rovistare nelle borse. Ne estrasse una felpa e un piumone dei Tokio Hotel. “Sai visto che stanno diventando famosi pure qui in Italia e nei negozi li vendevano ho deciso di farti un piccolo regalino. Quando ti vedranno con questa quei quattro faranno i salti di gioia. E poi le lenzuola dell’ospedale sono così scialbe…Ho già chiesto al
caporeparto se potevo visto che ci poteva essere un problema per l’igiene e mi ha detto che bastava che la lavavo…”
 Io cominciai ad ispezionare ciò che mi aveva comperato. Sulla felpa c’era il simbolo enorme della band e loro quattro.
 Bill era seduto, Georg era accucciato vicino a lui mentre Tom e Gustav erano in piedi e alle sue spalle.
Mi piaceva.
 Le loro facce avevano sguardi molto intensi, soprattutto il moro. Era una cosa che avevo notato già dalla prima volta che l’avevo visto.
 I suoi occhi erano un libro aperto che faceva trasparire ogni sua emozione e poi agli EMA avevo visto che cantava con il cuore.
 Erika doveva aver visto l’i-pod di Bill sul mio comodino perché lo agguantò e lo accese. “Oh è come quello di Bill! Forte!  Posso andare a vedere i vid…?”.
 La sua domanda rimase incompleta. “Questo è il suo. Non è che…?”
 Io capii che aveva frainteso. “No non l’ho rubato! Me l’ha lasciato lui, quando è andato a Monaco!”
 Avevo frainteso io. “Oh non stavo insinuando questo. È che è strano che Bill dia il suo i-pod a qualcuno…ci tiene molto alle sue cose…Non lo impresta neppure a me…”
 Io rimasi sbalordita a quella notizia.
  Erika mi sorrise come non fosse successo niente e mi aiutò a spostarmi sull’altro letto, così poté sistemare le coperte nuove.
 Finito il lavoro squadrò il letto e mi fece l’occhiolino. “Perfetto, no?”
 M’infilò la maglia che mi stava a pennello, mi aiutò a rimettermi sotto le coperte del mio letto e mi fece segno di stare in silenzio. Poi urlò.
 Come quattro uragani i ragazzi tedeschi entrarono di corsa e si bloccarono vedendoci sorridenti.
 Solo in un secondo momento si accorsero che portavo una loro maglia e il piumone.
 Bill aveva un’espressione da bambino dipinta in volto e abbracciò Erika.
 “Alla fine lo hai ammesso che ti piacciamo?” domandò Tom.
 “Erika mi ha costretto…però sapendo che vi avrei reso felice ho accettato, anche se non sono contenta…”
 Georg si avviò verso la finestra. “Non si dicono bugie. Tanto lo sappiamo che ti abbiamo colpito e oggi nasce una nuova era sotto il sole di questa splendida giornat…”.
 Scostò la tenda arancione, ma fuori non si vedeva solo che pioggia. Arrossì. Ritirò le tende e si volse. “Be’…anche se non c’è il sole ….è lo stesso… vero?” domandò balbettando.
 Noi ridemmo felici.
 Li fissai pensando che magari anch’io avrei potuto considerarli una famiglia. Infondo cosa mi costava? Dopo tutto quello che facevano per me…
 
 
  Quella sera mangiarono ancora con me e poi Bill insistette per raccontare alcune barzellette molto divertenti seguito a ruota da tutti che sembrava avessero il peperoncino alla lingua.
 Durante la sera Tom e Georg alzarono un po’ il gomito e alla fine ci ritrovammo ad ascoltare Tom che ne raccontò alcune pietose su sfondo sessuale e fummo costretti a stenderlo nel letto vicino al mio.
 Quella notte quindi Bill rimase a tenerlo d’occhio e a controllare che non vomitasse.
 Gustav ed Erika invece accompagnarono a casa Georg.
 Una volta che Tom si addormentò provai una voglia matta di parlare con Bill che mi dava le spalle perché stava ancora tenendo d’occhio il gemello.
 “Bill?” lo chiamai.
 Lui si volse chiedendomi gentilmente se avessi bisogno.
 “No, è che mi è venuto in mente che ho il tuo I-pod…”
 Mi fissò stordito. Poi ricordò. “Ah si! Giusto! Grazie…ma puoi tenerlo ancora. Non puoi fare niente tutto il giorno. Almeno così potrai ascoltare la musica, no?”
 Io gli sorrisi grata. “Sei gentile. Però, sai, non capisco il perché”.
 Lui mi rivolse uno dei suoi sguardi da farti sciogliere in un attimo. “Non lo so nemmeno io.
È che forse ti vedo sperduta da sola in un mondo più grande di te.
Mi ricordi tanto me da piccolo. Io, però, avevo Tomi.
Lui era il mio angelo protettore.
Tu sei veramente sola.
Mi sento in dovere di essere il tuo Tomi, la persona che ti porge la mano e ti aiuta ad andare avanti. Verso la felicità…”.
 Abbassai gli occhi per evitare di vedere quelli di quel ragazzo, che avevano una luce che mi confondeva. Mi faceva sentire piccola e amata. O forse solo commiserata.
 Di certo non volevo né essere amata né commiserata.
 “Non ti capisco in ogni caso. Perché dovresti volermi vedere felice? Perché?” 
 “Te lo ho detto, il perché. Tu mi ricordi me da piccolo. Mi fai rivivere le mie più brutte esperienze e paure.
Con tutto il cuore ho sempre desiderato che nessuno le vivesse mai più.
Ora mi capita di vedere una persona che ne soffre ancora e non posso fare l’indifferente”.
 Mi venne la pelle d’oca. Non riuscivo a credere che Bill potesse davvero pensare queste cose. Era una cosa assurda.
 Lui, che era famoso in tutta Europa, mi aiutava perché non voleva che soffrissi le sue stesse paure.
 Il moro mi pose una mano sulla spalla. “Mi comporto solo come avrei voluto che la gente si comportasse con me”.
 Era così vicino a me…Poteva abbracciarmi di nuovo, ma non lo fece.
 Questa volta ero io che lo desideravo al contrario di quello che pensavo. “Puoi stringermi?” gli chiesi, mentre pensavo che avevo fatto una cazzata enorme.
 Lui non disse niente. Fece un passo in avanti e accostò la mia testa sul suo ventre (era così alto che io da seduta arrivavo appena al suo ventre).
 Mi accarezzava i capelli, però non me ne fregava un bel niente.
 Volevo solo sentirmi vicino a qualcuno che non mi considerava neanche come un essere umano.
 Non so quanto restammo così.  Minuti? Ore?
 Sapevo solo che non m’importava e che sarei rimasta lì al calduccio tra le braccia e le carezze di Bill per l’eternità, se avessi potuto.



Mi svegliai intontita.
Mi guardai attorno e vidi la finestra spalancata da cui entravano i raggi del sole della mattina e il cinguettare degli uccellini, che se stavano sui rami degli alberi, nel giardino dell’ospedale.
 Accanto a me vi era ancora Tom che dormiva beato. Solo in un secondo momento vidi che suo fratello era seduto vicino al letto e gli stringeva lamano.
 Era davvero un quadretto commovente.
 Mi domandai se veramente ieri sera mi aveva abbracciato o era stato solo un sogno.
 Guardandolo bene, però, notai che Bill aveva la maglietta bagnata, credo a causa delle mie lacrime.
 Mi si strinse il cuore. L’aveva fatto sul serio allora.
 Arrossi, mentre ripensavo che glielo avevo chiesto io di stringermi.
 Chissà a cosa aveva pensato, quando glielo avevo chiesto.
 Allungai il collo per vedere se dormiva davvero. Che meraviglia!
 Dormiva beato come un angioletto con la mano di Tom tra le sue che aveva allungato vicino a cuore.
 Bill portava ancora il cappellino grigio che metteva tutte le volte che non si piastrava i capelli.
Come avrei fatto a svegliarlo per domandargli la colazione? Non volevo svegliarlo per una mia esigenza…
 Così mi rimisi sotto le coperte e aspettai. Attesi pazientemente che Bill aprisse gli occhi.
 Non passò molto, o almeno quello che credevo io, che il moro alzò la testa e sbadigliando saltò in piedi.
  Diede un bacio al fratello sulla fronte e mi vide che lo fissavo. “Sei già sveglia…”
 “Già…”
 “Scommetto che hai fame!” disse rivolgendomi un dolce sorriso. Io annui.
 Bill allora mi fece con la mano un cenno di saluto e sparì fuori dalla stanza.
 Dopo una buona ventina di muniti entrò cercando di fare veloce senza però rovesciare il latte dalle tazzine.
 Posò il vassoio sul letto e corse a chiudere la porta della stanza.  Tornò vicino a me e mi fece cenno di stare in silenzio. Si accucciò tra il mio letto e quello di Tom con la schiena appoggiata al mio comodino.
 “Cos’è successo?” chiesi in un sussurro io.
 “Tua mamma…” furono le sue due uniche parole che mi fecero raggelare in sangue nelle vene.
Se mi trovava era la fine.
 Mi prese il panico più puro. Non sapevo cosa fare. Cominciavo a sentire caldo e avevo voglia di urlare quanto fossi disperata.
 Una mano afferrò la mia e io abbassai lo sguardo. Era la mano di Bill che teneva la mia e che scosse la testa. “Calmati. Non ci troverà.”
 Io non ne ero tanto sicura. Mia mamma non si arrendeva facilmente. “Ho paura…”
 Lui allora mi fece segno di scendere dal letto e mi allungò una mano.
 Dovetti eseguire un’operazione delicatissima perché avevo ancora le gambe ingessate.
 Cercai di mettere giù una gamba, poi l’altra. Scivolai proprio alla fine e finii in braccio a Bill.
 Lui mi prese prima che cadessi sul pavimento e provocassi un tonfo anomalo.
 Mi sorrise sfuggevole e delicatamente guidò la mia testa, ad appoggiarsi sulla sua spalla, rivolta verso la finestra in modo che non vedessi la porta.
 “Il modo migliore per affrontare le paure è non vederle…” mi sussurrò all’orecchio e un brivido mi percosse la schiena, quando sentii il suo fiato caldo sul mio collo. Cazzo ma gli ero proprio in braccio!
 Non aveva tutti i torti, però. Non riuscivo a vedere la porta e non avevo paura.
 Proprio mentre pensavo che Bill aveva ragione sentii dei passi fuori dalla porta che percorrevano di gran carriera il corridoio. Era lei, lo sapevo, lo sentivo.
 Cominciai a tremare. Il moro se ne accorse e mi strinse ancora di più e mi pose una mano sul mio orecchio così non potevo nemmeno sentire.
 L’unica cosa che riuscivo a percepire era il battito regolare del cuore del ragazzo, perché ero proprio spiaccicata contro il suo petto.
 Dopo minuti interminabili il front man mi liberò l’orecchio e mi aiutò a rimettermi a letto con mio dispiacere perché un po’ mi era piaciuto stare lì tra le sue braccia.
 Non so cosa mi stava succedendo, però cominciavo ad apprezzare ogni singolo comportamento di quel ragazzo che si prendeva cura di me.
 “È andata via…Presumo che la polizia l’abbia trovata qui fuori perché ho sentito che correva via e poi ho sentito, credo, due persone che urlavano e che correvano. Parlavano in italiano quindi non so cosa dicessero…” confessò fissandomi preoccupato.
 Io squadrai la porta che si aprì di colpo ed entrò un giovane in divisa ansante. “Era qui. La donna che cercavamo era qui, ma è fuggita un’altra volta. Tornerà presto. Molto presto, temo. Voi state bene?”
 Io e Bill annuimmo.
 “E quello li?” disse rivolto a Tom.
 Alla vista del ragazzo, che dormiva intontito dalla sbronza di ieri sera come se niente fosse, scoppiammo a ridere. “È solo mio fratello…” rispose Bill. 
 “Ah, be’, contento lui! Io devo andare…Se vi serve qualcosa la mia squadra è al vostro servizio” disse stringendosi nelle spalle e poi richiuse la porta.
 Bill si rigirò verso di me e mi chiese se stessi bene.
“Tutto a posto. Tu?”
 “Tutto a posto pure per me” disse sorridendo. Mi riempì il cuore di una gran gioia, ma non capivo perché. Credo che fosse a causa del suo sorriso, forse, che sembrava quello di un angelo.
 Era difficile da spiegare come progressivamente mi stavo legando a lui, al suo modo di comportarsi e di essere.
 Era la prima volta che mi fidavo di uno sconosciuto così tanto da permettergli di starmi vicino. Dentro di me mi sentivo in lotta.
 Volevo dirgli che doveva andare via e che sarei dovuta andare avanti da sola, ma era la prima volta che mi sentivo bene da quando avevo visto morire mio padre.
 Avevo visto solo dolore e solitudine, lacrime e avevo vissuto di continue fughe allo stremo delle forze per sfuggire a mia madre.
 Solo che ora che Bill mi stava aiutando a nascondermi, mi proteggeva e non dovevo più sopportare il peso del passato da sola. Ero capitata d’improvviso in paradiso.
 “Lie?”
 Mi riscossi dai miei pensieri. “Si?”
 “Sembravi…” Mi si avvicinò pericolosamente e allungò la mano. Per un attimo ebbi un tuffo al cuore.
  Mi toccò la guancia e poi la passò sulla mia fronte. “Ma tu hai la febbre…” disse tutto preoccupato.
 Io volevo controbattere scostando la sua mano e mostrargli che andava tutto bene, ma mi prese un capogiro e caddi in avanti. Se Bill non mi avesse preso sarei finita con la faccia a terra.
 “Eh eh, dove vai? Rimettiti giù che vado a chiedere al medico un termometro” disse lui ridendo e aiutandomi a stendermi. Poi mi rimboccò le coperte e scomparve fuori dalla porta.
 Fissai pensierosa il soffitto. Quando avrebbe smesso di stupirmi? Mai, credo.
 Bill corse alla ricerca di un dottore.
 Intrecciò il cammino di un uomo in camice che stava scrutando la cartellina che portava in mano e lo chiamò. “Scusi dottore! La mia amica, ricoverata qui in questo reparto, credo abbia la febbre…”
L’uomo alzò lo sguardo. “Come si chiama?”
 “Lie…è stata ricoverata dopo l’operazione alle gambe…Quella ragazza senza parenti…quella che è stata investita…”
 Lui annuì assente. “Certo prendo il termometro e vengo subito. Ah siete stati avvisati che la madre della ragazza è entrata nell’ospedale?”
 “Certo.”
 “Sapete allora anche che è stata inseguita e che è riuscita a fuggire?”
 Bill scosse il capo.
 “Il comandante della polizia mi ha riferito che ci sono stati non pochi problemi…naturalmente dovrebbe interrogare sia lei, sia la ragazza. A quanto pare ci sono alcune cose che non sono chiare nella dinamica di ciò che è avvenuto oggi…”
 “Nessun problema. Non è che, però, ora potrebbe venire a visitare la mia amica?”
 “Si ha ragione…”
 “Grazie. Grazie mille” rispose Bill in un italiano tenero.

 

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Capitolo 5
*** Vigilia di Natale ***


Capitolo 5:  Vigilia di Natale



Esattamente una settimana dopo il dottore mi assicurò che alla vigilia di Natale sarei potuta uscire dall’ospedale. Tutti erano felici e ringraziarono il caporeparto, mentre io ero l’unica ad avere il muso lungo.
 “Lie?”
 “Si?”
 “Perché sei triste?” mi chiese Georg curioso.
 “Perché qui si dividono le nostre strade. Ognuno riprenderà la sua vita normale…”
 “No. Puoi venire a casa nostra” disse Tom.
 “Ma certo. Così poi possiamo venirti a trovare, quando vogliamo” aggiunse Gustav felice.
 Bill si limitò a sorridermi. Inutile dire che mi sciolsi un’altra volta. Sarei andata a vivere in casa Kaulitz…Questo voleva dire che ancora per molto avrei potuto sciogliermi…
 “Grazie”.
 Erika cominciò a saltare come un canguro. “Vieni a farmi compagnia in camera mia! Che bello! Finalmente una ragazza e non solo maschi!”
 “Così puoi farti odiare per bene…” bisbigliò Tom.
 La ragazza però lo sentì e gli diede una gomitata. “Così la posso mettere in guardia dai tuoi sporchi trucchetti per tirare le tue vittime nella ragnatela”.
 “Che schifo. Bleah! Io odio i ragni!” protestò Bill.
 “Povero Bill! Non vedi che lo fai stare male…” ridacchiò Tom.
 La ragazza sbuffò. “Fanculo Tom”.
 Georg e Gustav si lanciarono occhiate eloquenti e poi scoppiarono a ridere.
 Pazzi, erano pazzi. Però erano la mia nuova famiglia.
 Alzai lo sguardo e il mi ritrovai faccia a faccia con il mio riflesso nello specchio. Ero davvero carina.
 Erika quella mattina era venuta presto e mi aveva lavato i capelli in qualche modo, poi me li aveva stirati per bene e mi aveva anche truccato con ilmascara e la matita.
 Molto semplicemente, ma abbastanza da evidenziare i miei occhi verdi. S’intonavano bene con i miei capelli castani.
 Si, davvero. Feci un gran sorriso e dietro di me rispose Erika con un altrettanto enorme sorriso.
 Mi aveva portato anche dei vestiti: una minigonna nera, gli scaldamuscoli, un dolce vita, un paio di all stars rigorosamente tutto nero e una maglia bianca. Mi aveva comprato anche una giacca.
 Accolsi con gioia la notizia che non avrei più dovuto mettere quell’estiva che mi aveva regalato mio papà.
 “Perfetto. Forza andiamo che ci aspettano giù…”
 Erika prese la mia valigia con le lenzuola e la maglietta dei Tokio Hotel, l’i-pod di Bill e altri oggetti che mi avevano portato per passare il tempo. Io mi sostenevo su una stampella e così sistemate uscimmo dalla stanza.
 Neanche il tempo di respirare che la vedemmo là. Respirava affannosamente. Come dopo una corsa.
 “Lie!”
 Era mia mamma.
 “Mamma…” bisbigliai io piano.
 “Non sono qui per farti del male…Solo per che ho cambiato il testamento. Appena avrai diciotto anni potrai disporre di tutti gli averi di famiglia. Io li sperpererei tutti, quando invece, a te servono per vivere. E poi che ti voglio un sacco di bene e mi dispiace tantissimo per quello che ti ho fatto” disse tra le lacrime.
 Sapevo che diceva la verità.
 Mollai la stampella e mi avviai verso di lei. “Lie sei pazza?”
 “No, è mia mamma!” risposi io.
 In quel momento, mentre mi gettai in avanti abbracciandola forte, giunsero dalla tromba delle scale i quattro ragazzi tedeschi.
 Erika fece loro segno di fermarsi.
 Quanto avevo desiderato quel momento! Riabbracciare mia mamma!
 Quando ci separammo mi baciò sulla fronte e mi sorrise.
 La polizia stava già salendo le scale e presto l’avrebbero arrestata.
 No, dovevo fare qualcosa per lei. Le dissi di fuggire dalle scale anti-incendio. Lei mi fissò ancora per un secondo lungo una vita e poi scomparve.
 Ero paralizzata.
 Erika mi ridiede la mia stampella e in quel momento arrivò la polizia. Tom indicò loro una falsa pista e insieme uscimmo dall’edificio.
 Nessuno aveva voglia di parlare e fino all’aeroporto di Malpensa non si sentì anima viva.
 Mia mamma mi aveva dato in eredità tutti i soldi di papà. Cosa le era successo? Perché d’improvviso era diventata così buona? I dubbi erano troppi.
 La macchina si fermò e tutti indossammo un paio di occhiali scuri.
 Uscimmo silenziosamente e Saki ci accompagnò sulla pista e all’aereo pronto per partire alla volta della Germania.
 Per un certo verso era casa mia.
 La terra natia della famiglia di mia mamma.
 Bill mi sorrise e io gli risposi. Salii le scale del velivolo ed espirai. Si tornava a casa, finalmente.

 
 Germania, Germania, Germania, Germania, Germania, Germania a perdita d’occhio!
 Sotto le nuvole vi era solo la unica e inimitabile Germania. Già, era come vivere un grandissimo sogno.
 Una volta atterrati scesi dall’aeroplano e cominciai a guardarmi intorno stordita.
 Era da quindici anni che non respiravo l’aria di casa.
 Era come se la mia anima stessa gridasse per la gioia.
 Bill mi mise la mano sulla schiena e camminando fianco a fianco, raggiungemmo la navetta che attraversò la pista e ci lasciò davanti alla portadell’aeroporto.
 Erika scherzava con Saki e Gustav, mentre Georg e Tom stranamente non litigavano e ridevano come bambini dandosi gomitate, quando vedevano passare una bella hostess o una ragazza carina.
 Tutto andava per il meglio.




La macchina si fermò davanti ad una casa molto carina. Scendemmo e una donna dai capelli rossi ci salutò felice. “Ben tornati…eh chi è questa deliziosa ragazza?”
 “Lei è Lie. La ragazza che abbiamo investito a Milano…” rispose Bill.
Dentro di se avrebbe tanto voluto aggiungere qualcos’altro.
Per esempio la ragazza di cui credo essermi innamorato. Però si limitò a sorridere mentre sua madre abbracciava la nuova arrivata.
Era così bella quel giorno! Erika era stata davvero brava…Quanto avrebbe voluto baciarla!
Si era irrimediabilmente legato a lei dal giorno che l’aveva stretta a se e le aveva sussurrato che non doveva mollare, che era li e che sarebbe andato tutto bene. In fondo ora era così, no?
Fu la volta di suo fratello. Simone lo abbracciò fortissimo. Gli era mancato.
Bill sapeva che ogni giorno che passava Tom si innamorava sempre più di Erika e malediva il giorno che aveva voluto portarsela a letto. Solo che non sapeva come dirlo alla ragazza che lo odiava, per quello che gli aveva fatto. Come avrebbe reagito?
Insomma entrambi erano ben incasinati in fatto di amore.
Bill non riusciva ancora a credere che Tom avesse un’astinenza da sesso da ben tre mesi. Cioè da quando Erika aveva visto il rastaro nel suo letto con una ragazza.
In poche parole Erika tornata da una festa di lavoro con Bill aveva trovato Tom nella sua stanza, sopra il suo letto abbracciato ad una troia completamenti nudi.
Bill aveva sempre pensato che lei avesse una cotta per lui e quello l’avesse ferita, perché la ritrovò a piangere in bagno più volte, però aveva sempre negato di amarlo. Inoltre quella notte aveva buttato fuori di casa a calci la ragazza e aveva insultato l’orgoglio di Tom senza pudore buttandolo fuori dalla sua stanza e gettando le lenzuola a lavare.
Tuttora era sconosciuto il motivo per cui Tom avesse portato il suo passatempo nella stanza di Erika e non in un albergo.
Ora per Tom era impossibile guardare una bottiglia di birra senza voltarsi e portarsi una ragazza a letto. Guardarla e farci fantasie si, ma più in là no.
Secondo Bill gli faceva solo bene e da qualche settimana a questa parte lo vedeva più felice e meno depresso, forse anche perché gli stava vicino per non farlo ricadere nel vizietto.
Toccò a Gustav e Georg, che si sarebbero fermati per questa sera a mangiare e poi sarebbero tornati alle loro rispettive case. Infine abbracciò anche il moro.
Tutti insieme entrarono in casa.
Erika portò tutte le cose di Lie in camera sua. Ridiscese e si gettò sul divano tra Bill e Lie. Non degnò neanche di uno sguardo il posto vuoto accanto a Tom.
Lui sbuffò irritato.
“Bene che si fa?”
Erika si accoccola al fianco di Lie. I capelli biondi della ragazza le cadono mossi sulle spalle e le incorniciavano il viso angelico con i suoi profondi occhi azzurri.
Bill poteva sentire il fratello fremere, mentre giocherellava con i pantaloni e continuava a sistemarsi fissando il vuoto.
“Facciamo qualcosa tutti insieme?” proruppe Bill ridendo.
“Ma dai stupido, non ci avevo pensato!” rispose Georg ridendo.
“Perché non vi arrangiate da soli e io e Lie filiamo su?”
“Ma voi?” chiese perplesso Tom.
“Oh be’ così potete ubriacarvi quanto volete…” rispose Erika sorridendo.
Non rimasero un attimo di più perciò non poterono vedere la faccia delusa di Tom, cosa invece che vide Bill.
 Il moro pensò che dovesse proprio essere cotto.
 
 
 
“C’è la siamo cavata!” disse Erika una volta chiusa la porta della loro camera. “Non sai quanto è orribile vederli bere e te lì l’unica pirla che è astemia e li vedi vomitare…”
  “Cosa?”
  “Scherzavo! Bill e Gustav non bevono o almeno non davanti a me…Tom proprio non si contiene. Mi guarda con degli occhi…è troppo insistente, ecco!”
  “Per quale motivo?” chiesi al volo.
  “Vuole solo fare sesso, sesso e sesso. E io non voglio!”
  “Ma perché con te?”
  “Perché è un grande stronzo! Insomma non gli va giù il mio NO!” rispose gettandosi sul letto.
  Io ero ancora persa. Forse non erano come me li ero aspettata. Forse piano piano si sarebbero rivelati dei grandi stronzi e io ero finita nella loro trappola! Il pensiero mi fece gelare il sangue nelle vene.
  “Ma per fortuna che c’è Gusty! Lui, sai, mi tratta come sua sorella…E anche Bill be’ è dolcissimo! Vieni, ti faccio vedere una cosa…” 
  Mi fece il segno di avvicinarsi e aprì un’anta dell’armadio. Dentro vi era un orsacchiotto di peluche.
  Lo prese in mano e me lo mostrò. “Me lo ha regalato per il mio compleanno tre anni fa! Il mio primo peluche…Di notte avevo spesso degli incubi ma da quando ho avuto lui” e indicò l’orsacchiotto “Dormo come un sasso!”.
  Io le restituii il peluche e le sorrisi. “Oh sì anche Georg è molto gentile, però a volte mi fa degli apprezzamenti al sedere, quando Bill non lo sente…Lui s’incazza! Lo fa solo perché mi vede come un’amica e non come un poco di buono che si mostra sexy solo perché vuole farsi vedere. Non che lo pensi Georg, lui lo fa solo perché davvero è ossessionato!”
  “Davvero?” chiesi ridendo.
  “Non mi stupirei se qualche giorno lo facesse anche con te. Infondo, però è un ragazzo!”
  “Bill no scusa?”
  “Certo che è un ragazzo! Però è diverso…Ha qualcosa in più. È speciale!”
  Io la fissai senza capire.
  “È un seduttore nato, per questo non deve mettere in pratica giochi sporchi come Tom… Ti conquista con il cuore e con gli occhi! Anche con le parole, ma di più con gli occhi”.
  Volevo sbattere la testa contro il muro. Mi aveva sedotto con gli occhi? Ma era davvero possibile?
  Mi ero innamorata di Bill! Perché ero così stupida!
  “Che c’è?”
  Io scossi la testa sorridendo. “No no niente…”

 

 Quando scendemmo in salotto vidi che sotto l’albero di natale avevano sistemato i regali.
 Bill assorto con le braccia incrociate stava osservando se era tutto al posto giusto.
 “È tutto perfetto, Bill. Andiamo a mangiare che ho fame!” disse Erika sorridendogli.
 Lui venne verso di noi e insieme andammo in cucina.
 Ci accomodammo a tavola e subito arrivò Simone, che servì la cena.
 Era tutto squisito. Mi sarei leccata i baffi se ce li avessi avuti!
 Stare lì a tavola con tutta quella gente era una davvero un sogno…Il sogno di avere una famiglia. Si era proprio realizzato alla vigilia di natale…
 Alla mia destra c’era Erika, di fronte aveva Tom e di fronte a me avevo Bill.
Che mi fissò tutto il tempo molto insistentemente.
Solo che io avevo troppa paura di guardarlo negli occhi dopo quello che mi aveva detto Erika.
 Poi a capotavola vi era Simone. Vicino a Tom e Erika vi erano rispettivamente Georg e Gustav.
 La madre dei gemelli sorrise modestamente ai nostri complimenti e poi andarono tutti in salotto ad attendere la mezzanotte tranne i due G che fuggirono a casa terribilmente in ritardo.
 Io presi il cappotto e uscii in giardino. Mi sedetti fuori sulla veranda. Le luci delle case di tutto il vicinato brillavano come stelle.
 Era tutto così silenzioso! Non mi accorsi neanche che stava cominciando a fioccare la neve.
 La neve a Natale! Sembrava tutto così fantastic…
 Una mano mi sfiorò la spalla e sussultai dallo spavento.
 “Oh scusa! Ero solo venuto a vedere dove eri…” si scusò Bill.
 Io respirai profondamente e gli fece segno di sedersi.
 Il moro si strinse nel cappotto e si sistemò accanto a me. “Da quanto non nevicava…A me piace la neve…Sfasa tutto…Mi sembra di stare in un altro mondo. Ho quasi la sensazione di vivere un sogno”.
 I nostri occhi si incrociarono. Un brivido mi percorse la schiena.
 Avevo paura che se avessi parlato mi si sarebbe incrinata la voce, però avevo voglia di parlare…
 “Già…” quell’unica parola risuonò un po’ masticata. “Da piccola con mio papà facevamo il pupazzo di neve…” abbassai lo sguardo.
 A rivivere quel ricordo non riuscii a sostenere lo sguardo di Bill.
 “Ero sempre io ad infilare la carota alla fine per il naso…Papà diceva che lui non era capace…” risi debolmente “Ma la verità era che sapeva che mi piaceva finirlo…e che poi avrei saltellato felice…Mi chiamava cangurotto.      Avevo la mania di saltare…E poi facevamo le battaglie di neve!”
 Rialzai lo sguardo e vidi nei suoi occhi tenerezza o semplicemente compassione.
 Avevo voglia di continuare a raccontargli ora che il blocco iniziale si era sciolto.
 “E poi ci scaldavamo davanti al fuoco del camino…Mentre la mamma ci dava i nostri regali…”
 Potevo sentire le lacrime pizzicarmi il viso.
 
Bill mi zittì e mi accompagnò verso il suo petto. Potevo sentire ancora il suo cuore battere…E anche il mio!
  Il moro mi accarezzò piano la testa e mi baciò la fronte.
  Ero rifinita in paradiso tra le sue braccia.
 
   Erika vedendo Bill stringere Lie che piangeva si ritirò e socchiuse la porta lentamente.
  Pensò che fosse davvero un angelo quel ragazzo.
  Sul suo viso si stampò un sorriso beato, pensando che Bill fosse la scossa che la vita di solitudine di quella povera ragazza aspettava da tanto.
 
  Bill volse lo sguardo di scatto verso la porta. “Oh gli altri ci aspettano dentro…”
 Mi alzò delicatamente e mi asciugò il volto umido per il pianto.
  Mi sorrise con la sua solita calma. Mi aiutò ad alzarmi e rientrammo in casa dove tutti gli altri ci aspettavano in salotto.
  Cinque minuti dopo eravamo indaffarati a scartare i nostri regali.
  Si perché anche per me c’erano dei regali.
  Erika mi aveva regalato un i-pod rosa, così avrei potuto restituire quello che usavo ora al suo proprietario.
  Tom invece mi regalò un bellissimo paio di converse rosa e nere.
  Infine Bill mi porse il suo regalo. Aprii la confezione tremando.
  Rimasi a bocca aperta. Mi aveva regalato un enorme album contenente tutte le foto della mia famiglia. “Come hai fatto?”
  “La polizia aveva perquisito casa tua per trovare tua madre e hanno trovato questo tutto malandato e io l’ho risistemato…Ho rinserito tutte le foto…”
  L’abbracciai commossa. Il suo regalo non aveva valore, era tutto ciò che rimaneva del mio passato.
  “Grazie” gli sussurrai all’orecchio.
  Mi ritirai continuando a stringere l’album. Era bello avere di nuovo una famiglia che ti amava…Avrei tanto voluto urlare la mia felicità ma mi trattenei.

 

Ero seduta sul letto nella mia nuova camera.
Erika si era infilata il pigiama e si era tuffata a letto.
Ne approffitai per riaprire l’album delle foto e cadde un foglio sul pavimento.
Lo raccolsi e leggendo ogni singola riga di ciò che c’era scritto il mio cuore traboccava di gioia.
“Che leggi?”
“Niente…” risposi infilando il foglio da dove era caduto e m’infilai sotto le coperte.
 Erika spense la luce.
 “’Notte!”
 “’Notte!”
 Sul mio volto vi era stampato un sorriso grandissimo. Su quel foglio, per me da parte di Bill, vi era la più bella lettera che avessi mai ricevuto.
 Dove be’ c’era scritto che…
 Chiusi gli occhi stanca morta e quella notte dormii senza sognare la morte di mio padre.
 

 

Un altro capitolo completato!  E questo è niente paragonato alla fine! Preparatevi i fazzolettini!
 Ringrazio di cuore:
 
steffylove e angeli neri per essere state le prime a commentare questa storia e a credere nel suo seguito. Mi scuso per l’abbondante ritardo della mia risposta, ma ero totalmente incapace di rispondervi (non sapevo come si faceva!)…grazie ancora e continuate a leggere!! bacione
 
Layla the punkprincess sperando che i capitoli nuovi ti siano piaciuti e non siano stati una delusione…perché il meglio deve ancora venire (la parte iniziale sec me è la più noiosa)…
Grazie per aver recensito e leggi ancora!! Bacione
 
Black_DownTh grazie per la recensione breve…ma per me è importante…grazie davvero! Bacione
 
Kessy993 grazie per la brevissima recensione! Spero continuerà a piacerti un sacco! E recensisci ancora!
 
BigAngel_Dark bellissimo il tuo nome! E fantastica è davvero esagerato…continua a leggere e recensire….grazie bacione!
 
E infine tokiohotelfurimmer per il suo ti ADORO (mi ha sconvolto la vita!) no ske! Grazie di cuore per la recensione! Sono commossa…sniff sniff…tutte troppo gentili!!
 

 








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Capitolo 6
*** Ti sei rincitrullito? ***


Capitolo 11: Ti sei rincitrullito?

 

Mi svegliai e intontita mi stiracchiai.

 Misi i piedi nelle pantofole e come in trans scesi in cucina.

 Seduta a tavola vi era Erika che mi fece un sorriso enorme.

 “Buon natale!”

 “Anche a te, Erika!” risposi io.

 Bill entrò in quel momento seguito a ruota da Tom che si esibì in un enorme sbadiglio.

 Ci scambiammo gli auguri e poi prendemmo a testa un enorme scodella di latte con le palline di cioccolato. Ero felice che piacessero anche a loro, perché io le adoravo!

 Finita la colazione Bill propose di andare a fare un giro all’aperto.

 Così Erika ed io filammo in camera a prepararci.

 Lei mi truccò come il giorno prima, mi imprestò un paio di jeans, una felpa e mi misi le converse che mi aveva regalato Tom. Ero molto semplice ma almeno non davo nell’occhio.

 Erika invece mise una minigonna con le converse nere, gli scaldamuscoli rosa e una felpa nera.

 Mi infilai il cappotto e mi protessi la gola con una sciarpa e la testa con un berretto bianco.

 Altrettanto imbacuccata come me la mia compagna di stanza ed io scendemmo al piano di sotto.

 Anche i due gemelli si erano cambiati. Bill indossava una giacca gessata, una camicia bianca e una cravatta nera come i pantaloni. Aveva i capelli stirati verso il basso e gli occhi truccati lievemente.

 Tom invece un paio di pantaloni taglia XXL come sua abitudine e una maglia nera con i rasta nascosti in un berretto anche quello nero.

 Erano voltati di spalle e appena ci sentirono scendere le scale si voltarono. Ci fissarono molto interdetti e piuttosto abbagliati.

 “Siete bellissime quest’oggi signorine” si complimentò Bill. Per un attimo mi sembrò di vedere in lui un angelo.

 Erika sorrise e passò tra i due fratelli e uscì da casa senza ringraziare.

 Tom si volse a fissarle la schiena, mentre attraversava il giardino per non dire qualcosa di più basso.

 “Grazie” risposi io debolmente a Bill, mentre mi fissava con un’espressione beata.

 “Bene…Vogliamo andare?”

 Il suo tono era suadente e mellifluo. Abbassai lo sguardo. “Certo…” e mi avviai come aveva fatto Erika.

 I gemelli rimasero allibiti sulla soglia della porta a guardarci. Non so cosa avessero…erano così strani!

 

  Bill la fissava, mentre camminava verso il cancello della casa e provava una gran voglia di darsi tanti schiaffi. Era partita senza di lui. Quanto era stato stupido!

 “Forza andiamo” disse buttando fuori di casa Tom e chiudendo la porta a chiave.

 Insieme attraversarono il giardino e le raggiunsero sul marciapiede appena oltre il cancello.

 “Aspettarci no è?” protestò Tom.

 “Che dovevamo aspettare scusate?” domandò curiosa la bionda.

 “Non fare la spiritosa…è Natale insomma! Un po’ di bontà…”

 La ragazza sbuffò e infilò una mano sotto il braccio di Tom. Poi incominciò a strattonarlo.

 “Forza muoviti polentone che se no non vediamo nemmeno una vetrina!”

 Bill scoppiò a ridere e a sentire la sua dolce risata scoppiò anche Lie.

 Il moro la fissò felice e poi sfilò dalla tasca del cappotto un paio d’occhiali che mise al volo e le porse il braccio.

 Lei si appoggiò a lui e si incamminarono sulla strada innevata.

 

 

 Me ne stavo lì seduta in un angolo al tavolo di una piccola tavola calda a sorseggiare la mia cioccolata super zuccherata con la mia migliore amica, nonché Erika, e con Bill e Tom Kaulitz, il cantante e il chitarrista dei Tokio Hotel!!

 Era davvero tutto così strano!

 Vivevo una vita diversa da quella solita da meno di un mese e già sembrava che facessi parte della famiglia.

Bill addentò la sua brioche…

 Deglutii piano. Pianissimo. Per non farmi sentire.

Perché avevo tutta questa voglia di essere quella stupida brioche?

 Cercando di dare il meno nell’occhio mi concentrai sulla tazzina e cercai di evitare i movimenti di Bill, ma…

 “Uhm…Do.. o d.. ve and.. amo?” domandò a bocca piena.

 Gli rifilai un calcio. Mandò giù di colpo e riformulò la domanda.

 “Dove andiamo dopo?”

 Si chinò verso di me sorridendo e fissando avanti. “Belle maniere…!”

 “Scusa…” bisbigliai terribilmente dispiaciuta.

 Lui si ritrasse. “Scusate…Devo andare in bagno…”

 “Si anch’io…” dissi io al volo.

 Davanti alla porta del bagno si accorse che ero dietro di lui. “Che ci fai qui?” mi domandò pianissimo visibilmente spaventato.

 “Ho preso al volo l’occasione di lasciare Tom ed Erika da soli…Mi dispiace che litighino sempre…”

 “No non dovevi! Rischiamo di trovarli neri di botte!”

 “Scusa io non sapevo…”

 Lui mi sorrise. “Come potevi? Resta qui e vedi se litigano…Io vado in bagno. Se vanno in ebollizione entra in azione…”

 “Certo capo…”

 Bill scoppio a ridere. “E brava la mia recluta…”

 Io ridacchiai, mentre lui spalancò la porta del bagno e sparì all’interno.

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 “Che hai da guardare?” chiesi arrabbiata con Bill e Lie perché mi avevano lasciato sola con quel maniaco di Tom.

 “Temo proprio che l’abbiano fatto apposta…”

 “Braaavo Kaulitz. Qualche volta anche tu ragioni!”

 Il ragazzo con i rasta non rispose alla mia provocazione. “Ti sei rincitrullito? Non sai più rispondere?”

 “No. È solo che sei perfetta ed è impossibile trovarti dei difetti…”

 Lo fissai stupita. Lui se ne accorse. “Da quando in qua sono perfetta? Non ero la più scema e cretina ragazza del pianeta?”

 “Allora ero solo un ragazzino. Quando ti avevo offeso non sapevo quello che dicevo…”

 “Ah si? Come no. Inventatene una migliore…Stai rincitrullendo anche a dire le bugie! Hai preso una botta in testa?”

 Tom mi fissava spaesato e perso. Mi fece un po’ di paura. Forse non stava bene…

 “Non me ne ero mai accorto ma hai un qualcosa che ti rende il volto quasi angelico…Forse gli occhi…”

 Mi diedi una manata in fronte. “Oh mein Gott! Quanto sei ridicolo…Si vede che non sai fare il romantico…”

 Lui mi fissò triste, ferito.

 Io con aria da intenditrice mi sporsi in avanti e avvicinai le labbra al suo orecchio. “Ora ascolta me…Ero assorta nei miei pensieri quando ho incrociato i tuoi occhi bellissimi occhi e me ne sono innamorata immediatamente…”

 Mi ritrassi ridendo e addentai la mia brioche. Tom rimase a fissarmi interdetto. Forse non si aspettava che fossi capace di essere così…così sexy.

 

 (tom)  me ne sono innamorata immediatamente

Era le davanti di me.

 Masticava la sua brioche, mentre io ero completamente impazzito.

 Il cuore mi saltava fuori dal petto.

 Nessuna ragazza mi aveva fatto letteralmente perdere la testa come Erika. Era come se mi avesse stregato…

 Però non volevo che mi credesse fesso. Mi avvicinai a lei che sembrò del tutto sorpresa.

  

 

(erika) Non me ne accorsi nemmeno.

Mi si avvicinò come un gatto felino e sentii il suo fiato sul mio collo. Il cuore cominciò a battermi più forte. Le sue labbra mi sfioravano l’orecchio. “Sei troppo bella perché io ti possa avere…Però non posso fare a meno di perdermi nei tuoi occhi…”

  Mi prese letteralmente il panico. Nella sua voce c’era un pizzico di tristezza e anche un po’ di rassegnazione, ma era stata così dolce e…e suadente…

 

 

(lie)  Cosa cazzo stavano facendo quei due?

Non litigavano…

Non parlavano…

Si avvicinavano e si bisbigliavano all’orecchio?

Cosa mi ero persa? Forse la loro riappacificazione?

 Non feci in tempo a trovare una soluzione plausibile per il loro atteggiamento che la mia attenzione si focalizzò su delle urla dentro il bagno.

 “Fuori di qui!”

 D’improvviso la porta si aprì e mi precipitò addosso Bill.

 “C’è il bagno per le donne lì a destra…”

 Capii subito cosa era successo.

 Sulla porta si presentò un ragazzo sulla ventina.

 “Oh la tua amichetta. Forse anche tu vuoi entrare in bagno? Di sicuro sei più piacevole della tua amica…”

 Avrei tanto voluto dargli un pugno dritto in faccia, ma Bill mi fece segno che andava tutto bene.

“Una bella ragazza come te non parla…”

 Mi si avvicinò e io lo evitai. “Stammi lontano…”

 Bill mi si parò davanti. “Lasciala in pace!”

 “È un ordine? Fatti da parte…Non hai nemmeno il fegato di guardarmi negli occhi…”

 L’uomo fece un passo in avanti e Bill lo colpì in pieno viso. Lui si tenne il viso con le mani. “Ti avevo detto di stare lontano! Ma non mi ascolti! Comunque io sono un maschio…”

 Gli diede le spalle e mi prese per un braccio. Una volta al tavolo Bill lasciò i soldi e la mancia e disse agli altri che uscivamo. Così ci ritrovammo fuori dal locale sotto la neve che fioccava.

 “Che succede?” chiese Tom perplesso.

 “Un tizio ha sbattuto Bill fuori dal bagno perché lo credeva una donna”

 Tom s’infervorò. “Cosa? Ancora?”

 “Stai bene Bill?” chiese Erika premurosa.

 Io rimasi allibita. “È già successo?”

 Bill annuì, mentre evitava gli sguardi di tutti.

 “Ma poi Bill gli ha dato un pugno…” aggiunsi io sperando che Bill si rianimasse.

 Tom sembrava stupito. “Davvero Bill?”

 Lui incrociò gli occhi increduli del fratello. “Si. Se mi offendono non ci faccio caso. Però quando se la prendono con te o con Erika e in questo caso con Lie mi arrabbio sul serio. Voi cosa c’entrate? Mi da ai nervi…!”

 Noi lo fissammo con un’espressione colma di gratitudine. “Festeggiamo al pugno di Bill?”

 “Con che cosa cretino? Con la neve?” ironizzò Erika.

 “Perché no? È così bella…”

 Erika rimase stupida da quelle parole, ma non capii perché.

Quando fummo a casa Bill mi disse che era perché l’anno scorso l’aveva detto la ragazza orfana sempre il giorno di natale.

 Mi disse che era perché non sapendo cosa fare erano andati in giardino e erano rimasti a bocca aperta mentre nevicava e si erano “ubriacati” di neve.

 “Secondo te perché Tom si comporta così?”

 “È innamorato. Pazzamente innamorato. È una sensazione nuova per lui. E il più delle volte non sa come comportarsi…”

 “Infatti mi sembra abbastanza impacciato…”

 “Non ha mai fatto i conti con l’amore…Solo con il sesso senza sentimento e per il puro piacere…Sono felice che ora abbia perso la testa per una donna.  Molto più disponibile e felice. Quando si è innamorati il mondo è rose e fiori…”

 “Sembri molto preparato su questo argomento…”

 “Sono solo romantico…”

 Io gli sorrisi. Quanto adoravo gli uomini romantici!

 “Hai mai avuto un ragazzo?”

 Io scossi la testa.

 “E il primo bacio?”

 Scossi nuovamente la testa.

 “Davvero? Una ragazza come te non ha mai avuto un ragazzo che le facesse battere il cuore?”

 Sembrava molto interessato e questo mi fece arrossire parecchio. “Be’ cosa c’è? Non sono proprio così bella perché qualcuno mi venga dietro…”

 “Non essere così pessimista…Non sei brutta, anzi…Qualche giorno devi assolutamente venire a fare shopping con me così ti compero tutto un tuo guardaroba e pensiamo al tuo nuovo stile…Ti faccio un taglio di capelli che ti doni e penso a truccarti…”

 "Ma non vado bene così?”

 “Che discorsi…Tu stai benissimo anche così ma voglio solo che tu abbia un look tutto tuo e che trovi il modo di valorizzarti…Per non mescolarti alle oche che sono tutte uguali…”

Lo fissai esitante. Poi sbuffai rassegnata. “Però decido io cosa comperarmi e come conciarmi…”

 Lui mi sorrise fiero. “Certo…”

 

 

 

Quella sera rimanemmo tutti stravaccati sul divano in salotto a guardare un film e rovesciammo pop-corn, fatti da Simone, dappertutto.

 Bill e Tom si divertivano a lanciarli e a prenderli al volo in bocca.

 Prima di andare a letto me ne ritrovai alcuni addirittura nella maglietta…(Bill, in effetti, ne aveva presi pochi perché la maggior parte erano caduti…).

Erika seduta sul suo letto gongolava felice incurante che la stavo guardando.

 “Che hai?” 

 “Vieni…” mi disse sbattendo una mano sul letto per indicarmi dove sedermi.

 Mi buttai sul suo letto e lei accese lo stereo che si trovava sul suo comodino.

 Quando gli stavo per chiedere perché l’avesse fatto mi batté sul tempo e mi disse che era perché avrebbe confuso le voci e chi stava fuori non poteva origliare.

 La fissai illuminata. Astuta la tipa!

 “Tom, quando ci avete lasciati soli, mi ha detto che sono troppo bella perché lui possa avermi ma ho degli occhi troppo belli in cui lui si perde…”

 Ero completamente strabiliata che Tom avesse potuto dire una cosa del genere…

“Si ci sono rimasta anch’io di merda. Come te…In fondo è molto carino…Però al tempo stesso lo odio. Si è comportato da vero stronzo, però mi piace…Mi sento stretta in una morsa!”

“Capisco. Allora vuoi metterlo alla prova…”

“Solo che mi frega sempre…Trova il modo di farmi sciogliere, quando mi sembra di avere la vittoria in pugno e ho paura che cederò ancora prima di capire se è davvero stronzo da fare di tutto pur di portarmi a letto o se davvero ci tiene a me…”

“Bill ha detto che lui è cotto…”

“Ma Bill vuole sempre e comunque salvare suo fratello e si fida tantissimo di lui, ma vedi Tom è un gran bastardo! Non si arrende tanto facilmente…”

“Questa storia m’intriga…Se vuoi ti do una mano…”

“Davvero? Potresti andare dietro a Tom e tirarlo nella mia trappola…così gli rinfaccio di non essere stato sincero e sono a posto…”

“Uhm non sono capace di fare la seduttrice…”

“Basta che ti metti una minigonna e lo inviti fuori…Lui ci viene di sicuro…”

“No non sono sicura…è in astinenza da sesso e ha intenzione di resistere…”

“Tom? Non resisterà più di due mesi ancora…Per non dire qualche settimana…Se non vuoi non ti obbligo. Troverò qualcun altro…”

Io fissai il pavimento indecisa. “Te lo dico domani…Ci devo dormire sopra…”

Lei mi saltò al collo e cominciò a baciarmi la fronte. “Grazie! Grazie! GRAZIE!”

Poi si staccò, spense lo stereo e filammo a letto.

Credo che la mia compagna di stanza si addormentò subito perché non la sentii rigirarsi nel letto. Io invece avevo gli occhi spalancati e non riuscivo a chiuderli. Ero terrorizzata. Come avrei fatto con Tom? Se poi cadeva nella trappola e mi costringeva ad andarci a letto? No questo no. E se poi Bill…Ma Bill non era innamorato di me! Perché avrebbe dovuto essere geloso?

Forse potevo aiutarla. In fondo dopo tutto quello che aveva fatto per me lei…Però questo era voltare le spalle a Tom e imbrogliarlo! O cazzo che situazione…

Fu su quelle parole che crollai in un sonno profondo.

 

 

grazie a BigAngel_Dark per il SUPER MEGA FANTASTICA che la mia storia non merita sicuramente e questo è un nuovo capitolino che spero ti sia piaciuto...continua a seguire la storia =)

grazie anche a Scarabocchio_ che ha letto questa storia...e respira ti prego! perchè il bello deve ancora venire!
ah cmq bel nome =)

cara  tokiohotelfurimmer  il mio indirizzo è via madonna dell'uva secca 13/c, cap 37064 (VR). Magari non è che hai netlog o l' e-mail?

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Capitolo 7
*** Saresti SEXY ***


Eccomi tornata con un nuovo capitolo BigAngel_Dark, come mi avevi chiesto. Spero ti piaccia, cmq non merito i tuoi complimenti, proprio per niente, però mi fa davvero piacere che recensisci i miei capitoli. Grazie ancora! Non se hai visto le altre storie che ho scritto, leggi pure se ti va. 

ATTENZIONE! Questo capitolo è di VITALE importanza per la storia. LEGGETE e capirete! e recensite pleaseee...devo capire se piace o meno...e se non piace cancellerò la storia!!

Capitolo 12: Saresti SEXY! 

Bill sedeva in cucina e beveva da una scodella di latte fissando il vuoto.

Mi sedetti accanto a lui, che prese un colpo dallo spavento e rovesciò il latte che aveva in bocca sul tavolo.

Si scusò velocemente e mi sorrise. “Non ti avevo sentito…”

Aveva tutti i capelli scompigliati ed era in boxer…Non me ne ero accorta prima cazzo! Arrossii all’improvviso e mi voltai… “Scusa…”

Bill si accorse ora che aveva solo le mutande addosso. “Oh non sapevo…Ti da fastidio?”

“Pensavo che ti desse fastidio a te farti vedere…ma se a te non fa differenza per me puoi fare quello che vuoi in casa tua…” Mi voltai e lui stava ridendo.

“Non prendermi per il culo…”

"Adesso non è che ti metti anche te in mutande?”

Io lo fissai inorridita. “Mai! Bill vergognati!”

“Saresti sexy…”

“Fanculo Bill! Non ti darei mai questa soddisfazione di sbavarmi dietro…”

Lui mi strizzò l’occhio. “Io ribadisco quello che dicevo prima…”

Gli diedi una sberla sul braccio ridendo e mi sedetti accanto a lui a fare colazione.

“Dai su mi racconti qualcosa di questa ragazza che ti piace?”

Bill non mi guardò in faccia e rimase a fissare la parete. “Direi un sacco di cose banali…etichettare una persona con degli aggettivi o dei termini secondo me fa perdere il valore di una persona…Lei è lei…Mi fa battere il cuore…Le gambe mi cedono…Ho quasi un groppo in gola che poi si scioglie appena lei mi sorride…Mi sento in paradiso quando la stringo…”

Avrei tanto voluto sbattere la testa contro il muro per averglielo chiesto. Forse tra loro c’era qualcosa di molto speciale se l’abbracciava…

“Sei cotto…”

“Più che cotto…”

“Scommetto che sei felice eh!” lo punzecchiai.

Lui si volse verso di me. “Felicissimo…” l’aveva detto piano con una voce dolcissima.

Non riuscivo a distogliere lo sguardo dai suoi occhi. Rimanemmo a fissarci per così tanto tempo che mi sembrava mi stesse togliendo tutte le forze che leggesse dentro la mia anima e che svelasse il mio amore per lui nato così come sboccia un fiore in primavera.

Fu lui che riportò gli occhi sulla sua colazione per primo. Io non dissi niente perché semplicemente mi mancava l’aria.

“Questa sera ti va di venire con me ad una festa con i miei colleghi della universal?”

Rimasi intontita alla domanda. “Cosa?”

“Ti ho già comprato un vestito per l’occasione! Ti prego…Vedi il fatto è che sia io che Tomi ci presentiamo senza ragazze al contrario di tutti che hanno una donna…Una ragazza non ce l’abbiamo e così quest’anno ci siamo detti che avremmo invitato te  e Erika…In fondo siete le nostre migliori amiche e non si rinuncia alle suppliche degli amici…”

“Ok va bene…Io vengo…Erika non so…”

“A lei ci pensa Tom..”

“Siamo messi bene…”

“Già…Però ora devi venire con me da un parrucchiere…”

“Ma sono chiusi Bill!”

“Il mio amico no!”

Io gli sorrisi arresa. Per Bill avrei fatto qualsiasi cosa…

///////______________________//////

 

Presi quasi spavento, quando mi guardai allo specchio. Era pomeriggio inoltrato, quando avevano finito di sistemarmi i capelli, mi avevano truccato e mi avevano fatto indossare l’abito di Bill ad occhi chiusi perché dovevo vedere solo alla fine l’effetto.

Ero davvero sexy. Già. I miei capelli erano mossi e sciolti mi cadevano sulla spalle destra nuda.

Gli occhi erano evidenziati dal Kajal, dal mascara che mi aveva notevolmente allungato le ciglia e dall’ombretto nero. Sembrava che avessi degli occhi da gatta…Quasi mi venne da piangere, poi ripensai al trucco e mi disse che non era il caso di rovinarlo…

Il vestito era nero di paiette con un’ampia scollatura e con una sola manica in modo che la spalla destra restasse nuda. Mi arrivava alle ginocchia ed era aderente al mio corpo. Indossai poi un paio di ballerine nere e il gioco era fatto.

Indossai un cappotto bianco e andai a vedere a che punto erano con Erika. (Alla fine aveva accettato anche lei…)

La bionda era vestita di rosso. Un vestito un po’ di corto del mio senza spalline. I capelli erano sciolti e ricci. I suoi occhi erano accentuati da un ombretto rosa e le ciglia lunghissime! Anche lei era un vero schianto. Non so cosa avrebbero detto i gemelli kaulitz…

Saki poi ci accompagnò a casa. Bill e Tom erano a cambiarsi. Decidemmo di fare un salto in bagno a rimirarci ancora un poco.

Quando sentimmo la voce di Bill dall’atrio ci avviammo.

Merda! Erano ad aspettarci come ieri…Solo ke erano entrambi tirati per benino. 

Bill aveva una giacca nera coordinata con la cravatta e i pantaloni, aveva poi una camicia bianca e i capelli erano stirati verso il basso proprio come piacevano a me…

Anche Tom stranamente era vestito con giacca e cravatta! Solo che era l’inverso di Bill. Tutto bianco tranne la camicia.

Forse rimanemmo scioccati tutti e quattro perché nessuno fiatava. Solo in fondo alle scale noi là sopra. Fermi a fissarci. Furono momenti imbarazatissimi che Erika ruppe facendo il primo passo e scese lentamente le scale. 

Una volta in fondo Tom le porse il braccio e lei sorridendo gli si appoggiò e s’incamminarono verso l’auto.

Fissai ancora un attimo Bill, che mi sembrava di aver visto deglutire. Impossibile…Però ero convinta di aver visto brillare nei suoi occhi uno strano compiacimento. Scesi anch’io, e come Tom, Bill mi offrì il braccio e insieme ci dirigemmo verso la macchina.

Ero troppo incredula su ciò che stava succedendo che avrei tanto voluto darmi una sberla e svegliarmi. Solo che era tutto terribilmente vero.

Sedevo tra Bill ed Erika in una macchina nera che ci portava ad un’importante festa dell’universal.

Io? La ragazzina sfigata? Quella che non ha mai avuto culo nella sua vita? Che ha visto il padre morire? Forse c’era uno sbaglio…

Il contatto con la gamba di Bill mi stava facendo morire...La mia spalla contro la sua. Stavo letteralmente sclerando!

Non mi accorsi neanche che eravamo arrivati. Bill mi sorrise felice e uscimmo insieme dalla vettura sotto i flash di alcuni paparazzi fuori dal cancello della villa dove si teneva la festa.

Era lui che mi dirigeva verso la casa sorridendomi e facendomi incespicare come se avessi avuto le scarpe con tacco da dodici! Cacchio ma perché mi perdevo nei suoi occhioni così dolci?

Varcammo la soglia della villa e ero li per crollare. La stanza in cui si svolgeva la festa era enorme. Un sacco di gente che parlava o che mangiava. In quel momento avrei tanto voluto fuggire via. Io non ero il tipo da stare li in mezzo…

Molti si voltarono verso di noi e rimasero in silenzio.

“Oh ecco i gemelli Kaulitz! Ora la band è al completo! L’orgoglio della casa discografica Universal…” urlò un signore giovane, alto e biondo, in giacca e cravatta.

I due gemelli sembravano a loro agio tra la bolgia di gente che vociferava instancabilmente.

Fu come un massacro passarci in mezzo per andare chissà dove, mentre sentivo il braccio di Bill sfuggirmi e irrimediabilmente perdermi da sola nella maree di estranei e di spintoni.

Che cavolo ma se non hanno il posto perché invitano tutta sta gente!

Riuscimmo a trovare la porta che dava sul giardino del retro con la piscina. Li era molto più tranquillo e ci sistemammo a bordo piscina con le luci che illuminavano l’acqua e le palme tutt’attorno a quest’ultima.

Era un posticino abbastanza appartato e romantico. “Oh che facciamo ora?”

“Ci rompiamo…Odio queste feste perché dobbiamo vestirci in questo modo e non c’è niente da fare!”

“Pessimista!” dissi io ridendo.

Bill sogghignò, mentre si alzò dalla sedia e si offrì per andare a prendere da bere.

Menomale…Se non era per il cappotto sarei morta dal freddo…

Non dopo molto Bill arrivò con quattro koktail diversi e li posò davanti ad ognuno di noi.

“Danke fratellino…”

Il moro sorrise felice e si sedette.

Mentre sorseggiavamo le nostre bevande arrivarono anche Gustav e Georg con due ragazze.

 Klarissa e Karin. Le due k. Come le aveva chiamate Erika quando le vide. Si salutarono e si sedettero al nostro tavolo (Però che buffo dire che le due K stavano con i due G…).

Poi Bill me le presentò e mi accorsi che erano vestite una l’opposto dell’altra. Una aveva il busto bianco e la gonna nera e l’altra l’inverso, con le ballerine argentate.

Klarissa era rossa e riccia e aveva occhi verde chiaro, mentre Karin era bionda con occhi azzurro ghiaccio.

Poi chiacchierammo tra donne e le trovai veramente simpatiche e spigliate. Il tempo passò velocemente e a interromperci ci pensò l’uomo che aveva presentato Bill e Tom alla loro entrata. Annunciò che le danze potevano avere inizio. Così le due K e i due G sparirono insime a Erika che disse di avere urgente bisogno del bagno e con lei Tom che non diede nessuna spiegazione.

“Mi concede un ballo, signorina?” domandò Bill una volta rimasti soli.

“Tu sai ballare?” domandai sorpresa.

Bill sorrise. “Certo. Sottovaluti le mie potenzialità!”

Sorrisi. “Ok” accettai alzandomi. Bill mi tolse il cappotto e insieme ci dirigemmo alla pista interna. Solo in quel momento mi venne in mente che Bill avrebbe dovuto…Oh cazzo troppo tardi!

Bill mi aveva messo una mano sul fianco e aveva preso l’altra accostandosi al mio corpo. Ci sapeva fare… Come se l’avesse fatto miliardi di volte.

Cercavo di non incrociare i suoi occhi, ma fu tutto inutile. Gli occhioni nocciola di Bill sono irresistibili =)

Cambiarono canzone. Suonarono un lento. Imprecai silenziosamente. Che cazzo! Bill mi strinse ancora di più e eccomi contro il suo petto, guancia contro guancia, con le sue mani sui miei fianchi. Era un tocco così lieve che era quasi impossibile accorgersene, nonostante tutto però arrossii violentemente.

La pelle di Bill era calda e morbida. Mi abbandonai nelle sue braccia. Senza pensare a ciò che stavo facendo.

Bill mi accarezzava la pelle e il mio cuore di rimando batteva spregiudicatamente.

Le luci si affievolirono, mentre cadevo in trans. Chiusi gli occhi e mi abbandonai al contatto con il corpo filiforme del Kaiser.

 ////////_____________//////

ringrazio tutte le 1588 persone che hanno letto questa storia ma non si sono fermate a recensire...grazie...bacibaci e continuate a leggere...

 

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Capitolo 8
*** Ti amo ***


Scusate se questo capitolo è davvero corto...la la storia non piace molto quindi è inutile postare altri capitoli...questo è l'ultimo capitolo...spero vi piacerà cmq.

Capitolo 13: Ti amo

 

Corsi per tutta la sala in cerca di Erika. La vidi di sfuggita che scompariva dietro una porta in una stanza buia.

La segui senza esitare e mi ritrovai nel buio più assoluto. Un passo. Un altro. Inciampai e andai a sbattere contro qualcosa di morbido. “Ahhhh! Chi cazzo sei?”

Riconobbi la voce di Erika. “Sono Tom. Scusa. Ti stavo cercando e ti ho visto entrare qui”

“Non ti passa per la testa che quello che voglio evitare sei proprio tu?”

Era stato come ricevere un pugno allo stomaco. Non la vedevo in faccia e questo mi fu d’aiuto, anzi era l’occasione perfetta!

 

 

Un altro passo e il suo corpo era addosso al mio. La sua fronte contro la mia. Non mi teneva, però. Non mi stava costringendo. Ero io che stavo ferma e non mi muovevo, quando ne avevo ancora la possibilità. Le sue labbra si avvicinarono alle mie e sentii il suo piercing sfiorarmi la bocca. Poi con molto delicatezza oppure si potrebbe dire con molta timidezza mi ritrovai le sue labbra sulle mie e mi diede un bacio tenerissimo neanche fosse lui. Non vedevo, ma in ogni caso chiusi gli occhi e risposi al bacio con la stessa dolcezza con cui mi stava trattando lui. Credo che ci rimase malissimo perché mi sembrò di sentire una sua esitazione momentanea che poi si mutò in una maggiore sicurezza. Superata il momento critico dell’iniziativa il bacio diventò qualcosa di più profondo. Tuttavia Tom non osava mettermi le mani addosso. Ero io piuttosto che gli tenevo una mano sulla guancia.

Il rastaro si staccò, ma non parlò. L’unico rumore era dato dai nostri regolari respiri e battiti del cuore. Non so cosa pensasse di me…

La risposta arrivò molto presto.

Avvicinò la bocca al mio orecchio e con un tono di voce mellifluo disse solo due parole. Due sole parole che mi fecero impazzire. Non ci vedevo più. Perché? Ero certa che quelle parole non gli erano mai uscite dalla sua bocca…Non erano le tipiche parole del sexgott che conoscevo io. Non potevo rimanere lì ancora…Presi tutto il mio coraggio e gli sfuggii da sotto il braccio. Con la mente non del tutto lucida mi diressi, brancolando nel buio, alla porta. L’aprii con foga e mi gettai tra la folla per sfuggirgli.

Uscii in giardino e rimasi li ferma con il freddo che c’era a bordo piscina a fissare il mio riflesso sfasato. Le lacrime mi rigavano il volto, ma non avevo la premura di cancellarle. Tom, il ragazzo che amavo, il Tom che odiavo, il ragazzo che mi aveva appena baciata mi aveva detto “Ti amo”. Come poteva aver trovato il coraggio di dire quelle parole che non aveva mai pronunciato? Era solo la forza dell’amore che glielo aveva permesso. Ma non volevo ancora crederci. Non riuscivo a

on poteva arrabbiarsi...braccia senza pensare a ciò che stavo facendo. ancia a guancia con le sue mani sui miei finachi

fidarmi. Tom non era fatto per una ragazza sola. Non poteva rendermi felice…Eppure lo amavo. Perché cazzo la vita era così difficile?

 

Il lento finì e quando i nostri corpi si staccarono incrociai il volto angelico di Bill. Era troppo bello…

Abbassai lo sguardo. “Scusa vado a prendere una boccata d’aria…”

Lui mi lasciò e io fuggii via e mi diressi verso il giardino. Sulla porta trovai Tom che fissava qualcosa al di là del vetro. Era Erika.

Lui mi fissò con espressione ferita. Come se avesse combinato qualcosa di veramente brutto. Lo fulminai e raggiunsi la mia amica. Stava piangendo.

“Ti amo. Mi ha detto Ti amo, Lie. Tom? Non è da lui, capisci?”

Quasi scoppiavo dalla gioia. Tom era davvero cotto. “Perché piangi?”

I suoi occhi lucidi mi penetrarono nell’anima e mi svuotarono d’ogni mio pensiero. Era il dubbio che la rodeva dentro. Ora capivo.

L’abbraccia. Forse le serviva un po’ di sicurezza.

“Mi ha baciata…Eppure non credo che sia stato come me l’aspettavo. È stato mille volta meglio” disse ridendo.

Io le accarezzai la testa (come aveva fatto con me Bill), mentre mi si stampò un enorme sorriso sulle labbra. Moriva dalla gioia e io lo capivo benissimo.

 

Quando si fu calmata tornai nella sala e dissi a Tom che era un gran romanticone, lui mi fissò storto poi capì e sorrise felice. Come una scheggia corsi da Bill che mi stava cercando disperato. Non capii perché e non ebbi il tempo di chiederglielo.

Mi chiese se avevo voglia di ballare e appena io annuì mi condusse di nuovo in pista. Provavo ancora la stessa vergogna e la stessa gioia. Questa volta, però, Bill era più teso. Solo quando finì la musica e Bill mi sussurrò piano all’orecchio “Questa notte sei bellissima” intuii il perché.

Bill cercò di evitare il mio sguardo e si morsicò le labbra. Poi mi mollò e mi disse che era meglio andare a casa. Io annui, rossa come un peperone e andai a prendere la mia giacca.

Quando uscii nel giardino anteriore alla villa una macchina era già li ad attenderci. Salii in fretta e poi salirono anche gli altri. Il viaggio di ritorno fu una tortura maggiore dell’andata. Avevamo accumulato molta tensione tra di noi quella notte. Tom aveva detto ti amo ad Erika e Bill mi aveva detto che ero bellissima! Io? Insomma credo che fosse fuori di cervello. A lui poi piaceva un’altra ragazza non dovevo farmi illusioni…

Tutto suo fratello…Che Erika si riferisse a questo? No, Bill non mi voleva per sesso. Non mi voleva proprio per niente. Lui era innamorato di un’altra e quello era solo un complimento d’amico. Però non ne ero tanto convinta.

Arrivati a casa volevo filare subito in camera e non guardare nemmeno negli occhi Bill, ma poi mi decisi proprio prima che chiudesse la porta a dargli la buonanotte e lui mi rispose con un enorme sorriso.

Quando mi addormentai avevo ancora stampato nella mente il suo volto solare.

Ecco il piccolo ultimo capitolo...non sarebbe la fine questa ma la storia non piace.

 

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Capitolo 9
*** Lei è tutto per me ***


Ci siete riusciti...Ok continuerò, ma appena vedrò 0 commenti o solo 2 non posto più...non è un ricatto, ma è che sto postando tante storie è ce ne sono di quelle più popolari, anche se non molto. Sarebbe un peccato ora comincia il bello della storia...l'inizio non è poi così bello...ma il resto mi piaceva tanto. La storia è nelle vostre mani. Spero di potervi scrivere ancora. Ciaooooo e buona lettura. 

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Capitolo 13: Lei è tutto per me

Quella mattina dopo essermi svegliata mi vestii e scesi le scale. Trovai Erika che usciva dal bagno.

“Ciao. Ehi hai deciso? Per quella cosa dell’altro giorno di Tom?”

Subito non capii, poi mi venne l’illuminazione. “D’accordo. Ma come si fa?”

“Tu non devi pensare a niente. Faccio tutto io. Lo invito ad andare in discoteca e poi non mi presento. E lì poi entri in scena tu ok?”

Sembrava un piano semplice... “Ok…”

“Bene…Vieni con me? Ti servono dei vestiti adatti per andare in discoteca!”

Io ero un po’ indecisa se accettare, poi però annuii.

Cinque minuti dopo eravamo già in strada per andare in centro.

Quella mattina mi comparai (Cioè volevo dire comparò Erika perché io non aveva ancora un soldo!)

Un paio di pantaloni neri aderenti, una maglia senza spalline bianca, un paio di scarpe con i tacchi (Menomale non troppo alti!), una minigonna nera e maglietta bianca con le spalline nere e un paio di stivali neri, poi per strafare Erika mi convinse a comperare un top argentato e uno con tutte stelline e ci fermammo anche a fare razzia di trucchi e quando tornammo a casa avevo i piedi che fumavano. Non avevamo speso però così tanto perché le maglie costavano una miseria. La spesa maggiore erano state le scarpe…Il prezzo degli stivali mi faceva letteralmente vomitare ogni volta che lo intravedevo sullo scontrino.

Buttammo tutto alla rinfusa nell’armadio (cosa che mi diede un po’ di fastidio visto i soldi che avevamo speso) e poi ritornammo giù in cucina. Ora dovevamo trovare il modo di invitare solo Tom e che Bill non sentisse. Erika non aveva nessuna voglia di dargli delle spiegazioni e meno che meno vederlo in discoteca con la alta probabilità che avrebbe fatto fallire il piano. Un po’ mi dispiacque per lui.

La nostra fortuna sfacciata stava proprio nel fatto che Tom arrivò a casa da SOLO! Non capivo dove fosse Bill, ma non potei domandarlo perché la bionda fu pronta ad invitare Tom in discoteca.

“Certo, a che ora?”

“Facciamo alle 10 e mezza??” disse imitando una ispirazione da non so dove perché non voleva che sembrasse tutto programmato.

“Uhm ok, certo!”

“Perfetto!”

Mi voltai improvvisamente per non vedere la faccia soddisfatta della mia amica. Non la potevo sopportare. Cavolo mi stavo dispiacendo per Tom, perché la vittima era lui ora e non lei. E la cosa che più mi faceva schifo era che io ero d’accordo! Come mi avrebbe guardato d’ora in poi se avesse scoperto l’inganno? Mi facevo schifo da sola…Provai a respirare profondamente per calmarmi…Uh perché non potevo chiedere aiuto a Bill. Scommetto che lui avrebbe fatto la cosa giusta al posto mio. Con un terribile senso di colpa mi buttai sul divano continuando ad ascoltare la bionda che parlottava con Tom sperando con tutto il cuore che non rendesse la pillola ancora più amara di quella che era ora.

 

“Lie! Cacchio vuoi stare ferma! Non riesco a truccarti…”

Ero agitata. Terribilmente agitata…Mi aspettava la morte proprio quella notte. Perché era questo che mi aspettavo dopo che Tom avesse scoperto ciò che gli avevamo tramato alle spalle.

Mi sentivo un vero schifo.

Erika dovette fare la lotta per riuscire anche solo a mettermi l’ombretto. Alla fine accese lo stereo che sparò a tutto volume le canzoni dei Tokio Hotel e mi calmai quel tanto che bastava per lasciarla lavorare.

Una volta che ebbe finito mi disse di aprire gli occhi e per poco non caddi dalla sedia. Quella nello specchio ero davvero io. Già. Aveva fatto un’opera d’arte. Tutto merito del suo tocco da maestra (che aveva imparato da Bill…Tutto fatalità tornava a lui…). Andai a rimirarmi nello specchio dell’armadio e sinceramente rimasi scioccata del mio cambiamento. Avevo messo il paio di pantaloni neri attillati, gli stivali e il top argentato che mi rendevano più alta e snella e anche molto più sexy. Perché non potevo farmi vedere da Bill? Ero sicura che avrei fatto colpo, anche se tra noi c’era quella ragazza misteriosa. Ancora adesso non riuscivo a non pensare al volto della ragazza che poteva godere delle attenzioni di Bill…Desideravo immensamente essere al suo posto…Scossi la testa sconsolata e mi voltai verso la bionda. “Sono uno schianto?”

“Certo amo. Sei STUPENDA! Però secondo me faceva più effetto la minigonna. Tom impazzisce per le gambe in bella vista! Per lo meno gli stivali hanno i tacchi...Magari potessi ficcarglieli da qualche parte così magari perderebbe il suo odioso orgoglio e farebbe l’uomo per bene. Va be’ ora pretendo troppo. Se non cade nella trappola gli dirò tutta la verità”.

“Prometti?”

“No, sei pazza?”

“Allora questo vuol dire che credi di avere delle possibilità e credi che lui si sia davvero innamorato…”

“Ok prometto” rispose una volta arresa.

Le diedi un bacio sulla fronte e scendemmo le scale.

Ora potevamo attuare il piano. Io sarei andata in discoteca con Georg e Gustav che mi aspettavano in macchina fuori dal cancello e Erika avrebbe atteso Saki.

“Allora tieni!” mi disse porgendomi il suo cellulare. “Ti chiamo se ci sono problemi. Io ti sto sempre vicina nascosta da qualche parte pronta ad entrare in scena per coglierlo in fragrante. Se ci sono problemi per te allora basta che dici che devi andare in bagno, ok?”

“Ricevuto!”

“Bene. Simone sa che deve tenere buono Bill quindi siamo a posto…”

“Povero Bill!”

“Si ora vai che se no facciamo saltare tutto!”

Mi spinse contro la mia volontà nell’auto e dal finestrino mi salutò, mentre ci allontanavamo e la mia preoccupazione saliva notevolmente.

Per la strada guardai fuori dal finestrino le luci della città che scorrevano veloci e mi confondevano…Dovevo avere la cera di una che ha appena vomitato perché mi sentivo uno schifo terribile…

Con tutta la mia buona volontà cercai di pensare a qualcosa di bello e positivo senza molti risultati e poi arrivammo.

Gustav mi aprì la porta della macchina e il nostro terzetto si avviò. Entrammo nella discoteca e ci raggiunse subito il rumore assordante della musica. Indicai ai due G di andare a ballare, mentre io andai a cercarmi il tavolo dove Erika aveva dato appuntamento a Tom.

Dopo una lunga nuotata nella marea di gente e dopo aver preso un’incalcolabile numero di gomitate mi ritrovai davanti al tavolo dove Tom sedeva, irrimediabilmente solo. Mi si strinse il cuore per un secondo poi avanzai mostrando un sorriso falsissimo.

“Ciao. Anche tu qui? Sei solo?”

Il rastaro fissò assorto la sedia vuota e poi annuì.

“Posso?” chiesi.

Appena acconsentì mi sedetti.

“Tu sei sola?”

“Oh no mi hanno accompagnata Georg e Gustav…”

“Bill?”

“È rimasto a casa…”

Non sembrava molto convinto però forse non gliene fregava più di tanto. Forse stava pensando ad Erika che l’aveva bidonato.

“E Erika?”

Ecco la domanda. “Oh non so mi ha detto che usciva…poi non l’ho più vista! Credo che mi avesse detto che doveva vedersi con un ragazzo…Si uno che aveva conosciuto da poco. Uno che ha conosciuto in discoteca qualche mese fa”.

Sembrava pietrificato. La sua espressione era indecifrabile. Stava davvero soffrendo. Questa per me era già una prova, ma appena sentii la vibrazione del telefonino (il segnale che dovevo andare avanti) mi riscossi e cambiai argomento. “Tu che ci fai qui?”

Bella domanda. Erika l’aveva studiata apposta perché evidenziava ancora di più quanto Tom fosse stato stupido a presentarsi all’appuntamento.

I suoi occhi correvano frenetici in cerca di una scusa che potessi bermi. Non aveva intenzione di farsi commiserare da me per essere stato piantato in asso.

“Non volevo rimanere a casa, però non ho voglia di ballare…”

“Anch’io” Dissi spostando leggermente la sedia per avvicinarmi al ragazzo con i rasta.

Lui non sembrava farci caso.

Ne approffitai per continuare a fargli domande e piano piano avvicinarmi. Erika mi aveva mostrato tutte le tecniche per fare la gatta morta e cercare di colpire Tom…ma lui non sembrava farci caso alle mie tecniche e non mi guardava nemmeno in faccia continuava a fissare il vuoto.

“Che c’è? Perché fai così? Perché non mi guardi?”

“Scusami…”

“Per farti perdonare vieni a ballare con me?”

Esitò un attimo e io per non farmi dire di no lo trascinai in pista.

Mi appiccicai a lui e cominciai a ballare sinuosamente cercando in tutti i modi di strofinarmi.

Lui non sembrava molto d’accordo e spesso lo sentivo fuggente e impacciato.

Gli presi le mani e le posai sui miei fianchi…

Lui si ritirò subito e voltandomi le spalle se ne andò. Gli corsi dietro. Uscì dalla porta d’emergenza e ci ritrovammo nel parcheggio della discoteca.

Aveva una mano sulla fronte. Sembrava davvero disperato. “Oh merda! Non posso…Lie io non posso e non voglio stare a questo stupido gioco. Io non riesco più a toccare una donna e pensare di portarmela a letto come una volta. Ora desidero solo diventare l’uomo che vuole Erika. Io l’amo e non intendo farle del male. Lei è tutto per me…è diventata la mia ragione di vita. Voglio starle vicino per tutta la vita e proteggerla finché non morirò, anche se non sarà mai la mia donna. L’importante è starle vicino e continuare a sentire il cuore battere così forte da fartelo spaccare. Io adoro sentirmi il respiro marcare appena la vedo e le fitte che mi passano per la schiena, quando ride. So che le uniche cose che mi fanno vivere…che mi danno la forza di svegliarmi alla mattina e di tirare avanti. Se lei se ne andasse lontano mi distruggerei e non sarei in grado di ricostruirmi. Sono troppo fragile e lo so. Ma una vita senza di lei sarebbe come una vita senza un a parte di me. Come se ne andasse Bill. Io non riuscirei a vivere. Siamo una stessa cosa…Erika è speciale quanto Bill.

Oggi mi aveva invitato qui e dovevamo incontrarci, ma non è venuta. Ora mi sento sgretolare. Mi sento tradito e un vero stupido. Però me lo merito. Le ho rovinato la vita ed è giusto che ora io venga ripagato con la stessa moneta”.

A quelle parole ebbi un lieve mancamento. Era Tom? Proprio quel Tom che chiamavano Sexgott? Forse era un suo sosia. Come poteva essere lui? Insomma aveva fatto una dichiarazione d’amore così bella da far impazzire chiunque ragazza. Il suo era amore. Amore vero. Presi il cellulare. Mandai un messaggio ad Erika e le dissi di venire nel parcheggio.

“Non è giusto che ti dica tutto io. Ti spiegherà tutta Erika. Io vado dentro. Il mio compito è finito. Sei un grande uomo quindi tira fuori le palle e digli tutte le cose che hai detto a me a Erika. Comunque tu non mi piaci e non mi sei mai piaciuto. Preferisco Bill, quindi…”

Lui mi fissò sorpreso. Credo fosse molto confuso.

Lo abbandonai nell’istante in cui la porta di servizio di aprì ed uscì Erika. I due rimasero a fissarsi per dei minuti interminabili. Sorrisi ed entrai in discoteca.

Ringraziamenti: 

Angeli neri: per aver recensito più volte...e perchè mi sembravi davvero preoccupata che finisse la storia. Scusami per averti preoccupato ma come ho spiegato su, sto postando diverse storie e se nessuno recensisce non so se piace. Le ci sono molti capitoli con 0 recensioni. Io sapevo che non avrebbe avuto molto successo l'inizio perchè pure a me finito di scrivere la storia non piaceva più. Però ora si vedrà. Ora con questo capitolo soprattutto cominciano i dubbi. Se tornassi indietro la scriverei in modo diverso, ma ormai è fatta così, se mai l'anno prossimo finita di postare la revisiono. Cmq ho esaudito il tuo desiderio. Questo è un nuovo capitolo e spero ti sia piaciuto. Anche se per Tom le cose sembrano a posto tocca a Bill soffrire. Continua a leggere. un bacione.

Layla the punkprincess: la fine arriverà se la storia non piacerà. Potrebbe essere dopo qualsiasi capitolo. Cmq grazie per aver recensito il capitolino di Tom. 

BigAngel_Dark: grazie perchè hai recensito tre quattro capitoli e anche se hai saltato qualcuno non importa. Continua a leggere. un Bacione. 

Ladysimple: se ti piace Tom romantico ecco questo capitolo spero ti sia piaciuto. Un bacione e continua a recensire.

Marty sweet princess: ok ok vado avanti, ma può finire da un momento all'altro. continua a seguire però. un bacione. 

__Ele: grazie per la mini recensione. Kiss kiss, continua a seguire.


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Capitolo 10
*** Morte all'improvvio ***


Ecco il nuovo capitolo di questa fanfiction. Spero sia di vostro gradimento. In origine erano due capitolo divisi ma li ho uniti per non creare troppi capitoli troppo corti. L'episodio che accadrà porterà a una serie di eventi che cambieranno la vita di Lie, mentre poi la fine si conclud con una parte più calma, ma con una bella rivelazione. Non vi dico di più...buona lettura!

Capitolo 15: Morte all’improvviso

“Lie…”

Una mano mi afferrò il braccio e voltandomi mi trovai faccia a faccia con Georg.

Mi porse il suo cellulare con una faccia da funerale. “Andiamo fuori…”

Lo seguii fuori e mi portò alla macchina. Li avvicinai il telefono all’orecchio e riconobbi subito la voce di Simone. “Piccola scusa se ti disturbo. Il fatto è che è accaduta una cosa orribile…Non riesco a dirtelo al telefono…Vieni a casa…Fai in fretta non hai tempo…”

“Ok vengo…” risposi con il cuore in gola sperando con tutto le mie forze che non fosse successo qualcosa a Bill.

Ero terrorizzata, quando chiusi la chiamata e salii in macchina. Identico fu il ritorno a casa e la corsa verso la porta che spalancai.

Nell’entrata vi era Simone e Bill con le braccia incrociate.

Volevo tirare un sospiro di sollievo…Ma Simone mi venne incontro e mi abbracciò forte. “Ha telefonato tua nonna da Roma. Domani il notaio leggerà il testamento…”

Ebbi un tuffo al cuore. Questo voleva dire una sola cosa…Mia mamma era morta.

Mi si strinse il cuore in una morsa che me lo strappava lentamente. Molto lentamente. Le gambe mi cedevano e gli occhi mi si chiusero senza più le forze per restare aperti e non riuscivo neppure a respirare.

L’impatto con il pavimento fu così feloce e doloroso che vi ci rimasi li ferma per non so quanto tempo. Dalle palpebre degli occhi intravedevo le luci sfuocate del soffitto e il sottile viso angelico di Bill. Non lo sentivo però. Non sentivo le sue mani, le sue parole…Poi buio.

 

Ti amo.

I miei occhi si aprirono. Bill era davanti a me. Chi aveva pronunciato quelle parole? Era solo un sogno? Si solo uno stupidissimo sogno…Quante illusioni che mi facevo…Bill non avrebbe mai potuto…

Le mani del moro mi toccarono il viso e le sue labbra si poggiarono delicatamente sulla mia fronte…

Ora avevo riacquistato i miei sensi e riuscii anche a mettermi in piedi. Tutti mi fissavano preoccupati, mentre mi reggevo sulle gambe mal ferme. Non volevo che mi vedessero in quello stato, ma non potevo farci niente.

Il dolore era talmente forte che non riuscii nemmeno a piangere. Non riuscivo a liberarmi. Tenevo tutto dentro…

“Abbiamo un aereo tra due ore…Sono riuscito a trovare due soli posti. Decidi chi ti deve accompagnare…Non puoi andare da sola…Non in queste condizioni”.

Oh no! Avrei dovuto fare una scelta…Non volevo offendere nessuno…Cosa avrei fatto?

“Io davvero non posso…”

“Allora lasceremo tutto alla sorte…” rispose Bill. Corse in cucina e ne uscì con una bottiglia.

“Oh mein Gott! Bill non vorrai mica fare sul serio, spero!” protestò Georg.

Lui non gli diede ascolto e pose la bottiglia per terra, la fece roteare e si ritirò.

La cosa che avrebbe scelto il mio destino roteava ancora senza smettere e lasciandomi in sospeso.

I miei occhi non si staccavano dal vetro lucido della bottiglia e si spalancarono dallo stupore, quando si fermò.

Perché be’ indovinate su chi si era fermata…Ehm si! Bravi! Ma come avete fatto a indovinare? BILL!!!

Giusto.

Fatalità era capitato proprio lui…No non l’ho fatto apposta, giuro! Io non volevo nemmeno che uscisse lui…Invece la sfortuna mi perseguita. Ok magari un po’ ci speravo…Però che pizza! Ok mi piace e allora? Mi vergogno a parlarci perché ho paura di rendermi ridicola…e vivere per alcuni giorni sola con lui mi sembra una situazione troppo imbarazzante, ecco tutto!

“Ok allora verrò io…Vado a prendere le valigie. Simone ha già preparato la tua Lie quindi non devi preoccuparti. Non ci metto molto…intanto riposa.”

Gustav e Georg mi presero e mi portarono a sedermi sul divano. Ora mi sentivo uno straccio. Un brutto straccio usato per pulire e dimenticato nello sgabuzzino delle scope…

Ero sola. Completamente sola. Senza madre e padre. Senza un fratello o una sorella. Solo una nonna che si perdeva. Una nonna che non poteva prendersi cura di me…

Simone mi aiutò a sfilarmi il top e mi mise un dolce vita bianco. Poi m’infilò una maglia nera e mi tolse delicatamente gli stivali. Mi sfilò i pantaloni e con grande fatica mi aiutò a mettere un paio di jeans comodi e le converse.

Una volta finito il lavoro scese Bill del tutto cambiato. Portava i capelli sciolti sulle spalle con un capellino nero e gli occhiali scuri, un paio di jeans e la giacca bianca e nera.

Sul suo volto non vi era nessun sorriso. Solo un profondo dolore e tristezza.

Tutto attorno a me girava e i miei occhi perdevano colpi…cioè credo che stessi diventando pazza…

Ehi ma quelli erano due Bill o vedevo doppio? E questi chi sono? Un ragazzo castano e uno biondo mi presero di forza e mi trascinarono fuori di casa. Ma cosa stava succedendo?

Per un attimo rimase tutto buio poi tornò la luce. Ehi ma qualcuno mi stava stringendo la mano?

Non capii altro e crollai nell’oscurità.

 

La testa di Lie mi crollò sulla spalla e sussultai spaventato.

Povera ragazza. Doveva stare malissimo. Soprattutto dopo quella capocciata sul pavimento!

Gustav le allacciò la cintura e poi chiuse la portiera della macchina. Georg mise in moto la macchina (altra frase stupida!) e accese i fanali. Il cono di luce illuminò la figura di Gustav che ci salutò a malincuore, mentre il nostro veicolo si allontanava lentamente verso lo stop e poi svoltava per scomparire nel buio della notte.

La piccola manina di Lie (perché era proprio piccola in confronto alla mia anche se lei non era bassissima!) era nella mia e sembrava così calda e morbida…Lo so che avrei dovuto tenerla al caldo anche perché non si congelasse però non volevo prendermi della confidenza come le volte precedenti senza chiedere…

Per di più sentivo il suo respiro regolare scandire il ritmo del battito del mio cuore. Più ero in contatto con lei più batteva come un dannato.

Mi sarebbe saltato fuori dal petto se avessi continuato a viverle vicino. Be’ forse avrei preferito che mi saltasse fuori dal petto se questo fosse stato il prezzo da pagare per poterle stare vicino.

In fondo poi glielo avevo ripetuto più volte che ero al suo fianco.

Mi piaceva stupirla ogni volta con nuove trovate o gesti a cui magari non era abituata per mostrarle che l’amavo ma lei a quanto pare non sembrava molto attratta. Cioè si mi aveva chiesto di abbracciarla ancora all’ospedale, ma quando gli avevo detto che mi piaceva una ragazza non aveva capito che stavo parlando di lei e ha pure detto che era felice! Forse davvero non le interesso…

Cavoli mi sarei distrutto al pensiero di  vederla con un altro uomo…Ora che ci pensavo dove ero andata prima di arrivare a casa? Era piuttosto sexy…

Mi salì un groppo in gola. E se era un poco di buono? Magari era solo uscita con Erika visto che non c’era nemmeno lei…E Tom dove era finito? Se fosse stato lui il ragazzo con cui era uscita? Ma che stavo sparando! Lui era innamorato di Erika!

Mi riscossi dai miei dubbi, quando il motore della macchina si spense e le uniche luci provenivano dai lampioni dell’aeroporto.

Mentre Georg andò a scaricare le valigie io svegliai Lie il più dolcemente possibile.

Appena mi vide sorrise beata. Forse non ricordava il motivo per cui stavamo partendo. Mi faceva una tenerezza incredibile!

 

Aprii gli occhi. Bill era davanti di me. Sorrisi. Lui non rispose.

Un po’ ci rimasi di merda, poi non ci pensai più e cercai di scendere, quando qualcosa mi precipitò letteralmente addosso. Ecco, sì, avete indovinato di nuovo! Bill. Si era impigliato nella cintura e aveva fatto un volo su di me. Tutto sommato però non mi dispiaceva! Anche perché mi ritrovai a pochi centimetri dal suo viso e dalle sue labbra! Le sue splendide labbra!

“Scusa! Sono un gran imbranato! Mi dispiace…”

I suoi occhioni marroni erano puntati nei miei verdi e i suoi capelli mi facevano il solletico al viso.

Mi limitai a fissarlo, mentre non aveva nessuna intenzione di alzarsi.

Per un attimo mi sembrò di vedere una sua iniziativa impercettibile di avvicinamento verso il mio viso. Il mio cuore cominciò ad accelerare. Non poteva essere…

Infatti! Si alzò dimenticandosi di essere ancora in macchina e prese una bella tecca con il tetto dell’auto. Portando le mani alla testa perse l’equilibrio, ricadde ancora e stavolta mi investì per bene spiaccicandomi sul sedile.

Anche se avevo la maglietta di Bill quasi in bocca riuscii a farmi sfuggire una risatina che il moro non si perse. Anche lui rise.

“Peggio di imbranato! Se lo sapessero le tue fan che sei ridotto così!” lo presi in giro io.

Lui si sollevò appena per entrare nella mia visuale. Era un po’ impacciato anche perché non aveva nemmeno visto dove aveva la sua mano…Appena se ne accorse si scusò rosso come un peperone. Pure io ero rossa. Bravi ancora una volta avete indovinato! Si proprio li. Lasciamo perdere i commenti…Non vorrete che esploda di vergogna vero?

Oh stessa imbarazzante posizione di prima… I nostri occhi che si fissano con le gambe intrecciate. Già perché avevo una gamba di Bill tra le mie e poi una mano vicinissimo al mio orecchio. Potete immaginare come tutti e due non sapevamo come cavarcela…

Io non parlavo. Bill di conseguenza continuava a scusarsi!

“Che fate li voi due? L’aereo non vi attende mica!” protestò Georg vedendoci in quella contorsione di arti.

Noi scoppiammo a ridere e questa volta Bill si alzò e uscì dalla macchina. Io tirai un sospiro per calmarmi. Era andato tutto bene….Menomale! Avevo il terrore di fare qualcosa per rendere imbarazzante gli anni a venire di costretta convivenza se avessi voluto vivere con Erika. Per di più non volevo rendermi ridicola con Bill Kaulitz!

Una volta all’interno dell’aeroporto, in attesa del volo, il moro forse per cercare di farmi dimenticare mia madre cominciò a raccontare le cose più stupide che gli venivano in mente…Cominciammo a ridere della gente che sedeva all’aeroporto perché aveva strani cappelli oppure perché aveva dei musi lunghi che ti guardavano in cagnesco. Alla fine cominciammo a punzecchiarci a vicenda e dandogli un piccolo spintone per poco non cadde dalla sedia e rovesciò la fila di gente che gli sedeva accanto.

Ridacchiai divertita, mentre lui mi guardava male.

Per ripagarmi dello scherzo cominciò a farmi il solletico. Potete ben immaginare che vergogna davanti a tutta quella gente che ci fissò stupita e incredula anche perché sia io che Bill non siamo così piccoli per fare quelle scemenze! Però lui non sembrava farci caso. Se ne infischiava degli sguardi, dei commenti che potevano fare su di lui.

 Invidiamo la sua superiorità a quelle stupide cose che di solito a me ferivano davvero nel profondo. Avrei tanto voluto essere forte come lui, ma invece ero fragile e condizionabile.

Una voce annunciò il nostro aereo. Sarebbe cominciata la disgrazia! Abbracciammo Georg e poi ci avviammo verso la navetta che ci avrebbe portati al velivolo.

 

 

Bene. Ora, seduti uno accanto all’altro e dopo che l’aereo era decollato, le rivolsi la domanda che mi rodeva. “Dove eri quando mia mamma ti ha chiamato?”

Si pietrificò, letteralmente.

“Oh…da…da ness- da nessuna pa-parte!”

“Certo. Come no!” risposi con un tono da stronzo che non so neanche dove lo ero andato a pescarlo.

Inutile dire che si volse e mi ferì con il suo sguardo.

“Ma non posso avere la mia vita privata? Per caso quando ho messo piede in casa tua sono diventata di tua proprietà? No fammelo sapere che almeno mi adeguo! Almeno mi faccio le valigie e addio!”

E ora? Dovevo riparare, subito!

“No, scusa. Io non ti considero mia…Sono stato troppo invadente. Non pensavo che avessi da fare qualcosa di così segreto da non potermi raccontare…”

Wow avevo fatto la frittata!

Lie mi fissò sconcertata. Offesa. Non so nemmeno io. Era indecifrabile. Quando mi rispose la sua voce si incrinò e mi fece tremare. “Non te lo posso dire perché è una cosa di cui mi vergogno. Non perché non te lo voglio dire. Non credo che mi rivolgeresti più la parola!”

“Io…” Inutile. Mi diede le spalle e non mi rivolse la parola per tutto il viaggio.

Quanto ero cretino!

 

Rabbia. Rabbia. Rabbia!!!! Ma che cazzo voleva da me? Lo so che non ero stata molto garbata ma Bill si era comportato malissimo! Uffi! Perché? Perché voleva sapere dove ero andata? In fondo a lui che gliene frega? Mi sembrava di essere una sua bambolina…Ora volevo solo andarmene, fuggire.

Ci doveva essere un inganno in quello splendido sogno…Sarebbe stato troppo bello, sennò.

Con la disperazione che mi infiammava dentro, chiusi gli occhi, ma anche tutti i modi che conoscevo per calmarmi fallirono miseramente.

La cosa che mi fece più rabbia era che appena ci fu abbastanza silenzio riuscii a percepire il respiro del moro e fu quello a calmarmi. Era una cosa senza senso. Io sarei dovuta impazzire al solo suo contatto, ma io non ero arrabbiata con lui…

No, lo ero con me stessa. Io amavo Bill. Non c’è odio per una persona che si ama. Lo avrei perdonato qualunque cosa avesse fatto.

Quanto ero cretina!

 

La porta si aprì e dietro apparve una camera…Una camera matrimoniale!!!

“Cosa? Ci deve essere un errore! Senta ci devono aver dato una camera sbagliata. Noi volevamo una camera con letti singoli. Io e il signore non stiamo insieme!”

Il facchino poverino che non doveva sapere niente cercò subito di difendersi e poi ci disse che sarebbe andato a chiedere spiegazioni alla direzione.

Quando scomparve giù dalle scale Bill mi sorrise debolmente. “Non c’è problema tanto io dormo sulla poltrona…”

“Che cavolo ti è venuto in mente di scegliere una camera matrimoniale?”

“Era l’ultima! Non l’ho fatto apposta! Questo Hotel è uno dei migliori…gli altri poi saranno tutti occupati come questo…Sotto Natale è facile…E poi è per una notte. Poi andiamo da tua nonna no?”

“Era che non volevo dormire con te…” risposi io asciutta.

In quel momento ritornò il facchino e mi disse le stesse cose che aveva detto Bill. Era l’unica stanza rimasta e ci sarebbero dovuti accontentare.

Lo ringraziai e trascinai la mia valigia nella stanza. Bill mi seguì e chiuse la porta. “Io sono mortificato, però non è colpa mia. Non capisco perché te la sei presa così tanto! Lo so che non dovevo chiederti dove eri andata e ti chiedo scusa. Credi che davvero io non mi senta una stupido?

Hai ragione a prenderla però non serve che mi fai sentire un grande stronzo. So dove ho sbagliato e vedrò di rimediare ma tu mi hai ferito, nel profondo.”

Nei suoi occhi c’era tanta tristezza e incomprensione. Non lo diceva con odio. Forse ora ero io quella entrata nel ruolo di “stronza”.

Non ebbi il tempo di rispondere che mi diede le spalle e se andò fuori dalla stanza. Oh cavoli ora era arrabbiato? Al diavolo tutta questa storia! Stavo impazzendo! Cosa fare? Proprio quando ero sull’orlo di una crisi di nervi squillò il telefono.

Era il cellulare di Erika. Era ancora nel giaccone. Lo presi e risposi.

“Amo? Sei tu?”

“Si…” risposi io, quando capii che era Erika.

“Come stai? Mi ha detto Simone che sei partita con Bill…per la…per la…”

“La morte di mia mamma?”

“Si…Sono mortificata. Mi dispiace moltissimo!”

“Non voglio parlarne. Sono distrutta…”

“Scusa…” bisbigliò al telefono la bionda.

“Se fosse solo per la morte di mia mamma! Cioè non che non mi dispiaccia, ma l’impatto l’ho già preso e gli avvenimenti di ieri notte e qualche minuto fa me l’hanno fatto dimenticare subito.”

“Cos’è successo? Dimmi tutto” insistette lei.

“Bill” risposi io semplicemente. Dall’altra parte dell’apparecchio mi arrivò un piccolo sospiro.

“ Che ti ha fatto?”

“Ha voluto sapere che fine avevo fatto ieri sera e io gli ho risposto che non ero una sua proprietà! Insomma mica deve sapere anche quante volte vado in bagno solo perché sono a casa sua, no?”

“Secondo me te la sei presa troppo. Non è che ti sei innamorata? Vedi di solito te la prendi molto di più con una persona che ami, quando ti fa qualcosa, di una persona di cui non te frega niente…”

“Ti prego non dire così! Io non so se mi piace sul serio…Cioè lui non è brutto, anzi! Ma non mi aveva attratto subito. È stato, quando l’avevo conosciuto bene che ho cominciato a sentirmi qualcosa dentro. Sentirmi mancare il respiro, le gambe sciogliermi, oppure quando ride…Però non so se sia amore…”

“Be’ io credo di si. Ora prova ad immaginare che lui ti sia talmente vicino e che magari il suo intento è quello di baciarti, ti accarezza i capelli, senti il suo respiro caldo che ti riscalda…”

“Basta! Vuoi farmi morire?”

Lei rise. “Sei innamorata…Non c’è dubbio!”

“No…Non posso. Lui ama un'altra…”

“Scusa ma tu puoi amare chiunque anche se questo ha già qualcun’altra in mente. E poi chi sarebbe scusa?”

“Non l’ha detto. Però sai c’è stato ieri un momento quando mi è caduto addosso in cui i nostri occhi si sono incrociati e per poco mi è sembrato di vederlo avvicinarsi…”

 

Menomale che Lie non poteva vedermi. Stavo saltando, mentre lei pronunciava le ultime parole. Ok non sono scema! Ora vi spiego. Bill di solito direttamente non ti dice “Ti amo…” deve prima capire se ne vale la pena tentare di dichiararsi. Ha il suo orgoglio! (Lo dice sempre!) per cui mette in pratica la tecnica ragazza misteriosa. Questo significava che il nostro amato Bill era innamorato!

 

“Erika ci sei?”

Silenzio. “Eh? Scusa!”

Aggrottai la fronte. “Stai bene? Uh a proposito come è andata ieri sera?”

“Quando torni ti lincio!”

Scoppiai a ridere. “Vi siete baciati?”

“No! Per tua fortuna! Ho fatto una figura di merda! Però non se l’è presa…Insomma siamo rimasti a fissarci per un tempo interminabile e poi mi si è avvicinato. Non ci sono servite parole. Ci siamo capiti con gli occhi e poi…Poi ha continuato ad accarezzarmi i capelli…”

“Che?”

“Si. Siamo rimasti tutta la notte abbracciati in mezzo al parcheggio. Io piangevo e lui mi accarezzava i capelli…”

“Ah…Che scena felice…”

“Fanculo!”

“Oh voi proprio non riuscite a combinare niente!”

“Ho avuto ciò che volevo. La risposta ai miei dubbi. Tom mi ama.”

“Wow! E ora cosa vuoi fare?”

“Non lo so. Aspetto il tempo maturo per dirgli che mi piace…”

“Ma dai stupidina…Lui sbava per te…Fatti avanti, no?”

“Perché non lo fai tu con Bill?”

“Sei sorda? Io non gli piaccio!”

“Sei sicura?”

Non ebbi il tempo di replicare che… “Oh merda devo mettere giù, c’è Tom. Salutami Bill. Ciao amo!” e cadde la linea.

Ringraziamenti: 

Angeli neri: questo capitolo è puntato su Lie e Bill, costretti a trascorrere una vacanza perennemente insieme. Inoltre le verità nascote causano solo che incompresioni e litigi. I dubbi si fanno spazio e diventano più fitti. Per Lie e Bill è periodo di scintille. Solo che questo porterà a una brutta situazione e metterà in pericolo Lie. Ma tutto questo sarà nel prossimo capitolo :) kiss kiss e continua a leggere. In ogni caso se non riuscissi a postare ancora buona scuola e al più presto...

Layla the punkprincess: hanno chiarito i due piccioncini, come hai potuto leggere, ma non è vita facile per Bill e Lie. Continua a leggere...kiss kiss :)

Ladysimple: ti piace tommo? beh io me ce lo vedo così nonostante sia un playboy...deve pur avere qualcosina di bill...haha :)

Marty sweet princess:  questo è il prossimo capitolo...poi non so se posterò anche per via della scuola...o perlomeno non molto presto.  In ogni caso kiss kiss! continua a leggere...:)

BigAngel_Dark_: Grazie. continua a leggere...:)

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Capitolo 11
*** Mi sono preoccupato moltissimo ***


Ciao! Avete passato bene il natale?? Spero di si...

Vi faccio un piccolo regalo :) un nuovo capitolo di The reason of my life è qui postato per voi, un'altra volta...Bene allora in questo cap Bill e Lie sono arrivati a Roma. Bill si ammala e Lie non sa perchè. 

Esce di notte per cercare una farmacia notturna, ma....

Oddio che ansia...Fatemi sapere :( Ho l'acqua alla gola!

Capitolo 16: Mi sono preoccupato moltissimo


La porta si aprì.

Entrò Bill fradicio come un pulcino. Mollai il telefono sul letto e corsi da lui.

Era senza energia, si reggeva appena sulle gambe. Aveva le palpebre mezze socchiuse, le braccia lungo i fianchi e la testa che ciondolava…

Gli levai il cappotto e il berretto. Lo feci stendere sul letto e gli accarezzai il viso.

“Cosa è successo Bill?” chiesi terribilmente preoccupata vedendo che era sporco di sangue e aveva un taglio sulla fronte.

Lui mi sorrise debolmente. Non rispose. Non ne aveva le forze. Crollò lentamente in un lungo sonno.

Questo era un terribile imprevisto. La lettura del testamento era oggi. Se Bill non stava bene sarei dovuta andare da sola. E questo voleva dire lasciare Bill in questo stato da solo…

No, dovevo spostare l’appuntamento con un alta probabilità che questo venisse spostato a dopo capodanno e così non saremmo potuti tornare a casa.

Fissai interdetta Bill e poi il cellulare. Restare con Bill o andare dal notaio?

RESTARE CON BILL!

Afferrai il cellulare. Composi il numero di casa della nonna. Dopo un caloroso saluto mi feci dare il numero del notaio e feci disdire l’appuntamento. Lui lo rimandò al tre di gennaio.

Ora eravamo nella merda fino al collo. Non so quanti soldi avesse con se Bill, se ci bastavano e se quando si fosse svegliato non si fosse arrabbiato. Ma purtroppo il dado era tratto!

Pensare non serviva a niente, dovevo badare al moro e metterlo al caldo.

Mi avvicinai e gli alzai la maglietta per toglierla, ma appena vidi i lividi sul petto mi bloccai immediatamente. Sembrava che l’avessero picchiato. Questo poteva spiegare il sangue.

Gli tolsi la maglietta e Bill rimase a petto nudo. Corsi nell’infermeria dell’hotel per farmi dare del disinfettante. Quando tornai il moro era ancora steso sul letto.

Arrossi lievemente, quando il mio sguardo si soffermò sul suo petto. Mi sedetti al suo fianco e il più delicatamente possibile gli disinfettai la ferita sulla fronte. Per fare questo mi ero dovuta mettere sopra di lui e credo che se si fosse svegliato si sarebbe ritrovato il mio “bel” faccino davanti. Inutile dire che sperai vivamente non aprisse occhio.

Poi feci scorrere la mano sul petto e mi soffermai su di esso. Era così caldo e morbido! Accarezzai con i polpastrelli la sua pelle, saggiandone i lineamenti lievi dei pettorali. Scesi fin giù al tatuaggio a forma di stellina e lo sfiorai appena. Rimasi a fissare ancora a lungo quella stella che mi attirava così tanto! Tentennai ancora e poi mi riscossi. Andai a prendere una maglia pulita nella sua valigia e gliela ficcai addosso.

Non potevo neanche lasciarlo con i pantaloni tutti bagnati. Come avrei fatto a togliergli la cintura? Con le fiamme alle guance avvicinai lentamente le mani e afferrai la fibbia.

Sempre molto lentamente sfilai la cintura dai passanti e l’adagiai ai piedi del letto. Ora toccava la parte più difficile togliergli i pantaloni. Toccavano proprio tutte a me!

Chi di voi non s’incavolerebbe se si svegliasse e trovasse qualcuno che gli sta togliendo i pantaloni? (Bill escluso naturalmente).

Però non potevo lasciarlo in quello stato. Sbuffai arresa e mi arrovellai per risolvere il problema.

Tirando a poco a poco riuscii nel mio intento. Corsi di nuovo alla valigia e presi i pantaloni azzurri dell’adidas (noi fan sappiamo bene quali sono, vero?).

Non immaginavo che mi aspettasse un'altra impresa. Come facevo ad infilargli i vestiti se stava sdraiato?

Mentre cercavo una soluzione la mia attenzione si fermò sui boxer neri e le gambe magrissime. Deglutii piano e mi voltai in preda ad un caldo improvviso.

“Mi puoi dare i miei pantaloni? Li metto da solo. Grazie per esserti presa cura di me…” la voce di Bill era pressoché un sussurro.

Mi voltai e ridiedi i pantaloni al moro.

“Io…Mi dispiace per come mi sono comportata. Non avrei dovuto.”

Lui si sedette e s’infilò i pantaloni in silenzio. Poi mi prese un braccio e mi avvicinò a se. “Non fa niente, ok? Ora voglio solo che tu non te ne vada e che non mi abbandoni. Scusami per come ti ho parlato” disse mentre una piccola lacrima gli rigò il volto.

Per la prima volta lo vedevo piangere.

Accostò la testa al mio petto e io gli accarezzai la testa. “Gli amici non si abbandonano. Soprattutto nel momento del bisogno. Io non ti abbandono, sono qui, vedi?”

Mentre ce ne stavamo fermi così pensavo che anche Bill fosse abbastanza solo, nonostante avesse una famiglia.

Non ebbi il coraggio di parlare per chiedergli di mettersi a letto a dormire. In fondo magari pure lui aveva bisogno di sentire che qualcuno gli stava vicino.


Quella sera mi chiamò Saki. Mi disse che sarebbe arrivato a Fiumicino domani mattina. Mi disse che mia nonna l’aveva informato e aveva preso il primo aereo per Roma. Mi consigliò di provare la febbre a Bill e attendere lui che si sarebbe occupato lui di andare a comperare la tachipirina o quello che gli ci sarebbe servito.

Mi salutò e chiuse la chiamata.

Posi il telefono sul comodino e notai gli occhietti di Bill che mi scrutavano più chiusi che aperti.

Appoggiai una mano sulla sua fronte. Scottava.

“Merda!”

“Che c’è?” chiese preoccupato.

“Credo che tu abbia la febbre…” dissi voltandomi e dirigendomi verso la porta.

“Non lasciarmi…”

Tornai indietro. Gli stampai un bacio sulla fronte. “Vado solo a prendere il termometro. Torno subito!” spiegai prima di correre fuori dalla porta.

Cinque minuti dopo ero già di ritorno. Lui sorrise debolmente.

Scostai il piumone e alzai il braccio di Bill. Posi il termometro sotto la sua ascella (naturalmente sappiamo tutti che è profumata!) e adagiai il braccio del moro.

Mi sdraiai vicino al cantante e tirai un sospiro di sollievo.

“Grazie…”

“Oh ma figurati! Bazzecole!” dissi ridendo.

“Non sto scherzando. Sono davvero colpito dalla tua premura…”

“Tu hai fatto così tanto per me! In qualche modo dovevo pure ripagarti, no?”

“Solo per questo? Se io non ti avessi mai aiutato non ti saresti presa cura di me?”

“Uhm, non saprei. Forse magari mi sarei limitata a chiedere a qualcuno di accorrere e prendersi cura di te. Non conoscendoti magari avresti potuto non volere che un estraneo ti si avvicinasse…”

“Già…”

“Me lo puoi dire perché ti sei ridotto così e sei uscito con la pioggia che c’era?”

“Il motivo c’entra con te e con il motivo del nostro litigio. Per cui non credo che riuscirò a dirti il mio motivo se non mi dici il tuo…”

“Mi dispiace, ma il mio motivo c’entra con te. E non posso dirti il mio finché non mi dici il tuo…”

Scoppiammo a ridere. Avevamo fatto dei discorsi stupidi. Era logico che non ci andava di parlarne così dirottammo la nostra conversazione su qualcos’altro.

“Sono contenta di averti conosciuto. Hai ridato un senso alla mia vita”

Gli occhi struccati di Bill mi fissarono mentre sulle sue labbra si delineò un sorriso. “Anche io…”

In quel momento mentre i nostri visi erano così vicini lo sguardo mi cadeva sulle sue labbra. Ero uno sforzo enorme quello che dovetti fare per trattenermi dal baciarlo.

A salvarmi da quel mio pensiero arrivò uno starnuto di Bill.

“Uh il termometro!” urlai appena mi ricordai che l’avevo lasciato nell’ascella del cantante. (Forte no?)

Mentre Bill si soffiava il naso io guardai la lineetta del mercurio per vedere quanto avesse di febbre.

Strabuzzai gli occhi. Cosa? “Bill hai 39 e mezzo di febbre!”

Lui mi fissò rintontito. “Davvero?” Poi cadde indietro. “Uffi quanto dovrò stare a letto?”

“Se Saki non porta oggi qualcosa per farti scendere la temperatura questa notti ti si alzerà e poi dovremo andare in ospedale!”.

“Ma l’aereo arriva domani!”.

“Vado in farmacia e ti compero una scatola di tachipirine…”.

“Ma devi andare in cerca di una farmacia notturna e no da sola per una città di notte non ti lascio andare…”

“Prova a impedirmelo”.

Bill provò ad alzarsi.

“Ok. Stai giù. Resto con te”. Certo non era vero, ma non potevo fare altrimenti. Dovevo far finta di rimanere.

Appena chiuse occhi mi vestii pesante e mi coprii per bene. Presi gli occhiali e il cappello di Bill così mi avrebbero scambiato per un uomo.

Un ultimo sguardo al moro e poi sgattaiolai fuori dalla porta.

Una volta nell’atrio chiesi all’uomo nella direzione se sapeva per caso se c’era una farmacia notturna. Per fortuna una c’era e anche molto vicina! Ringraziai velocemente e mi precipitai nella notte scura.

Era la prima notte da quando ero stata investita che non uscivo da sola. La sensazione di non avere nessuno al mio fianco mi rese un po’ isterica. Mi tirai sugli occhi il cappellino e a testa bassa segui le indicazione che mi avrebbero portato alla farmacia.

Il vento che mi viene contro mi annebbiava momentaneamente la vista e sbagliai a prendere la via.

Provai a tornare indietro ma sbagliai di nuovo e poi di nuovo. Mi prese l’ansia. Cominciai a girare a vuoto e il cuore mi saltava fuori dal petto. Nemmeno un cane in giro per chiedere dove fosse la farmacia.

Stavo quasi per scoppiare, quando vedi quattro figure venire avanti. “Scusate…Sapete dirmi dove sia…”

Non avrei dovuto parlare!

Erano quattro teppisti malintenzionati. Uno estrasse un coltello e mi pose la lama sul collo. “Shhh! Faremo piano. Così non dovrai urlare…Va bene?”

Il suo alito sapeva da alcolici. Era alto e grosso. Moro e aveva due occhi marroni.

Mi spinse contro il muro.

Un altro mi strappò gli occhiali e il cappello.

“Cazzo state facendo? È solo una ragazza…Lasciatela!” disse il terzo dai capelli biondi.

“Vuoi stare zitto! Ci divertiamo solo un pochino. Tanto è sola e indifesa…” rispose quello con il coltello.

“Appunto demente!”

Il ragazzo alto cominciò a sbottonarmi il cappotto, mentre la mia tranquillità andava per svanire.

Quello che mi aveva strappato gli occhiali, mi tolse anche la sciarpa e cominciò a baciarmi il collo.

Di rimando provai a tirare calci all’impazzata e ad urlare.

Il moro mi mollò per terra e poi mi prese i capelli. “To’ detto di stare in silenzio!” urlò questo puntandomi il coltello sul collo e poi lo spostò più giù verso il seno.

Mi zittii terrificata. Quando mi fu sopra il mio respiro si fece più affannoso. “Brava…” sussurrò questo alzandomi la maglietta.

Il biondo allora provò a saltare addosso al suo compagno, ma quello che era stato in disparte fino ad ora tirò fuori una pistola e gliela puntò addosso. “Che cazzo fai? Fermo li. Si sta divertendo. Non vedi?”

Il moro rise sguaiatamente, poi puntò di nuovo la sua attenzione su di me. Mi strappò la maglia.

E mi tagliò il cordoncino del reggiseno, facendolo cadere di lato. Il freddo mi assalì, come le mani di ghiaccio di quell’uomo che mi stava toccando, che stava violando il mio corpo e la mia intimità.

Cominciò a premere le mani sul seno, ridendo e leccandomi l’orecchio.

Non sazio fece scivolare le mani sul mio corpo fino al pube e mi slacciò la cintura.

Calde lacrime cominciarono a rotolarmi sulle guance.

Eccitato mi sbottonò i pantaloni e li fece scivolare in giù assieme ai miei slip. Sempre più spaventata cominciai a tremare e gemere, implorando almeno di non dover sentire niente.

Il ragazzo biondo urlò di lasciarmi andare, ma le mani ruvide del mio aggressore mi aprirono le gambe e si facevano strada sul mio corpo, nel mio corpo e saggiavano la mia pelle fredda.

Come ultimo passo si abbassò la cerniera per completare la sua opera. Ma una frase ruppe il silenzio. “Ora dammi un bacio…” disse avvicinandosi.

Provai a divincolarmi, ma lui era più pesante sul mio corpo. Riuscii solo a liberare i polsi e a regalargli due pugnetti, prima che me li bloccasse.

Questa mossa però gli costò la presa del coltello. “Quanto sei cattiva! Punizione…”

Con rabbia si avventò su di me, per massacrare la mia verginità.

Ma successe una cosa, che mi cambiò la vita.

Il biondo diede un calcio al braccio del suo compagno armato e la pistola volò lontano. Poi con un balzo afferrò il coltello e lo puntò alla gola di quello che mi stava sopra.

Colsi il momento per andare a raccogliere la pistola.

Appena raccolta la puntai sul ragazzo che mi aveva strappato gli occhiali.

“Attenta!” urlò il biondo, ma fu troppo tardi.

Il ragazzo che possedeva la pistola mi aveva immobilizzato da dietro.

“Butta a terra il coltello o uccido la ragazza!”

Il biondo estrasse un telefonino. “Mollala o chiamo la polizia!”

Il ragazzo per tutta risposta mi toccò il seno.

Il biondo allora fece segno di mollare il coltello e il ragazzo che mi teneva prigioniera allento la presa.

Quel piccolo spiraglio di libertà mi permise di assestargli un calcio tra i suoi gioielli di famiglia, mentre il biondo colpì alla nuca quello che aveva sotto tiro e stese quell’altro che rimaneva con un’abile mossa di karate.

“Come stai? Hai bisogno di vestiti” asserì vedendomi infreddolita e mezza svestita.

“Ehm si…”

Lui si tolse il suo maglione rimanendo in camicia. Lo indossai in fretta. Poi mi rimisi i miei pantaloni, il mio cappotto, il cappello e gli occhiali.

“Mi dispiace davvero. Non avrei immaginato che potessero arrivare a questo punto. Ti piacciono vestiti da uomo?” disse guardando gli oggetti che stringeva in mano.

“Sono del mio amico che sta male in albergo, per quello ero qui. Ero uscita per cercare la farmacia…”

“Io so dov’è…Se vuoi ti accompagno”.

Lo guardai sospettosa. Mi dovevo fidare? Lui faceva parte di quella banda. Però mi aveva salvato.

Decisi di fidarmi in parte. Gli sarei stata a distanza.

“Sarebbe davvero gentile da parte tua…”

“Aspetta però”. Prese il cellulare, chiamò la polizia, diede l’indirizzo in cui ci trovavamo e disse che vi erano tre uomini armati in mezzo ad una via.

Attendemmo che arrivasse la volante e lasciammo nelle mani dei tre la pistola e il coltello, rispondemmo a qualche domanda tralasciando l'aggressione e poi ce ne andammo.

Il biondo mi portò fino alla farmacia, in seguito fino all’albergo.

“Grazie di tutto. Sei sicuro di non voler salire?”

“Certo. Non sono un uomo di cui fidarsi. Non voglio portarti guai. Fai come se non ci fossimo mai conosciuti, ok?”

“E il maglione?”

“Puoi tenerlo oppure lascialo fuori dalla porta domattina. Me lo verrò a prendere”.

“Come farai a sapere?”.

“Non ti preoccupare tu fallo e poi non lo vedrai più”.

“D’accordo”.

“Il tuo amico, è più di un amico?” domandò.

Io sorrisi. “Si,molto di più”.

“Peccato. Addio. Digli che è fortunato ad averti al suo fianco”

“È lui che è al mio fianco! Addio”

Il biondo sorridendo scomparve nel buio della notte.

Mi voltai e entrai. Corsi su per le scale e entrai nella mia stanza nel buio totale. Tirai un sospiro di sollievo, era tutto finito!

Due braccia mi avvolsero da dietro e mi misero al caldo. Dal tocco lieve capii che era Bill.

Ma che voleva fare? Mi stringeva al suo petto e sentivo il suo respiro caldo sul collo.

Mi spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e appoggiò la sua testa alla mia. La sua guancia sfiorò la mia e sentii che era bollente.

“Bill…”

“Non farlo mai più…Mi sono preoccupato tantissimo” sussurrò baciandomi l’angolo della bocca.

“Bill non dovresti fare così. Due amici non si comportano come stiamo facendo noi!”

Bill si ritrasse subito. Accesi la luce immediatamente. La verità era che se Bill mi stringeva così io rischiavo di morire sul colpo!

Mi bastò un attimo per capire perché Bill aveva osato tanto. Era in preda al delirio.

Mentre io ero via la febbre gli si era alzata.

Impresa eroica 2: spostare il colosso alto ben 1 e 83 nel suo letto.

Per fortuna pesava poco e si lasciò trascinare.

Lo feci sdraiare e gli provai la febbre. 40 e 2.

Senza pensarci due volte gli feci ingoiare una compressa e lo rimboccai per bene.

Finito il lavoro sbadigliai esausta. Allora mi misi il pigiama.

Però dove dormire? Ma si potevo dormire con Bill così lo controllavo per qualche esigenza improvvisa.

Deciso m’infilai sotto le coperte e mi accostai alla schiena del moro. Appoggiai una mano sul suo fianco e affondai la testa nei suoi capelli che sapevano un odore fantastico di shampoo.

Non mi accorsi nemmeno di crollare in un dolce sonno.


Quella mattina quando aprii gli occhi la mia posizione era cambiata. Avevo la testa…avevo la testa…avevo la testa sul petto di Bill!!!!! E…e…e Bill un braccio sulla mia spalla.

Alzai scombussolata la testa e con i capelli tutti scompigliati che mi coprivano la visuale fissai un Bill tranquillo che dormiva. Spostai la sua mano dalla mia spalla, l’adagiai pianissimo sul piumone e strisciai giù dal letto.

Con il terrore che la febbre non fosse scesa recuperai il termometro per verificare quanto aveva questa mattina.

Attesi cinque minuti, che sembravano ore. Ripresi il termometro e constatai che era stabile su 39 e mezzo. Non andava per niente bene, ma era meglio di ieri.

Sbuffai. Misi sotto sopra la valigia per cercare qualcosa da mettermi e quando trovai un paio di jeans e una maglietta nera con una grande stella fatta di lustrini ringraziai la buona anima che me li aveva messi in valigia.

Entrai in bagno e sorrisi sfuggevole allo specchio dove vidi il mio orrendo ritratto.

Non volevo osservarmi. Mi venivano in mente troppi brutti ricordi della sera prima.

Presi il pettine e spazzolai i capelli per distrarmi. Poi presi la matita e mi misi un leggero filo di trucco. Costretta a specchiarmi in quella sottile lastra di vetro mi avvicinai a testa bassa. Alzai gli occhi e quello che vidi mi piacque.

Per essere la prima volta che badavo al mio aspetto da sola me l’ero cavata.

La paura della sera prima sembrava più lontana, forse per quella piccola vittoria o perché nell'altra stanza c'era Bill?


Ringraziamenti: 

NICEGIRL: Grazie per aver continuato a leggere fino a qui. Di solito se una storia annoia non si va avanti a leggerla. 
Mi dispiace di aver creato un inizio troppo comune: il problema è che non avendo internet non sapevo bene come fare queste storie, la mia amica me ne aveva parlato e ho provato, ma ora mi sono migliorata nello scrivere per cui la qualità dei capitoli è differente! 
Si vede moltissimo il passaggio lo so...Scusami ancora.

 Layla the punkprincess:  Mi dispiace dirtelo, ma non si chiariscono come si nota in questo capitolo...C'è solo un piccolo avvicinamento dettato dal fatto che Bill sta male. Il bello sta proprio in questo, nel loro scontro-amore. continua a leggere perchè non è finita. C'è dell'altro e molto bello! In ogni caso buon fine anno...vorrei andare a pari passo con la storia temporale ma sarà difficile per cui non ti lascierò il gusto di leggerti a capodanno il loro capodanno, che tra laltro è stupendo. Ma non posso dirti niente!! Baci baci :)


Angeli neri:  Devo ancora capire io da che parte sto!  Secondo me tutti e due li hanno torto...
Bill impiccione e Lie permalosa...un pochino come me :)
bah cmq  questo capitolo è stato triste e da sciogliersi allo stesso tempo.
Bill è tenerissimo, e sexy da, morire! Stanotte me lo sono pure sognata, solo che parlava delle sue tendenze sessuali...-_- povera me.

Oddio le cose si fanno difficili nei prossimi capitoli :( Bill sta male e Lie è preoccupatissima! leggi leggi...Baci Baci :)

 


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Capitolo 12
*** Fuori di qui! ***


Ciao eccomi ritornata con questa storia :) Spero ci sia abbastanza da leggere e vi piaccia. Le cose si complicano un po' in questo capitolo. Non è semplice trovarsi in un paese lontano e stare male. In fondo al capitolo Tom non si dimentica Bill, è solo distratto dalla bellezza di Erika, ma ci tiene a Bill.

Scusate per gli immensi ritardi, le pause ecc, ma la scuola mi tormenta e quando accendo il computer dovrei sistemare tutta la storia perchè è stata scritta in modo assurdo! Mi accorgo solo ora che l'ho scritta totalmente a caso. Inoltre spesso la storia sembra annoiare con punti morti.

Ecco, quindi se potete leggere questo capitolo è solo grazie ad una rivisitazione e unione di tre capitoli! Non avrei mai immaginato un lavoro così assurdo.

In ogni caso ringrazio le persone fantastiche che seguono questa storia e spero di non deluderle proprio ora, che la storia si fa più bella.


Voglio regalarvi anche un'anticipazione, per le prossime puntate!

Bill e Lie avranno una discussione alquanto particolare, mentre Tom avrà un cambio di ormoni improvviso lasciando perplessa Erika. Ma l'evento più eclatante dei prossimi capitoli è il primo bacio tra la coppia Bill-Lie!!!!!


Per questo vi aspetto numerosi nelle prossime puntate :) hahahah :) buona lettura!



Capitolo 18: Fuori di qui!


Il maglione di ieri notte faceva mostra di sé sul letto rimboccato di Bill, dove per la stanchezza l’avevo lasciato, prima di crollare in dolci sogni tormentati.

Tentennavo ancora a credere che la fortuna fosse stata così buona con me. Mi aveva salvato la mia intimità e soprattutto la vita. Se quell'uomo avesse violato il mio corpo, non sarei più stata in grado di trovare la sessualità una cosa normale e piacevole.

Dovevo ringraziare quel ragazzo, così avventato, ma così gentile che mi aveva permesso di avere una nuova possibilità. Mi chiedevo, però, dove potesse essere finito, quando lo lasciai fuori dall'hotel.

Raccolsi il maglione e lo piegai con cura. Chi mi aveva salvato avrebbe meritato anche un lavaggio del maglione, ma non avevo soldi a sufficienza. A malincuore aprii la porta della stanza e senza farmi vedere lo adagiai proprio davanti all'uscio. Proprio come mi era stato chiesto nelle indicazioni, anche se ancora non capivo come avrebbe fatto a sapere in quale camera stavo.

Ritornai nel letto con Bill e appoggiai la testa sul suo petto fissando il soffitto. Sentii il suo cuore gonfiare il petto e poi sgonfiarsi.

Sapevo che mi avrebbe chiesto che fine avevo fatto ieri notte, ne ero sicura e allora avrei dovuto raccontare tutto.

“Servizio in camera…” una voce urlò da dietro la porta.

Ma io non avevo chiesto nessun servizio in camera. “Ehm si avanti…” dissi fissando la porta accigliata.

Entrò un giovane con un cappello, con la visiera, tirato sugli occhi.

“Non sapevo che i signori erano ancora a letto. Scusi il disturbo”.

L’avevo già sentita questa voce. Ehi un attimo! “Aspetti…” Mi alzai di colpo e andai verso di lui.

Il ragazzo nascose la testa tra le spalle.

Gli tolsi il cappellino e apparve il ragazzo di ieri notte. “Lo sapevo! Ti ho riconosciuto dalla voce!”

“Sto lavorando…”

La rabbia mi salì fino a bruciare la gola. Lui sapeva tutto, lui era la causa di tutto! “Tu lavori qui?”. Era una domanda retorica.

La sua risposta arrivò in un sussurro flebile, ma la mia rabbia non voleva sciamare. L'amarezza che mi travolse era troppo forte da domare: lui era il colpevole.

“Per questo sapevi che avevo una stanza con Bill Kaulitz e per questo mi hai detto di lasciare il maglione fuori dalla porta perchè sapevi in che stanza alloggiavo” sbottai con le guance in fiamme.

Strinsi i pugni, non riuscivo a sbollire. “Tu hai detto ai tuoi amici che stavo uscendo. Mi hai mandato in pasto a quei amichetti malviventi”.

Gli occhi del ragazzo si intrecciarono ai miei. Erano lucidi dalla paura, dalla colpevolezza. “No no ti posso spiegare” mi implorò facendo un passo avanti a mani scoperte. Voleva mostrarmi che non poteva farmi del male.

“Ma ti rendi conto di ciò che ho passato?” domandai scaraventandomi contro il suo petto e cominciando a dargli dei pugni troppo deboli per fargli del male. Tuttavia lui non mi fermò; lasciò che io mi sfogassi. “Bastardo!” urlai scoppiando in un pianto esasperato, frustato.

Ma mentre la disperazione si impossessava di me due mani mi afferrarono i polsi e mi bloccarono.

Le lacrime smisero di rotolare sul viso.

L'abbraccio, in cui mi strinsero le braccia del mio protettore, mi ammutolì. Non avevo più voglia di urlare e piangere. Avrei solo voluto chiudere gli occhi e addormentarmi con il profumo famigliare che adoravo.

“Fuori di qui…” ordinò Bill, stringendomi più forte.

Il ragazzo esitò sulla porta.

Bill notando la sua esitazione mi spostò dietro la sua schiena per proteggermi. “Ho detto fuori di QUI! Non dirò a nessuno ciò che è successo. Basta che te ne vai immediatamente!”

“Ok. Però volevo solo precisare un cosa. Io avevo detto ai miei amici solo che eri una buona preda per spillarti un po’ di soldi. Loro quando ti hanno vista hanno pensato di andare oltre. Non pensavo sarebbe andata così, te lo posso giurare. E comunque a te Bill volevo dire che sei fortunato ad avere lei…Proteggila come meglio puoi”.

“Non c’è bisogno che me lo dica tu. Lo so già da me…E se tanto ci tieni al suo bene esci da quella porta. È l’ultima volta che te lo ripeto…”

Il ragazzo se ne andò di fretta chiudendo la porta.

Non avevo mai visto Bill così incazzato. Però so che grazie a lui ora ero in salvo. Mi piaceva sapere che quando serviva sapeva tirare fuori il suo caratterino e farsi rispettare. E tutto per me!

Non so dove trovò la forza di alzarmi in braccio e mettermi a letto primo perché era ammalato e aveva la febbre, secondo perché è sempre stato magro e privo di muscoli.

Comunque riuscì benissimo nel suo intento e quando fummo sdraiati uno accanto all’altro ci addormentammo contemporaneamente.


Quello stesso pomeriggio arrivò Saki. Ci fu di grandissimo aiuto. Già perché io non avevo le forze per badare a Bill. Ero ancora sconvolta dalla notizia della mattina. Fu lui, quindi, che ci fece le valigie, vestì Bill il più pesante possibile, ci trascinò fuori dalla stanza, consegnò le chiavi alla direzione, pagò e ci caricò insieme alle valigie nell’auto della casa discografica e ci portò a casa di mia nonna.

Non riuscivo ancora a credere che facesse tutte queste cose solo per Bill. Certo era pagato per questo, ma aveva una confidenza con il cantante dei Tokio Hotel che mi strabiliò.

Di conseguenza Bill si fidava ciecamente di lui.

La porta chiusa con il chiavistello si aprì lentamente. Una testolina ricca di capelli bianchi spuntò da dietro di essa e ne riconobbi mia nonna.

Lei non mi riconobbe. Soffriva della più triste malattia degli anziani: l'oblio, cioè quel processo che porta il cervello umano in decadimento.

“Chi siete? Che volete?” urlò grintosa, ma in fondo preoccupata.

“Sono io nonna. Lie. La figlia di tuo figlio Giorgio. Quello scapestrato che si è sposato con una tedesca…”

“Giorgio? Ah si! Scusa tesoro entra” disse la nonna togliendo il chiavistello e ci fece entrare.

La nonna mostrò uno dei suoi migliori sorrisi, le piaceva che le facessi visita. Ma quando vide i capelli di Bill che avevano le meches si immobilizzò come se avesse visto un mostro.

“Povero ragazzo ha già i capelli bianchi!”

Alle sue parole trattenei un sorriso. “No, nonna! Sono meches, sono colorati di bianco!”

“Sono che? Mucche? Sei sicura? Non sono gli animali le mucche? Quelle con le mammelle e che fanno il latte? E poi perché dovrebbe portare delle mucche in testa?”

Portai una mano alla bocca improvvisamente, per evitare una risata isterica.

“Ehm no, nonna. Sono ciocche tinte!”

La nonna continuò a ispezionare Bill, come se non fosse del tutto sicura. “Ah!! Tinte! Ma perchè sono tinte?” esordì ripiombando dell'incomprensione.

La guardai, per vedere se stava scherzando. Sembrava non capisse davvero perchè avesse i capelli tinti. “Perché le voleva tinte??”

La nonna produsse un lungo suono a bocca aperta. “Che ragazza astuta, tesoro!”

“Grazie, nonna” risposi io molto perplessa.

La nonna allora chiuse la porta tutta contenta, quasi saltellando. “E dove lo mettiamo il ragazzo tinto?”

Pensai un attimo alla struttura della casa e proposi di spedire Bill in salotto.

“No, tesoro. Se il tuo amico ha quella faccia così bianca non potrà di certo superare la notte da solo. Devi seguirlo tu, quindi dormirà con te nella camera degli ospiti”

“Aaaaaah già, E' vero che sbadata!” E ora? Non posso stare così vicino a Bill. “Ma lui è un ragazzo nonna. Avrà bisogno della sua intimità”.

Le mani della nonna si mossero in segno di protesta. “Non dire barbaggianate cucciola. Il cielo oggi è azzurro”. Questa frase segnava la fine della discussione. Quando nonna Elsa proclamava quell'assurda affermazione voleva dire che non si doveva perdere tempo in chiacchiere, il cielo era azzurro e ci attendeva una giornata fuori porta.

Tra me e me pensai che il destino doveva proprio essere un gran bastardo.

Così deciso, Bill fu sistemato nella mia stanza, che era quella degli ospiti arredata per le feste di natale e pasqua dove con mamma e papà venivamo a trovarla.

Buttai la valigia sul letto e stravolta mi ci stesi accanto. Quando sarebbe finito questo incubo? Non sapevo ancora come era morta mia mamma. Dovevo attendere cinque giorni prima di leggere il testamento e quindi cinque giorni sarebbe stato il tempo che avrei dovuto passare con Bill. Il tempo in cui avrò maggior possibilità di impazzire.

“Lie…” mi chiamò piano Bill prima di rovesciare sul pavimento tutto il contenuto del suo stomaco.

“Oh mio dio! Bill!” Gli presi alla svelta un braccio e lo portai in bagno. Lui si accasciò sulla tazza del water e vomitò di nuovo, tra vari fastidiosi conati.

“Saki!!!!” urlai, nella disperazione. Cercavo di tenerlo alto, perché si era indebolito molto da quando avevamo lasciato l’albergo.

Avevo la vaga impressione che la febbre gli si fosse alzata.

Con questo terribile pensiero gli levai il cappello e gli baciai delicatamente la testa. “Ehi sono qui. Va tutto bene”. In questi momenti non potevo certamente fare l'indifferente.

Saki arrivò alle mie spalle. “Tienilo li e aspetta che non abbia più conati di vomito”.

Dovetti resistere per astenermi dal imitare Bill accasciato sulla tazza. La situazione non mi piaceva per niente.

Saki strappò dei quadrettini di carta igienica e gli pulì la bocca. “Tutto bene Bill?”

Lo strinsi forte e appoggiai il mento sulla sua testa.

“Si”, ma non fece in tempo a finire che vomitò di nuovo.

Saki fece in tempo a scansarsi per un pelo. “Cazzo se gli sale la febbre dobbiamo andare in ospedale”.

“No. In ospedale no Saki!” Bill con il volto cereo si aggrappava ai miei vestiti, cencando un appiglio sicuro per rialzarsi.

“Vedi di guarire in fretta allora! Lie ti farà da infermiera personale”.

L'immagine mia vestita da crocerossina sexy mi fece arrossire brutalmente.

Bill vomitò per l’ultima volta, cancellando ogni fumetto allusivo sulla mia testa.

Riportammo il malato nel lettone accanto al mio e Saki gli ficcò il termometro sotto l’ascella, mentre io appoggiai una mano sulla sua fronte. Scottava.

“Se non migliora l’unica soluzione è portarlo all’ospedale” asserì serio Saki.

Accarezzai la pelle morbida del suo volto, fissando assorta l'espressione tranquilla di un ragazzo come tutti quelli della sua età che dorme.

Solo che lui per me era di più, era speciale.


Tom. Germania.

“Ehi, dove ho messo il sale?” domandò Simone con la testa praticamente dentro la credenza.

“Mamma è qui” dissi io stringendo la confezione di sale.

Mia mamma mi guardò sbuffando. “Grazie caro” disse allungando la mano per prendere la confezione, ma io la allontanai.

“No, stavolta lascia che cucini io”

“Tom, per l’amor di Dio! Dammi il sale e fila a giocare con la Play Station!”

“Mamma per favore! Non sono un bambino!”

Simone roteò gli occhi. “Tesoro l’hai fatto fino a ieri”

“Oggi è un altro giorno, no? Lo dice sempre Bill!”

“Bill è Bill. Tu sei Tu. Sei speciale per come sei. Non devi fare ciò che fa lui”.

“Sempre con la stessa storia. Fidati per una volta. Sono capace di fare tutto da solo senza fare danni. Vedi qualcosa di diverso da lui ce l’ho”.

“Quanto sei sciocchino! Va bene cucina te. Per stavolta chiudo un occhio”. Appoggiò la confezione sul tavolo.

Ma quando stava per uscire dalla cucina, disse: “Sono tua mamma, Tom. Non mi sfugge niente. Erika ne sarà contenta”.

Come faceva a sapere che volevo cucinare per Erika? Mia mamma era proprio un grande mamma. Poprio mentre mi stavo mettendo un groppo grembiule, una strana sensazione mi prese lo stomaco. Mi sembrava che mi si dovesse rovesciare tutto. Mi sentivo l'odore del vomito in gola.

Pensai che dovesse essere successo qualcosa a Bill. Era da ieri che mi sentivo molto strano. Come accaldato e privato delle mie solite energie.

La vibrazione del cellulare mi avvertì che mi era arrivato un messaggio. Premetti ok per leggerlo e vidi che era di Erika. Una sola frase. Bill ha la febbre e sta male, molto male.

Questo spiegava tutto. E mi fece ancora più effetto quando sentii per la seconda volta lo stomaco rivoltarsi. Bill fratellino mio! Ora più che mai avrei voluto stargli vicino.

Poi sembrò che tutto si fosse tranquillizzato. Mi appostai alla tavola della cucina trattenendo una mano sulla pancia. Come se mi aspettassi d’improvviso un altro conato di vomito.

Niente.

Avevo la faccia contratta pronto a superare un conato che non arrivò mai.

La porta della cucina si aprì. Entrò Erika, lasciando la borsa sul tavolo. Non si era accorta della mia cera.

La bionda aveva ancora il cappotto addosso, la sciarpa colorata le avvolgeva il suo bellissimo collo e alla testa aveva un berretto rosso con un grosso pon-pon bianco. La ventata di semplicità e allegria che mi colpiva ogni qual volta la vedevo e le parlavo era sempre un tocca sana per il mio animo.

Era come la tipica ragazza di periferia della porta accanto, quella che al mattino si alza in ritardo prende al volo una fatta di pane, si mette di fratta il primo maglione che trova nel cassettone e esce tutta trafelata per correre in metropolitana. Quella che si stringe nel suo cappotto e ti sorride con quell’aria da ragazza felice, che va avanti giorno dopo giorno con il suo sogno nel cassetto.

“Tom, mi sei mancato!”

“Erika, aspetta. Credo sia successo qualcosa a Bill”.

Simone arrivò in cucina con il telefono in mano. “Li chiamo io, tu vai a sdraiarti che sembri un morto vivente” disse, mentre mi faceva l’occhiolino.

Io le risposi con un altrettanto elegante occhiolino e seguii Erika che mi trascinò su dalle scale.

Mi accompagnò per mano in camera mia e appena entrata chiuse la porta. Mi prese il viso tra le mani. “Ora ti riposi un po' mi raccomando. Hai una faccia orribile”.

I miei occhi incrociarono i suoi. Per un attimo mi sentii perso. La presi per i fianchi e l’avvicinai a me.

Senza distogliere lo sguardo dal mio afferrò la visiera del mio berretto e me lo levò dal capo molto lentamente per poi lasciarlo cadere sul pavimento. Mi ritrovai le sue labbra sulle mie senza neanche il tempo di fiatare.

Davvero era tutto così assurdo, come in una gran favola. Non provavo il gusto irrefrenabile di gettarla sul letto, ma di continuare a sfiorarla come la cosa più cara che hai al mondo e hai paura di romperla o ferirla. Erika era molto speciale per me e non mi sarei mai permesso di farle del male. Questo, lei, credo l’avesse capito.

Con lei era diverso. Tutto dal bacio ad una carezza avevano un altro significato. Diventava una dimostrazione di affetto, una dimostrazione di tutto l’amore che provavo. Non erano più gesti vuoti, ogni parola aveva un senso e non era spesa al vento. Nel suo insieme c’era un qualcosa di profondo che legava le parole all’amore. E poi lei era la prima persona ad avermi strappato dalle labbra un “ti amo”.

Mi riprese per mano e andammo a sdraiarci sul letto. Dolcemente le sbottonai il cappotto, mentre lei rimase ferma a fissarmi. Analizzava ogni mia mossa.

Lo lasciai cadere a terra. Afferrai la sciarpa con i denti e la tolsi con uno scatto veloce.

“Il berretto, no?” disse ridendo.

Io lo presi dal pon-pon, poi le mie mani si impossessarono dei suoi capelli e non ci fu via di scampo. Quando mi ritrassi era un campo di battaglia vissuto.

Erika rise con tutti i capelli sugli occhi. Era carina pure così. Sbuffò e i capelli le si alzarono.

Scoppiai a ridere.

Mi guardò storto e afferrando il cuscino me lo buttò in faccia. “Quanto sei cretino!”

Mi alzai e mi visi sopra di lei. Le scostai una ciocca di capelli dagli occhi e la baciai.

Lei rispose al bacio.

Così rimanemmo a baciarci e a parlare senza sosta. L’importante era stare con lei. Null’altro contava.

Risposte a Recensioni. (dall'autrice più svalvolata che c'è).

memo: si l'ho continuata visto? Scusa per il ritardo però! 

Lena 9: Sono contanta ti piaccia :) Spero non ti stancherai a leggere questo capitolone! 

Layla: mmmm...le apparenze ingannano purtroppo...se leggerai questo capitolo vedrai che la bontà del giovane non è stata quello che ci si sarebbe aspettati, però in ogni caso ci si può sempre rendere conto di aver sbagliato. Cosa che il giovane farà sicuramente. Bill con la febbre è  bellissimo, nonostante la faccina spettrale XD povero, speriamo non la prenda sul serio in realtà! Ciao ciao e grazie :) 






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Capitolo 13
*** Perché a te da fastidio che mi occupi di te? ***


Eccomi!!!!! È passato pochissimo e sono già qui a recensire con un CIAU enorme! E questo perchè ho capito che mi mancate si :) Non vedevo l'ora di farvi sgolosare con la scena del bacio hehehe avete capito bene! Il bacio è in questo capitolo! Ma non andate a sbirciare perchè vi rovinereste la sorpresa.


Spero, però, che abbiate un po' di tempo per ascoltarmi 5 minuti. Credo che per scusarsi non sia mai troppo tardi. Scusate! Mi dispiace di aver minacciato di togliere questa storia. Sono stata immatura. Sono qui a chiedervi perdono, per essere stata egoista, non sono stata gentile con voi. Una cosa che ho capito è che una bella storia non dipende dal numero di recensioni, ma ognuno ha i propri gusti e di conseguenza può preferire una storia rispetto ad un altra! Invece di mettermi a ragionare sulle colpe che avevo io, ho cominciato a pensare che la colpa fosse del periodo, ecc.

In questo periodo ho conosciuto gente meravigliosa che mi ha portato ad aprire la mia mente. Avete presente la scena del film “Attimo fuggente”? Ecco la mia professoressa di psicologia ci ha permesso di salire sui nostri banchi chiedendoci di ricordare che dobbiamo tenere conto dei punti di vista altrui. Credo che tutte abbiate avuto la possibilità di guardare a testa in giù, di roteare e vedere il mondo cambiare sotto i vostri occhi, e vi dico che vedere tutta la classe in piedi sui banchi, mi ha sconvolto. Mi ha sconfitto. Ho capito di aver sbagliato tutto!

Per questo vi chiedo se c'è posto in voi per perdonarmi. Per questo vi dico che se volete mi potete trovare su Facebook, mi chiamo Martina Ferro frequento il liceo scientifico Enrico Medi di verone e ho capelli castani. Se mi cercate dovreste trovarmi. Su netlog mi chiamo _marty_smarties_ ,oppure se volete mi potete anche mandare e-mail a: bibismarty.shine@hotmail.it.

Non so che altri modi per contattarmi darvi. In ogni caso sono disponibile a raccogliere le vostre idee e critiche dove volete! Mi farebbe piacere conoscervi!

È un periodo non facile, con i miei che litigano e a me logicamente mi tocca sempre mangiare da sola come un cane, in messo a una rissa in cui non c'entro nulla e non riesco mai a placare gli animi. Inutile provare a fargli capire che il dialogo serve a risanare molte cose. Così mi sono rifugiata a leggere le vecchie speranze gettate su questa storia, i sogni e la gioia di fare un percorso di crescita. Vi sto facendo leggere questo percorso sperando di regalarvi tutte le emozioni che avete sempre sognato!


Anticipo: iniziano i preparativi per l'ultimo dell'anno a casa di nonna Elsa e Bill e Lie decidono di andare a fare shopping, dopo che Bill logicamente si sente molto meglio! E una passeggiata al parco non può mancare. Scena hot, in doccia! Ma la cosa più bella ve lo annuncio sarà lo scoccare di mezzanotte. Cosa succederà???

Domanda: Ma voi spaete come fare a vedere quanti vi aggiungono la storia tra le preferite??


Capitolo 20:

Perché a te da fastidio che mi occupi di te?

Bill. Roma.

Lie mi accarezzava i capelli assorta nei suoi pensieri, tanto che non si era accorta che la stavo guardando.

Ehi” sussurrai debolmente.

Lei si volse di scatto e mi rivolse un ampio sorriso. “Sono contenta che ti sia svegliato. Ti aspettavo. Vuoi da bere per la voce?” mi disse con un tono così dolce e delicato, che il cuore cominciò a battere fuori controllo.

Scossi la testa. “Vorrei solo che tu rimanessi qui” asserii toccando la sua piccola mano.


Lie. Roma

Io non gli piaccio!” Avevo detto io a Erika e lei mi aveva risposto con un'altra domanda. “Sei sicura?” Cosa avrà voluto dire? Che davvero lui provasse qualcosa per me? In effetti Bill si era sempre comportato in modo strano. Come se gli piacesse entrare in contatto fisico con me. Si certo anch’io, visto che gli avevo fatto l’analisi del petto mentre dormiva e mi stavo divertendo a toccargli i capelli.

Vorrei solo che tu rimanessi qui. Quella frase che significava?

Bill mi circondò la vita con un braccio e strusciò ad un palmo da me. Ehi no, no, no, brutto polipone stai fermo! Lie pensa a qualcosa per distrarlo!

Stai meglio ora?” sbottai.

Si, molto meglio. Credo che stia bene anche Tom, perché mi sento felice”.

Sorpresa lo guardai negli occhi. “Siete così tanto legati da sentire tutti i vostri stati d’animo anche a chilometri di distanza?”.

Lui fissò il soffitto. “Per me è una cosa normale. Ho condiviso tutto con mio fratello fin da piccino nella pancia della mamma, sin a ora. Ogni mio dolore era un suo dolore. Ogni suo sorriso era il mio sorriso. Io sono lui e lui è me. Una stessa cosa. Se uno di noi due dovesse morire l’altro ne morirebbe dal dolore. Sarebbe come perdere un pezzo di me o un pezzo della mia anima. Diventerebbe impossibile vivere”.

Ma allora come farete quando sarete vecchi? Qualcuno morirà prima dell’altro no?”

Lui mi guardò e mi sorrise. “C’è tempo per quello no? Abbiamo tutta una vita e spero nessuno soffrirà troppo”.

Mi persi nei suoi occhi color nocciola. “Ehm, si, credo si possa, si, si insomma, beh se, si, no dai” balbettai senza capire cosa dicevo.

Bill rise, senza melodia.

Arrossii e gli schiacciai la faccia sul lenzuolo. “Brutta palla ricciosa!”

Bill cominciò a battere le mani come uno che non sa nuotare in una piscina olimpionica.

Questa volta ridevo io. “Hahaha! Sei ridicolo quando annaspi” rimbeccai piegandomi su me stessa dalle risate.

Bill, che nel frattempo era stato liberato, mi guardò arrabbiato. “Brutta scimmia pelata!”.

Mi bloccai improvvisamente toccandomi capelli; solo quando mi accorsi che era una stupida presa in giro gli feci la linguaccia.

È mattina?” chiese Bill improvvisamente.

Si. La mattina del trenta. Domani è l’ultimo dell’anno. E se non guarisci dobbiamo passare capodanno qui con la nonna Elsa. ”

Ah si, tua nonna. Ma cosa vi siete detti? Avete parlato italiano. Io non capivo”.

Uh, hai ragione. Niente di interessante. Solo che non capiva perché avessi i capelli così”

Così…come scusa?” domandò alzando il sopracciglio con il piercing.

Credeva avessi i capelli bianchi”.

Lui mi fissò un attimo. Accennai un sorriso e lui scoppiò a ridere. “Capelli bianchi?”

Mi venne da ridere, nel vederlo ridere. “Si e poi le ho detto che si chiamano meches e lei ha capito mucche”.

Oh mein Gott! Mucche?”

Io annuii e lui riscoppiò a ridere.

Peccato tua nonna non parli tedesco, sarebbe simpatica”.

Be’ non ti perdi niente. Le devo ripetere le cose mille volte perché le dimentica subito. Non so come si faccia a farla vivere da sola”.

Bill mi prese la mano. “Portiamola via con noi!”

Oh no! Lei è legata alla sua città e in una nazione con una lingua completamente diversa sarebbe come ucciderla”.

Bill corrugò la fronte. “Vero. E nessuno si può prendere cura di lei?”

Purtroppo non ho i soldi per pagarle un ricovero per anziani”.

Bill gonfiò il petto poggiando una mano sul petto. “Ma ce li metto io!”.

Non saprei. Dovrei chiederle. Anche lei però mi sembra piuttosto terrorizzata per paura di lasciare il gas acceso o dimenticare semplicemente la porta di casa aperta. Però non vorrei causarti problemi”.

Ma no figurati. Rinuncerò a qualche mio sfizio e mandiamo la nonna allo ospizio…visto ho fatto pure rima!”

Che scemo che sei!” dissi dandogli una pacca sul braccio.

Ehm, dov’è il bagno?” domandò piano come se fosse una cosa proibita.

Devi andare in bagno?”

Lui annuì. Mi alzai dal letto e lo aiutai ad alzarsi. Credo che avesse dei giramenti, perché barcollò sulle gambe esili e allora risolvetti la situazione facendo passare il suo braccio attorno alle mie spalle.

Uscimmo dalla stanza e attraversammo tutto il corridoio fino a che non arrivammo davanti alla porta del bagno. “Ti devo lasciare qui. Oltre non vengo”.

Lui sorrise. “Se vuoi…”.

Mi cadde la mandibola. An, pure! Questa sfacciataggine di Bill mi era completamente nuova. “Dai muoviti e non dire scemenze”.

Bill mi strizzò l’occhio e entrò in bagno chiudendo la porta dietro di se.

Non riuscivo ancora a credere che tra me e Bill si era instaurato questo rapporto d’amicizia. Però avrei tanto voluto diventasse qualcosa di più.

Un tonfo.

Proveniva all’interno del bagno.

Bussai preoccupata. “Bill?”

Oh merda vieni dentro” urlò.

Aprii la porta e vidi che la canna della doccia era rovesciata per terra e che spruzzava acqua su tutto il pavimento. E li vicino Bill a terra che si massaggiava la nuca.

Corsi a chiudere il rubinetto della doccia. Ma il danno era fatto. Il bagno era allagato (non acqua da venti centimetri, ma ha fatto delle chiazze d'acqua).

Bill! Ne combini una al minuto!” protestai.

Lui mi guardò con una faccina dispiaciuta. “Ho avuto un giramento. Sono caduto e sono andato a sbattere e ho aperto il rubinetto per sbaglio”.

Ti devo legare perché tu non abbia la possibilità di fare danni ogni volta che ti muovi?”

Era rammaricato.

Stavo scherzando! Se non ci fossi te a rallegrarmi chi ci sarebbe?!?”

Il moro ora sembrava più sereno.

Però ora alza il tuo culone che pulisco. E guai a te se ti si alza la febbre!”

Ok allora cercherò di farmela alzare” commentò uscendo dal bagno.

Lo vidi scomparire in corridoio e scossi la testa incredula. Uno come lui se non esistesse bisognerebbe inventarlo!

Andai a recuperare uno straccio e cominciai ad asciugare il pavimento. Quando ero concentrata sul mio lavoro sbucò Bill all’improvviso. Presi un colpo terribile.

Lui ridacchiò.

Pur di venire ad aiutarmi si era messo una giacca, il berretto e la sciarpa. Prese lo straccio e sorridendomi cominciò ad asciugare.

Bill! Tu mi vuoi far morire! Fila subito a letto!”

Più siamo prima finiamo” aggiunse Bill euforico, senza alzare lo sguardo.

Gli presi il polso. “Bill per favore vai di là”.

Lui sembrò ferito dalla mia azione. “Io…io volevo solo...”.

Tranquillo. Faccio io”.

Lui scosse la testa. “Prima finisco”.

Gli mollai il polso sbuffando. “Guarda però che se devi andare in ospedale io non ti ci porto”.

Non ce ne sarà bisogno. Sto già meglio e poi il danno l’ho fatto io”.

È acqua, insomma” protestai io.

Perché ti da fastidio che ti aiuti?” domandò Bill alzando il sopracciglio destro.

E perché a te da fastidio che io mi preoccupi per te? Semplice, per il tuo stesso motivo!” ribattei.

Lui abbassò lo sguardo. “Non credo proprio. Non puoi nemmeno immaginare il mio motivo”.

Io non sapevo cosa dire. Perché ora mi aveva risposto così? Incrociai le braccia sul petto. “Ma se non sai nemmeno il mio, come fai a dire che è diverso?” brontolai prima che mi mancasse l’aria e dovetti uscire per non soffocare. Scesi le scale di fretta e aprii di colpo la porta d’entrata.

Inspirai profondamente e espirai aria pulita.

Io davvero mi dispiace. Non volevo. Non sapevo”.

Bill mi aveva seguita e stava fermo impalato sull’uscio.

Scossi la testa. Feci un passo e mi ritrovai di fronte a lui. Mi morsicai le labbra. Non sapevo cosa dire. D’impulso mi aggrappai alla sua giacca e sprofondai la testa sul suo petto.

Lui si limitò a accostarmi a sé e a baciarmi la testa.


Erika. Germania.

Mi devo essere addormentata tra le braccia di Tom. Perché ero ancora li sul divano da ieri sera dopo cena.

La mia attenzione fu concentrata sul volto del chitarrista che dormiva tranquillo. A guardarlo bene non era cambiato molto dal video di loro da piccoli dove lo avevano ripreso, mentre dormiva. Aveva sempre la sua aria da angioletto. Già poteva sembrare un angioletto apparentemente poi però sotto sotto era piuttosto scatenato e rompiscatole, ma ancora più sotto sotto c’era il Tom vero. Quello che si risvegliava con me, che mi aveva fatto innamorare.

Accostai la mia fronte contro la sua. Il mio naso sfiorò il suo e posai le mie labbra sulle sue. Tom si svegliò e rispose al mio bacio. Ora ero davvero felice. Sapere che Tom mi amava sul serio e potermi fidare di lui era una novità che accoglievo molto volentieri.

Per di più quando lui mi baciava o io baciavo lui sentivo il battito del cuore accelerare improvvisamente e le mani tremare. Amavo-odiavo questa mia reazione. La prima perché era una sensazione piacevole secondo perché volevo che i miei sentimenti fossero meno visibili, perché ero un libro aperto da cui tutti potevano leggere tutto di me.

Tom si ritirò un attimo e mi fissò negli occhi. Mi sfiorò la guancia con i polpastrelli della mano e con il pollice le labbra. “Sono felice che sei qui con me”.

Ehi così mi gaso!” dissi ridendo.

Mi andrebbe bene anche questo. L’importante è starti vicino”.

Oh ma che sciocchino che sei! Non credo di essere così importante”.

Invece si!” mi contraddisse serio.

Esitai lusingata. “Dimostramelo” sussurrai piano, poi.

E la sua dimostrazione fu un bacio. Non c’era bisogno di parole. Quello era l’amore di Tom. E dovevo ammettere che aveva scelto bene il modo per dimostrarmelo.


Lie. Roma.

Bill aveva 37 e 9 di febbre quando gli misurai la febbre prima di pranzo. “Ancora pasta in bianco” esultai sarcastica, mentre facevo scendere nuovamente il mercurio.

Il moro sbuffò rassegnato. “Che palle!”

Il mio piccolo malato sbuffa? Eh no, te la sei cercata e ora patisci!” lo presi in giro.

Mi guardò e poi scoppiò a ridere.

Se rideva voleva dire che si stava ristabilendo e questo mi fece un gran piacere. “Caro signor istrice io mi assenterei per andare a prenderle il pranzo. Se lei acconsente, ovviamente”.

Preferirei averla qui vicino a me, ma dovrò pur sfamarmi, per cui certo acconsento a lasciarla andare. Tuttavia sappia che mi dispiace immensamente vederla, mentre mi abbandona”.

Oh non si preoccupi, sarò di ritorno e allora lei gioirà!”.

Su questo non ci piove, Lie! Quando ti vedo sono sempre felicissimo!”.

Ma che cosa gli saltava in testa? Forse il termometro si era sbagliato e aveva ancora la febbre! “Certo certo” bisbigliai uscendo frettolosamente, per non dire correndo, fuori dalla porta e tirai un sospiro di sollievo. alcune volte le parole di Bill erano imbarazzanti. Non capivo perché dovesse dirmi certe cose.

Lie vieni. Tieni questo è per il ragazzo tinto” disse mia nonna lasciandomi tra le mani un vassoio con un piatto di pasta in bianco.

Un bicchiere d’acqua?”.

Pronti!” disse posando un bicchiere sul vassoio e una bottiglietta d’acqua. Le feci un sorriso enorme. “Grazie!”.

Muoviti ti sta aspettando” protestò ammiccandomi.

Scossi la testa arresa. Possibile che fosse così evidente che mi piaceva il cantante dei Tokio hotel? E l’unico ad non accorgersene era proprio l’interessato, Bill!

Tornai al piano superiore e posai il vassoio sul letto del moro. Lui si volse e mi guardò, mentre gli spiegai che scendevo a mangiare con la nonna.

Non disse niente. Annuì.

Mi impressionò un po’ la sua freddezza. “Ehm io allora…se hai bisogno…sono giù” dissi con un ampio gesto della mano indicando la porta.

Lui annuì di nuovo.

Rimasi li ancora a fissarlo mentre prese il vassoio e cominciò a mangiare lentamente e in silenzio. Mi venne un grosso groppo in gola. Perché faceva così?

Bill alzò la testa e il sopracciglio destro perplesso. “C’è…c’è qualcosa…c’è qualcosa che non va?” domandò balbettando.

Io…No, non credo, solo, buon appetito!”.

Lui mi sorrise. “Grazie! Anche a te” non sembrava per niente arrabbiato. Allora perché prima non mi aveva risposto? Gli sorrisi molto confusa e uscii dalla stanza.

Forse mi facevo troppi problemi, ma ero sicura che mi avesse fatto male il suo silenzio.

Entrai in cucina e mi sedetti vicino a mia nonna. Lei mi sorrise e mi versò nel piatto delle buonissime lasagne fumanti con un un’inconfondibile odore di ragù. Mia nonna era un mito in cucina! Inforcai felice tutte le lasagne e quando ebbi finito le posi la domanda che ancora mi premeva dalla sera della notizia della morte di mia madre. “Com’è morta mia madre?”

Lei aveva capito benissimo. E credo avesse intuito anche che ero molto determinata a sapere la verità senza giri di parole.

È stata investita da un camion, sull’autostrada non molto lontano dall’ospedale”.

Mi sentii mancare. Era colpa mia se era morta! Se non l’avessi fatta fuggire non avrebbe mai attraversato l’autostrada e non sarebbe mai stata investita. Il rimorso mi attanagliò. Se l’avessero arrestata ora sarebbe ancora viva!

La mano di mia nonna mi accarezzò la testa. “Mi dispiace, piccola!” disse teneramente.

Le presi la manica del vestito e lei si avvicinò e mi abbracciò, mentre io le posi il viso sulla pancia (io ero seduta e lei in piedi).

Mi sfogai. Dovevo piangere. Volevo piangere. Ne sentivo il bisogno. Quando avevo versato ogni lacrima spostai la testa e vidi che dietro mia nonna sulla porta della cucina vi era Bill. Era appoggiato allo stipite della porta e la testa era inclinata verso il pavimento e teneva gli occhi chiusi. Visibilmente scosso.

Spostai lo sguardo ai suoi piedi e vidi il vassoio. Evidentemente voleva riportarlo, quando mi aveva visto piangere e l’aveva appoggiato per rispetto. Forse era anche dispiaciuto per me e la morte di mia madre. “Bill…” sussurrai in un sussurrò.

Eppure lui mi sentì e alzò di scatto la testa. I nostri occhi si incrociarono e sul viso si dipinse un’espressione ferita. Chissà come avevo gli occhi. Saranno stati rossi come non so cosa!

Gli allungai la mano, lui si avvicinò lentamente e l’afferrò.

Mi fece un gran piacere che fosse ancora una volta al mio fianco.


Il telefono squillò a lungo. Attesi che qualcuno rispondesse. Quando arrivò un pronto abbastanza debole. “Pronto?”

Sei tu, Bill?” chiesi non riconoscendo la voce.

Tom! Fratellone! Mi sei mancato e mi manchi tantissimo! Come stai?” rispose, ormai inconfondibile voce del moro.

Tu piuttosto come stai! Ti è scesa la febbre? Mi sono sentito male anch’io…”

Mi dispiace tanto che sei stato male anche te. Comunque ora sto meglio e riesco a reggermi in piedi. Ieri ho vomitato. Ma ora il peggio è passato”.

Menomale. Stavo in pensieri per la tua salute, fratellino. E Lie?”

Dorme. Era stanca morta. Si occupa di me da quando siamo arrivati e ora ha appena saputo come è morta sua madre e si ritiene colpevole. Non so davvero cosa dirle. Vorrei tanto parlarle, ma in questi giorni non abbiamo fatto altro che litigare…”

E perché?”

Perché le ho chiesto dove era andata la sera del 27 e non me l’ha voluto dire…Diceva che si vergognava a dirmelo e che non le avrei più rivolta la parola. Allora ho lasciato correre e ho cercato di maledire la mia gelosia. Però poi in Hotel c’era solo una camera matrimoniale e ho preso quella, ma lei mi ha accusato di averlo fatto apposta. Ci sono rimasto male e me ne sono andato…”

Dove sei andato?” chiese Tom sempre più curioso.

In un bar. Ho cominciato a bere per dimenticare e poi ricordo solo che mi hanno insultato, così ho dato un pugno ad un tizio e mi sono ritrovato pieno di botte in mezzo alla strada sotto la pioggia battente. Sono tornato in camera e Lie si è subito presa cura di me…”

Sei peggio di me! E poi??”

Poi per andare a prendere una confezione di tachipirine in una farmacia notturna per poco non la violentavano”

Cosa? Ma sta bene ora??”

Si ma abbiamo saputo che era tutto organizzato. Un facchino dell’Hotel aveva informato i suoi amici che era un bersaglio a cui spillare soldi e questi se la sono presa alla grande. Da quanto ho capito, però lo stesso facchino l’ha salvata”.

Che storia!”

E poi ora siamo a casa della nonna di Lie e abbiamo litigato questa mattina, perché praticamente le ho allagato il bagno e volevo aiutarla ad asciugare ma lei si è rifiutata. Così ci siamo accusati a vicenda perché non volgiamo dirci il motivo per il quale ci aiutiamo a vicenda. Il fatto è che lei mi piace e non ho il coraggio di dirglielo se non sono sicuro che mi corrisponda…”

Che scarso conquistatore Bill! Perché non impari da me? Senti ma da dove mi stai parlando?”.

Bill “Sono sul terrazzo nell'appartamento della nonna Elsa qui a Roma.

Ah beh allora sei di casa ormai. A quando le nozze?”

Smettila Tom lo sai che non gli piaccio. A te invece come va con Erika?”

Bene. Abbiamo parlato molto e a quanto pare ha capito che l’amo”.

Sono felice per voi! Magari fosse così facile anche per noi” mugugnai fissando la strada.

Beh devi sapere che ti sbagli!”. Ma Erika mi fece un ampio gesto con le mani per dirmi di stare zitto. Ma lui era mio fratello! Se non potevo parlargli allora a cosa servivo?

Riprovai a formulare una frase. “Ehm…Non saprei cosa dirti, Bill. Riprovaci…”

Erika si diede una sberla sulla fronte. Posi una mano sul cellulare in modo che non potesse sentire. “E che gli dico allora?” sussurrai piano, ma abbastanza agitato.

Che deve D-I-C-H-I-A-R-A-R-S-I!” scandì l’ultima parola come fossi scemo.

Ok! Ok!” protestai io.

Tolsi la mano.

Ehi Tom dove sei finito?”

Scusa sono qui!” mi scusai frettolosamente.

Riprovare cosa?” domandò perplesso Bill.

Oh aspetta c’è Erika che ti vuole parlare!” dissi mollando il telefono alla bionda e salvandomi per un pelo dal terrore domanda di mio fratello.

Avrei voluto dargli un consiglio, ma Erika continuava a insistere sul fatto che le sue battaglie le doveva combattere da solo. Visto che poteva mandare per aria una storia che aveva tutti i requisiti per diventare una coppia bellissima.

Io però ancora non capivo cosa costava dirgli che Lie era cotta di lui. Era cinque misere parole: Lie è cotta di te. E sia Bill, sia Lie che io saremmo stati felici. Comunque Erika aveva un bel caratterino e sapeva imporsi. E io del resto non amavo contraddirla.

Risultato finale: nessun risultato. Bill era più confuso di prima, io ero amareggiato, Erika triste e Lie magari dormiva sognando che le sue pene la rincorrono prendendola e trascinandola via.

Non fare quella faccia! Volevo solo che trovasse il coraggio per…” mi disse la bionda una volta chiusa la chiamata.

Ma mio fratello è fatto così! Non lo puoi cambiare. È solamente se stesso!”

Erika mi sorrise. La presi per i fianchi. “Che vuole fare ora mia principessa?”

Lei mi sfiorò le labbra. “Baciare il mio principe…”

Vedrò cosa si può fare” bisbigliai prima di ritrovarmi le sue labbra sulle mie.

Ora?” domandai tenendola ancora tra le braccia.

Ho bisogno di fare una doccia”

Andiamo a fare la doccia!” proclamò Tom tutto pomposo.

No, non tu. IO!”

Brontolai. “E io? Io niente?”

Non ci provare!” mi avvertì minacciosa.

Sennò?” chiesi mentre il mio piercing luccicò.

Lei fece finta di cercare un’idea. “Ti lascio nel dubbio!”

Io sorrisi. “Tranquilla vengo, quando meno te lo aspetti…”

Tom! Guai a te!”

Certo certo. A dopo…” dissi dileguandomi.

Scossi la testa incredula. Era incorreggibile. Ma era il mio Tomi.


Bill. Roma.

Rientrai in camera e mi distesi accanto a Lie. Il suo ventre si alzava e si abbassava al suo respiro regolare. Improvvisamente si spostò nella mia direzione, trovandomi a combaciare le nostre fronti tanto da sentirne il calore che ne proveniva. Ero come entrato in simbiosi con lei. Un tutt’uno.

Proprio quando stavo pensando a questo la sentii muoversi. Spostai la mia mano per non farmela schiacciare e lei appoggiò la sua mano destra sul mio fianco senza svegliarsi.

E ora? Mi era praticamente appiccicata. La sua bocca era a pochissimi centimetri della mia.

Il suo seno era accostato al mio petto e le nostre gambe incrociate. Il cuore cominciò a battermi all’impazzata. Le mani cominciarono a sudare e appena sentii il suo respiro sulla pelle non resistetti più. I miei neuroni furono troppo lenti per avvertirmi che non dovevo farlo. Le mie labbra si poggiarono delicatamente su quelle di Lie e la baciai con tutta l'anima che avevo in corpo.

Era da una vita che attendevo quella sensazione fantastica di sentire le sue labbra unirsi alle mie.

Lie si svegliò e sgranò gli occhi. Presa letteralmente in controcampo, era troppo sconvolta per rispondere. Però non mi allontanò, ne si divincolò. Rimase ferma immobile.

Quando mi allontanai appena, lei ne approfittò per divincolarsi e alzarsi dal letto con i capelli ancora tutti arruffati. Mi squadrò sconvolta prima di lasciarmi da solo in camera e uscire senza spiaccicare parola.

Porca puttana!” brontolai a denti stretti. Ero incazzato per averla baciata, però ripensando al momento in cui le nostre labbra si erano toccate e all’emozione che mi aveva pervaso mi sentii quasi lo stomaco rivoltare. Mi aveva fatto troppo piacere. Non credevo di essere ancora capace di riuscire a resisterle: continuava a consistere in un’attrazione troppo forte. Inoltre avevo appena avuto un piccolo assaggio paradisiaco...

O -------- O


Ringraziamenti di cuore dalla scrittrice più malata del pianeta:

LucillaModernLover: per la sua prima recensione (giusto?) :) grazie per esserti imbarcata in questa storia!

Layla: un'altra volta qui con noi :) grazie di commentare i personaggi, così so se piacciono :) Per Tom e Lie c'è ancora un altro scoglio, mentre per Lie e Bill c'è ancora una lunga marea da attraversare. Anche se il bacio sembra aver sciolto uno sblocco, creerà molti dubbi. Ma ammetto che hanno imboccato la via verso la meta finalmente. Sono a buon punto, insomma :) Ah nonna Elsa ti piace? Non so come mi sia venuta fuori, però assomiglia un pochino a mia nonna. Anche la storia della solitudine e del fatto di una sistemazione è l'identico problema per mia nonna.

Aspetta i prossimi capitoli e vedrai come Bill difenderà Lie!!

Basta ti ho detto troppo e ti rovinerò le sorprese...quindi ti saluto e ti aspetto! Ciao :)

E infine Star_ In The Night14: hai un nome lunghissimooooooo! Comunque, se ti intrippa la storia spero non ti venga da vomitare! :( ah sicuramente avrai letto del bacio :) e non è tutto perchè intendo aggiungere un bacio più avanti alla storia originale più passionale...vediamo dai :) ciao ciao bacio!


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Capitolo 14
*** Aspetterò tutta la vita ***


Ciao! Come state? Sono tornata con un regalino HOT! Tom e Lie nella stessa doccia...che può succedere? Leggete questo capitolo e lo scoprirete! Chiunque volesse aggiungermi su facebook, mi potrebbe far sapere che ha letto questa storia (perché rischiate che non vi aggiunga)?

Dopo una brutta settimana con la guancia gonfia dopo l'operazione per togliere i denti del giudizio, ritorno con questo lungo capitolo, ricco di dubbi per Lie. Spero che l'ampia caratterizzazione di Lie non sia noiosa.

Effettivamente non ha molta azione questa storia. È molto molto molto riflessiva. Ma i colpi di scena non mancano mai!

A voi la lettura.


Capitolo 19: Aspetterò tutta la vita.


Erika. Germania.

M’infilai in bagno e cominciai a togliermi i vestiti. Mi coprii con un asciugamano il corpo nudo e feci scorrere l’acqua aspettando che diventasse calda.

Appena le gocce che mi schizzarono la mano erano diventate calde spensi l’acqua, appoggiai l'asciugamano alla sbarra del muro ed entrai.

Aprii di nuovo l'acqua e lentamente passai sono il getto caldo. Ero così concentrata nei miei pensieri, che non potei sentire la porta della doccia aprirsi. Un corpo muscoloso si avvinghiò al mio e due mani forti e calde mi sfiorarono il petto.

Tom.

La sua bocca cominciò a baciarmi il collo molto lentamente. Potevo sentire il suo piercing farmi il solletico. Era un incanto quel tocco inaspettato.

Accostò la testa alla mia facendo salire le mani fino al seno sfiorando le punte, che si erano indurite.

Posso restare?” sussurrò dolcemente.

La mia voce sembrava non volesse rispondere. Non potevo lasciargli fare ciò che non volevo, eppure la voglia che le sue mani mi facessero sentire quanto lui mi desiderava era fortissima.

Non sentendo la mia risposta mi spostò i capelli e mi baciò la parte superiore dell’orecchio e poi le tempie. “Non ti sto chiedendo di spingerci al punto estremo. Sei bellissima, davvero non ce la faccio a restare fermo”.

Mi baciò la spalla destra lentamente e le sue mani si strinsero sui seni accarezzandoli. L'ansia e il desiderio esplosero nello stesso momento. La guerra dentro me si accendeva sempre più.

Mi voltò verso di lui e prese tra le sue labbra le mie. Voleva farmi capire quanto tenesse a me e stava aspettando che io lo bloccassi. Stava attendendo che io gli dicessi che non volevo continuare.

Strofinò il naso sulla mia pelle assaporandone l’odore, mentre mi spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Le mie mani “scivolarono” sul petto e prendendo la maglietta gliela alzai per toglierla. Tom allora si staccò da me per facilitarmi l'operazione.

Poi ritornò a baciarmi. Mentre gli sfioravo i pettorali fino a scendere ai pantaloni. Trovato il bottone glieli sbottonai e Tom strabuzzò gli occhi. “Ehi ehi vacci piano…” disse sorridendo.

I pantaloni caddero sul pavimento della doccia.

Le mie dita seguirono i contorti del suo corpo bagnato, così perfetto, così attraente! Tom, intuito qualcosa che non gli avevo mai detto, fece arrivare le sue mani sui miei glutei spingendomi verso il suo pene.

Poi mi alzò e io lo circondai con le gambe che si incrociarono dietro alla sua schiena.

Avevo le spalle al muro ora.

Tom essendo all'altezza giusta portò la lingua al mio seno e quando cominciò un piacere infinito, mi bloccai.

Non potevo continuare, non mi sentivo pronta!

Puntai i palmi sulla spalle di Tom e lo spinsi indietro. “No Tom!”

Lui non aveva intenzione di smettere, ora che era sull'orlo dell'eccitazione.

Strillai sbattendo la mani chiuse a pugno, finché spaventato non mi lasciò e approfittai della sua incertezza per uscire.

Recuperai l’accappatoio, i miei vestiti e corsi in camera mia sedendomi davanti alla porta.

Accostai la testa al rettangolo in legno, frastornata. Era quello che volevo? Evitarlo? O dovevo assecondarlo?

L’avevo illuso. Ma non avevo certezze che poi mi avrebbe trattata da vera fidanzata e non come quelle galline. Mi fidavo di lui solo in parte.

Dal corridoio arrivarono i passi inconfondibili di Tom. Si fermò davanti alla mia porta. La sua mano sfiorò il legno.

Il cuore cominciò a battermi forte.

Ma non abbassò mai la maniglia.

Erika? Lo so che mi senti. Mi dispiace. Sono stato affrettato”

Era un tono molto dispiaciuto. Credo che poi si sedette, perché sentii qualcosa strusciare sulla porta e poi la voce arrivò da più basso.

Io non faccio altro che farti del male. Vorrei sempre fare la cosa giusta al momento giusto, ma è difficile. Devo stare attento alle mie azioni impulsive come quelle di oggi. Tu mi fai impazzire giorno dopo giorno. Vorrei avere tutto e subito, ma così finisco per pressarti quando hai bisogno di tempo e di riflettere. Anch’io avrei molto da rimuginare sul fatto che non riesco a controllarmi, però ora sono riuscito a darmi una regolata con tutte la donne del pianeta, tranne con te. Eserciti su di te un desiderio che neanche immagini e sono rammaricato per questo. Non sono l’uomo che tu hai sempre desiderato e non sai quanto sono triste per non poterti dare ciò che desideri. Sto cercando in tutti i modi di farti felice. Ma non sono all’altezza. Mi sto accorgendo che non mi meriti. Tu hai bisogno di qualcuno che ti aspetti”.

Mi si bloccò il respiro.

Tom” sussurrai piano, ma lui comunque mi sentì. “Non ha importanza. È normale. Sono io che non ce la faccio. È come se avessi un blocco. Come se avessi paura. Non capisco nemmeno perché. Ma il problema non sei tu. Anche con Bill era la stessa cosa. Ogni qual volta mi chiedeva io ero costretta a dirgli di no…”. Mi venne da piangere. “Io vorrei anche, perché ho paura di deluderti, ma è successo una cosa da piccola, che non mi lascia tregua. Io davvero sono mortificata” scoppiai a piangere. “Io…Mi dispiace…”

Tom appoggiò la testa alla porta. “Non piangere ti prego. Io sarò disposto ad aspettare tutta la vita se ce ne sarà bisogno”.

Crollai disperata. Quella frase non poteva essere di Tom! Era troppo bella per essere uscita dalla bocca di un Sexgott! Era disposto ad attendere una vita intera…per me!

Mi asciugai le lacrime. “Io ti prometto che posso riuscire a superare il mio problema se mi aiuti…”

Farei di tutto per te…” disse pianissimo, ma lo sentii e mi alzai.

Abbassai la maniglia e dietro la porta apparve Tom con un’espressione distrutta sul volto. Gli buttai le braccia al collo. “Ti amo…”

Lui mi baciò la fronte. “Anch’io…”


Lie. Roma.

Chiusi la porta del bagno con forza. La confusione aveva raggiunto altezze vertiginose.

Mi misi le mani nei capelli, cercando di raccapezzarmi.

Mi ha baciata

Cosa stava facendo quel crucco? Sembrava volesse giocasse con i miei sentimenti. Mi abbraccia, litighiamo, facciamo pace, e ora mi bacia? Cosa provava per me? Cos’ero per lui? Una ragazza speciale o una come tante? Il dubbio era molto forte.

La cosa che più mi sconvolgeva era il bacio. Perché l’avrà fatto? È tutto così sconvolgente! Qualche mese fa giravo per le vie di Milano abbandonata come un cane e ora mi svegliavo con le labbra di Bill sulle mie…

Migliaia di fan dei Tokio Hotel mi avrebbero fatto fuori con trovate a dir poco agghiaccianti pur di farmi stare distante dal loro adorato Bill. Io non ero loro fan qualche mese fa, ma ora mi piacevano e anche Bill mi piaceva. E pure tanto! Conoscendolo bene mi aveva conquistato. Con il suo inseparabile fascino che mostrava solo a chi voleva. Con il suo sorriso bello come il sole! Con quell’inguaribile faccia tosta con cui si permetteva di proteggermi senza il permesso.

Lo amavo per i suoi difetti e per i suoi pregi. Semplicemente lo amavo.

Però ancora non riuscivo a capire cosa lui provasse per me. Era stato un bacio d’amore oppure stava semplicemente sognando e credeva io fossi una bellissima ragazza con cui era andato a letto?

Il pensiero che fosse andato a letto con un un’altra mi attanagliò lo stomaco. Io non potevo competere con quelle fan scatenate che volevano sono un’avventura notturna! Io non ero così. Per me l’amore per Bill era sbocciato solo quando l’avevo conosciuto. Non prima.

Con il terribile dubbio che mi rodeva mi avvicinai al lavandino e mi ritrovai a fissare i trucchi di Bill nell’armadietto, che per pura casualità era aperto. Scrutai tutti le bottigliette di smalto nero e quelle bianche per farsi il french, le matite e gli ombretti neri. Sembrava avesse le scorte per un esercito.

Anche se eravamo venuti in Italia per la lettura di un testamento non aveva rinunciato ai suoi adorati trucchi.

Un’unica cosa stonava tra tutta quella roba tipicamente femminile. Un rasoio.

Lo presi. Ne saggiai il peso e lo osservai da vicino. Quello era il rasoio con cui Bill si radeva la barba. Non era una cosa da tutti i giorni poter toccare il rasoio del kaiser dei Tokio Hotel, che tutti avevano sempre considerato una ragazza. Lo riposi.

Continuai a ispezionare le sue cose nell’armadietto. Passai dalla lacca e mi ritrovai a fissare la sua spazzola arancione (poteva non essere arancione?).

Stringendola nel palmo della mano provai una strana sensazione. La rigirai dubbiosa. Poi mi pattinai i capelli. Quella stessa spazzola che aveva lisciato miliardi di volte i capelli di Bill ora lisciava i miei. Sapeva del suo odore, del suo dolcissimo odore. La mia attenzione fu attratta dalla maglia di Bill sulla lavatrice. Era quella bagnata, quella che gli avevo tolto quando era addormentato.

Lasciai la spazzola nell’armadietto e mi diressi verso la maglietta e istintivamente la strinsi tra le mani come se fosse mia. Anche quella era impregnata del suo odore. Il bagno di mia nonna era diventato un covo di tutti gli oggetti di Bill. Mi bastò una frazione di secondo. La rimisi al suo posto.

Tutta quella stanza era diventata irrespirabile. Ogni cosa mi faceva pensare a lui. E a quel bacio.

Istintivamente portai una mano alle labbra. Un bacio soffice, ecco come era stato.


Mi riscossi dai miei pensieri, quando Bill bussò alla porta.

Il cuore mi esplose in mille pezzi dall’agitazione. Cosa voleva?

Ora esco” risposi andando verso la porta e abbassando la maniglia. Mi esibii in un sorriso falso come Giuda, uscii passandogli accanto e sfiorandogli appena la spalla.

Stavo per andarmene in camera, quando una mano mi afferrò un polso.

Lie…Io volevo parlarti…”

Nei suoi occhi vi era un misto di paura e rabbia.

Credo che invece lui lesse, nei miei, stupore, che poi velocemente nascosi sotto un velo di serenità. “Fai finta che non sia successo niente. Per me non c’è nessun problema”.

Ma per me si…” disse lui preoccupato.

Non lo dirò a nessuno. Non ti devi preoccupare. Non l’hai fatto apposta. È stato solo uno sbaglio” commentai stringendomi nelle spalle. Lui mi mollò il polso e io gli diedi le spalle lasciandolo senza parole.

Una volta in camera svuotai la mia valigia e indossai la prima maglietta e il primo paio di jeans che mi capitarono in mano.

Quando mi voltai Bill era sulla soglia della porta. “Ancora in piedi? Forza a letto! Devi guarire prima o poi”.

Lui non sembrava aver capito. “Dove vai?” mi domandò come fosse l’unica cosa importante su questa terra.

A fare la spesa. La nonna non è in grado di farla da sola. Per cui tu fai il bravo e dormi mentre sono via” dissi abbottonandomi i jeans e infilandomi le all stars, regalo di Tom.

Scusami per prima…”

Alzai lo sguardo e incrociai i suoi occhi color nocciola. “Scusami tu…”

No intendevo per il bacio” si corresse lui.

Mi accigliai. “Ehm è stato un errore no? Non c’è bisogno che ti scusi”

Lui abbassò lo sguardo. “Si certo”.

Mi avvicinai. Gli sistemai il colletto del pigiama e gli stampai un bacio sulla fronte. “Faccio in fretta. Devo prendere due-tre cosette per domani sera” commentai sorridendo.

Bill annuì mogio.

Stavo per andare, quando mi bloccò. Mi rivoltai verso di lui.

No no, niente” disse per scusarsi. Poi mi mollò.

Rimasi interdetta un attimo. Accennai un sorriso e uscii ancora più perplessa. Cosa voleva dirmi prima di cambiare idea? Perché c’era un motivo per il quale mi aveva trattenuto. Ne ero sicura.

Per le strade di Roma riacquistai un po’ di libertà. Sotto un cielo sgombro di nuvole, il freddo non smetteva di torturare la mia pelle. Camminavo veloce per raggiungere la bottega di alimentari che mi aveva indicato mia nonna.

Svoltai un angolo e in fondo alla via vidi che si reggeva un edificio grigio con un enorme scritta verde su fondo bianco. Ecco il supermercato.

Entrai dalle porte scorrevoli e cominciai a girare tra gli scaffali.

Mio papà era abbastanza conosciuto in quel posto, e tutti si ricordavano chi era quella bella bambina tedesca al suo fianco.

Non avevo voglia di spiegare alla gente che era rimasta orfana. Avrebbero cominciato a scusarsi. Non ero dell'umore per sentire i dispiaceri della gente.

E proprio mentre pensavo di passare inosservata sentii una voce, di un uomo, che mi chiama dal fondo del corridoio.

Sperai che non si riferisse a me e con questa speranza mi infilai in un altro corridoio. Purtroppo avevo dimenticato gli occhiali di Bill per camuffarmi. Imprecai in silenzio, mentre mi facevo largo tra due carrelli. “Lie!” l’uomo mi chiamava ancora. Affrettai il passo e mi diressi come un fuso verso il banco degli affettati, solitamente il luogo più affollato, proprio per sfuggirgli.

Svoltai in un corridoio, quando mi scontrai contro qualcuno di alto e grosso. Caddi all’indietro sul sedere.

Una volta a terra e con il sedere che mi doleva, una mano mi si presentò nella mia visuale.

Lie! Perché non ti sei fermata quando ti ho chiamato? Dai alzati” disse scuotendo la mano in segno che la dovevo prendere per farmi aiutare ad alzarmi.

Alzai lentamente lo sguardo. Non potevo crederci. Era Saki.

Afferrai la sua mano sorridendo. Mi tirò su con uno strattone e mi mostrò un biglietto della spesa. “Anche tu a fare la spesa?”

Vuoi dirmi che ti ha mandato mia nonna?” chiesi curiosa e un po’ stupita.

Si tua nonna. Mi si è avvicinata e mi ha supplicato fino allo sfinimento. Alla fine non ho potuto resistere. Caro per favore tu che sei forzuto potresti fare un piccolo favore ad una povera vecchietta senza forze? Devi solo andare qui dietro l’angolo a fare la spesa! Ecco cosa mi ha detto dandomi in mano il taccuino e buttandomi fuori di casa”

Ridacchiai nel sentire l’imitazione perfetta di mia nonna. “È abbastanza convincente e tu sei troppo gentile, Saki. Trovarla gente come te a questo mondo!”

Ehm ma se tu sei qui, chi c’è con Bill?”

Solo allora mi venne in mente che l’avevo lasciato da solo. “Oddio!”

Dai visto che siamo in due facciamo in fretta, così poi filiamo di nuovo a casa”.

Hai ragione. Comunque la prossima volta cerca di non farmi prendere questi spaventi. Non urlare in posti affollati il mio nome. Per poco non facevo un infarto!”

Quanto sei pessimista! E poi non lo sapevo che ti dovevi nascondere…” disse scherzosamente.

Guarda che sono una star internazionale e devo nascondermi se non voglio finire male, sai?” mi atteggiai da star, imitando un pochino lo sbruffone di Tom.

Saki tirò fuori dal taschino un paio di occhiali. “Tieni. Sono un bodyguard, il mio compito è quello di proteggere i vip. Quindi questi credo che ti serviranno…”

Io li presi e li indossai. Saki sorrise. “Non sto bene?” chiesi preoccupata.

Saki scrollò il capo. “No, stai benissimo solo che…”

Solo che…?”.

Solo che mi ricordi Bill, quando li indossa. Anche lui fa la stessa mossa con il polso e…”.

Abbassai gli occhiali e lo guardai da sopra di essi.

Ecco e pure questo. Già, siete molto uguali…” aggiunse allegramente.

Ero un po’ scettica su quello, che mi stava dicendo. “Non esattamente! Io non ci metto un quarto d’ora per piastrarmi i capelli!”

Certo non ti trucchi nemmeno come lui, è logico. Io parlavo del comportamento istintivo. Di come i vostri gesti si assomiglino”

Io ci pensai un attimo. “Forse, ma per me Bill rimane ancora pieno di mistero. Cioè quando lo guardo negli occhi capisco se è triste o felice se ha paura o è emozionato. Però non riesco a capire il suo comportamento quando è in mia presenza” confessai pensierosa.

Lui si strinse nelle spalle. “Bill è abbastanza riservato, anche se è logorroico. È sempre abbastanza misterioso. Preferisce tenersi tutto dentro. A meno che non parli con Tom, solo con lui si esprime liberamente. Lui lo capisce meglio di chiunque altro. Comunque credo che sia messo in soggezione da te. Quando eri ancora all’ospedale un giorno mi disse che lo incuriosivi in modo impressionante e che gli ricordavi lui da piccolo. Poi un altro giorno mi confessò che più ti stava vicino più si sentiva irrequieto. Frenetico. Come mai si era sentito con una ragazza. Mi disse che non voleva lasciarti andare una volta che ti fossi ripresa, perché sentiva che dentro di sé tu eri una persona importante. E che ti voleva bene. Che in qualche modo avresti segnato la sua vita per sempre, gliel’avresti cambiata irreversibilmente”.

Il mio cervello non riusciva a ricevere tutte quelle notizie messe insieme. “Cioè vuoi dirmi che io metto in soggezione Bill Kaulitz?”

Si. Bill è un bravo ragazzo e sincero. Di lui ti puoi fidare. E poi è solare e sa tirarti su di morale”

Eppure anche quando ride vedo nei suoi occhi una grande tristezza. Come se nonostante tutto dentro di lui non riuscisse a essere felice”

Già. Non è detto che dietro ogni sorriso si nasconda una grande gioia. Potrebbe celare anche tristezza, che magari vuole nascondere solo perché sa che far vedere che sta male non servirebbe a niente. Mentre dimostrando che è forte e che sa affrontare anche le cose più brutte riesce ad essere d’esempio per gli altri. Riesce a risollevare l’umore delle persone che gli stanno accanto”.

Dovevo ammettere che questa risposta mi spiazzò. E che scoprii che Saki ne sa una più del diavolo! Sembrava fosse un rifornitore automatico di saggezza. Nella mia mente si cristianizzò un’immagine di Saki a forma di macchinetta con una sfilza di pulsanti sulla pancia con un etichetta al loro fianco per indicare cosa si desiderava. Il pensiero mi fece affiorare un flebile sorriso sulle labbra.

Può darsi. Però per me Bill è un po’ strano. Cioè come lui se ne trovano gran pochi…”

Uomini della sua portata sono rari. Ha il cuore d’oro quel ragazzo sotto i suoi superficiali vizzi e manie per il look. Ha un gran cuore d’oro che non aspetta altro di aprire ad una persona speciale…”

Quelle parole mi rimbombarono nelle orecchie come se ci fosse l’eco.

La densità del suono ora era entrata negli ultrasuoni.

Mi sentii scuotere. Aprii gli occhi. Ero tra le braccia del forzuto uomo.

Saki mi fissava preoccupato. “Tutto bene?”

Ora il volume della sua voce era tornato normale. “Si, ma che è successo?”

Un mancamento. Ti servono vitamine e ferro. Dai su muoviamoci così magari poi ti fai anche un bel riposino. Hai l’aria di essere stravolta…”

Così svoltammo l'angolo, sotto gli sguardi della gente che si era fermata a guardare. Alla fina il mio tentativo di passare inosservata era fallito miseramente.

L’omone seguì la lista della spesa e finì di riempire il carrello. Quando anche l’ultima notazione a fondo del foglio fu cancellata ci dirigemmo alla cassa. Dopo aver posto tutto sul nastro, messo tutto nelle borse e dopo aver pagato uscimmo con le mani occupate dalle borse della spesa.

Scommetto che in questi giorni non hai fatto altro che pensare alla salute di Bill che ti sei un po’ trascurata…” disse Saki prendendomi alla sprovvista.

Uhm, forse. Credi che sia questo il motivo per cui sono svenuta?”

Saki si accigliò. “Non sono un medico però secondo me si. Pero se non ci fossi stata te, ora Bill sarebbe all’ospedale!”

Se mi avesse ascoltato sarebbe anche potuto uscire. Invece ha insistito per aiutarmi ad asciugare il bagno. Ma è un testone!”

È della vergine, non scordartelo!” commentò lui ridendo.

Inclinai la testa. “Si, hai ragione” risposi con un altrettante sorriso.

Svoltammo l’angolo e ci trovammo davanti al condominio di mia nonna. Passammo davanti alla portineria dove una donna con un paio di occhiali spessi come fondi di bottiglia ci fissò torbida. Salimmo la tromba della scale e davanti alla porta di casa e tenni premuto il campanello finché non venne ad aprirci la nonna.

Oh cara! Entrate entrate!”

Dalla porta della camera uscì Bill correndo. Sgommò e frenò davanti di me e Saki. “Menomale che siete arrivati! Temevo che mi aveste abbandonato!”

Io gli sorrisi. “Ma figurati!” allungai la mano sulla sua fronte, ma ebbe una reazione strana. Si ritrasse prendendo la mia mano. “è gelata!”

Lo fissai incredula, mentre la prese e la mise sotto la maglia del pigiama. Mi sorrise. Io abbassai la testa nervosa e imbarazzata.

Saki sbuffò. “Io andrei a mettere giù le borse se foste così gentili da lasciarmi il passaggio e non lasciarmi sull’uscio, che ste’ cose pesano!” brontolò.

Bill sorrise e si scansò lasciando libero il corridoio. Quando se ne fu andato, mia nonna chiuse la porta e se ne andò.

Rimanemmo da soli.

Non sembrava preoccupato per quello che stava facendo. Come di certo invece lo ero io!

Lie stai bene?” mi chiese vedendomi socchiudere gli occhi.

Il fatto era che mi stavo completamente abbandonando al suo tocco. O forse era ancora un mancamento?

Non riuscii a darmi una risposta che diventò tutto buio.

O -------- O



Anticipo: vi avevo lusingato con eventi che non sono accaduti in questo capitolo, ma nel prossimo! Scommetto che vi siete accorte però che c'era una scena un pochino Hot :) Magari vi sarà sembrato banale, eppure non potete dirmi che era ciò che vi aspettavate, leggere che Erika scappa via!

Il prossimo capitolo vi attende ricco di nuove prospettive! E con un Bill furbetto! XD


Ringraziamenti:

Layla: Erika e Tom sono sulla strada giusta, dopo quello che è successo si metteranno sulla carreggiata giusta. Bill e Lie continuano a seguire direzioni opposte. Purtroppo per loro le cose saranno ancora complicate, visto che non riescono a trovarsi.

Ma essendo un lieto fine, capisci che finirà bene. Solo che non dico come :) Puoi anche obbligarmi, ma non rivelerò nulla :)

Per caso tu sai come si fa a vedere chi ti inserisce nei preferiti?

Ciao ciao cara un bacione!

Kyara Agatha Mainlander: ciao, mia ricattatrice personale, ti avviso che non voglio farti inciucciare la storia. Poi si stropiccia e si rovina XD No dai a parte gli scherzi, sono contenta che ti inciuccia allegramente :)

La vicenda non si è molto sbloccata in questo capitolo, ma nel prossimo cercherò di regalarti dei migliori colpi di scena! Ciao ciao! aaaaaaaaaa

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Capitolo 15
*** Bill Kaulitz: aspetto un tuo bacio ***


lie capitolo dove sono i miei vestiti
La pazza è tornata con un altro bel capitolo per voi! Si smuoverà qualcosa tra Bill e Lie qui tra queste righe e potrete vederlo anche voi :) Le distanze diminuiscono, i litigi finiscono nello scherzo. Ma un bacio può far ritornare tutto come prima? Ditemi voi le vostre apparenze. Tom e Erika sono stati accantonati per poco. Torneranno presto :) se non vedete l'ora di iniziare ecco a voi il nuovo capitolo di The reason of my life! Ps: qui sotto c'è Bill e una foto con due ragazze che potrebbero benissimo essere Erika a sinistra e Lie a Destra.


Recensioni alle buone anime che mi fanno compagnia :)

Layla: Ma ciao! :) Si Tom è dolcissimo :) In molte storie Tom è uno stronzo pervertito, per questo nella mia storia volevo che risultasse un suo nuovo lato. Per Lie e Bill è difficile sopportarsi perchè devono convivere! Sai come sia difficile vivere a stretto contatto con le persone! Saki mi piace proprio come personaggio e aspetta che sia capodanno per vedere povero che cosa gli succede :) ciao ciao cara e a presto :)

Kyara Agatha Mainlander: Mia cara assassina hai un nome lunghissimooooo. è uno strazio scriverlo tutto :) hahahah scherzo dai non perderò certo minuti speciali per scrivere un nome! Davvero ti è piaciuto? è la prima volta che scrivo qualcosa del genere, vorrei cimentarmi ancora in qualcosa così, ma il problema è che dovrei cambiare il raiting. Penso che scriverò sempre qualcosa di leggero se mai...i preliminari forse. non so vediamo :) Non devo essermi accumolata troppi guai visto che ho recensito presto no? :) Ora vado a mangiare le pappe, ciao ciao! Un bacione! e affila i coltelli per quando finirò la storia XD
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Capitolo 24:
Bill Kaulitz: aspetto un tuo bacio

Aprii gli occhi molto lentamente.
Mi ci volle un po’ di tempo per riconoscere il luogo in cui mi trovavo.
Guardai le tendine dal complesso ricamo e capii che non potevano essere che creazioni di mia nonna.
Guardai davanti a me i piedi sotto le lenzuola. Chi mi ha messo a letto?
Avevo un buco. Non ricordavo cosa era successo dopo che Bill mi aveva chiesto se stavo bene. Se provavo a ricordare vedevo solo nero. E ora avevo un gran mal di testa.
Cercai di sedermi scombussolata, ma una mano mi ridistese sul materasso.
Meglio se stai giù…” sussurrò dolcemente Bill.
Voltai lentamente la testa. Bill era sdraiato vicino a me e fissava il soffitto.
Sospettò che lo stessi guardando e voltò il capo. Mi sorrise. “Sei debole. Devi riposare…”.
Oh no, sto benissimo!” protestai sperando che togliesse la mano da sotto il seno.
Saki mi ha detto che sei svenuta anche al supermercato. Non ti lascio andare in giro con il rischio che ti fai male da sola”.
Io sorrisi mesta. “Grazie, però io voglio andare via…” Avrei preso volentieri una badilata in testa piuttosto di subire le ramanzine del mio carnefice.
Bill, però, sembrava divertirsi un mondo a fare l'infermierina premurosa. “Credo che anche tu abbia la febbre!”.
Alzai un sopracciglio. “Perché?”
Bill mi toccò la fronte. “Sei bollente e dici cose poco sensate!” concluse mostrandomi un sorriso sfavillante. Sarei diventata una pozza di acqua, se il mio cervello non avesse registrato quelle tre parole: cose poco sensate.
AH SI? BE’ IO SONO BOLLENTE PERCHÉ SONO IMBARAZZATA, VISTO CHE STAI APPROFFITANDO DI ME” e agguantai la mano di Bill come fosse un coccodrillo, per poi rigettarla via lontana dal mio corpo. “E LE COSE CHE TU CHIAMI POCO SENSATE SONO LE COSE CHE PENSO E CHE DICO NORMALMENTE!!!”.
Il ragazzo mi fissò cercando di intuire il mio umore. “Volevo solo scherzare, per vedere splendere sul bel viso un sorriso vero”.
I miei occhi saltarono sul suo volto. Cosa dovevo dire ora?
Lui mi sorrise.
Io lo fissai incapace di capire.
Lui non smise si sorridere.
Ahhhh!” esclamai infine ridendo. Aspettava che ridessi.
Come potevo fare a resistere ad un fascino e ad una bontà d'animo come quella? Come si fa in questi casi? Non esiste un manuale d'istruzione per capire cosa fare con le persone. Solo vivendole puoi riuscire a comprenderle.
É bello rivederti ridere” mi disse piano, quasi in un sussurro, sul collo facendomi venire i brividi.
I miei occhi si puntarono nei suoi. “E io sono felice di sorridere…per te…” La nuvoletta rosa sopra la mia testa svanì. Non saprei mai riuscita a dirglielo. Rimasi a fissarlo come un’ebete senza dire niente.
Appena mi sembrò di vedere un suo avvicinamento voltai la testa dall’altra parte, non volevo si prendesse gioco di me. Era da troppo che aspettavo si accorgesse che io ho dei sentimenti.
Quando due mani mi presero il volto e mi fecero voltare verso Bill, sussultai. Mi ritrovai a fissare suoi occhi, che erano puntati nei miei. Non potevo muovermi: ero bloccata. Nessuna via d’uscita e per di più tra le mani di Bill!
Chiuse gli occhi e lentamente si avvicinò. I battiti del mio cuore rallentarono e mi si arrestò il respiro. Non volevo che mi baciasse di nuovo e non capivo perché. Ero felice che lo facesse però non era una cosa che poteva decidere solo lui. Almeno dovevo essere d’accordo anche io. Le mie mani erano bloccate per fermarlo, l’unica cosa che riuscii a fare fu chiudere gli occhi e serrare la bocca.
Sentii il suo respiro sul naso.
Sul naso?? Ma come? Qualcosa si appoggiò sulla mia fronte.
Per un secondo il mio cuore crollò dal dispiacere, anche se in fondo ero contenta che Bill non l’avesse fatto. L’avrei odiato se mi avesse baciato una seconda volta senza che io gli avessi dato il permesso.
Non hai la febbre…” Commentò piano. Aprii gli occhi esterrefatta. Mi ritrovai il suo viso vicinissimo al mio. Sulle sue labbra aveva un sorriso così...così...dolce.
Le sue mani calde mi sfioravano la pelle in una tenera e impercettibile carezza. Ero entrata in trans a quel contatto. Ma perché faceva così?
Tuttavia non mi importava ricevere una risposta, mi bastava godermi questo momento fino alla morte!
Ora devi andare via?” chiesi titubante.
Scosse la testa. “Ehm, se vuoi che rimanga, no”
Forse”. Bill allungò le braccia attorno alla mia vita e mi abbracciò. I nostri corpi si scontrarono e il mio mento scivolò sulla sua spalla. I respiri di Bill erano regolari, la sua calma impressionante. “Sei una persona fantastica Lie”
Il mio corpo si irrigidì completamente. Se qualcuno avesse cercato di buttarmi giù da un grattacielo non avrei fatto una piega.
Non è vero” mormorai allontanandomi. “Lasciami stare, non voglio la tua compassione”
Alzarmi mi costò uno sforzo sovrumano. M’infilai le ciabatte e strisciando la suola sul pavimento mi diressi verso la porta, ancora mezza decrepita.
Sentii Bill ridacchiare e proprio prima di uscire dalla porta mi bloccò con una domanda alquanto singolare: “I vestiti?”
Con il terrore negli occhi abbassai lo sguardo e mi vidi in camicia da notte trasparente. Cosa??
L'urlo che lanciai doveva proprio incutere terrore: “BIIIIIIIIIL!”
Lui mi indicò. “Stai davvero bene così!”
Mi hai conciato te così? Mi hai tolto tutto te?”
Tu l’hai fatto con me e io l’ho fatto con te…”
Ero imbarazzatissima. Bill Kaulitz mentre io dormivo mi aveva spogliato e mi aveva messo una cosa così sexy attorno? Eppure l’avevo fatto anche io, per cui non avevo il diritto di arrabbiarmi!
Ok Ok…Dove sono i miei vestiti?”
Li abbiamo buttati a lavare. Per cui non ti resta che metterti i miei…”
Incrociai le braccia sul petto e gettai fuori una grandissimo e secco NO!
Bill sorrise. “Lo sapevo che avresti risposto così”.
Sbuffai contrariata e andai verso la valigia di Bill. La rovesciai sul pavimento dove si sperperarono tutti i suoi vestiti e un piccolo sacchetto rosso con un enorme fiocco nero sopra. Sbucava un biglietto con su scritto: X Lie, nell’inconfondibile scrittura di Bill.
Il moro si sedette sul bordo del letto fissandomi con il fiato sospeso. Attendeva una mia reazione.
Aprii con cura il sacchetto facendo attenzione a non rompere il fiocco. Lentamente sfilai la sorpresa facendo cadere la carta frusciante a terra. Saltai completamente in braccio a Bill. “Danke schon! Non smetterò di dirtelo finché morirai. È stato un regalo bellissimo!”
Sono contento che ti piaccia. Puoi indossarla per stare a casa”.
Guardai la maglia nella mie mani. Bill mi aveva regalato la maglia della Royal Rock. La sua maglia.
Hai proprio un bel reggiseno. Mi piace il pizzo”
Il rossore non tardò a chiazzare le mie guance rosee. “Vado ad indossarla subito”. E corsi in bagno più veloce che potevo.
Era incredibile che Bill avesse deciso di regalarmi la sua maglia. Erika aveva detto che Bill non prestava le sue cose figuriamoci regalarle! Sicuramente ci doveva essere uno sbaglio, me l'avrebbe
richiesta indietro.
Presi la maglia e l'aprii per indossarla, ma cadde un oggetto di plastica sul pavimento. Non mie ero accorta che vi era anche un altro regalo all'interno. Appoggiai la maglia sull'appendi asciugamani e raccolsi quella che sembrava essere una custodia per cd. Voltai la custodia e apparve l'immagine dei Tokio Hotel. Era il loro cd in tedesco.
Mi luccicarono gli occhi. Tra quelle traccie vi era An Deiner Seite. Aprii la confezione e vi trovai un biglietto. Vi era scritto nella calligrafia di Bill: Questo regalo è per te, cara Lie. Per essere entrata nella mia vita come un monsone.
Il biglietto era datato con il giorno della morte di mia mamma. Ecco dove era sparito Bill quella mattina!
Monsone? Io? Impossibile.
In fretta e furia, per non pensare, indossai la maglietta e mi diressi subito dalla mia unica parente ancora in vita.
Mia nonna, Maria Rosa, mi sorrise appena sbucai in salotto dove stava sferruzzando. “Ciao cara. Dormito bene? Stai meglio? Bill ieri era super preoccupato. Sei svenuta tra le sue braccia e si è affannato subito per le tue condizioni. Quel ragazzo ha il cuore d’oro!”
Io annuii molto poco convinta.
Fammi un sorriso, cara! Sei così musona…Dai che la vita è bella! Sei giovane! Hai tutta la vita davanti!” protestò lei vedendomi pensierosa.
Vorrei vedercela lei nei miei panni! Lei di sicuro non si è innamorata di un ragazzo che è innamorato di un’altra ragazza. Non ha mai sofferto per amore. Il nonno l’aveva corteggiata e le era andato tutto liscio fino a che non le aveva chiesto di sposarlo nel meleto di casa propria. Per me era diverso. Sono pazza di Bill, che non mi sembra abbia capito quanto tengo a lui. Spesso ha atteggiamenti strani e mi guarda intensamente. Mi fa regali e mi scrive cose carine, per esempio che sono il suo monsone. E questo mi fa impazzire. Mi sembra quasi che giochi con i miei sentimenti. Io lo amo, farei qualsiasi cosa per lui. Sarei disposta a scalare l’Everest, a gettarmi da un aereo in alta quota. Morirei per un suo Ti amo. E la cosa che fa più male è che Bill crede che io mi accontenti di essergli amica. Però io sto sopprimendo il mio amore per non provocargli troppi problemi, perché voglio vederlo felice. L’unica cosa che mi interessa è che lui possa vivere felice con la donna che ama. Anche se io soffrirò le pene dell’inferno e gli sbaverò dietro fino alla morte. Anche se, lo so, mi spezzerò lentamente, pezzo dopo pezzo, finché di me non rimarrà più niente e avrò paura ad amare ancora per non ricevere un’altra delusione. Prima che mi potessero scendere lacrime lungo il viso uscii dalla stanza senza alzare lo sguardo dal pavimento.
Così andai a sbattere contro un palo. Oh no era Bill, non un palo!
Un attimo.
I nostri sguardi si incrociarono.
Si scaturirono mille emozioni.
Non riuscii più a trattenere le lacrime.
Bill aveva l’aria ferita. Non capiva perché piangevo.
Mi voltai e di corsa raggiunsi la porta dell’appartamento. Scesi le scale a due gradii a volta, passai davanti alla portineria con gli occhi pieni di lacrime che mi oscuravano la vista. Per mia fortuna conoscevo quel posto come le mie tasche e come facevo ogni volta che mi veniva da piangere andai al parco giochi. Mi fermai davanti alla “panchina del pianto” come l’avevo soprannominata. Mi sedetti turbata.
Non c’era nessuno nel parco. Ero sola.
Le lacrime mi bruciarono il viso. Erano come una pugnalata al cuore. Ognuna significava dolore.
Mi pulii le guance con il dorso della mano. Nessuno mi capiva. Nessuno sentiva quanto batteva il mio cuore? Erano tutti così ciechi?
D’improvviso la luce del sole scomparve, perché davanti di esso si posizionò una figura altissima e nera. Alzai gli occhi. Era Bill.
Nessuno parlò.
Oh.
Sul volto del moro stavano rotolando lacrime?
Due braccia lunghe mi avvolsero la vita e mi sollevarono. Mi avvicinarono al petto di Bill e presero una presa migliore. Una mano sotto la schiena e una sotto le ginocchia. Io avvolsi le braccia attorno al collo del cantante e appoggiai la testa alla sua spalla. “Vieni a casa. Ora ti proteggo io…” sussurrò con voce dolcissima, ma affranta
E scoppiai a piangere.


Mi ero calmata. D’altronde quando Bill fa il cretino per farti ridere e strapparti un sorriso è impossibile essere nervosi o preoccupati. L’unica cosa a cui pensai è che se anche lo amavo e non ero corrisposta lui mi stava vicino e faceva di tutto per vedermi felice.
Dio quanto adoravo quel ragazzo!
Darei la mia vita per ricevere il suo amore! Sarei disposta ad aspettare una vita pur di ricevere il mio primo vero bacio da Bill Kaulitz.
Guarda Jumby! Arriva!” disse imitando un aereo.
Mi sfuggì una risatina. “Quando sei idiota, Bill! Anche l’aereo!”
Lui si strinse nelle spalle. Imitò lo sferragliare del treno sui binari. “E il treno. Quale preferisci?”
Io scossi la testa mordendomi le labbra. “Sei adorabile!”
Si lo so! Vuoi che io non sappia una cosa così basilare?” si avvicinò e mi sfiorò i fianchi, facendomi scoppiare a ridere.
No no ti prego! Io soffro tantissimo il solletico!” (stessa cosa vale per me…quindi non cercate di farmi il solletico!)
Bill si divertì a farmi impazzire di risate. Si buttò anche lui sul divano per rendermi le mosse ancora più difficili. Senza che ce ne accorgessimo rotolammo giù dal divano sul tappeto. Bill di schiena e io sulla sua pancia.
Oh mio Dio! Scusa!” Mi affrettai a scusarmi.
Ma Bill sembrava essere di gomma. Mi rigirò e mi ritrovai sotto di lui. Continuò con la tortura del solletico e io arrivai alle lacrime dal tanto ridere.
Per sbaglio alzai una gamba e lo colpii in quel punto (che come sapete è molto doloroso).
Bill sgranò gli occhi e mi cadde addosso come un salame. Prima di cadermi in faccia però appoggiò una mano all’ultimo minuto vicino al mio orecchio. Le sue labbra sfiorarono la mia fronte. “Scusa…”
Il mio petto si abbassava e si alzava sempre più frettolosamente.
Scusami tu, non avrei dovuto”
Bella mossa. Sai difenderti…” disse alzando la schiena e quasi si sedette sulla mia pancia. Si fermò, quando adocchiò il mio ciondolo. Era un cuore incrociato ad una stella. Lo prese nella mano e lo fissò interessato.
Intanto io fissavo il soffitto cercando di calmarmi per paura che sentisse come batteva il mio cuore.
È molto bello. È un regalo?”
Si di mio papà” spostai lo sguardo sul suo volto.
Stavo sorridendo, mentre sfiorava il mio ciondolo con estrema delicatezza.
Perché ridi?”
Sai credevo che te lo avesse regalato un ragazzo” mi confessò assente.
Ma te l’ho detto che non ho avuto ragazzi” dissi io perplessa da quella dichiarazione.
Infatti ho detto se era di un ragazzo, non del tuo ragazzo. Magari uno che era innamorato di te”
Nessuno mi ha mai detto che mi amava e tanto meno mi hanno fatto dei regali”
Sai, ne sono felice. Non che non ti abbaino fatto regali… Ma perché sarei geloso!”
Cosa?” domandai incredula. Forse avevo capito male.
Si. Sarei geloso. Ti prego non metterti con nessun ragazzo. Soffrirei tantissimo…” disse con un espressione molto ferita. Mi lasciò la collana e si avvicinò molto lentamente. Chiuse gli occhi e mi ritrovai le sue braccia sulle mie prima che potessi muovermi.
Il mio cuore si bloccò. Le sue morbide labbra erano posate sulle mie molto impacciatamente. Il mio corpo si era irrigidito come un pezzo di legno e non risposi al bacio forse perché ero troppo imbarazzata o perché mi aveva preso alla sprovvista. Nonostante fossi a terra potevo liberarmi facilmente, se non avessi voluto quel bacio. Ma il fatto è che lo volevo eccome!
La mia attenzione era tutta sulle sue palpebre chiuse e struccate. Era così bello!
Il moro si staccò da me, mordicchiandosi le labbra e aprì piano gli occhi. Non disse niente. Si alzò e uscì dal salotto silenziosamente. Qualcuno lassù mi voleva tanto bene da esaudire i miei desideri o mi stava solo prendendo per il culo. Sapere il perché di quel gesto sarebbe stata la cosa migliore.
Strinsi nella mano destra il ciondolo come facevo ogni volta che ero agitata.
MI HA BACIATA! Era l’unica cosa a cui riuscivo a pensare mentre fuori il sole splendeva nel cielo azzurro cobalto.

O____________O

Anticipo:
è ora di uscire all'aperto come in un specie di appuntamento e se riesco metterò anche un pochino di shopping :)

A presto!

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Capitolo 16
*** L'amore è una dipendenza? ***


Oddio! Vi devo ringraziare perché mi avete commosso! Quando ho visto che le recensioni superavano quelle del capitolo precedente stavo per fare un infarto!
Grazie veramente :)
Ok Ciao a tutti! Sono tornata con quest'altro capitolo. Una fra gli ultimi, perché sto cercando di raggruppare tutti i piccolissimi capitoli che avevo formato!
In questo nuovo episodio per voi troverete sia i dubbi di Lie e Bill, ma anche la conferma dei loro sentimenti. Ho accolto in pieno le vostre preoccupazioni: ma perché Lie non si accorge che Bill l'ama? Allora principalmente, perché lui le ha detto che ama un'altra, e secondo perchè non crede abbastanza in se stessa.
In fondo quando sei convinta che fai schifo, vedi che tutti pensano che tu fai schifo. È pura convinzione della nostra mente!
Senza indugi vi lascio a questo capitolo scoppiettante. Buona lettura!



Le risposte alle mie lettrici: A tutte: vi ringrazio!
Splash_Bk: ciao :) è la prima volta che recensisci? Bene mia cara benvenuta :) Eheh Bill è dolce come un cucchiaio di miele :) L'amore rende pazzi no? Per i motivi che ho spiegato sopra Lie e Bill sono destinati a non capirsi, finché non si scontreranno! Eh già! Piaciuto il capitolo nuovo? Grazie mille e un bacione! Alla prossima!

Layla: mia cara, lo so che segui moltissimo la coppia LieXBill e ci saranno risvolti molto presto lo giuro! Non posso dirti di più purtroppo sennò svelerei tutto XD Per Tom come hai visto l'Odissea è finita, ma sai com'è loro hanno iniziato molto prima, per cui ogni cosa a suo tempo. :) Bill dolce? Una tua impressione XD

lillik: Uh, una nuova lettrice *.* molto orgogliosa di fare la tua conoscenza :) stretta di mano solida e ferma XD Benvenuta a bordo! Sisignorcapitano! Bene finite le presentazioni, abbiamo un nome quasi simile: mi chiamano anche Lily per un personaggio da me inventato! :) Ciao ciao :)

E ora Kyara Agatha Mainlander: Allora visto che non mi merito nessuna accoltellata perché sono stata così brava da aggiornare presto, posso scagliare un masso sul tuo lungo nome per accorcialo hahahahah XD e comunque ti torturerò a vita non facendo sbocciare l'amore tra Lie e Bill, così piangerai a vita muhahahaha no scherzo! Lo sai vero che presto ci sarà il finalone, se non tra due capitolo tra tre! Per cui aspettati un sadico finale...o uno bello? Mah non te lo dico fiuuuuuu fiuuuuu ^^ Oddio mi diverto a tenere tutti sulle spine!
Ah anche io aspetto quel bacio, ma non è ancora arrivato :( Miawww :( ciao mia assassina professionista! :)



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Capitolo 21: L'amore è una dipendenza?

Tom. Germania.
Disegnavo ampi cerchi nel giardino di casa, nervoso come non mai, cercando irrimediabilmente di non guardare verso di lei.
Faceva freddo, eppure sedeva sulla veranda, senza un cappotto. Le sue braccia avvolgevano le ginocchia e fissava assorta il cielo, mentre canticchiava una canzone. Intuii poi che stava cantando Sex.
I suoi morbidi capelli biondi le cadevano sul dolce vita bianco coordinato con un paio di scarpe a tacco alto e una minigonna nera non troppo corta. La linea del suo collo puntato verso l'alto mi faceva venire voglia di baciare e mordere quella pelle così liscia. Gli occhi azzurro cielo, luccicavano pieni di gioia.
Era consapevole di ciò che stava cantando e che lo stava cantando davanti a me.
Le braccia mi crollarono lungo i fianchi. Alzai lo sguardo al cielo anch’io e canticchiammo insieme.
La mia voce nasale non poteva certamente essere paragonata al suo angelico timbro, e questo mi faceva sentire terribilmente a disagio.
Erika abbassò sguardo su di me e io su di lei. Fu un attimo a capii che le distanze doveva essere coperte, ora. Voleva avermi vicino, come io volevo avvicinarmi.
I miei piedi bruciarono i metri che ci separavano e le mie mani si fusero con il suo collo, i polpastrelli saggiarono la pelle rosea della mia ninfa. Le scostai le ciocche dei capelli sulla spalla sinistra e Erika piegò lentamente la testa, così potei baciarle la spalla.
Lei mi passò una mano tra i rasta e mi sfilò il berretto mordendosi le labbra. Era bellissima, assolutamente fantastica. Non potevo non vedere i messaggi che mi lanciava: mi amava e io la rispettavo per questo. Nessuna donna mi avrebbe dato ciò che mi stava dando oggi lei, ero fortunato.
Si. L'amavo.
Tutto in quel momento era splendido e il tutto fu coronato dal bacio, che mi diede sorridendo.


Bill. Roma.
Frugai dappertutto. Non le trovavo. Dove erano andate a cacciarsi?
L’ansia mi prese e mi strattonò in un baratro sconosciuto. Il mio stato di irrequietezza era esploso alle stelle. Cominciai a lanciare oggetti per la stanza. Cercai nelle tasche delle giacche, nei pantaloni, nella valigia. Niente. Sembravano essersi volatilizzate.
Il fiocco nero del regalo che Lie aveva scartato quella mattina era ancora lì, sul pavimento. Un brivido mi percorse la schiena. Distolsi lo sguardo, rimuginando su quello che era successo in quella stanza poco fa.
Ero un gran coglione. Un vero grande coglione. L’avevo baciata e ancora non le avevo detto che l’amavo.
Cercavi le tue sigarette? Be’ non le troverai. Lie le ha gettate via…”
Saki era appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate sul petto.
An…ok…” risposi rilassandomi, cercando di stendere bene i muscoli per non lanciarmi in una corsa furiosa verso il cestino della cucina. “Non sembri morire da astinenza sigarette. O forse è stato il suo nome a rilassarti?”
Saki non smetteva di fissarmi, non aveva intenzione di andarsene: attendeva la mia risposta. Ma io una risposta non ce l'avevo! Lie sapeva davvero rilassarmi? O avevo solo paura che la mia ira le avrebbe fatto male? Oppure stavo realmente pensando di smettere di fumare ora, prima di trovarmi incastrato in un circolo vizioso? In fondo fumare non rilassava, rendeva ancora più nervosi.
Oh Saki! Non ti ci mettere adesso a criticare! Ho fatto una grossissima cazzata e ho bisogno di calmarmi”.
Il fumo ti fa male…E lo sai bene!”Il mio bodyguard era entrato nel suo stato paranoico. Sembrava una cara mamma che difende i suoi bambini dai pericoli, o almeno cerca di spiegare loro che una cosa è cattiva.
Ma ora non ne ho più bisogno, vedi?” dissi allargando le braccia.
Saki sorrise, scuotendo la testa. “Lo sai perché?” Rise sempre più forte, non trovando nei miei occhi la risposta a quel dubbio che mia aveva posto. Era inutile scrutare il suo viso, alla ricerca di un'ancora di salvataggio! Lui sapeva qualcosa che a me sfuggiva, qualcosa che volevo condividere subito.
Hai trovato un’altra dipendenza. La dipendenza dall’amore. La dipendenza da Lie!”
Aggrottai le sopracciglia. Cosa? L'amore è una dipendenza? Ma da quando? Oddio forse ha ragione, io non riesco a vivere senza la consapevolezza che LEI sta bene. Guardai verso Saki in cerca di una conferma, ma in lui non vi era che cieca certezza. Come potevo essere ridotto a una dipendenza così grande? Come potevo esserci cascato così in fretta? E soprattutto come mai non me ne ero accorto?
Lui se ne andò.
Non poteva andare ora: io avevo bisogno di troppe risposte. “Ma Saki! Aspetta…!”
Non ricevetti risposta.

Dirlo o non dirlo a Lie?
Le mani mi sudavano, da quando avevo abbracciato l'idea di chiedere a Bella se le sarebbe piaciuto accompagnarmi in città. I secondi all'orologio sembravano susseguirsi senza senso, mentre io rimanevo fermo ad aspettare come la moglie fedele attende che il proprio marito compaia all'orizzonte, tornato dalla guerra. Io non attendevo niente, se non me. Ero io che aveva bisogno di tempo, ed era me stesso che avrei atteso, prima di aprire il mio cuore e frustarlo di inutili speranze.
Quale persona si sarebbe arrovellato per trovare conferma dei sentimenti che animavano la donna amata?
Lie entrò a passi leggeri in cucina, strofinando le mani sul grembiule. Accese i fornelli senza guardarmi negli occhi.
Sospirai lentamente. Non volevo disturbarla, per cui continuai a osservarla mentre indaffarata trafficava spostando le ciocche ribelli dietro le orecchie.
Era assolutamente fantastica. Non potei non sorridere, quando ritirò la mano e si soffiò su un polpastrello dopo che se lo era scottato.
Lie mi lanciò uno sguardo truce, studiando il mio volto. Non avrebbe mai potuto leggere quello che viaggiava nella mia mente, perché il mio viso era una maschera impassibile, impenetrabile.
La smorfia delusa che le rigò la bocca, mi fece tremare.
Mi alzai, per coprire le distanze e le mie braccia l'avvolsero in un abbraccio stretto. Non mi stavo illudendo. No. Avrei fatto quello che un amico fa con la sua amica.
Il respiro di Lie si bloccò e le sue mani strusciarono sulla mia camicia, fermandosi dietro alla mia schiena.
Questo è amore Lie. È amore. Lo senti? Ti prego dimmi che lo hai capito. Come non hai fatto a capire? Io ti amo.
Guardai il muro di fronte a me. Con decisione mi ritrassi e a passo svelto mi dileguai, passandomi una mano sul volto.
Non riuscii a decifrare ciò che trasformò il viso di Lie.

Quando mangiammo nessuno era di molte parole. Quando finimmo la nonna di Lie mi chiese se potevo darle una mano a sparecchiare e a sua nipote di lavare i piatti.
Saki, nel frattempo era andato a comperare i fuochi d’artificio, però credo che stesse fuggendo dalla nonna di Lie.
Ero ancora seduto a tavola, quando Maria Rosa scomparve dicendo che era stanca.
Rimanemmo solo io e Lie. Per un attimo i miei occhi si scontrarono con lo sguardo vitreo della ragazza che avevamo investito un mese fa, poi di scatto si posarono altrove.
Il cuore mi si bloccò. Ritornai a sprofondare nel mare dei suoi occhi e sulle sue labbra si dipinse un timido sorriso. Le dita delle mani si incrociavano ansiosamente.
Quello sguardo.
Quegli occhi.
Quel sorriso.
Quella sua timidezza.
Sparecchiamo?” sussurrò tesa, torturando il pomello della sedia.
La mia faccia cambiò colore, tingendosi di rosso, dopodiché mi gettai a capofitto nel mio compito. Raccolsi in una pila tutti i piatti, poi presi i bicchieri, infine le posate. Una volta che tutto era nel lavandino Lie si infilò i guanti per lavare.
Mi stava dando le spalle e stava per cominciare, quando mi sfuggì una domanda prima di trovare il modo di bloccarla. “Posso?”
La ragazza si voltò perplessa.
A-a-aiutarti?” finii la frase balbettando.
Adoravo il suo modo di incespicare nelle sue parole. Era così adorabile.
Annui, prendendo la pila appena formata. “Tu lavi e io asciugo”.
Lie rispose in tono asciutto: “Perfetto”.
Presi uno strofinaccio e mi misi al suo fianco. Lo sguardo mi cadde sulle sue mani bianche che stringevano un piatto e lo tenevano sotto l’acqua del rubinetto. Si era irrigidita e sembrava molto tesa.
Mi passò un piatto sicura, che ero pronto a prenderlo, senza guardarmi, ma io mi ero perso. Si voltò per capire, perché non avevo preso il piatto. L'impatto con i miei occhi fu forte.
Bill…Il piatto! Se non ne hai voglia perché stai qui? Faccio anche da sola. Non ti devi scusare. Ho capito. Non sono arrabbiata”.
Perché dovrebbe essere arrabbiata? Io non stavo scherzando quando l'ho baciata. Io volevo solo farle capire quanto l'amo. Ma forse siamo sono un caso disperato. Dovrei stare zitto.
Non è per scusarmi. Mi sembrava giusto aiutarti visto che due sono meglio di uno, no?”
Si ma aiutami allora. E…e…ti prego non guardami così…mi agiti…” aggiunse abbassando gli occhi.
Quella frase mi martellò il cervello. L’agitavo? Cosa voleva dirmi? Oddio! “Oh. Mi dispiace. Non pensavo…”
Rise. “Quando mai tu pensi?”. Scherzava.
Penso sempre a te” sarebbe stata la frase adatta. Invece mi uscì uno sbiascicato “Mai…”
Presi il piatto silenzioso e lo asciugai con cura. Pensando a quanto ci sarebbe voluto perché mi decidessi a dichiararmi. In modo serio intendo.


Lie. Roma.
Bill era strano. Veramente strano! Cioè tutti siamo strani…ma lui è matto da legare.
Io stavo solo scherzando, quando gli avevo chiesto se lui avesse mai pensato in vita sua. Invece lui si è ammutolito e chiuso nel suo guscietto. Quando potrò capire cosa passa per quella testolina sotto la chioma da leoncino nera solcata da meches bionde?
Bill sai che quando mi fai compagnia riesco a dimenticare il pensiero della morte di mia madre? Insomma una volta avrei pensato che alla morte dei miei genitori non sarei riuscita ad andare avanti. Invece ce la sto facendo…E riesco anche a pensare a un futuro positivo. Desidero avere una famiglia, un marito, dei figli, un lavoro stabile, un casa e un cane. Sogno una vita normale. Forse sto perdendo la paura del domani” snocciolai, pensando che era giusto riavviare una conversazione da persona normali. Quei silenzi cominciavano a darmi l'ansia.
Bill sembrava interessato. “Davvero? Non credevo di fare questo effetto!”
Risi. “Be’ forse è perché sei forte e la tua presenza mi rassicura. Per me sei importante. Uno dei pali più importanti a cui aggrapparmi nella mia vita”.
Bill gongolò felice. Stava completamente al mio tono serio-giocoso. Ma come faceva a capirmi al volo?
Wow, ne sono lusingato. Sono imbarazzato”
Quando sei entrato a far parte della mia vita qualcosa è cambiato. Non so come. Ma è cambiato e forse non lo voglio nemmeno sapere. Per la prima volta mi sento apprezzata e utile da una persona estranea. È difficile da spiegare, ma si credo che tu sia il mio vero grande amico. Non ho mai avuto amiche. Quindi non credo di sapere come funzioni un’amicizia. Ma sono sicura che tu sia un amico”
Bill era interdetto da tutte quelle rivelazioni. “Ma io mi sono comportato male. Ti ho abbracciato quando non avrei dovuto. Ti ho baciato quando non avrei dovuto. Come fai a considerarmi un amico?” sembrava più sconvolto di quello che avevo immaginato.
Ma mi hai abbracciato quando ne avevo bisogno. Quando stavo male! Lo hai fatto per starmi accanto” risposi io molto decisa.
Lui sembrava molto teso. “Davvero?” domandò quasi in un sussurro.
Sorrisi. “Ma certo!”
Bill arrancava nei suoi pensieri. Forse non era ancora convinto.
Bill?!?! Ci sei??” domandai perplessa.
Stavo solo pensando che” Corrugo la fronte “No niente”.
Tieni. Questo è l’ultimo!” dissi porgendogli un piatto.
Bill scoppiò con un applauso. “Perfetto! Che dici se andiamo a fare un giretto fuori porta?”
Io annui felice come una pasqua. Tutto andava bene a patto che ci fosse Bill al mio fianco. Tutto sarebbe stato bello se c’era lui. Sospirai a quel pensiero mentre il moro mi sorrise candidamente.

Era una bella sorpresa quella che volevo fare a Bill. Chissà se gli piacerà! Continuavo a rimuginare tra me, mentre mi sistemavo le pieghe delle gonna nera che mi stavo mettendo. Infine indossai una felpa bianca le calze e le converse. Mi fissai allo specchio e sbuffando diedi una spazzolata ai capelli. Erano proprio ribelli!
Afferrai la tracolla e la sistemai sulla spalla riempiendola di tutto quello che mi capitava sotto mano. Presi anche il cellulare: Erika poteva chiamarmi da un momento all’altro. Chissà se passerà la notte con Tom! Ero proprio curiosa di sapere cosa avrebbero combinato quei due insieme a casa da soli.
Bill mi aspettava sull’uscio. Lo raggiunsi.
Il moro mi fece i complimenti che raccolsi con un timido grazie. Mi fece passare per prima e poi chiuse la porta. Scendemmo velocemente le scale e salutammo la portinaia che scosse la testa vedendo il modo in cui andavamo via vestiti. (Annuncio ai gentili lettori: alla gente può sembrare strano come veste Bill. Anche se poi alla fine veste jeans e magliette come tutti i comuni mortali e non vedo cosa ci sia di così strano da criticare! An…se qualcuno lo ha capito per favore me lo dica perché o non capisco io o c’è gente che non sa cosa fare dalla mattina alla sera e trova intelligente prendersela con le persone solo per il gusto di farle stare male…).
Usciti indossammo, come degli agenti segreti, i nostri occhiali da sole e indicai a Bill la via da percorrere.
Così in quell’ultima giornata dell’anno mi ritrovai a vagare per Roma in compagnia di Bill Kaulitz nascosta dietro un paio di moderni occhiali nell’anonimato più assoluto.
Il moro sorrideva felice sotto il suo cappellino nero e gli inseparabili occhiali che amavo.
Mi ritrovai a fissarlo, mentre lui osservava ammirato le vie di Roma. Era bello. Molto più che bello.
Mi salì un groppo in gola, cominciavo a sudare freddo.
L’occhio “mi cadde” sui suoi pantaloni che scendevano deliberatamente in maniera vertiginosa facendo bella mostra del suo sedere e dei suoi boxer neri. Arrossii appena mi accorsi di ciò che stavo facendo.
E proprio per questo quando Bill frenò improvvisamente ci fu un effetto tamponamento.
Caddi all’indietro come un sacco di patate, protetta solo dal sedere che incontrò l’asfalto nero.
Bill si voltò di scatto, con un'espressione costernata, rammaricato dell’incidente “Oddio scusa, Lie! Mi dispiace moltissimo, sono un impiastro tremendo!”
Bill mi offrì le sue mani per aiutarmi a salire, ma l'aria da papà preoccupato mi faceva morire dal ridere. “Dovresti vederti allo specchio…sei così carino!”
Lui mi fece il broncio. “Non ridere di me, dai! Mi sembra di essere uno stupido!”
Bill si guardava con intensità le punte dei piedi, in segno di timidezza.
Gli diedi una pacca sulla spalla. “Forza, che sennò fa buio!” dissi prendendolo per una manica della giacca e cominciando a correre con un sorriso a trentadue denti.
Bill era decisamente più alto di me e le sue gambe erano chilometriche, di conseguenza non gli ci volle molto per superarmi e farmi mangiare la polvere.
Con il fiatone lo raggiunsi alla fine della via dove vi era un grosso incrocio e poi oltre si estendeva un enorme parco verde, con erba tagliata, grandi alberi frondosi e persistenti cinguettanti uccellini.
Vieni…” dissi io attraversando lo stradone con il rosso.
Bill non si mosse dal ciglio della strada. Scosse la testa e mi urlò forte: “Ecco perché ti investono!”
Io che ero rimasta a metà strada, sul divisore del traffico, mi misi a ridere. Non aveva poi tutti i torti. “Ho una vena sadica! Amo farmi investire!”
Il moro si diede una sberla sulla fronte in segno di rassegnazione. Attraversò appena il semaforo diventò verde e quando mi fu di fronte mi diede un buffetto sul naso. “Mi fai sempre fare degli infarti fatali tu!”
Arrossii inesorabilmente stringendomi nella mia giacca.
Oh…questo è il parco?” domandò il kaiser tutto euforico.
Sospirai per liberarmi dalla tensione accumulata. Che ci potevo fare? Quello era Bill Kaulitz mica micio-micio bau-bau!
Girovagammo in lungo e in largo per il parco e poi ci sedemmo all’ombra di un’enorme quercia per riposarci. Mi tolsi la tracolla e la gettai nell’erba stendendomi a fissare il cielo tra le fronde dell’albero. Bill mi si accoccolò vicino. “L’ultima giornata dell’anno…Der letze Tag” sussurrò, non so se più a me o se a se stesso.
Avresti potuto passarlo con la tua famiglia. Invece per colpa mia lo dovrai passare in Italia lontano da tuo fratello. Non eri costretto a venire. Ora mi dispiace tanto di tutto questo casino!” Mormorai.
Bill si accoccolò tra il braccio e il ventre, tanto che potevo sentire i suoi vestiti toccare i miei. “Ma se io non mi ammalavo saremmo tornati a casa in tempo…Quindi non è colpa tua!”
Qualcosa mi diceva però che era colpa mia se lui era stato picchiato e si era ammalato, però non avevo voglia di litigare con Bill. Stavo troppo bene. Il vento mi carezzava la pelle, l’erba vivida mi solleticava la schiena e i raggi del sole, che mi sfioravano il viso, mi davano quel senso di beatitudine che provavo solo, quando Bill mi guardava con quei suoi due occhi color nocciola che mi avevano paralizzato così tante volte!
Bill?”
Il moro spostò tutta la sua attenzione su di me. Io mi rigirai sul fianco per vederlo meglio in faccia. “Davvero saresti disposto a stare al mio fianco?”
Bill rise. “Domanda tagliente la tua! Se te l’ho detto era perché davvero ci credevo. Non so perché, ma quel giorno che ti ho vista a terra ho capito che avresti fatto parte della mia vita per sempre, che non avrei mai potuto lasciarti da sola perché il mio destino è terribilmente legato al tuo”
È una cosa buffa…Io la prima volta che ti ho visto in Tv ho pensato che non avrei mai voluto fare la tua conoscenza e tanto meno pensavo che il mio destino si dovesse intrecciare con il tuo. Ma quando mi hai abbracciato mi è sembrato che qualcosa in me si fosse risvegliato e che tu fossi arrivato per riempire un buco che per tanto tempo è stato vuoto”.
Quelle parole aleggiarono nell'aria per un tempo indefinito. Non aggiungemmo altro al mio discorso. Non avrebbe avuto senso. Andava bene così.

Bill. Roma.
Questo è perfetto! Bill sei un figurino! Fatti vedere per bene” disse Lie sfiorandomi la manica della giacca. Indossavo una giacca gessata, una camicia linda bianca e un paio di pantaloni coordinati alla giacca.
Feci un giro completo su me stesso e mi guardai fiero allo specchio. Sul volto della castana sbocciò un tenero sorriso e si mise ad applaudire felice. “Semplicemente fantastico! Comperalo dai!”
E così feci. Usciti dal rinomato negozio del centro, dopo aver speso una cifra astronomica, era pomeriggio inoltrato.
Ho i soldi a sufficienza per comperarti un vestito sexy per te” dissi sperando di vederla esultare.
Invece ricevetti come risposta un indignato no. “Non ci pensare nemmeno! Un regalo me lo hai già fatto!”
E' capodanno. Voglio farti questo regalo” protestai io con il terrore di non vederla in abito.
Scordatelo!” rispose lei digrignando i denti.
Mi voltai di scatto intenzionato a riportare indietro l’abito appena comperato. Se Lie non accettava, non volevo nemmeno io essere vestito elegante.
Lie mi afferrò per un braccio e mi trascinò verso di se. Come una grossa sanguisuga si aggrappò con tutte le sue forze, si si appoggiò a me con la testa e cominciò a stritolarmi.
Ok faccio quello che vuoi, ma non andare a riportare il vestito! Ti sta troppo bene”
Questo volevo sentirti dire…” sussurrai piano.
La ragazza si staccò dal mio braccio. “Ti odio Bill Kaulitz!” strillò arrabbiata. Si era accorta dell'inganno.
Io sorrisi e le indicai di voltarsi e guardare una vetrina proprio dietro di lei. “Cambi idea se ti compero quello?”
Lei si girò perplessa. Dallo stupore le cadde la mascella e sgranò gli occhi tanto che ebbi paura che le rotolassero a terra. “T-U S-E-I F-U-O-R-I!!” gridò appoggiando le mani sul vetro e cominciando a fissare stralunata il vestito che le avevo indicato.
Si formo un alone al respiro ansioso di Lie sul vetro lucido del negozio.
Era un vestito nero con il corpetto di payette e la gonna di tulle era voluminosa con lucenti ricami argentati. Era senza maniche, ma da abbinare vi era uno splendido copri spalle con altrettanti ricami che partivano dalle maniche e si incontravano sulla schiena dando la sensazione che si svolgesse una fusione.
Deglutii. L'immagine di Lie in quell'abito mi faceva venire la pelle d'oca.
Vieni che lo provi…”
Lie abbassò la testa pronta a fuggire indignata.
In un soffio le afferrai l'orlo della giacca e la trattenni
Cretina torna qui! Non succederà niente, vedrai!”
Lie si massaggiò le mani strisciando la suola della scarpe.
Tu non sei normale. Bill non posso metterlo. Non ci entrerò mai!”
La fissai perplesso. “Solo per questo non lo vuoi provare?”
Gli occhi di Lie si gonfiarono e le mani si strinsero in duri pugni. “Sono piatta Bill …”
Cosa? Alzai le sopracciglia. Cosa voleva dire?
Sono senza tette!” urlò, poi arrossì vedendo una marea di occhi su di lei.
Le feci segno di avvicinarsi. Lei obbedì. Le scostai una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Non urlare. Comunque di tette ne hai. Ieri sera ho avuto la possibilità di constatarlo io stesso” Annuii felice.
Arrossì violentemente d’improvviso e cominciò a tossire come se qualcosa le impedisse di respirare.
Ti strangolo Kaulitz! Cosa vuoi dire che hai constatato? Meglio se non lo dici…Vabbe’ entriamo…”
La trascinai felice all’interno del negozio.
I rivestimenti in pelle delle pareti presagivano fin da subito che il locale richiedeva un certo budget per permettersi un semplice capo. La quantità di merce in esposizione ne dimostrava la tesi.
Un alto commesso si presentò ai nostri occhi e ci osservò dall’alto in basso.
Vorremmo quel vestito in vetrina” esclamai, mostrando la mia pacatezza e solidità. Quest'uomo non potrà mai credere che io non possa permettermi un suo abito.
Non credo che il vestito in questione sia in vendita. È un capo molto speciale che il padrone ha deciso di esporre per privati motivi…”
Questo è il tipico modo con cui liquidano il cliente che non ha soldi sufficienti per pagare.
Lie alzò lo sguardo verso l'uomo. I suoi occhi erano colmi d'ira e di paura allo stesso tempo.
Avevo un sacco di soldi nel taccuino. Gliel'avrei fatta pagare io. Nessuno può giudicare gli altri per come sono vestiti.
La mia risata squillò nel negozio, prima di tramutarsi in un sorriso beffardo.


Anticipo: Allora ho intenzione di deliziarvi con i festeggiamenti di un grande nuovo anno e con la voglia di GELATO?? Ma di che gelato stiamo parlando? Scopritelo nel prossimo episodio!

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Capitolo 17
*** Un fine anno esplosivo! ***


22 Ehi chi ha visto gli EMA? Hanno vinto i nostri amati TH?? Partecipavano ad una sola categoria purtroppo! Fatemi sapere!
Allora rieccoci :) Chi è pronto per un nuovo capitolo alzi la mano! Chi ha voglia di ridere alzi la mano! Chi crede che sia demente alzi la mano!

Oddio non mi aspettavo così tante mani all'ultima affermazione! XD
Prima di cominciare a leggere, dovete sapere che non c'è nessun gelato in questo capitolo, perchè non ci stava proprio materialmente. È una sberla di 14 pagine, non so se mi spiego! Quindi, vi devo informare che sarà sicuramente nel prossimo capitolo :) promesso! Ah e se siete così gentili da sgolosare ancora su queste righe, vi informo che troverete cose almeno in parte piccanti, quindi reggetevi alle vostre seggiole XD


Le risposte alle mie lettrici: A tutte: vi ringrazio di cuore per avere la pazienza di leggere e recensire :)
Layla: Mi sono impegnata con Tom, per renderlo più comunemente umano. Tutti lo dipingono come un fattone, cannaiolo, ubriacone! Io lo vedo come un vero romantico, che nasconde la sua natura dolce. 
Lie non è piatta, e dice a Bill di esserlo perchè non ha molta autostima di sé. Non ho capito, quindi perchè mi hai scritto: Almeno Lie sa di non essere piatta XD!
Uhuh attenditi un infarto per questo capitolo. Non voglio attentare alla tua vita, ma ti auguro una buona lettura :) per ogni danno collaterale rivolgersi alla cassa XD Kuss Kuss!
SplashedAlcoholic: Non sono riuscita a realizzare le vostre richieste. Il doppio senso non lo troverai, perchè queste sono già 14 pagine! Ma nel prossimo capitolo stai sicura che ci sarà! Uhm Tom e Erika sono dei birichini XD chissà chissà che ci sarà in questo capitolino! Mah :) Bill e Lie, sono due tartarughe, rincitrullite! Poveri compatiscili. Hai presente quando parli con uno che non ci arriva? “G-l-i p-i-a-c-i” E questo ti risponde: “Cosa?”. Non sono convinti di piacersi. E più attendono, più si convincono che non sono fatti l'uno per l'altra. Buona lettura e bacioni :)
Kyara Agatha Mainlander: Ma ciaooo! :) Non mi rompi (a parte quando devo scrivere il tuo nome complicato!) Scommetto che sarai arrabbiatissima con me :( scusami, ma gli impegni mi impediscono di dedicarmi completamente alla storia, che purtroppo ha bisogno di un puro restauro. In certe parti era veramente pessima!
Bella la telecronaca :) mi servirebbe per presentare il capitolo :) (ah mi dispiace di non aver potuto mettere il gelato!) Ah, ho l'accetta pronta, aspettami che arriverò con Gollum un giorno o l'altro XD ciaoooooo!




Capitolo 22:
Un fine anno esplosivo!


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Bill. Roma.
Bill guardava il commesso come se fosse un guerriero pronto ad uno scontro mortale.
Incuteva veramente paura e negli occhi gli splendeva una luce di particolare eccitazione.
Poi scoppiò in una risata fragorosa, agghiacciante.
Le mie mani sfiorarono la stoffa della giacca che indossava e tirai quella che sembrava essere una manica, per fargli arrivare un messaggio molto chiaro. Dovevamo andarcene. E in fretta.
Eppure il mio accompagnatore non voleva mollare la sua posizione.
Avete presente quelle scene di film western, in cui due uomini uno di fronte all'altro osservano l'avversario con la mano sulla pistola? Ecco Bill, vi si era completamente immedesimato.
Divaricò le gambe, strisciando la suola sulla moquette blu scuro e portò lentamente una mano alla tasca destra posteriore. Escludendo una auto-palpatina, che cosa stava facendo Bill??
Non ebbi il tempo di pensare, che l'uomo dal naso sofisticato, aprì la mani in segno di sfida e ci indicò la porta. Nel suo sguardo c'era malizia, senso di vittoria che lo entusiasmava. I suoi denti bianchi, sembravano scintillare, mentre scoppiò a ridere. “Dovreste lasciare il locale immediatamente, grazie” ci delucidò, sornione.
Le porte scorrevoli di entrata si aprirono ed entrarono due clienti. Erano due signori in caldi cappotti di pelliccia. Probabilmente avevano i soldi anche nelle mutande.
Il commesso sorrise ai clienti appena entrati e si mostrò subito disponibile ad esaudire tutti i loro desideri.
Stronzo! Questo era l’unico termine che gli si addiceva. Un vero STRONZO!
Il moro, sventata l'ipotesi di auto-palpatina, infilò la mano dentro la misteriosa tasca e ne estrasse...il portafoglio!
Dio, come mi era venuto in mente che Bill volesse palparsi in un negozio?
Bill lo soppesò, con sguardo sicuro e mostrò al suo avversario la sua arma aperta (ancora il taccuino).
“Non mi interessa cosa è in vendita e cosa no. Io ho detto che la mia amica qui presente vuole provare il vestito e lo proverà. E si muova a toglierlo dalla gruccia. Abbiamo fretta” sentenziò girando sui talloni per dirigersi verso una poltrona zebrata.
Il commesso deglutì piano. Alzò gli occhi, e senza fiatare sparì dai nostri occhi.
Quel taccuino non poteva che avere diverse banconote viola, per aver lasciato così di stucco il commesso. Qualche milione nel portafoglio di una star mondiale, poteva anche starci.
Dopo qualche manciata di secondi, ritornò il commesso, portando tra le mani lo stesso modello che era in vetrina.
L'uomo, di fronte a noi, si spostò appena la cravatta e notai che i suoi occhi si erano accesi di una luce nuova. Poi si rivolse a me: “Le porgo le mie più sincere scuse. Devo aver commesso un brutale errore. Non è questo il vestito di cui stavo parlando. La signorina vuole provare l’abito? Si accomodi pure nella sala di prova” asserì, chinando leggermente le spalle verso terra in segno di reverenza e sparì nuovamente, diretto probabilmente ai camerini.
Avevo ancora la bocca aperta, per protestare a quella reverenza inusuale.
“Chiudi la bocca, Lie. Non c'è niente di stupefacente: per il mondo, chi ha soldi ha tutte le porte spalancate” Bill strinse la fessura degli occhi e si sistemò i capelli. Era totalmente calmo. Come faceva?
Le mosse che ora il cantante compiva erano studiate alla perfezione, sembrava seguire uno schema ben preciso, perchè non era il comportamento che assumeva in occasioni normali. Era come assistere alla scena di un film: Bill stava recitando.
Chiusi gli occhi a quell'assurdo codice di cortesia che non volevo capire e assimilare. Era inconcepibile. Come poteva un uomo comandare solo per un sostanzioso conto in banca? Era un'ingiustizia.
In silenzio mi avviai in direzioni dei camerini: bianchi rettangoli, con grandi grandi tende nere di velluto.
Nella sala vi erano anche comode poltrone di pelle, dove ci si poteva sedere ad attendere.
Se il negozio non fosse stato del commesso, avrei strillato e sarei corsa a provare la comodità di quell'angolo di beatitudine, ma l'orgoglio mi diceva di strappare il vestito dalle mani del mio nemico e dirigermi nel camerino.
Quest’ultimo era enorme. Dentro vi erano tre specchi sulla tre pareti davanti a me, al soffitto vi era un grande lampadario dalla luce abbagliante. Non era una sala prova, ma una casa.
Sospirai fissando la mia figura minuta allo specchio. Quella ero io: le punte dei miei piedi voltate verso l’interno, la braccia lungo i fianchi, i capelli che mi cadevano sulle spalle e un ciuffo sbarazzino, corto, verso sinistra. Mi morsicai le labbra timidamente. Ma chi volevo prendere in giro??
Io non ero all’altezza di stare in quel cazzo di camerino e provare un abito da schianto come se fossi sexy. Io ero solo una povera stupida che si stava illudendo.
Quel pensiero mi fece sentire come quando ti tirano un pugno dritto nello stomaco. Presi l’abito arrabbiata con me stessa e lo indossai sperando che non mi entrasse, o magari che si rompesse così mi sarei anche vendicata con quello stupido negozio.
Invece mi calzava a pennello e quando alzai la zip dietro la schiena mi fissai allo specchio e notai che mi stava perfettamente. Non mi ingrassava, mi slanciava e mi evidenziava le gambe sottili e il copri spalle mi aderiva alle braccia e esaltava il collo adornato dalla collana che mi aveva regalato mio papà.
Tremavo: così sarei stata costretta a comperarlo! E poi cosa avrebbe detto Bill?
Aprii la tenda, sperando che Dio non stesse schiacciando un sonnellino.
Il moro che stava fissando il soffitto appena mi vide uscire si sistemò meglio sulla poltroncina.
Non disse nulla. Rimase a fissarmi a bocca aperta.
Incrociai le braccia sul petto. “Bill non fare il cretino. Non mi prendere per il culo. Non mi sta bene…dai ora ti prego possiamo tornare a casa?”
Il commesso si intromise. “Le sta benissimo…”
Lo fissai inorridita. L'incoerenza non aveva limiti.
Poi ritornai a concentrarmi su Bill, che non voleva cogliere le mie richieste. Mi si avvicinò e cominciò a lisciarmi la gonna ad alzarmi il corpetto e mi spostò le ciocche di capelli sulle spalle.
“Bill smettila!” dissi afferrandogli un polso. “Sono stanca. Andiamo a casa…Ti prego!” supplicai esausta.
“Sei ancora più bella quando sei arrabbiata. Ti supplico comperalo. Fallo per me!” disse con due occhioni, colmi di tristezza.
“Si lo comperi, è un bel capo. Le dona” continuò il rompiscatole.
Lo avrei preso a schiaffi se la mia attenzione non fosse stata catturata da Bill, che quando voleva ottenere una cosa sfoggiava una tecnica imbattibile: la commiserazione.
“Ok!” dissi. Ma il kaiser non esultò. Si limitò a sorridermi.
“Avete deciso?”
“Si, e la finisca, con questa farsa!” rispose Bill, con un tono, che sembrava quello di Tom.
Mi ricambiai e ci dirigemmo alla cassa, pagammo e una volta fuori scoppiai a ridere. “E si muova a toglierlo dalla gruccia. Abbiamo fretta!” citai Bill, gongolante. “Ma dico come mai sei un grandissimo genio, Bill?”
“Ci sono nato. Ho un estro particolare, per la recitazione!”
Risi. Risi per tutto il tragitto, grazie alle stravaganti battute sul commesso scorbutico e leccaculo , che Bill si inventava. Come potevo dimenticarmi un simile pomeriggio? Era stato come una folata di petali in pieno gelido inverno.

Bill. Roma.
Uscii dalla doccia e strusciai nella mia stanza avvolto in un morbido asciugamano azzurro.
Aprii la porta, ma mentre mi stavo dirigendo verso il mio armadio mi apparve una scena del tutto inaspettata: Lie si stava alzando la cerniera dell'abito, senza risultati.
La schiena retta e sensuale era esposta ai miei occhi. Non si era accorta che ero entrato. Sentii un suono simile a mille campane.


Ancora a piedi scalzi procedetti nella sua direzione, senza provocare rumori e quando le fui dietro i miei polpastrelli percorsero la schiena di Lie fino al fondo schiena per risalire in ampi cerchi.
Lie non si ritrasse, lasciò che le mie mani si impossessassero del suo corpo. I miei palmi si fecero strada sulle linee geometriche della sua schiena, lambendo la pelle profumata di Lie, che cadde indietro.
I nostri corpi cozzarono delicatamente e constatai che combaciavano perfettamente.
I sussurri di Lie mi svuotarono. Non accennava a cacciarmi. Non urlava. Era totalmente assorbita dalle mie carezze.
Quella scena sensuale dei nostri corpi quasi nudi adiacenti mi risvegliò dal mio stato di inebriamento. Mi staccai sgomento.
“Ti alzo la cerniera” sussurrai piano, sperando che l'intimità di prima si fosse cancellata.
Le mie mani strinsero i lembi del vestito, uno accanto all'altro, e con velocità feci salire la zip.
Lie si voltò, fregandosi le mani una contro l'altra.
“Hai un bel petto…” Indicò il mio petto, alzando appena lo sguardo.
“Tu una bella schiena” mormorai d'un fiato.
Lie arrossì. “Ti lascio cambiarti, ti aspetto in salotto”.
Non potevo lasciare che l'imbarazzo le rubasse il sorriso. Non anche a fine anno.
“Potresti rimanere a guardarmi per ricambiare la mia scortesia”
Lie rise. “Mi farebbe piacere Kaulitz, ma ho un sacco di lavoro da svolgere!”.
Ricambiai il sorriso, poi sparì lasciandomi solo.

Lie. Roma.
L’aria quella sera era piuttosto fresca. Con quel maledetto vestito che avevo dovuto indossare avevo freddo alle gambe e anche alle spalle nonostante avessi il copri spalle. Un bel cappotto non guastava.
Il cielo tempestato di stelle era bellissimo. Rimasi a naso all’insù, finché Bill non spuntò da dietro e mi chiese se avevo freddo.
“Oh no, è solo il trentun dicembre!” soffiai con la mani sui fianchi.
Bill ridacchiò. “Dai tanto sono guarito. Tienila tu, che sennò ti ammali. E poi che cavaliere sarei se non sopportassi un po’ di freddo e non prestassi la mia giacca a una ragazza che ha freddo?”
“Un cavaliere meno esibizionista…” risposi seria, ma poi scoppiai a ridere. “E comunque la giacca ce l'ho mio salvatore!”
“Si. Però sono fatto così e non puoi cambiarmi.” aggiunse Bill stringendosi nelle spalle.
“Ehi voi due! Muovetevi mancano cinque minuti alla fine dell’anno. Festeggiate con me?” urlò Saki con mia nonna appollaiata al suo braccione.
“Tua nonna ha un debole per il povero Saki” commentò Bill al mio orecchio prima di prendermi dalla vita e prima di portarmi in braccio fino al parapetto del terrazzo in cima al condominio.
Le punte dei piedi toccarono terra, ma il moro non mi mollò del tutto. Rimasi sbilanciata contro il suo petto aggrappata al suo collo. Mi sorrise e con uno scattò mi alzò in aria facendomi alzare anche la gonna (giuro che in quel momento l’avrei ammazzato!) e mi mise a sedere sul muretto. Lui ridacchiò della mia disgrazia e io tenni il muso lungo. “Disgraziato!” borbottai più rivolta a me che a lui.
“Magnifica…” affiorò dalle labbra di Bill.
Provai a sturarmi le orecchie. “Puoi ripetere caro?” chiesi ridendo imitando mia nonna.
Lui mi prese una mano e la strinse. Fece un piccolo passetto in avanti e si accostò alle mie ginocchia. “Mia carissima principessa. Lei è una magnifica, bellissima, affascinate fanciulla. Mi permetterebbe di baciarle la mano, mia cara?”
Io entrai nella parte. Mi gonfiai il petto e mi limitai ad annuire con la testa.
Bill chiuse gli occhi e un piccolo inchinò mi fece un elegante baciamano. Non riuscireste a credere ai vostri occhi. Bill sembrava davvero un principe di alto rango!
“Lasci che le mostri la bellezza del mio regno…” disse indicando il cielo.
“Due minuti, deficiente!” strillò Saki.
Bill si pietrificò. Portò una mano chiusa a pugno davanti alla bocca e imitò un colpo di tosse. “Scusate l’ignoranza del mio servo, mia cara. Sono mortificato di questo brutto inconveniente…” disse Bill come un vero principe.
“Oh non si deve preoccupare mio principe! Aspetterò tutta la vita se ce ne sarà bisogno e poi non mi stancherò accanto alla sua dolcezza…”
Il moro rimase piuttosto scioccato da quelle parole. Forse avevo detto qualcosa di sbagliato?
“Un minuto, porco spino da palcoscenico!”
Nonostante avessi tentato in tutti i modi di non ridere, scoppiai e con me anche il tedesco.
“Bene, mia cara. Là su in cielo tutte quelle stelle sono così splendenti perché le ho accese con la grandezza del mio amore. Sono il riflesso della vostra bellezza”
Non ebbi il tempo di commentare che in cielo esplosero un boato di fuochi provenienti da tutta la città di Roma. Anche Saki si era messo di buona lena e stava spedendo in aria quelli che aveva comperato al supermercato.
Il cielo ora risplendeva di mille colori e di cascate di tonanti fuochi d’artificio. Non avevo parole per esprimere la mia emozione in quegli istanti.
Poi Bill mi fece scendere dal muretto e mi cinse la vita. E ballammo. Ballammo tutta la notte sotto il mantello incastonato di bellissime e luccicanti stelle.

Erika. Germania.
“Tom! Non fare il cretino!” protestai, quando mi prese a mo’ di sacco e mi portò sulla sua spalla per tutta la casa. I due G erano impegnati in dolci effusioni con le due K sul divano di casa Kaulitz, mentre Simone stava sistemando i fuochi d’artificio con Gordon in giardino. “Ragazzi venite! Mancano cinque minuti!”
Le rotelle del cervello di Tom cominciarono a funzionare e finalmente decise di lasciarmi andare. Tutti insieme ci dirigemmo in giardino.
Io indossavo un abito bianco accollato e per niente sfacciato con delle scarpe sobrie. L’unico strappo alla regola erano i capelli che ero andata a sistemare per rendermi irresistibile. Tom invece si era fatto convincere da me a togliere il cappellino e aveva provato a mettere una camicia nera, ma si era impuntato sul fatto che non avrebbe mai più messo la giacca. I due G erano eleganti come sempre mentre Karin e Klarissa avevano un po’ esagerato e si erano concesse una gonna, ma avevano tenuto una scollatura in limiti accessibili.
“Due minuti, nevrotico!” dissi io accostandomi a Tom.
Lui mi annusò l’odore dei capelli, mentre mi sfiorò delicatamente le braccia.
“Chissà come sta Bill!” sospirò Simone.
“Bene, penso. E poi a fargli compagnia ci sono Saki e Lie…” dissi io per distrarmi dall’insistenza di Tom.
“Un minuto. Tom lasciala in pace quella povera ragazza! Georg non toccare i fuochi! Attento a dove metti i piedi amore!” Simone aveva ordini per tutti.
Mi voltai verso il mio ragazzo. Lui non aveva occhi che per me. “Me la prometti una cosa?”
“Certo amore…” disse lui serio.
“Promettimi che farai di tutto per mantenere il nostro amore vivo e combatterai fino allo sfinimento per non mandare tutto a rotoli?”
“Te lo prometto. Ti amo!” disse lui alzandomi il mento e baciandomi.
In quel momento esplosero nel cielo centinaia di fuochi d’artificio colorando la fredda notte di una piccola città nell’Est della Germania.

Bill. Roma.
Avevo paura. Ecco cosa provavo: paura di perderla o semplicemente di amarla. Più la guardavo e più mi convincevo che non sarebbe stata altro che un’amica. Più la guardavo più mi sentivo stupido.
La stanza era immersa nell’oscurità. L’unica fonte di luce proveniva dal lampione fuori dalla finestra.
Non ero riuscito a chiudere occhio. Ero ancora seduto sul letto ad osservarla, mentre dormiva nel suo letto. Non avevo le forze nemmeno per togliermi le scarpe. Ero rimasto in camicia, che avevo sbottonato per il caldo insieme all cravatta che riposava sul tappeto della stanza. I capelli stirati verso il basso mi caddero in avanti, mentre abbassai il capo. Un dolore lancinante mi stava attanagliando il petto, e più specificamente il cuore. Faceva male. Mi faceva davvero male. Ogni minuto che passava aumentava e mi comprimeva lo stomaco, la testa mi esplodeva e non riuscivo più a sentirmi le gambe che ormai tremavano senza sosta.
sei bellissimo
Quelle due parole mi trivellavano il cervello da quando le erano affiorate dalle labbra. Ancora mi chiedevo come fosse possibile che le fossero fuggite, visto che fino ad ora non le erano quasi mai usciti complimenti per me. Però non aveva nessun significato. Io le avevo detto che era semplicemente uno schianto e lei mi aveva risposto che quella sera anche io ero bellissimo, ma…c’era un però, mi aveva detto che i miei complimenti la confondevano. Volevo prometterle che non le avrei più fatto un complimento, ma…anche per me c’era un però, non potevo dirle una bugia. Non potevo mettere un freno alla mia lingua visto che ero un logorroico di prima categoria, così ero rimasto ferito dal suo però e ora odiavo il mio di però.
Ma la cosa che più di tutte mi aveva ferito era stato il suo sguardo innocente quando si era stretta nelle spalle e aveva sussurrato che non importava.
Eravamo rimasti a guardare il cielo fino a quando la sua testa non era crollata sulla mia spalla. Allora con delicatezza l’avevo presa in braccio e l’avevo stesa sul letto. Le avevo rimboccato le coperte e le avevo stampato un tenero bacio sul naso prima si sedermi sul mio letto e rimanere a fissarla come in paradiso.
Ogni minuto che passava ripensavo alla sensazione delle sue labbra unite alle mie.
E mi scendeva un brivido lungo la schiena.
E con quella sensazione mi si chiusero gli occhi e raggomitolandomi come un riccio sul letto mi lasciai trasportare nel mondo dei sogni.

Tom. Germania.
Bagnato. Ero bagnato come un pulcino. Ma non importava. Ero riuscito a fare ciò che volevo fare: portare Erika a vedere l’alba in mezzo ad un campo.
Quando mi aveva chiesto se potevo esaudire il suo desiderio mi ero spaventato. Pensavo potesse avere la febbre, ma era seria. Così ora mi ritrovavo in un enorme campo incolto con un mega impermeabile giallo attorno in cui si era rifugiata anche Erika e guardava estasiata la palla rossa che solcava il cielo. Erika era bella come il sole. Il suo corpo contro il mio era la fonte di calore più stupefacente che avesse accarezzato la mia pelle.
Non volevo perderla per nulla al mondo, era l’unica cosa cara che mi rimaneva non contando Bill per il quale provavo un amore incondizionato perché era la mia fotocopia (l’ironia della frase mi sembra evidente: Tom ama se stesso per cui anche Bill perché è la sua fotocopia! ;) )
La piccola manina della bionda accarezzò la mia e i suoi capelli piovvero come una cascata sul mio viso. Le sue labbra si unirono con le mie e le emozioni volarono via spalancando le ali.

Mi svegliai in un pigiama il doppio di me. Lo squadrai perplessa e notai che sul bordo della maglia del pigiama era stampato un nome a caratteri cubitali: Bill. Non si bada a spese quando sei egocentrico.
Ma sorrisi al pensiero di indossare ancora un suo indumento, di sentire sulla pelle il suo odore, come se mi stesse stringendo in un lungo abbraccio. Raccolsi le gambe contro il petto e appoggiai il mento sulle ginocchia avvolgendomi le caviglie con le braccia. Gli occhi cominciarono a prudermi e presto scesero le lacrime. Un pianto silenzioso e che dava poco nell’occhio.
Quando l’ultima lacrima mi solcò il volto mi sentivo svuotata di tutte le mie emozioni e di tutti i miei pensieri. Non c’era cosa che sapesse rifarmi tornare il sorriso. Inclinai la testa per spiare Bill. Dormiva nel suo letto, come un angioletto. Non so quanto rimasi lì, a guardarlo. L’unica cosa che mi fece svegliare dal trans furono i movimenti bruschi che il ragazzo fece tra le lenzuola e il nome che urlò con quanto fiato avesse in gola: Lie.
Saltai giù dal letto e mi precipitai sul suo. Mi accostai a lui e gli strinsi la testa molto teneramente baciandogli la fronte. Bill si calmò improvvisamente. Io non sapendo che fare e non avendo voglia di muovermi rimasi lì accoccolata con il kaiser e continuai a proteggerlo dai suoi sogni tormentati.

“Piccioncini! Sveglia!” mi urlò una voce nei timpani.
Aprii lentamente gli occhi e li stropicciai con il dorso della mano, ancora assonnata. Abbracciavo ancora Bill per proteggerlo e alla vista di Saki mi staccai preoccupata che potesse fraintendere.
“Ma no non volevo disturbarvi!” disse lui in un sussurro. Mi porse un vassoio con la colazione e mi sorrise teneramente. Non l’avevo mai visto così dolce.
Se ne andò in punta di piedi.
Appoggiai la testa sul cuscino e sbuffai. Quanto avrei dovuto tenere solo per me il mio segreto? E come avrebbe reagito Bill nel venirne a conoscenza?
Eppure forse non mi importava come sarebbe andata. L’importante era amarlo. L’importante era esserci ogni volta che lui mi cercava, ogni volta che ne aveva bisogno. Proteggerlo con il mio amore. Mi stesi sul fianco e accarezzai la guancia al moro. Era così bello.
“Non sono un peluche. Ne un cane” commentò Bill con la voce impasticcata appena aprì gli occhi.
Ridacchiai. “Scusa ma hai avuto un incubo e ti tenevo compagnia…”
Bill si guardò il petto e vide che la camicia era tutta sbottonata. “Oddio. Scusa” disse coprendosi subito.
“Ma non mi dava fastidio anzi!” Ma come cazzo mi erano uscite quelle parole!
Il moro infatti mi guardò perplesso. Poi rise.
“Che hai da ridere?” protestai interdetta.
Il kaiser si gettò su di me e cominciò a farmi il solletico. “Nooooooo! Bill nooooo!” gridai tra lo sbellicamento generale.
“Guerra!!!! Attenta, un attacco dal versante destro e un aereo! Jumby a rapporto!”
“Che demente, Bill!” urlai io morta dalle risate.
“Attenzione è in arrivo un missile!” urlò saltandomi sopra prendendo una posizione migliore per torturarmi.
“Aiuuuuuuuuuuutooooooooooo!” gridai prima che Bill la smettesse per prendere fiato.
Ammiccò e poi ripartì. Io ero totalmente inebriata al suo contatto, le sue dita che mi sfioravano i fianchi facendomi ridere come una pazza, il suo sorriso bello come quello di un bambino e il petto scoperto invece era il segno che era un uomo. Rimasi un attimo confusa e poi mi venne un’idea. Mi alzai con la schiena e passai le braccia sotto le sue e mi ritrovai faccia a faccia con il moro.
Le ciocche dei suoi capelli mi caddero come una cascata sul viso e mi fecero il solletico.
Bill non disse niente, rimase a fissarmi negli occhi.
Io mi avvicinai piano diretta alle sue labbra, ma poi cambiai direzione e gli baciai il naso. “È così perfetto questo naso che se lo merita questo bacio!”
Gli occhi di Bill diventarono lucidi d’improvviso.
“Ehi! Cosa c’è?” chiesi preoccupata.
Bill sembrava muto, mentre una lacrima gli sfuggì e rotolò sulla guancia e poi cadde sul mio viso. Oddio, forse l'avevo ferito in qualche modo. “Bill…Ti prego non piangere…”
“Perché? Non ha importanza” disse molto distaccato.
“Invece si. A me si che mi importa!”
Lo sguardo di Bill si vece più insistente. “Cosa provi per me?”
Un velo di terrore mi pervase. Cosa voleva che gli dicessi? “Io…Tu sei un mio carissimo amico…”
“Tutto qui?” domandò molto deluso.
Non sapevo cosa dire. Io lo amavo, ma non avevo il coraggio di ammetterlo. “Bill provo quello che provi tu…Solo amicizia…Ma perché dovrei provare qualcosa per te? E poi che importanza ha?”
“No in effetti…nessuna” disse chiudendo gli occhi. “Solo che sono molto confuso e non so se provo solo amicizia per te” .
Deglutii piano. “E cosa provi?”
“Ci sarebbe solo un modo per capirlo” Io alzai un sopracciglio perplessa. “Posso baciarti?”
A quella domanda il cuore mi saltò fuori dal petto. “Bill l’hai già fatto per due volte ci vuole anche una terza?”
Bill aprì gli occhi e il nocciola dei suoi occhi mi estasiò. “Io...Non sono più tanto sicuro di niente in questa vita. Tu, sei l’unica mia certezza. Quando ti ho baciato ho capito che sei speciale. Che sei tu che mi hai cambiato radicalmente la vita”
“Bill…io…”
“Lasciati baciare…” disse posandomi l’indice sulle labbra. Mi abbandonai tra le sue braccia socchiudendo gli occhi e mi baciò.
Non so ancora perché avevo accettato se poi non avevo risposto. Forse non mi sentivo pronta. Eppure Bill mi aveva appena detto che forse provava per me più di un’amicizia. Ma ancora mi sentivo incerta e dubbiosa. Tuttavia mi lasciai baciare.
Quando il moro si staccò da me rimase a fissarmi con un velo di tristezza negli occhi. La mia mano gli accarezzò i capelli, mentre lui si morsicò il labbro inferiore.
“Grazie per aver accettato anche se non provi niente per me…” disse distogliendo lo sguardo da me.
Si alzò molto lentamente e si avviò verso la porta. Scesi con un balzo sul pavimento e gli afferrai un braccio. “Bill…”
Il moro si girò e lo abbracciai. Lui sembrò molto colpito dalla mia reazione e appoggiò imbarazzato le mani sulla mia schiena.
“Ti andrebbe di andare in un posto bello bello solo con me?” chiesi con un po’ di timore.
“Certo…” rispose il kaiser piano.
“E se riuscirai a farmi divertire ti prometto che ti dico se mi è piaciuto il tuo bacio…”
Bill si ritirò un attimo quel tanto che bastava per fissarmi negli occhi e sorrise. “Accetto! Ricordati che però io posso farti morire dalle risate!”
“Tu mi fai il solletico solo per baciarmi dopo” risposi io scherzando.
Bill si strinse nelle spalle. “Potrebbe essere, però è più forte di me…”
“Beh stupidino prendi gli occhiali da sole e costume e partiamo!”
Il moro fece un salto che toccò quasi il soffitto. “Andiamo in piscinaaaaaaaaaaaaa!”
“No. Vedrai, ti piacerà!”
Bill mi fissò con un muso lungo. “Ma andiamo in piscina? Ho voglia di fare un bagno!”
Gli stampai un bacio sulla fronte e lo spedii fuori dalla stanza. “Mi cambio. Faccio in fretta”.
Dopo dieci minuti ero fuori dalla camera. Avevo messo un paio di converse, un paio di jeans e una felpa; mi ero truccata e avevo raccolto i capelli in una coda. Bill si doveva essere cambiato in bagno perché ora indossava una maglietta nera e i jeans e teneva in mano un costume. “Ma ci serve?”
Scoppiai a ridere. “Il costume era per scherzare, furbizia! Non vorrai andare a fare il bagno il primo di gennaio?”
La mandibola di Bill crollò mostrando le sue bellissime tonsille. “Non ci posso credere!”
Feci un passo in avanti e gli alzai la mandibola. “Dai cucciolo il mare ci aspetta…” dissi superandolo e incamminandomi verso la porta d’entrata raccogliendo la giacca, il berretto e la sciarpa.
Bill si voltò perplesso. “Hai detto cucciolo?”
Mentre mi infilai il berretto risi sotto i baffi. “Muoviti Bill!”
Lui allargò le braccia in segno che non aveva capito. Poi si rassegnò. “Ok”

Le basculanti si alzarono lentamente rivelando una moto di grossa cilindrata. Era nera con un grosso teschio sul fianco destro.
“Wow!”
“E' tutta tua, campione!”
Bill mi fissò perplesso. “Ma…Lie…Non credo…”
“Era di mio padre…Nella tomba non credo gli serva più…”
“No no dicevo che non so se posso guidarla, non ho mai avuto una moto…”
“Che ci vuole! Basta che la accendi…e parti!”.
Sul volto di Bill si dipinse una faccina incredula. “Donne e motori non vanno d’accordo…”
“Senti da quando in qua ti intendi di motori tu??” chiesi arrabbiata.
Lui sbuffò e cominciò ad ispezionare la moto di mio papà. “Dovreb….” Sussurrò togliendo la cavalletta e girando la chiave, ma si riempì il garage di fumo, proveniente dalla marmitta. “No non dovrebbe…”
“Tutto bene?” mi sfuggì, mentre ridacchiavo divertita per la scena buffa di Bill tutto nero.
Lui mi sorrise consapevole della figuraccia.
Mi avvicinai e senza spostare lo sguardo da Bill accesi il motore della moto e fissata con stupore dal moro mi strinsi nelle spalle. “Mio papà mi aveva fatto fare un giretto una volta…”
Bill si sistemò la giacca e montò. Fece fare retromarcia alla moto e indossò il casco. “Ehi baby monta dai…”
“Si istrice, con calma”
Indossai il casco e mi sedetti accostandomi alla schiena di Bill. Lui s’irrigidì istintivamente. Era timido o lo mettevo in imbarazzo. Non so.
Chiusi la mente ai dubbi e saltai dalla gioia, perché ora ero a stretto contatto con la sua pelle e potevo sprofondare la testa nei suoi capelli profumatissimi.
La moto usci lentamente sotto il cielo di un tiepido primo gennaio. Circondai con le braccia il torace di Bill e lui fece sgommare la moto uscendo in strada e cominciando il nostro viaggio verso il mare.
Stretta al corpo del moro non mi ci volle molto per sentirmi le palpebre cadere dal sonno.
Così Bill abbandonò l’autostrada e ci fermammo in un autogrill. Accostò la moto dietro l’edificio e si sfilò il casco liberando la chioma corvina. Come una mezza ubriaca sbandata e demente smontai reggendomi sulle gambe come un palloncino in balia del vento.
Bill fu pronto a sorreggermi e far sembrare tutto molto normale mi prese per mano e mi condusse all’interno ordinando un caffè.
“A me non piace il caffè” ammisi seria.
“Davvero? Be’ però ti devi svegliare sennò mi cadi giù dalla moto…” Nei suoi occhi baluginava una piccola scintilla di compassione. Cosa che non condividevo per nulla.
Arrivato il caffè che aveva ordinato mi costrinse a berlo. Mi sorrise stringendo il casco. Era così bello che avrei fatto qualunque cosa per lui.
Bevvi il caffè quasi tutto d'un fiato.
Ogni giorno che passava sapevo che era sempre più speciale e avrei provato di tutto per renderlo felice. Abbassai lo sguardo messa a disagio dal suo sguardo così gentile e affascinante.
Il suo indice mi sfiorò il mento nel segno di alzare il capo e il mio cuore cominciò a battere a più non posso. “Ehi! Va tutto bene?”
Mi capiva così bene da sapere, quando stavo male.
“Uhmmm…Non so cosa mi succede” ammisi sconsolata, di certo avrebbe capito se gli avessi detto una bugia.
Una mano di Bill mi strinse un braccio e l’altra mi circondò la vita avvicinandomi a se. “Se vuoi tornare a casa basta che lo dici, ok? E comunque ci sono io a proteggerti. Non ti devi preoccupare”.
“No andiamo, in ogni modo mi devo preoccupare proprio perché sei tu che mi deve proteggere!” risposi ridendo.
“Ah già vero non ti fidi di me, eh?”
Gli stampai un bacio sulla guancia. “Dai mio piccolo istrice il mare ci attende”
Il moro tenendomi sempre per mano mi accompagnò fuori dal bar e raggiungemmo il punto dove era parcheggiata la moto.
Mi sedetti dietro Bill e indossai il casco, mentre una strana sensazione mi attagliò lo stomaco. Mi sentivo vuota e avevo paura, ma non sapevo di che cosa.
Mi accostai alla schiena del moro e mi abbandonai alla sua protezione sognando di volare nel cielo azzurro cobalto mano nella mano con Bill.

Tom. Germania.
Correva a perdifiato girandosi per controllare che la stessi seguendo. Saltellava nel campo tra le erbacce come una bambina.
Mi fermai un attimo per riprendere fiato e mi spuntò una lampadina sulla testa. Idea! Mi accucciai e scomparii alla sua visuale.
Non riuscivo più a sentire le risate di Erika. Ne dedussi che si fosse fermata per capire che fine avevo fatto.
Qualche attimo dopo la sentii avvicinarsi. Indietreggiai appena, quando entrò nella mia visuale e appena fu di spalle la gettai a terra.
“Ti ho preso!” urlai felice.
I suoi occhioni azzurri mi perforarono l’anima. Li chiuse lentamente e si avvicinò baciandomi. Prima lentamente poi sempre più appassionatamente. Le mie mani nei sui capelli, le sue sotto mia la maglietta, le mie labbra sul suo collo, poi le sue sul mio orecchio. La mia maglia volò via come avvenne per le sue scarpe. Ci rotolammo stringendoci, baciandoci.
“Sei sicura?” le chiesi preoccupato.
Lei mi sfiorò la guancia e mi sorrise teneramente. “Si…Ti amo…”
“Anche io” la baciai e lei si sfilò la maglietta.
Facemmo l’amore per tutta la mattina, ma la cosa che mi sconvolse di più fu sapere che Erika mi ringraziò per questo e si addormentò tra le mie braccia.
Così la coprii con delicatezza e la stendetti sul sedile della macchina e la portai a casa. Era l’unica donna su questa terra che avessi mai amato e che mi avesse davvero dato tutto quello che un uomo potesse desiderare: ero amato.
Imboccai l’autostrada e le diedi uno sguardo fuggente e sorrisi. Ero felice.




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Capitolo 18
*** Dichiarazione tardiva ***


Ciao :) lo sapete che quello che state per leggere è il penultimo capitolo di questa storia?? Mi dispiace dovervi informare che questa avventura sia finita, ma vi prometto che varrà la pena arrivare fino alla fine di questa storia, che sarete troppo contenti per pensare che la fine è già arrivata! Bando alle ciance! Gelatoooooooooooooooo (la demenza senile non è curabile scusate XD)

Risposte alle mie care e assidue lettrici!

Kyara Agatha Mainlander: 1)Kyara Agatha Mainlander2)Kyara Agatha Mainlander3)Kyara Agatha Mainlander4)Kyara Agatha Mainlander5)Kyara Agatha Mainlander6)Kyara Agatha Mainlander7)Kyara Agatha Mainlander8)Kyara Agatha Mainlander9)Kyara Agatha Mainlander
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20)Kyara Agatha Mainlander21)Kyara Agatha Mainlander22)Kyara Agatha Mainlander23)Kyara Agatha Mainlander24)Kyara Agatha Mainlander25)Kyara Agatha Mainlander K brava che sono stata no? :) (ma imbecille secondo te non se ne accorge che hai fatto copia incolla??) Ma no figurati, ci sono anche i numerini! (Cretina!). Che cattivona che sei! Insomma devi sempre inveire, perchè non ti fai gli affari tuoi?? Ah ciao mia cara :) ho scritto qui il tuo nome 25 volte e ho fatto la mia punizione (tze) Invidiosa! 'me che sgrido la mia coscienza' XD Eccole il suo gelato servito XD se le piace faccia un fischio mi raccomando :) PS: il gollum è arrivato?? Se non è arrivato farò reclamo alle poste! XD

Layla: In questo capitolino Lie ha deciso di gettare ogni chiusura mia cara, attenditi una vera sorpresa :) La statua di Bill la voglio per me ok? :) Il commesso mi stava proprio sui coglions! Si Tom e Erika ormai sono navigati :) indovina un po' cosa sta tramando Tom!!!!! segretuccio segretuccio ^_^ a presto :)

Marty483: Ehi quando arriverai a leggere questo commento sarà forse troppo tardi, comunque sappi che sei ben accetta :) mi fa piacere che tu abbia scoperto questa storia anche se in ritardo :) Un caloroso benvenuto!! PS: grazie dei complimenti :) 'me arrossisce'.



Capitolo 23: Dichiarazione tardiva

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Lie. Nei pressi di Roma.

Si aprì una vastissima pozza senza fine, dalle svariate tonalità dell’azzurro, alla nostra destra. Diedi una pacca sulla spalla a Bill per chiedergli di fermarsi. Lui diresse la moto verso una fermata di emergenza e saltai giù appoggiandomi al parapetto per fissare all’orizzonte il mare che si estendeva placido a qualche chilometro da dove ci trovavamo.
Inspirai l’aria pulita ed espirai chiudendo gli occhi. I polmoni mi si riempirono di aria salmastra e mi pervase una strana sensazione di malinconia. Il ricordo dei giorno che passavo con mio padre al mare erano ben impiantati nel mio cervello.
A me il mare ricorda i giorni che passavamo con mio papà, quando ancora era sposato con mia mamma. Ti capisco sai…Non deve essere facile…”
Abbassai lo sguardo ferita da quelle parole. “I tuoi sono ancora vivi, però”
Colpito e affondato. I suoi occhi correvano frenetici alla ricerca nella sua mente di un qualcosa da dire. “Già. Ma non vuol dire che non ci siano più. Li porterai sempre con te…”
Afferrai il parapetto per via di un mancamento. “E secondo te sono nel mio cuore? Ma fammi il piacere! Me l’aveva promesso che sarebbe rimasto sempre nel mio cuore e poi se n’è andato. Come tutti dopotutto…”
Tuo padre aveva ragione. Non potrà andarsene, perché tu sei lui. Carne della sua carne. Nel tuo sangue scorre il suo sangue. Le persone che ami non se ne vanno mai. Resteranno sempre…vivranno per l’eternità in te”
Sulle labbra di Bill apparve un sorriso dolcissimo per invitarmi a credergli.
Fece un passo avanti. Mi prese una mano, la chiuse a pugno e l’accostò al petto. “Qui vicino al cuore, così che tu le possa sentire vicine”.
Il mio sguardo passò dalla mia mano ai suoi occhioni color mandorla. Ecco perché lo amavo! Mi stava vicino, quando ne avevo bisogno!
Sospirai e sfiorai la mano di Bill e gli risposi sorridendo. “Grazie…” poi abbassai lo sguardo stringendomi nelle spalle. “Però non li vedo fisicamente ed non sono qui per abbracciarmi…”
Le lunghe braccia affusolate del cantante mi avvolsero e il mio petto aderì al suo perfettamente. “Per questo ci sono i vivi…” commentò lui piano.
E che razza di vivi, no?” commentai sapendo che si sarebbe inalberato.
Già…che vivi…!”
Scoppiò a ridere e mi prese in braccio portandomi via come un grosso sacco pesante.
Bill…!” urlai con quanto avevo in gola mollandogli pugni innocenti sulla schiena.
Lui rise e mi fece sedere sulla moto. Mi infilò il casco e lo allacciò sotto il mio mento. Mi abbassò la visiera e rimase a fissarmi un attimo come se stesse decidendo se fare una cosa o meno.
Mi sorrise e si infilò a sua volta il casco e si sedette davanti di me. Appena il tempo di afferrare la sua giacca che partì con una sgommata e ci infilammo nel traffico dell’autostrada.
La strada che accostava il mare era sotto il sole e incolonnati tra il serpentone di macchine ferme mi dava l’impressione che ci avremmo messo un’eternità prima di raggiungere la nostra uscita, tanto che quando vidi l’insegna che indicava il lido di Ostia mi sembrava un miracolo.
La moto prese dolcemente la curva e ci ritrovammo al casello. Con l’eleganza di una star Bill pagò, la sbarra si alzò e sgommò per l’ennesima volta facendo scuotere la testa al casellante che lo credette un gran esibizionista.
Imboccò la strada che portava al lido e una strana sensazione di beatitudine mi pervase il cuore.
La moto affiancò la costa, prese dolcemente la curva e si fermò sul ciglio. Bill spense il motore e si levò il casco. “Ci siamo”.
Lo imitai e scesi saltellando sulla sabbia. Il moro mi prese per mano e mi strattonò verso il mare.
Ci fermammo a pochi metri dall’acqua e si tolse la giacca per gettarla a terra e sedersi sopra. Io mi accoccolai al suo fianco e rimasi a fissare assorta l’orizzonte. “È bellissimo qui! Grazie di avermici portato”
È un onore…”
Quanto sei cretino!” esclamai dandogli una spinta.
Le braccia del kaiser sventolarono in aria come bandiere per poi soffocarmi in una stretta mortale. “Ora attenta prigioniera, potrei essere l’ultimo angelo che vedrai nella tua vita!”
Sorrisi beffarda. Gli baciai la guancia. Lui si pietrificò. “Ma dovresti vederti allo specchio! Sei così bellino!”
Ti ricordo che posso baciarti ancora se volessi” mi ammonì lui, come se mi stesse dicendo di essere un vampiro che uccide le sue vittime.
Fui io, ora, a pietrificarmi. “Non ci provare!” sussurrai a fior di labbra.
Bill mi spettinò i capelli e sorrise. “Non te lo meriti pulce…” e mi lasciò come un salame sulla sua giacca.
Ehi Bill aspetta!” urlai recuperando la giacca al volo per rincorrerlo sulla battigia.
Si fermò d’improvviso e rimase a fissare un punto fermo davanti a se con espressione vuota. “Bill?” lo chiamai una volta raggiunto. “Che hai?”
Ho voglia…ho voglia…Ho voglia di un GELATO!”
Scemo! I negozi sono chiusi!”
Bill scosse la testa, sempre più euforico. “No di un microfono!”
Ah, e che te ne fai del microfono, mister So tutto io??” chiesi accigliandomi.
Ci canto…” disse voltandosi e cominciando a intonare An deiner seite.
Oddio! Non quella canzone!” protestai.
Il moro mi prese una mano. “Canta con me…” E come un animatore da villaggio turistico mi trascinò al suo ritmo. Resistessi con audacia, fino al ritornello, poi non riuscendo a trattenermi, le parole mi sfuggirono dalle labbra prima di riuscire a fermarle. Sulle labbra del cantante apparve un enorme sorriso e cantò più forte riempiendomi di felicità il cuore.

Erika. Germania.
Tom! Ma cos’è quella faccia da deficiente?” chiese Georg seduto sul divano di casa Kaulitz.
La amo” sussurrò il ragazzo con i rasta fissando il salone, perso.
Si accese una lampadina sulla testa castana del bassista. “Ah! Dovrei dire a Erika di farlo ogni giorno così ti posso prendere per il culo senza problemi” disse allegramente cominciando a inveire con una carrellata di insulti.
Tom alzò il pugno e Georg se lo trovò sotto il naso senza rendersene conto. “Ma non sono diventato sordo” disse il biondo senza voltare lo sguardo.
Il bassista alzò le mani in segno di innocenza. “Ok ok non prendertela…!”
Si amore…ma certo…si tanto Tom è più morto che vivo quindi dirà di si…anche Erika si…alle otto ok? Dopo Tom…si, se si sveglia…prendiamo la sua auto…si si…ma no tanto dorme…ah ah…poverino…be’ a dopo amore…ti amo…” Gustav chiuse la chiamata tutto pimpante. “Hai ospiti vecchio citrullo” avvertì senza ricevere risposta. Gustav, in occasioni normali, non sfotteva i suoi amici.
Chi tace acconsente!” urlò Georg componendo il numero della pizzeria per ordinare.
Tom strabuzzò gli occhi. Il suo cervello aveva fatto una revisione della situazione. Allora due amici sul divano di casa, mezzi nudi (le mutande erano considerate solo un obbligo per la presenza di donne in casa), ognuno telefonava a chi voleva con il suo telefono, il disordine sul pavimento cominciava a farsi notare, riceveva molti più insulti del normale, ma la cosa che lo stupiva di più di tutto, era che gli veniva da ridere. “Fate come a casa vostra” disse Tom stringendosi nelle spalle.
Grazie sei un amico” bisbigliò Georg dandogli una manata sulla spalla, mentre qualcuno rispose oltre la cornetta.
Pronto…Pizzeria da Gianni…desidera?”
Ehm 6 pizze a domicilio” ordinò il ragazzo.
Uno strano ronzio acuto traforò l'orecchio a Tom. “Sei pizze?? VOI SIETE FUORI!!!!!!!!!” strillò Tom, inacidito.
Gustav lo placcò. “Calma! Vengono anche Karin e Klarissa” spiegò lentamente come se stesse parlando a una persona con l'encefalogramma piatto.
Annnn…Cosa??”
Dalla porta della cugina apparve Erika, assonnata che galleggiava in un pigiamone il triplo di lei.
Ciao ragazzi che ci fate qui?” chiese prima di sbadigliare.
Tom rimase a fissarla rapito e lei deambulò fino al divano per sedersi vicino a lui raccogliendo le ginocchia vicino al petto. “E' proprio comodo il tuo pigiama…” commentò appoggiando la testa sulla spalla del biondo.
Tom sorrise e la baciò dolcemente sulle labbra. “Abbiamo ospiti, non ti dispiace vero?”
Si illuminò di gioia in un baleno. “Tornano Bill e Lie????”
No no, solo le due K”
Annnn…!” sospirò Erika.
E ma che noia! Tu e questo bipede taglia XXL dite sempre le stesse cose!!!!” protestò Georg dopo essere stato considerato alla cornetta dalla ragazza della pizzeria un maniaco del sesso e dopo che le aveva riattaccato la linea.
Allora? Le pizze?” chiese Gustav.
La tipa ha detto che sono un maniaco…Ma le pizze ce le porta comunque il fattorino il prima possibile” farfugliò il castano mogio mogio.
Povero piccolo” commentò Erika, abbracciandolo.
Tom passò tutte le tonalità dal viola al verde e poi scoppiò a ridere.
E si beccò una ciabatta in fronte.

Bill. Roma
Una camera” bisbigliai piano al ragazzo oltre il bancone, per non svegliare Lie.
Matrimoniale?” domandò guardando Lie che era abbandonata tra le mie braccia crollata in un profondo sonno.
La mia mente ripercorse la scorsa lite e la mia risposta uscì spontanea. “No, singole. È mia sorella. Poverina è crollata”
Certamente. Avete con voi dei bagagli da sistemare?”
No. Non era prevista un pernottamento così lungo. Credevo saremmo potuti tornare a casa prima del tramonto ma non mi fido a guidare di notte”.
Ok signore. Allora vuole una camera fornita del necessario per la notte?”
Rialzai Lie che stava scivolando sul pavimento. “Ehm, si direi che sarebbe ideale”.
Il ragazzo mi consegnò la chiave e alzai in braccio la mia “nuova sorella”. Mi diressi verso l’ascensore.
Bill? Bill?? Sei così billino…” farfugliò Lie nel sonno facendomi arrossire d’improvviso.
Il ragazzo della hall aveva sentito tutto e mi fissava accigliato. Si chinò in avanti e urlò: “Vuole una mano?”
Uh no, faccio da solo. Bill è il suo ragazzo, l’ha mollata e lei ne è rimasta sconvolta. Cosa non fanno i fratelli per le proprie sorelle!” strillai sperando che non mi credesse un pervertito.
Si strinse nelle spalle. “Come vuole”.
Affrettai il passo e pigiai nervoso il pulsante per chiamare l’ascensore. Le porte si chiusero e rimasi da solo con Lie. “Mi farai impazzire prima o poi” le sussurrai piano cingendole la vita. Sorrisi. Era la creatura che amavo e l’avrei protetta per sempre.
Piano piano la stesi tra le lenzuola profumate di lavanda, la coprii per bene e le stampai un bacio sulla fronte. Mi voltai e mi diressi al mio letto. Mi sbottonai lentamente la camicia nera e la lasciai cadere a terra. Portai una mano al petto e sentii il battito del cuore molto movimentato. Tipico effetto Lie. Così lo avevo chiamato il battito. Sospirai esausto e mi tolsi le scarpe.
Mi sedetti con un vuoto sempre più ampio, mi stesi a fissare il soffitto. Si stava aprendo uno squarcio nel cuore, che faceva male. Voltai la testa per non vedere Lie che dormiva, poi crollai in un sonno tormentato.

Erika. Germania.
Il campanello suonò alle otto precise. Andai ad aprire la porta e mi si appollaiarono addosso le due K. “Tesoro sei un figurino!” “Ha ragione. Stai benissimo così, Erika! E io me ne intendo!” disse Klarissa ammiccando. “Dove sono i nostri mostri??” chiese l’altra tirando il collo per vedere oltre le mie spalle.
Klarissa era una stilista, o per lo meno stava studiando per diventarlo.
Arriviamo!!!!!!!!” urlò Georg con un ruggito da scimmione inferocito. Per un soffio Tom mi prese per la vita e mi portò in salvo.
Così le sfortunate ad essere travolte dalla furia del bassista furono le due K e con l’arrivo di Gustav seguirono una serie di baci infiniti.
Tom mi prese per mano e mi condusse in cucina. “Lasciamoli amoreggiare un pochino”
Già” sospirai schiacciata tra il petto di Tom e lo stipite della porta.
Non mi baciò. Non voleva farlo. Mi abbracciò e chiuse gli occhi. Non c’era altro che desiderasse se non stare con me e sentirmi vicino. Afferrai la sua camicia (l’avevo convinto a metterla ;) ) e chiusi i palmi. Appoggiai il mio viso contro il suo e mi investì una scia del suo profumo. Entrai in Paradiso tutt’ un tratto. E ci volevo rimanere almeno il più a lungo possibile.
Quel momento durò una manciata di minuti perché poi suonò il campanello il ragazzo della pizzeria con le nostre ordinazioni, o meglio quelle di Georg perché mi ritrovai una cosa indefinita nel piatto e mi passò la voglia di mangiare solo a guardarla.
Poi d’improvviso il mio piatto scomparve e apparve una gustosa prosciutto e funghi. Alzai lo sguardo e Tom mi sorrise appoggiando il mio ex piatto davanti a se. “So che ti piace quella…Io mangio questa che mi ispira”
Rimasi sconcertata. “Ma è lo stesso! Non voglio che ti sacrifichi per me.”
Infatti non mi sto sacrificando. Mi ispira. Sul serio!” snocciolò sorridendomi.
Mi imbronciai. “Sei un bugiardo innamorato!”
Lui tagliò la sua pizza a metà. “Allora metà per ciascuno!”
Io tagliai la mia e scambiammo le pizze. “Ora va molto meglio. Ti amo Tom!”
Anch’io piccola!”
Nel frattempo gli altri avevano già divorato metà pizza. Scossi la testa esasperata. “Ingordi!!!” siete degli ingordi schifosi!”
Finito di mangiare Gustav attirò l’attenzione “Sentite, ora che facciamo?”
Andiamo a festeggiare perché poi Karin e Klarissa dovranno tornare a Berlino…”sentenziò Georg mettendo tutti d’accordo.
Si alzò un urlo che fece impallidire il volto di Tom e lo fece tremare come una foglia. “Sulla Cadillac!”
Poi come se avessero aperto le gabbie tutti si scaraventarono in garage e montarono sulla spaziosa automobile dal valore inestimabile.
Tom come se fosse ingessato o paralizzato montò in auto e accese il motore, molto lentamente. “Ti prego fa che non mi sfascino i sedili!!!” bisbigliò pianissimo, ma io che gli stavo vicino lo sentii perfettamente.
Quando eravamo in strada. “Oh cos’è quella macchia li? Li vicino ai tuoi pantaloni Georg sul sedile?” domandai innocente.
Sul volto del povero Tom comparvero mille espressioni indecifrabili. Frenò di colpo. “Noooooooooo!”
Tutti eccetto lui scoppiammo a ridere. Tom capì, solo allora, che era un scherzo. “Ti butto giù a calci nel sedere se fai una macchia! E ci tenete al sedere di Georg guai a voi se sporcate!”
Il castano fece il muso lungo. “Perché sempre io?!?”
E la sua risposta furono le nostre risate.

Erano le tre di notte passate, quando uscimmo dalla discoteca e risalimmo in macchina. Però nessuno era ancora stanco così Tom propose di accompagnare tutti all’osservatorio. Da la avremmo potuto vedere meglio il cielo e rimanere un po’ da soli.
Una volta accolta la proposta partimmo per la nostra meta.
Arrivati mi appoggiai al braccio del chitarrista e lui mi avvolse le spalle con un braccio. “Grazie Tom!” sussurrai
Mi sorrise. Era un po’ assurdo continuare a ringraziare ma mi veniva spontaneo e Tom adorava la mia spontaneità.
Sai che vorrei fare domani?”
Mi guardò curioso. “No, dimmi…”
Puntai l’indice sul suo petto e cominciai a ruotarlo. “Vorrei fare una scorpacciata di te”
Certo amore. Anch’io di te!” Mi baciò la testa e quando non me l'aspettavo mi prese per i fianchi e mi alzò. Ignorando le mie urla corse verso il parapetto e mi fece sedere sopra. Si sedette vicino a me e mi indicò un punto impreciso sopra di noi. 
“Lassù in alto c’è una stella, una piccola stellina, che è schiacciata da tutte quelle che ha attorno, però lei ha una luce sua dentro che vuole liberare e sa che è la più bella di tutte, ma non riesce a liberarla ed è considerata da tutti inutile perché non fa abbastanza luce. 
Ma all’improvviso arriva una stella che la prende con se e l’aiuta a liberare tutta la sua luce e lei è ora la stella più bella del firmamento. Tu assomigli molto a quella stella. Hai una bellezza nel tuo cuore che non ho mai visto in nessuno. E so che l’amore vero è basato sulla bellezza interiore e non su quella esteriore. 
Per questo io mai sono stato innamorato. La bellezza esteriore con il tempo decederà, con la vecchiaia, ma quella dell’anima no. Rimarrà per sempre. Quell’amore non potrà spegnersi…”
I miei occhi si bagnarono di copiose lacrime. “Sei un angelo” biascicai guardandolo.
Io sono solo Tom, il tuo Tom che ti ama come mai ha fatto prima d’ora…perché sei speciale”
Abbassai lo sguardo per un attimo poi lo rialzai per trafiggerlo con i miei occhi azzurro cielo.
Mi spostò una ciocca di capelli dietro un orecchio. “Sono felice di averti trovato. Ho perso tutta una vita per capire che la mia felicità era al mio fianco e non me ne sono mai reso conto”
Sorrisi. “È vero sei lento!”
Rise. “Hai ragione e un gran tortellino cotto di te…”
Ti amo tortellino” sussurrai al suo orecchio abbandonandomi tra le mie braccia.
Così passammo la nostra seconda notte dell’anno, prima che le due K partissero tra i pianti dei due maschioni di nome Georg e Gustav, prima di scoprire quale pensiero balenasse nella mente del mio Tom.

Lie. Roma.
Il dito affusolato di Bill aveva l'aria di accusare i miei comportamenti, mentre mi era puntato contro. Retrocessi spaventata e intimorita, credendo di averlo ferito in qualche modo, ma il mio piede scivolò verso lo strapiombo. Per un soffio le mie mani si aggrapparono alla rupe su cui si ergeva Bill, trionfante. Mi guardava come se fossi la cosa più ripugnante al mondo.
Poi lasciai la presa e mi gettai nel baratro. Gli occhi di Bill erano compiaciuti.
Mi svegliai di soprassalto. Era solo un incubo, un incubo terribile.
Mi spostai il colletto del pigiama, nervosa. Dovevo dire la verità a Bill prima che la scoprisse da solo. Si meritava di sapere. Dovevo solo aspettare che si svegliasse. Facile a dirsi.
Era stato lui a portarmi in questa stanza d’albergo, quando io stavo allegramente viaggiando nel mondo dei sogni. Lui da solo mi aveva trascinata come un sacco di patate. Aveva perso ore di sonno.
Era logico che ora dormisse alla grossa. Per questo motivo fu l’attesa più lunga della mia vita.

Ed ecco che si svegliò la mia maggiore paura, la mia maggiore felicità, la mia ossessione, il mio amore. Si strofinò gli occhi piano e si stiracchiò assonnato.
Si accorse che lo fissavo e mi salutò.
Non ricevette risposta, solo uno sguardo vuoto e terrorizzato. “Ti…ti devo parlare…”
Lui mi si avvicinò e mi sorrise. “Mi dirai dopo colazione. Ora rilassati, ho una fame che potrei sbranarti”
Ma io ti devo parlare ora!” ero sicura e carica per parlare.
Bill dovette intuire quanto fosse importante per me, perchè ammutolì e si sedette sul mio letto. “Dimmi”
Ti ricordi, quando mi hai chiesto dov’ero quella sera che tua mamma mi ha chiamato?”
Bill s’irrigidì di colpo poi si addolcì. “Si, ma non ha importanza”
Forse ora non la voleva nemmeno sapere la verità. Era fatta! No. Non potevo.
Invece si! Perché ero con Tom” ripresi tutto d'un fiato.
Bill non resse più il mio sguardo e fissò il pavimento senza parlare.
Erika mi ha chiesto un favore. Voleva vedere se Tom cadeva in una trappola dove io ero l’esca” le parole che stavo dicendo, sembravano ferirlo come pugnalate. Non volevo ferirlo, ma la verità era quella. “Dovevo cercare di sedurlo…abbiamo ballato ho cercato di strusciarmi per farmi toccare…”
Bill si alzò dal letto e senza guardarmi in faccia andò ad aprire la finestra per respirare un po’ d’aria.
Io ti giuro che mi dispiace Bill! Ma Erika…”
Bill diede un pugno sul marmo del davanzale. “Perché non ti sei opposta? Perché non le hai detto di no? Perché non ragioni con la tua testa? Perché?”
Perché me lo ha chiesto in un momento di difficoltà e non sono riuscita a dire di no”
Ma si trovava una puttana sulla strada e faceva prima! Cazzo perché te?”
Perché non le conosce le prostitute”cercai di rispondere.
Non sto scherzando Lie! Stai giocando con il fuoco. Mi stai uccidendo…Come dovrei sentirmi ora?”
Perché dici così? Infondo non so nemmeno perché mi sto scusando” Questa discussione aveva raggiunto il limite. Effettivamente perchè mi stavo scusando? “Io posso andare con chi voglio”
Sul volto di Bill si dipinse un velo di tristezza. “Ma con mio fratello...e lui lo sapeva. Sapeva tutto”
Ora sembrava parlasse da solo.
Sapeva cosa?” chiesi per riportare la conversazione a toni normali.
Niente. Vai dove ti pare. Hai ragione”
Improvvisamente il cuore si bloccò. Non sapevo più se reagisse. Forse se gli avessi bussato non avrebbe risposto. Era diventato gelido come il ghiaccio.
Le mie labbra si schiusero, senza pronunciare alcun suono. La stanza sembrava ovattata, non capivo nulla, non sentivo nulla. Ci sono purtroppo dei momenti in cui arrivi ad un punto di non ritorno. Io c'ero arrivata.
La bocca mi si chiuse, digerendo l'amaro malamente.
E fu in quel momento che, in ritardo, il mio cuore decise di aprirsi: distrusse la serratura e ruppe il lucchetto. Ora era libero.
Ma ancora non l’hai capito? Io provo per te qualcosa di speciale! Io ringrazio giorno e notte il cielo per avermi dato te” 
Bill mi guardò incredulo negli occhi. 
“Io non mi sono mai sentita così protetta come al tuo fianco, tra le tue braccia. Inizialmente avevo rinunciato alla proposta di Erika, ma poi mi ha assicurato che sarebbe stata pronta a saltare fuori nel momento opportuno. Ma non è servito perché Tom mi ha respinto e siamo usciti dalla discoteca. Mi ha detto che l’unica donna che amava era Erika e che voleva essere l’uomo che lei desidera per starle vicino. Sono andata via felice perché io ti amo e non avrei mai potuto stare con un altro uomo se non te…” le lacrime cominciarono a scorrermi sulle guance. 
“Scusami se mi sono illusa di poter contare qualcosa per te. Speravo che quella ragazza che ti piaceva fosse un'invenzione. Pensavo che quei baci valessero qualcosa. Ma forse ho solo commesso un enorme errore”.
Non potevo restare li ancora. Mi concessi solo l'ultimo sguardo al suo viso, che mi sembrò perdurare una vita, poi presi la strada per la porta.
E quella camminata veloce diventò una corsa giù dalle scale, attraversando la hall e fuori.
Pioveva a dirotto ed ero senza ombrello. Il dolore al cuore era più forte di ogni pensiero e mi gettai in strada nonostante non avessi un cappotto per coprirmi.
Non sapevo dove andare, dove fuggire. Ma sapevo che volevo andare via da Bill il prima possibile e dimenticare tutto il tempo passato insieme per voltare pagina. Vagabondai con le lacrime che si mescolavano alla pioggia che mi rigava il viso.
Le luci dei semafori lampeggiavano a intermittenza confondendomi le idee.
Il mare rumoreggiava per la potenza del temporale. Mi venne un groppo in gola. Quanto faceva male il cuore in quel momento!
Svoltai l’angolo e mi diressi verso il centro. Forse avrei potuto prendere un autobus.
Anticipazioni flash: Ultimo capitolo...dice tutto no? attendetevi il peggio che si può avere!


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Capitolo 19
*** The Reason Of My Life ***


Carissime lettrici! Sniff sniff è l'ultima volta che vi scriverò! Siamo giunti alla fine di questa fantastica storia :( mi mancheranno le vostre recensioni e il vostro affetto! Pubblico questo capitolo con l'emozione che mi avvince. Mie care è un addio il nostro? No, dai scrivetemi da qualche parte mi farebbe piacere! Se si può fatemi sapere che siete lettrici di The reason of my life, perchè potrei non accettarvi!

Voglio fare un ringraziamento articolare a tutte le persone che hanno letto questa storia (8123), o quelle che hanno messo tra i preferiti/seguite la mia storia (22/11) :) Vi sono totalmente grata :)

Vorrei avere altre parole, ma non avendone meglio non tergiversare! Vi lascio a questo ultimo capitolo che mi ha sempre emozionato. Spero che riuscirà a intenerire anche i vostri cuori, soprattutto a Natale :)

PS: L'immagine è una creazione della straordinaria Kyara Agatha Mainlander, che ha deciso di farmi questo regalo meraviglioso per concludere la storia :)


Ringraziamenti speciali alle mie adorate:

Layla: Ciao carissima! Poteva mancare il tuo commento nel penultimo capitolo? Ma certo che no!

Ci sono rimasta malissimo alla fine. Lei finalmente si dichiara e quel carciofo di Bill la lascia andare così?” Si Bill è proprio un carciofo! Però sai è anche comprensibile. A volte quando un sogno si realizza si fa fatica a crederci! :) Ma certo che va bene il finale! Pensi che sia così cattiva! Praticamente la storia si basa sul loro amarsi inconsapevolmente. Quando scoprono di amarsi, la storia non ha senso di continuare. Anche perchè con molta grazia bisogna lasciare le persone alla loro privacy ;) Chissà magari potrebbe esserci il ritorno di un solo capitolo questa volta, come inserzione speciale :) ti piacerebbe come idea? :) Anche se devo ancora pensare di che cosa si potrebbe parlare! Ti auguro buone feste! Ah se ti arriva sotto l'albero un Bill parlante è merito mio XD Spero di sentirti ancora :) ciaoooooooooo un bacione! :) ps: Tom e Erika sono ben più che navigati ormai :)


Kyara Agatha Mainlander: Oddio oddio oddio ho imparato il tuo nome a memoria! Casca il mondo! Salviamociiiiiiiiiiiiiiii ti giuro l'ho scritto senza guardare! Kyara Aghata Mainlander! Ah no ok ho messo l'H nel posto sbagliato hahahahahahXD Ma che bellezza :) la mia personale web designer :) è morta la coscienza? XD Ti ringrazio perchè grazie a te ho una foto fantastica nel mio ultimo capitolo :) Mmm credo che Gollum non si farà vivo, è stato stirato da un'auto l'altro ieri, l'avevano scambiato per una vecchietta. Povero i suoi funerali si terranno domani alle 4.

Cooomunque non sono cattiva cattiva cattiva! Ma cattivissima me! Oddio che cazzate!

Ancora grazie per tutto e buon Natale e felice anno Nuovo! Ah ci vedremo alla festa della Epifania, mi riconoscerai per i vestiti lerci e una sagoma indefinita di paglia che brucia (la befana!) ahhahahaha XD No dai a parte gli scherzi XD Ciaooooooooooo


Capitolo 24: The reason of my life


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Bill. Nei pressi di Roma.

Non mi era mai capitato di sentirmi impassibile di fronte ad un evento, che avevo desiderato con ardore. Non avevo mosso un muscolo, le mie gambe non avevano risposto. Le mie mani tremavano convulsamente, non erano riuscite a dirigersi verso la pelle morbida di Lie e incastrarsi tra i nodi dei suoi capelli.
Fu come cadere da un'altezza eccessiva e sentirsi dentro le ossa scricchiolare. Tutto quello che la mente aveva bruciato in pochi secondi, il corpo non lo riusciva a ingranare.
Ogni singola fibra protestava sotto la pressione dell'ansia, ma nulla riusciva a smuovere le membra ghiacciate. Si, erano congelate, come eterni stalagmiti alla parete di una caverna.
Blackout. Mi sembrò, solo per qualche istante, di essere arrivato nella sala di un cinema, dove lo schermo, che aveva trasmesso un film di cui non avevo colto nessuna immagine, ora mi mostrava solo muti titoli di coda. E io inerme fissavo i nomi scorrere, pensando di non essere stato in grado di fermare la pellicola prima che questa volgesse a termine, e senza udire alcun suono.
Non mi ero accorto che la verità era sotto i miei occhi, e che l'orgoglio e la paura mi avevano cancellato le tracce, per non farmele trovare.
Il cuore protestava tumultuosamente nel petto, gridando: Seguila! O la perderai!
Sobbalzai. Il torpore svanì, lasciando posto ad una crescente apprensione. Lie stava fuggendo, all'alba, al freddo. Forse, sarebbe scomparsa dalla mia vista per sempre.
Come un'automa mi diressi verso la porta. Raccolsi le chiavi, che mi caddero poco dopo dalle mani.
Lente lacrime rigarono il mio viso. Mi svuotarono di tutto quello che avevo dentro. Cercavo di salvare qualcosa, ma tutto scorreva tra le dita senza sosta. Poi quando fui vuoto, capii.
Per accettare Lie dovevo essere libero. L'avrei potuta accogliere nel mio cuore con la maggior intensità che potevo. Si. Ora sapevo cosa dovevo fare.
E fu allora che cominciai a correre: mi precipitai giù dalle scale con il cuore che usciva fuori dal petto mentre una paura folle mi attanagliava il cuore e mi appesantiva le gambe.
Avevo perso dalla fretta la giacca senza mettere sotto la camicia, non avevo nemmeno allacciato le scarpe e temevo di cadere, ma la paura di non trovare più Lie sorgeva sovrana a capo della gerarchia.
Corsi attraversai la hall, aprii con forza la porta d’entrata, quando mi raggiunse una voce non nuova.
“Le scarpe signore! Inciamperà” urlò il ragazzo della sera prima.
“Non ho tempo scusi…Mia sorella sta scappando…” risposi uscendo dall’hotel.
Cazzo piove! Merda! Be’ è lo stesso! Mi buttai in strada cercando di scorgerla correre da qualche parte. Niente. Cazzo cazzo cazzo!
Corsi lungo il litorale protetto da un parapetto che divideva il marciapiede dalla spiaggia.
Più correvo più sentivo che stava scivolando via da me…Non ne sentivo più la presenza nel cuore. Lentamente sarebbe scomparsa.
Ma non volevo. Dovevo trovarla. Sotto questa pioggia infernale avrebbe potuto ammalarsi. Corsi più forte che potevo e…
Mi ritrovai per terra. Non ci voleva! I lacci di quelle maledette scarpe. Me le levai di tutta fretta e continuai a correre con le calze che si bagnarono velocemente.
Oddio! Le lacrime mi cadevano sempre più copiosamente e il vuoto al cuore si stava espandendo. Il corpo era dolorante sia dal punto fisico che psichico.
Poi vidi una strada. Un cartello. Vi era scritto: centro.
Imboccai la via a perdifiato. Cazzo cazzo cazzo!
Arrivai in una piazza. Vidi delle donne ferme ad una fermata di un autobus.
“Scusate avete visto una ragazza che correva? Era senza giacca…bella…castana…senza un ombrello…”
Loro non capirono. Oddio e chi lo sa l’italiano? Pensai, sempre più disperato.
“Io l’ho vista!” urlò una ragazza seduta accanto a loro in un tedesco perfetto.
Il mio cuore fece un capogiro. “Ti prego, sai dirmi dove è andata?” chiesi disperato.
“Si certamente. Mi ha chiesto dove poteva prendere la fermata per Roma” spiegò lei con un tono e una pronuncia melliflui.
Voleva andarsene. Era chiaro come il sole. Lie nella confusione di una capitale sarebbe scomparsa. Avrebbe preso un aereo e non l'avrai più rivista. Non riuscivo a credere a quelle assurde parole.
No lei si doveva sbagliare. Non poteva cercare un bus. Forse era tornata all'hotel, visto il tempo burrascoso.
La ragazza che sembrava non capire cosa stesse succedendo, improvvisamente parlò: “Mi aveva avvertito di non dirlo al cantante dei Tokio Hotel…Mi è sembrata una richiesta un po’ strana ma…”
Bill capì. Era Lie. Non poteva essersi inventata tutto questa ragazza. Lie doveva essere passata di lì in cerca di un autobus che la conducesse in città per tornarsene a casa.
“Ti prego, dimmi dove è la fermata!” chiesi al limite della disperazione.
“Non posso! Mmm...Però te lo posso far capire. Tutte le cose dritte e curve verso destra portano a Roma”
La strada da percorrere era dritta e poi dovevo svoltare a destra. Perfetto!
“Ti faranno santa prima o poi! Grazie!” risposi ripartendo di corsa.
“Ehi Bill aspetta! Non…”
Mi dispiacque moltissimo, ma non potevo fermarmi. Le feci segno di no con la testa e la salutai, ottenendo per fortuna una calorosa risposta.
La via era lunghissima. E se non ci fosse stata una piazza? No dovevo fidarmi.
Poco più tardi trovai il bivio e svoltai a destra, poi eccola. Mi apparve davanti un enorme spazio aperto con miliardi di fermate. “Cazzo!” urlai con il cuore a pezzi.
Cominciai a cercare i tabelloni e controllare le destinazioni. Correvo da una fermata all’altra, senza guardare l'asfalto così beccai un tombino messo male e mi ritrovai per terra per la seconda volta. No no no!
“Tutto bene?” domandò una voce da uomo.
“No, ho fatto soffrire la ragazza che amo, ora sta scappando e non ho la forza per alzarmi…”
L'uomo Mi stese una mano davanti al naso. “Forza su o se ne andrà senza di te…”
L’afferrai. E sono in quel momento collegai che aveva parlato in tedesco. Una volta in piedi lo osservai meglio. Era un omone armadio. Si alzò il cappello e apparve Saki. “Saki!” lo strinsi forte per riconoscimento.
“Muoviti pulce! Ero venuto a cercarvi perché non siete tornati a dormire e non avete telefonato…”
Ora ricordavo. “Oddio scusa…Vai all’Hotel Stella e paga la camera, mentre io corro da Lie…”
E ripartii nella mia lunga ricerca. Appena avessi avuto un po' di respiro lo avrei ringraziato a dovere.
Attraversai la strada e per poco non mi feci investire da un autobus, mentre il tempo scorreva inesorabile. E io giravo in lungo e in largo senza risultato. Ogni passo diventava pesante, ogni respiro mi pareva fosse l’ultimo. Tutto me stesso gridava pietà, ma non volevo arrendermi.
E fu allora che la vidi.
Persa, sola, aveva la testa china, le mani incrociate al petto, i capelli fradici, come i vestiti.
Mi avvicinai piano.
Alzò la testa. Sorrise.
Aprii la giacca e la protessi al suo interno accostandola al mio petto per riscaldarla.
Le mia braccia l’avvolsero affettuosamente e le lacrime dalla gioia non smisero di rigarmi il volto.
Le sue lacrime calde bagnavano il mio petto.
“Non scappare più. Ora che ti ho trovato non voglio perderti. Scusa se non te l’ho detto mai, io ti amo…”
Si intirizzì a quelle parole. “Davvero?” domandò piano.
Scostò il viso per vedermi in volto. “Si. Ti ho amato dal primo giorno che ti ho visto sul tuo letto. Ti amo adesso qui. E ti amerò con tutto me stesso fino alla fine dei miei giorni. Perché tu sei stata capace di darmi quello che nessun’altra mi ha dato” Gli occhi di Lie si ingrandirono per lo stupore.
“Non c’è nessuna ragazza che mi piace. Era un’invenzione. Perché avevo paura di dirti che mi piacevi, il mio stupido orgoglio me lo vietava. Ma appena ho avuto la consapevolezza che i miei sentimenti erano ricambiati be’ non potevo lasciarti andare. Lo senti il mio cuore ora? Batte all’impazzata solo per te…Perché mi lasci un vuoto dentro, quando non ti ho vicino e mi riempi di felicità appena ti posso vedere. Sei il motivo per cui vivo. Non c’è altro che abbia più importanza di te. Si certo c’è anche mio fratello” dissi ridendo “Ma lui non lo amo come amo te. Tu mi fai mancare il respiro e allo stesso tempo me lo dai, solo con la tua presenza. Sei tu che mi dai un motivo per aprire gli occhi ogni giorno per vivere. Sei ciò che mi sorregge, ciò che illumina e mi protegge. E io non valgo nemmeno un centesimo di te. Sei una tempesta selvaggia, che mi piace osservare, mi ammali, mi affascini.
Vorrei stringerti e dirti che t’amo in modo che tu possa essere felice, perché non c’è null’altro che m’importa. Sei la ragione della mia vita”
L’avevo detto finalmente!
I suoi occhi smisero di lacrimare. Si alzò piano sulle punte dei piedi, i nostri nasi si sfiorarono e le sue labbra furono a pochi centimetri dalle mie. “Ti amo, Bill Kaulitz”.
E mi baciò.




Qualche giorno più tardi...

Quel bacio poteva godere della lettera maiuscola! Si perchè finalmente Lie si era mossa, rispondeva ai miei baci, e mi accarezzò i capelli più volte, passando poi sul viso.
Il suo sorriso era stata la cosa che più mi aveva maggiormente colpito. Era così piccola e indifesa!
Piccola come la mano che tenevo nella mia in quel momento. La sua mano mentre dormiva.
Stavamo tornando a casa, in Germania, dopo un po’ di peripezie.
Questi giorni erano stati difficili.
Eravamo andati a leggere il testamento dal notaio e Lie si era trovata proprietaria di una somma da capo giro, peggio dei petrolieri arabi. L’unica spiegazione veniva dall’annotazione: una casa in Austria, la casa di una sua trisavola, degna della dinastia reale. Senza rendersene conto era stata predestinata a ottenerne il possesso quando la sua trisavola aveva espresso il desiderio che casa sua fosse data a quel/la suo/a discendente che sarebbe rimasto orfana. Una richiesta che aveva spiazzato Lie. Che sua mamma sapesse della clausola? Allora perchè era morta? Era stato un gesto volontario?
In ogni caso non li ha voluti. I soldi, intendo. Ha fatto un assegno e l’abbiamo portato ad una associazione africana. Abbiamo pernottato per due giorni in sud Africa e abbiamo visitato il luogo, esterrefatti. Abbiamo fatto conoscenza con alcune persone del posto e giocato con i bambini. Non credo davvero che l’avrei mai fatto se non avessi conosciuto Lie. Mi faceva fare cose strane ma belle, tanto belle.
La nuvole scorrevano fuori dal finestrino dell’aereo ed ero felice. Lie poi come promesso alla fine mi aveva detto che le era piaciuto il bacio che le avevo dato prima di partire per il mare. E io avevo ammesso che mi era piaciuto il suo sotto la pioggia.
Di questi giorni parlavamo molto di noi, del passato, del presente, ma mai ci eravamo spinti a parlare del futuro. Volevamo che le cose accedessero perché dovevano accadere e non volevamo che fosse manovrato.
Mi aveva ringraziato per la lettera che le avevo scritto e riposto nell’album. Ma le feci notare che non si era accorta che vi erano due lettere all’interno. Una per l’amicizia, una per l’amore. Lie si era accorta solo di quella dell’amicizia. Così gli avevo fatto leggere quella per l’amore dove mi ero dichiarato e avevo espresso tutti i mie sentimenti a cuore aperto. La strinse al petto e mi baciò. “Grazie…” era affiorato dalle sue labbra e il mio vuoto fu completamente sanato.
Quando ormai mari e monti erano passati sotto la pancia del nostro velivolo e fu in vista l’aeroporto di Magdeburgo fu come un soffio di aria fresca.
Tornare a casa era sempre un dolcissimo piacere.


Qualche anno più tardi...

Una ciocca di capelli mi cadde sul viso. La sistemai dietro l’orecchio e cominciai a servire piatti e posate di plastica. Erika mi sorrise felice mentre rivoltava le salsicce. Le risposi con altrettanta grazia, mentre Georg mi sfrecciò davanti.
Poi notai la testolina riccioluta e castana di Toby che fuggiva, evidentemente aveva fatto qualche danno e Georg, che come tutti i buoni papà lo rincorreva. Aveva 5 anni. Una piccola peste nella tranquillità di tutti i giorni.
Sua mamma, Klarissa, stesa sul grande telo adibito per il pic-nic rideva in compagnia di Karin e suo figlio Mike. Il piccolo giocava con un aereoplanino facendo il suono dei motori, mentre Gustav gli dava corda con un altro finché Mike non rideva e il biondo lo strapazzava dal solletico.
Finito di sistemare il telo, mi sedetti e raccolsi il Book fotografico, che racchiudeva le foto più belle della mia vita, tra cui vi erano quelle che aveva recuperato Bill della mia famiglia.
Al pensiero di Bill alzai lo sguardo verso il prato. Eccoli là! Giocavano.
Io e Erika avevamo avuto due gravidanze in contemporanea. A me era nata una femminuccia mentre a Erika un maschietto.
Tom e Bill erano diventati papà a tempo pieno. Bill teneva per manina la piccola Ally, che cercava di tenere il passo del papà nella enorme salopette di jeans, con le sue scarpine slacciate.
Mentre Thomas, il figlio di Erika e Tom, sedeva nel prato sorridente alle smorfie del suo buffo papà.
Sospirai. L'ultima pagina del libro, che stringevo tra le mani, era stata decorata con una calligrafia elegante. Quelle ultime parole erano chiare: The End.
Con un sorriso, feci scorrere le pagine indietro, poi con delicatezza chiusi il libro.
Mi sarebbe servito un nuovo libro d'ora in poi da riempire. C'erano un sacco di momenti che avrei voluto immortalare. Finalmente avevo una famiglia.



˚* The End *˚…


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