Ancient Enemies - Patto d'Acciaio

di Fiamma Drakon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Partecipazione forzata ***
Capitolo 2: *** Segni familiari ***
Capitolo 3: *** Richiesta d'aiuto ***



Capitolo 1
*** Partecipazione forzata ***


1_Partecipazione forzata
Ancient Enemies - Patto d'Acciaio
Capitolo 1: Partecipazione forzata


«Ma perché devo proprio esserci?! Non ho voglia di andare!»
«Elliot, non essere infantile. È buona creanza che partecipiate tutti alla festa in onore del duca Barma, in segno di rispetto».
Reo finì di aggiustare il risvolto del colletto della camicia di Elliot, lasciando che le mani accarezzassero il tessuto ed il petto del giovane vampiro, dilungandosi forse un pochino troppo.
Passò allora a sistemare il nodo alla cravatta, mentre il Nightray, improvvisamente a disagio per quella vicinanza forse un tantino esagerata, appuntava gli occhi da tutt’altra parte con un sonoro sbuffo carico di contrarietà. Quella notte ricorreva il sessantanovesimo compleanno del duca Barma e, com’era consuetudine, tutti gli appartenenti alle altre casate erano tenuti a partecipare.
Però, quell’anno, Elliot non era proprio in vena - non che le altre volte vi prendesse parte volentieri -: al solo pensiero di dover trascorrere una notte nella stessa casa con i Bezarius gli prudevano le mani.
No, quella volta ne avrebbe fatto volentieri a meno: non gli andava per niente di stare in casa di Rufus Barma dopo quello che aveva detto in seguito all’accaduto al maniero dei Baskerville.
«Se ti fossi reso conto prima di quel che ti stava succedendo e ne avessi discusso con i tuoi fratelli delle vite sarebbero state risparmiate, razza di stupido ed egocentrico novellino!».
Non gli avrebbe dato una seconda opportunità per insultarlo.
Alla fine, però, aveva ceduto: aveva potuto combattere l’ostinazione con cui i suoi fratelli cercavano di convincerlo, ma non aveva osato niente contro le insistenze di Reo, che adesso stava finendo di sistemargli la camicia.
Contro di lui perdeva ogni possibilità di spuntarla vincitore, perché, in qualche strano e perverso modo, il suo servitore riusciva sempre a rivoltare la situazione a suo vantaggio.
Certe volte, come allora, era dannatamente frustrante.
«Pronto» disse semplicemente Reo, poggiandogli una mano su una spalla.
«Mmmh... ormai è inutile dire che non voglio andare...» bofonchiò il vampiro, continuando a fissare da un’altra parte.
«Esatto!».
L’esclamazione - accompagnata dallo sbattere della porta che si apriva - fecero schizzare Elliot a quasi un metro da terra, il cuore che batteva a mille per lo spavento mentre fissava con un certo shock misto a rancore rabbioso l’espressione tranquilla e felice di Vincent, appena materializzatosi sulla porta.
Indossava un completo nero estremamente elegante, corredato dall’immancabile mantello che arrivava fino a terra, e teneva i lunghi capelli biondi ordinatamente raccolti in una bassa e raffinata coda di cavallo.
«Bussa prima di entrare!!» sbottò Elliot, irritato dal sorrisetto del fratello.
«Sei davvero carino vestito così!» commentò l’altro, senza abbandonare quel sorriso ironico e un po’ a presa in giro che fece saltare i nervi ad Elliot, che digrignò i denti e fece per andare a dargliele di santa ragione.
«Vince non prenderlo in giro».
Gilbert arrivò al fianco del fratello minore come un’ombra, fermandosi sulla soglia ad osservarli con sguardo di vago rimprovero.
Anche lui era vestito in modo decisamente elegante e molto nobile, anche se dall’espressione sembrava non esservi molto a proprio agio.
«Coraggio, vai» esortò Reo, dando una lieve spinta sul braccio del padrone.
«... okay» bofonchiò quest’ultimo, avviandosi verso la porta.
«Divertitevi» augurò l’umano, mentre l’uscio si chiudeva.
Il silenzio vagò tra i tre Nightray indisturbato mentre percorrevano i vari corridoi della tenuta, diretti all’ingresso.
Una volta giunti all’esterno attraversarono a passo di marcia i pochi metri che li separavano dalla carrozza e salirono, quindi partirono alla volta della tenuta dei Barma.
Elliot si tenne in disparte all’interno della carrozza, come se mettere poche decine di centimetri tra lui e i suoi fratelli potesse farlo sentire meglio: ormai stavano andando. Non si sarebbe salvato in nessuna maniera.
Il viaggio fu teso, indubbiamente.
Vincent e Gilbert sovente lanciavano occhiate al minore, il quale non si applicava minimamente per dissimulare il malumore.
Quando arrivarono, i maggiori furono ben felici di scendere e lasciarsi alle spalle quel clima rigido e affatto piacevole che Elliot emanava come un’aura tutt’intorno a sé.
Vennero accolti da uno dei servi ed introdotti nella sala dove si teneva la festa.
Al passaggio di Vincent e Gilbert, le donne si mettevano a confabulare tra loro, chi nascondendo la bocca con le mani, chi dietro ad un ventaglio, anche se gli occhi rimanevano tutti incollati addosso ai due.
Erano molto ben voluti dal gentil sesso e non a caso: erano giovani e affascinanti vampiri di nobili origini. Chiunque avrebbe fatto la fila solo per potersi inchinare davanti a loro.
Non si poteva certo dire che Vincent fosse offeso da tali attenzioni, dato che le ricambiava quasi sempre. Quello che non le soffriva minimamente era Gilbert: a lui delle donne non importava assolutamente niente, come di quel che potevano pensare di lui.
Lui non amava le donne, ma una persona sola, particolare, la più preziosa che avesse e per la quale avrebbe volentieri rischiato persino la vita.
«Gilbert! Ehi, Gilbert!».
Si volse subito al sentirsi richiamare dalla sua voce, che non avrebbe confuso con quella di nessun altro.
«Oz!» esclamò, sorridendo in modo da far brillare i canini affilati.
Il biondo, in piedi accanto a sua sorella Ada, gli faceva entusiasticamente cenno di avvicinarsi e lui certamente non si fece aspettare: l’unico suo piacere in quella festa piena di pettegole era proprio l’incontrare il giovane Bezarius.
«Come va?» chiese, appena fu a portata d’orecchio.
«Ah, benissimo. Siamo tornati alle noiose battute di caccia senza l’ombra di un cadavere» commentò Oz, sorridendogli.
«Fratellone!» l’ammonì Ada, dandogli una leggera gomitata nelle costole in segno di rimprovero.
«Ehi, stavo scherzando!» si difese il maggiore «Piuttosto... Elliot come sta?» chiese poi, tornando serio.
Gilbert si volse per metà verso il tavolo del rinfresco, dove Elliot stava bevendo dando loro le spalle.
«Be’... è quasi guarito. La ferita al collo è sana... ma i polsi non ancora» raccontò il moro.
«Immagino che gli diano dolore...»
«Non penso voglia che lo dica, men che meno sappia che ne sono a conoscenza, però...» sbuffò, triste all’improvviso «... a volte lo sento urlare dalla sua camera nel cuore del giorno... e suona sempre più di rado per via dei muscoli dei polsi non ancora sanati».
«Oh, poverino...» sussurrò Ada, portandosi una mano alla bocca, osservando piena di sentimento il giovane Nightray più in là.
Ada era ancora innamorata di lui, benché si fosse arresa all’idea che i suoi sentimenti non sarebbero mai stati contraccambiati: Elliot era un Nightray fin troppo convinto dell’inimicizia con i Bezarius per poter anche solo considerare l’idea di amarla.
Gilbert era preoccupato per la salute del fratellino: sembrava stare bene, ma in realtà sapeva che qualcosa non andava. Nascondeva tutto dietro una maschera di normalità e non gli permetteva in alcun modo di aiutarlo.
Allontanò il pensiero: logorarsi in proposito non lo aiutava a rendersi utile.
«Xerxes come sta?» domandò al biondo.
Questo sorrise e scrollò le spalle.
«L’ho ceduto a Barma. Ne è stato felice»
«L’hai... ceduto?» chiese Gilbert, inarcando con fare sorpreso un sopracciglio.
«Esatto. C’è un rito apposito per il passaggio di uno schiavo di sangue tra vampiri... da quando si è trasferito a casa mia era diventato tetro...» spiegò semplicemente Oz.
«Ada Bezarius».
L’attenzione della vampira, che stava silenziosamente seguendo il discorso tra suo fratello e il moro, venne attirata dalla voce di Vincent Nightray, comparso al fianco del fratello più grande, uno strano sorriso lusinghiero ad increspargli le labbra.
«Vincent Nightray...» replicò lei, inchinandosi timidamente.
Il vampiro le prese galantemente la mano destra e si chinò a sfiorarne il dorso con le labbra.
«Mi concede l’onore di un ballo?» chiese, alzando fugacemente il viso, incatenando i suoi occhi a quelli smeraldini di lei.
Quest’ultima arrossì e rispose un imbarazzato: «Con piacere».
Si congedò timidamente dal fratello e da Gilbert e si diresse con il suo partner verso la pista da ballo.
«Siamo da soli...» constatò a quel punto Oz, incrociando le braccia sul petto.
«A quanto pare...» concordò il moro.
«Immagino che tu non voglia concedermi un ballo in mezzo a tutta questa gente...»
«No, direi di no» confessò il Nightray, stringendosi nelle spalle, sorridendo con aria colpevole.
In fondo, aveva ragione: non poteva certo permettere che altri scoprissero la loro relazione. Chissà che putiferio ne sarebbe venuto fuori.
«Hai voglia di prendere una boccata d’aria?» domandò il biondo.
Gilbert ci ragionò su un minuto.
«D’accordo» acconsentì infine, seguendolo attraverso la sala, dirigendosi verso la grande portafinestra aperta all’altro capo del locale.
Nel passare, il maggiore dei Nightray era inseguito dagli interessati, adoranti e, perché no, smaliziati sguardi di buona parte delle aristocratiche presenti.
«Hmpf!» sbuffò Elliot sdegnato, notando con quanta attenzione le donne osservavano suo fratello andarsene sulla terrazza.
Girò il calice che teneva in mano e ne bevve un lungo sorso. Il gusto del vino gli risultava decisamente ostico, soprattutto se paragonato a quello del sangue, ma era quello che senz’altro preferiva rispetto al resto delle bevande presenti sul tavolo vicino a lui.
Lanciò un’occhiata di traverso ad un gruppetto di pettegole che si erano messe a confabulare. Il suo udito superiore riusciva a percepire distintamente le loro parole: stavano commentando l’abbigliamento “formale ed innegabilmente elegante” di suo fratello.
Scosse il capo, schioccando le labbra, schiudendole appena a rivelare i canini.
Quelle stupide perdevano semplicemente tempo: Gilbert non avrebbe mai sprecato tempo dietro alle donne. Per lui esisteva solo Oz Bezarius.
Come facesse ad intrattenerci una relazione così intima, per lui rimaneva un mistero. Insomma, addirittura li aveva sorpresi mentre si accingevano a... farlo.
«Neee, signor Elliot mi sembra sovrappensiero ♥!».
Il giovane s’irrigidì dov’era, rinsaldando la presa sul suo calice, cercando di sopprimere l’improvviso, ardente desiderio di strangolare il sopravvenuto al suo fianco.
«È geloso del successo di suo fratello con le donne ~?».
Xerxes Break era definibile da Elliot con un unico, semplicissimo epiteto: insopportabile. Sembrava essere nato appositamente per torturare il prossimo.
Il Nightray si volse a fronteggiarlo dirimpetto ma, nel momento in cui stava per iniziare a sbraitargli contro, una voce severa e pacata, algida, lo precedette: «Xerxes finiscila».
Break ed Elliot si volsero in contemporanea ad incontrare un profilo ben conosciuto.
Capelli rossi sciolti sulle spalle e la schiena, occhi a mandorla color nocciola, elegante cappa bianca, ventaglio alla mano e scarpe con non meno di cinque centimetri di tacco a spillo. Rufus Barma si fece loro vicino, fermandosi a pochi metri di distanza, fissando intensamente e senza un briciolo di tenerezza l’albino.
Quest’ultimo gli sorrise candidamente e in modo spudoratamente provocante.
«Ruffy ♥ sei venuti a cercarmi! Ti mancavo o ti dà semplicemente fastidio che stia con altri uomini?» chiese, con quell’espressione innocente e allegra tipica della sua miglior faccia da schiaffi.
Elliot poté giurare di cogliere un fugace scintillio d’ira repressa negli occhi del duca e fu quasi certo che, se avesse avuto modo di rimanere a quattr’occhi con l’albino, gli avrebbe fatto pagare caro ogni lettera di quell’affermazione.
«Andiamo Xerxes» tagliò corto il padrone di casa in tono autoritario, voltandosi «Divertitevi signor Nightray» aggiunse, mentre Break si apprestava a seguirlo, trotterellandogli felicemente dietro.
Elliot rimase ad osservarli andarsene per alcuni attimi, perplesso: possibile che stessero insieme? Quella frase di Break... lasciava presupporre esattamente quello.
Si avvicinò a passi rapidi al tavolo del rinfresco e si riempì di nuovo il bicchiere, tracannandone tutto il contenuto in un unico sorso, gli occhi accesi di una sincera indignazione.
Era diventata una moda amarsi tra maschi, evidentemente: prima Gilbert e Oz, poi lui con Reo, adesso quelli...
Almeno lui aveva il pudore di tenerselo per sé e non mettersi a parlarne in mezzo ad una festa.
Scosse la testa e bevve un altro bicchiere di vino: meglio non pensarci, arrovellarsi così il cervello per Break e Barma era solo tempo sprecato.
Svuotò altri due bicchieri e, mentre era intento a bere il terzo, guardandosi intorno senza apparente interesse, sentì qualcuno picchiettargli sulla spalla.
Voltandosi, si ritrovò il viso di suo fratello Vincent a pochi centimetri dal naso e fece d’istinto un balzo indietro.
«Che ci fai da solo?» chiese il biondo in tono amichevole.
«C-che bisogno c’è di arrivarmi alle spalle in quel m...».
S’interruppe notando che il maggiore teneva per mano nientemeno che Ada Bezarius, seminascosta dietro la sua schiena.
«Signor Nightray... buonasera» salutò timidamente la bionda, accennando un inchino.
«Tsk!» sbottò l’altro, voltandosi e allontanandosi senza aggiungere altro.
Era semplicemente inammissibile per lui che i suoi fratelli avessero fraternizzato coi Bezarius. Insomma, era una questione d’onore!
Indignato, attraversò a passo di marcia la sala e andò a sedersi su uno dei pochi divanetti vuoti che occupavano lo spazio sotto le finestre.
Intanto, Gilbert ed Oz erano fuori, a godersi una tranquilla passeggiata alla luce della luna.
Erano scesi nel giardino - che fortunatamente era completamente vuoto - per timore che, stando troppo vicini all’edificio, qualcuno potesse sorprenderli assieme.
Passeggiavano fianco a fianco, le mani che si sfioravano di tanto in tanto, gli occhi che di ogni tanto correvano ad incrociarsi con quelli dell’altro.
Il silenzio che li circondava era assoluto e in un certo senso inquietante, considerato che non così distante c’era una festa in corso, eppure loro riuscivano ad interpretarlo nel modo più intimo e romantico possibile.
Erano ambedue convinti che quel momento fosse prezioso e che dovessero contribuire in egual misura a renderlo ancora più speciale.
Forse per questo nessuno dei due aveva intenzione d’infrangere quella totale assenza di suoni.
Poi...
«Gilbert».
Oz si arrestò, lo sguardo scuro all’improvviso.
L’altro si fermò per riflesso, stupito.
«Cosa?».
Si mise all’erta cogliendo la rigidità nella postura del biondo. Questo increspò le labbra in modo da lasciar ben scoperte i canini, il petto che vibrava appena di un ringhio nascente, mentre soffiava un sommesso: «C’è... qualcun altro qui...».





Angolino autrice
Finalmente posto di nuovo una longfic in questo fandom *O* e oltretutto in una data così importante!
Rieccomi, a distanza esatta di un anno dalla pubblicazione di Bloody Roses, a postare il seguito della suddetta *w* Ancient Enemies *si sente realizzata*
Non penso ci sia bisogno di ripresentare i protagonisti <3 comunque ho fatto una specie di breve sommario delle puntate precedenti sparso nel capitolo XD
Sperando che piaccia tanto quanto il primo, mi eclisso ^^
Bye bye!
F.D.

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Capitolo 2
*** Segni familiari ***


2_Segni familiari
Ancient Enemies - Patto d'Acciaio
Capitolo 2: Segni familiari


Gilbert osservò Oz per qualche istante, accigliato e confuso dalla sua affermazione.
«Come sarebbe a dire “c’è qualcun altro qui”?» chiese.
Dal perplesso stava lentamente passando al preoccupato.
Il biondo, gli occhi corrugati in un’espressione attenta, gli rispose rapidamente: «Ho sentito un rumore di passi».
Il Nightray fece per replicare, quando anche lui udì distintamente il suono di passi irregolari e lenti, incerti.
«Che cosa facciamo?» domandò, piegandosi appena sulle ginocchia, studiando i dintorni, guardingo.
Il Bezarius indietreggiò di mezzo passo, assumendo anche lui una posizione difensiva, squadrando la zona circostante.
«È meglio rientrare...» replicò.
L’altro annuì.
«Buona idea» convenne.
Si volsero e riattraversarono il giardino velocemente, i sensi e i nervi all’erta, pronti a cogliere ogni minimo segno di movimento attorno a loro.
La terrazza si stagliava nella luce dorata che proveniva dall’interno della sala da ballo come un’oasi di salvezza.
Oz e Gilbert, nell’avvicinarsi, notarono un’avvenente donna fissare l’oscurità dietro di loro agitando un ventaglio con fare altezzoso.
Si avviarono verso l’interno senza degnarla della benché minima attenzione.

Un agghiacciante grido di donna lacerò l’aria.
Elliot, seduto sul suo divanetto, teneva tra le mani la testa, che minacciava di esplodergli da un momento all’altro. Non era abituato a bere tanto vino normale e ciò lo aveva in un certo senso ubriacato - nonostante fosse risaputo che i vampiri non potevano ubriacarsi con bevande alcoliche umane, ma a tutte le regole c’era un’eccezione.
L’urlo lo fece scattare in piedi all’istante, sobrio o meno che fosse.
Vide la gente scemare piena d’allarmismo verso la portafinestra all’altro capo della sala e si affrettò in quella direzione, zigzagando tra le persone abbastanza rapidamente.
Purtroppo non poteva andare più veloce di tanto, dato il mal di testa, ma fu abbastanza spedito da varcare la portafinestra e ritrovarsi tra la piccola folla che occupava tutta l’ampiezza della terrazza.
Si fece largo a spintoni tra di essa finché non raggiunse un piccolo spazio vuoto accanto a suo fratello Vincent, che teneva ancora per mano Ada.
L’espressione che quest’ultima aveva in viso era orripilata, mentre quella del biondo semplicemente seria. D’istinto, anche Elliot si volse nella direzione verso cui la coppietta stava guardando.
La scena che a quel punto si presentò davanti al minore dei Nightray era orribile persino per gli standard della sua razza: Gilbert e Oz, sul prato, erano chini ai due lati del cadavere di un uomo orribilmente straziato. Dai brandelli dell’abito che indossava, sembrava essere uno dei servitori della villa.
Di un braccio era stata asportata una buona parte, dal gomito in giù; della gamba sinistra non era rimasto più niente. All’attaccatura del collo, dal lato destro, c’era un profondo squarcio dalle labbra irregolari, che penetrava quasi fino a metà la profondità della giugulare.
Nell’aria c’era un tanfo di sangue incredibilmente intenso che lo attirava in modo straordinariamente forte, essendo l’odore del suo gruppo sanguigno preferito, lo 0.
L’annebbiamento dei suoi pensieri dovuto al vino si dissipò completamente all’istante per lasciare il posto ad un desiderio violento e profondo di bere quel sangue, di saziare la sua sete improvvisamente riemersa con quel liquido rosso che macchiava le mattonelle ed il cadavere.
Vincent, in piedi accanto a lui, notò il cambiamento del suo sguardo da sorpreso in folle e, lasciata Ada, andò a sbarrare la strada al minore, che gli ringhiò contro, cercando di superarlo.
«Non puoi andare, Elliot» lo ammonì, ma lui continuava a cercare una via per eludere la sua guardia.
«Non gli faccio niente! Voglio...» s’interruppe un istante e i suoi occhi si accesero di desiderio animale, mentre si leccava le labbra con fare vagamente ossessivo «... voglio solo assaggiare il suo sangue!».
«No!».
Tutti i presenti che non avessero gli occhi inchiodati sul corpo assistevano con il fiato sospeso alla scena.
Elliot emise un basso, lugubre ringhio e scattò in avanti, abbassandosi per evitare il braccio di suo fratello che cercava di frenarlo.
Gilbert si alzò repentino non appena colse con la coda dell’occhio lo scatto bestiale dell’altro.
Si parò davanti ad Oz e al cadavere, mentre Elliot correva chino, lo sguardo saturo della brama di sangue.
Vincent si gettò sulle scale, protendendosi in avanti, placcando il più piccolo e schiacciandolo sui gradini, stringendoselo al petto e cercando di fermare i suoi convulsi tentativi di fuga.
Vince era temuto per la sua micidiale presa d’acciaio: era difficile sottrarsi alle sue braccia, se lui decideva il contrario, ed in quel momento stava fornendo un’ulteriore prova di ciò agli astanti.
«Lasciami! Lasciami andare! Voglio quel sangue! Devo... devo assaggiarlo!» sbraitò Elliot, tentando invano di divincolarsi, ringhiando.
Gilbert mandò un sospiro di sollievo.
«Tienilo lì, Vince... ti prego» sussurrò, tornando ad esaminare il corpo.
«Ricevuto» asserì il biondo, sorridendo in modo affabile, serrando ancor di più la presa sul minore, che prese a gemere e agitarsi per il dolore.
«Che cosa sta succedendo qui fuori?».
La voce del duca Barma risuonò all’improvviso sopra il brusio, potente e dura nella notte.
Gli invitati si divisero in due gruppi per lasciarlo passare, assieme a Break, che gli procedeva accanto.
Passarono vicino a Vincent ed Elliot, ai quali il vampiro dai capelli rossi riservò uno sguardo di puro e semplice ghiaccio, prima di andare a fermarsi tra Oz e Gilbert, osservando dall’alto il corpo.
«Cosa è s...?».
S’interruppe da solo e si chinò per esaminare più da vicino il cadavere, soffermandosi in particolare sulla ferita al collo.
Oz notò una strana espressione di amaro stupore prender forma sul suo viso, ma ne ignorava completamente il motivo.
«Questo... è un morso...» commentò il duca con voce lenta.
Sembrava il tono tipico con cui si notava qualcosa di familiare.
«L’ha già visto da qualche altra parte, duca Barma?» chiese il Bezarius precipitosamente.
Nemmeno lui sapeva perché avesse formulato quella domanda: era stata impulsiva, sfuggitagli dalle labbra a causa della strana espressione apparsa sul volto del suo interlocutore.
Rufus scosse la testa, rialzandosi.
«Non è possibile che...».
S’interruppe di nuovo, ma stavolta la causa era chiara a tutti - o almeno, ai vampiri. Nell’aria si era diffuso un orrendo miasma che aveva cancellato completamente quello del sangue, facendo tornare in sé Elliot.
«Che schifo! Ma che cos’è quest’odore?!» sbottò, disgustato «E Vincent, che ci fai addosso a me?!?!».
Il tono e l’espressione con cui proferì l’ultima frase potevano sembrare quelli con cui si scoprivano cose non troppo piacevoli a proposito di coppie e amori bizzarri.
Il biondo si rialzò, lasciandolo libero.
L’odore che appestava l’aria era ammorbante: sapeva di sudore, di peli e... di animale, di belva indomata e assetata di sangue.
Era disgustoso oltremodo.
La nausea attanagliava le viscere del minore dei Nightray, che quasi fu tentato di rientrare in casa solo per non dare di stomaco in pubblico.
Gilbert si guardava intorno: non aveva mai percepito un odore così repellente in vita sua, un fetore dal quale avrebbe voluto sottrarsi in modo tanto forte. Era evidente che c’era qualcosa di strano nelle vicinanze.
Oz era più o meno dello stesso parere.
Vincent si teneva in disparte con Ada e pure loro sembravano essere fortemente a disagio.
Solo Barma, in vero, era rimasto completamente impassibile: anche Break aveva iniziato a manifestare apertamente segni di irrequietezza.
«Duca... che cosa succede?» domandò il maggiore dei Bezarius.
Una risata lugubre e divertita riecheggiò nella notte.
«“Duca” è un termine che ti fa sembrare vecchio, Rufus...».
A parlare era stata una sottile voce femminile venata di malevola ed agghiacciante ilarità, tale da trasformare quelle parole in fini schegge di vetro.
L’uomo non si scompose minimamente.
«Vieni fuori, non è carino non presentarsi ad una festa, ti pare... Miranda?» ribatté glacialmente il vampiro.
«Sembra che i tuoi amici non stiano gradendo la mia presenza... sono forse vampiri, come te?»
«Chi sei?!» esclamò Elliot al niente - o alla notte, difficile dire quale delle due fosse - irritato da quel pacato battibeccare a lui incomprensibile, facendo un passo avanti.
«Io...? Io sono il vostro peggior incubo...».
Dalle tenebre emerse un profilo slanciato che prese forma sempre di più, finché non fu chiaramente distinguibile la sagoma di... una donna.
I capelli erano lunghi, del medesimo colore di quelli di Barma, racchiusi da una complessa impalcatura di spilloni in un alto chignon da cui poi la capigliatura era libera di scendere, sinuosa, fino alle costole.
Gli occhi avevano lo stesso taglio a mandorla di quelli di Rufus ed il colore era pressoché identico. Le labbra sottili erano colorate da un leggero velo di rossetto che le faceva apparire più  piene e appetitose ed erano increspate in un sorriso beffardo.
Indosso portava un lungo mantello nero che nascondeva completamente il suo corpo alla vista.
Il duca mandò un sonoro sospiro, massaggiandosi le tempie.
«Perché l’hai ammazzato?» chiese semplicemente, cercando di portare pazienza.
Dall’atteggiamento sembrava stesse dialogando con un bambino disobbediente e capriccioso, invece che con una quanto mai probabile assassina.
«Non voleva farmi entrare...» disse lei, cambiando all’istante espressione, rendendola tenera ed imbronciata.
«È da tanto che non ci vediamo, Rufus...» esclamò in tono mellifluo, avvicinandoglisi a passi lenti e calcolati, quasi da predatore, lasciando che il mantello le si aprisse in parte a rivelare una coscia ed un fianco completamente nudi.
Poco mancò che Elliot, arretrando a quella visione per lui oscena, cadesse a terra.
Rufus sbuffò, accingendosi a ricoprirla con un gesto spiccio, quindi la fissò intensamente con cipiglio severo, per poi chiedere: «Non sei venuta per una visita di piacere, non è così?».
Lo sguardo della donna subì una modifica istantanea che la rese improvvisamente una minaccia non solo agli occhi del duca, ma anche del resto della “platea”.
«Per quanto mi scocci chiedertelo... ho bisogno del tuo aiuto, cugino».
Quasi ringhiò la risposta, tanto astio pareva avere nei confronti di quel che doveva fare.
«Andiamo a parlarne da un’altra parte. Qui c’è troppa gente» esclamò Rufus in tono algido, voltandosi e conducendola verso l’interno.
«Anche gli altri appartenenti alle casate devono venire» disse, parlando a tutta la folla, ma rivolgendosi solo agli altri vampiri.
Dopo ciò si ritirò all’interno dell’edificio.
Gli altri nobili si scambiarono occhiate dubbiose, tutti tranne Elliot, che si apprestò ad obbedire, incuriosito da quella visita, anche se decisamente nauseato dall’odore che - ormai era una certezza per tutti loro - era la misteriosa sopravvenuta ad emanare.
Mentre la servitù invitava gli ospiti a rientrare, il gruppetto di vampiri tornò all’interno e si diresse verso una porta laterale, oltre la quale il minore dei Nightray era appena svanito.





Angolino autrice
Sono in super ritardissimo con il capitolo >////< ma mi sono fatta assorbire da talmente tante cose che ne ho perse di vista mezze çOç
Ringrazio infinitamente SabbathUnderground e Gloglo_96 per le recensioni allo scorso capitolo e coloro che hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^ (che spero di finire presto çOç)
F.D.

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Capitolo 3
*** Richiesta d'aiuto ***


3_Richiesta d'aiuto
Ancient Enemies - Patto d'Acciaio
Capitolo 3: Richiesta d’aiuto


Seguirono Elliot attraverso diversi lunghissimi e stretti corridoi, finché non lo videro sparire entro una porta, che almeno si era preso il disturbo di lasciare aperta.
All’interno c’era un grande tavolo rotondo al quale Rufus e la nuova venuta, Miranda, avevano già preso posto.
Alle spalle dell’uomo stava in piedi Break, che osservava la donna con quel suo consueto sguardo un po’ malizioso e infantile.
La sua iride mutata dalla sua trasformazione scintillava, carica di sinistro interesse.
Il padrone di casa fece cenno agli altri vampiri di sedersi, quindi, una volta che furono tutti accomodati, prese un gran respiro ed esordì: «Miranda è una licantropa».
A quella rivelazione, gli occhi di Ada si fissarono sull’ospite con innocente curiosità. Non si poteva che comprendere: fino a quel giorno la più giovane dei Bezarius aveva solamente sentito parlare della razza dei mannari. Ne aveva letto in qualche libro, anche, ma mai ne aveva vista una dal vivo. Per lei era un incontro fuori del comune, straordinario.
Si diceva che i mannari fossero la razza nemica per eccellenza dei vampiri, quella che si era scontrata con la loro specie per la supremazia notturna fin dagli esordi del mondo. Era un nemico, eppure era venuta fin lì per chiedere loro aiuto.
Be’, ora che ci pensava meglio, il fatto che fosse una mannara non solo giustificava l’odore a dir poco nauseabondo che percepiva, ma anche il fatto che, al di sotto del mantello, fosse completamente nuda: nell’assumere la forma animale - aveva letto - i vestiti si laceravano e quando giungeva il momento di ritornare in forma umana rimanevano completamente nudi.
«E allora che cosa ci fa qui?!» sbottò Elliot incrociando le braccia al petto, il tono “candido” di chi sa essere sempre comprensivo e disposto a dare una mano al prossimo.
«Siamo qui per scoprirlo, signor Nightray».
La particolare inflessione che Rufus diede a quel “signor Nightray” avrebbe fatto impallidire anche il più cocciuto, il più coraggioso e il più ribelle, ma Elliot non era tipo da lasciarsi intimorire da un semplice richiamo.
Facendo finta che non avesse mai parlato, focalizzò tutta la sua attenzione sulla mannara.
«Allora l’ascoltiamo, signorina Miranda...» disse Oz, cercando di essere cortese e di spezzare in qualche modo l’atmosfera indubbiamente tesa che si era venuta a creare nella stanza.
«Tsk! Quanto mi fa schifo essere qui a chiedere aiuto a degli infidi succhiasangue! È una vergogna per la mia specie» sputò con rabbia «Però...» s’interruppe, e il suo sguardo duro e disgustato, carico del più nero disprezzo, si raddolcì, divenendo melanconico e distante.
«... però non voglio che altri ne vadano in mezzo...» concluse, gli occhi spenti da un dolore che pareva dannatamente profondo.
A quel punto, più d’uno si domandò se Miranda Barma non fosse vittima di sbalzi d’umore o - nel peggiore dei casi - affetta da personalità multipla: tali cambi d’atteggiamento erano un po’ spiazzanti, oltre che estremamente insoliti in persone comuni.
Nemmeno Xerxes Break riusciva a passare da provocatorio a prettamente serio e quasi omicida in un battito di ciglia, e questo era tutto dire.
«Spiegati Miranda» la esortò in tono spiccio il duca Barma.
«Da qualche settimana nel nostro territorio hanno luogo degli omicidi. Membri del branco, sempre in maggior numero, vengono ritrovati quasi ogni notte smembrati nella foresta...» esordì tristemente, catturando l’attenzione di tutti gli astanti.
«Non avete nessun indizio sul possibile colpevole?» domandò immediatamente Gilbert, guardandola con serietà: poteva anche essere una mannara o quel che voleva, ma non desiderava certo che persone a lei vicine venissero fatte a pezzi.
Ricordava benissimo il senso d’impotenza che aveva provato quando avevano iniziato ad aver luogo gli assassinii di Glen Baskerville, mesi addietro. Per questo poteva ipotizzare che, se la cosa non fosse cessata, il dolore l’avrebbe spinta a commettere qualche pazzia.
«No, niente» rispose la licantropa in tono secco «Altrimenti avrei già strappato a morsi la testa di quel bastardo da tempo!» aggiunse, digrignando i denti.
«Perché reputi necessario il nostro intervento?» s’intromise Rufus.
«Perché... noi siamo impotenti. Non riusciamo a scovarli e chi ci riesce non fa ritorno. Rufus, devi aiutarmi anche per via del Patto d’Acciaio. Rammenti?».
Uno strano silenzio s’impadronì totalmente della stanza.
Tutti i presenti focalizzarono la loro attenzione sul duca Barma, il quale si limitò semplicemente a rimanere a propria volta in assoluto silenzio.
Dopo alcuni minuti d’irreale calma e paziente attesa da parte di tutti, Elliot si decise ad interrompere quell’inutile prolungarsi della faccenda: «Che cos’è il Patto d’Acciaio?».
Il tono con cui formulò la domanda era quello tipico di chi, persa ogni stilla di pazienza, pretendeva di ottenere la risposta che oramai sentiva quasi come se gli fosse dovuta.
Rufus rimase in silenzio per qualche altro istante, prima di prendere finalmente la parola: «Il Patto d’Acciaio è un accordo che venne stipulato secoli fa tra vampiri e mannari che prevedeva la cessazione di ogni ostilità da parte di ambedue le razze a patto che non invadessero il territorio nemico, ma allo stesso tempo imponeva l’aiuto reciproco in casi di pericolo estremo».
La spiegazione fu data in tono estremamente pacato e con una punta d’ovvietà, come se fosse la cosa più banale del mondo sapere in che cosa consistesse il Patto.
La rivelazione parve scuotere la “platea”, che venne percorsa da scambi di sguardi ambigui e da piccoli movimenti nervosi, ma il duca parve non esserne minimamente toccato né sorpreso.
Elliot increspò le labbra in una smorfia di totale disapprovazione: già il solo fatto di avere lì una mannara ancora viva - per di più imparentata con il vampiro più rigido e attento alle regole - lo infastidiva oltremodo. Aggiungervi anche la storia del Patto e di una qualche promessa d’aiuto scambiata secoli prima era troppo da sopportare per lui.
«Non intendo star qui ad ascoltare queste assurdità un minuto di più!» sbottò, alzandosi di scatto, sbattendo con forza le mani sul tavolo, rovesciando addirittura la sedia.
Gli occhi dei fratelli scattarono verso di lui più o meno nel medesimo istante. In essi era percepibile la stessa perplessità e lo stesso rimprovero verso l’atteggiamento del più piccolo, ma quest’ultimo parve ignorarli completamente.
«Se ha qualcosa da contestare riguardo il Patto, signor Nightray, allora può anche andarsene» replicò Rufus, impassibile: non sembrava molto impressionato dalla reazione di Elliot. Con ogni probabilità si aspettava una risposta del genere da parte sua.
Il vampiro rimase fermo dov’era, le guance tinte d’un vaghissimo rossore appena accennato dovuto all’imbarazzo della situazione e all’indignazione che portava dipinta in viso: pareva proprio che la pronta risposta del duca l’avesse colto di sorpresa.
Break si decise, dopo svariati minuti, a rompere il disagiato silenzio che era piombato all’improvviso: «Su, su signor Nightray, si sieda ♥! Non vorrà rimanere qui fino al sorgere del sole, neh?».
L’affermazione dell’albino, come sempre, fu accompagnata dal suo più tipico sorrisino lezioso ed inquietante.
Elliot, decisamente contrario al rimanere là per più di qualche ora, optò in via eccezionale per seguire il suo consiglio, perciò si risedette.
Se con lui ci fosse stato Reo, probabilmente si sarebbe stupito non poco che il suo padrone avesse obbedito a qualcun altro al di fuori di se stesso o di lui.
«Che cosa dobbiamo fare, quindi?».
Gilbert si rivolse al duca Barma, il quale non mutò affatto espressione.
«Dovete aiutarmi» intervenne prontamente Miranda.
«È esattamente ciò che faremo» rispose Rufus, deciso, con un tono che non ammetteva repliche di alcun genere «Dobbiamo onorare il Patto» continuò, passando in rassegna con gli occhi tutti i presenti.
Sembrava che all’improvviso fosse lui il capo di tutta la sala, l’unico cui spettava decidere anche per gli altri.
Nel suo sguardo si intravedeva distintamente una nota di risolutezza e di fredda calma che gli dava un’aria fin troppo pacata.
«Andremo nel territorio dei mannari ed offriremo il nostro aiuto per risolvere il loro problema» sentenziò «Non voglio che vengano tutti, ma solo i giovani Bezarius e i tre fratelli Nightray» decise, passando lo sguardo sugli interessati, che annuirono con lievissimi cenni del capo.
«Partiremo al prossimo tramonto».
La decisione fu accolta da un mormorio soffuso e cenni di solenne assenso.





Angolino autrice
Finalmente torno ad aggiornare anche questa *O* *excited* viva l'estate! *^*
Ringrazio Gloglo_96 e GMadHattressFromUnderground per le recensioni allo scorso capitolo e quanti hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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