La vendetta di Takhisis

di VaniaMajor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Il ritorno ***
Capitolo 2: *** 1 - Le mire di Raistlin ***
Capitolo 3: *** 2- La chiave d'argento ***
Capitolo 4: *** 3 - Accettazione ***
Capitolo 5: *** 4 - Mistero ***
Capitolo 6: *** 5 - Confusione ***
Capitolo 7: *** 6 - Il nemico invisibile ***
Capitolo 8: *** 7 - Un viaggio a Dargaard Keep ***
Capitolo 9: *** 8 - Domande scomode ***
Capitolo 10: *** 9 - Kitiara ***
Capitolo 11: *** 10 - Il futuro in pericolo ***
Capitolo 12: *** 11 - Freddo calcolo ***
Capitolo 13: *** 12 - La missione di Tas ***
Capitolo 14: *** 13 - Steel Brightblade ***
Capitolo 15: *** 14 - I viaggiatori ***
Capitolo 16: *** 15 - Una strana compagnia ***
Capitolo 17: *** 16 - Gelosie ***
Capitolo 18: *** 17 - Imbarazzo ***
Capitolo 19: *** 18 - In serio pericolo ***
Capitolo 20: *** 19 - Fin dentro al cuore ***
Capitolo 21: *** 20 - Ciò che la missione richiede ***
Capitolo 22: *** 21 - Il cambiamento di Katlin ***
Capitolo 23: *** 22 - Il mare in tempesta ***
Capitolo 24: *** 23 - Il covo ***
Capitolo 25: *** 24 - Il sacrificio ***
Capitolo 26: *** 25 - Lacrime ***
Capitolo 27: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo - Il ritorno ***


PROLOGO

Il sole stava per tramontare su Palanthas, mentre Dalamar ricontrollava mentalmente di aver raccolto sul tavolo del laboratorio tutti gli ingredienti necessari all’incantesimo. Annuì, soddisfatto, poi sospirò e gettò un’occhiata distratta fuori dalla finestra. Stava aspettando che il suo Shalafi lo raggiungesse per dare inizio all’esperimento magico e cominciava a sentire una certa fame. Corrugando la fronte, rifletté se fosse o meno il caso di rimediare prima di iniziare i lavori, ma ritenne che si trattasse di un appetito del tutto controllabile e lo ignorò. L’esperimento era molto più importante della cena. Una lieve fitta gli attraversò il petto e Dalamar si passò una mano sulla veste, in corrispondenza delle cinque ferite suppuranti che testimoniavano il suo tradimento allo Shalafi.
Fece una smorfia. Un tempo, Dalamar aveva tramato con il Conclave dei Maghi per fermare le ambizioni del suo maestro e per questo aveva pagato. Ovviamente lo Shalafi non aveva fatto il minimo tentativo di curargli le piaghe create con la magia. Quello era un monito che lo avrebbe seguito fino alla morte. Era quasi divertente che ora stesse invece lavorando con lo Shalafi per minare il Conclave dall’interno. Dopotutto, quella era un’ambizione che poteva condividere…
Un fruscio cartaceo in una tasca interna lo fece sorridere lievemente. Dalamar lanciò un’occhiata attorno per controllare che non vi fossero occhi indiscreti, quindi estrasse da una tasca nascosta un foglio di carta ripiegato più volte. Lo dispiegò e sul suo volto aitante si distese in un’espressione di ammirazione e rapimento. Davanti a lui, c’era un ritratto a grafite di Katlin Ym ‘Adoonan…o per meglio dire Katlin Majere, sorella gemella dello Shalafi. Dalamar l’aveva conosciuta, insieme a tutti gli altri, l’anno precedente, durante un’impresa atta a distruggere il Portale. Katlin era una donna di Yolta, un pianeta oltre le lune, ma a missione ultimata era stato loro rivelato che Katlin non era altri che la terza gemella Majere, morta e rinata sotto quella forma per riunirsi ai fratelli. Per Dalamar era stato uno shock, soprattutto a causa del fatto che durante quei mesi di viaggio si era innamorato della donna.
Questa rivelazione, per Dalamar, era stata un freno…ma da un certo punto di vista, aveva anche aggiunto un che di stuzzicante alla faccenda. Le aveva fatto un dono, quando lei era partita, e Katlin aveva ricambiato con la cartellina di disegni che l’aveva seguita passo passo per mezza Krynn. Tra i vari ritratti, Katlin ne aveva fatto anche uno di se stessa, decisamente somigliante. Dalamar lo portava addosso, pur sapendo di essere puerile e sciocco come un ragazzino alla prima cotta, ma d’altronde era solo un innocuo segreto che gli rendeva più sopportabile l’assenza di lei. Katlin era lontana da un anno, ormai. Seguì con lo sguardo le linee di quel volto, immaginando il brillio degli occhi chiari, la sericità dei boccoli scuri…
«Dalamar.»
Dalamar trasalì e quasi fece cadere il foglio. Si voltò di scatto, tenendo la mano impegnata dietro la schiena con un atteggiamento che rivelava una qualche colpevolezza. Si trovò davanti lo Shalafi che lo fissava, sardonico.
«Ti spiace darmi la tua attenzione per un attimo, Dalamar?- chiese Raistlin, mellifluo- Oppure ti disturbo?»
«Ovviamente no, Shalafi. Dite pure.» disse Dalamar, rigido come un pezzo di ghiaccio. Chissà perché, aveva il sentore che lo Shalafi sapesse cosa nascondeva dietro la schiena. Quegli occhi dorati sembravano capaci di giungere ovunque.
«Sto andando a Solace ad accogliere Katlin.» disse Raistlin, sfiorando con le dita i componenti sul tavolo.
«Cosa?!- sbottò Dalamar, prima di riprendersi- Immagino allora che l’esperimento sia rimandato…»
«Portalo avanti tu.- tagliò corto Raistlin- Io e Katlin andremo a Wayreth. Ti farò sapere quando raggiungerci.»
«Dunque non verrò con voi?» chiese l’elfo oscuro, contrariato. Katlin tornava, i giochi iniziavano e lui doveva restarsene alla Torre ad aspettare?
«Preferisco non palesare ancora tutte le mie mire. Resta qui fino a nuovo ordine.» disse Raistlin.
«Come desiderate, Shalafi.» mormorò Dalamar. Raistlin lo scrutò, poi fece un sorrisetto contorto.
«Le porterò i tuoi saluti, Dalamar.- mormorò, con voce sottile come il sibilo di un serpente- Mia sorella gradirà sapere che la sua arte trova la tua approvazione.» Con una risata leggera, Raistlin scomparve lasciando solo il suo apprendista.
«La sua…» mormorò Dalamar, perplesso, poi avvampò. La mano quasi gli si chiuse a pugno sul ritratto di Katlin. Aveva visto giusto. Lo Shalafi si era accorto chissà da quanto tempo che portava il ritratto di Katlin sul cuore. Conosceva quindi i suoi sentimenti? Soprattutto…gli avrebbe dato la sua approvazione oppure avrebbe usato quella consapevolezza per rendergli la vita un inferno?

***

«Tas! Kyara! TAS!»
Il grido riverberò lungo la costa del lago Crystalmir, tra il frinire delle cicale, ma non ricevette risposta.
Caramon Majere tirò un lungo respiro seccato, passandosi una mano sulla fronte sudata e tirandosi indietro i lunghi capelli ricciuti. Era un magnifico pomeriggio di sestomese e il sole picchiava come un nano con un martello in mano. L’arrivo di Katlin era previsto per l’ora di cena al più tardi ed erano già le sei. Caramon sapeva che la sorella sarebbe stata felice di rivedere subito quei due matti dei kender e che Tasslehoff non l’avrebbe mai perdonato se si fosse perso il ritorno di Katlin su Krynn, ma ormai aveva cercato quei due fedifraghi in tutti i posti che gli erano venuti in mente, senza trovarli, e a quel punto era stufo.
«Si arrangeranno.- sbuffò, dando le spalle al lago per tornare a casa- Se sto sotto questo sole ancora un po’ sarò buono da mangiare per cena.»
Tornò a passo lesto verso Solace e presto il suo cipiglio si trasformò in un sorriso. Caramon stava vivendo un momento della sua vita che rasentava la felicità assoluta. Era diventato padre da poco meno di un anno e ciò lo rendeva orgoglioso. Inoltre, l’anno prima era avvenuto un doppio miracolo che aveva riunito tutte le persone che amava attorno a lui. Suo fratello gemello Raistlin era tornato alla vita e aveva scoperto di avere una sorella: la dolce e fiera Katlin ‘Ym Adoonan, la Donna con Tre Anime, reincarnazione di quella che avrebbe dovuto essere la sua gemella. Era invece una sorella più piccola di quasi sei anni che dopo una breve parentesi in cui aveva seriamente rischiato la pelle si era di nuovo involata per quel suo Paese assurdo, ma oggi sarebbe tornata su Krynn definitivamente, diventando Katlin Majere a tutti gli effetti.
Non riusciva ancora a capacitarsi di essersi legato alla sorella così tanto in così poco tempo, ma riusciva a capire che il sangue non mentiva mai. Perfino Raistlin, che ad un livello profondo era parecchio cambiato, aveva instaurato con lei un legame forte. Chi l’avrebbe mai detto, quando soltanto un anno prima al suo fianco era rimasta solo la sua dolce Tika?
«Caramon! Dove ti eri cacciato?» chiese Tika Waylan Majere, affacciandosi alla finestra della casa sopra il vallenwood. Caramon si coprì gli occhi dal riverbero accecante del sole e guardò sua moglie, sorridendo. I riccioli rossi di Tika ardevano quando il sole li toccava trapelando dalle fronde dell’albero. Tika sorrideva, ma sembrava un po’ stanca. Stare dietro al piccolo Sturm, che cominciava ad avere manie di conquista su tutti gli oggetti di casa e tentava di camminare non appena lo si lasciava un attimo, cominciava ad essere una prova ardua.
«Cercavo i kender.- disse, sorridendo a sua volta- Hai idea…»
«Ciao Caramon!- esclamò una vocetta conosciuta- Non fa un po’ troppo caldo, là fuori? Tika sta preparando una limonata, se la bevi ti rinfrescherà!»
Tasslehoff si affacciò alla finestra accanto a Tika. Caramon fece una smorfia.
«Da quanto tempo sei in casa?!» sbottò.
«Oh, almeno mezz’ora.- disse Tas, allegro- Stasera arriva Kat, non te ne sarai dimenticato?»
«Dimenticato?! Stavo cercando te e Kyaralhana, testa di…» esclamò Caramon, mettendosi i pugni sui fianchi.
«Ho mandato Kyara alla Taverna a prendermi un paio di cose.- disse Tika, roteando gli occhi nelle orbite in maniera plateale- Spero che alla fine non si porti dietro mezza cucina.»
«Insomma, ho girovagato per niente.- sbuffò Caramon- Adesso vengo su.»
L’anta di una finestra si aprì con uno schianto e il viso cupo di Raistlin Majere si affacciò dalla stanza più esterna della casa.
«Se avete finito di fare chiasso come un branco di kender in gita a Palanthas, sto cercando di approntare i segnali per far tornare quell'imbranata di Katlin.» disse, e la sua voce fu sferzante.
«Scusa, Raistlin, non stavamo pensando…» borbottò Caramon. Raistlin fece una smorfia sprezzante.
«Appunto. Voi non pensate!- sibilò, di pessimo umore- Ma se preferite che Katlin si perda nel cosmo durante l’incantesimo, continuate pure.»
Ciò detto, richiuse la finestra con un altro schianto. Caramon si sorprese di non vedere il vetro spaccarsi in mille pezzi e cadere a pioggia fino a terra.
«Dovrò rinforzare quella finestra.» borbottò, iniziando a salire verso casa. Tasslehoff lo sentì e dovette coprirsi la bocca con una mano per non ridere. Tika invece non sembrava molto divertita.
«Va e viene come gli pare. Un attimo fa non era in stanza e adesso eccolo che sbraita.- mormorò, seccata- Si sta prendendo un po’ troppe libertà. Dopotutto questa è casa nostra!»
«Ma dai, Tika…non c’è quasi mai. Porta pazienza.» disse Caramon, aprendo la porta di casa ed entrando. Il piccolo Sturm lo accolse con le braccia spalancate e un gorgoglio di gioia, e il grosso guerriero lo alzò in aria, facendolo strillare felice.
«Tu gli perdoni sempre tutto.» borbottò Tika.
«Non sempre e non tutto.- disse Caramon, baciandole i riccioli rossi per placarla- E’ irritato perché l’abbiamo disturbato mentre opera la magia. Non ha tutti i torti.»
Tika non sembrò affatto convinta. Era vero, Raistlin faceva loro visita pochissime volte ed era quasi sempre gentile…gelidamente gentile, ma meglio che niente. A Tika però dava i brividi che comparisse sempre dalla sua camera, a cui aveva evidentemente fatto qualche stregoneria, quando uno meno se l’aspettava, invece di usare la porta d’ingresso come tutti i comuni mortali.
«Meno male che stasera arriva Kat. Almeno rivolgerà la parola solo a lei e sarò più tranquilla.» borbottò Tika, versando della limonata fresca al marito.
«Non vedo l’ora!- sospirò Tasslehoff- Quest’anno è stato veramente noioso! Sì, lo so Caramon che sono andato a fare un giro a Pax Tarkhas con Kyaralhana, ma non abbiamo trovato niente di davvero interessante e non potevamo andare troppo lontano se non volevamo perderci il ritorno di Kat, quindi sono pieno di noia fino alla punta dei capelli!»
«Penso che la tua noia continuerà, visto che Kat se ne dovrà andare a Wayreth insieme a Raistlin.» disse Caramon, facendo dondolare il figlio divertito sul ginocchio.
«Beh, andremo anche io e Kyara!- sbottò Tas- Lei non ha mai visto la Torre di Wayreth e io ormai la conosco a menadito e potrò…»
«E potrai fare finalmente colpo su di lei.» finì per lui Caramon, facendo arrossire il kender.
«Caramon! Cosa stai insinuando?! Io…» protestò.
«Sono tornata!» strillò in quel momento Kyara, entrando in uno svolazzare di borse e trecce scure e reggendo in mano un orcio di vino.
«Ssh!» le fecero tutti in coro, bloccandola sulla porta con aria perplessa, poi si guardarono e si misero a ridere. Kyara sorrise, incerta. «E’ un nuovo gioco?» chiese, facendoli ridere ancora di più. In quel momento Raistlin attraversò la stanza fulminandoli con lo sguardo.
«Ho finito. Fate pure tutto il chiasso che volete, ora.» disse, acido, aggirando Kyaralhana e uscendo nel sole pomeridiano. Tutti ripresero a ridere, cercando di non farsi sentire troppo per non scatenare altri accessi d’ira. Caramon consegnò il piccolo Sturm a Tika e andò alla finestra. Raistlin stava disegnando dei simboli magici sul terreno con estrema precisione.
L’arcimago era così concentrato che quasi non si accorse di essere raggiunto dal gemello. Continuò a tracciare le rune, scrutando di quando in quando la posizione del sole che tramontava. Solo quando si sollevò aiutandosi con il Bastone di Magius e si scrollò la polvere dalle mani, Caramon osò parlare.
«E’ un incantesimo per riportare qui Katlin?» chiese il guerriero, osservando quei caratteri per lui privi di senso.
«No, è un semplice circolo. Reagirà alla magia di Katlin, fornendole indicazioni precise di dove ricomparire.» rispose Raistlin, distratto, mentre ricontrollava il proprio lavoro. Tossì piano, corrugando la fronte nello scrutare una runa che non lo convinceva pienamente.
«Come…come una specie di faro per i naviganti?» chiese Caramon, perplesso. Raistlin gli scoccò un’occhiata sarcastica.
«Mi sorprendi per il tuo acume, Caramon.- disse, sardonico- Sì, è proprio così. Viaggiare da un mondo all’altro non è una delle cose più facili. Sarebbe molto semplice andare a finire in mezzo al Mare di Sangue di Istar se non si eseguono tutti i giusti calcoli.»
«Per gli Dei, Raist!» sbottò Caramon, subito preoccupato. E se Katlin avesse sbagliato qualcosa nel suo incantesimo?
«Non preoccuparti. Seguendo l’aura magica del circolo non si perderà.- disse Raistlin, scrollando le spalle magre- E se lo facesse, dovrei ritenere di avere per sorella una perfetta idiota.»
Caramon fece una smorfia, contrariato, mentre Raistlin annuiva soddisfatto.
«E’ tutto pronto.- annunciò- Sarà meglio mettersi comodi, Caramon. Io non ho voglia di aspettare Katlin stando qui in piedi.»
Risultò che Caramon prese due sedie e le portò alla base del vallenwood per lui e Raistlin. Tika si mise a preparare la cena, sbirciando ogni tanto dalla finestra il circolo magico, che riluceva a mano a mano che la sera calava. I kender fecero una continua spola tra la casa e i due gemelli, ma ogni volta che cercavano di avvicinarsi al circolo per guardarlo meglio venivano fulminati da un’occhiata malevola degli occhi a clessidra di Raistlin. La calma della sera era scesa su Solace come una coperta dolce e confortante, leggermente speziata dagli odori invitanti di cibo. Finalmente, quando il sole lambì le montagne, il circolo si illuminò di una forte luce azzurra.
«Sta arrivando.» annunciò Raistlin, calmissimo, mentre Caramon balzava in piedi.
«Dov’è?» chiese Tika da sopra, precipitandosi alla finestra.
«Non c’è ancora!» disse Tas, eccitato, fissando il cerchio luminoso insieme a Kyara. Il circolo quasi esplose di luce, costringendo tutti a chiudere per un attimo gli occhi. Quando li riaprirono, in mezzo ad una grande chiazza bruciata si ergeva una donna vestita di rosso, con i capelli scuri sciolti sulle spalle e due ciocche bianche a incorniciarle il volto. La donna alzò le braccia al cielo.
«Sono tornata, mia Solace!» esclamò in tono gioioso, spezzando il silenzio. Un istante dopo era accasciata a terra, priva di forze.
«Kat!» esclamò Caramon, correndo avanti insieme ai kender. Raistlin si alzò con tutta calma, mentre sopra di lui Tika usciva sbattendo la porta e scendeva le scale di corsa con Sturm in braccio. L’arcimago guardò con un sopracciglio sollevato gli abbracci dei kender a Katlin, che rideva nonostante fosse esausta, mentre Caramon la prendeva tra le braccia e la sollevava da terra.
«Caramon, ho fatto un viaggio spaventoso! E’ ovvio che…» stava cercando di protestare.
«E’ ovvio che non puoi camminare!- la rimbrottò Caramon, poi sorrise- Sono contento di rivederti, sorella.»
«Anch’io, Caramon.- disse Katlin, circondandogli il collo con le braccia, poi si dedicò a Tika e al bambino- Fammi vedere quanto è cresciuto mio nipote! Ciao, Sturm, piccolo amore!»
Caramon fu costretto a mettere giù Katlin, che si mise a chiacchierare con Tika mentre Sturm scopriva il piacere di tirare i capelli alla zia. Raistlin scosse la testa di fronte a tutto quel pandemonio, ma un debole sorriso gli nacque sulle labbra. Aveva trascorso così tanti anni oscuri che quel poco di luce già gli feriva gli occhi. Nonostante ciò, stava imparando a goderne. Il piccolo gruppo chiassoso si fece dappresso alla casa, con Katlin ancora sorretta da Caramon. Gli sguardi di lei e di Raistlin, identici, si incontrarono.
«Ben trovato, fratello mio.- disse Katlin, con un sorriso perplesso e sospettoso- Si può sapere in quali trame vuoi coinvolgermi, stavolta?»
Raistlin si concesse un sorrisetto.
«Rifocillati e riposati, sorella mia.- disse, facendole cenno di salire la scala- Ne parleremo a fondo. Questa sera.»

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Capitolo 2
*** 1 - Le mire di Raistlin ***


Author's note: Auguri di buon anno a tutti!!

CAPITOLO 1

LE MIRE DI RAISTLIN

Katlin rise piano alle parole di Tasslehoff, poi sospirò. Era seduta con la schiena contro la sedia, il corpo rilassato, mentre ascoltava i kender narrarle le loro ultime avventure. Stuzzicava con le dita le briciole sul tavolo, preda di un piacevole torpore. Ancora non riusciva a credere di essere tornata a casa. Un anno prima, aveva lasciato quella calda dimora per tornare nel mondo in cui era nata, in quanto doveva regolare la sua posizione e permettere a sua madre, la sua genitrice yoltiana, di vivere una vita dignitosa. La lunga burocrazia di Yolta l’aveva trattenuta più di quanto pensasse, ma finalmente le sarebbe stato permesso di vivere la sua vita come Katlin Majere, maga delle Vesti Rosse, residente a Solace…e alla Torre di Palanthas, di quando in quando. Yolta non era mai stata la sua casa. Krynn lo era diventata. Sorrise tra sé, cullata da quei pensieri.
«Pensi di continuare a tenere i capelli bianchi, Kat?» le chiese Tika, scuotendola da un principio di assopimento.
«Uh? Questi?» chiese Katlin, sfiorando le due ciocche che le incorniciavano il viso. Si erano imbiancate quando Takhisis l’aveva maledetta, in conseguenza dello shock, e ancora adesso Katlin si riteneva fortunata ad essersela cavata con quel solo segno evidente. La maledizione di Takhisis le aveva anche gentilmente donato i maledetti occhi a clessidra, ma quelli erano scomparsi una volta spezzata la possessione.
«Potresti tingerli, se volessi.» le propose Tika. Katlin rise piano e scosse il capo.
«Perché dovrei?- chiese- E’ una seccatura. Prima o poi diventeranno tutti bianchi e sarò a posto.»
«Ti tingerai i capelli di bianco?!» chiese Tas, sorpreso.
«No, sto dicendo che diventerò vecchia!» rise Katlin.
«Credo che Tika intendesse dire che agli uomini non piacciono le donne con i capelli bianchi.- disse Kyara, facendo arrossire Tika e ridere Caramon- Se vuoi conquistare qualcuno, devi essere bella.»
«Ma senti tu…Kyara, da quando in qua sei diventata così esperta in questo genere di cose?» chiese Tika, irritata.
«Ho ripetuto le cose che dite tu e Dezra, veramente.- disse Kyara, innocente- Personalmente credo che Kat sia bella così. Ma forse è perché quando l’ho conosciuta era peggio, nel senso che…»
«Abbiamo capito il senso, grazie.» disse Tika, acida.
«In ogni caso, un uomo che non mi volesse per questi capelli bianchi non sarebbe degno di me.- disse Katlin, lapidaria- Perciò, il problema non esiste.» Fu interrotta da un possente sbadiglio.
«Hai sonno, Kat?» chiese Tika,  dolcemente, posandole una mano sul braccio coperto dalla veste rossa.
«Parecchio, a dire la verità.» ammise Katlin, soffocando un altro sbadiglio.
«Ti conviene andare a letto, allora.- disse Caramon, alzandosi in piedi- Ti accompagno…»
«No, Caramon. Raistlin mi deve parlare.» disse Katlin, con un sospiro, avvedendosi che Tas e Kyara avevano immediatamente assunto un’espressione interessata. Raistlin aveva lasciato la tavola già da un pezzo, ritirandosi nella sua camera e ingiungendo a Katlin di raggiungerlo il prima possibile. Si prospettava una chiacchierata interessante.
«Può benissimo farlo domani. E’ evidente che sei stanca.» replicò il guerriero, corrugando la fronte. Katlin fece un sorrisetto.
«Mi alletta l’idea di disobbedirgli così apertamente.- sogghignò- Purtroppo mi terrebbe poi il muso una vita e sinceramente non ne ho voglia. Sono appena tornata.» Sospirò e si alzò in piedi, un po’ barcollante. «Perciò, ubbidirò ai suoi voleri, sbuffando apertamente.»
Tika e Caramon sorrisero. Katlin scoccò un’occhiata ammonitrice ai due kender, che quasi fremevano per l’aspettativa. «Voi due non venite a spiare.- disse, alzando un dito per sottolineare le sue parole- Tas, lo dico soprattutto a te. Sai di cos’è capace Raistlin quando si arrabbia, no? Se fate i bravi e portate pazienza, dopo vi racconto di cosa si è parlato. Anche se sospetto che un viaggio a Wayreth non me lo levi nessuno…»
«Certo, Kat. Ti aspetteremo senza ficcare il naso in quella merav…ehm…nella stanza di Raistlin.» promise Tasslehoff, disinvolto, con un gran sorriso. Katlin riconobbe l’atteggiamento, ma non aveva voglia di continuare a discutere con i kender. Sapeva che era fiato sprecato.
«Ne approfitto per andare a controllare Sturm.- disse Tika, alzandosi a sua volta- Caramon, sparecchi tu, per favore?»
Con un cenno di saluto agli altri, Katlin si inoltrò nel corridoio, diretta all’ultima stanza in fondo, quella contrassegnata con il marchio dello stregone. La maga ristette un attimo davanti alla soglia, corrugando la fronte. Raistlin aveva qualcosa in mente fin dalla sua partenza per Yolta. Katlin non era riuscita a capire cosa fosse, ma le poche chiacchierate che avevano fatto durante la sua permanenza nel mondo al di là delle lune le avevano dato ad intendere che c’entrasse in qualche modo il Conclave dei Maghi. Per la prima volta da quando era tornata in possesso del proprio corpo e della propria anima, Katlin sentì di rimpiangere di non poter sondare la mente del gemello per carpirne i piani. Sospirando, bussò. All’interno vi fu un fruscio, poi dei passi, quindi una chiave girò nella toppa. Il viso magro di Raistlin si profilò sulla soglia.
«Entra.» le disse soltanto. Katlin controllò che Tas e Kyara non l’avessero seguita, e fu rassicurata dal basso chiacchiericcio in cucina, poi sgusciò nella camera, chiudendo la porta dietro di sé. Udì uno scatto. La serratura si era richiusa automaticamente. Non fu quello, però, ad attirare la sua attenzione.
«Per gli Dei…cos’hai combinato a questa stanza?» mormorò Katlin, sorpresa.
La semplice ma bella camera che Caramon aveva inserito con tanta cura nel blocco della casa aveva quadruplicato le sue dimensioni. Per meglio dire: era diventata una stanza doppia. Per circa quattro metri dalla soglia, si stendeva la solita camera da letto con scrittoio non troppo dissimile a quella che era stata assegnata a Katlin. Oltre il letto, però, la parete di fondo era scomparsa e il pavimento si trasformava in pietra, che si allungava nell’oscurità di una camera da letto cupa in cui troneggiava un grande letto con baldacchino e le pareti erano ricoperte di scaffali di libri. Katlin riconobbe quella stanza. Al suo interno era quasi morta, un anno prima. La visione scomparve e Katlin corrugò la fronte, poi rivide di nuovo l’altra camera, oltre l’illusione della parete.
«Hai collegato la tua camera nella Torre di Palanthas a questa?!- sbottò- Raistlin, non trovi sia rischioso?»
«Ho spesso necessità di fare avanti e indietro. L’incantesimo è permanente, mi risparmia molta fatica. Una mente non abituata al riconoscimento della magia non vedrebbe nulla di insolito.» disse Raistlin, noncurante, prendendo posto su una sedia con lo schienale imbottito e facendo cenno a Katlin di trovarsi un posto. Kat guardò con desiderio il letto, ma si fece coraggio e scelse una sedia di legno scomoda. Doveva stare sveglia!
«Intendevo dire che…beh, in una casa abitata da kender un tale collegamento mi sembra inopportuno.» continuò, pur ammirando la perfezione di quel collegamento spaziale. Raistlin fece una smorfia sarcastica.
«C’è un incantesimo alla porta. Chi tocca la maniglia muore.» disse l’arcimago, noncurante di fronte all’esclamazione di disapprovazione di Katlin. «Solo io posso aprire la porta, con questa chiave. Prima che tu esca te ne darò una copia. Mi pare superfluo ricordarti di proteggerla il prima possibile con potenti incantesimi.» continuò, mostrandole una chiave d’argento lavorato.
«Ti dispiacerebbe mettere qualcosa di non mortale a quella porta?- chiese Katlin, seccata- E’ ovvio che prima o poi quei due proveranno a…»
«Due kender in meno sulla faccia di Krynn. Non un gran danno.» disse Raistlin. Il cipiglio di Katlin aumentò e Raistlin fece un gesto vago con la mano. «In realtà il contatto provoca solo convulsioni. Sono tutti così goffi, in questa casa, che potrebbero toccare la maniglia anche solo accidentalmente. Non ho voglia di aprire la porta e trovarmi fra i piedi il cadavere della moglie di nostro fratello.»
«Velenoso come sempre.- sospirò Katlin, rilassandosi- Va bene, allora possiamo chiudere il discorso.»
«Compassionevole fino a un certo punto, noto. Proprio degna di essere mia sorella.» mormorò Raistlin, con uno scintillio negli occhi. Il sorriso di Katlin fu gelido e l’arcimago annuì, approvando. Proprio perché Katlin capiva l’importanza di certe lezioni, si sentiva sicuro nell’affidarle l’altra chiave.
«E Dalamar?- chiese Katlin, fingendo indifferenza- Usa anche lui questo passaggio?»
«Ovviamente no. Perché mai il mio apprendista dovrebbe avere interessi a Solace?» chiese Raistlin, unendo le punte delle dita davanti al petto. Katlin scrollò le spalle e Raistlin trattenne un sorrisetto. Per quanto si sforzasse, quella sua sorella di nuova acquisizione non era brava a nascondere il suo interessamento per l’elfo oscuro.
«E Crysania come sta?» ritorse la giovane donna, apparentemente senza l’intento di punzecchiare l’arcimago.
«Crysania è a Palanthas. Come capirai, ha molto da fare.» disse, e una punta di astio gli si insinuò nella voce.
«Riuscite a vedervi?» chiese ancora Katlin.
«Di quando in quando.- rispose Raistlin, sbrigativo- Finché rimarrà a capo della Chiesa, permangono degli ostacoli alla nostra…relazione.»
«Non ha ancora trovato un sostituto adatto?» mormorò Katlin, delusa. Era stata un’impresa vedere i due, così orgogliosi, ammettere il proprio amore l’uno per l’altra. Era seccante che il loro ruolo fungesse ancora da ostacolo.
«Se vuoi sapere come sta Crysania, potrai chiederglielo quando saremo a Wayreth. Anche lei è chiamata a testimoniare.» disse Raistlin, chiudendo l’argomento. Katlin annuì, pensierosa, poi corrugò la fronte.
«Testimoniare cosa?» chiese, sospettosa. Il sorrisetto che comparve sul volto di Raistlin non le piacque per niente. Accavallò le gambe e incrociò le braccia sul petto, incupendosi.
«Va bene, basta con i convenevoli.- disse, fredda- Mi hai richiamata a casa con una fretta sconveniente, lanciando il tuo strale riguardo al Conclave. So già che li stai facendo impazzire, quindi la domanda è: cosa c’entro io?»
«Finalmente me l’hai chiesto.» disse Raistlin, sollevando appena un sopracciglio con fare ironico.
Katlin gli lanciò un’occhiataccia. Quel suo gemello, nella cui mente aveva vissuto gran parte della sua vita, non era un mistero per lei, senza contare che le somiglianze caratteriali fra loro erano davvero molte. Raistlin aveva giocato con il Conclave, quando si era trattato di comunicare ai maghi il suo ritorno in vita e la distruzione del Portale. Katlin gli aveva dato una mano con estremo piacere. Nemmeno lei aveva grande stima o affetto per quel gruppetto di maghi tanto bravi a rischiare la vita degli altri ma ben attenti a non mettere in gioco la propria. Pensava, però, che ora Raistlin avrebbe continuato i suoi giochi da solo.
«Dai, sputa il rospo.» sospirò. Raistlin si tolse un pelucco dalla manica di velluto nero, perdendo tempo.
«Voglio che tu entri a far parte del Conclave.» disse, colloquiale.
«Te lo puoi scordare!» replicò Katlin, secca. Negli occhi dorati del gemello passò un lampo d’avvertimento.
«Katlin, non dare risposte affrettate.- le ingiunse, gelido- Non sei una bambina.»
«Non sono nemmeno una tua pedina.- ritorse lei, velenosa, poi fece un gesto distratto- Spiegami cos’hai in mente. Magari cambierò idea.»
Raistlin la scrutò per un attimo, il volto fine pieno di carisma, poi annuì.
«Forse non sai che tra poco meno di un anno Par-Salian lascerà il suo ruolo di Capo del Conclave.» disse. Katlin roteò platealmente gli occhi.
«Era ora.- disse, acida- Ha già fatto abbastanza danni, quel vecchio.»
«Lascia da parte i nostri rancori.- disse Raistlin- Il fatto è epocale ed è terreno fertile per nuovi e inaspettati sommovimenti all’interno del Conclave.»
«Fammi capire.- disse Katlin, sporgendosi un po’ in avanti- Hai spostato le tue mire sul Conclave. Vuoi farli impazzire del tutto?»
Raistlin fece un sorrisetto, chiudendo per un attimo le palpebre sugli occhi maledetti.
«Divertirsi va bene, ma non senza uno scopo.- disse, sarcastico- Katlin, tu sei più potente di Justarius, che al momento è a capo delle Vesti Rosse. Immagina a chi dovrebbero dare quel ruolo, se tu entrassi a far parte del Consiglio.»
«A me.- disse lei, senza falsa modestia- Ma Raistlin, io quel ruolo non lo voglio. Non me ne frega un accidente di…»
«Adesso non parlare come Caramon.- la interruppe lui, caustico, con una smorfia- Ti sto offrendo del potere, Katlin. Ti pare poco?»
«Mi pare di non avertelo chiesto.- disse Katlin, con una smorfia- E poi che accadrebbe? Ovviamente, se Ladonna salta, tu…» Perse un attimo la parola, poi sussurrò: «Tu prenderai il suo posto!»
Raistlin non si mosse né parlò e un’altra ipotesi si affacciò alla mente di Katlin.
«E se prendi il suo posto, sei a capo del Conclave…con me a darti sostegno come capo delle Vesti Rosse! Vuoi il seggio del vecchio Par-Salian!» continuò, senza fiato. Di nuovo, Raistlin non si mosse né parlò. Passarono alcuni momenti, in cui i due maghi si osservarono in silenzio, poi Katlin si appoggiò con la schiena alla sedia, incrociò di nuovo le braccia sul petto e si rilassò. «No, a te non interessa quella sedia.» disse, noncurante.
«Cosa te lo fa pensare?» chiese Raistlin, laconico. Katlin sollevò appena un sopracciglio.
«Il Maestro della Torre di Wayreth deve risiedere a Wayreth per tutta la durata del suo mandato. Ciò significa che dovresti abbandonare la Torre di Palanthas, e tu non lo faresti mai, e vivere laggiù fino alla morte, visto che raggiungere il tuo potere e sostituirti è impossibile.- disse Katlin, tranquilla- Non so come vuoi legare a te il Conclave, ma di certo non sarà prendendo il posto di Par-Salian.»
«Molto perspicace, mia cara sorella. Mi congratulo.- disse Raistlin, con un sorrisetto, abbozzando un applauso ironico- Quello che dici è vero. Tengo alla mia indipendenza e non lascerò mai la Torre di Palanthas. Ciononostante, voglio poter controllare i maghi di Krynn. Se non mi resta altro, desidero il potere sulla mia razza.»
«E come farai?- chiese Katlin, suo malgrado interessata- Dalamar alle Vesti Nere, magari sul seggio più alto, e io alle Vesti Rosse?»
«Non Dalamar, su quel seggio, mia cara. Lavora ancora un po’ di fantasia.» mormorò Raistlin, con gli occhi che gli luccicavano d’ambizione. Katlin ristette, poi si portò una mano alla bocca.
«Io?!» ansimò. Raistlin sorrise, un sorriso contorto.
«Tu prenderai il posto del vecchio Par-Salian.- disse, duro, mentre Katlin si copriva il viso sconvolto con le mani, sopraffatta dall’imponenza del piano di Raistlin- So che ne sei in grado. Il tuo potere è più forte del loro, secondo solo al mio. La tua giovane età non è un problema, in quanto anch’io sono diventato Maestro così giovane. Le tue imprese ti precedono e già in molti sono interessati a te. Dalamar sarà tuo alleato, a capo delle Vesti Nere. Se mia sorella sarà Maestra della Torre di Wayreth, io avrò potere su tutte le Torri della Stregoneria rimaste.»
«E ti fidi di Dalamar?» chiese Katlin, atona, sempre senza scoprirsi il viso. Raistlin la scrutò, apprezzando il fatto che i sentimenti non avessero accecato Katlin.
«Ti sarà fedele.- disse- Una donna ha più potere su un uomo, che un Maestro sul suo apprendista.»
Attese che lei dicesse qualcosa. Per qualche tempo la stanza fu immersa nel silenzio, poi Katlin sussurrò: «Maestra della Torre di Wayreth…»
Raistlin si avvide che sotto la copertura delle mani, Katlin sorrideva appena.
«Accetti?» chiese, la voce sottile e insinuante. Katlin lo guardò. Nei suoi occhi luccicava l’ambizione.
«Voglio provarci.- disse, stringendo i pugni mentre il suo sorriso diventava feroce- Sì…desidero provarci!»
«Molto bene. Allora siamo d’accordo.» disse Raistlin, soddisfatto. Katlin alzò una mano per frenarlo.
«Se ci riesco, non sarò una marionetta nelle tue mani. Lo sai?- chiese, dura- Siamo troppo simili, fratello mio. Non mi piegherò a qualunque tuo volere. Pensaci bene prima di dare a me questa opportunità.»
«Ci ho pensato e non mi interessa avere tra le mani un fantoccio.- disse Raistlin, noncurante- La Torre necessita di un Capo forte e tu lo sei. Abbiamo imparato che le nostre somiglianze si sublimano nell’amore per la magia, perciò presumo che non avremo mai grandi screzi. In quel caso…» Un lampo pericoloso gli passò nelle pupille a clessidra. «…vedremo il da farsi quando se ne presenterà l’occasione.»
«Mi sembra giusto.» ammise Katlin.
«Del vino, sorella mia?» chiese Raistlin, facendo comparire con un gesto brocca e bicchieri. Katlin annuì e i due fecero un brindisi ai loro progetti. Per un po’, ognuno sorbì il suo vino, pensando al futuro. Katlin non riusciva ancora a credere all’opportunità che le si era presentata. L’irritazione per essere manovrata da Raistlin era scomparsa di fronte alla grandezza del suo piano e non poté trattenere un sorriso al pensiero che il gemello l’avesse manipolata per bene. Ma per prendere il posto di Par-Salian avrebbe fatto carte false. Due Majere a capo delle Torri…
«Da dove si comincia?» chiese Katlin, quando ebbero finito di bere.
«Dopodomani andremo a Wayreth. La tua storia sarà raccontata di nuovo, in presenza di testimoni. Caramon verrà con noi e Crysania sarà già là ad attenderci.- disse Raistlin, pensieroso- Dalamar ci raggiungerà il giorno dopo. Inoltre verrà esaminato il tuo reale potenziale magico.»
«Altre Prove, altri esami…» sbuffò Katlin.
«E’ inevitabile.- tagliò corto Raistlin- In ogni caso saranno costretti ad accettarti in seno al Conclave. Dopo di ciò, vedremo come muoverci.»
Katlin annuì, poi si alzò dalla sedia e si stiracchiò.
«Se non c’è altro, io andrei a letto.- disse, poi sorrise- Anche se mi hai dato un ottimo motivo per stare sveglia.»
«Sapevo che la proposta ti avrebbe allettata.» disse Raistlin, con un sorrisetto.
«Il problema è proprio che lo sapevi.- sospirò Katlin- Avrei dovuto dirti di no solo per ripicca.»
Raistlin si alzò facendo leva sul Bastone di Magius, le si avvicinò e le porse una chiave argentata.
«Tieni, e conservala con cura.» disse. Katlin annuì, soppesandola nella mano. Alzò lo sguardo quando vide il fratello scrutarla. «Ti sei fatta più sicura, sorella.- mormorò l’arcimago- Quando ci siamo conosciuti, una simile responsabilità ti avrebbe fatta tremare.»
«Allora non sapevo chi ero.- disse Katlin, con un sorriso mesto- E ti voglio ricordare che ho comunque preso un bel peso sulle mie misere spalle, nonostante i dubbi che avevo.»
«Te lo concedo.» disse Raistlin, sollevando un sopracciglio con ironia. Katlin scrutò la chiave.
«Sicuro di volermela dare?- chiese- Non intendo irrompere qui dentro in momenti inopportuni…»
«Ovviamente mi avviserai prima di entrare.- fu la brusca risposta di Raistlin- Te la do perché può capitare che io abbia bisogno di averti a Palanthas mentre sei qui a Solace. Non si può mai sapere come e quando un’emergenza si presenta.»
«Giusto.» disse Katlin, cominciando a dirigersi verso la porta.
«Ti devo ricordare quanto sia importante che tu la protegga?» le disse Raistlin, restando presso la sua sedia.
«Lo so, lo so.- lo rassicurò Katlin, sbadigliando- Buonanotte, fratello mio. Ci vediamo domattina.»
Aprì la porta e subito gli occhi le si spalancarono nel vedere Tasslehoff e Kyaralhana colti sul fatto, con l’orecchio teso. Sgusciò fuori con un movimento fluido e chiuse la porta, così da non permettere ai kender di vedere la stanza e da evitare che Raistlin si accorgesse dei due spioni.
«Tas!- sibilò, abbassandosi verso i due- Che diavolo ci fate qui?»
«Ah…ciao, Kat!- disse Tasslehoff, riprendendosi- Ecco…noi non avevamo sonno. No, proprio per niente. Così, ci chiedevamo se tu non volessi chiacchierare un po’…»
«Però eri ancora dentro la stanza. Siccome non volevamo disturbare, non sapevamo come chiamarti, e…» disse Kyara.
«Già, già! Non sapevamo come chiamarti senza disturbare!- riprese Tas, acchiappando la palla al balzo- Così abbiamo deciso di aspettarti qui. Il fatto è che da quella porta non si sente niente, perciò cominciavamo a dubitare che tu fossi dentro.»
«Già, non si riesce a sentire nemmeno una parola.» borbottò Kyaralhana, quasi offesa. Questa reazione consentì a Katlin di capire che le loro parole erano vere, almeno per quanto concerneva il fatto che non avessero sentito nulla della sua conversazione con Raistlin. Tirò un sospiro di sollievo. A quanto pareva, Raistlin si era davvero premunito per bene dalle intrusioni dei kender.
«Sentite, io ho un sonno che casco.- disse, mettendosi in tasca la chiave d’argento- Ne parliamo domattina, va bene?»
«Nemmeno un accenno?» chiesero in coro i due kender, supplichevoli. Katlin sospirò.
«Devo andare a Wayreth con Caramon e Raistlin…domani o dopo.» disse. Sbadigliò. «Niente di molto eccitante, come vedete.»
«Beh, noi verremo con voi, così…» iniziò a dire Tasslehoff. Katlin scosse la testa e recuperò la chiave d’argento che chissà come stava per scomparire in una delle tasche di Tas.
«Questa volta voi restate a casa, amici miei. Mi dispiace ma è così.- disse, tenendo alta la chiave- Comunque ne riparliamo domattina.»
«Ma Kat…» si lamentò Tas.
«Domattina!» tagliò corto Katlin, salutandoli e scomparendo lungo le scale. Tas e Kyara rimasero soli nel corridoio buio.
«Ehi, Tas…che facciamo?- chiese Kyaralhana, delusa- Ci vogliono lasciare a casa.»
«Sono sicuro che è tutto un grosso equivoco. Non possono andarsene in giro senza di noi.- disse Tasslehoff, battendosi con decisione un pugno sul palmo della mano- Vedrai che troverò un sistema per convincere Katlin a portarci a Wayreth.»
Di sopra, Katlin lanciò i primi due strati di un incantesimo sulla chiave d’argento, prima di crollare per la stanchezza. Se avesse saputo come l’immagine della chiave d’argento si era impressa nella mente di Tasslehoff, si sarebbe pentita di aver ceduto al sonno.

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Capitolo 3
*** 2- La chiave d'argento ***


CAPITOLO 2

LA CHIAVE D’ARGENTO

Katlin camminava con Dalamar attraverso la fredda notte di Solace, nel più perfetto silenzio. Sotto i loro piedi la neve scricchiolava, il vento schiaffeggiava i loro volti e tirava all’indietro i cappucci di pelliccia. Nonostante ciò, Katlin sentiva che avrebbe potuto continuare a camminare così per sempre. La presenza di Dalamar al suo fianco le dava la sensazione di essere protetta, qualcosa di speciale che la riscaldava. Trasalì quando delle dita lunghe e fredde cercarono di insinuarsi nella sua mano, accarezzandone il palmo. Alzò lo sguardo e si fermò, mentre Dalamar le prendeva la mano senza incontrare nessuna resistenza. Brillava una luce quasi febbrile in quegli occhi verdi e allungati, e Katlin vi si sentì annegare. Dalamar si portò la mano di lei al petto, dove sotto la stoffa dolevano le ferite che Raistlin aveva lasciato. Sempre senza una parola, l’elfo oscuro si avvicinò a lei e le passò un braccio attorno alla vita, attirandola contro di sé. Non vi poteva essere dubbio sulle sue intenzioni e Katlin non aveva nessuna intenzione di fermarlo. Gli offrì le labbra, chiudendo gli occhi…
…e in quel momento una mano la scrollò bruscamente, riportandola al clima estivo, al suo letto e ad un presente che di romantico non aveva assolutamente niente.
«Che…» balbettò, aprendo gli occhi di scatto con una smorfia rabbiosa sul viso per il sogno sfumato. Si trovò davanti Raistlin, che la fissava con aria sardonica.
«Svegliati.- le ingiunse, mentre lei sbatteva le palpebre pesanti sugli occhi che le lacrimavano- Hai intenzione di dormire ancora a lungo?»
Katlin ringhiò qualcosa di intelleggibile, passandosi le mani davanti alla faccia per cercare di schiarirsi i pensieri e per rigettare indietro i capelli aggrovigliati. Le sembrava di essere andata in coma, più che di aver dormito.
«Ho interrotto piacevoli sogni, sorella?» chiese Raistlin, sedendosi con noncuranza alla scrivania di lei. Katlin non lo degnò di una risposta, sapendo che l’arcimago aveva con tutta probabilità percepito qualcosa della sua attività onirica. Si alzò a sedere, scoprendo con sollievo che la corta tunica non le si era arrotolata sulle cosce in maniera troppo indecente. Che ci faceva Raistlin nella sua stanza?! Non poteva farla svegliare da Tika? Ma no…lui adorava imbarazzare gli altri.
«Ho fame.» borbottò, gettando le lunghe gambe oltre il bordo del letto.
«Beh, datti una mossa a mangiare. Fra poco partiamo.» disse Raistlin, gelido. Katlin corrugò la fronte e lo guardò.
«Avevi detto che saremmo partiti dopodomani.» gli ricordò, caustica. Raistlin sollevò appena un sopracciglio.
«Oggi E’ dopodomani.- disse, sarcastico- Mia cara sorella, hai dormito tutto ieri. Presumo che tu ora abbia recuperato le forze.»
«Tutto ieri?!» sbottò Katlin, svegliandosi finalmente in maniera completa. Si alzò in piedi di scatto, afferrando la veste e passandosi velocemente le dita sui capelli. Ecco perché si sentiva così scombussolata! D’altronde, si era teletrasportata da un mondo all’altro, non era così illogico che avesse dormito per ventiquattro ore! «Se te ne vai, mi vesto.- disse, facendogli un gesto distratto- Anzi, se vai a dire a Tika di prepararmi qualcosa da mangiare…»
«E’ già ai fornelli.- disse Raistlin, con una smorfia- E se non ti dispiace, resto. Abbiamo ancora qualche dettaglio da discutere.»
«Come ti pare.» borbottò Katlin, mentre Raistlin si girava dall’altra parte per permetterle di spogliarsi. L’arcimago non era cambiato molto nella sua totale noncuranza per il genere femminile. Crysania era un miracolo vivente. Soffocò un sorriso e si sfilò la tunica con cui aveva dormito, versando poi acqua in un catino per le abluzioni.
«Allora? C’è qualche novità, o vuoi spiegarmi a cosa mi sottoporranno?» chiese Katlin, scivolando senza accorgersene in un tono freddo e professionale. Raistlin voleva proprio spiegarle più nel dettaglio cosa le sarebbe stato richiesto. Aveva conferito di nuovo con i maghi, il giorno prima, e aveva fissato l’udienza per quel pomeriggio alle due. Katlin si sorprese, nonostante tutto, per la totale sicurezza del fratello. Raistlin non aveva mai il minimo dubbio che sarebbe riuscito nei suoi intenti. Quando si lanciava in un’impresa, lo faceva con totale coscienza di sé e dei propri mezzi. Katlin aveva scoperto di essere un tantino più insicura di lui.
«Continuo a pensare che la mia età sarà un deterrente all’elezione a Capo del Conclave, di qui a un anno.- disse Katlin, quando si fu vestita e Raistlin poté tornare a voltarsi- Per quanto io sia potente, quella gente non mi conosce e difficilmente otterrò la maggioranza, visto il poco tempo che abbiamo a disposizione. E’ troppo presto.»
«Io credo che ce la farai.- opinò Raistlin- In ogni caso, sarai perlomeno messa a capo delle Vesti Rosse. Justarius è un buon mago, ma non è al tuo livello. Se l’incertezza dovesse prevalere, è ovvio che Dalamar, che avrà il posto a capo delle Vesti Nere tra breve, sarà il prescelto. In quel caso…»
«In quel caso, dopo qualche tempo lo costringerai a darmi il suo posto, non è vero?- chiese Katlin, sollevando un sopracciglio mentre si legava i capelli in una coda alta- Raist…se Dalamar acchiappa quel seggio, non lo mollerà per nessuna cosa al mondo.»
«Nemmeno per le tue grazie? Mi sembrava che ne fosse piuttosto attratto.» sussurrò Raistlin, con un luccichio negli occhi dorati.
«Nemmeno per quelle. Non scherzare.- ringhiò Katlin, avvampando- Certo, tu pensi che Vesti Rosse e Bianche, con il tempo, mi supporteranno. Hai ragione a pensarlo, ne sono convinta anch’io. Ho un atteggiamento verso gli Dei e verso la magia adatto a ricoprire quella carica. Se permettiamo a Dalamar di salire su quel seggio, però…»
«Bene, noto che la tua fiducia nel mio apprendista rasenta lo zero.» osservò Raistlin, socchiudendo gli occhi.
«Non si tratta di questo! E’…che lo conosco, so quanto il potere lo tenti. E’ una Veste Nera, dopotutto. Ha già fatto le sue scelte.- sbottò Katlin, seccata- Sarei sciocca a pensare altrimenti.»
Raistlin la fissò per qualche istante, ritta in piedi nella sua veste rossa e fremente di ira trattenuta per quell'esame. L’arcimago fece un sorrisetto e annuì.
«La penso alla stessa maniera.- disse, facendola sospirare di sollievo- In linea di principio, non favorirò Dalamar, né gli presenterò questa ghiotta occasione. Volevo che anche tu ne fossi consapevole.»
«Lo sono, grazie mille. Se abbiamo finito, fammi andare a mangiare.» disse, brusca, andando alla porta.
«Sai anche che se questa previsione si avvererà e tu non riuscirai a scavalcarlo pacificamente…dovrò eliminarlo?» chiese Raistlin, senza accennare ad alzarsi. Katlin si fermò con la mano sulla maniglia. Rimase un attimo in silenzio, senza voltarsi.
«Lo faresti davvero, eh?» mormorò.
«Ti spiacerebbe?» chiese Raistlin. Katlin rimase immobile ancora per qualche istante, poi uscì dalla stanza senza rispondergli né voltarsi, lasciando la porta aperta. «Sì, ti spiacerebbe. Sei innamorata di lui.- mormorò Raistlin fra sé, lo sguardo delle sue pupille maledette fisso sul vano vuoto della porta- Datti da fare, sorella mia, e nessuno si farà troppo male.»
Trattenendo un sorrisetto, Raistlin sospirò e si alzò dalla sedia, uscendo dalla camera di Katlin e chiudendo la porta dietro di sé.

***

Caramon si sistemò il mantello sulle spalle, controllando di essere in ordine.
«Tika, come sto?» chiese alla moglie, che lo aveva aiutato ad indossare l’armatura.
«Sei a posto, Caramon. Bello come il sole.- disse lei, baciandolo sulla bocca- Anche se non capisco perché tu voglia andare in quel posto conciato come se dovessi affrontare una battaglia.»
«Tu non conosci quella dannata Torre e quella gente. Non si sa mai.» borbottò Caramon, cupo. Non gli garbava per nulla andare per l’ennesima volta alla Torre di Wayreth. Lanciò un’occhiata al gemello, che guardava con aria impassibile fuori dalla finestra. Sarebbero giunti a Wayreth tramite la magia, questa volta, il che faceva risparmiare un sacco di tempo ma di certo non contribuiva a mettere Caramon a suo agio. Purtroppo, era stata richiesta la sua testimonianza riguardo ai fatti che avevano portato alla distruzione del Portale. Non biasimava troppo i maghi per l’incredulità verso le parole di Raistlin e Dalamar (anche se, per una volta, stavano dicendo entrambi il vero). Lo seccava, però, che non dessero credito a Kat. Si vedeva lontano un miglio che lei era una ragazza sincera. Quei maghi non sapevano proprio giudicare le persone.
Mentre Tika andava a prendere in braccio il piccolo Sturm, Caramon si avvicinò a Raistlin. L’arcimago stava tossendo piano all’interno di un fazzoletto ancora immacolato, ma non sembrava stare davvero male.
«Tutto a posto?» chiese.
«Si sta facendo tardi.- fu tutta la risposta di Raistlin, che dopo un ultimo colpo di tosse ripose il fazzoletto- Dov’è Katlin?»
«Di sopra, a prendere la sua roba.- disse Caramon, guardando le scale- Senti…non ti è sembrata di cattivo umore, stamattina?»
Un pallido sorriso di scherno comparve sul volto di Raistlin e Caramon si incupì.
«E’ colpa tua? Che cosa le hai detto?» chiese, brusco.
«Qualcosa che la spronerà a fare del suo meglio.» disse l’arcimago, tornando a guardare fuori. La luce del sole rifulse sulla sua pelle dorata, ma non nei suoi occhi. Caramon strinse le labbra.
«Qualunque cosa tu le abbia detto, l’ha turbata. Questo non va bene, Raist. Non devi stuzzicarla a questo modo solo per farle fare quello che vuoi.» disse.
«Io faccio quello che mi pare, Caramon.» sospirò Raistlin. Una nota aspra fece capire al guerriero che il fratello si stava seccando alquanto della discussione. Non demorse.
«Beh, non fare a lei quello che hai fatto a me.- disse, brusco- E ricordati che volevi cambiare. Vuoi che Dama Crysania sia di nuovo delusa dal tuo comportamento?»
Raistlin sospirò, corrugando le bianche sopracciglia, e si girò verso il fratello.
«Non fare il bambino, Caramon. Cos’è questa minaccia di fare la spia? ‘Lo dico a Dama Crysania’…- gli fece il verso, acido- Io sono io, Caramon. Crysania lo sa, e nel caso in cui se lo dimenticasse sarebbero affari suoi. Abbiamo messo in chiaro questa cosa fin da subito.»
«Ma…»
«In secondo luogo, tratto le persone come mi pare.- continuò l’arcimago, aspro- Katlin non è diversa da te.»
«Lo è Raist. Noi…siamo cresciuti insieme e certi atteggiamenti sono anche giustificati.- disse Caramon, serio- Non sto parlando degli estremi a cui siamo arrivati in passato, ma che ci sia tra noi uno che comanda e uno che ubbidisce non è mai stato un vero problema. Ma Kat…lei è diversa.»
«E’ nostra sorella, a quanto ci è stato detto. E rimane la mia apprendista.- ribatté Raistlin, seccato- Traduzione: faccio di lei quello che mi pare.»
«Lei è da proteggere, Raist. E’ fragile. Non farle del male.» ribadì Caramon.
«Altrimenti che succede?» sibilò Raistlin, sfidandolo. Il volto di Caramon divenne di pietra e il suo corpo si irrigidì. Raistlin, dopo un istante, sospirò e gli batté una mano sul braccio. «Rilassati, Caramon. Ho fatto una grande offerta a nostra sorella.- disse, tranquillo- L’ho solo incentivata ad aprire un po’ gli occhi e a giocare bene le sue carte. Niente di tremendo. Se fossi rimasto lo stesso che in passato, in primo luogo ora non mi troverei in casa tua.»
Caramon aprì la bocca per rispondere, poi la richiuse. Un suono di passi e voci venne dalle scale. Katlin stava scendendo, insieme ai due kender. Caramon strinse con la mano possente il braccio del gemello, poi tornò da Tika per salutarla. Raistlin lo seguì con lo sguardo. Il fiuto di Caramon si era fatto fino! Un sorrisetto gli comparve sul volto, subito cancellato dalla solita espressione impassibile. Guardò Katlin, che stava salutando i kender.
Era un’allettante prospettiva, per Raistlin, pensare di ottenere il controllo di entrambe le Torri della Grande Stregoneria rimaste in piedi su Krynn. Avendo lasciato da parte le mire divine, l’arcimago aveva deciso di dedicarsi un po’ al mondo terreno. C’erano tante cose da conquistare, tante cose su cui apporre il proprio marchio di proprietà, anche senza sconfinare nei piani ultraterreni. Raistlin non desiderava conquistare il mondo, non nel senso che sarebbe stato comprensibile a un tipo come Kitiara, tanto per intenderci. Lo compiaceva, però, avere le mani in pasta in tutto. Essere temuto e riverito era sempre stata una sua prerogativa: desiderava che questo fosse comune a tutti i potenti di Krynn.
Fece un sorriso sprezzante, nel pensare ai governanti delle terre associati a quella parola. Potenti…ognuno di loro avrebbe potuto ridursi in cenere in un istante a una sua sola parola. Avrebbe iniziato dai maghi. Ottenere il seggio più alto alla Torre di Wayreth gli avrebbe dato potere assoluto sul destino di tutti i maghi di Krynn. Katlin era fatta per quel ruolo. Potente, ma non quanto lui. Decisa, forte, in parte spietata…ma non quanto lui. Disposta al dialogo su qualsiasi argomento. Era la candidata ideale, legata dal sangue e probabilmente fedele. Dopo la discussione di quella mattina, Katlin avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per aggiudicarsi l’ambito seggio a Wayreth. Pur di non dover scontrarsi con Dalamar, e non dover vedere il proprio gemello far fuori l’uomo che amava, avrebbe dato il cento per cento delle sue capacità, forse anche qualcosa in più. Comunque andassero le cose, Raistlin pensava che i sentimenti tra Dalamar e Katlin non avrebbero portato buoni risultati per nessuno dei due. Lui era un elfo, lei un’umana. Era un amore votato al martirio.
Raistlin non aveva davvero intenzione di uccidere Dalamar, non così facilmente perlomeno. Per quanto fosse ambizioso, Dalamar rispettava il suo Shalafi e riconosceva di essere inferiore a lui nell’Arte. Solo un impulso sciocco e dettato dall’ambizione avrebbe potuto portare Dalamar a mettergli i bastoni tra le ruote. D’altronde, la possibilità non poteva non essere presa in considerazione. Se fosse accaduto, pur con un certo dispiacere Raistlin avrebbe dovuto rimettere le cose a posto. Dalamar non era suo amico. Era solo il suo apprendista.
«Andiamo?» chiese Katlin, con voce fredda. Raistlin annuì.
«Se avete finito con baci e abbracci…» disse, sarcastico, rivolto al fratello che stava ancora sbaciucchiando il figlio.
«Tornerai presto, vero?» chiese Tika a Caramon, mentre Raistlin e Katlin iniziavano a scendere le scale.
«Tempo un paio di giorni e te lo ritroverai fra i piedi.» fu l’ironico commento di Raistlin, prima che Caramon potesse rispondere. Il guerriero sorrise e si strinse nelle spalle. Baciò di nuovo la moglie, poi corse giù per le scale dietro ai due maghi. Tas e Kyara uscirono dalla porta, ma vennero subito afferrati da Tika, uno per la collottola e l’altra per una treccia.
«Ehi! Ahi! Tika!» protestò Kyara.
«Tika, dai, andiamo solo a vedere l’incantesimo…» la pregò Tas.
«Come se non vi conoscessi.- disse Tika, fulminandoli con un’occhiata e chiudendo la porta- L’incantesimo lo guarderete qui. Dalla finestra.»
Sorda alle proteste dei due kender, Tika prese in braccio Sturm e si mise alla finestra a guardare. Dopo qualche parola magica, che non riuscì a cogliere, il terzetto scomparve davanti ai loro occhi.
«Andati…» mormorò Tika, incupendosi. Non le piaceva che Caramon continuasse a immischiarsi negli affari di Raistlin. Non le piaceva affatto. Tornò alla realtà quando Sturm cominciò a tirarle schiaffetti scherzosi alla guancia. «Va bene, va bene…ora della pappa.- rise- Chi è che ha fame?»
«IO!» gridarono in coro i due kender, che a quanto pareva non mostravano grande delusione per essere stati lasciati a casa. Tika li guardò, sentendo un vago turbamento senza nome, poi scrollò le spalle e si avviò ai fornelli. Avrebbe dovuto badare lei a quei due combinaguai per due giorni e non sarebbe stata una cosa tanto facile.

***

«Dov’è Tika?»
«Di sopra, con il piccolo Sturm. Si sono addormentati tutti e due.»
«Sicuro che non scenderà?»
«No, era stanca. Sturm ha fatto i capricci per la pappa.»
«Non si sente niente…»
«No.»
I due kender erano di fronte alla porta chiusa contrassegnata con il marchio dello stregone. La casa era avvolta nel silenzio. Al piano di sopra, Tika aveva cullato Sturm, che era diventato di cattivo umore dopo la partenza del padre, e quando il bambino si era finalmente addormentato anche lei aveva ceduto al sonno. Li circondava un’atmosfera ovattata, pregna del calore del pomeriggio estivo. Era l’occasione che Tasslehoff e Kyaralhana aspettavano fin da quella mattina.
«Potrebbe essere pericoloso.» disse Kyara, eccitata, con un gran sorriso sulle labbra.
«Lo so. Raistlin è terribile quando si arrabbia.- disse Tasslehoff, orgoglioso- Ti ho mai detto che una volta Raistlin ha ucciso il mio amico gnomo Gnimsh e poi mi ha chiuso in una segreta, e io avevo la peste, e lui mi faceva queste domande sull’Abisso che…»
«Qual è il tuo piano?» chiese Kyara, che era troppo interessata a quella porta per dare ascolto a Tas. Da parecchio tempo, ormai, i due volevano visitare quella stanza, da cui Raistlin compariva quando uno meno se lo aspettava.
«Il mio piano è andare a Wayreth dagli altri, visto che di certo l’averci lasciato a casa costituisce una svista.- sbuffò Tasslehoff, deluso di essere stato interrotto- E ci andremo attraverso questa stanza.»
«Attraverso la stanza?- sbottò Kyaralhana- Vuoi dire che da qui si può andare a quella Torre?!»
«Uh…no, non credo.- la frenò Tas- Però sono sicuro che questa stanza è magica. Visto che Raistlin fa avanti e indietro, secondo me lui l’ha collegata con la Torre di Palanthas.»
«Che lungo corridoio avrà costruito?- si chiese Kyara, sbalordita- E ora che ci penso…come mai dall’esterno non si vede?»
«Ma no, ci sarà un incantesimo.- si vantò Tasslehoff, frugando in una delle sue borse- I maghi fanno di queste cose assurde. Ora…dove l’avrò messa?»
«Senti, ma se vogliamo andare a Wayreth, a che ci serve Palanthas?- chiese Kyaralhana, perplessa- Voglio dire, è certamente un posto interessante che non abbiamo esplorato a dovere, però…»
«Da quello che ho capito, Dalamar è ancora alla Torre di Palanthas.- le spiegò Tas, pazientemente- Ora, come ben sai Dalamar è un elfo oscuro, una persona veramente interessante, ed è mio amico. Ti ricordi che viaggiava con noi, no? Bene, so che anche lui dovrà andare a Wayreth, forse domani. Ci faremo portare là da lui. Sono certo che non ci rifiuterà il…ah, eccola!» Tasslehoff sollevò alla luce una chiave d’argento, con aria trionfante. Un luccichio fioco si propagò dalla chiave, strappandone uno simile alla serratura della porta. «Ecco qua! Katlin l’ha lasciata cadere stamattina.- disse Tasslehoff, tutto contento- E’ una vera fortuna, altrimenti sarebbe stato un problema aprire quella porta. Sai, con l’incantesimo di morte e tutto il resto…Gliela restituirò a Wayreth.»
«Pensi che quella chiave possa aprire la porta?» chiese Kyara, battendo le mani per l’eccitazione.
«Ovviamente.- disse Tas, mettendo in ordine le borse e preparandosi all’attacco- Ora apro la porta.»
Tasslehoff si avvicinò alla porta, tenendo la chiave pronta di fronte a sé, già pregustando le meraviglie nascoste dietro la barriera lignea…e si ritrovò a guardare fuori dalla finestra sulla parete opposta del corridoio. Spalancò gli occhi, stupito.
«Tas, ma che fai?» chiese Kyaralhana, perplessa. Tasslehoff arrossì, perplesso, e si voltò di nuovo verso la porta. Fece tre passi verso di essa e allungò la chiave verso la toppa…e di nuovo si ritrovò a guardare fuori dalla finestra, con la porta alle spalle.
«Oh, questa sì che è bella…» sbottò, guardando la chiave con cupo cipiglio e iniziando ad attorcigliarsi il ciuffo di capelli su un dito.
«Non riesco a capire cosa succede.- disse Kyara, incrociando le braccia sul petto- Perché torni sempre indietro?»
«Kat deve aver lanciato un qualche incantesimo sulla chiave.» brontolò Tasslehoff.
«Prova a concentrarti per bene sulla porta.» propose Kyara. Tas annuì, deciso. Si voltò di nuovo verso la porta, concentrando su di essa tutte le sue forze e le sue aspettative, e si ritrovò con il naso incollato al vetro della finestra.
«Ahia…- borbottò, massaggiandosi il naso dolorante- Non funziona.»
«Allora che facciamo?» mormorò Kyara.
«Non lo so.» ammise Tasslehoff. Rimasero in silenzio per qualche istante, riflettendo. Al piano di sopra ci fu un rumore. Se Tika si svegliava, non sarebbero più riusciti a fare in tempo.
«Insomma, se mi avvicino alla porta con l’intenzione di aprirla ne vengo allontanato.» disse Tas, battendo con impazienza un piede a terra.
«E più desideri aprirla, più lontano vieni ricacciato.» sospirò Kyara. Tas si batté un pugno sul palmo della mano.
«Ma certo! Dovrei non voler aprire la porta!» esclamò.
«Ma tu vuoi aprirla.» ritorse Kyara.
«Sì, ma l’importante è che la chiave non lo capisca!- disse Tasslehoff, sorridendo- Facciamo una prova. Io mi avvicino alla porta pensando ad altro. Tu guidi la mia mano, e la chiave, alla toppa. Sono certo che così si aprirà.»
Il primo tentativo andò a vuoto. Tasslehoff non riuscì a pensare a qualcosa di più interessante di quella porta misteriosa. La seconda volta, il kender chiuse gli occhi così stretti da farli lacrimare e pensò intensamente alle lune, ai draghi, a Yolta…insomma, a tutto tranne che a quella maledetta porta. Quando si fu avvicinato abbastanza, Kyara guidò velocemente la sua mano alla toppa e gli fece ruotare polso e chiave. Si udì un clic e la porta si aprì di uno spiraglio.
Tas riaprì gli occhi, guardò Kyara, poi spinse la porta con il piede. Questa si aprì senza difficoltà.
«Ce l’abbiamo fatta.» mormorò Kyaralhana, sorpresa.
«Dai, vieni.» la incitò Tasslehoff, che aveva sentito distintamente aprirsi la porta della camera di Tika e Caramon. Se la trascinò dietro per un braccio, poi chiuse la porta alle loro spalle. Sospirò di sollievo. «Certo che Katlin poteva rendercela meno difficile questa…» iniziò a dire.
«Ehi, Tas! Qui non c’è nessun corridoio magico.» protestò Kyara, dietro di lui. Tasslehoff si girò per osservare la stanza che aveva tanto sognato di esplorare nelle ultime settimane. Non c’era niente. O almeno, niente di interessante. Era una normale camera da letto, ordinata e pulita. Tas corrugò la fronte e si mise le mani sui fianchi.
«Qui c’è qualcosa che non quadra.- disse- Sono sicuro che…» Il fiato gli morì in gola quando per un attimo riuscì a vedere oltre la parete di fondo della stanza.
«Tas, cosa c’è?» chiese Kyara, perplessa.
«Non hai visto?» chiese Tasslehoff, avvicinandosi con eccitazione mal trattenuta alla parete.
«Visto cosa?» chiese Kyaralhana. Tas giunse alla parete e allungò una mano per toccarla. La mano vi passò attraverso, strappando un’esclamazione sorpresa in Kyara.
«Visto? Che ti avevo detto? C’è veramente un passaggio magico!- disse il kender, galvanizzato da quel successo delle sue ipotesi- Dai, andiamo!»
Kyaralhana gli si affiancò. I due si presero per mano, poi si riempirono d’aria i polmoni e spiccarono un balzo contro la parete illusoria. In un istante, tutto cambiò. La luce si fece cupa e plumbea, le loro orecchie avvertirono il suono di un tuono lontano, le loro narici furono piede di odori umidi e antichi. Erano in una camera da letto dalle pareti di pietra.
«Vittoria!» esultò Tasslehoff, alzando in aria la chiave che teneva ancora in mano. Proprio in quell'istante, essa si mise a vibrare nella sua mano e ne scaturì un suono acuto che presto si trasformò in una sorta di grido femminile spaccatimpani.
«Cos’è?» chiese Kyaralhana, tappandosi le orecchie.
«E’…non lo so! Dev’essere stata Kat a…» balbettò Tas, lasciando cadere a terra la chiave d’argento per coprirsi a sua volta le orecchie. Mentre il suono si acuiva sempre più, una serie di visi incorporei apparve attorno ai kender, riempiendo l’aria di un gelo mortale. Stavano iniziando ad avvicinarsi ai due piccoli intrusi, quando una figura oscura comparve nella stanza, incombendo sui due kender. Il lamento straziante si zittì di botto, lasciando i due kender con le orecchie che fischiavano. A un cenno del mago, gli spettri si allontanarono e scomparvero. Tas e Kyara alzarono lo sguardo sulla figura vestita di nero. Un viso di elfo, bello ma totalmente gelido, li stava fissando con allarmante cipiglio.

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Capitolo 4
*** 3 - Accettazione ***


CAPITOLO 3

ACCETTAZIONE

Katlin sostava in piedi accanto a una finestra della Torre di Wayreth e guardava la foresta illuminata dal caldo sole del pomeriggio. Era tranquilla, a braccia conserte. Nessun gesto o espressione sul suo viso tradiva la noia e l’irritazione che stava provando da un paio d’ore a quella parte. Non aveva approfittato della sedia posta in quella stanza spoglia ed era rimasta in piedi, gli occhi fissi sulle fronde dorate degli alberi, imponendosi di avere pazienza.
Era arrivata alla Torre con Raistlin e Caramon poco prima dell’ora fissata per l’udienza. Raistlin li aveva lasciati subito, raggiungendo il Conclave, e un mago dalle vesti bianche aveva accompagnato lei e Caramon in quella stanzetta. Pochi minuti dopo, Caramon era stato convocato. Katlin sapeva che i maghi volevano sentire la storia della sua venuta su Krynn anche da persone non appartenenti alla famiglia dei maghi. Trattenne un sorrisetto sarcastico. Credeva che con il cambio del proprio nome sugli atti della Prova il problema fosse risolto, ma evidentemente non era così. Non le era sfuggito, l’anno prima, quanto male i maghi avessero preso il ritorno di Raistlin e la distruzione ormai avvenuta del Portale. In ogni caso, si stava stancando di aspettare.
Lasciò vagare lo sguardo sulla stanza, ricostruendo con gli occhi della mente quelle zone della Torre che aveva visto da sé e attraverso Raistlin. Sarebbe stato bello governare su Wayreth, poterne gestire il potere. Doveva mettercela tutta per impressionare gli astanti. Non aveva dubbi sul fatto che avrebbe rubato a Justarius il comando delle Vesti Rosse. Il problema era abbindolare abbastanza maghi da avere il loro voto al momento di decidere chi si sarebbe seduto sul trono più alto. La sua mano andò distrattamente a toccare una tasca nascosta della sua veste, certa di sentire un tintinnio al suo interno. Corrugò la fronte quando si accorse che la tasca era vuota.
«Beh?» mormorò. Infilò la mano nella tasca e il suo corruccio divenne più pronunciato. La chiave d’argento che Raistlin le aveva consegnato mancava. Quella era senza dubbio opera di Tasslehoff…e grazie al brusco risveglio seguito da una arrabbiatura non si era ricordata di finire l’incantesimo di protezione. Katlin sbuffò, scuotendo la testa, poi pronunciò una parola di comando. La chiave le comparve in mano, richiamata dall’incantesimo, e Katlin se la ficcò in tasca. Quella sera al più tardi avrebbe finito l’incantesimo, visto che sembrava che qualche kender provasse troppa curiosità per la stanza di Raistlin. Katlin si chiese vagamente se Tas e Kyara avessero avuto il tempo di combinare qualche guaio, ma si disse che le prime due protezioni dovevano essere state sufficienti a farli desistere. Almeno sperava. In ogni caso c’era Dalamar a vigilare sulla Torre, non doveva preoccuparsi. Il suo sguardo divenne malinconico nel ripensare all’elfo oscuro. Aveva una voglia tale di rivederlo da farle male. Non credeva che il pensiero di lui si sarebbe radicato così in profondità nel suo cuore. E pensare che la prima volta che si erano incontrati lui l’avrebbe uccisa volentieri…Sorrise segretamente a quel pensiero, a modo suo divertita. In quel momento, il mago dalle vesti bianche comparve nella stanza, inchinandosi, e le fece cenno di seguirlo.
“Era ora.” pensò Katlin, trattenendo un sospiro. Seguì il mago attraverso le vie magiche della Torre fino alla porta che dava alla grande sala ove il Conclave si riuniva. Lì, il mago la lasciò sola e Katlin fece un passo verso i battenti, che si aprirono al suo passaggio.
«Entra, Katlin ‘Ym Adoonan.» disse la voce del vecchio Par-Salian. Katlin strinse le labbra e si fermò sulla porta, costringendola a restare spalancata. Dopo un minuto di silenzio immobile, Par-Salian disse: «Entra, Katlin Majere.»
Solo allora Katlin procedette, facendo frusciare le sue vesti rosse sul pavimento marmoreo. Nel fondo della sua mente si agitò un pensiero astioso per il piccolo tranello del vecchio mago bianco. Fin sulla soglia la voleva trarre in inganno? Lei ormai era solo Katlin Majere, e nessun altro. Procedette fino al centro della sala, ove un seggio era comparso magicamente per lei. Si inchinò al Conclave riunito, che le stava davanti come una corte esaminatrice, poi si sedette. Mentre i maghi la fissavano, il suo sguardo si soffermò su Justarius, Ladonna e lo stesso Par-Salian. Una totale rivoluzione stava per avvenire in quel Conclave e almeno due di loro ne erano ben consapevoli. Presto qualcun altro si sarebbe seduto al loro posto.
Si accorse che Ladonna continuava a lanciare occhiate taglienti alla sua destra. Katlin si voltò a metà, dando uno sguardo alle tre sedie allineate da quella parte della sala. Avvolto nelle sue vesti nere, gettando ombra tutt’attorno, sedeva Raistlin, il cappuccio tirato sopra la testa in maniera da rivelare del viso quasi soltanto il bagliore ironico dei suoi occhi maledetti. Teneva appoggiato il Bastone di Magius alla spalla e lo accarezzava lentamente con le dita sottili. Quando Ladonna lo guardava, le sue iridi dorate scattavano a ricambiare lo sguardo, aumentando sempre di più il disagio della Veste Nera. Katlin dovette trattenere un sorrisetto. Raistlin si stava senza dubbio divertendo. Chissà come avrebbe reagito Ladonna sapendo che sarebbe stato Dalamar, e non Raistlin, a prendere il suo posto? Si sarebbe sentita sollevata o doppiamente oltraggiata?
Accanto a Raistlin sedeva Caramon, rigido e composto ma evidentemente a disagio. Sembrava piuttosto irritato, segno che probabilmente i maghi non avevano preso le sue parole come oro colato e lui si era sentito offeso. Caramon diceva sempre la verità. Era frustrante, per lui, che le sue parole venissero messe in dubbio.
Avvolta da un alone di luce riflesso dalle sue vesti bianche, Crysania di Tarinius sedeva appena oltre Caramon. Il suo viso era calmo e tranquillo, senza traccia di contrarietà. Katlin le indirizzò un breve cenno del capo e Crysania ricambiò allo stesso modo, rimandando a dopo i saluti più sentiti. Le due non si vedevano né parlavano da un anno e Katlin fu felice di vederla lì apposta per lei.
«Katlin Majere…»
Katlin si voltò di nuovo verso Par-Salian, tranquilla e composta quasi fosse lei a dover esaminare il Conclave e non il contrario.
«Katlin Majere, sei stata convocata in quanto ci è giunta all’orecchio la voce che sarebbe tuo desiderio unirti a questo Conclave.» continuò il vecchio mago. Le parve stanco, ulteriormente invecchiato. Probabilmente la magia stava lasciando quel corpo, dopo averlo servito fedelmente per tanti anni.
«E’ così, vi è stato detto il vero.- rispose, e la sua voce musicale strappò echi piacevoli alla volta magica del soffitto- Avrei desiderio di porre il mio potere al servizio del Conclave dei Maghi.»
«Per quale motivo? Desideri il potere?» chiese Par-Salian, corrugando la fronte.
«Ho già tutto il potere che mi serve.- disse Katlin, con un sorriso- Desidero avere un ruolo di responsabilità all’interno della nostra confraternita. Desidero entrare appieno nello schema delle cose, servire Krynn e ovviamente accedere ad un livello  superiore a quello in cui già mi trovo.»
«Mi sembra che la candidata sia troppo giovane per un tale onore.» disse una Veste Nera, seccata.
«Credevo che tra noi fosse più importante il potere magico che l’età effettiva del mago.- replicò Katlin, pacata- Ho ventiquattro anni e ho provato sul campo la mia abilità.»
«Lo sappiamo, Katlin Majere. Abbiamo controllato la deposizione che hai fatto a questo Conclave l’anno scorso e abbiamo avuto modo di ascoltare dei testimoni.- disse Justarius, facendo un cenno verso Caramon e Crysania- Nonostante ciò, ci sono molti ‘ma’ da applicare alla tua situazione.»
«Ad esempio?» chiese Katlin.
«Tu non sei una creatura di Krynn.» disse una Veste Bianca, con voce nervosa.
«Lo sono, invece.» rispose tranquillamente Katlin.
«Sei nata su un altro mondo, governato da un diverso dio.» le ricordò Justarius.
«Io sono Katlin Majere, figlia di Gilon e Rosamun Majere, sorella gemella di Caramon e Raistlin Majere.- disse Katlin, decisa e fiera- Il mio corpo venne ucciso dalla trance di mia madre, ma la mia anima non è mai trapassata. Essa è stata strappata dal corpo prima del momento della mia morte e, per quanto il corpo che ora possiedo sia yoltiano, è la mia anima a decidere chi sono. Su di essa è stato posto il marchio di Takhisis e poi di Paladine. Sono stata sottoposta alle leggi di Krynn e gli Dei della magia mi hanno concesso il loro favore. Come potete mettere in discussione qualcosa che gli Dei stessi si sono prodigati nel mettere in evidenza? Io sono una creatura di Krynn!»
La dignità con cui pronunciò queste parole parve inondarle il volto di luce. Il carisma innato di Katlin si espresse in tutta la sua forza, agendo sulla capacità di giudizio di alcuni maghi, che mormorarono la loro approvazione. In effetti, come potevano loro mettere in discussione l’evidenza? Raistlin sorrise segretamente tra le ombre del cappuccio e Ladonna storse la bocca.
«In questo caso, Katlin Majere, già più volte sei venuta in contrasto con le leggi di Krynn.» disse, con voce aspra. Katlin spalancò gli occhi, sinceramente sorpresa.
«Davvero? Non ne ho nozione.- disse, serena- Ho compiuto due azioni degne di nota per il Conclave: la distruzione del Portale e il ritorno di mio fratello Raistlin nel mondo reale. In entrambi i casi, non ho infranto alcuna legge.» Prima che Ladonna potesse replicare, continuò: «Il Portale era un oggetto pericoloso creato con la magia. Paladine e Gilean stessi mi affidarono la missione di distruggerlo, perciò ho agito con il pieno appoggio degli Dei…esclusa Takhisis, ovviamente, di cui ho subito per lungo tempo la maledizione. Non esistevano restrizioni riguardo al Portale, solo il ragionevole consiglio di starvi alla larga. In quanto a mio fratello…» Si voltò verso Raistlin e nei suoi occhi brillò qualcosa che a molti degli astanti parve vero affetto.
«Raistlin ha compiuto ciò che tutti sapete e non pronuncerò giudizio riguardo a questo. Se egli è tornato in vita, non è a causa dei miei incantesimi bensì del perdono degli Dei, che hanno deciso di dargli una seconda possibilità. In fondo, il suo peccato è stato sfidare la Dea delle Tenebre. Non ha tradito la magia, scopo della vita di questo Conclave.» Guardò il Conclave con volto marmoreo. «Per quanto possiate odiare o temere Raistlin, ciò non è affar mio né dovrebbe influire sulla richiesta che vi ho fatto. Io sono Katlin Majere, non sono responsabile di altre azioni che le mie, e non accetto che mi si accusi di aver infranto le leggi di Krynn…soprattutto da persone che non molti anni fa tradirono il Conclave per favorire il ritorno di Takhisis nel mondo.»
A queste parole scoppiò un mezzo putiferio. Il sorrisetto di Raistlin si accentuò, mentre al suo fianco Caramon si agitava. Katlin stava recitando con passione. Un perfetto miscuglio di cortesia, fermezza e orgoglio. Gentile, ma non servile. Disponibile, ma senza mai abbassare lo sguardo. Mentre Vesti Bianche e Nere litigavano, le Vesti Rosse sembravano piuttosto interessate. Come esordio non era male.
Fu Par-Salian a riportare l’ordine nella sala, battendo le mani un paio di volte con ancora percepibile autorità.
«Fate silenzio, per favore!- disse, il viso corrucciato- Non siamo qui per rinvangare il passato, ma per giudicare se sia il caso o meno di fare entrare Katlin Majere in questo Conclave. Abbiamo sollevato alcune argomentazioni a suo sfavore, che la giovane maga ha confutato con parole che non mi sembra possano essere fraintese. Possiamo continuare a parlarne…»
«Io non tollero le accuse di quella piccola…» sibilò Ladonna, lanciando un’occhiata d’odio a Katlin.
«…in seguito, con una riunione fra i soli membri.- continuò a parlare Par-Salian, zittendola- Ora penso dovremmo valutare il potenziale magico di Katlin Majere. Dopotutto, se esso non dovesse soddisfarci, tutte queste discussioni si rivelerebbero inutili.»
La maggior parte dei maghi mormorarono il loro assenso. Katlin dovette trattenere un sorrisetto. Par-Salian doveva sapere che la prova del suo potenziale magico avrebbe provato senza fallo che era più degna della maggior parte dei maghi presenti di far parte del Conclave. Purtroppo per lui, non aveva nessun motivo di rifiutare la sua candidatura…senza contare che forse qualche senso di colpa nei confronti della famiglia Majere si era insinuato in lui. A Katlin sembrava il minimo, visto cosa aveva fatto penare a Raistlin e Caramon. Non lo avrebbe mai perdonato per questo.
Si alzò in piedi, quando il Conclave le fece cenno. Sarebbe stata condotta in un luogo simile a quello della Prova per mostrare il suo vero potenziale. I maghi avrebbero visionato i risultati da lì. Uscendo dalla sala, Katlin cercò per un istante gli occhi di Raistlin, ma l’arcimago fissava Par-Salian. Katlin trattenne un sospiro e rinunciò. In quel momento, suo fratello era concentrato soltanto sull’obiettivo e non aveva tempo per lei.

***

 «E voi due da dove diavolo siete spuntati?» chiese Dalamar, gelido come la morte, osservando i due kender come avrebbe guardato due scarafaggi nella colazione.
«Er…uhm…ciao Dalamar!- balbettò Tasslehoff, prima di riprendersi e tendere all’elfo oscuro la mano- Quanto tempo che non ci si vede! Come stai? Tutto bene?»
Dalamar non rispose né si mosse e Tas dopo un attimo ritirò la mano.
«Beh…ehm…vorrai sapere che ci facciamo qui, immagino. Forse abbiamo disturbato la tua pennichella pomeridiana.- disse, giocherellando con aria distratta con una cinghia delle sue borse- Immagino che quel...uh...quell'allarme ti abbia svegliato.»
«Non stavo affatto dormendo.- tagliò corto Dalamar, il cui cipiglio andava aumentando- Inizia con il dirmi da dove siete sbucati.»
«Uh…da lì.- rispose Kyara, indicando la parete alle loro spalle- Siamo saltati dentro il muro e ci siamo ritrovati qui. Una magia BELLISSIMA a dirla tutta, molto comoda per le grandi distanze!» Il suo tono si fece entusiasta. Dalamar guardò per un istante la parete di fondo della camera da letto del suo Shalafi.
«Quella parete è di solida pietra e a quanto mi risulta i kender non sono in grado di operare incantesimi.- disse l’elfo, sarcastico- Ora, prima che vi tagli le orecchie, chiarite questa faccenda.»
La minaccia ebbe l’effetto di far partire nella narrazione sia Tas che Kyara, con il risultato di mandare Dalamar ulteriormente in confusione e fargli venire il mal di testa. Alzò una mano per zittirli.
«Uno alla volta, per favore.» disse, cercando di mantenere la calma. Tasslehoff prese un bel respiro.
«Allora, è andata così: due giorni fa è tornata Katlin e Raistlin l’aspettava perché come sapevo dovevano andare alla Torre di Wayreth. Kyara non è mai stata in quella Torre e io ce la volevo portare ma Raistlin compare sempre nella sua stanza a Solace di sorpresa e io ho pensato che c’era un incantesimo, così Katlin e Raistlin hanno parlato però non si sentiva niente e sono partiti con Caramon lasciandoci a casa. Raistlin ha dato una chiave a Kat che però l’ha dimenticata, ed è una chiave davvero curiosa perché se tu pensi alla porta ti fa andare dall’altra parte! Però io e Kyara ce l’abbiamo fatta e con la chiave ho visto che la parete finiva qui dentro, così siamo saltati ed eccoci qui! Poi la chiave si è messa a gridare, sono arrivati gli spettri e poi sei arrivato tu. Ecco, è tutto.» Tasslehoff sospirò, stanco per quella prova di sintesi tutta d’un fiato. Kyara lo guardava con ammirazione. Lei non avrebbe saputo fare di meglio.
Dalamar, invece, ebbe qualche problema a dare un senso a quelle frasi apparentemente sconnesse.
«Lo Shalafi ha posto un incantesimo che collega la sua stanza alla Torre con quella a Solace?» chiese infine.
«Sembra di sì. Si può accedere da una parte e dall’altra con quella chiave.» disse Tas, indicando la chiave d’argento, che era ancora a terra. Dalamar si chinò e la raccolse, valutandola.
«C’è un incantesimo protettivo su di essa…ma non è finito. Ecco perché siete riusciti a usarla.» mormorò, socchiudendo gli occhi verdi. Alzò lo sguardo verso la parete di pietra e finalmente riuscì a vedere, in modo vago, che più oltre si estendeva un’altra stanza. Lo Shalafi non gli aveva detto di aver ingegnato quel sistema per spostarsi velocemente tra Palanthas e Solace. Si avvicinò al muro e lo oltrepassò con una mano, poi tornò indietro.
«Molto bene, fin qui ci siamo. Katlin stava creando un incantesimo pensando proprio a voi kender, a quanto pare, visto che i primi due strati sono di confusione e allarme. Lo Shalafi vi avrebbe posto direttamente un incantesimo mortale. Strano, comunque, che Katlin non abbia fissato l’ultimo livello dell’incantesimo.» disse, freddamente. Tas e Kyara si scambiarono un’occhiata.
«Forse perché prima di partire era così stanca. Ha dormito per un giorno intero.- disse Kyaralhana, pensierosa- D’altronde, se non fosse stata stanca non si sarebbe dimenticata a casa la chiave.»
Lo sguardo che le lanciò Dalamar fece capire chiaramente cosa ne pensasse lui di quella ‘dimenticanza’.
«Che lo Shalafi e Katlin sono a Wayreth già lo so. Io stesso dovrò raggiungerli domani.- continuò l’elfo oscuro, stringendo in pugno la chiave- Quello che ancora non capisco è cosa diavolo siete venuti a fare qui.»
«Oh, ma è chiaro! Siamo qui per farci portare a Wayreth!» disse Tasslehoff.
«Cosa?!» sbottò Dalamar, perdendo la pazienza.
«Ma certo! E’ ovvio che noi due siamo stati lasciati a casa per un disguido.- continuò il kender, tranquillo- Sarebbe inutile e anche un po’ maleducato farlo notare a Katlin al suo ritorno, così abbiamo deciso di venire a Wayreth con te.»
«Non se ne parla nemmeno!» disse Dalamar, scioccato alla prospettiva. Portare due kender alla Torre di Wayreth?!
«Andiamo, Dalamar! Cosa ti costa?- chiese Kyaralhana- Scommetto che Katlin sarebbe molto contenta di sapere che sei stato gentile con noi.»
Tasslehoff la guardò con sincera ammirazione. Quello sì che era un buon argomento! Dalamar, però, si rabbuiò.
«Voi ora ve ne tornate a Solace, piccole pulci fastidiose.- sibilò- Con questa chiave…»
In quel momento, la chiave d’argento scomparve dalla sua mano. Tas e Kyara si guardarono di nuovo.
«Probabilmente Kat si è accorta che non l’aveva più.» mormorò Kyaralhana, sorpresa.
«Che peccato…non si potrà più tornare a Solace, presumo.» disse Tasslehoff, sorridendo. Dalamar strinse le labbra in una linea sottile, poi afferrò entrambi i kender per il colletto e li trascinò fuori dalla stanza.
«Cadrò nell’Abisso prima di portarvi alla Torre di Wayreth.- sussurrò, mentre la sua mente lavorava per trovare una soluzione- Vi spedirò al Tempio, da Dama Crysania. Lei saprà…»
«Dama Crysania è a Wayreth a testimoniare!» squittì Tasslehoff, cercando senza molto successo di camminare con le sue gambe. Dalamar imprecò.
«Beh, allora vi butterò semplicemente fuori di qui.- ringhiò- La Torre di Palanthas non è posto per kender e Wayreth nemmeno. Cercate qualcosa di interessante là fuori.»
«No, non puoi sbatterci fuori! Dobbiamo raggiungere Kat!» lo pregò Kyara.
«Anche noi siamo dei testimoni, nonostante il fatto che tutti tendano a dimenticarci!- protestò Tas, indignato- Se ci sbatti fuori, noi rientreremo dal Bosco di Shoikan!»
«Allora morirete.» sentenziò Dalamar, indifferente.
«Oh, ho sempre desiderato provare ad attraversarlo!- disse Kyara, eccitata- Immagino che finiremo nell’Abisso, vero?»
«Già! E Katlin ci rimarrà malissimo.» disse Tas, con un gran sospiro. Dalamar gli lanciò un’occhiata venefica mentre imboccava le scale.
«Sì, lo penso anch’io.» convenne Kyara.
«Così male che piangerà.»
«Già, piangerà molto.»
«Moltissimo.»
«Potrebbe odiare chi ci costringesse a fare una cosa del genere.»
«E’ logico.»
Dalamar si fermò. Guardò i due kender, che pendevano a mezz’aria dalle sue mani, con viso duro come la pietra. Sembrò ponderare in silenzio diverse alternative, la maggior parte delle quali fecero brillare i suoi occhi di una luce assassina. D’improvviso, sbatté Tas e Kyara con la schiena contro la parete, puntando poi loro l’indice addosso.
«Badate. Non voglio chiasso, né disordine, e se scopro che manca qualcosa dalla stanza in cui vi chiuderò non ci sarà pianto di donna che potrà salvarvi la pelle.» ringhiò.
«Oh, saremo due angeli, Dalamar! Ti promettiamo che non daremo nessun fastidio!» asserì Tasslehoff, con un gran sorriso. Dalamar sospirò, spazientito.
«Venite.» disse, facendo loro segno di seguirlo su per le scale. Mentre Tas e Kyara si scambiavano una stretta di mano vittoriosa, Dalamar scosse il capo. Sapeva già che si sarebbe pentito di essersi lasciato abbindolare.

***

Molto più tardi, quella sera, Katlin si trascinava per il corridoio a passi lenti e misurati, stanca oltre ogni dire.
«…evidente la tua superiorità.»
«Eh?» chiese Katlin, voltandosi verso Raistlin con viso appesantito dal sonno. Non aveva sentito che le parole finali di qualunque cosa il fratello le avesse detto. Raistlin scosse il capo, sospirando appena.
«Kat è stanca, Raist. Si regge appena in piedi.» disse Caramon, che procedeva sferragliando dietro di loro. Crysania era già andata a dormire da un bel po’. L’ora era molto tarda.
«Sì, noto.- mormorò Raistlin, squadrando con aria critica la sorella- Va bene, parleremo domani dei risultati di oggi.»
Katlin abbozzò un sorriso di ringraziamento per quella tregua e salutò i suoi fratelli con un gesto debole, per trascinarsi poi qualche porta più in là, verso la camera che le era stata assegnata. Si accorse che i due continuavano a mormorare qualcosa e sentì pronunciare ancora il suo nome, ma non si voltò. Cascava dal sonno. Quel giorno le avevano fatto fare di tutto e al momento non sarebbe riuscita nemmeno ad accendere un cerino. Pensava che Raistlin potesse ritenersi soddisfatto. Non usava la magia da un anno, era già stanca dal recente passaggio da Yolta a Krynn, e nonostante ciò aveva vinto un combattimento simulato contro Justarius e se l’era cavata in almeno una decina di situazioni assurde create dal Conclave. Come primo giorno non c’era male.
Posò la mano sulla maniglia. Alla Torre di Wayreth nessuno chiudeva le porte, perché era territorio neutrale e non c’era niente da temere. Sbadigliando, Katlin aprì la porta ed entrò in camera. Il suo unico desiderio era quello di stendersi su un letto. Avvertì la fragranza dei cibi che erano stati preparati per lei e il suo stomaco brontolò, mentre si slacciava dalla vita la cintura. Forse sarebbe riuscita a tenere gli occhi aperti ancora per il tempo necessario ad ingoiare qualcosa…
Fu allora che i suoi sensi intorpiditi furono colpiti sgradevolmente dalla sensazione che vi fosse troppa tensione nell’aria…che ci fosse qualcosa dietro di lei. Si voltò di scatto verso la porta, d’improvviso all’erta. I suoi occhi riuscirono a registrare vagamente una forma scura e orrenda incombere su di lei prima che un tentacolo vischioso le si chiudesse attorno alla gola, spezzando il suo grido.

 

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Capitolo 5
*** 4 - Mistero ***


CAPITOLO 4

MISTERO

«Pensi che abbiano creduto a ciò che ho raccontato, Raist?» chiese Caramon, dondolandosi da un piede all’altro mentre guardava Katlin che scompariva nella stanza che le era stata assegnata. Raistlin trattenne un sospiro spazientito.
«Caramon, è ovvio che abbiano creduto a ciò che hai detto. La tua deposizione e quella di Crysania sono state pressocchè identiche…senza contare che l’anno scorso io, Katlin e Dalamar avevamo già parlato di questo al Conclave.» rispose. Era stanco e aveva solo voglia di andare a riposare. Caramon, però, non se ne diede per inteso.
«Allora perché chiedere di nuovo che venisse raccontata questa storia?- chiese Caramon, corrugando la fronte- Non mi è piaciuto il loro atteggiamento.»
Raistlin roteò platealmente gli occhi, poi si decise a rispondere.
«Caramon, Katlin si sta preparando per ricoprire un ruolo di una certa importanza. Non siamo qui per scherzare.- disse, duro, a bassa voce- Il Conclave deve avere una visione limpida del candidato, non può permettersi di prendere tra le sue file gente sospetta o con un potere non adatto.»
«Katlin non è sospetta ed è potente.» replicò Caramon, piccato.
«Noi lo sappiamo. Abbiamo viaggiato con lei e, inoltre, è nostra sorella.- disse Raistlin, stringendogli brevemente il braccio per ricordargli di abbassare la voce- I maghi, però, non hanno queste certezze. Desiderano testare anche la sua pazienza. La stuzzicheranno un po’. Senza contare che è la sorella del mago che più temono e detestano.» Un sorrisetto gli stirò le labbra.
Caramon si incupì, se possibile, ancora di più.
«Non mi piace. Non mi piacerà mai questo loro atteggiamento.- disse, severo- Anche con te…» La stretta di Raistlin si fece ferrea e Caramon si costrinse al silenzio. Respirò profondamente. «Va bene, lo so. Sono cose al di là della mia comprensione.- borbottò, facendo un gesto vago- In ogni caso, cerca di vegliare su di lei, visto che domani mi rispedisci a casa.»
«E sarà meglio, visto come ti stai prendendo a cuore la questione.- sibilò Raistlin, spazientito- Comunque sia, evita di preoccuparti. Katlin sa badare a se stessa e vuole fortemente sfruttare questa occasione.»
Caramon fissò il gemello con i suoi occhi castani e Raistlin si accorse che il fratello aveva subodorato qualcosa. Probabilmente si era accorto che era Raistlin a premere perché Katlin entrasse nel Conclave, anche se gli era nascosto il perché. Fece un sorrisetto storto.
«Hai qualcosa da aggiungere, Caramon?» lo stuzzicò, con voce pacata. Caramon fece una smorfia ma scosse la testa.
«No, ti lascio dormire. Crysania parte domani?» chiese, come per un ripensamento.
«Credo di sì.» disse Raistlin, con una scrollata di spalle.
«Come sei freddo con lei…» borbottò Caramon, guadagnandosi un’occhiata fulminante.
«Fammi il piacere di andartene a letto, Caramon, e senza perderti per i corridoi.- fu il caustico saluto di Raistlin, che poggiò la mano sulla maniglia della porta- Dormi il tuo sonno innocente, e domani…»
Si bloccò a metà della frase, rendendo perplesso Caramon. Il guerriero vide il corpo del fratello tendersi come una corda di violino, poi lo sentì mormorare qualche parola di magia a mezza voce.
«Raist, cosa…» chiese, d’improvviso teso anch’egli, mettendo mano all’elsa della spada. Raistlin lo guardò e Caramon riconobbe la sua espressione: si prospettava un combattimento. Non perse tempo a chiedersi perché né come potessero trovarsi in una situazione simile dentro alla Torre di Wayreth. Personalmente non si era mai fidato di quel posto e ringraziò mentalmente di aver insistito per recarsi laggiù bardato di tutto punto. Sotto consiglio mentale del gemello, sfondò la porta con un calcio violento, mentre estraeva la spada dal fodero. Raistlin non attese di vedere cosa li attendesse oltre la soglia. Scagliò il suo incantesimo distruttivo dentro la stanza.
Caramon vide solo una grossa forma più scura della stessa oscurità, poi fiamme bianche partirono dalle mani di Raistlin e raggiunsero la forma sconosciuta, avviluppandola. Questa produsse un suono acuto, quasi al di là della soglia dell’udito umano, che fece rintronare le orecchie di Caramon e gli si ripercosse nelle viscere. Dopodiché, Raistlin pronunciò un altro lungo incantesimo, tenendo gli occhi socchiusi e le mani imposte sulla forma che si contorceva avvolta nelle fiamme bianche. Sotto gli occhi attoniti di Caramon, questa iniziò a perdere solidità e quindi scomparve. Raistlin smise di mormorare le parole arcane ed ebbe un mancamento. Caramon fu lesto ad acchiapparlo per le spalle e a tenerlo in piedi.
«Raist…che diavolo…» rantolò, ancora stupefatto.
«Un demone evocato da un altro piano.- ringhiò Raistlin, stanco- Non mi sarei mai aspettato una cosa del genere, qui, alla Torre di Wayreth.»
«Ma come è possibile? Mi avevi detto che qui è proibito accendere dispute!» mormorò Caramon.
«Infatti è proibito. Quest’azione verrà punita, se ne scoprirò il colpevole. E lo farò.- assicurò Raistlin, e un lampo omicida gli passò negli occhi- Era una trappola mortale. Se fossi stato più distratto, a quest’ora…»
Smise di parlare, perdendo il fiato. Caramon capì subito quale pensiero gli aveva attraversato la mente.
«Kat!» esclamò, con un ansito. I gemelli corsero alla porta della sorella. Caramon vi arrivò per primo, si gettò contro la porta con tutto il suo peso…e venne catapultato all’indietro nel corridoio. «Che…Raistlin, la porta è bloccata!» disse Caramon, con voce rauca.
«Non è magia. Qualcuno la tiene chiusa.» disse Raistlin, dopo aver sfiorato la maniglia. Caramon digrignò i denti.
«Allora levati, che ci penso io.» ringhiò. Si caricò di tutta la propria forza. I muscoli del suo corpo perfetto si flessero, i tendini del collo spiccarono come corde per la tensione, poi Caramon si gettò contro la porta con un ruggito. Il tonfo fu rintronante e la spallata di Caramon spaccò la porta e la divelse dai cardini. Qualunque cosa stesse tenendo chiuso l’ingresso fu costretta a cedere di qualche passo.
«Vieni, Raist!» gridò Caramon, continuando a spingere e permettendo all’arcimago di infilarsi all’interno della stanza. Con un ultimo calcio, Caramon fece da parte sia la porta che la cosa che la teneva, ritagliandosi abbastanza spazio da entrare a sua volta. Ciò che vide gli tolse il fiato.
Una massa amorfa di carne color fango occupava il pavimento, ornata da lunghi e viscidi tentacoli che avevano riempito le pareti e la mobilia di bava giallastra. La stanza era devastata, resti spiaccicati di una cena giacevano per metà sotto il corpo orrendo. Un tentacolo teneva sollevata Katlin per la gola. La ragazza stava facendo ancora qualche debole tentativo di liberarsi, ma il suo viso stava assumendo la colorazione violacea caratteristica dei morti strangolati.
«Dannazione…» sibilò Raistlin.
«KAT!» gridò Caramon, alzando la spada e avventandosi sulla creatura. Evitò un paio di tentacoli diretti verso di lui e si gettò su quello che teneva sua sorella, affibbiandogli un tremendo colpo di spada proprio alla base. La creatura squittì, il tentacolo cadde a terra, reciso, sbattendo sul pavimento anche Katlin. Caramon vide con orrore che la lama della sua spada stava fondendo dopo il contatto con il demone.
«Caramon, levati da lì!»
Il richiamo del gemello lo fece scattare verso Katlin e un tentacolo lo mancò per un soffio, strappandogli una ciocca di capelli invece che la testa. Caramon acchiappò Katlin, che respirava rantolando, e la trascinò in fondo alla stanza. Il sangue gli scorreva, appiccicoso, sulla tempia, minacciando di andargli nell’occhio. Caramon lo deterse con un gesto spazientito, mentre Raistlin si parava loro di fronte.
«Kat, che diavolo è quella cosa?!» chiese, sbalordito. Quello che rimaneva della sua spada era una massa di metallo raggrumato. Katlin aprì la bocca, ma non ne uscì fuori suono. I suoi occhi erano iniettati di sangue e altro le aveva macchiato la bocca. Per il momento la sua gola era così danneggiata da non concederle di produrre suono.
«Caramon, vai a controllare che Crysania stia bene.- disse Raistlin, alzando il Bastone di Magius- Qui ci penso io.»
«Crysania?! Anche lei…?» balbettò Caramon. Raistlin gli scoccò un’occhiata di fuoco.
«Non lo so. Muoviti!» gli ingiunse, acido. Caramon lanciò un’ultima occhiata preoccupata alla sorella, poi corse fuori dalla stanza. Raistlin iniziò a salmodiare l’incantesimo per bloccare ed esorcizzare il demone.
Katlin rimase nell’angolo, con una mano sulla gola, cercando di respirare attraverso le fitte di dolore e il bruciore, e il sapore di sangue. Stavolta era andata molto vicina a lasciarci le penne. Se Raistlin e Caramon non avessero fatto irruzione nella sua stanza, tanti saluti a Katlin Majere. Probabilmente anche nella camera di Raistlin era stata approntata una sorpresina e questo aveva indotto i gemelli a pensare che anche lei fosse in pericolo. Fece una smorfia nel vedere che il demone resisteva. Non era una creatura particolarmente potente, di per sé. Se resisteva tanto alle imposizioni di Raistlin, significava che era il risultato di un’evocazione condotta da più maghi. Possibile che il Conclave…no, non aveva senso. Nemmeno Ladonna delle Vesti Nere avrebbe mai contravvenuto alle regole della magia che vigevano alla Torre. Ma allora, chi diavolo stava cercando di ammazzarli?
In quel momento, proprio mentre la forza di Raistlin iniziava a prevaricare quella del demone, una mano incorporea apparve dall’altra parte della stanza. Katlin registrò due cose nel poco tempo che le fu concesso: la mano era maschile e terminava in una manica grigia; fra le dita di quella mano era bilanciato un pugnale, diretto verso la schiena di Raistlin. Katlin aprì la bocca, ma ne uscì solo un guaito che avrebbe potuto essere benissimo emesso dalla gola di un cane morente. Non poteva chiamare Raistlin in nessun modo, senza contare che se avesse spezzato la sua concentrazione proprio mentre bandiva il demone, le conseguenze sulla sua persona sarebbero state imprevedibili. Senza voce, non poteva nemmeno lanciare incantesimi…e comunque non c’era tempo. Si alzò in uno scatto, mettendo nel movimento tutta la forza che le rimaneva. Il pugnale partì, mentre Katlin si poneva a barriera tra la lama e Raistlin.
L’arma la raggiunse alla spalla, piantandosi appena sotto la clavicola. Katlin strinse i denti, non potendo comunque urlare per il dolore, mentre il contraccolpo della lama nella carne la spostava all’indietro di un passo e poi la faceva cadere sulle ginocchia. Rimase lì, in silenzio, con l’elsa che le sporgeva dalla spalla. Il braccio non le rispondeva e Katlin si chiese vagamente se il pugnale le avesse reciso un nervo. Raistlin era due passi più indietro, perso nel suo incantesimo, e non si era accorto di nulla. Finalmente, il demone cedette e la sua forma si contorse e si ripiegò fino a sparire. Anche Raistlin, avendo usato la sua forza per ben due volte di seguito, si accasciò sul pavimento, tossendo. Andò a sbattere con la schiena contro Katlin, che dovette appoggiare a terra il braccio ferito. Questo non la resse. In compenso, una fitta atroce di dolore le si propagò nel corpo, obnubilandole il cervello, e cadde a faccia in giù sul pavimento, riuscendo all’ultimo a girarsi su un fianco per non ficcarsi ancora più in profondità la lama nella carne. Raistlin si voltò a fatica, sempre tossendo, sorpreso di trovarla così vicina a sé. Gli si strinsero gli occhi in due fessure quando vide che era ferita, ma non poté fare altro che assecondare la crisi di tosse sempre più violenta.
Katlin si tirò di nuovo in ginocchio, il volto pallido e sudato, facendo leva sull’altro braccio che tremava incontrollabilmente. Doveva sfilare quel dannato pugnale. Mise la mano sull’elsa e tirò con un gesto secco e deciso. Un verso strozzato le uscì dalla gola, mentre il pugnale cadeva sul pavimento con un tintinnio, sporcandolo di sangue. Katlin controllò la macchia che le si stava allargando sulla veste, rendendola viscosa, sperando in cuor suo che non si trattasse di sangue arterioso e che non vi fosse veleno sulla lama. Premette la mano sulla ferita, mordendosi un labbro. In quel momento entrarono di corsa Caramon e Crysania.
«Kat! Raist! State bene?!» chiese Caramon, prima di osservare i suoi fratelli con orrore. Raistlin era ancora preda del parossismo di tosse e la mano che aveva sulla bocca era chiazzata di sangue. Katlin vacillava sulle ginocchia, tenendosi una mano sul petto insanguinato.
«Che Paladine ci aiuti!» ansimò Crysania, che era corsa fin lì in camicia da notte e vestaglia, inginocchiandosi accanto ai due. Vide subito che per quanto riguardava Raistlin non c’erano altre cure che il riposo e la sua medicina. Katlin, invece, aveva una ferita da arma da taglio. «Katlin, devo curarti.- mormorò, cercando di levarle la mano dalla ferita mentre Caramon sollevava il fratello da terra e lo aiutava a sedersi contro la parete- Come ti sei ferita? E’ stato il demone?»
Katlin scosse il capo e le indicò il pugnale, poi la vista le si annebbiò. Non si accorse di perdere conoscenza. Crysania la acchiappò al volo. Subito le vesti bianche le si sporcarono di sangue.
«Caramon! Caramon, aiutami a metterla sul letto!- esclamò- Sta perdendo molto sangue!»
Caramon corse da lei, prese tra le braccia la sorella e la portò sul letto. Crysania, prendendo in mano la situazione nel vedere che il guerriero era molto scosso, gli ordinò di preparare la medicina di Raistlin, poi si inginocchiò accanto al letto e cominciò a pregare per la guarigione di Katlin. Per un po’, nella stanza si udirono soltanto i mormorii di Crysania e i colpi di tosse sempre più sfiatati dell’arcimago. Dopo qualche tempo, questi ultimi scemarono e Raistlin poté bere la sua medicina. Crysania si alzò dal capezzale di Katlin.
«E’ guarita. Paladine ha ascoltato le mie preghiere.» annunciò, con un sospiro di sollievo.
«Raist, tu come stai?» chiese Caramon, accovacciandosi accanto al gemello.
«Che domanda idiota.- fu l’acido commento di Raistlin, che gli ficcò la tazza tra le mani con un gesto debole- Fammi sedere su qualcosa di più comodo del pavimento, Caramon.»
Il gemello lo aiutò ad alzarsi e a raggiungere una sedia, dove Raistlin si sedette con uno sfiatato sospiro. Crysania gli si inginocchiò accanto e gli tolse i capelli bianchi dal volto sudato e contratto. Raistlin le sfiorò la mano con la sua, in un attimo di inconscia tenerezza, poi la scostò.
«Che diavolo è successo a Katlin?» chiese.
«Se non lo sai tu…» disse Caramon, stupito.
«Io stavo bandendo il demone. La mia concentrazione mi ha impedito di vedere cos’altro accadeva in questa stanza.» lo rimbeccò Raistlin, con un lampo d’insofferenza negli occhi.
«Katlin aveva un pugnale conficcato nella spalla.- disse Crysania, indicando l’arma che giaceva ancora a terra- Guarda, è lì.»
Un’occhiata di Raistlin fu sufficiente per Caramon. Si chinò per raccogliere il pugnale macchiato di sangue e lo portò al gemello. Raistlin lo prese fra le mani sottili, rigirandolo mentre lo scrutava con i suoi occhi maledetti.
«Un semplice pugnale. Niente magia.- disse infine- Ma da dove è arrivata quest’arma?»
«E perché qualcuno dovrebbe cercare di uccidere Katlin?» chiese Crysania, ancora stupita dalla piega presa dagli eventi.
«Non credo che questo attacco in particolare fosse per Katlin.- disse Raistlin, piano- La traiettoria del pugnale mirava alla mia schiena, credo. Alla fine dell’incantesimo, cadendo, sono letteralmente inciampato nel corpo di Katlin. Ciò significa che si è interposta fra il pugnale e me. Probabilmente mi si sarebbe piantato nel cuore, o in un polmone.»
«Cosa?!- ansimò Caramon- Intendi dire che Kat…»
«Mi ha fatto da scudo? Sì.- disse l’arcimago, sempre scrutando il pugnale- Dopotutto non poteva pronunciare incantesimi e non avrebbe osato interrompere il mio. Era l’unica cosa da fare.»
Cadde un attimo di silenzio nella stanza, permeato di un certo disagio per la tranquillità con cui Raistlin accettava che la sorella avesse messo a rischio la propria vita per la sua. Dopo un po’, Caramon tornò a chiedere: «Ma chi può aver fatto una cosa del genere?»
«E’ proprio questo che non riesco a capire.- mormorò Raistlin, cupo- I demoni che infestavano le nostre stanze sono stati senza alcun dubbio evocati da un gruppo di maghi. Questo non è il lavoro di un nemico solitario. Ci troviamo, però, alla Torre di Wayreth ed è letteralmente un sacrilegio che due maghi si siano trovati a rischiare la vita all’interno delle sue mura. Mi chiedo con sincero stupore chi ha avuto il fegato di contravvenire a questa legge secolare.»
«Le Vesti Nere?» chiese timidamente Crysania. Raistlin storse la bocca in un sorriso amaro.
«Nemmeno io contravverrei a questa regola in modo tanto plateale, Crysania, e tu mi conosci bene. Sai che non ho grande rispetto per gli altri appartenenti alla mia stirpe. No…- sentenziò- non credo che le Vesti Nere oserebbero tanto.»
«Ma allora chi può aver combinato tutto questo casino? E da dove è spuntato questo pugnale?!» borbottò Caramon. Un movimento dal letto li distrasse. Katlin si era sdraiata su un fianco per guardarli. Era sveglia, anche se sembrava stesse facendo un grande sforzo. Aprì la bocca un paio di volte, poi riuscì a spremersi qualche parola.
«Mano…di uomo.- quasi gracchiò- Nell’angolo.»
Sfiorò la manica delle propria veste e sillabò: «Grigia!»
«Grigia?!» mormorò Raistlin, socchiudendo gli occhi in due fessure. Katlin annuì, poi esalò un tremulo sospiro e chiuse gli occhi, tornando a perdere conoscenza. Aveva del tutto esaurito le proprie forze.
«Grigia? Che significa?- chiese Caramon, perplesso- A cosa si stava riferendo?»
«Credo che in quell'angolo sia comparsa la mano che ha lanciato il pugnale.» disse Raistlin, riflettendo.
«E’ possibile una cosa del genere? Far comparire…una parte del proprio corpo in un altro luogo?» mormorò Crysania, spalancando gli occhi grigi.
«Sì, è possibile. Non è nemmeno un incantesimo particolarmente complicato…se si conosce il luogo in cui deve avvenire l’apparizione.- spiegò il mago oscuro, corrugando la fronte- Da ciò se ne deduce che chiunque ha attuato quell'incantesimo ha già percorso questi corridoi ed è stato in queste stanze.»
«Vedi che è un mago che sta qui a Wayreth?!» esclamò Caramon, stringendo i pugni. Aveva una gran voglia di appendere per i piedi l’intero Conclave!
«E’ un mago ed è stato a Wayreth.- lo frenò Raistlin, alzando una mano e fulminandolo con un’occhiata- Katlin, però, ci ha dato un altro indizio. La sua veste era grigia.»
«Grigia…- mormorò Crysania, corrugando la fronte- Nessun mago porta una veste grigia!»
«No, infatti.» disse Raistlin. Alzò il pugnale reso opaco dal sangue davanti ai suoi occhi. «Sono davvero curioso di sapere quale effetto avrà questa novità sul Conclave.»

***

Dalamar e i due kender comparvero alla Torre di Wayreth l’indomani mattina, di buon ora. L’elfo oscuro teneva entrambe le mani sulle bocche dei due kender, cosa che soffocò sul nascere i commenti estasiati di Kyaralhana per l’effetto dell’incantesimo. Si erano materializzati in una zona del cortile pressocchè deserta, ma nonostante ciò Dalamar era teso come una corda di violino. Introdurre due kender nella Torre di Wayreth…sperava che Caramon Majere fosse ancora laggiù, in modo da potergliene affidare la responsabilità.
«Seguitemi senza fare rumore. E non fate scherzi, o vi trasformo in rospi e vi uso per gli esperimenti.» ringhiò loro, minaccioso.
«Io una volta sono stato un topo. Non mi è piaciuto molto.- disse Tasslehoff, sereno, mentre Kyara si guardava attorno con aria estasiata- Soprattutto stare in una tasca è davvero molto scomodo. Vi ho mai raccontato come…»
«Zitti!» sibilò Dalamar, spingendoli a forza dentro la Torre attraverso le vie della magia. Si spostò velocemente verso la zona degli alloggi per gli ospiti, dove sapeva trovarsi il suo Shalafi. Quando si materializzò nel corridoio deserto, lasciò infine andare i due kender.
«Ehi, stavo soffocando!- protestò Kyaralhana, per poi guardarsi attorno- Così, questa è la Torre di Wayreth?»
«Vi ho detto di stare zitti!- sibilò Dalamar- Ora vi affiderò a Caramon o a Dama Crysania, e…»
«Dalamar.»
Dalamar si voltò di scatto, subito imitato dai due kender. Dietro di loro stavano sopraggiungendo Raistlin e Caramon.
«Tas? Kyara?!- sbottò Caramon, vedendo i due kender- Che diavolo ci fate qui?»
«Oh, è una storia lunga, Caramon!- disse Tasslehoff, sorridendo- Vedi, voi ci avete dimenticato a Solace e…»
«Cosa ci fanno i kender in tua compagnia, apprendista?» chiese Raistlin, gelido.
«Chiedo venia, Shalafi, ma ho dovuto portarli con me.- si scusò Dalamar, digrignando i denti per l’umiliazione- Si sono introdotti nella Torre attraverso la vostra stanza e non avevo modo di sbarazzarmene, a meno di ucciderli.»
Raistlin fulminò con un’occhiata Tasslehoff e Kyaralhana, che deglutirono nervosamente.
«E come avete fatto ad entrare in quella stanza, di grazia?» chiese Raistlin, con un tono di voce davvero allarmante.
«Ecco, Raistlin…Katlin ha dimenticato la chiave d’argento a casa, e noi abbiamo pensato…» disse Tasslehoff, d’un tratto incerto.
«Hanno usato la chiave che avete dato a vostra sorella, Shalafi. Fortunatamente ella aveva iniziato a porvi delle protezioni, che mi hanno subito messo in allarme.» spiegò velocemente Dalamar, turbato dall’espressione del suo Shalafi.
«E adesso la chiave dov’è?» chiese l’arcimago.
«E’ scomparsa, Shalafi. Ne ho dedotto che Katlin l’abbia richiamata a sé.» disse Dalamar, fulminando anch’egli i kender con lo sguardo.
«Molto bene. Sarà il caso di ricordare a Katlin di tenere quella chiave in maniera più consona.- disse Raistlin, dopo qualche istante- Caramon, prendi in consegna i due insetti…»
«Ehi!» protestò Kyara.
«…e tu vieni con me.- continuò Raistlin, appuntando i suoi occhi maledetti sul viso dell’apprendista- Abbiamo una riunione urgente.»

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Capitolo 6
*** 5 - Confusione ***


CAPITOLO 5

CONFUSIONE

Quando si era recato alla Torre, pur estremamente seccato dal contrattempo simboleggiato dai due kender, Dalamar era tranquillo. Sapeva che lo attendevano alcune riunioni con il Conclave riguardo la nomina di Katlin ed era soddisfatto sia di poterla finalmente rivedere, sia di dover riprendere a intrigare per togliere il posto a Ladonna facendole credere che esso sarebbe stato del suo Shalafi. In linea generale, pensava si prospettassero alcune giornate stimolanti che non gli avrebbero fatto rimpiangere la momentanea diversione dal suo lavoro di tutti i giorni.
Invece, il disastro. Avrebbe dovuto capirlo quando i due kender si erano materializzati alla Torre, che qualcosa aveva cominciato ad andare per il verso sbagliato! Appena arrivato a Wayreth, era stato immediatamente sequestrato dal suo Shalafi, che non gli aveva permesso di vedere Katlin in quanto ella riposava per riprendersi dalle ferite. Ferite?! Ma che diavolo stava succedendo?! Lo Shalafi glielo aveva spiegato con poche parole, mentre Caramon Majere trascinava via i recalcitranti kender. Quella notte Raistlin e Katlin erano stati attaccati all’interno delle loro stanze nella Torre. Erano stati evocati due demoni, che lo Shalafi aveva rigettato nel mondo da cui provenivano, e come tocco finale una mano magica aveva scagliato un pugnale verso la schiena dell’arcimago, intercettato però da Katlin. Ora la giovane, grazie alle cure di Crysania, stava piuttosto bene. Era spossata, ma viva.
Dalamar si era portato una mano alla fronte, sconcertato. Un attacco all’interno della Torre era una cosa inconcepibile. Minava alla base le leggi di convivenza che i maghi si erano dati centinaia di anni prima. Lo Shalafi gli aveva mostrato la prova rimasta sul campo: un pugnale dalla lama lunga una decina di centimetri, ancora sporca di sangue. Dalamar aveva storto la bocca in una smorfia constatando che quello era il sangue di Katlin.
«Chi è stato?» aveva sibilato, avvertendo un irresistibile impulso omicida. La risposta era stata molto interessante. A quanto pareva, i demoni erano il frutto di un’evocazione di gruppo e colui che aveva lanciato il pugnale indossava una veste grigia. Katlin era riuscita a vederla per un istante, prima che scomparisse.
«Grigia?!» aveva sbottato Dalamar, incredulo.
«Questo aggiunge un po’ di pepe alla questione, non è vero?- aveva chiesto lo Shalafi, con un luccichio negli occhi maledetti- Una veste grigia…un colore che non appartiene agli dei della magia. Eppure chi ha lanciato il pugnale ha percorso questi corridoi, perciò non ci troviamo di fronte a maghi rinnegati, che comunque non hanno mai avuto questo potere.»
«Allora di che si tratta?- aveva replicato Dalamar, sentendosi improvvisamente gelare- Solinari, Lunitari e Nuitari non potrebbero sopportare un tale affronto!»
«E’ quello che ho pensato anch’io.- aveva tagliato corto Raistlin, prendendolo per un gomito- Ma ora basta parlarne tra di noi. Presumo che le ipotesi si sprecheranno presto.»
E così era stato. La riunione era stata lunga e concitata, e ne erano venute fuori ipotesi di tutti i tipi. Dopo che i maghi avevano accettato la veridicità dell’accaduto- almeno a seguito della testimonianza di Justarius, che quella notte era stato mandato da Par-Salian a controllare che cosa stava succedendo, e della vista del pugnale insanguinato che lo Shalafi aveva lanciato con noncuranza sul tavolo- lo scopo di tutti era diventato capire che razza di maghi potevano aver compiuto un’azione tanto indegna.
«Non può essere uno di noi.- aveva asserito Justarius- Gli dei della magia abbandonerebbero l’adepto che infrangesse a questo modo le leggi che ci governano.»
«Già, i loro incantesimi non funzionerebbero.» aveva ammesso una Veste Bianca.
«C’è da considerare, però, che l’incantesimo che consente l’apparizione di una parte del proprio corpo altrove necessita della conoscenza diretta del luogo in cui…»
«Intendi dire che quel mago è uno dei nostri?!» era sbottata una Veste Nera.
«Uno che ha passato la Prova e ha percorso i nostri corridoi, di certo.- aveva ammesso Par-Salian, il volto rugoso contratto per la preoccupazione- Qualcuno che può permettersi di violare le nostre leggi impunemente.»
«Potremmo fare una ricerca per controllare chi ha fatto perdere le proprie tracce.» era stato il mormorio di Justarius.
«E chi ti dice che le abbia fatte perdere?- aveva chiesto Ladonna, gelida- Se ha un minimo di cervello, questo mago non si è dato alla macchia, fornendoci la prova della sua colpevolezza su un piatto d’argento.»
«Quello che mi spaventa è che la magia abbia risposto a questo mago…o a questo gruppo di maghi…nonostante la spudorata violazione delle regole.» aveva detto Par-Salian.
«Probabilmente c’è qualcun altro che lo protegge.» aveva detto Dalamar, quasi senza pensare. Il silenzio era calato sul Conclave e Dalamar era impallidito nel rendersi conto delle implicazioni delle sue parole. Se un mago cessava di essere sotto la protezione degli dei della magia, chi poteva proteggerlo e fornirgli il potere? Aveva guardato il suo Shalafi e nei suoi occhi a clessidra aveva visto di aver dato voce a qualcosa che egli pensava fin dalla notte prima. Alla fine, la sua ipotesi era stata rigettata, anche se Dalamar era sicuro che avesse piantato un seme di dubbio in tutti quanti. Erano stati fatti esperimenti sul pugnale per cercare di evocare l’immagine del proprietario, ma l’unica cosa che erano riusciti a vedere era stata una figura maschile infagottata in una veste con cappuccio, grigia come un sasso.
Ora la riunione si era momentaneamente conclusa e tutti i maghi si erano ritirati per riflettere su quanto era emerso dalla discussione. Dalamar, stordito e stanco, sospirò e si passò una mano sul volto. Era rimasto solo e il suo unico desiderio era riposare un attimo la mente. Ne aveva sentite già troppe, per quel giorno. Uscì dalla sala e un’occhiata fuori dalle finestre lo sbalordì. Il suo corpo era convinto di aver trascorso in riunione tutta la giornata, invece doveva essere passata da poco l’ora di pranzo. Scuotendo il capo, Dalamar si incamminò lungo i corridoi, chiedendosi dove fosse andato il suo Shalafi. Lo aveva visto allontanarsi con Justarius, ma non ne aveva seguito gli spostamenti. Iniziò a pensare di recarsi nella stanza che occupava abitualmente alla Torre e concedersi un bicchiere di vino, quando una mano rovente lo afferrò per un gomito.
Si voltò solo per trovarsi di fronte il volto del suo Shalafi.
«Vieni, Dalamar.» gli disse, in tono neutro. L’elfo oscuro lo seguì attraverso le vie magiche fino agli alloggi. Dal chiasso, capì che si trovavano davanti alla porta della stanza di Caramon Majere.
«Insomma, volete stare zitti?!- stava ruggendo il guerriero- Tas, te lo puoi scordare di metterti a girare per questa torre maledetta. E anche tu Kyara! Sedetevi e state tranquilli.»
«Caramon, non dovresti dire che la torre è maledetta a voce così alta.- replicò la voce di Tasslehoff- I maghi potrebbero aversene a male. Dopotutto è casa loro, voglio dire…ci vivono! Io non credo che…»
«Potrebbero davvero offendersi, Tas? E cosa pensi che ci faranno?!» chiese Kyaralhana. Il suo tono parve più interessato che preoccupato e Dalamar si accorse di aver atteggiato il volto ad una smorfia.
«Sono troppo chiassosi.» disse, fra i denti.
«Uno dei motivi per cui non li volevamo qui.- mormorò Raistlin, scoccandogli un’occhiata ironica- Penso io ai due kender. Li spedirò a Palanthas quando Crysania tornerà a casa, questa sera. Così avranno un lungo e divertente viaggio davanti a loro, e anche Solace diverrà un luogo più tranquillo.»
«Quei due pazzi hanno minacciato di oltrepassare il Boschetto di Shoikan, se li avessi spediti a Palanthas.» sospirò Dalamar, contrariato.
«Che ci provino, se desiderano morire.» tagliò corto Raistlin, mettendo mano alla maniglia.
«Ma Katlin…» tentò di protestare l’elfo oscuro. Sapeva bene quanto la maga fosse affezionata a quelle due cimici.
«Ciò che Katlin non sa, non la danneggia.- fu il lapidario commento dello Shalafi, che poi lo guardò fisso- Devo parlare con mio fratello. Ti conviene approfittarne per vedere Katlin…sempre se ne hai il desiderio.»
Dalamar percepì il sarcasmo nella voce del suo Shalafi e strinse le labbra. Annuì rigidamente.
«Bene. Svolta a destra, terza stanza alla tua sinistra.» disse solo Raistlin, aprendo la porta. Il chiasso li assalì prepotentemente, poi Raistlin chiuse la porta dietro di sé e riportò ordine e silenzio con una sola ingiunzione sferzante. Con un sorrisetto di riluttante ammirazione sul viso, Dalamar si incamminò verso la stanza di Katlin. Si chiese per l’ennesima volta se lo Shalafi approvasse o meno la sua attrazione per lei. Gli si rivolgeva sempre con pesante sarcasmo, ma non gli aveva mai mosso critiche vere e proprie. Ora l’aveva perfino condotto ai loro alloggi per dargli tempo di incontrarla…
Dalamar corrugò la fronte, arrivando alla conclusione che lo Shalafi si stava divertendo. La tensione tra la sorella e il suo apprendista costituiva per lui una piacevole divagazione. Probabilmente era curioso di sapere come sarebbe andata a finire e chi fra loro si sarebbe fatto più male. Non poteva credere che lo Shalafi approvasse davvero l’amore fra lui e Katlin. Ma c’era amore? Poteva essercene, tra un elfo oscuro e un’umana? In quel momento, Dalamar non ne aveva la minima idea. Una figura bianca lo incrociò nel corridoio e lui quasi non si accorse della sua identità.
«Dalamar! E’ molto che non ci vediamo.» disse Dama Crysania, sorridendo.
«Dama Crysania…» mormorò Dalamar, inchinandosi appena alla Reverenda Figlia di Paladine.
«Ti stai recando da Katlin?» chiese la chierica.
«Sì, in effetti. E’ in grado di ricevere visite?» chiese l’elfo oscuro. La Dama annuì.
«E’ guarita dalle ferite. I lividi che porta li ha mantenuti per provare la sua storia al Conclave.- scosse il capo- Non capisco come sia potuta succedere una cosa del genere.»
«Ne siamo tutti sconcertati, Dama Crysania.» ammise Dalamar.
«Anche noi chierici porteremo avanti delle indagini.- disse Crysania, con piglio fiero- Se sta avvenendo qualcosa di losco, è nostro dovere constatare che non vi sia pericolo per i fedeli…un pericolo simile a quello della Guerra delle Lance, per intenderci.»
«Voi pensate…» mormorò Dalamar, sorpreso. Crysania scosse il capo.
«Sono ipotesi, che ho visto riflesse anche negli occhi di Raistlin.- disse, e il suo sguardo si velò- Presumo che dovremo tutti darci da fare, per un po’ di tempo.» Sorrise, tornando serena. «Perdonami, ti sto trattenendo. Katlin sarà felice di vederti. Sai qual è la sua stanza?»
Dalamar annuì e la chierica si inchinò appena, lasciandolo poi solo e cogitabondo nel corridoio. Scrollandosi di dosso la conversazione, sapendo di avere già abbastanza a cui pensare, Dalamar si fermò davanti alla porta indicatagli dal suo Shalafi e bussò.
«Avanti.» gli rispose una voce rauca e debole. Corrugando la fronte, Dalamar aprì la porta con una certa cautela. La stanza era inondata di sole. La finestra era aperta e una piacevole brezza colpì il volto dell’elfo oscuro, insieme all’odore di cibo caldo. Katlin era seduta sul letto, con la schiena appoggiata ai cuscini e un piatto di minestra in mano. Accanto a lei era aperto un libro e la maga stava con tutta evidenza leggendo mentre mangiava. La vide spalancare gli occhi per la sorpresa, prima che esclamasse: «Dalamar!» e cercasse di alzarsi senza rovesciarsi addosso il contenuto del piatto.
«Ferma, rimani dove sei.» la esortò Dalamar, entrando nella stanza. Conscia di non poter controllare bene i propri movimenti, e di rischiare di ustionare se stessa e di rovinare il libro, Katlin tornò ad accasciarsi contro i cuscini e si fece scomparire dalle mani il piatto di minestra, che ricomparve sul tavolo lì accanto, apparecchiato per il pranzo.
«Sapevo che saresti arrivato oggi, ma credevo foste ancora in riunione.- disse Katlin, con un sorriso- Vuoi pranzare con me?»
Dalamar era rimasto fermo al centro della stanza a guardarla, in silenzio. Gli sembrò più bella che mai, con gli occhi chiari e luminosi, il corpo flessuoso sottolineato dalla veste rossa che indossava. Un impeto di desiderio lo aveva assalito al solo vederla, aveva ricordato il suo profumo e quanto fosse serica la sua pelle. Notò però il suo pallore, i lividi che le macchiavano la pelle delicata del collo e il fatto che la sua voce fosse roca, come se avesse gridato a lungo…o fosse stata quasi strangolata. Sotto il suo esame, Katlin perse il sorriso.
«Finisci sempre per vedermi in condizioni pietose.» disse, amara. Dalamar chiuse per un attimo gli occhi, cercando di scacciare da sé le mille domande e la rabbia che il pensiero dell’attacco da lei subito gli aveva instillato, poi li riaprì e fece un sorrisetto. Si avvicinò al letto, le prese una mano e la baciò, sfiorandole appena la pelle.
«E’ molto che non ci vediamo, Katlin.» disse, accentuando il sorrisetto.
«Molto, davvero.- ammise Katlin, scrutandolo come se volesse leggergli nel pensiero- E’ trascorso un anno.» Fece un gesto. «Vuoi sederti?»
Dalamar accettò l’invito, portando una sedia vicino al letto in maniera che lei non fosse costretta ad alzarsi.
«Raistlin ti ha parlato di ciò che è successo?» chiese subito Katlin, pratica.
«Sì, quasi non ho avuto il tempo di arrivare che sono stato trascinato dallo Shalafi in presenza del Conclave.- rispose Dalamar, corrugando la fronte- L’accaduto ha sconvolto gli animi.»
«Lo immaginavo.» disse Katlin, seria, mentre accarezzava con fare distratto le pagine del libro aperto.
«Tu non credi che si tratti di una Veste Nera o simili, vero?» chiese l’elfo oscuro.
«Perché, tu sì?- gli chiese Katlin, e Dalamar le vide brillare negli occhi il sarcasmo del fratello- No, ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso. Tu che ipotesi ti sei fatto?»
«Che si tratti di maghi posti sotto la protezione di qualcuno che NON SONO gli dei della magia.- disse Dalamar, cupo- Il solo dirlo mi fa venire i brividi.»
«La penso come te. E’ un’ipotesi allucinante, ma è la sola plausibile.- ponderò Katlin, sfiorandosi con gesto inconscio la gola- Come questo sia possibile, però, esula dalla mia capacità di comprensione.»
«Non credo che le indagini si fermeranno qui.» disse Dalamar. Katlin sorrise con ironia.
«Ah, no davvero! Io e Raistlin seguiremo i nostri metodi d’indagine, paralleli a quelli del Conclave.- disse, mostrando il suo animo combattivo- Questo gesto sarà punito.»
«Questo non prolungherà i tempi per le nuove elezioni all’interno del Conclave?» mormorò Dalamar. Katlin fece un gesto svogliato.
«Non più di tanto, credo. In ogni caso metterà il luce il mio potere…e il tuo.» Lo guardò con un sorriso furfantesco che per un istante gli ricordò Kitiara. Il pensiero gli accese il sangue e al contempo lo fece rabbrividire. «Mi sembra che anche tu sia interessato ai sommovimenti del Conclave.» disse la maga, senza accorgersi del suo turbamento.
«In parte.» non si sbilanciò Dalamar. Sapeva che Katlin lo stava stuzzicando e che non si aspettava una risposta laggiù dove certe orecchie potevano sentire. Il silenzio cadde fra loro, profondo. I discorsi pratici avevano avuto breve vita. Era ben altro che entrambi volevano dire, ben altri gli argomenti di cui volevano discutere. Nessuno dei due, però, si decideva a farlo.
«Tornerai più a Yolta?» chiese infine Dalamar, in un sussurro. Katlin scosse il capo.
«No. Mai più.» disse, piano.
«E dove vivrai?» chiese ancora lui.
«Solace e Palanthas…ma spero di soggiornare qui a Wayreth il più possibile.» rispose lei, con il fantasma di un sorriso. Dalamar annuì. Di nuovo, fra loro cadde il silenzio. Katlin infilò una mano in una tasca e ne estrasse un oggetto che strappò riflessi alla luce del sole. Nel suo palmo brillava un lucido gioiello a forma di stella.
«Grazie per questo.- mormorò Katlin, guardando il gioiello- L’ho usato…piuttosto spesso. Ha reso meno insopportabile la mia permanenza a Yolta.»
«Ti è stato utile?» chiese Dalamar.
«Molto.» ammise lei, guardandolo finalmente negli occhi.
Dalamar le aveva donato quel gioiello magico la notte prima che si salutassero, a Solace. Quella sera avevano festeggiato il battesimo del piccolo Sturm e l’elfo oscuro l’aveva invitata ad una passeggiata attraverso Solace, silenziosa e innevata. Avevano parlato a lungo, camminando fianco a fianco, incuranti del gelo. Al momento dei saluti, quel dono era giunto inaspettato per Katlin. Le avrebbe permesso di rivedere i volti amici nei momenti di malinconia o di sconforto. Katlin era rimasta commossa da quel gesto…a cui era seguito qualcosa di molto simile a un bacio. Katlin gli aveva reso la pariglia la mattina dopo, regalando all’elfo i suoi disegni e dandogli a sua volta un bacio appena accennato, per poi fuggire via. Il ricordo li assalì entrambi, velando di un leggero rossore i loro volti. Entrambi avevano lanciato una dolce sfida all’altro, prima di separarsi, eppure ora si stavano comportando come due ragazzini impacciati, quando sarebbe stato tanto semplice eliminare con un solo gesto la distanza fra loro.
«Volevo…solo ringraziarti.» mormorò Katlin, richiudendo le dita sul gioiello spegnendo così la sua luce. Abbassò gli occhi, maledicendosi ma incapace di fare altro. Avrebbe voluto sentirsi più sicura di sé, ma l’elfo oscuro la confondeva. Non riusciva a dargli quei segnali che l’avrebbero senz’altro condotto da lei. Dalamar strinse le labbra nel rendersi conto che Katlin stava per richiudersi di nuovo in se stessa. Se fossero andati avanti così, non ci sarebbe stato alcun progresso. Dov’era finita la sua decisione di sedurla senza scoprirsi? Non era scritto da nessuna parte che dovesse dirle di amarla…però poteva perlomeno confonderla e attrarla! Perché sentiva così difficile persino cominciare?
Dalamar sapeva che le loro due nature erano differenti nel profondo e che una relazione tra loro non si sarebbe spenta per mancanza di sentimento ma per l’inesorabile, terribile scorrere del tempo. Katlin e Dalamar vivevano su due linee temporali completamente diverse. Perché allora non riusciva a cogliere quegli attimi, che avevano l’antipatica tendenza a scivolare via con assurda velocità? Perché?
“Già, perché?” pensò, decidendo seduta stante di fare qualcosa.
Le prese la mano in cui teneva il gioiello e l’attrasse a sé. La sentì tremare sotto il suo tocco. Accarezzò la sua pelle, le dita, senza mai guardarla in volto. Posò un bacio su quella mano, con labbra brucianti. Solo allora alzò lo sguardo dei suoi occhi verdi su di lei. Katlin era immobile e lo guardava, gli occhi chiari venati di paura e qualcos’altro che stentava a emergere. Questo fece comparire sul volto dell’elfo un sorrisetto confidenziale. Si alzò, poggiò un ginocchio sul letto e si erse su di lei, sempre tenendole la mano. La sentì trattenere il fiato quando le sue dita indugiarono sui boccoli che le scendevano sulle spalle. Le sfiorò i capelli, poi il viso, poi di nuovo i capelli, sempre guardandola negli occhi. Katlin non lo incoraggiò né lo respinse. Continuò a guardarlo fisso, tesa e vibrante.
«Hai richiamato anche il mio volto, mentre ti trovavi a Yolta?» le chiese, con voce bassa e penetrante. Per un attimo pensò che lei non avrebbe risposto. Poi, Katlin annuì, mentre un violento rossore le inondava il viso. Il sorriso di Dalamar si fece quasi crudele nel suo trionfo.
«Allora lascia che sia io a ringraziarti.» sussurrò, affondando le dita nei capelli di lei per sollevarne il viso. Esattamente nello stesso istante, la porta si aprì. Dalamar caracollò all’indietro, lasciando andare Katlin e pensando per una frazione di secondo che sarebbe caduto per terra in maniera umiliante. Invece, per un miracolo trovò la sedia e la occupò, fingendo noncuranza tanto quanto Katlin, che non si era mossa affatto.
«Fratello mio…» disse Katlin. Dalamar non riuscì a rilevare nella sua voce alcun disappunto, ma la sua pelle era ancora congestionata, segno che non era indifferente quanto voleva far credere. In quel momento, Dalamar sentì di odiare il suo Shalafi come mai prima.
«Vi devo interrompere. Dalamar è richiesto per nuovi esperimenti su quel pugnale.- disse Raistlin, facendo un gesto secco verso il suo apprendista- Il Conclave ha ancora la speranza di scoprire qualcosa.»
«Non credo ne ricaveremo molto.» disse Dalamar, amaro, alzandosi dalla sedia.
«Nemmeno io.- sbuffò Katlin, tirandosi indietro i capelli- Raistlin, cerchiamo di finire presto qui e di partire per Palanthas.»
«Così sarà, mia cara sorella. Dopodomani partiamo, insieme a Caramon.» disse Raistlin, mentre Dalamar usciva dalla stanza con passo sostenuto. L’arcimago lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava lungo il corridoio, l’espressione pensierosa.
«Perché, viene anche Caramon?» chiese Katlin, stupita.
«Dovremo fare indagini  non solo magiche, temo. Ci sarà utile.- disse Raistlin, secco, poi nei suoi occhi brillò una luce quasi demoniaca- Ti trovo accaldata, mia cara sorella! Ho interrotto forse una conversazione…interessante?»
Katlin strinse le labbra in una linea sottile.
«Risparmiati le battutine. Sei pregato di farti i fatti tuoi, grazie.» sibilò.
«Il che è una risposta sufficiente.- commentò con blando interesse Raistlin- Ti mando i kender, se ti senti nella condizione di sopportarli.»
«I…kender?!- sbottò Katlin- Vuoi dire che Tas e Kyara sono qui?!» Imprecò a mezza voce. «Allora l’aveva presa davvero Tasslehoff, la chiave!» Subito dopo rise piano, pensando all’ingegno del kender nel trovare soluzioni alle trappole da lei preparate. Le precauzioni non erano mai abbastanza quando si aveva a che fare con l’intelligenza e l’intraprendenza di Tasslehoff!
«Stasera li mando a Palanthas con Crysania. Convincili a starsene lontani da noi, prima che decida di trasformarli in scarafaggi e li calpesti.» disse Raistlin con una smorfia, facendo per chiudere la porta.
«Fammi sapere se il Conclave fa qualche scoperta.» gli ricordò Katlin.
«Ti manderò Dalamar, stasera. Di certo lui saprà dirti tutto in maniera più eccitante.» sogghignò Raistlin, chiudendo la porta. Il sogghigno si allargò quando sentì qualcosa colpire la porta con una certa violenza. Katlin aveva perso la pazienza.


 

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Capitolo 7
*** 6 - Il nemico invisibile ***


CAPITOLO 6

IL NEMICO INVISIBILE

«Katlin!» esclamò Kyaralhana, correndo dentro la stanza in uno svolazzare di trecce scure.
«Ehi, Kat!- la salutò Tasslehoff, entrando con più calma dietro di lei e raccogliendo da terra, dopo esserci quasi inciampato sopra, il libro che Katlin aveva lanciato poco prima contro il gemello- Com’è successo che ti hanno ferita di nuovo? Caramon mi ha detto che sono stati dei demoni, ma che tipo di demoni?»
«Qualcosa con dei tentacoli, ci ha detto Caramon, ma non è stato più preciso.» si lamentò Kyara, sedendosi con agilità sul letto e guadagnandosi un’occhiataccia da parte del guerriero, che era entrato a sua volta e si stava chiudendo la porta dietro le spalle.
«Ha parlato anche di una mano apparsa nel nulla con un pugnale, che poi è sparita…la mano, non il pugnale.- continuò Tas, prendendo posto con tranquillità sulla sedia lasciata libera da Dalamar- Sicuramente una cosa interessante, se…»
«Kat, ce la fai a reggerli? Non so se è il caso di affaticarti stando dietro alle loro chiacchiere.» chiese Caramon, guardando con un certo dispiacere la sorella semisdraiata sul letto. Katlin sorrise e annuì, e Caramon si sedette vicino al tavolo, iniziando a piluccare il pranzo che Katlin non aveva più toccato dall’entrata ad effetto di Raistlin.
«Iniziamo con il chiarire una cosa: come avete fatto a venire fin qui?» chiese Katlin, melliflua, ai due kender. Tas e Kyara si scambiarono un’occhiata, poi Tasslehoff aprì bocca per rispondere. Prima che potesse farlo, Katlin alzò una mano per zittirlo. «Frena, lascia stare.- sospirò- Immagino di aver dimenticato la chiave a casa. Suppongo di non poter pretendere che voi decidiate di non usare un manufatto magico quando vi capita per le mani.»
Il tono totalmente sereno, quasi contrito, di Katlin, ebbe lo strano e particolare effetto di far comparire un certo rossore sul volto dei due kender. Caramon trattenne un sorriso. Kat era davvero un genio a trattare quei due. Se li avesse sgridati non ne avrebbe ricavato nulla, se non farsi venire una crisi d’esasperazione. In quel modo, invece, era riuscita a far sentire i due mano lesta almeno un po’ in colpa.
«In ogni caso, ormai vi ho posto gli ultimi incantesimi. Non accadrà più che questa chiave possa…tentarvi.» disse, alzando alla luce la chiave d’argento. La fece roteare lentamente davanti agli occhi, pensierosa, poi scrollò le spalle e la mise via. Tornò a sorridere ai kender, che sorrisero di rimando, sollevati che la questione fosse finita lì.
«Immagino che Dalamar sia stato molto sorpreso di vedervi.» disse, con un luccichio birichino negli occhi. Kyara scoppiò a ridere, poi le raccontò per filo e per segno come era andata la faccenda, interrotta di quando in quando da Tasslehoff.
«Sinceramente pensavo che ci avrebbe sbattuti fuori.- ponderò la kender- Era veramente arrabbiato…voglio dire, tu sai che ha un bel viso ma quando è arrabbiato sembra un demone e tutto il resto. Ci ha trascinato giù per le scale tutto impettito borbottando cose anche piuttosto offensive…»
«…ma Kyara ha trovato la spinta giusta per convincerlo, ed eccoci qui alla Torre di Wayreth!» finì Tas.
«Ma perché desideravate tanto venire alla Torre?» chiese Katlin, perplessa.
«Beh, Kyaralhana non l’ha mai vista.- disse Tasslehoff, sollevando un indice per puntualizzare la questione- Vedi, io sono stato qui molte volte…Con Bupu e Caramon quando Crysania è morta, ma non era davvero morta, e quando sono diventato un topo e sono andato indietro nel tempo. Poi nel futuro ho visto la Torre sul punto di morire, e Par-Salian stava nel fuoco e c’era questa ombra oscura che in realtà era Raistlin, e Astinus…»
«Sì, ricordo queste cose.» disse Katlin, con un mezzo sorriso.
«Io invece non ho mai visto questo posto e suppongo che una torre della magia sia un posto pieno di cose curiose e interessanti.- disse Kyaralhana, serissima- Inoltre, non sono mai diventata un topo. Forse mi piacerebbe fare un tentativo. Credi che uno dei maghi potrebbe…»
«Una Torre della Stregoneria non è posto perché si vada in giro a curiosare.- disse Katlin, paziente- Vero, Caramon?»
«Nella maniera più assoluta.- sbottò il guerriero, fissando severamente i due kender- Tas, tu dovresti avere imparato che a ficcare il naso in certe cose c’è da farsi male. Molto male.»
«Oh, ma io pensavo di andare in giro con Kat! Se c’è lei non vedo come i maghi si possano lamentare!» disse subito Tasslehoff, pratico.
«Katlin ha ben altro da fare che stare dietro a voi due.» sbuffò Caramon, scuotendo la testa.
«E ad essere ancora più precisi, anche voi avrete ben presto altro da fare.» disse Katlin, cambiando posizione sui cuscini. Kyara rimase perplessa, ma Tasslehoff si fece attento. Aveva riconosciuto il tono di voce di Kat. Era lo stesso della notte in cui aveva raccontato a tutti quale fosse la missione che gli Dei le avevano assegnato.
«E’ qualcosa che riguarda l’attacco di ieri notte, Kat?» chiese infatti. Katlin annuì.
«Forse non sapete che all’interno di questa torre i maghi non possono combattersi l’un l’altro.- spiegò- Da questo e da altri piccoli indizi, abbiamo maturato l’opinione che l’attacco di ieri sera sia dovuto a maghi che operano al di fuori delle leggi che governano la nostra stirpe.»
«Vuoi dire dei rinnegati?» chiese Kyaralhana.
«Qualcosa di simile. Probabilmente ci troviamo di fronte a qualcosa di nuovo…e pericoloso.» puntualizzò Katlin, corrugando la fronte.
«Noi cosa dobbiamo fare?» chiese Tasslehoff, attento.
«Desidero che accompagniate Dama Crysania a Palanthas e che vegliate su di lei finché noi resteremo a Wayreth.» disse Katlin, decisa.
«Kat…pensi che Crysania possa essere in pericolo?»  chiese Caramon, allarmato. Katlin rimase in silenzio qualche istante, riflettendo, mentre il sole spariva dietro l’angolo della finestra, lasciando la camera in un’ombra rinfrescante.
«Non lo so, Caramon, ma questo accanimento contro i Majere non mi piace. Preferirei coprirmi un po’ le spalle per non dovermene pentire dopo.- disse- Probabilmente lei non corre alcun pericolo, ma non si sa mai.»
«E mandi Tas e Kyara a fare questo lavoro?» chiese Caramon, con un’espressione ben poco convinta sul volto. Katlin sorrise appena e annuì.
«Chi baderà a due kender? Inoltre, Tasslehoff ha affrontato molte battaglie e difficoltà. Mi fido di lui.» disse.
«Sentito, Caramon?- disse Tasslehoff, gonfiando il piccolo petto e scoccando al guerriero un’occhiata orgogliosa- Io ho combattuto molte battaglie e ho salvato la vita a molti amici. Sono un guerriero, anche se forse un po’ basso e magro e non esattamente in grado di buttare giù porte con una spallata come fai tu. E poi ho questo.» Estrasse un piccolo pugnale e Caramon sospirò, scuotendo il capo. Era ricomparso lo scannaconigli.
«Ma cosa dovremmo fare?» chiese Kyaralhana, che iniziava ad essere interessata.
«Vegliate su Crysania. Noi non ci metteremo più di due o tre giorni per venire a Palanthas. Dopodiché, vi contatterò.- disse Katlin, con un sorriso- Sono sicura che non vi annoierete al Tempio, è pieno di cose interessanti. E c’è sempre Palanthas da esplorare, senza che vi dimentichiate il vostro compito. Dopo di ciò, potrei anche avere qualche Importante Incarico da affidarvi.»
Caramon sentì distintamente il modo in cui Katlin pronunciò quelle parole e sorrise nel vedere l’orgoglio inondare il piccolo volto di Tasslehoff. Non c’era niente di peggio, per il kender, che essere estromesso dall’azione perché sottovalutato. Kyara, invece, sembrava più interessata ai luoghi che avrebbe potuto esplorare. La giovane kender non era mai stata in battaglia né aveva superato le prove di Tas. Non poteva capire.
«Quando partiamo?» chiese Tasslehoff.
«Stasera al più tardi.- disse Katlin- Raistlin vi manderà a Palanthas con la magia.»
«Ah, che emozione!» sospirò Kyara, estasiata.
«Ricordatevi che mi fido di voi. Tas, occhi aperti. I chierici di Paladine non sono delle guardie del corpo e Crysania può essere vulnerabile.» raccomandò la maga, appoggiando poi il capo sui cuscini e chiudendo gli occhi, come se fosse stanca.
«Stai tranquilla, Kat. Ci pensiamo noi a proteggere Dama Crysania.» asserì Tas, deciso.
«Ora ce ne andiamo, Kat è stanca.» disse Caramon, alzandosi in piedi per costringere i due kender a fare altrettanto. Mentre Tas e Kyara si avviavano alla porta, il guerriero si chinò sulla sorella.
«Davvero pensi che Crysania sia in pericolo, o hai solo inventato una scusa per costringere quei due ad andare a Palanthas?» chiese, sottovoce. Un lampo particolare passò nei freddi occhi blu di Katlin.
«L’una e l’altra cosa. Non sono tranquilla e può darsi che più tardi il loro aiuto mi torni utile. Non voglio che Raist li rimandi a Solace.- rispose- Visto che nostro fratello desidera la tua presenza al nostro fianco, manderò i kender con Crysania.»
«Saranno sufficienti?» chiese Caramon, dubbioso. Katlin fece un sogghigno.
«Ho infilato un piccolo oggetto magico nelle borse di Kyara.- sussurrò- Sarò avvisata per tempo, se succede qualcosa.»
«Allora, Caramon? Ti muovi o no?» chiese Tasslehoff dalla porta. Caramon sospirò e si allontanò dal letto con un cenno di saluto. Il gruppetto uscì dalla porta in un chiacchiericcio fitto fitto. Katlin non attese che Raistlin mettesse in atto la promessa, o minaccia, di mandarle di nuovo in camera Dalamar quella sera, facendogli ricoprire il ruolo di latore di nuove. Con un certo sforzo si alzò e si diede una sistemata, poi uscì dalla stanza per andare a portare il proprio contributo alle indagini del Conclave.

***

Al tramontare del sole, un chierico novizio spazzava il viale d’ingresso del Tempio con aria stanca ma serena, fischiettando. La giornata era stata piuttosto intensa, visto che con la bella stagione erano di nuovo aumentati i pellegrini, ma non c’erano stati né incidenti né intoppi, nonostante l’assenza della Reverenda Figlia Crysania, e tutti i chierici si erano sentiti fieri di essere in grado di gestire il Tempio in maniera consona anche senza le sue direttive. Paladine poteva essere lieto degli sforzi dei suoi Figli. Il chierico alzò la testa quando udì il chiacchiericcio di voci alte e squillanti che si alzava dal fondo del viale. Bambini? No…kender! Il chierico gemette, smettendo di ramazzare. Sarebbe stato troppo bello finire la giornata senza vederne almeno uno. Sospirando, il novizio allungò lo sguardo sul viale, su cui si posavano le dense ombre degli alberi. Tre figure si stavano avvicinando: due kender e una donna. Quando esse vennero alla luce, il novizio trasalì nel riconoscere la Reverenda Figlia Crysania.
«Reverenda Figlia!- esclamò, correndo da lei e inchinandosi con deferenza- Siete tornata? Non sapevamo…l’accoglienza…»
«Non c’è alcun problema. Sono tornata insieme a due miei amici.- disse Crysania, indicando Tasslehoff e Kyaralhana e fingendo di non accorgersi dell’occhiata di sconcerto del novizio- Se vuoi essere così gentile da fare preparare gli alloggi, ti sarò molto grata.»
«Certo, Reverenda Figlia! Subito, Reverenda Figlia!» balbettò il chierico, correndo all’interno del Tempio. Poco dopo, Crysania si trovava nelle sue stanze, seduta su una comoda poltrona sorseggiando del tè in attesa della cena. Il chierico che fungeva da suo assistente, lo stesso che un tempo era stato accanto ad Elistan, la stava gentilmente tempestando di domande.
«Avete novità dalla Torre di Wayreth?» chiese il chierico.
«Nulla, il che è un bene. La pace vige tra la magia e la fede.- mormorò Crysania, le labbra contro il bordo della tazza- Vi sono alcuni screzi fra loro, ma questo rientra nella normalità.»
«Intendete tornarvi presto?» chiese di nuovo il chierico. Crysania sorrise. Sapeva che le sue frequenti e prolungate assenze mettevano tutti a disagio.
«Al momento non ne vedo la necessità, ma le vie di Paladine sono sconosciute agli occhi dei mortali.- rispose- Hai alloggiato i kender?»
«Sì, Reverenda Figlia.- rispose il chierico, senza trattenere una smorfia- Con tutto il rispetto, quale motivo vi ha spinto a portare due kender al…»
«Quei kender sono miei amici, creature che Paladine ama sopra ogni altra cosa.- gli disse Crysania, e nella sua voce si insinuò una nota di rimprovero- Non possono fare danni al Tempio, anche se si riempissero le tasche o toccassero ogni cosa. Divideremo con loro quanto abbiamo con serenità. Il loro cuore è grande, ben più del loro corpo piccino.»
Il chierico mormorò una scusa, inchinandosi, e Crysania scosse la testa. Un tempo anche lei si basava su certe apparenze e sulle sciocche distinzioni tra le Razze. Non doveva adirarsi. Sospirò, mentre il chierico la lasciava. Non c’era ancora nessuno, all’orizzonte, che potesse prendere il suo posto. Non aveva ancora conosciuto un chierico con la giusta visione del bene e del male, con un grande cuore e un'altrettanto ferrea volontà. Paladine aveva benedetto la sua unione con Raistlin, ma sembrava che al momento non fosse davvero possibile mostrarla agli occhi del mondo.
Crysania si alzò e andò alla finestra. La stanza si stava facendo buia, ma Crysania non aveva voglia di accendere luci. Poggiò la testa contro il bordo della finestra, chiudendo un attimo le palpebre sugli occhi grigi. Andando a Wayreth, aveva sperato di poter trascorrere almeno un po’ di tempo con l’arcimago, che negli ultimi tempi si era rinchiuso a Palanthas per portare avanti le sue trame contro il Conclave. Invece, all’esame di Katlin si era aggiunto quel terribile attentato alla vita dei Majere e qualsiasi speranza di trascorrere del tempo con Raistlin era diventata un’effimera illusione. Katlin si era scusata con lei per questo…che cara amica! A sua volta, dopo un anno di assenza, si trovava già coinvolta in trame che non lasciavano spazio all’evolversi di certi sentimenti, eppure trovava tempo per preoccuparsi per lei! Le aveva chiesto di portare con sé Tasslehoff e Kyaralhana, in quanto pensava che le sarebbe tornato utile il loro aiuto.
Alzò una mano a sfiorarsi la fronte. Prima di mandarla a casa con la magia, Raistlin aveva avuto un breve colloquio con lei. Le aveva spiegato quale fosse, secondo lui, la pericolosità del nemico che stavano per affrontare e l’aveva messa in guardia. Le aveva imposto di non lasciare mai il Tempio, in maniera da prevenire attacchi magici, e di attendere di essere contattata. Prima di lasciarla le aveva baciato la fronte, bruciandole la pelle con le labbra come quando le aveva lasciato il lasciapassare per la Torre, tanto tempo prima…quando si erano incontrati per la prima volta.
Inaspettatamente, provò allo stesso tempo la tentazione di sorridere e quella di piangere. Quel bacio all’apparenza casto l’aveva riempita della sensazione di essere protetta, di essere nel suo abbraccio, invulnerabile. Raistlin era capace anche di questo.
«E’ per questo che lo amo.» mormorò, guardando la notte che lentamente prendeva possesso di Palanthas.

***

«Non ci mettevo piede da un anno.» disse Katlin, quando si materializzarono nella Camera della Visione.
Erano passati tre giorni da quando Katlin e Raistlin erano stati attaccati nella Torre di Wayreth. Gli sforzi del Conclave per trovare un colpevole non erano valsi a nulla. Il pugnale continuava a mostrare la stessa immagine dell’uomo incappucciato di grigio, il volto nascosto dalle ombre. Le uniche informazioni aggiuntive erano state l’evidente mancanza di simboli e rune magiche su quella veste. Quel mago poteva servire tutti o nessuno. Si era allora ricorsi ai tradizionali metodi d’indagine, andando a scartabellare tra i nomi dei maghi registrati e iniziando a rilevare gli spostamenti di ognuno per scoprire chi non si era più fatto vivo a Wayreth e perché. Sarebbe stata una ricerca lunga e probabilmente vana. Come Ladonna aveva sottolineato, era difficile che questi maghi, chiunque fossero, avessero fatto perdere le loro tracce, urlando così al mondo la loro colpevolezza. Probabilmente erano ancora mescolati alla massa, attendendo il momento buono per…per cosa? Questa era un’ottima domanda. In ogni caso, Raistlin aveva deciso che era l’ora di abbandonare il Conclave ai suoi metodi e iniziare una ricerca più approfondita in privato. Lui, i suoi discepoli e Caramon erano tornati alla Torre di Palanthas quella sera. Ora, fratello e sorella si trovavano nella Camera della Visione.
«Quando hai finito di indulgere nei ricordi, sorella mia…» disse Raistlin, sprezzante, già sull’orlo della pozza. Katlin scrollò le spalle e lo raggiunse, mentre attorno a lei i Vivi si scostavano, impauriti.
«Sia tu che io pensiamo di dover cercare la stessa cosa, non è vero?» chiese Katlin, guardando il fratello con occhi socchiusi, guardinghi.
«Tu chi credi manovri questi maghi?» sussurrò Raistlin. Il suo volto, nella luce arcana della pozza, era distorto dalle ombre.
«Takhisis. Me lo sento nelle ossa.- disse Katlin con una smorfia,  passandosi una mano sulla fronte un tempo deturpata dalla maledizione della Regina delle Tenebre- Eppure…com’è possibile?»
«Questo è ciò che dobbiamo scoprire, mi pare.- disse Raistlin, approvando tacitamente l’intuizione della sorella- E’ evidente che abbiamo a che fare con una setta di qualche tipo. Ciò che la rende pericolosa, è questo uso spudorato della magia.»
«Non sappiamo cosa né dove cercare.» mormorò Katlin, fissando la pozza.
«Mi fido del tuo istinto.- tagliò corto Raistlin- Cerca solo di non cadere in trance.»
Katlin trattenne un brivido e il suo volto divenne di pietra. Ricordava bene cos’era successo l’ultima volta. I due gemelli Majere iniziarono a scrutare il mondo attraverso le acque della pozza magica, cercando un indizio utile.
Nel frattempo, ai piani superiori, Caramon aveva salutato Dalamar, ringraziandolo per la cena, e se n’era andato a letto. L’elfo oscuro era rimasto solo e si era recato nel laboratorio, cincischiando con alcuni componenti per gli incantesimi, aprendo e chiudendo parecchi libri senza concludere nulla. Guardò fuori. Era notte inoltrata. Avrebbe voluto raggiungere lo Shalafi e Katlin nella Camera della Visione, ma lo Shalafi gli aveva ordinato espressamente di lasciar fare a loro, per quella notte. Essendo le vittime predestinate, avevano maggiori probabilità di trovare una connessione che a lui sarebbe sfuggita. Dalamar si sedette, frustrato. Quella solitudine gli lasciava troppo tempo per pensare, e questo al momento lo infastidiva. In quei tre giorni, il desiderio per Katlin era andato crescendo ed era stato regolarmente frustrato dalla mancanza di occasioni per passare del tempo con lei. Ciò che era accaduto alla Torre aveva messo tutti in allarme, pervadendoli di una frenetica attività. Non c’era spazio per l’amore, in un momento del genere. Eppure, Dalamar si sentiva letteralmente vibrare anche solo sfiorandola. Non riusciva a farci niente. Non riusciva a concentrarsi su nient’altro.
Sospirando e maledicendo la propria mancanza di controllo, Dalamar si alzò e decise di andarsene a letto. Una dormita gli avrebbe fatto bene. Comunque, non poteva fare niente di utile in quelle condizioni mentali. Con una singola parola, si teletrasportò nelle proprie stanze, si spogliò, poi si stese sul suo giaciglio. Per qualche tempo continuò a rigirarsi fra le lenzuola, irrequieto, passando da un’ipotesi all’altra per non indulgere in pensieri provocanti. Gli parve di essersi addormentato da pochi istanti, quando sentì aprirsi la porta. Si alzò a sedere sul letto, con un incantesimo difensivo già pronto sulle labbra, e nel buio vide una figura stagliarsi sulla soglia. Era una donna avvolta in una veste da camera lunga e ampia. Era Katlin.
«Katlin?» mormorò Dalamar, sorpreso e guardingo. Lei venne avanti. Vide appena i suoi lineamenti nella fievole luce che proveniva dalla finestra, ma non riuscì a discernere la sua espressione. «Katlin…» disse ancora, senza riuscire a capire perché la donna si trovasse nella sua stanza. Non era un comportamento adatto a lei. A meno che… «Katlin, siete riusciti a scoprire qualcosa?- chiese, pratico- Lo Shalafi…»
La maga si fermò. Senza una parola, si fece scivolare dal corpo la veste da camera, che cadde sul pavimento con un fruscio. Sotto di essa, il suo corpo era quasi nudo e si delineava nell’oscurità come una sagoma sinuosa e morbida. Dalamar perse il fiato. Non aveva mai visto niente di più provocante in vita sua.
«Sono stanca di aspettare, Dalamar. Se mi vuoi, prendimi.» mormorò la giovane donna, infiammando il sangue dell’elfo oscuro. Dalamar non se lo fece ripetere due volte. Allungò una mano, la afferrò per un polso e la guidò al suo letto. Si perse subito tra le labbra di lei, nel calore del suo corpo, nella morbidezza della sua carne. Ciò che aveva agognato in maniera quasi dolorosa da un anno a quella parte stava finalmente accadendo. Non c’erano ostacoli che tenessero, fra loro, in un momento del genere. Quella notte Katlin sarebbe finalmente diventata sua. Ebbro di piacere, fu fulminato dal dolore immane che gli esplose nel petto quando Katlin affondò le dita nelle ferite eternamente suppuranti che lo Shalafi gli aveva inflitto.
«Katlin!» protestò, afferrandola per il polso con uno spasmo rude, mentre il desiderio si spegneva in un oceano di dolore. Questo divenne terrore allo stato puro quando guardò in volto la donna che giaceva sotto di lui. Non Katlin…bensì una donna meravigliosa nella sua oscurità, desiderabile oltre ogni dire e orribile…orribile nella sua malvagità. Dalamar rantolò, mentre le dita della Tentatrice si facevano strada nella sua carne.
«Ai traditori non serve un cuore.» sussurrò Takhisis, scavando nella carne martoriata di Dalamar, sorda alle sue grida orrende di dolore, cercando di raggiungere il muscolo vitale per poi stringerlo tra le dita e…
Dalamar si svegliò con un grido strangolato, balzando sul letto, lottando contro le lenzuola. Si fermò solo quando ebbe devastato il letto da cima a fondo e si trovò su mani e ginocchia ad ansimare dal fondo della gola, ancora terrorizzato, il corpo nudo ricoperto di sudore gelido. Si toccò il petto e fu sollevato di trovarvi le familiari ferite e non una voragine vuota e sanguinante. Si passò una mano sul volto, imponendosi la calma.
Era stato un incubo terribile, un avvertimento che non si poteva fraintendere. Come gli attacchi contro lo Shalafi e Katlin, questo incubo proveniva da Takhisis, la cui ira per l’affronto subito un anno prima non si era affatto sopita. La Regina delle Tenebre stava forse tramando vendetta? E in quel caso, pensò Dalamar con orrore, cosa si stava preparando per tutti loro?

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Capitolo 8
*** 7 - Un viaggio a Dargaard Keep ***


CAPITOLO 7

UN VIAGGIO A DARGAARD KEEP

Mancava un’ora o poco più all’alba quando Raistlin e Katlin emersero dalla contemplazione del mondo e dei suoi misteri per tornare coscienti dei loro corpi stanchi, nella Camera della Visione. Raistlin si mise subito a tossire, soffocando il suono in una manica della sua veste nera. Katlin si portò una mano alla fronte, cercando di dominare un capogiro. Avevano attraversato in lungo e in largo le terre di Krynn, avevano sfiorato le menti di centinaia di creature, sondato i luoghi di magia e potere che fossero accessibili tramite la pozza magica. Davanti ai loro occhi si era dipanato mezzo mondo, eppure ancora brancolavano nel buio.
«Niente.- mormorò- Da qualunque parte la si guardi, sembra non vi sia ombra di un indizio sulla faccia di Krynn.»
«Ma nessuno di noi due è così stolto da credere a questa impressione superficiale.- disse Raistlin, passandosi un fazzoletto sulle labbra per farlo poi scomparire in una tasca- Purtroppo non sappiamo dove cercare e qualcosa ostacola la visione.»
«Qualcuno, vorrai dire. Ho avvertito un blocco, qua e là, ma troppo debole e all’apparenza insignificante per poterlo distinguere.» replicò Katlin, cupa. Raistlin fece un gesto distratto. Al momento, andavano avanti per ipotesi non confermate. La maga lasciò vagare lo sguardo sui Vivi che si contorcevano loro attorno senza realmente vederli, lambiccandosi il cervello per trovare un appiglio da cui far partire le indagini. Scrollò la testa. Era troppo stanca. «Mi dispiace doverlo dire, ma credo di aver esaurito le forze.» disse.
«Non sei la sola.- sospirò Raistlin, secco- Vieni. Per ora, qui abbiamo finito.»
Si trasportò magicamente nel laboratorio e Katlin fu al suo fianco nel tempo di un battito di ciglia. Raistlin si sedette sul suo scranno, esausto, mentre la sorella evocava da bere e da mangiare per entrambi. Versò del vino per Raistlin, che lo sorbì in silenzio mentre lei sedeva per mangiare un boccone. Rimasero in silenzio per una buona mezz’ora, l’uno centellinando la bevanda, l’altra cercando di riempirsi un po’ lo stomaco vuoto da ore.
«Dovresti mangiare.» fu il rimprovero che Katlin mosse al fratello quando ebbe finito di cenare, o forse fare colazione. Sbadigliò e fece un gesto esasperato al diniego di lui, come se si fosse aspettata quella risposta. «Io vado a dormire.- mormorò, alzandosi e sfiorando appena la mano del fratello con la propria- Chiamami se non mi vedi in giro per l’ora di pranzo.»
«Indulgi troppo nel sonno, mia cara sorella.» disse Raistlin, senza guardarla. Fissava assorto davanti a sé, perso nei suoi pensieri.
«E’ la mia natura.» replicò lei, scherzando solo per metà. Lanciò a Raistlin un’ultima occhiata, restia a lasciarlo ben sapendo che l’arcimago non si sarebbe nutrito né sarebbe andato a dormire tanto presto, ma la stanchezza ebbe la meglio e con un solo pensiero si teletrasportò nella propria camera da letto. Ebbe appena il tempo di sfiorare il cuscino con la testa che cadde in un sonno profondo e senza sogni. Fu svegliata dopo quelli che le sembrarono pochi minuti da un forte bussare alla porta. Katlin aprì faticosamente gli occhi, poi scese dal letto con fatica e si avvicinò alla porta. Dall’energia di quei colpi aveva intuito l’identità del suo visitatore.
«Caramon.- disse infatti, ancora prima di aprire la porta sul volto leggermente seccato del fratello- E’ successo qualcosa?»
«No…non proprio.- balbettò Caramon, che aveva perso subito l’espressione corrucciata nel vedere il suo viso sconvolto dal sonno- Diavolo, scusami Kat…non pensavo al fatto che siete stati svegli fino a tardi. Raist è già in piedi, e…»
«Raistlin non è nemmeno andato a dormire, mi sa.- borbottò Katlin, poi sbadigliò- Che ore sono?»
«Saranno le nove.- rispose Caramon, facendola gemere- Kat, ho bisogno di un favore.»
«Di che si tratta?» brontolò Katlin, tornando nella stanza per lavarsi via il sonno dalla faccia. Raistlin diceva il vero quando la accusava di indulgere troppo nel sonno. Quello che il gemello non ricordava, però, era che il suo corpo non era ancora abituato a rimanere per lungo tempo in stato di veglia, avendo trascorso più di metà della sua esistenza come involucro vuoto.
«Raistlin aveva promesso di farmi raggiungere Tika tramite qualche incantesimo per avvisarla che mi tratterrò con voi.- sbuffò Caramon, sedendosi sul letto e facendolo cigolare pericolosamente- Dovevo essere a casa già due giorni fa. Sarà preoccupata. Invece, stamattina Raistlin è intrattabile. Mi ha sbattuto fuori dal suo laboratorio dicendo che ha ben altro a cui pensare.»
«Modi bruschi, verità evidente. Non è un buon momento per parlare con lui, visto che abbiamo passato la notte a cercare indizi senza trovarne.- gli spiegò Katlin, pettinandosi i capelli e legandoli in una coda alta- Comunque ho capito di che favore hai bisogno e ti accontento subito. Non mi costa nessuna fatica. Dici che Tika ci preparerà una colazione delle sue?»
Caramon sorrise e Katlin fece altrettanto. In quel momento la somiglianza tra i due fu palese.
«Certo che ci preparerà la colazione.- disse Caramon, alzandosi in piedi con energia- Sarà meglio, però, che le parli dopo del nuovo guaio all’orizzonte, altrimenti è capace di cominciare a far volare le padelle.»
Katlin rise piano, poi fece cenno a Caramon di precederla fuori dalla stanza.
«Non usi un incantesimo?» chiese il guerriero, stupito, mentre veniva sospinto in corridoio.
«Non proprio, Caramon. Passeremo dagli appartamenti di Raistlin.» rispose Katlin, chiudendo la porta dietro di sé. Sorrise di nuovo nel vedere la perplessità sul volto del gemello. «Ora ti spiego.» ridacchiò, prendendolo sottobraccio e incamminandosi con lui.
Più o meno a metà strada incrociarono Dalamar. L’elfo oscuro chinò il capo in un saluto al loro passaggio e Katlin gli sorrise. Fu turbata, però, nel vedere che gli occhi dell’elfo la sfuggivano. Dalamar sembrava teso e piuttosto pallido. I suoi capelli neri erano in disordine e aveva ombre scure sulle palpebre. Aprì la bocca per chiedergli se stesse bene, ma Dalamar continuò a camminare lasciandoli indietro, diretto verso il laboratorio del suo Shalafi.
«E’ di cattivo umore anche lui, stamattina?» brontolò Caramon, sbuffando.
«Chissà…» mormorò Katlin, seguendo la figura nera con lo sguardo. Non le era piaciuta l’espressione sul suo volto. Ripromettendosi di chiedergli delucidazioni al suo ritorno, Katlin sospirò e tirò fuori di tasca la chiave d’argento che Raistlin le aveva dato.

***

Dalamar si diresse verso il laboratorio del suo Shalafi a passo veloce ma un po’ incerto. Avrebbe potuto trasportarsi con la magia davanti alla porta, ma aveva scelto di camminare. Questo gli dava qualche altro attimo per riordinare le idee, sempre che fosse possibile. Dalamar sapeva che era suo preciso dovere, nonché necessità impellente vista la situazione, informare lo Shalafi della visita notturna che l’aveva sconvolto. Nonostante ciò, il senso del dovere faceva a pugni con l’umiliazione che ne sarebbe derivata. Non poteva, purtroppo, raccontare il suo incubo senza partire dal principio, il che significava mettere in piazza i propri desideri per Katlin, e proprio davanti alla persona di cui più temeva il giudizio al mondo.
Aver incontrato Katlin nei corridoi non l’aveva certo messo in uno stato d’animo migliore. Lei gli aveva sorriso, mentre lui non riusciva a pensare che al corpo che si celava dietro le pieghe della veste rossa e alla sensazione orribile delle dita che si facevano strada nella carne verso il suo cuore. Grazie agli Dei, con lei c’era Caramon, un ottimo motivo per contenere la propria confusione e trincerarsi dietro un prudente silenzio. Vedere la maga in compagnia del gemello gli aveva fatto supporre che Katlin intendesse accompagnare Caramon a Solace per dare notizie alla di lui famiglia e finalmente aveva tirato un piccolo sospiro di sollievo. Sarebbe stato orribile per lui dover parlare del suo incubo a Katlin! Sperava che lo Shalafi, una volta conosciuto il contesto, tenesse i particolari per sé.
“Ma che sto pensando?!” si chiese, gemendo nell’animo. Era confuso, frustrato e sulle spine. In quel momento si odiava a morte. A furia di rimuginare, tra attimi di lucidità e vette di disperazione, Dalamar raggiunse la porta del laboratorio. Sapeva che il suo Shalafi si trovava all’interno e attese una sua parola.
«Entra, Dalamar.» disse la voce dell’arcimago dall’interno. Dalamar prese un bel respiro, poi aprì la porta.
«Vi auguro buon giorno, Shalafi.» mormorò, entrando nella stanza e chiudendo la porta dietro di sé. Vide subito dall’espressione seccata sul viso dell’arcimago e dalle ombre di stanchezza che gli segnavano il viso dalla pelle dorata che per Raistlin quella era una giornata pessima. Stava studiando due tomi di dimensioni ragguardevoli e pareva molto contrariato della visita del suo apprendista.
«Cosa vuoi, Dalamar?» chiese infatti, con voce sferzante come una frusta.
«Shalafi, ritengo di avere la prova, senza ombra di dubbio, che è la Regina delle Tenebre ad attentare alla vostra vita…e non solo alla vostra, temo.» disse, piano. Raistlin socchiuse gli occhi dorati, scrutandolo con le sue inquietanti pupille a clessidra.
«E questa sicurezza da cosa ti viene, apprendista?» chiese, teso come un serpente pronto a colpire. Dalamar inghiottì a vuoto, ma non cedette.
«La Dea mi ha fatto visita, stanotte.» disse. Fu lieto di sentire nella propria voce solo un lieve tremito. Il ricordo dell’incubo bastava a fargli gelare il sangue. Raistlin non mosse un muscolo.
«Nei tuoi sogni?» chiese. Dalamar annuì. «La Tentatrice?» aggiunse l’arcimago, e Dalamar fu costretto ad annuire di nuovo. Quasi sobbalzò quando Raistlin chiuse il libro che aveva davanti con un tonfo. L’arcimago gli fece cenno di sedersi. «Raccontami tutto, Dalamar.»
Dalamar si sedette e raccontò, cercando di limitarsi ai fatti e di non lasciarsi sopraffare dal disagio. In due minuti aveva detto tutto ciò che doveva e Raistlin, poggiati i gomiti sul tavolo e unite le punte delle dita in un atteggiamento riflessivo, lo costrinse a lunghi istanti di silenzio.
«Così, ti ha chiamato traditore.» mormorò l’arcimago, dopo qualche istante. Dalamar annuì.
«Ha detto chiaramente ‘Ai traditori non serve un cuore’.- ripeté- Shalafi…c’è una sola azione che ho compiuto in totale disubbidienza alla Regina delle Tenebre e questa è la distruzione del Portale.»
«Perciò tu supponi che stiamo subendo l’ira della Dea per la nostra interferenza dello scorso anno.» concluse Raistlin. Dalamar annuì di nuovo, poi sembrò ripensarci.
«Senza contare la Sua ira per il vostro ritorno in vita, Shalafi, e per la mancata occasione di possedere il corpo di vostra sorella e utilizzarne il potere.»
Raistlin rise piano, una risata gelida e sarcastica.
«Già, quasi dimenticavo questi piccoli particolari.- mormorò, poi tornò a guardare il proprio apprendista- Dalamar, il tuo incubo ci dà conferma a qualcosa che già avevamo subodorato. La domanda più importante resta però senza risposta: come può la Regina avere tutta questa influenza sul mondo terreno se il Portale è stato distrutto?»
Dalamar rifletté, assorto. Quando Katlin gli aveva spiegato per la prima volta la sua missione, era stata molto chiara nell’illustrare i timori degli Dei riguardo le mire di Takhisis. A quanto pareva, approfittando della non perfetta chiusura del Portale, la Regina delle Tenebre stava di nuovo spandendo la propria nefanda influenza sul mondo, preparando nuove trame di conquista che un giorno, per quanto gli Dei potevano vedere, avrebbero condotto Krynn sull’orlo della distruzione. Il pericolo avrebbe dovuto essere scongiurato con la distruzione del Portale. Perché, invece, sembrava che il potere di Takhisis fosse al contrario aumentato?
«Possibile che sia riuscita a crearsi una testa di ponte sul nostro piano di esistenza, prima della distruzione del Portale?» mormorò, nemmeno conscio di parlare ad alta voce.
«E’ esattamente quello che credo, apprendista.» disse Raistlin. L’arcimago si alzò con fatica grazie all’aiuto del Bastone di Magius, poi andò alla parete bruciacchiata dove un tempo si ergeva la Porta per l’Abisso. Sfiorò la pietra con la mano affusolata, dando le spalle al suo apprendista. Corrugò la fronte, avvertendo echi del potere che loro stessi avevano scatenato un anno prima. «Se Takhisis aveva già preso contatti con i Suoi servi, è facile che abbia escogitato un modo per continuare ad organizzarne le forze. Ci siamo trovati ad affrontare le trame di un gruppo di maghi operante al di fuori delle Leggi della Magia, Dalamar. Ciò significa una setta di recente nascita, cui Takhisis stessa fornisce il potere magico. E’ una cosa gravissima e senza precedenti.- disse, piano, sempre accarezzando la pietra con le dita- Dobbiamo quindi supporre che i piani di Takhisis stiano procedendo nella loro attuazione, e che noi tutti siamo in cima alla lista sul suo libro nero. Ciò significa anche che l’orrendo futuro che gli Dei videro, quale esso sia, non è stato cancellato dall’arrivo di Katlin su Krynn, né dalla distruzione del Portale.»
«Pensate che la situazione sia così grave?» ansimò Dalamar.
«Ne sono convinto.- disse Raistlin, voltandosi all’improvviso e tornando al tavolo- Dobbiamo trovare un informatore al più presto.»
«Avete già un’idea?» chiese Dalamar. Raistlin fece un gesto distratto, mentre si sedeva con movimenti cauti.
«Qualcuna. Ne parleremo al ritorno di Katlin.» disse, poi appuntò i suoi occhi d’oro su Dalamar, e l’elfo oscuro se ne sentì trafiggere. «A proposito di Katlin, non mi spiego perché la Dea abbia deciso di prendere le sue sembianze, per farti visita.» disse, in un sussurro quasi impercettibile. Dalamar strinse le labbra in una linea incolore. Aveva sperato che lo Shalafi non decidesse di torturarlo sull’argomento, ma era stata una speranza vana.
«Shalafi, credo non sia un segreto per voi il fatto che io provi dei sentimenti per vostra sorella.» disse, con voce resa rauca dall’ira e dalla vergogna.
«Non è un segreto.- ammise Raistlin, scrutandolo- A quanto ne so non è mai stata nemmeno una cosa palese, però. Non mi risulta che tu e Katlin abbiate una relazione.»
«No, Shalafi. Non ne ho ancora parlato con lei.» ammise Dalamar, stringendo i denti.
«La ami? O semplicemente desideri averla, come un tempo possedesti Kitiara?» continuò Raistlin, all’apparenza tranquillo. Dalamar dovette contare fino a dieci prima di rispondere.
«Entrambe le cose. Shalafi, i miei sentimenti troveranno una vera forma solo quando ne parlerò con lei.- disse, teso come una corda di violino- Ve ne ho accennato per mettervi al corrente della visita di Takhisis, altrimenti li avrei tenuti per me. Sono conscio che non è il momento per certe cose. Avrei desiderio, se posso permettermi l’ardire, che non ne facciate parola con lei…e che il mio avvicinarmi a vostra sorella non scateni la vostra ira.»
«La mia ira? No.- disse Raistlin, sollevando appena un sopracciglio- No, sono convinto che questi siano fatti vostri. Ognuno decide di che morte morire. Purtroppo tu sei un elfo e lei un’umana, e sappiamo tutti e due come andrà a finire.»
Dalamar tremava da quanto si sentiva inondato dall’ira. Sapeva che lo Shalafi lo stava torturando con quel preciso scopo e sapeva che se provava una tale ira era perché l’arcimago stava mettendo in piazza tutti i dubbi che lui stesso aveva avuto fino a quel momento…e ancora aveva.
«Non ho bisogno di scendere in particolari davanti a Katlin, non temere.- continuò Raistlin, sempre guardandolo come se volesse dissezionarlo lì dove stava- Resterà un segreto fra noi. Diciamo che sei in debito con me, apprendista.»
Dalamar strinse i denti. Quella era una prospettiva terrificante quasi quanto l’incubo notturno.
«Cosa faremo, dunque, Shalafi?» chiese, cercando di riportare la conversazione sul tema originario. Raistlin poggiò la schiena contro lo scranno e chiuse per un attimo gli occhi, corrugando leggermente le sopracciglia. Poi, riaprì gli occhi, fissando il soffitto.
«Io, Katlin e Caramon andremo…»

***

«…a Dargaard Keep.» disse Raistlin.
«A Dargaard Keep?!- sbottò Caramon- E per quale motivo?
Raistlin attese qualche istante prima di rispondere. Era pomeriggio inoltrato e si trovava nel suo studio insieme agli apprendisti e al fratello gemello. Aveva convocato Katlin e Caramon non appena i due erano tornati da Solace, cosa che aveva subitaneamente sostituito il sorriso sul volto di entrambi con un oscuro cipiglio. Il racconto dell’incubo di Dalamar, la semplice informazione che la Tentatrice gli aveva fatto visita notturna, aveva preoccupato Caramon…e reso Katlin un pezzo di ghiaccio. Non fosse stato per il momento poco opportuno, la sua reazione avrebbe divertito Raistlin. Sua sorella sedeva ritta e immobile, il volto di pietra, le braccia incrociate sul petto in un inconscio gesto di ostilità. Non aveva più guardato Dalamar da che la conversazione era iniziata. Katlin, agli occhi di Raistlin, era gelosa marcia e lo stava mostrando senza nemmeno accorgersene. Dalamar, dal canto suo, era sulle spine. Non era possibile non rendersi conto della ragguardevole aura negativa emessa da Katlin. Quando comunicò loro la destinazione del loro prossimo viaggio, finalmente la maga aprì bocca.
«Perché Dargaard Keep?» chiese. La sua voce era secca come il suono di una sferza. Le labbra di Raistlin si arricciarono appena, prima che l’arcimago tornasse serio.
«A Dargaard Keep risiede una nostra vecchia conoscenza: Lord Soth.- rammentò loro- Un ottimo informatore, a mio avviso.»
«Vuoi parlare…con quello spettro?» chiese Caramon, sconvolto.
«Sì, è ciò che intendo fare, Caramon.» ammise Raistlin.
«Ma…Raist! Lord Soth è malvagio! E’ un emissario delle Tenebre!- sbottò Caramon, scioccato- Ti rendi conto di cosa stai dicendo?! Quello è lo spettro che ha portato Kitiara con sé nella morte!»
«Non parlare come se avessi improvvisamente perso la ragione, Caramon!- sibilò Raistlin, seccato da tutte quelle rimostranze- Ho una buona ragione se ho pensato a Lord Soth.»
«Il Cavaliere della Rosa Nera non serve Takhisis, se non quando ciò gli aggrada.- spiegò Katlin, con voce gelida, attirando l’attenzione di Caramon- Ha servito Kitiara perché la voleva per sé. Ha attaccato Palanthas perché prova odio verso la città a causa delle sue personali vicende. Non gli importa un accidente della vita dei mortali né delle beghe divine.»
«E nonostante ciò è abbastanza addentro nella Tenebra per saperne qualcosa.» finì Raistlin.
«Inoltre,- disse Dalamar, dopo aver riflettuto- c’è sempre la possibilità che incontriate lo spettro di Kitiara. Se Lord Soth l’ha legata alla propria maledizione, è probabile che sia anch’ella a Dargaard Keep e in quel caso di certo Takhisis starà cercando di averla a fianco anche dopo la morte. Kitiara aveva forza e ambizione da vendere…»
Un’occhiata che non sarebbe esagerato definire assassina gli arrivò dritta dagli occhi chiari di Katlin, zittendolo.
«Kitiara.- disse lei, e in quel nome riuscì a mettere tanto di quel disprezzo che persino Caramon la guardò con perplessità- Sì, può anche darsi. La presenza di Raistlin e Caramon potrebbe spingerla a mostrarsi, perché il richiamo del sangue resta forte. Se continua a servire Takhisis, però, non ci dirà nulla.»
«Se è per questo non vedo nemmeno perché Lord Soth dovrebbe dirci qualcosa.» borbottò Caramon.
«Perché mi rispetta…e mi teme, per quanto un non morto possa temere un vivente.- disse Raistlin, seccato- In quanto a Kitiara, sarebbe davvero utile approfittare delle sue ultraterrene conoscenze, ma credo che non sarà altro che un ostacolo persino da morta.»
Katlin storse le labbra in una smorfia, sembrò sul punto di parlare, poi tacque.
«Insomma, per cercare di riassumere, la Regina delle Tenebre ci vuole tutti morti e noi dobbiamo scoprire in che modo ha intenzione di vendicarsi per precederla sul tempo e porre fine ai suoi piani. Giusto?» chiese Caramon, cupo.
«Giusto, fratello mio. Salvando noi stessi probabilmente salveremo anche il mondo da un terribile futuro.» disse Raistlin. Il suo tono, però, non denunciava una particolare preoccupazione per le sorti di Krynn.
«Andiamo solo noi tre?» chiese ancora il guerriero. Raistlin annuì.
«Dalamar andrà a Wayreth ad informare il Conclave di una parte di questi sviluppi, la parte che non mi disturba sappiano, poi attenderà il nostro ritorno.» disse.
«E Crysania?» chiese Caramon.
«Ci ho già pensato io.» dissero in coro Raistlin e Katlin, per poi fissarsi. Raistlin corrugò la fronte, mentre la maga abbozzava un sorriso.
«Cos’hai fatto, tu?» chiese l’arcimago, seccato.
«Le ho affiancato due particolari guardie del corpo, a loro volta controllate tramite la magia.- disse Katlin, melliflua, soddisfatta dal brusco cambiamento d’umore del gemello- E tu?»
Raistlin non le rispose. Doveva immaginare che l’impegno di Katlin nel convincere Tasslehoff e Kyaralhana ad andare a Palanthas celasse qualche secondo fine. Lasciò cadere il discorso, in quanto due precauzioni erano meglio che una soltanto.
«Molto bene, dunque. Per oggi riposatevi. Domani ci metteremo in viaggio.» disse l’arcimago, congedandoli.
«Con mezzi tradizionali?» chiese Caramon.
«Con mezzi tradizionali.» rispose l’arcimago, sbuffando e facendogli bruscamente cenno di uscire. Era veramente stanco, e aveva bisogno di un po’ di solitudine. Caramon e Dalamar uscirono, l’elfo oscuro mantenendo una distanza di sicurezza da Katlin. La maga si chinò sul fratello per sfiorargli una mano in segno di saluto. Raistlin le afferrò bruscamente il polso.
«Temevi già per la vita di Crysania?» mormorò, guardandola fissa negli occhi.
«Anche tu, mi pare.» rispose nello stesso tono Katlin. Raistlin annuì, continuando a scrutarla. «Raist…credo di poter scoprire qualcosa se Kitiara è davvero a Dargaard Keep.- continuò, piano- Credo di essere in grado di legarmi alla sua mente.»
«Anche se la detesti?» le chiese Raistlin. Katlin strinse le labbra, ma annuì. «Perché questo odio, sorella mia?» indagò Raistlin, senza mollare la presa sul suo polso, costringendola a restare piegata su di lui. Un lampo d’ira balenò negli occhi freddi di lei.
«Ho sempre odiato il suo modo di fare, ho disprezzato le sue decisioni. La Signora dei Draghi…sì, ammetto che possedeva fascino e determinazione, ma alla fine dei conti si è dimostrata quello che era: una stupida.»
«Ammetto che il mio pensiero è lo stesso.- mormorò Raistlin- Credo però che il tuo astio sia dovuto anche a qualcos’altro, ormai…gelosia, forse?»
Katlin si fece indietro di scatto, ma Raistlin non mollò la presa. I due si fronteggiarono in silenzio, poi Katlin chiuse gli occhi e prese un grosso respiro. Riaprì le palpebre per fissare il fratello.
«Io non sono limpida come Caramon. Dentro di me si agitano sentimenti oscuri, lo ammetto…ma non ti permetto di guardarmi nell’anima, Raistlin.- disse, dura- Ciò che provo è affare mio.»
Lo scintillio metallico degli occhi di Raistlin sembrò dire il contrario, ma Katlin non aveva più voglia di discutere. Si liberò dalla stretta e uscì a passo svelto, chiudendo la porta dietro di sé. Raistlin la seguì con lo sguardo, cupo.
«Ti sei scelta una strada difficile, sorella mia.- disse fra sé, guardando la mano con cui l’aveva stretta- Molto, molto difficile. Spero per te che questo non ti conduca alla rovina.»

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Capitolo 9
*** 8 - Domande scomode ***


CAPITOLO 8

DOMANDE SCOMODE

I tre cavalieri procedevano faticosamente su per il passo senza spronare gli animali, già impegnati a cercare punti sicuri ove posare gli zoccoli. Inerpicarsi fino alle rovine del castello di Dargaard Keep non era un gioco da ragazzi. Molto meglio arrivarvi in volo, come fece notare Katlin osservando il territorio.
«Meglio ancora non andarvi affatto.» protestò Caramon, con un brivido, osservando la costruzione che si ergeva sopra di loro. Sullo sfondo delle nubi temporalesche, si allungavano verso il cielo i resti di un’imponente magione ormai in rovina. L’edificio era stato sconvolto dai crolli e dal fuoco, che aveva annerito la pietra fino a renderla più scura della stessa notte. Raistlin aveva detto che i resti del castello somigliavano vagamente alla sagoma di una rosa. Caramon non aveva alcun interesse in questi particolari. Era già tutto abbastanza lugubre per i fatti suoi. Lord Soth, il Cavaliere della Rosa Nera, era deceduto in quel castello dopo aver disubbidito agli Dei e aver compiuto molti misfatti. La sua colpa peggiore era stata lasciar morire la moglie e il figlioletto nell’incendio per una distorta gelosia, lasciando così che il Cataclisma si abbattesse su Krynn. La donna, un’elfa, lo aveva maledetto per l’eternità, e da allora Lord Soth e i suoi seguaci vivevano una non-morte, legati ai resti di quel castello senza che fosse loro concesso riposo. Caramon rabbrividì di nuovo. Tutto in quel cavaliere, dalle sue fattezze alla sua storia, sembrava nato per incutere terrore. Si voltò verso il gemello, che procedeva in mezzo alla fila.
«Tutto bene, Raist?» chiese. L’arcimago gli rispose con un gesto distratto, incitandolo a guardare di fronte a sé e non dietro, con il rischio di spezzarsi l’osso del collo. Un tuono scosse l’aria.
«Pioverà.» borbottò Caramon, preoccupato.
«No, le nuvole corrono troppo veloci.» disse Katlin, più indietro, e la discussione finì lì. La tensione pervadeva l’aria, ma non era quella precedente un temporale. Era l’aura malefica degli spettri del castello che serpeggiava giù per il passo, andando ad accogliere eventuali e non graditi visitatori.
Raistlin alzò gli occhi dorati sui resti sempre più vicini del castello. Erano parecchi giorni che viaggiavano a cavallo, diretti verso la loro meta. Erano partiti da Palanthas due giorni dopo aver preso la decisione di interrogare Lord Soth, lasciandosi Dalamar alle spalle. Fortunatamente il clima era stato clemente con loro e il loro passo era stato spedito. Avevano viaggiato lontano dalle strade principali e dai villaggi, lasciando a Caramon il compito di rifornirli di provviste e quant’altro. Sia lui che Katlin avevano fattezze piuttosto riconoscibili e Raistlin non voleva perdere tempo con un camuffamento magico. Doveva essere un viaggio veloce cui sarebbe seguito un altrettanto veloce ritorno. Probabilmente sarebbe stato necessario viaggiare ancora, in seguito, e in quel caso avrebbero nascosto la loro vera identità. Al momento, però, Raistlin la riteneva una fatica inutile. Un altro tuono rombò sopra la sua testa e Raistlin si tirò il cappuccio nero sul capo.
Prima della partenza, aveva preso le sue precauzioni. Prima di tutto, aveva controllato dalla Camera della Visione che non vi fosse movimento sospetto nella zona di Dargaard Keep. Come prevedeva, tutto era tranquillo. Gli unici ad aggirarsi per le pietre annerite erano i seguaci di Lord Soth. In seguito, probabilmente, la Regina avrebbe di nuovo voluto per i propri scopi l’intero castello, ma al momento coloro che la seguivano erano riuniti in qualche altro luogo. L’arcimago si guardava bene dal sottovalutare le capacità di Takhisis. Per quanto i preparativi dei Suoi piani fossero ancora agli inizi, l’arcimago non aveva dimenticato le espressioni sui volti di Paladine e Gilean quando gli avevano spiegato il motivo del suo repentino risveglio dal sonno magico. Il turbamento sui volti degli Dei e le loro parole, senza contare l’avvenimento senza precedenti del coinvolgimento di Gilean negli affari del mondo, avevano dato un’idea piuttosto chiara di quanto fosse terribile la visione delle divinità. Quale essa fosse, Raistlin non lo sapeva. Il futuro era cambiato quando lui aveva deciso di sacrificarsi per Crysania e Caramon. Pensava fosse cambiato ancora all’arrivo di Katlin e con la distruzione del Portale, ma sembrava che così non fosse. Se la visione degli Dei era ancora valida, occorreva saperne di più, e subito.
Dopo aver ponderato sulla decisione di recarsi da Lord Soth, aveva parlato con Crysania. Si era materializzato al limitare del terreno sacro del Tempio, la notte prima della partenza. Le aveva mandato un messaggio mentale e aveva atteso, nascosto fra le ombre come un’ombra più scura. Dopo qualche tempo, lei era arrivata. Lunitari brillava, tingendo la sua veste bianca di riflessi rossastri. I suoi capelli scuri si arricciavano al venticello notturno. Raistlin aveva ammirato il suo volto bello e calmo, e per un istante aveva lasciato che lei lo cercasse tra le ombre, godendo della sensazione di essere colui che Crysania desiderava. Poi era uscito dalle ombre, facendosi avanti.
«Crysania.» aveva mormorato, allungando una mano dalla pelle dorata verso di lei. Crysania gli aveva affidato le sue dita bianche e fragili, poi era scivolata nel suo abbraccio rovente e Raistlin l’aveva stretta forte, quasi crudelmente, anelante del profumo di lei come un assetato dell’acqua. Aveva affondato il viso nei suoi capelli, accarezzandoli con le dita, poi le aveva sollevato il volto e l’aveva baciata.
«Raistlin…» aveva protestato lei, senza convinzione. Raistlin aveva sorriso con ironia, le labbra ancora sulle sue. Sapeva che era rischioso per loro incontrarsi così vicino al Tempio, ma il rischio serviva solo ad aumentare la brama dell’arcimago. Crysania gli aveva posato le mani sul petto per allontanarlo, guardandolo con occhi grigi in cui la disciplina faceva a botte con l’amore. «Raistlin, non è il luogo per…»
«Quale luogo più adatto di un tempio ove si predica l’amore?- aveva ironizzato Raistlin, prima di lasciarla andare- Come vuoi, comunque.»
Crysania era stata scossa da un brivido e Raistlin aveva avvertito di nuovo la tentazione di afferrarla e condurla in un luogo segreto e sicuro, in cui avrebbero potuto congiungersi senza ferire gli occhi curiosi di nessuno. Aveva scosso la testa, conscio che non era il momento.
«Sei pallido, o è la luce di Lunitari che mi inganna?- gli aveva chiesto Crysania, preoccupata- Raistlin, cosa state facendo alla Torre?»
«Cerchiamo di scoprire chi ci vuole morti, Crysania, e a quanto pare non vi sono più dubbi.» aveva risposto Raistlin, affondando le mani nelle maniche della veste nera. Crysania si era portata una mano alla bocca e le sue labbra aveva sillabato il nome della Regina delle Tenebre. Raistlin aveva annuito. «Non vi sono più dubbi, visto che Lei ha visitato Dalamar nei sogni, tentando di strappargli il cuore. Vuole vendicarsi per la distruzione del Portale…e non solo.»
«Oh, Raistlin…è orribile!» aveva ansimato Crysania. Raistlin non aveva fatto commenti. Non ce n’era bisogno. «Cosa pensate di fare, ora?» aveva chiesto ancora la chierica biancovestita.
«E’ per dirti questo che sono qui. Crysania, domani io, Caramon e Katlin partiremo per Dargaard Keep.- le aveva detto Raistlin, a voce così bassa da essere appena discernibile- Ho alcune domande da fare a Lord Soth e Katlin crede di poter vedere nella mente di Kitiara, se se ne presenterà l’occasione.»
«Tua sorella Kitiara?!» Crysania era sobbalzata a quell'idea. «E Dalamar?»
«Andrà a Wayreth. Dobbiamo salvare le apparenze, ancora per un po’. Al momento mi fa comodo mantenere aperti i contatti con il Conclave.- aveva replicato Raistlin, poi le sue labbra si erano contorte in un sorrisetto- Inoltre, fossi in lui sarei grato di questa occasione di far sbollire la rabbia di Katlin. Mia sorella non ha gradito che Dalamar sia stato visitato dalla Tentatrice, né che le sia stata ricordata la breve relazione tra il mio apprendista e Kitiara.»
«E’…gelosa?- aveva chiesto Crysania, corrugando la fronte nel vederlo così divertito- Raistlin, dovresti convincere Dalamar a chiarire la questione con Katlin. Lei non farà mai il primo passo, ma lo ama.»
«Dovranno sbrigarsela da soli, come è giusto che sia.- era stata la brusca risposta di Raistlin- Inoltre non posso dire di apprezzare la loro scelta. Stanno dimostrando entrambi poco cervello.»
«Ma l’amore segue solo il cuore.» gli aveva ricordato Crysania, guardandolo con occhi luminosi. Raistlin si era riscosso a fatica dalla loro contemplazione.
«In ogni caso, non sono qui per parlare di questo. Desidero che tu faccia qualcosa per me, durante la mia assenza.- le aveva detto, e lei si era fatta attenta- Vai alla Biblioteca e spulcia le cronache degli ultimi due anni, cercando tutto quello che puoi sulla Regina delle Tenebre. Temo che troverai poco, ma preferisco esserne certo. Finché non torno, esponiti il meno possibile. Ciò significa, esci dal Tempio solo quando indispensabile…e portati sempre dietro i kender, anche se può sembrarti una richiesta irritante. Due protezioni sono meglio di una.» Le aveva sfiorato la fronte che aveva baciato prima di lasciarla partire dalla Torre di Wayreth. Crysania si era limitata ad annuire.
«Quanto starete via?» aveva chiesto, piano.
«Lo stretto necessario.- era stata la risposta di Raistlin- Non siamo ancora di fronte a minacce davvero pericolose, ma è meglio non prendere nulla sottogamba. Crysania…stai attenta.»
Ciò detto, si era dileguato nella notte, lasciandola sola. Aveva controllato che tornasse al Tempio, nascosto nell’ombra, prima di tornare a sua volta alla Torre. Là aveva trovato Katlin, sveglia e impaziente di partire. La giovane maga diventava molto attiva quand’era contrariata. Raistlin arrischiò un’occhiata dietro di sé. Katlin cavalcava con il viso atteggiato a una ferrea determinazione. Sembrava non vedesse l’ora di mettere alla prova i suoi talenti su Kitiara. Vagamente, Raistlin si chiese come sarebbe stato il rapporto tra le due se Katlin fosse cresciuta insieme a loro.
“Pessimo. Si sarebbero odiate a vicenda.- si disse subito dopo, con un sorrisetto- Purtroppo non avrò mai l’occasione di vederlo con i miei occhi.”
«Vedrò nel suo cuore.- aveva ribadito Katlin un paio di notti prima, in piedi a braccia conserte mentre guardava il cielo stando appoggiata ad un albero e Caramon lavava le pentole in un torrente- Sono certa di essere in grado di strappare le informazioni che ci servono dalla sua mente, se riuscirò ad entrare in contatto con lei.»
«Sempre che Kitiara ne sappia qualcosa.» le aveva ricordato Raistlin. Lei lo aveva guardato con freddezza.
«Lo sa, e ne siamo consci entrambi. Figurati se Lei non ha riunito attorno a sé tutti i suoi fedeli servitori, vivi o morti che siano. Ti diverti tanto a contraddirmi?» aveva detto, irritata.
«Semplicemente faccio l’avvocato del diavolo. Quando parlo con te, parlo con me stesso, e pondero pro e contro.- aveva risposto Raistlin, calmo- Buffo che tu ti irriti per così poco.»
Katlin aveva scrollato le spalle, tirandosi indietro le ciocche bianche dei capelli quasi con violenza, mischiandole a quelle scure.
«La mia maledizione è un potere, se usata bene. Cado in trance, contatto la mente dell’altro, guardo con i suoi occhi e ne leggo i pensieri. Non devo far altro che allenarmi e questa è una buona occasione.» aveva detto, con voce marmorea.
«E’ anche una buona occasione per farti ammazzare. Ricorda che Kitiara, nel migliore dei casi, sarà uno spettro. Il suo tocco è mortale.- le aveva ricordato Raistlin, scrutandola attentamente- Credo non ti farebbe piacere cadere per mano di qualcuno che disprezzi tanto.»
«Sono in grado di sopportare il suo tocco e anche di scrollarmela di dosso se avesse intenzioni ostili.» aveva replicato Katlin, con una smorfia sprezzante. Raistlin aveva continuato a guardarla, notando le sorprendenti somiglianze tra loro. Katlin emanava un febbrile nervosismo, una tensione palpabile per la voglia di rigettare i consigli ovvi che le stava dando. Era sprezzante, ironica, dura, quasi sgradevole. Raistlin aveva socchiuso gli occhi, pensando che Katlin era un interessante specchio in cui guardare se stesso.
«Tanto ardore per un elfo oscuro? Non riesco proprio a capirti, sorella mia.» aveva sussurrato, apparentemente senza malizia. Katlin aveva stretto le labbra in una smorfia.
«Io detesto Kitiara da quando ancora vedevo Dalamar con i tuoi occhi, perciò chiudi il becco. Non sai quello che stai dicendo.»
«Katlin, modera il tono quando parli con me.» aveva detto Raistlin, e la lieve minaccia nella sua voce era stata sufficiente a far rientrare Katlin nei ranghi. Difficilmente lei diventava irrispettosa nei suoi confronti. Doveva averla davvero resa furibonda.
«Forse provo qualcosa per Dalamar, e forse no. So benissimo cosa sono io e cosa è lui.- aveva detto Katlin dopo un po’, a bassa voce, quando l’arcimago già pensava che la conversazione fosse finita- Lasciami sbagliare per i fatti miei, fratello, se prenderò una decisione in questa direzione. La vita è sofferenza, ma non vivere affatto è molto peggio.»
«Lo ami?» aveva chiesto Raistlin. Katlin, dopo un attimo, aveva annuito. La discussione era finita lì, a causa del ritorno di Caramon, che li aveva guardati entrambi con sospetto per le loro facce cupe e il subitaneo silenzio al suo apparire. Raistlin non si era aspettato una confessione così aperta da parte della sorella e in parte lo aveva colpito la lucida visione dei fatti che lei aveva conservato. Katlin sapeva a cosa stava andando incontro e accettava le regole del gioco. Era meglio un attimo di felicità destinato a procurare un giorno la sofferenza più atroce, o non provare mai niente di tutto ciò? Mentre si avvicinavano al castello, Raistlin se lo chiese di nuovo. Lui si era negato ogni felicità per il potere e come risultato aveva ottenuto solo la solitudine e la morte. Kitiara aveva percorso una strada simile, raccogliendo alla fine del suo viaggio la stessa cosa. Forse Katlin non aveva tutti i torti.
Finalmente giunsero all’ingresso del cortile, che per quanto ingombro di macerie era comunque praticabile. Raistlin si mise alla testa del gruppo, con i fratelli a lato come guardie d’onore. I cavalli scartarono, nervosi. L’atmosfera del luogo era spettrale e gelida, e metteva addosso i brividi. A Raistlin non fece alcun effetto. Si fermò al centro del cortile, costringendo Caramon e Katlin a fare altrettanto, poi scese di sella. Caramon strinse forte le redini del cavallo quando vide un pallido cerchio di guerrieri morti apparire nel cortile, circondandoli.
«Raist…» rantolò.
Katlin gli fece segno di fare silenzio, appoggiandogli una mano sul braccio. Raistlin si guardò attorno con noncuranza e il guerriero si accorse che nessuno dei soldati spettrali accennava ad avanzare verso di loro. Si limitavano a guardarli e sorvegliarli, in attesa. Non poté comunque trattenere un brivido e si trovò ad invidiare la capacità di adattamento a tali situazione dei suoi fratelli. Anche Katlin, infatti, sembrava a suo agio, algida in sella al suo cavallo.
«Sono Raistlin Majere e sono qui per conferire con il vostro capo, Lord Soth.- disse Raistlin, con voce bassa ma perfettamente udibile in quella desolazione- Desidero fargli qualche domanda. Dopo di ciò, non turberemo oltre questo luogo con la nostra presenza di viventi. Abbiamo bisogno di risposte. Che il Cavaliere della Rosa Nera si faccia avanti.»
Per qualche momento non accadde nulla. Il vento continuò a soffiare fra le pietre, gli spettri continuarono a guardarli immersi in un silenzio mortifero. Raistlin tossì piano nella manica della veste e quello fu l’unico suono per diversi, lunghi istanti. Poi, il cerchio di guerrieri scheletrici si aprì, lasciando passare una figura imponente, ricoperta da un’armatura scura su cui campeggiavano i simboli traditi dei Cavalieri di Solamnia. Occhi illuminati da una luce arcana erano fissi su Raistlin, mentre lo spettro procedeva, portando con sé il gelo della morte.
«Lord Soth.» salutò Raistlin, con un lieve cenno del capo. Il Cavaliere della Rosa Nera si fermò a una certa distanza da lui, poi si inchinò.
«Raistlin Majere.- disse con voce d’oltretomba- E’ una sorpresa vederti giungere alla mia dimora. Non credevo le nostre strade potessero incrociarsi ancora…soprattutto dopo la tua scomparsa nell’Abisso.»
«Non è propriamente una visita di cortesia, Lord Soth, e la mia presunta morte è storia vecchia..» mormorò l’arcimago. Lord Soth annuì.
«Sì, lo immaginavo. Neppure Lei è riuscita a trattenere il tuo potere. Mi era giunta voce del tuo ritorno, pur nel mio mondo d’ombra. Credevo comunque che avessi motivo d’odio nei miei confronti.» disse.
«Per aver trascinato con te lo spirito di mia sorella Kitiara?- chiese Raistlin, con un sorrisetto sarcastico- Sono convinto che ognuno si scelga la propria strada e quella di Kitiara l’ha portata alla morte. Non mi importa nulla di ciò che le è accaduto.»
Soth lo guardò e nei suoi occhi luminosi passò qualcosa di simile all’approvazione. Con un gesto, ordinò ai suoi seguaci di lasciarli soli. Gli spettri scomparvero dal cortile, rendendo un po’ più facile la respirazione di Caramon.
«Perché sei qui, arcimago?» chiese Lord Soth, fissando il volto fine di Raistlin.
«Lord Soth, questa è una domanda superflua. Credo tu sappia che una Dea di nostra conoscenza trama ancora nell’ombra, allungando le sue dita rapaci su Krynn.» disse Raistlin.
«La Regina delle Tenebre è sempre impegnata a trovare un modo per porre il suo dominio su tutte le cose.- disse il Cavaliere della Rosa Nera, alzando per un attimo lo sguardo arcano alle nubi che si muovevano veloci- Ancora non capisco perché tu sia venuto a turbare il silenzio di Dargaard Keep.»
«Vuoi dirmi che davvero non ne sai niente?- chiese Raistlin, e al silenzio del cavaliere aggiunse- Io e coloro che con me hanno distrutto il Portale siamo recentemente stati oggetto di attacchi magici, portati da uomini in veste grigia che operano al di fuori delle leggi di Nuitari, Lunitari e Solinari. Soth, gli Dei hanno previsto un futuro capace di farli impallidire e Takhisis ne è la chiave. Tu non ne sei a parte?»
Lord Soth rimase in silenzio per alcuni, lunghi attimi. Il cavallo di Caramon scartò, nervoso, e il guerriero fu costretto a trattenerlo. Infine, lo spettro parlò.
«La Dea ha un piano, che è ancora alle sue prime tappe, ma che presto travolgerà Krynn come una valanga. Non ne conosco i particolari.- disse, con voce cavernosa- Ella ha richiesto i miei servigi e l’uso del castello, ma al momento glieli ho rifiutati. Ciò mi ha risparmiato dal saperne di più.»
«Perché questo rifiuto? Nella Guerra delle Lance hai preso parte attiva agli scontri.» chiese Raistlin, scrutando la sua forma spettrale con le proprie pupille a clessidra.
«La Dea mi ha sottratto ciò che era mio di diritto.» fu la brusca risposta di Lord Soth. L’arcimago rimase perplesso per un istante, poi capì.
«Kitiara.- sussurrò, fra sé- Così è vero…Takhisis utilizza ancora i suoi servigi.»
«Dovresti fare a lei le domande che mi hai portato, arcimago. Di certo ne saprà di più, sempre che decida di risponderti.» disse il Cavaliere della Rosa Nera, e nella sua voce vibrò un certo sarcasmo.
«Dove posso trovarla?» chiese Raistlin, gelido. Lord Soth guardò di nuovo le strane nubi che vorticavano attorno a Dargaard Keep.
«Tornerà stanotte. La sua morte l’ha comunque legata a me ed è costretta ad assistere ai miei supplizi, che lo voglia o meno.- disse- Verrà in ogni modo attratta dal sangue della sua famiglia.»
«Sei sorprendentemente accondiscendente con noi, Lord Soth.» disse Raistlin. L’arcimago percepì, più che vederlo, il sorriso del cavaliere della morte.
«Al momento, voi fate i miei interessi. Tarpando le ali a Takhisis, farete in modo che Kitiara torni a me, a vivere nella fredda notte, nel mio abbraccio di spettro.» sussurrò Lord Soth, la brama verso la spadaccina chiara in ogni sua parola. Il Cavaliere della Morte distolse la sua attenzione da Raistlin e venne avanti di qualche passo, finché non si trovò di fronte a Katlin. Il cavallo, terrorizzato, nitrì, ma la volontà di Katlin lo trattenne dov’era. Soth scrutò il suo volto e Katlin non abbassò lo sguardo.
«Ho sentito voci anche sulla sorella perduta, benedetta e maledetta dagli Dei.- sussurrò Soth, senza lasciare Katlin con il suo sguardo di fuoco- Le somigli. Somigli alla mia Kitiara.»
Katlin strinse le labbra in una linea così sottile da farle diventare bianche. Soth rise piano.
«Brucia il fuoco sotto il gelo. Lo vedo nei tuoi occhi.- disse- Sarà interessante assistere al vostro primo incontro. Kitiara odia le donne che incrociano la sua strada e quest’abitudine non è scemata con la morte del corpo. Vedremo di che fibra sei fatta, sorella ritrovata.»
Prima che Katlin potesse replicare qualcosa, Lord Soth si voltò di nuovo verso Raistlin, che aveva seguito la scena con tensione di poco inferiore a quella di Caramon.
«Potete attenderla qui nel cortile, ma non entrate nel castello.- disse il Cavaliere della Rosa Nera- Di notte vi accadono cose…spiacevoli, per orecchie viventi.»
Ciò detto, scomparve senza lasciare traccia. Il cortile era di nuovo vuoto e il vento vi fischiava, spettrale.
«Per gli Dei…- mormorò Caramon, cercando di riprendersi- Kat, stai bene?»
«Sto benissimo.- fu la brusca risposta di Katlin, che scese da cavallo- Ha voluto solo mettermi a disagio.»
«In realtà non mi è piaciuto affatto come la guardava.- mormorò Caramon a Raistlin, scendendo da cavallo a sua volta- Sembrava che volesse…non so, divorarla, o qualcosa di simile.»
«Gli ricorda Kitiara.- fu la brusca risposta di Raistlin, che sospirò nel notare l’occhiata di rimprovero del gemello- Sì, Caramon, non è piaciuto nemmeno a me e di certo non è piaciuto a lei. Vuoi andare da Lord Soth ad esporgli le tue rimostranze?» Caramon rabbrividì e Raistlin fece un gesto secco.«Allora chiudi il becco e lega i cavalli da qualche parte.- gli ordinò, alzando poi a sua volta lo sguardo al cielo- Dovremo pernottare qui, stanotte.»

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Capitolo 10
*** 9 - Kitiara ***


CAPITOLO 9

KITIARA

Raistlin camminava accanto al gemello, trascinando i piedi nudi nella polvere, le mani nelle tasche scucite dei calzoni e lo sguardo basso, mentre Caramon faceva sibilare un ramo raccolto chissà dove, fingendo assalti all’arma bianca contro goblin immaginari.
«Ah, ti ho preso, fellone!- esclamò Caramon, piroettando con la sua figura ben piantata accanto al ben più fragile gemello- Raist, hai visto come l’ho ucciso? Gli ho squarciato la pancia! Zac!»
Raistlin scoccò un’occhiata acida a Caramon con i suoi freddi occhi azzurri, occhi troppo adulti in un bambino di appena sei anni.
«Io vedo solo uno stupido con un ramo in mano.- disse, caustico- Finiscila di fare lo scemo. Mi dai fastidio.»
Caramon perse immediatamente la sua carica, assumendo un’aria da cane bastonato che fece andare Raistlin ancora più in bestia. Ma perché quel suo ritardato fratello non replicava mai, non aveva mai una sua opinione?! Lo riempiva di un tale nervoso essere fissato da quegli occhi da cucciolo ferito…
Caramon fece per aprire bocca per chiedergli scusa, come al solito, e Raistlin strinse i denti sulla propria probabile replica velenosa, quando alcune voci squillanti fecero udire il loro richiamo.
«Caramon! Ehi, Caramon! Vieni a giocare!»
Caramon si voltò verso i ragazzini che sostavano poco distante e sorrise, facendo un ampio cenno di saluto.
«Arriviamo!- gridò, festoso, poi si voltò verso Raistlin- Dai, Raist, andiamo a giocare con loro!»
«Non hai sentito? Hanno chiamato solo te, Caramon.» gli fece notare Raistlin, caustico.
«Oh…ma certamente volevano invitare anche te, Raist.- replicò Caramon, innocente- E’ che io sono grosso e forse ti ho coperto e non ti hanno visto.»
«Mi hanno visto benissimo. E’ che non mi vogliono.» ribatté Raistlin, sentendo la rabbia salire a nuovi livelli. Caramon ci rimase male, poi si fece cupo in volto, corrugando la fronte.
«Allora non ci vado neanche io, Raist. Non mi piace che ti escludano.» borbottò, per metà indignato e per metà dispiaciuto di dover rinunciare al gioco. Raistlin fece una smorfia.
«Fammi il favore, vai a giocare con quegli idioti.- disse, amaro- Io ti guarderò da lì, va bene? Sono stanco e voglio riposarmi.»
Gli indicò un ceppo comune su cui veniva tagliata la legna e Caramon lo guardò, incerto.
«Sei sicuro che ti vada bene?» chiese, titubante. Un’occhiata particolarmente venefica lo fece ritrarre, poi Caramon gli voltò le spalle e corse a giocare, pur guardandosi spesso indietro. Raistlin andò a sedersi sul ceppo, notando quanto poco ci volesse perché Caramon si facesse prendere dal gioco senza più altro pensiero. Appoggiò il piccolo mento sulle mani, un bambino magro al limite della denutrizione e con i vestiti rattoppati, i capelli scarmigliati. Era normale che gli altri bambini non volessero giocare con lui, così cupo e astioso e debole di costituzione. Raistlin disprezzava quei bambini, ma allo stesso tempo, guardandoli divertirsi, avvertiva un senso di mancanza, come se gli fosse stato tolto qualcosa.
Abbassò lo sguardo sui suoi piedi nudi, per metà al sole e per metà in ombra, e sospirò appena. Fortunatamente, entro poco tempo sarebbe andato alla scuola di magia e non avrebbe più avuto il tempo di pensare a cose stupide come i giochi a cui non poteva partecipare, o le amicizie che non era riuscito ad allacciare. Presto avrebbe imparato la magia e allora l’avrebbe fatta vedere lui a quegli sciocchi…
«A cosa stai pensando?»
Raistlin alzò la testa di scatto, accorgendosi che nel suo campo visivo erano entrati due piedi, nudi e sporchi quanto i suoi. Si trovò di fronte qualcuno che in un primo momento, per un istante confuso e inquietante, non riconobbe. Poi si rilassò. Doveva essere proprio assorto nei suoi pensieri, se non riconosceva più nemmeno sua sorella Katlin!
«Cosa vuoi?» mormorò, corrugando la fronte. Katlin si strinse nelle spalle, poi si sedette per terra a gambe incrociate accanto a lui, guardando il gruppo che giocava poco distante. Raistlin osservò sua sorella. Come lui, Katlin appariva denutrita e trascurata. La loro mamma soffriva di crisi che non le permettevano di badare alla casa e ai figli, compito demandato a Kitiara, che non lo eseguiva con grande entusiasmo. Katlin indossava gli stessi abiti maschili, frusti e ormai corti, dei fratelli gemelli. La sua magrezza, l’abbigliamento trascurato e la grande somiglianza con lui e Caramon spesso non lasciavano trapelare in alcun modo il fatto che fosse una femmina. Non era facile essere in tre, così diversi nel cuore, eppure di aspetto identico.
«Caramon si diverte, eh? Beato lui.» disse Katlin, fissando il gemello con i suoi amorevoli occhi blu. Raistlin si strinse nelle spalle magre, dando ad intendere che a lui non importava granché. «Anch’io vorrei giocare.» sospirò Katlin, e Raistlin si irritò, perché Katlin metteva sempre a voce i suoi pensieri nascosti.
«Allora vai.» disse, acido.
«Lo sai che non mi vogliono.» disse Katlin, con una serenità apparente che non convinse Raistlin. I maschi dileggiavano lui e le bambine prendevano in giro lei. Solo Caramon, tra loro, aveva il dono di piacere alla gente. E Kitiara, ovvio…ma il suo modo di piacere era parecchio aggressivo. Si accorse che Katlin aveva un livido che cominciava a formarsi sotto l’occhio.
«Cos’è successo?» le chiese, toccandole appena il rigonfiamento. Katlin gli spostò la mano.
«L’arpia mi ha picchiata perché ho bruciato le uova.- rispose, sempre con tono tranquillo- Da quando ha deciso di andare via, sta cercando di trasformarmi in una femmina per lasciarmi la cura della casa.» Fece una smorfia, come se la cosa fosse un disonore.
«Allora l’hai capito anche tu, che vuole andarsene?» disse Raistlin, alzando lo sguardo al cielo.
«Certo! Non sono mica stupida!- sbottò Katlin, lasciando finalmente trapelare il suo reale stato d’animo- Lei se ne andrà a cercare quel suo stupido padre e tu te ne andrai alla scuola di magia! Non è giusto!» Katlin batté il piccolo pugno a terra, mentre il suo viso si trasformava in una maschera fremente di indignazione.
«E perché non sarebbe giusto?- chiese Raistlin, già sul piede di guerra- Quel mago ha detto che in me c’è del potere. Cos’hai da ribattere…»
«Non ho da ribattere! Lo so che tu puoi farcela, perché sei il più intelligente fra noi.- disse Katlin, con la voce vibrante di pianto, sempre senza guardarlo- Ma anch’io vorrei andare a scuola! Non voglio diventare una donna di casa e Kitiara non mi ci può costringere!»
«La mamma o il papà ti insegneranno a leggere e scrivere.» sbuffò Raistlin, che già non ne poteva più di quella lagna.
«No! Io voglio studiare la magia!» ribatté Katlin, fissandolo finalmente negli occhi con una decisione ferrea. Raistlin impallidì, poi divenne livido di rabbia.
«Non puoi!- le sibilò in faccia- La magia appartiene a me! A me soltanto!» Si rendeva conto di aver assunto un atteggiamento assurdo, ma che Katlin si mettesse in competizione con lui, questo non se lo sarebbe mai aspettato.
«E invece io la voglio studiare!» replicò Katlin, veemente. Raistlin le diede una spinta, furibondo, facendola cadere a terra. Katlin si sollevò di scatto come un gatto e gli si avventò contro, scaraventandolo a sua volta al suolo. Raistlin perse il fiato e fece una smorfia, pronto a cavare gli occhi a quella sua stupida sorella, quando qualcosa gli bagnò il viso, gocciolandogli sulle guance. Alzò lo sguardo su Katlin, che praticamente era seduta sul suo petto, e vide che stava piangendo. Non era un pianto da capriccio: era davvero addolorata.
«Io…le uova, oggi…non le ho bruciate perché ero disattenta.- singhiozzò, passandosi una manica sporca sugli occhi- Le ho bruciate perché…perché sono andata in un altro posto.»
«Sei uscita di casa?» chiese Raistlin, l’ira momentaneamente in pausa per quella reazione inaspettata. Katlin scosse la testa. Il suo viso era rosso e congestionato.
«Sono andata da qualche altra parte…come fa la mamma. Il mio corpo era in cucina, ma la mia testa era da un’altra parte.- singhiozzò- Oh, Raist! Io ho paura! Ho paura di diventare come lei!»
Raistlin sentì tutto il sangue defluirgli dal volto. Sua madre soffriva di crisi di veggenza che portavano la sua anima lontano, in luoghi che i suoi figli non potevano né vedere né capire. Spesso non era molto più presente di un vegetale. Potevano passare ore, se non giorni, prima che tornasse a dare un segno di vita.
Il pensiero che la propria gemella stesse per avviarsi sulla stessa strada gli mise addosso i brividi e allo stesso tempo, pur sentendosi colpevole, avvertì un senso di sollievo per non essere l’erede designato di quella sciagura. Si chiedeva da tempo chi di loro sarebbe stato contagiato dalla tara materna, ed ora essa si era manifestata in Katlin. Ma Raistlin non ne era ancora fuori…non ancora. Lui era il più astuto e preciso, e Caramon era il più forte. Katlin aveva doni e carenze di entrambi, il che significava che era buona a far tutto ma non sarebbe mai arrivata all’eccellenza in niente. La sensibilità della sua gemella la rendeva consapevole di questo perfino a quella tenera età. Era orribile che a questo si fosse aggiunto quel potere assurdo e dannoso, e ancora più orribile che lui avesse accolto la notizia con un retrogusto di sollievo.
«Io credo…credo che se capissi questa maledizione, forse potrei controllarla.- borbottò Katlin, sempre piangendo- Penso che la magia mi potrebbe aiutare, Raist.»
Raistlin si alzò a sedere e Katlin scivolò a terra, il visetto chiuso tra le mani, le spalle scosse dai singhiozzi. Raistlin la fissò in silenzio, sentendosi un verme, avvertendo comunque riluttanza nel renderla partecipe di ciò che un giorno sarebbe stata la sua gloria. Poi sospirò e l’affetto che provava per lei tornò a toccargli il cuore. Katlin era buona con lui. Non nel modo cieco con cui Caramon gli affidava il suo cuore, ma con la consapevolezza di chi condivide e vede. Katlin limava i loro attriti, chiudeva le falle tra loro, li faceva smettere di litigare quando esageravano, con il rischio di diventare il bersaglio delle loro urla. Faceva a botte con loro se la facevano arrabbiare, litigava urlando a tutto spiano, ma poi tendeva loro le mani e restava così, fra i due maschi così dissimili che si riassumevano in lei.
Le posò una mano su quei capelli arruffati che appena lavati erano tanto belli, incapace di un gesto d’affetto più palese.
«Io dovrò stare lontano per tutto l’anno e non ti potrò aiutare.- disse, cupo quanto un bambino di quell'età non avrebbe dovuto essere- Papà non vorrà chiedere a quel mago che si paghi la scuola anche per te…la vede come una carità. Però, se mi prometti di cercare di controllarti mentre sono via…» Si morse il labbro inferiore e dovette letteralmente strapparsi di bocca le parole successive. «…durante le vacanze estive, quando tornerò dalla scuola, ti insegnerò quello che ho imparato. Avrai solo tre mesi di tempo e non riuscirai ad imparare tutto, ma questo almeno lo posso fare.»
Katlin sollevò il viso congestionato dalle lacrime e lo guardò, tirando su con il naso.
«Davvero?» gli chiese, incerta. Raistlin annuì. Katlin lo osservò per qualche istante in silenzio, come per cercare di leggergli negli occhi i limiti di quella proposta, poi sorrise timidamente. «L’importante è non arrivare mai a pestarsi i piedi…non è vero, Raist?»
Raistlin la fissò sbalordito per la sua acutezza, poi annuì. Sì, l’importante era non invadere il territorio dell’altro. Se volevano convivere, loro tre gemelli, ognuno avrebbe dovuto trovare una strada diversa su cui avventurarsi. Potevano esserci dei punti di contatto, ma niente di più. Per il bene di tutti. In quel momento, Caramon corse da loro, il viso a metà tra il preoccupato e il contrariato. Doveva aver notato il pianto di Katlin e aveva lasciato il gioco agli altri. Raistlin sbuffò, guardando altrove, mentre Katlin si asciugava con la manica il naso che cominciava a colare.
«Kat! Perché piangi?!- esclamò Caramon, accovacciandosi accanto alla sorellina- Raist, avete litigato?»
«No.» replicò seccamente Raistlin, irritato da quell'accusa non troppo lontana dalla verità.
«No, Caramon!- disse Katlin, afferrando una mano del fratello- Raistlin mi ha appena fatto una promessa bellissima che mi ha fatta smettere di piangere. Piangevo perché Kitiara mi ha picchiata ed ero arrabbiata.»
«Oh…- mormorò Caramon, notando l’occhio pesto della sorella con pietà- Kat, lo sai che non devi far arrabbiare Kit. Lei non sa dosare i suoi ceffoni.»
«Ho avuto una crisi come quella della mamma.» borbottò Katlin. Raistlin la guardò con irritazione, notando il pallore di Caramon. Non avrebbe voluto che raccontasse tutto anche a lui. Caramon la abbracciò, terrorizzato, ma Katlin, dopo aver ricambiato l’abbraccio, se ne liberò.
«Andrà tutto bene, Caramon. Raist mi aiuterà a trovare una cura, se tu non lo dici a mamma e papà…e a Kit.- disse Katlin, voltandosi poi verso il più fragile gemello- Vero, Raist?»
Raistlin si incupì sotto lo sguardo di quelle due paia d’occhi.
«E’…è vero, Raist?» chiese Caramon, speranzoso. Raistlin scrollò le spalle e borbottò un assenso. Due sorrisi identici e luminosi come il sole d’estate gli furono rivolti dai due gemelli, facendolo dapprima irrigidire per costringerlo poi a sospirare e scuotere la testa. C’era un tale amore per lui in quei due sorrisi che non poteva restare indifferente. Per una volta, i loro sentimenti gli toccarono il cuore.
In quel momento, un’ombra si posò su di loro, facendo simultaneamente alzare la testa ai tre. Kitiara era in piedi di fronte a loro, i pugni sui fianchi, i riccioli scuri ad incorniciarle il volto che sotto il solito sorriso sardonico nascondeva un’irritazione palese.
«Bene bene, cos’abbiamo qui?- chiese Kitiara, con voce melliflua- I miei fratellini che fanno la figura degli straccioni davanti a tutta Solace!»
Tutti e tre abbassarono per riflesso lo sguardo sui piedi nudi ricoperti di polvere. Kitiara era fissata con il fatto che dovessero portare le scarpe, benché tutti e tre avessero solo calzature male in arnese e ormai troppo piccole. Non le importava molto che fossero sporchi, laceri e trascurati, ma la mancanza di scarpe…quella era sciatteria vera e propria!
«Quante volte ve lo dovrò dire che solo i contadini girano a piedi scalzi?!- sibilò Kitiara, spedendo lampi dai profondi occhi scuri- Volete che ci giudichino proprio dei pezzenti?! Non me ne importa niente di voi, dopotutto siete figli di uno stupido taglialegna, ma io sono nobile di nascita! Il mio è un sangue importante e non voglio che i miei fratelli vengano considerati degni di andare a zappare la terra e spalare il letame!»
«Kit, non arrabbiarti! E’ che le scarpe ci vanno strette…» tentò di replicare Caramon. Una mano passò veloce nell’aria e solo un passo indietro fatto al momento giusto salvò Caramon dal ritrovarsi cinque dita stampate sulla guancia.
«Non ribattere con me, Caramon! Che soldato sarai se metti in discussione le decisioni del tuo generale?- continuò Kitiara, puntando l’indice contro il bambino- Il fatto che siano piccole è solo una scusa. E comunque, non possiamo permettercene altre.»
«Mettitele tu, se ti piacciono tanto.» sibilò Raistlin, non abbastanza piano da passare inosservato. Kitiara spostò il suo sguardo di fuoco su di lui. Raistlin avvertì una strana sensazione, come se la sua anima si ritraesse dalla figura della sorella maggiore. Kitiara doveva essere davvero furibonda per fargli un tale effetto.
«Non ho sentito bene, Raistlin. Vuoi ripetere?» chiese Kitiara. Le sue labbra si arricciarono in un sorriso storto che somigliava molto ad un ringhio.
«Kit…» tentò di nuovo Caramon.
«Tu stai zitto! E’ una questione tra me e questo mucchietto d’ossa.- sibilò Kitiara- La sua mancanza di rispetto ha superato il limite.»
Raistlin avvertì un interno moto di ribellione. Che diritto aveva Kitiara di farlo sentire in pericolo, uno scricciolo inerme di fronte alla sua forza, che al contempo invidiava e disprezzava? Si tirò in piedi, furioso.
«Stai solo cercando una scusa per darmele, sorella, o mi sbaglio?- disse, investendola con la veemenza delle sue parole- Cos’è, picchiare Katlin non ti è bastato?»
«Picchiare CHI? Ma di chi diavolo stai parlando?» chiese Kitiara, con una smorfia. Per un attimo, Raistlin pensò che stesse scherzando. Poi si rese conto che negli occhi di Kitiara c’era solo una gran voglia di sfogare la propria ira, ma non la menzogna. Guardò Caramon, sbalordito quanto lui, poi si voltò verso Katlin. Il volto sorpreso della sorellina cambiò impercettibilmente. Gli occhi si fecero più duri, l’espressione si affinò e d’un tratto Raistlin stesso fece fatica a riconoscerla.
«Ora ti insegno io a prendere per i fondelli tua sorella maggiore.» sbottò Kitiara, allungando il braccio per ghermirlo. Raistlin fu invaso da un senso di tale orrore, come se fosse la mano di un morto ad allungarsi verso di lui, che chiuse gli occhi. Sentiva il pericolo in ogni fibra del suo corpo e un senso di gelo che si avvicinava, diretto al suo cuore. Poi un’ombra si frappose tra lui e quel gelo e d’improvviso tutto divenne chiaro.
Fu il mago e non il bambino colui che riaprì gli occhi sul cortile ammantato di notte e vento davanti al castello di Lord Soth a Dargaard Keep, maledicendosi per essersi addormentato. Era semisdraiato contro una sezione di parete crollata e Caramon era appena balzato in piedi con la mano sull’elsa della spada. Di fronte a Raistlin stavano Katlin e Kitiara. La spadaccina fantasma indossava ancora l’armatura da Signore dei Draghi con cui era morta e nell’oscurità sembrava quasi viva, gli occhi scintillanti, il viso contratto in una smorfia d’ira. La sua mano si era davvero protesa verso Raistlin, agendo nella realtà come nel sogno, ma Katlin si era messa in mezzo. La maga dalle vesti rosse teneva un braccio di fronte a sé, al momento chiuso nella morsa rabbiosa della mano incorporea di Kitiara, e Raistlin non poteva vederla in volto. Sotto i suoi occhi, Katlin si afflosciò, cadendo in ginocchio sul pavimento, la testa ciondoloni. Non era morta…forse era in trance.
«E questa chi diavolo è?- chiese Kitiara, e la sua voce suonò ben poco dissimile da quella che era stata in vita- Vengo ad invitare i miei fratellini nella dolce morte e scopro che si fanno proteggere da una donna.»
«Kat…» rantolò Caramon, diviso tra la preoccupazione per la sorella e i sentimenti contrastanti nati in lui alla vista del fantasma di Kitiara. Non riuscì a muoversi. Il guerriero era pallido come un cencio e i suoi occhi erano addolorati. Raistlin sospirò, seccato dal sentimentalismo di Caramon, poi si alzò e andò a mettersi accanto a Katlin, fronteggiando Kitiara. La maga dalle vesti rosse sembrava avere gli occhi chiusi, me le sue sopracciglia si contraevano, segno che era davvero in trance.
«E’ poco gentile da parte tua, sorella, cercare di ucciderci durante il nostro primo incontro dopo tanto tempo, e in sogno per di più.» mormorò Raistlin, tornando a guardare Kitiara. Lei sorrise il suo sorriso furfantesco, poi scrollò la testa. Fu inquietante vedere che i suoi riccioli scuri non seguivano il movimento.
«Ho tentato, ma mi è andata male.- disse, poi guardò con disprezzo Katlin- E questa temeraria chi è? Avrebbe dovuto essere già morta.»
«Non l’hai avvertito? Non ti è stato detto da Colei che servi?» chiese Raistlin, socchiudendo appena gli occhi. Kitiara non cambiò espressione, ma Raistlin vide nei suoi occhi una certa malizia. Allungò una mano verso Katlin, pur senza sfiorarla per non distrarla dalla sua concentrazione. «E’ nostra sorella, Katlin Majere.- disse, sollevando appena un sopracciglio- Destino vuole che vi incontriate sulla soglia di vita e morte.»
Kitiara fece una smorfia, poi guardò Caramon con la stessa decisa sfrontatezza di un tempo.
«Caramon, segui ancora questo scheletro ambulante?- chiese, discorsiva- Pensavo avessi più buon senso! Lasciarlo a se stesso ti avrebbe allungato la vita.»
«Che vuoi dire?» chiese Caramon, ma di nuovo Kitiara aggirò l’argomento.
«Cosa ci fate qui, fratellini…e sorellina?- guardò Katlin con disprezzo- Non è un luogo di piaceri, questo.»
«Sai bene perché siamo qui, Kitiara.» disse Raistlin. Kitiara rise, gettando indietro la testa e mettendo in evidenza la bella linea del collo.
«Forse lo so e forse no.- disse, con un sorrisetto- Voi che ne dite?»
«Dicci quello che sai, Kitiara.- le ingiunse Raistlin, notando al contempo che Katlin stava tornando in sé- Non siamo qui per perdere tempo. Sappiamo benissimo che tu sei a parte dei piani di Takhisis.»
«E credi che li verrei a dire a te, anche se li conoscessi?» chiese Kitiara, maliziosa.
«Credevo che il tradimento fosse il tuo pane quotidiano.» ritorse Raistlin, sardonico. Kitiara strinse le labbra e i suoi occhi avvamparono d’ira. Il gelo che emanava si accentuò.
«Faccio parte di un progetto grandioso, Raistlin, un progetto che non mi va che tu conosca. Ti basti sapere che presto morirai e che Qualcuno ti aspetta con ansia dall’altra parte.- sogghignò- Se siete venuti a chiedermi informazioni, avete fatto un sacco di strada per niente.»
Katlin ridacchiò e il suono sembrò colpire Kitiara come uno schiaffo. Barcollando, Katlin si tirò in piedi. Era bianca come un cencio, ma sorrideva con una buona dose di ferocia. In quel momento somigliava davvero alla sorella che tanto detestava.
«E’ un vero peccato che anche nella morte tu anteponga la sete di potere ai legami di sangue, Kitiara.» sussurrò, melliflua, poi rise ancora, piano. Caramon la guardò con perplessità, ma Raistlin non fece una piega. Katlin doveva aver visto nella mente di Kitiara qualcosa che aveva stuzzicato il suo macabro senso dell’umorismo. Improvvisamente, dal castello si levò un canto che fece loro accapponare la pelle. Sotto quel suono, la forma corporea di Kitiara sembrò farsi più evanescente. Katlin alzò il viso alla facciata carbonizzata del castello.
«La tortura infinita di Lord Soth.- mormorò- Sei attesa, Kitiara.»
Kitiara storse il volto in una smorfia terribile, che riassumeva ira e terrore. Lord Soth non aveva mentito: nonostante Takhisis avesse richiesto i servigi di Kitiara, lo spettro di lei non poteva slegarsi del tutto da quello di Lord Soth. La morte l’aveva unita a lui, che lo volesse o meno.
«Lieta di avervi visto un’ultima volta, fratelli miei.» sibilò Kitiara, iniziando a svanire.
«Kit! Kit, non c’è modo che tu possa riposare in pace?» chiese Caramon, venendo avanti di un passo. Kitiara lo guardò come se non capisse di cosa stava parlando, poi sorrise e svanì. Il guerriero rimase a guardare il cortile ora vuoto, incerto. In quel sorriso c’era stato scherno…ma anche, Caramon ne era sicuro, un forte rimpianto.
«Coraggio, andiamocene di qui.- disse Raistlin, appoggiandosi al Bastone di Magius- Abbiamo fatto un viaggio a vuoto.»
Caramon guardò Raistlin, perplesso, mentre Katlin slegava i cavalli, e si accorse dell’occhiata ammonitoria del gemello. Chiuse la bocca e non fece domande, conscio che Katlin avrebbe rivelato loro il successo o il fallimento del suo tentativo solo quando fossero stati molto lontani da Dargaard Keep.
Montarono a cavallo e iniziarono a discendere il passo guidati dalla luce del Bastone di Magius, con alle spalle il coro spettrale che narrava la decadenza e la maledizione di Lord Soth. Rimasero in silenzio fino alle prime luci dell’alba, quando gli echi del canto infernale si spensero e il castello non era che una scura ombra lontana. Solo allora Raistlin si voltò verso Katlin.
«Sei riuscita a vedere qualcosa?» chiese. Il sorriso maligno sul volto di lei lo rassicurò.
«Sono riuscita a vedere tutto ciò che ci potrà essere utile…e anche qualcosa in più da usare come asso nella manica.» disse, poi rise.
«Perché ridi così, Kat? Cos’hai visto nella mente di Kitiara?» chiese Caramon, perplesso. Katlin rise ancora, più piano, mentre i raggi del sole le indoravano i capelli scuri.
«Ho visto suo figlio.» disse.

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Capitolo 11
*** 10 - Il futuro in pericolo ***


CAPITOLO 10

IL FUTURO IN PERICOLO

Crysania si chinò sul malato, sfiorando la forma smagrita e sudata, guardando con dolcezza gli occhi smaniosi e supplicanti del pover’uomo.
«Reverenda Figlia…lasciate a noi il compito di…» tentò di protestare il suo assistente, ma Crysania scosse il capo e lo guardò con aria di pacato rimprovero.
«Che guida può essere chi demanda i compiti più importanti agli altri?- chiese, piano- E cosa c’è di più importante che portare conforto e guarigione ad un altro essere umano?»
L’assistente chinò il capo, accettando il rimprovero e facendo un passo indietro. Quasi andò a sbattere contro i due kender, che sostavano dietro di lui. Li guardò con oscuro cipiglio, chiedendosi per l’ennesima volta cosa ci facessero quelle due creature fastidiose costantemente alle costole della Reverenda Figlia Crysania. La seguivano come ombre da quando la Reverenda Figlia era tornata dalla sua visita alla Torre della Stregoneria di Wayreth. Sospirò e si fece da parte di fronte al loro sorriso disarmante. Beh, perlomeno si erano fatti silenziosi da quando erano entrati nei vecchi magazzini in cui erano stati ricoverati i malati e Tasslehoff Burrfoot era pur sempre un Eroe delle Lance. Doveva portare pazienza.
«Cos’hanno di preciso?» chiese Tasslehoff, piano.
«Colera.» fu la brevissima risposta del chierico.
«Oh…- mormorò Tas, prima di guardare Kyaralhana e sussurrarle nell’orecchio- Non credo che Kat e Raistlin sarebbero molto contenti di sapere che Crysania sta in mezzo a malati di colera.»
«Forse, ma lei è un chierico, no? E’ il suo mestiere.- obiettò Kyara- Piuttosto, non è che ci ammaleremo anche noi? Io non ho mai avuto il colera! Dev’essere un’esperienza interessante!»
Un’occhiataccia dell’assistente di Crysania li zittì. Tasslehoff si guardò attorno. Ovunque si affaccendavano i chierici, portando preghiere e cure più pratiche. Da quel poco che aveva intuito dalle conversazioni di Crysania con gli altri chierici, la malattia era arrivata a Palanthas con l’equipaggio di una nave e bisognava arginarla immediatamente prima che si diffondesse. I magazzini in cui i malati erano ricoverati erano veramente squallidi e puzzavano di pesce, ma i chierici stavano facendo un buon lavoro e secondo Tas avrebbero salvato la maggior parte delle vite, volendo Fizban. Corrugò la fronte pensando che Crysania, in quel modo, stava disobbedendo al volere di Raistlin.
Qualche notte prima, l’arcimago era andato a visitare Crysania. Per puro caso (stava facendo un giro nel parco del Tempio mentre Kyara dormiva), Tas aveva assistito alla conversazione e aveva saputo che Raistlin temeva un attacco alla vita di Crysania. Anzi, probabilmente tutti coloro che erano andati alla ricerca dello Scettro dei Tre erano in pericolo! In quell'elenco c’erano anche lui e Kyara, senza contare che lui era stato nell’Abisso e aveva visto la Dea, per quanto cercasse di dimenticarsene. Kat aveva visto giusto dicendo loro di proteggere Crysania. Raistlin aveva detto alla chierica di non uscire dal Tempio tranne che per andare da Astinus, ma Crysania aveva i suoi doveri e quella mattina aveva deciso di darsi da fare insieme agli altri chierici. Era una situazione adatta ad un attentato e Tas teneva costantemente una mano sull’elsa del suo piccolo pugnale. Il kender era ad un tempo preoccupato ed eccitato per la prospettiva di un po’ d’azione. Kyara sembrava molto più tranquilla, ma d’altronde non aveva molta esperienza in queste cose.
Crysania, nel frattempo, prestava le sue cure al malato che le stava di fronte, pregando Paladine a fior di labbra. La chierica non era ignara del pericolo che correva esponendosi in un momento di tale confusione, ma quello era il suo dovere e lei non aveva alcuna intenzione di sottrarvisi. Aveva rischiato la vita altre volte e non si sarebbe comportata da vigliacca solo per il timore di un attacco alla sua persona. In quei giorni aveva pensato spesso alle parole di Raistlin, e aveva deprecato la sua decisione di andare a Dargaard Keep. Dal suo punto di vista, era un po’ come gettarsi nella bocca del lupo. La Regina delle Tenebre poteva anche avere sete di vendetta su tutti loro, ma di certo le sue vittime designate erano i Majere. Avrebbe fatto tutto il possibile per avere tra le sue grinfie Raistlin e Katlin. C’era anche da considerare che Takhisis amava portare sofferenza alle sue vittime e che avrebbe potuto colpire i due nei loro affetti. Di conseguenza, anche lei era in pericolo…ma sapeva badare a se stessa, con l’aiuto di Paladine.
Le sue preghiere ebbero l’effetto sperato e il colorito del malato migliorò rapidamente. Sorridendo alle manifestazioni di ringraziamento del marinaio, Crysania si alzò per recarsi dal malato successivo. Un tempo si sarebbe inorgoglita a quelle parole, ma ora le bastava la tranquilla gioia di aver portato conforto ad un’anima sofferente. Quanto era cambiata…cresciuta. Elistan sarebbe stato contento di saperla così mutata. Sorrise appena, mentre si avvicinava alla sagoma raggomitolata, poi il sorriso si spense nel riflettere su quanto poco avesse scoperto in quei giorni alla Grande Biblioteca di Astinus. Lo Storico le aveva concesso di consultare i libri, ormai quasi abituato alle sue incursioni, ma l’aveva avvisata che lui scriveva la storia del mondo, non i piani degli Dei. Il suo avviso era stato veritiero: nelle righe che descrivevano la loro passata avventura non c’era nulla che potesse farle intendere cosa Takhisis si preparasse a fare. Nonostante ciò, aveva ricopiato diligentemente ogni accenno, sperando che Raistlin potesse vedere tra le parole qualcosa che a lei sfuggiva.
Crysania avvertiva l’inquietudine del suo Dio, ma Paladine non voleva o non poteva darle le visioni che lei chiedeva nelle sue preghiere. Doveva lasciare le indagini nelle mani di Raistlin, poiché a quanto ne sapeva nemmeno il Conclave era andato avanti di molto nelle sue ricerche. Proprio il giorno prima le era arrivato un messaggio da parte di Dalamar, l’elfo oscuro, che la informava di come stavano proseguendo le indagini a Wayreth. L’unica cosa che il Conclave era riuscito a mettere sul banco era l’effettiva scomparsa di circa quindici maghi, tra vesti rosse e nere, di età e provenienza molto varia.
“Ciò non significa,- aveva aggiunto Dalamar, mettendole addosso i brividi- che possiamo circoscrivere a questi nomi l’anomalia di cui siamo stati testimoni. Non mi sorprenderei se altri, a loro affiliati, camminassero ancora tra noi indossando le solite vesti e professando la fede negli Dei della Magia. Come Par-Salian ha acutamente sottolineato, dovremmo riunire tutti i maghi e costringerli ad operare la magia in presenza del Conclave per scovare i traditori. Vi renderete conto, Reverenda Figlia, che stiamo parlando di un provvedimento pressocchè inattuabile, almeno in tempi brevi. Ho paura che sarà compito nostro spingerci oltre queste poche tracce.”
Crysania trattenne un sospiro, mentre si inginocchiava accanto al malato avvolto in un manto grigio e consunto nonostante il caldo. Non era tempo di pensare a certe cose. Aveva da fare e quei malati meritavano tutta la sua attenzione. Avrebbe avuto tempo di riflettere una volta tornata al Tempio, nelle sue stanze. Sulle sue labbra sbocciò il sorriso mentre allungava le mani verso il malato per portargli conforto. Nessuno poté reagire per tempo quando questi si alzò a sedere di scatto con un movimento serpentino, tenendo stretto in mano un pugnale lucente.
Crysania alzò le mani davanti al viso per riflesso, ben sapendo di non avere nemmeno il tempo di invocare Paladine a sua protezione, mentre dietro di lei si levavano le esclamazioni sgomente dei kender e del suo assistente. Nel momento in cui la lama avrebbe dovuto sprofondare nel suo petto, però, una luce rossa avvolse il corpo della chierica, respingendo la lama, seguita a brevissima distanza da una serie di scariche che colpirono l’arma del delitto, la quale volò via dalla mano d’improvviso inerte del presunto malato. L’uomo lanciò un grido rauco e si afferrò il polso, il volto teso in una smorfia di dolore e rabbia. Una delle saette gli aveva trapassato la spalla, che ora perdeva sangue. Crysania cadde a sedere all’indietro e il chierico che tentò di afferrarla fu a sua volta colpito da una scarica di dolore a contatto con quella barriera rossa.
“Raistlin!” pensò Crysania, ricordando in un lampo il bacio che lui le aveva dato sulla fronte. Le aveva lasciato addosso una protezione! In quel momento, Tasslehoff balzò in piedi sul petto dell’uomo impaludato di grigio, facendogli perdere il fiato e costringendolo a terra. Il kender gli puntò il pugnale alla gola.
«Fermo lì, non ti muo…Kyara!» protestò Tasslehoff, quando Kyaralhana chiuse la questione dando all’aggressore un colpo in testa con il suo hoopak, riducendolo all’incoscienza.
«Beh, che c’è? Ora non si muove più di sicuro, no?» chiese lei, innocente, e Tas sbuffò, ben poco contento che la sua scena madre fosse stata interrotta in quel modo. L’aura rossa attorno a Crysania tremolò e svanì non appena l’aggressore perse conoscenza.
«Com’è possibile che non abbiate controllato che non vi fosse pericolo per la Reverenda Figlia?!» stava esclamando il suo assistente, aggredendo verbalmente gli altri chierici, che erano subito accorsi. Crysania si levò in ginocchio, ancora incredula di quanto era avvenuto in pochi secondi e al momento incapace di sedare la discussione. Alzò lo sguardo su Tasslehoff e Kyaralhana, e vide un oggettino in mano al kender.
«Katlin aveva detto che ci sarebbe stato utile.- disse Tas, mostrandole un cristallo romboidale di colore giallo spento con rune incise sopra- Ha reagito immediatamente! E che magia, non trovi Crysania? Forse più bella di quella che ti ha fatto Raist…uh…» Tasslehoff si interruppe, ricordando che era meglio non parlare troppo del rapporto tra la chierica e l’arcimago, almeno non in pubblico. Crysania annuì vagamente. Allora anche Katlin era preoccupata che si attentasse alla sua vita! Ecco perché le aveva affiancato i kender! Non sapeva se stupirsi di più per la propria ingenuità o per la lungimiranza dei fratelli Majere.
«Reverenda Figlia,- mormorò il suo assistente, inginocchiandosi accanto a lei- state bene?»
Lei annuì e lasciò che l’aiutassero ad alzarsi in piedi tra i mormorii dei malati. Il chierico guardò l’uomo svenuto e sanguinante stringendo le labbra in una linea sottile.
«Reverenda Figlia, che ne facciamo di quell'uomo?» chiese.
«Conducetelo al Tempio. Curatelo.» disse lei, fissando quel volto immoto che non le diceva nulla, quel manto grigio senza nessuna identità.
«Ma Reverenda Figlia…» tentò di obiettare il chierico.
«Desidero sapere chi è e perché voleva uccidermi.- disse, e nella sua voce suonò una nota autoritaria- Fate come vi dico.»
L’assistente, dopo un attimo di titubanza, diede gli ordini necessari. Crysania osservò i chierici portare via l’uomo ferito, mentre Kyara e Tas le si mettevano accanto, uno per lato.
«Tu credi che parlerà, Dama Crysania?» le chiese Tasslehoff, alzando il viso verso di lei. Crysania corrugò appena la fronte e annuì. Tas scrollò le spalle. «Beh, mal che vada lo interrogheranno Raistlin e Kat quando torneranno.» disse, con tutta evidenza poco convinto di quell'analisi ottimistica.
«Io penso che gli converrebbe parlare con Crysania.- disse Kyara, gli occhi fissi sul ferito ormai lontano- Per quanto essere interrogato da una Veste Nera possa essere interessante, non credo faccia bene alla salute.»
Crysania strinse le labbra, ma non disse nulla. Sapeva bene che doveva ottenere le sue risposte da quell'uomo prima del ritorno di Raistlin, se non voleva che quel malcapitato facesse una brutta fine. Doveva assolutamente avere delle risposte prima che i fratelli Majere tornassero da Dargaard Keep.

***

Dopo la sua affermazione scioccante, Katlin aveva rimandato le spiegazioni al momento in cui si sarebbero fermati e, se Raistlin aveva accettato tranquillamente la cosa, Caramon si sentiva ancora girare la testa. Un figlio? Kitiara aveva un figlio?! Ma quando l’aveva avuto? E da chi, poi?! Proprio non riusciva ad immaginarsi la sorellastra che diventava madre…Gli sovvenne che questo bambino, ovunque fosse, era suo nipote, cugino del suo piccolo Sturm. La testa gli girò di nuovo. Iniziava a pensare di non sapere davvero un accidente della propria famiglia!
Più tardi, a mattina inoltrata, finalmente arrivarono in una zona meno rocciosa e più verde e Raistlin ordinò la sosta. Il mago era evidentemente stanco e tutti loro non mangiavano da molte ore. Smontarono da cavallo e si sedettero al sole, sull’erba, mentre Caramon estraeva le provviste dalle bisacce e distribuiva carne secca, biscotti e frutta. Katlin iniziò a mangiare con appetito, sotto gli sguardi acuti delle pupille a clessidra di Raistlin. L’arcimago era rimasto sorpreso dell’affermazione di Katlin, poi ne era stato a sua volta divertito. Da chi si era fatta incastrare, la sua sorellastra tanto emancipata? Forse da Tanis? L’occasione c’era stata. Dovette trattenere un sorriso contorto nel pensare alla situazione di Tanis, padre di un figlio avuto con Kitiara e sposato con Laurana, l’esatto opposto della spadaccina. Chissà come l’avrebbe presa l’elfa?
«Allora, Kat?- chiese alla fine Caramon, troppo agitato per poter aspettare- Cosa volevi dire prima?»
Katlin alzò una mano per frenarlo, dando un morso ad un biscotto.
«Fermo un attimo. Prima ho bisogno di sapere una cosa.- borbottò, cercando di non soffocarsi con le briciole- Avete sognato qualcosa di particolare, stanotte?»
Caramon ristette e Raistlin strinse gli occhi in due fessure. Sì, il sogno di quella notte poteva davvero definirsi particolare. Probabilmente l’ultima parte era stata indotta da Kitiara nel tentativo di colpirlo, ma per il resto…
«Per quanto mi riguarda, ho sognato il passato.- disse, con voce sussurrante, strofinando lentamente una mela con la manica della sua veste- Un passato modificato dal fatto che c’eri anche tu, insieme a noi. E’ stata una visione interessante.»
Guardò Katlin, che annuì, impallidendo leggermente. Caramon annuì.
«Ho sognato la stessa cosa.- ammise, perplesso- Avevamo sei anni, o giù di lì. Mi sembrava perfettamente normale che fossimo in tre, ma poi è arrivata Kitiara e…»
«E si è rifiutata persino di accorgersi della mia presenza.- finì per lui Katlin- Beh, è normale…i ricordi di un morto sono immutabili. La cosa ha giocato a mio favore, continuando a muovermi nella dimensione del sogno ho potuto mettermi tra lei e Raistlin senza che fosse in grado di vedermi.»
«Ma cos’era quel sogno?» chiese Caramon.
«Una visione di un passato che non è mai avvenuto, fratello mio. Non credo che Katlin lo rimpianga. In linea generale non mi sembra che la nostra fosse una vita migliore di ciò che lei ha passato su Yolta.» fu la semplice risposta di Raistlin.
«Almeno saremmo stati insieme.» fu il sussurro appena percettibile di Katlin, che aveva lo sguardo basso. Raistlin la fissò, ricordando la bambina che piangeva seduta addosso a lui, desolata per quella maledizione che l’aveva colpita. Tossì piano, corrugando la fronte. Sì, forse le cose sarebbero state meno terribili affrontandole in tre. Dove sarebbero stati ora, se Katlin non fosse morta alla nascita? Domanda senza risposta.
«Ma perché abbiamo fatto tutti lo stesso sogno?» insistette Caramon, guardando Katlin, che si era fatta cupa e pensierosa a sua volta.
«E’ la prima volta che ci capita di passare del tempo noi tre da soli.- mormorò la maga, giocherellando con un paio di biscotti- Probabilmente le nostre menti hanno cercato di unirsi e ne è risultato quel sogno. Kitiara ci si è soltanto infilata.»
«Passerei a parlare di Kitiara, se non vi dispiace.- disse Raistlin, caustico- Cos’hai scoperto?»
Katlin scrollò le spalle, accettando in silenzio di non parlare più del sogno che avevano fatto. I suoi occhi tornarono a farsi duri e acuti come punte di diamante.
«Ho visto parecchie cose. Non tutto, e dovrò riflettere ancora a lungo su certe immagini che mi sono passate per la mente, ma sono riuscita a farmi un quadro generale prima che il gelo di Kitiara avesse effetto su di me. Per fortuna, non si è accorta del mio tocco mentale.- disse, pratica- Ovviamente sappiamo tutti che stiamo parlando di un nuovo piano di Takhisis per conquistare il mondo.»
«Ovviamente.» ripeté Caramon, con un tono di voce non troppo rassicurante. Raistlin fece cenno a Katlin di continuare.
«Non conosco nei particolari le fasi del suo piano, nemmeno Kitiara sa ancora tutto. Pare comunque che Takhisis accarezzi questo piano fin da prima che tu cercassi di entrare nell’Abisso per detronizzarla, fratello mio.» disse, guardando Raistlin.
«Sicché stiamo parlando del piano che tanto ha spaventato Gilean e Paladine?» mormorò l’arcimago.
«E che li ha forzati a ricondurmi su Krynn, sì.- ammise la maga, lisciando la veste rossa sulle gambe- E’ un progetto a lungo termine che potrebbe anche funzionare. Anzi, senza il nostro intervento non vedo come avrebbe potuto fallire. Questa volta la Regina ha avuto una serie di idee maledettamente buone.»
«Idee di che tipo?» chiese Raistlin, interessato. Katlin si prese un istante per riordinare le idee.
«Takhisis ha notato la pecca fatale nelle armate che ha approntato al tempo di Huma e poi con la Guerra delle Lance. Questa pecca, e sarete d’accordo con me, è il fatto che il male si rivolge sempre contro se stesso.» disse.
«E’ la sua natura.» osservò Raistlin, sarcastico.
«Già, ed è anche il motivo per cui il dominio di Takhisis ha sempre breve durata. Lei spinge i suoi adepti alla guerra e alla sete di potere, ma questi stessi assiomi portano i seguaci della Dea ad attentare alla vita l’uno dell’altro per avere il potere, generando più caos di quanto dovuto e facendo quasi sempre tremare dalle fondamenta piani quasi perfetti.- disse Katlin, con una smorfia di deprecazione- Ora, questo avrebbe potuto non essere sufficiente a salvare Krynn dalle sue grinfie, ma Paladine ha quasi sempre delle pedine da mandarle contro e spesso basta un po’ di instabilità per far crollare i piani della Dea come castelli di carte.»
«E’ vero. Tanis mi ha detto che i Signori dei Draghi si ammazzarono a vicenda, la notte in cui crollò il Tempio di Neraka. Se ci fosse stata più disciplina, forse non saremmo riusciti a…» mormorò Caramon, riandando con la memoria a quell'orribile notte.
«Fin qui hai detto verità evidenti.- lo interruppe Raistlin, secco- Cosa si propone di fare per ovviare al problema?»
«Desidera creare un’armata disciplinata e fondata su valori differenti. Vuole creare dei Cavalieri, non dei semplici soldati, sul modello dei Cavalieri di Solamnia.» disse Katlin.
«Cosa?!» boccheggiò Caramon, incredulo. Sembrava che Katlin stesse dicendo una cosa assolutamente priva di senso. I Cavalieri erano l’immagine stessa delle forze della Luce! Raistlin serrò le labbra, meno pronto a considerare l’idea una sciocchezza.
«Vai avanti.» le ingiunse.
«Sta riunendo le persone giuste, anche se il progetto è ancora in fase embrionale, e cura i futuri comandanti a cui affidare queste forze.- continuò Katlin- Tra questi si possono annoverare il figlio di Lord Ariakas…e quello di Kitiara.»
«Anche Lord Ariakas aveva un figlio?» mormorò Raistlin, stringendo gli occhi in una fessura, riandando con la memoria al terribile mago guerriero che aveva scatenato la Guerra delle Lance. Katlin annuì.
«Mi interessa poco del figlio di Ariakas, io voglio sapere del figlio di Kitiara!- protestò Caramon, agitato- Kat, ti decidi a dirci qualcosa?»
«E’ un ragazzino di circa dieci anni. Vive nascosto, allevato da una donna che lo sta crescendo secondo principi piuttosto onorevoli, per essere destinato al Male.- disse Katlin, facendo spallucce- Kitiara lo cura da lontano, ora che è uno spettro. Non si può dire che i suoi sentimenti siano molto materni, l’ha abbandonato alla nascita.»
«Die…dieci anni?!- balbettò Caramon, mentre Raistlin restava in silenzio- Così tanto? Tanis…»
Katlin lo interruppe scoppiando a ridere con una certa malignità. Caramon si zittì e Raistlin comprese cosa divertisse tanto la sorella.
«Non è Tanis il padre.» disse. Katlin scosse la testa, sempre ridacchiando. I suoi occhi erano pregni di disprezzo, che stonava con il sorriso che le aleggiava sulle labbra.
«Allora chi è?»
«Sturm Brightblade.» disse lei a bruciapelo. Caramon impallidì. Raistlin chinò il capo, le sue spalle presero a tremare. Il gemello lo guardò, preoccupato, prima di accorgersi che l’arcimago stava trattenendo una risata non dissimile da quella di Katlin. Quella reazione gli mise i brividi.
«Il paladino della giustizia…insieme a Kitiara!- mormorò il mago tra i singulti trattenuti- Che magnifica accoppiata! Così, la carne è debole anche per un Cavaliere di Solamnia!»
«Ma…com’è possibile?! Sturm non avrebbe mai…- balbettò Caramon- Kat, deve esserci un errore! Dieci anni fa, Kitiara e Tanis si erano appena lasciati! Forse era già incinta e…»
«Ti dico che è figlio di Sturm. Il suo nome è Steel Brightblade.- disse Katlin, sbuffando seccata- Kitiara era furiosa con Tanis e, una volta partita verso nord con Sturm, decise di vendicarsi sul Mezzelfo andando a letto con il suo migliore amico. Sturm ci è caduto, anche se una sola volta, e come risultato Kitiara è rimasta incinta e la vendetta le si è ritorta contro..» Fece un sorriso storto. «Degna conclusione, mi pare.» affermò.
Caramon si portò una mano alla bocca, poi tornò a guardare i fratelli. Raistlin sembrava soddisfatto di aver trovato quella pecca nel loro amico defunto, ma d’altronde Raistlin non era mai andato d’accordo con Sturm e i suoi ideali. Katlin, fortunatamente, sembrava trovare molto più deprecabile la condotta di Kitiara. Dal canto suo, sentiva un’improvvisa voglia di piangere, non sapeva se di tristezza o commozione. Quello che era successo era terribile, ma d’altra parte significava che il nobile sangue di Sturm non si era interrotto con la sua morte alla Torre del Sommo Chierico…per mano della madre di suo figlio. Strinse le palpebre e si accorse solo dopo qualche istante che Katlin aveva ripreso a parlare.
«Riguardo a questo discuteremo dopo. Tornando all’argomento principale, Takhisis sta riunendo attorno a sé anche una schiera di maghi e ha inventato, grazie al lavoro dei suoi chierici, un sistema per fornire loro la magia in maniera da affrancarli dalle leggi del Conclave e dai tre Dei della Magia.- stava dicendo, con voce grave- Si nascondono ad est,  sul Mare di Istar. Ancora non so esattamente dove, né il loro numero effettivo. Alcuni si aggirano tra noi senza ostentare la veste grigia, che è la loro divisa. Sono ancora al principio, ma il sistema sembra funzionare.»
«Come ricevono il potere magico?» chiese Raistlin, duro, la risata scomparsa sulle sue labbra.
«Nella mente di Kitiara ho visto una pietra nera che brillava di luce arcana.- disse Katlin, cupa, e nei suoi occhi passò un lampo che Raistlin decifrò come timore- Ho il sentore che sia la fonte di quel frammento attraverso cui Takhisis mi maledì lo scorso anno. Forse proviene dal tempio infranto di Neraka.»
«Ricapitolando, Takhisis sta addestrando le sue truppe creando cavalieri e maghi affrancati dalle leggi del Conclave, e sta raccogliendo attorno a sé tutte le forze di cui dispone, compresi figli illustri..- mormorò Raistlin, corrugando la fronte e soffocando un colpo di tosse- Queste armate, se non le fermiamo, conquisteranno il mondo. E’ questo che mi stai dicendo?»
«In poche parole, sì. C’è ancora qualcosa ma…- fece un gesto frustrato- Alcune cose non sono ancora riuscita a capirle e altre mancano. Kitiara non sa ancora tutto, anche se ha un ruolo non da poco in questo piano.»
«Scusate, ma noi che c’entriamo in tutto questo?- chiese Caramon- Voglio dire…perché stanno cercando di uccidervi con tutto questo accanimento?»
«Non capisci, fratello mio?- chiese Raistlin, ironico- Né io né Katlin avremmo dovuto calpestare di nuovo la terra di Krynn, tantomeno mettere becco nei suoi affari. Il nostro ritorno ha sconvolto le carte e messo in gioco la buona riuscita dei piani di Takhisis. Avendo sperimentato la morte, siamo diventati qualcosa di più che normali esseri umani…le nostre azioni hanno un grosso peso sul futuro. La Dea spera che, uccidendoci, la sua visione futura ritrovi stabilità e le conceda la vittoria.»
«Vuoi dire che il futuro è cambiato?- chiese Caramon, corrugando la fronte- Come…come quando…» Deglutì, nervoso. «Come quando tu decidesti di non uscire dall’Abisso?» chiese.
«Con tutta probabilità è così, e può cambiare ancora.- ammise Raistlin, ma il suo volto era cupo- Il futuro resta fosco, anche se ora possiamo decidere il da farsi e muoverci contro di Lei. Ciò che mi lascia perplesso è l’agitazione di Paladine e Gilean…il Dio della Neutralità non sarebbe mai intervenuto per un motivo futile come la possibile vittoria di Takhisis.»
«E’ quello che penso anch’io.- ammise Katlin, facendogli alzare lo sguardo- Cercherò di impegnarmi per scoprire qualcosa in più. L’obiettivo sarebbe vedere lo stesso futuro che ha tanto spaventato gli Dei. Ora dovremo decidere cosa fare, nell’attesa che…»
In quel momento, qualcosa si mise a brillare sul petto di Katlin. La ragazza afferrò un pendente che portava al collo, mentre Raistlin stringeva improvvisamente le labbra, gli occhi dorati persi come nella visione di cose lontane.
«Che c’è? Che succede?» chiese Caramon, mettendo per riflesso mano all’elsa della spada.
«Crysania è stata attaccata.» disse Raistlin, secco. I suoi occhi mandarono lampi inquietanti di odio e rabbia.
«Sta bene, per fortuna.- mormorò Katlin, guardando spegnersi la luce gialla del suo pendente e facendo sospirare di sollievo Caramon- Abbiamo fatto bene a darle una protezione magica.»
«Una doppia protezione, visto che non ti fai mai i fatti tuoi.» osservò Raistlin, caustico, ma Caramon giudicò che la sua acredine fosse dovuta alla preoccupazione per la chierica. L’arcimago si levò in piedi aiutandosi con il Bastone di Magius e si diresse ai cavalli.
«Raist…» lo chiamò Caramon. Raistlin salì in sella e li guardò dall’alto della groppa dell’animale.
«Montate in sella. Voglio essere a Palanthas il prima possibile.- ordinò loro, frustandoli con la sua voce secca- Se Takhisis vuole la guerra, l’avrà.»
Caramon e Katlin si affrettarono ad obbedire e il terzetto si avviò lungo il pendio assolato. Raistlin rimase a capo chino, gli occhi sulle proprie mani aggrappate alle redini del cavallo. Grazie agli Dei Crysania era incolume, ma quella situazione non poteva durare a lungo. Occorreva preparare un piano d’attacco e tenersi pronti a combattere. In un angolo della sua mente avvertì una risata di scherno, una risata che conosceva molto bene.
“Se Takhisis vuole la guerra, l’avrà.” ripeté nella propria mente. Nessuno di loro si sarebbe tirato indietro. Avrebbe ricacciato quella risata nella gola da cui proveniva.

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Capitolo 12
*** 11 - Freddo calcolo ***


CAPITOLO 11

FREDDO CALCOLO

Era notte su Palanthas. Un cielo cupo e solcato da lampi aveva accolto il ritorno alla Torre dei fratelli Majere ed ora la tempesta si stava scatenando, come se un dio stesse dando loro un assaggio della sua contrarietà. In quel caso, tutti e due i fratelli sapevano da chi giungeva quel monito. Erano soli, in quanto Dalamar non era ancora tornato da Wayreth. Solo gli spettri avevano accolto il loro arrivo.
Nel buio quasi assoluto, rischiarato soltanto da una lampada appena sufficiente ad avvolgere in un alone di luce il tavolo e i suoi due occupanti, sedevano Raistlin e Katlin. Caramon si era recato da sua moglie dopo una breve discussione con i fratelli, per comunicarle le ultime novità e per quanto tempo sarebbe stato lontano da casa. Raistlin sorseggiava del vino dopo aver piluccato del pane e della frutta, e fissava la sorella, che si trovava ancora in uno stato di trance, intenta a vagliare per l’ennesima volta le immagini che il contatto con Kitiara le aveva trasmesso. Ciò che le riusciva veramente ostico era scoprire dove fosse nascosta la pietra che trasmetteva il potere magico da Takhisis ai maghi della nuova setta. Aveva tentato di nuovo con la Camera della Visione, ma senza risultato, perciò si era indotta in stato di trance. L’arcimago trovava utile il potere della sorella e sempre più pensava che fosse adatta a prendere il comando della Torre di Wayreth. Una simile capacità di chiaroveggenza poteva tornare utile. Trattenne un sospiro al pensiero che per il momento quelle mire erano destinate a passare in secondo piano, rimpiazzate da fatti ben più urgenti.
Corrugò la fronte e posò il bicchiere, guardando fuori dalla finestra la tempesta che si scatenava su Palanthas. In quei giorni passati a cavallo avevano abbozzato qualche piano d’azione. Era ovvio che loro non potevano pensare a tutto. Inoltre, i maghi rinnegati erano un affare del Conclave, oltre che loro, e Raistlin sapeva di non poter pretendere di lasciare fuori i maghi dalla caccia. Non solo sarebbe stato un affronto, ma avrebbe pregiudicato tutti i piani futuri che stava con abilità tessendo attorno a loro. Aveva convenuto con Katlin che il loro coinvolgimento era inevitabile, ma rimettere Takhisis al Suo posto era compito dei fratelli Majere e su questo non dovevano esserci discussioni.
«Cominciamo dalle cose semplici: il figlio di Ariakas e quello di Kitiara.- aveva detto Katlin- Come li sistemiamo?»
«Sistemiamo?! In che senso?» aveva chiesto Caramon, già allarmato.
«Non sto parlando di ucciderli, Caramon.- aveva sospirato Katlin- Sto dicendo: come li troviamo e a chi li affidiamo? Dobbiamo impedire che vengano messi nella condizione di servire Takhisis, sia che lo vogliano di loro spontanea volontà, sia che siano stati educati a farlo.»
«Tu sai dove si trovano?» aveva chiesto Raistlin, scrutandola con i suoi occhi maledetti. Lei aveva annuito.
«A quanto ne so, il figlio di Ariakas si chiama Ariakan e al momento è un sorvegliato speciale dei Cavalieri di Solamnia. Sarà lui, un giorno, a prendere il comando delle nuove truppe della Tenebra.» aveva risposto Katlin, corrugando la fronte.
«Ma…allora è già sotto osservazione da parte dei Cavalieri!» aveva osservato Caramon, perplesso.
«Si sta già progettando la sua fuga, Caramon, se Katlin ha visto giusto.- lo aveva interrotto Raistlin, caustico- Bisogna prendere provvedimenti cautelativi superiori alla semplice sorveglianza dei Cavalieri, sorveglianza che di certo con gli anni si sarà allentata.»
«E’ quello che penso anch’io.» aveva mormorato Katlin, annuendo.
«In questo caso, bisognerà parlare con i Cavalieri per stringere le maglie della sorveglianza.- aveva detto Caramon, cupo- Se volete, posso andare io. Tra guerrieri ci si comprende meglio.»
Raistlin aveva avuto una smorfia di derisione. Certo i Cavalieri non avrebbero mai seguito i consigli di un mago! Un guerriero, un Eroe delle Lance, avrebbe di sicuro avuto un effetto diverso.
«Potresti portare con te anche Crysania.- aveva proposto Katlin, pensierosa- Il suo supporto potrebbe essere utile. In ogni caso, io proporrei di aggiungere una sorveglianza magica all’insaputa dei Cavalieri.»
«Per questo si potrebbe coinvolgere il Conclave.» aveva detto Raistlin, corrugando la fronte. Katlin aveva approvato. I maghi di Wayreth sarebbero stati in grado di controllare i movimenti del giovane Ariakan in maniera discreta, senza disturbare la suscettibilità dei Cavalieri di Solamnia.
«E per quanto riguarda nostro nipote? Non potremmo occuparcene noi?» aveva chiesto Caramon, pensando al figlio di Kitiara e Sturm.
«Come sei sentimentale, fratello mio. Già chiami quel moccioso nipote?- l’aveva schernito Raistlin, caustico- Potrebbe essere pronto a trafiggerti con un pugnale e gioire sul tuo cadavere. Ricorda che è figlio di Kitiara.»
«Ma è anche figlio di Sturm e sono sicuro che abbia preso molto del suo carattere.- aveva replicato Caramon, piccato- Desidero prendermi cura di lui, se…»
«Già pronto ad adottarlo? Come sei semplice, Caramon.» aveva sbuffato Raistlin, sarcastico. Caramon aveva aperto la bocca per replicare, ma Katlin l’aveva preceduto.
«Io stavo pensando di dare questo compito a Tanis.» aveva detto, pensierosa. I gemelli si erano voltati verso di lei. «Beh…Tanis era il migliore amico di Sturm e in qualche modo ha amato la madre di questo bambino. Penso non ci sia persona più adatta di lui per prendere contatto con Steel Brightblade.»
«Dici che Tanis lo farà?» aveva chiesto Caramon, titubante.
«Ne sono sicura.- aveva asserito Katlin- Se siete d’accordo, manderò Tas e Kyara a chiamarlo, così che possa raggiungere Steel. Non credo che per ora sia a Qualinesti e in pochi giorni potrebbe sistemare la faccenda. Steel abita nelle vicinanze di Palanthas, accudito da una donna di nome Sara. Non sarà difficile trovarlo, per Tanis,  anche perché Takhisis ancora non sa che noi conosciamo il segreto di Kitiara.»
Ci avevano riflettuto per un po’, poi sia Raistlin che Caramon avevano dato il loro assenso. I kender e Tanis si sarebbero occupati di trovare Steel, Caramon e Crysania sarebbero andati ad avvisare i Cavalieri di Solamnia dell’effettiva pericolosità di Ariakan, e nel frattempo Katlin sarebbe andata a Wayreth a informare il Conclave delle ultime novità. Raistlin si proponeva di stilare un piano di marcia che non mettesse in luce i loro scopi e di fare qualche indagine sulla misteriosa pietra nera.
«Se si sa che ci dirigiamo verso il Mare di Sangue, ce li troveremo tutti addosso in men che non si dica.» aveva borbottato Katlin.
«I nostri spostamenti avverranno in incognito. Ci travestiremo, probabilmente…ma a questo devo ancora pensare. Ciò che conta è che si pensi che nessuno di noi ha lasciato la Torre di Palanthas.- era stato il commento di Raistlin- Il Conclave dovrà appoggiarci, mentre continua l’individuazione dei rinnegati.»
Così, quella notte, Caramon era tornato a Solace attraverso la camera di Raistlin, per poter parlare con Tika. Katlin aveva deciso di attendere l’alba per presentarsi a Wayreth ed ora era in trance. Raistlin, dal canto suo, non aveva intenzione di perdere tempo lì. Si alzò e uscì dal cerchio di luce della lampada, ma prima che potesse pronunciare una parola per scomparire dalla stanza una voce lo richiamò.
«Vai da Crysania?»
Si voltò verso la sorella. Appariva stanca, non del tutto presente, ma il movimento era stato sufficiente a rompere la sua concentrazione. Non era ancora facile, per lei, gestire quello strano potere ereditario.
«Devo parlare con lei. Le farò sapere dei nostri piani, in maniera che si prepari.» mormorò Raistlin. Katlin annuì.
«La pietra nera…potrebbe essere necessario distruggerla con poteri clericali e non magici. Ci hai pensato?» chiese ancora Katlin, con una strana voce smorta e remota.
«Credo che servirà la magia, non i poteri di Crysania.- fu la caustica replica di Raistlin- In ogni caso, questo problema si porrà in seguito.»
«Ma potrebbe essere necessario che lei venga con noi.» mormorò Katlin.
«Questo lo so.» disse Raistlin, e la sua voce fu sferzante. Katlin chiuse gli occhi.
«So che ti sto dicendo cose sgradevoli.- mormorò, e la sua voce si fece ancora più lontana- In realtà non credo che Crysania potrebbe fare qualcosa contro quella pietra. Il mio frammento non reagì ai suoi tentativi. Ma dobbiamo essere preparati…a tutto…»
Si zittì e parve sprofondare nel sonno. I suoi occhi, però, si muovevano sotto le palpebre scurite dalla stanchezza e Raistlin capì che la sorella era caduta di nuovo in trance. Le sue parole l’avevano infastidito. Non voleva coinvolgere Crysania più del necessario…ma non poteva nemmeno scartare a priori l’ipotesi che il suo potere potesse essere loro utile. Corrugando la fronte, suo malgrado improvvisamente preoccupato, Raistlin lanciò il suo richiamo nella notte e poi scomparve dalla stanza, accingendosi ad attraversare il Boschetto di Shoikan.
Più tardi, mentre sedeva al buio in una casa riattata del quartiere abbandonato non distante dalla Torre, si trovò a riflettere sul frammento di pietra che aveva recato la maledizione di Takhisis a Katlin, l’anno prima. Come la sorella aveva giustamente osservato, la pietra era stata refrattaria alle preghiere di Crysania, mentre una forte magia l’aveva distrutta. Una magia creata da tre maghi…ciò significava, probabilmente, che sarebbe stata necessaria la sua energia congiunta a quella dei suoi apprendisti. Prima di distruggere la pietra, però, avrebbero dovuto affrontare la nuova setta di rinnegati; avrebbero avuto tempo ed energie necessari per compiere la loro missione? Corrugò la fronte e i suoi occhi dorati lampeggiarono per la stizza. Doveva fare le sue ricerche, prima di lasciarsi trasportare dal flusso ininterrotto delle ipotesi. Inoltre, era sempre possibile che Katlin scoprisse qualcosa di più preciso. In quel momento, la porta d’ingresso si aprì di uno spiraglio, facendo entrare la luce di Solinari. Una sagoma scura con lunghi capelli si profilò sulla soglia.
«Raistlin?» mormorò la figura.
«Shirak.- disse Raistlin, e la stanza si illuminò della luce arcana del Bastone di Magius- Entra, Crysania.»
Crysania entrò e chiuse la porta alle sue spalle. Raistlin la vide pallida. Per lei era sempre spiacevole uscire di soppiatto dal Tempio per andare ad incontrarlo di nascosto, ma d’altronde era l’unico modo che avevano di portare avanti la loro relazione, almeno per il momento. I due si fissarono per un istante, poi Crysania corse da lui e scivolò nel suo abbraccio rovente.
«Stai bene? Non ti è successo nulla?- chiese Crysania, alzando il viso per guardarlo, gli occhi grigi luminosi come due gemme- Temevo…»
«Che fossi stato attaccato come è successo a te?» finì per lei Raistlin, in un sussurro. Crysania arrossì appena, poi strinse le labbra e annuì. Raistlin scosse la testa. «Ho molti modi per difendermi, Crysania, e ho avuto le informazioni che cercavo senza che né io, né i miei fratelli abbiamo subito danni. Da ciò che vedo, penso che la stessa cosa si possa dire per te.»
«Sia ringraziato Paladine.- mormorò Crysania, con un sospiro di sollievo- Il sicario si nascondeva tra i malati…La tua magia e quella di Katlin mi hanno salvata, e i kender hanno fatto il resto. Tas e Kyara hanno preso molto sul serio il loro ruolo. Ho catturato quell'uomo…»
«L’hai catturato?» chiese Raistlin, la sua stretta d’improvviso dura e imperiosa mentre negli occhi gli passava un lampo maligno. Crysania cercò vanamente di sottrarsi, sviando il suo sguardo. «Cosa? Che è successo?» chiese Raistlin, amaro.
«Si è ucciso, probabilmente con un veleno.- mormorò Crysania, dispiaciuta- Non ho potuto fargli alcuna domanda.»
Raistlin imprecò e la lasciò andare, chiudendosi in un pensieroso mutismo. Crysania attese che lui tornasse ad accorgersi della sua presenza; sapeva che la notizia lo avrebbe contrariato . A poco a poco, Raistlin iniziò a raccontarle i risultati delle sue indagini e vi furono molti momenti di costernazione per Crysania.
«Perciò partiremo?» chiese, infine. Raistlin la guardò.
«Pensi di venire?» chiese.
«Certo! E’ anche compito mio vigilare che Takhisis non prenda il sopravvento. Sono ancora il Capo della Chiesa di Paladine, fino a prova contraria.- disse Crysania, ergendosi con fierezza e decisione- Farò in modo che la mia assenza dal Tempio venga coperta. Inoltre, i miei poteri potrebbero tornarvi utili.»
Raistlin trattenne una smorfia nel ripensare alle parole di Katlin. Scrollò le spalle magre e annuì.
«Tempi e modi del viaggio sono ancora in fase embrionale nella mia mente. Ti farò sapere cosa deciderò non appena ultimate le mie ricerche.» La vide cupa e pensierosa e chiese: «Hai paura?»
«Non per me.- rispose lei- Sono ancora troppo freschi i ricordi riguardanti il Portale e la Regina Oscura, Raistlin…concernenti te e Katlin. Vorrei che nessuno di noi avesse a soffrire ancora.»
Raistlin scivolò più vicino a lei. Le sfiorò la guancia con le dita e la costrinse a guardarlo negli occhi.
«Le cose sono diverse, ora, Crysania. Non siamo mai stati così forti, e Takhisis lo sa.» sussurrò, seguendo la linea delle labbra di lei con un dito.
«E’ questo che mi spaventa. Cercherà di spezzarci.» disse Crysania, afferrando la sua mano con sentimento.
«Non glielo permetteremo.» disse Raistlin, poi la baciò. Per il resto della notte, nessuno dei due ebbe il tempo di rivolgere un altro pensiero ai nefandi piani della dea Takhisis.
Nello stesso momento, a Solace, un’altra coppia sedeva al tavolo della cucina, silenziosa. Una candela era accesa sul tavolo e illuminava fiocamente la stanza. Tika si stava tormentando le mani e nella casa si udiva solo il suono lontano dei grilli.
«Caramon…di nuovo?» mormorò la donna, attonita. Caramon annuì.
«Ogni volta che credo sia finita, spunta un nuovo guaio.- disse, cercando di tenere bassa la voce per non svegliare il figlio dormiente- Raistlin non si tirerà indietro e ha ragione. Quella gente verrà a cercarci, se non lo faremo noi.»
«Sia maledetto il giorno in cui hanno deciso di gravarci del peso del mondo!- disse Tika, sull’orlo delle lacrime- Vorrei poterti aiutare.»
Caramon le coprì le mani con una delle sue, stringendole con gentilezza.
«Mi aiuterai prendendoti cura del piccolo Sturm durante la mia assenza. Sapere che voi siete qui, sani e salvi, è l’aiuto più grande che possa servirmi.» disse. Tika lo guardò, il suo volto era tirato per la preoccupazione.
«E quel bambino…oh, Caramon, non posso pensare che Sturm…» sussurrò.
«…abbia avuto un figlio con Kitiara? Nemmeno io.- disse Caramon, scuotendo la testa e rabbuiandosi- Purtroppo Kitiara sapeva rigirarsi gli uomini come preferiva e Sturm era solo un ragazzo, all’epoca. Dev’essere stato facile per lei circuirlo. Probabilmente si è anche divertita.» Fece una smorfia, scuotendo la testa.
«Si sarà divertita molto meno scoprendo di essere incinta.- osservò Tika, amara- E Sturm probabilmente non l’ha mai saputo…»
«Certo che no! Kitiara ha abbandonato il neonato alla nascita e per allora le strade di quei due si erano già divise. Ti pare che Sturm non si sarebbe impegnato per onorare la sua paternità, se avesse saputo?» disse. Scosse di nuovo la testa. «No, Sturm non sapeva nulla. Lo tormentavano molte cose, durante la Guerra delle Lance, ma questa di certo non la sapeva. Povero amico mio…»
«E povero bambino! Entrambi i suoi genitori sono morti in maniera terribile…soprattutto suo padre, trafitto in battaglia proprio da Kitiara!» esclamò Tika, e una lacrima sfuggì al suo controllo.
«Katlin ha deciso di chiedere l’aiuto di Tanis. Sono sicuro che il bambino lo seguirà, se ha preso anche solo una parte del carattere di Sturm.» mormorò Caramon. Tika si passò una mano tra i riccioli rossi.
«Già, ma come la prenderà Tanis?» disse, preoccupata. Caramon si rabbuiò. In effetti, per Tanis quella sarebbe stata una brutta botta. La donna che un tempo aveva amato e il suo migliore amico…prendersi cura del frutto della loro unione…Non si sarebbe rivelata una tortura?
«Beh, mal che vada ce ne occuperemo noi, vero Tika?- disse, guardando la moglie- Dopotutto, è mio nipote…cugino del piccolo Sturm.»
«Certo che sì, Caramon.- disse Tika, con un sorriso stanco- Spero solo che non somigli a sua madre.»
«Anch’io.» borbottò Caramon, corrugando la fronte e fissandosi le mani. Sospirò e si alzò in piedi. «Forse sarebbe meglio farci qualche ora di sonno, Tika. Domattina Kat verrà a prendermi per tornare a Palanthas.»
Tika annuì e si alzò, poi lo abbracciò stretto. Caramon ricambiò l’abbraccio, avvertendo tutto l’amore di sua moglie riversarglisi addosso come acqua rinfrescante.
«Andrà tutto bene.- mormorò- Vedrai che andrà tutto bene, Tika.»
«Lo spero, Caramon.- disse lei, alzando i suoi occhi lucidi di pianto su di lui- Anche perché sono di nuovo incinta.»

***

Dalamar ricontrollò la data dell’ultima visita alla Torre di Wayreth del mago, poi la segnò sul foglio di pergamena che aveva accanto, vergando nome e cifre con la sua scrittura piccola ed elegante. Posò la penna e si appoggiò allo schienale della sedia, corrucciato, decidendo di concedersi un attimo di riposo da quell'attività noiosa e ripetitiva.
Era pomeriggio inoltrato alla Torre di Wayreth, un bel pomeriggio assolato che rendeva ancora più insopportabile stare seduto là dentro a scartabellare tra interminabili elenchi di nomi e presenze. Attorno a lui, ad una certa distanza, altri cinque maghi portavano avanti il lavoro di identificazione e catalogazione degli usufruitori di magia, alla ricerca di assenti da lungo tempo, maghi che avevano dichiarato di non esercitare più la professione e rinnegati sotto sorveglianza. Il lavoro era lungo e noioso, e i maghi si stavano impegnando a turni. Quel giorno era toccato a Dalamar e la cosa gli stava logorando i nervi. Gli sembrava di essere tornato uno studente.
L’elfo oscuro stava attendendo che il suo Shalafi lo richiamasse alla Torre. Ormai aveva detto al Conclave quel poco che sapeva e finora quella a cui si stava accingendo era l’unica misura adottata, in mancanza di altre informazioni. Secondo Dalamar, lo Shalafi sarebbe dovuto tornare a Palanthas da un momento all’altro, se non erano sorti imprevisti durante il viaggio, o a Dargaard Keep. Fremeva dal desiderio di sapere che diavolo stava succedendo e quali informazioni i Majere erano riusciti a carpire al Cavaliere della Rosa Nera…o al fantasma di Kitiara stessa, chissà. Katlin sembrava davvero sul piede di guerra, riguardo alla spadaccina. Fortunatamente la Dea Tenebrosa non era più tornata a visitare i suoi sogni, rendendoli incubi spaventosi, e quei giorni a Wayreth si erano dipanati in una relativa tranquillità. L’elfo oscuro sapeva che quella non era che la calma prima della tempesta, ma era molto facile rilassarsi e pensare che alla fin fine il pericolo non doveva essere poi così terribile. Dalamar aveva già notato questa rilassatezza in molti dei maghi con cui stava collaborando. Solo Justarius, Ladonna e Par-Salian, insieme ad altri due o tre maghi del Conclave, parevano ben consci di quale terribile novità fosse una setta di maghi operante al di fuori delle Leggi degli Dei della Magia. Occorreva una nuova scrollata per risvegliare gli animi e l’elfo era sicuro che il suo Shalafi non avrebbe centellinato le brutte notizie.
Con un altro sospiro, Dalamar tornò ad afferrare la penna e si accinse a voltare pagina, quando un sussurro lo chiamò. Si voltò e vide un mago dalla Veste Rossa che gli faceva cenno. Corrugando la fronte, Dalamar si alzò e lo raggiunse.
«Lord Dalamar, Katlin Majere desidera parlare in privato con voi. Avete tempo?» chiese il mago, sorprendendolo.
«Katlin Majere? E’ qui?» chiese. La Veste Rossa annuì.
«E’ arrivata stamattina e ha conferito con il Conclave. A quanto pare ha portato altre brutte notizie, carpite dalla mente di Kitiara Uth Matar grazie ad un particolare potere di chiaroveggenza. C’è molta agitazione nell’aria.» lo informò. Dalamar corrugò la fronte, mentre il mago continuava. «Pare che la setta dei maghi fuorilegge si rifaccia direttamente alla Regina delle Tenebre e che si stia preparando una nuova forza per servirla, da cui persino le Vesti Nere sono estromesse. Lady Ladonna è furibonda.»
«Non mi è difficile crederlo.- disse Dalamar, attonito- Dove posso trovare Lady Katlin?»
La Veste Rossa gli indicò un’ala separata della biblioteca, in cui erano riposti i cataloghi degli oggetti magici conservati a Wayreth. La zona era deserta, al momento, e Dalamar vi entrò chiudendosi la porta alle spalle. Vide subito Katlin. La donna gli dava le spalle e scartabellava un grosso tomo, ma si volse sentendo la porta chiudersi.
«Dalamar. Ti ho disturbato?» chiese, con voce poco più alta di un sussurro.
«Mi hai salvato, in realtà. Compilavo liste di maghi da controllare.- rispose lui, venendo avanti- Non sapevo fossi qui da stamattina.»
«Siamo tornati ieri sera.- disse Katlin, sospirando e chiudendo il libro con gesto secco- Ti è giunta qualche voce delle notizie che porto?»
«Qualcosa.» disse Dalamar. La guardò, notando i segni della stanchezza sul suo viso e la durezza del suo sguardo. Nonostante ciò, il suo sangue si infiammò nel ripensare al sogno che aveva fatto. L’immagine della maga fredda e professionale e della donna fatta apposta per l’amore continuavano a confondersi davanti ai suoi occhi, turbandolo. La mente di Katlin era distante e si arrovellava su qualcosa, forse proprio sulle informazioni che aveva portato a Wayreth. Era vergognoso che lui non riuscisse a pensare ad altro che a quanto la desiderasse.  «Preferirei sentirle dalla tua bocca.» aggiunse, visto che lei restava in silenzio.
Katlin gli riferì della formazione della setta di maghi, dei figli di Ariakas e di Kitiara, e della necessità di spezzare queste teste di ponte prima che i piani di Takhisis cominciassero a prendere una vera forma.
«In quel caso sarebbe troppo tardi, presumo.- sospirò, appoggiandosi con le reni alla tavola e lasciando che i capelli le scivolassero sulle spalle, quasi celandole il viso- Purtroppo faccio fatica ad analizzare tutte le immagini che mi si sono riversate nella mente a contatto con Kitiara. Inoltre…» Abbassò la voce e si incupì. «Non posso credere che sia solo questa la fonte della paura degli Dei. Dev’esserci dell’altro sotto. Dovrò indagare più a fondo.»
«Come agiremo?» chiese Dalamar, facendolesi più dappresso. Sembrava così stanca, sola, bisognosa di protezione…Non era difficile, per lui, capire che Katlin aveva ancora paura di utilizzare il suo potere. Il desiderio di prenderla tra le braccia si fece insopportabile.
«Ancora non ci siamo messi d’accordo, ma sono sicura che ci divideremo i compiti con criterio.- disse, e un lampo le passò negli occhi, facendogli capire che lei non gli aveva detto tutto- Se solo fossi in grado di operare con maggiore sicurezza le mie doti…Dei, mi pesa così tanto essere mediocre! Raistlin, al mio posto, avrebbe già in mano la soluzione.» Si passò le mani davanti al viso. Tutto in lei comunicava frustrazione. Dalamar non seppe più trattenersi. Il desiderio si fuse con l’impellenza di consolarla, di farle capire che non era sola e men che meno mediocre. La abbracciò, sorprendendo lei e se stesso. Quando lei alzò gli occhi a guardarlo, tesa e in allarme per la sua condotta, non le permise di parlare. Le chiuse la bocca con la propria, assaporando le sue labbra mentre la stringeva a sé, affondando le mani nei suoi boccoli scuri. Lei sembrò volersi sottrarre, poi si rilassò e Dalamar avvertì con un senso di trionfo che Katlin ricambiava il bacio. La baciò a lungo, intensamente, poi la lasciò libera di respirare e prese a sfiorarle con le labbra gli occhi, le guance, e poi il collo…
«Dalamar!» esclamò Katlin, tendendosi di nuovo e spingendolo via con forza. Dalamar non la lasciò, ma la durezza della voce di lei lo colpì come una doccia gelida. Lei sviò il suo sguardo, spingendolo via con forza frenetica, guardandosi attorno come a cercare una via di scampo. «Dalamar, smettila! Smettiamola subito!- disse, e la sua voce era tesa- Potrebbe entrare chiunque! Se ci vedessero in questa situazione, tutto il lavoro dell’ultimo anno…»
Dalamar sentì un colpo in mezzo al petto, poi socchiuse gli occhi in due fessure e la guardò con astio, sentendo l’ira montargli in corpo.
«Mi stai scacciando per paura che saltino i piani di tuo fratello per la Torre di Wayreth?!- sibilò- E’ per questo?! Non ti credevo così meschina.»
Katlin arrossì violentemente. La sua reazione, in realtà, era dovuta semplicemente al panico. Le sensazioni che provava erano troppo forti e aveva paura di esserne sommersa. Aveva bisogno di una pausa per mettere in ordine i propri sentimenti, ma l’ardore dell’elfo la sopraffaceva.
«Io…» cominciò. Dalamar la strinse con tale forza da farle male, zittendola.
«Dopotutto, che potevo aspettarmi? Sei pur sempre sua sorella!» disse, con disprezzo, raggelandola. La vergogna di Katlin si trasformò in ira.
«E con questo cosa vorresti insinuare?!- sussurrò, furibonda- Come osi…» Dalamar la lasciò andare di colpo, come se avesse improvvisamente ribrezzo nel toccarla.
«Bene, preferisco averlo saputo adesso. Se desidero una donna, non ho che da scegliere. Non sto certo ad aspettare te, nonostante non mi è sembrato ti dispiacesse essere baciata.» disse l’elfo, ferito nell’orgoglio, voltandole le spalle e facendo per andarsene.
«Io non sono Kitiara, che puoi portarti a letto quando ti pare!- gridò Katlin, del tutto dimentica dei suoi scrupoli riguardo alla decenza- Se la Tentatrice viene a stuzzicarti di notte, poi non venire a sfogarti con me!»
«Sto tremando di terrore.- fu la caustica risposta di Dalamar, che ormai non riusciva più a frenarsi e si era avvicinato di nuovo a lei con fare minaccioso- Cosa farai, andrai a piangere dallo Shalafi cosicché finisca il lavoro che ha cominciato qualche anno fa?» Si batté il petto all’altezza delle ferite sempre aperte che lo segnavano. «Sei solo una vigliacca, Katlin.» sibilò.
Katlin impallidì e alzò una mano, come se volesse schiaffeggiarlo. Dalamar, invece, finalmente si zittì, notando d’improvviso il grande dolore dentro quegli occhi blu, al di là dell’ira e dell’orgoglio. Aveva colpito giusto: Katlin aveva avuto paura. Soltanto paura. D’improvviso si rese conto dell’enormità di ciò che le aveva detto e sentì il sangue gelarglisi nelle vene. Aveva male interpretato la paura di lei e come risultato si era giocato ogni ulteriore possibilità di averla per sé. Aspettò il colpo sul viso come il sigillo su una condanna. Lo schiaffo, però, non lo raggiunse mai. Katlin riabbassò la mano, tremando come una foglia, senza più guardarlo. Il suo viso era bianco come quello di un cadavere.
«Molto bene.» sussurrò, passandogli a fianco senza quasi produrre suono tanto il suo passo fu leggero.
«Katlin…» la chiamò Dalamar. La sola risposta che ottenne fu il secco chiudersi della porta alle spalle di lei, che lo lasciò solo a chiedersi come aveva fatto a cacciarsi in una tale situazione.

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Capitolo 13
*** 12 - La missione di Tas ***


CAPITOLO 12

LA MISSIONE DI TAS

«E’ questa?»
«Sì, è questa. Aspetta che ti aiuto a scendere.»
Kyaralhana affidò la sua mano a Tasslehoff e lui l’aiutò a saltare giù dal carretto del mercante fin sulla strada che passava accanto all’ingresso della città di Solanthas. Tas era stato nella nuova casa di Tanis una volta soltanto, ma il kender aveva un ottimo senso dell’orientamento, e non poteva sbagliarsi.
«Grazie, buon uomo! Bene, avviamoci.» disse, allegro, salutando il conducente e sistemandosi sulle spalle le borse stracolme. Non si accorse che il mercante, sentendosi apostrofare, si era voltato ed ora aveva fermato il carretto guardando i due kender a bocca spalancata. Aveva sul volto un’espressione ridicola che prometteva di trasformarsi in ira da un momento all’altro. Tas e Kyara non avevano propriamente richiesto quel passaggio fino a Solanthas…
«Non sono mai stata a Solanthas.- disse Kyara, sistemando a sua volta le proprie borse, parecchio più pesanti rispetto al momento della partenza- E’ una bella città?»
«Sì, è carina. Laurana non poteva che scegliere con buon gusto. Oh, guarda, il conducente vuole salutarci come si deve…ma non possiamo perdere tempo in chiacchiere, sarà meglio seminarlo.»
Tasslehoff e Kyaralhana entrarono in Solanthas correndo con il mercante alle calcagna. Riuscirono ad infilarsi in un vicolo senza essere visti e osservarono il mercante continuare a correre lungo il viale principale gridando cose francamente incomprensibili.
«Spero che non si sia offeso, poverino.» disse Kyaralhana, rigirandosi tra le mani una statuina graziosa che doveva esserle caduta in borsa.
«No, sono certo di no. Dopotutto, noi siamo in Missione e una Missione a volte richiede dei comportamenti un po’ sgarbati. E’ una causa di forza maggiore.» disse Tasslehoff, stringendosi nelle spalle. Kyara lo guardò con perplessità.
«Ma perché hai tutta questa fretta, Tas? Crysania non ci ha dato una scadenza, o che so io.»
«Lo so benissimo, ma Kat non me la racconta giusta.- disse Tasslehoff, facendole intanto cenno di seguirlo- Pensaci bene, Kyara: lei e Raistlin sono stati attaccati da demoni evocati da maghi che portano una veste fuorilegge e questi maghi sono alle dipendenze di Takhisis, che è la Regina delle Tenebre…e tu non hai idea di quanto possano essere PROFONDE quelle tenebre quando la guardi negli occhi…il che significa che i nostri amici sono in costante pericolo, perché Takhisis ha un sacco di motivi per essere veramente arrabbiata con loro. Beh, anche con me a dirla tutta, e con Tanis, e…»
«E con questo?- lo interruppe Kyara, togliendosi una treccia dalla spalla- Cosa c’entra questo con la tua fretta?»
«Se mi fai finire te lo spiego.- sbuffò Tas, piccato- Dicevo, Takhisis ci vuole probabilmente tutti morti e sta formulando un piano malvagio. Quale sia non sono riuscito a capirlo bene, Kat non si è dilungata in particolari e Crysania nemmeno, ma ho capito che ritrovare il figlio di Sturm e Kitiara è veramente importante. Sono curioso, poi, di vedere cosa sia venuto fuori da quei due…»
«Ma chi sono? Io non li ho mai conosciuti.» chiese Kyara, curiosa.
«Beh, Sturm era uno dei miei migliori amici, un Cavaliere di Solamnia.- disse Tasslehoff, orgoglioso- Era un tipo molto silenzioso ma forte e molto onorevole. Kitiara, invece…beh, forse era mia amica anche lei, ma poi le cose si sono parecchio confuse. Era la sorellastra di Caramon e Raistlin, e lavorava per la dea Takhisis.» Si intristì, mentre i dolori del passato lo riassalivano con sorprendente vividezza. «Ora sono morti tutti e due.- mormorò, guardandosi la punta delle scarpe- Sturm…è stato ucciso proprio da Kitiara, mentre ci difendeva, alla Torre del Sommo Chierico. Kitiara, invece, è stata uccisa da Dalamar, prima che lei uccidesse lui, e un Cavaliere della Morte se l’è portata via. Già…non so se sono veramente curioso di vedere cosa è uscito dall’unione di due persone così diverse. Forse è per questo che Kat mi ha dato la lettera…io non sarei capace di dirlo a Tanis con il tatto necessario.» Toccò la lettera stropicciata che teneva nella tasca, il viso da bambino improvvisamente invecchiato. «So già cos’avrebbe detto Flint di tutta questa storia…”Non è roba per un pomolo di porta come te! Lascia fare a quelli più alti  e adulti, anche se non si sono dimostrati affatto responsabili.” E poi avrebbe borbottato a non finire, perché a lui piaceva Sturm, ma Kitiara non gli era mai piaciuta.» Sospirò con voce tremula e i suoi occhi di riempirono di lacrime.
«Tas…» mormorò Kyara, quasi smettendo di camminare. Il cambiamento dell’amico l’aveva sorpresa e le aveva stretto per un attimo il cuore. Era una strana sensazione, che aveva provato già un paio di volte da quando aveva ritrovato l’amico d’infanzia e si era unita a quella bizzarra compagnia. Kyaralhana non riusciva a capire il dolore di Tasslehoff verso le cose passate, ma iniziava ad affezionarsi a tutti loro e cominciava a comprendere che stringere un legame forte significava anche dover aspettarsi, un giorno, di soffrire. Era tutto strano e nuovo, per lei, ma vedere Tas così la faceva stare poco bene. Con suo enorme sollievo, Tasslehoff prese un bel respiro e si passò un braccio sugli occhi, riprendendo il controllo di sé.
«Comunque sia, sono sicuro che non finirà qui. Kat e gli altri si imbarcheranno in qualche impresa da manuale per sconfiggere Takhisis e non voglio esserne estromesso. Per questo dobbiamo fare in fretta a tornare a Palanthas, altrimenti quelli ci lasciano a casa! Abbiamo un po’ di tempo, perché Caramon e Crysania dovevano andare dai Cavalieri di Solamnia e Kat è partita per Wayreth, ma sono sicuro che se non ci sbrighiamo ci toccherà correre loro dietro. Fortuna vuole che abbiamo trovato un passaggio e abbiamo recuperato un po’ di tempo.» finì, deciso.
«In questo caso, hai tutta la mia collaborazione, Tas!- disse Kyara, annuendo solennemente- Nemmeno io voglio essere estromessa da questa avventura. Coraggio, cerchiamo Tanis e convinciamolo a venire a Palanthas!»
Non impiegarono molto tempo a trovare la dimora di Tanis e Laurana. Si trattava di una casa a due piani attorniata da un giardino e da un alto muro di cinta che garantiva una certa intimità. L’abitazione sorgeva in una pacata zona residenziale, dove i due potevano permettersi di vivere tranquilli senza essere costantemente osannati, come a Palanthas, o additati, come a Qualinesti. Ovviamente la zona non era anche a prova di kender e la facilità con cui Tasslehoff aprì il cancello fu quasi una delusione per i due.
«Per la barba di Reorx, che serratura scadente! Devo farlo presente a Laurana, prima che qualche malintenzionato…oh, eccola! Laurana!» gridò Tasslehoff, vedendo Laurana sbucare da dietro un cespuglio di rose che stava evidentemente curando. La bellissima principessa elfa, in quel momento abbigliata con una tenuta adatta al giardinaggio e con i lunghi capelli di miele legati in una coda, fissò sbalordita i due kender che si erano introdotti nel suo giardino e che ora le stavano correndo incontro.
«Ma che…Tasslehoff!» esclamò, incerta se essere preoccupata o felice per quella visita inattesa. Alla fine parve propendere per la seconda ipotesi, perché si chinò e abbracciò il piccolo amico, sorridendo poi a Kyaralhana, che aveva conosciuto l’anno prima al battesimo del piccolo Sturm.
«Tas, che sorpresa! Cosa ci fate qui, voi due?- chiese Laurana con la sua voce musicale, togliendo al kender le cesoie che stavano scomparendo in una delle sue borse- La vostra è una visita inattesa!»
«Oh, è una lunga storia! Tu come stai Laurana? Sei sempre bellissima.- disse Tas, gioioso- Sai, dovresti cambiare la serratura di quel cancello, è veramente un invito per i ladri da tanto è semplice. Sempre che i ladri siano tanto stupidi da andare a rubare in casa di due Eroi delle Lance, però c’è sempre la possibilità che non lo sappiano e…»
«Come mai vi trovate qui, Tas?» chiese Laurana, interrompendolo con ferma gentilezza. Si accorse di essersi disabituata alla parlantina del kender. Iniziava già a girarle la testa. Tas e Kyara si scambiarono un’occhiata e il sorriso dell’elfa divenne un tantino più rigido. I kender non erano a Solanthas per incontrare i vecchi amici. In quella visita c’era uno scopo e Laurana non poté fare a meno di avvertire un brivido.
«Tanis è in casa?» chiese infatti Tasslehoff, d’improvviso meno esuberante. Laurana annuì lentamente.
«Sta riposando, credo. Tas…è successo qualcosa?» mormorò. Tas gonfiò le guance, riflettendo prima di rispondere.
«Potrei dire di sì, anche se il bello deve ancora venire. Comunque ci sono un po’ di notizie per Tanis…e anche per te, Laurana, se vuoi sentirle.» disse. Tirò fuori una lettera stropicciata dalla tasca e la alzò per fargliela vedere, senza comunque apparentemente avere l’intenzione di consegnargliela. «E’ da parte di Kat. Questa lettera vi spiegherà tutto.» aggiunse.

***

Più tardi, Tasslehoff era seduto su uno sgabello e muoveva le gambe avanti e indietro, irrequieto. Kyaralhana girava per il salotto di Laurana, osservando i bei mobili di fattura elfica, mentre Laurana sedeva presso la finestra, guardando fisso il marito. Tanis, dal canto suo, era seduto in una poltrona verde chiaro presso il caminetto spento e da circa quindici minuti leggeva in silenzio la lettera di Katlin. Il kender non aveva potuto fare a meno di notare che Tanis era impallidito via via che leggeva e per la seconda volta si trovò a ringraziare l’amica per avergli facilitato il compito di latore di cattive notizie. Capiva che per Tanis quelle notizie facevano male come tegole in testa…una lunga successione di tegole, forse. Sbirciò Laurana e la vide seria e tesa, troppo seria e troppo tesa per i suoi gusti. Sospirò piano, sulle spine. Kyara gli si sedette a fianco e gli sorrise, e Tas fu grato della sua presenza. Poi, Tanis abbassò la lettera sulle gambe con un fruscio. Rimase con lo sguardo perso nel vuoto, le labbra strette ed esangui. Tasslehoff attese per qualche istante che Tanis dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, ma il Mezzelfo non sembrava intenzionato a esprimersi. Alla fine, Tas non seppe trattenersi.
«Allora, Tanis? Che ne pensi?» chiese, balzando in piedi e avvicinandoglisi. Il Mezzelfo fece una smorfia che portò Laurana ad alzarsi a sua volta e ad avvicinarsi alla poltrona del marito.
«Che ne penso?- chiese Tanis, amaro, volgendosi poi verso Laurana- Sai che cosa ha scoperto Kat? Che il mio migliore amico e la donna che l’ha ucciso hanno avuto un figlio, dieci anni fa.»
«Cosa?!» mormorò Laurana, senza fiato, aggrappandosi allo schienale della poltrona. Tanis annuì.
«Sturm…e Kitiara. Hanno avuto un figlio.» La sua voce cedette, dalla gola gli uscì un suono simile al gracchiare di una cornacchia. «Sturm era ingenuo e di certo si è fatto irretire. Non credo di sbagliarmi dicendo che Kitiara l’ha fatto apposta per vendicarsi di me. All’epoca avevo deciso di dividere le nostre strade e lei non me l’aveva perdonato. Lei poteva lasciarmi quando voleva, ma io…io non dovevo osare.» Si passò una mano sul viso e poi sulla barba, fissando la lettera con occhi ossessionati. «Pare comunque che questa vendetta nei miei confronti si sia ritorta contro di lei.»
«Un figlio di Sturm e Kitiara…- mormorò Laurana, attonita e pallida- Ma…di certo Sturm non lo sapeva!»
«Oh, no, non lo sapeva! Kat è sicura che Kitiara l’abbia tenuto nascosto. L’ha abbandonato alla nascita e per quel che ne sappiamo non se ne è interessata granché mentre faceva la Signora dei Draghi.- disse Tasslehoff, lieto di poter fornire altre informazioni- Sappiamo che si chiama Steel Brightblade e che vive vicino a Palanthas. Kat vorrebbe che ce ne occupassimo noi, prima che la Regina delle Tenebre decida di prenderlo per sé.»
Tanis abbassò di nuovo lo sguardo sulla lettera. Non riusciva a spiegarsi come quella notizia avesse potuto avere su di lui un effetto tanto devastante. Kit era morta, no? E anche Sturm era morto, che potesse riposare in pace. Eppure, quella novità l’aveva di colpo catapultato dieci anni addietro, ai bei tempi felici di Solace, quando amava la spadaccina sensuale e irridente e aiutava Flint nell’ardua impresa di insegnare a combattere ai fratelli Majere e a Sturm. Sturm, povero amico…era partito verso Solamnia accettando suo malgrado la compagnia di Kitiara, che non gli era mai andata a genio. Lei era partita con il veleno in corpo, irata con il Mezzelfo per il suo rifiuto di seguirla…nella tenebra, come poi si era saputo. C’era stata solo vendetta nelle azioni di Kit? Tanis credeva di sì. Sturm, nonostante la disprezzasse, aveva ceduto alle lusinghe del suo corpo sensuale e Tanis non si sentiva di condannarlo. Un uomo insensibile al fascino di Kitiara era un uomo che non era in grado di provare desiderio per una donna. Ma un figlio…
«Cielo…» mormorò, coprendosi il volto con le mani. Un bambino, il figlio di Sturm e Kitiara! Pareva così inverosimile! Era come mischiare luce e tenebra nello stesso essere…e cosa poteva derivarne? Sentì una mano leggera sulla spalla e alzò gli occhi. Vide Laurana guardarlo con preoccupazione…e timore. C’era sempre paura nei suoi occhi quando si nominava Kitiara. Tanis abbozzò un sorriso e le prese la mano, stringendola con tenerezza.
«Kat ha fatto bene a dirmelo. E’ giusto che ci occupiamo di questo bambino.» disse, con voce rauca.
«Pensi…di adottarlo?» chiese Laurana, incerta. Tanis la guardò.
«Saresti contraria?» chiese. L’elfa scosse il capo, ma gli strinse più forte la mano.
«Ha il sangue di Sturm. Forse siamo ancora in tempo per strapparlo all’influenza di Kitiara.» mormorò.
«Tanis, Laurana, se non ve la sentite guardate che Caramon si è già offerto di adottarlo. Dopotutto, è suo nipote!- intervenne Tasslehoff- Kat vorrebbe solo che vi prendeste cura di…uh…di Steel per il tempo necessario a risolvere questa questione.»
«E quanto sarà, il tempo necessario?» chiese Tanis, corrugando la fronte. I kender si scambiarono un’occhiata, non possedendo la risposta a quel quesito. Tanis scosse il capo e si alzò. «Bisogna trovare Steel e spiegargli un po’ di cose riguardo i suoi genitori, se ancora non le sa, prima che ‘qualcun altro’ gli fornisca una versione dei fatti fasulla. Kitiara…se il suo spettro vaga ancora, non tarderà a riempirgli la testa di menzogne.» Fece una smorfia sofferta, poi prese un bel respiro. «Andiamo a Palanthas. Prima sbrighiamo questa faccenda, meglio mi sentirò.»
«Vuoi che venga con te?» chiese Laurana, preoccupata. Tanis la abbracciò, ma scosse il capo.
«Devo farlo da solo.» mormorò. Laurana, dopo un istante in cui sembrò voler replicare, annuì. Tanis guardò i due kender. «E voi due mi accompagnerete, non è così?»
«Oh, certo Tanis! Saremo al tuo fianco!» esclamò Tasslehoff. Il Mezzelfo annuì di nuovo, deciso. La sua mano si serrò sulla lettera, accartocciandola con forza.

***

Le onde sbattevano sulla costa dell’isola. Un fortunale sconvolgeva il Mare di Sangue di Istar, ma l’isola sembrava conservare dentro di sé un nucleo di calma e di attesa, una stoica pazienza a cui gli elementi non facevano nemmeno il solletico. Su quell'isola era nascosta la pietra nera, proveniente dal Tempio di Neraka ormai distrutto; la pietra che ora trasmetteva il potere magico da Takhisis ai suoi adepti.
Lo spirito di Katlin aleggiò sopra l’isola, cercandone l’identità e l’ubicazione. Poteva avvertire il disagio di coloro che abitavano l’isola, che forse avvertivano la sua presenza senza riuscire a darle un nome. Katlin non voleva che ci riuscissero tanto facilmente, ma non ci sarebbe voluto molto perché quei rinnegati facessero due più due. Solo i Majere potevano avere interesse e mezzi adatti per scoprire dove si nascondesse la setta e in che modo operasse. D’improvviso, Katlin scese più in profondità, e vide la pietra. Vibrava e pulsava di maligno potere, e Katlin sentì tremare la propria anima. Riconobbe quella sensazione per quella che l’aveva pervasa durante tutto il tempo della possessione ed ebbe la conferma che il frammento che le si era conficcato nella fronte l’anno prima veniva proprio da quella pietra. Katlin concentrò su di essa la propria volontà, cercando un punto debole, un indizio sul modo di distruggere quell'oggetto. Senza di esso, i maghi di Takhisis non erano che rinnegati abbandonati dagli Dei della Magia, facili da sconfiggere come bambini inermi.
Non riuscì a scoprire nulla. La sua concentrazione iniziò a sfaldarsi e avvertì un bisogno impellente di tornare al proprio corpo. Stanca, cedette prima di diventare abbastanza debole da permettere ai maghi di identificarla con sicurezza. Si ritrasse da quel luogo lontano e tornò al suo corpo, a Wayreth. Riaprì gli occhi nella camera illuminata dalla luce rossa di Lunitari, che aveva supportato i suoi sforzi. Diede in un tremulo sospiro, poi allungò la mano verso il bicchiere di vino e i dolci che aveva preparato vicino al letto. Era sempre spossata quando tornava dai suoi stati di trance e non aveva nessuna voglia di svenire e farsi soccorrere dai maghi della Torre. Stava facendo una splendida figura con loro, grazie ai suoi poteri, e non era il caso di rovinarla perdendo i sensi come una qualunque donnicciola.
Si accorse con la coda dell’occhio che lo specchio sul comodino si era illuminato.
“Che tempismo.” pensò, sarcastica. Katlin ingoiò un boccone e prese in mano lo specchio, mormorando la parola di comando. Nella superficie riflettente apparve il volto di suo fratello Raistlin.
«Buona sera, sorella mia. Lunitari è piena, stanotte.» disse l’arcimago. Katlin sorrise appena.
«Sì, la tua intuizione è giusta. La Dea mi ha aiutata a vedere più oltre.» disse, comprendendo subito dove il fratello volesse andare a parare.
«Quindi?» chiese Raistlin, brusco.
«La pietra viene conservata nelle viscere di un’isola che si trova al largo della costa tra Goodlung e Blood Bay, non so ancora esattamente dove.- disse Katlin, sospirando e prendendo un altro dolce ricoperto di miele- E’ un’isola piccola e disabitata, dall’esterno non si direbbe che sia il quartier generale di una setta di rinnegati.»
«Sicché di nascondono laggiù?- mormorò Raistlin, riflettendo tra sé- Ora che conosco la zona, non credo mi sarà difficile scoprire l’esatta ubicazione dell’isola.»
«E’ ciò che speravo.» disse Katlin, facendo fuori il dolce in un solo boccone.
«E la pietra?»
«Un frammento del Suo trono a Neraka. E’ piena di potere…apparentemente non ha punti deboli. Sono sicura che possa essere distrutta con la magia, ma in che modo ancora non so. Direi che ci avrebbe fatto comodo avere ancora lo Scettro dei Tre…»
Raistlin fece un gesto secco per eliminare la questione e Katlin sospirò, scrollando le spalle. Quell'oggetto magico, capace di distruggere persino il Portale, era ormai disgregato e disperso, e gli Dei non avrebbero concesso loro di utilizzarlo una seconda volta.
«Il Conclave ha accettato le tue proposte?» chiese Raistlin, sempre pensieroso. Katlin annuì.
«Ci aiuteranno a tenere d’occhio Ariakan. Ho detto loro che Tanis si occuperà di Steel e hanno accettato anche questo senza troppo clamore. Rispettano il Mezzelfo. Per quanto riguarda i maghi rinnegati, ci aiuteranno ad individuare quelli che si aggirano tra noi. Non ho detto loro dell’isola.»
«Hai agito bene.- fu il commento di Raistlin, che annuì con aria grave- Questa è una faccenda che dobbiamo risolvere da soli. E’ quello che Lei vuole, dopotutto…e perché non concederle almeno questa piccola soddisfazione?»
«Hai notizie degli altri?» chiese lei, mettendosi più comoda sui cuscini. Iniziava ad avere sonno.
«Caramon e Crysania hanno parlato con i Cavalieri di Solamnia. Sono tornati questo pomeriggio.- disse Raistlin, corrugando la fronte- Pare che Lord Gunthar, il loro capo, sia scettico sul futuro ruolo del giovane Ariakan. Si è impegnato a tenerlo debitamente sottocchio, ma mi sento più tranquillo sapendo che il Conclave se ne occuperà a sua volta. I Cavalieri si stanno riadagiando sugli allori…quegli stolti…» Fece una smorfia a metà tra il disprezzo e la commiserazione. «Pare però che Lord Gunthar voglia con sé il figlio di Sturm, per farlo crescere all’interno dell’ordine.»
Katlin sbuffò e Raistlin si produsse in un sorrisetto.
«Se ne occuperanno Caramon o Tanis. Quel bambino ha bisogno di vivere con persone che lo aiutino a barcamenarsi fra le due eredità che ha ricevuto, non con un branco di guerrieri fissati con l’onore.- borbottò la maga, contrariata- Sarebbe il modo migliore per fargli scegliere la Tenebra…»
«Che brutta opinione hai dei nostri paladini, sorella mia.- sussurrò Raistlin, con una risatina maligna- Bene, su questo siamo d’accordo. Purtroppo non ho ancora notizie da parte di Tanis, o di quei due sciocchi kender. Immagino non abbiano ancora portato a termine il loro compito.»
«E tu? Hai formulato un piano?» chiese Katlin. La luce della luna si rifletté per un attimo sullo specchio, dando agli occhi di Raistlin uno scintillio inquietante.
«Direi di sì. Ho un’idea piuttosto chiara di ciò che faremo.- disse, piano- Tu cerca di finire il tuo lavoro a Wayreth alla svelta. Quando tornerai, inizieremo a pensare a come disfarci dell’ultima trovata della Dea tenebrosa.»
«Così sia.- mormorò Katlin, approvando- Tra un paio di giorni sarò a casa. Abbi ancora un po’ di pazienza.»
Raistlin annuì e Katlin si accinse a posare lo specchio, certa che la conversazione, per il momento, fosse conclusa. L’arcimago, invece, non aveva ancora finito.
«Posso sapere, mia cara sorella, cos’hai fatto al mio apprendista? E’ terribilmente svagato in questi giorni.»
La domanda raggelò Katlin e lo specchio quasi le cadde di mano. Lo recuperò con un certo ritardo e Raistlin, nella sua stanza della Torre di Palanthas, vide l’immagine guizzare pazzamente per poi appuntarsi di nuovo sul viso pallido della sorella. Raistlin strinse gli occhi in due fessure.
Due giorni prima, Dalamar era ritornato da Wayreth, avendo esaurito il suo compito laggiù. All’apparenza l’elfo oscuro sembrava il solito, ma a Raistlin non era sfuggita la sua aria tetra, il suo sviare il discorso quando si parlava di Katlin. Il volto aitante dell’elfo sembrava irrigidito in un’espressione volutamente indifferente. Il suo apprendista conosceva a grandi linee le loro ultime scoperte, il che significava che aveva parlato con Katlin prima di ridursi ad un manico di scopa ambulante. Vista la reazione della sorella, Raistlin ritenne di aver visto giusto, sospettando che tra i due fosse successo qualcosa.
«Dovresti chiedermi cosa LUI ha fatto a me.» mormorò Katlin, e la sua bocca fremette per quello che poteva essere un inizio di pianto o indignazione. Raistlin corrugò la fronte, e sentì crescere dentro di sé un sentimento gelido.
«Perché, che ti ha fatto?» chiese, con un tono di voce letale. Aveva forse sopravvalutato il suo apprendista? Possibile che Dalamar avesse agito scorrettamente nei confronti di Katlin? Inaspettatamente perfino per se stesso, Raistlin scoprì che anche se era divertito dalle schermaglie fra i due, non faticava ad irritarsi al pensiero che Dalamar si prendesse delle libertà non richieste sulla sorella minore. Era una mancanza di rispetto nei suoi confronti, che l’aveva tenuto con sé nonostante il passato. Dalamar era già stato punito da lui per un tradimento…voleva forse scoprire quali altri dolori il suo Shalafi poteva insegnargli?
Questi pensieri dovettero rifletterglisi in viso, perché Katlin scosse il capo.
«Fai conto che non ti abbia detto nulla. E’ colpa di entrambi.- disse, poi sospirò e parve che quel sospiro le fosse venuto dal profondo dell’anima- Passerà.»
Raistlin la scrutò a lungo, in silenzio, poi annuì.
«Spero che sia vero, perché dovremo viaggiare insieme, di nuovo a stretto contatto. Non voglio problemi, Katlin.» disse.
«Non ne avrai.» gli assicurò lei. Raistlin la guardò ancora per un istante, poi annuì e ruppe il collegamento magico. Katlin posò lo specchio, poi si alzò e andò alla finestra. Guardò Lunitari mentre riportava alla mente il litigio avuto con Dalamar due giorni prima.
«Sono davvero una vigliacca…ma lui è stato malvagio con me.» mormorò, cercando di non dar sfogo alle lacrime. Come avrebbero fatto a viaggiare insieme, ad utilizzare insieme la magia, in quelle condizioni di spirito? E che cosa ne sarebbe stato, dopo questo litigio, dei suoi sentimenti e del loro rapporto? «Forse è meglio così.» mormorò. Allora perché il cuore le faceva tanto male?
Una nuvola passò davanti a Lunitari, schermando la sua luce, e Katlin si ritrovò immersa nella tenebra.

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Capitolo 14
*** 13 - Steel Brightblade ***


CAPITOLO 13

STEEL BRIGHTBLADE

Il Mezzelfo e i due kender sbirciarono oltre l’angolo, osservando la casetta di periferia. Una donna stava stendendo il bucato nel piccolo cortile, cercando di avere ragione delle lenzuola umide che il vento caldo le sbatteva continuamente addosso. I dintorni erano tranquilli, piuttosto silenziosi. Non abitava molta gente da quelle parti. Le cicale frinivano riempiendo i dintorni di un suono forte e stordente.
«Dev’essere quella donna, Sara.» mormorò Tasslehoff.
«Sei sicuro, Tas?» chiese Tanis, corrugando la fronte. Gli sembrava una donna come tante, non una seguace della Regina delle Tenebre. Tas annuì.
«Quando ho chiesto di un bambino di nome Steel, mi hanno indicato questa casa. Non è un mistero per nessuno che qui viva il bambino con la sua…beh, diciamo mamma.» borbottò.
«Non si può dire che si nascondano. D’altra parte, non sanno nemmeno che qualcuno li sta cercando.» sussurrò Kyaralhana. Tanis annuì. Quella era un’osservazione pertinente. Il Mezzelfo spazzò ancora i dintorni con lo sguardo. Sembrava un normale, caldo primo pomeriggio d’estate nella periferia di Palanthas. La donna che stendeva i panni faceva pensare a torte di mele e ad odore di sapone, non a tenebre o maghi rinnegati o ancora a Cavalieri Neri. Tanis non sapeva se si trattava solo di una finzione portata avanti per nascondere la sua vera natura ai vicini di casa, ma sperava per Steel che così non fosse. Se almeno lo sfortunato bambino avesse conosciuto un surrogato di amore materno, c’era da sperare che il carattere di Sturm in lui avrebbe prevalso…Purtroppo non vedeva bambini in zona. L’unica cosa che testimoniava la possibile presenza di un ragazzino era una spada di legno appoggiata su un lato del piccolo recinto dell’orto.
«Non vedo Steel.- mormorò Tas, aguzzando la vista- Magari è fuori a giocare con gli altri bambini del quartiere.»
«In questo caso forse non ci conviene attaccare discorso con quella donna.- disse Kyara- Andiamo a cercare il bambino e…»
«No. Preferisco comunque parlare con quella donna, prima. Devo sapere come stanno esattamente le cose.- disse Tanis, raddrizzandosi e prendendo un profondo respiro- Se Steel non è in casa, lo aspetteremo. Andarlo a cercare nei dintorni sarebbe una perdita di tempo. Dovrà comunque tornare a casa.»
Kyara annuì, ammirata dalla sua logica, e Tanis si preparò ad uscire allo scoperto, quando la donna parlò e Tasslehoff lo acchiappò per un braccio, trattenendolo.
«Steel!- gridò la donna- Steel, portami l’altra cesta, per favore! L’ho lasciata in casa!»
In meno di un minuto, un ragazzino alto e magro di circa dieci anni uscì dalla casa, tenendo sottobraccio una grossa cesta di panni lavati. Non riuscirono a vederlo in volto. Di lui erano visibili solo i capelli neri un po’ ribelli e una bocca seria. Posò la cesta accanto alla donna chiamata Sara, la quale sorrise con calore e sfiorò la guancia di Steel con una carezza. Tanis dovette mordersi un labbro per contenere la commozione. Non c’era alcuna finzione in quel sorriso e in quella carezza. Era evidente che la donna provava molto affetto per Steel. Questo rese il cuore del Mezzelfo un po’ più leggero.
«Grazie, tesoro.- disse Sara- Non vuoi andare a giocare con gli altri? E’ una giornata troppo bella per passarla in casa!»
Il giovane Steel scrollò le spalle in un gesto che Tanis riconobbe con dolorosa certezza come una caratteristica di Kitiara. Non udì la sua risposta, ma parve declinare il suggerimento. Tanis si passò una mano sulla barba, cupo, poi annuì e si incamminò per andare incontro ai due. Tasslehoff e Kyaralhana gli si misero alle costole dopo un attimo. Tanis vide che la donna alzava lo sguardo su di lui. Si accorse della luce preoccupata nel suo sguardo e alzò una mano per rassicurarla sulle sue intenzioni pacifiche. Era teso come se dovesse andare in battaglia. Attendeva di poter guardare in viso il figlio di Sturm…e di Kitiara. Dei, ancora non poteva crederci! Avrebbe dovuto racimolare tutto il suo coraggio, e anche qualcosa in più, per guardare negli occhi il frutto inaspettato di una unione dettata dalla vendetta…vendetta nei suoi confronti…
Non riuscì ad avvicinarsi molto alla casa. Dai tetti delle abitazioni vicine, saltarono improvvisamente sulla strada tre figure impaludate in lunghi mantelli nonostante il caldo. Tanis si bloccò e sguainò la spada, comprendendo all’istante che la casa di Steel era sotto sorveglianza. Che sciocco! Avrebbe dovuto pensare a questa eventualità! Probabilmente quei tre controllavano le loro mosse fin da quando si erano messi a spiare da dietro l’angolo.
«Tas! Kyara!» chiamò, mentre il primo assalitore gli si slanciava contro.
«Siamo accanto a te, Tanis!» gli assicurò Tasslehoff, che aveva già iniziato a far roteare l’hoopak. Tanis riuscì a vedere che la donna spingeva in casa il bambino,  terrorizzata, poi l’uomo fu addosso al Mezzelfo. Tanis incrociò la spada con lui, rigettandolo indietro. Il cappuccio del mantello cadde sulle spalle del suo avversario e Tanis si ritrovò a guardare il muso squamoso di un draconico.
«Draconici, Tas!» avvisò Tanis, tornando ad attaccare.
«Non c’è problema, Tanis!» lo rassicurò Tas.
«Tas, attento alle spalle!» strillò Kyara. Tas si abbassò appena in tempo per non farsi affettare la testa. Tanis attaccò, colpendo la spada del nemico con grande clangore, costringendo il draconico ad arretrare di qualche passo. Il draconico passò al contrattacco e stavolta fu Tanis a dover indietreggiare. Dovette scansarsi di colpo per evitare un fendente al fianco da parte di un secondo draconico, che fortunatamente fu subito raggiunto da una grossa pietra alla tempia.
«Lascia stare Tanis!» gridò Kyaralhana, armando di nuovo la sua fionda. Tanis le rivolse un ringraziamento mentale e tornò a concentrarsi sul proprio avversario. Un grido di trionfo da parte di Tas gli comunicò che il kender aveva avuto ragione del draconico contro cui stava combattendo. Tanis accentuò i propri sforzi.
«Chi vi manda?» ringhiò in faccia al draconico quando le loro spade si scontrarono di nuovo. Questi sogghignò, mostrandogli i denti appuntiti senza rispondere. Tanis fece una smorfia rabbiosa e spinse indietro il draconico. Non aveva bisogno di conoscere la risposta dalla bocca del maledetto uomo rettile. Era fin troppo evidente che era stata Kitiara, perfino dal mondo dei morti, a mantenere la sorveglianza sul figlio che in futuro si sarebbe rivelato tanto importante. Il pensiero lo riempì di rancore per la spadaccina e il suo attacco si fece più violento. In poche mosse, riuscì a disarmare il draconico e a recidergli la testa. Il corpo cadde a terra, trasformato in pietra. Si voltò e attaccò il draconico che stava inseguendo Kyara, pur bersagliato da pietre grosse come uova. Aveva perso un occhio, ridotto ad una poltiglia sanguinosa, e per questo non si accorse in tempo dell’avvicinarsi di Tanis. Cadde morto prima di aver potuto iniziare a reagire.
«Fiuu…grazie Tanis.» disse Kyara, detergendosi il sudore dalla fronte. Tanis, ansimante, fissò con occhi bui il corpo del draconico morto, che presto si sarebbe trasformato in polvere, poi si ricordò di Tas e si guardò intorno. Il kender stava camminando verso di loro con l’aria più tranquilla del mondo.
«Il mio è sistemato, Tanis. Pericolo scampato.» disse, allegro. Tanis annuì, cercando di riprendere fiato, poi guardò con disgusto la propria spada macchiata di sangue di rettile e scosse la testa.
«Coraggio, andiamo.» mormorò, dirigendosi verso la casa in cui Sara e Steel si erano rifugiati all’inizio dello scontro. Tas e Kyara annuirono, mettendoglisi di nuovo alle costole.
Tanis fece il suo ingresso nel cortile, chiedendosi come attaccare discorso dopo un’introduzione del genere, quando all’interno della casa venne gridato il nome di Steel e la porta si spalancò di colpo, lasciando uscire di corsa il ragazzino. Questi si fermò poco oltre la soglia. Teneva in mano una spada corta e prese la posizione di guardia fermandosi ben bilanciato sui piedi. Il peso della lama gli faceva tremare le braccia magre, ma non c’era nessun tremito sul suo volto serio e cupo, nei suoi occhi scintillanti.
«Questa casa è abitata da gente pacifica. Fate un altro passo, signore, e sarò costretto a farvi del male.» disse, con voce non ancora matura, mentre sulla soglia si stagliava la figura della donna, il cui viso era sconvolto dalla preoccupazione.
Tanis, Tasslehoff e Kyaralhana rimasero a guardare Steel, fermi al limitare del cortile. Tanis sentì il cuore precipitargli nell’Abisso per poi tornare al suo posto pieno di uno strano dolore. Davanti ai suoi occhi c’era una copia pressocchè identica di Sturm. A parte la bocca, che in altri momenti doveva essere in grado di piegarsi in  sorrisi sbarazzini degni di sua madre, e una certa sfrontatezza non ancora domata che gli danzava nello sguardo, Steel era la versione giovanile di suo padre. Stessa postura fiera, stesso rigido modo di parlare e di agire, stesso coraggio nell’affrontare il pericolo e nel difendere i più deboli. Tanis cadde su un ginocchio, sorprendendo sia la donna che il ragazzino. Il suo volto si rigò di lacrime irrefrenabili, che gli corsero lungo la barba rossiccia. Il ragazzino, perplesso, abbassò un po’ la guardia.
«Steel…Steel Brightblade, il mio nome è Tanis Mezzelfo.- disse Tanis, con voce resa roca dal pianto- Io…noi…siamo amici di tuo padre.»
Steel socchiuse la bocca in un’espressione di sorpresa e incredulità. La punta della spada corta andò a scavare nella terra battuta del cortile.
«Amici…di mio padre?» mormorò il ragazzino, guardando alternativamente il Mezzelfo e i due kender. Sara uscì di corsa di casa e andò ad inginocchiarsi accanto a Steel, abbracciandolo con fare protettivo. Tanis alzò una mano.
«Vi prego, signora, non preoccupatevi. Siamo qui con il solo intento di parlare con Steel.- disse, mettendosi poi la mano sul cuore- Giuro che quanto ho detto è vero. Io…Sturm era il mio migliore amico. E conoscevo…conoscevo anche tua madre, Kitiara.»
Steel strinse le labbra e impallidì. Il suo viso sembrò improvvisamente troppo adulto per la sua età. Sara lo guardò con preoccupazione quando lui annuì.
«Parleremo con voi.- disse il ragazzino, piano- Entrate in casa.»

***

Più tardi, il gruppo se ne stava in silenzio, nella cucina della casa. Tas e Kyara erano alla finestra e ogni tanto guardavano fuori, controllando che non arrivasse qualche altro scocciatore. Tanis, Steel e Sara erano seduti al tavolo, tutti cupi e gravi. Sara si stava asciugando gli occhi con un angolo del grembiule. Il Mezzelfo aveva appena raccontato al bambino quali fossero stati i presupposti della sua nascita, chi fossero stati realmente i suoi genitori e come erano morti. Tanis si passò una mano sulla barba, sospirando. Era andato sul leggero riguardo a Kitiara. Era inutile che un ragazzino così piccolo conoscesse nel dettaglio quali brutte azioni avesse compiuto sua madre. Uccidere Sturm era stata la cosa più orribile, e quella purtroppo non aveva potuto renderla meno scioccante. Steel alzò il capo, fissando il Mezzelfo con i suoi occhi acuti e limpidi.
«Io ho visto mia madre, molte volte negli ultimi due anni.- mormorò il ragazzino- Sapevo già che era morta. Lei…non si era mai interessata di me, prima, ma ora viene spesso a visitarmi in sogno e mi fa vedere luoghi…cose che ancora non capisco.»
«Sta cercando di istruirti per il compito che sta preparando per te.» mormorò Tanis, stringendo le labbra. Steel annuì.
«Sì, lo avevo capito. Mi parla sempre di gloria, e potere, e battaglie. Non è che queste cose mi dispiacciano, ma…» disse, facendo venire un brivido a Tanis. Scosse la testa. «Io non ho mai saputo chi fosse mio padre. Tu lo sapevi, Sara?» Guardò la sua nutrice, che dopo un attimo annuì.
«Lo avevo intuito.- mormorò la donna, affranta- La Signora Kitiara ti affidò a me e ti impose il nome che porti, tesoro. Brightblade, all’epoca, era un nome solamnico come tanti…ma dopo la Guerra delle Lance non potei fare a meno di pensare che vi fosse una connessione con il Cavaliere che aveva difeso la Torre del Sommo Chierico.»
Steel annuì, pensieroso, e Tanis prese la parola.
«Sturm non sapeva di te, Steel. Di questo sono sicuro, potrei metterci la mano sul fuoco.- disse- Lui non ti avrebbe mai lasciato solo, se avesse saputo. Conosceva bene il dolore derivante dal non avere un padre.»
«E’ vero. Sturm viveva solo con sua mamma.- disse Tasslehoff con la sua vocetta acuta- Diceva sempre che lui sarebbe tornato, ma non tornò mai e sua mamma morì, e Sturm lo venne a cercare ma era già morto, così quando tornò aveva la sua armatura e…»
«Io ho sognato anche lui…credo.- disse Steel, interrompendolo e stupendo Tanis- Ho sognato un cavaliere…però non ho visto il suo volto. A volte si frappone fra me e mia madre. Non ha mai parlato. Però…era tanto triste, lo sentivo. Ora che mi avete raccontato cos’è accaduto, capisco anche il perché.» In quegli occhi luccicò qualcosa, poi Steel sbatté le palpebre e le lacrime scomparvero. Tanis si sentì toccare il cuore per il coraggio e lo stoicismo con cui Steel stava affrontando la situazione. Il ragazzino alzò di nuovo lo sguardo, quasi con sfida. «Però non provo odio verso mia madre.» disse, deciso. Tanis gli mise una mano sulla spalla.
«Steel, nessuno ti chiede una cosa del genere. Perfino io…- strinse i denti- Anche se non è più amore quello che provo per lei, non posso dimenticarla od odiarla. E’ stata troppo importante per me, nonostante ciò che ha fatto. Immagino che il tuo legame con lei sia ancora più profondo.»
Steel annuì, forse sorpreso di trovare tanta comprensione nel Mezzelfo. Tanis guardò Sara, che aveva ripreso a piangere silenziosamente.
«Signora, voi e Steel correte un pericolo non da poco. La Regina delle Tenebre preparerà le sue armate e presto potrebbe portare via Steel per addestrarlo.- disse- Voi mi sembrate una brava persona. Come potete sottostare ad una cosa simile?»
La donna fece un gesto vago.
«Mio marito lavorava per loro.- mormorò- Mi conoscono. Ormai…che altro mi resta da fare?»
«Siamo qui per questo!- disse Tasslehoff, precedendo Tanis, che corrugò la fronte, contrariato- Insomma, il piano è portarvi via! Almeno per una volta, Steel potrà decidere per i fatti suoi cosa fare nella vita, no? Voglio dire, sarà anche interessante fare il cavaliere oscuro, però…»
«L’idea sarebbe portarvi a vivere con me e mia moglie Laurana, a Solanthas.- disse Tanis, interrompendo il kender- Laggiù, noi vi proteggeremmo. Voi, signora, potrete smettere di preoccuparvi, e Steel potrà trovare la sua strada senza che qualcun altro la tracci per lui.»
«A…Solanthas?» mormorò Sara.
«Davvero permetterete anche a Sara di venire?» chiese Steel, alzandosi in piedi. Finalmente Tanis vide il bambino che era in lui e sorrise. Annuì.
«Certo, mi sembra il minimo.- disse, deciso- Verrete con noi e se vorrai, Steel, io e Laurana ti adotteremo. Se invece vorrai vivere con i tuoi parenti, quando torneranno dal viaggio che stanno per compiere, sarai libero di farlo.»
«I miei…parenti?» chiese Steel, perplesso.
«Hai tre zii da parte di madre, i fratellastri di Kitiara!- disse Tas- C’è Caramon, un guerriero grande e grosso e buono come il pane, sposato con la dolce Tika e hanno un figlio piccolo che si chiama…beh, si chiama Sturm, proprio per omaggiare tuo padre. Poi c’è Raistlin, che è un arcimago cattivo davvero potentissimo e che è morto e resuscitato dall’Abisso. Una persona estremamente interessante! E poi ancora c’è tua zia Kat, cioè Katlin, che era la Donna con Tre Anime ma adesso ne ha una sola e viene da un altro mondo ma in realtà era la terza gemella, ed è lei che ti ha trovato!»
Tanis fece a Tasslehoff cenno di finirla con lo sproloquio, vedendo che a quelle descrizioni gli occhi di Steel e di Sara si erano ingranditi come piattini.
«Caramon ha espresso il desiderio di adottarti a sua volta. Lo farebbe con tutto il cuore, Steel. Era amico di Sturm come lo ero io e il nome con cui ha battezzato il suo primo figlio lo dimostra.- disse, guardando il bambino- La sua piccola famiglia è deliziosa e un giorno li conoscerai, così potrai decidere cosa fare.»
Steel rimase in silenzio per un istante, cercando di digerire tutte quelle informazioni, poi guardò Tanis con determinazione.
«Prima di prendere qualsiasi decisione, c’è una cosa che vorrei mi aiutaste a fare.» disse.
«Che cosa, Steel?» chiese il Mezzelfo.
«Desidero andare a visitare la tomba di mio padre.»

***

Steel rimase in disparte mentre Tanis confabulava con i due Cavalieri di guardia. Il ragazzino lasciò spaziare lo sguardo lungo le mura della Torre del Sommo Chierico, quelle mura su cui suo padre era morto trafitto dalla lancia di Kitiara, Signora dei Draghi…sua madre. Trattenne un sospiro, mentre il suo sguardo si faceva assente. Era ancora sconvolto da ciò che era venuto a sapere, ma non voleva cadere preda dell’angoscia o della paura. Guardò il Mezzelfo, che al momento stava annuendo alle parole di una delle guardie. Sembrava un buon uomo, una persona sincera e forse d’onore. Steel apprezzava la sincerità, anche quando questa faceva male. Lo turbava sapere di avere ancora una famiglia, da qualche parte, ma alla fine dei conti gli bastava avere la possibilità di vivere con Sara e avere tempo per mettere chiarezza nella propria anima. Tanis gli aveva garantito che avrebbe avuto entrambe le cose. Non si era mai sentito così lacerato come in quel momento. Il Mezzelfo si voltò verso di lui, attirando la sua attenzione.
«Puoi entrare, Steel.- gli disse, mettendogli una mano su una spalla quando lui si avvicinò- Preferisci che io ti accompagni, o vuoi vederlo da solo?»
Steel rifletté per un istante, poi si fece cupo in volto.
«Vorrei andare da solo, Tanis.» mormorò. Non si accorse che Tanis si era morso le labbra, toccato nel profondo dalla somiglianza tra il suo atteggiamento e quello di Sturm. Guardare Steel era come tornare bruscamente indietro nel tempo. Il Mezzelfo annuì e lo spinse dolcemente ad entrare, non fidandosi della propria voce. Il ragazzino scese nella fresca cella sotterranea, dove erano stati inumati i caduti della grande battaglia alla Torre del Sommo Chierico. Era avvenuto tutto quando lui era un bambino piccolo e ricordava solo Palanthas in preda all’agitazione per l’arrivo del nemico, e poi i festeggiamenti per il Generale Dorato, Laurana. Sembrava incredibile, ora, sapere che l’eroe che aveva salvato Palanthas dall’attacco di sua madre Kitiara era stato suo padre, Sturm Brightblade. Due nemici…era stato generato da due persone completamente diverse l’una dall’altra, che si erano combattute senza paura. Era sbagliato sentirsi orgoglioso di entrambi? Steel sentiva in cuore una grande confusione.
Quando giunse nella cella sotterranea, il silenzio della morte lo avvolse e Steel lo accolse con piacere. Faceva freddo, ma anche questo si accordava con il suo stato d’animo. Lasciò spaziare lo sguardo per la sala. Inizialmente, i cadaveri erano stati adagiati sulla pietra, non essendoci modo di dare loro sepoltura in altra maniera. Ora, ad anni di distanza, quasi tutti i caduti erano stati coperti da sarcofagi recanti la loro effigie. Steel riconobbe il cavaliere senza testa, Derek Crownguard, colui che aveva guidato una carica suicida di Cavalieri contro il nemico, perendo nell’impresa. Era stato ritratto con il volto coperto da un drappo. Steel distolse lo sguardo, cercando suo padre. Lo trovò in fondo alla sala, nel posto d’onore, e si avvicinò con passi lenti. Fu con un sobbalzo al cuore che si rese conto di non stare guardando una rappresentazione in pietra di Sturm Brightblade, bensì il suo cadavere incorrotto, ancora sdraiato sulla pietra ove i suoi amici Laurana, Flint e Tasslehoff l’avevano deposto. Steel strinse le labbra, scioccato da quella conservazione miracolosa, ma si accostò al corpo di suo padre. Sul suo petto erano posati una rosa nera, una piuma bianca e un gioiello splendente a forma di stella. Steel non aveva idea del loro significato. Alzò lo sguardo sul volto paterno e subito le lacrime gli pizzicarono gli occhi. Ecco il volto della presenza luminosa che tanto spesso gli aveva fatto visita nei sogni.
«Padre…» mormorò, con voce spezzata. Avvertì per quell'uomo dal volto severo ma in pace un’immane ondata di affetto ed allo stesso tempo la tentazione di chiudere gli occhi e fuggire. «Padre, è un’eredità difficile quella che mi hai lasciato.- mormorò ancora, sfiorando con mano tremante la guancia fredda del morto- Io…non so se sarò alla tua altezza. Il mio cuore è diviso. Ho paura…» Deglutì a fatica. «Seguirò il Mezzelfo, credo che sia una brava persona. Cosa farò dopo…non lo so.- aggiunse- Avrei voluto conoscervi. Tu, e la mamma. Forse…forse non mi sentirei diviso a metà come ora.»
Strinse i denti ed abbassò lo sguardo, serrando i pugni. Non voleva piangere, ma aveva paura di non riuscire a farne a meno. Voleva lasciare a suo padre un’immagine fiera e degna, ma non ci stava riuscendo molto bene. Che avesse solo undici anni non era una buona scusa. Fu allora che sentì distintamente una mano posarglisi sul capo. Non osò alzare lo sguardo. Il respiro gli si bloccò in gola. La mano rimase sulla sua testa, riempiendolo di una sensazione calda e confortante. C’erano affetto e orgoglio in quel semplice gesto, e il cuore di Steel riprese a battere più forte.
«Padre…» disse, alzando gli occhi. La sensazione svanì. Davanti a lui c’era solo il cadavere immoto di Sturm. Steel rimase in silenzio per qualche istante, attonito, poi annuì e voltò le spalle al corpo. Aveva saputo tutto ciò che c’era da sapere. Suo padre era con lui e non l’avrebbe abbandonato. Approvava la sua decisione di andare a stare da Tanis Mezzelfo. Non lo condannava per l’oscurità che era dentro di lui. Era tutto ciò che desiderava sapere. Risalì le scale della cripta, tornando alla luce del sole e al calore estivo. Impiegò qualche attimo per rendersi conto che non c’era solo Tanis ad aspettarlo. Accanto a lui c’erano i kender e un grosso guerriero dal viso familiare smise di parlare nel vederlo emergere dalla cripta. Poco più in là, seduta su una sporgenza del muro, c’era una maga dalla veste rossa con i capelli segnati da due ciocche bianche.
«Steel, tutto bene?» chiese Tanis, raggiungendolo. Il ragazzino annuì, guardando il guerriero, che stava piangendo. «Steel, questi è Caramon Majere. E’ tuo zio.» spiegò Tanis, mentre il guerriero si inginocchiava davanti a lui. Steel scrutò quel volto aperto e sincero, gli occhi castani che lo guardavano con palese affetto. Non sapendo come reagire, gli porse la mano.
«Io sono Steel Brightblade, signore.» disse, piano. Il guerriero parve sul punto di volerlo abbracciare o scoppiare a singhiozzare, o entrambe le cose, poi si contenne. Gli strinse la mano con solennità, facendola quasi scomparire nella sua, molto più grossa.
«Sono felice di conoscerti, Steel.- disse, con voce resa roca dal pianto- Io…sono tuo zio. Kitiara era mia sorella e tuo padre…era mio amico. Sono…sono davvero felice di conoscerti.» Sorrise, un sorriso contornato dalle lacrime. «Somigli ad entrambi, sai?» aggiunse, poi si alzò, asciugandosi gli occhi con un colpo quasi rabbioso. Steel annuì, non sapendo come rispondere, poi spostò lo sguardo sulla maga, che si era fermata alle spalle di Caramon. Il fiato gli si mozzò in gola quando vide i lineamenti della donna. Somigliava a sua madre! Le somigliava moltissimo! Allo stesso tempo, era diversa. Gli occhi di lei gli fecero capire che era ben conscia del suo ravvisare una tale somiglianza. Gli porse la mano.
«Io sono Katlin Majere, Steel, tua zia.- mormorò, e la sua voce agì come un balsamo sull’animo in subbuglio del ragazzino- Vorresti parlare per qualche momento con me?»
Steel non poté rifiutarsi. Quella donna somigliava troppo a sua madre. Non mostrava la forza decisa di Kitiara, ma Steel avvertiva che questa era solo nascosta da una fragilità apparente. Provò rispetto immediato per lei e si inchinò appena, con cortesia, prendendo poi la sua mano e seguendola attraverso il cortile. La maga lo portò sulle mura, in alto, e là lo fece sedere, in maniera da guardare l’immenso paesaggio che stava oltre la Torre. Steel respirò a pieni polmoni il vento che tirava sugli spalti, sentendosi rinfrancato da quell'immensità. Guardò Katlin, sua zia, attendendo che lei dicesse qualcosa. La donna guardava lontano, seduta sul bordo del muro, e i capelli bianchi si mischiavano con quelli scuri sulle sue spalle.
«Tanis ti ha raccontato di me, Steel?» disse infine lei, sempre senza guardarlo.
«No, mia signora. Mi ha solo detto che ho dei parenti, da parte di madre.» mormorò Steel. Katlin sorrise appena e chinò il capo.
«Non ti ha detto che io, pur conoscendo i tuoi genitori, non li ho in realtà mai incontrati?- disse, lanciandogli un’occhiata e sorridendo ancora al suo evidente smarrimento- Vedi, Steel, fino all’anno scorso io non vivevo su Krynn. Varie vicissitudini mi avevano allontanato dai miei gemelli, Caramon e Raistlin, e solo da poco ho potuto riunirmi alla mia famiglia. Un tempo venivo chiamata la Donna con Tre Anime, perché era mia facoltà vedere attraverso gli occhi dei miei gemelli. E’ così che ho conosciuto i tuoi genitori.»
Steel rimase in silenzio e Katlin tornò a guardare lontano.
«Tu mi somigli un po’, Steel.- continuò la maga- Sei diviso tra luce e tenebra. Le eredità che ti sono state lasciate sono pesanti e difficili. Le due strade segnate non potrebbero essere più diverse tra loro.» Lo guardò di nuovo con i suoi franchi occhi chiari. «Anche per me è stato così. Capisco i tuoi dilemmi.»
«Davvero…davvero potete capire?» chiese Steel, sentendo qualcosa muoversi dentro di lui. Katlin annuì.
«Per lungo tempo ho perso me stessa attraverso le menti di Caramon e Raistlin. Essi sono stati la mia luce e la mia tenebra. Eppure…esisteva anche la strada di Katlin. La MIA strada. Semplicemente, non potevo vederla, e ancora adesso è spesso difficile discernerla.» Katlin si alzò e raggiunse Steel, mettendogli una mano sulla spalla. «Tu sei lacerato tra la strada luminosa di Sturm e quella oscura di Kitiara. Non sai chi amare. Non sai chi odiare. Entrambi ti sono accanto e ti desiderano.- sussurrò, fissandolo negli occhi- Steel, sono stata io a chiedere a Tanis di portarti con sé, perché la strada che tua madre ha preparato per te ci condurrà alla distruzione. D’altra parte…» Chiuse gli occhi per un attimo e quando li riaprì un pensiero inespresso le aveva segnato la fronte. «D’altra parte, Steel, tu hai il diritto di scegliere la tua via.- continuò- Vorrei solo che la scelta fosse tua, non di altri. Vorrei che tu trovassi la strada di Steel Brightblade, e nessun’altra.»
«Esiste una tale strada per una persona come me?» mormorò Steel, scrutando quel viso per cercarvi la menzogna. La maga sorrise, dissipando i suoi dubbi.
«Esiste per ogni persona che abbia voglia di lottare, Steel.- disse- Desidero che tu faccia un tentativo. Tanis e Caramon sono anime buone e ti condurranno a capire tuo padre. Raistlin, quando lo conoscerai, forse ti darà uno scorcio di cos’è la tenebra. E quando non saprai che fare…» Spostò lo sguardo oltre le mura. «…vieni da me. Troverò un posto alto dove la tua mente possa spaziare e ritrovare la sua via. Quando il clamore si farà assordante, io ti offrirò il silenzio.»
Steel guardò Katlin Majere, quella donna così simile a sua madre, alla madre che gli era sempre mancata, e d’un tratto qualcosa in lui si spezzò. Prima che potesse trattenersi, era scoppiato in pianto come un qualunque bambino. Katlin lo accolse in un abbraccio, carezzandogli i capelli scuri e guardandolo con un misto di pena e affetto.
Si sarebbe presa cura di lui. In un modo o nell’altro, il destino di quel bambino ora era passato nelle sue mani.

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Capitolo 15
*** 14 - I viaggiatori ***


Author's note: Grazie mille a Van, la prima a commentare questa negletta fanfiction!!! Andiamo a vedere quali sono i diabolici piani di Raistlin...

CAPITOLO 14

I VIAGGIATORI

L’arcimago guardò le due figure abbracciate sulle mura per alcuni minuti, in silenzio, poi alzò una mano e la visione scomparve. La pozza di liquido magico tornò ad emanare una luce arcana e a diventare opaca. Raistlin le volse le spalle e lasciò la Camera della Visione senza degnare di un’occhiata le creature che gli si contorcevano attorno. Si materializzò nel suo studio e accese il fuoco nel camino con un gesto nonostante l’estate avesse scacciato quasi del tutto l’umido delle pietre della Torre. Si sedette sul suo scranno, appoggiando accanto a sé il Bastone di Magius, poi si mise ad osservare le fiamme con espressione imperscrutabile. Si riscosse solo quando avvertì la presenza del suo apprendista oltre la porta. Alzò gli occhi e si accorse che il giorno si era notevolmente scurito. Era rimasto a riflettere per ore, a quanto pareva.
«Entra, Dalamar.» disse. L’elfo oscuro fece il suo ingresso con un inchino rispettoso. Il suo volto, come sempre da qualche giorno a quella parte, era pallido e contratto.
«Shalafi, gli spettri dicono che la Reverenda Figlia Crysania si sta recando qui alla Torre.- disse Dalamar, a voce bassa- Desiderate cenare con lei?»
«Sì. L’ho invitata io stesso.- disse Raistlin, annuendo lentamente- Accoglila tu, Dalamar, e conducila qui allo studio.»
«Come desiderate, Shalafi.» si inchinò Dalamar, uscendo. Raistlin sollevò appena un sopracciglio. Dalamar era molto più docile del solito, in quei giorni. Di nuovo, si chiese che cosa fosse successo tra il suo apprendista e Katlin. Non doveva trattarsi di una sciocchezza, in quanto due giorni prima, al ritorno di lei da Wayreth, i due non si erano nemmeno rivolti la parola. Una volta rassicurato da Katlin che questo non avrebbe pregiudicato il suo piano, Raistlin aveva sopito la propria curiosità. Ciononostante, l’apparente indifferenza fra i due era in grado di riempire l’aria di tensione. Si ripromise di parlare alla sorella ed estirparle la verità, in quanto non gradiva affatto lavorare mantenendo zone oscure perfino tra i propri alleati.
Non ci volle molto perché Dalamar si ripresentasse con Crysania.
«Shalafi, Dama Crysania è arrivata.- disse l’elfo, mentre la donna rimaneva dietro di lui- Gradite la cena nelle vostre stanze?» Mentre poneva la domanda, si scostò per fare passare Crysania, che era seria, quasi cupa. Per riflesso, ben sapendo cosa l’aveva contrariata, Raistlin piegò le labbra in un sorrisetto.
«No, Dalamar, ceneremo qui.» disse. Dalamar annuì e fece per andarsene, ma Raistlin aggiunse: «Cenerai con noi, apprendista. E’ ora che vi illustri il mio piano e preferirei farlo una sola volta.»
Dalamar ristette, incerto, poi annuì.
«Come preferite, Shalafi. Datemi dieci minuti per occuparmi del cibo e delle bevande.»
Uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Crysania guardò Raistlin con espressione irritata e un lieve rossore dovuto all’ira le soffuse le guance. Raistlin si limitò a guardarla a sua volta, aspettando che parlasse, ben sapendo che il suo comportamento la stava irritando ancora di più.
«Che cos’è questa storia, Raistlin?» sbottò infine lei.
«A che ti riferisci, mia cara?» chiese l’arcimago con voce appena percettibile. Il lampo che le passò negli occhi grigi lo mise di buonumore.
«Mi hai convocata ufficialmente! Cosa ti è venuto in mente di fare una cosa del genere?- disse Crysania, venendo avanti di un passo- Hai idea del trambusto che hai creato al Tempio? Avremmo potuto vederci senza…»
«Stavolta non avevo tempo per i sotterfugi, Crysania. D’altronde, sarà il caso che si abituino al fatto che desidero vederti…o vogliamo continuare a nasconderci in eterno?» la provocò lui, non del tutto ironico. Crysania strinse le labbra e la sua veemenza vacillò, poi sospirò.
«No, sai anche tu che non è ciò che voglio.- disse, ponderando le parole- D’altra parte hai accettato di darmi il tempo di trovare un sostituto...»
Raistlin la interruppe con un gesto secco della mano, facendo una smorfia.
«La mia pazienza ha un limite, Crysania, e sapevi già che tendo a non rispettare le promesse.» disse. La guardò intensamente. «Ti avevo detto che ciò che prendo non lo restituisco.»
Crysania avvampò e Raistlin provò la tentazione di andare da lei e stringerla a sé. Sapendo che non era il momento, prevenne le sue rimostranze facendole graziosamente cenno di sedersi: «In ogni caso, non ti ho chiamata per questo futile motivo. E’ naturale che noi si parli dei grandi avvenimenti riguardanti Wayreth e se continuiamo a farlo di nascosto i nostri nemici inizieranno a pensare a male. Potrebbero pensare che la nostra reazione è vicina.»
Crysania aprì e chiuse la bocca un paio di volte, ridotta al silenzio dalle parole di Raistlin, poi desistette e si mise a sedere, rilasciando il fiato con un lungo sospiro.
«Quindi questo è un palese incontro tra l’arcimago Raistlin Majere e la Reverenda Figlia Crysania a proposito della minaccia di Takhisis.» mormorò.
«Esatto. Dopo il…rapimento, potremmo dire…di Steel, questa è la nostra seconda mossa palese. Gli scagnozzi della Dea devono pur pensare di essere nei nostri pensieri, di quando in quando.» Sorrise in modo contorto di fronte allo sguardo di disapprovazione di lei. Dei, quanto gli sembrava bella nonostante i suoi occhi maledetti lo torturassero facendola decadere dopo appena un istante…
«A proposito di Steel Brightblade, Caramon e Katlin ti hanno fatto sapere qualcosa?» chiese Crysania, cambiando argomento.
«Il ragazzo è stato preso in custodia da Tanis, al momento. Sembra più somigliante al padre che alla madre, per quanto non riesca a vedere un buon segno in questo.- disse lui, sprezzante- Pare abbia allacciato d’istinto un rapporto particolare con Katlin. Riconosce in lei un surrogato della madre. Suppongo che Kitiara non apprezzerà.» Rise piano, una risata sgradevole. Crysania si guardò le mani, scuotendo il capo.
«Povero ragazzo…Katlin ha un animo portato ad amare il prossimo e sono certa che se ne prenderà cura, se davvero si è instaurato fra loro un rapporto di qualche tipo.»
«Katlin ama poco, Crysania, molto meno di quanto tu possa pensare e con non poca cautela. Alla fine, mi somiglia.- disse Raistlin, sarcastico, poi si adagiò contro lo schienale e spostò lo sguardo sul fuoco- D’altronde, quando allaccia un legame, questo è sincero. Sì, credo che la mia cara sorella sarà la prescelta per fare da genitore a questo ragazzo…per quanto Sturm si rivolterà nella tomba al pensiero del figlio cresciuto da una maga.»
Crysania fece per dire qualcosa, quando Dalamar bussò di nuovo. Raistlin lo invitò ad entrare e l’elfo oscuro fece il suo ingresso.
«E’ tutto pronto, Shalafi.» mormorò. Batté le mani e la tavola fu magicamente apparecchiata per tre. Raistlin gli fece cenno di accomodarsi alla tavola e la cena iniziò.
«Dicevo a Crysania che Steel Brightblade ha eletto Katlin sua madre adottiva.» esordì Raistlin, mentre Dalamar si versava dei piselli con prosciutto nel piatto. Un paio di questi rotolarono sulla tovaglia e Dalamar li raccolse con calma, mentre Crysania fissava Raistlin con disapprovazione.
«Davvero, Shalafi? Pensate vivrà con lei a Solace?» chiese l’elfo, apparentemente poco interessato.
«Katlin vive a metà tra qui e Solace, quindi farà da genitore a metà. Non le concederò altro. Quando sarà eletta a Wayreth, poi, non ne avrà più il tempo.- disse Raistlin, ignorando la noncuranza dell’apprendista- Per ora il ragazzino starà da Tanis. Dopo…bah, conoscendo Caramon ci saranno lacrimevoli dispute per chi avrà la gioia di occuparsene.»
«Non mi sembra sia un male.- commentò Crysania, sorbendo un brodo speziato- Più persone lo ameranno, meno correremo il rischio che il sangue di Kitiara abbia il sopravvento.»
«Sono d’accordo con voi, Dama Crysania. Questo garantisce l’eliminazione definitiva di Steel Brightblade dai giochi.» disse Dalamar, convinto.
«E’ solo la punta dell’iceberg, apprendista. Ciò che dobbiamo fare è sopprimere questa setta di maghi dalla faccia di Krynn prima che la loro organizzazione e il loro potenziale crescano troppo.»
«Cosa ti proponi di fare, Raistlin?- chiese Crysania, corrugando la fronte- Tu o Katlin avete scoperto qualcos’altro?»
Raistlin annuì e finalmente Dalamar si fece attento. A quanto pareva, almeno la sua professionalità non era venuta meno.
«Mi sono accorto che la zona di Krynn che più respingeva la mia vista magica corrispondeva al Mare di Sangue di Istar. Di conseguenza, ho chiesto a Katlin di occuparsene tramite il suo potere. La visione è risultata sfocata e priva di dettagli, ma mia sorella ha centrato il punto.» Si tamponò la bocca con un tovagliolo e passò a sbucciare della frutta, già sazio. «Pare che al largo del Mare di Sangue, tra Goodlung e Bloodbay, si trovi un’isola. Essa era disabitata, fino a qualche tempo fa, e ad occhio lo sembra ancora adesso.»
«E’ il loro quartier generale?» chiese Dalamar. Raistlin annuì, corrugando la fronte.
«Hanno creato un luogo abitabile nel sottosuolo dell’isola. Non hanno cambiato nulla della sua morfologia esterna, in modo da non destare sospetti. A prima vista, sembra uno squallido isolotto da quattro soldi. Non c’è nemmeno una barriera a proteggerla, bensì un semplice incantesimo di distrazione, che porta a dimenticarsi dell’isola o a sottovalutarne l’importanza. Una trovata niente male, per dei traditori.» spiegò.
«Perciò il nostro obiettivo è raggiungere quest’isola e disgregare la setta?» chiese Crysania, serrando le mani sulla tovaglia.
«Piano, Crysania, non così in fretta. Faremmo la loro gioia nel catapultarci laggiù in nome della legalità.- disse Raistlin, piegando le labbra in un sorrisetto- Takhisis prepara il futuro, mentre a loro è demandato il presente. In altre parole, hanno l’ordine specifico di toglierci di mezzo per evitare che in futuro noi si possa mettere alla Regina i bastoni fra le ruote. Per ora siamo rimasti pressocchè tranquilli, evitando di lasciare i luoghi in cui la nostra protezione è assicurata, ma l’isola sarà presidiata. Sanno che prima o poi li scoprirò e al momento sono tutti asserragliati nel loro nascondiglio, pronti a porre fine alle nostre vite…nel momento stesso in cui ci trasporteremo magicamente laggiù.»
«Non sarà così facile.» disse Dalamar, con un lampo pericoloso negli occhi, e il sorrisetto di Raistlin si accentuò.
«No, anche perché non ho alcuna intenzione di precipitarmi laggiù con la magia. Non sappiamo ancora con quanti idioti abbiamo a che fare, la visione di Katlin non è stata chiara. Per quanto non possano chiaramente competere con noi, non possiamo tuttavia prendere sottogamba il fattore numerico. Faremo loro credere di essere ancora asserragliati nelle nostre roccaforti, intenti a fare indagini, mentre invece saremo già in viaggio verso la loro preziosa isola, con mezzi comuni e a prova di sospetto.»
«Vuoi…avvicinarti all’isola in incognito?» chiese Crysania, sorpresa.
«Precisamente, mia cara. Ne ho già parlato con Katlin e Caramon.»
«Ma…Shalafi, in questo modo non contribuiremo a spingere il nostro nemico allo scoperto…» replicò Dalamar, corrugando la fronte.
«Dalamar, il viaggio è lungo. Lasceremo indizi.- l’arcimago sogghignò- Desidero percorrere la prima parte del viaggio in tranquillità, dopodiché…immagino che con nostro grande dispiacere saremo scoperti.»
«Volete…costringerli ad attaccarci prima di arrivare all’isola?!- sbottò Dalamar, stupito, poi colse la sottile astuzia di quel piano- Così da indebolire le loro forze prima di giungere al loro nascondiglio?»
«Esattamente.- disse Raistlin, finendo la frutta e appoggiando la schiena contro la sedia- Il piano di Takhisis si articola su diverse fasce e ognuno di noi deve occuparsi della corrispondente. Nel nostro caso, inizieremo con il porre fine alla setta dei maghi, ma non dimentichiamoci che da qualche parte si nascondono di certo gli embrioni del suo futuro esercito, le creature che sono ancora sotto la Sua influenza e i chierici che hanno procurato ai maghi quella pietra da cui ricevono tanto potere.»
«Una pietra?» chiese Crysania.
«Un pezzo del Suo trono a Neraka. Chissà chi, nel caos che seguì la morte di Berem deve averla salvata dallo sfacelo.- mormorò Raistlin, incupendosi nel ricordare quella notte lontana- Abbiamo già avuto modo di analizzare un frammento della stessa. Era conficcato nella fronte di Katlin, lo scorso anno.»
Crysania trattenne il fiato e Dalamar impallidì.
«E’…quello stesso materiale? Il veicolo attraverso cui la Regina maledì Katlin?- sussurrò Dalamar, scioccato- Shalafi…»
«Quella pietra resistette sia al mio potere benefico che alla magia, Raistlin!» disse Crysania. Lo stupore e la preoccupazione le avevano scurito gli occhi, facendoli diventare color tempesta.
«Lo so bene.- disse Raistlin, congiungendo le punte delle dita con fare pensieroso- Uccideremo i maghi e porteremo via la pietra. Ne studieremo qui le caratteristiche, in modo da neutralizzarla.»
«Hai visto cos’è capace di fare anche un solo frammento di quell'oggetto! E’ pura malvagità!- protestò Crysania, sporgendosi sulla tavola- Non ti permetterà nemmeno di toccarla.»
«Forse, e forse no.- disse Raistlin, seccato, facendo un gesto vago- Lo sapremo sul momento, presumo. Mal che vada la circonderò di una barriera impenetrabile e la seppelliremo sotto quell'isola. Sono cose di cui parleremo al momento opportuno, Crysania, a meno che tu non abbia un’idea migliore da illustrarci.»
Notando che le sue osservazioni ovvie avevano irritato l’arcimago, Crysania si zittì. Non credeva che Raistlin potesse essere così leggero riguardo una cosa importante come la pietra nera veicolo della volontà di Takhisis. Evidentemente il mago non aveva davvero alcun appiglio, al momento, oppure stava formulando delle ipotesi che non aveva intenzione di dividere con loro. Era nel suo carattere.
«Essendo incerti sul modo di operare, Shalafi, avete intenzione di coinvolgere anche Dama Crysania nelle operazioni?» chiese Dalamar, perplesso.
«Sì. E’ per questo che ti ho chiamata, Crysania.- disse Raistlin, fissando la donna con i suoi occhi maledetti- Potremmo avere bisogno del tuo potere. Inoltre…» Fece un sorrisetto. «Immagino che non scherzassi nel momento in cui mi hai detto che queste agitazioni sono anche affar tuo.»
«Certo che sono affar mio, Raistlin!- replicò Crysania, piccata- Sono il Capo della Chiesa. Se non mi occupo io di contrastare i piani malvagi di Takhisis, chi lo farà?»
Raistlin fece un gesto vago, ma annuì.
«Molto bene, allora. Istruirai i tuoi chierici affinché tengano nascosta la tua partenza il più a lungo possibile. Qui gli spettri accenderanno luci e simuleranno un certo movimento. Il Bosco di Shoikan farà buona guardia, come sempre.- disse Raistlin, soffocando un improvviso colpo di tosse- Partiremo separatamente, travestiti. Caramon, Katlin e i kender seguiranno itinerari alternativi e ci siamo già messi d’accordo sul loro camuffamento. Dalamar, partirai due giorni dopo di noi, travestito da annoiato nobile elfo.»
«Shalafi…» gemette Dalamar, facendo una smorfia, ma l’occhiata dura dell’arcimago lo convinse a non questionare.
«Io e te, mia cara, viaggeremo insieme. Una normale coppia di mercanti di oggetti artigianali.- disse Raistlin, guardando Crysania- Camufferò il nostro aspetto con l’illusione. Nemmeno Fistandantilus fu in grado di vedere attraverso il mio inganno, perciò non temere.» Tossì, più forte e più a lungo stavolta. Estrasse un fazzoletto da una tasca e si tamponò la bocca, oscurandosi in volto.
«Quando partiremo?» mormorò Crysania.
«Dopodomani. Ti lascio il tempo di prepararti.- disse il mago, con voce fattasi più flebile- Dalamar, il luogo dell’incontro è a Throyiv, alle pendici dei monti. Non è molto distante. Noi dovremmo essere già lì ad aspettarti, in ogni caso non muoverti finché non ci paleseremo.»
Tossì ancora, forte e a lungo. Crysania lasciò la sedia e si inginocchiò al suo fianco, preoccupata. Raistlin fece un gesto vago a Dalamar, congedandolo. Comprendendo che tutto era stato detto, Dalamar si inchinò e uscì dalla stanza, lasciando i due da soli.
«Ti preparo la medicina?» chiese Crysania, osservando preoccupata il pallore del mago. Raistlin scosse il capo e dopo qualche minuto la crisi passò.
«Devo essermi stancato più di quanto credevo, negli ultimi giorni.- sussurrò infine, facendo una lieve carezza a Crysania- Non preoccuparti.»
«Riuscirai a sopportare il viaggio?» chiese Crysania, prendendogli la mano e premendosela sulla guancia.
«Questo dovrei chiederlo a te.» sussurrò Raistlin, con un pallido sorriso malizioso. Crysania avvampò.
«Come mai costringi Dalamar a viaggiare solo?» chiese, cambiando discorso. Raistlin corrugò la fronte e sottrasse la mano dalla stretta di lei.
«In principio volevo che viaggiasse con Katlin, ma quei due idioti hanno litigato e non mi va che si scannino per strada.»
«Hanno litigato? E perché?»
«Non lo so…e finché non mi danneggia, non mi interessa.- disse Raistlin secco- Non preoccuparti, Crysania, Dalamar se la caverà. E in quanto a Katlin…ho il sentore che questa storia del travestimento la stia perfino divertendo.»

***

Caramon si aggirava per Solanthas con una mano sull’elsa della spada, guardandosi attorno. Aveva lasciato da poco la locanda in cui aveva preso alloggio dopo aver accompagnato Tanis e Steel a casa. Laurana era rimasta sconvolta dalla somiglianza del ragazzino con l’amico perduto, ma l’aveva accolto con gioia e aveva messo subito a suo agio anche quella donna, Sara. Caramon sospirò, scuotendo il capo. Sperava che Steel andasse a stare a casa sua, a Solace, alla fine di quella storia, ma il guerriero sapeva che il Mezzelfo si sarebbe affezionato al ragazzo, nel frattempo, e che se lo sarebbero amichevolmente conteso finché Steel stesso non avesse deciso dove vivere.
«Ho altri pensieri, al momento.» borbottò. Già, ma era così facile farsi tornare un groppo in gola al pensiero del momento in cui Steel era uscito dalla tomba di suo padre nel cortile della Torre del Sommo Chierico. Caramon borbottò qualcosa tra sé, poi le sue orecchie registrarono un risolino. Si accorse che tre ragazze lo stavano fissando dall’altra parte della strada e ridacchiavano. Rendendosi conto che si stavano scambiando apprezzamenti su di lui, Caramon dapprima arrossì, poi ricordò il suo ruolo e si produsse in un sorriso seducente ripescato dal suo vecchio repertorio di sciupafemmine. Le tre fanciulle si nascosero il viso, imbarazzate e contente, e Caramon continuò a camminare.
Il suo viaggio stava per cominciare e per prima cosa Caramon aveva dovuto camuffarsi, come d’altronde dovevano fare Katlin e i kender. Avevano deciso di passare per una coppia di guerrieri in cerca di lavoro accompagnati da due kender appiccicosi…niente di complicato da interpretare. Si era legato i capelli in una coda, cosa che non faceva mai, e Katlin gli aveva dato una pastiglia bruna, intimandogli di ingoiarla subito dopo aver lasciato la locanda, in qualche vicolo. Lei era sparita, certamente per andare ad occuparsi del proprio travestimento, e Caramon aveva seguito i suoi consigli. Sotto i suoi occhi attoniti,  prendendo la pasticca la sua pelle era diventata di un bruno più intenso del solito, quasi rossiccio come certi barbari. Per fortuna, Katlin non aveva preteso da lui altri cambiamenti. Il suo ruolo era quello di un mercenario nomade, il cui nome, almeno fino a nuovo ordine, era Argon. Sperava solo di ricordarselo…
«Ehi, amico! Sei in ritardo!»
Caramon si voltò con un sorriso sulle labbra al suono della voce di Katlin. Si trovò di fronte una donna sconosciuta e due kender, seduti con sfrontatezza su un paio di casse di frutta lasciate con noncuranza dietro una bottega. Caramon fece per pronunciare il nome della sorella, incerto, poi si morse le labbra e si zittì. Certo che quella era Katlin! Anche se Tas e Kyara avevano cambiato abbigliamento e acconciatura, non potevano ingannare chi li conosceva bene, perciò lei doveva essere Kat. Ma che cambiamento!
Katlin si era tinta i capelli di nero, forse con la magia e forse no, e li aveva legati in una coda alta. Anche lei doveva aver preso qualcosa, perché la sua pelle non era più alabastrina, ma abbronzata, cosa che faceva spiccare i suoi occhi chiari. Indossava camicia e pantaloni di pelle aderenti, con giustacuore imbottito, e aveva al fianco un paio di pugnali. Al momento non somigliava per niente né a Raistlin né a Kitiara, il che significava che il camuffamento era ottimo. Sollevò un sopracciglio al suo esame, facendo schioccare la lingua contro il palato con sarcasmo.
«Josie!- disse Caramon, ricordando a malapena il falso nome della sorella- Ecco dov’eri!»
«Aspettavo te, testa di legno.» disse Katlin, alzandosi in piedi con un movimento fluido e avvicinandosi a lui ancheggiando. Caramon si accorse che gli uomini nei paraggi gradivano lo spettacolo e che la sorella esagerava apposta.
«Ce ne hai messo di tempo…uh…Argon!- esclamò Tasslehoff, venendo avanti- Josie iniziava a spazientirsi.»
«Zitto, tu!» ringhiò Caramon, fingendosi minaccioso.
«Non sei molto gentile.» lo sgridò Kyaralhana. Tas e Kyara avevano rivoluzionato i loro abiti: mentre lui si era legato i capelli in una treccia bassa, lei li aveva intrecciati e legati in una coda. Per chiunque non fosse abituato ad avere a che fare con i kender, sarebbero parsi irriconoscibili da qualunque altro della loro razza.
«Perciò si va a Throyiv?» chiese Caramon, sorridendo suo malgrado nel vedere il lampo divertito negli occhi della sorella. Sembrava che lei apprezzasse il fatto di travestirsi.
«L’hai detto, amico.- disse lei, dandogli una pacca sulla spalla mentre il suo sorriso si accentuava- Ho appena trovato un ingaggio.»
Caramon la guardò per vedere se scherzava, ma così non sembrava. Sospirò. Tanta strada e tanto tempo per tornare a fare la scorta a mercanti e viaggiatori?! Con un sorriso riluttante, Caramon pensò che Raistlin ne sarebbe rimasto divertito.

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Capitolo 16
*** 15 - Una strana compagnia ***


CAPITOLO 15

UNA STRANA COMPAGNIA

«Ehi, quel tizio se la sta svignando!»
«Ci penso io…ehm…Josie!»
Tasslehoff fece roteare l’hoopak e centrò in pieno con una pietra la testa di uno dei briganti in fuga, facendolo barcollare. Non cadde e il gruppetto sparì nel folto correndo a rotta di collo. Katlin rise, le mani sui fianchi, e Caramon rinfoderò la spada con un sospiro di sollievo. Dietro di loro, i mercanti che li avevano assoldati scoppiarono in un applauso spontaneo.
«Bravi! Bravi anche i kender!- disse il capo mercante, guardando ammirato Katlin che si stava levando i capelli dal collo sudato- Abbiamo speso bene i nostri soldi, grazie a Paladine.»
«L’hai detto, tesoro.» disse Katlin, con un sorrisetto, scompigliando poi allegramente i capelli di Tasslehoff per congratularsi del suo ottimo lancio. Caramon sbuffò, contrariato. Non gli piaceva molto il personaggio interpretato da Katlin. Quella ‘Josie’ somigliava a Kitiara in troppe cose e Kat era fin troppo brava ad interpretarla. Negli ultimi giorni si erano comportati come normali guerrieri mercenari e Tas e Kyara…beh, loro si erano comportati da kender, con tutti gli annessi e connessi. Tutti i maschi della carovana sbavavano dietro a Kat e lui era costretto a stare all’erta. Una sera gli avevano chiesto se fosse la sua amante, visto che viaggiavano insieme, e quando aveva negato si erano quasi presi a pugni per avere la precedenza nel farsi avanti con lei, facendolo andare in bestia. No, tutta quella recita non gli piaceva per niente.
Quel pomeriggio, sul tardi, un gruppetto di banditi poco esperti li aveva attaccati. Inutile dire che erano stati messi in fuga nel giro di cinque minuti. Caramon scosse il capo. Per un attimo aveva temuto che si trattasse di qualche nemico serio, tipo scagnozzi di quegli strambi maghi vestiti di grigio. Sperava di raggiungere Throyiv e Raistlin il prima possibile! Il fratello sapeva gestire qualunque situazione, per quanto non sempre questo lo facesse camminare su un terreno più pianeggiante, e soprattutto sapeva se Kat stava esagerando o meno. Lui non se la sentiva di farle osservazioni, ma allo stesso tempo credeva che lei ci stesse prendendo un po’ troppo gusto in quella farsa.
«Ehi, Argon, tutto bene?» gli chiese Katlin, sorridendo e dandogli una pacca sulla spalla. Caramon si accorse che sotto i modi noncuranti nello sguardo della sorella si celava una luce dura. Doveva aver intuito i suoi pensieri.
«Certo! Sono solo deluso che si trattasse di mezze schiappe. Non sono durati nemmeno cinque minuti!» disse forte, suscitando qualche risata nei mercanti. Katlin gli diede un’altra pacca, sorridendogli con calore più sincero, poi andò a recuperare Kyara, che aveva approfittato della confusione per visionare la merce di un carro con curiosità non del tutto simulata. Caramon sospirò. C’era qualcosa che non andava in Kat…di solito rimaneva sempre dentro i limiti, invece in quei giorni sembrava preda di una specie di frenesia nervosa. Il guerriero si chiese non per la prima volta che cosa le fosse successo a Wayreth per agitarla tanto.
Vista l’ora tarda, il gruppo si accampò per la notte, frustrando la fretta di Caramon. Katlin rifiutò con cortesia ma decisione gli inviti ad unirsi al fuoco comune e ne accese uno ad una certa distanza, in maniera da restare sola con Caramon, Tas e Kyara.
«Cominciavo ad avere fame.- disse Kyaralhana, sedendosi- Questa gente non è male, non credete?»
«Ho incontrato mercanti molto più sgarbati, se è questo che vuoi dire.- disse Tas- Ma forse la cortesia dipende dalla presenza di…Josie.» Ridacchiò e Kyara gli diede una gomitata. Tas continuava a fare fatica a ricordare i nomi fasulli.
«Allora potreste ricambiare preparandomi la cena, piccoli kender.» sogghignò Katlin, sedendosi davanti a loro e fissandoli con malizia. I kender ristettero, poi si accorsero che stava dicendo sul serio.
«Ma non è giusto! Abbiamo contribuito al combattimento di oggi, e…» sbottò Kyara.
«Al lavoro, kender, e senza tante storie.» sbuffò Katlin, dando l’impressione di essere davvero seccata. Kyaralhana aprì e chiuse la bocca un paio di volte, attonita, poi vide Caramon e Tas trattenere una risata e si rilassò. Kat recitava davvero bene! Chiunque avesse udito la loro conversazione o avesse lanciato un’occhiata al loro gruppo non avrebbe trovato nulla da ridire…peccato che di conseguenza lei e Tasslehoff avrebbero dovuto cucinare per tutti! Mentre Tas infilava della carne su un lungo ramo da usare come spiedo e Kyaralhana tritava delle foglie da usare come odori, Caramon lanciò un’occhiata a Katlin. Per un po’, lei continuò a fissare lontano, apparentemente ignara del suo sguardo, poi si voltò verso di lui e annuì.
«Se volete, stasera possiamo allentare un po’ le briglie. Non ci ascolta nessuno.» mormorò.
«Sei sicura?» chiese Kyara.
«Sì, ho controllato. Niente ficcanaso, né spie magiche. Mantenete espressioni superficiali e potrete farmi le domande che vi tenete dentro fin dalla partenza da Solanthas.» disse Katlin, sorridendo. Caramon sospirò di sollievo. Fino a quel momento avevano agito nel buio più completo, perché Kat non aveva abbandonato la recita nemmeno per un minuto. Finalmente avrebbero saputo qualcosa di ciò che li attendeva.
«Kat, cominciamo con la pillola che mi hai dato. Che razza di roba è? Fa male alla salute?» chiese Caramon, passandosi una mano fra i capelli. Il sorriso di Katlin si accentuò.
«Sono sostanze che agiscono sulla produzione di melanina, niente di terribile, fratello mio.- ridacchiò- Faranno  effetto per una settimana o giù di lì, poi inizierai a sbiadire e dovrai prenderne un’altra. Anch’io ne ho fatto uso, come vedi.»
«E i capelli?» chiese Kyaralhana.
«Una blanda tinta. Non avevo voglia di reggere illusioni sulla mia persona.- sbuffò Katlin- Tutto qui quello che avete da chiedermi?»
«No, in effetti. Come li troviamo gli altri a Throyiv?» chiese Caramon, corrugando la fronte. Katlin si adagiò con la schiena contro un albero, le mani dietro la nuca.
«Arriveranno prima di noi, questo è certo. Raistlin e Crysania saranno mascherati da un’illusione e io non sono in grado di vedervi attraverso, ma si faranno notare, senza contare che Dalamar porterà solo un travestimento, a quel che ne so.» disse.
«Perciò riconosceremo l’elfo oscuro e con lui troveremo anche Raistlin e Crysania!» disse Tasslehoff, approvando. Non gli dispiaceva quella farsa. Gli riportava alla mente il periodo della Guerra delle Lance…beh, almeno i periodi divertenti della suddetta guerra…
«E da Throyiv dove andremo?» chiese Kyaralhana, eccitata.
«Ci dirigeremo verso il Mare di Sangue di Istar. I maghi si nascondono laggiù, da qualche parte.»
«Come ‘da qualche parte’?» chiese Caramon, contrariato. Katlin sospirò.
«Ti ho detto che si tratta di un’isola, ma ho visto tutto attraverso la trance. Penso che ci capirò qualcosa solo una volta arrivati sul luogo.» disse, un po’ seccata.
«E nel frattempo i maghi ci attaccheranno?- chiese Tas, sforzandosi di parlare a bassa voce- Voglio dire…prima o poi si accorgeranno che non siamo più a Palanthas, no? Pensi che ci manderanno di nuovo contro un demone come quello che ti hanno fatto trovare nella stanza a Wayreth? Non che sia invidioso di voi, però mi sarebbe piaciuto un sacco vedere questo affare pieno di tentacoli che…»
«Perché non metti quello spiedo sul fuoco, Tas?» mormorò Katlin, con uno sguardo ammonitore e voce melliflua. Tasslehoff si zittì a malincuore e mise la carne a cuocere. Katlin estrasse un pugnale dalle guaine al fianco e iniziò a farlo saltare in aria per poi riacchiapparlo.
«Ci attaccheranno di sicuro non appena sapranno che siamo in viaggio. Lo scopo della nostra recita è farglielo scoprire piuttosto tardi. Per ora sono asserragliati sull’isola, ma vedendoci arrivare si metteranno in gioco, senza sospettare che è proprio quello che vogliamo. E può anche essere che il desiderio di Tas venga esaudito e lui possa vedere un demone dell’Oltrelà.» finì, con un sogghigno.
«Preferirei combattere contro uomini e draconici, per quanto sgradevoli.- borbottò Caramon- Non è che Raist si trovi in pericolo, viaggiando da solo?»
«Non è solo, è con Crysania.- puntualizzò Katlin- E se qualcuno volesse attaccarli, spero che abbia fatto testamento.»
«L’unico che viaggia solo è Dalamar, vero?- chiese Kyaralhana, che aveva udito le conversazioni alla Torre da dietro alla porta, insieme a Tas- In effetti questa cosa mi ha sorpresa. Pensavo che voi due avreste viaggiato insieme, Kat, e che noi saremmo andati con Caramon. Capisco che ti era scomodo visto che sei venuta a Solanthas per accompagnare Steel, però…»
Il pugnale di Katlin smise di danzare per aria e il suo viso si atteggiò ad una specie di broncio perplesso, un’espressione così inusuale per lei che tutti la osservarono con sconcerto.
«Sì, secondo logica avrei dovuto viaggiare con lui.- disse infine, riluttante- Ma…abbiamo avuto una discussione poco prima della partenza. Raistlin non ha reputato saggio farci viaggiare insieme con una tale predisposizione allo scontro verbale.»
«Addirittura?! Kat, ma che è successo?- chiese Kyara, stupita- Di norma vi adorate!»
«Lasciando perdere l’adorazione,- disse Caramon, sbuffando contrariato come sempre quando si parlava del particolare legame tra Katlin e Dalamar- non è che ti ha fatto o detto qualcosa di male, vero? Altrimenti io…»
«Stai tranquillo, fratello mio, me la cavo da sola.» tagliò corto Katlin, riprendendo a lanciare il pugnale.
Per un po’ nessuno disse nulla, poi Caramon sbottò: «Potresti smetterla? Mi ricordi Kitiara. Anche lei aveva quel vizio.»
«Ho costruito Josie proprio su Kitiara, fratello mio, e a quanto pare funziona. Comunque, come vuoi.» sospirò Katlin rimettendo a posto il pugnale.
«La carne è pronta.» annunciò Tasslehoff, interrompendo la conversazione. Mentre Caramon faceva le porzioni, Katlin rimase silenziosa. Infilò una mano in tasca e le sue dita si misero a giocherellare con il gioiello a forma di stella, chiedendosi per l’ennesima volta quali fossero i suoi reali sentimenti per Dalamar. Perché una parte di lei si sentiva morire al pensiero di non essere amata da lui e l’altra invece osservava tutto con indifferenza, aiutandola a trascorrere i giorni come se non fosse accaduto nulla? Perché dovevano esserci sempre delle divisioni del genere nel suo animo?! Eppure aveva deciso di vivere intensamente tutto ciò che gli Dei le avrebbero concesso…
Quando Dalamar l’aveva baciata, là a Wayreth, tutto di lei avrebbe voluto abbandonarsi tra le sue braccia e credere che quello fosse amore. L’altra parte di sé, invece, le aveva rammentato subito gli episodi in cui l’elfo aveva comparato il suo aspetto fisico a quello di Kitiara. Non aveva potuto far altro che ritrarsi. Nel suo cuore c’era un’ombra nera di gelosia che la portava a credere che il desiderio di Dalamar fosse dovuto solo a quella somiglianza con la sorellastra. Sapeva che la stimava e la rispettava…allora perché non riusciva a credere che lui potesse anche amarla? Perché doveva fare paragoni? Il fatto che lui la trattasse ora con freddezza non faceva che consolidare i suoi sospetti, nonostante capisse di aver ferito il suo orgoglio, e forse i suoi sentimenti. Le labbra le si contrassero appena in una smorfia. Alla fine dei conti, era stato un male che Raistlin non avesse permesso loro di viaggiare insieme. A quell'ora, in un modo o nell’altro, la cosa sarebbe stata affrontata e risolta, nel bene o nel male. Anche se ciò fosse stato chiarito, comunque, rimaneva un problema fondamentale, che dall’episodio di Wayreth si stava ingigantendo dentro di lei: poteva funzionare una relazione tra un’umana e un elfo?
Il piatto che le venne messo in mano da suo fratello la distrasse dai suoi pensieri e Katlin tornò meccanicamente a sorridere, riprendendo la sua piccola recita relegando il pensiero dell’elfo in un angolo recondito della mente.

***

Piovigginava da un cielo ricoperto di nuvole strappate attraverso cui si intravedeva il sole. Non era una perturbazione seria, ma così vicino alle montagne bastava una nube a far calare bruscamente la temperatura. Tossì, mentre iniziava a riporre le poche mercanzie rimastegli. Quel giorno avevano fatto affari piuttosto buoni. Tossì ancora, più forte, maledicendo dentro di sé quel malessere che non lo abbandonava mai.
«Caro…»
Una mano delicata gli si posò sulla spalla e Raistlin si voltò. Crysania lo stava guardando con aria stanca e preoccupata. Il suo aspetto non differiva di molto rispetto al solito, ma l’illusione che Raistlin le aveva lanciato aveva tolto dal suo sguardo la luce del suo carattere forte, facendo in modo che sembrasse un’anonima donna del nord.
«Stai bene?» gli chiese, preoccupata.
«Tutto a posto. E’ il brusco calo di temperatura che mi fa tossire.- disse piano, sorridendole e stringendole per un attimo la mano- La giornata è andata bene, mia cara. Possiamo essere soddisfatti.»
Crysania annuì, senza dover fingere la propria stanchezza. Stare in piedi tutto il giorno per soddisfare i clienti non era una cosa che fosse abituata a fare. Raistlin, prima di partire da Palanthas, si era procurato della merce da vendere: simpatici oggetti in legno e piume dei barbari, bracciali e gingilli d’argento, set di penne e inchiostro e non pochi libri miniati. La cosa lo aveva fatto tornare indietro nel tempo, quando con suo fratello seguiva Flint il Nano nei suoi spostamenti tra una fiera e l’altra. Fingendosi mercanti, avevano già fatto un paio di tappe prima di arrivare a Throyiv, proprio in giorno di mercato. Avevano ormai finito quasi tutta la mercanzia, e a Raistlin non dispiaceva affatto. Sprecare le cose non era nel suo stile, e quel giorno avrebbe smesso di fare il mercante, come il suo piano prevedeva.
Aveva già notato Dalamar. L’elfo, ben vestito come si conveniva ad un nobile e avvolto in un mantello leggero, scrutava il mercato dall’angolo di una via, apparentemente senza scopo. Raistlin, invece, sapeva che il suo apprendista si stava lambiccando il cervello per capire quale fosse la loro bancarella. Sogghignò, pensando al suo aspetto attuale. Grazie all’illusione, sembrava più giovane e forte. Aveva capelli castano scuro e occhi scuri, un’aria un po’ trascurata ma adatta ad un mercante di cianfrusaglie. Il suo apprendista non lo avrebbe degnato di un’occhiata se gli fosse passato accanto.
«Hai visto chi c’è, mia cara?» sussurrò all’orecchio di Crysania, che lo stava aiutando a mettere in ordine per andare a cenare. Lei alzò lo sguardo, perplessa, ma notò subito Dalamar. Un pallido sorriso le comparve sul volto, mentre abbassava di nuovo lo sguardo e lo teneva su ciò che stava facendo. Raistlin era soddisfatto della sua recitazione. Si stava comportando bene, senza contare che quei giorni di viaggio insieme erano stati una sorta di idillio. Avrebbero dovuto fuggire più spesso.
Sorridendo tra sé, Raistlin sollevò uno specchietto e rimandò la luce dritta negli occhi del suo apprendista con un gesto apparentemente casuale. Con la coda dell’occhio lo vide voltarsi di scatto verso di loro, ma non se ne curò, continuando a ritirare i piccoli oggetti in scatole di legno.
Dalamar si avvicinò alla bancarella, osservando i due dietro al banco di legno e le poche cose ancora in mostra su di esso. Per la Dea Tenebrosa…la capacità illusoria dello Shalafi era veramente eccelsa! Il suo sguardo non si era posato su quella coppia più di una volta ed era scivolato via, depennandoli dalla sua lista. Non attiravano minimamente l’attenzione…anzi, il loro aspetto era fatto apposta per essere dimenticato! Lo Shalafi era veramente imbattibile.
Come previsto dal piano, si avvicinò alla bancarella senza salutare i due, sfiorando con le dita un paio di libri rilegati in stoffa ancora sul banco. Atteggiò il volto ad un’espressione altezzosa mentre ne prendeva uno in mano e lo sfogliava con evidente disillusione. Si costrinse a fingere una scintilla di interesse nel vederne le pagine miniate e dentro di sé si chiese dove lo Shalafi avesse trovato quella roba. Era niente male! Lo sfogliò tutto, lentamente, prendendosi il suo tempo, poi ne controllò la copertina, infine si degnò di guardare in faccia il suo Shalafi.
«Uomo, chi ha fatto questo?» chiese, con il tono di voce di chi si sforzava di non far pesare la propria nobiltà…riuscendo ad ottenere solo l’effetto contrario.
«Io, modestamente, nobile.- rispose il suo Shalafi, accennando ad un mezzo inchino- E’ solo un libercolo, ma vi ho messo grande impegno. Volete conoscerne il prezzo?»
«No. Il tuo libercolo non mi interessa in sé.- rispose, secco, sentendosi a disagio in quella parte ma allo stesso tempo godendo della momentanea libertà che aveva nel parlare con lui- Ho bisogno, però, di un miniaturista. Ti interessa?»
Raistlin atteggiò il viso ad un’espressione perplessa. Crysania smise di lavorare e si portò a fianco a lui, guardando preoccupata l’elfo. Dalamar fece fatica a non mutare espressione. Che cambiamento! La bella e orgogliosa Dama Crysania sembrava una popolana senza arte né parte!
«Nobile, io sono un semplice mercante…» tentò di ribattere Raistlin, ma Dalamar lo zittì con un gesto secco.
«Il mio nome è Fabianhel, di Silvanesti. Viaggio e compio ricerche sul territorio di Krynn, e ho bisogno di qualcuno che illustri i miei scritti. Non potresti perlomeno ascoltare le mie richieste, mercante?»
Raistlin e Crysania si scambiarono un’occhiata, fingendo incertezza, poi Raistlin annuì.
«Stavamo per andare a cena, nobile. Se vorrete farci compagnia, potremo discutere della cosa.» disse. Dalamar annuì, soddisfatto, e i due finirono di ritirare la mercanzia. Osservandoli, l’elfo non poté fare a meno di chiedersi quale strano aspetto avessero preso gli altri…soprattutto Katlin. Il pensiero di lei gli fece stringere le labbra in una linea sottile e Raistlin dovette chiamarlo due volte prima che si accorgesse che finalmente potevano andare a mangiare.

***

Più tardi, i tre stavano finendo di cenare in silenzio, dopo aver parlato a lungo del desiderio del nobile elfo di ingaggiare l’abile miniaturista. Dalamar cincischiava la sua minestra, stanco di recitare la sua parte, senza accorgersi di essere ancora del tutto dentro il personaggio.
«Gli altri non si sono ancora visti?» mormorò piano, a fior di labbra.
«Arriveranno presto.» fu il sussurro di Raistlin, che non alzò lo sguardo dal suo piatto quasi intoccato.
«Come ci riconosceranno?» continuò Dalamar.
«Lascia fare a Katlin. Lei sa come trovarci.- rispose Raistlin con voce secca, poco più di un sussurro, prima di porgergli il cesto del pane- Altro pane, nobile?»
Dalamar alzò la mano per rifiutare, stanco. Quella discrepanza tra i modi servizievoli e la voce sferzante del suo Shalafi lo confondeva, prosciugandogli le energie.
«Suppongo che partiremo presto.» disse Crysania, trattenendo un sospiro non del tutto volontario. Dalamar quasi cercò lo sguardo di Raistlin per avere conferma, ma un lieve calcio alla caviglia lo spinse ad annuire con aria annoiata.
«Domani o dopodomani al più tardi, signora.- rispose- Suppongo saremo costretti a pernottare qui finchè…»
In quel momento, un gruppetto chiassoso irruppe nella sala comune della locanda, ridendo e scherzando.
«Ehi! Niente kender qui!» sbottò la voce dell’oste, mentre tutti gli avventori mettevano mano alla borsa. Alla parola ‘kender’, Dalamar si voltò di scatto, presto imitato dai suoi commensali. Sulla porta stavano due kender, un guerriero che sembrava di razza barbara e una spadaccina. Senza l’evidente presenza di Tasslehoff e Kyaralhana, Dalamar sarebbe passato loro accanto per strada senza riconoscerli.
«Andiamo, oste! Se non combinano danni, non vedo che problema ci sia.- stava obiettando Caramon, trattenendo nel frattempo Tas e Kyara dall’intervenire nella discussione- Abbiamo appena finito un lavoro e ci hanno pagati bene. Vogliamo solo mangiare.»
«Ho detto no! Io…»
«Oh, avanti!- intervenne Katlin, sfoggiando un sorriso seducente e mettendosi le mani sui fianchi- Non vuoi proprio accontentarci? Sono certa che potresti fare una piccola eccezione per i miei amici, non è vero?»
L’oste incespicò sulle parole, balbettando, e Katlin ne approfittò.
«Sapevo che ci saremmo messi d’accordo.» gli disse, con voce dolce come le fusa di un gatto, facendo una breve carezza all’oste per poi fare cenno agli altri di seguirla nella ricerca di un tavolo. L’oste, sconfitto dal fascino di lei, capitolò, paonazzo, e tornò ad occuparsi della clientela. Dalamar la guardò avvicinarsi al loro tavolo. Si era tinta i capelli di nero, era abbronzata e incedeva ancheggiando con grazia sinuosa piuttosto diversa dalla sua solita camminata, aggraziata ma sbrigativa. Deglutì a fatica e quasi rimase in silenzio mentre il gruppetto passava accanto a loro come se nemmeno li avesse visti. Si era dimenticato la sua parte, perso nel movimento di quelle gambe e di quei fianchi, quando un calcio proveniente dal suo Shalafi lo riportò alla realtà.
«Siete mercenari?» chiese forte, attirando l’attenzione dei quattro…che avevano finto molto bene di non avere niente a che fare con loro.
«Sì, perché?» chiese Caramon, scrutandolo con un certo sospetto che Dalamar pensò dovuto a ciò che era successo a Wayreth. Il guerriero stava ora fissando il fratello, ma il suo volto non tradiva alcun riconoscimento.
«Siete in cerca di lavoro?» continuò, con alterigia. Katlin sorrise maliziosamente e si appoggiò con una mano al tavolo, protendendosi verso di lui. Gli occhi, però, erano duri come una roccia.
«Perché, nobile? Hai qualcosa da offrirci?» chiese, sarcastica. Dalamar non faticò a fingere una certa insofferenza. Non pochi guardavano verso di loro, al momento, e l’elfo oscuro sapeva che qualcuno poteva già essere sulle loro tracce.
«Così è.- disse, con una smorfia- Se volete avere la cortesia di sedervi al nostro tavolo, vi illustrerò la mia proposta.»
Caramon e Katlin si guardarono, come se fossero incerti, poi il guerriero scrollò le spalle.
«Va bene. Ascoltare non ha mai ucciso nessuno.» disse, acchiappando qualche sedia per loro.
«Dici…uh…Argon? Io non ne sarei così sicuro!- interloquì Tasslehoff- Una volta mi raccontarono che lo zio Trapspringer, durante uno dei suoi viaggi…»
«Chiudi la bocca, tu.» sbuffò Caramon.
Dalamar guardò il suo Shalafi e si accorse che sulle sue labbra aleggiava un sorrisetto. Sospirò fra sé. Nel bene o nel male, quel viaggio stava finalmente per cominciare.

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Capitolo 17
*** 16 - Gelosie ***


CAPITOLO 16

GELOSIE

Il gruppo lasciò Throyiv il giorno dopo, di mattina inoltrata. Caramon guidava il piccolo carro scoperto con cui Raistlin e Crysania erano giunti in città, e al suo fianco sedeva Tasslehoff, che chiacchierava incessantemente. L’arcimago e la chierica sedevano all’interno del carro, vicini, e dalla parte opposta c’era Dalamar, il cui viso era terribilmente cupo. Kyaralhana si sporgeva dal bordo del carro, guardando girare le grosse ruote, e ogni tanto scambiava due parole con Katlin, che procedeva a cavallo, a fianco del carro, come voleva il suo ruolo di scorta armata.
«La prossima tappa?» chiese Katlin, che dalla sua postazione vedeva bene il fratello gemello e Crysania.
«Dovresti chiederlo al nobile elfo, sorella cara.» disse Raistlin, con un sorrisetto sardonico. Katlin lanciò un’occhiata gelida alla testa dai capelli neri che spuntava accanto a Kyaralhana e storse le labbra.
«Dacché non stiamo recitando, sei tu il capo della compagnia, fratello caro.» ritorse, acida. Al momento erano sicuri di non essere seguiti né spiati…era ancora troppo presto…perciò potevano permettersi di parlare liberamente, finché frequentavano la strada. Raistlin scrollò le magre spalle e aprì la bocca per rispondere, ma Dalamar lo precedette.
«Seguiremo la strada principale per Kornal, poi scenderemo lungo la costa verso Bloodbay.» disse, con voce amara. Raistlin socchiuse gli occhi in una fessura, aspettandosi l’inizio di un dibattito. Non venne deluso.
«Quale onore che vi siate degnato di illustrarmi l’itinerario, Lord Dalamar.» disse infatti Katlin, sprezzante. Il suo tono zittì Tasslehoff, che smise di parlare con Caramon e si voltò verso i due.
«Trovo vergognoso che l’abbiate chiesto solo ora, Lady Katlin.» ritorse lui, velenoso.
«Non volevo disturbare le vostre preziose riflessioni. Mi sarei accontentata delle parole di mio fratello.» disse lei, con voce gelida come l’inverno.
«Forse siete entrata più del dovuto nel vostro rozzo ruolo, mia signora. Recitare la parte di una mercenaria deve aver rallentato i vostri processi mentali.» disse l’elfo, con maligna soddisfazione.
«Voi, invece, non faticate affatto ad atteggiarvi a nobile spocchioso cui tutto è dovuto, nevvero?» fu l’acida risposta di Katlin.
Dalamar si alzò di scatto sulle ginocchia, voltandosi verso di lei con il viso distorto dall’ira, mentre allo stesso tempo Katlin lo ignorava e guardava di fronte a sé, stringendo però le redini tanto forte che il suo cavallo cominciò a scartare, innervosito.
«Siete davvero venefica, mia signora. Le vostre parole potrebbero dare la morte se male indirizzate!» sibilò l’elfo.
«Purtroppo non sono in grado di raggiungere questo risultato, lord. Dovrò allenarmi ancora e spero me ne darete l’occasione.» disse Katlin, con tale malignità da lasciare a bocca aperta Kyaralhana, che stava fissando la schermaglia dei due come ipnotizzata. Non aveva mai visto Katlin e Dalamar comportarsi in quel modo! Da quando li conosceva, non avevano fatto altro che lusingarsi e lanciarsi occhiate dolci e amorevoli! Adesso…sembrava si stessero trattenendo dal prendersi per il collo e strangolarsi a vicenda!
Crysania, a sua volta rimasta a bocca aperta per l’atteggiamento dei due, corrugò la fronte ed esclamò: «Che razza di modi sono? Katlin! Dalamar! Che scortesie…»
Fu come se non avesse parlato. L’elfo e la maga continuarono a dirsene di tutti i colori, ignorando il suo intervento. Crysania sentì crescere in sé una grande irritazione. Dalamar non si stava risparmiando, ma le cattiverie di Katlin gareggiavano con le peggiori uscite di cui Raistlin era capace e, avendone sperimentate molte sulla propria pelle, la chierica era particolarmente suscettibile. Si voltò verso l’arcimago, che non era ancora intervenuto.
«Vuoi dire qualcosa a tua sorella e far cessare questa discussione sciocca?!» esclamò, e una scintilla della sua ira trapelò anche attraverso l’illusione di cui Raistlin l’aveva ammantata.
«Trovi che dovrei?» mormorò Raistlin.
«Di questo passo si feriranno a morte e non solo con le parole, ho paura.- disse Crysania, stringendo le labbra nel notare la sua apparente indifferenza- Vuoi tenere a freno il tuo apprendista e tua sorella?!»
«Dovranno pur chiarirsi. Questa situazione deve portare a un risultato, che sia una rottura o una rappacificazione.» osservò Raistlin, imperturbabile.
«Mi stai dicendo che ti è indifferente?!» sbottò Crysania, ormai arrabbiata.
Prima che Raistlin potesse dare una risposta che senza alcun dubbio avrebbe fatto andare Crysania fuori dai gangheri, Caramon tirò senza preavviso le redini dei cavalli, facendo fermare bruscamente il carretto. Raistlin cedette sulla sinistra e Crysania gli si aggrappò al braccio per evitare che cadesse. Dalamar, essendo quasi in piedi, cadde di schiena e andò vicino a rotolare giù dal carro. Il cavallo di Katlin decise proprio in quel momento di imbizzarrirsi e la ragazza dovette esercitare su di lui tutta la sua volontà per impedire che la disarcionasse. Caramon si voltò verso di loro con gli occhi lucenti di furia.
«Volete finirla?!- sbottò, e la sua voce possente echeggiò lungo la strada e nei loro timpani- Vi state comportando come dei bambini! Io non ci viaggio con gente del genere, non faccio tutta la strada che abbiamo davanti con il vostro cicaleccio velenoso nelle orecchie!» Squadrò i due contendenti, minaccioso e autoritario. «Dalamar, finiscila di provocare o giuro che un pugno da parte mia non te lo leva nessuno! E tu, Kat,- si voltò verso la sorella puntandole addosso l’indice- se ci fosse Tika avrebbe sicuramente proposto di darti una bella fila di sculacciate! Che razza di parole ti escono da quella bocca?!»
«Non trattarmi come una mocciosa, Caramon!» tentò di protestare lei, rigida e paonazza.
«Ti stai comportando da tale, quindi basta! Se Raistlin non ti dice niente, allora ci penso io.- le ordinò Caramon, poi tornò a guardare Dalamar- E tu azzardati ad essere meno che rispettoso con mia sorella e ti taglio le orecchie, magia o non magia. E adesso, zitti!»
Ciò detto, Caramon tornò a sedersi composto e fece ripartire il carro, borbottando tra sé. Nessuno osò ribattere, o aggiungere una parola. Dalamar tornò a sedersi con movimenti cauti, come se Caramon l’avesse effettivamente picchiato. Katlin sembrava una bambina in castigo. Lasciò scivolare il cavallo ad un lento passo, mettendo un po’ di distanza fra lei e il carro. Un silenzio corroborante avvolse coloro che vi viaggiavano.
Crysania guardò Raistlin, stupita per il veemente discorso di Caramon, e vide dipinto sul volto dell’arcimago un sorrisetto divertito, cosa che la contrariò. Raistlin si era goduto la scena ed ora si mise a riposare, calandosi sul viso la tesa del cappello che portava. Tas e Kyara, ridotti anch’essi al silenzio dall’ira di Caramon, si scambiarono un’occhiata incerta, poi il kender tornò a voltarsi.
«Sei stato grande, Caramon!- mormorò Tasslehoff, guardando con ammirazione il guerriero- Li hai proprio scrollati come rami al vento, come avrebbe detto Flint. Certo che stavano proprio litigando per bene, eh?»
«Sarà un viaggio d’inferno.» borbottò Caramon. Tasslehoff non si sentì di affermare il contrario.

***

Vennero scoperti un paio di settimane dopo e fu colpa di Katlin.
Si erano fermati per la notte a circa un giorno di marcia dal prossimo villaggio sulla loro strada e avevano cenato attorno a un fuoco da campo. In lontananza, sulla strada, si vedevano altri lumi. In quella stagione era normale che vi fossero viaggiatori anche così a nord. Fino a quel momento non erano stati disturbati, né attaccati. Gli scagnozzi di Takhisis erano ancora convinti che l’arcimago Raistlin e i suoi alleati stessero lambiccandosi il cervello per scoprire le trame della dea tenebrosa rinchiusi nei loro domini. Nessuno avrebbe potuto immaginare che la Veste Nera stava viaggiando alla volta del covo nemico accontentandosi delle poche informazioni che possedeva. Non che si fosse realmente accontentato…e questo fu il motivo per cui vennero scoperti.
Quella sera, Raistlin ordinò a Katlin di fare un nuovo tentativo e di visualizzare l’isola e i suoi occupanti con maggiore precisione.
«E’ rischioso.- sospirò Katlin- Ma hai ragione, devo tentare. Non mi piace andare allo sbaraglio.»
«Cerca di non sfiorare le menti sbagliate, se puoi.» le rammentò il gemello, che la scrutava da dietro il fuoco.
«Farò ciò che mi è possibile.» ribatté lei, seccata.
«Raist, sarà il caso…» tentò di protestare Caramon, preoccupato come sempre quando Katlin decideva di usare il suo rischioso potere.
«Zitto.»
Katlin si appartò un po’ dagli altri, desiderando soprattutto sottrarsi alla vista di Dalamar. Dalla litigata culminata con la sfuriata di Caramon non si erano quasi rivolti la parola. Certo, era meglio che insultarsi dalla mattina alla sera, ma Katlin iniziava a sentire dolorosamente la mancanza del supporto dell’elfo. Durante il viaggio alla ricerca dello Scettro dei Tre le era stato così vicino…Il suo interesse per lei l’aveva lusingata e l’aveva aiutata a trovare la forza di resistere anche in situazioni pessime. Vedere solo freddezza nei suoi occhi, ora, le faceva male. Katlin non riteneva di dovergli chiedere scusa e immaginava che Dalamar la pensasse alla stessa maniera. Erano entrambi orgogliosi fino all’eccesso. Allora finiva tutto così? Dopo un bacio che le aveva rubato l’anima, finiva tutto nel silenzio e nel disprezzo, prima ancora di cominciare?
Katlin si sedette sull’erba, accanto ad un albero, costringendo la propria mente a liberarsi di quei pensieri. Aveva cose più importanti a cui pensare che i propri sentimenti. Si sedette a gambe incrociate e rilasciò il respiro, rarefacendolo il più possibile e lasciando vagare la mente. Cadde in trance in pochi secondi e lanciò la propria mente verso il covo nemico senza indugi. Non vide molto di più. Di nuovo l’isola su un mare adesso calmo, su cui Solinari e Lunitari creavano riflessi accecanti. Più lontano, la costa vagamente illuminata…e una collina. Katlin immagazzinò l’informazione: l’isola si trovava al largo, in linea retta con una collina tra due villaggi della costa. Si insinuò nei meandri sotterranei, studiando con più precisione i corridoi e le sale, perché non si trovassero a perdersi in un dedalo senza senso, poi sprofondò al livello più basso, dove veniva custodita la pietra. I maghi erano riuniti laggiù, quella notte, impegnati in un rituale attorno alla pietra nera. Forse l’incantesimo che infondeva loro il potere maligno? Non lo seppe mai.
D’improvviso, la sua mente fu distolta dal presente e dall’isola dei maghi di Takhisis. Senza che potesse fare nulla per fermarsi, Katlin fu trascinata attraverso immagini sconnesse che non le dicevano nulla e che non capiva fossero passate o future. Guerre, combattimenti, incendi, Fizban che si allontanava dandole la schiena, le lune che perdevano la loro luce, un guerriero su un drago blu…Poi tutto divenne rosso e un oggetto piombò su di lei. Katlin lo fissò con orrore, pensando per un attimo che fosse la pietra nera che già una volta l’aveva maledetta. Ma quella pietra non era nera. No…era…grigia! Era una pietra grigia, al cui interno si nascondeva – fuoco, morte, distruzione – qualcosa di terribile e innominabile. Prima che la pietra le piombasse addosso, l’immagine scomparve e tutto fu tenebra. Katlin avvertì una sensazione di freddo intenso e una voce risuonò nei suoi pensieri, terrorizzandola.
«Ben trovata mia cara! Ti sei nascosta a lungo!- sibilò la voce della dea Takhisis- Vieni, riposati dalle tue fatiche.»
Una mano bianca e adunca uscì dalle tenebre per afferrarla.
«No!» gridò Katlin, ritornando al suo corpo, sottraendosi alla trance con uno strappo che fu quasi doloroso e che la riportò in sé urlante, con le braccia davanti al volto per proteggersi dalla minaccia di tenebra eterna. Cadde al suolo, ansimante, le mani tremanti strette a pugno davanti al volto. Per un istante non capì altro se non che era sfuggita per un pelo alle grinfie di Takhisis, poi la sua mente registrò urla e un’esplosione.
«KAT!!»
La voce di Kyaralhana la raggiunse appena prima della kender. Si sollevò a sedere, ignorando un capogiro che le fece ballare lo stomaco come impazzito, mentre Kyaralhana si fermava accanto a lei e la tirava per un braccio.
«Kat, due di quei maghi grigi! Al campo!» le disse, ansimando a metà tra l’eccitato e il terrorizzato. Katlin si alzò da terra con un’imprecazione e corse verso la strada poco distante. Quando arrivò, non c’era più molto da vedere. A terra giacevano due cadaveri vestiti di grigio, e suo fratello Raistlin tossiva, appoggiato al braccio di Caramon. Dalamar si voltò verso di lei al suo apparire e Katlin non seppe dire se nel suo sguardo vi era stato o meno un lampo di sollievo.
«Che è successo?» chiese. Si accorse di avere la gola secca come un deserto e un retrogusto di marcio in bocca. Si schiarì la gola, ottenendo solo di tossire come Raistlin.
«Che è successo? Dovrei chiederlo io, sorella mia.- sibilò l’arcimago, fulminandola con lo sguardo- Trovo sia di una casualità eccessiva che ci abbiano trovati proprio mentre ti intrufolavi nel loro quartier generale.»
Katlin arrossì per l’ira e strinse le labbra.
«Non sono stati loro a vedermi.- puntualizzò, sprezzante- E’ stata Takhisis e mi ha quasi presa. Non pretenderai che sia in grado di combattere contro la Sua volontà?»
«Kat! Per gli Dei…ti ha fatto qualcosa? Stai bene?» ansimò Caramon.
«Allora…vuoi dire che è stata la Dea stessa a mandare qui i suoi maghi, dopo aver letto nella tua mente?» chiese Crysania, guardando inorridita i due corpi. Raistlin rimase in silenzio, riflettendo. Katlin dopo un attimo di esitazione annuì.
«Ha avvertito dove mi trovavo, pur senza leggere nella mia mente, e con un po’ di approssimazione…» mormorò, per poi finire la frase con un gesto vago verso i due corpi. I risultati erano ben evidenti.
«Ne consegue che il nostro travestimento salta. Ed è un po’ presto.» osservò Dalamar, cupo. Katlin lo guardò, pronta allo scontro verbale, ma lui non la degnò d’una occhiata.
«No, Katlin deve aver visto giusto. Difficilmente la dea avrebbe potuto vedere il nostro travestimento attraverso la sua mente, a meno che i loro pensieri non siano stati a stretto contatto a lungo.» Guardò la sorella, che scosse il capo. Il contatto era stato molto breve e lei non aveva mai pensato alla loro situazione presente. «Perciò, tutto ciò che la dea sa è che Katlin sta viaggiando su questa via. Non sa né con chi, né per dove…ma non le sarà difficile fare due più due, dopo il mancato ritorno dei suoi scagnozzi.»
«Perciò, che facciamo?» chiese Tasslehoff, guadagnandosi un’occhiataccia da parte dell’arcimago.
«Andiamo avanti come previsto, anche se ora dobbiamo aspettarci di essere individuati da un momento all’altro. Per prima cosa, comincerei con il levare di mezzo questi due tizi. Qua attorno c’è troppa gente che potrebbe aver udito il trambusto e non vogliamo domande scomode, no?» disse, caustico. Gli altri annuirono. Caramon e Dalamar si presero lo sciagurato compito, mentre i kender e Crysania cercavano di cancellare le tracce del recente combattimento magico. Raistlin si sedette vicino al carro, esausto per lo sforzo inatteso, poi sollevò lo sguardo quando la sorella si inginocchiò accanto a lui.
«Ho visto dove si trova l’isola.» gli disse. Lui annuì e le fece cenno di lasciarlo solo. C’era tempo per parlarne in seguito. Lei, invece, gli pose una mano sul braccio. Raistlin avvertì il calore irradiarsi da lei come da una fornace. La guardò bene in volto e la vide tesa. Qualcosa di oscuro le si agitava negli occhi.
«Cosa c’è, Katlin?» chiese, in un sussurro.
«Ho visto molte cose, Raistlin, forse appartenenti al futuro. Guerra, morte, molto fuoco…e una pietra grigia che nasconde un mostruoso terrore.- sussurrò lei- Raistlin, credo di aver avuto visione di ciò che tanto spaventa gli Dei.»
«Una pietra grigia?» mormorò Raistlin. Lei annuì.
«Raist…» iniziò, come se l’embrione di un’ipotesi le si stesse formando nella mente. Raistlin pose a sua volta una mano sul braccio della sorella, zittendola.
«Tieni per te queste immagini e rifletti.- le sussurrò, tanto piano da non essere quasi discernibile- Non farne parola con gli altri. Quando potremo restare soli, ne discuteremo.»
Katlin annuì, improvvisamente identica a lui nonostante il mascheramento, poi si alzò per aiutare Crysania. Raistlin rimase a guardarla allontanarsi con gli occhi stretti in una fessura.

***

Qualche giorno dopo, il gruppo arrivò in un villaggio chiamato Forgath, non molto vasto ma abbastanza accogliente con gli stranieri. Presero alloggio in una locanda e quella sera mangiarono all’interno della sala comune per non distinguersi troppo dagli altri viaggiatori. Non avevano subito altri attacchi, dopo quella prima sortita dei maghi di Takhisis, e questo stava a significare che il nemico non aveva ancora descrizione del loro mascheramento. Probabilmente stavano cercando un mago oscuro con la pelle dorata e una maga rossa con ciocche bianche sui capelli scuri, forme molto differenti da quelle che mostravano al momento.
La compagnia cenò tra le chiacchiere dei kender, per il resto silenziosa. Katlin e Raistlin erano pensierosi e gli altri non osavano interrompere le loro riflessioni, comprendendo che si trattava di qualcosa di importante. I due erano così fin dalla notte dell’attacco. Dalamar era invece parecchio seccato. Non era uno stupido, aveva capito che Katlin aveva visto qualcosa di importante durante la trance e che ne aveva parlato soltanto allo Shalafi.
“Cosa mi hanno imposto di seguirli a fare, se poi non mi viene nemmeno detto cosa succede?” pensò, irritato, svuotando d’un sorso il bicchiere di vino.
«Altro vino, signore?» gli chiese una voce femminile, alla sua destra. La cameriera era accorsa con la brocca del vino e ora lo guardava con aria adorante, le guance arrossate e un luccichio negli occhi. Freddamente, Dalamar valutò la donna e capì che lei lo trovava attraente. Non era una brutta ragazza, anzi…peccato per l’atteggiamento di esplicito invito che la catalogava tra le donne pronte a gettarsi tra le braccia del primo venuto che avesse un bel viso.
«Sì, grazie.» disse, altezzoso, porgendole il bicchiere. Lei lo riempì lentamente, lasciandogli tutto il tempo di guardarla. Dalamar avvertì con un senso di maligna soddisfazione che l’attenzione di Katlin si era spostata dai suoi pensieri a ciò che stava accadendo al tavolo. Si sentiva i suoi occhi puntati addosso come due pugnali. Era forse gelosa? Decise di prendersi una piccola vendetta.
«E’ un peccato che un giovane fiore come te sciupi la sua bellezza facendo questo mestiere, mia cara.» mormorò Dalamar alla cameriera, guardandola con intenzione. Lei ridacchiò al complimento, ma i suoi occhi rimasero intenti. L’invito a continuare su quella falsariga era esplicito quanto la scollatura del vestito di lei. Notando che lo Shalafi continuava a non badare a lui e che quindi non rischiava di vedersi ritorcere contro il proprio scherzo, Dalamar continuò: «Dimmi il tuo nome, se posso osare.»
«Oh…mi chiamo Polia, lord. Se permettete…- sussurrò, avvicinandosi a lui per parlargli in confidenza dandogli allo stesso tempo un’ampia vista del suo petto- non ho mai avuto l’onore di parlare con un signore bello come voi.» Ridacchiò di nuovo, una risata chioccia che infastidì Dalamar. A lui non piaceva affatto quel tipo di donna…ma Katlin non lo sapeva e l’aura negativa che avvertiva alle sue spalle lo spingeva a continuare quella pantomima.
La cameriera venne richiamata dal padrone della locanda, ma Dalamar la afferrò per un polso per trattenerla. Non incontrò grande resistenza.
«Quando finisci, sappi che io dormo nella quarta stanza al primo piano.- le sussurrò, non così piano da non farsi sentire da Katlin- Potremmo…bere qualcosa insieme.»
La cameriera sprizzò gioia da tutti i pori. Annuì, poi si allontanò per occuparsi di altri clienti. Senza guardare Katlin, con un sorrisetto diabolico sul volto, Dalamar si alzò da tavola.
«Vado a coricarmi, sono stanco.» annunciò. Raistlin lo guardò e per un attimo qualcosa gli disse che lo Shalafi si era accorto benissimo di quanto stava accadendo, benché la scena non fosse durata più di un minuto. Poi l’arcimago annuì, dissipando il suo allarme.
«Mi corico anch’io.- mormorò, alzandosi in piedi con movimenti rigidi- Mia cara?»
Crysania annuì a sua volta, alzandosi con lui.
«Allora sarà il caso di andarcene tutti a dormire, vero Kat?» disse Caramon, voltandosi verso la sorella. Rimase sorpreso nel vederla fissare con aria cupa il suo boccale vuoto.
«Io resto ancora un po’. Ho bisogno di pensare.» ringhiò lei, aumentando lo stupore del gemello. Che era successo per renderla così nera? Alzò lo sguardo su Raistlin, ma lui, Crysania e Dalamar si erano già allontanati verso le scale. Scrollando il capo, Caramon costrinse i kender a lasciare Katlin da sola per permetterle di pensare…a qualunque cosa l’affliggesse.
Katlin rimase sola e subito chiese che le venisse riempito il boccale. Una delle cameriere le portò altra birra, che Katlin scolò con quattro rapidi sorsi, nonostante lei odiasse il sapore della bevanda. Sbatté il boccale sul tavolo, la bocca piegata in una smorfia. Cosa credeva di ottenere Dalamar facendo il cascamorto con la cameriera? Voleva forse una reazione da parte sua? Beh, se lo poteva scordare! Non gliene poteva fregare di meno se si portava a letto tutta la squadra di cameriere della locanda!
«Altra birra!» esclamò, irata e già un po’ brilla per l’alcol a cui non era abituata. Un paio di avventori la stavano fissando, attratti dalla sua bellezza, ma lei nemmeno se ne accorse. In ogni caso, recitava la parte di una mercenaria, no? E si era mai vista una mercenaria astemia? Ah ah! E allora che bevesse fino a vomitare, così avrebbe dimenticato gli occhi di Dalamar che scrutavano sfacciatamente il seno di quella…di quella…Quasi si ritrasse quando la ragazza chiamata Polia venne a servirla.
«Ecco, signora.- disse lei, sorridendo- Voi scortate il nobile elfo, non è vero?»
Katlin non rispose, anzi strinse le labbra in una linea quasi invisibile. Polia ridacchiò e lanciò un’occhiata alle scale, certo immaginando di raggiungere Dalamar nella sua stanza. Katlin si sentì invadere da una tale ira che temette di esplodere.
«Siete fortunata. E’ così affascinante!- sospirò la ragazza, non avendo compreso di essere al momento in estremo pericolo di vita- Più tardi andrò…a controllare che la stanza sia di suo gradimento.» La ragazza rise ancora in maniera sciocca, poi si allontanò, appena prima che Katlin decidesse di afferrarla per il collo e strangolarla. Katlin bevve d’un fiato anche quel boccale, cercando di imporsi un’indifferenza che era bel lungi dal provare. E così, lei era una donna gelosa? Pareva di sì…e Dalamar non era nemmeno il suo uomo! Questo la intristì e dalle lacrime che minacciarono di riempirle gli occhi Katlin si rese conto di essere sulla soglia di una bella ubriacatura. Ciononostante, continuò imperterrita a bere finché non rimase nessuno nella sala comune. Polia era già scomparsa da tempo. Katlin immaginava che al piano superiore ‘qualcuno’ si stesse divertendo.
«Cosa m’importa?» mormorò tra sé, scuotendo il capo. L’arrabbiatura le era passata. Ora era solo triste e delusa. E purtroppo aveva un’idea più chiara di ciò che provava per Dalamar. Purtroppo tutto il resto era maledettamente confuso dall’ubriacatura senza precedenti che si era presa.
Arrivare alla scala fu un impresa e salirla risultò arduo quasi come recuperare la Sfera delle Tenebre dall’antro del drago. Il paragone la fece ridacchiare, poi l’umore nero la riassalì, facendola mugolare inconsciamente. Si sentiva tremendamente stupida…e non aveva senso dell’equilibrio. Caracollò fino al corridoio del primo piano, interamente occupato dai suoi compagni. Tutto era silenzioso. Era molto tardi e tutti dormivano…tutti tranne Dalamar e la sua compagna notturna, probabilmente! Il volto di Katlin si contorse in una smorfia sofferente, mentre si trascinava per il corridoio contando a fatica le porte. Qual’era camera sua? Non se lo ricordava affatto. Alla fine, le parve di riconoscere il pomello scheggiato della porta. La trovò chiusa da un semplice incantesimo. Non ricordava di averlo lanciato sulla serratura, ma d’altronde in quel momento ricordava a malapena come si chiamava! Piangendo miseria per la propria condizione, Katlin ruppe l’incantesimo con una parola biascicata ma potente. La serratura cedette.
Katlin aprì la porta della stanza di Dalamar ed entrò, chiudendo poi la porta dietro di sé.

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Capitolo 18
*** 17 - Imbarazzo ***


CAPITOLO 17

IMBARAZZO

Dalamar si svegliò di colpo, con un sobbalzo. Aprì gli occhi nel buio, tutti i sensi all’erta per individuare un eventuale pericolo. Nella camera, però, non si avvertiva un suono, né alcuna tensione o spirito combattivo. Dopo qualche istante si rilassò. Forse stava facendo un brutto sogno, o più probabilmente era diventato ipersensibile. Come gli altri, si aspettava un attacco da un momento all’altro e non era tranquillo.
Esalò il respiro che aveva trattenuto e si girò sulla schiena, poggiando un braccio sugli occhi. Non si sentiva molto fiero di come si era comportato quella sera. La cameriera era salita da lui non appena finito il lavoro. Dalamar le aveva fatto trovare la porta chiusa. Lei aveva tentato la maniglia e aveva bussato piano un paio di volte prima di desistere. L’elfo l’aveva udita allontanarsi, mentre se ne stava disteso sul letto rimuginando con volto cupo su quale demone l’avesse indotto a comportarsi in una maniera così stupida. Lo sguardo che aveva visto negli occhi di Katlin prima di salire con gli altri lo tormentava. Non era gelosia, quella? Se lei non aveva alcun interesse in lui, perché mai provava gelosia? Ma se provava dei sentimenti per lui, perché l’aveva respinto alla Torre di Wayreth? Questi pensieri lo gettavano alternativamente tra stati di euforia e depressione nera.
Dalamar non era mai stato un maestro nel capire i sentimenti altrui. Lo Shalafi aveva questo dono, ma probabilmente anche lui si trovava spiazzato quando la situazione lo riguardava in prima persona. L’elfo oscuro non sapeva decifrare i sentimenti di Katlin per lui e questo lo indisponeva. Desiderava ferirla, umiliarla per il modo in cui l’aveva respinto…e poi baciarla e stringerla, e farla sua che lo volesse o no. Era una passione egoistica, quella? Di sicuro si celavano molte cose dietro quegli occhi blu che sapevano guardarlo con tanta adorazione ed altrettanto odio, ma Dalamar non riusciva a leggere quei messaggi nascosti.
Intanto, il loro rapporto si era raffreddato moltissimo. Nemmeno litigavano più, per non subire richiami da Caramon o, peggio, dallo Shalafi. Preferiva vederla infervorata, sentirla inveirgli contro, che guardarla cavalcare accanto al loro carro trincerata dietro un’espressione marmorea. Non che lui stesso si comportasse in maniera da riallacciare il rapporto…Quella sera aveva voluto vendicarsi come un bambino stupido. Non credeva che ciò l’avrebbe davvero colpita e ora se ne stava a rimuginare su qualcosa che non avrebbe mai capito senza chiederlo alla diretta interessata.
Sospirando a mezza voce, Dalamar si voltò sul fianco per cercare di riprendere sonno. Si tese immediatamente quando si trovò a pochi centimetri dal viso di qualcun altro. Dalamar scattò all’indietro, scendendo dal letto e castando contemporaneamente una barriera protettiva e un incantesimo di luce. Ciò che vide gli fece quasi spalancare la bocca per la sorpresa.
Sdraiata sul suo letto a pancia sotto c’era Katlin. La donna, dopo il suo movimento brusco, mugolò qualcosa e si raggomitolò a palla, continuando però a dormire profondamente. Attorno le aleggiava un vago odore di birra, non così forte da essere sgradevole ma piuttosto deciso.
«Ma che…- balbettò Dalamar- Katlin…?»
Che ci faceva lei nella sua stanza?! Aveva messo un incantesimo alla porta e lei poteva spezzarlo come niente, ma perché mai avrebbe dovuto entrare nella sua stanza di notte? Una miriade di possibilità, alcune delle quali decisamente lusinghiere, gli passarono per la testa, dandogli una sensazione tale da fargli vibrare le membra. Per tornare con i piedi per terra, si costrinse a pensare a cosa era successo l’ultima volta che si era trovato Katlin nel letto: l’aveva vista trasformarsi in Takhisis e ci aveva quasi rimesso la pelle. Questo lo calmò.
Per prima cosa si infilò i calzoni, poi allungò una mano per scrollare la giovane donna, l’unica che poteva dargli delle risposte.
«Katlin. Ehi, Katlin, svegliati!» le sussurrò, restio ad alzare la voce. Se lo Shalafi li avesse visti in una situazione del genere…che la dea tenebrosa lo salvasse! Katlin mugolò ancora qualcosa, ma non ebbe altre reazioni. Dalamar la scosse con più veemenza, ma niente. Katlin sembrava caduta in un sonno profondo da ubriacatura. Probabilmente non c’era modo di svegliarla ancora per qualche ora, e quando si fosse destata avrebbe avuto sicuramente una reazione interessante nel ritrovarsi nella stanza dell’elfo oscuro. Dalamar sospirò e si sedette sul letto accanto a lei, la mano sulla sua spalla. Katlin era ancora vestita di tutto punto, pugnali alla cinta compresi. Non era passata da camera sua…doveva aver sbagliato stanza dopo aver lasciato la sala comune, probabilmente confusa dai fumi dell’alcol. La cosa sorprendente era che fosse riuscita a distruggere il suo incantesimo protettivo sulla porta persino in quelle condizioni.
«E’ colpa mia, Katlin?» mormorò, sfiorandole il viso con le dita. Katlin non era il tipo da ubriacarsi e non doveva essere servito molto alcol per ridurla in quello stato. Cosa poteva averla spinta a bere se non il suo comportamento irresponsabile con la cameriera? Quindi era gelosa! Un sorriso riluttante comparve sul volto dell’elfo oscuro. Bene, gli era stato rivelato qualcosa di cui aveva sempre dubitato. Forse c’era ancora speranza, per loro. Ora, però, doveva riportare Katlin nella sua stanza se non voleva che lei, o lo Shalafi, lo uccidessero la mattina seguente.
«Dovremo parlare ancora, io e te.» sussurrò, chinandosi per sfiorarle la guancia con le labbra. Katlin borbottò qualcosa e il movimento di quelle labbra rosee lo attrasse terribilmente. Costringendosi a restare freddo, Dalamar prese Katlin tra le braccia e la sollevo dal letto.
«Ti porto in camera tua.» disse. Lei si accoccolò contro il suo petto, continuando a dormire tranquilla. Un altro sorriso passò sul volto dell’elfo nell’osservare con quale disinvoltura lei si affidava alle sue cure. Con ogni cautela possibile, Dalamar aprì la porta della propria camera e uscì in corridoio. Subito il suo sguardo saettò verso la camera dove riposavano lo Shalafi e Dama Crysania, ma la porta era chiusa e in tutta la locanda regnava solo il silenzio.
Sospirando di sollievo, Dalamar si diresse verso la porta successiva alla sua, la aprì e trasportò Katlin fino al letto. Lì la adagiò, le tolse gli stivali, poi restò un attimo a guardarla dormire. Sembrava innocente e indifesa, nel sonno. Si faceva presto a dimenticare che lingua tagliente poteva avere, con quale pertinacia sapesse portare rancore. Con un sorrisetto di autoderisione, Dalamar uscì dalla stanza per tornare nella propria.
Quando si voltò verso il corridoio, però, si trovò di fronte il suo Shalafi, spogliato dell’illusione che lo mascherava da qualche giorno a quella parte, appoggiato con una spalla alla parete. La bocca di Dalamar si seccò, mentre la sua mano lasciava il pomello della porta, ricadendo come un uccello morto al suo fianco.
«Immagino vi sia un buon motivo perché tu stia uscendo dalla camera di mia sorella a quest’ora di notte, apprendista.» sussurrò l’arcimago, con voce quasi impercettibile. Dalamar sentì quelle pupille a clessidra perforargli il petto e scavargli nell’anima alla ricerca della colpa…e l’espressione terrorizzata che aveva sul volto in quel momento non aiutava.
«Io…Shalafi, non è come pensate…» balbettò. Il volto dell’arcimago si indurì e Dalamar continuò con tono febbrile: «Katlin…deve aver bevuto troppo. Ha sbagliato stanza ed è entrata nella mia, ma non aveva forze sufficienti per recarsi nella propria sulle sue gambe, così ve l’ho portata io.»
«E una volta lì…» mormorò Raistlin, allusivo.
«Shalafi, giuro sugli Dei della Magia che mi sono trattenuto con lei per meno di un minuto.» disse Dalamar, rigido.
«Spero non abbia disturbato le tue…attività notturne.» aggiunse Raistlin, malefico.
«Non c’è stata alcuna attività notturna.» replicò Dalamar, la cui voce si ruppe a metà frase. Così, le sue mosse erano state ben comprese dallo Shalafi, come temeva.
Raistlin continuò a scrutarlo come a cercare in lui la menzogna e l’elfo oscuro sentì agitarsi dentro di lui una rabbia ormai familiare. Lo Shalafi credeva davvero che avrebbe approfittato di una donna incapace di intendere e di volere come era Katlin in quel momento? Lo reputava così meschino?! O stava solo cercando una scusa per umiliarlo?
«Stai tranquillo, ho udito tre volte il suono della porta che si apriva e non è passato molto tempo tra l’una e l’altra. Bene. Torna a dormire, allora.- sussurrò Raistlin, alla fine, annuendo e facendogli calare la tensione- Domani riprenderò Katlin per questi suoi eccessi. Non voglio che segua l’esempio che già fu di Caramon.»
L’elfo oscuro borbottò una risposta quasi priva di senso, tanto era il sollievo, e si infilò nella propria camera, chiudendo la porta davanti alla figura ancora minacciosa del suo Shalafi. Lo spavento era stato forte e Dalamar si massaggiò con fare distratto le ferite sul petto, mentre tornava al suo letto. Non dubitava che lo Shalafi gliene avrebbe inferte altre niente affatto simpatiche, se avesse osato sfiorare Katlin senza il suo consenso. Scacciando dalla mente quelle immagini poco edificanti, Dalamar si spogliò e si mise sotto le lenzuola. Per un po’, il suo sonno fu disturbato dai piacevoli pensieri che la recente scoperta della gelosia di Katlin gli avevano instillato.
Fuori, Raistlin si portò davanti alla camera della sorella. Socchiuse la porta, dando uno sguardo all’interno. Katlin dormiva della grossa, ancora vestita. Ubriacarsi per lei doveva essere una novità, almeno sul piano fisico. I postumi dell’indomani l’avrebbero convinta a non commettere più una stupidaggine del genere.
«Che sciocca. Somiglia a Caramon più di quanto sospettassi.» mormorò l’arcimago, guardando la figura addormentata con un misto di indifferenza e affetto. Chiuse la porta, la sigillò con un incantesimo e tornò in camera propria, dove Crysania dormiva profondamente, un braccio bianco e tornito fuori dalle lenzuola. Raistlin la guardò come se la volesse divorare, tanto gli era ancora nuova la brama di possesso verso di lei, poi sorrise amaramente e tornò a letto. Capiva il desiderio e le piccole vendette di Dalamar, e capiva la gelosia di Katlin. L’amore era fatto anche di odio, benché la maggioranza delle persone non lo ammettesse. Tra quei due non era ancora stata detta la parola fine, in un modo o nell’altro, e l’arcimago avrebbe dovuto badare a che questo non creasse situazioni pericolose per la loro missione.
Raistlin chiuse gli occhi, cercando di dormire.

***

Katlin si svegliò la mattina dopo con la certezza di essere finita chissà come dentro il Monte Nonimporta, in balia degli gnomi che le stavano costruendo attorno un assurdo meccanismo, spaccandole i timpani con martellii e tintinnii e quant’altro. Aprì gli occhi a fatica e gemette quando si rese conto che tutto quel fracasso era all’interno della sua testa, dovuto senza possibilità di dubbio alla sbornia della sera prima. La luce del giorno che entrava dalla finestra le feriva gli occhi.
«Ma si può essere più stupidi?» borbottò, passandosi una mano sul viso per togliersi dagli occhi la sensazione di aver incollato le palpebre con un incantesimo di ragnatela.
«Mi chiedevo la stessa cosa.»
Katlin si irrigidì nel sentirsi apostrofare a così breve distanza. Si tirò sui gomiti, allarmata, e vide suo fratello Raistlin- o per meglio dire, la sua versione camuffata- seduto sul suo letto, con in mano alcuni fogli miniati. Doveva essere reduce da una piccola recita nella sala comune…o comunque pronto a farla. Katlin esalò un sospiro che parve provenire dal centro della terra e ricadde a faccia in giù sul cuscino, poi gemette.
«Ecco, ora posso affermare che questa sarà una giornata orrida.» disse, la voce soffocata.
«Gentile da parte tua.- disse Raistlin, caustico ma sottilmente divertito da quella reazione- Immagino che tu non ti senta molto bene.»
«Mi sento da schifo.» affermò Katlin. Per un po’ rimase immobile, facendo pensare che volesse punirsi impedendosi di respirare fino alla morte, poi si rotolò con qualche difficoltà sulla schiena. «Mi viene da vomitare.- disse, con una smorfia, senza guardare in volto il fratello- Pensi che dovrei digiunare?»
Raistlin sospirò piano, guardandola come si guarda un minorato mentale, poi disse: «Sforzati di mangiare e recupera un po’ di compostezza. Oggi parleremo di quella famosa pietra grigia. Ho il sentore di aver capito a cosa si riferiva la tua visione.»
Katlin lo guardò come chiedendo pietà, ma su quei lineamenti non ne vide nemmeno un grammo.
«Non si parte?» chiese, debolmente.
«Possiamo anche sostare per un giorno. Non morirà nessuno per questo.» fu il commento di Raistlin. Katlin, che al momento non sapeva decidere se detestava di più l’idea di essere costretta a ragionare o quella di dover cavalcare con la nausea che le attanagliava lo stomaco, tenne ogni commento per sé e si alzò a sedere con qualche difficoltà. Si accorse di aver dormito vestita e si avvicinò allo specchio per guardare nei particolari quanto l’alcol l’avesse devastata.
«Pensavo peggio.- borbottò, fissandosi- Guarda…la tinta comincia a venire via.» Sfiorò i capelli, che stavano rapidamente tornando del suo colore. La tinta che aveva usato era scadente. Raistlin tossì piano, alzandosi dal letto, e si diresse verso la porta.
«Datti una ripulita e scendi a mangiare.» le ingiunse di nuovo, afferrando la maniglia.
«Non mi chiedi che ho combinato ieri sera? O perché?» chiese Katlin, senza guardarlo. Si era aspettata entrambe le domande fin da quando l’aveva visto nella sua camera e il fatto che non gliele avesse poste la metteva a disagio.
«So la risposta all’una e all’altra domanda, perciò non ti chiederò nulla. Il fatto che tu ti sia data della stupida appena sveglia mi fa ben sperare che questo sia un caso che non si ripeterà.- rispose l’arcimago, con una nota di ghiaccio nella voce- Se stanotte fossimo stati attaccati, tu non saresti stata in grado di combattere e questo sarebbe stato imperdonabile.»
Katlin strinse i denti a quell'osservazione, poi annuì, ammettendo il proprio errore. Raistlin la fissò ancora per un istante, poi aprì la porta.
«E ringrazia Dalamar.- disse, uscendo- Ti ha portata lui nella tua camera.»
Un ansito e un rumore brusco fermarono Raistlin. Il mago tornò a guardare nella stanza, ove la sorella lo stava fissando con gli occhi spalancati e la bocca socchiusa per la sorpresa.
«Co…cosa…?- balbettò lei, prima di infervorarsi- Non mi prendere in giro! Ricordo benissimo di essere salita in camera con le mie gambe!»
«Certo, è la verità. Peccato che, nella confusione dell’ubriacatura, tu abbia sbagliato stanza e ti sia infilata nel letto del mio apprendista.- mormorò Raistlin, serafico- Dovremmo rendergli merito, visto che non ha approfittato nella situazione, non trovi?»
Katlin aprì e chiuse la bocca un paio di volte come un pesce spiaggiato. Le sue guance diventarono rosse, nonostante l’abbronzatura magica.
«Mi…mi stai dicendo la verità?» balbettò. Raistlin si godette la sua espressione terrorizzata con un sorrisetto.
«Vai a fare colazione, sorella mia. Quando hai finito, vieni nella mia camera.» le disse soltanto, chiudendo la porta dietro di sé.
Katlin si portò le mani al viso, mentre vergogna e indignazione le si agitavano dentro fino a farle venire la tentazione di mettersi a urlare per la frustrazione. Davvero era entrata per errore nella camera di Dalamar? Davvero lui aveva dovuto portarla di peso fino in camera sua?!
«Oh Dei…» mormorò con voce rauca. E magari…Un’ipotesi terribile la fece sbiancare, poi arrossire fino a diventare paonazza. E se quella ragazza fosse stata ancora nella stanza quando lei aveva fatto il suo ingresso? Aveva forse dato spettacolo di se stessa anche con quella donna?
Katlin si gettò sul letto a corpo morto e soffocò nel materasso un grido di rabbia e vergogna che la lasciò senza fiato. Come era potuta accadere una cosa simile?! Come aveva potuto cadere così in basso?!
Per diversi minuti rimase lì, ritenendo impossibile scendere ed affrontare Dalamar in pubblico, poi si alzò e si infilò gli stivali, conscia che non poteva evitarlo. Uscì dalla stanza come un condannato che va all’esecuzione e scese le scale maledicendo ogni gradino che la conduceva alla sala comune. Una volta scesa, non faticò ad individuare Caramon e Crysania, seduti a un tavolo intenti a finire la loro colazione.
«Ehi, Josie!» esclamò Caramon, facendole cenno di raggiungerli. Katlin sorrise debolmente, grata che Dalamar non fosse nei paraggi, poi diede più brio alla sua camminata cercando di rientrare nel personaggio. Raggiunse il tavolo e si sedette. Caramon si rabbuiò subito.
«Raist mi ha detto che ieri sera hai bevuto.» la sgridò. Katlin si massaggiò le tempie.
«Non così tanto, è che l’alcol mi fa subito effetto.- borbottò- Non capiterà più. Mi ordini la colazione?»
Mentre il fratello ordinava una colazione che sarebbe bastata a un cavallo, Crysania posò una mano sul braccio di Katlin. Immediatamente, il mal di testa di lei regredì. La chierica doveva avere intuito il suo malessere.
«Grazie.- disse Katlin, sorridendole- I kender?»
«Sono fuori, a controllare i dintorni stando alle parole di Tasslehoff. Spero non combinino guai.- mormorò Crysania- Sicura di stare bene?»
«Abbastanza, grazie a te. Una volta che avrò mangiato qualcosa starò ancora meglio.» ammise Katlin. Si irrigidì quando Polia le mise di fronte la colazione, ma la ragazza le diede un buongiorno mogio e si allontanò. Katlin rilasciò il fiato e iniziò a mangiare delle uova con pancetta. Evidentemente lei non era più nella stanza quando…
«Buongiorno.»
La schiena di Katlin si irrigidì come un pezzo di ghiaccio quando la voce di Dalamar risuonò giusto dietro di lei. La forchetta le ricadde nel piatto con un tintinnio. Caramon e Crysania annuirono in risposta all’elfo, ma lei non osò girarsi, pur odiandosi per quella vigliaccheria. L’elfo si portò al suo fianco, sfiorandola con un braccio, e avviò una breve conversazione con Caramon.
Katlin, agitata fino all’inverosimile, non riuscì a seguire il discorso. Sentiva che Dalamar non avrebbe perso l’occasione di vendicarsi di lei facendo qualche salace battuta sugli accadimenti di quella notte. Non poteva nemmeno lamentarsi: gli aveva offerto l’occasione su un piatto d’argento.
“Sono una stupida di prima categoria.- si disse, delusa di sé- Mi merito qualsiasi cosa dirà.”
Allo stesso tempo, sapeva che non avrebbe potuto esimersi dall’incenerirlo dopo che l’avesse umiliata. Impiegò un istante a rendersi conto che Caramon si era alzato per guardare fuori, forse in cerca dei kender, e Dalamar aveva smesso di parlare. Alzò lo sguardo. Lui la stava fissando, con un volto imperscrutabile. Katlin guardò subito altrove, imbarazzata. Sobbalzò quando Dalamar si chinò su di lei e le sfiorò l’orecchio con il suo respiro.
«Non sono andato a letto con quella donna.» le sussurrò con voce appena percettibile. Katlin non poté fare a meno di guardarlo, stupefatta. Si perse negli occhi verdi di lui, occhi in cui brillava un certo divertimento. Dalamar le sorrise, poi si allontanò da lei.
«Se permettete, andrò a fare colazione ad un altro tavolo.» disse a voce alta, recitando la sua parte di nobile altezzoso. Crysania guardò Katlin, stupita per il rossore che le si era soffuso sulle guance. Caramon tornò al tavolo.
«Ehi, ma avete fatto pace?» chiese, guardando torvo l’elfo che si allontanava.
«Katlin…tutto bene?» chiese Crysania, piano. Non riusciva a decifrare l’espressione della giovane donna. Lei annuì con fare assente, poi si alzò.
«Vado da Raistlin. Voi fate pure con comodo.» borbottò.
«Ah…va bene.- disse Caramon, perplesso, scambiando un’occhiata sconcertata con Crysania- Ehi, e la tua colazione?!»
«Mangiala tu, per favore.» rispose lei, avviandosi su per le scale. A metà strada, ormai lontana dagli sguardi altrui, si fermò sui gradini. Il misto di vergogna, sollievo e irritazione dentro di lei trovò finalmente uno sfogo e Katlin ridacchiò. Presto fu costretta a contenere la sua risata nei palmi delle mani per non farne riecheggiare i corridoi. Rideva di se stessa e dell’assurdo clima di gelo che aveva instaurato con l’elfo da settimane. Dalamar non era andato a letto con quella donna! Non l’aveva…tradita? Sì, erano questi i termini in cui pensava la cosa. Ciò poneva i suoi sentimenti in piena luce, no?
Katlin scosse la testa, soffocando gli ultimi singulti della sua risata. Così, il risultato di tanti tira e molla era questo: lei era gelosa marcia, lui l’aveva capito e l’aveva stuzzicata apposta…ma non l’aveva tradita. Ciò che era avvenuto tra loro era stato tutto un malinteso. Valeva la pena cercare di recuperare ciò che era quasi andato perduto. Inoltre, dal modo in cui l’aveva appena guardata sembrava che Dalamar fosse dello stesso avviso.
«Bene. Katlin Majere è pronta a riprendere il combattimento.» disse, con un sogghigno. Al momento, però, doveva pensare a cose più prosaiche. Sospirando, salì gli ultimi gradini e si recò nella stanza del gemello. Lo trovò seduto sul letto, in attesa. L’espressione sul suo volto le mise il gelo addosso, cancellando senza difficoltà tutti i suoi pensieri precedenti.
«Entra.- le ordinò- Ho paura che le tue visioni abbiano complicato di molto le cose, sorella mia.»

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Capitolo 19
*** 18 - In serio pericolo ***


CAPITOLO 18

IN SERIO PERICOLO

«Entra.- le ordinò Raistlin- Ho paura che le tue visioni abbiano complicato di molto le cose, sorella mia.»
Katlin aprì la bocca per dire qualcosa, ma si trattenne prima di emettere suono. Chiuse la porta dietro di sé, il volto subito incupito.
«Vuoi che metta un incantesimo…» iniziò a dire.
«Non è necessario. Ho già controllato la locanda e non ci sono spie magiche. Avvertirò la presenza di chiunque salirà per le scale, quindi non perdere altro tempo.- sussurrò l’arcimago, facendole cenno di sedersi accanto a lui- Vieni qui.»
Katlin obbedì, senza mai lasciare il volto del gemello con lo sguardo. Raistlin aveva lasciato cadere l’illusione che lo ammantava e la donna se ne rallegrò. Non avrebbe potuto carpire sfumature nascoste da un volto illusorio, mentre era in grado di capire o quantomeno intuire i misteri dentro gli occhi del suo gemello. Lui tossì, non forte ma abbastanza da esserne scosso. Katlin corrugò la fronte.
«Stai bene?» chiese. Lui eluse l’argomento senza rispondere, con un gesto secco della mano.
«Hai riflettuto su ciò che hai visto quella notte?» le chiese invece, scrutandola con i suoi inquietanti occhi dorati. Katlin annuì, abbassando lo sguardo incupito sulle mani. «Fammi un’analisi delle tue deduzioni. Potresti essere già arrivata ad un passo dalle mie e mi faresti risparmiare del fiato.» disse lui, per poi tossire ancora. Quel giorno, evidentemente, la sua malattia aveva intenzione di tormentarlo.
«Non ne hai parlato con Crysania?» chiese Katlin.
«Non vedo la necessità che lei conosca questi dettagli.» fu l’aspra replica di lui, che le fece di nuovo un cenno brusco per esortarla a smettere di chiacchierare e arrivare al sodo. Katlin si prese qualche istante per riportare alla mente le due visioni che aveva avuto, la prima in presenza di Kitiara e la seconda sulla strada che stavano percorrendo.
«La cosa che balza agli occhi pensando alle mie visioni, e a ciò che ho provato durante la trance, è che mi è stato concesso di vedere due cose differenti.- disse infine, con voce fredda e professionale- Una parte di ciò è la realizzazione dei piani di Takhisis, per lo più visioni estratte dalla mente di Kitiara. Ciò che ho visto aveva bisogno di tre condizioni fondamentali per realizzarsi: che Steel Brightblade prendesse parte agli scontri futuri all’interno di un ordine di Cavalieri appositamente creato dal figlio di Ariakas; che i maghi e i Cavalieri di Solamnia restassero all’oscuro di queste manovre; che il Portale restasse semi aperto com’era dopo la tua scomparsa da questo mondo.»
Corrugò la fronte, immersa nelle sue riflessioni.
«Il mio arrivo ha scombinato le carte e la distruzione del Portale ha costretto Takhisis a trovare un altro sistema per rifornire di potere i suoi adepti. Ergo, ha usato la pietra nera di Neraka quale fonte di energia magica. Il terzo obiettivo è diventato uccidere noi Majere, rei di averle messo il bastone tra le ruote e detentori di un potere pericoloso per i suoi piani.» aggiunse.
«Tu sei il jolly del mazzo.- mormorò suo fratello, sfiorandole il braccio con un dito sottile- Sei intervenuta nei fatti di Krynn prima di diventarne ancora una volta una creatura. Questo ha cambiato le cose, senza contare che hai riportato me alla vita, dandomi così il tuo stesso ruolo di disturbo. Il futuro che ci riguarda è ancora in costruzione.»
«Ma Takhisis pensa di avere la possibilità di raggiungere i suoi scopi, altrimenti quel futuro si sarebbe cancellato e io non l’avrei mai visto.- disse Katlin, ormai lanciata nelle sue elucubrazioni- Probabilmente ha ragione: se riuscisse ad ucciderci, non avrebbe che pochi ostacoli sulla Sua strada. Forse ci metterebbe più tempo a creare e addestrare le sue nuove armate, ma raggiungerebbe comunque lo scopo. Siamo noi la chiave. Se spacciamo i Suoi adepti, con tutta probabilità quel futuro sarà cancellato. Se invece ci uccide…»
«…non farà differenza né la tua comparsa, né il mio ritorno. Proprio così. Il fato riprenderebbe a scorrere senza impedimenti.» mormorò Raistlin, con un luccichio pericoloso negli occhi. Sorrise, sarcastico. «Presumo ce ne voglia per questo nostro attaccamento alla vita.» disse, strappandole un uguale sorriso. Tossì più forte e a lungo, tanto che dovette tamponarsi la bocca con un fazzoletto. Katlin rimase a guardarlo in silenzio, corrucciata, chiedendosi se fosse il caso o meno di costringerlo a riposarsi. Quando la crisi si attenuò, disse: «Rispondo alle tue aspettative?»
«Fin qui sì, sorella mia.- ansimò Raistlin, con voce resa roca dalla tosse- Ma continua, ti prego…potresti stupirmi.»
Katlin storse la bocca, avvertendo il sottile sarcasmo del gemello, ma non si fece fretta. Rimase in silenzio qualche altro istante, riordinando le idee. Le immagini non inerenti al piano di Takhisis erano quelle che la lasciavano più perplessa. Non riusciva a trovarvi una collocazione precisa, una vera causa. L’effetto, invece, era risultato fin troppo palese.
«Credo…anzi, sono sicura che le altre immagini si riferivano al futuro che tanto ha spaventato Paladine e Gilean, e che li ha indotti a strapparmi a Yolta per portarmi qui.- disse, a bassa voce- Quel futuro deriva dalle azioni di Takhisis, ma non è nei piani della Dea. Anzi, penso che sia la distruzione dei Suoi piani…dei piani di tutti quanti, probabilmente.» Scosse la testa e la coda in cui aveva acconciato i capelli scivolò, costringendola a scioglierli. «Fuoco e morte…ma come questo possa succedere, davvero non lo so.» Lo guardò e lui annuì.
«Sì, queste sono anche le mie conclusioni.- disse, corrugando le bianche sopracciglia- Come i futuri piani di Takhisis non sono ancora stati cancellati dall’avvenire di Krynn, il fatto che tu abbia visto quel fuoco di morte significa che esso si nasconde ancora nei giorni a venire…chissà quando e chissà come.» La guardò, stringendo in una fessura gli occhi maledetti. «Quel futuro non è morto con la distruzione del Portale, Katlin. Sai cosa significa?»
«Che su Krynn grava la minaccia di un disastro al di là di ogni immaginazione.- mormorò Katlin, deglutendo a fatica- Ricordo bene le lune che perdevano la loro luce, come se…» Si portò una mano alla gola e si zittì, incapace di formulare il pensiero orribile e ancora senza forma che le si era affacciato alla mente.
«E hai visto una pietra. Una pietra grigia.» aggiunse Raistlin.
«Sì.» ammise lei. Tra i due cadde il silenzio. L’arcimago guardava la sorella come aspettando qualcosa che non veniva. Dopo qualche istante, lei corrugò la fronte e disse: «Ebbene? Cosa stai aspettando che dica?»
Raistlin scosse il capo e i capelli bianchi seguirono il movimento.
«Immaginavo che non avessi pensato a quella pietra, altrimenti saresti corsa a parlarmene.- mormorò- Bene, sorella mia, è su di essa che voglio porre la tua attenzione. Cosa credi che sia quella pietra?»
«Non lo so. Cadeva dal cielo in un mare di fuoco…- iniziò lei, assente, cercando di riportare alla memoria ogni particolare-…ma il fuoco era anche dentro di essa.» Corrugò la fronte, incapace di dare una spiegazione più esauriente.
«Vedevi il fuoco che conteneva?» chiese Raistlin.
«No, lo avvertivo con i miei sensi.» rispose subito lei, scuotendo la testa.
«Lo immaginavo.- sospirò il mago, poi il suo volto si fece duro- Credo di aver intuito il vero volto di quella pietra.»
Katlin fissò il gemello, sporgendosi verso di lui per l’ansia di ascoltare i risultati dei suoi ragionamenti. Raistlin chiuse gli occhi, come se stesse per rivelare qualcosa di terribile.
«La Gemma Grigia.» disse infine in un sussurro appena percettibile. Katlin faticò un attimo a recepire il messaggio, poi corrugò la fronte.
«La Gemma Grigia? Come…da che hai intuito che possa essere quella?- chiese- Che io sappia non si tratta di un oggetto spaventoso.»
«Cos’è la Gemma Grigia?» chiese Raistlin, guardandola con la coda dell’occhio. Katlin sbuffò per quella domanda accademica.
«E’ la Gemma che creò le razze degli Gnomi e dei Kender, aggirandosi per il mondo priva di controllo…» iniziò a dire, seccata. Raistlin la zittì con la sua voce sferzante.
«Non ti ho chiesto cosa ha fatto la Gemma Grigia, Katlin. Ti ho chiesto che cosa E’.»
Katlin aprì e chiuse la bocca un paio di volte, dapprima irata di doversi ripetere, poi smarrita. Già…cos’era la Gemma Grigia? Ciò che si narrava era che un giorno, impazzita, essa aveva vagato per Krynn creando nuove Razze. Nessuno sapeva granché su di essa. Da quei tempi antichi, inoltre, non si sapeva dove fosse finita.
«La Gemma è stata creata da Reorx.» mormorò debolmente la maga.
«Per fare cosa? E come può avere avuto il potere di creare Razze, se Reorx non poteva infonderglielo?- la contraddisse subito Raistlin- Sono domande che non ci siamo mai posti, vero? Dopotutto, si tratta solo di una storiella che spiega la creazione di piccoli esseri prevalentemente fastidiosi, niente più. Ma è possibile che un oggetto dotato del potere di creare, o peggio ancora di modificare creature già esistenti, sia così poco importante? E dove si trova esso ora? Nessuno lo sa.» A sottolineare le sue parole, da fuori venne un rombo distante, probabilmente un tuono. La luce del sole non filtrava più attraverso le tendine tirate.
«Tu credi che la pietra del mio sogno…» balbettò Katlin.
«Sia la Gemma Grigia? Può essere.- ammise l’arcimago, tossendo nel fazzoletto- Non lo so per certo, ma quando la mia mente ha valutato questa ipotesi, improvvisamente sono stato inondato da domande senza risposta. Senza alcun dubbio, è un oggetto misterioso.» Si guardò le mani, tetro. «Non so spiegarmi né il fuoco né la morte, né come la Gemma possa essere collegata a questo. Trovo, però, che sia una buona pista da seguire.»
«Vuoi…che guardi nel passato per scoprire l’origine della Gemma?» chiese Katlin, arrivando al punto.
«Potremmo scoprire così se stiamo o meno facendo un buco nell’acqua.- annuì lui- Nel caso trovassimo qualcosa di sospetto, converrà munirsi di pazienza e setacciare cieli e terra per ritrovarla. Sembra che tutto gravi sulle nostre spalle.»
«Sempre che battiamo prima Takhisis.- disse Katlin, più per il gusto di replicare che altro- Dei…mi aspetta una ricerca davvero difficile…»
«La tua chiaroveggenza ci sarà indispensabile. Mantieni il segreto, però, niente chiacchiere con gli altri.- la redarguì Raistlin, interrotto di nuovo dalla tosse- Devi agire come farebbe un Maestro della Torre. Non eliminiamo Wayreth dai nostri…» La tosse peggiorò, costringendolo a smettere di parlare. Katlin lo prese per le spalle, ignorando i suoi tentativi di scacciarla.
«Ehi! Erano settimane che non avevi una crisi così forte!- disse Katlin, preoccupata- Come mai proprio oggi…»
In quel momento, la porta si spalancò con un colpo che la fece sbattere contro la parete. Sulla soglia si stagliarono le figure di Caramon e Dalamar. I loro volti erano pallidi e tesi.
«Cosa c’è?» chiese Katlin, mentre Raistlin tentava di soffocare i singulti nel fazzoletto. Caramon fece una smorfia poco rassicurante.
«Credo che ci abbiano trovati.»

***

Tasslehoff e Kyaralhana avevano compiuto un giro quasi completo del villaggio quando il sole cominciò ad essere schermato dalle nuvole scure. Un tuonò rombò, ancora lontano, ma le nuvole si addensavano velocemente.
«Ci sarà un temporale. Per fortuna che oggi non si viaggia.» disse Kyara, esaminando con curiosità il borsello che si era improvvisamente ritrovata in mano.
«Già. Raistlin non ama questo tipo di tempo, gli viene una tosse terribile. Può essere che l’avesse previsto. Non me ne stupirei.- disse Tas, poi sbuffò- Certo che questo posto è davvero noioso! Non c’è niente di interessante! Nemmeno la bottega di un cartografo!»
«E’ un villaggio come tanti altri, Tas, che pretendevi? Oh, guarda! C’è un rospo in mezzo alla strada!»
«Un rospo?» chiese il kender, subito interessato. Come i bambini umani, i kender erano affascinati da tutto ciò che era fuori luogo, e cosa ci facesse un rospo in mezzo alla via era davvero un mistero. I due si accovacciarono attorno alla bestiola, che li salutò con un gracidio fondo e rauco.
«Ma guarda…si sarà perso?» chiese Tas.
«Se lo pungolo salterà?» chiese Kyara, guardandosi attorno per cercare un legnetto.
«Salterà di sicuro, ma qui non è posto per lui. Potrebbe restare schiacciato.»
«E se lo prendessimo e lo portassimo fuori dal villaggio?»
«Ma la pelle del rospo non è velenosa?»
Tasslehoff e Kyaralhana si scambiarono un’occhiata a metà tra lo schifato e l’eccitato. Il pensiero di toccare quella pelle viscida con la probabilità di sperimentare chissà quale reazione venefica li tentava non poco. Stavano ancora decidendo cosa fare, quando Tasslehoff fu sfiorato dal mantello di un passante. Tas si voltò a guardarlo, corrucciato, chiedendosi come si potesse portare un mantello a fine settimomese, poi i suoi occhi si appuntarono sui piedi del viandante. Piedi molto lunghi che gli conferivano una camminata dondolante. Il suo voltò impallidì.
«Kyara!- sibilò, afferrando l’amica per un braccio e indicandole la figura che si allontanava- Un draconico!»
«Cosa?!» sbottò Kyaralhana, raccogliendo un sasso da terra. Tas le fece cenno di parlare piano.
«E’ un draconico. Guarda, ce ne sono altri!» Deglutì a fatica vedendo che il tizio si incontrava ad un crocicchio con altri sei o sette loschi figuri. «Diavolo…ho paura che siano qui per noi.»
«Come può essere? Siamo stati attenti a non farci scoprire!» mormorò Kyara, attonita. Le figure scomparvero oltre un angolo. Tasslehoff si alzò di scatto, sollevando Kyara quasi di peso.
«Dobbiamo controllare dove si dirigono. Se vanno alla locanda dobbiamo avvisare gli altri che si tengano pronti!- disse, stringendo forte il suo hoopak- Coraggio, andia…»
Non fece in tempo a finire la frase. Una sensazione di gelo invase i due kender, propagandosi lungo la loro spina dorsale per concentrarsi nella nuca e lì raggrumarsi come un mal di testa in fase di ristagno. Poi, una sorta di luce grigia cadde sul villaggio, ammantandolo come una coperta. Ovunque cadde un silenzio innaturale.
«Che cos’è? Tas…» gemette Kyara, avvertendo per la prima volta una sensazione strana e paralizzante. Era…paura? Possibile?
«Non lo so, io…Kyara, guarda che roba!» ansimò Tasslehoff, indicandole il rospo ai loro piedi. L’animale, forse spaventato dai loro movimenti improvvisi, aveva spiccato il balzo. Ora era fermo a mezz’aria, immobile…e grigio come una pietra. I kender persero il fiato. Corsero alla bottega e aprirono la porta, scoprendo che il negoziante era immobile su una scaletta, colto nell’atto di cercare qualcosa tra gli scaffali. Uscirono di corsa e imboccarono un vicolo in cui tre donne e un uomo erano ritti e immobili come statue di granito. Sembrava che l’intero villaggio si fosse impietrito.
«Che…che cos’è? Cosa significa?»
«Forse è un incantesimo.» mormorò Tas.
«E perché a noi non è successo niente?» insistette Kyaralhana. Tas aprì la bocca pur senza avere una risposta, poi ebbe un’illuminazione. Si frugò in tasca e ne trasse l’oggettino magico che Katlin gli aveva affidato.
«Forse questo ci ha protetti.- mormorò- Ma…gli altri? Saranno caduti vittima dell’incantesimo?»
«Pensi che si tratti di quei maghi grigi, vero? Tas, dobbiamo andare a salvarli!» esclamò Kyara. Tas si stupì nel vederla così battagliera, ma subito annuì. Se erano tutti diventati statue, i maghi cattivi non avrebbero fatto troppa fatica a portarli via o distruggerli. In qualche modo, toccava sempre alle creature più piccole risolvere la situazione.
«Coraggio, andiamo!» disse, facendole cenno di seguirlo. In quel momento udirono boati e grida e una luce seguita da una lingua di fuoco si elevò al di sopra dei tetti delle case. «Bene, questo ci dice che i nostri amici non sono di pietra. Almeno Raistlin, o Katlin o Dalamar non lo sono…Comunque avranno bisogno di una mano da parte nostra.» aggiunse Tas, senza rallentare la sua corsa. Percorsero le vie a tutta velocità, dirigendosi verso la locanda. Oltrepassato un angolo, Tasslehoff frenò bruscamente, facendo quasi finire Kyara gambe all’aria.
«Indietro!» sibilò, spingendola di nuovo dietro l’edificio. La fine della via era occupata da almeno una decina di draconici, assiepati dietro ad un uomo vestito di grigio che faceva strani gesti nell’aria.
«Di qui non possiamo passare!» mormorò Kyaralhana, osservando la situazione da dietro l’angolo.
«No, direi di no.- borbottò Tas, poi guardò in alto- Vieni, vediamo se riusciamo a dare un’occhiata alla locanda dall’alto.» Si arrampicarono su per la grondaia della casa, raggiungendo il tetto con movimenti agili. Corsero sulla sommità di esso, quatti e circospetti, poi si sdraiarono sulle tegole per non dare nell’occhio. La situazione che si presentò ai loro occhi non era delle migliori. Le vie che portavano alla piccola piazza in cui la locanda era situata erano tutte presidiate da draconici e maghi. Gruppetti da dieci o quindici draconici con un mago grigio in testa, ognuno di essi intento a scagliare incantesimi contro l’edificio. Essi, in ogni caso, sembravano frangersi contro qualcosa di invisibile, spedendo fiammate o lampi di luce senza poter danneggiare la locanda.
«Ci dev’essere una barriera.- commento Tasslehoff, sporgendosi- Guarda, gli incantesimi tornano tutti indie…wow!» Si appiattì sulle tegole quando una lingua di fuoco blu sfrecciò a pochi centimetri dalla sua testa.
«Ci sono troppi nemici! Come faranno ad uscire da lì?» chiese Kyaralhana.
«Questo è un bel problema.- borbottò Tas, scrutando i dintorni- Sai, la situazione ricorda un po’ una cosa successa a Tharsis, tanto tempo fa…ma questo non è il momento perché ti racconti questa storia, anche se è molto interessante.» Le indicò uno dei vicoli. «Guarda, là c’è un mago morto. Vedi come i draconici sono nervosi? Probabilmente Raistlin o Katlin l’hanno fatto fuori prima di alzare la barriera.»
«Prima di alzare la barriera?» chiese Kyaralhana, perplessa. Tas annuì.
«So che se un mago alza una barriera e poi attacca, la barriera si infrange. Probabilmente sperano che i maghi grigi si stanchino, o magari è successo qualcos’altro.- borbottò- In ogni caso, se vogliono scappare senza ridurli tutti in polvere o che so io, quella sarebbe la direzione adatta verso cui fuggire. Caramon da solo potrebbe avere ragione di quei draconici e di gente abile ne abbiamo tanta.»
«Ma loro se ne saranno accorti?» chiese Kyara.
«Non credo. Dovremo andare a dirgli noi com’è la situazione.» disse Tas, deciso.
«Ma come faremo? Ci sono i maghi, e la barriera…» mormorò Kyaralhana, pur seguendolo mentre strisciava giù dal tetto lungo la facciata della casa.
«Abbiamo il gioiello che ci ha dato Katlin.- le ricordò Tas, in un sussurro- Ha funzionato contro l’incantesimo che ha pietrificato il villaggio, quindi credo che ci proteggerà e ci farà entrare nella barriera…almeno credo.»
«Allora corriamo!» disse Kyara, con un sorriso teso ma eccitato, afferrandogli una mano. I due kender si misero a correre nella piazzetta a rotta di collo, mentre attorno a loro si levavano esclamazioni sorprese.
«Vai, che ce la facciamo!» gridò Tasslehoff, spingendo Kyara dentro la barriera. Lei la oltrepassò con un gridolino e Tasslehoff avvertì un fastidioso formicolio alla schiena. Qualcosa doveva aver cercato di colpirlo. Poi, anche lui oltrepassò la barriera e senza voltarsi indietro i due continuarono a correre fino alla locanda. Quando giunsero alla porta, una mano possente si allungò oltre la soglia e li afferrò, trascinandoli dentro. I compagni erano sparpagliati per la sala comune, mentre ai tavoli sedevano gli avventori trasformati in pietra.
«Tas! Kyara!- esclamò Caramon, stupito- Come avete fatto ad entrare? E come potete essere ancora vivi?! Quel mago vi ha tirato una saetta che…»
«Non c’è tempo per le chiacchiere, Caramon.- disse la voce di Raistlin, fioca e seccata, poco distante- Dobbiamo uscire di qui prima che arrivino i rinforzi.» Iniziò a tossire forte e i due kender udirono Crysania mormorare al mago parole preoccupate. Katlin li raggiunse, piuttosto pallida e trafelata.
«Credo stiano per arrivare dei rinforzi. Un drago, per essere più precisi.- disse- Dobbiamo sbrigarci ad uscire.» Guardò i due kender e un pallido sorriso le illuminò il volto. «Sapevo che stavate bene. Avete ancora il mio gioiello, vero?»
«Esatto, è con quello che siamo passati.- disse Tasslehoff- Kat, abbiamo dato un’occhiata ai dintorni e sappiamo qual è la direzione meno sorvegliata.»
«Il vicolo alla nostra destra. Lo Shalafi ha ucciso il mago prima di attivare la barriera.» disse una voce gelida dietro di loro. I kender si voltarono per vedere Dalamar che li osservava con indifferenza.
«Oh…lo sapevate?» mormorò Kyaralhana, delusa.
«Il fatto è che lo sanno anche loro e ciò non è bene. Per fortuna abbiamo già un piano di riserva.» disse Caramon, cupo.
«Vale a dire?» chiese Tasslehoff.
«Basta chiacchiere! O agiamo adesso, o dovremo vedercela anche con il drago.» sibilò Raistlin, caustico. Katlin e Dalamar si allontanarono per confabulare con l’arcimago, e Caramon rimase con i kender.
«Pare che Kat creerà un’illusione, moltiplicando le nostre immagini. Non ci ho capito molto, ma così dovremmo confonderli.- borbottò- Sfonderemo evitando la direzione più facile, così ci metteranno un po’ a rendersi conto di cosa è reale e cosa no. Dalamar si occuperà dell’attacco al mago e io penserò ai draconici. Raist…oggi sta davvero male. Ha già usato la magia e non è in grado di fare altro senza svenire. Non possiamo star qui in eterno come topi, la barriera la sta mantenendo lui.»
«Usciremo dalla porta della cucina.- disse intanto Dalamar, facendo loro cenno di raggiungerli- Sbrigatevi!»
«Quanto mi ricorda il passato tutto ciò! Non è vero, Caramon?» disse Tasslehoff, eccitato, mentre seguivano l’elfo oscuro e Raistlin, che era sorretto da Crysania e dalla sorella. Giunti in cucina, Katlin lasciò Raistlin e strappò un capello ad ognuno di loro, poi chiuse gli occhi, tenendoli in mano e iniziando a salmodiare un incantesimo. Fu uno sforzo prolungato che le tolse ogni colore dal viso, poi da fuori vennero esclamazioni di sorpresa. Repliche dei compagni stavano uscendo da ogni porta e finestra della locanda, tentando la fuga.
«Ora!» disse la maga, spalancando la porta per far uscire gli altri. In quello stesso istante, la barriera di Raistlin cadde e una orrenda sensazione li pervase.
«Il drago!» strillò Kyara, che era già fuori insieme a Raistlin e Crysania. Sopra le loro teste si librava un drago blu che stridette di sfida nel vedere il brulicare di esseri in corsa sotto di lui. Una saetta sgorgata dalle sue fauci devastò alcune delle illusioni di Katlin, mentre i maghi e i draconici cercavano ancora di raccapezzarsi.
«Presto! Fuori di qui!» gridò Caramon, sguainando la spada e facendo cenno a tutti di seguirlo. Katlin spinse fuori Tas e si mise a correre a sua volta, quando dietro di lei avvenne un’esplosione che l’assordò. Una sensazione di calore le investì la schiena, spostandola di qualche passo avanti.
“Il drago ha colpito la locanda.” ebbe il tempo di pensare, prima che una tegola la centrasse sulla testa. Cadde sulle ginocchia, intontita, con il sangue tiepido che le scivolava lungo la guancia e il collo.
«Katlin!» gridò qualcuno. Si voltò come al rallentatore quando sentì uno schianto alle sue spalle. Vide confusamente crollarle addosso il piano di sopra dell’edificio, poi un corpo si gettò su di lei, oscurando la sua vista. Ebbe il tempo di udire una voce esclamare una parola di comando, il drago stridere ancora…poi tutto si fece buio e Katlin perse conoscenza.

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Capitolo 20
*** 19 - Fin dentro al cuore ***


Author's note: Per coloro ai quali può interessare: su YouTube potete trovare le compilation di canzoni che hanno dato origine prima allo Scettro dei Tre e poi alla Vendetta di Takhisis :) Cercate le playlist di VaniaMajor oppure direttamente il titolo della fanfiction! Buon ascolto!!

CAPITOLO 19

FIN DENTRO AL CUORE

«Aspettate!» sibilò Caramon, facendo cenno agli altri di fermarsi. Kyaralhana, da dietro un albero poco distante, gli aveva fatto cenno di attendere.
«Caramon…Raistlin sta…» balbettò Crysania, sfinita. Caramon si voltò  verso i due. La chierica sorreggeva l’arcimago con un braccio, ma ormai era sfinita. L’illusione che l’ammantava era svanita e i capelli neri le cadevano con disordine attorno al volto pallido. Raistlin era conciato da sbatter via. Le labbra e il mento erano macchiati di sangue e il suo petto continuava ad essere scosso da singulti, pur troppo debole ormai per poter tossire nel vero senso della parola. I suoi occhi maledetti restavano aperti più per bruciante sfida verso quella situazione dannata che per altro, perché Caramon era conscio che il gemello non perdeva conoscenza solo a causa della sua terribile forza di volontà.
«Cosa guardi, fratello mio? Valuti la mia cera?» chiese l’arcimago, con voce pesantemente sarcastica.
Il guerriero strinse le labbra, facendo a Crysania cenno di resistere ancora un po’, poi tornò a guardare la strada che dovevano attraversare per darsi alla macchia all’interno dei boschi attorno al villaggio. Quattro draconici stavano venendo nella loro direzione, controllando i dintorni, e Caramon strinse più forte la spada. Fuggire si stava rivelando molto più complicato di quanto il guerriero si era aspettato.
Visto che si erano trovati intrappolati fra il drago e gli scagnozzi di Takhisis, Raistlin non aveva potuto fare a meno di usare la magia. Nonostante le sue condizioni già precarie, aveva ucciso il drago con un solo, potentissimo incantesimo. Il rettile blu era crollato nella piazza cittadina, sopra i resti della locanda, tagliando la strada ai maghi e ai draconici che stavano al di là.  Raistlin si era messo immediatamente a vomitare sangue e Caramon era stato costretto ad afferrarlo prima che si accasciasse al suolo. Approfittando dell’impedimento che occludeva la piazza, si erano fatti largo tra i pochi nemici che avevano di fronte, grazie anche ai poteri clericali di Crysania che avevano accecato il mago grigio, e i kender si erano battuti come leoni, aiutando Caramon ad aprirsi la strada. In un modo o nell’altro, erano riusciti ad uscire dal villaggio e ora stavano cercando di far perdere le loro tracce nei boschi, ma ogni sentiero era pattugliato.
«Dei, che brutta situazione!» disse tra i denti. A peggiorare le cose, ci si metteva anche il fatto che Kat e Dalamar erano scomparsi. Katlin era stata colpita dai detriti della locanda crollata e l’elfo oscuro si era gettato su di lei prima che una parete intera le cadesse addosso e un nuovo attacco del drago la centrasse in pieno. Dalamar aveva pronunciato una qualche parola e i due erano scomparsi. Dove fossero finiti non lo sapeva nessuno e Caramon non era tranquillo. Si preparò ad avventarsi sui draconici, che erano ormai quasi alla sua altezza, ma la mano scarna del gemello gli si serrò sul braccio con forza sorprendente.
«Niente tracce.» sillabò Raistlin, senza usare la voce, per poi lasciarlo e premersi quella stessa mano sulla bocca per soffocare la tosse. Caramon ristette, poi annuì. Era meglio non cercare lo scontro, se si poteva evitarlo. Lasciarsi dietro una scia di cadaveri pietrificati di draconico era il modo migliore per condurre i maghi grigi fino a loro. Sapendo che i kender non si sarebbero gettati all’attacco senza il suo benestare, Caramon si nascose meglio e attese. I draconici passarono, borbottando qualcosa di incomprensibile nella loro lingua piena di sibili, poi si allontanarono senza scorgerli. Quando Caramon sbirciò di nuovo la strada, vide Tasslehoff fargli cenno di procedere.
«Lo aiuto io, Crysania.» mormorò, prendendo tra le braccia il gemello sfinito e liberando Crysania dal suo peso. Lei barcollò, stanchissima, poi gli tenne dietro quando attraversò il sentiero e si inoltrò nel folto della boscaglia. Tas e Kyara procedevano di fronte a loro a una certa distanza, in avanscoperta. Camminarono per quelle che alla chierica parvero ore, poi finalmente Caramon diede l’alt quando raggiunsero una rupe rocciosa ricoperta di rampicanti.
«Mi pare che ci siamo allontanati abbastanza.- disse- Riposiamo.»
Crysania si sedette per terra, priva di forze, e persino i kender si fermarono con un sospiro di sollievo. Caramon adagiò Raistlin a terra con ogni delicatezza. L’arcimago aveva perso conoscenza e ora dormiva un sonno irrequieto.
«Pensi che non ci ritroveranno?» chiese Crysania, avvicinandosi al mago e carezzandogli il volto tirato.
«Per il momento, non credo. Non abbiamo lasciato molte tracce del nostro passaggio.- borbottò il guerriero- Qui dovremmo restare tranquilli per un po’ di tempo.»
«Caramon…ma Katlin? E Dalamar?- chiese Tasslehoff, perplesso- Dove credi siano andati a finire? Voglio dire…ho capito che l’elfo ha usato un incantesimo, ma…»
«Ne so quanto te, Tas. Spero solo che siano al sicuro.» disse Caramon, sfogando la sua frustrazione dando un calcio a un ramo caduto.
«Probabilmente lei e Dalamar si sono teletrasportati altrove.- mormorò Crysania- Pensi che Raistlin possa scoprire dove?»
«Di nuovo, non lo so. E in ogni caso…- Caramon sospirò- finché Raistlin rimane in queste condizioni sarà difficile scoprire cosa possiamo o non possiamo fare.» Un lampo di luce squarciò l’ombra della foresta, subito seguito da un tuono lacerante. Caramon fece una smorfia. «E come se non bastasse, sta per piovere.»

***

Un rombo svegliò Katlin di soprassalto. Fece per alzarsi subito a sedere, mentre immagini di fuoco e ali blu e maghi grigi le riempivano la mente. Una fitta al capo e un forte senso di nausea la costrinsero a ricadere sul terreno, con una smorfia. Cercò di calmarsi e riaprì gli occhi per vedere dove si trovava. Era sdraiata nella penombra e sopra la sua testa c’era un soffitto di roccia. Un vento leggero e umido le accarezzava il viso e udiva lo scrosciare della pioggia, a poca distanza. Doveva trovarsi in una grotta.
Si alzò a fatica sui gomiti, cercando di resistere alla nausea, e vide una figura scura stagliarsi contro l’entrata della piccola cavità rocciosa, intenta a scrutare fuori. Quel poco che poteva vedere oltre alla pioggia battente erano alberi e cespugli fitti.
«Dalamar…» mormorò, con voce rauca e fioca. Lui non la udì sopra il rumore della pioggia e dovette chiamarlo un’altra volta. L’elfo, finalmente, si voltò. Il suo volto era tirato e stanco.
«Katlin! Ti sei svegliata, finalmente.» disse, lasciando l’ingresso della grotta per raggiungerla. Si sedette accanto a lei e la costrinse a ridistendersi.
«Dalamar, dove siamo? Cos’è successo?- mormorò la maga, tentando di mettere ordine nella sua mente confusa- Dove sono gli altri?»
«Per rispondere alle tue domande, siamo in una grotta non distante dalla via che abbiamo percorso per arrivare all’ultimo villaggio. Dovremmo essere a circa cinque miglia di distanza da esso, se non erro. Avevo scoperto questo buco cercando ingredienti ed è il primo posto che mi è passato per la mente al momento di teletrasportarci.» Dalamar sospirò, corrugando la fronte. «Anzi, mi sorprendo di non aver compiuto errori avendo agito con tale fretta.»
«Ci hai…teletrasportati?» mormorò Katlin, fissandolo. Dalamar annuì, sfiorandole una tempia. Questo le fece lanciare una piccola esclamazione di dolore.
«Non ricordi cosa è successo?» le chiese l’elfo oscuro. Katlin si incupì.
«Siamo stati attaccati e stavamo per provare a sfondare. Poi è arrivato il drago…- borbottò- Già, ora ricordo. Mi stava cadendo addosso mezza locanda e prima ancora qualcosa mi aveva colpito alla testa.»
«Stavi già perdendo conoscenza quando ti ho afferrata.- spiegò Dalamar- Portarci altrove è stata l’unica cosa che ho avuto il tempo di fare. Dovremo camminare un po’ per tornare dove eravamo.»
Katlin spalancò gli occhi, allarmata.
«E gli altri? Gli altri cosa…» ansimò, cercando di alzarsi. Dalamar le mise una mano sulla spalla e la fece distendere a forza.
«Non lo so. Presumo se la siano cavata, visto che lo Shalafi era con loro.»
«Raistlin stava male, non poteva usare la magia.» ribatté Katlin.
«Egli ha molte risorse.» tagliò corto l’elfo, con un tono di voce in cui si mescolavano fiducia e invidia. Katlin fece una smorfia e lo guardò con dispetto.
«Beh, io non resto qui senza sapere niente.- disse, seccata- Provo ad andare in trance. Se riesco ad allacciarmi alla sua mente…»
«Tu non vai da nessuna parte, non adesso. Sei ferita alla testa. E’ un suicidio.»
«Ma…»
«Niente ma, stai zitta e riposa.- le ordinò lui, alzandosi in piedi- Per gli Dei della Magia, mai una volta che tu sappia essere remissiva!»
«Remissiva?! E questo che c’entra ora? Io…» sbottò Katlin alzandosi a sedere. Il movimento fu troppo brusco e si accasciò con un capogiro. Dalamar fu lesto a prenderla e lei poggiò la fronte sul suo petto. Katlin avvertì il battito fermo e costante del cuore di lui, mentre lo sentiva sospirare con impazienza.
«Vedi? Non riesci nemmeno a stare seduta!- disse l’elfo, aspro- Metti da parte la tua testardaggine e riposa. Per ora non possiamo comunque muoverci. Nel frattempo, io darò un’occhiata ai dintorni, nel caso in cui…»
«Non andare.» mormorò Katlin, stringendo nei pugni la stoffa della camicia di lui. Dalamar abbassò lo sguardo sulla testa che gli poggiava sul petto, certo di aver sentito male. «Non andare…resta qui.» ripeté lei, fugando ogni dubbio.
«Katlin…devo controllare che non ci siano in giro nemici e…» protestò debolmente lui, ma le parole successive della donna lo zittirono del tutto.
«Quel giorno, alla Torre di Wayreth,- continuò lei, senza alzare lo sguardo- non ti ho respinto perché minavi i miei piani. Ho reagito così perché ho avuto paura. Non avevo mai provato niente del genere, prima.» Katlin si morse un labbro, conscia che doveva continuare ma allo stesso tempo restia a mandare del tutto a quel paese il proprio orgoglio. «Tu forse sei abituato alle sensazioni che dà il contatto con una donna e immagino io ti ricordi Kitiara.- disse, amara- Per me, invece, il contatto con un uomo è cosa nuova. Mi spaventa. Mi spaventano le sensazioni che mi dai…i sentimenti che provo per te.»
«Katlin…» mormorò Dalamar. Lei alzò la testa e lo guardò. Nei suoi occhi chiari brillava una sfida quasi disperata.
«Credo di amarti, Dalamar. Presumo sia un problema per te,  visto il tuo carattere insopportabile, ma questo è quanto.- disse, quasi dura- Penso sia il caso di parlarne e trovare una…»
Fu zittita dalla bocca dell’elfo oscuro, che scese a prendere possesso della sua con un bacio che le mozzò il fiato. Ricadde sulla schiena e Dalamar fu su di lei, baciandola fino a darle la sensazione di stare per svenire. Quando finalmente la lasciò respirare, la fissò con i suoi obliqui occhi verdi, in cui brillava un fuoco che le mise addosso i brividi e al contempo la galvanizzò.
«Finalmente ti sei decisa!- disse lui, con voce roca- Bene, mettiamo le carte in tavola, mia cara. Primo, io non vedo Kitiara in te. Vi somigliate, non lo nego, ma non sono così squallido da cercare di portarmi a letto una donna solo perché somiglia a una mia vecchia amante.»
«Io volevo dire…» balbettò lei, ma Dalamar le posò una mano sulla bocca con una certa decisione.
«Secondo, ti ho odiato per come mi hai fatto sentire. Sei una strega e somigli a tuo fratello più di quanto si possa sopportare.» Gli occhi di Katlin mandarono lampi d’ira e Dalamar sogghignò. «Terzo, anch’io credo di amarti, Lady Katlin…da quando mi sei comparsa davanti alla Torre di Palanthas. Come sia possibile, non lo so.» Stavolta gli occhi di Katlin si sgranarono, due gemme chiare come il cielo all’alba. Dalamar le lasciò libera la bocca e la osservò, bella e stupefatta sotto di lui. Si chinò a baciarle la fronte, il naso, le guance.
«Non avere paura…non aver paura di me, Katlin.» sussurrò, congiungendo di nuovo le loro bocche.
Katlin gli circondò il collo con le braccia, ricambiando il bacio. Presto il tempo non ebbe più alcun senso per loro. Il temporale scemò e cessò senza che nessuno dei due se ne accorgesse.
Più tardi, entrambi giacquero sotto il mantello dell’elfo, abbracciati. Le dita di Dalamar giocavano con i capelli di Katlin, che riposava sul suo petto, gli occhi aperti a fissare la parete di pietra. L’elfo non poteva vedere la sua espressione, in quel momento, ma il corpo di lei era rilassato e non sembrava essersi pentita di quanto fatto. Sogghignò. In quel momento si sentiva un vincitore. Strinse Katlin, attirandola ancora più vicina, e lei sollevò il viso verso di lui. C’era gioia, in quegli occhi, ma anche una certa tristezza.
«Quanto durerà tutto questo?» mormorò infatti lei, dissipando all’istante il suo trionfo.
«Che vuoi dire?» chiese, duro. Lei sospirò e si girò sul ventre, in maniera da guardarlo bene in faccia.
«Vi sono alcuni ostacoli tra noi, Dalamar. Non fingiamo che non sia così.- disse, seria e limpida- Primo fra tutti, lo scorrere del tempo.»
Dalamar strinse le labbra e non volle rispondere. Sapeva anche lui che una storia d’amore fra loro era rischiosa su più di un fronte, ma il desiderio di lei era più forte di quei pensieri razionali.
«Mi sembra presto per pensarci.- disse infine- Per un po’ potremmo goderci quanto abbiamo senza torturarci l’esistenza, no?»
«Posso essere d’accordo su questo…ma prima o dopo dovremo pensarci. Dalamar…se diventi mio, non ti lascerò andare tanto facilmente.» disse Katlin. Negli occhi le passò un lampo d’acciaio che per un attimo gli fece venire i brividi, mentre le dita di lei indugiavano sulle ferite che gli segnavano il petto, in qualche modo lenendo il dolore e allo stesso tempo promettendone altro. Poi, Dalamar sorrise. Quel lato di Katlin, quella possessività, lo stuzzicavano e gli facevano venire voglia di sfidarla.
“Alla fine, ho paura che sarò io quello che non si rassegnerà a vederla invecchiare e a perderla.- pensò, piuttosto stupito di se stesso- Dovremo trovare una soluzione.”
«Vedremo cosa saprai fare per tenermi legato a te, dolce strega.» le disse, afferrandola alla nuca e tirando a sé il suo volto. La baciò, soffocando fra le sue labbra una risposta di certo pungente.
Più tardi, Katlin si sentì in grado di alzarsi e Dalamar diede un’occhiata ai dintorni per controllare che non vi fossero in giro scagnozzi di Takhisis. La zona era tranquilla, forse grazie alla sua lontananza dalla strada, e quella sera poterono permettersi di accendere un fuoco.
«Hai trovato qualcosa da mangiare?» chiese Katlin, quando lui ritornò nella grotta dopo un’ultima sortita all’esterno.
«Bacche. E ho ancora un po’ d’acqua nella fiasca.- disse lui- Domani raggiungeremo gli altri e per strada potremo trovare qualcosa di più sostanzioso.»
«Lunitari lo voglia. L’ultimo pasto decente che ho fatto è stata la cena, ieri sera.- borbottò Katlin, allungando le mani perché lui vi versasse le bacche- E anche quella mi è rimasta sullo stomaco.» Gli lanciò un’occhiata accusatrice che Dalamar ignorò con naturalezza, sedendosi accanto a lei. Katlin continuò a pugnalarlo con gli occhi per qualche secondo, poi sospirò e si mise a mangiare. Dalamar la guardò di sottecchi. Quella sera gli sembrava bellissima, pur se stanca. Un dolce rossore le colorava la pelle, ormai quasi del suo pallore naturale. I capelli stavano tornando del loro colore e le ciocche bianche parevano azzurrate, quasi del colore dei suoi occhi. Trattenne un sorriso, ma lei lo colse sul fatto.
«Che c’è?» chiese, sospettosa.
«I tuoi capelli stanno diventando azzurri.» le disse lui, indicandole la testa. Lei sbuffò e si appiattì i capelli a lato della faccia, arrossendo. Per quanto poco, era vanitosa anche lei.
«Beh, ormai non ha senso rifare il mascheramento.- borbottò- Ci hanno trovati, il che significa che hanno le descrizioni dei nostri ‘personaggi’. Ho finito di fare la mercenaria…come tu hai finito di fare il nobile elfo.» Gli lanciò un’occhiata sardonica.
«Una liberazione, in effetti. Non sarò più costretto a farmi violenza dando ordini allo Shalafi. E’ stata una prova molto ardua, non te lo nascondo.» disse Dalamar, finendo di mangiare. Lei lo fissò, interdetta, poi ridacchiò. Lui la lasciò ridere, godendo di quel suono, poi la interruppe bruscamente.
«Di che avete parlato tu e lo Shalafi, stamane?»
La risata di Katlin si spense e il suo viso divenne subito cupo, come se una gran mole di pensieri di cui pensava di essersi disfata le fosse stata improvvisamente rimessa sulle spalle.
«Niente di importante.»
«Storie.- la censurò subito lui- E’ la prima volta che lo Shalafi ti convoca da quando siamo partiti e non lo fa mai a vuoto.»
Katlin storse la bocca in una smorfia. Sapeva che lui non ci avrebbe creduto.
«Mi spiace, non posso ancora parlartene.» disse. Lui la fissò con occhi d’improvviso duri come il diamante.
«Non puoi o non vuoi?» chiese, gelido.
«Non posso e non voglio. Non è il momento.» disse lei, dura. Dalamar strinse le labbra in una linea sottile, mentre le loro volontà si fronteggiavano.
«L’apprendista dello Shalafi è così misero da non essere degno di sapere cosa succede?- sibilò- Non sono un idiota, Katlin, anche se forse mi reputi tale.»
«Non dire stupidaggini! Io sono la sua apprendista tanto quanto te, ma ho anche un altro ruolo ai suoi occhi…e tu sai quale.- fu la risposta aspra di lei- Né io né tu siamo tipo da mischiare i sentimenti con il lavoro e non dire che non è vero. Anche tu manterresti dei segreti, se ti facesse comodo.»
Dalamar non poté ribattere, ma non per questo si arrese.
«Se mi nascondete particolari riguardanti la nostra missione, come potete pretendere che io…»
«No! No, aspetta un attimo…non si tratta di questa missione.- lo frenò Katlin, alzando una mano- Non ho scoperto niente di nuovo sul nostro obiettivo, non si tratta di questo. E’ che…ho avuto visione di qualcos’altro. Qualcosa che forse si verificherà, forse no.» Katlin ebbe un brivido, ricordando le parole scambiate con il suo gemello. «Abbiamo formulato qualche ipotesi confusa, Dalamar, niente di più. Per ora è meglio che queste conoscenze rimangano fra me e Raistlin. Se però le sue deduzioni dovessero rivelarsi esatte…» Sospirò, e sul suo viso apparve un’espressione così allarmante che Dalamar sentì scemare l’irritazione, che si trasformò in un brivido di timore.
«Katlin…»
«In quel caso, sarai il primo a esserne informato. Ci sarà del lavoro rischioso da svolgere…tanto per cambiare.» concluse Katlin, tirandosi via i capelli dal volto con una mano. Scosse la testa. «Per ora, non posso dire di più.»
Dalamar, dopo un attimo, annuì e le passò un braccio attorno alle spalle. Le baciò la testa per farle capire che il momento di tensione era finito.
«Va bene, per il momento mi accontenterò.» disse. La vide sorridere e seppe che lei aveva indovinato i suoi pensieri: non le avrebbe chiesto più nulla, ma avrebbe indagato più sottilmente con i propri mezzi. Sorrise a sua volta, poi le sollevò il mento e la baciò. Quando le chiese qualcosa di più, lei lo fermò.
«Prima c’è un’altra cosa che devo fare.» gli disse, con un lampo divertito negli occhi.

***

Crysania tolse il recipiente dal fuoco e vi versò le erbe. L’odore forte e amaro le assalì le narici, facendole contrarre il volto in una smorfia involontaria, poi la chierica si alzò e si avvicinò a Raistlin, che riposava con la schiena appoggiata a un albero. L’arcimago sembrava dormire e Crysania ristette, incerta se svegliarlo o meno. Aveva bisogno della sua medicina, ma anche di dormire. Prendendo tempo nella speranza che lui aprisse gli occhi da solo, Crysania guardò Caramon, che sedeva poco distante con la spada appoggiata sulle ginocchia, dando loro la schiena. Dalla parte opposta sedeva Tasslehoff, che canticchiava qualcosa facendo saltare dei sassolini. Kyaralhana dormiva, rannicchiata a palla sull’erba ancora umida.
Se fossero rimasti vicini alla strada, non si sarebbero fidati ad accendere un fuoco. Dopo il temporale, però, Caramon si era di nuovo issato Raistlin in spalla e il gruppo si era inoltrato nel bosco, iniziando a risalire i colli che attorniavano il villaggio. Il guerriero era combattuto, perché allontanarsi significava diventare introvabili per Katlin e Dalamar, che non avevano ancora dato traccia di sé, ma allo stesso tempo non potevano permettersi di rimanere dove i nemici potessero trovarli. Una volta arrivati laggiù, Raistlin si era svegliato, subito colto dalla tosse. Aveva circondato un’area non molto vasta di simboli tracciati nella terra, aiutato da Caramon, e questo a suo dire li aveva ammantati di invisibilità finché non avessero oltrepassato i suoi segni. Avevano quindi potuto accendere un fuoco, ma Raistlin sembrava si fosse del tutto prosciugato con quell'ultimo incantesimo.
Crysania sospirò, poi guardò l’arcimago. Non fu del tutto sorpresa di vedere le sue iridi dorate puntate su di lei.
«Bevi, Raistlin, la tua medicina.- mormorò, avvicinandosi ancora- Vuoi che ti aiuti?»
Raistlin le prese la tazza e iniziò a bere, scacciando le sue mani con un gesto secco. Il recipiente tremava fra le sue dita fragili, ma al momento Raistlin non era incline a sopportare atti pietosi. Crysania si accontentò di sedergli accanto, guardando il buio che ammantava il bosco.
«Mi chiedo dove siano finiti Katlin e Dalamar…» mormorò. Raistlin non disse nulla. Non sembrava preoccupato. Crysania si zittì e per un po’ non vi fu suono. Dopo qualche minuto Raistlin posò la tazza sull’erba e Crysania si sentì sfiorare la mano.
«Grazie. Va già meglio.» mormorò Raistlin, con voce appena percettibile, senza nemmeno guardarla. Crysania, però, sorrise.
«E’ un tale strapazzo, per te, questo viaggio…» disse, scuotendo il capo.
«Quanto lo è per te, presumo.- tagliò corto lui, di nuovo di cattivo umore- Perché non ti sdrai? Non ho voglia di parlare.»
Raistlin si accorse di averla ferita, ma subito gli occhi grigi di Crysania divennero freddi e lei annuì, lasciando il suo fianco e cercando un posto in cui sdraiarsi per riposare. Raistlin chiuse gli occhi, irritato. Stava male ed era stanco. Lei tendeva a diventare pietosa come Caramon in certe situazioni e non sopportava quell'atteggiamento. Raistlin trattenne un singulto, conscio che se avesse ricominciato a tossire non ne sarebbe uscito più. Era rimasto lievemente sorpreso di quell'attacco in forze…soprattutto dell’arrivo del drago…ma riteneva che se la sarebbero potuti cavare meglio se lui non fosse stato così male. Fece una smorfia. Anche il fatto che gli altri due maghi fossero andati dispersi non aveva aiutato di molto la loro fuga.
“Usare un teletrasporto…Dalamar non capisce più niente quando si tratta di Katlin!” pensò, con irritazione. Ora avrebbe dovuto contattarli, una volta recuperate le forze, e sarebbero stati costretti ad attenderli, perché chissà fin dove si era spinto quello stolto del suo apprendista…
Un lieve tocco mentale disturbò i suoi pensieri. Raistlin corrugò la fronte, pronto a scacciare la presenza estranea, poi la riconobbe. Ascoltò le parole nella sua mente, fornì le poche risposte richieste, poi la presenza svanì. Raistlin si rilassò. Katlin l’aveva raggiunto con il suo potere e lo aveva informato che si trovavano a poca distanza. Senza incidenti, li avrebbero raggiunti poco dopo il mezzogiorno seguente.
Ignaro di quanto aver avuto conferma dello stato di salute della sorella lo avesse tranquillizzato, Raistlin scivolò pian piano in un sonno finalmente pacifico.

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Capitolo 21
*** 20 - Ciò che la missione richiede ***


CAPITOLO 20

CIO’ CHE LA MISSIONE RICHIEDE


«Abbiamo preso un paio di conigli.- annunciò Tasslehoff, avvicinandosi con Kyaralhana dopo essere sbucati dai cespugli- Basteranno?»
«Li faremo bastare, Tas, grazie.» disse Crysania, con un debole sorriso. Caramon prese in consegna i due piccoli corpi inerti e prese a pulirli. Era quasi ora di pranzo, ormai; il sole splendeva sopra le cime degli alberi. Una coppia di cinciallegre passò sopra le loro teste, cinguettando e piroettando l’una attorno all’altra. I kender e la chierica le seguirono con lo sguardo.
«Meno male che c’è qualcuno di contento, in questo bosco.» borbottò Kyaralhana, subito zittita da un pizzicotto di Tasslehoff.
Stavano aspettando il ritorno di Katlin e Dalamar. Raistlin, quella mattina, aveva annunciato loro di avere avuto notizie della gemella e che questo significava doverli attendere forse per tutta la giornata. Quelle erano state le uniche parole pronunciate dall’arcimago, che dopo essersi infilato di nuovo la sua veste nera (essere rientrato in se stesso, nella visione di Tas) si era sdraiato dando loro le spalle e annunciando che ne avrebbe approfittato per recuperare le forze. In parole povere, Raistlin era di pessimo umore e aveva creato un’atmosfera lugubre tutt’attorno.
«Chissà se Kat tornerà per l’ora di pranzo…» borbottò Caramon.
«In quel caso, i conigli non basteranno.- sentenziò Kyaralhana, accovacciandoglisi a fianco- Caramon, ma tu non sai di preciso dove si trovano lei e l’elfo?»
«No.- rispose Caramon, con un’occhiata amara alla schiena del gemello- Qualcuno, qui, ha deciso di essere parco di dettagli.»
Raistlin non rispose né reagì, per cui tutti pensarono che stesse davvero dormendo. Caramon sospirò.
«Sono molto preoccupato.- ammise- Qui sembra non ci sia troppo da temere, ma di sicuro qualche scagnozzo di quei maghi grigi sarà ancora in giro. Se dovessero incontrarne per strada, si troverebbero nei guai.»
«Sono anch’essi maghi potenti, Caramon.- gli ricordò Crysania, con voce pacata- Sono certa che sapranno cavarsela. L’attacco di ieri ci ha creato dei problemi a causa del suo carattere massiccio e non dimentichiamo che Raistlin non era in forze. Presumo che Katlin e Dalamar non avranno alcuna difficoltà a sbarazzarsi o evitare  piccoli gruppi di ricognizione, nel caso dovessero incontrarne.»
«Probabilmente hai ragione, ma sono preoccupato lo stesso.» borbottò Caramon.
«Spero davvero che Kat torni presto.» sospirò Tasslehoff, sedendosi per terra e giocherellando con un rametto.
«Anche tu sei preoccupato, Tas?» gli chiese Crysania, con un sorriso materno.
«Non è questo, anche se di sicuro non sono molto tranquillo.- disse il kender, riflettendo- E’ che…non so se ve ne siete accorti, ma da quando non c’è lei si è creata un’atmosfera proprio brutta, quasi noiosa, come dire…un sacco di musi lunghi e di silenzio! C’è la stessa aria che tirava quando abbiamo fatto quel viaggio nel tempo, non so se mi spiego.»
«Il viaggio nel tempo?! Oh, Tas, adoro quella storia! Me la racconti di nuovo?» cinguettò Kyaralhana. Le facce rigide dei suoi compagni di viaggio le smorzarono l’entusiasmo. «Eh…uh…magari un’altra volta.» balbettò, imbarazzata.
«Katlin è il tipo di persona che media qualunque situazione.- mormorò Crysania, passandosi una mano nei capelli neri- E’ in grado di interagire con tutti, in maniera che nessuno…tenga il muso, per usare l’espressione di Tasslehoff.»
«Già, è raro che Kat scateni qualche diverbio o faccia la protagonista.- borbottò Caramon, impegnato ad accendere il fuoco per cuocere i conigli- Solo quell'elfo maledetto riesce a scombussolarla.»
«Beh, ma è perché sono innamorati.» disse Kyara, tranquilla, per poi stupirsi dell’occhiata malevola del guerriero.
«Impossibile.» sentenziò lui.
«Ma dai, Caramon, si vede lontano un miglio che…» intervenne Tasslehoff, subito zittito da un vero e proprio ringhio che scaturì dalla gola di Caramon.
«Non voglio nemmeno sentirne parlare! Quel tizio non va bene per Kat e ne abbiamo avuto la prova. Raistlin potrebbe fare lo sforzo di tenere le grinfie del suo apprendista lontane da nostra sorella.» sbottò Caramon. Infilzò i conigli su due rami, dando la sensazione di voler trattare il povero Dalamar allo stesso modo. I kender si scambiarono un’occhiata e Tasslehoff scrollò le spalle. L’unico mago che Caramon sopportava era Raistlin e questo solo perché era il suo gemello. Inoltre, probabilmente, ai suoi occhi nessuno sarebbe mai stato degno di avere Katlin.
«Caramon, non dovresti essere così duro.» mormorò Crysania, guardando Raistlin. Caramon le lanciò un’occhiata, con una risposta pungente sulla punta della lingua, poi si rese conto della persona con cui stava parlando e si zittì. Crysania non si era certo affidata a mani migliori…ciononostante quei due si amavano. Nemmeno loro avevano potuto farci niente. Sospirò.
«Ti chiedo scusa, Crysania.- disse, con un sorriso mesto- Il mio modo di parlare è proprio rozzo.»
Tasslehoff si alzò in piedi di scatto, il faccino teso e all’erta.
«Sta arrivando qualcuno.- disse, piano- Quella barriera…»
«No, non funziona più. Ci siamo passati attraverso troppe volte.» disse Caramon, cupo. Sguainò la spada con un movimento lento, alzandosi al contempo in piedi. «Crysania, raggiungi Raistlin.» ordinò alla chierica, mentre i kender si nascondevano per avere la possibilità di attaccare di sorpresa. Caramon, invece, rimase ad attendere gli intrusi con la spada pronta, deciso a non sottrarsi allo scontro. Crysania andò da Raistlin e lo trovò seduto, del tutto sveglio e vigile.
«Raistlin, si avvicina qualcuno…» sussurrò, inginocchiandoglisi accanto. Raistlin le fece segno di fare silenzio, mentre le sue labbra mormoravano parole incomprensibili, forse ripassando un incantesimo. Un suono di passi e fruscii di foglie divennero ora udibili a tutti. Lo scontro sembrava inevitabile.
«Ehilà! Dite a mio fratello di abbassare la barriera, se ne ha creata una!»
La voce di donna arrivò loro chiara e forte, venata da un principio di riso. Caramon abbassò la spada fino a toccare terra con la punta, sorpreso. Si voltò verso suo fratello, che sbuffò seccato e si tirò il cappuccio sopra il viso.
«Kat?» chiese Caramon, incerto, tornando a guardare il bosco. Un viso incorniciato da due ciocche di capelli bianchi sbucò dal folto.
«Ciao, Caramon! State tutti bene?» chiese Katlin, emergendo dalla vegetazione con la sua veste rossa. Dietro di lei veniva Dalamar, nuovamente impaludato nella sua veste nera.
«Kat!» esclamò Tasslehoff, saltando fuori da un cespuglio. Dalla parte opposta venne fuori Kyaralhana, che si precipitò ad abbracciare la maga.
«Kat, ci hai fatti preoccupare!- esclamò, allegra- Sei scomparsa in quel modo…a proposito, che incantesimo!…e poi non sapevamo più dove tu fossi e dovevamo scappare, e…»
Katlin rise di fronte al suo evidente sollievo e Dalamar sbuffò.
«Noto che nessuno si è preoccupato della mia, di scomparsa.» sottolineò, acido, salutando poi Caramon con un cenno del capo. «Mi fa piacere che ve la siate cavata.» disse.
«Noi? Parliamo di voi, piuttosto! Dove diavolo eravate andati a finire?» sbottò Caramon, rinfoderando la spada con un gesto seccato. Katlin, avvertendo la sua confusione, gli si avvicinò e lo baciò su una guancia, sorridendo.
«A circa cinque miglia dal villaggio, sulla strada che già avevamo percorso.- spiegò- Per questo ci abbiamo messo tanto a trovarvi.»
Caramon borbottò qualcosa, poi strinse la sorella in un abbraccio, finalmente più tranquillo. Crysania si avvicinò a loro.
«State bene, quindi? Non avete incontrato ostacoli sul vostro cammino?» chiese.
«Attorno al villaggio c’è ancora un po’ di movimento. L’ultima parte della strada l’abbiamo fatta attraverso vie magiche.- spiegò Katlin, sospirando- Penso, però, che se stiamo lontani dalla strada non dovremmo avere particolari problemi a proseguire. Vero?» Si voltò verso Dalamar e gli sorrise. L’elfo oscuro ricambiò, prima di dirigersi verso il suo Shalafi, che non si era mosso. Katlin tornò a chiacchierare con i kender e non si accorse dello sguardo di Crysania su di lei. La chierica aveva notato una luce particolare negli occhi dei due quando si erano scambiati quel sorriso. Possibile che…
Dalamar si inchinò davanti al suo Shalafi, che lo scrutò con le sue pupille a clessidra da sotto l’orlo del cappuccio.
«Siamo tornati tutti nella nostra pelle, noto.» sussurrò l’arcimago.
«Così è, Shalafi, e ringrazio gli Dei di questo. Mascherarmi mi resta ostico.» disse l’elfo. Si guardò attorno. «Siete riusciti a trovare un buon posto per nascondervi. Mi sorprende quanta strada abbiate percorso in quelle condizioni.»
«Merito di Caramon e della sua resistenza.- disse Raistlin, sarcastico- Non si è fermato finché non ci siamo messi a risalire le colline. Ogni tanto il suo cervello formula dei pensieri coerenti.»
Katlin si avvicinò ai due maghi. Scambiò un’occhiata con Raistlin, come se avesse una domanda sulla punta della lingua, poi scrollò le spalle.
«Il piano prosegue per la sua via, come tu avevi preordinato.- disse soltanto, con un sorriso letale come una lama- Ora quei maledetti saranno in estremo allarme. Hanno rischiato grosso tentando un attacco massiccio. Visti i risultati, credo che si asserraglieranno all’interno del loro covo.»
Raistlin guardò la sorella, annuendo alla sua osservazione. Aveva capito che lei si era trattenuta dal chiedergli delle sue condizioni di salute e suo malgrado aveva apprezzato la premura. Lei comprendeva quanto fosse frustrante essere trattato come un vaso di vetro in ogni momento della propria vita.
«Ci resta soltanto da capire come distruggere quella pietra nera.- continuò Katlin, ignara del suo pensiero- Hai avuto il tempo di pensarci?»
«Tempo a iosa, sorella mia, ma siamo carenti di informazioni.- mormorò Raistlin, corrugando la fronte- Come ti ho detto, mal che vada la porterò via con me e studieremo con calma il modo per distruggerla.»
«In quanto ai maghi grigi, li uccideremo come conigli nelle loro tane.» affermò Dalamar, scambiando uno sguardo con Katlin. Entrambi sorrisero. Gli occhi acuti di Raistlin si socchiusero. Non mancò di notare, prima che la sua visione maledetta rovinasse tutto, il vago rossore sulle guance di Katlin, né l’atteggiamento improvvisamente più fiero di Dalamar.
«A proposito di conigli, come prevedevo questi sono pochi.- argomentò Tasslehoff, indicando i due animali messi a rosolare sul fuoco e ormai quasi dimenticati- Che si fa?»
«Bisognerà catturarne altri, a meno di voler morire di fame.- intervenne Raistlin, sorprendendoli- Perché i kender non si levano dai piedi e non si rendono un po’ utili?»
«Ehi!» protestò Kyara. Dopotutto, anche i primi due conigli erano frutto dei loro sforzi!
«Crysania, Katlin…sarebbe il caso che forniste loro una protezione.- continuò l’arcimago, sordo alle proteste- Non siamo ancora a sufficienza distanti dal pericolo.»
Crysania, dopo un istante, annuì. Katlin, invece, fissò il fratello socchiudendo gli occhi in due fessure. Non era una sciocca e sapeva bene che Raistlin non avrebbe mai mandato Crysania a fare da scorta ai kender in una situazione normale. Le voleva fuori dai piedi…perché? D’un tratto capì. Prima che potesse aprire bocca di fronte ai visi ancora ignari di Caramon e Dalamar, Raistlin la raggiunse con una comunicazione mentale.
“Se non sarà adesso, sarà più tardi. Non potrai essere sempre presente, sorella cara, e l’elfo mi deve delle spiegazioni.”
Katlin strinse le labbra in una linea così sottile da farle scomparire. Dalamar iniziò ad allarmarsi, comprendendo quale situazione lo Shalafi stesse creando, ma in quel momento Katlin voltò loro le spalle.
«Molto bene.- disse, con voce aspra- Tas, Kyara, andiamo a cercare da mangiare. Crysania, accompagnaci per favore. E voi…» Si voltò di nuovo verso i tre, Caramon ancora perplesso avvertendo nell’aria qualcosa che non capiva. «Voi state attenti a quello che fate.» disse solo Katlin, con un sorriso che era una minaccia esplicita. Il gruppetto si inoltrò nel folto, lasciando i tre da soli.
«Perché hai mandato Kat e Crysania, Raist? Potevo andare io con loro…» borbottò Caramon, grattandosi la testa. Raistlin lo ignorò.
«Perché non ti siedi, apprendista?- disse, con voce sottile- Immagino che tu sia…piuttosto stanco.»
Dalamar si sentì pervadere da un vivo allarme. Possibile che lo Shalafi avesse capito subito tutto, dando loro appena un’occhiata?!
«L’incantesimo è stato stancante, non lo nego Shalafi, ma ho avuto l’intera notte per riprendermi. E in quanto alla marcia,- scrollò le spalle, sedendosi- Katlin si è presa l’onere di offrire protezione magica ad entrambi.»
«Come va la sua ferita? Ho visto che ha un brutto taglio sulla tempia.» disse Caramon, accovacciandosi accanto al gemello e scrutando la direzione in cui il gruppo si è allontanato.
«Non è così grave come sembra, Caramon. Non le ha dato nausea né forti emicranie. Dopo un certo smarrimento, si è ripresa benissimo. Il trauma non dev’essere stato profondo.» lo rassicurò Dalamar, i cui occhi però non riuscivano a staccarsi dal volto del suo Shalafi.
«Immagino tu ti sia preso cura di lei.» mormorò l’arcimago. Dalamar annuì, rigidamente, e Raistlin si produsse in un sorrisetto maligno. «Sì, l’ho vista più riposata, più distesa che negli ultimi giorni.- continuò- Più…come dire…forse più donna di quanto fosse mai stata.»
Dalamar impallidì e Caramon guardò il fratello con aria perplessa. Poi, una luce di comprensione si accese negli occhi del guerriero, che si voltò verso l’elfo oscuro con espressione assassina e fece per scattare in piedi.
«Calma, calma fratello mio.» mormorò Raistlin, trattenendolo per un braccio.
«Calma?! Ma lui…tu…- balbettò, furibondo, guardando alternativamente le due Vesti Nere- Tu hai osato toccare mia sorella?!»
«Suvvia, Caramon, sono certo che il mio apprendista avrà avuto le sue buone ragioni.» disse Raistlin. Dalamar lo odiò come mai prima per l’umiliazione a cui lo stava sottoponendo, nonostante avesse saputo fin dal principio che quello sarebbe stato lo scotto da pagare per aver osato scegliere Katlin per sé.
«Il fatto che io la ami non è una buona ragione, Shalafi?» chiese, amaro.
«Amarla? Non farmi ridere! Tu sei una Veste Nera, e le Vesti Nere…» sbottò Caramon.
«Non amano?- finì per lui Dalamar, fissandolo con occhi duri- Questo tuo giudizio, Caramon, non ha mai compreso lo Shalafi. Sei lesto, invece, a ficcare me nella categoria, pur senza avere idea di quello che provo per Katlin.»
Caramon si zittì, avvertendo con fastidio di stare arrossendo. Sapeva di stare parlando sui generis e che questo non era giusto nei confronti di Dalamar, ma il suo istinto di protezione verso la sua famiglia era più forte. Di nuovo, Raistlin gli strinse il braccio con la mano.
«Il mio apprendista ha ragione, Caramon. Non dare giudizi su ciò che non sai.» disse piano, con volto duro. Dalamar trattenne una smorfia, sapendo che lo Shalafi aveva istigato quella reazione per metterlo alla prova.
«Così, ami Katlin…e immagino lei ami te.- proseguì Raistlin, cogliendo senza difficoltà le emozioni del proprio apprendista dietro la maschera del volto- E gli ostacoli che ciò comporta? Ci avete pensato?»
«Ci stiamo pensando, Shalafi…avrei desiderio che voi lasciaste a noi questa incombenza. Sono affari nostri.» disse Dalamar, inasprendo il tono fin dove osava.
«E se io non fossi dello stesso parere? Katlin è preziosa, per i miei piani.» mormorò Raistlin. Dalamar deglutì a fatica. Lo Shalafi sembrava parlare dannatamente sul serio. Un brivido lo scosse dalla testa ai piedi, ma strinse i pugni.
«Allora vi combatterei per ottenere ciò che voglio.» disse, con voce rauca.
«Davvero, Dalamar? Mi combatteresti?- chiese Raistlin, sollevando appena un sopracciglio- Sarebbe la tua morte.»
«Lo so. Eppure, vi combatterei fino all’ultimo respiro.- disse Dalamar, alzandosi lentamente in piedi- Io la desidero.»
Caramon si alzò a sua volta, combattuto tra la tentazione di strangolare l’elfo e quella di arrendersi di fronte all’evidenza del sentimento che Dalamar e Katlin provavano l’uno per l’altro. Non poteva permettere, però, che suo fratello fosse minacciato. Raistlin, invece, rise, una risata sottile e densa di scherno.
«Caramon, non c’è bisogno che ti alteri a questo modo. Il mio apprendista sa di non avere speranza, eppure mi sfida. E’…interessante.- disse- Immagino che anche Katlin mi sfiderebbe alla stessa maniera.» Rise ancora, piano, poi si alzò lentamente puntellandosi con il Bastone di Magius. «D’accordo, apprendista: voglio proprio vedere fino a quando resisterete.»
«Non…non ci metterete i bastoni fra le ruote?» chiese Dalamar, sorpreso per quell'improvvisa resa del suo Shalafi. Raistlin sogghignò.
«Immagino che sarete voi stessi a farlo l’un l’altro.- fu la sua secca replica- Per parte mia, resterò a guardare, finché questo non colliderà con i miei piani. E tu, Caramon?» Si voltò verso il gemello, che appariva combattuto.
«Io…non farò niente. Se Katlin ti ama, c’è poco da fare.- disse infine, serio- Ma stai attento Dalamar. Falla soffrire e te la farò pagare.»
Prima che Dalamar potesse rispondere, tre conigli morti caddero con un tonfo sordo tra loro. Si voltarono e videro Katlin, ansimante e pallida, poco distante. I kender e Crysania stavano arrivando in quel momento. Sembrava che la Veste Rossa li avesse costretti a correre.
«Ritengo che questo sia sufficiente.» disse Katlin con voce dura e aspra, e non si capì se si riferisse al cibo o alla discussione che di certo aveva subodorato. Raistlin si avvicinò a lei e le mise una mano sulla spalla.
«Sì, per ora è sufficiente, sorella mia.» le sussurrò all’orecchio. Katlin guardò Dalamar, incerta, e lo vide annuire. Caramon si chinò per prendere i conigli, mentre Tas gridava: «Ehi, ma qui si sta bruciando tutto!»
Il guerriero corse a salvare i resti dei due conigli già sul fuoco. Katlin si accostò a Dalamar e gli prese una mano, guardandolo con molte domande silenziose negli occhi. Dalamar scosse il capo, stringendole le dita per un istante. Le ultime parole dello Shalafi gli riecheggiavano nelle orecchie come rintocchi di campana, riempiendolo di sgradevoli presentimenti.

***

Ripresero la marcia la mattina dopo, rimanendo al riparo della vegetazione. Ora che il loro travestimento era stato scoperto, potevano solo crearne uno nuovo e tentare di nuovo di viaggiare lungo le strade, o rimanere com’erano e battere sentieri lontani da luoghi civili. Visto che l’attacco alla locanda li aveva privati del carretto, se non dei bagagli indispensabili, e che dovevano comunque muoversi a piedi, i compagni decisero di non tentare ulteriori mascheramenti. Sparire era facile, quando non si facevano incontri, e questo avrebbe aumentato ulteriormente l’allarme dei maghi grigi.
«Non sarà peggio incontrarli tutti là?» chiese Caramon una sera, mentre discutevano del futuro.
«La loro magia non è male, ma niente di speciale se non possono usare sotterfugi o un discreto effetto sorpresa.- fu la risposta di Katlin- Io, Dalamar e Raistlin aumenteremo le nostre energie al massimo prima di giungere al loro covo. Un solo incantesimo dei nostri ne farà strage. Non ti preoccupare.»
«E’ quella pietra il vero enigma. Che ne faremo? Purtroppo, i poteri del mio Dio non hanno effetto su di essa.» mormorò Crysania.
«Già, rammento…- disse Dalamar, corrugando la fronte- Shalafi, ci attenderà un lungo lavoro di studio alla Torre, una volta che ce ne saremo impadroniti.»
«Così sarà, apprendista.» tagliò corto Raistlin. Katlin scambiò con lui uno sguardo cupo. Era difficile rimanere con la mente su un compito all’apparenza semplice e a lungo termine quando lo spettro di una distruzione di fuoco occupava le loro menti. Le parole di Raistlin sulla Pietra Grigia non volevano dissiparsi nemmeno con l’avvicinarsi dello scontro con gli scagnozzi di Takhisis.
«Ma il frammento che Kat aveva sulla fronte che fine ha fatto?» chiese Tasslehoff.
«Intendi…dopo la chiusura del Portale?» chiese Katlin, perplessa. In effetti, non se lo era mai chiesta.
«Quando ti abbiamo guardata, esso era già scomparso dalla tua fronte. Pensavamo che la chiusura del Portale ne fosse la causa.» disse Dalamar, pensieroso. Lei gli si avvicinò impercettibilmente, desiderando un contatto ma allo stesso tempo restia a farlo in presenza degli altri. Raistlin non perdeva occasione per metterli a disagio.
«Probabilmente questo sarà un dettaglio su cui riflettere per trovare la soluzione.- mormorò Raistlin, fissando il fuoco che avevano acceso- In quei brevi momenti si nasconde la chiave per distruggere quella pericolosa pietra. Ne verremo  a capo.»
Più tardi, quella notte, Katlin giaceva sveglia accanto alla sagoma dormiente di Dalamar, riflettendo sulla domanda di Tasslehoff. I suoi ricordi riguardanti la distruzione del Portale si interrompevano all’attimo successivo l’attuazione dell’incantesimo posto sullo Scettro dei Tre. Da quel momento, in lei c’era solo il buio, che si era dissipato quando i suoi gemelli avevano recuperato la sua anima dall’oblio. Non si era mai chiesta che fine avesse fatto il frammento che l’aveva quasi uccisa, ritenendo che fosse stato ridotto in briciole dalla potenza dell’incantesimo, o dalla fine della malevola presenza di Takhisis nel mondo. Quest’ultima ipotesi non reggeva, però, in quanto la matrice di quel frammento esisteva e funzionava benissimo.
Katlin corrugò la fronte. Serviva quindi un potere forte come quello dello Scettro per distruggere la pietra? Un potere derivante addirittura dagli Dei stessi? In quel caso, come procurarselo visto che l’unico pezzo rimasto in loro possesso era la Sfera delle Tenebre?
Katlin si sollevò a sedere lentamente, mentre un’idea prendeva forma. La Sfera era parte del potere di Takhisis, una sua creazione dei tempi andati. Conteneva un grande potere, anche se forse non sufficiente a distruggere la pietra, e forse avrebbe potuto usarla per conoscere la risposta ai loro quesiti! Rimproverandosi per non averci pensato prima, Katlin si concentrò per evocare l’oggetto dalla Torre di Palanthas. In realtà non avrebbe potuto farlo. Era Dalamar ad aver posto sotto il suo dominio la Sfera e poi l’aveva passata a Raistlin quando la loro missione si era conclusa. In teoria avrebbe dovuto chiedere il permesso del fratello per utilizzarla…ma il ricordo del volto pallido di Dalamar dopo la sua chiacchierata con Raistlin la spinse a disubbidirgli senza tante remore. Si allontanò nella boscaglia, desiderosa di fare tutto in segreto, poi si inginocchiò fra l’erba e pronunciò l’incantesimo di evocazione della Sfera.
Non ci fu bisogno di tentare l’accettazione. La visione di ciò che andava fatto la colse fin dall’istante in cui le sue dita vennero a contatto con la lucida superficie vitrea. Tutto fu improvvisamente chiaro…terribilmente chiaro. La Sfera scivolò dalle sue dita inerti e cadde sull’erba con un tonfo sordo.
«Per questo…è per questo che mi avete fatta tornare?» mormorò Katlin, tra labbra insensibili. Che si stesse rivolgendo a Demoni o Dei, a questa domanda non seguì alcuna risposta.

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Capitolo 22
*** 21 - Il cambiamento di Katlin ***


CAPITOLO 21

IL CAMBIAMENTO DI KATLIN

Raistlin sedeva in sella al castrato baio che Caramon gli aveva procurato qualche giorno prima in un villaggio e fissava la schiena della sorella, la quale camminava davanti a lui con i kender ai due lati come guardie d’onore. L’arcimago si stancava in maniera eccessiva camminando, soprattutto sul terreno impervio delle colline, e il gemello non aveva atteso molto per prendersi il rischio di farsi vedere tra la gente pur di recuperare una cavalcatura per lui. Raistlin sogghignò, un sorriso simile a una smorfia. Il fatto che lui cavalcasse mentre gli altri camminavano sottolineava a un tempo la sua superiorità sugli altri e la sua debolezza fisica. Strano connubio, strano davvero…
Le braccia di Crysania gli circondavano la vita. La chierica cavalcava con lui, sempre dietro insistenza di Caramon, a cui era venuto male al cuore a guardare la donna arrancare su quel terreno difficile. Crysania aveva protestato, come ovvio per una donna orgogliosa quale lei era, ma Caramon le aveva chiesto di farlo anche per non lasciare che Raistlin cadesse di sella in caso di una crisi, o roba simile. Puntando sull’istinto di protezione di Crysania, il guerriero aveva ottenuto quello che voleva e Raistlin era stato costretto a trattenersi per non ridere di fronte al suo palese sollievo. Fosse stato per Caramon, a dirla tutta, anche Katlin avrebbe dovuto cavalcare, ma la giovane donna si era imposta con una tale fermezza da essere quasi sgarbata.
Tale era il motivo per cui Raistlin fissava l’incedere della sorella, anche se non si trattava dell’unico motivo. Da più di una settimana, l’atteggiamento di Katlin era diventato anormale. Era iniziato tutto la mattina in cui Katlin gli aveva porto la Sfera delle Tenebre.
«Non mi risulta che ti sia stato dato il permesso di toccarla, sorella mia.» era stata la prima reazione dell’arcimago, infastidito, quando aveva visto l’oggetto stretto nel suo palmo. Katlin non doveva permettersi di contravvenire ai suoi divieti con tanta leggerezza. Forse la sorella aveva bisogno di qualche altra lezione riguardante la disciplina.
«Ho creduto che potesse darmi informazioni utili, così l’ho evocata e ho tentato la trance.» aveva risposto Katlin. Sembrava vuota, distante, del tutto indifferente alla sua stizza.
«E quindi?» aveva chiesto Raistlin, aspro, facendo sparire la Sfera in una tasca della sua veste nera prima che gli altri, che si aggiravano lì attorno, potessero vederla. Katlin si era stretta nelle spalle.
«Nulla. Un niente di fatto, come al solito.» aveva risposto, pacata. Raistlin aveva avvertito una tranquillità eccessiva nella voce di Katlin, una strana mancanza di espressione sul suo viso. Ciò l’aveva insospettito.
«Ne sei certa?» aveva chiesto.
«Direi di sì. La trance non mi ha mostrato nulla che già non conoscessi.- aveva sospirato Katlin, voltandosi verso Dalamar che si stava avvicinando- Ho pensato che potremmo almeno usare la Sfera per tendere qualche trappola ai nostri avversari lungo la strada.»
Raistlin aveva corrugato la fronte. Il suggerimento non era male, ma continuava a vedere un’eccessiva tranquillità nel modo di fare della sorella.
In quel momento, erano stati raggiunti da Dalamar, le cui dita si erano strette per un attimo su quelle di lei mentre le augurava il buongiorno. Katlin aveva sorriso all’elfo oscuro…e in quel sorriso non c’era niente. Dalamar non se n’era accorto, al momento, in quanto stava già parlando a Raistlin di un’ipotesi cui aveva pensato per schermare il potere della pietra nera di Takhisis in caso si fosse reso necessario trasportarla. Non si era accorto nemmeno che le dita di Katlin non si erano strette sulle sue, anzi erano scivolate via quasi con fastidio. A Raistlin tutto ciò non era sfuggito e in quei giorni il suo allarme era cresciuto.
Katlin era taciturna, non interveniva nelle discussioni, non scherzava con i kender né altro. Si limitava a camminare e ad ascoltare le loro sempre più brevi conversazioni. Da un paio di notti dormiva distante da Dalamar, il quale era ormai inquieto. Raistlin lanciò un’occhiata al proprio apprendista, che camminava alla sinistra del suo cavallo. Gli occhi obliqui dell’elfo erano fissi su Katlin, come se anche lui stesse cercando di decifrare quel silenzio. Raistlin era certo che la Sfera delle Tenebre avesse avuto un suo effetto su Katlin, il che poteva significare due sole cose: o lei aveva visto qualcosa di cui non voleva renderli partecipi, o la volontà di Takhisis si era di nuovo fatta strada in lei. Era poi così straordinaria come ipotesi quando si pensava che solo l’anno prima Katlin era stata posseduta dalla Dea?
No, non lo era, e Raistlin avvertiva ora l’urgenza di dipanare quel mistero. L’atteggiamento di Katlin lo irritava molto. Non gradiva che gli venissero celate le cose. Le braccia che gli cingevano la vita si mossero e il profumo della pelle di Crysania gli arrivò alle narici quando lei si sporse per guardarlo in volto.
«Raistlin…qualcosa non va? Sei molto teso.» gli chiese in un sussurro. Raistlin le accarezzò dolcemente le mani, grato che lei avesse spezzato la spirale di irritazione in cui i suoi pensieri lo stavano conducendo.
«Pensavo, Crysania. Pensavo che forse potrei attirare in un tranello qualcun altro di quegli sciocchi.» mormorò.
«Intendi…i maghi grigi?- chiese Crysania, sorpresa- Pensavo volessi affrontarli tutti insieme…»
«Terrorizzarli un po’ non è una brutta idea. Abbiamo i mezzi per farlo, prima di dover scendere sulla costa ed essere quindi palesemente alla ricerca del loro covo.- rifletté Raistlin, che in realtà stava formulando il piano nel momento stesso in cui ne accennava a Crysania- Ci penseremo io e Dalamar…e Katlin. Tu dovresti iniziare a entrare in comunione con il tuo dio, mia cara. Katlin ha notato che hanno alzato una barriera sacra, attorno all’isola.»
Crysania annuì e Raistlin avvertì la sua guancia sfiorargli la schiena. Il semplice contatto lo riempì di calore e maledisse in cuor suo i compagni di viaggio per non essere in grado di svanire a comando. Quello era uno di quei giorni in cui avvertiva un bisogno disperato di stringere a sé Crysania. Fino al giorno prima l’aveva trattata quasi con indifferenza, tutto preso dai suoi pensieri. Immaginava non fosse facile vivere accanto ad un uomo come lui.
«Ora perché sorridi?» gli chiese Crysania, piano, vedendo le sue labbra tendersi in un sorriso riluttante. Raistlin scosse la testa e lei sospirò. «Avrei desiderio di sapere cosa accade al Tempio.- continuò- Spero non regni la confusione, in mia assenza. Lavorare in collaborazione con il Conclave della Torre non è gradito a molti chierici.»
«Immagino.- fu l’acido commento di Raistlin- Non crucciarti, Crysania. Sono certo che quegli sciocchi sapranno fare il loro mestiere. Torneremo a Palanthas prima che si spingano così avanti da inciampare nei propri piedi.»
Crysania gli lanciò un’occhiata irritata, ma la mano di lui tornò ad accarezzarle le dita e l’irritazione svanì. Erano così rari i suoi gesti d’affetto che non riusciva a restare indifferente quando capitavano.
«Raist, mi sa che mezzodì è già passato da un paio d’ore. Che si fa, ci fermiamo per mangiare?» chiese in quel momento Caramon, che conduceva il cavallo per le redini.
«Sì, Caramon, prima che il tuo stomaco faccia tanto rumore da spaventare gli animali del bosco.- rispose l’arcimago, irritato per l’interruzione- Vediamo di rifocillarci.»
Si fermarono in uno spiazzo tra gli alberi, col colle che giganteggiava alla loro sinistra. Caramon divise il cibo che restava dalla sua incursione per acquistare il cavallo e i tre maghi si misero subito a confabulare tra loro a bassa voce, impedendo agli altri di cogliere più di qualche frammento di conversazione.
«Di che parlano?» chiese Caramon, corrucciato.
«Raistlin vorrebbe tendere una trappola ai maghi grigi. Penso stiano decidendo come.» mormorò Crysania, mangiando con fare pensieroso. Caramon sbuffò.
«Qui sono l’unico a non sapere le cose, pare.- borbottò- E sono anche stato piuttosto inutile, finora.»
«Che dici, Caramon? La più inutile sono stata io. Spero almeno che, con l’aiuto di Paladine, potrò aprire la strada al covo dei nostri nemici.» sospirò la chierica. Caramon le batté una mano sulla spalla, goffo. I kender, irrequieti, si alzarono e sparirono tra gli alberi, dicendo che avrebbero esplorato i dintorni. Caramon e Crysania li guardarono andare via, ognuno immerso nei propri pensieri.
«Chissà come sta Tika…» mormorò poi Caramon, attirando di nuovo l’attenzione di Crysania. La chierica sorrise, pensando alla donna dai capelli rossi di nuovo alle prese con una gravidanza.
«Sono certa che sta bene, Caramon.- gli disse- Tika è una donna forte.»
«Che ha per marito un emerito cretino. E’ la seconda volta che mi perdo questi momenti.- disse il guerriero, amaro- Quanti figli dovrò fare prima che mi sia permesso di assistere a tutto il decorso della gravidanza di mia moglie?»
Crysania non poté fare a meno di ridere piano e Caramon presto sorrise. La frase suonava un po’ sciocca, però esprimeva davvero un suo cruccio. Sperava solo, stavolta, di arrivare a casa in tempo per sostenere Tika durante il parto. Chissà se sarebbe stato un maschio o una femmina? Era davvero curioso di saperlo!
«Allora io vado avanti.»
La voce di Katlin li riscosse e li fece voltare verso i maghi. Qualcosa passò dalla mano di Raistlin a quella della Veste Rossa in un lampo cupo, poi l’oggetto scomparve in una tasca della maga.
«Vai dove, Kat?» chiese Caramon, allarmato.
«Tenderemo una trappola ai maghi grigi. Katlin sceglierà un luogo adatto e fungerà da esca. Noi la seguiremo fra non molto.» riassunse Raistlin, senza indugiare sui dettagli.
«Ma…da esca?!» balbettò Caramon. Prima che avesse il tempo di replicare ancora, Katlin pronunciò un incantesimo e si allontanò volando su quello che sembrava un disco luminoso.
«Sarà il caso di usare Katlin come esca?» chiese Crysania, corrugando la fronte. Si era accorta che Dalamar era più pallido del solito. Solo Raistlin sembrava tranquillo e infatti annuì.
«E noi intanto che facciamo?» chiese Caramon, brusco. A lui non era piaciuta affatto la faccia inespressiva della sorella. Forse Raistlin l’aveva costretta a fare da esca?
«Procediamo insieme ancora per un po’. Quando io e Dalamar ce ne andremo, voi ci attenderete…probabilmente non torneremo prima di domattina.- tagliò corto l’arcimago, con un gesto della mano- Finite di mangiare, ora.» Tossì piano, corrugò la fronte, ma non sembrava fosse in procinto di avere una crisi e si rilassò. Si guardò attorno, subito corrucciato. «E quei dannati kender dove si sono cacciati?!»
I ‘dannati kender’ stavano avendo una conversazione molto seria tra gli alberi, lontano dal gruppo. Tasslehoff e Kyaralhana non erano sciocchi e avevano avvertito il cambiamento di Katlin come una specie di eclissi improvvisa. Non sapevano a cosa ciò fosse dovuto, ma si rendevano conto che era una situazione pericolosa.
«Dalamar ha una faccia da far paura.- borbottò Tas, pensieroso- Eppure sembrava che fossero tornati innamorati come due tortore dal posto in cui si erano rifugiati dopo l’attacco!»
Kyara mormorò qualcosa, il visetto corrucciato come se si stesse mordendo la lingua. Tasslehoff non se ne accorse e sospirò.
«Insomma, è una noia viaggiare così!- si lamentò- Niente combattimenti, a parte quello al villaggio, solo colline e alberi e cespugli! Sinceramente per tanto così me ne sarei rimasto a Solanthas a dare una mano a Tanis con Steel, oppure avrei aiutato i Cavalieri a tenere d’occhio il figlio di Ariakas…perché dopotutto io ho combattuto insieme ai Cavalieri alla Torre del Sommo Chierico, sai…e mi sarei sentito più utile, e di certo più vivo, come dire! Non fosse per la curiosità che ho di vedere il covo dei maghi grigi e questa famosa pietra di Takhisis, ti giuro che non so davvero…»
«Tas…»
Il kender smise di parlare quando Kyara lo chiamò con una vocina tesa che non le si adattava per niente.
«Che c’è, Kyara? Non la pensi anche tu come me?» chiese, sorpreso.
«Tas…io forse so perché Katlin è cambiata così all’improvviso.» mormorò la kender, facendogli spalancare gli occhi. Kyara annuì, decisa. «E’ solo un’ipotesi, però…non lo so…Kat mi ha guardata in un tale modo quella mattina, come ad ordinarmi di dimenticare quello che avevo visto…insomma, mi ha fatto un po’ paura e così ho tenuto tutto per me. Credo però che ne parlerò con te, ora, perché io non sono abituata a tenere dei segreti!»
«Dimmelo, che aspetti?» esclamò Tasslehoff, quasi saltando per l’aspettativa.
«Beh, è successo la mattina dopo che avevi fatto quell'osservazione sul frammento di pietra sulla fronte di Kat.- spiegò Kyaralhana- Mi sono svegliata molto presto e mi sono accorta che Kat non c’era. Così sono andata a cercarla, cercando di non svegliare gli altri, e quando l’ho trovata…» Si mordicchiò il labbro inferiore, tormentata. «Insomma…sembrava sconvolta. Era seduta sull’erba e il suo corpo era così abbandonato da far spavento. Guardava il cielo, ma sembrava non vedere nulla…ma non era in trance…sembrava desolata. In mano aveva una sfera scura che mi ha dato una sensazione sgradevole.»
«Una sfera scura?- chiese Tasslehoff, poi ebbe un’illuminazione- La Sfera delle Tenebre?»
«Ho pensato potesse essere quella.- ammise Kyara- Allora l’ho chiamata e lei mi ha guardato in quel modo tremendo, poi ha fatto sparire la Sfera e mi ha sorriso, ma non come al solito. ‘Buongiorno, Kyara. Andiamo a fare colazione’, mi ha detto, ma io ho capito che mi stava ammonendo di dimenticare quanto aveva visto.»
Tasslehoff corrugò la fronte, riflettendo.
«Sicché tu pensi che Katlin abbia usato quella sfera e che da quel momento sia cambiata?» riassunse. Kyaralhana annuì, decisa. «Magari ci ha visto dentro qualcosa di spiacevole.- borbottò il kender- Ed è strano che non ne abbia parlato con Raistlin, se non con Dalamar.»
«Cosa facciamo, Tas? Dobbiamo dirlo agli altri?» chiese Kyaralhana. Tasslehoff rifletté ancora un po’, poi scosse la testa.
«Credo che Kat nasconda qualcosa, ma siccome è testarda non servirebbe niente dirlo agli altri. Lei negherebbe e nessuno crederebbe a noi piuttosto che a lei. Inoltre, se la prenderebbe con noi e io questo non lo voglio.» Rifletté ancora, più intensamente. «Teniamo questa cosa per noi.- disse infine- Noi sappiamo che sta nascondendo qualcosa ed è abbastanza, penso. La terremo d’occhio anche per gli altri, così se avrà in mente qualcosa di pericoloso potremo forse fermarla in tempo.»
«Lo spero, Tas. Sai…è buffo, ma mi sono affezionata tanto a questo gruppo…soprattutto a Kat.- disse Kyara- Ora credo di capire certe cose che fino all’anno scorso mi sembravano…strane.»
Tasslehoff la guardò e annuì. Non era sicuro che fosse una fortuna, per la kender, arrivare a comprendere certi sentimenti.

***

Katlin sedeva su una roccia che sporgeva dal fianco della collina. Il vento le scostava i capelli mentre guardava il cielo di fronte a lei, ormai blu notte. Lontano, poteva vedere gli scintillii che Lunitari appena sorta strappava alle acque del mare, ormai vicino. La luce rossa lambiva le onde con la delicatezza di un’amante. La maga abbassò lo sguardo sulla Sfera che aveva tra le mani. Al momento era sola con l’oggetto di potere; Raistlin e Dalamar erano non lontani, nascosti agli occhi dei vivi in attesa che lei facesse scattare la trappola. Ci sarebbero cascati? I tre maghi credevano di sì…i Grigi non avevano ancora un’idea chiara del nemico con cui avevano a che fare e la loro vicinanza al covo li avrebbe messi in allarme.
Le labbra di Katlin si piegarono in un sorriso amaro e sgradevole. Era in qualche modo lieta che suo fratello le avesse dato il ruolo di esca. Questo le avrebbe permesso di sfogare qualcosa che tratteneva con catene ferree dal momento in cui la visione l’aveva colta al contatto con la superficie lucida della Sfera delle Tenebre. Quel qualcosa sarebbe rimasto dentro di lei fino al momento di decidere, non avrebbe trovato voce né speranza di consolazione, perciò era soddisfatta che le venisse concesso perlomeno di sfogarsi.
Sapeva che sarebbe successo. Un’esistenza come la sua non poteva adagiarsi sulla serenità come su un cuscino di piume senza sapere che presto o tardi qualcuno glielo avrebbe strappato da sotto la testa, riportandola alla dura realtà. Questo era successo a lei e ora si spiegava tante cose. Rinunciare, arrendersi, piegarsi al fato…non erano cose da lei. No, in quello assomigliava al fratello Raistlin. Ma se non c’era altra scelta? Non per sé…ma per proteggere tutto il resto? L’avrebbe fatto? Avrebbe cambiato le sue vesti nel nero, voltando le spalle a ciò che aveva visto? No. Quello, in definitiva, non sembrava proprio nella sua natura. E allora, che lasciasse scorrere la marea di tenebra che aveva dentro almeno per quella notte.
Mormorò parole arcane che aveva studiato un tempo, quando ancora viveva nella mente di Raistlin. Le tornarono alla bocca con sorprendente facilità e le risposero anche in quel corpo. La Sfera reagì, balenando di luce nera. Presto, una cortina di impenetrabile oscurità si chiuse attorno a Katlin, a metà tra un bozzolo protettivo e una prigione. Le sue labbra non smisero di muoversi a ritmo con le parole magiche, mentre esprimeva tramite esse la propria forza oscura e la utilizzava. Lunitari si sarebbe offesa per questo? Non lo credeva…e ormai non aveva più importanza.
L’oscurità si rafforzò e divenne una barriera d’acciaio impenetrabile, un segnale inequivocabile per gli occhi allenati a riconoscere i propri simili e coloro che vivevano nella notte. Presto avrebbe saputo se ci erano cascati.
Non dovette attendere molto. Dopo pochi minuti, sussurri e versi di ogni genere le giunsero alle orecchie attraverso la tenebra turbinante. Li vide con gli occhi della mente…creature evocate dai maghi grigi, che le si facevano dappresso chiedendosi come raggiungerla. Così non erano arrivati in prima persona! Il piano procedeva come previsto. I maghi evocatori non potevano essere troppo distanti…Raistlin e Dalamar li avrebbero trovati mentre lei perdeva tempo con quei parti della magia.
Uno di essi, solo un’ombra nella sua mente, sfiorò la sua barriera. La voce di Katlin si alzò appena, vibrante di un’emozione terribile, e la creatura avvampò con un grido di dolore bruscamente spento. Le altre creature ulularono, e gridarono, e grugnirono, e finalmente attaccarono. Giocò con loro a lungo, dando ai compagni il tempo di individuare gli evocatori, ma ve n’erano abbastanza da concederle di sfogare la sua rabbia e il suo odio. La Sfera delle Tenebre vibrava tra le sue mani, trasmettendole pensieri ancora più oscuri. D’improvviso le contorte figure che le stavano attorno scomparvero, come se i fili delle loro vite fossero stati troncati di netto. Raistlin e Dalamar avevano fatto il loro lavoro.
Con un sospiro tremante, Katlin lasciò defluire la magia. L’oscurità si dissolse nella notte e la Sfera si acquietò nelle sue mani, mentre lei riprendeva fiato ad occhi chiusi. Aveva qualche timore che, aprendoli, avrebbe visto mutare il colore delle sue vesti. Quando si decise, tutto era tranquillo. Il pendio era scurito in tre o quattro punti da chiazze nerastre, ma nient’altro. Lunitari era alta in cielo, testimoniando la durata della sua battaglia. Le stelle brillavano nel cielo sereno e il vento le asciugò il sudore dalla fronte. Rimase lì a lungo, svuotata, senza sapere se si sentiva meglio o peggio. Passò un’ora, forse due, poi un leggero suono di passi sull’erba le comunicò che non era più sola. Non si voltò: sapeva di chi si trattava.
Una sagoma nera le si affiancò e si sedette, posando il Bastone di Magius lì accanto.
«Quanti?» chiese Katlin, sempre senza guardare il gemello.
«Quattro.» rispose Raistlin, anch’egli fissando il lontano riflesso dell’acqua. Katlin annuì. Non erano molti, ma qualche topo era caduto in trappola. Difficile che i Grigi ci cascassero un’altra volta, ma avevano fatto bene a tentare. Rimasero in silenzio per un po’, entrambi stanchi e intimamente colpiti dalla bellezza della notte.
«Dalamar?» chiese infine Katlin.
«Ci raggiungerà presto. Altri due maghi hanno tentato la fuga, ma pensa di poterli trovare. L’ho lasciato fare.» sussurrò Raistlin, poi tossì. Finalmente la guardò, con uno scintillio negli occhi dorati. «Katlin, che cosa ti succede?»
Katlin lo guardò con espressione interrogativa, come l’arcimago si era aspettato.
«Katlin, come bugiarda lasci granché a desiderare.» disse, acido. Lei fece un sorriso spento, annuendo.
«Sì, sono un po’ scombussolata…Mi girano un sacco di pensieri in testa, quasi tutti spiacevoli.» disse.
«Riguardanti la missione? O il mio apprendista?» chiese Raistlin, acuto. Il sorriso di Katlin si fece amaro, e quindi più vero. Chinò il capo, pensierosa.
«Ne sono accadute di cose, negli ultimi due anni.- mormorò infine, senza rispondere alla domanda del fratello- La mia vita è così cambiata…»
«E ancora cambierà.- disse Raistlin, seguendo la sua linea di pensiero- Il tuo futuro prevede impegni e responsabilità non comuni.»
«Già…il mio futuro.- sussurrò Katlin, con uno strano scintillio negli occhi- C’è la Torre di Wayreth da conquistare. Dobbiamo scoprire il segreto di quella famosa visione di distruzione e indagare sulla Pietra Grigia, e ho promesso al giovane Steel di essergli d’aiuto. Direi che è un futuro…ricco.» Alzò lo sguardo, fissando un punto lontano. Raistlin corrugò la fronte nel vedere la sua espressione. Sembrava stesse contemplando qualcosa di irraggiungibile.
«E’ questo a renderti tanto vacua, sorella mia?- chiese ancora, contrariato- Ormai se ne sono accorti tutti e ti avverto che è un atteggiamento che non mi piace.»
«Immaginavo che non ti piacesse.- sospirò Katlin, e il sorriso storto le ricomparve sul viso- Comunque sono vari i motivi per cui mi comporto così, fratello mio. Alcuni di natura strettamente personale.»
«Dalamar.» riassunse l’arcimago.
«Più che Dalamar, io stessa.- confessò Katlin- Sai…credo di aver commesso un errore con lui.»
«Cosa intendi?»
«Intendo dire che forse tu avevi ragione e io torto. Il legame che ho stretto con lui mi è già d’impiccio.» disse Katlin. Raistlin, per la prima volta da tempo, venne colto di sorpresa. Tutto aveva pensato di sentirle uscire di bocca tranne questo. «In me c’è ben poca capacità d’amare, ho paura.- mormorò Katlin, riecheggiando senza saperlo parole che Raistlin aveva pronunciato diverso tempo prima- Mai come ora in me lottano egoismo e amore…Mi tormento chiedendomi cosa sacrificherei, se costretta: ciò che io desidero, o ciò che più amo?» Alzò il volto alla notte e il suo sorriso parve quello di una persona sull’orlo della follia. «Già chiederselo non è forse prova di un’anima nera che si cela dietro l’ipocrisia?» disse, e la sua voce fu così pregna di disprezzo da non sembrare nemmeno la sua.
«Katlin…» mormorò l’arcimago. Si sentì per un attimo scardinato dalla realtà, certo di stare guardando un riflesso del se stesso di tanti anni prima, di stare ascoltando le proprie parole. Provò la terribile sensazione di dover fare qualcosa, di dover dire la frase giusta per evitare a Katlin, e quindi a sè, la terribile trasformazione cui quelle riflessioni conducevano. Come un tempo non era stato in grado di fermare se stesso, ora non seppe dire nulla alla sorella. Le sue labbra rimasero chiuse, aride e gelide, incapaci di trovare una risposta per lei fra l’ambizione e l’amore. Katlin sospirò di nuovo.
«Il solo modo per uscirne è dunque il sacrificio?» disse, piano. Raistlin, raggelato da quelle parole, tentò di scrutare l’espressione sul volto della sorella, ma una nube oscurò Lunitari e la tenebra velò i suoi occhi.

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Capitolo 23
*** 22 - Il mare in tempesta ***


CAPITOLO 22

IL MARE IN TEMPESTA

Dalamar camminava tra gli alberi, esausto ma soddisfatto. I due maghi cui aveva tenuto dietro dopo lo scontro di quella notte non erano riusciti a sfuggirgli e avevano trovato una brusca fine. Il conto ammontava così a sei vittime, cui si potevano aggiungere almeno due usufruitori di magia eliminati dallo Shalafi durante l’attacco che avevano subito al villaggio. In totale, avevano sottratto otto maghi al gruppo di traditori che si era messo al servizio di Takhisis. Quanto poteva essere numerosa quella congrega? Non molto, non ancora…era passato poco tempo da quando il Portale era stato aperto e distrutto; una massiccia leva di maghi alla causa della Regina delle Tenebre avrebbe allarmato il Conclave, che invece non si era accorto di niente fino a un paio di mesi prima.
Dalamar corrugò la fronte, mentre scostava un ramo che si allungava all’altezza del suo viso.
Condivideva l’ottimismo del suo Shalafi riguardo la loro capacità di distruggere la neonata congrega dalle fondamenta. I Grigi avevano agito troppo presto e, visto che l’attacco era fallito, avevano decretato la propria morte per mano di Raistlin Majere e dei suoi apprendisti. Takhisis era stata frettolosa nel mandarli, una prova evidente di quanto bramasse disfarsi dei Majere una volta per tutte. Messa in questi termini, la loro missione non era poi così pericolosa, pur tenendo conto degli imprevisti e del fatto che di certo i maghi si sarebbero circondati di scagnozzi che li avrebbero fatti stancare. Dunque cos’era che gli faceva ghiacciare la spina dorsale ogni volta che pensava al covo dei traditori?
La pietra nera sottratta al trono del Tempio di Neraka. Ecco cosa lo turbava profondamente. Ricordava molto bene quanto fosse sembrato invulnerabile il piccolo frammento incastonato nella fronte di Katlin, l’anno prima. E si trattava appena di una scheggia! Qui parlavano di una pietra grossa quanto un pugno, nera come il peccato…una pietra che forse non aveva nessun bisogno della presenza dei maghi per essere protetta. Né i poteri clericali né la magia potevano sfiorarla. Il potere divino poteva distruggerla, ma loro non lo possedevano. Forse lo Shalafi sarebbe stato in grado di fare qualcosa, potente com’era, ma che certezze avevano?
Lo Shalafi non aveva confidato loro il suo pensiero sulla pietra, liquidando sempre la questione con l’opzione ‘la distruggeremo in situ oppure la porteremo via per studiarla con calma’. Ma se la pietra era piena della volontà di Takhisis, la Dea avrebbe permesso loro di toccarla? Dalamar si rendeva conto che probabilmente rimuginava ora su cose che il suo Shalafi aveva messo in conto fin dal principio, ma non sapere cosa gli frullava per la mente lo metteva in un forte stato di disagio. Un disagio che aumentava di giorno in giorno, grazie soprattutto al comportamento d’improvviso freddo e distaccato di Katlin.
Dalamar si incupì ancora di più in volto, mentre continuava a camminare nel sottobosco. Erano giorni, ormai, che Katlin aveva assunto un atteggiamento irritante e all’apparenza privo di una qualsiasi giustificazione. D’improvviso si era chiusa in se stessa come un riccio. Evitava il suo tocco, persino la conversazione con lui. Da quando erano diventati amanti, lei aveva sempre dormito presso di lui, anche se non così vicino da suscitare le caustiche osservazioni dello Shalafi o il cipiglio di Caramon, ma da quando l’ombra le era calata sul viso aveva deciso di dormire accanto ai kender, come faceva prima. Dalamar era preoccupato e irritato. Non riusciva a capire cosa si celasse dietro gli occhi freddi di Katlin.
Si era pentita di quanto fatto? Si era presa gioco di lui? Oppure, aveva di nuovo paura e la mascherava con l’indifferenza? Ma paura di cosa?! Dalamar avrebbe propeso per questa ipotesi se Katlin si fosse limitata ad allontanare lui, ma sembrava che il suo fare distaccato coinvolgesse senza differenze tutti i componenti del loro gruppo. La Veste Rossa era scostante persino con i kender, che palesemente amava. A cosa era dovuto tutto questo? E perché capitava proprio ora, quando il loro legame era appena nato?
Con il passare dei giorni lo sgomento era diventato irritazione ed era ormai al punto di sfociare nella rabbia. Avrebbe voluto affrontare la questione di petto, ma lui e Katlin non erano mai soli. L’unico risvolto positivo consisteva nell’aumento della sua voglia di distruggere e i due maghi che aveva inseguito ne avevano avuto la prova tangibile. Si concesse un sorriso storto nel ripensare alla condizione in cui aveva lasciato i due cadaveri. Sperava proprio che i Grigi scoprissero presto i loro resti.
I suoi piedi si trovarono a percorrere un terreno in forte pendenza, che lo costrinse a stare attento a come si muoveva. Presto gli alberi si diradarono e Dalamar sbucò su un pianoro che digradava verso valle. Lontano, a est, il mare era una lastra grigia in attesa dell’alba ormai prossima. Vide subito i fratelli Majere. Lo Shalafi sembrava dormire, avvolto nelle sue vesti nere sdraiato accanto a un grosso masso che spuntava dal terreno erboso. Sull’affiorazione rocciosa era seduta Katlin, la veste rossa brillante come un fuoco nei grigi colori della fine della notte. Gli dava le spalle e guardava ad est, ma mentre sostava al limitare del bosco si voltò verso di lui, forse sentendosi osservata. Dalamar digrignò i denti nel vedere la sua espressione indifferente. Lo accoglieva così, dopo i rischi che aveva corso quella notte? Non pretendeva che lei gli corresse incontro piangendo di gioia, ma era insopportabile che restasse là a guardarlo senza manifestare alcuna emozione, come se non le importasse un accidente che fosse tornato sano e salvo. E non si trattava di eccessiva fiducia nei suoi mezzi, l’inespressività dei suoi occhi lo comunicava chiaramente.
Sentendo le fiamme dell’ira danzargli nel ventre, Dalamar le fece rigidamente cenno di raggiungerlo. Se lo Shalafi dormiva era un buon momento per mettere le cose in chiaro. Katlin recepì il messaggio ed esalò un sospiro, cosa che esacerbò ulteriormente l’elfo oscuro, poi scivolò giù dal masso e si incamminò verso di lui con passo lieve.
Quando giunse alla sua portata, Dalamar la afferrò per un braccio e se la trascinò dietro. Lei non oppose resistenza, seguendolo più addentro tra gli alberi con una docilità irritante. Finalmente Dalamar si fermò e si voltò verso di lei come un serpente pronto a colpire.
«Ebbene?» chiese, con voce aspra.
«’Ebbene?’ Non saprei…- disse lei, sollevando appena un sopracciglio- Immagino che tu ti riferisca al mio comportamento degli ultimi giorni.»
«Per il dio Nuitari, è OVVIO che mi riferisco a quello!- sbottò Dalamar, tra i denti- Katlin, si può sapere cosa sta succedendo? Ho fatto qualcosa di sbagliato e hai deciso di tenermi il muso? O c’è, come penso, una motivazione più profonda alla base di questa tua…indifferenza?»
«Indifferenza? Sì, presumo che a guardarla dall’esterno sembri proprio questo.» mormorò Katlin, lo sguardo basso. Annuì. «Ho riflettuto negli ultimi giorni, Dalamar, e ho scoperto alcune cose della mia anima che non conoscevo. Cose sgradevoli.»
«E con ciò?» la incalzò Dalamar quando lei fece una lunga pausa. Katlin tornò a guardarlo come se si fosse dimenticata per un istante di stare parlando con lui.
«Con ciò, nulla. Ho solo capito delle cose.- mormorò, scrollando le spalle- Ho capito che i miei sentimenti sono fragili se comparati al mio egoismo. E mi chiedo se non sia finalmente il caso di dargli sfogo. Dopotutto, mi sono stancata di fare la marionetta.»
Dalamar fissò Katlin. Le parole di lei erano distratte, lontane, come se la maga non avesse nessuna voglia di mettere a voce i suoi pensieri in maniera coerente.
«Katlin, non capisco nulla di ciò che dici.- disse, piano, ponderando bene le parole- Mi stai dicendo che sei preda di un conflitto interiore e che per questo hai assunto un tale atteggiamento nei miei confronti…nei confronti di tutti?»
Sul viso di Katlin comparve un sorrisetto che mise i brividi addosso all’elfo oscuro.
«Non proprio. Non è esattamente così, Dalamar. La tua acuta analisi pecca.- gli rispose, con una vena di sarcasmo- Mi comporto così perché desidero allontanarvi da me. Soprattutto te, Dalamar.»
«Co…» La voce non uscì a Dalamar nel sentire una tale frase uscire dalla bocca di Katlin. Proprio lei stava dicendo una cosa del genere?! Katlin, la cui ambizione era mitigata da un animo gentile? Katlin, che si era sacrificata per lui nella grotta ove avevano trovato la Sfera delle Tenebre? La stessa Katlin che aveva giocato tutte le sue carte pur di avere la possibilità di costruirsi una vita, che l’aveva reso pazzo di desiderio prima di cedergli?!
«Stai mentendo.» asserì. Lo sguardo di Katlin non vacillò e i suoi occhi erano limpidi.
«Lo credi davvero?- disse soltanto- Bene, come preferisci. I fatti parlano più delle parole.»
Gli voltò le spalle, gelandolo, e cominciò ad allontanarsi. Dalamar si lanciò in avanti e la afferrò per le braccia, costringendola a voltarsi a guardarlo.
«Che diavolo stai dicendo?!- le sibilò in volto- Hai detto di amarmi…»
«E non mentivo, ma ho riflettuto e, come ti ho detto, ho deciso che non ne vale la pena.» replicò lei.
«Non ne vale la pena?! Non stiamo parlando dell’acquisto di ingredienti per incantesimi, Katlin!»
«Non urlare con me. Sono ancora capace di arrabbiarmi, che tu lo creda o…»
«Adesso non cercare di intimorirmi! Con chi credi di parlare? Sono io che ho amato il tuo corpo, sono io che ho avvertito…»
«Smettila! Stai zitto!»
«…le tue reazioni, e non stavi fingendo quando hai detto di amarmi! Non ho sognato il sentimento che mi hai mostrato con gli occhi fin dallo scorso anno!»
«E chi ti ha detto che stessi mentendo?! Ho solo cambiato idea, come è nei miei diritti!» Katlin si contorse nella sua stretta, improvvisamente furiosa. «Ora lasciami andare.»
«Non finchè non comincerai a parlare in maniera razionale.- la minacciò lui, altrettanto infuriato- Spiegati con parole chiare.»
«Ho deciso di smettere d’amarti, ho deciso di scrollarmi di dosso i legami che possono ostacolare la mia ambizione!- gli urlò addosso lei, scoprendo i denti in una smorfia- Afferrato il concetto?! Ho scoperto di non aver voglia di affidare pezzi del mio cuore a chi mi sta attorno. Fattene una ragione!»
«Io non ti credo!»
«Come ti pare! Non sono fatti miei!» Katlin cercò di nuovo di liberarsi e ancora l’elfo non glielo permise.
«Perché fai così? Non ti riconosco, Katlin…» gridò lui, e fu sconcertato nel riconoscere una nota di disperazione nella propria voce.
«Avrei dovuto lasciarti comunque, prima o dopo…che differenza fa se questo è il modo che ho scelto?- disse lei, sfuggendo per la prima volta il suo sguardo- Se mi odi sarà tutto più facile.»
Dalamar rimase per un attimo senza parole. Dentro di sé una voce gli gridava che in quelle parole si celava qualcosa, forse la chiave per comprendere quel comportamento assurdo nato senza preavviso, ma l’intuizione gli sfuggì come acqua raccolta con le mani, scivolando via prima di essere colta.
«Che vuoi dire? Che stai dicendo?»
«Lasciami, Dalamar, o mi costringerai a farti del male.» gli promise lei, fissandolo con occhi di brace.
«Perché finora cosa credi di aver fatto?- ribatté lui, amaro- Peggio di così…»
«Non c’è limite al dolore, Dalamar, e se ancora non l’hai capito sei uno sciocco.» disse lei, con voce tornata calma. L’elfo la sentì terribilmente lontana da lui, nonostante le sue mani stessero ancora stringendo le fragili braccia della maga. Tra loro c’era un abisso, una voragine di fiamme che lei aveva scavato in pochi giorni di silenzio.
«No, io questo non lo accetto.» disse infine, e la sua voce passò da un sussurro a un grido. La ghermì con violenza, avvicinandola a sé per annullare la voragine che avvertiva con gli occhi della mente. Lei allungò una mano e gli sfiorò il petto. Quel tocco lieve fu sufficiente a riempire la mente dell’elfo oscuro di dolore. I polpastrelli di Katlin si erano posati con una precisione che aveva dell’incredibile sulle ferite suppuranti che il suo Shalafi gli aveva lasciato. Cinque lance di dolore gli ottenebrarono la mente. Dalamar caracollò all’indietro, sottraendosi al dolore, e inciampò nella propria veste, cadendo a sedere sull’erba.
Ansimando, si protesse il petto con una mano, e a poco a poco la vista gli si schiarì, mostrandogli Katlin che lo fissava, in piedi di fronte a lui, la mano ancora levata.
«Immagino che con questo sia finita.» mormorò la maga. Abbassò il braccio e sul volto le passò il fantasma di un pensiero che sembrò renderla per un attimo perplessa, poi Katlin scrollò le spalle e se ne andò, lasciando Dalamar dietro di sé.
Dalamar rimase dov’era, senza fiato, sentendosi lacerato. Le aveva detto che ‘pensava’ di amarla? Ora si rendeva conto di quanto fosse andato cauto con quell'affermazione. Lui la amava. La amava davvero! La amava come gli elfi amano, benché lui avesse voltato le spalle alla sua Razza e alle sue leggi! Ora quel suo amore era stato denigrato, ridotto a niente, messo da parte come del cibo avariato dalla stessa donna che meno di un anno prima l’aveva atteso in una radura innevata e gli aveva sfiorato le labbra con un bacio insieme timido e carico di promesse. D’improvviso, lo colse la sensazione di essere osservato. Alzò gli occhi, incapace di trovare abbastanza presenza di spirito da pensare a portare alla mente un qualunque incantesimo, e vide il suo Shalafi. Raistlin sostava tra gli alberi, una macchia nera nella luce del giorno che si faceva più forte, e lo fissava con i suoi occhi maledetti…lo fissava…
«Shalafi, non guardatemi…» disse Dalamar, e la voce gli venne fuori come un singhiozzo mentre si schermava il viso con un braccio e si alzava bruscamente da terra, allontanandosi dal luogo della discussione, da quegli occhi dorati che dissezionavano la sua anima. Una bruciante vampa d’odio gli scosse le membra, mentre accelerava il suo passo tra gli alberi fino a mettersi a correre. L’umiliazione che aveva subito davanti al suo Shalafi, il dolore ingiusto che stava provando, entrarono in risonanza con quella stessa oscurità che l’aveva spinto fuori da Silvanesti. L’odio gli invase ogni cellula, ogni pensiero, devastando tutto ciò che incontrava. Nella mente di Dalamar, il volto di Katlin iniziò a deformarsi in qualcosa di maligno e nemico. Nemmeno si accorse di aver afferrato, accartocciato e gettato quel ritratto che nascondeva su di sé fin dall’inverno precedente. La palla di carta cadde nell’erba con un misero fruscio mentre Dalamar si allontanava, ormai pieno d’odio per la donna che fino a pochi momenti prima aveva amato.
Raistlin, ancora fermo dove Dalamar lo aveva visto, si tolse di tasca la Sfera delle Tenebre e se la rigirò sul palmo, pensieroso.
«Ha visto qualcosa dentro di te. Su questo non ho dubbio.» sussurrò. Sua sorella nascondeva qualcosa e Raistlin pensava che non sarebbe riuscito a carpirglielo tanto facilmente. Aveva tramutato i sentimenti dell’elfo in odio e questo l’aveva visto con i suoi stessi occhi. Katlin camminava davvero sulle sue stesse tracce d’ambizione o erano altre le orme che erano state preparate perché lei le seguisse?
«Il solo modo per uscirne è dunque il sacrificio?»
La frase gli echeggiò nella mente e i pensieri di Raistlin vi si chiusero sopra, consci che in essa si nascondeva il segreto di Katlin.

***

Tornarono dagli altri a mattina inoltrata e l’atmosfera cupa che regnava su di loro fece dapprima preoccupare Crysania e Caramon. A giudicare dalle loro espressioni, sembrava che i Grigi avessero riportato una vittoria e non una disfatta su tutta la linea. Quando scoprirono che non era questo il motivo del loro atteggiamento si preoccuparono, se possibile, ancora di più. E i giorni che seguirono non aiutarono a far cambiare loro idea.
Katlin si rinchiuse sempre più in se stessa, evitando anche solo di scambiare parola con gli altri. Di quando in quando si degnava di discutere con Raistlin, quando si accampavano, sempre a voce troppo bassa perché gli altri potessero discernere le loro parole. Di certo, però, Katlin non usava tali conversazioni per confidarsi con il fratello. Il suo atteggiamento non cambiava, anzi peggiorava, quasi che la Veste Rossa avesse deciso di recidere i legami che aveva stretto con loro.
Raistlin si comportava come al solito, essendo già di norma scorbutico, silenzioso e cupo. Spesso, però, i suoi occhi seguivano i movimenti della sorella con uno sguardo così acuto e contrariato che una volta Crysania osò chiedergli: «Raistlin…tu sai cosa sta accadendo a Katlin? Sei l’unico con cui ancora parla e in tutta sincerità sono preoccupata.»
L’arcimago l’aveva guardata appena, corrugando la fronte, poi aveva sussurrato: «Ha qualcosa in mente…oppure ha preso il sentiero oscuro. O sta pensando di prenderlo.»
Crysania aveva atteso ulteriori delucidazioni, ma queste non erano venute. Anzi, Raistlin aveva stretto le labbra in una linea sottile e non aveva aggiunto altro. La chierica aveva sentito una certa incertezza nella voce di Raistlin, oltre alla contrarietà, e questo non era normale. L’atteggiamento di Katlin colpiva anche lui, seppure in maniera diversa rispetto a loro, e sembrava questo presagisse spiacevoli cambiamenti all’orizzonte. Che questo capitasse quando erano ormai a poca distanza dal covo nemico non era certo un bene.
Caramon era forse la persona più a disagio per l’opprimente silenzio che accompagnava il loro cammino. Perfino i kender erano diventati insolitamente silenziosi e seguivano Katlin come ombre nonostante lei non camminasse più con Tas e Kyara ai lati come guardie d’onore.
Ad aumentare il disagio e la sensazione che su di loro aleggiasse qualcosa di profondamente sbagliato era l’atteggiamento di Dalamar. L’elfo oscuro, da quando i maghi erano tornati dal luogo dell’agguato ai Grigi, si era trincerato dietro un viso marmoreo e occhi inespressivi. Era cortese e gelido come era stato un tempo, quando ancora lui non era per loro che l’apprendista di Raistlin, ma non degnava più Katlin nemmeno di uno sguardo. Era orribile che lei non vi facesse caso e Crysania temeva che l’amore di Dalamar per la Veste Rossa si stesse trasformando in odio. La chierica non riusciva davvero a capire cosa potesse aver scatenato quel cambiamento…poi guardava Raistlin, rammentava il passato e sospirava.
Se il sangue di Katlin si volgeva più al fratello mago che a quello guerriero, tutto assumeva un nuovo significato.
Viaggiarono lungo la costa e una notte tesero ai Grigi un’altra trappola, in cui però questi evitarono di andarsi a cacciare. Raistlin aveva ponderato attentamente sulle informazioni avute tramite Kitiara e sui dati emersi dalla ricerca condotta dal Conclave sulle liste dei maghi. Per quanto tale ricerca fosse stata parziale, Raistlin riteneva di poter dire con sicurezza che la setta di nuova origine non poteva contare più di una ventina di membri seriamente in grado di usare la magia. Dieci si erano messi in gioco per ucciderli durante il loro viaggio e di questi otto avevano fatto una brutta fine. Ai maghi rimasti si potevano di certo sommare apprendisti e chierici, mosche che potevano sempre rivelarsi fastidiose, e guardie. Se non si erano circondati di creature armate in precedenza, i Grigi l’avevano di sicuro fatto adesso. L’arcimago riteneva di essere in grado di farsi strada fino alla pietra nera anche da solo. Il fatto di avere a disposizione il potere di Katlin e Dalamar, la spada di Caramon e le doti benefiche di Crysania lo spingevano a pensare che non vi fosse molta lotta di fronte a loro…almeno fino a giungere a quella maledetta pietra. Si sarebbe lasciata trasportare altrove? La magia l’avrebbe davvero distrutta? Raistlin non lo credeva e per questo si era preparato fin dalla partenza da Palanthas a sigillare la pietra sotto la stessa isola, in attesa di trovare un sistema valido per distruggerla.
Tasslehoff, pur essendo un kender dal cervello grosso come una noce, aveva messo il dito sulla piaga giusta. Il frammento che aveva deturpato la fronte di Katlin si era rivelato resistente sia ai poteri clericali che alla magia e questo perché la volontà stessa di Takhisis impregnava l’oggetto. Esso si era distrutto, o era scomparso, nel momento in cui lo Scettro dei Tre aveva sprigionato il suo potere. Significava quindi che occorreva del potere divino per distruggere la pietra? Oppure…un sacrificio?
Raistlin pensava a questo mentre sedeva al riparo dalla tempesta scatenatasi sul mare, rifugiato in una baracca che sapeva di pesce insieme agli altri. Caramon contrattava con un vecchio il prezzo di una barca che li potesse portare al largo e gli altri restavano in silenzio mentre fuori il vento ululava, il mare urlava e la pioggia suonava le percussioni sopra le loro teste.
Un sacrificio, già. Katlin stessa non ne aveva parlato con lui, quasi due settimane prima? E così in ciò che sua sorella aveva visto nella Sfera delle Tenebre si celava un sacrificio…ma di cosa? O forse, di chi?
In un primo momento Raistlin era stato sicuro che Katlin parlasse del sacrificio di una parte di se stessa. Le sue parole e il suo comportamento sempre più chiuso lo avevano portato a pensare che a Katlin fosse stato mostrato un bivio. Ognuna di quelle strade portava alla perdita di una parte di sé e per questo Katlin si tormentava. Raistlin credeva che la scelta fatta a quel bivio sarebbe stata definitiva. Gli Dei sapevano che lui portava ogni momento la sua croce a causa della strada che aveva scelto di percorrere.
Per quanto questo in qualche modo lo toccasse, dato che troppe cose accomunavano la sorella a lui, Raistlin non avrebbe mai aperto bocca sulle scelte di lei finché queste non si fossero messe a cozzare con i suoi piani. Il fatto che avesse lasciato Dalamar in quel modo umiliante, ad esempio, non gli aveva cavato dalla bocca una sillaba di biasimo. Dopo tanti giorni di riflessione, però, Raistlin iniziava a temere che il sacrificio non si risolvesse tutto all’interno dell’animo di Katlin.
Un’immagine continuava a tornargli alla mente: il viso pallido e inerte di Katlin, dopo la distruzione del Portale. Katlin, pressocchè morta. Era stato forse questo…sacrificio…a far scomparire il frammento di pietra che la legava a Takhisis? E in quel caso, non si arrivava a dedurre che occorresse sacrificare una vita per distruggere la pietra nera?
«Un sacrificio di anima o uno di vita, mia cara sorella?» bisbigliò tra le labbra, con voce inudibile, lanciando una brevissima occhiata alla sorella, seduta con le ginocchia contro il petto in un angolo in ombra. Era questo che la spingeva al bivio oscuro? Katlin desiderava vivere con tutta se stessa…si stava forse tormentando sulla scelta di sacrificare se stessa oppure uno di loro, votando la propria anima all’oscurità e alla dannazione? D’improvviso i pensieri di Katlin gli furono chiari come i propri e i suoi lineamenti si indurirono.
Era un’ardua scelta…quale sentiero avrebbe scelto Katlin? E lui doveva fermarla o incitarla? Una mano grande e calda gli si posò sul braccio e lui alzò gli occhi di scatto. Caramon lo stava guardando.
«Abbiamo la barca, Raist.- lo informò, con voce stanca- Quando questa tempesta si calmerà, potremo partire.»
Raistlin, dopo un attimo annuì. Si voltò a guardare la tempesta che infuriava oltre i vetri.
«Quando questa tempesta si calmerà, ne inizierà un’altra.- mormorò- Faremo bene a tenere gli occhi aperti, Caramon, o qualcuno si perderà tra le onde.»
Caramon lo guardò con aria perplessa, intuendo qualcosa dietro quelle parole senza afferrarlo. Raistlin non aggiunse altro. Un fulmine squarciò il cielo, illuminando i suoi occhi maledetti di un bagliore arcano.

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Capitolo 24
*** 23 - Il covo ***


CAPITOLO 23

IL COVO

La sera era calata sulla distesa d’acqua che portava il nome di Mare di Sangue di Istar. La tempesta aveva infuriato per tutta la notte e la mattina successiva, ma durante il pomeriggio il vento forte aveva iniziato a spazzare via le nubi, fermando gli scrosci di pioggia che venivano giù a secchiate. Ora il sole era appena tramontato, il buio aveva ripreso possesso di Krynn e le nuvole continuavano a correre in cielo come nastri sfilacciati, nascondendo la luce delle lune nascenti. Il mare si sollevava in onde orlate di schiuma, onde abbastanza violente da scrosciare sulla costa, ma niente di paragonabile al fortunale della notte precedente.
Il gruppo era pronto a partire. Caramon tratteneva la barca, immerso fino alla cintola nell’acqua scura mentre gli altri vi prendevano posto. Katlin li guardava salire sulla barca, ultima della fila ad attendere il suo turno sulla spiaggia. Il suo era lo sguardo indifferente di un alchimista che valuta quale cavia sottoporre agli esperimenti, ma nessuno poteva coglierne la sfumatura in quel buio. In ogni caso, nessuno la guardava. Erano tutti occupati a mantenere l’equilibrio tra un’onda e l’altra o ad osservare cosa il dito magro di Raistlin stava indicando.
«Ecco, quasi alle nostre spalle si erge la collina delle visioni di Katlin.- stava dicendo l’arcimago a Caramon- Un colle tra due villaggi di pescatori fiocamente illuminati…direi che non ci sono dubbi. L’isola si trova non troppo al largo, in linea retta tenendo la collina alle nostre spalle. Tutto chiaro?»
«Sì, ho visto una sagoma oggi pomeriggio, quando la pioggia ha smesso di cadere.- borbottò Caramon- Io posso remare fin là, ma con queste onde ho paura che finiremo capovolti dopo qualche…»
«Non finiremo capovolti, Caramon. Se ne occuperà Katlin. Non è così, sorella mia?»
«E’ così.» fu la breve risposta di lei. Era ancora immobile sui sassi della spiaggia, in attesa che Raistlin salisse dietro a Crysania. I kender erano già a bordo e Dalamar sedeva a prua, rivolto verso l’isola. Sarebbe stato lui ad occuparsi di eventuali intoppi sulla loro rotta. Il potere di Raistlin doveva essere conservato per sterminare i Grigi, possibilmente in un colpo solo.
«Mi fido di Kat, ma…attenta, Dama Crysania, appoggiati…ma non sono tranquillo.» reiterò Caramon. Raistlin sospirò, irritato, e non fece nessuno sforzo per convincerlo, decidendo che i fatti avrebbero parlato per lui. Si fece aiutare a salire, poi Katlin lo seguì, affidando la sua mano a Caramon senza guardarlo in volto.
«Kat…» mormorò lui, scrutandola. I lineamenti di lei sembravano scolpiti nel marmo.
«Sali, Caramon. Devo lanciare l’incantesimo.» disse Katlin, e la sua voce risuonò chiara, pacata ma dura come una pietra. Caramon corrugò la fronte, perplesso e preoccupato, e non si accorse che Raistlin fissava a sua volta la sorella con espressione inquietante. Sospirando, il guerriero spinse la barca verso il largo, vi saltò dentro con qualche difficoltà, poi afferrò i remi mentre l’imbarcazione veniva immediatamente sballottata da una grossa ondata che minacciò di respingerli sulla spiaggia.
Le labbra di Katlin si mossero mentre estraeva un pugnale dalla cinta e passava sopra alla lama una mano appena intinta nell’acqua salmastra. Sempre mormorando, la Veste Rossa poggiò il pugnale, che ora brillava di una fredda luce blu, sul fondo della barca, con l’elsa verso di sé e la punta rivolta all’isola. Immediatamente, la barca si stabilizzò.
Caramon guardò verso poppa e vide le onde dividersi a metà ad almeno due metri dalla barca, cosa che li faceva galleggiare su una piccola fetta di mare calmo. Il vento continuava a frustarli ed eliminava dalle opzioni l’uso dell’unica vela, ma non avrebbe agito troppo a sfavore.
«E’ da pazzi! Guarda come si frange l’onda…» mormorò Tasslehoff, ammirato.
«Kat, è un incantesimo bellissimo!» disse Kyaralhana, battendo le mani eccitata. Raistlin alzò una mano e fece un gesto secco.
«Rema, Caramon. Non siamo qui per chiacchierare.» ordinò, aspro. Caramon si sedette al suo posto e afferrò i remi nelle mani possenti. Per un attimo, un brivido lo attraversò e il guerriero avvertì la tentazione di buttare quei legni a mare, costringere tutti a scendere dalla barca e sospingerli fino a Palanthas con le buone o con le cattive. Era l’espressione che intravedeva appena tra le ombre sul volto di Katlin a fargli desiderare questo, ma non osò seguire il proprio istinto né ritardare oltre, non sotto lo sguardo pungente del suo gemello. Stavano andando in battaglia e avere quel genere di pensieri era sbagliato alla radice. Non potevano stare ad aspettare che Takhisis facesse i suoi comodi: in un modo o nell’altro erano obbligati ad agire.
L’imbarcazione, grazie ai colpi poderosi di Caramon, prese il largo sulle acque scure. Tutti fecero silenzio, perfino i kender: inoltrarsi nel mare al buio era una cosa abbastanza inquietante da zittire anche Tas e Kyara.
Katlin sedeva a poppa e tutti, tranne Caramon, le davano le spalle. Lei non guardava loro, ma il buio di fronte a sé e con l’occhio della mente scrutava quello dentro di sé. Quella barca la stava conducendo al suo destino, in un modo o nell’altro, e Katlin aveva riunito in sé tutte le proprie forze, esaltandole e preparandole allo scontro. La sua mente era desta e vigile, i suoi sensi acuti come erano stati poche volte in precedenza. Paradossalmente, gran parte della sua anima era invece al momento rinchiusa in una proiezione mentale della stanza che era stata la sua gabbia per tanti anni da non poterli nemmeno contare…quella stessa stanza mentale in cui Raistlin e Caramon l’avevano ritrovata l’anno prima e da cui l’avevano strappata, riportandola alla vita.
Ora Katlin vi si era rinchiusa di proposito, preparandosi a morire o a perdere se stessa.
Spazzò con lo sguardo la distesa marina ai lati della barca mentre ripensava a ciò che aveva visto nella Sfera delle Tenebre. Non era stata una visione del futuro, ma una chiara comprensione di ciò che occorreva per distruggere un oggetto veicolante la volontà di Takhisis: un sacrificio di vita e magia. Lasciando che la pietra assorbisse l’intero potenziale magico di un usufruitore di magia insieme alla sua vita, la pietra si sarebbe spaccata, diventando inutilizzabile per la dea Takhisis. E su chi sarebbe ricaduto questo onore?
Katlin non aveva avuto dubbi: era questo il vero motivo per il quale gli Dei l’avevano fatta tornare su Krynn. Lei era una vittima sacrificale. Non era forse già morta una volta? Come aveva potuto pretendere di vivere una nuova vita, completa densa di tutto ciò che le era sempre mancato?
Alla disperazione si era presto sostituita una rabbia che Katlin aveva sperimentato solo attraverso la mente di Raistlin. Tutto in lei si era ribellato a quel destino, aveva rigettato la propria identità di vittima e la sua mente era stata preda di pensieri orribili e oscuri.
Perché doveva essere lei a sacrificarsi? Perché non Raistlin, o Dalamar, o un qualsiasi dannato mago del Conclave?! Ma Raistlin, con la sua mente acuta, avrebbe saputo presto qual’era il segreto della pietra e non si sarebbe fatto remore nello spingere lei al sacrificio per salvare se stesso. Non si sentiva nemmeno di biasimarlo per questo.
Forse Dalamar? Ah, ma lui non avrebbe mai fatto il gesto nobile di sacrificarsi per la salvezza di Krynn…e nemmeno per la sua. E poi, voleva davvero spingerlo alla morte? Avrebbe sopportato la vista di se stessa negli anni a venire dopo una cosa del genere? Ma non era poi già orribile che le fossero anche solo passate per la mente certe ipotesi?!
Nessun mago del Conclave, tranne forse Par-Salian, aveva il potenziale magico adatto al sacrificio e il vecchio non possedeva certo la forza vitale necessaria. Nessun mago del Conclave poteva sostituirla, a parte suo fratello e Dalamar, il che era fuori discussione.
Aveva valutato persino l’ipotesi di sacrificare la propria magia insieme alla vita di qualcuno degli altri. Ingenui e affettuosi com’erano, di certo l’avrebbero seguita senza batter ciglio. Perdere la magia, però, era come perdere la vita, quindi tanto valeva andare fino in fondo. Quando si era resa conto di aver valutato l’ipotesi di tradire uno dei suoi amici, si era ritratta da se stessa. Era rimasta sorpresa di non vedere le sue vesti tingersi di nero. Il bivio davanti a cui si trovava in realtà non esisteva e conduceva a un’unica soluzione.
Sapendo di non avere altra scelta, Katlin si era nutrita di una rabbia sorda e rancorosa e aveva rinchiuso i propri sentimenti nella prigione mentale, cercando di allentare i suoi legami con gli altri. Aveva spezzato quello con Dalamar. Tanto valeva farlo quando ancora lui poteva odiarla: uno in meno che avrebbe sofferto alla sua morte. Eppure lei non voleva morire! Non si era rassegnata, non desiderava cedere! Come Raistlin aveva usato ogni frammento di forza, ogni briciola di magia per vincere Takhisis, lei si sarebbe scontrata con la Dea con la ferma intenzione di rimanere in vita.
Eppure, già avvertiva la voce della Dea che la chiamava, legata a lei a causa della possessione che aveva subito. Takhisis avrebbe gradito il piacere di ucciderla di persona ma lei, a qualunque costo, non voleva darle questa soddisfazione.
«Arriva.» mormorò Raistlin. Davanti a loro l’acqua si sollevò ed esplose, mentre dagli abissi usciva un drago d’acqua dalle fauci spalancate, che li assordò con uno stridio quasi troppo acuto per poter essere veramente udito. Impassibile, Katlin guardò Dalamar alzarsi in piedi a prua e iniziare la sua battaglia magica contro il drago marino. La maga sapeva come si sarebbe risolto lo scontro: non era destino che morissero lì.
Pur restando con tutti i sensi all’erta, poté permettersi di indugiare un istante con i suoi pensieri su Dalamar. L’odio di lui per lei cresceva di giorno in giorno, come Katlin sapeva sarebbe stato. Se fosse morta ora, l’elfo oscuro ne avrebbe provato dolore, ma come quello di una ferita superficiale presto rimarginata. Dalamar era facile all’odio, come le sue vesti nere dimostravano, e Katlin aveva recitato molto bene.
“Era comunque un amore destinato a finire nella sofferenza.” si disse, sopendo il pungolo di dolore che le giunse dalla stanza buia in profondità dove aveva seppellito anche il suo amore. Katlin sapeva che Dalamar l’aveva amata davvero, ma l’animo dell’elfo non possedeva né la fiducia né la purezza necessaria a continuare ad amare pur senza essere ricambiato. Era bastato poco, silenzio ed una umiliazione, per trasformare la sua passione in rancore.
Il drago ricadde in acqua, straziato, sollevando onde che non toccarono gli occupanti dell’imbarcazione. Il volto di Dalamar sembrava pallido e teso, nel buio, ma deciso. Era nel pieno delle sue forze, mondo da distrazioni, e questo era un bene. Pietra nera o meno, la battaglia che li attendeva non era da prendere sottogamba.
Ripresero a procedere verso l’isola, che finalmente iniziava a stagliarsi sul mare come una frastagliata collina ricoperta di vegetazione, una sagoma scura contro il cielo notturno.
«C’è una barriera.» li avvisò Katlin.
«Io non vedo niente.» disse Tasslehoff, perplesso.
«E’ magica?» chiese Caramon, voltandosi dopo un poderoso colpo di remi.
«No, non proprio.- mormorò Dalamar, voltandosi poi verso il suo maestro- Shalafi?»
«E’ una barriera sacra, innalzata dai chierici di Takhisis.- disse lui, con calma, alzando poi lo sguardo su Crysania- Pensi di poter fare qualcosa?»
«Posso provare.» disse Crysania, alzandosi in piedi. Traballò fino alla prua, dove Dalamar le fece posto, e rimase in piedi fissando di fronte a sé, concentrata. La chierica avvertì senza difficoltà la forza oscura che circondava l’isola, rifiutando ogni intrusione. Rabbrividì, sentendo gli occhi della Dea oscura intenti a scrutarli. Takhisis sapeva benissimo che stavano arrivando e ciò che più turbava Crysania era avvertire trionfo e non dispetto o sconfitta. Questo la riempì di inquietudine e si voltò verso gli altri.
«Raistlin…» disse.
«Non dirmi che non ce la fai, Crysania.» disse lui, sprezzante. Crysania sentì i muscoli tendersi in risposta a quel sarcasmo non desiderato.
«Raistlin, Lei ci aspetta.» disse, tra labbra che sentì aride.
«Lo so.- fu il sussurro dell’arcimago- Fai quello che devi, Crysania.»
Crysania si sentì smarrita. Raistlin sapeva che Takhisis li voleva là, ma non aveva tentennamenti. Guardò gli altri. Caramon sembrava preoccupato, i kender la fissavano in silenzio. Dalamar era cupo e pallido. Katlin, seduta a poppa, la fissava con occhi inespressivi come specchi. D’un tratto Crysania ebbe la certezza di poter capire cosa la veste rossa nascondeva dietro i suoi silenzi, ma la sua anima si ritrasse da quella consapevolezza quasi con orrore. Tornò a guardare di fronte a sé e raccolse le forze, decisa a non permettere alla Dea Tenebrosa di instillare la paura nel suo cuore. I chierici di Takhisis non l’avrebbero sconfitta.
«Ho aperto una porta proibita. Non mi farò fermare da una barriera.» mormorò, mentre il vento le scostava i capelli neri dal volto e glieli arruffava dietro le spalle. Allargò le braccia e iniziò a pregare il suo Dio. Le parole della preghiera le infusero nell’animo la pace e la sicurezza di cui aveva bisogno. Non si accorse di aver cominciato a splendere come una stella. Dietro di lei, Katlin seguì l’esempio di Dalamar e scostò lo sguardo, non reggendo tutta quella luce. Pensare che fino all’anno prima indossava la veste bianca…
«Paladine!» gridò Crysania, splendida e terribile, imponendo una mano di fronte a sé. Caramon e i kender, attoniti, videro la luce uscire dal suo palmo e spandersi su qualcosa…la barriera che racchiudeva l’isola e non permetteva loro di entrare. La luce la rese visibile, poi sulla sua superficie comparvero numerose crepe, come vetro che sta per rompersi. In breve, le crepe si aprirono e la barriera si dissolse, lasciando Crysania sfinita. Dalamar la aiutò a sedersi quando minacciò di cadere.
«Ben fatto.- fu il solo commento di Raistlin- Ora comincia la vera battaglia.»

***

A ripensarci, sembrò che fossero state proprio le parole di Raistlin a dare inizio allo scontro.
Non appena superarono la barriera vennero attaccati da creature frutto d’evocazione, che piombarono sulla loro barca con occhi rossi assetati di sangue. Furono Katlin e Dalamar a sistemarli, mentre Raistlin ordinava seccamente a Caramon di continuare a remare, qualunque cosa fosse accaduta. Prima avessero toccato il suolo dell’isola, prima avrebbero potuto affrontare i Grigi e non le loro misere creature. Non fu facile attraversare la stretta fascia di mare che ancora li separava dalla spiaggia sassosa. Gli incantesimi illuminavano la notte di arcani bagliori, i corpi dei mostri evocati cadevano in acqua con grida orribili a sentirsi, mentre il puzzo di carne bruciata o peggio riempiva l’aria.
Caramon strinse i denti e continuò a remare finché la barca non si incagliò sul fondale, ad un paio di metri dalla spiaggia.
«Giù!» disse il guerriero, alzandosi in piedi e sfoderando la spada.
«Aspettate…» disse Crysania, mentre Dalamar e Katlin continuavano a combattere. La chierica impose le mani prima sul capo di Caramon, poi su quello dei due kender. «Ecco, ora siete protetti da Paladine. Se incontreremo chierici oscuri non potranno maledirvi.» spiegò quando ebbe concluso.
«Io mi sento uguale a prima, ma mi fa piacere saperlo, Dama Crysania.» disse Tasslehoff, sorridendo, prima di saltare in acqua e correre verso la spiaggia con Kyaralhana alle calcagna. Caramon aiutò Crysania e Raistlin, mentre gli altri due maghi finivano le creature rimaste e saltavano a loro volta sul basso fondale, abbandonando la barca. Corsero sulla spiaggia seguendo Katlin, che a sua volta era guidata dalle immagini che la sua mente aveva conservato dagli stati di trance. Sapeva dove si trovava l’ingresso del covo sotterraneo e guidò gli altri con sicurezza nonostante la sua mente non cessasse di torturarsi su ciò a cui stava andando incontro.
L’ingresso si trovava all’interno di una grotta naturale, poco più di una fessura nella roccia della collina coperta di vegetazione che costituiva l’intero isolotto. Come era logico aspettarsi, esso era presidiato da draconici, che li attaccarono non appena li videro spuntare. Katlin storse il viso in una smorfia di derisione e si fermò, lasciando che gli altri le passassero davanti. Non poteva sprecare la sua magia con gli insetti, se non voleva vanificare il suo sacrificio. Strinse i pugni, ma quella fu la sola prova dei pensieri che la tormentavano e nessuno ebbe modo di accorgersene.
Tranquillo finchè c’era da affrontare gentaglia di quel tipo, Caramon si stava già facendo largo con la sua spada, con i kender a dargli man forte. Dalamar collaborava con i suoi letali incantesimi e fu presto chiaro che una truppa così esigua non li avrebbe fermati né ostacolati a lungo. Katlin si sentì afferrare per un gomito.
«Vieni.» le sussurrò Raistlin, fissandola con i suoi occhi maledetti. Lei annuì e aggirò la lotta con lui e Crysania per giungere infine alla grotta. Si inoltrarono nel buio alla luce del Bastone di Magius, trovandosi davanti una porta chiusa sbozzata malamente in pietra scura. Coloro che si erano insediati laggiù non avevano ancora avuto il tempo di indulgere nei dettagli.
«Ci sono chierici, là dietro. Li sentite?» sussurrò Raistlin, con un sorrisetto venefico. Entrambe le donne annuirono. «Se pensano di fermarci, sono in errore.»
Raistlin alzò una mano e pronunciò una singola parola. La porta si spalancò verso l’interno con tale violenza da esserne spezzata. Dalle grida fu chiaro che i pezzi avevano travolto alcuni dei chierici che si nascondevano dietro di essa e nessuno dei tre diede loro il tempo di riprendersi dalla violenza dell’attacco. Tra incantesimi mortali e puro potere benefico non ci volle molto per forzare la resistenza alla porta. I chierici rimasti fuggirono lungo uno stretto corridoio illuminato da torce che scendeva con forte pendenza nel sottosuolo.
«Non sono davvero forti, ma sembra che questo posto contenga più ospiti di quanto supponevamo.» disse Katlin, dura, mentre entravano nel corridoio.
«Vorrà dire che la battaglia sarà più lunga.» tagliò corto Raistlin, corrugando la fronte. In quel momento vennero raggiunti di corsa dagli altri, affaticati per la battaglia.
«Alcuni draconici sono scappati, Raist, ma visto che non si sono buttati a mare ho paura che li ritroveremo da qualche parte.» ansimò Caramon, la cui spada era coperta di sangue. Kyara aveva un brutto taglio ad un braccio e Dalamar era pallido e sudato. Soltanto Tasslehoff sembrava in gran forma.
«Scendiamo.- ordinò Raistlin- Ci sarà da farsi strada con le unghie e con i denti. Occhi aperti.»
Non ebbero bisogno di fare particolare attenzione. Vennero attaccati a più riprese e frontalmente da tutti gli ospiti di quella struttura ancora in fase di costruzione. Scesero lungo il corridoio in relativa tranquillità, prima di giungere a un bivio in cui dovettero conquistarsi il passaggio contro i chierici fuggitivi. Non ne rimase neanche uno in vita, dopo la breve lotta, e questo consentì a Katlin di guidare gli altri lungo una diramazione scavata nella roccia sulla loro destra. Svoltarono ancora a sinistra, udendo senza difficoltà il rumore di passi in corsa e metallo tintinnante che li stava raggiungendo. Altri nemici.
La spada di Caramon bevve di nuovo sangue di draconico, e poi ancora e ancora, in un susseguirsi di attacchi male organizzati che ridussero a niente la già esigua guarnigione a difesa del covo. Dei maghi grigi ancora nessuna traccia, ma Raistlin sapeva che li avrebbero trovati dove il loro potere era più forte: nella stanza in cui veniva custodita la pietra nera di Takhisis. Si fecero strada in una vasta sala dal soffitto a volta, dove trovarono ad attenderli gli apprendisti della setta.
Mentre Caramon, i kender e Crysania tenevano a bada un gruppo di draconici che con tutta probabilità era composto dai fuggitivi di mezz’ora prima, i tre maghi insegnarono allo sparuto gruppo di usufruitori di magia cos’era il vero potere. Ben presto nella sala tornò il silenzio. Il pavimento e l’ingresso della sala erano disseminati di cadaveri. Raistlin tossì, una scarica di singulti violenti che lo fece piegare in due, ma si passò un fazzoletto sulla bocca e si raddrizzò, rifiutando di lasciare che la debolezza lo invadesse. Lo attendeva ancora il compito più difficile. Guardò gli altri.
Erano tutti molto stanchi…tutti, tranne Katlin. A Raistlin non era sfuggito che la sorella stesse conservando le forze. Aveva usato solo incantesimi poco impegnativi e di sicuro effetto, non si era sprecata nell’aiutare Caramon e gli altri nei combattimenti corpo a corpo, come in altre occasioni non si sarebbe rifiutata di fare. Sembrava centellinasse le proprie energie, come preparandosi a…
«Shalafi, sembra non ci sia più nessuno.» disse Dalamar, spezzando le sue riflessioni. Raistlin lo fulminò con un’occhiata che l’elfo oscuro non capì, poi annuì.
«Credo che a questo punto i Grigi siano privi di copertura.- disse l’arcimago, tornando a concentrarsi sul suo scopo- Se vuoi guidarci alla sala principale, sorella mia…»
Katlin annuì, oltrepassando le due Vesti Nere senza una sola occhiata. Dalamar strinse le labbra nel guardarla passare. La rabbia che provava per lei cresceva di giorno in giorno. Lo sguardo dello Shalafi nel momento della sua umiliazione gli scavava l’anima come un cancro. Dalamar era ormai sul punto di odiare Katlin e mentre la seguiva assieme agli altri lungo un ennesimo corridoio illuminato da torce si sorprese a pensare a cosa avrebbe provato nell’affondarle un pugnale in mezzo alle scapole, a vederla cadere, con la bocca piena del suo stesso sangue, guardandolo attonita mentre pronunciava il suo nome con l’ultimo respiro…
Dalamar scosse il capo e si portò una mano alla fronte, stupito per la vividezza e la crudeltà di quel pensiero. Da dove diavolo gli era venuto fuori? Era vero, odiava Katlin per quello che gli aveva fatto, ma da qui a desiderare di ucciderla ce ne voleva!
“E’ la volontà di Takhisis. Si insinua nei miei pensieri e li distorce!” si rese conto con spavento. Si avvicinò a Raistlin e lo chiamò a bassa voce. Quando lui lo guardò, l’elfo disse: «Shalafi, avverto lo volontà della Regina delle Tenebre che si insinua nei miei pensieri.»
Raistlin annuì.
«Scherma la tua mente, apprendista. Da qui in poi, Lei cercherà di prendere possesso di noi e delle nostre azioni. Se abbiamo trovato così scarsa resistenza è perché la Dea spera ancora di averci tra le sue grinfie.» lo avvertì. Dalamar annuì, ponendo più attenzione a ciò che pensava e faceva. Giunsero finalmente su un largo pianerottolo da cui si dipartiva una scala in pietra che scendeva nel buio. Un’aura malefica si sprigionava da quelle profondità, gelando il sudore sulle loro fronti.
«E’…quaggiù?» chiese Caramon. La voce gli uscì a fatica e si accorse con un attimo di ritardo che Tas e Kyara gli si erano fatti dappresso. Entrambi avevano il viso tirato e bianco, cosa non comune. Katlin annuì.
«E’ qui sotto. Dobbiamo scendere.» disse. Nella sua voce c’era un che di sognante che a Dalamar non piacque. La guardò, chiedendosi se Takhisis non stesse prendendo possesso della sua mente, ma a prima vista non sembrava. Lo Shalafi stava ordinando agli altri di rimanere lì ad attenderli.
«Andrò solo con Katlin e Dalamar. Voi non reggereste un tale confronto con Lei.- stava dicendo- Inoltre, farete attenzione a che nessuno passi di qui e venga a disturbarci in un momento cruciale.»
Dalamar ascoltò con un certo fastidio le proteste di Caramon Majere. Immaginava che ve ne sarebbero state, ma riteneva che questa mancanza di comprensione del gemello dello Shalafi fosse irritante. Era ovvio che…In quel momento, una sensazione di gelo invase Dalamar, seguito da un dolore obnubilante al fianco. Il grido rauco che gli scaturì dalle labbra zittì gli altri, che si voltarono verso di lui.
«Lieta di rivederti, Dalamar.» disse una voce di donna al suo orecchio…una voce allettante e mortifera come il gelo che gli stava risalendo nelle membra. Lui conosceva quella voce. Si voltò, sentendo che il tempo si dilatava in eterno, avvertendo a malapena le esclamazioni degli altri nel vedere cos’era accaduto. Dalamar si trovò a fissare in viso lo spettro di Kitiara, che lo aveva appena trafitto con un pugnale dell’oltretomba e che ora lo guardava con il suo famoso sorrisetto in tralice.
«Ki…tiara?» rantolò Dalamar, inorridito.
«Addio, Dalamar.» sussurrò lei, accentuando il sorriso. La lama fantasma si fece strada più in profondità nelle sue carni, togliendogli il fiato, e Dalamar cadde in un nero oblio.

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Capitolo 25
*** 24 - Il sacrificio ***


CAPITOLO 24

IL SACRIFICIO

Quando Katlin si voltò e vide Kitiara avvinghiata a Dalamar come un’amante, con la bocca sardonica che gli sussurrava qualcosa nell’orecchio, per un istante ebbe la certezza di stare guardando la materializzazione di una sua fantasia malata dovuta a un calo di attenzione nella sua barriera mentale. Takhisis si era infiltrata nei suoi pensieri e iniziava ad alterarli.
Poi il gelo dei non morti le investì il corpo, vide la parete attraverso il corpo di Kitiara e il rauco grido di dolore di Dalamar le raggiunse le orecchie. Vide con orrore il pugnale, l’arma fantasma pregna di potere oscuro, scomparire nel fianco di Dalamar. L’elfo divenne bianco come un morto, gli occhi gli si rovesciarono nelle orbite e il suo corpo si accasciò sul pavimento in una posa scomposta che riempì la mente di Katlin di orrore. Kitiara rise, le mani sui fianchi, i suoi occhi scuri pregni di soddisfazione per la vendetta compiuta mentre li guardava tutti con disprezzo.
«Pensavate che Lei non avesse disposto altri accorgimenti, miei cari fratelli?» stava dicendo con la sua voce ultraterrena. Katlin, vagamente, sentì Caramon balbettare qualcosa, sconvolto. Gli altri sembravano impietriti. Raistlin strinse gli occhi maledetti in due fessure, profondamente irritato per quella piega inaspettata degli eventi. Aveva messo in conto Kitiara fin dal principio, cosa che invece pareva essere sfuggita ai suoi apprendisti, in quanto Dalamar si era fatto cogliere di sorpresa come un pivello. E questo perché? Perché mascherando la mente agli attacchi di Takhisis avevano ridotto anche la loro percezione di ciò che si muoveva nelle ombre.
L’arcimago era contrariato soprattutto perché aveva perso Dalamar in quel modo stupido quando invece avrebbe potuto essergli tanto utile. Raistlin da qualche giorno aveva deciso di sacrificarlo. Quando aveva compreso l’entità della visione di Katlin, e la decisione pur tentennante di lei di sacrificarsi, aveva deciso di giocarsi l’apprendista piuttosto che perdere la sorella, che era troppo utile per i suoi futuri piani di conquista. Freddamente, aveva deciso che una volta uccisi i Grigi avrebbe legato Katlin con un incantesimo e spinto Dalamar a soggiogare la pietra, ovviamente senza spiegargli che questo gli sarebbe costato la vita. Katlin l’avrebbe odiato per questo, ma l’odio di lei non era un problema finché i loro obiettivi nella magia restavano gli stessi. Ora, tutto il suo perfetto piano era saltato grazie alla sua disgraziata sorellastra, che perfino da morta gli metteva i bastoni tra le ruote.
Questi pensieri gli attraversarono la mente in un solo istante, poi Raistlin alzò una mano per far pagare allo spirito la sua inopportuna azione. Non fece in tempo ad agire. Katlin storse il volto in una smorfia di furia terribile, sollevò la mano e dalla sua bocca la voce esplose nella parola di comando come se i suoi polmoni avessero espulso il fiato tutto in una volta. Kitiara vacillò sotto quell'attacco, la sua apparenza tremolò e il suo sorriso scomparve.
«Sparisci, Kitiara! Che tu sia maledetta!» disse Katlin. I suoi occhi sprizzavano odio, si ergeva con tanta veemenza che ogni muscolo del suo corpo vibrava. Kitiara fece una smorfia.
«E’ stato l’amante di entrambe. Chissà, forse un giorno avrebbe ucciso anche te…sorella. Dovresti ringraziarmi.» Sorrise, un sorriso che alimentò l’odio di Katlin tanto da riempire la sua testa di fiamme. Non poteva sapere quanto in quel momento si somigliassero, quanto il sangue che le univa fosse evidente a tutti coloro che erano lì attorno.
«SPARISCI, KITIARA!» gridò. La sua voce parve colpire lo spirito della spadaccina come una cosa fisica. Ne disgregò la forma e Kitiara scomparve, portando via con sé il gelo che l’accompagnava.
«Non è…un addio…» furono le ultime parole che echeggiarono nella penombra. Katlin abbassò il braccio, ma la violenza della sua furia sembrava non volerla lasciare. Sempre vibrando come una corda d’arpa, si diresse verso il corpo di Dalamar con movimenti rigidi e meccanici. Crysania tremava, sconvolta, le mani sulla bocca. Caramon afferrò Raistlin per un gomito, ottenendo la sua attenzione.
«Kitiara…Kitiara è…» balbettò.
«Oh, non è distrutta, fratello mio. Dopotutto, è già morta.- disse Raistlin, con disprezzo- Per un po’ però non potrà manifestare la sua forma fisica. Takhisis ha comunque ottenuto ciò che voleva.»
«Uccidere Dalamar?! Raist, io non capisco…» mormorò Caramon, pallido. Raistlin lo allontanò da sé con un gesto infastidito. La Dea voleva che fosse Katlin a sacrificarsi e grazie a Kitiara non lasciava a Raistlin nessuna alternativa se non quella di perdere la sorella. Un Majere in meno sulla faccia di Krynn. Le sue labbra si storsero in una smorfia di rabbia, poi si avvicinò ai due maghi a terra. Katlin aveva una mano posata sul volto di Dalamar. Sembrava accarezzarlo e Raistlin corrugò la fronte. Sarebbe stato il primo gesto consono a lei da settimane e capitava nel momento sbagliato, quando doveva essere più lucida. Quando alzò il viso per guardarlo, però, gli occhi di lei erano asciutti come al solito.
«Non è ancora morto.» disse. La sua voce minacciò di rompersi, ma recuperò con presenza di spirito.
«Morirà a breve. Una ferita inferta dal pugnale di un non-morto…»
«Sì, già il suo corpo diventa freddo.- ammise Katlin- Crysania, verresti qui per favore?»
Crysania si avvicinò alla maga e si inginocchiò accanto al corpo inerte di Dalamar.
«Crysania, puoi chiudere almeno la ferita?- le chiese Katlin, indicando lo squarcio al fianco che perdeva copiosamente sangue- Non credo che si salverà, non con il gelo della morte in corpo…e qui non abbiamo il tempo di prestargli cure adeguate.»
Crysania alzò gli occhi grigi su Katlin, scossa dalla freddezza della sua voce, ma quando vide i lineamenti di lei tremare per la tensione, gli occhi fissi sul volto immoto dell’elfo, le salì in corpo una gran voglia di piangere. L’amore di Katlin per Dalamar traspariva dagli occhi di lei, che dai freddi specchi di quelle ultime settimane erano tornati umani e pieni di dolore. Katlin amava ancora Dalamar. Allora perché…perché era stata così fredda e distaccata per tutto quel tempo? Perché si era allontanata da tutti loro con una pertinacia impressionante?
«Katlin, cosa devi fare laggiù?» sentì se stessa chiedere attraverso labbra intorpidite.
«Crysania, per favore…» mormorò lei, indicandole di nuovo la ferita. Crysania si morse le labbra e annuì, chiudendosi nella preghiera per guarire Dalamar. Avvertì subito la forza oscura che gli scorreva nelle vene, diretta al cuore. Fermarla, o anche solo arginarla, le sarebbe costato tutte le sue forze e anche così non si sentì sicura di riuscirci.
Raistlin seguì la scena senza battere ciglio, poi si voltò verso il fratello e i kender.
«Caramon, voialtri resterete qui. Dalamar non può essere lasciato solo, anche se è probabile che muoia.» disse, piano.
«Come puoi dirlo con tale leggerezza? E’ il tuo apprendista!» disse Caramon, lanciando un’occhiata angosciata a Katlin, che però non si era mossa. Raistlin corrugò la fronte e l’espressione allarmante sul suo volto zittì il guerriero. Dalamar non era certo la prima vittima che Raistlin si lasciava alle spalle.
«Restate qui anche per coprirci le spalle.- aggiunse, duro- Stiamo per combattere contro i Grigi e poi contro Takhisis stessa. Un’interferenza potrebbe costarci la vita.»
Caramon strinse le labbra, ma annuì. Tasslehoff e Kyaralhana si scambiarono un’occhiata cupa così inusuale per loro da instillare una punta d’allarme nell’arcimago. Guardò Caramon negli occhi e tra loro passò una comunicazione silenziosa. Il guerriero, pur riluttante a sua volta di essere lasciato di guardia, annuì. Non avrebbe permesso a Tas e Kyara di compiere qualche azione avventata. Raistlin allora si voltò verso Katlin per richiamarla. Ristette un istante nel vederla inginocchiata accanto a Dalamar, i capelli scarmigliati a lato del viso, un’espressione sul volto che era al contempo indifferente e indice di una ridda di sentimenti confusi. Stava per incitare sua sorella ad andare al sacrificio, strappandola per sempre non solo ai piani che aveva per lei ma anche alla possibilità di vivere e conoscere qualche briciolo di felicità.
«Katlin, dobbiamo andare.» disse infine, impietoso. Non c’era altra scelta.
Katlin annuì, anche se tutto dentro di lei gridava che non sarebbe andata da nessuna parte, che se proprio doveva morire preferiva sdraiarsi accanto a Dalamar su quel freddo pianerottolo e aspettare che Kitiara venisse a pugnalare anche lei. Sfiorò di nuovo il viso dell’elfo, augurandogli di vivere anche se vedeva pochissime speranze per lui. Si sentiva piena di tante lacrime da poterci affogare, ma non ne versò nemmeno una. Infilò una mano in tasca, ne estrasse la gemma che lui le aveva donato l’anno prima e la introdusse in una delle tasche della veste nera di lui.
“Addio.” pensò, incapace di articolare parola. Si alzò e senza guardare nessuno perché non leggessero la verità nei suoi occhi si incamminò lungo la scala, lasciandoseli alle spalle. Non voleva salutarli, non voleva che capissero che era l’ultima volta che la vedevano. Raistlin scese le scale dietro di lei e presto i due scomparvero nell’ombra. Caramon fissò Dalamar, cupo. Il presentimento che lo aveva colto al momento di salire sulla barca si era fatto più forte. Il mormorio delle preghiere di Crysania riempiva l’aria ma come non sembrava portare giovamento all’elfo oscuro, così non riusciva a rassicurare l’animo del guerriero. Takhisis laggiù era forte e la luce di Paladine sembrava troppo lontana perché potesse raggiungerli.

***

«Li sistemi tu?»
«Sì. Tu avrai altro da fare, non è così?»
Katlin si voltò verso il gemello. Erano entrambi fermi a tre gradini da una porta di ferro attraverso cui potevano sentire un potenziale magico sul punto di scatenarsi e l’aura di Takhisis lambirli come una mano viscida e fredda. I Grigi li attendevano là dietro, pronti a scatenare una magia che li avrebbe distrutti. Non si rendevano conto che per un mago che aveva quasi sconfitto la Regina delle Tenebre ridurre a niente la loro magia non era poi una prova così difficile.
«Lo sapevi.» disse Katlin, e non fu una domanda. Ciononostante, Raistlin annuì. «E non mi fermerai.» Di nuovo, un’affermazione.
«Avrei mandato Dalamar al posto tuo.» disse Raistlin, gelido. Lei strinse appena le labbra, ma non sembrò sorpresa. Raistlin non si aspettava che lo fosse: sua sorella aveva un’intelligenza acuta e aveva vissuto nella sua mente per molto tempo.
«Dalamar sta morendo comunque…e tra poco morirò anch’io. E tu non farai niente per impedirmelo.» mormorò Katlin, guardando la porta di metallo.
«Se una volta valutate tutte le ipotesi non c’è scelta, allora la scelta non esiste.- disse Raistlin, con una lieve smorfia- Ho conservato la forza per uccidere i Grigi, ma sono stanco e questo sarà l’ultimo sforzo che potrò fare. In ogni caso, ti puoi scordare che mi sacrificherei, che ci sia in gioco o meno il destino di Krynn.»
«Non avevo dubbi riguardo a questo e non te l’avrei chiesto.- disse Katlin, secca- Ho valutato tutte le ipotesi e si sono sfaldate come carta vecchia. Serve un sacrificio di vita e magia. Spetta a me.»
«Avresti preferito sacrificare qualcuno degli altri?» le chiese Raistlin, crudele. Lei fece un sorriso contorto.
«Ho valutato l’ipotesi, pur sapendo che non aveva senso. La rabbia colpisce anche gli innocenti, come tu sai.» Gli rivolse un’occhiata gelida. «Non rinnego che se l’occasione si fosse presentata sarei stata tentata di farlo. Visto come stanno le cose, posso sottrarmi alla vergogna di me stessa. Mi sacrificherò. E’ inevitabile.»
«E così questa è la fine.» mormorò Raistlin, fissandola con i suoi occhi maledetti quasi volesse scavarle nell’anima.
«La fine.» sussurrò Katlin. Abbassò gli occhi, il suo volto fu solcato per un istante da un atavico terrore che riportò all’arcimago i ricordi riguardanti l’Abisso, il Portale che sfuggiva al suo controllo, l’orribile certezza di stare camminando su orme che l’avrebbero condotto alla morte. Non fu sorpreso quando la vide rialzare la testa con un moto d’orgoglio, la sfida chiara nei suoi occhi. «Apri quella porta, fratello mio.- disse, aspra- Io non vado a morire come un agnello sacrificale. Lotterò…la Dea dovrà faticare per avere ciò che vuole e quando cadrò avrà perso la capacità di manifestarsi nel mondo. Allora, sarà tutto nelle tue mani.»
«Così sia, sorella mia.» sussurrò Raistlin. I due maghi raccolsero tutte le loro forze per gli scontri impari che avrebbero sostenuto, poi Raistlin aprì la porta con una parola di comando che la fece cadere di schianto sul pavimento, come se Caramon le si fosse scagliato contro con tutta la sua forza. Dardi infuocati, parole di morte e incantesimi evocativi proruppero dalla sala, ma i proiettili magici e le parole si infransero sulla barriera di Raistlin, che si erse sulla soglia come un nero spettro di morte, affrontando i Grigi stretti in cerchio attorno a ciò che emanava l’aura di Takhisis.
Katlin, nascosta dietro al fratello, contò dodici maghi e individuò la pietra posata su una bassa colonna prima che Raistlin si mettesse a salmodiare a sua volta e tutto divenisse confuso e chiassoso nel comparire delle creature evocate. La Veste Rossa non aveva bisogno di dare un’altra occhiata all’oggetto che voleva la sua vita, in ogni caso. Avvertiva il suo potere che la chiamava, la sfidava, la derideva.
Raistlin uccideva con metodo, liberandosi dei maghi senza dare eccessiva importanza ai risultati delle  evocazioni, che sparivano non appena il mago che le controllava cadeva. L’arcimago li falciò come la Morte stessa, eludendo i loro attacchi, devastando le loro difese, dando loro il colpo di grazia. Non c’era nessuno che potesse anche solo eguagliare Raistlin Majere e la setta non era ancora in grado di combattere come un gruppo unito, moltiplicando la propria forza. Cedettero, infine, come l’arcimago sapeva che sarebbe stato.
Quando il pavimento non fu ricoperto che di cadaveri, Raistlin smise di pronunciare le parole della magia. Rimase ritto per un istante, poi si piegò come per un forte colpo e iniziò a tossire incontrollabilmente. Cadde e si accasciò, appoggiandosi a Katlin che lo aiutò a sedersi  per terra. La maga guardò il fratello: era pallido, il volto tirato. La mano che aveva sulla bocca era macchiata di sangue e tutto il suo corpo tremava.
«Hai dato tanto, fratello mio. Forse troppo.» mormorò. Raistlin scosse la testa, ma per il momento non poteva parlare. Katlin annuì, poi si alzò in piedi. La pietra al centro della stanza la chiamava con voce oscura. Sapeva che avrebbe permesso solo a lei di entrare. La sua vita era il prezzo per la distruzione della setta dei maghi; per ora Takhisis si sarebbe accontentata. Dopotutto, non aveva tutto il tempo che voleva per trovare un sistema valido per eliminare Raistlin Majere? Oh sì…aveva tutto il tempo del mondo.
Katlin guardò di nuovo Raistlin. L’arcimago continuava a tossire, il sangue gli colava dalla mano lungo il polso fin dentro la manica nera. Ciononostante, lui la fissava con i suoi febbricitanti occhi dorati. In quel momento la stava vedendo come una proiezione di sé e per la prima volta Katlin fu conscia dei pensieri del fratello come era accaduto solo finché erano durati i suoi stati di trance. Qualcosa in Raistlin vedeva il sacrificio della sorella come una replica della dannazione di sé. Qualcosa in lui, qualcosa oltre la freddezza e il disprezzo e l’oscurità, avrebbe voluto fermarla come se questo potesse cambiare il suo passato.
Toccata da questo, in totale sintonia con i vaghi e contraddittori sentimenti di Raistlin, Katlin si piegò su di lui e gli posò un bacio sulla fronte madida, sorprendendo entrambi, poi ruppe l’empatia tra loro ed entrò nella stanza. La maga sentì chiudersi la volontà di Takhisis dietro di sé. Niente e nessuno avrebbe potuto seguirla in quella sala. Ormai era un affare fra lei e la Dea.
I passi che la conducevano alla colonna sembravano pesanti come se le fossero state fissate delle catene di piombo alle caviglie. Dentro di sé avvertiva un gelo senza precedenti, il sangue sembrava volerlesi fermare nelle vene e ridursi in morta polvere color ruggine.
“Così è questo che si prova quando si ha paura di morire.” pensò, schernendo se stessa. Per tutta l’adolescenza non aveva desiderato altro che la morte, per porre fine alle proprie sofferenze. Quando era stata trasportata su Krynn, si era sentita pronta a sacrificarsi perché le persone che aveva amato potessero sopravvivere. Ora che aveva assaggiato il nettare della vita, ora che aveva capito quali vette e abissi poteva donare l’esistenza, Katlin aveva scoperto di essere diventata egoista.
Quasi si voltò per gettare un’ultima occhiata a Raistlin, ma a cosa sarebbe servito se non ad indebolirla? Non si poteva seppellire la pietra, né spostarla o sigillarla. Si poteva solo scegliere se distruggerla, oppure se lasciare che l’orrendo futuro che aveva spaventato persino gli Dei si compisse. Come aveva detto Raistlin, era una scelta che non esisteva.
Era ormai davanti alla pietra, una forma irregolare scalpellata via dal trono di Neraka con colpi decisi e poco cerimoniosi. Katlin quasi poteva sentire Takhisis ridere di lei, dei suoi tentennamenti e della sua paura. Fu questo a darle la forza. Calò le mani sulla pietra, la afferrò e vi affondò la mente, le parole degli incantesimi di difesa a schermo dei suoi pensieri.
«Ben trovata, mia cara. Avevamo una discussione in sospeso…» la accolse nella tenebra la voce del Drago di Tutti i Colori e di Nessuno.
«E’ arrivato il momento di concluderla.» disse Katlin, dura.

***

Tasslehoff sedeva in perfetto silenzio sul pavimento, la schiena appoggiata contro la parete di roccia. Kyaralhana era seduta accanto a lui ed era parimenti chiusa in un silenzio sospetto. Caramon era in piedi, erto sulla soglia del corridoio intento a fare la guardia, la mano serrata sull’elsa della spada. Finora non era arrivato nessun nemico, ma non si poteva mai dire. Crysania stava ancora pregando accanto al corpo inerte di Dalamar. L’elfo oscuro sembrava al limite, almeno a giudicare dal suo pallore, ma ancora non era morto: rimaneva appeso alla vita con ostinazione. Lo sforzo prolungato era chiaro sul volto di Crysania.
Da qualche minuto al piano di sotto si era fatto silenzio. Dapprima le strane grida, i veri e il salmodiare degli incantesimi erano saliti fino a loro, facendoli rabbrividire. Poi questi suoni erano cessati, sostituiti dai colpi di tosse di Raistlin. Ora, però, non si sentiva più niente. Da quasi dieci minuti dal fondo della scala buia non veniva un suono e la sensazione di orrenda oscurità si era accresciuta fino a diventare insostenibile.
Tas alzò gli occhi su Caramon quando il guerriero fece qualche passo in direzione delle scale per poi fermarsi, incerto. Il kender sapeva che Caramon era tentato di disubbidire agli ordini del fratello e di andare a controllare che cosa stava succedendo là sotto, ma il timore di mettere a rischio la vita di Raistlin e Katlin con un gesto incosciente e la responsabilità che aveva nei confronti di Crysania e Dalamar lo frenavano. Tasslehoff pensava che Raistlin avesse contato proprio su questo per essere certo di non subire interferenze.
Per parte sua, credeva che i Grigi fossero tutti morti – in caso contrario si sarebbero precipitati su dalle scale già da un pezzo per friggerli tutti come le patate di Otik- e che ora i due fratelli stessero facendo quello che dovevano con la famosa pietra nera. Ma cosa DOVEVANO fare?
Tasslehoff aveva visto gli occhi di Katlin quando lei aveva lasciato Dalamar e si era incamminata giù per le scale. Erano gli occhi di Sturm alla Torre del Sommo Chierico. Erano gli occhi di Caramon quando aveva deciso di entrare nell’Abisso per uccidere suo fratello. Erano, in sostanza, gli occhi di qualcuno che si preparava a morire. Un colpetto sulle costole lo fece voltare.
«Che starà succedendo là sotto?» gli chiese Kyaralhana. I suoi occhi scuri spiccavano nel visetto pallido. Tasslehoff sentì per lei un moto d’affetto che lo scombussolò ancora di più.
«Niente di buono di sicuro.- sussurrò- Hai visto gli occhi di Katlin?»
Kyara annuì. Spostò il suo sguardo su Dalamar. «Morirà?» chiese.
«Probabilmente. Anzi, quasi di sicuro.- borbottò Tas, tirando un sospiro che parve salirgli dalla punta dei calzini- E’ stato pugnalato da Kitiara, e anche se essere pugnalati non è mai piacevole in generale, essere pugnalato da un non morto non lascia molte speranze di poter vedere l’alba del giorno dopo.»
«E Katlin?» mormorò Kyara.
«Katlin cosa?» chiese Tas, anche se sapeva dove l’amica stava andando a parare.
«Kat morirà?» chiese Kyara, con voce tremante come un pigolio. Tasslehoff, sentendo i propri pensieri più reconditi espressi ad alta voce, strinse le labbra e sbatté le palpebre. Le prime avevano preso inaspettatamente a tremare e gli occhi si erano appannati così tanto da confondergli la vista. Tas, purtroppo, ormai conosceva quei sintomi per quel che erano: le avvisaglie di un imminente scoppio di pianto. Kyaralhana si accorse della sua reazione e lo afferrò per un braccio.
«Tas, non possiamo permetterlo!» gli sibilò, frenetica.
«E cosa vorresti fare? Se solo ci muoviamo di un millimetro Caramon ci acchiapperà come topi e cercherà una corda per legarci come salami.- disse il kender, frustrato- E se anche dovessimo farcela, Raistlin là sotto ci impedirebbe di intervenire in qualsiasi modo!»
«Non riuscirebbe a fermarci. E’ stanco, non hai sentito che tosse? Io dico che dobbiamo tentare!»
«E Caramon?»
«Noi siamo più veloci e non oserà lasciare soli Dalamar e Crysania. Tas…- gli occhi di Kyaralhana luccicarono pericolosamente e Tasslehoff si rese conto di quanto fosse cambiata nell’ultimo anno- Io voglio bene a Kat. E’ stata la prima umana a trattarmi come un’amica. Grazie a lei ho imparato tante cose e mi sono divertita tanto…non voglio che muoia! Dobbiamo salvarla a tutti i costi!»
Tasslehoff la guardò, mentre le sue parole risvegliavano in lui tutti i ricordi di Katlin, da quando l’aveva trovata riversa nella neve, al periodo di apprendistato, alla maledizione che l’aveva colpita, al suo ritorno a casa, fino a quel viaggio così strano e incomprensibile. Il cuore di Tas divenne piccolo piccolo al pensiero di perdere di nuovo una persona che amava profondamente.
Afferrò l’hoopak che giaceva accanto a lui sul pavimento.
«Hai ragione, basta comportarci da bambini ubbidienti! Siamo kender, che diamine! Agiremo di conseguenza!» disse, piano. Kyaralhana annuì, con un sorriso teso ed eccitato.
«Appena Caramon torna a pattugliare il corridoio, scattiamo di corsa!» sussurrò Tasslehoff, e lei annuì di nuovo. Attesero con pazienza che Caramon tornasse a sbirciare giù dalle scale. Per un attimo il guerriero ristette e gettò loro un’occhiata, come se qualcosa in lui avesse intuito l’improvvisa tensione dei kender. Tas deglutì a vuoto, temendo che Caramon facesse o dicesse qualcosa, poi il guerriero tornò a chiudersi nei suoi pensieri e voltò le spalle alla scala, camminando verso il corridoio. Tasslehoff guardò in direzione di Crysania. La chierica non badava a loro e continuava ad occuparsi di Dalamar.
Tas strinse la mano di Kyara, attendendo il momento giusto. Quando Caramon raggiunse il punto più distante della sua ronda, il kender scattò in piedi.
«Ora!» esclamò, tirandosi dietro Kyara.
«Ehi…TAS! KYARA!»
La voce di Caramon echeggiò dietro di loro, ma i due ormai correvano giù per le scale come piccole saette, fendendo l’oscurità.

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Capitolo 26
*** 25 - Lacrime ***


CAPITOLO 25

LACRIME

Tasslehoff e Kyaralhana si precipitarono giù per le scale in una confusione di borse sbatacchianti, fuggendo dal grido allarmato di Caramon e dai suoi passi pesanti per le scale.
«Ci sta seguendo?!» ansimò Kyara.
«No, sembra che si sia fermato.- disse Tas, voltandosi per un attimo a guardare- A quanto pare avevi ragione, non lascerà soli…»
«Attento, Tas!»
Il richiamo di Kyaralhana arrivò troppo tardi. Tasslehoff poggiò malamente il piede su uno scalino sbrecciato e sentì il mondo capovolgersi. Con un grido, Tas caracollò giù per le scale trascinandosi dietro Kyaralhana. Il kender atterrò dopo qualche ruzzolone sul pavimento in fondo alle scale e Kyara, tanto per gradire, gli finì sulla schiena.
«Ahia…» gemette lei.
«Questo dovrei dirlo io!- sbuffò Tas, con la testa che girava ancora come una trottola e la caviglia che gli pulsava come un dente guasto- Se puoi spostarti mi fai un piacere, ho la schiena che…»
«E voi…?!»
La voce, affaticata ma terribile nel suo evidente scontento, congelò i kender dove stavano. Entrambi alzarono lo sguardo per guardare il proprietario di quella voce. Raistlin li stava fissando con i suoi inquietanti occhi dorati, seduto con la schiena contro lo stipite di una porta oltre la quale vibrava una luce strana…quasi nera, per quanto questa fosse una contraddizione in termini. L’arcimago sembrava stanco al di là di ogni limite, accasciato contro quella porta con il sangue che gli macchiava le labbra e spiccava sul fazzoletto che stringeva in una mano, ma la bruciante autorità che traspariva dal suo sguardo faceva capire che non era del tutto esaurito.
«Ah…Raistlin…ciao!- balbettò Tasslehoff, mentre Kyaralhana finalmente si alzava e gli concedeva di tirarsi in piedi- Scusa l’entrata in scena un po’…come dire…chiassosa. E’ che sono inciampato nel gradino e…»
«Che diavolo ci fate qui?! Vi avevo detto chiaramente di non farvi vedere quaggiù!» sibilò Raistlin, e Tas notò con un certo allarme che la mano non occupata dal fazzoletto stava stringendo minacciosamente il Bastone di Magius.
«Beh, insomma, non sentivamo più niente quaggiù e cominciavamo a preoccuparci, così io e Kyara abbiamo pensato di fare un salto per vedere come procedevano le cose. Ah, se può interessarti Dalamar non è ancora morto e sembra che al piano di sopra non sia rimasto nessuno, voglio dire nessun nemico.» disse Tasslehoff senza mai prender fiato, sperando di distrarre l’arcimago con le chiacchiere per evitare di dover subire la sua ira.
«Raistlin, dov’è Katlin?» chiese Kyaralhana, guardandosi attorno con la preoccupazione negli occhi. Tas rabbrividì quando vide Raistlin abbassare le palpebre sugli occhi maledetti e sospirare a mezza bocca, per poi voltarsi a guardare l’interno della stanza. Vi fu silenzio per qualche istante.
«E’…è là dentro?» balbettò Tas. Guardare quella sorta di luce nera gli seccava la bocca.
«Katlin non avrebbe voluto che la vedeste in questa situazione, spero che ve ne rendiate conto.- fu lo sprezzante commento di Raistlin- Ora, se proprio volete guardarla mentre muore, chiudete perlomeno quelle vostre dannate boccacce da kender.»
Kyaralhana si avvicinò a Tasslehoff e gli prese la mano, stringendola forte mentre i suoi occhi cercavano di scrutare cosa si nascondeva oltre quella barriera di luce nera che annichiliva la mente. Si avvicinarono alla soglia, due bambini dispersi nel buio, i visetti pallidi e tirati nel vedere realizzarsi i loro timori.
Lentamente, un pezzo per volta, riuscirono a discernere i contorni di ciò che occupava la stanza. Sembrava di guardare attraverso strati di velo nero e non era facile. Si accorsero dei cadaveri dei Grigi sul pavimento, dei segni di bruciature e di sangue che testimoniavano la lotta avvenuta poco prima. Poi, con grande sforzo, riuscirono a vedere Katlin. La maga era inginocchiata a terra, le mani serrate su un oggetto irregolare grosso come una palla da bambini non tanto come se lo reggesse ma come se non potesse staccare le dita da esso. Il volto non si vedeva, era nascosto dai capelli. Tasslehoff ebbe l’orrenda sensazione che quella pietra stesse risucchiando Katlin e che la giovane donna stesse iniziando a somigliare ai cadaveri sul pavimento.
Tas e Kyara si voltarono di nuovo verso Raistlin, sconvolti.
«Raistlin…quella cosa la sta uccidendo?» chiese Kyaralhana, con un gemito. Raistlin annuì, il volto marmoreo mentre guardava a sua volta la forma nascosta oltre quella sorta di barriera.
«Vuoi dire che…Katlin morirà? Davvero, morirà?» disse Tasslehoff, con voce quasi troppo bassa per essere udita.
«Quella pietra può essere distrutta solo da un sacrificio di magia e vita. E le vite che Takhisis desidera sappiamo bene quali sono.- mormorò l’arcimago con una smorfia- Katlin sapeva di non avere scelta. La tenebra l’ha accolta e come vedete sta cercando di chiudersi su di lei.»
«Ma…dobbiamo fermarla! Non è giusto!» esclamò Kyara. Dai suoi occhi iniziarono a scendere le lacrime. Sotto quella luce arcana sembravano gocce d’inchiostro.
«Non possiamo fermarla. Il suo sacrificio garantirà un futuro a Krynn.» la freddò Raistlin, prima di interrompersi per tossire con violenza.
«Cosa vuoi dire? Raistlin…» gemette Tasslehoff. Non si era accorto di piangere a sua volta. Era evidente che l’arcimago non aveva nessuna voglia di perdere tempo con loro, ma rispose. Dopotutto, non aveva altro da fare.
«Gli Dei hanno richiamato Katlin su Krynn per scongiurare un orrendo futuro di cui ancora non ci sono stati rivelati i particolari.- disse, con voce aspra- I casi erano due: o Katlin si sacrificava, o quel futuro si sarebbe avverato. Katlin sta morendo per cercare di salvare questo dannato mondo, per quanto non lo meriti, e voi insieme ad esso. E ora, andatevene. Tornatevene di sopra e aspettate che tutto sia finito.»
«No!- esclamò Tasslehoff, scuotendo la testa con forza e inginocchiandosi accanto a Raistlin- Io non voglio che Kat muoia per salvarci! Raistlin…tu sei forte e potente, e hai già sconfitto Takhisis! Devi poter fare qualcosa…»
Raistlin lo scostò da sé con un gesto brusco.
«Mi spiace, Tasslehoff, ma io non sono il tipo che si sacrifica per il prossimo.» disse, duro.
«Ma no…non era quello che intendevo…» balbettò Tasslehoff, singhiozzando.
«E allora cosa? Non c’è niente al di là di questo, si trattava di scegliere la vittima sacrificale e Katlin è andata al posto di Dalamar…o mio.» disse Raistlin, ogni parola densa di un disprezzo quasi tangibile. Sembrò che la conversazione lo avesse stancato, perché si appoggiò meglio contro il muro e chiuse per un attimo gli occhi.
«Non c’è…altro modo?» mormorò Kyaralhana, fissando la forma indistinta oltre la luce nera. Raistlin riaprì gli occhi, guardando a sua volta il centro della stanza.
«La sua magia è stata sbranata pezzo per pezzo. L’ho avvertito chiaramente.» sussurrò. Corrugò la fronte. Sì, l’aveva avvertito nell’anima come se Takhisis l’avesse fatto a lui stesso…non gli era mai stato così chiaro il suo legame di sangue con Katlin come adesso, nel momento in cui stava morendo. «Ora, tocca alla sua vita. Sono i suoi ultimi istanti.»
«No…» mormorò Tas. Raistlin gli lanciò un’occhiata sprezzante.
«Vorresti forse offrire la tua vita per salvare la sua? Proprio ora, quando non ha più la magia, che era la sua ragione di vita?» lo provocò, irritato dall’innocenza e dal dolore di quelle due creature. Le sue labbra si piegarono in un sorriso amaro. «No, mio povero Tasslehoff…Katlin morirà, perché non può resistere a Takhisis. Niente può oltrepassare la barriera magica, se non una magia altrettanto forte, e ciò vi esclude dal conto. Qualsiasi gesto eroico vi sia passato per la testa, farete meglio a dimenticarvelo.»
«Tu…potresti oltrepassare quella barriera?» chiese il kender.
«Sì, potrei.»
«Ma non lo farai.»
«Mi pare di averti già detto che non ho intenzione di morire e quella pietra esige una vittima.»
Tasslehoff fissò Raistlin, troppo sconvolto dalle sue parole per accorgersi che invece Kyaralhana aveva stretto le labbra in una linea sottile, il corpicino teso e fremente di indignazione. Sobbalzò quando si mise a gridare contro l’arcimago.
«Se non lo fai tu, lo farò io! Non ho paura!» strillò la kender, poi affondò la mano nella tasca del panciotto di Tas e ne estrasse la gemma che Katlin aveva donato loro e che li aveva protetti dall’incantesimo dei Grigi quando questi li avevano attaccati. Kyaralhana sapeva quello che faceva: quella gemma era stata in grado perfino di farli passare attraverso gli incantesimi di Raistlin. «Non lascerò che Katlin muoia!» Ciò detto, si voltò per correre nella stanza.
«Kyara!» esclamò Tasslehoff, allungando una mano per fermarla senza riuscirci. I vestiti di Kyaralhana gli sgusciarono tra le dita e lei entrò, scomparendo oltre la barriera di luce nera. «Kyaralhana!» gridò ancora Tasslehoff, alzandosi per seguirla. Raistlin lo afferrò, rigettandolo indietro e tenendolo fermo con le poche energie che gli rimanevano. «Lasciami! Lasciami andare, Raistlin!» strillò Tasslehoff, singhiozzando, ma l’arcimago non lo ascoltò. Rimase a guardare con viso teso e attento a quale risultato avrebbe portato il gesto avventato di Kyaralhana.

***

«Sei finita.»
«No, non ancora.»
«La tua magia è stata un boccone gradito, mia cara. Ora tocca alla tua vita.»
«Lotterò con le unghie e con i denti per non permetterti di averla!»
«Come se non avessi fatto lo stesso per impedirmi di strapparti la magia! Ma il risultato, mia cara? Il risultato?»
Katlin, nel limbo in cui navigava, strinse i denti e la Dea rise, e rise, e rise ancora. La maga – quale maga, se non aveva più la magia?- sapeva che aveva ragione e ciò rendeva più umiliante la sua sconfitta. Non aveva avuto la forza di resistere a Takhisis…non possedeva la stessa determinazione, la stessa potenza di suo fratello Raistlin. Il suo destino era soccombere. La mano bianca di Takhisis era protesa verso di lei attraverso l’oscurità, pronta a ghermire la sua anima, promettendole eterna sofferenza.
«Stavolta non fuggirai, non ci sarà corpo ad ospitarti o ad offrirti rifugio.- le stava sussurrando Takhisis- La tua anima sarà mia e io la strazierò per i secoli a venire.»
«Di’ pure quello che vuoi. Intanto, questo mio sacrificio non ti permetterà di attuare i tuoi nefandi piani.»
Takhisis rise, il suono di gessi nuovi su una lavagna, unghie su un vetro, due lame strofinate l’una sull’altra.
«Pensi che questi contrattempi possano fermarmi? Sciocca! Saprò ricreare gli embrioni del mio futuro esercito, poiché il Male non muore mai, al contrario di certi maghi da strapazzo di mia conoscenza, che per quanto facciano e dicano non possono esimersi dalla loro natura mortale!»
«Ma nel frattempo…»
«Nel frattempo?! Mia povera ingenua, il tempo non ha significato per gli Dei e io uscirò vittoriosa da questo scontro come da tutti gli altri. Siete stati solo un contrattempo e ho sacrificato volentieri i miei maghi pur di avere il piacere di ucciderti. Il tuo elfo muore, sopra la tua testa, e tuo fratello ti guarda morire senza battere ciglio. Che vita inutile hai vissuto, sciocca ragazza!»
Katlin avrebbe voluto negare quelle parole, pur sapendole vere. L’ira la invase mentre le forze la abbandonavano come sangue da una ferita.
«Tu hai sempre perso, mia Regina, e uccidermi non cambierà le cose!» esclamò, in un ultimo impeto d’orgoglio. Ebbe almeno la soddisfazione di rendersi conto di aver colpito nel segno. La rabbia di Takhisis la investì come un vento rovente, poi la mano scese su di lei per strapparle la vita.
«KAT!»
Una piccola luce sorse tra Katlin e la mano protesa di Takhisis, facendo indietreggiare momentaneamente le bianche dita adunche e sorprendendo Katlin. Da una vasta distanza, Katlin avvertì che sulle sue mani serrate sulla pietra nera si erano posate altre due mani, piccole e calde.
“Kyaralhana?” pensò Katlin, nel suo lontano limbo. Il suo cuore perse un battito quando riconobbe la voce della kender. Cosa ci faceva lì? Come si era avvicinata alla pietra nera?! «Kyara?! Kyara, scappa subito via!»
«Non lascerò che tu prenda, Kat! Noi siamo amiche!» gridò la kender, e la sua figura apparve nella tenebra, le piccole braccia protese per salvarla da Takhisis mentre la mano stava scendendo di nuovo, appendice visibile di un’ira al di là dell’umano…
«KYARA, NO!» gridò Katlin, sia nel mondo oscuro che nella realtà. La sua voce echeggiò nella sala, pregna di orrore e disperazione. Questa raggiunse il culmine quando la mano si chiuse su Kyaralhana come avrebbe fatto su una mosca. «NO!!» gridò Katlin, così forte da provare dolore perfino nella forma non fisica che aveva in quel mondo fatto di pensiero. Tentò di lanciarsi in avanti, di agire. Richiamò a sé una magia che non aveva più, forze che le mancavano…ma ormai era fatta. Kyaralhana si era messa tra lei e la Dea: si era sacrificata al posto suo.
Katlin sentì l’esclamazione di disappunto di Takhisis, uno scontento che avrebbe dovuto sollevarle lo spirito ma che riuscì solo ad accentuare il suo dolore, poi avvertì una sensazione di rottura e una luce accecante la avvolse, dissipando l’oscurità. Kyaralhana era di fronte a lei, come se Takhisis non l’avesse mai stritolata nella sua stretta mortale, ma sembrava strana…incompleta. Si guardava le mani, sorpresa.
«Sono morta?- chiese- E’ questo, morire? Beh, devo dire che mi aspettavo qualcosa di peggio. Non ho sentito nemmeno un po’ male. C’erano solo quelle dita e faceva freddo…e poi si è accesa la luce.»
«Kyara…Kyara, cos’hai fatto?» balbettò Katlin. Un senso di lutto immenso l’aveva invasa.
«Oh, Kat…io non potevo permettere che quella ti facesse del male! Visto che Raistlin non faceva nulla…è proprio cattivo, non ti offendere se te lo dico…allora sono venuta io. Avevo la tua gemma, ma ti devo avvisare che dopo aver passato la barriera si è rotta, spero non ti dispiaccia.» rispose lei, ignara.
«Kyara…- mormorò Katlin, aprendo le braccia per accoglierla- Takhisis doveva uccidere me, non te. Avevo fatto tutto questo perché voi poteste essere salvi!»
Kyaralhana la abbracciò, poi la guardò, pensierosa.
«Adesso dove andrò?- chiese- Forse…beh, mi rendo conto solo ora che dove andrò voi non ci sarete, vero?» Gli occhi le si inumidirono e tirò su con il naso. «Questo è quello che ottengo quando faccio le cose prima di pensare ai pro e ai contro. Però è anche vero che non c’era tempo…pensi che Tasslehoff sarà molto arrabbiato con me?»
«Oh, Kyara!» ansimò Katlin, stringendola in un forte abbraccio e scoppiando in lacrime.
«Beh, insomma…sarebbe il caso di lasciarla andare, non credi? Altrimenti come farà questa ragazza coraggiosa a venire via con me?»
La voce piuttosto burbera fece voltare le due, entrambe in lacrime. Un vecchio mago impaludato di grigio era fermo dietro di loro, appoggiato al bastone nodoso.
«Fizban…» mormorò Katlin, ancora troppo sconvolta per connettere.
«Mi ricordo di te! Sei quell'amico di Tas!- esclamò Kyaralhana- Com’era il nome? Firball? Fuzbas?»
«Fizban!- sbottò il mago, poi ristette- Ehi, me lo sono ricordato!»
«Fizban…- mormorò Katlin- Kyaralhana è…»
Il mago la guardò con dolcezza e malinconia.
«Al posto tuo, mia cara. Un tale sacrificio è una cosa molto potente e scoprirai che ti ha salvata in più di un modo. Takhisis non ha potuto toccarla a causa della sua purezza e spero che questo possa risollevare lo spirito a te e ai tuoi amici, nonostante il dolore.- disse, piano- Ora lei verrà con me.»
Katlin pensò di trattenere Kyara, di protestare, di tempestare quel vecchio con le domande che l’avevano tormentata, ma la kender sgusciò dalle sue braccia e prese la mano che Fizban le offriva, guardandolo con stupore e curiosità.
«E’ interessante, il posto dove mi porterai.» disse, e non era una domanda.
«Certo! Sarà un’avventura!» disse Fizban, soddisfatto.
«E gli altri?»
«Ti raggiungeranno a suo tempo.»
«Allora va bene.»
Katlin aprì la bocca per parlare, ma in un solo battito di ciglia le due figure si erano già allontanate nella luce, lasciandola indietro.
«Fizban! Kyara!» gridò, con voce spezzata. I due si voltarono. Il volto di Fizban era serio e magnifico, molto diverso da quello di un vecchio mago svanito.
«Non è ancora finita, mia cara. Fai il meglio che puoi.» mormorò il Dio.
«Co…cosa?- balbettò Katlin, preda di una ridda di sentimenti troppo violenti e diversi- Fizban, che altro devo fare? E senza magia?! Tu devi rispondermi, maledizione!»
Ma il Dio si era già voltato. Kyaralhana le indirizzò un ultimo cenno di saluto, prima di voltarsi a sua volta e seguire il Dio nella luce. Katlin gridò, un grido di dolore e protesta, e la luce esplose tutt’attorno a lei. Quando riaprì gli occhi, per prima cosa vide il volto del suo gemello, i suoi occhi acuti e le sue labbra macchiate di sangue.
«Così sei viva.» sussurrò l’arcimago. Katlin aprì la bocca ma non ne uscì suono. Sentiva le proprie membra pesanti come piombo. Il pavimento era gelido contro la sua schiena e sembrava tremare come per una scossa sotterranea. Un singhiozzo le giunse alle orecchie. Si voltò e vide Tasslehoff, inginocchiato accanto al corpo inerte di Kyaralhana. La kender giaceva sulla schiena, gli occhi chiusi sul viso pallido che già iniziava ad assumere i tratti rigidi della morte. Sulle sue piccole labbra c’era un sorriso.
Katlin emise un gemito straziato e Tasslehoff la guardò.
«Era mia amica.- mormorò- Non volevo che morisse.»
Katlin allungò a fatica una mano verso di lui e Tas la afferrò, stringendola forte.
«Non c’è tempo per queste smancerie. Dobbiamo uscire di qui, il potere che si è scatenato ha reso instabili le grotte.- li freddò Raistlin, afferrando Katlin per la veste e cercando di tirarla a sedere- Avrete tempo per piangere dopo.»
«E Kyara? Non possiamo lasciarla qui!» ansimò Tasslehoff.
«Avremo già il nostro daffare senza portare pesi morti. Tas, corri di sopra e avvisa gli altri di tenersi pronti a correre fuori da qui.» disse Raistlin, seccato.
Katlin, ancora incapace di parlare, guardò il gemello con occhi smarriti. Lui l’aiutò ad alzarsi in piedi, ma la donna si rese conto che anche lui faticava a stare dritto. Era stremato. Attorno a loro iniziarono a cadere pezzi di roccia, le pareti si stavano crepando. Non c’era tempo per trasportare Kyaralhana via da lì.
«Vai, Tas.» mormorò, con la morte nel cuore. Tasslehoff la fissò con quegli occhi feriti e pieni di lacrime, poi strinse e i denti e si voltò, correndo su per le scale.
«Coraggio, sorella mia, se non vuoi rendere vano il sacrificio della kender.» la esortò Raistlin, con una smorfia. Katlin abbassò un’ultima volta lo sguardo sul piccolo cadavere, sui frammenti di pietra nera sparsi attorno a Kyara. Qualcosa attrasse la sua attenzione, luccicando. Quando vi passarono accanto si chinò e lo raccolse.
«Che cos’è?» chiese Raistlin, corrugando la fronte, ma Katlin scosse la testa. Ci sarebbe stato tempo per spiegare, se fossero usciti da lì. Tempo per capire quanto di lei Kyaralhana aveva salvato con il suo sacrificio.
Barcollando e reggendosi a vicenda, i due Majere imboccarono le scale mentre attorno a loro la grotta rovinava sui resti della setta di maghi di Takhisis.

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Capitolo 27
*** Epilogo ***


EPILOGO

«Distrutti…»
«Sì, insieme alla pietra che offriva loro il potere.»
«Capisco.» mormorò Par-Salian. Gli altri maghi del Conclave rimasero in un silenzio attonito e Crysania guardò Raistlin. L’arcimago stava davanti a loro con il volto seminascosto dal cappuccio e in quel momento sembrava l’esatta antitesi della chierica. Erano trascorsi quasi due mesi dalla loro fuga dalle grotte del covo dei Grigi, con le pareti che crollavano loro addosso, Katlin e Raistlin che si sorreggevano a vicenda, Caramon che trasportava in spalla un morente Dalamar, Tasslehoff che li precedeva senza mai smettere di piangere la perdita di Kyaralhana e lei che non riusciva a vedere l’uscita, non vedeva nulla al di là delle pietre che crollavano…
«Sicché i piani di Takhisis sono stati sconfitti.» disse Justarius, pensieroso, riportandola alla realtà. Raistlin storse la bocca in una smorfia, ma fu Crysania ad anticipare la sua risposta.
«Vi prego di non abbassare la guardia, riguardo a questo.- disse, con la sua voce musicale- La Regina delle Tenebre non ha rinunciato ai suoi propositi. Abbiamo distrutto i suoi maghi, questo è vero, ma essi non erano il solo contatto che Lei aveva preso nel mondo. I germi del Male sono ancora presenti su Krynn, vi prego di ricordarlo.»
Le Vesti Nere si mossero, forse seccate di sentirsi riprendere da un chierico, per quanto di trattasse del Capo della Chiesa di Paladine. Crysania poté avvertire, più che vedere, il sorriso storto di Raistlin che si accentuava.
«Continueremo le nostre indagini, soprattutto visto che stando alle visioni di Katlin Majere il problema è ben lungi dall’essere risolto.- disse Par-Salian- E a questo proposito vorrei chiedervi delucidazioni sulle condizioni di Dalamar e della Veste Rossa. Viste le sue recenti azioni eroiche, questo Conclave ha votato a maggioranza il suo ingresso nella nostra cerchia.»
Il sorriso di Raistlin si trasformò in una smorfia. Ciò che aveva voluto sentirsi dire capitava proprio nel momento sbagliato.
«Dalamar continua a restare in un limbo tra la vita e la morte. In quanto a Katlin, ha perduto la sua magia.- sussurrò con voce sprezzante- Takhisis l’aveva già strappata via al suo corpo quando la kender si è frapposta sacrificando la propria vita.»
«Ciò ci dispiace molto.» disse Ladonna, e l’ironia fu ben chiara nella sua voce.
«Ciononostante, vi prego di congelare la vostra decisione. Sono certo che mia sorella troverà il modo di tornare in possesso di ciò che è suo.» la freddò Raistlin.
«E come?» chiese Justarius, perplesso. Raistlin sorrise ma non rispose. Crysania si trattenne dal lanciargli un’occhiata a sua volta stupita. Nessuno dei due ne aveva mai parlato, durante il viaggio di ritorno, e Crysania si era abituata all’idea che ora Katlin fosse una donna come tutte le altre. Seguirono altri scambi di battute, ma in linea generale la riunione era finita. Poco dopo, infatti, sia Raistlin che Crysania si congedarono dal Conclave, lasciandolo alle sue discussioni.
«Torni a Palanthas?» mormorò Crysania. Raistlin annuì, avvicinandosi ad una finestra e guardando fuori. Quel giorno pioveva sulla foresta di Wayreth. Crysania abbassò lo sguardo.
«Io andrò via in carrozza. Ci sono un paio di luoghi in cui è stata richiesta la mia presenza, e…prima di lasciare l’Abanasinia passerò da Solace. Per allora, il figlio di Caramon dovrebbe essere nato.» mormorò. Di fronte al silenzio di lui, alzò lo sguardo. «Raistlin…davvero Katlin recupererà la sua magia? Mi è sembrata così terribilmente vulnerabile, negli ultimi tempi…»
Finalmente Raistlin si voltò. La guardò con i suoi occhi maledetti e per la prima volta da mesi lei non vi vide né malizia, né sarcasmo, né durezza. Sembrava solo un po’ stanco…e la amava. Le prese la mano e la baciò, restio a prendersi confidenze eccessive dove gli occhi erano dappertutto.
«Tutto dipende dalla forza di Katlin.- disse, piano- Il sacrificio di Kyaralhana l’ha molto scossa, senza contare che il mio apprendista continua a restare tra la vita e la morte. Se non farà ciò che deve, sarò molto deluso di lei.»
«Chiedi sempre così tanto a chi ti sta attorno…» mormorò Crysania.
«E pretendo altrettanto da me stesso.- disse lui, di nuovo duro- Il tempo mi dirà se ho ragione. Dopotutto, questa guerra è ancora lungi dal concludersi.»
Crysania abbassò il capo, preda di sentimenti cupi, e la alzò solo quando lui le passò accanto come un’ombra nera.
«A presto, Crysania.» sussurrò, ed era già svanito. Crysania sospirò, guardando il cielo grigio e anonimo che piangeva in silenzio un futuro ancora incerto, ignaro quanto di lei di ciò che sarebbe accaduto.

***

«Una lettera di Steel.» annunciò Caramon, seduto al tavolo della cucina.
«Davvero? Come sta?» chiese Tika. Era ormai all’ultimo mese di gravidanza e il parto era imminente. Sturm gattonava accanto ai piedi del padre, tirandogli i calzoni per ottenere la sua attenzione.
«Vorrebbe vedere Kat.- disse Caramon, afferrando il figlio che festeggiò con un gridolino eccitato il breve volo fino al ginocchio paterno- Pare che abbia preteso altri racconti da Tanis, ma il nostro amico non dev’essere stato troppo convincente.»
«Tanis è troppo buono per dire certe verità.- disse Tika, sedendosi con fatica e allungando una mano per avere la lettera- Sicché vuole parlare con Kat?»
«Già…ma non so se lei risponderà.» borbottò Caramon. Tika lo guardò, il viso un po’ stanco e malinconico.
«Non riesce a trovare un significato alla vita che ha adesso, Caramon.- mormorò- Non ha più la magia e le pesa addosso la morte di Kyara. Si sente in colpa nei confronti di Tasslehoff, senza contare che Dalamar…»
«Già, Dalamar. Chissà se se la caverà.» disse Caramon, cupo. Durante il viaggio di ritorno verso Palanthas, quella parte che avevano dovuto percorrere via terra per permettere a Raistlin di recuperare le forze, l’elfo oscuro era diventato l’ombra di se stesso e non aveva mai ripreso conoscenza. Poi, a metà strada, Raistlin aveva trasportato se stesso, Crysania e il suo apprendista a Palanthas, cosicché gli altri potessero tornare a Solace. Era stato un ritorno a casa decisamente cupo.
«Anche questo pensiero le grava sulle spalle.- sospirò Tika- Sai dov’è ora?»
«Con Tasslehoff, da qualche parte. Spero che quei due si parlino…Tas non dà alcuna colpa a Kat, ma lei è convinta di sì.»
«Tutto si aggiusterà Caramon, vedrai.»
«Lo spero, Tika. Lo spero davvero, perché per l’ennesima volta ho rischiato di perdere una parte della mia famiglia.- mormorò Caramon, abbracciando stretto il figlio- Senti…ti secca se rispondo a Steel di raggiungerci?»
Tika scosse il capo, sorridendo. Il bambino nel suo ventre scalciò e Tika si accarezzò la pancia, mormorando qualcosa. Forse era a causa della gioia della maternità, ma lei era convinta che prima o dopo tutto si sarebbe sistemato. Se conosceva un po’ Katlin, sapeva che la sorella di suo marito non si sarebbe arresa.
Nello stesso momento, Katlin e Tasslehoff sedevano sulla riva del lago Crystalmir, intenti a guardare il sole scendere verso occidente. Erano piuttosto silenziosi e Katlin era molto pallida. Tasslehoff la guardò. La giovane donna non indossava più la veste da maga. L’aveva messa via ed era tornata a vestirsi come all’epoca del suo addestramento. Un notevole dimagrimento e nuovi fili bianchi tra i suoi capelli testimoniavano la prova a cui si era sottoposta.
«Ho pensato molto a Kyaralhana, negli ultimi giorni.» iniziò Tas, pacato. Si accorse che Katlin si tendeva e le prese una mano. «Kat…io e Kyara ti volevamo salvare. Davvero. Non ci andava giù per niente che tu ti facessi ammazzare dalla Regina delle Tenebre.»
«Avreste dovuto stare alla larga da quella sala.» mormorò Katlin, il volto contratto in una smorfia.
«Beh, non l’abbiamo fatto…come dite sempre voi, è impossibile impedire qualcosa ad un kender se ha voglia di farlo. E se…se fosse venuto in mente a me di quella gemma, probabilmente sarei stato io a fare quello che ha fatto Kyara.- disse Tas, annuendo convinto- Ovviamente non volevo che lo facesse lei…e ora è morta.»
Una lacrima gli scese sulla guancia e Tasslehoff tirò su con il naso.
«Capisco perché l’ha fatto e per questo soffro un pochino meno. E poi…tu mi hai detto che Fizban è venuto a prenderla, perciò so che è al sicuro…almeno per quanto si possa stare al sicuro con Fizban…» mormorò Tas. Katlin lo abbracciò e Tasslehoff la strinse a sua volta. «Quello che voglio dire, Kat, è che mi dispiace che lei sia morta ma sono anche contento che tu sia viva!- disse, scostandosi un po’ per guardarla in faccia- Non voglio che tu ti senta in colpa, perché non è colpa tua!»
«E allora di chi è, Tas?» disse Katlin, amara.
«Di Takhisis!- sbottò Tasslehoff- E’ sempre colpa sua! E se avesse ucciso te, io avrei pianto alla stessa maniera! Ma ora basta piangere, perché Kyara non lo vorrebbe. Lei magari ora se la ride di me con Flint e fa impazzire Sturm con le sue chiacchiere, e tutti insieme si chiedono quanto ci metteremo a raggiungerli…»
Suo malgrado, Katlin fu costretta a sorridere nel pensare ad una scena del genere. Anche Tasslehoff sorrise, nonostante gli occhi lucidi. Fu un sorriso sincero e radioso, degno del kender.
«Kyaralhana non avrebbe mai voluto vederci piangere.» disse, convinto. Katlin ripensò all’ultima immagine che conservava della kender, il suo spensierato affidarsi a Fizban, che la conduceva verso nuove avventure. Qualcosa nel gelo che le permeava l’anima da più di un mese iniziò a sciogliersi.
Un leggero fruscio dietro di loro fece voltare i due amici. Raistlin, una precoce ombra notturna, era in piedi a pochi passi di distanza.
«Beh, io vado.- disse Tasslehoff, scattando in piedi come a comando- Kat, non tardare troppo per cena o Tika si preoccuperà!»
«Stai tranquillo.» disse lei, guardandolo sfrecciare accanto a Raistlin per raggiungere Solace. Katlin alzò lo sguardo su suo fratello, il quale avanzò verso di lei e poi si sedette al suo fianco.
«Il Conclave?» chiese, dopo diversi istanti di silenzio.
«E’ stato informato di tutto…o quasi.»
«O quasi…- mormorò Katlin, infilandosi una mano in tasca- Capisco. Crysania è a Palanthas?»
«No, è qua attorno. Passerà presto da Solace.» rispose l’arcimago, sempre senza guardare la sorella. Aggiunse: «Il Conclave aveva accolto la tua richiesta di entrarvi.»
Katlin storse la bocca in un sorriso così amaro e venefico da essere una smorfia orribile. Tirò fuori qualcosa dalla tasca e aprì le dita.
«Sai cos’è questa?» chiese, guardando il gemello mentre gli mostrava una grande gemma rossa.
«La tua magia.» rispose lui. Lei parve sorpresa.
«Lo sapevi?»
«Lo avevo intuito, anche se non capisco cosa sia successo.» rispose Raistlin, scrutando la gemma color del sangue con occhio cupo. Anche Katlin la guardò.
«Fizban mi aveva detto che il sacrificio di un’innocente mi aveva salvata in più di un modo.- spiegò- A quanto pare, la mia magia non è stata assorbita dalla Dea, ma si è cristallizzata in questa pietra. Se trovassi il modo per renderla di nuovo mia…»
«Torneresti ad essere ciò che eri.» finì per lei Raistlin. Katlin annuì.
«Niente è ancora concluso, Raistlin. Non puoi fare tutto da solo, hai bisogno della mia forza.- mormorò- Farò il possibile per recuperare la magia. Non lascerò che Takhisis, o quel dannato futuro di fuoco, abbiano partita vinta.»
Raistlin la fissò con occhio attento e lei non abbassò lo sguardo.
«Sicché non ti arrendi?» le sussurrò. Lei scosse il capo e di nuovo una strana sensazione le attraversò l’anima, come un inizio di disgelo.
«Ci sono troppe cose…troppe persone che voglio proteggere.- rispose- Non voglio che altri possano fare la fine di Kyaralhana.»
Raistlin annuì e per un po’ entrambi rimasero seduti dov’erano, in silenzio. Poi, Raistlin mormorò: «Dalamar si è svegliato.»
Katlin proruppe in un ansito. «Si è svegliato?» ripeté. Qualcosa crollò in lei a quelle parole, una diga che aveva contenuto per tanto tempo tutto il suo dolore, la sua confusione, il suo senso di inadeguatezza.
«Stamattina. Pare che, dopotutto, vivrà.» disse l’arcimago. Davanti ai suoi occhi, il viso di Katlin si sgretolò come una maschera. La giovane donna scoppiò a piangere e si gettò contro Raistlin, aggrappandosi alla sua veste nera, scossa dai singhiozzi. Raistlin, dopo un attimo, la cinse con un braccio.
“Piangi, piangi sorella mia.- pensò, guardando quella testa scura così precocemente venata di bianco- Piangi ora, perché Takhisis non ci lascerà molto tempo per farlo.”
Il sole scomparve dietro le cime dei monti e la notte scese sui due come un infausto presagio.

FINE

Author's note: Così finisce la seconda parte della trilogia :) Grazie con tutto il cuore ai pochi ma buoni che hanno letto questa fanfiction! Mi siete cari!! Tra non molto inizierò a postare la terza e ultima parte della saga, intitolata "La Pietra Rossa", restate sintonizzati! ;) A presto e che gli Dei della Magia vi siano accanto!

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