She Is

di Gillywater
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sì, me lo ricordo ***
Capitolo 2: *** Incespicare ***
Capitolo 3: *** Stop for a minute ***
Capitolo 4: *** More than this ***
Capitolo 5: *** Tentazione ***
Capitolo 6: *** She Is (I Parte) ***
Capitolo 7: *** She Is (II Parte) ***
Capitolo 8: *** High in the sky ***
Capitolo 9: *** Young forever ***
Capitolo 10: *** We'll make it last ***
Capitolo 11: *** Truly, madly, deeply ***



Capitolo 1
*** Sì, me lo ricordo ***


A Kim (va bene, va bene, “A Yesterday”),
perché mi sopporta, perché con le sue storie mi fa sognare,
perché è la mia segreta ispiratrice per un sacco di cose
e perché non potrei desiderare una figlia migliore ^_^
Con tantissimo affetto,
Ale

SHE IS


Capitolo 1: Sì, me lo ricordo

I remember it well
The first time that I saw
Your head around the door
'Cause mine stopped working

Damien Rice – I remember

Si era sempre chiesta come potesse la gente passare davanti a quello spettacolo e rimanere indifferente. Perché si, osservare il sole tramontare alle spalle dell’immensa Tokio, mentre proiettava lunghe ombre ai piedi degli immensi grattacieli e tingeva il cielo di delicati toni caldi, per Sana era uno dei più begli spettacoli del mondo.
Dal suo appartamento, poteva godersi quel panorama ogni giorno e mai, mai, aveva pensato che potesse annoiarla.
-Sana, ti avevo chiesto di fare il bucato questa mattina. Adesso mi tocca fare tutto di fretta, maledizione –
Fuka.
Se qualche anno prima le avessero detto che si sarebbe ritrovata a condividere uno spazio vitale come il loro appartamento, con quella ragazza dall’accento strano e che l’aveva fatta soffrire portandole via Akito, non ci avrebbe mai creduto.
Sana si alzò con pigrizia dalla poltrona di vimini sul terrazzo – Scusa Fuka – sbadigliò – Stamattina sono tornata tardi dal lavoro e mi è passato di testa –
Fuka si incupì – Ci sono stati problemi con Kamura? –
Sana scosse il capo – No. Le solite discussioni di sempre. Gli ho detto che stasera sarebbero venuti Tsuyoshi, Akito e gli altri a cena, come sempre, e lui si è arrabbiato perché non vuole che ci sia lui – spiegò Sana, sospirando.
Fuka fece spallucce e tornò alle sue faccende, cominciando a strapazzare i cuscini del divano per renderli più confortevoli. Diede una veloce spolverata al tavolino al centro del salotto e tolse alcune briciole dal tappeto. Non che avere i loro amici a cena fosse un evento tanto formale, solo che le dava fastidio avere la casa in disordine.
Sana si rese utile telefonando al ristorante cinese per ordinare da mangiare, perché diciamocelo, lei e Fuka non erano proprio due cuoche provette (*).
-Beh, non posso biasimarlo – se ne uscì fuori Fuka dopo questo lungo attimo di silenzio - Kamura, intendo. Anche io sarei gelosa di Akito, visto quello che avete vissuto insieme – le spiegò.
Sana parve confusa – Eh? Perché?-
Fuka mise le mani sui fianchi e sbottò – Andiamo, Sana! Possibile che passano gli anni ma tu sia sempre la solita ritardata? Ci sei stata insieme per anni...-
Sana chiaramente non capì, dimostrando quanto la teoria di Fuka fosse giusta.
Quella sospirò – Certe cose non si chiudono così, schioccando le dita! –
Sana scosse le spalle e si diresse verso la camera – Beh, con Akito io ho chiuso da secoli perché nessuno dei due provava più nulla. Io ora sto con Naozumi da un anno, amo Naozumi, non vedo perché dovrei ancora pensare ad Akito – disse distrattamente, meccanicamente, come qualcuno che si è ripetuto tra sé quella frase migliaia di volte – Comunque devo ancora farmi la doccia, i ragazzi saranno qui a momenti – constatò guardando l’orologio appeso alla parete sopra il frigorifero - Meglio muoversi –
Fuka si limitò ad annuire.
Dopo che Sana si fu chiusa in bagno, cominciò a spulciare tra la loro collezione di DVD per trovare qualcosa da guardare quella sera.

*

Quando Sana gli aveva detto che sarebbe andata a vivere con Fuka, ne era stato felice. Sapeva quanto lei desiderasse diventare indipendente dalla sua famiglia, soprattutto da sua madre che con i suoi comportamenti infantili l’aveva sempre fatta vivere in un mondo di favole.
Sana voleva diventare indipendente, voleva diventare grande.
Frequentavano l’università da poco e poiché i corsi si tenevano poco distanti da casa di Sana, Akito si era praticamente trasferito a casa sua per poter frequentare le lezioni con costanza.
E a lei non aveva dato fastidio, anzi.
La convivenza tra lei e Fuka si era trasformata in una convivenza a tre: lei Fuka e lui, Akito.
Fin qui era andato tutto bene, Sana era riuscita a dividersi perfettamente tra gli impegni all’università e lui. E il lavoro.
Già, il lavoro.
La causa di tutti i problemi tra di loro. Perché quando hai compiuto da poco diciannove anni, non puoi pensare che la tua parte in un film possa limitarsi a dare qualche bacio sulla guancia al tuo collega. E così Akito si era ritrovato ad assistere ad una piccante scena d’amore tra Sana e Kamura, in un film che parlava di una storia travagliata tra due giovani ragazzi di strada.
Non aveva potuto sopportare che quel dannato idiota posasse le sue luride mani su quel corpo, le sue labbra su quella bocca che era soltanto sua. Aveva spaccato un bicchiere e i suoi amici lo avevano fissato con sguardo preoccupato.
Fuka probabilmente lo aveva anche rimproverato, perché sarebbe toccato a lei pulire le schegge che erano schizzate come saette da tutte le parti, ma lui ovviamente manco le aveva badato.
Quella sera lui e Sana avevano litigato, lei gli aveva detto che se la situazione non gli andava bene se ne poteva anche andare e lui lo aveva fatto, prendendosi giusto il tempo di raccogliere tutta la sua roba. Il pigiama buttato alla rinfusa su una sedia in camera. Il suo spazzolino abbandonato in un bicchiere in bagno. Il suo dopobarba appoggiato su una mensola di vetro. I suoi vestiti nell’armadio di Sana. La camicia che, la sera prima, Sana gli aveva tolto e lanciato dall’altra parte della stanza.
Non ne avevano più parlato. Anzi, non si erano più parlati per qualcosa come due mesi.
Poi un giorno, lui le aveva involontariamente schizzato dell’acqua in faccia e lei era scoppiata a ridere. Erano tornati amici come prima. Letteralmente amici.
Ma trattandosi di loro, quella situazione era perfettamente normale.
Da quella sera erano passati giorni. Mesi. Anni. Tre anni per l’esattezza. Tre anni che Sana e Akito non stavano insieme. Tre anni che lui non la baciava. Tre anni esatti che lui non faceva l’amore con lei.

Entrare nell’appartamento di Sana quella sera, quella dannatissima sera, gli causò un brivido forte lungo la schiena.
“Ricomponiti Akito, maledizione” si rimproverò mentalmente.
Superò la porta senza dilungarsi in troppe smancerie, come invece stava ancora facendo Tsuyoshi con Fuka, che aveva dato a tutti il suo consueto benvenuto.
Si lasciò cadere sul divano con stanchezza, allungando una mano sul tavolino dietro di lui per cercare il telecomando. Lo trovò e accese la televisione.
In realtà, si stava guardando intorno, rendendosi improvvisamente conto di quanto conoscesse bene ormai la casa di Sana e Fuka. Conosceva ogni minimo dettaglio, sapeva perfettamente dove si trovava ogni oggetto e questo non lo disturbava affatto. Semplicemente, era come una sua seconda casa. E che casa! Aveva sempre adorato quell’appartamento, soprattutto per l’immensa vetrata che si affacciava su quell’enorme terrazzo dove lui amava trascorrere il suo tempo a pensare.
La cucina era piccola.
Per quello che la usano Sana e Fuka” si ritrovò a pensare, ghignando malefico dentro di sé. Le camere da letto però erano enormi, con due bellissimi armadi a muro. Armadio che ormai Sana non era più in grado di chiudere, visto la quantità spropositata di vestiti che possedeva.
Ricordava quante volte avevano bisticciato perché lui, per colpa sua, non trovava mai quello che gli serviva.
Sana uscì di fretta e furia dal bagno, un asciugamano a coprirle il corpo.
Akito cercò di ignorare quel particolare.
-Ciao ragazzi! – esclamò lei, trafelata – Come sempre sono in ritardo. Scusatemi. Vado in camera mia a vestirmi. Cinque minuti! – promise, dopo aver schioccato un veloce bacio sulla guancia a tutti. Akito compreso.
Ovviamente la rividero dopo mezzora.
-Come mai Kamura non c’è?- domandò curiosa Hisae, litigando con le bacchette di legno che proprio non riusciva a tenere in mano. Troppo occidentale, lei.
Sana si incupì – Abbiamo discusso – rispose, laconicamente.
Akito notò tutto.
-Capisco – si limitò a dire Hisae, nemmeno tanto interessata.
Tsuyoshi aveva finito di mangiare e pareva in pace con se stesso. Macché, con il mondo. Stava ancora con Aya, ovviamente, e i due avevano anche cominciato a pensare a parole come “matrimonio” e “convivenza” e “figli”. Tutte cose che ad Akito facevano venire un vago senso di nausea.
-Ragazzi miei – si alzò in piedi – io ed Aya dobbiamo farvi un annuncio – disse, con un sorriso ebete stampato in faccia. La ragazza sembrava imbarazzata.
Sana inarcò un sopracciglio – Vi sposate? –
I due arrossirono – NO!- esclamarono all’unisono.
-Andate a convivere? – tentò Gomi, speranzoso.
-NO!-
- Aya, sei incinta per caso? – domandò Fuka, indifferente.
Silenzio.
Tsuyoshi annuì.
-CHE COSA? – urlarono all’unisono Sana ed Akito. Si guardarono in faccia e poi distolsero lo sguardo.
Aya annuì – Si. L’ho scoperto l’altro giorno e non vedevo l’ora di dirvelo – disse, appoggiando una mano dolcemente sul suo ventre – E’ già da tre mesi, ma ho avuto talmente da fare che nemmeno me ne sono accorta – spiegò.
Tsuyoshi l’abbracciò con fare protettivo – Anche perché non ha avuto alcun sintomo –
Gli amici rimasero senza parole per alcuni minuti, ma poi uno ad uno si alzarono per congratularsi.
-Sono così felice, Aya – le disse Sana, passandole le braccia intorno alle spalle. Era commossa.
-Anche io Sana. Ehi, che fai, piangi? – le chiese, asciugandole gli occhi con i polpastrelli – Guarda che mi dovrai aiutare con questo bambino. Sai quanto sono impedita io con queste cose. E poi sarà felicissimo di avere una zia pazza come te! –
Si sorrisero.
-Bel colpo, amico – disse Akito, dando un’amichevole pacca sulla spalla a Tsuyoshi.
-Grazie Hayama – gli disse questo.
-Ragazzi, dobbiamo uscire a festeggiare – urlò Gomi.
Tsuyoshi quasi lo sbranò – No, Gomi! Aya non deve affaticarsi! –
Akito roteò gli occhi al cielo – Eccolo che comincia. Aya, sicura di poterlo sopportare così per altri sei mesi? – le domandò, scoppiando a ridere quando Tsuyoshi gli si lanciò addosso con il preciso intento di strozzarlo.
Aya scoppiò a ridere – Tu scherzi. L’altro giorno non ha voluto che apparecchiassi la tavola –
-Sei il solito megalomane esagerato, Tsuyoshi, quel bambino crescerà con delle turbe – continuò a sghignazzare Akito.
Fuka rimase a pensare – Avevo scelto un film dell’orrore per questa sera. Ma direi che alla luce dei nuovi avvenimenti, sarebbe meglio evitare squartamenti ed omicidi vari – disse, sorridendo ad Aya.
-Guardiamo un film d’amore! – proposero le ragazze.
-Va bene! – acconsentì Tsuyoshi, tornando a sedersi composto di fianco alla sua Aya, abbracciandola.
-CHE PALLE!-

*

-Beh, allora buonanotte – fu la risposta di Fuka ai titoli di coda del film dell’orrore che qualche ora prima lei aveva scartato. Dopotutto, una volta che Aya e Tsuyoshi se n’erano andati, perché non approfittarne?
-Ciao – rispose laconicamente Akito, ancora imbambolato davanti allo schermo della televisione, senza nemmeno darsi la pena di girarsi verso di lei.
-Sana, puoi venire un attimo di là con me? – domandò Fuka alla sua amica, mezza appisolata sul divano e rannicchiata sotto una coperta gigante (e inadeguata vista la stagione).
Sana mugugnò qualcosa, ma allo sguardo minaccioso di Fuka dovette cedere – E va bene, arrivo. Che strazio –
La sua fastidiosa coinquilina se la trascinò fino al bagno e poi la spinse dentro, chiudendosi la porta a chiave alle spalle.
-Manda via Akito – la ammonì Fuka.
Sana – capelli per aria, sguardo meno sveglio del solito ed espressione quanto mai ebete – la fissò ed esordì con un bel – Eh? –
-Senti – cominciò Fuka spazientita – Non puoi rimanere da sola con lui. Credevo di rimanere fulminata in quest’ora e mezza di film –
Sospirò.
-Eh? – ripeté nuovamente Sana. Si era per caso incantato il disco?
-Ma si, svegliati! – squillò, afferrando Sana per le spalle e scuotendola un po’. L’unico risultato che ottenne fu quello di stordire l’amica ancora di più.
-Mentre stavo seduta tra te e lui, prima, la tensione si tagliava con il coltello. Caccialo, ti dico – spiegò, concludendo con quanto già detto.
Sana scosse il capo – Ma che dici? Quale coltello, quale tensione? –
Fuka mise le mani sui fianchi – Non me n’ero mai accorta prima d’ora, ma è vero quello che dicono tutti
-Tutti? –
-Si, lascia perdere. Comunque sia, caccialo. Non puoi restare da sola con lui, vi salterete addosso in meno di dieci minuti, giuro –
Sana sbuffò e si appoggiò con un braccio alla parete accanto a sé, in una posa che ricordava un po’ il mese di aprile del calendario – Senti, ma che cosa sono queste sciocchezze? Capita spessissimo che io e Akito rimaniamo da soli e non è mai successo niente… -
Fuka ammiccò, maliziosa – Fino ad oggi
-E poi io sto insieme a Naozumi… - proseguì Sana, imperterrita e ignorando volutamente l’allusione stupida della sua fastidiosa coinquilina (come già detto).
Fuka fece spallucce – Beh, d’altronde fai come vuoi. Io lo dicevo per te… E per Naozumi, che mi sembra già abbastanza incavolato da sé, senza bisogno di esagerare –
-Te lo ripeto, Fuka, io e Akito… -
Fuka le sventolò una mano davanti agli occhi – Si, non mi interessa. Ho troppo sonno per preoccuparmi di queste stupidate –
Sana si accigliò – Ma sei stata tu a cominciare… -
Fuka le puntò un indice contro – Non dire sciocchezze. – sospirò beata – Adesso vado a dormire. Buonanotte Sana – la salutò, sempre con quella mano odiosa che sventolava ai quattro venti, manco fosse stata una bandiera.
Sana tornò in salotto con un diavolo per capello. Andò a sedersi accanto ad Akito, ancora nella stessa posizione di cinque minuti prima, ed incrociò le braccia al petto, sbuffando.
Akito si voltò a guardarla, sorpreso – Beh? Che c’è, Kurata? –
Sana si alzò in piedi e gli si piazzò davanti. Sbuffò ancora – Niente. Solo Fuka è completamente fuori di cervello – constatò, dandogli le spalle e cominciando a misurare il salotto a grandi passi.
Akito si grattò il mento – E dov’è la novità? –
Sana rise, un po’ di cuore – Temo che tu abbia ragione, sai? Solo che la sua pazzia comincia ad infastidirmi – ammise, tornando a sedersi accanto a lui.
Akito parve pensarci su e poi fece spallucce – Tu mi infastidisci da più di dieci anni e non mi sono mai lamentato –
-Grazie tante – gli rispose solamente lei, sarcastica fino all’inverosimile.
Passò un lungo istante di silenzio, durante il quale il ragazzo si limitò a leggere le notizie di un telegiornale notturno, che li informava dell’ennesima trattativa politica per compiere taluna cosa. Sana giocava nervosamente con le sue stesse mani. Il ritratto della pazzia, insomma.
-Akito? – lo chiamò alla fine lei e lui si limitò a risponderle con un suono gutturale non ben identificato.
-Posso abbracciarti? – gli domandò, innocentemente.
Senza nemmeno voltarsi a guardarla, e continuando a fare zapping tra i vari canali (che a quell’ora di notte proponevano cose più o meno lecite), le rispose soltanto – Fai come vuoi –
Sana lo prese come un sì, e gli si accovacciò su un fianco, stringendolo forte e percependo (senza capire come) il battito del cuore di Akito che aumentava. Le sembrava quasi che gli stesse per esplodere nel corpo. Poi lui le passò un braccio intorno alle spalle.
Rimasero così, immobili, per un tempo indefinito – Sana notò soltanto che la lancetta dell’orologio aveva compiuto un mezzo giro e cominciò a torturarsi con i denti la nocca del suo indice destro, rimuginando tra sé.
Ma quale tensione? Io e Akito siamo solo due amici, che una volta stavano insieme e che hanno conservato un bellissimo rapporto. Non c’è nulla di compromettente in questo abbraccio” si disse, ignorando però di proposito il brivido causato dalla mano di Akito che, involontariamente, le aveva sfiorato la pelle delicata del collo.
E’ solo un caso. Ho un po’ freddo” imperversò, rannicchiandosi ancora di più contro di lui.
-Forse ora è meglio che vada – decretò infine Akito, spegnendo la televisione e rimanendo a fissare la loro immagine riflessa nello schermo nero.
Riluttante, Sana si alzò in piedi e lui la imitò. Teneva lo sguardo fisso a terra. Forse, dopotutto, un po’ di tensione nell’aria c’era eccome.
-Cosa pensi di Aya e del bambino? – gli chiese lei, sottovoce, tanto per dire qualcosa.
La sua voce, sebbene fosse solo un sussurro per non svegliare Fuka che stava sicuramente già dormendo, ebbe l’effetto di una bomba nella testa di Sana.
Lui sobbalzò e fece spallucce – Cosa devo pensare? Sono immensamente felice per loro. Tu no?-
Sana annuì – Certo. Non ce li vedo ancora con un figlio, ma penso che mi ci abituerò – gli confessò, in un sussurro.
– Nemmeno dovessi averlo tu il figlio – disse lui.
- Già – annuì Sana, sorridendo – Ma sai che è una cosa che mi piacerebbe tantissimo – scherzò.

I remember december
And I wanna hear what you have to say about me
Hear if you're gonna live without me
I wanna hear what you want

                      Damien Rice – I remember

Akito alzò lo sguardo di scatto e poi disse – Sì.
Sì, me lo ricordo -
Lui la osservò in faccia, silenzioso, e lei sostenne il suo sguardo. Era forse la stanchezza, ma Akito avvertiva un distinto ribollire di sangue all’interno del suo corpo.
Mosse un passo verso di lei. Sana rimase immobile, in attesa di qualcosa. I loro corpi divisi ormai soltanto da un impalpabile soffio d’aria, lei con il viso proteso verso quello di Akito. Immobile.
Sana, ma che fai?”.
Negli ultimi anni la coscienza di Sana si era sdoppiata negli ormai noti angioletto e diavoletto. Uno che elargiva consigli buoni e l’altro che la spronava a comportarsi male.
Ignoralo, aspetta che Akito faccia qualcosa
Tu sei fidanzata con Kamura
“Quell’idiota. Se hai la possibilità, fatti Akito”
“Ma lei ama Kamura, non l’hai sentita oggi?”
“Lei mentiva”
“No, Sana ama Kamura”
STATE ZITTI” li rimproverò Sana. Era ormai evidente la sua pazzia.
Akito schiuse le labbra appena e rimase a guardarla immobile. Riuscì persino ad udire il ronzare di una dispettosa zanzara che lo tallonava già da una buona mezzora.
-Sana...- sussurrò.
Udirono un rumore di chiavi che proveniva dall’ingresso e la porta si aprì.
-Sa... Ah, ciao Akito! –
Naozumi era appena entrato in casa e parve abbastanza irritato nel constatare che la sua ragazza era ancora sveglia e che Akito stava ancora a casa sua. E che Akito le stava così vicino.
-Ciao amore! – squillò Sana, improvvisamente sveglia, correndogli incontro.
Akito non se lo seppe spiegare, ma provò una distinta nota di fastidio nel vedere Sana schioccare un dolce bacio sulle labbra di Kamura.
-Cosa ci fai qui?-
Naozumi le sorrise – Avevo voglia di vederti, visto come ci siamo salutati oggi – le spiegò, abbassando il capo a mo’ di scuse.
Akito si sentì di troppo – Beh, io andrei. Buonanotte – disse, senza aspettare le solite frasi di circostanza che lo avrebbero poi invitato a fermarsi ancora per scambiare quattro chiacchiere. E lui non ne aveva proprio voglia.
-Ciao Akito! – lo salutò Sana, osservandolo in modo strano.
Lui fece un cenno con il capo a Kamura, che annuì. Perché sprecare parole per quell’emerito imbecille?
-Entro in casa e con chi ti vedo? Con Hayama a poco meno di cinque centimetri dal volto – la punzecchiò, ma Sana roteò gli occhi al cielo.
-Non cominciare Naozumi, altrimenti mi arrabbio sul serio – lo rimproverò – Stavamo solo parlando del fatto che Aya sta per avere un bambino -
Naozumi spalancò la bocca – Aya è incinta? – chiese.
Sana annuì felice – Ma ci pensi? Tra qualche mese sarà mamma! –
Era fuori di sé dalla gioia.
Naozumi la osservò sorridendo, dolcemente.
Sana se ne accorse – Perché mi guardi così? –
Il ragazzo le circondò la vita con le braccia e l’attirò a sé – A volte mi dimentico quanto ti amo – le confessò, baciandola con dolcezza.
Sana ricambiò, allacciandogli le braccia dietro al collo.
Lui la prese in braccio e la trasportò fino alla sua camera da letto. Sana rise – Che fai, Kamura? Così cadiamo –
La lasciò cadere sul letto e chiuse a chiave la porta.
-Che vuoi fare? – gli domandò lei, ridendo, anche se conosceva già la risposta.
- Non lo so. Tu cosa credi che voglia fare? – le chiese, mentre cominciava a sfilarle la magliettina scollata che aveva desiderato toglierle fin da quando era entrato in casa, fin da quando l’aveva vista in piedi, vicino ad Hayama.
-Io credo, che tu voglia marcare il tuo territorio in modo che Hayama non possa più nemmeno avvicinarsi – gli rispose lei, ma ormai non rideva più. Tutta l’allegria aveva lasciato posto ad una passione fin troppo eccessiva, visto che solo quella mattina avrebbe voluto prenderlo a schiaffi.
Prese a baciarlo con foga.
- Se basta così poco per tenerti lontana da Hayama, diamoci subito da fare – rise lui sulle labbra di Sana, continuando a spogliarla.
Ben presto le loro risate e le loro parole, furono soppresse da una serie di sospiri.

I want you here tonight
I want you here
'Cause I can't believe what I found
I want you here tonight
I want you here
Nothing is taking me down.
Except you my love.
               Damien Rice – I remember

*********************************************

(*) in realtà, se la memoria non mi inganna, Fuka dovrebbe essere pure brava a cucinare. Dettagli, mi piaceva l’idea di lei e Sana – di cui invece sono sicura – viste come due piccoli impiastri in cucina e siccome nei prossimi capitoli sarà un particolare su cui calcherò un pochino, rimane. Così è se vi pare.

Ebbene, come annunciato, eccomi qui di nuovo con questa storia. Ormai mi ci sono imbarcata e la finirò, mi mancano giusto due o tre capitoli conclusivi da scrivere, ma con la fine della scuola troverò tutto il tempo. Ad onor del vero, questo primo capitolo non mi convince per niente, mi serviva più che altro come incipit per iniziare e ovviamente mi è uscito da schifo _._ Niente mi farà cambiare idea, ho troppo l'impressione che manchi qualcosa che invece doveva essere assolutamente raccontato, ma non sono riuscita ad individuare cosa.

In ogni caso, nemmeno vi sto a dire la pelle d'oca a scrivere la scena finale **Bleah, checchifo**.

Potete considerare questa fic come il continuo di "My Sorrow", visto con cinque anni di ritardo. In ogni caso, è leggibile senza aver letto quella, visto che i richiami saranno giusto un paio e sparsi qua e là.

 

Per ora è tutto, ci aggiorniamo tra una settimana, spero.

 

Ale69

 

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Capitolo 2
*** Incespicare ***


SHE IS

Capitolo 2 : Incespicare

Oh, oh , I never felt this way
How do you give me so much pleasure
And cause me so much pain
Just when I think
Ive taken more than would a fool
I start fallin' back in love with you
                Fallin' - Alicia Keys

Quello che colpì subito Sana, non fu il dispettoso raggio di sole che quotidianamente riusciva ad infilarsi tra gli spiragli della tenda, bensì l’invitante odore di fragranti croissant che probabilmente Fuka aveva acquistato al bar all’angolo.
Le ragazze adoravano fare colazione in quel posto che, si vociferava, fosse il migliore della città. E grazie al cameriere carino che vi lavorava, riuscivano spesso ad ottenere qualche sconto.
Sana si tirò su a sedere, un sorriso beato e rilassato stampato in faccia: quel giorno niente lavoro, doveva soltanto andare a lezione in università nel pomeriggio. Con Akito.
Fuka molto probabilmente era già uscita di casa, per andare in ufficio. Terminata la scuola superiore, la ragazza era stata fortunatissima a trovare un lavoro come impiegata: lo stipendio era ottimo e il lavoro per nulla massacrante.
Sana cercò la propria biancheria tra il mucchio di indumenti infondo al suo letto. Poi si infilò la camicia di Naozumi ed allacciò i bottoni, giusto per coprire il necessario.
Sbadigliando si recò in cucina. Sentiva il rumore della televisione accesa e di un cucchiaino che tintinnava contro una tazza.
- Fuka?- chiamò dubbiosa Sana, prima di svoltare l’angolo.
Si trovò faccia a faccia con Akito, che come tutte le mattine era andato a fare colazione a casa loro. Il ragazzo stava guardando i cartoni animati e quando si accorse di lei, si limitò ad osservarla.
Quella camicia la indossava ieri sera Kamura” constatò. Si scoprì infastidito, ma decise di ignorare quella sensazione.
-Buongiorno Kurata – la salutò, con una freddezza che non si sarebbe saputo spiegare.
- Akito... Possibile che tu debba mangiare qui ogni santo giorno? Non hai una casa? – gli chiese Sana, ma in realtà non era per niente arrabbiata.
Lui la ignorò.
Sana si accomodò al tavolo, di fianco a lui e addentò la brioche che Fuka le aveva lasciato su un piattino, insieme alla tazza con il latte caldo.
- Che carina Fuka – disse allegramente – Mi pensa sempre –
Sana si alzò velocemente per cercare il succo d’arancia in frigorifero che, peraltro, era come sempre il ritratto della desolazione. Vuoto. Lo richiuse, un po’ sconfortata.
-A dire la verità – tossì Akito – Sono stato io a portarti la colazione –
Sana non ne capì il motivo, ma poté avvertire distintamente un nodo di tenerezza formarsi in gola. E avrebbe voluto poterlo abbracciare. Avrebbe voluto potergli fare appoggiare la testa contro il suo seno, come facevano anni prima, quando lui compiva qualche gesto carino che le faceva piacere. Certo, avrebbe voluto, ma la solita vocina nella sua testa le ricordò che nella stanza infondo al corridoio stava dormendo Kamura, il suo ragazzo.
-Ah – si limitò a dire – Ti ringrazio –
Akito la osservò di nuovo – Kamura è di la che dorme? – le chiese, accennando malizioso alla camicia che stava indossando.
Sana si sentì contorcere le viscere al pensiero che Akito avesse capito quello che lei e Naozumi avevano fatto quella notte.
Non è mica stupido Akito” si disse mentalmente, annuendo nel frattempo per rispondere a lui.
Akito tornò a voltarsi verso la televisione, ma in realtà non guardò le immagini.
Adoravo quando indossava i miei vestiti il mattino dopo aver fatto l’amore” dovette ammettere con se stesso, cercando di ignorare quel pizzico di fastidio che si faceva sempre più insistente nel suo stomaco.
Sana gli passò davanti, oscurandogli per un momento l’immagine del suo eroe che sgozzava l’orribile mostro che aveva tentato di ucciderlo.
Stava cercando di arrivare al ripiano più alto della dispensa per prendere lo zucchero; la camicia si sollevò, scoprendole la pelle nuda e fecero bella mostra di sé un paio di mutandine nere, di pizzo.
Akito si irritò ancora di più, ricordandosi che quelle mutandine gliele aveva sfilate più di una volta.
Ma che cavolo ti prende?” si disse “Fino a ieri sera ti era totalmente indifferente. Perché ora pensi a queste cose?”.
Vide Sana afferrare lo zucchero, ma poi, per lo slancio che si era data, barcollare all’indietro ed incespicare nei suoi stessi piedi.
Alzarsi in piedi ed afferrarla per i fianchi, fu istintivo.

*

Naozumi rotolò sul suo fianco, con il preciso intento di abbracciare quel corpo caldo che aveva stretto a sé tutta la notte. Trovò l’altra metà del letto vuota. Fredda. E quel sorriso beato che aleggiava sul suo volto fino ad un attimo prima, si smorzò appena.
Quella notte era stata fantastica per lui, anche se continuava ad avere la stranissima sensazione che Sana non fosse completamente coinvolta quando stavano insieme.
Andiamo Naozumi” si rimproverò “Smettila di essere paranoico. Stai ragionando come una donna, te ne rendi conto?”.
Udì il suono di due voci provenire dalla cucina ed istintivamente si tirò in piedi. Indossò anch’egli la propria biancheria, notando che quella di Sana non c’era già più, come la sua camicia, che probabilmente la ragazza aveva indossato.
Questo lo rese felice.
Constatare che una delle due voci che aveva sentito poco prima fosse di Akito, lo rese un po’ meno contento. Anzi.
Quando la sera prima era entrato in casa e aveva visto Sana e Akito a pochi centimetri l’una dalle labbra dell’altro, avrebbe voluto andare li e spaccare la faccia a quel bastardo.
Lui non sta più con Sana” si era detto “Perché diamine continua a ronzarle intorno? E soprattutto perché lei non gli dice di stare lontano?”
Tutte le sue energie erano concentrate ad ignorare questa seconda parte della domanda.
Uscì dalla stanza con più foga di quanto sarebbe stata necessaria e fece la sua comparsa in cucina, dopo essersi ripromesso di mantenere la calma mentre scivolava lungo il corridoio.

*

Oh baby
I, I, I, I'm fallin'
I, I, I, I'm fallin'
Fall
       Fallin' - Alicia Keys

Sana vide le fredde mattonelle del pavimento farsi più vicine. Sempre più vicine, mentre lei cadeva per terra. Quando fu sicura che sarebbe avvenuto l’impatto, avvertì due braccia forti sorreggerla, afferrandola per i fianchi.
Akito la sollevò da terra con una grazia che non gli apparteneva, voltandola verso di sé. Istintivamente, se la strinse più forte contro il proprio corpo e rimase a guardarla negli occhi.
Sana stette immobile, paralizzata, mentre la sua pelle, al di sotto della camicia, bruciava, tanto era il desiderio che aveva di strapparsi via quella stoffa dannata per sentire l’effetto che faceva la sua pelle calda contro quella di Akito.
Sana, controllati”.
Io amo Kamura, io voglio solo Kamura. Perché ho queste sensazioni ogni volta che Akito mi è vicino?” si chiese, cominciando a tremare dentro di sé.
Naozumi apparve sulla soglia della cucina.
Cazzo” urlò una voce nella testa di Akito. E in quella di Sana.
Kamura parve sentire quella voce, pur essendo completamente estraneo alle loro menti.
-Sana?- la chiamò, la voce tremante. Incertezza o rabbia allo stato puro?
Sana allontanò bruscamente Akito da sé e quest’ultimo finse la sua solita indifferenza, tornando a sedersi sulla sedia e a guardare i cartoni animati.
Naozumi parve ricomporsi – Che... Che cosa stavate facendo? – balbettò.
Improvvisamente, pur essendo lui il fidanzato di Sana, cominciava a sentirsi di troppo.
Akito roteò gli occhi al cielo, ma fortunatamente Naozumi non lo vide, perché girato di spalle.
-Cercavo lo zucchero – spiegò Sana sbrigativa, passandosi una mano sulla fronte sudaticcia – sono inciampata nei miei stessi piedi e Akito mi ha trattenuta dal cadere per terra come un sacco di patate – spiegò sorridente.
Si avvicinò a Kamura e gli schioccò un bacio sulle labbra – Buongiorno amore –
Akito strinse i pugni. Benché cercasse di apparire disinvolto, quella scenetta diabetica lo aveva fatto proprio incavolare a morte. Fino a qualche anno prima, Sana riservava soltanto a lui quel trattamento.
-Vuoi fermarti a fare colazione con... Con noi? – gli domandò Sana, tentennando sull’ultima parte della frase.
Kamura scosse la testa e Akito poté avvertire il forte profumo che il ragazzo utilizzava. Gli venne da vomitare.
-No, questa mattina ho alcune commissioni da sbrigare, anzi – disse, controllando l’orologio appeso alla parete – Sono già in ritardo, devo sbrigarmi –
Depose un bacio sulla fronte di Sana e fece per andarsene.
Prima di scomparire alla vista dei due ragazzi rimasti in cucina, però, aggiunse una frase che, Akito ne era certo, aveva il preciso scopo di dargli il colpo di grazia – Amore, tieni pure la mia camicia. Tanto nel tuo armadio ce ne sono un sacco di mie
Akito strinse gli occhi e mandò giù.
Calma. Doveva soltanto mantenere la calma.

*

Kamura se ne era andato. Finalmente.
Sana si stava facendo la doccia nel bagno della sua camera, mentre Akito se ne stava appollaiato sul divano, tutto intento a spulciare gli appunti della lezione di Fisica che si sarebbe tenuta quel giorno.
La testa ovviamente era altrove.
Okay, ammetti almeno con te stesso che il pensiero che Sana e Kamura, questa notte, siano stati insieme ti da fastidio. E non poco. Ammettilo e vedrai che starai meglio”.
Akito sospirò.
“Okay, lo ammetto”.
Santo Cielo, avrebbe tanto voluto tirare un pugno sul naso di Kamura quando lo aveva visto entrare in cucina, con quell’espressione beota sulla faccia. Anzi, già quando aveva visto Sana mezza nuda sgambettargli davanti, aveva desiderato ardentemente correre come una furia in camera sua e rovinare quell’enorme imbecille che si era portata a letto.
No, non posso sopportare che sia lui a spogliarla, che sia lui a toccarla, a baciarle quel corpo magnifico. Non posso accettare che sia lui l’ultima persona che Sana vede la sera prima di addormentarsi”.
Akito strinse i pugni.
Diavolo, Akito! Questi discorsi te li facevi anche due anni fa, quando si è messa con Kamura ed eri riuscito a convincerti che la situazione andava bene. Perché salta tutto fuori ora?” si domandò, cercando di ignorare quella solita vocina dispettosa che gli suggeriva “Non l’hai mai dimenticata, ti ha sempre dato fastidio, solo che lo negavi a te stesso”.
Akito si alzò in piedi e cominciò a misurare la stanza a grandi passi. La tapparella era stata tirata su a metà e il sole filtrava attraverso la finestra proiettando lunghe ombre sul pavimento bianco. Il ragazzo udì una porta sbattere.
Sana.
- Akito! Akito scusa! Ci ho messo una vita a farmi la doccia – aveva esclamato lei, spuntando da dietro la porta con indosso solo un paio di jeans ed una magliettina bianca, leggera, che lasciava intravedere il solco tra i seni.
Lui deglutì. Anche quella magliettina ricordava di avergliela tolta un sacco di volte.
-Strano, non è da te essere in ritardo – commentò lui ironicamente, incrociando le braccia e continuando a guardarla con un sorriso storto.
Lei inarcò un sopracciglio – Cosa c’è?- gli domandò.
-Niente –
Sana andò a recuperare la sua borsa e cominciò a cercare i suoi occhiali da sole. Ovviamente, come da suo proverbiale ordine, non li trovò.
-Dai porca miseria. Dove li ho messi? – sbottò, dopo averli cercati praticamente per tutta la casa.
Akito rise –Cerchi questi per caso? – le domandò, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni gli occhiali da sole di Sana. Questa mise su un cipiglio irresistibile.
-Mi hai fatto cercare per tutta la casa e poi li avevi tu? – sbottò ancora – Non me lo potevi dire? –
-E il divertimento poi dove stava? –
- Hayama, mi fai veramente incavolare! Coraggio, dammeli! – gli ordinò.
Lui rise ancora di più –No, Kurata. Vieniteli a prendere –
Cominciò a correre per la casa e Sana, ovviamente, lo rincorse, raccogliendo la sfida.
Avranno pure avuto ventidue anni, quasi ventitré per Akito, ma certe cose decisamente erano rimaste uguali. Tanto per dirne una, la loro eterna infantilità.
Akito teneva gli occhiali da sole in mano, le braccia tese sopra la propria testa, e Sana saltellava nel vano tentativo di arrivarci per poterseli riprendere.
Fu forse per il troppo slancio che si era data o perché incespicò nei suoi stessi piedi (per la seconda volta quel giorno) che sia lei che Akito rovinarono a terra come due sciocchi.
Akito sbatté il sedere con violenza sul pavimento; Sana gli finì a cavalcioni e per l’impatto la sua testa andò a cozzare contro quella del ragazzo. L’intero sistema solare cominciò a ruotare loro intorno.
-Ahi, Kurata hai la testa più dura di un sasso! – la rimbeccò, massaggiandosi la parte lesa.
-Oh Hayama, stai zitto. Questa è tutta colpa tua, sei tu che hai cominciato con questo scherzo stupido, quindi ti sta bene! –
In realtà quella dei due che si era fatta più male era lei.
Quando sollevarono lo sguardo l’uno sull’altra, si resero conto di quanto fossero vicini. Akito poteva vedere il proprio riflesso negli occhi di Sana e non gli sfuggì lo sguardo languido che aveva lei in quel momento. Lo stesso sguardo che le aveva visto ogni volta che desiderava un bacio da lui.
Istintivamente le portò le mani sui fianchi e con le dita le scostò i lembi della camicetta per poterle sfiorare la pelle calda della schiena. Sentì Sana rabbrividire.
Con l’altra mano le scostò una ciocca di capelli da davanti agli occhi e gliela depositò dietro le orecchie. Sana chiuse gli occhi, godendosi quei brividi che continuavano a percorrerle tutto il corpo.
“Baciala Akito, baciala. Non vedi che lo vuole anche lei?”
Fece scivolare la sua mano sulla nuca di Sana e con gentilezza l’attirò verso di sé. Sana continuava a tenere gli occhi chiusi. Le loro labbra erano sempre più vicine, Sana poteva sentire il calore dell’alito di Akito solleticarle la pelle delicata del collo.
A quel punto anche Akito chiuse gli occhi, preparandosi a quello che, ne era certo, sarebbe stato un bacio fin troppo travolgente a cui lui non sarebbe riuscito a resistere.
Poteva già sentire il sapore del lucidalabbra alla fragola di Sana...

*

-Tsuyoshi, Tsuyoshi dannazione apri questa porta!-
Quando cinque anni prima Tsuyoshi si era presentato alla porta di Akito, dicendogli di aprire immediatamente perché gli doveva parlare, interrompendo così il sonno beato dello stesso, avrebbe dovuto immaginare che Akito, prima o tardi avrebbe ricambiato il favore. (*)
- Akito? Che cosa vuoi? –
Un Tsuyoshi molto assonnato fece la sua comparsa sulla porta di casa, con ancora il pigiama addosso. Akito parve sorpreso, ma senza nemmeno attendere un consenso, entrò in casa dell’amico.
Era tardo pomeriggio ed Akito era appena uscito dall’università dove si era tenuta la lezione pomeridiana a cui doveva andare quel giorno. Con Sana.
-Non sei andato al lavoro questa mattina? Stavi dormendo? – gli chiese, lasciandosi cadere sul divano e addentando un cioccolatino abbandonato sul tavolo.
Tsuyoshi si imbronciò e mise le mani sui fianchi – Aya stanotte non è stata molto bene e questa mattina ho preso un giorno di permesso per poterla aiutare. Non mi andava di lasciarla da sola –
Akito annui.
-Che cosa vuoi? – ripeté.
Akito sobbalzò –Oh Tsuyoshi! – gli disse.
Ecco, in quel momento Akito non sembrava per niente Akito. Era piuttosto molto simile ad un ragazzo disperato, con il cuore a pezzi, che non sapeva più che pesci pigliare. Ossia, tutto quello che Akito non era, che non era mai stato e che non sarebbe stato mai.
-Aiutami non so che fare –
Okay, quello non era Akito. Anche Tsuyoshi parve accorgersene perché si andò subito ad accomodare di fianco al suo amico –Akito, cosa succede? – gli domandò ansioso.
Quello mormorò qualcosa. Qualcosa di non ben definito. Qualcosa di cui Tsuyoshi riuscì a capire soltanto “Occhiali” e “Kamura” e “Bacio”.
Tsuyoshi era confuso –Hai baciato Kamura con gli occhiali? – gli domandò.
Akito storse il naso – No! Che schifo! – sospirò – Stavo giocando con Sana, le avevo rubato gli occhiali da sole e lei stava cercando di riprenderli. Poi mi è caduta addosso e...-
-E?-
-E...-
-E?-
-E... Per poco non ci siamo baciati! – ammise, abbassando il capo con fare colpevole – Solo che lei si è fermata poco prima che succedesse. Mi ha solo detto “Kamura” e poi si è rialzata – Akito si prese la testa tra le mani –Tsuyoshi dimmi cosa devo fare, perché sennò impazzisco – gli domandò, disperato e sull’orlo delle lacrime.
Tsuyoshi non l’aveva mai visto così.
- Akito... – cominciò a dire, con fare serio – Akito, ma è fantastico! –
-Eh?-
-Io ed Aya eravamo sicuri che prima o poi sarebbe successo. Adesso è solo questione di tempo, ma finalmente è scoccata di nuovo la scintilla! – esclamò, con espressione sognante.
-Tsuyoshi, ma sei rincitrullito? – gli domandò.
In quel momento Aya fece capolino dalla stanza da letto. L’espressione sbattuta e il maglione larghissimo che indossava, non riuscivano a coprire il luccichio entusiastico nei suoi occhi.
-Ciao Akito. Non ho potuto fare a meno di sentire quello che hai detto a Tsuyoshi. È la verità?-
Tipica affermazione di tutti coloro che amano farsi i fatti degli altri. Non ho potuto fare a meno di sentire. Allora non ascoltare, invece di tormentarmi.
Akito sbuffò – Fantastico, adesso insieme a Tsuyoshi ho trovato un’altra consulente del cuore –
L’espressione sconvolta di pochi secondi prima, completamente scomparsa.
-Senti Hayama – disse Aya risoluta come Akito non l’aveva mai vista – Se Sana è rimasta immobile così a lungo prima di scansarsi, vuol dire che era parecchio indecisa se lasciarsi baciare da te oppure no. Il mio è un parere da donna e di migliore amica di Sana. Se ha tutti questi dubbi, vuol dire che quello che prova per Kamura non è così forte, non credi?-
Certo, il ragionamento di Aya non faceva una grinza, perfettamente razionale, dava voce ai suoi stessi pensieri. Ma da quando, Sana era una persona razionale?

*

-No scusa, vuoi ripetere? –

Fuka era sconvolta.
Oddio, non che non si aspettasse che prima o dopo sarebbe accaduto, solo che venirlo a sapere così, dopo una giornata di lavoro massacrante e una quantità sproposita di scartoffie da ricontrollare prima di passarle al suo capo, la faceva innervosire più del dovuto.
Sana aveva quasi baciato Akito.
No, Akito aveva quasi baciato Sana.
Ma che differenza c’è alla fine?” si era chiesta perplessa.
Sana non aveva tardato molto a darle la lieta novella. Fuka era entrata in casa, tutta trafelata e con la borsa a tracolla che a momenti la strangolava e lei glielo aveva detto.
La stava aspettando, curandola, annusando la sua presenza aldilà della porta come il più fedele cane da compagnia. Quando Fuka se l’era ritrovata davanti, Sana saltellava da un piede all’altro, mordendosi le labbra, i capelli raccolti confusamente in una coda disordinata.
E questo è il modello di ragazza che centinaia di teenager seguono ogni giorno” si era detta Fuka, sorprendentemente divertita.
Sana le aveva raccontato tutto, non risparmiandole nemmeno i più intimi dettagli. Akito che le rubava gli occhiali. Lei che inciampava. Loro che si guardavano negli occhi. Le loro labbra che erano lì lì per sfiorarsi. Lei che lo aveva allontanato.
Per concludere ovviamente con loro che andavano a pranzare insieme, e poi all’università a lezione, come se niente fosse successo. Normale, no?
Fuka non era propriamente annoiata, solo che quella storia era stata costretta a sentirla per anni. Anni. Non confidenze sussurrate nei bagni della scuola, che si perdevano in uno sbuffo di fumo, mentre la sigaretta stretta tra le dita si consumava. Anni. Ore continue della sua vita che lei e Tsuyoshi, soprattutto, avevano passato a scervellarsi per capire quali contorti ragionamenti si nascondessero dietro le menti malate di Akito e Sana. E nessuno dei due, quasi servisse qualcosa sottolinearlo, riusciva a capire perché si fossero lasciati e perché attendessero tanto tempo a rimettersi insieme.
-Sana, perché l’hai allontanato? – le domandò innocentemente.
Quella parve quasi offesa - Ma perché io sto con Naozumi – spiegò, più scandalizzata che mai.
-E allora? – chiese ancora Fuka, non capendo quale fosse effettivamente il problema.
-Non lo voglio tradire –
Ecco, erano esattamente queste cose che la mandavano su tutte le furie. Ma che razza di risposta era quella? Tu non è che non baci un ragazzo perché stai con un’altra persona e non la vuoi tradire. Non è quella la giusta motivazione che ci sta dietro, almeno.
Trovare adesso il giusto modo per spiegarlo a Sana era una delle azioni più difficili che avrebbe mai dovuto compiere nella sua vita.
-Sana, ti rendi conto di quello che dici? –
La ragazza sgranò gli occhi e la guardò interrogativa –In che senso? –
Fuka sospirò – Sana, tu mi stai dicendo che non hai baciato Akito perché stai con Naozumi e non lo vuoi tradire –
Fuka la guardò, cercando di lasciarle intendere esplicitamente qualcosa con il suo modo di fare. Sana ovviamente non colse il messaggio – Eh? E allora?-
Fuka sospirò ancora e si accese una sigaretta.
Sapeva perfettamente che Sana detestava quando fumava. In casa per di più. Ma in quel momento necessitava della sua dose quotidiana di nicotina che, paradossalmente, era in grado di farla stare tranquilla.
Aspirò una lunga boccata di fumo e poi strinse gli occhi a due fessure, per guardare Sana che ancora stava zitta, in attesa. Sul suo volto solo un lieve accenno di fastidio per l’odore nauseabondo del fumo.
-Sana. Avresti dovuto dirmi che non hai baciato Akito perché ami Naozumi –
Poté sentire il campanello nella testa di Sana squillare, pur non avendo poteri telepatici. Sembrava sconvolta. Fuka spense la sigaretta, consumata nemmeno a metà, nel posacenere sul mobile all’ingresso. Ancora non era riuscita ad entrare in casa.
-Perché lo ami, Sana. Non perché non lo vuoi tradire –
La superò, lasciandola imbambolata all’ingresso.

I keep on fallin'
In and out of love
With you
Sometimes I love ya
Sometimes u make me blue
Sometimes I feel good
At times I feel used
Lovin you darlin'
Makes me so confused
             Fallin ' - Alicia Keys

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Buonasera ^_^ Eccoci qui con il secondo capitolo di questa storia. Eh, la Kim aveva proprio ragione a dire che Sana e Akito senza i loro amici sarebbero perduti. No, ditemi voi se è normale che sia stata Fuka a far notare la piccola contraddizione presente nel suo modo di fare… Nel prossimo capitolo ci sarà una svolta – o è quello dopo? :D Non vi dico niente.

In primo luogo volevo ringraziarvi di cuore perché non ho mai avuto così tante recensioni solo per il primo capitolo. Spero che la storia continui ad appassionarvi. A questo proposito e in secondo luogo, volevo fare una precisazione, che forse avrei dovuto fare sin dal primo capitolo : questa storia sarà incentrata sulla quotidianità. Una volta superato l’ostacolo “Naozumi”, la storia sarà incentrata sul rapporto Sana e Akito. Per tutto il tempo. Questo significa che possiamo dire addio all’amore travagliato dei due, presente in My Sorrow. Ho sempre voluto scrivere una storia “tranquilla”, senza colpi di scena, che raccontasse la pura quotidianità della coppia e quindi – diciamolo – in sé un po’ banale. Per quanto Sana e Akito consentano di scrivere una storia “banale”, intendiamoci. E poi, volevo anche raccontare una storia che non cominciasse con la fine – tipico, si mettono insieme alla fine e quello che tutti abbiamo letto è più che altro il “come ci sono arrivati”. Spero di non avervi deluse con questa anticipazione, più che altro la parte di voi che si aspettava fuochi d’artificio da questa fiction – io mi ci sto affezionando molto, poi vedremo come si evolverà.

Passo a ringraziare le ragazze che come sempre sono fantastiche: la storia sarà incentrata sul rapporto Sana e Akito. esta storia sarà incentrata sulla quotidianità. recisazione, visto che mi

_DaNgErOuS_ChIlD_ : la prima, la prima a recensire! ^_^ Ma ciao! Brava che hai tenuto a mente l’idea del frullatore, torna sempre utile prima o poi e se non ci pensi tu lo faccio io – non ti dico lo schifo di dover scrivere le scene tra Sana e Kamura. Meno male che non durerà ancora a lungo. Un bacione tesoro!
Yesterday: no, l’indice puntato no, per carità! ç__ç Grazie per cento – ma si dice poi? Boh. - per ogni bella parola che mi hai scritto. Come suddetto, la quotidianità ci sarà, e tantissima in questa fiction (è proprio vero che si ricerca nelle storie quello che ci manca nella vita vera – ma che dico?). Al solito mi hai ispirata per una cosa che però non ti dico – così impari. Che tu ci creda o meno, al rifletto di Sana e Akito sulla TV ho pensato a te – giuro e spergiuro. Ormai siamo telepatiche – esci dalla mia testa! E… nonostante tu continui a strepitare, la storia rimane dedicata a te! <3
Deb: ciao cara! No, non mi è arrivata nessuna mail com’è possibile? Ç__ç Ma cos’è questa rivolta dei PC contro di me? Mi diverto un sacco a leggere le tue considerazioni sulla storia, per non parlare dei dialoghi che fai da sola con Sana e Akito. Tutto bene? :D Kamura credo vogliano ucciderlo in molte e a questo proposito ti dico che dovrai sopportarlo ancora per poco. Pochissimo promesso, padrona! ^__^ Un bacione ad una mia fan accanita!
Ili91: ma grazie, e colgo anche l’occasione per ringraziarti della tua recensione all’ultimo capitolo di My Sorrow, davvero troppo gentile. *_* Sana sta con Naozumi da due anni e ancora non si è stancata – che coraggio (una parte di me urla “che schifo” ma vabbè). Amici per loro è una parolaccia, infatti l’ho messa in corsivo se non sbaglio :D Se ti sono piaciuti i dialoghi interiori di Sana, vedrai nei prossimi capitoli. Ancora grazie infinite, spero che anche questa storia ti piaccia (:
ryanforever: la veggente (posso chiamarti così). Adesso mi spieghi come facevi a sapere che in questo capitolo c’erano Aya, Fuka e Tsuyoshi che avrebbero aiutato Sana e Akito. Sei per caso una spia? :D No, scherzo, sei solo molto attenta. Con i tempi effettivamente non mi so gestire molto bene, tre anni lontani sono praticamente una vita considerati i soggetti, però insomma, vedremo cosa combineranno se mai torneranno insieme, no? Lo so, sono cattiva a dire queste cose, ma… Un bacione e grazie mille sul serio ^_^
mantovanina: allora, premesso che definire Naozumi un broccolo mi ha causato mezzora abbondante di risate incontenibili, passo a risponderti. Ma la gravidanza di Aya ha proprio colpito tutte quante vedo – lei e Tsu si amano dalla notte dei tempi? Altre risate XD Le buone nuove arriveranno con il primo volo, giuro e spergiuro anche a te. Un bacione bella ^__^
trixina: innanzitutto non ti devi scusare, hai detto quello che pensi ed è giusto così, le recensioni sennò a cosa servono? Per ciò che riguarda il fatto che la storia è banale, mi sono dilungata un po’ nell’angolo autrice ed evito di ripetermi, preciso solo che volevo sfruttare un po’ Naozumi in questa storia, visto che in My Sorrow ha avuto un ruolo molto marginale – lo odio e non cambieranno le cose :D Per ciò che riguarda le scene di sesso, mi spiace che tu le abbia ritenute esagerate. Ritengo personalmente che in amore la passione sia fondamentale, altrimenti è amicizia e basta e poi ti posso assicurare che solitamente non schiaffo mai scene di forza in un capitolo, mi esce tutto (dai dialoghi, alle descrizioni, fino alle suddette scene) naturalmente. Nonostante questo terrò i tuoi consigli a mente, promesso ;) L’immagine della Sana cattiva che tappa la bocca a quella buona però, te lo devo dire, è fantastica e forse mi hai dato un’idea per un prossimo capitolo. Un bacione ^__^
dancemylife: **sorrisone** Tsuyoshi non si limita a stare accanto ad Aya, semplicemente la tortura quella povera donna. Ma ti immagini uno che ti sta addosso perché si preoccupa che tu possa affaticarti per qualsiasi cosa? È incinta, mica malata! ^__^ La relazione tra Sana e Akito è stata troncata sempre per il solito motivo : orgoglio ed incapacità di chiarirsi, proprio come due mocciosi. In ogni caso, gli interrogativi si chiariranno con lo svilupparsi della storia. Un bacione immenso ^_^
Midao: **Ale si inchina, perché davanti all’autrice di “Svegliandoti” non può fare altrimenti** Tsuyoshi ed Aya effettivamente vivono su un universo parallelo – mai un problema a quei due, è mai possibile? Il punto di vista di Fuka si chiarirà tra un paio di capitoli e ho in mente che ti alzerai in piedi a fare la ola. Naozumi provvederò a toglierlo dai piedi quanto prima. E. Se però mi dici che quello che ho scritto è meraviglioso, io mi sciolgo ç__ç Grazie infinite, un bacione *_*
Roby5b: ma ciao pazza! ^_^ la storia dovrebbe essere formata da una quindicina di capitoli – forse uno o due in meno – ma sono già a buon punto a scriverla, solo ultimamente vado alla velocità di un bradipo. Per il bacio tra Sana e Akito… beh, dovrai aspettare un altro (bel) po’. Un bacione e spero continuerai a seguirmi ^__^
_Rob_ : stai tranquilla e non piangere, infondo se non si mollassero e riprendessero in continuazione, non sarebbero più Sana e Akito. È questo il bello di loro ._. chiamalo bello, eh? Naozumi perché lo odiamo un po’ tutte, e come capro espiatorio ci sta alla grande – così posso odiarlo ancora di più. No, mi spiace ma con lui sono irremovibile U.U Un bacione ^__^
sasyherm: esattamente, questo tentativo di storia è anche il continuo di My Sorrow, ma a distanza di cinque anni, quindi è un po’ una storia staccata dalla precedente. Felicissima che l’inizio ti sia piaciuto, spero anche il resto. ^__^ Un bacio.
Porpetta: ehi, tu sei la donna della domenica o al limite del lunedì, cosa mi combini? Ci ho messo un po’ a pubblicare perché il capitolo non mi convinceva, perché ho questi maledetti esami (aiutami a bruciare la scuola) e perché con gli ultimi capitoli non riesco proprio ad andare avanti – sarà lo stress, spero solo che con le vacanze riesca a trovare il tempo. Effettivamente Kamura poteva andarsi a scusare il giorno dopo, ma… Ha voluto farle la sorpresa, che dolce ._. proprio no. Un bacione, sei cara come sempre ^_^

Beh, insomma, proprio una bella lista di ringraziamenti. Ragazze siete fantastiche, mi date un sacco di energia e mi mettete di buon umore – ne ho davvero bisogno ultimamente, sennò mi sparo un colpo ._. Voglio le vacanze!

Ringrazio ovviamente anche chi, pazientemente si è letto questo delirio e ha inserito la storia tra Scelte, Preferite e Ricordate.

Alla prossima settimana – si spera. Aggiornerò di lunedì perché non ci sono – me parte *-*

Un bacione
Ale69

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Capitolo 3
*** Stop for a minute ***


 SHE IS

Capitolo 3: Stop for a minute

Start sinking, everytime I get to thinking
It’s easier to keep on moving
Never stop to let the truth in
                   Stop for a minute - Keane

Da quel giorno era passata una settimana e per fortuna (o sfortuna) Sana e Akito ancora non si erano incontrati. Quel giorno, ultimo giorno d’estate, faceva un caldo infernale. L’afa rendeva difficile addirittura respirare e il sudore imperlava la fronte di Sana come tante perle preziose. Sana se ne stava distesa sul suo letto a godersi la pace mattutina della sua casa.
Naozumi era impegnato nelle riprese di un telefilm. Poco male, almeno aveva avuto anche il tempo di sistemare un po’ quel turbinio di pensieri che la tormentavano da un po’. Non che ci fosse poi riuscita, intendiamoci, ma sua madre una volta le aveva detto che chi ben comincia è a metà dell’opera. E lei almeno aveva tentato.
Ancora le rimbombavano le parole di Fuka nelle orecchie. Già, perché non aveva detto “Io amo Naozumi” invece di dire “Ci sto insieme e non lo voglio tradire”? Che frase stupida.
Era un po’ come dire che lei faceva l’attrice perché le procurava un ottimo stipendio, invece che per passione. Che cosa altrettanto stupida!
Sana si rigirò nel letto,  le lenzuola di fresco cotone aggrovigliate alle sue gambe snelle.
“Sana, sii onesta. Hai desiderato baciare Akito”.
Già, lo aveva desiderato con tutta se stessa. Per quei trenta secondi, non era riuscita a pensare ad altro che a quelle labbra dolci che prendevano possesso delle sue. E, ad essere completamente onesta con se stessa, non le sarebbe nemmeno dispiaciuto se dopo Akito l’avesse trascinata ovunque, magari su quello stesso letto, dove aveva fatto tante volte l’amore con Naozumi.
Si sentiva terribilmente in colpa.
Sospirò.
“E adesso che cavolo faccio?”
Si era posta questa domanda un sacco di volte durante quella settimana. Per esempio, ogni qualvolta vedeva il display del suo cellulare illuminarsi perché Naozumi la stava chiamando e lei rifiutava la telefonata. Terribile. Il suo comportamento era terribile.
E nemmeno vedeva Akito da una settimana.
Il campanello che suonò la distrasse dai suoi pensieri. E mentre zampettava fino all’ingresso per aprire la porta, si maledì per essere sempre così confusionaria.
Confusione, è il mio secondo nome.
 

*

 
Sana si infilò nel suo letto. Il suo corpo emanava calore. Il suo corpo emanava quel profumo delizioso che solo lei si portava sempre dietro. Inebriante. Akito quasi si sentì svenire.
Le sfilò con urgenza la maglietta, cominciando a baciarle la pelle calda del corpo. Quel corpo che per qualcosa come tre anni, non era più stato suo. Quel corpo che per qualcosa come tre anni, Kamura aveva stretto a sé, con fare possessivo. Ne era certo.
Ma adesso Sana era tutta per lui. In un abbraccio mozzafiato che annullava completamente la distanza tra i loro corpi. La mano di Akito tremava quando le slacciò i jeans per poterla spogliare completamente. Tremava perché non sapeva se Sana lo avrebbe respinto o lasciato fare.
La osservo: lei teneva gli occhi chiusi, l’espressione del suo visto pareva assorta nel godersi quelle sensazioni che, Akito lo sapeva bene, solo con lui poteva provare.
Quando si adagiò su di lei, poté sentire ogni singola curva del suo corpo incastrarsi perfettamente con il proprio. Perfetti. Ecco com’erano loro due quando stavano insieme.
I loro corpi sudavano, stretti tra loro, come per non lasciarsi mai più andare.
- Akito... Akito ti prego – Sana gli sussurrò in un orecchio.
Lui non si fece attendere a lungo. Giusto il tempo di un sospiro e anche quella labile barriera che li separava – l’aria che ogni giorno avevano respirato, condiviso e, forse, anche un po’ litigato – divenne superflua.
Akito poté avvertire un distinto brivido partirgli dalla nuca per infrangersi sulla punta dei suoi piedi. Sana urlò.
Ancora loro. Ancora in un unico abbraccio. Ancora in un unico corpo, come tre anni prima. E, come sempre quando loro stavano insieme in quel modo, tutto intorno a loro divenne superfluo.
- Akito!-
 

*

 
Some days, feels my soul has left my body
Feel I’m floating high above me
Like I’m looking down upon me

                            Stop for a minute - Keane
 
Una ciabattata in testa lo riportò bruscamente alla realtà.
Akito mugugnò qualcosa, ma prima che potesse realizzare dove si trovava, con chi e soprattutto perché, quella fastidiosa ciabatta andò ad infrangersi nuovamente sulla sua testa.
- Akito!-
Natsumi. Sua sorella. Ma che diavolo voleva a quell’ora del mattino?
Il ragazzo sbuffò –Natsumi. Si può sapere che cazzo vuoi? –
Un’altra ciabattata gli fece comprendere che, forse, era il caso di moderare il linguaggio.
- Hayama, maledetto idiota. Dovevi essere da Sana un’ora fa...-
-Eh?-
- Hai capito benissimo. Fila a farti una doccia, tra due ore avete una lezione all’università e devi passare a prenderla –
Akito si rigirò dall’altra parte – Non ho voglia di andare a lezione, oggi. Sono stanco –
Sua sorella si fissò le mani sui fianchi. Ecco, in quel momento sembrava davvero la matrigna cattiva di Cenerentola. Macché matrigna, sembrava una strega. Una strega davvero crudele.
-Oh, poverino! Lui è stanco – lo canzonò con voce disgustata – Vedi di alzare il tuo pesantissimo deretano da quel letto prima che decida di andare a prendere una scopa e di spaccartela in testa –
Era sempre bello essere svegliati dalle paroline dolci e amorose della propria sorella.
Akito sospirò – Ma non dovevi andare a lavorare oggi? –
Natsumi lo guardò male –Si. Solo che mi sono presa un giorno di malattia perché questa mattina non mi sentivo tanto bene –
Akito fu incerto se chiederle perché mai avesse deciso di rompere i cosiddetti proprio a lui. Poi si trattenne, memore della minaccia che gli aveva appena rivolto.
-Allora ti alzi? – berciò Natsumi.
Akito si mise seduto –Va bene, va bene – si stiracchio con calma – Arrivo, che palle! –
-Fila a farti una doccia. Telefono a Sana e le dico che sarai da lei tra mezzora... Venti minuti – si corresse alla fine, ripensandoci.
Akito era sconcertato – Certo! Aspetta che mi teletrasporto – commentò sarcastico, ma alla fine si infilò in bagno.
Avrebbe dovuto rivedere Sana di li a poco. Cavolo, dopo il sogno che aveva fatto quella notte, doveva sforzarsi di mantenere la calma.
Calma, come sempre, era la parola d’ordine.
 

*

 

 
Il campanello squillò ancora, impertinente.
-Arrivo – urlò Sana, più trafelata che mai. Doveva andare all’università con Akito, era ancora in pigiama, doveva vestirsi, truccarsi e... Ovviamente non si poteva certo pretendere che uscisse di casa con i capelli conciati in quel modo.
Spalancò la porta con enfasi e il respiro le si bloccò in gola. Sapeva che quella mattina avrebbe dovuto rivederlo, ma non pensava che le avrebbe causato quell’effetto.
I  capelli d’oro ricadevano disordinati sulla sua fronte e, Sana si accorse, erano estati scompigliati dal vento forte che si era alzato in quell’ultima mezzora.
Indossava una maglietta nera, aderente, che metteva in risalto il suo fisico allenato e scolpito dagli anni passati a praticare il karatè.
Akito la fissò, un sopracciglio inarcato.
“Sana, non restare a fissarlo come una perfetta idiota, digli qualcosa!”
-Dimmi che ho dovuto fare tutto di fretta e furia per arrivare qui e scoprire che sei ancora in pigiama, Kurata. Sarà la ciliegina sulla torta che renderà un vero schifo questa giornata cominciata già di per sé malissimo –
Ecco, il fatto che Akito fosse così acido alle nove del mattino, non lasciava presagire nulla di buono.
-Scusa. Mi vesto ed esco. Faccio in un attimo – gli disse soltanto, facendosi da parte per lasciarlo entrare. Il coraggio di incrociare i suoi occhi, non lo trovò ovviamente, nonostante riuscisse a sentire perfettamente lo sguardo insistente di Akito puntato sul suo viso.
 

*

 
 
Si fece la doccia, la piega ai capelli e si truccò a tempo di record.
“Forse dovrei chiedere ad Akito di venire a chiamarmi tutte le mattine, così mi darei una bella mossa” pensò, ironicamente.
A dire la verità, pure quando Hayama passava a prenderla, non si era mai preoccupata poi moltissimo di lasciarlo attendere per ore in salotto, mentre lei si vestiva.
Quella mattina però era diverso. Molto diverso. Visto anche quello che era successo una settimana prima, dopo di che non si erano più visti.
Con l’asciugamano avvolto intorno al corpo, si catapultò nella sua cabina armadio per trovare qualcosa da mettere. Stava giusto vagliando la possibilità di indossare un leggero vestito di cotone – visto il caldo asfissiante di quella giornata – piuttosto che un paio di comodi jeans, quando Akito fece capolino dalla porta della sua stanza.
- Kurata, di grazia, qual è la tua concezione di “un attimo”? – le domandò, asciutto.
Sana afferrò di fretta il vestito e uscì dallo stanzino – Scusa, Hayama. Ho fatto più veloce che potevo – gli disse, fissandolo con sguardo di scuse.
Akito la osservo, lasciando scivolare lo sguardo come una leggera carezza sul corpo di Sana, coperto a malapena da quel morbido asciugamano bianco.
Il ragazzo deglutì. E, a differenza di tutte le altre volte, durante le quali Sana, ovviamente,  non aveva mai notato nulla, lei se ne accorse.
-Che c’è, Kurata? –
Lei arrossì – Ehm... Ecco, se tu uscissi dalla stanza potrei... Si insomma, potrei vestirmi –
Se non fosse successo qualcosa tra loro da così poco tempo, niente, e si sottolinea, niente, avrebbe mai impedito ad Akito di deriderla, sparando una frase come “Ti ho vista molto più nuda di così, Kurata”. Ovviamente si era morsicato la lingua, trattenendosi.
-Certo – acconsentì lui, ovviamente, girandosi e cominciando a camminare verso la porta. Passò accanto al cassettone, sul cui ripiano Sana teneva poggiate alcune fotografie.
Fu la frazione di un secondo, Akito riuscì comunque a vederla.
Si bloccò di colpo ed afferrò la cornice d’argento che contornava un ben preciso momento che lui e Sana avevano vissuto. Insieme.
La foto immortalava lui, con Sana sulle spalle, i capelli raccolti in due treccine disordinate e un cappello di paglia sulla testa. Un sorriso stupendo sul suo viso felice. Felice come l’aveva sempre conosciuta. Quella era stata la prima estate in cui erano partiti insieme, da soli.
Deglutì a fatica.
-Non sapevo che tenessi ancora questa fotografia – le disse in un sussurro. Il tono di voce improvvisamente roco, quasi nascondesse una certa commozione. Lacrime trattenute a stento dietro gli argini delle sue palpebre fragili.
Sana sorrise e si avvicinò a lui, arrivandogli alle spalle  - Certo. È una fotografia bellissima e mi ricorda un periodo stupendo della mia vita – gli spiegò, osservando l’immagine che ancora Akito stringeva tra le mani.
Quell’attimo immortalato che gli scivolava come sabbia trattenuta malamente tra le dita.
-Credevo che Kamura ti impedisse di conservare qualunque cosa, anche minimamente legata al sottoscritto – la provocò, sistemando la cornice al suo posto e voltandosi a guardare la ragazza in faccia.
Sana lo guardò male – Naozumi è geloso. Ma qualunque cosa dica non potrà mai cancellare il ruolo che tu hai avuto nella mia vita  - gli disse –E comunque...- continuò, incerta – Naozumi non viene qui poi così spesso –
Akito si incupì –Capisco – disse solamente.
Fece per uscire ma Sana lo trattenne. Quando gli afferrò la mano, l’impatto delle loro pelli che venivano a contatto, causò ad entrambi una forte scarica elettrica.
- Akito – proruppe – Mi dispiace per quello che è successo una settimana fa –
 

*

 
Sometimes I feel like it’s all been done
Sometimes I feel like I’m the only one
Sometimes I wanna change everything I’ve ever done
Too tired to fight and yet too scared to run

                                      Stop for a minute - Keane
 
Si soffermò a fissare quel leggero velo di polvere che stazionava sulla lucida superficie del mobile di legno. Ricordò che quando era bambino, si divertiva a soffiare energicamente sulla polvere per vederne volare da tutte le parti i minuscoli frammenti che la componevano. Li osservava svolazzare nell’aria, leggeri, senza alcun pensiero e si era spesso domandato se, prima o poi, anche lui sarebbe stato in grado di librarsi in volo senza alcuna preoccupazione, proprio come quelle schegge di luce, che si soffermavano a solleticargli la punta del nasino.
In quel momento, però, l’unica cosa che aveva cominciato a volteggiare, spaccato in mille pezzi, nel suo torace, era il suo cuore.
-Ti dispiace perché qualcosa poteva succedere o perché, alla fine, non è successo nulla? La tua frase è piuttosto ambigua – disse, seccato.
Sana sospirò – Lo sai benissimo – gli rispose, eloquente.
-No, no che non lo so, Sana – sbottò, afferrandola per le spalle. Piantò gli occhi in quelli di lei, con il preciso intento di non lasciarla andare fino a che lei non gli avesse risposto.
-Si invece, lo sai! Non vedo perché tu debba farmi dire cose che sono più che ovvie – disse lei, distogliendo lo sguardo.
-Guardami, cazzo
Non era mai stato così tanto arrabbiato in tutta la sua vita. Non era mai stato così tanto disperato.
-Ti ho ancora davanti, con quegli occhi socchiusi, in attesa soltanto di un mio bacio. Poi, di colpo, mi hai allontanato e l’unica cosa che sei stata capace di biascicare è stata “Naozumi” – disse, la voce acuta – Si può sapere cosa significa? –
Sana parlò con una voce sottile, sottile – Io sono la sua ragazza –
Akito rise, ironico – Come se non lo sapessi. Ma eri la sua ragazza anche quando te ne stavi li, ferma e più che felice di quello che stava per succedere – le disse.
-Non ero felice –
-Sei una bugiarda, Kurata –
-Non è vero –
-Si, invece –
Akito continuò a fissarla, ma Sana mantenne con decisione lo sguardo puntato sulla parete alle sue spalle. Calò il silenzio.
-Guardami –
Sana stette muta, immobile.
-Guardami Sana, per favore –
E questa volta lei decise di dargliela vinta. Lo fissò negli occhi e la disperazione che vi lesse la lasciò ancora di più senza parole. Senza respiro. Senza la forza per allontanare quelle mani che, ancora, teneva bel saldate sulle sue spalle.
Akito sospirò. Alla fine decise di lasciarla andare, ma prima di scostarsi da lei, si concesse il lusso di sfiorarle la pelle nuda delle spalle, delle braccia, con le proprie mani.
Era calda e Akito poté sentire  distintamente la pelle d’oca materializzarsi sotto i propri polpastrelli.
-Io vado avanti. Devo chiedere alcuni consigli al professore per la tesi. Ci vediamo dopo – le disse semplicemente, dopo essersi staccato, riluttante da lei. Il gesto più difficile che avesse compiuto da un paio d’anni a quella parte.
-Ciao, Kurata –
E mentre la porta di casa sbatteva sommessamente, richiudendosi, Sana si morsicò le labbra, con forza.
Dannazione, Akito aveva di nuovo quel potere su di lei.
E lei era davvero nei pasticci.
 

*

 
-Tsuyoshi. Tsuyoshi, apri subito questa maledetta porta –
Una serie di violenti pugni si abbatté sulla porta della casa di Tsuyoshi.
Giusto per la cronaca, non era la porta ad essere maledetta, quanto piuttosto quella situazione spinosa che, ultimamente, stava mettendo a dura prova i nervi di Tsuyoshi.
Il ragazzo aprì la porta, annoiato – Ciao Sana! Qual buon vento... ? – le domandò ironicamente, inarcando un sopracciglio. Se ogni volta che Akito andava a bussare da lui, doveva parlargli di Sana, era legittimo pensare che se Sana si recava da lui, fosse per parlare di Akito.
Il problema era che ad ogni piccolo screzio, entrambi nominassero il povero Tsuyoshi loro consulente del cuore, irrompendo in casa sua alle ore più o meno adatte della giornata.
E poi Aya aveva bisogno di riposo, non poteva certo subire quelle lagne ogni santo giorno. Il bambino sarebbe nato con qualche problema, ormai Tsuyoshi ne era certo.
-Ti devo parlare di Akito –
Bingo!
Tsuyoshi sospirò, lasciandola entrare – Che altro è successo? –
Sana si accomodò su una sedia in cucina, mentre Tsuyoshi le offriva del te fresco da bere – Questa mattina è passato da me perché dovevamo andare all’università –
Fin qui tutto normale.
-E’ entrato in camera mia mentre sceglievo cosa mettere. Ero praticamente nuda, solo con l’asciugamano addosso –
Avvincente!
Tsuyoshi la fermò – Sana, dimmi che non siete finiti a letto insieme – la rimbeccò, lo sguardo accusatore.
Quella divenne rossa e scosse la testa energicamente – No! Per l’amor del cielo, ci mancherebbe. Io sto con Kamura! –
Quella frase cominciava a diventare un po’ troppo frequente, ultimamente.
Tsuyoshi parve visibilmente più rilassato.
-Ha notato una foto sul cassettone. Una foto di noi due insieme qualche anno fa – continuò Sana, giocando nervosamente con le chiavi della macchina – Poi d’accordo, un discorso tira l’altro e siamo finiti a parlare di quello che stava per succedere, settimana scorsa, cioè...-
Tsuyoshi la interruppe di nuovo – Vi stavate per baciare e poi tu l’hai allontanato –
Sana trasalì  -E tu come fai a saperlo? –
Tsuyoshi la osservò ironicamente –Akito, ovviamente. Si è precipitato qui appena siete usciti dall’università, quel pomeriggio –
Sana annuì, avvertendo un certo sollievo al pensiero che Akito si fosse precipitato a casa del suo migliore amico, per parlare di lei.
Ti dispiace perché qualcosa poteva succedere o perché, alla fine, non è successo nulla.
Sussurrò quella frase a Tsuyoshi che, inizialmente, parve non capire cosa significasse. Quando lo intuì, assunse un’espressione addolorata.
Come se quel dolore che i suoi migliori amici stavano vivendo, fosse anche un pochino suo.
Balbettò, quando aprì bocca – Tu che cosa gli hai risposto?  -
Sana abbassò il capo – Gli ho detto che lui la risposta la conosceva già. E che quindi era stupido anche solo domandarmelo –
Tsuyoshi le concesse un secondo per poter pensare, privatamente. Poi rifletté che un secondo, visto tutto il tempo che quei due avevano già perso, fosse persino troppo.
Si schiarì la voce – E tu? Tu Sana la conosci la risposta? Sai, almeno tu, che cosa vuoi da lui? –
Il ragazzo riuscì a sentire distintamente che tutta l’aria di quella stanza veniva aspirata da Sana, nel tentativo di trattenere il respiro il più a lungo possibile.
Poi rispose.
-Si, io la conosco la risposta, Tsuyoshi – sussurrò.
Se solo le avessero detto che trovare un compromesso con se stessi, prima ancora che con gli altri, potesse essere così difficile, avrebbe fatto quello che lei faceva sempre. Sarebbe scappata, lontano, il più lontano possibile da quella realtà, in modo da non dover ammettere con nessuno, ma soprattutto con se stessa, quello che provava.
-La risposta è che in quei dieci secondi ho desiderato baciare Akito con ogni cellula del mio corpo –
Tsuyoshi si alzò in piedi e andò a recuperare il telefono cordless che stava all’ingresso.
Quando tornò in cucina, glielo porse, senza dirle una parola e Sana lo fissò interrogativa.
-Se le cose stanno come hai detto – disse Tsuyoshi, lo sguardo che improvvisamente brillava di una luce sinistra – Sai meglio di me che cosa devi fare –
Sana chinò il capo ed annuì. La rassegnazione del guerriero sconfitto sul campo di battaglia, per una sua stessa mossa sbagliata.
-Penso che tu, e anche lui, abbiate fatto durare questo teatrino pure troppo –
Una punta di rimprovero, in quella voce così sottile che Sana riuscì a malapena ad udire.
-Ora, se vuoi scusarmi, dovrei andare a prendere Aya da sua madre –
Sana rimase immobile pure quando lo sentì girare le chiavi nella toppa per aprire la porta. Gli occhi sbarrati, come se la soluzione che le si parava davanti agli occhi fosse l’equivalente di un suicidio.
-Fai pure come se fossi a casa tua. Quando esci, lasciami le chiavi sotto lo zerbino –
Dopo di che, uscì. Sana poté sentire la porta chiudersi alle sue spalle.
Il numero di telefono che la ragazza digitò, udendo il suono dei tasti che stava pigiando, le sembro decisamente più lungo del normale.
 

*

 

La sua esperienza con le ragazze non era tantissima.
Anzi, a pensarci bene, dalla tenera età di undici anni, non riusciva a ricordare quale altra ragazza avesse mai desiderato stringere tra le sue braccia, se non Sana.
A ragione, quindi, si poteva affermare che la sua esperienza con le ragazze fosse pressoché nulla.
Non abbastanza, però, da non sapere che quando la tua fidanzata, con la quale hai passato gli ultimi anni della tua vita, ti telefona dicendoti che ti deve parlare, nell’aria non si prospettino poi queste grandissime novità. Soprattutto, poi, quando nella sua voce si nascondeva quella vena di tensione mescolata all’anticipazione di un pianto imminente.
Naozumi si sedette sul marmo della fontana. Sospirò.
Sana gli aveva telefonato quel pomeriggio per dirgli di incontrarsi lì, tra un paio d’ore perché gli doveva parlare.
Sana.
Naozumi si accese una sigaretta. Non era un vizio a cui si concedeva spesso, anzi capitava ogni tanto che acquistasse un pacchetto e che questo gli durasse anche per diversi mesi, sebbene venisse schiacciato sempre nella tasca dei suoi pantaloni. Tuttavia, il pensiero di avere con sé quella piccola droga che era in grado di farlo pensare (così diceva lui), lo faceva stare più tranquillo.
Sana.
Solo lei per la testa. Chissà, poi, di che cosa voleva parlargli. Certo, il tono di voce che aveva usato non gli lasciava sperare nulla di buono.
Sana.
Ancora ricordava la prima volta che l’aveva stretta tra le braccia, con la consapevolezza che quelle mani che gli stavano accarezzavano dolcemente la schiena, non fossero più soltanto quelle di un’amica.
 

*

 

Era andato in onda da poco il loro film “Passione”, nel quale, come facilmente intuibile, entrambi avevano dovuto calarsi nei panni di due focosi amanti. A Naozumi era quasi scoppiato il cuore, recitando quelle scene, ma era perfettamente consapevole che lei non provava quello che provava lui ad ogni minimo contatto dei loro corpi: lei stava con Akito. 
Quando gli aveva detto che ad Akito quel film non era piaciuto per niente, anzi, al suo ritorno le aveva addirittura fatto una scenata di gelosia, andandosene di casa, Naozumi non aveva potuto fare a meno che provare un piccolo senso di rivincita su quel ragazzo.
Soprattutto quando era venuto a sapere che i due non si erano più chiariti e che, successivamente, si erano lasciati. Definitivamente.
Certo, il pensiero di esserne stato in parte la causa, non lo rendeva certo fiero di se stesso, ma avendo finalmente Sana al suo fianco, come aveva sempre sognato, nemmeno ci pensava più di tanto.
Era diventato il suo migliore amico, quello a cui lei andava a raccontare ogni cosa, ogni esperienza, ogni sensazione, ogni sentimento.
Poi una sera si erano dati appuntamento giusto davanti a quella fontana, dove stava seduto lui adesso. Lei indossava un abitino delizioso che le fasciava dolcemente il corpo, mettendolo in risalto e valorizzandone i punti migliori.
Nel salutarlo era abbastanza imbarazzata e questo aveva causato a Naozumi una serie di elucubrazioni mentali chiedendosi il perché.
Poi, all’improvviso, lo aveva baciato. Dolcemente, senza alcuna fretta. Senza alcun perché. E lui, ovviamente, aveva risposto a quel bacio che sapeva di bisogno e di sofferenza.
Quando aveva sentito le sue braccia cingergli la schiena, in una lenta carezza di dita leggere, un forte tremito gli aveva attraversato tutto il corpo.
Sana era sua.
E lo era stata, veramente, anche quella notte. E quella dopo ancora. E nonostante quel fantasma dai capelli biondi e dagli occhi dorati ogni tanto, dispettoso, continuasse a farsi vedere, ad apparire nei momenti meno opportuni, Naozumi si era sempre sforzato di ignorarlo, di non pensarci, forte del fatto che, certo, mai come aveva amato Akito,  ma Sana era innamorata di lui.
 

*

Sinking in the pain he’s been inflicting
Yet he’s feeling like the victim
Just a horoscope’s to blame

                   Stop for a minute – Keane
 
Una punta di risentimento gli colpì lo stomaco.
Accantonò subito il pensiero quando si accorse che Sana stava arrivando. No, erano lontani i tempi in cui gli correva incontro con un sorriso, con il vestitino leggero che le scopriva, malizioso, le sue gambe perfette.
Adesso camminava lentamente nella sua direzione. Era un’altra l’espressione che i suoi occhi assumevano quando lo guardava.
Naozumi deglutì –Ciao, amore! – tentò anche di abbozzare un sorriso, ma si accorse di non riuscirci.
Lei si limitò a rispondergli con un vago cenno del capo, sussurrandogli un appena udibile –Ciao –
La situazione non andava affatto bene, se possibile stava addirittura peggiorando.
Sforzarsi di essere indifferente, era davvero tutto.
-Mi hai fatto prendere uno spavento quando prima mi hai telefonato. È successo qualcosa? –
Sana scosse la testa, negandogli il suo sguardo –Naozumi, io ti devo parlare –
Quello annuì, l’ombra di un sorriso che ora aleggiava, bugiarda, agli angoli delle sue labbra – Certo, me l’hai detto anche prima. Che mi devi dire? -
Il gioco maldestro di un giocatore di carte fin troppo poco esperto, costretto a scegliere quale ultima carta buttare, correndo il rischio di perdere la partita.
- Naozumi, penso sia meglio che noi due ci lasciamo –
Chiudere gli occhi, dopo essersi accorti che la carta giocata è, disgraziatamente, quella sbagliata. Rassegnarsi al pensiero della sconfitta.
-Non avrei mai voluto che andasse a finire così. Credimi – la voce di Sana ebbe un tremito – Ma penso che tu meriti qualcuno di meglio di me –
Naozumi non poteva sentire quello che alle sue orecchie appariva come una condanna (*).
Non poteva pensare che Sana lo stava lasciando, abbandonandolo come un cane lungo l’autostrada, mentre lei spensieratamente se ne andava in vacanza.
Il suo cuore era a pezzi.
Lui, che aveva dedicato tutta la sua vita ad amarla come mai nessuna aveva amato.
-È per lui, vero? –
Desiderava, forse, farsi ancora del male, più di quanto stesse già soffrendo?
-Mi stai lasciando per Akito? Lo ami ancora, giusto? –
Si, desiderava conficcare quella lama dolorosa ancora in più in profondità, nelle proprie viscere.
Sana lo fissò, finalmente, puntando il suo sguardo dritto nei suoi occhi celesti – Si –
E vedere il proprio sangue sgorgare come un fiume da quella ferita ormai infetta.
Mandò giù.
Qualunque cosa fosse successa, doveva mantenere un certo contegno. E che altro poteva fare? Scoppiarle a piangere davanti, prostrandosi ai suoi piedi e pregandola di rimanere insieme a lui? E vederla accettare soltanto... Soltanto per pietà?
-Se le cose stanno così – cominciò quindi lui, la voce stranamente ferma – Penso che tu abbia ragione –
In tutte le più note sere d’estate, scoppia sempre un temporale. Le nuvole si accumulano nel cielo in pochissimi secondi e l’acqua comincia a scendere copiosamente dal cielo. Quella, era una di quelle sere.
- La nostra storia finisce qui –
Un tuono squarciò il cielo.
Non le diede nemmeno il tempo di replicare. Si limitò a lanciarle un lungo sguardo di dolore e poi le voltò le spalle.
Prima ancora che cominciasse a piovere, il viso di Naozumi era già bagnato.
 
And if I stop for a minute
I think about things really I don’t wanna know
And I’m the first to admit it
Without you I’m child and so wherever you go
I will follow

                   Stop for a minute - Keane
 

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(*) Frase volontariamente ispirata a quella di Misako quando, nell’anime, si riferisce all’annuncio del dottore, che le disse che non avrebbe mai potuto avere figli. Mi pareva troppo azzeccata ^__^

Eccoci qui con il nuovo capitolo – scusate i due giorni di ritardo, vi avevo detto che avrei postato dopo perché sarei partita. Ebbene, che dite, la svolta che c’è stata, è stata gradita? Io sì e personalmente - adesso mi auto-critico un po’ anch’io – trovo che la scena dove Sana molla Nao sia forse una delle più convincenti, nel senso che non ho proprio vomitato quando l’ho riletta – capita raramente, ma capita.

Ringrazio come sempre voi ragazze che siete magnifiche e che mi seguite con una pazienza ed un entusiasmo invidiabili, che mi riempiono di gioia. Vorrei rispondere una per una a tutte voi stasera, ma siccome tra poco più di sette ore mi sono ripromessa di svegliarmi per studiare (oddio, gli esami cominciano tra una sola settimana!), non faccio in tempo. Ma assicuro che prima del prossimo aggiornamento, posto tutti i ringraziamenti come si deve – comode rate mensili, insomma! Stop, inizio a delirare.

***Fuori onda. Ringraziamenti postati il 17 giugno 2010***

Deb: sempre spassosi i tuoi dialoghi con i personaggi – mi sto convincendo che tu non sia normale. Mi dispiace tanto che tu non sia riuscita a passare il tuo esame (sono materie bastarde, lo so, ci sono dentro fino al collo). Volevo dirti una cosa riguardo ad una tua attenta osservazione: sembra strano, lo so, non rendersi conto che sei incinta (visto anche il chiaro segnale del ciclo che non arriva), ma ad una mia amica è successo. Penso che nei periodi in cui hai mille pensieri per la testa, controllare certe cose sia l’ultimo dei tuoi pensieri ( ._. no, scherzo!). Al tuo “Kamura tu sei una donna”, non ho retto. Grazie mille come al solito, un bacione ^__^
ryanforever: innanzitutto, fila a studiare per il tuo esame (è bello il fatto che io dia i consigli agli altri e che non sempre li segua? xD). Poi. Felice che la quotidianità come idea ti sia piaciuta – ho riletto un po’ i capitoli per vedere se avevano un filo logico e no, sarà una vita tutt’altro che scontata. I soliti Sana e Akito insomma. E sì, sei una veggente. Ma il perché lo scoprirai solo nel prossimo capitolo. Un bacio. ^_^
_DaNgErOuS_ChIlD_ : le scene Sana e Kamura sono finite. Per ora xD – sono cattiva un po’, vero? (: Comunque. Volevo ringraziarti per aver segnalato “My Sorrow” nel programma recensioni. Sei stata veramente tanto, ma tanto carina. Appena posso, ti lascio un commento a quello splendore di “Five”, che ho letto e che non ho avuto modo di commentare, per ora. Un bacio ^_^
Ili91: ma cos’è, una sindrome. Tutte quante a parlare con i personaggi della storia, ragazze mi fate preoccupare davvero! (: Aldilà, mi hai fatto ridere tanto, ma tanto. Soprattutto quando hai detto che era più probabile che fosse Kamura a prenderle – cavolo, Akito non sarà mica cintura nera per niente? U.U Tsuyoshi rischierà l’esaurimento nervoso, ci sto puntando tutto per farlo sembrare ancora più fuori di testa del solito. Grazie di tutto ^_^
Dancemylife: a Nao in versione omosessuale... Io non ci avevo ancora pensato? Sei un genio *.* No, non essere sempre così violenta, suvvia. Calma. Naozumi te lo tolgo dai piedi, tranquilla. Pensa solo che, essendo l’omicidio ancora considerato un reato (quante cose assurde ci sono a questo mondo ._.), Akito potrebbe finire in prigione se uccidesse Kamura. E noi non lo vogliamo, no! ): Un bacio ^_^
_Rob_ : credo che se anche Nao non li avesse interrotti, Sana si sarebbe staccata da Akito – giusto per ribadire quanto sia stordita quella tizia. Lasciarsi e mollarsi è un passatempo molto divertente, non lo sapevi? :D Provare per credere. Un bacio ^_^
Castiel : okay. Respiro. Ma ciao! *-* Non ti devi assolutamente giustificare, sono così contenta che tu ci sia ancora – per caso hai provato a mandarmi una e-mail? La mia posta, non ho ancora capito perché, butta tutto dentro l’indesiderata e me la cancella dopo 24h ._. Uffa. Mi mancava troppo avere qualcuno che si sente le canzoni, che nota certe cose nascoste. Ma tu sei tornata. Grazie, grazie, grazie. ^_^ Un bacio enorme!
Midao : quando ho letto la tua recensione, ho avuto paura. “Anche stare con lui senza amarlo veramente” O_O Più che altro perché mi ha ricordato una delle ultime frasi di questo capitolo e mi sono detta “E lei come fa a sapere?”. Magia? *.* Dolci a modo loro è spettacolare – effettivamente cercare di disintegrare l’altro un giorno sì e l’altro pure e molto tenero. (: Grazie infinite ^_^
roby5b : ciao pazza! (: Grazie per le tue considerazioni sempre molto azzeccate (Sana e Naozumi idioti, Akito tenero...). Fuka sarà sempre provvidenziale nella storia – sempre – perché penso che senza di lei Sana non riuscirebbe nemmeno ad allacciarsi le scarpe (: Un bacino ^_^
trixina: perché non ci ho pensato prima? Quando ho letto la tua recensione mi si è parata davanti la scena che hai descritto (Tsu che rompe come al solito ad Akito e che alla fine ottiene quello che vuole). Sarebbe stato spassosissimo da raccontare – ennesima idea che mi hai dato per un prossimo capitolo U.U Devo cominciare a scriverle. Fuka e le sue sigarette... xD Come dire, le riprenderò ancora un po’ più avanti (sono contenta che attendessi così tanto quella scena!). Al solito, grazie infinite (: Bacio!
Smemo92: innanzitutto grazie anche per la recensione che hai lasciato al primo capitolo – sei stata carinissima. (: Hai fatto un resoconto perfetto della storia fino a questo momento – meglio di quanto sarei stata capace io stessa. (: E sono così contenta che tutte quante riconoscete a Fuka l’importanza che merita :D Povera donna! Grazie infinite, spero che la storia continui a piacerti (:
Marypao: migliorata? *.* Dici sul serio? Ma grazie infinite. Oh beh, gli intoppi ci saranno – però poco promesso U.U E meno male che ti sei accorta dell’importanza degli amici di Sana e Akito in questa storia – come ho scritto nella sintesi, cosa farebbero i ragazzi senza di loro? ._. Grazie mille, un bacio (:
Tin_Tin : Akito torna, tranquilla :D E non provare a scusarti, l’importante è che tu ora ci sia a seguirmi – grazie per il sostegno con My Sorrow comunque (: Sai che la giro tempo di Hermione servirebbe a tanti? Sai dove la vendono, per caso? ^_^ Bacio.
yesterday : pazza! Non c’erano altre storie da segnalare? Grazie tesoro *-* Premessa: io la cartolina di Naozumi NON la voglio. Chiaro? ._. Bene. Vedo che la tua pazzia ormai è irrecuperabile – ti sei resa conto che parli con dei personaggi immaginari, sì? :D Ho avuto paura anche di te nella tua recensione “Tu la ami, Akito, non hai mai smesso”. Il perché lo scoprirai in uno dei prossimi capitoli. Non dico di più. :D Spero che poi tu il collirio l’abbia messo (pazza!) altrimenti se diventi cieca mi tocca pure sentirmi in colpa. Spicciati ad aggiornare 4x4, potrei uccidere ._. Un bacione – one – one ^_^

** Fine fuori onda**


Non vi do anticipazioni sul prossimo capitolo per il semplice fatto che non connetto più e non ricordo bene nemmeno io cosa succede ._. Che caso disperato!

Buonanotte a tutte quante ragazze.
Ci aggiorniamo tra una settimana!
Ale69

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Capitolo 4
*** More than this ***


SHE IS

Capitolo 4: More than this

 
More than this - tell me one thing
More than this - there is nothing
It was fun for a while
There was no way of knowing
Like dream in the night
Who can say where we're going
No care in the world
Maybe I'm learning
Why the sea on the tide
Has no way of turning
                   More than this - Roxy Music
 
Quello che la faceva davvero soffrire, non era tanto la sua assenza, quanto piuttosto accorgersi che Naozumi, dopotutto, non le mancava poi così tanto.
Sana si rigirò nel letto, allungando una mano per afferrare il cellulare sul suo comodino.
Il display le annunciava felicemente che aveva ricevuto una decina di messaggi.
Mittente : Naozumi.
Ed ognuno di quei messaggi, racchiudeva una frase, un pensiero, che lui le aveva voluto dedicare quella notte, durante la quale sicuramente non aveva chiuso occhio.
La prima notte affrontata con la consapevolezza che lei non era più sua.
Il messaggio che le aveva fatto più male di tutti, non era stato quello con scritto “Il pensiero di continuare a vivere senza di te, mi spezza il fiato”, ma bensì “Ora capisco come si è sentito Akito tre anni fa”.
Già, Sana si era spesso domandata se in seguito alla loro rottura, Akito avesse sofferto o se invece se ne fosse andato in qualche locale a divertirsi.
Era abbastanza convinta che la risposta fosse la prima.
-Ehi, Sana – Fuka fece capolino dalla porta della sua stanza – Come ti senti? – le domandò dolcemente, accomodandosi sulla sponda del letto, accanto a lei.
Quando la sera prima aveva visto arrivare la sua amica, gli occhi rossi e colmi di lacrime, nemmeno le aveva chiesto spiegazioni : aveva già sentito Tsuyoshi per telefono.
Aveva subito chiamato il suo ufficio dicendo che il giorno dopo, cioè quel giorno, sarebbe stata a casa perché influenzata. Come sapeva mentire Fuka, nessuno mai.
Sana le sorrise e si mise a sedere – Bene, grazie Fuka – le disse.
L’amica le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio – Ti ho comprato la colazione. Cornetto alla crema e cappuccino con cacao, la tua preferita – le disse, sorridente, afferrandola per la mano e strattonandola con dolcezza per convincerla ad alzarsi.
-Sei un vero tesoro –
 
Mentre Sana consumava la sua colazione, Fuka rimase in silenzio ad osservarla.
Sana addentò il suo cornetto e un sottile strato di zucchero a velo si sollevò, depositandosi sul suo naso. La ragazza starnutì.
Fuka rise – Sei buffa. Sembri una bambina per come mangi - .
Le porse un fazzoletto e continuò a fissarla, le mani incrociate sotto il suo mento.
Sana se ne era accorta già da prima, ma ora non poté più ignorarla – Fuka. Perché mi fissi così? –
Quella sospirò –Pensieri – disse misteriosa.
-Che pensieri? –
Fuka rise – Pensieri su te. Su Akito. Su Naozumi –
L’amica inarcò un sopracciglio e Fuka rise ancora. Una risata ironica e anche abbastanza agguerrita.
-Perché alla fine è l’eterno triangolo che finirà soltanto quando tu, finalmente, ti deciderai a scegliere. Akito o Naozumi? Ti sei decisa, adesso, Sana? –
Sana non sapeva se sentirsi aggredita da quelle parole o se rispondere all’amica, in modo da soddisfare quella che, all’apparenza, sembrava una semplice curiosità di Fuka. Alla fine optò per la seconda ipotesi.
-Io... Io credo di aver deciso, questa volta. Per davvero
Fuka sospirò –Ieri sera, io non ti ho chiesto niente. Ma immagino che tu ti sia incontrata con Naozumi. Tsuyoshi mi ha telefonato poco dopo essere uscito di casa per andare a prendere Aya – spiegò, porgendo a Sana un altro tovagliolo di carta per pulirsi le labbra – Posso sapere cos’è successo tra di voi? –
Sana parve tentennare, ma alla fine rispose – L’ho lasciato –
Ebbe poi la stranissima sensazione che Fuka si trattenesse dal saltare in piedi ed urlare di gioia. Ma, ovviamente, la sua amica mantenne la sua solita compostezza.
-Davvero? –
-Si-
-E hai già parlato con Akito? –
-No –
- Cos’aspetti? –
Ecco, ormai l’impazienza trapelava impertinente dal suo tono di voce.
Sana sospirò – Senti, Fuka. È successo ieri. Ti sembra normale che già oggi io mi butti tra le braccia di Akito, prontissimo, ne sono sicura, a consolarmi? –
Lo sguardo di Fuka non lasciava dubbi : si, le sembrava non solo normale, ma anche doveroso. Obbligatorio.
-Certo! –
Appunto.
-Senti Sana – continuò allora quella, spazientita – Tu e Akito vi amate da quando avete undici anni. Vi siete finalmente messi insieme a diciotto anni. Ne avete fatti passare sette, ti rendi conto? A diciannove vi siete mollati, così, per caso, e non ho alcuna voglia di sopportarti per altri quattro anni, visto che tre sono già passati, in attesa che voi torniate insieme ancora, visto i vostri precedenti –  sbottò Fuka, più acida che mai.
Inutile sottolineare che tutti quei calcoli e tutti quei numeri, fecero venire a Sana il mal di testa e il mal di pancia contemporaneamente.
La ragazza sfoggiò la sua migliore espressione da babbea –Non cominciare con questi tuoi ragionamenti che tanto sai che non ci capisco niente. Primo. Secondo, secondo te, genio, cosa dovrei fare allora? –
Fuka pensò alle parole e poi squillò – La prossima volta che vedi Akito... – cominciò, tentennante.
Sana non era propriamente sicura che quello che avrebbe sentito le sarebbe piaciuto.
-Ecco, la prossima volta che lo vedi, portatelo a letto –
Sana rimase a bocca aperta, per la sfacciataggine della sua amica.
-Sono sicura che la salute sessuale di entrambi si risolleverà e magari, finalmente, la finirete di stressare la vita mia e del povero Tsuyoshi...- concluse, un sorriso strafottente sulla faccia.
Sana era semplicemente senza parole.
Fuka parve poi ripensarci – A proposito di Tsuyoshi. Lo sai che ha cominciato a frequentare uno psicologo? –
Sana aggrottò le sopracciglia, non capendone il motivo – Per il bambino che aspetta Aya? –
Fuka rise, ancora una volta – No. Per te ed Akito
 

*

 
Non sapeva nemmeno lei come cavolo erano riuscite Fuka ed Hisae a convincerla ad uscire di casa quel giorno. Era il primo giorno d’autunno, ma il caldo del giorno prima era, se possibile aumentato. Le foglie cominciavano ad ingiallire e pure le giornate, nonostante l’afa incredibile, cominciavano ad accorciarsi.
-Sana, sveglia! Dobbiamo attraversare – la richiamò Hisae, indicando il semaforo divenuto verde. Sana parve svegliarsi da un sonno profondo.
-Si, scusa. Pensavo –
Fuka sospirò – Non ti si può proprio vedere così depressa –
Hisae annuì – Esatto, quindi cerca di distrarti un po’ oggi. Ne hai bisogno – sorrise.
Sana rivolse uno sguardo di gratitudine alle sue amiche: erano veramente fantastiche, non c’era proprio niente da dire.
La trascinarono nella gelateria più rinomata della città dove, seduti ad un tavolino fuori, stavano Gomi e Tsuyoshi, in compagnia di Aya che sorrideva, divertita. Probabilmente il suo ragazzo le aveva appena fatto una battuta.
I loro amici le salutarono da lontano. A Sana si gelò il sangue nelle vene. Prese Fuka per un braccio e le  soffiò in un orecchio –Ehi. Dimmi che non hai invitato anche Akito, altrimenti giuro che scappo seduta stante –
Fuka sbuffò – Stai tranquilla. Lo abbiamo invitato, ma ha detto che aveva da fare. Ricomincia a respirare, Sana – .
La ragazza sospirò, più sollevata.
 

*

 
-Ciao Sana – squillò Aya, alzandosi in piedi e abbracciando la sua amica.
Non la vedeva da appena qualche giorno, ma già le mancava. Il pancino non si notava ancora, ma Sana provò un moto di emozione accarezzandoglielo.
-Ciao Aya – rispose sorridendo – Come stai? –
Aya sorrise, rilassata – Benissimo. Tsuyoshi mi stanca perché io rimanga a riposo sempre e si prende cura di me in ogni momento. È un po’ stressante effettivamente – rise, quando Sana roteò gli occhi al cielo. Quando ci si metteva Tsuyoshi era davvero un fissato.
-Ehi – le sussurrò l’amica all’orecchio – Che è successo tra te e Akito, l’altro giorno si è fiondato a casa nostra. Era abbastanza disperato – le confidò, l’espressione un poco preoccupata.
Sana annuì –Tsuyoshi mi ha accennato qualcosa – ammise – Comunque penso che Akito vi abbia raccontato già tutto. E non ho motivo di pensare che abbia mentito – sospirò.
Sperò vivamente di tagliare lì la conversazione, ma l’espressione interrogativa di Aya la costrinse a continuare con il suo discorso –Comunque, ieri sera ho lasciato Naozumi -
Come sempre, Tsuyoshi dimostrò a Sana che, tutto sommato, raccontare i fatti propri alla propria migliore amica utilizzando il vecchio e sano metodo dei bigliettini, fosse incredibilmente più sicuro. Di fatti, il ragazzo si alzò in piedi, strasognante e squillò – Hai lasciato Kamura, Sana? –
Quella roteò gli occhi al cielo, rimpiangendo il fatto che lo psicologo di Tsuyoshi non lo avesse fatto internare in qualche clinica.
Aya sorrise – Amore, non essere così invadente –
Quello manco la ascoltò – Ma quale invadente. Finalmente l’ha mollato. Ragazzi vi rendete conto di che cosa significa questo? –
Segni di diniego dalla tavolata. Effettivamente sia Aya, che Hisae, che Gomi, nonché Sana, pendevano dalle labbra di Tsuyoshi. Fuka invece li ignorava, trattenendosi dalla tentazione di accendere una sigaretta soltanto per rispetto di Aya e del bambino che portava in grembo. Tsuyoshi lo avrebbe volentieri strozzato. Non gli era venuto in mente che, forse, Sana preferisse tenere tali informazioni riservate?
Fuka rifletté poi sul fatto che sia Sana che Akito si fossero catapultati centinaia di volte a casa di Tsuyoshi per fare chiarezza e per scaricare sul povero malcapitato tutte le loro elucubrazioni mentali. E allora non poté fare altro che ammirarlo, almeno un po’.
-Sana si sta svegliando! – spiegò Tsuyoshi – Ha mollato Kamura finalmente. Ha realizzato che non era innamorata di lui –
Una serie di cenni di approvazione si intravidero da parte di Gomi.
Sana ne fu irritata – Gomi, si può sapere che cavolo hai da annuire? –
Quello la guardò male – Senti Kurata. È da quando andavamo alle elementari che io e i miei compagni abbiamo scommesso che tu ed Hayama vi sareste messi insieme, che vi sareste sposati. Finché sei stata con quell’imbecille di Kamura, mi hai fatto perdere una quantità non ben definita di yen, quindi spero che al tuo pranzo di nozze ci sia molto da mangiare, almeno mi rifarò in qualche modo –
Hisae, che gli stava aggrappata al braccio – giusto per spiegarci, negli ultimi anni aveva mollato il matusa che frequentava ai tempi delle superiori e si era finalmente decisa a considerare un minimo Gomi, finendo ben presto per innamorarsi di lui. Ovviamente, pur di non ammetterlo si sarebbe offerta come cavia da laboratorio. Infatti non stavano proprio insieme – non poté fare a meno di tirargli uno scappellotto sulla testa.
Sana era a dir poco scandalizzata : sentire i consigli di Fuka quella mattina, le prese in giro di Tsuyoshi e le scommesse barbare di Gomi sulla sua vita sentimentale, l’aveva sconvolta. Begli amici, si ritrovò a pensare, ma subito dopo si disse di non fare la vittima, perché forse tutti loro avevano ragione. Giusto un po’.
Tsuyoshi continuò, felice – Devo subito dirlo ad Akito - . Tirò fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Fuka lo guardò e subito dopo spostò lo sguardo su Sana.
Questa ringhiò – Provaci. Provaci Tsuyoshi e ti giuro che tuo figlio rimarrà orfano –
L’amico continuò a sorridere, ironico – E’ una minaccia, Sana? –
Ignorandola bellamente, compose il numero di Akito e si allontanò dal tavolo dove stava con i suoi amici. Almeno mentre gli raccontava la bella novella e gli faceva una ramanzina per convincerlo (perché si, Tsuyoshi già sapeva che ci sarebbe stato bisogno di convincerlo) ad andare da Sana quella stessa sera, voleva un po’ di privacy.
Sana si alzò in piedi ma Gomi scattò al suo fianco e la rimise a sedere.
-Bene, ora in questo mondo uno non può nemmeno decidere da sé della propria vita sentimentale. Bene! E mi raccomando Fuka, Aya ed Hisae, non toglietemi questo scorfano di dosso, mi dona così tanto – Sana era fuori di sé, rimbeccò le sue amiche, che però si limitarono a ridere.
Fuka non ce la fece più e si accese una sigaretta – Scusami Aya, ma con questa idiota nei paraggi proprio non posso resistere. Senti Sana – le disse, rivolgendo lo sguardo su di lei – Visto che a quanto pare tu sei completamente tarda ed incapace di gestire la tua vita, è arrivato il momento che ci pensiamo noi
Hisae annuì, ringraziando un attimo il cameriere che aveva portato loro i gelati ordinati – Esatto Sana, anche perché… -
Assaggiò un po’ di gelato alla fragola e, dalla sua espressione, parve apprezzare moltissimo.
-A che cosa servono, sennò, gli amici? –
 

*

Non riusciva a capacitarsene. Che Sana fosse da sempre stata poco normale, lo sapeva, eccome se lo sapeva, la conosceva dall’ultimo anno delle elementari. Ma che per un confronto avuto con lui mettesse in discussione una storia durata la bellezza di due anni (persino più della loro) gli sembrava troppo, persino per lei.
E poco importava che Tsuyoshi gli avesse detto che quel folletto dai capelli rossi fosse ancora innamorata di lui.
Dettagli, così li aveva chiamati lui per telefono mentre, ancora sconvolto, cercava di dare un senso al vociare allegro del suo amico, dall’altro capo del ricevitore.
-Akito! Akito, ho grandi novità. Sana ha lasciato Kamura –
Akito si ricordò di come, improvvisamente, la stanza avesse cominciato a girare. Era stato costretto a sedersi sul suo letto, altrimenti, ne era certo, le gambe non lo avrebbero sorretto.
-Cosa? –
In un sussurro, in una carezza di voce appena roca ed udibile, Akito aveva posto la sua domanda.
-Hai capito benissimo. Stasera… Stasera vai da lei e parlale –
E quella rabbia, che sempre affiorava in superficie come  rifiuti abbandonati in acque troppo agitate, di chi gli diceva cosa fare e soprattutto come.
-Te lo puoi sognare. Io stasera non vado da nessuna parte –
Aveva sentito distintamente lo sbuffare scocciato di Tsuyoshi. Ormai non si dava più nemmeno la pena di nasconderglielo. Chissà quanto doveva essere stressato, quel povero uomo.
-Okay – gli aveva concesso – Fai quello che vuoi. Te lo dico Akito, non mi interessa più. Non venire più a piangere a casa mia, non ci sarò più per te. – subito si era corretto – O meglio, non ci sarà più per le questioni che riguardano Sana –
E poi l’aveva buttata li, quella mezza frase che lo aveva fatto sperare, che gli aveva fatto mancare un battito, riaccendendo quella fiamma vitale che nel suo cuore si era spenta molto tempo addietro. Da quando lei non c’era più.
-Una volta tanto che siamo riusciti a convincere Sana –
Akito lo sapeva, quella frase di Tsuyoshi non era stata sparata a caso. Non a caso Tsuyoshi aveva scelto ormai il suo futuro come arredatore. Piazzare il mobilio giusto al posto giusto. E, ahimè, il suo amico era in grado di fare la stessa cosa anche con le parole.
-Che cosa? –
E la sua domanda, che lasciava trapelare fin troppa curiosità. Attesa. Finalmente ripagata.
 
Akito stava correndo come un pazzo fino a casa di Sana. Certo, forse prendere un taxi o la macchina che aveva parcheggiato in garage sarebbe stato meglio. Ma con il traffico di quell’ora correva il rischio di arrivarci il giorno dopo da Sana. E lui aveva già aspettato. Pure troppo.
Puzzava, la sudata che si era fatto correndo per tutti quei chilometri non era mica uno scherzo. E al diavolo tutte le ragazzette che ai tempi delle superiori spargevano storie favoleggianti su di lui che sudava profumo. In quel momento puzzava, eccome!
Non che gliene importasse poi tantissimo.
Trovò il portone del palazzo di Sana aperto e ringraziò qualcuno lassù per la sua botta di fortuna. Qualcosa nel suo cervello gli suggeriva che riuscire a parlare con Sana, convincerla ad aprirgli la porta, non fosse proprio facilissimo, visto quanto era orgogliosa.
Cominciò a scagliare una lunga serie di pugni sulla sua porta di casa.
-Chi è? –
Bene, era in casa. Il tono circospetto della voce gli aveva anche lasciato intuire che lei avesse capito perfettamente chi si nascondeva dietro la porta, chi era quel pazzo che a quell’ora di sera bussava con quella forza inaudita.
-Sana, apri! Subito. Sono Akito –
-NO!-
-Sana, non fare la bambina apri subito questa porta o giuro che la sfondo –
 

*

 
Quello era esattamente il genere di minaccia che si aspettava da Akito. Perché lei lo sapeva fin troppo bene che lui, se preso alla sprovvista, avrebbe anche trovato la forza di buttare giù quella porta. Fu per questo che Sana si auto-convinse ad aprirgli.
L’Akito che le si parò davanti ansimava e aveva la fronte imperlata di sudore. I suoi occhi frugarono a lungo sul viso di Sana alla ricerca dei suoi: quando li trovarono, non li lasciò più andare. E Sana nemmeno cercò di sfuggirgli. Sapeva che tanto sarebbe stato tutto inutile.
-Che cosa vuoi? –
Aveva addosso un forte odore di sudore, misto all’odore di bagnoschiuma sportivo che lui utilizzava sempre quando si faceva la doccia.
Entrò in casa, richiudendosi la porta alle spalle e continuando a fissarla negli occhi.
-Perché hai lasciato Kamura? –
Lei strinse i pugni e lo guardò minacciosa – Non sono affari tuoi. Vattene ora –
-Sei una stupida Sana! –
-Ti ho già detto che non sono affari tuoi –
-Sei in casa da sola? –
-Cosa te ne frega –
-Rispondimi –
-Si! Fuka è uscita poco fa –
Akito non poté fare a meno di accorgersi quanto la desiderasse. Sana era lì, davanti a lui, con indosso i pantaloncini corti del pigiama – le lasciavano scoperte le gambe e questo non andava affatto bene – e quella maglietta con le maniche troppo lunghe che lui le aveva regalato due anni prima. Ai piedi aveva due calzettoni.
La solita contraddittoria. Con questo caldo porta una maglietta a maniche lunghe e le calze”. Sorrise.
Sana se ne accorse –Allora, che diavolo hai da ridere, idiota? –
-Adesso cominci ad insultare, Kurata? – le domandò, il tono di voce dolce come una pioggia di zucchero a velo sulle loro figurine arrabbiate.
-Che cosa significa? –
Akito sospirò – Quando non sai più dove andare a parare, cominci ad insultarmi. Se non ti conoscessi, potrei pensare che tu abbia paura –
Sana strinse i pugni e digrignò i denti, avvicinandosi a lui – Io non ho paura di niente. Tanto meno di te, Akito –
Quello la fissò, ancora sorridente – Allora perché non mi spieghi perché hai lasciato Kamura. Perché non possiamo discutere come due persone civili? –
Sana lo guardò male per qualche istante e poi abbassò i pugni – L’ho lasciato perché mi sono accorta che non ero più innamorata di lui – ammise, riportando le sue mani all’altezza e nella stessa posizione di prima.
Akito rise, osservandola e cominciò a desiderare di poterla baciare più di qualsiasi altra cosa al mondo  - Come hai fatto ad accorgerti? –
Vide Sana tentennare, incerta. La osservò mentre i suoi occhi perdevano la concentrazione e gli venne quasi istintivo ordinarle di guardarlo negli occhi.
-Guardami, mentre ti sto parlando. Come hai fatto ad accorgerti che non amavi più Kamura? -  le domandò ancora, il tono di voce incalzante.
Sana tornò a fissarlo con uno sguardo di sfida – Ho parlato con Fuka e Tsuyoshi che mi hanno aperto gli occhi – ammise e si complimentò subito dopo con se stessa per quanto fosse stata brava a divagare.
Ma Akito era più furbo – A proposito di cosa hai parlato con loro? –
L’animale che scappa, ormai in trappola, a cui sono state precluse tutte le vie di fuga.
Akito le si fece più vicino. Talmente tanto vicino che i loro corpi si sfioravano. Sana fu costretta ad inclinare ancora di più la testa all’indietro per poterlo guardare negli occhi.
Un’altra cosa che Akito aveva sempre adorato di Sana era che lei, rispetto a lui, fosse così piccola. Sana non era una tappa, intendiamoci, per essere una ragazza aveva un fisico anche molto slanciato, solo che confronto a lui sembrava un po’ una formichina.
Tra le sensazioni più belle che lui ricordava, c’era quella di sentirla accoccolarsi sul suo corpo prima di addormentarsi, mentre lui le passava le braccia intorno a quella vita così sottile che si ritrovava.
-Allora? –
Sana parve incerta quando gli rispose, la voce proveniente dalle sue labbra appena udibile – Beh, con loro parlavo di Naozumi, no? –
Lui inarcò un sopracciglio – Di Naozumi? –
-Si-
-E ti aspetti che io ci creda? –
-Dovresti –
-Ma smettila –
-Davvero –
-Perché?-
-Perché è la verità –
Litigare. Con quel tono di voce così squisito che aveva indotto entrambi a desiderarlo ancora, e ancora, fino ad essere completamente sazi. E accorgersi che sazi, l’uno dell’altra, non lo sarebbero stati mai.
Akito le passò le braccia intorno alla vita e l’avvicinò a sé ancora di più. Quello che prima era un innocente sfiorarsi di tessuti maledetti che nascondevano ad entrambi la pelle calda ed invitante dell’altro, ora era contatto, puro scontro di due corpi elettrici che desideravano soltanto fondersi in uno con una scarica di piacere divina.
Inclinò il capo verso quello di Sana e poté sentire lei che tratteneva il respiro, in attesa.  Gli occhi, appena velati di paura, non riuscivano a nascondere stavolta il desiderio che vi aleggiava come un fantasma costretto a rifugiarsi dietro ad ogni angolo per non farsi vedere. Per anni. Ad Akito non servì altro.
-Ma stai zitta, bugiarda! –
Un attimo dopo le sue labbra furono ancora una volta contro quelle di lei. E il ricordo di quel sogno che continuava a tormentarlo da qualche settimana a questa parte, si rese conto, non rendeva giustizia a quella bocca dolce che lui aveva desiderato con tutto se stesso. 
Cominciò a baciarla con una passione talmente forte da apparire quasi tormentata, l’urgenza di lei cresceva insieme alla foga con cui Sana adesso si aggrappava a lui.
Gli passò le braccia dietro al collo e si alzò in punta di piedi per poterlo raggiungere meglio. Lui la strinse più forte, attirandola ancora di più contro il suo corpo.
Le baciò le labbra, cercò la sua lingua con la propria per poterci giocare, per poterla accarezzare, come se fosse l’unica cosa di cui lui aveva bisogno in quel momento.
Come? Quella era l’unica cosa di cui lui aveva bisogno in quel momento.  
Quando si staccò da lei per riprendere fiato, la sentì gemere e non passò molto tempo prima che lui riprendesse possesso delle sue labbra, strappandole un bacio mozzafiato.
Sentì la mano di Sana insinuarsi sotto la propria maglietta, bisognosa di un contatto maggiore con lui.
Era sua.
Ma a quel punto una voce nella sua testa, gli suggerì di scostarla da sé. Sana apparve visibilmente frastornata.
-Cosa…- riuscì a malapena a biascicare, mentre lui allontanava il proprio corpo dal suo.
Akito mise su un cipiglio adorabile –Niente, Kurata. Mi fermerei più che volentieri con te, stanotte – dicendole questo ebbe la fortuna di vederla arrossire, come una bambina – Ma ho decisamente bisogno di una doccia e temo che, se me la facessi qui, distruggerei l’incanto
Sana parve contrariata, ma ancora in subbuglio dai baci di poco prima non riuscì a dire una parola.
Akito le si avvicinò ancora, per depositarle sulle labbra un lungo bacio carico di desiderio, accompagnato da un sospiro. Poi si scostò da lei e si diresse verso la porta d’ingresso, alle sue spalle.
-Buonanotte! –
Sana rimase a fissare la porta di casa per qualcosa come dieci minuti. Poi si riscosse e corse subito a prendere in mano il telefono.
Avrebbe avuto qualcos’altro di cui parlare a Tsuyoshi il che, già lo sapeva, lo avrebbe costretto a tornare in analisi.
 
I could feel at the time
There was no way of knowing
Fallen leaves in the night
Who can say where they're blowing
As free as the wind
And hopefully learning
Why the sea on the tide
Has no way of turning
                   More than this - Roxy Music
 

****************************************

 
Eccomi qua, puntuale anche se sono sotto esami – sinceramente? Non mi sto ammazzando di studio per niente, come va, va e non vedo l’ora delle vacanze per potermi dedicare alla scrittura, alla lettura, ad uscire tutto il giorno e basta studio ._. Non vi interessa, giusto? :D
Passando al capitolo : pareri? Sto dando larga – larghissima – importanza agli amici di Sana e Akito, ritengo (ribadisco, l’ho già detto mille volte) che senza di loro ‘sti due testoni non combinerebbero nulla. Infatti se è successo quello che è successo, è solo perché Tsu – in questo caso – si è imposto con Akito.

 
Passo a ringraziare tutte voi :
 
roby5b: l’unica ragazza che, a parte Sana, potrà mettersi con Akito è la sottoscritta (perché io lo amo davvero *-*). Cavolate a parte, vedrai che altri scherzi combinerà la gelosia. Ma stavolta, dovranno cavarsela da soli, altro che amici sempre pronti ad imboccarli. Bacio **
ryanforever: *-* ma grazie, anche per l’attenta analisi del capitolo e delle reazioni dei personaggi – sono contenta che tu abbia trovato certi comportamenti “da loro”. Alla fine è stato Akito ad andare da Sana, ma solo perché Tsu l’ha convinto, altrimenti avremmo tirato avanti questa storia per secoli ._. Bacio bella! **
trixina: TU! Ormai ho deciso che mi ispiri troppo per la scrittura – continua! Natsumi io personalmente la adoro e le litigate con Akito sono stupende – nell’anime le ho adorate tutte! Al tuo “Naozumi ha cercato di fare l’uomo” sono scoppiata *-* Io lo odio, non ci posso fare niente ._. Un bacione **
Midao: e finalmente Tsuyoshi smetterà di andare in analisi, povero uomo con questi due idioti prima o poi impazzirà :D Mmm, più che felice Akito era sconvolto, ma visti i suoi canoni (per ciò che riguarda le emozioni) è più o meno la stessa cosa ._. Al solito, onoratissima di un tuo commento. Un bacio ^_^
Castiel:  mancata è poco, le tue recensioni le adoro troppo, senza contare il fatto che ti sciroppi sempre tutte le canzoni e sei un tesoro. Mi soffermo sul discorso “come descrivo Akito” : a me piace più scrivere di lui che di Sana, sai? Non so per quale motivo, ma tra i due la sensazione che lui sia sempre quello più coinvolto. Sana... è sempre troppo stordita, ma lo ama anche lei! :D Un bacio enorme **
marypao:  a quanto vedo l’odio verso il povero (?) Naozumi è abbastanza diffuso. Compatiamolo, d’accordo :D Sono contenta che le frasi che hai citato ti siano piaciute tanto, al solito ci perdo quarti d’ora interi della mia vita dietro a queste storie. Un bacione grande **
dancemylife: ecco vedi? Lo sapevo che tu eri una ragazza intelligente. Ti sei espressa in merito a Tsuyoshi nel modo corretto. Senza di lui sarebbe un macello ._. (modo di dire coniato da conoscenti, ormai sono contagiata anch’io!). Ti veniva quasi da piangere per Nao? Che cos’ho combinato?! Ç__ç Consolati con Sana e Akito tesoro. Bacio **
Mantovanina: ._. lontana! Tu – tu – mi spii! Allora, posso dirti che sul lavoro ci hai quasi (quasi) beccato. E come tu ci sia riuscita, non ne ho idea. Non voglio dirti niente, ma diciamo che la questione “lavoro” assumerà una certa importanza nei prossimi capitoli. Un bacione grande **
_Rob_ : ehi, mi hai perforato un timpano con il tuo urlo! ^_^ Fare la scrittrice sarebbe stupendo ora che ci penso, ma no, non credo di essere all’altezza. Comunque, dai, povero Nao, lui amava Sana tantissimo, lei lo ha scaricato. Lascialo piangere, tanto le sue lacrime non cambiano la situazione. Lei è e rimane di Akito. Bacio **
Deb: tesoro! Com’è andato l’esame? Quanto siamo prese tutte con questo studio – a proposito, comincio ad odiare matematica ._. Akito frustrato è un immagine troppo, ma troppo, bella. Probabilmente è come dici tu, ma in questo capitolo come hai visto, è riuscito a trattenersi. Mi odi per il mancato zum-zum? No ç___ç Un bacione **
Ili91: sorvoliamo sulla questione maturità che è meglio ._. Due giorni e comincia, panico! I tuoi dialoghi con Naozumi sono meravigliosi – sul serio – specialmente quando gli hai detto “Tu, invece... sei solo inutile”. Ma LOL. :D Spero che questo capitolo ti abbia aiutato a staccare un po’. Un bacio ** e buono studio.

Smemo92: hai beccato in pieno la questione e, tra le tue parole, c’è un piccolo indizio su come si evolverà la storia in un prossimo futuro. Tsu che si preoccupa per Aya è... Esasperante! Felicissima che tu abbia apprezzato l’apparizione di Natsumi. La adoro troppo quella ragazza. Un bacione **
fragolina92: “quel coso femmineo di Kamura”. Credo di aver avuto una crisi respiratoria a causa delle troppe risate. I tuoi dialoghi con Nao, certo, hanno contribuito. Felicissima del tuo fioretto e che la storia ti piaccia. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto. Bacio **
_Dangerous_Child_ : oh mio Dio, una delle storie più belle della sezione? ^///^ A momenti mi sciolgo, ma grazie. Sei davvero un tesoro, lo sai? Brava, la farsa non poteva continuare, chiaramente, e Sana l’ha capito. Eccoti come si evolve la faccenda ** Bacio.
Tin_Tin: ma si, una buona dose di insulti per Nao ci sta sempre bene (io dico che ha i capelli viola il che, non so cosa c’entra, ma me lo fa odiare ancora di più :D). Akito torna con Sana, ma sappi che se lei dovesse rifiutarlo me lo prendo prima io. Si sì (: Un bacione bella **
Yesterday: tesoro, eh alla fine ti avrei aspettata comunque perché il mio tranquillo pomeriggio si è trasformato in una “tremenda mezza giornata”. U.U gli errori filo subito a correggerli – grazie che li hai notati bimba – mentre, ehm, sono felice che tu ti sia immedesimata in Nao. Odio a parte penso che lui ci stia male, visto che di Sana era ed è tuttora innamorato. Il Tsu POWER non l’avevo ancora sperimentato, diciamo che ne è disseminata tutta la storia *-* E... Sì. Akito tutte vorremmo baciarlo, l’unica cretina che non se ne accorge è  Sana – al solito ._. Grazie, semplicemente, di tutto tesoro! Un bacione **

Ragazze. Siete magnifiche. Fantastiche. Dico sul serio, se con lo studio trovo l’entusiasmo per continuare a postare, è solo merito vostro. Grazie *_*
 
Il quinto capitolo sarà “Tentazione”, ancora devo decidere se lasciarlo in italiano o metterlo all’inglese. Vedremo. Comunque, a quel punto sì che mi odierete .__. Non dico nient’altro.
 
Ringrazio tutti quelli che hanno messo la storia tra le Ricordate, tra le Preferite e le Seguite. E, già che ci sono, anche chi continua a farlo con “My Sorrow” – vedere che i numeri continuano ad aumentare... Mi fa perdere un battito, ogni volta *-* Grazie.
 
Alla prossima settimana quindi.
 Una pioggia di baci.
 Ale69

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Capitolo 5
*** Tentazione ***


SHE IS
 
Capitolo 5: Tentazione
 
That’s how much I love you (yeah)
That’s how much I need you (yeah, yeah, yeah)
And I can’t stand ya
Must everything you do
make me wanna smile
Can I not like you for awhile? No.
        Hate that I love you – Rihanna ft. Ne-Yo
 
Non che ci fosse qualcosa di propriamente sbagliato in quello che era successo la sera prima, solo che ancora non riusciva a capacitarsene.
Anche perché, diciamocelo, non era poi così normale che una persona entrasse in casa sua, litigasse con lei e alla fine la baciasse. Ancora meno normale era il fatto che poi lei rispondesse a quel bacio, arrivando a desiderare con tutta se stessa di poter avere persino qualche cosa in più da lui.
Pazza.
Si, per forza. Sana doveva essere sicuramente impazzita.
-Dannato Akito – sbuffò, in una nuvola di fumo che si dissipò nell’aria della sua stanza.
Sana stava fumando.
In un universo parallelo forse, ma forse, la cosa sarebbe anche potuta sembrare normale, ma non in quell’universo, non su quel pianeta – come si chiamava? Terra – dove lei disgraziatamente viveva.
Sana non fumava. Lei odiava il fumo.
Il fatto che ora stringesse una sigaretta tra le dita, lasciava giusto intendere la gravità della situazione.
-Ma che cavolo gli è preso? –
Un’altra fitta pioggia di cenere andò ad intaccare il soffice tappeto ai piedi del suo letto. Se solo Fuka avesse visto quel disastro, quella macchia sull’immacolata superficie di quel tessuto così delicato... L’avrebbe strozzata, non c’erano dubbi.
-Non può entrare in casa mia e baciarmi e poi andarsene come se nulla fosse – Sana scattò in piedi e tirò un forte calcio alla parete – Non può –
Ecco, in quei momenti la ragazza cominciava a dubitare da sola della propria sanità mentale. Siccome lei, come precedentemente detto, non era una fumatrice incallita, non aveva nemmeno un posacenere nella sua stanza. Ragion per cui decise di spegnere la sigaretta – consumata nemmeno a metà – sul suo comodino. Accantonò il pensiero che sarebbe rimasta la bruciatura per sempre, catalogandolo come inutile dettaglio.
Un’occhiata alla scrivania ricolma di libri riaccese il senso di colpa che aveva cercato di soffocare dentro di sé: doveva studiare, dannazione, non aveva tempo da perdere dietro quello squinternato di Akito. Aveva una tesi da dare, una laurea da prendere, un lavoro da portare avanti, una vita sentimentale da sistemare e, possibilmente, una vita sociale da mantenere.
Ad una persona non può bastare una sola vita per fare tutto questo” si disse tra sé, ma alla fine il senso di responsabilità prevalse e si andò ad accomodare alla sua scrivania.
Sana era decisamente cambiata negli ultimi anni e, c’era da riconoscerlo, il merito non era di nessun altro se non di Naozumi. Era con lui che la ragazza era maturata tantissimo, aprendo gli occhi su quel mondo adulto che per così tanto tempo si era rifiutata di capire.
A differenza di quando aveva tredici anni – seppur mantenendo le sue principali caratteristiche, quali il disordine, l’essere perennemente in ritardo e la totale negazione per qualunque cosa implicasse la matematica – era diventata più affidabile, ragion per cui i suoi amici riuscivano ad affidarle qualche commissione senza il terrore che lei se ne dimenticasse o combinasse qualche pasticcio.
Ovviamente l’unica cosa che, quasi gelosamente, la trascinava indietro, verso quel passato così incredibilmente genuino e sereno, era il ricordo di Akito.
Era inutile, per quanto si sforzasse, lei da lui non riusciva a stare lontana. Non che non ci avesse provato, anche perché i due anni passati al fianco di Naozumi non erano mica stati noccioline, no? Semplicemente, per una ragione o per l’altra, quel ragazzo dagli occhi d’ambra e i capelli d’oro la stregava e incatenava a sé in una stretta mortale.
Non riuscirò mai a liberarmi di lui. Tanto vale ammetterlo e vivere con la consapevolezza che io...”
Sana si bloccò. Stava scribacchiando una bozza della sua tesi e aveva appena cominciato. Si, dal titolo. Tralasciando il proverbio che dice “Chi ben comincia è a metà dell’opera” – che Sana reputò un altro dettaglio e che testimoniava quanto la ragazza fosse in realtà nei pasticci più neri – Sana si concesse il lusso di pensare a come avrebbe potuto terminare la frase.
Che io...
Che io gli voglia bene. Beh, si infondo sono cresciuta insieme ad Akito, l’ho persino aiutato a risolvere i suoi problemi con la sua famiglia, non volergli bene mi sembra un po’ difficile. E poi ne abbiamo passate così tante insieme.
Sospirò di rassegnazione.
Che io lo stimi. Dopotutto è una grande persona. Sempre così determinato e deciso su quello che vuole, sa sempre come raggiungere i suoi obbiettivi. Quanto mi piacerebbe essere come lui.
Ne seguì un altro sospirò e poi il fiato le si fermò in gola.
Che io... Lo ami?
Sana scoppiò a ridere nella sua testa “E perché mai dovresti amarlo? Solo perché quando è al tuo fianco vorresti abbracciarlo, o perché quando te lo ritrovi a pochi centimetri dal viso hai l’irrefrenabile impulso di baciarlo? O perché se vieni a sapere che tizia vuole chiedergli di uscire hai il primordiale istinto di andare li e spaccarle la faccia? O più semplicemente perché è capitato un sacco di volte che mentre facevi l’amore con Naozumi pensassi ad Akito?”
Ecco, Sana decisamente detestava il diavoletto dei suoi pensieri. E visto che in quei particolari momenti in cui la sua coscienza decideva di aprirle con sua immensa gioia tutto il suo cuore, l’angioletto se ne stava zitto, Sana decise di detestare pure lui, per l’omertà che continuava a dimostrare.
-Al diavolo. Sana, devi studiare – di ripeté ad alta voce. Chissà, forse udire la sua stessa voce che le impartiva il suddetto ordine, poteva servire a riportarla sulla Terra.
Si insomma, la Terra, il pianeta di cui sopra.
-Sana, riprenditi stai delirando –
Stavolta la voce non era la sua, piuttosto quella della sua coinquilina che, molto probabilmente, aveva assistito all’interessantissimo colloquio che Sana aveva avuto con se stessa.
Fuka rideva – Sei forse ammattita, Sana? –
Quella abbozzò – Può darsi, ormai mi sembra che ci sia davvero poco di normale nella mia vita –
La sua amica le si avvicinò, tra le mani una tazza di the fumante – Non ti crucciare. Vedrai che tutto si sistemerà. Stai studiando per la tesi? –
Sana annuì – Si. A dire la verità dovrei trovare le forze per poterla scrivere, visto che sono ancora in alto mare e che tra solo una settimana ho l’esame –
Fuka la guardò con tenerezza. Lo stesso sguardo che una madre riserverebbe alla propria figlia pasticciona – Non ti preoccupare. Vedrai che andrà bene. Adesso non ti distrarre e studia –
Veleggiò come un fantasma fino alla porta della stanza di Sana, lanciando una fugace occhiata di disgusto alla cenere depositata sul tappeto. Notò anche la bruciatura sul legno del comodino, ma decise di ignorarla.
- Fuka – la richiamò Sana prima che quella uscisse – Va tutto bene? –
Fuka era sempre stata un tipino abbastanza taciturno e misterioso. Esprimeva il suo punto di vista solo se interpellata e difficilmente si sbilanciava in pronostici sensazionali su come sarebbe andata a finire una storia. Ma in quell’ultimo periodo Sana, grazia a tutto il suo intuito femminile ed in quantificabile acume, aveva colto qualche differenza nel comportamento dell’amica. Differenze che erano strane persino per lei, per Fuka.
Quest’ultima le sorrise, grata – Si Sana, non ti preoccupare. Quando avrai dato la tesi dovrei parlarti di... Di una cosa
Sana giocherellò con la biro che teneva in mano –E’ qualcosa di grave? Mi stai facendo preoccupare – ammise con una risatina che doveva servire a nascondere quella lieve nota di ansia che la tormentava.
Fuka rise, ancora, un felice scintillio nei suoi occhi castani – Certo! Non ti preoccupare, è una bella notizia, niente di grave Sana. Ora ti lascio studiare –
Detto questo si richiuse la porta alle spalle e Sana si diede una portentosa spinta sulla sedia girevole, in modo da tornare faccia a faccia con il peggiore dei nemici: i libri.
-A noi – disse, dichiarando definitivamente guerra all’avversario.
Ma prima di dedicarsi seriamente a quella stramba attività, il suo pensiero non poté fare  a meno di volare verso un paio di occhi ambrati che la sera prima avevano violato il suo sguardo in cerca di qualcosa.
Stracci di un sentimento sepolti sotto tonnellate di terra umida e sporca che non era però stata in grado di intaccarne l’autenticità.
Sana mordicchiò il tappo della penna e si lasciò sprofondare nella sua poltroncina “D’accordo” ammise, sconfitta, alla sua coscienza bi-personale “Te lo concedo : potrei, forse, con un po’ di immaginazione, essere ancora innamorata di Akito Hayama”.
Scrisse giusto due righe della sua bozza e poi si interruppe di nuovo. Niente, quel dannato pizzicorio all’altezza della tempia proprio non voleva saperne di andarsene.
-E va bene – sbottò, più seccata che mai – Va bene, lo sono. Sono innamorata di Akito Hayama, ora mi lasciate studiare in santa pace? –
“Certo!”
-Grazie! –
E meno male che quello che frequentava uno psicologo e che era – a detta di Sana – da internare era Tsuyoshi.
Lei parlava addirittura da sola.
 
*
 
Era così bello godersi la pace mattutina di casa sua. Fuori dalla finestra alcuni uccellini gli diedero il buongiorno intonando melodie deliziose, mentre il sole birichino si insinuava tra la tenda della sua finestra e faceva risplendere quei fili d’oro che gli ricadevano sbarazzini sulla fronte.
Un’atmosfera di serenità palpabile aleggiava nella sua stanza e Akito, più rilassato che mai, si rotolò nel suo letto – aggrovigliandosi il lenzuolo intorno alle gambe – mugugnando qualcosa e facendo le fusa come un micio bisognoso di coccole.
Poteva sentire un tintinnio di piatti e bicchieri provenire dalla cucina: Natsumi stava sicuramente preparando la colazione.
“Che brava donna di casa” rise tra sé.
Se mai sua sorella si fosse sposata e fosse andata a vivere con il marito, sarebbero stati problemi – per non dire altro – amari. Chi avrebbe mai potuto cucinare? Suo padre forse? L’uomo che bruciava qualunque cosa mettesse nel forno, non capendo che sarebbe semplicemente bastato abbassare la temperatura invece di far abbrustolire tutto?
Akito scosse la testa.
Il suono della sveglia lo fece sobbalzare nel letto.
“Dannato aggeggio, cos’hai da strillare in questo modo sguaiato?”
Ne fu talmente infastidito che, Akito, afferrò l’oggetto e lo scaraventò contro la parete. Sentì il rumore di passi pesanti che salivano le scale e si preparò mentalmente ad una sfuriata di sua sorella.
- Akito! Akito, dannato idiota! –
“Buongiorno anche a te sorellina!”
-Ti pare normale che tu debba distruggere ogni giorno una sveglia? Alzati, veloce! –
Nonostante il dolore per la perdita della mamma in tenera età si fosse ormai completamente chetato, Akito a volte rimpiangeva di non poterla avere in casa. Chissà quante menate di Natsumi si sarebbe risparmiato se ci fosse stata. Forse.
-Ero già sveglio. Non c’era bisogno di fare quest’entrata trionfale in camera mia – sbottò Akito, stiracchiandosi e alzandosi dal letto.
Avrebbe voluto aggiungere un bel “Stupida oca” all’indirizzo di sua sorella, ma l’espressione arrabbiata di questa lo scoraggiò a proseguire oltre.
Natsumi sospirò – Che hai da fare oggi? –
-Dovrei terminare la mia tesi per la laurea, perché? –
La sorella mise le mani sui fianchi e scosse la testa – Che guaio! Avevo bisogno di qualcuno che mi accompagnasse in centro a comprare un paio di cose –
Akito inarcò un sopracciglio: quando mai sua sorella intendeva andare da qualche parte in sua compagnia? Era forse impazzita? Ma che cos’avevano tutti in quel periodo?
-Non puoi andarci da sola? –
Natsumi parve riprendersi dalla catalessi in cui era caduta – Certo! Chiamo la mia amica e ci vado con lei. Tu studia, lazzarone! –
-Certo, certo –
Natsumi si sbatté la porta della sua stanza alle spalle, lasciando Akito da solo. Nervoso.
Preparò sulla scrivania il suo PC e i libri che gli servivano per lavorare, poi decise di dirigersi in cucina per fare colazione: obbiettivamente con lo stomaco pieno riusciva a ragionare meglio.
Fu mentre passava di fianco alla parete accanto al suo letto che tornò a bussargli quel vecchio ricordo. Lui e Sana che una sera di quattro anni prima si baciavano, proprio in quel punto, e finivano poi per fare l’amore sul suo letto.
Pensò a come fosse irrimediabilmente cambiata la sua vita da quel momento ed una nota di malinconia tornò a colpirlo, con precisione calibrata, al centro del petto.
-Al diavolo, devo andare a mangiare – si rimproverò.
Evidentemente Sana non era l’unica squilibrata che parlava da sola.
 
Se non altro la colazione era buona. Tra i mille difetti di Natsumi – e ne aveva davvero tantissimi, pensò Akito – non c’era di certo quello di non preparargli mai nulla di buono da mangiare. Anzi, di solito proprio sua sorella era sempre in grado di stuzzicargli l’appetito con qualunque cosa.
Quella mattina gli aveva lasciato del sushi appena comprato sul tavolo. E poco importa che una colazione fatta con il pesce possa suonare non molto normale, ad Akito piaceva così.
Rimettersi a studiare, fu persino più facile del previsto.
Ma mentre le sue dita abili scorrevano sulla tastiera alla ricerca delle lettere giuste da pigiare, si rese conto di desiderare tantissimo poter vedere Sana. In quel momento.
Era quasi mezzogiorno, probabilmente lei doveva andare a lavorare nel pomeriggio, ma lui aveva un’assoluta voglia di vederla. Il bacio della sera prima aveva riacceso qualcosa assopito da troppo tempo. La fiamma bruciante che serviva soltanto a mantenerlo vivo.
Accantonò momentaneamente il suo lavoro e provò a telefonarle.
Come in tutti i film degni di nota – perché si, Akito cominciava a sospettare di vivere in un film – nessuno gli rispose al telefono, e si ritrovò ancora una volta a discutere con quella stupida voce registrata della segreteria telefonica.
Tornò al suo lavoro.
“Dai Akito, dannazione, lavora!” si disse tra sé riprendendo a scrivere sul suo documento “Il professore ti ha dato le dritte giuste per poter ultimare questa maledetta tesi. Sei pure troppo in ritardo, tra una settimana hai l’esame. Muoviti!”.
Ad ogni punto, ogni virgola che digitava su quella tastiera, il ricordo di quel dispettoso folletto dai capelli rossi tornava a tormentarlo.
Se solo la sera prima non fosse riuscito a fermarsi. Dio solo sa dove si sarebbe trovato in quel momento, altro che a casa a studiare, probabilmente starebbe ancora nel letto di Sana a fare l’amore.
Quanto l’aveva desiderata, il dolore nelle viscere era ancora intenso come la sera prima.
Sana, ho voglia di vederti” disse ancora tra sé.
 
And I hate how much I love you girl
I can’t stand how much I need you
And I hate how much I love you girl
But I just can’t let you go
And I hate that I love you so
         Hate that I love you – Rihanna ft. Ne-Yo
 
Ormai, come facile intuire, cercare di studiare per Akito era pressoché inutile. Afferrò di nuovo il telefono di casa e compose un altro numero di telefono.
-Pronto? – rispose una voce squillante.
Almeno questa gli era andata bene.
-Ciao Fuka –
Un momento di silenzio dall’altra parte del telefono.
-Sono Akito –
 
*
 
Sana si stiracchiò sulla sua sedia. Dopo qualcosa come cinque ore di lavoro, poteva finalmente dirsi soddisfatta. Era riuscita a lavorare, lasciando fuori lo spettro di Akito dai suoi pensieri.
-Non c’è proprio nulla da dire, ho fatto davvero un ottimo lavoro – si complimentò con se stessa, alzandosi in piedi – Ora mi rilasso un po’ prima di dover andare a lavorare –
Il suono del cellulare di Fuka la raggiunse e poté sentire la sua amica che rispondeva al telefono. Si era presa un altro giorno di malattia, per quel giorno.
Diceva che tutta quella storia di lei e Akito la stava facendo ammalare. E Sana rideva.
Percorse il corridoio quasi con aria strasognante, troppo felice di aver concluso il grosso del lavoro per poter pensare a qualsiasi altra cosa. Arrivata in salotto si lasciò cadere sul divano.
-Sana? – la chiamò Fuka, trotterellando verso di lei per raggiungerla – E’ per te –
Sana apparve evidentemente stranita : chi mai poteva telefonare sul cellulare di Fuka per parlare con lei?
La ragazza afferrò il telefono –Pronto? –
Quando riconobbe la voce del suo interlocutore quasi le si fermò l’aria in gola. Fuka rimase ad osservarla impaziente.
-Pronto Sana, sono Akito. Ho provato a telefonare sul tuo cellulare ma rispondeva la segreteria
Sana sussultò – Ah si. Era scarico – disse soltanto.
-Ti disturbo? Stavi studiando? –
- No ho appena finito –
-Ah. Senti...-
Quello che Sana poteva sentire distintamente era il palpitare del suo cuore nel suo petto, come un pazzo. Che cosa voleva Akito? Perché l’aveva cercata quella mattina?
-Senti... Volevo chiederti se ti va di vederci questa sera –
Sana rispose subito –Questo pomeriggio devo lavorare –
Si morse la lingua pochi istanti dopo. Sentì Akito ridere ironicamente aldilà del telefono.
-Ho detto stasera, Kurata. Sei diventata sorda? –
“No, semplicemente quando parlo con te non riesco a compiere un ragionamento sensato”.
Sana rise, nervosamente – No, ci sento. Beh... Allora credo che accetterò –
-Davvero? –
-Certo Hayama, non ti prendo in giro su queste cose. Dove andiamo? – gli domandò, cercando di ignorare Fuka che le volteggiava intorno come un avvoltoio pronta a papparsi i suoi resti e a strapparle via tutte le informazioni che possedeva.
-Non lo so, improvvisiamo? –
-Va bene – acconsentì lei, la sfumatura di un sorriso nella sua voce tremolante.
-Ora? –
-Io stacco alle sette dal lavoro. Vieni a prendermi lì? –
-Va bene –
Un breve attimo di silenzio seguì quest’ultima frase. Un imbarazzo palpabile cadde tra di loro, sebbene diversi chilometri li separassero. Sana strinse un pugno nervosamente, conficcando le unghie nella carne della sua mano, in attesa che lui dicesse qualcosa.
Akito rispolverò il lato timido della sua personalità, quello che lo rendeva incapace di pronunciare parola proprio in quei momenti in cui in cui ce ne sarebbe stato più bisogno.
-Beh, Kurata, allora io...-
-Aspetta Akito! –
Il ragazzo attese che lei dicesse qualcosa.
-Volevo dirti... Perché? Perché mi hai cercata proprio questa mattina? –
Quello sembrò pensare un attimo alla migliore risposta da darle e poi disse, semplicemente – Beh, perché avevo voglia di vederti, Kurata –
Usò un tono di voce così ragionevole che Sana si ritrovò ad annuire tra sé.
-D’accordo Akito. Allora a stasera? –
-A stasera –
-Sii puntuale –
-Lo stai dicendo alla persona sbagliata –
-Simpatico. Ciao –
-Ciao Kurata! –
Quando Sana riattaccò un lampo le attraversò la testa.
- Fuka, devi assolutamente aiutarmi a trovare qualcosa da mettere per stasera. Mi ha invitata ad uscire –
L’amica, neanche a dirlo, si accese una sigaretta. Non era propriamente nervosa, sapeva solo perfettamente che quando Sana e Akito cominciavano a frequentarsi, nell’aria si prospettassero guai seri.
-E’ un appuntamento serio? –
Sana fece spallucce – Non lo so, ha detto che voleva vedermi –
Fuka scattò in piedi e cominciò a saltellare da tutte le parti, lanciando la sua sigaretta appena accesa chissà dove –Davvero? È fantastico –
Dire che era fuori di sé dalla gioia era un mero eufemismo. Sana sperò che la casa non andasse a fuoco.
Fuka afferrò Sana per un braccio e cominciò a trascinarla come un mulo recalcitrante verso la sua stanza – Adesso ti scelgo io qualcosa da mettere. Devi essere sexy, ma anche lasciarti desiderare. Così lo farai impazzire –
Il tono di voce che utilizzò spaventò Sana in maniera eccessiva.
Chissà perché, ma qualcosa le diceva che Fuka non l’avrebbe lasciata uscire tanto facilmente dalla sua stanza, quel giorno.
 
*
 
Il cielo di quel giorno era di un azzurro così terso da rendere difficile addirittura poterlo osservare. Accecante, ecco l’aggettivo che Sana trovò per descriverlo. Nemmeno una nuvola ne intaccava quella limpida perfezione e Sana si soffermò a godersi la sensazione di quel fresco venticello che cominciò a lambirle la pelle delicata del viso. L’aria sapeva ancora un po’ di estate ma trasportava con sé i primi odori dell’autunno già in corso.
Alle sette in punto, neanche vivesse in simbiosi con un orologio, Akito era davanti agli studi televisivi con la sua macchina. Indossava una semplice camicia nera a cui erano stati slacciati i primi bottoni.
Il contrasto che il tessuto scuro faceva con i suoi capelli dorati affascinò Sana talmente tanto da lasciarla imbambolata per qualche secondo.
Lui suonò il clacson – Allora Kurata ti muovi o vuoi rimanere a fissarmi ancora a lungo? – la canzonò lui, abbassando il finestrino.
Lei rimase stizzita e fece una veloce corsa verso di lui – Eccomi – gli rispose acidamente –Non c’era bisogno di mettersi a fare lo show in mezzo alla strada –
-Te ne stavi li immobile – si giustificò lui, ingranando la prima e partendo.
-E allora? Che razza di scusa è? Ti stavo guardando –
Lui sogghignò –E quello che hai visto ti è piaciuto? –
-Si –
La risposta secca di lei lo mise a tacere. Rimasero in silenzio per tutta la durata del tragitto, durante la quale Sana cercò spesso di coprirsi le gambe lasciate in mostra da un vestitino bianco che Fuka l’aveva costretta ad indossare. Oltre ad essere incredibilmente corto era anche incredibilmente rivelatore.
Troppo trasparente” pensò infastidito Akito, leggermente su di giri.
 Calma” si raccomandò.
-Allora, dove stiamo andando? – gli chiese Sana incuriosita.
-In un ristorante costoso. Non sono del tutto sicuro che tu abbia scelto l’abbigliamento indicato – la rimproverò, esternando finalmente quel pensiero.
-Tu non mi avevi detto niente. Avrei scelto un altro vestito – lo rimbeccò lei, mettendo su il broncio ed incrociando le braccia al petto.
Si accoccolò ancora di più nel sedile e guardò fuori dal finestrino. La città scorreva veloce sotto i suoi occhi e le luci di alcuni negozi cominciavano ad accecarla.
“Come se l’avessi scelto io il vestito” si ritrovò a pensare ironicamente “Dannata Fuka”.
 
Quando arrivarono, Akito abbandonò l’auto in un posteggio alle spalle del ristorante. Sana aveva avuto la malaugurata idea di indossare i tacchi e quando si ritrovò a camminare sul selciato di ghiaia, barcollò. Akito la sorresse, passandole un braccio intorno ai fianchi e Sana arrossì, voltando il capo in modo da nascondersi da lui.
- Kurata, indossi i trampoli e poi non riesci a stare in piedi – le disse scherzosamente, il tono di voce ricolmo di dolcissimo miele.
-Taci Hayama – sbottò lei, scostandosi da lui quando furono davanti alla porta del locale – Fuka mi ha obbligata a conciarmi così, fosse stato per me un paio di  pantaloni ed una felpa sarebbero stati più che sufficienti  -
Akito annuì, aprendole la porta. Ad accoglierli trovarono un cameriere tutto in tiro che per prima cosa rivolse a Sana uno sguardo di puro interesse: che avesse riconosciuto in lei la famosa attrice, o che fosse semplicemente sconvolto dall’abitino osceno che indossava? Difficile dirlo.
-Buonasera signori – fece quello, inchinandosi lievemente davanti a loro.
-Ho una prenotazione a nome Hayama – fece Akito, formalmente. Il cameriere spulciò in un squadernino rilegato in una copertina lussuosa di velluto rosso, prima di accompagnarli al tavolo.
- Akito – lo chiamò Sana sotto voce, afferrandolo per un braccio e facendo in modo che il suo orecchio si avvicinasse alle sue labbra – Ma dove diavolo mi hai portata? Qui sono tutti ricconi, mi sento come un pesce fuor d’acqua – sbuffò.
Akito sollevò un sopracciglio – Preparano il sushi migliore della città in questo posto. Per questo ti ci ho portata. Ignora tutta questa gente e pensa a mangiare
Com’era bello notare quanto Akito si preoccupasse delle cose davvero serie.
-Sei davvero un idiota Akito – gli disse Sana, per tutta risposta, accomodandosi sulla sedia che Akito, scherzando e sorridendo, le aveva scostato dal tavolo.
Accanto a loro stava un enorme vetrata dalla quale Sana poteva intravedere tutta la città. Una miriade di luci costellavano quell’immenso deserto di velluto blu, come stelle nel cielo.
Sospirò.
-Che cosa cucinano di buono qui, oltre al sushi? – chiese acidamente al ragazzo di fronte a lei, che già aveva adocchiato una portata di delizioso cibo al tavolo accanto a loro.
Intercettando il suo sguardo, Sana alzò gli occhi al cielo.
-Allora?-
Akito parve riprendersi – Eh? Non lo so... Prendi il sushi no? –
Sana storse il naso – A me non piace molto il sushi –
-Ho sempre pensato che non fossi normale –
Sana nemmeno si arrabbiò – Solo perché una cosa ti piace da morire, non vuol dire che deve essere così per tutto il resto delle persone –
-A me il sushi non piace da morire. Diciamo che non mi dispiace
-Il che, secondo i tuoi canoni, è la stessa identica cosa –
Akito parve leggermente indignato.
Sana scorse velocemente il menù, cercando di trovare qualcosa che potesse attirarla. Aldilà del fatto che una portata equivaleva al suo stipendio di un mese, si trattava di cibo così elaborato e delicato, che probabilmente si sarebbe alzata nel cuore della notte affamata.
Sbuffò – Vabbè, ho capito, prendo il sushi anche io –
Akito inarcò un sopracciglio (il suo equivalente di un sorriso) – Benone! –
-Vado un attimo in bagno Akito –
-D’accordo –
 
*
 
Okay, doveva calmarsi. Non tanto perché, dopo aver visto Akito con quella camicia così scura che gli stava fin troppo bene, il suo cuore aveva cominciato a battere troppo velocemente. Più che altro perché ora rischiava l’arresto cardiaco.
“Ma si può sapere come ho solo potuto pensare di uscire a cena con Akito?” pensò, mentre si sciacquava le mani e lanciava una veloce occhiata allo specchio che ricambiava la sua immagine sconvolta.
Voglio andare via di qui” si disse, cominciando a camminare avanti e indietro per il bagno. Una mamma, con la sua bambina, che stava aspettando il suo turno per poter usufruire del bagno, la guardò con interesse.
Evidentemente osservare una squinternata che parlava da sola e che camminava in preda al panico per il bagno, doveva essere qualcosa di estremamente divertente.
Sana sospirò e le sorrise – Mi scusi. Sono un po’ nervosa –
La donna parve comprendere il motivo di tutta quell’agitazione e le sorrise – Si figuri. Questi posti mettono davvero molto in soggezione –
Sana non poté che essere d’accordo – Si. Il mio amico avrebbe potuto avvertirmi che si trattava di un posto così di lusso –
-Parla di quel biondino seduto al tavolo insieme a lei –
Cavolo, Akito ormai faceva colpo anche sulle donne di mezza età. Sana impallidì e faticò a trattenere una risatina. – Si –
-Credevo fosse suo marito
“Addirittura? Non sono ancora così disperata” si disse Sana – Ma quale marito. È solo un amico! –
Ecco, decisamente non capiva la necessità di dare spiegazioni ad una perfetta sconosciuta che tra l’altro aveva appena dimostrato di essere una ficcanaso di prima categoria.
-Le chiedo scusa, ma dal modo in cui la guardava… -
Sana non ne poté più. Scosse la testa e si avviò verso la porta del bagno, indignata – Ora devo andare, credo che sia pronto da mangiare – spiegò. Rivolse un sorriso luminoso alla bimba che la guardava con gli occhioni sgranati  - Buona serata –
Ecco, decisamente non andava bene.
-Dannato Akito – ringhiò tra i denti, mentre si avvicinava al tavolo dove lui stava gia gustando il suo sushi – Adesso la gente mi scambia pure per sua moglie. Ma che diavolo avrà poi da guardare? –
Detto questo, passò accanto ad un cameriere che sentendola parlare da sola e con quel linguaggio così colorito, le rivolse uno sguardo di puro biasimo.
Sana lo ignorò “Ci mancano giusto i camerieri che mi fanno la paternale adesso”.
Quando si sedette al suo posto, Akito nemmeno notò lo sguardo omicida con cui lo aveva appena squadrato.
Dannato Akito. Arriverà il giorno che me la pagherai per tutti i guai che mi procuri. Speriamo che questa serata finisca presto…”
Cominciò poi a mangiare, ignorando la vocina dispettosa che si prendeva gioco di lei nella sua testa.
“Continuando a dire bugie, ti crescerà il naso Sana…”
 
*
 
 
La serata era giunta al termine. Finalmente, aggiunse Sana con un certo sollievo.
Akito la stava riaccompagnando a casa, la vita frenetica della città che li circondava si rifletteva su di loro con le sue mille luci  in un turbinio di emozioni.
Quando arrivarono davanti al palazzo di Sana, da un localino di fronte una tromba diffondeva la sua gradita melodia nell’aria circostante, catapultandoli in un immagine che assumeva i tratti del ricordo nel momento stesso in cui veniva vissuta.
Akito sospirò – Non ti va di andare a bere qualcosa Sana? –
Lei scosse la testa – No ti ringrazio. Questa mattina mi sono alzata presto per lavorare alla tesi e sono un po’ stanca – gli disse, abbozzando anche un sorriso.
Quando voleva, Akito sapeva essere gentile. Davvero tanto gentile.
-Come vuoi – le rispose, facendo spallucce.
Sana si voltò a guardarlo e fu in quell’istante che con gli occhi lui la incatenò a sé. Lei era semplicemente paralizzata, mentre lui allungava le mani per accarezzarle la pelle nuda e morbida delle braccia. Akito sospirò.
-Allora ti auguro buonanotte – le disse lui, sempre fissandola negli occhi con il suo sguardo magnetico. Con le nocche delle dita le sfiorò una guancia e Sana socchiuse gli occhi come un gatto che fa le fusa e che viene accontentato dal suo padrone.
-Si – fu la sua risposta, sussurro che il vento trasportò con sé, avvolgendolo con tutto il suo profumo. Dolce.
La parte ancora cosciente della mente di Sana avrebbe voluto dirgli che oltre alla buonanotte, desiderava anche un bel bacio, che potesse aiutarla a conciliare il sonno.
Peccato che più della metà del cervello di Sana – le cui dimensioni, disgraziatamente, erano alquanto ridotte – fosse in preda di un insulso languore che non si seppe spiegare.
Akito fece scivolare le sue mani lungo i suoi fianchi, accarezzandoli e saggiandone la morbidezza.
Un altro sospirò del ragazzo si dissipò nell’aria. Il gemito roco che ne seguì colpì Sana come una stilettata in pieno petto.
-Sana… - cominciò lui, mentre avvicinava il suo volto a quello della ragazza. Si fermò ad un soffio dalle sue labbra – desiderio si, ma non la voglia di concedersi così facilmente – per poi bloccarsi e voltare il viso per bersagliare la pelle soffice delle guance.  
Le lambì con una dolce carezza di labbra esperte ed Akito sorrise tra sé compiaciuto quando sentì il sangue affiorare in superficie facendole surriscaldare la pelle che lui stava baciando con una lentezza esasperante.
Sana socchiuse le labbra, ancora con gli occhi sigillati, ed ansimò.
Akito avvertì un brivido lungo la schiena e scese a baciarle, con lentezza, dolcezza, desiderio, la pelle delicata del collo.
Sentì le dita di Sana tremare e poi le sue unghie artigliargli la stoffa della camicia all’altezza delle spalle. Sapere di averla completamente sotto il suo controllo lo faceva scoppiare di gioia.
Akito si scostò con gentilezza dal suo collo, riportando le labbra a pochi centimetri da quelle di Sana. Inconsciamente lei si alzò sulla punta dei piedi, pronta a ricevere il suo bacio, agognato, desiderato, maledetto, mantenendo ancora gli occhi chiusi per potersi godere tutte quelle magnifiche sensazioni che lui le stava regalando. Senza fare quasi nulla.
Ma Akito le scostò le mani dai fianchi e, prima di allontanare il volto dal suo, le sussurrò un caldo – Buonanotte Sana – che andò ad infrangersi sulle sue labbra tremanti, diffondendosi in tutto il suo corpo con una scarica elettrica.
Poi si allontanò da lei e Sana riaprì gli occhi per capire cosa stesse succedendo. Lo osservò e lui ricambiò il suo sguardo con una punta di scherno nascosta tra le ombre dei suoi occhi.
-Ci vediamo Kurata – le disse semplicemente, prima di voltarle le spalle e di prendere la strada di casa.
Sana rimase ad osservarlo impietrita, mentre si allontanava, non ancora completamente cosciente di quanto fosse arrivata a desiderare che lui la baciasse e, chissà, che la trascinasse anche in camera sua, sul suo letto.
Quando la sua mente fu abbastanza lucida da poter pensare razionalmente, Sana scosse le spalle.
-Dannato Akito – ripeté ancora, per la centesima volta in quella giornata così dannatamente calda. Cercò le chiavi di casa nella borsetta ed aprì il portone – Me la pagherà, fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia –
 
One of these days maybe your magic
won’t affect me
And your kiss won’t make me weak
But no one in this world knows me
the way you know me
So you’ll probably always have
a spell on me.
        Hate that I love you – Rihanna ft. Ne-Yo
 
******************************************
 
Eccomi qui ragazze. Scusate il ritardo, ma giusto ieri ho avuto il colloquio – dannata maturità – e quindi non ho avuto molto tempo per rivedere il capitolo prima di postarlo – come si dice? Ah sì, dovevo studiare. Perdono.
Comunque non ho molto tempo per ringraziare singolarmente una per una ognuna di voi – sapete quanto ci tenga a scrivere i ringraziamenti, ma stavolta ho preferito postare il capitolo perché ero già in ritardo. Anche perché non sto proprio benissimo : già, dopo un periodo di stress a me sale la febbre. Dal nervoso. Mi è successo quando ho preso la patente e prevedevo sarebbe successo ancora. Amen.
 
Passando al capitolo : lo odio. Cioè è forse il capitolo più brutto di tutta la storia fin’ora scritta, ma mi direte voi.
 
Comunque sia un grazie a :
 
roby5b,  _DaNgErOuS_ChIlD_ , Midao (ho visto che hai scritto una nuova fan fiction. Dammi tempo e volerò a leggerla), Deb (risponderò anche a te, nella prossima recensione che ti lascerò), marypao, Castiel (per questo capitolo niente canzone ._. ) , dancemylife, _Rob_ , Ili91 (gli esami come procedono? Alla fine che traccia hai scelto per la prima prova?), ryanforever, morgana85 (*-* ma grazie!), Smemo92, fragolina92, yesterday (troppo contenta che il capitolo ti sia piaciuto così tanto, toglierò anche le virgole. Mi vengono in mente certi discorsi : c’è chi le usa proprio e chi pensa che la punteggiatura sia un’opinione. Devo rileggerli seriamente ‘sti capitoli!).
 
Penso che a questo punto ci risentiremo tra una settimana – Kim permettendo, visto che è lei a decidere quando devo postare perché non riesce mai a recensire ._.
 
Adesso vado sul serio.
 
Un bacione a tutte ragazze
 
Ale69

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Capitolo 6
*** She Is (I Parte) ***


SHE IS
 
Capitolo 6: She Is (I Parte)


Do not get me wrong I cannot
wait for you to come home
For now you're not here and
I'm not there, it's like we're on our own
To figure it out, consider
how to find a place to stand
Instead of walking away and
instead of nowhere to land
                   She Is – The Fray
 
-A Sana e Akito! –
Ecco, Sana ancora non si capacitava. Per la seconda volta, sì. Non che non le facesse piacere il fatto che i suoi amici volessero festeggiare il tanto atteso momento della laurea – momento che, per inciso, aveva spesso dubitato sarebbe mai arrivato – semplicemente quel brindisi le ricordava terribilmente quello di un pranzo nuziale. Mandò giù.
Tsuyoshi rise – Una cosa in meno di cui preoccuparmi. Il mio psicologo ne sarà felice... –
Hisae tamburellò con delicatezza le dita della mano sulla superficie del tavolo – Non era uno psichiatra? – domandò con aria innocente.
Si trovavano ad un bar vicino all’università di Akito e Sana. Quando avevano finito di discutere la tesi, i due, si erano accoccolati tra le braccia di amici e parenti – Misako e il signor Fuyuki, con gli occhi colmi dall’emozione di vedere i due pargoli completare la propria istruzione e prepararsi al vero e duro mondo del lavoro – godendosi quell’attimo di successo personale.
Poi i parenti se ne erano andati e Sana e Akito erano stati trascinati da un gruppo di pazzi squinternati – Fuka, Tsuyoshi, Aya, Hisae e Gomi, addirittura più urlanti del solito – a quel bar dove adoravano ritrovarsi al tramonto per un veloce aperitivo.
Tsuyoshi parve scandalizzato – Gli psichiatri curano i pazzi! – esclamò indignato – Io non ne ho bisogno, sono normale
Alcune paia d’occhi scettici indugiarono su di lui, valutando se fosse o meno il caso di rispondergli.
Sana osservò Akito chiedendosi come mai rimanesse zitto.
– Cosa credi di essere tu? – domandò il ragazzo.
Appunto.
Tsuyoshi lo ignorò, increspando le labbra e voltandosi dall’altra parte.
Aya rise, portandosi una mano al grembo – Akito, quanto sei sciocco –
Sana sbuffò : per inciso, “sciocco” era l’insulto di maggior rilievo che si potesse mai sentire pronunciare ad Aya. Un fiore delicato, ecco cos’era quella donna.
La ragazza infierì – Si, Akito, sei proprio sciocco. E poi voglio dire... Tu dici a Tsuyoshi che non è normale? Tu? – domandò Sana ridendo.
Akito la squadrò – Kurata, potessi parlare, ti ascolterei pure. Ma credo che mi limiterò ad ignorarti. Nonostante ti sia appena laureata sei sempre la solita zuccona... – affermò lui, prendendola in giro.
Come sempre.
Sana fece spallucce – Come vuoi, intanto non sai sostenere una conversazione con me senza insultarmi. Forse dallo psichi... Ehm, psicologo ci dovresti andare tu, non Tsuyoshi... –
Un intenso annuire da parte dell’amico le fece comprendere quando condividesse il punto di vista di Sana. Anche perché, diciamola tutta, se quel pover’uomo di Tsuyoshi si era ritrovato ad andare in analisi un giorno sì e l’altro pure, la colpa era soprattutto dei suoi due amici rintronati.
Questa consapevolezza spiazzò Sana, che decise di ignorare il fattaccio catalogandolo come “dettaglio”. Sorvolando sul fatto che la vita della ragazza, ultimamente, fosse un po’ troppo piena di “dettagli”, Fuka interruppe l’animato dibattito esordendo con la sua proposta – Domani è sabato, nessuno di noi va a lavorare. Che ne dite se stasera uscissimo tutti quanti per festeggiare il lieto evento? –
Sana la scrutò inarcando un sopracciglio : il tono di voce ironico che aveva utilizzato lasciava intendere che il fatto che lei e Akito si fossero appena laureati, era paragonabile all’annuncio del loro matrimonio imminente. Cosa che in realtà non era.
Decisamente troppo ironica, quella Fuka lì.
Aya sorrise radiosa – Certo! Che bella idea, che ne dite ragazzi? – chiese all’indirizzo di Gomi ed Hisae che si stavano scrutando in cagnesco.
Il ragazzo aveva appena cominciato a trangugiare il dodicesimo tramezzino della giornata. Hisae aveva il voltastomaco.
-Ottima idea, speriamo ci sia qualcosa da mangiare – esordì Gomi, sputacchiando cadaveri di un innocente panino su tutto il tavolo intorno a sé.
L’occhiata sprezzante di Hisae palesò a tutti – nel caso negli ultimi dieci anni ancora qualcuno non l’avesse capito – cosa effettivamente pensasse lei di lui.
Sana sorrise. Il fatto che quella ne fosse innamorata, di quel mangione ingordo che non era altro, era solo un altro inutile dettaglio.
L’ennesimo.
Tsuyoshi – Potremmo andare a quel nuovo ristorantino che... –
Fuka lo fermò – No, niente ristoranti, mi sono rotta di mettere le gambe sotto un tavolo e di mangiare. Ultimamente non faccio altro... – lo sguardo perplesso dei suoi amici la costrinse ad aggiungere, con un sospiro – Per lavoro, ovviamente! Che ne dite di andare in discoteca... Una cosa tranquilla, senza fare troppo macello... –
Tsuyoshi apparve lievemente irritato – Ma Aya...-
Ma Aya lo interruppe – Oh che pesantezza, Tsuyoshi. Sono incinta, non malata, ricordatelo! – lo rimbeccò quella, guardandolo malissimo e costringendolo a stare zitto.
L’espressione di Akito lasciò intuire a Sana che, se avesse potuto, si sarebbe alzato in piedi, avrebbe baciato Aya e sarebbe anche potuto arrivare a costruirle una statua di oro massiccio in onore della sua eterna saggezza.
“Meglio sorvolare su certe stupidate” si ripromise Sana.
-Allora dove andiamo? – tagliò corto Akito, tirando un pugno a Gomi che aveva cominciato a rubare alcune olive dal suo piatto. Quello, dolorante, batté in ritirata, proteggendosi dietro la sua trincea, ergo la figurina snella di Hisae.
-Discoteca – urlò Sana, tanto forte che tutto il bar si voltò a guardarla. La ragazza divenne rossa come un peperone e si ricompose sulla sua seggiola, ignorando gli sguardi curiosi di chi aveva riconosciuto la famosa attrice.
Gomi rise – E discoteca sia! –
-Andiamo all’Air (*) ? – propose Fuka, rovistando nella sua borsetta alla ricerca di qualche spicciolo da lasciare come mancia ai camerieri.
Aya acconsentì – Adoro quel locale è così giovanile –
- È da pazzi – commentò tra i denti Tsuyoshi, che venne però ignorato da tutti.
Il gruppetto si alzò pronto per uscire, tranne Gomi, ancora intento a spolverare le briciole rimaste nel vassoio dei tramezzini. Dire che dava la nausea era un eufemismo.
-Dovremo prendere i mezzi – constatò Hisae, afferrando per un braccio il ragazzo e trascinandolo come un bue verso la porta a vetri, dalla quale entrava un luminoso raggio di sole.
Era una giornata stupenda.
-Esatto, direi che la metropolitana è più veloce. Con il traffico del venerdì sera chissà cosa troviamo per strada andando in macchina – disse Sana, inforcando gli occhiali da sole e prendendo Fuka sotto braccio.
Cominciarono a camminare, diretti ognuno a casa propria.
-Ci troviamo tutti da noi per... – Sana si picchiettò un paio di volte le dita sul mento – Per le undici di stasera? – chiese infine, ignorando completamente Akito che cercava di farle lo sgambetto mentre camminavano, neanche fosse stato un bambinetto di cinque anni.
La ragazza sbuffò – Hayama, hai finito di rompere? –
-Okay, allora stasera ci troviamo tutti a casa di Fuka – constatò Hisae, spingendo ancora Gomi che reclamava il sacrosanto diritto di tornare a prendere qualcosa da sgranocchiare mentre tornava a casa. Insomma, lo aspettava pur sempre una camminata di ben trecento metri, lungo il tragitto sarebbe potuto accadere qualunque cosa, come biasimarlo, povero eroe incompreso.
-Ma è anche casa mia! – esclamò Sana offesa.
- Kurata taci –
-Ragazzi perché il cameriere ci sta rincorrendo? –
-Non so, qualcuno non ha pagato? –
-No, ho controllato, i soldi erano giusti... –
I ragazzi rimasero immobili, mentre alcuni passanti per caso imprecavano contro di loro che ingombravano mezzo marciapiedi e rendevano difficoltoso il passaggio.
Il cameriere li rincorse trafelato, scrutando le loro facce alla ricerca di...
-Signorina, signorino! – esclamò, all’indirizzo di Sana e Akito che si trovavano casualmente l’uno accanto all’altra – solo perché lui, dopo aver tentato invano di farla ruzzolare per terra, stava impiegando tutte le sue energie nel tentativo di rubarle la borsetta. In ogni caso, Hayama parve vagamente irritato per essersi sentito chiamare signorino.
-Ma cosa... – cominciò a dire Sana, quando si ritrovò un biglietto bianco tra le mani che recitava, con caratteri eleganti la sigla “Buono sconto per coppie in luna di miele”.
Sana inarcò un sopracciglio e non si accorse delle risatine che cominciavano a diffondersi tra i suoi amici. Tranne Akito, che sorpreso, spalancò gli occhi ed osservò quell’ometto in giacca e cravatta che ancora li guardava con gli occhioni sgranati.
- Ho dimenticato di darvi questo buono. Vi permetterà di consumare due colazioni gratis al prossimo ingresso – spiegò, sorridendo dolcemente all’indirizzo dei due.
Sana lo osservò – P... Perché lo da a noi? –
-Non vi state per sposare? –
Le imprecazioni di Akito echeggiarono per tutto il quartiere, mentre Tsuyoshi e Gomi si piegavano in due dalle risate e le ragazze li imitavano, solo più discretamente.
- Maledetto ficcanaso, fatti gli affari tuoi! – gli urlò dietro, mentre il poverino scappava spaventatissimo. Sana era semplicemente senza parole.
Ma alla fine, il ragazzo intascò il buono e se ne andò.
Poteva sempre tornare utile, dopotutto.
 
*
 
-Sana, datti una mossa saranno qui a momenti – urlò Fuka aldilà della porta del bagno dell’amica, mentre spulciava nel portagioie di Sana alla ricerca di un paio di orecchini da indossare.
Ne trovò uno che la colpì, molto raffinato ed elegante, con un luccicante brillantino incastonato su di un piccolo ciondolo di metallo. Decise che, dopotutto, poteva anche prenderlo in prestito.
-Ho quasi fatto – urlò comunque l’amica in risposta.
Fuka scosse la testa e scelse per Sana un bel tubino nero, modesto ma anche incredibilmente corto.
Tanto, ora che l’amica si fosse decisa ad uscire dal bagno, sarebbe stato talmente tardi che, forse, pure il bambino di Aya sarebbe già venuto al mondo, nel frattempo.
Fuka sospirò, rassegnata – Datti una mossa – ripeté, con molta meno convinzione di prima.
-Ho quasi fatto –
Il fatto che continuasse a ripetere che aveva quasi fatto da circa mezzora, probabilmente era di poco conto. Puntuale come la morte, il suono del campanello della porta rimbombò per tutta la casa.
Fuka quasi gridò – Sana muoviti sono arrivati, maledizione!-
-Ho quasi fatto –
E tre.
Quando aprì la porta e si ritrovò faccia a faccia con Akito, si rese conto che molto probabilmente la sua espressione rappresentasse al meglio i suoi stessi pensieri. Quello infatti ghignò ed entrò in casa senza nemmeno salutarla, ne rivolgerle qualche cenno di riconoscimento. Si andò a spaparanzare sul tappeto, mentre Hisae aiutava Aya a togliersi il cappotto.
-Scommetto tutto quello che ho che Kurata è appena uscita dalla doccia –
Fuka rise – Mi spiace Akito. Sana è ancora in doccia – lo corresse lei, scuotendo ancora la testa con il fare rassegnato di poco prima.
Sana sarebbe, a detta di tutti, stata in ritardo pure il giorno della sua morte. L’avrebbe molto probabilmente messa in attesa, dicendo, chissà, l’ormai nota frase “Ho quasi fatto”. Magari, a pensarci bene, la morte avrebbe pure acconsentito ad aspettare che Sana avesse finito di fare quello che stava facendo. Qualunque cosa fosse.
-Pagare! – esclamò Tsuyoshi, andandosi a sedere accanto ad Akito e cominciando una partita alla play station insieme a lui.
-Volevo giocare anche io – si lamentò Gomi, andandosi a sedere alle loro spalle – visto che i due si erano posti nella posizione strategica quale era il tappeto liso del salotto – e decidendo che, dopotutto, anche la funzione di tifoso poteva dirsi soddisfacente.
-Vai, vai Tsuyoshi, sbattila in porta quella maledetta! –
Il solito sguardo disgustato di Hisae dimostrò quale fosse il suo pensiero per quella visione. Il sorriso invece con cui Aya accarezzò la scena, aveva un non so che di nostalgico, quasi volesse imprimere quel ricordo nella sua mente, per non potersi mai scordare di quegli attimi di pura felicità vissuta.
-Ho fatto! – sentirono che Sana urlava dalla sua stanza – Devo solo asciugarmi i capelli, farmi la piega, truccarmi e vestirmi, poi sono pronta! –
Il silenzio che seguì le sue parole chiarì quanto i suoi amici fossero consapevoli che quelle azioni le avrebbero probabilmente portato via mezza giornata.
-Beh, almeno riusciremo a finire il torneo – decretò Akito, lasciando posto a Gomi che si giocava i quarti di finale contro Tsuyoshi.
Hisae intrattenne le amiche con il suo nuovo strambo progetto per le prossime vacanze di Natale; mostrò loro alcuni cataloghi di agenzie di viaggio ed esordì con la sua solita frase tipo :
-Ragazze, avevo pensato che... –
Ecco, il mix Sana in ritardo e Hisae che pensava, poteva rivelarsi alquanto letale.
 
*
 
L’Air era incredibilmente gremita quella sera. Frotte di ragazzi che ballavano ed altri che rincorrevano, imploranti, la ragazza di turno che aveva dato loro picche, affollavano ogni angolo del locale, facendo quasi girare la testa per la confusione.
I ragazzi si erano accomodati su un paio di comodi divanetti che circondavano un tavolino di cristallo – troppo, troppo fragile per essere tenuto all’interno di un posto che una sera si e l’altra pure era lo scenario di risse e quant’altro -  sul soppalco dal quale si poteva intravedere la pista da ballo, fasci di luci colorate li investivano di tanto in tanto, facendo brillare i luminosi colori dell’arredamento e dei vestiti delle ragazze.
Una biondina formosa, con indosso un abitino striminzito argentato con le pailette in tinta, passò loro accanto, ed un fischio sommesso di Gomi fece luce su quanto la questione fosse passata per nulla inosservata.
-Bella sventola! – commentò, voltandosi per rimirare le onde disegnate dal fondoschiena della bionda, mentre lo muoveva al ritmo della musica dance che passava in quel momento per le casse rimbombanti.
Hisae si incupì e non commentò.
-Se ti piace quel genere di ragazza... – disse laconicamente Fuka, lanciando un occhiata di sbieco alla sua amica, che ancora teneva lo sguardo fisso sul tavolo.
A volte, Gomi come tutto il resto del genere maschile al completo, sapeva essere davvero molto idiota. Macché, completamente rintronato.
Sana e Akito erano andati a prendere qualcosa da bere al bancone e li potevano intravedere a fatica di sotto, tra la calca di gente che stavano fendendo con facilità strabiliante.
Sana se ne stava appesa come un uccellino sul trespolo al braccio di Hayama, mentre lui a suon di gomitate e pugni scansava tutti quelli che trovava sul suo cammino.
Quando raggiunsero il primo cameriere libero – dicesi anche abbastanza sobrio e sano da poter prestare loro quel minimo di attenzione che meritavano – fecero le ordinazioni.
- Un Sex on the beach... Analcolico – specificò Sana, ripensando alle parole di Aya che si era raccomandata qualcosa come duecento volte di non prendere nulla di troppo pesante perché non le faceva bene.
-Tavolo cinque barra quattro – aggiunse Akito con una smorfia.
Rimasero in attesa che il bel ragazzo annotasse tutto sul suo computer tascabile e poi questo si allontanò con il vassoio sotto braccio.
-Aveva la faccia da idiota – sentenziò Akito, osservando il cameriere che con espressione beota volteggiava verso il bancone.
-E figurati... Invece era davvero un bel ragazzo, aveva degli occhi così magnetici... –
L’espressione di Akito dimostrò chiaramente quanto la sua attenzione fosse stata attratta dagli occhi magnetici di quel vermiciattolo disgustoso.
-Lascia perdere Kurata, capisco che tu abbia sprecato tutte le tue ultime risorse cerebrali per studiare – sbottò Akito, afferrandola per un braccio per poterla trascinare di nuovo verso il loro tavolo. Sana non si divincolò.
Improvvisamente un bel ragazzetto con la camicia sbottonata – che lasciava intravedere un fisichino niente male – si avvicinò a Sana e la prese per mano, talmente inaspettatamente che riuscì a strapparla dalla ferrea presa di Akito.
-Tu sei Sana, vero? L’attrice della TV – le domandò, rimirando la ragazza da capo a piedi e soffermandosi con interesse sulle gambe lasciate scoperte.
-Ehm.. S... Si... – balbettò lei – Che cosa vuoi? –
Quello le sorrise e si avvicinò ancora di più per passarle un braccio intorno alle spalle –Mi chiamo Junichi, ti ho notata mentre te ne stavi laggiù a parlare con quel cameriere – le disse, ammiccando – Mi chiedevo se volevi venire al mio tavolo, stasera, sai per conoscerci meglio, ballare un po’ insieme e magari...-
 
This is going to break me clean in two
This is going to bring me close to you

                   She Is – The Fray 
 
-E magari levarti dai piedi – gli fece eco una voce tremante di rabbia.
Akito, evidentemente, dopo aver compiuto qualche metro ed essersi accorto che la pelle calda del braccio di Sana non stava più tra le sue mani, doveva essersi fatto largo tra quella folla di marmocchi, sempre utilizzando i suoi metodi gentili e pacati – leggesi quindi spintoni, minacce e colpi in testa – per tornare indietro a cercarla.
E l’aveva trovata con un braccio di un emerito sconosciuto – per non dire un'altra parola che Akito avrebbe sicuramente preferito – intorno alle spalle.
Diciamo che gli prudevano un pochino le mani. Niente di eccessivo.
Akito strattonò Sana e la spinse alle sue spalle, poi piantò i suoi occhi ambrati in quelli blu mare del suo interlocutore – Levati di mezzo, nanerottolo – ringhiò, ed evidentemente l’espressione furiosa che aveva in voltò servì come minaccia, abbastanza per far allontanare l’altro alla velocità della luce.
A quel punto Akito afferrò Sana per un braccio e la spinse contro di sé, facendole poi scivolare la sua mano sul fianco della ragazza. Sana tremò.
 – Ti perdo di vista un secondo e già mezza discoteca ti salta addosso – sbottò, era arrabbiato – E’ mai possibile? –
Sana non gli rispose, si limitò a stare in silenzio e a godersi il profumo che poteva percepire stando così vicina ad Akito.
Bagnoschiuma sportivo e sudore.
 
*
 
Dopo il terzo drink, Sana cominciava ad essere brilla. Non ubriaca – di certo non si sarebbe riversata in qualche bagno a vomitare pure l’anima – semplicemente faticava a pronunciare un discorso serio e di senso compiuto e a stare in piedi.
Il che, rifletté ironicamente Akito, non apportava poi una differenza sostanziale da quando la ragazza era invece sobria. Lui fece quindi spallucce.
In ogni caso, Sana cominciava ad essere brilla. E Akito leggermente incavolato.
Quando poi il ragazzo voltò lo sguardo sul resto della combriccola notò, con suo incredibile smarrimento, che pure Hisae e Fuka non erano poi conciate tanto meglio – sebbene mantenessero una certa dignità anche da ubriache e fossero anche in grado di terminare un discorso senza interrompersi, dimenticando completamente quello che stavano dicendo - per non parlare di Gomi che rideva convulsamente per ogni minima cavolata.
Notò il suo amico afferrare una nocciolina e stringerla tra le dita, con le sopracciglia corrugate di chi sta compiendo il lavoro più difficile di tutta la sua vita. Quando la nocciolina si frantumò in tanti pezzettini, Gomi rimase a fissare le briciole con espressione idiota – altra cosa molto simile a quando era invece sobrio – e poi ricadde all’indietro, scosso da un eccesso di risa.
Akito scosse il capo.
Fortunatamente Aya e Tsuyoshi sembravano aver mantenuto il lume della ragione. Il futuro paparino – come continuava a chiamarlo Akito da qualche giorno a questa parte – osservava con espressione preoccupata il povero Gomi, il cui cervello era completamente dipartito, ormai.
-Non lo recuperiamo più – dichiarò solennemente, scoppiando a ridere per la sua stessa battuta.
-Noi non siamo ubriache – recitarono Fuka ed Hisae all’unisono e furono anche abbastanza convincenti.
Fuka sobbalzò – A proposito Sana, mi sono dimenticata di dirti che io tra mezzoretta devo andare via perché stasera parto –
L’espressione ebete di Sana accompagnò la sua domanda – Dove vai? –
-Devo incontrarmi con alcuni colleghi di lavoro – spiegò Fuka, senza guardare negli occhi nessuno.
Akito la osservò, non bevendosi nemmeno per un attimo quella scusa ridicola. Sicuramente Fuka avrà avuto qualcuno dei suoi intrallazzi e non le andava di parlarne con nessuno. Poco male, si disse, un segreto in meno da condividere.
-Allora quando vai via io ed Aya veniamo con te – esordì Tsuyoshi prima che la sua dolce metà potesse proferire parola – Non le fa bene dormire poco e poi, a dirtela tutta, non mi piace l’idea di lasciarti prendere la metropolitana da sola –
Fuka sorrise – Grazie Tsuyoshi, ma... –
-No Fuka, Tsuyoshi ha ragione – disse Sana, con voce pastosa e con l’espressione di chi ha ripetuto quella frase talmente tante volte che ormai nemmeno si ricorda più cosa significhi.
Anche perché Tsuyoshi aveva ragione il novantanove virgola nove percento delle volte.
I suoi amici posarono gli occhi su di lei e le rivolsero uno sguardo interrogativo, al quale Sana rispose con un sorriso innocente.
Gli occhi le luccicavano, accesi improvvisamente dagli effetti dell’alcool che cominciava ad entrare in circolo.
Akito si alzò in piedi – Ora basta Kurata, ti porto a fare un giro, sei conciata da fare schifo –
L’afferrò per le spalle e la sollevò in piedi. Sembrava fatta di burro fuso, Sana, infatti assecondò i suoi movimenti con una facilità che gli ricordò un po’ il pongo che si plasmava sotto il tocco deciso delle sue dita di bambino.
-Dove mi porti? – gli domandò lei, maliziosa, facendogli l’occhiolino.
Akito roteò gli occhi al cielo – Se fossi sincero, temo che la risposta non ti piacerebbe –
Sicuramente sarebbe stata una parolaccia.
-Diciamo che spero che un po’ d’aria fresca e una camminata possa giovarti – le spiegò, ignorando i risolini maliziosi dei suoi amici, che li guardavano allontanarsi abbracciati – solo perché Sana non si sarebbe mai retta in piedi sulle proprie gambe – e costringendola a scendere le scale.
Quando furono fuori dal locale, una folata d’aria fresca colpì Sana in pieno viso, costringendola a tornare parzialmente sul mondo dei vivi.
Si strinse nelle spalle, mentre i brividi cominciavano ad affiorarle sulla pelle.
Metà ottobre offriva ancora giornate soleggiate e serene, durante le quali una felpa o un maglioncino potevano offrire il giusto riparo dai primi freddi autunnali. Ma la sera era letale.
Akito istintivamente si tolse il giubbino di pelle e glielo posò sulle spalle – Ti sembra normale uscire di casa con un vestitino come quello? – la rimbeccò, indicando il micro abito che Fuka l’aveva costretta ad indossare quella sera – Con un semplice copri spalle di cotone? Non ti sei accorta di quanto faccia freddo, Kurata? – incalzò lui, cominciando a passeggiare lungo un marciapiede isolato.
La notte era incredibilmente limpida – distesa di blu profondo sulle loro teste, punteggiato da tanti diamanti preziosi, che erano le stelle, e che ammiccavano loro quasi fossero state amiche del cuore che custodivano i loro più cari segreti.
Sana si immobilizzò fissando quello spettacolo sopra la sua testa – Akito, guarda che bello! – gli disse, indicando il cielo.
Le guance di Sana erano arrossate per lo sbalzo di temperatura, i capelli leggermente arruffati e gli occhi luccicanti come pietre preziose. Si stringeva nella giacca di Akito, al cui interno sembrava improvvisamente piccolissima, e continuava a fissare quel deserto di velluto blu sopra la sua testa con l’espressione innocente e meravigliata di una bambina.
Akito si sentì tremare dentro – Si, è bellissimo – disse, la voce divenuta improvvisamente roca.
Sana abbassò lo sguardo su di lui e il sorriso che fino ad un attimo prima aleggiava sulle sue labbra rosse si spense.
Rimasero a fissarsi così per alcuni minuti interminabili, occhi negli occhi, mentre Akito se ne stava in attesa di una sua mossa. Una mossa qualsiasi, purché parlasse o facesse qualcosa. Qualunque cosa.
 
This is going to bring me clarity
This'll take the heart right out of me

                     She Is – The Fray
 
E poi Sana si avvicinò a lui, talmente tanto che Akito poté sentire il profumo dei suoi capelli inondargli le narici, arrivargli al cervello e mandarlo completamente in tilt.
-Ho voglia di tornare a casa – gli disse, inclinando la testa all’indietro per poterlo fissare negli occhi – Mi accompagni? – chiese ancora, senza smettere di guardarlo.
Akito deglutì a fatica – Va... Va bene – balbettò.
Sempre così loquace quando si trattava di prenderla in giro, Akito sembrava perdere qualunque capacità di parlare ogni qual volta quella piccola peste gli si avvicinava troppo.
Nessuno dei due però si mosse.
Sana allungò una mano per posargliela sul viso e accarezzarlo, gustandosi la sensazione che la ricrescita della barba procurava sotto il tocco dei suoi polpastrelli delicati.
Gli passò poi la mano dietro la nuca per attirarlo verso di sé e si alzò in punta di piedi.
Le sue labbra erano morbide e avevano quella strana consistenza di chi ha bevuto qualcosa di molto forte che gliele ha lievemente screpolate. Bruciate.
Sapeva di ciliegie e rhum.
 
*
 
 
Akito aveva ricevuto una telefonata, Fuka li aveva avvertiti che era tornata a casa e che se Sana fosse rincasata non l’avrebbe trovata.
-Noi stiamo tornando, Sana ci ha messo un po’ a riprendersi –
La sua risposta, pronunciata con un tono di voce che sapeva ancora del bacio che si erano scambiati poco prima, sotto una cascata di stelle che aveva fatto da sfondo a quella scena tanto attesa.
Ciliegie...
Akito le aveva accarezzato le sue labbra con le proprie, mentre immergeva una mano tra i capelli di Sana e la costringeva a piegare la testa all’indietro per poter approfondire quel bacio proibito, che lei gli aveva richiesto.
E rhum...
Forse Sana non era l’unica ubriaca quella sera.
Manco si erano accorti di Tsuyoshi, Aya e Fuka che uscivano dal locale e che li osservavano, con un sorriso contento sulle labbra. Una volta messo il piede fuori, si erano guardati curiosi intorno, alla ricerca di Sana e Akito che erano usciti poco prima. Li avevano trovati poco distanti dall’entrata, intenti a scacciare il freddo in un modo tutto speciale.
Ubriachi.
Sicuramente dovevano essere ubriachi.
Quando si erano staccati – quant’era trascorso? Attimi, minuti, anni? Chissà... – lui l’aveva presa per mano senza chiederle permesso e lei non si era scansata. Sana sapeva fin troppo bene che se voleva tornare a casa l’unico in grado di riportarcela, in quel momento, era colui che le stringeva le dita in una morsa dolce e delicata.
Avevano fatto tutto il tragitto fino alla metropolitana e poi fino al suo palazzo, in silenzio, scambiandosi di tanto in tanto qualche occhiata fugace senza farsi notare dall’altro.
Quand’erano arrivati, lei lo aveva invitato a salire e lui non aveva avuto nulla da ribattere anche perché, Akito sospettava, Sana non sarebbe mai riuscita a farsi dodici rampe di scale senza crollare per terra, visto anche che l’ascensore era guasto.
Dopo i primi gradini, percorsi da gambe tremanti, e non solo per la stanchezza, Akito l’aveva presa in braccio, immergendo il naso nei suoi capelli, come se guardare dove mettere i piedi fosse divenuto improvvisamente superfluo.
Lei aveva agganciato le braccia intorno al suo collo ed era rimasta zitta, lasciandosi trasportare da lui sino alla porta di casa.
Sentirsi dire “Adesso devo andare” e fermarlo, fu un tutt’uno.
 
 
*
 
-Aspetta –
Come se lui avesse mai fatto altro negli ultimi dieci anni e passa della sua vita.
Sana lo strattonò lievemente per la camicia, portando il suo corpo contro il suo. Si alzò in punta di piedi e gli portò le braccia al collo. I loro visi erano vicinissimi.
Ancora una volta, quella sera.
-Dammi un bacio – gli disse, gli occhi improvvisamente imploranti.
Lui scosse la testa, ma il suo corpo reagì a quella provocazione in modo inaspettato. Le artigliò i fianchi con fare possessivo e cominciò ad accarezzarle la schiena, sopra il tessuto del tubino nero che indossava.
- No. Sei ubriaca. Già prima, fuori dal locale, non so cosa mi sia preso... Non avrei dovuto permettere che... – le disse, senza concludere la frase, in realtà però la sua voce era diventata roca.
Sana rise – Non è vero, non sono ubriaca. Ho bevuto solo un po’, ma sono giusto un po’ brilla – continuò, avvicinando le sue labbra pericolosamente a quelle di Akito – So esattamente quello che ho fatto e quello che sto facendo
Quell’inconsistente distanza fu annullata.
Poter sentire ancora le sue dolci labbra sulla propria bocca, mentre baciavano fu una sensazione che per un attimo gli fece perdere il controllo.
Poi Akito la scostò con gentilezza da sé –No, Kurata –
Lei si imbronciò  -Akito! Per una volta che trovo il coraggio di prendermi quello che voglio tu mi fermi? – gli domandò, la nota di ilarità fortemente presente nella sua voce. Gli riallacciò le braccia dietro il collo e si sollevò sulle punte dei piedi per poterlo baciare – Non voglio lasciarti andare via. Ancora  
E dopo un secondo di esitazione ad Akito non servì altro per poter rispondere con passione al suo bacio, come lei richiedeva.
Diede una spallata alla porta che si aprì docilmente, cigolando un pochino, per poi richiudersi con un tonfo sordo alle loro spalle.
Sana e Akito continuarono a baciarsi, frenetici, senza badare che a quell’ora di notte potevano aver svegliato qualcuno.
Dopo aver aperto la cerniera con lentezza strategica, le sfilò il vestito  che lanciò da qualche parte in salotto e poi, continuando a baciarla, la spinse con foga e desiderio verso la sua camera.
Crollarono l’uno sopra l’altra sul letto, Sana gli circondo la schiena con le gambe nude, ancora più belle di come lui se le ricordava.
Akito le baciò il collo, eccitato, fin troppo consapevole che se solo avesse continuato ancora per qualche minuto e tenerla tra le sue braccia, non sarebbe più riuscito a fermarsi.
Le tracciò una scia umida di baci che partiva dal collo fino ad arrivare all’ombellico, poi dispettoso vi soffio sopra una carezza di respiro caldo che la fece rabbrividire. Sana inarcò la schiena contro di lui – Akito – lo chiamò, il tono di voce a metà tra l’essere disperato e la voglia incondizionata che aveva di lui.
-Sana se continuiamo… Se tu non la smetti… Io non riuscirò a fermarmi…- le sussurrò contro l’orecchio – cosa sperava? Che lei lo respingesse? O forse che lei gli dicesse che in realtà voleva solo che lui continuasse? – e lei istintivamente voltò la testa per potergli catturare le labbra in un bacio che era molto più simile ad una supplica.
-Non lo fare – gli disse infine, sfilandogli la maglietta che lui aveva ancora addosso e cominciando ad accarezzargli la pelle sensibile del ventre e dei fianchi. Lui trattenne il respiro.
Akito la spogliò e lei rimase immobile, gli occhi chiusi, godendosi il tocco fresco delle sue mani che le accarezzavano il corpo scosse da un lieve fremito.
Quando, completamente nudi, lui si adagiò sopra di lei poté sentire la pelle calda del proprio corpo attratta da quella di Sana, che tremava convulsamente.
Con una mano le scostò i capelli dalla fronte e la guardò negli occhi. Lei rimase immobile per qualche secondo – dannato Akito che le faceva sempre quell’effetto, anche in quei momenti – e poi aprì la bocca per dirgli – Ti prego –
Accontentò quella supplica pronunciata ad un soffio dalle sue labbra e quando quella mera distanza che li separava si annullò, Sana gridò di gioia per il fatto che Akito fosse di nuovo solamente suo.
Suo dentro lei e lontano da tutte le altre che potevano solo sognarsi di averlo in quel modo.
Suo, come non lo era mai stato nemmeno Naozumi.
E mentre Akito spingeva seguendo il ritmo che lei gli suggeriva, con voce graffiante, all’orecchio, non poté fare a meno di chiedersi se il giorno dopo, quando si fossero svegliati, lei lo avrebbe cacciato di casa o se avrebbero potuto cominciare a vivere la loro storia, cosa che si erano negati ormai da troppo tempo.
 
This is going to bring me to my knees
I just want to hold you close to me

                   She Is – The Fray
 
*************************************
 
(*) Siccome, come sempre, volevo essere il più fedele possibile alla realtà, ho digitato in internet qualcosa come “Locali a Tokio” e mi è uscito una lista di nomi, tra i quali appunto Air, discoteca dall’ambiente giovanile che si trova nella zona di Shibuya, ad est di Tokio appunto. ^^
 
Credo che, effettivamente, dovrei scusarmi. Intendo, per aver aspettato così tanto ad aggiornare la storia. Quindi mi scuso, e vi evito infinite scuse che non vi interessano e che vi annoierebbero soltanto. Vi informo soltanto che, nel frattempo, mi sono diplomata, ho trascorso delle buone vacanze e che domani vado a lavorare.
Credo che, da settimana prossima, riprenderò con l’aggiornamento del lunedì – quando andavo a scuola era il giorno a me più congeniale, quindi spero di poter dire altrettanto del lavoro.
Ah, se la cosa potesse interessarvi, la storia ho finito di scriverla. Per davvero, il che mi permette di promettervi aggiornamenti regolari. Sì.
 
In ogni caso, passando alla storia : che ve ne pare del capitolo? Finalmente – mi viene da dire – i due beniamini si sono dati una mossa e la storia trova il suo senso nella canzone dei The Fray. Tra una settimana, la seconda parte.
E, se vi può far piacere, ho cambiato la formattazione della storia. Il carattere di primi mi dava troppi problemi con l’HTML, non riusciva mai a riconoscerlo e, detto tra noi, cominciavo ad odiarlo. Direi che Verdana è un classico e va bene per tutto.
 
Passo ai ringraziamenti,
 
Castiel: dimmi che hai trovato una canzone per lo scorso capitolo. Anche a me sembrava terribilmente vuoto, ma proprio non ne avevo una – sarà forse per questo che il capitolo non mi piaceva. Comunque, credo che mi farò perdonare, in uno dei prossimi capitoli prevedo una doppia colonna sonora! Grazie come sempre di tutto, un bacione! ^_^
ryanforever: ci sei vicina tanto così **Ale avvicina pollice e indice** per ciò che riguarda Fuka. Comunque dovrai attendere ancora due o tre capitoli. Allora... In quanto psicologa, insieme a Tsu credo che verrò a farti visita anch’io – presente gli attacchi di panico? Ehm. Non divaghiamo. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto sul serio, mia sibilla. Un bacio ^__^
dancemylife: no, Akito bastardo no, povero coniglietto! Comunque sì, non hai dovuto aspettare moltissimo per il, ehm, bacio epico? Ragazze, voi mi fate morire dalle risate. Comunque stai tranquilla per gli esami, se un anno fa l’avessero detto a me avrei riso, ma sono veramente una cavolata! Tutto fumo e niente arrosto. Un bacio grande (:
Ili91: anch’io ho scelto la traccia degli UFO, 15/15 posso dirmi soddisfatta e i miei esami sono andati benissimo. A te? Le tue conversazioni a senso unico con Sana e Akito sono favolose – prima o poi te li concederò così potrai farci una bella chiacchierata, d’accordo? E per la buonanotte del finale, ci stava. Insomma, io sono cattiva, non posso sempre accontentarvi U.U Grazie mille di tutto e spero che questo evolversi ti sia piaciuto! (: Un bacio.
marypao: una vendetta? Intendi in piena regola, con ricatti, coltelli, pistole, piani diabolici? Ecco, no. Sana gli darà solo tutto il suo amore... (e scusa se è poco, ce lo porta via!). Comunque, quel pezzo che hai citato, con Akito in versione “il mio istinto mi dice che è ora di cena” sognavo da un bel pezzo di scriverlo. Anche se, ovviamente, non è uscito fuori come lo volevo io ._. Grazie comunque cara, un bacione (:
Deb: mia cara! Adesso posto e poi... Sì, sto scrivendo la recensione a FU su un notes, così non corro più il rischio che Alice – la connessione – mi freghi e mi faccia perdere tutto. Comunque, Sono troppo contenta che tu abbia notato quella parte di Akito nel comportamento di Sana, anche mentre lo scrivevo ci ho pensato e mi sono detta “non sembra nemmeno lei”. E per Fuka non mi sbilancio, chiaro? Ecco. Siete tutte troppo curiose. Per quel finale lì, credo di essermi fatta perdonare con questo capitolo. Mh. Sì. “A me non piace molto il sushi. ERETICA” Okay, crisi respiratoria in atto, meglio che ti saluti. Un bacione e grazie mille (:
roby5b: come ti sono andati gli esami? Eri un po’ più calma al colloqui spero. Comunque, sì, quella camicia nera era stata pensata per essere tolta, magari da Sana, magari quella stessa sera... E magari anche no. Suvvia, gioisci che in questo capitolo si sono dati una svegliata (: un bacione!
Smemo92: quanto siete curiose per questa Fuka? Il capitolo, come ho detto, non mi convinceva. Soprattutto per quella maledetta cena che.. Boh, a mio avviso non è servita a nulla. Consideriamolo un capitolo riempitivo. E Sana e Akito, spero, siano tornati un po’ in sé almeno questa volta. Attendo un tuo parere mia cara, un bacio (:
So smile: mi dispiace per aver aggiornato solo ora, scusa davvero. Sono contenta che la storia ti piaccia e che il comportamento strambo di Sana ti sia piaciuto – mi serviva qualcosa di forte per far capito il degrado mentale della poverina. Il continuo ti è piaciuto? Spero proprio di sì. Tantissimo baci e grazie infinite (:
Yesterday: l’unica cosa che ti posso dire per tranquillizzarti sulla faccenda “Fuka” è che la notizia è veramente bella, che lei rimarrà un punto fermo e che, anzi, aiuterà i due a darsi una svegliata ad un certo punto della storia. Stop. Io sogno, comunque, di avere il mio Akito coniglietto che fa le fusa. Dici che riusciamo a crearne uno? U.U E... Adesso che ho finito di leggere il manga, sicuramente capirò meglio il personaggio anche di Akito, quindi potrò sbizzarrirmi. Anche se non in questa fiction. Spero si rimanere nell’IC comunque. Sto divagando, a più tardi tesoro (per domani, una sola parola : panico!).
 
Ragazze siete veramente fantastiche, non so come ringraziarvi per ogni singola parola di conforto. Mando tantissimi baci anche a chi mi ha cercata via mail per conoscere l’evolversi della vicenda She Is”.
 
E, infine, grazie anche a chi ha inserito la storia tra le Seguite, le Preferite e le Ricordate (e a chi continua a farlo con My Sorrow, facendomi venire i brividi, altro non riesco a dire *.*).
Adesso tolgo le tende.
 
Una ventata di baci
Ale69

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Capitolo 7
*** She Is (II Parte) ***


SHE IS

Capitolo
7: She Is (II Parte)
 
She is everything I need that
I never knew I wanted
She is everything I want that
I never knew I needed
                   She Is – The Fray
 
Sana russava. Oddio, non che Akito non ricordasse alla perfezione le notti insonni passate ad attendere che Sana si decidesse a svegliarsi e, magari, ad andare a dormire in sala per permettere a lui di riposare. Gli sembrava soltanto che il suo piccolo difetto fosse aumentato. A dismisura anche.
Aveva passato le ultime cinque ore a tirarle pedate, pugni, cazzotti, a sbuffare come una ciminiera e a borbottare qualcosa ad alta voce. Niente. Sana era peggio di un ghiro quando si addormentava, il che lo dissuase dallo sperare in un tenero risveglio, magari accompagnato da qualche parolina dolce che avrebbe fatto sciogliere entrambi.
Il display della sveglia sul comodino non mentiva: erano le sette del mattino.
Akito sbuffò e roteò gli occhi al cielo; cominciò poi a scuotere Sana per le spalle energicamente.
- Kurata, Kurata svegliati maledizione...-
Quella balbettò qualcosa nel sonno, mentre sulle sue labbra si disegnava un sorriso rilassato – Akito – ridacchiò. Molto probabilmente lo stava sognando.
Il fatto che lei stesse sorridendo pensando a lui lo lasciò per un attimo intontito, crogiolandosi in quella strana sensazione di piacere mista a paura.
Paura di innamorarsi e di soffrire di nuovo. O meglio, il “di nuovo” poteva riferirsi soltanto al soffrire, perché, per ciò che riguardava l’amore, Akito iniziava a dubitare fortemente di aver mai smesso di amare Sana.
Tutti questi discorsi dolci avrebbero finito ben presto per causargli una carie ai denti. Decise di riprovare a svegliare Sana.
-Sana, dai, apri gli occhi... Sana… - la chiamò ancora, quasi supplicante.
Finalmente lei aprì gli occhi e lo guardò confusa.
-Akito? – balbettò, la voce ancora impastata dal sonno e gli occhi annebbiati. Lo fissò per un lungo istante, lui rimase in attesa di una sua parola, e lei si tirò su a sedere, appoggiandosi ai suoi gomiti, che sprofondarono nel morbido materasso.
Adesso mi dirà di andarmene, adesso mi dirà che è stato tutto un errore...” si preparò mentalmente Akito, che già aveva fatto mente locale di dove si trovassero i suoi vestiti, per poterli inforcare e per correre poi via da quella stanza alla velocità della luce.
-Che diavolo vuoi, stavo dormendo? – gli domandò invece Sana, spiazzandolo.
Akito mise su il broncio – Stavi russando come una vecchia di novant’anni, dannazione, non mi hai fatto chiudere occhio per tutta la notte – le spiegò, incrociando le braccia al petto e lasciando che il lenzuolo profumato gli scoprisse la pelle nuda che Sana aveva baciato tutta la notte e su cui si era addormentata, ancora scossa dalle troppe emozioni.
A quella visione lei arrossì – Non dire scemate, io non russo! –
-La prossima volta ti registro, così vediamo se avrai mai il coraggio di negarlo – ghignò lui, guardandola malissimo.
Lei gli fece la linguaccia.
Si fissarono per un lungo istante, in cagnesco ovviamente, escogitando nuovi modi per disintegrare l’altro la prima volta che si fosse presentata l’occasione buona. Poi si sorrisero.
Sana con uno scatto – che lei avrebbe definito agile e che Akito avrebbe detto semplicemente goffo – si mise in ginocchio, di fronte a lui, abbracciandolo.
Come sempre, durante la notte lei aveva sentito freddo – sebbene le braccia che la stringevano forte fossero calde ed accoglienti – e aveva rovistato tra i vestiti abbandonati per trovare la maglietta che aveva tolto ad Akito la sera prima. Poi l’aveva indossata.
Akito rimase immobile, mentre lei con fare da gattina bisognosa di coccole, gli accarezzava il viso e gli sfiorava le labbra con le proprie.
Non lo stava baciando, semplicemente si stava limitando a lambire con le sue labbra quelle di Akito, socchiudendole di tanto in tanto per soffiarci sopra. Il ragazzo rabbrividì.
Non avrebbe ceduto tanto facilmente alla tentazione di un suo bacio, Akito.
Sana si scostò da lui e gli sorrise – Buongiorno Hayama – gli disse, alludendo probabilmente a qualcosa di specifico che ebbe il potere di farlo arrossire.
-E questo che cosa significa? – domandò lei, scoppiando a ridere e lasciandosi cadere all’indietro sul letto.
Lui la guardò semplicemente furioso -È il mattino Kurata, vorrei ricordarti che dopotutto sono pur sempre un uomo - 
Sana continuò a ridere sguaiatamente – Dopotutto? Perché, quand’è che non sei stato uomo Akito? Mi interessa, davvero – lo continuò a prendere in giro, scossa talmente tanto dal riso che a momenti finì per ruzzolare giù dal letto. Non fosse stato altro per quelle due braccia forti che l’acchiapparono al volo e la strinsero prepotenti tra di loro.
-Avrei dovuto lasciarti cadere – le sussurrò ad un orecchio, la voce incredibilmente roca e morbida.
-Ti saresti sentito in colpa – disse lei, improvvisamente sembrava aver perso tutta la sua voglia di ridere.
Akito la strinse ancora di più contro il suo petto e la guardò, sorridendo sbieco – Non credo, sai? –
Avvicinò la bocca al suo collo e cominciò a lambire la pelle delicata di baci bollenti che la fecero rabbrividire.
-Ah no? – sussurrò lei, socchiudendo gli occhi.
-No, anche se... – cominciò a dire Hayama, infilando le mani sotto la maglietta che aveva addosso Sana per accarezzarle la pelle calda della pancia, fino a salire per sfiorarle il seno.
Sana sospirò.
-Mi sarebbe piaciuto fare l’amore sul tuo tappeto – le soffiò ancora nell’orecchio, sentendola tremare tra le proprie mani come una foglia.
Quando Sana voltò il capo per incontrare le sue labbra in un bacio infuocato, che le strappò gemiti che fecero perdere completamente il controllo ad Akito, parlare divenne quanto meno superfluo.
 
*
 
Il sole di metà mattina le accarezzava la pelle delle gambe come un amante sfacciato senza pudore. La luce intesa creava strani riflessi dorati su quella pelle morbida che lui aveva morso e baciato tutto il tempo, tanto da fargli desiderare di poter ripetere tutto da capo.
Sana si era addormentata a pancia in giù, la stoffa leggera del lenzuolo avvolgeva dolcemente il suo corpo, fasciandolo in una tenera stretta di seta che le conferiva un eleganza che nemmeno un abito lussuoso avrebbe mai potuto rendere. Le gambe e le spalle erano lasciate scoperte, ovviamente.
Ad Akito, che la stava osservando in maniera quasi ossessiva, ricordava vagamente un pezzettino di formaggio arrotolato in una fetta di prosciutto.
Sana era come un involtino, insomma.
Il rumore sinistro del suo stomaco spiegò il perché di quei pensieri. Aver saltato la colazione non era molto salutare per lui, motivo per cui stava pensando bene di consumare un pranzo a base di pane e Sana.
Lei si mosse impercettibilmente e mugugnò qualcosa nel sonno. E lui allungò istintivamente un braccio per poterla toccare. Al tocco fresco della sua mano, Sana si mosse ancora e, quando quel semplice contatto si trasformò in una sensuale carezza lungo la sua schiena, si svegliò.
Ancora distesa a pancia in giù sul letto, Sana voltò la testa verso di lui e gli sorrise – Ciao – gli disse, dolce come lui se l’era sempre sognata da quando si erano lasciati.
Le battute ironiche che avrebbe voluto rivolgerle – tra le quali anche la sua somiglianza ad un involtino – gli morirono in gola esattamente com’erano nate e tutto quello che fu capace di fare, fu dirle un flebile –Ciao –
Sana allungò una mano verso di lui – Vieni qui vicino a me? – gli chiese, tenera e senza nemmeno accorgersene lui scivolò tra le lenzuola, accoccolandosi al suo fianco per abbracciarla, non più con il terrore di perderla, come era successo poche ore prima, ma con una dolcezza che nemmeno pensava gli appartenesse.
-Che ti succede Kurata? Mi sembri una gattina oggi... – disse scherzosamente, arruffandole simpaticamente i capelli e ricevendo in cambio una risata allegra.
Sana lo fissò a lungo, gli occhi che brillavano di felicità come non le succedeva da tanto. Poi, la sua espressione divenne seria e parlò – Senti Akito... Non dovremmo parlare di quello che è successo? –
E puntualmente il ragazzo roteò gli occhi al cielo – Oddio Kurata! – esclamò esasperato – Va bene, parliamo. Permettimi solo di ricordarti che le ultime duecento volte che abbiamo parlato ci siamo incasinati in discorsi senza fine che non abbiamo mai risolto... –
Sana rimase zitta e attese che lui finisse di parlare.
-Non so te, ma io sono stato bene con te. Io sto sempre bene con te, dannazione – imprecò lui, prendendosi le mani tra la testa e voltandosi, impedendole così di notare quel suo attimo di vulnerabilità. Si alzò in piedi.
-C... Che cosa significa questo Akito? – balbettò Sana, incerta.
Lui rimase muto.
Il silenzio all’interno della casa era una cosa a cui lei decisamente non era abituata. Solitamente le imprecazioni di Fuka che tentava di cimentarsi in cucina o il suo cantare allegro di prima mattina non lasciavano spazio ad alcun momento di imbarazzo.
In quel momento, invece, Sana riuscì persino ad udire il rumore del parquet che scricchiolava sommessamente sotto i passi di Akito, che si stava riavvicinando al letto piano.
-C’è davvero bisogno che te lo spieghi che cosa significa, Sana? – le domandò infine lui, fissandola negli occhi.
Gli occhi le si riempirono di lacrime salate – anzi no, quelle lacrime erano intrise di tantissima dolcezza – e lei scosse la testa energicamente – No, non credo ce ne sia bisogno – disse infine lei, ricambiando il suo sguardo.
Akito sospirò, ghignò – vano tentativo di un sorriso - e parve finalmente rilassarsi. Allungò una mano per accarezzarle dolcemente una guancia.
-Tsuyoshi smetterà di andare dallo psicologo – Akito sorrise al solo pensiero.
Sana lo imitò – Beh, dovrà ringraziarci, almeno potrà finalmente mettere da parte qualche soldo per il bambino. Ormai dovranno pensare a comprargli tutto il necessario –
Akito sbuffò – Che scocciatura! –
Sana scosse il capo – Ma no! Deve essere la cosa più bella del mondo avere un figlio... – disse lei con aria sognante, mentre abbassava gli occhi per celargli quell’attimo di commozione che si era scatenato dentro di lei.
Akito inclinò il capo da un lato –Andiamoci piano – la avvertì, sollevandole il mento con un dito per poterla fissare negli occhi – Una cosa alla volta, amore... –
Sana scoppiò a ridere, ricordandogli quando fosse scemo.
Poi un nuovo brontolio dello stomaco di Akito ricordò ad entrambi che dovevano ancora mangiare.
 
*
 
-Cosa vorresti fare tu?
Okay, Akito Hayama aveva sentito decine – se non migliaia – di idiozie in tutta la sua vita, la maggior parte delle quali erano uscite dalla bocca di Sana Kurata.
Ma quella era decisamente troppo anche per lei.
-Cucino io – ripeté lei sgattaiolando fuori dal letto con ancora indosso la sua maglietta profumata e correndo verso la sua cucina, ridendo come una pazza.
Dopo essersi rivestito alla bell’e meglio, Akito la rincorse, entrando in cucina con gli occhi sgranati e correndo a fermarle le braccia quando vide che Sana stava tentando di accendere il fuoco. Per dare fuoco alla cucina!
- Kurata, ci terrei solo a ricordarti che l’ultima volta che hai detto “Cucino io”, hai quasi distrutto casa mia perché la bombola del gas è esplosa – disse lui, fermandosi per fare una pausa molto significativa – Non mi pare proprio il caso – aggiunse infine.
Sana si divincolò con dolcezza dalle sue braccia e si diresse nuovamente verso i fornelli – Quante sciocchezze – borbottò, agitando una mano con fare di sufficienza – Se mi ci metto sono davvero una cuoca provetta – il tremito nella sua voce fece comprendere ad Akito quanto nemmeno lei credesse nella sua ultima affermazione.
Il ragazzo sospirò rassegnato – Cosa mi vorresti preparare? – chiese infine, sconfitto.
Sana gli sorrise felice – Le uova ti piacciono? –
Lui storse il naso – E tu quello lo chiami cibo? – rise – Santo Cielo Kurata, se chiamassi mio cugino di cinque anni e gli dessi in mano un uovo anche lui saprebbe cucinarlo – la canzonò, avvicinandosi per posarle un bacio sul collo – sentirla rabbrividire gli fece provare un inspiegabile piacere – per poi accomodarsi su di una sedia per godersi lo spettacolo.
Sana lo ignorò – Quanto sei noioso Akito, ti lamenti sempre... –
Akito osservò la piccola squinternata di casa eseguire le seguenti operazioni : aprì il frigorifero e ne tirò fuori quattro uova; preparò una pentola sul fornello ed impiegò qualcosa come cinque minuti per capire che per accenderlo occorreva prima aprire il gas e solo poi usufruire dell’accendigas; ruppe il primo uovo; fece cadere il secondo; disintegrò il terzo – facendo crollare miseramente il guscio nella pentola; non riuscì ad aprire il quarto.
Akito già rideva come un pazzo.
Con la fiamma alta che aveva lasciato, le uova si addensarono subito e fu solo per prontezza di riflessi che Sana riuscì a spegnere il fornello, mentre trafelata puliva il pavimento dall’uovo con la carta assorbente.
Akito aveva semplicemente le lacrime agli occhi.
Sana afferrò la paletta per poter servire il suo capolavoro e fu a quel punto che si rese conto di un piccolo problemino: le uova erano praticamente incollate al fondo della pentola e fece talmente tanta fatica a grattarle via che quando finì aveva la fronte leggermente imperlata di sudore.
Akito era prossimo ad una crisi respiratoria.
-Se hai finito di ridere come un idiota – starnazzò lei, ignorando l’ululato del ragazzo che si rilascio cadere all’indietro e che quasi ruzzolò per terra – Sarebbe pronto –
Gli piazzò sotto gli occhi quello che doveva essere un piatto di uova. La matassa giallognola nel piatto sembrava piuttosto il cervello di una gallina affetto da qualche grave malattia.
-Questo... – iniziò Akito cercando di frenare le risate – Sarebbe cibo? –
Sana lo guardò male – Esattamente. Quello è il tuo pranzo – gli annunciò, non ammettendo repliche.
Dopo il primo boccone Akito ebbe l’irrefrenabile impulso di vomitare. Dalla faccia di Sana, sembrava stesse per avere la stessa identica reazione.
-Beh – esordì lei, con fare dignitoso – Non male no? –
-Infatti – mentì lui – Devo ammettere che sono deliziose – concluse, addentando un'altra forchettata di quella roba.
L’espressione perplessa di Sana non riuscì ad interpretarla.
-Dici sul serio? – gli chiese lei scettica.
-Ma certo Kurata – continuò lui con fare dolcissimo – Sono sicuro che un orso affamato gradirebbe moltissimo – concluse, afferrando un fazzoletto e riversandoci dentro tutto quello che aveva in bocca.
Sul volto di Sana si dipinse un’espressione di consapevolezza: ecco dove stava la fregatura!
-Sei proprio un cretino – sbottò – Ti pare il caso di sputare il mangiare in questo modo? –
Akito la fissò truce – Questo non è mangiare... Questo è... È… - cominciò, compiendo un immane sforzo mentale per poter trovare un aggettivo abbastanza adatto.
Lei lo bloccò – Okay, okay… Lo so anche da sola che fa schifo, potevi essere almeno un po’ più gentile, brutto stupido –
La sequela di complimenti che gli aveva appena scagliato addosso era come una pioggia di zucchero sulla figurina divertita di Akito.
Si alzò in piedi e si avvicinò a lei, afferrandola per le spalle e costringendola a guardarlo negli occhi. Con delicatezza le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio ed avvicinò le sue labbra a pochi centimetri da quelle di Sana – Non ti preoccupare amore mio – le sussurrò scherzoso – Hanno inventato i ristoranti d’asporto apposta –
Detto questo la baciò. E ben presto Sana dimenticò anche di essersi arrabbiata con lui.
 
*
 
Fuka aveva sempre avuto l’olfatto di un cane segugio. Le bastava semplicemente entrare in un posto per fiutare ogni minimo particolare e decidere se c’era qualcosa e soprattutto cosa che non andava come doveva.
Quel giorno, tanto per dirne una, successe.
Semplicemente, mettendo un piede dentro casa, si accorse di una serie di cose che indicheremo qui di seguito e che non giudicò affatto normali: innanzitutto le tapparelle della sala erano ancora abbassate. Sana era sempre stata una ragazza notoriamente pigra, ma non fino al punto di non aver voglia di tirare un innocua cordicella per cambiare un po’ aria alla stanza. In secondo luogo, Fuka avvertì uno strano odore provenire dalla cucina, qualcosa di molto simile all’incrocio di uovo marcio e un misero tentativo di cucinare del cibo. Annusando meglio si accorse anche di un retrogusto di bruciato.
Terzo, ma non meno importante, una maglietta buttata per terra in corridoio faceva bella mostra di sé. Era già capitato, a dire il vero, che Sana disseminasse la casa di suoi abiti come se fossero state bricioline di pane, quello che attirò l’attenzione di Fuka fu però il fatto che la maglietta non apparteneva alla sua cosiddetta coinquilina.
-Quella maglietta è di Hayama – disse saggiamente la ragazza, avvicinandosi all’indumento per raccoglierlo ed osservarsi intorno con aria circospetta.
Niente da dire, sembrava veramente un segugio.
Un paio di risatine provenienti dalla camera di Sana attirò la sua attenzione e Fuka vi si diresse con fare omicida. Quando fu sulla soglia spalancò con veramente poca grazia la porta.
La scena che le si parò davanti, vedeva Akito Hayama in mutande fare il solletico a Sana Kurata che indossava solamente una vecchia felpa troppo larga.
Fuka inarcò un sopracciglio, quando vide che i due si bloccarono di scatto e si voltarono a guardarla con occhi spalancati – Che cosa state facendo? – chiese, divertita al massimo.
-Non è come sembra – disse Sana, un po’ troppo urlante.
Ma dalla sua faccia, Sana comprese quanto Fuka avesse capito che invece era proprio come sembrava.
-Devo avvertire Tsuyoshi che può smettere di andare in analisi? – chiese ancora asciutta. Della serie, dire una cosa ed intenderne un’altra. Il silenzio che ne seguì valse come risposta.
-Quindi state insieme? –
Ancora niente.
-Hai seguito il mio consiglio allora Sana! – disse Fuka, scoppiando a ridere e osservando i due piccioncini come una madre che rimprovera bonariamente i figli, le mani inchiodate sui fianchi snelli.
A questa provocazione, Sana arrossì vistosamente e si guadagnò uno sguardo interessato da parte di Akito che ovviamente non capì il motivo di tutto quell’imbarazzo.
-Sarebbe? – chiese infatti lui, sperando che almeno Fuka potesse dargli la risposta che cercava.
Fuka rise e si portò una mano davanti alla bocca – Le avevo detto di portarti a letto – disse alla fine, trattenersi dalle risate divenne improvvisamente troppo difficile.
Akito parve indignato.
-E così sono questi gli argomenti di cui parlano le femmine? – chiese ancora, puntando uno sguardo abbastanza accusatore su Sana, che in quel momento sembrava parecchio interessata dalla trama delle lenzuola sul suo letto.
-Oh no – rispose Fuka tornata seria – Mi stavo solo preoccupando per la vostra salute sessuale – e prima che Akito ribattesse qualcosa aggiunse, divertita di nuovo – Sai, avevo l’impressione che fossi talmente in astinenza, che da un giorno all’altro violentassi Sana in mezzo alla strada –
Detto questo uscì dalla stanza, diretta al bagno per farsi una bella doccia.
Ripensando all’immagine dei due amici insieme, sospirò rilassatissima.
Poco male” si disse “ Una cosa in meno a cui pensare”.
 
*
 
L’erba si piegava docilmente sotto la sua carezza delicata. Piccole gocce di rugiada rimanevano intrappolate tra le sue dita, prigioniere di una dolcezza che era soltanto un inganno.
Akito le aveva bendato gli occhi e con fare molto gentile ed affabile le aveva detto una cosa che suonava un po’ come – Muoviti scema, devo portarti in un posto e non voglio che si faccia troppo tardi
Essere gentile non rientrava quindi, decisamente, tra le sue principali caratteristiche.
Sana ora sapeva soltanto di trovarsi seduta su una coperta che ormai aveva assorbito tutta l’umidità del terreno su cui era stata distesa. Nell’aria si respirava un dolce aroma di foglie secche e caldarroste appena cotte. Quando le mani fresche di Akito le liberarono gli occhi dal soffice foulard di seta che aveva usato per coprirglieli, Sana si accorse di essere al parco.
-Sapevo che mi avresti portata qui. Sei troppo prevedibile Hayama – lo prese in giro, lasciandosi cadere all’indietro sulla coperta per poter osservare il cielo ormai quasi scurissimo.
Akito la guardò male – Che cavolo, Kurata. Una volta tanto che uno vuole essere gentile con te, devi vanificare ogni sforzo. Vattene se non ti va bene –
Pretendere che fosse almeno un po’ carino era troppo. Sana si imbronciò – Ti prego, non essere così dolce rischio di commuovermi – si arrabbiò, rispondendogli per le rime.
Lui rimase zitto e si distese accanto a lei. L’odore dell’erba bagnata sotto di loro era forte e rendeva quel loro momento più magico che mai.
Il cielo, sopra di loro, era una distesa infinita di stelle lucenti.
Sana sospirò e allungò una mano per prendere quella di Akito. Il ragazzo intrecciò le dita con le sue, forte, ma lei non si lamentò e rimase ferma.
-Ieri sera – disse Akito – Ho visto una stella cadente –
Sana si voltò a guardarlo e si accorse che lui aveva già lo sguardo fisso su di lei – Hai espresso un desiderio? – gli chiese, sorridendo.
Lui roteò gli occhi al cielo – Non credo a queste scemenze – tagliò corto.
Ma Sana non si perse d’animo e sempre con gli occhi che rilucevano di una gioia inspiegabile gli disse – Questa non è una risposta, il solo fatto che tu ne abbia vista una e che ti sia preso la briga di dirmelo, vuol dire che qualcosa hai combinato –
Lui con vocina acuta le fece il verso – Vuol dire che qualcosa hai combinato – ripeté – Sei davvero petulante Kurata! Comunque, per quello che può valere, si, ho espresso un desiderio... – buttò lì, tornando a fissare le stelle e lanciandole un occhiata di sbieco.
Occhiata che Sana notò in pieno ed ebbe il piacere di vederlo sobbalzare. Gli si fece più vicina e gli diede un bacio sulla guancia, uno all’angolo delle labbra e poi esitò un istante – Cos’hai desiderato? – domandò sorridendogli.
Lui scosse la testa – No. Prima voglio un bacio – disse con voce roca.
Il sorriso di Sana si allargò ancora di più e gli si avvicinò. Non fece nemmeno in tempo a posare le labbra sulle sue, che Akito già le aveva afferrato la nuca per costringerla ad inclinare la testa all’indietro e riuscire ad approfondire il bacio.
Quando si staccarono, Sana aveva la vista annebbiata e le girava la testa.
Akito pareva molto soddisfatto invece.
-Allora ? – domandò ancora lei, quando fu riuscita a recuperare un briciolo di lucidità per parlare – Me lo dici o no che cos’hai desiderato? –
Akito le posò un dito sulla guancia e lo lascio scivolare fino ad infilarlo nello scollo della sua camicetta. Sana non si scompose e continuò a fissarlo in faccia, mentre lui come una preda sfuggiva scaltro dal suo sguardo.
Quando alzò gli occhi, a Sana ricordò molto un bambino colto in fallo, il cui sguardo ricolmo di tenerezza lo mette comunque al riparo da ogni punizione.
Le si formò un nodo in gola.
-Ho desiderato te – le disse semplicemente.
Sana praticamente gli si sciolse tra le braccia – Che cosa significa? – gli chiese, la voce lievemente incrinata che sapeva di pianto.
Akito sembrò pensare bene alle parole da usare e poi parlò – Significa... Significa che sebbene siano passati tre anni ed io continui a volerti strangolare ogni volta che ti vedo – la pausa significativa che ne seguì, le strappò un sorriso – per me... Ecco, per me non è cambiato niente Sana... –
Lei alzò il viso di scatto per poterlo guardare meglio.
-Intendo... Non è cambiato niente da quel giorno... Si, insomma, quel giorno di tre anni fa, quando me ne sono andato ed è finito… E’ finito tutto… -
Lei non seppe cosa rispondergli. Si limitò a guardarlo negli occhi, mentre lui tornava a prenderle le mani tra le sue, per stringergliele forte.
-Non mi dispiacerebbe averti di nuovo intorno ogni giorno, ecco – le disse infine, lasciandole capire che quello era tutto e che aveva finito il suo discorso. E considerati i canoni di Akito, quello era stato un vero e proprio sermone.
Un gruppetto di ragazzini passò poco distante da loro, transitando per il parco per poter raggiungere le giostre che stavano poco distanti. Lasciarono dietro di loro un’eco di risate divertita che rimbombò nelle orecchie di Sana per alcuni secondi, prima che si decidesse finalmente a parlare.
-Ti amo –
Più che Akito, quella che rimase sorpresa dalle sue stesse parole, fu proprio Sana. Fu a quel punto che entrambi capirono quanto quella frase fosse la risposta di lei alla dichiarazione d’amore di Akito. Rimasero ad osservarsi indecisi per un po’ e poi lui parlo – Quindi... Quindi... Questo vuol dire che... 
Sana gli portò un dito sulle labbra per fargli cenno di tacere e gli sorrise.
Ad un soffio dalle sue labbra gli disse – Il tuo desiderio si è avverato, amore
Poi lo baciò.
 
It's all up in the air and we stand still
to see what comes down
I don't know where it is, I don't know when,
but I want you around       
                   She Is – The Fray
 
*****************************************
 
Puntuale come un orologio svizzero, visto? Volevo aggiornare domani, come vi avevo detto, ma dato che per ora le mie giornate trascorrono una dopo l’altra tutte uguali, non ho nemmeno più il problema del giorno propizio. Ebbene sì, la questione “lavoro” non è andata in porto perché mi sono tirata indietro. Lunga, lunga storia che non vi interessa, quindi passiamo a parlare del capitolo.
Che ve ne pare? Lo so, ci sono andata giù molto pesante con il miele, spero che i vostri denti non si siano cariati – soprattutto per il finale. Anche perché **spoiler, spoiler, spoiler** nel prossimo capitolo sarò ancora peggio – certe scene mi hanno portato via dieci anni di vita per scriverle, ma vedrete. Vedrete poi!
 
Passo ai ringraziamenti delle mie dolci donzelle.
 
Dancemylife: che bello quando mi dite che leggendo la mia storia vi migliorano le giornate lo sai? E sì, capisco perfettamente cosa intendi dire, anche io volevo essere al posto di Sana nello scorso capitolo – e anche in questo non mi sarebbe dispiaciuto eh :D Un bacio ^__^
Deb: FB non lo uso tantissimo, entro giusto una decina di minuti al giorno per farmi i fatti degli altri. Comunque sia ti ho aggiunta agli amici (: Tutto il tuo progetto per far sposare Sana e Akito mi lascia intendere che nella tua FU dovremo aspettarcene delle belle. Sì. Comunque, Akito non fa alcuna fatica a portare in braccio Sana, scusa eh ._. Nemmeno per dodici rampe di scale. Lui è il nostro eroe, già. Grazie di tutto pazzoide, un bacio ^__^
Midao:francamente né lo scorso capitolo né quello precedente mi convincevano. Da questo in poi, diciamo, che mi soddisfano abbastanza – soffro della sindrome di Akito? Però sono felice che ti sia piaciuto, sai? Niente casini, l’avevo promesso, questo sarà un risveglio come si deve (: Tanti bacini, e grazie!
Ryanforever: onestamente nell’anime Gomi compare ben poco e nel manga ancora meno. Però, in un certo senso, mi piace molto raccontare di Sana, Akito e di tutto il resto del gruppo, quindi anche ai personaggi poco nominati devo cucire un carattere. E Gomi io lo vedo proprio così, con Hisae che deve subirselo dato che ne è innamorata. Ecco tutto. Dici che Sana e Akito insieme li descrivo bene, allora spero di non deluderti con il prossimo capitolo perché ci sono andata giù pesante con il miele O-O Grazie mille di tutto, un bacione (:
Lillixsana: ma grazie, sia per il giudizio alla storia sia per i complimenti alla sottoscritta. Una valanga di baci (:
Roby5b: quando dici “Ciao Ale” sento le “e” rimbombarmi nelle orecchie per tre ore. Mi dispiace di averci messo tanto ad aggiornare, ma proprio non avevo più ispirazione per la storia e mi ero un po’ bloccata. Comunque sia sono proprio contenta dei tuoi esami. Il lavoro doveva essere presso uno studio commercialista, ma ho rinunciato perché mi sentivo davvero a disagio nell’ambiente. Una cosa difficile da spiegare. Un bacione (: P.S. sì, ho FB, ma lo uso davvero poco.
Lady_Fredda:grazie! Ogni volta ho sempre il dubbio di correre troppo con i tempi, quindi sono proprio felice di essere riuscita a mantenere un po’ di suspance. Era quello che volevo. Bacio (:
Marypao: sono contenta che tu sia stata contenta e sì, pensa che è mercoledì sera e mi sto già portando avanti a scrivere i ringraziamenti. Ora di domenica (o lunedì, ancora non so) spero di aver fatto la revisione del capitolo. Ma sto migliorando comunque, no? Ci tengo a precisare una cosa: nella mia testa Sana e Hisae sono come una bomba ad orologeria. Ma credo che riuscirò a spiegarmi meglio in una fic che sto scrivendo. Brava che non vuoi più fare fuori Akito – prometto che si risolverà tutto per il meglio (: Un bacio!
Smemo92: grazie! *.* Hai fatto un punto della situazione invidiabile, io non sarei riuscita a fare di meglio. Sono troppo contenta del fatto che piaccia a tutte voi il gruppo che ho creato e anche le gag che vado a raccontare – a volte mi scervello per ore intere, sai? Il risveglio è stato coi fiocchi proprio come lo volevi tu. Un bacio (: e grazie mille!
Ili91:ma... Ma... i personaggi d’ora in poi si comporteranno sempre bene! U.U Cioè, quasi sempre. Prima o poi, comunque, Akito doveva pur cedere no? Eccolo qui, è capitolato ai piedi di Sana come un cagnolino – lo voglio anch’io un Akito domestico! *-* E... vi siete fatte un’idea sbagliata della sottoscritta: non sono così cattiva da rovinare sempre la vita dei personaggi. Vedi che c’è stata una risoluzione felice? Donna di poca fede ._. Un bacione matta! (:
Castiel: allora, innanzi tutto grazie per avermi trovato una canzone. Ho già aggiunto tre stracci di canzone al capitolo precedente. Sei sempre il solito tesoro, sai? *-* Comunque non scherzavo quando ti ho detto che in uno dei prossimi capitoli DOVREBBE esserci una doppia colonna sonora, sì! Oh, ma il fatto che tutte abbiate trovato dolce Akito mi lascia pensare che nel prossimo capitolo vi scioglierete come delle caramelle *-* Continua a cercare, mia personale musicista. Un bacio (:
Bettinella: uh. Sai quante volte faccio lo stesso ragionamento anche io? “Dopo la leggo” e poi per pigrizia non lo faccio. Nel tuo caso ti stavi solo risparmiando un’agonia – leggere questa fic sono più che convinta che lo sia :D ma in ogni caso grazie per aver deciso di aprirla e di leggerla. E infine, di recensirla. Ho apprezzato molto le tue parole, un bacione (:
Yesterday: ormai credo, anzi ne sono convinta, di conoscerti troppo bene. Nel senso, sia per la parte di Hisae che la parte dell’ “Aspetta”, quando le ho scritte e rilette, mi sono detta “lei – cioè tu – le noterà”. Ne ero certa al cento per cento. E infatti è stato così. Quanto love. E comunque no, quel capitolo è stato scritto mesi addietro, all’epoca i dettagli non erano all’ordine del giorno come accade ultimamente. No, no! Grazie di tutto tesoro e in bocca al lupo per domani – ti invidio così tanto (: Un bacio.
 
Comunque sia, mancano esattamente quattro capitoli dalla fine. E nel frattempo sto scrivendo un’altra storia, che procede molto lentamente perché ogni singola parola che scrivo voglio che abbia un senso – è un progetto a cui tengo moltissimo e quindi non comincerò a pubblicarla fino a che non sarà completamente conclusa. Ma sono abbastanza ottimista, comunque non divaghiamo.
 
Chiaramente ringrazio anche chi ha inserito la storia tra le Preferite, le Seguite e le Ricordate. E, a costo di sembrare ripetitiva – lo so, lo sono! – ringrazio anche a chi continua a farlo con “My Sorrow” (i numeri aumentano e la storia è conclusa e io sono così *-*).
 
Grazie a tutte ragazze, siete magnifiche.
 
Una pioggia di baci
 
Ale69

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Capitolo 8
*** High in the sky ***


A Noemi, la bellissima nipotina di Kim.
Volevo aggiornare prima, magari il giorno
in cui è nata ma non ho fatto proprio in tempo.
In ogni caso, benvenuta piccolina.
E, Kim : lo so che la fiction è dedicata esclusivamente a te, ma...
Sono sicura che non la prenderai a male, vero? Zietta *.*
 
Un bacio e buona lettura.
 
 
SHE IS
 
 
Capitolo 8 : High in the sky


Some day it'll all be over
One
day 'we're gonna get so high
And though it's darker than December
What's ahead is a different colour
One day 'we're gonna get so high

                            High – Lighthouse Family
 
Qualcosa come due mesi e qualcosa dopo...
 
Quando arrivò la Vigilia di Natale, Akito nemmeno si rese conto di come Hisae, con i suoi strambi progetti, fosse riuscita a convincerlo a preparare la valigia e a seguirla – insieme a tutti i suoi amici – in quel viaggio infinito verso la casa in montagna dei suoi zii.
Akito sapeva solo che un pomeriggio di novembre se ne stava in santa pace a farsi i fatti propri davanti alla play station, a casa di Sana, mentre attendeva più o meno pazientemente che la sua ragazza si desse una mossa e si vestisse. Ad un certo punto Hisae gli si era piazzata davanti, proprio nel momento in cui doveva parare un difficilissimo rigore al giocatore migliore del mondiale. Insomma, non poteva permettersi di perdere la partita, c’era la Coppa del Mondo in palio, per la miseria! Quella aveva cominciato a blaterare qualcosa, di cui Akito aveva captato solo le parole “vacanze invernali” e “partiamo”. Forse aveva pure detto un “casa di mio zio”, ma non era pronto a metterci la mano sul fuoco.
L’ululato di gioia nel momento in cui il rigore veniva parato e la sua squadra si classificava alle finali, gli costò un’occhiataccia di rimprovero da parte di Hisae. Lui ovviamente non vi aveva badato e aveva continuato a far finta di svolazzare per la stanza come un perfetto idiota.
-Allora ci vieni? – gli aveva chiesto Hisae scocciata e prima che lui potesse rispondere, era spuntata fuori Sana – stupenda anche in un paio di jeans strappati ed un maglioncino bianco – che aveva cominciato ad esultare insieme all’amica per la gioia e, molto democraticamente, aveva deciso anche per Akito.
Quindi, quella mattina fredda di dicembre – in cui aveva cominciato a nevicare talmente tanto che sarebbe già stato un miracolo riuscire ad uscire di casa per andare a prendere il treno – Akito strisciò come un verme fuori dal letto di Sana, tirandole uno schiaffone per poterla svegliare e si trascinò dietro la sua valigia – di modeste dimensioni che aveva riempito con lo stretto indispensabile – e quella di Sana, sulle cui dimensioni è meglio sorvolare.
-Che bello stiamo partendo! – esultò Sana, saltellando da una parte all’altra come un grillo, mentre Fuka dava il suo benvenuto al nuovo giorno con un sonoro sbadiglio e Akito triturava un innocente biscotto tra le mani, fingendo che fosse invece Sana.
Giusto per la cronaca, da quando i due piccioncini – come amava chiamarli Fuka – si erano messi insieme, praticamente la convivenza a due di Sana e Fuka si era allargata, giusto quel tanto che bastava per fare spazio ad Akito, che ormai si faceva recapitare la corrispondenza a casa loro.
-Ma non ha sonno? – chiese Akito.
-Ma che ne so – rispose Fuka, pallidissima in volto – Secondo me la sua madre biologica si faceva le canne quando era incinta di lei – ipotizzò, decidendo che quella fosse l’unica spiegazione logica al perenne entusiasmo di Sana, che ora era uscita sul balcone coperta solo da un leggerissimo pigiama con gli orsacchiotti, per constatare di persona quanta neve stesse effettivamente scendendo dal cielo.
-Ma avete visto quanta neve? – Sana si catapultò in cucina cominciando ad aprire tutti gli armadietti per poter trovare i suoi cereali, senza ovviamente notare che questi si trovassero già sul tavolo – Sarà una vacanza bellissima! – sentenziò infine, sedendosi al tavolo e dando un enorme bacio sulla guancia di Akito a mo’ di buongiorno.
Quello la guardò male – Kurata, ci saranno cinquanta centimetri di neve – le disse – Con quel catafalco che ti porti appresso hai idea della fatica che faremo a raggiungere la metropolitana per andare in stazione? Le porti tu le valigie? –
Sana agitò una mano nella sua direzione, lasciando intendere quanto quel piccolo problema fosse quanto meno insignificante – Dettagli! Piuttosto, - disse, rivolgendosi a Fuka che a malapena alzò gli occhi per guardarla interrogativa – quante paia di scarpe ti sei portata? –
Uno dei mille pregi di Sana, era che lei sapeva sempre quali fossero le cose veramente importanti della vita. Quella, per esempio, era una di queste.
-Che ne so, Sana! L’ho fatta ieri sera a caso la valigia, ero talmente stanca che penso sia già un miracolo che non abbia messo i costumi da bagno in valigia, invece dei maglioni – disse a mo’ di spiegazione, alzandosi per mettere la tazza sporca nella lavastoviglie a lavare.
Sana era quanto meno scandalizzata – Ma come! Per capodanno dovremo essere bellissime –
Akito la osservò scettico –Guarda che nemmeno andando in montagna avvengono certi miracoli, Kurata – la prese in giro.
-Stai zitto, idiota! Non solo sei qui come clandestino a scroccare da mangiare dalla mattina alla sera, ti permetti anche di rompere le scatole – sbottò lei – Sei davvero insopportabile Hayama! –
Giusto lo spirito di amore e fratellanza che serviva prima di Natale, quello lì.
Akito rise ancora di più – Sei sempre dolcissima con me, Kurata –
Stufa dei litigi dei due coniugi Kurata, Fuka uscì dalla cucina diretta alla sua stanza da letto. Sperò vivamente di non cedere alla tentazione di infilarsi nel letto e ricominciare a dormire. Che diamine, erano pur sempre le sei del mattino.
-È quello che ti meriti –
Akito si alzò in piedi e le circondò la vita sottile con le braccia – Non mi hai nemmeno dato un bacio questa mattina – la rimproverò, fissandola negli occhi.
Lei si imbronciò – Per forza, mi sono svegliata da sola nel letto. Lo sai quanto mi da fastidio quando succede – gli disse, mentre lui le portava una ciocca di capelli dietro le orecchie.
-Lo so – le disse, un piccola punta di scuse si nascondeva tra le sue parole – Solo che tu sei un piccolo ghiro quando dormi, nemmeno le cannonate riuscirebbero a svegliarti – le spiegò, dandole un bacio sulla fronte.
-E quindi questo ti autorizza a prendermi a schiaffi di prima mattina? – le domandò lei arrabbiata, non cedendo alla tentazione di baciarlo.
Akito ghignò  – Se questo può servire a farti aprire quei begli occhietti che ti ritrovi, si – le disse lui, avvicinando le labbra a quelle di Sana.
-Sei un bastardo – gli disse lei, sorridendogli. Ma quando Akito vide che lei non accennava a scostarsi, si decise a baciarla.
Le posò una mano sulla pelle del collo e appoggiò il proprio corpo su quello di Sana, facendola indietreggiare per farla appoggiare alla parete.
Aldilà delle loro bocche incollate si scatenò un bacio passionale che fece presto desiderare ad entrambi qualcosa di più.
-Quanto tempo abbiamo prima che arrivino Tsuyoshi e gli altri? – le domandò affannato Akito, portando la bocca in un bacio desideroso sul suo collo e cominciando a depositarvi una scia di baci roventi che la fecero impazzire.
-Dieci minuti credo... Dobbiamo ancora vestirci... Lavarci... Dobbiamo... – cominciò a dire Sana, con voce strozzata che le morì in gola. Tutti i buoni propositi che aveva appena esposto ad Akito andarono a farsi benedire, ed inclinò la testa all’indietro per assecondare il suo bacio.
-Andiamo di la... – le disse Akito, spingendo i fianchi contro quelli di Sana. Lei emise un gemito di piacere.
- Akito... Saranno qui a momenti... Non possiamo... – cercò di dire, ancora, più per convincere se stessa che Akito, mentre rispondeva al suo bacio con passione, alzandosi in punta di piedi ed abbandonandosi contro di lui.
-Oh beh... – cominciò lui suadente – Se la metti così... Andiamoci a vestire e lavare... – disse, scostandosi da lei e fingendo di allontanarsi da lei per andare in bagno.
Passò giusto un secondo prima che Sana reagisse – Eh no... Adesso andiamo in camera da letto e non si discute – lo minacciò, afferrandolo per un braccio e trascinandoselo dietro, mentre lui ghignava, fiero di aver raggiunto il suo scopo.
A volte, chi li osservava dall’esterno, arrivava a dubitare fortemente chi dei due fosse il maschio porco nella coppia. Semplicemente perché, ad alternanza, entrambi ricoprivano questo ruolo.
Quando Sana spinse la porta, facendola richiudere con uno schiocco rimbombante per tutta la casa, il commento di Fuka suonò un po’ come - Sono proprio due maniaci malati quei due –
Poi cedette finalmente alla tentazione di infilarsi nel letto e riprendere a dormire.
 
*
 
Aldilà dell’impresa suicida di uscire per strada per raggiungere la metropolitana; aldilà delle due ore e passa che furono costretti ad aspettare in stazione perché il treno era ovviamente in ritardo; aldilà delle figure da pagliacci – da sottolineare come Akito avesse usato il più appropriato gergo “figure di merda” – che Sana ed Hisae fecero fare all’intero gruppetto perché non sapevano dove andare. Aldilà di tutto questo, arrivarono alla casa in montagna degli zii di Hisae ed il sommesso fischio di Gomi fece comprendere ad Hisae quanto il posto fosse stato apprezzato.
-Complimenti, bel posticino –
- Hisae è una casa stupenda, grazie di averci invitati! –
-Ci divertiremo un sacco! La raderemo al suolo –
-Provaci e ti sbatto fuori di casa –
-Già mi immagino la festa di capodanno –
-Pensa ad arrivarci –
-Io ho sonno –
La vecchia casa si famiglia era inutilizzata da un bel po’ di anni e tutte  quelle voci litigiose di primo pomeriggio la fecero innervosire non poco. La casa.
-Allora... – disse Hisae, piazzandosi al centro del salotto ed improvvisandosi vigile urbano – Qui a piano terra c’è la prima camera matrimoniale, io la destinerei ad Aya e Tsuyoshi, così non devi affaticarti per fare le scale – sorrise ad Aya che ricambiò grata.
-Di sopra c’è l’altra... Che tra l’altro è la stanza più bella della casa... – soppesò Hisae picchiettandosi con le dita il mento, quel gesto era ormai diventato un tic nervoso – Direi che ci andrete tu e Sana – disse infine, rivolgendosi ad Akito che a malapena la stava ascoltando.
Il cenno del capo svogliato bastò come risposta.
-Infine, io e Fuka ci sistemiamo nella stanza accanto, sul letto a castello... Avremo a disposizione un armadio gigantesco! – esclamò, rivolgendosi all’amica radiosa più che mai, e constatando quanto a Fuka fregasse poco o niente di quella novità.
Gomi si accese – E io dove dormo? –
Hisae lo scrutò per un lungo momento e Sana non riuscì a capire se desiderasse rispondergli male –per esempio, avrebbe potuto dirgli qualcosa come “C’è la cuccia del cane giusto qui fuori” – o se semplicemente si fosse davvero dimenticata di quel piccolo dettaglio chiamato Gomi.
Poi Hisae rispose – Ah già! C’è una branda per te... Dormirai con me e Fuka – sbuffò.
Sana sorrise: molto semplicemente Hisae si era dimenticata di Gomi. Ovviamente lui manco se ne era accorto, anzi. Sorridente come il sole di mezza estate, si avvicinò a Fuka, le passò un braccio intorno alle spalle ed esclamò – Ciao mia compagna di stanza. Non sei felice di dormire insieme a me per una settimana intera? –
Il brontolio di Fuka in risposta, fu qualcosa che suonò un po’ come –Toglimi le mani di dosso, idiota – e fu accolto da un evidente cenno di approvazione da parte di Hisae.
-Va bene – tagliò corto Hisae alla fine – Tutti nelle proprie stanze, giusto il tempo di una doccia e poi si esce a fare la spesa, sempre che vogliate stare a digiuno stasera –
Sana constatò quanto l’amica si rivolgesse agli altri utilizzando il classico tono da caserma militare.
-Agli ordini capitano – rispose Aya sorridendo e poi tutti si diressero verso la propria cella, come dei bravi soldati.
 
*
 
-Dannazione, Kurata svegliati. Adesso basta, russi come un trombone! –
Akito non ne poteva più.
Dopo aver trascorso il dopo cena con gli amici a chiacchierare del più e del meno e aver guardato un bel film dell’orrore – Tsuyoshi si era nascosto dietro ad Aya, troppo terrorizzato – Sana e Akito si erano lanciati un lungo sguardo, che aveva fatto comprendere ad entrambi che il momento di giocare era finito e che se non si fossero chiusi al più presto in una camera da letto, al riparo da occhi indiscreti, sarebbero finiti per dare spettacolo davanti a tutti.
Quindi si erano congedati gentilmente e quando Sana si era chiusa la porta della sua stanza alle spalle, non era trascorso molto tempo prima che Akito si decidesse a saltarle addosso, a strapparle via i vestiti e a trascinarsela sul letto per fare l’amore tutta la notte.
Per inciso, era stata una delle notti più belle di tutta la sua vita. Lo scoppiettio allegro delle fiamme nel camino, la neve che cadeva fuori dalle finestre depositandosi al suolo ed imbiancando tutto il paesaggio e gli scrosci di risa degli amici che di tanto in tanto provenivano dalla cucina sottostante, avevano contornato i loro baci appassionati, il movimento dei loro corpi che si rigiravano tra le coperte desiderando tanto quel contatto di pelli bollenti, e le loro frasi sussurrate ad un millimetro l’uno dalla bocca dell’altra.
– Ti prego amore –
- Non ti fermare –
-Sana! –
Un brivido che percorreva la schiena e poi ancora un urlo.
-Sana! –
Semplicemente, da quella notte fatata che avevano appena trascorso, era cambiato tutto. Sana russava come un trombone – altro che risate dei ragazzi – il camino era spento e si gelava – altro che scoppiettare allegro delle fiamme – e fuori aveva smesso di nevicare – addio anche alla magia dei fiocchi immacolati che scendevano dal cielo.
Akito diede un altro schiaffone a Sana – Sveglia! –
Quella mugugnò qualcosa nel sonno e si rigirò dall’altra parte, sperando che quella reazione che valesse come risposta. Akito tentò di nuovo – Kurata, apri gli occhi – un calcio tra le gambe della ragazza servì come intercalare. Akito ghignò quando la vide rizzarsi a sedere e girarsi verso di lui con sguardo omicida.
- Akito, che cazzo vuoi di prima mattina? Sono in vacanza – gli ringhiò dietro con sguardo feroce.
Hayama la osservò truce –Io? Tu piuttosto, che diavolo hai da russare in questo modo? Santo Cielo, sembri davvero una vecchia... –
Sana si scandalizzò – Modera il linguaggio, si dice “persone anziane” – lo rimbeccò, guardandolo male quando vide che Akito roteava gli occhi al cielo – E poi io non russo –
Akito sospirò – Ti ho già detto che prima o poi ti registrerò e capirai che ho ragione –
I due piccioncini si guardarono male per alcuni secondi – durante i quali Akito pensò a trovare un modo per farla stare zitta una volta per tutte e Sana si accorse di quanto effettivamente fosse bello lui, di prima mattina appena sveglio – e poi si sorrisero.
Akito tornò a sdraiarsi pancia all’aria, ancora nudo come un verme, e le domandò – Vieni qui? - .
Sana sorrise e gli si rannicchiò sul fianco – Si. Ma solo perché voglio io, di certo il fatto che tu me l’abbia chiesto non c’entra niente! – disse, la risata danzante nelle sue parole riuscì a nasconderla soltanto parzialmente.
Il ragazzo sbuffò – Che palle Kurata, quando la smetterai di essere così orgogliosa? –
-Solo quando tu smetterai di insultarmi e di dirmi che russo –
-Ma è la verità! – protestò Akito. Ogni parola gli morì in gola quando Sana lo baciò.
-Non mi hai nemmeno augurato buon Natale... Sei proprio uno stronzo! – lo rimproverò Sana ed il cipiglio adorabile che gli mostrò riuscì a strappargli un sorriso.
La ragazza si alzò in piedi e andò a controllare il suo cellulare sul comodino.
-Grazie! – esclamò lui scoppiando a ridere e lasciandosi cadere all’indietro – Sei sempre così dolce la mattina di Natale? – le domandò voltando il capo verso di lei per guardarla in faccia.
Sana aveva ancora l’espressione arrabbiata ma quando vide la faccia da schiaffi di Akito che le sorrideva buffo scoppiò a ridere. Il ragazzo le disse – Buon Natale comunque, non sapevo che ci tenessi così tanto –
Sana fece spallucce – Per forza che ci tengo! È il giorno più bello dell’anno... – squillò felice.
Sana si sdraiò di nuovo sul letto e scivolò dolce fino ad accoccolarsi tra le braccia del suo ragazzo – Buon Natale – gli disse sorridendo e dandogli un piccolo bacio sul collo.
-Addirittura? Questo cos’è, il tuo regalo di Natale? – le chiese ironico lui.
-Assolutamente no! Il mio regalo di Natale per te è la mia semplice presenza – gli rise in faccia lei scattando in piedi e inforcando una camicia a quadri a caso, presa dal mucchio di vestiti ai piedi del letto. Rimase con le gambe completamente scoperte – Dici che possiamo scendere a fare colazione così? Non è che rischio di trovarmi davanti qualcuno degli altri? –
Akito la guardò truce – Non faresti prima a coprirti? –
-Non ne ho voglia –
Lui sospirò – Okay. Comunque Gomi dormirà fino a mezzogiorno e Tsuyoshi da quando aspetta un figlio non è più nemmeno un uomo....- iniziò a dire Akito con un ghigno sulla faccia.
Sana apparve scandalizzata – Ma Akito!? – esclamò.
-Ti prego Kurata – la interruppe – Non difendere la virilità di Tsu, sempre che di virilità si possa parlare. Comunque – proruppe prima che Sana potesse proferire parola alcuna – se infine ti vedessero in mutande le tue amiche, non avrei problemi. Sebbene comincia a pensare che Fuka sia un uomo mancato – concluse, alzandosi anch’egli in piedi per potersi vestire.
Si soffermò per un attimo ad osservare Sana che distrattamente si sistemava i capelli con un mollettone e la trovò incredibilmente bella. Ovviamente non le disse nulla e pure ad ammetterlo con se stesso fece un po’ di fatica, ma alla fine si avvicinò alla ragazza e le passò un braccio intorno alla vita – Scendiamo dai... Ti conviene – le disse soltanto, prima di aprire la porta e trascinarla al piano di sotto, prendendola in braccio a metà scale perché rischiava di ruzzolare di sotto come un sacco di patate.
Sana rideva come una pazza –Akito! Akito mettimi giù dai... – rise ancora – Dai smettila, finiremo per svegliare tutti gli altri! – lo rimproverò, ma la nota divertita nella sua voce fece esplodere il cuore nel petto ad Akito. Come avrebbe mai potuto, anche raggiunta la veneranda età di novant’anni – tanto per dirne una a casaccio – dimenticarsi di quella mattina di Natale in cui lui e Sana erano stati così bene insieme? Molto semplicemente, questo non sarebbe mai successo.
-Sei tu che ridi come una gallina! Chiudi quella boccaccia – la rimbeccò lui, riportandola con i piedi per terra una volta arrivati in cucina e chiudendosi alla porta alle spalle – Che poi, io l’ho fatto solo per aiutarti visto e considerato che non sei nemmeno capace di camminare –
Sana lo guardò malissimo, la coda disordinata rilasciava cadere alcune ciocche di capelli che le contornavano il viso, sbarazzino, mentre la camicia scollata lasciava poco spazio all’immaginazione. “Veramente troppo poco spazio” , pensò Akito acidamente “Fortuna che la posso vedere solo io”.
- Akito – sbottò Sana portandosi le mani sui fianchi – Ti sei svegliato questa mattina e già mi hai rivolto una quantità non ben definita di insulti – imperversò per bene – Ti pare il modo? Ti ho già detto che è Natale, non puoi essere così scorbutico pure oggi –
Akito roteò gli occhi al cielo e senza minimamente ascoltarla afferrò due tazze e le posò sul tavolo – Che cosa vuoi? – le domandò, alludendo alla colazione che molto gentilmente aveva deciso di prepararle. Mentalmente si disse che più tardi Sana avrebbe dovuto pagare il conto, ma ovviamente si astenne da palesarglielo. Non era propriamente sicuro che Sana avrebbe accettato – Cappuccino, caffè, tè? Dimmi tutto... – chiese ancora, incalzante.
Sana inarcò un sopracciglio e gli sorrise – Credo che prenderò una semplice tazza di latte con il cioccolato –
Akito annuì – Degno di una ragazza di ventitré anni –
E figurarsi se non la prendeva in giro, quell’emerito...
-Bastardo! – gli gridò dietro, sottovoce – Smettila di prendermi in giro! –
-Mi esce naturale – ammise lui.
-Smettila comunque –
Dopo diversi battibecchi si accomodarono entrambi e cominciarono a consumare la propria colazione con un aria maledettamente soddisfatta. Perché si, non c’era niente di meglio di un bel litigio con il rispettivo partner per cominciare bene la giornata.
Poi, come se nulla fosse successo, Akito alzò lo sguardo su Sana che lo osservava, con quegli occhioni scuri e dolci su di lui che, come lei nemmeno si preoccupò di nascondere, indugiarono sul contorno delle sue labbra, sensuali.
-Ti avverto – la minacciò lui – Smettila di fissarmi così, altrimenti lo sai cosa succede –
Sana lo sfidò – No, non lo so –
Akito incrociò le braccia al petto – Allora prego, continua pure, te lo mostrerò il prima possibile –
Sana abbassò lo sguardo e si morse le labbra. Poi alzò di nuovo gli occhi su di lui e gli sorrise – Sei proprio un cretino – gli sussurrò, dolcissima.
Akito scosse il capo – E tu sei una stupida. Ti avevo avvertito – le disse soltanto, prima di tirarla per un braccio e farla alzare in piedi. Le fece scivolare le braccia intorno al corpo in una ferrea stretta e poi la baciò, rude e sensuale come solo Akito poteva essere.
Sana rispose al suo bacio appoggiandosi al suo corpo e passandogli un braccio dietro al collo – Akito... – gli sussurrò, nell’intervallo infinitesimale tra un bacio e l’altro.
-Se vuoi conservare un minimo di reputazione, Kurata, ti conviene farti trascinare in camera da letto dal sottoscritto... – la ammonì ancora Akito, cominciando a stuzzicarle il collo con le sue labbra.
In quel momento fecero irruzione in cucina Hisae e Gomi. Tanto per cambiare litigavano. Sana e Akito si scostarono l’uno dall’altra alla velocità della luce e cominciarono a fissare lei il soffitto e lui il pavimento. Che poi, cosa ci fosse di tanto interessante da fissare sarebbe rimasto un mistero. Il soffitto della vecchia casa degli zii di Hisae pullulava di ragnatele nemmeno fosse stata la casa degli spiriti di cui erano infestate le storie degli orrori, mentre il pavimento era una semplice sequenza di mattonelle monocolore. Bianche.
-Russi in maniera a dir poco indecente –
-Ma senti chi parla. Ieri sera prima di riuscire ad addormentarmi sono passate ore. Ma che dico? Secoli. E tutto perché tu non sapevi cosa indossare alla cena di stasera, ti sembra normale? –
-Solo perché io mi lavo e ci tengo alla mia immagine, Gomi. Non come te, il cui pensiero più profondo va dal cibo al sedere della prima che vedi, nello spazio di un secondo –
-Pudica –
-Idiota –
Sana quasi sorrise nel constatare che lei e Akito non erano stati gli unici a cominciare la giornata con certe paroline dolci che davano sempre la giusta carica di adrenalina per carburare.
In quel momento i due amici si accorsero di Sana e Akito e rimasero zitti. Li fissarono per un lungo istante prima di mormorare un lugubre – Buongiorno –
-Ciao ragazzi! – esclamò Sana. In quel momento Gomi si voltò verso di lei e quasi casualmente lasciò scivolare gli occhi sulle sue gambe nude. Sembrò apprezzare molto e per sua sfortuna sia Akito che Hisae se ne accorsero.
Sana avvampò. Hisae gli tirò uno schiaffone in piena faccia – accompagnando il gesto con un sonoro “PORCO!” – mentre Akito semplicemente contrasse tutti i muscoli del corpo, invocando qualcuno lassù affinché non si rendesse colpevole di un omicidio.
- Gomi – ringhiò il ragazzo – Di grazia – continuò – Che cazzo stai facendo? – domandò.
Gomi abbassò lo sguardo colpevole e si fece piccolo, piccolo – Perdonami Akito –
Quello respirò – Ringrazia che è Natale, e che quindi si è tutti più buoni – gli disse scocciato, ma alla fine abbozzò quasi un sorriso.
Constatando che la pace era ritornata a troneggiare tra i ragazzi Hisae scattò verso Sana e le disse – Ti devo dire una cosa, vieni un attimo di là – e detto questo se la trascinò dietro per un braccio.
In cucina rimasero solo Gomi ed Akito – Ehi amico – esordì il primo, dando una manata sulla spalla del secondo – Complimenti davvero. Sana è veramente un bel pezzo di... –
-Attento! –
Gomi lo guadò confuso – Ehi. Credevo stessi fingendo prima. Era un complimento, il mio! –
Akito grugnì e prima di uscire dalla cucina per tornarsene nella sua stanza a farsi una doccia gli urlò dietro un bel – Stai zitto! – che rimbombò per tutta la casa.
 
*
 
And at
The end of the day
We'll remember the days
We were close to the edge
And we'll wonder how we made it through
And at
The end of the day
We'll remember the way
We stayed so close to till the end
We'll remember it was me and you

                   High – Lighthouse Family
 
La risata di Akito echeggiò per tutta la montagna ed oltre. Probabilmente la madre di Sana nella sua reggia immensa, a Tokyo, era comunque riuscita ad udire quel guaito immondo che si era sprigionato dalla sua bocca.
- Kurata sei un impedita, non ci sono termini di paragone! – la prese in giro, lasciandosi cadere all’indietro e sprofondando in una soffice coltre di neve, ancora scosso dalle risate.
-Visto che sei tanto bravo, perché non vieni ad aiutarmi – borbottò lei, armeggiando con le racchette da sci giusto per non ruzzolare dal cucuzzolo della montagna, come si suol dire.
Secondo la brillante mente di Hisae non c’era nulla – nulla – di più divertente, quando si era in montagna, di una bella sciata in compagnia di amici.
Aya ovviamente se ne stava accanto al suo Tsuyoshi a prendere un po’ di sole, mentre Sana entusiasta aveva voluto cimentarsi nell’infida arte della sciatrice provetta. Inutile aggiungere che dimostrò ben presto di essere un totale disastro.
-Eppure quando da piccola cercarono di insegnarmi, sono stata bravissima –
Akito inarcò un sopracciglio – Guarda che c’ero anch’io! – le ricordò – E a momenti tutto il villaggio è stato travolto da una valanga! –
Sana si imbronciò – Ti ho già detto di tacere –
Akito si alzò da terra, facendo perno sulle braccia che appena affondarono in quel cuscino di freddissima neve sul quale il principino aveva creato il proprio giaciglio personale – Ti aiuto, è meglio. Non so perché ma ho come la sensazione che saresti in grado di uccidere qualcuno e, per quanto non vederti per un po’ non mi faccia altro che piacere, non vorrei che tu finissi in carcere per omicidio plurimo – la rimbeccò.
Sana fece una smorfia – Risparmiati. Non sia mai che tu debba essere gentile con me –
Akito ghignò e le si piazzò alle spalle, le braccia ai lati del suo corpo ed il viso a pochi centimetri dai capelli di lei. Inutile dire che per un momento il profumo di Sana lo stordì talmente tanto da impedirgli di risponderle tagliente come invece voleva – Taci – fu infatti tutto quello che riuscì a risponderle.
Sana ne fu compiaciuta.
-Allora – esordì Akito – Tanto per cominciare, stai cercando di infilarti gli sci al contrario. Mi spieghi a che cosa serve la punta fatta così se la metti dall’altra parte? – le domandò, indicandogliela e quando Sana inarco un sopracciglio – tanto per dimostrare quanto lei si fosse soffermata sulla forma di quegli aggeggi infernali – lui le rise in faccia.
-Coraggio, sistemali – le disse, aiutandola a girare gli sci per permetterle di inforcarli – Poi quando ci infili lo scarpone, devi sentire il “clic” – continuò. Ormai il suo tono di voce era talmente irriverente che persino Sana cominciò a sentirsi offesa. Con le braccia mimò giusto un gesto con il quale, gli scarponi che facevano “clic”, lo avrebbe dato in testa ad Akito. Molto volentieri.
-Adesso... – continuò lui, posizionandosi al suo fianco in una posizione alquanto ridicola che, Sana non capì, poteva essere sia un modo per prenderla in giro – molto probabilmente – sia semplicemente il suo modo di farle capire come doveva fare – Le punte devono convergere, mentre le code devono essere larghe. Più allarghi le code e più rallenti – ghignò infine – Tutto chiaro? –
La faccia scura di Sana bastò come risposta – E queste? Cosa me ne faccio? – gli domandò, brandendo le racchette con la chiara intenzione di tirargliele in testa.
Akito rise – Avrei giusto un suggerimento.... – le disse. In realtà l’espressione ironica tradiva la tipica dolcezza con cui gli usciva naturale riferirsi a Sana – Comunque, tecnicamente, per ora dovrebbero aiutarti a tenerti in equilibrio. Non che tu ne abbia bisogno... Sei già molto aggraziata di per te – concluse, facendole l’occhiolino.
Sana roteò gli occhi al cielo, ignorando Aya e Tsu che poco distanti da lei se la ridevano come pazzi – Tsu, ti ho già avvertito che se non ti dai una regolata tuo figlio sarà orfano ancora prima di nascere – lo ammonì, inforcando gli occhiali in modo da non rimanere accecata dal fastidioso vento e preparandosi mentalmente alla prova più difficile della giornata:dimostrare di non essere una piccola incapace.
-Figlia – la corresse Aya paziente, anche se continuava a ridersela pure lei – Ci hanno detto l’altro giorno che è una femmina! –
Giusto in quel momento Akito stava infilando i suoi sci: va bene tutto, ma non era così insensibile da lasciar scendere la montagna ad una Sana ruzzolante e per di più sola. Aveva un cuore, lui.
Sana non fece nemmeno in tempo ad urlare dietro alla sua amica un bel – CHE COSA?! – che Akito con molta gentilezza la spintonò per una spalla, facendola scivolare in avanti.
Un secondo dopo, il piccolo folletto dai capelli rossi, si ritrovò a sfrecciare a velocità supersonica giù per il fianco della montagna. Veloce, sempre più veloce, se non si fosse fermata, già lo vedeva, un bel tabellone pubblicitario, che sponsorizzava l’impianto sciistico della zona, sarebbe diventata la fetta biscottata sulla quale si sarebbe andata a spalmare come marmellata.
-Aiuto! – urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. Com’è ovvio che sia, più scendeva e più la sua figurina prendeva velocità. Sperò che la morte non fosse così dolorosa come sembrava.
-Allarga le code! – sentì la voce di Akito che la raggiungeva, molto preoccupata.
Sana abbassò lo sguardo sui suoi sci – dei quali notò l’allegra fantasia a fiorellini rosa e neri – e tutto quello che la sua mente fu capace di partorire fu “Cosa devo fare?”.
Cominciò a muovere gli sci a casaccio e, effettivamente, dopo aver accostato le punte, Sana si accorse che stava perdendo velocità. Ma era ancora in discesa e Akito era stato troppo spiccio per soffermarsi sul piccolo dettaglio che riguardava il “Come mi fermo?”.
Infine, vide il suo stupidissimo ragazzo che le sfrecciava accanto a tutta velocità e andava a pararsi proprio lungo il suo percorso. Sana sbarrò gli occhi e si preparò all’impatto, che non tardò ad arrivare. Quando il corpo di Sana andrò a colpire quello di Akito, che le si era fermato davanti per fermare la sua folle discesa, entrambi caddero a terra in un modo che, se non fosse stato per il rischio che lei aveva effettivamente corso, sarebbe quasi sembrato divertente.
Sana cadde a sedere e scosse la testa, spaventatissima. Dopo essersi guardata intorno ed aver constatato che Akito fosse sopravvissuto all’impatto – suvvia, non poteva essere così pesante lei, era troppo aggraziata e femminile – si sganciò gli sci (quello sì che aveva capito come si faceva!) e poi si alzò in piedi, tremante per la rabbia e per lo spavento.
-Ma dico – gli urlò dietro, fissando gli occhi su di lui troppo arrabbiata per pensare anche solo minimamente a scherzare –Sei diventato completamente idiota? –
Akito si imbronciò ed incrociò le braccia al petto. In realtà, il fatto che non la guardasse in faccia lasciava intendere perfettamente quanto si sentisse colpevole – a ragione – per quello che sarebbe potuto succedere. – Sei tu che non mi ascolti. Se avessi fatto lo spazzaneve come ti ho spiegato prima... –
Sana lo interruppe – Se io? Io ho fatto quello che mi hai detto! Ma se tu sei un emerito cretino e se tu non mi spieghi come diavolo mi devo fermare, credi che possa inventarmelo? –
Un gruppo di ragazzi lì vicino li stava osservando, indecisi se intervenire nella situazione – giusto per informarsi sullo stato di salute di quella fanciulla tanto carina che per poco aveva rischiato la vita – o se fare finta di nulla. Uno di loro – un giovanotto dagli scuri capelli riccioli e con due gemme al posto degli occhi  - si fece avanti, tentando un timido – Scusate.... - , ma il ringhio di Akito lo mise subito a tacere.
-Ti permetti anche di trattare male la gente? – lo rimproverò Sana – Questa volta mi hai fatta davvero infuriare. Sei proprio un idiota – lo insultò ancora per bene.
Akito se non altro ebbe il buon gusto di tacere e di incassare il colpo.
Hisae e Fuka – sciatrici provette, altro che Sana che sarebbe andata meglio come acrobata da circo – li raggiunsero dopo pochi secondi. Entrambe avevano assistito alla scena impietrite e quando Akito e Sana si erano fermati, cadendo, avevano tirato un sospiro di sollievo.
Ora Sana se ne stava accovacciata per terra per massaggiarsi la caviglia dolorante. Hisae le corse accanto dopo essersi liberata dei suoi sci – Sana, ti sei fatta male? –
Questa le sorrise – No, non ti preoccupare. Nulla di grave –
Hisae le si avvicinò per guardarle la caviglia – Non mi convince. Torniamo a valle che così la facciamo vedere da uno dei medici– le disse, aiutandola ad alzarsi e, mentre passavano accanto ad Akito – ancora zittissimo – gli lanciò uno sguardo di rimprovero che avrebbe gelato anche l’inferno.
Fuka chiaramente rimase immobile, aspettando solo che le due si fossero allontanate e poi si scagliò contro il povero – si fa per dire – ragazzo.
-Ma che cosa ti è preso? Volevi ucciderla? –
Akito sbuffò.
-Sul serio Akito, Sana poteva farsi male, sei diventato completamente scemo? –
A quel punto anche lui esplose – Lo so già che ho fatto una stronzata, grazie! –
Fuka incassò e stette zitta a sua volta.
Il cielo cominciava a diventare un po’ più scuro e, quando vide Aya, Tsuyoshi e Gomi che scendevano con la funivia – capì che era arrivato il momento di tornare a casa, prima che si scatenasse una bufera di neve.
Una fredda folata di vento sferzò i loro visi delicati e fece lacrimare loro gli occhi.
Fuka vide Akito che si voltava per guardare, in lontananza, Hisae e Sana che arrancavano a fatica per scendere lungo il pendio della montagna. Sembravano piccolissime. Osservò come i suoi occhi ambrati accarezzassero, dolcemente, l’immagine della ragazza che probabilmente amava più della sua stessa vita, pieni di dolore e di dispiacere.
Fuka sospirò –Ti sei scusato? –
-Ovviamente no – le rispose lui.
-Non credi che sia necessario? – gli chiese ancora lei, incalzante.
Akito abbassò gli occhi – Credo sia indispensabile – ammise.
-Allora fatti perdonare stasera – gli consigliò Fuka, sorridendo.
Akito ghignò – Non credo che Sana mi permetterà di avvicinarmi a lei. Almeno, non per farmi perdonare nel modo in cui vorrei farlo io  -
Fuka si portò le mani sui fianchi –Sei sempre il solito porco –
Akito abbozzò – Mi farò venire in mente qualcosa. Magari chiedo consiglio ad Hisae – disse.
Fuka annuì – Ora è meglio rientrare – constatò, indicandogli il cielo che si faceva sempre più scuro.
-Già –
Si trascinarono a fatica sino alla funivia e scesero a valle, nel più totale silenzio.
 
*
 
Sana se n’era stata zitta per tutta la cena. Peccato, si erano dette le sue amiche Hisae ed Aya, si erano date così tanto da fare per organizzare quella cena per Natale – visto che sapevano quanto Sana adorasse quel giorno – che proprio quel litigio non ci voleva.
Dopo aver scambiato giusto quattro chiacchiere con Tsu, la ragazza si era ritirata silenziosamente nella propria camera e il senso di colpa di Akito era aumentato a dismisura.
Tutto, tutto quella sera era stato organizzato per Sana e per colpa sua – di Akito – tutto era stato buttato al vento – Akito pensò “nel cesso”.
Lo sguardo eloquente di Tsuyoshi, Aya, Hisae e Fuka – Gomi ovviamente si stava facendo gli affari suoi, bellamente ignaro delle sciagure che si consumavano sotto i suoi stessi occhi – lo obbligò ad alzarsi in piedi per seguire la sua ragazza in camera. Anche se, come aveva appena ragionevolmente pensato, non era poi tanto sicuro che si trattasse ancora della sua ragazza.
Sana se ne stava nel letto, occhiali da vista inforcati, – perché si, sebbene non avesse mai amato molto la lettura, Sana portava gli occhiali per leggere da vicino – si nascondeva dietro quella montatura nera e spessa, mentre leggeva, probabilmente senza capirci niente perché era incavolata nera, un libro sdolcinato.
Akito si chiuse la porta alle spalle e rimase in piedi, immobile, accanto ad essa, senza dire una parola ed attendendo soltanto che Sana si decidesse a calcolarlo.
Ovviamente lei, da bella bastarda quale sapeva diventare, sfogliò distrattamente una quarantina di pagine prima di decidersi veramente – perché comunque Akito sapeva benissimo che lei si era accorta di lui già da un bel po’ – a guardarlo.
-Beh? – gli domandò secca – Cosa significa quello sguardo da cucciolo bastonato? – infierì, la voce cattiva più di quanto avrebbe voluto.
Akito sentì qualcosa – forse una mano – che gli stritolava il cuore e che gli faceva salire le lacrime agli occhi. Mandò giù e cercò di parlare, sperando di riuscire a nascondere la voce tremante – Volevo parlarti – disse soltanto, dopo un po’.
Sana sorrise, ironica e maligna insieme – Vuoi parlare? Ma come? Credevo che ultimamente la tua attività preferita fosse quella di trovare modi sempre diversi per potermi accoppare – esordì e prima che lui potesse rispondere, aggiunse – Voglio aiutarti. Se mi premessi il cuscino sulla faccia, potrei morire soffocata –
Chiuse il libro con uno scatto secco e lo appoggiò – sbattendolo – sul comodino.
Akito si accigliò – Non essere idiota, Kurata –
Sana incrociò le braccia al petto – Io? – domandò soltanto.
Akito la fissò per un lungo istante e studiò quanto le stesse bene quella camicia da notte di seta nera che aveva indosso. Due spalline sottili le ricadevano sulle spalle, lasciandole scoperta la pelle bianca delle braccia, mentre lo scollo prorompente all’altezza del seno lo fece cominciare a sudare freddo.
-Ti vuoi decidere a parlare o intendi rimanere li a fissarmi per tutto il tempo? – chiese ancora Sana, mettendosi in ginocchio sul letto per guardarlo e sfilandosi gli occhiali.
Akito abbassò il capo – Ti volevo chiedere scusa per quello che ti ho fatto oggi. È stato un gesto... stupido, ecco – ammise, tornando a posare gli occhi su di lei.
Sana parve piacevolmente sorpresa e anche la sua espressione si ammorbidì – Puoi fare di meglio – gli disse però, non cedendo così facilmente alle due moine del principino Hayama.
Akito andò a sedersi accanto a lei e prese le mani di Sana tra le sue – Dai, ti ho chiesto scusa! – le disse, abbozzando un sorriso – Sai quanto è difficile per me, non puoi perdonarmi, in modo da farla finita? – chiese.
Sana si imbronciò e tirò indietro le mani – No! – sbottò – Mi ha fatto piacere che tu ti sia scusato, solo avrei preferito che lo avessi fatto oggi, quando hai combinato il fattaccio – ammise.
Akito inclinò la testa da un lato – Diciamo che avevo bisogno di... razionalizzare –
-È così tanto difficile ammettere di aver sbagliato, per te? –
-Si – sussurrò secco Akito, non ammettendo repliche.
Sana sorrise, un po’ meno arrabbiata – Beh, dovrai farti perdonare – gli disse infine, cedendo finalmente alla tentazione di farsi coccolare da lui. Si infilò tra le sue braccia e lasciò che Akito immergesse il naso tra i suoi capelli profumati, che la stringesse forte, forte contro il suo petto.
Akito chiuse gli occhi – A questo ho già provveduto –
 
Don't you think it's time you started
Doing what we always wanted
One day 'we're gonna get so high
'Cause even the impossible is easy
When we got each other
One day 'we're gonna get so high

                   High – Lighthouse Family
 
Sana spalancò gli occhi e si scostò da lui quel tanto che bastava per poterlo osservare – Che intendi dire? – gli domandò.
Akito sorrise sbieco – Diciamo che ti ho comprato un regalo per Natale – disse – Un regalo serio per Natale – precisò infine.
Le fiamme allegre che danzavano all’interno del camino proiettavano lunghe ombre sulla parete bianca della stanza. I colori parvero improvvisamente accendersi, luci incandescenti che scottavano sulla pelle di Sana, mentre imbambolata, osservava Akito tirare fuori una piccola scatoletta dalla tasca dei pantaloni.
Un groppo le si fermò in gola e non seppe fare altro che fissare quei due enormi specchi ambrati – che erano gli occhi di Akito – che la osservavano incerti e curiosi per la sua reazione.
Con una lieve pressione dell’indice, Akito fece scattare la scatolina che si aprì docile sotto il suo tocco. Un piccolo cuscinetto di velluto racchiudeva un delizioso e semplicissimo anello di oro bianco, tempestato di brillantini minuscoli e luccicanti, che catturarono la luce emessa da quel fuoco che bruciava poco distante tra loro.
Sana quasi smise di respirare.
- È un anello – le disse Akito, come se dubitasse fortemente che Sana se ne fosse resa conto – Diciamo che è il modo di farmi perdonare che Fuka e Hisae mi hanno consigliato – aggiunse, indugiando su quell’ultima parola.
A Sana quasi scappò una risatina e finalmente lei riuscì a riacquistare l’uso della parola – Ti hanno consigliato o costretto? –
Akito fece spallucce – Secondo i canoni delle tue amiche è più o meno la stessa cosa –
Sana scoppiò a ridere e tornò a fissare Akito negli occhi, ancora leggermente incredula. Semplicemente non si capacitava come una persona sempre così burbera che quella mattina per pura stupidità aveva rischiato di farla ammazzare, potesse compiere un gesto come quello – regalarle un anello, per Akito non era un gesto da niente, anzi – con tutta quella dolcezza e innocenza che facevano in modo che lei lo amasse ancora di più.
Quando lui parlò, la voce tremava – Ti piace? – le domandò.
Sana annuì velocemente e poi gli buttò le braccia al collo. Akito le passò un braccio intorno alla vita ed immerse una mano tra i suoi capelli – Ti amo – le disse semplicemente.
Sana sentì il cuore esploderle nel petto e si rese conto di non essere mai stata tanto felice in tutta la sua vita. Si scostò ancora da lui per poterlo fissare negli occhi e gli sorrise.
-Che fai, non lo metti? – le chiese ridendo.
Sana scosse il capo – Voglio che me lo metti tu –
Akito sbuffò e poi con il pollice e l’indice – Sana vide che la sua mano tremava – sfilò l’anello dal cuscinetto in cui era incastrato e lo fece scivolare lentamente lungo l’anulare della mano sinistra.
Sana sbarrò gli occhi, per la seconda volta in quella giornata – P... Perché l’hai messo lì l’anello? – gli domandò balbettante.
Akito la fissò negli occhi – Perché si. Se non vuoi, puoi toglierlo –
Richiesta implicita. Eppure, nulla prima di quello fu più chiaro.
Sana non attese oltre e cominciò a baciarlo, goffa come non era mai stata, in preda ad un emozione troppo forte per poter essere contenuta all’interno del suo piccolo corpicino – Tu – sussurrò tra un bacio e l’altro – Sei pazzo – disse ancora – Chissà quanto ti è costato
Akito le passò una mano dietro la nuca e le inclinò la testa per poterla baciare più profondamente – Tutto – le mormorò sulle sue labbra – Tutto per te
Evidentemente non era più in possesso delle sue facoltà mentali.
A quel punto Sana cedette alla tentazione, alla voglia che aveva di lui e gli permise di spingerla all’indietro contro il materasso. Akito le accarezzava con una mano la coscia nuda, mentre l’altra le accarezzava il seno.
Con la bocca ancora premuta contro quella di Sana, le chiese soltanto – Ora posso farmi perdonare con il modo che avrei voluto io? –
L’unica cosa che seguì le sue parole, fu la risata argentina di Sana.
Tutto il resto divenne un dettaglio.

'Cause we are gonna be

forever you and me
You'll always keep me flying

high in the sky of love
                   High – Lighthouse Family
 
*****************************************
 
Questo capitolo, come uno dei precedenti è stato un parto. Non sapevo proprio come scrivere certe scene senza cadere nel melenso e nello scontato. Alla fine ho trovato questo modo, ne sono abbastanza fiera e spero che voi abbiate apprezzato. So che il capitolo è un po’ lunghetto – una decina abbondante di pagine -  ma non potevo proprio spezzarlo in altro modo.
 
Notizie dell’ultimo secondo : ho cambiato nickname. Da ale69 a Gillywater, i motivi sono tutti spiegati sul mio account.

Vi chiedo scusa per il leggero ritardo con cui posto, ma non avevo ancora scritto i ringraziamenti e, beh, lo sapete quanto ci tengo.
 
Che ne pensate del capitolo? Mi è piaciuto molto scriverlo e spero, di conseguenza, che a voi sia piaciuto molto leggerlo.
 
Passo ai ringraziamenti:
 
Midao: tu sei sempre infinitamente dolce e carina con me e per questo devo ringraziarti non cento, non mille, ma infinite volte. Ogni parola che hai detto mi ha fatto davvero tanto piacere, sapere che riesco a dosare la dolcezza al carattere di Akito mi ha resa orgogliosa – ci passo ore a decidere come farlo reagire. Grazie, grazie, grazie (: un bacio!
Deb:grazie per la lettura sempre molto accurata – ho corretto l’errore (: - e anche per i tuoi commenti sull’evolversi del capitolo, passo per passo. Comunque, la sera prima, Sana non era propriamente felice : era solo ubriaca U.U No, scherzo. Adesso si sono messi insieme, ma le cose non andranno sempre rose e fiori, come hai visto nel capitolo litigano parecchio ^^ Bacio.
ryanforever: mh, Fuka non è preoccupata da nulla, c’è solo una piccola novità all’orizzonte e tu,donna, ci eri andata molto vicina! Sì, sì. Credo che lo scoprirai nel prossimo capitolo U.U E comunque, Akito è molto più che sensuale, vorrei vedere lui con un bel grembiulino rosa addosso – solo quello addosso – che mi prepara le uova. *.* Questa fic riflette i miei desideri interiori, insomma :D Un bacione cara (:
Castiel: hai ragione, mi sono totalmente focalizzata sulla giornata di Sana e Akito perché volevo farli convivere per ventiquattro ore intere – possibilmente evitando omicidi. Beh, ci sono riuscita, ma l’assassinio l’abbiamo sfiorato per un soffio in questo capitolo. La canzone di sottofondo è tanto dolce, spero ti piaccia – e anche il capitolo, ovviamente. Un bacino (:
marypao: hai parlato e ho aggiornato con tre giorni di ritardo :D Ops, perdono. “Cucino io”, iniziamo a cercare una casa nuova. Ma come? XD In ogni caso, certo, nella nuova fiction su Sana e Akito spiegherò tutti i trucchi per commettere un omicidio e farlo passare per un incidente.
Grazie di tutto cara, un bacio (:

roby5b:ma no, ma troppo miele dopo da la nausea e lo sai. Quindi meglio moderarsi. Ma non urlare troppo, tesoro, altrimenti oltre ai vetri rompi le pareti. E direi proprio che non ne vale la pena per questo sgorbio di fic. Spero proprio che questo capitolo ti sia piaciuto come il precedente, un bacio (:
So smile: non ti preoccupare, può succedere di avere un po’ da fare. Comunque ho letto anche l’altra tua fic e mi è piaciuta. Ah, devo commentare U.U sono un impiastro. Un bacio (:
Ili91: sì la nuova storia che sto scrivendo è sempre su Sana e Akito e, ora che ci ripenso, sta procedendo davvero lentamente. Devo muovermi. Però non puoi proprio minacciare Akito in quel modo, addirittura scrocchiando le dita, sei troppo minacciosa cara (: Grazie come sempre di tutto e un bacio gigante (:
Bettinella: so cosa vuol dire avere da fare con la scuola, l’anno scorso già il primo giorno i miei prof si sono messi a spiegare e a dare compiti – che tristezza U.U Akito è dolce e romantico, solo che è troppo timido per dimostrarlo, no? Spero però di rimanere comunque fedele al suo carattere originale, sennò strabordo nell’OOC. Grazie di tutto, cara. Bacio (:
Smemo 92: sono così contenta che il capitolo ti sia piaciuto e che tu abbia apprezzato questo passaggio da momenti dolci a momenti comici – l’intento era questo, il fatto che tu lo abbia colto mi rende orgogliosa. Spero tanto che ti sia piaciuto anche questo capitolo – è stato un po’ difficile scriverlo. Un bacione grande (:
nanauccia: sì, sono proprio io ex-Ale69 autrice di My Sorrow e di questo sgorbio di fic. Allora le bacate siamo due  perché anch’io sarei capace di fare determinate cose :D Sai, sei stata l’unica che ha notato la paura folle di Akito di perdere Sana? Hai colto nel segno, comunque, perché è proprio così e più avanti questa cosa salterà fuori di nuovo. Grazie mille, un bacio (:
 
Ecco qui. Voglio ovviamente ringraziare anche chi ha inserito la fiction tra le Preferite, le Seguite e le RicordateAle è tanto contenta.
 
Allora ci risentiamo settimana prossima – mercoledì, possibilmente – con il nuovo capitolo “Young forever” dove verrà svelato il mistero di Fuka. Sperò di non metterci tempi biblici per scrivere i ringraziamenti – questa settimana ho avuto un po’ da fare.
 
Un abbraccio forte a tutti
 
Gillywater

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Capitolo 9
*** Young forever ***


SHE IS
 
Capitolo 9 : Young forever
 
Heaven can wait we’re only watching the skies
(...)
Life is a short trip,
The music’s for the sad man
                   Jay-Z ft. Mr Hudson - Young Forever
 
Il nuovo anno poteva essere definito soltanto in un modo: scoppiettante.
Dopo essere rientrati tutti – chi più chi meno – felicemente dalle vacanze natalizie trascorse sperduti tra le montagne, a sciare e a rimpinzarsi come matti, la vita quotidiana aveva finalmente preso piede delle giornate di tutti i ragazzi.
Hisae e Gomi, come da copione, continuavano ad ignorarsi bellamente l’un l’altra – cosa fosse successo veramente tra di loro sarebbe eternamente rimasto un segreto tra loro due e quelle quattro pareti che racchiudevano la stanza da letto condivisa con Fuka. Quest’ultima vendeva in giro una certa leggenda che vedeva i due amici stretti in un caldo abbraccio, nello stesso letto, la notte di Natale. Akito non era disposto a crederci, comunque.
Tornando a Fuka, il rientro probabilmente non aveva giovato moltissimo alla precaria situazione mentale della ragazza: era infatti diventata persino più strana del solito e quando quella mattina si era alzata dal letto, aveva dato il buongiorno alla sua coinquilina con una frase che suonava un po’ come – Oggi, quando torno dall’ufficio, ti devo parlare –
Sana aveva annuito distrattamente, senza quasi accorgersi di quell’atteggiamento strano, sventolando in direzione della sua amica una mano su cui spiccava – luccicante come una stella nel cielo – l’anello che Akito le aveva regalato per Natale.
Un regalo e una promessa.
Un po’ di paura ce l’aveva, eccome, ma aveva deciso di ignorarla. Infondo Akito aveva liquidato la questione “anello all’anulare” con un bel “perché si”, di quelli che a Sana piacevano tantissimo perché le consentivano di non preoccuparsi veramente di una cosa finché non si fosse reso necessario. Semplicemente, pensava, dopo tanti tira e molla magari Akito aveva deciso di suggellare quel loro rapporto con un anello, che in un futuro poteva essere sostituito da un altro anello. Sana deglutì. Meglio non pensarci, per ora.
Giusto per la cronaca, “miss” Kurata – Akito aveva scoperto quanto chiamarla in questo modo fosse tremendamente divertente e aveva cominciato ad intonare la parola “miss” con i versetti più ricercati e impossibili – durante il soggiorno in quel di montagna, si era talmente abbuffata di dolci e patatine che aveva passato il primo giorno a casa in bagno a vomitare pure l’anima.
Akito le aveva palesato il suo pensiero – Sei quello che mangi. Mangi la merda...? –
La frase non l’aveva conclusa perché era un vero gentiluomo, ma si poteva tranquillamente intuire cosa realmente intendesse dire. Sana se l’era sbranato con gli occhi, ma questa è un'altra faccenda.
 
Quel pomeriggio Sana era comodamente spaparanzata sul divano, in salotto, tutta intenta a giocare con il telecomando, schiacciando tasti a caso e cambiando canale tanto per trovarsi qualcosa da fare. Di tutti i programmi che le passavano a raffica sotto gli occhi non ce n’era uno che le interessasse.
Il rumoreggiare di chiavi nella serratura, le fece intuire che Fuka era finalmente rientrata a casa.
L’amica esordì con una bella imprecazione contro quel tempaccio da lupi – tanto per cambiare, pioveva – e poi entrò in salotto, parandosi di fronte a Sana e creando un pozzo ai suoi piedi. Anzi, un oceano.
Sana fece una smorfia pensando che dopo le sarebbe toccato pulire. Era in vacanza perché ancora la trasmissione a cui partecipava non era cominciata? Bene, allora le faccende domestiche spettavano a la miss.

Hoping for the best but expecting the worst,
Are you gonna drop the bomb or not?
Let us die young or let us live forever,
We don’t have the power but we never say never
                   Jay-Z ft. Mr Hudson - Young Forever
 
-Ti ricordi che ti devo parlare, vero? – le domandò Fuka, fissandola serissima.
Quando Sana annuì, un pochino intimorita, l’altra fece una corsa in bagno a prendere un asciugamano per frizionarsi i capelli umidicci a causa della pioggia.
Sana si inginocchiò sul divano e la guardò, puntando i suoi enormi occhioni castani su di lei – E’ da un po’ che mi sembri strana. Ti decidi a dirmi che cos’hai? –
Fuka parve sorpresa – Allora te ne sei accorta – constatò.
Sana sbuffò – Guarda che sebbene Akito mi reputi completamente stordita, certe cose le noto anch’io – commentò acidamente.
Fuka le si accomodò accanto, l’espressione leggermente agitata e un sorriso tirato disegnato sulle sue labbra – Ascolta... Avrai notato che ultimamente esco spesso con i colleghi... – disse, tentennando sull’ultima parola – Che sparisco senza lasciare traccia, che sto spesso al cellulare... –
Sana annuì consapevole – Certo che lo so. Torno a casa alla sera stanchissima e vorrei solo fare quattro chiacchiere con te e invece tu o non ci sei o mandi e-mail da quel maledetto telefono. Un giorno ho persino pensato di lanciarlo giù dal balcone – confessò abbozzando un sorriso.
Fuka rise e si portò una mano davanti alla bocca – Quanto sei sciocca! – la prese in giro.
Poi cadde un breve silenzio tra le due. Sana giocherellava nervosa con il lembo della coperta di lana che aveva usato per coprirsi, mentre Fuka fissava come ipnotizzata una macchia sul tavolino al centro del salotto.
Quando parlò, un lampo illuminò il cielo – Ho ricominciato a frequentare Takaishi –
Sana spalancò la bocca in maniera davvero poco elegante, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, Fuka la precedette.
-Qualche mese fa l’ho incontrato al lavoro. Si è trasferito a Tokyo subito dopo aver preso il diploma. “Qui ci sono così tante occasioni di trovare lavoro” mi ha detto quando gli ho chiesto cosa ci facesse qui –  sospirò e riprese -  Giorno dopo giorno ci siamo riavvicinati, sempre di più, fino a che abbiamo cominciato ad uscire insieme, ed ecco dunque il perché di tutte quelle cene di lavoro... – le spiegò, spiccia come sempre, sussurrando come non era da lei.
Sana abbassò gli occhi – Non mi hai mai detto nulla – disse semplicemente.
Fuka scosse il capo – Lo so ed ogni giorno che passava mi dispiaceva tantissimo. La realtà è che non sapevo nemmeno io cosa volevo da questa storia e come poteva andare a finire. Takaishi mi ha fatto soffrire così tanto in passato... Quando venni a sapere di tutte le ragazze con cui si vedeva durante la nostra lontananza, credo di aver rischiato sul serio la depressione, Sana – le spiegò, il tono di scuse trasbordava dalle sue parole – Non ho voluto dirti niente perché non gli volevo permettere di entrare nella mia vita, non volevo inglobarlo di nuovo nel mio gruppo di amici, permetterti di affezionarti a lui come so che sarebbe successo e poi vedermi piantata in asso, ancora, facendo stare male anche voi che siete i miei amici – pausa strategica alla Fuka - Te, che sei la mia migliore amica – continuò, stringendo un pugno – So che può sembrare un discorso ipocrita, ma è la verità. Semplicemente non volevo permettere a Takaishi di avere una parte troppo importante nella mia vita di tutti i giorni – concluse, tornando ad osservare Sana e notando quanto questa fosse rimasta sorpresa dalle sue parole.
Quando Fuka smise di parlare Sana, da buona emotiva quale era davvero, le buttò le braccia al collo e la strinse forte a sé – Oh Fuka. Quanto sono stupida, non ho capito che cosa stavi passando in questi mesi – piagnucolò - A proposito – riprese, scostandosi dalla sua amica – Da quanto va avanti questa storia? –
-Quasi nove mesi –
Sana sbarrò gli occhi –CHE COSA?
Fuka alzò le mani in segno di pace –Ehi. Lo sai che sono una persona molto riflessiva. Non te ne avrei mai parlato se prima non avessi avuto un ragionevole lasso di tempo durante il quale pensare e ripensare al fatto che questa poteva essere una scelta potenzialmente autodistruttiva –
Pare quasi inutile specificare che Sana si fosse fermata al punto della “persona molto riflessiva”. Tutto il resto fu fiato sprecato, quindi si limitò a sorridere e a far finta di aver capito Fuka – Scherzavo, stai tranquilla. Ma come mai hai deciso di dirmelo, oggi? –
Fuka annuì, si portò la nocca dell’indice della mano destra ai denti e cominciò a mordicchiarla nervosamente – E’ di questo che ti devo parlare – esordì.
Sana parve sorpresa – Perché, non hai ancora finito con le novità? –
Quella scosse il capo – No. L’altro giorno Takaishi ha fatto una cosa che mi ha fatto capire quanto lui sia effettivamente cambiato e quanto ci tenga alla nostra storia –
-Cioè?-
-Ha comprato un appartamento e mi ha chiesto di andare a vivere con lui  -
Sana sobbalzò e tutto quello che riuscì a dire fu un semplicissimo – Ah –
A dire il vero non aveva mai realmente considerato la possibilità che lei e Fuka potessero, un giorno, trovare entrambe un compagno e smettere di vivere insieme. Semplicemente perché, finite le superiori, andare a vivere con Fuka era stato talmente logico, talmente naturale e scontato, che non riusciva più nemmeno ad immaginarsi di vivere con qualcuna che non fosse lei.
Fuka era la sua migliore amica...
Fuka era quella che quando rincasava e trovava Sana sul divano, addormentata, invece di svegliarla bruscamente come si sarebbe meritata perché non aveva svolto alcuna faccenda domestica, la copriva e la lasciava riposare...
Fuka le sceglieva i vestiti per le serate...
Fuka la sosteneva e la incoraggiava in ogni discorso, specialmente quelli che riguardavano i ragazzi...
Fuka condivideva con lei l’abitudine di comprare il cibo in qualche ristorante d’asporto, perché, come lei, ancora non aveva capito a cosa servisse l’accendigas della cucina...
Fuka le rubava i gioielli dal portagioie in camera da letto e credeva che Sana non si fosse mai accorta di nulla...
Per la miseria, Fuka era tutto questo, nonché la sua coinquilina, non poteva andare a vivere con quel Takaishi del cavolo!  Sana era furiosa.
-Non voglio che tu vada a vivere con lui! – sbottò, alzandosi in piedi e stringendo i pugni davanti a sé. Abbassò gli occhi in modo da fissare il pavimento e da nascondere alla sua amica le lacrime che inspiegabilmente vi erano affiorate.
-Ma Sana... – disse soltanto Fuka.
-No, senti – la bloccò Sana – Chi diavolo è Takaishi? Per quello che ne sai, potrebbe pure essere che ti stia prendendo in giro. Ancora. Vuoi veramente correre il rischio con qualcuno che già una volta ti ha delusa? –
Sana guardò Fuka e quando vide i suoi occhi – occhi innamorati, come quelli che le sue amiche le dicevano di avere ogni volta che tornava da un appuntamento con Akito – capì che quella era una battaglia, una guerra, già persa in partenza. Abbassò le mani lungo i fianchi, sconfitta e disse soltanto, in un sussurro – Tu sei la mia coinquilina. Questa casa è nostra. L’abbiamo arredata noi, te lo ricordi? Ci abbiamo passato così tanti momenti, tu non te ne puoi andare... –
 
*
 
So we live a life like a video
When the sun is always out and you never get old
And the champagne’s always cold
And the music is always good
Jay-Z ft. Mr Hudson - Young Forever
 
Sana doveva essere completamente impazzita. Anzi, Sana e Hisae erano completamente impazzite. Come fosse venuto in mente a quelle due piccole pazze di invitare praticamente tutti gli ex studenti della loro scuola a quella festa per la Vigilia di Natale – nonché suo compleanno – sarebbe rimasto un mistero. Sarebbe stato meglio se fosse rimasto tale, davvero.
Fuka osservò quello che era una volta il suo salotto – adesso trasformato in una piccola discoteca improvvisata, con tanto di casse rimbombanti e di luci psichedeliche che dopo appena cinque secondi già le avevano fatto girare la testa.
Ovunque si girasse poteva notare enormi cesti di ghiaccio nei quali erano state schiaffate alla bell’e meglio bottiglie di champagne – che nessuno ovviamente si filava, ma sapevano essere così dannatamente decorative. La musica le piaceva, infatti cominciò a picchiettare ritmicamente il suo piede sinistro, fasciato il caldi collant trasparenti, che calzava una semplice scarpa nera, con il tacco.
Trovò la sua – ancora per poco – coinquilina poco distante, intenta a tenere banco in mezzo ad un gruppetto di ragazzi che la rimiravano, affascinati. Fuka lanciò uno sguardo veloce ad Akito che  a pochi passi da lei era semplicemente furioso.
-Non mi ricordo di te, come ti chiami? –
-Tu invece sei quello che al secondo anno ha baciato il suo migliore amico in discoteca, vero? –
-E tu? Non facevi mica parte del club degli scienziati? –
Quando ci si metteva, Sana sapeva essere davvero bastarda. Quella mattina aveva sentito lei e Akito litigare – Fuka era pronta a scommettere tutti i suoi risparmi che si trattasse di questioni di lavoro – e poi lui se ne era andato di casa sbattendo la porta.
Adesso Sana si stava vendicando. E a quanto pareva funzionava. Molto bene anche.
-Sana – sbottò Fuka afferrando la sua amica per un braccio – Scusate miei prodi, posso rubarvi l’amata donzella per qualche minuto? –
Senza nemmeno attendere una risposta, Fuka trascinò Sana in un angolo del salotto, dal quale poteva vedere Hisae e Gomi ballare appiccicati come due cicche e parlare vicinissimi l’uno alla bocca dell’altra.
Sana era semplicemente radiosa – Fuka hai visto? – le domandò, accarezzando con lo sguardo la loro – fino a quel mattino – casa, fiera del suo lavoro.
Fuka roteò gli occhi al cielo : viveva in quell’appartamento con Sana da appena cinque mesi e già aveva elaborato un migliaio di modi diversi per poterla uccidere.
-Non è meravigliosa? Non sei contenta di questa sorpresa? Io e Hisae ci siamo impegnate tanto...  
Ecco, quando però Sana esordiva con cose del genere, Fuka proprio non ce la faceva a non volerle bene e a non volerla strapazzare di coccole come meritava. Come solo lei sapeva farle desiderare, con tutta la sua dolcezza e ingenuità.
Cercò di darsi un contegno – Sarei molto più contenta se non avessi appena visto due nostri ex compagni di scuola, Mayoko e Ichizo, darci dentro sul mio letto –
Sana fece un’espressione impagabile.
-Dalla tua faccia comprendo che stai pensando quello che penso io –
-Che schifo! –
-Appunto –
-Oh Fuka – cinguettò Sana, saltellando da un piede all’altro, facendo ondeggiare la gonna larga del vestito grigio che aveva indossato questa sera – Mi dispiace. Ti giuro che... –
Fuka nella sua testa pensò che quando Sana esordiva dicendo “ti giuro che”, si preparasse ad elencare buoni propositi che mai – mai – sarebbe stata in grado di portare a termine. Nemmeno. Tra. Cento. Anni.
-... dopo, quando se ne sono andati tutti, ti aiuto a pulire. Tutto –
Appunto.
Fuka trovava già apprezzabile la sola buona volontà. Sorrise – Piuttosto che dire fesserie – le disse, concedendosi finalmente la possibilità di addentare un tramezzino, preso da un vassoio a casaccio su di un tavolo li accanto. Era pure buono. E che diamine, quella festa era sua – Perché non vai a controllare Akito? – le suggerì, molto enigmatica.
- Akito? – chiese Sana confusa. E leggermente indispettita.
Fuka inclinò la testa da un lato – Non sono molto convinta che non decida di ammazzare quel gruppetto di ragazzi prima della fine della serata – le spiegò, ignorando la mascella di Sana che cominciava a cadere in picchiata verso il pavimento.
-Per inciso – aggiunse Fuka – Quelli non smettono di guardarti –
Poi Sana le sorrise e dopo averla presa per mano, la trascinò con sé a ballare.
 
*
 
Without a wrinkle in today
Cuz there is no tomorrow
Just some picture perfect day
To last a whole lifetime
And it never ends
Cos all we have to do is hit rewind
So lets just stay in the moment, smoke some weed,
Drink some wine
                   Jay-Z ft. Mr Hudson - Young Forever
 
-Propongo un brindisi a noi due, a tutti i ragazzi che ci hanno deluse e a tutti quelli che ci deluderanno –
Sana se ne stava buttata come uno straccio ai piedi del divano, la schiena appoggiata contro un soffice cuscino e le gambe incrociate sotto di sé. Era ubriaca.
Quel giorno lei e Akito si erano lasciati – dopo un lungo tempo in cui i due non si erano rivolti minimamente la parola, probabilmente si erano decisi a chiarire la situazione - e quando Fuka era tornata a casa l’aveva ritrovata in condizioni pietose, riversa sul pavimento con una bottiglia di superalcolico tra le mani, tutta intenta a scolarla  con sorsi più o meno lunghi.
Aveva gli occhi lucidissimi e probabilmente stava soffrendo moltissimo – anzi, sicuramente – visto che darsi all’alcool non era propriamente una disciplina da Sana.
Infatti Fuka, dopo aver visto la sua amica conciata in quel modo, doveva aver pensato al famoso detto “mal comune, mezzo gaudio” perché le si era seduta accanto e le aveva detto qualcosa tipo – A me non offri niente?- e poi si erano ubriacate insieme.
Oddio, non che Fuka non avesse qualcosa da dimenticare, intendiamoci, tra la sua storia con Takaishi finita ai tempi delle superiori che ancora non era riuscita a superare e le migliaia di ragazzi con cui usciva ogni sera giusto per non pensare e tenersi impegnata – così diceva lei – il genere maschile proprio non riusciva a sopportarlo.
E poi comunque non avrebbe mai potuto lasciare Sana da sola in quelle condizioni. Era la sua migliore amica insomma. Quindi le era sembrato quanto meno il minimo farle un po’ di compagnia. In tutti i sensi.
-Giusto! – urlò Fuka riempiendo due minuscoli bicchierini senza nemmeno sollevare il collo della bottiglia dal bordo degli stessi – facendone quindi cadere qualche goccia sul pavimento – e passandone uno a Sana – A noi! –
Mandò giù l’intero contenuto e si sentì ancora meglio di prima.
-Ma ti rendi conto? Io gli ho detto “Dobbiamo parlare” e lui mi ha detto “Di cosa?” – si lamentò Sana appoggiando il bicchiere a terra con talmente tanta enfasi che si sbilanciò e cadde di lato.
-E’ pazzesco... –
Sana annuì – Sì davvero, puoi ben dirlo amica – essere ubriaca la rendeva incredibilmente simile a Gomi, per come parlava – Che poi quando gli ho risposto “Di noi due, del fatto che non ci rivolgiamo la parola da due settimane” mi ha solo mugugnato qualcosa come “Dai parla, che devo allenarmi”, ma ti sembra possibile? È proprio un idiota... –
-L’altro giorno sono uscita con uno che si è mangiato un coso intero di aglio perché dice che fa bene... –
-Voglio dire, siamo stati insieme più di un anno, come può trattarmi così? –
-... non gli si poteva stare vicino, garantisco... –
-...potrei capire se fosse stata una storiella da niente...
-...ma si può uscire con una ragazza e comportarsi così...? –
-Questi ragazzi non li capisco proprio! –
Nonostante avessero bellamente ignorato l’una il ragionamento dell’altra, quell’ultima frase la esclamarono all’unisono, tanto che sobbalzarono e si guardarono in faccia, quasi sorprese della presenza della propria coinquilina.
-Per forza, sono incomprensibili – disse Fuka alzando le spalle.
-Già... – convenne Sana, appoggiando la testa all’indietro, contro il divano. Giusto per la cronaca, nonostante lei e Fuka fossero ormai da tre ore su quel tappeto a sparare ogni sorta di delirio ad alta voce, a nessuna delle due era venuto in mente di trasferirsi in un posto più comodo.
-Tieni – disse Fuka, lanciando a Sana il pacchetto delle sigarette quasi finito nonostante l’avesse comprato quella stessa mattina – Lo so che non fumi, ma in certe occasioni può rivelarsi un’ottima soluzione. E poi sono in astinenza da nicotina, io –
Sorprendendo pure se stessa, Sana accettò. Si accese una sigaretta ed aspirò una lunga boccata di fumo, espirando e respirando per tranquillizzarsi da quella tempesta incontrollabile che aveva dentro e che la confondeva, facendole perdere la rotta.
-Non ce la farò mai a stare senza Akito... – ammise, socchiudendo gli occhi e scrutando attentamente Fuka in faccia.
Quella sbuffò una nuvoletta di fumò e ricambiò il suo sguardo, scettica – Certo che ce la farai, sciocca. Pensa solo che quando questo casino sarà finito, ne uscirai solo più forte –
Sana inclinò la testa – Penso che ne uscirò solo distrutta –
Non si capiva bene se l’effetto dell’alcool fosse in grado di far ragionare Sana meglio di quando era sobria o se, semplicemente, le permetteva di esprimere sentimenti – delusione, rancore, paura – che altrimenti si sarebbe tenuta dentro, permettendo loro di dilaniarla lentamente, giorno dopo giorno, come un cancro incurabile.
Fuka agitò la mano che stringeva la sigaretta ancora fumante, finendo per spargere un po’ di cenere nei dintorni della sua figura – Sciocchezze. Andrà bene, vedrai –
Sana si incupì e sottrasse i suoi occhi dallo sguardo dell’amica, spegnendo la sigaretta non ancora consumata. Le veniva da piangere. L’alcool, doveva per forza essere l’alcool – Ho paura –
-Lo so – disse Fuka, quasi dolce, se non fosse stato per la voce roca per lo stato un cui verteva.
-Mi manca già Akito –
-Lo so – rispose ancora.
In realtà avrebbe voluto dirle altro.
E pure per quella volta il suo “Mi manca Takaishi” le restò intrappolato tra le labbra.
 
*
 
Reminisce talk some sh-t forever young is in your mind
Leave a mark that can’t erase neither space nor time
So when the director yells cut,
I’ll be fine
                   Jay-Z ft. Mr Hudson - Young Forever
 
Fuka sorrise a Sana, tornando finalmente alla realtà.
Era vero, quella casa racchiudeva così tanti momenti, così tante confidenze...
Era stato il modo che lei e Sana avevano trovato e studiato per poter finalmente diventare grandi e indipendenti, per potersi gestire la propria vita.
Prima che potesse risponderle, Sana ripeté – Tu non te ne puoi andare –
Poi Fuka si accorse che stava piangendo e le si avvicinò per poterla abbracciare – Anche io non vorrei andarmene. A dire la verità vorrei poter trovare un modo di vivere sia con te che con Takaishi, ma questo non è possibile, te ne rendi conto? –
Sana si illuminò – Perché no? C’è così tanto spazio, anche Akito ormai è come se vivesse con noi, no? Perché non potresti fare lo stesso anche tu? –
Fuka scosse il capo e diede una veloce scrollata di spalle a Sana –Dai Sana, ragiona. Quando avremo quarant’anni e avremo dei figli, pensi che potremo continuare a vivere insieme? Ti immagini? Tu e Akito che litigate, vostro figlio che piange, il mio che si sveglia e comincia ad urlare, Takaishi che impazzisce, io che mando tutti al diavolo... E’ giusto così Sana, prima o poi si cresce, e diventa naturale dover cambiare alcune cose nella propria vita –
-Ma io non voglio! –  si lamentò Sana, proprio come una bambina cominciava a fare  i capricci.
Istintivamente Fuka si mise a ridere – Ti ricordi che facevi gli stessi discorsi anche quando abbiamo deciso di andarcene di casa per andare a vivere insieme? Ti ricordi la paura che avevi di cambiare? E invece... Tua madre continui a vederla e a sentirla sempre, avete ancora un rapporto splendido e conservi un ricordo bellissimo di quando vivevate insieme, di quando tu eri piccola. Sarà la stessa cosa, vedrai –
Sana buttò le braccia al collo di Fuka e si lasciò andare ad un pianto fatto di lacrimoni giganti e di singhiozzi. Esattamente il pianto di una bambina disperata. Si aggrappò al maglione di Fuka e lo strinse forte tra le proprie mani, conficcando le unghie in quella stoffa morbida.
-Mi mancherai così tanto – disse dopo un po’.
-Anche tu scema, che cosa credi? Anche a me commuove un po’ pensare di dover tornare a casa e di non trovarti qui, indecisa se raccontarmi o no della tua impresa giornaliera per demolire la casa. Ma poi... – si interruppe per poter guardare Sana in faccia e poterle sorridere – Lo sai che sarò qui tutte le sere, lo stesso, no? Guarda Tsuyoshi ed Aya. Aspettano un figlio eppure sono sempre qui lo stesso. Non cambierà nulla... Nulla... –
Sana singhiozzò ancora un po’, poi sembrò pensare su alle parole di Fuka e parve convincersi – Me lo prometti? – piagnucolò.
-Certo. Te lo prometto – sospirò Fuka, sperando che Sana non si accorgesse del magone che anche a lei – donna tutto d’un pezzo – si era fermato in gola.
-Mi sentirò così sola qui senza di te – ammise Sana, scostandosi finalmente da Fuka e tornando a sedersi sul divano.
L’amica sorrise – Puoi sempre trovarti una coinquilina – tentennò – O un coinquilino – suggerì infine.
Quando Sana – dopo diversi minuti – alzò la testa di scatto, cogliendo finalmente il significato di quelle parole, Fuka scoppiò a ridere.
Sempre la solita stordita.
 
*
 
Senza nemmeno bisogno di dirgli “Incontriamoci” era sicuro di trovarla all’ormai noto gazebo di cui la loro storia era infestata.
Era bastata una telefonata di Fuka “Akito, ho detto a Sana che vado a vivere con Takaishi. Lei è da poco uscita di casa, ma non sono sicura che stia molto bene, per favore...”
Nemmeno aveva atteso che Fuka terminasse la frase. Semplicemente, dopo aver inforcato un paio di pantaloni ed una felpa, si era messo a correre a tutta velocità verso il parco.
La poteva già vedere, seduta al riparo dal freddo pungente, sotto quella piccola struttura di legno che era stata lo scenario dei più impensabili avvenimenti tra di loro.
E pure ora, mentre sapeva perfettamente quanto Sana stesse male al pensiero di perdere la sua migliore amica che aveva deciso di andare a convivere con il suo ragazzo, l’unica cosa che Akito riusciva a notare era quanto lei fosse maledettamente bella, pure vestita con un semplice paio di jeans chiari ed un maglione con il collo a sbuffo che lui le aveva regalato.
Magnifica.
Desiderò andare lì e baciarla più di ogni altra cosa al mondo, ma da qualche anno – per la precisione tre – a questa parte, aveva imparato a riconoscere quali fossero le priorità, in ogni situazione. Controllo.
La pioggia di quella mattina aveva fatto schizzare un po’ di fango sulla struttura di legno sotto la quale Sana si era ritirata per leccarsi le ferite, come un animale ferito.
Akito le si avvicinò silenziosamente e senza nemmeno salutarla le si andò a sedere vicino.
Dopo poco Sana parlò – Fuka se ne va –
Akito annuì e le prese una mano per stringergliela forte tra la propria – Lo so. Come stai? –
Sana sembrò pensarci un attimo su e poi parlò – Ad essere sincera, pensavo peggio. Quando me l’ha detto, sono scoppiata a piangere, ma dopo averle parlato lei al solito mi ha tranquillizzata e insomma... Me ne sono fatta una ragione – concluse infine, quasi abbozzando un sorriso.
Akito annuì ancora e la guardò negli occhi – Quindi stai bene?-
Sana gli sorrise – Si. Fidati... Andrà bene... – lo rassicurò, abbassando gli occhi per fissarsi le scarpe. Non che avessero qualcosa di particolarmente interessante. Notò persino una macchia sulla stringa bianca della scarpa destra.
-Ne sono sicuro –
Silenzio.
-Senti Akito...-
-Senti Sana...-
Pronunciarono queste parole all’unisono ed entrambi si voltarono di scatto per guardare l’altro negli occhi.
Sorpresa.
 
*
 
Ci sono alcuni momenti in cui parlare diventa letteralmente superfluo. 
Basta una semplice occhiata per intendersi.
Specialmente quando colui o colei che si sta guardando, lo o la si conosce da una vita. Una vita intera. Diventa quasi naturale insomma, no?
Se poi ci si rende conto che quello che l’altro sta cercando di dirci è la stessa cosa che vorremmo dire noi, subentra lo stupore.
Sorpresa.
 
*
 
-Non posso crederci –
-Nemmeno io –
-Credi che funzionerà? –
Akito trattenne il fiato per qualche secondo – soppesando le parole con cui avrebbe potuto risponderle, magari sarcastiche – e poi parlò.
-Dovrà funzionare –
Definitivo.
Sana quasi rise e si limitò ad emettere un flebile –Già –
Akito fece spallucce – D’altronde – esordì divertito – Se non dovesse andare bene, puoi sempre cacciarmi di casa no? La prima volta ha funzionato –
Sana lo guardò male e lo minacciò – Attento. Ti conviene stare zitto –
Akito ghignò – Trova il modo Kurata –
E alla fine, lei lo baciò.
Semplicemente.
 
Reminisce talk some sh-t forever young is in your mind
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                   Jay-Z ft. Mr Hudson - Young Forever
 
 
*
 
D’altronde si sa come vanno a finire queste storie. Lei ama lui. Lui ama lei. C’è sempre qualcuno che mette i bastoni tra le ruote ai due – il che poi è quello che tiene i lettori appiccicati alle righe della storia per poter leggere l’evolversi della stessa – ma alla fine c’è sempre, l’immancabile lieto fine stucchevole che caria i denti un po’ a tutti.
Forse però, trattandosi di Sana e Akito, abbiamo sbagliato fiaba.
-Ma si può sapere che diavolo hai al posto del cervello? –
Se alle otto e mezza del mattino si sentiva una voce di donna, acuta, assordante, petulante, echeggiare per la città, si poteva con sicurezza matematica scommettere che si trattasse di quella di Sana.
-Il silenzio è l’offesa peggiore –
La voce tranquilla e seccata di Akito era invece un classico. Insomma, non c’era proprio storia. Non esisteva che Sana e Akito litigassero senza la costante “lei urlante, lui pacato”, ma siamo seri.
Per la cronaca. Gli scatoloni di Akito erano stati portati nel nuovo appartamento un paio di giorni prima. Contenevano cianfrusaglie varie che lui avrebbe più che volentieri dato in beneficienza – da leggere “buttato via” – ma che Sana e quell’altra menomata di sua sorella Natsumi avevano tanto insistito per tenere. Ma insomma, siamo pazzi?
Insomma, Sana addormentata più che mai e nervosa fino all’inverosimile perché quel giorno per lei ricominciava il lavoro, aveva accidentalmente inciampato in uno scatolone abbandonato in mezzo al corridoio.
La colpa? Ovviamente di quell’idiota di Akito.
Insomma, era normale abbandonare uno scatolone così, in bella vista, dove chiunque – anche se in quella casa ci vivevano solo loro due – avrebbe potuto inciampare?
Che poi...
-Sei tu che al mattino hai il vizio di camminare per casa con gli occhi chiusi. Quello scatolone l’avrebbe notato persino un cieco –
Sana decise di adottare la sempre eterna tattica dell’ignorarlo. La ragazza sbuffò sonoramente e poi dopo aver fatto spallucce ed essere sprofondata nella camicia a quadri che usava come pigiama, si era fiondata in cucina per mangiare.
Akito la osservò sorpreso – Come mai nessuna sfuriata, Kurata? – domandò incuriosito, seguendola e accomodandosi al tavolo di fronte a lei.
Sana lo guardò male – Ho deciso di ignorarti –
-Non è da te –
Sana sbuffò ancora – Adesso ti permetti anche di decidere cosa è e cosa non è da me? Akito, ma vai a giocare a palla in autostrada! – lo rimbeccò, abbassando gli occhi sull’enorme tazza di latte e cereali che rappresentava la sua colazione.
Akito inarcò un sopracciglio – Ehi. Kurata, calmati. Non vedo cosa ti ho detto di così strano, di solito ti limiti a mandarmi a quel paese, non sei mai così acida. Che ti prende? –
Sana sembrò pensarci su, valutando per un momento se fosse meglio rispondere o mandarlo al diavolo.
-Sono normalissima – sbottò, decisa a non dargliela vinta. Insomma, per colpa di quell’idiota aveva rischiato di rimanere ferita. Gravemente ferita. Anzi, ferita a morte.
-Non direi proprio. Sei più acida del solito –
-Taci –
-Ecco, vedi? –
Sana si alzò in piedi e si diresse vero il frigorifero. Rimase a rimirare la solita desolazione che aleggiava al suo interno e poi si decise ad afferrare il cartone del succo di mirtilli.
-Dovresti andare a fare la spesa – disse – Non so se qualcuno te l’ha spiegato, ma ogni tanto bisogna mangiare per sopravvivere -
-Odi il succo di mirtilli – rispose Akito, ignorandola completamente, con l’aria sospettosa di un vero detective.
Sana sbatté il cartone sul tavolo e sbottò – Ma insomma, basta! Che diavolo ti prende questa mattina? Sei insopportabile lo sai? – alzò gli occhi al cielo – Prima non ti posso fare domande, poi sono più acida del solito, ora odio il succo di mirtilli... Non è vero – gli sbraitò in faccia – Adoro il succo di mirtilli –
Akito fece spallucce e cominciò a mangiare la sua modesta porzione di sushi giornaliera. Sana storpiò il naso e si voltò dall’altra parte. Quell’essere ignobile con cui condivideva l’appartamento le faceva venire il voltastomaco. Alle otto e mezza del mattino non si può mangiare “pesce crudo” come colazione, è inaudito.
Dopo un lungo momento, il ragazzo parlò – Non mi risulta – disse infine.
Solo dopo alcuni istanti Sana capì che quella valeva come risposta alla sua ultima affermazione. Decise di troncare lì la discussione – Adesso basta. Vado a vestirmi, che è meglio –
In silenzio mise a posto le sue cose e poi uscì dalla cucina diretta alla camera da letto. Non fece in tempo a compiere nemmeno un passo, che sentì due braccia forti afferrarla per la vita.
-Ehi, Kurata, aspetta... – le sussurrò Akito all’orecchio. Sana avvertì distintamente i brividi che cominciavano a correrle lungo la spina dorsale. Come faceva quel pescivendolo da strapazzo a farle quell’effetto ogni salta volta, sarebbe per sempre rimasto un mistero.
-Che vuoi? –
Akito sospirò e portò le sue labbra a pochi millimetri dal suo collo – Ti ho già detto che non mi piace quando al mattino non mi dai il buongiorno come si deve –
Sana scattò e si girò verso di lui per guardarlo male in viso – Ti sembra di essertelo meritato? –
Che domanda inutile, Akito avrebbe comunque avuto la faccia tosta di risponderle...
-Certo –
Appunto.
- Ti ho già detto qualche giorno fa che ti conviene stare zitto –
-Ed io ti ho già risposto che per farmi stare zitto dovrai trovare un modo –
Quasi scontato fu il bacio che ne seguì.
 
In definitiva, Sana Kurata e Akito Hayama stavano imparando sulla loro pelle cosa comportava la convivenza dell’una con l’altro: sacrifici, compromessi e naturalmente litigate continue.
Dopo appena una settimana dal trasloco di lui, tuttavia, risultò lampante che entrambi necessitavano urgentemente di trovare un proprio equilibrio.
 
 
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Buonasera a tutte ragazze mie.
 
Devo ancora scusarmi del ritardo : avevo detto che avrei aggiornato regolarmente una volta a settimana, possibilmente lo stesso giorno e... ho mantenuto solo la prima promessa.
 
Le cose, se può interessarvi, stanno così : ho trovato lavoro, lunedì comincio e questa mia ultima settimana di vacanza l’ho passata in giro per Milano (nonostante io volessi disperatamente trascorrerla spaparanzata sul mio divano a guardare la tv e a scrivere al PC). Insomma, tra colloqui, contratti da firmare, battesimi, ragazzo, amiche, compleanni e via dicendo non ho trovato prima il tempo di rileggere il capitolo e di ringraziarvi.
 
Di fatto, la rilettura del capitolo è stata molto affrettata e anche i ringraziamenti – che posterò qui di seguito – sono decisamente veloci.
Ho preferito postare il capitolo credendo – forse sbagliando :D – che preferiste leggere come continuava la storia, invece che i miei scleri. No?
 
Un abbraccio gigantesco, quindi, va a:
 
Deb (purtroppo tesoro non ho trovato il tempo di recensire FU, di leggere il nuovo capitolo e di apportare alla mia storia le correzioni che mi avevi suggerito nello scorso commento. Mi farò perdonare :D),
Midao (fare la fine di Sana direi che è pressoché impossibile, a meno che tu sia una pazza scatenata e che tu abbia un ragazzo ancora più fuori di te), 
roby5b (ti chiedo ancora scusa per non aver aggiornato prima – come ti ho detto su FB – ho avuto davvero tanto da fare. Ma tu sei sempre la solita stella *.*),
Castiel (la canzone dello scorso capitolo doveva essere un’altra, ma poi anch’io ho pensato che quella fosse più appropriata. Devo trovare le colonne sonore per i prossimi due capitoli! E ne devo trovare tre, perché ti ho promesso che in uno ce ne sarebbero state due! Fidati di me!),
Queen Alexia (grazie mille! *.*),
ryanforever (perdonami tu per non essere mai puntale. Comunque, parli ad una che ha voglia di Natale trecento sessantacinque giorni all’anno :D E il sosia di Akito io e Yesterday lo andremo a cercare a Tokio, tranquilla. Grazie mille per i complimenti sul nickname),
nanuccia (grazie mille per tutti i complimenti – sono cos’ felice di sapere di averti tirato su la giornata *.* E quella canzone è anche una delle mie preferite),
Bettinella (cioè, tu ringrazi me? Tu sei tutta matta ^^ Sono io che ringrazio te per la recensione chilometrica e per tutte le cose belle che hai detto su Sana e sul mio Akito – sì, è mio),
Ili91 (grazie per le Preferite cara e anche, come al solito, per la tua recensione. Quando cado nel melenso, devo risollevarmi con un po’ di comicità. Sono contenta che tu abbia apprezzato questa peculiarità nello scorso capitolo (: ),
So smile (grazie infinite carissima, e scusami per non aver ANCORA recensito le tue storie ._. sono un caso disperato!),
Smemo92 (allora, fai una cosa : abbracciati fino a soffocare, perché è esattamente questo che vorrei fare io. Grazie, grazie mille per tutto quello che hai detto. Io cerco, oltre che raccontare di Sana e Akito – che a te piacciono così tanto e io ne sono stra-felice – di parlare anche dei loro amici perché per loro sono importanti, sono parte della loro vita e contribuiscono a far andare avanti la storia. Sarebbe come mangiare solo la cotoletta, senza le patatine fritte. Sarebbe buona lo stesso senza, ma con lo è di più, no? :D),
marypao (e, per concludere, ringrazio anche a te per le tue bellissime parole. La storia è sì agli sgoccioli, altri due capitoli e ci salutiamo, ma tornerò presto con un’altra fiction – si spera!).
 
Come al solito, ringrazio anche chi ha inserito la storia tra le Preferite, le Seguite e le Ricordate. I numeri continuano ad aumentare e io sono tanto, tanto contenta ^^
 
Adesso tolgo le tende. Non posso darvi nemmeno il titolo del prossimo capitolo per il semplice fatto che ancora non ce l’ha. Direi che è perfetto, no? ._.
 
Buon fine settimana a tutte ragazze mie e, se potete, lunedì mattina pensatemi un pochino (:
 
Gillywater

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Capitolo 10
*** We'll make it last ***


SHE IS
 
 
Capitolo 10 : We'll make it last
 
Flash forward and we're takin'
on the world together
And there's a drawer of my things
at your place
You learn my secrets and you figure out
why I'm guarded (...)
You are the best thing that's ever been mine
                   Mine – Taylor Swift
 
-Qualcuno mi aiuti –
L’ormai ben noto gruppetto di amici si soffermò ad osservare Hisae che stava – nel gergo – triturando un innocente tartina con salsa di tonno spalmata sopra.
-Ti serve aiuto a mangiare? – azzardò Fuka.
Marzo era finalmente arrivato e con lui le belle giornate. Per festeggiare i ragazzi avevano organizzato una cena in grande, con ogni tipo di cibaria possibile ed immaginabile. Immancabile, ovviamente, la quintupla porzione di sushi che Akito aveva consumato ovviamente da solo, in religioso rispetto. E non perché il giorno in questione fosse santo o chissà cos’altro, quanto piuttosto per quel piatto che lui riteneva giusto e doveroso venerare.
Hisae scosse il capo – No. Ho bisogno che qualcuno mi aiuti a trovare un insulto adatto da rivolgere a Gomi in questo momento –
L’intero gruppetto voltò il capo verso la vetrata del salotto, che si affacciava sulla terrazza immensa. Gomi dava sfoggio di una maturità ineguagliabile. Infatti stava ricorrendo un innocente piccione, brandendo un forchettone – di quelli che si usano per girare la carne e che Hisae avrebbe utilizzato volentieri per ucciderlo – gridando dietro al poverino “Fermati, che ti voglio cucinare”.
Nemmeno il piccione potesse capirlo.
-A volte mi chiedo che problemi abbia – disse Hisae scuotendo la testa e muovendo da una parte e dall’altra i riccioli d’oro profumati che aveva sistemato apposta per la serata.
-Penso che Gomi sia un problema vivente – asserì Sana convinta, addentando un boccone di sushi che aveva rubato dal piatto del suo ragazzo.
-Ehi – la rimbeccò quest’ultimo – Mangia dal tuo piatto –
-Sei sempre il solito pedante –
-E tu la solita scroccona –
Il borbottio di Fuka andò, per una volta almeno, a favore di Sana –Senti chi parla –
Akito si imbronciò e non proferì più parola. Sana si rabbuiò.
Qualche giorno prima avevano litigato a causa del suo lavoro – sempre il solito motivo – e i due si rivolgevano a malapena la parola, nonostante Sana le provasse tutte per allentare la tensione.
Le cose erano semplici : Sana doveva lavorare con Naozumi. E ad Akito, ovviamente, la cosa non andava giù. Era un po’ come lo sciroppo all’olio di fegato di merluzzo della nonna : si bloccava in gola e non ne voleva sapere di scendere.
-Perché non vai a recuperarlo? – propose Aya, alzandosi in piedi per andarsi a sedere sul più comodo divano. Ormai il suo bel pancione si intravedeva distintamente aldilà del velluto grigio del vestitino che aveva deciso di indossare quella sera. Per di più il fatto che l’abito fosse un po’ troppo corto per una donna nelle sue condizioni, aveva scatenato il malcontento di Tsuyoshi. La nascita della bambina era prossima e tutti non stavano più nella pelle.
-Ti prego, vallo a recuperare – affermò quest’ultimo – Mi vergogno io per lui... –
Hisae sbuffò esasperata e si alzò dalla sedia diretta verso il terrazzo.
- Ragazzi, io dovrei andare – costatò Fuka, dando una veloce occhiata al suo orologio da polso – L’ultima metropolitana è tra venti minuti –
Tsuyoshi sbadigliò ed annuì – Hai ragione. Aya, forse è meglio che andiamo anche noi. È tardi e non ti fa bene stancarti –
Aya sbuffò, ma alla fine, seppur controvoglia, si alzò a fatica dal divano – E va bene. Ti preoccupi così tanto per me, non potevi pensarci prima, è tutta colpa tua se sono in queste condizioni – sbottò la ragazza, strappando letteralmente di mano a Tsuyoshi la giacca che le stava porgendo.
Sana, Akito e Fuka rimasero letteralmente basiti, per non parlare dello stesso Tsu, che sembrava – decisamente – prossimo alle lacrime.
-Tesoro – balbettò dopo un interminabile momento – Ma che stai dicendo? –
Aya storpiò il naso e gli fece il verso – Tesoro, gnegnè – sbottò – Piuttosto, vuoi che ce ne andiamo, no? Vedi di muoverti –
Detto questo si avviò verso la porta di ingresso e la spalancò, con pochissima eleganza – Allora? – lanciò un urletto, alla fine.
Fuka scoppiò in una debole risatina e si coprì la bocca con la mano – Aya tesoro, avviamoci – le disse divertita, per poi raggiungerla e prenderla a braccetto.
-Tsuyoshi, tesoro – berciò Aya, intonando quel “tesoro” in modo che sembrasse più che altro un insulto – Muoviti –
Fuka ingranò – Sì, Tsuyoshi. Una mossa –
Il poveretto – sotto lo sguardo sempre più allucinato di Sana e Akito – sbuffò esasperato e disse – Arrivo, arrivo –
Le ragazze si avviarono verso l’ascensore e Tsuyoshi si affrettò a raggiungerle. Quando fu sulla porta di casa, si voltò verso i suoi amici e aggiunse – Scusatela. Gli ormoni... –
E poi sparì.
Sana rise e scosse il capo, concentrandosi su un’innocente foglia di insalata, ancora abbandonata nel suo piatto, quando Akito parlò. Spiazzandola.
-Donne e ormoni. Che accoppiata – costatò, l’ombra di una risata tra le sue parole.
Sana si alzò in piedi e mise le mani sui fianchi – Ehi – ribatté – Aya ha una creatura dentro di sé e Tsuyoshi la stanca in maniera assurda. Mi pare legittimo da parte sua incavolarsi, no? –
Akito fece spallucce – Io ho visto solo che l’ha trattato malissimo, senza motivo
-Senza motivo? Aya è stanca – ribadì il concetto – E Tsuyoshi non migliora la situazione –
Akito si irritò – Lui si preoccupa solo per lei. E lei... – si fermò a pensarci su – Lei non se ne rende conto
Sana inclinò il capo da un lato per far in modo che i suoi neuroni facessero contatto e l’aiutassero a formulare un pensiero di senso compiuto. Poi si raddrizzò, strinse i punti e seccata sbottò – Certo che se ne rende conto. Ma lui pretende da lei delle cose assurde –
Akito si domandò per un secondo se stessero ancora parlando solo di Aya e Tsuyoshi. Giusto per un secondo, però, poi ribatté – Ah si? Quali cose assurde? –
Sana spalancò gli occhi – Non apparecchiare la tavola. Non lavare i piatti. Non toglierti la giacca – si bloccò e si concesse una pausa, molto, ma molto, eloquente – Ma stiamo scherzando? – domandò, retorica, infine.
Akito scosse il capo – Lo trovo premuroso
Sana gli si avvicinò – Io lo trovo assurdo
Entrambi se ne resero conto : no, decisamente non stavano più parlando dei loro amici.
Stavano a dieci centimetri l’uno dall’altra e si guardavano negli occhi, con la paura di compiere anche un solo passo verso l’altro. Come due perfetti idioti.
Finché Sana parlò – Non puoi chiedermi di lasciare il mio lavoro. È assurdo
Akito annullò la distanza tra i loro corpi e le posò le mani sui fianchi – Non voglio dare a un imbecille qualsiasi, nel nostro caso Kamura, un pretesto per saltarti addosso. È premuroso
Sana gli passò le braccia intorno al collo;  pochi centimetri dalle sue labbra gli sussurrò – Sei soltanto un idiota –
Sana lo baciò e Akito la strinse ancora di più a sé, facendole compiere un mezzo giro su se stessa.  Un urlo secco li interruppe ed entrambi si voltarono verso il balcone.
- Gomi sei un cretino
- Io? Ma piantala, sei tu che hai paura di uno stupido uccello
- Lo stupido uccello se ne sarebbe andato via, se solo tu non lo avessi provocato –
- Guarda che lui ha capito che stavo solo giocando. Di fatti se l’è presa solo con te, sai perché? –
- Oh, sentiamo. Perché mai? –
-Perché ha percepito la tua diffidenza! –
- Oddio, Gomi! Ti rendi conto che stai parlando di un uccello? –
- Certo. Oh, ragazzi... –
Il duetto parve finalmente accorgersi di Sana e Akito, mezzi intontiti, per via del bacio di qualche attimo prima – incredibile come solo un bacio fosse in grado di farli partire per un altro pianeta – che li fissavano, indecisi se essere arrabbiati o sconvolti.
- Diteglielo – li interpellò Gomi – Diteglielo, a questa pazza, che gli uccelli sono intelligenti –
Sana si scostò da Akito e si rivolse al suo amico – Gomi, veramente noi... –
Hisae sbuffò – Sei davvero un cretino, non vedi che li hai interrotti. Ragazzi, scusateci, togliamo subito il disturbo – concluse, afferrando l’idiota... Ehm, Gomi per un braccio e trascinandoselo dietro.
-Ma veramente io... –
-Taci! –
Una volta che la porta di casa si fu chiusa – definitivamente? – Akito spiccò una corsa olimpica in sua direzione. Diede quattro mandate con la prima chiave, con la seconda, serrò lo spioncino, sistemò il chiavistello e – se solo ci fosse stata – sicuramente avrebbe digitato anche il codice segreto per sigillare la porta stessa.
Sana rise – Ma che fai? – gli domandò .
Akito si girò furioso verso di lei – Senti. Questa è anche casa mia adesso, giusto? – ringhiò, avvicinandosi alla sua ragazza – Bene – si rispose da solo – Allora voglio un certo potere decisionale in merito a chi mette piede in casa mia – continuò posandole, di nuovo, le mani sui fianchi – Non voglio essere interrotto quando ti bacio –
Ancora ridendo, Sana si lasciò accarezzare le labbra da quella bocca – tanto amata, tanto odiata, tanto desiderata – così dolce.
Quando si scostarono, lo guardò negli occhi e dopo un lungo istante sussurrò – Potere accordato –
Giusto in quel mentre, il campanello suonò e Akito pronunciò un’imprecazione davvero irripetibile.
- Non ho alcuna intenzione di aprire – mormorò, tornando a baciare Sana.
Una cascata di pugni cominciò ad abbattersi sulla porta – a Sana ricordò terribilmente la scena di qualche mese prima. Il primo bacio suo e di Akito dopo tre anni di astinenza.
- Akito, Sana! – urlò una voce che entrambi riconobbero come quella di Tsuyoshi – Ad Aya si sono rotte le acque. Dobbiamo andare in ospedale –
Senza nemmeno pensarci, Sana e Akito afferrarono la giacca e corsero fuori.
Akito pensò proprio che la figlia di Aya e Tsu, un giorno, gliel’avrebbe pagata.
 
*
 
- Stammi lontano, schifoso maschio ipocrita –
Aya era stata sempre una ragazza composta, dolce e sensibile. Evidentemente la gravidanza, oltre ad averla irrimediabilmente provata, aveva avuto un impatto alquanto negativo sulla sua bella personalità.
I ragazzi erano rimasti un bel po’ nella stanza di Aya, facendole compagnia e godendosi ogni singolo insulto che rivolgeva all’esasperante – ed esasperato -  Tsuyoshi.
Il poverino aveva le lacrime agli occhi, ma quando incontrava lo sguardo di uno dei suoi amici sorrideva, dicendo – Avevo messo in conto anche questo
Purtroppo, ad un certo punto, una dottoressa vecchia e acida, con il naso adunco e i capelli raccolti in una treccia, li aveva cacciati via dicendo che erano in troppi.
Adesso se ne stavano in sala d’attesa e Gomi leggeva un giornale sportivo, ma non sembrava capirci molto. Di tanto in tanto lanciava occhiate preoccupate all’indirizzo della sala parto e sospirava.
- Secondo voi a Tsu verrà una crisi esistenziale sentendosi insultare in questo modo? –
Fuka, sigaretta (ovviamente spenta) tra le dita della sinistra, sorseggiava con studiata tranquillità un caffè – Potrebbe darsi. Sempre che non perda la testa prima, quando vedrà la bambina –
In quel momento un urlo acuto ruppe l’aria e Aya insultò ancora il povero fidanzato – Tu, maledetto bastardo, te lo puoi anche solo sognare di avvicinarti ancora alla sottoscritta, dopo stasera –
- Hai perfettamente ragione, tesoro, ma adesso devi spingere più forte che puoi – gridò Tsuyoshi, sovrastando la voce di Aya. Sembrava che stesse piangendo.
 - Spingi la tua testa nel water e poi tira l’acqua! – gridò Aya, ansimando.
Un crack molto sinistro echeggiò nell’aria e poi...
- Mi ha rotto una mano! Mi ha rotto una mano! – urlò la voce di Tsuyoshi.
Gomi impallidì – Ma fate tutte così quando partorite? – domandò all’indirizzo delle ragazze.
Fuka, Hisae e Sana – che in quel momento se ne stava seduta sulle gambe di Akito, con la testa abbandonata sulla sua spalla – lo guardarono non male. Di più.
- Oh cara – disse Tsu a voce alta – Non hai idea di quanto io stia soffrendo – (*)
Seguì un lungo silenzio, molto eloquente e poi Tsuyoshi gridò di nuovo – Amore, spingi –
Numerose urla rimbombarono per l’ospedale, nuovi insulti, nuovi incoraggiamenti e nuovi rumori, sempre più sinistri.
Probabilmente Aya era riuscita nell’impresa di fare Tsuyoshi a pezzi.
In quel momento la futura neo mamma comunicò a tutta Tokio e dintorni che la madre di Tsu, come mestiere, faceva la passeggiatrice professionista. Giusto per essere eleganti.
- Ho appena deciso che non avrò mai un figlio – disse Fuka seriamente. Persino lei, donna tutto d’un pezzo, sembrava sconvolta in quel momento.
Akito strinse ancora di più Sana a sé e mormorò, in modo tale che solo lei potesse udirlo – Tanto meglio. Un Matsui in meno sulla faccia del pianeta –
Sana sorrise.
Improvvisamente il suo cellulare squillò e la ragazza si alzò in piedi.
- Scusate – disse, assonnata, rivolta agli amici – Vieni con me? – domandò poi ad Akito, che annuì.
Insieme si allontanarono velocemente verso una finestra di un corridoio antistante. Passando davanti alla sala parto, Aya li deliziò ancora con la sua voce.
- Disgustoso stronzo schifoso... –
 
*
 
 
Akito odiava il lavoro di Sana. Dopo più di dieci anni che la frequentava - inizialmente come amici, sempre che lo fossero mai stati, e poi come fidanzati - il concetto era ormai talmente calcificato che nemmeno martello e scalpello avrebbero potuto intaccarne l'estrema solidità.
Odiava la televisione, i riflettori e tutti quelli che facevano lo stesso lavoro della sua donna.
Insomma, finge la vita di qualcun'altro -  l'attrice - che cosa assurda, c'è già così poco tempo per vivere la propria, di vita, per quale assurdo motivo cercare di risolvere quella di un altro personaggio - peraltro inventato. Così diceva lui.
Anche in quel momento, mentre Sana stava al telefono con il signor Rei – che proprio non aveva potuto fare a meno di telefonarle nel cuore della notte – tutto quello che riuscì a fare fu costringersi a non strappare in mille pezzi il copione – di Sana, ovviamente – che stringeva tra le mani.
La ragazza l’aveva tirato fuori dalla borsa mentre parlava, gli aveva dato un’occhiata  e poi aveva cominciato a sbraitare qualcosa in merito ai costumi. O al trucco. O a qualche altra diavoleria. Poi l’aveva passato ad Akito, che avrebbe tanto voluto correre in bagno, buttarlo nel cesso e tirare lo sciacquone – proprio come aveva consigliato di fare Aya a Tsu con la sua testa.
Non riuscendo a trattenersi, sfogliò distrattamente alcune pagine : dopo aver letto appena un paio di battute, non solo gli si rizzarono i capelli sulla testa, ma desiderò uccidere qualcuno – chiunque fosse, andava bene – come mai aveva desiderato in tutta la sua vita.
Quando Sana pigiò il tasto rosso sul suo telefonino e chiuse la chiamata, gli si avvicinò, l’espressione molto testa e arrabbiata in volto.
Ovviamente, Akito in quel momento aveva altro a cui pensare.
- Hasato io ti amo e non posso vivere senza di te -
Akito decisamente faceva pena come attore. Fortuna che la sua sopravvivenza non dipendeva da quello.
Certo, il fatto che, copione di Sana stretto in mano, stesse leggendo ed intonando le sue battute con ironia, poteva - forse - influire in qualche modo sulla recitazione.
Ma neanche poi tanto.
Una risata che sembrava molto di più il latrato di un cane e riprese - Voglio fare l'amore con te. Non lasciarmi sola stanotte -
Con faccia disgustata - giusto per usare un eufemismo e non scendere nei dettagli, per decenza - Akito storse il naso e lanciò il copione su un seggiola lì vicino - E ti pagano così tanto per dire queste porcherie? - domandò secco.
Sana, ancora livida per la telefonata di poco prima, sbottò soltanto - Oh che noia Akito, non cominciare  -
Serve a qualcosa specificare che lui nemmeno l'ascoltò? Chiaramente...
- No - riprese lui - Sto parlando seriamente. E poi, siamo onesti, a Kamura esploderà il cuore quando gli dirai tutte queste paroline dolci - scherzò, divertito fino ad un certo punto.
Sana sbuffò nuovamente - Basta adesso -
Akito annuì - Hai ragione. Più che il cuore, sarebbe meglio se esplodesse lui -
Dopo di che inscenò un teatrino degno di merito : dopo un "puff" molto scenografico - che doveva rappresentare l'esplosione del povero Naozumi - Akito si lasciò cadere per terra come un sacco di patate, imitando la morte del suddetto.
Una coppia di arzilli vecchietti gli passò accanto e lo guardò come se non fosse propriamente normale : come biasimarli?
Sana rimase a fissarlo perplessa e con un sopracaglio inarcato – Hai finito? – gli domandò secca alla fine.
Akito tornò a sedersi, sul pavimento, e si finse offeso - Ma come? Non ti è piaciuto? - si lamentò - Guarda che Kamura non è l'unico che può recitare, qui - riprese con un ghigno - Ti ho appena fatto vedere che sono capace anch'io - 
Sana si puntò le mani sui fianchi – Akito sei noioso, dico davvero. Devi veramente finirla di essere così geloso di Naozumi – inclinò il capo da un lato e riprese – Disgraziatamente adesso sto insieme a te e, se solo tu me lo permettessi, vorrei continuare a starci. Quindi piantala, per piacere! –
Akito, sguardo - finto -  innocente di un bimbo colto in fallo, sbatté un paio di volte le palpebre e poi protestò – Io non sono geloso –
Sana constatò quanto, di un discorso lungo, logico e pieno di buoni propositi, i maschi fossero in grado, sempre, di captare solo i particolari meno rilevanti.
Uomini.
- Ma fammi il piacere. Potrei anche crederci, se solo fossi un tantino più convincente e poi – si interruppe per puntargli un dito contro – sei tu che tutte le mattine mi fai una scenata perché devo incontrarmi con Kamura agli studi. Lasciatelo dire, Hayama, sei ridicolo
Fu a quel punto che la discussione prese una piega completamente diversa.
Akito si alzò in piedi, l’aria divertita di pochi attimi prima, improvvisamente scomparsa – Cosa sarei io? –
Sana fece una smorfia eloquente – Hai capito benissimo –
Il ragazzo strinse i pugni lungo i fianchi e, quando parlò, la sua voce vibro di rabbia. Di tanta rabbia – Io sono ridicolo, eh Sana? – le domandò, aggressivo – Io, che sarò costretto a vedere l’ennesimo film smielato tra te e quell’idiota – Akito soppresse i tentativi di protesta di Sana, quando sentì definire il suo amico un’idiota – E mi ritroverò davanti la scena a cui ho assistito negli ultimi tre anni della mia vita, sarei ridicolo? –
Sana rimase in silenzio, giusto un secondo per concedergli – e concedersi – di chetare la rabbia spropositata che avevano dentro. Entrambi.
Poi esplose – Ti ho già detto mille volte che questo è il mio lavoro. Per me le parole e le mosse scritte sul copione, non hanno nessun significato. Ma forse – inarcò le sopracciglia, cominciando a provocare  - Dietro a questo tuo comportamento dovrei leggerci una totale mancanza di fiducia da parte tua. Cosa dici? –
E Akito la pronunciò.
Quella conferma, che in una discussione come questa non andrebbe mai data, che mette in dubbio la solidità di tutto il palazzo, lasciando le persone a chiedersi se, forse,  non ci sia qualcosa che non va nelle fondamenta stesse.
-Può darsi – le rispose soltanto.
Sana era senza parole. La rabbia era improvvisamente scomparsa, non era nemmeno delusa dalla reazione del suo ragazzo, che qualche mese prima – per l’appunto – le aveva fatto scoppiare il cuore con una tacita proposta che li avrebbe legati l’uno all’altra in eterno.
- Bene – sbottò dopo un lungo attimo – Benissimo. Se è così allora cos’altro ho da dirti? Vattene Akito. Vattene, è meglio davvero –
Rimasero immobili, a cinquanta centimetri esatti di distanza, a fissarsi negli occhi, cercando di capire il significato esatto di quelle parole.
Poi Akito scrollò le spalle.
Poi Akito infilò, con fare ribelle, le mani in tasca.
Poi Akito, dopo aver lanciato un veloce sguardo a Sana – nessuna scusa era rimasta intrappolata tra quelle ciglia – le voltò le spalle e se ne andò lungo il corridoio.
Proprio come aveva fatto tre anni prima.
 
I was a flight risk, with a fear of fallin'
Wonderin' why we bother with love
 if it never lasts
                   Mine – Taylor Swift
 
*
 
Akito se ne stava con i gomiti appoggiati al davanzale di una finestra. Guardava fuori, assorto, gli alberi che cominciavano a fiorire.
Aveva sempre pensato che la primavera non gli dispiacesse. Ed era così.
In compenso odiava l’autunno.
 
 
Scrivo il tuo nome senza il mio,
oggi nel giorno dell’addio,
anche se inevitabile,
mi chiedo ancora adesso,
“sono pronto a perderti,
a rinunciare a te?”
                   Cielo e Terra - Nek
 
L'odio che nutriva nei confronti di Naozumi Kamura non era un semplice vezzo, un passatempo divertente con cui intrattenersi nei momenti di noia.
No, non era semplicemente quello.
Dopotutto doveva pur mangiare, almeno così gli avevano detto quelle poche persone che aveva accettato di incontrare in quegli ultimi due mesi, che avevano scandito giorno dopo giorno ogni attimo passato lontano da lei.
E non la vedeva da secoli.
I polmoni si stringevano nel suo corpo e aveva spesso avuto l'impressione che respirare fosse diventato improvvisamente difficile. Impossibile. E forse anche un bel po’ inutile.
 
Senza respiro cerco te,
senza respiro e sento che
non c’è un colpevole, lo sai?
Né un innocente solo
                   Cielo e Terra - Nek
 
Era un giorno come un altro, c'era il sole e le foglie sugli alberi avevano cominciato ad ingiallire già da un bel pezzo, lasciandosi poi cadere ai piedi degli alberi e formando un folto tappeto con sfumature gialle e rosse.
Osservava quello spettacolo della natura, non riuscendo a vederlo per davvero.
 Alzò lo sguardo e un secondo dopo avrebbe preferito non averlo fatto.
Lei gli stava davanti, bella come non se la ricordava, i capelli lasciati sciolti che catturavano ogni raggio di luce che il sole ancora regalava.
Si era fermato senza nemmeno rendersi conto del suo gesto. E qualcosa dentro di lui gli suggeriva che fosse solo questione di secondo prima che lei si accorgesse di lui.
Stringeva tra le mani i sacchetti della spesa. Le mani erano strette a pugno. Granito, non pelle.
Lei non era da sola, stava ridendo alle parole di qualcuno alle sue spalle.
Un ragazzo alto, dai capelli e gli occhi chiari, che con la sua semplice presenza attirava un sacco di sguardi curiosi e innamorati. Ragazzine idiote che sospiravano a pieni polmoni.
Se non l'avesse riconosciuto sarebbe stato meglio.
Un raggio di sole gli colpì gli occhi, spostò di nuovo lo sguardo su Sana e finalmente si accorse che lei lo stava fissando a sua volta.
Vide il sorriso sulle sue labbra cancellarsi poco a poco, come la gomma su un foglio di carta che elimina le tracce del passaggio di una matita.
Alzò una mano per salutarlo e lui ricambiò con un cenno del capo.
Chissà cosa stava provando lei quel momento, quali pensieri correvano dietro quegli occhi scuri che ora cercavano di sfuggirgli.
Chissà se anche lei, dentro, si sentiva morire come lui al pensiero di non poterla più avere.
 
E ancora per  un attimo,
tra noi lo stesso battito,
quell’impressione che di nuovo sia
ancora una volta...
                   Cielo e Terra - Nek
 
- Akito? – una voce lo chiamò timidamente.
Subito dopo, la mano gentile di Tsu si depositava sulla sua spalla. Akito si voltò nella sua direzione e l’osservò per un momento.
Aveva la mano destra fasciata, l’espressione del viso stravolta, ma era davvero felice. I suoi occhi non tradivano mai.
- E’ nata la bambina? – domandò secco Akito, senza nemmeno preoccuparsi di come stesse il suo amico, a cui Aya aveva gentilmente polverizzato le ossa.
Tsuyoshi scosse il capo – No. Non è nata la bambina. È nato un maschio –
Hayama inarcò un sopracciglio – Ma come... –
- Non so, avranno sbagliato le analisi, penso –
Akito sospirò e tornò a guardare fuori dalla finestra.
- Senti... Io devo dirtelo – disse Tsuyoshi, l’aria grave in viso – Sana si è sentita male –
Il ragazzo si voltò di scatto e guardò l’amico in viso, con gli occhi sbarrati.
- Cosa? –
- Ci ha detto che avete discusso, ha avuto un giramento di testa ed è svenuta. Fortuna che siamo in ospedale, adesso i medici si stanno prendendo cura di lei – concluse, con un sorriso.
Evidentemente, Tsu ritenne di essere tranquillizzante, perché cominciò a farneticare qualcosa a proposito del bambino, che aveva gli occhi di Aya, ma che era identico a lui.
Akito lo bloccò subito – Portami da lei – gli ordinò.
E dopo un secondo di smarrimento, Tsuyoshi annuì e si avviò lungo il corridoio.
 
*
 
Sana era seduta sul letto con un fagottino azzurro tra le braccia.
- Ciao Jo – lo salutò con una voce dolce – Oh Aya, è bellissimo –  (**)
Fuka sorrise al piccolo che dormiva beato e si sporse un po’ sulla spalla di Sana per poterlo guardare bene in faccia – Sì è bellissimo. Anche se non è una femmina e assomiglia a Tsuyoshi come una goccia d’acqua –
Aya ridacchiò. Era seduta su una sedia a rotelle e, non appena aveva saputo che Sana si era sentita male, aveva mosso mari e monti per andarla a trovare.
Quando l’amica aveva riaperto gli occhi, lei e il suo bambino erano state le prime persone che aveva visto. E aveva sorriso.
- Hai deciso di cadere a terra come una pera cotta proprio oggi, eh? – Aya prese in giro Sana, congratulandosi per il suo solito tempismo.
Hisae sbuffò – Sono secoli che le dico di farsi vedere – borbottò, allungando le mani verso Sana per prendere in braccio il piccolo Jo – Continua a star male –
Alla fine, la ragazza regalò un sorriso particolarmente ebete al piccolo che riposava placidamente tra le sue braccia esili.
- Dov’è finito Gomi? – le domandò Sana, notando la mancanza di qualcuno.
Hisae sbuffò ancora – Ha detto che non gli andava di entrare perché siamo tutte donne – spiegò – Credo che arrivati a questo punto possa solo peggiorare, no? –
Le amiche risero.
All’improvviso Aya si fece seria – Allora, Sana. Ci vuoi dire cos’è successo tra te e Akito? Perché avete litigato? – chiese.
Sana rimase per un momento a fissare le lenzuola bianche del letto su cui era seduta.
Se fosse entrata l’infermiera l’avrebbe costretta a sdraiarsi, perché ancora troppo debole : quando prima le avevano fatto il prelievo di sangue, Sana si era sentita, se possibile, peggio. Lei e gli aghi proprio non andavano d’accordo.
- Allora? – incalzò Fuka.
- È sempre la solita storia, che si può riassumere  in tre semplici parole : lavoro, Naozumi, gelosia. Gelosia immotivata, aggiungerei – spiegò con un tono di voce stanco.
Le sue amiche si lanciarono veloci occhiate e lasciarono che a parlare fosse Fuka.
- Senti Sana – cominciò, secca come una bastonata in testa – sarò molto breve e schietta. Akito ha paura di perderti. Tre anni fa lui era geloso di Kamura. Vi siete lasciati e poi... Ricordi cos’è successo? – domandò acida – Con quel damerino ti ci sei messa insieme – rispose al posto di Sana – Quindi non dire che la gelosia di Akito è immotivata. A te, ora come ora, Naozumi potrà non interessare. Ma tu a lui piaci Sana. Lo sappiamo tutti e anche te. Quindi, se potessi darti un consiglio, ti direi di stargli alla larga, se puoi –
Aya annuì con vigore.
Hisae se ne infischiò altamente della bella morale di Fuka e cominciò a cullare Jo, percorrendo a piccoli passi la stanza di Sana.
- Ha una paura folle di perderti – confermò Aya, annuendo e allungando una mano per accarezzare il viso di Sana – Quando vi siete lasciati, un giorno io e Tsu siamo andati a trovarlo a casa sua. Non mangiava, non dormiva, non si lavava... –
Hisae parve disgustata da quell’ultima notizia.
- Cerca di venirgli incontro, Sana. Adesso vi siete ritrovati. Non potete rovinare tutto, di nuovo – mormorò Aya, abbassando lo sguardo.
Prima che Sana potesse dire alcunché, entrò la dottoressa con una grossa cartella medica tra le mani – Ho qui i risultati delle analisi –
Calò il silenzio, interrotto soltanto da una breve risatina di Sana, che evidentemente si faceva beffe della propria salute – Ebbene? – domandò.
La dottoressa parve incerta, non sapeva se fosse conveniente o meno parlare davanti a tre sconosciute più il bambino.
Sana sbuffò – Sono mie amiche. Può confermarmi che ho avuto solo un banale calo di zuccheri dovuto alla stanchezza, davanti a loro? Così la pianteranno di tormentarmi l’anima –
La dottoressa scambiò uno sguardo feroce con Hisae, che la stava guardando come se fosse stata un insetto ripugnante e poi parlò – Lei è incinta. Già da tre mesi a dire il vero, non capisco come abbia fatto a non rendersene conto prima. Congratulazioni – disse, mentre un gigantesco sorriso compariva sul suo viso.
A questo, risposero solo quattro bocche spalancate.
Poi Jo cominciò a piangere.
 
*
 
- Posso entrare? –
Sana fece un cenno brusco del capo. Se ne stava seduta sul davanzale della finestra della sua stanza e fissava fuori.
Akito, poteva vederlo dal riflesso del vetro, se ne stava in piedi accanto al suo letto, contorcendosi nervosamente le mani, come in preda ad uno spasmo.
- Tsuyoshi mi ha detto che... –
- Che cosa vuoi Akito? – lo interruppe bruscamente, voltandosi verso di lui per guardarlo in faccia. Lui abbassò gli occhi, colpevole, e scosse il capo.
- Sapere come stai –
- Incinta –
- Ah –
Non aveva accennato nessun segno di sorpresa, non aveva spalancato gli occhi e nemmeno la bocca, non aveva cominciato a gridare e non le aveva nemmeno chiesto come fosse possibile. Infine, non si era nemmeno dimostrato felice per la notizia.
- È tutto quello che hai da dire? – domandò caustica Sana. Quando Akito non rispose, lei proseguì – Adesso ti spiego come ci si dovrebbe comportare in queste situazioni. La maggioranza di voi maschi sviene. O urla. O si spaventa. O domanda con aria sconvolta come può essere successo – fece una pausa significativa. Come se ci fossero poi tutti questi modi di concepire un bambino – Poi ci sono quelli che sono felici della notizia, come lo fu Tsu all’epoca. Ecco, a quel punto, di norma, si sorride, si scoppia in lacrime e si comincia a dire cose senza senso – era talmente arrabbiata. Eppure, poche decine di minuti prima, la dottoressa le aveva detto che era meglio evitare forti emozioni. Rabbia inclusa – Ho dimenticato qualcosa? – si domandò, fingendo di pensarci – Ah, ma certo. Poi ci sei tu. Tu non dimostri emozioni nemmeno quando ricevi questo genere di notizie. Già perché, per la cronaca, tu sei il padre di questo bambino, Akito –
Rimase in silenzio, ansimando, attendendo una risposta. Doveva calmarsi, doveva respirare, doveva regolarizzare il battito del suo cuore.
Non che fosse possibile – o forse sì? – ma sentiva che qualcosa dentro di lei soffriva per quella situazione.
- Tu come hai reagito? – domandò Akito ad un certo punto.
Sana rimase spiazzata. Lo fissò diffidente – Ho avuto una paura pazzesca perché mi sono sentita sola – ammise candidamente – Tu te n’eri andato, di nuovo – precisò infine.
Fu come averlo schiaffeggiato più volte. Vide Akito barcollare, prima di avvicinarsi precipitosamente verso di lei.
- Io non voglio che tu muoia –
Okay, quello sì che riuscì a sorprenderla per davvero. Strabuzzò gli occhi e lo guardò come se fosse stato pazzo – Ma che dici? – sbottò, seccata.
Lui alzò lo sguardo per permetterle di studiargli gli occhi. E lei capì.
“ Mia madre è morta dandomi alla luce”. Sembrava ieri quando Akito le disse quella scomoda verità, che aveva fatto di lui un demonio. E un bambino infelice.
Si sentì un macigno sprofondare sull’anima e si maledì per essere stata così fredda con lui, poco prima.
Sana si alzò in piedi, gli andò incontro e lo abbracciò forte. Non passò molto prima che le sue braccia corsero a stringerla intorno alla vita.
- Oh Akito – sospirò Sana – Andrà tutto bene. Quello che è successo a tua madre è stato terribile, ma... Lei era molto cagionevole, ricordi? (***) Io sono sana e forte – gli spiegò ridacchiando.
Sentì le spalle di Hayama rilassarsi sotto le sue mani.
- Sul fatto che tu sia forte avrei da ridire qualcosa – borbottò Akito, scostandosi da lei per poterla guardare negli occhi.
- Hayama, senti... –
- No stammi a sentire tu. Io mi fido di te, davvero. È solo che Kamura ti gira intorno come un cane in calore e a me non va giù. Okay, sono geloso – ammise, sorprendendo Sana e facendola sorridere – Ma io mi fido di te – ripeté, spalancando gli occhi come a voler essere più credibile.
Sana si crogiolò per un attimo in una sensazione piacevole : Akito era geloso e in più si fidava di lei. Due ammissioni in un colpo solo, quando mai sarebbe ricapitato?
Si riprese bruscamente dopo un po’ – Comunque io stavo per dirti una cosa, prima che mi interrompessi
- Ho chiamato Rei. Io... non reciterò più con Naozumi in quel film. Anzi... Per un po’ mi prenderò una pausa dal mondo dello spettacolo, esclusa la trasmissione pomeridiana –
Akito rimase a fissarla incredulo per alcuni secondi.
- E’ per quello che ti ho detto io? – domandò, indecifrabile.
- Anche – ammise Sana – La realtà è che ho capito cosa è più importante per me –
 
Braced myself for the goodbye
'Cause that's all I've ever known
Then you took me by surprise
You said, "I'll never leave you alone"
                            Mine – Taylor Swift
 
Akito stette zitto per un lungo istante e poi le si avvicinò. Allungò la mano destra per accarezzarle la pancia – Quindi... è vero? – domandò.
Sana inarcò un sopracciglio – Presumo di sì -
Il ragazzo si inginocchiò ai suoi piedi, le sollevò di un po’ la maglietta e posò un orecchio sulla sua pancia – Sento qualcosa – sussurrò.
A Sana venne il magone – Davvero? –
- Sì – lo vide ghignare e fissarla negli occhi beffardo – Sento il tuo stomaco che brontola. Hai fame Kurata? –
Prima che Sana riuscisse ad insultarlo, a picchiarlo, a ucciderlo, come si sarebbe ampiamente meritato, Akito parve realizzare qualcosa che fino a quel momento non aveva ancora preso in considerazione. L’afferrò bruscamente per un braccio e la costrinse a sedersi sul letto della stanza.
- Tu non devi stare in piedi – sbottò – Devi stare a riposo –
Sana si sentì spingere con non poca delicatezza verso il guanciale e poi una leggera coperta di cotone bianca le venne tirata fino al naso.
Si inalberò – Non diventerai il Tsuyoshi della situazione adesso? – sbottò contrariata.
Akito la ignorò completamente – Taci – le ordinò – Se lui sta dormendo lo sveglierai con queste tue urla da gallina –
Sana chiuse gli occhi e sorrise. Sopportare un Hayama così per i sei mesi a seguire non sarebbe stato affatto facile, l’avrebbe coccolata e viziata (a modo suo, ovviamente) fino all’esasperazione.
Ma ad essere completamente sinceri, a Sana non dispiaceva per niente.
 
Hold on, we'll make it last
Hold on, never turn back
(…)
Hold on, do you believe it?
Hold on, we're gonna make it now
Hold on, and I can see it
                   Mine – Taylor Swift
 
*********************************************************************
 
(*) Frase ripresa dalla nona stagione di Friends. Il contesto era esattamente identico e ovviamente non ho potuto non ridere.
(**) Dato che in giapponese non ho trovato nessun nome che per assonanza potesse ricordare quello di “Giada” , la meravigliosa bambina di una mia amica, ho optato per Jo. Quindi il bimbo di Aya e Tsu è un omaggio alla mia stellina.
(***) Mi pare che lo dicesse Tsuyoshi a Sana in un episodio dell’Anime.
 
 
Devo scusarmi.
Non c’è alcun tipo di dubbio in merito, devo assolutamente scusarmi con tutte voi lettrici meravigliose per l’atroce ritardo con cui aggiorno.
La verità, sempre che a questo punto vi interessi, è che finalmente ho trovato un lavoro che mi piace, dove vengo trattata come un essere umano e non come uno straccio (lunga, lunghissima storia). Questo è il pro, il contro è che alla sera quando arrivo a casa sono davvero stanchissima – senza contare che, ad onor del vero, ultimamente a casa ci sono stata pochissimo, tra dentisti, spese, commissioni e affetti a cui proprio non posso rinunciare e mettere da parte.
Stamattina mi sono detta “aggiungi le due canzoni che devi aggiungere e posta”.
Dico davvero, alcune sere il PC nemmeno lo accendo perché mi viene il rigetto – pensate, otto ore di lavoro ormai si svolgono davanti ad un computer e quindi meno lo  vedo per il resto del tempo e meglio è.
 
A proposito delle canzoni, una citazione particolare va a “Cielo e Terra” di Nek che per me ha significato molto in un periodo non proprio felice della mia vita. O.O oddio quanto sto invecchiando! :D
 
Tanto per dirne una, oggi è sabato ma devo già uscire (la mia vita è come la pubblicità della Fiesta ultimamente) e perciò non riesco nemmeno a postare i ringraziamenti per le vostre recensioni stupende.
 
Il prossimo capitolo è l’ultimo e quindi ci saranno, promesso – anche perché, direi, nell’ultimo capitolo i ringraziamenti sono obbligatori, o no?
 
Comunque sia vorrei che ryanforever, roby5b, dancemylife, Deb, So smile, Bettinella, Midao, Ili91, Castiel (due canzoni nel testo, apposta per te), Smemo92 e Lisa Lawer si stritolassero con le proprie braccia immaginando che sia io ad abbracciarle, con tantissimo affetto per la pazienza che trovano ogni volta per scrivermi – e per aspettarmi, dato che ci metto i secoli ad aggiornare.
 
Davvero, grazie mille di tutto.
 
L’altra mia fiction in stato di avanzamento, “Four Seasons” è bloccata, ho una tempesta di idee al giorno, ma alla sera, quando vorrei mettermi a scrivere, mi addormento. Devo trovare un mio nuovo equilibrio – lo dico sempre, ma non lo faccio mai :D
 
Per ora è tutto, spero di risentirci al più presto con il nuovo capitolo.
 
Una nuvola di baci – dato il tempo uggioso

Gillywater
 

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Capitolo 11
*** Truly, madly, deeply ***


Regalo di Natale in ritardo per Kim e tutte le mie lettrici adorate.
Una nevicata di auguri ritardatari e la speranza di un felicissimo anno nuovo.
Gil.


SHE IS
 
Epilogo : Truly, madly, deeply
 

Oh can you see it baby?
You don't have to close your eyes
'Cause it's standing right here
before you
All that you need with surely come
 
                   Truly Madly Deeply – Savage Garden
 
- Io non credo proprio di essere pronta ad avere questo bambino-
Un urlo disumano rimbombò per le pareti dell’ospedale, trapassò gli spessi muri di cemento armato e si espanse a macchia d’olio per le strade.
Di lì a qualche secondo tutta la città di Tokio seppe, nell’ordine, che Sana Kurata voleva maledire Akito Hayama, non solo per averla deflorata anni addietro quando erano entrambi due puppattoli con il latte alla bocca, ma anche per averla contaminata con una fedele riproduzione della sua persona; che Sana Kurata dubitava della serietà della sua ginecologa; che Sana Kurata non avrebbe mai acconsentito affinché il suo bambino (maschio o femmina, ma soprattutto maschio, che fosse) venisse al mondo.
- Sana, devi essere coraggiosa. Ce l’abbiamo fatta tutte! –
Sana spostò lo sguardo furioso su Fuka e parve volerla incenerire con gli occhi – per una volta la scena tra loro era al contrario.
- Hai mai fatto uscire qualcosa di grosso come un cocomero attraverso un buco largo come un limone, Matsui? – (*)
Fuka sussultò e scosse il capo energicamente. Alzò le mani, come avrebbe fatto un assassino che cerca di dimostrare al poliziotto di essere disarmato.
Nella fattispecie, Sana era il poliziotto e Fuka l’assassino. Doveva difendersi.
- Beh, no! – proferì e allo sguardo lampeggiante di Sana aggiunse – Però anche Aya ha partorito ed è sopravvissuta. Anche mia madre. Insomma, guarda quanti siamo in giro –
Quel genere di discorso, Sana ricordava di averlo già avuto qualche mese prima con sua madre, subito dopo aver scoperto di essere incinta.
 
*
 
- Mamma. Mamma sono incinta –
La signora Kurata ebbe un sussulto tale da far sembrare l’esplosione di una bomba atomica solo un lieve tremore.
- Mamma, ho paura. Non riuscirò mai a mettere al mondo un figlio. È impossibile, non sopravvivrò -  concluse, con aria melodrammatica, sprofondando tra i cuscini scarlatti del divano di casa.
Giusto qualche settimana prima, Misako era stata travolta da uno schizzo ed aveva deciso di rivoluzionare tutto l’arredamento domestico.
La signora Shimura,  nascosta in corridoio, dietro la porta di quercia, ascoltava la conversazione con un bicchiere di vetro, indecisa sul da farsi.
- Vedi Sana, non ti devi preoccupare di questo – spiegò la signora Kurata con un tono estremamente calmo  e consolatorio – Diventare madre è l’esperienza più bella per una donna – sembrò pensarci su e poi aggiunse – Non che io abbia una personale esperienza nel campo, ma ho visto partorire un sacco di donne quando mi aggiravo tra gli ospedali, nel tentativo disperato di trovare un bambino da rubare –
Lo sguardo allucinato di Sana cadde nel vuoto. La madre stava sorseggiando con una calma pazzesca il suo tè e lungi da lei era il sollevare lo sguardo sulla figlia sconvolta.
La signora Shimura non avrebbe mai immaginato che Misako fosse dedita a certe inclinazioni. Rubare un bambino? Era da folli. In quell’esatto momento, Sana formulò una domanda che le fece capire come non si potesse mai porre limite al peggio.
- Non si può comprarne uno? Bisogna per forza metterlo al mondo? –
Misako scoppiò a ridere e appoggiò la tazza sul tavolo perché troppo scossa dai sussulti – Non essere sciocca, cara – disse – La compravendita di bambini è illegale : credi che non mi sia mai informata al riguardo? –
La signora Shimura roteò gli occhi al cielo.
- Comunque sia – riprese la donna – devi stare assolutamente tranquilla, Sana. A parte le contrazioni, il sangue, il leggero dolore e le fitte post-parto, mettere al mondo un figlio è la cosa più bella del mondo – ripeté per la seconda volta, non accorgendosi ovviamente del fatto che Sana fosse entrata in trance, che fosse impallidita e che avesse cominciato a dondolarsi avanti e indietro come un alcolizzata che si presenta per la prima volta in comunità.
- Oh cara – proseguì sorridendo, mentre Maro lo scoiattolo si lanciava in una pantomima che vedeva una novella mamma cullare il proprio bambino – Sono così felice per te –
Misako si lanciò verso Sana e l’abbracciò forte, nascondendole così un paio di lacrime che rilucevano agli angoli dei suoi occhi.
In quel momento la signora Shimura non riuscì a trattenersi, entrò nella stanza e buttò le braccia al collo di Sana, cominciando a piangere come una matta.
- Ma signora Shimuracercò di dire Sana, ma quando le due donne cominciarono a frignare molto rumorosamente, la sua voce venne totalmente coperta.
In quel momento, Rei fece capolino dalla porta.
– Che cosa succede? – domandò con aria stralunata
La signora Kurata non si voltò nemmeno a guardarlo, gli fece un veloce cenno con la mano per invitarlo ad avvicinarsi – Oh Rei. Sana aspetta –
Rei corrugò le sopracciglia – Aspetta? –
- Sì, sì. Aspetta –
- Ma che cosa? –
Misako si decise finalmente a guardarlo severa – Un bambino ovviamente –
Rei divenne cianotico e per un momento parve indeciso se essere felice per Sana o furioso con Hayama perché, senza ombra di dubbio, era lui il responsabile di quella faccenda : da che mondo è mondo i bambini non nascono da soli e al diavolo le fandonie che si raccontavano. Una cicogna non sarebbe mai stata in grado di trasportare un pupo, se non per papparselo e sputacchiare fuori le ossa prima di digerirlo, e sotto i cavoli, volendo esagerare, potevano trovare riparo soltanto topi o lombrichi.
Tralasciando quindi il fatto che metà della colpa dell’indicibile gesto fosse anche di Sana, Rei decise in quattro e quattr’otto che avrebbe fatto pagare caro ad Hayama quell’innegabile mancanza di rispetto nei suoi confronti.
Hayama avrebbe dovuto chiedere la mano di Sana, pensava Rei, ignorando il fatto che il Medioevo fosse già passato da un pezzo.
Dopo quindici lunghi minuti, si decise ad avvicinarsi a Sana per abbracciarla forte a sé. Non era cambiata poi molto da quando aveva dieci anni e si accoccolava tra le sue braccia per addormentarsi.
- Sentite – Sana si decise finalmente a parlare – non riuscirò a mettere al mondo nessun bambino se non vi togliete di dosso –
Quando quel campanello di persone, che era la sua famiglia, capì che nonostante tutto la ragazza necessitava ancora dell’ossigeno per poter sopravvivere, la liberò.
Sana si concesse un sorriso soltanto alla fine.
 
*
 
Sana, con i capelli umidi appiccicati alla fronte e Fuka al suo fianco che tentava di tranquillizzarla, valutò per un attimo le parole di sua madre.
Contrazioni e cos’altro? Leggero dolore.
In un altro momento si sarebbe definita maleducata per aver solo pensato una cosa simile, ma Sana realizzò che fosse abbastanza evidente la mancanza di esperienze di Misako nel campo.
 
Quando le si erano rotte le acque era agli studi televisivi, insieme a Rei. Aveva appena firmato un contratto che la scioglieva da qualsiasi impiego di lì a tre anni, quando aveva sentito un certo umidore in basso. Volgendo gli occhi a terra, non aveva potuto fare a meno di notare l’oceano che si apriva sotto di lei. Rei l’aveva scaraventata in macchiane e portata all’ospedale in un momento. Adesso lui sonnecchiava su una poltroncina della sua stanza.
La dottoressa che in quel momento la stava visitando, guardò prima Sana, poi Fuka e poi Rei ed esordì, in tono melodrammatico, dicendo – Tre centimetri
Sana alzò gli occhi al cielo e maledisse qualcuno lassù : considerando che stava lì già da secoli, si rese perfettamente conto che per raggiungere i tanto agognati dieci centimetri avrebbe dovuto attendere millenni.
Si lasciò sprofondare ancora di più nei candidi cuscini, depressa – Ma insomma. Non si possono velocizzare le cose? –
- Non è come andare a fare la spesa, Sana. Devi avere pazienza –
La voce che pronunciò quelle ignobili parole, che avrebbe pagato la sua stupidità a suon di insulti e calci (non appena Sana ne avesse avuto le forze), proveniva da Aya.
Lei, Tsuyoshi e il piccolo Jo avevano appena fatto irruzione nella sua stanza. Il suo rifugio cominciava a riempirsi un po’ troppo, Sana lo intuì dall’occhiata sprezzante che la dottoressa lanciò a tutti loro prima di andarsene.
All’epoca, Aya aveva trovato un modo tutto suo di incoraggiare Sana al parto.
 
*
 
- Ecco qui le patatine al peperoncino che mi hai chiesto Sana – disse Tsuyoshi, depositando un sacchetto bianco sul tavolino del salotto e allontanandosi verso la porta di ingresso, con il piccolo Jo nel marsupio che dormiva. Il ritratto della felicità, per davvero.
Afferrò una giacca leggera e la indossò : la primavera era esplosa per le strade della città e invogliava a fare lunghe camminate per negozi.
- Allora vi lascio alle vostre faccende – proseguì Tsu – io e questo giovanotto ce ne andremo a comprarci qualcosa di nuovo. Vero, mostriciattolo? – domandò, con una vocetta che, Sana ne fu certa al mille per mille, non avrebbe mai e poi mai sentito uscire dalla bocca di Akito.
Jo sembrò aprire per un momento gli occhietti, per registrare le ombre che si muovevano aldilà delle sue palpebre; fece poi una smorfia con il faccino, aggrappandosi con le manine alla giacca di Tsu e riprendendo a dormire.
A Sana si strinse il cuore notando lo sguardo che Tsu gli lanciò, prima di uscire di casa. La ragazza si voltò verso Aya, che in quel momento stava uscendo dalla camera da letto con tante coperte, tutine e sonaglini tra le braccia.
Tra le pance delle due ragazze c’era una relazione inversamente proporzionale: mentre quella di Aya andava via via sgonfiandosi con il trascorrere dei mesi, quella di Sana aumentava a dismisura.
 - Sai Aya – disse Sana con un sorriso – credo che Tsuyoshi si sia innamorato di un altro, precisamente di tuo figlio –
Aya sorrise distratta, mentre metteva alcuni giochi di Jo a lavare – Tsu è molto preso dal bambino. Oserei dire che i primi tempi ci teneva più lui di me. Non è facile svegliarsi una mattina e capire che a questo mondo non sei più da solo, ma che avrai qualcuno che dipenderà da te per tanto, tanto tempo. È una cosa strana – concluse, andandosi a sedere di fianco a Sana.
Per allentare quella dolce tensione che si era andata a creare tra loro, Sana appoggiò una ciotola di petali di rosa profumati sul suo enorme pancione e giocò a tenerlo in equilibrio.
-Ehi, Aya – la chiamò, mentre quella trafficava con il telecomando – Guarda –
L’amica sorrise ancora – Allora, Sana, adesso ti faccio vedere quel video che volevi. Me l’aveva passato una collega poco prima che nascesse Jo. Riuscì a tranquillizzarmi davvero molto –
Sana sospirò e si ficcò in bocca una manciata di patatine. Dieci secondi dopo che Aya ebbe schiacciato “play” se ne pentì per davvero e cominciò a valutare quale fosse il concetto equivalente per Aya di “tranquillizzare”.
Quando Sana pensava alla tranquillità, le veniva in mente una distesa di sabbia bianca e fine che si confondeva, ad un certo punto, con il mare blu. Il sole, il caldo, l’abbronzatura e magari anche un bel romanzo da leggere, sorseggiando una limonata.
Sana per tranquillità non intendeva, di certo, sangue, urla e – chissà cos’era? – qualcosa che sembrava una testa che sbucava fuori come un topo da una tana.
- A... Aya – balbettò, portandosi le mani agli occhi per non vedere ancora – Ti prego spegni –
L’amica si voltò verso di lei e alzò un sopracciglio – Non dirmi che hai paura, Sana –
Quella sbarrò gli occhi – Paura? E perché dovrei averne? –
Aya rise ancora.
- Forse è meglio che rimanga tutto una sorpresa fino al gran giorno –
 
*
 
Sana rabbrividì.
Si voltò verso Tsuyoshi e ringhiò – Dove cazzo è lui? –
Tsu e Aya si lanciarono un’occhiata nervosa e poi lui sorrise – E’ ancora sotto shock, in bagno. Gomi sta cercando di tirarlo un po’ su con l’aiuto di Hisae, ma non è semplice –
Sana sbuffò.
Se il futuro suo, del suo bambino e di Akito dipendeva da Gomi, poteva dirsi tranquillamente spacciata.
 
*
 
- Quando Akito dice che sei incinta, intende forse che tra qualche mese nascerà un bambino? –
Gomi fece svolazzare un cucchiaino ricolmo di cereali e di latte fino alla bocca e poi mandò giù. Alla fine guardò Sana e fece uno sguardo molto interrogativo.
Quella mattina, Hisae le aveva dato buca e Akito era dovuto uscire un attimo per comprarle fragole con panna, di cui lei aveva disperatamente voglia.
Era rimasta da sola con Gomi, che era venuto a fare una visitina ad Akito, ovviamente dimentico del fatto che Hayama dovesse poi andare a lavorare.
Gomi non pareva comprendere a pieno i concetti basilari dell’esistenza umana, in effetti.
Sana inarcò un sopracciglio – Conosci un altro modo di essere incinta, per caso? –
Quando Gomi cominciò a fissare il soffitto, tentando di trovare una risposta, Sana scosse la testa sconsolata.
 
*
 
- Comunque sia – sibilò – E’ meglio per lui che si faccia vivo entro cinque minuti o questo bambino non avrà un padre. Giuro che sarà così se non si fa vivo entro cinque minuti –
In quell’ultimo lasso di tempo che Sana concesse ad Akito, arrivarono anche la signora Misako e la domestica, la signora Shimura, seguite da Natsumi e il signor Hayama.
Questi ultimi lanciarono a Sana un sorriso raggiante e si guardarono intorno perplessi, notando la mancanza di qualcuno evidentemente fondamentale.
 
*
 
- Scusate, ma com’è successo? –
Il signor Hayama passò lo sguardo da Akito a Sana e viceversa.
Nat, al suo fianco, alzò gli occhi al cielo e parve cominciare a pregare con la mente.
-Ehm – cominciò Akito – Non c’è un solo modo per concepire un bambino, papà?-
Il signor Hayama lo fissò, valutando la realtà delle cose : suo figlio aveva ragione.
- Sì – borbottò infine – Ma io non credevo che tu e Sana praticaste quella certa cosa
Sana arrossì di botto.
Akito si portò una mano agli occhi.
Natsumi scoppiò a ridere – Papà, hanno ventiquattro anni. Credi che passino il tempo a guardarsi nelle palle degli occhi, scusa? –
La sorella di Akito avrebbe passato la storia come la ragazza più ragionevole del pianeta.
- No di certo – rispose l’uomo, assottigliando le labbra che sparirono sotto i suoi enormi baffi neri – Ma ci sono così tante cose che si possono fare. Andare al cinema, per esempio –
Il signor Hayama cominciò a delirare e i ragazzi lo ignorarono. Avrebbero potuto riprendere il discorso in qualsiasi altro momento, ma non quello.
Nat si avvicinò di più a Sana e le sorrise – Non preoccuparti. È contento per il bambino, ovviamente, è solo sconvolto perché non credeva che tu e Akito faceste... –
- … andare a prendere un gelato... -
Akito la interruppe e agitò le mani – Sì, abbiamo capito Natsumi, davvero –
La sorella lo ignorò – Ti hanno già detto quand’è il termine, Sana? –
- Sì, il primo settembre –
- … praticare dello sport in mezzo alla natura … -
Nat corrugò la fronte e parve pensarci su – L’avete concepito il giorno di Natale? –
Sana arrossì ancora di più. Akito sbuffò seccato.
- Ho capito, ho capito, la smetto -  allungò una mano per posarla sulla pancia di Sana – Non posso credere che avrai un bambino con mio fratello, Sana. Io sarò la zia, capisci? –
Sana sorrise e annuì : certo che capiva. Non era mai stata famosa per essere sveglia, ma certe cose riusciva ancora a realizzarle.
- … fare lunghe passeggiate nel parco … -
- Oh Sana, non vedo l’ora di andare in giro per negozi con te a comprare tutto il necessario – esultò, gli occhi che lampeggiavano pericolosamente.
Akito avvertì un forte senso di nausea – al posto di Sana.
- Anch’io Nat –
- Gli comprerò un sacco di giocattoli. Non vedo l’ora – ripeté, schioccando a Sana un bacio sulla guancia.
 - … fare del volontariato per i poveri bisognosi … -
Fu solo quando Sana disse – Se vuoi possiamo andare subito a dare un’occhiata a qualcosa – che Akito cominciò ad avere davvero paura. Di entrambe.
Con che cosa sarebbero tornare a casa?
Nat saltò in piedi con aria sognante – Cosa aspettiamo? Andiamoci subito –
- … andare a curare i giardini … -
I tre ragazzi valutarono con un’occhiata quell’ultima uscita del signor Hayama: andare a curare i giardini?
Sana si tirò su a sedere e guardò Akito – Vuoi venire con noi? –
Il ragazzo corrugò la fronte per un attimo e si concentrò – No – disse dopo un lungo momento – Credo che rimarrò qui con mio padre, voi... Voi andate pure – concluse, facendo gesto ad entrambe di sparire dalla sua vista.
Rimase così, cianotico e sconvolto come il signor Hayama, sul divano.
- … fare lunghe chiacchierate … -
 
*
 
Qualche secondo dopo irruppero anche Gomi e Hisae, rigorosamente per mano : nessuno sapeva perché, ma i due avevano assunto quella strana abitudine da un mesetto a quella parte, e nessun sano di mente osava domandare il perché.
Quando la dottoressa tornò a controllare Sana, impallidì dalla rabbia.
- Nove... Dieci... Undici contando anche il piccolo – borbottò, osservando attentamente tutti i presenti nella stanza – Questa è una stanza d’ospedale, non la stazione centrale! – esclamò furiosa – Tutti fuori, solo il padre può restare – disse secca, facendo un veloce cenno del capo a Rei che osservava la scena con sguardo assonnato.
Tutti i presenti si voltarono verso di lui e poi verso la dottoressa, non propriamente certi di aver capito bene cosa quella intendesse dire.
Sana si infuriò – Ma non è lui il padre, il padre è... –
In quel momento una dodicesima testa, bionda per la precisione, entrò nella stanza.
- Sono io il padre – disse solamente, seccato e quanto mai furioso per il fatto che Rei fosse stato scambiato per lui.
La dottoressa parve valutare la situazione e poi sbottò – Tutti fuori allora, via. La ragazza ha bisogno di tranquillità, non del vostro continuo cianciare –
Quando le dieci teste, più quella del piccolo Jo che riposava beato tra le braccia della sua mamma, se ne furono andate, Sana si voltò verso la dottoressa e le sorrise.
- Grazie –
Quella rispose con un singolare annuire e uscì dalla stanza per concedere ai futuri genitori un po’ di privacy.
Futuri genitori... Al solo pensiero, Sana rabbrividì. Quando guardò Akito, furono altre le emozioni che presero il sopravvento dentro di lei.
Rabbia...
- Ma dove diavolo eri finito? –
Astio...
- Te la stavi facendo sotto perché hai paura di diventare padre? Vorresti lasciare solo a me questa responsabilità, Akito? Vorrei ricordarti che questo bambino l’abbiamo concepito insieme –
Preoccupazione – subito dopo aver costatato lo stato dei capelli di Akito, della sua maglietta e del suo sguardo.
- Ma che cosa ti succede? –
Akito scosse il capo, brusco, e come di regola non rispose a nessuna delle sue domande. Andò a sedersi sul bordo del suo letto e le prese una mano – Come stai? –
Sana lo fissò male per alcuni istanti e poi si riscosse – Come devo stare? Quelli che dovevano essere lievi dolori, stando a sentire mia madre, sono peggio di una serie di bastonate sulla schiena e, stando a sentire la dottoressa, non sono ancora dilatata abbastanza – disse secca – Sono qui da ore
Akito rimase serio e le passò una mano sulla fronte per scostarle i capelli appiccicati; la mano scivolò poi sulla sua guancia e si chinò per darle un bacio a fior di labbra.
- Non vedo l’ora di averlo con noi – disse solamente e Sana si sentì esplodere tutto dentro.
- Anch’io – riuscì solo a rispondere.
La tiritera del “è  tutta colpa tua se sono in queste condizioni”, se la sarebbe tenuta per il parto vero e proprio, decisamente.
Per il momento, Sana preferì di gran lunga stare lì a fissare negli occhi Akito, a sognare loro due e il loro bambino.
 
*
 
- Dite che lo ucciderà sul serio? – domandò Gomi, continuando a girare a vuoto per la sala d’aspetto. Sana aveva appena minacciato Akito di morte ed era stata così carina da renderlo noto a tutti coloro che stavano in ascolto.
- No, ma se continui così dico che farai un buco nel pavimento – rispose Hisae.
Dopo la bellezza di quattordici ore e ventisette minuti, Sana era stata trasferita in sala parto : la sua dottoressa aveva annunciato felicemente a tutto l’ospedale e dintorni cittadini che la ragazza aveva raggiunto la dilatazione massima.
Per qualche strana ragione, Gomi fece una smorfia, al ricordo.
Il signor Hayama era bianco come un cencio e mormorava tra sé e sé come un posseduto. Natsumi tentava disperatamente di calmarlo.
In quel momento, la voce acuta di Sana stava rivolgendo un epiteto irripetibile in qualunque contesto ad Hayama. Se solo si fossero concentrati, avrebbero sentito le ossa delle mani del ragazzo che venivano distrutte dalla presa ferrea di Sana.
- Addirittura? – ridacchiò Tsuyoshi, accarezzando la testina di Jo, appoggiata sul seno della mamma.
- Sei tu la causa di tutto. Che tu sia dannato, Hayama. Tu non potrai mai capire quello che sto provando io in questo momento! – ululò Sana, talmente forte che una famiglia poco distante da loro tappò le orecchie ai bambini e se ne andò di corsa.
- Direi che è abbastanza logico – Fuka commentò l’ultima perla di Sana picchiettandosi il mento con le dita.
Dopo una sequela infinita di insulti, ai quali Akito rispondeva con sonori incoraggiamenti a spingere più forte,  Così la pianterai una buona volta di insultarmi” – i due trovavano una scusa per litigare in qualsiasi momento, persino quello – si udì il pianto di un bambino.
Improvvisamente, calò il silenzio più assoluto e sui volti di molti si disegnò un sorriso.
 
*
 
- Ma come sarebbe a dire che è una femmina? Avete sbagliato? Ancora? – urlò Sana, memore dell’indimenticabile faccia di Tsu, quando gli avevano detto che quella che doveva essere la sua principessa era in realtà un maschietto.
- Io non ho pensato a nessun nome da femmina! – continuò imperterrita Sana, cominciando a piagnucolare un po’, come se quello fosse il problema maggiore.
Secondo l’infermiera era normale avere crisi isteriche dopo il parto.
- Kurata, calmati – le disse Akito, posandole una mano sulla spalla e spingendola indietro contro i cuscini – Non ti hanno mica detto che ha tre occhi – disse.
- Ma... Ma... – balbettò Sana, come se avesse dovuto trovare a tutti i costi qualcosa che non andava.
Tutte le sue proteste cessarono quando un fagottino rosa le venne depositato con dolcezza tra le braccia da un infermiera.
Sana fissò la piccola che teneva gli occhi chiusi e che muoveva le manine, molto probabilmente per lamentarsi di tutte quelle urla che provenivano direttamente dalla sua mamma.
La ragazza si voltò di scatto verso Akito – L’abbiamo fatta noi – disse soltanto.
- Sì – rispose quello, ironicamente – Sì, mi pare di ricordare la mia presenza, quella notte –
Sana arrossì di botto e si irrigidì.
Akito allungò cautamente una mano verso la piccola e  le sfiorò una manina; quella, per tutta risposta, gli afferrò l’indice e non lo lasciò andare più. Il ragazzo sussultò, visibilmente scosso dentro da qualcosa che aveva un nome, ma che lui non aveva mai considerato.
Una volta, da qualche parte, aveva letto che quando un figlio ti aggancia un dito per la prima volta, ti ha agganciato per il resto della vita. (**)
Semplicemente, lui non credeva che potesse succedere così in fretta.
- E’ forte – mormorò mezzo intontito – Mi sta stritolando un dito –
Sana rise – Non dire fesserie Akito. È ancora troppo piccola –
La ragazza realizzò solo in quel momento che ciò che teneva tra le braccia, quel corpicino piccolo e caldo che si muoveva appena, avvolto dal tepore di una copertina rosa, le aveva fatto compagnia ogni singolo secondo di quegli ultimi nove mesi.
La strinse un pochino di più contro di sé e la piccola appoggiò la testa sul suo petto. Sana sperò che il rumore del suo cuore che picchiava per poter uscire non la disturbasse.
- Credi sia possibile, Akito, vedere qualcuno per la prima volta e capire di volergli già così bene che saresti disposto a tutto? – domandò lei, allora.
Lui era ancora imbambolato a fissare la bambina. Aveva la pelle chiarissima, le manine così piccole, proprio come i piedini, e aveva lo stesso naso di Sana. Per di più faceva le stesse smorfie di Sana quando dormiva. Notare che aveva un sacco di capelli color oro lo fece sentire improvvisamente orgoglioso.
Spostò lo sguardo su Sana – Io... Credo proprio di sì –
Sana tirò su con il naso e sorrise – Vuoi prenderla in braccio? – gli domandò.
- Non le faccio male? –
L’infermiera, che era entrata da poco nella stanza e che aveva ascoltato le loro ultime due battute, rise – Certo che no, sciocco. Sono molto più resistenti di quello che si pensa – disse, avvicinandosi.
Prese le braccia di Akito e le mise nella posizione per prendere in braccio la piccola – Ecco, così –
Se solo non fosse stato illegale, Akito l’avrebbe uccisa. Sentendosi un perfetto idiota pronto per il balletto classico, si avvicinò a Sana che con calma gli passò la bambina – Ecco amore, vai dal papà
Ad Akito sembrò di essere travolto da una fiamma incandescente quando si sentì chiamare con quel nome.
Quando si tirò dritto sulla schiena fissò la piccola più attentamente. Nel frattempo, l’infermiera diede una veloce controllatina a Sana e poi se ne andò dalla stanza.
Akito si voltò verso di lei – Non mi dispiace – disse soltanto.
Per tutta risposta Sana gli sorrise – Nemmeno a me –
Lui le si avvicinò e le diede un veloce bacio sui capelli ancora per aria poi si allontanò verso la finestra – Adesso la tengo io
- Ti faccio presente che è anche mia figlia –
- Tu l’hai tenuta per nove mesi : adesso tocca a me –
- Stai dicendo che non potrò stare con mia figlia per i prossimi nove mesi perché soffri di gelosia. Hai paura che sia più mia che tua? Guarda che non l’ho deciso io di essere donna e di poter procreare. Nella prossima vita, cambia sesso
Ovviamente Akito non si diede nemmeno la piena di voltarsi a guardarla. Le dava le spalle e teneva gli occhi puntati sulla piccola.
- Prendi fiato, Kurata. Comunque ribadisco il concetto : adesso la tengo io
Sana sbuffò, ma in cuor suo si sentiva felice  come non lo era mai stata in tutta la sua vita.
- Hai visto che assomiglia a me e che ha i tuoi capelli, Hayama? – disse.
Lui non rispose : sì che l’aveva notato.
Per un momento gli balenò in testa l’immagine di una bambina di undici anni, con i capelli lunghi e rossi raccolti in due ridicoli codini, che sedeva in una panchina nel parco. Insieme a lei c’era un bambino poco più grande, con i capelli biondi e l’espressione imbronciata. Scocciata. Teneva la testa appoggiata sulle gambe della bambina e si faceva accarezzare.
Ecco, quel giorno di così tanti anni addietro non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato il momento in cui lui e quella bambina sarebbero stati uniti per sempre da qualcosa. Da qualcuno.
Qualcuno che non aveva ancora un nome.
- Nami – sussurrò Akito.
- Come dici? –
- Vorrei chiamarla Nami, se non ti dispiace –  (***)
Sana sembrò pensarci su. Il nome proprio di una persona non è qualcosa che si può scegliere così, a caso. È qualcosa che poi ci si porta dietro per sempre, un po’ come gli occhi, o il naso, o la bocca. Peccato che per quei fattori ci si possa fare poco o nulla.
Ma Nami era un bellissimo nome, corto, moderno e musicale.
- Non mi dispiace – confermò dopo qualche secondo e finalmente Akito si voltò a guardarla per annuire in sua direzione.
Poi le diede ancora le spalle.
- Nami – la chiamò, con voce roca. Per tutta risposta, la bambina gli tirò un calcio sul braccio. Forse era il suo modo di dirgli che lo aveva sentito.
Akito sorrise.
In quel momento la porta si spalancò.
Otto persone rimasero inebetite a fissare la scena. Sul letto – di morte – Sana lanciava occhiate minacciose ad Akito che le aveva appena rapito la figlia.
Ma non era tutto : per un secondo esatto dopo che la porta venne spalancata, furono tutti sicuri al cento per cento di aver visto Akito sorridere.
- STAVI SORRIDENDO! – urlò Fuka, in modo tale da rendere partecipe tutto l’ospedale di quella notizia. Lo additò e mosse l’indice verso di lui – Stavi sorridendo! – ripeté.
Akito la fissò torvo – Non è vero! –
- Non negarlo Hayama : ti abbiamo visto tutti – disse Rei gongolante.
Le ragazze e la signora Shimura andarono ad accomodarsi di fianco a Sana.
- Dove hai lasciato Jo? – domandò lei rivolta ad Aya.
L’amica sorrise – Era stanco. Mia madre passava da queste parti e l’ho lasciato a lei –
- Come stai, cara? – domandò l’anziana domestica a Sana, accarezzandole il viso.
- Sono un po’ stanca, ma sto bene, signora Shimura – rispose, sorridendo.
- Perché la piccola la tiene solo Akito? – Hisae parve indignata.
Sana sospirò e mosse le spalle – Che devo dirvi? Ha detto che per i prossimi nove mesi la bambina la tiene lui perché deve recuperare il tempo perso –
- Che idiota – fu l’elegante commento di Fuka. Pareva trattenersi dall’accendersi una sigaretta soltanto perché si trovavano in ospedale.
Se Fuka avesse mai avuto un figlio, il povero avrebbe bevuto latte e nicotina per colazione. Sana rabbrividì al pensiero e si voltò verso Akito, accerchiato da sua madre, Rei, Tsu e Gomi (il quale, tra l’altro, stava cercando di capire se Nami fosse una bambola o un vero essere umano).
Osservò Hayama mentre si lasciava cadere sul divanetto della stanza, dove Rei aveva dormito un bel po’ di ore prima, tra suo padre e sua sorella. I due si sporsero per vedere la piccina e cominciarono a delirare cose senza senso.
L’essere completamente pazzi, evidentemente, era una prerogativa unica di quella famiglia.
E di Misako. E di Sana. E di Fuka, a volte. E di Tsu quando lanciava gli oggetti.
- Vorrei riavere mia figlia – disse Sana.
Akito ghignò – Te lo puoi sognare –
- Hayama, adesso basta fare i bambini, ti pare? –
La smorfia che le fece lui di rimando, valeva come risposta : no, non gli pareva proprio.
- Quando la pianterete di litigare per queste sciocchezze, voi due? – rise la signora Kurata, facendosi spazio tra le amiche di Sana, come Mosè tra le acque del Mar Rosso.
Si accomodò accanto alla figlia e le sorrise.
- Mamma – piagnucolò Sana, allungando le braccia verso di lei per farsi abbracciare.
Misako crollò dopo appena tre secondi di resistenza e scoppiò in lacrime – Oh cara. È così bella. E tu sei stata bravissima –
Tutte le annotazioni che Sana si era fatta nella sua mente, quali inveire contro sua madre che l’aveva costretta a mettere al mondo una creatura, facendole credere che non sarebbe stato doloroso, ma che, anzi, si sarebbe divertita un mondo, andarono perdute.
- Hai visto che mi assomiglia? – mormorò Sana.
Alle spalle di Misako qualcuno rise – Abbiamo visto che ha una marea di capelli biondi –
Rei si avvicinò al letto di Sana, sorridendo – Avrei voluto prenderla in braccio, ma quello – aggiunse, indicando Akito con un gesto secco della testa – non la molla un attimo –
Sana ridacchiò – Oh Rei –
L’uomo si abbassò su di lei e le diede un bacio sulla guancia. Sana non avrebbe saputo trovare un momento più perfetto di quello in tutta la sua vita.
La signora Kurata studiò il volto della figlia per altri trenta secondi – Akito, vieni qui con la bambina. Voglio che rimaniate vicini voi tre
Sana ghignò : Akito non avrebbe mai trovato il coraggio di dire di no a sua madre.
Dopo qualche istante di esitazione, di fatti, andò a sedersi accanto a lei, tenendo Nami stretta a sé in un modo, come se Sana fosse stata una ladra di neonati.
Per tutta risposta Sana gli sorrise e poi abbassò gli occhi su sua figlia – ancora faceva fatica a metabolizzare. Quella era sua figlia. E lei, di conseguenza, era madre. Ancora non lo realizzava a pieno ed era sicura, in quel momento, che non ci sarebbe mai riuscita davvero. Era qualcosa di troppo grande, persino per la mitica Sana Kurata.
- E va bene – borbottò Akito – Te la lascio tenere, ma solo cinque minuti. Ricordati che lei è mia – trattava Nami come se fosse stata di cristallo.
- Nostra, volevi dire, giusto? –
- No. Mia – ribadì Akito.
Fuka proruppe con una domanda intelligente – Cosa farai quando sarà grande e avrà un ragazzo, Akito? –
Quello fece una smorfia – Il ragazzo in questione deve solo provare ad avvicinarsi -
Alle loro spalle tutti ridacchiarono, tranne uno che scoppiò in un pianto a dirotto : era Tsu.
Si voltarono tutti a guardarlo con aria stralunata. Aya sorrideva.
- Ma che succede? – domandò Sana ansiosa.
- Oh – biascicò Tsu – Siete così belli voi tre insieme – aggiunse – Se penso a quanto mi avete fatto disperare in questi anni, mi viene l’esaurimento nervoso! –
Scoppiarono tutti a ridere e persino Nami parve distendere le labbra in una smorfia.
 
*
 
Un mese dopo...
 
- Quindi tu dici che dovrei chiederglielo?-
Sana sentì che la voce di Akito proveniva dalla stanza di Nami. Dopo lunghe riflessioni – e dopo tante minacce di morte di Fuka – la camera della sua ex coinquilina era stata destinata alla piccola. Fuka non poteva esserne più felice. Aveva pagato con i suoi soldi ogni spesa che Akito e Sana avrebbero dovuto sostenere, dalla tinteggiatura dei muri (rosa pallido), alla culla dove Nami riposava tranquillamente ogni notte.
Sana depositò le borse della spesa sul tavolo e andò verso la stanza della bambina: quando entrò, vide Akito seduto su una sedia accanto alla culla, intento a contemplare Nami.
La ragazza rise – Se non la smetti di guardarla, la consumerai Akito –
Hayama alzò gli occhi verso Sana e parve in catalessi – Non ci riesco – ammise genuinamente.
Lei gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla nuca, gli passò le braccia intorno alle spalle e guardò anche lei Nami che sbatteva le palpebre rivelando due occhi ambra meravigliosi. Un’altra caratteristica che aveva preso da suo padre, se mai Akito avesse potuto dubitare di esserlo.
- Capisco cosa vuoi dire – sussurrò Sana con un sorriso sulle labbra – Però tu sei esagerato, passi le tue giornate a guardarla, sembri pazzo
Akito allungò una mano e accarezzò la pancia di Nami – Forse lo sono diventato, no?-
Si voltò finalmente verso Sana e l’attirò a sé, dandole un bacio sulle labbra – Allora sei andata a trovare Gomi e Hisae prima? Come stanno? –
Sana inclinò la testa da un lato e lo fissò negli occhi. Per un momento si dimenticò della domanda che lui le aveva fatto e riuscì solo a considerare quanto si sentisse bene e al sicuro tra le braccia di Akito. Certo che ora capiva perché Nami adorava stare in braccio a suo padre, non poteva proprio darle torto.
Fino a dieci minuti prima correva sotto il diluvio universale che si era scatenato : ottobre sapeva essere impietoso con i poveri malcapitati.
Ora se ne stava lì, tra le braccia forti di Akito a guardare loro figlia che ricambiava le loro occhiate curiosa. A volte si sentiva in soggezione addirittura a baciarlo davanti a lei : le sembrava che Nami capisse tutto.
Non riusciva a concepire tutta la perfezione che la circondava non appena metteva piede in casa sua.
- Mah – sospirò Sana dopo un po’ – Ti dirò, Hisae mi sembra molto presa dal ruolo. Gomi lo vedo ancora parecchio sotto shock –
Akito annuì e ridacchiò – Quando Hisae gli ha detto di essere incinta non ha mangiato per una settimana
Sana roteò gli occhi al cielo – Senza contare il fatto che ha studiato Nami e Jo per ore cercando di capire se fossero pericolosi alieni venuti sulla terra per farlo fuori –
- Sì, anche questo –
Sana si districò dolcemente dall’abbraccio di Akito, gli diede un bacio sulle labbra – che lui tentò di approfondire, ma a cui lei si sottrasse, per i motivi di cui sopra – e fece il giro della culla per andarsi a sistemare dall’altro lato.
- Con chi stavi parlando quando sono arrivata? – domandò, allungano una mano per scostare una ciocca bionda che ricadeva sulla fronte della piccola. Quella fece un sorrisino e si aggrappò all’indice di Sana
Akito la osservò sospettoso – Quanto hai sentito? – domandò.
La ragazza sembrò sorpresa di quella domanda – Solo l’ultima frase, perché? –
Ovviamente, sperare di ottenere una risposta di Akito era un po’ come pretendere la pace nel mondo. Hayama sospirò – Stavo parlando con Nami –  e Sana scoppiò a ridere.
Insomma, per quanto potesse reputare sua figlia intelligente, le possibilità che lei e Akito si lanciassero in lunghe chiacchierate le sembrava un po’ scarsine.  
- Cosa diavolo ridi? Guarda che lei mi ascolta quando le parlo –
Sana continuò a sorridere e passò lo sguardo da Akito a Nami. Tra i due fin dal primo momento all’ospedale si era istaurato un legame molto forte.
Anche Sana ovviamente amava sua figlia e Nami la riconosceva sempre : era da Sana che voleva andare quando piangeva, quando non stava bene, quando aveva fame – per quest’ultimo fatto, per forza di cosa doveva andare da Sana, dato che Akito difficilmente avrebbe potuto allattarla – o, semplicemente, quando voleva giocare o fare baccano – forse perché anche Sana faceva le stesse cose, “Avete gli stessi interessi” commentava Akito sardonico.
In ogni caso, tra sua figlia e Hayama c’era qualcosa di speciale che Sana non sapeva spiegare. Sicuramente, ne era certa, Akito amava molto più Nami di lei – o almeno, questo era quello che lei sperava. La bambina era l’unica persona con cui Sana accettava di dividere l’amore di Akito. Anzi, pretendeva di dividerlo.
E per lui era lo stesso.
Si riscosse dai suoi pensieri – Comunque sia, che cos’avete concordato voi due? –
Akito lanciò una veloce occhiata a Nami che ricambiò, sorridente.
- Ecco... Lei mi ha detto che devo fare una cosa – mormorò – Una cosa che in realtà in un modo o nell’altro ho già fatto,  ma che devo fare meglio – precisò infine.
Sana non ci stava capendo più niente. Non sapeva se rimanere seria o scoppiare a ridere per l’evidente follia di Akito.
Cercò comunque di darsi un tono – Bene – esordì – Falla allora –
Akito rimase immobile, con gli occhi chiusi, e respirò profondamente un paio di volte. Poi accadde tutto in un istante : fece il giro del lettino, si avvicinò a Sana e le prese le mani.
- Sposami
Il suono le giunse ovattato, anni luce di distanza tra le sue orecchie e la bocca che aveva pronunciato quelle parole.
Qualcosa dentro di lei cominciò a tremare, come la notte di Natale, come quando aveva scoperto di aspettare Nami, come quando la bambina era nata. Il tremore delle emozioni forti, ecco cos’era quello.
Voleva assolutamente dire qualcosa di intelligente. Le parole le morirono in gola e così...
- Cosa? –
Akito parve evidentemente spazientito e scocciato. Pronunciare quella singola parola doveva essergli costato una fatica pazzesca, e adesso per colpa sua doveva ripeterla.
Respirò ancora a fondo – evidentemente aveva messo in conto quel momento di stordimento totale di Sana. Dopotutto lei, stordita, lo era sempre.
- Ho detto : sposami Kurata –
Certo che detto così sembrava più un ordine.
- Io... Io... Io... – balbettò Sana, con la testa fra le nuvole.
Akito inarcò un sopracciglio – Non mi rispondi? Sì o no? –
- Ah, era una domanda? –
- Ma certo – sbottò lui, roteando gli occhi al cielo come se si trovasse davanti ad una bambina particolarmente ritardata.
- Io credevo che fosse ovvio... A Natale... L’anello... Era ovvio – Sana continuò a balbettare parole sconnesse, incapace per una volta di cucirle insieme in un discorso di senso compiuto.
Hayama annuì – Certo. Però volevo fare le cose come andavano fatte. Anche Nami è d’accordo -
Sana spostò il suo sguardo allucinato sulla piccola che ora li guardava molto interessata. No, si corresse Sana fra sé, guardava molto interessata lei, come se attendesse anche lei una risposta.
Per un momento, solo per un momento, quando Nami emise un gridolino felice, a Sana parve di sentire “Digli di sì, mamma”.
Scosse la testa bruscamente e si fece un paio di domande in merito. Forse stava uscendo di melone, con tutta la gente pazza che la circondava.
- Allora? – incalzò Akito ancora di fronte a lei – Mi sposi o no? –
Ormai era senza ritegno.
Sana guardò per un ultimo istante la piccola che ora stava chiudendo gli occhietti per mettersi a dormire e solo in quel momento si sentì veramente libera di parlare : Nami la metteva terribilmente in soggezione, forse erano gli influssi dell’ex camera di Fuka ad averla fatta diventare così.
Spostò lo sguardo su Hayama che cercava di mascherare tutta la sua emozione sotto la solita maschera dura e indifferente.
Vide che la sua mano destra tremava e che Akito si mosse ad afferrare saldamente la sponda della culla per fermarla.
Poi Sana gli sorrise.
-
 
 
I'll be your dream
I'll be your wish I'll be your fantasy
I'll be your hope I'll be your love
Be everything that you need
I'll love you more with every breath
Truly, madly, deeply do
I will be strong I will be faithful
'cause I'm counting on
A new beginning
A reason for living
A deeper meaning, yeah
 
                   Truly Madly Deeply – Savage Garden
 
*******************************************************
 
THE END.
 
*******************************************************
 
(*) Frase ripresa da “Senti chi parla”. Mi ha sempre fatto morire dalle risate.
(**) Anch’io, come Akito, l’ho letto da qualche parte, ma non ricordo dove.
(***) Vorrei dire “A Kim”, ma credo sia meglio “A Noemi”, la sua stella. Ti avevo detto che sarebbe stata la figlia di Aya e Tsu, ma poi ci ho ripensato. Spero che non ti dispiaccia e che tu abbia apprezzato il fatto che, a volerla chiamare così, sia stato il nostro coniglietto. In questo modo, la fiction trova ancora più senso nel suo titolo. "Lei è" tutto. Non trovi?
 
Okay, credo di aver pianto una volta finito di scrivere questo. Che nodo in gola mi si è formato e, lasciatemelo dire, adoro Nami.
 
Ma torniamo a noi : ce l’abbiamo fatta. She Is è davvero finita, tra risate, situazioni estreme che si realizzano (ma potete immaginare Hisae e Gomi con un bambino? Ma dai!) e la tenerissima Nami che con Akito ha un’intesa tutta speciale.
 
Ora, ho risposto a tutte le vostre bellissime recensioni, una per una, in modo tale da potervi ringraziare e farvi capire quanto abbiano significato per me le vostre magnifiche parole.
 
Come ho detto a qualcuna di voi, forse – forse – potrei scrivere un paio di spin-off su questa storia, ma non è niente di certo.
 
Voglio solo che sia ben chiaro a tutte voi quanto “My Sorrow” e “She Is”, che è il suo continuo, abbiano significato per me : le ho scritte in un periodo nel quale la mia vita stava per cambiare radicalmente e avere una valvola di sfogo, cioè questi personaggi che riflettevano in qualche modo le mie ansie, le mie paure e anche tutte le mie emozioni, è stato importantissimo. So che sembra ridicolo, ma è davvero così. Di conseguenza a ciò, anche il vostro sostegno è stato fondamentale.
 
I vostri consigli, gli incoraggiamenti e anche tutti vostri pareri, per non parlare delle centinaia di parole carine che ogni volta riversavate nelle recensioni, mi hanno aiutata parecchio. Insomma, siete state un po’ il mio sostegno, anche se attraverso lo schermo di un PC.
 
Per farla breve, sennò mi commuovo per davvero, grazie ragazze!
 
Quindi ci salutiamo qui, per ora, in attesa che torni a farmi viva con altre storie nuove – sì, non scomparirò nel nulla, questo è poco ma sicuro.
 
Un bacione grande a tutte voi ragazze e, già che ci siamo, tantissimi auguri per l’anno nuovo.
Spero sia un anno fantastico per tutte.
 
Gillywater
 
P.S. il primo gennaio sono sei anni che scrivo su questo sito. Che vecchiaccia!

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