She Is di Gillywater (/viewuser.php?uid=2425)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sì, me lo ricordo ***
Capitolo 2: *** Incespicare ***
Capitolo 3: *** Stop for a minute ***
Capitolo 4: *** More than this ***
Capitolo 5: *** Tentazione ***
Capitolo 6: *** She Is (I Parte) ***
Capitolo 7: *** She Is (II Parte) ***
Capitolo 8: *** High in the sky ***
Capitolo 9: *** Young forever ***
Capitolo 10: *** We'll make it last ***
Capitolo 11: *** Truly, madly, deeply ***
Capitolo 1 *** Sì, me lo ricordo ***
A
Kim (va bene, va bene, “A Yesterday”),
perché mi
sopporta, perché
con le sue storie mi fa sognare,
perché è la mia
segreta
ispiratrice per un sacco di cose
e perché non
potrei
desiderare una figlia migliore ^_^
Con tantissimo
affetto,
Ale
SHE IS
Capitolo
1: Sì, me lo ricordo
I remember it well
The first time
that I saw
Your head around
the door
'Cause mine
stopped
working
Damien
Rice – I
remember
Si
era sempre chiesta come potesse la gente passare davanti a quello
spettacolo e
rimanere indifferente. Perché si, osservare il sole tramontare alle
spalle
dell’immensa Tokio, mentre proiettava lunghe ombre ai piedi degli
immensi
grattacieli e tingeva il cielo di delicati toni caldi, per Sana era uno
dei più
begli spettacoli del mondo.
Dal suo appartamento, poteva godersi quel panorama ogni giorno e mai, mai, aveva
pensato che
potesse annoiarla.
-Sana, ti avevo chiesto di fare il bucato questa mattina. Adesso mi
tocca fare
tutto di fretta, maledizione –
Fuka.
Se qualche anno prima le avessero detto che si sarebbe ritrovata a
condividere
uno spazio vitale come il loro appartamento, con quella ragazza
dall’accento
strano e che l’aveva fatta soffrire portandole via Akito, non ci
avrebbe mai
creduto.
Sana si alzò con pigrizia dalla poltrona di vimini sul terrazzo – Scusa
Fuka –
sbadigliò – Stamattina sono tornata tardi dal lavoro e mi è passato di
testa –
Fuka si incupì – Ci sono stati problemi con Kamura? –
Sana scosse il capo – No. Le solite discussioni di sempre. Gli ho detto
che
stasera sarebbero venuti Tsuyoshi, Akito e gli altri a cena, come
sempre, e lui
si è arrabbiato perché non vuole che ci sia lui
– spiegò Sana, sospirando.
Fuka fece spallucce e tornò alle sue faccende, cominciando a
strapazzare i
cuscini del divano per renderli più confortevoli. Diede una veloce
spolverata
al tavolino al centro del salotto e tolse alcune briciole dal tappeto.
Non che
avere i loro amici a cena fosse un evento tanto formale, solo che le
dava
fastidio avere la casa in disordine.
Sana si rese utile telefonando al ristorante cinese per ordinare da
mangiare,
perché diciamocelo, lei e Fuka non erano proprio due cuoche provette (*).
-Beh, non posso biasimarlo – se ne uscì fuori Fuka dopo questo lungo
attimo di
silenzio - Kamura, intendo. Anche io sarei gelosa di Akito, visto
quello che
avete vissuto insieme – le spiegò.
Sana parve confusa – Eh? Perché?-
Fuka mise le mani sui fianchi e sbottò – Andiamo, Sana! Possibile che
passano
gli anni ma tu sia sempre la solita ritardata? Ci sei stata insieme per
anni...-
Sana chiaramente non capì, dimostrando quanto la teoria di Fuka fosse
giusta.
Quella sospirò – Certe cose non si chiudono così, schioccando le dita!
–
Sana scosse le spalle e si diresse verso la camera – Beh, con Akito io
ho
chiuso da secoli
perché nessuno dei due provava più nulla. Io ora sto con Naozumi da un
anno,
amo Naozumi, non vedo perché dovrei ancora pensare ad Akito – disse
distrattamente, meccanicamente,
come qualcuno che si è ripetuto tra sé quella frase migliaia di volte –
Comunque devo ancora farmi la doccia, i ragazzi saranno qui a momenti –
constatò guardando l’orologio appeso alla parete sopra il frigorifero -
Meglio
muoversi –
Fuka si limitò ad annuire.
Dopo che Sana si fu chiusa in bagno, cominciò a spulciare tra la loro
collezione di DVD per trovare qualcosa da guardare quella sera.
*
Quando
Sana gli aveva detto che sarebbe andata a vivere con Fuka, ne era stato
felice.
Sapeva quanto lei desiderasse diventare indipendente dalla sua
famiglia,
soprattutto da sua madre che con i suoi comportamenti infantili l’aveva
sempre
fatta vivere in un mondo di favole.
Sana voleva diventare indipendente, voleva diventare grande.
Frequentavano l’università da poco e poiché i corsi si tenevano poco
distanti
da casa di Sana, Akito si era praticamente trasferito a casa sua per
poter
frequentare le lezioni con costanza.
E a lei non aveva dato fastidio, anzi.
La convivenza tra lei e Fuka si era trasformata in una convivenza a
tre: lei
Fuka e lui, Akito.
Fin qui era andato tutto bene, Sana era riuscita a dividersi
perfettamente tra
gli impegni all’università e lui. E il lavoro.
Già, il lavoro.
La causa di tutti i problemi tra di loro. Perché quando hai compiuto da
poco
diciannove anni, non puoi pensare che la tua parte in un film possa
limitarsi a
dare qualche bacio sulla guancia al tuo collega. E così Akito si era
ritrovato
ad assistere ad una piccante scena d’amore tra Sana e Kamura, in un
film che
parlava di una storia travagliata tra due giovani ragazzi di strada.
Non aveva potuto sopportare che quel dannato idiota
posasse le sue luride mani su quel corpo, le sue labbra su quella bocca
che era
soltanto sua. Aveva spaccato un bicchiere e i suoi amici lo avevano
fissato con
sguardo preoccupato.
Fuka probabilmente lo aveva anche rimproverato, perché sarebbe toccato
a lei
pulire le schegge che erano schizzate come saette da tutte le parti, ma
lui
ovviamente manco le aveva badato.
Quella sera lui e Sana avevano litigato, lei gli aveva detto che se la
situazione non gli andava bene se ne poteva anche andare e lui lo aveva
fatto,
prendendosi giusto il tempo di raccogliere tutta la sua roba. Il
pigiama
buttato alla rinfusa su una sedia in camera. Il suo spazzolino
abbandonato in
un bicchiere in bagno. Il suo dopobarba appoggiato su una mensola di
vetro. I
suoi vestiti nell’armadio di Sana. La camicia che, la sera prima, Sana
gli
aveva tolto e lanciato dall’altra parte della stanza.
Non ne avevano più parlato. Anzi, non si erano più parlati per qualcosa
come
due mesi.
Poi un giorno, lui le aveva involontariamente schizzato dell’acqua in
faccia e
lei era scoppiata a ridere. Erano tornati amici come prima.
Letteralmente amici.
Ma trattandosi di loro, quella situazione era perfettamente normale.
Da quella sera erano passati giorni. Mesi. Anni. Tre anni per
l’esattezza. Tre
anni che Sana e Akito non stavano insieme. Tre anni che lui non la
baciava. Tre
anni esatti che lui non faceva l’amore con lei.
Entrare nell’appartamento di Sana quella
sera, quella dannatissima sera, gli causò un brivido forte
lungo la
schiena.
“Ricomponiti
Akito,
maledizione” si rimproverò mentalmente.
Superò la porta senza dilungarsi in troppe smancerie, come invece stava
ancora
facendo Tsuyoshi con Fuka, che aveva dato a tutti il suo consueto
benvenuto.
Si lasciò cadere sul divano con stanchezza, allungando una mano sul
tavolino
dietro di lui per cercare il telecomando. Lo trovò e accese la
televisione.
In realtà, si stava guardando intorno, rendendosi improvvisamente conto
di
quanto conoscesse bene ormai la casa di Sana e Fuka. Conosceva ogni
minimo
dettaglio, sapeva perfettamente dove si trovava ogni oggetto e questo
non lo
disturbava affatto. Semplicemente, era come una sua seconda casa. E che
casa!
Aveva sempre adorato quell’appartamento, soprattutto per l’immensa
vetrata che
si affacciava su quell’enorme terrazzo dove lui amava trascorrere il
suo tempo
a pensare.
La cucina era piccola.
“Per quello che
la usano
Sana e Fuka” si ritrovò a pensare, ghignando malefico
dentro di sé.
Le camere da letto però erano enormi, con due bellissimi armadi a muro.
Armadio
che ormai Sana non era più in grado di chiudere, visto la quantità
spropositata
di vestiti che possedeva.
Ricordava quante volte avevano bisticciato perché lui, per colpa sua,
non
trovava mai quello che gli serviva.
Sana uscì di fretta e furia dal bagno, un asciugamano a coprirle il
corpo.
Akito cercò
di
ignorare quel particolare.
-Ciao ragazzi! – esclamò lei, trafelata – Come sempre sono in ritardo.
Scusatemi. Vado in camera mia a vestirmi. Cinque minuti! – promise,
dopo aver
schioccato un veloce bacio sulla guancia a tutti. Akito compreso.
Ovviamente la rividero dopo mezzora.
-Come mai Kamura non c’è?- domandò curiosa Hisae, litigando con le
bacchette di
legno che proprio non riusciva a tenere in mano. Troppo occidentale, lei.
Sana si incupì – Abbiamo discusso – rispose, laconicamente.
Akito notò tutto.
-Capisco – si limitò a dire Hisae, nemmeno tanto interessata.
Tsuyoshi aveva finito di mangiare e pareva in pace con se stesso.
Macché, con
il mondo. Stava ancora con Aya, ovviamente, e i due avevano anche
cominciato a
pensare a parole come “matrimonio”
e “convivenza”
e “figli”.
Tutte cose che ad Akito facevano venire un vago senso di nausea.
-Ragazzi miei – si alzò in piedi – io ed Aya dobbiamo farvi un annuncio
–
disse, con un sorriso ebete stampato in faccia. La ragazza sembrava
imbarazzata.
Sana inarcò un sopracciglio – Vi sposate? –
I due arrossirono – NO!-
esclamarono all’unisono.
-Andate a convivere? – tentò Gomi, speranzoso.
-NO!-
- Aya, sei incinta per caso? – domandò Fuka, indifferente.
Silenzio.
Tsuyoshi annuì.
-CHE COSA?
–
urlarono all’unisono Sana ed Akito. Si guardarono in faccia e poi
distolsero lo
sguardo.
Aya annuì – Si. L’ho scoperto l’altro giorno e non vedevo l’ora di
dirvelo –
disse, appoggiando una mano dolcemente sul suo ventre – E’ già da tre
mesi, ma
ho avuto talmente da fare che nemmeno me ne sono accorta – spiegò.
Tsuyoshi l’abbracciò con fare protettivo – Anche perché non ha avuto
alcun
sintomo –
Gli amici rimasero senza parole per alcuni minuti, ma poi uno ad uno si
alzarono per congratularsi.
-Sono così felice, Aya – le disse Sana, passandole le braccia intorno
alle
spalle. Era commossa.
-Anche io Sana. Ehi, che fai, piangi? – le chiese, asciugandole gli
occhi con i
polpastrelli – Guarda che mi dovrai aiutare con questo bambino. Sai
quanto sono
impedita io con queste cose. E poi sarà felicissimo di avere una zia
pazza come
te! –
Si sorrisero.
-Bel colpo, amico – disse Akito, dando un’amichevole pacca sulla spalla
a
Tsuyoshi.
-Grazie Hayama – gli disse questo.
-Ragazzi, dobbiamo uscire a festeggiare – urlò Gomi.
Tsuyoshi quasi lo sbranò – No, Gomi! Aya non deve affaticarsi! –
Akito roteò gli occhi al cielo – Eccolo che comincia. Aya, sicura di
poterlo
sopportare così per altri sei mesi? – le domandò, scoppiando a ridere
quando
Tsuyoshi gli si lanciò addosso con il preciso intento di strozzarlo.
Aya scoppiò a ridere – Tu scherzi. L’altro giorno non ha voluto che
apparecchiassi la tavola –
-Sei il solito megalomane esagerato, Tsuyoshi, quel bambino crescerà
con delle
turbe – continuò a sghignazzare Akito.
Fuka rimase a pensare – Avevo scelto un film dell’orrore per questa
sera. Ma
direi che alla luce dei nuovi avvenimenti, sarebbe meglio evitare
squartamenti
ed omicidi vari – disse, sorridendo ad Aya.
-Guardiamo un film d’amore! – proposero le ragazze.
-Va bene! – acconsentì Tsuyoshi, tornando a sedersi composto di fianco
alla sua
Aya, abbracciandola.
-CHE PALLE!-
*
-Beh,
allora buonanotte – fu la risposta di Fuka ai titoli di coda del film
dell’orrore che qualche ora prima lei aveva scartato. Dopotutto, una
volta che
Aya e Tsuyoshi se n’erano andati, perché non approfittarne?
-Ciao – rispose laconicamente Akito, ancora imbambolato davanti allo
schermo
della televisione, senza nemmeno darsi la pena di girarsi verso di lei.
-Sana, puoi venire un attimo di là con me? – domandò Fuka alla sua
amica, mezza
appisolata sul divano e rannicchiata sotto una coperta gigante (e
inadeguata
vista la stagione).
Sana mugugnò qualcosa, ma allo sguardo minaccioso di Fuka dovette
cedere – E va
bene, arrivo. Che strazio –
La sua fastidiosa coinquilina se la trascinò fino al bagno e poi la
spinse
dentro, chiudendosi la porta a chiave alle spalle.
-Manda via Akito – la ammonì Fuka.
Sana – capelli per aria, sguardo meno sveglio del solito ed
espressione quanto mai ebete
– la fissò ed esordì con un bel – Eh? –
-Senti – cominciò Fuka spazientita – Non puoi rimanere da sola con lui.
Credevo
di rimanere fulminata in quest’ora e mezza di film –
Sospirò.
-Eh? – ripeté nuovamente Sana. Si era per caso incantato il disco?
-Ma si, svegliati! – squillò, afferrando Sana per le spalle e
scuotendola un
po’. L’unico risultato che ottenne fu quello di stordire l’amica ancora
di più.
-Mentre stavo seduta tra te e lui, prima, la tensione si tagliava con
il
coltello. Caccialo, ti dico – spiegò, concludendo con quanto già detto.
Sana scosse il capo – Ma che dici? Quale coltello, quale tensione? –
Fuka mise le mani sui fianchi – Non me n’ero mai accorta prima d’ora,
ma è vero
quello che dicono tutti
–
-Tutti?
–
-Si, lascia perdere. Comunque sia, caccialo. Non puoi restare da sola
con lui,
vi salterete addosso in meno di dieci minuti, giuro –
Sana sbuffò e si appoggiò con un braccio alla parete accanto a sé, in
una posa
che ricordava un po’ il mese di aprile del calendario – Senti, ma che
cosa sono
queste sciocchezze? Capita spessissimo che io e Akito rimaniamo da soli
e non è
mai successo niente… -
Fuka ammiccò, maliziosa – Fino
ad oggi –
-E poi io sto insieme a Naozumi… - proseguì Sana, imperterrita e
ignorando
volutamente l’allusione stupida della sua fastidiosa coinquilina (come
già
detto).
Fuka fece spallucce – Beh, d’altronde fai come vuoi. Io lo dicevo per
te… E per
Naozumi, che mi sembra già abbastanza incavolato da sé, senza bisogno
di
esagerare –
-Te lo ripeto, Fuka, io e Akito… -
Fuka le sventolò una mano davanti agli occhi – Si, non mi interessa. Ho
troppo
sonno per preoccuparmi di queste stupidate –
Sana si accigliò – Ma sei stata tu a cominciare… -
Fuka le puntò un indice contro – Non dire sciocchezze. – sospirò beata
– Adesso
vado a dormire. Buonanotte Sana – la salutò, sempre con quella mano
odiosa che
sventolava ai quattro venti, manco fosse stata una bandiera.
Sana tornò in salotto con un diavolo per capello. Andò a sedersi
accanto ad
Akito, ancora nella stessa posizione di cinque minuti prima, ed
incrociò le
braccia al petto, sbuffando.
Akito si voltò a guardarla, sorpreso – Beh? Che c’è, Kurata? –
Sana si alzò in piedi e gli si piazzò davanti. Sbuffò ancora – Niente.
Solo
Fuka è completamente fuori di cervello – constatò, dandogli le spalle e
cominciando a misurare il salotto a grandi passi.
Akito si grattò il mento – E dov’è la novità? –
Sana rise, un po’ di cuore – Temo che tu abbia ragione, sai? Solo che
la sua
pazzia comincia ad infastidirmi – ammise, tornando a sedersi accanto a
lui.
Akito parve pensarci su e poi fece spallucce – Tu mi infastidisci da
più di
dieci anni e non mi sono mai lamentato –
-Grazie tante – gli rispose solamente lei, sarcastica fino
all’inverosimile.
Passò un lungo istante di silenzio, durante il quale il ragazzo si
limitò a
leggere le notizie di un telegiornale notturno, che li informava
dell’ennesima
trattativa politica per compiere taluna cosa. Sana giocava nervosamente
con le
sue stesse mani. Il ritratto della pazzia, insomma.
-Akito? – lo chiamò alla fine lei e lui si limitò a risponderle con un
suono
gutturale non ben identificato.
-Posso abbracciarti? – gli domandò, innocentemente.
Senza nemmeno voltarsi a guardarla, e continuando a fare zapping tra i
vari
canali (che a quell’ora di notte proponevano cose più o meno lecite),
le
rispose soltanto – Fai come vuoi –
Sana lo prese come un sì, e gli si accovacciò su un fianco,
stringendolo forte
e percependo (senza capire come) il battito del cuore di Akito che
aumentava.
Le sembrava quasi che gli stesse per esplodere nel corpo. Poi lui le
passò un
braccio intorno alle spalle.
Rimasero così, immobili, per un tempo indefinito – Sana notò soltanto
che la
lancetta dell’orologio aveva compiuto un mezzo giro e cominciò a
torturarsi con
i denti la nocca del suo indice destro, rimuginando tra sé.
“Ma quale
tensione? Io e
Akito siamo solo due amici, che una volta stavano insieme e che hanno
conservato un bellissimo rapporto. Non c’è nulla di compromettente in
questo
abbraccio” si disse, ignorando però di proposito il brivido
causato
dalla mano di Akito che, involontariamente, le aveva sfiorato la pelle
delicata
del collo.
“E’ solo un
caso. Ho un
po’ freddo” imperversò, rannicchiandosi ancora di più
contro di
lui.
-Forse ora è meglio che vada – decretò infine Akito, spegnendo la
televisione e
rimanendo a fissare la loro immagine riflessa nello schermo nero.
Riluttante, Sana si alzò in piedi e lui la imitò. Teneva lo sguardo
fisso a
terra. Forse, dopotutto, un po’ di tensione nell’aria c’era eccome.
-Cosa pensi di Aya e del bambino? – gli chiese lei, sottovoce, tanto
per dire
qualcosa.
La sua voce, sebbene fosse solo un sussurro per non svegliare Fuka che
stava
sicuramente già dormendo, ebbe l’effetto di una bomba nella testa di
Sana.
Lui sobbalzò e fece spallucce – Cosa devo pensare? Sono immensamente
felice per
loro. Tu no?-
Sana annuì – Certo. Non ce li vedo ancora con un figlio, ma penso che
mi ci
abituerò – gli confessò, in un sussurro.
– Nemmeno dovessi averlo tu il figlio – disse lui.
- Già – annuì Sana, sorridendo – Ma sai che è una cosa che mi
piacerebbe
tantissimo – scherzò.
I remember december
And I wanna hear
what you
have to say about me
Hear if you're
gonna live
without me
I wanna hear
what you want
Damien Rice – I remember
Akito alzò lo sguardo di scatto e poi disse – Sì. Sì, me
lo ricordo -
Lui la osservò in faccia, silenzioso, e lei sostenne il suo sguardo.
Era forse
la stanchezza, ma Akito avvertiva un distinto ribollire di sangue
all’interno
del suo corpo.
Mosse un passo verso di lei. Sana rimase immobile, in attesa di qualcosa. I
loro corpi
divisi ormai soltanto da un impalpabile soffio d’aria, lei con il viso
proteso
verso quello di Akito. Immobile.
“Sana, ma che fai?”.
Negli ultimi anni la coscienza di Sana si era sdoppiata negli ormai
noti
angioletto e diavoletto. Uno che elargiva consigli buoni e l’altro che
la spronava
a comportarsi male.
“Ignoralo,
aspetta che
Akito faccia qualcosa”
“Tu sei
fidanzata con
Kamura”
“Quell’idiota.
Se hai la
possibilità, fatti Akito”
“Ma lei ama
Kamura, non
l’hai sentita oggi?”
“Lei mentiva”
“No, Sana ama
Kamura”
“STATE ZITTI”
li rimproverò Sana. Era ormai evidente la sua pazzia.
Akito schiuse le labbra appena e rimase a guardarla immobile. Riuscì
persino ad
udire il ronzare di una dispettosa zanzara che lo tallonava già da una
buona
mezzora.
-Sana...- sussurrò.
Udirono un rumore di chiavi che proveniva dall’ingresso e la porta si
aprì.
-Sa... Ah, ciao Akito! –
Naozumi era appena entrato in casa e parve abbastanza irritato nel
constatare
che la sua
ragazza era ancora sveglia e che Akito
stava ancora a casa sua. E
che Akito le stava così vicino.
-Ciao amore! – squillò Sana, improvvisamente sveglia, correndogli
incontro.
Akito non se lo seppe spiegare, ma provò una distinta nota di fastidio
nel
vedere Sana schioccare un dolce bacio sulle labbra di Kamura.
-Cosa ci fai qui?-
Naozumi le sorrise – Avevo voglia di vederti, visto come ci siamo
salutati oggi
– le spiegò, abbassando il capo a mo’ di scuse.
Akito si sentì di troppo – Beh, io andrei. Buonanotte – disse, senza
aspettare
le solite frasi di circostanza che lo avrebbero poi invitato a fermarsi
ancora
per scambiare quattro chiacchiere. E lui non ne aveva proprio voglia.
-Ciao Akito! – lo salutò Sana, osservandolo in modo strano.
Lui fece un cenno con il capo a Kamura, che annuì. Perché sprecare
parole per
quell’emerito imbecille?
-Entro in casa e con chi ti vedo? Con Hayama a poco meno di cinque
centimetri
dal volto – la punzecchiò, ma Sana roteò gli occhi al cielo.
-Non cominciare Naozumi, altrimenti mi arrabbio sul serio – lo
rimproverò –
Stavamo solo parlando del fatto che Aya sta per avere un bambino -
Naozumi spalancò la bocca – Aya è incinta? – chiese.
Sana annuì felice – Ma ci pensi? Tra qualche mese sarà mamma! –
Era fuori di sé dalla gioia.
Naozumi la osservò sorridendo, dolcemente.
Sana se ne accorse – Perché mi guardi così? –
Il ragazzo le circondò la vita con le braccia e l’attirò a sé – A volte
mi
dimentico quanto ti amo – le confessò, baciandola con dolcezza.
Sana ricambiò, allacciandogli le braccia dietro al collo.
Lui la prese in braccio e la trasportò fino alla sua camera da letto.
Sana rise
– Che fai, Kamura? Così cadiamo –
La lasciò cadere sul letto e chiuse a chiave la porta.
-Che vuoi fare? – gli domandò lei, ridendo, anche se conosceva già la
risposta.
- Non lo so. Tu cosa credi che voglia fare? – le chiese, mentre
cominciava a
sfilarle la magliettina scollata che aveva desiderato toglierle fin da
quando
era entrato in casa, fin da quando l’aveva vista in piedi, vicino ad
Hayama.
-Io credo, che tu voglia marcare il tuo territorio in modo che Hayama
non possa
più nemmeno avvicinarsi – gli rispose lei, ma ormai non rideva più.
Tutta
l’allegria aveva lasciato posto ad una passione fin troppo eccessiva,
visto che
solo quella mattina avrebbe voluto prenderlo a schiaffi.
Prese a baciarlo con foga.
- Se basta così poco per tenerti lontana da Hayama, diamoci subito da
fare –
rise lui sulle labbra di Sana, continuando a spogliarla.
Ben presto le loro risate e le loro parole, furono soppresse da una
serie di
sospiri.
I want you here tonight
I want you here
'Cause I can't
believe
what I found
I want you here
tonight
I want you here
Nothing is
taking me down.
Except
you my love.
Damien Rice – I remember
*********************************************
(*)
in
realtà, se la memoria non mi inganna, Fuka dovrebbe essere pure brava a
cucinare. Dettagli,
mi piaceva l’idea di lei e Sana – di cui invece sono sicura – viste
come due
piccoli impiastri in cucina e siccome nei prossimi capitoli sarà un
particolare
su cui calcherò un pochino, rimane. Così
è se vi pare.
Ebbene,
come annunciato, eccomi qui di nuovo con questa storia. Ormai mi ci
sono
imbarcata e la finirò, mi mancano giusto due o tre capitoli conclusivi
da
scrivere, ma con la fine della scuola troverò tutto il tempo. Ad onor
del vero,
questo primo capitolo non mi convince per niente, mi serviva più che
altro come
incipit per iniziare e ovviamente mi è uscito da schifo _._ Niente mi
farà
cambiare idea, ho troppo l'impressione che manchi qualcosa che invece
doveva
essere assolutamente raccontato, ma non sono riuscita ad individuare
cosa.
In
ogni caso, nemmeno vi sto a dire la pelle d'oca a scrivere la scena
finale **Bleah,
checchifo**.
Potete
considerare questa fic come il continuo di "My Sorrow", visto con
cinque anni di ritardo. In ogni caso, è leggibile senza aver letto
quella,
visto che i richiami saranno giusto un paio e sparsi qua e là.
Per
ora è tutto, ci aggiorniamo tra una settimana, spero.
Ale69
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Capitolo 2 *** Incespicare ***
SHE IS
Capitolo 2 :
Incespicare
Oh, oh , I never felt this
way
How do you give me so much pleasure
And cause me so much pain
Just when I think
Ive taken more than would a fool
I start fallin' back in love with you
Fallin' - Alicia Keys
Quello
che colpì subito Sana, non fu il dispettoso raggio di sole che
quotidianamente
riusciva ad infilarsi tra gli spiragli della tenda, bensì l’invitante
odore di
fragranti croissant che probabilmente Fuka aveva acquistato al bar
all’angolo.
Le
ragazze adoravano fare colazione in quel posto che, si vociferava,
fosse il
migliore della città. E grazie al cameriere carino che vi lavorava,
riuscivano
spesso ad ottenere qualche sconto.
Sana
si tirò su a sedere, un sorriso beato e rilassato stampato in faccia:
quel
giorno niente lavoro, doveva soltanto andare a lezione in università
nel
pomeriggio. Con Akito.
Fuka
molto probabilmente era già uscita di casa, per andare in ufficio.
Terminata la
scuola superiore, la ragazza era stata fortunatissima a trovare un
lavoro come
impiegata: lo stipendio era ottimo e il lavoro per nulla massacrante.
Sana
cercò la propria biancheria tra il mucchio di indumenti infondo al suo
letto.
Poi si infilò la camicia di Naozumi ed allacciò i bottoni, giusto per
coprire
il necessario.
Sbadigliando
si recò in cucina. Sentiva il rumore della televisione accesa e di un
cucchiaino che tintinnava contro una tazza.
-
Fuka?- chiamò dubbiosa Sana, prima di svoltare l’angolo.
Si
trovò faccia a faccia con Akito, che come tutte le mattine era andato a
fare
colazione a casa loro. Il ragazzo stava guardando i cartoni animati e
quando si
accorse di lei, si limitò ad osservarla.
“Quella camicia la indossava ieri sera Kamura”
constatò. Si scoprì infastidito, ma decise di ignorare quella
sensazione.
-Buongiorno
Kurata – la salutò, con una freddezza che non si sarebbe saputo
spiegare.
-
Akito... Possibile che tu debba mangiare qui ogni santo giorno? Non hai
una
casa? – gli chiese Sana, ma in realtà non era per niente arrabbiata.
Lui
la ignorò.
Sana
si accomodò al tavolo, di fianco a lui e addentò la brioche che Fuka le
aveva
lasciato su un piattino, insieme alla tazza con il latte caldo.
-
Che carina Fuka – disse allegramente – Mi pensa sempre –
Sana
si alzò velocemente per cercare il succo d’arancia in frigorifero che,
peraltro, era come sempre il ritratto della desolazione. Vuoto.
Lo richiuse, un po’ sconfortata.
-A
dire la verità – tossì Akito – Sono stato io a portarti la colazione –
Sana
non ne capì il motivo, ma poté avvertire distintamente un nodo di
tenerezza
formarsi in gola. E avrebbe voluto
poterlo abbracciare. Avrebbe
voluto potergli fare appoggiare la testa contro il suo seno, come
facevano
anni prima, quando lui compiva qualche gesto carino che le faceva
piacere.
Certo, avrebbe voluto, ma la solita vocina nella sua testa le ricordò
che nella
stanza infondo al corridoio stava dormendo Kamura, il suo ragazzo.
-Ah
– si limitò a dire – Ti ringrazio –
Akito
la osservò di nuovo – Kamura è di la che dorme? – le chiese, accennando
malizioso alla camicia che stava indossando.
Sana
si sentì contorcere le viscere al pensiero che Akito avesse capito
quello che
lei e Naozumi avevano fatto quella notte.
“Non è mica stupido Akito” si disse
mentalmente, annuendo nel frattempo per rispondere a lui.
Akito
tornò a voltarsi verso la televisione, ma in realtà non guardò le
immagini.
“Adoravo quando indossava i miei vestiti il
mattino dopo aver fatto l’amore” dovette ammettere con se stesso,
cercando
di ignorare quel pizzico di fastidio che si faceva sempre più
insistente nel
suo stomaco.
Sana
gli passò davanti, oscurandogli per un momento l’immagine del suo eroe
che
sgozzava l’orribile mostro che aveva tentato di ucciderlo.
Stava
cercando di arrivare al ripiano più alto della dispensa per prendere lo
zucchero; la camicia si sollevò, scoprendole la pelle nuda e fecero
bella
mostra di sé un paio di mutandine nere, di pizzo.
Akito
si irritò ancora di più, ricordandosi che quelle mutandine gliele aveva
sfilate
più di una volta.
“Ma che cavolo ti prende?” si disse “Fino a
ieri sera ti era totalmente
indifferente. Perché ora pensi a queste cose?”.
Vide
Sana afferrare lo zucchero, ma poi, per lo slancio che si era data,
barcollare
all’indietro ed incespicare nei suoi stessi piedi.
Alzarsi
in piedi ed afferrarla per i fianchi, fu istintivo.
*
Naozumi
rotolò sul suo fianco, con il preciso intento di abbracciare quel corpo
caldo
che aveva stretto a sé tutta la notte. Trovò l’altra metà del letto
vuota.
Fredda. E quel sorriso beato che aleggiava sul suo volto fino ad un
attimo
prima, si smorzò appena.
Quella
notte era stata fantastica per lui, anche se continuava ad avere la
stranissima
sensazione che Sana non fosse completamente coinvolta quando stavano
insieme.
“Andiamo Naozumi” si rimproverò “Smettila di
essere paranoico. Stai
ragionando come una donna, te ne rendi conto?”.
Udì
il suono di due voci provenire dalla cucina ed istintivamente si tirò
in piedi.
Indossò anch’egli la propria biancheria, notando che quella di Sana non
c’era
già più, come la sua camicia, che probabilmente la ragazza aveva
indossato.
Questo
lo rese felice.
Constatare
che una delle due voci che aveva sentito poco prima fosse di Akito, lo
rese un
po’ meno contento. Anzi.
Quando
la sera prima era entrato in casa e aveva visto Sana e Akito a pochi
centimetri
l’una dalle labbra dell’altro, avrebbe voluto andare li e spaccare la
faccia a
quel bastardo.
“Lui non sta più con Sana” si era detto “Perché
diamine continua a ronzarle intorno?
E soprattutto perché lei non gli dice di stare lontano?”
Tutte
le sue energie erano concentrate ad ignorare
questa seconda parte della domanda.
Uscì
dalla stanza con più foga di quanto sarebbe stata necessaria e fece la
sua
comparsa in cucina, dopo essersi ripromesso di mantenere la calma
mentre
scivolava lungo il corridoio.
*
Oh baby
I, I, I, I'm fallin'
I, I, I, I'm fallin'
Fall
Fallin' - Alicia Keys
Sana
vide le fredde mattonelle del pavimento farsi più vicine. Sempre più
vicine,
mentre lei cadeva per terra. Quando fu sicura che sarebbe avvenuto
l’impatto,
avvertì due braccia forti sorreggerla, afferrandola per i fianchi.
Akito
la sollevò da terra con una grazia che non gli apparteneva, voltandola
verso di
sé. Istintivamente, se la strinse più forte contro il proprio corpo e
rimase a
guardarla negli occhi.
Sana
stette immobile, paralizzata, mentre la sua pelle, al di sotto della
camicia,
bruciava, tanto era il desiderio che aveva di strapparsi via quella
stoffa
dannata per sentire l’effetto che faceva la sua pelle calda contro
quella di
Akito.
“Sana, controllati”.
“Io amo Kamura, io voglio solo Kamura. Perché
ho queste sensazioni ogni volta che Akito mi è vicino?” si chiese,
cominciando a tremare dentro di sé.
Naozumi
apparve sulla soglia della cucina.
“Cazzo” urlò una voce nella testa di
Akito. E in quella di Sana.
Kamura
parve sentire quella voce, pur essendo completamente estraneo alle loro
menti.
-Sana?-
la chiamò, la voce tremante. Incertezza o rabbia allo stato puro?
Sana
allontanò bruscamente Akito da sé e quest’ultimo finse la sua solita
indifferenza, tornando a sedersi sulla sedia e a guardare i cartoni
animati.
Naozumi
parve ricomporsi – Che... Che cosa stavate facendo? – balbettò.
Improvvisamente,
pur essendo lui il fidanzato di Sana, cominciava a sentirsi di troppo.
Akito
roteò gli occhi al cielo, ma fortunatamente Naozumi non lo vide, perché
girato
di spalle.
-Cercavo
lo zucchero – spiegò Sana sbrigativa, passandosi una mano sulla fronte
sudaticcia – sono inciampata nei miei stessi piedi e Akito mi ha
trattenuta dal
cadere per terra come un sacco di patate – spiegò sorridente.
Si
avvicinò a Kamura e gli schioccò un bacio sulle labbra – Buongiorno
amore –
Akito
strinse i pugni. Benché cercasse di apparire disinvolto, quella
scenetta
diabetica lo aveva fatto proprio incavolare a morte. Fino a qualche
anno prima,
Sana riservava soltanto a lui quel trattamento.
-Vuoi
fermarti a fare colazione con... Con noi?
– gli domandò Sana, tentennando sull’ultima parte della frase.
Kamura
scosse la testa e Akito poté avvertire il forte profumo che il ragazzo
utilizzava. Gli venne da vomitare.
-No,
questa mattina ho alcune commissioni da sbrigare, anzi – disse,
controllando
l’orologio appeso alla parete – Sono già in ritardo, devo sbrigarmi –
Depose
un bacio sulla fronte di Sana e fece per andarsene.
Prima
di scomparire alla vista dei due ragazzi rimasti in cucina, però,
aggiunse una
frase che, Akito ne era certo, aveva il preciso scopo di dargli il
colpo di
grazia – Amore, tieni pure la mia
camicia. Tanto nel tuo armadio ce ne sono un
sacco di mie –
Akito
strinse gli occhi e mandò giù.
Calma.
Doveva soltanto mantenere la calma.
*
Kamura
se ne era andato. Finalmente.
Sana
si stava facendo la doccia nel bagno della sua camera, mentre Akito se
ne stava
appollaiato sul divano, tutto intento a spulciare gli appunti della
lezione di
Fisica che si sarebbe tenuta quel giorno.
La
testa ovviamente era altrove.
“Okay, ammetti almeno con te stesso che il
pensiero che Sana e Kamura, questa notte, siano stati insieme ti da
fastidio. E
non poco. Ammettilo e vedrai che starai meglio”.
Akito
sospirò.
“Okay,
lo ammetto”.
Santo
Cielo, avrebbe tanto voluto tirare un pugno sul naso di Kamura quando
lo aveva
visto entrare in cucina, con quell’espressione beota sulla faccia.
Anzi, già
quando aveva visto Sana mezza nuda sgambettargli davanti, aveva
desiderato
ardentemente correre come una furia in camera sua e rovinare
quell’enorme
imbecille che si era portata a letto.
“No, non posso sopportare che sia lui a
spogliarla, che sia lui a toccarla, a baciarle quel corpo magnifico.
Non posso
accettare che sia lui l’ultima persona che Sana vede la sera prima di
addormentarsi”.
Akito
strinse i pugni.
“Diavolo, Akito! Questi discorsi te li facevi
anche due anni fa, quando si è messa con Kamura ed eri riuscito a
convincerti
che la situazione andava bene. Perché salta tutto fuori ora?” si
domandò,
cercando di ignorare quella solita vocina dispettosa che gli suggeriva “Non l’hai mai dimenticata, ti ha sempre dato
fastidio, solo che lo negavi a te stesso”.
Akito
si alzò in piedi e cominciò a misurare la stanza a grandi passi. La
tapparella
era stata tirata su a metà e il sole filtrava attraverso la finestra
proiettando lunghe ombre sul pavimento bianco. Il ragazzo udì una porta
sbattere.
Sana.
-
Akito! Akito scusa! Ci ho messo una vita a farmi la doccia – aveva
esclamato
lei, spuntando da dietro la porta con indosso solo un paio di jeans ed
una
magliettina bianca, leggera, che lasciava intravedere il solco tra i
seni.
Lui
deglutì. Anche quella magliettina ricordava di avergliela tolta un
sacco di
volte.
-Strano,
non è da te essere in ritardo – commentò lui ironicamente, incrociando
le
braccia e continuando a guardarla con un sorriso storto.
Lei
inarcò un sopracciglio – Cosa c’è?- gli domandò.
-Niente
–
Sana
andò a recuperare la sua borsa e cominciò a cercare i suoi occhiali da
sole.
Ovviamente, come da suo proverbiale ordine, non li trovò.
-Dai
porca miseria. Dove li ho messi? – sbottò, dopo averli cercati
praticamente per
tutta la casa.
Akito
rise –Cerchi questi per caso? – le domandò, tirando fuori dalla tasca
dei
pantaloni gli occhiali da sole di Sana. Questa mise su un cipiglio
irresistibile.
-Mi
hai fatto cercare per tutta la casa e poi li avevi tu? – sbottò ancora
– Non me
lo potevi dire? –
-E
il divertimento poi dove stava? –
-
Hayama, mi fai veramente incavolare! Coraggio, dammeli! – gli ordinò.
Lui
rise ancora di più –No, Kurata. Vieniteli a prendere –
Cominciò
a correre per la casa e Sana, ovviamente, lo rincorse, raccogliendo la
sfida.
Avranno
pure avuto ventidue anni, quasi ventitré per Akito, ma certe cose
decisamente
erano rimaste uguali. Tanto per dirne una, la loro eterna infantilità.
Akito
teneva gli occhiali da sole in mano, le braccia tese sopra la propria
testa, e
Sana saltellava nel vano tentativo di arrivarci per poterseli
riprendere.
Fu
forse per il troppo slancio che si era data o perché incespicò nei suoi
stessi
piedi (per la seconda volta quel giorno) che sia lei che Akito
rovinarono a
terra come due sciocchi.
Akito
sbatté il sedere con violenza sul pavimento; Sana gli finì a cavalcioni
e per
l’impatto la sua testa andò a cozzare contro quella del ragazzo.
L’intero
sistema solare cominciò a ruotare loro intorno.
-Ahi,
Kurata hai la testa più dura di un sasso! – la rimbeccò, massaggiandosi
la
parte lesa.
-Oh
Hayama, stai zitto. Questa è tutta colpa tua, sei tu che hai cominciato
con
questo scherzo stupido, quindi ti sta bene! –
In
realtà quella dei due che si era fatta più male era lei.
Quando
sollevarono lo sguardo l’uno sull’altra, si resero conto di quanto
fossero
vicini. Akito poteva vedere il proprio riflesso negli occhi di Sana e
non gli
sfuggì lo sguardo languido che aveva lei in quel momento. Lo stesso
sguardo che
le aveva visto ogni volta che desiderava un bacio da lui.
Istintivamente
le portò le mani sui fianchi e con le dita le scostò i lembi della
camicetta
per poterle sfiorare la pelle calda della schiena. Sentì
Sana rabbrividire.
Con
l’altra mano le scostò una ciocca di capelli da davanti agli occhi e
gliela
depositò dietro le orecchie. Sana chiuse gli occhi, godendosi quei
brividi che
continuavano a percorrerle tutto il corpo.
“Baciala
Akito,
baciala. Non vedi che lo vuole anche lei?”
Fece
scivolare la sua mano sulla nuca di Sana e con gentilezza l’attirò
verso di sé.
Sana continuava a tenere gli occhi chiusi. Le loro labbra erano sempre
più
vicine, Sana poteva sentire il calore dell’alito di Akito solleticarle
la pelle
delicata del collo.
A
quel punto anche Akito chiuse gli occhi, preparandosi a quello che, ne
era
certo, sarebbe stato un bacio fin troppo travolgente a cui lui non
sarebbe
riuscito a resistere.
Poteva
già sentire il sapore del lucidalabbra alla fragola di Sana...
*
-Tsuyoshi,
Tsuyoshi dannazione apri questa porta!-
Quando
cinque anni prima Tsuyoshi si era presentato alla porta di Akito,
dicendogli di
aprire immediatamente perché gli doveva parlare, interrompendo così il
sonno
beato dello stesso, avrebbe dovuto immaginare che Akito, prima o tardi
avrebbe
ricambiato il favore. (*)
-
Akito? Che cosa vuoi? –
Un
Tsuyoshi molto assonnato fece la sua comparsa sulla porta di casa, con
ancora
il pigiama addosso. Akito parve sorpreso, ma senza nemmeno attendere un
consenso, entrò in casa dell’amico.
Era
tardo pomeriggio ed Akito era appena uscito dall’università dove si era
tenuta
la lezione pomeridiana a cui doveva andare quel giorno. Con
Sana.
-Non
sei andato al lavoro questa mattina? Stavi dormendo? – gli chiese,
lasciandosi
cadere sul divano e addentando un cioccolatino abbandonato sul tavolo.
Tsuyoshi
si imbronciò e mise le mani sui fianchi – Aya stanotte non è stata
molto bene e
questa mattina ho preso un giorno di permesso per poterla aiutare. Non
mi
andava di lasciarla da sola –
Akito
annui.
-Che
cosa vuoi? – ripeté.
Akito
sobbalzò –Oh Tsuyoshi! – gli disse.
Ecco,
in quel momento Akito non sembrava per niente Akito. Era piuttosto
molto simile
ad un ragazzo disperato, con il cuore a pezzi, che non sapeva più che
pesci
pigliare. Ossia, tutto quello che Akito non era, che non era mai stato
e che
non sarebbe stato mai.
-Aiutami
non so che fare –
Okay,
quello non era Akito. Anche Tsuyoshi parve accorgersene perché si andò
subito
ad accomodare di fianco al suo amico –Akito, cosa succede? – gli
domandò
ansioso.
Quello
mormorò qualcosa. Qualcosa di non ben definito. Qualcosa di cui
Tsuyoshi riuscì
a capire soltanto “Occhiali” e “Kamura”
e “Bacio”.
Tsuyoshi
era confuso –Hai baciato Kamura con gli occhiali? – gli domandò.
Akito
storse il naso – No! Che schifo! – sospirò – Stavo giocando con Sana,
le avevo
rubato gli occhiali da sole e lei stava cercando di riprenderli. Poi mi
è
caduta addosso e...-
-E?-
-E...-
-E?-
-E...
Per poco non ci siamo baciati! – ammise, abbassando il capo con fare
colpevole
– Solo che lei si è fermata poco prima che succedesse. Mi ha solo detto
“Kamura” e poi si è rialzata – Akito si
prese la testa tra le mani –Tsuyoshi dimmi cosa devo fare, perché sennò
impazzisco – gli domandò, disperato e sull’orlo delle lacrime.
Tsuyoshi
non l’aveva mai visto così.
-
Akito... – cominciò a dire, con fare serio – Akito, ma è fantastico! –
-Eh?-
-Io
ed Aya eravamo sicuri che prima o poi sarebbe successo. Adesso è solo
questione
di tempo, ma finalmente è scoccata di nuovo la scintilla! – esclamò,
con
espressione sognante.
-Tsuyoshi,
ma sei rincitrullito? – gli domandò.
In
quel momento Aya fece capolino dalla stanza da letto. L’espressione
sbattuta e
il maglione larghissimo che indossava, non riuscivano a coprire il
luccichio
entusiastico nei suoi occhi.
-Ciao
Akito. Non ho potuto fare a meno di sentire quello che hai detto a
Tsuyoshi. È
la verità?-
Tipica
affermazione di tutti coloro che amano farsi i fatti degli altri. Non ho potuto fare a meno di sentire.
Allora non ascoltare, invece di tormentarmi.
Akito
sbuffò – Fantastico, adesso insieme a Tsuyoshi ho trovato un’altra
consulente
del cuore –
L’espressione
sconvolta di pochi secondi prima, completamente scomparsa.
-Senti
Hayama – disse Aya risoluta come Akito non l’aveva mai vista – Se Sana
è
rimasta immobile così a lungo prima di scansarsi, vuol dire che era
parecchio
indecisa se lasciarsi baciare da te oppure no. Il mio è un parere da
donna e di
migliore amica di Sana. Se ha tutti questi dubbi, vuol dire che quello
che
prova per Kamura non è così forte, non credi?-
Certo,
il ragionamento di Aya non faceva una grinza, perfettamente razionale,
dava
voce ai suoi stessi pensieri. Ma da quando, Sana era una persona razionale?
*
-No
scusa, vuoi ripetere? –
Fuka
era sconvolta.
Oddio,
non che non si aspettasse che prima o dopo sarebbe accaduto, solo che
venirlo a
sapere così, dopo una giornata di lavoro massacrante e una quantità
sproposita
di scartoffie da ricontrollare prima di passarle al suo capo, la faceva
innervosire più del dovuto.
Sana
aveva quasi baciato Akito.
No,
Akito aveva quasi baciato Sana.
“Ma che differenza c’è alla fine?” si era
chiesta perplessa.
Sana
non aveva tardato molto a darle la lieta novella. Fuka era entrata in
casa,
tutta trafelata e con la borsa a tracolla che a momenti la strangolava
e lei
glielo aveva detto.
La
stava aspettando, curandola, annusando la sua presenza aldilà della
porta come
il più fedele cane da compagnia. Quando Fuka se l’era ritrovata
davanti, Sana
saltellava da un piede all’altro, mordendosi le labbra, i capelli
raccolti
confusamente in una coda disordinata.
“E questo
è il modello di ragazza che centinaia di teenager seguono ogni giorno”
si
era detta Fuka, sorprendentemente divertita.
Sana
le aveva raccontato tutto, non risparmiandole nemmeno i più intimi
dettagli.
Akito che le rubava gli occhiali. Lei che inciampava. Loro che si
guardavano
negli occhi. Le loro labbra che erano lì lì per sfiorarsi. Lei che lo
aveva allontanato.
Per
concludere ovviamente con loro che
andavano a pranzare insieme, e poi all’università a lezione, come se
niente
fosse successo. Normale, no?
Fuka
non era propriamente annoiata, solo che quella storia era stata
costretta a
sentirla per anni. Anni. Non
confidenze sussurrate nei bagni della scuola, che si perdevano in uno
sbuffo di
fumo, mentre la sigaretta stretta tra le dita si consumava. Anni.
Ore continue della sua vita che
lei e Tsuyoshi, soprattutto, avevano passato a scervellarsi per capire
quali
contorti ragionamenti si nascondessero dietro le menti malate di Akito
e Sana.
E nessuno dei due, quasi servisse qualcosa sottolinearlo, riusciva a
capire
perché si fossero lasciati e perché attendessero tanto tempo a
rimettersi
insieme.
-Sana,
perché l’hai allontanato? – le domandò innocentemente.
Quella
parve quasi offesa - Ma perché io sto
con Naozumi – spiegò, più scandalizzata che mai.
-E
allora? – chiese ancora Fuka, non capendo quale fosse effettivamente il
problema.
-Non
lo voglio tradire –
Ecco,
erano esattamente queste cose che la mandavano su tutte le furie. Ma
che razza
di risposta era quella? Tu non è che non baci un ragazzo perché stai con un’altra
persona e non la vuoi tradire. Non è quella la giusta motivazione che
ci sta
dietro, almeno.
Trovare
adesso il giusto modo per spiegarlo a Sana era una delle azioni più
difficili
che avrebbe mai dovuto compiere nella sua vita.
-Sana,
ti rendi conto di quello che dici? –
La
ragazza sgranò gli occhi e la guardò interrogativa –In che senso? –
Fuka
sospirò – Sana, tu mi stai dicendo che non
hai baciato Akito perché stai con
Naozumi e non lo vuoi tradire –
Fuka
la guardò, cercando di lasciarle intendere esplicitamente qualcosa con
il suo
modo di fare. Sana ovviamente non colse il messaggio – Eh? E allora?-
Fuka
sospirò ancora e si accese una sigaretta.
Sapeva
perfettamente che Sana detestava quando fumava. In casa per di più. Ma
in quel
momento necessitava della sua dose quotidiana di nicotina che,
paradossalmente,
era in grado di farla stare tranquilla.
Aspirò
una lunga boccata di fumo e poi strinse gli occhi a due fessure, per
guardare
Sana che ancora stava zitta, in attesa. Sul suo volto solo un lieve
accenno di
fastidio per l’odore nauseabondo del fumo.
-Sana.
Avresti dovuto dirmi che non hai
baciato Akito perché ami Naozumi –
Poté
sentire il campanello nella testa di Sana squillare, pur non avendo
poteri
telepatici. Sembrava sconvolta. Fuka spense la sigaretta, consumata
nemmeno a
metà, nel posacenere sul mobile all’ingresso. Ancora non era riuscita
ad
entrare in casa.
-Perché
lo ami,
Sana. Non perché non lo vuoi tradire –
La
superò, lasciandola imbambolata all’ingresso.
I keep on fallin'
In and out of love
With you
Sometimes I love ya
Sometimes u make me blue
Sometimes I feel good
At times I feel used
Lovin you darlin'
Makes me so confused
Fallin ' - Alicia Keys
****************************************
Buonasera
^_^
Eccoci qui con il secondo capitolo di questa storia. Eh, la Kim aveva
proprio
ragione a dire che Sana e Akito senza i loro amici sarebbero perduti.
No,
ditemi voi se è normale che sia stata Fuka a far notare la piccola
contraddizione presente nel suo modo di fare… Nel prossimo capitolo ci
sarà una
svolta – o è quello dopo? :D Non vi dico niente.
In primo luogo volevo ringraziarvi di cuore perché non ho mai avuto
così tante
recensioni solo per il primo capitolo. Spero che la storia continui ad
appassionarvi. A questo proposito e in secondo luogo, volevo fare una
precisazione,
che forse avrei dovuto fare sin dal primo capitolo : questa storia sarà
incentrata sulla quotidianità. Una volta superato l’ostacolo “Naozumi”,
la
storia sarà incentrata sul rapporto Sana e Akito. Per tutto il tempo.
Questo
significa che possiamo dire addio all’amore travagliato dei due,
presente in My
Sorrow. Ho sempre voluto scrivere una storia “tranquilla”, senza colpi
di
scena, che raccontasse la pura quotidianità della coppia e quindi –
diciamolo –
in sé un po’ banale. Per quanto Sana e Akito consentano di
scrivere una
storia “banale”, intendiamoci. E poi, volevo anche raccontare una
storia che
non cominciasse con la fine – tipico, si mettono insieme alla fine e
quello che
tutti abbiamo letto è più che altro il “come ci sono arrivati”. Spero
di non
avervi deluse con questa anticipazione, più che altro la parte di voi
che si
aspettava fuochi d’artificio da questa fiction – io mi ci sto
affezionando
molto, poi vedremo come si evolverà.
Passo
a
ringraziare le ragazze che come sempre sono fantastiche: la storia sarà incentrata sul rapporto
Sana e Akito. esta storia sarà incentrata sulla quotidianità.
recisazione,
visto che mi
_DaNgErOuS_ChIlD_ : la
prima, la
prima a recensire! ^_^ Ma ciao! Brava che hai tenuto a mente l’idea del
frullatore, torna sempre utile prima o poi e se non ci pensi tu lo
faccio io –
non ti dico lo schifo di dover scrivere le scene tra Sana e Kamura.
Meno male
che non durerà ancora a lungo. Un bacione tesoro!
Yesterday: no, l’indice puntato no, per carità! ç__ç Grazie per
cento –
ma si dice poi? Boh. - per ogni bella parola che mi hai scritto.
Come
suddetto, la quotidianità ci sarà, e tantissima in questa fiction (è
proprio
vero che si ricerca nelle storie quello che ci manca nella vita vera –
ma che
dico?). Al solito mi hai ispirata per una cosa che però non ti dico –
così
impari. Che tu ci creda o meno, al rifletto di Sana e Akito sulla TV ho
pensato
a te – giuro e spergiuro. Ormai siamo telepatiche – esci dalla mia
testa! E…
nonostante tu continui a strepitare, la storia rimane dedicata a te!
<3
Deb: ciao cara! No, non mi è arrivata nessuna mail com’è
possibile? Ç__ç
Ma cos’è questa rivolta dei PC contro di me? Mi diverto un sacco a
leggere le
tue considerazioni sulla storia, per non parlare dei dialoghi che fai
da sola
con Sana e Akito. Tutto bene? :D Kamura credo vogliano ucciderlo in
molte e a
questo proposito ti dico che dovrai sopportarlo ancora per poco.
Pochissimo
promesso, padrona! ^__^ Un bacione ad una mia fan accanita!
Ili91: ma grazie, e colgo anche l’occasione per ringraziarti
della tua
recensione all’ultimo capitolo di My Sorrow, davvero troppo gentile.
*_* Sana
sta con Naozumi da due anni e ancora non si è stancata – che coraggio
(una
parte di me urla “che schifo” ma vabbè). Amici per loro è una
parolaccia,
infatti l’ho messa in corsivo se non sbaglio :D Se ti sono piaciuti i
dialoghi
interiori di Sana, vedrai nei prossimi capitoli. Ancora grazie
infinite, spero
che anche questa storia ti piaccia (:
ryanforever: la veggente (posso chiamarti così). Adesso mi
spieghi come
facevi a sapere che in questo capitolo c’erano Aya, Fuka e Tsuyoshi che
avrebbero aiutato Sana e Akito. Sei per caso una spia? :D No, scherzo,
sei solo
molto attenta. Con i tempi effettivamente non mi so gestire molto bene,
tre
anni lontani sono praticamente una vita considerati i soggetti, però
insomma,
vedremo cosa combineranno se mai torneranno insieme, no? Lo so, sono
cattiva a
dire queste cose, ma… Un bacione e grazie mille sul serio ^_^
mantovanina: allora, premesso che definire Naozumi un broccolo
mi ha
causato mezzora abbondante di risate incontenibili, passo a
risponderti. Ma la
gravidanza di Aya ha proprio colpito tutte quante vedo – lei e Tsu si
amano
dalla notte dei tempi? Altre risate XD Le buone nuove arriveranno con
il primo volo,
giuro e spergiuro anche a te. Un bacione bella ^__^
trixina: innanzitutto non ti devi scusare, hai detto quello che
pensi ed
è giusto così, le recensioni sennò a cosa servono? Per ciò che riguarda
il
fatto che la storia è banale, mi sono dilungata un po’ nell’angolo
autrice ed
evito di ripetermi, preciso solo che volevo sfruttare un po’ Naozumi in
questa
storia, visto che in My Sorrow ha avuto un ruolo molto marginale – lo
odio e
non cambieranno le cose :D Per ciò che riguarda le scene di sesso, mi
spiace
che tu le abbia ritenute esagerate. Ritengo personalmente che in amore
la
passione sia fondamentale, altrimenti è amicizia e basta e poi ti posso
assicurare che solitamente non schiaffo mai scene di forza in un
capitolo, mi
esce tutto (dai dialoghi, alle descrizioni, fino alle suddette scene)
naturalmente. Nonostante questo terrò i tuoi consigli a mente, promesso
;)
L’immagine della Sana cattiva che tappa la bocca a quella buona però,
te lo
devo dire, è fantastica e forse mi hai dato un’idea per un prossimo
capitolo.
Un bacione ^__^
dancemylife: **sorrisone** Tsuyoshi non si limita a stare
accanto ad
Aya, semplicemente la tortura quella povera donna. Ma ti immagini uno
che ti
sta addosso perché si preoccupa che tu possa affaticarti per qualsiasi
cosa? È incinta,
mica malata! ^__^ La relazione tra Sana e Akito è stata troncata sempre
per il
solito motivo : orgoglio ed incapacità di chiarirsi, proprio come due
mocciosi.
In ogni caso, gli interrogativi si chiariranno con lo svilupparsi della
storia.
Un bacione immenso ^_^
Midao: **Ale si inchina, perché davanti all’autrice di
“Svegliandoti”
non può fare altrimenti** Tsuyoshi ed Aya effettivamente vivono su un
universo
parallelo – mai un problema a quei due, è mai possibile? Il punto di
vista di
Fuka si chiarirà tra un paio di capitoli e ho in mente che ti alzerai
in piedi
a fare la ola. Naozumi provvederò a toglierlo dai piedi quanto prima.
E. Se
però mi dici che quello che ho scritto è meraviglioso, io mi sciolgo
ç__ç
Grazie infinite, un bacione *_*
Roby5b: ma ciao pazza! ^_^ la storia dovrebbe essere formata da
una
quindicina di capitoli – forse uno o due in meno – ma sono già a buon
punto a
scriverla, solo ultimamente vado alla velocità di un bradipo. Per il
bacio tra
Sana e Akito… beh, dovrai aspettare un altro (bel) po’. Un bacione e
spero
continuerai a seguirmi ^__^
_Rob_ : stai tranquilla e non piangere, infondo se non si
mollassero e
riprendessero in continuazione, non sarebbero più Sana e Akito. È
questo il
bello di loro ._. chiamalo bello, eh? Naozumi perché lo odiamo un po’
tutte, e
come capro espiatorio ci sta alla grande – così posso odiarlo ancora di
più.
No, mi spiace ma con lui sono irremovibile U.U Un bacione ^__^
sasyherm: esattamente, questo tentativo di storia è anche il
continuo di
My Sorrow, ma a distanza di cinque anni, quindi è un po’ una storia
staccata
dalla precedente. Felicissima che l’inizio ti sia piaciuto, spero anche
il
resto. ^__^ Un bacio.
Porpetta: ehi, tu sei la donna della domenica o al limite del
lunedì,
cosa mi combini? Ci ho messo un po’ a pubblicare perché il capitolo non
mi
convinceva, perché ho questi maledetti esami (aiutami a bruciare la
scuola) e
perché con gli ultimi capitoli non riesco proprio ad andare avanti –
sarà lo
stress, spero solo che con le vacanze riesca a trovare il tempo.
Effettivamente
Kamura poteva andarsi a scusare il giorno dopo, ma… Ha voluto farle la
sorpresa, che dolce ._. proprio no. Un bacione, sei cara come sempre ^_^
Beh,
insomma,
proprio una bella lista di ringraziamenti. Ragazze siete fantastiche,
mi date
un sacco di energia e mi mettete di buon umore – ne ho davvero bisogno
ultimamente, sennò mi sparo un colpo ._. Voglio le vacanze!
Ringrazio
ovviamente anche chi, pazientemente si è letto questo delirio e ha
inserito la
storia tra Scelte, Preferite e Ricordate.
Alla
prossima
settimana – si spera. Aggiornerò di lunedì perché non ci sono – me
parte *-*
Un
bacione
Ale69
|
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Capitolo 3 *** Stop for a minute ***
SHE IS
Capitolo
3: Stop
for a minute
Start sinking, everytime I get to thinking
It’s easier to keep on moving
Never stop to let the truth in
Stop for a minute -
Keane
Da
quel giorno era passata una settimana e per fortuna (o sfortuna) Sana e
Akito ancora
non si erano incontrati. Quel giorno, ultimo giorno d’estate, faceva un
caldo
infernale. L’afa rendeva difficile addirittura respirare e il sudore
imperlava
la fronte di Sana come tante perle preziose. Sana se ne stava distesa
sul suo
letto a godersi la pace mattutina della sua casa.
Naozumi
era impegnato nelle riprese di un telefilm. Poco male, almeno aveva
avuto anche
il tempo di sistemare un po’ quel turbinio di pensieri che la
tormentavano da
un po’. Non che ci fosse poi riuscita, intendiamoci, ma sua madre una
volta le
aveva detto che chi ben comincia è a metà dell’opera. E lei almeno
aveva
tentato.
Ancora
le rimbombavano le parole di Fuka nelle orecchie. Già, perché non aveva
detto
“Io amo Naozumi” invece di dire “Ci sto
insieme e non lo voglio tradire”?
Che frase stupida.
Era
un po’ come dire che lei faceva l’attrice perché le procurava un ottimo
stipendio, invece che per passione. Che cosa altrettanto stupida!
Sana
si rigirò nel letto, le lenzuola di
fresco cotone aggrovigliate alle sue gambe snelle.
“Sana,
sii onesta.
Hai desiderato baciare Akito”.
Già,
lo aveva desiderato con tutta se stessa. Per quei trenta secondi, non
era
riuscita a pensare ad altro che a quelle labbra dolci che prendevano
possesso
delle sue. E, ad essere completamente onesta con se stessa, non le
sarebbe
nemmeno dispiaciuto se dopo Akito l’avesse trascinata ovunque, magari
su quello
stesso letto, dove aveva fatto tante volte l’amore con Naozumi.
Si
sentiva terribilmente in colpa.
Sospirò.
“E
adesso che
cavolo faccio?”
Si
era posta questa domanda un sacco di volte durante quella settimana.
Per
esempio, ogni qualvolta vedeva il display del suo cellulare illuminarsi
perché
Naozumi la stava chiamando e lei rifiutava la telefonata. Terribile.
Il suo comportamento era terribile.
E
nemmeno vedeva Akito da una settimana.
Il
campanello che suonò la distrasse dai suoi pensieri. E mentre
zampettava fino
all’ingresso per aprire la porta, si maledì per essere sempre così
confusionaria.
Confusione,
è il
mio secondo nome.
*
Sana si
infilò nel
suo letto. Il suo corpo emanava calore. Il suo corpo emanava quel
profumo
delizioso che solo lei si portava sempre dietro. Inebriante. Akito
quasi si
sentì svenire.
Le sfilò
con
urgenza la maglietta, cominciando a baciarle la pelle calda del corpo.
Quel
corpo che per qualcosa come tre anni, non era più stato suo. Quel corpo
che per
qualcosa come tre anni, Kamura aveva stretto a sé, con fare possessivo.
Ne era
certo.
Ma
adesso Sana era
tutta per lui. In un abbraccio mozzafiato che annullava completamente
la
distanza tra i loro corpi. La mano di Akito tremava quando le slacciò i
jeans
per poterla spogliare completamente. Tremava perché non sapeva se Sana
lo
avrebbe respinto o lasciato fare.
La
osservo: lei
teneva gli occhi chiusi, l’espressione del suo visto pareva assorta nel
godersi
quelle sensazioni che, Akito lo sapeva bene, solo con lui poteva
provare.
Quando
si adagiò su
di lei, poté sentire ogni singola curva del suo corpo incastrarsi
perfettamente
con il proprio. Perfetti. Ecco com’erano loro due quando stavano
insieme.
I loro
corpi
sudavano, stretti tra loro, come per non lasciarsi mai più andare.
-
Akito... Akito ti
prego – Sana gli sussurrò in un orecchio.
Lui non
si fece
attendere a lungo. Giusto il tempo di un sospiro e anche quella labile
barriera
che li separava – l’aria che ogni giorno avevano respirato, condiviso
e, forse,
anche un po’ litigato – divenne superflua.
Akito
poté
avvertire un distinto brivido partirgli dalla nuca per infrangersi
sulla punta
dei suoi piedi. Sana urlò.
Ancora
loro. Ancora
in un unico abbraccio. Ancora in un unico corpo, come tre anni prima.
E, come
sempre quando loro stavano insieme in quel modo, tutto intorno a loro
divenne
superfluo.
-
Akito!-
*
Some
days, feels my
soul has left my body
Feel I’m floating high above me
Like I’m looking down upon me
Stop for
a minute - Keane
Una
ciabattata in testa lo riportò bruscamente alla realtà.
Akito
mugugnò qualcosa, ma prima che potesse realizzare dove si trovava, con
chi e
soprattutto perché, quella fastidiosa ciabatta andò ad infrangersi
nuovamente
sulla sua testa.
-
Akito!-
Natsumi.
Sua sorella. Ma che diavolo voleva a quell’ora del mattino?
Il
ragazzo sbuffò –Natsumi. Si può sapere che cazzo
vuoi? –
Un’altra
ciabattata gli fece comprendere che, forse, era il caso di moderare il
linguaggio.
-
Hayama, maledetto idiota. Dovevi essere da Sana un’ora fa...-
-Eh?-
-
Hai capito benissimo. Fila a farti una doccia, tra due ore avete una
lezione
all’università e devi passare a prenderla –
Akito
si rigirò dall’altra parte – Non ho voglia di andare a lezione, oggi.
Sono
stanco –
Sua
sorella si fissò le mani sui fianchi. Ecco, in quel momento sembrava
davvero la
matrigna cattiva di Cenerentola. Macché matrigna, sembrava una strega.
Una
strega davvero crudele.
-Oh,
poverino! Lui è stanco – lo canzonò
con voce disgustata – Vedi di alzare il tuo pesantissimo deretano da
quel letto
prima che decida di andare a prendere una scopa e di spaccartela in
testa –
Era
sempre bello essere svegliati dalle paroline dolci e amorose della
propria
sorella.
Akito
sospirò – Ma non dovevi andare a lavorare oggi? –
Natsumi
lo guardò male –Si. Solo che mi sono presa un giorno di malattia perché
questa
mattina non mi sentivo tanto bene –
Akito
fu incerto se chiederle perché mai avesse deciso di rompere i
cosiddetti
proprio a lui. Poi si trattenne, memore della minaccia che gli aveva
appena
rivolto.
-Allora
ti alzi? – berciò Natsumi.
Akito
si mise seduto –Va bene, va bene – si stiracchio con calma – Arrivo,
che palle!
–
-Fila
a farti una doccia. Telefono a Sana e le dico che sarai da lei tra
mezzora... Venti minuti – si corresse alla fine,
ripensandoci.
Akito
era sconcertato – Certo! Aspetta che mi teletrasporto – commentò
sarcastico, ma
alla fine si infilò in bagno.
Avrebbe
dovuto rivedere Sana di li a poco. Cavolo, dopo il sogno che aveva
fatto quella
notte, doveva sforzarsi di mantenere la calma.
Calma,
come sempre,
era la parola d’ordine.
*
Il
campanello squillò ancora, impertinente.
-Arrivo
– urlò Sana, più trafelata che mai. Doveva andare all’università con
Akito, era
ancora in pigiama, doveva vestirsi, truccarsi e... Ovviamente
non si poteva certo pretendere che uscisse di casa con i
capelli conciati in quel modo.
Spalancò
la porta con enfasi e il respiro le si bloccò in gola. Sapeva che
quella
mattina avrebbe dovuto rivederlo, ma non pensava che le avrebbe causato
quell’effetto.
I capelli d’oro ricadevano disordinati sulla
sua fronte e, Sana si accorse, erano estati scompigliati dal vento
forte che si
era alzato in quell’ultima mezzora.
Indossava
una maglietta nera, aderente, che metteva in risalto il suo fisico
allenato e
scolpito dagli anni passati a praticare il karatè.
Akito
la fissò, un sopracciglio inarcato.
“Sana,
non restare
a fissarlo come una perfetta idiota, digli qualcosa!”
-Dimmi
che ho dovuto fare tutto di fretta e furia per arrivare qui e scoprire
che sei
ancora in pigiama, Kurata. Sarà la ciliegina sulla torta che renderà un
vero
schifo questa giornata cominciata già di per sé malissimo –
Ecco,
il fatto che Akito fosse così acido alle nove del mattino, non lasciava
presagire nulla di buono.
-Scusa.
Mi vesto ed esco. Faccio in un attimo – gli disse soltanto, facendosi
da parte
per lasciarlo entrare. Il coraggio di incrociare i suoi occhi, non lo
trovò
ovviamente, nonostante riuscisse a sentire perfettamente lo sguardo
insistente
di Akito puntato sul suo viso.
*
Si
fece la doccia, la piega ai capelli e si truccò a tempo di record.
“Forse
dovrei
chiedere ad Akito di venire a chiamarmi tutte le mattine, così mi darei
una
bella mossa”
pensò, ironicamente.
A
dire la verità, pure quando Hayama passava a prenderla, non si era mai
preoccupata poi moltissimo di lasciarlo attendere per ore in salotto,
mentre
lei si vestiva.
Quella
mattina però era diverso. Molto
diverso. Visto anche quello che era successo una settimana prima, dopo
di che
non si erano più visti.
Con
l’asciugamano avvolto intorno al corpo, si catapultò nella sua cabina
armadio
per trovare qualcosa da mettere. Stava giusto vagliando la possibilità
di
indossare un leggero vestito di cotone – visto il caldo asfissiante di
quella
giornata – piuttosto che un paio di comodi jeans, quando Akito fece
capolino
dalla porta della sua stanza.
-
Kurata, di grazia, qual è la tua concezione di “un attimo”?
– le domandò, asciutto.
Sana
afferrò di fretta il vestito e uscì dallo stanzino – Scusa, Hayama. Ho
fatto
più veloce che potevo – gli disse, fissandolo con sguardo di scuse.
Akito
la osservo, lasciando scivolare lo sguardo come una leggera carezza sul
corpo
di Sana, coperto a malapena da quel morbido asciugamano bianco.
Il
ragazzo deglutì. E, a differenza di tutte le altre volte, durante le
quali Sana,
ovviamente, non aveva mai notato nulla,
lei se ne accorse.
-Che
c’è, Kurata? –
Lei
arrossì – Ehm... Ecco, se tu uscissi dalla stanza potrei... Si insomma,
potrei
vestirmi –
Se
non fosse successo qualcosa tra loro
da così poco tempo, niente, e si sottolinea, niente, avrebbe mai
impedito ad Akito
di deriderla, sparando una frase come “Ti
ho vista molto più nuda di così, Kurata”. Ovviamente si era
morsicato la
lingua, trattenendosi.
-Certo
– acconsentì lui, ovviamente, girandosi e cominciando a camminare verso
la
porta. Passò accanto al cassettone, sul cui ripiano Sana teneva
poggiate alcune
fotografie.
Fu
la frazione di un secondo, Akito riuscì comunque a vederla.
Si
bloccò di colpo ed afferrò la cornice d’argento che contornava un ben
preciso
momento che lui e Sana avevano vissuto. Insieme.
La
foto immortalava lui, con Sana sulle spalle, i capelli raccolti in due
treccine
disordinate e un cappello di paglia sulla testa. Un sorriso stupendo
sul suo
viso felice. Felice come l’aveva
sempre conosciuta. Quella era stata la prima estate in cui erano
partiti
insieme, da soli.
Deglutì
a fatica.
-Non
sapevo che tenessi ancora questa fotografia – le disse in un sussurro.
Il tono
di voce improvvisamente roco, quasi nascondesse una certa commozione. Lacrime trattenute a stento dietro gli
argini delle sue palpebre fragili.
Sana
sorrise e si avvicinò a lui, arrivandogli alle spalle
- Certo. È una fotografia bellissima e mi
ricorda un periodo stupendo della mia vita – gli spiegò, osservando
l’immagine
che ancora Akito stringeva tra le mani.
Quell’attimo
immortalato che gli scivolava come sabbia trattenuta malamente tra le
dita.
-Credevo
che Kamura ti impedisse di conservare qualunque cosa, anche minimamente
legata
al sottoscritto – la provocò, sistemando la cornice al suo posto e
voltandosi a
guardare la ragazza in faccia.
Sana
lo guardò male – Naozumi è geloso. Ma qualunque cosa dica non potrà mai
cancellare il ruolo che tu hai avuto
nella mia vita - gli disse –E
comunque...- continuò, incerta – Naozumi non viene qui poi così spesso
–
Akito
si incupì –Capisco – disse solamente.
Fece
per uscire ma Sana lo trattenne. Quando gli afferrò la mano, l’impatto
delle
loro pelli che venivano a contatto, causò ad entrambi una forte scarica
elettrica.
-
Akito – proruppe – Mi dispiace per quello che è successo una settimana
fa –
*
Sometimes I feel like it’s all been done
Sometimes I feel like I’m the only one
Sometimes I wanna change everything I’ve ever done
Too tired to fight and yet too scared to run
Stop
for a minute - Keane
Si
soffermò a fissare quel leggero velo di polvere che stazionava sulla
lucida
superficie del mobile di legno. Ricordò che quando era bambino, si
divertiva a
soffiare energicamente sulla polvere per vederne volare da tutte le
parti i
minuscoli frammenti che la componevano. Li osservava svolazzare
nell’aria,
leggeri, senza alcun pensiero e si era spesso domandato se, prima o
poi, anche
lui sarebbe stato in grado di librarsi in volo senza alcuna
preoccupazione,
proprio come quelle schegge di luce, che si soffermavano a
solleticargli la
punta del nasino.
In
quel momento, però, l’unica cosa che aveva cominciato a volteggiare,
spaccato
in mille pezzi, nel suo torace, era il suo cuore.
-Ti
dispiace perché qualcosa poteva succedere
o perché, alla fine, non è successo nulla?
La tua frase è piuttosto ambigua – disse, seccato.
Sana
sospirò – Lo sai benissimo – gli rispose, eloquente.
-No,
no che non lo so, Sana – sbottò, afferrandola per le spalle. Piantò gli
occhi
in quelli di lei, con il preciso intento di non lasciarla andare fino a
che lei
non gli avesse risposto.
-Si
invece, lo sai! Non vedo perché tu debba farmi dire cose che sono più
che ovvie
– disse lei, distogliendo lo sguardo.
-Guardami,
cazzo –
Non
era mai stato così tanto arrabbiato in tutta la sua vita. Non era mai
stato
così tanto disperato.
-Ti
ho ancora davanti, con quegli occhi socchiusi, in attesa soltanto di un
mio
bacio. Poi, di colpo, mi hai allontanato e l’unica cosa che sei stata
capace di
biascicare è stata “Naozumi” – disse,
la voce acuta – Si può sapere cosa significa? –
Sana
parlò con una voce sottile, sottile – Io sono la sua ragazza –
Akito
rise, ironico – Come se non lo sapessi. Ma eri la sua ragazza anche
quando te
ne stavi li, ferma e più che felice di quello che stava per succedere –
le
disse.
-Non
ero felice –
-Sei
una bugiarda, Kurata –
-Non
è vero –
-Si,
invece –
Akito
continuò a fissarla, ma Sana mantenne con decisione lo sguardo puntato
sulla
parete alle sue spalle. Calò il silenzio.
-Guardami
–
Sana
stette muta, immobile.
-Guardami
Sana, per favore –
E
questa volta lei decise di dargliela vinta. Lo fissò negli occhi e la
disperazione che vi lesse la lasciò ancora di più senza parole. Senza
respiro.
Senza la forza per allontanare quelle mani che, ancora, teneva bel
saldate
sulle sue spalle.
Akito
sospirò. Alla fine decise di lasciarla andare, ma prima di scostarsi da
lei, si
concesse il lusso di sfiorarle la pelle nuda delle spalle, delle
braccia, con
le proprie mani.
Era
calda e Akito poté sentire distintamente
la pelle d’oca materializzarsi sotto i propri polpastrelli.
-Io
vado avanti. Devo chiedere alcuni consigli al professore per la tesi.
Ci
vediamo dopo – le disse semplicemente, dopo essersi staccato,
riluttante da
lei. Il gesto più difficile che avesse compiuto da un paio d’anni a
quella
parte.
-Ciao,
Kurata –
E
mentre la porta di casa sbatteva sommessamente, richiudendosi, Sana si
morsicò
le labbra, con forza.
Dannazione,
Akito aveva di nuovo quel potere su
di lei.
E
lei era davvero nei pasticci.
*
-Tsuyoshi.
Tsuyoshi, apri subito questa maledetta porta –
Una
serie di violenti pugni si abbatté sulla porta della casa di Tsuyoshi.
Giusto
per la cronaca, non era la porta ad essere maledetta,
quanto piuttosto quella situazione spinosa che, ultimamente, stava
mettendo a
dura prova i nervi di Tsuyoshi.
Il
ragazzo aprì la porta, annoiato – Ciao Sana! Qual buon vento... ? – le
domandò
ironicamente, inarcando un sopracciglio. Se ogni volta che Akito andava
a
bussare da lui, doveva parlargli di Sana, era legittimo pensare che se
Sana si
recava da lui, fosse per parlare di Akito.
Il
problema era che ad ogni piccolo screzio, entrambi nominassero il
povero
Tsuyoshi loro consulente del cuore, irrompendo in casa sua alle ore più o meno adatte della giornata.
E
poi Aya aveva bisogno di riposo, non poteva certo subire quelle lagne
ogni
santo giorno. Il bambino sarebbe nato con qualche problema, ormai
Tsuyoshi ne
era certo.
-Ti
devo parlare di Akito –
Bingo!
Tsuyoshi
sospirò, lasciandola entrare – Che altro è successo? –
Sana
si accomodò su una sedia in cucina, mentre Tsuyoshi le offriva del te
fresco da
bere – Questa mattina è passato da me perché dovevamo andare
all’università –
Fin
qui tutto normale.
-E’
entrato in camera mia mentre sceglievo cosa mettere. Ero praticamente
nuda,
solo con l’asciugamano addosso –
Avvincente!
Tsuyoshi
la fermò – Sana, dimmi che non siete finiti a letto insieme – la
rimbeccò, lo
sguardo accusatore.
Quella
divenne rossa e scosse la testa energicamente – No! Per l’amor del
cielo, ci
mancherebbe. Io sto con Kamura! –
Quella
frase cominciava a diventare un po’ troppo frequente, ultimamente.
Tsuyoshi
parve visibilmente più rilassato.
-Ha
notato una foto sul cassettone. Una foto di noi due insieme qualche
anno fa –
continuò Sana, giocando nervosamente con le chiavi della macchina – Poi
d’accordo, un discorso tira l’altro e siamo finiti a parlare di quello
che
stava per succedere, settimana scorsa, cioè...-
Tsuyoshi
la interruppe di nuovo – Vi stavate per baciare e poi tu l’hai
allontanato –
Sana
trasalì -E tu come fai a saperlo? –
Tsuyoshi
la osservò ironicamente –Akito, ovviamente. Si è precipitato qui appena
siete
usciti dall’università, quel pomeriggio –
Sana
annuì, avvertendo un certo sollievo al pensiero che Akito si fosse
precipitato a
casa del suo migliore amico, per parlare di lei.
Ti
dispiace perché
qualcosa poteva succedere o perché, alla fine, non è successo nulla.
Sussurrò
quella frase a Tsuyoshi che, inizialmente, parve non capire cosa
significasse.
Quando lo intuì, assunse un’espressione addolorata.
Come se
quel dolore
che i suoi migliori amici stavano vivendo, fosse anche un pochino suo.
Balbettò,
quando aprì bocca – Tu che cosa gli hai risposto? -
Sana
abbassò il capo – Gli ho detto che lui la risposta la conosceva già. E
che
quindi era stupido anche solo domandarmelo –
Tsuyoshi
le concesse un secondo per poter pensare, privatamente. Poi rifletté
che un
secondo, visto tutto il tempo che quei due avevano già perso, fosse persino troppo.
Si
schiarì la voce – E tu? Tu Sana la conosci
la risposta? Sai, almeno tu, che cosa
vuoi da lui? –
Il
ragazzo riuscì a sentire distintamente che tutta l’aria di quella
stanza veniva
aspirata da Sana, nel tentativo di trattenere il respiro il più a lungo
possibile.
Poi
rispose.
-Si,
io la conosco la risposta, Tsuyoshi – sussurrò.
Se
solo le avessero detto che trovare un compromesso con se stessi, prima
ancora
che con gli altri, potesse essere così difficile, avrebbe fatto quello
che lei
faceva sempre. Sarebbe scappata, lontano, il più lontano possibile da
quella
realtà, in modo da non dover ammettere con nessuno, ma soprattutto con
se
stessa, quello che provava.
-La
risposta è che in quei dieci secondi ho desiderato baciare Akito con
ogni
cellula del mio corpo –
Tsuyoshi
si alzò in piedi e andò a recuperare il telefono cordless che stava
all’ingresso.
Quando
tornò in cucina, glielo porse, senza dirle una parola e Sana lo fissò
interrogativa.
-Se
le cose stanno come hai detto – disse Tsuyoshi, lo sguardo che
improvvisamente
brillava di una luce sinistra – Sai meglio di me che cosa devi fare –
Sana
chinò il capo ed annuì. La rassegnazione
del guerriero sconfitto sul campo di battaglia, per una sua stessa
mossa
sbagliata.
-Penso
che tu, e anche lui, abbiate fatto durare questo teatrino pure troppo –
Una
punta di rimprovero, in quella voce così sottile che Sana riuscì a
malapena ad
udire.
-Ora,
se vuoi scusarmi, dovrei andare a prendere Aya da sua madre –
Sana
rimase immobile pure quando lo sentì girare le chiavi nella toppa per
aprire la
porta. Gli occhi sbarrati, come se la soluzione che le si parava
davanti agli
occhi fosse l’equivalente di un suicidio.
-Fai
pure come se fossi a casa tua. Quando esci, lasciami le chiavi sotto lo
zerbino
–
Dopo
di che, uscì. Sana poté sentire la porta chiudersi alle sue spalle.
Il
numero di telefono che la ragazza digitò, udendo il suono dei tasti che
stava
pigiando, le sembro decisamente più lungo del normale.
*
La
sua esperienza con le ragazze non era tantissima.
Anzi,
a pensarci bene, dalla tenera età di undici anni, non riusciva a
ricordare
quale altra ragazza avesse mai desiderato stringere tra le sue braccia,
se non
Sana.
A
ragione, quindi, si poteva affermare che la sua esperienza con le
ragazze fosse
pressoché nulla.
Non
abbastanza, però, da non sapere che quando la tua fidanzata, con la
quale hai
passato gli ultimi anni della tua vita, ti telefona dicendoti che ti
deve
parlare, nell’aria non si prospettino poi queste grandissime novità.
Soprattutto, poi, quando nella sua voce si nascondeva quella vena di
tensione
mescolata all’anticipazione di un pianto imminente.
Naozumi
si sedette sul marmo della fontana. Sospirò.
Sana
gli aveva telefonato quel pomeriggio per dirgli di incontrarsi lì, tra
un paio
d’ore perché gli doveva parlare.
Sana.
Naozumi
si accese una sigaretta. Non era un vizio a cui si concedeva spesso,
anzi
capitava ogni tanto che acquistasse un pacchetto e che questo gli
durasse anche
per diversi mesi, sebbene venisse schiacciato sempre nella tasca dei
suoi
pantaloni. Tuttavia, il pensiero di avere con sé quella piccola droga
che era
in grado di farlo pensare (così diceva lui), lo faceva stare più
tranquillo.
Sana.
Solo
lei per la testa. Chissà, poi, di che cosa voleva parlargli. Certo, il
tono di
voce che aveva usato non gli lasciava sperare nulla di buono.
Sana.
Ancora
ricordava la prima volta che l’aveva stretta tra le braccia, con la
consapevolezza che quelle mani che gli stavano accarezzavano dolcemente
la
schiena, non fossero più soltanto quelle di un’amica.
*
Era
andato in onda
da poco il loro film “Passione”, nel quale, come facilmente intuibile,
entrambi
avevano dovuto calarsi nei panni di due focosi amanti. A Naozumi era
quasi
scoppiato il cuore, recitando quelle scene, ma era perfettamente
consapevole
che lei non provava quello che provava lui ad ogni minimo contatto dei
loro
corpi: lei stava con Akito.
Quando
gli aveva
detto che ad Akito quel film non era piaciuto per niente, anzi, al suo
ritorno
le aveva addirittura fatto una scenata di gelosia, andandosene di casa,
Naozumi
non aveva potuto fare a meno che provare un piccolo senso di rivincita
su quel
ragazzo.
Soprattutto
quando
era venuto a sapere che i due non si erano più chiariti e che,
successivamente,
si erano lasciati. Definitivamente.
Certo,
il pensiero
di esserne stato in parte la causa, non lo rendeva certo fiero di se
stesso, ma
avendo finalmente Sana al suo fianco, come aveva sempre sognato,
nemmeno ci
pensava più di tanto.
Era
diventato il
suo migliore amico, quello a cui lei andava a raccontare ogni cosa,
ogni
esperienza, ogni sensazione, ogni sentimento.
Poi una
sera si
erano dati appuntamento giusto davanti a quella fontana, dove stava
seduto lui
adesso. Lei indossava un abitino delizioso che le fasciava dolcemente
il corpo,
mettendolo in risalto e valorizzandone i punti migliori.
Nel
salutarlo era
abbastanza imbarazzata e questo aveva causato a Naozumi una serie di
elucubrazioni mentali chiedendosi il perché.
Poi,
all’improvviso, lo aveva baciato. Dolcemente, senza alcuna fretta.
Senza alcun
perché. E lui, ovviamente, aveva risposto a quel bacio che sapeva di
bisogno e
di sofferenza.
Quando
aveva
sentito le sue braccia cingergli la schiena, in una lenta carezza di
dita
leggere, un forte tremito gli aveva attraversato tutto il corpo.
Sana era
sua.
E lo era
stata,
veramente, anche quella notte. E quella dopo ancora. E nonostante quel
fantasma
dai capelli biondi e dagli occhi dorati ogni tanto, dispettoso,
continuasse a
farsi vedere, ad apparire nei momenti meno opportuni, Naozumi si era
sempre
sforzato di ignorarlo, di non pensarci, forte del fatto che, certo, mai
come
aveva amato Akito, ma Sana era
innamorata di lui.
*
Sinking in the pain he’s been inflicting
Yet he’s feeling like the victim
Just a horoscope’s to blame
Stop for a minute – Keane
Una
punta di risentimento gli colpì lo stomaco.
Accantonò
subito il pensiero quando si accorse che Sana stava arrivando. No,
erano
lontani i tempi in cui gli correva incontro con un sorriso, con il
vestitino
leggero che le scopriva, malizioso, le sue gambe perfette.
Adesso
camminava lentamente nella sua direzione. Era un’altra l’espressione
che i suoi
occhi assumevano quando lo guardava.
Naozumi
deglutì –Ciao, amore! – tentò anche di abbozzare un sorriso, ma si
accorse di
non riuscirci.
Lei
si limitò a rispondergli con un vago cenno del capo, sussurrandogli un
appena
udibile –Ciao –
La
situazione non andava affatto bene, se possibile stava addirittura
peggiorando.
Sforzarsi
di essere indifferente, era davvero tutto.
-Mi
hai fatto prendere uno spavento quando prima mi hai telefonato. È
successo
qualcosa? –
Sana
scosse la testa, negandogli il suo sguardo –Naozumi, io ti devo parlare
–
Quello
annuì, l’ombra di un sorriso che ora aleggiava, bugiarda, agli angoli
delle sue
labbra – Certo, me l’hai detto anche prima. Che mi devi dire? -
Il gioco
maldestro
di un giocatore di carte fin troppo poco esperto, costretto a scegliere
quale
ultima carta buttare, correndo il rischio di perdere la partita.
-
Naozumi, penso sia meglio che noi due ci lasciamo –
Chiudere
gli occhi,
dopo essersi accorti che la carta giocata è, disgraziatamente, quella
sbagliata. Rassegnarsi al pensiero della sconfitta.
-Non
avrei mai voluto che andasse a finire così. Credimi – la voce di Sana
ebbe un
tremito – Ma penso che tu meriti qualcuno di meglio di me –
Naozumi
non poteva sentire quello che alle sue orecchie appariva come una
condanna (*).
Non
poteva pensare che Sana lo stava lasciando, abbandonandolo come un cane
lungo
l’autostrada, mentre lei spensieratamente se ne andava in vacanza.
Il
suo cuore era a pezzi.
Lui,
che aveva dedicato tutta la sua vita ad amarla come mai nessuna aveva
amato.
-È
per lui, vero? –
Desiderava,
forse,
farsi ancora del male, più di quanto stesse già soffrendo?
-Mi
stai lasciando per Akito? Lo ami ancora, giusto? –
Si,
desiderava conficcare
quella lama dolorosa ancora in più in profondità, nelle proprie viscere.
Sana
lo fissò, finalmente, puntando il suo sguardo dritto nei suoi occhi
celesti –
Si –
E vedere
il proprio
sangue sgorgare come un fiume da quella ferita ormai infetta.
Mandò
giù.
Qualunque
cosa fosse successa, doveva mantenere un certo contegno. E che altro
poteva
fare? Scoppiarle a piangere davanti, prostrandosi ai suoi piedi e
pregandola di
rimanere insieme a lui? E vederla accettare soltanto... Soltanto
per pietà?
-Se
le cose stanno così – cominciò quindi lui, la voce stranamente ferma –
Penso
che tu abbia ragione –
In
tutte le più note sere d’estate, scoppia sempre un temporale. Le nuvole
si
accumulano nel cielo in pochissimi secondi e l’acqua comincia a
scendere copiosamente
dal cielo. Quella, era una di quelle sere.
-
La nostra storia finisce qui –
Un
tuono squarciò il cielo.
Non
le diede nemmeno il tempo di replicare. Si limitò a lanciarle un lungo
sguardo
di dolore e poi le voltò le spalle.
Prima
ancora che cominciasse a piovere, il viso di Naozumi era già bagnato.
And if I stop for a minute
I think about things really I don’t wanna know
And I’m the first to admit it
Without you I’m child and so wherever you go
I will follow
Stop for a
minute - Keane
********************************************
(*)
Frase volontariamente ispirata a quella di Misako quando, nell’anime,
si
riferisce all’annuncio del dottore, che le disse che non avrebbe mai
potuto
avere figli. Mi pareva troppo azzeccata ^__^
Eccoci
qui con il nuovo capitolo – scusate i due giorni di ritardo, vi avevo
detto che
avrei postato dopo perché sarei partita. Ebbene, che dite, la svolta
che c’è
stata, è stata gradita? Io sì e personalmente - adesso mi auto-critico
un po’
anch’io – trovo che la scena dove Sana molla
Nao sia forse una delle più convincenti, nel senso che non ho proprio
vomitato
quando l’ho riletta – capita raramente, ma capita.
Ringrazio come sempre voi ragazze che siete magnifiche e che mi seguite
con una
pazienza ed un entusiasmo invidiabili, che mi riempiono di gioia.
Vorrei
rispondere una per una a tutte voi stasera,
ma siccome tra poco più di sette ore mi sono ripromessa di svegliarmi
per
studiare (oddio, gli esami cominciano tra una sola settimana!), non
faccio in
tempo. Ma assicuro che prima del prossimo aggiornamento, posto
tutti i
ringraziamenti come si deve – comode rate mensili, insomma! Stop,
inizio a
delirare.
***Fuori
onda.
Ringraziamenti postati il 17 giugno 2010***
Deb:
sempre spassosi i tuoi dialoghi con i personaggi – mi sto convincendo
che tu
non sia normale. Mi dispiace tanto che tu non sia riuscita a passare il
tuo
esame (sono materie bastarde, lo so, ci sono dentro fino al collo).
Volevo
dirti una cosa riguardo ad una tua attenta osservazione: sembra strano,
lo so,
non rendersi conto che sei incinta (visto anche il chiaro segnale del
ciclo che
non arriva), ma ad una mia amica è successo. Penso che nei periodi in
cui hai
mille pensieri per la testa, controllare certe cose sia l’ultimo dei
tuoi
pensieri ( ._. no, scherzo!). Al tuo “Kamura tu sei una donna”, non ho
retto.
Grazie mille come al solito, un bacione ^__^
ryanforever:
innanzitutto,
fila a studiare per il tuo esame (è bello il fatto che io dia i
consigli agli
altri e che non sempre li segua? xD). Poi. Felice che la quotidianità
come idea
ti sia piaciuta – ho riletto un po’ i capitoli per vedere se avevano un
filo
logico e no, sarà una vita tutt’altro che scontata. I soliti Sana e
Akito
insomma. E sì, sei una veggente. Ma il perché lo scoprirai solo nel
prossimo capitolo.
Un bacio. ^_^
_DaNgErOuS_ChIlD_
: le scene Sana e Kamura sono finite. Per ora xD – sono cattiva un po’,
vero?
(: Comunque. Volevo ringraziarti per aver segnalato “My Sorrow” nel
programma
recensioni. Sei stata veramente tanto, ma tanto carina. Appena posso,
ti lascio
un commento a quello splendore di “Five”, che ho letto e che non ho
avuto modo
di commentare, per ora. Un bacio ^_^
Ili91: ma
cos’è, una sindrome. Tutte quante a parlare con i personaggi della
storia,
ragazze mi fate preoccupare davvero! (: Aldilà, mi hai fatto ridere
tanto, ma
tanto. Soprattutto quando hai detto che era più probabile che fosse
Kamura a
prenderle – cavolo, Akito non sarà mica cintura nera per niente? U.U
Tsuyoshi
rischierà l’esaurimento nervoso, ci sto puntando tutto per farlo
sembrare
ancora più fuori di testa del solito. Grazie di tutto ^_^
Dancemylife:
a
Nao in versione omosessuale... Io non ci avevo ancora pensato? Sei un
genio *.*
No, non essere sempre così violenta, suvvia. Calma. Naozumi te lo tolgo
dai
piedi, tranquilla. Pensa solo che, essendo l’omicidio ancora
considerato un
reato (quante cose assurde ci sono a questo mondo ._.), Akito potrebbe
finire
in prigione se uccidesse Kamura. E noi non lo vogliamo, no! ): Un bacio
^_^
_Rob_
: credo che se anche Nao non li avesse interrotti, Sana si sarebbe
staccata da
Akito – giusto per ribadire quanto sia stordita quella tizia. Lasciarsi
e
mollarsi è un passatempo molto divertente, non lo sapevi? :D Provare
per
credere. Un bacio ^_^
Castiel
: okay. Respiro. Ma ciao! *-* Non ti devi assolutamente giustificare,
sono così
contenta che tu ci sia ancora – per caso hai provato a mandarmi una
e-mail? La
mia posta, non ho ancora capito perché, butta tutto dentro
l’indesiderata e me
la cancella dopo 24h ._. Uffa. Mi mancava troppo avere qualcuno che si
sente le
canzoni, che nota certe cose nascoste. Ma tu sei tornata. Grazie,
grazie,
grazie. ^_^ Un bacio enorme!
Midao
: quando ho letto la tua recensione, ho avuto paura. “Anche stare con
lui senza
amarlo veramente” O_O Più che altro perché mi ha ricordato una delle
ultime
frasi di questo capitolo e mi sono detta “E lei come fa a sapere?”.
Magia? *.*
Dolci a modo loro è spettacolare – effettivamente cercare di
disintegrare
l’altro un giorno sì e l’altro pure e molto tenero. (: Grazie infinite
^_^
roby5b : ciao
pazza! (: Grazie per le tue considerazioni sempre molto azzeccate (Sana
e
Naozumi idioti, Akito tenero...). Fuka sarà sempre provvidenziale nella
storia
– sempre – perché penso che senza di lei Sana non riuscirebbe nemmeno
ad allacciarsi
le scarpe (: Un bacino ^_^
trixina: perché
non ci ho pensato prima? Quando ho letto la tua recensione mi si è
parata
davanti la scena che hai descritto (Tsu che rompe come al solito ad
Akito e che
alla fine ottiene quello che vuole). Sarebbe stato spassosissimo da
raccontare
– ennesima idea che mi hai dato per un prossimo capitolo U.U Devo
cominciare a
scriverle. Fuka e le sue sigarette... xD Come dire, le riprenderò
ancora un po’
più avanti (sono contenta che attendessi così tanto quella scena!). Al
solito,
grazie infinite (: Bacio!
Smemo92: innanzitutto
grazie anche per la recensione che hai lasciato al primo capitolo – sei
stata
carinissima. (: Hai fatto un resoconto perfetto della storia fino a
questo
momento – meglio di quanto sarei stata capace io stessa. (: E sono così
contenta che tutte quante riconoscete a Fuka l’importanza che merita :D
Povera
donna! Grazie infinite, spero che la storia continui a piacerti (:
Marypao: migliorata?
*.* Dici sul serio? Ma grazie infinite. Oh beh, gli intoppi ci saranno
– però
poco promesso U.U E meno male che ti sei accorta dell’importanza degli
amici di
Sana e Akito in questa storia – come ho scritto nella sintesi, cosa
farebbero i
ragazzi senza di loro? ._. Grazie mille, un bacio (:
Tin_Tin
: Akito torna, tranquilla :D E non provare a scusarti, l’importante è
che tu
ora ci sia a seguirmi – grazie per il sostegno con My Sorrow comunque
(: Sai
che la giro tempo di Hermione servirebbe a tanti? Sai dove la vendono,
per
caso? ^_^ Bacio.
yesterday
: pazza! Non c’erano altre storie da segnalare? Grazie tesoro *-*
Premessa: io
la cartolina di Naozumi NON la voglio. Chiaro? ._. Bene. Vedo che la
tua pazzia
ormai è irrecuperabile – ti sei resa conto che parli con dei personaggi
immaginari, sì? :D Ho avuto paura anche di te nella tua recensione “Tu
la ami,
Akito, non hai mai smesso”. Il perché lo scoprirai in uno dei prossimi
capitoli. Non dico di più. :D Spero che poi tu il collirio l’abbia
messo
(pazza!) altrimenti se diventi cieca mi tocca pure sentirmi in colpa.
Spicciati
ad aggiornare 4x4, potrei uccidere ._. Un bacione – one – one ^_^
** Fine fuori
onda**
Non vi do anticipazioni sul prossimo capitolo per il semplice fatto che
non
connetto più e non ricordo bene nemmeno io cosa succede ._. Che caso
disperato!
Buonanotte a tutte quante ragazze.
Ci aggiorniamo tra una settimana!
Ale69
|
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Capitolo 4 *** More than this ***
SHE IS
Capitolo 4: More than this
More than this - tell me one thing
More than this - there is nothing
It was fun for a while
There was no way of knowing
Like dream in the night
Who can say where we're going
No care in the world
Maybe I'm learning
Why the sea on the tide
Has no
way of
turning
More than this -
Roxy Music
Quello
che la faceva davvero soffrire, non era tanto la sua assenza, quanto
piuttosto
accorgersi che Naozumi, dopotutto, non le mancava poi così tanto.
Sana
si rigirò nel letto, allungando una mano per afferrare il cellulare sul
suo
comodino.
Il
display le annunciava felicemente che aveva ricevuto una decina di
messaggi.
Mittente
: Naozumi.
Ed
ognuno di quei messaggi, racchiudeva una frase, un pensiero, che lui le
aveva
voluto dedicare quella notte, durante la quale sicuramente non aveva
chiuso
occhio.
La prima
notte
affrontata con la consapevolezza che lei non era più sua.
Il
messaggio che le aveva fatto più male di tutti, non era stato quello
con
scritto “Il pensiero di continuare a
vivere senza di te, mi spezza il fiato”, ma bensì “Ora
capisco come si è sentito Akito tre anni fa”.
Già,
Sana si era spesso domandata se in seguito alla loro rottura, Akito
avesse
sofferto o se invece se ne fosse andato in qualche locale a divertirsi.
Era
abbastanza convinta che la risposta fosse la prima.
-Ehi,
Sana – Fuka fece capolino dalla porta della sua stanza – Come ti senti?
– le
domandò dolcemente, accomodandosi sulla sponda del letto, accanto a
lei.
Quando
la sera prima aveva visto arrivare la sua amica, gli occhi rossi e
colmi di
lacrime, nemmeno le aveva chiesto spiegazioni : aveva già sentito
Tsuyoshi per
telefono.
Aveva
subito chiamato il suo ufficio dicendo che il giorno dopo, cioè quel giorno, sarebbe stata a casa perché
influenzata. Come sapeva mentire Fuka, nessuno mai.
Sana
le sorrise e si mise a sedere – Bene, grazie Fuka – le disse.
L’amica
le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio – Ti ho comprato la
colazione. Cornetto alla crema e cappuccino con cacao, la tua preferita
– le
disse, sorridente, afferrandola per la mano e strattonandola con
dolcezza per
convincerla ad alzarsi.
-Sei
un vero tesoro –
Mentre
Sana consumava la sua colazione, Fuka rimase in silenzio ad osservarla.
Sana
addentò il suo cornetto e un sottile strato di zucchero a velo si
sollevò,
depositandosi sul suo naso. La ragazza starnutì.
Fuka
rise – Sei buffa. Sembri una bambina per come mangi - .
Le
porse un fazzoletto e continuò a fissarla, le mani incrociate sotto il
suo
mento.
Sana
se ne era accorta già da prima, ma ora non poté più ignorarla – Fuka.
Perché mi
fissi così? –
Quella
sospirò –Pensieri – disse misteriosa.
-Che
pensieri? –
Fuka
rise – Pensieri su te. Su Akito. Su Naozumi –
L’amica
inarcò un sopracciglio e Fuka rise ancora. Una risata ironica e anche
abbastanza agguerrita.
-Perché
alla fine è l’eterno triangolo che finirà soltanto quando tu,
finalmente, ti
deciderai a scegliere. Akito o Naozumi?
Ti sei decisa, adesso, Sana? –
Sana
non sapeva se sentirsi aggredita da quelle parole o se rispondere
all’amica, in
modo da soddisfare quella che, all’apparenza, sembrava una semplice
curiosità
di Fuka. Alla fine optò per la seconda ipotesi.
-Io...
Io credo di aver deciso, questa volta. Per
davvero –
Fuka
sospirò –Ieri sera, io non ti ho chiesto niente. Ma immagino che tu ti
sia
incontrata con Naozumi. Tsuyoshi mi ha telefonato poco dopo essere
uscito di
casa per andare a prendere Aya – spiegò, porgendo a Sana un altro
tovagliolo di
carta per pulirsi le labbra – Posso sapere cos’è successo tra di voi? –
Sana
parve tentennare, ma alla fine rispose – L’ho lasciato –
Ebbe
poi la stranissima sensazione che Fuka si trattenesse dal saltare in
piedi ed
urlare di gioia. Ma, ovviamente, la sua amica mantenne la sua solita
compostezza.
-Davvero?
–
-Si-
-E
hai già parlato con Akito? –
-No
–
-
Cos’aspetti? –
Ecco,
ormai l’impazienza trapelava impertinente dal suo tono di voce.
Sana
sospirò – Senti, Fuka. È successo ieri. Ti sembra normale che già oggi
io mi
butti tra le braccia di Akito, prontissimo, ne sono sicura, a
consolarmi? –
Lo
sguardo di Fuka non lasciava dubbi : si,
le sembrava non solo normale, ma anche doveroso. Obbligatorio.
-Certo!
–
Appunto.
-Senti
Sana – continuò allora quella, spazientita – Tu e Akito vi amate da
quando
avete undici anni. Vi siete
finalmente messi insieme a diciotto
anni. Ne avete fatti passare sette,
ti rendi conto? A diciannove vi siete
mollati, così, per caso, e non ho alcuna voglia di sopportarti per
altri quattro anni, visto che tre
sono già passati, in attesa che voi
torniate insieme ancora, visto i vostri precedenti –
sbottò Fuka, più acida che mai.
Inutile
sottolineare che tutti quei calcoli e tutti quei numeri, fecero venire
a Sana
il mal di testa e il mal di pancia contemporaneamente.
La
ragazza sfoggiò la sua migliore espressione da babbea –Non cominciare
con
questi tuoi ragionamenti che tanto sai che non ci capisco niente. Primo. Secondo, secondo te, genio,
cosa dovrei fare allora? –
Fuka
pensò alle parole e poi squillò – La prossima volta che vedi Akito... –
cominciò, tentennante.
Sana
non era propriamente sicura che quello che avrebbe sentito le sarebbe
piaciuto.
-Ecco,
la prossima volta che lo vedi, portatelo a letto –
Sana
rimase a bocca aperta, per la sfacciataggine della sua amica.
-Sono
sicura che la salute sessuale di entrambi si risolleverà e magari,
finalmente,
la finirete di stressare la vita mia e del povero Tsuyoshi...-
concluse, un
sorriso strafottente sulla faccia.
Sana
era semplicemente senza parole.
Fuka
parve poi ripensarci – A proposito di Tsuyoshi. Lo sai che ha
cominciato a
frequentare uno psicologo? –
Sana
aggrottò le sopracciglia, non capendone il motivo – Per il bambino che
aspetta
Aya? –
Fuka
rise, ancora una volta – No. Per te ed
Akito –
*
Non
sapeva nemmeno lei come cavolo erano riuscite Fuka ed Hisae a
convincerla ad
uscire di casa quel giorno. Era il primo giorno d’autunno, ma il caldo
del
giorno prima era, se possibile aumentato. Le foglie cominciavano ad
ingiallire
e pure le giornate, nonostante l’afa incredibile, cominciavano ad
accorciarsi.
-Sana,
sveglia! Dobbiamo attraversare – la richiamò Hisae, indicando il
semaforo
divenuto verde. Sana parve svegliarsi da un sonno profondo.
-Si,
scusa. Pensavo –
Fuka
sospirò – Non ti si può proprio vedere così depressa –
Hisae
annuì – Esatto, quindi cerca di distrarti un po’ oggi. Ne hai bisogno –
sorrise.
Sana
rivolse uno sguardo di gratitudine alle sue amiche: erano veramente
fantastiche, non c’era proprio niente da dire.
La
trascinarono nella gelateria più rinomata della città dove, seduti ad
un
tavolino fuori, stavano Gomi e Tsuyoshi, in compagnia di Aya che
sorrideva,
divertita. Probabilmente il suo ragazzo le aveva appena fatto una
battuta.
I
loro amici le salutarono da lontano. A Sana si gelò il sangue nelle
vene. Prese
Fuka per un braccio e le soffiò in un
orecchio –Ehi. Dimmi che non hai invitato anche Akito, altrimenti giuro
che
scappo seduta stante –
Fuka
sbuffò – Stai tranquilla. Lo abbiamo invitato, ma ha detto che aveva da
fare.
Ricomincia a respirare, Sana – .
La
ragazza sospirò, più sollevata.
*
-Ciao
Sana – squillò Aya, alzandosi in piedi e abbracciando la sua amica.
Non
la vedeva da appena qualche giorno, ma già le mancava. Il pancino non
si notava
ancora, ma Sana provò un moto di emozione accarezzandoglielo.
-Ciao
Aya – rispose sorridendo – Come stai? –
Aya
sorrise, rilassata – Benissimo. Tsuyoshi mi stanca perché io rimanga a
riposo
sempre e si prende cura di me in ogni momento. È un po’ stressante
effettivamente – rise, quando Sana roteò gli occhi al cielo. Quando ci
si
metteva Tsuyoshi era davvero un fissato.
-Ehi
– le sussurrò l’amica all’orecchio – Che è successo tra te e Akito,
l’altro
giorno si è fiondato a casa nostra. Era abbastanza disperato – le
confidò,
l’espressione un poco preoccupata.
Sana
annuì –Tsuyoshi mi ha accennato qualcosa – ammise – Comunque penso che
Akito vi
abbia raccontato già tutto. E non ho motivo di pensare che abbia
mentito –
sospirò.
Sperò
vivamente di tagliare lì la conversazione, ma l’espressione
interrogativa di
Aya la costrinse a continuare con il suo discorso –Comunque, ieri sera
ho
lasciato Naozumi -
Come
sempre, Tsuyoshi dimostrò a Sana che, tutto sommato, raccontare i fatti
propri
alla propria migliore amica utilizzando il vecchio e sano metodo dei
bigliettini, fosse incredibilmente più sicuro. Di fatti, il ragazzo si
alzò in
piedi, strasognante e squillò – Hai lasciato Kamura, Sana? –
Quella
roteò gli occhi al cielo, rimpiangendo il fatto che lo psicologo di
Tsuyoshi
non lo avesse fatto internare in qualche clinica.
Aya
sorrise – Amore, non essere così invadente –
Quello
manco la ascoltò – Ma quale invadente.
Finalmente l’ha mollato. Ragazzi vi rendete conto di che cosa significa
questo?
–
Segni
di diniego dalla tavolata. Effettivamente sia Aya, che Hisae, che Gomi,
nonché
Sana, pendevano dalle labbra di Tsuyoshi. Fuka invece li ignorava,
trattenendosi dalla tentazione di accendere una sigaretta soltanto per
rispetto
di Aya e del bambino che portava in grembo. Tsuyoshi lo avrebbe
volentieri
strozzato. Non gli era venuto in mente che, forse, Sana preferisse
tenere tali
informazioni riservate?
Fuka
rifletté poi sul fatto che sia Sana che Akito si fossero catapultati
centinaia
di volte a casa di Tsuyoshi per fare chiarezza e per scaricare sul
povero
malcapitato tutte le loro elucubrazioni mentali. E allora non poté fare
altro
che ammirarlo, almeno un po’.
-Sana
si sta svegliando! – spiegò Tsuyoshi – Ha mollato Kamura finalmente. Ha
realizzato che non era innamorata di lui –
Una
serie di cenni di approvazione si intravidero da parte di Gomi.
Sana
ne fu irritata – Gomi, si può sapere che cavolo hai da annuire? –
Quello
la guardò male – Senti Kurata. È da quando andavamo alle elementari che
io e i
miei compagni abbiamo scommesso che tu ed Hayama vi sareste messi
insieme, che vi
sareste sposati. Finché sei stata con
quell’imbecille di Kamura, mi hai fatto perdere una quantità non ben
definita
di yen, quindi spero che al tuo pranzo di nozze ci sia molto da
mangiare,
almeno mi rifarò in qualche modo –
Hisae,
che gli stava aggrappata al braccio – giusto per spiegarci, negli
ultimi anni
aveva mollato il matusa che frequentava ai tempi delle superiori e si
era
finalmente decisa a considerare un minimo Gomi, finendo ben presto per
innamorarsi di lui. Ovviamente, pur di non ammetterlo si sarebbe
offerta come
cavia da laboratorio. Infatti non stavano proprio
insieme – non poté fare a meno di tirargli uno scappellotto sulla
testa.
Sana
era a dir poco scandalizzata : sentire i consigli di Fuka quella
mattina, le
prese in giro di Tsuyoshi e le scommesse barbare di Gomi sulla sua vita
sentimentale, l’aveva sconvolta. Begli amici, si ritrovò a pensare, ma
subito
dopo si disse di non fare la vittima, perché forse tutti loro avevano
ragione. Giusto un po’.
Tsuyoshi
continuò, felice – Devo subito dirlo ad Akito - . Tirò fuori il
cellulare dalla
tasca dei pantaloni. Fuka lo guardò e subito dopo spostò lo sguardo su
Sana.
Questa
ringhiò – Provaci. Provaci Tsuyoshi e ti giuro che tuo figlio rimarrà
orfano –
L’amico
continuò a sorridere, ironico – E’ una minaccia, Sana? –
Ignorandola
bellamente, compose il numero di Akito e si allontanò dal tavolo dove
stava con
i suoi amici. Almeno mentre gli raccontava la bella novella e gli
faceva una
ramanzina per convincerlo (perché si, Tsuyoshi già sapeva che ci
sarebbe stato
bisogno di convincerlo) ad andare da Sana quella stessa sera, voleva un
po’ di
privacy.
Sana
si alzò in piedi ma Gomi scattò al suo fianco e la rimise a sedere.
-Bene,
ora in questo mondo uno non può nemmeno decidere da sé della propria
vita
sentimentale. Bene! E mi raccomando Fuka, Aya ed Hisae, non toglietemi
questo
scorfano di dosso, mi dona così tanto – Sana era fuori di sé, rimbeccò
le sue
amiche, che però si limitarono a ridere.
Fuka
non ce la fece più e si accese una sigaretta – Scusami Aya, ma con
questa
idiota nei paraggi proprio non posso resistere. Senti Sana – le disse,
rivolgendo lo sguardo su di lei – Visto che a quanto pare tu sei
completamente
tarda ed incapace di gestire la tua vita, è arrivato il momento che ci pensiamo noi –
Hisae
annuì, ringraziando un attimo il cameriere che aveva portato loro i
gelati
ordinati – Esatto Sana, anche perché… -
Assaggiò
un po’ di gelato alla fragola e, dalla sua espressione, parve
apprezzare
moltissimo.
-A
che cosa servono, sennò, gli amici? –
*
Non
riusciva a capacitarsene. Che Sana fosse da sempre stata poco normale,
lo
sapeva, eccome se lo sapeva, la conosceva dall’ultimo anno delle
elementari. Ma
che per un confronto avuto con lui mettesse in discussione una storia
durata la
bellezza di due anni (persino più della loro) gli sembrava troppo,
persino per
lei.
E
poco importava che Tsuyoshi gli avesse detto che quel folletto dai
capelli
rossi fosse ancora innamorata di lui.
Dettagli, così
li aveva
chiamati lui per telefono mentre, ancora sconvolto, cercava di dare un
senso al
vociare allegro del suo amico, dall’altro capo del ricevitore.
-Akito!
Akito, ho
grandi novità. Sana ha lasciato Kamura –
Akito
si ricordò di come, improvvisamente, la stanza avesse cominciato a
girare. Era
stato costretto a sedersi sul suo letto, altrimenti, ne era certo, le
gambe non
lo avrebbero sorretto.
-Cosa? –
In
un sussurro, in una carezza di voce appena roca ed udibile, Akito aveva
posto
la sua domanda.
-Hai
capito
benissimo. Stasera… Stasera vai da lei e parlale –
E
quella rabbia, che sempre affiorava in superficie come
rifiuti abbandonati in acque troppo agitate,
di chi gli diceva cosa fare e
soprattutto come.
-Te lo
puoi
sognare. Io stasera non vado da nessuna parte –
Aveva
sentito distintamente lo sbuffare scocciato di Tsuyoshi. Ormai non si
dava più
nemmeno la pena di nasconderglielo. Chissà quanto doveva essere
stressato, quel
povero uomo.
-Okay – gli aveva concesso – Fai quello che
vuoi. Te lo dico Akito, non
mi interessa più. Non venire più a piangere a casa mia, non ci sarò più
per te.
– subito si era corretto – O meglio, non
ci sarà più per le questioni che riguardano Sana –
E
poi l’aveva buttata li, quella mezza frase che lo aveva fatto sperare,
che gli
aveva fatto mancare un battito, riaccendendo quella fiamma vitale che
nel suo
cuore si era spenta molto tempo addietro. Da quando lei non c’era più.
-Una
volta tanto
che siamo riusciti a convincere Sana –
Akito
lo sapeva, quella frase di Tsuyoshi non era stata sparata a caso. Non a caso Tsuyoshi aveva scelto ormai il
suo futuro come arredatore. Piazzare il mobilio giusto al posto giusto.
E,
ahimè, il suo amico era in grado di fare la stessa cosa anche con le
parole.
-Che
cosa? –
E
la sua domanda, che lasciava trapelare fin troppa curiosità. Attesa. Finalmente ripagata.
Akito
stava correndo come un pazzo fino a casa di Sana. Certo, forse prendere
un taxi
o la macchina che aveva parcheggiato in garage sarebbe stato meglio. Ma
con il
traffico di quell’ora correva il rischio di arrivarci il giorno dopo da
Sana. E
lui aveva già aspettato. Pure troppo.
Puzzava,
la sudata che si era fatto correndo per tutti quei chilometri non era
mica uno
scherzo. E al diavolo tutte le ragazzette che ai tempi delle superiori
spargevano storie favoleggianti su di lui che sudava profumo. In quel
momento
puzzava, eccome!
Non
che gliene importasse poi tantissimo.
Trovò
il portone del palazzo di Sana aperto e ringraziò qualcuno lassù per la
sua
botta di fortuna. Qualcosa nel suo cervello gli suggeriva che riuscire
a parlare
con Sana, convincerla ad aprirgli la porta, non fosse proprio
facilissimo,
visto quanto era orgogliosa.
Cominciò
a scagliare una lunga serie di pugni sulla sua porta di casa.
-Chi
è? –
Bene,
era in casa. Il tono circospetto della voce gli aveva anche lasciato
intuire
che lei avesse capito perfettamente chi si nascondeva dietro la porta,
chi era
quel pazzo che a quell’ora di sera bussava con quella forza inaudita.
-Sana,
apri! Subito. Sono Akito –
-NO!-
-Sana,
non fare la bambina apri subito questa porta o giuro che la sfondo –
*
Quello
era esattamente il genere di minaccia che si aspettava da Akito. Perché
lei lo
sapeva fin troppo bene che lui, se preso alla sprovvista, avrebbe anche
trovato
la forza di buttare giù quella porta. Fu per questo che Sana si
auto-convinse
ad aprirgli.
L’Akito
che le si parò davanti ansimava e aveva la fronte imperlata di sudore.
I suoi
occhi frugarono a lungo sul viso di Sana alla ricerca dei suoi: quando
li
trovarono, non li lasciò più andare. E Sana nemmeno cercò di
sfuggirgli. Sapeva
che tanto sarebbe stato tutto inutile.
-Che
cosa vuoi? –
Aveva
addosso un forte odore di sudore, misto all’odore di bagnoschiuma
sportivo che
lui utilizzava sempre quando si faceva la doccia.
Entrò
in casa, richiudendosi la porta alle spalle e continuando a fissarla
negli
occhi.
-Perché
hai lasciato Kamura? –
Lei
strinse i pugni e lo guardò minacciosa – Non sono affari tuoi. Vattene
ora –
-Sei
una stupida Sana! –
-Ti
ho già detto che non sono affari tuoi –
-Sei
in casa da sola? –
-Cosa
te ne frega –
-Rispondimi
–
-Si!
Fuka è uscita poco fa –
Akito
non poté fare a meno di accorgersi quanto la desiderasse. Sana era lì,
davanti
a lui, con indosso i pantaloncini corti del pigiama – le lasciavano
scoperte le
gambe e questo non andava affatto bene
– e quella maglietta con le maniche troppo lunghe che lui le aveva
regalato due
anni prima. Ai piedi aveva due calzettoni.
“La solita contraddittoria. Con questo caldo
porta una maglietta a maniche lunghe e le calze”. Sorrise.
Sana
se ne accorse –Allora, che diavolo hai da ridere, idiota? –
-Adesso
cominci ad insultare, Kurata? – le domandò, il tono di voce dolce come
una
pioggia di zucchero a velo sulle loro figurine arrabbiate.
-Che
cosa significa? –
Akito
sospirò – Quando non sai più dove andare a parare, cominci ad
insultarmi. Se
non ti conoscessi, potrei pensare che tu abbia paura –
Sana
strinse i pugni e digrignò i denti, avvicinandosi a lui – Io non ho
paura di
niente. Tanto meno di te, Akito –
Quello
la fissò, ancora sorridente – Allora perché non mi spieghi perché hai
lasciato
Kamura. Perché non possiamo discutere come due persone civili? –
Sana
lo guardò male per qualche istante e poi abbassò i pugni – L’ho
lasciato perché
mi sono accorta che non ero più innamorata di lui – ammise, riportando
le sue
mani all’altezza e nella stessa posizione di prima.
Akito
rise, osservandola e cominciò a desiderare di poterla baciare più di
qualsiasi
altra cosa al mondo - Come hai fatto ad
accorgerti? –
Vide
Sana tentennare, incerta. La osservò mentre i suoi occhi perdevano la
concentrazione e gli venne quasi istintivo ordinarle di guardarlo negli
occhi.
-Guardami,
mentre ti sto parlando. Come hai fatto ad accorgerti che non amavi più
Kamura?
- le domandò ancora, il tono di voce
incalzante.
Sana
tornò a fissarlo con uno sguardo di sfida – Ho parlato con Fuka e
Tsuyoshi che
mi hanno aperto gli occhi – ammise e si complimentò subito dopo con se
stessa
per quanto fosse stata brava a divagare.
Ma
Akito era più furbo – A proposito di cosa
hai parlato con loro? –
L’animale
che
scappa, ormai in trappola, a cui sono state precluse tutte le vie di
fuga.
Akito
le si fece più vicino. Talmente tanto vicino che i loro corpi si
sfioravano.
Sana fu costretta ad inclinare ancora di più la testa all’indietro per
poterlo
guardare negli occhi.
Un’altra
cosa che Akito aveva sempre adorato di Sana era che lei, rispetto a
lui, fosse
così piccola. Sana non era una tappa,
intendiamoci, per essere una ragazza aveva un fisico anche molto
slanciato,
solo che confronto a lui sembrava un po’ una formichina.
Tra
le sensazioni più belle che lui ricordava, c’era quella di sentirla
accoccolarsi sul suo corpo prima di addormentarsi, mentre lui le
passava le
braccia intorno a quella vita così sottile che si ritrovava.
-Allora?
–
Sana
parve incerta quando gli rispose, la voce proveniente dalle sue labbra
appena
udibile – Beh, con loro parlavo di Naozumi, no? –
Lui
inarcò un sopracciglio – Di Naozumi?
–
-Si-
-E
ti aspetti che io ci creda? –
-Dovresti
–
-Ma
smettila –
-Davvero
–
-Perché?-
-Perché
è la verità –
Litigare.
Con quel
tono di voce così squisito che aveva indotto entrambi a desiderarlo
ancora, e
ancora, fino ad essere completamente sazi. E accorgersi che sazi, l’uno
dell’altra, non lo sarebbero stati mai.
Akito
le passò le braccia intorno alla vita e l’avvicinò a sé ancora di più.
Quello
che prima era un innocente sfiorarsi di tessuti maledetti che
nascondevano ad
entrambi la pelle calda ed invitante dell’altro, ora era contatto, puro
scontro
di due corpi elettrici che desideravano soltanto fondersi in uno con
una
scarica di piacere divina.
Inclinò
il capo verso quello di Sana e poté sentire lei che tratteneva il
respiro, in
attesa. Gli occhi, appena velati di
paura, non riuscivano a nascondere stavolta il desiderio che vi
aleggiava come
un fantasma costretto a rifugiarsi dietro ad ogni angolo per non farsi
vedere. Per anni. Ad Akito non servì altro.
-Ma
stai zitta, bugiarda! –
Un
attimo dopo le sue labbra furono ancora una volta contro quelle di lei.
E il
ricordo di quel sogno che continuava a tormentarlo da qualche settimana
a
questa parte, si rese conto, non rendeva giustizia a quella bocca dolce
che lui
aveva desiderato con tutto se stesso.
Cominciò
a baciarla con una passione talmente forte da apparire quasi
tormentata,
l’urgenza di lei cresceva insieme alla foga con cui Sana adesso si
aggrappava a
lui.
Gli
passò le braccia dietro al collo e si alzò in punta di piedi per
poterlo
raggiungere meglio. Lui la strinse più forte, attirandola ancora di più
contro
il suo corpo.
Le
baciò le labbra, cercò la sua lingua con la propria per poterci
giocare, per
poterla accarezzare, come se fosse l’unica cosa di cui lui aveva
bisogno in
quel momento.
Come? Quella
era l’unica cosa di cui lui aveva
bisogno in quel momento.
Quando
si staccò da lei per riprendere fiato, la sentì gemere e non passò
molto tempo
prima che lui riprendesse possesso delle sue labbra, strappandole un
bacio
mozzafiato.
Sentì
la mano di Sana insinuarsi sotto la propria maglietta, bisognosa di un
contatto
maggiore con lui.
Era sua.
Ma
a quel punto una voce nella sua testa, gli suggerì di scostarla da sé.
Sana
apparve visibilmente frastornata.
-Cosa…-
riuscì a malapena a biascicare, mentre lui allontanava il proprio corpo
dal
suo.
Akito
mise su un cipiglio adorabile –Niente, Kurata. Mi fermerei più che
volentieri
con te, stanotte – dicendole questo
ebbe la fortuna di vederla arrossire, come una bambina – Ma ho
decisamente
bisogno di una doccia e temo che, se me la facessi qui, distruggerei l’incanto –
Sana
parve contrariata, ma ancora in subbuglio dai baci di poco prima non
riuscì a
dire una parola.
Akito
le si avvicinò ancora, per depositarle sulle labbra un lungo bacio
carico di
desiderio, accompagnato da un sospiro. Poi si scostò da lei e si
diresse verso
la porta d’ingresso, alle sue spalle.
-Buonanotte!
–
Sana
rimase a fissare la porta di casa per qualcosa come dieci minuti. Poi
si
riscosse e corse subito a prendere in mano il telefono.
Avrebbe
avuto qualcos’altro di cui parlare a Tsuyoshi il che, già lo sapeva, lo
avrebbe
costretto a tornare in analisi.
I could feel at the time
There was no way of knowing
Fallen leaves in the night
Who can say where they're blowing
As free as the wind
And hopefully learning
Why the sea on the tide
Has no
way of
turning
More than this -
Roxy Music
****************************************
Eccomi
qua, puntuale anche se sono sotto esami – sinceramente? Non mi sto
ammazzando
di studio per niente, come va, va e non vedo l’ora delle vacanze per
potermi
dedicare alla scrittura, alla lettura, ad uscire tutto il giorno e
basta studio
._. Non vi interessa, giusto? :D
Passando al capitolo : pareri? Sto dando larga – larghissima –
importanza agli
amici di Sana e Akito, ritengo (ribadisco, l’ho già detto mille volte)
che
senza di loro ‘sti due testoni non combinerebbero nulla. Infatti se è
successo
quello che è successo, è solo perché Tsu – in questo caso – si è
imposto con
Akito.
Passo
a ringraziare tutte voi :
roby5b:
l’unica ragazza
che, a parte Sana, potrà mettersi con Akito è la sottoscritta (perché
io lo amo
davvero *-*). Cavolate a parte, vedrai che altri scherzi combinerà la
gelosia.
Ma stavolta, dovranno cavarsela da soli, altro che amici sempre pronti
ad
imboccarli. Bacio **
ryanforever: *-* ma
grazie,
anche per l’attenta analisi del capitolo e delle reazioni dei
personaggi – sono
contenta che tu abbia trovato certi comportamenti “da loro”. Alla fine
è stato
Akito ad andare da Sana, ma solo perché Tsu l’ha convinto, altrimenti
avremmo
tirato avanti questa storia per secoli ._. Bacio bella! **
trixina: TU!
Ormai ho
deciso che mi ispiri troppo per la scrittura – continua! Natsumi io
personalmente la adoro e le litigate con Akito sono stupende –
nell’anime le ho
adorate tutte! Al tuo “Naozumi ha cercato di fare l’uomo” sono
scoppiata *-* Io
lo odio, non ci posso fare niente ._. Un bacione **
Midao: e
finalmente
Tsuyoshi smetterà di andare in analisi, povero uomo con questi due
idioti prima
o poi impazzirà :D Mmm, più che felice Akito era sconvolto, ma visti i
suoi canoni
(per ciò che riguarda le emozioni) è più o meno la stessa cosa ._. Al
solito,
onoratissima di un tuo commento. Un bacio ^_^
Castiel: mancata è poco, le tue recensioni le adoro
troppo, senza contare il fatto che ti sciroppi sempre tutte le canzoni
e sei un
tesoro. Mi soffermo sul discorso “come descrivo Akito” : a me piace più
scrivere di lui che di Sana, sai? Non so per quale motivo, ma tra i due
la
sensazione che lui sia sempre quello più coinvolto. Sana... è sempre
troppo
stordita, ma lo ama anche lei! :D Un bacio enorme **
marypao: a quanto vedo l’odio verso il povero (?)
Naozumi è abbastanza diffuso. Compatiamolo, d’accordo :D Sono contenta
che le
frasi che hai citato ti siano piaciute tanto, al solito ci perdo quarti
d’ora
interi della mia vita dietro a queste storie. Un bacione grande **
dancemylife: ecco
vedi? Lo
sapevo che tu eri una ragazza intelligente. Ti sei espressa in merito a
Tsuyoshi nel modo corretto. Senza di lui sarebbe un macello ._. (modo
di dire
coniato da conoscenti, ormai sono contagiata anch’io!). Ti veniva quasi
da
piangere per Nao? Che cos’ho combinato?! Ç__ç Consolati con Sana e
Akito
tesoro. Bacio **
Mantovanina: ._.
lontana! Tu –
tu – mi spii! Allora, posso dirti che sul lavoro ci hai quasi (quasi)
beccato.
E come tu ci sia riuscita, non ne ho idea. Non voglio dirti niente, ma
diciamo
che la questione “lavoro” assumerà una certa importanza nei prossimi
capitoli.
Un bacione grande **
_Rob_ : ehi,
mi hai
perforato un timpano con il tuo urlo! ^_^ Fare la scrittrice sarebbe
stupendo
ora che ci penso, ma no, non credo di essere all’altezza. Comunque,
dai, povero
Nao, lui amava Sana tantissimo, lei lo ha scaricato. Lascialo piangere,
tanto
le sue lacrime non cambiano la situazione. Lei è e rimane di Akito.
Bacio **
Deb:
tesoro! Com’è
andato l’esame? Quanto siamo prese tutte con questo studio – a
proposito,
comincio ad odiare matematica ._. Akito frustrato è un immagine troppo,
ma
troppo, bella. Probabilmente è come dici tu, ma in questo capitolo come
hai
visto, è riuscito a trattenersi. Mi odi per il mancato zum-zum? No
ç___ç Un
bacione **
Ili91: sorvoliamo sulla questione
maturità che è meglio ._. Due giorni e comincia, panico! I tuoi
dialoghi con
Naozumi sono meravigliosi – sul serio – specialmente quando gli hai
detto “Tu,
invece... sei solo inutile”. Ma LOL. :D Spero che questo capitolo ti
abbia
aiutato a staccare un po’. Un bacio ** e buono studio.
Smemo92: hai
beccato in
pieno la questione e, tra le tue parole, c’è un piccolo indizio su come
si
evolverà la storia in un prossimo futuro. Tsu che si preoccupa per Aya
è...
Esasperante! Felicissima che tu abbia apprezzato l’apparizione di
Natsumi. La
adoro troppo quella ragazza. Un bacione **
fragolina92: “quel
coso
femmineo di Kamura”. Credo di aver avuto una crisi respiratoria a causa
delle
troppe risate. I tuoi dialoghi con Nao, certo, hanno contribuito.
Felicissima
del tuo fioretto e che la storia ti piaccia. Spero che anche questo
capitolo ti
sia piaciuto. Bacio **
_Dangerous_Child_ : oh
mio Dio, una
delle storie più belle della sezione? ^///^ A momenti mi sciolgo, ma
grazie.
Sei davvero un tesoro, lo sai? Brava, la farsa non poteva continuare,
chiaramente, e Sana l’ha capito. Eccoti come si evolve la faccenda **
Bacio.
Tin_Tin: ma si,
una buona
dose di insulti per Nao ci sta sempre bene (io dico che ha i capelli viola
il che, non so cosa c’entra, ma me lo fa odiare ancora di più :D).
Akito torna
con Sana, ma sappi che se lei dovesse rifiutarlo me lo prendo prima io.
Si sì
(: Un bacione bella **
Yesterday:
tesoro, eh alla
fine ti avrei aspettata comunque perché il mio tranquillo pomeriggio si
è
trasformato in una “tremenda mezza giornata”. U.U gli errori filo
subito a
correggerli – grazie che li hai notati bimba – mentre, ehm, sono felice
che tu
ti sia immedesimata in Nao. Odio a parte penso che lui ci stia male,
visto che
di Sana era ed è tuttora innamorato. Il Tsu POWER non l’avevo ancora
sperimentato, diciamo che ne è disseminata tutta la storia *-* E... Sì.
Akito
tutte vorremmo baciarlo, l’unica cretina che non se ne accorge è Sana – al solito ._. Grazie, semplicemente,
di tutto tesoro! Un bacione **
Ragazze.
Siete magnifiche. Fantastiche. Dico sul serio, se con lo studio trovo
l’entusiasmo per continuare a postare, è solo merito vostro. Grazie *_*
Il
quinto capitolo sarà “Tentazione”, ancora devo decidere se lasciarlo in
italiano o metterlo all’inglese. Vedremo. Comunque, a quel punto sì che
mi
odierete .__. Non dico nient’altro.
Ringrazio
tutti quelli che hanno messo la storia tra le Ricordate, tra le
Preferite e le
Seguite. E, già che ci sono, anche chi continua a farlo con “My Sorrow”
–
vedere che i numeri continuano ad aumentare... Mi fa perdere un
battito, ogni
volta *-* Grazie.
Alla
prossima settimana quindi.
Una
pioggia di baci.
Ale69
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Capitolo 5 *** Tentazione ***
SHE IS
Capitolo
5: Tentazione
That’s how much I love you
(yeah)
That’s how much I need you (yeah, yeah, yeah)
And I can’t stand ya
Must everything you do
make me wanna smile
Can I not like you for awhile? No.
Hate that I love
you – Rihanna ft. Ne-Yo
Non
che ci fosse qualcosa di propriamente sbagliato
in quello che era successo la sera prima, solo che ancora non riusciva
a
capacitarsene.
Anche
perché, diciamocelo, non era poi così normale
che una persona entrasse in casa sua, litigasse con lei e alla fine la
baciasse. Ancora meno normale era il fatto che poi lei
rispondesse a quel bacio, arrivando a desiderare con tutta se
stessa di poter avere persino qualche cosa in più da lui.
Pazza.
Si,
per forza. Sana doveva essere sicuramente impazzita.
-Dannato
Akito – sbuffò, in una nuvola di fumo che si dissipò nell’aria della
sua
stanza.
Sana
stava fumando.
In
un universo parallelo forse, ma forse,
la cosa sarebbe anche potuta sembrare normale, ma non in
quell’universo, non su
quel pianeta – come si chiamava? Terra
– dove lei disgraziatamente viveva.
Sana
non fumava. Lei odiava il fumo.
Il
fatto che ora stringesse una sigaretta tra le dita, lasciava giusto
intendere
la gravità della situazione.
-Ma
che cavolo gli è preso? –
Un’altra
fitta pioggia di cenere andò ad intaccare il soffice tappeto ai piedi
del suo
letto. Se solo Fuka avesse visto quel disastro, quella macchia
sull’immacolata
superficie di quel tessuto così delicato... L’avrebbe
strozzata, non c’erano dubbi.
-Non
può entrare in casa mia e baciarmi e poi andarsene come se nulla fosse
– Sana
scattò in piedi e tirò un forte calcio alla parete – Non può –
Ecco,
in quei momenti la ragazza cominciava a dubitare da sola della propria
sanità
mentale. Siccome lei, come precedentemente detto, non era una fumatrice
incallita, non aveva nemmeno un posacenere nella sua stanza. Ragion per
cui
decise di spegnere la sigaretta – consumata nemmeno a metà – sul suo
comodino.
Accantonò il pensiero che sarebbe rimasta la bruciatura per sempre,
catalogandolo come inutile dettaglio.
Un’occhiata
alla scrivania ricolma di libri riaccese il senso di colpa che aveva
cercato di
soffocare dentro di sé: doveva studiare, dannazione, non aveva tempo da
perdere
dietro quello squinternato di Akito. Aveva una tesi da dare, una laurea
da
prendere, un lavoro da portare avanti, una vita sentimentale da
sistemare e,
possibilmente, una vita sociale da mantenere.
“Ad una persona non può bastare una sola vita
per fare tutto questo” si disse tra sé, ma alla fine il senso di
responsabilità prevalse e si andò ad accomodare alla sua scrivania.
Sana
era decisamente cambiata negli ultimi anni e, c’era da riconoscerlo, il
merito
non era di nessun altro se non di Naozumi. Era con lui che la ragazza
era
maturata tantissimo, aprendo gli occhi su quel mondo adulto che per
così tanto
tempo si era rifiutata di capire.
A
differenza di quando aveva tredici anni – seppur mantenendo le sue
principali
caratteristiche, quali il disordine, l’essere perennemente in ritardo e
la
totale negazione per qualunque cosa implicasse la matematica – era
diventata
più affidabile, ragion per cui i suoi amici riuscivano ad affidarle
qualche
commissione senza il terrore che lei se ne dimenticasse o combinasse
qualche
pasticcio.
Ovviamente
l’unica cosa che, quasi gelosamente, la trascinava indietro, verso quel
passato
così incredibilmente genuino e sereno, era il ricordo di Akito.
Era
inutile, per quanto si sforzasse, lei da lui non riusciva a stare
lontana. Non
che non ci avesse provato, anche perché i due anni passati al fianco di
Naozumi
non erano mica stati noccioline, no? Semplicemente, per una ragione o
per
l’altra, quel ragazzo dagli occhi d’ambra e i capelli d’oro la stregava
e
incatenava a sé in una stretta mortale.
“Non riuscirò mai a liberarmi di lui. Tanto
vale ammetterlo e vivere con la consapevolezza che io...”
Sana
si bloccò. Stava scribacchiando una bozza della sua tesi e aveva appena
cominciato. Si, dal titolo.
Tralasciando il proverbio che dice “Chi
ben comincia è a metà dell’opera” – che Sana reputò un altro
dettaglio e
che testimoniava quanto la ragazza fosse in realtà nei pasticci più
neri – Sana
si concesse il lusso di pensare a come avrebbe potuto terminare la
frase.
Che io...
Che io
gli voglia
bene.
Beh, si infondo sono cresciuta insieme ad
Akito, l’ho persino aiutato a risolvere i suoi problemi con la sua
famiglia,
non volergli bene mi sembra un po’ difficile. E poi ne abbiamo passate
così
tante insieme.
Sospirò
di rassegnazione.
Che io
lo stimi. Dopotutto è una grande persona. Sempre così
determinato e deciso su quello che vuole, sa sempre come raggiungere i
suoi
obbiettivi. Quanto mi piacerebbe essere come lui.
Ne
seguì un altro sospirò e poi il fiato le si fermò in gola.
Che
io... Lo ami?
Sana
scoppiò a ridere nella sua testa “E
perché mai dovresti amarlo? Solo perché quando è al tuo fianco vorresti
abbracciarlo, o perché quando te lo ritrovi a pochi centimetri dal viso
hai
l’irrefrenabile impulso di baciarlo? O perché se vieni a sapere che
tizia vuole
chiedergli di uscire hai il primordiale istinto di andare li e
spaccarle la
faccia? O più semplicemente perché è capitato un sacco di volte che
mentre
facevi l’amore con Naozumi pensassi ad Akito?”
Ecco,
Sana decisamente detestava il diavoletto dei suoi pensieri. E visto che
in quei
particolari momenti in cui la sua coscienza decideva di aprirle con sua
immensa
gioia tutto il suo cuore, l’angioletto se ne stava zitto, Sana decise
di
detestare pure lui, per l’omertà che continuava a dimostrare.
-Al
diavolo. Sana, devi studiare – di ripeté ad alta voce. Chissà, forse
udire la
sua stessa voce che le impartiva il suddetto ordine, poteva servire a
riportarla sulla Terra.
Si
insomma, la Terra, il pianeta di cui sopra.
-Sana,
riprenditi stai delirando –
Stavolta
la voce non era la sua, piuttosto quella della sua coinquilina che,
molto
probabilmente, aveva assistito all’interessantissimo colloquio che Sana
aveva
avuto con se stessa.
Fuka
rideva – Sei forse ammattita, Sana? –
Quella
abbozzò – Può darsi, ormai mi sembra che ci sia davvero poco di normale
nella
mia vita –
La
sua amica le si avvicinò, tra le mani una tazza di the fumante – Non ti
crucciare. Vedrai che tutto si sistemerà. Stai studiando per la tesi? –
Sana
annuì – Si. A dire la verità dovrei trovare le forze per poterla
scrivere,
visto che sono ancora in alto mare e che tra solo una settimana ho
l’esame –
Fuka
la guardò con tenerezza. Lo stesso sguardo che una madre riserverebbe
alla
propria figlia pasticciona – Non ti preoccupare. Vedrai che andrà bene.
Adesso
non ti distrarre e studia –
Veleggiò
come un fantasma fino alla porta della stanza di Sana, lanciando una
fugace
occhiata di disgusto alla cenere depositata sul tappeto. Notò anche la
bruciatura sul legno del comodino, ma decise di ignorarla.
-
Fuka – la richiamò Sana prima che quella uscisse – Va tutto bene? –
Fuka
era sempre stata un tipino abbastanza taciturno e misterioso. Esprimeva
il suo
punto di vista solo se interpellata e difficilmente si sbilanciava in
pronostici sensazionali su come sarebbe andata a finire una storia. Ma
in
quell’ultimo periodo Sana, grazia a tutto il suo intuito femminile ed
in
quantificabile acume, aveva colto qualche differenza nel comportamento
dell’amica. Differenze che erano strane persino per lei, per Fuka.
Quest’ultima
le sorrise, grata – Si Sana, non ti preoccupare. Quando avrai dato la
tesi
dovrei parlarti di... Di una cosa –
Sana
giocherellò con la biro che teneva in mano –E’ qualcosa di grave? Mi
stai
facendo preoccupare – ammise con una risatina che doveva servire a
nascondere quella
lieve nota di ansia che la tormentava.
Fuka
rise, ancora, un felice scintillio nei suoi occhi castani – Certo! Non
ti
preoccupare, è una bella notizia, niente di grave Sana. Ora ti lascio
studiare
–
Detto
questo si richiuse la porta alle spalle e Sana si diede una portentosa
spinta
sulla sedia girevole, in modo da tornare faccia a faccia con il
peggiore dei
nemici: i libri.
-A
noi – disse, dichiarando definitivamente guerra all’avversario.
Ma
prima di dedicarsi seriamente a quella stramba attività, il suo
pensiero non
poté fare a meno di volare verso un paio
di occhi ambrati che la sera prima avevano violato il suo sguardo in
cerca di
qualcosa.
Stracci
di un
sentimento sepolti sotto tonnellate di terra umida e sporca che non era
però
stata in grado di intaccarne l’autenticità.
Sana
mordicchiò il tappo della penna e si lasciò sprofondare nella sua
poltroncina “D’accordo” ammise, sconfitta, alla sua
coscienza bi-personale “Te lo concedo :
potrei, forse, con un po’ di immaginazione, essere ancora innamorata di
Akito
Hayama”.
Scrisse
giusto due righe della sua bozza e poi si interruppe di nuovo. Niente,
quel
dannato pizzicorio all’altezza della tempia proprio non voleva saperne
di
andarsene.
-E
va bene – sbottò, più seccata che mai – Va bene, lo sono. Sono
innamorata di Akito Hayama, ora mi lasciate studiare in santa
pace? –
“Certo!”
-Grazie!
–
E
meno male che quello che frequentava uno psicologo e che era – a detta
di Sana
– da internare era Tsuyoshi.
Lei
parlava addirittura da sola.
*
Era
così bello godersi la pace mattutina di casa sua. Fuori dalla finestra
alcuni
uccellini gli diedero il buongiorno intonando melodie deliziose, mentre
il sole
birichino si insinuava tra la tenda della sua finestra e faceva
risplendere
quei fili d’oro che gli ricadevano sbarazzini sulla fronte.
Un’atmosfera
di serenità palpabile aleggiava nella sua stanza e Akito, più rilassato
che
mai, si rotolò nel suo letto – aggrovigliandosi il lenzuolo intorno
alle gambe
– mugugnando qualcosa e facendo le fusa come un micio bisognoso di
coccole.
Poteva
sentire un tintinnio di piatti e bicchieri provenire dalla cucina:
Natsumi
stava sicuramente preparando la colazione.
“Che
brava donna di
casa”
rise tra sé.
Se
mai sua sorella si fosse sposata e fosse andata a vivere con il marito,
sarebbero stati problemi – per non dire altro – amari. Chi avrebbe mai
potuto
cucinare? Suo padre forse? L’uomo che bruciava qualunque cosa mettesse
nel
forno, non capendo che sarebbe semplicemente bastato abbassare la
temperatura
invece di far abbrustolire tutto?
Akito
scosse la testa.
Il
suono della sveglia lo fece sobbalzare nel letto.
“Dannato
aggeggio,
cos’hai da strillare in questo modo sguaiato?”
Ne
fu talmente infastidito che, Akito, afferrò l’oggetto e lo scaraventò
contro la
parete. Sentì il rumore di passi pesanti che salivano le scale e si
preparò
mentalmente ad una sfuriata di sua sorella.
-
Akito! Akito, dannato idiota! –
“Buongiorno
anche a
te sorellina!”
-Ti
pare normale che tu debba distruggere ogni giorno una sveglia? Alzati,
veloce!
–
Nonostante
il dolore per la perdita della mamma in tenera età si fosse ormai
completamente
chetato, Akito a volte rimpiangeva di non poterla avere in casa. Chissà
quante
menate di Natsumi si sarebbe risparmiato se ci fosse stata. Forse.
-Ero
già sveglio. Non c’era bisogno di fare quest’entrata trionfale in
camera mia –
sbottò Akito, stiracchiandosi e alzandosi dal letto.
Avrebbe
voluto aggiungere un bel “Stupida oca”
all’indirizzo di sua sorella, ma l’espressione arrabbiata di questa lo
scoraggiò a proseguire oltre.
Natsumi
sospirò – Che hai da fare oggi? –
-Dovrei
terminare la mia tesi per la laurea, perché? –
La
sorella mise le mani sui fianchi e scosse la testa – Che guaio! Avevo
bisogno
di qualcuno che mi accompagnasse in centro a comprare un paio di cose –
Akito
inarcò un sopracciglio: quando mai sua sorella intendeva andare da
qualche
parte in sua compagnia? Era forse impazzita? Ma che
cos’avevano tutti in quel periodo?
-Non
puoi andarci da sola? –
Natsumi
parve riprendersi dalla catalessi in cui era caduta – Certo! Chiamo la
mia
amica e ci vado con lei. Tu studia, lazzarone! –
-Certo,
certo –
Natsumi
si sbatté la porta della sua stanza alle spalle, lasciando Akito da
solo.
Nervoso.
Preparò
sulla scrivania il suo PC e i libri che gli servivano per lavorare, poi
decise
di dirigersi in cucina per fare colazione: obbiettivamente con lo
stomaco pieno
riusciva a ragionare meglio.
Fu
mentre passava di fianco alla parete accanto al suo letto che tornò a
bussargli
quel vecchio ricordo. Lui e Sana che una sera di quattro anni prima si
baciavano, proprio in quel punto, e finivano poi per fare l’amore sul
suo
letto.
Pensò
a come fosse irrimediabilmente cambiata la sua vita da quel momento ed
una nota
di malinconia tornò a colpirlo, con precisione calibrata, al centro del
petto.
-Al
diavolo, devo andare a mangiare – si rimproverò.
Evidentemente
Sana non era l’unica squilibrata che parlava da sola.
Se
non altro la colazione era buona. Tra i mille difetti di Natsumi – e ne
aveva
davvero tantissimi, pensò Akito – non c’era di certo quello di non
preparargli
mai nulla di buono da mangiare. Anzi, di solito proprio sua sorella era
sempre
in grado di stuzzicargli l’appetito con qualunque cosa.
Quella
mattina gli aveva lasciato del sushi appena comprato sul tavolo. E poco
importa
che una colazione fatta con il pesce possa suonare non molto normale,
ad Akito
piaceva così.
Rimettersi
a studiare, fu persino più facile del previsto.
Ma
mentre le sue dita abili scorrevano sulla tastiera alla ricerca delle
lettere
giuste da pigiare, si rese conto di desiderare tantissimo poter vedere
Sana. In quel momento.
Era
quasi mezzogiorno, probabilmente lei doveva andare a lavorare nel
pomeriggio,
ma lui aveva un’assoluta voglia di vederla. Il bacio della sera prima
aveva
riacceso qualcosa assopito da troppo tempo. La
fiamma bruciante che serviva soltanto a mantenerlo vivo.
Accantonò
momentaneamente il suo lavoro e provò a telefonarle.
Come
in tutti i film degni di nota – perché si, Akito cominciava a
sospettare di
vivere in un film – nessuno gli rispose al telefono, e si ritrovò
ancora una
volta a discutere con quella stupida voce registrata della segreteria
telefonica.
Tornò
al suo lavoro.
“Dai
Akito,
dannazione, lavora!”
si disse tra sé riprendendo a scrivere sul suo documento “Il
professore ti ha dato le dritte giuste per poter ultimare questa
maledetta tesi. Sei pure troppo in ritardo, tra una settimana hai
l’esame.
Muoviti!”.
Ad
ogni punto, ogni virgola che digitava su quella tastiera, il ricordo di
quel
dispettoso folletto dai capelli rossi tornava a tormentarlo.
Se
solo la sera prima non fosse riuscito a fermarsi. Dio solo sa dove si
sarebbe
trovato in quel momento, altro che a casa a studiare, probabilmente
starebbe
ancora nel letto di Sana a fare l’amore.
Quanto
l’aveva desiderata, il dolore nelle viscere era ancora intenso come la
sera
prima.
“Sana, ho voglia di vederti” disse ancora
tra sé.
And I hate how much I love you girl
I can’t stand how much I need you
And I hate how much I love you girl
But I just can’t let you go
And I hate that I love you so
Hate that I
love you – Rihanna ft. Ne-Yo
Ormai,
come facile intuire, cercare di studiare per Akito era pressoché
inutile.
Afferrò di nuovo il telefono di casa e compose un altro numero di
telefono.
-Pronto?
– rispose una voce squillante.
Almeno
questa gli era andata bene.
-Ciao
Fuka –
Un
momento di silenzio dall’altra parte del telefono.
-Sono
Akito –
*
Sana
si stiracchiò sulla sua sedia. Dopo qualcosa come cinque ore di lavoro,
poteva
finalmente dirsi soddisfatta. Era riuscita a lavorare, lasciando fuori
lo
spettro di Akito dai suoi pensieri.
-Non
c’è proprio nulla da dire, ho fatto davvero un ottimo lavoro – si
complimentò
con se stessa, alzandosi in piedi – Ora mi rilasso un po’ prima di
dover andare
a lavorare –
Il
suono del cellulare di Fuka la raggiunse e poté sentire la sua amica
che
rispondeva al telefono. Si era presa un altro giorno di malattia, per quel giorno.
Diceva
che tutta quella storia di lei e Akito la stava facendo ammalare. E
Sana
rideva.
Percorse
il corridoio quasi con aria strasognante, troppo felice di aver
concluso il
grosso del lavoro per poter pensare a qualsiasi altra cosa. Arrivata in
salotto
si lasciò cadere sul divano.
-Sana?
– la chiamò Fuka, trotterellando verso di lei per raggiungerla – E’ per
te –
Sana
apparve evidentemente stranita : chi mai poteva telefonare sul
cellulare di
Fuka per parlare con lei?
La
ragazza afferrò il telefono –Pronto? –
Quando
riconobbe la voce del suo interlocutore quasi le si fermò l’aria in
gola. Fuka
rimase ad osservarla impaziente.
-Pronto Sana, sono Akito. Ho provato a
telefonare sul tuo cellulare ma rispondeva la segreteria –
Sana
sussultò – Ah si. Era scarico – disse soltanto.
-Ti
disturbo? Stavi
studiando? –
-
No ho appena finito –
-Ah.
Senti...-
Quello
che Sana poteva sentire distintamente era il palpitare del suo cuore
nel suo
petto, come un pazzo. Che cosa voleva Akito? Perché l’aveva cercata
quella
mattina?
-Senti...
Volevo
chiederti se ti va di vederci questa sera –
Sana
rispose subito –Questo pomeriggio devo lavorare –
Si
morse la lingua pochi istanti dopo. Sentì Akito ridere ironicamente
aldilà del
telefono.
-Ho
detto stasera,
Kurata. Sei diventata sorda? –
“No,
semplicemente
quando parlo con te non riesco a compiere un ragionamento sensato”.
Sana
rise, nervosamente – No, ci sento. Beh... Allora credo che accetterò –
-Davvero?
–
-Certo
Hayama, non ti prendo in giro su queste cose. Dove andiamo? – gli
domandò,
cercando di ignorare Fuka che le volteggiava intorno come un avvoltoio
pronta a
papparsi i suoi resti e a strapparle via tutte le informazioni che
possedeva.
-Non lo
so,
improvvisiamo? –
-Va
bene – acconsentì lei, la sfumatura di un sorriso nella sua voce
tremolante.
-Ora? –
-Io
stacco alle sette dal lavoro. Vieni a prendermi lì? –
-Va bene
–
Un
breve attimo di silenzio seguì quest’ultima frase. Un imbarazzo
palpabile cadde
tra di loro, sebbene diversi chilometri li separassero. Sana strinse un
pugno
nervosamente, conficcando le unghie nella carne della sua mano, in
attesa che
lui dicesse qualcosa.
Akito
rispolverò il lato timido della sua personalità, quello che lo rendeva
incapace
di pronunciare parola proprio in quei momenti in cui in cui ce ne
sarebbe stato
più bisogno.
-Beh,
Kurata, allora
io...-
-Aspetta
Akito! –
Il
ragazzo attese che lei dicesse qualcosa.
-Volevo
dirti... Perché? Perché mi hai cercata proprio questa mattina? –
Quello
sembrò pensare un attimo alla migliore risposta da darle e poi disse,
semplicemente – Beh, perché avevo voglia
di vederti, Kurata –
Usò
un tono di voce così ragionevole che Sana si ritrovò ad annuire tra sé.
-D’accordo
Akito. Allora a stasera? –
-A
stasera –
-Sii
puntuale –
-Lo stai
dicendo
alla persona sbagliata –
-Simpatico.
Ciao –
-Ciao
Kurata! –
Quando
Sana riattaccò un lampo le attraversò la testa.
-
Fuka, devi assolutamente aiutarmi a trovare qualcosa da mettere per
stasera. Mi
ha invitata ad uscire –
L’amica,
neanche a dirlo, si accese una sigaretta. Non era propriamente nervosa,
sapeva
solo perfettamente che quando Sana e Akito cominciavano a frequentarsi,
nell’aria si prospettassero guai seri.
-E’
un appuntamento serio? –
Sana
fece spallucce – Non lo so, ha detto che voleva vedermi –
Fuka
scattò in piedi e cominciò a saltellare da tutte le parti, lanciando la
sua
sigaretta appena accesa chissà dove –Davvero? È fantastico –
Dire
che era fuori di sé dalla gioia era un mero eufemismo. Sana sperò che
la casa
non andasse a fuoco.
Fuka
afferrò Sana per un braccio e cominciò a trascinarla come un mulo
recalcitrante
verso la sua stanza – Adesso ti scelgo io qualcosa da mettere. Devi
essere
sexy, ma anche lasciarti desiderare. Così lo farai impazzire –
Il
tono di voce che utilizzò spaventò Sana in maniera eccessiva.
Chissà
perché, ma qualcosa le diceva che Fuka non l’avrebbe lasciata uscire
tanto
facilmente dalla sua stanza, quel giorno.
*
Il
cielo di quel giorno era di un azzurro così terso da rendere difficile
addirittura poterlo osservare. Accecante,
ecco l’aggettivo che Sana trovò per descriverlo. Nemmeno una nuvola ne
intaccava quella limpida perfezione e Sana si soffermò a godersi la
sensazione
di quel fresco venticello che cominciò a lambirle la pelle delicata del
viso.
L’aria sapeva ancora un po’ di estate ma trasportava con sé i primi
odori
dell’autunno già in corso.
Alle
sette in punto, neanche vivesse in simbiosi con un orologio, Akito era
davanti
agli studi televisivi con la sua macchina. Indossava una semplice
camicia nera
a cui erano stati slacciati i primi bottoni.
Il
contrasto che il tessuto scuro faceva con i suoi capelli dorati
affascinò Sana
talmente tanto da lasciarla imbambolata per qualche secondo.
Lui
suonò il clacson – Allora Kurata ti muovi o vuoi rimanere a fissarmi
ancora a
lungo? – la canzonò lui, abbassando il finestrino.
Lei
rimase stizzita e fece una veloce corsa verso di lui – Eccomi – gli
rispose
acidamente –Non c’era bisogno di mettersi a fare lo show in mezzo alla
strada –
-Te
ne stavi li immobile – si giustificò lui, ingranando la prima e
partendo.
-E
allora? Che razza di scusa è? Ti stavo guardando –
Lui
sogghignò –E quello che hai visto ti è piaciuto? –
-Si
–
La
risposta secca di lei lo mise a tacere. Rimasero in silenzio per tutta
la
durata del tragitto, durante la quale Sana cercò spesso di coprirsi le
gambe
lasciate in mostra da un vestitino bianco che Fuka l’aveva costretta ad
indossare. Oltre ad essere incredibilmente corto era anche
incredibilmente
rivelatore.
“Troppo trasparente” pensò infastidito
Akito, leggermente su di giri.
“Calma”
si raccomandò.
-Allora,
dove stiamo andando? – gli chiese Sana incuriosita.
-In
un ristorante costoso. Non sono del tutto sicuro che tu abbia scelto
l’abbigliamento indicato – la rimproverò, esternando finalmente quel
pensiero.
-Tu
non mi avevi detto niente. Avrei scelto un altro vestito – lo rimbeccò
lei,
mettendo su il broncio ed incrociando le braccia al petto.
Si
accoccolò ancora di più nel sedile e guardò fuori dal finestrino. La
città
scorreva veloce sotto i suoi occhi e le luci di alcuni negozi
cominciavano ad
accecarla.
“Come se
l’avessi
scelto io il vestito”
si ritrovò a pensare ironicamente “Dannata
Fuka”.
Quando
arrivarono, Akito abbandonò l’auto in un posteggio alle spalle del
ristorante.
Sana aveva avuto la malaugurata idea di indossare i tacchi e quando si
ritrovò
a camminare sul selciato di ghiaia, barcollò. Akito la sorresse,
passandole un
braccio intorno ai fianchi e Sana arrossì, voltando il capo in modo da
nascondersi da lui.
-
Kurata, indossi i trampoli e poi non riesci a stare in piedi – le disse
scherzosamente,
il tono di voce ricolmo di dolcissimo miele.
-Taci
Hayama – sbottò lei, scostandosi da lui quando furono davanti alla
porta del
locale – Fuka mi ha obbligata a conciarmi così, fosse stato per me un
paio
di pantaloni ed una felpa sarebbero stati
più che sufficienti -
Akito
annuì, aprendole la porta. Ad accoglierli trovarono un cameriere tutto
in tiro
che per prima cosa rivolse a Sana uno sguardo di puro interesse: che
avesse
riconosciuto in lei la famosa attrice, o che fosse semplicemente
sconvolto
dall’abitino osceno che indossava? Difficile dirlo.
-Buonasera
signori – fece quello, inchinandosi lievemente davanti a loro.
-Ho
una prenotazione a nome Hayama – fece Akito, formalmente. Il cameriere
spulciò
in un squadernino rilegato in una copertina lussuosa di velluto rosso,
prima di
accompagnarli al tavolo.
-
Akito – lo chiamò Sana sotto voce, afferrandolo per un braccio e
facendo in
modo che il suo orecchio si avvicinasse alle sue labbra – Ma dove
diavolo mi
hai portata? Qui sono tutti ricconi, mi sento come un pesce fuor
d’acqua –
sbuffò.
Akito
sollevò un sopracciglio – Preparano il sushi migliore della città in
questo
posto. Per questo ti ci ho portata. Ignora tutta questa gente e pensa a mangiare –
Com’era
bello notare quanto Akito si preoccupasse delle cose davvero
serie.
-Sei
davvero un idiota Akito – gli disse Sana, per tutta risposta,
accomodandosi
sulla sedia che Akito, scherzando e sorridendo, le aveva scostato dal
tavolo.
Accanto
a loro stava un enorme vetrata dalla quale Sana poteva intravedere
tutta la
città. Una miriade di luci costellavano quell’immenso deserto di
velluto blu,
come stelle nel cielo.
Sospirò.
-Che
cosa cucinano di buono qui, oltre al sushi? – chiese acidamente al
ragazzo di
fronte a lei, che già aveva adocchiato una portata di delizioso cibo al
tavolo
accanto a loro.
Intercettando
il suo sguardo, Sana alzò gli occhi al cielo.
-Allora?-
Akito
parve riprendersi – Eh? Non lo so... Prendi il sushi no? –
Sana
storse il naso – A me non piace molto il sushi –
-Ho
sempre pensato che non fossi normale –
Sana
nemmeno si arrabbiò – Solo perché una cosa ti piace da morire, non vuol
dire
che deve essere così per tutto il resto delle persone –
-A
me il sushi non piace da morire. Diciamo che non mi
dispiace –
-Il
che, secondo i tuoi canoni, è la stessa identica cosa –
Akito
parve leggermente indignato.
Sana
scorse velocemente il menù, cercando di trovare qualcosa che potesse
attirarla.
Aldilà del fatto che una portata equivaleva al suo stipendio di un
mese, si
trattava di cibo così elaborato e delicato, che probabilmente si
sarebbe alzata
nel cuore della notte affamata.
Sbuffò
– Vabbè, ho capito, prendo il sushi anche io –
Akito
inarcò un sopracciglio (il suo equivalente di un sorriso) – Benone! –
-Vado
un attimo in bagno Akito –
-D’accordo
–
*
Okay,
doveva calmarsi. Non tanto perché, dopo aver visto Akito con quella
camicia
così scura che gli stava fin troppo bene, il suo cuore aveva cominciato
a
battere troppo velocemente. Più che altro perché ora rischiava
l’arresto cardiaco.
“Ma si
può sapere
come ho solo potuto pensare di uscire a cena con Akito?”
pensò, mentre si
sciacquava le mani e lanciava una veloce occhiata allo specchio che
ricambiava
la sua immagine sconvolta.
“Voglio andare via di qui” si disse,
cominciando a camminare avanti e indietro per il bagno. Una mamma, con
la sua
bambina, che stava aspettando il suo turno per poter usufruire del
bagno, la
guardò con interesse.
Evidentemente
osservare una squinternata che parlava da sola e che camminava in preda
al panico
per il bagno, doveva essere qualcosa di estremamente divertente.
Sana
sospirò e le sorrise – Mi scusi. Sono un po’ nervosa –
La
donna parve comprendere il motivo di tutta quell’agitazione e le
sorrise – Si
figuri. Questi posti mettono davvero molto in soggezione –
Sana
non poté che essere d’accordo – Si. Il mio amico avrebbe potuto
avvertirmi che
si trattava di un posto così di lusso –
-Parla
di quel biondino seduto al tavolo insieme a lei –
Cavolo,
Akito ormai faceva colpo anche sulle donne di mezza età. Sana impallidì
e
faticò a trattenere una risatina. – Si –
-Credevo
fosse suo marito –
“Addirittura?
Non
sono ancora così disperata” si
disse Sana – Ma quale marito. È solo un amico! –
Ecco,
decisamente non capiva la necessità di dare spiegazioni ad una perfetta
sconosciuta che tra l’altro aveva appena dimostrato di essere una
ficcanaso di
prima categoria.
-Le
chiedo scusa, ma dal modo in cui la guardava… -
Sana
non ne poté più. Scosse la testa e si avviò verso la porta del bagno,
indignata
– Ora devo andare, credo che sia pronto da mangiare – spiegò. Rivolse
un
sorriso luminoso alla bimba che la guardava con gli occhioni sgranati - Buona serata –
Ecco,
decisamente non andava bene.
-Dannato
Akito – ringhiò tra i denti, mentre si avvicinava al tavolo dove lui
stava gia
gustando il suo sushi – Adesso la gente mi scambia pure per sua moglie.
Ma che
diavolo avrà poi da guardare? –
Detto
questo, passò accanto ad un cameriere che sentendola parlare da sola e
con quel
linguaggio così colorito, le rivolse uno sguardo di puro biasimo.
Sana
lo ignorò “Ci mancano giusto i camerieri
che mi fanno la paternale adesso”.
Quando
si sedette al suo posto, Akito nemmeno notò lo sguardo omicida con cui
lo aveva
appena squadrato.
“Dannato Akito. Arriverà il giorno che me la
pagherai per tutti i guai che mi procuri. Speriamo che questa serata
finisca
presto…”
Cominciò
poi a mangiare, ignorando la vocina dispettosa che si prendeva gioco di
lei
nella sua testa.
“Continuando
a dire
bugie, ti crescerà il naso Sana…”
*
La
serata era giunta al termine. Finalmente,
aggiunse Sana con un certo sollievo.
Akito
la stava riaccompagnando a casa, la vita frenetica della città che li
circondava si rifletteva su di loro con le sue mille luci
in un turbinio di emozioni.
Quando
arrivarono davanti al palazzo di Sana, da un localino di fronte una
tromba
diffondeva la sua gradita melodia nell’aria circostante, catapultandoli
in un
immagine che assumeva i tratti del ricordo nel momento stesso in cui
veniva
vissuta.
Akito
sospirò – Non ti va di andare a bere qualcosa Sana? –
Lei
scosse la testa – No ti ringrazio. Questa mattina mi sono alzata presto
per
lavorare alla tesi e sono un po’ stanca – gli disse, abbozzando anche
un
sorriso.
Quando
voleva, Akito sapeva essere gentile. Davvero
tanto gentile.
-Come
vuoi – le rispose, facendo spallucce.
Sana
si voltò a guardarlo e fu in quell’istante che con gli occhi lui la
incatenò a
sé. Lei era semplicemente paralizzata, mentre lui allungava le mani per
accarezzarle la pelle nuda e morbida delle braccia. Akito sospirò.
-Allora
ti auguro buonanotte – le disse lui, sempre fissandola negli occhi con
il suo
sguardo magnetico. Con le nocche delle dita le sfiorò una guancia e
Sana
socchiuse gli occhi come un gatto che fa le fusa e che viene
accontentato dal
suo padrone.
-Si
– fu la sua risposta, sussurro che il vento trasportò con sé,
avvolgendolo con
tutto il suo profumo. Dolce.
La
parte ancora cosciente della mente di Sana avrebbe voluto dirgli che
oltre alla
buonanotte, desiderava anche un bel bacio, che potesse aiutarla a
conciliare il
sonno.
Peccato
che più della metà del cervello di Sana – le cui dimensioni,
disgraziatamente,
erano alquanto ridotte – fosse in preda di un insulso languore che non
si seppe
spiegare.
Akito
fece scivolare le sue mani lungo i suoi fianchi, accarezzandoli e
saggiandone
la morbidezza.
Un
altro sospirò del ragazzo si dissipò nell’aria. Il gemito roco che ne
seguì
colpì Sana come una stilettata in pieno petto.
-Sana…
- cominciò lui, mentre avvicinava il suo volto a quello della ragazza.
Si fermò
ad un soffio dalle sue labbra – desiderio
si, ma non la voglia di concedersi così facilmente – per poi
bloccarsi e
voltare il viso per bersagliare la pelle soffice delle guance.
Le
lambì con una dolce carezza di labbra esperte ed Akito sorrise tra sé
compiaciuto quando sentì il sangue affiorare in superficie facendole
surriscaldare la pelle che lui stava baciando con una lentezza
esasperante.
Sana
socchiuse le labbra, ancora con gli occhi sigillati, ed ansimò.
Akito
avvertì un brivido lungo la schiena e scese a baciarle, con lentezza,
dolcezza, desiderio, la
pelle delicata del collo.
Sentì
le dita di Sana tremare e poi le sue unghie artigliargli la stoffa
della
camicia all’altezza delle spalle. Sapere di averla completamente sotto
il suo
controllo lo faceva scoppiare di gioia.
Akito
si scostò con gentilezza dal suo collo, riportando le labbra a pochi
centimetri
da quelle di Sana. Inconsciamente lei si alzò sulla punta dei piedi,
pronta a
ricevere il suo bacio, agognato, desiderato,
maledetto, mantenendo ancora gli occhi chiusi per
potersi godere
tutte quelle magnifiche sensazioni che lui le stava regalando. Senza
fare quasi
nulla.
Ma
Akito le scostò le mani dai fianchi e, prima di allontanare il volto
dal suo,
le sussurrò un caldo – Buonanotte Sana – che andò ad infrangersi sulle
sue
labbra tremanti, diffondendosi in tutto il suo corpo con una scarica
elettrica.
Poi
si allontanò da lei e Sana riaprì gli occhi per capire cosa stesse
succedendo.
Lo osservò e lui ricambiò il suo sguardo con una punta di scherno
nascosta tra
le ombre dei suoi occhi.
-Ci
vediamo Kurata – le disse semplicemente, prima di voltarle le spalle e
di
prendere la strada di casa.
Sana
rimase ad osservarlo impietrita, mentre si allontanava, non ancora
completamente
cosciente di quanto fosse arrivata a desiderare che lui la baciasse e,
chissà,
che la trascinasse anche in camera sua, sul suo letto.
Quando
la sua mente fu abbastanza lucida da poter pensare razionalmente, Sana
scosse
le spalle.
-Dannato
Akito – ripeté ancora, per la centesima volta in quella giornata così
dannatamente calda. Cercò le chiavi di casa nella borsetta ed aprì il
portone –
Me la pagherà, fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia –
One
of these days maybe your magic
won’t affect me
And your kiss won’t make me weak
But no one in this world knows me
the way you know me
So you’ll probably always have
a spell on me.
Hate that I love
you – Rihanna ft. Ne-Yo
******************************************
Eccomi
qui ragazze. Scusate il ritardo, ma giusto ieri ho avuto il colloquio –
dannata
maturità – e quindi non ho avuto molto tempo per rivedere il capitolo
prima di
postarlo – come si dice? Ah sì, dovevo studiare. Perdono.
Comunque
non ho molto tempo per ringraziare singolarmente una per una ognuna di
voi –
sapete quanto ci tenga a scrivere i ringraziamenti, ma stavolta ho
preferito
postare il capitolo perché ero già in ritardo. Anche perché non sto
proprio
benissimo : già, dopo un periodo di stress a me sale la febbre. Dal
nervoso. Mi
è successo quando ho preso la patente e prevedevo sarebbe successo
ancora.
Amen.
Passando
al capitolo : lo odio. Cioè è forse il capitolo più brutto di tutta la
storia
fin’ora scritta, ma mi direte voi.
Comunque
sia un grazie a :
roby5b, _DaNgErOuS_ChIlD_ , Midao (ho visto che
hai scritto una
nuova fan fiction. Dammi tempo e volerò a leggerla), Deb
(risponderò anche a te, nella prossima recensione che ti
lascerò), marypao, Castiel (per
questo capitolo niente
canzone ._. ) , dancemylife, _Rob_ , Ili91 (gli esami come procedono?
Alla
fine che traccia hai scelto per la prima prova?), ryanforever,
morgana85
(*-* ma grazie!), Smemo92, fragolina92,
yesterday (troppo contenta che il capitolo ti sia
piaciuto così
tanto, toglierò anche le virgole. Mi vengono in mente certi discorsi :
c’è chi
le usa proprio e chi pensa che la punteggiatura sia un’opinione. Devo
rileggerli seriamente ‘sti capitoli!).
Penso
che a questo punto ci risentiremo tra una settimana – Kim permettendo,
visto
che è lei a decidere quando devo postare perché non riesce mai a
recensire ._.
Adesso
vado sul serio.
Un
bacione a tutte ragazze
Ale69
|
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Capitolo 6 *** She Is (I Parte) ***
SHE IS
Capitolo
6: She Is (I Parte)
Do not get me wrong I cannot
wait for you to come home
For now you're not here and
I'm not there, it's like we're on our own
To figure it out, consider
how to find a place to stand
Instead of walking away and
instead of nowhere to land
She
Is – The Fray
-A Sana e Akito! –
Ecco,
Sana ancora non si capacitava. Per la seconda volta, sì. Non che non le
facesse
piacere il fatto che i suoi amici volessero festeggiare il tanto atteso
momento
della laurea – momento che, per inciso, aveva spesso dubitato sarebbe
mai
arrivato – semplicemente quel brindisi le ricordava terribilmente
quello di un
pranzo nuziale. Mandò giù.
Tsuyoshi
rise – Una cosa in meno di cui preoccuparmi. Il mio psicologo ne sarà
felice...
–
Hisae
tamburellò con delicatezza le dita della mano sulla superficie del
tavolo – Non
era uno psichiatra? – domandò con aria innocente.
Si
trovavano ad un bar vicino all’università di Akito e Sana. Quando
avevano
finito di discutere la tesi, i due, si erano accoccolati tra le braccia
di
amici e parenti – Misako e il signor Fuyuki, con gli occhi colmi
dall’emozione
di vedere i due pargoli completare la propria istruzione e prepararsi
al vero e
duro mondo del lavoro – godendosi quell’attimo di successo personale.
Poi
i parenti se ne erano andati e Sana e Akito erano stati trascinati da
un gruppo
di pazzi squinternati – Fuka, Tsuyoshi, Aya, Hisae e Gomi, addirittura
più urlanti del solito – a quel bar dove adoravano
ritrovarsi al tramonto per un veloce aperitivo.
Tsuyoshi
parve scandalizzato – Gli psichiatri curano i pazzi! –
esclamò indignato – Io non ne ho bisogno, sono normale
–
Alcune paia
d’occhi
scettici indugiarono su di lui, valutando se fosse o meno il caso di
rispondergli.
Sana
osservò Akito chiedendosi come mai rimanesse zitto.
–
Cosa credi di essere tu? – domandò il ragazzo.
Appunto.
Tsuyoshi
lo ignorò, increspando le labbra e voltandosi dall’altra parte.
Aya
rise, portandosi una mano al grembo – Akito, quanto sei sciocco –
Sana
sbuffò : per inciso, “sciocco” era
l’insulto di maggior rilievo che si potesse mai sentire pronunciare ad
Aya. Un fiore
delicato, ecco cos’era quella donna.
La
ragazza infierì – Si, Akito, sei proprio sciocco.
E poi voglio dire... Tu dici a
Tsuyoshi che non è normale? Tu? –
domandò Sana ridendo.
Akito
la squadrò – Kurata, potessi parlare, ti ascolterei pure. Ma credo che
mi
limiterò ad ignorarti. Nonostante ti sia appena laureata sei sempre la
solita
zuccona... – affermò lui, prendendola in giro.
Come
sempre.
Sana
fece spallucce – Come vuoi, intanto non sai sostenere una conversazione
con me
senza insultarmi. Forse dallo psichi...
Ehm, psicologo ci dovresti andare tu,
non Tsuyoshi... –
Un
intenso annuire da parte dell’amico le fece comprendere quando
condividesse il punto
di vista di Sana. Anche perché, diciamola tutta, se quel pover’uomo di
Tsuyoshi
si era ritrovato ad andare in analisi un giorno sì e l’altro pure, la
colpa era
soprattutto dei suoi due amici rintronati.
Questa
consapevolezza spiazzò Sana, che decise di ignorare il fattaccio
catalogandolo
come “dettaglio”. Sorvolando sul
fatto che la vita della ragazza, ultimamente, fosse un po’ troppo piena
di
“dettagli”, Fuka interruppe l’animato dibattito esordendo con la sua
proposta –
Domani è sabato, nessuno di noi va a lavorare. Che ne dite se stasera
uscissimo
tutti quanti per festeggiare il lieto evento? –
Sana
la scrutò inarcando un sopracciglio : il tono di voce ironico che aveva
utilizzato lasciava intendere che il fatto che lei e Akito si fossero
appena laureati,
era paragonabile all’annuncio del loro matrimonio imminente. Cosa che
in realtà
non era.
Decisamente
troppo ironica, quella Fuka lì.
Aya
sorrise radiosa – Certo! Che bella idea, che ne dite ragazzi? – chiese
all’indirizzo di Gomi ed Hisae che si stavano scrutando in cagnesco.
Il
ragazzo aveva appena cominciato a trangugiare il dodicesimo tramezzino
della
giornata. Hisae aveva il voltastomaco.
-Ottima
idea, speriamo ci sia qualcosa da mangiare – esordì Gomi, sputacchiando
cadaveri di un innocente panino su tutto il tavolo intorno a sé.
L’occhiata
sprezzante di Hisae palesò a tutti – nel caso negli ultimi dieci
anni ancora qualcuno non l’avesse capito – cosa
effettivamente pensasse lei di lui.
Sana
sorrise. Il fatto che quella ne fosse innamorata, di quel mangione
ingordo che
non era altro, era solo un altro inutile dettaglio.
L’ennesimo.
Tsuyoshi
– Potremmo andare a quel nuovo ristorantino che... –
Fuka
lo fermò – No, niente ristoranti, mi sono rotta di mettere le gambe
sotto un tavolo
e di mangiare. Ultimamente non faccio altro... – lo sguardo perplesso
dei suoi
amici la costrinse ad aggiungere, con un sospiro – Per lavoro,
ovviamente! Che ne dite di andare in discoteca... Una cosa
tranquilla, senza fare troppo macello... –
Tsuyoshi
apparve lievemente irritato – Ma Aya...-
Ma Aya lo
interruppe – Oh
che pesantezza, Tsuyoshi. Sono incinta, non malata, ricordatelo! – lo
rimbeccò
quella, guardandolo malissimo e costringendolo a stare zitto.
L’espressione
di Akito lasciò intuire a Sana che, se avesse potuto, si sarebbe alzato
in
piedi, avrebbe baciato Aya e sarebbe anche potuto arrivare a costruirle
una
statua di oro massiccio in onore della sua eterna saggezza.
“Meglio
sorvolare
su certe stupidate”
si ripromise Sana.
-Allora
dove andiamo? – tagliò corto Akito, tirando un pugno a Gomi che aveva
cominciato a rubare alcune olive dal suo piatto. Quello, dolorante,
batté in
ritirata, proteggendosi dietro la sua trincea, ergo la figurina snella
di
Hisae.
-Discoteca
– urlò Sana, tanto forte che tutto il bar si voltò a guardarla. La
ragazza
divenne rossa come un peperone e si ricompose sulla sua seggiola,
ignorando gli
sguardi curiosi di chi aveva riconosciuto la famosa attrice.
Gomi
rise – E discoteca sia! –
-Andiamo
all’Air (*)
? – propose Fuka, rovistando nella sua borsetta alla ricerca di qualche
spicciolo da lasciare come mancia ai camerieri.
Aya
acconsentì – Adoro quel locale è così giovanile –
-
È da pazzi – commentò tra i denti Tsuyoshi, che venne però ignorato da
tutti.
Il
gruppetto si alzò pronto per uscire, tranne Gomi, ancora intento a
spolverare
le briciole rimaste nel vassoio dei tramezzini. Dire che dava la nausea
era un
eufemismo.
-Dovremo
prendere i mezzi – constatò Hisae, afferrando per un braccio il ragazzo
e
trascinandolo come un bue verso la porta a vetri, dalla quale entrava
un
luminoso raggio di sole.
Era
una giornata stupenda.
-Esatto,
direi che la metropolitana è più veloce. Con il traffico del venerdì
sera
chissà cosa troviamo per strada andando in macchina – disse Sana,
inforcando
gli occhiali da sole e prendendo Fuka sotto braccio.
Cominciarono
a camminare, diretti ognuno a casa propria.
-Ci
troviamo tutti da noi per... – Sana si picchiettò un paio di volte le
dita sul
mento – Per le undici di stasera? – chiese infine, ignorando
completamente
Akito che cercava di farle lo sgambetto mentre camminavano, neanche
fosse stato
un bambinetto di cinque anni.
La
ragazza sbuffò – Hayama, hai finito di rompere? –
-Okay,
allora stasera ci troviamo tutti a casa di Fuka – constatò Hisae,
spingendo
ancora Gomi che reclamava il sacrosanto diritto di tornare a prendere
qualcosa
da sgranocchiare mentre tornava a casa. Insomma, lo aspettava pur
sempre una
camminata di ben trecento metri, lungo il tragitto sarebbe potuto
accadere
qualunque cosa, come biasimarlo, povero eroe incompreso.
-Ma
è anche casa mia! – esclamò Sana offesa.
-
Kurata taci –
-Ragazzi
perché il cameriere ci sta rincorrendo? –
-Non
so, qualcuno non ha pagato? –
-No,
ho controllato, i soldi erano giusti... –
I
ragazzi rimasero immobili, mentre alcuni passanti per caso imprecavano
contro
di loro che ingombravano mezzo marciapiedi e rendevano difficoltoso il
passaggio.
Il
cameriere li rincorse trafelato, scrutando le loro facce alla ricerca
di...
-Signorina,
signorino! – esclamò, all’indirizzo
di Sana e Akito che si trovavano casualmente l’uno accanto all’altra –
solo
perché lui, dopo aver tentato invano di farla ruzzolare per terra,
stava
impiegando tutte le sue energie nel tentativo di rubarle la borsetta.
In ogni
caso, Hayama parve vagamente irritato per essersi sentito chiamare signorino.
-Ma
cosa... – cominciò a dire Sana, quando si ritrovò un biglietto bianco
tra le
mani che recitava, con caratteri eleganti la sigla “Buono
sconto per coppie in luna di miele”.
Sana
inarcò un sopracciglio e non si accorse delle risatine che cominciavano
a
diffondersi tra i suoi amici. Tranne Akito, che sorpreso, spalancò gli
occhi ed
osservò quell’ometto in giacca e cravatta che ancora li guardava con
gli
occhioni sgranati.
-
Ho dimenticato di darvi questo buono. Vi permetterà di consumare due
colazioni
gratis al prossimo ingresso – spiegò, sorridendo dolcemente
all’indirizzo dei
due.
Sana
lo osservò – P... Perché lo da a noi? –
-Non
vi state per sposare? –
Le
imprecazioni di Akito echeggiarono per tutto il quartiere, mentre
Tsuyoshi e
Gomi si piegavano in due dalle risate e le ragazze li imitavano, solo
più
discretamente.
-
Maledetto
ficcanaso, fatti gli affari tuoi! – gli
urlò dietro, mentre il poverino
scappava spaventatissimo. Sana era semplicemente senza parole.
Ma
alla fine, il ragazzo intascò il buono e se ne andò.
Poteva
sempre tornare utile, dopotutto.
*
-Sana,
datti una mossa saranno qui a momenti – urlò Fuka aldilà della porta
del bagno
dell’amica, mentre spulciava nel portagioie di Sana alla ricerca di un
paio di
orecchini da indossare.
Ne
trovò uno che la colpì, molto raffinato ed elegante, con un luccicante
brillantino incastonato su di un piccolo ciondolo di metallo. Decise
che,
dopotutto, poteva anche prenderlo in
prestito.
-Ho
quasi fatto – urlò comunque l’amica in risposta.
Fuka
scosse la testa e scelse per Sana un bel tubino nero, modesto ma anche
incredibilmente corto.
Tanto,
ora che l’amica si fosse decisa ad uscire dal bagno, sarebbe stato
talmente
tardi che, forse, pure il bambino di Aya sarebbe già venuto al mondo,
nel
frattempo.
Fuka
sospirò, rassegnata – Datti una mossa – ripeté, con molta meno
convinzione di
prima.
-Ho
quasi fatto –
Il
fatto che continuasse a ripetere che aveva
quasi fatto da circa mezzora,
probabilmente era di poco conto. Puntuale come la morte, il suono del
campanello della porta rimbombò per tutta la casa.
Fuka
quasi gridò – Sana muoviti sono arrivati, maledizione!-
-Ho
quasi fatto –
E tre.
Quando
aprì la porta e si ritrovò faccia a faccia con Akito, si rese conto che
molto
probabilmente la sua espressione rappresentasse al meglio i suoi stessi
pensieri. Quello infatti ghignò ed entrò in casa senza nemmeno
salutarla, ne
rivolgerle qualche cenno di riconoscimento. Si andò a spaparanzare sul
tappeto,
mentre Hisae aiutava Aya a togliersi il cappotto.
-Scommetto
tutto quello che ho che Kurata è appena uscita dalla doccia –
Fuka
rise – Mi spiace Akito. Sana è ancora
in doccia – lo corresse lei, scuotendo ancora la testa con il fare
rassegnato
di poco prima.
Sana
sarebbe, a detta di tutti, stata in ritardo pure il giorno della sua
morte. L’avrebbe
molto probabilmente messa in attesa, dicendo, chissà, l’ormai nota
frase “Ho quasi fatto”. Magari, a pensarci
bene, la morte avrebbe pure acconsentito ad aspettare che Sana avesse
finito di
fare quello che stava facendo. Qualunque
cosa fosse.
-Pagare!
– esclamò Tsuyoshi, andandosi a sedere accanto ad Akito e cominciando
una
partita alla play station insieme a lui.
-Volevo
giocare anche io – si lamentò Gomi, andandosi a sedere alle loro spalle
– visto
che i due si erano posti nella posizione strategica quale era il
tappeto liso
del salotto – e decidendo che, dopotutto, anche la funzione di tifoso
poteva
dirsi soddisfacente.
-Vai,
vai Tsuyoshi,
sbattila in porta quella maledetta! –
Il
solito sguardo disgustato di Hisae dimostrò quale fosse il suo pensiero
per
quella visione. Il sorriso invece con cui Aya accarezzò la scena, aveva
un non
so che di nostalgico, quasi volesse imprimere quel ricordo nella sua
mente, per
non potersi mai scordare di quegli attimi di pura felicità vissuta.
-Ho
fatto! – sentirono che Sana urlava dalla sua stanza – Devo solo
asciugarmi i capelli, farmi la piega, truccarmi e vestirmi, poi
sono pronta! –
Il
silenzio che seguì le sue parole chiarì quanto i suoi amici fossero
consapevoli
che quelle azioni le avrebbero probabilmente portato via mezza
giornata.
-Beh,
almeno riusciremo a finire il torneo
– decretò Akito, lasciando posto a Gomi che si giocava i quarti di
finale
contro Tsuyoshi.
Hisae
intrattenne le amiche con il suo nuovo strambo progetto per le prossime
vacanze
di Natale; mostrò loro alcuni cataloghi di agenzie di viaggio ed esordì
con la
sua solita frase tipo :
-Ragazze,
avevo
pensato che... –
Ecco,
il mix Sana in ritardo e Hisae che pensava,
poteva rivelarsi alquanto letale.
*
L’Air
era incredibilmente gremita quella sera. Frotte di ragazzi che
ballavano ed
altri che rincorrevano, imploranti, la ragazza di turno che aveva dato
loro
picche, affollavano ogni angolo del locale, facendo quasi girare la
testa per
la confusione.
I
ragazzi si erano accomodati su un paio di comodi divanetti che
circondavano un
tavolino di cristallo – troppo, troppo fragile per essere tenuto
all’interno di
un posto che una sera si e l’altra pure era lo scenario di risse e
quant’altro
- sul soppalco dal quale si poteva
intravedere la pista da ballo, fasci di luci colorate li investivano di
tanto
in tanto, facendo brillare i luminosi colori dell’arredamento e dei
vestiti
delle ragazze.
Una
biondina formosa, con indosso un abitino striminzito argentato con le
pailette
in tinta, passò loro accanto, ed un fischio sommesso di Gomi fece luce
su
quanto la questione fosse passata per nulla inosservata.
-Bella
sventola! – commentò, voltandosi per rimirare le onde disegnate dal
fondoschiena della bionda, mentre lo muoveva al ritmo della musica
dance che passava
in quel momento per le casse rimbombanti.
Hisae
si incupì e non commentò.
-Se
ti piace quel genere di ragazza... – disse laconicamente Fuka,
lanciando un
occhiata di sbieco alla sua amica, che ancora teneva lo sguardo fisso
sul
tavolo.
A
volte, Gomi come tutto il resto del genere maschile al completo, sapeva
essere
davvero molto idiota. Macché, completamente rintronato.
Sana
e Akito erano andati a prendere qualcosa da bere al bancone e li
potevano
intravedere a fatica di sotto, tra la calca di gente che stavano
fendendo con
facilità strabiliante.
Sana
se ne stava appesa come un uccellino sul trespolo al braccio di Hayama,
mentre
lui a suon di gomitate e pugni scansava tutti quelli che trovava sul
suo
cammino.
Quando
raggiunsero il primo cameriere libero – dicesi anche abbastanza sobrio
e sano
da poter prestare loro quel minimo di attenzione che meritavano –
fecero le
ordinazioni.
- Un Sex on the beach... Analcolico –
specificò Sana,
ripensando alle parole di Aya che si era raccomandata qualcosa come
duecento
volte di non prendere nulla di troppo pesante perché non le faceva bene.
-Tavolo
cinque barra quattro – aggiunse Akito
con una smorfia.
Rimasero
in attesa che il bel ragazzo annotasse tutto sul suo computer tascabile
e poi
questo si allontanò con il vassoio sotto braccio.
-Aveva
la faccia da idiota – sentenziò Akito, osservando il cameriere che con
espressione beota volteggiava verso il bancone.
-E
figurati... Invece era davvero un bel
ragazzo, aveva degli occhi così magnetici... –
L’espressione
di Akito dimostrò chiaramente quanto la sua attenzione fosse stata
attratta
dagli occhi magnetici di quel
vermiciattolo disgustoso.
-Lascia
perdere Kurata, capisco che tu abbia sprecato tutte le tue ultime
risorse
cerebrali per studiare – sbottò Akito, afferrandola per un braccio per
poterla
trascinare di nuovo verso il loro tavolo. Sana non si divincolò.
Improvvisamente
un bel ragazzetto con la camicia sbottonata – che lasciava intravedere
un
fisichino niente male – si avvicinò a Sana e la prese per mano,
talmente
inaspettatamente che riuscì a strapparla dalla ferrea presa di Akito.
-Tu
sei Sana, vero? L’attrice della TV – le domandò, rimirando la ragazza
da capo a
piedi e soffermandosi con interesse sulle gambe lasciate scoperte.
-Ehm..
S... Si... – balbettò lei – Che cosa vuoi? –
Quello
le sorrise e si avvicinò ancora di più per passarle un braccio intorno
alle
spalle –Mi chiamo Junichi, ti ho notata mentre te ne stavi
laggiù a
parlare con quel cameriere – le disse, ammiccando – Mi chiedevo se
volevi
venire al mio tavolo, stasera, sai per conoscerci meglio, ballare un
po’
insieme e magari...-
This is going to break me clean in two
This is going to bring me close to you
She
Is – The Fray
-E
magari levarti dai piedi – gli fece eco una voce tremante di rabbia.
Akito,
evidentemente, dopo aver compiuto qualche metro ed essersi accorto che
la pelle
calda del braccio di Sana non stava più tra le sue mani, doveva essersi
fatto
largo tra quella folla di marmocchi, sempre utilizzando i suoi metodi
gentili e
pacati – leggesi quindi spintoni, minacce e colpi in testa – per
tornare
indietro a cercarla.
E
l’aveva trovata con un braccio di un emerito sconosciuto – per non dire
un'altra
parola che Akito avrebbe sicuramente preferito – intorno alle spalle.
Diciamo
che gli prudevano un pochino le mani. Niente di eccessivo.
Akito
strattonò Sana e la spinse alle sue spalle, poi piantò i suoi occhi
ambrati in
quelli blu mare del suo interlocutore – Levati di mezzo, nanerottolo –
ringhiò,
ed evidentemente l’espressione furiosa che aveva in voltò servì come
minaccia,
abbastanza per far allontanare l’altro alla velocità della luce.
A
quel punto Akito afferrò Sana per un braccio e la spinse contro di sé,
facendole poi scivolare la sua mano sul fianco della ragazza. Sana
tremò.
– Ti perdo di vista un secondo e già mezza
discoteca ti salta addosso – sbottò, era arrabbiato – E’ mai possibile?
–
Sana
non gli rispose, si limitò a stare in silenzio e a godersi il profumo
che
poteva percepire stando così vicina ad Akito.
Bagnoschiuma
sportivo e sudore.
*
Dopo
il terzo drink, Sana cominciava ad essere brilla. Non ubriaca – di
certo non si
sarebbe riversata in qualche bagno a vomitare pure l’anima –
semplicemente
faticava a pronunciare un discorso serio e di senso compiuto e a stare
in
piedi.
Il
che, rifletté ironicamente Akito, non apportava poi una differenza
sostanziale
da quando la ragazza era invece sobria. Lui fece quindi spallucce.
In
ogni caso, Sana cominciava ad essere brilla. E Akito leggermente
incavolato.
Quando
poi il ragazzo voltò lo sguardo sul resto della combriccola notò, con
suo
incredibile smarrimento, che pure Hisae e Fuka non erano poi conciate
tanto
meglio – sebbene mantenessero una certa dignità anche da ubriache e
fossero
anche in grado di terminare un discorso senza interrompersi,
dimenticando
completamente quello che stavano dicendo - per non parlare di Gomi che
rideva
convulsamente per ogni minima cavolata.
Notò
il suo amico afferrare una nocciolina e stringerla tra le dita, con le
sopracciglia corrugate di chi sta compiendo il lavoro più difficile di
tutta la
sua vita. Quando la nocciolina si frantumò in tanti pezzettini, Gomi
rimase a
fissare le briciole con espressione idiota – altra cosa molto simile a
quando
era invece sobrio – e poi ricadde all’indietro, scosso da un eccesso di
risa.
Akito
scosse il capo.
Fortunatamente
Aya e Tsuyoshi sembravano aver mantenuto il lume della ragione. Il
futuro
paparino – come continuava a chiamarlo Akito da qualche giorno a questa
parte –
osservava con espressione preoccupata il povero Gomi, il cui cervello
era
completamente dipartito, ormai.
-Non
lo recuperiamo più – dichiarò solennemente, scoppiando a ridere per la
sua
stessa battuta.
-Noi
non siamo ubriache – recitarono Fuka ed Hisae all’unisono e furono
anche
abbastanza convincenti.
Fuka
sobbalzò – A proposito Sana, mi sono dimenticata di dirti che io tra
mezzoretta
devo andare via perché stasera parto –
L’espressione
ebete di Sana accompagnò la sua domanda – Dove vai? –
-Devo
incontrarmi con alcuni colleghi di lavoro – spiegò Fuka, senza guardare
negli
occhi nessuno.
Akito
la osservò, non bevendosi nemmeno per un attimo quella scusa ridicola.
Sicuramente Fuka avrà avuto qualcuno dei suoi intrallazzi e non le
andava di
parlarne con nessuno. Poco male, si disse, un segreto in meno da
condividere.
-Allora
quando vai via io ed Aya veniamo con te – esordì Tsuyoshi prima che la
sua
dolce metà potesse proferire parola – Non le fa bene dormire poco e
poi, a
dirtela tutta, non mi piace l’idea di lasciarti prendere la
metropolitana da
sola –
Fuka
sorrise – Grazie Tsuyoshi, ma... –
-No
Fuka, Tsuyoshi ha ragione – disse Sana, con voce pastosa e con
l’espressione di
chi ha ripetuto quella frase talmente tante volte che ormai nemmeno si
ricorda
più cosa significhi.
Anche
perché Tsuyoshi aveva ragione il novantanove
virgola nove percento delle volte.
I
suoi amici posarono gli occhi su di lei e le rivolsero uno sguardo
interrogativo, al quale Sana rispose con un sorriso innocente.
Gli
occhi le luccicavano, accesi improvvisamente dagli effetti dell’alcool
che
cominciava ad entrare in circolo.
Akito
si alzò in piedi – Ora basta Kurata, ti porto a fare un giro, sei
conciata da
fare schifo –
L’afferrò
per le spalle e la sollevò in piedi. Sembrava fatta di burro fuso,
Sana,
infatti assecondò i suoi movimenti con una facilità che gli ricordò un
po’ il
pongo che si plasmava sotto il tocco deciso delle sue dita di bambino.
-Dove
mi porti? – gli domandò lei, maliziosa, facendogli l’occhiolino.
Akito
roteò gli occhi al cielo – Se fossi sincero, temo che la risposta non
ti
piacerebbe –
Sicuramente
sarebbe stata una parolaccia.
-Diciamo
che spero che un po’ d’aria fresca e una camminata possa giovarti – le
spiegò,
ignorando i risolini maliziosi dei suoi amici, che li guardavano
allontanarsi
abbracciati – solo perché Sana non si sarebbe mai retta in piedi sulle
proprie
gambe – e costringendola a scendere le scale.
Quando
furono fuori dal locale, una folata d’aria fresca colpì Sana in pieno
viso,
costringendola a tornare parzialmente sul mondo dei vivi.
Si
strinse nelle spalle, mentre i brividi cominciavano ad affiorarle sulla
pelle.
Metà
ottobre offriva ancora giornate soleggiate e serene, durante le quali
una felpa
o un maglioncino potevano offrire il giusto riparo dai primi freddi
autunnali. Ma
la sera era letale.
Akito
istintivamente si tolse il giubbino di pelle e glielo posò sulle spalle
– Ti
sembra normale uscire di casa con un vestitino come quello? – la
rimbeccò,
indicando il micro abito che Fuka l’aveva costretta ad indossare quella
sera –
Con un semplice copri spalle di cotone? Non ti sei accorta di quanto
faccia
freddo, Kurata? – incalzò lui, cominciando a passeggiare lungo un
marciapiede
isolato.
La
notte era incredibilmente limpida – distesa
di blu profondo sulle loro teste, punteggiato da tanti diamanti
preziosi, che
erano le stelle, e che ammiccavano loro quasi fossero state amiche del
cuore
che custodivano i loro più cari segreti.
Sana
si immobilizzò fissando quello spettacolo sopra la sua testa – Akito,
guarda
che bello! – gli disse, indicando il cielo.
Le
guance di Sana erano arrossate per lo sbalzo di temperatura, i capelli
leggermente arruffati e gli occhi luccicanti come pietre preziose. Si
stringeva
nella giacca di Akito, al cui interno sembrava improvvisamente
piccolissima, e
continuava a fissare quel deserto di velluto blu sopra la sua testa con
l’espressione innocente e meravigliata di una bambina.
Akito
si sentì tremare dentro – Si, è
bellissimo – disse, la voce divenuta improvvisamente roca.
Sana
abbassò lo sguardo su di lui e il sorriso che fino ad un attimo prima
aleggiava
sulle sue labbra rosse si spense.
Rimasero
a fissarsi così per alcuni minuti interminabili, occhi negli occhi,
mentre
Akito se ne stava in attesa di una sua mossa. Una mossa qualsiasi,
purché
parlasse o facesse qualcosa. Qualunque cosa.
This is going to bring me clarity
This'll take the heart right out of me
She Is – The Fray
E
poi Sana si avvicinò a lui, talmente tanto che Akito poté sentire il
profumo
dei suoi capelli inondargli le narici, arrivargli al cervello e
mandarlo
completamente in tilt.
-Ho
voglia di tornare a casa – gli disse, inclinando la testa all’indietro
per
poterlo fissare negli occhi – Mi accompagni? – chiese ancora, senza
smettere di
guardarlo.
Akito
deglutì a fatica – Va... Va bene – balbettò.
Sempre
così loquace quando si trattava di prenderla in giro, Akito sembrava
perdere
qualunque capacità di parlare ogni qual volta quella piccola peste gli
si
avvicinava troppo.
Nessuno
dei due però si mosse.
Sana
allungò una mano per posargliela sul viso e accarezzarlo, gustandosi la
sensazione che la ricrescita della barba procurava sotto il tocco dei
suoi
polpastrelli delicati.
Gli
passò poi la mano dietro la nuca per attirarlo verso di sé e si alzò in
punta
di piedi.
Le
sue labbra erano morbide e avevano quella strana consistenza di chi ha
bevuto
qualcosa di molto forte che gliele ha lievemente screpolate. Bruciate.
Sapeva
di ciliegie
e rhum.
*
Akito
aveva
ricevuto una telefonata, Fuka li aveva avvertiti che era tornata a casa
e che se Sana fosse rincasata non l’avrebbe
trovata.
-Noi
stiamo
tornando, Sana ci ha messo un po’ a riprendersi –
La sua
risposta,
pronunciata con un tono di voce che sapeva ancora del bacio che si
erano
scambiati poco prima, sotto una cascata di stelle che aveva fatto da
sfondo a
quella scena tanto attesa.
Ciliegie...
Akito le
aveva
accarezzato le sue labbra con le proprie, mentre immergeva una mano tra
i
capelli di Sana e la costringeva a piegare la testa all’indietro per
poter
approfondire quel bacio proibito, che lei gli aveva richiesto.
E rhum...
Forse
Sana non era
l’unica ubriaca quella sera.
Manco si
erano
accorti di Tsuyoshi, Aya e Fuka che uscivano dal locale e che li
osservavano,
con un sorriso contento sulle labbra. Una volta messo il piede fuori,
si erano
guardati curiosi intorno, alla ricerca di Sana e Akito che erano usciti
poco
prima. Li avevano trovati poco distanti dall’entrata, intenti a
scacciare il freddo
in un modo tutto speciale.
Ubriachi.
Sicuramente
dovevano essere ubriachi.
Quando
si erano
staccati – quant’era trascorso? Attimi, minuti, anni? Chissà... – lui
l’aveva
presa per mano senza chiederle permesso e lei non si era scansata. Sana
sapeva
fin troppo bene che se voleva tornare a casa l’unico in grado di
riportarcela,
in quel momento, era colui che le stringeva le dita in una morsa dolce
e
delicata.
Avevano
fatto tutto
il tragitto fino alla metropolitana e poi fino al suo palazzo, in
silenzio, scambiandosi
di tanto in tanto qualche occhiata fugace senza farsi notare dall’altro.
Quand’erano
arrivati, lei lo aveva invitato a salire e lui non aveva avuto nulla da
ribattere anche perché, Akito sospettava, Sana non sarebbe mai riuscita
a farsi
dodici rampe di scale senza crollare per terra, visto anche che
l’ascensore era
guasto.
Dopo i
primi
gradini, percorsi da gambe tremanti, e non solo per la stanchezza,
Akito
l’aveva presa in braccio, immergendo il naso nei suoi capelli, come se
guardare
dove mettere i piedi fosse divenuto improvvisamente superfluo.
Lei
aveva
agganciato le braccia intorno al suo collo ed era rimasta zitta,
lasciandosi
trasportare da lui sino alla porta di casa.
Sentirsi
dire “Adesso
devo andare” e fermarlo, fu un tutt’uno.
*
-Aspetta
–
Come
se lui avesse mai fatto altro negli
ultimi dieci anni e passa della sua vita.
Sana
lo strattonò lievemente per la camicia, portando il suo corpo contro il
suo. Si
alzò in punta di piedi e gli portò le braccia al collo. I loro visi
erano
vicinissimi.
Ancora
una volta,
quella sera.
-Dammi
un bacio – gli disse, gli occhi improvvisamente imploranti.
Lui
scosse la testa, ma il suo corpo reagì a quella provocazione in modo
inaspettato. Le artigliò i fianchi con fare possessivo e cominciò ad
accarezzarle la schiena, sopra il tessuto del tubino nero che indossava.
-
No. Sei ubriaca. Già prima, fuori dal locale, non so cosa mi sia
preso... Non
avrei dovuto permettere che... – le disse, senza concludere la frase,
in realtà
però la sua voce era diventata roca.
Sana
rise – Non è vero, non sono ubriaca. Ho bevuto solo un po’, ma sono
giusto un
po’ brilla – continuò, avvicinando le sue labbra pericolosamente a
quelle di
Akito – So esattamente quello che ho
fatto e quello che sto facendo –
Quell’inconsistente
distanza fu annullata.
Poter
sentire ancora le sue dolci labbra sulla propria bocca, mentre
baciavano fu una
sensazione che per un attimo gli fece perdere il controllo.
Poi
Akito la scostò con gentilezza da sé –No, Kurata –
Lei
si imbronciò -Akito! Per una
volta che trovo il coraggio di
prendermi quello che voglio tu mi fermi? – gli domandò, la nota di
ilarità
fortemente presente nella sua voce. Gli riallacciò le braccia dietro il
collo e
si sollevò sulle punte dei piedi per poterlo baciare – Non voglio
lasciarti
andare via. Ancora –
E
dopo un secondo di esitazione ad Akito non servì altro per poter
rispondere con
passione al suo bacio, come lei richiedeva.
Diede
una spallata alla porta che si aprì docilmente, cigolando un pochino,
per poi
richiudersi con un tonfo sordo alle loro spalle.
Sana
e Akito continuarono a baciarsi, frenetici, senza badare che a
quell’ora di
notte potevano aver svegliato qualcuno.
Dopo
aver aperto la cerniera con lentezza strategica, le sfilò il vestito che lanciò da qualche parte in salotto e poi,
continuando a baciarla, la spinse con foga e desiderio verso la sua
camera.
Crollarono
l’uno sopra l’altra sul letto, Sana gli circondo la schiena con le
gambe nude,
ancora più belle di come lui se le ricordava.
Akito
le baciò il collo, eccitato, fin troppo consapevole che se solo avesse
continuato ancora per qualche minuto e tenerla tra le sue braccia, non
sarebbe
più riuscito a fermarsi.
Le
tracciò una scia umida di baci che partiva dal collo fino ad arrivare
all’ombellico, poi dispettoso vi soffio sopra una carezza di respiro
caldo che
la fece rabbrividire. Sana inarcò la schiena contro di lui – Akito – lo
chiamò,
il tono di voce a metà tra l’essere disperato e la voglia
incondizionata che
aveva di lui.
-Sana
se continuiamo… Se tu non la smetti… Io non riuscirò a fermarmi…- le
sussurrò
contro l’orecchio – cosa sperava? Che lei
lo respingesse? O forse che lei gli dicesse che in realtà voleva solo
che lui
continuasse? – e lei istintivamente voltò la testa per potergli
catturare
le labbra in un bacio che era molto più simile ad una supplica.
-Non
lo fare – gli disse infine, sfilandogli la maglietta che lui aveva
ancora
addosso e cominciando ad accarezzargli la pelle sensibile del ventre e
dei
fianchi. Lui trattenne il respiro.
Akito
la spogliò e lei rimase immobile, gli occhi chiusi, godendosi il tocco
fresco
delle sue mani che le accarezzavano il corpo scosse da un lieve fremito.
Quando,
completamente nudi, lui si adagiò sopra di lei poté sentire la pelle
calda del
proprio corpo attratta da quella di Sana, che tremava convulsamente.
Con
una mano le scostò i capelli dalla fronte e la guardò negli occhi. Lei
rimase
immobile per qualche secondo – dannato Akito che le faceva sempre
quell’effetto, anche in quei momenti – e poi aprì la bocca per dirgli –
Ti
prego –
Accontentò
quella supplica pronunciata ad un soffio dalle sue labbra e quando
quella mera
distanza che li separava si annullò, Sana gridò di gioia per il fatto
che Akito
fosse di nuovo solamente suo.
Suo dentro
lei e
lontano da tutte le altre che potevano solo sognarsi di averlo in quel
modo.
Suo, come
non lo era
mai stato nemmeno Naozumi.
E
mentre Akito spingeva seguendo il ritmo che lei gli suggeriva, con voce
graffiante, all’orecchio, non poté fare a meno di chiedersi se il
giorno dopo,
quando si fossero svegliati, lei lo avrebbe cacciato di casa o se
avrebbero
potuto cominciare a vivere la loro storia, cosa che si erano negati
ormai da
troppo tempo.
This is going to bring me to my knees
I just want to hold you close to me
She Is – The Fray
*************************************
(*)
Siccome, come
sempre, volevo essere il più fedele possibile alla realtà, ho digitato
in
internet qualcosa come “Locali a Tokio” e mi è uscito una lista di
nomi, tra i
quali appunto Air, discoteca dall’ambiente giovanile che si trova nella
zona di
Shibuya, ad est di Tokio appunto. ^^
Credo
che, effettivamente, dovrei scusarmi. Intendo, per aver aspettato così
tanto ad
aggiornare la storia. Quindi mi scuso, e vi evito infinite scuse che
non vi
interessano e che vi annoierebbero soltanto. Vi informo soltanto che,
nel
frattempo, mi sono diplomata, ho trascorso delle buone vacanze e che
domani
vado a lavorare.
Credo
che, da settimana prossima, riprenderò con l’aggiornamento del lunedì –
quando andavo
a scuola era il giorno a me più congeniale, quindi spero di poter dire
altrettanto del lavoro.
Ah,
se la cosa potesse interessarvi, la storia ho finito di scriverla. Per
davvero,
il che mi permette di promettervi aggiornamenti regolari. Sì.
In
ogni caso, passando alla storia : che ve ne pare del capitolo?
Finalmente – mi
viene da dire – i due beniamini si sono dati una mossa e la storia
trova il suo
senso nella canzone dei The Fray. Tra una settimana, la seconda parte.
E,
se vi può far piacere, ho cambiato la formattazione della storia. Il
carattere
di primi mi dava troppi problemi con l’HTML, non riusciva mai a
riconoscerlo e,
detto tra noi, cominciavo ad odiarlo. Direi che Verdana è un classico e
va bene
per tutto.
Passo
ai ringraziamenti,
Castiel: dimmi
che hai
trovato una canzone per lo scorso capitolo. Anche a me sembrava
terribilmente
vuoto, ma proprio non ne avevo una – sarà forse per questo che il
capitolo non
mi piaceva. Comunque, credo che mi farò perdonare, in uno dei prossimi
capitoli
prevedo una doppia colonna sonora! Grazie come sempre di tutto, un
bacione! ^_^
ryanforever: ci sei
vicina
tanto così **Ale avvicina pollice e indice** per ciò che riguarda Fuka.
Comunque dovrai attendere ancora due o tre capitoli. Allora... In
quanto
psicologa, insieme a Tsu credo che verrò a farti visita anch’io –
presente gli
attacchi di panico? Ehm. Non divaghiamo. Spero che questo capitolo ti
sia
piaciuto sul serio, mia sibilla. Un bacio ^__^
dancemylife: no,
Akito
bastardo no, povero coniglietto! Comunque sì, non hai dovuto aspettare
moltissimo per il, ehm, bacio epico? Ragazze, voi mi fate morire dalle
risate.
Comunque stai tranquilla per gli esami, se un anno fa l’avessero detto
a me
avrei riso, ma sono veramente una cavolata! Tutto fumo e niente
arrosto. Un
bacio grande (:
Ili91:
anch’io ho scelto
la traccia degli UFO, 15/15 posso dirmi soddisfatta e i miei esami sono
andati
benissimo. A te? Le tue conversazioni a senso unico con Sana e Akito
sono favolose
– prima o poi te li concederò così potrai farci una bella
chiacchierata, d’accordo?
E per la buonanotte del finale, ci stava. Insomma, io sono cattiva, non
posso
sempre accontentarvi U.U Grazie mille di tutto e spero che questo
evolversi ti
sia piaciuto! (: Un bacio.
marypao: una
vendetta?
Intendi in piena regola, con ricatti, coltelli, pistole, piani
diabolici? Ecco,
no. Sana gli darà solo tutto il suo amore... (e scusa se è poco, ce lo
porta
via!). Comunque, quel pezzo che hai citato, con Akito in versione “il
mio
istinto mi dice che è ora di cena” sognavo da un bel pezzo di
scriverlo. Anche
se, ovviamente, non è uscito fuori come lo volevo io ._. Grazie
comunque cara,
un bacione (:
Deb: mia
cara! Adesso
posto e poi... Sì, sto scrivendo la recensione a FU su un notes, così
non corro
più il rischio che Alice – la connessione – mi freghi e mi faccia
perdere
tutto. Comunque, Sono troppo contenta che tu abbia notato quella parte
di Akito
nel comportamento di Sana, anche mentre lo scrivevo ci ho pensato e mi
sono detta
“non sembra nemmeno lei”. E per Fuka non mi sbilancio, chiaro? Ecco.
Siete
tutte troppo curiose. Per quel finale lì, credo di essermi fatta
perdonare con
questo capitolo. Mh. Sì. “A me non piace molto il sushi. ERETICA” Okay,
crisi respiratoria in atto, meglio che ti saluti. Un bacione e grazie
mille (:
roby5b: come
ti sono
andati gli esami? Eri un po’ più calma al colloqui spero. Comunque, sì,
quella
camicia nera era stata pensata per essere tolta, magari da Sana, magari
quella
stessa sera... E magari anche no. Suvvia, gioisci che in questo
capitolo si
sono dati una svegliata (: un bacione!
Smemo92: quanto
siete
curiose per questa Fuka? Il capitolo, come ho detto, non mi convinceva.
Soprattutto
per quella maledetta cena che.. Boh, a mio avviso non è servita a
nulla. Consideriamolo
un capitolo riempitivo. E Sana e Akito, spero, siano tornati un po’ in
sé almeno
questa volta. Attendo un tuo parere mia cara, un bacio (:
So smile: mi
dispiace per
aver aggiornato solo ora, scusa davvero. Sono contenta che la storia ti
piaccia
e che il comportamento strambo di Sana ti sia piaciuto – mi serviva
qualcosa di
forte per far capito il degrado mentale della poverina. Il continuo ti
è
piaciuto? Spero proprio di sì. Tantissimo baci e grazie infinite (:
Yesterday:
l’unica cosa che
ti posso dire per tranquillizzarti sulla faccenda “Fuka” è che la
notizia è
veramente bella, che lei rimarrà un punto fermo e che, anzi, aiuterà i
due a
darsi una svegliata ad un certo punto della storia. Stop. Io sogno,
comunque,
di avere il mio Akito coniglietto che fa le fusa. Dici che riusciamo a
crearne
uno? U.U E... Adesso che ho finito di leggere il manga, sicuramente
capirò
meglio il personaggio anche di Akito, quindi potrò sbizzarrirmi. Anche
se non
in questa fiction. Spero si rimanere nell’IC comunque. Sto divagando, a
più
tardi tesoro (per domani, una sola parola : panico!).
Ragazze
siete veramente fantastiche, non so come ringraziarvi per ogni singola
parola
di conforto. Mando tantissimi baci anche a chi mi ha cercata via mail
per
conoscere l’evolversi della vicenda “She
Is”.
E,
infine, grazie anche a chi ha inserito la storia tra le Seguite,
le Preferite e
le Ricordate (e a chi continua a
farlo con My Sorrow, facendomi
venire i brividi, altro non riesco a dire *.*).
Adesso
tolgo le tende.
Una
ventata di baci
Ale69
|
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Capitolo 7 *** She Is (II Parte) ***
SHE IS
Capitolo 7: She Is (II Parte)
She is everything I need that
I never knew I wanted
She is everything I want that
I never knew I needed
She Is – The
Fray
Sana
russava. Oddio, non che Akito non
ricordasse alla perfezione le notti insonni passate ad attendere che
Sana si
decidesse a svegliarsi e, magari, ad andare a dormire in sala per
permettere a
lui di riposare. Gli sembrava soltanto che il suo piccolo
difetto fosse aumentato. A dismisura anche.
Aveva
passato le ultime cinque ore a
tirarle pedate, pugni, cazzotti, a sbuffare come una ciminiera e a
borbottare
qualcosa ad alta voce. Niente. Sana era peggio di un ghiro quando si
addormentava, il che lo dissuase dallo sperare in un tenero risveglio,
magari
accompagnato da qualche parolina dolce che avrebbe fatto sciogliere
entrambi.
Il
display della sveglia sul comodino non
mentiva: erano le sette del mattino.
Akito
sbuffò e roteò gli occhi al cielo;
cominciò poi a scuotere Sana per le spalle energicamente.
-
Kurata, Kurata svegliati maledizione...-
Quella
balbettò qualcosa nel sonno, mentre
sulle sue labbra si disegnava un sorriso rilassato – Akito – ridacchiò.
Molto
probabilmente lo stava sognando.
Il
fatto che lei stesse sorridendo pensando
a lui lo lasciò per un attimo intontito, crogiolandosi in quella strana
sensazione di piacere mista a paura.
Paura
di innamorarsi e di soffrire di
nuovo. O meglio, il “di nuovo” poteva riferirsi soltanto al soffrire,
perché,
per ciò che riguardava l’amore, Akito iniziava a dubitare fortemente di
aver
mai smesso di amare Sana.
Tutti
questi discorsi dolci avrebbero
finito ben presto per causargli una carie ai denti. Decise di riprovare a svegliare Sana.
-Sana, dai, apri gli occhi... Sana… -
la chiamò ancora, quasi
supplicante.
Finalmente
lei aprì gli occhi e lo guardò
confusa.
-Akito?
– balbettò, la voce ancora
impastata dal sonno e gli occhi annebbiati. Lo fissò per un lungo
istante, lui
rimase in attesa di una sua parola, e lei si tirò su a sedere,
appoggiandosi ai
suoi gomiti, che sprofondarono nel morbido materasso.
“Adesso
mi dirà di andarmene, adesso mi dirà che è stato tutto un errore...”
si
preparò mentalmente Akito, che già aveva fatto mente locale di dove si
trovassero i suoi vestiti, per poterli inforcare e per correre poi via
da
quella stanza alla velocità della luce.
-Che
diavolo vuoi, stavo dormendo? – gli
domandò invece Sana, spiazzandolo.
Akito
mise su il broncio – Stavi russando
come una vecchia di novant’anni, dannazione, non mi hai fatto chiudere
occhio
per tutta la notte – le spiegò, incrociando le braccia al petto e
lasciando che
il lenzuolo profumato gli scoprisse la pelle nuda che Sana aveva
baciato tutta
la notte e su cui si era addormentata, ancora scossa dalle troppe
emozioni.
A
quella visione lei arrossì – Non dire
scemate, io non russo! –
-La
prossima volta ti registro, così
vediamo se avrai mai il coraggio di negarlo – ghignò lui, guardandola
malissimo.
Lei
gli fece la linguaccia.
Si
fissarono per un lungo istante, in
cagnesco ovviamente, escogitando nuovi modi per disintegrare l’altro la
prima
volta che si fosse presentata l’occasione buona. Poi si sorrisero.
Sana
con uno scatto – che lei avrebbe
definito agile e che Akito avrebbe detto semplicemente goffo
– si mise in ginocchio, di fronte a lui, abbracciandolo.
Come
sempre, durante la notte lei aveva
sentito freddo – sebbene le braccia che la stringevano forte fossero
calde ed
accoglienti – e aveva rovistato tra i vestiti abbandonati per trovare
la
maglietta che aveva tolto ad Akito la sera prima. Poi l’aveva indossata.
Akito
rimase immobile, mentre lei con fare
da gattina bisognosa di coccole, gli accarezzava il viso e gli sfiorava
le
labbra con le proprie.
Non
lo stava baciando, semplicemente si
stava limitando a lambire con le sue labbra quelle di Akito,
socchiudendole di
tanto in tanto per soffiarci sopra. Il ragazzo rabbrividì.
Non
avrebbe ceduto tanto facilmente alla
tentazione di un suo bacio, Akito.
Sana
si scostò da lui e gli sorrise –
Buongiorno Hayama – gli disse,
alludendo probabilmente a qualcosa di specifico che ebbe il potere di
farlo
arrossire.
-E
questo che cosa significa? – domandò
lei, scoppiando a ridere e lasciandosi cadere all’indietro sul letto.
Lui
la guardò semplicemente furioso -È il mattino Kurata,
vorrei ricordarti che
dopotutto sono pur sempre un uomo -
Sana
continuò a ridere sguaiatamente – Dopotutto? Perché,
quand’è che non sei
stato uomo Akito? Mi interessa, davvero – lo continuò a prendere in
giro,
scossa talmente tanto dal riso che a momenti finì per ruzzolare giù dal
letto.
Non fosse stato altro per quelle due braccia forti che l’acchiapparono
al volo
e la strinsero prepotenti tra di loro.
-Avrei
dovuto lasciarti cadere – le
sussurrò ad un orecchio, la voce incredibilmente roca e morbida.
-Ti
saresti sentito in colpa – disse lei,
improvvisamente sembrava aver perso tutta la sua voglia di ridere.
Akito
la strinse ancora di più contro il
suo petto e la guardò, sorridendo sbieco – Non credo, sai? –
Avvicinò
la bocca al suo collo e cominciò a
lambire la pelle delicata di baci bollenti che la fecero rabbrividire.
-Ah
no? – sussurrò lei, socchiudendo gli
occhi.
-No,
anche se... – cominciò a dire Hayama,
infilando le mani sotto la maglietta che aveva addosso Sana per
accarezzarle la
pelle calda della pancia, fino a salire per sfiorarle il seno.
Sana
sospirò.
-Mi
sarebbe piaciuto fare l’amore sul tuo
tappeto – le soffiò ancora nell’orecchio, sentendola tremare tra le
proprie
mani come una foglia.
Quando
Sana voltò il capo per incontrare le
sue labbra in un bacio infuocato, che le strappò gemiti che fecero
perdere
completamente il controllo ad Akito, parlare divenne quanto meno
superfluo.
*
Il
sole di metà mattina le accarezzava la
pelle delle gambe come un amante sfacciato senza pudore. La luce intesa
creava
strani riflessi dorati su quella pelle morbida che lui aveva morso e
baciato
tutto il tempo, tanto da fargli desiderare di poter ripetere tutto da
capo.
Sana
si era addormentata a pancia in giù,
la stoffa leggera del lenzuolo avvolgeva dolcemente il suo corpo,
fasciandolo
in una tenera stretta di seta che le conferiva un eleganza che nemmeno
un abito
lussuoso avrebbe mai potuto rendere. Le gambe e le spalle erano
lasciate
scoperte, ovviamente.
Ad
Akito, che la stava osservando in
maniera quasi ossessiva, ricordava vagamente un pezzettino di formaggio
arrotolato in una fetta di prosciutto.
Sana
era come un involtino, insomma.
Il
rumore sinistro del suo stomaco spiegò
il perché di quei pensieri. Aver saltato la colazione non era molto
salutare
per lui, motivo per cui stava pensando bene di consumare un pranzo a
base di
pane e Sana.
Lei
si mosse impercettibilmente e mugugnò
qualcosa nel sonno. E lui allungò istintivamente un braccio per poterla
toccare. Al tocco fresco della sua mano, Sana si mosse ancora e, quando
quel
semplice contatto si trasformò in una sensuale carezza lungo la sua
schiena, si
svegliò.
Ancora
distesa a pancia in giù sul letto,
Sana voltò la testa verso di lui e gli sorrise – Ciao – gli disse,
dolce come
lui se l’era sempre sognata da quando si erano lasciati.
Le
battute ironiche che avrebbe voluto rivolgerle
– tra le quali anche la sua somiglianza ad un involtino – gli morirono
in gola
esattamente com’erano nate e tutto quello che fu capace di fare, fu
dirle un
flebile –Ciao –
Sana
allungò una mano verso di lui – Vieni
qui vicino a me? – gli chiese, tenera e senza nemmeno accorgersene lui
scivolò
tra le lenzuola, accoccolandosi al suo fianco per abbracciarla, non più
con il
terrore di perderla, come era successo poche ore prima, ma con una
dolcezza che
nemmeno pensava gli appartenesse.
-Che ti succede Kurata? Mi
sembri una gattina oggi... – disse scherzosamente,
arruffandole simpaticamente i capelli e ricevendo in cambio una risata
allegra.
Sana
lo fissò a lungo, gli occhi che
brillavano di felicità come non le succedeva da tanto. Poi, la sua
espressione
divenne seria e parlò – Senti Akito... Non dovremmo parlare di quello
che è
successo? –
E
puntualmente il ragazzo roteò gli occhi
al cielo – Oddio Kurata! – esclamò esasperato – Va bene, parliamo.
Permettimi
solo di ricordarti che le ultime duecento
volte che abbiamo parlato ci siamo incasinati in discorsi senza fine
che non
abbiamo mai risolto... –
Sana
rimase zitta e attese che lui finisse
di parlare.
-Non
so te, ma io sono stato bene con te.
Io sto sempre bene con te, dannazione
– imprecò lui, prendendosi le mani tra la testa e voltandosi,
impedendole così di
notare quel suo attimo di vulnerabilità. Si alzò in piedi.
-C... Che
cosa significa questo Akito? – balbettò Sana, incerta.
Lui
rimase muto.
Il
silenzio all’interno della casa era una
cosa a cui lei decisamente non era abituata. Solitamente le
imprecazioni di
Fuka che tentava di cimentarsi in cucina o il suo cantare allegro di
prima
mattina non lasciavano spazio ad alcun momento di imbarazzo.
In
quel momento, invece, Sana riuscì
persino ad udire il rumore del parquet che scricchiolava sommessamente
sotto i
passi di Akito, che si stava riavvicinando al letto piano.
-C’è
davvero bisogno che te lo spieghi che
cosa significa, Sana? – le domandò infine lui, fissandola negli occhi.
Gli
occhi le si riempirono di lacrime
salate – anzi no, quelle lacrime erano intrise di tantissima dolcezza –
e lei
scosse la testa energicamente – No, non credo ce ne sia bisogno – disse
infine
lei, ricambiando il suo sguardo.
Akito
sospirò, ghignò – vano tentativo di un sorriso - e
parve finalmente
rilassarsi. Allungò una mano per accarezzarle dolcemente una guancia.
-Tsuyoshi
smetterà di andare dallo
psicologo – Akito sorrise al solo pensiero.
Sana
lo imitò – Beh, dovrà ringraziarci,
almeno potrà finalmente mettere da parte qualche soldo per il bambino. Ormai dovranno pensare a comprargli tutto il necessario –
Akito sbuffò – Che scocciatura! –
Sana
scosse il capo – Ma no! Deve essere la
cosa più bella del mondo avere un figlio... – disse lei con aria
sognante,
mentre abbassava gli occhi per celargli quell’attimo di commozione che
si era
scatenato dentro di lei.
Akito
inclinò il capo da un lato –Andiamoci
piano – la avvertì, sollevandole il mento con un dito per poterla
fissare negli
occhi – Una cosa alla volta, amore...
–
Sana
scoppiò a ridere, ricordandogli quando
fosse scemo.
Poi
un nuovo brontolio dello stomaco di
Akito ricordò ad entrambi che dovevano ancora mangiare.
*
-Cosa
vorresti fare tu? –
Okay,
Akito Hayama aveva sentito decine –
se non migliaia – di idiozie in tutta la sua vita, la maggior parte
delle quali
erano uscite dalla bocca di Sana Kurata.
Ma
quella era decisamente troppo anche per
lei.
-Cucino
io – ripeté lei sgattaiolando fuori dal letto con ancora indosso la
sua
maglietta profumata e correndo verso la sua cucina, ridendo come una
pazza.
Dopo
essersi rivestito alla bell’e meglio,
Akito la rincorse, entrando in cucina con gli occhi sgranati e correndo
a
fermarle le braccia quando vide che Sana stava tentando di accendere il
fuoco.
Per dare fuoco alla cucina!
-
Kurata, ci terrei solo a ricordarti che
l’ultima volta che hai detto “Cucino io”, hai quasi distrutto casa mia
perché
la bombola del gas è esplosa – disse lui, fermandosi per fare una pausa
molto
significativa – Non mi pare proprio il caso – aggiunse infine.
Sana
si divincolò con dolcezza dalle sue
braccia e si diresse nuovamente verso i fornelli – Quante sciocchezze –
borbottò, agitando una mano con fare di sufficienza – Se mi ci metto
sono
davvero una cuoca provetta – il tremito nella sua voce fece comprendere
ad
Akito quanto nemmeno lei credesse nella sua ultima affermazione.
Il
ragazzo sospirò rassegnato – Cosa mi
vorresti preparare? – chiese infine, sconfitto.
Sana
gli sorrise felice – Le uova ti
piacciono? –
Lui
storse il naso – E tu quello lo chiami
cibo? – rise – Santo Cielo Kurata, se chiamassi mio cugino di cinque
anni e gli
dessi in mano un uovo anche lui saprebbe cucinarlo – la canzonò,
avvicinandosi
per posarle un bacio sul collo – sentirla rabbrividire gli fece provare
un
inspiegabile piacere – per poi accomodarsi su di una sedia per godersi
lo
spettacolo.
Sana
lo ignorò – Quanto sei noioso Akito,
ti lamenti sempre... –
Akito
osservò la piccola squinternata di
casa eseguire le seguenti operazioni : aprì il frigorifero e ne tirò
fuori quattro
uova; preparò una pentola sul fornello ed impiegò qualcosa come cinque
minuti
per capire che per accenderlo occorreva prima
aprire il gas e solo poi usufruire dell’accendigas;
ruppe il primo uovo; fece cadere il secondo; disintegrò il terzo –
facendo
crollare miseramente il guscio nella pentola; non riuscì ad aprire il
quarto.
Akito
già rideva come un pazzo.
Con
la fiamma alta che aveva lasciato, le
uova si addensarono subito e fu solo per prontezza di riflessi che Sana
riuscì
a spegnere il fornello, mentre trafelata puliva il pavimento dall’uovo
con la
carta assorbente.
Akito
aveva semplicemente le lacrime agli
occhi.
Sana
afferrò la paletta per poter servire
il suo capolavoro e fu a quel punto che si rese conto di un piccolo
problemino:
le uova erano praticamente incollate al fondo della pentola e fece
talmente
tanta fatica a grattarle via che quando finì aveva la fronte
leggermente
imperlata di sudore.
Akito
era prossimo ad una crisi
respiratoria.
-Se
hai finito di ridere come un idiota –
starnazzò lei, ignorando l’ululato del ragazzo che si rilascio cadere
all’indietro e che quasi ruzzolò per terra – Sarebbe pronto –
Gli
piazzò sotto gli occhi quello che
doveva essere un piatto di uova. La matassa giallognola nel piatto
sembrava
piuttosto il cervello di una gallina affetto da qualche grave malattia.
-Questo...
– iniziò Akito cercando di
frenare le risate – Sarebbe cibo? –
Sana
lo guardò male – Esattamente. Quello è il tuo pranzo –
gli annunciò, non
ammettendo repliche.
Dopo
il primo boccone Akito ebbe
l’irrefrenabile impulso di vomitare. Dalla faccia di Sana, sembrava
stesse per
avere la stessa identica reazione.
-Beh
– esordì lei, con fare dignitoso – Non
male no? –
-Infatti
– mentì lui – Devo ammettere che
sono deliziose – concluse, addentando un'altra forchettata di quella roba.
L’espressione
perplessa di Sana non riuscì
ad interpretarla.
-Dici
sul serio? – gli chiese lei scettica.
-Ma
certo Kurata – continuò lui con fare
dolcissimo – Sono sicuro che un orso affamato gradirebbe moltissimo –
concluse,
afferrando un fazzoletto e riversandoci dentro tutto quello che aveva
in bocca.
Sul
volto di Sana si dipinse un’espressione
di consapevolezza: ecco dove stava la fregatura!
-Sei
proprio un cretino – sbottò – Ti pare il caso di
sputare il mangiare in questo
modo? –
Akito
la fissò truce – Questo non è
mangiare... Questo è... È… -
cominciò, compiendo un immane sforzo
mentale per poter trovare un aggettivo abbastanza adatto.
Lei
lo bloccò – Okay, okay… Lo so anche da
sola che fa schifo, potevi essere almeno un po’ più gentile, brutto
stupido –
La
sequela di complimenti che gli aveva
appena scagliato addosso era come una pioggia di zucchero sulla
figurina
divertita di Akito.
Si
alzò in piedi e si avvicinò a lei,
afferrandola per le spalle e costringendola a guardarlo negli occhi.
Con
delicatezza le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio ed
avvicinò le sue
labbra a pochi centimetri da quelle di Sana – Non ti preoccupare amore mio – le sussurrò scherzoso –
Hanno inventato i ristoranti d’asporto apposta –
Detto
questo la baciò. E ben presto Sana
dimenticò anche di essersi arrabbiata con lui.
*
Fuka
aveva sempre avuto l’olfatto di un cane segugio. Le bastava
semplicemente
entrare in un posto per fiutare ogni minimo particolare e decidere se
c’era
qualcosa e soprattutto cosa che non
andava come doveva.
Quel
giorno, tanto per dirne una, successe.
Semplicemente,
mettendo un piede dentro casa, si accorse di una serie di cose che
indicheremo
qui di seguito e che non giudicò affatto normali: innanzitutto le
tapparelle
della sala erano ancora abbassate. Sana era sempre stata una ragazza
notoriamente pigra, ma non fino al punto di non aver voglia di tirare
un
innocua cordicella per cambiare un po’ aria alla stanza. In secondo
luogo, Fuka
avvertì uno strano odore provenire dalla cucina, qualcosa di molto
simile
all’incrocio di uovo marcio e un misero tentativo di cucinare del cibo.
Annusando meglio si accorse anche di un retrogusto di bruciato.
Terzo,
ma non meno importante, una maglietta buttata per terra in corridoio
faceva
bella mostra di sé. Era già capitato, a dire il vero, che Sana
disseminasse la
casa di suoi abiti come se fossero state bricioline di pane, quello che
attirò
l’attenzione di Fuka fu però il fatto che la maglietta non apparteneva
alla sua
cosiddetta coinquilina.
-Quella
maglietta è di Hayama – disse saggiamente la ragazza, avvicinandosi
all’indumento per raccoglierlo ed osservarsi intorno con aria
circospetta.
Niente
da dire, sembrava veramente un segugio.
Un
paio di risatine provenienti dalla camera di Sana attirò la sua
attenzione e
Fuka vi si diresse con fare omicida. Quando fu sulla soglia spalancò
con
veramente poca grazia la porta.
La
scena che le si parò davanti, vedeva Akito Hayama in mutande fare il
solletico
a Sana Kurata che indossava solamente una vecchia felpa troppo larga.
Fuka
inarcò un sopracciglio, quando vide che i due si bloccarono di scatto e
si
voltarono a guardarla con occhi spalancati – Che cosa state facendo? –
chiese,
divertita al massimo.
-Non è come sembra – disse Sana, un po’
troppo urlante.
Ma
dalla sua faccia, Sana comprese quanto Fuka avesse capito che invece
era proprio come sembrava.
-Devo
avvertire Tsuyoshi che può smettere di andare in analisi? – chiese
ancora
asciutta. Della serie, dire una cosa ed intenderne un’altra. Il
silenzio che ne
seguì valse come risposta.
-Quindi
state insieme? –
Ancora
niente.
-Hai
seguito il mio consiglio allora Sana! – disse Fuka, scoppiando a ridere
e
osservando i due piccioncini come una madre che rimprovera bonariamente
i
figli, le mani inchiodate sui fianchi snelli.
A
questa provocazione, Sana arrossì vistosamente e si guadagnò uno
sguardo
interessato da parte di Akito che ovviamente non capì il motivo di
tutto
quell’imbarazzo.
-Sarebbe?
– chiese infatti lui, sperando che almeno Fuka potesse dargli la
risposta che
cercava.
Fuka
rise e si portò una mano davanti alla bocca – Le avevo detto di
portarti a
letto – disse alla fine, trattenersi dalle risate divenne
improvvisamente
troppo difficile.
Akito
parve indignato.
-E
così sono questi gli argomenti di cui parlano le femmine?
– chiese ancora, puntando uno sguardo abbastanza
accusatore su Sana, che in quel momento sembrava parecchio interessata
dalla
trama delle lenzuola sul suo letto.
-Oh
no – rispose Fuka tornata seria – Mi stavo solo preoccupando per la
vostra
salute sessuale – e prima che Akito ribattesse qualcosa aggiunse,
divertita di
nuovo – Sai, avevo l’impressione che fossi talmente in astinenza, che
da un
giorno all’altro violentassi Sana in mezzo alla strada –
Detto
questo uscì dalla stanza, diretta al bagno per farsi una bella doccia.
Ripensando
all’immagine dei due amici insieme, sospirò rilassatissima.
“Poco male” si disse “ Una cosa in meno a cui
pensare”.
*
L’erba
si piegava docilmente sotto la sua carezza delicata. Piccole gocce di
rugiada
rimanevano intrappolate tra le sue dita, prigioniere di una dolcezza
che era
soltanto un inganno.
Akito
le aveva bendato gli occhi e con fare molto gentile ed affabile le
aveva detto
una cosa che suonava un po’ come – Muoviti
scema, devo portarti in un posto e non voglio che si faccia troppo tardi
–
Essere
gentile non rientrava quindi, decisamente, tra le sue principali
caratteristiche.
Sana
ora sapeva soltanto di trovarsi seduta su una coperta che ormai aveva
assorbito
tutta l’umidità del terreno su cui era stata distesa. Nell’aria si
respirava un
dolce aroma di foglie secche e caldarroste appena cotte. Quando le mani
fresche
di Akito le liberarono gli occhi dal soffice foulard di seta che aveva
usato
per coprirglieli, Sana si accorse di essere al parco.
-Sapevo
che mi avresti portata qui. Sei troppo prevedibile Hayama – lo prese in
giro,
lasciandosi cadere all’indietro sulla coperta per poter osservare il
cielo
ormai quasi scurissimo.
Akito
la guardò male – Che cavolo, Kurata. Una volta tanto che uno vuole
essere
gentile con te, devi vanificare ogni sforzo. Vattene se non ti va bene –
Pretendere che fosse almeno un po’ carino era troppo. Sana si
imbronciò –
Ti prego, non essere così dolce rischio di commuovermi – si arrabbiò,
rispondendogli
per le rime.
Lui
rimase zitto e si distese accanto a lei. L’odore dell’erba bagnata
sotto di
loro era forte e rendeva quel loro momento più magico che mai.
Il
cielo, sopra di loro, era una distesa infinita di stelle lucenti.
Sana
sospirò e allungò una mano per prendere quella di Akito. Il ragazzo
intrecciò
le dita con le sue, forte, ma lei non si lamentò e rimase ferma.
-Ieri
sera – disse Akito – Ho visto una stella cadente –
Sana
si voltò a guardarlo e si accorse che lui aveva già lo sguardo fisso su
di lei
– Hai espresso un desiderio? – gli chiese, sorridendo.
Lui
roteò gli occhi al cielo – Non credo a queste scemenze – tagliò corto.
Ma
Sana non si perse d’animo e sempre con gli occhi che rilucevano di una
gioia
inspiegabile gli disse – Questa non è una risposta, il solo fatto che
tu ne
abbia vista una e che ti sia preso la briga di dirmelo, vuol dire che
qualcosa
hai combinato –
Lui
con vocina acuta le fece il verso – Vuol
dire che qualcosa hai combinato – ripeté – Sei davvero petulante
Kurata!
Comunque, per quello che può valere, si, ho espresso un desiderio... –
buttò
lì, tornando a fissare le stelle e lanciandole un occhiata di sbieco.
Occhiata
che Sana notò in pieno ed ebbe il piacere di vederlo sobbalzare. Gli si
fece
più vicina e gli diede un bacio sulla guancia, uno all’angolo delle
labbra e
poi esitò un istante – Cos’hai desiderato? – domandò sorridendogli.
Lui
scosse la testa – No. Prima voglio un
bacio – disse con voce roca.
Il
sorriso di Sana si allargò ancora di più e gli si avvicinò. Non fece
nemmeno in
tempo a posare le labbra sulle sue, che Akito già le aveva afferrato la
nuca
per costringerla ad inclinare la testa all’indietro e riuscire ad
approfondire
il bacio.
Quando
si staccarono, Sana aveva la vista annebbiata e le girava la testa.
Akito
pareva molto soddisfatto invece.
-Allora
? – domandò ancora lei, quando fu riuscita a recuperare un briciolo di
lucidità
per parlare – Me lo dici o no che cos’hai desiderato? –
Akito
le posò un dito sulla guancia e lo lascio scivolare fino ad infilarlo
nello
scollo della sua camicetta. Sana non si scompose e continuò a fissarlo
in faccia,
mentre lui come una preda sfuggiva scaltro dal suo sguardo.
Quando
alzò gli occhi, a Sana ricordò molto un bambino colto in fallo, il cui
sguardo
ricolmo di tenerezza lo mette comunque al riparo da ogni punizione.
Le
si formò un nodo in gola.
-Ho
desiderato te – le disse semplicemente.
Sana
praticamente gli si sciolse tra le braccia – Che cosa significa? – gli
chiese,
la voce lievemente incrinata che sapeva di pianto.
Akito
sembrò pensare bene alle parole da usare e poi parlò – Significa...
Significa
che sebbene siano passati tre anni ed io continui a volerti strangolare
ogni
volta che ti vedo – la pausa significativa che ne seguì, le strappò un
sorriso
– per me... Ecco, per me non è cambiato niente Sana... –
Lei
alzò il viso di scatto per poterlo guardare meglio.
-Intendo... Non è cambiato niente da quel
giorno... Si,
insomma, quel
giorno di tre anni fa, quando me ne sono andato ed è finito… E’ finito tutto… -
Lei
non seppe cosa rispondergli. Si limitò a guardarlo negli occhi, mentre
lui
tornava a prenderle le mani tra le sue, per stringergliele forte.
-Non
mi dispiacerebbe averti di nuovo intorno ogni giorno, ecco – le disse
infine,
lasciandole capire che quello era tutto e che aveva finito il suo
discorso. E
considerati i canoni di Akito, quello era stato un vero e proprio
sermone.
Un
gruppetto di ragazzini passò poco distante da loro, transitando per il
parco
per poter raggiungere le giostre che stavano poco distanti. Lasciarono
dietro
di loro un’eco di risate divertita che rimbombò nelle orecchie di Sana
per
alcuni secondi, prima che si decidesse finalmente a parlare.
-Ti amo –
Più
che Akito, quella che rimase sorpresa dalle sue stesse parole, fu
proprio Sana.
Fu a quel punto che entrambi capirono quanto quella frase fosse la
risposta di
lei alla dichiarazione d’amore di
Akito. Rimasero ad osservarsi indecisi per un po’ e poi lui parlo –
Quindi... Quindi... Questo
vuol dire che... –
Sana
gli portò un dito sulle labbra per fargli cenno di tacere e gli sorrise.
Ad
un soffio dalle sue labbra gli disse – Il tuo desiderio si è avverato, amore –
Poi
lo baciò.
It's all up in the air and we stand still
to see what comes down
I don't know where it is, I don't know when,
but I want you around
She Is – The
Fray
*****************************************
Puntuale
come un orologio svizzero, visto? Volevo aggiornare domani, come vi
avevo
detto, ma dato che per ora le mie giornate trascorrono una dopo l’altra
tutte
uguali, non ho nemmeno più il problema del giorno propizio. Ebbene sì,
la
questione “lavoro” non è andata in porto perché mi sono tirata
indietro. Lunga,
lunga storia che non vi interessa, quindi passiamo a parlare del
capitolo.
Che
ve ne pare? Lo so, ci sono andata giù molto pesante con il miele, spero
che i
vostri denti non si siano cariati – soprattutto per il finale. Anche
perché
**spoiler, spoiler, spoiler** nel prossimo capitolo sarò ancora peggio
– certe
scene mi hanno portato via dieci anni di vita per scriverle, ma
vedrete.
Vedrete poi!
Passo
ai ringraziamenti delle mie dolci donzelle.
Dancemylife: che
bello quando
mi dite che leggendo la mia storia vi migliorano le giornate lo sai? E
sì,
capisco perfettamente cosa intendi dire, anche io volevo essere al
posto di
Sana nello scorso capitolo – e anche in questo non mi sarebbe
dispiaciuto eh :D
Un bacio ^__^
Deb: FB non
lo uso
tantissimo, entro giusto una decina di minuti al giorno per farmi i
fatti degli
altri. Comunque sia ti ho aggiunta agli amici (: Tutto il tuo progetto
per far
sposare Sana e Akito mi lascia intendere che nella tua FU dovremo
aspettarcene
delle belle. Sì. Comunque, Akito non fa alcuna fatica a portare in
braccio
Sana, scusa eh ._. Nemmeno per dodici rampe di scale. Lui è il nostro
eroe,
già. Grazie di tutto pazzoide, un bacio ^__^
Midao:francamente
né lo
scorso capitolo né quello precedente mi convincevano. Da questo in poi,
diciamo, che mi soddisfano abbastanza – soffro della sindrome di Akito?
Però
sono felice che ti sia piaciuto, sai? Niente casini, l’avevo promesso,
questo
sarà un risveglio come si deve (: Tanti bacini, e grazie!
Ryanforever:
onestamente
nell’anime Gomi compare ben poco e nel manga ancora meno. Però, in un
certo
senso, mi piace molto raccontare di Sana, Akito e di tutto il resto del
gruppo,
quindi anche ai personaggi poco nominati devo cucire un carattere. E
Gomi io lo
vedo proprio così, con Hisae che deve subirselo dato che ne è
innamorata. Ecco
tutto. Dici che Sana e Akito insieme li descrivo bene, allora spero di
non
deluderti con il prossimo capitolo perché ci sono andata giù pesante
con il
miele O-O Grazie mille di tutto, un bacione (:
Lillixsana: ma
grazie, sia
per il giudizio alla storia sia per i complimenti alla sottoscritta.
Una
valanga di baci (:
Roby5b: quando
dici “Ciao
Ale” sento le “e” rimbombarmi nelle orecchie per tre ore. Mi dispiace
di averci
messo tanto ad aggiornare, ma proprio non avevo più ispirazione per la
storia e
mi ero un po’ bloccata. Comunque sia sono proprio contenta dei tuoi
esami. Il
lavoro doveva essere presso uno studio commercialista, ma ho rinunciato
perché
mi sentivo davvero a disagio nell’ambiente. Una cosa difficile da
spiegare. Un
bacione (: P.S. sì, ho FB, ma lo uso davvero poco.
Lady_Fredda:grazie!
Ogni volta
ho sempre il dubbio di correre troppo con i tempi, quindi sono proprio
felice
di essere riuscita a mantenere un po’ di suspance. Era quello che
volevo. Bacio
(:
Marypao: sono
contenta che
tu sia stata contenta e sì, pensa che è mercoledì sera e mi sto già
portando avanti
a scrivere i ringraziamenti. Ora di domenica (o lunedì, ancora non so)
spero di
aver fatto la revisione del capitolo. Ma sto migliorando comunque, no?
Ci tengo
a precisare una cosa: nella mia testa Sana e Hisae sono come una bomba
ad
orologeria. Ma credo che riuscirò a spiegarmi meglio in una fic che sto
scrivendo. Brava che non vuoi più fare fuori Akito – prometto che si
risolverà
tutto per il meglio (: Un bacio!
Smemo92:
grazie! *.* Hai
fatto un punto della situazione invidiabile, io non sarei riuscita a
fare di
meglio. Sono troppo contenta del fatto che piaccia a tutte voi il
gruppo che ho
creato e anche le gag che vado a raccontare – a volte mi scervello per
ore
intere, sai? Il risveglio è stato coi fiocchi proprio come lo volevi
tu. Un
bacio (: e grazie mille!
Ili91:ma...
Ma... i
personaggi d’ora in poi si comporteranno sempre bene! U.U Cioè, quasi
sempre.
Prima o poi, comunque, Akito doveva pur cedere no? Eccolo qui, è
capitolato ai
piedi di Sana come un cagnolino – lo voglio anch’io un Akito domestico!
*-*
E... vi siete fatte un’idea sbagliata della sottoscritta: non sono così
cattiva
da rovinare sempre la vita dei personaggi. Vedi che c’è stata una
risoluzione
felice? Donna di poca fede ._. Un bacione matta! (:
Castiel:
allora, innanzi
tutto grazie per avermi trovato una canzone. Ho già aggiunto tre
stracci di
canzone al capitolo precedente. Sei sempre il solito tesoro, sai? *-*
Comunque
non scherzavo quando ti ho detto che in uno dei prossimi capitoli
DOVREBBE
esserci una doppia colonna sonora, sì! Oh, ma il fatto che tutte
abbiate
trovato dolce Akito mi lascia pensare che nel prossimo capitolo vi
scioglierete
come delle caramelle *-* Continua a cercare, mia personale musicista.
Un bacio
(:
Bettinella: uh.
Sai quante
volte faccio lo stesso ragionamento anche io? “Dopo la leggo” e poi per
pigrizia non lo faccio. Nel tuo caso ti stavi solo risparmiando
un’agonia –
leggere questa fic sono più che convinta che lo sia :D ma in ogni caso
grazie
per aver deciso di aprirla e di leggerla. E infine, di recensirla. Ho
apprezzato molto le tue parole, un bacione (:
Yesterday: ormai
credo, anzi
ne sono convinta, di conoscerti troppo bene. Nel senso, sia per la
parte di
Hisae che la parte dell’ “Aspetta”,
quando le ho scritte e rilette, mi sono detta “lei –
cioè tu – le noterà”. Ne ero certa al cento per cento. E
infatti è stato così. Quanto love. E comunque no, quel capitolo è stato
scritto
mesi addietro, all’epoca i dettagli
non erano all’ordine del giorno come accade ultimamente. No, no! Grazie
di
tutto tesoro e in bocca al lupo per domani – ti invidio così tanto (:
Un bacio.
Comunque
sia, mancano esattamente quattro capitoli dalla fine. E nel
frattempo
sto scrivendo un’altra storia, che procede molto lentamente perché ogni
singola
parola che scrivo voglio che abbia un senso – è un progetto a cui tengo
moltissimo e quindi non comincerò a pubblicarla fino a che non sarà
completamente conclusa. Ma sono abbastanza ottimista, comunque non
divaghiamo.
Chiaramente
ringrazio anche chi ha inserito la storia tra le Preferite,
le Seguite
e le Ricordate. E, a costo di
sembrare ripetitiva – lo so, lo sono! – ringrazio anche a chi continua
a farlo
con “My Sorrow” (i numeri aumentano e la storia è conclusa e io sono
così *-*).
Grazie
a tutte ragazze, siete magnifiche.
Una
pioggia di baci
Ale69
|
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Capitolo 8 *** High in the sky ***
A Noemi,
la
bellissima nipotina di Kim.
Volevo
aggiornare
prima, magari il giorno
in cui è
nata ma
non ho fatto proprio in tempo.
In ogni
caso,
benvenuta piccolina.
E, Kim :
lo so che
la fiction è dedicata esclusivamente a te, ma...
Sono
sicura che non
la prenderai a male, vero? Zietta *.*
Un bacio
e buona
lettura.
SHE IS
Capitolo
8 : High in the sky
Some day
it'll all
be over
One day 'we're gonna
get so high
And though it's darker than December
What's ahead is a different colour
One day 'we're gonna get so high
High
– Lighthouse Family
Qualcosa
come due
mesi e qualcosa dopo...
Quando
arrivò la Vigilia di Natale, Akito nemmeno si rese conto di come Hisae,
con i
suoi strambi progetti, fosse riuscita a convincerlo a preparare la
valigia e a
seguirla – insieme a tutti i suoi amici – in quel viaggio infinito
verso la
casa in montagna dei suoi zii.
Akito
sapeva solo che un pomeriggio di novembre se ne stava in santa pace a
farsi i
fatti propri davanti alla play station, a casa di Sana, mentre
attendeva più o meno pazientemente che la sua
ragazza si desse una mossa e si vestisse. Ad un certo punto Hisae gli
si era piazzata
davanti, proprio nel momento in cui doveva parare un difficilissimo
rigore al
giocatore migliore del mondiale. Insomma, non poteva permettersi di
perdere la
partita, c’era la Coppa del Mondo in palio, per la miseria! Quella
aveva
cominciato a blaterare qualcosa, di cui Akito aveva captato solo le
parole “vacanze invernali” e “partiamo”.
Forse aveva pure detto un “casa di mio zio”, ma non era
pronto a
metterci la mano sul fuoco.
L’ululato
di gioia nel momento in cui il rigore veniva parato e la sua squadra si
classificava alle finali, gli costò un’occhiataccia di rimprovero da
parte di
Hisae. Lui ovviamente non vi aveva badato e aveva continuato a far
finta di
svolazzare per la stanza come un perfetto idiota.
-Allora
ci vieni? – gli aveva chiesto Hisae scocciata e prima che lui potesse
rispondere, era spuntata fuori Sana – stupenda anche in un paio di
jeans
strappati ed un maglioncino bianco – che aveva cominciato ad esultare
insieme
all’amica per la gioia e, molto democraticamente, aveva deciso anche
per Akito.
Quindi,
quella mattina fredda di dicembre – in cui aveva cominciato a nevicare
talmente
tanto che sarebbe già stato un miracolo riuscire ad uscire di casa per
andare a
prendere il treno – Akito strisciò come un verme fuori dal letto di
Sana,
tirandole uno schiaffone per poterla svegliare e si trascinò dietro la
sua
valigia – di modeste dimensioni che aveva riempito con lo stretto
indispensabile – e quella di Sana, sulle cui dimensioni è meglio
sorvolare.
-Che
bello stiamo partendo! – esultò Sana, saltellando da una parte
all’altra come
un grillo, mentre Fuka dava il suo benvenuto al nuovo giorno con un
sonoro
sbadiglio e Akito triturava un innocente biscotto tra le mani, fingendo
che
fosse invece Sana.
Giusto
per la cronaca, da quando i due piccioncini – come amava chiamarli Fuka
– si
erano messi insieme, praticamente la convivenza a due di Sana e Fuka si
era
allargata, giusto quel tanto che bastava per fare spazio ad Akito, che
ormai si
faceva recapitare la corrispondenza a casa loro.
-Ma
non ha sonno? – chiese Akito.
-Ma
che ne so – rispose Fuka, pallidissima in volto – Secondo me la sua
madre biologica si faceva le canne quando era
incinta di lei – ipotizzò, decidendo che quella fosse l’unica
spiegazione
logica al perenne entusiasmo di Sana, che ora era uscita sul balcone
coperta
solo da un leggerissimo pigiama con gli orsacchiotti, per constatare di
persona
quanta neve stesse effettivamente scendendo dal cielo.
-Ma
avete visto quanta neve? – Sana si
catapultò in cucina cominciando ad aprire tutti gli armadietti per
poter
trovare i suoi cereali, senza ovviamente notare che questi si
trovassero già
sul tavolo – Sarà una vacanza bellissima!
– sentenziò infine, sedendosi al tavolo e dando un enorme bacio sulla
guancia
di Akito a mo’ di buongiorno.
Quello
la guardò male – Kurata, ci saranno cinquanta centimetri di neve – le
disse –
Con quel catafalco che ti porti appresso hai idea della fatica che
faremo a
raggiungere la metropolitana per andare in stazione? Le porti tu le
valigie? –
Sana
agitò una mano nella sua direzione, lasciando intendere quanto quel
piccolo
problema fosse quanto meno insignificante – Dettagli! Piuttosto, -
disse,
rivolgendosi a Fuka che a malapena alzò gli occhi per guardarla
interrogativa –
quante paia di scarpe ti sei portata? –
Uno
dei mille pregi di Sana, era che lei sapeva sempre quali fossero le
cose veramente importanti della vita. Quella,
per esempio, era una di queste.
-Che
ne so, Sana! L’ho fatta ieri sera a caso la valigia, ero talmente
stanca che
penso sia già un miracolo che non abbia messo i costumi da bagno in
valigia,
invece dei maglioni – disse a mo’ di spiegazione, alzandosi per mettere
la
tazza sporca nella lavastoviglie a lavare.
Sana
era quanto meno scandalizzata – Ma come! Per capodanno dovremo essere
bellissime –
Akito
la osservò scettico –Guarda che nemmeno andando in montagna avvengono
certi
miracoli, Kurata – la prese in giro.
-Stai
zitto, idiota! Non solo sei qui come clandestino a scroccare da
mangiare dalla
mattina alla sera, ti permetti anche di rompere le scatole – sbottò lei
– Sei
davvero insopportabile Hayama! –
Giusto
lo spirito di amore e fratellanza che serviva prima di Natale, quello
lì.
Akito
rise ancora di più – Sei sempre dolcissima con me, Kurata –
Stufa
dei litigi dei due coniugi Kurata, Fuka uscì dalla cucina diretta alla
sua
stanza da letto. Sperò vivamente di non cedere alla tentazione di
infilarsi nel
letto e ricominciare a dormire. Che diamine, erano pur sempre le sei
del
mattino.
-È
quello che ti meriti –
Akito
si alzò in piedi e le circondò la vita sottile con le braccia – Non mi
hai
nemmeno dato un bacio questa mattina – la rimproverò, fissandola negli
occhi.
Lei
si imbronciò – Per forza, mi sono svegliata da sola nel letto. Lo sai
quanto mi
da fastidio quando succede – gli disse, mentre lui le portava una
ciocca di
capelli dietro le orecchie.
-Lo
so – le disse, un piccola punta di scuse si nascondeva tra le sue
parole – Solo
che tu sei un piccolo ghiro quando dormi, nemmeno le cannonate
riuscirebbero a
svegliarti – le spiegò, dandole un bacio sulla fronte.
-E
quindi questo ti autorizza a prendermi a schiaffi di prima mattina? –
le
domandò lei arrabbiata, non cedendo alla tentazione di baciarlo.
Akito
ghignò – Se questo può servire a farti
aprire quei begli occhietti che ti ritrovi, si – le disse lui,
avvicinando le
labbra a quelle di Sana.
-Sei
un bastardo – gli disse lei, sorridendogli. Ma quando Akito vide che
lei non
accennava a scostarsi, si decise a baciarla.
Le
posò una mano sulla pelle del collo e appoggiò il proprio corpo su
quello di
Sana, facendola indietreggiare per farla appoggiare alla parete.
Aldilà
delle loro bocche incollate si scatenò un bacio passionale che fece
presto
desiderare ad entrambi qualcosa di più.
-Quanto
tempo abbiamo prima che arrivino Tsuyoshi e gli altri? – le domandò
affannato
Akito, portando la bocca in un bacio desideroso sul suo collo e
cominciando a
depositarvi una scia di baci roventi che la fecero impazzire.
-Dieci
minuti credo... Dobbiamo ancora vestirci... Lavarci... Dobbiamo...
– cominciò a dire Sana, con voce strozzata che le morì
in gola. Tutti i buoni propositi che aveva appena esposto ad Akito
andarono a
farsi benedire, ed inclinò la testa all’indietro per assecondare il suo
bacio.
-Andiamo
di la... – le disse Akito, spingendo i fianchi contro quelli di Sana.
Lei emise
un gemito di piacere.
-
Akito... Saranno qui a momenti... Non possiamo... – cercò di dire,
ancora, più
per convincere se stessa che Akito, mentre rispondeva al suo bacio con
passione, alzandosi in punta di piedi ed abbandonandosi contro di lui.
-Oh
beh... – cominciò lui suadente – Se la metti così... Andiamoci a
vestire e
lavare... – disse, scostandosi da lei e fingendo di allontanarsi da lei
per
andare in bagno.
Passò
giusto un secondo prima che Sana reagisse – Eh no... Adesso
andiamo in camera da letto e non si discute – lo minacciò,
afferrandolo per un braccio e trascinandoselo dietro, mentre lui
ghignava,
fiero di aver raggiunto il suo scopo.
A
volte, chi li osservava dall’esterno, arrivava a dubitare fortemente
chi dei
due fosse il maschio porco nella
coppia. Semplicemente perché, ad alternanza, entrambi ricoprivano
questo ruolo.
Quando
Sana spinse la porta, facendola richiudere con uno schiocco rimbombante
per
tutta la casa, il commento di Fuka suonò un po’ come - Sono proprio due
maniaci
malati quei due –
Poi
cedette finalmente alla tentazione di infilarsi nel letto e riprendere
a
dormire.
*
Aldilà
dell’impresa suicida di uscire per strada per raggiungere la
metropolitana;
aldilà delle due ore e passa che furono costretti ad aspettare in
stazione
perché il treno era ovviamente in ritardo; aldilà delle figure da
pagliacci –
da sottolineare come Akito avesse usato il più appropriato gergo “figure di merda” – che Sana ed Hisae
fecero fare all’intero gruppetto perché non sapevano dove andare.
Aldilà di
tutto questo, arrivarono alla casa in montagna degli zii di Hisae ed il
sommesso fischio di Gomi fece comprendere ad Hisae quanto il posto
fosse stato
apprezzato.
-Complimenti,
bel posticino –
-
Hisae è una casa stupenda, grazie di averci invitati! –
-Ci
divertiremo un sacco! La raderemo al suolo –
-Provaci
e ti sbatto fuori di casa –
-Già
mi immagino la festa di capodanno –
-Pensa
ad arrivarci –
-Io
ho sonno –
La
vecchia casa si famiglia era inutilizzata da un bel po’ di anni e tutte quelle voci litigiose di primo pomeriggio la
fecero innervosire non poco. La casa.
-Allora...
– disse Hisae, piazzandosi al centro del salotto ed improvvisandosi
vigile
urbano – Qui a piano terra c’è la prima camera matrimoniale, io la
destinerei
ad Aya e Tsuyoshi, così non devi affaticarti per fare le scale –
sorrise ad Aya
che ricambiò grata.
-Di
sopra c’è l’altra... Che tra l’altro è la stanza più bella della
casa... –
soppesò Hisae picchiettandosi con le dita il mento, quel gesto era
ormai
diventato un tic nervoso – Direi che ci andrete tu e Sana – disse
infine,
rivolgendosi ad Akito che a malapena la stava ascoltando.
Il
cenno del capo svogliato bastò come risposta.
-Infine,
io e Fuka ci sistemiamo nella stanza accanto, sul letto a castello...
Avremo a
disposizione un armadio gigantesco! – esclamò, rivolgendosi all’amica
radiosa
più che mai, e constatando quanto a Fuka fregasse poco o niente di
quella
novità.
Gomi
si accese – E io dove dormo? –
Hisae
lo scrutò per un lungo momento e Sana non riuscì a capire se
desiderasse
rispondergli male –per esempio, avrebbe potuto dirgli qualcosa come “C’è la cuccia del cane giusto qui fuori”
– o se semplicemente si fosse davvero dimenticata di quel piccolo
dettaglio chiamato Gomi.
Poi
Hisae rispose – Ah già! C’è una branda per te... Dormirai con me e Fuka
–
sbuffò.
Sana
sorrise: molto semplicemente Hisae si era dimenticata di Gomi.
Ovviamente lui
manco se ne era accorto, anzi. Sorridente come il sole di mezza estate,
si
avvicinò a Fuka, le passò un braccio intorno alle spalle ed esclamò –
Ciao mia
compagna di stanza. Non sei felice di
dormire insieme a me per una settimana intera? –
Il
brontolio di Fuka in risposta, fu qualcosa che suonò un po’ come
–Toglimi le
mani di dosso, idiota – e fu accolto da un evidente cenno di
approvazione da
parte di Hisae.
-Va
bene – tagliò corto Hisae alla fine – Tutti nelle proprie stanze,
giusto il
tempo di una doccia e poi si esce a fare la spesa, sempre che vogliate
stare a
digiuno stasera –
Sana
constatò quanto l’amica si rivolgesse agli altri utilizzando il
classico tono
da caserma militare.
-Agli
ordini capitano – rispose Aya sorridendo e poi tutti si diressero verso
la
propria cella, come dei bravi soldati.
*
-Dannazione,
Kurata svegliati. Adesso basta, russi come un trombone! –
Akito
non ne poteva più.
Dopo
aver trascorso
il dopo cena con gli amici a chiacchierare del più e del meno e aver
guardato
un bel film dell’orrore – Tsuyoshi si era nascosto dietro ad Aya,
troppo
terrorizzato – Sana e Akito si erano lanciati un lungo sguardo, che
aveva fatto
comprendere ad entrambi che il momento di giocare era finito e che se
non si
fossero chiusi al più presto in una camera da letto, al riparo da occhi
indiscreti, sarebbero finiti per dare spettacolo davanti a tutti.
Quindi
si erano
congedati gentilmente e quando Sana si era chiusa la porta della sua
stanza
alle spalle, non era trascorso molto tempo prima che Akito si decidesse
a
saltarle addosso, a strapparle via i vestiti e a trascinarsela sul
letto per
fare l’amore tutta la notte.
Per
inciso, era
stata una delle notti più belle di tutta la sua vita. Lo scoppiettio
allegro
delle fiamme nel camino, la neve che cadeva fuori dalle finestre
depositandosi
al suolo ed imbiancando tutto il paesaggio e gli scrosci di risa degli
amici
che di tanto in tanto provenivano dalla cucina sottostante, avevano
contornato
i loro baci appassionati, il movimento dei loro corpi che si rigiravano
tra le
coperte desiderando tanto quel contatto di pelli bollenti, e le loro
frasi
sussurrate ad un millimetro l’uno dalla bocca dell’altra.
– Ti
prego amore –
- Non ti
fermare –
-Sana! –
Un
brivido che
percorreva la schiena e poi ancora un urlo.
-Sana! –
Semplicemente,
da quella notte fatata che avevano appena trascorso, era cambiato
tutto. Sana
russava come un trombone – altro che risate dei ragazzi – il camino era
spento
e si gelava – altro che scoppiettare allegro delle fiamme – e fuori
aveva
smesso di nevicare – addio anche alla magia dei fiocchi immacolati che
scendevano dal cielo.
Akito
diede un altro schiaffone a Sana – Sveglia! –
Quella
mugugnò qualcosa nel sonno e si rigirò dall’altra parte, sperando che
quella
reazione che valesse come risposta. Akito tentò di nuovo – Kurata, apri
gli occhi
– un calcio tra le gambe della ragazza servì come intercalare. Akito
ghignò
quando la vide rizzarsi a sedere e girarsi verso di lui con sguardo
omicida.
-
Akito, che cazzo vuoi di prima
mattina? Sono in vacanza – gli ringhiò dietro con sguardo feroce.
Hayama
la osservò truce –Io? Tu piuttosto, che diavolo hai da russare in
questo modo?
Santo Cielo, sembri davvero una vecchia... –
Sana
si scandalizzò – Modera il linguaggio, si dice “persone
anziane” – lo rimbeccò, guardandolo male quando vide che
Akito roteava gli occhi al cielo – E poi io non russo –
Akito
sospirò – Ti ho già detto che prima o poi ti registrerò e capirai che
ho
ragione –
I
due piccioncini si guardarono male per alcuni secondi – durante i quali
Akito
pensò a trovare un modo per farla stare zitta una volta per tutte e
Sana si
accorse di quanto effettivamente fosse bello lui, di prima mattina
appena
sveglio – e poi si sorrisero.
Akito
tornò a sdraiarsi pancia all’aria, ancora nudo come un verme, e le
domandò –
Vieni qui? - .
Sana
sorrise e gli si rannicchiò sul fianco – Si. Ma solo perché voglio io,
di certo
il fatto che tu me l’abbia chiesto non c’entra niente! – disse, la
risata
danzante nelle sue parole riuscì a nasconderla soltanto parzialmente.
Il
ragazzo sbuffò – Che palle Kurata, quando la smetterai di essere così
orgogliosa? –
-Solo
quando tu smetterai di insultarmi e di dirmi che russo –
-Ma
è la verità! – protestò Akito. Ogni parola gli morì in gola quando Sana
lo
baciò.
-Non
mi hai nemmeno augurato buon Natale... Sei proprio uno stronzo!
– lo rimproverò Sana ed il cipiglio adorabile che gli
mostrò riuscì a strappargli un sorriso.
La
ragazza si alzò in piedi e andò a controllare il suo cellulare sul
comodino.
-Grazie!
– esclamò lui scoppiando a ridere e lasciandosi cadere all’indietro –
Sei
sempre così dolce la mattina di Natale? – le domandò voltando il capo
verso di
lei per guardarla in faccia.
Sana
aveva ancora l’espressione arrabbiata ma quando vide la faccia da
schiaffi di
Akito che le sorrideva buffo scoppiò a ridere. Il ragazzo le disse –
Buon
Natale comunque, non sapevo che ci tenessi così tanto –
Sana
fece spallucce – Per forza che ci tengo! È il giorno più bello
dell’anno... – squillò
felice.
Sana
si sdraiò di nuovo sul letto e scivolò dolce fino ad accoccolarsi tra
le braccia
del suo ragazzo – Buon Natale – gli disse sorridendo e dandogli un
piccolo
bacio sul collo.
-Addirittura?
Questo cos’è, il tuo regalo di Natale? – le chiese ironico lui.
-Assolutamente
no! Il mio regalo di Natale per te è la mia semplice presenza – gli
rise in
faccia lei scattando in piedi e inforcando una camicia a quadri a caso,
presa
dal mucchio di vestiti ai piedi del letto. Rimase con le gambe
completamente
scoperte – Dici che possiamo scendere a fare colazione così? Non è che
rischio
di trovarmi davanti qualcuno degli altri? –
Akito
la guardò truce – Non faresti prima a coprirti? –
-Non
ne ho voglia –
Lui
sospirò – Okay. Comunque Gomi dormirà fino a mezzogiorno e Tsuyoshi da
quando aspetta
un figlio non è più nemmeno un uomo....- iniziò a dire Akito con un
ghigno
sulla faccia.
Sana
apparve scandalizzata – Ma Akito!? – esclamò.
-Ti
prego Kurata – la interruppe – Non difendere la virilità di Tsu, sempre
che di
virilità si possa parlare. Comunque – proruppe prima che Sana potesse
proferire
parola alcuna – se infine ti vedessero in mutande le tue amiche, non
avrei
problemi. Sebbene comincia a pensare che Fuka sia un uomo mancato –
concluse,
alzandosi anch’egli in piedi per potersi vestire.
Si
soffermò per un attimo ad osservare Sana che distrattamente si
sistemava i
capelli con un mollettone e la trovò incredibilmente bella. Ovviamente
non le
disse nulla e pure ad ammetterlo con se stesso fece un po’ di fatica,
ma alla
fine si avvicinò alla ragazza e le passò un braccio intorno alla vita –
Scendiamo dai... Ti conviene – le disse soltanto, prima di aprire la
porta e
trascinarla al piano di sotto, prendendola in braccio a metà scale
perché
rischiava di ruzzolare di sotto come un sacco di patate.
Sana
rideva come una pazza –Akito! Akito mettimi giù dai... – rise ancora –
Dai
smettila, finiremo per svegliare tutti gli altri! – lo rimproverò, ma
la nota
divertita nella sua voce fece esplodere il cuore nel petto ad Akito.
Come
avrebbe mai potuto, anche raggiunta la veneranda età di novant’anni –
tanto per
dirne una a casaccio – dimenticarsi di quella mattina di Natale in cui
lui e
Sana erano stati così bene insieme? Molto semplicemente, questo non
sarebbe mai
successo.
-Sei
tu che ridi come una gallina! Chiudi quella boccaccia – la rimbeccò
lui,
riportandola con i piedi per terra una volta arrivati in cucina e
chiudendosi
alla porta alle spalle – Che poi, io l’ho fatto solo per aiutarti visto
e
considerato che non sei nemmeno capace di camminare –
Sana
lo guardò malissimo, la coda disordinata rilasciava cadere alcune
ciocche di capelli
che le contornavano il viso, sbarazzino, mentre la camicia scollata
lasciava
poco spazio all’immaginazione. “Veramente
troppo poco spazio” , pensò Akito acidamente “Fortuna
che la posso vedere solo io”.
-
Akito – sbottò Sana portandosi le mani sui fianchi – Ti sei svegliato
questa
mattina e già mi hai rivolto una quantità non ben definita di insulti –
imperversò
per bene – Ti pare il modo? Ti ho già detto che è Natale, non puoi
essere così
scorbutico pure oggi –
Akito
roteò gli occhi al cielo e senza minimamente ascoltarla afferrò due
tazze e le
posò sul tavolo – Che cosa vuoi? – le domandò, alludendo alla colazione
che
molto gentilmente aveva deciso di prepararle. Mentalmente si disse che
più
tardi Sana avrebbe dovuto pagare il conto, ma ovviamente si astenne da
palesarglielo. Non era propriamente sicuro che Sana avrebbe accettato –
Cappuccino, caffè, tè? Dimmi tutto... – chiese ancora, incalzante.
Sana
inarcò un sopracciglio e gli sorrise – Credo che prenderò una semplice
tazza di
latte con il cioccolato –
Akito
annuì – Degno di una ragazza di ventitré anni –
E
figurarsi se non la prendeva in giro, quell’emerito...
-Bastardo!
– gli gridò dietro, sottovoce – Smettila di prendermi in giro! –
-Mi
esce naturale – ammise lui.
-Smettila
comunque –
Dopo
diversi battibecchi si accomodarono entrambi e cominciarono a consumare
la
propria colazione con un aria maledettamente soddisfatta. Perché si,
non c’era
niente di meglio di un bel litigio con il rispettivo partner per
cominciare bene
la giornata.
Poi,
come se nulla fosse successo, Akito alzò lo sguardo su Sana che lo
osservava,
con quegli occhioni scuri e dolci su di lui che, come lei nemmeno si
preoccupò
di nascondere, indugiarono sul contorno delle sue labbra, sensuali.
-Ti
avverto – la minacciò lui – Smettila di fissarmi così, altrimenti lo
sai cosa
succede –
Sana
lo sfidò – No, non lo so –
Akito
incrociò le braccia al petto – Allora prego, continua pure, te lo
mostrerò il
prima possibile –
Sana
abbassò lo sguardo e si morse le labbra. Poi alzò di nuovo gli occhi su
di lui
e gli sorrise – Sei proprio un cretino – gli sussurrò, dolcissima.
Akito
scosse il capo – E tu sei una stupida. Ti avevo avvertito – le disse
soltanto,
prima di tirarla per un braccio e farla alzare in piedi. Le fece
scivolare le
braccia intorno al corpo in una ferrea stretta e poi la baciò, rude e
sensuale
come solo Akito poteva essere.
Sana
rispose al suo bacio appoggiandosi al suo corpo e passandogli un
braccio dietro
al collo – Akito... – gli sussurrò, nell’intervallo infinitesimale tra
un bacio
e l’altro.
-Se
vuoi conservare un minimo di reputazione, Kurata, ti conviene farti
trascinare
in camera da letto dal sottoscritto... – la ammonì ancora Akito,
cominciando a
stuzzicarle il collo con le sue labbra.
In
quel momento fecero irruzione in cucina Hisae e Gomi. Tanto per
cambiare
litigavano. Sana e Akito si scostarono l’uno dall’altra alla velocità
della
luce e cominciarono a fissare lei il soffitto e lui il pavimento. Che
poi, cosa
ci fosse di tanto interessante da fissare sarebbe rimasto un mistero.
Il
soffitto della vecchia casa degli zii di Hisae pullulava di ragnatele
nemmeno
fosse stata la casa degli spiriti di cui erano infestate le storie
degli
orrori, mentre il pavimento era una semplice sequenza di mattonelle
monocolore.
Bianche.
-Russi
in maniera a dir poco indecente –
-Ma
senti chi parla. Ieri sera prima di riuscire ad addormentarmi sono
passate ore. Ma che dico? Secoli. E
tutto perché tu non sapevi cosa indossare alla cena di
stasera, ti sembra normale? –
-Solo
perché io mi lavo e ci tengo alla mia immagine, Gomi. Non come te, il
cui
pensiero più profondo va dal cibo al sedere della prima che vedi, nello
spazio
di un secondo –
-Pudica
–
-Idiota
–
Sana
quasi sorrise nel constatare che lei e Akito non erano stati gli unici
a
cominciare la giornata con certe paroline dolci che davano sempre la
giusta
carica di adrenalina per carburare.
In
quel momento i due amici si accorsero di Sana e Akito e rimasero zitti.
Li
fissarono per un lungo istante prima di mormorare un lugubre –
Buongiorno –
-Ciao
ragazzi! – esclamò Sana. In quel momento Gomi si voltò verso di lei e
quasi
casualmente lasciò scivolare gli occhi sulle sue gambe nude. Sembrò
apprezzare
molto e per sua sfortuna sia Akito
che Hisae se ne accorsero.
Sana
avvampò. Hisae gli tirò uno schiaffone in piena faccia – accompagnando
il gesto
con un sonoro “PORCO!” – mentre Akito
semplicemente contrasse tutti i muscoli del corpo, invocando qualcuno
lassù
affinché non si rendesse colpevole di un omicidio.
-
Gomi – ringhiò il ragazzo – Di grazia – continuò – Che cazzo
stai facendo? – domandò.
Gomi
abbassò lo sguardo colpevole e si fece piccolo, piccolo – Perdonami
Akito –
Quello
respirò – Ringrazia che è Natale, e che quindi si è tutti più buoni –
gli disse
scocciato, ma alla fine abbozzò quasi un sorriso.
Constatando
che la pace era ritornata a troneggiare tra i ragazzi Hisae scattò
verso Sana e
le disse – Ti devo dire una cosa, vieni un attimo di là – e detto
questo se la
trascinò dietro per un braccio.
In
cucina rimasero solo Gomi ed Akito – Ehi amico – esordì il primo, dando
una
manata sulla spalla del secondo – Complimenti davvero. Sana è veramente
un bel
pezzo di... –
-Attento! –
Gomi
lo guadò confuso – Ehi. Credevo stessi fingendo prima. Era un complimento, il mio! –
Akito
grugnì e prima di uscire dalla cucina per tornarsene nella sua stanza a
farsi
una doccia gli urlò dietro un bel – Stai
zitto! – che rimbombò per tutta la casa.
*
And at
The end of the day
We'll remember the days
We were close to the edge
And we'll wonder how we made it through
And at
The end of the day
We'll remember the way
We stayed so close to till the end
We'll remember it was me and you
High
– Lighthouse Family
La
risata di Akito echeggiò per tutta la montagna ed oltre. Probabilmente
la madre
di Sana nella sua reggia immensa, a Tokyo, era comunque riuscita ad
udire quel
guaito immondo che si era sprigionato dalla sua bocca.
-
Kurata sei un impedita, non ci sono termini di paragone! – la prese in
giro,
lasciandosi cadere all’indietro e sprofondando in una soffice coltre di
neve,
ancora scosso dalle risate.
-Visto
che sei tanto bravo, perché non vieni ad aiutarmi – borbottò lei,
armeggiando
con le racchette da sci giusto per non ruzzolare dal cucuzzolo della
montagna,
come si suol dire.
Secondo
la brillante mente di Hisae non c’era nulla – nulla –
di più divertente, quando si era in montagna, di una bella
sciata in compagnia di amici.
Aya
ovviamente se ne stava accanto al suo Tsuyoshi a prendere un po’ di
sole,
mentre Sana entusiasta aveva voluto cimentarsi nell’infida arte della
sciatrice
provetta. Inutile aggiungere che dimostrò ben presto di essere un
totale
disastro.
-Eppure
quando da piccola cercarono di insegnarmi, sono stata bravissima –
Akito
inarcò un sopracciglio – Guarda che c’ero anch’io! – le ricordò – E a
momenti
tutto il villaggio è stato travolto da una valanga! –
Sana
si imbronciò – Ti ho già detto di tacere –
Akito
si alzò da terra, facendo perno sulle braccia che appena affondarono in
quel
cuscino di freddissima neve sul quale il principino aveva creato il
proprio
giaciglio personale – Ti aiuto, è meglio. Non so perché ma ho come la
sensazione che saresti in grado di uccidere qualcuno e, per quanto non
vederti
per un po’ non mi faccia altro che piacere, non vorrei che tu finissi
in
carcere per omicidio plurimo – la rimbeccò.
Sana
fece una smorfia – Risparmiati. Non sia mai che tu debba essere gentile
con me
–
Akito
ghignò e le si piazzò alle spalle, le braccia ai lati del suo corpo ed
il viso
a pochi centimetri dai capelli di lei. Inutile dire che per un momento
il
profumo di Sana lo stordì talmente tanto da impedirgli di risponderle
tagliente
come invece voleva – Taci – fu infatti tutto quello che riuscì a
risponderle.
Sana
ne fu compiaciuta.
-Allora
– esordì Akito – Tanto per cominciare, stai cercando di infilarti gli
sci al
contrario. Mi spieghi a che cosa serve la punta fatta così se la metti
dall’altra parte? – le domandò, indicandogliela e quando Sana inarco un
sopracciglio – tanto per dimostrare quanto lei si fosse soffermata
sulla forma
di quegli aggeggi infernali – lui le rise in faccia.
-Coraggio,
sistemali – le disse, aiutandola a girare gli sci per permetterle di
inforcarli
– Poi quando ci infili lo scarpone, devi sentire il “clic”
– continuò. Ormai il suo tono di voce era talmente
irriverente che persino Sana cominciò a sentirsi offesa. Con le braccia
mimò
giusto un gesto con il quale, gli scarponi che facevano “clic”,
lo avrebbe dato in testa ad Akito. Molto volentieri.
-Adesso...
– continuò lui, posizionandosi al suo fianco in una posizione alquanto
ridicola
che, Sana non capì, poteva essere sia un modo per prenderla in giro –
molto
probabilmente – sia semplicemente il suo
modo di farle capire come doveva fare – Le punte devono convergere,
mentre le
code devono essere larghe. Più allarghi le code e più rallenti – ghignò
infine
– Tutto chiaro? –
La
faccia scura di Sana bastò come risposta – E queste? Cosa me ne faccio?
– gli
domandò, brandendo le racchette con la chiara intenzione di tirargliele
in
testa.
Akito
rise – Avrei giusto un suggerimento.... – le disse. In realtà
l’espressione
ironica tradiva la tipica dolcezza con cui gli usciva naturale
riferirsi a Sana
– Comunque, tecnicamente, per ora dovrebbero
aiutarti a tenerti in equilibrio. Non che tu ne abbia bisogno... Sei
già molto
aggraziata di per te – concluse, facendole l’occhiolino.
Sana
roteò gli occhi al cielo, ignorando Aya e Tsu che poco distanti da lei
se la
ridevano come pazzi – Tsu, ti ho già avvertito che se non ti dai una
regolata
tuo figlio sarà orfano ancora prima di nascere – lo ammonì, inforcando
gli
occhiali in modo da non rimanere accecata dal fastidioso vento e
preparandosi
mentalmente alla prova più difficile della giornata:dimostrare di non
essere
una piccola incapace.
-Figlia – la corresse Aya paziente, anche
se continuava a ridersela pure lei – Ci hanno detto l’altro giorno che
è una
femmina! –
Giusto
in quel momento Akito stava infilando i suoi sci: va bene tutto, ma non
era
così insensibile da lasciar scendere
la montagna ad una Sana ruzzolante e per di più sola. Aveva un cuore, lui.
Sana
non fece nemmeno in tempo ad urlare dietro alla sua amica un bel – CHE COSA?! – che Akito con molta
gentilezza la spintonò per una spalla, facendola scivolare in avanti.
Un
secondo dopo, il piccolo folletto dai capelli rossi, si ritrovò a
sfrecciare a
velocità supersonica giù per il fianco della montagna. Veloce, sempre
più
veloce, se non si fosse fermata, già lo vedeva, un bel tabellone
pubblicitario,
che sponsorizzava l’impianto sciistico della zona, sarebbe diventata la
fetta
biscottata sulla quale si sarebbe andata a spalmare come marmellata.
-Aiuto! – urlò con tutto il fiato che
aveva in corpo. Com’è ovvio che sia, più scendeva e più la sua figurina
prendeva velocità. Sperò che la morte non fosse così dolorosa come
sembrava.
-Allarga le code! – sentì la voce di
Akito che la raggiungeva, molto preoccupata.
Sana
abbassò lo sguardo sui suoi sci – dei quali notò l’allegra fantasia a
fiorellini rosa e neri – e tutto quello che la sua mente fu capace di
partorire
fu “Cosa devo fare?”.
Cominciò
a muovere gli sci a casaccio e, effettivamente, dopo aver accostato le
punte,
Sana si accorse che stava perdendo velocità. Ma era ancora in discesa e
Akito
era stato troppo spiccio per soffermarsi sul piccolo dettaglio che
riguardava
il “Come mi fermo?”.
Infine,
vide il suo stupidissimo ragazzo che le sfrecciava accanto a tutta
velocità e
andava a pararsi proprio lungo il suo percorso. Sana sbarrò gli occhi e
si
preparò all’impatto, che non tardò ad arrivare. Quando il corpo di Sana
andrò a
colpire quello di Akito, che le si era fermato davanti per fermare la
sua folle
discesa, entrambi caddero a terra in un modo che, se non fosse stato
per il
rischio che lei aveva effettivamente corso, sarebbe quasi sembrato
divertente.
Sana
cadde a sedere e scosse la testa, spaventatissima. Dopo essersi
guardata
intorno ed aver constatato che Akito fosse sopravvissuto all’impatto –
suvvia,
non poteva essere così pesante lei,
era troppo aggraziata e femminile – si sganciò gli sci (quello sì che
aveva
capito come si faceva!) e poi si alzò in piedi, tremante per la rabbia
e per lo
spavento.
-Ma
dico – gli urlò dietro, fissando gli occhi su di lui troppo arrabbiata
per
pensare anche solo minimamente a scherzare –Sei diventato completamente
idiota?
–
Akito
si imbronciò ed incrociò le braccia al petto. In realtà, il fatto che
non la
guardasse in faccia lasciava intendere perfettamente quanto si sentisse
colpevole – a ragione – per quello che sarebbe potuto succedere. – Sei
tu che
non mi ascolti. Se avessi fatto lo spazzaneve come ti ho spiegato
prima... –
Sana
lo interruppe – Se io? Io ho fatto
quello che mi hai detto! Ma se tu
sei un emerito cretino e se tu non
mi spieghi come diavolo mi devo
fermare, credi che possa inventarmelo? –
Un
gruppo di ragazzi lì vicino li stava osservando, indecisi se
intervenire nella
situazione – giusto per informarsi sullo stato di salute di quella
fanciulla
tanto carina che per poco aveva rischiato la vita – o se fare finta di
nulla.
Uno di loro – un giovanotto dagli scuri capelli riccioli e con due
gemme al
posto degli occhi - si fece avanti,
tentando un timido – Scusate.... - ,
ma il ringhio di Akito lo mise subito a tacere.
-Ti
permetti anche di trattare male la gente? – lo rimproverò Sana – Questa
volta
mi hai fatta davvero infuriare. Sei proprio un idiota – lo insultò
ancora per
bene.
Akito
se non altro ebbe il buon gusto di tacere e di incassare il colpo.
Hisae
e Fuka – sciatrici provette, altro che Sana che sarebbe andata meglio
come
acrobata da circo – li raggiunsero dopo pochi secondi. Entrambe avevano
assistito alla scena impietrite e quando Akito e Sana si erano fermati,
cadendo, avevano tirato un sospiro di sollievo.
Ora
Sana se ne stava accovacciata per terra per massaggiarsi la caviglia
dolorante.
Hisae le corse accanto dopo essersi liberata dei suoi sci – Sana, ti
sei fatta
male? –
Questa
le sorrise – No, non ti preoccupare. Nulla di grave –
Hisae
le si avvicinò per guardarle la caviglia – Non mi convince. Torniamo a
valle che
così la facciamo vedere da uno dei medici– le disse, aiutandola ad
alzarsi e,
mentre passavano accanto ad Akito – ancora zittissimo
– gli lanciò uno sguardo di rimprovero che avrebbe gelato anche
l’inferno.
Fuka
chiaramente rimase immobile, aspettando solo che le due si fossero
allontanate
e poi si scagliò contro il povero –
si fa per dire – ragazzo.
-Ma
che cosa ti è preso? Volevi ucciderla? –
Akito
sbuffò.
-Sul
serio Akito, Sana poteva farsi male, sei diventato completamente scemo?
–
A
quel punto anche lui esplose – Lo so già che ho fatto una stronzata,
grazie! –
Fuka
incassò e stette zitta a sua volta.
Il
cielo cominciava a diventare un po’ più scuro e, quando vide Aya,
Tsuyoshi e
Gomi che scendevano con la funivia – capì che era arrivato il momento
di
tornare a casa, prima che si scatenasse una bufera di neve.
Una
fredda folata di vento sferzò i loro visi delicati e fece lacrimare
loro gli
occhi.
Fuka
vide Akito che si voltava per guardare, in lontananza, Hisae e Sana che
arrancavano a fatica per scendere lungo il pendio della montagna.
Sembravano
piccolissime. Osservò come i suoi occhi ambrati accarezzassero,
dolcemente,
l’immagine della ragazza che probabilmente amava più della sua stessa
vita,
pieni di dolore e di dispiacere.
Fuka
sospirò –Ti sei scusato? –
-Ovviamente no – le rispose lui.
-Non
credi che sia necessario? – gli chiese ancora lei, incalzante.
Akito
abbassò gli occhi – Credo sia indispensabile
– ammise.
-Allora
fatti perdonare stasera – gli consigliò Fuka, sorridendo.
Akito
ghignò – Non credo che Sana mi permetterà di avvicinarmi a lei. Almeno,
non per
farmi perdonare nel modo in cui vorrei farlo io -
Fuka
si portò le mani sui fianchi –Sei sempre il solito porco –
Akito
abbozzò – Mi farò venire in mente qualcosa. Magari chiedo consiglio ad
Hisae – disse.
Fuka
annuì – Ora è meglio rientrare – constatò, indicandogli il cielo che si
faceva
sempre più scuro.
-Già
–
Si
trascinarono a fatica sino alla funivia e scesero a valle, nel più
totale
silenzio.
*
Sana
se n’era stata zitta per tutta la cena. Peccato, si erano dette le sue
amiche
Hisae ed Aya, si erano date così tanto da fare per organizzare quella
cena per
Natale – visto che sapevano quanto Sana adorasse quel giorno – che
proprio quel
litigio non ci voleva.
Dopo
aver scambiato giusto quattro chiacchiere con Tsu, la ragazza si era
ritirata
silenziosamente nella propria camera e il senso di colpa di Akito era
aumentato
a dismisura.
Tutto,
tutto quella sera era stato
organizzato per Sana e per colpa sua – di Akito – tutto
era stato buttato al vento – Akito pensò “nel cesso”.
Lo
sguardo eloquente di Tsuyoshi, Aya, Hisae e Fuka – Gomi ovviamente si
stava
facendo gli affari suoi, bellamente ignaro delle sciagure che si
consumavano
sotto i suoi stessi occhi – lo obbligò ad alzarsi in piedi per seguire
la sua
ragazza in camera. Anche se, come aveva appena ragionevolmente pensato,
non era
poi tanto sicuro che si trattasse ancora della sua
ragazza.
Sana
se ne stava nel letto, occhiali da vista inforcati, – perché si,
sebbene non
avesse mai amato molto la lettura, Sana portava gli occhiali per
leggere da
vicino – si nascondeva dietro quella montatura nera e spessa, mentre
leggeva,
probabilmente senza capirci niente perché era incavolata nera, un libro
sdolcinato.
Akito
si chiuse la porta alle spalle e rimase in piedi, immobile, accanto ad
essa,
senza dire una parola ed attendendo soltanto che Sana si decidesse a
calcolarlo.
Ovviamente
lei, da bella bastarda quale sapeva diventare, sfogliò distrattamente
una
quarantina di pagine prima di decidersi veramente – perché comunque
Akito
sapeva benissimo che lei si era accorta di lui già da un bel po’ – a
guardarlo.
-Beh?
– gli domandò secca – Cosa significa quello sguardo da cucciolo
bastonato? –
infierì, la voce cattiva più di quanto avrebbe voluto.
Akito
sentì qualcosa – forse una mano – che gli stritolava il cuore e che gli
faceva
salire le lacrime agli occhi. Mandò giù e cercò di parlare, sperando di
riuscire a nascondere la voce tremante – Volevo parlarti – disse
soltanto, dopo
un po’.
Sana
sorrise, ironica e maligna insieme – Vuoi parlare? Ma come? Credevo che
ultimamente la tua attività preferita fosse quella di trovare modi
sempre
diversi per potermi accoppare – esordì e prima che lui potesse
rispondere,
aggiunse – Voglio aiutarti. Se mi premessi il cuscino sulla faccia,
potrei
morire soffocata –
Chiuse
il libro con uno scatto secco e lo appoggiò – sbattendolo – sul
comodino.
Akito
si accigliò – Non essere idiota, Kurata –
Sana
incrociò le braccia al petto – Io? –
domandò soltanto.
Akito
la fissò per un lungo istante e studiò quanto le stesse bene quella
camicia da notte
di seta nera che aveva indosso. Due spalline sottili le ricadevano
sulle
spalle, lasciandole scoperta la pelle bianca delle braccia, mentre lo
scollo
prorompente all’altezza del seno lo fece cominciare a sudare freddo.
-Ti
vuoi decidere a parlare o intendi rimanere li a fissarmi per tutto il
tempo? –
chiese ancora Sana, mettendosi in ginocchio sul letto per guardarlo e
sfilandosi gli occhiali.
Akito
abbassò il capo – Ti volevo chiedere scusa per quello che ti ho fatto
oggi. È
stato un gesto... stupido, ecco – ammise, tornando a posare gli occhi
su di
lei.
Sana
parve piacevolmente sorpresa e anche la sua espressione si ammorbidì –
Puoi
fare di meglio – gli disse però, non cedendo così facilmente alle due
moine del
principino Hayama.
Akito
andò a sedersi accanto a lei e prese le mani di Sana tra le sue – Dai,
ti ho
chiesto scusa! – le disse, abbozzando un sorriso – Sai quanto è
difficile per
me, non puoi perdonarmi, in modo da farla finita? – chiese.
Sana
si imbronciò e tirò indietro le mani – No! – sbottò – Mi ha fatto
piacere che
tu ti sia scusato, solo avrei preferito che lo avessi fatto oggi,
quando hai
combinato il fattaccio – ammise.
Akito
inclinò la testa da un lato – Diciamo che avevo bisogno di...
razionalizzare –
-È
così tanto difficile ammettere di aver sbagliato, per te? –
-Si
– sussurrò secco Akito, non ammettendo repliche.
Sana
sorrise, un po’ meno arrabbiata – Beh, dovrai farti perdonare – gli
disse
infine, cedendo finalmente alla tentazione di farsi coccolare da lui.
Si infilò
tra le sue braccia e lasciò che Akito immergesse il naso tra i suoi
capelli
profumati, che la stringesse forte, forte contro il suo petto.
Akito
chiuse gli occhi – A questo ho già provveduto –
Don't you think it's time you started
Doing what we always wanted
One day 'we're gonna get so high
'Cause even the impossible is easy
When we got each other
One day 'we're gonna get so high
High
– Lighthouse Family
Sana
spalancò gli occhi e si scostò da lui quel tanto che bastava per
poterlo
osservare – Che intendi dire? – gli domandò.
Akito
sorrise sbieco – Diciamo che ti ho comprato un regalo per Natale –
disse – Un
regalo serio per Natale – precisò
infine.
Le
fiamme allegre che danzavano all’interno del camino proiettavano lunghe
ombre
sulla parete bianca della stanza. I colori parvero improvvisamente
accendersi,
luci incandescenti che scottavano sulla pelle di Sana, mentre
imbambolata,
osservava Akito tirare fuori una piccola scatoletta dalla tasca dei
pantaloni.
Un
groppo le si fermò in gola e non seppe fare altro che fissare quei due
enormi
specchi ambrati – che erano gli occhi di Akito – che la osservavano
incerti e
curiosi per la sua reazione.
Con
una lieve pressione dell’indice, Akito fece scattare la scatolina che
si aprì
docile sotto il suo tocco. Un piccolo cuscinetto di velluto racchiudeva
un
delizioso e semplicissimo anello di oro bianco, tempestato di
brillantini
minuscoli e luccicanti, che catturarono la luce emessa da quel fuoco
che bruciava
poco distante tra loro.
Sana
quasi smise di respirare.
-
È un anello – le disse Akito, come se dubitasse fortemente che Sana se
ne fosse
resa conto – Diciamo che è il modo di farmi perdonare che Fuka e Hisae
mi hanno
consigliato – aggiunse, indugiando su
quell’ultima parola.
A
Sana quasi scappò una risatina e finalmente lei riuscì a riacquistare
l’uso
della parola – Ti hanno consigliato o costretto?
–
Akito
fece spallucce – Secondo i canoni delle tue amiche è più o meno la
stessa cosa
–
Sana
scoppiò a ridere e tornò a fissare Akito negli occhi, ancora
leggermente
incredula. Semplicemente non si capacitava come una persona sempre così
burbera
che quella mattina per pura stupidità aveva rischiato di farla
ammazzare,
potesse compiere un gesto come quello – regalarle un anello, per Akito
non era
un gesto da niente, anzi – con tutta quella dolcezza e innocenza che
facevano
in modo che lei lo amasse ancora di più.
Quando
lui parlò, la voce tremava – Ti piace? – le domandò.
Sana
annuì velocemente e poi gli buttò le braccia al collo. Akito le passò
un
braccio intorno alla vita ed immerse una mano tra i suoi capelli – Ti amo – le disse semplicemente.
Sana
sentì il cuore esploderle nel petto e si rese conto di non essere mai
stata
tanto felice in tutta la sua vita. Si scostò ancora da lui per poterlo
fissare
negli occhi e gli sorrise.
-Che
fai, non lo metti? – le chiese ridendo.
Sana
scosse il capo – Voglio che me lo metti tu –
Akito
sbuffò e poi con il pollice e l’indice – Sana vide che la sua mano
tremava –
sfilò l’anello dal cuscinetto in cui era incastrato e lo fece scivolare
lentamente lungo l’anulare della mano sinistra.
Sana
sbarrò gli occhi, per la seconda volta in quella giornata – P... Perché
l’hai
messo lì l’anello? – gli domandò balbettante.
Akito
la fissò negli occhi – Perché si. Se non vuoi, puoi toglierlo –
Richiesta
implicita. Eppure, nulla prima di quello fu più chiaro.
Sana
non attese oltre e cominciò a baciarlo, goffa come non era mai stata,
in preda
ad un emozione troppo forte per poter essere contenuta all’interno del
suo
piccolo corpicino – Tu – sussurrò tra
un bacio e l’altro – Sei pazzo –
disse ancora – Chissà quanto ti è costato
–
Akito
le passò una mano dietro la nuca e le inclinò la testa per poterla
baciare più
profondamente – Tutto – le mormorò
sulle sue labbra – Tutto per te –
Evidentemente
non era più in possesso delle sue facoltà mentali.
A
quel punto Sana cedette alla tentazione, alla voglia che aveva di lui e
gli
permise di spingerla all’indietro contro il materasso. Akito le
accarezzava con
una mano la coscia nuda, mentre l’altra le accarezzava il seno.
Con
la bocca ancora premuta contro quella di Sana, le chiese soltanto – Ora
posso
farmi perdonare con il modo che avrei voluto io? –
L’unica
cosa che seguì le sue parole, fu la risata argentina di Sana.
Tutto
il resto divenne un dettaglio.
'Cause we are
gonna be
forever you and me
You'll always keep me flying
high in the sky of love
High
– Lighthouse Family
*****************************************
Questo
capitolo, come uno dei precedenti è stato un parto. Non sapevo proprio
come
scrivere certe scene senza cadere nel melenso e nello scontato. Alla
fine ho
trovato questo modo, ne sono abbastanza fiera e spero che voi abbiate
apprezzato. So che il capitolo è un po’ lunghetto – una decina
abbondante di
pagine - ma non potevo proprio spezzarlo
in altro modo.
Notizie
dell’ultimo secondo : ho cambiato nickname. Da ale69 a Gillywater, i
motivi
sono tutti spiegati sul mio account.
Vi
chiedo scusa per il leggero ritardo con cui posto, ma non avevo ancora
scritto
i ringraziamenti e, beh, lo sapete quanto ci tengo.
Che
ne pensate del capitolo? Mi è piaciuto molto scriverlo e spero, di
conseguenza,
che a voi sia piaciuto molto leggerlo.
Passo
ai ringraziamenti:
Midao: tu sei
sempre
infinitamente dolce e carina con me e per questo devo ringraziarti non
cento,
non mille, ma infinite volte. Ogni parola che hai detto mi ha fatto
davvero tanto
piacere, sapere che riesco a dosare la dolcezza al carattere di Akito
mi ha
resa orgogliosa – ci passo ore a decidere come farlo reagire. Grazie,
grazie,
grazie (: un bacio!
Deb:grazie
per la lettura
sempre molto accurata – ho corretto l’errore (: - e anche per i tuoi
commenti
sull’evolversi del capitolo, passo per passo. Comunque, la sera prima,
Sana non
era propriamente felice : era solo ubriaca U.U No, scherzo. Adesso si
sono
messi insieme, ma le cose non andranno sempre rose e fiori, come hai
visto nel
capitolo litigano parecchio ^^ Bacio.
ryanforever: mh,
Fuka non è
preoccupata da nulla, c’è solo una piccola novità all’orizzonte e
tu,donna, ci
eri andata molto vicina! Sì, sì. Credo che lo scoprirai nel prossimo
capitolo
U.U E comunque, Akito è molto più che sensuale, vorrei vedere lui con
un bel
grembiulino rosa addosso – solo quello addosso – che mi prepara le
uova. *.*
Questa fic riflette i miei desideri interiori, insomma :D Un bacione
cara (:
Castiel: hai
ragione, mi
sono totalmente focalizzata sulla giornata di Sana e Akito perché
volevo farli
convivere per ventiquattro ore intere – possibilmente evitando omicidi.
Beh, ci
sono riuscita, ma l’assassinio l’abbiamo sfiorato per un soffio in
questo
capitolo. La canzone di sottofondo è tanto dolce, spero ti piaccia – e
anche il
capitolo, ovviamente. Un bacino (:
marypao: hai
parlato e ho
aggiornato con tre giorni di ritardo :D Ops, perdono. “Cucino io”,
iniziamo a
cercare una casa nuova. Ma come? XD In ogni caso, certo, nella nuova
fiction su
Sana e Akito spiegherò tutti i trucchi per commettere un omicidio e
farlo
passare per un incidente.
Grazie di tutto cara, un bacio (:
roby5b:ma no,
ma troppo
miele dopo da la nausea e lo sai. Quindi meglio moderarsi. Ma non
urlare
troppo, tesoro, altrimenti oltre ai vetri rompi le pareti. E direi
proprio che
non ne vale la pena per questo sgorbio di fic. Spero proprio che questo
capitolo ti sia piaciuto come il precedente, un bacio (:
So smile: non ti
preoccupare, può succedere di avere un po’ da fare. Comunque ho letto
anche l’altra
tua fic e mi è piaciuta. Ah, devo commentare U.U sono un impiastro. Un
bacio (:
Ili91: sì la
nuova
storia che sto scrivendo è sempre su Sana e Akito e, ora che ci
ripenso, sta
procedendo davvero lentamente. Devo muovermi. Però non puoi proprio
minacciare
Akito in quel modo, addirittura scrocchiando le dita, sei troppo
minacciosa
cara (: Grazie come sempre di tutto e un bacio gigante (:
Bettinella: so
cosa vuol dire
avere da fare con la scuola, l’anno scorso già il primo giorno i miei
prof si
sono messi a spiegare e a dare compiti – che tristezza U.U Akito è
dolce e
romantico, solo che è troppo timido per dimostrarlo, no? Spero però di
rimanere
comunque fedele al suo carattere originale, sennò strabordo nell’OOC.
Grazie di
tutto, cara. Bacio (:
Smemo 92: sono
così
contenta che il capitolo ti sia piaciuto e che tu abbia apprezzato
questo
passaggio da momenti dolci a momenti comici – l’intento era questo, il
fatto
che tu lo abbia colto mi rende orgogliosa. Spero tanto che ti sia
piaciuto
anche questo capitolo – è stato un po’ difficile scriverlo. Un bacione
grande
(:
nanauccia: sì,
sono proprio
io ex-Ale69 autrice di My Sorrow e di questo sgorbio di fic. Allora le
bacate
siamo due perché anch’io sarei capace di
fare determinate cose :D Sai, sei stata l’unica che ha notato la paura
folle di
Akito di perdere Sana? Hai colto nel segno, comunque, perché è proprio
così e
più avanti questa cosa salterà fuori di nuovo. Grazie mille, un bacio (:
Ecco
qui. Voglio ovviamente ringraziare anche chi ha inserito la fiction tra
le Preferite,
le Seguite e le Ricordate – Ale
è tanto contenta.
Allora
ci risentiamo settimana prossima – mercoledì, possibilmente – con il
nuovo
capitolo “Young forever” dove
verrà svelato il mistero di Fuka. Sperò di non metterci tempi biblici
per
scrivere i ringraziamenti – questa settimana ho avuto un po’ da fare.
Un
abbraccio forte a tutti
Gillywater
|
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Capitolo 9 *** Young forever ***
SHE IS
Capitolo
9 : Young forever
Heaven can wait we’re only watching the skies
(...)
Life is a short trip,
The music’s for the sad man
Jay-Z ft. Mr
Hudson - Young Forever
Il
nuovo anno poteva essere definito soltanto in un modo: scoppiettante.
Dopo
essere rientrati tutti – chi più chi meno – felicemente dalle vacanze
natalizie
trascorse sperduti tra le montagne, a sciare e a rimpinzarsi come
matti, la
vita quotidiana aveva finalmente preso piede delle giornate di tutti i
ragazzi.
Hisae
e Gomi, come da copione, continuavano ad ignorarsi bellamente l’un
l’altra –
cosa fosse successo veramente tra di loro sarebbe eternamente rimasto
un
segreto tra loro due e quelle quattro pareti che racchiudevano la
stanza da
letto condivisa con Fuka. Quest’ultima vendeva in giro una certa
leggenda che
vedeva i due amici stretti in un caldo abbraccio, nello stesso letto,
la notte
di Natale. Akito non era disposto a crederci, comunque.
Tornando
a Fuka, il rientro probabilmente non aveva giovato moltissimo alla
precaria situazione
mentale della ragazza: era infatti diventata persino più strana del
solito e quando
quella mattina si era alzata dal letto, aveva dato il buongiorno alla
sua
coinquilina con una frase che suonava un po’ come – Oggi, quando torno
dall’ufficio, ti devo parlare –
Sana
aveva annuito distrattamente, senza quasi accorgersi di
quell’atteggiamento
strano, sventolando in direzione della sua amica una mano su cui
spiccava –
luccicante come una stella nel cielo – l’anello che Akito le aveva
regalato per
Natale.
Un
regalo e una
promessa.
Un
po’ di paura ce l’aveva, eccome, ma aveva deciso di ignorarla. Infondo
Akito
aveva liquidato la questione “anello
all’anulare” con un bel “perché si”,
di quelli che a Sana piacevano tantissimo perché le consentivano di non
preoccuparsi veramente di una cosa finché non si fosse reso necessario.
Semplicemente, pensava, dopo tanti tira e molla magari Akito aveva
deciso di
suggellare quel loro rapporto con un anello, che in un futuro poteva
essere
sostituito da un altro anello. Sana
deglutì. Meglio non pensarci, per ora.
Giusto
per la cronaca, “miss” Kurata – Akito
aveva scoperto quanto chiamarla in questo modo fosse tremendamente
divertente e
aveva cominciato ad intonare la parola “miss”
con i versetti più ricercati e impossibili – durante il soggiorno in
quel di
montagna, si era talmente abbuffata di dolci e patatine che aveva
passato il
primo giorno a casa in bagno a vomitare pure l’anima.
Akito
le aveva palesato il suo pensiero – Sei quello che mangi. Mangi la merda...? –
La
frase non l’aveva conclusa perché era un vero gentiluomo, ma si poteva
tranquillamente intuire cosa realmente intendesse dire. Sana se l’era
sbranato
con gli occhi, ma questa è un'altra faccenda.
Quel
pomeriggio Sana era comodamente spaparanzata sul divano, in salotto,
tutta
intenta a giocare con il telecomando, schiacciando tasti a caso e
cambiando
canale tanto per trovarsi qualcosa da fare. Di tutti i programmi che le
passavano a raffica sotto gli occhi non ce n’era uno che le interessasse.
Il
rumoreggiare di chiavi nella serratura, le fece intuire che Fuka era
finalmente
rientrata a casa.
L’amica
esordì con una bella imprecazione contro quel tempaccio da lupi – tanto
per
cambiare, pioveva – e poi entrò in salotto, parandosi di fronte a Sana
e creando
un pozzo ai suoi piedi. Anzi, un oceano.
Sana
fece una smorfia pensando che dopo le sarebbe toccato pulire. Era in
vacanza
perché ancora la trasmissione a cui partecipava non era cominciata?
Bene,
allora le faccende domestiche spettavano a la
miss.
Hoping for the best but expecting the worst,
Are you gonna drop the bomb or not?
Let us die young or let us live forever,
We don’t have the power but we never say never
Jay-Z ft. Mr
Hudson - Young Forever
-Ti
ricordi che ti devo parlare, vero? – le domandò Fuka, fissandola
serissima.
Quando
Sana annuì, un pochino intimorita, l’altra fece una corsa in bagno a
prendere
un asciugamano per frizionarsi i capelli umidicci a causa della pioggia.
Sana
si inginocchiò sul divano e la guardò, puntando i suoi enormi occhioni
castani
su di lei – E’ da un po’ che mi sembri strana. Ti decidi a dirmi che
cos’hai? –
Fuka
parve sorpresa – Allora te ne sei accorta – constatò.
Sana
sbuffò – Guarda che sebbene Akito mi reputi completamente stordita,
certe cose
le noto anch’io – commentò acidamente.
Fuka
le si accomodò accanto, l’espressione leggermente agitata e un sorriso
tirato
disegnato sulle sue labbra – Ascolta... Avrai notato che ultimamente
esco
spesso con i colleghi... – disse,
tentennando sull’ultima parola – Che sparisco senza lasciare traccia,
che sto
spesso al cellulare... –
Sana
annuì consapevole – Certo che lo so. Torno a casa alla sera
stanchissima e
vorrei solo fare quattro chiacchiere con te e invece tu o non ci sei o
mandi
e-mail da quel maledetto telefono. Un giorno ho persino pensato di
lanciarlo
giù dal balcone – confessò abbozzando un sorriso.
Fuka
rise e si portò una mano davanti alla bocca – Quanto sei sciocca! – la
prese in
giro.
Poi
cadde un breve silenzio tra le due. Sana giocherellava nervosa con il
lembo
della coperta di lana che aveva usato per coprirsi, mentre Fuka fissava
come
ipnotizzata una macchia sul tavolino al centro del salotto.
Quando
parlò, un lampo illuminò il cielo – Ho ricominciato a frequentare
Takaishi –
Sana
spalancò la bocca in maniera davvero poco elegante, ma prima che
potesse dire
qualsiasi cosa, Fuka la precedette.
-Qualche
mese fa l’ho incontrato al lavoro. Si è trasferito a Tokyo subito dopo
aver
preso il diploma. “Qui ci sono così tante
occasioni di trovare lavoro” mi ha detto quando gli ho chiesto cosa
ci
facesse qui – sospirò e riprese - Giorno dopo giorno ci siamo riavvicinati,
sempre di più, fino a che abbiamo cominciato ad uscire insieme, ed ecco
dunque
il perché di tutte quelle cene di lavoro... – le spiegò, spiccia come
sempre,
sussurrando come non era da lei.
Sana
abbassò gli occhi – Non mi hai mai detto nulla – disse semplicemente.
Fuka
scosse il capo – Lo so ed ogni giorno che passava mi dispiaceva
tantissimo. La
realtà è che non sapevo nemmeno io cosa volevo da questa storia e come
poteva
andare a finire. Takaishi mi ha fatto soffrire così tanto in passato...
Quando
venni a sapere di tutte le ragazze con cui si vedeva durante la nostra
lontananza, credo di aver rischiato sul serio la depressione, Sana – le
spiegò,
il tono di scuse trasbordava dalle sue parole – Non ho voluto dirti
niente
perché non gli volevo permettere di entrare nella mia vita, non volevo
inglobarlo di nuovo nel mio gruppo di amici, permetterti di
affezionarti a lui
come so che sarebbe successo e poi vedermi piantata in asso, ancora,
facendo
stare male anche voi che siete i miei
amici – pausa strategica alla Fuka - Te,
che sei la mia migliore amica – continuò, stringendo un pugno – So che
può
sembrare un discorso ipocrita, ma è la verità. Semplicemente non volevo
permettere a Takaishi di avere una parte troppo importante nella mia
vita di
tutti i giorni – concluse, tornando ad osservare Sana e notando quanto
questa
fosse rimasta sorpresa dalle sue parole.
Quando
Fuka smise di parlare Sana, da buona emotiva quale era davvero, le
buttò le
braccia al collo e la strinse forte a sé – Oh Fuka. Quanto sono
stupida, non ho
capito che cosa stavi passando in questi mesi – piagnucolò - A
proposito –
riprese, scostandosi dalla sua amica – Da quanto va avanti questa
storia? –
-Quasi
nove mesi –
Sana
sbarrò gli occhi –CHE COSA? –
Fuka
alzò le mani in segno di pace –Ehi. Lo sai che sono una persona molto
riflessiva. Non te ne avrei mai parlato se prima non avessi avuto un
ragionevole lasso di tempo durante il quale pensare e ripensare al
fatto che
questa poteva essere una scelta potenzialmente autodistruttiva –
Pare
quasi inutile specificare che Sana si fosse fermata al punto della “persona molto riflessiva”. Tutto il
resto fu fiato sprecato, quindi si limitò a sorridere e a far finta di
aver
capito Fuka – Scherzavo, stai tranquilla. Ma come mai hai deciso di
dirmelo,
oggi? –
Fuka
annuì, si portò la nocca dell’indice della mano destra ai denti e
cominciò a
mordicchiarla nervosamente – E’ di questo che ti devo parlare – esordì.
Sana
parve sorpresa – Perché, non hai ancora finito con le novità? –
Quella
scosse il capo – No. L’altro giorno Takaishi ha fatto una cosa che mi
ha fatto
capire quanto lui sia effettivamente cambiato e quanto ci tenga alla
nostra
storia –
-Cioè?-
-Ha
comprato un appartamento e mi ha chiesto di andare a vivere con lui -
Sana
sobbalzò e tutto quello che riuscì a dire fu un semplicissimo – Ah –
A
dire il vero non aveva mai realmente considerato la possibilità che lei
e Fuka
potessero, un giorno, trovare entrambe un compagno e smettere di vivere
insieme. Semplicemente perché, finite le superiori, andare a vivere con
Fuka
era stato talmente logico, talmente naturale e scontato, che non
riusciva più
nemmeno ad immaginarsi di vivere con qualcuna che non fosse lei.
Fuka
era la sua migliore amica...
Fuka
era quella che quando rincasava e trovava Sana sul divano,
addormentata, invece
di svegliarla bruscamente come si sarebbe meritata perché non aveva
svolto
alcuna faccenda domestica, la copriva e la lasciava riposare...
Fuka
le sceglieva i vestiti per le serate...
Fuka
la sosteneva e la incoraggiava in ogni discorso, specialmente quelli
che
riguardavano i ragazzi...
Fuka
condivideva con lei l’abitudine di comprare il cibo in qualche
ristorante d’asporto,
perché, come lei, ancora non aveva capito a cosa servisse l’accendigas
della
cucina...
Fuka
le rubava i gioielli dal portagioie in camera da letto e credeva che
Sana non
si fosse mai accorta di nulla...
Per
la miseria, Fuka era tutto questo, nonché la sua coinquilina, non
poteva andare
a vivere con quel Takaishi del cavolo! Sana
era furiosa.
-Non
voglio che tu vada a vivere con lui! – sbottò, alzandosi in piedi e
stringendo
i pugni davanti a sé. Abbassò gli occhi in modo da fissare il pavimento
e da nascondere
alla sua amica le lacrime che inspiegabilmente vi erano affiorate.
-Ma
Sana... – disse soltanto Fuka.
-No,
senti – la bloccò Sana – Chi diavolo è Takaishi? Per quello che ne sai,
potrebbe pure essere che ti stia prendendo in giro. Ancora. Vuoi
veramente
correre il rischio con qualcuno che già una volta ti ha delusa? –
Sana
guardò Fuka e quando vide i suoi occhi – occhi innamorati, come quelli
che le
sue amiche le dicevano di avere ogni volta che tornava da un
appuntamento con
Akito – capì che quella era una battaglia, una guerra, già persa in
partenza.
Abbassò le mani lungo i fianchi, sconfitta e disse soltanto, in un
sussurro –
Tu sei la mia coinquilina. Questa
casa è nostra. L’abbiamo arredata
noi, te lo ricordi? Ci abbiamo passato così tanti momenti, tu non te ne
puoi
andare... –
*
So we live a life like a video
When the sun is always out and you never get old
And the
champagne’s
always cold
And the music is always good
Jay-Z ft. Mr Hudson
- Young Forever
Sana
doveva essere
completamente impazzita. Anzi, Sana e Hisae erano completamente
impazzite. Come
fosse venuto in mente a quelle due piccole pazze di invitare
praticamente tutti
gli ex studenti della loro scuola a quella festa per la Vigilia di
Natale –
nonché suo compleanno – sarebbe rimasto un mistero. Sarebbe stato meglio se fosse rimasto tale, davvero.
Fuka
osservò quello
che era una volta il suo salotto – adesso trasformato in una piccola
discoteca
improvvisata, con tanto di casse rimbombanti e di luci psichedeliche
che dopo
appena cinque secondi già le avevano fatto girare la testa.
Ovunque
si girasse
poteva notare enormi cesti di ghiaccio nei quali erano state schiaffate
alla
bell’e meglio bottiglie di champagne – che nessuno ovviamente si
filava, ma
sapevano essere così dannatamente decorative. La musica le piaceva,
infatti
cominciò a picchiettare ritmicamente il suo piede sinistro, fasciato il
caldi
collant trasparenti, che calzava una semplice scarpa nera, con il tacco.
Trovò la
sua –
ancora per poco – coinquilina poco distante, intenta a tenere banco in
mezzo ad
un gruppetto di ragazzi che la rimiravano, affascinati. Fuka lanciò uno
sguardo
veloce ad Akito che a pochi passi da lei
era semplicemente furioso.
-Non mi
ricordo di
te, come ti chiami? –
-Tu
invece sei
quello che al secondo anno ha baciato il suo migliore amico in
discoteca, vero?
–
-E tu?
Non facevi
mica parte del club degli scienziati? –
Quando
ci si
metteva, Sana sapeva essere davvero bastarda. Quella mattina aveva
sentito lei
e Akito litigare – Fuka era pronta a scommettere tutti i suoi risparmi
che si
trattasse di questioni di lavoro – e poi lui se ne era andato di casa
sbattendo
la porta.
Adesso
Sana si
stava vendicando. E a quanto pareva funzionava. Molto bene anche.
-Sana –
sbottò Fuka
afferrando la sua amica per un braccio – Scusate miei prodi, posso
rubarvi
l’amata donzella per qualche minuto? –
Senza
nemmeno
attendere una risposta, Fuka trascinò Sana in un angolo del salotto,
dal quale
poteva vedere Hisae e Gomi ballare appiccicati come due cicche e
parlare vicinissimi
l’uno alla bocca dell’altra.
Sana era
semplicemente radiosa – Fuka hai visto? – le domandò, accarezzando con
lo
sguardo la loro – fino a quel mattino – casa, fiera del suo lavoro.
Fuka
roteò gli
occhi al cielo : viveva in quell’appartamento con Sana da appena cinque
mesi e
già aveva elaborato un migliaio di modi diversi per poterla uccidere.
-Non è
meravigliosa? Non sei contenta di questa sorpresa? Io e Hisae ci siamo
impegnate tanto... –
Ecco,
quando però
Sana esordiva con cose del genere, Fuka proprio non ce la faceva a non
volerle
bene e a non volerla strapazzare di coccole come meritava. Come solo
lei sapeva
farle desiderare, con tutta la sua dolcezza e ingenuità.
Cercò di
darsi un
contegno – Sarei molto più contenta se non avessi appena visto due
nostri ex
compagni di scuola, Mayoko e Ichizo, darci dentro sul mio letto –
Sana
fece
un’espressione impagabile.
-Dalla
tua faccia
comprendo che stai pensando quello che penso io –
-Che
schifo! –
-Appunto
–
-Oh Fuka
–
cinguettò Sana, saltellando da un piede all’altro, facendo ondeggiare
la gonna
larga del vestito grigio che aveva indossato questa sera – Mi dispiace.
Ti
giuro che... –
Fuka
nella sua
testa pensò che quando Sana esordiva dicendo “ti giuro che”, si
preparasse ad
elencare buoni propositi che mai – mai – sarebbe stata in grado di
portare a
termine. Nemmeno. Tra. Cento. Anni.
-...
dopo, quando
se ne sono andati tutti, ti aiuto a pulire. Tutto –
Appunto.
Fuka
trovava già
apprezzabile la sola buona volontà. Sorrise – Piuttosto che dire
fesserie – le
disse, concedendosi finalmente la possibilità di addentare un
tramezzino, preso
da un vassoio a casaccio su di un tavolo li accanto. Era pure buono. E
che
diamine, quella festa era sua – Perché non vai a controllare Akito? –
le
suggerì, molto enigmatica.
- Akito?
– chiese
Sana confusa. E leggermente indispettita.
Fuka
inclinò la
testa da un lato – Non sono molto convinta che non decida di ammazzare
quel
gruppetto di ragazzi prima della fine della serata – le spiegò,
ignorando la
mascella di Sana che cominciava a cadere in picchiata verso il
pavimento.
-Per
inciso –
aggiunse Fuka – Quelli non smettono di guardarti –
Poi Sana
le sorrise
e dopo averla presa per mano, la trascinò con sé a ballare.
*
Without a wrinkle in today
Cuz there is no tomorrow
Just some picture perfect day
To last a whole lifetime
And it never ends
Cos all we have to do is hit rewind
So lets just stay in the moment, smoke some weed,
Drink
some wine
Jay-Z ft. Mr
Hudson - Young Forever
-Propongo
un
brindisi a noi due, a tutti i ragazzi che ci hanno deluse e a tutti
quelli che
ci deluderanno –
Sana se
ne stava
buttata come uno straccio ai piedi del divano, la schiena appoggiata
contro un
soffice cuscino e le gambe incrociate sotto di sé. Era ubriaca.
Quel
giorno lei e
Akito si erano lasciati – dopo un lungo tempo in cui i due non si erano
rivolti
minimamente la parola, probabilmente si erano decisi a chiarire la
situazione -
e quando Fuka era tornata a casa l’aveva ritrovata in condizioni
pietose,
riversa sul pavimento con una bottiglia di superalcolico tra le mani,
tutta
intenta a scolarla con sorsi più o meno
lunghi.
Aveva
gli occhi
lucidissimi e probabilmente stava soffrendo moltissimo – anzi,
sicuramente –
visto che darsi all’alcool non era propriamente una disciplina da Sana.
Infatti
Fuka, dopo
aver visto la sua amica conciata in quel modo, doveva aver pensato al
famoso
detto “mal comune, mezzo gaudio” perché le si era seduta accanto e le
aveva
detto qualcosa tipo – A me non offri niente?- e poi si erano ubriacate
insieme.
Oddio,
non che Fuka
non avesse qualcosa da dimenticare, intendiamoci, tra la sua storia con
Takaishi finita ai tempi delle superiori che ancora non era riuscita a
superare
e le migliaia di ragazzi con cui usciva ogni sera giusto per non
pensare e
tenersi impegnata – così diceva lei – il genere maschile proprio non
riusciva a
sopportarlo.
E poi
comunque non
avrebbe mai potuto lasciare Sana da sola in quelle condizioni. Era la
sua
migliore amica insomma. Quindi le era sembrato quanto meno il minimo
farle un
po’ di compagnia. In tutti i sensi.
-Giusto!
– urlò
Fuka riempiendo due minuscoli bicchierini senza nemmeno sollevare il
collo
della bottiglia dal bordo degli stessi – facendone quindi cadere
qualche goccia
sul pavimento – e passandone uno a Sana – A noi! –
Mandò
giù l’intero
contenuto e si sentì ancora meglio di prima.
-Ma ti
rendi conto?
Io gli ho detto “Dobbiamo parlare” e lui mi ha detto “Di cosa?” – si
lamentò
Sana appoggiando il bicchiere a terra con talmente tanta enfasi che si
sbilanciò e cadde di lato.
-E’
pazzesco... –
Sana
annuì – Sì
davvero, puoi ben dirlo amica – essere ubriaca la rendeva
incredibilmente
simile a Gomi, per come parlava – Che poi quando gli ho risposto “Di
noi due,
del fatto che non ci rivolgiamo la parola da due settimane” mi ha solo
mugugnato qualcosa come “Dai parla, che devo allenarmi”, ma ti sembra
possibile? È proprio un idiota... –
-L’altro
giorno
sono uscita con uno che si è mangiato un coso intero di aglio perché dice che fa bene... –
-Voglio
dire, siamo
stati insieme più di un anno, come può trattarmi così? –
-... non
gli si
poteva stare vicino, garantisco... –
-...potrei
capire
se fosse stata una storiella da niente...
-...ma
si può
uscire con una ragazza e comportarsi così...? –
-Questi
ragazzi non
li capisco proprio! –
Nonostante
avessero
bellamente ignorato l’una il ragionamento dell’altra, quell’ultima
frase la
esclamarono all’unisono, tanto che sobbalzarono e si guardarono in
faccia,
quasi sorprese della presenza della propria coinquilina.
-Per
forza, sono
incomprensibili – disse Fuka alzando le spalle.
-Già...
– convenne
Sana, appoggiando la testa all’indietro, contro il divano. Giusto per
la
cronaca, nonostante lei e Fuka fossero ormai da tre ore su quel tappeto
a
sparare ogni sorta di delirio ad alta voce, a nessuna delle due era
venuto in
mente di trasferirsi in un posto più comodo.
-Tieni –
disse
Fuka, lanciando a Sana il pacchetto delle sigarette quasi finito
nonostante
l’avesse comprato quella stessa mattina – Lo so che non fumi, ma in
certe
occasioni può rivelarsi un’ottima soluzione. E poi sono in astinenza da
nicotina, io –
Sorprendendo
pure
se stessa, Sana accettò. Si accese una sigaretta ed aspirò una lunga
boccata di
fumo, espirando e respirando per tranquillizzarsi da quella tempesta
incontrollabile che aveva dentro e che la confondeva, facendole perdere
la
rotta.
-Non ce
la farò mai
a stare senza Akito... – ammise, socchiudendo gli occhi e scrutando
attentamente Fuka in faccia.
Quella
sbuffò una
nuvoletta di fumò e ricambiò il suo sguardo, scettica – Certo che ce la
farai,
sciocca. Pensa solo che quando questo casino sarà finito, ne uscirai
solo più
forte –
Sana
inclinò la
testa – Penso che ne uscirò solo distrutta –
Non si
capiva bene
se l’effetto dell’alcool fosse in grado di far ragionare Sana meglio di
quando
era sobria o se, semplicemente, le permetteva di esprimere sentimenti –
delusione, rancore, paura – che altrimenti si sarebbe tenuta dentro,
permettendo loro di dilaniarla lentamente, giorno dopo giorno, come un
cancro
incurabile.
Fuka
agitò la mano
che stringeva la sigaretta ancora fumante, finendo per spargere un po’
di
cenere nei dintorni della sua figura – Sciocchezze. Andrà bene, vedrai
–
Sana si
incupì e
sottrasse i suoi occhi dallo sguardo dell’amica, spegnendo la sigaretta
non
ancora consumata. Le veniva da piangere. L’alcool, doveva per forza
essere
l’alcool – Ho paura –
-Lo so –
disse
Fuka, quasi dolce, se non fosse stato per la voce roca per lo stato un
cui
verteva.
-Mi
manca già Akito
–
-Lo so –
rispose
ancora.
In
realtà avrebbe
voluto dirle altro.
E pure
per quella
volta il suo “Mi manca Takaishi” le restò intrappolato tra le labbra.
*
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fine
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Hudson - Young Forever
Fuka
sorrise a Sana, tornando finalmente alla realtà.
Era
vero, quella casa racchiudeva così tanti momenti, così tante
confidenze...
Era
stato il modo che lei e Sana avevano trovato e studiato per poter
finalmente
diventare grandi e indipendenti, per potersi gestire la propria vita.
Prima
che potesse risponderle, Sana ripeté – Tu non te ne puoi andare –
Poi
Fuka si accorse che stava piangendo e le si avvicinò per poterla
abbracciare –
Anche io non vorrei andarmene. A dire la verità vorrei poter trovare un
modo di
vivere sia con te che con Takaishi, ma questo non è possibile, te ne
rendi
conto? –
Sana
si illuminò – Perché no? C’è così tanto spazio, anche Akito ormai è
come se
vivesse con noi, no? Perché non potresti fare lo stesso anche tu? –
Fuka
scosse il capo e diede una veloce scrollata di spalle a Sana –Dai Sana,
ragiona. Quando avremo quarant’anni e avremo dei figli, pensi che
potremo
continuare a vivere insieme? Ti immagini? Tu e Akito che litigate,
vostro
figlio che piange, il mio che si sveglia e comincia ad urlare, Takaishi
che
impazzisce, io che mando tutti al diavolo... E’ giusto così Sana, prima
o poi
si cresce, e diventa naturale dover cambiare alcune cose nella propria
vita –
-Ma
io non voglio! – si lamentò Sana,
proprio come una bambina cominciava a fare
i capricci.
Istintivamente
Fuka si mise a ridere – Ti ricordi che facevi gli stessi discorsi anche
quando
abbiamo deciso di andarcene di casa per andare a vivere insieme? Ti
ricordi la
paura che avevi di cambiare? E invece... Tua madre continui a vederla e
a
sentirla sempre, avete ancora un rapporto splendido e conservi un
ricordo
bellissimo di quando vivevate insieme, di quando tu eri piccola. Sarà
la stessa
cosa, vedrai –
Sana
buttò le braccia al collo di Fuka e si lasciò andare ad un pianto fatto
di
lacrimoni giganti e di singhiozzi. Esattamente il pianto di una bambina
disperata. Si aggrappò al maglione di Fuka e lo strinse forte tra le
proprie
mani, conficcando le unghie in quella stoffa morbida.
-Mi
mancherai così tanto – disse dopo un po’.
-Anche
tu scema, che cosa credi? Anche a me commuove un po’ pensare di dover
tornare a
casa e di non trovarti qui, indecisa se raccontarmi o no della tua
impresa
giornaliera per demolire la casa. Ma poi... – si interruppe per poter
guardare
Sana in faccia e poterle sorridere – Lo sai che sarò qui tutte le sere,
lo stesso,
no? Guarda Tsuyoshi ed Aya. Aspettano un figlio eppure sono sempre qui
lo
stesso. Non cambierà nulla... Nulla... –
Sana
singhiozzò ancora un po’, poi sembrò pensare su alle parole di Fuka e
parve
convincersi – Me lo prometti? – piagnucolò.
-Certo.
Te lo prometto – sospirò Fuka, sperando che Sana non si accorgesse del
magone
che anche a lei – donna tutto d’un pezzo – si era fermato in gola.
-Mi
sentirò così sola qui senza di te – ammise Sana, scostandosi finalmente
da Fuka
e tornando a sedersi sul divano.
L’amica
sorrise – Puoi sempre trovarti una coinquilina – tentennò – O un coinquilino – suggerì infine.
Quando
Sana – dopo diversi minuti – alzò la
testa di scatto, cogliendo finalmente il significato di quelle parole,
Fuka
scoppiò a ridere.
Sempre
la solita stordita.
*
Senza
nemmeno bisogno di dirgli “Incontriamoci” era sicuro di trovarla
all’ormai noto
gazebo di cui la loro storia era infestata.
Era
bastata una telefonata di Fuka “Akito, ho
detto a Sana che vado a vivere con Takaishi. Lei è da poco uscita di
casa, ma
non sono sicura che stia molto bene, per favore...”
Nemmeno
aveva atteso che Fuka terminasse la frase. Semplicemente, dopo aver
inforcato
un paio di pantaloni ed una felpa, si era messo a correre a tutta
velocità
verso il parco.
La
poteva già vedere, seduta al riparo dal freddo pungente, sotto quella
piccola
struttura di legno che era stata lo scenario dei più impensabili
avvenimenti
tra di loro.
E
pure ora, mentre sapeva perfettamente quanto Sana stesse male al
pensiero di
perdere la sua migliore amica che aveva deciso di andare a convivere
con il suo
ragazzo, l’unica cosa che Akito riusciva a notare era quanto lei fosse
maledettamente
bella, pure vestita con un semplice paio di jeans chiari ed un maglione
con il
collo a sbuffo che lui le aveva regalato.
Magnifica.
Desiderò
andare lì e baciarla più di ogni altra cosa al mondo, ma da qualche
anno – per
la precisione tre – a questa parte, aveva imparato a riconoscere quali
fossero
le priorità, in ogni situazione. Controllo.
La
pioggia di quella mattina aveva fatto schizzare un po’ di fango sulla
struttura
di legno sotto la quale Sana si era ritirata per leccarsi le ferite,
come un
animale ferito.
Akito
le si avvicinò silenziosamente e senza nemmeno salutarla le si andò a
sedere
vicino.
Dopo
poco Sana parlò – Fuka se ne va –
Akito
annuì e le prese una mano per stringergliela forte tra la propria – Lo
so. Come
stai? –
Sana
sembrò pensarci un attimo su e poi parlò – Ad essere sincera, pensavo
peggio.
Quando me l’ha detto, sono scoppiata a piangere, ma dopo averle parlato
lei al
solito mi ha tranquillizzata e insomma... Me ne sono fatta una ragione
–
concluse infine, quasi abbozzando un sorriso.
Akito
annuì ancora e la guardò negli occhi – Quindi stai bene?-
Sana
gli sorrise – Si. Fidati... Andrà
bene... – lo rassicurò, abbassando gli occhi per fissarsi le scarpe.
Non che
avessero qualcosa di particolarmente interessante. Notò persino una
macchia
sulla stringa bianca della scarpa destra.
-Ne
sono sicuro –
Silenzio.
-Senti
Akito...-
-Senti
Sana...-
Pronunciarono
queste parole all’unisono ed entrambi si voltarono di scatto per
guardare
l’altro negli occhi.
Sorpresa.
*
Ci sono
alcuni
momenti in cui parlare diventa letteralmente superfluo.
Basta
una semplice
occhiata per intendersi.
Specialmente
quando
colui o colei che si sta guardando, lo o la si conosce da una vita. Una
vita
intera. Diventa quasi naturale insomma, no?
Se poi
ci si rende
conto che quello che l’altro sta cercando di dirci è la stessa cosa che
vorremmo dire noi, subentra lo stupore.
Sorpresa.
*
-Non
posso crederci –
-Nemmeno
io –
-Credi
che funzionerà? –
Akito
trattenne il fiato per qualche secondo – soppesando le parole con cui
avrebbe
potuto risponderle, magari sarcastiche – e poi parlò.
-Dovrà funzionare –
Definitivo.
Sana
quasi rise e si limitò ad emettere un flebile –Già –
Akito
fece spallucce – D’altronde – esordì divertito – Se non dovesse andare
bene,
puoi sempre cacciarmi di casa no? La prima volta ha funzionato –
Sana
lo guardò male e lo minacciò – Attento. Ti conviene stare zitto –
Akito
ghignò – Trova il modo Kurata –
E
alla fine, lei lo baciò.
Semplicemente.
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I’ll be
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Hudson - Young Forever
*
D’altronde
si sa come vanno a finire queste storie. Lei ama lui. Lui ama lei. C’è
sempre
qualcuno che mette i bastoni tra le ruote ai due – il che poi è quello
che
tiene i lettori appiccicati alle righe della storia per poter leggere
l’evolversi della stessa – ma alla fine c’è sempre, l’immancabile lieto
fine
stucchevole che caria i denti un po’ a tutti.
Forse
però, trattandosi di Sana e Akito, abbiamo sbagliato fiaba.
-Ma
si può sapere che diavolo hai al posto del cervello? –
Se
alle otto e mezza del mattino si sentiva una voce di donna, acuta,
assordante,
petulante, echeggiare per la città, si poteva con sicurezza matematica
scommettere che si trattasse di quella di Sana.
-Il
silenzio è l’offesa peggiore –
La
voce tranquilla e seccata di Akito
era invece un classico. Insomma, non c’era proprio storia. Non esisteva
che
Sana e Akito litigassero senza la costante “lei urlante, lui pacato”,
ma siamo
seri.
Per
la cronaca. Gli scatoloni di Akito erano stati portati nel nuovo
appartamento
un paio di giorni prima. Contenevano cianfrusaglie varie che lui
avrebbe più
che volentieri dato in beneficienza – da leggere “buttato
via” – ma che Sana e quell’altra menomata di sua sorella
Natsumi avevano tanto insistito per tenere. Ma insomma, siamo pazzi?
Insomma,
Sana addormentata più che mai e nervosa fino all’inverosimile perché
quel
giorno per lei ricominciava il lavoro, aveva accidentalmente inciampato
in uno
scatolone abbandonato in mezzo al corridoio.
La
colpa? Ovviamente di quell’idiota di Akito.
Insomma,
era normale abbandonare uno scatolone così, in bella vista, dove
chiunque –
anche se in quella casa ci vivevano solo loro due – avrebbe potuto
inciampare?
Che
poi...
-Sei
tu che al mattino hai il vizio di camminare per casa con gli occhi
chiusi.
Quello scatolone l’avrebbe notato persino
un cieco –
Sana
decise di adottare la sempre eterna tattica dell’ignorarlo. La ragazza
sbuffò
sonoramente e poi dopo aver fatto spallucce ed essere sprofondata nella
camicia
a quadri che usava come pigiama, si era fiondata in cucina per mangiare.
Akito
la osservò sorpreso – Come mai nessuna sfuriata, Kurata? – domandò
incuriosito,
seguendola e accomodandosi al tavolo di fronte a lei.
Sana
lo guardò male – Ho deciso di ignorarti –
-Non
è da te –
Sana
sbuffò ancora – Adesso ti permetti anche di decidere cosa è
e cosa non è da me?
Akito, ma vai a giocare a palla in autostrada! – lo rimbeccò,
abbassando gli
occhi sull’enorme tazza di latte e cereali che rappresentava la sua
colazione.
Akito
inarcò un sopracciglio – Ehi. Kurata, calmati. Non vedo cosa ti ho
detto di
così strano, di solito ti limiti a mandarmi a quel paese, non sei mai
così
acida. Che ti prende? –
Sana
sembrò pensarci su, valutando per un momento se fosse meglio rispondere
o
mandarlo al diavolo.
-Sono
normalissima – sbottò, decisa a non dargliela vinta. Insomma, per colpa
di
quell’idiota aveva rischiato di rimanere ferita. Gravemente ferita.
Anzi,
ferita a morte.
-Non
direi proprio. Sei più acida del solito –
-Taci
–
-Ecco,
vedi? –
Sana
si alzò in piedi e si diresse vero il frigorifero. Rimase a rimirare la
solita
desolazione che aleggiava al suo interno e poi si decise ad afferrare
il
cartone del succo di mirtilli.
-Dovresti
andare a fare la spesa – disse – Non so se qualcuno te l’ha spiegato,
ma ogni
tanto bisogna mangiare per sopravvivere -
-Odi
il succo di mirtilli – rispose Akito, ignorandola completamente, con
l’aria
sospettosa di un vero detective.
Sana
sbatté il cartone sul tavolo e sbottò – Ma insomma, basta! Che diavolo
ti
prende questa mattina? Sei insopportabile lo sai? – alzò gli occhi al
cielo –
Prima non ti posso fare domande, poi sono più acida del solito, ora odio il succo di mirtilli... Non è vero
– gli sbraitò in faccia – Adoro il
succo di mirtilli –
Akito
fece spallucce e cominciò a mangiare la sua modesta porzione di sushi
giornaliera. Sana storpiò il naso e si voltò dall’altra parte.
Quell’essere
ignobile con cui condivideva l’appartamento le faceva venire il
voltastomaco.
Alle otto e mezza del mattino non si può mangiare “pesce crudo” come
colazione,
è inaudito.
Dopo
un lungo momento, il ragazzo parlò – Non mi risulta – disse infine.
Solo
dopo alcuni istanti Sana capì che quella valeva come risposta alla sua
ultima
affermazione. Decise di troncare lì la discussione – Adesso basta. Vado
a
vestirmi, che è meglio –
In
silenzio mise a posto le sue cose e poi uscì dalla cucina diretta alla
camera
da letto. Non fece in tempo a compiere nemmeno un passo, che sentì due
braccia
forti afferrarla per la vita.
-Ehi,
Kurata, aspetta... – le sussurrò Akito all’orecchio. Sana avvertì
distintamente
i brividi che cominciavano a correrle lungo la spina dorsale. Come
faceva quel
pescivendolo da strapazzo a farle quell’effetto ogni salta volta,
sarebbe per
sempre rimasto un mistero.
-Che
vuoi? –
Akito
sospirò e portò le sue labbra a pochi millimetri dal suo collo – Ti ho
già
detto che non mi piace quando al mattino non mi dai il buongiorno come
si deve
–
Sana
scattò e si girò verso di lui per guardarlo male in viso – Ti sembra di
essertelo meritato? –
Che
domanda inutile, Akito avrebbe comunque avuto la faccia tosta di
risponderle...
-Certo
–
Appunto.
-
Ti ho già detto qualche giorno fa che
ti conviene stare zitto –
-Ed
io ti ho già risposto che per farmi
stare zitto dovrai trovare un modo –
Quasi
scontato fu il bacio che ne seguì.
In
definitiva, Sana Kurata e Akito Hayama stavano imparando sulla loro
pelle cosa
comportava la convivenza dell’una con l’altro: sacrifici, compromessi e
naturalmente litigate continue.
Dopo
appena una settimana dal trasloco di lui, tuttavia, risultò lampante
che
entrambi necessitavano urgentemente di trovare un proprio equilibrio.
*********************************************
Buonasera
a tutte ragazze mie.
Devo
ancora scusarmi del ritardo : avevo detto che avrei aggiornato
regolarmente una
volta a settimana, possibilmente lo stesso giorno e... ho mantenuto
solo la
prima promessa.
Le
cose, se può interessarvi, stanno così : ho trovato lavoro, lunedì
comincio e
questa mia ultima settimana di vacanza l’ho passata in giro per Milano
(nonostante io volessi disperatamente trascorrerla spaparanzata sul mio
divano
a guardare la tv e a scrivere al PC). Insomma, tra colloqui, contratti
da
firmare, battesimi, ragazzo, amiche, compleanni e via dicendo non ho
trovato
prima il tempo di rileggere il capitolo e di ringraziarvi.
Di
fatto, la rilettura del capitolo è stata molto affrettata e anche i
ringraziamenti – che posterò qui di seguito – sono decisamente veloci.
Ho
preferito postare il capitolo credendo – forse sbagliando :D – che
preferiste
leggere come continuava la storia, invece che i miei scleri. No?
Un
abbraccio gigantesco, quindi, va a:
Deb (purtroppo
tesoro
non ho trovato il tempo di recensire FU, di leggere il nuovo capitolo e
di
apportare alla mia storia le correzioni che mi avevi suggerito nello
scorso
commento. Mi farò perdonare :D),
Midao (fare la
fine di
Sana direi che è pressoché impossibile, a meno che tu sia una pazza
scatenata e
che tu abbia un ragazzo ancora più fuori di te),
roby5b (ti
chiedo ancora
scusa per non aver aggiornato prima – come ti ho detto su FB – ho avuto
davvero
tanto da fare. Ma tu sei sempre la solita stella *.*),
Castiel (la
canzone dello
scorso capitolo doveva essere un’altra, ma poi anch’io ho pensato che
quella
fosse più appropriata. Devo trovare le colonne sonore per i prossimi
due
capitoli! E ne devo trovare tre, perché ti ho promesso che in uno ce ne
sarebbero
state due! Fidati di me!),
Queen
Alexia (grazie
mille! *.*),
ryanforever
(perdonami
tu per
non essere mai puntale. Comunque, parli ad una che ha voglia di Natale
trecento
sessantacinque giorni all’anno :D E il sosia di Akito io e Yesterday lo
andremo
a cercare a Tokio, tranquilla. Grazie mille per i complimenti sul
nickname),
nanuccia
(grazie
mille per
tutti i complimenti – sono cos’ felice di sapere di averti tirato su la
giornata *.* E quella canzone è anche una delle mie preferite),
Bettinella
(cioè,
tu ringrazi
me? Tu sei tutta matta ^^ Sono io che ringrazio te per la recensione
chilometrica e per tutte le cose belle che hai detto su Sana e sul mio
Akito –
sì, è mio),
Ili91 (grazie
per le
Preferite cara e anche, come al solito, per la tua recensione. Quando
cado nel
melenso, devo risollevarmi con un po’ di comicità. Sono contenta che tu
abbia
apprezzato questa peculiarità nello scorso capitolo (: ),
So smile
(grazie
infinite
carissima, e scusami per non aver ANCORA recensito le tue storie ._.
sono un
caso disperato!),
Smemo92
(allora, fai una
cosa : abbracciati fino a soffocare, perché è esattamente questo che
vorrei
fare io. Grazie, grazie mille per tutto quello che hai detto. Io cerco,
oltre
che raccontare di Sana e Akito – che a te piacciono così tanto e io ne
sono
stra-felice – di parlare anche dei loro amici perché per loro sono
importanti,
sono parte della loro vita e contribuiscono a far andare avanti la
storia.
Sarebbe come mangiare solo la cotoletta, senza le patatine fritte.
Sarebbe
buona lo stesso senza, ma con lo è di più, no? :D),
marypao (e, per
concludere,
ringrazio anche a te per le tue bellissime parole. La storia è sì agli
sgoccioli, altri due capitoli e ci salutiamo, ma tornerò presto con
un’altra
fiction – si spera!).
Come
al solito, ringrazio anche chi ha inserito la storia tra le Preferite,
le
Seguite e le Ricordate. I numeri continuano ad aumentare e io sono
tanto, tanto
contenta ^^
Adesso
tolgo le tende. Non posso darvi nemmeno il titolo del prossimo capitolo
per il
semplice fatto che ancora non ce l’ha. Direi che è perfetto, no? ._.
Buon
fine settimana a tutte ragazze mie e, se potete, lunedì mattina
pensatemi un
pochino (:
Gillywater
|
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Capitolo 10 *** We'll make it last ***
SHE IS
Capitolo 10
: We'll make it last
Flash
forward and
we're takin'
on the
world
together
And there's a drawer of my things
at your
place
You learn my secrets and you figure out
why I'm guarded (...)
You are
the best
thing that's ever been mine
Mine –
Taylor Swift
-Qualcuno
mi aiuti –
L’ormai
ben noto gruppetto di amici si soffermò ad osservare Hisae che stava –
nel
gergo – triturando un innocente tartina con salsa di tonno spalmata
sopra.
-Ti
serve aiuto a mangiare? – azzardò Fuka.
Marzo
era finalmente arrivato e con lui le belle giornate. Per festeggiare i
ragazzi
avevano organizzato una cena in grande, con ogni tipo di cibaria
possibile ed
immaginabile. Immancabile, ovviamente, la quintupla porzione di sushi
che Akito
aveva consumato ovviamente da solo, in religioso rispetto. E non perché
il
giorno in questione fosse santo o chissà cos’altro, quanto piuttosto
per quel
piatto che lui riteneva giusto e doveroso venerare.
Hisae
scosse il capo – No. Ho bisogno che qualcuno mi aiuti a trovare un
insulto
adatto da rivolgere a Gomi in questo momento –
L’intero
gruppetto voltò il capo verso la vetrata del salotto, che si affacciava
sulla
terrazza immensa. Gomi dava sfoggio di una maturità ineguagliabile.
Infatti
stava ricorrendo un innocente piccione, brandendo un forchettone – di
quelli
che si usano per girare la carne e che Hisae avrebbe utilizzato
volentieri per
ucciderlo – gridando dietro al poverino “Fermati,
che ti voglio cucinare”.
Nemmeno
il piccione potesse capirlo.
-A
volte mi chiedo che problemi abbia – disse Hisae scuotendo la testa e
muovendo
da una parte e dall’altra i riccioli d’oro profumati che aveva
sistemato
apposta per la serata.
-Penso
che Gomi sia un problema vivente – asserì Sana convinta, addentando un
boccone
di sushi che aveva rubato dal piatto del suo ragazzo.
-Ehi
– la rimbeccò quest’ultimo – Mangia dal tuo piatto –
-Sei
sempre il solito pedante –
-E
tu la solita scroccona –
Il
borbottio di Fuka andò, per una volta almeno, a favore di Sana –Senti
chi parla
–
Akito
si imbronciò e non proferì più parola. Sana si rabbuiò.
Qualche
giorno prima avevano litigato a causa del suo lavoro – sempre il solito
motivo
– e i due si rivolgevano a malapena la parola, nonostante Sana le
provasse
tutte per allentare la tensione.
Le
cose erano semplici : Sana doveva lavorare con Naozumi. E ad Akito,
ovviamente,
la cosa non andava giù. Era un po’ come lo sciroppo all’olio di fegato
di
merluzzo della nonna : si bloccava in gola e non ne voleva sapere di
scendere.
-Perché
non vai a recuperarlo? – propose Aya, alzandosi in piedi per andarsi a
sedere
sul più comodo divano. Ormai il suo bel pancione si intravedeva
distintamente
aldilà del velluto grigio del vestitino che aveva deciso di indossare
quella
sera. Per di più il fatto che l’abito fosse un po’ troppo corto per una
donna
nelle sue condizioni, aveva scatenato il malcontento di Tsuyoshi. La
nascita
della bambina era prossima e tutti non stavano più nella pelle.
-Ti
prego, vallo a recuperare – affermò quest’ultimo – Mi vergogno io per
lui... –
Hisae
sbuffò esasperata e si alzò dalla sedia diretta verso il terrazzo.
-
Ragazzi, io dovrei andare – costatò Fuka, dando una veloce occhiata al
suo
orologio da polso – L’ultima metropolitana è tra venti minuti –
Tsuyoshi
sbadigliò ed annuì – Hai ragione. Aya, forse è meglio che andiamo anche
noi. È
tardi e non ti fa bene stancarti –
Aya
sbuffò, ma alla fine, seppur controvoglia, si alzò a fatica dal divano
– E va
bene. Ti preoccupi così tanto per me, non potevi pensarci prima, è tutta colpa tua se sono in queste
condizioni – sbottò la ragazza, strappando letteralmente di mano a
Tsuyoshi la
giacca che le stava porgendo.
Sana,
Akito e Fuka rimasero letteralmente basiti, per non parlare dello
stesso Tsu,
che sembrava – decisamente – prossimo alle lacrime.
-Tesoro
– balbettò dopo un interminabile momento – Ma che stai dicendo? –
Aya
storpiò il naso e gli fece il verso – Tesoro, gnegnè –
sbottò – Piuttosto, vuoi che ce ne andiamo, no? Vedi di
muoverti –
Detto
questo si avviò verso la porta di ingresso e la spalancò, con
pochissima
eleganza – Allora? – lanciò un urletto, alla fine.
Fuka
scoppiò in una debole risatina e si coprì la bocca con la mano – Aya
tesoro,
avviamoci – le disse divertita, per poi raggiungerla e prenderla a
braccetto.
-Tsuyoshi,
tesoro – berciò Aya, intonando quel “tesoro”
in modo che sembrasse più che
altro un insulto – Muoviti –
Fuka
ingranò – Sì, Tsuyoshi. Una mossa –
Il
poveretto – sotto lo sguardo sempre più allucinato di Sana e Akito –
sbuffò
esasperato e disse – Arrivo, arrivo –
Le
ragazze si avviarono verso l’ascensore e Tsuyoshi si affrettò a
raggiungerle.
Quando fu sulla porta di casa, si voltò verso i suoi amici e aggiunse –
Scusatela. Gli ormoni... –
E
poi sparì.
Sana
rise e scosse il capo, concentrandosi su un’innocente foglia di
insalata,
ancora abbandonata nel suo piatto, quando Akito parlò. Spiazzandola.
-Donne
e ormoni. Che accoppiata – costatò, l’ombra di una risata tra le sue
parole.
Sana
si alzò in piedi e mise le mani sui fianchi – Ehi – ribatté – Aya ha
una creatura
dentro di sé e Tsuyoshi la stanca in maniera assurda. Mi pare legittimo
da
parte sua incavolarsi, no? –
Akito
fece spallucce – Io ho visto solo che l’ha trattato malissimo, senza motivo –
-Senza motivo? Aya è stanca – ribadì il
concetto – E Tsuyoshi non migliora la situazione –
Akito
si irritò – Lui si preoccupa solo per
lei. E lei... – si fermò a pensarci su – Lei non se ne rende
conto –
Sana
inclinò il capo da un lato per far in modo che i suoi neuroni facessero
contatto e l’aiutassero a formulare un pensiero di senso compiuto. Poi
si
raddrizzò, strinse i punti e seccata sbottò – Certo che se ne rende conto. Ma lui pretende da lei
delle cose assurde –
Akito
si domandò per un secondo se stessero ancora parlando solo
di Aya e Tsuyoshi. Giusto per un secondo, però, poi ribatté –
Ah si? Quali cose assurde? –
Sana
spalancò gli occhi – Non apparecchiare la tavola. Non lavare i piatti.
Non
toglierti la giacca – si bloccò e si concesse una pausa, molto, ma
molto,
eloquente – Ma stiamo scherzando? – domandò, retorica, infine.
Akito
scosse il capo – Lo trovo premuroso –
Sana
gli si avvicinò – Io lo trovo assurdo
–
Entrambi
se ne resero conto : no, decisamente non stavano più parlando dei loro
amici.
Stavano
a dieci centimetri l’uno dall’altra e si guardavano negli occhi, con la
paura
di compiere anche un solo passo verso l’altro. Come due perfetti
idioti.
Finché
Sana parlò – Non puoi chiedermi di lasciare il mio lavoro. È assurdo –
Akito
annullò la distanza tra i loro corpi e le posò le mani sui fianchi –
Non voglio
dare a un imbecille qualsiasi, nel nostro caso Kamura,
un pretesto per saltarti addosso. È premuroso –
Sana
gli passò le braccia intorno al collo;
pochi centimetri dalle sue labbra gli sussurrò – Sei soltanto
un idiota –
Sana
lo baciò e Akito la strinse ancora di più a sé, facendole compiere un
mezzo
giro su se stessa. Un urlo secco li
interruppe ed entrambi si voltarono verso il balcone.
-
Gomi sei un cretino –
-
Io? Ma piantala, sei tu che hai paura di uno stupido
uccello –
-
Lo stupido uccello se ne sarebbe
andato via, se solo tu non lo avessi provocato –
-
Guarda che lui ha capito che stavo solo giocando.
Di fatti se l’è presa solo con te, sai perché? –
-
Oh, sentiamo. Perché mai? –
-Perché
ha percepito la tua diffidenza! –
-
Oddio, Gomi! Ti rendi conto che stai parlando di un uccello?
–
-
Certo. Oh, ragazzi... –
Il
duetto parve finalmente accorgersi di Sana e Akito, mezzi intontiti,
per via
del bacio di qualche attimo prima – incredibile come solo un bacio
fosse in
grado di farli partire per un altro pianeta – che li fissavano,
indecisi se
essere arrabbiati o sconvolti.
-
Diteglielo – li interpellò Gomi – Diteglielo, a questa pazza,
che gli uccelli sono intelligenti –
Sana
si scostò da Akito e si rivolse al suo amico – Gomi, veramente noi... –
Hisae
sbuffò – Sei davvero un cretino, non
vedi che li hai interrotti. Ragazzi, scusateci, togliamo subito il
disturbo –
concluse, afferrando l’idiota... Ehm,
Gomi per un braccio e trascinandoselo dietro.
-Ma
veramente io... –
-Taci!
–
Una
volta che la porta di casa si fu chiusa – definitivamente? – Akito
spiccò una
corsa olimpica in sua direzione. Diede quattro mandate con la prima
chiave, con
la seconda, serrò lo spioncino, sistemò il chiavistello e – se solo ci
fosse
stata – sicuramente avrebbe digitato anche il codice segreto per
sigillare la
porta stessa.
Sana
rise – Ma che fai? – gli domandò .
Akito
si girò furioso verso di lei – Senti. Questa è anche
casa mia adesso,
giusto? – ringhiò, avvicinandosi alla sua ragazza – Bene – si rispose
da solo –
Allora voglio un certo potere decisionale in merito a chi mette piede
in casa
mia – continuò posandole, di nuovo, le mani sui fianchi – Non voglio
essere
interrotto quando ti bacio –
Ancora
ridendo, Sana si lasciò accarezzare le labbra da quella bocca – tanto amata, tanto odiata, tanto desiderata –
così dolce.
Quando
si scostarono, lo guardò negli occhi e dopo un lungo istante sussurrò –
Potere
accordato –
Giusto
in quel mentre, il campanello suonò e Akito pronunciò un’imprecazione
davvero
irripetibile.
-
Non ho alcuna intenzione di aprire – mormorò, tornando a baciare Sana.
Una
cascata di pugni cominciò ad abbattersi sulla porta – a Sana ricordò
terribilmente la scena di qualche mese prima. Il primo bacio suo e di
Akito
dopo tre anni di astinenza.
-
Akito, Sana! – urlò una voce che entrambi riconobbero come quella di
Tsuyoshi –
Ad Aya si sono rotte le acque. Dobbiamo andare in ospedale –
Senza
nemmeno pensarci, Sana e Akito afferrarono la giacca e corsero fuori.
Akito
pensò proprio che la figlia di Aya e Tsu, un giorno, gliel’avrebbe
pagata.
*
-
Stammi lontano, schifoso maschio ipocrita –
Aya
era stata sempre una ragazza composta, dolce e sensibile. Evidentemente
la
gravidanza, oltre ad averla irrimediabilmente provata, aveva avuto un
impatto
alquanto negativo sulla sua bella personalità.
I
ragazzi erano rimasti un bel po’ nella stanza di Aya, facendole
compagnia e
godendosi ogni singolo insulto che rivolgeva all’esasperante – ed
esasperato - Tsuyoshi.
Il
poverino aveva le lacrime agli occhi, ma quando incontrava lo sguardo
di uno
dei suoi amici sorrideva, dicendo – Avevo messo in conto anche questo –
Purtroppo,
ad un certo punto, una dottoressa vecchia e acida, con il naso adunco e
i
capelli raccolti in una treccia, li aveva cacciati via dicendo che
erano in
troppi.
Adesso
se ne stavano in sala d’attesa e Gomi leggeva un giornale sportivo, ma
non
sembrava capirci molto. Di tanto in tanto lanciava occhiate preoccupate
all’indirizzo della sala parto e sospirava.
-
Secondo voi a Tsu verrà una crisi esistenziale sentendosi insultare in
questo
modo? –
Fuka,
sigaretta (ovviamente spenta) tra le dita della sinistra, sorseggiava
con
studiata tranquillità un caffè – Potrebbe darsi. Sempre che non perda
la testa
prima, quando vedrà la bambina –
In
quel momento un urlo acuto ruppe l’aria e Aya insultò ancora il povero
fidanzato – Tu, maledetto bastardo, te lo puoi anche solo sognare di
avvicinarti ancora alla sottoscritta, dopo stasera –
-
Hai perfettamente ragione, tesoro, ma adesso devi spingere più forte
che puoi –
gridò Tsuyoshi, sovrastando la voce di Aya. Sembrava che stesse
piangendo.
- Spingi la tua testa nel water e poi tira
l’acqua! – gridò Aya, ansimando.
Un
crack molto sinistro echeggiò nell’aria e poi...
-
Mi ha rotto una mano! Mi ha rotto una mano! – urlò la voce di Tsuyoshi.
Gomi
impallidì – Ma fate tutte così quando partorite? – domandò
all’indirizzo delle
ragazze.
Fuka,
Hisae e Sana – che in quel momento se ne stava seduta sulle gambe di
Akito, con
la testa abbandonata sulla sua spalla – lo guardarono non male. Di più.
-
Oh cara – disse Tsu a voce alta – Non hai idea di quanto io stia
soffrendo – (*)
Seguì
un lungo silenzio, molto eloquente e poi Tsuyoshi gridò di nuovo –
Amore,
spingi –
Numerose
urla rimbombarono per l’ospedale, nuovi insulti, nuovi incoraggiamenti
e nuovi
rumori, sempre più sinistri.
Probabilmente
Aya era riuscita nell’impresa di fare Tsuyoshi a pezzi.
In
quel momento la futura neo mamma comunicò a tutta Tokio e dintorni che
la madre
di Tsu, come mestiere, faceva la passeggiatrice
professionista. Giusto per essere eleganti.
-
Ho appena deciso che non avrò mai un figlio – disse Fuka seriamente.
Persino
lei, donna tutto d’un pezzo, sembrava sconvolta in quel momento.
Akito
strinse ancora di più Sana a sé e mormorò, in modo tale che solo lei
potesse
udirlo – Tanto meglio. Un Matsui in meno sulla faccia del pianeta –
Sana
sorrise.
Improvvisamente
il suo cellulare squillò e la ragazza si alzò in piedi.
-
Scusate – disse, assonnata, rivolta agli amici – Vieni con me? –
domandò poi ad
Akito, che annuì.
Insieme
si allontanarono velocemente verso una finestra di un corridoio
antistante.
Passando davanti alla sala parto, Aya li deliziò ancora con la sua voce.
-
Disgustoso stronzo schifoso... –
*
Akito
odiava il lavoro di Sana. Dopo più di dieci anni che la frequentava -
inizialmente come amici, sempre che lo fossero mai stati, e poi come
fidanzati
- il concetto era ormai talmente calcificato che nemmeno martello e
scalpello
avrebbero potuto intaccarne l'estrema solidità.
Odiava
la televisione, i riflettori e tutti quelli che facevano lo stesso
lavoro della
sua donna.
Insomma,
finge la vita di qualcun'altro - l'attrice - che cosa assurda, c'è già
così poco tempo per vivere la propria,
di vita, per quale assurdo motivo cercare di risolvere quella di un
altro
personaggio - peraltro inventato. Così diceva lui.
Anche
in quel momento, mentre Sana stava al telefono con il signor Rei – che
proprio
non aveva potuto fare a meno di telefonarle nel cuore della notte –
tutto
quello che riuscì a fare fu costringersi a non strappare in mille pezzi
il
copione – di Sana, ovviamente – che stringeva tra le mani.
La
ragazza l’aveva tirato fuori dalla borsa mentre parlava, gli aveva dato
un’occhiata e poi aveva cominciato a
sbraitare qualcosa in merito ai costumi. O al trucco. O a qualche altra
diavoleria. Poi l’aveva passato ad Akito, che avrebbe tanto voluto
correre in
bagno, buttarlo nel cesso e tirare lo sciacquone – proprio come aveva
consigliato di fare Aya a Tsu con la sua testa.
Non
riuscendo a trattenersi, sfogliò distrattamente alcune pagine : dopo
aver letto
appena un paio di battute, non solo gli si rizzarono i capelli sulla
testa, ma
desiderò uccidere qualcuno – chiunque fosse, andava bene – come mai
aveva
desiderato in tutta la sua vita.
Quando
Sana pigiò il tasto rosso sul suo telefonino e chiuse la chiamata, gli
si
avvicinò, l’espressione molto testa e arrabbiata in volto.
Ovviamente,
Akito in quel momento aveva altro a cui pensare.
-
Hasato io ti amo e non posso vivere
senza di te -
Akito
decisamente faceva pena come attore. Fortuna che la sua sopravvivenza
non
dipendeva da quello.
Certo,
il fatto che, copione di Sana stretto in mano, stesse leggendo ed
intonando le
sue battute con ironia, poteva - forse - influire in qualche modo sulla
recitazione.
Ma
neanche poi tanto.
Una
risata che sembrava molto di più il latrato di un cane e riprese -
Voglio fare
l'amore con te. Non lasciarmi sola stanotte -
Con
faccia disgustata - giusto per usare un eufemismo e non scendere nei
dettagli,
per decenza - Akito storse il naso e lanciò il copione su un seggiola
lì vicino
- E ti pagano così tanto per dire queste porcherie? - domandò secco.
Sana,
ancora livida per la telefonata di poco prima, sbottò soltanto - Oh che
noia
Akito, non cominciare -
Serve
a qualcosa specificare che lui nemmeno l'ascoltò? Chiaramente...
-
No - riprese lui - Sto parlando seriamente. E poi, siamo onesti, a
Kamura
esploderà il cuore quando gli dirai tutte queste paroline dolci -
scherzò,
divertito fino ad un certo punto.
Sana
sbuffò nuovamente - Basta adesso -
Akito
annuì - Hai ragione. Più che il cuore, sarebbe meglio se esplodesse lui
-
Dopo
di che inscenò un teatrino degno di merito : dopo un "puff" molto
scenografico - che doveva rappresentare l'esplosione del povero Naozumi
- Akito
si lasciò cadere per terra come un sacco di patate, imitando la morte
del
suddetto.
Una
coppia di arzilli vecchietti gli passò accanto e lo guardò come se non
fosse
propriamente normale : come biasimarli?
Sana
rimase a fissarlo perplessa e con un sopracaglio inarcato – Hai finito?
– gli
domandò secca alla fine.
Akito
tornò a sedersi, sul pavimento, e si finse offeso - Ma come? Non ti è
piaciuto?
- si lamentò - Guarda che Kamura non è l'unico che può recitare, qui -
riprese
con un ghigno - Ti ho appena fatto vedere che sono capace anch'io -
Sana
si puntò le mani sui fianchi – Akito sei noioso, dico davvero. Devi
veramente
finirla di essere così geloso di Naozumi – inclinò il capo da un lato e
riprese
– Disgraziatamente adesso sto insieme a te e, se solo tu me lo
permettessi, vorrei continuare a starci. Quindi
piantala, per piacere! –
Akito,
sguardo - finto - innocente
di un bimbo colto in fallo, sbatté
un paio di volte le palpebre e poi protestò – Io non sono geloso –
Sana
constatò quanto, di un discorso lungo, logico e pieno di buoni
propositi, i
maschi fossero in grado, sempre, di captare solo i particolari meno
rilevanti.
Uomini.
-
Ma fammi il piacere. Potrei anche crederci, se solo fossi un tantino
più
convincente e poi – si interruppe per puntargli un dito contro – sei tu
che
tutte le mattine mi fai una scenata perché devo incontrarmi con Kamura
agli
studi. Lasciatelo dire, Hayama, sei ridicolo
–
Fu
a quel punto che la discussione prese una piega completamente diversa.
Akito
si alzò in piedi, l’aria divertita di pochi attimi prima,
improvvisamente
scomparsa – Cosa sarei io? –
Sana
fece una smorfia eloquente – Hai capito benissimo –
Il
ragazzo strinse i pugni lungo i fianchi e, quando parlò, la sua voce
vibro di
rabbia. Di tanta rabbia – Io sono ridicolo,
eh Sana? – le domandò, aggressivo – Io,
che sarò costretto a vedere l’ennesimo film smielato tra te e quell’idiota – Akito soppresse i
tentativi di protesta di Sana, quando sentì definire il suo amico
un’idiota – E
mi ritroverò davanti la scena a cui ho assistito negli ultimi tre anni
della
mia vita, sarei ridicolo? –
Sana
rimase in silenzio, giusto un secondo per concedergli – e concedersi – di chetare la rabbia spropositata
che avevano dentro. Entrambi.
Poi
esplose – Ti ho già detto mille volte che questo è il mio lavoro. Per
me le
parole e le mosse scritte sul copione, non hanno nessun significato. Ma
forse –
inarcò le sopracciglia, cominciando a provocare
- Dietro a questo tuo comportamento dovrei leggerci una totale
mancanza
di fiducia da parte tua. Cosa dici? –
E
Akito la pronunciò.
Quella
conferma, che in una discussione come questa non andrebbe mai data, che
mette
in dubbio la solidità di tutto il palazzo, lasciando le persone a
chiedersi se,
forse, non ci sia qualcosa che non va
nelle fondamenta stesse.
-Può darsi – le rispose soltanto.
Sana
era senza parole. La rabbia era improvvisamente scomparsa, non era
nemmeno
delusa dalla reazione del suo ragazzo, che qualche mese prima – per
l’appunto –
le aveva fatto scoppiare il cuore con una tacita proposta che li
avrebbe legati
l’uno all’altra in eterno.
-
Bene – sbottò dopo un lungo attimo – Benissimo.
Se è così allora cos’altro ho da dirti? Vattene Akito. Vattene, è
meglio
davvero –
Rimasero
immobili, a cinquanta centimetri esatti di distanza, a fissarsi negli
occhi,
cercando di capire il significato esatto di quelle parole.
Poi
Akito scrollò le spalle.
Poi
Akito infilò, con fare ribelle, le mani in tasca.
Poi
Akito, dopo aver lanciato un veloce sguardo a Sana – nessuna scusa era
rimasta
intrappolata tra quelle ciglia – le voltò le spalle e se ne andò lungo
il
corridoio.
Proprio
come aveva fatto tre anni prima.
I was a
flight
risk, with a fear of fallin'
Wonderin' why we bother with love
if it never lasts
Mine – Taylor Swift
*
Akito
se ne stava con i gomiti appoggiati al davanzale di una finestra.
Guardava
fuori, assorto, gli alberi che cominciavano a fiorire.
Aveva
sempre pensato che la primavera non gli dispiacesse. Ed era così.
In
compenso odiava l’autunno.
Scrivo
il tuo nome
senza il mio,
oggi nel
giorno
dell’addio,
anche se
inevitabile,
mi
chiedo ancora
adesso,
“sono
pronto a
perderti,
a
rinunciare a te?”
Cielo e Terra - Nek
L'odio
che nutriva
nei confronti di Naozumi Kamura non era un semplice vezzo, un
passatempo
divertente con cui intrattenersi nei momenti di noia.
No, non
era
semplicemente quello.
Dopotutto
doveva
pur mangiare, almeno così gli avevano detto quelle poche persone che
aveva
accettato di incontrare in quegli ultimi due mesi, che avevano scandito
giorno
dopo giorno ogni attimo passato lontano da lei.
E non la
vedeva da
secoli.
I
polmoni si
stringevano nel suo corpo e aveva spesso avuto l'impressione che
respirare
fosse diventato improvvisamente difficile. Impossibile. E forse anche
un bel
po’ inutile.
Senza
respiro cerco
te,
senza
respiro e
sento che
non c’è
un
colpevole, lo sai?
Né un
innocente
solo
Cielo e Terra - Nek
Era un
giorno come
un altro, c'era il sole e le foglie sugli alberi avevano cominciato ad
ingiallire già da un bel pezzo, lasciandosi poi cadere ai piedi degli
alberi e
formando un folto tappeto con sfumature gialle e rosse.
Osservava
quello
spettacolo della natura, non riuscendo a vederlo per davvero.
Alzò lo sguardo e un secondo dopo avrebbe
preferito non averlo fatto.
Lei gli
stava
davanti, bella come non se la ricordava, i capelli lasciati sciolti che
catturavano ogni raggio di luce che il sole ancora regalava.
Si era
fermato senza
nemmeno rendersi conto del suo gesto. E qualcosa dentro di lui gli
suggeriva
che fosse solo questione di secondo prima che lei si accorgesse di lui.
Stringeva
tra le
mani i sacchetti della spesa. Le mani erano strette a pugno. Granito,
non
pelle.
Lei non
era da
sola, stava ridendo alle parole di qualcuno alle sue spalle.
Un
ragazzo alto,
dai capelli e gli occhi chiari, che con la sua semplice presenza
attirava un
sacco di sguardi curiosi e innamorati. Ragazzine idiote che sospiravano
a pieni
polmoni.
Se non
l'avesse
riconosciuto sarebbe stato meglio.
Un
raggio di sole
gli colpì gli occhi, spostò di nuovo lo sguardo su Sana e finalmente si
accorse
che lei lo stava fissando a sua volta.
Vide il
sorriso
sulle sue labbra cancellarsi poco a poco, come la gomma su un foglio di
carta
che elimina le tracce del passaggio di una matita.
Alzò una
mano per
salutarlo e lui ricambiò con un cenno del capo.
Chissà
cosa stava
provando lei quel momento, quali pensieri correvano dietro quegli occhi
scuri
che ora cercavano di sfuggirgli.
Chissà
se anche
lei, dentro, si sentiva morire come lui al pensiero di non poterla più
avere.
E ancora
per un attimo,
tra noi
lo stesso
battito,
quell’impressione
che di nuovo sia
ancora
una volta...
Cielo e Terra - Nek
-
Akito? – una voce lo chiamò timidamente.
Subito
dopo, la mano gentile di Tsu si depositava sulla sua spalla. Akito si
voltò
nella sua direzione e l’osservò per un momento.
Aveva
la mano destra fasciata, l’espressione del viso stravolta, ma era
davvero
felice. I suoi occhi non tradivano mai.
-
E’ nata la bambina? – domandò secco Akito, senza nemmeno preoccuparsi
di come
stesse il suo amico, a cui Aya aveva gentilmente polverizzato le ossa.
Tsuyoshi
scosse il capo – No. Non è nata la bambina. È nato un maschio –
Hayama
inarcò un sopracciglio – Ma come... –
-
Non so, avranno sbagliato le analisi, penso –
Akito
sospirò e tornò a guardare fuori dalla finestra.
-
Senti... Io devo dirtelo – disse Tsuyoshi, l’aria grave in viso – Sana
si è
sentita male –
Il
ragazzo si voltò di scatto e guardò l’amico in viso, con gli occhi
sbarrati.
-
Cosa? –
-
Ci ha detto che avete discusso, ha avuto un giramento di testa ed è
svenuta.
Fortuna che siamo in ospedale, adesso i medici si stanno prendendo cura
di lei
– concluse, con un sorriso.
Evidentemente,
Tsu ritenne di essere tranquillizzante, perché cominciò a farneticare
qualcosa
a proposito del bambino, che aveva gli occhi di Aya, ma che era
identico a lui.
Akito
lo bloccò subito – Portami da lei – gli ordinò.
E
dopo un secondo di smarrimento, Tsuyoshi annuì e si avviò lungo il
corridoio.
*
Sana
era seduta sul letto con un fagottino azzurro tra le braccia.
-
Ciao Jo – lo salutò con una voce dolce – Oh Aya, è bellissimo – (**)
Fuka
sorrise al piccolo che dormiva beato e si sporse un po’ sulla spalla di
Sana
per poterlo guardare bene in faccia – Sì è bellissimo. Anche se non è
una
femmina e assomiglia a Tsuyoshi come una goccia d’acqua –
Aya
ridacchiò. Era seduta su una sedia a rotelle e, non appena aveva saputo
che
Sana si era sentita male, aveva mosso mari e monti per andarla a
trovare.
Quando
l’amica aveva riaperto gli occhi, lei e il suo bambino erano state le prime
persone
che aveva visto. E aveva sorriso.
-
Hai deciso di cadere a terra come una pera cotta proprio oggi, eh? –
Aya prese
in giro Sana, congratulandosi per il suo solito tempismo.
Hisae
sbuffò – Sono secoli che le dico di farsi vedere – borbottò, allungando
le mani
verso Sana per prendere in braccio il piccolo Jo – Continua a star male
–
Alla
fine, la ragazza regalò un sorriso particolarmente ebete al piccolo che
riposava placidamente tra le sue braccia esili.
-
Dov’è finito Gomi? – le domandò Sana, notando la mancanza di qualcuno.
Hisae
sbuffò ancora – Ha detto che non gli andava di entrare perché siamo
tutte donne
– spiegò – Credo che arrivati a questo punto possa solo peggiorare, no?
–
Le
amiche risero.
All’improvviso
Aya si fece seria – Allora, Sana. Ci vuoi dire cos’è successo tra te e
Akito?
Perché avete litigato? – chiese.
Sana
rimase per un momento a fissare le lenzuola bianche del letto su cui
era
seduta.
Se
fosse entrata l’infermiera l’avrebbe costretta a sdraiarsi, perché
ancora
troppo debole : quando prima le avevano fatto il prelievo di sangue,
Sana si
era sentita, se possibile, peggio. Lei e gli aghi proprio non andavano
d’accordo.
-
Allora? – incalzò Fuka.
-
È sempre la solita storia, che si può riassumere in
tre semplici parole : lavoro, Naozumi,
gelosia. Gelosia immotivata, aggiungerei – spiegò con un tono di voce
stanco.
Le
sue amiche si lanciarono veloci occhiate e lasciarono che a parlare
fosse Fuka.
-
Senti Sana – cominciò, secca come una bastonata in testa – sarò molto
breve e
schietta. Akito ha paura di perderti. Tre anni fa lui era geloso di
Kamura. Vi
siete lasciati e poi... Ricordi cos’è successo? – domandò acida – Con
quel
damerino ti ci sei messa insieme – rispose al posto di Sana – Quindi
non dire
che la gelosia di Akito è immotivata. A te, ora come ora, Naozumi potrà
non
interessare. Ma tu a lui piaci Sana. Lo sappiamo tutti e anche te.
Quindi, se
potessi darti un consiglio, ti direi di stargli alla larga, se puoi –
Aya
annuì con vigore.
Hisae
se ne infischiò altamente della bella morale di Fuka e cominciò a
cullare Jo,
percorrendo a piccoli passi la stanza di Sana.
-
Ha una paura folle di perderti – confermò Aya, annuendo e allungando
una mano
per accarezzare il viso di Sana – Quando vi siete lasciati, un giorno
io e Tsu
siamo andati a trovarlo a casa sua. Non mangiava, non dormiva, non si
lavava...
–
Hisae
parve disgustata da quell’ultima notizia.
-
Cerca di venirgli incontro, Sana. Adesso vi siete ritrovati. Non potete
rovinare tutto, di nuovo – mormorò Aya, abbassando lo sguardo.
Prima
che Sana potesse dire alcunché, entrò la dottoressa con una grossa
cartella
medica tra le mani – Ho qui i risultati delle analisi –
Calò
il silenzio, interrotto soltanto da una breve risatina di Sana, che
evidentemente si faceva beffe della propria salute – Ebbene? – domandò.
La
dottoressa parve incerta, non sapeva se fosse conveniente o meno
parlare
davanti a tre sconosciute più il bambino.
Sana
sbuffò – Sono mie amiche. Può confermarmi che ho avuto solo un banale
calo di
zuccheri dovuto alla stanchezza, davanti a loro? Così la pianteranno di
tormentarmi l’anima –
La
dottoressa scambiò uno sguardo feroce con Hisae, che la stava guardando
come se
fosse stata un insetto ripugnante e poi parlò – Lei è incinta. Già da
tre mesi
a dire il vero, non capisco come abbia fatto a non rendersene conto
prima. Congratulazioni – disse, mentre un
gigantesco sorriso compariva sul suo viso.
A
questo, risposero solo quattro bocche spalancate.
Poi
Jo cominciò a piangere.
*
-
Posso entrare? –
Sana
fece un cenno brusco del capo. Se ne stava seduta sul davanzale della
finestra
della sua stanza e fissava fuori.
Akito,
poteva vederlo dal riflesso del vetro, se ne stava in piedi accanto al
suo
letto, contorcendosi nervosamente le mani, come in preda ad uno spasmo.
-
Tsuyoshi mi ha detto che... –
-
Che cosa vuoi Akito? – lo interruppe bruscamente, voltandosi verso di
lui per
guardarlo in faccia. Lui abbassò gli occhi, colpevole, e scosse il capo.
-
Sapere come stai –
-
Incinta –
-
Ah –
Non
aveva accennato nessun segno di sorpresa, non aveva spalancato gli
occhi e
nemmeno la bocca, non aveva cominciato a gridare e non le aveva nemmeno
chiesto
come fosse possibile. Infine, non si era nemmeno dimostrato felice per
la
notizia.
-
È tutto quello che hai da dire? – domandò caustica Sana. Quando Akito
non
rispose, lei proseguì – Adesso ti spiego come ci si dovrebbe comportare
in
queste situazioni. La maggioranza di voi maschi sviene. O urla. O si
spaventa.
O domanda con aria sconvolta come può essere successo – fece una pausa
significativa. Come se ci fossero poi tutti questi modi di concepire un
bambino
– Poi ci sono quelli che sono felici della notizia, come lo fu Tsu
all’epoca.
Ecco, a quel punto, di norma, si sorride, si scoppia in lacrime e si
comincia a
dire cose senza senso – era talmente arrabbiata. Eppure, poche decine
di minuti
prima, la dottoressa le aveva detto che era meglio evitare forti
emozioni.
Rabbia inclusa – Ho dimenticato qualcosa? – si domandò, fingendo di
pensarci –
Ah, ma certo. Poi ci sei tu. Tu non dimostri emozioni nemmeno quando
ricevi
questo genere di notizie. Già perché, per la cronaca, tu sei il padre
di questo
bambino, Akito –
Rimase
in silenzio, ansimando, attendendo una risposta. Doveva calmarsi,
doveva
respirare, doveva regolarizzare il battito del suo cuore.
Non
che fosse possibile – o forse sì? – ma sentiva che qualcosa dentro di
lei
soffriva per quella situazione.
-
Tu come hai reagito? – domandò Akito ad un certo punto.
Sana
rimase spiazzata. Lo fissò diffidente – Ho avuto una paura pazzesca
perché mi
sono sentita sola – ammise candidamente – Tu te n’eri andato, di nuovo – precisò infine.
Fu
come averlo schiaffeggiato più volte. Vide Akito barcollare, prima di
avvicinarsi precipitosamente verso di lei.
-
Io non voglio che tu muoia –
Okay,
quello sì che riuscì a sorprenderla per davvero. Strabuzzò gli occhi e
lo
guardò come se fosse stato pazzo – Ma che dici? – sbottò, seccata.
Lui
alzò lo sguardo per permetterle di studiargli gli occhi. E lei capì.
“ Mia
madre è morta
dandomi alla luce”.
Sembrava ieri quando Akito le disse quella scomoda verità, che aveva
fatto di
lui un demonio. E un bambino infelice.
Si
sentì un macigno sprofondare sull’anima e si maledì per essere stata
così
fredda con lui, poco prima.
Sana
si alzò in piedi, gli andò incontro e lo abbracciò forte. Non passò
molto prima
che le sue braccia corsero a stringerla intorno alla vita.
-
Oh Akito – sospirò Sana – Andrà tutto bene. Quello che è successo a tua
madre è
stato terribile, ma... Lei era molto cagionevole, ricordi? (***) Io sono sana e forte – gli
spiegò ridacchiando.
Sentì
le spalle di Hayama rilassarsi sotto le sue mani.
-
Sul fatto che tu sia forte avrei da ridire qualcosa – borbottò Akito,
scostandosi da lei per poterla guardare negli occhi.
-
Hayama, senti... –
-
No stammi a sentire tu. Io mi fido di te, davvero. È solo che Kamura ti
gira
intorno come un cane in calore e a me non va giù. Okay, sono geloso –
ammise,
sorprendendo Sana e facendola sorridere – Ma io mi fido di te – ripeté,
spalancando gli occhi come a voler essere più credibile.
Sana
si crogiolò per un attimo in una sensazione piacevole : Akito era
geloso e in
più si fidava di lei. Due ammissioni in un colpo solo, quando mai
sarebbe
ricapitato?
Si
riprese bruscamente dopo un po’ – Comunque io stavo per dirti una cosa,
prima
che mi interrompessi
-
Ho chiamato Rei. Io... non reciterò più con Naozumi in quel film.
Anzi... Per
un po’ mi prenderò una pausa dal mondo dello spettacolo, esclusa la
trasmissione pomeridiana –
Akito
rimase a fissarla incredulo per alcuni secondi.
-
E’ per quello che ti ho detto io? – domandò, indecifrabile.
-
Anche – ammise Sana – La realtà è che ho capito cosa è più importante
per me –
Braced
myself for
the goodbye
'Cause that's all I've ever known
Then you took me by surprise
You said, "I'll never leave you alone"
Mine – Taylor Swift
Akito
stette zitto per un lungo istante e poi le si avvicinò. Allungò la mano
destra
per accarezzarle la pancia – Quindi... è vero? – domandò.
Sana
inarcò un sopracciglio – Presumo di sì -
Il
ragazzo si inginocchiò ai suoi piedi, le sollevò di un po’ la maglietta
e posò
un orecchio sulla sua pancia – Sento qualcosa – sussurrò.
A
Sana venne il magone – Davvero? –
-
Sì – lo vide ghignare e fissarla negli occhi beffardo – Sento il tuo
stomaco
che brontola. Hai fame Kurata? –
Prima
che Sana riuscisse ad insultarlo, a picchiarlo, a ucciderlo, come si
sarebbe
ampiamente meritato, Akito parve realizzare qualcosa che fino a quel
momento
non aveva ancora preso in considerazione. L’afferrò bruscamente per un
braccio
e la costrinse a sedersi sul letto della stanza.
-
Tu non devi stare in piedi – sbottò – Devi stare a riposo –
Sana
si sentì spingere con non poca delicatezza verso il guanciale e poi una
leggera
coperta di cotone bianca le venne tirata fino al naso.
Si
inalberò – Non diventerai il Tsuyoshi della situazione adesso? – sbottò
contrariata.
Akito
la ignorò completamente – Taci – le ordinò – Se lui sta dormendo lo
sveglierai
con queste tue urla da gallina –
Sana
chiuse gli occhi e sorrise. Sopportare un Hayama così per i sei mesi a
seguire
non sarebbe stato affatto facile, l’avrebbe coccolata e viziata (a modo
suo,
ovviamente) fino all’esasperazione.
Ma
ad essere completamente sinceri, a Sana non dispiaceva per niente.
Hold on,
we'll make
it last
Hold on, never turn back
(…)
Hold on,
do you
believe it?
Hold on, we're gonna make it now
Hold on, and I can see it
Mine – Taylor Swift
*********************************************************************
(*)
Frase
ripresa dalla
nona stagione di Friends. Il contesto era esattamente identico e
ovviamente non
ho potuto non ridere.
(**) Dato che
in giapponese non ho trovato nessun nome che
per assonanza potesse ricordare quello di “Giada”
, la meravigliosa bambina di una mia amica, ho optato per Jo.
Quindi il bimbo di Aya e Tsu è un omaggio alla mia
stellina.
(***) Mi pare
che lo
dicesse Tsuyoshi a Sana in un episodio dell’Anime.
Devo
scusarmi.
Non
c’è alcun tipo di dubbio in merito, devo assolutamente scusarmi con
tutte voi
lettrici meravigliose per l’atroce ritardo con cui aggiorno.
La
verità, sempre che a questo punto vi interessi, è che finalmente ho
trovato un
lavoro che mi piace, dove vengo trattata come un essere umano e non
come uno
straccio (lunga, lunghissima storia). Questo è il pro, il contro è che
alla
sera quando arrivo a casa sono davvero stanchissima – senza contare
che, ad
onor del vero, ultimamente a casa ci sono stata pochissimo, tra
dentisti,
spese, commissioni e affetti a cui proprio non posso rinunciare e
mettere da
parte.
Stamattina
mi sono detta “aggiungi le due canzoni che devi aggiungere e posta”.
Dico
davvero, alcune sere il PC nemmeno lo accendo perché mi viene il
rigetto –
pensate, otto ore di lavoro ormai si svolgono davanti ad un computer e
quindi
meno lo vedo per il resto del tempo e
meglio è.
A
proposito delle canzoni, una citazione particolare va a “Cielo e Terra”
di Nek che
per me ha significato molto in un periodo non proprio felice della mia
vita. O.O oddio quanto sto invecchiando! :D
Tanto
per dirne una, oggi è sabato ma devo già uscire (la mia vita è come la
pubblicità della Fiesta ultimamente) e perciò non riesco nemmeno a
postare i
ringraziamenti per le vostre recensioni stupende.
Il
prossimo capitolo è l’ultimo e quindi ci saranno, promesso – anche
perché,
direi, nell’ultimo capitolo i ringraziamenti sono obbligatori, o no?
Comunque
sia vorrei che ryanforever, roby5b, dancemylife, Deb, So smile,
Bettinella, Midao, Ili91,
Castiel (due canzoni nel
testo, apposta per te), Smemo92
e Lisa Lawer si stritolassero con le
proprie braccia immaginando che sia
io ad abbracciarle, con tantissimo affetto per la pazienza che trovano
ogni
volta per scrivermi – e per aspettarmi, dato che ci metto i secoli ad
aggiornare.
Davvero,
grazie mille di tutto.
L’altra
mia fiction in stato di avanzamento, “Four
Seasons” è bloccata, ho una tempesta di idee al giorno, ma alla
sera,
quando vorrei mettermi a scrivere, mi addormento. Devo trovare un mio
nuovo
equilibrio – lo dico sempre, ma non lo faccio mai :D
Per
ora è tutto, spero di risentirci al più presto con il nuovo capitolo.
Una
nuvola di baci – dato il tempo uggioso
Gillywater
|
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Capitolo 11 *** Truly, madly, deeply ***
Regalo
di Natale in ritardo per Kim e tutte le mie lettrici adorate.
Una nevicata di auguri ritardatari e la speranza di un felicissimo anno
nuovo.
Gil.
SHE IS
Epilogo : Truly,
madly, deeply
Oh can
you see it baby?
You don't have to close your eyes
'Cause it's standing right here
before you
All that you need with surely come
Truly Madly Deeply – Savage
Garden
-
Io non credo proprio di essere pronta ad avere questo bambino-
Un
urlo disumano rimbombò per le pareti dell’ospedale, trapassò gli spessi
muri di
cemento armato e si espanse a macchia d’olio per le strade.
Di
lì a qualche secondo tutta la città di Tokio seppe, nell’ordine, che
Sana
Kurata voleva maledire Akito Hayama, non solo per averla deflorata anni
addietro quando erano entrambi due puppattoli con il latte alla bocca,
ma anche
per averla contaminata con una fedele riproduzione della sua persona;
che Sana
Kurata dubitava della serietà della sua ginecologa; che Sana Kurata non
avrebbe
mai acconsentito affinché il suo bambino (maschio o femmina, ma soprattutto maschio, che fosse)
venisse al mondo.
-
Sana, devi essere coraggiosa. Ce l’abbiamo fatta tutte! –
Sana
spostò lo sguardo furioso su Fuka e parve volerla incenerire con gli
occhi –
per una volta la scena tra loro era al contrario.
-
Hai mai fatto uscire qualcosa di grosso come un cocomero attraverso un
buco
largo come un limone, Matsui? – (*)
Fuka
sussultò e scosse il capo energicamente. Alzò le mani, come avrebbe
fatto un
assassino che cerca di dimostrare al poliziotto di essere disarmato.
Nella
fattispecie, Sana era il poliziotto e Fuka l’assassino. Doveva
difendersi.
-
Beh, no! – proferì e allo sguardo lampeggiante di Sana aggiunse – Però
anche
Aya ha partorito ed è sopravvissuta. Anche
mia madre. Insomma, guarda quanti siamo in giro –
Quel
genere di discorso, Sana ricordava di averlo già avuto qualche mese
prima con
sua madre, subito dopo aver scoperto di essere incinta.
*
- Mamma.
Mamma sono
incinta –
La
signora Kurata ebbe
un sussulto tale da far sembrare l’esplosione di una bomba atomica solo
un
lieve tremore.
- Mamma,
ho paura.
Non riuscirò mai a mettere al mondo un figlio. È impossibile, non
sopravvivrò
- concluse, con aria melodrammatica,
sprofondando tra i cuscini scarlatti del divano di casa.
Giusto
qualche
settimana prima, Misako era stata travolta da uno schizzo ed aveva
deciso di
rivoluzionare tutto l’arredamento domestico.
La
signora Shimura, nascosta in corridoio,
dietro la porta di
quercia, ascoltava la conversazione con un bicchiere di vetro, indecisa
sul da
farsi.
- Vedi
Sana, non ti
devi preoccupare di questo – spiegò la signora Kurata con un tono
estremamente
calmo e consolatorio – Diventare madre è
l’esperienza più bella per una donna – sembrò pensarci su e poi
aggiunse – Non
che io abbia una personale esperienza nel campo, ma ho visto partorire
un sacco
di donne quando mi aggiravo tra gli ospedali, nel tentativo disperato
di
trovare un bambino da rubare –
Lo
sguardo
allucinato di Sana cadde nel vuoto. La madre stava sorseggiando con una
calma
pazzesca il suo tè e lungi da lei era il sollevare lo sguardo sulla
figlia
sconvolta.
La
signora Shimura non
avrebbe mai immaginato che Misako fosse dedita a certe inclinazioni.
Rubare un
bambino? Era da folli. In quell’esatto momento, Sana formulò una
domanda che le
fece capire come non si potesse mai porre limite al peggio.
- Non si
può comprarne uno? Bisogna per forza metterlo al mondo? –
Misako
scoppiò a
ridere e appoggiò la tazza sul tavolo perché troppo scossa dai sussulti
– Non
essere sciocca, cara – disse – La compravendita di bambini è illegale :
credi
che non mi sia mai informata al riguardo? –
La
signora Shimura roteò
gli occhi al cielo.
-
Comunque sia –
riprese la donna – devi stare assolutamente tranquilla, Sana. A parte le contrazioni, il sangue, il
leggero dolore
e le fitte post-parto, mettere al mondo un figlio è la cosa più bella
del mondo
– ripeté per la seconda volta, non accorgendosi ovviamente del fatto
che Sana
fosse entrata in trance, che fosse impallidita e che avesse cominciato
a
dondolarsi avanti e indietro come un alcolizzata che si presenta per la
prima
volta in comunità.
- Oh
cara – proseguì
sorridendo, mentre Maro lo scoiattolo si lanciava in una pantomima che
vedeva
una novella mamma cullare il proprio bambino – Sono così felice per te
–
Misako
si lanciò
verso Sana e l’abbracciò forte, nascondendole così un paio di lacrime
che
rilucevano agli angoli dei suoi occhi.
In quel
momento la
signora Shimura non riuscì a trattenersi, entrò nella stanza e buttò le
braccia
al collo di Sana, cominciando a piangere come una matta.
- Ma
signora Shimura – cercò di dire Sana, ma quando le due
donne cominciarono a frignare molto rumorosamente, la sua voce venne
totalmente
coperta.
In quel
momento,
Rei fece capolino dalla porta.
– Che
cosa succede?
– domandò con aria stralunata
La
signora Kurata
non si voltò nemmeno a guardarlo, gli fece un veloce cenno con la mano
per
invitarlo ad avvicinarsi – Oh Rei. Sana aspetta –
Rei
corrugò le
sopracciglia – Aspetta? –
- Sì,
sì. Aspetta –
- Ma che
cosa? –
Misako
si decise
finalmente a guardarlo severa – Un bambino ovviamente –
Rei
divenne
cianotico e per un momento parve indeciso se essere felice per Sana o
furioso
con Hayama perché, senza ombra di dubbio, era lui il responsabile di
quella
faccenda : da che mondo è mondo i bambini non nascono da soli e al
diavolo le
fandonie che si raccontavano. Una cicogna non sarebbe mai stata in
grado di
trasportare un pupo, se non per papparselo e sputacchiare fuori le ossa
prima
di digerirlo, e sotto i cavoli, volendo esagerare, potevano trovare
riparo
soltanto topi o lombrichi.
Tralasciando
quindi
il fatto che metà della colpa dell’indicibile gesto fosse anche di
Sana, Rei
decise in quattro e quattr’otto che avrebbe fatto pagare caro ad Hayama
quell’innegabile mancanza di rispetto nei suoi confronti.
Hayama
avrebbe
dovuto chiedere la mano di Sana, pensava Rei, ignorando il fatto che il
Medioevo fosse già passato da un pezzo.
Dopo
quindici
lunghi minuti, si decise ad avvicinarsi a Sana per abbracciarla forte a
sé. Non
era cambiata poi molto da quando aveva dieci anni e si accoccolava tra
le sue
braccia per addormentarsi.
-
Sentite – Sana si
decise finalmente a parlare – non riuscirò a mettere al mondo nessun
bambino se
non vi togliete di dosso –
Quando
quel
campanello di persone, che era la sua famiglia, capì che nonostante
tutto la
ragazza necessitava ancora dell’ossigeno per poter sopravvivere, la
liberò.
Sana si
concesse un
sorriso soltanto alla fine.
*
Sana,
con i capelli umidi appiccicati alla fronte e Fuka al suo fianco che
tentava di
tranquillizzarla, valutò per un attimo le parole di sua madre.
Contrazioni
e cos’altro? Leggero dolore.
In
un altro momento si sarebbe definita maleducata
per aver solo pensato una cosa simile, ma Sana realizzò che fosse
abbastanza
evidente la mancanza di esperienze di Misako nel campo.
Quando
le si erano rotte le acque era agli studi televisivi, insieme a Rei.
Aveva
appena firmato un contratto che la scioglieva da qualsiasi impiego di
lì a tre
anni, quando aveva sentito un certo umidore in basso. Volgendo gli
occhi a
terra, non aveva potuto fare a meno di notare l’oceano
che si apriva sotto di lei. Rei l’aveva scaraventata in
macchiane e portata all’ospedale in un momento. Adesso lui sonnecchiava
su una
poltroncina della sua stanza.
La
dottoressa che in quel momento la stava visitando, guardò prima Sana,
poi Fuka
e poi Rei ed esordì, in tono melodrammatico, dicendo – Tre
centimetri –
Sana
alzò gli occhi al cielo e maledisse qualcuno lassù : considerando che
stava lì
già da secoli, si rese perfettamente
conto che per raggiungere i tanto agognati dieci
centimetri avrebbe dovuto attendere millenni.
Si
lasciò sprofondare ancora di più nei candidi cuscini, depressa – Ma
insomma.
Non si possono velocizzare le cose? –
-
Non è come andare a fare la spesa, Sana. Devi avere pazienza –
La
voce che pronunciò quelle ignobili parole, che avrebbe pagato la sua
stupidità
a suon di insulti e calci (non appena Sana ne avesse avuto le forze),
proveniva
da Aya.
Lei,
Tsuyoshi e il piccolo Jo avevano appena fatto irruzione nella sua
stanza. Il
suo rifugio cominciava a riempirsi un
po’ troppo, Sana lo intuì dall’occhiata sprezzante che la dottoressa
lanciò a
tutti loro prima di andarsene.
All’epoca,
Aya aveva trovato un modo tutto suo
di incoraggiare Sana al parto.
*
- Ecco
qui le
patatine al peperoncino che mi hai chiesto Sana – disse Tsuyoshi,
depositando
un sacchetto bianco sul tavolino del salotto e allontanandosi verso la
porta di
ingresso, con il piccolo Jo nel marsupio che dormiva. Il ritratto della
felicità, per davvero.
Afferrò
una giacca
leggera e la indossò : la primavera era esplosa per le strade della
città e
invogliava a fare lunghe camminate per negozi.
- Allora
vi lascio
alle vostre faccende – proseguì Tsu – io e questo giovanotto ce ne
andremo a
comprarci qualcosa di nuovo. Vero,
mostriciattolo? – domandò, con una vocetta che, Sana ne fu
certa al mille per mille,
non avrebbe mai e poi mai sentito uscire dalla bocca di Akito.
Jo
sembrò aprire
per un momento gli occhietti, per registrare le ombre che si muovevano
aldilà
delle sue palpebre; fece poi una smorfia con il faccino, aggrappandosi
con le
manine alla giacca di Tsu e riprendendo a dormire.
A Sana
si strinse
il cuore notando lo sguardo che Tsu gli lanciò, prima di uscire di
casa. La
ragazza si voltò verso Aya, che in quel momento stava uscendo dalla
camera da
letto con tante coperte, tutine e sonaglini tra le braccia.
Tra le
pance delle
due ragazze c’era una relazione inversamente proporzionale: mentre
quella di
Aya andava via via sgonfiandosi con il trascorrere dei mesi, quella di
Sana
aumentava a dismisura.
- Sai Aya – disse Sana con un sorriso – credo
che Tsuyoshi si sia innamorato di un altro, precisamente di tuo figlio –
Aya
sorrise
distratta, mentre metteva alcuni giochi di Jo a lavare – Tsu è molto
preso dal
bambino. Oserei dire che i primi tempi ci teneva più lui di me. Non è
facile
svegliarsi una mattina e capire che a questo mondo non sei più da solo,
ma che
avrai qualcuno che dipenderà da te per tanto, tanto tempo. È una cosa
strana –
concluse, andandosi a sedere di fianco a Sana.
Per
allentare
quella dolce tensione che si era andata a creare tra loro, Sana
appoggiò una
ciotola di petali di rosa profumati sul suo enorme pancione e giocò a
tenerlo
in equilibrio.
-Ehi,
Aya – la
chiamò, mentre quella trafficava con il telecomando – Guarda –
L’amica
sorrise
ancora – Allora, Sana, adesso ti faccio vedere quel video che volevi.
Me
l’aveva passato una collega poco prima che nascesse Jo. Riuscì a
tranquillizzarmi davvero molto –
Sana
sospirò e si
ficcò in bocca una manciata di patatine. Dieci secondi dopo che Aya
ebbe
schiacciato “play” se ne pentì per davvero e cominciò a valutare quale
fosse il
concetto equivalente per Aya di “tranquillizzare”.
Quando
Sana pensava
alla tranquillità, le veniva in mente una distesa di sabbia bianca e
fine che
si confondeva, ad un certo punto, con il mare blu. Il sole, il caldo,
l’abbronzatura e magari anche un bel romanzo da leggere, sorseggiando
una
limonata.
Sana per
tranquillità non intendeva, di certo, sangue, urla e – chissà cos’era?
–
qualcosa che sembrava una testa che sbucava fuori come un topo da una
tana.
- A...
Aya –
balbettò, portandosi le mani agli occhi per non vedere ancora – Ti
prego spegni
–
L’amica
si voltò
verso di lei e alzò un sopracciglio – Non dirmi che hai paura, Sana –
Quella
sbarrò gli
occhi – Paura? E perché dovrei averne? –
Aya rise
ancora.
- Forse
è meglio
che rimanga tutto una sorpresa fino al gran giorno –
*
Sana
rabbrividì.
Si
voltò verso Tsuyoshi e ringhiò – Dove cazzo
è lui? –
Tsu
e Aya si lanciarono un’occhiata nervosa e poi lui sorrise – E’ ancora
sotto
shock, in bagno. Gomi sta cercando di tirarlo un po’ su con l’aiuto di
Hisae, ma
non è semplice –
Sana
sbuffò.
Se
il futuro suo, del suo bambino e di Akito dipendeva da Gomi, poteva
dirsi
tranquillamente spacciata.
*
- Quando
Akito dice
che sei incinta, intende forse che tra qualche mese nascerà un bambino?
–
Gomi
fece svolazzare
un cucchiaino ricolmo di cereali e di latte fino alla bocca e poi mandò
giù.
Alla fine guardò Sana e fece uno sguardo molto interrogativo.
Quella
mattina,
Hisae le aveva dato buca e Akito era dovuto uscire un attimo per
comprarle
fragole con panna, di cui lei aveva disperatamente voglia.
Era
rimasta da sola
con Gomi, che era venuto a fare una visitina ad Akito, ovviamente
dimentico del
fatto che Hayama dovesse poi andare a lavorare.
Gomi non
pareva
comprendere a pieno i concetti basilari dell’esistenza umana, in
effetti.
Sana
inarcò un
sopracciglio – Conosci un altro modo di essere incinta, per caso? –
Quando
Gomi
cominciò a fissare il soffitto, tentando di trovare una risposta, Sana
scosse
la testa sconsolata.
*
-
Comunque sia – sibilò – E’ meglio per lui che si faccia vivo entro
cinque
minuti o questo bambino non avrà un padre. Giuro che sarà così se non
si fa
vivo entro cinque minuti –
In
quell’ultimo lasso di tempo che Sana concesse ad Akito, arrivarono
anche la
signora Misako e la domestica, la signora Shimura, seguite da Natsumi e
il
signor Hayama.
Questi
ultimi lanciarono a Sana un sorriso raggiante e si guardarono intorno
perplessi, notando la mancanza di qualcuno evidentemente
fondamentale.
*
-
Scusate, ma com’è
successo? –
Il
signor Hayama passò
lo sguardo da Akito a Sana e viceversa.
Nat, al
suo fianco,
alzò gli occhi al cielo e parve cominciare a pregare con la mente.
-Ehm –
cominciò
Akito – Non c’è un solo modo per concepire un bambino, papà?-
Il
signor Hayama lo
fissò, valutando la realtà delle cose : suo figlio aveva ragione.
- Sì –
borbottò
infine – Ma io non credevo che tu e Sana praticaste quella
certa cosa –
Sana
arrossì di
botto.
Akito si
portò una
mano agli occhi.
Natsumi
scoppiò a
ridere – Papà, hanno ventiquattro anni. Credi che passino il tempo a
guardarsi
nelle palle degli occhi, scusa? –
La
sorella di Akito
avrebbe passato la storia come la ragazza più ragionevole del pianeta.
- No di
certo –
rispose l’uomo, assottigliando le labbra che sparirono sotto i suoi
enormi
baffi neri – Ma ci sono così tante cose che si possono fare. Andare al
cinema,
per esempio –
Il
signor Hayama
cominciò a delirare e i ragazzi lo ignorarono. Avrebbero potuto
riprendere il
discorso in qualsiasi altro momento, ma non quello.
Nat si
avvicinò di
più a Sana e le sorrise – Non preoccuparti. È contento per il bambino,
ovviamente, è solo sconvolto perché non credeva che tu e Akito
faceste... –
- …
andare a
prendere un gelato... -
Akito la
interruppe
e agitò le mani – Sì, abbiamo capito Natsumi, davvero –
La
sorella lo
ignorò – Ti hanno già detto quand’è il termine, Sana? –
- Sì, il
primo
settembre –
- …
praticare dello
sport in mezzo alla natura … -
Nat
corrugò la
fronte e parve pensarci su – L’avete concepito il giorno di Natale? –
Sana
arrossì ancora
di più. Akito sbuffò seccato.
- Ho
capito, ho
capito, la smetto - allungò una mano per
posarla sulla pancia di Sana – Non posso credere che avrai un bambino
con mio
fratello, Sana. Io sarò la zia, capisci? –
Sana
sorrise e
annuì : certo che capiva. Non era mai stata famosa per essere sveglia,
ma certe
cose riusciva ancora a realizzarle.
- … fare
lunghe
passeggiate nel parco … -
- Oh
Sana, non vedo
l’ora di andare in giro per negozi con te a comprare tutto il
necessario –
esultò, gli occhi che lampeggiavano pericolosamente.
Akito
avvertì un
forte senso di nausea – al posto di Sana.
-
Anch’io Nat –
- Gli
comprerò un
sacco di giocattoli. Non vedo l’ora – ripeté, schioccando a Sana un
bacio sulla
guancia.
- … fare del volontariato per i poveri
bisognosi … -
Fu solo
quando Sana
disse – Se vuoi possiamo andare subito a dare un’occhiata a qualcosa –
che
Akito cominciò ad avere davvero paura. Di entrambe.
Con che
cosa
sarebbero tornare a casa?
Nat
saltò in piedi
con aria sognante – Cosa aspettiamo? Andiamoci subito –
- …
andare a curare
i giardini … -
I tre
ragazzi
valutarono con un’occhiata quell’ultima uscita del signor Hayama:
andare a
curare i giardini?
Sana si
tirò su a
sedere e guardò Akito – Vuoi venire con noi? –
Il
ragazzo corrugò
la fronte per un attimo e si concentrò – No – disse dopo un lungo
momento –
Credo che rimarrò qui con mio padre, voi... Voi andate pure – concluse,
facendo
gesto ad entrambe di sparire dalla sua vista.
Rimase
così,
cianotico e sconvolto come il signor Hayama, sul divano.
- … fare
lunghe
chiacchierate … -
*
Qualche
secondo dopo irruppero anche Gomi e Hisae, rigorosamente per mano :
nessuno
sapeva perché, ma i due avevano assunto quella strana
abitudine da un mesetto a quella parte, e nessun sano di
mente osava domandare il perché.
Quando
la dottoressa tornò a controllare Sana, impallidì dalla rabbia.
-
Nove... Dieci... Undici contando
anche il piccolo – borbottò, osservando attentamente tutti i presenti
nella
stanza – Questa è una stanza d’ospedale, non la stazione centrale! –
esclamò
furiosa – Tutti fuori, solo il padre
può restare – disse secca, facendo un veloce cenno del capo a Rei che
osservava
la scena con sguardo assonnato.
Tutti
i presenti si voltarono verso di lui e poi verso la dottoressa, non
propriamente certi di aver capito bene cosa quella intendesse dire.
Sana
si infuriò – Ma non è lui il padre,
il padre è... –
In
quel momento una dodicesima testa,
bionda per la precisione, entrò nella stanza.
-
Sono io il padre – disse solamente,
seccato e quanto mai furioso per il fatto che Rei fosse stato scambiato
per
lui.
La
dottoressa parve valutare la situazione e poi sbottò – Tutti fuori
allora, via. La ragazza ha bisogno di
tranquillità, non del vostro continuo cianciare –
Quando
le dieci teste, più quella del piccolo Jo che riposava beato tra le
braccia
della sua mamma, se ne furono andate, Sana si voltò verso la dottoressa
e le
sorrise.
-
Grazie –
Quella
rispose con un singolare annuire e uscì dalla stanza per concedere ai
futuri
genitori un po’ di privacy.
Futuri
genitori... Al solo
pensiero,
Sana rabbrividì. Quando guardò Akito, furono altre le emozioni che
presero il
sopravvento dentro di lei.
Rabbia...
-
Ma dove diavolo eri finito? –
Astio...
-
Te la stavi facendo sotto perché hai paura di diventare padre? Vorresti
lasciare solo a me questa responsabilità, Akito? Vorrei ricordarti che
questo
bambino l’abbiamo concepito insieme –
Preoccupazione –
subito dopo aver
costatato lo stato dei capelli di Akito, della sua maglietta e del suo
sguardo.
-
Ma che cosa ti succede? –
Akito
scosse il capo, brusco, e come di regola non rispose a nessuna delle
sue
domande. Andò a sedersi sul bordo del suo letto e le prese una mano –
Come
stai? –
Sana
lo fissò male per alcuni istanti e poi si riscosse – Come devo stare?
Quelli che
dovevano essere lievi dolori, stando
a sentire mia madre, sono peggio di una serie di bastonate sulla
schiena e,
stando a sentire la dottoressa, non sono ancora dilatata abbastanza –
disse
secca – Sono qui da ore –
Akito
rimase serio e le passò una mano sulla fronte per scostarle i capelli
appiccicati; la mano scivolò poi sulla sua guancia e si chinò per darle
un
bacio a fior di labbra.
-
Non vedo l’ora di averlo con noi – disse solamente e Sana si sentì
esplodere
tutto dentro.
-
Anch’io – riuscì solo a rispondere.
La
tiritera del “è tutta colpa
tua se sono in queste condizioni”,
se la sarebbe tenuta per il parto vero e proprio, decisamente.
Per
il momento, Sana preferì di gran lunga stare lì a fissare negli occhi
Akito, a
sognare loro due e il loro bambino.
*
-
Dite che lo ucciderà sul serio? –
domandò Gomi, continuando a girare a vuoto per la sala d’aspetto. Sana
aveva
appena minacciato Akito di morte ed era stata così carina da renderlo
noto a
tutti coloro che stavano in ascolto.
-
No, ma se continui così dico che
farai un buco nel pavimento – rispose Hisae.
Dopo
la bellezza di quattordici ore e ventisette minuti, Sana era stata
trasferita
in sala parto : la sua dottoressa aveva annunciato felicemente a tutto
l’ospedale e dintorni cittadini che la ragazza aveva raggiunto la
dilatazione
massima.
Per
qualche strana ragione, Gomi fece una smorfia, al ricordo.
Il
signor Hayama era bianco come un cencio e mormorava tra sé e sé come un
posseduto. Natsumi tentava disperatamente di calmarlo.
In
quel momento, la voce acuta di Sana stava rivolgendo un epiteto
irripetibile in qualunque contesto ad Hayama. Se solo
si fossero concentrati, avrebbero sentito le ossa delle mani del
ragazzo che
venivano distrutte dalla presa ferrea di Sana.
-
Addirittura? – ridacchiò Tsuyoshi, accarezzando la testina di Jo,
appoggiata
sul seno della mamma.
-
Sei tu la causa di tutto. Che tu sia dannato, Hayama. Tu non potrai mai
capire
quello che sto provando io in questo
momento! – ululò Sana, talmente forte che una famiglia poco distante da
loro
tappò le orecchie ai bambini e se ne andò di corsa.
-
Direi che è abbastanza logico – Fuka
commentò l’ultima perla di Sana picchiettandosi il mento con le dita.
Dopo
una sequela infinita di insulti, ai quali Akito rispondeva con sonori
incoraggiamenti
a spingere più forte, “Così la
pianterai una buona volta di
insultarmi” – i due trovavano una scusa per litigare in qualsiasi
momento,
persino quello – si udì il pianto di
un bambino.
Improvvisamente,
calò il silenzio più assoluto e sui volti di molti si disegnò un
sorriso.
*
-
Ma come sarebbe a dire che è una femmina? Avete sbagliato? Ancora?
– urlò Sana, memore dell’indimenticabile faccia di Tsu,
quando gli avevano detto che quella che doveva essere la sua
principessa era in
realtà un maschietto.
-
Io non ho pensato a nessun nome da femmina! – continuò imperterrita
Sana,
cominciando a piagnucolare un po’, come se quello fosse il problema
maggiore.
Secondo
l’infermiera era normale avere crisi isteriche dopo il parto.
-
Kurata, calmati – le disse Akito, posandole una mano sulla spalla e
spingendola
indietro contro i cuscini – Non ti hanno mica detto che ha tre occhi –
disse.
-
Ma... Ma... – balbettò Sana, come se avesse dovuto trovare a tutti i
costi
qualcosa che non andava.
Tutte
le sue proteste cessarono quando un fagottino rosa le venne depositato
con
dolcezza tra le braccia da un infermiera.
Sana
fissò la piccola che teneva gli occhi chiusi e che muoveva le manine,
molto
probabilmente per lamentarsi di tutte quelle urla che provenivano
direttamente
dalla sua mamma.
La
ragazza si voltò di scatto verso Akito – L’abbiamo fatta noi – disse
soltanto.
-
Sì – rispose quello, ironicamente – Sì, mi
pare di ricordare la mia presenza, quella notte –
Sana
arrossì di botto e si irrigidì.
Akito
allungò cautamente una mano verso la piccola e
le sfiorò una manina; quella, per tutta risposta, gli afferrò
l’indice e
non lo lasciò andare più. Il ragazzo sussultò, visibilmente scosso dentro da qualcosa che aveva un nome, ma
che lui non aveva mai considerato.
Una
volta, da qualche parte, aveva letto che quando un figlio ti aggancia
un dito
per la prima volta, ti ha agganciato per il resto della vita. (**)
Semplicemente,
lui non credeva che potesse succedere così in fretta.
-
E’ forte – mormorò mezzo intontito – Mi sta stritolando un dito –
Sana
rise – Non dire fesserie Akito. È ancora troppo piccola –
La
ragazza realizzò solo in quel momento che ciò che teneva tra le
braccia, quel
corpicino piccolo e caldo che si muoveva appena, avvolto dal tepore di
una
copertina rosa, le aveva fatto compagnia ogni singolo secondo di quegli
ultimi
nove mesi.
La
strinse un pochino di più contro di sé e la piccola appoggiò la testa
sul suo
petto. Sana sperò che il rumore del suo cuore che picchiava per poter
uscire
non la disturbasse.
-
Credi sia possibile, Akito, vedere qualcuno per
la prima volta e capire di volergli già così bene che saresti
disposto a
tutto? – domandò lei, allora.
Lui
era ancora imbambolato a fissare la bambina. Aveva la pelle
chiarissima, le
manine così piccole, proprio come i piedini, e aveva lo stesso naso di
Sana.
Per di più faceva le stesse smorfie di Sana quando dormiva. Notare che
aveva un
sacco di capelli color oro lo fece sentire improvvisamente orgoglioso.
Spostò
lo sguardo su Sana – Io... Credo proprio di sì –
Sana
tirò su con il naso e sorrise – Vuoi prenderla in braccio? – gli
domandò.
-
Non le faccio male? –
L’infermiera,
che era entrata da poco nella stanza e che aveva ascoltato le loro
ultime due
battute, rise – Certo che no, sciocco. Sono molto più resistenti di
quello che
si pensa – disse, avvicinandosi.
Prese
le braccia di Akito e le mise nella posizione per prendere in braccio
la
piccola – Ecco, così –
Se
solo non fosse stato illegale, Akito l’avrebbe uccisa. Sentendosi un
perfetto
idiota pronto per il balletto classico, si avvicinò a Sana che con
calma gli
passò la bambina – Ecco amore, vai dal papà
–
Ad
Akito sembrò di essere travolto da una fiamma incandescente quando si
sentì
chiamare con quel nome.
Quando
si tirò dritto sulla schiena fissò la piccola più attentamente. Nel
frattempo,
l’infermiera diede una veloce controllatina a Sana e poi se ne andò
dalla
stanza.
Akito
si voltò verso di lei – Non mi dispiace
– disse soltanto.
Per
tutta risposta Sana gli sorrise – Nemmeno a me –
Lui
le si avvicinò e le diede un veloce bacio sui capelli ancora per aria
poi si
allontanò verso la finestra – Adesso la tengo io –
-
Ti faccio presente che è anche mia
figlia –
-
Tu l’hai tenuta per nove mesi : adesso tocca a me –
-
Stai dicendo che non potrò stare con mia figlia per i prossimi nove
mesi perché
soffri di gelosia. Hai paura che sia più mia che tua? Guarda che non
l’ho
deciso io di essere donna e di poter procreare. Nella prossima vita, cambia sesso –
Ovviamente
Akito non si diede nemmeno la piena di voltarsi a guardarla. Le dava le
spalle
e teneva gli occhi puntati sulla piccola.
-
Prendi fiato, Kurata. Comunque ribadisco il concetto : adesso la tengo io –
Sana
sbuffò, ma in cuor suo si sentiva felice
come non lo era mai stata in tutta la sua vita.
-
Hai visto che assomiglia a me e che ha i tuoi capelli, Hayama? – disse.
Lui
non rispose : sì che l’aveva notato.
Per
un momento gli balenò in testa l’immagine di una bambina di undici
anni, con i
capelli lunghi e rossi raccolti in due ridicoli codini, che sedeva in
una
panchina nel parco. Insieme a lei c’era un bambino poco più grande, con
i
capelli biondi e l’espressione imbronciata. Scocciata.
Teneva la testa appoggiata sulle gambe della bambina e si faceva
accarezzare.
Ecco,
quel giorno di così tanti anni addietro non avrebbe mai immaginato che
sarebbe
arrivato il momento in cui lui e quella bambina sarebbero stati uniti
per
sempre da qualcosa. Da qualcuno.
Qualcuno
che non aveva ancora un nome.
-
Nami – sussurrò Akito.
-
Come dici? –
-
Vorrei chiamarla Nami, se non ti dispiace – (***)
Sana
sembrò pensarci su. Il nome proprio di una persona non è qualcosa che
si può
scegliere così, a caso. È qualcosa che poi ci si porta dietro per
sempre, un
po’ come gli occhi, o il naso, o la bocca. Peccato che per quei fattori
ci si
possa fare poco o nulla.
Ma
Nami era un bellissimo nome, corto, moderno e musicale.
-
Non mi dispiace – confermò dopo
qualche secondo e finalmente Akito si voltò a guardarla per annuire in
sua
direzione.
Poi
le diede ancora le spalle.
-
Nami – la chiamò, con voce roca. Per tutta risposta, la bambina gli
tirò un
calcio sul braccio. Forse era il suo modo di dirgli che lo aveva
sentito.
Akito
sorrise.
In
quel momento la porta si spalancò.
Otto
persone rimasero inebetite a fissare la scena. Sul letto – di
morte – Sana lanciava occhiate minacciose ad Akito che le aveva
appena rapito la figlia.
Ma
non era tutto : per un secondo esatto dopo che la porta venne
spalancata,
furono tutti sicuri al cento per cento di aver visto Akito sorridere.
-
STAVI SORRIDENDO! – urlò Fuka, in
modo tale da rendere partecipe tutto l’ospedale di quella notizia. Lo
additò e
mosse l’indice verso di lui – Stavi
sorridendo! – ripeté.
Akito
la fissò torvo – Non è vero! –
-
Non negarlo Hayama : ti abbiamo visto tutti – disse Rei gongolante.
Le
ragazze e la signora Shimura andarono ad accomodarsi di fianco a Sana.
-
Dove hai lasciato Jo? – domandò lei rivolta ad Aya.
L’amica
sorrise – Era stanco. Mia madre passava da queste parti e l’ho lasciato
a lei –
-
Come stai, cara? – domandò l’anziana domestica a Sana, accarezzandole
il viso.
-
Sono un po’ stanca, ma sto bene, signora Shimura – rispose, sorridendo.
-
Perché la piccola la tiene solo
Akito? – Hisae parve indignata.
Sana
sospirò e mosse le spalle – Che devo dirvi? Ha detto che per i prossimi
nove
mesi la bambina la tiene lui perché deve recuperare il tempo perso –
-
Che idiota – fu l’elegante commento
di Fuka. Pareva trattenersi dall’accendersi una sigaretta soltanto
perché si
trovavano in ospedale.
Se
Fuka avesse mai avuto un figlio, il povero avrebbe bevuto latte e
nicotina per
colazione. Sana rabbrividì al pensiero e si voltò verso Akito,
accerchiato da
sua madre, Rei, Tsu e Gomi (il quale, tra l’altro, stava cercando di
capire se
Nami fosse una bambola o un vero essere umano).
Osservò
Hayama mentre si lasciava cadere sul divanetto della stanza, dove Rei
aveva
dormito un bel po’ di ore prima, tra suo padre e sua sorella. I due si
sporsero
per vedere la piccina e cominciarono a delirare cose senza senso.
L’essere
completamente pazzi, evidentemente, era una prerogativa
unica di quella famiglia.
E di
Misako. E di Sana. E di Fuka, a
volte. E di
Tsu quando lanciava gli oggetti.
-
Vorrei riavere mia figlia – disse Sana.
Akito
ghignò – Te lo puoi sognare –
-
Hayama, adesso basta fare i bambini, ti pare? –
La
smorfia che le fece lui di rimando, valeva come risposta : no, non gli
pareva
proprio.
-
Quando la pianterete di litigare per queste sciocchezze, voi due? –
rise la
signora Kurata, facendosi spazio tra le amiche di Sana, come Mosè tra
le acque
del Mar Rosso.
Si
accomodò accanto alla figlia e le sorrise.
-
Mamma – piagnucolò Sana, allungando
le braccia verso di lei per farsi abbracciare.
Misako
crollò dopo appena tre secondi di resistenza e scoppiò in lacrime – Oh
cara. È
così bella. E tu sei stata bravissima –
Tutte
le annotazioni che Sana si era fatta nella sua mente, quali inveire
contro sua
madre che l’aveva costretta a mettere
al mondo una creatura, facendole credere che non sarebbe stato
doloroso, ma
che, anzi, si sarebbe divertita un mondo,
andarono perdute.
-
Hai visto che mi assomiglia? – mormorò Sana.
Alle
spalle di Misako qualcuno rise – Abbiamo visto che ha una marea di
capelli
biondi –
Rei
si avvicinò al letto di Sana, sorridendo – Avrei voluto prenderla in
braccio,
ma quello – aggiunse, indicando Akito
con un gesto secco della testa – non la molla un attimo –
Sana
ridacchiò – Oh Rei –
L’uomo
si abbassò su di lei e le diede un bacio sulla guancia. Sana non
avrebbe saputo
trovare un momento più perfetto di quello in tutta la sua vita.
La
signora Kurata studiò il volto della figlia per altri trenta secondi –
Akito,
vieni qui con la bambina. Voglio che rimaniate vicini voi
tre –
Sana
ghignò : Akito non avrebbe mai trovato il coraggio di dire di no a sua madre.
Dopo
qualche istante di esitazione, di fatti, andò a sedersi accanto a lei,
tenendo
Nami stretta a sé in un modo, come se
Sana fosse stata una ladra di neonati.
Per
tutta risposta Sana gli sorrise e poi abbassò gli occhi su sua
figlia – ancora faceva fatica a metabolizzare. Quella era sua
figlia. E lei, di conseguenza, era madre.
Ancora non lo realizzava a pieno ed era sicura, in quel momento, che
non ci
sarebbe mai riuscita davvero. Era qualcosa di troppo grande, persino
per la mitica
Sana Kurata.
-
E va bene – borbottò Akito – Te la lascio tenere, ma solo cinque
minuti. Ricordati che lei è mia – trattava Nami
come se fosse stata di cristallo.
-
Nostra, volevi dire, giusto? –
-
No. Mia – ribadì Akito.
Fuka
proruppe con una domanda intelligente – Cosa farai quando sarà grande e
avrà un
ragazzo, Akito? –
Quello
fece una smorfia – Il ragazzo in questione deve solo provare ad
avvicinarsi -
Alle
loro spalle tutti ridacchiarono, tranne uno che scoppiò in un pianto a
dirotto
: era Tsu.
Si
voltarono tutti a guardarlo con aria stralunata. Aya sorrideva.
-
Ma che succede? – domandò Sana ansiosa.
-
Oh – biascicò Tsu – Siete così belli
voi tre insieme – aggiunse – Se penso a quanto mi avete fatto disperare
in
questi anni, mi viene l’esaurimento nervoso! –
Scoppiarono
tutti a ridere e persino Nami parve distendere le labbra in una smorfia.
*
Un mese
dopo...
-
Quindi tu dici che dovrei chiederglielo?-
Sana
sentì che la voce di Akito proveniva dalla stanza di Nami. Dopo lunghe
riflessioni – e dopo tante minacce di morte
di Fuka – la camera della sua ex coinquilina era stata destinata alla
piccola.
Fuka non poteva esserne più felice. Aveva pagato con i suoi soldi ogni
spesa
che Akito e Sana avrebbero dovuto sostenere, dalla tinteggiatura dei
muri (rosa
pallido), alla culla dove Nami riposava tranquillamente ogni notte.
Sana
depositò le borse della spesa sul tavolo e andò verso la stanza della
bambina:
quando entrò, vide Akito seduto su una sedia accanto alla culla,
intento a
contemplare Nami.
La
ragazza rise – Se non la smetti di guardarla, la consumerai Akito –
Hayama
alzò gli occhi verso Sana e parve in catalessi – Non ci
riesco – ammise genuinamente.
Lei
gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla nuca, gli passò le braccia
intorno
alle spalle e guardò anche lei Nami che sbatteva le palpebre rivelando
due
occhi ambra meravigliosi. Un’altra caratteristica che aveva preso da
suo padre,
se mai Akito avesse potuto dubitare di esserlo.
-
Capisco cosa vuoi dire – sussurrò Sana con un sorriso sulle labbra –
Però tu
sei esagerato, passi le tue giornate a guardarla, sembri pazzo
–
Akito
allungò una mano e accarezzò la pancia di Nami – Forse lo sono
diventato, no?-
Si
voltò finalmente verso Sana e l’attirò a sé, dandole un bacio sulle
labbra –
Allora sei andata a trovare Gomi e Hisae prima? Come stanno? –
Sana
inclinò la testa da un lato e lo fissò negli occhi. Per un momento si
dimenticò
della domanda che lui le aveva fatto e riuscì solo a considerare quanto
si
sentisse bene e al sicuro tra le braccia di Akito. Certo che ora capiva
perché
Nami adorava stare in braccio a suo padre, non poteva proprio darle
torto.
Fino
a dieci minuti prima correva sotto il diluvio universale che si era
scatenato :
ottobre sapeva essere impietoso con i poveri malcapitati.
Ora
se ne stava lì, tra le braccia forti di Akito a guardare loro figlia
che
ricambiava le loro occhiate curiosa. A volte si sentiva in soggezione
addirittura a baciarlo davanti a lei
: le sembrava che Nami capisse tutto.
Non
riusciva a concepire tutta la perfezione
che la circondava non appena metteva piede in casa sua.
-
Mah – sospirò Sana dopo un po’ – Ti dirò, Hisae mi sembra molto presa
dal
ruolo. Gomi lo vedo ancora parecchio sotto shock –
Akito
annuì e ridacchiò – Quando Hisae gli ha detto di essere incinta non ha
mangiato
per una settimana –
Sana
roteò gli occhi al cielo – Senza contare il fatto che ha studiato Nami
e Jo per
ore cercando di capire se fossero pericolosi alieni
venuti sulla terra per farlo fuori –
-
Sì, anche questo –
Sana
si districò dolcemente dall’abbraccio di Akito, gli diede un bacio
sulle labbra
– che lui tentò di approfondire, ma a cui lei si sottrasse, per i
motivi di cui
sopra – e fece il giro della culla per andarsi a sistemare dall’altro
lato.
-
Con chi stavi parlando quando sono arrivata? – domandò, allungano una
mano per
scostare una ciocca bionda che ricadeva sulla fronte della piccola.
Quella fece
un sorrisino e si aggrappò all’indice di Sana
Akito
la osservò sospettoso – Quanto hai sentito? – domandò.
La
ragazza sembrò sorpresa di quella domanda – Solo l’ultima frase,
perché? –
Ovviamente,
sperare di ottenere una risposta di Akito era un po’ come pretendere la
pace nel mondo. Hayama sospirò – Stavo
parlando con Nami – e Sana scoppiò a
ridere.
Insomma,
per quanto potesse reputare sua figlia intelligente, le possibilità che
lei e
Akito si lanciassero in lunghe chiacchierate le sembrava un
po’ scarsine.
-
Cosa diavolo ridi? Guarda che lei mi ascolta quando le parlo –
Sana
continuò a sorridere e passò lo sguardo da Akito a Nami. Tra i due fin
dal
primo momento all’ospedale si era istaurato un legame molto forte.
Anche
Sana ovviamente amava sua figlia e Nami la riconosceva sempre : era da
Sana che
voleva andare quando piangeva, quando non stava bene, quando aveva fame
– per
quest’ultimo fatto, per forza di cosa doveva andare da Sana, dato che
Akito difficilmente avrebbe potuto allattarla
– o, semplicemente, quando voleva giocare o fare baccano – forse perché
anche
Sana faceva le stesse cose, “Avete gli
stessi interessi” commentava Akito sardonico.
In
ogni caso, tra sua figlia e Hayama c’era qualcosa di speciale che Sana
non
sapeva spiegare. Sicuramente, ne era certa, Akito amava molto più Nami
di lei –
o almeno, questo era quello che lei sperava.
La bambina era l’unica persona con cui Sana accettava di dividere
l’amore di Akito. Anzi, pretendeva di dividerlo.
E
per lui era lo stesso.
Si
riscosse dai suoi pensieri – Comunque sia, che cos’avete concordato voi
due? –
Akito
lanciò una veloce occhiata a Nami che ricambiò, sorridente.
-
Ecco... Lei mi ha detto che devo fare
una cosa – mormorò – Una cosa che in realtà in un modo o nell’altro ho già fatto, ma che devo
fare meglio – precisò infine.
Sana
non ci stava capendo più niente. Non sapeva se rimanere seria o
scoppiare a
ridere per l’evidente follia di Akito.
Cercò
comunque di darsi un tono – Bene – esordì – Falla allora –
Akito
rimase immobile, con gli occhi chiusi, e respirò profondamente un paio
di
volte. Poi accadde tutto in un istante : fece il giro del lettino, si
avvicinò
a Sana e le prese le mani.
-
Sposami –
Il
suono le giunse ovattato, anni luce di distanza tra le sue orecchie e
la bocca
che aveva pronunciato quelle parole.
Qualcosa
dentro di lei cominciò a tremare, come la notte di Natale, come quando
aveva
scoperto di aspettare Nami, come quando la bambina era nata. Il tremore
delle
emozioni forti, ecco cos’era quello.
Voleva
assolutamente dire qualcosa di intelligente.
Le parole le morirono in gola e così...
-
Cosa? –
Akito
parve evidentemente spazientito e scocciato. Pronunciare quella singola
parola
doveva essergli costato una fatica pazzesca, e adesso per colpa sua
doveva
ripeterla.
Respirò
ancora a fondo – evidentemente aveva messo in conto quel momento di
stordimento
totale di Sana. Dopotutto lei, stordita, lo era sempre.
-
Ho detto : sposami Kurata –
Certo
che detto così sembrava più un ordine.
-
Io... Io... Io... – balbettò Sana, con la testa fra le nuvole.
Akito
inarcò un sopracciglio – Non mi rispondi? Sì
o no? –
-
Ah, era una domanda? –
-
Ma certo – sbottò lui, roteando gli occhi al cielo come se si trovasse
davanti
ad una bambina particolarmente ritardata.
-
Io credevo che fosse ovvio... A Natale... L’anello... Era ovvio
– Sana continuò a balbettare parole sconnesse, incapace per
una volta di cucirle insieme in un discorso di senso compiuto.
Hayama
annuì – Certo. Però volevo fare le cose come andavano fatte. Anche Nami
è
d’accordo -
Sana
spostò il suo sguardo allucinato sulla piccola che ora li guardava
molto
interessata. No, si corresse Sana fra sé, guardava molto interessata lei, come se attendesse anche lei una
risposta.
Per
un momento, solo per un momento, quando Nami emise un gridolino felice,
a Sana
parve di sentire “Digli di sì, mamma”.
Scosse
la testa bruscamente e si fece un paio di domande in merito. Forse
stava uscendo
di melone, con tutta la gente pazza che la circondava.
-
Allora? – incalzò Akito ancora di fronte a lei – Mi sposi o no? –
Ormai
era senza ritegno.
Sana
guardò per un ultimo istante la piccola che ora stava chiudendo gli
occhietti
per mettersi a dormire e solo in quel momento si sentì veramente libera
di
parlare : Nami la metteva terribilmente in soggezione, forse erano gli
influssi
dell’ex camera di Fuka ad averla fatta diventare così.
Spostò
lo sguardo su Hayama che cercava di mascherare tutta la sua emozione
sotto la
solita maschera dura e indifferente.
Vide
che la sua mano destra tremava e che Akito si mosse ad afferrare
saldamente la
sponda della culla per fermarla.
Poi
Sana gli sorrise.
-
Sì –
I'll be
your dream
I'll be your wish I'll be your fantasy
I'll be your hope I'll be your love
Be everything that you need
I'll love you more with every breath
Truly, madly, deeply do
I will be strong I will be faithful
'cause I'm counting on
A new beginning
A reason for living
A deeper meaning, yeah
Truly Madly Deeply – Savage
Garden
*******************************************************
THE END.
*******************************************************
(*) Frase
ripresa da “Senti chi parla”. Mi ha sempre
fatto morire dalle risate.
(**)
Anch’io, come
Akito, l’ho letto da qualche parte, ma non ricordo dove.
(***) Vorrei
dire “A Kim”, ma credo sia meglio “A
Noemi”, la sua stella. Ti avevo
detto che sarebbe stata la figlia di Aya e Tsu, ma poi ci ho ripensato.
Spero
che non ti dispiaccia e che tu abbia apprezzato il fatto che, a volerla
chiamare così, sia stato il nostro coniglietto. In questo modo, la
fiction trova ancora più senso nel suo titolo. "Lei è" tutto. Non trovi?
Okay,
credo di aver pianto una volta finito di scrivere questo. Che nodo in
gola mi
si è formato e, lasciatemelo dire, adoro Nami.
Ma
torniamo a noi : ce l’abbiamo fatta. She Is è davvero finita,
tra
risate, situazioni estreme che si realizzano (ma potete immaginare
Hisae e Gomi
con un bambino? Ma dai!) e la tenerissima Nami che con Akito ha
un’intesa tutta
speciale.
Ora,
ho risposto a tutte le vostre bellissime recensioni, una per una, in
modo tale
da potervi ringraziare e farvi capire quanto abbiano significato per me
le
vostre magnifiche parole.
Come
ho detto a qualcuna di voi, forse – forse
– potrei scrivere un paio di spin-off su questa storia, ma non è niente
di
certo.
Voglio
solo che sia ben chiaro a tutte voi quanto “My Sorrow” e “She Is”, che
è il suo
continuo, abbiano significato per me : le ho scritte in un periodo nel
quale la
mia vita stava per cambiare radicalmente e avere una valvola di sfogo,
cioè
questi personaggi che riflettevano in qualche modo le mie ansie, le mie
paure e
anche tutte le mie emozioni, è stato importantissimo. So che sembra
ridicolo,
ma è davvero così. Di conseguenza a ciò, anche il vostro sostegno è
stato
fondamentale.
I
vostri consigli, gli incoraggiamenti e anche tutti vostri pareri, per
non
parlare delle centinaia di parole carine che ogni volta riversavate
nelle
recensioni, mi hanno aiutata parecchio. Insomma, siete state un po’ il
mio
sostegno, anche se attraverso lo schermo di un PC.
Per
farla breve, sennò mi commuovo per davvero, grazie ragazze!
Quindi
ci salutiamo qui, per ora, in attesa che torni a farmi viva con altre
storie
nuove – sì, non scomparirò nel nulla, questo è poco ma sicuro.
Un
bacione grande a tutte voi ragazze e, già che ci siamo, tantissimi
auguri per
l’anno nuovo.
Spero
sia un anno fantastico per tutte.
Gillywater
P.S. il
primo
gennaio sono sei anni che scrivo su questo sito. Che vecchiaccia!
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