La spada, il corvo, il mare 2 - Memorie dagli abissi

di Fanny Jumping Sparrow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: In bilico ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: In trappola ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Reagire ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Ancora vivi ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Congetture ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: La chiamata ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Nell’ombra ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Nubi nere ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Naufraghi ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Piovuta dal cielo ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: L’ospite misteriosa ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11: Una donna ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: Confronti ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: Ancora tu! ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14: Tempo di decidere ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15: Segreti in pericolo ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16: Pirati nobili ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17: Il passato ritorna ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18: L’isola degli appestati ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19: Memorie dagli abissi ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20: Compromessi ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21: Nuovi arrivi o ricomparse ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22: Complicazioni ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23: Scambio di vedute ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24: Carte in tavola ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25: Insospettabili legami ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26: Piano d’azione ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27: Ibridi ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28: Ore contate ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29: Eredità scomode ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30: Cristalli ***
Capitolo 32: *** Epilogo: Nessun padrone ***



Capitolo 1
*** Prologo: In bilico ***


Prologo: In bilico

Le ombre del tramonto si allungavano di minuto in minuto sulla terraferma.
Gli ultimi raggi ambrati svanivano dietro le possenti e alte mura di cinta che serravano una ripida scogliera frastagliata dalle onde furiose del mare d’inverno, gelido e grigio.
La gente del posto, spinta dalla morbosa curiosità di assistere a quel macabro evento, si era assiepata nell’ampia piazza quadrata di Charlotte Amalie. I più lontani riuscivano a stento a scorgere sul patibolo due figure alte e slanciate vestite di scuro.
Un uomo e una donna. Una coppia di fuori legge.
Il giovane comandante delle guardie, impettito nella sua vistosa uniforme ricamata da numerose medaglie, se ne stava seduto di fianco alla famiglia del Governatore e con un sorriso superbo esibiva la soddisfazione per quella cattura.
Ad un suo cenno affettato l’arringatore raggiunse il palchetto, srotolò la pergamena, ottenendo il silenzio del pubblico, e iniziò a leggere a voce alta e squillante: - Popolo di Saint Thomas, è reso a voi noto che questi due individui sono accusati di un crimine spregevole, grave e imperdonabile contro le corone di Inghilterra, Spagna, Portogallo e Francia. Suddetto crimine è riassunto in una sola nota parola: pirateria. E prevede una sola inevitabile condanna nei nostri territori: morte! …

La bionda piratessa sentiva la vista annacquarsi e con essa i lineamenti dell’uomo che amava.
Si era ripromessa di mantenere la calma, di sperare nel bene, nella possibilità di fuggire, ancora una volta ad una sorte avversa. Ma ormai mancava così poco, e gli insulti della folla le pungevano le orecchie mentre lo sguardo impassibile di suo marito, che non smetteva di fissarla con intensità, avrebbe dovuto trasmetterle coraggio e invece le faceva quasi male.
Perché quella forse era l’ultima volta che lo stava vedendo. E perché non sapeva dove si trovasse in quell’istante l’altro suo grande amore.
Le sue labbra si schiusero in un tremolio sconsolato: - Will …
- Ti amo Elizabeth – le sussurrò lui con il tono più caldo, dolce e struggente che avesse mai usato. E si dispiacque di non poterle tendere e stringere la mano, avendola legata insieme all’altra dietro la schiena da una ruvida corda.
La lettura dei loro crimini continuava ad essere scandita con freddezza inesorabile.
Non si era reso conto di averne accumulati tanti negli ultimi tre anni in cui si era messo a viaggiare per mare con la sua amatissima compagna. E con suo figlio che, voleva crederci, era riuscito a salvarsi da quella fine, almeno lui.
Lo stesso non era accaduto ad altri criminali con cui avevano condiviso brevi ore nelle carceri di quella città, non nuova agli attacchi di pirati, ma neppure estranea a stringere alleanze con essi. L’avevano frequentata anche loro di tanto in tanto, senza incontrare alcun problema.
Evidentemente, e inaspettatamente, il nuovo governatore aveva intrapreso una politica diversa da quella ben più tollerante dei suoi predecessori.
Intanto le urla e le ingiurie degli spettatori di minuto in minuto si facevano più forti e pesanti.
I corpi senza vita degli altri condannati erano già stati portati via, su un misero carretto, ed ora non restavano che loro due a completare una giornata di giustizia esemplare per i suoi rappresentanti.
I due pirati si scambiarono un ultimo sguardo, carico di passione, tristezza e disperazione.
Tornarono a rivolgere un’occhiata alla piazza, costellata dalle fiammelle delle torce che supplivano alla scarsa luce sprigionata dall’imminente crepuscolo.
Non c’era traccia della ciurma.
Probabilmente quella volta avevano davvero rispettato il codice.


Salve a tutte! Piccolo regalino di fine anno: il prologo del sequel de La spada, il corvo e il mare! '__'
Dedicato a tutte coloro che hanno letto la prima parte, che mi hanno lasciato un mare di commenti e complimenti, e che mi hanno chiesto di continuare.

In particolare dedico questa nuova storia a Summerbest, stellysisley, emmawh, Lione94Gaea, Misa 4_ever sperando che vi piaccia come la prima!
Anche se ancora c'è molto poco da dire, attendo vostre opinioni!
A presto!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: In trappola ***


Capitolo 1: In trappola

Il giorno prima

- Potete assicurarmi che sia a posto? Che non abbia alcun difetto? – domandò con insistenza al venditore un’affascinante donna bionda sui trent’anni, dopo aver esaminato minuziosamente quell’elegante recipiente di marmo decorato con sfarzosi motivi floreali, glicine, rosa e dorati.
Un uomo moro e abbronzato, con indosso un largo cappello nero, le si affiancò, sussurrandole a voce bassa e delicata: - Lily, se non ti convince possiamo provare a cercare altrove.
La donna si voltò verso di lui, stendendo le labbra scarlatte in un sorriso ammirato: - Sei così paziente con me, Will – pronunciò baciandolo su una guancia, e di seguito, aggrappandosi al suo collo gli parlò con tono suadente, carezzandogli la nuca – Vedi, c’è solo una cosa a cui non posso rinunciare, a parte te e Jim, ovviamente … Ed è una vasca da bagno senza crepe. La prendiamo!
Il capitano dell’Olandese Volante annuì e sorrise, rasserenato che quella lunga e difficile ricerca avesse avuto fine, quindi si rivolse ai quattro suoi fidati marinai che li avevano accompagnati fin lì: - Bene. Portatela a bordo insieme alle scorte e alle munizioni. Noi vi raggiungiamo.
Angler, Crash, Jelly e Penrod si caricarono la vasca di marmo tra le mille raccomandazioni del vice capitano e, sistematola su di una carriola, si allontanarono diretti al molo.
- Quanto avete detto che vi devo? – richiese Will al padrone della bottega.
Il macilento e maturo negoziante si fece avanti sfregando le mani non appena vide il pirata tirare fuori dalla tasca della giacca di pelle un borsellino tintinnante: - Cinquanta dobloni. Le cose belle si pagano, signore – ammiccò, lanciando un’occhiata allusiva alla moglie del filibustiere, intenta a rimirare le decine di cianfrusaglie di provenienza esotica che ricoprivano ogni angolo del locale del rigattiere.
Un cigolio metallico attirò subito l’attenzione dei coniugi Turner, combinato a passi pesanti e cadenzati.
Ebbero il tempo di voltarsi per accorgersi che l’ingresso della bottega era stato sbarrato da un gruppetto di ufficiali in divisa rossa, tipica della marina inglese.
- Willy il Corvo e Lily Sciabola? O dovrei dire William ed Elizabeth Turner? Avete un appuntamento con la forca da più di due anni, ormai – asserì quello che doveva essere il più alto in grado.
Marito e moglie si scambiarono un cenno d’intesa e sfoderarono le loro spade e pistole, mettendosi spalla contro spalla, pronti a difendersi.
Alla loro mossa corrispose la pronta risposta dei soldati, che avanzarono all’unisono verso di loro, impugnando i moschetti: - Ah-ah: fermi, o la vostra condanna si tramuterà all’istante in una fucilazione – li ammonì lo stesso militare che aveva parlato prima. – Sapete, al nostro re non importa più di tanto il modo in cui eliminiamo gli esemplari della vostra feccia – aggiunse squadrandoli con disprezzo, mentre quattro del suo seguito si accingevano a catturarli e gli altri li tenevano ancora sotto il tiro delle loro armi.
- Ma preferirei non rovinaste la mia merce – si interpose il venditore – Può ancora essermi utile – ammise allungando il braccio e ricevendo una saccoccia di monete dallo stesso comandante. – Siete una spia! – lo accusò sconcertata Elizabeth, agitandosi invano mentre veniva ammanettata.
– Maledetto bastardo! – lo insultò Will tentando di sfuggire all’accerchiamento, ma venendo ugualmente incatenato.
Il rigattiere si fece una grassa risata: - Sono un agente del governo di sua maestà, per la precisione. Il governatore Powell paga bene per questo genere di lavori – ammise ricontando il guadagno ottenuto – Ora portateli via o mi farete scappare la clientela! – accusò le guardie.
Il cui capitano lo biasimò, risentito dalla sua arroganza: - Badate a voi, signor Hunt, perché se scopro che i vostri clienti sono tutti delinquenti come questi due, vedrete che vi farò chiudere bottega! – lo minacciò a viso aperto – Ottimo lavoro, comunque. Portateli via!
Hunt uscì fuori incontrando gli sguardi diffidenti dei passanti, e chiudendosi alle spalle la scalcinata porta dell’emporio, osservando la coppia di pirati che veniva condotta su una carrozza scoperta, mormorò tra sé e sé: - Mi toccherà andarmene da questo postaccio.

Jim in quel momento stava passeggiando svogliatamente sul pontile del molo, dove i suoi genitori gli avevano imposto di rimanere durante le loro visite alle città. Quando i suoi occhi incrociarono il drappello di uomini in divisa, sentì accelerare i battiti e pregò che non si trovassero lì proprio per i suoi.
Decise di avvicinarsi a quella specie di processione, con aria indifferente e facendosi scudo di tutti gli ostacoli che incontrava lungo il cammino, finché non fu talmente vicino da poter vedere le fattezze dei due prigionieri. E si tappò la bocca per non urlare di rabbia.
Will riuscì ad intercettare per un breve istante lo sguardo del figlio comunicandogli con un eloquente espressione del viso il suo ordine: il ragazzino capì che non doveva seguirli, né farsi scoprire. Continuò, però, a pedinarli a distanza.
I soldati scortarono i due pirati su un’altra carrozza, stavolta chiusa da sbarre come fosse una cella con le ruote, e il veicolo con grande lena fu condotto verso un fortino battente bandiera inglese.
- Altri due pendagli da forca – commentò rassegnata un’anziana facendosi il segno della croce e coprendosi la testa con un ampio scialle stinto.
- Sì, probabilmente li appenderanno insieme agli altri tre che hanno preso ieri – le fece eco un uomo che spingeva un carretto pieno di paglia ed erba secca per i cavalli del forte.
- Quando? – lo strattonò Jim allarmato, l’uomo strabuzzò gli occhi di fronte alla sua impazienza – Quando li impiccano quei bastardi? – si corresse allora per tentare di ottenere l’informazione che più gli premeva senza destare sospetti.
Il tizio osservò il ragazzino con un’ombra di dubbio prima di rispondergli con faccia torva:
- Prima del tramonto di domani. Ma perché ti interessa?
Jim si strinse nelle spalle dichiarando con tono innocente: - Mi piacerebbe essere in prima fila – poi salutò i due togliendo il tricorno e si discostò lentamente. Non appena fu certo di essere fuori dalla loro vista si catapultò nelle affollate stradelle dell’isola in un disperato tentativo di rintracciare altri membri della ciurma ancora in giro e chiedendosi come mai nessuno di essi si trovasse con suo padre e sua madre.
Rischiò più volte di essere investito da uomini che duellavano, con le spade e a mani nude, cadde in pozzanghere di cui non volle indovinare la composizione, prese qualche gomitata e una buona dose di offese, e finalmente tirò un ampio sospiro quando scorse davanti l’entrata di una locanda il vecchio nonno Sputafuoco che aiutava Finnegan e Piper a reggersi in piedi, quasi certamente troppo pieni di alcol.
- Nonno! Gente! È successa una cosa terribile! – strepitò tossendo per la convulsione datagli dalla corsa, dall’ansia e dalla paura di quanto aveva appreso – Li hanno presi! I soldati inglesi! Verranno impiccati domani al tramonto!
Quella notizia risvegliò di colpo i tre filibustieri, i cui volti si contrassero in smorfie di stupore mentre farfugliavano fra loro increduli e storditi. Bill li zittì e, abbassandosi all’altezza del nipote, lo afferrò per i lembi della giacca scuotendolo: - Calma, Jim! Racconta con ordine.

Oceano Atlantico, sei mesi prima

L’agile galeone color pece fendeva le acque sonnolente di una notte di fine estate rischiarata da una luna rossa e piena.
L’ultima tempesta si era placata, lasciando nel cielo blu cobalto alcune nuvole spumose che nascondevano le costellazioni dell’equatore.
L’equipaggio, annoiato e poco reattivo, riposava parte sottocoperta parte sul ponte, godendosi la frescura degli zefiri orientali che tendevano le vele cinerine contro la volta stellata.
Ad un tratto un violento contraccolpo investì lo scafo a prua e il veliero cominciò a muoversi a singhiozzo, cigolando.
Il capitano si drizzò di scatto a sedere nella sua vecchia branda scricchiolante. Aguzzò le orecchie e tutti gli altri sensi verso l’esterno, un leggero velo di sudore sulle tempie avvolte nella logora bandana di un rosso stinto.
Lo scalpiccio dei marinai diventava febbricitante, e le frasi da essi farfugliate alludevano a qualcosa di preoccupante. Decise di uscire dalla cabina e correre sulla tolda, per non fare la figura del pusillanime e constatare di persona se veramente ci fosse una fondata ragione per tutto quel vociare di pericolo.
Si impappinò nel fuggi fuggi generale fino a raggiungere il fidato nostromo: - Che succede? – gli intimò misurando l’intonazione sull’algidità, ma tradendo un intrinseco scoraggiamento.
Lo stagionato pirata si voltò tremolante, senza emettere una sillaba, passandogli la torcia e accennando alle schiumanti onde sottostanti.
Il capitano intravide sulla sua fronte delle goccioline di panico che lo indussero a sporgere solo il braccio dal parapetto, prima di avvicinarsi anche il resto del corpo.
La fiamma della sua lampada, aiutata da quelle degli marinai che se ne stavano abbarbicati su alberi e sartie, gli rivelò uno spettacolo terrificante che lo portò a deglutire e a scansarsi bruscamente dalla ringhiera con un verso strozzato.
La Perla Nera era stata ancora una volta attaccata.


Ecco il nuovo capitolo! Grazie a stellysisley, Summerbest, Lione94 e ladyoscar13 per i commenti, e alle stesse più pinkstar_girl95 per aver messo la storia tra le seguite. Ringrazio inoltre tutti i lettori silenti.
Alla prossima!)

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Reagire ***


Salve! Ecco un nuovo capitolo! Non succede quasi nulla ed è un poco più breve, ma mi rifarò col prossimo: siamo ancora un giorno prima del prologo e ho voluto disseminare qualche indizio su ciò che sta per accadere ai nostri protagonisti. Ringrazio tutti i lettori, chi ha commentato (pinkstar_girl95, ladyoscar13, Sweetsushi, stellysisley, Lione94) e chi ha messo la storia tra le seguite (pagnottella).

Buona lettura!


Capitolo 2: Reagire

Le prigioni di Saint Thomas erano buie e semideserte: chi vi entrava vi restava solo per poche ore in attesa della sentenza, che si rivelava quasi sempre capitale.
Costava troppo mantenere soldati e detenuti, e gli scaltri politici preferivano impiegare i primi per dare la caccia ai criminali, ed eliminare i secondi o, in alternativa, inviarli come schiavi nelle piantagioni delle Antille e delle altre colonie americane.
Ai prigionieri di maggior rilevanza spettava di solito l’impiccagione pubblica. In questo modo i governanti potevano mostrare al popolo la loro lealtà alla legge della corona, e la loro efficienza nel combattere la criminalità.
Will ed Elizabeth erano stati sistemati in due celle separate da un corridoio largo poco meno di due metri, uno di fronte all’altra. Due sole guardie facevano la ronda, temendo l’arrivo di complici che potessero ardire di farli evadere.
Will, in preda alla rabbia e allo sconforto, non riusciva a perdonarsi l’imprudente errore che li aveva condotti fin lì, e percorreva con la mente tutti i loro passi, e con le catene ai piedi il ristretto perimetro della cella: - Ci hanno traditi. Non può esserci altra spiegazione – si ripeteva a mezza voce – Ma chi? E dopo tutti questi anni?
Elizabeth si tirò su appoggiandosi pigramente contro le sbarre, cogliendo il profilo indistinto del consorte nella flebile luce che danzava tra le fessure delle pareti di pietra: - Dovevamo aspettarcelo che prima o poi sarebbe successo – provò a tranquillizzarlo con un tono accorato ma sfiduciato – Ma proprio adesso che …
- Non è ancora finita – si riaccese di fiducia il capitano – Jim, mio padre e gli altri non ci abbandoneranno – sussurrò con convinzione e speranza.
- Sì, lo so – convenne la moglie con una cadenza turbata, poi inspirò profondamente elevando la voce – Ma Will, io … credo …
- La legge è cambiata – la interruppe lui riavvicinandosi alla porta della cella – Abbiamo diritto ad un processo. E avranno tutto il tempo di organizzare qualcosa.
- Non ci sperate – gracchiò duramente una voce nell’oscurità, proveniente da una delle altre celle – Il governatore qui ha abolito questi atti di clemenza – li avvertì tetramente. Essi sentirono solo il rumore delle sue catene, poi ripiombò un silenzio spinoso.
Solo per alcuni secondi: - Vi appiccheranno prima del tramonto – tornò a parlare lento e funereo il prigioniero misterioso – Domani, dopo di me.
A quel punto una delle guardie percosse le sbarre con la sua spada per farlo zittire. Ma, trascorso qualche altro minuto si udì una voce giovanile da una delle altre celle: - Purtroppo, penso che il vecchio Alfie Skinbones abbia ragione, signori. Se posso darvi un consiglio, fareste bene a non fidarvi troppo di questi complici. Temo che li avranno già scovati.
- Silenzio, carogne! – sbraitò una delle sentinelle, picchiando il moschetto su una traversa metallica – Arriva il governatore Powell! – il suo annuncio fu ricoperto da un coro di proteste e fischi da parte dei detenuti, ai quali l’uomo non dette peso, soffermandosi soltanto sugli ultimi due arrivati.
Scortato da due ufficiali l’aristocratico, dai lineamenti rozzi ed ispanici, si arrestò proprio nello spazio antistante le celle dei Turner, illuminando i loro volti con delle fiaccole: - Siete voi due, dunque. Si raccontano un mucchio di storie sul vostro conto. Alcune a dir poco inverosimili – affermò sdegnoso, accendendosi un sigaro il cui odore acre riempì di colpo l’aria circostante.
Gli interpellati lo sbirciarono appena senza fiatare, a differenza degli altri carcerati che non cessavano di strepitare contro il loro carnefice, prontamente difeso dai guardaspalle che lo avevano scortato.
- Ad esempio, signora – riprese a parlare imperturbabile, indagando con curiosità i lineamenti di Elizabeth, che di contro ora lo fissava con sfida – C’è chi vi identifica con la figlia del trapassato governatore Swann di Port Royal, misteriosamente scomparsa durante la guerra tra Compagnia delle Indie Orientali e filibusta. E molti dicono che passaste dalla parte di quest’ultima. Se così fosse, beh è inutile rammentarvi che la vostra scelta è stata tutt’altro che previdente! – concluse con un ghigno a metà tra il severo e lo spocchioso.
Quindi si voltò verso Will, piantandogli addosso la stessa luce rossastra: - Su di voi, poi … circolano voci ancora più stupefacenti. Dicono che siete morto e risorto e che adesso comandate niente meno che l’Olandese Volante! Una nave leggendaria! E difatti non ne abbiamo trovato traccia nella baia – quell’ultima dichiarazione impensierì i due pirati che si scambiarono un rapido sguardo dubbioso, non sapendo se interpretarla come un cattivo o un buon segno, vista la intricata situazione.
– Vi hanno lasciati soli, a quanto pare – sentenziò Powell, spegnendo il sigaro sotto lo stivale e continuando ad alternare occhiate provocatorie ad entrambi. Non ricevendo però soddisfazione dai loto volti impassibili, sbottò scocciato: - Non c’è alcun gusto a punzecchiare questi due mascalzoni, sembrano aver perso la lingua!
A quella battuta i soldati risero allegramente e lo accompagnarono fuori: - Dormite bene! Ci vedremo domani! – li salutò sarcastico prima di andare via.
Solo allora Will parlò con irritazione al buio che lo circondava: - Si diverte molto a venire a prendere in giro i condannati a morte, eh?
Nessuno gli rispose, allora cercò di attirare l’attenzione della moglie, acquattandosi contro le inferriate e bisbigliando per non farsi sentire dagli altri: - Forse l’Olandese è sott’acqua. Jim sarà al sicuro – azzardò, con tono perplesso.
- Forse, sì – gli rispose distaccata e preoccupata Elizabeth. Si sedette sulla fragile panca di legno, raccogliendosi in se stessa per il freddo che quella forte umidità le faceva provare: - Che stupida idea quella di voler comprare una vasca – mormorò seccamente – Dopotutto l’igiene non è il requisito essenziale per un pirata.
Il marito non poté fare a meno di sorridere lievemente, mentre uno dei soldati s’inoltrò nel corridoio fino a loro due borbottando, per poi fare marcia indietro.

Oceano Atlantico, sei mesi prima.

Tutti lo guardavano, le mani impazienti, i respiri ansanti e le bocche serrate, come se quella subdola presenza potesse captare il richiamo del panico che si era impadronito dei loro respiri.
Il legno dell’imbarcazione vibrava con un rumore sordo dallo scafo agli alberi, e le onde ribollivano mentre tutto attorno non c’erano altri segni di vita nel mare scuro e profondissimo.
- Fucili e forconi, gente! Non tentennate! La nave è ancora nostra!
Jack Sparrow sembrava voler convincere più se stesso che la sua ciurma, impantanata dal terrore che rallentava le loro reazioni.
Mastro Gibbs, parimenti scosso, trovò il guizzo per ripetere l’ordine a gran voce e finalmente anche i meno convinti si affrettarono ad obbedire.
- Portate qui sopra grasso e polvere da sparo! Svelti! – incitò ancora gli uomini il capitano della Perla Nera, restando con lo sguardo perso tra i flutti sottostanti, smossi di continuo dal viscido responsabile dell’attacco.
La nave non aveva possibilità di manovra, la ruota timoniera era completamente bloccata e ben presto egli capì il perché: le reti da pesca che erano state gettate un’ora prima per tentare di rifornire la desolata cambusa, si erano incastrate nelle protuberanze di quella cosa, che non sembrava un nemico tanto accanito o aggressivo, sebbene il suo orribile aspetto e le sue notevoli dimensioni bastassero a risvegliare nei marinai il ricordo delle preghiere imparate nell’infanzia, che si spezzavano tra i denti tremanti.
E in lui la reminescenza di un incubo vivissimo del suo passato recente.
Un incubo che lo aveva sopraffatto, ma che adesso voleva in qualche modo poter affrontare senza codardia.
Jack lanciò due torce sui barili che gli uomini avevano buttato fuori bordo. La luce si spense presto, travolta dagli schizzi dell’acqua.
Joshamee assisteva immobile e ammutolito, con il cervello completamente svuotato dalla paura. Aspettava che il suo compare di sventure desse un nuovo ordine e si rifiutava di posare lo sguardo di nuovo su quel mostro, che aveva popolato tante notti insonni.
Aspettava e non udiva altro che le urla di spavento degli altri marinai, tanto che temette di non aver sentito bene quando il capitano, poggiandogli una mano sul braccio, lo guardò dritto negli occhi e, impugnando un fucile e sguainando la sua sciabola, gli propose con un singulto infervorato: - Calatemi!

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Ancora vivi ***


Salve a tutte! Vi presento un nuovo capitolo, questa volta interamente incentrato sui Turner, con la promessa che nel prossimo tornerà anche Jack. Qui c'è solo azione, la trama comincerà ad ingranare dal prossimo. Spero vi piaccia, buona lettura!

Ringraziamenti: Lione94, stellysisley e Summerbest per i commenti,  tappetta per aver messo la storia tra le seguite, e tutti coloro che hanno letto o leggerano :)


Capitolo 3: Ancora vivi

Will cominciava a sudare freddo: mancava una manciata di minuti al calar del sole e nessuno dei suoi compagni di ventura aveva ancora fatto capolino nelle vicinanze della piazza.
Un timido prete dal viso giocondo e bonario stava salendo solennemente sul patibolo, con un rosario rosso tra le mani e una bibbia dalla copertina di cuoio sottobraccio, ostentando gravità e repulsione per i due galeotti.
Il governatore di Saint Thomas aveva origini anglo-ispaniche ed era un cattolico fervente: per questo motivo, nonostante tutto, concedeva alle sue vittime di poter ricevere l’estrema unzione, considerandolo un atto di magnanimità. La condanna diventava così una lenta agonia.
Elizabeth non poteva più sopportare quella tensione crescente, le tempie le pulsavano, le pareva di scoppiare. Aveva aspettato davvero troppo e quel pensiero le turbinava in mente con insistenza, ora che pareva essere vicina ad una inevitabile fine: - Ti amo. Ma Will … io …
Le parole della moglie riattirarono le pupille del capitano dell’Olandese Volante verso il suo volto, bellissimo e sconsolato. Era così impaurita, raramente l’aveva colta in una simile disperazione. Anche se effettivamente ne aveva ben ragione: avevano un cappio attorno al collo e poggiavano i piedi incatenati ad una palla di piombo su una botola che stava per aprirsi e sotto di loro e separarli dal mondo che avevano conosciuto ed esplorato insieme, tra mille scoperte e peripezie.
La accarezzò con un’occhiata colma d’amore, ignorando le incalzanti domande postegli dal chierico: - Torneremo insieme – esalò a fior di labbra, tentando di raddolcire quella che ormai pareva un’ineludibile dipartita.
Lei annuì e, incrociando i suoi occhi, inspirò un singhiozzo, affermando con voce ferma ma offuscata da alcune lacrime: - Sono incinta, credo.
Will diede uno scossone alle catene che lo immobilizzavano e, con una gomitata, spintonò inavvertitamente il prete di fianco a lui, facendolo precipitare dal palchetto: - Cosa? Perché non l’hai detto quando ci hanno presi? Ti avrebbero scagionata! – aveva la salivazione completamente azzerata mentre la scrutava incredulo e spaventato.
La consorte lo fulminò, sbalordita e offesa: - È una cosa intima! Non capisci? Volevo che lo sapessi prima tu!
- Ma che dici? – la sgridò lui, incapace di controllare lo sgomento, stendendo le braccia dietro la schiena per cercare di rompere le catene, con un impeto originato dalla rabbia.
Il governatore e tutto il corpo di guardia ai suoi ordini si alzarono in piedi, vedendo volare il prete e notando che i due condannati stavano discutendo animatamente: - Che sta succedendo! Fate qualcosa, capitano Roberts! – esortò i soldati Powell, preoccupato che i criminali stessero per azzardare un’improbabile fuga.
Il capitano della guarnigione si attivò subito per ripristinare l’ordine e far riprendere l’esecuzione, mentre il governatore proclamava con disprezzo: - Questi empi delinquenti hanno rifiutato anche la possibilità del purgatorio! Impiccateli!
Intanto tra la calca in ebollizione per l’accaduto che si divideva tra favorevoli e contrari, alcuni uomini armati si facevano largo tra gli spettatori, dando inizio ad una rivolta.
- E poi hai una minima idea di quello a cui mi avrebbero sottoposta per verificarlo? – domandò intanto la signora Turner al compagno che, provando a forzare le manette, le rispondeva solo a smorfie e sospiri, non nascondendo l’imbarazzo per quella rivelazione: - Non mi pare il caso di mettere in ballo l’orgoglio …
- Impiccateli! – urlò di nuovo Powell e il comando, a dispetto della confusione, questa volta si trasmise fino al boia che si mosse verso la leva.
Quando i soldati ottennero una tregua, l’arringatore riprese la lettura, scandendo rapidamente le ultime righe: - William ed Elizabeth Turner sarete appesi per il collo finché morte non sopraggiunga. Possa il Signore avere pietà delle vostre anime.
I due pirati smisero di parlare e tornarono a fissarsi con la stessa ombra di freddo terrore.
L’esecutore impugnò con entrambe le mani la leva e piegò le braccia nerborute accingendosi a spingerla verso il basso.
Elizabeth e Will chiusero gli occhi nello stesso istante.
Delle grida miste a fischi fendettero l’aria.
Il legno della barra si bagnò di rosso e il carnefice barcollando si accasciò al suolo.
Urla, orrore, paura, disordine: tanto derivò dalla visione di quell’omone incappucciato che, centrato in pieno petto da una pallottola, si contorceva per il dolore che sgorgava con il sangue e le imprecazioni.
In pochi secondi la piazza si rimescolò, ognuno correva calpestando i vicini pur di fuggire e rintanarsi il prima possibile nella propria abitazione o nel forte, dato che altri spari riecheggiavano per le vie vicine.
Il governatore Powell, constatato il volgersi degli eventi, richiamò a sé le guardie personali e si fece subito scortare nella sua dimora, delegando al comandante del suo esercito di opporsi ai filibustieri che si aprivano la strada per raggiungere i loro capitani.
Elizabeth e Will, risollevati dalla comparsa della ciurma, non avevano fatto i conti con la tenacia e l’attaccamento al dovere del comandante della marina isolana, quel Francis Roberts che poche ore prima li aveva arrestati: - Vi impiccherò io stesso! – li minacciò dopo essere salito a forza di spintoni sul patibolo.
- No! – urlò sconfortata la piratessa, trovandoselo di fianco, a due passi dalla leva che azionava le botole.
Le corde che circondavano il loro collo costituivano ancora un serio inconveniente, ma di colpo si spezzarono ricadendo ai loro piedi.
I Turner alzarono il viso sulle aste di legno cui erano fissati un attimo prima i capestri ed ebbero una fitta di gioia nel riconoscere il loro salvatore: - Sei in ritardo, Jim! – lo apostrofò bonariamente il padre.
Il ragazzino lanciò giù una piccola accetta e con un balzo li raggiunse sulla pedana: - Niente affatto! Siete ancora vivi! – esclamò con un sorriso spavaldo e affettuoso.
- Piccolo furfante! – il capitano Roberts, fuori di sé gli si gettò addosso ma altri due pirati, che avevano aiutato Jim a salire sulle travi, lo atterrarono in tempo.
Il giovane Turner nel contempo si era scansato facendo una capriola all’indietro e, sveltamente, si inginocchiò apprestandosi a spezzare le catene alle caviglie dei suoi. Non riuscendo a recuperare l’accetta, che si era conficcata a fondo nelle assi del pavimento, provò dando botte con la sua corta sciabola.
- Più veloce, Billy Jim! – lo spronò Will, scorgendo altri soldati venire verso di loro.
- Tu la pistola non vuoi darmela! – si giustificò quello, aumentando il vigore degli urti sul ferro e alternando un colpo sui ceppi di suo padre e uno su quelli della madre, che lo sollecitò impaziente: - Va’ a chiamare qualcuno! Attento alle spalle!
Fortunatamente Ratlin e Palifico furono più veloci e coinvolsero i due uomini in divisa in un duello, prima che scaricassero addosso al ragazzino i moschetti.
- Aspettate, provo con questo – sbuffò Jim, rialzandosi dalla sua posizione distesa ed estraendo dalla cintura un martello.
Nel frattempo altri pirati avevano raggiunto il palchetto schivando a suon di sciabolate e pallottole tutti i soldati che cercavano di assalirli.
- Come state, signora? – chiese ironicamente Ratlin ad Elizabeth.
- Pensavo di avere già un piede nella fossa. Di chi è stato il colpo fortunato? – lo interrogò lei, facendosi tranciare le manette con la sua ascia e sfilandosi il cappio dal collo.
- Di Maccus! – gli rispose quello, offrendole una pistola che la donna usò per difendersi da altri attacchi contro la loro incolumità.
Will non si era accorto dello scambio di battute fra i due: - Liberami i polsi – suggerì al figlio, vedendo che non riusciva comunque a recidere le catene neppure col martello.
Jim fece per ubbidire, ma una volta dietro di lui si arrestò interdetto: - E come cavolo faccio? Sono manette!
Will ruotò a fatica le braccia in avanti e si abbassò sulle ginocchia: - Non ti agitare Jim, riprendi la spada – lo tranquillizzò poggiando i polsi per terra e distanziandoli.
Il ragazzino intuì il suo suggerimento: - Ti fidi, papà? Se ti taglio?
Lui calò la testa e separò le mani più che poté, incoraggiandolo: - Colpisci!
Jim portò la lama sopra la testa per caricarsi al massimo e la scagliò con tutta la sua forza sulle catene, spezzandole.
- Visto che alla fine la tua sciabola serve a qualcosa? – si complimentò con lui il padre, togliendosi la corda dal collo e avvicinandosi all’accetta per staccarla dal pavimento.
- Hey, spostatevi! – accennò Elizabeth ad entrambi brandendo la rivoltella con cui esplose un colpo sulle catene che imprigionavano le caviglie sue e del consorte.
- Ma la pistola è tutta un’altra storia – commentò Jim ammirando la madre e affrettandosi a sfilare via il resto dei ceppi così che ai suoi restarono solo i bracciali metallici attorno alle caviglie e ai polsi.
- Andiamo via! – richiamò tutti gli altri Capitan Turner, ma poi il suo sguardo indugiò su una persona e chinandosi raccolse le catene appena spezzate – Un minuto solo: queste le riconsegniamo al nostro intrepido comandante – proferì con una punta di sarcasmo ed astio nei confronti del loro persecutore.
Quattro uomini della ciurma vi avvolsero il militare: - Vi ritroverò! Statene certi! – promise loro un paonazzo Capitano Roberts prima di essere imbavagliato, mentre veniva appeso sulle assi a testa in giù dai pirati.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Congetture ***


Yo oh a tutti quanti! Ecco un nuovo capitolo con qualche spunto sulle vicende future dei nostri amati pirati :) Come promesso torna Jack!
Spero lo leggiate con piacere e aspetto i vostri commenti e supposizioni.
Intanto come al solito ringrazio chi ha letto, chi ha recensito il capitolo precedente (le immancabili stellysisley e Lione94), chi segue la storia in anonimato.

A presto ^_^


Capitolo 4: Congetture

Oceano Atlantico, sei mesi prima.

- Issatemi!
- Issatelo!
I marinai della Perla Nera spinsero con energia l’argano riportando poco a poco sul ponte le reti e Jack Sparrow che si era fatto imbracare per scendere al livello del mare.
- Capitano! State bene? – lo circondarono boccheggianti e curiosi non appena riportò gli stivali sulle assi, fradicio e barcollante.
Lui fece un gesto di fastidio con le mani per allontanarli da sé come fossero mosche asfissianti. Ma non dovette insistere troppo: dopo che focalizzarono le lanterne sul moncone che era rimasto impigliato nelle maglie della rete, indietreggiarono rapidamente gorgogliando imprecazioni di stupore. Anche perché il capitano, completamente zuppo, aveva parte del corpo imbrattata da una strana sostanza viscosa e bianchiccia: - Piuttosto docile, la bestiolina, mi è dispiaciuto doverla mutilare – borbottò infilzando con la punta della spada l’appendice molliccia e portandosela davanti agli occhi bistrati – Peccato che non la si possa cucinare.
Mastro Gibbs si fece avanti, oscillando una lampara ed esprimendo il turbamento della ciurma: - Per tutti i diavoli! Ma che cos’era?
Jack si voltò bruscamente come se l’avesse appena ridestato da un sonno profondo, sbattendogli la preda sotto il naso: - Mai una domanda sensata tu? – il nostromo si contrasse in una smorfia di timore, disgusto e incredulità, incapace di articolare qualcosa di intellegibile.
Il capitano lo fissò per qualche secondo arricciando i baffi, poi si distanziò da lui rivolgendosi agli altri: - Portate su un barile di alcol. Badate bene: ALCOL, NON RUM. E ficcateci dentro questo coso. E braccia in trinchetto! E spiegate le vele! Tutte!
A rilento e tra mille commenti confusi i pirati sgombrarono per obbedire all’ordine, lasciandolo solo con il suo luogotenente: - Che cosa vuoi fare? – gli si avvicinò quello, avendone abbastanza di osservarlo parlottare tra sé mentre cercava di ripulire la spada e il suo braccio da quel fluido appiccicaticcio.
- Il Pescegatto ce ne renderà conto al Consiglio – gli rispose enigmatico dopo una pausa ad effetto. Quindi si soffermò a visionare l’adempimento dei suoi comandi da parte della ciurma e si incamminò con nonchalance verso il suo alloggio.
Gibbs lo tallonò svelto e nervoso, riuscendo ad entrare in cabina con lui, richiudendo la porta dietro di sé: - Scusami … da quando sai che ci sarà un nuovo Consiglio? – lo incalzò piccato e un po’ stizzito per non esserne ancora venuto a conoscenza.
Jack gli scaraventò la pezza con cui alla meno peggio si era tolto lo sporco dalla faccia: - Da quando ho deciso di indirlo – lo sorprese, mettendosi a rovistare freneticamente tra i cassetti dei suoi mobili e in alcune cassepanche.
Joshamee gli si piantò dietro: - Tu?
Sparrow si sollevò dal cumulo di cianfrusaglie, colpendolo con un’occhiataccia: - Vorresti insinuare che non ne avrei l’autorità?
- No. Non è questo - si scusò prontamente l’amico, afferrando una sedia e appoggiandovisi, come ad aiutarsi a ponderare meglio le parole: - Le tue sono congetture … Servono motivi più che validi per scomodare i pirati nobili.
Jack annuì, camminando solennemente verso la vetrata che mostrava un mare fosco e ondoso: - Si dà il caso che io ce li abbia.


I marinai dell’Olandese Volante liberavano il cammino che portava al molo con sciabolate, calci, pugni, spintoni, colpi di moschetto. La cittadella era piombata nel caos e si combatteva ovunque malgrado l’irrompere del buio.
- Correte piano! – ammoniva inutilmente i suoi Will, seguendo con ansia la corsa della moglie e coprendola da eventuali aggressioni con le due spade che aveva recuperato.
Gli uomini non lo sentivano, né erano disposti a farsi catturare ora che erano scampati per un pelo al peggiore destino in cui un pirata potesse incappare.
Jim superava tutti per rapidità e agilità, svicolando come una freccia. Andava talmente veloce che, senza neppure rendersene conto, si ritrovò separato dagli altri e imboccò un cortile poco illuminato, scambiandolo per una scorciatoia verso il porto.
Invece la sua distrazione lo condusse dentro una stradina senza uscita, dove non arrivava neanche l’eco del putiferio scatenatosi in centro. Proprio per questo, per sua disdetta, si accorse quasi subito che qualcuno doveva averlo seguito. Poteva udire il cigolio metallico delle armi che portava con sé. Forse c’era più di un uomo dietro di lui.
Jim deglutì, girandosi e arretrando, ma qualcosa lo fece inciampare e finì steso per terra.

- Volete rallentare, accidenti! Ormai non ci raggiungono più! – urlò esasperato Will alla ciurma, compattatasi attorno ai due capitani e che li obbligava a mantenere un andamento forsennato.
- Signore, la fretta in questi casi non è mai troppa, mi creda! – sentenziò Danny, sparando un colpo per aria.
- Ha ragione, Will: non possiamo fermarci adesso – replicò la moglie col fiato grosso, al che lui la agguantò per un braccio, avvicinandola di più a sé per domandarle all’orecchio con palese preoccupazione: - Il tuo è un sospetto o una certezza?
- È un ritardo di quasi due mesi – ammise a denti stretti la donna, pur continuando a correre.
Will sospirò tenendola per mano, facendole scudo con il suo corpo: - Dov’è l’Olandese?
- Alla vostra destra, Capitano – gli indicò Ratlin muovendo una torcia per segnalare a quelli a bordo il loro imminente ritorno.
Tre degli uomini iniziarono a sbrogliare le corde della scialuppa, mentre i cannonieri del veliero pirata si erano messi all’opera per fugare eventuali attacchi.
- Dov’è Jim? – si accorse d’un tratto Elizabeth, prendendo posto su un sedile.
Il marito girò gli occhi intorno a loro senza avvistarlo: - Maledizione! Tu non muoverti, anzi sali a bordo. Vado a cercarlo io – la rassicurò portando con lui Maccus e Palifico.

- Per mille gabbiani incacchiati! – mormorò Jim Turner, rendendosi conto che non avrebbe avuto molte possibilità di vincere contro sei soldati addestrati ed armati come quelli, che lo stringevano in uno spazio sempre più ridotto avanzando verso di lui.
- Sei il figlio di quelle due canaglie appena scampate al capestro, vero? Un’ottima merce di scambio – attestò uno dei militari accennando ai compagni di accerchiarlo.
Il ragazzino estrasse la sua sciabola ostentando un orgoglio e un coraggio che in quel momento gli derivavano dal panico dell’inesperienza: - Sì, sono Billy Jim Turner! E sono un pirata anch’io, al pari dei miei genitori!
I soldati esplosero in convulse risatine di scherno e uno di loro lo provocò: - Allora ti aspetta il loro stesso destino, bastardello!
Jim indietreggiò tenendo ben saldo lo spadino con le due mani che gli tremavano un po’, pronto a scattare non appena si fossero avvicinati di più. Avrebbe cercato di ferirli in qualche punto critico per poi scappare. Era concentratissimo, attingendo agli insegnamenti di suo padre cercava di sentirsi un tutt’uno con la lama che brandiva.
Ma d’un tratto una sarcastica voce dall’alto di un muretto si frappose allo scontro impari che stava per consumarsi: - Hey, voi! Lo sapete che mentre state qui a giocare con quel mocciosetto tutti i prigionieri del forte se la stanno svignando? Avete capito? Vi fissate con un bambinetto innocuo e nel frattempo lasciate sgattaiolare decina di pericolosi fuorilegge! – li rimproverò sogghignante.
I soldati, distratti dalla comparsa di un altro ricercato sfuggito alla giustizia del loro governatore, tentennarono nel decidere quale dei due prendere, mentre Jim non capiva bene se essere grato oppure sentirsi insultato da quel tipo: chi aveva interrotto la sua cattura era un ragazzo di poco più grande di lui, un corpo longilineo ma all’apparenza scattante ricoperto da vestiti sciatti, quasi laceri, la carnagione ambrata e occhi e capelli nerissimi trattenuti da un codino con due pendagli fatti di opale e diaspro. Agilmente saltò dallo steccato su cui era appollaiato con atteggiamento sornione e nell’atterrare, schierandosi al suo fianco, estrasse dalla cinta una spada e una pistola a canna lunga.
- Ha ragione! Lasciatelo stare! È giovane, non ha colpa! – una signora spalancò le persiane prendendo inaspettatamente le difese di Jim e con lei altre vicine si affacciarono dalle loro finestre protestando contro le minacciose intenzioni dei militari.
Il misterioso salvatore sorrise soddisfatto scuotendo le braccia come a scacciare gli uomini in divisa che esitavano ancora sul da farsi, venendo criticati dagli stessi cittadini che intendevano difendere. I due ragazzini si sorrisero per un attimo, complici ed entusiasti per aver messo paura a quegli adulti pieni di boria.
- Non è colpa sua se è figlio di sporchi malviventi! – a quell’affermazione, però, Jim sentì riemergere il suo ostinato onore piratesco, maturato con gli anni, e gli venne istintivo ribattere insolente:
- Si tappi quella boccaccia, signora! Noi viviamo benissimo! … A spese degli altri, certo, ma …
Le donne all’unisono cambiarono partito e cominciarono a biasimare i due piccoli delinquenti, ridando ragione alle guardie e Turner si pentì di essersi lasciato sopraffare dal suo temperamento irascibile e avventato, scusandosi con sguardo da cane bastonato col ragazzo bruno.
Il suo difensore gli scoccò un’occhiata esterrefatta arricciando il naso: - Miseriaccia! Tappatela tu la bocca, stupido! Dovresti cercare di sfruttarlo il tuo fascino da bambino indifeso – aggiunse in un soffio, e così dicendo sfoderò le armi e si avventò contro i militari iniziando a combattere con grande abilità sotto l’affronto di Jim, che cercò più volte di inserirsi senza successo.
Il suo broncio tuttavia si tramutò gradualmente in ammirazione per il coetaneo. In poche mosse ne stordì due con il calcio della pistola, ne ferì altrettanti alle gambe e affrontò a duello gli ultimi disarmandoli e tagliando loro perfino le cinture dei pantaloni, mettendoli in ridicolo.
Era stato come una furia e quelli non avevano fatto a tempo a reagire. Osservò con compiacimento il suo operato, poi, certo che non fossero più di intralcio per il ragazzo che aveva soccorso, stava per allontanarsi prima che Turner lo tirasse per la camicia: - Aspetta! Mi hai salvato la vita! Come ti chiami?
Il giovane si grattò la testa rumorosamente fissando divertito l’espressione di persistente sbalordimento sugli occhi sbarrati del timido ragazzetto che gli aveva balbettato quel ringraziamento. Gli faceva piacere aiutare qualcuno, ma ci teneva a dare un’impressione scontrosa di sé, per cui si morse le labbra e farfugliò ostile: - Jay Jay. E non ti ho salvato la vita, moccioso. Avevo un conto in sospeso con loro – gli rispose sbrigativo, fingendosi offeso per quell’accusa di altruismo – Ora devo andare. Il porto è di là – concluse spiccio, spingendolo sgraziatamente verso l’uscita della stradella.
- Ma cosa posso fare per te! Ti sono debitore! – continuò a ripetere Jim, puntando i piedi per opporre resistenza al suo brusco spintonarlo.
- Col casino che avete fatto sono evaso, perciò non c’è bisogno che tu faccia altro – replicò quello cacciandolo con urgenza, dato che le signore di prima continuavano a ciarlare e sembravano poco intenzionate a chiudere un occhio sulla faccenda cui avevano assistito – Anzi! In effetti una cosa c’è che puoi fare, piccolo Turner! – di colpo fu lui a piantare i piedi sbilanciandolo. Lo volse per le spalle e lo tenne ben stretto, sottolineando con voce oscura e sguardo convincente: - Dì a tuo padre: “la gloria corre nell’aldilà”.
- Che significa?! – sbottò Jim schiaffeggiandogli le dita per scollarsele di dosso, non riuscendo invece a staccarsi dai suoi occhi così stranamente familiari. – I cannoni dell’Olandese – bisbigliò voltandosi, avendo riconosciuto quella deflagrazione.
Quando riportò lo sguardo davanti a sé quel Jay Jay era già sparito.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: La chiamata ***


Hey! Salve a tutte/i ! Chiedo venia per il ritardo di questo aggiornamento, ma ho così tante idee ed ho riscritto più volte questo capitolo perchè mi sembrava sempre incompleto, o troppo lungo o troppo corto. E tuttora non ne sono del tutto convinta. Comunque credo ci sia ampio spazio per le supposizioni e spero di stuzzicare la vostra fantasia. Ci sono ancora un mucchio di personaggi importanti che devono entrare in scena, ma qui ho voluto concentrarmi sull'evoluzione della famiglia Turner...
In attesa delle vostre opinioni, saluto tutte coloro che hanno letto e commentato (stellysisley, Lione94, Summerberst e ladyoscar13, che ho già ringraziato nelle risposte), chi segue la storia in silenzio (e le invito a dirmi che ne pensano, se vogliono) e Edwardina4ever che ha messo la fic tra le ricordate.

Buona lettura!


Capitolo 5: La chiamata

Erano i lampi degli archibugi e le torce della gente in fuga a squarciare le tenebre che si stavano oramai impadronendo della terra.
Dopo un’affannosa corsa a ritroso per le strade gremite della città, Will tirò finalmente il fiato: - Billy Jim! Ti ho trovato! – si arrestò, avvicinando protettivamente il figlio a sé, circondandolo con le sue braccia ed assicurandosi che non fosse ferito - … Hai fatto tutto tu? – trasecolò poi, intravedendo quel gruppetto di soldati stesi a terra dietro il vicolo.
- Ehm … quasi – squittì lui sgusciando dal suo affettuoso abbraccio - Tranquillo! Non ho neppure un graffio, a differenza tua – affermò tentando di sottrarsi alle sue amorevoli attenzioni, pur essendo in realtà anche lui piuttosto rincuorato di averlo di nuovo accanto, sano e salvo, dopo essere stato così vicino a rischiare di perderlo per sempre.
- Meglio così – gli sorrise compiaciuto il padre, scompigliandogli quella fulva frangia ribelle che gli copriva la fronte.
– Già, così non ci crederà mai nessuno che sono un pirata – bofonchiò scontento lui, dandogli un buffetto sul petto e mettendosi tra Maccus e Palifico che lo serrarono tra di loro.
- È il momento buono! – suggerirono al Capitano, non scorgendo nei dintorni altri passanti potenzialmente pericolosi.
Turner annuì procedendo con circospezione e con le armi in pugno, mentre Jim, che gli camminava davanti, di scatto si fermò girandosi: - Aspetta! Stavano per uccidermi ma un ragazzo mi ha salvato!
Il genitore lo guardò di sbieco: - Ah davvero? Filiamo! Poi mi racconti. Dobbiamo correre al molo – lo incitò agguantandolo per un braccio e trascinandolo senza troppo successo. Il ragazzino si impuntò: - Mi ha detto di darti questo messaggio: “la gloria corre nell’aldilà”.
- Lo so già – gli rispose brusco lui, spiando i movimenti della gente che andava e veniva.
- Davvero? – esclamò con enfasi Jim, lasciandosi ora guidare senza opporsi dalla stretta energica delle sue dita.
La risposta gelida di Will riuscì a zittirlo: - Non è una cosa buona.
Le vie brulicavano ancora di guardie e i quattro dovettero fermarsi più volte e nascondersi per evitare di essere visti. Se non altro i colpi di cannone inoltrati dai pirati dell’Olandese Volante tenevano occupata buona parte della guarnigione che si trovava sul fortino vicino alla costa.
Arrivati sulla banchina, traballante per le scariche di proiettili emanate dalle due batterie, impegnate a cercare di centrarsi a vicenda, vennero sfiorati da alcune pallottole. Dei militari di ronda li avevano individuati.
- Sali sulla scialuppa, Jim! – decretarono sia il capitano che gli altri due pirati, preparandosi a respingere quell’ulteriore imboscata.
Jim lanciò un’occhiata alla barca ma prima di saltarvi si fermò a guardare i sei uomini che avevano iniziato a duellare a colpi di spade, poi ebbe un impeto improvviso e, prendendo la rincorsa, si intrufolò tra i combattenti urlando e, uno dopo l’altro, infilzò i piedi dei soldati con lo spadino, lasciandoli zoppicanti e doloranti.
Will e i suoi uomini restarono a bocca aperta mentre lui con noncuranza e un pizzico di insolenza proclamava: - A bordo ci aspettano!

Elizabeth abbassò il cannocchiale dal viso e richiamò alcuni componenti della ciurma, precipitandosi al parapetto di tribordo. Lì i marinai presero a manovrare le gomene per riportare la scialuppa a bordo. Quando l’imbarcazione fu vicina alla murata i suo quattro occupanti saltarono sul ponte e i loro compagni li attorniarono, riempiendoli di pacche per congratularsi a vicenda della buona riuscita del salvataggio.
Jim, districandosi tra i diversi bucanieri, raggiunse sua madre e, approfittando della distrazione degli altri, si lasciò andare ad un moto di affetto: - Mamma! Che paura! Non ti hanno fatto del male, vero?
- No, no. Sto bene - Elizabeth lo strinse a sé, rassicurandolo dolcemente. Quei momenti di tenerezza fra lei e suo figlio ormai erano sempre più rari, perché lui voleva dimostrare di essere cresciuto, mentre lei, anche se in altezza le sfiorava il mento, non riusciva ad evitare di considerarlo ancora il suo bambino indifeso.
- Dobbiamo prendere il largo, alla svelta! Prima che armino la flotta – le considerazioni di Will, marcate da una certa impellenza, li fecero separare richiamando la concentrazione di tutti sul problema ritirata.
- È un po’ difficile che lo facciano al buio e con i danni che gli abbiamo procurato – osservò Sputafuoco, imbracciando il timone per condurre la nave fuori dalla baia.
- Temo che quel capitano Roberts sia un osso duro. Tornerà a braccarci non appena potrà – replicò sicuro e agitato il capitano, inducendo il padre a rivolgergli uno sguardo interrogativo a cui lui si sottrasse, riprendendo a redarguire con fermezza la ciurma: - Possiamo aspettarci di tutto da quel maledetto, perciò restate sui pezzi!
In quel momento si presentò Gilbert ma, contrariamente a quanto Will si aspettava, non volle accertarsi sul suo stato di salute, bensì sulla loro prossima meta: - Dove andiamo, signore?
Dietro di lui facevano capolino altri marinai non occupati in alcuna funzione.
- Isla Cruces – stabilì Turner in un modo che ad essi parve assai superficiale, ma non c’era tempo per discutere dato che gli imperterriti bombardamenti dalla terra ferma costrinsero lo stesso capitano a mettere da parte le spiegazioni per guidare il ripiegamento.
Jim si aggirava senza ancora aver preso parte alle manovre: - Appena qui abbiamo finito, vieni dove sai tu e mi racconti tutto – gli intimò sbrigativamente, scendendo assieme ad Elizabeth sul ponte di batteria.
- Sarà fatto, capitano – ribatté il ragazzino con un filo di provocazione, arrampicandosi sulla coffa.
Nella pallida luce rosa che schiariva appena la linea dell’orizzonte, distinguendo il cielo rosso dal mare violaceo, l’Olandese Volante spiegò le vele grigie lasciando dietro di sé il ricordo del suo potere distruttivo.
Gradualmente la frenesia della difesa andò scemando e, non appena svanirono i contorni di terre o velieri nemici, Will si dedicò a suo figlio, che lo aveva aspettato dentro la prua appuntita, dondolando le gambe all’esterno. Gli si sedette accanto e parlò, misurato ma severo: - Non ci devi perdere di vista. La prossima volta potresti non essere così fortunato.
Jim si morse la lingua e protestò senza alzare il tono né guardarlo: - Ce l’avrei fatta anche da solo! Ma tu continui a rifilarmi le armi con le lame smussate! Quel ragazzino aveva la stessa mia età, al massimo un anno in più, ma dovevi vederlo! Con le sue spade e la sua pistola era una potenza!
Il padre sbuffò tra lo stanco e lo scocciato: - Lo abbiamo già fatto questo discorso, Jim. E sai come la penso.
Il ragazzino scattò in piedi scrutandolo dall’alto in basso, nella debole aura delle lanterne ondeggianti sulle loro teste, e calcò le parole di insofferenza: - Tu non vuoi che io cresca. Non volete né tu né mamma. Volete tenermi sempre con voi. Ma io sto crescendo, papà. Il tempo non si ferma.
Will, amareggiato e contrariato, non trovò la tempra giusta per rispondere a quel bizzoso sfogo adolescenziale. Lo inseguì fin sopra la tolda, dove i pirati nel frattempo si erano radunati in attesa di obbiettivi e delucidazioni, appiccando il loro sentire su di lui non appena raggiunse il ponte più alto di coperta. Cercò di liberare la mente e, affiancandosi alla moglie, illustrò: - Non eravamo approdati a Saint Thomas soltanto per fare provviste, come sapete. Ieri sera dovevamo incontrare Pescegatto Taft, il comandante della Barracuda, alla taverna “Dente d’oro”. Era lui a doverci indicare il luogo prescelto per il Consiglio … - scrutando le figure dei suoi marinai, Will ebbe una repentina folgorazione. Non aveva incontrato i quattro uomini che li avevano accompagnati dal rigattiere: - Dove sono Angler, Crash, Jelly e Penrod?
Si sollevò un rumorio di commenti, poi Sputafuoco lo informò con mestizia: - Non hanno fatto ritorno a bordo.
- Quindi erano loro i traditori? – intuì Will adombrandosi, un groppo di risentimento a serrare la gola.
- Ci hanno venduti? – inorridì Elizabeth, ma l’inaspettata rivelazione di Gilbert raggelò la loro rabbia: - In realtà non lo sappiamo perché li abbiamo trovati … morti.
I capitani si osservarono in un attonito silenzio, tornando alle ultime immagini che si erano impresse nella loro mente prima della cattura in quella bottega. Poi si fece avanti di nuovo Bill: - Erano accanto al vostro cappello, capitano – rivelò scosso, consegnandogli il copricapo piumato. Will lo raccolse provando lo stesso turbamento che sembrava attanagliare la ciurma.
- Era vicino all’entrata della prigione. Doveva esserti caduto – aggiunse Jim, tenendo la fronte bassa, forse per scacciare il ricordo di quanto aveva visto. Elizabeth gli poggiò una mano sulla spalla, mentre Sputafuoco riprese a raccontare: - Eravamo andati a dare un’occhiata al carcere dove vi avevano portati, ma poi abbiamo ritenuto che un’evasione potesse essere troppo rischiosa.
- Avete fatto un ottimo lavoro – sostenne la signora Turner, tentando di alleggerire quella gabbia di incomprensioni e sensi di colpa che aveva aggiogato la conversazione.
Will lo comprese e raccolse il filo del discorso: - Dunque, il capitano Taft doveva rivelarci il posto …
- Taft? Quel tipo suonato che è sparito dalla circolazione dopo averci aiutato con Calypso? – lo interruppe a bruciapelo Jim, suscitando mormorii e risatine.
Il capitano non si fece distrarre da quella interruzione: - Sì. Ma ora non sappiamo dove si riuniranno i Fratelli della Costa a consiglio.
- Meglio! – approvò Palifico – Così potremo dedicarci a dare la caccia a quel dannato Roberts!
Parecchi compagni aderirono al suo entusiasmo, condividendo la proposta, ed anche Will cominciava a considerare positivamente la situazione: una riunione dei pirati nobili era sempre preludio di altri guai e lui non voleva che la sua famiglia e la sua nave ne fossero invischiate.
Allungò la mano per stringere quella della moglie che gli sorrise di rimando, pur con una implicita inquietudine. Che subito Jim ravvivò: - Ma sappiamo che una riunione ci sarà! – gridò intrepido, svettando su un barile – Altrimenti perché quel Jay Jay mi avrebbe confidato quella frase?
- Chi è Jay Jay? - Elizabeth interrogò con le pupille dilatate prima il figlio e poi il consorte, il quale si sbrigò a controbattere un indifferente: - Non lo so – facendo irritare Jim che iniziò a narrare il suo incontro con il misterioso ragazzo. Però la sua voce sottile era ricoperta dalle chiacchiere che stavano surriscaldando il resto dei pirati, rendendo incomprensibile quanto diceva.
Tra le ciarle spiccò la considerazione spiccia di Koleniko: - Siamo d’accordo! Se ci sarà bisogno di noi ci verranno a cercare! Intanto pensiamo a vendicarci di quel lurido governatore ammazza pirati e del suo lecchino guardaspalle Roberts!
- Non intendo tornare indietro, e la vendetta può attendere – replicò risoluto Will – Ci riforniremo ad Isla Cruces e poi navigheremo verso oriente. Le rotte per le Indie sono ancora molto fruttuose.
In attesa che i filibustieri accogliessero la nuova prospettiva, Jim passeggiò un po’ intorno ficcando le mani in tasca, e si accorse che quella sinistra conteneva qualcosa: - Ehm … papà?

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: Nell’ombra ***


Eccomi carissime lettrici! Mi dispiace tanto di non essere stata puntuale ma, tra impegni personali e qualche calo di ispirazione, solo oggi sono riuscita a concludere un nuovo capitolo. La storia è nella mia testa, ma le parole per scriverla non riuscivo a trovarle :(
Comunque spero che continuerete ad apprezzare questa ff e ringrazio come sempre chi legge e chi mi lascia commenti (le affezionate stellysisley e Lione94), chi continua ad inserire le mie storie tra preferite, ricordate, seguite, chi lo farà in futuro.
Piccola introduzione: la questione gravidanza mi auguro di averla resa bene nei discorsi dei Turner (consigli e critiche sempre ben accetti), e finalmente arriva il nuovo nemico, dovreste già conoscerlo.

Buona lettura ^.^


Capitolo 6: Nell’ombra

I pirati cicalavano con animosità esprimendo pareri discordanti e lo sguardo stanco del capitano Turner dalla balconata del timone planava ripetutamente sulle loro decine di facce, con il continuo assillo che lo detestassero perché negli ultimi tempi doveva sempre faticare parecchio prima che le sue decisioni si imponessero sulle teste di tutti.
Nel groviglio di tante voci il richiamo pungente di Jim si innalzò con maggiore petulanza. Quando assottigliando le palpebre lo vide incedere titubante verso di lui, sventolando tra indice e pollice un fogliettino non più largo di tre dita, sollevò entrambe le mani facendo segno alla ciurma di tacere.
Il ragazzino spiegò la cartina sulla ringhiera di legno, al che Elizabeth e Bill si avvicinarono incuriositi reggendo due lumi e gli altri uomini ricominciarono a parlottare irrequieti, non cogliendo i dettagli della scena.
Il bigliettino passò sotto gli occhi dei due capitani per finire al vaglio di Sputafuoco il quale, dopo qualche secondo, rivelò a gran voce, perché anche il resto degli uomini lo apprendesse: - Sembrano delle coordinate. “Isola degli appestati”. E c’è anche scritto “nel giorno che luce e buio uguali ha”.
Conosciuto il contenuto di quel criptico messaggio, i pirati riattaccarono a confabulare sul suo possibile significato.
- Chi te l’ha dato? – rimbeccarono il ragazzino Bill ed Elizabeth, non nascondendo la perplessità e l’apprensione.
- Non può essere che quel Jay Jay fosse uno della ciurma di Taft? – boccheggiò di rimando lui allargando le braccia. I due lo scrutarono con la bocca mezza aperta, convincendolo a ripetere il racconto della sua fuga, di cui poco prima avevano afferrato solo pochi dettagli.
- “Nel giorno che luce e buio uguali ha” … - si domandava intanto pensoso Will, calcolando a mente la scadenza di quell’invito rispetto alla data odierna.
Tuttavia non arrivò a terminare la conta che le voci dei suoi uomini scomposero il suo fitto rimuginare: - Capitano, quel messaggio non significa niente per noi! Andremo dove volete voi! – proclamarono con ritrovata unanimità i filibustieri.
Jim, intuendo dalla sua accondiscendenza che si sarebbe accomodato sulle posizioni della ciurma, si oppose indispettito, infierendo con tono critico: - Papà, tu lo sai quello che significa!
- Io non mi fiderei di quel Taft – intervenne Elizabeth, scrutando con persuasione sia Will che il figlio, il quale si incupì ancora di più, sfoggiando un’espressione dimessa con cui esaminava ora la cartina ora il padre: - Neanche io al momento – sostenne quest’ultimo – Passeremo per Isla Cruces e poi faremo rotta per l’Oceano Indiano – ribadì infine, congedando i sottoposti ma richiamando in disparte Gilbert e suo padre, seguiti da Jim e dal suo vice capitano.
- Hai detto che quei quattro erano morti … cioè uccisi. Ma come?
Il medico di bordo fece una smorfia e si portò le mani ai fianchi, biascicando confuso: - Di sangue sparso non ce n’era. Però vi assicuro che erano immobili, freddi e pallidi.
- Non ci siamo potuti soffermare per non dare sospetti – aggiunse con un po’ di rimorso Sputafuoco. Il tarlo del dubbio si insinuò nelle vene di Will che però trattenne a stento uno sbadiglio mentre ascoltava quelle informazioni, stropicciandosi le palpebre e passandosi il palmo sul viso, come a volersi costringere a restare vigile. Elizabeth gli strinse un braccio e allungò l’altra mano sul collo del figlio che reagì come avesse subito una scossa.
- Voi due avete bisogno di riposare – consigliò con fare paterno Bill ai coniugi, provando a stemperare quella tensione – Qui ci pensiamo noi, vero Jimmy? – disse facendo l’occhiolino al nipote che annuì staccandosi ben volentieri dai suoi, ai quali scagliò un’occhiata colma di risentimento.
Will stava per rimproverarlo per quell’impertinenza, ma la moglie gli troncò le sillabe in gola avvinghiandosi al suo braccio e convincendolo a lasciare il ponte.
L’uomo accettò la sua richiesta e mentre si allontanavano udì Sputafuoco chiacchierare allegramente con Jim: - Allora, cos’è che hai combinato a terra, piccolo furfante? Raccontaci!

Elizabeth sentiva un leggero tremolio nelle dita dell’amato, lo stesso che vedeva nel profondo dei suoi occhi e lo stesso che aveva avvertito quando discuteva con gli altri.
Will richiuse la porta del loro alloggio e vi restò appoggiato con la schiena, impenetrabile e serioso, mentre lei si diresse alla toletta frugando nei cofanetti in cerca di qualche forcina con cui aprire le manette che le erano rimaste ai polsi e alle caviglie.
Si sedette sul letto e quando incontrò di sfuggita il volto impensierito del marito, questi in un attimo la raggiunse e raccolse la sua mano aiutandola nell’apertura del braccialetto, non potendo ignorare l’esigenza di affrontare quell’argomento tanto delicato, ora che erano finalmente soli e lontani da orecchie indiscrete. Soppesò varie frasi con cui vertere sulla spinosa questione.
Rigirando alcune volte il ferretto nella serratura, con uno scatto il polso destro fu libero e poco dopo anche quello sinistro. Si spostò indietro e le scoprì delicatamente la caviglia per sbloccare anche quella chiusura che le aveva illividito la pelle, massaggiandola.
Elizabeth taceva e il mutismo del consorte la stava facendo annaspare in dubbi lancinanti, poi bastò la sua voce morbida e commossa a dissipare quelle ombre che le spezzavano il fiato e appesantivano i battiti: - Veramente avremo un altro figlio?
La donna lo fissò a lungo, commossa, ed annuì, restituendogli uno sguardo lucido ed emozionato: - Come stai?
Will trasalì sorpreso, carezzandole una guancia: - Dovrei essere io a chiedertelo.
- Ti prego, non guardarmi in maniera diversa, adesso – sussurrò lei intrecciando le dita alle sue e scivolandogli più vicino.
- Non posso. Questo cambia tutto – ammise lui lentamente, abbracciandola e poggiando il mento sulla sua spalla per trasmetterle quella sua stessa felicità fragile ed inaspettata.
- Perciò non vuoi andare alla riunione dei pirati nobili? – indovinò la donna lisciandogli i capelli e il suo silenzio glielo confermò.
Will tornò ad avvicinare il viso al suo, tenendola per la vita e contrasse per un attimo gli occhi: - Come credi la prenderà Jim? È diventato piuttosto difficile da trattare ultimamente …
Elizabeth aggrottò istintivamente la fronte, accorgendosi del suo mostrarsi di nuovo sfuggente: - Jim vorrebbe fare tante cose da solo, ma non si fida completamente di se stesso.
- Vuole essere trattato da grande. Quindi è meglio se glielo diciamo – dedusse lui con spontaneità, cominciando a trafficare col fil di ferro per togliere anche i suoi resti di manette.
La moglie schioccando la lingua gli prese il volto tra le mani, svelando la sua apprensione: - Ci sta sfuggendo e una notizia simile potrebbe allontanarlo ulteriormente da noi.
Il marito scosse la testa, sfiorandole una ciocca: - Te l’ho detto che ha il tuo spirito ribelle e avventuroso.
- Già. Mi somiglia troppo – mormorò lei un po’ crucciata, un istante prima che lui facesse combaciare le loro labbra con progressivo trasporto.
Quando si separarono l’uomo intravide ancora un’ombra di esitazione a tendere i suoi bei lineamenti: - Elizabeth?
Lei chinò il viso: - Io invece pensavo che al momento sarebbe meglio non dire niente a Jim. Se dovessi perderlo, con tutto quello che ci succede …
- Non accadrà. Partiremo, ci ritireremo fino a quando non nascerà – affermò Will con il tono più pacato e sicuro del mondo, lisciandole l’incavo dei gomiti.
- Ma? E la tua ciurma? Hai degli obblighi verso di loro – gli ricordò inflessibile e sbalordita la piratessa.
Il capitano piegò una gamba contro il petto e si mise a forzare la toppa dei bracciali che erano ancora attorno alle sue caviglie con la punta del pugnale: - Li pagherò bene e non potranno lamentarsi. E poi non rinuncerei mai a voi per loro.
- Rinunceresti al mare, anche? – perseverò la donna tremebonda, alzando il tono e cercando i suoi occhi per tastare la sincerità delle sue dichiarazioni.
- Tu no? – replicò lui stupefatto, sollevandole il volto con due dita.
– Certo – rispose prontamente Elizabeth, dubitando di volersi ostinatamente autoconvincere. Poi tacque rimuginando su quella prospettiva che le appariva troppo nebbiosa ed ostica da accettare per entrambi, nonostante l’ottimismo e la pragmaticità simulate dal compagno.
Quando finì di liberarsi dai souvenir della prigionia, Will saltò su come una molla, camminando in tondo, investito da altri pensieri: - Dobbiamo rifornire per bene la stiva! Ci vorranno tanta acqua e frutta fresca, e coperte e carne, nuovi vestiti … – si zittì e tornò a sedersi di fianco alla consorte che lo osservava smarrita con l’abbozzo di un sorriso intenerito: – Di che hai bisogno? – le chiese premuroso, col respiro mozzo.
La donna distese di più le labbra e si inginocchiò circondandogli le spalle, bisbigliando con voce vellutata: - Per prima cosa ho bisogno di te.


Il corsaro aveva ascoltato con crescente disappunto quella lunga serie di giustificazioni e, ad un certo punto, demoralizzato ed esasperato, non riuscì a trattenersi dall’urlare: - Sono fuggiti? Santi numi! Governatore: vi avevo servito i Turner su un piatto d’argento!
Powell attese che l’uomo di mare prendesse di nuovo posto sulla poltrona di broccato davanti a lui e che il suo volto si rassettasse rendendolo meno minaccioso: - Dovevano avere dei complici in città, vi dico. All’ultimo momento sono arrivati a soccorrerli – si scusò impacciato, giocando con l’anello di rubino che gli incastonava l’indice della mano destra.
Il suo interlocutore raccolse un fazzoletto di seta verde da una tasca interna della giacca color sabbia e si tamponò le goccioline di sudore sulla testa calva: - E non siete riusciti ad intralciare la loro fuga, dal patibolo al molo? Milord, lasciate che vi illumini: i vostri soldati fanno schifo!
A quelle parole offensive il comandante Roberts si intromise: - Non vi permetto di insultare me e i miei sottoposti, signore – asserì con dignità e contegno, macchiati di offesa e irritazione.
Il capitano lo squadrò con sufficienza, attorcigliando tra i polpastrelli i baffetti sottili ai lati della bocca ed usando un tono impassibile: - La mia è solo una constatazione sull’evidenza dei fatti: non fosse stato per la vostra incompetenza l’Olandese Volante sarebbe già caduta in mio possesso – sostenne inarcando le sopracciglia e prendendo il cappello ocra a falde larghe dalle ginocchia – Non eravate voi quello che penzolava come una salame sulla forca?
Il governatore si spazientì per l’atteggiamento altezzoso e ambiguo del suo presunto alleato, battendo un pugno sul tavolo: - Quella nave non esiste! Ci avete solo ingannati!
Il filibustiere proruppe in un risolino indisponente: - E sentiamo, chi sarebbe il responsabile dei bombardamenti della notte scorsa? E gli adorabili Turner se ne sarebbero scappati a nuoto?
Robert e Powell si scambiarono un breve sguardo coperto di umiliazione e stizza, convenendo sulle verità di quell’uomo enigmatico senza ribattere.
L’ospite si alzò annuendo compassato: - Basta. Non voglio più trattare con voi zotici politicanti. Non sapete vedere oltre – sibilò a fronte bassa, infilando le mani nelle tasche della giubba e facendo per uscire.
I due notarono che sulla soglia si voltò impugnando due minuscole rivoltelle all’altezza della cintura e, un secondo dopo, percepirono un pizzico sul collo e un improvviso torpore.
- Che cos’è? – biascicò Roberts tastandosi un piccolo spillo nel collo, vacillando in direzione della poltrona con la vista che si offuscava sempre di più.
Oliver Taft ghignò sardonico, dilatando gli occhi celesti e allucinati: - È noto come fiore dell’oblio, ma voi non credete a queste leggende, giusto?

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: Nubi nere ***


Salve a tutti! Ecco un nuovo aggiornamento! Per essere meno Turner-centrica ho inserito un pò di Capitan Jack e spero come sempre di dilettarvi e incuriosirvi.

Ringrazio in anticipo chi leggerà e chi commenterà,  e come sempre tutti coloro che hanno messo la storia tra le seguite o le preferite.

Alla prossima!


Capitolo 7: Nubi nere

- Io dico che arriveremo con largo anticipo e che non verrà nessuno. Quanto scommettete?
Uno sparuto gruppetto di pirati formava un capannello vicino alla prua della nave veleggiante in mare aperto dopo due giorni di sosta forzata in uno dei tanti porti di bucanieri ancora fuori dal controllo dei governanti caraibici.
Gli occhietti scuri e furbi del nanetto Marty guizzavano in quelli degli altri compari riuniti attorno a lui, pregustando un facile guadagno.
Il primo a rispondergli fu il magrolino dall’occhio di legno, che si grattò la testa ormai più grigia che bionda: - A me non è rimasto molto … Facciamo 3 penny!
- Andiamo! È troppo poco per una scommessa! – obiettò il suo inseparabile amico Pintel, sempre più rugoso e dimagrito – Io punto … 12 penny!
Ragetti gli scoccò un’occhiata trasudante accusa e meraviglia, mentre il pedante Mullroy, inumidendosi la bocca con un sorso di liquore, prendeva appunti su un taccuino: - Cioè uno scellino, giusto? E tu?
- Effettivamente avremmo potuto restarcene altri tre giorni alla Tortuga – borbottò scontento il grassoccio Murtogg, quando i compagni si girarono nella sua direzione.
- Avremmo potuto, sì – proferì la voce contrariata del capitano alle loro spalle, facendo scomporre il loro cerchio e mettendosi al centro di quella cricca – Ma ci sono nuvole nere in agguato, il che significa che potremmo non arrivare a tempo dove dobbiamo arrivare e che non voglio più sentirvi fare scommesse sui miei presunti errori! – si sfogò velocemente, traboccando indignazione e rabbia dalle iridi nere con cui rimproverava i marinai. Contento di riuscire a scuoterli, requisì i loro denari e aggiunse con la stessa acredine: - E adesso questi li raccolgo io e voi date spontaneamente volta alle scotte, altrimenti vi spedisco a calci nel didietro sulle scialuppe e vi lascio qui!
I cinque annuirono, portandosi goffamente le mani alla fronte e si dileguarono alla spicciolata.
Ad ogni passo che lo conduceva al timone Jack Sparrow osservava inquieto gli uomini della sua ciurma malfidata, stanca e sgangherata, avvertendo i primi lampi illuminare le onde increspate in inesorabile avvicinamento.


Elizabeth percepì un brivido di freddo alla schiena e socchiuse debolmente le palpebre, ricevendo direttamente dall’ampia vetrata situata sul lato dirimpetto la luce del mattino in pieno volto. Si girò sul fianco opposto mugugnando insonnolita, e un fruscio misto ad un tintinnio metallico la convinse ad aprire finalmente gli occhi: - Ti sei già alzato – mugolò con uno sbadiglio, puntellandosi sul gomito destro e guardandolo.
Will accennò al sole pallido ma comunque sorto, affibbiandosi una seconda cintura attorno ai fianchi: - Sì. Ho un discorso in sospeso con Jim. Mi raggiungi?
La donna si sedette passandosi le dita tra i lunghi capelli, leggermente annodati: - Certo. Il tempo di … - si interruppe rialzando una manica della sottoveste lilla scivolatale dalla spalla.
Il marito contemplando il rossore dovuto al tepore del sonno rimasto sulle sue gote e sulle sue labbra, non seppe resistere ad un moto di genuina passione: - Sei ancora più bella – bisbigliò rapito, riavvicinandosi a lei e baciandola, venendo ricambiato dai suoi baci con più ardore di quanto si aspettasse.
La consorte gli si strinse con fervore, non capendo se in quel momento la volontà di trattenerlo fosse motivata più dal desiderio quasi irrazionale di lui o dalla sottile paura che rivelasse qualcosa al figlio: - Ma non gli dirai che … - ansimò appena ebbe la bocca meno impegnata, fissandolo insicura a pochi centimetri di distanza.
- Aspetto te per quello – le promise lui, poggiandole un altro bacio sulla fronte e di seguito sfiorandole il ventre con le dita – Ma se non ti senti …
- Sto benissimo, tranquillo – si ricompose lei sveltamente, gettando ai piedi le coperte e mettendosi con le gambe fuori dal letto, tanto in fretta che si procurò un leggero giramento di testa che la costrinse ad appoggiarsi alla parete.
- Però dovresti fare colazione – osservò Will, pur non volendo essere troppo ansioso – Ti faccio portare del latte bollito o … - imbattendosi nella sua eloquente espressione implorante e risentita, preferì non continuare a provocarla con eccessive attenzioni. Dopotutto lei gli aveva ampiamente dimostrato di essere una donna forte, intelligente e indipendente: - Ci vediamo di sopra – la salutò uscendo con un caldo sorriso.
Elizabeth versò dell’acqua, più fredda di quanto sperasse, in una tinozza e vi immerse una spugna, riflettendo sul fatto che doveva sforzarsi di controllare quegli strani sbalzi di umore, ora che c’era Will accanto a lei.
Sfilandosi la camicia da notte, non poté fare a meno di guardarsi allo specchio e di mettersi di profilo per esaminare le possibili variazioni subite dal suo addome. Erano ancora invisibili e pensò che per un po’ sarebbe riuscita a nasconderle sotto camicie, corsetti, marsine e cinture.

Will, dopo un rapido giro di controllo in coperta, scoprì che il figlio si era nel frattempo affacciato a poppa, la zona meno frequentata dagli uomini di bordo. Aveva lo sguardo rivolto al mare e non poté indovinare il suo stato d’animo: - Ieri, al molo, contro quei soldati … sei stato formidabile! Ed anche quando hai tagliato le nostre corde, arrampicandoti fin lassù – esordì entusiasta, sperando di carpire la sua attenzione.
Il ragazzino si voltò lentamente, premendo i gomiti sulla ringhiera ma restando col capo piegato in giù, tra i flutti spumeggianti.
L’uomo fece un altro passo avanti e tentò di esprimersi con sincerità e accaloramento: - Jim, ho pensato a quello che mi hai detto. E volevo scusarmi con te. Hai ragione: sei cresciuto molto in questi anni. Me ne sono accorto e mi fa paura. Vorrei solo non ti bruciassi troppo presto.
A quel punto Jim si tirò indietro i capelli e si stiracchiò buttando indietro le braccia e fissandolo a lungo con impercettibile approvazione.
Il giovane genitore sentì crollare le sue capacità comunicative: - Scusami, probabilmente sono solo un padre vigliacco.
Il giovanetto si spostò silenziosamente in avanti scrollando la testa e poi avvicinandola al torace del padre: - Mi mancherai moltissimo … quando me ne andrò – gemette piano, pentendosi subito dopo di quella schietta ammissione e raddrizzandosi. Si sfregò la faccia e tornò con gli occhi sul mare grigiastro: - Allora, lasciamo i Caraibi?
Will comprese il disagio per il figlio di soffermarsi ancora sul loro piccolo bisticcio, o di rimarcare quel breve attimo di complicità e affetto: - Così vuole la ciurma.
Il ragazzino si sforzò di fare un sorriso: - Sei riuscito a convincerli.
- Ma non ho convinto te, vero? – intuì il capitano, evidenziando la sua incomprensione per l’ostilità del figlio nei riguardi di quella decisione. – Se ben ricordo quando siamo stati in Madagascar ti era piaciuto parecchio.
Jim si voltò bruscamente e alzò il tono: - Non è da te! – lo accusò puntandogli un dito, e dato che non rispondeva, rincalzò: - Mi sono ricordato della frase. Significa che i pirati nobili si stanno per riunire. E noi non ci andremo! Perché?
Il pirata si sentì messo alle strette, ma non poteva ancora confidargli di aver cambiato idea per via di un figlio in arrivo, e sapeva anche di non essere molto capace di mentire, pur avendo in realtà un’altra valida motivazione da offrire: - Potrebbe trattarsi di una trappola. Com’è già successo a Saint Thomas.
Il ragazzino ci rifletté due secondi condividendo quell’ipotesi, ma non ritenendola un vero problema, essendo a conoscenza di quanto fosse intrepido: - Forse sarebbe meglio! Affronteremo una volta per tutte i nostri nemici e gli faremo un c … -
Will strabuzzò gli occhi al tono infervorato del figlio che appena, imbarazzato, si rese conto di ciò che stava per pronunciare si corresse: – Gliele suoneremo!
Il suo entusiasmo sfumò alla vista del padre che muoveva la testa in senso di diniego, ma che, scorgendo subito la sua delusione, tentò di farlo sorridere: - Dai, metteremo in pratica la più nobile delle tradizioni piratesche!
- Non è da te – commentò Jim, scuotendo la testa, comicamente irremovibile.
Il capitano gli poggiò un braccio attorno alle spalle sospingendolo a rientrare verso la cabina di comando: - Lo sai, in questi anni ho scoperto che Jack Sparrow molte volte ha idee più sensate di quanto non sembri.
- Ti voglio credere – acconsentì il ragazzino dopo un istante, ormai più rassegnato che convinto.
- Ti ringrazio! – esclamò Will ironico, premendo la maniglia e facendolo entrare prima di lui in cabina: - Buongiorno, Capitano – squillarono tutti e due imbattendosi in Elizabeth che stava seduta dietro un tavolo ricoperto di mappe.
- Bill mi ha detto che avete già confrontato le coordinate – li informò indicando con la punta di un compasso le cartine e il biglietto con il misterioso messaggio.
Jim si fiondò eccitato sul tavolo: - Sì. Questa “Isola degli appestati” non è molto lontana dalla nostra rotta. Potremmo dare una sbirciata …
Elizabeth non rispose e spostò l’attenzione sul consorte che seguitava a scuotere la testa contrariato e le suggeriva ammiccando di iniziare a raccontare tutto.
Jim notò il loro contraccambio di sguardi e si adombrò sentendosi escluso.
- Comunque non sappiamo quando si riunirà la Fratellanza – riconobbe la piratessa, rompendo quel problematico silenzio.
Will sospirò, reprimendo la sua intenzione di non ingannare ancora il figlio, ma accettando la richiesta implicita della moglie di rinviare quel discorso: - In realtà c’era scritto “Nel giorno che luce e buio uguali ha” e credo si tratti dell’equinozio.
- Ma non ce ne sono due equinozi? Dobbiamo scoprire qual è quello giusto – tornò ad interessarsi Jim. Suo padre annuì raccogliendo l’enigmatico foglietto rinvenuto il giorno precedente e riesaminandolo in cerca di altri indizi, mentre Elizabeth squadrava entrambi dubbiosa: - Non vedo perché insisti, Jim – si intromise cauta – Il capitano ha già deciso e se continui ad opporti potresti essere accusato di insubordinazione! – lo ammonì con finta severità.
Il ragazzino osservò i genitori che a loro volta si fissavano impacciati e sgranò gli occhi incredulo e fuorviato: - Ma a che gioco state giocando voi due?
A grandi passi si introdusse in cabina Palifico: - Capitano: tempesta in arrivo!
Jim fece una smorfia scrutando l’oblò che mostrava alcuni bagliori nel cielo violaceo, Will si diresse all’esterno ed Elizabeth restò seduta stringendo le dita sul legno del tavolo.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8: Naufraghi ***


Buon pomeriggio, care lettrici! In questo nuovo aggiornamento non succede molto: la solita tempesta, tipica dei Caraibi! E i soliti discorsi dei Turner (avvertitemi sempre se non li trovate adeguati ai personaggi!).
Perciò ho fretta di farvi conoscere un nuovo personaggio che sarà nel prossimo capitolo e da cui dipenderà molto lo svolgimento della storia.
Ringraziando stellysisley e tutti gli altri lettori passati, presenti e futuri, vi auguro buona lettura!

Capitolo 8: Naufraghi

Vento, pioggia e fulmini scuotevano le fradice giunture lignee dell’Olandese Volante che aveva iniziato a vibrare dai pennoni alla chiglia, sferzata da onde sempre più grosse e violente.
- Non vai ad aiutare? – domandò con delicatezza Elizabeth al figlio, che era come congelato dall’ascolto dei mille scrosci prodotti dal temporale. Sapeva che non aveva ancora superato del tutto la soggezione per quel potente fenomeno atmosferico, ma volle lo stesso tastare la sua reazione.
Jim la guardò intimidito: - Nemmeno tu ci stai andando.
- Non mi va di bagnarmi, oggi – affermò la donna con simulata schiettezza.
Il ragazzino sogghignò, andandole accanto: - Dirò anch’io la stessa scusa a papà. Cosa c’è? – frizzò poi notando con quanto interesse la madre stava esaminando il famigerato bigliettino.
- Questa l’avevate vista? – Elizabeth tenne ben stretto il lume ad olio, sottraendolo ai sobbalzi sempre più consistenti della nave, mentre con l’altra mano prese per la spalla il figlio, accostandolo al suo viso. Lui afferrò la strisciolina di carta ingiallita.
Sul retro c’era una frase scritta con un inchiostro più sbiadito e a caratteri diversi, quasi uno stampatello: - E porta venti tepidi e molcisce i cori – lesse lentamente – Bleah! Avranno strappato la pagina da un libro di poesie – ipotizzò indietreggiando un po’ dal tavolo, anche perché spaventato da un improvviso tuono violento.
- E se invece fosse collegata all’altra frase – mormorò la donna, continuando ad analizzare quelle poche righe tra il rumore dei turbini che scuotevano il vascello.
Jim provava un tangibile nervosismo ed iniziò a camminare a ritroso: - Tanto è inutile. Il capitano ha deciso che non ci andremo perché pensa che sia una trappola.
- Ha detto così? – replicò Elizabeth, mentre il rombo di un secondo tuono squarciò l’aria e già si faceva sentire l’inquietante groppo che fece sobbalzare la sala nautica e per poco non sbalzò dalla sedia entrambi. Un istante dopo un fulmine illuminò prepotentemente la stanza:– Dove vai? – urlò la piratessa, restando difficilmente in equilibrio.
- Devo sistemare delle cose nella mia cabina – strillò sgomento Jim, correndo via trafelato. Nel momento in cui la madre si affrettava a raggiungerlo, la stanza fu rischiarata da un lampo che illuminò i suoi passi seguito da un boato tanto forte da stordirla e farla scontrare con qualcuno che, nello stesso momento, stava dirigendosi dalla parte opposta.
Un bagliore successivo rivelò che quel qualcuno, come lei, dopo quell’urto era caduto a terra.
I due si guardavano nella penombra con la testa dolorante, ognuno cercando di capire chi fosse l’altro, fin quando non sopraggiunse la luce di una lanterna portata da un marinaio dall’esterno: - Abbiamo chiuso tutti i boccaporti, signora! – asserì Palifico curvandosi e guardandola dall’alto senza preoccuparsi di aiutarla.
- Bene – replicò lei svelta, tentando di rimettersi in piedi.
– Voi restate qui? – urlò il pirata per sovrastare lo scroscio incessante della pioggia battente.
- Confido che ce la farete anche senza di me! – gridò a sua volta il vice capitano, dandosi una spinta per sollevarsi
– Aye! – la salutò il marinaio, e lui e l’altro che non aveva riconosciuto scomparvero insieme al chiarore della lampada che portavano.
In compenso ne sopraggiunse un’altra:- Ma tu guarda che disgraziato! – brontolò nella semioscurità il vecchio Sputafuoco Bill, porgendo ad Elizabeth una mano per agevolarla a rialzarsi: - Occorre assicurare il carico e quant’altro possa creare disordine o pericolo – stabilì lei dopo averlo ringraziato.
- Ce ne stiamo occupando – le garantì il veterano filibustiere accompagnandola gentilmente in corridoio – Ma dov’è Jim?
- È corso a chiudersi in cabina – oscillò lei, lasciando il suo appoggio e proseguendo a tentoni.
- Stai tremando. Vuoi che ti accompagni al tuo alloggio? – si offrì ancora l’uomo un po’ preoccupato, anche se era certo che la donna avrebbe rifiutato, orgogliosa com’era.
Invece la nuora smentì le sue previsioni, stringendoglisi al braccio con la voce fioca: - Sì. Per favore.
Bill era consapevole di non aver mai capito le donne, per quanto le avesse sempre frequentate di rado, eppure quella Elizabeth gli pareva in qualche modo cambiata negli ultimi tempi. La condusse come promesso e poi si allontanò con la sua solita discrezione.
Elizabeth si barricò dentro, cercando una posizione sicura. Alle sue orecchie giungevano ancora, tra un tuono e l’altro, le grida sconfortate della ciurma.
La tempesta non accennava a diminuire la sua furia e sembrava quasi che la nave stesse volando sopra le onde, tanto era forte la corrente.
Andò avanti per paio d’ore che sembrarono a tutti infinite.
La ruota del timone pareva girare con volontà propria e il Capitano Turner seguitava ad opporsi con caparbietà ai suoi movimenti per domarla, anche se il legno era diventato parecchio viscido e la presa sulle maniglie sdrucciolava di continuo: - Reggerà! Deve reggere! – si ripeteva, con determinazione, incitando anche i suoi, non volendo demordere di fronte all’incontrastabile naufragio.

- Capitano! Abbiamo perso le vele di mezzana!
- Terra in vista! Ci schianteremo!
- L’Olandese ce la farà!
- Nooo!

Un urto gigantesco fece abbattere l’imponente imbarcazione sul basso fondale, ondate spumeggianti alte diversi metri continuavano a scagliarsi sulle sue fiancate, riversandosi sulla tolda e minacciando i suoi occupanti di essere spazzati via. L’acqua turbinava sui pirati dalle nubi e dal mare, avvolgeva la nave e la faceva beccheggiare avanti e indietro, in corrispondenza dell’alzarsi o dell’abbassarsi della marea.
Dopo quasi un’altra ora il diluvio andò scemando, le onde si ritirarono e la chiglia strisciò sulla riva sabbiosa, bloccando definitivamente il moto del veliero.
Elizabeth, avvertita la fine del temporale, si affrettò ad uscire dalla cabina. Ancora frastornata, aveva un’unica certezza: la nave era per lo meno riuscita ad evitare di essere inghiottita dall’oceano. Lo confermarono le urla di gioia sconfinata della ciurma che riempirono poco a poco anche i corridoi di sottocoperta con l’apparizione dei primi marinai, esausti ma per lo più in buone condizioni. Li salutò e si congratulò con loro, incamminandosi verso le scalette. Si era accorta che stranamente, nonostante tutto quel rollio, non aveva sofferto le nausee che l’avevano tormentata quando aspettava Jim. Ripensando a lui fece marcia indietro e si diresse proprio dietro la sua porta.
Will aveva avuto la stessa idea e i due si incontrarono a metà strada: - Tutto a posto? – si premurò di chiederle, comparendole alle spalle. Lei si voltò, inspirando rincuorata nell’appurare che stesse bene ed annuendo rapidamente: - Cosa è successo?
- Abbiamo perso alcune vele e ci siamo arenati, ma nulla d’irreparabile. Adesso però dovremmo aspettare la marea per poter salpare – le spiegò sorridendo anche lui, rassicurato dall’averla ritrovata già in giro e con un buon colorito. Poi si bloccò: - Billy Jim non è con te?
- È rimasto nella sua cabina. Stavo giusto andando da lui – asserì la donna, incedendo spedita. Giunti sulla soglia entrambi batterono le nocche sulla porta e iniziarono a chiamarlo.
Dopo qualche secondo sentirono girare la chiave: - Siamo approdati? – domandò lui in un bofonchio stremato, facendo capolino da uno spiraglio.
- Sei pallidissimo! – notò allarmata sua madre, entrando di forza e tastandolo.
- Ti credo. Ho vomitato pure l’anima! – biascicò fiacco il ragazzino, spostando col piede un secchio maleodorante, e sgattaiolando dalle sue mani corse a spalancare l’oblò – Che ore sono? – s’informò respirando avidamente l’aria frizzantina dalla piccola apertura.
- All’incirca le quattro del pomeriggio – rispose Will, chinandosi per riordinare alcuni gingilli sfuggiti agli scaffali e ai ganci, riversi sul pavimento tra lenzuola e vestiti caduti dall’armadio. Anche Elizabeth lo aiutò, accorgendosi un po’ contrariata che il figlio aveva dimenticato di chiudere a chiave gli stipetti.
Jim, non appena li vide maneggiare le sue cose, gelosamente si lanciò a raccoglierle personalmente: - Forse non sono poi tanto adatto alla vita di mare. È inutile che insisto – confidò scoraggiato a bassa voce, sollevando il catino e apprestandosi a svuotarlo dall’oblò. Sua madre finse di non sentire, ripiegando alcune camicie, intanto che Will gli si avvicinava accorto: - È stata una bruttissima tempesta, ma ci ha portato su di una bella isola – lo confortò con una piccola pacca – Coraggio, andate a farvi una passeggiata sulla spiaggia. Ti farà bene.
Il giovane pirata si soffermò a scrutare il panorama. Il mare plumbeo era quasi privo di increspature, le nuvole bianche si lasciavano trapassare da qualche raggio dorato. Il vento era fresco ma non più umido e la salsedine gli riempì i polmoni al punto che si sentì rivitalizzato. Jim accettò di buon grado il suggerimento del padre, precipitandosi fuori dalla stanza, richiamando con un’occhiata la madre, ma lei gli fece cenno che lo avrebbe seguito dopo. Così sospirò un sorriso furbetto e si avviò da solo.
Quando l’eco dei suoi passi non fu più udibile, Will smise di riporre negli scaffali gli oggetti ruzzolati e fissò l’attenzione sulla moglie, con uno sguardo particolarmente eloquente e persuasivo. La donna, infatti, gli si avvicinò all’istante e lo precedette nel parlare: - Non mi sentivo pronta – sentenziò tutto d’un fiato – Credo che dovremmo prepararci un discorso preciso per Jimmy, e uno per gli uomini – disse apertamente, a metà tra il sollievo e il dubbio, sedendosi sul lettino.
Il compagno le accarezzò teneramente la testa: - Perdonami. Non volevo forzarti.
Lei si alzò di scatto e gli si mise di fronte, un’espressione incontestabile: - No. Non è colpa tua. Dovevo essere più chiara – attaccò gli occhi ai suoi inspirando – Preferisco aspettare ancora un altro poco.
L’uomo emise un risolino e la tirò a sé per la vita: - Mi piace l’idea di condividere un segreto con te – le sussurrò nell’orecchio, lasciandole un bacio salmastro sul collo.
Elizabeth al contatto con i suoi indumenti bagnati e freddi rabbrividì e lo spinse leggermente indietro: - Però per favore: togliti questi vestiti zuppi o ti prenderai un malanno.
Will ridacchiò: - Va bene. Vi raggiungo fra un po’.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9: Piovuta dal cielo ***


Salve cari lettori! Eccovi un nuovo capitolo con un nuovo personaggio che porterà un altro pò di scompiglio nella nostra amata combriccola di pirati! Sono curiosissima di leggere i vostri pareri! Si tratta del primo capitolo che ho abbozzato pensando di scrivere un seguito de "La spada, il corvo e il mare"!
Ringrazio in anticipo chi commenterà o chi si soffermerà anche soltanto a leggere!
Alla prossima!


Capitolo 9: Piovuta dal cielo

L’isola in cui i pirati dell’Olandese Volante erano naufragati si presentava come uno dei tanti paradisi ancora inviolati, tipici del Mar dei Caraibi. Neppure quella specie di ciclone aveva sfigurato eccessivamente la sua natura rigogliosa e incontaminata.
Il sole quasi primaverile irradiava ogni singola foglia e filo d’erba di un verde vivido asciugandole, e in breve l’aria si stava surriscaldando riempiendosi del dolce profumo di fiori esotici.
I bucanieri trafficavano come formiche esauste, caricando e scaricando dalla nave sulla terraferma attrezzi per rinsaldare lo scafo, che all’occasione avevano deciso di calafatare, e ancora velame da rammendare e scorte di cibo da cucinare ed arrostire sulla spiaggia.
Jim ed Elizabeth camminavano su e giù sulla sabbia bianca e finissima della costa esaminando il loro lavoro, e il vice capitano di tanto in tanto dava loro qualche consiglio o istruzione.
Jim, trascinandosi a fatica dietro di lei, anche perché aveva ancora i crampi allo stomaco, osservava la sua inesauribile grinta con un pizzico di invidia e al contempo incredulità.
- Mamma, come fai tu ad essere sempre in forma? – proruppe d’un tratto con un mezzo broncio ad incupirgli il volto provato dal malessere.
La donna si fermò e lo guardò divertita e lusingata: - Veramente mi sento uno straccio – ammise schietta, stringendosi nelle spalle e stirandosi addosso la giacca color amaranto.
Il figlio roteò gli occhi: - Che dici? Sei bellissima. Come sempre.
Elizabeth socchiuse la bocca, colpita da quel complimento, e gli si mise accanto prendendolo sotto braccio: - Il mio pirata gentiluomo! – mormorò compiaciuta. Il ragazzino non rifiutò di fare qualche passo con lei, ma quando intercettò suo padre se ne separò subito, imbarazzato.
- Sembra non esserci nessuno qui. È disabitato – li ragguagliò Will andandogli incontro insieme a tre marinai che lo avevano accompagnato nella perlustrazione.
- Bene: allora io vado a fare un giro – decise Jim, adocchiando la foresta tropicale che si stendeva davanti a loro.
- Non ti addentrare troppo o potresti rischiare di perderti! – gli gridò dietro sua madre non appena le ebbe voltato le spalle – E poi potresti incappare in qualche animale pericoloso! Jim!
Il figlio si irrigidì, un po’ irritato: - Sì, mamma, calma: rimarrò qui vicino – le gettò una voce da lontano, accelerando l’andatura ma poi fu suo padre ad ostacolargli la strada:
- Ricordati che fra due ore sarà buio – gli rammentò benevolmente.

Jim annuì allungando il collo verso la muraglia di alberi davanti a sé. Will sbirciò dietro le spalle del figlio e, non appena fu certo che nessuno li stesse guardando, soprattutto Elizabeth, impegnata a discutere con Bill e Gilbert, infilò la mano dentro la giubba blu e mostrò al ragazzino una piccola rivoltella, finemente intarsiata d’argento: - Tieni. Puoi usarla se mai dovessi incappare in qualche animale pericoloso – gli intimò con cipiglio serio ma sotto sotto complice.
A Jim luccicarono gli occhi mentre se la rigirava tra le mani, palpitante per la gioia e l’emozione: - Grazie, papà! È davvero …
Il genitore gli premette una mano sulla bocca: - Shh! Non farla vedere a tua madre – gli raccomandò non cessando di spiare attento la moglie, qualche metro più indietro – Ci sono quattro colpi.
Il ragazzino mosse su e giù la testa, per dimostrargli di aver capito, e con aria da cospiratore, nascose la rivoltella nel cinto dei pantaloni e sotto la giacca: -D’accordo, capitano! A dopo! – si congedò strisciando via con aria indifferente.
Will tornò dai suoi, sfoggiando la stessa flemma, ma pregando dentro di sé di non doversi pentire per quella concessione.

- “Ma che schianto la vita del bucaniere! Bello uguale non c’è nessun altro mestiere!” – canticchiava il giovane Turner marciando, raggiante per quella nuova esperienza in quella giungla di piante dalle foglie grandi e larghe, intricata di alberi con le radici nodose che fuoriuscivano dal terreno erboso e risalivano sui tronchi.
- Altro che bestiacce, qui c’è solo tanta noiosissima, stupidissima erbaccia! Nemmeno un serpentello! – cominciò a lamentarsi, scalciando le liane che ostruivano il passaggio. Per riempire il silenzio costellato solo dai ronzii degli insetti e dal cinguettio di alcuni uccelli, riprese a cantare quel motivetto imparato a bordo, districandosi tra i cespugli: - “La luna e le stelle sulla nostra testa, il sole brilla prima della tempesta!” … Ahi! – inciampò in una radice, distratto da alcuni fiori dai colori sgargianti e dall’odore penetrante.
Si rialzò scrollandosi di dosso la terra umidiccia dai vestiti: – Ora capisco perché questo posto è disabitato – sbottò deluso, scegliendo accuratamente un sentiero meno ricoperto dalla fluente vegetazione.
– “E se un altro bottino avremmo predato, ogni nostro desiderio sarà appagato! Lo spenderemo tutto quanto a terra, poi riprenderemo la nostra guerra!”.
Tra le fronde s’insinuò un fruscio, come se qualcuno stesse procedendo con difficoltà, tentando di uscire fuori da quella selva verdeggiante. Jim iniziò ad avere la netta sensazione di essere osservato e immediatamente impugnò la pistola, arretrando e gettando occhiate furtive tutto intorno: - Chi va là? C’è qualcuno? Ti avverto che sono armato! – tartagliò in falsetto.
Gli sembrò di sentire dei gemiti e dei sussurri indistinti, farsi sempre più vicini. Sguainò anche lo spadino e avanzò guardingo, sforzandosi di restare lucido: - Bada a te! Ho già ucciso una volta! – tentò di intimorire il possibile aggressore. “Era un pesce appena pescato, però”, pensò, rendendosi conto di essere alquanto inerme, ma al tempo stesso facendosi coraggio: prima o poi avrebbe dovuto affrontare anche quella cruda prova, se voleva crescere.
I ramoscelli stormivano, come mossi da qualcuno, ne vide uno piegarsi in avanti proprio a mezzo metro da lui.
La paura o il senso di sopravvivenza lo vinsero e, senza volerlo, gli partì un colpo.
Jim scorse un tonfo tra le frasche e avvertì un flebile lamento. Contro ogni buon proposito di fuggire, la sua curiosità lo spinse ad avvicinarsi, senza rinfoderare spada e pistola. Con la lama spezzò cautamente alcuni tronchi dai rami frondosi. Quando la luce che filtrava dalle cime degli alberi gli restituì la figura della sua vittima restò impalato.
Per prima cosa fu attratto da una cascata di ricci dello stesso colore del cielo al tramonto, un misto di biondo e rossiccio, lunghissimi e bagnati; poi capì che si trattava di una fanciulla. Questa sollevò di poco la testa e la sua chioma rugiadosa e brillante si distribuì in ciocche che le ricaddero sulla schiena e sul davanti, coprendole in parte il viso in cui spiccavano degli occhi grandi, luminosi e azzurrissimi. Jim credette di non aver visto mai occhi di quella tonalità, perfino più intensa degli zaffiri, paragonabile solo al mare aperto in un giorno di sole. Occupavano quasi metà del suo viso di porcellana a forma di pesca, con un nasino all’insù e delle labbra a cuoricino rosa come l’alba. La sua carnagione invece era talmente nivea da sembrare trasparente.
Sentì le orecchie pulsare come se il cuore gli fosse finito nel cervello, e una forte morsa allo stomaco gli contorceva il respiro, improvvisamente irregolare.
Pensò che fosse l’immagine più bella su cui si fosse mai posata la sua vista. Pensò che fosse una visione, che stesse vagheggiando e che se avesse chiuso le palpebre sarebbe svanita. Le chiuse e le riaprì, ma lei c’era ancora.
Si era alzata debolmente sui gomiti e lo fissava con aria supplice e interessata, come se anche lei fosse la prima volta che incontrava qualcuno di così insolito. Ripose le armi e si abbassò sulle ginocchia. La ragazzina si sedette arretrando e si toccò la clavicola sinistra ferita dal proiettile.
Jim notò che fortunatamente non doveva averle trapassato la carne, ma subito dopo i suoi occhi indugiarono sul corpo minuto e al tempo stesso sinuoso della giovane, che adesso non capiva più se fosse una donna piuttosto che una coetanea come aveva pensato in un primo momento. Era fasciata da una lunga veste fatta di perle bianche e lucenti, legate fra loro da sottilissimi fili dorati a formare una maglia dalla tramatura larga che scendeva dalle spalle e copriva ben poco la sua pelle.
Si rese conto di avere le guance in fiamme e la bocca aperta come uno sciocco, e si riportò in piedi, distogliendo lo sguardo: - Stai bene. Bene, io devo andare – farfugliò confuso mettendo una gamba dietro l’altra, ma non riuscendo a correre veloce come avrebbe voluto.
- No! Portami con te, ti prego – parlò la sconosciuta, con voce acuta ma straordinariamente dolce e melodiosa.
Jim tornò indietro e si sforzò di essere distaccato: - Sono un pirata, non posso – ma quegli occhi di lei, così melliflui, spaventati e sinceri continuavano a provocargli un inspiegabile calore alla faccia e un formicolio altrettanto insistente alla pancia.
L’affascinante fanciulla arricciò le piccole labbra: - Cos’è un pirata? Uno che va in giro a sparare le … persone?
Il giovane Turner si vergognò, ma tentò ancora le maniere rudi: - No. Un pirata è uno spirito libero che non vuole pensieri – asserì strafottente voltandosi.
Lei lo provocò di nuovo con tono languido: - Credevo che tu avessi un cuore buono.
Jim si diede per vinto e sbuffando riportò i passi e il viso sulla ragazzina: - Sei scappata? – le domandò con espressione amichevole; la biondina annuì: - E non posso tornare indietro. Portami con te.
Parlava con un filo di voce e scandiva lentamente le parole, come se fosse preoccupata di non essere capita. Ma Jim non riuscì a riconoscere alcuna sfumatura nel suo accento, all’apparenza non inglese: - Io non posso aiutarti. Il codice parla chiaro: niente donne a bordo – le spiegò dispiaciuto e gentile, sillabando la frase.
A quel punto la sconosciuta saltò in piedi: - Io non sono una donna! – proclamò stridula e indignata, inducendo il giovane pirata a fissarla perplesso. Accorgendosi della sua reazione tentennante gli inviò un incantevole sorriso e raddolcì il tono: - Mi chiamo Amaryllis.
Jim non fu sicuro di aver colto il nome, ma prontamente le rivelò il suo: - Billy Jim Turner.
La misteriosa ragazza, senza chiedergli nulla, gli andò incontro e si appoggiò al suo braccio, stentando a reggersi sulle sue gambe, e lui fu sorpreso e imbarazzato quando i loro capelli si sfiorarono e le sue narici si riempirono del suo intenso profumo di fresca brezza marina. Non sapeva da dove venisse, né come fosse arrivata lì, né perché gli altri non l’avessero incontrata, ma fu invaso dallo stringente desiderio di aiutarla.
- Forse riesco a convincere il capitano a fare un’eccezione – le confidò fiducioso, sorreggendola premurosamente per condurla verso la spiaggia.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10: L’ospite misteriosa ***


Salve a tutti! Innanzitutto mi spiace di avervi fatto attendere così tanti giorni per un nuovo capitolo e ringrazio tutti coloro che hanno letto e leggeranno, oltre alla mia più affezionata lettrice stellysisley.
Devo ringraziare pure chi ha inserito questa ff tra i preferiti ossia sarachan93, mente fatih89 ha messo tra i preferiti "La spada, il corvo, il mare", insieme a fede1996, _Chiara e Koochi_  e poi T J Potter che ha inserito la stessa fanfiction tra le ricordate, e ancora Vodia che l'ha messa tra le seguite.
Grazie a tutte, mi piacerebbe conoscere i vostri pareri, se vorrete. Intanto auguro a tutti buona lettura, senza anticipare troppo!
A presto!

Capitolo 10: L’ospite misteriosa

Dopo che il fragore di un colpo di pistola era riecheggiato nell’aria tiepida e sonnolenta del pomeriggio, i pirati, ancora affaccendati sulla riva, erano stati percorsi da un’ondata di agitazione. Temevano l’arrivo di soldati che non avevano avvistato o la comparsa di indigeni bellicosi perfettamente mimetizzati nella giungla che avevano battuto in lungo e in largo senza risultato non meno di mezzora prima.
Will, di contro, aveva subito sospettato che a sparare potesse essere stato suo figlio e si era maledetto per la leggerezza e la buona fede con cui gli aveva ceduto quell’arma da fuoco. Il suo maggiore timore, mentre si faceva largo tra le fronde di quella fitta giungla per cercarlo, era che potesse essersi ferito inavvertitamente. Corse talmente veloce da trascurare le domande che tutti gli altri gli avevano scagliato addosso dopo lo spavento e il disorientamento dei primi minuti.
Correva tra gli alberi col fiatone e, prima che se lo aspettasse, lo avvistò: Jim avanzava verso di lui con un’espressione indistinta che non fece che accentuare la sua apprensione, nonostante poté subito constatare che non si fosse fatto alcun male.
- Jim! E che diavolo! Anche se ti ho dato una pistola, non significava che dovevi usarla per forza! – esplose involontariamente, con una rabbia dettata dell’ansia che l’aveva attanagliato.
Il ragazzino si sentì un nodo in gola ma alzò ugualmente la voce: - Per favore, papà! Non ti ci mettere pure tu! – lo pregò nervoso, guardandosi fugacemente alle spalle. Poi ammutolì cominciando a storcere i piedi e ruotarli sul terreno, abbassando la fronte.
Il capitano in quegli anni aveva imparato a distinguere i gesti con cui il figlio marcava i suoi stati d’animo, e sapeva che quando calcava la punta degli stivali per terra di solito aveva qualche rivelazione spiacevole da confessare.
- Ho combinato un guaio … - sospirò infatti mortificato, qualche secondo dopo.
- Un altro? – tremò Will, cercando di bilanciare collera e lucidità in previsione di una nuova paternale, ma poi qualcuno comparve da dietro un albero affiancandosi a Jim e lui restò irretito dalle sue fattezze ammalianti.
Non capiva se quella che aveva davanti fosse poco più che una bambina o una giovane donna che conservava dei tratti infantili. I suoi lineamenti delicati, i suoi occhi cristallini e il suo sorriso spontaneo emanavano al contempo una smisurata dolcezza e seduzione, tanto più che le sue morbide forme seminude erano puntellate da centinaia di perline splendenti.
- Chi è lei? – bisbigliò intontito all’indirizzo di Jim, vergognandosi un po’ di non riuscire a staccare gli occhi dalla fanciulla che lo scrutava con una radiosità sempre più accesa. Mentre il ragazzino tentennò nel rispondergli, si appressarono altre voci che lo richiamavano e smuovevano e falciavano rami e foglie. Nell’istante in cui il gruppetto composto da due uomini con i fucili alla mano e da un’Elizabeth trafelata con la pistola in pugno, sbucò nel punto in cui loro si erano incontrati, Amaryllis volò a nascondersi dietro Jim, per poi strisciare tra il fogliame più alto, agile e leggera come una farfalla.
La piratessa raccolse il fiato: - Oh, Jim! Non sei ferito, vero? – si accertò sospettosa.
- Perché dovrei esserlo? – ribatté quello con un sorrisetto tirato che innervosì Will, il quale gli lanciò un’occhiataccia di rimprovero.
- Abbiamo sentito uno sparo – dichiarò secca la donna, iniziando ad accorgersi dell’intermittente e circospetto scambio di sguardi tra figlio e marito e tra i due ed un cespuglio poco più indietro.
- Uno sparo? – temporeggiò ancora il giovane Turner, guardandosi alle spalle. I genitori lo fissavano accigliati, l’uno a braccia conserte e l’altra con le mani ai fianchi, acuendo il suo titubante boccheggiare che non produceva alcuna risposta udibile.
In quel momento si sentì afferrare timidamente una mano e con la coda dell’occhio riconobbe la ragazza misteriosa che era tornata a palesarsi silenziosa, facendolo capitombolare dalla montagna di fantasie in cui si stava inerpicando per dare una risposta soddisfacente: - Hanno sparato a lei, ma io l’ho salvata – si inventò sull’istante, pur capendo che non aveva convinto suo padre e aveva fatto preoccupare ancora di più sua madre, lasciando entrambi senza parole, al contrario di Palifico e Jelly che avevano espresso i loro coloriti commenti.
- Li hai fatti scappare? Sei un eroe, Jimmy!
- Eh, bravo! Hai fatto conquiste!
I due filibustieri si accostarono quindi alla giovane dai lunghi capelli, rimasta accucciata alle sue spalle, rimirandola elettrizzati: - Caspita! Che gran pezzo di fi …
- Era da sola? – si decise a domandare Will – Hai detto che non c’era nessuno – obiettò Elizabeth, posando gli occhi ora su di lui ora sull’ignota e bellissima fanciulla che ricambiava il suo sguardo con interesse, ma anche visibilmente intimidita da tutte quelle attenzioni.
Quest’ultima si sporse dal suo nascondiglio ed emise un debole gemito, sfiorandosi con la punta delle dita la clavicola sinistra da cui sfociava un rivolo di sangue che le ricadeva all’interno dell’ampia scollatura.
- Ha bisogno di una medicazione – affermò la signora Turner avvicinandosi a lei – La porto da Gilbert – propose invitandola a muoversi, ma quella indietreggiò, rifugiandosi stavolta dietro un albero, due metri più lontano.
- Su, dai bellezza! Vieni con noi! – la incitarono i due pirati, trascurando di riporre le armi e puntandogliele contro, insieme alle loro espressioni fameliche.
Elizabeth si frappose fra loro e la sconosciuta: - Non lo capite? Così peggiorate la situazione! – li ammonì, esasperata dalle loro rozze maniere – Andate a farvi un giro! – ordinò aspra.
- Date un’occhiata qui intorno – intervenne Will, sforzandosi di essere convincente – Vedete se trovate qualcuno e riferite agli altri di cercare – comandò rigido, senza risparmiare delle frecciatine a Jim, facendogli capire di avere intuito come fossero andate realmente le cose.
I due pirati, pur con una certa riluttanza, si dileguarono con passi pesanti nel folto della giungla.
Non appena restarono soli, Will si rivolse con cautela alla fanciulla, di cui ancora non conosceva il nome: - Chi ha cercato di ucciderti potrebbe tornare – sostenne con grande delicatezza, tendendo una mano verso di lei. La ragazza scrutò per un attimo Jim, poi guardò a lungo i due adulti con circospezione, quindi li sorpassò uscendo allo scoperto e facendo loro cenno di guidarla fuori da quel labirinto di piante.
- Jim, tu e lei camminate avanti mentre io e tua madre vi copriamo le spalle – disse poi il capitano, sfoderando le sue armi.
Il ragazzino obbedì e affiancò la giovinetta, sorreggendola di tanto in tanto quando le sue gambe sottili sembravano vacillare.
- Ma capisce la nostra lingua? Ti ha detto come si chiama? – domandò Elizabeth dopo qualche metro, già in prossimità del margine della macchia alberata.
- Amaryllis – pronunciò lei con appena un alito di voce. Il sole prossimo all’orizzonte la colpì in pieno volto abbacinandola, così come la massa di persone sparse sulla spiaggia.
Tra gli uomini dell’Olandese Volante si levò un coro di commenti. Se per i Turner ebbero parole zeppe di felicità, poiché Jim era tornato tutto intero, alla bella trovatella appuntarono una serie di epiteti che andavano dall’apprezzamento galante a quello più becero, secondo il temperamento di ciascuno.
La fanciulla era combattuta tra la curiosità e la paura mentre procedeva tra file di uomini diversi per statura, età, colore di pelle e lineamenti, con le facce e le braccia ricoperte di cicatrici, lividi e tatuaggi, gli abiti grezzi e dalle tinte scolorite. Tutti le tenevano gli occhi addosso come assetati che avessero trovato una sorgente o cechi che all’improvviso avessero riacquistato la vista. Provava repulsione e attrazione verso di loro e non poteva fare a meno di fissarli ad occhi sgranati, quasi imitando il loro stupore.
- Dov’è Gilbert? – il tono impaziente e grave di Will la distrasse dalle sue osservazioni.
- È tornato a bordo, signore. Perché? – gli rispose un marinaio, gli occhi verde scuro piantati sul volto e sul corpo candido della ragazza.
- Portatela da lui – ordinò Will ad Elizabeth e ad altri tre della ciurma che si prepararono ad entrare su una scialuppa, spingendola verso la battigia.
Amaryllis scrutava con la palpitazione quelle manovre fra le onde tentando di sottrarsi alla loro risacca che si infrangeva sulla sabbia. Nel secondo in cui un’onda più alta sembrò arrivare dritta a bagnarla si abbarbicò addosso a Will, svelta come una lucertola che trova un ramo, e vi restò senza dare l’impressione di voler scendere, seguendo con preoccupazione i movimenti della spuma di mare e singhiozzando.
- Sembra che abbia paura dell’acqua … – notò sorpreso e lievemente disturbato Jim – Forse è vittima di un naufragio – suppose Elizabeth con tono noncurante, trattenendo l’irritante e inaspettato fastidio che le aveva procurato vedere Will reggere tra le braccia un’altra.
Tutti i presenti mormorarono stupiti di fronte a quella scena, mentre il diretto interessato si sentì suo malgrado in imbarazzo e turbato: - A proposito … Io sono il Capitano William Turner – le riferì sorridendo, tentando di smorzare il malumore e i commenti inopportuni della ciurma.
Amaryllis scostò la testa dall’incavo del suo collo e, reggendosi soltanto con le gambe attorno alla sua vita, gli accarezzò gli zigomi con tocco leggero: - Capitano?! – esclamò con grande meraviglia, senza però urlare, quindi si aggrappò alle sue braccia robuste e gli lisciò i capelli corvini – Sei … diverso – bisbigliò pianissimo, fissandolo con quei suoi due spicchi di oceano in cui Will ebbe la sensazione di sprofondare, come se cercasse in lui qualcosa che non le tornava. Ma non appena ebbe soffiato queste due parole il suo corpo si afflosciò, come lo stelo di un fiore troppo fragile esposto al vento, e perse i sensi.
Jim ed Elizabeth avevano assistito con la bocca spalancata, un senso d’invadente gelosia che quasi corrodeva le loro budella e li lasciava dubbiosi e impietriti, perché in fondo quella giovane sconosciuta non appariva maliziosa nelle sue reazioni.
Will avanzò nell’acqua bassa tenendola raccolta contro il suo petto e la depose con cura all’interno della scialuppa, dove si risolse a prendere posto anche la moglie, insieme a due rematori. Il capitano si voltò poi verso gli altri uomini: - Dobbiamo controllare se per caso c’è qualcun altro, dall’altra parte dell’isola.
- Va bene – si offrì Jim, ritornando sui suoi passi dopo essersi approssimato anche lui alla barca, ma il padre gli parò una mano davanti: - No, tu resti sull’Olandese con tua madre.
- Ma, papà … volevo dirti … - protestò opponendosi al suo rifiuto. Altri cinque pirati intanto controllarono i colpi in canna preparandosi ad accompagnarlo: - Noi siamo pronti, signore.
- State attenti – raccomandò loro Elizabeth, facendo cenno al figlio di seguirla e restando con gli occhi puntati verso il profilo del marito che si stagliava sempre più lontano da loro.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11: Una donna ***


Buon pomeriggio, cari lettori! Anche se nessuno di voi si fa sentire commentando (a parte la solita immancabile stellysisley!), so che mi seguite e spero che continuerete a farlo! Con ciò non posso negare che mi piacerebbe sapere cosa ne pensate della storia. Qui vedremo la signora Turner alle prese con una rivale che pur sembrando innocua ed ingenua sta minacciando la tranquillità degli uomini di bordo...

Vi premetto che capitan Jack tornerà nel prossimo capitolo! Avrei voluto terminare la storia prima di vedere il nuovo film, perchè so già che poi mi verranno altre idee sui personaggi, ma non credo ci riuscirò! C'è ancora tanto da scoprire e da farvi leggere!

Ringraziando tutti coloro che seguono tra cui Gizzmo95, vi auguro buona lettura!


Capitolo 11: Una donna

Si era rifugiato nell’unico posto che considerava davvero suo a bordo di quell’enorme nave che ospitava una trentina di uomini accomunati da un passato travagliato, un presente movimentato e un futuro incerto. Da tre anni era diventato uno di loro, ne condivideva lo stile di vita libero e trasgressivo, anche se con un certo orgoglio continuava a pensare di agire sempre sotto la spinta dell’onestà.
Jim stava al centro del suo letto, trafugato mesi prima dalla cabina di un ammiraglio spagnolo, con le gambe al petto e la testa fra le mani. Accanto a lui, sul cuscino imbottito di piume d’oca e rivestito da una federa di cotone, aveva poggiato la rivoltella prestatagli dal padre. La riagguantò, la rimirò e con un impeto di bile la gettò sotto la rete di legno di noce piantata nel pavimento. Stava per uscire ma poi ritornò sui suoi passi: si distese per terra su un fianco e la cercò tentoni. La raccolse e la sistemò di nuovo in una tasca sotto la giacca verde scuro. Voleva sbarazzarsene completamente.

- Stai ferma: è una ferita da niente!
Gli occhi grigi di Gilbert, contornati da due cespugliose sopracciglia brizzolate, si alzarono dal tampone al volto della sua aiutante improvvisata: - Signora Turner! Fate piano! Alla poveretta resteranno i segni!
La donna mortificata ritrasse le unghie dalle braccia di Amaryllis che smise di fremere e di stringere i denti, e la trafisse con le sue iridi acqua marina che sembravano ribollire avversione e delusione.
- Mi … dispiace – balbettò facendosi da parte con un evidente rossore, pari a quello che aveva lasciato sulla pelle diafana della ragazza.
- Non ti preoccupare, piccola mia, stiamo finendo – la confortò intanto il medico di bordo, fasciandole delicatamente la spalla sinistra con una garza.
Elizabeth si sentì nauseata e stranita dal tono particolarmente amorevole adoperato dall’uomo che si approcciava a quella paziente come fosse un bicchiere di cristallo, contrariamente a quando c’era finita lei in infermeria. Sì, le aveva mostrato un indiscutibile riguardo, ma non le aveva prestato le stesse premure, e per di più quella ferita di striscio non era niente di serio!
Mentre rifletteva su quel diverso trattamento, si accorse di un insistente vocio fuori dalla porta. Con andatura decisa la raggiunse e la spalancò ritrovandosi dinanzi un gruppetto di pirati che tentavano di ricomporsi assumendo espressioni innocenti e sbigottite. Li squadrò uno per uno a bocca semiaperta: - Stavate sbirciando! Vergognatevi! – urlò allibita incrinando la voce.
Il più giovane del gruppo, Stevie, si grattò la fronte ricoperta da una bandana arancione che tratteneva la lunga chioma castana: - Cercate di capire, capitano: è una donna!
Elizabeth si sentì presa in giro e provò inutilmente a ribattere: - Non avrà nemmeno vent’anni!
- Già. Ma è anche molto carina! – sostenne un altro di nome Frank, col cipiglio di chi rivendica la bontà delle proprie ragioni.
- Carina? – si fece avanti un mulatto - È bella da mozzare il fiato! Una vera meraviglia! – ammiccò accalorato, mimando con le mani le sue curve e facendo la prova a gettare un’occhiata all’interno della stanza.
Il vice capitano si sentiva impotente e intimorita al cospetto della loro straripante euforia e non sapeva cosa dire per tenerli a bada.
- Quelle perle devono avere un valore inestimabile! – sbottò l’unico che fino ad allora non aveva parlato, il taciturno e opportunista Miguel.
La piratessa prese un lungo e lento respiro e richiuse la porta dietro di lei: - Va bene. Immagino che le farete la gentilezza di offrirle una cabina – prospettò speranzosa, ancora un po’ atterrita da quell’ondata di eccitazione che li aveva contagiati.
Stevie, che già si era distinto come il più donnaiolo, si batté un pugno sul petto: - Per una donna questo e altro! – le assicurò con accento melodrammatico portando via i compagni.
Elizabeth si scoprì a considerare che quella Amaryllis stava davvero iniziando a causare troppo subbuglio, e che forse non aveva tutti i torti se stava cominciando a detestarla.
Nel frattempo Gilbert uscì dall’infermeria e si fermò davanti a lei, curvando la bocca e i baffetti brizzolati che la contornavano: - Signora, la ragazza ha un po’ di temperatura, deve riposare – la informò grave suscitandole un ingombrante rimorso che le strinse l’aria in gola – Ma sta bene! Le passerà – puntualizzò subito il medico, cogliendo il cruccio che aveva alterato il volto della donna, e così dicendo si allontanò fischiettando.
Elizabeth sentì riaccendersi il malumore e, non appena vide comparire Jim, lo afferrò per un braccio, portandolo davanti alla porta della cabina: - Jim: Amaryllis sarà sotto la tua protezione – gli impose drastica e irremovibile.
- Cosa? Perché? – dissentì il figlio, volendo sottrarsi alla sua vicinanza.
- Perché l’hai trovata tu! – replicò la madre, quasi accusandolo.
- Vorrei tanto che non fosse successo – borbottò il ragazzino, apprestandosi ad entrare.
- Lo vorrei anch’io – lo spalleggiò la piratessa, e infuriata imboccò le scalette che conducevano sopracoperta. Si affacciò al parapetto respirando lentamente il vento mite. Il sole sempre più basso proiettava la sagoma spigolosa dell’Olandese Volante sulla spiaggia antistante la fitta foresta vergine.

- Allora?
Rod, Lex, Anthony e Dan si radunarono attorno a Will.
- Non c’è proprio anima via, capitano – affermò il primo.
- E a tutti gli effetti non c’è nemmeno traccia di un naufragio – aggiunse il secondo, tenendo ancora gli occhi appiccati sull’orizzonte blu.
- È vero – intervenne Anthony – Non abbiamo trovato niente né sulla spiaggia, né sul mare – confermò con certezza.
- La nave potrebbe essere affondata del tutto, oppure l’ha trascinata via la burrasca – ipotizzò svelto Dan, facendo per voltarsi verso la giungla.
Il capitano sbirciò ancora qualche secondo nel cannocchiale, abbracciando il golfo sottostante il promontorio su cui si erano inerpicati per avere una visione d’insieme del paesaggio. Poi, rassegnato, ripose lo strumento nella cinta: - Ha ragione Lex. Almeno i legni più leggeri avrebbero dovuto galleggiare per qualche ora. Ed è quasi improbabile che la corrente non abbia portato nulla a terra – concluse perentorio e impensierito.
- Lo sparo, lo abbiamo sentito tutti, però … - parlò di nuovo Rod.
- È logico che deve essere partito ad uno dei nostri, imbecille! – lo rimbrottò Lex con uno scappellotto.
Will non riuscì a sorridere perché ormai gli era tutto chiaro, a parte da dove provenisse quella fanciulla. La ragione della sua presenza in quel luogo disabitato era un vero dilemma.
- Dovete interrogare la ragazza – constatarono infine i marinai, perplessi quanto lui che annuì di riflesso: - Torniamo all’Olandese.

Amaryllis mosse le lunghe ciglia dorate e sollevò le spalle, scorgendo accanto a lei il primo essere umano che aveva incontrato dopo tanto tempo.
- Ciao – biascicò Jim, girando la sedia verso la sua branda e lasciando cadere il suo diario.
La fissò per qualche secondo, poi decise che era meglio parlare. Anche se non sapeva scegliere un singolo argomento, infine preferì il più semplice: - I capitani sono i miei genitori, forse l’avrai capito, ma volevo dirtelo … Mio padre è William e mia madre Elizabeth. Turner. Io mi chiamo William James Weatherby, ma puoi chiamarmi Jim.
La ragazza taceva e lo osservava con un lieve sorriso, trovandolo buffo.
Jim ricominciò a sentirsi impacciato e con la faccia tutta rossa e accaldata. Sperava che qualcuno lo tirasse fuori da quella stanza e casualmente la porta si socchiuse.
- Come sta? – domandò suo padre, di cui vedeva solo la schiena.
Stava per aprire bocca ma fu Gilbert a rispondergli dall'esterno: - Più che altro è spaventata. La pallottola non ha fatto danni. Le ho estratto qualche scheggia dal braccio. Ma avete scoperto chi le ha sparato?
- Sei sicuro che non fossero schegge di legno? – andò a chiedere sfrontato direttamente al dottore, avvicinandosi all’uscio.
Il maturo filibustiere si inviperì sdegnato: - Jimmy, ancora non sono rincoglionito!
Will sfruttò l’ultima briciola di pazienza per scusarsi al posto suo e lo mandò via, spingendo di più la porta verso l’interno e non risparmiando occhiatacce di rimprovero a Jim: - Devo farle delle domande – affermò serio, accennando alla giovane.
Il ragazzino si guardò i piedi staccandosi dall’uscio: - Papà. Devo dirti una cosa, prima che … - il genitore stette in silenzio con un’espressione scontenta, osservandolo procedere e andandogli incontro. Il figlio frugò nella giacca ed estrasse la pistola, porgendogliela senza alzare gli occhi: - Ecco, sono stato io a sparare …
Il capitano nascose la rivoltella in tasca: – Questo lo avevo capito, Jim. Non lo dirò a tua madre, a meno che non ci arriverà da sola. E non ti darò più una pistola, a meno che non mi dimostrerai di meritarla – sentenziò ruvido ma comprensivo.
Jim sospirò ciondolando fuori dalla cabina e richiudendo la porta: - Grazie.
Will si sistemò sullo sgabello accanto alla fanciulla che lo scrutava da un po’ con un’aria molto affascinata.
- Mi dispiace per quello che ti è successo. Anche se in realtà non ne so poi tanto – mormorò passandosi una mano tra i capelli e il collo, scacciando il dispiacere per quello che aveva combinato il figlio – Me ne vorresti parlare?
Amaryllis, che si era già messa seduta, tese le braccia verso di lui e guardandolo intensamente in ogni suo particolare, gli lisciò piano le mani grandi e calde, prendendole tra le sue, piccole e gelide: - Dove state andando? – esalò lieve con la sua voce cristallina.
Will si sottrasse con garbo a quel contatto non voluto che gli procurava un forte disagio: - Tu da dove vieni? Non c’era nessuno con te? Nessuno che ti cerca?
La giovane riportò le gambe sulla branda e vi si rannicchiò, voltandosi e coprendosi con i lunghi capelli che, da asciutti, erano diventati mossi e avevano acquisito un caldo color miele con sfumature rosso fuoco: - Posso restare con voi? – lo implorò dolce e ingenua.
L’uomo si alzò, sottraendosi al suo volto così incantevole ed esotico: - Noi … siamo pirati. Questa nave non è un posto adatto ad una come te – le rammentò inflessibile.
La fanciulla però non si arrese: - Siete buoni. Non mi condannerete a morire … su quest’isola – insistette alzando di poco il tono, che restò comunque tenero e amabile come i suoi begli occhi azzurri e profondi, che avevano un qualcosa di ipnotico.
Will si indispettì: - Qualcun altro lo ha fatto?
Bussarono alla porta: - Capitano, si sta alzando la marea. Dovremmo approfittarne – proclamò con una punta d’impazienza Sputafuoco Bill, restando poi senza fiato alla vista dell’ospite.
- Preparate la nave alla partenza – stabilì Will, composto ma turbato, spostandosi subito accanto alla moglie che aveva intravisto sulla soglia.
- E lei? – domandò quella con malcelato malumore, accorgendosi che i due erano rimasti soli.
- Viene con noi – disse sveltamente il capitano, rivolgendo ad Amaryllis un sorriso di benvenuto.
Elizabeth gli pizzicò il braccio, fingendo di non averlo fatto di proposito e lo tirò a sé in corridoio, sforzandosi di non fare esplodere il suo tormento davanti a tutti.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12: Confronti ***


Buonasera miei cari lettori! Torno dopo un lungo silenzio con un capitolo che non è il massimo della inventiva, e che non contiene molte novità, ma soprattutto, il che mi rattrista un pò, non  include Jack, che però nel prossimo ci sarà sicuramente!(promessa da pirata :)
Comunque sia, qui ho cercato di approfondire il personaggio nuovo, ovvero Amaryllis, e il rapporto che si sta piano piano creando tra lei e i Turner: su Will c'è poco da dire, perciò è messo da parte, mentre Elizabeth e Jim hanno entrambi più difficoltà a trattare con lei.
Sono curiosa delle vostre opinioni!
Ringrazio chi ha messo la storia tra le seguite: ladyoscar13, Lione94, pagnottella, pinkstar_girl95, Summerbest, T J Potter, tappetta, Vodia .
Chi l'ha messa tra le preferite :  LetySalvatore, sarachan93
E infine Edwardina4ever che l'ha messa tra le storie da ricordare e stellysisley che è sempre la più puntuale a recensire.
Grazie anche a chi si limita a leggere.

PS: domani sera finalmente POTC 4!

Capitolo 12: Confronti

Jim si era mollemente abbandonato con la parte superiore del corpo sulla ringhiera di prua. Alcuni uomini di tanto in tanto gli si avvicinavano per chiedergli di riportare aneddoti di quella giornata in cui si era reso partecipe del salvataggio della bellissima fanciulla per la quale l’equipaggio era ancora in visibile fermento.
Ma lui, a differenza di altre occasioni, si era dimostrato piuttosto restio a raccontare.
Il mare era tornato ad essere placido e soffiava nuovamente una piacevole brezza tiepida che invogliava a restare all’aperto, ad osservare la magnifica volta celeste arricchita da miliardi di stelle brillanti come diamanti in quell’immensità oscura in cui gli occhi di un giovane ragazzo, così come quelli di un esperto marinaio, si perdevano in sogni fantastici e irraggiungibili.
Intorno il silenzio assoluto, solo il rumore del mare e i cigolii della nave che ondeggiava con dolcezza, quasi cullando i suoi passeggeri, quasi consapevole della notte che è fatta per riposare. Ma che a lui, al contrario portava solo angoscia in quel momento.
- La quiete dopo la tempesta, si suole dire.
- Già – rispose mogio a suo nonno, che era venuto a fargli compagnia sul ponte deserto.
Sputafuoco Bill si stupì di quel tono malinconico: - Jimmy, che cos’è quel muso lungo? Dovresti essere felice di essere diventato un eroe! – cercò di scuoterlo, volendo capire il perché della sua scontentezza.
Il nipote sospirò amareggiato, senza rialzare la testa: - Se solo fosse vero …

Quando il piccolo corteo di pirati si dissolse e tutti, uno dopo l’altro, uscirono dalla cabina lasciando sorrisi di repertorio e promesse di assoluta disponibilità nei suoi riguardi, Amaryllis riportò la sua attenzione su di Elizabeth che, alla buona, si adoperava tentando di raccomodare quell’alloggio per renderlo accogliente alla loro momentanea ospite. Gli uomini avevano sgombrato con efficienza quella stanza, offrendo coperte e materassi fatti di stoffe, così che alla giovane non toccasse di dormire su una scomoda branda.
Amaryllis continuava ad esaminare ogni più piccolo oggetto, e la piratessa non capiva se lo facesse per curiosità oppure perché un po’ troppo sdegnosa dell’ambiente. In effetti il suo aspetto delicato faceva pensare che non avesse mai faticato in vita sua. E forse poteva essere di nobili origini, dato l’incarnato così pallido e il pregio della sua veste, in verità troppo scandalosa per una signorina dell’alta società.
- È il meglio che ho potuto fare – si giustificò la piratessa offrendole una blusa marrone e dei pantaloni cenere che la ragazza prese tra le braccia come fossero un macigno, portando gli occhi smarriti verso la porta e facendo cadere per terra i vestiti.
- Tranquilla, nessuno ti verrà a disturbare – le assicurò la donna, mostrandole una chiave che introdusse lei stessa nella toppa, premendo poi la maniglia per assicurarle che si chiudesse perfettamente. Anche se, pensò, chiunque l’avesse voluto sarebbe stato sicuramente capacissimo di scassinarla in pochi minuti. Dopo tutto era una nave piena di ladri!
La biondina studiò con cura quei gesti per poi ripeterli da sola, girando e rigirando la chiave nella serratura, e aprendo e chiudendo la porta, soddisfatta di riuscirci.
- Cosa ti è successo? - la fece distrarre Elizabeth, prendendole il polso. Lei la fissò fortemente impaurita da quel contatto improvviso al che preferì non insistere per il momento, dato che sembrava parecchio traumatizzata.
 – Bè, quando ti sentirai pronta a dircelo, noi ti ascolteremo – le promise gentile, chinandosi a raccogliere gli abiti dal pavimento. Glieli riconsegnò e si voltò per non metterla in imbarazzo:
- Tu … non parli molto … vero? – le domandò prima che i suoi sbuffi e lamenti la convincessero a rivolgere lo sguardo di nuovo su di lei.
Amaryllis aveva rivoltato gli abiti senza indovinare il modo in cui indossarli: aveva infilato le braccia nelle gambe dei pantaloni, mentre non sapeva cosa fare con la camicia. Elizabeth la fissava turbata: dava l’impressione di sconoscere molte cose, anche le più semplici azioni quotidiane. Le si avvicinò con cautela e, quando fu certa che quella lo volesse, la aiutò a vestirsi, ma non riuscì a farle togliere l’abito di perle e cercò di nasconderlo dentro la casacca.
- Ti lascio sola – si arrese, accingendosi ad aprire la porta.
- Tu sei la donna del capitano? – proferì in un sussurro la ragazza, dopo averla guardata a lungo e intensamente prima che la signora Turner uscisse.
Elizabeth fu sorpresa dall’udirla parlare e notò quanto il suo accento fosse insolito e indecifrabile, oltre a quanto la sua voce fosse dolce: - Sì, sono sua moglie e sono anche il suo vice – le confermò fiera – E quando ti deciderai a dirci chi sei e da dove vieni io ti ascolterò – le promise con una punta di nervosismo a incrinare la sua disponibilità, salutandola con un lieve cenno del capo.
Mentre tornava nella sua cabina non si capacitava dello strano effetto che quella strana fanciulla possedeva sulla ciurma: era indiscutibilmente di una bellezza particolare, ma per il resto a lei era sembrata assolutamente anonima, priva di carattere. O forse, era proprio per questa sua delicatezza che li affascinava. Al contrario, gli uomini avevano visto nel suo essere così indomita e battagliera una mascolinità che gliela aveva fatta percepire come una di loro, e si erano quasi dimenticati che fosse una donna anche lei.
Ad ogni modo, più la osservava più nessuno poteva toglierle dalla testa che quell’enigmatica Amaryllis nascondesse qualcosa sotto la sua apparente dolcezza e semplicità.

Non sapeva se fosse giusto disturbarla, era tardi, lei doveva essere stanca ma quello che suo nonno e i suoi genitori gli avevano sempre consigliato di fare era di seguire i suoi sentimenti, il suo istinto. Si accertò che nessuno ronzasse davanti quella porta, poggiò per terra la brocca e il bacile che aveva portato per lei, e batté qualche colpetto con le nocche, tanto piano che probabilmente non l’avrebbe sentito. Invece la chiave girò e Amaryllis lo investì nuovamente con tutta la sua raggiante femminilità, invitandolo ad entrare.
Jim, però, restò in piedi senza chiudersi la porta alle spalle, come a volerle far capire che non intendeva soffermarsi: - Ti posso chiedere scusa? – mormorò impacciato, rendendosi conto che la ragazza indossava dei vestiti che gli appartenevano, e che sua madre doveva aver prelevato dalla sua stanza senza chiedergli il permesso.
- Ti ho spaventato – dichiarò lei, con un lieve sorriso, planando leggiadra sulla branda – Pure tu hai spaventato me con quel … bang.
Il giovane Turner si rabbuiò: - Lo sparo. Scusa. Non volevo, davvero – disse tra i denti e abbassando gli occhi.
Amaryllis emise una risatina imbarazzata: - Il mio inglese non è molto buono – ammise con quello che parve sincero imbarazzo, incuriosendo l’acerbo pirata.
- Perché, da dove vieni tu?
La fanciulla perse lentamente il sorriso e cominciò ad intrecciarsi i lunghi capelli, distogliendo lo sguardo: - Voi, non ancora pronti per sapere – sentenziò fugace, con un misto di dispiacere e paura, che accese il desiderio di conoscere di Jim il quale, però, preferì non costringerla a parlare: - Sono riuscito a procurarti un po’ d’acqua – la informò, tornando sull’uscio e sollevando una brocca e un bacile, posandole sull’unico mobiletto della cabina.
- È acqua di mare? – saltò su Amaryllis, con un’espressione che poteva sembrare sia allarmata che disgustata.
Jim storse la bocca: - È mescolata. Di acqua dolce ne abbiamo poca e preferiamo risparmiarla per bere – le spiegò pazientemente, versando un po’ del contenuto nella tinozza.
La ragazza tastò appena con la punta delle dita il contenuto del bacile: - Ah, tranquillo. Io bevo l’acqua di mare.
Il modo in cui la biondina lo affermò insinuò nel ragazzino il dubbio che non stesse scherzando lasciandolo basito: che avesse qualche rotella fuori posto?
- Jim! La cena è pronta! Vieni! – si sentì urlare intanto dall’altro capo del corridoio e poco dopo Elizabeth e un paio di filibustieri furono nella cabina dove si trovavano i due.
Il ragazzino scattò su, salutando l’ospite, per fuggire le ulteriori domande e battutine dei compagni di viaggio, mentre la signora Turner giunse con un vassoio: - Amaryllis, ti ho portato qualcosa, così non dovrai mischiarti con gli uomini – asserì, facendo intendere ai pirati che già si erano precipitati di uscire da lì. - Vai, resto io con lei – promise poi a Jim, con un’occhiata e un tono che lasciavano intuire le sue intenzioni tutt’altro che amichevoli con la nuova passeggera dell’Olandese, al punto che al figlio scappò un eloquente e permaloso: - Resto io con lei … se vuole …
Amaryllis sollevò gli occhi e disse di sì con la testa e alla piratessa non dispiacque che fosse il figlio ad occuparsi di lei: - D’accordo, ti farò portare la tua razione – acconsentì uscendo di nuovo, inducendo gli altri pirati che stavano origliando a sparpagliarsi.
La fanciulla intanto sollevò il tovagliolo dal piatto che sprigionò del fumo ricco di aromi: - Cosa è?
A Jim bastò un’annusata: - La solita zuppa di pesce.

- Non ha detto una parola! Forse le sto antipatica! – sbottò la signora Turner quando fu nell’alloggio personale insieme al marito. – Non può affrontare un viaggio così lungo. Non possiamo portarla con noi – aggiunse, sfilandosi gli stivali e gettandoli via furiosamente.
Will stava compilando il diario di bordo, come ogni sera: - Ne sono consapevole. Ma ha bisogno di aiuto. È solo una ragazzina. Hai pensato a qualche soluzione?
La donna scosse la testa: - Le nostre conoscenze non sono affidabili, ma dovremmo lasciarla da qualche parte – sostenne, spazzolando velocemente i capelli davanti ad uno specchio.
- Sì, hai ragione. Sta portando troppo scompiglio tra gli uomini a bordo – riconobbe il capitano, riponendo il diario in un cassetto e avviandosi al letto dove Elizabeth stava già sistemandosi sotto le coperte.
- Le ho prestato i vestiti di Jim, così sarà meno appariscente, spero.
- Dobbiamo prendere una decisione al più presto – mormorò quasi a se stesso Will, afferrando una cartina geografica dal comodino e studiando le possibili mete sulla terraferma. - Ma l’hai lasciata da sola? – le domandò poi preoccupato.
La donna sbuffò, voltandosi su un fianco: - Credi che corra dei rischi?
Il marito le indirizzò uno sguardo accigliato di rimprovero: - Ti ricordi della tua prima notte a bordo della Perla Nera, da sola?
Per Elizabeth quel ricordo, seppure lontano, era ancora vivido: era molto giovane allora, e quell’esperienza aveva radicalmente cambiato il suo modo di considerare i pirati e il mondo. Aveva scoperto la paura della morte, della violenza, dell’essere prigioniera tra sconosciuti. Le salì su un magone riflettendo sul fatto che quelle stesse sensazioni potevano aver toccato anche Amaryllis: - C’è Jim con lei.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13: Ancora tu! ***


Miei allegri audaci marinai! Sono tornata! E dopo tanti capitoli dedicati ai Turner ho deciso di regalarvi un capitolo pienamente Sparrow! Il nuovo film ci ha fatto scoprire qualche dettaglio in più sulla squisita personalità del nostro amato capitano e mi sta aiutando a continuare la ff!

Volevo precisare per i lettori nuovi una cosa imprtante: anche se il personaggio femminile da me qui inserito può sembrare caratterialmente molto simile ad Angelica, ne rivendico la maternità perchè lei era già comparsa nel prequel di questa storia ed io l'avevo stranamente immaginata simile a come poi è apparsa la nuova protagonista della saga. Perciò, ancora una volta, somiglianze non volute.

Passo a ringraziare la puntuale e gentilissima stellysisley che ha lasciato un commento al capitolo precedente, e la simpaticissma e felicemente ritrovata emmawh che si sta recuperando tutti i capitoli non letti e mi lascia di tanto in tanto qualche nuovo commentino. A parte loro il mio grazie si estende a tutti coloro che seguono, leggono, hanno letto o leggeranno sia questa che le mie precedenti storie.

Alla prossima!

Capitolo 13: Ancora tu!

Gli spruzzi di schiuma sferzavano il tagliamare color antracite della Murena, sospinta dalla forte corrente che batteva quel tratto di mare dei Caraibi.
- Terra in vista!
All’annuncio della vedetta il capitano sobbalzò dalla sua branda, afferrò svelta la casacca viola e la abbottonò perché nascondesse le sue sinuose forme, infilandosi poi anche una giacca nera dai nastri rossi e dorati. In pochi secondi il suo primo ufficiale sarebbe entrato senza neppure bussare e non voleva che la scoprisse a sonnecchiare in cabina di comando.
- Signora, siamo a poco meno di dieci miglia dalla costa – comunicò infatti il fido Josè, spalancando la porta e cercandola con lo sguardo dietro i cumuli di oggetti, libri e mappe varie che formavano colonne disordinate sul tavolo al centro della stanza.
Anamaria Jucard diede una rapida occhiata all’esterno dalla vetrata che occupava la parete di fondo: il mare era turchese e opaco come il cielo. Poi con un cenno congedò il suo vice e uscì spedita dall’alloggio, agguantando un cannocchiale. Una volta sul ponte il caldo sole del tardo pomeriggio, unito al vento forte e secco, le arroventarono le membra, assieme alle mille domande impazienti dei suoi pirati che la soffocavano come sempre negli ultimi giorni. Evitando momentaneamente di soddisfare le loro richieste, si arrampicò agile come una gatta sulle sartie raggiungendo la coffa di trinchetto. Osservando attraverso la lente avvistò una striscia di terra sempre più vicina, una baia ampia con delle alture verdeggianti ma una conformazione che non aveva nulla di strategico.
- Brutti idioti! Dove mi avete portato? – urlò irritata e amareggiata ai suoi sottoposti, senza scendere dalla postazione, ma aggrappandosi come fosse un rifugio.
- Abbiamo seguito tutte le indicazioni alla lettera, senza eccezioni – si difesero il timoniere e il primo ufficiale, sdegnati per essere stati tacciati di insubordinazione. Anche gli altri pirati cominciarono a spergiurare sulla loro innocenza e correttezza, blaterando contro di lei.
Jay-Jay, un giovane mozzo dalla pelle ambrata, le movenze felpate e lo sguardo appuntito, nuovo ma valido acquisto del veliero, salì accanto a lei chiedendole in un sussurro divertito e affabile: - Cosa c’è che non va, Capitana?
La donna lo fissò per alcuni secondi, in bilico tra la volontà di omettere la sua preoccupazione di stare virando dritta verso una trappola ben congegnata e la necessità di condividere il suo presentimento con la finora fedele ciurma: - Quest’isola ha una posizione troppo scoperta, e mi sembra improprio che qualcuno l’abbia prescelta per accogliere una masnada di filibustieri d’alto rango! – le uscì di bocca infine, con tutta la sua scomoda ventata di ansietà che imbrigliò anche gli animi dei marinai.
- Ma c’è anche una nave! Guardate! – strepitò un attimo dopo Jay-Jay, puntando il braccio davanti a sé.
Anamaria, che aveva già inforcato la scaletta di corda per scendere, ruotò su se stessa reggendosi con un braccio: - Colori?
- Jolly Roger! – sogghignò il ragazzino, alzando la voce perché il messaggio arrivasse anche agli altri uomini.
Mentre i marinai si rallegravano, la piratessa riattaccò il viso al cannocchiale e provò un miscuglio di sensazioni, più che altro sgradevoli: ancorato un centinaio di braccia più avanti c’era un galeone con lo scafo e le vele nere.


- Ma qualcuno verrà alla fine?
Il nostromo della Perla Nera si sgualcì la faccia in un brontolio. Credeva di avere ormai esaurito le scusanti più plausibili per quietare la ciurma, approdata su quell’isolotto da quasi una settimana e sempre più insofferente alla stagnazione forzata voluta dal capitano. Girò le spalle a tutti e riprese a mangiare lo stecco di carne affumicata con voracità e disperazione.
- Quando diventerò capitano io, starò ben attento a tenermi cara la ciurma e a non commettere simili errori – promise saputo Ragetti, rimirando il grande vascello ormeggiato ad un centinaio di metri dalla spiaggia.
- Che dici! Tu non diventerai mai un capitano! – lo sbeffeggiò immediatamente Pintel, sputacchiando del rum – Non ne hai il crisma!
Mullroy smise di rigirare la braciola sul fuoco, intromettendosi nella conversazione tra i due compari: - Volevi dire carisma.
- Che? – si voltò il pirata calvo e sovrappeso.
L’ex soldato schiarì la voce: - Ragetti non ha carisma, non crisma – gli spiegò con tono saccente, aprendo una disputa filosofico - grammaticale.
Gibbs trascinò i piedi sulla sabbia, lasciandosi alle spalle i futili bisticci della ciurma e si sedette su uno scoglio che sporgeva come un sedile a pochi metri dalla risacca del mare, indorato dai raggi di un sole calante.
Jack Sparrow osservava lo stesso scenario dalla vetrata della sua cabina, mentre il crescente presagio di essere rimasto l’ultimo dei pirati insisteva a volteggiare tra i suoi malinconici pensieri.
Forse non era stata una buona idea quella di prendere un’iniziativa del genere per primo.
Ma no! L’aria chiusa gli faceva venire sempre idee astruse, perciò risalì sopra coperta dove alcuni bucanieri rassettavano assi e sartie, e la profumata brezza salmastra turbinava tutto intorno facendo cigolare ganci e gomene.
- Capitano! Sta arrivando qualcuno! – la voce eccitata di un anziano scalpellino schiantò il clima sommesso che aleggiava a bordo.
Jack si tastò in cerca del cannocchiale, ma l’aveva dimenticato in cabina, così strinse appena gli occhi per cercare di focalizzare la vista nel punto che quell’ometto aveva appena indicato.
- Diamogli il benvenuto! – fece luccicare i denti dorati, ammiccando ai cannoni.

- Serrate le vele, mollate le ancore e gettate gli ormeggi – stava ordinando intanto ai suoi il capitano della Murena, quando lo scoppio di una bordata si propagò fino ad essi.
- Quei bastardi ci bombardano! – sputò il luogotenente, incitando gli uomini a prendere le loro posizioni di combattimento e rispondere al fuoco.
Ma Anamaria li zittì e calmò il loro violento infervoramento: - Vi siete rincretiniti! Stanno sparando a salve! – fece notare loro allo spegnersi dell’eco degli ultimi innocui botti – Preparatemi una scialuppa! Muovetevi, cialtroni!
Tre uomini la accompagnarono remando di buona lena e una seconda barcaccia fu messa in mare con altri sei uomini come scorta. Quando la loro imbarcazione venne issata sulla Perla Nera i pirati sguainarono spade e pistole, istigando i presenti a fare altrettanto.
- Non rovinatemi di nuovo la nave! È stata appena aggiustata! – si levo l’urlo stridulo di Jack Sparrow, che si gettò in mezzo ai due schieramenti con tanto impeto da trovarsi, senza accorgersene, ad un soffio da Anamaria.
- Quindi sei ancora tu il capitano – assodò lei guardandolo in tralice e facendo cenno ai suoi di riporre le armi.
Lui trillò un orgoglioso sì e comandò ai suoi sottoposti di farsi da parte, invitando la donna a fare qualche passo con lui: – Come fai a gestire da sola una selvaggia ciurmaglia di soli uomini? – le domandò sottovoce, lanciando un’occhiataccia ai nerboruti marinai della Murena che stanziavano sulla tolda con espressioni truci.
Anamaria sorrise soddisfatta: - Potrei chiederti la stessa cosa. Vedi, loro mi rispettano. E poi ho con me Josè – si interruppe guizzando gli occhi sull’aitante mulatto a mezzo metro da loro. - È un ottimo quartiermastro.
- Ah – fece lo stralunato pirata grattandosi la guancia, con un atteggiamento che poteva essere sia seccato che allusivo.
Alla piratessa non sfuggì quella sottintesa accusa: - Cosa vorresti insinuare? – lo punzecchiò, continuando a tenere la coda dell’occhio sul suo luogotenente.
Jack mise le mani avanti, scacciando il broncio che involontariamente gli si era dipinto in faccia: - Nulla!
Anamaria annuì con un mezzo sorriso: - E inoltre quando un marinaio non mi va a genio, me ne libero subito. Non sempre la clemenza è utile, sai.
A questo punto il Capitano della Perla Nera faceva finta di non sentirla più, mostrandosi particolarmente interessato al lavoro dei suoi sottoposti sulle corde dei pennoni.
- Piuttosto, perché mi fai queste domande? Hai bisogno di una lezione su come si fa il capitano? – riprese a provocarlo beffardamente lei.
Jack Sparrow pensò con rassegnazione e stizza che tutti quelli a cui aveva fatto qualche torto non si saziavano mai di rinfacciargli la loro arrabbiatura, specialmente se erano donne. Si trattenne dal replicare e cambiò discorso: - Siamo stati i primi ad arrivare, a quanto pare – affermò muovendo e allargando le braccia a sottolineare l’assenza di altri velieri.
Il capitano Jucard apparve altera e sconcertata: - Questo è davvero il posto scelto dalla Fratellanza?
Il pirata non comprese il motivo della sua perplessità e sorrise inorgoglito: – A chi verrebbe in mente, eh?
Anamaria restò a bocca aperta mentre realizzava la ragione della sua contentezza: - Sei stato tu ad organizzare tutto? – proruppe facendosi scappare un grido sconfortato.
Jack non ne tenne conto, perché nel frattempo era andato a prestare un braccio a Gibbs che stava scavalcando il parapetto di tribordo.
- E comunque anch’io ho un ottimo quartiermastro, per così dire … Mastro Joshamee Gibbs! – proclamò muovendo le dita verso l’uomo basso e tracagnotto come se l’avesse fatto comparire dal nulla con una qualche magia.
La Jucard stette a squadrare con sguardo dubbioso il marinaio anzianotto dall’aspetto frastornato, che evidentemente non aveva capito perché lo tirassero in ballo in quella discussione cominciata senza di lui.
- Rammento Mastro Gibbs. Non è neanche capace di duellare con la spada – sentenziò la mora piratessa, dopo avergli rivolto un cordiale segno di saluto.
Jack poggiò una mano sul braccio dell’amico: - Ma ha una mira infallibile col fucile.
Al che Anamaria additò la pancetta e le guancie rotonde dell’uomo di mare: - Non è esattamente agile e scattante.
Gibbs cominciava ad offendersi per come lo stavano trattando, ma non trovò il tempo di ribattere che Jack parlò di nuovo: - Ma questa testuggine di mare sa molte più cose di me e mi dà sempre gran begli utili consigli!
- Vi ringrazio, capitano. Anche se non mi ascoltate mai, in verità – borbottò Joshamee con un pizzico di risentimento.
Jack gli diede una pacca sulla spalla: - Solo perché mi attizza di più sfidare la sorte, compare.
Anamaria reclamò l’attenzione dei due bucanieri: - Il vostro legame è commovente, ma mi piacerebbe sapere perché mai hai chiamato a raccolta i pirati nobili.
Il viso di Sparrow fu sfiorato da una sinistra incrinatura che sparì dopo un secondo, sostituito da un sorriso serafico: - Cara, dobbiamo aspettare gli altri ospiti. Ma se vuoi puoi restare …
- Allora andrò ad aspettarli sulla mia nave – si licenziò stizzita la donna, venendo scortata dai fedeli compagni.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14: Tempo di decidere ***


Salve a tutti! Finalmente sono riuscita a concludere un nuovo capitolo e posso farvelo leggere! Sono curiosa dei vostri pareri,non vi anticipo nulla!
Intanto saluto Malika che ha inserito tra i preferiti entrambe le ff La spada, il corvo, il mare, Ashleyili95 che ha scelto True love come storia da ricordare, e black ignorance che ha messo tra le seguite il primo capitolo della serie. Insieme ad esse ringrazio tutte le persone che hanno la pazienza e la gentilezza di leggere le mie storie; come sempre vi ricordo che sono aperta a commenti e opinioni, pro o contro.
Un saluto speciale a stellysisley!

Alla prossima!^^

Capitolo 14: Tempo di decidere

- Questo qui mi hanno detto che è un dente di squalo. Mentre questo, invece, è un dente di balena, ma non c’è stato bisogno di incontrarne una: mi è bastato tagliare un vecchio corsetto* di mia madre …
Jim stava intrattenendo l’eterea ospite mostrandole i piccoli tesori che aveva raccolto nella sua cabina in quegli ultimi anni di viaggi per mare.
Amaryllis sembrava fortemente impressionata da quella collezione di conchiglie, scheletri di pesci, stelle marine essiccate, ma anche gemme e pietre, pezzi di corallo e monete che il ragazzino le raccontò di aver trovato sott’acqua durante qualche immersione nei fondali più bassi, oppure su qualche spiaggia scavando nella sabbia.
- Ti piace molto il mare … anche se ti fa un poco paura – lo interruppe la fanciulla, incollandogli addosso i suoi grandi occhi acquosi, con uno sguardo penetrante ma indecifrabile che lo mise in soggezione.
- È vero – ammise pianissimo lui, volgendole le spalle e riponendo in un cofanetto un cavalluccio marino fossilizzato. Su un altro scaffale fu attirato da due gusci di conchiglia praticamente uguali, di forma quasi circolare e con delle striature rosa perla, della grandezza di un palmo: - Queste qui, secondo Stevie, le ha perse una sirena – ridacchiò posandosele sul busto, come ad imitare un reggipetto. Rimase deluso perché credeva che l’avrebbe fatta sorridere, invece sul volto della ragazzina comparve una smorfia e abbassò lo sguardo.
Lui non ebbe il tempo di scusarsi che lei parlò di nuovo: - Mi puoi chiamare Lilly, se vuoi.
Stavolta fu Jim a storcere la bocca: - Veramente già mia madre si fa chiamare Lily, è troppo simile, capisci. E poi Amaryllis è un nome così particolare … Ma dove vai?! Ti sei offesa?
La giovane lo colse alla sprovvista correndo via e costringendolo ad inseguirla, raccattando anche i vestiti che lasciava dietro di sé.


Con la morente luce del tramonto Will si rese conto che aveva trascorso due notti e due giorni ad origliare eventuali segnali di agitazione da parte dalla ciurma. E, in verità, dopo essere andato a dormire, si era anche alzato un paio di volte per verificare di persona che nessuno stesse nuocendo alla giovane sconosciuta che aveva ritenuto inevitabile prendere a bordo.
Tutto sembrava tranquillo, al punto che se ne era tornato nella sua cabina per riflettere e riposare, ma un nuovo giorno stava finendo e presto avrebbe dovuto indicare una rotta ben precisa ai suoi compagni di viaggio. Confidava in qualche nuovo imprevisto che gli avrebbe dato ancora del tempo per schiarirsi le idee e non fare mosse avventate.
C’erano talmente tante vite in gioco ogni qual volta compiva una scelta. Quando rifletteva sulla sua posizione di capitano tutto questo improvvisamente gli pesava: mai negli anni in cui viveva a Port Royal aveva immaginato che un giorno avrebbe avuto tutta quella responsabilità, lui, un semplice e umile apprendista nella bottega di un fabbro che lo trattava come un servo, approfittando della sua laboriosità e della sua lena per prendersi il merito dei suoi lavori.
Nello stesso istante in cui posò gli occhi su colei che era stata il motore di tutti quei cambiamenti, lei si svegliò e, notando subito la sua espressione evidentemente accigliata, anche sul suo volto si dipinse un alone scuro.
- Dobbiamo prendere una decisione al più presto – si limitò a dirle, lasciando trasparire la sua apprensione.
Elizabeth notò che suo marito aveva le occhiaie e questo la preoccupò ancora di più del suo accento aspro e irritato. Tuttavia ciò non la dissuase dall’avanzare la sua ardita proposta: - E a proposito di decisioni. Dal momento che io mi sento molto bene, pensavo che avremmo potuto rivedere la faccenda della chiamata …
La sua voce non aveva subito alterazioni mentre gli proponeva quella soluzione così fuori da ogni sua previsione, al contrario lui badò bene a ribadire il suo scetticismo e la sua contrarietà: - Intendi dire rispondere? Ma non abbiamo neppure indizi sufficienti a capire dove si svolgerà … - obiettò rifugiandosi alla toletta, dietro il paravento.
Elizabeth s’infastidì un po’ per la sua sfuggevolezza e lo tallonò, trascinandosi addosso il lenzuolo per evitare il brusco sbalzo di temperatura: - Il dove lo sappiamo, invece! – asserì piantandoglisi alle spalle.
Will gettò la spugna nella tinozza, girandosi a guardarla perplesso: - E il quando?
- Credo che avverrà tra meno di una settimana, il primo giorno di primavera – confermò la moglie, poi aprì un cassettino della scrivania prelevando il fogliettino recapitato a Jim, porgendoglielo: - Vedi? Se davvero ci fosse un nuovo nemico dal quale dovremmo guardarci? Non sarebbe meglio saperlo per tempo?
Il capitano Turner teneva il biglietto sotto il lume di una candela, rileggendo le righe che sua moglie e suo primo ufficiale gli aveva additato: - Non hai tutti i torti, però …
- Potrebbe essere una trappola, lo so – lo precedette lei – Ma essendo noi pirati nobili non possiamo tirarci indietro. Pensa al biasimo che ricadrebbe sul Capitano dell’Olandese Volante – lo sfidò, facendo leva sul suo punto debole, la lealtà alla parola data.
Gli si accoccolò sulle gambe avvolgendogli le braccia attorno al petto. Will fece scorrere le mani sui suoi fianchi e sul suo ventre, massaggiandolo delicatamente: - Signora Turner, approvo il vostro ardore nel difendere la nostra reputazione, ma vi ricordo che siete in dolce attesa.
Elizabeth increspò le labbra in un sorriso contrariato, mentre sul volto del marito balenò un lume di accondiscendenza.
Uno schiamazzo dai ponti superiori pose fine bruscamente alla loro conversazione. Gli uomini strepitavano e alcuni di essi correvano per i corridoi chiamandoli.
Will afferrò la spada e la pistola, intascò il bigliettino e si gettò subito all’esterno. Seguendo le voci animate dai suoi, giunse fin sopra coperta, dove s’imbatté nella figura diafana di Amaryllis che, arrampicata sul bompresso, era a stento distinguibile dalle barocche decorazioni della nave. Si era spogliata degli scialbi vestiti da marinaio e se ne stava in piedi sull’albero inclinato apparendo come una scintillante polena, con la sua veste traforata di perle e i lunghissimi capelli fulvi che svolazzavano nella corrente come un vessillo.
I marinai la contemplavano senza muovere un muscolo, poiché temevano che spaventandola potesse perdere improvvisamente quel precario equilibrio e schiantarsi sul tagliamare del vascello.
- Amaryllis! Scendi, per favore! È pericoloso! – la sgridava imperterrito e snervato Jim, perché gli pareva di gridare al vento. Lo stesso Will decise di avvicinarla con molta calma.
Nel frattempo anche Elizabeth era salita sulla tolda e non appena realizzò quale fosse la situazione che li stava agitando, ne credette responsabile la ciurma: - Le avete detto o fatto qualcosa?
A quel pungente rimprovero a nome di tutti si precipitò a rispondere Palifico: - Capitano! Ma per chi ci ha presi?
- Per gli ignobili pirati che siete! – stridé pizzicata la donna, facendoli, nonostante tutto, sghignazzare.
Poi le si accostò Jim: - È salita sopra coperta ed è filata dritta lì sopra – le confermò ancora trafelato, intanto che Will stava tentando di riprenderla, adoperando la circospezione che si poteva usare con un fringuello pronto a spiccare il volo.
L’albero del bompresso era stretto, unto dalla salsedine e scricchiolante, perciò l’uomo dovette muoversi con molta attenzione, cercando di non pesare troppo su quell’usurato legno.
Quando le fu finalmente vicino, notò che la ragazza stava osservando una coppia di delfini che saltavano e nuotavano ai lati dello scafo. Fin lì non era poi tanto insolito, anche Jim i primi tempi adorava osservare quei simpatici animali che seguivano spesso le loro traversate. Ma la cosa che lo stranì fu sentire la giovane provare a comunicare con quelle creature marine attraverso un linguaggio misterioso, composto da una serie di versi e parole sconosciute. Sentendosi sfiorare dalle sue dita Amaryllis gli rivolse un sorriso angelico e gli tese una mano, permettendogli di aiutarla a scendere: - Capitano. Tu non poi tanto diverso – gli sussurrò allegramente, rimarcando la simpatia nei suoi confronti ma non svelandogli esattamente il significato di quell’enigmatica affermazione.
Jim, Elizabeth e il resto dei pirati erano in attesa di una spiegazione per quella stramberia e non avevano ancora ripreso le loro mansioni: - Voleva solo vedere meglio i delfini – dichiarò secco Will, facendoli scemare e incrementando i loro dubbi sull’effettiva salute della graziosa passeggera.
Sputafuoco, che dal primo momento in cui aveva messo piede sull’Olandese, l’aveva tenuta d’occhio con speciale attenzione, era il più sospettoso di tutti e non credeva più ad una semplice instabilità mentale della fanciulla.
Intanto Will si avviò alla cabina di comando pregando Elizabeth e Jim di seguirlo. A loro si accodò, pur senza invito, anche Amaryllis.
- Non dovevi occupartene tu, Jim? – esordì contrariata la signora Turner, dopo che chiusero la porta.
La bizzarra sconosciuta si era messa a studiare e toccare qualunque oggetto si trovasse nella stanza, in cui entrava per la prima volta che. Jim si sentiva in impaccio a doverne parlare in sua presenza: - Infatti ero con lei, ma è scappata – borbottò indicandola quasi infastidito. Dall’altra parte della cabina intanto suo padre cercava di sottrarre dalle mani della curiosa ragazzina un calamaio e un compasso.
- Almeno hai scoperto qualcosa? – insistette ancora Elizabeth.
Jim alzò gli occhi al cielo e prese sua madre in disparte parlando sottovoce: - Tutto quello che so è che non è inglese, non sa usare le posate e le piace bere l’acqua di mare. Secondo me qualcuno l’ha abbandonata su quell’isola ed è cresciuta come una selvaggia. Ti ricordi il libro Robinson Crusoe?·
La piratessa osservò per qualche secondo Amaryllis che adesso stava svignando di nuovo fuori, rincorsa pazientemente da Will: - Se fosse vissuta nella giungla, l’avremmo trovata sporca e abbronzata, e di certo non avrebbe avuto addosso quel vestito – gli fece notare e il figlio alla fine annuì, interrogandosi ancora sulle sue origini.
Will intanto tornò dentro e tirò un sospiro: - L’ho affidata a Gilbert, per il momento.
- Ma non può restare a bordo per sempre! – protestò Jim – Cosa ne facciamo?
Suo padre si era seduto e aveva tirato fuori il famigerato bigliettino, rimettendosi a consultare delle mappe: - Adesso dobbiamo pensare ad arrivare in tempo al Consiglio – affermò, sorprendendo entrambi per aver cambiato di colpo idea – E poi non mi sembra che sia di peso – attestò con un filo di ironia, tirando alcune righe con una squadretta.
- Sì, invece: non fa niente tutto il giorno! Ed è mezza matta! – obiettò di nuovo il figlio, anche la moglie stava per ribattere la sua opinione ma si zittì sentendo il nome della località appena individuata dal marito incrociando le informazioni in possesso: - Ma è Isla Cruces!
- Cosa? – chiesero in coro gli altri due Turner, appoggiandosi alle carte geografiche.

Non poteva più fingere di non sapere, forse avrebbe dovuto dire tutto immediatamente, ma alcuni vecchi ricordi per lui restavano piuttosto confusi e prima di destare inutili allarmi aveva preteso di esserne completamente sicuro. Adesso assistere a quel salvataggio e alle parole che lei aveva detto, rinforzò il suo pensiero.
Gilbert si era momentaneamente allontanato per cercare degli infusi di erbe in cambusa, e lui aveva colto al volo l’occasione per avvicinarla da sola.
Entrò con passi lenti, accostando la porta. Lei guardava il mare arancione dall’oblò.
- Senti, carina, io lo so chi sei. Mi ricordo bene di te. Quali guai porti, stavolta?
Amaryllis si girò completamente verso di lui, e, confusa, sbatté un paio di volte le palpebre guardandolo con timore: - Non capisco. Io non ti conosco.
L’uomo inchiodò le mani sulla parete per fare in modo che non scappasse e cadenzò le parole, una per una: - Sono William Turner, anche se da anni tutti mi chiamano Sputafuoco.



*Non so quanti di voi lo sanno ma le stecche dei corsetti erano realizzate con i fanoni, cioè i denti delle balene!

· I film della saga sono ambientati intorno agli anni ’30 e ’40 del Settecento, il libro di Daniel Defoe fu pubblicato nel 1719, perciò ho pensato che Jimmy possa averlo letto.


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Capitolo 16
*** Capitolo 15: Segreti in pericolo ***


Yo oh! Buon giorno cari lettori! E' passato tanto tempo dall'ultimo aggiornamento, ma finalmente sono riuscita a concludere un nuovo capitolo! Spero che chi ha seguito questa storia continuerà a farlo ancora, e vi preannuncio che il prossimo capitolo comincerà a far ingranare definitivamente la storia, che per adesso,  lo ammetto, non è ancora entrata nel vivo.

Ringrazio come sempre lettori presenti, passati e futuri e in particolare la sempre presente stelly sisley; arialblack, LetySalvatore e BrIgHtStAry che hanno messo La, spada, il corvo, il mare tra le storie da ricordare e LaMiss che l'ha inserita tra le seguite; BrIgHtStAry che ha messo anche questa ff tra le preferite.

Se vi va fatemi sapere cosa ne pensate :)
Un saluto a tutte!


Capitolo 15: Segreti in pericolo

Le iridi cristalline di Amaryllis si assottigliarono per la meraviglia mentre le sue labbra si dischiusero formando un cerchio perfetto: - Sono passati così tanti anni? – chiese scossa e stupefatta - Il tempo di voi mortali è un soffio per noi.
Sputafuoco Bill annuì, accennando un sorriso intenerito e malinconico: - Tuttavia mi avevi già dimenticato.
- Io pensavo che tu avevi dimenticato me! O che continuavi a fingere perché c’era tua moglie – si giustificò lei con permalosità e al tempo stesso un velo di imbarazzo.
- Ti stavi solo rivolgendo alla persona sbagliata – la scusò con discrezione Bill – E poi non ho conosciuto molte donne.
- Io non sono una donna! – si risentì fieramente Amaryllis, poi però gli si fece più vicina guardandolo con rinnovata dolcezza e prese il suo volto tra le mani, acquisendo poco a poco consapevolezza del suo errore: - È vero. I tuoi occhi erano di colore di cielo pulito. Non di terra bruciata – realizzò disingannata, dandosi un colpetto sulla fronte. – Il capitano è tuo figlio. Ti somiglia così tanto – mormorò con evidente ammirazione.
Bill si discostò bruscamente, non abituato a quel tipo di contatto e di considerazione: - Solo nelle cose buone, spero – balbettò sfuggente.
Amaryllis gli andò dietro, sfiorandogli la spalla: - Il suo cuore è buono e gentile, come il tuo.
Il maturo pirata con dispiacere e durezza la mise di fronte alla cruda realtà: - Non sono più il ragazzo di belle speranze, convinto di voler fare qualcosa di buono nella vita. Quello che non ha battuto ciglio quando si è gettato addosso a quei cani nel mare in tempesta per salvarti.
- Hai sofferto – intuì lei in un piccolo singulto, lanciandogli uno sguardo intriso di compassione.
Bill si accartocciò ancora di più in se stesso: - Così come mio figlio. Adesso lo vedi felice, ma ha passato anni orribili. E non voglio che ciò si ripeta – la ammonì tra la preghiera e la minaccia.
Amaryllis scosse piano la testa, rammaricata di non poter esaudire il suo desiderio: - Tutti noi dobbiamo inchinarci sotto la mano del destino. Hai detto agli altri di me?
Sputafuoco si ridestò dagli scenari poco raggianti che si era prefigurato: - No. Ma dovrò farlo presto – asserì risoluto e, ignorando la sua aria supplice, la prese per mano, intenzionato a condurla dai capitani per svelargli la sua identità.
Nello stesso istante si sentì avvolgere da una fulminea stanchezza e la sua vista si annebbiò. L’ultima cosa che scorse fu l’immenso azzurro degli occhi dell’amica ritrovata: - Mi dispiace tanto, William.


- Spiegate le vele! La rotta la conoscete, ma state all’erta: potremmo incontrare sorprese.
Con quest’ordine e con quest’avvertimento il capitano Turner concluse il suo discorso alla ciurma, avendo riferito loro la deviazione prevista prima del programmato viaggio in Oriente.
- Avete visto mio padre? – interrogò poi i marinai, scendendo dal cassero di poppa e cercandolo tra di loro.
Dopo alcune risposte negative a rispondergli fu Wyvern: - Mi ha confessato che è stato lui a far partire per sbaglio quel colpo sull’isola, mentre ripuliva la sua sputafuoco. Aveva ancora i nervi a fior di pelle. Pensava che non ci fossero pallottole e non si era accorto che Jim si fosse inoltrato nella foresta.
Will non capì il perché di quella bugia tardiva: - Ti ha detto così? E dov’è ora?
- Di sotto. Voleva scusarsi con la ragazza – gli rispose di fretta quello, tornando a sbrogliare le funi del velaccio.
Scendendo rapidamente nella cabina adibita ad infermeria, Will ebbe un leggero capogiro: vi trovò sia Elizabeth che Jim curvi sul pavimento insieme a Gilbert. Tutti e tre osservavano Sputafuoco riverso a terra. Amaryllis osservava la scena da lontano, seduta su un cassone con aria indifferente.
- Che cosa è successo? – sollecitò a mezza voce il dottore, mettendosi anche lui carponi, mentre Jim si rialzò lentamente andando accanto alla ragazzina.
- Non mi sembra nulla di preoccupante. Deve aver avuto un mancamento – li rassicurò intanto Gilbert, dopo aver attentamente esaminato le pulsazioni dell’uomo, la regolarità del suo respiro e la presenza di eventuali ferite. Infatti, rianimato dall’odore di una boccetta d’aceto che quello gli agitò davanti alla faccia, Bill gradualmente sollevò le palpebre e cercò di alzarsi.
- Come stai, Bill? – gli chiese con premura Elizabeth, invitandolo a rimanere disteso.
- Il vecchio Sputafuoco ha la pellaccia dura, non datevi pensiero – li tranquillizzò di contro Gilbert, aiutandolo insieme a Will a mettersi in piedi.
- Che ti è successo? – tornò a domandargli impensierito il figlio.
Il vecchio pirata si guardò attorno, un po’ intontito dalle loro attenzioni e dal fatto di non ricordare bene cosa fosse accaduto: - Non lo so – confessò con franchezza.
- Vatti a sdraiare, deve essere stato un colpo di calore – lo esortò ancora il medico di bordo, rasserenando tutti col suo tono gioviale.
- No. È l’età che avanza – Bill confermò di stare bene con questa battuta, poi incrociò il volto di Amaryllis e fu di nuovo confuso, come se l’avesse vista per prima volta. Ma non indugiò oltre e preferì tornare nella sua cuccetta, lasciando comunque il tarlo del dubbio a turbare i pensieri di Will.
- Ti sei spaventata, piccola? – si preoccupava intanto di confortare l’ospite Gilbert.
- Starai nella mia cabina, d’ora in poi – le si rivolse repentina Elizabeth.
Will e Jim la fissarono attoniti: - Quando lo hai deciso? – indagò il marito.
La piratessa li rimproverò, quasi ingelosita: - Credo che Amaryllis ne abbia abbastanza di voi – poi alzò le spalle e affermò con candore - In fondo siamo le uniche due donne – asserì rivolgendosi con un sorriso complice alla ragazzina, per poi aggiungere con tono più basso verso i suoi familiari: - Così la potremo controllare meglio.
- Allora papà dormirà con me? – volle sapere Jim, non del tutto entusiasta per quella prospettiva, al pari di Will: - Ne sei sicura, Lily? – aveva intuito che la moglie non gradiva molto la presenza di quella sconosciuta, ma ella annuì facendogli capire di voler provare a carpire qualcosa in più sulla controversa fanciulla dalle sembianze di una bambolina di porcellana senz’anima.

Dopo cena Amaryllis ed Elizabeth restarono da sole nello stesso alloggio e per qualche minuto si studiarono a vicenda. Erano trascorsi quattro giorni dal loro primo incontro ma ancora non erano entrate in confidenza, nonostante la piratessa inizialmente avesse pensato che la giovane potesse avere bisogno di una figura femminile di riferimento in mezzo a tutti quegli uomini rozzi e disonesti.
Forse lei non si era comportata in maniera molto amichevole nei suoi confronti e questo l’aveva tenuta distante. C’era qualcosa che non le permetteva di sentirsi a suo agio e disponibile con lei, e non si trattava solo di una latente gelosia. Era paura, paura che quella diafana ragazza non fosse innocua come sembrava.
- Chi sei veramente, tu? – la aggredì precipitosamente, togliendo la spada dal cinto e lasciandola a mezz’aria, all’altezza della sua faccia.
Amaryllis, che si era adagiata su una sponda del letto, sollevò lentamente gli occhi dalla lama al suo viso sfidandola con tono piatto: - Se te lo dico, poi devo fare che lo dimentichi.
- Come hai fatto con Bill? – la accusò Elizabeth, riducendo le distanze.
La biondina chinò lo sguardo rispondendole in un bisbiglio: - Mi dispiace.
La piratessa infilzò con violenza la sciabola nelle assi del pavimento: - Sei una strega?! – esclamò furente e indignata.
La fanciulla nonostante quella sua veemenza, restò quasi impassibile: - Sei coraggiosa se credi questo e affronti me sola – riconobbe con sottile derisione, per poi diventare più severa: - Ma non serve sempre che fai vedere altri di essere forte.
Elizabeth si sentì pungere da mille spilli a quell’osservazione importuna e impertinente: - Tu non sai niente di me – sibilò a denti stretti, scattando a sfiorare l’elsa della spada.
Amaryllis non si lasciò intimorire dalle sue ripetute aggressioni verbali, come se la compatisse o non la prendesse sul serio, continuando a mostrarsi algida e serafica.
Arresasi alla sua ostinata imperturbabilità, la piratessa lentamente le voltò le spalle, cominciando a slacciarsi le cinture.
- Ci hai già pensato al nome? – frusciò la sua voce melliflua.
- Come, scusa? – Elizabeth ricadde dai suoi pensieri, lasciando scivolare per terra la giacca.
Amaryllis posò gli occhi sulla sua pancia, senza nascondere la sua intuizione: - Per la piccolina – proruppe candidamente.
La piratessa le si rivolse titubante e arrabbiata: - Chi te lo ha detto?
Quella emise un piccolo risolino e si gettò di schiena sul letto: - Nessuno. Ho visto che la accarezzi spesso – confessò sfiorandosi l’addome per imitarla, quindi si girò sul fianco destro piantando il gomito sul giaciglio: - Gli uomini di bordo non capiranno da soli, tranquilla. Loro troppo stupidi. Tuo amato invece sa?
Elizabeth si appropinquò piano al letto, sistemandosi sul suo lato: - Certo – asserì decisa, ma ancora distratta e impensierita.
- L’avevo capito. Ti guarda in un modo … è molto bello … Quello che c’è tra voi – specificò essendosi attirata un’occhiata possessiva da parte della donna. – E Jim, invece?
Elizabeth era piuttosto sorpresa ed impreparata all’improvvisa loquacità della ragazza, al punto che sentì venir meno la sua spigliatezza e le rispose semplicemente dicendo di no con la testa.
Amaryllis le sorrise placidamente: - Non preoccuparti: so stare muta come pesce – le promise facendole l’occhiolino e ridacchiando.
Tutt’un tratto la maschera di cera di quell’insondabile sconosciuta sembrava essersi dissolta, facendo posto ad una creatura allegra e gentile.
La piratessa non riuscì a sentirsi più in collera con lei, al contrario fu a poco a poco in vena di lasciarsi andare a delle confidenze.

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Capitolo 17
*** Capitolo 16: Pirati nobili ***


Salve a tutti! Ritorno, ahimé, dopo un mese ma sempre speranzosa di trovarvi ancora a bordo! Intanto ringrazio tutti i lettori passati, presenti e futuri, chi mette questa e altre mie storie tra le seguite, le ricordate o le preferite (tra le ultime _alicetta39_ e Martin Eden) e vi auguro buona lettura, confidando di tornare presto e di trovare nuovi commenti.


Capitolo 16: Pirati nobili

Quella mattina soffici nuvole bianche come cotone macchiavano il cielo turchese, impedendo al caldo sole dei Caraibi di risplendere con tutta la sua forza sul mare appena increspato da un mite vento di maestrale.
L’Olandese Volante viaggiava da due giorni in acque più tranquille e solitarie del solito, benché avesse battuto rotte abitualmente attraversate da un gran numero di vascelli.
La ciurma era impaziente di raggiungere la terra promessa, l’Oriente opulento di traffici, ricchezze e sontuose navi principesche da predare. Ma, intanto, la vedetta abbarbicata sul trinchetto aveva annunciato il segnale di terra in vista già poco prima dell’alba.
Isla Cruces distava ormai poche miglia e l’equipaggio era in fermento, chiedendosi tutti cosa sarebbe accaduto una volta sbarcati su quel piccolo territorio che era un po’ come il loro forziere personale. Nessun altro veliero, tuttavia, era stato avvistato all’orizzonte e le chiacchiere si moltiplicavano, tra dubbi e sospetti.
Il capitano Turner e suo figlio erano l’uno di fianco all’altro sul cassero di poppa, concentrati a scrutare la distesa blu e la sagoma verdeggiante che si stagliava davanti a loro.
Non appena Elizabeth e Amaryllis fecero la loro comparsa sul ponte e alcuni fra i pirati si esibirono in maldestre riverenze e svariati cenni di saluto, tutti gli sguardi furono per loro due che in quei pochi giorni sembrano essere diventate inseparabili, come due buone amiche di vecchia data o come due sorelle.
Quel cambiamento aveva sbalordito tutti e, soprattutto Will e Jim che non sapevano se essere contenti o preoccupati per Elizabeth, inizialmente restia ad accogliere quella ragazza.
Il capitano, tenendo d’occhio la consorte, diede l’ordine di circumnavigare l’isola per accertarsi che non vi fosse approdato qualche altro vascello.
- Papà? Credi che esistano altri mostri al mondo, oltre a quelli che hai già incontrato? – mormorò timidamente nel frattempo Jim, guardando Amaryllis ma badando a non farlo notare né a lei né a suo padre.
Will increspò la fronte: - Se mi avessi posto questa domanda quando avevo la tua età, ti avrei risposto che sono solo fantasie … Ma dopo tutto quello che ho visto sono propenso a credere che, sì, ci sono creature diverse da noi su questa terra.
Jim, non staccando l’attenzione dal ponte dove Amaryllis si muoveva leggiadra ed eccitata dal panorama, annuì soprapensiero, al che il genitore aggiunse saggiamente e con un velo di amarezza: - Però continuo a ritenere che sono gli uomini quelli che devi più temere, perché sanno ingannarti e ferirti più di chiunque altro.
Il ragazzino aguzzò l’espressione sollevando il viso verso di lui: - Gli uomini? … Comprese le donne?
Will a quel punto si accorse che Jim aveva lanciato un ammiccamento verso Amaryllis e s’insospettì: - Ma perché hai preso questo argomento? – poi, però, fu richiamato con urgenza da Palifico: - Capitano! Vele in vista a dritta di babordo!
Tutti si fermarono col fiato sospeso mentre il capitano impugnava il cannocchiale: - È la Perla Nera – comunicò con sorpresa e inquietudine.
- C’è anche la Murena – dichiarò Elizabeth, riponendo il suo monocolo e avvicinandosi a lui con Amaryllis che la seguiva come la sua ombra e tentava di appropriarsi di quell’affascinante oggetto per vedere a distanza.
Calò un silenzio disseminato di mormorii. La situazione era tanto insolita quanto, all’apparenza, tranquilla e, soprattutto, era tutto vero: quelle due navi appartenevano a pirati nobili e perciò doveva essere proprio lì che si sarebbe svolta la tanto misteriosa riunione della Fratellanza.
- Vele all’imbando! Gettate le ancore! – ordinò prontamente  Will ai suoi.
Non ebbe il tempo di aprire bocca per far mettere anche una lancia in acqua che Jim lo distrasse urlando concitato: - Guardate! Qualcuno sta venendo a trovarci!
Ad ogni vogata gli occupanti dell’imbarcazione prendevano volto rivelandosi per quelli che erano: delle ben note conoscenze dei Turner.
Ma non tutti i pirati ebbero la stessa reazione nell’identificarli: si divisero tra i saluti riguardosi e le occhiate di sospetto. Il Capitano acconsentì comunque a farli salire, pungolato dalla desiderio di conoscere la ragione della loro presenza in quel luogo che considerava un po’ di sua proprietà.
- Capitan Jack! Zio Josh! Che bello rivedervi! – scalpitò con un gran sorriso Jim, travolgendo i due bucanieri che avevano giusto messo piede sul ponte.
Gibbs non appena si liberò dall’abbraccio del ragazzino restò qualche secondo a grattarsi la pancia e a sistemarsi la fusciacca dei pantaloni, infine dilatò gli occhi, ammirato: - Billy Jim? Quasi non ti riconoscevo! Capperi, quanto sei cresciuto! Non è vero, Jack? – cercò l’approvazione del compare dandogli una gomitata, ma quello iniziava a sentirsi addosso l’ostilità dell’equipaggio e non lo assecondò affatto.
- Sì, sei un nano gigante – biascicò distrattamente, ottenendo uno sbuffo di disapprovazione da parte di Gibbs e una risatina stizzita da parte di Jim.
Quindi il capitano Sparrow, con il contegno di un ufficiale che eseguisse un’ispezione sulla condizione della nave, fece qualche passo muovendo gli occhi tutt’intorno e si fermò alla base dell’albero maestro fissando la bandiera nera che vi sventolava in cima: - Un teschio alato?
- L’ho suggerito io! – s’inorgoglì il giovane Turner, balzandogli accanto.
Lui lo squadrò sgualcendo le labbra con una smorfia di sufficienza: – Che idea originale! Ci avrei scommesso le treccine!
Elizabeth, che fino a quel momento era rimasta zitta come la maggior parte della ciurma, stanca di essere ignorata e del suo atteggiamento derisorio, scandì a voce alta ed imperiosa il suo nome: - Jack!
Il pirata, stampandosi un sorriso affabile che gli fece spuntare delle piccole rughe attorno agli occhi pesantemente bistrati, dondolò con due falcate verso di lei: - Ben ritrovata, mia cara. Il mare sa essere davvero ignobile con le donne, ma devo riconoscere che tu sei fra quelle poche che restano sempre deliziose – la adulò stringendola in un breve abbraccio affettuoso – E hai preso qualche libbra?
Elizabeth, ancora sbigottita per quell’insinuazione e per la bizzarra cordialità di Sparrow, si ritrasse da lui portando istintivamente le mani alla pancia e quasi schiacciandola, sebbene ancora il gonfiore non fosse evidente.
Will le si affiancò, poggiandole un braccio attorno alle spalle: - Salve, Jack – lo salutò con distacco.
Di contro quello gli fece un mezzo inchino non privo di sarcasmo: – Capitano. Ti trovo sciupato – ghignò non ricevendo alcuna risposta stizzita e rimanendone un po’ stupito e deluso: - Che vi prende?
- Siamo solo sorpresi di trovarti qui – parlò con suscettibilità Elizabeth.
Jim tirò Jack per una manica, sussurrandogli imbarazzato all’orecchio: - Pensavano che avessi perso la Perla. Un po’ in realtà lo pensavo anch’io.
Sparrow emise un verso di rancore fulminandoli tutti quanti e girando sui tacchi come per andarsene, ma prima di muovere un passo tornò vicino ai capitani: - Sorvolando questi stucchevoli convenevoli … perché sguazzate in queste acque?
Will incrociò le braccia al petto facendosi altero: - Quest’isola è nostra e tu lo sai bene.
Gli altri marinai dell’Olandese appoggiarono il loro capitano con urla e incitamenti, scagliandosi contro i due pirati saliti a bordo.
Jack si grattò uno zigomo, fingendo di non essere per nulla turbato da quel clima astioso e gli rispose in tono impertinente: - Non hai un contratto di proprietà, perciò quest’isola è solo un’isola come tante altre. Trovati un’altra scusa.
Elizabeth intervenne rivendicando le ragioni del marito: - Sono anni che Isla Cruces è il covo dell’Olandese Volante, lo sai perfettamente.
Le accuse contro Sparrow si accavallarono mentre alcuni pirati avevano sguainato le spade, intimandogli di scendere e preparando perfino la passerella.
- Non è stata una buona idea – tartagliò Gibbs indietreggiando verso la murata e facendosi scudo con Jack che a sua volta si metteva dietro di lui.
Jim intervenne prima che la situazione precipitasse: - Ma veramente noi siamo qui perché stiamo andando al Consiglio della Fratellanza!
Dovette gridarlo più volte prima che lo sentissero, poi finalmente i suoi riuscirono a sedare gli animi della ciurma e Jack, rassicuratosi, riprese la parola: - Non ho bisogno che mi scortiate. E la vostra presenza non è necessaria.
Will scosse la testa diffidando delle sue affermazioni, mentre sua moglie si incaponì su quel punto che era come un’offesa: - Sì, invece. Perché siamo pirati nobili, come te.
Jack sembrò interdetto e irritato: - Se voi due siete pirati nobili, io allora sono il papa – ridacchiò sempre più contrariato.
Capitan Turner sorrise lievemente a quella battuta, poi divenne serio e gli appoggiò con forza una mano sulla spalla: - Hai davanti a te Willy il Corvo e Lily Sciabola.
Gibbs restò a bocca aperta: - Davvero? Complimenti! Si parla molto di voi!
Jack invece era sospeso tra l’invidia e la soddisfazione, perché non aveva visto male ad attrarre i Turner in quel luogo, ma sapeva pure che coinvolgerli completamente in quella faccenda avrebbe oscurato i suoi meriti. Pur essendo probabilmente l’unica soluzione per vincere quella nuova battaglia che si preparava a sconvolgere i sette mari.
- Dovevo immaginarmelo, anche se mi pareva assurdo. Se fossi rimasto a fare il Caronte ci avresti evitato tutte queste scocciature! – si limitò a bofonchiare, prima che le sue pupille venissero incantate dal volto di una meravigliata Amaryllis e il suo cuore avesse un sussulto.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17: Il passato ritorna ***


Heilà! Come state? Io ci sono ancora per poco, dato che il mese prossimo tornerò all'università. Approfitto di questi ultimi giorni di libertà per scrivere e pubblicare nuovi capitoli. Oggi tocca a questa long fic (e presto aggiornerò anche quella nuova, la Jackelica).
Metto le mani avanti dichiarando che, nonostante c'è una grossa rivelazione, quella che tutti aspettavate (tutti quelli che leggono, ovvio!) molti punti sono lasciati in sospeso ma vi prometto che li chiarirò successivamente uno per uno (perchè Jack non sapeva che Will e Liz sono pirati nobili ad esempio, ed altre cosucce che non posso dire per non spoilerare questo capitolo).

Concludo ringraziando tutti coloro che mi seguono, i nuovi e vecchi lettori, e quelli che mettono le mie storie tre le preferite, seguite o ricordate, e le due donzelle che hanno lasciato un commento la volta scorsa (stelly sisley e Martin Eden): grazie perché mi fate sentire che ci tenete a sapere cosa mi inventerò e spero sempre di regalarvi un pò di svago.

Alla prossima!)

Capitolo 17: Il passato ritorna

Quello a cui non era ancora riuscito ad assuefarsi era avere la faccia costantemente impiastricciata dalla salsedine.
Eppure il mare lo amava in maniera quasi ossessiva.
Tirò fuori dal taschino il suo fazzoletto di seta verde e asciugò frettolosamente le goccioline che gli imperlavano la pelle. Il vento era pregno di umidità e le nuvole che erano riapparse nel pomeriggio lasciavano presentire che di lì a poco si sarebbe scatenata un’altra tempesta.
Per questo mirava ad attraccare quanto prima nella baia che si stendeva davanti a loro, per mettere al sicuro la sua Barracuda.
- Capitan Taft! Siamo in vista della costa! Dovremmo tirare giù la branchia! – lo avvertì Eric il Guercio, il suo nostromo, raggiungendolo sul castello di poppa.
Il filibustiere fissò per qualche secondo la grande vela romboidale che svettava ad un centinaio di metri dal ponte e le cui estremità erano saldamente agganciate a degli argani che consentivano di issarla o ammainarla. Quando quella sorta di gigante aquilone raggiungeva la sua massima quota, riusciva a prendere le correnti più forti che soffiavano a molte decine di metri dalla superficie del mare, rendendo la sua nave la più veloce degli oceani.
Oliver Taft andava fiero di quell’invenzione che era nata per puro caso nella sua mente il giorno in cui aveva osservato un suo foulard perdersi in un turbine d’aria e scomparire nel cielo. In quel momento aveva intuito che ad una maggiore altezza la forza del vento diventava invincibile e subito dopo il suo cervello, sempre attento a studiare ogni elemento della natura, aveva iniziato a progettare il modo di sfruttare quel fenomeno per trarne vantaggio.
Ricordava ancora le espressioni malfidenti dei suoi uomini quando aveva spiegato loro l’ulteriore modifica che intendeva apportare alla struttura del suo già singolare veliero, che era perfino in grado di navigare per brevi tratti sott’acqua.
In verità neppure lui era sicuro che quella temeraria fantasia funzionasse nella pratica e aveva sottoposto il progetto a diversi tentativi che gli avevano progressivamente alienato la fiducia della scettica e tradizionalista ciurma.
Taft rispose con un cenno affermativo alla richiesta del suo primo di bordo che ancora attendeva al suo fianco, e con andatura flemmatica si diresse a prua mentre i marinai giravano gli argani riavvolgendo quella che lui aveva battezzato la branchia, per una sua maniacale fissazione col mondo marino.
L’isola era visibile anche senza l’ausilio di alcun cannocchiale e si godette gli attimi precedenti lo sbarco, pregustando il discorso che aveva preparato per convincere i colleghi che avrebbe incontrato a passare dalla sua parte.


Amaryllis superò la sua innata diffidenza per gli uomini e molto lentamente camminò verso Jack, che non aveva perso uno dei suoi movimenti e che quando l’ebbe di fronte si lasciò sfuggire un innocuo ma quanto meno alterato: - Lei chi è?
- L’abbiamo trovata su un’isola a sud degli Stretti – stava cominciando a raccontargli Will, ma la ragazza con uno scatto afferrò il viso di Jack immergendosi nei suoi occhi con una tale insistenza che gli fece quasi paura e lo portò a lasciarsi scappare uno sconsolato: - Oh, mannaggia! – che destò la curiosità dei presenti.
Con un sorrisetto innocente il pirata iniziò un buffo tira e molla con le mani della sconosciuta per allontanarla dalla sua faccia.
- Teaggie? No. Aspetta un momento … Per mille cavallucci marini! Jackie! – strepitò la giovane con un piccolo salto, aggrappandoglisi al collo e spandendo la sua risata cristallina – Ma il tuo cognome non era Teague? – tornò a scrutarlo circospetta.
- Cosa? - Jack era senza fiato e la ciurma rumoreggiava ma Amaryllis adesso era insolitamente alterata e aveva assunto il cipiglio irremovibile di chi non avesse alcuna intenzione di essere contraddetta o presa in giro: - Tu sei il figlio di Edward Teague! Ma perché ti sei mascherato? – esclamò scombussolata, sfiorando le numerose treccine, perline e pendenti che rendevano il suo aspetto molto diverso da come lo ricordava.
Il pirata, in preda allo sgomento, continuava a temporeggiare: - Devi scambiarmi per qualcun altro, carina – asserì cortesemente, liberandosi finalmente dalle sue mani che lo tastavano indiscrete e aggiustando gelosamente i ciondoli che quella stava cercando di sottrargli.
La fanciulla scosse la testa: - Sei il solito bugiardo. Ci conosciamo da più di quarant’anni, se ho capito bene come contate voi … Quanto sei invecchiato. Mi avevi giurato che avresti scoperto il segreto dell’immortalità per restare con me per sempre. Ma non lo hai fatto – constatò triste, fissando il suo volto abbronzato e segnato dagli anni.
- Questo non è vero. Ne ho scoperti due o tre modi, ma richiedevano tutti un prezzo troppo caro – si difese prontamente Jack, celando dietro un sorriso tirato le sensazioni contrastanti che si mescolavano ai ricordi di quella sua prima innocente cotta infantile che, oltretutto, non riguardava una semplice bambina.
Quelle frasi piene di incognite agli altri sembravano la prova che i due non stessero troppo bene con la testa o che nascondessero delle verità incomprensibili.
Amaryllis appariva ancora più pallida del solito: - Mi hai dimenticata – schiuse le labbra con uno struggente bisbiglio.
Jim, colpito dalla malinconia dell’amica, ad un certo punto si sentì escluso e perse la pazienza: - Amaryllis non puoi conoscerlo da quarant’anni! Quanti anni hai?
La biondina gli si rivolse e abbassò il viso imbarazzata: - Molti più di te, immagino. Non lo so di preciso, credo di essere vicina al secondo millennio.
- È impossibile – mormorò piano Elizabeth, più per cercare di proteggerla dagli attacchi della ciurma che rideva di lei, che perché non le credesse. Iniziava a sospettare che finalmente la misteriosa ospite stesse rivelando la sua identità e, anche se pure lei l’aveva sempre voluta conoscere, si scansò intimorita.
Le ripetute occhiate fulminanti della fanciulla che chiedeva il suo appoggio, convinsero Jack ad ammettere rassegnato: - Questa adorabile fanciulla non sta mentendo, perché lei è una nereide. Una ninfa del mare.
I tre Turner ebbero reazioni diverse.
Elizabeth turbata e delusa spalancò la bocca: - Come Calypso?
Jim era emozionato di trovarsi di fronte ad una creatura leggendaria, ma era anche un po’ disorientato dalla spiegazione di Jack: - Come una sirena? – chiese sbalordito, girandole attorno. Da qualche giorno non aveva più creduto alla storia del naufragio.
Will, nonostante tutto, continuava a prendere le affermazioni del bislacco bucaniere con le pinze: - Basta scherzare. Chi sei veramente? – interpellò spazientito direttamente la ragazza.
Amaryllis ignorò la loro avversione e perplessità mantenendo un tono e un atteggiamento di benevola comprensione: - Perché voi umani non riuscite ad accettare che non siete gli unici esseri senzienti di questo mondo?
Elizabeth cercò in Jack la conferma di quanto quella andava affermando e lui annuì con rara serietà, scusandosi con le mani congiunte con la diretta interessata: - Gioia, lasciali stare, loro sono pirati novelli, non hanno molta esperienza col mare.
Jim si avvicinò alla diafana creatura guardandola con occhi diversi: - Ma … le sirene non hanno la coda da pesce … o le ali da uccello?
- Me lo sentivo che stavi per proferire una sciocchezza – lo criticò acido Sparrow.
La ninfa non si offese molto, ma fece arrossire lo stesso il ragazzino: - Io non sono una sirena. Loro gli uomini li mangiano, Jimmy. Pensavo lo sapessi.
Gli avventurieri non avevano ancora assimilato quella rivelazione che Amaryllis decise di approfittare del loro disorientamento per chiarire la ragione della sua presenza: - Io sono venuta da voi per chiedere aiuto. A nome di tutte le creature del mare e in virtù della nostra antica amicizia con i pirati della Fratellanza. Avete infranto il nostro patto e ora ci dovete rendere i vostri figli primogeniti. Oppure aiutarci a recuperare l’Occhio dell’Oceano che qualcuno ha rubato dal suo mistico scranno e che adesso usa per controllare il mare e le sue creature!
Gli uomini si scambiavano sguardi inquieti e perplessi, poi il capitano Turner parlò con delicatezza: - Noi non riusciamo a capirti.
Lui ed Elizabeth istintivamente si volsero a Gibbs, aspettandosi che intervenisse sfoggiando la sua preziosa conoscenza delle leggende marinaresche, ma perfino il nostromo sapeva ben poco di quei fatti e scosse la testa mortificato.
Amaryllis era adirata e un’ombra di risentimento percorse il suo volto solitamente radioso, alterando a tal punto la sua espressione solitamente soave che quando si udì il fragore di un tuono in lontananza sembrò provenire da lei.
Tra la ciurma ci furono urla di spavento e attorno a lei si formò il vuoto.
Jack allargò le braccia e richiamò i colleghi alla calma: - Sentite, gente perché adesso non sbarchiamo tutti quanti a terra e torniamo a discutere della questione quando saranno arrivati tutti gli altri?

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Capitolo 19
*** Capitolo 18: L’isola degli appestati ***


Ahoy! Piratesse e pirati, come va? Posto, anche se un pò in ritardo, un capitolo in piena atmosfera Halloween ^^! Ce l'ho pronto da un pò ma ieri non ho avuto tempo di trascriverlo al computer. Volevo mettere molte più cose, ma non mi andava di tagliarne altre, così mi sono accorta che sarebbe venuto chilometrico, e l'ho diviso in due. Ma almeno ho già pronto il prossimo e spero di non farvi aspettare troppo la prossima volta!

Ringraziando tutti coloro che seguono la storia e quelli che lo faranno, chi leggerà solamente o mi lascerà un commento, vi auguro buona lettura!


Capitolo 18: L’isola degli appestati

Le scialuppe erano sballottate dalle alte onde che il vento di burrasca agitava e ingrossava sempre più, rendendo arduo il lavoro dei rematori e inzuppando completamente tutti i passeggeri a bordo. Con quel cielo nero di nuvole, il buio stava oltretutto scendendo più in fretta sulla terra, i cui contorni erano appena riconoscibili tra quei violenti scrosci.
- Bizzarro primo giorno di primavera, nevvero? – proferì Jack tenendosi ben stretto il tricorno che rischiava di volargli in acqua.
Gibbs e Sputafuoco remavano con gran fatica, mentre Amaryllis era seduta accanto a Capitan Sparrow, completamente avvolta in una coperta cerata.
I compagni gridarono qualcosa al suo indirizzo, che una serie di tuoni coprì e il pirata pensò che forse fosse stato meglio non aver sentito, poiché era poco probabile che fossero parole cordiali e lui era già ben poco propenso a portare a compimento quello che aveva concepito.
Non credeva affatto nella fratellanza tra filibustieri e non sopportava di essere stato costretto ad appoggiarsi a qualcuno; ma quella volta, volente o nolente, aveva dovuto piegarsi.
- Tiratele bene in secca o la corrente ce le porterà via! – ordinò ai marinai una volta che le barcacce raggiunsero il bagnasciuga. Un po’ tutti si adoperarono ad aiutare nell’assicurare le imbarcazioni con delle funi ai tronchi delle palme più vicine alla riva.
Poi cominciò la difficile marcia attraverso la giungla, tempestata dalla pioggia battente e resa insidiosa dai fiumiciattoli di fango che rendevano i sentieri scoscesi e scivolosi.
Jim si sforzava di non cadere e prestare il suo sostegno ad Amaryllis insieme al nonno Sputafuoco, tornato in sé dal piccolo incantesimo e ravvedutosi di conoscerla.
- Sarebbe stato più saggio restare sull’Olandese per stanotte – protestò il giovane Turner in direzione di Jack che barcollava e si dimenava davanti a lui, reggendosi ai rami e a Gibbs per mantenere quanto più possibile l’equilibrio.
Will aveva insistito a prendere in braccio Elizabeth per non farla affaticare troppo, ma non aveva messo in conto che la strada indicata dal loro amico fosse in salita e dovette arrendersi a rimetterla a terra: - Stavolta non ti do torto, Jim.
Jack guaì e fece passare davanti i colleghi capitani, lasciando che anche Bill e Jim proseguissero da soli e offrendosi di prendere a braccetto Amaryllis: - Mi vorresti spiegare perché hai dovuto coinvolgere la famiglia passaguai? – la ragazza lo guardò confusa, per cui l’uomo precisò sdegnato – I Turner?
- L’Olandese Volante è una delle navi più potenti dei sette mari – ribadì la ninfa, incespicando e lamentandosi nella sua lingua della melma che le stava inzaccherando le gambe – E poi anche loro hanno diritto di sapere – decretò irremovibile, saltando in groppa a Jack che quasi caracollò sotto il suo pur leggero peso.
L’unico segno di civiltà presente su quell’isola era il rudere di una chiesa situato su una collinetta che si ergeva quasi al centro della fitta giungla. Proprio approssimandosi allo scheletro di quella costruzione, i pirati avvistarono dei segnali di fumo provenire dalle piccole aperture tra le mura. Proseguirono fino a lì e, dopo essersi impantanati tra la vegetazione e i ruscelli che ricoprivano l’intera superficie della boscaglia, finalmente entrarono in un luogo quasi del tutto asciutto e ripulito.
All’interno della chiesetta abbandonata si erano rifugiati Anamaria con la sua ciurma e il resto degli uomini della Perla Nera sbarcati già qualche ora prima.
- Perbacco! – esclamò Jack, notando quanto l’efficienza e l’inventiva dei bucanieri avesse reso in qualche modo ospitale quella casupola diroccata.
- Credevi ce ne stessimo con le mani in mano? – si fece sentire Anamaria accogliendoli – Ben arrivata signora Turner, capitano Turner – diede loro il benvenuto con un sorriso e un distaccato cenno di riverenza, per poi slanciarsi ad abbracciare con calore entrambi.
- Abbiamo intuito che stava per raggiungerci una tempesta e abbiamo rattoppato il tetto con assi di legno, rami e fronde – spiegò Josè, il luogotenente della Murena, porgendo agli arrivati delle coperte per asciugarsi e salutandoli.
Gli altri pirati si affrettarono a distribuire le scorte di rum e Jack fu il primo ad approfittarne.
Mullroy, Murtogg, Pintel e Ragetti si misero in mezzo tossendo e occhieggiando la comandante della Murena: - I vostri uomini ci sono stati molto utili, capitan Sparrow – asserì la donna – Certo, la Baia dei Relitti sarebbe stata un milione di volte preferibile a questo posto.
Sparrow interruppe la bevuta: - Tesoro, non so se ci hai fatto caso l’ultima volta: la Baia dei Relitti sta sprofondando. Credo che a quest’ora l’avrà reclamata il mare.
- Ed io posso dirvi perché sta tornando agli abissi – annunciò Amaryllis palesandosi con decisione agli occhi degli altri pirati da cui si era in principio nascosta.
Anamaria la scrutò frastornata: - E lei chi è?
Jay Jay si spinse fino alla diafana creatura contemplandola estasiato, per poi sospirare svenevolmente: - Un angelo caduto dal cielo.
Jim gli si avvicinò: - No, Amaryllis è una ninfa venuta dal mare – gli fece il verso, rimbrottandolo con aria saccente.
- È una storia lunga e non ancora del tutto chiarita – abbreviò Elizabeth, prendendo in disparte Anamaria per aggiornarla su tutto il resto, accompagnata da Will.
- Amaryllis – sillabò Jay Jay, sedendosi con le gambe contro il petto e poggiando il mento sulle mani, restando a rimirarla.
Jim si annoiò di quella scenetta melensa e di non essere tenuto in conto: - Comunque, ciao! – lo richiamò mettendosi davanti a lui con le mani ai fianchi.
La ninfa si allontanò da loro sorridendo timidamente e il pirata mulatto con il codino drizzò in piedi: - Ciao! B. J. Turner, giusto?
Jim non trattenne una smorfia: - Billy Jim, casomai.
- Scusa, non riesco mai a ricordare i nomi per intero, soltanto le iniziali – si difese il ragazzino sogghignando e agitando le mani.
Jim lo guardò storto: non immaginava di sentire una giustificazione tanto assurda per quella palese presa in giro.
– Non te la cavi molto con la spada, ma vedo che hai saputo recapitare il mio messaggio – osservò poi pungente il mozzo della Murena.
Il giovane Turner si punzecchiò ancora di più, in un attimo sfoderò il suo spadino: - Prova a ripeterlo.
Jay Jay alzò le mani: - Non combatto mai senza una ragione … Ma se insisti – impugnò svelto la sua sciabola e iniziarono a duellare, inizialmente in un angolo fuori dalla portata degli adulti che discutevano.
Nella foga dello scontro, però, si spinsero in mezzo agli altri, urtando per primo Jack che era comodamente bivaccato su un cumulo di paglia: - Hey! Quella era la mia bottiglia!
Will ed Elizabeth si ritrassero rimproverando il figlio: - Jim!
Ma quello ne approfittò per fare le presentazioni: - Mamma, papà, lui è Jay Jay.
- Ma che … - balbettò Elizabeth seguendo con apprensione quell’acceso duello di cui non capiva il motivo
– Jay Jay è dei miei, lasciali divertirsi – la tranquillizzò Anamaria, mentre i ragazzini si allontanavano da loro senza interrompere la competizione.
- Detesto i ragazzini! – proruppe Jack fissando indispettito i cocci della bottiglia, mentre Amaryllis gli si era accoccolata dietro e giocherellava coi suoi capelli.
- Non ha molto senso, visto che tu ti comporti ancora come tale – obiettò sarcastica Anamaria, ottenendo da Sparrow una boccaccia.
Dopo essersi trovato ripetutamente alle strette e aver visto parare quasi tutti i suoi fendenti, Jay Jay allentò le stoccate: - Però! Diciamo che sei abbastanza … niente male! Chi ti ha insegnato?
Jim abbassò la spada e rivolse al coetaneo un sorriso orgoglioso: - Mio padre. E a te?
- La strada – sollevò le spalle il moretto – Sono cresciuto a Tortuga. Lì sei costretto ad imparare a difenderti se vuoi restare vivo – affermò con ovvietà, rinfoderando la sciabola e andandosi a sedere su un muretto.
Jim lo seguì: - Tortuga sembra un posto così interessante – mormorò con un pizzico di amarezza, piegando la testa.
- Sembra? Non ci sei mai stato?
Il tono sbalordito di Jay Jay gli suscitò una sottile vergogna: - Ho visto il porto – esordì disinvolto – Ma no, non sono mai sceso a terra – gli confessò infine imbarazzato dondolando le gambe.
Il ragazzo gli rifilò una pacca sulla spalla: - Non ti sei perso niente – bisbigliò e Jim non capì se fosse sincero o lo deridesse. Lui aveva sempre sentito dire che Tortuga era come la “terra santa” dei pirati, ma i suoi genitori non gli permettevano ancora di sbarcarvi.
Mentre rifletteva su ciò, fu attirato dalla conversazione che suo padre stava tenendo con Jack.
- Ancora non ho capito perché hai dovuto scegliere proprio Isla Cruces.
Capitan Sparrow non smetteva di bere e la sua loquacità cominciava ad essere meno fluente, seppure abbastanza comprensibile: - L’Isola dei Relitti è ormai nota ai nostri nemici, e poi ci sono lavori in corso che chissà quando finiranno. E poi non sono molti i naviganti che approderebbero su quest’isola giacché è infestata …
Jim gettò involontariamente un grido stupito: - Infestata?
Jack puntò gli occhi su di lui e poi sui suoi genitori: - Non te l’hanno detto?
Il ragazzino si sentì tradito e inquieto, Gibbs anche lui un po’ alticcio, iniziò a raccontare, il suo sguardo era più ambiguo che mai: - Più di un secolo fa un prete che era sbarcato qui con altri messaggeri della buona novella cercò di dare vita ad una comunità pacifica, che raccoglieva indigeni ed europei. Ma un giorno una nave di spezie portò un tremendo morbo. I più fortunati sono morti nel giro di qualche giorno, tra atroci agonie, gli altri hanno perso il senno e si sono uccisi a vicenda. Dopo aver seppellito uno per uno tutti quei poveri cristi, perfino il reverendo si uccise, impiccandosi, proprio qui.
Jay Jay e Jim, imitando Gibbs, alzarono la testa sulla corda che penzolava al centro del tetto, immaginando la macabra scena che si era consumata lì qualche decennio prima.
Jack intanto adocchiò con insistenza la bottiglia che Elizabeth teneva tra le mani senza averla stappata e con un cenno riuscì ad ottenerla.
- Quando si venne a scoprire quello che era successo i marinai di passaggio presero a chiamare questo posto l’Isola degli appestati. O infestata – concluse intanto a mezza voce Joshamee.
- Infestata? Vuol dire che? ... – osò chiedere Jay Jay, mentre Jim aveva la sensazione di impallidire.
Gibbs si mise in piedi e gettò delle occhiate guardinghe tutt’attorno: - Le anime in pena di tutta quella gente morta in simili tristi circostanze continuano a vagare su quest’isola e in occasione dell’anniversario della comparsa della peste si manifestano in modo più potente, opponendosi a chiunque osi mettere piede qui.
Degli spifferi fecero tremolare il fuoco che ardeva al centro del gruppetto, e Jay Jay si strinse al braccio di Jim sudando freddo.
– E sappiate che quella data ricorre oggi – li ammonì il superstizioso marinaio, un luccichio tremolante negli occhi sbarrati.
Il silenzio riverito e impressionato prodotto dalle suggestive parole del nostromo venne spezzato da Sputafuoco: - Complimenti, Gibbs. Sempre molto … teatrale – asserì il maturo pirata con una sottile ironia che Joshamee non colse, ringraziandolo dell’elogio ricevuto con una serie di inchini che provocarono le risa dei compagni, non ancora sbronzi quanto lui.
- Gliel’ho detto un sacco di volte che vale molto di più come cantastorie che come pirata! – rincarò la dose Jack, sbraitando al di sopra dei fischi e degli applausi degli altri bucanieri.
Amaryllis era estremamente rapita dalla bizzarra armonia che si respirava tra quella variegata combriccola di esseri umani. Era tutto così diverso dal suo mondo, dove tutti erano simili, non esistevano giochi o risa, o fuochi e rivalità. Le dispiaceva immensamente avere il crudele compito di ambasciatrice di guerra.
Will nel frattempo invitò Gibbs, che, visibilmente brillo, seguitava a ringraziare tutti, a sedersi, e si rivolse direttamente a Jim: - È solo una leggenda, non c’è da preoccuparsi.
Il figlio mugolò: non sopportava quando suo padre si ostinava a volerlo proteggere dal conoscere spaventose verità che esistevano attorno a lui.
Anche Jay Jay sembrava decisamente interessato all’argomento: - Capitano Turner, avete mai incontrato …
Will rispose prima che quello terminasse la domanda: - Di fantasmi ne ho visti molti, ragazzo. Non mi fanno paura e non dovete averne neanche voi.
Una folata di vento muggì all’esterno, simile ad un lugubre ululato.
Jay Jay si barricò dietro un cumulo di legname, tartagliando imbarazzato a Jim che lo andò a scovare: - È il vento, vero?
- Credo di sì – sussurrò quello, non nascondendo un sorriso divertito: anche il suo spavaldo amico in fondo sembrava avere i suoi punti deboli.
– Le cose che non posso vedere e toccare mi terrorizzano – ammise, infatti, inaspettatamente il ragazzino.
Quella scoperta fece sentire il giovane Turner un po’ più forte e sicuro di sé.

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Capitolo 20
*** Capitolo 19: Memorie dagli abissi ***


Yo oh! Di bordo! Sono tornata! Ecco un nuovo capitolo in parte molto rivelatorio sulla storia. Ringrazio tutti i fedeli lettori e in particolari le mie commentatrici stellysisley, Fauna96 e la nuova arrivata Foxx, saluto anche tutti i lettori silenti, presenti, passati e futuri, e vi auguro buona lettura, buon divertimento e buone speculazioni sulla trama.

Al prossimo abbordaggio!^^


Capitolo 19: Memorie dagli abissi

- Adesso che facciamo?
Jim tornò ad intromettersi audacemente nei discorsi dei grandi. Alle sue spalle era nel frattempo comparso Jay Jay e la loro perplessità era condivisa dal resto degli uomini.
- Aspettiamo gli altri – sostenne spicciamente Jack buttandosi su un fianco, allentando la cintura con la pistola, intenzionato a sistemarsi per la notte.
Nel coricarsi respinse Amaryllis, che era rimasta parecchio tempo a studiare con curiosità i suoi dreadlocks senza capire cosa fossero e stava ancora a gingillarsi dietro di lui: - Ma, insomma … Che cos’hai in testa? – gli domandò stranita prima di allontanarsi.
Il pirata si voltò lentamente alzandosi appena: - Non ne sono sicuro … ma potrebbe trattarsi di pidocchi – farfugliò con aria assonnata, grattandosi energicamente la bandana.
Jim fece un balzo indietro: - Oh cacchio!
La ninfa allontanò dalle dita uno dei rasta, preoccupata: - Sono … pericolosi?
Jack si offese mentre Jay Jay scoppiò a ridere: - Non credo.
- Parla per te! – esplose Jim – L’hanno scorso ce li ho avuti e c’è voluto un sacco di tempo per liberarmene – borbottò schifato, avvertendo prurito solo a ripensarci.
Amaryllis restò immobile, indecisa se dare credito a Jim oppure a Jack, che pure non vedeva da molto tempo. Riacciuffò uno dei dreadlock, al che Elizabeth comprese l’equivoco: - Forse la nostra amica parlava dei tuoi capelli, Jack.
- Ma i pidocchi ce li hai davvero? – insistette terrorizzato Jim, tenendosi lontano dallo strambo capitano.
Will interruppe la futile discussione, riportando l’argomento sulla questione che più lo impensieriva: - E se non dovesse rispondere nessuno alla chiamata?
Sparrow, che si era disteso trovando a fatica uno spazietto tutto per sé, si limitò ad aprire un occhio sibilando: - Che sfiga, eh?
Poco a poco sul suo esempio anche gli altri pirati, distrutti da quella violenta burrasca che li aveva impegnati prima sulle barche e poi sulla terraferma, ed esaurite le loro bottiglie e le parole, si andarono cercando un posto per dormire, attingendo a teli, coperte e paglia a disposizione in quel rifugio improvvisato.
Solo William Turner non si arrendeva al richiamo di Morfeo e Gibbs, tutto d’un tratto, come se lo avesse lento nel pensiero, si risollevò riaprendo il discorso che più di tutti aveva suscitato interrogativi nella sua testa, per i quali non voleva più attendere di conoscere risposta.
- Jack? Ma tu lo sai cosa diavolo è questo Occhio dell’Oceano? – esclamò puntellandosi su un gomito e nascondendo l’inseparabile orsacchiotto dietro la schiena.
L’interpellato ci mise un pezzo per rispondergli, dato che si stava appisolando: - Che domande! Certo che lo so! – lo strigliò caustico, ridestando i colleghi che in un baleno si rialzarono e puntarono sguardi interrogativi e impazienti su di lui.
Jack si cullò per qualche minuto nella riluttanza, ma poi parlò scioltamente, anche per via dell’alcol che gli aveva allentato la prudenza e la discrezione: - È una specie di grosso diamante, di forma pressoché sferica ma fatto di acqua di mare cristallizzata. Dopo che il primo Consiglio riuscì ad imprigionare Calypso le creature degli abissi lo donarono alla Fratellanza, come pegno di gratitudine per averli liberati dalla tirannica signora, e in segno della loro alleanza. La pietra fu custodita per anni alla Baia dei Relitti, ma vi fu posto sopra un incantesimo: sottrarla avrebbe significato guerra aperta con pesci e affini che ci avrebbero distrutto.
- Sei bravo anche tu a raccontare storie! – ciarlò un ebbro Gibbs, riappisolandosi, ma a quel punto i mormorii crescevano e Sparrow si rese conto che aveva spifferato con leggerezza tutto quello che avrebbe voluto sbandierare soltanto davanti al congresso completo dei pirati nobili.
Odiava ripetersi e non avere l’esclusiva di certe conoscenze.
Amaryllis invece aveva atteso a lungo di liberarsi dal peso di quella consapevolezza e parlò ben volentieri: - Sì, Jack ha detto bene, ma soltanto un uomo con sangue salato avrebbe potuto usare l’occhio per i suoi scopi.
- Sangue salato? – trasecolò Elizabeth non ricordando di aver letto mai nulla del genere nel grande libro del Codice che aveva avuto il privilegio di custodire per alcuni anni.
La nereide comprese lo stupore dei suoi ascoltatori, perfino lei non credeva che potesse esistere qualcuno con tale qualità, pur sapendo cosa significasse: - Mezzo terrestre e mezzo marino.
- Credo di capirci ancora meno – sostenne una diffidente Anamaria appoggiata dagli altri pirati che maledicevano tutti quegli astrusi indovinelli.
Nel frattempo anche Will avanzò i suoi quesiti: - Ma la storia dei figli, invece?
Amaryllis annuì comprensiva, cercando un tono imparziale, ma non troppo freddo: - Per scongiurare la possibilità che qualche pirata fosse tentato di rubare l’Occhio fu scritto che se fosse accaduto tutti i figli primogeniti dei pirati nobili avrebbero dovuto darsi al mare. Così la Fratellanza si sarebbe estinta. E inoltre sarebbe stato l’unico modo per non scatenare una guerra contro noi. Un riscatto.
- I pirati nobili si sarebbero combattuti l’un l’altro per punire il ladro – osservò il capitano Turner, ricevendo un cenno d’assenso da parte di Jack che corroborò i suoi presentimenti su quello che stava accadendo.
- Che significa darsi al mare? – chiese sconcertato Jim – Già, che significa? – lo spalleggiò Jay Jay avvicinandosi ad Amaryllis la quale stropicciò le labbra rivelandoglielo:
- Venire a vivere negli abissi con noi. Per sempre.
I ragazzini si scambiarono uno sguardo meravigliato aprendo la bocca senza fiatare.
Jack non ci vedeva nulla di eccitante in tutto quello: - E per quei pirati nobili che non hanno eredi?
- Tocca direttamente a loro - spiegò semplicemente la ninfa, dovendo poi soddisfare le mille domande di Jim e Jay Jay che volevano conoscere qualche dettaglio in più su quell’intrigante vicenda.
- Questa parte non la ricordavo, esattamente – bofonchiò contrariato Jack, grattandosi la tempia.
Elizabeth era allibita: - E invece sapevi tutto il resto?
- Tuo figlio sembra felice di trasferirsi in fondo al mare – gesticolò con accento strafottente il pirata, irritando ancora di più i Turner – Ma voi piuttosto, si può sapere come siete diventati pirati nobili? No, perché altrimenti tutta questa faccenda non vi avrebbe riguardato.
Will ed Elizabeth cercarono di sgombrare dalle mani e dall’animo i propositi di vendetta sul loro inaffidabile amico e si sedettero accanto a lui, incoraggiandosi l’un l’altro a raccontare i fatti degli ultimi mesi.
Anche Anamaria si sistemò vicino a loro per sentire.
Fu Will ad iniziare a parlare, dopo aver preso un lungo respiro: - Circa un anno fa, eravamo a Macao. Ci sentivamo spiati e infatti scoprimmo un uomo che ci aveva seguiti sin da quando eravamo sbarcati sulla terraferma.
- Ci disse di chiamarsi Yao Taki e di essere il capitano dell’Empress, la nave che apparteneva a Sao Feng e che l’aveva ceduta a me nominandomi capitano alla sua morte – continuò Elizabeth con un filo di emozione al ricordo di quei concitati eventi – Io dopo la battaglia la lasciai al primo ufficiale, Tai Huan. E quell’uomo era stato il suo nostromo.
Jack e Anamaria incrociarono per un attimo uno sguardo confuso, poi la donna sentenziò arguta: - Insomma … Che cosa voleva da voi, questo Taki?
Il capitano Turner tirò fuori dalla camicia una collanina che tra le varie conchiglie e perline portava anche una moneta d’argento e la mostrò loro, riprendendo il racconto: - Ci diede il suo pezzo da otto, sostenendo di aver promesso a Tai Huan che l'avrebbe trasmesso al Capitano dell’Olandese Volante che aveva contribuito a salvare la pirateria. E inoltre lui non voleva occuparsi di politica.
La moglie si frappose a William: - Precisamente disse “Ci sono echi di una nuova rivolta. Le onde ribollono e una canzone ha ripreso a solcare i venti dei sette mari” – Elizabeth fece una pausa e abbassò lo sguardo – Poi l’uomo compì harakiri davanti ai nostri occhi, dicendoci che il suo compito era finito. E non potemmo più chiedergli nulla.
- Da quanto sapete della chiamata? – s’informò con prontezza Anamaria.
- Da quel giorno l’abbiamo sentito ripetere in ogni porto in cui siamo approdati – rispose Will, mentre Jack e un ridesto Gibbs si diedero una gomitata complice.
La signora Turner aggiunse:- A Saint Thomas dovevamo incontrare Capitan Taft, per conoscere altri dettagli sul prossimo Consiglio.
- E lo avete incontrato, poi? – domandò ancora più interessata la Jucard.
Will scosse la testa: - No, e abbiamo anche perso quattro dei nostri in circostanze … strane.
- Si sono fatti arrestare il mese scorso, e stavano pure per essere impiccati! – svelò con un po’ di scherno Jim, che non si era perso una parola di quella intrigante storia.
Jack sgranò gli occhi, allontanando la bocca dal collo della bottiglia: - Oh! Ed è andata bene?
Will prima guardò storto il figlio, autore di quell’inopportuna rivelazione, poi si rivolse a Jack, tentato di far sparire tutto il rum che lo rendeva più molesto del solito: - Siamo qui a parlarti, perciò …
- Tsk, ci sono cose peggiori – brontolò il pirata, togliendosi la giacca per il caldo di cui il liquore gli stava riempiendo il corpo.
Elizabeth tentò di ribattere, nonostante l’evidente ebbrezza dell’uomo: - Peggiori di un’esecuzione?
Sparrow dondolò con le braccia aperte prima di replicare con spontaneità: - Ne abbiamo viste di tutti i colori, eravamo insieme, mi pare.
I Turner si scambiarono una rapida occhiata e loro malgrado si trovarono a dargli ragione.
Anamaria si concesse un ultimo sorso di liquore prima di confessare con sospetto: - Anch’io dovevo vedermi lì con Taft, ma poi non sono più andata.
- E Jay Jay perché era là? – volle sapere curioso Jim. Il ragazzino non aprì bocca, rivolse un cenno alla comandante della Murena per capire se era autorizzato a parlare, ma fu lei a proferire: - Si era infiltrato sulla Barracuda, qualche settimana prima insieme ad altri due miei marinai.
Il giovane Turner scoccò un’occhiataccia ai suoi mormorando con voce bassissima: - Già gli permettono di fare queste cose, a lui.
Anamaria sembrò sentirlo: - Peccato che poi anche lui sia finito al fresco.
- E fortuna che ho avuto sempre voi a vegliare su di me, signora – ribatté ruffianamente il ragazzo con un piccolo inchino.
- Certo, mi servivi libero! – sostenne la piratessa quasi a discolpare quell’atto di gentilezza – Quando non ho avuto più i suoi dispacci sono andata a riprenderlo nell’ultimo posto in cui sapevo di averlo lasciato vivo.
Jack indirizzò uno sguardo comprensivo verso Amaryllis che si sentiva esclusa dalle conversazioni, quindi attirò su di sé l’attenzione con una frase enigmatica: - A questo punto sono più che sicuro che il Pescegatto sia la fonte di tutti i nostri guai.

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Capitolo 21
*** Capitolo 20: Compromessi ***


Eccomi tornata anche con questa storia! Non so chi abbia ancora voglia di seguirla, dato che forse la sto tirando un pò troppo per le lunghe, ma il prossimo capitolo, anche se non arriverà presto, tornerà ad avere più azione. Qui invece grandi protagonisti sono Will e Jack.

Ringrazio tutte le 17 persone che hanno inserito la storia tra le seguite, chi ha letto, chi leggerà e chi mi ha lasciato un commento.

Buona lettura! A presto!


Capitolo 20: Compromessi

- Finché non si sarà fatto giorno e non si sarà placata questa dannata tempesta, avremmo ben poco da fare – sbadigliò fiaccamente Ragetti, buttandosi di peso su un covone dal quale si sollevarono polvere e qualche filo d’erba secca.
Pintel lo seguì a ruota: - A parte dormire, si intende!
Anche Gibbs si unì volentieri a loro: - Già, ragazzi.
Jack invece si distanziò schifato dalla promiscuità della ciurma, che per i suoi gusti stava troppo appiccicata, e si sistemò in un angolino lontano e libero da marinai sudaticci e maleodoranti. Dopotutto era sempre un capitano e ci teneva a sottolineare la sua differenza di rango anche al di fuori della nave.
Amaryllis, che non si era allontanata un attimo dal suo vecchio amico pirata, reclamandone un’implicita protezione, raccolse allora il coraggio per tornare dai Turner.
Si avvicinò loro con decisione, ma al momento di parlare, trovandosi di fronte i loro volti ansiosi e lividi, la sua voce uscì più flebile e patetica di quanto volesse: - Will, Elizabeth io vorrei che voi ascoltate me.
La coppia sembrò leggermente intenerita dalla sua timidezza, la ninfa sapeva che c’era una piccola parola che agli umani faceva sempre piacere sentirsi dire quando erano offesi: - Scusa – mormorò abbassando repentinamente gli occhi – Perché ho dovuto usare alcuni miei poteri con voi, specialmente con te signora Turner, per rimanere.
Elizabeth si sentì meno disposta ad accettare quelle scuse, mentre Will sorrise lievemente tra sé: era rimasto parecchio stupito dal rapido cambiamento della moglie nei riguardi della inquieta ospite e ora ne capiva il perché.
Amaryllis continuò cautamente: - Io cercavo Jack ma quel mare in tempesta mi ha fatto perdere l’orientazione, sono stata fortunata a trovare voi capitano Turner – spiegò, balbettando un poco con uno sguardo languido.
Jack sentendosi nominare si era nel frattempo approssimato a loro: - Come mi avresti trovato? Lo sai che non ho una fissa dimora.
La sua faccia stralunata suscitò alla ninfa una risatina: - Tu hai qualcosa di mio inciso sulla pelle. Mi bastava dire quelle parole. Non ti ricordi i miei poteri?
Sparrow si estraniò per un istante bisbigliando un sì con gli occhi sbarrati. Al che Elizabeth si inquietò ancora di più: - Perché non hai continuato a cercarlo?
- Perché ho capito di potermi fidare di voi. Stavate andando al consiglio dei pirati nobili – spiegò semplicemente la nereide.
Will si sentì in imbarazzo per l’occhiata sospettosa di Jack e quella gelosa della moglie: - Noi non te lo abbiamo detto.
Il pirata gli spifferò compassato: - Udito sopraffino, altro suo potere – e così dicendo prese la fanciulla per un braccio, allontanandola dai Turner - È tutto a posto, sei scusata.
Amaryllis avvertiva le tensioni che agitavano dall’interno i suoi amici umani e capì per quale motivo le loro specie erano vissute tanto a lungo separate: non se ne accorgeva neanche quando una sua parola o un suo sguardo diventavano origine di fraintendimento. E, inavvertitamente, sbagliò un’altra volta: - E tuo padre? – domandò a Jack.
Il filibustiere le rivolse un sorriso tirato e malinconico: - Non viviamo in eterno come voi.
La creatura marina annuì intristendosi e andò ad accovacciarsi in un angolino, sentendo ancora di più il peso del suo essere diversa, nonostante le sue sembianze fuori dall’acqua fossero tanto simili a quelle degli umani.
Jim e Jay Jay, poco lontani da lei, erano rimasti a parlottare del più e del meno. D’un tratto il mulatto tornò a considerare la diafana ragazza: - Amaryllis è la tua fidanzata? – chiese impertinente, allungando il collo per guardarla.
Jim si sporse notando che la ninfa misteriosa se ne stava in disparte con aria triste, e provò una certa gelosia, insieme al fastidio per il tono derisorio del coetaneo: - No. Ma non hai capito che non è neanche umana?
Jay Jay alzò le sopracciglia con un’espressione inebetita: - Ma non è neanche impegnata, o no?
Il giovane Turner scosse la testa: lui ancora non capiva come un uomo potesse instupidirsi tanto per una donna:
- Vedo che il suo nome te lo ricordi – lo provocò pungente, ma quello continuò a fissare la ragazza come rapito. – Piuttosto, il tuo vero nome qual è, invece? – lo riscosse bussandogli sulla spalla.
Finalmente il ragazzino tornò a parlargli: - Io non ho un nome. JJ sono le mie iniziali – asserì tirando fuori dalla camicia rossiccia una catenina con attaccato un ciondolo d’argento consistente in due J incrociate – L’avevo al collo quando mi hanno trovato – sostenne con una scrollata di spalle, senza tradire alcuna emozione di dispiacere.
Jim invece restò colpito dalla sua apparente indifferenza: - Perché allora non hai mai pensato di sceglierti un nome?
Il giovane pirata quasi si offese: - Per averlo uguale a quello di qualcun altro? No, grazie, mi tengo il mio – dichiarò orgoglioso, quindi lanciò un ultimo cenno di saluto ad Amaryllis e si distese con le braccia dietro la testa – Ora dormiamo, che ne dici BJ?
Jim annuì e convenne che quel ragazzo era davvero un tipo interessante, anche se un po’ scortese, col quale sarebbe rimasto volentieri a chiacchierare per ore se lo avesse avuto come compagno di stanza sull’Olandese Volante.
Il mattino seguente la pioggia si era finalmente diradata.
Will aveva trascorso una notte pressoché insonne tra preoccupazioni vecchie e nuove, gettando un occhio all’amata Elizabeth che, una volta addormentatasi, aveva avuto anche lei sogni agitati, e un altro occhio all’emblematica Amaryllis, che si era rivelata una delicata pedina nell’ancora ombroso gioco di scacchi che stava coinvolgendo i fuorilegge del mare.
La poca luce lasciata penetrare dalle fessure delle pareti era più che sufficiente a distinguere le sagome e i movimenti degli altri pirati, per cui notò subito l’inconfondibile figura di Jack Sparrow che si rialzava rivestendosi dei suoi effetti per uscire di lì. Gli era inevitabile provare sempre dei sospetti sulle sue intenzioni. Aspettò che fosse fuori e lo seguì. Gli vide compiere con la sua andatura sbilenca qualche metro prima che si fermasse in un punto più alto del terreno e sfoderasse il suo cannocchiale verso l’orizzonte, terso e definito da un tenue color amaranto.
Will strinse gli occhi e capì subito la ragione della sua passeggiata mattutina.
- Come sta la Perla?
Jack non si mostrò sorpreso di sentire la sua voce all’improvviso dietro di lui, lo aveva avvertito da un pezzo, ma fu ugualmente contento di quella domanda: - Bene, bene! Quest’anno l’ho rimessa a nuovo dai pennoni allo scafo, tutti materiali pregiati, si intende. Per la mia adorata nient’altro che il meglio! – ridacchiò orgoglioso, senza staccare il viso dal profilo scuro del veliero con un’espressione trasognata.
Turner si ricredette sui suoi timori di una codarda fuga di Jack, escludendola, almeno per il momento. Individuò la sua Olandese e restò qualche secondo ad accertarsi che anche lei avesse superato indenne la furiosa notte di tempesta. Quindi si riavvicinò a Sparrow: - Adesso posso sapere perché ci hai coinvolto? Non penso certo che tu l’abbia fatto per salvare Jim …
Quel sarcasmo così sfacciato di prima mattina Jack non se lo aspettava, ma era preparato al fatto che, quello che ancora stentava a considerare un collega, volesse ricevere spiegazioni più esaurienti sulle sue celate motivazioni.
- Lo sai bene quanto NON ci tengo a quel ragazzino e a voi. Ma, nonostante tu sia un capitano assai discutibile, hai l’immeritata fortuna di possedere una delle navi più potenti in circolazione. E preferisco averti dalla mia parte, piuttosto che contro di me.
Will strabuzzò: - Perché avrei dovuto essere contro di te?
Il capitano della Perla sospirò: - Sicché sono un ladro noto e abilissimo, avreste pensato che il furto dell’Occhio dell’Oceano fosse opera mia – sogghignò mangiucchiandosi le unghia.
L’altro capitano tacque per alcuni secondi, fissandolo con indecisione: - Io non sapevo nulla dell’Occhio dell’Oceano, fino a ieri sera.
Sparrow alzò gli occhi al cielo: - Ah, è vero, sei un pirata assai ignorante.
Turner iniziava a pensare che il suo vecchio amico si trovasse in seria difficoltà nell’ammettere che il suo gesto fosse stato ispirato da intenzioni di nobile altruismo; poi però valutò che Jack non poteva essere cambiato così tanto, doveva avere un suo tornaconto: - Qual è la verità? Tu non sei un guerrafondaio.
Un sorriso compiaciuto illuminò il volto dell’eccentrico pirata: - Infatti sareste voi a combattere: io sarò la mente e voi altri i bracci.
- E se questa volta io non volessi combattere? – ribatté Will inflessibile.
L’altro fu come se non avesse percepito la sua contrarietà: - Uhm? Impossibile! Ti saresti già ritirato e avresti aperto bottega da qualche parte. Cosa che negli ultimi tre anni da uomo libero non hai fatto. Dico bene?
Turner non desistette: - Questo non mi impedisce di farlo ora.
A Jack scappò un verso esasperato prima di ritrovare la calma e la sagacia per affrontare il rivale: - William, non si parla gran che bene di te in giro … avrai l’occasione di dimostrare se sei un pirata con gli attributi, mi spiego?
Will incrociò le braccia, rivolgendogli uno sguardo astioso: - Sei un diavolo.
- Lo so! – gongolò quello – Avrei dovuto prenderlo io il tuo posto sull’Olandese.
Turner ignorò quell’ulteriore provocazione: - Sono tutto orecchi.

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Capitolo 22
*** Capitolo 21: Nuovi arrivi o ricomparse ***


Salve a tutti! Ecco un nuovo capitolo che vede come grandi protagonisti i pirati più giovani, ovvero Jim e Jay Jay: mi diverto un sacco a scrivere di loro e so che vi piacciono! Perciò spero che apprezzerete questo capitolo che li mette a confronto. Finalmente ho ritrovato l'ispirazione per continuare e concludere, ma ancora ci sono un bel pò di cosette che dovranno accadere, qui vi ho lanciato qualche amo, vediamo se sapete cogliere i miei indizi.^^

Intanto torno a ringraziare tutti coloro che stanno seguendo questa storia, le tre pulzelle che mi lasciano traccia del loro passaggio ad ogni capitolo (stellysisley, Fauna96 e Foxx), chi continua a metterla tra le seguite/preferite/ricordate/, o chi legge solamente.

Buona lettura, a presto!)


Capitolo 21: Nuovi arrivi o ricomparse

- BJ! BJ!
Jim si stropicciò le palpebre ed emise un flebile sbadiglio, cercando inconsciamente il cuscino che non c’era per coprirsi le orecchie. Uno spintone sul fianco lo riportò immediatamente alla realtà e, quando si accorse che era stato Jay Jay a darglielo, gli venne voglia di insultarlo, ma il suo tono concitato gli fece passare di mente qualsiasi scortese imprecazione che aveva imparato: - Devi venire a vedere una cosa pazzesca! – sussultò in un singulto il mozzo mulatto tirandolo per un braccio.
Il ragazzino lo vide arrampicarsi come un ragno sulla parete dell’edificio e capì solo dopo che aveva utilizzato una corda, cui lui stesso si affidò per raggiungerlo sul tetto.
Uscirono fuori attraverso una piccola apertura e restarono seduti sul cornicione della consunta cinta muraria. Era il punto più alto di tutta Isla Cruces e consentiva di scorgere bene tutte le sue coste.
- Hey! Ci sono altre due navi! – notò allora Jim, l’amico non lo sentì e, afferrandolo per le spalle, gli posizionò la testa in direzione del cimitero che si stendeva ai piedi dei resti della chiesa diroccata:
- Guarda lì – bisbigliò con eccitazione e tremore. Il ragazzino obbedì e, quando ebbe messo a fuoco, dimenticò perfino i due velieri che aveva avvistato dall’altra parte del litorale.
Sul prato cosparso di lapidi e croci sembravano danzare delle piccole sfere luminose. Dapprima credette che fossero lucciole, ma erano più grandi e la loro luminescenza andava dal bianco all’arancio all’azzurro. Si alzavano e si abbassavano galleggiando ad alcune spanne dal manto erboso, in un fluttuare ipnotico.
- Tu … Tu credi che siano …? – tartagliò pallido Jay Jay, stringendogli nervosamente il braccio.
Jim si girò lentamente verso di lui, annuendo ad occhi sgranati: - Gli spettri dell’isola. Esistono davvero.
I due ragazzini rimasero a fissare l’affascinante e inspiegabile fenomeno, finché il sole non si alzò di più sull’orizzonte e i suoi raggi parvero sciogliere le piccole fiammelle, lasciandoli quasi delusi.
- Probabilmente erano fuochi fatui – sospirò con stupore Turner jr, sbirciando il coetaneo che aveva smesso di tremare ma conservava un’espressione concentrata e insondabile.
- Tuo padre è molto giovane per essere un capitano – sbottò di colpo, deviando il discorso, come a voler evitare di ragionare ancora su quella breve e inconsueta esperienza.
Jim lo assecondò, ridacchiando tra sé con una certa soddisfazione: - Lo è diventato quando aveva poco più di vent’anni – gli rispose, alzandosi e tentando di rintracciare le due navi che aveva intravisto qualche minuto prima.
Jay Jay lo distrasse di nuovo: - Cosa darei per essere al tuo posto … Figlio di un pirata nobile.
Il ragazzino tornò a sedersi al suo fianco, notando solo allora che il mulatto stava osservando suo padre che discuteva con Jack Sparrow: - Dove sono i tuoi? – gli chiese con delicatezza.
Fu come l’avesse punto: - Ma che hai capito? Non ti invidio perché hai un padre e una madre! Però, cavoli! Vivere per sempre sul mare è il sogno di ogni pirata, o no?
Il giovane Turner capì che si riferiva alla sciagurata profezia narrata da Amaryllis e annuì un po’ perplesso. Tanto più che la nereide aveva parlato di abissi …
Il suo rapporto col mare era ancora piuttosto complicato. Gli piaceva, senza dubbio, era una sfida continua, era imprevedibile, carico di promesse e stimolava la sua immaginazione trasportandolo in luoghi fantastici tutti da scoprire. Certamente lo preferiva alla monotonia della terraferma, ma l’idea di viverci fino alla fine dei suoi giorni, talvolta lo faceva impazzire, gli sembrava una trappola, solo più subdola e attraente della reale ricchezza di paesaggi offerta dalla terra, non sapeva bene perché. Non l’aveva mai confidato a nessuno, con quell’imprevedibile ragazzino che conosceva appena e che stava scoprendo così tanto diverso da lui, pensò di potersi aprire. Ma non quella volta.
- Amy! – strepitò Jay Jay rivolgendosi alla ninfa che era comparsa silenziosamente fra di loro.
La biondina accennò uno schivo sorriso prima di diventare preoccupata: - Sono arrivati – annunciò volgendosi all’orizzonte.
- Hey! Ma ci sono due velieri laggiù! – strillò sbalordito il mulatto, affiancandola e trattenendola per la vita con la scusa di faticare a mantenere l’equilibrio sullo stretto cornicione.
Jim li raggiunse con uno sbuffo: - Era quello che stavo cercando di farti notare prima che comparissero i fantasmi – puntualizzò con irriverenza mentre Amaryllis cercò la sua mano e lo guardò negli occhi come a volerlo calmare. Jim si paralizzò per un secondo percependo un improvviso calore alle orecchie, e preferì tornare a scrutare il mare.
- Una è sicuramente la Barracuda. Ci sono stato, perciò la conosco – asserì sicuro il compagno – L’altra non ne ho idea – disse grattandosi la testa pensieroso.
- Ci servirebbe un cannocchiale – suggerì Jim, lasciando cadere la mano di Amaryllis per tastarsi le tasche – Io ne ho uno, sono una vedetta, sai – si vantò seguitando a cercare freneticamente l’oggetto - … Ehm, deve essermi caduto di sotto – constatò imbarazzato, accingendosi a riscendere per recuperarlo.
Jay Jay era di altro avviso: - Perché non andiamo a vedere direttamente? – propose con un sorriso sghembo – Un sopralluogo.
Jim e Amaryllis si scambiarono uno sguardo incerto e frastornato, poi il ragazzino tentennò apertamente: - Noi da soli? Senza dire niente agli altri?
- Devi chiedere il permesso a mammina? – lo sbeffeggiò il giovane pirata, colpendo astutamente il suo punto debole.
– No – gli rispose infatti quello con veemenza – Andiamo – si voltò risoluto, verificando quale fosse il lato più agevole per scendere senza dover passare dall’interno.
Jay Jay alzò un pugno per aria: - Così mi piaci! – ridacchiò felice – Amy, tu vieni con noi, vero? - sollecitò la fanciulla, porgendole una mano.
Lei gli indirizzò un dolce sorriso e con un salto leggero gli fu accanto: - Sì, vengo con voi.
Jim allungò le braccia prima di saltare su un gradino più in basso, frenando gli altri due compagni: - Aspetta! Ci serviranno delle armi, in caso dovessero scoprirci.
Il coetaneo ammiccò rapido con la testa, drizzando un dito verso di lui: - Hai ragionissima! – approvò e aprendo la giacca gli fece vedere spada e pistole in bella mostra nel cinto.
Turner arrossì rammaricato e con una punta di invidia: quel ragazzino non si faceva mai cogliere alla sprovvista: - Io ho scordato la spada di sotto – balbettò mordendosi il labbro.
Jay Jay mugugnò e si sedette trascinando con sé la ninfa: - Valla a prendere. Noi ti aspettiamo qui – sembrò compatirlo – Sbrigati e non farti sentire, eh – gli raccomandò con accento saccente e rassegnato.
Jim trattene la bile sbuffando dal naso e gli scoccò un sorriso che era più simile ad una smorfia, mentre si infilava di nuovo per l’apertura da cui erano sgattaiolati. Prima che trovasse la fune gli udì pronunciare in modo svenevole un’altra frase che inconsapevolmente lo infastidì: - La tua arma letale è la bellezza, piccola.
“Che sdolcinato”, borbottò in testa, rendendosi conto che si era sbagliato su quell’amicizia: più lo conosceva più quel moccioso lo faceva sentire un incapace in tutto, e questo non gli procurava altro che la smania di dimostrargli apertamente che non era affatto vero.
La luce del giorno stava prepotentemente inondando la casupola, infiltrandosi attraverso ogni più piccolo spiraglio. Jim capì che aveva poco tempo e si affrettò a recuperare furtivamente la sua giacca, il cappello e la sciabola, trattenendo il fiato poiché rischiava di svegliare i restanti pirati, e soprattutto sua madre. Tuttavia, con un improvviso lampo di audacia, osò rischiare: più piano che poté, si avvicinò a Pintel e Ragetti che russavano pesantemente, sottrasse le loro pistole, e, accertandosi con un’ultima occhiata che nessuno lo vedesse, se ne tornò altrettanto silenziosamente di sopra.
Quando incrociò la faccia malandrina di Jay Jay sbottonò volutamente la giacca evidenziando il temerario bottino che si era procacciato. Il ragazzo si complimentò sardonico.
Nella sua mente balenò una nuova consapevolezza: fra di loro, senza che lo volesse, si era accesa una competizione.


- Lo sai che adesso ci sono sette pirati nobili quanto i sette mari?
- Sì. Ho anch’io le mie fonti – stigmatizzò Will, negandogli l’occasione di credersi il più esperto, per poi aggiungere dopo qualche passo: - Ma tu li conosci?
Jack continuò a camminare avanti, dondolando appena: - A parte te, Anamaria e quell’altro … No – ammise crucciato e un po’ preoccupato, fermandosi a pensare. Delle voci abbastanza alterate li fecero accorrere verso il rifugio in cui avevano trascorso la notte.
- Che succede? – domandò sollecito Will, vedendosi venire incontro la moglie e la ciurma. Sputafuoco si fece avanti con la consueta flemma: – Il piccolo Jim è sparito.
- Assieme ad Amaryllis e Jay Jay – puntualizzò agitata Elizabeth, instillando la sua stessa ansia nel marito.
Il buon Gibbs si prestò a calmare i toni: - Saranno andati a fare una passeggiata – abbozzò serafico.
Jack lo difese dalle occhiatacce degli altri: - Ben detto! Preoccupiamoci di ciò che è davvero preoccupante: il rum è finito! – stridette adocchiando le bottiglie vuote abbandonate dentro la casupola, quindi si rivolse a Pintel e Ragetti - Voi due: andate a prendere dell’altro rum a bordo.
I marinai, ancora un po’ assonnati, obbedirono svogliatamente – E portate pure quella cosa – ricordò loro il capitano, le labbra arricciate e gli occhi leggermente spiritati.
Joshamee gli si accostò, accennandogli ad un barile piazzato nell’angolo più interno del rudere: - È già qui, Jack.
Sparrow perse la sua tracotanza, impallidendo vistosamente: - Mi sento mancare l’aria qui dentro – deglutì con un filo di voce, lasciandosi portare fuori dal paziente compare.
I Turner s’incuriosirono per quello scambio smozzicato di battute, ma preferirono non indugiare avendo il pensiero al figlio ribelle che doveva averne combinata un’altra delle sue.


Intanto Jim, Jay Jay e Amaryllis, molto più lontano, stavano attraversando una zona particolare di Isla Cruces, un istmo ricoperto di pochi centimetri di acqua cristallina che arrecava una gradevole frescura, rendendo meno pesante la lunga marcia sotto il già rovente sole mattutino. Fu allora che Jim notò l’incredibile effetto che le corte onde della battigia avevano al contatto con la pelle della ninfa: sembrava diventare parte stessa di quel liquido elemento, perdendo consistenza e diventando trasparente.
Quel fatto non lo impressionò più di tanto, anzi lo rasserenò: ora capì finalmente come mai la ragazza in passato avesse sempre cercato di evitare ogni contatto con l’acqua del mare, colpevole quindi di rivelare la sua vera identità ultraterrena.
Amaryllis si sentì osservata ma rincuorata dal percepire che il giovane umano non la temeva, anzi la capiva ed emanava una forte energia positiva e protettiva. Anche lei lo avrebbe protetto, cercò di comunicargli con gli occhi, fissandolo con una soavità quasi perforante.
- È meglio rientrare nella boscaglia – affermò d’un tratto Jay Jay, e Jim non se lo lasciò ripetere due volte, trovando così il pretesto per staccarsi da quelle iridi azzurre e luminose dallo straordinario magnetismo.
Dopo qualche metro, però, avvertì che il tragitto sembrava continuare a prolungarsi rispetto a come lo aveva immaginato dalla collina: - Ci siamo persi.
Il mulatto obiettò con la testa: - No, abbiamo solo preso un’altra strada – ironizzò con un pizzico di nervosismo.
- Sbagliata – perseverò Jim, sentendo sorridere piano Amaryllis dietro di lui.
In quell’istante i profili di due navi distinte si slanciarono oltre la vegetazione tropicale che forniva un valido scudo ai tre intrepidi esploratori.
Avanzarono cautamente, piegandosi in corrispondenza di foglie e rami per celarsi agli ignoti uomini appena sbarcati. Poterono così valutare in tranquillità le fattezze dei due velieri. Uno aveva lo scafo bruno largo e basso, una fila di remi su ogni fiancata che somigliavano a grosse pinne e si aggiungevano all’ampia velatura disposta su quattro alberi, e le sue vele erano decorate con sagome di pesci. Una trentina di uomini robusti e dall’aspetto trucido vi si affaccendava attorno.
- Quella non è la Barracuda – bisbigliò guardingo Jay Jay, accovacciandosi vicino a Jim che stralunò a sua volta senza parlare – E quell’altra? La conosci? – gli domandò ancora stranito.
Il giovane Turner si concentrò ad analizzare la seconda imbarcazione che aveva una chiglia appuntita di legno verdastro, due soli alberi e le fiancate piene di portelli e altre incomprensibili strutture metalliche.
Era sicuro di non aver mai visto niente del genere. Sul suo cassero di poppa si muoveva con andatura fredda e misurata un uomo di mezza età con indosso una logora casacca celeste, un largo tricorno rosso stinto nascondeva in parte il suo volto rugoso chiazzato da macchie e da una folta barba brizzolata e arruffata, facendo ombra sui suoi piccoli occhi incavati. La sua voce sporca, cavernosa e con un’indimenticabile sfumatura malvagia distribuiva inesorabile ordini e minacce ai sottoposti.
Il cuore di Jim perse un battito: sapeva per certo che non poteva trovarsi lì, eppure era altrettanto sicuro di non potersi sbagliare: - Credo di conoscere quel capitano.

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Capitolo 23
*** Capitolo 22: Complicazioni ***


Salve carissime lettrici e/o lettori! So che è passato parecchio dal mio ultimo approdo ma conto ancora di trovarvi numerosi a leggere e commentare questa storia! In questo nuovo capitolo ho inserito veramente parecchia carne al fuoco, un fuoco lento che spero alla fine si trasformerà in un buon'arrosto!^^

Nonostante la mia latitanza negli aggiornamenti ho notato che la mia serie "La spada, il corvo, il mare" continua a vantare parecchi seguaci vecchi e nuovi, e oggi colgo l'occasione per ringraziarvi tutti.

Grazie per il vostro apprezzamento! Spero di non deludervi e vi anticipo che vi terrò compagnia almeno per un'altra decina di capitoli!

A presto, con affetto Fannysparrow.

ps: oggi nella mia pagina autore ho inserito il link alla mia pagina personale scrittore su facebook, per chi volesse contattarmi per farmi domande o per chiacchierare, vi aspetto!



Capitolo 22: Complicazioni

- Hey! Abbiamo compagnia!
A quel grido entusiastico i capitani si precipitarono fuori dalla costruzione per saperne di più.
La bocca di Anamaria si aprì in un sorriso rincuorato: - Ci siamo tutti, a quanto pare, finalmente! – mormorò soddisfatta, incontrando i volti meno tranquilli degli amici – Segnalate la nostra posizione! – gridò comunque ai suoi marinai, che si arrampicarono issando un cannoncino per sparare dei colpi di avvertimento agli ignoti arrivati.
Jack non fu d’accordo con quella temeraria iniziativa: - Ma che ne sai che la compagnia arrivata sia quella giusta? Non sarebbe meglio aspettare di capire chi sono, prima di rivelarci? – si intromise febbrilmente preoccupato.
Nel mentre giunse anche José: - Io pensavo di andare a cercare i ragazzi - avvertì la Jucard, accennando col mento alla giungla, ma lei gli corse dietro e lo fermò, ignorando le petulanti rimostranze di Sparrow che la inseguiva a sua volta: - No, José. Preferirei averti qui, nel caso dovessimo combattere.
A quella considerazione Will ed Elizabeth le lanciarono uno sguardo inquisitorio e permaloso, ma il capitano della Murena continuò a fare la voce grossa, sfoderando la sua schietta intraprendenza: - Andranno Sputafuoco e Gibbs a recuperare i marmocchi.
Jack fissò per qualche istante le mani della donna saldamente appoggiate ai possenti pettorali del pirata dalla pelle scura, poi tornò a scrutarla e reagì rabbiosamente: - Volevo ricordarti che mastro Gibbs fa solo quello che gli dico IO, nevvero? – sollecitò con un insistente occhiolino il compare.
- Certamente – si affrettò a rispondergli quello con un abbozzo di riverenza, attendendo il suo ordine.
Sparrow finse di ponderare saggiamente la sua scelta mentre tutti lo guardavano incerti sul da farsi: - Vai pure con Bill. Tanto qui non servi a niente – sbottò altezzoso voltando le spalle al sottoposto, e ritrovandosi così nuovamente faccia a faccia con Anamaria che lo motteggiò con un sogghigno saccente, dal quale intuì che non aveva ancora finito di spadroneggiare:
- Gradirei che restaste anche voi, signori Turner, dato che io e Jack andremo a dare il benvenuto a Capitan Barbossa.
Will ed Elizabeth sgranarono gli occhi, mentre il capitano della Perla le urlò un bizzoso: - Te lo scordi!
La Jucard gli si avvicinò sguainando la spada: - Hai paura di rivedere il caro vecchio Hector o di restare da solo con me? – lo stuzzicò passandogli la lama ad un soffio dalle treccine del pizzetto e incutendogli lo spavento di tranciargliele.
Jack emise un singulto, afferrando con decisione la sciabola e scostandola: - Ho paura che tu ti stia prendendo un po’ troppe libertà, cara. Non sei mica il re dei pirati! – la ammonì tra il serio e lo scherzoso.
I Turner aprivano bocca e scattavano in avanti, senza riuscire ad inserirsi nella vivace diatriba.
- Quindi mi lascerai andare da sola? – continuò a lagnarsi Anamaria, risistemando le armi nei loro foderi, senza alzare la fronte. Il filibustiere, sbuffando e alzando gli occhi al cielo, le porse il braccio invitandola ad incamminarsi e la donna, senza dargli troppa soddisfazione, lo assecondò tenendosi a distanza.
Elizabeth tentò invano di richiamarli, ma le sue parole si persero tra i suoni della foresta che stava ridestandosi.
- Ci hanno fregati! – appurò crucciata volgendosi al marito – Che facciamo qui? – lo spronò, non riuscendo più ad accettare la permanenza in quell’angolo così recondito dell’isola, senza sapere cosa facessero tutti gli altri.
Will, però, si mostrava stranamente calmo: - Vedrai che adesso i ragazzi torneranno e nel frattempo sarà meglio riposare per essere lucidi e pronti a ricevere gli altri – commentò flemmatico, mettendosi ad affilare la sua spada contro una lapide.
La sua indifferenza non fece che peggiorare l’umore già compromesso della moglie: - Will, ti ricordo che l’ultima volta in cui Jim è andato in giro da solo per la giungla ha sparato ad una ninfa. E adesso di pistole ne ha due … E ci sono un mucchio di pirati attaccabrighe qui intorno. Pensa un po’ tu cosa potrebbe succedere – lo schiaffeggiò verbalmente.
Il pirata non cedette al pessimismo della compagna che, oltretutto, gli aveva rivelato di essere a conoscenza di quello che lui pensava fosse un segreto tra lui e suo figlio.
Interruppe la molatura, le sorrise lievemente prendendole le mani: - Magari invece Jim questa volta si responsabilizza, non pensi?
Lei lo guardò incredula: lo credeva immune dalla dissennatezza che inevitabilmente contagiava chi viveva a lungo per mare, al contrario anche lui pareva esserne vittima da qualche tempo! Ma poi cercò di rilassarsi e di riconsiderare la situazione: il suo Jim non era un ragazzino qualunque, tre anni di pirateria l’avevano istruito abbastanza su come cacciarsi fuori dai pasticci indenne. Anche se restava sempre un Turner: impulsivo e a volte un po’ ingenuo.
Will aveva lo sguardo sereno e sicuro, gli concesse fiducia e capì che doveva avere validi motivi per non preoccuparsi: - Cosa vi siete detti tu e Jack?


- Fortezza?! Ne sei proprio certo, BJ?
Jim afferrò per il bavero Jay Jay, che si era sporto imprudentemente a spiare da oltre il cespuglio per osservare meglio quell’uomo – Sì, ne sono certissimo – bisbigliò ancora frastornato.
Il mulatto non si capacitava: - Come eri certo che fosse morto?
Turner esalò un verso seccato: - Per la cronaca, io non l’ho visto morto, è stato capitan Jack a dirci che era affogato – precisò piccato, sottraendosi all’infamante accusa di essere un bugiardo.
Inaspettatamente fu Amaryllis a mettere tregua ai loro diverbi: - Loro cercano persona con sangue salato. Solo così l’occhio funziona intero e possono chiedere il dono supremo. La vita eterna – rivelò con una vena d’angoscia nella voce cristallina.
Jim boccheggiò intuendo che quella persona per qualche ragione doveva essere proprio lei, e che per questo si era nascosta fra loro.
- Hey, bella! Comincio a sospettare che tu sappia molte più cose di quello che vuoi farci credere! – imprecò Jay Jay sguainando un pugnale.
Il coetaneo con un calcio glielo fece cadere: - Non la sgridare – lo minacciò stringendo i denti e trafiggendolo con un’occhiataccia che quello gli restituì.
- Lei mente – gli intimò irremovibile.
- Avrà avuto le sue buone ragioni – soffocò un urlo il giovane Turner, al che il moretto lo oltraggiò con un sorrisetto irriverente, raccogliendo il pugnale e rimettendolo a posto, senza interrompere quella sommessa risatina di scherno, ora rivolta alla nereide.
Poi di colpo riacquistò un contegno posato: - Comunque quanto dice Amy spiega tutto. Quello sporco traditore di Jack Sparrow a quanto pare è di nuovo in cerca dell’immortalità! Che idiota! – attestò sdegnato e incollerito.
- Perché parli così di lui? – lo rimproverò amareggiato Jim; nonostante sapeva che quel bizzarro pirata non fosse un uomo integerrimo, si rifiutava di crederlo ancora una volta in combutta con quell’antico nemico che aveva imbrogliato anche lui. Tuttavia non se la sentiva nemmeno di poterlo escludere del tutto ...
Jay Jay lo afferrò con malgarbo per un braccio: - Dobbiamo avvertire il capitano Jucard e i tuoi! – lo esortò impellente, ma entrambi si sentirono tirare per la camicia e si ritrovarono con la schiena per terra.
- Shh! Leggeri mortali! Vi farete scoprire! – li richiamò benevolmente Amaryllis, stesa in mezzo a tutti e due. I ragazzini non ebbero il tempo di fiatare o muoversi che lei si girò a pancia sotto premendo le mani sulla loro bocca, mentre le ombre di alcune sagome armate passavano a pochi passi dal loro debole nascondiglio, smuovendone con irruenza le fronde ...


Jack e Anamaria procedevano senza fretta e senza parlare da quando avevano lasciato gli altri. Si sbirciavano di sottecchi e mantenevano un certo distacco.
- Sei insolitamente silenzioso … a cosa stai pensando? – chiese d’un tratto la piratessa, facendo una sosta sotto una palma e bevendo qualche goccia d’acqua dalla sua borraccia. Sparrow continuò a restare accigliato e le passò accanto con incedere stizzito e labbra serrate.
La mora si rimise in marcia affiancandolo: - Pensi agli insulti che rivolgerai a Barbossa? – lo punzecchiò con facile ironia.
Jack si espresse con tono piatto e biascicato: - Quelli mi usciranno spontanei non appena mi ritroverò davanti la sua brutta faccia – sostenne sarcastico, aprendo appena lo sportellino della bussola, senza staccarla dalla cintura.
La vegetazione si diradava ed era avvertibile la risacca del mare. Anamaria gli parlò prima che fossero troppo vicini ad orecchie indiscrete: – Che senso ha questa rivalità tra te e Barbossa? Ormai hai riavuto la Perla …
Il capitano piantò i piedi e girò sui tacchi, gesticolando in modo nervoso e fissandola negli occhi con intenso risentimento: - Sì, ho riavuto la Perla, ma ciò non ripagherà mai tutto il tempo in cui l’ho perduta perché era sua.
Jack si voltò e riprese a camminare. Anamaria si sentì mozzare il respiro nel riscontrare la tenacia e la disperazione con cui quell’uomo continuava a custodire il suo attaccamento a quel veliero e, una volta di più, comprese che nel suo cuore non ci sarebbe mai stato spazio per niente e nessuno oltre a quella nave. Le sembrava una contraddizione. Com’era possibile che Jack Sparrow fosse capace di provare un sentimento così forte e duraturo per un vecchio vascello e non fosse altrettanto disposto a rivolgere lo stesso impulso nei riguardi degli esseri umani, e nello specifico di una donna? Era chiaro che preferisse passare per codardo.
Pur immersa in quei ragionamenti, la Jucard seguitò a muoversi dietro di lui e in breve la figura maestosa della Medusa Spettro occupò l’orizzonte.
Il suo capitano, Hector Barbossa, si sollevò dal barile su cui era seduto, aspettando che i due pirati si approssimassero, a braccia incrociate e con un’espressione altera e annoiata.
- Sono sorpreso di trovarti ancora al comando della Perla Nera, Jack – stridette con un sorriso tirato, chinando un poco il capo per salutare la piratessa.
Jack lo squadrò da capo a piedi con aria perplessa: - Ed io sono sorpreso di trovarti ancora vivo. Non pensi sia ora di ritirarti? Sei decrepito per la vita piratesca!
Anamaria gli rifilò una gomitata mentre Barbossa lo incenerì con lo sguardo, assumendo una postura meno rilassata e all’apparenza più vigorosa. Gli anni non più verdi ogni tanto gli pesavano, ma non aveva alcuna intenzione di lasciare le sue ossa su qualche miserabile pezzo di terra! Sarebbe morto in mare, come ogni pirata che si rispetti.
L’attenzione di Sparrow, intanto, si concentrò sui dettagli della nave del collega e, arrivata all’albero maestro, colse subito un’evidente mancanza: - Che ne è stato di quel grosso diamante? – strillò stupefatto allargando enormemente gli occhi.
- Aspettavo l’occasione di chiedertelo da quando è sparito – replicò acido e sospettoso Hector, sfiorando l’impugnatura della pistola.
Jack non sapeva se offendersi o sentirsi lusingato: - Non penserai che sia stato io?
L’attempato capitano si fece una risata secca e poi riprese a minacciarlo: - Ne sono praticamente certo. A Saint Kitts.
Il bucaniere si tamburellò l’indice sul labbro: - Saint Kitts? Non mi ricordo di essere mai stato lì. Che c’è di bello? – domandò franco e gioviale, ma gli altri due non cessarono di esibire un atteggiamento ostile nei suoi riguardi.
Sparrow si alterò in una smorfia: - Andiamo, Hector! A quest’ora mi sarei fatto qualche dente di brillante! E, vedi, non ne ho alcuno – gli mostrò spalancando la bocca con l’aiuto delle dita, ad una spanna dal suo viso.
- Pacchiano – si limitò a borbottare quello, indietreggiando per l’alitata alcolica che l’aveva investito.
Anamaria, invece, lo rimbrottò con un leggero pugno sulla spalla: - Non mi dire che si trattava dell’Occhio dell’Oceano? – lo interrogò preoccupata, al che anche Barbossa si dimostrò interessato.
Jack si adombrò e annuì: - Ecco … Temo di sì.

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Capitolo 24
*** Capitolo 23: Scambio di vedute ***


Salve a tutti! Finalmente, chiedendovi scusa per il gran ritardo, oggi riesco a postare un nuovo capitolo di questa lunghissima storia! Siamo quasi agli sgoccioli e le rivelazioni ormai si fanno più fitte, anche se i misteri restano^^

Ringrazio come sempre tutti coloro che leggono o leggeranno, chi mi lascia commenti e chi mette questa storia tra le seguite (Puffola_Lily tra le ultime), le preferite o le ricordate.

Al prossimo approdo!


Capitolo 23: Scambio di vedute

Elizabeth camminava in tondo da parecchi minuti, i nervi formicolanti e un groppo alla gola: non uno fra quelli che erano partiti aveva fatto ritorno e soprattutto non chi aspettava con maggiore trepidazione.
Will parlottava con gli altri pirati ed era salito e disceso più volte dalla cima della casupola per cercare di captare qualche movimento di rilievo in prossimità della costa.
D’un tratto un fruscio di foglie, accompagnato da alcuni sussurri, anticipò l’inaspettata comparsa di un nuovo gruppetto di filibustieri capeggiati da un loro controverso e ritroso conoscente: - Compagni capitani! La natura selvaggia d’esto loco è assai idilliaca alla vista, ma ben poco si addice ad una congrega di pirati. Perché mai, ancor mi chiedo, abbiamo abbandonato la suggestiva tetra cornice della Baia dei Relitti, perfetto scenario a gente del nostro stampo? Sapete dirmi?
I coniugi Turner si guardarono esterrefatti mentre l’uomo con noncuranza si tamponava la testa calva con un foulard di seta verde, celando il fiatone con cui aveva proferito quella manierata presentazione.
Dopo attimi d’imbarazzante silenzio soltanto Elizabeth trovò lo spirito giusto con cui fronteggiarlo: - Capitan Taft, quale impedimento vi ha interdetto dal raggiungerci a Saint Thomas, or è un mese?
Il pirata inghiottì sveltamente della saliva amara, punto dalla mancata accoglienza e dall’accento aspro della donna, ma replicò lo stesso con un sorriso a fior di labbra che gli fece muovere i baffetti sottili: - La corrente delle Azzorre, ovviamente.
Will mosse un passo verso di lui fissandolo con malevolenza: - Vi suggerisco di rimediare un’altra riposta se non volete ricevere un’accusa di tradimento davanti al Consiglio.
Taft avvertì chiaramente un clima di avversione, tuttavia perseverò a fingersi immune alla collera e si mostrò affabile e controllato: - Quanta fiscalità, amici! Siamo pirati!
I capitani dell’Olandese Volante restavano impassibili e accigliati di fronte all’algida sfuggevolezza del comandante della Barracuda. Lo conoscevano poco ma, istintivamente, nutrivano una forte diffidenza nei suoi riguardi. E Jack aveva certo contribuito non poco a quella considerazione negativa. Il problema era capire chi dei due fosse sincero.
- Allora? Che ne è stato dei nostri colleghi? Quando abbiamo intenzione di iniziare? – sbottò con impazienza Taft, acuendo involontariamente il tono della voce.
Elizabeth gli si accostò gettando una rapida occhiata alla ciurma dell’uomo che scalpitava scontenta alle sue spalle: - Mettetevi comodo. Presto saremo al completo.


I rami poco a poco tornarono immobili, le ombre minacciose si dileguarono e i respiri dei ragazzi ripresero un ritmo regolare. Jay Jay e Jim sollevarono gradualmente la schiena dall’erba fresca e si guardarono negli occhi con incredulità.
- Non ci hanno visti? – balbettò Turner imbattendosi nell’espressione velatamente compiaciuta di Amaryllis.
- Presto! Dovete andare ad avvertire gli altri! – ribatté lei, rimettendosi rapidamente in piedi con l’agilità di un fringuello che riprendesse il volo.
Jay Jay annuì deciso e, dopo essersi accertato che non vi fosse davvero più gente lì attorno, imboccò un sentiero della giungla svanendo velocemente e senza curarsi di aspettare che lo seguissero.
Jim restò imbambolato e la bella ninfa sorrise lievemente del suo stordimento, impicciandolo e seccandolo un po’: - Come hanno potuto non accorgersi di noi? Erano ad un soffio! Hanno infilato la testa! E … hai usato una … magia?
La biondina gli poggiò un dito sulle labbra: - Vieni con me. Voglio farti vedere una cosa … - lo invitò tornando riflessiva. Il ragazzino si lasciò prendere per mano cercando di non arrossire mentre la nereide lo conduceva prudentemente attraverso la vegetazione, percorrendo a ritroso la strada che li aveva portati sin lì.


Jay Jay si era lanciato a rotta di collo fra gli alberi, buttandosi alle spalle la spiacevole tensione di essere stato così vicino a cadere nelle grinfie di altri pirati di cui sconosceva ancora i propositi. Jim non lo aveva seguito, ma poco importava. Lui aveva quasi sempre vissuto e lavorato da solo, mentre aveva capito sin da subito che quel moccioso era ancora troppo attaccato ai suoi genitori per essere un vero pirata. Quella graziosa fanciulla li aveva aiutati usando sicuramente i suoi sconosciuti poteri, ma era meglio che altri non lo sapessero. Tenne d’occhio la cima della collina, questa volta non avrebbe sbagliato strada, eppure la sua corsa si interruppe prima del previsto contro un corpo che al primo impatto non distinse.
- Siete voi! – esclamò tranquillizzandosi un po’ quando lo riconobbe.
Jack con quello scontro era finito seduto a gambe aperte, contraendosi ancora per il dolore della botta che gli era arrivata direttamente allo stomaco. Non appena la vista gli si snebbiò, affinò lo sguardo e divenne furioso, ma Jay Jay lo precedette.
- Siete voi – stridé il ragazzo di colpo digrignando i denti, impulsivamente sguainò il pugnale e lo sovrastò bloccandolo con la schiena al suolo: - Schifoso traditore, ci avete teso un tranello!
Anamaria accorse udendo quel vocio e per poco non credette di assistere ad uno scontro, o peggio ad uno sgozzamento: - Jay Jay! Fermati! Di che diamine stai parlando?
Il moretto si contenne, ma nel suo accentò restò la bile: - Il vostro “amico” qui, ci ha portato Fortezza! – frignò non staccando la faccia torva da quella inebetita del capitano della Perla Nera, che si trovò a lottare contro la sua sorprendente forza per tentare di rialzarsi.
- Fortezza? – trasecolò la Jucard inquietandosi e fissando Sparrow in cerca di conferme.
- Improbabile! – si difese subitamente lui, ribaltando infine le posizioni con il ragazzino per poi lasciar cadere il suo pugnale dentro un cespuglio.
Nel frattempo era sopraggiunto anche Barbossa con quattro della sua ciurma, e quella discussione lo lasciò piuttosto perplesso, anche se preferì non esporre il suo parere.
Anamaria prestò un braccio a Jay Jay per aiutarlo a rimettersi in piedi: - Dov’è il figlio dei Turner? – lo interrogò infuriata, più che altro da tutti quei misteri che stavano emergendo intorbidando sempre più la situazione.
Il ragazzino s’inalberò: - Che ne so – bofonchiò mettendosi a cercare la piccola arma cui era tanto affezionato, poiché era stata la prima che avesse avuto per sé.
Ma la capitana non lo mollò, immaginava già le espressioni di Elizabeth e Will se fosse tornata con uno solo dei due ragazzi: - Non eravate insieme?
Il giovane emise un urletto di gioia rinvenendo il pugnale, gli diede un bacio e se lo nascose nella cintola prima di risponderle acidamente: - Sissignora. Ma non sono mica la sua balia! Sarà rimasto indietro.
In quell’istante Barbossa li superò col suo passo svelto ma claudicante, spingendo a camminare rapidamente anche Jack che si era attardato ad ascoltare i due, gracchiando: - E noi dobbiamo andare avanti, ci aspettano!
A quella sollecitazione sia Jay Jay che Anamaria sveltirono il passo, mettendosi in capo al gruppo e il mulatto, dopo poco, bisbigliò annoiato all’indirizzo della donna: - Chi è quel vecchio zoppo?
La Jucard gli rifilò una tirata d’orecchio: - Jay Jay! Quello è Capitan Barbossa! Stai attento a come parli!
Il ragazzino si voltò e inviò un sorrisetto e un cenno di saluto all’attempato filibustiere che, però, pareva concentrato sui suoi pensieri e non lo notò, mentre Jack, poco distante, si trovò a considerare che quel mocciosetto dal cipiglio arrogante, magro come un’acciuga e scattante come la corda di un arco, pareva in qualche modo imparentato con la simpatica Anamaria per il modo lesto di muoversi, guardare e perfino parlare ...


Il mare era limpidissimo e piacevolmente fresco, non molto profondo però in grado di assicurare di nascondersi completamente sotto la sua superficie. Quella era una delle tante baie dell’isola, incontaminata anche solo dal ricordo della presenza umana del passato o del presente. Jim comprese che Amaryllis l’aveva scelta per impedire che altri li vedessero, anche se non gli aveva ancora rivelato quale fosse il motivo di quell’allontanamento.
La ninfa aveva iniziato a bagnarsi poco a poco e il suo corpo si era confuso tra le onde, prima che l’acqua giungesse a coprirla interamente allungò un braccio verso l’amico, chiedendogli gentilmente di raggiungerla: - Non temere, Billy Jim. Il mare è nel sangue umano dal tempo in cui gli esseri umani erano parte di un altro elemento. [1]
Jim tentennò confuso, poi adagiò cappello, cintura e stivali poco lontano dal bagnasciuga, prese un lungo respiro e si tuffò.

Quando si decise ad aprire gli occhi ebbe un sussulto che quasi gli fece uscire di bocca l’aria accumulata. Per la prima volta la magica creatura gli si mostrava per quello che era: parte dell’elemento più sfuggente e affascinante del pianeta. La veste di perle era scomparsa e la sua pelle appariva trasparente e liquida come l’acqua, tuttavia riusciva appena a discernere il suo profilo poiché emetteva una tenue aura celeste. I suoi capelli erano diventati di un argento brillante, le orecchie apparivano appuntite mentre i suoi occhi azzurri, che tante volte lo avevano costretto ad abbassare lo sguardo per la loro purezza e intensità, adesso apparivano gialli e fluorescenti.
La creatura gli sorrise e allora gli sembrò che fosse sempre la stessa, in fondo. Tornò su per riprendere altra aria, lei però non riaffiorò e allora si immerse di nuovo e la colse mentre faceva qualcosa che di primo acchito non riuscì a spiegarsi.
Era come se soffiasse sott’acqua, ma in verità capì che probabilmente stava comunicando nella sua strana vera lingua, fatta di gorgoglii e suoni acuti simili a quelli emessi dai delfini e da altri esseri marini.
Dopo qualche secondo la nereide lo afferrò per un braccio suggerendogli di uscire, e i due rimasero in silenzio fin quando non toccarono di nuovo terra e lei riacquistò l’aspetto di una delicata fanciulla: - Non piacerei a nessuno in quel modo - sussurrò rimuovendo con una strizzata energica l’acqua dai lunghi capelli che tornarono dorati, mentre anche il prezioso vestito perlaceo andava ricomparendo.
- Non hai niente che non va … Sei solo non umana – la rassicurò Jim, spremendo alla meno peggio la camicia zuppa e rimettendosi gli stivali.
Amaryllis lo sorprese, piegandosi verso di lui e posandogli un leggero bacio sulla guancia:
- Sapevo che potevo fidare di te.
Il ragazzino si sentì avvampare e simulò il forte disagio continuando a perdere tempo con i bottoni della giacca e le fibbie della cintura, per non doverle rivolgere il viso che temeva fosse diventato rosso come un peperone.
Tuttavia la ninfa con naturalezza aveva posto l’attenzione sull’orizzonte: - Adesso loro sanno – annuì grave, precisando, quando Jim la scrutò con dubbiosità - Le mie sorelle e i miei fratelli. Quelli che sono ancora liberi.
- Chi li tiene prigionieri? – replicò quello curioso – La persona col sangue salato. Quello che ha rubato l’Occhio dell’Oceano – dedusse crucciato per non averlo ancora potuto identificare.
Amaryllis comprese che era ora di svelare tutto il resto: - Per ottenere vita eterna deve versare tutto suo sangue salato sulla pietra, dal suo cuore. Ma lui ha paura di morire, per questo cerca altra persona con sangue salato da sacrificare.
Turner si sentiva onorato per quella confidenza, e, sebbene la storia lo turbasse, ormai che c’era voleva sapere tutto: - Chi è questa persona? Tu lo sai?
La nereide tese il braccio verso di lui sfiorandogli con l’indice il petto e stropicciando le labbra per il dispiacere: - Sei tu Jim



[1] Frase presa da un libro che ho letto qualche mese fa “Storia di mio figlio” di Nadine Gordimer (che parla di tutt’altro!), della quale mi sono innamorata e che incredibilmente rispecchia quello che avevo in mente di far pronunciare ad Amaryllis.

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Capitolo 25
*** Capitolo 24: Carte in tavola ***


Buona domenica lettori! A chiunque di voi sia ancora interessato a questa lunga storia chiedo umilmente venia per l'enorme ritardo nell'aggiornamento, ma metto le mani avanti giustificandolo con esami, mancanza di tempo, blocco di ispirazione che se n'è andata a spasso con altre storie...Vabbé, mi fermo qui, che è meglio! XD!

Siamo agli sgoccioli, nella mia testa dovrebbero mancare circa 6 capitoli alla conclusione. Spero di riuscire a postare più spesso, anche se le vacanze sono comunque motivo di ulteriori distrazioni.^^

Ringraziando come sempre tutti coloro che leggono in silenzio, chi mette la storia tra seguite/ricordate/preferite e chi mi lascia il suo parere ad ogni capitolo (loro sanno chi sono),  vi auguro buona lettura.

Al prossimo approdo!)


Capitolo 24: Carte in tavola

Quelle iridi di cristallo riflettevano sempre la stessa luce benigna nonostante avessero appena espresso la sua condanna. A Jim sembrò di avere perso improvvisamente la facoltà di capire, sentire, parlare.
- È assurdo! Credevo che il sangue salato potessi avercelo tu, oppure Capitan Sparrow, o mio padre … - s’interruppe a bocca dischiusa quando lei annuì.
- Tuo padre apparteneva al mare quando nascesti – stimò ineludibilmente.
Turner si afflosciò sulla sabbia a riflettere, profondamente turbato. Non perse tempo a domandarsi come lei potesse saperlo, sicché oramai era assodato che fosse dotata di una sovrumana conoscenza, piuttosto era preoccupato da ciò che significava quella scoperta: - Ma il sangue salato è un sangue normale …? – indagò titubante, scrutandosi scioccato le vene che trasparivano sui polsi.
La bionda nereide emise un risolino e si premurò di offrirgli una mano per incitarlo a rialzarsi:
- Di più. È speciale – commentò osservandolo ancora con le labbra arcuate.
- Sono qui per uccidermi … Stanno cercando me … è questo che stai cercando di dirmi? – balbettò Jim confuso e spaventato, indietreggiando verso la giungla.
Amaryllis si lasciò sfuggire un sospiro indulgente e incoraggiante: - Non devi morire. Puoi venire con me – gli propose allungando le braccia verso le sue spalle – In fondo al mare la vita è più sicura, tranquilla e … noiosa – riconobbe desolata, arrestando le mani a mezz’aria, raffreddando l’iniziale entusiasmo – Ed è per questo che voi umani non potreste viverci per sempre.
Il giovane Turner rifletté su quelle parole e non trovò l’appiglio per smentirle. Per quanto fosse affascinato dal mare, sin da quando aveva memoria, c’era qualcosa che lo frenava ad abbandonarglisi completamente. Superata la paura di non toccare il fondo era subentrata quella di affondare, di essere trascinato dalla corrente senza riuscire a domarla. E gli occhi profondi e acquosi di quella creatura non gli rammentavano che questo timore all’apparenza insensato.
- Coraggio, torniamo dagli altri – le suggerì alacremente, ricoprendosi d’imbarazzo nel considerare quanto tempo avesse trascorso da solo con lei dopo il suo taciuto allontanamento dai genitori e dalla ciurma.
La ninfa strisciò i piccoli piedi nudi sulla tenera sabbia, tenendogli dietro a passi sconfortati.
Jim valutò il sentiero meno frondoso per evitare che entrambi si graffiassero la faccia o si impiastricciassero di insetti. Insultò mentalmente Jay Jay per essersi dileguato senza averli aspettati, non avevano nemmeno concordato una giustificazione da fornire agli adulti.
Ma era principalmente un altro il pensiero che lo premeva. Guardò per alcuni secondi l’amica, prestandole aiuto nei punti più difficoltosi da superare in quella fitta boscaglia tropicale che rendeva ancora più afosa l’aria già surriscaldata dal sole di mezzodì. Il suo viso era così candido e celestialmente bello. Una piccola ruga tra le sottili sopracciglia dorate le increspava la pelle diafana e la piccola bocca rosa era aggrottata in un sorriso che si sforzava di apparire sereno.
- Quanti anni vivete voi? – le domandò con indiscrezione – Scusa – mormorò subito dopo, incontrando la sua espressione attonita. La sua intenzione era soltanto quella di deviare l’argomento per tentare di scacciare il malumore che aveva teso i suoi lineamenti, poi, però, si rese conto di aver optato per la conversazione meno opportuna. La fanciulla tacque e lui evitò di posare di nuovo i suoi occhi su di lei, mostrandosi occupato a seguire il sentiero.
- Posso risponderti – sentì pronunciare dalla sua voce chiara e dolce – Noi di stirpe inferiore viviamo solo diecimila dei vostri anni. Quando il soffio di vita svanisce ci dissolviamo nella spuma di mare – spiegò con una sfumatura estremamente placida – La dea invece è eterna – soggiunse con reverenza.
Jim comprese che si riferiva alla crudele e potente Calypso e un leggero brivido lo scosse nel ripercorrere ciò che avevano rischiato pochi anni prima con lei di nuovo determinata ad essere la padrona degli oceani. Adesso sembrava esserci qualcun altro che voleva prenderne il posto. Ed era davvero una contraddizione, perché gli oceani erano nati liberi.
Svoltò rapidamente, facendo segno alla ninfa di seguirlo: – Ma, non invecchiate? – chiese con indifferenza, come se parlasse tanto per rispetto di un convenevole insito nella sua buona educazione.
Amaryllis considerò il suo interessamento spontaneo e sperò anche potesse derivare dalla volontà del giovane di conoscere meglio il mondo cui lei poco prima gli aveva proposto di appartenere. Era felice di potergli rivelare tante conoscenze che di solito doveva invece tenere segrete: - Certo che invecchiamo. Solo la nostra vita è più lunga, cresciamo più lentamente. Nell’aspetto. Io sono molto cambiata rispetto a quando ho conosciuto Jack. Ora mi sento adulta – ammise timidamente, seppure con un tocco di orgoglio e vagheggiamento.
Jim la spiò con la coda dell’occhio. “Per questo ti piace mio padre”, rimuginò ricordando l’espressione trasognata con cui l’aveva beccata più volte rivolgergli lo sguardo che si illuminava proprio come stava accadendo in quell’istante.
- Finalmente, Jimmy.
Un voce bassa, roca e rincuorata precedette la comparsa di Sputafuoco, prima che la sua vista, allampata dai forti raggi, tornasse a distinguere i contorni delle sagome affioranti tra la vegetazione.
Il ragazzino scorse anche Gibbs e sbuffò leggermente: - Fatemi indovinare: i capitani Turner stavano in pensiero – masticò con sarcasmo, scocciato.
Il vecchio Bill, per quella volta, sorvolò sulla sua impertinenza: - Hai scelto il momento meno opportuno per fare una passeggiata – lo rimbrottò con calma, prendendolo per un braccio senza stringerlo troppo – C’è gente pericolosa in giro – chiosò tendendo le orecchie ai rumori lì intorno.
Jim espirò lentamente dal naso, abbonandogli un sorriso innocente: - È per questo che mi sono offerto di accompagnare Amaryllis.
Gibbs sogghignò divertito dalla spigliatezza di quell’adolescente, porgendo il braccio alla fanciulla che alternava occhiate schive e fugaci a tutti e tre e agli alberi.
- Torniamo indietro – sentenziò Bill accennando con un movimento della testa ad una macchia di palme da dove erano sopraggiunti.
- Aspettate! – lo strattonò il nipote con impellenza – Forse è meglio se io non vengo con voi. Perché mi stanno cercando … Lui … - ciarlò concitatamente scalciando. I due pirati non capivano ma erano turbati dalla sua ansia convulsa.
– C’è qualcuno lì che è venuto per uccidermi – strillò con quanto più contegno gli riuscisse di mantenere. Gli uomini erano basiti da quell’inaspettata rivelazione.
Il ragazzino si avvicinò alla ninfa, prendendola per le spalle: - Amaryllis mi hai accennato ad un uomo col sangue salato che ha paura di morire.


Oliver Taft era visibilmente annoiato da quella lunga e finora inutile attesa. I Turner lo sorpresero più volte a sbadigliare in modo lezioso mentre s’intratteneva nella minuziosa analisi delle piante, declamandone la nomenclatura inglese e latina, e studiava le strutture architettoniche delle rovine che esse rivestivano.
Il capitano della Barracuda, di tanto in tanto, rivolgeva a Will ed Elizabeth degli indisponenti sogghigni notando che l’osservavano spaesati e dubbiosi.
La foresta tutto intorno stormì in più punti, le dita dei pirati scivolarono sulle loro else e le strinsero, preparandosi ad attaccare. Erano circondati.
- Quindi è questo il posto? – attestò con accento apatico e sdegnoso un uomo dal tricorno rosso stinto che impugnava due sciabole della stessa lunghezza. Dietro di lui vi erano una decina di scagnozzi dai volti torvi e ben armati.
Jack sbucò qualche metro alla sua destra: - Chi non muore si rivede, eh Fortezza? – lo schernì con noncuranza, quasi rintuzzasse un buon amico di vecchia data.
Un altro gruppetto di bucanieri spuntò di fronte a loro, dalla parte opposta: - Un’isola cimitero? – biascicò quello che nell’aspetto pareva il più simile ad un comandante, indossando un grande cappello blu e una giacca verde muschio ricamata.
Sparrow ignorò lo sconosciuto capitano e si portò al centro della piccola radura, passeggiando allegramente tra le lapidi: - Si sa: le riunioni di pirati nobili possono essere molto infervorate. Qualche volta c’è pure scappato il morto … - ironizzò mostrando loro le fosse già pronte.
Will e la moglie reggevano le spade senza sapere se e a chi rivolgerle, tentando di dare un’identità a tutti quei fuorilegge che avevano riempito Isla Cruces, ma ora la loro attenzione era rivolta soprattutto al capitano della Perla Nera che aveva architettato quella riunione. Anche Anamaria e Jay Jay lo scrutavano impazienti.
- Scherzi a parte! Un buon pirata deve sempre essere imprevedibile, agire nell’ombra – riprese a dissertare Jack, girando su se stesso per tenere d’occhio tutti – Immagino che qualcuno dei presenti sia d’accordo con me, dico bene? – cianciò sfiorando con uno sguardo sia il redivivo Worley sia il sibillino Taft.
Barbossa claudicò collericamente fino a lui: - Basta con questa sciocca tiritera, dannato Sparrow! Illustra il problema – lo aizzò facendo scattare il cane della pistola come minaccia.
Il filibustiere fissò per qualche secondo la canna dell’arma storcendo la bocca e sollevando gli occhi al cielo: – Il problema – sospirò strizzando le palpebre e grattandosi una tempia, quasi per riacciuffare il filo del discorso. Poi gli voltò le spalle parlando direttamente con gli altri pirati: - L’Occhio dell’Oceano è sparito. Qualcuno lo sta adoperando per depauperare i fondali e il mare ci si sta rivoltando contro – riassunse con una disinvoltura da cui trapelava anche una sincera rabbia miscelata ad un’altrettanta accesa angoscia.
Taft spezzò il silenzio denso di mormorii che ne seguì, prorompendo in una risata secca e corposa: - Non prendiamoci in giro, signori. Oggigiorno ci sono più tesori in fondo al mare che sulla terraferma o sulle navi. I nostri nemici non fanno altro che affondarci! – decretò con strenua convinzione, infervorandosi senza alterare più di tanto la voce che restava incredibilmente limpida e serafica.
Capitan Sparrow, mentre lui parlava, aveva richiamato con un gesto della mano Pintel e Ragetti che subito erano entrati nel rudere uscendone pochi secondi dopo con un barile che rotolarono sull’erba, poggiandolo proprio davanti a lui. Tutti gli altri si avvicinarono circospetti attorniandolo, spingendosi a vicenda e dandosi gomitate per scoprire cosa mai celasse.
Il capitano afferrò l’arpione che gli porse il marinaio dall’occhio di legno, fece leva sulla sommità del recipiente cilindrico e in breve lo scoperchiò. Ne esalò subito un tanfo di alcol misto a lezzo di pesce putrido. Jack v’immerse la punta metallica fino in fondo e infilzò qualcosa di consistenza solida ormai divenuta quasi macera, estraendo con lentezza una lunga appendice violacea puntellata di sporgenze rotondeggianti.
- In fondo al mare non ci sono solo tesori, compare – confutò semiserio, le iridi nere sprizzavano dissapore e sagacia.
Molti dei presenti si tapparono il naso e la bocca strabuzzando: appeso al ferro uncinato c’era il moncone di quello che a tutti gli effetti sembrava l’estremità di un enorme tentacolo.

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Capitolo 26
*** Capitolo 25: Insospettabili legami ***


Buona serata, miei fedeli mozzi! Dopo più di due mesi vi propongo un nuovo aggiormento di questa storia.

Ammetto, e a malincuore, che non ho degnato questa long del rispetto che si meritava, vuoi per l'avvento di nuove idee che mi hanno deviata, vuoi forse anche un po' scoraggiata dal calo di apprezzamenti e recensioni.

Ma pazienza, ormai è andata così^^ E per quei pochi che continuano a leggerla e seguirla prometto di non lasciarla incompleta ;)

Vi saluto, con un capitolo abbastanza pregno e lunghetto.

Al prossimo approdo!)


Capitolo 25: Insospettabili legami

I commenti sussurrati tra la meraviglia e lo sgomento non erano più udibili di un mormorio indistinto e timorato. Benché quel luogo ospitasse i più temuti e rinomati pirati dei sette mari con le loro rispettive ciurme, la prova dell’esistenza di altre mostruose creature degli abissi simili a quella aveva ammutolito perfino quegli animi arditi e avvezzi a pericoli d’ogni sorta.
Jack scagliò a terra l’arpione con ancora attaccato il tentacolo e si passò schifato le mani sui pantaloni, imitando un gesto di pulizia che non aveva ragion d’essere dato che non lo aveva toccato direttamente.
Alcuni uomini arretrarono dal moncone bitorzoluto, altri lo esaminarono con maggiore attenzione. Will era tra questi ultimi e, dopo essersi piegato sulle gambe per osservare più da vicino la singolare reliquia, si rialzò scosso e incredulo. La memoria era piuttosto vivida e non s’ingannò: ne aveva avuto una terrificante e indimenticabile esperienza diretta poco più di un decennio prima.
- Maledizione! È … un altro Kraken? – sussultò, faticando a pronunciare quello stesso nome che rievocava altrettanti terribili ricordi fra i presenti.
– Come è possibile? – s’interrogò atterrita Elizabeth, stringendosi al braccio del marito.
Mentre altri bucanieri, scettici, ponevano la stessa domanda, Sparrow intervenne con noncuranza: - Nessuna creatura viene fuori dal nulla – sentenziò guardando di sottecchi Taft – Tutti hanno una madre o un padre – puntualizzò schiettamente, evitando di soffermarsi su qualche volto, in particolare su quello di Anamaria che lo fissava con intensità furtiva.
- Quindi vuoi dire che potrebbe essere persino più grosso di quello là? – raggelò Turner, inquietandosi più per i misteri che si celavano dietro quell’apparizione che per la ricomparsa della bestia stessa.
Il capitano della Perla non si sbilanciò facendo spallucce, al posto suo parlò inaspettatamente Ragetti: - Non lo sappiamo. Questo pezzo l’abbiamo tranciato perché si era incastrato nelle reti da pesca – riferì contenendo un singulto di paura che il suo occhio chiaro non poté nascondere.
Le accuse di menzogna e le manifestazioni di panico dei partecipanti si accavallarono schiumando come marosi in tempesta, producendo un clamore confuso da cui scaturirono spontaneamente schieramenti opposti che, sfiorando le armi roventi nelle fondine, si apprestavano a darsi battaglia.
La figura alta ed esile di Oliver Taft si erse insieme alla sua voce forte e acuta invitando i colleghi a tornare all’ordine e ad ascoltarlo. Dopo svariati richiami gli uomini tacquero, soprattutto perché curiosi di udire ciò che quel flemmatico e intelligente scozzese, che in pochi anni era salito agli onori della Fratellanza, avesse da proferire. Il Capitano della Barracuda salì su un macigno e s’impresse un’espressione grave e dispiaciuta, nascondendo un’intima soddisfazione: - Signori, comprendo la vostra ambascia, ma vi do la mia parola che siffatti spiacevoli incidenti non avranno più luogo – asseverò con un affabile sorriso.
I pirati nobili si scambiarono sguardi fugaci, comprendendo che quel meticoloso e abile affabulatore, a dispetto di un’apparenza piuttosto anonima, doveva essere diventato uno di loro. I conti tornavano e lo avvalorarono le sue successive ammissioni: - Dacché avete confinato Calypso nelle terre dei morti, sarà d’uopo che il mare e le sue creature acquisiscano un nuovo signore che le governi – continuò con tono indecifrabile, manifestando una reale preoccupazione per le sorti comuni, di colpo tuttavia il suo contegno disinteressato divenne presuntuoso, disvelando i suoi effettivi intenti: - Io sono disposto ad assumermi questo pesante fardello, amici. Ma se dovrò portarlo per l’eternità, avrò prima bisogno di ottenerla.
Hector Barbossa, che aveva assistito passivamente alle precedenti diatribe, si ribellò: - State sragionando, Pescegatto Taft! – denunciò furente, impugnando la pistola e incoraggiando anche gli altri ad armarsi.
Jack interferì passandogli davanti con le mani alzate: - Se posso, ti sconsiglio cordialmente acque miracolose e maledizioni legate a forzieri – ridacchiò dissacrante, attirandosi le occhiate infiammate e infastidite di tutti.
Taft, di contro, emise una risata divertita per quella stolta e al contempo arguta battuta: - In effetti avevo in mente qualcosa di nuovo – dichiarò spudoratamente, un lieve sogghigno a curvargli la bocca e i baffetti neri.
Will estrasse la spada avvicinandosi a lui torvo: - Siete voi, dunque, ad aver rubato l’Occhio dell’Oceano – riconobbe astioso, spalleggiato dalla sua ciurma che rapida attorniò il vanesio bucaniere, il quale non mostrò segni di inquietudine.
- Siete voi ad aver soccorso la mia bella cugina, Capitan Turner?
Elizabeth credette di aver frainteso: - Amaryllis?
- Brava – confermò invece Taft, scendendo dal gradone di pietra – Dovete consegnarmela e consegnarmi uno di voi. Per il rituale. Devo ottenere il sangue salato. È per il bene di tutti. – spiegò senza lasciare trapelare alcuna emozione, conferendo un senso di innegabile necessità e indiscutibilità alle sue dichiarazioni. Guardava tutti pretendendo fiducia e appoggio, soprattutto dai suoi alleati che però ora sembravano restare indifferenti. Di nuovo nessuno riuscì ad opporsi, rimuginando sul significato di quel contorto discorso.
Un colpo di pistola squarciò l’aria densa di interrogativi e tensione e il cappello del Capitano della Barracuda volò via. Egli incrociò gli occhi sulla fronte calva ora scoperta, e passandovi il palmo si rassicurò di non essere ferito. Si udì un grilletto scattare nuovamente: - Fottetevi Taft – sibilò inesorabile Barbossa socchiudendo una palpebra per riprendere la mira su di lui.
- A me sinceramente spiace che siate tanto ottusi. Ci avreste solo guadagnato – ribatté offeso quello e, lesto, tirò fuori da una tasca una grossa conchiglia spiraliforme soffiandovi dentro, emettendo un suono vibrante e cristallino. In breve altri spari rimbombarono fra gli alberi e gruppetti di uomini, tra i quali si mescolavano imprevedibilmente le sgargianti uniformi rosse della marina reale inglese, si riversarono come rivoli torrenziali sui presenti.
Ogni filibustiere trovò così un avversario da fronteggiare e Taft approfittò del disorientamento e della confusione generale per eclissarsi speditamente tra la boscaglia, ordinando ai suoi di rintracciare una fanciulla dalla carnagione lattea e la chioma dorata.
- Quel bastardo ci ha consegnati alle aragoste! – ringhiò Anamaria, schivando un fendente e infliggendone a sua volta uno ad un soldato che l’aggredì.
Jack si era involontariamente ritrovato a duellare al fianco della mora, mosso da un imprevisto istinto di protezione, ma, osservando la sua ferocia e la sua destrezza, comprese che non ne aveva alcun bisogno. La piratessa stava per beccarsi una sciabolata alle spalle, quando avvertì il grido di aggressione del tagliagole e, senza neppure voltarsi, tese indietro il braccio e gli esplose un colpo.
- Probabilmente ne hai uccisi più tu in cinque minuti che io tutta la vita – commentò Sparrow con una buona dose di disprezzo a mascherare la sottile ammirazione.
- Ah, sì? – ansimò lei, estraendo la punta della spada dalla gamba di un marinaio e sparando contro l’ennesimo che le si scagliò addosso.
– Non sono mai stato uno dal grilletto facile – ricusò orgoglioso il pirata, spostando le iridi sugli altri scontri per controllarne l’esito.
- Dal bicchiere facile sì, invece – tornò a coprirlo Anamaria, strappandogli la pistola dal cinto poiché aveva finito i proiettili della sua - È per questo che hai una scarsa mira – imputò centrando il moschetto di un soldato che stava tenendo sotto tiro i Turner, i quali la ringraziarono con un cenno.
Jack si affrettò a scacciarle il sorrisino soddisfatto che le increspava le labbra: - Ti sbagli! Io uccido solo quelli per cui vale la pena – disapprovò altezzoso, allungando una gamba per allontanarsi.
- Cadi sempre in piedi! – gli gridò contro la donna, brandendo la sciabola spalleggiata dal suo massiccio luogotenente José, che adombrò letteralmente con la sua imponenza fisica Sparrow.
- Sei troppo sanguinaria per i miei gusti. Tolgo il disturbo! – farfugliò questo salutandola con una boccaccia, infilandosi in un sentiero nella giungla.
Non gli importava impelagarsi in combattimenti con gente sconosciuta, il suo obiettivo era raggiungere e fermare Capitan Taft.
Anamaria non poteva sospettarlo, imprecò mentalmente contro la sua proverbiale vigliaccheria e seguitò a bestemmiare scorgendo il crudo modo di uccidere di uno degli uomini che da principio le era parso dalla loro parte. Questi, che indossava una giacca verde muschio, già imbrattata abbondantemente di sangue, si imbatté nel suo sguardo disgustato e la sfidò assestandole un vigoroso affondo dritto al ventre che la donna parò per un pelo, balzando indietro e rispondendo con una mossa uguale, dovendo difendersi ancora e ancora.
– Strappabudella – ansò con la fronte imperlata di sudore freddo.
Il farabutto, col volto bruciato dal sole e sfregiato da cicatrici, le volse un losco ammiccamento: - Jucard – sibilò bieco, riprendendo le stoccate, incalzato dalla comandante della Murena e dal suo valente nostromo.
Poco distanti da loro, i coniugi Turner stavano tenendo testa ad una decina di ufficiali.
Will tentava di convogliare verso di sé le loro attenzioni per impedire quanto più possibile di coinvolgere la testarda consorte: - Elizabeth! Tu non combatti più! – le intimò ferreo, disarmando e atterrando col suo aiuto due marinai – Va’ a nasconderti. Corri! Voglio dire: nasconditi! – urlò confuso, riprendendo a duellare con due avversari.
- Allora vado a cercare Jim! – lo avvertì lei scappando dalla ressa, il marito non fece in tempo ad ammonirla che un altro paio di spade gli sbarrarono la strada:
- Willy il Corvo. Ci rincontriamo.
Turner rifiutò di credere ad una pura coincidenza e rispose all’attacco: - Capitano Roberts?


Il riecheggiare dell’acciaio, degli strepiti e delle pallottole aveva permesso a Sputafuoco, Gibbs, Jim e Amaryllis di ritrovare la direzione per la radura, ma li induceva parimenti a proseguire con maggiore cautela e a mantenere l’allerta per ogni fruscio, tenendosi pronti a fuggire o nascondersi.
Senza preavviso Jim si sentì afferrare dalle spalle e getto un urlo stridulo, scalciando forsennatamente per liberarsi dall’ignoto assalitore che lo trascinò dietro un cespuglio, tentando di tappargli la bocca. Gli addentò il braccio e allora quello lo rilasciò, rivelandosi:
- Cosa cercavi di fare? Vigliacco che non sei altro! Cercavi di svignartela di nuovo dopo avermi ucciso? – lo accusò aspramente, ancora in affanno per la paura e la collera.
- Farò finta di non aver sentito, Turner jr – biascicò Jay Jay, smettendo di digrignare i denti. Nel frattempo i due bucanieri e la ninfa li avevano raggiunti.
- Certo. Ti brucia sentirtelo dire – continuò Jim non schiodandogli due occhi di brace e in parte delusi, poiché l’aveva giudicato più affidabile e leale.
Il mulatto sbuffò un verso esasperato, sforzandosi di ignorare quelle pungenti provocazioni:
- Dobbiamo mettere da parte queste bazzecole e unire le nostre forze se vogliamo salvare Amaryllis – sostenne stringendo la spalla della nereide che li osservava amareggiata.
Il giovane Turner si fece attento e turbato: - Amaryllis? – anche Gibbs e Sputafuoco si interessarono: - Sì. C’è suo cugino, Taft, che la sta cercando, di là – borbottò il giovane mulatto, ammiccando al cimitero dove si erano concentrati i combattimenti.
La nereide sussultò di sollievo: - Cerca me? Quindi non sa di te – appurò senza alterarsi – Perfetto – mormorò perdendosi a contemplare un punto indefinito verso la baia.
Jim boccheggiò: - Quello lì è tuo cugino? – le domandò scombussolato, parandosi davanti.
Jay Jay si interpose : - Vuole anche uno di noi “umani”. Parlava di un rito o qualcosa del genere. Non ho capito – gesticolò indolente con una mano, come a suggerire la trascurabile importanza di quel dettaglio.
Il figlio dei Turner inspirò gonfiando il petto: - D’accordo. Verrò con te – si offrì guardando con sprezzante fermezza la diafana creatura.
Lei gli portò delicatamente le fredde mani sul viso, rifiutandolo angelicamente: - È meglio che accompagna me lui – bisbigliò solerte e incontestabile.
Jim indietreggiò, sottraendosi a quell’imbarazzante moina che gli aveva arrecato un evidente rossore: - Non ti puoi fidare di lui! – protestò accusando il coetaneo che sghignazzò divertito alzando gli occhi al cielo.
Intanto i pirati più maturi si erano spostati, richiamati da brusii sospetti.
Amaryllis riportò le dita su Jim, stavolta cingendogli il collo: - William James Turner tu sei l’unico che può rubargli l’Occhio di Oceano e far saltare suoi piani. Lui deve aspettare luna di sangue – lo incitò criptica, immergendo le acquose e magnetiche iridi nelle sue con un risultato fortemente ipnotico.
L’altro ragazzino li scrutava nauseato e diffidente, oltre che un pizzico tediato da un misto tra invidia e gelosia, temendo di dover assistere anche ad un bacio.
Turner, per sua fortuna, era troppo timido o troppo ingenuo per approfittare di quella circostanza: - Ma come fa Taft ad essere tuo cugino? – le chiese un’altra volta, scostandosi dal suo incantevole viso – Dovrebbe avere una madre ninfa o un padre … cosa? – non si capacitava scervellandosi, disorientato anche dalla sua conturbante vicinanza.
La biondina, omettendo le richieste spiegazioni, gli poggiò con dolcezza le umide labbra sulla guancia accalorata: - Io fido in te, Jack e i tuoi progenitori – sussurrò al suo orecchio, lasciandogli anche una carezza sui capelli color cannella e poi volgendosi a Jay Jay.
- Ci andiamo ad immolare? – la invitò sardonicamente quest’ultimo, porgendole la mano che lei accettò. – E mi raccomando, BJ: tu non fallire – gli ingiunse perentorio, mimandogli di tagliargli la gola.
Jim annuì e restò immobile finché non li vide svanire tra i sentieri frondosi.

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Capitolo 27
*** Capitolo 26: Piano d’azione ***


Buona domenica, miei cari intrepidi e soprattutto pazienti lettori! :D

Mi scuso per il ritardo esagerato, ma purtroppo tra studio ed altre ff iniziate e in procinto di scrittura, sto faticosamente trovando l'ispirazione per concludere questa long che ormai va per i 2 annetti...Non è da me impiegarci tanto!

Spero mi perdonerete ancora una volta con questo capitolo, corale e sostanzioso come il precedente, in cui ho delineato una panoramica sui principali protagonisti di questa storia, lasciandovi con alcuni nuovi interrogativi.

Ringraziando tutti coloro che mi seguono e leggono, sia qui che in altri miei racconti, vi auguro buona lettura e spero che questo mese, con le vacanze, mi dia modo di aggiornare nuovamente.

Al prossimo approdo!)


Capitolo 26: Piano d’azione

Con una mano teneva il tricorno, per scongiurare la possibilità che gli si impigliasse tra quelle incolte erbacce e lo smarrisse di nuovo, nell’altra reggeva la sciabola usandola per tranciare velocemente le fitte fronde ostruenti il cammino. Di tanto in tanto si fermava, frugava fugacemente l’ago della bussola e proseguiva.
Già s’era allontanato parecchio dagli scontri, la cui eco gli giungeva appena come un brusio, mentre l’amato odore del mare gli penetrava nei polmoni, sovrastando quello della terra rorida e della rigogliosa vegetazione. Jack Sparrow era giunto al margine selvoso che lo separava dalla spiaggia, quando si trovò attorniato da tutti i lati da una composita schiera di individui armati.
Piantò bruscamente gli stivali al suolo, quasi perdendo l’equilibrio, dacché stava correndo, ed incominciò a girare su se stesso parandosi con le braccia in segno di resa e di pace, senza tuttavia accantonare tempestivi propositi di fuga.
- Sono solo un innocuo e passeggero visitatore.
Scrutò gli ignoti oppositori senza tralasciarne nessuno, cercando di capire da che parte fossero e se potesse raggirarli in qualche modo. Poi un dettaglio sorprendente lo fece restare con la testa piegata, la bocca storta e gli occhi spiritati: quegli uomini fluttuavano a qualche spanna dal suolo. Anzi erano proprio privi di piedi …


Vibrava stoccate, assestava affondi, tirava calci, pugni, gomitate, sputacchiava saliva e insulti.
Capitan Barbossa si sentiva più vivo che mai, specialmente perché era riuscito ad ingaggiare un forsennato duello con il pirata che più gli premeva di sfidare, non essendosi potuto confrontare con lui qualche tempo prima.
- T’ho visto crepare, Fortezza, non meno di tre anni fa – abbaiò aspro, parando con disinvoltura la feroce sciabolata dell’avversario – Di acqua ne avevi bevuta. Ora i morti camminano sulla terra? – appuntò con un riso dissacratorio, disarmandolo con un’abile e puntuale mossa.
Thomas Worley raccolse una seconda spada da un uomo che si era frapposto tra loro, sparandogli crudelmente al ventre e calpestandolo senza scrupoli, tornando all’attacco: - A quanto pare abbiamo un’altra cosa in comune, Barbossa – ghignò impenitente – Oltre alla nave che mi hai fregato! – lo accusò inderogabile, accingendosi ad esplodergli un colpo dritto in fronte, ora che le loro lame avevano cozzato vicinissime e nessuno dei due riusciva più a muoversi, spingendo l’uno contro l’altro.
Hector lasciò scivolare attraverso il polsino della giacca un corto pugnale a serramanico, distraendolo con congeniali parole: - Ti riferisci alla Spettro? Quel carcame non vale un chiodo della Perla Nera! – disapprovò con reale amarezza – L’ho capito troppo tardi! – glissò e, svelto come un giaguaro, piantò la limetta nel dorso della mano destra di Fortezza che gettò istantaneamente la pistola, imprecando furioso e umiliato, ma lui con agghiacciante freddezza gli si riavvicinò, brandendo ancora la spada con irriducibile avversità.

Will non era stato capace di disfarsi del combattivo Capitano Roberts, ed il loro scontro era stato talmente infervorato da non aver lasciato spazio ad alcuno scambio di battute, sebbene nessuno dei due mirasse a ferire mortalmente l’altro.
- Voglio vedervi appeso ad un capestro, finché non esaliate il vostro ultimo respiro, Willy il Corvo – aveva dichiarato con misurata collera il soldato britannico, durante la schermaglia.
- Ed io voglio costringervi a rivelarmi per quale ragione un fedele servitore della Corona prenda ordini da un pirata – gli aveva intimato il Capitano Turner con altrettanta acredine.
Roberts rimase impermeabile a quella provocazione, rispondendogli soltanto sistematicamente con i tiri violenti del suo acciaio, non consentendogli di allentare la tensione: - Vi destreggiate piuttosto bene, per essere un infame pirata. E senza barare …
Will, nonostante duellasse solo con lui, iniziava a sentirsi accerchiato, non potendo seguire le azioni dei compagni, e soprattutto avendo perso di vista da troppi minuti Elizabeth, Jim e Jack.
Sperò stessero inventandosi qualcosa per aiutarli, che non fossero caduti in qualche infido agguato. E intanto sfoderò tutta la sua esperienza e il suo coraggio per tenere a bada i nemici.


- Oliver! Discendente di Climene!
- Cugina! Finalmente!
Capitan Taft raggomitolò frettolosamente il fazzoletto di seta verde con cui si stava tamponando la fronte all’interno del fodero della giacca, mentre sul suo volto scarno e aguzzo si stagliava un sorriso appagato e vittorioso.
La nereide si inginocchiò con riconoscenza al suo cospetto: - Mio signore. Ho catturato l’insulso umano grazie al quale sarai il padrone degli Oceani – lo blandì fiduciosa, rialzandosi sulle sottili gambe e indicandogli il giovane che l’aveva accompagnata da lui.
Jay Jay avanzò verso Taft, riscontrando come adesso tra lui e la fanciulla fosse palese una qualche somiglianza nell’espressione intrisa di inganno e perfidia che animava i loro occhi marini, tanto che dubitò sulla bontà delle affermazioni della diafana creatura. Evitò di incrociare lo sguardo indagatore del comandante della Barracuda, temendo che si ricordasse di lui, ma quello era troppo offuscato dall’emozione di avere la vittoria in pugno: - Il ragazzo col sangue salato! Lo hai trovato dunque! Quello della profezia! – squillò battendo le palpebre estasiato, rimbalzando le iridi ceree dalla biondina al mulatto.
- Sì. È l’erede di Turner – gli confermò Amaryllis stringendo energica il braccio dell’amico per prevenire un suo possibile dissenso, avendo intuito l’attrito esistente tra lui e il coetaneo.
Taft si chinò per osservarlo con meticolosità più da vicino: - Hmmm. Lo ricordavo un po’ diverso – riscontrò con una scintilla di sospetto, stirandosi uno dei suoi baffetti corvini.
Jay Jay gli rilanciò un’occhiataccia, dopo aver sbirciato invano l’insondabile contegno della ninfa: - Sono cresciuto mio caro babbione! Il mare ti cambia fin dentro le ossa. – ribatté reggendo con spigliatezza il confronto, confidando tuttavia più in se stesso che nel tranello ordito da Amaryllis.
- Ahahah! Hai poco da fare lo spiritoso, figliolo – lo sconfessò leggermente stizzito il bucaniere – Dato che ti resta ormai un esiguo scampolo di ore di vita – sibilò con accento dispettoso, schioccando le dita perché due dei suoi scagnozzi si precipitassero ad acciuffarlo, conducendolo a bordo.
- Ore?! - il ragazzino tentò invano di sfuggire, invocando l’intercessione di Amaryllis con crescente preoccupazione, poiché ella sembrava rinnegare un interesse nei suoi riguardi, mostrandosi complice volontaria del misterioso parente.
Non poté sentire, invece, le sue successive frasi: - Cugino, prima che andiamo poni fine a quest’inutile massacro. Ti ho portato l’unico umano sul quale la tua equa scure si abbatterà senza errore – lo esortò, tradendo, nonostante l’imperturbabile intonazione, della lieve compassione.
Taft carezzò la conchiglia, senza utilizzarla, valutando lungamente l’imparzialità della sua richiesta.


Jim ciondolava spaesato e sconfortato. Approssimandosi ai due veterani filibustieri che erano sopraggiunti a cercarli, riconobbe insieme alle loro voci quella di Capitan Sparrow che blaterava di redivivi e aragoste, fantasmi e pirati nobili, smozzicando, con la consueta astrusa logorrea, quanto accaduto a lui e agli altri.
- … Taft s’è preso il Mare del Nord, Strappabudella il Golfo Persico e Fortezza il Mediterraneo. Quindi credo di aver finalmente compreso chi sono gli attuali sette pirati nobili – li stava informando con evidente vanagloria – Anche se non ne ho appreso distintamente le occulte alleanze – stimò pensoso, picchiettandosi l’indice sul labbro inferiore. La presenza di Jim lo riscosse: - Hey, tu! Dov’è Amaryllis, a proposito?
Il ragazzino titubò volgendogli due occhi lucidi e vacui, mentalmente ancorato alle ultime enigmatiche raccomandazioni della nereide, udendone il nome fu travolto dalla malinconia: - Lei … se n’è andata … - farfugliò in un ansito afflitto, al che gli amici abbacinarono – Con Jay Jay – specificò di seguito, non schiarendo tuttavia le loro confuse impressioni.
Jack era il meno persuaso di tutti: - Vi dispiace illuminarmi? Inizio ad avvertire la sgradevole sensazione di star recitando la parte dello stupido! – sbottò alterando stridulamente la voce.
- È esattamente ciò a cui mira Taft. Ci sta prendendo tutti quanti per i fondelli – comprovò Elizabeth, sbucando di fronte a loro da un altro sentiero limaccioso.
Jim tentò di eludere il suo sguardo accusante, e lei sorvolò concentrandosi su una questione più urgente: - Jack è ora che questo consiglio inizi a discutere! – polemizzò fissandolo con un cipiglio duro e intransigente.
Sparrow le rispose con la consueta irriverenza: - Tesoro, io l’avevo convocato con questo apposito proposito. Ma la gente qui, ivi compreso il tuo caro maritino, preferisce azzuffarsi! – contestò permaloso, incrociando le braccia e scoccandole un’occhiata puntuta, prima di voltarle le spalle risentito.
La signora Turner stroncò le sue accuse, perentoria: - Che cosa stai dicendo? Will non è affatto un attaccabrighe! Solo … Non è vigliacco, lui - contravvenne con profonda accusa, difendendo strenuamente l’agire e l’onore dell’amato consorte.
- La mia non è vigliaccheria, ma opportunismo – puntualizzò alfine il Capitano Sparrow, dandole ancora le terga, ruotando appena la testa, con permanente offesa.
Gibbs, Sputafuoco e Jim non riuscivano ad intromettersi per interrompere l’accesa diatriba verbale che pareva sul punto di degenerare in un duello di spade, tanto era alacre il fervore di entrambi. Inaspettatamente, fu qualcos’altro a porre fine a quell’incipiente scontro.
Un suono squillante e grave al contempo si propagò, questa volta, dall’Oceano verso la terraferma.
- È il corno di Taft – riconobbe Elizabeth, incitando con un cenno del capo suo figlio a seguirla, suggerimento che fu colto anche da Joshamee e Bill, e al quale Jack si conformò con riluttanza.


Sopraggiunti alla piccola valle su cui si estendeva il cimitero dell’isola, essi appresero che a quel segnale sonoro doveva corrispondere l’ingiunzione di abbandonare il campo di battaglia: le ciurme assalitrici si erano disperse e solo pochi uomini erano rimasti, feriti o catturati, oltre agli equipaggi della Perla Nera, dell’Olandese Volante, della Medusa Spettro e della Murena.
Barbossa stava arrogantemente strigliando i suoi, colpevoli di essersi fatti sfuggire la gran parte dei nemici, sebbene poteva minacciare di aberranti torture quelli imprigionati.
Will lasciò che i suoi marinai si occupassero di stringere per bene le corde dei prigionieri per correre incontro alla moglie e al figlio, sincerandosi che stessero bene.
Anamaria, che era stata la prima a notare la ricomparsa degli amici, aspettava febbricitante di veder apparire anche il giovane Jay Jay, sicura che si fosse allontanato insieme a Turner Jr; proprio il ragazzino si assunse l’ingrato compito di offrire a lei e ai presenti il resoconto di quanto era successo, addolcendole l’amaro boccone: - Jay ha voluto seguire Amaryllis. Conoscono tutti e due quanto basta Pescegatto Taft. E si fidano di noi. Di me.
- La Fratellanza dovrebbe prendere ordini da un moccioso? La storia si ripete con la stessa crudele ironia! – sbottò Hector Barbossa, accigliandosi contro Elizabeth e William.
- Inutile piangerci addosso! Dobbiamo pensare ad un piano d’azione! – sostenne spiccia Anamaria, anticipando ulteriori alterchi. I Turner annuirono ed anche Jack le volse un impercettibile segno d'intesa, fissandola in modo assai penetrante.
Barbossa avanzò imperioso: - Se vi può interessare, la mia battuta di pesca ha avuto un esito più che positivo – sghignazzò alla sua stessa battuta, ordinando con un gesto del braccio che i suoi gli conducessero nientemeno che un malconcio Fortezza. Tutti sobbalzarono increduli.
- Prego signore, mocciosi e deboli di stomaco di allontanarsi. Farò cantare questo lurido pezzo di sterco a modo mio – alluse malignamente, affilando la lama su una lapide. Intanto che i Turner si adoperarono per convincerlo ad usare un metodo meno cruento, Jack accettò senza temporeggiare il suggerimento del collega: - Sì, poi facci sapere! – lo salutò irriverente, unendosi ad un altro gruppetto che s’era defilato, tirando con sé in disparte la Jucard.
Non gli era sfuggito il singhiozzo che tratteneva da quando erano ritornati. Era troppo curioso, anche se nemmeno lui era certo di volere una conferma su ciò che aveva iniziato a presentire.
- Sbaglio o sei fin troppo turbata dagli eventi? – indagò cauto, quando si fu zittita dall’insultare lui e se stessa per aver fallito la cattura del nemico e non essersi preparati ad affrontarlo al meglio delle loro possibilità.
La donna sospirò stancamente, abbassando la fronte: - È per Joacquin … Jay Jay – ammise.
Sparrow rifletté alcuni secondi, intuendo a chi si riferisse: - Perché ti sta così a cuore quel selvaggio scavezzacollo? – il suo tono era divenuto un bisbiglio imbarazzato e appena udibile.
La piratessa vacillò, serrando inutilmente le labbra, ma quegli occhi bistrati, che fingevano quasi sempre, oramai sembravano aver estrapolato da soli la verità, perciò si incoraggiò a non tacerla più: - Quel selvaggio scavezzacollo! … È mio figlio. Però non lo sa.

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Capitolo 28
*** Capitolo 27: Ibridi ***


Salve! Un caro saluto a quanti stanno continuando a seguire questa lunga long che ha già superato i due annetti di età da quando ho pubblicato il prologo. ^.^

Non so neanch'io perché mai ci sto mettendo tanto tempo a concluderla, ma poiché è inutile piangere sul rum versato, non sto più a commiserarmi e spero solo che questo nuovo capitolo sia gradito a quanti ancora leggeranno. Tra l'altro, sebbene molti dialoghi ce li avevo da un pezzo, ho scritto tutto quanto il resto in mezza giornata.

Come al solito, intrighi e misteri non finiscono, pur essendo arrivati praticamente alla conclusione (non credo di superare i 30 capitoli, massimo 32, dato che ho un mucchio di altre idee per la testa...:)) ...

Non mi resta che augurarvi buona lettura e, a che passo di qui, buon 2013!

Al prossimo approdo!)


Capitolo 27: Ibridi

- Figlio? Nel senso che sei sua … madre?
Le parole uscivano come ruvide schegge di vetro e la gola pareva scalfirsi atrocemente al loro passaggio.
Anamaria annuì, tenendo gli occhi sgranati per l’incredulità che suscitava in lei stessa sentirsi affibbiare quell’insolito appellativo.
Jack si trovava in una di quelle rare circostanze in cui al posto della sua proverbiale lingua biforcuta sembrava avere un inerme e raschiante straccetto di feltro. Eppure quell’eventualità l’aveva sospettata sin da quando li aveva osservati camminare l’una accanto all’altro: lo stesso atteggiamento rilassato ma sotto sotto vigile, agile e nervoso, lo stesso sguardo vispo, la stessa carnagione caffè e latte.
- È il padre … è … morto? – indagò ancora, schiudendo a malapena la bocca in una smorfia tremebonda. Era un’altra domanda di cui pensava si sarebbe amaramente pentito di udire la risposta.
La Jucard espirò con forza, portandosi distrattamente una mano alla fronte per sistemare alcune ciocche di bruni capelli sfuggite alla bandana color ocra: - Può darsi … ma potresti essere anche tu … - mormorò incerta, spiandolo di sbieco.
- Impossibile! – gloglottò prontamente quello, con aria vagamente schifata, oltre che terrorizzata.
La piratessa annuì storcendo un sopracciglio, incrociando le braccia: - Sai di essere sterile?
Sparrow credette di aver capito male, essendo assorto dall’impressione che migliaia di bruchi pullulassero allegramente nel suo stomaco, e quell’insinuazione li tramutò in un nugolo di farfalle in fuga, tanto che le sillabe gli si impuntarono tra i denti: - Che? … St …? …
- Perché se è così, è figlio di Jucard di sicuro – convenne drastica la donna, per celare in verità i suoi persistenti dubbi.
In quell’istante Gibbs si frappose come un’ancora di salvataggio per tutti e due: - Non vorrei disturbare, Fortezza si è deciso a confessare. Credo vi interessi ascoltare …
Anamaria si staccò subito dal tronco cui aveva poggiato la schiena, ma inaspettatamente il collega la trattenne debolmente per la coda della giubba: - Vuoi andare davvero? Conosco i metodi di persuasione di Barbossa: non sono punto belli da vedere! – la scoraggiò cercando di guadagnare tempo perché, al di là di ogni aspettativa, nutriva una reale curiosità sui dettagli di quell’ingarbugliata vicenda.
La sua supplica fu totalmente inefficace: - Sparrow: sii uomo! – lo tacciò salace la mora, scuotendo sconfortata la testa al suo vile coprirsi la vista con le dita di entrambe le mani, mentre avanzava svogliatamente dietro di lei.
- Uomo?! – polemizzò offeso il filibustiere. Se a suo giudizio essere tale significava seviziare ferocemente gli avversari, come erano abituati Barbossa e il trapassato Jucard, allora lei e lui erano e sarebbero stati sempre su due correnti opposte. Non avrebbe avuto senso neppure provarci ad avere intenzioni lontanamente serie ...
Thomas Worley, frattanto, nonostante il volto tumefatto e rigato di vermiglio che lo faceva apparire una maschera ancora più raccapricciante di quanto non fosse al naturale, continuava a spargere sui carnefici il suo arrogante rancore.
- Che cosa credete? Odio anch’io dover sottostare alle stramberie di quel pomposo damerino! Ne ho le palle piene delle sue repellenti trovate! – dichiarò senza mezze misure, sputando un grumo di sangue e saliva, sfiorando gli stivali di Will che balzò indietro insieme alla moglie.
Non erano riusciti minimamente a dissuadere il riottoso Capitano della Spettro a risparmiare le maniere brute con il redivivo nemico.
- Ma sono in debito con lui, e presto lo sarete inevitabilmente tutti voi! – seguitò a minacciare i presenti con uno sgangherato sogghigno.
- In debito, perché? – incalzò spazientita la signora Turner, sovrastando i mormorii delle ciurme astanti, che erano irrequiete come leoni in gabbia.
Barbossa si slanciò a ghermire la gola del bucaniere, consentendogli un ridottissimo passaggio d’aria nella trachea per non soffocare, ma le iridi grigie di quel duro criminale furono attraversate da una scintilla di freddezza: - Ha intercesso grazie alle sue doti presso i suoi antenati marini, affinché mi restituissero il soffio vitale. Può tutto con quella pietra. Voi non potete fermarlo. Diventerà il nuovo e invincibile padrone dei mari – ridacchiò sguaiatamente con sguardo allucinato, non appena rilasciato.
Hector gli rifilò un pugno sul naso, prima di allontanarsi stizzoso: - Questo è da vedere.
- In questi tre anni io e Strappabudella abbiamo provveduto ad eliminare tutti i mezzosangue sparpagliati per il mondo – ribadì Fortezza con tono sadico e trionfante.
Anamaria gli si avvicinò esitante: - I mezzosangue?
- Sì, individui aventi per metà un ascendente di origine sovraumana – spiegò celere Barbossa, ripulendosi con una pezzuola unta le nocche nodose dal viscoso fluido che l’aveva imbrattato picchiando rudemente l’ostaggio – Uomini ibridi con eccezionali poteri sopiti che spesso essi stessi ignorano. Secondo la leggenda. – specificò con una risata sarcastica, consegnando il pezzo di stoffa sporca ad uno dei suoi.
Una folgorante intuizione balenò nella mente del giovane Jim che, come guidato da un richiamo interiore e lontano, si defilò quatto quatto dalla ridda di vocianti pirati.
- Giacché siamo in tema di sovrannaturale, c’è una quisquilia di cui dovrei informarvi – scoccò di colpo Jack, disegnando un cerchio con le braccia e calamitando l’apprensione dei più stretti conoscenti, che ben intendevano la sua abitudine di impiegare vocaboli inappropriatamente innocui per camuffare problemi grandi quanto l’oceano.
Il Capitano avvertì quella tensione, ma sbrogliò ugualmente il suo sorriso serafico migliore:
- Poco fa mi sono imbattuto negli spiriti guardiani dell’isola, e mi hanno lasciato intendere che sarebbero modicamente contrari alla nostra partenza … - spiccicò riducendo la voce ad un falsetto all’approssimarsi di lame scintillanti pronte ad infilzarlo e canne da fuoco caricate per esplodere.
Gibbs, al quale aveva già confidato la curiosa e spiacevole scoperta, gli si affiancò invitando i compagni a trattenere la cruda brama di vendetta: - Ce li ha aizzati contro Taft!
- Siamo intrappolati qui? – guizzò incredula ed inviperita Elizabeth, svicolando dalle braccia del consorte che sperava di contenere la sua inopportuna agitazione.
- Non vederla così nera, gioia. Possiamo sempre accingerci a negoziare – si sperticò Jack con impagabile nonchalance; un’estremità d’acciaio aguzza e ricurva gli apparve sotto il naso:
- Tu non più – sentenziò Barbossa, incenerendolo con un’occhiata indisposta e truce.
Le pupille del filibustiere rimpicciolirono all’istante, mentre la sua mano destra cercò di appigliarsi all’elsa sporgente dalla bandoliera che pendeva sul fianco sinistro.
- Ma sei idiota o cosa? Perché mai ci hai condotti proprio qui?! – lo attaccò parimenti contrariata la Jucard, armandosi di un sottile e affilato stiletto.
A Sparrow si incrociarono gli occhi con tutti quei fuorvianti assalti, e li chiuse, zampettando indietro: - L’idea era di confinare Pescegatto qui! – strillò sguainando finalmente la sua sciabola, e parandosi dal sopraggiungere dei Turner.
- E sentiamo, quando avevi intenzione di rendercene partecipi? – lo accusò la bionda piratessa, scansando ancora l’amorevole esortazione del marito di trattenersi.
- Il nostro eroe voleva compiere l’impresa tutto da solo – lo derise malignamente Barbossa stravolgendo le orbite ingiallite.
Jack emise uno sbuffo rassegnato, stridendo la spada contro la sua: - Certo che mi conosci male … o la tua veneranda età ti fa perdere colpi – schioccò le labbra, spavaldo – Avevo tutto sotto controllo dall’inizio! … Che dico? Da mesi! – garantì fiero e beffardo, esagerando volutamente la parziale verità di quell’affermazione, che fu comunque in grado di disarmare momentaneamente l’astio e la miscredenza del più accanito oppositore, Barbossa, ma non la perseveranza degli altri tre che lo incalzavano rincorrendolo.
– E la chiave di volta corrisponde, non è altri che … - si interruppe crivellando di fugaci occhiate l’ambiente e le facce attorno a lui, scorgendo al posto di chi cercava una torma di giacche amaranto sbucare dai rami e stagliarsi sul verde prato.
- A chi diavolo alludi? Si può sapere? – lo estrapolò dai suoi contorti pensieri Anamaria; anche lei, però, avvertì il fruscio di stivali e artiglieria che avanzavano in tre file ordinate e lentamente si voltò.
Dalla sparuta schiera si distaccò un soldato dall’elegante portamento e lo sguardo profondo, un fisico slanciato e nerboruto, e dei tratti un po’ rudi che contrastavano l’impeccabilità della divisa su cui spiccavano svariate medaglie. Tirava sgraziatamente per la collottola un recalcitrante e protestante ragazzino: - Credo che questo delinquentello vi appartenga, Capitano Turner – dedusse gradasso, scorgendo Will scagliarsi in avanti, incurante di tutti i moschetti puntati contro di loro.
- Capitano Roberts, lasciatelo subito. È me che volete! – si offrì deliberatamente il giovane padre, gettando le armi ed intimando alla moglie di non esporsi.
- Scusami papà! Sono un disastro come pirata. L’unica cosa che mi riesce bene sono le bugie – borbottò in un impacciato guaito Jim, conficcando le unghie nei callosi polpastrelli del soldato, al quale non suscitava neppure il solletico.
- In futuro potresti buttarti in politica! – interferì Jack, indiscreto e sardonico, alimentando una sinfonia di commenti contrastanti e acuendo le occhiatacce accusatorie ed assassine dei Turner. Intanto il comandante della guarnigione lo guardò di traverso, chiedendosi la ragione per cui quel corsaro dall’aspetto stravagante non gli fosse del tutto estraneo.
– Scherzi a parte – riprese a parlare Sparrow, mutando completamente tono ed espressione – Il marmocchio ci serve, non vi conviene farci arrabbiare – asserì sfoggiando quel cipiglio serio e risoluto che di rado compariva sul suo volto, perennemente improntato alla sprezzante considerazione di tutto e tutti.
Tanto bastò a convincere Barbossa, Anamaria, Elizabeth e Will sull’attendibilità che avesse tutto coscientemente in pugno.
Insperatamente lo stesso Roberts rilasciò la presa sul ragazzino, che anziché correre a cercar riparo tra i suoi amici, ricaduto in una misteriosa trance, sgattaiolò in direzione del mare.
- Scioglierà l’incantesimo, dunque? – domandò meditabondo il militare inglese, volgendosi direttamente al pirata dalle mille treccine che annuì in un gravoso e remissivo silenzio.
I coniugi Turner, assicuratisi che non vi fossero ulteriori ritorsioni, sebbene non del tutto persuasi dal ruolo svolto da quel marinaio incaricato fino ad un istante prima di catturarli, corsero appresso al proprio figlio.
Li seguì a distanza anche Barbossa, mentre scettico sgualciva un sogghigno amaro: - Hanno generato un ibrido! Sempre della famiglia Turner si tratta! Siete una sciagura! – esclamò claudicando tra le sterpaglie – Non avreste mai dovuto salpare dalla Scozia, Sputafuoco Bill! – ironizzò trovandosi il vecchio collega a ridosso.
Il maturo filibustiere lo ignorò proseguendo, al contrario di Jack che, contento per il miglioramento imprevisto del suo avventato piano, era in vena di chiacchiere: - Ne convengo pienamente. È quello che ho sempre pensato anch’io.
- Questa solfa è inutile, non mi incanti – lo zittì precipitosamente il disonesto compare di disavventure, affrettando il passo per sorpassarlo, e venendo scavalcato a sua volta.
- Non era mia intenzione – rimarcò l’eccentrico Capitano, sfrecciando dispettosamente avanti e lasciando che le fronde che aveva spostato lo colpissero in faccia.
- Così come io non intendo farmi comandare da quelli lì! – ringhiò Hector, ammutolendo di botto insieme agli altri che si erano ritrovati di fronte una barriera trasparente costituita da entità ostili fluttuanti da un’altra dimensione.
Armati e con le cavità oculari vuote e inespressive, capaci di leggere la paura, incombevano come una minaccia che nessuno ebbe la tempra di osare contrastare.
Jim, invece, era riuscito ad aprirsi un varco fra quei corpi di puro spirito, ed ora, non visto da chi non aveva potuto fare altrettanto, vinto da un appello dolce e insistente, si era immerso fino alle ginocchia nelle acque limpide della battigia.
Tolto dal cinturino il suo corto pugnale, ne accostò la punta sulla sottile pelle del pollice, fino ad aprire un minuscolo forellino e riversare fra le onde le gocce del suo peculiare sangue, in cui la terra e il mare, dal giorno esatto del suo concepimento, così come i cuori dei suoi progenitori, si erano mescolati per sempre, rendendolo, a sua stessa insaputa, un ricercato ibrido e un potenziale dominatore delle profondità abissali.

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Capitolo 29
*** Capitolo 28: Ore contate ***


Ebbene sì, gente! Non è un pesce d'Aprile! :D
Finalmente ho davvero concluso un nuovo capitolo di questa infinita long - il terzultimo - giacché ho deciso di non dilungarmi ancora perché ho in mente altre storie e progetti, e già l'ho trascurata parecchio questa ff e me ne dispiaccio :/

Dunque, altri nodi vengono al pettine e spero vi sia maggiore chiarezza, nonostante qualche punto volutamente ambiguo che ho deciso di lasciare fino all'ultimo.
Vi auguro ancora buone vacanze e ringrazio quanti continuano a leggere e seguire questa storia.

Buona lettura e al prossimo approdo!)


Capitolo 28: Ore contate

Era completamente intorpidito, non riusciva ad aprire le palpebre né ad articolare la lingua, quasi si fosse estraniato dal suo stesso corpo.
Provò a sollevarsi dallo scomodo pagliericcio, ma al posto della testa gli sembrava di avere una boccia di vetro colma d’acqua. Mille pesci parevano pizzicargli la pelle e istintivamente si scrollò tutto per scacciarli di dosso, ritrovandosi di colpo seduto. Spalancò gli occhi nella penombra di una celletta spoglia e umidiccia, accorgendosi di un ambrato bagliore fluttuante dall’esterno.
Con movimenti appesantiti e rallentati poggiò i piedi per terra e si alzò barcollando verso il punto in cui aveva visto brillare quella luce, ancora ignaro di come, quando e perché fosse finito lì dentro. Le caviglie cedettero ed incespicò, dovendo reggersi alle sbarre.
Anche se avrebbe voluto urlare, due gemme blu lo interrogarono con ammutolente dolcezza:
- Sveglio?
Jay Jay si sforzò di stropicciare la bocca impastata e secca: - Più o meno – mugolò non trattenendo un rumoroso sbadiglio. Un penetrante effluvio aromatico gli invase le narici, rimescolandogli lo stomaco vuoto da parecchie ore.
Amaryllis gli porse la tazza fumante che emanava quell’intenso odore di erbe, suggerendogli con un lieve annuire di berla per ritemprarsi. Il ragazzino la accostò piano alle labbra ingurgitandone un bel sorso e avvertendo subito un piacevole tepore propagarsi nelle membra intirizzite, lenendo la collera per essere stato imprigionato. Continuò a sorseggiare guardandosi attorno circospetto: - Dove siamo diretti? – le domandò a bassa voce, indagandone il volto pensieroso.
La ninfa si adombrò, si sedette mollemente su una cassetta di legno a fianco della porta della cella e bisbigliò sfuggevolmente: - L’isola dei cristalli. È lì che tenterà di compiere il rituale. Fra due notti ci sarà la luna di sangue – espirò rammaricata, alzandosi e voltandogli le spalle subito dopo l’ultima frase.
Jay Jay posò sul pavimento la ciotola vuota, fissò per qualche secondo la diafana e aggraziata creatura che cercava di dissimulare i singhiozzi, e tese le dita ad accarezzarle le ciocche dorate, invitandola a guardarlo: - Non ci resta che portare avanti il piano e pazientare – disse pacato e ottimista – Il tuo innamorato non ti abbandonerà – schiacciò l’occhio con un sorriso di circostanza che non nascondeva un filo di amarezza.
Poi il torpore divenne di nuovo invincibile e si accasciò poco a poco sulle assi.
La nereide gli passò le dita su una guancia, costernata: - Mi spiace, umano. Parli troppo.


In un rapido fruscio le grandi foglie di babaco che costellavano la riva si aprirono come un ventaglio e l’impalpabile schiera si dissolse come bolle di sapone irradiate dal rovente sole di mezzogiorno. Una voce ancora immatura eppure seria e risoluta nel suo modo di scandire le urgenti parole si fece largo tra la vegetazione: - So cosa fare. Dobbiamo salpare al più presto e metterci all’inseguimento. Non c’è molto tempo!
Solo uno fra i presenti ebbe la prontezza di ribattere al suo ardire: - La via è libera? – domandò diffidente Barbossa, azzardando un passo oltre la distanza di sicurezza cui si erano tenuti gli altri.
Jim annuì di riflesso: - Loro sono dalla nostra parte – ammiccò con una vivida scintilla di vittoria.
I genitori lo scrutavano storditi e meravigliati: d’un tratto del proprio figlio afflitto da paure e insicurezze come ogni adolescente, pareva essere rimasto soltanto l’involucro.
- Di chi parli? – gli chiese Elizabeth avvicinandolo dubbiosa, manifestando la stessa forte perplessità che fuorviava Will.
- Il popolo del mare. Neanche loro vogliono un altro tiranno – spiegò disinvolto il giovane Turner, rivolgendosi agli animi di tutti e incitandoli ad agire.
Alcuni filibustieri ridacchiarono dell’impertinenza di quel ragazzino, altri tacevano interpellando con occhiate insistenti i propri capitani. Jim notò in Jack una laconica riflessività che gli suggerì di interrogarlo. Dopotutto lui li aveva coinvolti ed in quel momento era l’unico a possedere lo strumento che poteva aiutarli: - Per favore, Capitan Sparrow, potete prestarmela? – lo pregò additando alla preziosa scatolina agganciata al suo cinturone.
Quello la strinse a sé gelosamente rimpicciolendo le pupille: - Giammai! Anch’io so dove andare – rivendicò avanzando verso la spiaggia – E poiché la Perla Nera è la nave più veloce sarà l’ammiraglia – pretese, uno sguardo traboccante di orgoglio per la sua dama nera ancorata a qualche metro dalla costa – Voi seguitemi pure con le vostre barchette, se ci riuscite – tacciò con disprezzo i colleghi accorsi alle sue calcagna.
Il tono diffamante e ruvido di Barbossa si elevò nel brusio di proteste: - C’è un importante dettaglio che non tieni in conto, Jack: nessuno di noi si fida di te – lo stroncò, stritolandogli una spalla su cui aveva prima dato una debole pacca.
Il pirata gli schiaffò la mano e indietreggiò alterato: - Beh, io non mi fido di te – replicò scontroso, accennando la fuga – E nemmeno di quello là! – soggiunse in un soffio simile a quello di un felino, riducendo a due tagli gli occhi nerissimi e puntando l’indice contro il Capitano in giacca rossa della marina inglese.
Roberts aggrottò la fronte con fare sarcastico: - Eppure siamo cresciuti insieme, amico.
- In due mondi diametralmente opposti – si affrettò a precisare quello, dondolando sul posto sospettoso e incuriosito dai suoi propositi.
Quella conturbante rivelazione aveva colto alla sprovvista tutti: - Voi due vi conoscete? – sbottò Will attonito, alternando l’attenzione dall’espressione sfrontata dell’uno a quella indurita dell’altro uomo, chiedendosi quante altre storie quel lupo di mare avesse ancora da raccontare.
Sparrow piegò la testa farfugliando versi incomprensibili, raschiando poi la gola: - È il figlio minore di Black Bart – dichiarò con un’occhiata dolente e accusatoria.
Un coro di commenti rimbalzò tra le bocche dei furfanti, offuscando ulteriormente le loro menti.
Jim scambiò con la madre un dialogo silenzioso, fatto di ricordi comuni e intima complicità: - Il grande Bartolomew Roberts era vostro padre? – esclamò infine emozionato, fissandolo con ammirato stupore.
La risposta dell’ufficiale, tuttavia, fu brusca e seccata: - Se così si può definire un bastardo che sparisce dalla tua vita quando non hai ancora imparato neanche a pronunciare il suo nome – dissentì rancoroso, dispensando intolleranti occhiate ai fuorilegge che lo circondavano.
Hector sghignazzò stridente: - Complimenti. E cosi, per infangare la sua illustre memoria, siete diventato un fantoccio manovrato dai capricci di qualche flaccido e volubile sovrano? – lo accusò senza ritegno, continuando a ridere scostumatamente, contagiando altri bricconi.
Il militare, con altrettanta mordace disinvoltura, recriminò: - Mi sono guadagnato la legittimità di eliminare molesti manigoldi come voi, utili solo a riempire il ventre di pesci e corvi!
Barbossa, con lo stesso cipiglio serafico e strafottente dipinto sulla faccia rugosa, fece sibilare con lentezza la spada dentro il fodero, pronto a sferrarla sull’ardito avversario che lo sfidava con iridi baluginanti d’odio, ma Sparrow si frappose prima che lo scontro si concretizzasse.
- Legittimità! Che brutta parola! – ciarlò aggiungendovi un versaccio schifato e ottenendo un’accesa brama di vendetta da entrambi i contendenti.
Will, intanto, approfittò di quella pausa per ottenere l’attenzione di Roberts: - Quello che importa adesso è da che parte deciderete di schierarvi – gli propose con urgenza ma calmo e cordiale come suo solito.
Quel contegno tanto civile disorientava il militare cresciuto nell’avversione per i fuorilegge. Il Capitano Francis Roberts socchiuse gli occhi ed inspirò serrando nervosamente la mascella ispida: - Taft mi ha ingannato, ha infranto il nostro patto. Ed io non intendo lasciar correre. Non voglio. – sentenziò con caparbio risentimento, risollevando il mento verso gli altri, sancendo una promessa a se stesso più che a loro – Non sarò mai vostro alleato, Capitan Turner – chiarì infatti sprizzando un ardente spregio – Ma mi trovo costretto a concedervi una momentanea tregua.
- Gran bella idea, Frankie! – approvò enfaticamente Jack, richiamando con cenni frettolosi la ciurma e in primis mastro Gibbs a sé.
- Non dimenticate: dare la caccia ai pirati è il mio mestiere – sottolineò con altera arroganza il comandante inglese, allontanandosi dalla spiaggia con il suo fidato equipaggio, non senza raggelare la vitalità dei bucanieri. Non di tutti quanti.
– Buona fortuna, signori – salutò allegramente i compagni Sparrow, sfilandosi il tricorno con un mezzo inchino.
Mentre i marinai prendevano posto nelle scialuppe e gli altri capitani lo scrutavano impreparati ed incerti, Barbossa si gettò nella risacca ostacolando la sua improvvisa fuga: - Cos’è tutta questa smania di arrivare per primo, Jack? – inquisì infiammando le iridi cerulee.
Quello scrollò le treccine con falsa modestia: - Nessuna smania. È inevitabile accada, essendo io al comando della Perla. – puntualizzò con presunzione, incitando i suoi ad imbracciare le pagaie.
- Capitan Sparrow non potete abbandonarci! Abbiamo bisogno di voi! – si intromise Jim, arrivando di corsa e scoccandogli un’occhiata accigliata e supplice.
- Non hai detto che sapevi dove andare? – replicò quello, cantilenando e sistemandosi sullo schienale di poppa della piccola imbarcazione.
Il ragazzino si morse il labbro inferiore, bisbigliandogli all’orecchio: - È vero. Ma non so come arrivarci …
- E il cuore, credi sia una buona guida, invece? – farfugliò salace Sparrow, storcendo i baffi quando si sentì addosso lo sguardo indagatore di Anamaria.
Sul volto del giovane Turner si impresse un sorriso persuasivo, terribilmente simile a quello di suo padre: - Non lo è sempre?
Il filibustiere distolse gli occhi incontrando l’espressione discretamente complice di Will, che probabilmente non avrebbe resistito a rivelare tutto quello che si erano detti quella mattina alla consorte. Sfiorò con le dita la bussola, poi si grattò il pizzetto e schiuse la bocca non riuscendo ad emettere alcun suono poiché la Jucard, spazientita, gli si lanciò incontro, saltando dentro la barcaccia: - Noi veniamo con voi, Capitan Sparrow – asserì sbarazzina, affiancata dai suoi marinai – Taft ci ha lasciato due bei regalini – borbottò con amara ironia, stringendosi sul sedile accanto al collega che la guardava smorto e contrariato.
- Il timone è fuori uso e hanno abbattuto l’albero maestro – lo informò José, provocando un vistoso ondeggiamento dello scafo non appena vi entrò anche lui.
Elizabeth, intanto, consultandosi con il marito, fu più lesta di lui a prendere l’iniziativa, spronando i bucanieri a tornare all’Olandese: - Tutti pronti, uomini! Siamo già in ritardo!
Will si avvicinò al Capitano della Perla, dandogli una leggera pacca sulla spalla: - Ti seguiremo fino alla meta – gli tacciò accondiscendente, trascinando con sé l’ostinato figlio.
Barbossa colse quel complice scambio d’intese e, paventando un raggiro ai suoi danni, si affrettò anche lui ad imbarcarsi sulla Spettro. Non possedeva la nave migliore, ma li avrebbe acciuffati inseguendo la loro scia. Se lo credevano l’ultima ruota del carro e intendevano estrometterlo dai loro piani, si sbagliavano di grosso.
Il vecchio filibustiere non abbandonò la terraferma prima di aver compiuto la sua vendetta su Fortezza. Ordinò così ai suoi di condurlo fino alla costa al di là della quale avevano messo il vascello alla fonda e, avvistata una palma solitaria che affondava le radici proprio ad un pelo dal bagnasciuga, vi fece legare il detestato nemico, congedandosi con un lugubre augurio: - Vi terranno compagnia granchi e gabbiani.

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Capitolo 30
*** Capitolo 29: Eredità scomode ***


Salve mie care donzelle e piratesse!
Inaspettatamente, nonostante il fidato pc in avaria, sono riuscita finalmente a concludere il terzultimo capitolo di questa travagliata storia, e ho potuto approfittare della disponibilità del riluttante computer di riserva per postarvelo! ^-^
Vi risparmio ulteriori scuse inutili e vi lascio alla lettura, ringraziando quanti leggono o inseriscono i miei racconti tra le loro preferenze.
Spero di concludere prima dell'estate questa long, anche perché ho altre idee in corso e già ho iniziato il prossimo capitolo.

Buona lettura e al prossimo approdo!)

Capitolo 29: Eredità scomode

Le vele cerulee si riempirono del fresco vento del crepuscolo mentre la costa verde e sabbiosa di Isla Cruces svaniva oltre la placida distesa color indaco.
La sagoma superba della Perla Nera li aveva già staccati di almeno mezzo miglio, riconfermando prepotentemente la sua fama di veliero più veloce dei Caraibi.
Il Capitano Will Turner, arrampicato sulle sartie di tribordo, si affannava a spronare i suoi subalterni, affinché imbrigliassero ogni folata per non perdere di vista l’imprevedibile alleato.
Quell’inaffidabile di Jack Sparrow sembrava essere ancora una volta, paradossalmente, l’unico gavitello in grado di mostrargli la rotta della salvezza, dopo averlo impelagato nell’ennesima disavventura. A volerci pensare con mente lucida, aveva sempre agito così nei suoi confronti, e nonostante non potesse mai ignorare di essergli enormemente debitore, il loro rapporto si poteva paragonare ad una distinta abitazione i cui pilastri affondassero su un terreno argilloso.
Ma a preoccuparlo molto più di Jack, in quel momento, era qualcuno notevolmente più vicino.
Jim si aggirava sul ponte dell’Olandese, mesto e inerte come un’anima in pena. E dalla maniera in cui pestava le punte degli stivali era chiaro compisse un grande sforzo a contenere il malumore che lo stava corrodendo.
Will, raccomandò ai suoi di mantenere l’abbrivo guadagnato, quindi planò con una cima proprio accanto al figlio. Prima che aprisse bocca, fu lui ad anticiparlo, con tono piuttosto aggressivo:
- Mi avete trascinato via, quasi fossi un pupazzo! Quando la smetterete di trattarmi come un bambino?
Alcuni pirati, distolti dal loro lavoro, si erano voltati nella loro direzione. Il giovane padre annuì chinando gli occhi e rimasticando il discorso che si era prefissato.
- Quando la smetterai di comportarti come tale – si affrettò a rimbrottare severamente l’impertinenza del ragazzino la signora Turner.
Madre e figlio ingarbugliarono uno sguardo rutilante, sfidandosi, al che Will intervenne di misura, prendendo premurosamente per un braccio la moglie: - Elizabeth, per favore, lasciaci soli.
La donna represse un sospiro irritato, non senza lasciar intendere al marito che lo assecondava solo perché voleva evitare discussioni davanti la suscettibile ciurma. Jim si lasciò scappare un sorrisino soddisfatto, scacciandolo subito quando incrociò l’espressione incupita del padre. Will lo invitò a seguirlo nel loro solito posto convenuto per le conversazioni importanti, la prua zannuta della nave, ma il ragazzino tirò dritto per la balconata di poppa, assai più isolata da sguardi e orecchie indiscrete.
Il Capitano osservò per qualche attimo il suo ribelle erede, rimpiangendo in cuor suo di essere mancato così tanti anni dalla sua vita per riuscire a perdonarsi qualsiasi suo rimprovero. Continuava a sforzarsi di essergli vicino, nella giusta misura, e gli bruciava sentire che oramai stava diventando sempre più difficile non allontanarlo. Perché c’era qualcun altro che stava insinuandosi tra di loro.
Prese un lungo respiro, riempiendo i polmoni e parlò scandendo con discrezione e accoramento le parole: - Jim, ti giuro che io ti capisco, davvero. A volte ci si può annebbiare …
Le guance del biondino impallidirono prima di imporporarsi: - Ora sono io a non capirti … - balbettò affacciandosi alla ringhiera e guardandolo di sbieco.
Will gli si affiancò tenendo le pupille sul mare: - Quella Amaryllis … ti piace molto – sostenne senza dare al tono qualche sfumatura particolare.
Jim si grattò la nuca ed iniziò ad arretrare con una smorfia, preoccupato ed imbarazzato; non si aspettava che l’argomento sarebbe divenuto sentimentale: - Papà ti prego …
Il padre gli rivolse un sorriso limpido e rassicurante: - Non c’è niente di male, ma …
- Ma a voi lei non è mai piaciuta, sin dal principio. Non fosse stato per lei, non avrei nemmeno sospettato di possedere certi poteri! – s’imbizzarrì di colpo, lasciandolo ammutolito per il fervore con cui l’aveva difesa, gli occhi avevano sprizzato argento vivo, compulsione, attaccamento.
Un insieme di sentimenti forti che lo destabilizzarono. Non aveva compreso quanto potesse essere rimasto invischiato da quella misteriosa creatura. E non capiva se quell’ascendente fosse sincero o pilotato, ragione che lo indusse ad inasprire la replica: - Tutto ha un prezzo – mormorò scettico e ammonitore.
Jim lo fissò a labbra strette, trattenendo il fiato per poi rilasciarlo con un raschio: - Capitan Sparrow ha ragione: non sembri neppure un pirata – sputò scuotendo la testa e girandosi per andare via.
Will non si fece impressionare: aveva imparato anche lui da tempo a trattare con testardi e impertinenti, e suo figlio, un po’ per eredità materna, un po’ a furia di frequentarli, ne era stato contagiato. Oramai conosceva su quali leve insistere: - Jack mi ha raccontato come l’ha incontrata.
Due iridi nocciola interrogarono con scalpitante curiosità le sue.


L’ago compì improvvisamente una brusca virata, eseguendo un giro completo del quadrante. Arricciando le labbra agitò la scatoletta e gli batté sopra tre dita per riassestare il capriccioso gingillo magico. Decideva di smettere di funzionare proprio tutte le volte in cui aveva più bisogno di lei! Era una situazione comprovata, eppure riusciva a mandarlo in bizza sempre. Come se già non avesse poche rogne cui badare.
La donna che gli aveva confessato di avere presumibilmente dato alla luce un figlio suo, si era imbarcata di soverchieria sul suo galeone. E anche se voleva propendere ad accettare l’ipotesi di una coincidenza, o piuttosto l’impossibilità che le sue supposizioni fossero vere, provava un indefinito malessere nel vederla tanto in pena per la sorte di quel moccioso. Era una scena che si ripeteva, invero. I Turner avevano vissuto un momento simile sotto i suoi occhi, qualche marea addietro. E tutto ciò cui lui riusciva a pensare era sgusciare via.
Concedere all’ansia e alla paura di assalirti per il destino di qualcun altro, era un sentimento che non lo riguardava. Forse aveva imparato meglio degli altri a nasconderlo e ignorarlo, o forse il suo cuore obbediva a meccanismi del tutto differenti. Non per niente era Capitan Jack Sparrow, l’unico e il solo. Non poteva avere emuli né eredi.
Riaprì lo sportellino della bussola: l’asticella si bloccò ad indicare Sud-est. Il suo sorriso appagato s’incrinò notando come la direzione corrispondesse anche al punto in cui si trovava Anamaria. Finalmente si era seduta.
Coincidenza”, pensò riallacciando lo strumento nautico alla cintura e, riferendo le coordinate da seguire al fido mastro Gibbs, si incamminò con indifferenza verso la Jucard, inserendosi tra lei e l’energumeno suo vice col quale stava chiacchierando. La mulatta avvertì la sua vicinanza dal tintinnio dei dreadlocks e si voltò di scatto scoccandogli un’occhiataccia insofferente e furtiva. Jack di rimando la prese sottobraccio, convincendola, suo malgrado, a passeggiare.
Anamaria lo assecondò, costringendosi a respirare a fondo per rilassarsi in previsione di qualche sua strana sortita, anche se le sembrava leggermente turbato.
Si fermò vicino prua, dove sostava meno gente e la rilasciò, poggiando i gomiti sulla balaustra. Boccheggiò un paio di versi indefiniti, quindi la sbirciò di sottecchi: - Come mai quello sbarbatello non sa che sei sua madre?
La piratessa sbatté le ciglia e si affiancò al collega per evitare che i marinai notassero il fulmineo sbiancamento che di sicuro l’aveva colpita. Cercò di incrociare gli occhi del pirata, sebbene sapesse perfettamente che non avrebbe lasciato trasparire quale fosse la vera ragione di quella domanda. Per quanto scombussolata e dubbiosa sull’opportunità di confessarsi con lui, fu pervasa da un effimero sollievo nel poter condividere un pezzo di quel segreto, che aveva assunto la consistenza di una zavorra. Si passò una mano sulla faccia, lasciandola lì per attenuare il volume della voce: - Ju non mi ha permesso di tenerlo e così l’ho abbandonato, quando era molto piccolo, a Tortuga. È cresciuto lì, in una locanda, da nostri fidati. Un anno fa sono andata a riprendermelo. L’ho arruolato come mozzo. Si è dimostrato eccezionale.
La mulatta dovette asciugare due gocce di sale che erano sfuggite al suo impeccabile contegno, ma non allo sguardo acuto di Sparrow, il quale si schiarì la gola riportando l’attenzione sulle onde: - Tipo un tantino ottuso quel Jucard. Io sono nato e cresciuto su una nave, per qualche anno – mormorò con una punta di vanità smussata da una patina drammatica che lo rendeva meno credibile.
L’avventuriera scrollò i capelli, ridacchiando sommessamente: - I risultati non sono esaltanti …
Jack la folgorò con un luccichio ruffiano tra i denti, riducendo le distanze ad una spanna: - Un tempo non l’avresti detto. Ti piacevo – sussurrò impunito, facendo scendere una mano a sfiorarle un fianco.
Anamaria indietreggiò con una vigorosa scossa, maledicendo l’assurdo effetto incendiario che certe sue occhiate maliziose erano capaci di suscitarle, legandosi a fantasie e ricordi.
- Io non capisco perché proprio Jay Jay! – barbugliò agitando le braccia e sistemandosi il cappello.
Il Capitano della Perla si lisciò i baffi e le treccine del pizzetto con cipiglio meditativo: - Perché è quello sbagliato. E se Taft sacrifica lui, anziché diventare immortale creperà. Molto generoso da parte del ragazzo. Ergo non è mio figlio – concluse distendendo il volto in un largo sorriso colmo di sollievo, mentre l’amica si adombrava, riprendendo a stringere i pugni e irrigidendosi pur di non esplodergli contro.
Jack schiuse la bocca e alzò un dito, accorgendosi di aver provocato involontariamente una risposta vendicativa e intendendo rimediare. Arrivò però una confortante notizia a salvarlo:
- Terra!
- In anticipo! – esclamò festante, correndo al timone.


Iniziava ad odiarsi. Era stato per pura e stupida competizione che aveva deciso di offrirsi al posto di quell’altro. Pensava che lei lo avrebbe protetto, invece non aveva potuto confidare in alcun segnale d’aiuto. Sembrava un’altra persona. Distaccata, algida, taciturna, imperturbabile. Lo inquietava tanto quanto le risate squillanti lanciate dal Capitano della Barracuda.
- Vatti a fidare di un bel faccino! – si rimproverò infuriato Jay Jay, dimenandosi quel poco che poteva. Aveva riacquistato i sensi ritrovandosi ammanettato mani e piedi su una specie di graticola sollevata dal terreno e appesa tra due tronchi, come fosse un insetto catturato nella tela di un ragno. Il peggio lo aveva scoperto dopo: c’era una serie di congegni a ruote collegati a loro volta ad un sistema di pesi e contrappesi che avevano il fine di attivare un’ultima mortale arma rivolta a trafiggergli il petto. E riversare il suo rosso stillare sulla sfaccettata superficie di una pietra luccicante. L’Occhio degli Oceani. Era rimasto incantato dal suo splendore che era stato riflesso in un arcobaleno di colori dai raggi del tramonto.
- Non è strabiliante? Una sola pagliuzza non calcolata e tutto il mio meticoloso progetto andrebbe in malora! – farneticò Taft, avvitando un’ultima rondella, sventolandosi con il fazzoletto smeraldino – Ammira la perfezione di ogni dettaglio, giovanotto – gongolò avanzando verso di lui e gesticolando – Non appena il novilunio scarlatto di questa notte raggiungerà lo zenit, questo diamante ne assorbirà il barlume e innescherà una reazione a catena, fino a spingere quella lama di cristallo nel tuo cuoricino! E grazie al tuo sangue salato, mescolato al mio, diverrò eterno! – scoppiò in una fragorosa risata, piegando il collo indietro.
Jay Jay annaspò di rabbia e astio, cercando invano una rassicurazione nel dolce viso di Amaryllis, che rimaneva assente e distante. Era con le spalle al muro, perciò tentò di prendere tempo. In fondo Pescegatto gli aveva imprudentemente rivelato che al minimo margine di errore il rito sarebbe fallito. Certo, quello spuntone di vetro era ancora pericolosamente posizionato contro di lui, ma se proprio lo avrebbe ucciso, non voleva rimuginarci troppo.
- Giacché mi accingo a morire dissanguato per voi, mi piacerebbe apprendere la vostra storia, Capitan Taft – lo invitò candidamente, come avrebbe saputo fare Turner Jr.
Il filibustiere lo studiò per qualche secondo, sgranando gli occhi celesti con aria sorpresa, ma subito il sospetto si dissipò dalle sue tempie, intravedendo l’occasione di poter condividere il suo formidabile racconto:- Non hai tutti i torti, novellino. E poi è una storia talmente affascinante che sono sicuro allieterà le tue ultime ore – affermò sistemandosi su una sacca di paglia.

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Capitolo 31
*** Capitolo 30: Cristalli ***


Buona domenica, gente!
Dopo secoli sto finalmente accingendomi a concludere questa long!
So che oramai qualsiasi scusa è inutile, perciò vi lascio semplicemente alla lettura, ringraziandovi per la pazienza con cui avete atteso che pubblicassi ogni nuovo capitolo.
Ulteriori annotazioni le lascerò per l'epilogo, che mi auguro di postare entro il mese prossimo.

Buona lettura, a presto!)


Capitolo 30: Cristalli

Oliver Taft si schiarì la gola e cominciò con enfasi e tracotanza a raccontare:
- Sono un figlio nato per sbaglio, ma ben voluto. I miei genitori furono amanti clandestini. Lei era un’umile cameriera, lui un ammiraglio della marina inglese. Non aveva avuto prole maschile per cui fui il suo beniamino e il suo protetto. Potei studiare e viaggiare e così approfondii le ricerche riguardo una leggenda che era solita narrarmi mia madre. La sua stirpe sarebbe stata discendente diretta delle creature marine note come nereidi. Una di esse, Climene, avrebbe amato un mortale. E sarebbe stata punita con la perdita dell’immortalità per aver generato un ibrido. Il suo sangue si mescolò e si disperse nelle varie generazioni. Ma non andò perduto: qualche goccia di quella linfa divina scorre nelle mie vene. Insufficiente, ahimè, a dominare il mare ...
Fintamente dispiaciuto, il pirata lisciò lo spuntone della lama che aveva fissato ad una spanna dalla vittima, alzando il viso al cielo ancora privo del suo astro più luminoso.
Jay Jay deglutì in silenzio, mordicchiandosi la punta della lingua, sollecitato dalla tentazione di rivelargli che si stava sbagliando: - Così hai bisogno del mio aiuto, eh?
Qualcosa nel suo accento insinuante e derisorio fece scattare il sentore di un inganno nell’allampanato Capitano. Nei suoi occhi celesti al ragazzino parve di veder balenare per una frazione di secondo un misterioso luccichio amarantino, e la prima cosa che pensò fu che stesse cercando di leggergli la mente. Distolse subito lo sguardo, cercando quello di Amaryllis, in disparte e soprapensiero a qualche passo da loro, come intenta ad ascoltare rumori in lontananza.
- Taft! Io e i miei sciacalli andiamo a dare il benvenuto agli intrusi.
L’intromissione di Clint Strappabudella sventò la concentrazione del comandante della Barracuda, insieme ai suoi enigmatici propositi.
Strinse le palpebre e scosse leggermente la testa, massaggiandosi debolmente le tempie: - Ti dispiace ripetere, amico mio? – scandì mollemente con la voce arrochita dallo sforzo di contenere il tumulto di interrogativi scatenati da quella scarna ed inaspettata affermazione.
Il socio affilò le sue sciabole una sull’altra, facendole sibilare: - Abbiamo avvistato vele in avvicinamento, un’ora fa, nella baia a sud – gli riferì in un basso grugnito, mostrandosi impaziente di partire per la meditata spedizione punitiva.
Oliver camminò nervosamente verso di lui, con i pugni serrati e la mascella fremente: - Perché non sono stato informato?
Il bucaniere in giacca turchese non si mostrò per nulla impressionato dal suo tono isterico: - Mi hai espressamente vietato di interromperti mentre preparavi questa bislacca diavoleria – ghignò allargando la cicatrice che gli deturpava il mento, destinando un esame perplesso ai contorti macchinari.
Il suo capo si sfilò il fazzoletto verde dal taschino interno della giacca e tamponò freneticamente il collo, la nuca e la fronte. Non era disposto neppure ad immaginare un fallimento. Da vent’anni si preparava in attesa di quella rarissima combinazione astrale. Se avesse sprecato l’attimo propizio, non gli sarebbe bastata un’intera vita per riavere le stesse condizioni favorevoli.
- Uccideteli tutti! – farneticò ripetutamente, ordinando ad altri tirapiedi di sistemarsi attorno al perimetro su cui aveva impiantato il marchingegno mortale, affinché nessuno potesse tentare di manometterlo se si fossero spinti fin lì.
Jay Jay approfittò prontamente di quel diversivo per richiamare discretamente l’attenzione della ninfa, nonostante l’avesse scorta molto distaccata e scostante: - Amy! Lilly! Psss! –bisbigliò quando l’eterea fanciulla gli passò vicino – Gli intrusi … sono quelli a cui penso io? – domandò, confidando più di quanto fosse solito nella fortuna.
La biondina si guardò attorno rapidamente, gli si avvicinò quel tanto che bastava a rendere visibile un leggero sorriso sfarfallare sulle sue rosee labbra.


- Ci stiamo avvicinando troppo alla costa! Ci attaccheranno senza darci neppure il tempo di sbarcare!
Il filibustiere dalla bandana porpora ripose con un flemmatico sbuffo il cannocchiale nella custodia appesa al cappotto, restando immune alla sobillazione della collega, che però si apprestò a smorzare prima che contagiasse i perturbabili marinai.
- Tesoro, devo forse ricordarti che uno dei maggiori pregi della Perla Nera è quello di essere praticamente invisibile nelle ore vespertine? – sdrammatizzò con alterigia, strattonandola per la fusciacca che le pendeva dalla vita e invitandola a scendere dalle sartie.
Uno stridente fruscio risuonò nello spazio che li separava dal piccolo approdo, anticipando lo sfrecciare di una palla di cannone che passò a meno di un metro dai loro cappelli.
Anamaria e Jack si ritrovarono avvinghiati e contratti in un’identica espressione di trepido spavento.
La piratessa si liberò dalla compulsiva stretta dell’uomo, rimproverandolo con un’occhiata collerica che valeva più di mille insulti, mentre lui filava al timone.
- I Turner sono spiacevolmente in ritardo, nevvero? – blaterò Capitan Sparrow, trattenendo una smorfia preoccupata all’ennesimo sibilo di cannonata diretta a squarciare il loro scafo.
- Non lo so! Non ci ho ancora capito nulla di questo tuo fantomatico piano! – strepitò permalosamente la Jucard, tampinandolo sulle scalette del cassero.
In quell’istante una nuova bordata esplose alle loro spalle: non proveniva dalla terraferma, ma da un’altra nave che li stava abbordando da poppa.
Jack si illuminò: - Come non detto! Sono arrivati! – cincischiò assottigliando gli occhi per tentare di focalizzare i tratti della sagoma del veliero che stava navigando in quello stesso specchio d’acqua.
Il suo nostromo gli comparve a fianco annunciando con stupore: - È Barbossa!
Udire quel nome gli provocò un’istintiva alterazione dei lineamenti scuriti dal sole, la sua gola ebbe un singulto: - Meglio di niente – zirlò rassegnato – Li tratterrà lui … Confido che saprete condurre la Perla al sicuro, mastro Gibbs, mentre io e la Jucard andiamo.
- A fare? – obiettò con scoraggiamento l’interessata, accostandosi alle scialuppe che quello stava impartendo di calare.
Sparrow dondolò la testa, indisposto dalla persistente malafede di quella cocciuta donna: - A fermare Taft! Mi segui, o il mio irresistibile fascino ti ha completamente intontita? – la schernì porgendole una mano per aiutarla a prendere posto nel sedile accanto a lui.
La mora continuava a restare incerta ma smise di questionare, pensando che in caso di un suo voltafaccia si sarebbe inventata qualcosa. Era abituata a vivere di espedienti e scappatoie.
Una brusca frenata fece sobbalzare la chiglia della barca che si arenò su un basso fondale pietroso, rimediando una falla che costrinse tutti gli occupanti a tuffarsi, appellandosi alla presunta conoscenza del Capitano Sparrow, il quale non mancò di sciorinare la sua padronanza del misterioso luogo.
- Cautela gente. Questa è l’Isola dei Cristalli, non esiste terra né sabbia, né erba. Potreste tagliarvi o infilarvi qualche scaglia di vetro nelle membra se non prestate la dovuta attenzione – redarguì i compagni, impugnando una lanterna per istradarli lungo il percorso meno accidentato.
Anamaria accettò il suo braccio e fu ancora una volta scombussolata dall’inafferrabile sagacia di quel pirata, custode di molteplici esperienze e di nobili sentimenti, ma anche capace di escogitare i più meschini sotterfugi.
- Aspetta un momento … A te non interessa affatto fermarlo – rifletté d’un tratto la mulatta, trattenendolo bruscamente – Se Taft ucciderà Jay Jay, morrà e te lo toglierai di torno uscendone pulito, come sempre! – lo accusò sgomentata, provando una simultanea repulsione per la sua manierata gentilezza.
Jack la trascinò ugualmente con sé, chiedendosi con rammarico per quale dannata ragione non avesse ereditato l’indole sanguinaria di molti suoi antenati.
- Qui il vero problema non è Pescegatto Taft, bensì la dolce ondina – replicò misurando gli spostamenti tra le scivolose e aguzze conformazioni calcaree – Amaryllis cercherà di salvare entrambi. È nella sua natura e non può violare i patti. Ma se quell’impiastro si vendicherà di lei, innescherà il principio della guerra.
La Jucard stralunò gli occhi bruni: - Se le cose stanno così, perché la tua amichetta non ha impedito prima che tutto ciò accadesse? – indagò risentita, scrollandosi da lui e incrociando le braccia.

Più o meno a mezzo miglio di distanza da loro, Elizabeth Turner stava formulando la stessa domanda al marito, insieme al quale aveva intrapreso l’arrampicata su una scogliera formata da lastroni di silice.
Will spinse il figlio davanti a sé e controllò l’integrità della fune con cui si era allacciato alla recidiva consorte: - Perché è Billy Jim che voleva proteggere. In questo modo lo ha tenuto al sicuro dalle mire di Taft – le spiegò ricorrendo all’interpretazione che gli aveva propinato Sparrow, e che a lui non convinceva fino in fondo.
Finalmente il suolo divenne pianeggiante, sebbene altre stalagmiti vetrose svettassero al pari di arbusti sterili, rendendo difficoltoso il cammino.
- Tra tutte le vite in pericolo dovremmo preoccuparci giusto di una semidea! – insisté ad obiettare la Turner, intendendo riscuotere il parere di Jim con cui era entrata in urto da qualche giorno.
Dei luccicanti cocci di cristallo piovvero su di loro come una grandinata, riflettendo il lucore ambrato di alcune torce in avvicinamento.
- Un pirata combatte per l’ideale che gli rende di più, e noi non saremmo in grado di affrontare una battaglia contro forze sovrannaturali di tal portata – esordì Capitan Barbossa con ineccepibile senso pratico, abbattendo altri coni a colpi di machete, oltrepassandoli con un gruppetto di mercenari.
Elizabeth inghiottì con un grumo d’amarezza la spiccia constatazione del maturo filibustiere: l’epoca dorata della filibusta stava opacizzandosi con l’avanzare del progresso, e oramai erano ben pochi gli uomini che attraversavano gli oceani perché mossi dalla pura passione di sfidare l’ignoto.
Un terzo manipolo si palesò tra le frastagliate sculture naturali, capeggiato da un uomo il cui volto era celato da un grande copricapo blu stinto con alcune appariscenti piume bianche e nere: - Secondo me, vecchio scorfano, non hai più il fegato neanche per affrontare la mia sciabola.
Hector capì di essere tirato in causa: - Tu credi? – ribatté sostituendo l’ascia con la spada.
- Ammirerò il colore delle tue budella – sostenne il Capitano dell’Orca con una raccapricciante risata sadica, sferrando il primo vigoroso affondo.
I Turner approfittarono del regolamento di conti in corso tra i due agguerriti avventurieri e ripresero a cercare la strada che li avrebbe riuniti ai restanti alleati, ma altri tagliagole armati e bellicosi tesero loro un’imboscata.
- Jim! Tu vai! – raccomandò Will al ragazzino, ponendosi a scudo di Elizabeth, che però aveva già imbracciato una carabina.


Fissava l’orologio a cipolla, consultava il telescopio, ricontrollava la fluidità di movimento di ogni rondella. Il pugnale, anch’esso ricavato con un frammento di quel brillante minerale, era nella sua mano sinistra, pronto ad aprire un taglio nelle arterie.
Il satellite celeste appena sorto splendeva di una luce rossastra. Una trascurabile manciata di minuti lo separava dal compimento del suo destino, ma non doveva permettere alle emozioni di assalirlo, o avrebbe perduto il raziocinio necessario a compiere tutto regolarmente.
- Buona sera, Oliver. Bella luna, non trovi?
I suoi guardaspalle si drizzarono verso un’unica direzione, quella dalla quale stava con perfetta noncuranza avanzando una figura dalla sgangherata andatura.
- Capitan Jack Sparrow! Il vostro attaccamento alla mia persona mi lusinga e mi commuove – lo accolse con sensibile fastidio, non spostandosi di un centimetro dal piedistallo su cui aveva posto il diamante – Siete venuto a raccomandarvi, immagino. Non avete gradito la visita di quel cefalopode … - insinuò con una cadenza mellifluamente derisoria.
Jack aggirò tutti i suoi scagnozzi che formavano un codolo di protezione alla macchina e a lui, e gli si fermò di fronte: - Preferisco di gran lunga i pesci rossi.
Taft biascicò un risolino: - Siete un uomo di spirito e d’ingegno. Ma le vostre astute chiacchiere non vi serviranno – dichiarò con estrema ostinazione, mimando di lacerarsi il polso.
Uno scatto metallico riecheggiato da altri lo indusse a voltarsi con altrettanta velocità: - E che ne dici di questa, invece? – lo sfidò Anamaria, brandendo una spingarda e attirandosi addosso le canne delle pistole di tutti gli altri banditi.
Sparrow sospirò, crucciandosi dell’irrimediabile comportamento umorale delle donne.
- Poco maneggevole, facile ad incepparsi – sentenziò con assoluta indifferenza l’ibrido pirata, dopo aver osservato l’ingombrante fucile.
Jay Jay sbuffava non sentendosi più i muscoli, spazientito dal fatto che nessuno si stesse degnando di liberarlo da quell’inquietante gabbia. D’un tratto riconobbe una faccia decisamente benaccetta venirgli incontro: - Era ora, B J!
Il suo esasperato urlo di contentezza incuneò tutti gli occhi su di loro: - Allora sei tu! Il giovane Turner! Voi mi stavate ingannando! – strillò Taft agitando la lama, emettendo quasi delle scosse elettriche – Tu quoque, cugina? – singhiozzò folgorando Amaryllis che si era interposta ai due ragazzini. Tutti si prepararono ad intervenire, scegliendo il proprio avversario, rimbalzando sguardi intrisi di accanimento.
Ma delle pallottole volarono in mezzo alle ombre, riducendo in affilati frantumi le strutture cristalline che li circondavano.
E nel frattempo una ruota dentata iniziò a girare.

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Capitolo 32
*** Epilogo: Nessun padrone ***


Marinai e donzelle, è con soddisfazione, liberazione e un pizzico di malinconia che oggi posto il lungo epilogo di un'altrettanto lunga storia, iniziata oramai quasi due anni or sono.

In questo periodo, che può sembrare relativamente breve, in realtà sono successe diverse cose. In primo luogo alcuni lettori che avevo conosciuto e che con i loro commenti positivi mi hanno stimolata a dare un seguito all'originale long con cui ho sostanzialmente esordito in questo fandom, non sono stati più presenti, e mi è spiaciuto non aver più avuto contatti con loro, anche perché erano contestualmente autori che leggevo con molto piacere (Summerbest, emmawh, Lione94, Foxx dove siete finite?! :'( ).
Altri si sono aggiunti nel corso dei miei saltuari aggiornamenti (Fauna96 su tutte), molti più di quanti imaginassi in questi mesi hanno inserito questo modesto racconto tra le loro preferenze, seguite o ricordate, e ciò mi ha dato sempre l'impulso di continuare e non lasciare a metà, nonostante avessi perso più volte la giusta ispirazione.
C'è stata poi una lettrice costante, simpatica e fedele che non posso non citare: la dolcissima stellysisley che ha sempre sostenuto le mie idee, qui e fuori dandomi la spinta maggiore di tutte <3
Inoltre in questo arco di tempo, chi mi ha seguito anche in altri lavori, avrà forse notato che il mio stile è mutato, direi che si è complessato nella terminologia e nell'introspezione, o forse è solo maturato un po' insieme a me, che non nego di conservare un lato piuttosto infantile (che non voglio assolutamente perdere!), ma ho avuto la tendenza ad avventurarmi in generi più adulti (più che altro nella lettura) a causa dell'età non più verdissima ^^

Ad ogni modo, ho voluto mantenere immutato il carattere narrativo in questo racconto, lasciandolo più leggero e fresco rispetto ad altri, e vi anticipo pure che ho scelto un finale abbastanza aperto che spero non deluderà troppo le vostre aspettative.
Ci sarà un altro seguito? Beh, qualche idea in verità mi è balenata, ma non credo sbarcherà a breve: ho molti altri viaggi da concludere!

Dopo avervi annoiato ancora una volta, ringraziando di nuovo i miei seguaci, salpo le ancore e vi auguro buona lettura!

Ai prossimi approdi!)



Epilogo: Nessun padrone

Le stelle di cristallo svanirono in un sonoro e rapido fruscio, precipitando sullo spoglio suolo. La nebbiolina di polvere scaturita dall’esplosione simultanea di più canne da fuoco si diradò, permettendo agli archibugi che l’avevano prodotta di emergere dal buio manto che avvolgeva la collinetta.
Oliver Taft si drizzò per primo, guizzando gli occhi a quelle sagome indistinte che si spostavano verso di loro: - Da quando in qua i pirati combattono uniti? – si sbellicò dopo un attimo di smarrimento, rifiutandosi ostinatamente di accettare quello che vedeva.
Un ferreo e vibrante timbro di donna lo schernì prontamente: - Ti dice nulla la parola “Fratellanza”?
Elizabeth camminò con fierezza non abbassando la carabina dal bersaglio, Will subito dietro di lei con un paio di spingarde fumanti.
- Fratellanza?! È soltanto una delle tante fandonie spacciate da voi spregevoli Accattoni del mare.
Stavolta ad intervenire era stata una voce virile screziata da ripicca e spregio.
- Francis – evinse contrariato Capitan Sparrow, pur non individuandolo chiaramente nella languente luce diffusa da quell’insolita luna rossa.
Le armi dei soldati, luccicanti di un sinistro bagliore tra le inanimate foglie di vetro, in breve formarono una minacciosa corolla intorno ai banditi lì raccolti.
Jack e Anamaria strinsero con più vigore le else, mentre Jim strinse la mano di Amaryllis nascondendo nella giacca il magico diamante.
Taft afferrò una torcia e avanzò verso il Capitano Roberts, suo precedente alleato, con uno sbiadito alone intimidatorio: - E Clint? – domandò cercandolo tra le ombre vaganti, con la schiacciante sensazione di conoscere la spiacevole verità.
- Le sue budella non erano dissimili da quelle di qualunque altro impostore del nostro stampo – frizzò Barbossa, reggendosi zoppicante alla stessa spada con cui lo aveva sconfitto.
Sparrow rabbrividì incontrando il suo sguardo spaventosamente carico di odio, che sembrava suggerirgli che lui sarebbe stato il prossimo ad assaggiare la sua vendetta, dacché i loro contrasti non si erano mai appianati.
In quella tesa sospensione si innalzò di nuovo l’accento imperioso dell’erede di Black Bart: - La Glory e la Eagle, navi di spicco della marina britannica, stanno flottando nei dintorni. Vi conviene arrendervi, furfanti senza Dio, e vi prometto che vi scorterò fino a Saint Thomas. Vivi.
I pirati sghignazzarono, sicuri di essere in maggioranza, sebbene Jack Sparrow fosse l’unico a conoscenza della simulazione di Roberts: quel luogo compariva soltanto in determinati periodi della marea e non figurava in alcuna carta nautica.
Gli animi si surriscaldarono, l’acciaio sibilò e ronzò insieme al dirompere di urla e convenevoli insultanti che circolarono tra i due partiti, fermi sulla difensiva ma pronti a darsi battaglia, nonostante l’oscurità e l’atipicità di quel terreno non avrebbero facilitato i combattimenti.
Prima che qualche intraprendente desse inizio agli scontri, accadde qualcosa di imprevisto.
Le rocce traslucide tremarono e si mossero, alcune affondando, altre emergendo con spruzzi, travolgendo e inghiottendo nelle loro crescenti voragini ignare e impreparate vittime.
L’improvviso terremoto scatenò confusione e panico tra i pirati che cercarono di essere più veloci delle frane che con clamore si propagavano sotto di loro.
- Io vi avevo consigliato di non ostacolarmi! Adesso nessuno di noi si salverà! – esultò un esaltato Taft, estraendo il braccio da una fenditura apertasi ai suoi piedi. Assicurandosi che gli astri fossero ancora in posizione e che ci sarebbero rimasti solo per pochi altri minuti, percorse a fatica la strada inversa, intenzionato a recuperare l’amuleto.
Barbossa scivolò su un rilievo, uno stilo affiorò trafiggendogli la spalla destra e rimase sospeso sull’orlo di una crepa. Imprecò contro il subdolo nemico sparandogli contro alcuni proiettili, mancandolo.
Will ed Elizabeth, scansando l’instancabile Capitano Roberts dalle calcagna, arrancarono verso la zona più alta, mirando a raggiungere il figlio.
- Che sta succedendo? È stato lui? – annaspò Anamaria, tenendosi ad un’asta traversa del macchinario rotante e cigolante.
- L’isola tornerà in fondo al mare appena luna tramonta – annunciò lapidaria Amaryllis – Ma lui ha modificato ordine del tempo.
Jay Jay si dimenò forsennatamente, essendo ancora intrappolato in croce su quella grata sospesa: - Vuol dire che affonderemo prima del previsto?
La ninfa annuì e affermandolo apparve insolitamente terrorizzata. Delle braccia la sollevarono, trascinandola sotto il chiarore dei raggi lunari, mentre una lama di vetro le ghiacciò il collo.
- Consegnatemi l’Occhio dell’Oceano e vi garantisco che potrei valutare di concedervi la mia clemenza – propose loro Taft, avendo scoperto con orrore che il tesoro da immemori anni bramato gli era stato sottratto. Il suo polso tremava e nei suoi occhi sfrigolavano piccoli lampi elettrici.
- No, Jim! Devi usarlo tu! – lo esortò con impellenza la nereide, instaurando una comunicazione telepatica con lui.
Billy Jim sapeva già quale cruento sacrificio avrebbe dovuto compiere per entrare in contatto con i poteri sopiti che lei gli aveva svelato possedere. E sapeva anche che sarebbe stato irreversibile. Esitò, si guardò intorno, incrociò i volti dei suoi amici, ricordò tutte le peripezie e i posti che aveva conosciuto insieme a loro. Pensò a quello che ancora avrebbero potuto vivere insieme. Aveva visto troppi pochi soli per desiderare di dire addio a quel fantastico mondo di cui voleva saggiare di più. Il mare gli scorreva dentro ma voleva domarlo, non dominarlo.
Ad Amaryllis sfuggì un ansimo frustrato, le sue gambe vacillarono. Poi avvertì Jack Sparrow approssimarsi di soppiatto. La sua speranza non si spense, anche se non era riuscita a convincere il giovane prescelto, contava ancora sull’appoggio degli umani.
- Non posso, mi dispiace – mormorò risoluto Turner jr, scagliando deliberatamente il prisma marino in mezzo agli altri frantumi scintillanti che si erano disseminati ovunque.
Taft strattonò via la cugina, tuffandosi a terra per tentare di recuperare il diamante: - Dannato moccioso! Non sai cosa hai fatto! Ci hai condannati! – andava urlando, scorticandosi le ginocchia e i palmi su cui strisciava, rovistando affannosamente tra i taglienti frammenti di cristallo, anche perché non era da solo in quella frenetica ricerca.
- L’ho trovato! – trionfò Jack innalzando al cielo una pietruzza sfaccettata come fosse un trofeo, attirando l’aguzza occhiata del Capitano della Barracuda che si gettò immediatamente verso di lui, sfoderando il pugnale vitreo – Oh, no. Non è quella giusta – bofonchiò dissacratorio il filibustiere dalle innumerevoli treccine, buttando via l’oggetto nella mischia e riprendendo a sondare il terreno con la punta della spada.
Oliver tirò fuori una pistola di piccolo calibro caricata con gli aghi di un potente sonnifero, da lui stesso fabbricato. E la chioma di Sparrow se ne appesantì senza che il proprietario se ne accorgesse.
- Dobbiamo aiutare Jay Jay! – proruppe intanto Jim, accennando all’ininterrotta concatenazione di bozzelli che stava continuando ad attivarsi. Amaryllis si trattenne a controllare le mosse di Taft e Sparrow, ma ad un ulteriore richiamo del suo amico decise di unirsi a lui e ad Anamaria, che senza successo provava a rompere quelle resistenti catene e a distruggere l’infrangibile lama puntata pericolosamente contro il ragazzino.

Anche i Turner stavano tentando di portarsi vicino ai loro compagni.
Will era giunto praticamente in cima all’altura, e da lì riusciva a scorgere Jack e gli altri lottare contro lo stillicidio di secondi che li divideva ancora una volta da un’infelice sorte. Un corpo trafitto da una sciabolata cozzò tra lui ed Elizabeth, separando le loro dita. La donna piombò indietro urlando il suo nome ma la sua caduta venne frenata da un solido petto ornato da mostrine che la abbrancò. Riconoscendolo iniziò a scalciare per svincolarsi, finché uno schizzo caldo non le colpì il viso.
- Prendete me al posto suo, Capitano Roberts – gli intimò con fermezza Capitan Turner, il piglio intrepido e palpitante, le mani lungo i fianchi in segno di una pacifica resa. – Mia moglie aspetta un bambino – aggiunse in una soffusa e dignitosa preghiera, conscio o forse solo fidente di comprare la sua sbandierata correttezza.
Il soldato si premette la spalla ferita e sostenne il suo sguardo corrugando il proprio nell’udire quell’accorata rivelazione. Squadrò con pertinace dubbiosità la piratessa che tre dei suoi trattenevano in attesa di direttive. Vide il modo in cui si guardavano quei due, come se condividessero lo stesso fiato, e ciò scosse il suo.
- Sappiate che ovunque lo porterete, io verro a riprendermelo – gli giurò l’incantevole e mordace avventuriera, senza alcun refolo di timore.
Francis Roberts ruotò la testa notando altre azioni dall’impensabile carattere altruistico.
Una coppia di bucanieri stava soccorrendo un loro pari incastratosi il braccio tra una sporgenza e una spaccatura che minacciava di risucchiarlo nei suoi meandri. Il malvivente, non più agile e giovane, aveva comunque sguainato la propria spada e con movimenti limitati si apprestava stoicamente a tranciare l’arto che gli impediva di spostarsi.
- Che terribile spreco! Nessuno sa governare il timone come voi, Capitan Barbossa – esclamò il più magro dei due, caricandosi insieme all’amico il riluttante filibustiere che seguitava a riempirli di insulti.
Poco più in alto c’era anche un’altra masnadiera che si adoperava per liberare un ragazzino appeso gambe e braccia. Rischiavano di essere sepolti lì attardandosi, mettevano a repentaglio la loro libertà e la loro vita pur di non abbandonare i propri sodali.
Un fiume di fiele gli si riversò in gola e gli gravò le tempie. Si sentì profondamente meschino, bigotto e ignobile per aver combattuto, condannato e ucciso quanti portavano quell’indecoroso marchio. Avrebbe dovuto considerare sempre che non tutti i fuorilegge erano spietati, egoisti e opportunisti come lo era stato suo padre, che pure aveva stilato uno stimato codice d’onore cui molti dicevano di ispirare la propria condotta. Non avrebbe dovuto intraprendere quel mestiere con la coscienza avvelenata da rancori personali. Si disfece dei ceppi che finirono in una pozza, volse i tacchi verso la ciurma e, non tradendo alcuna emozione, ingiunse loro l’ultimo ordine che avrebbe dato sotto quella divisa: - Andiamo via da qui, signori. La dipartita di questi farabutti è già segnata.
I marinai tentennarono prima si seguirlo sotto le occhiate confuse e strabiliate dei pirati.

- Regnerà il caos! Non sapete quali forze state scatenando!
Le urla fanatiche di Oliver Taft tornarono a catalizzare l’inorridita attenzione dei superstiti che assistettero alla sua delirante disperazione. Il Capitano ibrido, non avendo ancora trovato la chiave dell’immortalità, si lacerò entrambi i polsi, spargendo il sangue sul tappeto di frammenti brillanti.
- Il mare non deve avere padroni!
Jack Sparrow scandì tale affermazione brandendo l’ovale adamantino.
I Turner corsero al suo fianco, mentre il mezzosangue gli si riavvicinava, pallido e sudato, impugnando ancora lo stiletto: - Sai qual è il tuo problema, Sparrow? Sei debole di cuore, come tuo padre che ha scelto di ritirarsi prima che giungesse la sua fine, su una nave, in battaglia – lo provocò malignamente, insinuando nella sua mente altre calunnie che gli altri non poterono udire.
Quello le scacciò impedendogli di irretirlo: - Va all’inferno, Pescegatto! Sono passato per guai ben peggiori di questo. Riuscirò a salvarmi la pelle con o senza il tuo aiuto – proclamò con un sorriso sprezzante e sarcastico, riponendo l’Occhio dell’Oceano nelle mani di Amaryllis che si aggrappò a lui, salendogli sulle spalle
Taft emise un’ultima stridula risata, le vene grondanti, le occhiaie sempre più scure a sfigurare il colorito cereo: - Ma qualcuno a cui tieni non sarà altrettanto fortunato – asserì con inquietante soddisfazione, indicando con l’indice un punto dietro di loro. Il foro di una pallottola gli attraversò il torace. Barcollando sulle ginocchia lanciò un’occhiata stizzita a Roberts e si lasciò seppellire dal cedimento della pavimentazione silicea.
Capitan Sparrow udì uno scatto e poi un fremito secco di carne trapassata.
Quando si girò era già successo.
Anamaria percepì una fitta fulminante penetrarle la schiena, tanto fugace e violenta che non le permise nemmeno di capire cosa fosse o di esalare un grido. Mentre uno stridente brusio le feriva le orecchie, il volto riconoscente di Jay Jay diveniva sfocato.

Non ebbe più sensibilità né percezione del luogo in cui si trovasse o dello scorrere del tempo. Le sembrava di galleggiare tra i flutti, sotto un cielo buio ma sereno. Il silenzio che le aleggiava intorno, però, cominciò d’un tratto a colorarsi di tante sfumature di suono e tra le ciglia una fievole e tiepida luce s’infiltrò inducendola a muovere le palpebre. Non sapeva dove fosse o dove fossero quelli che sentiva parlare, tuttavia le parve di riconoscerli. Erano voci familiari e provò ad alzarsi per raggiungerle, chiedendosi con angoscia se fossero sopravvissuti o si trovassero tutti nelle terre dei morti.

- Gli hai insegnato a nuotare?
Quello era il vivace Turner jr.
- L’ho salvato dall’annegare. Ma poi anche lui ha salvato me. Ero tanto inesperta e ingenua allora. Mi piaceva stare sugli scogli. Dei malvagi cacciatori hanno cercato di catturarmi e lui si è opposto. Era un giovanissimo Capitano. È stato una scintilla!
La cadenza esotica della misteriosa ninfa.
- Le promisi che un giorno avrei restituito il favore e lo feci. Non è come prestare giuramento ad una persona: quella è una semidea, non si sfugge. Infatti mi ha marchiato con questa formula ed è ritornata.
Una parlata strascicata e alterata dal rum.
- Non sapevate nuotare!
Anche il riso di suo figlio.
- I miei vecchi non erano tipi da allegra e spensierata giornata sulla spiaggia. Da piccolo non avevo mai messo piede fuori dalla Città dei Relitti … o nell’acqua!
Lo vide. Una mano occupata a reggere una bottiglia semivuota, l’altra appoggiata distrattamente allo stipite di una porta, il tricorno leggermente storto sulla fronte nascosta dalla bandana, le labbra distese in un sogghigno furbo e un po’ intimidito dalle rivelazioni confidenziali che l’alcol aveva trapelato, e che gli formava piccole rughe attorno agli occhi bistrati.
Le rivolse un soffocato cenno di saluto e si defilò sul ponte, seguito da Jim e Amaryllis.
La mora spostò gli occhi sul giovane mulatto, i cui denti brillanti si mostrarono con spontanea esultanza nel riscontrare che stesse bene.
- Capitan Jucard. Credo di dovervi più di un semplice grazie – sussultò, sensibilmente turbato e grato, ondeggiando il collo e il busto, impacciato e incuriosito.
Anamaria si passò le dita tra i capelli, contenendo un inopportuno balbettio: - Sei un marinaio promettente. Mi sarebbe dispiaciuto molto perderti.
Jay Jay la osservò con indugio, serio e compito: - Mi assegnerete una nuova carica, allora – affermò scoccandole uno scaltro occhiolino. Non avevano toccato l’argomento, ma alla donna balzò nello stomaco la sensazione che quello sveglio ragazzino fosse in qualche modo ugualmente a conoscenza del loro intimo legame.
- Comunque, se siete ancora tra noi lo dovete ad Amaryllis che vi ha dato qualche goccia del suo sangue immortale. E a Capitan Sparrow – riprese a raccontare appassionatamente l’imberbe pirata – Si è prodigato molto per voi … Non sarete amanti? – la punzecchiò con maliziosa ironia.
La Jucard trasalì disturbata dall’imbarazzo che le riscaldò le guance. Negò nella maniera più assoluta, sollecitando il ragazzino ad illustrarle quanto fosse accaduto durante la sua perdita dei sensi. E lui le narrò di come nelle mani del giovane Turner l’Occhio dell’Oceano fosse divenuto la soluzione per scongiurare il precipitare dell’isola nei fondali finché tutti non erano tornati alle navi. Capitan Sparrow aveva promesso di ricollocare il diamante marino nel suo originale scranno. Quella strana ossessione per la ricomposizione dei conflitti sembrava derivargli dalla volontà di emulare suo padre che negli ultimi anni della sua vita era divenuto custode della saggezza piratesca e mediatore di controversie, rifletté Anamaria.
Erano in mare aperto, a bordo della Perla Nera e stava albeggiando.
In coperta una scanzonata folla chiacchierava facendo tintinnare le bottiglie.
L’Olandese Volante veleggiava a tribordo, la poppa della Medusa Spettro stava svanendo oltre l’orizzonte con la Hawk di Capitan Roberts, che aveva ordinato ai suoi di mandare a picco la Barracuda e l’Orca, temendo si formassero nuove flotte piratesche.
Jack Sparrow si barcamenò tra le sue canaglie per raggiungere i coniugi Turner, che si erano auto invitati sulla sua nave con la scusa che vi fosse rimasto loro figlio.
- Non vorrei aver origliato male, innanzi – li abbordò, curioso ma titubante di voler davvero intromettersi nei loro affari intimi - Siete sul serio in procinto di avere un altro erede? – tagliò corto storcendo la bocca e smorzando il tono.
I due si corrisposero uno sguardo amorevole, cingendosi a vicenda e confermandogli la dissennata novella.
- Un altro erede?! – sobbalzò, andandogli un sorso di traverso – Vi siete messi in testa di ripopolare i sette mari, per caso?
Will sorrise, divertito dall’esternazione di stupore dell’amico e al contempo impensierito dal rivalutare quella prospettiva che con gli eventi degli ultimi giorni aveva trascurato:
- Due figli non sono molti. Tu quanti ne hai?
Jack si batté un pugno sul petto: quel rum non se lo stava godendo proprio!
- Nessuno! – frinì scippando la bottiglia a mastro Gibbs, che gli era incautamente passato accanto e posando le pupille sulle onde rosate.
Turner gli si accostò ammiccandogli in un sussurro: - E quello lì? Ti somiglia, sai.
Il pirata diresse il naso verso il mozzo con il codino che scherzava con altri coetanei: - È perché somiglia ad Anamaria, e Anamaria somiglia a me – borbottò astruso, dopo un attimo di imbarazzato mutismo, riattaccando a bere e ancheggiando altrove, lasciando Elizabeth e Will più confusi che persuasi.
Ammesso la parentela fosse stata vera, la sua presenza non sarebbe servita a nessuno dei due, rimuginava con schietto senso pratico. Un altro Turner gli si parò davanti sbarrando il rilassante girovagare per il ponte. Provò a depistarlo ma si impappinò e fu messo alle strette:
- Capitan Jack, posso farvi una domanda?
Acconsentì con un vago cenno della mano, rassegnandosi ad ascoltare cosa avesse mai da chiedergli quel moccioso impertinente.
Il ragazzino assunse un’espressione molto contegnosa, un tenue rossore sugli zigomi arrotondati: - Pirati si nasce o si diventa?
- Perché lo chiedi a me? Perché non lo chiedi ai tuoi? – sbottò esasperato e sgarbato. A quel principiante era capitata una smisurata e inconcepibile fatalità. Ergersi al di sopra di tutti loro, essere lui ad imporre regole a chi aveva scelto di rinnegarle tutte quante. Ma aveva ripudiato di votarsi a quella rotta. Lui, al suo posto, alla sua età, probabilmente avrebbe accettato senza tanti complimenti, se non altro per smacco nei confronti degli adulti.
- Non lo so … Forse perché siete stato voi a trasformarli – bofonchiò il piccoletto, abbozzandogli un sorriso che sperò fosse convincente.
Jack lanciò un’occhiata permalosa alla coppia di Capitani: - Trasformati, dici?
Il giovanotto annuì con impazienza e convinzione: - Allora? Pirati si nasce o si diventa?
Capitan Sparrow sollevò il mento lisciandosi fugacemente le punte dei baffi, raddrizzò il logoro tricorno, poi si impettì serrando le dita attorno alle cinghie che gli circondavano la vita:
- Figliolo, chi lo diventa in fondo ci è nato – schioccò abbonandogli il suo compiacente sogghigno dorato.
Jim rifletté con autentico fervore su quell’affermazione. Doveva ancora pronunciarsi a riguardo del suo futuro. Era un’enorme responsabilità. Si sentiva oppresso e minuscolo, ma anche sicuro di stare optando per la scelta meno tragica. Quantomeno per lui. Ragionava da sensato pirata, era vano aspirare ad interpretare l’eroe della storia. Sul viso gli si schiuse un sentito e ammirato: - Grazie – e corse via, andando ad annunciare la sua decisione ai genitori.
La smorfia di stonato disappunto sulla faccia del navigato filibustiere permase nel notare i melensi sospiri che la vecchia amica d’infanzia inviava ad uno dei presenti: - Ti piace il Capitano Turner … - riconobbe perplesso.
I capelli mielati della fanciulla ondeggiarono nella lieve brezza mattutina: - Lo sai che noi ondine ci innamoriamo spesso. La nostra esistenza è così lunga, dopotutto – mormorò immalinconita Amaryllis, mostrandogli le azzurre e lucide iridi.
A Jack venne istintivo carezzarle una spalla: - Quello lì non ha occhi che per la sua assassina amorosa - bisbigliò calcando lo spregio e l’incomprensione per un tale attaccamento. Era cosa rara, ne aveva conosciuti pochissimi vincoli di una simile forza e durata tra persone.
- Lo so bene – mugugnò rassegnata la ninfa, sfiorando i suoi anelli – Tu invece? – lo colse alla sprovvista, cambiando intonazione e facendosi allusiva.
Quello ebbe una reazione assolutamente strafottente: - Lo sai che i miei amori sono intensi ma brevi. Svolazzo libero e spensierato come un passero.
Amaryllis gli afferrò le treccine per fissarlo negli occhi, stringendogli dopo le mani e concentrandosi: - Hmm … Il tuo cuore non è del tutto libero.
- Ti sbagli! – ribatté prontamente lui, scrollandola e augurandosi che nessuno fosse in ascolto.
La nereide spanse un risolino svagato: - Che baccalà! Ti piace ma la fai scappare continuamente.
- Ora basta! Non devi tornare negli abissi? – frignò imbizzarrito Jack, calamitando le orecchie di tutti su di loro.
La creatura marina si intristì, il respiro mozzo, la saliva amara. Aveva ricevuto un permesso speciale e temporaneo per poter svolgere la funzione di messaggera del suo popolo. Lei non apparteneva al mondo di superficie, ma in quelle poche ore trascorse fuori dal mare lo aveva quasi dimenticato. Aveva perfino meditato di rinunciare alla parziale immortalità del suo corpo.
La sua missione l’aveva compiuta, e, nonostante non avesse incoronato un nuovo sovrano, aveva stipulato nuovi legami con gli umani e ambiva a proteggerli vegliando sulla loro progenie, finché le sarebbe stato concesso.
Affondò il capo sulla giacca del Capitano della Perla abbracciandolo con tenerezza e impartendogli col pensiero altre benevole raccomandazioni, su cui lui divagò con uno sbuffo.
Trovò dietro di sé Jim e travolse in un accorato abbraccio anche lui che si spremette per ricacciare un puerile singhiozzo. Jay Jay le diede la sua stretta senza aspettare che si staccasse dall’amico. Poi fu il turno di Anamaria e di Elizabeth che la biondina si apprestò a salutare insieme, allargando le braccia.
Restava un solo umano: - Ti posso dire addio, Will Turner? – pulsò colorandosi la pelle nivea di un acceso vermiglio.
William sbirciò la predisposizione della moglie, le annuì porgendole una mano che l’ondina ignorò, saltando all’altezza delle sue labbra, sulle quali si soffermò delicatamente qualche secondo: - Grazie di tutto. Non lo dimenticherò – sussurrò angelica, toccandogli una guancia.
- Neanche io – puntualizzò sentitamente la signora Turner, ghermendo il braccio del marito che aveva distolto la fronte sugli stivali.
Jim e Jay Jay erano indecisi se sorridere o irritarsi per non aver ricevuto lo stesso arrivederci, ma si offrirono entrambi di aiutarla a salire sulla balaustra.
Amaryllis guardò tutti vacillando per un ultimo infinito istante, quindi, sorridendo al lieto fine che erano riusciti a comporre insieme, si tuffò dissolvendosi tra la spuma marina.
- Ricorda compare: mai innamorarsi di una femmina sovrannaturale! – raccomandò Jay al coetaneo, restando con lui ad osservare l’acqua sottostante.
- Io non mi sono innamorato! – obiettò inalberato l’altro, pur avendo la salivazione azzerata e il petto in tumulto.
Ricevette dal mulatto una fraterna pacca sulla spalla: - Buona fortuna, BJ.
Gli offrì le nocche e le sbatté contro le sue: - Altrettanta, Jay Jay.


- Sono felice che alla fine tu abbia deciso di restare con noi, Jim.
Il Capitano dell’Olandese Volante affidò il timone al fidato Sputafuoco Bill, sospingendo il figlio a seguirlo in sala nautica, aprendogli la porta e invitandolo ad entrare.
- Faccio sempre in tempo a ripensarci, vero papà? – farfugliò il ragazzino, preoccupandosi per l’asfissiante e imprevista riunione di famiglia in cui si stava catapultando.
Sua madre era in piedi vicino il tavolo con le braccia incrociate sul grembo e l’aria di dovergli impartire qualche rimprovero arretrato.
- Certo. – riprese suo padre, con tono pacato eppure screziato di emozione, affiancando la moglie - Ma credo che il tuo aiuto ci servirà molto nei prossimi mesi.
I due fusero le loro iridi cioccolato l’uno nell’altro, tremando appena. Fu Elizabeth a confessare incantata e quasi incredula la natura dell’evento che li avrebbe coinvolti: - Sta per arrivare un altro Turner, Jimmy.
Will alzò con due dita il viso scosso della compagna, catturandone caldamente le labbra e spegnendo quel contatto con un dolce sorriso.
Jim si sedette su uno sgabello, tenendosi la testa che gli girava: - Diventerò … fratello? – sillabò fissandoli a bocca semiaperta.
Loro si strinsero ancora scambiandosi una carezza sulla fronte e annuendo.
- Davvero? – insistette meravigliato il tredicenne, avvicinandosi e piantando le pupille sulla pancia poco pronunciata della donna.
- Sì. – ribadì lei, prendendogli una mano e posandogliela sul proprio ventre.
Non aveva mai sospettato che gli nascondessero un segreto del genere, e non riusciva a comprenderne pienamente la connotazione. In fin dei conti, sarebbe stata un’altra avventura.
- Allora diventerò il tuo primo ufficiale?


Era affacciato alla balconata del timone, taciturno e corrucciato.
- Capitano, se vi disturba avermi a bordo, a quest’ora i miei uomini avranno riparato i danni accorsi alla Murena … - gli riferì sfuggente, scoprendosi agitata come una ragazzina nell’attendere un suo responso. Non sapeva perché era rimasta incagliata sulla Perla anziché seguire i Turner sull’Olandese.
- Vi concederò un passaggio fino a Isla Cruces … - asserì quello con imperturbata e falsa modestia, non incontrando lo sguardo della piratessa la quale replicò incaponita:
- Vi accompagnerò all’Isola dei Relitti per ripagare il favore. Ed essere certa che rimetterete davvero a posto l’Occhio dell’Oceano – specificò indisposta dalla sua svagata saccenza.
In un battibaleno le mani di Jack la attirarono a sé e la sua bocca fu pervasa dal suo intenso sapore di sale e rum. Si distaccarono sentendosi colpevoli di sbagliare di nuovo, immotivatamente.
Anamaria si ritirò scendendo le scalette, il pirata si stava per sbloccare ma s’imbatté in Jay Jay. Il mozzo mulatto si appese alla ringhiera dondolando e spiandolo con un ghigno perspicace:
- Lei ti piace molto, non è vero?
Jack lo scrutò, ponderando l’opportunità di continuare a spifferare certi segreti con quella sottospecie di scimmia cresciuta. Gli mancava solo il figliastro geloso: - Con mio sommo dispiacere – ammise compunto, leccando dalle labbra il sapore lasciato da quel focoso bacio.
I pirati donna erano la peggiore specie in circolazione.
Ma lui non si sarebbe mai impantanato in un guaio del genere ...

FINE

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