La spada, il corvo, il mare 2 - Memorie dagli abissi di Fanny Jumping Sparrow (/viewuser.php?uid=60955)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: In bilico ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: In trappola ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Reagire ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Ancora vivi ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Congetture ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: La chiamata ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Nell’ombra ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Nubi nere ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Naufraghi ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Piovuta dal cielo ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: L’ospite misteriosa ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11: Una donna ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: Confronti ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: Ancora tu! ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14: Tempo di decidere ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15: Segreti in pericolo ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16: Pirati nobili ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17: Il passato ritorna ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18: L’isola degli appestati ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19: Memorie dagli abissi ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20: Compromessi ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21: Nuovi arrivi o ricomparse ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22: Complicazioni ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23: Scambio di vedute ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24: Carte in tavola ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25: Insospettabili legami ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26: Piano d’azione ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27: Ibridi ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28: Ore contate ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29: Eredità scomode ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30: Cristalli ***
Capitolo 32: *** Epilogo: Nessun padrone ***
Capitolo 1 *** Prologo: In bilico ***
Prologo:
In bilico
Le ombre del tramonto si
allungavano di minuto in minuto sulla terraferma.
Gli ultimi raggi
ambrati svanivano dietro le possenti e alte mura di cinta che serravano
una ripida scogliera frastagliata dalle onde furiose del mare
d’inverno, gelido e grigio.
La gente del posto,
spinta dalla morbosa curiosità di assistere a quel macabro
evento, si era assiepata nell’ampia piazza quadrata di
Charlotte Amalie. I più lontani riuscivano a stento a
scorgere sul patibolo due figure alte e slanciate vestite di scuro.
Un uomo e una donna.
Una coppia di fuori legge.
Il giovane comandante
delle guardie, impettito nella sua vistosa uniforme ricamata da
numerose medaglie, se ne stava seduto di fianco alla famiglia del
Governatore e con un sorriso superbo esibiva la soddisfazione per
quella cattura.
Ad un suo cenno
affettato l’arringatore raggiunse il palchetto,
srotolò la pergamena, ottenendo il silenzio del pubblico, e
iniziò a leggere a voce alta e squillante: - Popolo di Saint
Thomas, è reso a voi noto che questi due individui sono
accusati di un crimine spregevole, grave e imperdonabile contro le
corone di Inghilterra, Spagna, Portogallo e Francia. Suddetto crimine
è riassunto in una sola nota parola: pirateria. E prevede
una sola inevitabile condanna nei nostri territori: morte! …
La bionda
piratessa sentiva la vista annacquarsi e con essa i lineamenti
dell’uomo che amava.
Si era ripromessa di
mantenere la calma, di sperare nel bene, nella possibilità
di fuggire, ancora una volta ad una sorte avversa. Ma ormai mancava
così poco, e gli insulti della folla le pungevano le
orecchie mentre lo sguardo impassibile di suo marito, che non smetteva
di fissarla con intensità, avrebbe dovuto trasmetterle
coraggio e invece le faceva quasi male.
Perché
quella forse era l’ultima volta che lo stava vedendo. E
perché non sapeva dove si trovasse in
quell’istante l’altro suo grande amore.
Le sue labbra si
schiusero in un tremolio sconsolato: - Will …
- Ti amo Elizabeth
– le sussurrò lui con il tono più
caldo, dolce e struggente che avesse mai usato. E si dispiacque di non
poterle tendere e stringere la mano, avendola legata insieme
all’altra dietro la schiena da una ruvida corda.
La lettura dei loro
crimini continuava ad essere scandita con freddezza inesorabile.
Non si era reso conto
di averne accumulati tanti negli ultimi tre anni in cui si era messo a
viaggiare per mare con la sua amatissima compagna. E con suo figlio
che, voleva crederci, era riuscito a salvarsi da quella fine, almeno
lui.
Lo stesso non era
accaduto ad altri criminali con cui avevano condiviso brevi ore nelle
carceri di quella città, non nuova agli attacchi di pirati,
ma neppure estranea a stringere alleanze con essi. L’avevano
frequentata anche loro di tanto in tanto, senza incontrare alcun
problema.
Evidentemente, e
inaspettatamente, il nuovo governatore aveva intrapreso una politica
diversa da quella ben più tollerante dei suoi predecessori.
Intanto le urla e le
ingiurie degli spettatori di minuto in minuto si facevano
più forti e pesanti.
I corpi senza vita
degli altri condannati erano già stati portati via, su un
misero carretto, ed ora non restavano che loro due a completare una
giornata di giustizia esemplare per i suoi rappresentanti.
I due pirati si
scambiarono un ultimo sguardo, carico di passione, tristezza e
disperazione.
Tornarono a rivolgere
un’occhiata alla piazza, costellata dalle fiammelle delle
torce che supplivano alla scarsa luce sprigionata
dall’imminente crepuscolo.
Non c’era
traccia della ciurma.
Probabilmente quella
volta avevano davvero rispettato il codice.
Salve a tutte! Piccolo regalino
di fine anno: il prologo del sequel de La spada, il corvo e il mare!
'__'
Dedicato a
tutte coloro che hanno letto la prima parte, che mi hanno lasciato un
mare di commenti e complimenti, e che mi hanno chiesto di continuare.
In particolare dedico
questa nuova storia a Summerbest, stellysisley, emmawh, Lione94, Gaea, Misa 4_ever sperando
che vi piaccia come la prima!
Anche se ancora
c'è molto poco da dire, attendo vostre opinioni!
A presto!
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Capitolo 2 *** Capitolo 1: In trappola ***
Capitolo
1: In trappola
Il giorno
prima
- Potete assicurarmi che sia a posto? Che non abbia alcun
difetto? – domandò con insistenza al venditore
un’affascinante donna bionda sui trent’anni, dopo
aver esaminato minuziosamente quell’elegante recipiente di
marmo decorato con sfarzosi motivi floreali, glicine, rosa e dorati.
Un uomo moro e abbronzato, con indosso un largo cappello nero, le si
affiancò, sussurrandole a voce bassa e delicata: - Lily, se
non ti convince possiamo provare a cercare altrove.
La donna si voltò verso di lui, stendendo le labbra
scarlatte in un sorriso ammirato: - Sei così paziente con
me, Will – pronunciò baciandolo su una guancia, e
di seguito, aggrappandosi al suo collo gli parlò con tono
suadente, carezzandogli la nuca – Vedi,
c’è solo una cosa a cui non posso rinunciare, a
parte te e Jim, ovviamente … Ed è una vasca da
bagno senza crepe. La prendiamo!
Il capitano dell’Olandese Volante annuì e sorrise,
rasserenato che quella lunga e difficile ricerca avesse avuto fine,
quindi si rivolse ai quattro suoi fidati marinai che li avevano
accompagnati fin lì: - Bene. Portatela a bordo insieme alle
scorte e alle munizioni. Noi vi raggiungiamo.
Angler, Crash, Jelly e Penrod si caricarono la vasca di marmo tra le
mille raccomandazioni del vice capitano e, sistematola su di una
carriola, si allontanarono diretti al molo.
- Quanto avete detto che vi devo? – richiese Will al padrone
della bottega.
Il macilento e maturo negoziante si fece avanti sfregando le mani non
appena vide il pirata tirare fuori dalla tasca della giacca di pelle un
borsellino tintinnante: - Cinquanta dobloni. Le cose belle si pagano,
signore – ammiccò, lanciando un’occhiata
allusiva alla moglie del filibustiere, intenta a rimirare le decine di
cianfrusaglie di provenienza esotica che ricoprivano ogni angolo del
locale del rigattiere.
Un cigolio metallico attirò subito l’attenzione
dei coniugi Turner, combinato a passi pesanti e cadenzati.
Ebbero il tempo di voltarsi per accorgersi che l’ingresso
della bottega era stato sbarrato da un gruppetto di ufficiali in divisa
rossa, tipica della marina inglese.
- Willy il Corvo e Lily Sciabola? O dovrei dire William ed Elizabeth
Turner? Avete un appuntamento con la forca da più di due
anni, ormai – asserì quello che doveva essere il
più alto in grado.
Marito e moglie si scambiarono un cenno d’intesa e
sfoderarono le loro spade e pistole, mettendosi spalla contro spalla,
pronti a difendersi.
Alla loro mossa corrispose la pronta risposta dei soldati, che
avanzarono all’unisono verso di loro, impugnando i moschetti:
- Ah-ah: fermi, o la vostra condanna si tramuterà
all’istante in una fucilazione – li
ammonì lo stesso militare che aveva parlato prima.
– Sapete, al nostro re non importa più di tanto il
modo in cui eliminiamo gli esemplari della vostra feccia –
aggiunse squadrandoli con disprezzo, mentre quattro del suo seguito si
accingevano a catturarli e gli altri li tenevano ancora sotto il tiro
delle loro armi.
- Ma preferirei non rovinaste la mia merce – si interpose il
venditore – Può ancora essermi utile –
ammise allungando il braccio e ricevendo una saccoccia di monete dallo
stesso comandante. – Siete una spia! – lo
accusò sconcertata Elizabeth, agitandosi invano mentre
veniva ammanettata.
– Maledetto bastardo! – lo insultò Will
tentando di sfuggire all’accerchiamento, ma venendo
ugualmente incatenato.
Il rigattiere si fece una grassa risata: - Sono un agente del governo
di sua maestà, per la precisione. Il governatore Powell paga
bene per questo genere di lavori – ammise ricontando il
guadagno ottenuto – Ora portateli via o mi farete scappare la
clientela! – accusò le guardie.
Il cui capitano lo biasimò, risentito dalla sua arroganza: -
Badate a voi, signor Hunt, perché se scopro che i vostri
clienti sono tutti delinquenti come questi due, vedrete che vi
farò chiudere bottega! – lo minacciò a
viso aperto – Ottimo lavoro, comunque. Portateli via!
Hunt uscì fuori incontrando gli sguardi diffidenti dei
passanti, e chiudendosi alle spalle la scalcinata porta
dell’emporio, osservando la coppia di pirati che veniva
condotta su una carrozza scoperta, mormorò tra sé
e sé: - Mi toccherà andarmene da questo postaccio.
Jim in quel momento stava passeggiando svogliatamente sul pontile del
molo, dove i suoi genitori gli avevano imposto di rimanere durante le
loro visite alle città. Quando i suoi occhi incrociarono il
drappello di uomini in divisa, sentì accelerare i battiti e
pregò che non si trovassero lì proprio per i suoi.
Decise di avvicinarsi a quella specie di processione, con aria
indifferente e facendosi scudo di tutti gli ostacoli che incontrava
lungo il cammino, finché non fu talmente vicino da poter
vedere le fattezze dei due prigionieri. E si tappò la bocca
per non urlare di rabbia.
Will riuscì ad intercettare per un breve istante lo sguardo
del figlio comunicandogli con un eloquente espressione del viso il suo
ordine: il ragazzino capì che non doveva seguirli,
né farsi scoprire. Continuò, però, a
pedinarli a distanza.
I soldati scortarono i due pirati su un’altra carrozza,
stavolta chiusa da sbarre come fosse una cella con le ruote, e il
veicolo con grande lena fu condotto verso un fortino battente bandiera
inglese.
- Altri due pendagli da forca – commentò
rassegnata un’anziana facendosi il segno della croce e
coprendosi la testa con un ampio scialle stinto.
- Sì, probabilmente li appenderanno insieme agli altri tre
che hanno preso ieri – le fece eco un uomo che spingeva un
carretto pieno di paglia ed erba secca per i cavalli del forte.
- Quando? – lo strattonò Jim allarmato,
l’uomo strabuzzò gli occhi di fronte alla sua
impazienza – Quando li impiccano quei bastardi? –
si corresse allora per tentare di ottenere l’informazione che
più gli premeva senza destare sospetti.
Il tizio osservò il ragazzino con un’ombra di
dubbio prima di rispondergli con faccia torva:
- Prima del tramonto di domani. Ma perché ti interessa?
Jim si strinse nelle spalle dichiarando con tono innocente: - Mi
piacerebbe essere in prima fila – poi salutò i due
togliendo il tricorno e si discostò lentamente. Non appena
fu certo di essere fuori dalla loro vista si catapultò nelle
affollate stradelle dell’isola in un disperato tentativo di
rintracciare altri membri della ciurma ancora in giro e chiedendosi
come mai nessuno di essi si trovasse con suo padre e sua madre.
Rischiò più volte di essere investito da uomini
che duellavano, con le spade e a mani nude, cadde in pozzanghere di cui
non volle indovinare la composizione, prese qualche gomitata e una
buona dose di offese, e finalmente tirò un ampio sospiro
quando scorse davanti l’entrata di una locanda il vecchio
nonno Sputafuoco che aiutava Finnegan e Piper a reggersi in piedi,
quasi certamente troppo pieni di alcol.
- Nonno! Gente! È successa una cosa terribile! –
strepitò tossendo per la convulsione datagli dalla corsa,
dall’ansia e dalla paura di quanto aveva appreso –
Li hanno presi! I soldati inglesi! Verranno impiccati domani al
tramonto!
Quella notizia risvegliò di colpo i tre filibustieri, i cui
volti si contrassero in smorfie di stupore mentre farfugliavano fra
loro increduli e storditi. Bill li zittì e, abbassandosi
all’altezza del nipote, lo afferrò per i lembi
della giacca scuotendolo: - Calma, Jim! Racconta con ordine.
Oceano Atlantico, sei
mesi prima
L’agile galeone color pece fendeva le acque
sonnolente di una notte di fine estate rischiarata da una luna rossa e
piena.
L’ultima tempesta si era placata, lasciando nel cielo blu
cobalto alcune nuvole spumose che nascondevano le costellazioni
dell’equatore.
L’equipaggio, annoiato e poco reattivo, riposava parte
sottocoperta parte sul ponte, godendosi la frescura degli zefiri
orientali che tendevano le vele cinerine contro la volta stellata.
Ad un tratto un violento contraccolpo investì lo scafo a
prua e il veliero cominciò a muoversi a singhiozzo,
cigolando.
Il capitano si drizzò di scatto a sedere nella sua vecchia
branda scricchiolante. Aguzzò le orecchie e tutti gli altri
sensi verso l’esterno, un leggero velo di sudore sulle tempie
avvolte nella logora bandana di un rosso stinto.
Lo scalpiccio dei marinai diventava febbricitante, e le frasi da essi
farfugliate alludevano a qualcosa di preoccupante. Decise di uscire
dalla cabina e correre sulla tolda, per non fare la figura del
pusillanime e constatare di persona se veramente ci fosse una fondata
ragione per tutto quel vociare di pericolo.
Si impappinò nel fuggi fuggi generale fino a raggiungere il
fidato nostromo: - Che succede? – gli intimò
misurando l’intonazione sull’algidità,
ma tradendo un intrinseco scoraggiamento.
Lo stagionato pirata si voltò tremolante, senza emettere una
sillaba, passandogli la torcia e accennando alle schiumanti onde
sottostanti.
Il capitano intravide sulla sua fronte delle goccioline di panico che
lo indussero a sporgere solo il braccio dal parapetto, prima di
avvicinarsi anche il resto del corpo.
La fiamma della sua lampada, aiutata da quelle degli marinai che se ne
stavano abbarbicati su alberi e sartie, gli rivelò uno
spettacolo terrificante che lo portò a deglutire e a
scansarsi bruscamente dalla ringhiera con un verso strozzato.
La Perla Nera era stata ancora una volta attaccata.
Ecco il nuovo capitolo! Grazie a
stellysisley, Summerbest, Lione94 e ladyoscar13 per i commenti, e alle
stesse più pinkstar_girl95 per aver messo la storia tra le
seguite. Ringrazio inoltre tutti i lettori silenti.
Alla prossima!)
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Capitolo 3 *** Capitolo 2: Reagire ***
Salve! Ecco un nuovo capitolo!
Non succede quasi nulla ed è un poco più breve,
ma mi rifarò col prossimo: siamo ancora un giorno prima del
prologo e ho voluto disseminare qualche indizio su ciò che
sta per accadere ai nostri protagonisti. Ringrazio tutti i lettori, chi
ha commentato (pinkstar_girl95, ladyoscar13, Sweetsushi, stellysisley,
Lione94) e chi ha messo la storia tra le seguite (pagnottella).
Buona lettura!
Capitolo 2: Reagire
Le
prigioni di Saint Thomas erano buie e semideserte: chi vi entrava vi
restava solo per poche ore in attesa della sentenza, che si rivelava
quasi sempre capitale.
Costava troppo
mantenere soldati e detenuti, e gli scaltri politici preferivano
impiegare i primi per dare la caccia ai criminali, ed eliminare i
secondi o, in alternativa, inviarli come schiavi nelle piantagioni
delle Antille e delle altre colonie americane.
Ai prigionieri di
maggior rilevanza spettava di solito l’impiccagione pubblica.
In questo modo i governanti potevano mostrare al popolo la loro
lealtà alla legge della corona, e la loro efficienza nel
combattere la criminalità.
Will ed Elizabeth erano
stati sistemati in due celle separate da un corridoio largo poco meno
di due metri, uno di fronte all’altra. Due sole guardie
facevano la ronda, temendo l’arrivo di complici che potessero
ardire di farli evadere.
Will, in preda alla
rabbia e allo sconforto, non riusciva a perdonarsi
l’imprudente errore che li aveva condotti fin lì,
e percorreva con la mente tutti i loro passi, e con le catene ai piedi
il ristretto perimetro della cella: - Ci hanno traditi. Non
può esserci altra spiegazione – si ripeteva a
mezza voce – Ma chi? E dopo tutti questi anni?
Elizabeth si
tirò su appoggiandosi pigramente contro le sbarre, cogliendo
il profilo indistinto del consorte nella flebile luce che danzava tra
le fessure delle pareti di pietra: - Dovevamo aspettarcelo che prima o
poi sarebbe successo – provò a tranquillizzarlo
con un tono accorato ma sfiduciato – Ma proprio adesso che
…
- Non è
ancora finita – si riaccese di fiducia il capitano
– Jim, mio padre e gli altri non ci abbandoneranno
– sussurrò con convinzione e speranza.
- Sì, lo so
– convenne la moglie con una cadenza turbata, poi
inspirò profondamente elevando la voce – Ma Will,
io … credo …
- La legge è
cambiata – la interruppe lui riavvicinandosi alla porta della
cella – Abbiamo diritto ad un processo. E avranno tutto il
tempo di organizzare qualcosa.
- Non ci sperate
– gracchiò duramente una voce
nell’oscurità, proveniente da una delle altre
celle – Il governatore qui ha abolito questi atti di clemenza
– li avvertì tetramente. Essi sentirono solo il
rumore delle sue catene, poi ripiombò un silenzio spinoso.
Solo per alcuni
secondi: - Vi appiccheranno prima del tramonto –
tornò a parlare lento e funereo il prigioniero misterioso
– Domani, dopo di me.
A quel punto una delle
guardie percosse le sbarre con la sua spada per farlo zittire. Ma,
trascorso qualche altro minuto si udì una voce giovanile da
una delle altre celle: - Purtroppo, penso che il vecchio Alfie
Skinbones abbia ragione, signori. Se posso darvi un consiglio, fareste
bene a non fidarvi troppo di questi complici. Temo che li avranno
già scovati.
- Silenzio, carogne!
– sbraitò una delle sentinelle, picchiando il
moschetto su una traversa metallica – Arriva il governatore
Powell! – il suo annuncio fu ricoperto da un coro di proteste
e fischi da parte dei detenuti, ai quali l’uomo non dette
peso, soffermandosi soltanto sugli ultimi due arrivati.
Scortato da due
ufficiali l’aristocratico, dai lineamenti rozzi ed ispanici,
si arrestò proprio nello spazio antistante le celle dei
Turner, illuminando i loro volti con delle fiaccole: - Siete voi due,
dunque. Si raccontano un mucchio di storie sul vostro conto. Alcune a
dir poco inverosimili – affermò sdegnoso,
accendendosi un sigaro il cui odore acre riempì di colpo
l’aria circostante.
Gli interpellati lo
sbirciarono appena senza fiatare, a differenza degli altri carcerati
che non cessavano di strepitare contro il loro carnefice, prontamente
difeso dai guardaspalle che lo avevano scortato.
- Ad esempio, signora
– riprese a parlare imperturbabile, indagando con
curiosità i lineamenti di Elizabeth, che di contro ora lo
fissava con sfida – C’è chi vi
identifica con la figlia del trapassato governatore Swann di Port
Royal, misteriosamente scomparsa durante la guerra tra Compagnia delle
Indie Orientali e filibusta. E molti dicono che passaste dalla parte di
quest’ultima. Se così fosse, beh è
inutile rammentarvi che la vostra scelta è stata
tutt’altro che previdente! – concluse con un ghigno
a metà tra il severo e lo spocchioso.
Quindi si
voltò verso Will, piantandogli addosso la stessa luce
rossastra: - Su di voi, poi … circolano voci ancora
più stupefacenti. Dicono che siete morto e risorto e che
adesso comandate niente meno che l’Olandese Volante! Una nave
leggendaria! E difatti non ne abbiamo trovato traccia nella baia
– quell’ultima dichiarazione impensierì
i due pirati che si scambiarono un rapido sguardo dubbioso, non sapendo
se interpretarla come un cattivo o un buon segno, vista la intricata
situazione.
– Vi hanno
lasciati soli, a quanto pare – sentenziò Powell,
spegnendo il sigaro sotto lo stivale e continuando ad alternare
occhiate provocatorie ad entrambi. Non ricevendo però
soddisfazione dai loto volti impassibili, sbottò scocciato:
- Non c’è alcun gusto a punzecchiare questi due
mascalzoni, sembrano aver perso la lingua!
A quella battuta i
soldati risero allegramente e lo accompagnarono fuori: - Dormite bene!
Ci vedremo domani! – li salutò sarcastico prima di
andare via.
Solo allora Will
parlò con irritazione al buio che lo circondava: - Si
diverte molto a venire a prendere in giro i condannati a morte, eh?
Nessuno gli rispose,
allora cercò di attirare l’attenzione della
moglie, acquattandosi contro le inferriate e bisbigliando per non farsi
sentire dagli altri: - Forse l’Olandese è
sott’acqua. Jim sarà al sicuro –
azzardò, con tono perplesso.
- Forse, sì
– gli rispose distaccata e preoccupata Elizabeth. Si sedette
sulla fragile panca di legno, raccogliendosi in se stessa per il freddo
che quella forte umidità le faceva provare: - Che stupida
idea quella di voler comprare una vasca – mormorò
seccamente – Dopotutto l’igiene non è il
requisito essenziale per un pirata.
Il marito non
poté fare a meno di sorridere lievemente, mentre uno dei
soldati s’inoltrò nel corridoio fino a loro due
borbottando, per poi fare marcia indietro.
Oceano Atlantico, sei mesi prima.
Tutti lo
guardavano, le mani impazienti, i respiri ansanti e le bocche serrate,
come se quella subdola presenza potesse captare il richiamo del panico
che si era impadronito dei loro respiri.
Il legno
dell’imbarcazione vibrava con un rumore sordo dallo scafo
agli alberi, e le onde ribollivano mentre tutto attorno non
c’erano altri segni di vita nel mare scuro e profondissimo.
- Fucili e forconi,
gente! Non tentennate! La nave è ancora nostra!
Jack Sparrow sembrava
voler convincere più se stesso che la sua ciurma,
impantanata dal terrore che rallentava le loro reazioni.
Mastro Gibbs, parimenti
scosso, trovò il guizzo per ripetere l’ordine a
gran voce e finalmente anche i meno convinti si affrettarono ad
obbedire.
- Portate qui sopra
grasso e polvere da sparo! Svelti! – incitò ancora
gli uomini il capitano della Perla Nera, restando con lo sguardo perso
tra i flutti sottostanti, smossi di continuo dal viscido responsabile
dell’attacco.
La nave non aveva
possibilità di manovra, la ruota timoniera era completamente
bloccata e ben presto egli capì il perché: le
reti da pesca che erano state gettate un’ora prima per
tentare di rifornire la desolata cambusa, si erano incastrate nelle
protuberanze di quella cosa,
che non sembrava un nemico tanto accanito o aggressivo, sebbene il suo
orribile aspetto e le sue notevoli dimensioni bastassero a risvegliare
nei marinai il ricordo delle preghiere imparate
nell’infanzia, che si spezzavano tra i denti tremanti.
E in lui la
reminescenza di un incubo vivissimo del suo passato recente.
Un incubo che lo aveva
sopraffatto, ma che adesso voleva in qualche modo poter affrontare
senza codardia.
Jack lanciò
due torce sui barili che gli uomini avevano buttato fuori bordo. La
luce si spense presto, travolta dagli schizzi dell’acqua.
Joshamee assisteva
immobile e ammutolito, con il cervello completamente svuotato dalla
paura. Aspettava che il suo compare di sventure desse un nuovo ordine e
si rifiutava di posare lo sguardo di nuovo su quel mostro, che aveva
popolato tante notti insonni.
Aspettava e non udiva
altro che le urla di spavento degli altri marinai, tanto che temette di
non aver sentito bene quando il capitano, poggiandogli una mano sul
braccio, lo guardò dritto negli occhi e, impugnando un
fucile e sguainando la sua sciabola, gli propose con un singulto
infervorato: - Calatemi!
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Capitolo 4 *** Capitolo 3: Ancora vivi ***
Salve
a tutte! Vi presento un nuovo capitolo, questa volta interamente
incentrato sui Turner, con la promessa che nel prossimo
tornerà anche Jack. Qui c'è solo azione, la trama
comincerà ad ingranare dal prossimo. Spero vi piaccia, buona
lettura!
Ringraziamenti: Lione94,
stellysisley
e Summerbest
per i commenti, tappetta
per aver messo la storia tra le seguite, e tutti coloro che hanno letto
o leggerano :)
Capitolo 3: Ancora vivi
Will
cominciava a sudare freddo: mancava una manciata di minuti al calar del
sole e nessuno dei suoi compagni di ventura aveva ancora fatto capolino
nelle vicinanze della piazza.
Un timido prete dal
viso giocondo e bonario stava salendo solennemente sul patibolo, con un
rosario rosso tra le mani e una bibbia dalla copertina di cuoio
sottobraccio, ostentando gravità e repulsione per i due
galeotti.
Il governatore di Saint
Thomas aveva origini anglo-ispaniche ed era un cattolico fervente: per
questo motivo, nonostante tutto, concedeva alle sue vittime di poter
ricevere l’estrema unzione, considerandolo un atto di
magnanimità. La condanna diventava così una lenta
agonia.
Elizabeth non poteva
più sopportare quella tensione crescente, le tempie le
pulsavano, le pareva di scoppiare. Aveva aspettato davvero troppo e
quel pensiero le turbinava in mente con insistenza, ora che pareva
essere vicina ad una inevitabile fine: - Ti amo. Ma Will …
io …
Le parole della moglie
riattirarono le pupille del capitano dell’Olandese Volante
verso il suo volto, bellissimo e sconsolato. Era così
impaurita, raramente l’aveva colta in una simile
disperazione. Anche se effettivamente ne aveva ben ragione: avevano un
cappio attorno al collo e poggiavano i piedi incatenati ad una palla di
piombo su una botola che stava per aprirsi e sotto di loro e separarli
dal mondo che avevano conosciuto ed esplorato insieme, tra mille
scoperte e peripezie.
La accarezzò
con un’occhiata colma d’amore, ignorando le
incalzanti domande postegli dal chierico: - Torneremo insieme
– esalò a fior di labbra, tentando di raddolcire
quella che ormai pareva un’ineludibile dipartita.
Lei annuì e,
incrociando i suoi occhi, inspirò un singhiozzo, affermando
con voce ferma ma offuscata da alcune lacrime: - Sono incinta, credo.
Will diede uno scossone
alle catene che lo immobilizzavano e, con una gomitata,
spintonò inavvertitamente il prete di fianco a lui,
facendolo precipitare dal palchetto: - Cosa? Perché non
l’hai detto quando ci hanno presi? Ti avrebbero scagionata!
– aveva la salivazione completamente azzerata mentre la
scrutava incredulo e spaventato.
La consorte lo
fulminò, sbalordita e offesa: - È una cosa
intima! Non capisci? Volevo che lo sapessi prima tu!
- Ma che dici?
– la sgridò lui, incapace di controllare lo
sgomento, stendendo le braccia dietro la schiena per cercare di rompere
le catene, con un impeto originato dalla rabbia.
Il governatore e tutto
il corpo di guardia ai suoi ordini si alzarono in piedi, vedendo volare
il prete e notando che i due condannati stavano discutendo
animatamente: - Che sta succedendo! Fate qualcosa, capitano Roberts!
– esortò i soldati Powell, preoccupato che i
criminali stessero per azzardare un’improbabile fuga.
Il capitano della
guarnigione si attivò subito per ripristinare
l’ordine e far riprendere l’esecuzione, mentre il
governatore proclamava con disprezzo: - Questi empi delinquenti hanno
rifiutato anche la possibilità del purgatorio! Impiccateli!
Intanto tra la calca in
ebollizione per l’accaduto che si divideva tra favorevoli e
contrari, alcuni uomini armati si facevano largo tra gli spettatori,
dando inizio ad una rivolta.
- E poi hai una minima
idea di quello a cui mi avrebbero sottoposta per verificarlo?
– domandò intanto la signora Turner al compagno
che, provando a forzare le manette, le rispondeva solo a smorfie e
sospiri, non nascondendo l’imbarazzo per quella rivelazione:
- Non mi pare il caso di mettere in ballo l’orgoglio
…
- Impiccateli!
– urlò di nuovo Powell e il comando, a dispetto
della confusione, questa volta si trasmise fino al boia che si mosse
verso la leva.
Quando i soldati
ottennero una tregua, l’arringatore riprese la lettura,
scandendo rapidamente le ultime righe: - William ed Elizabeth Turner
sarete appesi per il collo finché morte non sopraggiunga.
Possa il Signore avere pietà delle vostre anime.
I due pirati smisero di
parlare e tornarono a fissarsi con la stessa ombra di freddo terrore.
L’esecutore
impugnò con entrambe le mani la leva e piegò le
braccia nerborute accingendosi a spingerla verso il basso.
Elizabeth e Will
chiusero gli occhi nello stesso istante.
Delle grida miste a
fischi fendettero l’aria.
Il legno della barra si
bagnò di rosso e il carnefice barcollando si
accasciò al suolo.
Urla, orrore, paura,
disordine: tanto derivò dalla visione di
quell’omone incappucciato che, centrato in pieno petto da una
pallottola, si contorceva per il dolore che sgorgava con il sangue e le
imprecazioni.
In pochi secondi la
piazza si rimescolò, ognuno correva calpestando i vicini pur
di fuggire e rintanarsi il prima possibile nella propria abitazione o
nel forte, dato che altri spari riecheggiavano per le vie vicine.
Il governatore Powell,
constatato il volgersi degli eventi, richiamò a
sé le guardie personali e si fece subito scortare nella sua
dimora, delegando al comandante del suo esercito di opporsi ai
filibustieri che si aprivano la strada per raggiungere i loro capitani.
Elizabeth e Will,
risollevati dalla comparsa della ciurma, non avevano fatto i conti con
la tenacia e l’attaccamento al dovere del comandante della
marina isolana, quel Francis Roberts che poche ore prima li aveva
arrestati: - Vi impiccherò io stesso! – li
minacciò dopo essere salito a forza di spintoni sul patibolo.
- No! –
urlò sconfortata la piratessa, trovandoselo di fianco, a due
passi dalla leva che azionava le botole.
Le corde che
circondavano il loro collo costituivano ancora un serio inconveniente,
ma di colpo si spezzarono ricadendo ai loro piedi.
I Turner alzarono il
viso sulle aste di legno cui erano fissati un attimo prima i capestri
ed ebbero una fitta di gioia nel riconoscere il loro salvatore: - Sei
in ritardo, Jim! – lo apostrofò bonariamente il
padre.
Il ragazzino
lanciò giù una piccola accetta e con un balzo li
raggiunse sulla pedana: - Niente affatto! Siete ancora vivi!
– esclamò con un sorriso spavaldo e affettuoso.
- Piccolo furfante!
– il capitano Roberts, fuori di sé gli si
gettò addosso ma altri due pirati, che avevano aiutato Jim a
salire sulle travi, lo atterrarono in tempo.
Il giovane Turner nel
contempo si era scansato facendo una capriola all’indietro e,
sveltamente, si inginocchiò apprestandosi a spezzare le
catene alle caviglie dei suoi. Non riuscendo a recuperare
l’accetta, che si era conficcata a fondo nelle assi del
pavimento, provò dando botte con la sua corta sciabola.
- Più
veloce, Billy Jim! – lo spronò Will, scorgendo
altri soldati venire verso di loro.
- Tu la pistola non
vuoi darmela! – si giustificò quello, aumentando
il vigore degli urti sul ferro e alternando un colpo sui ceppi di suo
padre e uno su quelli della madre, che lo sollecitò
impaziente: - Va’ a chiamare qualcuno! Attento alle spalle!
Fortunatamente Ratlin e
Palifico furono più veloci e coinvolsero i due uomini in
divisa in un duello, prima che scaricassero addosso al ragazzino i
moschetti.
- Aspettate, provo con
questo – sbuffò Jim, rialzandosi dalla sua
posizione distesa ed estraendo dalla cintura un martello.
Nel frattempo altri
pirati avevano raggiunto il palchetto schivando a suon di sciabolate e
pallottole tutti i soldati che cercavano di assalirli.
- Come state, signora?
– chiese ironicamente Ratlin ad Elizabeth.
- Pensavo di avere
già un piede nella fossa. Di chi è stato il colpo
fortunato? – lo interrogò lei, facendosi tranciare
le manette con la sua ascia e sfilandosi il cappio dal collo.
- Di Maccus!
– gli rispose quello, offrendole una pistola che la donna
usò per difendersi da altri attacchi contro la loro
incolumità.
Will non si era accorto
dello scambio di battute fra i due: - Liberami i polsi –
suggerì al figlio, vedendo che non riusciva comunque a
recidere le catene neppure col martello.
Jim fece per ubbidire,
ma una volta dietro di lui si arrestò interdetto: - E come
cavolo faccio? Sono manette!
Will ruotò a
fatica le braccia in avanti e si abbassò sulle ginocchia: -
Non ti agitare Jim, riprendi la spada – lo
tranquillizzò poggiando i polsi per terra e distanziandoli.
Il ragazzino
intuì il suo suggerimento: - Ti fidi, papà? Se ti
taglio?
Lui calò la
testa e separò le mani più che poté,
incoraggiandolo: - Colpisci!
Jim portò la
lama sopra la testa per caricarsi al massimo e la scagliò
con tutta la sua forza sulle catene, spezzandole.
- Visto che alla fine
la tua sciabola serve a qualcosa? – si complimentò
con lui il padre, togliendosi la corda dal collo e avvicinandosi
all’accetta per staccarla dal pavimento.
- Hey, spostatevi!
– accennò Elizabeth ad entrambi brandendo la
rivoltella con cui esplose un colpo sulle catene che imprigionavano le
caviglie sue e del consorte.
- Ma la pistola
è tutta un’altra storia –
commentò Jim ammirando la madre e affrettandosi a sfilare
via il resto dei ceppi così che ai suoi restarono solo i
bracciali metallici attorno alle caviglie e ai polsi.
- Andiamo via!
– richiamò tutti gli altri Capitan Turner, ma poi
il suo sguardo indugiò su una persona e chinandosi raccolse
le catene appena spezzate – Un minuto solo: queste le
riconsegniamo al nostro intrepido comandante –
proferì con una punta di sarcasmo ed astio nei confronti del
loro persecutore.
Quattro uomini della
ciurma vi avvolsero il militare: - Vi ritroverò! Statene
certi! – promise loro un paonazzo Capitano Roberts prima di
essere imbavagliato, mentre veniva appeso sulle assi a testa in
giù dai pirati.
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Capitolo 5 *** Capitolo 4: Congetture ***
Yo oh a tutti
quanti! Ecco un nuovo capitolo con qualche spunto sulle vicende future
dei nostri amati pirati :) Come promesso torna Jack!
Spero
lo leggiate con piacere e aspetto i vostri commenti e supposizioni.
Intanto
come al solito ringrazio chi ha letto, chi ha recensito il capitolo
precedente (le immancabili stellysisley e Lione94), chi segue la storia
in anonimato.
A
presto ^_^
Capitolo
4: Congetture
Oceano
Atlantico, sei mesi prima.
- Issatemi!
- Issatelo!
I marinai della Perla Nera spinsero con energia l’argano
riportando poco a poco sul ponte le reti e Jack Sparrow che si era
fatto imbracare per scendere al livello del mare.
- Capitano! State bene? – lo circondarono boccheggianti e
curiosi non appena riportò gli stivali sulle assi, fradicio
e barcollante.
Lui fece un gesto di fastidio con le mani per allontanarli da
sé come fossero mosche asfissianti. Ma non dovette insistere
troppo: dopo che focalizzarono le lanterne sul moncone che era rimasto
impigliato nelle maglie della rete, indietreggiarono rapidamente
gorgogliando imprecazioni di stupore. Anche perché il
capitano, completamente zuppo, aveva parte del corpo imbrattata da una
strana sostanza viscosa e bianchiccia: - Piuttosto docile, la
bestiolina, mi è dispiaciuto doverla mutilare –
borbottò infilzando con la punta della spada
l’appendice molliccia e portandosela davanti agli occhi
bistrati – Peccato che non la si possa cucinare.
Mastro Gibbs si fece avanti, oscillando una lampara ed esprimendo il
turbamento della ciurma: - Per tutti i diavoli! Ma che
cos’era?
Jack si voltò bruscamente come se l’avesse appena
ridestato da un sonno profondo, sbattendogli la preda sotto il
naso: - Mai una domanda sensata tu? – il nostromo si
contrasse in una smorfia di timore, disgusto e incredulità,
incapace di articolare qualcosa di intellegibile.
Il capitano lo fissò per qualche secondo arricciando i
baffi, poi si distanziò da lui rivolgendosi agli altri: -
Portate su un barile di alcol. Badate bene: ALCOL, NON RUM. E ficcateci
dentro questo coso. E braccia in trinchetto! E spiegate le vele! Tutte!
A rilento e tra mille commenti confusi i pirati sgombrarono per
obbedire all’ordine, lasciandolo solo con il suo
luogotenente: - Che cosa vuoi fare? – gli si
avvicinò quello, avendone abbastanza di osservarlo
parlottare tra sé mentre cercava di ripulire la spada e il
suo braccio da quel fluido appiccicaticcio.
- Il Pescegatto ce ne renderà conto al Consiglio –
gli rispose enigmatico dopo una pausa ad effetto. Quindi si
soffermò a visionare l’adempimento dei suoi
comandi da parte della ciurma e si incamminò con nonchalance
verso il suo alloggio.
Gibbs lo tallonò svelto e nervoso, riuscendo ad entrare in
cabina con lui, richiudendo la porta dietro di sé: - Scusami
… da quando sai che ci sarà un nuovo Consiglio?
– lo incalzò piccato e un po’ stizzito
per non esserne ancora venuto a conoscenza.
Jack gli scaraventò la pezza con cui alla meno peggio si era
tolto lo sporco dalla faccia: - Da quando ho deciso di indirlo
– lo sorprese, mettendosi a rovistare freneticamente tra i
cassetti dei suoi mobili e in alcune cassepanche.
Joshamee gli si piantò dietro: - Tu?
Sparrow si sollevò dal cumulo di cianfrusaglie, colpendolo
con un’occhiataccia: - Vorresti insinuare che non ne avrei
l’autorità?
- No. Non è questo - si scusò prontamente
l’amico, afferrando una sedia e appoggiandovisi, come ad
aiutarsi a ponderare meglio le parole: - Le tue sono congetture
… Servono motivi più che validi per scomodare i
pirati nobili.
Jack annuì, camminando solennemente verso la vetrata che
mostrava un mare fosco e ondoso: - Si dà il caso che io ce
li abbia.
I marinai dell’Olandese Volante liberavano il cammino che
portava al molo con sciabolate, calci, pugni, spintoni, colpi di
moschetto. La cittadella era piombata nel caos e si combatteva ovunque
malgrado l’irrompere del buio.
- Correte piano! – ammoniva inutilmente i suoi Will, seguendo
con ansia la corsa della moglie e coprendola da eventuali aggressioni
con le due spade che aveva recuperato.
Gli uomini non lo sentivano, né erano disposti a farsi
catturare ora che erano scampati per un pelo al peggiore destino in cui
un pirata potesse incappare.
Jim superava tutti per rapidità e agilità,
svicolando come una freccia. Andava talmente veloce che, senza neppure
rendersene conto, si ritrovò separato dagli altri e
imboccò un cortile poco illuminato, scambiandolo per una
scorciatoia verso il porto.
Invece la sua distrazione lo condusse dentro una stradina senza uscita,
dove non arrivava neanche l’eco del putiferio scatenatosi in
centro. Proprio per questo, per sua disdetta, si accorse quasi subito
che qualcuno doveva averlo seguito. Poteva udire il cigolio metallico
delle armi che portava con sé. Forse c’era
più di un uomo dietro di lui.
Jim deglutì, girandosi e arretrando, ma qualcosa lo fece
inciampare e finì steso per terra.
- Volete rallentare, accidenti! Ormai non ci raggiungono
più! – urlò esasperato Will alla
ciurma, compattatasi attorno ai due capitani e che li obbligava a
mantenere un andamento forsennato.
- Signore, la fretta in questi casi non è mai troppa, mi
creda! – sentenziò Danny, sparando un colpo per
aria.
- Ha ragione, Will: non possiamo fermarci adesso –
replicò la moglie col fiato grosso, al che lui la
agguantò per un braccio, avvicinandola di più a
sé per domandarle all’orecchio con palese
preoccupazione: - Il tuo è un sospetto o una certezza?
- È un ritardo di quasi due mesi – ammise a denti
stretti la donna, pur continuando a correre.
Will sospirò tenendola per mano, facendole scudo con il suo
corpo: - Dov’è l’Olandese?
- Alla vostra destra, Capitano – gli indicò Ratlin
muovendo una torcia per segnalare a quelli a bordo il loro imminente
ritorno.
Tre degli uomini iniziarono a sbrogliare le corde della scialuppa,
mentre i cannonieri del veliero pirata si erano messi
all’opera per fugare eventuali attacchi.
- Dov’è Jim? – si accorse d’un
tratto Elizabeth, prendendo posto su un sedile.
Il marito girò gli occhi intorno a loro senza avvistarlo: -
Maledizione! Tu non muoverti, anzi sali a bordo. Vado a cercarlo io
– la rassicurò portando con lui Maccus e Palifico.
- Per mille gabbiani incacchiati! – mormorò Jim
Turner, rendendosi conto che non avrebbe avuto molte
possibilità di vincere contro sei soldati addestrati ed
armati come quelli, che lo stringevano in uno spazio sempre
più ridotto avanzando verso di lui.
- Sei il figlio di quelle due canaglie appena scampate al capestro,
vero? Un’ottima merce di scambio –
attestò uno dei militari accennando ai compagni di
accerchiarlo.
Il ragazzino estrasse la sua sciabola ostentando un orgoglio e un
coraggio che in quel momento gli derivavano dal panico
dell’inesperienza: - Sì, sono Billy Jim Turner! E
sono un pirata anch’io, al pari dei miei genitori!
I soldati esplosero in convulse risatine di scherno e uno di loro lo
provocò: - Allora ti aspetta il loro stesso destino,
bastardello!
Jim indietreggiò tenendo ben saldo lo spadino con le due
mani che gli tremavano un po’, pronto a scattare non appena
si fossero avvicinati di più. Avrebbe cercato di ferirli in
qualche punto critico per poi scappare. Era concentratissimo,
attingendo agli insegnamenti di suo padre cercava di sentirsi un
tutt’uno con la lama che brandiva.
Ma d’un tratto una sarcastica voce dall’alto di un
muretto si frappose allo scontro impari che stava per consumarsi: -
Hey, voi! Lo sapete che mentre state qui a giocare con quel mocciosetto
tutti i prigionieri del forte se la stanno svignando? Avete capito? Vi
fissate con un bambinetto innocuo e nel frattempo lasciate sgattaiolare
decina di pericolosi fuorilegge! – li rimproverò
sogghignante.
I soldati, distratti dalla comparsa di un altro ricercato sfuggito alla
giustizia del loro governatore, tentennarono nel decidere quale dei due
prendere, mentre Jim non capiva bene se essere grato oppure sentirsi
insultato da quel tipo: chi aveva interrotto la sua cattura era un
ragazzo di poco più grande di lui, un corpo longilineo ma
all’apparenza scattante ricoperto da vestiti sciatti, quasi
laceri, la carnagione ambrata e occhi e capelli nerissimi trattenuti da
un codino con due pendagli fatti di opale e diaspro. Agilmente
saltò dallo steccato su cui era appollaiato con
atteggiamento sornione e nell’atterrare, schierandosi al suo
fianco, estrasse dalla cinta una spada e una pistola a canna lunga.
- Ha ragione! Lasciatelo stare! È giovane, non ha colpa!
– una signora spalancò le persiane prendendo
inaspettatamente le difese di Jim e con lei altre vicine si
affacciarono dalle loro finestre protestando contro le minacciose
intenzioni dei militari.
Il misterioso salvatore sorrise soddisfatto scuotendo le braccia come a
scacciare gli uomini in divisa che esitavano ancora sul da farsi,
venendo criticati dagli stessi cittadini che intendevano difendere. I
due ragazzini si sorrisero per un attimo, complici ed entusiasti per
aver messo paura a quegli adulti pieni di boria.
- Non è colpa sua se è figlio di sporchi
malviventi! – a quell’affermazione,
però, Jim sentì riemergere il suo ostinato onore
piratesco, maturato con gli anni, e gli venne istintivo ribattere
insolente:
- Si tappi quella boccaccia, signora! Noi viviamo benissimo!
… A spese degli altri, certo, ma …
Le donne all’unisono cambiarono partito e cominciarono a
biasimare i due piccoli delinquenti, ridando ragione alle guardie e
Turner si pentì di essersi lasciato sopraffare dal suo
temperamento irascibile e avventato, scusandosi con sguardo da cane
bastonato col ragazzo bruno.
Il suo difensore gli scoccò un’occhiata
esterrefatta arricciando il naso: - Miseriaccia! Tappatela tu la bocca,
stupido! Dovresti cercare di sfruttarlo il tuo fascino da bambino
indifeso – aggiunse in un soffio, e così dicendo
sfoderò le armi e si avventò contro i militari
iniziando a combattere con grande abilità sotto
l’affronto di Jim, che cercò più volte
di inserirsi senza successo.
Il suo broncio tuttavia si tramutò gradualmente in
ammirazione per il coetaneo. In poche mosse ne stordì due
con il calcio della pistola, ne ferì altrettanti alle gambe
e affrontò a duello gli ultimi disarmandoli e tagliando loro
perfino le cinture dei pantaloni, mettendoli in ridicolo.
Era stato come una furia e quelli non avevano fatto a tempo a reagire.
Osservò con compiacimento il suo operato, poi, certo che non
fossero più di intralcio per il ragazzo che aveva soccorso,
stava per allontanarsi prima che Turner lo tirasse per la camicia: -
Aspetta! Mi hai salvato la vita! Come ti chiami?
Il giovane si grattò la testa rumorosamente fissando
divertito l’espressione di persistente sbalordimento sugli
occhi sbarrati del timido ragazzetto che gli aveva balbettato quel
ringraziamento. Gli faceva piacere aiutare qualcuno, ma ci teneva a
dare un’impressione scontrosa di sé, per cui si
morse le labbra e farfugliò ostile: - Jay Jay. E non ti ho
salvato la vita, moccioso. Avevo un conto in sospeso con loro
– gli rispose sbrigativo, fingendosi offeso per
quell’accusa di altruismo – Ora devo andare. Il
porto è di là – concluse spiccio,
spingendolo sgraziatamente verso l’uscita della stradella.
- Ma cosa posso fare per te! Ti sono debitore! –
continuò a ripetere Jim, puntando i piedi per opporre
resistenza al suo brusco spintonarlo.
- Col casino che avete fatto sono evaso, perciò non
c’è bisogno che tu faccia altro –
replicò quello cacciandolo con urgenza, dato che le signore
di prima continuavano a ciarlare e sembravano poco intenzionate a
chiudere un occhio sulla faccenda cui avevano assistito –
Anzi! In effetti una cosa c’è che puoi fare,
piccolo Turner! – di colpo fu lui a piantare i piedi
sbilanciandolo. Lo volse per le spalle e lo tenne ben stretto,
sottolineando con voce oscura e sguardo convincente: - Dì a
tuo padre: “la
gloria corre nell’aldilà”.
- Che significa?! – sbottò Jim schiaffeggiandogli
le dita per scollarsele di dosso, non riuscendo invece a staccarsi dai
suoi occhi così stranamente familiari. – I cannoni
dell’Olandese – bisbigliò voltandosi,
avendo riconosciuto quella deflagrazione.
Quando riportò lo sguardo davanti a sé quel Jay
Jay era già sparito.
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Capitolo 6 *** Capitolo 5: La chiamata ***
Hey! Salve a
tutte/i ! Chiedo venia per il ritardo di questo aggiornamento, ma ho
così tante idee ed ho riscritto più volte questo
capitolo perchè mi sembrava sempre incompleto, o troppo
lungo o troppo corto. E tuttora non ne sono del tutto convinta.
Comunque credo ci sia ampio spazio per le supposizioni e spero di
stuzzicare la vostra fantasia. Ci sono ancora un mucchio di personaggi
importanti che devono entrare in scena, ma qui ho voluto concentrarmi
sull'evoluzione della famiglia Turner...
In
attesa delle vostre opinioni, saluto tutte coloro che hanno letto e
commentato (stellysisley, Lione94, Summerberst e ladyoscar13, che ho
già ringraziato nelle risposte), chi segue la storia in
silenzio (e le invito a dirmi che ne pensano, se vogliono) e
Edwardina4ever che ha messo la fic tra le ricordate.
Buona
lettura!
Capitolo
5: La chiamata
Erano i lampi degli archibugi e le torce della gente in
fuga a squarciare le tenebre che si stavano oramai impadronendo della
terra.
Dopo un’affannosa corsa a ritroso per le strade gremite della
città, Will tirò finalmente il fiato: - Billy
Jim! Ti ho trovato! – si arrestò, avvicinando
protettivamente il figlio a sé, circondandolo con le sue
braccia ed assicurandosi che non fosse ferito - … Hai fatto
tutto tu? – trasecolò poi, intravedendo quel
gruppetto di soldati stesi a terra dietro il vicolo.
- Ehm … quasi – squittì lui sgusciando
dal suo affettuoso abbraccio - Tranquillo! Non ho neppure un graffio, a
differenza tua – affermò tentando di sottrarsi
alle sue amorevoli attenzioni, pur essendo in realtà anche
lui piuttosto rincuorato di averlo di nuovo accanto, sano e salvo, dopo
essere stato così vicino a rischiare di perderlo per sempre.
- Meglio così – gli sorrise compiaciuto il padre,
scompigliandogli quella fulva frangia ribelle che gli copriva la
fronte.
– Già, così non ci crederà
mai nessuno che sono un pirata – bofonchiò
scontento lui, dandogli un buffetto sul petto e mettendosi tra Maccus e
Palifico che lo serrarono tra di loro.
- È il momento buono! – suggerirono al Capitano,
non scorgendo nei dintorni altri passanti potenzialmente pericolosi.
Turner annuì procedendo con circospezione e con le armi in
pugno, mentre Jim, che gli camminava davanti, di scatto si
fermò girandosi: - Aspetta! Stavano per uccidermi ma un
ragazzo mi ha salvato!
Il genitore lo guardò di sbieco: - Ah davvero? Filiamo! Poi
mi racconti. Dobbiamo correre al molo – lo incitò
agguantandolo per un braccio e trascinandolo senza troppo successo. Il
ragazzino si impuntò: - Mi ha detto di darti questo
messaggio: “la
gloria corre nell’aldilà”.
- Lo so già – gli rispose brusco lui, spiando i
movimenti della gente che andava e veniva.
- Davvero? – esclamò con enfasi Jim, lasciandosi
ora guidare senza opporsi dalla stretta energica delle sue dita.
La risposta gelida di Will riuscì a zittirlo: - Non
è una cosa buona.
Le vie brulicavano ancora di guardie e i quattro dovettero fermarsi
più volte e nascondersi per evitare di essere visti. Se non
altro i colpi di cannone inoltrati dai pirati dell’Olandese
Volante tenevano occupata buona parte della guarnigione che si trovava
sul fortino vicino alla costa.
Arrivati sulla banchina, traballante per le scariche di proiettili
emanate dalle due batterie, impegnate a cercare di centrarsi a vicenda,
vennero sfiorati da alcune pallottole. Dei militari di ronda li avevano
individuati.
- Sali sulla scialuppa, Jim! – decretarono sia il capitano
che gli altri due pirati, preparandosi a respingere
quell’ulteriore imboscata.
Jim lanciò un’occhiata alla barca ma prima di
saltarvi si fermò a guardare i sei uomini che avevano
iniziato a duellare a colpi di spade, poi ebbe un impeto improvviso e,
prendendo la rincorsa, si intrufolò tra i combattenti
urlando e, uno dopo l’altro, infilzò i piedi dei
soldati con lo spadino, lasciandoli zoppicanti e doloranti.
Will e i suoi uomini restarono a bocca aperta mentre lui con noncuranza
e un pizzico di insolenza proclamava: - A bordo ci aspettano!
Elizabeth abbassò il cannocchiale dal viso e
richiamò alcuni componenti della ciurma, precipitandosi al
parapetto di tribordo. Lì i marinai presero a manovrare le
gomene per riportare la scialuppa a bordo. Quando
l’imbarcazione fu vicina alla murata i suo quattro occupanti
saltarono sul ponte e i loro compagni li attorniarono, riempiendoli di
pacche per congratularsi a vicenda della buona riuscita del salvataggio.
Jim, districandosi tra i diversi bucanieri, raggiunse sua madre e,
approfittando della distrazione degli altri, si lasciò
andare ad un moto di affetto: - Mamma! Che paura! Non ti hanno fatto
del male, vero?
- No, no. Sto bene - Elizabeth lo strinse a sé,
rassicurandolo dolcemente. Quei momenti di tenerezza fra lei e suo
figlio ormai erano sempre più rari, perché lui
voleva dimostrare di essere cresciuto, mentre lei, anche se in altezza
le sfiorava il mento, non riusciva ad evitare di considerarlo ancora il
suo bambino indifeso.
- Dobbiamo prendere il largo, alla svelta! Prima che armino la flotta
– le considerazioni di Will, marcate da una certa impellenza,
li fecero separare richiamando la concentrazione di tutti sul problema
ritirata.
- È un po’ difficile che lo facciano al buio e con
i danni che gli abbiamo procurato – osservò
Sputafuoco, imbracciando il timone per condurre la nave fuori dalla
baia.
- Temo che quel capitano Roberts sia un osso duro. Tornerà a
braccarci non appena potrà – replicò
sicuro e agitato il capitano, inducendo il padre a rivolgergli uno
sguardo interrogativo a cui lui si sottrasse, riprendendo a redarguire
con fermezza la ciurma: - Possiamo aspettarci di tutto da quel
maledetto, perciò restate sui pezzi!
In quel momento si presentò Gilbert ma, contrariamente a
quanto Will si aspettava, non volle accertarsi sul suo stato di salute,
bensì sulla loro prossima meta: - Dove andiamo, signore?
Dietro di lui facevano capolino altri marinai non occupati in alcuna
funzione.
- Isla Cruces – stabilì Turner in un modo che ad
essi parve assai superficiale, ma non c’era tempo per
discutere dato che gli imperterriti bombardamenti dalla terra ferma
costrinsero lo stesso capitano a mettere da parte le spiegazioni per
guidare il ripiegamento.
Jim si aggirava senza ancora aver preso parte alle manovre: - Appena
qui abbiamo finito, vieni dove sai tu e mi racconti tutto –
gli intimò sbrigativamente, scendendo assieme ad Elizabeth
sul ponte di batteria.
- Sarà fatto, capitano – ribatté il
ragazzino con un filo di provocazione, arrampicandosi sulla coffa.
Nella pallida luce rosa che schiariva appena la linea
dell’orizzonte, distinguendo il cielo rosso dal mare
violaceo, l’Olandese Volante spiegò le vele grigie
lasciando dietro di sé il ricordo del suo potere distruttivo.
Gradualmente la frenesia della difesa andò scemando e, non
appena svanirono i contorni di terre o velieri nemici, Will si
dedicò a suo figlio, che lo aveva aspettato dentro la prua
appuntita, dondolando le gambe all’esterno. Gli si sedette
accanto e parlò, misurato ma severo: - Non ci devi perdere
di vista. La prossima volta potresti non essere così
fortunato.
Jim si morse la lingua e protestò senza alzare il tono
né guardarlo: - Ce l’avrei fatta anche da solo! Ma
tu continui a rifilarmi le armi con le lame smussate! Quel ragazzino
aveva la stessa mia età, al massimo un anno in
più, ma dovevi vederlo! Con le sue spade e la sua pistola
era una potenza!
Il padre sbuffò tra lo stanco e lo scocciato: - Lo abbiamo
già fatto questo discorso, Jim. E sai come la penso.
Il ragazzino scattò in piedi scrutandolo dall’alto
in basso, nella debole aura delle lanterne ondeggianti sulle loro
teste, e calcò le parole di insofferenza: - Tu non vuoi che
io cresca. Non volete né tu né mamma. Volete
tenermi sempre con voi. Ma io sto crescendo, papà. Il tempo
non si ferma.
Will, amareggiato e contrariato, non trovò la tempra giusta
per rispondere a quel bizzoso sfogo adolescenziale. Lo
inseguì fin sopra la tolda, dove i pirati nel frattempo si
erano radunati in attesa di obbiettivi e delucidazioni, appiccando il
loro sentire su di lui non appena raggiunse il ponte più
alto di coperta. Cercò di liberare la mente e, affiancandosi
alla moglie, illustrò: - Non eravamo approdati a Saint
Thomas soltanto per fare provviste, come sapete. Ieri sera dovevamo
incontrare Pescegatto Taft, il comandante della Barracuda, alla taverna
“Dente d’oro”. Era lui a doverci indicare
il luogo prescelto per il Consiglio … - scrutando le figure
dei suoi marinai, Will ebbe una repentina folgorazione. Non aveva
incontrato i quattro uomini che li avevano accompagnati dal rigattiere:
- Dove sono Angler, Crash, Jelly e Penrod?
Si sollevò un rumorio di commenti, poi Sputafuoco lo
informò con mestizia: - Non hanno fatto ritorno a bordo.
- Quindi erano loro i traditori? – intuì Will
adombrandosi, un groppo di risentimento a serrare la gola.
- Ci hanno venduti? – inorridì Elizabeth, ma
l’inaspettata rivelazione di Gilbert raggelò la
loro rabbia: - In realtà non lo sappiamo perché
li abbiamo trovati … morti.
I capitani si osservarono in un attonito silenzio, tornando alle ultime
immagini che si erano impresse nella loro mente prima della cattura in
quella bottega. Poi si fece avanti di nuovo Bill: - Erano accanto al
vostro cappello, capitano – rivelò scosso,
consegnandogli il copricapo piumato. Will lo raccolse provando lo
stesso turbamento che sembrava attanagliare la ciurma.
- Era vicino all’entrata della prigione. Doveva esserti
caduto – aggiunse Jim, tenendo la fronte bassa, forse per
scacciare il ricordo di quanto aveva visto. Elizabeth gli
poggiò una mano sulla spalla, mentre Sputafuoco riprese a
raccontare: - Eravamo andati a dare un’occhiata al carcere
dove vi avevano portati, ma poi abbiamo ritenuto che
un’evasione potesse essere troppo rischiosa.
- Avete fatto un ottimo lavoro – sostenne la signora Turner,
tentando di alleggerire quella gabbia di incomprensioni e sensi di
colpa che aveva aggiogato la conversazione.
Will lo comprese e raccolse il filo del discorso: - Dunque, il capitano
Taft doveva rivelarci il posto …
- Taft? Quel tipo suonato che è sparito dalla circolazione
dopo averci aiutato con Calypso? – lo interruppe a bruciapelo
Jim, suscitando mormorii e risatine.
Il capitano non si fece distrarre da quella interruzione: -
Sì. Ma ora non sappiamo dove si riuniranno i Fratelli della
Costa a consiglio.
- Meglio! – approvò Palifico –
Così potremo dedicarci a dare la caccia a quel dannato
Roberts!
Parecchi compagni aderirono al suo entusiasmo, condividendo la
proposta, ed anche Will cominciava a considerare positivamente la
situazione: una riunione dei pirati nobili era sempre preludio di altri
guai e lui non voleva che la sua famiglia e la sua nave ne fossero
invischiate.
Allungò la mano per stringere quella della moglie che gli
sorrise di rimando, pur con una implicita inquietudine. Che subito Jim
ravvivò: - Ma sappiamo che una riunione ci sarà!
– gridò intrepido, svettando su un barile
– Altrimenti perché quel Jay Jay mi avrebbe
confidato quella frase?
- Chi è Jay Jay? - Elizabeth interrogò con le
pupille dilatate prima il figlio e poi il consorte, il quale si
sbrigò a controbattere un indifferente: - Non lo so
– facendo irritare Jim che iniziò a narrare il suo
incontro con il misterioso ragazzo. Però la sua voce sottile
era ricoperta dalle chiacchiere che stavano surriscaldando il resto dei
pirati, rendendo incomprensibile quanto diceva.
Tra le ciarle spiccò la considerazione spiccia di Koleniko:
- Siamo d’accordo! Se ci sarà bisogno di noi ci
verranno a cercare! Intanto pensiamo a vendicarci di quel lurido
governatore ammazza pirati e del suo lecchino guardaspalle Roberts!
- Non intendo tornare indietro, e la vendetta può attendere
– replicò risoluto Will – Ci riforniremo
ad Isla Cruces e poi navigheremo verso oriente. Le rotte per le Indie
sono ancora molto fruttuose.
In attesa che i filibustieri accogliessero la nuova prospettiva, Jim
passeggiò un po’ intorno ficcando le mani in
tasca, e si accorse che quella sinistra conteneva qualcosa: - Ehm
… papà?
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Capitolo 7 *** Capitolo 6: Nell’ombra ***
Eccomi carissime lettrici! Mi
dispiace tanto di non essere stata puntuale ma, tra impegni personali e
qualche calo di ispirazione, solo oggi sono riuscita a concludere un
nuovo capitolo. La storia è nella mia testa, ma le parole
per scriverla non riuscivo a trovarle :(
Comunque spero che
continuerete ad apprezzare questa ff e ringrazio come sempre chi legge
e chi mi lascia commenti (le affezionate stellysisley e Lione94), chi
continua ad inserire le mie storie tra preferite, ricordate, seguite,
chi lo farà in futuro.
Piccola introduzione: la
questione gravidanza mi auguro di averla resa bene nei discorsi dei
Turner (consigli e critiche sempre ben accetti), e finalmente arriva il
nuovo nemico, dovreste già conoscerlo.
Buona lettura ^.^
Capitolo
6: Nell’ombra
I pirati
cicalavano con animosità esprimendo pareri discordanti e lo
sguardo stanco del capitano Turner dalla balconata del timone planava
ripetutamente sulle loro decine di facce, con il continuo assillo che
lo detestassero perché negli ultimi tempi doveva sempre
faticare parecchio prima che le sue decisioni si imponessero sulle
teste di tutti.
Nel groviglio di tante
voci il richiamo pungente di Jim si innalzò con maggiore
petulanza. Quando assottigliando le palpebre lo vide incedere titubante
verso di lui, sventolando tra indice e pollice un fogliettino non
più largo di tre dita, sollevò entrambe le mani
facendo segno alla ciurma di tacere.
Il ragazzino
spiegò la cartina sulla ringhiera di legno, al che Elizabeth
e Bill si avvicinarono incuriositi reggendo due lumi e gli altri uomini
ricominciarono a parlottare irrequieti, non cogliendo i dettagli della
scena.
Il bigliettino
passò sotto gli occhi dei due capitani per finire al vaglio
di Sputafuoco il quale, dopo qualche secondo, rivelò a gran
voce, perché anche il resto degli uomini lo apprendesse: - Sembrano delle coordinate.
“Isola degli
appestati”. E c’è anche
scritto “nel
giorno che luce e buio uguali ha”.
Conosciuto il
contenuto di quel criptico messaggio, i pirati riattaccarono a
confabulare sul suo possibile significato.
- Chi te
l’ha dato? – rimbeccarono il ragazzino Bill ed
Elizabeth, non nascondendo la perplessità e
l’apprensione.
- Non può
essere che quel Jay Jay fosse uno della ciurma di Taft? –
boccheggiò di rimando lui allargando le braccia. I due lo
scrutarono con la bocca mezza aperta, convincendolo a ripetere il
racconto della sua fuga, di cui poco prima avevano afferrato solo pochi
dettagli.
- “Nel giorno che luce e buio
uguali ha” … - si domandava intanto
pensoso Will, calcolando a mente la scadenza di quell’invito
rispetto alla data odierna.
Tuttavia non
arrivò a terminare la conta che le voci dei suoi uomini
scomposero il suo fitto rimuginare: - Capitano, quel messaggio non
significa niente per noi! Andremo dove volete voi! –
proclamarono con ritrovata unanimità i filibustieri.
Jim, intuendo dalla
sua accondiscendenza che si sarebbe accomodato sulle posizioni della
ciurma, si oppose indispettito, infierendo con tono critico: -
Papà, tu lo sai quello che significa!
- Io non mi fiderei di
quel Taft – intervenne Elizabeth, scrutando con persuasione
sia Will che il figlio, il quale si incupì ancora di
più, sfoggiando un’espressione dimessa con cui
esaminava ora la cartina ora il padre: - Neanche io al momento
– sostenne quest’ultimo – Passeremo per
Isla Cruces e poi faremo rotta per l’Oceano Indiano
– ribadì infine, congedando i sottoposti ma
richiamando in disparte Gilbert e suo padre, seguiti da Jim e dal suo
vice capitano.
- Hai detto che quei
quattro erano morti … cioè uccisi. Ma come?
Il medico di bordo
fece una smorfia e si portò le mani ai fianchi, biascicando
confuso: - Di sangue sparso non ce n’era. Però vi
assicuro che erano immobili, freddi e pallidi.
- Non ci siamo potuti
soffermare per non dare sospetti – aggiunse con un
po’ di rimorso Sputafuoco. Il tarlo del dubbio si
insinuò nelle vene di Will che però trattenne a
stento uno sbadiglio mentre ascoltava quelle informazioni,
stropicciandosi le palpebre e passandosi il palmo sul viso, come a
volersi costringere a restare vigile. Elizabeth gli strinse un braccio
e allungò l’altra mano sul collo del figlio che
reagì come avesse subito una scossa.
- Voi due avete
bisogno di riposare – consigliò con fare paterno
Bill ai coniugi, provando a stemperare quella tensione – Qui
ci pensiamo noi, vero Jimmy? – disse facendo
l’occhiolino al nipote che annuì staccandosi ben
volentieri dai suoi, ai quali scagliò un’occhiata
colma di risentimento.
Will stava per
rimproverarlo per quell’impertinenza, ma la moglie gli
troncò le sillabe in gola avvinghiandosi al suo braccio e
convincendolo a lasciare il ponte.
L’uomo
accettò la sua richiesta e mentre si allontanavano
udì Sputafuoco chiacchierare allegramente con Jim: - Allora,
cos’è che hai combinato a terra, piccolo furfante?
Raccontaci!
Elizabeth
sentiva un leggero tremolio nelle dita dell’amato, lo stesso
che vedeva nel profondo dei suoi occhi e lo stesso che aveva avvertito
quando discuteva con gli altri.
Will richiuse la porta
del loro alloggio e vi restò appoggiato con la schiena,
impenetrabile e serioso, mentre lei si diresse alla toletta frugando
nei cofanetti in cerca di qualche forcina con cui aprire le manette che
le erano rimaste ai polsi e alle caviglie.
Si sedette sul letto e
quando incontrò di sfuggita il volto impensierito del
marito, questi in un attimo la raggiunse e raccolse la sua mano
aiutandola nell’apertura del braccialetto, non potendo
ignorare l’esigenza di affrontare quell’argomento
tanto delicato, ora che erano finalmente soli e lontani da orecchie
indiscrete. Soppesò varie frasi con cui vertere sulla
spinosa questione.
Rigirando alcune volte
il ferretto nella serratura, con uno scatto il polso destro fu libero e
poco dopo anche quello sinistro. Si spostò indietro e le
scoprì delicatamente la caviglia per sbloccare anche quella
chiusura che le aveva illividito la pelle, massaggiandola.
Elizabeth taceva e il
mutismo del consorte la stava facendo annaspare in dubbi lancinanti,
poi bastò la sua voce morbida e commossa a dissipare quelle
ombre che le spezzavano il fiato e appesantivano i battiti: - Veramente
avremo un altro figlio?
La donna lo
fissò a lungo, commossa, ed annuì, restituendogli
uno sguardo lucido ed emozionato: - Come stai?
Will
trasalì sorpreso, carezzandole una guancia: - Dovrei essere
io a chiedertelo.
- Ti prego, non
guardarmi in maniera diversa, adesso – sussurrò
lei intrecciando le dita alle sue e scivolandogli più vicino.
- Non posso. Questo
cambia tutto – ammise lui lentamente, abbracciandola e
poggiando il mento sulla sua spalla per trasmetterle quella sua stessa
felicità fragile ed inaspettata.
- Perciò
non vuoi andare alla riunione dei pirati nobili? –
indovinò la donna lisciandogli i capelli e il suo silenzio
glielo confermò.
Will tornò
ad avvicinare il viso al suo, tenendola per la vita e contrasse per un
attimo gli occhi: - Come credi la prenderà Jim? È
diventato piuttosto difficile da trattare ultimamente …
Elizabeth
aggrottò istintivamente la fronte, accorgendosi del suo
mostrarsi di nuovo sfuggente: - Jim vorrebbe fare tante cose da solo,
ma non si fida completamente di se stesso.
- Vuole essere
trattato da grande. Quindi è meglio se glielo diciamo
– dedusse lui con spontaneità, cominciando a
trafficare col fil di ferro per togliere anche i suoi resti di manette.
La moglie schioccando
la lingua gli prese il volto tra le mani, svelando la sua apprensione:
- Ci sta sfuggendo e una notizia simile potrebbe allontanarlo
ulteriormente da noi.
Il marito scosse la
testa, sfiorandole una ciocca: - Te l’ho detto che ha il tuo
spirito ribelle e avventuroso.
- Già. Mi
somiglia troppo – mormorò lei un po’
crucciata, un istante prima che lui facesse combaciare le loro labbra
con progressivo trasporto.
Quando si separarono
l’uomo intravide ancora un’ombra di esitazione a
tendere i suoi bei lineamenti: - Elizabeth?
Lei chinò
il viso: - Io invece pensavo che al momento sarebbe meglio non dire
niente a Jim. Se dovessi perderlo, con tutto quello che ci succede
…
- Non
accadrà. Partiremo, ci ritireremo fino a quando non
nascerà – affermò Will con il tono
più pacato e sicuro del mondo, lisciandole
l’incavo dei gomiti.
- Ma? E la tua ciurma?
Hai degli obblighi verso di loro – gli ricordò
inflessibile e sbalordita la piratessa.
Il capitano
piegò una gamba contro il petto e si mise a forzare la toppa
dei bracciali che erano ancora attorno alle sue caviglie con la punta
del pugnale: - Li pagherò bene e non potranno lamentarsi. E
poi non rinuncerei mai a voi per loro.
- Rinunceresti al
mare, anche? – perseverò la donna tremebonda,
alzando il tono e cercando i suoi occhi per tastare la
sincerità delle sue dichiarazioni.
- Tu no? –
replicò lui stupefatto, sollevandole il volto con due dita.
– Certo
– rispose prontamente Elizabeth, dubitando di volersi
ostinatamente autoconvincere. Poi tacque rimuginando su quella
prospettiva che le appariva troppo nebbiosa ed ostica da accettare per
entrambi, nonostante l’ottimismo e la pragmaticità
simulate dal compagno.
Quando finì
di liberarsi dai souvenir della prigionia, Will saltò su
come una molla, camminando in tondo, investito da altri pensieri: -
Dobbiamo rifornire per bene la stiva! Ci vorranno tanta acqua e frutta
fresca, e coperte e carne, nuovi vestiti … – si
zittì e tornò a sedersi di fianco alla consorte
che lo osservava smarrita con l’abbozzo di un sorriso
intenerito: – Di che hai bisogno? – le chiese
premuroso, col respiro mozzo.
La donna distese di
più le labbra e si inginocchiò circondandogli le
spalle, bisbigliando con voce vellutata: - Per prima cosa ho bisogno di
te.
Il
corsaro aveva ascoltato con crescente disappunto quella lunga serie di
giustificazioni e, ad un certo punto, demoralizzato ed esasperato, non
riuscì a trattenersi dall’urlare: - Sono fuggiti?
Santi numi! Governatore: vi avevo servito i Turner su un piatto
d’argento!
Powell attese che
l’uomo di mare prendesse di nuovo posto sulla poltrona di
broccato davanti a lui e che il suo volto si rassettasse rendendolo
meno minaccioso: - Dovevano avere dei complici in città, vi
dico. All’ultimo momento sono arrivati a soccorrerli
– si scusò impacciato, giocando con
l’anello di rubino che gli incastonava l’indice
della mano destra.
Il suo interlocutore
raccolse un fazzoletto di seta verde da una tasca interna della giacca
color sabbia e si tamponò le goccioline di sudore sulla
testa calva: - E non siete riusciti ad intralciare la loro fuga, dal
patibolo al molo? Milord, lasciate che vi illumini: i vostri soldati
fanno schifo!
A quelle parole
offensive il comandante Roberts si intromise: - Non vi permetto di
insultare me e i miei sottoposti, signore – asserì
con dignità e contegno, macchiati di offesa e irritazione.
Il capitano lo
squadrò con sufficienza, attorcigliando tra i polpastrelli i
baffetti sottili ai lati della bocca ed usando un tono impassibile: -
La mia è solo una constatazione sull’evidenza dei
fatti: non fosse stato per la vostra incompetenza l’Olandese
Volante sarebbe già caduta in mio possesso –
sostenne inarcando le sopracciglia e prendendo il cappello ocra a falde
larghe dalle ginocchia – Non eravate voi quello che penzolava
come una salame sulla forca?
Il governatore si
spazientì per l’atteggiamento altezzoso e ambiguo
del suo presunto alleato, battendo un pugno sul tavolo: - Quella nave
non esiste! Ci avete solo ingannati!
Il filibustiere
proruppe in un risolino indisponente: - E sentiamo, chi sarebbe il
responsabile dei bombardamenti della notte scorsa? E gli adorabili
Turner se ne sarebbero scappati a nuoto?
Robert e Powell si
scambiarono un breve sguardo coperto di umiliazione e stizza,
convenendo sulle verità di quell’uomo enigmatico
senza ribattere.
L’ospite si
alzò annuendo compassato: - Basta. Non voglio più
trattare con voi zotici politicanti. Non sapete vedere oltre
– sibilò a fronte bassa, infilando le mani nelle
tasche della giubba e facendo per uscire.
I due notarono che
sulla soglia si voltò impugnando due minuscole rivoltelle
all’altezza della cintura e, un secondo dopo, percepirono un
pizzico sul collo e un improvviso torpore.
- Che
cos’è? – biascicò Roberts
tastandosi un piccolo spillo nel collo, vacillando in direzione della
poltrona con la vista che si offuscava sempre di più.
Oliver Taft
ghignò sardonico, dilatando gli occhi celesti e allucinati:
- È noto come fiore dell’oblio, ma voi non credete
a queste leggende, giusto?
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Capitolo 8 *** Capitolo 7: Nubi nere ***
Salve a
tutti! Ecco un nuovo aggiornamento! Per essere meno Turner-centrica ho
inserito un pò di Capitan Jack e spero come sempre di
dilettarvi e incuriosirvi.
Ringrazio
in anticipo chi leggerà e chi
commenterà, e come sempre tutti coloro che hanno
messo la storia tra le seguite o le preferite.
Alla
prossima!
Capitolo
7: Nubi nere
- Io dico
che arriveremo con largo anticipo e che non verrà nessuno.
Quanto scommettete?
Uno sparuto gruppetto
di pirati formava un capannello vicino alla prua della nave veleggiante
in mare aperto dopo due giorni di sosta forzata in uno dei tanti porti
di bucanieri ancora fuori dal controllo dei governanti caraibici.
Gli occhietti scuri e
furbi del nanetto Marty guizzavano in quelli degli altri compari
riuniti attorno a lui, pregustando un facile guadagno.
Il primo a
rispondergli fu il magrolino dall’occhio di legno, che si
grattò la testa ormai più grigia che bionda: - A
me non è rimasto molto … Facciamo 3 penny!
- Andiamo!
È troppo poco per una scommessa! –
obiettò il suo inseparabile amico Pintel, sempre
più rugoso e dimagrito – Io punto … 12
penny!
Ragetti gli
scoccò un’occhiata trasudante accusa e meraviglia,
mentre il pedante Mullroy, inumidendosi la bocca con un sorso di
liquore, prendeva appunti su un taccuino: - Cioè uno
scellino, giusto? E tu?
- Effettivamente
avremmo potuto restarcene altri tre giorni alla Tortuga –
borbottò scontento il grassoccio Murtogg, quando i compagni
si girarono nella sua direzione.
- Avremmo potuto,
sì – proferì la voce contrariata del
capitano alle loro spalle, facendo scomporre il loro cerchio e
mettendosi al centro di quella cricca – Ma ci sono nuvole
nere in agguato, il che significa che potremmo non arrivare a tempo
dove dobbiamo arrivare e che non voglio più sentirvi fare
scommesse sui miei presunti errori! – si sfogò
velocemente, traboccando indignazione e rabbia dalle iridi nere con cui
rimproverava i marinai. Contento di riuscire a scuoterli,
requisì i loro denari e aggiunse con la stessa acredine: - E
adesso questi li raccolgo io e voi date spontaneamente volta alle
scotte, altrimenti vi spedisco a calci nel didietro sulle scialuppe e
vi lascio qui!
I cinque annuirono,
portandosi goffamente le mani alla fronte e si dileguarono alla
spicciolata.
Ad ogni passo che lo
conduceva al timone Jack Sparrow osservava inquieto gli uomini della
sua ciurma malfidata, stanca e sgangherata, avvertendo i primi lampi
illuminare le onde increspate in inesorabile avvicinamento.
Elizabeth
percepì un brivido di freddo alla schiena e socchiuse
debolmente le palpebre, ricevendo direttamente dall’ampia
vetrata situata sul lato dirimpetto la luce del mattino in pieno volto.
Si girò sul fianco opposto mugugnando insonnolita, e un
fruscio misto ad un tintinnio metallico la convinse ad aprire
finalmente gli occhi: - Ti sei già alzato –
mugolò con uno sbadiglio, puntellandosi sul gomito destro e
guardandolo.
Will
accennò al sole pallido ma comunque sorto, affibbiandosi una
seconda cintura attorno ai fianchi: - Sì. Ho un discorso in
sospeso con Jim. Mi raggiungi?
La donna si sedette
passandosi le dita tra i lunghi capelli, leggermente annodati: - Certo.
Il tempo di … - si interruppe rialzando una manica della
sottoveste lilla scivolatale dalla spalla.
Il marito contemplando
il rossore dovuto al tepore del sonno rimasto sulle sue gote e sulle
sue labbra, non seppe resistere ad un moto di genuina passione: - Sei
ancora più bella – bisbigliò rapito,
riavvicinandosi a lei e baciandola, venendo ricambiato dai suoi baci
con più ardore di quanto si aspettasse.
La consorte gli si
strinse con fervore, non capendo se in quel momento la
volontà di trattenerlo fosse motivata più dal
desiderio quasi irrazionale di lui o dalla sottile paura che rivelasse
qualcosa al figlio: - Ma non gli dirai che … -
ansimò appena ebbe la bocca meno impegnata, fissandolo
insicura a pochi centimetri di distanza.
- Aspetto te per
quello – le promise lui, poggiandole un altro bacio sulla
fronte e di seguito sfiorandole il ventre con le dita – Ma se
non ti senti …
- Sto benissimo,
tranquillo – si ricompose lei sveltamente, gettando ai piedi
le coperte e mettendosi con le gambe fuori dal letto, tanto in fretta
che si procurò un leggero giramento di testa che la
costrinse ad appoggiarsi alla parete.
- Però
dovresti fare colazione – osservò Will, pur non
volendo essere troppo ansioso – Ti faccio portare del latte
bollito o … - imbattendosi nella sua eloquente espressione
implorante e risentita, preferì non continuare a provocarla
con eccessive attenzioni. Dopotutto lei gli aveva ampiamente dimostrato
di essere una donna forte, intelligente e indipendente: - Ci vediamo di
sopra – la salutò uscendo con un caldo sorriso.
Elizabeth
versò dell’acqua, più fredda di quanto
sperasse, in una tinozza e vi immerse una spugna, riflettendo sul fatto
che doveva sforzarsi di controllare quegli strani sbalzi di umore, ora
che c’era Will accanto a lei.
Sfilandosi la camicia
da notte, non poté fare a meno di guardarsi allo specchio e
di mettersi di profilo per esaminare le possibili variazioni subite dal
suo addome. Erano ancora invisibili e pensò che per un
po’ sarebbe riuscita a nasconderle sotto camicie, corsetti,
marsine e cinture.
Will,
dopo un rapido giro di controllo in coperta, scoprì che il
figlio si era nel frattempo affacciato a poppa, la zona meno
frequentata dagli uomini di bordo. Aveva lo sguardo rivolto al mare e
non poté indovinare il suo stato d’animo: - Ieri,
al molo, contro quei soldati … sei stato formidabile! Ed
anche quando hai tagliato le nostre corde, arrampicandoti fin
lassù – esordì entusiasta, sperando di
carpire la sua attenzione.
Il ragazzino si
voltò lentamente, premendo i gomiti sulla ringhiera ma
restando col capo piegato in giù, tra i flutti spumeggianti.
L’uomo fece
un altro passo avanti e tentò di esprimersi con
sincerità e accaloramento: - Jim, ho pensato a quello che mi
hai detto. E volevo scusarmi con te. Hai ragione: sei cresciuto molto
in questi anni. Me ne sono accorto e mi fa paura. Vorrei solo non ti
bruciassi troppo presto.
A quel punto Jim si
tirò indietro i capelli e si stiracchiò buttando
indietro le braccia e fissandolo a lungo con impercettibile
approvazione.
Il giovane genitore
sentì crollare le sue capacità comunicative: -
Scusami, probabilmente sono solo un padre vigliacco.
Il giovanetto si
spostò silenziosamente in avanti scrollando la testa e poi
avvicinandola al torace del padre: - Mi mancherai moltissimo
… quando me ne andrò – gemette piano,
pentendosi subito dopo di quella schietta ammissione e raddrizzandosi.
Si sfregò la faccia e tornò con gli occhi sul
mare grigiastro: - Allora, lasciamo i Caraibi?
Will comprese il
disagio per il figlio di soffermarsi ancora sul loro piccolo bisticcio,
o di rimarcare quel breve attimo di complicità e affetto: -
Così vuole la ciurma.
Il ragazzino si
sforzò di fare un sorriso: - Sei riuscito a convincerli.
- Ma non ho convinto
te, vero? – intuì il capitano, evidenziando la sua
incomprensione per l’ostilità del figlio nei
riguardi di quella decisione. – Se ben ricordo quando siamo
stati in Madagascar ti era piaciuto parecchio.
Jim si
voltò bruscamente e alzò il tono: - Non
è da te! – lo accusò puntandogli un
dito, e dato che non rispondeva, rincalzò: - Mi sono
ricordato della frase. Significa che i pirati nobili si stanno per
riunire. E noi non ci andremo! Perché?
Il pirata si
sentì messo alle strette, ma non poteva ancora confidargli
di aver cambiato idea per via di un figlio in arrivo, e sapeva anche di
non essere molto capace di mentire, pur avendo in realtà
un’altra valida motivazione da offrire: - Potrebbe trattarsi
di una trappola. Com’è già successo a
Saint Thomas.
Il ragazzino ci
rifletté due secondi condividendo quell’ipotesi,
ma non ritenendola un vero problema, essendo a conoscenza di quanto
fosse intrepido: - Forse sarebbe meglio! Affronteremo una volta per
tutte i nostri nemici e gli faremo un c … -
Will
strabuzzò gli occhi al tono infervorato del figlio che
appena, imbarazzato, si rese conto di ciò che stava per
pronunciare si corresse: – Gliele suoneremo!
Il suo entusiasmo
sfumò alla vista del padre che muoveva la testa in senso di
diniego, ma che, scorgendo subito la sua delusione, tentò di
farlo sorridere: - Dai, metteremo in pratica la più nobile
delle tradizioni piratesche!
- Non è da
te – commentò Jim, scuotendo la testa, comicamente
irremovibile.
Il capitano gli
poggiò un braccio attorno alle spalle sospingendolo a
rientrare verso la cabina di comando: - Lo sai, in questi anni ho
scoperto che Jack Sparrow molte volte ha idee più sensate di
quanto non sembri.
- Ti voglio credere
– acconsentì il ragazzino dopo un istante, ormai
più rassegnato che convinto.
- Ti ringrazio!
– esclamò Will ironico, premendo la maniglia e
facendolo entrare prima di lui in cabina: - Buongiorno, Capitano
– squillarono tutti e due imbattendosi in Elizabeth che stava
seduta dietro un tavolo ricoperto di mappe.
- Bill mi ha detto che
avete già confrontato le coordinate – li
informò indicando con la punta di un compasso le cartine e
il biglietto con il misterioso messaggio.
Jim si
fiondò eccitato sul tavolo: - Sì. Questa
“Isola degli appestati” non è molto
lontana dalla nostra rotta. Potremmo dare una sbirciata …
Elizabeth non rispose
e spostò l’attenzione sul consorte che seguitava a
scuotere la testa contrariato e le suggeriva ammiccando di iniziare a
raccontare tutto.
Jim notò il
loro contraccambio di sguardi e si adombrò sentendosi
escluso.
- Comunque non
sappiamo quando si riunirà la Fratellanza –
riconobbe la piratessa, rompendo quel problematico silenzio.
Will
sospirò, reprimendo la sua intenzione di non ingannare
ancora il figlio, ma accettando la richiesta implicita della moglie di
rinviare quel discorso: - In realtà c’era scritto
“Nel giorno
che luce e buio uguali ha” e credo si tratti
dell’equinozio.
- Ma non ce ne sono
due equinozi? Dobbiamo scoprire qual è quello giusto
– tornò ad interessarsi Jim. Suo padre
annuì raccogliendo l’enigmatico foglietto
rinvenuto il giorno precedente e riesaminandolo in cerca di altri
indizi, mentre Elizabeth squadrava entrambi dubbiosa: - Non vedo
perché insisti, Jim – si intromise cauta
– Il capitano ha già deciso e se continui ad
opporti potresti essere accusato di insubordinazione! – lo
ammonì con finta severità.
Il ragazzino
osservò i genitori che a loro volta si fissavano impacciati
e sgranò gli occhi incredulo e fuorviato: - Ma a che gioco
state giocando voi due?
A grandi passi si
introdusse in cabina Palifico: - Capitano: tempesta in arrivo!
Jim fece una smorfia
scrutando l’oblò che mostrava alcuni bagliori nel
cielo violaceo, Will si diresse all’esterno ed Elizabeth
restò seduta stringendo le dita sul legno del tavolo.
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Capitolo 9 *** Capitolo 8: Naufraghi ***
Buon
pomeriggio, care lettrici! In questo nuovo aggiornamento non succede
molto: la solita tempesta, tipica dei Caraibi! E i soliti discorsi dei
Turner (avvertitemi sempre se non li trovate adeguati ai personaggi!).
Perciò
ho fretta di farvi conoscere un nuovo personaggio che sarà
nel prossimo capitolo e da cui dipenderà molto lo
svolgimento della storia.
Ringraziando
stellysisley e tutti gli altri lettori passati, presenti e futuri, vi
auguro buona lettura!
Capitolo
8: Naufraghi
Vento,
pioggia e fulmini scuotevano le fradice giunture lignee
dell’Olandese Volante che aveva iniziato a vibrare dai
pennoni alla chiglia, sferzata da onde sempre più grosse e
violente.
- Non vai ad aiutare?
– domandò con delicatezza Elizabeth al figlio, che
era come congelato dall’ascolto dei mille scrosci prodotti
dal temporale. Sapeva che non aveva ancora superato del tutto la
soggezione per quel potente fenomeno atmosferico, ma volle lo stesso
tastare la sua reazione.
Jim la
guardò intimidito: - Nemmeno tu ci stai andando.
- Non mi va di
bagnarmi, oggi – affermò la donna con simulata
schiettezza.
Il ragazzino
sogghignò, andandole accanto: - Dirò
anch’io la stessa scusa a papà. Cosa
c’è? – frizzò poi notando con
quanto interesse la madre stava esaminando il famigerato bigliettino.
- Questa
l’avevate vista? – Elizabeth tenne ben stretto il
lume ad olio, sottraendolo ai sobbalzi sempre più
consistenti della nave, mentre con l’altra mano prese per la
spalla il figlio, accostandolo al suo viso. Lui afferrò la
strisciolina di carta ingiallita.
Sul retro
c’era una frase scritta con un inchiostro più
sbiadito e a caratteri diversi, quasi uno stampatello: - E porta venti tepidi e molcisce
i cori – lesse lentamente – Bleah!
Avranno strappato la pagina da un libro di poesie –
ipotizzò indietreggiando un po’ dal tavolo, anche
perché spaventato da un improvviso tuono violento.
- E se invece fosse
collegata all’altra frase – mormorò la
donna, continuando ad analizzare quelle poche righe tra il rumore dei
turbini che scuotevano il vascello.
Jim provava un
tangibile nervosismo ed iniziò a camminare a ritroso: -
Tanto è inutile. Il capitano ha deciso che non ci andremo
perché pensa che sia una trappola.
- Ha detto
così? – replicò Elizabeth, mentre il
rombo di un secondo tuono squarciò l’aria e
già si faceva sentire l’inquietante groppo che
fece sobbalzare la sala nautica e per poco non sbalzò dalla
sedia entrambi. Un istante dopo un fulmine illuminò
prepotentemente la stanza:– Dove vai? –
urlò la piratessa, restando difficilmente in equilibrio.
- Devo sistemare delle
cose nella mia cabina – strillò sgomento Jim,
correndo via trafelato. Nel momento in cui la madre si affrettava a
raggiungerlo, la stanza fu rischiarata da un lampo che
illuminò i suoi passi seguito da un boato tanto forte da
stordirla e farla scontrare con qualcuno che, nello stesso momento,
stava dirigendosi dalla parte opposta.
Un bagliore successivo
rivelò che quel qualcuno, come lei, dopo
quell’urto era caduto a terra.
I due si guardavano
nella penombra con la testa dolorante, ognuno cercando di capire chi
fosse l’altro, fin quando non sopraggiunse la luce di una
lanterna portata da un marinaio dall’esterno: - Abbiamo
chiuso tutti i boccaporti, signora! – asserì
Palifico curvandosi e guardandola dall’alto senza
preoccuparsi di aiutarla.
- Bene –
replicò lei svelta, tentando di rimettersi in piedi.
– Voi
restate qui? – urlò il pirata per sovrastare lo
scroscio incessante della pioggia battente.
- Confido che ce la
farete anche senza di me! – gridò a sua volta il
vice capitano, dandosi una spinta per sollevarsi
– Aye!
– la salutò il marinaio, e lui e l’altro
che non aveva riconosciuto scomparvero insieme al chiarore della
lampada che portavano.
In compenso ne
sopraggiunse un’altra:- Ma tu guarda che disgraziato!
– brontolò nella semioscurità il
vecchio Sputafuoco Bill, porgendo ad Elizabeth una mano per agevolarla
a rialzarsi: - Occorre assicurare il carico e quant’altro
possa creare disordine o pericolo – stabilì lei
dopo averlo ringraziato.
- Ce ne stiamo
occupando – le garantì il veterano filibustiere
accompagnandola gentilmente in corridoio – Ma
dov’è Jim?
- È corso a
chiudersi in cabina – oscillò lei, lasciando il
suo appoggio e proseguendo a tentoni.
- Stai tremando. Vuoi
che ti accompagni al tuo alloggio? – si offrì
ancora l’uomo un po’ preoccupato, anche se era
certo che la donna avrebbe rifiutato, orgogliosa com’era.
Invece la nuora
smentì le sue previsioni, stringendoglisi al braccio con la
voce fioca: - Sì. Per favore.
Bill era consapevole
di non aver mai capito le donne, per quanto le avesse sempre
frequentate di rado, eppure quella Elizabeth gli pareva in qualche modo
cambiata negli ultimi tempi. La condusse come promesso e poi si
allontanò con la sua solita discrezione.
Elizabeth si
barricò dentro, cercando una posizione sicura. Alle sue
orecchie giungevano ancora, tra un tuono e l’altro, le grida
sconfortate della ciurma.
La tempesta non
accennava a diminuire la sua furia e sembrava quasi che la nave stesse
volando sopra le onde, tanto era forte la corrente.
Andò avanti
per paio d’ore che sembrarono a tutti infinite.
La ruota del timone
pareva girare con volontà propria e il Capitano Turner
seguitava ad opporsi con caparbietà ai suoi movimenti per
domarla, anche se il legno era diventato parecchio viscido e la presa
sulle maniglie sdrucciolava di continuo: - Reggerà! Deve
reggere! – si ripeteva, con determinazione, incitando anche i
suoi, non volendo demordere di fronte all’incontrastabile
naufragio.
-
Capitano! Abbiamo perso le vele di mezzana!
- Terra in vista! Ci
schianteremo!
- L’Olandese
ce la farà!
- Nooo!
Un urto
gigantesco fece abbattere l’imponente imbarcazione sul basso
fondale, ondate spumeggianti alte diversi metri continuavano a
scagliarsi sulle sue fiancate, riversandosi sulla tolda e minacciando i
suoi occupanti di essere spazzati via. L’acqua turbinava sui
pirati dalle nubi e dal mare, avvolgeva la nave e la faceva
beccheggiare avanti e indietro, in corrispondenza
dell’alzarsi o dell’abbassarsi della marea.
Dopo quasi
un’altra ora il diluvio andò scemando, le onde si
ritirarono e la chiglia strisciò sulla riva sabbiosa,
bloccando definitivamente il moto del veliero.
Elizabeth, avvertita
la fine del temporale, si affrettò ad uscire dalla cabina.
Ancora frastornata, aveva un’unica certezza: la nave era per
lo meno riuscita ad evitare di essere inghiottita
dall’oceano. Lo confermarono le urla di gioia sconfinata
della ciurma che riempirono poco a poco anche i corridoi di
sottocoperta con l’apparizione dei primi marinai, esausti ma
per lo più in buone condizioni. Li salutò e si
congratulò con loro, incamminandosi verso le scalette. Si
era accorta che stranamente, nonostante tutto quel rollio, non aveva
sofferto le nausee che l’avevano tormentata quando aspettava
Jim. Ripensando a lui fece marcia indietro e si diresse proprio dietro
la sua porta.
Will aveva avuto la
stessa idea e i due si incontrarono a metà strada: - Tutto a
posto? – si premurò di chiederle, comparendole
alle spalle. Lei si voltò, inspirando rincuorata
nell’appurare che stesse bene ed annuendo rapidamente: - Cosa
è successo?
- Abbiamo perso alcune
vele e ci siamo arenati, ma nulla d’irreparabile. Adesso
però dovremmo aspettare la marea per poter salpare
– le spiegò sorridendo anche lui, rassicurato
dall’averla ritrovata già in giro e con un buon
colorito. Poi si bloccò: - Billy Jim non è con te?
- È rimasto
nella sua cabina. Stavo giusto andando da lui –
asserì la donna, incedendo spedita. Giunti sulla soglia
entrambi batterono le nocche sulla porta e iniziarono a chiamarlo.
Dopo qualche secondo
sentirono girare la chiave: - Siamo approdati? –
domandò lui in un bofonchio stremato, facendo capolino da
uno spiraglio.
- Sei pallidissimo!
– notò allarmata sua madre, entrando di forza e
tastandolo.
- Ti credo. Ho
vomitato pure l’anima! – biascicò fiacco
il ragazzino, spostando col piede un secchio maleodorante, e
sgattaiolando dalle sue mani corse a spalancare
l’oblò – Che ore sono? –
s’informò respirando avidamente l’aria
frizzantina dalla piccola apertura.
-
All’incirca le quattro del pomeriggio – rispose
Will, chinandosi per riordinare alcuni gingilli sfuggiti agli scaffali
e ai ganci, riversi sul pavimento tra lenzuola e vestiti caduti
dall’armadio. Anche Elizabeth lo aiutò,
accorgendosi un po’ contrariata che il figlio aveva
dimenticato di chiudere a chiave gli stipetti.
Jim, non appena li
vide maneggiare le sue cose, gelosamente si lanciò a
raccoglierle personalmente: - Forse non sono poi tanto adatto alla vita
di mare. È inutile che insisto –
confidò scoraggiato a bassa voce, sollevando il catino e
apprestandosi a svuotarlo dall’oblò. Sua madre
finse di non sentire, ripiegando alcune camicie, intanto che Will gli
si avvicinava accorto: - È stata una bruttissima tempesta,
ma ci ha portato su di una bella isola – lo
confortò con una piccola pacca – Coraggio, andate
a farvi una passeggiata sulla spiaggia. Ti farà bene.
Il giovane pirata si
soffermò a scrutare il panorama. Il mare plumbeo era quasi
privo di increspature, le nuvole bianche si lasciavano trapassare da
qualche raggio dorato. Il vento era fresco ma non più umido
e la salsedine gli riempì i polmoni al punto che si
sentì rivitalizzato. Jim accettò di buon grado il
suggerimento del padre, precipitandosi fuori dalla stanza, richiamando
con un’occhiata la madre, ma lei gli fece cenno che lo
avrebbe seguito dopo. Così sospirò un sorriso
furbetto e si avviò da solo.
Quando l’eco
dei suoi passi non fu più udibile, Will smise di riporre
negli scaffali gli oggetti ruzzolati e fissò
l’attenzione sulla moglie, con uno sguardo particolarmente
eloquente e persuasivo. La donna, infatti, gli si avvicinò
all’istante e lo precedette nel parlare: - Non mi sentivo
pronta – sentenziò tutto d’un fiato
– Credo che dovremmo prepararci un discorso preciso per
Jimmy, e uno per gli uomini – disse apertamente, a
metà tra il sollievo e il dubbio, sedendosi sul lettino.
Il compagno le
accarezzò teneramente la testa: - Perdonami. Non volevo
forzarti.
Lei si alzò
di scatto e gli si mise di fronte, un’espressione
incontestabile: - No. Non è colpa tua. Dovevo essere
più chiara – attaccò gli occhi ai suoi
inspirando – Preferisco aspettare ancora un altro poco.
L’uomo emise
un risolino e la tirò a sé per la vita: - Mi
piace l’idea di condividere un segreto con te – le
sussurrò nell’orecchio, lasciandole un bacio
salmastro sul collo.
Elizabeth al contatto
con i suoi indumenti bagnati e freddi rabbrividì e lo spinse
leggermente indietro: - Però per favore: togliti questi
vestiti zuppi o ti prenderai un malanno.
Will
ridacchiò: - Va bene. Vi raggiungo fra un po’.
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Capitolo 10 *** Capitolo 9: Piovuta dal cielo ***
Salve cari
lettori! Eccovi un nuovo capitolo con un nuovo personaggio che
porterà un altro pò di scompiglio nella nostra
amata combriccola di pirati! Sono curiosissima di leggere i vostri
pareri! Si tratta del primo capitolo che ho abbozzato pensando di
scrivere un seguito de "La spada, il corvo e il mare"!
Ringrazio
in anticipo chi commenterà o chi si soffermerà
anche soltanto a leggere!
Alla
prossima!
Capitolo
9: Piovuta dal cielo
L’isola
in cui i pirati dell’Olandese Volante erano naufragati si
presentava come uno dei tanti paradisi ancora inviolati, tipici del Mar
dei Caraibi. Neppure quella specie di ciclone aveva sfigurato
eccessivamente la sua natura rigogliosa e incontaminata.
Il sole quasi
primaverile irradiava ogni singola foglia e filo d’erba di un
verde vivido asciugandole, e in breve l’aria si stava
surriscaldando riempiendosi del dolce profumo di fiori esotici.
I bucanieri
trafficavano come formiche esauste, caricando e scaricando dalla nave
sulla terraferma attrezzi per rinsaldare lo scafo, che
all’occasione avevano deciso di calafatare, e ancora velame
da rammendare e scorte di cibo da cucinare ed arrostire sulla spiaggia.
Jim ed Elizabeth
camminavano su e giù sulla sabbia bianca e finissima della
costa esaminando il loro lavoro, e il vice capitano di tanto in tanto
dava loro qualche consiglio o istruzione.
Jim, trascinandosi a
fatica dietro di lei, anche perché aveva ancora i crampi
allo stomaco, osservava la sua inesauribile grinta con un pizzico di
invidia e al contempo incredulità.
- Mamma, come fai tu
ad essere sempre in forma? – proruppe d’un tratto
con un mezzo broncio ad incupirgli il volto provato dal malessere.
La donna si
fermò e lo guardò divertita e lusingata: -
Veramente mi sento uno straccio – ammise schietta,
stringendosi nelle spalle e stirandosi addosso la giacca color amaranto.
Il figlio
roteò gli occhi: - Che dici? Sei bellissima. Come sempre.
Elizabeth socchiuse la
bocca, colpita da quel complimento, e gli si mise accanto prendendolo
sotto braccio: - Il mio pirata gentiluomo! –
mormorò compiaciuta. Il ragazzino non rifiutò di
fare qualche passo con lei, ma quando intercettò suo padre
se ne separò subito, imbarazzato.
- Sembra non esserci
nessuno qui. È disabitato – li
ragguagliò Will andandogli incontro insieme a tre marinai
che lo avevano accompagnato nella perlustrazione.
- Bene: allora io vado
a fare un giro – decise Jim, adocchiando la foresta tropicale
che si stendeva davanti a loro.
- Non ti addentrare
troppo o potresti rischiare di perderti! – gli
gridò dietro sua madre non appena le ebbe voltato le spalle
– E poi potresti incappare in qualche animale pericoloso! Jim!
Il figlio si
irrigidì, un po’ irritato: - Sì, mamma,
calma: rimarrò qui vicino – le gettò
una voce da lontano, accelerando l’andatura ma poi fu suo
padre ad ostacolargli la strada:
- Ricordati che fra due ore sarà buio – gli
rammentò benevolmente.
Jim annuì
allungando il collo verso la muraglia di alberi davanti a
sé. Will sbirciò dietro le spalle del figlio e,
non appena fu certo che nessuno li stesse guardando, soprattutto
Elizabeth, impegnata a discutere con Bill e Gilbert, infilò
la mano dentro la giubba blu e mostrò al ragazzino una
piccola rivoltella, finemente intarsiata d’argento: - Tieni.
Puoi usarla se mai dovessi incappare in qualche animale pericoloso
– gli intimò con cipiglio serio ma sotto sotto
complice.
A Jim luccicarono gli
occhi mentre se la rigirava tra le mani, palpitante per la gioia e
l’emozione: - Grazie, papà! È davvero
…
Il genitore gli
premette una mano sulla bocca: - Shh! Non farla vedere a tua madre
– gli raccomandò non cessando di spiare attento la
moglie, qualche metro più indietro – Ci sono
quattro colpi.
Il ragazzino mosse su
e giù la testa, per dimostrargli di aver capito, e con aria
da cospiratore, nascose la rivoltella nel cinto dei pantaloni e sotto
la giacca: -D’accordo, capitano! A dopo! – si
congedò strisciando via con aria indifferente.
Will tornò
dai suoi, sfoggiando la stessa flemma, ma pregando dentro di
sé di non doversi pentire per quella concessione.
-
“Ma che
schianto la vita del bucaniere! Bello uguale non
c’è nessun altro mestiere!”
– canticchiava il giovane Turner marciando, raggiante per
quella nuova esperienza in quella giungla di piante dalle foglie grandi
e larghe, intricata di alberi con le radici nodose che fuoriuscivano
dal terreno erboso e risalivano sui tronchi.
- Altro che bestiacce,
qui c’è solo tanta noiosissima, stupidissima
erbaccia! Nemmeno un serpentello! – cominciò a
lamentarsi, scalciando le liane che ostruivano il passaggio. Per
riempire il silenzio costellato solo dai ronzii degli insetti e dal
cinguettio di alcuni uccelli, riprese a cantare quel motivetto imparato
a bordo, districandosi tra i cespugli: - “La luna e le stelle sulla nostra
testa, il sole brilla prima della tempesta!”
… Ahi! – inciampò in una radice,
distratto da alcuni fiori dai colori sgargianti e dall’odore
penetrante.
Si rialzò
scrollandosi di dosso la terra umidiccia dai vestiti: – Ora
capisco perché questo posto è disabitato
– sbottò deluso, scegliendo accuratamente un
sentiero meno ricoperto dalla fluente vegetazione.
– “E se un altro bottino avremmo
predato, ogni nostro desiderio sarà appagato! Lo spenderemo
tutto quanto a terra, poi riprenderemo la nostra guerra!”.
Tra le fronde
s’insinuò un fruscio, come se qualcuno stesse
procedendo con difficoltà, tentando di uscire fuori da
quella selva verdeggiante. Jim iniziò ad avere la netta
sensazione di essere osservato e immediatamente impugnò la
pistola, arretrando e gettando occhiate furtive tutto intorno: - Chi va
là? C’è qualcuno? Ti avverto che sono
armato! – tartagliò in falsetto.
Gli sembrò
di sentire dei gemiti e dei sussurri indistinti, farsi sempre
più vicini. Sguainò anche lo spadino e
avanzò guardingo, sforzandosi di restare lucido: - Bada a
te! Ho già ucciso una volta! – tentò di
intimorire il possibile aggressore. “Era un pesce appena pescato,
però”, pensò, rendendosi
conto di essere alquanto inerme, ma al tempo stesso facendosi coraggio:
prima o poi avrebbe dovuto affrontare anche quella cruda prova, se
voleva crescere.
I ramoscelli
stormivano, come mossi da qualcuno, ne vide uno piegarsi in avanti
proprio a mezzo metro da lui.
La paura o il senso di
sopravvivenza lo vinsero e, senza volerlo, gli partì un
colpo.
Jim scorse un tonfo
tra le frasche e avvertì un flebile lamento. Contro ogni
buon proposito di fuggire, la sua curiosità lo spinse ad
avvicinarsi, senza rinfoderare spada e pistola. Con la lama
spezzò cautamente alcuni tronchi dai rami frondosi. Quando
la luce che filtrava dalle cime degli alberi gli restituì la
figura della sua vittima restò impalato.
Per prima cosa fu
attratto da una cascata di ricci dello stesso colore del cielo al
tramonto, un misto di biondo e rossiccio, lunghissimi e bagnati; poi
capì che si trattava di una fanciulla. Questa
sollevò di poco la testa e la sua chioma rugiadosa e
brillante si distribuì in ciocche che le ricaddero sulla
schiena e sul davanti, coprendole in parte il viso in cui spiccavano
degli occhi grandi, luminosi e azzurrissimi. Jim credette di non aver
visto mai occhi di quella tonalità, perfino più
intensa degli zaffiri, paragonabile solo al mare aperto in un giorno di
sole. Occupavano quasi metà del suo viso di porcellana a
forma di pesca, con un nasino all’insù e delle
labbra a cuoricino rosa come l’alba. La sua carnagione invece
era talmente nivea da sembrare trasparente.
Sentì le
orecchie pulsare come se il cuore gli fosse finito nel cervello, e una
forte morsa allo stomaco gli contorceva il respiro, improvvisamente
irregolare.
Pensò che
fosse l’immagine più bella su cui si fosse mai
posata la sua vista. Pensò che fosse una visione, che stesse
vagheggiando e che se avesse chiuso le palpebre sarebbe svanita. Le
chiuse e le riaprì, ma lei c’era ancora.
Si era alzata
debolmente sui gomiti e lo fissava con aria supplice e interessata,
come se anche lei fosse la prima volta che incontrava qualcuno di
così insolito. Ripose le armi e si abbassò sulle
ginocchia. La ragazzina si sedette arretrando e si toccò la
clavicola sinistra ferita dal proiettile.
Jim notò
che fortunatamente non doveva averle trapassato la carne, ma subito
dopo i suoi occhi indugiarono sul corpo minuto e al tempo stesso
sinuoso della giovane, che adesso non capiva più se fosse
una donna piuttosto che una coetanea come aveva pensato in un primo
momento. Era fasciata da una lunga veste fatta di perle bianche e
lucenti, legate fra loro da sottilissimi fili dorati a formare una
maglia dalla tramatura larga che scendeva dalle spalle e copriva ben
poco la sua pelle.
Si rese conto di avere
le guance in fiamme e la bocca aperta come uno sciocco, e si
riportò in piedi, distogliendo lo sguardo: - Stai bene.
Bene, io devo andare – farfugliò confuso mettendo
una gamba dietro l’altra, ma non riuscendo a correre veloce
come avrebbe voluto.
- No! Portami con te,
ti prego – parlò la sconosciuta, con voce acuta ma
straordinariamente dolce e melodiosa.
Jim tornò
indietro e si sforzò di essere distaccato: - Sono un pirata,
non posso – ma quegli occhi di lei, così
melliflui, spaventati e sinceri continuavano a provocargli un
inspiegabile calore alla faccia e un formicolio altrettanto insistente
alla pancia.
L’affascinante
fanciulla arricciò le piccole labbra: -
Cos’è un pirata? Uno che va in giro a sparare le
… persone?
Il giovane Turner si
vergognò, ma tentò ancora le maniere rudi: - No.
Un pirata è uno spirito libero che non vuole pensieri
– asserì strafottente voltandosi.
Lei lo
provocò di nuovo con tono languido: - Credevo che tu avessi
un cuore buono.
Jim si diede per vinto
e sbuffando riportò i passi e il viso sulla ragazzina: - Sei
scappata? – le domandò con espressione amichevole;
la biondina annuì: - E non posso tornare indietro. Portami
con te.
Parlava con un filo di
voce e scandiva lentamente le parole, come se fosse preoccupata di non
essere capita. Ma Jim non riuscì a riconoscere alcuna
sfumatura nel suo accento, all’apparenza non inglese: - Io
non posso aiutarti. Il codice parla chiaro: niente donne a bordo
– le spiegò dispiaciuto e gentile, sillabando la
frase.
A quel punto la
sconosciuta saltò in piedi: - Io non sono una donna!
– proclamò stridula e indignata, inducendo il
giovane pirata a fissarla perplesso. Accorgendosi della sua reazione
tentennante gli inviò un incantevole sorriso e
raddolcì il tono: - Mi chiamo Amaryllis.
Jim non fu sicuro di
aver colto il nome, ma prontamente le rivelò il suo: - Billy
Jim Turner.
La misteriosa ragazza,
senza chiedergli nulla, gli andò incontro e si
appoggiò al suo braccio, stentando a reggersi sulle sue
gambe, e lui fu sorpreso e imbarazzato quando i loro capelli si
sfiorarono e le sue narici si riempirono del suo intenso profumo di
fresca brezza marina. Non sapeva da dove venisse, né come
fosse arrivata lì, né perché gli altri
non l’avessero incontrata, ma fu invaso dallo stringente
desiderio di aiutarla.
- Forse riesco a
convincere il capitano a fare un’eccezione – le
confidò fiducioso, sorreggendola premurosamente per condurla
verso la spiaggia.
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Capitolo 11 *** Capitolo 10: L’ospite misteriosa ***
Salve a
tutti! Innanzitutto mi spiace di avervi fatto attendere così
tanti giorni per un nuovo capitolo e ringrazio tutti coloro che hanno
letto e leggeranno, oltre alla mia più affezionata lettrice
stellysisley.
Devo
ringraziare pure chi ha inserito questa ff tra i preferiti ossia
sarachan93, mente fatih89 ha messo tra i preferiti "La spada, il corvo,
il mare", insieme a fede1996, _Chiara e Koochi_ e poi T J
Potter che ha inserito la stessa fanfiction tra le ricordate, e ancora
Vodia che l'ha messa tra le seguite.
Grazie
a tutte, mi piacerebbe conoscere i vostri pareri, se vorrete. Intanto
auguro a tutti buona lettura, senza anticipare troppo!
A
presto!
Capitolo
10: L’ospite misteriosa
Dopo che
il fragore di un colpo di pistola era riecheggiato nell’aria
tiepida e sonnolenta del pomeriggio, i pirati, ancora affaccendati
sulla riva, erano stati percorsi da un’ondata di agitazione.
Temevano l’arrivo di soldati che non avevano avvistato o la
comparsa di indigeni bellicosi perfettamente mimetizzati nella giungla
che avevano battuto in lungo e in largo senza risultato non meno di
mezzora prima.
Will, di contro, aveva
subito sospettato che a sparare potesse essere stato suo figlio e si
era maledetto per la leggerezza e la buona fede con cui gli aveva
ceduto quell’arma da fuoco. Il suo maggiore timore, mentre si
faceva largo tra le fronde di quella fitta giungla per cercarlo, era
che potesse essersi ferito inavvertitamente. Corse talmente veloce da
trascurare le domande che tutti gli altri gli avevano scagliato addosso
dopo lo spavento e il disorientamento dei primi minuti.
Correva tra gli alberi
col fiatone e, prima che se lo aspettasse, lo avvistò: Jim
avanzava verso di lui con un’espressione indistinta che non
fece che accentuare la sua apprensione, nonostante poté
subito constatare che non si fosse fatto alcun male.
- Jim! E che diavolo!
Anche se ti ho dato una pistola, non significava che dovevi usarla per
forza! – esplose involontariamente, con una rabbia dettata
dell’ansia che l’aveva attanagliato.
Il ragazzino si
sentì un nodo in gola ma alzò ugualmente la voce:
- Per favore, papà! Non ti ci mettere pure tu! –
lo pregò nervoso, guardandosi fugacemente alle spalle. Poi
ammutolì cominciando a storcere i piedi e ruotarli sul
terreno, abbassando la fronte.
Il capitano in quegli
anni aveva imparato a distinguere i gesti con cui il figlio marcava i
suoi stati d’animo, e sapeva che quando calcava la punta
degli stivali per terra di solito aveva qualche rivelazione spiacevole
da confessare.
- Ho combinato un
guaio … - sospirò infatti mortificato, qualche
secondo dopo.
- Un altro?
– tremò Will, cercando di bilanciare collera e
lucidità in previsione di una nuova paternale, ma poi
qualcuno comparve da dietro un albero affiancandosi a Jim e lui
restò irretito dalle sue fattezze ammalianti.
Non capiva se quella
che aveva davanti fosse poco più che una bambina o una
giovane donna che conservava dei tratti infantili. I suoi lineamenti
delicati, i suoi occhi cristallini e il suo sorriso spontaneo emanavano
al contempo una smisurata dolcezza e seduzione, tanto più
che le sue morbide forme seminude erano puntellate da centinaia di
perline splendenti.
- Chi è
lei? – bisbigliò intontito all’indirizzo
di Jim, vergognandosi un po’ di non riuscire a staccare gli
occhi dalla fanciulla che lo scrutava con una radiosità
sempre più accesa. Mentre il ragazzino tentennò
nel rispondergli, si appressarono altre voci che lo richiamavano e
smuovevano e falciavano rami e foglie. Nell’istante in cui il
gruppetto composto da due uomini con i fucili alla mano e da
un’Elizabeth trafelata con la pistola in pugno,
sbucò nel punto in cui loro si erano incontrati, Amaryllis
volò a nascondersi dietro Jim, per poi strisciare tra il
fogliame più alto, agile e leggera come una farfalla.
La piratessa raccolse
il fiato: - Oh, Jim! Non sei ferito, vero? – si
accertò sospettosa.
- Perché
dovrei esserlo? – ribatté quello con un sorrisetto
tirato che innervosì Will, il quale gli lanciò
un’occhiataccia di rimprovero.
- Abbiamo sentito uno
sparo – dichiarò secca la donna, iniziando ad
accorgersi dell’intermittente e circospetto scambio di
sguardi tra figlio e marito e tra i due ed un cespuglio poco
più indietro.
- Uno sparo?
– temporeggiò ancora il giovane Turner,
guardandosi alle spalle. I genitori lo fissavano accigliati,
l’uno a braccia conserte e l’altra con le mani ai
fianchi, acuendo il suo titubante boccheggiare che non produceva alcuna
risposta udibile.
In quel momento si
sentì afferrare timidamente una mano e con la coda
dell’occhio riconobbe la ragazza misteriosa che era tornata a
palesarsi silenziosa, facendolo capitombolare dalla montagna di
fantasie in cui si stava inerpicando per dare una risposta
soddisfacente: - Hanno sparato a lei, ma io l’ho salvata
– si inventò sull’istante, pur capendo
che non aveva convinto suo padre e aveva fatto preoccupare ancora di
più sua madre, lasciando entrambi senza parole, al contrario
di Palifico e Jelly che avevano espresso i loro coloriti commenti.
- Li hai fatti
scappare? Sei un eroe, Jimmy!
- Eh, bravo! Hai fatto
conquiste!
I due filibustieri si
accostarono quindi alla giovane dai lunghi capelli, rimasta accucciata
alle sue spalle, rimirandola elettrizzati: - Caspita! Che gran pezzo di
fi …
- Era da sola?
– si decise a domandare Will – Hai detto che non
c’era nessuno – obiettò Elizabeth,
posando gli occhi ora su di lui ora sull’ignota e bellissima
fanciulla che ricambiava il suo sguardo con interesse, ma anche
visibilmente intimidita da tutte quelle attenzioni.
Quest’ultima
si sporse dal suo nascondiglio ed emise un debole gemito, sfiorandosi
con la punta delle dita la clavicola sinistra da cui sfociava un rivolo
di sangue che le ricadeva all’interno dell’ampia
scollatura.
- Ha bisogno di una
medicazione – affermò la signora Turner
avvicinandosi a lei – La porto da Gilbert – propose
invitandola a muoversi, ma quella indietreggiò, rifugiandosi
stavolta dietro un albero, due metri più lontano.
- Su, dai bellezza!
Vieni con noi! – la incitarono i due pirati, trascurando di
riporre le armi e puntandogliele contro, insieme alle loro espressioni
fameliche.
Elizabeth si frappose
fra loro e la sconosciuta: - Non lo capite? Così peggiorate
la situazione! – li ammonì, esasperata dalle loro
rozze maniere – Andate a farvi un giro! –
ordinò aspra.
- Date
un’occhiata qui intorno – intervenne Will,
sforzandosi di essere convincente – Vedete se trovate
qualcuno e riferite agli altri di cercare –
comandò rigido, senza risparmiare delle frecciatine a Jim,
facendogli capire di avere intuito come fossero andate realmente le
cose.
I due pirati, pur con
una certa riluttanza, si dileguarono con passi pesanti nel folto della
giungla.
Non appena restarono
soli, Will si rivolse con cautela alla fanciulla, di cui ancora non
conosceva il nome: - Chi ha cercato di ucciderti potrebbe tornare
– sostenne con grande delicatezza, tendendo una mano verso di
lei. La ragazza scrutò per un attimo Jim, poi
guardò a lungo i due adulti con circospezione, quindi li
sorpassò uscendo allo scoperto e facendo loro cenno di
guidarla fuori da quel labirinto di piante.
- Jim, tu e lei
camminate avanti mentre io e tua madre vi copriamo le spalle
– disse poi il capitano, sfoderando le sue armi.
Il ragazzino
obbedì e affiancò la giovinetta, sorreggendola di
tanto in tanto quando le sue gambe sottili sembravano vacillare.
- Ma capisce la nostra
lingua? Ti ha detto come si chiama? – domandò
Elizabeth dopo qualche metro, già in prossimità
del margine della macchia alberata.
- Amaryllis
– pronunciò lei con appena un alito di voce. Il
sole prossimo all’orizzonte la colpì in pieno
volto abbacinandola, così come la massa di persone sparse
sulla spiaggia.
Tra gli uomini
dell’Olandese Volante si levò un coro di commenti.
Se per i Turner ebbero parole zeppe di felicità,
poiché Jim era tornato tutto intero, alla bella trovatella
appuntarono una serie di epiteti che andavano
dall’apprezzamento galante a quello più becero,
secondo il temperamento di ciascuno.
La fanciulla era
combattuta tra la curiosità e la paura mentre procedeva tra
file di uomini diversi per statura, età, colore di pelle e
lineamenti, con le facce e le braccia ricoperte di cicatrici, lividi e
tatuaggi, gli abiti grezzi e dalle tinte scolorite. Tutti le tenevano
gli occhi addosso come assetati che avessero trovato una sorgente o
cechi che all’improvviso avessero riacquistato la vista.
Provava repulsione e attrazione verso di loro e non poteva fare a meno
di fissarli ad occhi sgranati, quasi imitando il loro stupore.
-
Dov’è Gilbert? – il tono impaziente e
grave di Will la distrasse dalle sue osservazioni.
- È tornato
a bordo, signore. Perché? – gli rispose un
marinaio, gli occhi verde scuro piantati sul volto e sul corpo candido
della ragazza.
- Portatela da lui
– ordinò Will ad Elizabeth e ad altri tre della
ciurma che si prepararono ad entrare su una scialuppa, spingendola
verso la battigia.
Amaryllis scrutava con
la palpitazione quelle manovre fra le onde tentando di sottrarsi alla
loro risacca che si infrangeva sulla sabbia. Nel secondo in cui
un’onda più alta sembrò arrivare dritta
a bagnarla si abbarbicò addosso a Will, svelta come una
lucertola che trova un ramo, e vi restò senza dare
l’impressione di voler scendere, seguendo con preoccupazione
i movimenti della spuma di mare e singhiozzando.
- Sembra che abbia
paura dell’acqua … – notò
sorpreso e lievemente disturbato Jim – Forse è
vittima di un naufragio – suppose Elizabeth con tono
noncurante, trattenendo l’irritante e inaspettato fastidio
che le aveva procurato vedere Will reggere tra le braccia
un’altra.
Tutti i presenti
mormorarono stupiti di fronte a quella scena, mentre il diretto
interessato si sentì suo malgrado in imbarazzo e turbato: -
A proposito … Io sono il Capitano William Turner –
le riferì sorridendo, tentando di smorzare il malumore e i
commenti inopportuni della ciurma.
Amaryllis
scostò la testa dall’incavo del suo collo e,
reggendosi soltanto con le gambe attorno alla sua vita, gli
accarezzò gli zigomi con tocco leggero: - Capitano?!
– esclamò con grande meraviglia, senza
però urlare, quindi si aggrappò alle sue braccia
robuste e gli lisciò i capelli corvini – Sei
… diverso – bisbigliò pianissimo,
fissandolo con quei suoi due spicchi di oceano in cui Will ebbe la
sensazione di sprofondare, come se cercasse in lui qualcosa che non le
tornava. Ma non appena ebbe soffiato queste due parole il suo corpo si
afflosciò, come lo stelo di un fiore troppo fragile esposto
al vento, e perse i sensi.
Jim ed Elizabeth
avevano assistito con la bocca spalancata, un senso
d’invadente gelosia che quasi corrodeva le loro budella e li
lasciava dubbiosi e impietriti, perché in fondo quella
giovane sconosciuta non appariva maliziosa nelle sue reazioni.
Will avanzò
nell’acqua bassa tenendola raccolta contro il suo petto e la
depose con cura all’interno della scialuppa, dove si risolse
a prendere posto anche la moglie, insieme a due rematori. Il capitano
si voltò poi verso gli altri uomini: - Dobbiamo controllare
se per caso c’è qualcun altro,
dall’altra parte dell’isola.
- Va bene –
si offrì Jim, ritornando sui suoi passi dopo essersi
approssimato anche lui alla barca, ma il padre gli parò una
mano davanti: - No, tu resti sull’Olandese con tua madre.
- Ma, papà
… volevo dirti … - protestò
opponendosi al suo rifiuto. Altri cinque pirati intanto controllarono i
colpi in canna preparandosi ad accompagnarlo: - Noi siamo pronti,
signore.
- State attenti
– raccomandò loro Elizabeth, facendo cenno al
figlio di seguirla e restando con gli occhi puntati verso il profilo
del marito che si stagliava sempre più lontano da loro.
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Capitolo 12 *** Capitolo 11: Una donna ***
Buon
pomeriggio, cari lettori! Anche se nessuno di voi si fa sentire
commentando (a parte la solita immancabile stellysisley!), so che mi
seguite e spero che continuerete a farlo! Con ciò non posso
negare che mi piacerebbe sapere cosa ne pensate della storia. Qui
vedremo la signora Turner alle prese con una rivale che pur sembrando
innocua ed ingenua sta minacciando la tranquillità degli
uomini di bordo...
Vi
premetto che capitan Jack tornerà nel prossimo capitolo!
Avrei voluto terminare la storia prima di vedere il nuovo film,
perchè so già che poi mi verranno altre idee sui
personaggi, ma non credo ci riuscirò! C'è ancora
tanto da scoprire e da farvi leggere!
Ringraziando
tutti coloro che seguono tra cui Gizzmo95, vi auguro buona lettura!
Capitolo
11: Una donna
Si era
rifugiato nell’unico posto che considerava davvero suo a
bordo di quell’enorme nave che ospitava una trentina di
uomini accomunati da un passato travagliato, un presente movimentato e
un futuro incerto. Da tre anni era diventato uno di loro, ne
condivideva lo stile di vita libero e trasgressivo, anche se con un
certo orgoglio continuava a pensare di agire sempre sotto la spinta
dell’onestà.
Jim stava al centro
del suo letto, trafugato mesi prima dalla cabina di un ammiraglio
spagnolo, con le gambe al petto e la testa fra le mani. Accanto a lui,
sul cuscino imbottito di piume d’oca e rivestito da una
federa di cotone, aveva poggiato la rivoltella prestatagli dal padre.
La riagguantò, la rimirò e con un impeto di bile
la gettò sotto la rete di legno di noce piantata nel
pavimento. Stava per uscire ma poi ritornò sui suoi passi:
si distese per terra su un fianco e la cercò tentoni. La
raccolse e la sistemò di nuovo in una tasca sotto la giacca
verde scuro. Voleva sbarazzarsene completamente.
- Stai
ferma: è una ferita da niente!
Gli occhi grigi di
Gilbert, contornati da due cespugliose sopracciglia brizzolate, si
alzarono dal tampone al volto della sua aiutante improvvisata: -
Signora Turner! Fate piano! Alla poveretta resteranno i segni!
La donna mortificata
ritrasse le unghie dalle braccia di Amaryllis che smise di fremere e di
stringere i denti, e la trafisse con le sue iridi acqua marina che
sembravano ribollire avversione e delusione.
- Mi …
dispiace – balbettò facendosi da parte con un
evidente rossore, pari a quello che aveva lasciato sulla pelle diafana
della ragazza.
- Non ti preoccupare,
piccola mia, stiamo finendo – la confortò intanto
il medico di bordo, fasciandole delicatamente la spalla sinistra con
una garza.
Elizabeth si
sentì nauseata e stranita dal tono particolarmente amorevole
adoperato dall’uomo che si approcciava a quella paziente come
fosse un bicchiere di cristallo, contrariamente a quando
c’era finita lei in infermeria. Sì, le aveva
mostrato un indiscutibile riguardo, ma non le aveva prestato le stesse
premure, e per di più quella ferita di striscio non era
niente di serio!
Mentre rifletteva su
quel diverso trattamento, si accorse di un insistente vocio fuori dalla
porta. Con andatura decisa la raggiunse e la spalancò
ritrovandosi dinanzi un gruppetto di pirati che tentavano di ricomporsi
assumendo espressioni innocenti e sbigottite. Li squadrò uno
per uno a bocca semiaperta: - Stavate sbirciando! Vergognatevi!
– urlò allibita incrinando la voce.
Il più
giovane del gruppo, Stevie, si grattò la fronte ricoperta da
una bandana arancione che tratteneva la lunga chioma castana: - Cercate
di capire, capitano: è una donna!
Elizabeth si
sentì presa in giro e provò inutilmente a
ribattere: - Non avrà nemmeno vent’anni!
- Già. Ma
è anche molto carina! – sostenne un altro di nome
Frank, col cipiglio di chi rivendica la bontà delle proprie
ragioni.
- Carina? –
si fece avanti un mulatto - È bella da mozzare il fiato! Una
vera meraviglia! – ammiccò accalorato, mimando con
le mani le sue curve e facendo la prova a gettare un’occhiata
all’interno della stanza.
Il vice capitano si
sentiva impotente e intimorita al cospetto della loro straripante
euforia e non sapeva cosa dire per tenerli a bada.
- Quelle perle devono
avere un valore inestimabile! – sbottò
l’unico che fino ad allora non aveva parlato, il taciturno e
opportunista Miguel.
La piratessa prese un
lungo e lento respiro e richiuse la porta dietro di lei: - Va bene.
Immagino che le farete la gentilezza di offrirle una cabina –
prospettò speranzosa, ancora un po’ atterrita da
quell’ondata di eccitazione che li aveva contagiati.
Stevie, che
già si era distinto come il più donnaiolo, si
batté un pugno sul petto: - Per una donna questo e altro!
– le assicurò con accento melodrammatico portando
via i compagni.
Elizabeth si
scoprì a considerare che quella Amaryllis stava davvero
iniziando a causare troppo subbuglio, e che forse non aveva tutti i
torti se stava cominciando a detestarla.
Nel frattempo Gilbert
uscì dall’infermeria e si fermò davanti
a lei, curvando la bocca e i baffetti brizzolati che la contornavano: -
Signora, la ragazza ha un po’ di temperatura, deve riposare
– la informò grave suscitandole un ingombrante
rimorso che le strinse l’aria in gola – Ma sta
bene! Le passerà – puntualizzò subito
il medico, cogliendo il cruccio che aveva alterato il volto della
donna, e così dicendo si allontanò fischiettando.
Elizabeth
sentì riaccendersi il malumore e, non appena vide comparire
Jim, lo afferrò per un braccio, portandolo davanti alla
porta della cabina: - Jim: Amaryllis sarà sotto la tua
protezione – gli impose drastica e irremovibile.
- Cosa?
Perché? – dissentì il figlio, volendo
sottrarsi alla sua vicinanza.
- Perché
l’hai trovata tu! – replicò la madre,
quasi accusandolo.
- Vorrei tanto che non
fosse successo – borbottò il ragazzino,
apprestandosi ad entrare.
- Lo vorrei
anch’io – lo spalleggiò la piratessa, e
infuriata imboccò le scalette che conducevano sopracoperta.
Si affacciò al parapetto respirando lentamente il vento
mite. Il sole sempre più basso proiettava la sagoma
spigolosa dell’Olandese Volante sulla spiaggia antistante la
fitta foresta vergine.
- Allora?
Rod, Lex, Anthony e
Dan si radunarono attorno a Will.
- Non
c’è proprio anima via, capitano –
affermò il primo.
- E a tutti gli
effetti non c’è nemmeno traccia di un naufragio
– aggiunse il secondo, tenendo ancora gli occhi appiccati
sull’orizzonte blu.
- È vero
– intervenne Anthony – Non abbiamo trovato niente
né sulla spiaggia, né sul mare –
confermò con certezza.
- La nave potrebbe
essere affondata del tutto, oppure l’ha trascinata via la
burrasca – ipotizzò svelto Dan, facendo per
voltarsi verso la giungla.
Il capitano
sbirciò ancora qualche secondo nel cannocchiale,
abbracciando il golfo sottostante il promontorio su cui si erano
inerpicati per avere una visione d’insieme del paesaggio.
Poi, rassegnato, ripose lo strumento nella cinta: - Ha ragione Lex.
Almeno i legni più leggeri avrebbero dovuto galleggiare per
qualche ora. Ed è quasi improbabile che la corrente non
abbia portato nulla a terra – concluse perentorio e
impensierito.
- Lo sparo, lo abbiamo
sentito tutti, però … - parlò di nuovo
Rod.
- È logico
che deve essere partito ad uno dei nostri, imbecille! – lo
rimbrottò Lex con uno scappellotto.
Will non
riuscì a sorridere perché ormai gli era tutto
chiaro, a parte da dove provenisse quella fanciulla. La ragione della
sua presenza in quel luogo disabitato era un vero dilemma.
- Dovete interrogare
la ragazza – constatarono infine i marinai, perplessi quanto
lui che annuì di riflesso: - Torniamo all’Olandese.
Amaryllis
mosse le lunghe ciglia dorate e sollevò le spalle, scorgendo
accanto a lei il primo essere umano che aveva incontrato dopo tanto
tempo.
- Ciao –
biascicò Jim, girando la sedia verso la sua branda e
lasciando cadere il suo diario.
La fissò
per qualche secondo, poi decise che era meglio parlare. Anche se non
sapeva scegliere un singolo argomento, infine preferì il
più semplice: - I capitani sono i miei genitori, forse
l’avrai capito, ma volevo dirtelo … Mio padre
è William e mia madre Elizabeth. Turner. Io mi chiamo
William James Weatherby, ma puoi chiamarmi Jim.
La ragazza taceva e lo
osservava con un lieve sorriso, trovandolo buffo.
Jim
ricominciò a sentirsi impacciato e con la faccia tutta rossa
e accaldata. Sperava che qualcuno lo tirasse fuori da quella stanza e
casualmente la porta si socchiuse.
- Come sta?
– domandò suo padre, di cui vedeva solo la
schiena.
Stava per aprire bocca
ma fu Gilbert a rispondergli dall'esterno: - Più che altro
è spaventata. La pallottola non ha fatto danni. Le ho
estratto qualche scheggia dal braccio. Ma avete scoperto chi le ha
sparato?
- Sei sicuro che non
fossero schegge di legno? – andò a chiedere
sfrontato direttamente al dottore, avvicinandosi all’uscio.
Il maturo filibustiere
si inviperì sdegnato: - Jimmy, ancora non sono rincoglionito!
Will
sfruttò l’ultima briciola di pazienza per scusarsi
al posto suo e lo mandò via, spingendo di più la
porta verso l’interno e non risparmiando occhiatacce di
rimprovero a Jim: - Devo farle delle domande –
affermò serio, accennando alla giovane.
Il ragazzino si
guardò i piedi staccandosi dall’uscio: -
Papà. Devo dirti una cosa, prima che … - il
genitore stette in silenzio con un’espressione scontenta,
osservandolo procedere e andandogli incontro. Il figlio
frugò nella giacca ed estrasse la pistola, porgendogliela
senza alzare gli occhi: - Ecco, sono stato io a sparare …
Il capitano nascose la
rivoltella in tasca: – Questo lo avevo capito, Jim. Non lo
dirò a tua madre, a meno che non ci arriverà da
sola. E non ti darò più una pistola, a meno che
non mi dimostrerai di meritarla – sentenziò ruvido
ma comprensivo.
Jim sospirò
ciondolando fuori dalla cabina e richiudendo la porta: - Grazie.
Will si
sistemò sullo sgabello accanto alla fanciulla che lo
scrutava da un po’ con un’aria molto affascinata.
- Mi dispiace per
quello che ti è successo. Anche se in realtà non
ne so poi tanto – mormorò passandosi una mano tra
i capelli e il collo, scacciando il dispiacere per quello che aveva
combinato il figlio – Me ne vorresti parlare?
Amaryllis, che si era
già messa seduta, tese le braccia verso di lui e guardandolo
intensamente in ogni suo particolare, gli lisciò piano le
mani grandi e calde, prendendole tra le sue, piccole e gelide: - Dove
state andando? – esalò lieve con la sua voce
cristallina.
Will si sottrasse con
garbo a quel contatto non voluto che gli procurava un forte disagio: -
Tu da dove vieni? Non c’era nessuno con te? Nessuno che ti
cerca?
La giovane
riportò le gambe sulla branda e vi si rannicchiò,
voltandosi e coprendosi con i lunghi capelli che, da asciutti, erano
diventati mossi e avevano acquisito un caldo color miele con sfumature
rosso fuoco: - Posso restare con voi? – lo implorò
dolce e ingenua.
L’uomo si
alzò, sottraendosi al suo volto così incantevole
ed esotico: - Noi … siamo pirati. Questa nave non
è un posto adatto ad una come te – le
rammentò inflessibile.
La fanciulla
però non si arrese: - Siete buoni. Non mi condannerete a
morire … su quest’isola – insistette
alzando di poco il tono, che restò comunque tenero e amabile
come i suoi begli occhi azzurri e profondi, che avevano un qualcosa di
ipnotico.
Will si
indispettì: - Qualcun altro lo ha fatto?
Bussarono alla porta:
- Capitano, si sta alzando la marea. Dovremmo approfittarne –
proclamò con una punta d’impazienza Sputafuoco
Bill, restando poi senza fiato alla vista dell’ospite.
- Preparate la nave
alla partenza – stabilì Will, composto ma turbato,
spostandosi subito accanto alla moglie che aveva intravisto sulla
soglia.
- E lei? –
domandò quella con malcelato malumore, accorgendosi che i
due erano rimasti soli.
- Viene con noi
– disse sveltamente il capitano, rivolgendo ad Amaryllis un
sorriso di benvenuto.
Elizabeth gli
pizzicò il braccio, fingendo di non averlo fatto di
proposito e lo tirò a sé in corridoio,
sforzandosi di non fare esplodere il suo tormento davanti a tutti.
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Capitolo 13 *** Capitolo 12: Confronti ***
Buonasera
miei cari lettori! Torno dopo un lungo silenzio con un capitolo che non
è il massimo della inventiva, e che non contiene molte
novità, ma soprattutto, il che mi rattrista un
pò, non include Jack, che però nel
prossimo ci sarà sicuramente!(promessa da pirata :)
Comunque
sia, qui ho cercato di approfondire il personaggio nuovo, ovvero
Amaryllis, e il rapporto che si sta piano piano creando tra lei e i
Turner: su Will c'è poco da dire, perciò
è messo da parte, mentre Elizabeth e Jim hanno entrambi
più difficoltà a trattare con lei.
Sono
curiosa delle vostre opinioni!
Ringrazio
chi ha messo la storia tra le seguite: ladyoscar13, Lione94,
pagnottella, pinkstar_girl95, Summerbest, T J Potter, tappetta, Vodia .
Chi
l'ha messa tra le preferite : LetySalvatore, sarachan93
E
infine Edwardina4ever che l'ha messa tra le storie da ricordare e
stellysisley che è sempre la più puntuale a
recensire.
Grazie
anche a chi si limita a leggere.
PS:
domani sera finalmente POTC 4!
Capitolo
12: Confronti
Jim si
era mollemente abbandonato con la parte superiore del corpo sulla
ringhiera di prua. Alcuni uomini di tanto in tanto gli si avvicinavano
per chiedergli di riportare aneddoti di quella giornata in cui si era
reso partecipe del salvataggio della bellissima fanciulla per la quale
l’equipaggio era ancora in visibile fermento.
Ma lui, a differenza
di altre occasioni, si era dimostrato piuttosto restio a raccontare.
Il mare era tornato ad
essere placido e soffiava nuovamente una piacevole brezza tiepida che
invogliava a restare all’aperto, ad osservare la magnifica
volta celeste arricchita da miliardi di stelle brillanti come diamanti
in quell’immensità oscura in cui gli occhi di un
giovane ragazzo, così come quelli di un esperto marinaio, si
perdevano in sogni fantastici e irraggiungibili.
Intorno il silenzio
assoluto, solo il rumore del mare e i cigolii della nave che ondeggiava
con dolcezza, quasi cullando i suoi passeggeri, quasi consapevole della
notte che è fatta per riposare. Ma che a lui, al contrario
portava solo angoscia in quel momento.
- La quiete dopo la
tempesta, si suole dire.
- Già
– rispose mogio a suo nonno, che era venuto a fargli
compagnia sul ponte deserto.
Sputafuoco Bill si
stupì di quel tono malinconico: - Jimmy, che
cos’è quel muso lungo? Dovresti essere felice di
essere diventato un eroe! – cercò di scuoterlo,
volendo capire il perché della sua scontentezza.
Il nipote
sospirò amareggiato, senza rialzare la testa: - Se solo
fosse vero …
Quando il
piccolo corteo di pirati si dissolse e tutti, uno dopo
l’altro, uscirono dalla cabina lasciando sorrisi di
repertorio e promesse di assoluta disponibilità nei suoi
riguardi, Amaryllis riportò la sua attenzione su di
Elizabeth che, alla buona, si adoperava tentando di raccomodare
quell’alloggio per renderlo accogliente alla loro momentanea
ospite. Gli uomini avevano sgombrato con efficienza quella stanza,
offrendo coperte e materassi fatti di stoffe, così che alla
giovane non toccasse di dormire su una scomoda branda.
Amaryllis continuava
ad esaminare ogni più piccolo oggetto, e la piratessa non
capiva se lo facesse per curiosità oppure perché
un po’ troppo sdegnosa dell’ambiente. In effetti il
suo aspetto delicato faceva pensare che non avesse mai faticato in vita
sua. E forse poteva essere di nobili origini, dato
l’incarnato così pallido e il pregio della sua
veste, in verità troppo scandalosa per una signorina
dell’alta società.
- È il
meglio che ho potuto fare – si giustificò la
piratessa offrendole una blusa marrone e dei pantaloni cenere che la
ragazza prese tra le braccia come fossero un macigno, portando gli
occhi smarriti verso la porta e facendo cadere per terra i vestiti.
- Tranquilla, nessuno
ti verrà a disturbare – le assicurò la
donna, mostrandole una chiave che introdusse lei stessa nella toppa,
premendo poi la maniglia per assicurarle che si chiudesse
perfettamente. Anche se, pensò, chiunque l’avesse
voluto sarebbe stato sicuramente capacissimo di scassinarla in pochi
minuti. Dopo tutto era una nave piena di ladri!
La biondina
studiò con cura quei gesti per poi ripeterli da sola,
girando e rigirando la chiave nella serratura, e aprendo e chiudendo la
porta, soddisfatta di riuscirci.
- Cosa ti è
successo? - la fece distrarre Elizabeth, prendendole il polso. Lei la
fissò fortemente impaurita da quel contatto improvviso al
che preferì non insistere per il momento, dato che sembrava
parecchio traumatizzata.
–
Bè, quando ti sentirai pronta a dircelo, noi ti ascolteremo
– le promise gentile, chinandosi a raccogliere gli abiti dal
pavimento. Glieli riconsegnò e si voltò per non
metterla in imbarazzo:
- Tu … non
parli molto … vero? – le domandò prima
che i suoi sbuffi e lamenti la convincessero a rivolgere lo sguardo di
nuovo su di lei.
Amaryllis aveva
rivoltato gli abiti senza indovinare il modo in cui indossarli: aveva
infilato le braccia nelle gambe dei pantaloni, mentre non sapeva cosa
fare con la camicia. Elizabeth la fissava turbata: dava
l’impressione di sconoscere molte cose, anche le
più semplici azioni quotidiane. Le si avvicinò
con cautela e, quando fu certa che quella lo volesse, la
aiutò a vestirsi, ma non riuscì a farle togliere
l’abito di perle e cercò di nasconderlo dentro la
casacca.
- Ti lascio sola
– si arrese, accingendosi ad aprire la porta.
- Tu sei la donna del
capitano? – proferì in un sussurro la ragazza,
dopo averla guardata a lungo e intensamente prima che la signora Turner
uscisse.
Elizabeth fu sorpresa
dall’udirla parlare e notò quanto il suo accento
fosse insolito e indecifrabile, oltre a quanto la sua voce fosse dolce:
- Sì, sono sua moglie e sono anche il suo vice –
le confermò fiera – E quando ti deciderai a dirci
chi sei e da dove vieni io ti ascolterò – le
promise con una punta di nervosismo a incrinare la sua
disponibilità, salutandola con un lieve cenno del capo.
Mentre tornava nella
sua cabina non si capacitava dello strano effetto che quella strana
fanciulla possedeva sulla ciurma: era indiscutibilmente di una bellezza
particolare, ma per il resto a lei era sembrata assolutamente anonima,
priva di carattere. O forse, era proprio per questa sua delicatezza che
li affascinava. Al contrario, gli uomini avevano visto nel suo essere
così indomita e battagliera una mascolinità che
gliela aveva fatta percepire come una di loro, e si erano quasi
dimenticati che fosse una donna anche lei.
Ad ogni modo,
più la osservava più nessuno poteva toglierle
dalla testa che quell’enigmatica Amaryllis nascondesse
qualcosa sotto la sua apparente dolcezza e semplicità.
Non
sapeva se fosse giusto disturbarla, era tardi, lei doveva essere stanca
ma quello che suo nonno e i suoi genitori gli avevano sempre
consigliato di fare era di seguire i suoi sentimenti, il suo istinto.
Si accertò che nessuno ronzasse davanti quella porta,
poggiò per terra la brocca e il bacile che aveva portato per
lei, e batté qualche colpetto con le nocche, tanto piano che
probabilmente non l’avrebbe sentito. Invece la chiave
girò e Amaryllis lo investì nuovamente con tutta
la sua raggiante femminilità, invitandolo ad entrare.
Jim, però,
restò in piedi senza chiudersi la porta alle spalle, come a
volerle far capire che non intendeva soffermarsi: - Ti posso chiedere
scusa? – mormorò impacciato, rendendosi conto che
la ragazza indossava dei vestiti che gli appartenevano, e che sua madre
doveva aver prelevato dalla sua stanza senza chiedergli il permesso.
- Ti ho spaventato
– dichiarò lei, con un lieve sorriso, planando
leggiadra sulla branda – Pure tu hai spaventato me con quel
… bang.
Il giovane Turner si
rabbuiò: - Lo sparo. Scusa. Non volevo, davvero –
disse tra i denti e abbassando gli occhi.
Amaryllis emise una
risatina imbarazzata: - Il mio inglese non è molto buono
– ammise con quello che parve sincero imbarazzo, incuriosendo
l’acerbo pirata.
- Perché,
da dove vieni tu?
La fanciulla perse
lentamente il sorriso e cominciò ad intrecciarsi i lunghi
capelli, distogliendo lo sguardo: - Voi, non ancora pronti per sapere
– sentenziò fugace, con un misto di dispiacere e
paura, che accese il desiderio di conoscere di Jim il quale,
però, preferì non costringerla a parlare: - Sono
riuscito a procurarti un po’ d’acqua – la
informò, tornando sull’uscio e sollevando una
brocca e un bacile, posandole sull’unico mobiletto della
cabina.
- È acqua
di mare? – saltò su Amaryllis, con
un’espressione che poteva sembrare sia allarmata che
disgustata.
Jim storse la bocca: -
È mescolata. Di acqua dolce ne abbiamo poca e preferiamo
risparmiarla per bere – le spiegò pazientemente,
versando un po’ del contenuto nella tinozza.
La ragazza
tastò appena con la punta delle dita il contenuto del
bacile: - Ah, tranquillo. Io bevo l’acqua di mare.
Il modo in cui la
biondina lo affermò insinuò nel ragazzino il
dubbio che non stesse scherzando lasciandolo basito: che avesse qualche
rotella fuori posto?
- Jim! La cena
è pronta! Vieni! – si sentì urlare
intanto dall’altro capo del corridoio e poco dopo Elizabeth e
un paio di filibustieri furono nella cabina dove si trovavano i due.
Il ragazzino
scattò su, salutando l’ospite, per fuggire le
ulteriori domande e battutine dei compagni di viaggio, mentre la
signora Turner giunse con un vassoio: - Amaryllis, ti ho portato
qualcosa, così non dovrai mischiarti con gli uomini
– asserì, facendo intendere ai pirati che
già si erano precipitati di uscire da lì. - Vai,
resto io con lei – promise poi a Jim, con
un’occhiata e un tono che lasciavano intuire le sue
intenzioni tutt’altro che amichevoli con la nuova passeggera
dell’Olandese, al punto che al figlio scappò un
eloquente e permaloso: - Resto io con lei … se vuole
…
Amaryllis
sollevò gli occhi e disse di sì con la testa e
alla piratessa non dispiacque che fosse il figlio ad occuparsi di lei:
- D’accordo, ti farò portare la tua razione
– acconsentì uscendo di nuovo, inducendo gli altri
pirati che stavano origliando a sparpagliarsi.
La fanciulla intanto
sollevò il tovagliolo dal piatto che sprigionò
del fumo ricco di aromi: - Cosa è?
A Jim bastò
un’annusata: - La solita zuppa di pesce.
- Non ha
detto una parola! Forse le sto antipatica! –
sbottò la signora Turner quando fu nell’alloggio
personale insieme al marito. – Non può affrontare
un viaggio così lungo. Non possiamo portarla con noi
– aggiunse, sfilandosi gli stivali e gettandoli via
furiosamente.
Will stava compilando
il diario di bordo, come ogni sera: - Ne sono consapevole. Ma ha
bisogno di aiuto. È solo una ragazzina. Hai pensato a
qualche soluzione?
La donna scosse la
testa: - Le nostre conoscenze non sono affidabili, ma dovremmo
lasciarla da qualche parte – sostenne, spazzolando
velocemente i capelli davanti ad uno specchio.
- Sì, hai
ragione. Sta portando troppo scompiglio tra gli uomini a bordo
– riconobbe il capitano, riponendo il diario in un cassetto e
avviandosi al letto dove Elizabeth stava già sistemandosi
sotto le coperte.
- Le ho prestato i
vestiti di Jim, così sarà meno appariscente,
spero.
- Dobbiamo prendere
una decisione al più presto – mormorò
quasi a se stesso Will, afferrando una cartina geografica dal comodino
e studiando le possibili mete sulla terraferma. - Ma l’hai
lasciata da sola? – le domandò poi preoccupato.
La donna
sbuffò, voltandosi su un fianco: - Credi che corra dei
rischi?
Il marito le
indirizzò uno sguardo accigliato di rimprovero: - Ti ricordi
della tua prima notte a bordo della Perla Nera, da sola?
Per Elizabeth quel
ricordo, seppure lontano, era ancora vivido: era molto giovane allora,
e quell’esperienza aveva radicalmente cambiato il suo modo di
considerare i pirati e il mondo. Aveva scoperto la paura della morte,
della violenza, dell’essere prigioniera tra sconosciuti. Le
salì su un magone riflettendo sul fatto che quelle stesse
sensazioni potevano aver toccato anche Amaryllis: -
C’è Jim con lei.
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Capitolo 14 *** Capitolo 13: Ancora tu! ***
Miei allegri
audaci marinai! Sono tornata! E dopo tanti capitoli dedicati ai Turner
ho deciso di regalarvi un capitolo pienamente Sparrow! Il nuovo film ci
ha fatto scoprire qualche dettaglio in più sulla squisita
personalità del nostro amato capitano e mi sta aiutando a
continuare la ff!
Volevo
precisare per i lettori nuovi una cosa imprtante: anche se il
personaggio femminile da me qui inserito può sembrare
caratterialmente molto simile ad Angelica, ne rivendico la
maternità perchè lei era già comparsa
nel prequel di questa storia ed io l'avevo stranamente immaginata
simile a come poi è apparsa la nuova protagonista della
saga. Perciò, ancora una volta, somiglianze non volute.
Passo
a ringraziare la puntuale e gentilissima stellysisley che ha lasciato
un commento al capitolo precedente, e la simpaticissma e felicemente
ritrovata emmawh che si sta recuperando tutti i capitoli non letti e mi
lascia di tanto in tanto qualche nuovo commentino. A parte loro il mio
grazie si estende a tutti coloro che seguono, leggono, hanno letto o
leggeranno sia questa che le mie precedenti storie.
Alla
prossima!
Capitolo
13: Ancora tu!
Gli
spruzzi di schiuma sferzavano il tagliamare color antracite della
Murena, sospinta dalla forte corrente che batteva quel tratto di mare
dei Caraibi.
- Terra in vista!
All’annuncio
della vedetta il capitano sobbalzò dalla sua branda,
afferrò svelta la casacca viola e la abbottonò
perché nascondesse le sue sinuose forme, infilandosi poi
anche una giacca nera dai nastri rossi e dorati. In pochi secondi il
suo primo ufficiale sarebbe entrato senza neppure bussare e non voleva
che la scoprisse a sonnecchiare in cabina di comando.
- Signora, siamo a
poco meno di dieci miglia dalla costa – comunicò
infatti il fido Josè, spalancando la porta e cercandola con
lo sguardo dietro i cumuli di oggetti, libri e mappe varie che
formavano colonne disordinate sul tavolo al centro della stanza.
Anamaria Jucard diede
una rapida occhiata all’esterno dalla vetrata che occupava la
parete di fondo: il mare era turchese e opaco come il cielo. Poi con un
cenno congedò il suo vice e uscì spedita
dall’alloggio, agguantando un cannocchiale. Una volta sul
ponte il caldo sole del tardo pomeriggio, unito al vento forte e secco,
le arroventarono le membra, assieme alle mille domande impazienti dei
suoi pirati che la soffocavano come sempre negli ultimi giorni.
Evitando momentaneamente di soddisfare le loro richieste, si
arrampicò agile come una gatta sulle sartie raggiungendo la
coffa di trinchetto. Osservando attraverso la lente avvistò
una striscia di terra sempre più vicina, una baia ampia con
delle alture verdeggianti ma una conformazione che non aveva nulla di
strategico.
- Brutti idioti! Dove
mi avete portato? – urlò irritata e amareggiata ai
suoi sottoposti, senza scendere dalla postazione, ma aggrappandosi come
fosse un rifugio.
- Abbiamo seguito
tutte le indicazioni alla lettera, senza eccezioni – si
difesero il timoniere e il primo ufficiale, sdegnati per essere stati
tacciati di insubordinazione. Anche gli altri pirati cominciarono a
spergiurare sulla loro innocenza e correttezza, blaterando contro di
lei.
Jay-Jay, un giovane
mozzo dalla pelle ambrata, le movenze felpate e lo sguardo appuntito,
nuovo ma valido acquisto del veliero, salì accanto a lei
chiedendole in un sussurro divertito e affabile: - Cosa
c’è che non va, Capitana?
La donna lo
fissò per alcuni secondi, in bilico tra la
volontà di omettere la sua preoccupazione di stare virando
dritta verso una trappola ben congegnata e la necessità di
condividere il suo presentimento con la finora fedele ciurma: -
Quest’isola ha una posizione troppo scoperta, e mi sembra
improprio che qualcuno l’abbia prescelta per accogliere una
masnada di filibustieri d’alto rango! – le
uscì di bocca infine, con tutta la sua scomoda ventata di
ansietà che imbrigliò anche gli animi dei marinai.
- Ma
c’è anche una nave! Guardate! –
strepitò un attimo dopo Jay-Jay, puntando il braccio davanti
a sé.
Anamaria, che aveva
già inforcato la scaletta di corda per scendere,
ruotò su se stessa reggendosi con un braccio: - Colori?
- Jolly Roger!
– sogghignò il ragazzino, alzando la voce
perché il messaggio arrivasse anche agli altri uomini.
Mentre i marinai si
rallegravano, la piratessa riattaccò il viso al cannocchiale
e provò un miscuglio di sensazioni, più che altro
sgradevoli: ancorato un centinaio di braccia più avanti
c’era un galeone con lo scafo e le vele nere.
- Ma
qualcuno verrà alla fine?
Il nostromo della
Perla Nera si sgualcì la faccia in un brontolio. Credeva di
avere ormai esaurito le scusanti più plausibili per quietare
la ciurma, approdata su quell’isolotto da quasi una settimana
e sempre più insofferente alla stagnazione forzata voluta
dal capitano. Girò le spalle a tutti e riprese a mangiare lo
stecco di carne affumicata con voracità e disperazione.
- Quando
diventerò capitano io, starò ben attento a
tenermi cara la ciurma e a non commettere simili errori –
promise saputo Ragetti, rimirando il grande vascello ormeggiato ad un
centinaio di metri dalla spiaggia.
- Che dici! Tu non
diventerai mai un capitano! – lo sbeffeggiò
immediatamente Pintel, sputacchiando del rum – Non ne hai il
crisma!
Mullroy smise di
rigirare la braciola sul fuoco, intromettendosi nella conversazione tra
i due compari: - Volevi dire carisma.
- Che? – si
voltò il pirata calvo e sovrappeso.
L’ex soldato
schiarì la voce: - Ragetti non ha carisma, non crisma –
gli spiegò con tono saccente, aprendo una disputa filosofico
- grammaticale.
Gibbs
trascinò i piedi sulla sabbia, lasciandosi alle spalle i
futili bisticci della ciurma e si sedette su uno scoglio che sporgeva
come un sedile a pochi metri dalla risacca del mare, indorato dai raggi
di un sole calante.
Jack Sparrow osservava
lo stesso scenario dalla vetrata della sua cabina, mentre il crescente
presagio di essere rimasto l’ultimo dei pirati insisteva a
volteggiare tra i suoi malinconici pensieri.
Forse non era stata
una buona idea quella di prendere un’iniziativa del genere
per primo.
Ma no!
L’aria chiusa gli faceva venire sempre idee astruse,
perciò risalì sopra coperta dove alcuni bucanieri
rassettavano assi e sartie, e la profumata brezza salmastra turbinava
tutto intorno facendo cigolare ganci e gomene.
- Capitano! Sta
arrivando qualcuno! – la voce eccitata di un anziano
scalpellino schiantò il clima sommesso che aleggiava a bordo.
Jack si
tastò in cerca del cannocchiale, ma l’aveva
dimenticato in cabina, così strinse appena gli occhi per
cercare di focalizzare la vista nel punto che quell’ometto
aveva appena indicato.
- Diamogli il
benvenuto! – fece luccicare i denti dorati, ammiccando ai
cannoni.
- Serrate
le vele, mollate le ancore e gettate gli ormeggi – stava
ordinando intanto ai suoi il capitano della Murena, quando lo scoppio
di una bordata si propagò fino ad essi.
- Quei bastardi ci
bombardano! – sputò il luogotenente, incitando gli
uomini a prendere le loro posizioni di combattimento e rispondere al
fuoco.
Ma Anamaria li
zittì e calmò il loro violento infervoramento: -
Vi siete rincretiniti! Stanno sparando a salve! – fece notare
loro allo spegnersi dell’eco degli ultimi innocui botti
– Preparatemi una scialuppa! Muovetevi, cialtroni!
Tre uomini la
accompagnarono remando di buona lena e una seconda barcaccia fu messa
in mare con altri sei uomini come scorta. Quando la loro imbarcazione
venne issata sulla Perla Nera i pirati sguainarono spade e pistole,
istigando i presenti a fare altrettanto.
- Non rovinatemi di
nuovo la nave! È stata appena aggiustata! – si
levo l’urlo stridulo di Jack Sparrow, che si gettò
in mezzo ai due schieramenti con tanto impeto da trovarsi, senza
accorgersene, ad un soffio da Anamaria.
- Quindi sei ancora tu
il capitano – assodò lei guardandolo in tralice e
facendo cenno ai suoi di riporre le armi.
Lui trillò
un orgoglioso sì e comandò ai suoi sottoposti di
farsi da parte, invitando la donna a fare qualche passo con lui:
– Come fai a gestire da sola una selvaggia ciurmaglia di soli
uomini? – le domandò sottovoce, lanciando
un’occhiataccia ai nerboruti marinai della Murena che
stanziavano sulla tolda con espressioni truci.
Anamaria sorrise
soddisfatta: - Potrei chiederti la stessa cosa. Vedi, loro mi
rispettano. E poi ho con me Josè – si interruppe
guizzando gli occhi sull’aitante mulatto a mezzo metro da
loro. - È un ottimo quartiermastro.
- Ah – fece
lo stralunato pirata grattandosi la guancia, con un atteggiamento che
poteva essere sia seccato che allusivo.
Alla piratessa non
sfuggì quella sottintesa accusa: - Cosa vorresti insinuare?
– lo punzecchiò, continuando a tenere la coda
dell’occhio sul suo luogotenente.
Jack mise le mani
avanti, scacciando il broncio che involontariamente gli si era dipinto
in faccia: - Nulla!
Anamaria
annuì con un mezzo sorriso: - E inoltre quando un marinaio
non mi va a genio, me ne libero subito. Non sempre la clemenza
è utile, sai.
A questo punto il
Capitano della Perla Nera faceva finta di non sentirla più,
mostrandosi particolarmente interessato al lavoro dei suoi sottoposti
sulle corde dei pennoni.
- Piuttosto,
perché mi fai queste domande? Hai bisogno di una lezione su
come si fa il capitano? – riprese a provocarlo beffardamente
lei.
Jack Sparrow
pensò con rassegnazione e stizza che tutti quelli a cui
aveva fatto qualche torto non si saziavano mai di rinfacciargli la loro
arrabbiatura, specialmente se erano donne. Si trattenne dal replicare e
cambiò discorso: - Siamo stati i primi ad arrivare, a quanto
pare – affermò muovendo e allargando le braccia a
sottolineare l’assenza di altri velieri.
Il capitano Jucard
apparve altera e sconcertata: - Questo è davvero il posto
scelto dalla Fratellanza?
Il pirata non comprese
il motivo della sua perplessità e sorrise inorgoglito:
– A chi verrebbe in mente, eh?
Anamaria
restò a bocca aperta mentre realizzava la ragione della sua
contentezza: - Sei stato tu ad organizzare tutto? – proruppe
facendosi scappare un grido sconfortato.
Jack non ne tenne
conto, perché nel frattempo era andato a prestare un braccio
a Gibbs che stava scavalcando il parapetto di tribordo.
- E comunque
anch’io ho un ottimo quartiermastro, per così dire
… Mastro Joshamee Gibbs! – proclamò
muovendo le dita verso l’uomo basso e tracagnotto come se
l’avesse fatto comparire dal nulla con una qualche magia.
La Jucard stette a
squadrare con sguardo dubbioso il marinaio anzianotto
dall’aspetto frastornato, che evidentemente non aveva capito
perché lo tirassero in ballo in quella discussione
cominciata senza di lui.
- Rammento Mastro
Gibbs. Non è neanche capace di duellare con la spada
– sentenziò la mora piratessa, dopo avergli
rivolto un cordiale segno di saluto.
Jack poggiò
una mano sul braccio dell’amico: - Ma ha una mira infallibile
col fucile.
Al che Anamaria
additò la pancetta e le guancie rotonde dell’uomo
di mare: - Non è esattamente agile e scattante.
Gibbs cominciava ad
offendersi per come lo stavano trattando, ma non trovò il
tempo di ribattere che Jack parlò di nuovo: - Ma questa
testuggine di mare sa molte più cose di me e mi
dà sempre gran begli utili consigli!
- Vi ringrazio,
capitano. Anche se non mi ascoltate mai, in verità
– borbottò Joshamee con un pizzico di risentimento.
Jack gli diede una
pacca sulla spalla: - Solo perché mi attizza di
più sfidare la sorte, compare.
Anamaria
reclamò l’attenzione dei due bucanieri: - Il
vostro legame è commovente, ma mi piacerebbe sapere
perché mai hai chiamato a raccolta i pirati nobili.
Il viso di Sparrow fu
sfiorato da una sinistra incrinatura che sparì dopo un
secondo, sostituito da un sorriso serafico: - Cara, dobbiamo aspettare
gli altri ospiti. Ma se vuoi puoi restare …
- Allora
andrò ad aspettarli sulla mia nave – si
licenziò stizzita la donna, venendo scortata dai fedeli
compagni.
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Capitolo 15 *** Capitolo 14: Tempo di decidere ***
Salve a tutti! Finalmente sono
riuscita a concludere un nuovo capitolo e posso farvelo leggere! Sono
curiosa dei vostri pareri,non vi anticipo nulla!
Intanto saluto Malika che ha
inserito tra i preferiti entrambe le ff La spada, il corvo, il mare,
Ashleyili95 che ha scelto True love come storia da ricordare, e black
ignorance che ha messo tra le seguite il primo capitolo della serie.
Insieme ad esse ringrazio tutte le persone che hanno la pazienza e la
gentilezza di leggere le mie storie; come sempre vi ricordo che sono
aperta a commenti e opinioni, pro o contro.
Un saluto speciale a stellysisley!
Alla prossima!^^
Capitolo
14: Tempo di decidere
- Questo qui mi hanno detto che è un dente di
squalo. Mentre questo, invece, è un dente di balena, ma non
c’è stato bisogno di incontrarne una: mi
è bastato tagliare un vecchio corsetto* di mia madre
…
Jim stava intrattenendo l’eterea ospite mostrandole i piccoli
tesori che aveva raccolto nella sua cabina in quegli ultimi anni di
viaggi per mare.
Amaryllis sembrava fortemente impressionata da quella collezione di
conchiglie, scheletri di pesci, stelle marine essiccate, ma anche gemme
e pietre, pezzi di corallo e monete che il ragazzino le
raccontò di aver trovato sott’acqua durante
qualche immersione nei fondali più bassi, oppure su qualche
spiaggia scavando nella sabbia.
- Ti piace molto il mare … anche se ti fa un poco paura
– lo interruppe la fanciulla, incollandogli addosso i suoi
grandi occhi acquosi, con uno sguardo penetrante ma indecifrabile che
lo mise in soggezione.
- È vero – ammise pianissimo lui, volgendole le
spalle e riponendo in un cofanetto un cavalluccio marino fossilizzato.
Su un altro scaffale fu attirato da due gusci di conchiglia
praticamente uguali, di forma quasi circolare e con delle striature
rosa perla, della grandezza di un palmo: - Queste qui, secondo Stevie,
le ha perse una sirena – ridacchiò posandosele sul
busto, come ad imitare un reggipetto. Rimase deluso perché
credeva che l’avrebbe fatta sorridere, invece sul volto della
ragazzina comparve una smorfia e abbassò lo sguardo.
Lui non ebbe il tempo di scusarsi che lei parlò di nuovo: -
Mi puoi chiamare Lilly, se vuoi.
Stavolta fu Jim a storcere la bocca: - Veramente già mia
madre si fa chiamare Lily, è troppo simile, capisci. E poi
Amaryllis è un nome così particolare …
Ma dove vai?! Ti sei offesa?
La giovane lo colse alla sprovvista correndo via e costringendolo ad
inseguirla, raccattando anche i vestiti che lasciava dietro di
sé.
Con la morente luce del tramonto Will si rese conto che aveva trascorso
due notti e due giorni ad origliare eventuali segnali di agitazione da
parte dalla ciurma. E, in verità, dopo essere andato a
dormire, si era anche alzato un paio di volte per verificare di persona
che nessuno stesse nuocendo alla giovane sconosciuta che aveva ritenuto
inevitabile prendere a bordo.
Tutto sembrava tranquillo, al punto che se ne era tornato nella sua
cabina per riflettere e riposare, ma un nuovo giorno stava finendo e
presto avrebbe dovuto indicare una rotta ben precisa ai suoi compagni
di viaggio. Confidava in qualche nuovo imprevisto che gli avrebbe dato
ancora del tempo per schiarirsi le idee e non fare mosse avventate.
C’erano talmente tante vite in gioco ogni qual volta compiva
una scelta. Quando rifletteva sulla sua posizione di capitano tutto
questo improvvisamente gli pesava: mai negli anni in cui viveva a Port
Royal aveva immaginato che un giorno avrebbe avuto tutta quella
responsabilità, lui, un semplice e umile apprendista nella
bottega di un fabbro che lo trattava come un servo, approfittando della
sua laboriosità e della sua lena per prendersi il merito dei
suoi lavori.
Nello stesso istante in cui posò gli occhi su colei che era
stata il motore di tutti quei cambiamenti, lei si svegliò e,
notando subito la sua espressione evidentemente accigliata, anche sul
suo volto si dipinse un alone scuro.
- Dobbiamo prendere una decisione al più presto –
si limitò a dirle, lasciando trasparire la sua apprensione.
Elizabeth notò che suo marito aveva le occhiaie e questo la
preoccupò ancora di più del suo accento aspro e
irritato. Tuttavia ciò non la dissuase
dall’avanzare la sua ardita proposta: - E a proposito di
decisioni. Dal momento che io mi sento molto bene, pensavo che avremmo
potuto rivedere la faccenda della chiamata …
La sua voce non aveva subito alterazioni mentre gli proponeva quella
soluzione così fuori da ogni sua previsione, al contrario
lui badò bene a ribadire il suo scetticismo e la sua
contrarietà: - Intendi dire rispondere? Ma non abbiamo
neppure indizi sufficienti a capire dove si svolgerà
… - obiettò rifugiandosi alla toletta, dietro il
paravento.
Elizabeth s’infastidì un po’ per la sua
sfuggevolezza e lo tallonò, trascinandosi addosso il
lenzuolo per evitare il brusco sbalzo di temperatura: - Il dove lo
sappiamo, invece! – asserì piantandoglisi alle
spalle.
Will gettò la spugna nella tinozza, girandosi a guardarla
perplesso: - E il quando?
- Credo che avverrà tra meno di una settimana, il primo
giorno di primavera – confermò la moglie, poi
aprì un cassettino della scrivania prelevando il fogliettino
recapitato a Jim, porgendoglielo: - Vedi? Se davvero ci fosse un nuovo
nemico dal quale dovremmo guardarci? Non sarebbe meglio saperlo per
tempo?
Il capitano Turner teneva il biglietto sotto il lume di una candela,
rileggendo le righe che sua moglie e suo primo ufficiale gli aveva
additato: - Non hai tutti i torti, però …
- Potrebbe essere una trappola, lo so – lo precedette lei
– Ma essendo noi pirati nobili non possiamo tirarci indietro.
Pensa al biasimo che ricadrebbe sul Capitano dell’Olandese
Volante – lo sfidò, facendo leva sul suo punto
debole, la lealtà alla parola data.
Gli si accoccolò sulle gambe avvolgendogli le braccia
attorno al petto. Will fece scorrere le mani sui suoi fianchi e sul suo
ventre, massaggiandolo delicatamente: - Signora Turner, approvo il
vostro ardore nel difendere la nostra reputazione, ma vi ricordo che
siete in dolce attesa.
Elizabeth increspò le labbra in un sorriso contrariato,
mentre sul volto del marito balenò un lume di
accondiscendenza.
Uno schiamazzo dai ponti superiori pose fine bruscamente alla loro
conversazione. Gli uomini strepitavano e alcuni di essi correvano per i
corridoi chiamandoli.
Will afferrò la spada e la pistola, intascò il
bigliettino e si gettò subito all’esterno.
Seguendo le voci animate dai suoi, giunse fin sopra coperta, dove
s’imbatté nella figura diafana di Amaryllis che,
arrampicata sul bompresso, era a stento distinguibile dalle barocche
decorazioni della nave. Si era spogliata degli scialbi vestiti da
marinaio e se ne stava in piedi sull’albero inclinato
apparendo come una scintillante polena, con la sua veste traforata di
perle e i lunghissimi capelli fulvi che svolazzavano nella corrente
come un vessillo.
I marinai la contemplavano senza muovere un muscolo, poiché
temevano che spaventandola potesse perdere improvvisamente quel
precario equilibrio e schiantarsi sul tagliamare del vascello.
- Amaryllis! Scendi, per favore! È pericoloso! –
la sgridava imperterrito e snervato Jim, perché gli pareva
di gridare al vento. Lo stesso Will decise di avvicinarla con molta
calma.
Nel frattempo anche Elizabeth era salita sulla tolda e non appena
realizzò quale fosse la situazione che li stava agitando, ne
credette responsabile la ciurma: - Le avete detto o fatto qualcosa?
A quel pungente rimprovero a nome di tutti si precipitò a
rispondere Palifico: - Capitano! Ma per chi ci ha presi?
- Per gli ignobili pirati che siete! – stridé
pizzicata la donna, facendoli, nonostante tutto, sghignazzare.
Poi le si accostò Jim: - È salita sopra coperta
ed è filata dritta lì sopra – le
confermò ancora trafelato, intanto che Will stava tentando
di riprenderla, adoperando la circospezione che si poteva usare con un
fringuello pronto a spiccare il volo.
L’albero del bompresso era stretto, unto dalla salsedine e
scricchiolante, perciò l’uomo dovette muoversi con
molta attenzione, cercando di non pesare troppo su
quell’usurato legno.
Quando le fu finalmente vicino, notò che la ragazza stava
osservando una coppia di delfini che saltavano e nuotavano ai lati
dello scafo. Fin lì non era poi tanto insolito, anche Jim i
primi tempi adorava osservare quei simpatici animali che seguivano
spesso le loro traversate. Ma la cosa che lo stranì fu
sentire la giovane provare a comunicare con quelle creature marine
attraverso un linguaggio misterioso, composto da una serie di versi e
parole sconosciute. Sentendosi sfiorare dalle sue dita Amaryllis gli
rivolse un sorriso angelico e gli tese una mano, permettendogli di
aiutarla a scendere: - Capitano. Tu non poi tanto diverso –
gli sussurrò allegramente, rimarcando la simpatia nei suoi
confronti ma non svelandogli esattamente il significato di
quell’enigmatica affermazione.
Jim, Elizabeth e il resto dei pirati erano in attesa di una spiegazione
per quella stramberia e non avevano ancora ripreso le loro mansioni: -
Voleva solo vedere meglio i delfini – dichiarò
secco Will, facendoli scemare e incrementando i loro dubbi
sull’effettiva salute della graziosa passeggera.
Sputafuoco, che dal primo momento in cui aveva messo piede
sull’Olandese, l’aveva tenuta d’occhio
con speciale attenzione, era il più sospettoso di tutti e
non credeva più ad una semplice instabilità
mentale della fanciulla.
Intanto Will si avviò alla cabina di comando pregando
Elizabeth e Jim di seguirlo. A loro si accodò, pur senza
invito, anche Amaryllis.
- Non dovevi occupartene tu, Jim? – esordì
contrariata la signora Turner, dopo che chiusero la porta.
La bizzarra sconosciuta si era messa a studiare e toccare qualunque
oggetto si trovasse nella stanza, in cui entrava per la prima volta
che. Jim si sentiva in impaccio a doverne parlare in sua presenza: -
Infatti ero con lei, ma è scappata –
borbottò indicandola quasi infastidito. Dall’altra
parte della cabina intanto suo padre cercava di sottrarre dalle mani
della curiosa ragazzina un calamaio e un compasso.
- Almeno hai scoperto qualcosa? – insistette ancora
Elizabeth.
Jim alzò gli occhi al cielo e prese sua madre in disparte
parlando sottovoce: - Tutto quello che so è che non
è inglese, non sa usare le posate e le piace bere
l’acqua di mare. Secondo me qualcuno l’ha
abbandonata su quell’isola ed è cresciuta come una
selvaggia. Ti ricordi il libro Robinson
Crusoe?·
La piratessa osservò per qualche secondo Amaryllis che
adesso stava svignando di nuovo fuori, rincorsa pazientemente da Will:
- Se fosse vissuta nella giungla, l’avremmo trovata sporca e
abbronzata, e di certo non avrebbe avuto addosso quel vestito
– gli fece notare e il figlio alla fine annuì,
interrogandosi ancora sulle sue origini.
Will intanto tornò dentro e tirò un sospiro: -
L’ho affidata a Gilbert, per il momento.
- Ma non può restare a bordo per sempre! –
protestò Jim – Cosa ne facciamo?
Suo padre si era seduto e aveva tirato fuori il famigerato bigliettino,
rimettendosi a consultare delle mappe: - Adesso dobbiamo pensare ad
arrivare in tempo al Consiglio – affermò,
sorprendendo entrambi per aver cambiato di colpo idea – E poi
non mi sembra che sia di peso – attestò con un
filo di ironia, tirando alcune righe con una squadretta.
- Sì, invece: non fa niente tutto il giorno! Ed è
mezza matta! – obiettò di nuovo il figlio, anche
la moglie stava per ribattere la sua opinione ma si zittì
sentendo il nome della località appena individuata dal
marito incrociando le informazioni in possesso: - Ma è Isla
Cruces!
- Cosa? – chiesero in coro gli altri due Turner,
appoggiandosi alle carte geografiche.
Non poteva più fingere di non sapere, forse avrebbe dovuto
dire tutto immediatamente, ma alcuni vecchi ricordi per lui restavano
piuttosto confusi e prima di destare inutili allarmi aveva preteso di
esserne completamente sicuro. Adesso assistere a quel salvataggio e
alle parole che lei aveva detto, rinforzò il suo pensiero.
Gilbert si era momentaneamente allontanato per cercare degli infusi di
erbe in cambusa, e lui aveva colto al volo l’occasione per
avvicinarla da sola.
Entrò con passi lenti, accostando la porta. Lei guardava il
mare arancione dall’oblò.
- Senti, carina, io lo so chi sei. Mi ricordo bene di te. Quali guai
porti, stavolta?
Amaryllis si girò completamente verso di lui, e, confusa,
sbatté un paio di volte le palpebre guardandolo con timore:
- Non capisco. Io non ti conosco.
L’uomo inchiodò le mani sulla parete per fare in
modo che non scappasse e cadenzò le parole, una per una: -
Sono William Turner, anche se da anni tutti mi chiamano Sputafuoco.
*Non
so quanti di voi lo sanno ma le stecche dei corsetti erano realizzate
con i fanoni, cioè i denti delle balene!
·
I film della saga sono ambientati intorno agli anni ’30 e
’40 del Settecento, il libro di Daniel Defoe fu pubblicato
nel 1719, perciò ho pensato che Jimmy possa averlo letto.
|
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Capitolo 16 *** Capitolo 15: Segreti in pericolo ***
Yo oh! Buon
giorno cari lettori! E' passato tanto tempo dall'ultimo aggiornamento,
ma finalmente sono riuscita a concludere un nuovo capitolo! Spero che
chi ha seguito questa storia continuerà a farlo ancora, e vi
preannuncio che il prossimo capitolo comincerà a far
ingranare definitivamente la storia, che per adesso, lo
ammetto, non è ancora entrata nel vivo.
Ringrazio
come sempre lettori presenti, passati e futuri e in particolare la
sempre presente stelly sisley; arialblack, LetySalvatore e BrIgHtStAry
che hanno messo La, spada, il corvo, il mare tra le storie da ricordare
e LaMiss che l'ha inserita tra le seguite; BrIgHtStAry che ha messo
anche questa ff tra le preferite.
Se vi
va fatemi sapere cosa ne pensate :)
Un
saluto a tutte!
Capitolo
15: Segreti in pericolo
Le iridi
cristalline di Amaryllis si assottigliarono per la meraviglia mentre le
sue labbra si dischiusero formando un cerchio perfetto: - Sono passati
così tanti anni? – chiese scossa e stupefatta - Il
tempo di voi mortali è un soffio per noi.
Sputafuoco Bill
annuì, accennando un sorriso intenerito e malinconico: -
Tuttavia mi avevi già dimenticato.
- Io pensavo che tu
avevi dimenticato me! O che continuavi a fingere perché
c’era tua moglie – si giustificò lei con
permalosità e al tempo stesso un velo di imbarazzo.
- Ti stavi solo
rivolgendo alla persona sbagliata – la scusò con
discrezione Bill – E poi non ho conosciuto molte donne.
- Io non sono una
donna! – si risentì fieramente Amaryllis, poi
però gli si fece più vicina guardandolo con
rinnovata dolcezza e prese il suo volto tra le mani, acquisendo poco a
poco consapevolezza del suo errore: - È vero. I tuoi occhi
erano di colore di cielo pulito. Non di terra bruciata –
realizzò disingannata, dandosi un colpetto sulla fronte.
– Il capitano è tuo figlio. Ti somiglia
così tanto – mormorò con evidente
ammirazione.
Bill si
discostò bruscamente, non abituato a quel tipo di contatto e
di considerazione: - Solo nelle cose buone, spero –
balbettò sfuggente.
Amaryllis gli
andò dietro, sfiorandogli la spalla: - Il suo cuore
è buono e gentile, come il tuo.
Il maturo pirata con
dispiacere e durezza la mise di fronte alla cruda realtà: -
Non sono più il ragazzo di belle speranze, convinto di voler
fare qualcosa di buono nella vita. Quello che non ha battuto ciglio
quando si è gettato addosso a quei cani nel mare in tempesta
per salvarti.
- Hai sofferto
– intuì lei in un piccolo singulto, lanciandogli
uno sguardo intriso di compassione.
Bill si
accartocciò ancora di più in se stesso: -
Così come mio figlio. Adesso lo vedi felice, ma ha passato
anni orribili. E non voglio che ciò si ripeta – la
ammonì tra la preghiera e la minaccia.
Amaryllis scosse piano
la testa, rammaricata di non poter esaudire il suo desiderio: - Tutti
noi dobbiamo inchinarci sotto la mano del destino. Hai detto agli altri
di me?
Sputafuoco si
ridestò dagli scenari poco raggianti che si era prefigurato:
- No. Ma dovrò farlo presto – asserì
risoluto e, ignorando la sua aria supplice, la prese per mano,
intenzionato a condurla dai capitani per svelargli la sua
identità.
Nello stesso istante
si sentì avvolgere da una fulminea stanchezza e la sua vista
si annebbiò. L’ultima cosa che scorse fu
l’immenso azzurro degli occhi dell’amica ritrovata:
- Mi dispiace tanto, William.
-
Spiegate le vele! La rotta la conoscete, ma state all’erta:
potremmo incontrare sorprese.
Con
quest’ordine e con quest’avvertimento il capitano
Turner concluse il suo discorso alla ciurma, avendo riferito loro la
deviazione prevista prima del programmato viaggio in Oriente.
- Avete visto mio
padre? – interrogò poi i marinai, scendendo dal
cassero di poppa e cercandolo tra di loro.
Dopo alcune risposte
negative a rispondergli fu Wyvern: - Mi ha confessato che è
stato lui a far partire per sbaglio quel colpo sull’isola,
mentre ripuliva la sua sputafuoco. Aveva ancora i nervi a fior di
pelle. Pensava che non ci fossero pallottole e non si era accorto che
Jim si fosse inoltrato nella foresta.
Will non
capì il perché di quella bugia tardiva: - Ti ha
detto così? E dov’è ora?
- Di sotto. Voleva
scusarsi con la ragazza – gli rispose di fretta quello,
tornando a sbrogliare le funi del velaccio.
Scendendo rapidamente
nella cabina adibita ad infermeria, Will ebbe un leggero capogiro: vi
trovò sia Elizabeth che Jim curvi sul pavimento insieme a
Gilbert. Tutti e tre osservavano Sputafuoco riverso a terra. Amaryllis
osservava la scena da lontano, seduta su un cassone con aria
indifferente.
- Che cosa
è successo? – sollecitò a mezza voce il
dottore, mettendosi anche lui carponi, mentre Jim si rialzò
lentamente andando accanto alla ragazzina.
- Non mi sembra nulla
di preoccupante. Deve aver avuto un mancamento – li
rassicurò intanto Gilbert, dopo aver attentamente esaminato
le pulsazioni dell’uomo, la regolarità del suo
respiro e la presenza di eventuali ferite. Infatti, rianimato
dall’odore di una boccetta d’aceto che quello gli
agitò davanti alla faccia, Bill gradualmente
sollevò le palpebre e cercò di alzarsi.
- Come stai, Bill?
– gli chiese con premura Elizabeth, invitandolo a rimanere
disteso.
- Il vecchio
Sputafuoco ha la pellaccia dura, non datevi pensiero – li
tranquillizzò di contro Gilbert, aiutandolo insieme a Will a
mettersi in piedi.
- Che ti è
successo? – tornò a domandargli impensierito il
figlio.
Il vecchio pirata si
guardò attorno, un po’ intontito dalle loro
attenzioni e dal fatto di non ricordare bene cosa fosse accaduto: - Non
lo so – confessò con franchezza.
- Vatti a sdraiare,
deve essere stato un colpo di calore – lo esortò
ancora il medico di bordo, rasserenando tutti col suo tono gioviale.
- No. È
l’età che avanza – Bill
confermò di stare bene con questa battuta, poi
incrociò il volto di Amaryllis e fu di nuovo confuso, come
se l’avesse vista per prima volta. Ma non indugiò
oltre e preferì tornare nella sua cuccetta, lasciando
comunque il tarlo del dubbio a turbare i pensieri di Will.
- Ti sei spaventata,
piccola? – si preoccupava intanto di confortare
l’ospite Gilbert.
- Starai nella mia
cabina, d’ora in poi – le si rivolse repentina
Elizabeth.
Will e Jim la
fissarono attoniti: - Quando lo hai deciso? –
indagò il marito.
La piratessa li
rimproverò, quasi ingelosita: - Credo che Amaryllis ne abbia
abbastanza di voi – poi alzò le spalle e
affermò con candore - In fondo siamo le uniche due donne
– asserì rivolgendosi con un sorriso complice alla
ragazzina, per poi aggiungere con tono più basso verso i
suoi familiari: - Così la potremo controllare meglio.
- Allora
papà dormirà con me? – volle sapere
Jim, non del tutto entusiasta per quella prospettiva, al pari di Will:
- Ne sei sicura, Lily? – aveva intuito che la moglie non
gradiva molto la presenza di quella sconosciuta, ma ella
annuì facendogli capire di voler provare a carpire qualcosa
in più sulla controversa fanciulla dalle sembianze di una
bambolina di porcellana senz’anima.
Dopo cena
Amaryllis ed Elizabeth restarono da sole nello stesso alloggio e per
qualche minuto si studiarono a vicenda. Erano trascorsi quattro giorni
dal loro primo incontro ma ancora non erano entrate in confidenza,
nonostante la piratessa inizialmente avesse pensato che la giovane
potesse avere bisogno di una figura femminile di riferimento in mezzo a
tutti quegli uomini rozzi e disonesti.
Forse lei non si era
comportata in maniera molto amichevole nei suoi confronti e questo
l’aveva tenuta distante. C’era qualcosa che non le
permetteva di sentirsi a suo agio e disponibile con lei, e non si
trattava solo di una latente gelosia. Era paura, paura che quella
diafana ragazza non fosse innocua come sembrava.
- Chi sei veramente,
tu? – la aggredì precipitosamente, togliendo la
spada dal cinto e lasciandola a mezz’aria,
all’altezza della sua faccia.
Amaryllis, che si era
adagiata su una sponda del letto, sollevò lentamente gli
occhi dalla lama al suo viso sfidandola con tono piatto: - Se te lo
dico, poi devo fare che lo dimentichi.
- Come hai fatto con
Bill? – la accusò Elizabeth, riducendo le distanze.
La biondina
chinò lo sguardo rispondendole in un bisbiglio: - Mi
dispiace.
La piratessa
infilzò con violenza la sciabola nelle assi del pavimento: -
Sei una strega?! – esclamò furente e indignata.
La fanciulla
nonostante quella sua veemenza, restò quasi impassibile: -
Sei coraggiosa se credi questo e affronti me sola – riconobbe
con sottile derisione, per poi diventare più severa: - Ma
non serve sempre che fai vedere altri di essere forte.
Elizabeth si
sentì pungere da mille spilli a quell’osservazione
importuna e impertinente: - Tu non sai niente di me –
sibilò a denti stretti, scattando a sfiorare
l’elsa della spada.
Amaryllis non si
lasciò intimorire dalle sue ripetute aggressioni verbali,
come se la compatisse o non la prendesse sul serio, continuando a
mostrarsi algida e serafica.
Arresasi alla sua
ostinata imperturbabilità, la piratessa lentamente le
voltò le spalle, cominciando a slacciarsi le cinture.
- Ci hai
già pensato al nome? – frusciò la sua
voce melliflua.
- Come, scusa?
– Elizabeth ricadde dai suoi pensieri, lasciando scivolare
per terra la giacca.
Amaryllis
posò gli occhi sulla sua pancia, senza nascondere la sua
intuizione: - Per la piccolina – proruppe candidamente.
La piratessa le si
rivolse titubante e arrabbiata: - Chi te lo ha detto?
Quella emise un
piccolo risolino e si gettò di schiena sul letto: - Nessuno.
Ho visto che la accarezzi spesso – confessò
sfiorandosi l’addome per imitarla, quindi si girò
sul fianco destro piantando il gomito sul giaciglio: - Gli uomini di
bordo non capiranno da soli, tranquilla. Loro troppo stupidi. Tuo amato
invece sa?
Elizabeth si
appropinquò piano al letto, sistemandosi sul suo lato: -
Certo – asserì decisa, ma ancora distratta e
impensierita.
- L’avevo
capito. Ti guarda in un modo … è molto bello
… Quello che c’è tra voi –
specificò essendosi attirata un’occhiata
possessiva da parte della donna. – E Jim, invece?
Elizabeth era
piuttosto sorpresa ed impreparata all’improvvisa
loquacità della ragazza, al punto che sentì venir
meno la sua spigliatezza e le rispose semplicemente dicendo di no con
la testa.
Amaryllis le sorrise
placidamente: - Non preoccuparti: so stare muta come pesce –
le promise facendole l’occhiolino e ridacchiando.
Tutt’un
tratto la maschera di cera di quell’insondabile sconosciuta
sembrava essersi dissolta, facendo posto ad una creatura allegra e
gentile.
La piratessa non
riuscì a sentirsi più in collera con lei, al
contrario fu a poco a poco in vena di lasciarsi andare a delle
confidenze.
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Capitolo 17 *** Capitolo 16: Pirati nobili ***
Salve a tutti! Ritorno,
ahimé, dopo un mese ma sempre speranzosa di trovarvi ancora
a bordo! Intanto ringrazio tutti i lettori passati, presenti e futuri,
chi mette questa e altre mie storie tra le seguite, le ricordate o le
preferite (tra le ultime _alicetta39_
e Martin Eden)
e vi auguro buona lettura, confidando di tornare presto e di trovare
nuovi commenti.
Capitolo
16: Pirati nobili
Quella mattina soffici nuvole bianche come cotone
macchiavano il cielo turchese, impedendo al caldo sole dei Caraibi di
risplendere con tutta la sua forza sul mare appena increspato da un
mite vento di maestrale.
L’Olandese Volante viaggiava da due giorni in acque
più tranquille e solitarie del solito, benché
avesse battuto rotte abitualmente attraversate da un gran numero di
vascelli.
La ciurma era impaziente di raggiungere la terra promessa,
l’Oriente opulento di traffici, ricchezze e sontuose navi
principesche da predare. Ma, intanto, la vedetta abbarbicata sul
trinchetto aveva annunciato il segnale di terra in vista già
poco prima dell’alba.
Isla Cruces distava ormai poche miglia e l’equipaggio era in
fermento, chiedendosi tutti cosa sarebbe accaduto una volta sbarcati su
quel piccolo territorio che era un po’ come il loro forziere
personale. Nessun altro veliero, tuttavia, era stato avvistato
all’orizzonte e le chiacchiere si moltiplicavano, tra dubbi e
sospetti.
Il capitano Turner e suo figlio erano l’uno di fianco
all’altro sul cassero di poppa, concentrati a scrutare la
distesa blu e la sagoma verdeggiante che si stagliava davanti a loro.
Non appena Elizabeth e Amaryllis fecero la loro comparsa sul ponte e
alcuni fra i pirati si esibirono in maldestre riverenze e svariati
cenni di saluto, tutti gli sguardi furono per loro due che in quei
pochi giorni sembrano essere diventate inseparabili, come due buone
amiche di vecchia data o come due sorelle.
Quel cambiamento aveva sbalordito tutti e, soprattutto Will e Jim che
non sapevano se essere contenti o preoccupati per Elizabeth,
inizialmente restia ad accogliere quella ragazza.
Il capitano, tenendo d’occhio la consorte, diede
l’ordine di circumnavigare l’isola per accertarsi
che non vi fosse approdato qualche altro vascello.
- Papà? Credi che esistano altri mostri al mondo, oltre a
quelli che hai già incontrato? –
mormorò timidamente nel frattempo Jim, guardando Amaryllis
ma badando a non farlo notare né a lei né a suo
padre.
Will increspò la fronte: - Se mi avessi posto questa domanda
quando avevo la tua età, ti avrei risposto che sono solo
fantasie … Ma dopo tutto quello che ho visto sono propenso a
credere che, sì, ci sono creature diverse da noi su questa
terra.
Jim, non staccando l’attenzione dal ponte dove Amaryllis si
muoveva leggiadra ed eccitata dal panorama, annuì
soprapensiero, al che il genitore aggiunse saggiamente e con un velo di
amarezza: - Però continuo a ritenere che sono gli uomini
quelli che devi più temere, perché sanno
ingannarti e ferirti più di chiunque altro.
Il ragazzino aguzzò l’espressione sollevando il
viso verso di lui: - Gli uomini? … Comprese le donne?
Will a quel punto si accorse che Jim aveva lanciato un ammiccamento
verso Amaryllis e s’insospettì: - Ma
perché hai preso questo argomento? – poi,
però, fu richiamato con urgenza da Palifico: - Capitano!
Vele in vista a dritta di babordo!
Tutti si fermarono col fiato sospeso mentre il capitano impugnava il
cannocchiale: - È la Perla Nera –
comunicò con sorpresa e inquietudine.
- C’è anche la Murena –
dichiarò Elizabeth, riponendo il suo monocolo e
avvicinandosi a lui con Amaryllis che la seguiva come la sua ombra e
tentava di appropriarsi di quell’affascinante oggetto per
vedere a distanza.
Calò un silenzio disseminato di mormorii. La situazione era
tanto insolita quanto, all’apparenza, tranquilla e,
soprattutto, era tutto vero: quelle due navi appartenevano a pirati
nobili e perciò doveva essere proprio lì che si
sarebbe svolta la tanto misteriosa riunione della Fratellanza.
- Vele all’imbando! Gettate le ancore! –
ordinò prontamente Will ai suoi.
Non ebbe il tempo di aprire bocca per far mettere anche una lancia in
acqua che Jim lo distrasse urlando concitato: - Guardate! Qualcuno sta
venendo a trovarci!
Ad ogni vogata gli occupanti dell’imbarcazione prendevano
volto rivelandosi per quelli che erano: delle ben note conoscenze dei
Turner.
Ma non tutti i pirati ebbero la stessa reazione
nell’identificarli: si divisero tra i saluti riguardosi e le
occhiate di sospetto. Il Capitano acconsentì comunque a
farli salire, pungolato dalla desiderio di conoscere la ragione della
loro presenza in quel luogo che considerava un po’ di sua
proprietà.
- Capitan Jack! Zio Josh! Che bello rivedervi! –
scalpitò con un gran sorriso Jim, travolgendo i due
bucanieri che avevano giusto messo piede sul ponte.
Gibbs non appena si liberò dall’abbraccio del
ragazzino restò qualche secondo a grattarsi la pancia e a
sistemarsi la fusciacca dei pantaloni, infine dilatò gli
occhi, ammirato: - Billy Jim? Quasi non ti riconoscevo! Capperi, quanto
sei cresciuto! Non è vero, Jack? –
cercò l’approvazione del compare dandogli una
gomitata, ma quello iniziava a sentirsi addosso
l’ostilità dell’equipaggio e non lo
assecondò affatto.
- Sì, sei un nano gigante – biascicò
distrattamente, ottenendo uno sbuffo di disapprovazione da parte di
Gibbs e una risatina stizzita da parte di Jim.
Quindi il capitano Sparrow, con il contegno di un ufficiale che
eseguisse un’ispezione sulla condizione della nave, fece
qualche passo muovendo gli occhi tutt’intorno e si
fermò alla base dell’albero maestro fissando la
bandiera nera che vi sventolava in cima: - Un teschio alato?
- L’ho suggerito io! –
s’inorgoglì il giovane Turner, balzandogli
accanto.
Lui lo squadrò sgualcendo le labbra con una smorfia di
sufficienza: – Che idea originale! Ci avrei scommesso le
treccine!
Elizabeth, che fino a quel momento era rimasta zitta come la maggior
parte della ciurma, stanca di essere ignorata e del suo atteggiamento
derisorio, scandì a voce alta ed imperiosa il suo nome: -
Jack!
Il pirata, stampandosi un sorriso affabile che gli fece spuntare delle
piccole rughe attorno agli occhi pesantemente bistrati,
dondolò con due falcate verso di lei: - Ben ritrovata, mia
cara. Il mare sa essere davvero ignobile con le donne, ma devo
riconoscere che tu sei fra quelle poche che restano sempre deliziose
– la adulò stringendola in un breve abbraccio
affettuoso – E hai preso qualche libbra?
Elizabeth, ancora sbigottita per quell’insinuazione e per la
bizzarra cordialità di Sparrow, si ritrasse da lui portando
istintivamente le mani alla pancia e quasi schiacciandola, sebbene
ancora il gonfiore non fosse evidente.
Will le si affiancò, poggiandole un braccio attorno alle
spalle: - Salve, Jack – lo salutò con distacco.
Di contro quello gli fece un mezzo inchino non privo di sarcasmo:
– Capitano. Ti trovo sciupato – ghignò
non ricevendo alcuna risposta stizzita e rimanendone un po’
stupito e deluso: - Che vi prende?
- Siamo solo sorpresi di trovarti qui – parlò con
suscettibilità Elizabeth.
Jim tirò Jack per una manica, sussurrandogli imbarazzato
all’orecchio: - Pensavano che avessi perso la Perla. Un
po’ in realtà lo pensavo anch’io.
Sparrow emise un verso di rancore fulminandoli tutti quanti e girando
sui tacchi come per andarsene, ma prima di muovere un passo
tornò vicino ai capitani: - Sorvolando questi stucchevoli
convenevoli … perché sguazzate in queste acque?
Will incrociò le braccia al petto facendosi altero: -
Quest’isola è nostra e tu lo sai bene.
Gli altri marinai dell’Olandese appoggiarono il loro capitano
con urla e incitamenti, scagliandosi contro i due pirati saliti a bordo.
Jack si grattò uno zigomo, fingendo di non essere per nulla
turbato da quel clima astioso e gli rispose in tono impertinente: - Non
hai un contratto di proprietà, perciò
quest’isola è solo un’isola come tante
altre. Trovati un’altra scusa.
Elizabeth intervenne rivendicando le ragioni del marito: - Sono anni
che Isla Cruces è il covo dell’Olandese Volante,
lo sai perfettamente.
Le accuse contro Sparrow si accavallarono mentre alcuni pirati avevano
sguainato le spade, intimandogli di scendere e preparando perfino la
passerella.
- Non è stata una buona idea –
tartagliò Gibbs indietreggiando verso la murata e facendosi
scudo con Jack che a sua volta si metteva dietro di lui.
Jim intervenne prima che la situazione precipitasse: - Ma veramente noi
siamo qui perché stiamo andando al Consiglio della
Fratellanza!
Dovette gridarlo più volte prima che lo sentissero, poi
finalmente i suoi riuscirono a sedare gli animi della ciurma e Jack,
rassicuratosi, riprese la parola: - Non ho bisogno che mi scortiate. E
la vostra presenza non è necessaria.
Will scosse la testa diffidando delle sue affermazioni, mentre sua
moglie si incaponì su quel punto che era come
un’offesa: - Sì, invece. Perché siamo
pirati nobili, come te.
Jack sembrò interdetto e irritato: - Se voi due siete pirati
nobili, io allora sono il papa – ridacchiò sempre
più contrariato.
Capitan Turner sorrise lievemente a quella battuta, poi divenne serio e
gli appoggiò con forza una mano sulla spalla: - Hai davanti
a te Willy il Corvo e Lily Sciabola.
Gibbs restò a bocca aperta: - Davvero? Complimenti! Si parla
molto di voi!
Jack invece era sospeso tra l’invidia e la soddisfazione,
perché non aveva visto male ad attrarre i Turner in quel
luogo, ma sapeva pure che coinvolgerli completamente in quella faccenda
avrebbe oscurato i suoi meriti. Pur essendo probabilmente
l’unica soluzione per vincere quella nuova battaglia che si
preparava a sconvolgere i sette mari.
- Dovevo immaginarmelo, anche se mi pareva assurdo. Se fossi rimasto a
fare il Caronte ci avresti evitato tutte queste scocciature!
– si limitò a bofonchiare, prima che le sue
pupille venissero incantate dal volto di una meravigliata Amaryllis e
il suo cuore avesse un sussulto.
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Capitolo 18 *** Capitolo 17: Il passato ritorna ***
Heilà! Come state? Io
ci sono ancora per poco, dato che il mese prossimo tornerò
all'università. Approfitto di questi ultimi giorni di
libertà per scrivere e pubblicare nuovi capitoli. Oggi tocca
a questa long fic (e presto aggiornerò anche quella nuova,
la Jackelica).
Metto le mani avanti
dichiarando che, nonostante c'è una grossa rivelazione,
quella che tutti aspettavate (tutti quelli che leggono, ovvio!) molti
punti sono lasciati in sospeso ma vi prometto che li
chiarirò successivamente uno per uno (perchè Jack
non sapeva che Will e Liz sono pirati nobili ad esempio, ed altre
cosucce che non posso dire per non spoilerare questo capitolo).
Concludo ringraziando
tutti coloro che mi seguono, i nuovi e vecchi lettori, e quelli che
mettono le mie storie tre le preferite, seguite o ricordate, e le due
donzelle che hanno lasciato un commento la volta scorsa (stelly sisley
e Martin Eden): grazie perché mi fate sentire che ci tenete
a sapere cosa mi inventerò e spero sempre di regalarvi un
pò di svago.
Alla prossima!)
Capitolo
17: Il passato ritorna
Quello a
cui non era ancora riuscito ad assuefarsi era avere la faccia
costantemente impiastricciata dalla salsedine.
Eppure il mare lo
amava in maniera quasi ossessiva.
Tirò fuori
dal taschino il suo fazzoletto di seta verde e asciugò
frettolosamente le goccioline che gli imperlavano la pelle. Il vento
era pregno di umidità e le nuvole che erano riapparse nel
pomeriggio lasciavano presentire che di lì a poco si sarebbe
scatenata un’altra tempesta.
Per questo mirava ad
attraccare quanto prima nella baia che si stendeva davanti a loro, per
mettere al sicuro la sua Barracuda.
- Capitan Taft! Siamo
in vista della costa! Dovremmo tirare giù la branchia!
– lo avvertì Eric il Guercio, il suo nostromo,
raggiungendolo sul castello di poppa.
Il filibustiere
fissò per qualche secondo la grande vela romboidale che
svettava ad un centinaio di metri dal ponte e le cui
estremità erano saldamente agganciate a degli argani che
consentivano di issarla o ammainarla. Quando quella sorta di gigante
aquilone raggiungeva la sua massima quota, riusciva a prendere le
correnti più forti che soffiavano a molte decine di metri
dalla superficie del mare, rendendo la sua nave la più
veloce degli oceani.
Oliver Taft andava
fiero di quell’invenzione che era nata per puro caso nella
sua mente il giorno in cui aveva osservato un suo foulard perdersi in
un turbine d’aria e scomparire nel cielo. In quel momento
aveva intuito che ad una maggiore altezza la forza del vento diventava
invincibile e subito dopo il suo cervello, sempre attento a studiare
ogni elemento della natura, aveva iniziato a progettare il modo di
sfruttare quel fenomeno per trarne vantaggio.
Ricordava ancora le
espressioni malfidenti dei suoi uomini quando aveva spiegato loro
l’ulteriore modifica che intendeva apportare alla struttura
del suo già singolare veliero, che era perfino in grado di
navigare per brevi tratti sott’acqua.
In verità
neppure lui era sicuro che quella temeraria fantasia funzionasse nella
pratica e aveva sottoposto il progetto a diversi tentativi che gli
avevano progressivamente alienato la fiducia della scettica e
tradizionalista ciurma.
Taft rispose con un
cenno affermativo alla richiesta del suo primo di bordo che ancora
attendeva al suo fianco, e con andatura flemmatica si diresse a prua
mentre i marinai giravano gli argani riavvolgendo quella che lui aveva
battezzato la branchia,
per una sua maniacale fissazione col mondo marino.
L’isola era
visibile anche senza l’ausilio di alcun cannocchiale e si
godette gli attimi precedenti lo sbarco, pregustando il discorso che
aveva preparato per convincere i colleghi che avrebbe incontrato a
passare dalla sua parte.
Amaryllis
superò la sua innata diffidenza per gli uomini e molto
lentamente camminò verso Jack, che non aveva perso uno dei
suoi movimenti e che quando l’ebbe di fronte si
lasciò sfuggire un innocuo ma quanto meno alterato: - Lei
chi è?
- L’abbiamo
trovata su un’isola a sud degli Stretti – stava
cominciando a raccontargli Will, ma la ragazza con uno scatto
afferrò il viso di Jack immergendosi nei suoi occhi con una
tale insistenza che gli fece quasi paura e lo portò a
lasciarsi scappare uno sconsolato: - Oh, mannaggia! – che
destò la curiosità dei presenti.
Con un sorrisetto
innocente il pirata iniziò un buffo tira e molla con le mani
della sconosciuta per allontanarla dalla sua faccia.
- Teaggie? No. Aspetta
un momento … Per mille cavallucci marini! Jackie!
– strepitò la giovane con un piccolo salto,
aggrappandoglisi al collo e spandendo la sua risata cristallina
– Ma il tuo cognome non era Teague? –
tornò a scrutarlo circospetta.
- Cosa? - Jack era
senza fiato e la ciurma rumoreggiava ma Amaryllis adesso era
insolitamente alterata e aveva assunto il cipiglio irremovibile di chi
non avesse alcuna intenzione di essere contraddetta o presa in giro: -
Tu sei il figlio di Edward Teague! Ma perché ti sei
mascherato? – esclamò scombussolata, sfiorando le
numerose treccine, perline e pendenti che rendevano il suo aspetto
molto diverso da come lo ricordava.
Il pirata, in preda
allo sgomento, continuava a temporeggiare: - Devi scambiarmi per
qualcun altro, carina – asserì cortesemente,
liberandosi finalmente dalle sue mani che lo tastavano indiscrete e
aggiustando gelosamente i ciondoli che quella stava cercando di
sottrargli.
La fanciulla scosse la
testa: - Sei il solito bugiardo. Ci conosciamo da più di
quarant’anni, se ho capito bene come contate voi …
Quanto sei invecchiato. Mi avevi giurato che avresti scoperto il
segreto dell’immortalità per restare con me per
sempre. Ma non lo hai fatto – constatò triste,
fissando il suo volto abbronzato e segnato dagli anni.
- Questo non
è vero. Ne ho scoperti due o tre modi, ma richiedevano tutti
un prezzo troppo caro – si difese prontamente Jack, celando
dietro un sorriso tirato le sensazioni contrastanti che si mescolavano
ai ricordi di quella sua prima innocente cotta infantile che,
oltretutto, non riguardava una semplice bambina.
Quelle frasi piene di
incognite agli altri sembravano la prova che i due non stessero troppo
bene con la testa o che nascondessero delle verità
incomprensibili.
Amaryllis appariva
ancora più pallida del solito: - Mi hai dimenticata
– schiuse le labbra con uno struggente bisbiglio.
Jim, colpito dalla
malinconia dell’amica, ad un certo punto si sentì
escluso e perse la pazienza: - Amaryllis non puoi conoscerlo da
quarant’anni! Quanti anni hai?
La biondina gli si
rivolse e abbassò il viso imbarazzata: - Molti
più di te, immagino. Non lo so di preciso, credo di essere
vicina al secondo millennio.
- È
impossibile – mormorò piano Elizabeth,
più per cercare di proteggerla dagli attacchi della ciurma
che rideva di lei, che perché non le credesse. Iniziava a
sospettare che finalmente la misteriosa ospite stesse rivelando la sua
identità e, anche se pure lei l’aveva sempre
voluta conoscere, si scansò intimorita.
Le ripetute occhiate
fulminanti della fanciulla che chiedeva il suo appoggio, convinsero
Jack ad ammettere rassegnato: - Questa adorabile fanciulla non sta
mentendo, perché lei è una nereide. Una ninfa
del mare.
I tre Turner ebbero
reazioni diverse.
Elizabeth turbata e
delusa spalancò la bocca: - Come Calypso?
Jim era emozionato di
trovarsi di fronte ad una creatura leggendaria, ma era anche un
po’ disorientato dalla spiegazione di Jack: - Come una
sirena? – chiese sbalordito, girandole attorno. Da qualche
giorno non aveva più creduto alla storia del naufragio.
Will, nonostante
tutto, continuava a prendere le affermazioni del bislacco bucaniere con
le pinze: - Basta scherzare. Chi sei veramente? –
interpellò spazientito direttamente la ragazza.
Amaryllis
ignorò la loro avversione e perplessità
mantenendo un tono e un atteggiamento di benevola comprensione: -
Perché voi umani non riuscite ad accettare che non siete gli
unici esseri senzienti di questo mondo?
Elizabeth
cercò in Jack la conferma di quanto quella andava affermando
e lui annuì con rara serietà, scusandosi con le
mani congiunte con la diretta interessata: - Gioia, lasciali stare,
loro sono pirati novelli, non hanno molta esperienza col mare.
Jim si
avvicinò alla diafana creatura guardandola con occhi
diversi: - Ma … le sirene non hanno la coda da pesce
… o le ali da uccello?
- Me lo sentivo che
stavi per proferire una sciocchezza – lo criticò
acido Sparrow.
La ninfa non si offese
molto, ma fece arrossire lo stesso il ragazzino: - Io non sono una
sirena. Loro gli uomini li mangiano, Jimmy. Pensavo lo sapessi.
Gli avventurieri non
avevano ancora assimilato quella rivelazione che Amaryllis decise di
approfittare del loro disorientamento per chiarire la ragione della sua
presenza: - Io sono venuta da voi per chiedere aiuto. A nome di tutte
le creature del mare e in virtù della nostra antica amicizia
con i pirati della Fratellanza. Avete infranto il nostro patto e ora ci
dovete rendere i vostri figli primogeniti. Oppure aiutarci a recuperare
l’Occhio dell’Oceano che qualcuno ha rubato dal suo
mistico scranno e che adesso usa per controllare il mare e le sue
creature!
Gli uomini si
scambiavano sguardi inquieti e perplessi, poi il capitano Turner
parlò con delicatezza: - Noi non riusciamo a capirti.
Lui ed Elizabeth
istintivamente si volsero a Gibbs, aspettandosi che intervenisse
sfoggiando la sua preziosa conoscenza delle leggende marinaresche, ma
perfino il nostromo sapeva ben poco di quei fatti e scosse la testa
mortificato.
Amaryllis era adirata
e un’ombra di risentimento percorse il suo volto solitamente
radioso, alterando a tal punto la sua espressione solitamente soave che
quando si udì il fragore di un tuono in lontananza
sembrò provenire da lei.
Tra la ciurma ci
furono urla di spavento e attorno a lei si formò il vuoto.
Jack
allargò le braccia e richiamò i colleghi alla
calma: - Sentite, gente perché adesso non sbarchiamo tutti
quanti a terra e torniamo a discutere della questione quando saranno
arrivati tutti gli altri?
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Capitolo 19 *** Capitolo 18: L’isola degli appestati ***
Ahoy! Piratesse e pirati, come
va? Posto, anche se un pò in ritardo, un capitolo in piena
atmosfera Halloween ^^! Ce l'ho pronto da un pò ma ieri non
ho avuto tempo di trascriverlo al computer. Volevo mettere molte
più cose, ma non mi andava di tagliarne altre,
così mi sono accorta che sarebbe venuto chilometrico, e l'ho
diviso in due. Ma almeno ho già pronto il prossimo e spero
di non farvi aspettare troppo la prossima volta!
Ringraziando tutti
coloro che seguono la storia e quelli che lo faranno, chi
leggerà solamente o mi lascerà un commento, vi
auguro buona lettura!
Capitolo
18: L’isola degli appestati
Le
scialuppe erano sballottate dalle alte onde che il vento di burrasca
agitava e ingrossava sempre più, rendendo arduo il lavoro
dei rematori e inzuppando completamente tutti i passeggeri a bordo. Con
quel cielo nero di nuvole, il buio stava oltretutto scendendo
più in fretta sulla terra, i cui contorni erano appena
riconoscibili tra quei violenti scrosci.
- Bizzarro primo
giorno di primavera, nevvero? – proferì Jack
tenendosi ben stretto il tricorno che rischiava di volargli in acqua.
Gibbs e Sputafuoco
remavano con gran fatica, mentre Amaryllis era seduta accanto a Capitan
Sparrow, completamente avvolta in una coperta cerata.
I compagni gridarono
qualcosa al suo indirizzo, che una serie di tuoni coprì e il
pirata pensò che forse fosse stato meglio non aver sentito,
poiché era poco probabile che fossero parole cordiali e lui
era già ben poco propenso a portare a compimento quello che
aveva concepito.
Non credeva affatto
nella fratellanza tra filibustieri e non sopportava di essere stato
costretto ad appoggiarsi a qualcuno; ma quella volta, volente o
nolente, aveva dovuto piegarsi.
- Tiratele bene in
secca o la corrente ce le porterà via! –
ordinò ai marinai una volta che le barcacce raggiunsero il
bagnasciuga. Un po’ tutti si adoperarono ad aiutare
nell’assicurare le imbarcazioni con delle funi ai tronchi
delle palme più vicine alla riva.
Poi
cominciò la difficile marcia attraverso la giungla,
tempestata dalla pioggia battente e resa insidiosa dai fiumiciattoli di
fango che rendevano i sentieri scoscesi e scivolosi.
Jim si sforzava di non
cadere e prestare il suo sostegno ad Amaryllis insieme al nonno
Sputafuoco, tornato in sé dal piccolo incantesimo e
ravvedutosi di conoscerla.
- Sarebbe stato
più saggio restare sull’Olandese per stanotte
– protestò il giovane Turner in direzione di Jack
che barcollava e si dimenava davanti a lui, reggendosi ai rami e a
Gibbs per mantenere quanto più possibile
l’equilibrio.
Will aveva insistito a
prendere in braccio Elizabeth per non farla affaticare troppo, ma non
aveva messo in conto che la strada indicata dal loro amico fosse in
salita e dovette arrendersi a rimetterla a terra: - Stavolta non ti do
torto, Jim.
Jack guaì e
fece passare davanti i colleghi capitani, lasciando che anche Bill e
Jim proseguissero da soli e offrendosi di prendere a braccetto
Amaryllis: - Mi vorresti spiegare perché hai dovuto
coinvolgere la famiglia passaguai? – la ragazza lo
guardò confusa, per cui l’uomo precisò
sdegnato – I Turner?
- L’Olandese
Volante è una delle navi più potenti dei sette
mari – ribadì la ninfa, incespicando e
lamentandosi nella sua lingua della melma che le stava inzaccherando le
gambe – E poi anche loro hanno diritto di sapere –
decretò irremovibile, saltando in groppa a Jack che quasi
caracollò sotto il suo pur leggero peso.
L’unico
segno di civiltà presente su quell’isola era il
rudere di una chiesa situato su una collinetta che si ergeva quasi al
centro della fitta giungla. Proprio approssimandosi allo scheletro di
quella costruzione, i pirati avvistarono dei segnali di fumo provenire
dalle piccole aperture tra le mura. Proseguirono fino a lì
e, dopo essersi impantanati tra la vegetazione e i ruscelli che
ricoprivano l’intera superficie della boscaglia, finalmente
entrarono in un luogo quasi del tutto asciutto e ripulito.
All’interno
della chiesetta abbandonata si erano rifugiati Anamaria con la sua
ciurma e il resto degli uomini della Perla Nera sbarcati già
qualche ora prima.
- Perbacco!
– esclamò Jack, notando quanto
l’efficienza e l’inventiva dei bucanieri avesse
reso in qualche modo ospitale quella casupola diroccata.
- Credevi ce ne
stessimo con le mani in mano? – si fece sentire Anamaria
accogliendoli – Ben arrivata signora Turner, capitano Turner
– diede loro il benvenuto con un sorriso e un distaccato
cenno di riverenza, per poi slanciarsi ad abbracciare con calore
entrambi.
- Abbiamo intuito che
stava per raggiungerci una tempesta e abbiamo rattoppato il tetto con
assi di legno, rami e fronde – spiegò
Josè, il luogotenente della Murena, porgendo agli arrivati
delle coperte per asciugarsi e salutandoli.
Gli altri pirati si
affrettarono a distribuire le scorte di rum e Jack fu il primo ad
approfittarne.
Mullroy, Murtogg,
Pintel e Ragetti si misero in mezzo tossendo e occhieggiando la
comandante della Murena: - I vostri uomini ci sono stati molto utili,
capitan Sparrow – asserì la donna –
Certo, la Baia dei Relitti sarebbe stata un milione di volte
preferibile a questo posto.
Sparrow interruppe la
bevuta: - Tesoro, non so se ci hai fatto caso l’ultima volta:
la Baia dei Relitti sta sprofondando. Credo che a quest’ora
l’avrà reclamata il mare.
- Ed io posso dirvi
perché sta tornando agli abissi –
annunciò Amaryllis palesandosi con decisione agli occhi
degli altri pirati da cui si era in principio nascosta.
Anamaria la
scrutò frastornata: - E lei chi è?
Jay Jay si spinse fino
alla diafana creatura contemplandola estasiato, per poi sospirare
svenevolmente: - Un angelo caduto dal cielo.
Jim gli si
avvicinò: - No, Amaryllis è una ninfa venuta dal
mare – gli fece il verso, rimbrottandolo con aria saccente.
- È una
storia lunga e non ancora del tutto chiarita –
abbreviò Elizabeth, prendendo in disparte Anamaria per
aggiornarla su tutto il resto, accompagnata da Will.
- Amaryllis
– sillabò Jay Jay, sedendosi con le gambe contro
il petto e poggiando il mento sulle mani, restando a rimirarla.
Jim si
annoiò di quella scenetta melensa e di non essere tenuto in
conto: - Comunque, ciao! – lo richiamò mettendosi
davanti a lui con le mani ai fianchi.
La ninfa si
allontanò da loro sorridendo timidamente e il pirata mulatto
con il codino drizzò in piedi: - Ciao! B. J. Turner, giusto?
Jim non trattenne una
smorfia: - Billy Jim, casomai.
- Scusa, non riesco
mai a ricordare i nomi per intero, soltanto le iniziali – si
difese il ragazzino sogghignando e agitando le mani.
Jim lo
guardò storto: non immaginava di sentire una giustificazione
tanto assurda per quella palese presa in giro.
– Non te la
cavi molto con la spada, ma vedo che hai saputo recapitare il mio
messaggio – osservò poi pungente il mozzo della
Murena.
Il giovane Turner si
punzecchiò ancora di più, in un attimo
sfoderò il suo spadino: - Prova a ripeterlo.
Jay Jay
alzò le mani: - Non combatto mai senza una ragione
… Ma se insisti – impugnò svelto la sua
sciabola e iniziarono a duellare, inizialmente in un angolo fuori dalla
portata degli adulti che discutevano.
Nella foga dello
scontro, però, si spinsero in mezzo agli altri, urtando per
primo Jack che era comodamente bivaccato su un cumulo di paglia: - Hey!
Quella era la mia bottiglia!
Will ed Elizabeth si
ritrassero rimproverando il figlio: - Jim!
Ma quello ne
approfittò per fare le presentazioni: - Mamma,
papà, lui è Jay Jay.
- Ma che …
- balbettò Elizabeth seguendo con apprensione
quell’acceso duello di cui non capiva il motivo
– Jay Jay
è dei miei, lasciali divertirsi – la
tranquillizzò Anamaria, mentre i ragazzini si allontanavano
da loro senza interrompere la competizione.
- Detesto i ragazzini!
– proruppe Jack fissando indispettito i cocci della
bottiglia, mentre Amaryllis gli si era accoccolata dietro e
giocherellava coi suoi capelli.
- Non ha molto senso,
visto che tu ti comporti ancora come tale –
obiettò sarcastica Anamaria, ottenendo da Sparrow una
boccaccia.
Dopo essersi trovato
ripetutamente alle strette e aver visto parare quasi tutti i suoi
fendenti, Jay Jay allentò le stoccate: - Però!
Diciamo che sei abbastanza … niente male! Chi ti ha
insegnato?
Jim abbassò
la spada e rivolse al coetaneo un sorriso orgoglioso: - Mio padre. E a
te?
- La strada
– sollevò le spalle il moretto – Sono
cresciuto a Tortuga. Lì sei costretto ad imparare a
difenderti se vuoi restare vivo – affermò con
ovvietà, rinfoderando la sciabola e andandosi a sedere su un
muretto.
Jim lo
seguì: - Tortuga sembra un posto così
interessante – mormorò con un pizzico di amarezza,
piegando la testa.
- Sembra? Non ci sei
mai stato?
Il tono sbalordito di
Jay Jay gli suscitò una sottile vergogna: - Ho visto il
porto – esordì disinvolto – Ma no, non
sono mai sceso a terra – gli confessò infine
imbarazzato dondolando le gambe.
Il ragazzo gli
rifilò una pacca sulla spalla: - Non ti sei perso niente
– bisbigliò e Jim non capì se fosse
sincero o lo deridesse. Lui aveva sempre sentito dire che Tortuga era
come la “terra santa” dei pirati, ma i suoi
genitori non gli permettevano ancora di sbarcarvi.
Mentre rifletteva su
ciò, fu attirato dalla conversazione che suo padre stava
tenendo con Jack.
- Ancora non ho capito
perché hai dovuto scegliere proprio Isla Cruces.
Capitan Sparrow non
smetteva di bere e la sua loquacità cominciava ad essere
meno fluente, seppure abbastanza comprensibile: - L’Isola dei
Relitti è ormai nota ai nostri nemici, e poi ci sono lavori
in corso che chissà quando finiranno. E poi non sono molti i
naviganti che approderebbero su quest’isola
giacché è infestata …
Jim gettò
involontariamente un grido stupito: - Infestata?
Jack puntò
gli occhi su di lui e poi sui suoi genitori: - Non te l’hanno
detto?
Il ragazzino si
sentì tradito e inquieto, Gibbs anche lui un po’
alticcio, iniziò a raccontare, il suo sguardo era
più ambiguo che mai: - Più di un secolo fa un
prete che era sbarcato qui con altri messaggeri della buona novella
cercò di dare vita ad una comunità pacifica, che
raccoglieva indigeni ed europei. Ma un giorno una nave di spezie
portò un tremendo morbo. I più fortunati sono
morti nel giro di qualche giorno, tra atroci agonie, gli altri hanno
perso il senno e si sono uccisi a vicenda. Dopo aver seppellito uno per
uno tutti quei poveri cristi, perfino il reverendo si uccise,
impiccandosi, proprio qui.
Jay Jay e Jim,
imitando Gibbs, alzarono la testa sulla corda che penzolava al centro
del tetto, immaginando la macabra scena che si era consumata
lì qualche decennio prima.
Jack intanto
adocchiò con insistenza la bottiglia che Elizabeth teneva
tra le mani senza averla stappata e con un cenno riuscì ad
ottenerla.
- Quando si venne a
scoprire quello che era successo i marinai di passaggio presero a
chiamare questo posto l’Isola degli appestati. O infestata
– concluse intanto a mezza voce Joshamee.
- Infestata? Vuol dire
che? ... – osò chiedere Jay Jay, mentre Jim aveva
la sensazione di impallidire.
Gibbs si mise in piedi
e gettò delle occhiate guardinghe tutt’attorno: -
Le anime in pena di tutta quella gente morta in simili tristi
circostanze continuano a vagare su quest’isola e in occasione
dell’anniversario della comparsa della peste si manifestano
in modo più potente, opponendosi a chiunque osi mettere
piede qui.
Degli spifferi fecero
tremolare il fuoco che ardeva al centro del gruppetto, e Jay Jay si
strinse al braccio di Jim sudando freddo.
– E sappiate
che quella data ricorre oggi – li ammonì il
superstizioso marinaio, un luccichio tremolante negli occhi sbarrati.
Il silenzio riverito e
impressionato prodotto dalle suggestive parole del nostromo venne
spezzato da Sputafuoco: - Complimenti, Gibbs. Sempre molto …
teatrale – asserì il maturo pirata con una sottile
ironia che Joshamee non colse, ringraziandolo dell’elogio
ricevuto con una serie di inchini che provocarono le risa dei compagni,
non ancora sbronzi quanto lui.
- Gliel’ho
detto un sacco di volte che vale molto di più come
cantastorie che come pirata! – rincarò la dose
Jack, sbraitando al di sopra dei fischi e degli applausi degli altri
bucanieri.
Amaryllis era
estremamente rapita dalla bizzarra armonia che si respirava tra quella
variegata combriccola di esseri umani. Era tutto così
diverso dal suo mondo, dove tutti erano simili, non esistevano giochi o
risa, o fuochi e rivalità. Le dispiaceva immensamente avere
il crudele compito di ambasciatrice di guerra.
Will nel frattempo
invitò Gibbs, che, visibilmente brillo, seguitava a
ringraziare tutti, a sedersi, e si rivolse direttamente a Jim: -
È solo una leggenda, non c’è da
preoccuparsi.
Il figlio
mugolò: non sopportava quando suo padre si ostinava a
volerlo proteggere dal conoscere spaventose verità che
esistevano attorno a lui.
Anche Jay Jay sembrava
decisamente interessato all’argomento: - Capitano Turner,
avete mai incontrato …
Will rispose prima che
quello terminasse la domanda: - Di fantasmi ne ho visti molti, ragazzo.
Non mi fanno paura e non dovete averne neanche voi.
Una folata di vento
muggì all’esterno, simile ad un lugubre ululato.
Jay Jay si
barricò dietro un cumulo di legname, tartagliando
imbarazzato a Jim che lo andò a scovare: - È il
vento, vero?
- Credo di
sì – sussurrò quello, non nascondendo
un sorriso divertito: anche il suo spavaldo amico in fondo sembrava
avere i suoi punti deboli.
– Le cose
che non posso vedere e toccare mi terrorizzano – ammise,
infatti, inaspettatamente il ragazzino.
Quella scoperta fece
sentire il giovane Turner un po’ più forte e
sicuro di sé.
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Capitolo 20 *** Capitolo 19: Memorie dagli abissi ***
Yo oh! Di bordo! Sono tornata!
Ecco un nuovo capitolo in parte molto rivelatorio sulla storia.
Ringrazio tutti i fedeli lettori e in particolari le mie commentatrici
stellysisley, Fauna96 e la nuova arrivata Foxx, saluto anche tutti i
lettori silenti, presenti, passati e futuri, e vi auguro buona lettura,
buon divertimento e buone speculazioni sulla trama.
Al prossimo
abbordaggio!^^
Capitolo 19:
Memorie dagli abissi
-
Adesso che facciamo?
Jim tornò ad
intromettersi audacemente nei discorsi dei grandi. Alle sue spalle era
nel frattempo comparso Jay Jay e la loro perplessità era
condivisa dal resto degli uomini.
- Aspettiamo gli altri
– sostenne spicciamente Jack buttandosi su un fianco,
allentando la cintura con la pistola, intenzionato a sistemarsi per la
notte.
Nel coricarsi respinse
Amaryllis, che era rimasta parecchio tempo a studiare con
curiosità i suoi dreadlocks senza capire cosa fossero e
stava ancora a gingillarsi dietro di lui: - Ma, insomma …
Che cos’hai in testa? – gli domandò
stranita prima di allontanarsi.
Il pirata si
voltò lentamente alzandosi appena: - Non ne sono sicuro
… ma potrebbe trattarsi di pidocchi –
farfugliò con aria assonnata, grattandosi energicamente la
bandana.
Jim fece un balzo
indietro: - Oh cacchio!
La ninfa
allontanò dalle dita uno dei rasta, preoccupata: - Sono
… pericolosi?
Jack si offese mentre
Jay Jay scoppiò a ridere: - Non credo.
- Parla per te!
– esplose Jim – L’hanno scorso ce li ho
avuti e c’è voluto un sacco di tempo per
liberarmene – borbottò schifato, avvertendo
prurito solo a ripensarci.
Amaryllis
restò immobile, indecisa se dare credito a Jim oppure a
Jack, che pure non vedeva da molto tempo. Riacciuffò uno dei
dreadlock, al che Elizabeth comprese l’equivoco: - Forse la
nostra amica parlava dei tuoi capelli, Jack.
- Ma i pidocchi ce li
hai davvero? – insistette terrorizzato Jim, tenendosi lontano
dallo strambo capitano.
Will interruppe la
futile discussione, riportando l’argomento sulla questione
che più lo impensieriva: - E se non dovesse rispondere
nessuno alla chiamata?
Sparrow, che si era
disteso trovando a fatica uno spazietto tutto per sé, si
limitò ad aprire un occhio sibilando: - Che sfiga, eh?
Poco a poco sul suo
esempio anche gli altri pirati, distrutti da quella violenta burrasca
che li aveva impegnati prima sulle barche e poi sulla terraferma, ed
esaurite le loro bottiglie e le parole, si andarono cercando un posto
per dormire, attingendo a teli, coperte e paglia a disposizione in quel
rifugio improvvisato.
Solo William Turner non
si arrendeva al richiamo di Morfeo e Gibbs, tutto d’un
tratto, come se lo avesse lento nel pensiero, si risollevò
riaprendo il discorso che più di tutti aveva suscitato
interrogativi nella sua testa, per i quali non voleva più
attendere di conoscere risposta.
- Jack? Ma tu lo sai
cosa diavolo è questo Occhio dell’Oceano?
– esclamò puntellandosi su un gomito e nascondendo
l’inseparabile orsacchiotto dietro la schiena.
L’interpellato
ci mise un pezzo per rispondergli, dato che si stava appisolando: - Che
domande! Certo che lo so! – lo strigliò caustico,
ridestando i colleghi che in un baleno si rialzarono e puntarono
sguardi interrogativi e impazienti su di lui.
Jack si
cullò per qualche minuto nella riluttanza, ma poi
parlò scioltamente, anche per via dell’alcol che
gli aveva allentato la prudenza e la discrezione: - È una
specie di grosso diamante, di forma pressoché sferica ma
fatto di acqua di mare cristallizzata. Dopo che il primo Consiglio
riuscì ad imprigionare Calypso le creature degli abissi lo
donarono alla Fratellanza, come pegno di gratitudine per averli
liberati dalla tirannica signora, e in segno della loro alleanza. La
pietra fu custodita per anni alla Baia dei Relitti, ma vi fu posto
sopra un incantesimo: sottrarla avrebbe significato guerra aperta con
pesci e affini che ci avrebbero distrutto.
- Sei bravo anche tu a
raccontare storie! – ciarlò un ebbro Gibbs,
riappisolandosi, ma a quel punto i mormorii crescevano e Sparrow si
rese conto che aveva spifferato con leggerezza tutto quello che avrebbe
voluto sbandierare soltanto davanti al congresso completo dei pirati
nobili.
Odiava ripetersi e non
avere l’esclusiva di certe conoscenze.
Amaryllis invece aveva
atteso a lungo di liberarsi dal peso di quella consapevolezza e
parlò ben volentieri: - Sì, Jack ha detto bene,
ma soltanto un uomo con sangue salato avrebbe potuto usare
l’occhio per i suoi scopi.
- Sangue salato?
– trasecolò Elizabeth non ricordando di aver letto
mai nulla del genere nel grande libro del Codice che aveva avuto il
privilegio di custodire per alcuni anni.
La nereide comprese lo
stupore dei suoi ascoltatori, perfino lei non credeva che potesse
esistere qualcuno con tale qualità, pur sapendo cosa
significasse: - Mezzo terrestre e mezzo marino.
- Credo di capirci
ancora meno – sostenne una diffidente Anamaria appoggiata
dagli altri pirati che maledicevano tutti quegli astrusi indovinelli.
Nel frattempo anche
Will avanzò i suoi quesiti: - Ma la storia dei figli, invece?
Amaryllis
annuì comprensiva, cercando un tono imparziale, ma non
troppo freddo: - Per scongiurare la possibilità che qualche
pirata fosse tentato di rubare l’Occhio fu scritto che se
fosse accaduto tutti i figli primogeniti dei pirati nobili avrebbero
dovuto darsi al mare. Così la Fratellanza si sarebbe
estinta. E inoltre sarebbe stato l’unico modo per non
scatenare una guerra contro noi. Un riscatto.
- I pirati nobili si
sarebbero combattuti l’un l’altro per punire il
ladro – osservò il capitano Turner, ricevendo un
cenno d’assenso da parte di Jack che corroborò i
suoi presentimenti su quello che stava accadendo.
- Che significa darsi
al mare? – chiese sconcertato Jim – Già,
che significa? – lo spalleggiò Jay Jay
avvicinandosi ad Amaryllis la quale stropicciò le labbra
rivelandoglielo:
- Venire a vivere negli
abissi con noi. Per sempre.
I ragazzini si
scambiarono uno sguardo meravigliato aprendo la bocca senza fiatare.
Jack non ci vedeva
nulla di eccitante in tutto quello: - E per quei pirati nobili che non
hanno eredi?
- Tocca direttamente a
loro - spiegò semplicemente la ninfa, dovendo poi soddisfare
le mille domande di Jim e Jay Jay che volevano conoscere qualche
dettaglio in più su quell’intrigante vicenda.
- Questa parte non la
ricordavo, esattamente – bofonchiò contrariato
Jack, grattandosi la tempia.
Elizabeth era allibita:
- E invece sapevi tutto il resto?
- Tuo figlio sembra
felice di trasferirsi in fondo al mare – gesticolò
con accento strafottente il pirata, irritando ancora di più
i Turner – Ma voi piuttosto, si può sapere come
siete diventati pirati nobili? No, perché altrimenti tutta
questa faccenda non vi avrebbe riguardato.
Will ed Elizabeth
cercarono di sgombrare dalle mani e dall’animo i propositi di
vendetta sul loro inaffidabile amico e si sedettero accanto a lui,
incoraggiandosi l’un l’altro a raccontare i fatti
degli ultimi mesi.
Anche Anamaria si
sistemò vicino a loro per sentire.
Fu Will ad iniziare a
parlare, dopo aver preso un lungo respiro: - Circa un anno fa, eravamo
a Macao. Ci sentivamo spiati e infatti scoprimmo un uomo che ci aveva
seguiti sin da quando eravamo sbarcati sulla terraferma.
- Ci disse di chiamarsi
Yao Taki e di essere il capitano dell’Empress, la nave che
apparteneva a Sao Feng e che l’aveva ceduta a me nominandomi
capitano alla sua morte – continuò Elizabeth con
un filo di emozione al ricordo di quei concitati eventi – Io
dopo la battaglia la lasciai al primo ufficiale, Tai Huan. E
quell’uomo era stato il suo nostromo.
Jack e Anamaria
incrociarono per un attimo uno sguardo confuso, poi la donna
sentenziò arguta: - Insomma … Che cosa voleva da
voi, questo Taki?
Il capitano Turner
tirò fuori dalla camicia una collanina che tra le varie
conchiglie e perline portava anche una moneta d’argento e la
mostrò loro, riprendendo il racconto: - Ci diede il suo
pezzo da otto, sostenendo di aver promesso a Tai Huan che l'avrebbe
trasmesso al Capitano dell’Olandese Volante che aveva
contribuito a salvare la pirateria. E inoltre lui non voleva occuparsi
di politica.
La moglie si frappose a
William: - Precisamente disse “Ci sono echi di una nuova
rivolta. Le onde ribollono e una canzone ha ripreso a solcare i venti
dei sette mari” – Elizabeth fece una pausa e
abbassò lo sguardo – Poi l’uomo
compì harakiri davanti ai nostri occhi, dicendoci che il suo
compito era finito. E non potemmo più chiedergli nulla.
- Da quanto sapete
della chiamata? – s’informò con
prontezza Anamaria.
- Da quel giorno
l’abbiamo sentito ripetere in ogni porto in cui siamo
approdati – rispose Will, mentre Jack e un ridesto Gibbs si
diedero una gomitata complice.
La signora Turner
aggiunse:- A Saint Thomas dovevamo incontrare Capitan Taft, per
conoscere altri dettagli sul prossimo Consiglio.
- E lo avete
incontrato, poi? – domandò ancora più
interessata la Jucard.
Will scosse la testa: -
No, e abbiamo anche perso quattro dei nostri in circostanze
… strane.
- Si sono fatti
arrestare il mese scorso, e stavano pure per essere impiccati!
– svelò con un po’ di scherno Jim, che
non si era perso una parola di quella intrigante storia.
Jack sgranò
gli occhi, allontanando la bocca dal collo della bottiglia: - Oh! Ed
è andata bene?
Will prima
guardò storto il figlio, autore di
quell’inopportuna rivelazione, poi si rivolse a Jack, tentato
di far sparire tutto il rum che lo rendeva più molesto del
solito: - Siamo qui a parlarti, perciò …
- Tsk, ci sono cose
peggiori – brontolò il pirata, togliendosi la
giacca per il caldo di cui il liquore gli stava riempiendo il corpo.
Elizabeth
tentò di ribattere, nonostante l’evidente ebbrezza
dell’uomo: - Peggiori di un’esecuzione?
Sparrow
dondolò con le braccia aperte prima di replicare con
spontaneità: - Ne abbiamo viste di tutti i colori, eravamo
insieme, mi pare.
I Turner si scambiarono
una rapida occhiata e loro malgrado si trovarono a dargli ragione.
Anamaria si concesse un
ultimo sorso di liquore prima di confessare con sospetto: -
Anch’io dovevo vedermi lì con Taft, ma poi non
sono più andata.
- E Jay Jay
perché era là? – volle sapere curioso
Jim. Il ragazzino non aprì bocca, rivolse un cenno alla
comandante della Murena per capire se era autorizzato a parlare, ma fu
lei a proferire: - Si era infiltrato sulla Barracuda, qualche settimana
prima insieme ad altri due miei marinai.
Il giovane Turner
scoccò un’occhiataccia ai suoi mormorando con voce
bassissima: - Già gli permettono di fare queste cose, a lui.
Anamaria
sembrò sentirlo: - Peccato che poi anche lui sia finito al
fresco.
- E fortuna che ho
avuto sempre voi a vegliare su di me, signora –
ribatté ruffianamente il ragazzo con un piccolo inchino.
- Certo, mi servivi
libero! – sostenne la piratessa quasi a discolpare
quell’atto di gentilezza – Quando non ho avuto
più i suoi dispacci sono andata a riprenderlo
nell’ultimo posto in cui sapevo di averlo lasciato vivo.
Jack
indirizzò uno sguardo comprensivo verso Amaryllis che si
sentiva esclusa dalle conversazioni, quindi attirò su di
sé l’attenzione con una frase enigmatica: - A
questo punto sono più che sicuro che il Pescegatto sia la
fonte di tutti i nostri guai.
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Capitolo 21 *** Capitolo 20: Compromessi ***
Eccomi tornata anche con questa
storia! Non so chi abbia ancora voglia di seguirla, dato che forse la
sto tirando un pò troppo per le lunghe, ma il prossimo
capitolo, anche se non arriverà presto, tornerà
ad avere più azione. Qui invece grandi protagonisti sono
Will e Jack.
Ringrazio tutte le 17
persone che hanno inserito la storia tra le seguite, chi ha letto, chi
leggerà e chi mi ha lasciato un commento.
Buona lettura! A presto!
Capitolo
20: Compromessi
-
Finché non si sarà fatto giorno e non si
sarà placata questa dannata tempesta, avremmo ben poco da
fare – sbadigliò fiaccamente Ragetti, buttandosi
di peso su un covone dal quale si sollevarono polvere e qualche filo
d’erba secca.
Pintel lo
seguì a ruota: - A parte dormire, si intende!
Anche Gibbs si
unì volentieri a loro: - Già, ragazzi.
Jack invece si
distanziò schifato dalla promiscuità della
ciurma, che per i suoi gusti stava troppo appiccicata, e si
sistemò in un angolino lontano e libero da marinai sudaticci
e maleodoranti. Dopotutto era sempre un capitano e ci teneva a
sottolineare la sua differenza di rango anche al di fuori della nave.
Amaryllis, che non si
era allontanata un attimo dal suo vecchio amico pirata, reclamandone
un’implicita protezione, raccolse allora il coraggio per
tornare dai Turner.
Si avvicinò
loro con decisione, ma al momento di parlare, trovandosi di fronte i
loro volti ansiosi e lividi, la sua voce uscì più
flebile e patetica di quanto volesse: - Will, Elizabeth io vorrei che
voi ascoltate me.
La coppia
sembrò leggermente intenerita dalla sua timidezza, la ninfa
sapeva che c’era una piccola parola che agli umani faceva
sempre piacere sentirsi dire quando erano offesi: - Scusa –
mormorò abbassando repentinamente gli occhi –
Perché ho dovuto usare alcuni miei poteri con voi,
specialmente con te signora Turner, per rimanere.
Elizabeth si
sentì meno disposta ad accettare quelle scuse, mentre Will
sorrise lievemente tra sé: era rimasto parecchio stupito dal
rapido cambiamento della moglie nei riguardi della inquieta ospite e
ora ne capiva il perché.
Amaryllis
continuò cautamente: - Io cercavo Jack ma quel mare in
tempesta mi ha fatto perdere l’orientazione, sono stata
fortunata a trovare voi capitano Turner – spiegò,
balbettando un poco con uno sguardo languido.
Jack sentendosi
nominare si era nel frattempo approssimato a loro: - Come mi avresti
trovato? Lo sai che non ho una fissa dimora.
La sua faccia
stralunata suscitò alla ninfa una risatina: - Tu hai
qualcosa di mio inciso sulla pelle. Mi bastava dire quelle parole. Non
ti ricordi i miei poteri?
Sparrow si
estraniò per un istante bisbigliando un sì con
gli occhi sbarrati. Al che Elizabeth si inquietò ancora di
più: - Perché non hai continuato a cercarlo?
- Perché ho
capito di potermi fidare di voi. Stavate andando al consiglio dei
pirati nobili – spiegò semplicemente la nereide.
Will si
sentì in imbarazzo per l’occhiata sospettosa di
Jack e quella gelosa della moglie: - Noi non te lo abbiamo detto.
Il pirata gli
spifferò compassato: - Udito sopraffino, altro suo potere
– e così dicendo prese la fanciulla per un
braccio, allontanandola dai Turner - È tutto a posto, sei
scusata.
Amaryllis avvertiva le
tensioni che agitavano dall’interno i suoi amici umani e
capì per quale motivo le loro specie erano vissute tanto a
lungo separate: non se ne accorgeva neanche quando una sua parola o un
suo sguardo diventavano origine di fraintendimento. E,
inavvertitamente, sbagliò un’altra volta: - E tuo
padre? – domandò a Jack.
Il filibustiere le
rivolse un sorriso tirato e malinconico: - Non viviamo in eterno come
voi.
La creatura marina
annuì intristendosi e andò ad accovacciarsi in un
angolino, sentendo ancora di più il peso del suo essere
diversa, nonostante le sue sembianze fuori dall’acqua fossero
tanto simili a quelle degli umani.
Jim e Jay Jay, poco
lontani da lei, erano rimasti a parlottare del più e del
meno. D’un tratto il mulatto tornò a considerare
la diafana ragazza: - Amaryllis è la tua fidanzata?
– chiese impertinente, allungando il collo per guardarla.
Jim si sporse notando
che la ninfa misteriosa se ne stava in disparte con aria triste, e
provò una certa gelosia, insieme al fastidio per il tono
derisorio del coetaneo: - No. Ma non hai capito che non è
neanche umana?
Jay Jay
alzò le sopracciglia con un’espressione inebetita:
- Ma non è neanche impegnata, o no?
Il giovane Turner
scosse la testa: lui ancora non capiva come un uomo potesse
instupidirsi tanto per una donna:
- Vedo che il suo nome
te lo ricordi – lo provocò pungente, ma quello
continuò a fissare la ragazza come rapito. –
Piuttosto, il tuo vero nome qual è, invece? – lo
riscosse bussandogli sulla spalla.
Finalmente il
ragazzino tornò a parlargli: - Io non ho un nome. JJ sono le
mie iniziali – asserì tirando fuori dalla camicia
rossiccia una catenina con attaccato un ciondolo d’argento
consistente in due J incrociate – L’avevo al collo
quando mi hanno trovato – sostenne con una scrollata di
spalle, senza tradire alcuna emozione di dispiacere.
Jim invece
restò colpito dalla sua apparente indifferenza: -
Perché allora non hai mai pensato di sceglierti un nome?
Il giovane pirata
quasi si offese: - Per averlo uguale a quello di qualcun altro? No,
grazie, mi tengo il mio – dichiarò orgoglioso,
quindi lanciò un ultimo cenno di saluto ad Amaryllis e si
distese con le braccia dietro la testa – Ora dormiamo, che ne
dici BJ?
Jim annuì e
convenne che quel ragazzo era davvero un tipo interessante, anche se un
po’ scortese, col quale sarebbe rimasto volentieri a
chiacchierare per ore se lo avesse avuto come compagno di stanza
sull’Olandese Volante.
Il mattino seguente la
pioggia si era finalmente diradata.
Will aveva trascorso
una notte pressoché insonne tra preoccupazioni vecchie e
nuove, gettando un occhio all’amata Elizabeth che, una volta
addormentatasi, aveva avuto anche lei sogni agitati, e un altro occhio
all’emblematica Amaryllis, che si era rivelata una delicata
pedina nell’ancora ombroso gioco di scacchi che stava
coinvolgendo i fuorilegge del mare.
La poca luce lasciata
penetrare dalle fessure delle pareti era più che sufficiente
a distinguere le sagome e i movimenti degli altri pirati, per cui
notò subito l’inconfondibile figura di Jack
Sparrow che si rialzava rivestendosi dei suoi effetti per uscire di
lì. Gli era inevitabile provare sempre dei sospetti sulle
sue intenzioni. Aspettò che fosse fuori e lo
seguì. Gli vide compiere con la sua andatura sbilenca
qualche metro prima che si fermasse in un punto più alto del
terreno e sfoderasse il suo cannocchiale verso l’orizzonte,
terso e definito da un tenue color amaranto.
Will strinse gli occhi
e capì subito la ragione della sua passeggiata mattutina.
- Come sta la Perla?
Jack non si
mostrò sorpreso di sentire la sua voce
all’improvviso dietro di lui, lo aveva avvertito da un pezzo,
ma fu ugualmente contento di quella domanda: - Bene, bene!
Quest’anno l’ho rimessa a nuovo dai pennoni allo
scafo, tutti materiali pregiati, si intende. Per la mia adorata
nient’altro che il meglio! – ridacchiò
orgoglioso, senza staccare il viso dal profilo scuro del veliero con
un’espressione trasognata.
Turner si ricredette
sui suoi timori di una codarda fuga di Jack, escludendola, almeno per
il momento. Individuò la sua Olandese e restò
qualche secondo ad accertarsi che anche lei avesse superato indenne la
furiosa notte di tempesta. Quindi si riavvicinò a Sparrow: -
Adesso posso sapere perché ci hai coinvolto? Non penso certo
che tu l’abbia fatto per salvare Jim …
Quel sarcasmo
così sfacciato di prima mattina Jack non se lo aspettava, ma
era preparato al fatto che, quello che ancora stentava a considerare un
collega, volesse ricevere spiegazioni più esaurienti sulle
sue celate motivazioni.
- Lo sai bene quanto
NON ci tengo a quel ragazzino e a voi. Ma, nonostante tu sia un
capitano assai discutibile, hai l’immeritata fortuna di
possedere una delle navi più potenti in circolazione. E
preferisco averti dalla mia parte, piuttosto che contro di me.
Will
strabuzzò: - Perché avrei dovuto essere contro di
te?
Il capitano della
Perla sospirò: - Sicché sono un ladro noto e
abilissimo, avreste pensato che il furto dell’Occhio
dell’Oceano fosse opera mia – sogghignò
mangiucchiandosi le unghia.
L’altro
capitano tacque per alcuni secondi, fissandolo con indecisione: - Io
non sapevo nulla dell’Occhio dell’Oceano, fino a
ieri sera.
Sparrow
alzò gli occhi al cielo: - Ah, è vero, sei un
pirata assai ignorante.
Turner iniziava a
pensare che il suo vecchio amico si trovasse in seria
difficoltà nell’ammettere che il suo gesto fosse
stato ispirato da intenzioni di nobile altruismo; poi però
valutò che Jack non poteva essere cambiato così
tanto, doveva avere un suo tornaconto: - Qual è la
verità? Tu non sei un guerrafondaio.
Un sorriso compiaciuto
illuminò il volto dell’eccentrico pirata: -
Infatti sareste voi a combattere: io sarò la mente e voi
altri i bracci.
- E se questa volta io
non volessi combattere? – ribatté Will
inflessibile.
L’altro fu
come se non avesse percepito la sua contrarietà: - Uhm?
Impossibile! Ti saresti già ritirato e avresti aperto
bottega da qualche parte. Cosa che negli ultimi tre anni da uomo libero
non hai fatto. Dico bene?
Turner non desistette:
- Questo non mi impedisce di farlo ora.
A Jack
scappò un verso esasperato prima di ritrovare la calma e la
sagacia per affrontare il rivale: - William, non si parla gran che bene
di te in giro … avrai l’occasione di dimostrare se
sei un pirata con gli attributi, mi spiego?
Will
incrociò le braccia, rivolgendogli uno sguardo astioso: -
Sei un diavolo.
- Lo so! –
gongolò quello – Avrei dovuto prenderlo io il tuo
posto sull’Olandese.
Turner
ignorò quell’ulteriore provocazione: - Sono tutto
orecchi.
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Capitolo 22 *** Capitolo 21: Nuovi arrivi o ricomparse ***
Salve a tutti! Ecco un nuovo
capitolo che vede come grandi protagonisti i pirati più
giovani, ovvero Jim e Jay Jay: mi diverto un sacco a scrivere di loro e
so che vi piacciono! Perciò spero che apprezzerete questo
capitolo che li mette a confronto. Finalmente ho ritrovato
l'ispirazione per continuare e concludere, ma ancora ci sono un bel
pò di cosette che dovranno accadere, qui vi ho lanciato
qualche amo, vediamo se sapete cogliere i miei indizi.^^
Intanto torno a
ringraziare tutti coloro che stanno seguendo questa storia, le tre
pulzelle che mi lasciano traccia del loro passaggio ad ogni capitolo
(stellysisley, Fauna96 e Foxx), chi continua a metterla tra le
seguite/preferite/ricordate/, o chi legge solamente.
Buona lettura, a presto!)
Capitolo
21: Nuovi arrivi o ricomparse
- BJ! BJ!
Jim si
stropicciò le palpebre ed emise un flebile sbadiglio,
cercando inconsciamente il cuscino che non c’era per coprirsi
le orecchie. Uno spintone sul fianco lo riportò
immediatamente alla realtà e, quando si accorse che era
stato Jay Jay a darglielo, gli venne voglia di insultarlo, ma il suo
tono concitato gli fece passare di mente qualsiasi scortese
imprecazione che aveva imparato: - Devi venire a vedere una cosa
pazzesca! – sussultò in un singulto il mozzo
mulatto tirandolo per un braccio.
Il ragazzino lo vide
arrampicarsi come un ragno sulla parete dell’edificio e
capì solo dopo che aveva utilizzato una corda, cui lui
stesso si affidò per raggiungerlo sul tetto.
Uscirono fuori
attraverso una piccola apertura e restarono seduti sul cornicione della
consunta cinta muraria. Era il punto più alto di tutta Isla
Cruces e consentiva di scorgere bene tutte le sue coste.
- Hey! Ci sono altre
due navi! – notò allora Jim, l’amico non
lo sentì e, afferrandolo per le spalle, gli
posizionò la testa in direzione del cimitero che si stendeva
ai piedi dei resti della chiesa diroccata:
- Guarda lì
– bisbigliò con eccitazione e tremore. Il
ragazzino obbedì e, quando ebbe messo a fuoco,
dimenticò perfino i due velieri che aveva avvistato
dall’altra parte del litorale.
Sul prato cosparso di
lapidi e croci sembravano danzare delle piccole sfere luminose.
Dapprima credette che fossero lucciole, ma erano più grandi
e la loro luminescenza andava dal bianco all’arancio
all’azzurro. Si alzavano e si abbassavano galleggiando ad
alcune spanne dal manto erboso, in un fluttuare ipnotico.
- Tu … Tu
credi che siano …? – tartagliò pallido
Jay Jay, stringendogli nervosamente il braccio.
Jim si girò
lentamente verso di lui, annuendo ad occhi sgranati: - Gli spettri
dell’isola. Esistono davvero.
I due ragazzini
rimasero a fissare l’affascinante e inspiegabile fenomeno,
finché il sole non si alzò di più
sull’orizzonte e i suoi raggi parvero sciogliere le piccole
fiammelle, lasciandoli quasi delusi.
- Probabilmente erano
fuochi fatui – sospirò con stupore Turner jr,
sbirciando il coetaneo che aveva smesso di tremare ma conservava
un’espressione concentrata e insondabile.
- Tuo padre
è molto giovane per essere un capitano –
sbottò di colpo, deviando il discorso, come a voler evitare
di ragionare ancora su quella breve e inconsueta esperienza.
Jim lo
assecondò, ridacchiando tra sé con una certa
soddisfazione: - Lo è diventato quando aveva poco
più di vent’anni – gli rispose,
alzandosi e tentando di rintracciare le due navi che aveva intravisto
qualche minuto prima.
Jay Jay lo distrasse
di nuovo: - Cosa darei per essere al tuo posto … Figlio di
un pirata nobile.
Il ragazzino
tornò a sedersi al suo fianco, notando solo allora che il
mulatto stava osservando suo padre che discuteva con Jack Sparrow: -
Dove sono i tuoi? – gli chiese con delicatezza.
Fu come
l’avesse punto: - Ma che hai capito? Non ti invidio
perché hai un padre e una madre! Però, cavoli!
Vivere per sempre sul mare è il sogno di ogni pirata, o no?
Il giovane Turner
capì che si riferiva alla sciagurata profezia narrata da
Amaryllis e annuì un po’ perplesso. Tanto
più che la nereide aveva parlato di abissi …
Il suo rapporto col
mare era ancora piuttosto complicato. Gli piaceva, senza dubbio, era
una sfida continua, era imprevedibile, carico di promesse e stimolava
la sua immaginazione trasportandolo in luoghi fantastici tutti da
scoprire. Certamente lo preferiva alla monotonia della terraferma, ma
l’idea di viverci fino alla fine dei suoi giorni, talvolta lo
faceva impazzire, gli sembrava una trappola, solo più
subdola e attraente della reale ricchezza di paesaggi offerta dalla
terra, non sapeva bene perché. Non l’aveva mai
confidato a nessuno, con quell’imprevedibile ragazzino che
conosceva appena e che stava scoprendo così tanto diverso da
lui, pensò di potersi aprire. Ma non quella volta.
- Amy! –
strepitò Jay Jay rivolgendosi alla ninfa che era comparsa
silenziosamente fra di loro.
La biondina
accennò uno schivo sorriso prima di diventare preoccupata: -
Sono arrivati – annunciò volgendosi
all’orizzonte.
- Hey! Ma ci sono due
velieri laggiù! – strillò sbalordito il
mulatto, affiancandola e trattenendola per la vita con la scusa di
faticare a mantenere l’equilibrio sullo stretto cornicione.
Jim li raggiunse con
uno sbuffo: - Era quello che stavo cercando di farti notare prima che
comparissero i fantasmi – puntualizzò con
irriverenza mentre Amaryllis cercò la sua mano e lo
guardò negli occhi come a volerlo calmare. Jim si
paralizzò per un secondo percependo un improvviso calore
alle orecchie, e preferì tornare a scrutare il mare.
- Una è
sicuramente la Barracuda. Ci sono stato, perciò la conosco
– asserì sicuro il compagno –
L’altra non ne ho idea – disse grattandosi la testa
pensieroso.
- Ci servirebbe un
cannocchiale – suggerì Jim, lasciando cadere la
mano di Amaryllis per tastarsi le tasche – Io ne ho uno, sono
una vedetta, sai – si vantò seguitando a cercare
freneticamente l’oggetto - … Ehm, deve essermi
caduto di sotto – constatò imbarazzato,
accingendosi a riscendere per recuperarlo.
Jay Jay era di altro
avviso: - Perché non andiamo a vedere direttamente?
– propose con un sorriso sghembo – Un sopralluogo.
Jim e Amaryllis si
scambiarono uno sguardo incerto e frastornato, poi il ragazzino
tentennò apertamente: - Noi da soli? Senza dire niente agli
altri?
- Devi chiedere il
permesso a mammina? – lo sbeffeggiò il giovane
pirata, colpendo astutamente il suo punto debole.
– No
– gli rispose infatti quello con veemenza – Andiamo
– si voltò risoluto, verificando quale fosse il
lato più agevole per scendere senza dover passare
dall’interno.
Jay Jay
alzò un pugno per aria: - Così mi piaci!
– ridacchiò felice – Amy, tu vieni con
noi, vero? - sollecitò la fanciulla, porgendole una mano.
Lei gli
indirizzò un dolce sorriso e con un salto leggero gli fu
accanto: - Sì, vengo con voi.
Jim allungò
le braccia prima di saltare su un gradino più in basso,
frenando gli altri due compagni: - Aspetta! Ci serviranno delle armi,
in caso dovessero scoprirci.
Il coetaneo
ammiccò rapido con la testa, drizzando un dito verso di lui:
- Hai ragionissima! – approvò e aprendo la giacca
gli fece vedere spada e pistole in bella mostra nel cinto.
Turner
arrossì rammaricato e con una punta di invidia: quel
ragazzino non si faceva mai cogliere alla sprovvista: - Io ho scordato
la spada di sotto – balbettò mordendosi il labbro.
Jay Jay
mugugnò e si sedette trascinando con sé la ninfa:
- Valla a prendere. Noi ti aspettiamo qui – sembrò
compatirlo – Sbrigati e non farti sentire, eh – gli
raccomandò con accento saccente e rassegnato.
Jim trattene la bile
sbuffando dal naso e gli scoccò un sorriso che era
più simile ad una smorfia, mentre si infilava di nuovo per
l’apertura da cui erano sgattaiolati. Prima che trovasse la
fune gli udì pronunciare in modo svenevole
un’altra frase che inconsapevolmente lo infastidì:
- La tua arma letale è la bellezza, piccola.
“Che
sdolcinato”, borbottò in testa, rendendosi conto
che si era sbagliato su quell’amicizia: più lo
conosceva più quel moccioso lo faceva sentire un incapace in
tutto, e questo non gli procurava altro che la smania di dimostrargli
apertamente che non era affatto vero.
La luce del giorno
stava prepotentemente inondando la casupola, infiltrandosi attraverso
ogni più piccolo spiraglio. Jim capì che aveva
poco tempo e si affrettò a recuperare furtivamente la sua
giacca, il cappello e la sciabola, trattenendo il fiato
poiché rischiava di svegliare i restanti pirati, e
soprattutto sua madre. Tuttavia, con un improvviso lampo di audacia,
osò rischiare: più piano che poté, si
avvicinò a Pintel e Ragetti che russavano pesantemente,
sottrasse le loro pistole, e, accertandosi con un’ultima
occhiata che nessuno lo vedesse, se ne tornò altrettanto
silenziosamente di sopra.
Quando
incrociò la faccia malandrina di Jay Jay sbottonò
volutamente la giacca evidenziando il temerario bottino che si era
procacciato. Il ragazzo si complimentò sardonico.
Nella sua mente
balenò una nuova consapevolezza: fra di loro, senza che lo
volesse, si era accesa una competizione.
- Lo sai
che adesso ci sono sette pirati nobili quanto i sette mari?
- Sì. Ho
anch’io le mie fonti – stigmatizzò Will,
negandogli l’occasione di credersi il più esperto,
per poi aggiungere dopo qualche passo: - Ma tu li conosci?
Jack
continuò a camminare avanti, dondolando appena: - A parte
te, Anamaria e quell’altro … No – ammise
crucciato e un po’ preoccupato, fermandosi a pensare. Delle
voci abbastanza alterate li fecero accorrere verso il rifugio in cui
avevano trascorso la notte.
- Che succede?
– domandò sollecito Will, vedendosi venire
incontro la moglie e la ciurma. Sputafuoco si fece avanti con la
consueta flemma: – Il piccolo Jim è sparito.
- Assieme ad Amaryllis
e Jay Jay – puntualizzò agitata Elizabeth,
instillando la sua stessa ansia nel marito.
Il buon Gibbs si
prestò a calmare i toni: - Saranno andati a fare una
passeggiata – abbozzò serafico.
Jack lo difese dalle
occhiatacce degli altri: - Ben detto! Preoccupiamoci di ciò
che è davvero preoccupante: il rum è finito!
– stridette adocchiando le bottiglie vuote abbandonate dentro
la casupola, quindi si rivolse a Pintel e Ragetti - Voi due: andate a
prendere dell’altro rum a bordo.
I marinai, ancora un
po’ assonnati, obbedirono svogliatamente – E
portate pure quella cosa – ricordò loro il
capitano, le labbra arricciate e gli occhi leggermente spiritati.
Joshamee gli si
accostò, accennandogli ad un barile piazzato
nell’angolo più interno del rudere: - È
già qui, Jack.
Sparrow perse la sua
tracotanza, impallidendo vistosamente: - Mi sento mancare
l’aria qui dentro – deglutì con un filo
di voce, lasciandosi portare fuori dal paziente compare.
I Turner
s’incuriosirono per quello scambio smozzicato di battute, ma
preferirono non indugiare avendo il pensiero al figlio ribelle che
doveva averne combinata un’altra delle sue.
Intanto
Jim, Jay Jay e Amaryllis, molto più lontano, stavano
attraversando una zona particolare di Isla Cruces, un istmo ricoperto
di pochi centimetri di acqua cristallina che arrecava una gradevole
frescura, rendendo meno pesante la lunga marcia sotto il già
rovente sole mattutino. Fu allora che Jim notò
l’incredibile effetto che le corte onde della battigia
avevano al contatto con la pelle della ninfa: sembrava diventare parte
stessa di quel liquido elemento, perdendo consistenza e diventando
trasparente.
Quel fatto non lo
impressionò più di tanto, anzi lo
rasserenò: ora capì finalmente come mai la
ragazza in passato avesse sempre cercato di evitare ogni contatto con
l’acqua del mare, colpevole quindi di rivelare la sua vera
identità ultraterrena.
Amaryllis si
sentì osservata ma rincuorata dal percepire che il giovane
umano non la temeva, anzi la capiva ed emanava una forte energia
positiva e protettiva. Anche lei lo avrebbe protetto, cercò
di comunicargli con gli occhi, fissandolo con una soavità
quasi perforante.
- È meglio
rientrare nella boscaglia – affermò d’un
tratto Jay Jay, e Jim non se lo lasciò ripetere due volte,
trovando così il pretesto per staccarsi da quelle iridi
azzurre e luminose dallo straordinario magnetismo.
Dopo qualche metro,
però, avvertì che il tragitto sembrava continuare
a prolungarsi rispetto a come lo aveva immaginato dalla collina: - Ci
siamo persi.
Il mulatto
obiettò con la testa: - No, abbiamo solo preso
un’altra strada – ironizzò con un
pizzico di nervosismo.
- Sbagliata
– perseverò Jim, sentendo sorridere piano
Amaryllis dietro di lui.
In
quell’istante i profili di due navi distinte si slanciarono
oltre la vegetazione tropicale che forniva un valido scudo ai tre
intrepidi esploratori.
Avanzarono cautamente,
piegandosi in corrispondenza di foglie e rami per celarsi agli ignoti
uomini appena sbarcati. Poterono così valutare in
tranquillità le fattezze dei due velieri. Uno aveva lo scafo
bruno largo e basso, una fila di remi su ogni fiancata che somigliavano
a grosse pinne e si aggiungevano all’ampia velatura disposta
su quattro alberi, e le sue vele erano decorate con sagome di pesci.
Una trentina di uomini robusti e dall’aspetto trucido vi si
affaccendava attorno.
- Quella non
è la Barracuda – bisbigliò guardingo
Jay Jay, accovacciandosi vicino a Jim che stralunò a sua
volta senza parlare – E quell’altra? La conosci?
– gli domandò ancora stranito.
Il giovane Turner si
concentrò ad analizzare la seconda imbarcazione che aveva
una chiglia appuntita di legno verdastro, due soli alberi e le fiancate
piene di portelli e altre incomprensibili strutture metalliche.
Era sicuro di non aver
mai visto niente del genere. Sul suo cassero di poppa si muoveva con
andatura fredda e misurata un uomo di mezza età con indosso
una logora casacca celeste, un largo tricorno rosso stinto nascondeva
in parte il suo volto rugoso chiazzato da macchie e da una folta barba
brizzolata e arruffata, facendo ombra sui suoi piccoli occhi incavati.
La sua voce sporca, cavernosa e con un’indimenticabile
sfumatura malvagia distribuiva inesorabile ordini e minacce ai
sottoposti.
Il cuore di Jim perse
un battito: sapeva per certo che non poteva trovarsi lì,
eppure era altrettanto sicuro di non potersi sbagliare: - Credo di
conoscere quel capitano.
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Capitolo 23 *** Capitolo 22: Complicazioni ***
Salve carissime lettrici e/o
lettori! So che è passato parecchio dal mio ultimo approdo
ma conto ancora di trovarvi numerosi a leggere e commentare questa
storia! In questo nuovo capitolo ho inserito veramente parecchia carne
al fuoco, un fuoco lento che spero alla fine si trasformerà
in un buon'arrosto!^^
Nonostante la mia
latitanza negli aggiornamenti ho notato che la mia serie "La spada, il
corvo, il mare" continua a vantare parecchi seguaci vecchi e nuovi, e
oggi colgo l'occasione per ringraziarvi tutti.
Grazie per il
vostro apprezzamento! Spero di non deludervi e vi anticipo che vi
terrò compagnia almeno per un'altra decina di capitoli!
A presto, con affetto
Fannysparrow.
ps: oggi nella mia
pagina autore ho inserito il link alla mia pagina personale scrittore
su facebook, per chi volesse contattarmi per farmi domande o per
chiacchierare, vi aspetto!
Capitolo
22: Complicazioni
- Hey!
Abbiamo compagnia!
A quel grido
entusiastico i capitani si precipitarono fuori dalla costruzione per
saperne di più.
La bocca di Anamaria
si aprì in un sorriso rincuorato: - Ci siamo tutti, a quanto
pare, finalmente! – mormorò soddisfatta,
incontrando i volti meno tranquilli degli amici – Segnalate
la nostra posizione! – gridò comunque ai suoi
marinai, che si arrampicarono issando un cannoncino per sparare dei
colpi di avvertimento agli ignoti arrivati.
Jack non fu
d’accordo con quella temeraria iniziativa: - Ma che ne sai
che la compagnia arrivata sia quella giusta? Non sarebbe meglio
aspettare di capire chi sono, prima di rivelarci? – si
intromise febbrilmente preoccupato.
Nel mentre giunse
anche José: - Io pensavo di andare a cercare i ragazzi -
avvertì la Jucard, accennando col mento alla giungla, ma lei
gli corse dietro e lo fermò, ignorando le petulanti
rimostranze di Sparrow che la inseguiva a sua volta: - No,
José. Preferirei averti qui, nel caso dovessimo combattere.
A quella
considerazione Will ed Elizabeth le lanciarono uno sguardo inquisitorio
e permaloso, ma il capitano della Murena continuò a fare la
voce grossa, sfoderando la sua schietta intraprendenza: - Andranno
Sputafuoco e Gibbs a recuperare i marmocchi.
Jack fissò
per qualche istante le mani della donna saldamente appoggiate ai
possenti pettorali del pirata dalla pelle scura, poi tornò a
scrutarla e reagì rabbiosamente: - Volevo ricordarti che
mastro Gibbs fa solo quello che gli dico IO, nevvero? –
sollecitò con un insistente occhiolino il compare.
- Certamente
– si affrettò a rispondergli quello con un abbozzo
di riverenza, attendendo il suo ordine.
Sparrow finse di
ponderare saggiamente la sua scelta mentre tutti lo guardavano incerti
sul da farsi: - Vai pure con Bill. Tanto qui non servi a niente
– sbottò altezzoso voltando le spalle al
sottoposto, e ritrovandosi così nuovamente faccia a faccia
con Anamaria che lo motteggiò con un sogghigno saccente, dal
quale intuì che non aveva ancora finito di spadroneggiare:
- Gradirei che
restaste anche voi, signori Turner, dato che io e Jack andremo a dare
il benvenuto a Capitan Barbossa.
Will ed Elizabeth
sgranarono gli occhi, mentre il capitano della Perla le urlò
un bizzoso: - Te lo scordi!
La Jucard gli si
avvicinò sguainando la spada: - Hai paura di rivedere il
caro vecchio Hector o di restare da solo con me? – lo
stuzzicò passandogli la lama ad un soffio dalle treccine del
pizzetto e incutendogli lo spavento di tranciargliele.
Jack emise un
singulto, afferrando con decisione la sciabola e scostandola: - Ho
paura che tu ti stia prendendo un po’ troppe
libertà, cara. Non sei mica il re dei pirati! – la
ammonì tra il serio e lo scherzoso.
I Turner aprivano
bocca e scattavano in avanti, senza riuscire ad inserirsi nella vivace
diatriba.
- Quindi mi lascerai
andare da sola? – continuò a lagnarsi Anamaria,
risistemando le armi nei loro foderi, senza alzare la fronte. Il
filibustiere, sbuffando e alzando gli occhi al cielo, le porse il
braccio invitandola ad incamminarsi e la donna, senza dargli troppa
soddisfazione, lo assecondò tenendosi a distanza.
Elizabeth
tentò invano di richiamarli, ma le sue parole si persero tra
i suoni della foresta che stava ridestandosi.
- Ci hanno fregati!
– appurò crucciata volgendosi al marito
– Che facciamo qui? – lo spronò, non
riuscendo più ad accettare la permanenza in
quell’angolo così recondito dell’isola,
senza sapere cosa facessero tutti gli altri.
Will, però,
si mostrava stranamente calmo: - Vedrai che adesso i ragazzi torneranno
e nel frattempo sarà meglio riposare per essere lucidi e
pronti a ricevere gli altri – commentò flemmatico,
mettendosi ad affilare la sua spada contro una lapide.
La sua indifferenza
non fece che peggiorare l’umore già compromesso
della moglie: - Will, ti ricordo che l’ultima volta in cui
Jim è andato in giro da solo per la giungla ha sparato ad
una ninfa. E adesso di pistole ne ha due … E ci sono un
mucchio di pirati attaccabrighe qui intorno. Pensa un po’ tu
cosa potrebbe succedere – lo schiaffeggiò
verbalmente.
Il pirata non cedette
al pessimismo della compagna che, oltretutto, gli aveva rivelato di
essere a conoscenza di quello che lui pensava fosse un segreto tra lui
e suo figlio.
Interruppe la
molatura, le sorrise lievemente prendendole le mani: - Magari invece
Jim questa volta si responsabilizza, non pensi?
Lei lo
guardò incredula: lo credeva immune dalla dissennatezza che
inevitabilmente contagiava chi viveva a lungo per mare, al contrario
anche lui pareva esserne vittima da qualche tempo! Ma poi
cercò di rilassarsi e di riconsiderare la situazione: il suo
Jim non era un ragazzino qualunque, tre anni di pirateria
l’avevano istruito abbastanza su come cacciarsi fuori dai
pasticci indenne. Anche se restava sempre un Turner: impulsivo e a
volte un po’ ingenuo.
Will aveva lo sguardo
sereno e sicuro, gli concesse fiducia e capì che doveva
avere validi motivi per non preoccuparsi: - Cosa vi siete detti tu e
Jack?
-
Fortezza?! Ne sei proprio certo, BJ?
Jim afferrò
per il bavero Jay Jay, che si era sporto imprudentemente a spiare da
oltre il cespuglio per osservare meglio quell’uomo
– Sì, ne sono certissimo –
bisbigliò ancora frastornato.
Il mulatto non si
capacitava: - Come eri certo che fosse morto?
Turner
esalò un verso seccato: - Per la cronaca, io non
l’ho visto morto, è stato capitan Jack a dirci che
era affogato – precisò piccato, sottraendosi
all’infamante accusa di essere un bugiardo.
Inaspettatamente fu
Amaryllis a mettere tregua ai loro diverbi: - Loro cercano persona con
sangue salato. Solo così l’occhio funziona intero
e possono chiedere il dono supremo. La vita eterna –
rivelò con una vena d’angoscia nella voce
cristallina.
Jim
boccheggiò intuendo che quella persona per qualche ragione
doveva essere proprio lei, e che per questo si era nascosta fra loro.
- Hey, bella! Comincio
a sospettare che tu sappia molte più cose di quello che vuoi
farci credere! – imprecò Jay Jay sguainando un
pugnale.
Il coetaneo con un
calcio glielo fece cadere: - Non la sgridare – lo
minacciò stringendo i denti e trafiggendolo con
un’occhiataccia che quello gli restituì.
- Lei mente
– gli intimò irremovibile.
- Avrà
avuto le sue buone ragioni – soffocò un urlo il
giovane Turner, al che il moretto lo oltraggiò con un
sorrisetto irriverente, raccogliendo il pugnale e rimettendolo a posto,
senza interrompere quella sommessa risatina di scherno, ora rivolta
alla nereide.
Poi di colpo
riacquistò un contegno posato: - Comunque quanto dice Amy
spiega tutto. Quello sporco traditore di Jack Sparrow a quanto pare
è di nuovo in cerca dell’immortalità!
Che idiota! – attestò sdegnato e incollerito.
- Perché
parli così di lui? – lo rimproverò
amareggiato Jim; nonostante sapeva che quel bizzarro pirata non fosse
un uomo integerrimo, si rifiutava di crederlo ancora una volta in
combutta con quell’antico nemico che aveva imbrogliato anche
lui. Tuttavia non se la sentiva nemmeno di poterlo escludere del tutto
...
Jay Jay lo
afferrò con malgarbo per un braccio: - Dobbiamo avvertire il
capitano Jucard e i tuoi! – lo esortò impellente,
ma entrambi si sentirono tirare per la camicia e si ritrovarono con la
schiena per terra.
- Shh! Leggeri
mortali! Vi farete scoprire! – li richiamò
benevolmente Amaryllis, stesa in mezzo a tutti e due. I ragazzini non
ebbero il tempo di fiatare o muoversi che lei si girò a
pancia sotto premendo le mani sulla loro bocca, mentre le ombre di
alcune sagome armate passavano a pochi passi dal loro debole
nascondiglio, smuovendone con irruenza le fronde ...
Jack e
Anamaria procedevano senza fretta e senza parlare da quando avevano
lasciato gli altri. Si sbirciavano di sottecchi e mantenevano un certo
distacco.
- Sei insolitamente
silenzioso … a cosa stai pensando? – chiese
d’un tratto la piratessa, facendo una sosta sotto una palma e
bevendo qualche goccia d’acqua dalla sua borraccia. Sparrow
continuò a restare accigliato e le passò accanto
con incedere stizzito e labbra serrate.
La mora si rimise in
marcia affiancandolo: - Pensi agli insulti che rivolgerai a Barbossa?
– lo punzecchiò con facile ironia.
Jack si espresse con
tono piatto e biascicato: - Quelli mi usciranno spontanei non appena mi
ritroverò davanti la sua brutta faccia – sostenne
sarcastico, aprendo appena lo sportellino della bussola, senza
staccarla dalla cintura.
La vegetazione si
diradava ed era avvertibile la risacca del mare. Anamaria gli
parlò prima che fossero troppo vicini ad orecchie
indiscrete: – Che senso ha questa rivalità tra te
e Barbossa? Ormai hai riavuto la Perla …
Il capitano
piantò i piedi e girò sui tacchi, gesticolando in
modo nervoso e fissandola negli occhi con intenso risentimento: -
Sì, ho riavuto la Perla, ma ciò non
ripagherà mai tutto il tempo in cui l’ho perduta
perché era sua.
Jack si
voltò e riprese a camminare. Anamaria si sentì
mozzare il respiro nel riscontrare la tenacia e la disperazione con cui
quell’uomo continuava a custodire il suo attaccamento a quel
veliero e, una volta di più, comprese che nel suo cuore non
ci sarebbe mai stato spazio per niente e nessuno oltre a quella nave.
Le sembrava una contraddizione. Com’era possibile che Jack
Sparrow fosse capace di provare un sentimento così forte e
duraturo per un vecchio vascello e non fosse altrettanto disposto a
rivolgere lo stesso impulso nei riguardi degli esseri umani, e nello
specifico di una donna? Era chiaro che preferisse passare per codardo.
Pur immersa in quei
ragionamenti, la Jucard seguitò a muoversi dietro di lui e
in breve la figura maestosa della Medusa Spettro occupò
l’orizzonte.
Il suo capitano,
Hector Barbossa, si sollevò dal barile su cui era seduto,
aspettando che i due pirati si approssimassero, a braccia incrociate e
con un’espressione altera e annoiata.
- Sono sorpreso di
trovarti ancora al comando della Perla Nera, Jack – stridette
con un sorriso tirato, chinando un poco il capo per salutare la
piratessa.
Jack lo
squadrò da capo a piedi con aria perplessa: - Ed io sono
sorpreso di trovarti ancora vivo. Non pensi sia ora di ritirarti? Sei
decrepito per la vita piratesca!
Anamaria gli
rifilò una gomitata mentre Barbossa lo incenerì
con lo sguardo, assumendo una postura meno rilassata e
all’apparenza più vigorosa. Gli anni non
più verdi ogni tanto gli pesavano, ma non aveva alcuna
intenzione di lasciare le sue ossa su qualche miserabile pezzo di
terra! Sarebbe morto in mare, come ogni pirata che si rispetti.
L’attenzione
di Sparrow, intanto, si concentrò sui dettagli della nave
del collega e, arrivata all’albero maestro, colse subito
un’evidente mancanza: - Che ne è stato di quel
grosso diamante? – strillò stupefatto allargando
enormemente gli occhi.
- Aspettavo
l’occasione di chiedertelo da quando è sparito
– replicò acido e sospettoso Hector, sfiorando
l’impugnatura della pistola.
Jack non sapeva se
offendersi o sentirsi lusingato: - Non penserai che sia stato io?
L’attempato
capitano si fece una risata secca e poi riprese a minacciarlo: - Ne
sono praticamente certo. A Saint Kitts.
Il bucaniere si
tamburellò l’indice sul labbro: - Saint Kitts? Non
mi ricordo di essere mai stato lì. Che
c’è di bello? – domandò
franco e gioviale, ma gli altri due non cessarono di esibire un
atteggiamento ostile nei suoi riguardi.
Sparrow si
alterò in una smorfia: - Andiamo, Hector! A
quest’ora mi sarei fatto qualche dente di brillante! E, vedi,
non ne ho alcuno – gli mostrò spalancando la bocca
con l’aiuto delle dita, ad una spanna dal suo viso.
- Pacchiano
– si limitò a borbottare quello, indietreggiando
per l’alitata alcolica che l’aveva investito.
Anamaria, invece, lo
rimbrottò con un leggero pugno sulla spalla: - Non mi dire
che si trattava dell’Occhio dell’Oceano?
– lo interrogò preoccupata, al che anche Barbossa
si dimostrò interessato.
Jack si
adombrò e annuì: - Ecco … Temo di
sì.
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Capitolo 24 *** Capitolo 23: Scambio di vedute ***
Salve a tutti! Finalmente,
chiedendovi scusa per il gran ritardo, oggi riesco a postare un nuovo
capitolo di questa lunghissima storia! Siamo quasi agli sgoccioli e le
rivelazioni ormai si fanno più fitte, anche se i misteri
restano^^
Ringrazio come sempre
tutti coloro che leggono o leggeranno, chi mi lascia commenti e chi
mette questa storia tra le seguite (Puffola_Lily tra le ultime), le
preferite o le ricordate.
Al prossimo approdo!
Capitolo
23: Scambio di vedute
Elizabeth
camminava in tondo da parecchi minuti, i nervi formicolanti e un groppo
alla gola: non uno fra quelli che erano partiti aveva fatto ritorno e
soprattutto non chi aspettava con maggiore trepidazione.
Will parlottava con
gli altri pirati ed era salito e disceso più volte dalla
cima della casupola per cercare di captare qualche movimento di rilievo
in prossimità della costa.
D’un tratto
un fruscio di foglie, accompagnato da alcuni sussurri,
anticipò l’inaspettata comparsa di un nuovo
gruppetto di filibustieri capeggiati da un loro controverso e ritroso
conoscente: - Compagni capitani! La natura selvaggia d’esto
loco è assai idilliaca alla vista, ma ben poco si addice ad
una congrega di pirati. Perché mai, ancor mi chiedo, abbiamo
abbandonato la suggestiva tetra cornice della Baia dei Relitti,
perfetto scenario a gente del nostro stampo? Sapete dirmi?
I coniugi Turner si
guardarono esterrefatti mentre l’uomo con noncuranza si
tamponava la testa calva con un foulard di seta verde, celando il
fiatone con cui aveva proferito quella manierata presentazione.
Dopo attimi
d’imbarazzante silenzio soltanto Elizabeth trovò
lo spirito giusto con cui fronteggiarlo: - Capitan Taft, quale
impedimento vi ha interdetto dal raggiungerci a Saint Thomas, or
è un mese?
Il pirata
inghiottì sveltamente della saliva amara, punto dalla
mancata accoglienza e dall’accento aspro della donna, ma
replicò lo stesso con un sorriso a fior di labbra che gli
fece muovere i baffetti sottili: - La corrente delle Azzorre,
ovviamente.
Will mosse un passo
verso di lui fissandolo con malevolenza: - Vi suggerisco di rimediare
un’altra riposta se non volete ricevere un’accusa
di tradimento davanti al Consiglio.
Taft
avvertì chiaramente un clima di avversione, tuttavia
perseverò a fingersi immune alla collera e si
mostrò affabile e controllato: - Quanta
fiscalità, amici! Siamo pirati!
I capitani
dell’Olandese Volante restavano impassibili e accigliati di
fronte all’algida sfuggevolezza del comandante della
Barracuda. Lo conoscevano poco ma, istintivamente, nutrivano una forte
diffidenza nei suoi riguardi. E Jack aveva certo contribuito non poco a
quella considerazione negativa. Il problema era capire chi dei due
fosse sincero.
- Allora? Che ne
è stato dei nostri colleghi? Quando abbiamo intenzione di
iniziare? – sbottò con impazienza Taft, acuendo
involontariamente il tono della voce.
Elizabeth gli si
accostò gettando una rapida occhiata alla ciurma
dell’uomo che scalpitava scontenta alle sue spalle: -
Mettetevi comodo. Presto saremo al completo.
I rami
poco a poco tornarono immobili, le ombre minacciose si dileguarono e i
respiri dei ragazzi ripresero un ritmo regolare. Jay Jay e Jim
sollevarono gradualmente la schiena dall’erba fresca e si
guardarono negli occhi con incredulità.
- Non ci hanno visti?
– balbettò Turner imbattendosi
nell’espressione velatamente compiaciuta di Amaryllis.
- Presto! Dovete
andare ad avvertire gli altri! – ribatté lei,
rimettendosi rapidamente in piedi con l’agilità di
un fringuello che riprendesse il volo.
Jay Jay
annuì deciso e, dopo essersi accertato che non vi fosse
davvero più gente lì attorno, imboccò
un sentiero della giungla svanendo velocemente e senza curarsi di
aspettare che lo seguissero.
Jim restò
imbambolato e la bella ninfa sorrise lievemente del suo stordimento,
impicciandolo e seccandolo un po’: - Come hanno potuto non
accorgersi di noi? Erano ad un soffio! Hanno infilato la testa! E
… hai usato una … magia?
La biondina gli
poggiò un dito sulle labbra: - Vieni con me. Voglio farti
vedere una cosa … - lo invitò tornando
riflessiva. Il ragazzino si lasciò prendere per mano
cercando di non arrossire mentre la nereide lo conduceva prudentemente
attraverso la vegetazione, percorrendo a ritroso la strada che li aveva
portati sin lì.
Jay Jay
si era lanciato a rotta di collo fra gli alberi, buttandosi alle spalle
la spiacevole tensione di essere stato così vicino a cadere
nelle grinfie di altri pirati di cui sconosceva ancora i propositi. Jim
non lo aveva seguito, ma poco importava. Lui aveva quasi sempre vissuto
e lavorato da solo, mentre aveva capito sin da subito che quel moccioso
era ancora troppo attaccato ai suoi genitori per essere un vero pirata.
Quella graziosa fanciulla li aveva aiutati usando sicuramente i suoi
sconosciuti poteri, ma era meglio che altri non lo sapessero. Tenne
d’occhio la cima della collina, questa volta non avrebbe
sbagliato strada, eppure la sua corsa si interruppe prima del previsto
contro un corpo che al primo impatto non distinse.
- Siete voi!
– esclamò tranquillizzandosi un po’
quando lo riconobbe.
Jack con quello
scontro era finito seduto a gambe aperte, contraendosi ancora per il
dolore della botta che gli era arrivata direttamente allo stomaco. Non
appena la vista gli si snebbiò, affinò lo sguardo
e divenne furioso, ma Jay Jay lo precedette.
- Siete voi
– stridé il ragazzo di colpo digrignando i denti,
impulsivamente sguainò il pugnale e lo sovrastò
bloccandolo con la schiena al suolo: - Schifoso traditore, ci avete
teso un tranello!
Anamaria accorse
udendo quel vocio e per poco non credette di assistere ad uno scontro,
o peggio ad uno sgozzamento: - Jay Jay! Fermati! Di che diamine stai
parlando?
Il moretto si
contenne, ma nel suo accentò restò la bile: - Il
vostro “amico” qui, ci ha portato Fortezza!
– frignò non staccando la faccia torva da quella
inebetita del capitano della Perla Nera, che si trovò a
lottare contro la sua sorprendente forza per tentare di rialzarsi.
- Fortezza?
– trasecolò la Jucard inquietandosi e fissando
Sparrow in cerca di conferme.
- Improbabile!
– si difese subitamente lui, ribaltando infine le posizioni
con il ragazzino per poi lasciar cadere il suo pugnale dentro un
cespuglio.
Nel frattempo era
sopraggiunto anche Barbossa con quattro della sua ciurma, e quella
discussione lo lasciò piuttosto perplesso, anche se
preferì non esporre il suo parere.
Anamaria
prestò un braccio a Jay Jay per aiutarlo a rimettersi in
piedi: - Dov’è il figlio dei Turner? –
lo interrogò infuriata, più che altro da tutti
quei misteri che stavano emergendo intorbidando sempre più
la situazione.
Il ragazzino
s’inalberò: - Che ne so –
bofonchiò mettendosi a cercare la piccola arma cui era tanto
affezionato, poiché era stata la prima che avesse avuto per
sé.
Ma la capitana non lo
mollò, immaginava già le espressioni di Elizabeth
e Will se fosse tornata con uno solo dei due ragazzi: - Non eravate
insieme?
Il giovane emise un
urletto di gioia rinvenendo il pugnale, gli diede un bacio e se lo
nascose nella cintola prima di risponderle acidamente: - Sissignora. Ma
non sono mica la sua balia! Sarà rimasto indietro.
In
quell’istante Barbossa li superò col suo passo
svelto ma claudicante, spingendo a camminare rapidamente anche Jack che
si era attardato ad ascoltare i due, gracchiando: - E noi dobbiamo
andare avanti, ci aspettano!
A quella
sollecitazione sia Jay Jay che Anamaria sveltirono il passo, mettendosi
in capo al gruppo e il mulatto, dopo poco, bisbigliò
annoiato all’indirizzo della donna: - Chi è quel
vecchio zoppo?
La Jucard gli
rifilò una tirata d’orecchio: - Jay Jay! Quello
è Capitan Barbossa! Stai attento a come parli!
Il ragazzino si
voltò e inviò un sorrisetto e un cenno di saluto
all’attempato filibustiere che, però, pareva
concentrato sui suoi pensieri e non lo notò, mentre Jack,
poco distante, si trovò a considerare che quel mocciosetto
dal cipiglio arrogante, magro come un’acciuga e scattante
come la corda di un arco, pareva in qualche modo imparentato con la
simpatica Anamaria per il modo lesto di muoversi, guardare e perfino
parlare ...
Il mare
era limpidissimo e piacevolmente fresco, non molto profondo
però in grado di assicurare di nascondersi completamente
sotto la sua superficie. Quella era una delle tante baie
dell’isola, incontaminata anche solo dal ricordo della
presenza umana del passato o del presente. Jim comprese che Amaryllis
l’aveva scelta per impedire che altri li vedessero, anche se
non gli aveva ancora rivelato quale fosse il motivo di
quell’allontanamento.
La ninfa aveva
iniziato a bagnarsi poco a poco e il suo corpo si era confuso tra le
onde, prima che l’acqua giungesse a coprirla interamente
allungò un braccio verso l’amico, chiedendogli
gentilmente di raggiungerla: - Non temere, Billy Jim. Il mare
è nel sangue umano dal tempo in cui gli esseri umani erano
parte di un altro elemento. Jim
tentennò confuso, poi adagiò cappello, cintura e
stivali poco lontano dal bagnasciuga, prese un lungo respiro e si
tuffò.
Quando si decise ad
aprire gli occhi ebbe un sussulto che quasi gli fece uscire di bocca
l’aria accumulata. Per la prima volta la magica creatura gli
si mostrava per quello che era: parte dell’elemento
più sfuggente e affascinante del pianeta. La veste di perle
era scomparsa e la sua pelle appariva trasparente e liquida come
l’acqua, tuttavia riusciva appena a discernere il suo profilo
poiché emetteva una tenue aura celeste. I suoi capelli erano
diventati di un argento brillante, le orecchie apparivano appuntite
mentre i suoi occhi azzurri, che tante volte lo avevano costretto ad
abbassare lo sguardo per la loro purezza e intensità, adesso
apparivano gialli e fluorescenti.
La creatura gli
sorrise e allora gli sembrò che fosse sempre la stessa, in
fondo. Tornò su per riprendere altra aria, lei
però non riaffiorò e allora si immerse di nuovo e
la colse mentre faceva qualcosa che di primo acchito non
riuscì a spiegarsi.
Era come se soffiasse
sott’acqua, ma in verità capì che
probabilmente stava comunicando nella sua strana vera lingua, fatta di
gorgoglii e suoni acuti simili a quelli emessi dai delfini e da altri
esseri marini.
Dopo qualche secondo
la nereide lo afferrò per un braccio suggerendogli di
uscire, e i due rimasero in silenzio fin quando non toccarono di nuovo
terra e lei riacquistò l’aspetto di una delicata
fanciulla: - Non piacerei a nessuno in quel modo - sussurrò
rimuovendo con una strizzata energica l’acqua dai lunghi
capelli che tornarono dorati, mentre anche il prezioso vestito perlaceo
andava ricomparendo.
- Non hai niente che
non va … Sei solo non umana – la
rassicurò Jim, spremendo alla meno peggio la camicia zuppa e
rimettendosi gli stivali.
Amaryllis lo sorprese,
piegandosi verso di lui e posandogli un leggero bacio sulla guancia:
- Sapevo che potevo
fidare di te.
Il ragazzino si
sentì avvampare e simulò il forte disagio
continuando a perdere tempo con i bottoni della giacca e le fibbie
della cintura, per non doverle rivolgere il viso che temeva fosse
diventato rosso come un peperone.
Tuttavia la ninfa con
naturalezza aveva posto l’attenzione
sull’orizzonte: - Adesso loro sanno –
annuì grave, precisando, quando Jim la scrutò con
dubbiosità - Le mie sorelle e i miei fratelli. Quelli che
sono ancora liberi.
- Chi li tiene
prigionieri? – replicò quello curioso –
La persona col sangue salato. Quello che ha rubato l’Occhio
dell’Oceano – dedusse crucciato per non averlo
ancora potuto identificare.
Amaryllis comprese che
era ora di svelare tutto il resto: - Per ottenere vita eterna deve
versare tutto suo sangue salato sulla pietra, dal suo cuore. Ma lui ha
paura di morire, per questo cerca altra persona con sangue salato da
sacrificare.
Turner si sentiva
onorato per quella confidenza, e, sebbene la storia lo turbasse, ormai
che c’era voleva sapere tutto: - Chi è questa
persona? Tu lo sai?
La nereide tese il
braccio verso di lui sfiorandogli con l’indice il petto e
stropicciando le labbra per il dispiacere: - Sei tu Jim
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Capitolo 25 *** Capitolo 24: Carte in tavola ***
Buona domenica lettori! A
chiunque di voi sia ancora interessato a questa lunga storia chiedo
umilmente venia per l'enorme ritardo nell'aggiornamento, ma metto le
mani avanti giustificandolo con esami, mancanza di tempo, blocco di
ispirazione che se n'è andata a spasso con altre
storie...Vabbé, mi fermo qui, che è meglio! XD!
Siamo agli sgoccioli,
nella mia testa dovrebbero mancare circa 6 capitoli alla conclusione.
Spero di riuscire a postare più spesso, anche se le vacanze
sono comunque motivo di ulteriori distrazioni.^^
Ringraziando come sempre
tutti coloro che leggono in silenzio, chi mette la storia tra
seguite/ricordate/preferite e chi mi lascia il suo parere ad ogni
capitolo (loro sanno chi sono), vi auguro buona lettura.
Al prossimo approdo!)
Capitolo
24: Carte in tavola
Quelle
iridi di cristallo riflettevano sempre la stessa luce benigna
nonostante avessero appena espresso la sua condanna. A Jim
sembrò di avere perso improvvisamente la facoltà
di capire, sentire, parlare.
- È
assurdo! Credevo che il sangue salato potessi avercelo tu, oppure
Capitan Sparrow, o mio padre … - s’interruppe a
bocca dischiusa quando lei annuì.
- Tuo padre
apparteneva al mare quando nascesti – stimò
ineludibilmente.
Turner si
afflosciò sulla sabbia a riflettere, profondamente turbato.
Non perse tempo a domandarsi come lei potesse saperlo,
sicché oramai era assodato che fosse dotata di una sovrumana
conoscenza, piuttosto era preoccupato da ciò che significava
quella scoperta: - Ma il sangue salato è un sangue normale
…? – indagò titubante, scrutandosi
scioccato le vene che trasparivano sui polsi.
La bionda nereide
emise un risolino e si premurò di offrirgli una mano per
incitarlo a rialzarsi:
- Di più.
È speciale – commentò osservandolo
ancora con le labbra arcuate.
- Sono qui per
uccidermi … Stanno cercando me … è
questo che stai cercando di dirmi? – balbettò Jim
confuso e spaventato, indietreggiando verso la giungla.
Amaryllis si
lasciò sfuggire un sospiro indulgente e incoraggiante: - Non
devi morire. Puoi venire con me – gli propose allungando le
braccia verso le sue spalle – In fondo al mare la vita
è più sicura, tranquilla e … noiosa
– riconobbe desolata, arrestando le mani a
mezz’aria, raffreddando l’iniziale entusiasmo
– Ed è per questo che voi umani non potreste
viverci per sempre.
Il giovane Turner
rifletté su quelle parole e non trovò
l’appiglio per smentirle. Per quanto fosse affascinato dal
mare, sin da quando aveva memoria, c’era qualcosa che lo
frenava ad abbandonarglisi completamente. Superata la paura di non
toccare il fondo era subentrata quella di affondare, di essere
trascinato dalla corrente senza riuscire a domarla. E gli occhi
profondi e acquosi di quella creatura non gli rammentavano che questo
timore all’apparenza insensato.
- Coraggio, torniamo
dagli altri – le suggerì alacremente, ricoprendosi
d’imbarazzo nel considerare quanto tempo avesse trascorso da
solo con lei dopo il suo taciuto allontanamento dai genitori e dalla
ciurma.
La ninfa
strisciò i piccoli piedi nudi sulla tenera sabbia,
tenendogli dietro a passi sconfortati.
Jim valutò
il sentiero meno frondoso per evitare che entrambi si graffiassero la
faccia o si impiastricciassero di insetti. Insultò
mentalmente Jay Jay per essersi dileguato senza averli aspettati, non
avevano nemmeno concordato una giustificazione da fornire agli adulti.
Ma era principalmente
un altro il pensiero che lo premeva. Guardò per alcuni
secondi l’amica, prestandole aiuto nei punti più
difficoltosi da superare in quella fitta boscaglia tropicale che
rendeva ancora più afosa l’aria già
surriscaldata dal sole di mezzodì. Il suo viso era
così candido e celestialmente bello. Una piccola ruga tra le
sottili sopracciglia dorate le increspava la pelle diafana e la piccola
bocca rosa era aggrottata in un sorriso che si sforzava di apparire
sereno.
- Quanti anni vivete
voi? – le domandò con indiscrezione –
Scusa – mormorò subito dopo, incontrando la sua
espressione attonita. La sua intenzione era soltanto quella di deviare
l’argomento per tentare di scacciare il malumore che aveva
teso i suoi lineamenti, poi, però, si rese conto di aver
optato per la conversazione meno opportuna. La fanciulla tacque e lui
evitò di posare di nuovo i suoi occhi su di lei, mostrandosi
occupato a seguire il sentiero.
- Posso risponderti
– sentì pronunciare dalla sua voce chiara e dolce
– Noi di stirpe inferiore viviamo solo diecimila dei vostri
anni. Quando il soffio di vita svanisce ci dissolviamo nella spuma di
mare – spiegò con una sfumatura estremamente
placida – La
dea invece è eterna – soggiunse con
reverenza.
Jim comprese che si
riferiva alla crudele e potente Calypso e un leggero brivido lo scosse
nel ripercorrere ciò che avevano rischiato pochi anni prima
con lei di nuovo determinata ad essere la padrona degli oceani. Adesso
sembrava esserci qualcun altro che voleva prenderne il posto. Ed era
davvero una contraddizione, perché gli oceani erano nati
liberi.
Svoltò
rapidamente, facendo segno alla ninfa di seguirlo: – Ma, non
invecchiate? – chiese con indifferenza, come se parlasse
tanto per rispetto di un convenevole insito nella sua buona educazione.
Amaryllis
considerò il suo interessamento spontaneo e sperò
anche potesse derivare dalla volontà del giovane di
conoscere meglio il mondo cui lei poco prima gli aveva proposto di
appartenere. Era felice di potergli rivelare tante conoscenze che di
solito doveva invece tenere segrete: - Certo che invecchiamo. Solo la
nostra vita è più lunga, cresciamo più
lentamente. Nell’aspetto. Io sono molto cambiata rispetto a
quando ho conosciuto Jack. Ora mi sento adulta – ammise
timidamente, seppure con un tocco di orgoglio e vagheggiamento.
Jim la spiò
con la coda dell’occhio. “Per questo ti piace mio padre”,
rimuginò ricordando l’espressione trasognata con
cui l’aveva beccata più volte rivolgergli lo
sguardo che si illuminava proprio come stava accadendo in
quell’istante.
- Finalmente, Jimmy.
Un voce bassa, roca e
rincuorata precedette la comparsa di Sputafuoco, prima che la sua
vista, allampata dai forti raggi, tornasse a distinguere i contorni
delle sagome affioranti tra la vegetazione.
Il ragazzino scorse
anche Gibbs e sbuffò leggermente: - Fatemi indovinare: i
capitani Turner stavano in pensiero – masticò con
sarcasmo, scocciato.
Il vecchio Bill, per
quella volta, sorvolò sulla sua impertinenza: - Hai scelto
il momento meno opportuno per fare una passeggiata – lo
rimbrottò con calma, prendendolo per un braccio senza
stringerlo troppo – C’è gente pericolosa
in giro – chiosò tendendo le orecchie ai rumori
lì intorno.
Jim espirò
lentamente dal naso, abbonandogli un sorriso innocente: - È
per questo che mi sono offerto di accompagnare Amaryllis.
Gibbs
sogghignò divertito dalla spigliatezza di
quell’adolescente, porgendo il braccio alla fanciulla che
alternava occhiate schive e fugaci a tutti e tre e agli alberi.
- Torniamo indietro
– sentenziò Bill accennando con un movimento della
testa ad una macchia di palme da dove erano sopraggiunti.
- Aspettate!
– lo strattonò il nipote con impellenza
– Forse è meglio se io non vengo con voi.
Perché mi stanno cercando … Lui … -
ciarlò concitatamente scalciando. I due pirati non capivano
ma erano turbati dalla sua ansia convulsa.
–
C’è qualcuno lì che è venuto
per uccidermi – strillò con quanto più
contegno gli riuscisse di mantenere. Gli uomini erano basiti da
quell’inaspettata rivelazione.
Il ragazzino si
avvicinò alla ninfa, prendendola per le spalle: - Amaryllis
mi hai accennato ad un uomo col sangue salato che ha paura di morire.
Oliver
Taft era visibilmente annoiato da quella lunga e finora inutile attesa.
I Turner lo sorpresero più volte a sbadigliare in modo
lezioso mentre s’intratteneva nella minuziosa analisi delle
piante, declamandone la nomenclatura inglese e latina, e studiava le
strutture architettoniche delle rovine che esse rivestivano.
Il capitano della
Barracuda, di tanto in tanto, rivolgeva a Will ed Elizabeth degli
indisponenti sogghigni notando che l’osservavano spaesati e
dubbiosi.
La foresta tutto
intorno stormì in più punti, le dita dei pirati
scivolarono sulle loro else e le strinsero, preparandosi ad attaccare.
Erano circondati.
- Quindi è
questo il posto? – attestò con accento apatico e
sdegnoso un uomo dal tricorno rosso stinto che impugnava due sciabole
della stessa lunghezza. Dietro di lui vi erano una decina di scagnozzi
dai volti torvi e ben armati.
Jack sbucò
qualche metro alla sua destra: - Chi non muore si rivede, eh Fortezza?
– lo schernì con noncuranza, quasi rintuzzasse un
buon amico di vecchia data.
Un altro gruppetto di
bucanieri spuntò di fronte a loro, dalla parte opposta: -
Un’isola cimitero? – biascicò quello che
nell’aspetto pareva il più simile ad un
comandante, indossando un grande cappello blu e una giacca verde
muschio ricamata.
Sparrow
ignorò lo sconosciuto capitano e si portò al
centro della piccola radura, passeggiando allegramente tra le lapidi: -
Si sa: le riunioni di pirati nobili possono essere molto infervorate.
Qualche volta c’è pure scappato il morto
… - ironizzò mostrando loro le fosse
già pronte.
Will e la moglie
reggevano le spade senza sapere se e a chi rivolgerle, tentando di dare
un’identità a tutti quei fuorilegge che avevano
riempito Isla Cruces, ma ora la loro attenzione era rivolta soprattutto
al capitano della Perla Nera che aveva architettato quella riunione.
Anche Anamaria e Jay Jay lo scrutavano impazienti.
- Scherzi a parte! Un
buon pirata deve sempre essere imprevedibile, agire
nell’ombra – riprese a dissertare Jack, girando su
se stesso per tenere d’occhio tutti – Immagino che
qualcuno dei presenti sia d’accordo con me, dico bene?
– cianciò sfiorando con uno sguardo sia il
redivivo Worley sia il sibillino Taft.
Barbossa
claudicò collericamente fino a lui: - Basta con questa
sciocca tiritera, dannato Sparrow! Illustra il problema – lo
aizzò facendo scattare il cane della pistola come minaccia.
Il filibustiere
fissò per qualche secondo la canna dell’arma
storcendo la bocca e sollevando gli occhi al cielo: – Il
problema – sospirò strizzando le palpebre e
grattandosi una tempia, quasi per riacciuffare il filo del discorso.
Poi gli voltò le spalle parlando direttamente con gli altri
pirati: - L’Occhio dell’Oceano è
sparito. Qualcuno lo sta adoperando per depauperare i fondali e il mare
ci si sta rivoltando contro – riassunse con una disinvoltura
da cui trapelava anche una sincera rabbia miscelata ad
un’altrettanta accesa angoscia.
Taft spezzò
il silenzio denso di mormorii che ne seguì, prorompendo in
una risata secca e corposa: - Non prendiamoci in giro, signori.
Oggigiorno ci sono più tesori in fondo al mare che sulla
terraferma o sulle navi. I nostri nemici non fanno altro che
affondarci! – decretò con strenua convinzione,
infervorandosi senza alterare più di tanto la voce che
restava incredibilmente limpida e serafica.
Capitan Sparrow,
mentre lui parlava, aveva richiamato con un gesto della mano Pintel e
Ragetti che subito erano entrati nel rudere uscendone pochi secondi
dopo con un barile che rotolarono sull’erba, poggiandolo
proprio davanti a lui. Tutti gli altri si avvicinarono circospetti
attorniandolo, spingendosi a vicenda e dandosi gomitate per scoprire
cosa mai celasse.
Il capitano
afferrò l’arpione che gli porse il marinaio
dall’occhio di legno, fece leva sulla sommità del
recipiente cilindrico e in breve lo scoperchiò. Ne
esalò subito un tanfo di alcol misto a lezzo di pesce
putrido. Jack v’immerse la punta metallica fino in fondo e
infilzò qualcosa di consistenza solida ormai divenuta quasi
macera, estraendo con lentezza una lunga appendice violacea puntellata
di sporgenze rotondeggianti.
- In fondo al mare non
ci sono solo tesori, compare – confutò semiserio,
le iridi nere sprizzavano dissapore e sagacia.
Molti dei presenti si
tapparono il naso e la bocca strabuzzando: appeso al ferro uncinato
c’era il moncone di quello che a tutti gli effetti sembrava
l’estremità di un enorme tentacolo.
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Capitolo 26 *** Capitolo 25: Insospettabili legami ***
Buona serata, miei
fedeli mozzi! Dopo più di due mesi vi propongo un nuovo
aggiormento di questa storia.
Ammetto, e a malincuore,
che non ho degnato questa long del rispetto che si meritava, vuoi per
l'avvento di nuove idee che mi hanno deviata, vuoi forse anche un po'
scoraggiata dal calo di apprezzamenti e recensioni.
Ma pazienza, ormai
è andata così^^ E per quei pochi che continuano a
leggerla e seguirla prometto di non lasciarla incompleta ;)
Vi saluto, con un
capitolo abbastanza pregno e lunghetto.
Al prossimo approdo!)
Capitolo 25:
Insospettabili legami
I commenti sussurrati tra la meraviglia e lo sgomento non
erano più udibili di un mormorio indistinto e timorato.
Benché quel luogo ospitasse i più temuti e
rinomati pirati dei sette mari con le loro rispettive ciurme, la prova
dell’esistenza di altre mostruose creature degli abissi
simili a quella aveva ammutolito perfino quegli animi arditi e avvezzi
a pericoli d’ogni sorta.
Jack scagliò a terra l’arpione con ancora
attaccato il tentacolo e si passò schifato le mani sui
pantaloni, imitando un gesto di pulizia che non aveva ragion
d’essere dato che non lo aveva toccato direttamente.
Alcuni uomini arretrarono dal moncone bitorzoluto, altri lo esaminarono
con maggiore attenzione. Will era tra questi ultimi e, dopo essersi
piegato sulle gambe per osservare più da vicino la singolare
reliquia, si rialzò scosso e incredulo. La memoria era
piuttosto vivida e non s’ingannò: ne aveva avuto
una terrificante e indimenticabile esperienza diretta poco
più di un decennio prima.
- Maledizione! È … un altro Kraken? –
sussultò, faticando a pronunciare quello stesso nome che
rievocava altrettanti terribili ricordi fra i presenti.
– Come è possibile? –
s’interrogò atterrita Elizabeth, stringendosi al
braccio del marito.
Mentre altri bucanieri, scettici, ponevano la stessa domanda, Sparrow
intervenne con noncuranza: - Nessuna creatura viene fuori dal nulla
– sentenziò guardando di sottecchi Taft
– Tutti hanno una madre o un padre –
puntualizzò schiettamente, evitando di soffermarsi su
qualche volto, in particolare su quello di Anamaria che lo fissava con
intensità furtiva.
- Quindi vuoi dire che potrebbe essere persino più grosso di
quello là? – raggelò Turner,
inquietandosi più per i misteri che si celavano dietro
quell’apparizione che per la ricomparsa della bestia stessa.
Il capitano della Perla non si sbilanciò facendo spallucce,
al posto suo parlò inaspettatamente Ragetti: - Non lo
sappiamo. Questo pezzo l’abbiamo tranciato perché
si era incastrato nelle reti da pesca – riferì
contenendo un singulto di paura che il suo occhio chiaro non
poté nascondere.
Le accuse di menzogna e le manifestazioni di panico dei partecipanti si
accavallarono schiumando come marosi in tempesta, producendo un clamore
confuso da cui scaturirono spontaneamente schieramenti opposti che,
sfiorando le armi roventi nelle fondine, si apprestavano a darsi
battaglia.
La figura alta ed esile di Oliver Taft si erse insieme alla sua voce
forte e acuta invitando i colleghi a tornare all’ordine e ad
ascoltarlo. Dopo svariati richiami gli uomini tacquero, soprattutto
perché curiosi di udire ciò che quel flemmatico e
intelligente scozzese, che in pochi anni era salito agli onori della
Fratellanza, avesse da proferire. Il Capitano della Barracuda
salì su un macigno e s’impresse
un’espressione grave e dispiaciuta, nascondendo
un’intima soddisfazione: - Signori, comprendo la vostra
ambascia, ma vi do la mia parola che siffatti spiacevoli incidenti non
avranno più luogo – asseverò con un
affabile sorriso.
I pirati nobili si scambiarono sguardi fugaci, comprendendo che quel
meticoloso e abile affabulatore, a dispetto di un’apparenza
piuttosto anonima, doveva essere diventato uno di loro. I conti
tornavano e lo avvalorarono le sue successive ammissioni: -
Dacché avete confinato Calypso nelle terre dei morti,
sarà d’uopo che il mare e le sue creature
acquisiscano un nuovo signore che le governi –
continuò con tono indecifrabile, manifestando una reale
preoccupazione per le sorti comuni, di colpo tuttavia il suo contegno
disinteressato divenne presuntuoso, disvelando i suoi effettivi
intenti: - Io sono disposto ad assumermi questo pesante fardello,
amici. Ma se dovrò portarlo per
l’eternità, avrò prima bisogno di
ottenerla.
Hector Barbossa, che aveva assistito passivamente alle precedenti
diatribe, si ribellò: - State sragionando, Pescegatto Taft!
– denunciò furente, impugnando la pistola e
incoraggiando anche gli altri ad armarsi.
Jack interferì passandogli davanti con le mani alzate: - Se
posso, ti sconsiglio cordialmente acque miracolose e maledizioni legate
a forzieri – ridacchiò dissacrante, attirandosi le
occhiate infiammate e infastidite di tutti.
Taft, di contro, emise una risata divertita per quella stolta e al
contempo arguta battuta: - In effetti avevo in mente qualcosa di nuovo
– dichiarò spudoratamente, un lieve sogghigno a
curvargli la bocca e i baffetti neri.
Will estrasse la spada avvicinandosi a lui torvo: - Siete voi, dunque,
ad aver rubato l’Occhio dell’Oceano –
riconobbe astioso, spalleggiato dalla sua ciurma che rapida
attorniò il vanesio bucaniere, il quale non
mostrò segni di inquietudine.
- Siete voi ad aver soccorso la mia bella cugina, Capitan Turner?
Elizabeth credette di aver frainteso: - Amaryllis?
- Brava – confermò invece Taft, scendendo dal
gradone di pietra – Dovete consegnarmela e consegnarmi uno di
voi. Per il rituale. Devo ottenere il sangue salato. È per
il bene di tutti. – spiegò senza lasciare
trapelare alcuna emozione, conferendo un senso di innegabile
necessità e indiscutibilità alle sue
dichiarazioni. Guardava tutti pretendendo fiducia e appoggio,
soprattutto dai suoi alleati che però ora sembravano restare
indifferenti. Di nuovo nessuno riuscì ad opporsi,
rimuginando sul significato di quel contorto discorso.
Un colpo di pistola squarciò l’aria densa di
interrogativi e tensione e il cappello del Capitano della Barracuda
volò via. Egli incrociò gli occhi sulla fronte
calva ora scoperta, e passandovi il palmo si rassicurò di
non essere ferito. Si udì un grilletto scattare nuovamente:
- Fottetevi Taft – sibilò inesorabile Barbossa
socchiudendo una palpebra per riprendere la mira su di lui.
- A me sinceramente spiace che siate tanto ottusi. Ci avreste solo
guadagnato – ribatté offeso quello e, lesto,
tirò fuori da una tasca una grossa conchiglia spiraliforme
soffiandovi dentro, emettendo un suono vibrante e cristallino. In breve
altri spari rimbombarono fra gli alberi e gruppetti di uomini, tra i
quali si mescolavano imprevedibilmente le sgargianti uniformi rosse
della marina reale inglese, si riversarono come rivoli torrenziali sui
presenti.
Ogni filibustiere trovò così un avversario da
fronteggiare e Taft approfittò del disorientamento e della
confusione generale per eclissarsi speditamente tra la boscaglia,
ordinando ai suoi di rintracciare una fanciulla dalla carnagione lattea
e la chioma dorata.
- Quel bastardo ci ha consegnati alle aragoste! –
ringhiò Anamaria, schivando un fendente e infliggendone a
sua volta uno ad un soldato che l’aggredì.
Jack si era involontariamente ritrovato a duellare al fianco della
mora, mosso da un imprevisto istinto di protezione, ma, osservando la
sua ferocia e la sua destrezza, comprese che non ne aveva alcun
bisogno. La piratessa stava per beccarsi una sciabolata alle spalle,
quando avvertì il grido di aggressione del tagliagole e,
senza neppure voltarsi, tese indietro il braccio e gli esplose un colpo.
- Probabilmente ne hai uccisi più tu in cinque minuti che io
tutta la vita – commentò Sparrow con una buona
dose di disprezzo a mascherare la sottile ammirazione.
- Ah, sì? – ansimò lei, estraendo la
punta della spada dalla gamba di un marinaio e sparando contro
l’ennesimo che le si scagliò addosso.
– Non sono mai stato uno dal grilletto facile –
ricusò orgoglioso il pirata, spostando le iridi sugli altri
scontri per controllarne l’esito.
- Dal bicchiere facile sì, invece –
tornò a coprirlo Anamaria, strappandogli la pistola dal
cinto poiché aveva finito i proiettili della sua -
È per questo che hai una scarsa mira –
imputò centrando il moschetto di un soldato che stava
tenendo sotto tiro i Turner, i quali la ringraziarono con un cenno.
Jack si affrettò a scacciarle il sorrisino soddisfatto che
le increspava le labbra: - Ti sbagli! Io uccido solo quelli per cui
vale la pena – disapprovò altezzoso, allungando
una gamba per allontanarsi.
- Cadi sempre in piedi! – gli gridò contro la
donna, brandendo la sciabola spalleggiata dal suo massiccio
luogotenente José, che adombrò letteralmente con
la sua imponenza fisica Sparrow.
- Sei troppo sanguinaria per i miei gusti. Tolgo il disturbo!
– farfugliò questo salutandola con una boccaccia,
infilandosi in un sentiero nella giungla.
Non gli importava impelagarsi in combattimenti con gente sconosciuta,
il suo obiettivo era raggiungere e fermare Capitan Taft.
Anamaria non poteva sospettarlo, imprecò mentalmente contro
la sua proverbiale vigliaccheria e seguitò a bestemmiare
scorgendo il crudo modo di uccidere di uno degli uomini che da
principio le era parso dalla loro parte. Questi, che indossava una
giacca verde muschio, già imbrattata abbondantemente di
sangue, si imbatté nel suo sguardo disgustato e la
sfidò assestandole un vigoroso affondo dritto al ventre che
la donna parò per un pelo, balzando indietro e rispondendo
con una mossa uguale, dovendo difendersi ancora e ancora.
– Strappabudella – ansò con la fronte
imperlata di sudore freddo.
Il farabutto, col volto bruciato dal sole e sfregiato da cicatrici, le
volse un losco ammiccamento: - Jucard – sibilò
bieco, riprendendo le stoccate, incalzato dalla comandante della Murena
e dal suo valente nostromo.
Poco distanti da loro, i coniugi Turner stavano tenendo testa ad una
decina di ufficiali.
Will tentava di convogliare verso di sé le loro attenzioni
per impedire quanto più possibile di coinvolgere la testarda
consorte: - Elizabeth! Tu non combatti più! – le
intimò ferreo, disarmando e atterrando col suo aiuto due
marinai – Va’ a nasconderti. Corri! Voglio dire:
nasconditi! – urlò confuso, riprendendo a duellare
con due avversari.
- Allora vado a cercare Jim! – lo avvertì lei
scappando dalla ressa, il marito non fece in tempo ad ammonirla che un
altro paio di spade gli sbarrarono la strada:
- Willy il Corvo. Ci rincontriamo.
Turner rifiutò di credere ad una pura coincidenza e rispose
all’attacco: - Capitano Roberts?
Il riecheggiare dell’acciaio, degli strepiti e delle
pallottole aveva permesso a Sputafuoco, Gibbs, Jim e Amaryllis di
ritrovare la direzione per la radura, ma li induceva parimenti a
proseguire con maggiore cautela e a mantenere l’allerta per
ogni fruscio, tenendosi pronti a fuggire o nascondersi.
Senza preavviso Jim si sentì afferrare dalle spalle e getto
un urlo stridulo, scalciando forsennatamente per liberarsi
dall’ignoto assalitore che lo trascinò dietro un
cespuglio, tentando di tappargli la bocca. Gli addentò il
braccio e allora quello lo rilasciò, rivelandosi:
- Cosa cercavi di fare? Vigliacco che non sei altro! Cercavi di
svignartela di nuovo dopo avermi ucciso? – lo
accusò aspramente, ancora in affanno per la paura e la
collera.
- Farò finta di non aver sentito, Turner jr –
biascicò Jay Jay, smettendo di digrignare i denti. Nel
frattempo i due bucanieri e la ninfa li avevano raggiunti.
- Certo. Ti brucia sentirtelo dire – continuò Jim
non schiodandogli due occhi di brace e in parte delusi,
poiché l’aveva giudicato più affidabile
e leale.
Il mulatto sbuffò un verso esasperato, sforzandosi di
ignorare quelle pungenti provocazioni:
- Dobbiamo mettere da parte queste bazzecole e unire le nostre forze se
vogliamo salvare Amaryllis – sostenne stringendo la spalla
della nereide che li osservava amareggiata.
Il giovane Turner si fece attento e turbato: - Amaryllis? –
anche Gibbs e Sputafuoco si interessarono: - Sì.
C’è suo cugino, Taft, che la sta cercando, di
là – borbottò il giovane mulatto,
ammiccando al cimitero dove si erano concentrati i combattimenti.
La nereide sussultò di sollievo: - Cerca me? Quindi non sa
di te – appurò senza alterarsi –
Perfetto – mormorò perdendosi a contemplare un
punto indefinito verso la baia.
Jim boccheggiò: - Quello lì è tuo
cugino? – le domandò scombussolato, parandosi
davanti.
Jay Jay si interpose : - Vuole anche uno di noi
“umani”. Parlava di un rito o qualcosa del genere.
Non ho capito – gesticolò indolente con una mano,
come a suggerire la trascurabile importanza di quel dettaglio.
Il figlio dei Turner inspirò gonfiando il petto: -
D’accordo. Verrò con te – si
offrì guardando con sprezzante fermezza la diafana creatura.
Lei gli portò delicatamente le fredde mani sul viso,
rifiutandolo angelicamente: - È meglio che accompagna me lui
– bisbigliò solerte e incontestabile.
Jim indietreggiò, sottraendosi a
quell’imbarazzante moina che gli aveva arrecato un evidente
rossore: - Non ti puoi fidare di lui! – protestò
accusando il coetaneo che sghignazzò divertito alzando gli
occhi al cielo.
Intanto i pirati più maturi si erano spostati, richiamati da
brusii sospetti.
Amaryllis riportò le dita su Jim, stavolta cingendogli il
collo: - William James Turner tu sei l’unico che
può rubargli l’Occhio di Oceano e far saltare suoi
piani. Lui deve aspettare luna di sangue – lo
incitò criptica, immergendo le acquose e magnetiche iridi
nelle sue con un risultato fortemente ipnotico.
L’altro ragazzino li scrutava nauseato e diffidente, oltre
che un pizzico tediato da un misto tra invidia e gelosia, temendo di
dover assistere anche ad un bacio.
Turner, per sua fortuna, era troppo timido o troppo ingenuo per
approfittare di quella circostanza: - Ma come fa Taft ad essere tuo
cugino? – le chiese un’altra volta, scostandosi dal
suo incantevole viso – Dovrebbe avere una madre ninfa o un
padre … cosa? – non si capacitava scervellandosi,
disorientato anche dalla sua conturbante vicinanza.
La biondina, omettendo le richieste spiegazioni, gli poggiò
con dolcezza le umide labbra sulla guancia accalorata: - Io fido in te,
Jack e i tuoi progenitori – sussurrò al suo
orecchio, lasciandogli anche una carezza sui capelli color cannella e
poi volgendosi a Jay Jay.
- Ci andiamo ad immolare? – la invitò
sardonicamente quest’ultimo, porgendole la mano che lei
accettò. – E mi raccomando, BJ: tu non fallire
– gli ingiunse perentorio, mimandogli di tagliargli la gola.
Jim annuì e restò immobile finché non
li vide svanire tra i sentieri frondosi.
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Capitolo 27 *** Capitolo 26: Piano d’azione ***
Buona domenica, miei cari
intrepidi e soprattutto pazienti lettori! :D
Mi scuso per il ritardo
esagerato, ma purtroppo tra studio ed altre ff iniziate e in procinto
di scrittura, sto faticosamente trovando l'ispirazione per concludere
questa long che ormai va per i 2 annetti...Non è da me
impiegarci tanto!
Spero mi perdonerete
ancora una volta con questo capitolo, corale e sostanzioso come il
precedente, in cui ho delineato una panoramica sui principali
protagonisti di questa storia, lasciandovi con alcuni nuovi
interrogativi.
Ringraziando tutti
coloro che mi seguono e leggono, sia qui che in altri miei racconti, vi
auguro buona lettura e spero che questo mese, con le vacanze, mi dia
modo di aggiornare nuovamente.
Al prossimo approdo!)
Capitolo
26: Piano d’azione
Con una
mano teneva il tricorno, per scongiurare la possibilità che
gli si impigliasse tra quelle incolte erbacce e lo smarrisse di nuovo,
nell’altra reggeva la sciabola usandola per tranciare
velocemente le fitte fronde ostruenti il cammino. Di tanto in tanto si
fermava, frugava fugacemente l’ago della bussola e proseguiva.
Già
s’era allontanato parecchio dagli scontri, la cui eco gli
giungeva appena come un brusio, mentre l’amato odore del mare
gli penetrava nei polmoni, sovrastando quello della terra rorida e
della rigogliosa vegetazione. Jack Sparrow era giunto al margine
selvoso che lo separava dalla spiaggia, quando si trovò
attorniato da tutti i lati da una composita schiera di individui armati.
Piantò
bruscamente gli stivali al suolo, quasi perdendo
l’equilibrio, dacché stava correndo, ed
incominciò a girare su se stesso parandosi con le braccia in
segno di resa e di pace, senza tuttavia accantonare tempestivi
propositi di fuga.
- Sono solo un innocuo
e passeggero visitatore.
Scrutò gli
ignoti oppositori senza tralasciarne nessuno, cercando di capire da che
parte fossero e se potesse raggirarli in qualche modo. Poi un dettaglio
sorprendente lo fece restare con la testa piegata, la bocca storta e
gli occhi spiritati: quegli uomini
fluttuavano a qualche spanna dal suolo. Anzi erano proprio privi di
piedi …
Vibrava
stoccate, assestava affondi, tirava calci, pugni, gomitate,
sputacchiava saliva e insulti.
Capitan Barbossa si
sentiva più vivo che mai, specialmente perché era
riuscito ad ingaggiare un forsennato duello con il pirata che
più gli premeva di sfidare, non essendosi potuto confrontare
con lui qualche tempo prima.
- T’ho visto
crepare, Fortezza, non meno di tre anni fa –
abbaiò aspro, parando con disinvoltura la feroce sciabolata
dell’avversario – Di acqua ne avevi bevuta. Ora i
morti camminano sulla terra? – appuntò con un riso
dissacratorio, disarmandolo con un’abile e puntuale mossa.
Thomas Worley raccolse
una seconda spada da un uomo che si era frapposto tra loro, sparandogli
crudelmente al ventre e calpestandolo senza scrupoli, tornando
all’attacco: - A quanto pare abbiamo un’altra cosa
in comune, Barbossa – ghignò impenitente
– Oltre alla nave che mi hai fregato! – lo
accusò inderogabile, accingendosi ad esplodergli un colpo
dritto in fronte, ora che le loro lame avevano cozzato vicinissime e
nessuno dei due riusciva più a muoversi, spingendo
l’uno contro l’altro.
Hector
lasciò scivolare attraverso il polsino della giacca un corto
pugnale a serramanico, distraendolo con congeniali parole: - Ti
riferisci alla Spettro? Quel carcame non vale un chiodo della Perla
Nera! – disapprovò con reale amarezza –
L’ho capito troppo tardi! – glissò e,
svelto come un giaguaro, piantò la limetta nel dorso della
mano destra di Fortezza che gettò istantaneamente la
pistola, imprecando furioso e umiliato, ma lui con agghiacciante
freddezza gli si riavvicinò, brandendo ancora la spada con
irriducibile avversità.
Will non
era stato capace di disfarsi del combattivo Capitano Roberts, ed il
loro scontro era stato talmente infervorato da non aver lasciato spazio
ad alcuno scambio di battute, sebbene nessuno dei due mirasse a ferire
mortalmente l’altro.
- Voglio vedervi
appeso ad un capestro, finché non esaliate il vostro ultimo
respiro, Willy il Corvo – aveva dichiarato con misurata
collera il soldato britannico, durante la schermaglia.
- Ed io voglio
costringervi a rivelarmi per quale ragione un fedele servitore della
Corona prenda ordini da un pirata – gli aveva intimato il
Capitano Turner con altrettanta acredine.
Roberts rimase
impermeabile a quella provocazione, rispondendogli soltanto
sistematicamente con i tiri violenti del suo acciaio, non
consentendogli di allentare la tensione: - Vi destreggiate piuttosto
bene, per essere un infame pirata. E senza barare …
Will, nonostante
duellasse solo con lui, iniziava a sentirsi accerchiato, non potendo
seguire le azioni dei compagni, e soprattutto avendo perso di vista da
troppi minuti Elizabeth, Jim e Jack.
Sperò
stessero inventandosi qualcosa per aiutarli, che non fossero caduti in
qualche infido agguato. E intanto sfoderò tutta la sua
esperienza e il suo coraggio per tenere a bada i nemici.
- Oliver!
Discendente di Climene!
- Cugina! Finalmente!
Capitan Taft
raggomitolò frettolosamente il fazzoletto di seta verde con
cui si stava tamponando la fronte all’interno del fodero
della giacca, mentre sul suo volto scarno e aguzzo si stagliava un
sorriso appagato e vittorioso.
La nereide si
inginocchiò con riconoscenza al suo cospetto: - Mio signore.
Ho catturato l’insulso umano grazie al quale sarai il padrone
degli Oceani – lo blandì fiduciosa, rialzandosi
sulle sottili gambe e indicandogli il giovane che l’aveva
accompagnata da lui.
Jay Jay
avanzò verso Taft, riscontrando come adesso tra lui e la
fanciulla fosse palese una qualche somiglianza
nell’espressione intrisa di inganno e perfidia che animava i
loro occhi marini, tanto che dubitò sulla bontà
delle affermazioni della diafana creatura. Evitò di
incrociare lo sguardo indagatore del comandante della Barracuda,
temendo che si ricordasse di lui, ma quello era troppo offuscato
dall’emozione di avere la vittoria in pugno: - Il ragazzo col
sangue salato! Lo hai trovato dunque! Quello della profezia!
– squillò battendo le palpebre estasiato,
rimbalzando le iridi ceree dalla biondina al mulatto.
- Sì.
È l’erede di Turner – gli
confermò Amaryllis stringendo energica il braccio
dell’amico per prevenire un suo possibile dissenso, avendo
intuito l’attrito esistente tra lui e il coetaneo.
Taft si
chinò per osservarlo con meticolosità
più da vicino: - Hmmm. Lo ricordavo un po’ diverso
– riscontrò con una scintilla di sospetto,
stirandosi uno dei suoi baffetti corvini.
Jay Jay gli
rilanciò un’occhiataccia, dopo aver sbirciato
invano l’insondabile contegno della ninfa: - Sono cresciuto
mio caro babbione! Il mare ti cambia fin dentro le ossa. –
ribatté reggendo con spigliatezza il confronto, confidando
tuttavia più in se stesso che nel tranello ordito da
Amaryllis.
- Ahahah! Hai poco da
fare lo spiritoso, figliolo – lo sconfessò
leggermente stizzito il bucaniere – Dato che ti resta ormai
un esiguo scampolo di ore di vita – sibilò con
accento dispettoso, schioccando le dita perché due dei suoi
scagnozzi si precipitassero ad acciuffarlo, conducendolo a bordo.
- Ore?! - il ragazzino
tentò invano di sfuggire, invocando
l’intercessione di Amaryllis con crescente preoccupazione,
poiché ella sembrava rinnegare un interesse nei suoi
riguardi, mostrandosi complice volontaria del misterioso parente.
Non poté
sentire, invece, le sue successive frasi: - Cugino, prima che andiamo
poni fine a quest’inutile massacro. Ti ho portato
l’unico umano sul quale la tua equa scure si
abbatterà senza errore – lo esortò,
tradendo, nonostante l’imperturbabile intonazione, della
lieve compassione.
Taft
carezzò la conchiglia, senza utilizzarla, valutando
lungamente l’imparzialità della sua richiesta.
Jim
ciondolava spaesato e sconfortato. Approssimandosi ai due veterani
filibustieri che erano sopraggiunti a cercarli, riconobbe insieme alle
loro voci quella di Capitan Sparrow che blaterava di redivivi e
aragoste, fantasmi e pirati nobili, smozzicando, con la consueta
astrusa logorrea, quanto accaduto a lui e agli altri.
- … Taft
s’è preso il Mare del Nord, Strappabudella il
Golfo Persico e Fortezza il Mediterraneo. Quindi credo di aver
finalmente compreso chi sono gli attuali sette pirati nobili
– li stava informando con evidente vanagloria –
Anche se non ne ho appreso distintamente le occulte alleanze
– stimò pensoso, picchiettandosi
l’indice sul labbro inferiore. La presenza di Jim lo
riscosse: - Hey, tu! Dov’è Amaryllis, a proposito?
Il ragazzino
titubò volgendogli due occhi lucidi e vacui, mentalmente
ancorato alle ultime enigmatiche raccomandazioni della nereide,
udendone il nome fu travolto dalla malinconia: - Lei … se
n’è andata … - farfugliò in
un ansito afflitto, al che gli amici abbacinarono – Con Jay
Jay – specificò di seguito, non schiarendo
tuttavia le loro confuse impressioni.
Jack era il meno
persuaso di tutti: - Vi dispiace illuminarmi? Inizio ad avvertire la
sgradevole sensazione di star recitando la parte dello stupido!
– sbottò alterando stridulamente la voce.
- È
esattamente ciò a cui mira Taft. Ci sta prendendo tutti
quanti per i fondelli – comprovò Elizabeth,
sbucando di fronte a loro da un altro sentiero limaccioso.
Jim tentò
di eludere il suo sguardo accusante, e lei sorvolò
concentrandosi su una questione più urgente: - Jack
è ora che questo consiglio inizi a discutere! –
polemizzò fissandolo con un cipiglio duro e intransigente.
Sparrow le rispose con
la consueta irriverenza: - Tesoro, io l’avevo convocato con
questo apposito proposito. Ma la gente qui, ivi compreso il tuo caro
maritino, preferisce azzuffarsi! – contestò
permaloso, incrociando le braccia e scoccandole un’occhiata
puntuta, prima di voltarle le spalle risentito.
La signora Turner
stroncò le sue accuse, perentoria: - Che cosa stai dicendo?
Will non è affatto un attaccabrighe! Solo … Non
è vigliacco, lui - contravvenne con profonda accusa,
difendendo strenuamente l’agire e l’onore
dell’amato consorte.
- La mia non
è vigliaccheria, ma opportunismo –
puntualizzò alfine il Capitano Sparrow, dandole ancora le
terga, ruotando appena la testa, con permanente offesa.
Gibbs, Sputafuoco e
Jim non riuscivano ad intromettersi per interrompere l’accesa
diatriba verbale che pareva sul punto di degenerare in un duello di
spade, tanto era alacre il fervore di entrambi. Inaspettatamente, fu
qualcos’altro a porre fine a quell’incipiente
scontro.
Un suono squillante e
grave al contempo si propagò, questa volta,
dall’Oceano verso la terraferma.
- È il
corno di Taft – riconobbe Elizabeth, incitando con un cenno
del capo suo figlio a seguirla, suggerimento che fu colto anche da
Joshamee e Bill, e al quale Jack si conformò con riluttanza.
Sopraggiunti
alla piccola valle su cui si estendeva il cimitero
dell’isola, essi appresero che a quel segnale sonoro doveva
corrispondere l’ingiunzione di abbandonare il campo di
battaglia: le ciurme assalitrici si erano disperse e solo pochi uomini
erano rimasti, feriti o catturati, oltre agli equipaggi della Perla
Nera, dell’Olandese Volante, della Medusa Spettro e della
Murena.
Barbossa stava
arrogantemente strigliando i suoi, colpevoli di essersi fatti sfuggire
la gran parte dei nemici, sebbene poteva minacciare di aberranti
torture quelli imprigionati.
Will lasciò
che i suoi marinai si occupassero di stringere per bene le corde dei
prigionieri per correre incontro alla moglie e al figlio, sincerandosi
che stessero bene.
Anamaria, che era
stata la prima a notare la ricomparsa degli amici, aspettava
febbricitante di veder apparire anche il giovane Jay Jay, sicura che si
fosse allontanato insieme a Turner Jr; proprio il ragazzino si assunse
l’ingrato compito di offrire a lei e ai presenti il resoconto
di quanto era successo, addolcendole l’amaro boccone: - Jay
ha voluto seguire Amaryllis. Conoscono tutti e due quanto basta
Pescegatto Taft. E si fidano di noi. Di me.
- La Fratellanza
dovrebbe prendere ordini da un moccioso? La storia si ripete con la
stessa crudele ironia! – sbottò Hector Barbossa,
accigliandosi contro Elizabeth e William.
- Inutile piangerci
addosso! Dobbiamo pensare ad un piano d’azione! –
sostenne spiccia Anamaria, anticipando ulteriori alterchi. I Turner
annuirono ed anche Jack le volse un impercettibile segno d'intesa,
fissandola in modo assai penetrante.
Barbossa
avanzò imperioso: - Se vi può interessare, la mia
battuta di pesca ha avuto un esito più che positivo
– sghignazzò alla sua stessa battuta, ordinando
con un gesto del braccio che i suoi gli conducessero nientemeno che un
malconcio Fortezza. Tutti sobbalzarono increduli.
- Prego signore,
mocciosi e deboli di stomaco di allontanarsi. Farò cantare
questo lurido pezzo di sterco a modo mio – alluse
malignamente, affilando la lama su una lapide. Intanto che i Turner si
adoperarono per convincerlo ad usare un metodo meno cruento, Jack
accettò senza temporeggiare il suggerimento del collega: -
Sì, poi facci sapere! – lo salutò
irriverente, unendosi ad un altro gruppetto che s’era
defilato, tirando con sé in disparte la Jucard.
Non gli era sfuggito
il singhiozzo che tratteneva da quando erano ritornati. Era troppo
curioso, anche se nemmeno lui era certo di volere una conferma su
ciò che aveva iniziato a presentire.
- Sbaglio o sei fin
troppo turbata dagli eventi? – indagò cauto,
quando si fu zittita dall’insultare lui e se stessa per aver
fallito la cattura del nemico e non essersi preparati ad affrontarlo al
meglio delle loro possibilità.
La donna
sospirò stancamente, abbassando la fronte: - È
per Joacquin … Jay Jay – ammise.
Sparrow
rifletté alcuni secondi, intuendo a chi si riferisse: -
Perché ti sta così a cuore quel selvaggio
scavezzacollo? – il suo tono era divenuto un bisbiglio
imbarazzato e appena udibile.
La piratessa
vacillò, serrando inutilmente le labbra, ma quegli occhi
bistrati, che fingevano quasi sempre, oramai sembravano aver
estrapolato da soli la verità, perciò si
incoraggiò a non tacerla più: - Quel selvaggio scavezzacollo!
… È mio figlio. Però non lo sa.
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Capitolo 28 *** Capitolo 27: Ibridi ***
Salve! Un caro saluto a quanti
stanno continuando a seguire questa lunga long che ha già
superato i due annetti di età da quando ho pubblicato il
prologo. ^.^
Non so neanch'io
perché mai ci sto mettendo tanto tempo a concluderla, ma
poiché è inutile piangere sul rum versato, non
sto più a commiserarmi e spero solo che questo nuovo
capitolo sia gradito a quanti ancora leggeranno. Tra l'altro, sebbene
molti dialoghi ce li avevo da un pezzo, ho scritto tutto quanto il
resto in mezza giornata.
Come al solito, intrighi
e misteri non finiscono, pur essendo arrivati praticamente alla
conclusione (non credo di superare i 30 capitoli, massimo 32, dato che
ho un mucchio di altre idee per la testa...:)) ...
Non mi resta che
augurarvi buona lettura e, a che passo di qui, buon 2013!
Al prossimo approdo!)
Capitolo
27: Ibridi
- Figlio?
Nel senso che sei sua … madre?
Le parole uscivano
come ruvide schegge di vetro e la gola pareva scalfirsi atrocemente al
loro passaggio.
Anamaria
annuì, tenendo gli occhi sgranati per
l’incredulità che suscitava in lei stessa sentirsi
affibbiare quell’insolito appellativo.
Jack si trovava in una
di quelle rare circostanze in cui al posto della sua proverbiale lingua
biforcuta sembrava avere un inerme e raschiante straccetto di feltro.
Eppure quell’eventualità l’aveva
sospettata sin da quando li aveva osservati camminare l’una
accanto all’altro: lo stesso atteggiamento rilassato ma sotto
sotto vigile, agile e nervoso, lo stesso sguardo vispo, la stessa
carnagione caffè e latte.
- È il
padre … è … morto? –
indagò ancora, schiudendo a malapena la bocca in una smorfia
tremebonda. Era un’altra domanda di cui pensava si sarebbe
amaramente pentito di udire la risposta.
La Jucard
espirò con forza, portandosi distrattamente una mano alla
fronte per sistemare alcune ciocche di bruni capelli sfuggite alla
bandana color ocra: - Può darsi … ma potresti
essere anche tu … - mormorò incerta, spiandolo di
sbieco.
- Impossibile!
– gloglottò prontamente quello, con aria vagamente
schifata, oltre che terrorizzata.
La piratessa
annuì storcendo un sopracciglio, incrociando le braccia: -
Sai di essere sterile?
Sparrow credette di
aver capito male, essendo assorto dall’impressione che
migliaia di bruchi pullulassero allegramente nel suo stomaco, e
quell’insinuazione li tramutò in un nugolo di
farfalle in fuga, tanto che le sillabe gli si impuntarono tra i denti:
- Che? … St …? …
- Perché se
è così, è figlio di Jucard di sicuro
– convenne drastica la donna, per celare in verità
i suoi persistenti dubbi.
In
quell’istante Gibbs si frappose come un’ancora di
salvataggio per tutti e due: - Non vorrei disturbare, Fortezza si
è deciso a confessare. Credo vi interessi ascoltare
…
Anamaria si
staccò subito dal tronco cui aveva poggiato la schiena, ma
inaspettatamente il collega la trattenne debolmente per la coda della
giubba: - Vuoi andare davvero? Conosco i metodi di persuasione di
Barbossa: non sono punto belli da vedere! – la
scoraggiò cercando di guadagnare tempo perché, al
di là di ogni aspettativa, nutriva una reale
curiosità sui dettagli di quell’ingarbugliata
vicenda.
La sua supplica fu
totalmente inefficace: - Sparrow: sii uomo! – lo
tacciò salace la mora, scuotendo sconfortata la testa al suo
vile coprirsi la vista con le dita di entrambe le mani, mentre avanzava
svogliatamente dietro di lei.
- Uomo?! –
polemizzò offeso il filibustiere. Se a suo giudizio essere
tale significava seviziare ferocemente gli avversari, come erano
abituati Barbossa e il trapassato Jucard, allora lei e lui erano e
sarebbero stati sempre su due correnti opposte. Non avrebbe avuto senso
neppure provarci ad avere intenzioni lontanamente serie ...
Thomas Worley,
frattanto, nonostante il volto tumefatto e rigato di vermiglio che lo
faceva apparire una maschera ancora più raccapricciante di
quanto non fosse al naturale, continuava a spargere sui carnefici il
suo arrogante rancore.
- Che cosa credete?
Odio anch’io dover sottostare alle stramberie di quel pomposo
damerino! Ne ho le palle piene delle sue repellenti trovate!
– dichiarò senza mezze misure, sputando un grumo
di sangue e saliva, sfiorando gli stivali di Will che balzò
indietro insieme alla moglie.
Non erano riusciti
minimamente a dissuadere il riottoso Capitano della Spettro a
risparmiare le maniere brute con il redivivo nemico.
- Ma sono in debito
con lui, e presto lo sarete inevitabilmente tutti voi! –
seguitò a minacciare i presenti con uno sgangherato
sogghigno.
- In debito,
perché? – incalzò spazientita la
signora Turner, sovrastando i mormorii delle ciurme astanti, che erano
irrequiete come leoni in gabbia.
Barbossa si
slanciò a ghermire la gola del bucaniere, consentendogli un
ridottissimo passaggio d’aria nella trachea per non
soffocare, ma le iridi grigie di quel duro criminale furono
attraversate da una scintilla di freddezza: - Ha intercesso grazie alle
sue doti presso i suoi antenati marini, affinché mi
restituissero il soffio vitale. Può tutto con quella pietra.
Voi non potete fermarlo. Diventerà il nuovo e invincibile
padrone dei mari – ridacchiò sguaiatamente con
sguardo allucinato, non appena rilasciato.
Hector gli
rifilò un pugno sul naso, prima di allontanarsi stizzoso: -
Questo è da vedere.
- In questi tre anni
io e Strappabudella abbiamo provveduto ad eliminare tutti i mezzosangue
sparpagliati per il mondo – ribadì Fortezza con
tono sadico e trionfante.
Anamaria gli si
avvicinò esitante: - I mezzosangue?
- Sì,
individui aventi per metà un ascendente di origine
sovraumana – spiegò celere Barbossa, ripulendosi
con una pezzuola unta le nocche nodose dal viscoso fluido che
l’aveva imbrattato picchiando rudemente l’ostaggio
– Uomini ibridi con eccezionali poteri sopiti che spesso essi
stessi ignorano. Secondo la leggenda. – specificò
con una risata sarcastica, consegnando il pezzo di stoffa sporca ad uno
dei suoi.
Una folgorante
intuizione balenò nella mente del giovane Jim che, come
guidato da un richiamo interiore e lontano, si defilò quatto
quatto dalla ridda di vocianti pirati.
- Giacché
siamo in tema di sovrannaturale, c’è una
quisquilia di cui dovrei informarvi – scoccò di
colpo Jack, disegnando un cerchio con le braccia e calamitando
l’apprensione dei più stretti conoscenti, che ben
intendevano la sua abitudine di impiegare vocaboli inappropriatamente
innocui per camuffare problemi grandi quanto l’oceano.
Il Capitano
avvertì quella tensione, ma sbrogliò ugualmente
il suo sorriso serafico migliore:
- Poco fa mi sono
imbattuto negli spiriti guardiani dell’isola, e mi hanno
lasciato intendere che sarebbero modicamente contrari alla nostra
partenza … - spiccicò riducendo la voce ad un
falsetto all’approssimarsi di lame scintillanti pronte ad
infilzarlo e canne da fuoco caricate per esplodere.
Gibbs, al quale aveva
già confidato la curiosa e spiacevole scoperta, gli si
affiancò invitando i compagni a trattenere la cruda brama di
vendetta: - Ce li ha aizzati contro Taft!
- Siamo intrappolati
qui? – guizzò incredula ed inviperita Elizabeth,
svicolando dalle braccia del consorte che sperava di contenere la sua
inopportuna agitazione.
- Non vederla
così nera, gioia. Possiamo sempre accingerci a negoziare
– si sperticò Jack con impagabile nonchalance;
un’estremità d’acciaio aguzza e ricurva
gli apparve sotto il naso:
- Tu non
più – sentenziò Barbossa, incenerendolo
con un’occhiata indisposta e truce.
Le pupille del
filibustiere rimpicciolirono all’istante, mentre la sua mano
destra cercò di appigliarsi all’elsa sporgente
dalla bandoliera che pendeva sul fianco sinistro.
- Ma sei idiota o
cosa? Perché mai ci hai condotti proprio qui?! –
lo attaccò parimenti contrariata la Jucard, armandosi di un
sottile e affilato stiletto.
A Sparrow si
incrociarono gli occhi con tutti quei fuorvianti assalti, e li chiuse,
zampettando indietro: - L’idea era di confinare Pescegatto
qui! – strillò sguainando finalmente la sua
sciabola, e parandosi dal sopraggiungere dei Turner.
- E sentiamo, quando
avevi intenzione di rendercene partecipi? – lo
accusò la bionda piratessa, scansando ancora
l’amorevole esortazione del marito di trattenersi.
- Il nostro eroe
voleva compiere l’impresa tutto da solo – lo derise
malignamente Barbossa stravolgendo le orbite ingiallite.
Jack emise uno sbuffo
rassegnato, stridendo la spada contro la sua: - Certo che mi conosci
male … o la tua veneranda età ti fa perdere colpi
– schioccò le labbra, spavaldo – Avevo
tutto sotto controllo dall’inizio! … Che dico? Da
mesi! – garantì fiero e beffardo, esagerando
volutamente la parziale verità di
quell’affermazione, che fu comunque in grado di disarmare
momentaneamente l’astio e la miscredenza del più
accanito oppositore, Barbossa, ma non la perseveranza degli altri tre
che lo incalzavano rincorrendolo.
– E la
chiave di volta corrisponde, non è altri che … -
si interruppe crivellando di fugaci occhiate l’ambiente e le
facce attorno a lui, scorgendo al posto di chi cercava una torma di
giacche amaranto sbucare dai rami e stagliarsi sul verde prato.
- A chi diavolo
alludi? Si può sapere? – lo estrapolò
dai suoi contorti pensieri Anamaria; anche lei, però,
avvertì il fruscio di stivali e artiglieria che avanzavano
in tre file ordinate e lentamente si voltò.
Dalla sparuta schiera
si distaccò un soldato dall’elegante portamento e
lo sguardo profondo, un fisico slanciato e nerboruto, e dei tratti un
po’ rudi che contrastavano
l’impeccabilità della divisa su cui spiccavano
svariate medaglie. Tirava sgraziatamente per la collottola un
recalcitrante e protestante ragazzino: - Credo che questo
delinquentello vi appartenga, Capitano Turner – dedusse
gradasso, scorgendo Will scagliarsi in avanti, incurante di tutti i
moschetti puntati contro di loro.
- Capitano Roberts,
lasciatelo subito. È me che volete! – si
offrì deliberatamente il giovane padre, gettando le armi ed
intimando alla moglie di non esporsi.
- Scusami
papà! Sono un disastro come pirata. L’unica cosa
che mi riesce bene sono le bugie – borbottò in un
impacciato guaito Jim, conficcando le unghie nei callosi polpastrelli
del soldato, al quale non suscitava neppure il solletico.
- In futuro potresti
buttarti in politica! – interferì Jack, indiscreto
e sardonico, alimentando una sinfonia di commenti contrastanti e
acuendo le occhiatacce accusatorie ed assassine dei Turner. Intanto il
comandante della guarnigione lo guardò di traverso,
chiedendosi la ragione per cui quel corsaro dall’aspetto
stravagante non gli fosse del tutto estraneo.
– Scherzi a
parte – riprese a parlare Sparrow, mutando completamente tono
ed espressione – Il marmocchio ci serve, non vi conviene
farci arrabbiare – asserì sfoggiando quel cipiglio
serio e risoluto che di rado compariva sul suo volto, perennemente
improntato alla sprezzante considerazione di tutto e tutti.
Tanto bastò
a convincere Barbossa, Anamaria, Elizabeth e Will
sull’attendibilità che avesse tutto coscientemente
in pugno.
Insperatamente lo
stesso Roberts rilasciò la presa sul ragazzino, che
anziché correre a cercar riparo tra i suoi amici, ricaduto
in una misteriosa trance, sgattaiolò in direzione del mare.
-
Scioglierà l’incantesimo, dunque? –
domandò meditabondo il militare inglese, volgendosi
direttamente al pirata dalle mille treccine che annuì in un
gravoso e remissivo silenzio.
I coniugi Turner,
assicuratisi che non vi fossero ulteriori ritorsioni, sebbene non del
tutto persuasi dal ruolo svolto da quel marinaio incaricato fino ad un
istante prima di catturarli, corsero appresso al proprio figlio.
Li seguì a
distanza anche Barbossa, mentre scettico sgualciva un sogghigno amaro:
- Hanno generato un ibrido! Sempre della famiglia Turner si tratta!
Siete una sciagura! – esclamò claudicando tra le
sterpaglie – Non avreste mai dovuto salpare dalla Scozia,
Sputafuoco Bill! – ironizzò trovandosi il vecchio
collega a ridosso.
Il maturo filibustiere
lo ignorò proseguendo, al contrario di Jack che, contento
per il miglioramento imprevisto del suo avventato piano, era in vena di
chiacchiere: - Ne convengo pienamente. È quello che ho
sempre pensato anch’io.
- Questa solfa
è inutile, non mi incanti – lo zittì
precipitosamente il disonesto compare di disavventure, affrettando il
passo per sorpassarlo, e venendo scavalcato a sua volta.
- Non era mia
intenzione – rimarcò l’eccentrico
Capitano, sfrecciando dispettosamente avanti e lasciando che le fronde
che aveva spostato lo colpissero in faccia.
- Così come
io non intendo farmi comandare da quelli lì! –
ringhiò Hector, ammutolendo di botto insieme agli altri che
si erano ritrovati di fronte una barriera trasparente costituita da
entità ostili fluttuanti da un’altra dimensione.
Armati e con le
cavità oculari vuote e inespressive, capaci di leggere la
paura, incombevano come una minaccia che nessuno ebbe la tempra di
osare contrastare.
Jim, invece, era
riuscito ad aprirsi un varco fra quei corpi di puro spirito, ed ora,
non visto da chi non aveva potuto fare altrettanto, vinto da un appello
dolce e insistente, si era immerso fino alle ginocchia nelle acque
limpide della battigia.
Tolto dal cinturino il
suo corto pugnale, ne accostò la punta sulla sottile pelle
del pollice, fino ad aprire un minuscolo forellino e riversare fra le
onde le gocce del suo peculiare sangue, in cui la terra e il mare, dal
giorno esatto del suo concepimento, così come i cuori dei
suoi progenitori, si erano mescolati per sempre, rendendolo, a sua
stessa insaputa, un ricercato ibrido e un potenziale dominatore delle
profondità abissali.
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Capitolo 29 *** Capitolo 28: Ore contate ***
Ebbene sì, gente! Non
è un pesce d'Aprile! :D
Finalmente ho davvero
concluso un nuovo capitolo di questa infinita long - il terzultimo -
giacché ho deciso di non dilungarmi ancora perché
ho in mente altre storie e progetti, e già l'ho trascurata
parecchio questa ff e me ne dispiaccio :/
Dunque, altri nodi
vengono al pettine e spero vi sia maggiore chiarezza, nonostante
qualche punto volutamente ambiguo che ho deciso di lasciare fino
all'ultimo.
Vi auguro ancora buone
vacanze e ringrazio quanti continuano a leggere e seguire questa storia.
Buona lettura e al
prossimo approdo!)
Capitolo
28: Ore contate
Era
completamente intorpidito, non riusciva ad aprire le palpebre
né ad articolare la lingua, quasi si fosse estraniato dal
suo stesso corpo.
Provò a
sollevarsi dallo scomodo pagliericcio, ma al posto della testa gli
sembrava di avere una boccia di vetro colma d’acqua. Mille
pesci parevano pizzicargli la pelle e istintivamente si
scrollò tutto per scacciarli di dosso, ritrovandosi di colpo
seduto. Spalancò gli occhi nella penombra di una celletta
spoglia e umidiccia, accorgendosi di un ambrato bagliore fluttuante
dall’esterno.
Con movimenti
appesantiti e rallentati poggiò i piedi per terra e si
alzò barcollando verso il punto in cui aveva visto brillare
quella luce, ancora ignaro di come, quando e perché fosse
finito lì dentro. Le caviglie cedettero ed
incespicò, dovendo reggersi alle sbarre.
Anche se avrebbe
voluto urlare, due gemme blu lo interrogarono con ammutolente dolcezza:
- Sveglio?
Jay Jay si
sforzò di stropicciare la bocca impastata e secca: -
Più o meno – mugolò non trattenendo un
rumoroso sbadiglio. Un penetrante effluvio aromatico gli invase le
narici, rimescolandogli lo stomaco vuoto da parecchie ore.
Amaryllis gli porse la
tazza fumante che emanava quell’intenso odore di erbe,
suggerendogli con un lieve annuire di berla per ritemprarsi. Il
ragazzino la accostò piano alle labbra ingurgitandone un bel
sorso e avvertendo subito un piacevole tepore propagarsi nelle membra
intirizzite, lenendo la collera per essere stato imprigionato.
Continuò a sorseggiare guardandosi attorno circospetto: -
Dove siamo diretti? – le domandò a bassa voce,
indagandone il volto pensieroso.
La ninfa si
adombrò, si sedette mollemente su una cassetta di legno a
fianco della porta della cella e bisbigliò sfuggevolmente: -
L’isola dei cristalli. È lì che
tenterà di compiere il rituale. Fra due notti ci
sarà la luna di sangue – espirò
rammaricata, alzandosi e voltandogli le spalle subito dopo
l’ultima frase.
Jay Jay
posò sul pavimento la ciotola vuota, fissò per
qualche secondo la diafana e aggraziata creatura che cercava di
dissimulare i singhiozzi, e tese le dita ad accarezzarle le ciocche
dorate, invitandola a guardarlo: - Non ci resta che portare avanti il
piano e pazientare – disse pacato e ottimista – Il
tuo innamorato non ti abbandonerà –
schiacciò l’occhio con un sorriso di circostanza
che non nascondeva un filo di amarezza.
Poi il torpore divenne
di nuovo invincibile e si accasciò poco a poco sulle assi.
La nereide gli
passò le dita su una guancia, costernata: - Mi spiace,
umano. Parli troppo.
In un
rapido fruscio le grandi foglie di babaco che costellavano la riva si
aprirono come un ventaglio e l’impalpabile schiera si
dissolse come bolle di sapone irradiate dal rovente sole di
mezzogiorno. Una voce ancora immatura eppure seria e risoluta nel suo
modo di scandire le urgenti parole si fece largo tra la vegetazione: -
So cosa fare. Dobbiamo salpare al più presto e metterci
all’inseguimento. Non c’è molto tempo!
Solo uno fra i
presenti ebbe la prontezza di ribattere al suo ardire: - La via
è libera? – domandò diffidente
Barbossa, azzardando un passo oltre la distanza di sicurezza cui si
erano tenuti gli altri.
Jim annuì
di riflesso: - Loro sono dalla nostra parte –
ammiccò con una vivida scintilla di vittoria.
I genitori lo
scrutavano storditi e meravigliati: d’un tratto del proprio
figlio afflitto da paure e insicurezze come ogni adolescente, pareva
essere rimasto soltanto l’involucro.
- Di chi parli?
– gli chiese Elizabeth avvicinandolo dubbiosa, manifestando
la stessa forte perplessità che fuorviava Will.
- Il popolo del mare.
Neanche loro vogliono un altro tiranno – spiegò
disinvolto il giovane Turner, rivolgendosi agli animi di tutti e
incitandoli ad agire.
Alcuni filibustieri
ridacchiarono dell’impertinenza di quel ragazzino, altri
tacevano interpellando con occhiate insistenti i propri capitani. Jim
notò in Jack una laconica riflessività che gli
suggerì di interrogarlo. Dopotutto lui li aveva coinvolti ed
in quel momento era l’unico a possedere lo strumento che
poteva aiutarli: - Per favore, Capitan Sparrow, potete prestarmela?
– lo pregò additando alla preziosa scatolina
agganciata al suo cinturone.
Quello la strinse a
sé gelosamente rimpicciolendo le pupille: - Giammai!
Anch’io so dove andare – rivendicò
avanzando verso la spiaggia – E poiché la Perla
Nera è la nave più veloce sarà
l’ammiraglia – pretese, uno sguardo traboccante di
orgoglio per la sua dama nera ancorata a qualche metro dalla costa
– Voi seguitemi pure con le vostre barchette, se ci riuscite
– tacciò con disprezzo i colleghi accorsi alle sue
calcagna.
Il tono diffamante e
ruvido di Barbossa si elevò nel brusio di proteste: -
C’è un importante dettaglio che non tieni in
conto, Jack: nessuno di noi si fida di te – lo
stroncò, stritolandogli una spalla su cui aveva prima dato
una debole pacca.
Il pirata gli
schiaffò la mano e indietreggiò alterato: - Beh,
io non mi fido di te – replicò scontroso,
accennando la fuga – E nemmeno di quello là!
– soggiunse in un soffio simile a quello di un felino,
riducendo a due tagli gli occhi nerissimi e puntando l’indice
contro il Capitano in giacca rossa della marina inglese.
Roberts
aggrottò la fronte con fare sarcastico: - Eppure siamo
cresciuti insieme, amico.
- In due mondi
diametralmente opposti – si affrettò a precisare
quello, dondolando sul posto sospettoso e incuriosito dai suoi
propositi.
Quella conturbante
rivelazione aveva colto alla sprovvista tutti: - Voi due vi conoscete?
– sbottò Will attonito, alternando
l’attenzione dall’espressione sfrontata
dell’uno a quella indurita dell’altro uomo,
chiedendosi quante altre storie quel lupo di mare avesse ancora da
raccontare.
Sparrow
piegò la testa farfugliando versi incomprensibili,
raschiando poi la gola: - È il figlio minore di Black Bart
– dichiarò con un’occhiata dolente e
accusatoria.
Un coro di commenti
rimbalzò tra le bocche dei furfanti, offuscando
ulteriormente le loro menti.
Jim scambiò
con la madre un dialogo silenzioso, fatto di ricordi comuni e intima
complicità: - Il grande Bartolomew Roberts era vostro padre?
– esclamò infine emozionato, fissandolo con
ammirato stupore.
La risposta
dell’ufficiale, tuttavia, fu brusca e seccata: - Se
così si può definire un bastardo che sparisce
dalla tua vita quando non hai ancora imparato neanche a pronunciare il
suo nome – dissentì rancoroso, dispensando
intolleranti occhiate ai fuorilegge che lo circondavano.
Hector
sghignazzò stridente: - Complimenti. E cosi, per infangare
la sua illustre memoria, siete diventato un fantoccio manovrato dai
capricci di qualche flaccido e volubile sovrano? – lo
accusò senza ritegno, continuando a ridere scostumatamente,
contagiando altri bricconi.
Il militare, con
altrettanta mordace disinvoltura, recriminò: - Mi sono
guadagnato la legittimità di eliminare molesti manigoldi
come voi, utili solo a riempire il ventre di pesci e corvi!
Barbossa, con lo
stesso cipiglio serafico e strafottente dipinto sulla faccia rugosa,
fece sibilare con lentezza la spada dentro il fodero, pronto a
sferrarla sull’ardito avversario che lo sfidava con iridi
baluginanti d’odio, ma Sparrow si frappose prima che lo
scontro si concretizzasse.
-
Legittimità! Che brutta parola! –
ciarlò aggiungendovi un versaccio schifato e ottenendo
un’accesa brama di vendetta da entrambi i contendenti.
Will, intanto,
approfittò di quella pausa per ottenere
l’attenzione di Roberts: - Quello che importa adesso
è da che parte deciderete di schierarvi – gli
propose con urgenza ma calmo e cordiale come suo solito.
Quel contegno tanto
civile disorientava il militare cresciuto nell’avversione per
i fuorilegge. Il Capitano Francis Roberts socchiuse gli occhi ed
inspirò serrando nervosamente la mascella ispida: - Taft mi
ha ingannato, ha infranto il nostro patto. Ed io non intendo lasciar
correre. Non voglio. – sentenziò con caparbio
risentimento, risollevando il mento verso gli altri, sancendo una
promessa a se stesso più che a loro – Non
sarò mai vostro alleato, Capitan Turner –
chiarì infatti sprizzando un ardente spregio – Ma
mi trovo costretto a concedervi una momentanea tregua.
- Gran bella idea,
Frankie! – approvò enfaticamente Jack, richiamando
con cenni frettolosi la ciurma e in primis mastro Gibbs a
sé.
- Non dimenticate:
dare la caccia ai pirati è il mio mestiere –
sottolineò con altera arroganza il comandante inglese,
allontanandosi dalla spiaggia con il suo fidato equipaggio, non senza
raggelare la vitalità dei bucanieri. Non di tutti quanti.
– Buona
fortuna, signori – salutò allegramente i compagni
Sparrow, sfilandosi il tricorno con un mezzo inchino.
Mentre i marinai
prendevano posto nelle scialuppe e gli altri capitani lo scrutavano
impreparati ed incerti, Barbossa si gettò nella risacca
ostacolando la sua improvvisa fuga: - Cos’è tutta
questa smania di arrivare per primo, Jack? –
inquisì infiammando le iridi cerulee.
Quello
scrollò le treccine con falsa modestia: - Nessuna smania.
È inevitabile accada, essendo io al comando della Perla.
– puntualizzò con presunzione, incitando i suoi ad
imbracciare le pagaie.
- Capitan Sparrow non
potete abbandonarci! Abbiamo bisogno di voi! – si intromise
Jim, arrivando di corsa e scoccandogli un’occhiata accigliata
e supplice.
- Non hai detto che
sapevi dove andare? – replicò quello, cantilenando
e sistemandosi sullo schienale di poppa della piccola imbarcazione.
Il ragazzino si morse
il labbro inferiore, bisbigliandogli all’orecchio: -
È vero. Ma non so come arrivarci …
- E il cuore, credi
sia una buona guida, invece? – farfugliò salace
Sparrow, storcendo i baffi quando si sentì addosso lo
sguardo indagatore di Anamaria.
Sul volto del giovane
Turner si impresse un sorriso persuasivo, terribilmente simile a quello
di suo padre: - Non lo è sempre?
Il filibustiere
distolse gli occhi incontrando l’espressione discretamente
complice di Will, che probabilmente non avrebbe resistito a rivelare
tutto quello che si erano detti quella mattina alla consorte.
Sfiorò con le dita la bussola, poi si grattò il
pizzetto e schiuse la bocca non riuscendo ad emettere alcun suono
poiché la Jucard, spazientita, gli si lanciò
incontro, saltando dentro la barcaccia: - Noi veniamo con voi, Capitan
Sparrow – asserì sbarazzina, affiancata dai suoi
marinai – Taft ci ha lasciato due bei regalini –
borbottò con amara ironia, stringendosi sul sedile accanto
al collega che la guardava smorto e contrariato.
- Il timone
è fuori uso e hanno abbattuto l’albero maestro
– lo informò José, provocando un
vistoso ondeggiamento dello scafo non appena vi entrò anche
lui.
Elizabeth, intanto,
consultandosi con il marito, fu più lesta di lui a prendere
l’iniziativa, spronando i bucanieri a tornare
all’Olandese: - Tutti pronti, uomini! Siamo già in
ritardo!
Will si
avvicinò al Capitano della Perla, dandogli una leggera pacca
sulla spalla: - Ti seguiremo fino alla meta – gli
tacciò accondiscendente, trascinando con sé
l’ostinato figlio.
Barbossa colse quel
complice scambio d’intese e, paventando un raggiro ai suoi
danni, si affrettò anche lui ad imbarcarsi sulla Spettro.
Non possedeva la nave migliore, ma li avrebbe acciuffati inseguendo la
loro scia. Se lo credevano l’ultima ruota del carro e
intendevano estrometterlo dai loro piani, si sbagliavano di grosso.
Il vecchio
filibustiere non abbandonò la terraferma prima di aver
compiuto la sua vendetta su Fortezza. Ordinò così
ai suoi di condurlo fino alla costa al di là della quale
avevano messo il vascello alla fonda e, avvistata una palma solitaria
che affondava le radici proprio ad un pelo dal bagnasciuga, vi fece
legare il detestato nemico, congedandosi con un lugubre augurio: - Vi
terranno compagnia granchi e gabbiani.
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Capitolo 30 *** Capitolo 29: Eredità scomode ***
Salve mie care donzelle e
piratesse!
Inaspettatamente,
nonostante il fidato pc in avaria, sono riuscita finalmente a
concludere il terzultimo capitolo di questa travagliata storia, e ho
potuto approfittare della disponibilità del riluttante
computer di riserva per postarvelo! ^-^
Vi risparmio ulteriori
scuse inutili e vi lascio alla lettura, ringraziando quanti leggono o
inseriscono i miei racconti tra le loro preferenze.
Spero di concludere
prima dell'estate questa long, anche perché ho altre idee in
corso e già ho iniziato il prossimo capitolo.
Buona lettura e al
prossimo approdo!)
Capitolo
29: Eredità scomode
Le vele
cerulee si riempirono del fresco vento del crepuscolo mentre la costa
verde e sabbiosa di Isla Cruces svaniva oltre la placida distesa color
indaco.
La sagoma superba
della Perla Nera li aveva già staccati di almeno mezzo
miglio, riconfermando prepotentemente la sua fama di veliero
più veloce dei Caraibi.
Il Capitano Will
Turner, arrampicato sulle sartie di tribordo, si affannava a spronare i
suoi subalterni, affinché imbrigliassero ogni folata per non
perdere di vista l’imprevedibile alleato.
Quell’inaffidabile
di Jack Sparrow sembrava essere ancora una volta, paradossalmente,
l’unico gavitello in grado di mostrargli la rotta della
salvezza, dopo averlo impelagato nell’ennesima disavventura.
A volerci pensare con mente lucida, aveva sempre agito così
nei suoi confronti, e nonostante non potesse mai ignorare di essergli
enormemente debitore, il loro rapporto si poteva paragonare ad una
distinta abitazione i cui pilastri affondassero su un terreno argilloso.
Ma a preoccuparlo
molto più di Jack, in quel momento, era qualcuno
notevolmente più vicino.
Jim si aggirava sul
ponte dell’Olandese, mesto e inerte come un’anima
in pena. E dalla maniera in cui pestava le punte degli stivali era
chiaro compisse un grande sforzo a contenere il malumore che lo stava
corrodendo.
Will,
raccomandò ai suoi di mantenere l’abbrivo
guadagnato, quindi planò con una cima proprio accanto al
figlio. Prima che aprisse bocca, fu lui ad anticiparlo, con tono
piuttosto aggressivo:
- Mi avete trascinato
via, quasi fossi un pupazzo! Quando la smetterete di trattarmi come un
bambino?
Alcuni pirati,
distolti dal loro lavoro, si erano voltati nella loro direzione. Il
giovane padre annuì chinando gli occhi e rimasticando il
discorso che si era prefissato.
- Quando la smetterai
di comportarti come tale – si affrettò a
rimbrottare severamente l’impertinenza del ragazzino la
signora Turner.
Madre e figlio
ingarbugliarono uno sguardo rutilante, sfidandosi, al che Will
intervenne di misura, prendendo premurosamente per un braccio la
moglie: - Elizabeth, per favore, lasciaci soli.
La donna represse un
sospiro irritato, non senza lasciar intendere al marito che lo
assecondava solo perché voleva evitare discussioni davanti
la suscettibile ciurma. Jim si lasciò scappare un sorrisino
soddisfatto, scacciandolo subito quando incrociò
l’espressione incupita del padre. Will lo invitò a
seguirlo nel loro solito posto convenuto per le conversazioni
importanti, la prua zannuta della nave, ma il ragazzino tirò
dritto per la balconata di poppa, assai più isolata da
sguardi e orecchie indiscrete.
Il Capitano
osservò per qualche attimo il suo ribelle erede,
rimpiangendo in cuor suo di essere mancato così tanti anni
dalla sua vita per riuscire a perdonarsi qualsiasi suo rimprovero.
Continuava a sforzarsi di essergli vicino, nella giusta misura, e gli
bruciava sentire che oramai stava diventando sempre più
difficile non allontanarlo. Perché c’era qualcun
altro che stava insinuandosi tra di loro.
Prese un lungo
respiro, riempiendo i polmoni e parlò scandendo con
discrezione e accoramento le parole: - Jim, ti giuro che io ti capisco,
davvero. A volte ci si può annebbiare …
Le guance del biondino
impallidirono prima di imporporarsi: - Ora sono io a non capirti
… - balbettò affacciandosi alla ringhiera e
guardandolo di sbieco.
Will gli si
affiancò tenendo le pupille sul mare: - Quella Amaryllis
… ti piace molto – sostenne senza dare al tono
qualche sfumatura particolare.
Jim si
grattò la nuca ed iniziò ad arretrare con una
smorfia, preoccupato ed imbarazzato; non si aspettava che
l’argomento sarebbe divenuto sentimentale: - Papà
ti prego …
Il padre gli rivolse
un sorriso limpido e rassicurante: - Non c’è
niente di male, ma …
- Ma a voi lei non
è mai piaciuta, sin dal principio. Non fosse stato per lei,
non avrei nemmeno sospettato di possedere certi poteri! –
s’imbizzarrì di colpo, lasciandolo ammutolito per
il fervore con cui l’aveva difesa, gli occhi avevano
sprizzato argento vivo, compulsione, attaccamento.
Un insieme di
sentimenti forti che lo destabilizzarono. Non aveva compreso quanto
potesse essere rimasto invischiato da quella misteriosa creatura. E non
capiva se quell’ascendente fosse sincero o pilotato, ragione
che lo indusse ad inasprire la replica: - Tutto ha un prezzo
– mormorò scettico e ammonitore.
Jim lo
fissò a labbra strette, trattenendo il fiato per poi
rilasciarlo con un raschio: - Capitan Sparrow ha ragione: non sembri
neppure un pirata – sputò scuotendo la testa e
girandosi per andare via.
Will non si fece
impressionare: aveva imparato anche lui da tempo a trattare con
testardi e impertinenti, e suo figlio, un po’ per
eredità materna, un po’ a furia di frequentarli,
ne era stato contagiato. Oramai conosceva su quali leve insistere: -
Jack mi ha raccontato come l’ha incontrata.
Due iridi nocciola
interrogarono con scalpitante curiosità le sue.
L’ago
compì improvvisamente una brusca virata, eseguendo un giro
completo del quadrante. Arricciando le labbra agitò la
scatoletta e gli batté sopra tre dita per riassestare il
capriccioso gingillo magico. Decideva di smettere di funzionare proprio
tutte le volte in cui aveva più bisogno di lei! Era una
situazione comprovata, eppure riusciva a mandarlo in bizza sempre. Come
se già non avesse poche rogne cui badare.
La donna che gli aveva
confessato di avere presumibilmente dato alla luce un figlio suo, si
era imbarcata di soverchieria sul suo galeone. E anche se voleva
propendere ad accettare l’ipotesi di una coincidenza, o
piuttosto l’impossibilità che le sue supposizioni
fossero vere, provava un indefinito malessere nel vederla tanto in pena
per la sorte di quel moccioso. Era una scena che si ripeteva, invero. I
Turner avevano vissuto un momento simile sotto i suoi occhi, qualche
marea addietro. E tutto ciò cui lui riusciva a pensare era
sgusciare via.
Concedere
all’ansia e alla paura di assalirti per il destino di qualcun
altro, era un sentimento che non lo riguardava. Forse aveva imparato
meglio degli altri a nasconderlo e ignorarlo, o forse il suo cuore
obbediva a meccanismi del tutto differenti. Non per niente era Capitan
Jack Sparrow, l’unico
e il solo. Non poteva avere emuli né eredi.
Riaprì lo
sportellino della bussola: l’asticella si bloccò
ad indicare Sud-est. Il suo sorriso appagato
s’incrinò notando come la direzione corrispondesse
anche al punto in cui si trovava Anamaria. Finalmente si era seduta.
“Coincidenza”,
pensò riallacciando lo strumento nautico alla cintura e,
riferendo le coordinate da seguire al fido mastro Gibbs, si
incamminò con indifferenza verso la Jucard, inserendosi tra
lei e l’energumeno suo vice col quale stava chiacchierando.
La mulatta avvertì la sua vicinanza dal tintinnio dei
dreadlocks e si voltò di scatto scoccandogli
un’occhiataccia insofferente e furtiva. Jack di rimando la
prese sottobraccio, convincendola, suo malgrado, a passeggiare.
Anamaria lo
assecondò, costringendosi a respirare a fondo per rilassarsi
in previsione di qualche sua strana sortita, anche se le sembrava
leggermente turbato.
Si fermò
vicino prua, dove sostava meno gente e la rilasciò,
poggiando i gomiti sulla balaustra. Boccheggiò un paio di
versi indefiniti, quindi la sbirciò di sottecchi: - Come mai
quello sbarbatello non sa che sei sua madre?
La piratessa
sbatté le ciglia e si affiancò al collega per
evitare che i marinai notassero il fulmineo sbiancamento che di sicuro
l’aveva colpita. Cercò di incrociare gli occhi del
pirata, sebbene sapesse perfettamente che non avrebbe lasciato
trasparire quale fosse la vera ragione di quella domanda. Per quanto
scombussolata e dubbiosa sull’opportunità di
confessarsi con lui, fu pervasa da un effimero sollievo nel poter
condividere un pezzo di quel segreto, che aveva assunto la consistenza
di una zavorra. Si passò una mano sulla faccia, lasciandola
lì per attenuare il volume della voce: - Ju non mi ha
permesso di tenerlo e così l’ho abbandonato,
quando era molto piccolo, a Tortuga. È cresciuto
lì, in una locanda, da nostri fidati. Un anno fa sono andata
a riprendermelo. L’ho arruolato come mozzo. Si è
dimostrato eccezionale.
La mulatta dovette
asciugare due gocce di sale che erano sfuggite al suo impeccabile
contegno, ma non allo sguardo acuto di Sparrow, il quale si
schiarì la gola riportando l’attenzione sulle
onde: - Tipo un tantino ottuso quel Jucard. Io sono nato e cresciuto su
una nave, per qualche anno – mormorò con una punta
di vanità smussata da una patina drammatica che lo rendeva
meno credibile.
L’avventuriera
scrollò i capelli, ridacchiando sommessamente: - I risultati
non sono esaltanti …
Jack la
folgorò con un luccichio ruffiano tra i denti, riducendo le
distanze ad una spanna: - Un tempo non l’avresti detto. Ti
piacevo – sussurrò impunito, facendo scendere una
mano a sfiorarle un fianco.
Anamaria
indietreggiò con una vigorosa scossa, maledicendo
l’assurdo effetto incendiario che certe sue occhiate
maliziose erano capaci di suscitarle, legandosi a fantasie e ricordi.
- Io non capisco
perché proprio Jay Jay! – barbugliò
agitando le braccia e sistemandosi il cappello.
Il Capitano della
Perla si lisciò i baffi e le treccine del pizzetto con
cipiglio meditativo: - Perché è quello sbagliato.
E se Taft sacrifica lui, anziché diventare immortale
creperà. Molto generoso da parte del ragazzo. Ergo non
è mio figlio – concluse distendendo il volto in un
largo sorriso colmo di sollievo, mentre l’amica si adombrava,
riprendendo a stringere i pugni e irrigidendosi pur di non esplodergli
contro.
Jack schiuse la bocca
e alzò un dito, accorgendosi di aver provocato
involontariamente una risposta vendicativa e intendendo rimediare.
Arrivò però una confortante notizia a salvarlo:
- Terra!
- In anticipo!
– esclamò festante, correndo al timone.
Iniziava
ad odiarsi. Era stato per pura e stupida competizione che aveva deciso
di offrirsi al posto di quell’altro. Pensava che lei lo
avrebbe protetto, invece non aveva potuto confidare in alcun segnale
d’aiuto. Sembrava un’altra persona. Distaccata,
algida, taciturna, imperturbabile. Lo inquietava tanto quanto le risate
squillanti lanciate dal Capitano della Barracuda.
- Vatti a fidare di un
bel faccino! – si rimproverò infuriato Jay Jay,
dimenandosi quel poco che poteva. Aveva riacquistato i sensi
ritrovandosi ammanettato mani e piedi su una specie di graticola
sollevata dal terreno e appesa tra due tronchi, come fosse un insetto
catturato nella tela di un ragno. Il peggio lo aveva scoperto dopo:
c’era una serie di congegni a ruote collegati a loro volta ad
un sistema di pesi e contrappesi che avevano il fine di attivare
un’ultima mortale arma rivolta a trafiggergli il petto. E
riversare il suo rosso stillare sulla sfaccettata superficie di una
pietra luccicante. L’Occhio degli Oceani. Era rimasto
incantato dal suo splendore che era stato riflesso in un arcobaleno di
colori dai raggi del tramonto.
- Non è
strabiliante? Una sola pagliuzza non calcolata e tutto il mio
meticoloso progetto andrebbe in malora! –
farneticò Taft, avvitando un’ultima rondella,
sventolandosi con il fazzoletto smeraldino – Ammira la
perfezione di ogni dettaglio, giovanotto – gongolò
avanzando verso di lui e gesticolando – Non appena il
novilunio scarlatto di questa notte raggiungerà lo zenit,
questo diamante ne assorbirà il barlume e
innescherà una reazione a catena, fino a spingere quella
lama di cristallo nel tuo cuoricino! E grazie al tuo sangue salato,
mescolato al mio, diverrò eterno! –
scoppiò in una fragorosa risata, piegando il collo indietro.
Jay Jay
annaspò di rabbia e astio, cercando invano una
rassicurazione nel dolce viso di Amaryllis, che rimaneva assente e
distante. Era con le spalle al muro, perciò tentò
di prendere tempo. In fondo Pescegatto gli aveva imprudentemente
rivelato che al minimo margine di errore il rito sarebbe fallito.
Certo, quello spuntone di vetro era ancora pericolosamente posizionato
contro di lui, ma se proprio lo avrebbe ucciso, non voleva rimuginarci
troppo.
- Giacché
mi accingo a morire dissanguato per voi, mi piacerebbe apprendere la
vostra storia, Capitan Taft – lo invitò
candidamente, come avrebbe saputo fare Turner Jr.
Il filibustiere lo
studiò per qualche secondo, sgranando gli occhi celesti con
aria sorpresa, ma subito il sospetto si dissipò dalle sue
tempie, intravedendo l’occasione di poter condividere il suo
formidabile racconto:- Non hai tutti i torti, novellino. E poi
è una storia talmente affascinante che sono sicuro
allieterà le tue ultime ore – affermò
sistemandosi su una sacca di paglia.
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Capitolo 31 *** Capitolo 30: Cristalli ***
Buona domenica, gente!
Dopo secoli sto
finalmente accingendomi a concludere questa long!
So che oramai qualsiasi
scusa è inutile, perciò vi lascio semplicemente
alla lettura, ringraziandovi per la pazienza con cui avete atteso che
pubblicassi ogni nuovo capitolo.
Ulteriori annotazioni le
lascerò per l'epilogo, che mi auguro di postare entro il
mese prossimo.
Buona lettura, a presto!)
Capitolo
30: Cristalli
Oliver
Taft si schiarì la gola e cominciò con enfasi e
tracotanza a raccontare:
- Sono un figlio nato
per sbaglio, ma ben voluto. I miei genitori furono amanti clandestini.
Lei era un’umile cameriera, lui un ammiraglio della marina
inglese. Non aveva avuto prole maschile per cui fui il suo beniamino e
il suo protetto. Potei studiare e viaggiare e così
approfondii le ricerche riguardo una leggenda che era solita narrarmi
mia madre. La sua stirpe sarebbe stata discendente diretta delle
creature marine note come nereidi. Una di esse, Climene, avrebbe amato
un mortale. E sarebbe stata punita con la perdita
dell’immortalità per aver generato un ibrido. Il
suo sangue si mescolò e si disperse nelle varie generazioni.
Ma non andò perduto: qualche goccia di quella linfa divina
scorre nelle mie vene. Insufficiente, ahimè, a dominare il
mare ...
Fintamente
dispiaciuto, il pirata lisciò lo spuntone della lama che
aveva fissato ad una spanna dalla vittima, alzando il viso al cielo
ancora privo del suo astro più luminoso.
Jay Jay
deglutì in silenzio, mordicchiandosi la punta della lingua,
sollecitato dalla tentazione di rivelargli che si stava sbagliando: -
Così hai bisogno del mio aiuto, eh?
Qualcosa nel suo
accento insinuante e derisorio fece scattare il sentore di un inganno
nell’allampanato Capitano. Nei suoi occhi celesti al
ragazzino parve di veder balenare per una frazione di secondo un
misterioso luccichio amarantino, e la prima cosa che pensò
fu che stesse cercando di leggergli la mente. Distolse subito lo
sguardo, cercando quello di Amaryllis, in disparte e soprapensiero a
qualche passo da loro, come intenta ad ascoltare rumori in lontananza.
- Taft! Io e i miei
sciacalli andiamo a dare il benvenuto agli intrusi.
L’intromissione
di Clint Strappabudella sventò la concentrazione del
comandante della Barracuda, insieme ai suoi enigmatici propositi.
Strinse le palpebre e
scosse leggermente la testa, massaggiandosi debolmente le tempie: - Ti
dispiace ripetere, amico mio? – scandì mollemente
con la voce arrochita dallo sforzo di contenere il tumulto di
interrogativi scatenati da quella scarna ed inaspettata affermazione.
Il socio
affilò le sue sciabole una sull’altra, facendole
sibilare: - Abbiamo avvistato vele in avvicinamento, un’ora
fa, nella baia a sud – gli riferì in un basso
grugnito, mostrandosi impaziente di partire per la meditata spedizione
punitiva.
Oliver
camminò nervosamente verso di lui, con i pugni serrati e la
mascella fremente: - Perché non sono stato informato?
Il bucaniere in giacca
turchese non si mostrò per nulla impressionato dal suo tono
isterico: - Mi hai espressamente vietato di interromperti mentre
preparavi questa bislacca diavoleria – ghignò
allargando la cicatrice che gli deturpava il mento, destinando un esame
perplesso ai contorti macchinari.
Il suo capo si
sfilò il fazzoletto verde dal taschino interno della giacca
e tamponò freneticamente il collo, la nuca e la fronte. Non
era disposto neppure ad immaginare un fallimento. Da
vent’anni si preparava in attesa di quella rarissima
combinazione astrale. Se avesse sprecato l’attimo propizio,
non gli sarebbe bastata un’intera vita per riavere le stesse
condizioni favorevoli.
- Uccideteli tutti!
– farneticò ripetutamente, ordinando ad altri
tirapiedi di sistemarsi attorno al perimetro su cui aveva impiantato il
marchingegno mortale, affinché nessuno potesse tentare di
manometterlo se si fossero spinti fin lì.
Jay Jay
approfittò prontamente di quel diversivo per richiamare
discretamente l’attenzione della ninfa, nonostante
l’avesse scorta molto distaccata e scostante: - Amy! Lilly!
Psss! –bisbigliò quando l’eterea
fanciulla gli passò vicino – Gli intrusi
… sono quelli a cui penso io? –
domandò, confidando più di quanto fosse solito
nella fortuna.
La biondina si
guardò attorno rapidamente, gli si avvicinò quel
tanto che bastava a rendere visibile un leggero sorriso sfarfallare
sulle sue rosee labbra.
- Ci
stiamo avvicinando troppo alla costa! Ci attaccheranno senza darci
neppure il tempo di sbarcare!
Il filibustiere dalla
bandana porpora ripose con un flemmatico sbuffo il cannocchiale nella
custodia appesa al cappotto, restando immune alla sobillazione della
collega, che però si apprestò a smorzare prima
che contagiasse i perturbabili marinai.
- Tesoro, devo forse
ricordarti che uno dei maggiori pregi della Perla Nera è
quello di essere praticamente invisibile nelle ore vespertine?
– sdrammatizzò con alterigia, strattonandola per
la fusciacca che le pendeva dalla vita e invitandola a scendere dalle
sartie.
Uno stridente fruscio
risuonò nello spazio che li separava dal piccolo approdo,
anticipando lo sfrecciare di una palla di cannone che passò
a meno di un metro dai loro cappelli.
Anamaria e Jack si
ritrovarono avvinghiati e contratti in un’identica
espressione di trepido spavento.
La piratessa si
liberò dalla compulsiva stretta dell’uomo,
rimproverandolo con un’occhiata collerica che valeva
più di mille insulti, mentre lui filava al timone.
- I Turner sono
spiacevolmente in ritardo, nevvero? – blaterò
Capitan Sparrow, trattenendo una smorfia preoccupata
all’ennesimo sibilo di cannonata diretta a squarciare il loro
scafo.
- Non lo so! Non ci ho
ancora capito nulla di questo tuo fantomatico piano! –
strepitò permalosamente la Jucard, tampinandolo sulle
scalette del cassero.
In
quell’istante una nuova bordata esplose alle loro spalle: non
proveniva dalla terraferma, ma da un’altra nave che li stava
abbordando da poppa.
Jack si
illuminò: - Come non detto! Sono arrivati! –
cincischiò assottigliando gli occhi per tentare di
focalizzare i tratti della sagoma del veliero che stava navigando in
quello stesso specchio d’acqua.
Il suo nostromo gli
comparve a fianco annunciando con stupore: - È Barbossa!
Udire quel nome gli
provocò un’istintiva alterazione dei lineamenti
scuriti dal sole, la sua gola ebbe un singulto: - Meglio di niente
– zirlò rassegnato – Li
tratterrà lui … Confido che saprete condurre la
Perla al sicuro, mastro Gibbs, mentre io e la Jucard andiamo.
- A fare? –
obiettò con scoraggiamento l’interessata,
accostandosi alle scialuppe che quello stava impartendo di calare.
Sparrow
dondolò la testa, indisposto dalla persistente malafede di
quella cocciuta donna: - A fermare Taft! Mi segui, o il mio
irresistibile fascino ti ha completamente intontita? – la
schernì porgendole una mano per aiutarla a prendere posto
nel sedile accanto a lui.
La mora continuava a
restare incerta ma smise di questionare, pensando che in caso di un suo
voltafaccia si sarebbe inventata qualcosa. Era abituata a vivere di
espedienti e scappatoie.
Una brusca frenata
fece sobbalzare la chiglia della barca che si arenò su un
basso fondale pietroso, rimediando una falla che costrinse tutti gli
occupanti a tuffarsi, appellandosi alla presunta conoscenza del
Capitano Sparrow, il quale non mancò di sciorinare la sua
padronanza del misterioso luogo.
- Cautela gente.
Questa è l’Isola dei Cristalli, non esiste terra
né sabbia, né erba. Potreste tagliarvi o
infilarvi qualche scaglia di vetro nelle membra se non prestate la
dovuta attenzione – redarguì i compagni,
impugnando una lanterna per istradarli lungo il percorso meno
accidentato.
Anamaria
accettò il suo braccio e fu ancora una volta scombussolata
dall’inafferrabile sagacia di quel pirata, custode di
molteplici esperienze e di nobili sentimenti, ma anche capace di
escogitare i più meschini sotterfugi.
- Aspetta un momento
… A te non interessa affatto fermarlo –
rifletté d’un tratto la mulatta, trattenendolo
bruscamente – Se Taft ucciderà Jay Jay,
morrà e te lo toglierai di torno uscendone pulito, come
sempre! – lo accusò sgomentata, provando una
simultanea repulsione per la sua manierata gentilezza.
Jack la
trascinò ugualmente con sé, chiedendosi con
rammarico per quale dannata ragione non avesse ereditato
l’indole sanguinaria di molti suoi antenati.
- Qui il vero problema
non è Pescegatto Taft, bensì la dolce ondina
– replicò misurando gli spostamenti tra le
scivolose e aguzze conformazioni calcaree – Amaryllis
cercherà di salvare entrambi. È nella sua natura
e non può violare i patti. Ma se quell’impiastro
si vendicherà di lei, innescherà il principio
della guerra.
La Jucard
stralunò gli occhi bruni: - Se le cose stanno
così, perché la tua amichetta non ha impedito
prima che tutto ciò accadesse? – indagò
risentita, scrollandosi da lui e incrociando le braccia.
Più
o meno a mezzo miglio di distanza da loro, Elizabeth Turner stava
formulando la stessa domanda al marito, insieme al quale aveva
intrapreso l’arrampicata su una scogliera formata da lastroni
di silice.
Will spinse il figlio
davanti a sé e controllò
l’integrità della fune con cui si era allacciato
alla recidiva consorte: - Perché è Billy Jim che
voleva proteggere. In questo modo lo ha tenuto al sicuro dalle mire di
Taft – le spiegò ricorrendo
all’interpretazione che gli aveva propinato Sparrow, e che a
lui non convinceva fino in fondo.
Finalmente il suolo
divenne pianeggiante, sebbene altre stalagmiti vetrose svettassero al
pari di arbusti sterili, rendendo difficoltoso il cammino.
- Tra tutte le vite in
pericolo dovremmo preoccuparci giusto di una semidea! –
insisté ad obiettare la Turner, intendendo riscuotere il
parere di Jim con cui era entrata in urto da qualche giorno.
Dei luccicanti cocci
di cristallo piovvero su di loro come una grandinata, riflettendo il
lucore ambrato di alcune torce in avvicinamento.
- Un pirata combatte
per l’ideale che gli rende di più, e noi non
saremmo in grado di affrontare una battaglia contro forze
sovrannaturali di tal portata – esordì Capitan
Barbossa con ineccepibile senso pratico, abbattendo altri coni a colpi
di machete, oltrepassandoli con un gruppetto di mercenari.
Elizabeth
inghiottì con un grumo d’amarezza la spiccia
constatazione del maturo filibustiere: l’epoca dorata della
filibusta stava opacizzandosi con l’avanzare del progresso, e
oramai erano ben pochi gli uomini che attraversavano gli oceani
perché mossi dalla pura passione di sfidare
l’ignoto.
Un terzo manipolo si
palesò tra le frastagliate sculture naturali, capeggiato da
un uomo il cui volto era celato da un grande copricapo blu stinto con
alcune appariscenti piume bianche e nere: - Secondo me, vecchio
scorfano, non hai più il fegato neanche per affrontare la
mia sciabola.
Hector capì
di essere tirato in causa: - Tu credi? – ribatté
sostituendo l’ascia con la spada.
- Ammirerò
il colore delle tue budella – sostenne il Capitano
dell’Orca con una raccapricciante risata sadica, sferrando il
primo vigoroso affondo.
I Turner
approfittarono del regolamento di conti in corso tra i due agguerriti
avventurieri e ripresero a cercare la strada che li avrebbe riuniti ai
restanti alleati, ma altri tagliagole armati e bellicosi tesero loro
un’imboscata.
- Jim! Tu vai!
– raccomandò Will al ragazzino, ponendosi a scudo
di Elizabeth, che però aveva già imbracciato una
carabina.
Fissava
l’orologio a cipolla, consultava il telescopio, ricontrollava
la fluidità di movimento di ogni rondella. Il pugnale,
anch’esso ricavato con un frammento di quel brillante
minerale, era nella sua mano sinistra, pronto ad aprire un taglio nelle
arterie.
Il satellite celeste
appena sorto splendeva di una luce rossastra. Una trascurabile manciata
di minuti lo separava dal compimento del suo destino, ma non doveva
permettere alle emozioni di assalirlo, o avrebbe perduto il raziocinio
necessario a compiere tutto regolarmente.
- Buona sera, Oliver.
Bella luna, non trovi?
I suoi guardaspalle si
drizzarono verso un’unica direzione, quella dalla quale stava
con perfetta noncuranza avanzando una figura dalla sgangherata andatura.
- Capitan Jack
Sparrow! Il vostro attaccamento alla mia persona mi lusinga e mi
commuove – lo accolse con sensibile fastidio, non spostandosi
di un centimetro dal piedistallo su cui aveva posto il diamante
– Siete venuto a raccomandarvi, immagino. Non avete gradito
la visita di quel cefalopode … - insinuò con una
cadenza mellifluamente derisoria.
Jack aggirò
tutti i suoi scagnozzi che formavano un codolo di protezione alla
macchina e a lui, e gli si fermò di fronte: - Preferisco di
gran lunga i pesci rossi.
Taft
biascicò un risolino: - Siete un uomo di spirito e
d’ingegno. Ma le vostre astute chiacchiere non vi serviranno
– dichiarò con estrema ostinazione, mimando di
lacerarsi il polso.
Uno scatto metallico
riecheggiato da altri lo indusse a voltarsi con altrettanta
velocità: - E che ne dici di questa, invece? – lo
sfidò Anamaria, brandendo una spingarda e attirandosi
addosso le canne delle pistole di tutti gli altri banditi.
Sparrow
sospirò, crucciandosi dell’irrimediabile
comportamento umorale delle donne.
- Poco maneggevole,
facile ad incepparsi – sentenziò con assoluta
indifferenza l’ibrido pirata, dopo aver osservato
l’ingombrante fucile.
Jay Jay sbuffava non
sentendosi più i muscoli, spazientito dal fatto che nessuno
si stesse degnando di liberarlo da quell’inquietante gabbia.
D’un tratto riconobbe una faccia decisamente benaccetta
venirgli incontro: - Era ora, B J!
Il suo esasperato urlo
di contentezza incuneò tutti gli occhi su di loro: - Allora
sei tu! Il giovane Turner! Voi mi stavate ingannando! –
strillò Taft agitando la lama, emettendo quasi delle scosse
elettriche – Tu quoque, cugina? –
singhiozzò folgorando Amaryllis che si era interposta ai due
ragazzini. Tutti si prepararono ad intervenire, scegliendo il proprio
avversario, rimbalzando sguardi intrisi di accanimento.
Ma delle pallottole
volarono in mezzo alle ombre, riducendo in affilati frantumi le
strutture cristalline che li circondavano.
E nel frattempo una
ruota dentata iniziò a girare.
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Capitolo 32 *** Epilogo: Nessun padrone ***
Marinai e donzelle, è
con soddisfazione, liberazione e un pizzico di malinconia che oggi
posto il lungo epilogo di un'altrettanto lunga storia, iniziata oramai
quasi due anni or sono.
In questo periodo, che
può sembrare relativamente breve, in realtà sono
successe diverse cose. In primo luogo alcuni lettori che avevo
conosciuto e che con i loro commenti positivi mi hanno stimolata a dare
un seguito all'originale long con cui ho sostanzialmente esordito in
questo fandom, non sono stati più presenti, e mi
è spiaciuto non aver più avuto contatti con loro,
anche perché erano contestualmente autori che leggevo con
molto piacere (Summerbest, emmawh, Lione94, Foxx dove siete finite?!
:'( ).
Altri si sono aggiunti
nel corso dei miei saltuari aggiornamenti (Fauna96 su tutte), molti
più di quanti imaginassi in questi mesi hanno inserito
questo modesto racconto tra le loro preferenze, seguite o ricordate, e
ciò mi ha dato sempre l'impulso di continuare e non lasciare
a metà, nonostante avessi perso più volte la
giusta ispirazione.
C'è stata poi
una lettrice costante, simpatica e fedele che non posso non citare: la
dolcissima stellysisley che ha sempre sostenuto le mie idee, qui e
fuori dandomi la spinta maggiore di tutte <3
Inoltre in questo arco
di tempo, chi mi ha seguito anche in altri lavori, avrà
forse notato che il mio stile è mutato, direi che si
è complessato nella terminologia e nell'introspezione, o
forse è solo maturato un po' insieme a me, che non nego di
conservare un lato piuttosto infantile (che non voglio assolutamente
perdere!), ma ho avuto la tendenza ad avventurarmi in generi
più adulti (più che altro nella lettura) a causa
dell'età non più verdissima ^^
Ad ogni modo, ho voluto
mantenere immutato il carattere narrativo in questo racconto,
lasciandolo più leggero e fresco rispetto ad altri, e vi
anticipo pure che ho scelto un finale abbastanza aperto che spero non
deluderà troppo le vostre aspettative.
Ci sarà un
altro seguito? Beh, qualche idea in verità mi è
balenata, ma non credo sbarcherà a breve: ho molti altri
viaggi da concludere!
Dopo avervi annoiato
ancora una volta, ringraziando di nuovo i miei seguaci, salpo le ancore
e vi auguro buona lettura!
Ai prossimi approdi!)
Epilogo:
Nessun padrone
Le stelle di cristallo svanirono in un sonoro e rapido fruscio,
precipitando sullo spoglio suolo. La nebbiolina di polvere scaturita
dall’esplosione simultanea di più canne da fuoco
si diradò, permettendo agli archibugi che
l’avevano prodotta di emergere dal buio manto che avvolgeva
la collinetta.
Oliver Taft si drizzò per primo, guizzando gli occhi a
quelle sagome indistinte che si spostavano verso di loro: - Da quando
in qua i pirati combattono uniti? – si sbellicò
dopo un attimo di smarrimento, rifiutandosi ostinatamente di accettare
quello che vedeva.
Un ferreo e vibrante timbro di donna lo schernì prontamente:
- Ti dice nulla la parola “Fratellanza”?
Elizabeth camminò con fierezza non abbassando la carabina
dal bersaglio, Will subito dietro di lei con un paio di spingarde
fumanti.
- Fratellanza?!
È soltanto una delle tante fandonie spacciate da voi
spregevoli Accattoni
del mare.
Stavolta ad intervenire era stata una voce virile screziata da ripicca
e spregio.
- Francis – evinse contrariato Capitan Sparrow, pur non
individuandolo chiaramente nella languente luce diffusa da
quell’insolita luna rossa.
Le armi dei soldati, luccicanti di un sinistro bagliore tra le
inanimate foglie di vetro, in breve formarono una minacciosa corolla
intorno ai banditi lì raccolti.
Jack e Anamaria strinsero con più vigore le else, mentre Jim
strinse la mano di Amaryllis nascondendo nella giacca il magico
diamante.
Taft afferrò una torcia e avanzò verso il
Capitano Roberts, suo precedente alleato, con uno sbiadito alone
intimidatorio: - E Clint? – domandò cercandolo tra
le ombre vaganti, con la schiacciante sensazione di conoscere la
spiacevole verità.
- Le sue budella non erano dissimili da quelle di qualunque altro
impostore del nostro stampo – frizzò Barbossa,
reggendosi zoppicante alla stessa spada con cui lo aveva sconfitto.
Sparrow rabbrividì incontrando il suo sguardo
spaventosamente carico di odio, che sembrava suggerirgli che lui
sarebbe stato il prossimo ad assaggiare la sua vendetta,
dacché i loro contrasti non si erano mai appianati.
In quella tesa sospensione si innalzò di nuovo
l’accento imperioso dell’erede di Black Bart: - La
Glory e la Eagle, navi di spicco della marina britannica, stanno
flottando nei dintorni. Vi conviene arrendervi, furfanti senza Dio, e
vi prometto che vi scorterò fino a Saint Thomas. Vivi.
I pirati sghignazzarono, sicuri di essere in maggioranza, sebbene Jack
Sparrow fosse l’unico a conoscenza della simulazione di
Roberts: quel luogo compariva soltanto in determinati periodi della
marea e non figurava in alcuna carta nautica.
Gli animi si surriscaldarono, l’acciaio sibilò e
ronzò insieme al dirompere di urla e convenevoli insultanti
che circolarono tra i due partiti, fermi sulla difensiva ma pronti a
darsi battaglia, nonostante l’oscurità e
l’atipicità di quel terreno non avrebbero
facilitato i combattimenti.
Prima che qualche intraprendente desse inizio agli scontri, accadde
qualcosa di imprevisto.
Le rocce traslucide tremarono e si mossero, alcune affondando, altre
emergendo con spruzzi, travolgendo e inghiottendo nelle loro crescenti
voragini ignare e impreparate vittime.
L’improvviso terremoto scatenò confusione e panico
tra i pirati che cercarono di essere più veloci delle frane
che con clamore si propagavano sotto di loro.
- Io vi avevo consigliato di non ostacolarmi! Adesso nessuno di noi si
salverà! – esultò un esaltato Taft,
estraendo il braccio da una fenditura apertasi ai suoi piedi.
Assicurandosi che gli astri fossero ancora in posizione e che ci
sarebbero rimasti solo per pochi altri minuti, percorse a fatica la
strada inversa, intenzionato a recuperare l’amuleto.
Barbossa scivolò su un rilievo, uno stilo affiorò
trafiggendogli la spalla destra e rimase sospeso sull’orlo di
una crepa. Imprecò contro il subdolo nemico sparandogli
contro alcuni proiettili, mancandolo.
Will ed Elizabeth, scansando l’instancabile Capitano Roberts
dalle calcagna, arrancarono verso la zona più alta, mirando
a raggiungere il figlio.
- Che sta succedendo? È stato lui? –
annaspò Anamaria, tenendosi ad un’asta traversa
del macchinario rotante e cigolante.
- L’isola tornerà in fondo al mare appena luna
tramonta – annunciò lapidaria Amaryllis
– Ma lui ha modificato ordine del tempo.
Jay Jay si dimenò forsennatamente, essendo ancora
intrappolato in croce su quella grata sospesa: - Vuol dire che
affonderemo prima del previsto?
La ninfa annuì e affermandolo apparve insolitamente
terrorizzata. Delle braccia la sollevarono, trascinandola sotto il
chiarore dei raggi lunari, mentre una lama di vetro le
ghiacciò il collo.
- Consegnatemi l’Occhio dell’Oceano e vi garantisco
che potrei valutare di concedervi la mia clemenza – propose
loro Taft, avendo scoperto con orrore che il tesoro da immemori anni
bramato gli era stato sottratto. Il suo polso tremava e nei suoi occhi
sfrigolavano piccoli lampi elettrici.
- No, Jim! Devi usarlo tu! – lo esortò con
impellenza la nereide, instaurando una comunicazione telepatica con lui.
Billy Jim sapeva già quale cruento sacrificio avrebbe dovuto
compiere per entrare in contatto con i poteri sopiti che lei gli aveva
svelato possedere. E sapeva anche che sarebbe stato irreversibile.
Esitò, si guardò intorno, incrociò i
volti dei suoi amici, ricordò tutte le peripezie e i posti
che aveva conosciuto insieme a loro. Pensò a quello che
ancora avrebbero potuto vivere insieme. Aveva visto troppi pochi soli
per desiderare di dire addio a quel fantastico mondo di cui voleva
saggiare di più. Il mare gli scorreva dentro ma voleva
domarlo, non dominarlo.
Ad Amaryllis sfuggì un ansimo frustrato, le sue gambe
vacillarono. Poi avvertì Jack Sparrow approssimarsi di
soppiatto. La sua speranza non si spense, anche se non era riuscita a
convincere il giovane prescelto, contava ancora sull’appoggio
degli umani.
- Non posso, mi dispiace – mormorò risoluto Turner
jr, scagliando deliberatamente il prisma marino in mezzo agli altri
frantumi scintillanti che si erano disseminati ovunque.
Taft strattonò via la cugina, tuffandosi a terra per tentare
di recuperare il diamante: - Dannato moccioso! Non sai cosa hai fatto!
Ci hai condannati! – andava urlando, scorticandosi le
ginocchia e i palmi su cui strisciava, rovistando affannosamente tra i
taglienti frammenti di cristallo, anche perché non era da
solo in quella frenetica ricerca.
- L’ho trovato! – trionfò Jack
innalzando al cielo una pietruzza sfaccettata come fosse un trofeo,
attirando l’aguzza occhiata del Capitano della Barracuda che
si gettò immediatamente verso di lui, sfoderando il pugnale
vitreo – Oh, no. Non è quella giusta –
bofonchiò dissacratorio il filibustiere dalle innumerevoli
treccine, buttando via l’oggetto nella mischia e riprendendo
a sondare il terreno con la punta della spada.
Oliver tirò fuori una pistola di piccolo calibro caricata
con gli aghi di un potente sonnifero, da lui stesso fabbricato. E la
chioma di Sparrow se ne appesantì senza che il proprietario
se ne accorgesse.
- Dobbiamo aiutare Jay Jay! – proruppe intanto Jim,
accennando all’ininterrotta concatenazione di bozzelli che
stava continuando ad attivarsi. Amaryllis si trattenne a controllare le
mosse di Taft e Sparrow, ma ad un ulteriore richiamo del suo amico
decise di unirsi a lui e ad Anamaria, che senza successo provava a
rompere quelle resistenti catene e a distruggere
l’infrangibile lama puntata pericolosamente contro il
ragazzino.
Anche i Turner stavano tentando di portarsi vicino ai loro compagni.
Will era giunto praticamente in cima all’altura, e da
lì riusciva a scorgere Jack e gli altri lottare contro lo
stillicidio di secondi che li divideva ancora una volta da
un’infelice sorte. Un corpo trafitto da una sciabolata
cozzò tra lui ed Elizabeth, separando le loro dita. La donna
piombò indietro urlando il suo nome ma la sua caduta venne
frenata da un solido petto ornato da mostrine che la
abbrancò. Riconoscendolo iniziò a scalciare per
svincolarsi, finché uno schizzo caldo non le
colpì il viso.
- Prendete me al posto suo, Capitano Roberts – gli
intimò con fermezza Capitan Turner, il piglio intrepido e
palpitante, le mani lungo i fianchi in segno di una pacifica resa.
– Mia moglie aspetta un bambino – aggiunse in una
soffusa e dignitosa preghiera, conscio o forse solo fidente di comprare
la sua sbandierata correttezza.
Il soldato si premette la spalla ferita e sostenne il suo sguardo
corrugando il proprio nell’udire quell’accorata
rivelazione. Squadrò con pertinace dubbiosità la
piratessa che tre dei suoi trattenevano in attesa di direttive. Vide il
modo in cui si guardavano quei due, come se condividessero lo stesso
fiato, e ciò scosse il suo.
- Sappiate che ovunque lo porterete, io verro a riprendermelo
– gli giurò l’incantevole e mordace
avventuriera, senza alcun refolo di timore.
Francis Roberts ruotò la testa notando altre azioni
dall’impensabile carattere altruistico.
Una coppia di bucanieri stava soccorrendo un loro pari incastratosi il
braccio tra una sporgenza e una spaccatura che minacciava di
risucchiarlo nei suoi meandri. Il malvivente, non più agile
e giovane, aveva comunque sguainato la propria spada e con movimenti
limitati si apprestava stoicamente a tranciare l’arto che gli
impediva di spostarsi.
- Che terribile spreco! Nessuno sa governare il timone come voi,
Capitan Barbossa – esclamò il più magro
dei due, caricandosi insieme all’amico il riluttante
filibustiere che seguitava a riempirli di insulti.
Poco più in alto c’era anche un’altra
masnadiera che si adoperava per liberare un ragazzino appeso gambe e
braccia. Rischiavano di essere sepolti lì attardandosi,
mettevano a repentaglio la loro libertà e la loro vita pur
di non abbandonare i propri sodali.
Un fiume di fiele gli si riversò in gola e gli
gravò le tempie. Si sentì profondamente meschino,
bigotto e ignobile per aver combattuto, condannato e ucciso quanti
portavano quell’indecoroso marchio. Avrebbe dovuto
considerare sempre che non tutti i fuorilegge erano spietati, egoisti e
opportunisti come lo era stato suo padre, che pure aveva stilato uno
stimato codice d’onore cui molti dicevano di ispirare la
propria condotta. Non avrebbe dovuto intraprendere quel mestiere con la
coscienza avvelenata da rancori personali. Si disfece dei ceppi che
finirono in una pozza, volse i tacchi verso la ciurma e, non tradendo
alcuna emozione, ingiunse loro l’ultimo ordine che avrebbe
dato sotto quella divisa: - Andiamo via da qui, signori. La dipartita
di questi farabutti è già segnata.
I marinai tentennarono prima si seguirlo sotto le occhiate confuse e
strabiliate dei pirati.
- Regnerà il caos! Non sapete quali forze state scatenando!
Le urla fanatiche di Oliver Taft tornarono a catalizzare
l’inorridita attenzione dei superstiti che assistettero alla
sua delirante disperazione. Il Capitano ibrido, non avendo ancora
trovato la chiave dell’immortalità, si
lacerò entrambi i polsi, spargendo il sangue sul tappeto di
frammenti brillanti.
- Il mare non deve avere padroni!
Jack Sparrow scandì tale affermazione brandendo
l’ovale adamantino.
I Turner corsero al suo fianco, mentre il mezzosangue gli si
riavvicinava, pallido e sudato, impugnando ancora lo stiletto: - Sai
qual è il tuo problema, Sparrow? Sei debole di cuore, come
tuo padre che ha scelto di ritirarsi prima che giungesse la sua fine,
su una nave, in battaglia – lo provocò
malignamente, insinuando nella sua mente altre calunnie che gli altri
non poterono udire.
Quello le scacciò impedendogli di irretirlo: - Va
all’inferno, Pescegatto! Sono passato per guai ben peggiori
di questo. Riuscirò a salvarmi la pelle con o senza il tuo
aiuto – proclamò con un sorriso sprezzante e
sarcastico, riponendo l’Occhio dell’Oceano nelle
mani di Amaryllis che si aggrappò a lui, salendogli sulle
spalle
Taft emise un’ultima stridula risata, le vene grondanti, le
occhiaie sempre più scure a sfigurare il colorito cereo: -
Ma qualcuno a cui tieni non sarà altrettanto fortunato
– asserì con inquietante soddisfazione, indicando
con l’indice un punto dietro di loro. Il foro di una
pallottola gli attraversò il torace. Barcollando sulle
ginocchia lanciò un’occhiata stizzita a Roberts e
si lasciò seppellire dal cedimento della pavimentazione
silicea.
Capitan Sparrow udì uno scatto e poi un fremito secco di
carne trapassata.
Quando si girò era già successo.
Anamaria percepì una fitta fulminante penetrarle la schiena,
tanto fugace e violenta che non le permise nemmeno di capire cosa fosse
o di esalare un grido. Mentre uno stridente brusio le feriva le
orecchie, il volto riconoscente di Jay Jay diveniva sfocato.
Non ebbe più sensibilità né percezione
del luogo in cui si trovasse o dello scorrere del tempo. Le sembrava di
galleggiare tra i flutti, sotto un cielo buio ma sereno. Il silenzio
che le aleggiava intorno, però, cominciò
d’un tratto a colorarsi di tante sfumature di suono e tra le
ciglia una fievole e tiepida luce s’infiltrò
inducendola a muovere le palpebre. Non sapeva dove fosse o dove fossero
quelli che sentiva parlare, tuttavia le parve di riconoscerli. Erano
voci familiari e provò ad alzarsi per raggiungerle,
chiedendosi con angoscia se fossero sopravvissuti o si trovassero tutti
nelle terre dei morti.
- Gli hai insegnato a nuotare?
Quello era il vivace Turner jr.
- L’ho salvato dall’annegare. Ma poi anche lui ha
salvato me. Ero tanto inesperta e ingenua allora. Mi piaceva stare
sugli scogli. Dei malvagi cacciatori hanno cercato di catturarmi e lui
si è opposto. Era un giovanissimo Capitano. È
stato una scintilla!
La cadenza esotica della misteriosa ninfa.
- Le promisi che un giorno avrei restituito il favore e lo feci. Non
è come prestare giuramento ad una persona: quella
è una semidea, non si sfugge. Infatti mi ha marchiato con
questa formula ed è ritornata.
Una parlata strascicata e alterata dal rum.
- Non sapevate nuotare!
Anche il riso di suo figlio.
- I miei vecchi non erano tipi da allegra e spensierata giornata sulla
spiaggia. Da piccolo non avevo mai messo piede fuori dalla
Città dei Relitti … o nell’acqua!
Lo vide. Una mano occupata a reggere una bottiglia semivuota,
l’altra appoggiata distrattamente allo stipite di una porta,
il tricorno leggermente storto sulla fronte nascosta dalla bandana, le
labbra distese in un sogghigno furbo e un po’ intimidito
dalle rivelazioni confidenziali che l’alcol aveva trapelato,
e che gli formava piccole rughe attorno agli occhi bistrati.
Le rivolse un soffocato cenno di saluto e si defilò sul
ponte, seguito da Jim e Amaryllis.
La mora spostò gli occhi sul giovane mulatto, i cui denti
brillanti si mostrarono con spontanea esultanza nel riscontrare che
stesse bene.
- Capitan Jucard. Credo di dovervi più di un semplice grazie
– sussultò, sensibilmente turbato e grato,
ondeggiando il collo e il busto, impacciato e incuriosito.
Anamaria si passò le dita tra i capelli, contenendo un
inopportuno balbettio: - Sei un marinaio promettente. Mi sarebbe
dispiaciuto molto perderti.
Jay Jay la osservò con indugio, serio e compito: - Mi
assegnerete una nuova carica, allora – affermò
scoccandole uno scaltro occhiolino. Non avevano toccato
l’argomento, ma alla donna balzò nello stomaco la
sensazione che quello sveglio ragazzino fosse in qualche modo
ugualmente a conoscenza del loro intimo legame.
- Comunque, se siete ancora tra noi lo dovete ad Amaryllis che vi ha
dato qualche goccia del suo sangue immortale. E a Capitan Sparrow
– riprese a raccontare appassionatamente l’imberbe
pirata – Si è prodigato molto per voi …
Non sarete amanti? – la punzecchiò con maliziosa
ironia.
La Jucard trasalì disturbata dall’imbarazzo che le
riscaldò le guance. Negò nella maniera
più assoluta, sollecitando il ragazzino ad illustrarle
quanto fosse accaduto durante la sua perdita dei sensi. E lui le
narrò di come nelle mani del giovane Turner
l’Occhio dell’Oceano fosse divenuto la soluzione
per scongiurare il precipitare dell’isola nei fondali
finché tutti non erano tornati alle navi. Capitan Sparrow
aveva promesso di ricollocare il diamante marino nel suo originale
scranno. Quella strana ossessione per la ricomposizione dei conflitti
sembrava derivargli dalla volontà di emulare suo padre che
negli ultimi anni della sua vita era divenuto custode della saggezza
piratesca e mediatore di controversie, rifletté Anamaria.
Erano in mare aperto, a bordo della Perla Nera e stava albeggiando.
In coperta una scanzonata folla chiacchierava facendo tintinnare le
bottiglie.
L’Olandese Volante veleggiava a tribordo, la poppa della
Medusa Spettro stava svanendo oltre l’orizzonte con la Hawk
di Capitan Roberts, che aveva ordinato ai suoi di mandare a picco la
Barracuda e l’Orca, temendo si formassero nuove flotte
piratesche.
Jack Sparrow si barcamenò tra le sue canaglie per
raggiungere i coniugi Turner, che si erano auto invitati sulla sua nave
con la scusa che vi fosse rimasto loro figlio.
- Non vorrei aver origliato male, innanzi – li
abbordò, curioso ma titubante di voler davvero intromettersi
nei loro affari intimi - Siete sul serio in procinto di avere un altro
erede? – tagliò corto storcendo la bocca e
smorzando il tono.
I due si corrisposero uno sguardo amorevole, cingendosi a vicenda e
confermandogli la dissennata novella.
- Un altro erede?! – sobbalzò, andandogli un sorso
di traverso – Vi siete messi in testa di ripopolare i sette
mari, per caso?
Will sorrise, divertito dall’esternazione di stupore
dell’amico e al contempo impensierito dal rivalutare quella
prospettiva che con gli eventi degli ultimi giorni aveva trascurato:
- Due figli non sono molti. Tu quanti ne hai?
Jack si batté un pugno sul petto: quel rum non se lo stava
godendo proprio!
- Nessuno! – frinì scippando la bottiglia a mastro
Gibbs, che gli era incautamente passato accanto e posando le pupille
sulle onde rosate.
Turner gli si accostò ammiccandogli in un sussurro: - E
quello lì? Ti somiglia, sai.
Il pirata diresse il naso verso il mozzo con il codino che scherzava
con altri coetanei: - È perché somiglia ad
Anamaria, e Anamaria somiglia a me – borbottò
astruso, dopo un attimo di imbarazzato mutismo, riattaccando a bere e
ancheggiando altrove, lasciando Elizabeth e Will più confusi
che persuasi.
Ammesso la parentela fosse stata vera, la sua presenza non sarebbe
servita a nessuno dei due, rimuginava con schietto senso pratico. Un
altro Turner gli si parò davanti sbarrando il rilassante
girovagare per il ponte. Provò a depistarlo ma si
impappinò e fu messo alle strette:
- Capitan Jack, posso farvi una domanda?
Acconsentì con un vago cenno della mano, rassegnandosi ad
ascoltare cosa avesse mai da chiedergli quel moccioso impertinente.
Il ragazzino assunse un’espressione molto contegnosa, un
tenue rossore sugli zigomi arrotondati: - Pirati si nasce o si diventa?
- Perché lo chiedi a me? Perché non lo chiedi ai
tuoi? – sbottò esasperato e sgarbato. A quel
principiante era capitata una smisurata e inconcepibile
fatalità. Ergersi al di sopra di tutti loro, essere lui ad
imporre regole a chi aveva scelto di rinnegarle tutte quante. Ma aveva
ripudiato di votarsi a quella rotta. Lui, al suo posto, alla sua
età, probabilmente avrebbe accettato senza tanti
complimenti, se non altro per smacco nei confronti degli adulti.
- Non lo so … Forse perché siete stato voi a
trasformarli – bofonchiò il piccoletto,
abbozzandogli un sorriso che sperò fosse convincente.
Jack lanciò un’occhiata permalosa alla coppia di
Capitani: - Trasformati, dici?
Il giovanotto annuì con impazienza e convinzione: - Allora?
Pirati si nasce o si diventa?
Capitan Sparrow sollevò il mento lisciandosi fugacemente le
punte dei baffi, raddrizzò il logoro tricorno, poi si
impettì serrando le dita attorno alle cinghie che gli
circondavano la vita:
- Figliolo, chi lo diventa in fondo ci è nato –
schioccò abbonandogli il suo compiacente sogghigno dorato.
Jim rifletté con autentico fervore su
quell’affermazione. Doveva ancora pronunciarsi a riguardo del
suo futuro. Era un’enorme responsabilità. Si
sentiva oppresso e minuscolo, ma anche sicuro di stare optando per la
scelta meno tragica. Quantomeno per lui. Ragionava da sensato pirata,
era vano aspirare ad interpretare l’eroe della storia. Sul
viso gli si schiuse un sentito e ammirato: - Grazie – e corse
via, andando ad annunciare la sua decisione ai genitori.
La smorfia di stonato disappunto sulla faccia del navigato filibustiere
permase nel notare i melensi sospiri che la vecchia amica
d’infanzia inviava ad uno dei presenti: - Ti piace il
Capitano Turner … - riconobbe perplesso.
I capelli mielati della fanciulla ondeggiarono nella lieve brezza
mattutina: - Lo sai che noi ondine ci innamoriamo spesso. La nostra
esistenza è così lunga, dopotutto –
mormorò immalinconita Amaryllis, mostrandogli le azzurre e
lucide iridi.
A Jack venne istintivo carezzarle una spalla: - Quello lì
non ha occhi che per la sua assassina amorosa - bisbigliò
calcando lo spregio e l’incomprensione per un tale
attaccamento. Era cosa rara, ne aveva conosciuti pochissimi vincoli di
una simile forza e durata tra persone.
- Lo so bene – mugugnò rassegnata la ninfa,
sfiorando i suoi anelli – Tu invece? – lo colse
alla sprovvista, cambiando intonazione e facendosi allusiva.
Quello ebbe una reazione assolutamente strafottente: - Lo sai che i
miei amori sono intensi ma brevi. Svolazzo libero e spensierato come un
passero.
Amaryllis gli afferrò le treccine per fissarlo negli occhi,
stringendogli dopo le mani e concentrandosi: - Hmm … Il tuo
cuore non è del tutto libero.
- Ti sbagli! – ribatté prontamente lui,
scrollandola e augurandosi che nessuno fosse in ascolto.
La nereide spanse un risolino svagato: - Che baccalà! Ti
piace ma la fai scappare continuamente.
- Ora basta! Non devi tornare negli abissi? –
frignò imbizzarrito Jack, calamitando le orecchie di tutti
su di loro.
La creatura marina si intristì, il respiro mozzo, la saliva
amara. Aveva ricevuto un permesso speciale e temporaneo per poter
svolgere la funzione di messaggera del suo popolo. Lei non apparteneva
al mondo di superficie, ma in quelle poche ore trascorse fuori dal mare
lo aveva quasi dimenticato. Aveva perfino meditato di rinunciare alla
parziale immortalità del suo corpo.
La sua missione l’aveva compiuta, e, nonostante non avesse
incoronato un nuovo sovrano, aveva stipulato nuovi legami con gli umani
e ambiva a proteggerli vegliando sulla loro progenie, finché
le sarebbe stato concesso.
Affondò il capo sulla giacca del Capitano della Perla
abbracciandolo con tenerezza e impartendogli col pensiero altre
benevole raccomandazioni, su cui lui divagò con uno sbuffo.
Trovò dietro di sé Jim e travolse in un accorato
abbraccio anche lui che si spremette per ricacciare un puerile
singhiozzo. Jay Jay le diede la sua stretta senza aspettare che si
staccasse dall’amico. Poi fu il turno di Anamaria e di
Elizabeth che la biondina si apprestò a salutare insieme,
allargando le braccia.
Restava un solo umano: - Ti posso dire addio, Will Turner? –
pulsò colorandosi la pelle nivea di un acceso vermiglio.
William sbirciò la predisposizione della moglie, le
annuì porgendole una mano che l’ondina
ignorò, saltando all’altezza delle sue labbra,
sulle quali si soffermò delicatamente qualche secondo: -
Grazie di tutto. Non lo dimenticherò –
sussurrò angelica, toccandogli una guancia.
- Neanche io – puntualizzò sentitamente la signora
Turner, ghermendo il braccio del marito che aveva distolto la fronte
sugli stivali.
Jim e Jay Jay erano indecisi se sorridere o irritarsi per non aver
ricevuto lo stesso arrivederci, ma si offrirono entrambi di aiutarla a
salire sulla balaustra.
Amaryllis guardò tutti vacillando per un ultimo infinito
istante, quindi, sorridendo al lieto fine che erano riusciti a comporre
insieme, si tuffò dissolvendosi tra la spuma marina.
- Ricorda compare: mai innamorarsi di una femmina sovrannaturale!
– raccomandò Jay al coetaneo, restando con lui ad
osservare l’acqua sottostante.
- Io non mi sono innamorato! – obiettò inalberato
l’altro, pur avendo la salivazione azzerata e il petto in
tumulto.
Ricevette dal mulatto una fraterna pacca sulla spalla: - Buona fortuna,
BJ.
Gli offrì le nocche e le sbatté contro le sue: -
Altrettanta, Jay Jay.
- Sono felice che alla fine tu abbia deciso di restare con noi, Jim.
Il Capitano dell’Olandese Volante affidò il timone
al fidato Sputafuoco Bill, sospingendo il figlio a seguirlo in sala
nautica, aprendogli la porta e invitandolo ad entrare.
- Faccio sempre in tempo a ripensarci, vero papà?
– farfugliò il ragazzino, preoccupandosi per
l’asfissiante e imprevista riunione di famiglia in cui si
stava catapultando.
Sua madre era in piedi vicino il tavolo con le braccia incrociate sul
grembo e l’aria di dovergli impartire qualche rimprovero
arretrato.
- Certo. – riprese suo padre, con tono pacato eppure
screziato di emozione, affiancando la moglie - Ma credo che il tuo
aiuto ci servirà molto nei prossimi mesi.
I due fusero le loro iridi cioccolato l’uno
nell’altro, tremando appena. Fu Elizabeth a confessare
incantata e quasi incredula la natura dell’evento che li
avrebbe coinvolti: - Sta per arrivare un altro Turner, Jimmy.
Will alzò con due dita il viso scosso della compagna,
catturandone caldamente le labbra e spegnendo quel contatto con un
dolce sorriso.
Jim si sedette su uno sgabello, tenendosi la testa che gli girava: -
Diventerò … fratello? –
sillabò fissandoli a bocca semiaperta.
Loro si strinsero ancora scambiandosi una carezza sulla fronte e
annuendo.
- Davvero? – insistette meravigliato il tredicenne,
avvicinandosi e piantando le pupille sulla pancia poco pronunciata
della donna.
- Sì. – ribadì lei, prendendogli una
mano e posandogliela sul proprio ventre.
Non aveva mai sospettato che gli nascondessero un segreto del genere, e
non riusciva a comprenderne pienamente la connotazione. In fin dei
conti, sarebbe stata un’altra avventura.
- Allora diventerò il tuo primo ufficiale?
Era affacciato alla balconata del timone, taciturno e corrucciato.
- Capitano, se vi disturba avermi a bordo, a quest’ora i miei
uomini avranno riparato i danni accorsi alla Murena … - gli
riferì sfuggente, scoprendosi agitata come una ragazzina
nell’attendere un suo responso. Non sapeva perché
era rimasta incagliata sulla Perla anziché seguire i Turner
sull’Olandese.
- Vi concederò un passaggio fino a Isla Cruces …
- asserì quello con imperturbata e falsa modestia, non
incontrando lo sguardo della piratessa la quale replicò
incaponita:
- Vi accompagnerò all’Isola dei Relitti per
ripagare il favore. Ed essere certa che rimetterete davvero a posto
l’Occhio dell’Oceano –
specificò indisposta dalla sua svagata saccenza.
In un battibaleno le mani di Jack la attirarono a sé e la
sua bocca fu pervasa dal suo intenso sapore di sale e rum. Si
distaccarono sentendosi colpevoli di sbagliare di nuovo,
immotivatamente.
Anamaria si ritirò scendendo le scalette, il pirata si stava
per sbloccare ma s’imbatté in Jay Jay. Il mozzo
mulatto si appese alla ringhiera dondolando e spiandolo con un ghigno
perspicace:
- Lei ti piace molto, non è vero?
Jack lo scrutò, ponderando
l’opportunità di continuare a spifferare certi
segreti con quella sottospecie di scimmia cresciuta. Gli mancava solo
il figliastro geloso: - Con mio sommo dispiacere – ammise
compunto, leccando dalle labbra il sapore lasciato da quel focoso
bacio.
I pirati donna erano la peggiore specie in circolazione.
Ma lui non si sarebbe mai impantanato in un guaio del genere ...
FINE
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