Ombre

di A g n e
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I - L'inizio della fine. ***
Capitolo 2: *** Volti dall'Est ***
Capitolo 3: *** Sparire ***



Capitolo 1
*** Capitolo I - L'inizio della fine. ***


Addii, fischi nel buio, cenni, tosse e sportelli abbassati. E' l'ora. Forse gli automi hanno ragione.

Ti sposti nel silenzio della scuola addormentata, nella prima notte del tuo ultimo anno a Hogwarts.

Muovi leggero qualche passo, senza fare rumore. Con le dita -lunghe, bianche, dita da violinista- tracci il profilo delle crepe nei muri. Passi accanto a una finestra e un fiotto di liquida luce lunare ti bagna il mantello, illuminandoti il viso.

Sei bello, incredibilmente bello, come non era mai stato tuo padre, ma con gli stessi capelli neri -te li sistemi, nervoso, non stanno mai in ordine- e gli stessi occhi. Gli occhi di tua nonna. Te l’hanno ripetuto fino allo sfinimento, sempre nella stessa cadenza, sempre con lo stesso ritornello.

Eppure tu, di tuo padre e della tua famiglia, non hai niente. Sei Serpeverde come colui di cui -a metà- porti il nome. Sei schivo, riservato; hai pochi amici, preferisci startene in compagnia dei libri. Sei gentile, volendo anche simpatico, ma mantieni i rapporti umani al limite della correttezza. Sei molto intelligente. Ambizioso, ha detto qualcuno.

Sorridi. Un ghigno, più che un sorriso.

Acceleri il passo -cosa stai cercando?- e salti su un gradino prima che una delle scale si metta a ruotare su se stessa. “Alle scale piace cambiare”, ti assale la voce petulante di tua zia, un ricordo. Alzi lo sguardo verso il soffitto, che luccica nel suo quieto grigiore. Scendi al quinto piano e abbassi la testa; quel soffitto ti fa sempre una strana impressione, come se ti guardasse. Se ti leggesse dentro. E tu odi chi sa leggerti dentro. È l’unico caso in cui non ti sai difendere.

“Un’altra delle tue passeggiate notturne, Albus Severus?”

Appunto.

Ti giri verso la fonte del suono, per incrociare il solito sguardo azzurro incorniciato da quegli assurdi occhialetti a mezzaluna. Pieghi la testa di qualche grado, in un beffardo gesto di saluto.

“Preside” e la tua voce risuona nei corridoi, tra i libri, le armature, gli scaffali e tintinna rimbalzando tra di essi, come una pallina che va a sbattere contro qualcosa di fragile, estranea nel silenzio del primissimo mattino “un’altra delle sue battute di spionaggio?”

Non ti risponde -non risponde mai alle tue strafottenti repliche- ma si limita a unire la punta delle dita, continuando a sorridere. Con la bocca. Non con gli occhi. Gli occhi ti guardano, ti leggono dentro -ancora!- e lui sa che non lo sopporti. Ah, ma appena scoprirai come impedire che i quadri vedano attraverso i Mantelli dell’Invisibilità…

“Quanto mi ricordi Severus”.

Questa è nuova. Una smorfia irritata ti si dipinge in volto. Tu non assomigli a nessuno, proprio a nessuno. Che senso ha un nome che ti condanna a una vita che non hai scelto?

“Buonanotte, preside”.

Ti giri di scatto verso le scale e ritorni al tuo dormitorio. Ormai la notte è finita. E rovinata, grazie a qualcuno.

Il vecchio -stanco, troppo stanco per replicare altro- ti osserva andare via, pensando che anche la tua riposta è la stessa del giovane Snape quando non sapeva più cosa replicare, ma voleva avere ugualmente l’ultima parola.


Angolino autrice.

Eh bien, mon Prince! Chissà dove finiremo con questa storia...

Davvero, non ne ho la più pallida idea. So solo che questo Al è molto sulle sue, non direi egoista, ma di sicuro non è uno dei "buoni". Assomiglierà parecchio ai giovani Dumbledore e Snape. Non è un Gellert, ma farà le sue brave idiozie... un giovane ambizioso e parecchio dotato tentato dal potere. Spero di non scrivere qualcosa di banale.

Ah, non aspettatevi consoci. Al farà tutto in solitaria... circa.

No, non vi anticipo nulla.

Se vi va, leggete, seguite e ditemi con la massima cattiveria che ve ne pare.

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Capitolo 2
*** Volti dall'Est ***


Il mattino arrivò presto, portandosi dietro l’eccitazione tipica del primo giorno di scuola.
Albus strinse gli occhi disturbato dal brillante fascio di luce sfuggito alle tende, sperando che il giorno se ne andasse, almeno per un altro po’.
“Potter, la tua letargia mi fa ben sperare riguardo al tuo incarico di Caposcuola”.
Il tono sarcastico del compagno di stanza punse le orecchie abituate ai soffici rumori della notte.
“Malfoy. Buongiorno a te” sospirò, scivolando fuori dalle coperte.

Albus tentò di mettere a fuoco gli oggetti al di là della coltre nera dei capelli disordinati. Inciampò un paio di volte nel disordine della stanza e tentò di abbozzare un sorriso convincente.

“Mh. Già meglio. Credo che per adesso dovrò accontentarmi. Forza ragazzo, sei pronto all’assalto di tutte le primine che si innamoreranno istantaneamente di te appena ti vedranno?” Albus sbuffò, iniziando a vestirsi.
“E va bene. Avanti. Cosa c’è che non va?”
“Niente”.
“Figuriamoci. Sei anni che ti conosco e credi ancora di potermi mentire. Avanti, Al”.

Albus soppesò per un momento la possibilità di confidarsi con Scorpius, possibilità che venne scartata quasi subito. No, doveva cavarsela da solo… almeno per questo momento.
Finì di annodarsi la cravatta e fece cenno al compagno di precederlo fuori dalla porta.
“Sai che non mi arrendo così facilmente, vero Al?”
“Sei anni che ti conosco e credi ancora che io sia capace di evitarti?”
Scorpius ghignò.
“No, infatti. Sei prevedibile, amico mio”.
Albus sorrise, tirò un pugno al braccio di Scorpius e lo seguì verso la Sala Grande.

***

Appena arrivati in Sala Grande, Albus si vide venire incontro la Preside. Scorpius gli rivolse un gesto d’intesa e andò a sedersi con i compagni di casa.
“Buongiorno, Albus. Dormito bene?”
Albus sorrise accondiscendente alla professoressa McGonagall, che nonostante i suoi 98 anni manteneva nel migliore dei modi la sua carica di Preside di Hogwarts. Albus aveva sentito molte volte raccontare da suo padre come fosse possibile mentire parlando con Dumbledore; questo valeva anche con Minerva McGonagall, che sembrava avere ereditato quella forma blanda di Legilimanzia per cui era capace di fermarsi sempre al limite della correttezza.

“Non male, Preside. Grazie. Lei come sta?”
“Sto bene, grazie Albus… acciacchi dell’età permettendo. Seguimi, voglio presentarti due persone”.

Ahia. Le presentazioni della McGonagall si risolvevano sempre in incarichi “per persone di comprovata fiducia” o amenità del genere.
La seguì nella saletta vicina, dove ad aspettarli c’erano due ragazze, che dovevano avere l’età di Albus. Il giovane rivolse loro un cenno di saluto. La più vicina rispose sorridendo, la seconda tenne risolutamente lo sguardo rivolto al tappeto, finché una gomitata dell’amica non la convinse a borbottare qualcosa in un’inglese incerto.

“Queste, Albus, sono Relka Bielski e Józia Lem. Vengono da Durmstrang, per un periodo di… scambio culturale, diciamo. È un esperimento che vogliamo tentare in accordo con Jan Mrożek, il loro Preside. Confido che, in quanto Caposcuola, saprai seguirle in questi primi giorni… Resta inteso, signorine, che per qualsiasi cosa potrete chiedere aiuto anche a me e agli altri professori”.

Relka annuì, incoraggiante. Józia era tornata a fissare imbronciata il tappeto.
Albus assunse la sua solita espressione di cortesia, anche se era di umore tutt’altro che raggiante.

Meraviglioso, pensò. Mesi buttati al vento per fare da balia a due ragazzine.
Ancora non sapeva quanto si sbagliava.


Angolino autrice.

So che mi odierete per questo improvviso cambio di persona, ma il "tu" iniziale era troppo cervellotico per mantenerlo in tutta la longfic. Ora non cambierò più, giuro.

Non ho la più pallida idea di che nuovo Preside succeda a Karkaroff, così me ne sono inventata uno nuovo. La Mac nazionale invece resiste ancora. Io amo questa donna.

Beh, che dite del nuovo capitolo (titolo a parte, che sembra il prologo della ritirata di Russia)?

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Capitolo 3
*** Sparire ***


Si svegliò all’improvviso. Nonostante non sopportasse il freddo, scansò le pesanti coperte, bagnato di sudore dalla testa ai piedi. Non si sentiva bene, come se si fosse appena rimesso da una brutta influenza. Si alzò e provò a fare qualche passo.
Si mosse incerto lungo la stanza, stando attendo a non svegliare Scorpius. Poi decise di scendere nella Sala Comune e si raggomitolò nella poltrona davanti al fuoco.
Rimase ad agitarsi per qualche minuto come un’anima in pena, poi si alzò e si mise a camminare in tondo, fermandosi ad ogni scricchiolio del parquet e ad ogni fruscio delle tende.
Poi si decise, tornò in dormitorio a prendere il Mantello e uscì nei corridoi della Hogwarts addormentata.

Evitò accuratamente di spingersi fino al quinto piano; non si sentiva affatto disposto a sopportare Albus Dumbledore l’Inquisitore. Stava meditando se dirigersi verso le cucine a procacciarsi una tazza di the per poi tornare a dormire, quando un rumore di passi e qualche sussurro in una lingua straniera arrivarono alle sue orecchie.

Si nascose -inutile riflesso istintivo- dietro l’angolo; si sporse poco, per tentare di riconoscere l’esile figura che si muoveva nell’ombra, ma per quanto si sforzasse non riusciva a capire chi fosse.
Si spostò in mezzo al corridoio, avanzando di qualche metro.
Aguzzò lo sguardo, ma chiunque fosse non era più lì.

“L’ho vista… davvero?” pensò Albus, incerto. Dopo tutto, poteva essere uno scherzo delle ombre create dalle lanterne. Proseguì fino in fondo al corridoio, ma della misteriosa apparizione nemmeno una traccia.
Si voltò bruscamente e andò a sbattere contro qualcosa alle sue spalle. Qualcuno, meglio.  

Lei.

La ragazza fece per urlare, ma Albus fu più veloce. Si liberò del mantello, la bloccò in una stretta e le premette una mano sulla bocca.


Non-gridare” sibilò “o ci sbattono fuori a vita”.

Finalmente la riconobbe. Józia. La più timida delle due.
Per fortuna non dovevano creare problemi.
Lasciò che la sua mano scivolasse via dal volto della ragazza, ma non allentò la stretta.

“Cosa diavolo ci fai -ehi!”

Józia si divincolò e scappò via da Albus, che la rincorse e la fermò dopo pochi metri.

“Sei pazza?” ringhiò “Se ti beccano… e stai buona!”

Iniziava ad averne abbastanza. Riportare alla ragione ragazzine isteriche che si aggiravano nottetempo per Hogwarts non rientrava nei suoi hobbies prediletti. Senza troppi complimenti, la costrinse contro il muro.

“Ora mi dirai cosa ci fai in giro a quest’ora”.

Józia lo guardò con aria a metà tra lo smarrito e il furioso. Poi sparì.

Letteralmente.

Albus rimase basito a fissare il muro di fronte a lui.
Non era Józia? Era un’immagine, un… un… patronus, insomma, qualsiasi cosa che potesse giustificare la sua scomparsa improvvisa?
Non ci si poteva Smaterializzare entro Hogwarts. Era una delle prime cose che aveva imparato da zia Herm. Solo gli elfi domestici potevano e Józia NON era un elfo domestico.

Un miagolio e un rumore di passi lo distrassero dai suoi pensieri.
“A posto. Mancava solo Gazza” pensò, riavvolgendosi nel mantello e rimandando i suoi problemi al mattino.


Angolino autrice.

Sono tornaaaaata *canticchia*

Allora, che ne pensate? Jozia non è del tutto innocua, a quanto pare.
Prometto di aggiornare a breve. In fondo, storia greca non è così interessante XD

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