La cerchia degli Eredi

di Akime_Under_the_Rain
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Farò o non farò? ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

La rivelazione

 

Il fuoco del caminetto andava morendo, portandosi lentamente con sé luce già soffusa che da sola doveva illuminare la piccola umile stanza.

Tutto l’arredamento, senza contare l’angolo cucina, ben fornito di grandi pentole di rame, consisteva in un unico lungo tavolo, affiancato a delle sedie scompagnate, ognuna delle quali giaceva scompostamente, segno che quella sera nessuno si era dato la pena di riordinarle dopo il pasto. Una di queste sedie era occupata.

La figura della giovane donna era china. Si sarebbe potuta dire gobba se non fosse stato per i singhiozzi sommessi che, di tanto in tanto, si lasciava sfuggire. I lunghi ricci rossi cadevano a ciocche, coprendole gli occhi gonfi e rossi. Una mano, tremante, era premuta sulle labbra, nel disperato tentativo di sopprimere i singhiozzi.

Anche quella sera Arthur era in ritardo. Molly si alzò dalla seggiola, che scricchiolò sinistramente, libera dal suo peso, raggiunse il camino, così, per fare qualcosa e buttò altra legna sul fuoco agonizzante. Carezzò piano la pancia gonfia, e quel contatto, così caldo… così vivo… la fece rilassare. Il sesto dei Weasley. Arthur aveva espressamente desiderato che fosse una femmina, ma Molly lo sapeva. Sarebbe stato un altro maschio. Ronald. Le era sempre piaciuto quel nome. Apparteneva al suo bis bis bis trisnonno o giù di lì. Comunque, le dava sicurezza. Era un nome fiero. Sicuramente il suo Ronald avrebbe assistito ad eventi importanti. Un lieve sorriso riuscì a scalfire la maschera di apprensione che copriva il suo volto di sempre. Un tonfo, alla porta che andava verso le camere, la fece voltare. Un bambino, sui quattro anni, sostava assonnato sullo stipite della porta, in mano reggeva un orsacchiotto tutto toppe e cuciture.

«Mamma...» sussurrò, con voce impastata dal sonno «...mamma, piangi?»

Molly sorrise ancora, e corse ad abbracciare il bambino. «No, no Percy, piccolo mio. Non piango. È che un po’ di cenere mi è entrata negli occhi... tutto qua»

Percy sorrise piano alla madre, poggiando felice il capo sul suo seno. «Dov’è papà?»

La donna s’irrigidì, e gettò un’occhiata all’orologio. Tutto inutile. In quel periodo le lancette puntavano tutte su “Pericolo mortale”.

«Al lavoro, angioletto mio. Papà è al lavoro»

Percy annuì, convinto. «Il mio papà fa il lavoro più importante del mondo, vero mamma? Aiuta i buoni a prendere i cattivi»

Molly non riuscì a trattenere una risatina. «Hai ragione, piccolo. Ma perché non sei a letto?»

Il bambino si allontanò dalla stretta della madre, e mostrò con aria contrita il peluche. «Mr. Bear è rotto. Vedi?»

La donna non si dette la pena di guardare. Quell’orsetto era da buttare. Ma non si poteva permettere di comprarne un altro. Non ora. Sorrise benevola al figlio, abbassandogli la mano. «Domani lo aggiusterò, va bene Percy?»

«Grazie mamma. Ti voglio bene» mormorò Percy, barcollando verso la porta, mano nella mano con la madre. Molly accompagnò il figlio fino alla stanza che divideva con i due più grandi: Bill e Charlie.

«Buonanotte amore» frusciò Molly, rimboccando le coperte al piccolo Percy, che non riuscì a rispondere se non con un gemito.

Molly sorrise, di fronte al viso già assopito del piccolo, e si sedette sulla sponda del letto, per assicurarsi che fosse realmente addormentato.

Quando il suo respiro si regolarizzò, gli carezzò soavemente la guancia, e si alzò con attenzione, tentando di ridurre al minimo i cigolii.

Si avvicinò al letto dei due più grandi. Charlie russava. Una qualità acquisita direttamente dal padre. Nessuno della famiglia di Molly aveva mai russato. Represse un risolino, spostando una ciocca di capelli dal viso del bambino.

Scoccò uno sguardo dolce a Bill, ed uscì in corridoio, si avvicinò alla porta dei gemelli e la aprì. I due bozzi informi sotto il lenzuolo del letto matrimoniale la fecero sorridere ulteriormente. I suoi bambini. I cinque piccoli Weasley.

Entrò in punta di piedi, e li raggiunse, sospirando pesantemente quando vide un fuoco d’artificio tra le mani di uno dei due.

Un tonfo. Molly sembrò risvegliarsi da una trance. Da dove veniva? Allarmata raggiunse la bacchetta, e prese le scale.

«Arthur? Sei tu?»

Un altro tonfo. Proveniva dall’esterno. A Molly si gelò il sangue nelle vene. Arthur l’avrebbe avvisata. Aveva la chiave, e di certo l’avrebbe chiamata, appena entrato. Sapeva che lo aspettava alzata.

La donna rigirò la bacchetta tra le mani, sudate, iniziando a scendere gli scalini con circospezione, tentando di limitare a lievi scricchiolii i forti gemiti che solitamente quelle vecchie scale di legno emettevano, persino sotto il peso di Fred e George, i più piccoli. Raggiunse la finestra per controllare che rimanesse ben sigillata dalle pesanti lastre di legno, tentando di riportarsi alla memoria i dieci metodi consigliati dal Ministero per neutralizzare un Mangiamorte.

Imprecò mentalmente, scoprendo che nessuno di quelli era applicabile al suo caso.

Un altro tonfo. Era la porta. O bussavano o tentavano di entrare con un incantesimo. Molly si mise in posizione di guardia e tolse i vari lucchetti, senza far rumore, ma attese prima di aprire. Chiunque fosse al di là della porta continuava a bussare.

Con un potente strattone, Molly aprì la porta, facendo entrare parecchi fiocchi di neve. Gli occhi azzurri della donna rimasero stupiti nel constatare che pur essendo metà Novembre la neve non aveva cessato di cadere. La figura incappucciata, in piedi davanti alla porta, ritrasse la mano sottile.

Molly sgranò gli occhi, portandosi nuovamente la mano alle labbra. «Per Merlino...!»

«Molly...» sussurrò la figura, con voce flebile «Molly... posso entrare?»

La donna si fece da parte, ancora incredula.

La figura raggiunse il camino, in fretta, ed allungò le pallide mani sui tizzoni ardenti. «Molly. Grazie per non avermi mandata via. Siete rimasti in pochi ad accogliermi nelle vostre case»

«Ma... ma...» Molly si avvicinò alla figura, e la prese per le spalle, sfilandole il cappuccio. «Per la barba di Merlino! Cosa è successo?»

Una cascata di capelli rossi, più scuri di quelli di Molly, di un rosso sangue molto credibile, cadde dalla crocchia improvvisata che la giovane donna aveva fatto per contenere la chioma sotto il cappuccio, mentre questa si girava verso la Weasley. Due occhi smeraldini si fissarono su quelli azzurri della donna.

«Lily, ti prego. Rispondimi»

Lily Evans si sedette sulla sedia lasciata libera da Molly.

«È strano, no? È Novembre e fa così freddo...»

«Ti ho chiesto di rispondermi»

Il tono duro e freddo con cui la Signora Weasley aveva parlato fece voltare Lily, quasi incredula.

«Lily...»

«Prima dimmi come va da voi» sorrise la ragazza, indicando la pancia di Molly.

Molly carezzò piano il patchwork, raggiungendo la porta che dava alle camere, per imporvi un incantesimo isolante, per non svegliare i bambini. «Non bene, purtroppo. Arthur non è ancora tornato dal lavoro. Ho paura per lui. Ho paura per i nostri figli e per la nostra libertà»

Gli occhi di Lily divennero, se possibile, ancora più tristi. «Molly, per favore... ho bisogno di sentire qualcosa di felice»

La donna ammutolì. «Perdonami. Sai che questo è il sesto? Sono al quarto mese. Dovrebbe nascere in Marzo. Non vedo l’ora! Arthur mi ha quasi consumato i timpani a forza di pregare per una femmina!»

La ragazza rise soavemente, prima di rabbuiarsi.

«Vuoi un caffè? Un thé? Lily, mi sembri un po’ provata...»

«No, grazie... sono passata qui solo un secondo. Devo darti una cosa»

Molly si avvicinò, e recuperò una sedia, curiosa.

Lily chinò il capo, gravemente. «Ascolta, Molly» sussurrò, appoggiando le mani sulle ginocchia dell’amica. «Sai che... ho fatto un errore.»

Non era una domanda.

La donna annuì, senza parlare ed appoggiò le mani su quelle dell’altra, sentendole tremare, ed era certa che il freddo non c’entrasse niente.

«Prima di... parlarti... ho bisogno... devo sapere se mi hai perdonato»

Molly sospirò. «Lily, ne parli come se dovessi morire domani...»

«Non divagare!» esclamò Lily, alzando di scatto il capo. Molly sussultò, stava piangendo. Era evidente che quello che si apprestava a dire non era per niente facile. «Scusami» mormorarono all’unisono.

Molly strinse un po’ di più le mani della giovane donna. «Lily... vorrei dirti che tutti noi ti abbiamo perdonata. Non è così. E credo che nessuno potrà dimenticare del tutto. Io... non ti odio. No, per niente. Eravamo amiche allora, e siamo amiche ancora. Se mi assicuri che sei pentita io...»

Lily la zittì, poggiandole un dito sulle labbra. «Molly, smettila. Non andare avanti. Mi rendi le cose molto più difficili» percorse con gli occhi la stanza, poi sospirò. «Ma, sì, Molly. Una cioccolata non mi dispiacerebbe».

La signora Weasley si alzò, titubante. «Sei sicura di non voler...»

«Aspettiamo Arthur insieme» precisò Lily. «Deve sentire anche lui. Ho bisogno del vostro aiuto»

Molly sorrise incerta, e raggiunse i fornelli. Con un colpo di bacchetta richiamò a sé il latte ed il cacao.

«È un mucchio di tempo che non facciamo qualcosa insieme» disse la donna, sorridendo ora benevola.

Lily rise «Già. Ma non credo che Arthur ne sia scontento. L’ultima volta che abbiamo cucinato qualcosa l’abbiamo quasi avvelenato!»

«Credimi, se lo sogna ancora di notte!»

Un piacevole aroma di cacao pervase la stanza. «Mi ero scordata com’era bello stare qui...» mormorò, tristemente. «È passato molto tempo dall’ultima volta che siamo state un po’ insieme. Io...» chiuse gli occhi, inspirando a fondo. «Molly, mi sembra tu sia migliorata molto!»

La donna esitò, incerta sul se rispondere alla prima frase della giovane rossa. Poi sorrise, e decise di non appesantire quell’alone di tristezza che sembrava gravare su Lily. «Con cinque figli, un marito e gli animali da mandare avanti, bisogna inventarsi un modo per rendere quel poco che c’è almeno commestibile...»

Lily scoppiò a ridere, seguita dall’amica. Nel camino, il fuoco finalmente riuscì a prendere sulla legna bagnata, e le lingue dorate presero a danzare illuminando ritmicamente le due donne.

Al centro della stanza, esattamente davanti a Lily, un flash balenò nell’aria, lasciando poi posto alla piuma bianca di una colomba.

«È Arthur! Oh, Per la barba di Merlino! Ora mi sentirà!»

Molly liberò per la seconda volta la porta, che si aprì. Un uomo sulla trentina entrò infreddolito.

«Mollianne! Mi dispiace, tesoro. I Mangiamorte hanno attaccato la Londra babbana. Sono dovuto correre sul posto, gli Obliviatori diventano sempre meno»

Ma Molly non sembrò ascoltare le scuse del marito. «Arthur Weasley! È l’una passata! Potevi mandarmi un messaggio! Farmi avvisare da qualche collega! NO! IO ERO QUI COL CUORE IN GOLA!» prese fiato, brandendo minacciosamente il cucchiaio in legno sporco di cioccolata. «Persino I TUOI FIGLI mi hanno chiesto se eri morto! Ho dovuto tranquillizzare tutti e cinque i bambini che piangevano disperati! E poi ho penato per TRE ORE senza sapere dov’eri, se stavi bene...» Una lacrima solitaria solcò la guancia di Molly. «Oddio, Stai bene, vero?!»

Arthur sorrise. «Non ti preoccupare, sto bene. Mi dispiace per non averti avvisato, ma proprio non ho potuto. Se mi fermavo ero un uomo morto»

La donna abbracciò il marito. «Vuoi un po’ di cioccolata calda? È quasi pronta. Siediti. Abbiamo un’ospite»

L’uomo tolse il mantello e lo appese all’attaccapanni, guardando speranzoso al ripiano cucina, su cui un pentolino tremava, sbatacchiando sulla superficie del fornello, mentre la densa bevanda bolliva pigra. «Ah, sì? E chi? Remus?»

«No»

Arthur si girò verso la fonte della voce, ed il suo sorriso si tramutò in una smorfia. «Lily»

Lily chinò il capo, alzandosi. «Ciao, Arthur. È un bel po’ che non ci si vede, eh?»

Notando il profondo imbarazzo in cui i due erano caduti, Molly portò le tazze. «Avanti, via quei musi! Bevete un po’ di cioccolata, così vi scaldate!»

La giovane donna dai lisci capelli rossi prese la tazza con un sorriso timido, e la portò alle labbra, soffiando.

Con la mano libera, frugò un attimo nel mantello, e ne estrasse un involto di seta nera che appoggiò sul tavolo.

I due Weasley la guardarono, l’una curiosa, l’altro scettico.

«Per prima cosa... non merito certo il vostro perdono. Quello che saprete ora lo confermerà»

Molly fece per interromperla, ma Lily la zittì con un cenno della mano. Benché i suoi occhi tradissero una stanca disperazione, Molly vi intravide determinazione. Una piccola scintilla che lottava per trasformarsi in un fuoco. «Vi prego, non interrompetemi. Potrei cambiare idea.» Lasciò la sedia e raggiunse la finestra da cui Molly aveva guardato pochi minuti prima. Poggiò soavemente le dita pallide sulla superficie liscia del vetro e guardò fuori, tristemente.

Quest’immagine. Lily, i lunghi capelli sciolti sulle spalle, gli occhi verdi quasi velati di lacrime che osservavano il paesaggio, alla luce soffusa della luna, rimase impressa nella memoria di Molly come fosse stata marcata a fuoco.

«Sono...» la voce della ragazza era diventata improvvisamente roca e pesante. Lily inghiottì a vuoto, cercando il coraggio.

«Sono incinta»

L’informazione non colpì immediatamente i coniugi.

La ragazza dai capelli di sangue graffiò il vetro, chinando ancora il capo, attendendo la domanda fatale.

«Chi è il padre?»

Lily alzò lo sguardo verso Molly. Le lacrime le rigavano il viso. La voce le tremava, e la scintilla di determinazione si spense miseramente, annegando nella tristezza che inondava le sue giade con la stessa frequenza delle lacrime che le bagnavano le guance.

«Mi dispiace»

I due consorti chiusero gli occhi, con aria sconfitta.

«Ho bisogno del vostro aiuto»

Arthur si alzò, furioso. «E tu credi che te lo daremo?»

Lo sguardo di Lily cambiò ancora. Divenne sicuro. «Sì»

Marito e Moglie si guardarono, poi Molly sorrise. « … Faremo il possibile.»

La ragazza rivolse uno sguardo colmo di gratitudine alla donna. «Apri il pacchetto»

Arthur precedette la moglie, sollevando i lembi di seta nera. Un magnifico carillon, costruito interamente in quello che sembrava diamante, scivolò fuori dai drappi scuri.

«È... è... meraviglioso!» esclamò Molly, prendendolo in mano.

Lily sorrise. «E vale una fortuna. Ma non è per questo che ve lo affido. Ho un favore da chiedervi. Molly, apri il coperchio»

La donna eseguì. La melodia che impregnò la cucina di casa Weasley era meravigliosa, ultraterrena, l’interno del carillon era tappezzato di specchi, ed al suo centro, accanto al meccanismo vero e proprio, coperto anch’esso da scaglie ottagonali di specchio, una piccola fata volteggiava leggiadra, pattinando sulla superficie riflettente. I movimenti della creatura non erano meccanici come quelli dei carillon babbani, ma fluidi e sinuosi, quasi la bambolina fosse reale.

«Molly» chiamò Lily, riportando i due alla realtà. «Lo specchio all’interno del coperchio, quello grande. C’è una fessura. Infilaci le unghie e tira, Non ti preoccupare, non si romperà»

Molly annuì, e cercò con le unghie la fessura di cui aveva parlato Lily. Quando la trovò, staccò con attenzione la lastra di vetro. Ciò che vi trovò dietro la fece sussultare.

«Quello è il mio portagioie» spiegò Lily, senza voltarsi. «Quelli ve li regalo. Potete venderli. Prendi la foto»

Arthur allungò la mano e sfilò la foto da sotto i gioielli.

I due coniugi la osservarono a lungo. «Quella nascondetela. Non distruggetela. So che servirà.»

Molly annuì. «Non ti preoccupare, Lily, sarà fatto»

La giovane donna sorrise, riprendendo il suo posto, sulla sedia. Recuperò la tazza di cioccolata e bevve un sorso. Arthur sospirò, «Immagino che tu ne abbia parlato con Silente»

«Albus? Sì. Ma alla fine ho dovuto decidere da sola»

«E...?»

Lily sorrise «Vado a vivere con...» chiuse piano gli occhi «...con James»

Molly le scoccò uno sguardo di profondo rimprovero, richiudendo il carillon con mano tremante.

«Ma... a proposito della...» Arthur ingoiò a vuoto «...della profezia?»

La giovane rossa sussultò, portando involontariamente la mano al ventre, mentre il suo sguardo riprendeva la cupezza di quando era entrata nella cucina, con Molly.

«Vanno divisi. Non si devono mai incontrare. Non voglio che il sangue del mio sangue finisca nelle mani di quel...» Lily si fermò. «… di quel mostro…»

Prese fiato.

«Ci nasconderemo. Io e James. Così non avremo niente a che vedere con... Lui. La profezia non si deve avverare.»

Molly impallidì, mentre Arthur imprecava. «Lily, mi hanno momentaneamente trasferito tra gli Auror. Ormai è un mese. E da allora, i nostri infiltrati parlano dell’imminente creazione di una nuova cerchia di fedeli... può essere...»

«No» Il tono di Lily mutò improvvisamente. «Ho detto che non deve avverarsi. Morirei piuttosto che vedere...» la voce le morì in gola. «… che vedere mio figlio… diventare un… un assassino» evitò lo sguardo di Molly «Ci trasferiremo dopodomani. È una bella casa, in un paesino verso sud»

«Avete pensato al Fidelius, vero?» chiese Molly, allarmata.

Lily rise. «Ovvio. Ci siamo messi d’accordo con Albus, Sirius e Peter»

«Peter?» Arthur era allibito. «Quel ragazzo grassoccio, l’amico di Remus e Sirius?»

«Proprio lui. James si fida molto. E Sirius era d’accordo»

«Non sarà mica lui il custode segreto!»

«La cerimonia la facciamo domani, sì»

«Ma... ma...»

«Non c’è da discutere. James vuole che si faccia così»

Molly si alzò, e portò le tazze vuote al lavabo. «Lily, cara, dove andrai a dormire questa notte?»

«A casa mia non torno. Metterei in pericolo mia sorella e mia madre. Per la nuova casa, non se ne parla fino al giuramento. Quindi, credo che affitterò una stanza alla testa di porco o al Paiolo»

La donna sorrise, benevola. «No, Lily. Resta qui. Ti preparo un letto in salotto. È pericoloso restare nelle locande. Soprattutto in questo periodo»

Lily sorrise. «Grazie, Molly. Te ne sono grata. Ma... così metti in pericolo la tua famiglia»

«Chi sa che sei qui?»

La giovane donna sembrò pensarci su. «James e Silente»

«E Peter?»

«No. Ho detto che venivo solo a loro due. Nessun altro sa che sono qui»

Molly annuì. «Vieni. Aiutami a mettere a posto il salotto» Si avvicinò alla porta e, con vari colpi di bacchetta annullò gli incantesimi. Aprendo con attenzione la porta fece segno ai due di far silenzio.

Arthur rimase solo, con i suoi pensieri. La mano mollemente appoggiata accanto al carillon, gli occhi fissavano un punto imprecisato del ripiano cucina.

Con uno scatto, l’uomo colpì il prezioso oggetto che si schiantò a terra, senza riportare nemmeno un graffio, ma aprendosi.

La musica riempì nuovamente le orecchie di Arthur, mentre le gioie che il carillon conteneva rotolavano accanto ai suoi piedi.

Le raccolse.

Osservò con malcelata curiosità i preziosi oggetti che sostavano nella sua mano, come in attesa.

Erano affascinanti, ed allo stesso tempo terrorizzanti.

Le sue riflessioni furono interrotte dall’entrata di Molly. «Arthur, Lily dorme già. Era stravolta. Andiamo a letto?»

Arthur annuì, raccogliendo il carillon; all’occhiata interrogativa della moglie, rispose con un’alzata di spalle. «Va avanti. Io ti raggiungo»

Molly annuì, poco convinta, mentre il marito adagiava le gioie nel contenitore, e lo nascondeva dentro un punto vuoto del muro, dove da sempre venivano chiuse le poche cose di valore della famiglia.

«Stiamo facendo la cosa giusta?» chiese grave, più a sé stesso che non a sua moglie. Molly si bloccò sullo stipite, impallidendo. Con uno sforzo immane tentò di sorridere, ma tutto ciò che ottenne fu una smorfia di scetticismo. «Sai, Arthur, Lily in fondo è una brava ragazza. Credo che aiutarla sia la cosa migliore. Ed in fondo, è una buona azione. Vedrai che prima o poi le cose miglioreranno, se continuiamo ad aiutarci a vicenda»

L’uomo annuì, poco convinto, e seguì la moglie per le scale. Passando davanti alla porta del salotto, scoccò una rapida occhiata all’interno della stanza. Tra le coperte dalle tinte fredde fatte a maglia dalla moglie, una macchia sanguigna riluceva alla pallida luce della luna.

 

Lily era ancora sveglia.

Pensava.

A cosa?

Nemmeno lei lo sapeva.

Carezzò piano il basso ventre e sorrise, mentre un calore già provato la avvolgeva. No. Non se ne era pentita. Se avesse potuto tornare indietro si sarebbe innamorata ancora. E ancora. E ancora...

Passò le dita nella chioma rossa, ed immaginò di carezzare i suoi capelli corvini. Li sentì, perennemente mossi sotto i polpastrelli, quasi fosse stata realmente accanto a Lui. Si sfiorò le labbra, desiderando di premerle ancora sulle sue, e sorrise ancora.

Chiuse gli occhi, e rilassò la mente. Doveva dormire.

Ma quell’illusione era troppo dolce.

Un illusione. E come tale, effimera e volubile allo stesso tempo.

Imprecò, sottovoce. Cosa stava facendo?

Oh, per saperlo lo sapeva. Fuggiva.

Ma da chi? Da cosa?

Da una profezia? Dalle parole di una veggente, che difficilmente poteva dirsi tale? Dalla paura che quelle parole potessero tramutarsi in realtà?

«...All’estinguersi del settimo mese...» mormorò, stringendosi alla coperta. «...Luglio...»

A Lily non era mai piaciuta l’estate. Troppo caldo, troppa afa. Lei amava l’inverno. E la notte. Entrambi momenti in cui sembra che una magia sospenda ogni cosa. Persino i rumori sono diversi. Lily si alzò, rabbrividendo. Raggiunse la finestra, in punta di piedi, ed aprì le imposte. Un rivolo d’aria e neve le solleticò il viso, facendo svolazzare ciocche sanguigne. Lily tese una mano, e raccolse una manciata di neve dal davanzale. Era farinosa. La sua preferita. Portò quella fredda novità alle labbra, per assaggiarne un po’.

È limpida, pensò. Poi soffiò sui fiocchi rimanenti, che svolazzarono come impazziti nell’aria della notte, in mezzo a tutti gli altri cristalli che scendevano soavi dalle nuvole, nel silenzio ovattato che Lily tanto amava.

Richiuse piano la finestra, tentando di fare meno rumore possibile. Carezzò per l’ennesima volta il basso ventre.

«...Ti amo...» sussurrò sommessamente, prima di tornare sotto le pesanti coperte.

Sospirò, e chiuse gli occhi, subito accolta tra le braccia di Morfeo.

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Capitolo 2
*** Farò o non farò? ***


Si destò, madido di sudore, e scattò a sedere.

Il lenzuolo scivolò, scoprendo il petto che s’alzava ed abbassava velocemente, al ritmo del suo cuore impazzito.

Si guardò intorno, quasi incerto del luogo in cui si trovasse, sentendosi quasi rassicurato quando i contorni incerti della sua camera da letto gli balzarono agli occhi.

«Io...» passò una mano sugli occhi, nel tentativo di trattenere quelle poche immagini «...l’ho sognata ancora...».

Guardò le sue dita, bagnate del sudore che gli imperlava la fronte, e si fermò ad osservare una goccia scivolare dalla punta del medio lungo il palmo della sua mano con espressione a metà tra lo stupito ed il dispiaciuto. «L’ho sognata ancora...»

 

Capitolo 1

Farò e non farò

 

Harry Potter si rigirò stancamente, rannicchiandosi sotto le coperte del piccolo letto. Quella notte non era assolutamente riuscito a dormire. Se fosse stata colpa del sogno che aveva fatto o della luce arancione dei lampioni di fuori non avrebbe saputo dirlo, fatto sta che ora il sonno si faceva sentire, e bene.

Ed ancora, di contro a tutto ciò, Harry continuava a fissare il buio oltre il vetro della finestra che dava sulla strada deserta.

La stanza era piccola, ma incredibilmente stipata di oggetti di ogni genere e taglia.

Un baule spalancato ai piedi del letto sembrava essere esploso, a giudicare dal disordine intorno, e dalle diverse piume di civetta e penne d’oca spezzate raggrumate dentro un cestino di plastica.

Harry grugnì, gettando un’occhiata traversa alla minuscola scrivania, incastrata tra l’armadio ed il muro che faceva angolo. Appoggiati sulla superficie liscia, vi erano una quantità indefinita di ritagli di giornale, fogli appallottolati ed articoli stracciati a metà, probabilmente in un impeto di rabbia.

Il ritaglio più grande comprendeva una foto in bianco e nero, che ritraeva un ragazzo con un sacco di capelli neri, molto mossi, un paio di occhiali rotondi ed una divisa scolastica.

 

UFFICIO MISTERI: HARRY POTTER COINVOLTO!

 

Continuano le indagini a proposito del tentato assalto al Ministero della Magia, dopo il quale il nostro Ministro ha annunciato l’avvenuto ritorno del temuto Voi-sapete-chi.

«Speriamo in una piena confessione da parte dei Mangiamorte catturati» ha dichiarato questa mattina Kingsley Shacklebolt, un Auror scelto, «Ma per ora nessuno di loro sembra avere intenzione di parlare»

Sembra comunque trapelare, tra le tante, una confidenza importante tanto per il Ministero quanto per la Scuola di magia e Stregoneria di Hogwarts, Silente incluso: Harry James Potter, più volte richiamato all’ordine, e l’anno passato persino processato all’attenzione del Winzengamot (informazione che ci era stato impedito di divulgare fin’ora) per l’infrazione della legge sulla regolazione dell’uso della magia per i minorenni, sembra essere coinvolto.

Cosa ha Harry Potter a che fare con l’invasione dell’esercito nemico nel Ministero della Magia, il luogo ritenuto il più sicuro dopo Hogwarts?

Silente si ostina a non proferire parola sul fatto, e si rifiuta di rivelare l’attuale residenza di Harry Potter stesso.

Nel frattempo, circolano le voci a proposito di quella che si dice essere la ragione per la quale Harry Potter sia sopravvissuto all’anatema che uccide ormai quindici anni fa. Le poche e frammentarie confessioni dei Mangiamorte, portano a pensare all’esistenza di una profezia che… (cont. a pag 7)

 

Appena sotto al primo, un secondo articolo spuntava a fatica tra le cartacce. Visibilmente stracciato, l’angolo di quella che sembrava essere stata la foto di un uomo dai lunghi capelli scuri persisteva sul foglietto pergamena.

 

morto nella sala più interna del Ministero, nella notte tra il…

cato per omicidio e appartenenza al Gruppo Mangiamorte…

Padrino di Harry Potter, e suo aspirante carnefice, l’anno scors…

 

Molti altri articoli recanti quella che sembrava essere la stessa foto giacevano scompostamente uno sull’altro, come divisi dagli altri, accuratamente tenuti, come se quell’uomo significasse qualcosa per Harry.

Sulla didascalia di una delle foto, si poteva leggere il nome di “Sirius Black”.

Harry grugnì ancora, quando la luce dei fanali di una macchina entrò nella stanza, andando a colpirgli proprio il viso, strabuzzò un po’ gli occhi, strofinandosi contro il cuscino, e sbadigliò anche troppo vistosamente.

Lo sguardo cadde su un foglio di pergamena appena più ingiallito degli altri, e del tutto integro, su cui erano tracciate, con una calligrafia ordinata e finissima; frasi su frasi di un verde brillante.

Harry arricciò stancamente le labbra in un sorriso bieco, ma prima che la sua mente riuscisse a ricostruire il contenuto ed il senso di quella missiva, un leggero ticchettio alla finestra gli fece voltare il capo.

Un gufo bruno stava becchettando il vetro, ansioso di farsi notare. Alla zampa portava una piccola borsetta di cuoio, e legata al collo una sottospecie di sacca ricolma di quelli che sembravano giornali, dello stesso materiale delle pergamene ritagliate sulla scrivania.

Harry si alzò, maledicendo il povero volatile, ed aprì stancamente la finestra.

«Sei in anticipo stamattina» mormorò, la voce impastata dal sonno, gli occhi ancora arrossati.

Il gufo, per tutta risposta, tubò energico e planò nella stanza, andando ad appollaiarsi sulla testiera del letto, in attesa di qualcosa.

Harry andò nella direzione opposta, verso la scrivania, ed estrasse un sacchetto tintinnante da una tasca di un pastrano buttato sull’armadio.

«Cinque Zellini, eh?» domandò, più a sé stesso che non al gufo. «Ci fate i milioni voi della Gazzetta con me, vero?»

Il gufo ruotò la testa, come per vederlo da un’altra prospettiva, e tese la zampa a cui era legato il borsellino di cuoio.

«Sì, Sì… ho capito» grugnì il ragazzo, facendo cadere cinque monetine di bronzo nel sacchetto.

Il volatile tubò in segno di ringraziamento, poi spiccò il volo e, uscito dalla finestra, sparì nella nebbia crepuscolare.

Harry si sedette pesantemente sul letto, prendendosi il capo tra le mani, per strofinare gli occhi stanchi con il palmo delle mani, poi prese il giornale e lo aprì.

 

MORTI SOSPETTE NEL MONDO BABBANO

GLI AUROR BRANCOLANO NEL BUIO

 

Continuano le spaventose quanto inspiegabili morti nel mondo dei Babbani.

Il Capo dell’ufficio Auror, Rufus Scrimgeour, ha ammesso in nostra presenza, il coinvolgimento nelle indagini di alcuni membri del DDD. (Deatheaters Dethronement Departement), dichiarazione che lascia presagire tempi duri per la sicurezza del nostro paese.

« … non ne siamo pienamente certi, però » ha riferito Cornelius Caramell, prima di cambiare discorso, imbarazzato. […]

 

Harry ridacchiò amaramente, smettendo di leggere.

Avrebbe volentieri preso a calci Caramell e gli altri del ministero.

Non si meravigliava che non fossero nemmeno riusciti a prendere tutti i mangiamorte che Silente aveva imprigionato nell’ufficio Misteri.

Lo stomaco di Harry si contrasse spiacevolmente a quel ricordo.

Non era passato nemmeno un mese, e la ferita era più che mai aperta e dolorante.

Nemmeno i suoi due migliori amici, Ron ed Hermione si erano sprecati a scrivere lettere più lunghe di tre righe, e questo aveva gettato Harry in uno stato di profonda depressione, accentuata doppiamente dalla completa mancanza di notizie da parte di Hogwarts, la scuola di magia e stregoneria alla quale Harry era iscritto, che avrebbe dovuto spedirgli i risultati dei G.U.F.O. (Gli esami che si sostengono allo scadere del Quinto anno di studi) almeno una settimana prima.

Durante l’estate, oltre alla solitudine, Harry aveva dovuto patire il dolore che la sua vecchia cicatrice gli causava ogni notte, ricordo dell’odio e della furia assassina di Lord Voldemort, ora nascosto chissà dove a tramare il prossimo passo contro di lui, contro i suoi amici.

Harry voltò pagina, e qualcosa cadde sulle sue ginocchia.

Sembrava un piccolo opuscolo, sottile e leggero, completamente bianco. Harry lo prese in mano, curioso, e lo voltò in modo da poter leggere l’intestazione.

 

COME PROTEGGERE TE STESSO E GLI ALTRI

A CURA DEL DIPARTIMENTO DI SICUREZZA ED AUTODIFESA DEL MINISTERO DELLA MAGIA.

 

Harry sbuffò.

Quale madre avrebbe mai permesso al figlioletto indifeso di uscire di casa solo, dopo il tramonto, senza una bacchetta?

Pensando che gli sforzi del Ministero erano semplicemente ridicoli, Harry gettò con noncuranza l’opuscolo da una parte, e si dedicò più intensamente alla ricerca di particolari in più sulla crociata di Voldemort.

Scandagliò altre tre pagine senza trovare niente di serio. Per lo più lettere isteriche di persone fermamente convinte che il vicino fosse un Mangiamorte o Lord Voldemort stesso.

Decise di darci un taglio solo, quando arrivò alla dichiarazione categorica di una donna che assicurava che suo figlio era scampato ad un attacco Mangiamorte cospargendosi di Burro di noccioline, e che quindi consigliava questo rimedio a tutti.

Accartocciò le prime due pagine senza rancori, e le gettò su un angolo della scrivania, poi fece scivolare il dito sulle altre, come se stesse consultando un elenco telefonico. Si fermò su un articolo che parlava (ancora) del disastro al Ministero, ma non parve interessarsi, così continuò finché non rimase niente del giornale, a parte un mucchietto di carta appallottolata.

L’ultima pagina, però, sembrò attirare particolarmente la sua attenzione.

Nel dettaglio, il titolo più angusto ed incastrato a malo modo nel rettangolo di pergamena – certamente per passare inosservato – sembrava essere il più interessante di tutti.

 

PRESUNTI MANGIAMORTE RILASCIATI

IL MINISTERO RILASCIA I PRIGIONIERI DI GIUGNO E NE RIPRISTINA IL PRESTIGIO

 

«Ci scusiamo ufficialmente per i problemi causati a queste famiglie, rispettabili e purosangue – ha dichiarato Caramell, imbarazzato – provvederemo al più presto a scongelare i beni e gli averi degli ormai ex-detenuti, confidando nel loro perdono»

Sembra infatti che i Presunti seguaci di Voi Sapete Chi siano stati rilasciati per insufficienza di prove e di testimonianze, con un ingente premio di scuse, (gli inviati parlavano di due intere migliaia di Galeoni!) come risarcimento per i danni morali, ed il conseguente reinserimento nel prestigio e nell’Aristocrazia. C’è da chiedersi, ora che ben undici sospetti sono stati scagionati, cosa sia realmente successo quella dannata notte.

 

Harry respirò affannosamente ancora per qualche secondo, fissando l’articolo con odio.

Malfoy… Malfoy e tutti quegli assassini… erano liberi.

E li avevano persino pagati!!

Accartocciò l’ultima pagina con più odio di quanto potesse tenere sotto controllo, e si buttò a faccia in giù sul cuscino.

Ormai erano settimane, anzi, più di un mese che Harry dedicava tutte le sue serate a quell’inutile strazio. Riceveva il giornale e scandagliava tutti gli articoli, anche i più bizzarri, alla ricerca di qualche indizio. La rabbia montava, l’odio verso il Ministero cresceva ed infine il giornale finiva a brandelli in un angolo, capro espiatorio di tutte le colpe della società.

Harry detestava restare lì, a far niente, mentre sapeva che, là fuori, Mangiamorte come Bellatrix Lestrange e Lucius Malfoy uccidevano e torturavano.

Harry scosse la testa.

Era snervante pensare che lo ritenessero così stupido.

Non aprire la porta…

Non uscire…

Resta a casa dei tuoi Zii…

Non fare cose avventate…

Neanche fosse un bambino.

Respirò profondamente, cercando di regolarizzare i battiti.

Era troppo nervoso.

Sospettava, anzi, non era un sospetto, ma una certezza, che gran parte del suo nervosismo appartenesse a Voldemort. Non era una bella sensazione, ma almeno poteva rincuorarsi pensando che per il Lord al momento non era tutto rose e fiori.

C’era qualcosa che lo assillava, che lo preoccupava perfino.

Non era come per la profezia.

Ora sembrava più… desiderio. Desiderio di concludere qualcosa di molto importante. Fretta di completare una cosa che poteva fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta.

Harry si riscosse a forza.

Non era piacevole approfondire le sensazioni di Voldemort.

Appoggiò la pergamena e si voltò verso lo specchio.

Durante quel estate era cresciuto parecchio in altezza, tanto che ormai la divisa di Hogwarts lasciava intravedere le caviglie e parte dei polpacci.

I capelli, neri e disordinati come sempre, crescevano sbarazzini ai lati del suo viso, fattosi molto appuntito, creando un curioso contrasto con il verde stupefacente dei suoi occhi leggermente a mandorla.

Harry infilò una vecchia maglia a maniche corte del cugino, che quindi gli poteva fare tranquillamente da vestito intero, ed un paio di Jeans scoloriti. Passò più volte le mani tra i capelli, tentando disperatamente di ordinarli, ma tutto quello che ottenne fu che un ciuffo si ribellò.

Sbuffò, aprendo la porta.

Tutti i giorni sempre la stessa storia.

Non uscire…

Comportati bene…

Finché non arriveremo…

Già, ma quando sarebbero arrivati?

Raccogliendo le varie informazioni aveva capito che gli Weasley si erano trasferiti tutti a Grimmauld Place, per prepararsi al suo arrivo, ed a giudicare dalle lettere di Hermione anche lei si trovava là.

Come l’anno scorso, pensò rabbioso Harry, scendendo le scale. Sono bloccato qui proprio come l’anno scorso…

Entrò in cucina in punta di piedi, e puntò direttamente al lavabo, solo per prendere un bicchiere pulito dalla credenza, e riempirlo d’acqua fresca.

Lupin gli aveva scritto che sarebbero venuti a prenderlo.

Harry si fidava del lupo, quindi era da escludere che mancasse poi così tanto.

Ma perché sembrava così allarmato? Era forse successo qualcosa?

Ormai anche i Babbani si erano accorti che stava accadendo qualcosa di nuovo. Le strane morti, all’inizio passate inosservate, erano ora sulla cresta dell’onda dell’informazione.

Al più piccolo sentore di qualcosa che non andava, le televisioni entravano in allarme, riferendo isteriche notizie su squartamenti a porte chiuse, omicidi impossibili e quant’altro.

Nemmeno gli obliviatori, pensò Harry, riuscivano più a frenare il panico che si allargava a macchia d’olio.

Appoggiò il bicchiere, sospirando.

Non poteva sopportare oltre la sua prigionia in quel luogo.

Voleva tornare al suo mondo.

Voleva essere riportato al suo mondo.

La cicatrice pizzicò.

E sentì che presto, molto presto, sarebbe stato esaudito.

Trascinò avanti i piedi, senza ragione, fino al salotto, solo per lasciarsi ricadere sfinito su uno dei divani.

Lo sguardo cadde sul tappeto all’entrata.

Quasi un anno prima Dudley ci aveva vomitato, lì sopra.

Harry sospirò, felice di aver trovato qualcos’altro a cui pensare.

Chissà che vedeva Dudley… cosa sentiva… accanto ai Dissennatori?

Il ragazzino più coccolato e viziato del mondo, quali ricordi tristi poteva mai serbare?

Un tonfo appena fuori della porta lo distolse dai suoi pensieri.

Si voltò di scatto verso la finestra, appena in tempo per vedere i lampioni spegnersi uno ad uno, ed uno strano formicolio salì su per la schiena del ragazzo, che non seppe collegarlo ad altro che ad attesa. Attesa di qualcosa che avrebbe cambiato la sua vita.

Capì in un lampo che era Voldemort a provare tutto ciò, ed un’ansia nervosa lo attanagliò.

Si avvicinò in silenzio alla porta, e sbirciò oltre lo spioncino.

Un gruppo di persone, saranno state cinque o sei, avvolte in mantelli da viaggio, stavano spegnendo tutte le luci artificiali che illuminassero la strada, anche se, per quanto lavorassero una strana luce verde proiettava ombre molto corte ai loro piedi.

La fonte sembrava essere in un punto sopra la casa.

Harry assottigliò gli occhi, tentando di riconoscere le figure, o, almeno, di scorgere Lupin tra di esse.

Uno dei visitatori, a giudicare dalla corporatura si sarebbe potuta dire una donna, si mosse bruscamente, ed una ciocca di capelli biondo platino scivolò fuori dal cappuccio.

Lo stomaco di Harry gelò.

Non era possibile.

Indietreggiò; gli occhi sgranati dal terrore.

Come avevano fatto a trovarlo?

Il tallone sbatté dolorosamente contro lo spigolo del primo scalino, ma Harry riuscì a soffocare un gemito.

Si voltò di scatto, le tempie imperlate di sudore.

Doveva fuggire.

Doveva andarsene.

Appena prima che iniziasse a salire le scale, un pensiero attraversò la sua mente come un coltello affilato.

Ed i Dursley?

Erano in pericolo anche loro!

Uno scatto alla porta lo portò a ragionare molto in fretta. Si spinse più velocemente possibile in cima alle scale, e sgattaiolò fino alla camera da letto degli Zii.

Iniziò a bussare, dapprima piano, poi sempre più disperatamente.

«Sei tornata, Petunia?» mormorò la voce di Zio Vernon. Passi pesanti precedettero il faccione violaceo dell’uomo alla porta.

«POTTER!» tuonò, quando si rese conto di essere davanti al nipote «TI RENDI CONTO DI CHE ORE SONO?!»

Harry prese fiato. Era in debito di ossigeno, ed il cuore martellava in petto.

«Dobbiamo scappare» fu tutto quello che riuscì a dire.

Vernon lo fissò leggermente sorpreso, poi il suo viso divenne di un acceso color pulce, ed una vena prese a pulsare minacciosamente sulla sua tempia.

«Non so cosa tu abbia sognato, o cosa tu abbia preso. L’unica cosa che so è che SIAMO IN PIENA NOTTE!» e sbatté la porta in faccia ad Harry. «TORNATENE A LETTO!» gridò.

Harry rimase un secondo lì, impalato, mentre una sequela di idee e possibilità gli si affacciavano in mente.

Un rumore ai piedi delle scale.

Lentamente, molto lentamente, Harry iniziò a girarsi.

C’era qualcuno in casa.

Ed Harry non aveva alcun dubbio sulla sua, o loro, identità.

Raggiunse più silenziosamente possibile camera sua, e liberò Edvige.

«Và» sussurrò. «Trova Ron ed Hermione. Cerca di metterli in guardia»

La civetta tubò un po’ troppo forte, becchettò le dita ad Harry e spiccò il volo.

Come l’ultima piuma di Edvige fu fuori dalla finestra, Harry si voltò verso l’interno della camera.

Aveva il tempo di prendere poche cose, a giudicare dai rumori sempre più forti e vicini.

Un tonfo. Una porta che sbatte.

«POTTER TI AVEVO DETT—! Chi è lei?! Fuori da casa mi—»

«AVADA KEDAVRA!» gridò una voce femminile.

Il cuore di Harry si fermò.

Avevano ucciso Zio Vernon.

Altri tonfi, ora più leggeri.

«Vernon… Vernon? MIO DIO VERNON!»

Zia Petunia doveva aver trovato il corpo.

«Dov’è?» domandò una voce maschile, fredda.

Solo singulti da parte di Zia Petunia.

«DOV’È?» ripeté l’uomo, ora adirato.

«Nella sua stanza! Nella sua stanza!» gridò Petunia, tra i singhiozzi. «Prendetevelo! Portatevelo via!»

«Qual è la sua stanza?!» gridò ora una terza voce femminile.

Si sentì l’ennesimo rumore di una porta spalancata a forza, poi gli strilli soffocati di Dudley.

«Cercatelo! Cercatelo!»

Harry balzò verso il baule, senza più curarsi del rumore che faceva.

Estrasse velocemente il mantello dell’invisibilità e la Firebolt, poi corse alla scrivania e recuperò la bacchetta.

Aprì maggiormente la finestra, ed iniziò a scavalcare esattamente quando qualcuno tentò di aprire la porta.

«È qui! È qui! Rodulphus l’ho trovato!»

Altri passi, alcune grida di gioia.

«Alohomora

Harry gettò una gamba oltre la Firebolt.

«Eccolo!» urlò trionfante una Mangiamorte. «Rodulphus, prendilo!»

L’uomo chiamato Rodulphus si slanciò in avanti, urlando come un ossesso, probabilmente convinto di averlo in pugno, ma Harry si dette una spinta, e si allontanò dalla parete.

Ciò che vide lo paralizzò.

Il Marchio nero sovrastava la casa, illuminando di un verde spettrale la strada e tutto ciò che lo circondava. Almeno una Decina di Mangiamorte erano appostati sopra il tetto, in attesa, probabilmente, che Harry facesse esattamente ciò che aveva fatto, altri sei incappucciati avevano circondato tutta la casa, ed i cinque dentro casa si erano affacciati alla finestra.

«PRENDETELO!» ordinò Rodulphus, indicando Harry con la punta del dito.

Un paio dei Mangiamorte appostati sul tetto scagliarono delle maledizioni, ma Harry le schivò, come fossero state bolidi.

«HO DETTO: PRENDETELO!»

Harry deviò velocemente verso l’alto, tentando di evitare altri incantesimi.

Uno zampillo di luce verde, preceduto dall’urlo: “Avada Kedavra” gli passò così vicino che Harry sentì i peli sulle braccia drizzarsi.

«NO! NO!» rincarò una delle donne, sporgendosi sul davanzale. «Non dovete fargli del male! Se lo uccidete pagheremo tutti con la vita!»

Harry approfittò di quel momento di incomprensione tra alleati per alzarsi un po’ di più, ed avere una visione a tuttotondo della situazione.

Il Marchio Nero era abbastanza grande da essere avvistato almeno a qualche chilometro, e la luce verde era quasi accecante, tanto che Harry dovette distogliere lo sguardo e chiudere gli occhi.

Sperò che qualcuno dell’Ordine, incaricato di sorvegliarlo, lo notasse.

«AVERY, SCHIANTALO!»

La voce della donna all’interno della casa riscosse Harry appena in tempo.

Schivò per un soffio lo Schiantesimo del Mangiamorte chiamato Avery e puntò la Firebolt verso la ragnatela di luci più a destra che altro non era che Londra.

«STA SCAPPANDO! STA SCAPPANDO!»

«LO VEDO ANCHE IO CHE STA SCAPPANDO, BELLATRIX!»

Harry si bloccò.

Aveva sentito bene?

«…Bellatrix…» mormorò.

Strattonò la Firebolt nuovamente verso la casa, e si buttò in picchiata verso la casa. Le orecchie fischiavano, ormai prive di alcun suono che non fosse il nome della Mangiamorte.

Gridò, quando venne il momento di sguainare la bacchetta, e saltò giù dal manico.

L’erba morbida venne bruscamente a contatto con le sue ginocchia.

La Mangiamorte si Materializzò nel giardinetto della casa, sorridendo.

«BELLATRIX!»

Harry fece per scattare in avanti, ma, dopo i primi due passi, alcune mani lo presero fermamente per le braccia e per le spalle.

«Sei stato stupido, giovane Harry…» mormorò la donna, avvicinandosi. «Saresti potuto scappare»

«IO TI UCCIDERÒ, BELLATRIX! TU HAI UCCISO SIRIUS! HAI UCCISO SIRIUS!»

«Fa male, vero?» ghignò Bellatrix avvicinandosi «Eri affezionato al mio caro cugino…»

«TU… Non parlare di lui… non ne hai il DIRITTO!»

Tentò di slanciarsi versi quel viso ghignante, ma la stretta dei Mangiamorte sulle sue braccia si fece più marcata.

«Grazie al tuo stupido orgoglio, giovane Harry, ora sei nelle nostre mani…» disse un uomo, alla destra di Bellatrix.

Qualcosa gelò dentro Harry.

Avevano ragione.
Era stato stupido.

«Indovina chi è ansioso di incontrarti, giovane Harry?»

Harry tentò di liberarsi dalla stretta degli altri Mangiamorte, mentre la risata soddisfatta di Bellatrix gli risuonava nelle orecchie.

«STUPEFICIUM!»

Harry strinse gli occhi, attendendo che l’oblio dell’incantesimo lo avvolgesse, e, quando questo non avvenne, li riaprì esitante.

Metà dell’Ordine della Fenice era piombato nel giardino all’inglese, ed ora stava neutralizzando efficacemente tutti i Mangiamorte, Lupin in testa.

«Professore!» gridò Harry, in un ultimo, disperato tentativo di scrollarsi di dosso i Mangiamorte che lo tenevano fermo.

Lupin lo sentì, o almeno così parve ad Harry, che lo vide irrigidirsi un secondo, e tornare a combattere.

Harry lo fissò allibito, mentre i Mangiamorte che lo tenevano iniziavano a tirarlo verso un luogo ignoto.

«PROFESSORE!!»

Questa volta, Lupin si voltò e stese due degli uomini che imprigionavano il ragazzo.

Harry morse forte la mano dell’ultimo carceriere, e corse verso il lupo.

«Stai bene, Harry?» chiese Lupin, schiantando altri tre Mangiamorte.

«S-sì…» mormorò Harry, guardandolo circospetto. Perché Lupin si comportava così?

«HARRY!»

Il ragazzo si voltò, sguainando al contempo la bacchetta, e schiantò giusto in tempo un incappucciato che si stava lanciando contro di lui.

Ringraziò Tonks, colei che l’aveva avvertito, ed aiutò gli altri a respingere i Mangiamorte.

In poco tempo, i pochi rimasti coscienti batterono in ritirata, ed i componenti dell’Ordine della Fenice si divisero in due gruppi.

«Forza, Harry» mormorò Lupin brusco, prendendolo per un braccio.

«Professore…» cercò di chiamarlo Harry. Non riusciva a capire perché fosse così arrabbiato. «Professore… cosa…»

«C’è che non dovevi aprire la porta! Te lo avevo detto esplicitamente! Aprire la porta equivaleva ad infrangere l’incantesimo di Silente! Li hai invitati ad entrare!»

«Ma io non gli ho aperto! Io…»

Improvvisamente qualcosa gli tornò alla mente.

«È stata Zia Petunia! Zia Petunia! È lei che ho sentito in fondo alle scale! Hanno ucciso i Dursley, vero?!»

Lupin si bloccò.

«Non… gli hai aperto tu?»

«Non sono stupido» fu la risposta. «Allora? Sono morti, vero?»

Il professore annuì piano.

«Sì, Harry»

Harry non si chiese mai cosa provò in quell’istante. Il momento in cui capì che l’ultimo dei suoi parenti non c’era più. Quando capì… di essere rimasto solo.

 

 

 

 

 

 

E con questo per me si riazzera il timer! ^^ posto oggi perchè settimana prossima sarò via quindi avrei dovuto aggiornare mese prossimo... odio far aspettare la gente.

Ok, qui la cosa si complica un po' per il nostro Harry... poverino, minorenne e senza una famiglia! A spasso per il mondo Babbano con un esercito di mangiamorte alle calcagna... ce la farà?

 

Dioniso

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