Lezioni di difesa contro le arti oscure... e non solo!

di Miyan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

CAPITOLO 1

L’estate era calda e afosa, anche a Londra, soprattutto nel centro città dove il gas di scarico di quei marchingegni che i babbani chiamano automobili infestava l’aria. L’umidità si appiccicava alla pelle, rendeva la respirazione pesante e, anche a quell’ora del tardo pomeriggio, si cercava disperatamente un po’ di vento che allietasse il viso imperlato di sudore.

La stanza si trovava in uno dei tanti edifici che occupavano la City. Fuori dalla finestra si vedevano babbani che camminavano con passo svelto, con delle borse piatte in una mano e strani oggetti appoggiati ad un orecchio e sembrava parlassero da soli. Il sole entrava da un’ampia vetrata che riempiva tutta una parete della stanza. Tre scrivanie erano sistemate agli altri tre lati, erano stracolme di fogli, libri, pergamene e oggetti di ogni genere. Alle pareti erano appesi poster di varie squadre di quiddich, articoli strappati molto probabilmente dalla Gazzetta del Profeta, disegni di svariate creature magiche e tre diplomi conseguiti ad Hogwarts.

La porta si aprì. Tre ragazze entrarono nella stanza. Erano completamente sporche di qualcosa di viscido e viola. Una di loro si tolse il mantello e lo scaraventò a terra insieme al cappello a punta e si sedette alla sua scrivania.

"Prima o poi chiederò un indennizzo. Sono stanca di arrivare a casa ogni giorno con mantelli da lavare o smacchiare o rammendare o buttare! Spendo tutto il mio stipendio nel comprarmi mantelli nuovi…!"

Le altre due seguirono il suo esempio, buttarono i loro mantelli e i cappelli accanto al suo e sorrisero della lamentela della compagna.

Una di loro, una ragazza molto carina dalla pelle olivastra, i capelli scuri e magnetici occhi verdi che mutavano spesso in nocciola, si passò una ciocca dietro l’orecchio, si avvicinò all’amica e le disse:

"May smettila di dire sciocchezze! È il lavoro che hai sempre sognato!"

May, che era praticamente sdraiata sulla seggiola, si raddrizzò guardandola negli occhi:

"Io volevo aiutare le persone a sbarazzarsi di creature oscure e non dei soliti Mollicci e parassiti del genere. Lo sai bene Shannon "

L’altra amica, la più bassa di statura delle tre, era minuta e snella, i corti capelli rossi erano tagliati all’ultima moda, e i vispi occhi verdi osservavano ogni particolare.

"May, ormai di creature oscure non se ne vedono più in giro, lo sai…"

May era evidentemente irritata. Sbuffò guardando la pila di carte che doveva finire di preparare. Le sue amiche e colleghe intanto si erano sedute alle rispettive scrivanie e stavano facendo quello che lei non voleva fare.

Lei allora si alzò, prese i suoi abiti imbrattati e le salutò:

"Shannon, Victoria ci vediamo domani"

ma mentre stava per uscire sentì il verso di un uccello. La sua civetta nera era appoggiata al trespolo e teneva tra il becco una busta. May la prese e vi riconobbe subito lo stemma che vi era impresso. Fece dietro front e si sedette alla sua scrivania.

"Sei già di ritorno?" domandò Shannon divertita.

"Ho ricevuto posta da Hogwarts. Sono troppo curiosa per aspettare di leggerla a casa" rispose May mentre si legava i lunghi riccioli rossi in una coda, per essere più comoda. Poi aprì la busta, ne estrasse il foglio e lesse il contenuto.

Carissima signorina Pereights,

per me è un vero piacere dover rivolgermi a lei per chiederle un favore che mi sta molto a cuore.

Come ben saprà, per molti anni abbiamo avuto dei problemi a trovare l’insegnante che occupasse la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure. Negli ultimi due anni avevo pensato di aver trovato finalmente un insegnante che sarebbe rimasto a lungo, ma purtroppo è stato richiamato in Scozia per effettuare delle ricerche a proposito delle varie creature magiche che la popolano.

Essendo ormai l’inizio dell’anno scolastico agli sgoccioli, e avendo un estremo bisogno di un insegnante adatto, mi è venuta in mente lei, una dei nostri migliori diplomati e soprattutto tra i migliori in Difesa contro le arti oscure.

La pregherei di raggiungermi il prima possibile a scuola, in modo da poter avere un colloquio con lei.

Le porgo i miei più sinceri saluti

Albus Silente

Preside della scuola

Di magia e stregoneria

Di Hogwarts

Piegò di nuovo la pergamena e la appoggiò sulla scrivania tra un trattato sugli orchi e una strana pozione arancione.

"Per la barba di Merlino!"

esclamò stupita espirando tutta l’aria che aveva nei polmoni. Le due amiche la guardarono incuriosite.

"Buone notizie?"

chiese Victoria, sperando di ricevere informazioni dettagliate.

"Altroché… non ci crederete ma, molto probabilmente, avete davanti l’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure di quest’anno!"

rispose May sorridendo estasiata. A Shannon cadde il grosso pacco di fogli che aveva in mano.

"Wow, è fantastico. Ma fammi leggere cosa ti hanno scritto" disse Shannon alzandosi dalla sua scrivania e avvicinandosi a quella della ragazza per prendere la lettera.

"Per adesso devo andare ad un colloquio, ma sembra che Silente mi voglia per quest’anno" aggiunse May.

"E io che pensavo che prima o poi il professor Piton sarebbe riuscito ad avere quella cattedra. Sembra che Silente non lo voglia proprio accontentare" disse Victoria sorridendo.

May rimase zitta, come se fosse stata pietrificata all’idea di rivedere certi professori, soprattutto Piton, l’uomo più temuto ad Hogwarts. Si era beccata due o tre rimproveri, e una punizione quando era al primo anno quando aveva fatto esplodere una pozione piuttosto semplice. Rise pensando a quanto era imbranata a quel tempo.

"Ragazze, ma se accetto di insegnare a Hogwarts non potrò più lavorare con voi!"

esclamò May preoccupata. Shannon le si avvicinò e l’abbracciò mentre la rincuorava…

"May, non ti preoccupare per noi, riusciremo a mandare avanti il lavoro anche senza di te. Poi durante l’estate ci raggiungerai e ci aiuterai. Al massimo se avremo dei casi piuttosto interessanti ti avvertiremo, ma credo che avremo sempre da fare solo con mostriciattoli"

"Devi avere fiducia in noi, e poi è un’occasione unica… dopo solo due anni essere un’insegnante nella scuola dove ti sei diplomata! Ah che bei ricordi…" disse Victoria per convincere del tutto la sua amica.

May salutò le due e poi finalmente usci dall’ufficio. Erano già le sette di sera ma il cielo era ancora chiaro. Salì all’ultimo piano del palazzo e prese il suo manico di scopa, si guardò in giro, pronunciò un incantesimo che la rendeva invisibile agli occhi dei babbani e si diresse verso sud, dirigendosi verso casa.

May abitava in una casa non molto grande in un piccolo paese a sud di Londra. Viveva ancora con i suoi genitori, Rose e Adam, e suo fratello Gary. Sua madre era una casalinga un po’ robusta con splendidi occhi verdi. Lavorava tutto il giorno a casa e dopo aver svolto le faccende domestiche si dedicava al suo passatempo preferito: la sartoria. Suo padre invece era impiegato alla Greengott, i capelli brizzolati e gli occhi castani come i suoi. Infine c’era suo fratello Gary, che aveva quattro anni meno di lei, era alto e slanciato con i capelli e gli occhi castano scuro. A settembre avrebbe frequentato il sesto anno ad Hogwarts, e avrebbe concentrato le sue energie sul corso di Pozioni. Come avesse fatto a prendere il massimo dei voti nel G.U.F.O in Pozioni, May se lo domandava ancora, ma almeno lui non avrebbe corso grossi rischi con Piton, come aveva fatto lei a suo tempo.

May aveva poco più di vent’anni, i lunghi capelli ricci erano tinti di rosso. Gli occhi erano castani, ma non scuri… era difficile da spiegare, ma erano limpidi, e portava un paio di occhiali dalla montatura verde. Non era una ragazza bellissima, e lei questo lo sapeva, perciò si era concentrata sulle sue doti intellettuali. Infatti aveva fatto parte della Casa dei Corvonero, quella degli intelligenti, di cui ora faceva parte anche suo fratello, e aveva preso i M.A.G.O. in Difesa contro le arti oscure, Cura delle creature magiche, Incantesimi e Erbologia con il massimo dei voti, e in Pozioni, Trasfigurazione, Astronomia e Antiche rune con dei voti molto buoni.

Quella sera planò nel cortile davanti a casa sua, casa che era invisibile ai babbani grazie ad una delle tante magie che i suoi genitori vi avevano apportato. Entrò in casa e si diresse in cucina. Sua madre stava preparando la cena, c’erano coltelli che affettavano verdure, pentole che bollivano sui fornelli con mestoli che mescolavano da soli, piatti che volavano dalla credenza alla tavola, insomma un po’ di caos. May salutò la madre fermandosi sulla porta della stanza.

"Ciao mamma, sono arrivata."

La madre si voltò verso di lei:

"Ben tornata. Com’è andata oggi a lavoro?"

ma nel vedere il mantello e il capello di nuovo macchiati la rimproverò come al solito

"May, ma mi vuoi spiegare come fai a sporcarti sempre in questo modo? Possibile che tu non riesca ad imparare a stare attenta!"

"Ma mamma, non è colpa mia! Ma ora non ho voglia di discutere. Piuttosto sai dove ho messo il mio vestito verde, senza maniche?" domandò la ragazza mentre si toglieva il mantello e con un incantesimo lo spediva in lavanderia.

"Dovrebbe essere appeso nel tuo armadio. Ma non metterai uno dei tuoi abiti più belli per andare a lavoro!" rispose la madre mentre si voltava di nuovo verso le sue pentole e continuava a preparare l’insalata.

"No, domani non vado a lavoro"

disse la ragazza sperando di non dover dare ulteriori spiegazioni.

"E dove vai?" domandò la madre, girandosi verso di lei per guardarla in faccia.

"A Hogwarts. Mamma e il mantello grigio, quello leggero dov’è? Non c’è attaccato all’appendiabiti!" domandò di nuovo la giovane per cambiare argomento.

"A Hogwarts? Come mai?" domandò la madre, lasciando definitivamente la preparazione della cena e seguendo la figlia che era andata in camera sua.

"Il professor Silente vuole parlare con me. Niente di importante. Piuttosto dov’è il mantello?" chiese di nuovo spazientita May.

"È nell’armadio dei mantelli. Tu però non me la racconti giusta… strano che Silente voglia parlare con te." Concluse la madre tornando in cucina.

Intanto May era rimasta nella sua stanza cercando il vestito per l’indomani. Sentì un becco picchiare sul vetro della finestra. La aprì per farvi entrare la sua civetta nera Shade, che si posò accanto a lei. La ragazza prese la sua carta da lettere e una busta e scrisse una lettera in risposta all’invito di Silente.

Egregio Professor Silente,

ho ricevuto il suo invito a raggiungerla ad Hogwarts. Sono ben lieta di tornare nella sua scuola.

La raggiungerò per un colloquio domani mattina. Molto probabilmente sarò lì per le nove e mezza.

A domani

May Pereights

Piegò la lettera e la mise nella busta su cui aveva già scritto l’indirizzo del destinatario. La diede a Shade pregandola di raggiungere il prima possibile Hogwarts e Silente, e di aspettarla lì fino all’indomani.

Quel mattino May scese in sala indossando uno splendido abito verde smeraldo con ricami dorati sugli orli, il mantello grigio appoggiato su un braccio. Dopo aver fatto colazione con del succo di zucca e una fetta di dolce preparato dalla madre, indossò il mantello e prese la borsa. Decise di raggiungere Hogwarts nel modo più veloce che conosceva, smaterializzandosi.

Non era possibile materializzarsi all’interno della scuola, allora decise di raggiungere Hogsmeade. Apparve all’ingresso dei "Tre manici di scopa", ma decise di non entrare. Attraversò il paese e prese il sentiero che aveva percorso molte volte quando frequentava ancora la scuola. Quando giunse ai cancelli vide davanti a sé Hagrid.

"Signorina buongiorno. Cosa la conduce qui?"

domandò il mezzo gigante guardandola dall’alto della sua statura. May si rischiarò la voce e sorrise prima di rispondere…

"Il Professor Silente mi attende per un colloquio."

Hagrid le fece segno di entrare e l’accompagnò fino al portone d’ingresso dove incontrarono la professoressa McGranitt.

"Signorina Pereights, è in perfetto orario. Il professor Silente la attende nel suo studio. Prego le faccio strada."

Disse la professoressa. Percorsero i corridoi della scuola, che ai suoi occhi non erano cambiati per nulla negli ultimi due anni, poi, dopo che la professoressa McGranitt pronunciò la parola d’ingresso, apparvero le scale che conducevano allo studio di Silente. Quando fu davanti alla porta, May sentì un brivido percorrerle la schiena.

"Su avanti, entri pure"

disse una voce che proveniva dall’interno. May si stupì, in quanto non aveva ancora bussato alla porta, ma sicuramente Silente era uno dei maghi migliori di tutti i tempi, e le sue capacità erano illimitate.

Entrò nell’ufficio con passo insicuro e si guardò attorno. Strani oggetti erano appoggiati ogni dove, mentre i quadri dei precedenti presidi della scuola erano tutti occupati e la osservavano.

"Venga, si sieda pure"

vide Silente seduto dietro alla sua scrivania, con la lunga barba sempre più bianca. Si sedette alla poltrona che lui le mostrava e fece un respiro profondo prima di parlare.

"Buongiorno professor Silente, sono rimasta molto sorpresa della sua lettera."

"E perché mai signorina?"

domandò il preside che fece una pausa prima di continuare a parlare

"Lei è una dei migliori diplomati usciti da questa scuola, e tra i primi in Difesa contro le Arti oscure."

"Non pensavo di ricevere una proposta come la sua. Insegnare nella scuola di magia e stregoneria migliore al mondo, e dopo solo due anni dal mio diploma"

May manifestò la sua sorpresa.

"Come ben sa, ho bisogno di lei come insegnante. So che potrebbe esserle di imbarazzo insegnare a studenti di poco più piccoli di lei e che fino a poco tempo fa erano suoi compagni, ma lei è la migliore sulla piazza in questo momento!"

spiegò Silente.

"Ma… non so se mi rispetteranno, soprattutto i Serpeverde"

ribadì la ragazza abbassando lo sguardo sulle sue mani che stavano tormentando il bordo del mantello.

"Oh, credo che qualche punizione le possa dare anche lei, senza timore. Il professor Piton sarà ben lieto di aiutarla"

a sentire quel nome sentì il cuore balzarle in gola. Aveva paura di Piton, no, meglio, ne aveva soggezione. E poi Piton "ben lieto" era un po’ difficile da immaginare, per non parlare che lui desiderava da moltissimo tempo la cattedra che lei avrebbe occupato.

"Beh… non so che dire"

affermò la giovane alzando lo sguardo e tornando a fissare Silente negli occhi.

"Lo so io. La aspetto due o tre giorni prima dell’inizio delle lezioni per discutere sui programmi del suo corso per i vari anni. Nell’uscire troverà sul tavolino qua fuori i libri in dotazione quest’anno e i programmi seguiti negli anni precedenti dai suoi predecessori. Li studi in queste ultime tre settimane."

Disse Silente con voce gentile. May si alzò per congedarsi.

"Allora la saluto professor Silente. Spero di essere all’altezza della sua fiducia. Tornerò ad Hogwarts qualche giorno prima dell’inizio delle lezioni, pronta per insegnare. Arrivederci"

"Arrivederci signorina, e mi saluti le sue amiche Bubbleslow e Smallwasp. Ho saputo che lavorate insieme." Rispose il preside.

"Sì, lavoriamo insieme. Gliele saluterò molto volentieri."

Disse la ragazza, poi lasciò lo studio dell’uomo.

Sul tavolino lì fuori c’erano sette volumi non troppo grandi e due quaderni di appunti, che erano contenuti in una grande borsa di pelle. La prese a due mani e scese per uscire da Hogwarts.

Era nei giardini e stava per lasciare la scuola quando incontrò il professor Piton. La ragazza cominciò a sudare freddo, sperando che lui non si accorgesse di lei. Ma lui l’aveva già vista e si stava dirigendo verso di lei, con il suo solito sguardo arcigno.

"Signorina Pereights, ho saputo che saremo colleghi."

Affermò l’uomo, completamente vestito di nero come al solito.

"Ehm, sì. Insegnerò Difesa contro le Arti oscure. Non me lo sarei mai aspettata."

La ragazza non sapeva proprio che dire.

"Bene. Era molto brava come studentessa, anche nella mia materia. Speriamo che sia altrettanto brava nell’insegnamento. Arrivederci" concluse l’uomo, mentre osservava la borsa piena e pesante che portava la ragazza, senza nemmeno degnarsi di offrirsi di aiutarla.

"Arrivederci" rispose la giovane, dando un respiro di sollievo per il fatto che se n’era andato.

Poco dopo apparve Shade che andò a posarsi sul suo braccio.

"Ciao piccola. Andiamo a casa adesso"

Appena uscita dalla scuola riuscì a smaterializzarsi a casa, dove lasciò cadere la borsa nell’ingresso.

La sera May scese per la cena. La borsa era ancora appoggiata sul tavolino d’ingresso. Raggiunta la sala da pranzo si sedette a tavola senza dire una parola.

Quando furono tutti e quattro a tavola la madre incominciò a fare conversazione.

"Adam, lo sapevi che oggi nostra figlia è stata convocata ad Hogwarts?"

domandò con fare noncurante la donna.

"Davvero Rose, e per quale motivo?" chiese l’uomo mentre mangiava una bistecca.

"Il professor Silente voleva parlare con lei."

"E cosa le ha detto?" domandò l’uomo.

"Non so. È arrivata a casa con quella borsa pesante che c’è nell’ingresso e si è chiusa in camera per scendere solo ora."

Rispose la donna. May non aveva dato segno di seguire la conversazione e continuava a mangiare.

"May, che voleva Silente da te?"

le domandò suo fratello, interessato dal comportamento silenzioso della ragazza.

"Ok, ve lo dico. Sono la nuova professoressa di Difesa contro le Arti Oscure di quest’anno!"

la ragazza disse tutto in un fiato, come se non fosse certa lei stessa di quello che diceva.

"Cosa?"

tutti e tre posero la stessa domanda ad alta voce.

"Silente mi ha chiesto, anzi mi ha quasi imposto di diventare la professoressa di quella materia. Dice che sono la migliore al momento."

"May, ma che bello. La materia che ti è sempre piaciuta di più"

affermò la madre, che la guardava allegra anche se un po’ stupita.

"Con il lavoro che svolgi, hai l’esperienza giusta per insegnare questa materia. Sono molto contento."

Disse il padre con il solito fare autoritario.

"Che bello. Così non mi darai né compiti né punizioni, sorellina"

affermò il fratello.

"Gary scordatelo. Proprio perché sei mio fratello, anche un piccolo sbaglio e ti sgriderò, anche una sola sciocchezza e riceverai una punizione. Dovrai impegnarti più degli altri."

La ragazza rispose seria, anche se in realtà lo voleva solo spaventare. Sarebbe stata giusta e corretta sia verso gli altri, sia verso suo fratello.

"Cambiando argomento, Gary anche quest’anno farai parte della squadra di quiddich di Corvonero?" domandò la giovane sperando di spostare l’attenzione da lei.

"Sì, uno dei migliori portieri che i Corvonero abbiano mai avuto, anche se non sarò mai come Oliver Baston, peccato che fosse un Griffondoro."

"Adesso che Rachel Granview se n’è andata siete rimasti senza cercatore"

"Già, speriamo di trovare qualcuno di cui non ci siamo mai accorti perché c’era lei. E dobbiamo cercare anche un cacciatore, anche Tommy Chestnut si è diplomato l’hanno scorso."

Disse il fratello.

"Per fortuna che io non sono mai stata una gran giocatrice… però Victoria era il miglior cacciatore che c’era quando andavamo ancora a scuola"

proseguì la ragazza mentre pensava ai vecchi ricordi di quando andava a scuola.

"Beh vado in camera mia… ho un po’ di libri da leggere."

La ragazza si alzò e andò nell’ingresso dove prese la borsa, poi salì in camera sua, si sedette sul letto ed estrasse il libro del primo anno "Arti oscure, le prime difese".

"Speriamo che vada tutto bene".

L’indomani mattina entrò nel suo ufficio con la Gazzetta del Profeta in mano… Oliver Baston aveva portato la sua squadra alla vittoria la sera prima, alcuni giganti avevano fatto visita al ministro della magia, alcuni babbani si erano scontrati con un ladro mago in fuga che aveva causato non pochi problemi…

Si sedette alla scrivania e andò alla pagina delle inserzioni, magari c’era del lavoro per lei… su una nave era stata ritrovata una sirena e i marinai non riuscivano ad avvicinarsi a lei, che con il suo canto li ipnotizzava.

"Ecco un lavoro per me. Vediamo dove si trova… Liverpool"

prese il mantello e si pigiò il cappello in testa. Prese la sua borsa e aprì uno sportello dove erano ben allineate decine e decine di pozioni di ogni genere e colore. Ne prese quattro o cinque diverse, mise la bacchetta in tasca e prese una manciata di polvere volante. Entrò nel camino, gettò la polvere a terra e gridò "Ufficio portuale magico di Liverpool". Dopo pochi secondi apparve nel camino del luogo che aveva indicato.

Alcuni maghi occupavano la stanza correndo da tutte le parti.

Uscì dal camino e tossì, della polvere le era entrata in bocca. Fermò una strega dai corti capelli castani.

"Scusi, ho sentito che avete un problema con una sirena"

"Sì signorina, se è un’altra giornalista si diriga in quella stanza…" e le fece segno verso una porta alla sua destra "…lì potrà ricevere tutte le informazioni che vuole."

Disse la donna mentre stava per andarsene, ma May la fermò.

"No, non sono una giornalista. Sono una cacciatrice di creature magiche."

A sentire quelle parole la donna si voltò verso di lei.

"Mi segua, la porto dal signor Headlight."

May seguì la donna che si inoltrava in vari corridoi per poi fermarsi davanti alla porta di un ufficio.

"Attenda un minuto. Vado ad annunciarla al signor Headlight. Qual è il suo nome?"

domandò la donna.

"Pereights, May Pereights. Della PBS creature magiche."

Rispose la ragazza.

La donna entrò nell’ufficio mentre la ragazza aspettava fuori. Pochi minuti dopo riapparve facendola accomodare.

Entrata nell’ufficio vide un uomo dai capelli grigi e lunghi baffi a punta che era in piedi accanto alla finestra.

"Signorina Pereights, ho sentito parlare della sua azienda. Pare che siate le migliori."

Con un gesto la fece accomodare sulla seggiola di fronte alla sua scrivania, che intanto aveva raggiunto.

"Diciamo che siamo brave. Ho sentito della sirena. Sono venuta ad offrirle il mio lavoro."

"E quanto mi costerebbe?"

"Se non ci riesco niente, se ce la faccio la tariffa usuale per "rare creature", più o meno quanto ha speso per acquistare il suo abito di pregiata sartoria"

rispose la ragazza, ormai molto abile nei contratti commerciali. L’uomo pensò per qualche momento.

"Va bene. La farò condurre alla nave."

Nel tardo pomeriggio May rientrò in ufficio, stranamente gli abiti erano ancora puliti e in ottimo stato. Victoria era seduta alla sua scrivania.

"Ciao Vic, dov’è Shannon?"

"Alcuni bambini hanno trasformato il loro gatto in un leone enorme. Dieci minuti e sarà di ritorno. Com’è andata con la sirena?"

"Le ho lanciato un incantesimo che l’ha resa temporaneamente muta, l’ho schiantata e l’ho addormentata per sicurezza con una pozione. Poi l’abbiamo trasportata nel suo mare tramite nave. Questione di quindici minuti il bloccarla, altre sei ore per portarla nel mare e tornare indietro."

"Hai mangiato qualcosa?"

"Niente da stamattina…"

"Tieni, ho uno zuccotto se vuoi."

Victoria prese il dolce da un cassetto della sua scrivania e lo lanciò all’amica che lo prese al volo.

"Grazie Vic."

In quel momento entrò Shannon e si tolse il mantello.

"Ciao May. Allora com’è andata da Silente?"

"Me ne ero completamente dimenticata. Allora May cosa voleva di preciso?"

domandò anche Victoria.

"Mi ha praticamente obbligata ad accettare di diventare professoressa. Devo dire che l’idea mi piace. Chi ci avrebbe mai pensato?"

disse May mentre prendeva un libro dalla sua borsa.

"Ti ci vedo come insegnante, sai spiegare bene. Ti ricordi tutte le volte che per qualche motivo mi perdevo una lezione, tu me la spiegavi senza problemi"

affermò Shannon sedendosi sulla scrivania dell’amica.

"Più che altro spero che i Serpeverde e altri come loro non mi facciano dispetti… non voglio fare brutta figura"

pensò May ad alta voce.

"Oh ti sai difendere bene… ti ricordi quella volta che Noel Miller voleva farti bere una pozione ipnotizzante per poi prenderti in giro?" domandò Victoria.

"Eccome, l’ho riconosciuta subito dall’odore e ho scambiato il mio bicchiere con il suo… che bei tempi erano quelli"

sospirò May.

"Scusa, mi è venuta in mente una cosa… tu sei una dei migliori in Difesa contro le arti oscure ma c’è una persona che è sempre stata la migliore di tutte…"

disse Shannon.

"Potter. Harry Potter è sempre stato un genio in Difesa contro le arti oscure. È molto più bravo di me. Anche io mi sono chiesta come mai Silente non l’abbia chiesto a lui di insegnare."

Disse May mentre apriva il libro e cercava la pagina a cui era arrivata la sera prima.

"Se non sbaglio è diventato un Auror… avrà troppi impegni"

provò ad ipotizzare Victoria.

"Strano… beh, meglio non pensarci. Devo concentrarmi su questo libro che userò per il primo anno. Mi sembra semplice… non dovrebbero avere problemi."

Disse May che si mise a leggere chiudendo il discorso di poco prima.

Vi prego commentata... un bacio

Miyan

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

CAPITOLO 2

Quel mattino May aveva preparato il suo baule e una grossa borsa per il viaggio. E adesso non sapeva come trasportarli a Hogwarts.

"Fammi pensare… come facevo ad andare a Londra con i bagagli prima dell’inizio della scuola?"

si domandò cercando di ricordare.

"Ah chiamavo i fattorini… farò così anche oggi"

Prese carta e penna, la intinse nell’inchiostro e incominciò a scrivere la lettera che poi inviò alla società di fattorini magici di cui si serviva la sua famiglia quando avevano dei trasporti ingombranti da fare. La borsa poteva anche portarsela da sola, quindi la prese tra le mani e urlò prima di entrare nel camino:

"Mamma io vado. Ci vedremo appena avrò il permesso di tornare a casa!"

sua madre le rispose da un’altra stanza

"Va bene, a presto!"

May entrò nel camino, buttò una manciata di polvere magica a terra e disse

"Hogwarts"

poco dopo apparve nel salone d’ingresso. Non c’era nessuno. Tenendo ben stretta la larga borsa tra le mani si diresse verso la scalinata principale.

"Buongiorno signorina Pereights"

disse una voce dietro di lei. May si voltò e riconobbe il professor Vitius.

"Buongiorno professore. Che piacere rivederla"

rispose con un sorriso la ragazza.

"Ma bene. Dovrò ricordarmi di chiamarla professoressa Pereights invece che signorina" precisò il professore.

"Sa, non mi ci sono ancora abituata neanch’io. Bene, saprebbe dirmi ora che sono arrivata che cosa dovrei fare?"

domandò imbarazzata la ragazza.

"Andiamo in sala professori…" rispose l’uomo.

"Sala professori? Non sapevo che esistesse un luogo del genere…" disse la ragazza sorpresa.

"È una specie di sala comune per noi professori. Le camere da letto dei professori che non sono responsabili di una casata e dei nostri ospiti si trovano vicino ad essa" spiegò l’uomo, contento di dare informazioni.

"Ah, bene. La seguo."

Il professore salì al primo piano, poi prese il corridoio che portava nella parte nord del castello e si fermò davanti ad un grande quadro che rappresentava un giovane mago dagli occhi chiari che chiese

"Parola d’ordine, prego"

Vitius disse: "Genziana e rabarbaro"

Il quadro si mosse e si spostò lasciando libero il passaggio ad un corridoio poco illuminato. Alla fine del corridoio c’era una sala molto elegante. Un grande camino di marmo, per ora spento, era la prima cosa che si notava. Molte poltrone ed alcuni divani di broccato occupavano la stanza, mentre un lungo tavolo era posto sotto le finestre. In un lato c’era una scala a chiocciola e May si domandò subito dove portava.

"Oh, ben arrivato Vitius, vedo che ci porti la nostra nuova collega."

May vide alzarsi da una di quelle poltrone la professoressa McGranitt che si diresse verso di loro.

"Oh ragazza mia, dovrò abituarmi a non averla tra i miei studenti."

Disse la donna stringendo la mano della ragazza.

"Ma venga, la conduco nella sua stanza."

Minerva McGranitt si diresse verso la scala a chiocciola, May la seguì accorgendosi in quel momento che altre persone erano sedute nelle poltrone dagli alti schienali. Giunte in cima alla scala c’era un altro corridoio illuminato da delle torce. Passarono davanti a parecchie porte e poi si fermarono davanti ad una di esse. La professa McGranitt l’aprì e May vide una bellissima stanza arredata nel rosso rubino. A terra c’era una moquette porpora, ampie tende sempre purpuree non permettevano alla luce di entrare da una grande finestra. Un divano, una poltrona e un tavolino basso erano una specie di salottino privato e poi c’era una porta. May entrò ma la professoressa le disse "Si riposi un po’ se vuole, il suo baule, che è arrivato poco prima di lei, è già stato portato in camera sua. Ci raggiunga giù quando vuole" e poi la salutò. May chiuse la porta dell’appartamento, perché era un vero e proprio appartamento, e si diresse curiosa verso la sua stanza da letto. C’era un ampio letto a baldacchino dai veli anch’essi del colore delle tende delle finestre, che erano aperti e permettevano di vedere che anche le coperte erano rosse. Ai piedi del letto era posato il suo baule. Una scrivania era vicino alla finestra con la sua seggiola, ed un armadio era appoggiato ad un muro della stanza. Poi c’era un’altra porta. May si diresse verso di essa ed entrò nel bagno. Piastrelle fulve ricoprivano il pavimento e le pareti della stanza, con una grande vasca nel centro. Poi, oltre ai servizi, c’era una specchiera e un mobile su cui era appoggiato un catino, e delle mensole dove erano appoggiate varie salviette di ogni misura.

May si sedette sul letto incredula.

"Se mi vedessero Victoria e Shannon…" disse a fil di voce guardandosi attorno.

Si tolse il mantello grigio chiaro e andò a rinfrescarsi un po’ il viso, poi uscì dalla stanza e si diresse verso la sala comune dei professori. Appena entrata si sentì raggelare il sangue, tutti i professori della scuola erano lì, tranne Hagrid che sicuramente si trovava nella sua casetta ai margini della Foresta Proibita. Si avvicinò alle poltrone dove tutti erano seduti e si sedette anche lei.

"Salve" fu l’unica parola che riuscì a pronunciare.

"Ragazza mia, non devi essere così imbarazzata. Non sei più una studentessa, siamo tuoi colleghi ora" disse la professoressa Sprite con un largo sorriso. May poté solo rispondere al sorriso, sentiva lo sguardo di Piton su di lei, le era proprio seduto di fronte.

"Silente è nel suo studio. Mi ha detto di farti sapere che nel pomeriggio vorrebbe vederti per discutere del programma dei corsi" disse la McGranitt mentre si sistemava gli occhiali sul naso.

"Va bene. La ringrazio."

"Professoressa Pereights…"

May sobbalzò a sentire quella voce fredda e insidiosa

"…se non riesce a mantenere un certo contegno, credo che i miei Serpeverde si divertiranno molto a prendersi gioco di lei" Piton sibilò con una nota divertita nella voce.

"Non si preoccupi, con gli studenti non avrò alcun problema… devo solo abituarmi a dover condividere la tavola e il salotto con voi…"

rispose la ragazza, molto più sicura nella voce

"Bene, professoressa. Ora riconosco la fierezza di quando era una studentessa." Concluse Piton che se ne andò verso la scala a chiocciola.

"May… mi scusi, meglio professoressa Pereights, vorrebbe venire con me in giardino? Potremmo parlare un po’ di quello che ha fatto in questi due anni…" propose la professoressa McGranitt.

"Sì, molto volentieri." Rispose la giovane. Si alzò dalla poltrona e lisciò la gonna dell’abito verde che portava quel giorno, poi insieme alla donna lasciarono la sala professori.

Giunte nel grande parco del castello le due si misero a chiacchierare.

"Allora May, Silente mi ha detto che lavora come cacciatrice di creature magiche…"

iniziò la donna per introdurre la conversazione

"Sì, cacciatrice è una parola un po’ forte… diciamo che ci occupiamo di creature magiche che creano problemi."

"Bene. Si è inventata una nuova professione a quanto vedo. E con chi lavora?" domandò.

"Con Shannon Bubbleslow e Victoria Smallwasp. Non so se si ricorda di loro. Erano Corvonero come me e ci siamo diplomate nello stesso anno."

"Oh sì, Smallwasp era una dei cacciatori della vostra squadra, mentre Bubbleslow era molto brava in Trasfigurazione… mi ricordo di entrambe."

"Durante l’ultimo anno non eravamo molto convinte di quello che volevamo fare una volta fuori dalla scuola, ma un giorno ci è venuta questa idea per caso."

Avevano raggiunto il lago e si fermarono sulla riva.

"Siete sempre state molto amiche. Spero che lavorare insieme non vi crei problemi"

"Problemi? No, ci conosciamo così bene che tra di noi non c’è alcun problema."

"Mi fa piacere ricevere informazioni su di voi, purtroppo dopo il diploma perdo di vista molti dei miei ex studenti e non si sa più nulla."

Continuarono a parlare ancora per un po’, poi tornarono al castello e pranzarono. Nel pomeriggio May si diresse verso l’ufficio di Silente accompagnata dalla professoressa Sprite.

"Quest’anno la parola d’ordine per l’ufficio di Silente è Crostata di lamponi. La tenga a mente e non la dica a nessuno dei nostri studenti."

May rispose affermativamente con il capo, poi pronunciò la parola d’ordine e raggiunse l’ufficio di Silente. Era ancora identico all’ultima volta che c’era stata, tre settimane prima. L’uomo era seduto alla sua scrivania e lei si sedette di fronte a lui con un quaderno di appunti in mano.

"Professoressa Pereights, bene. Vedo che è arrivata prima del previsto. Ha preparato il programma dei corsi?"

la ragazza aprì il quaderno e lo passò al preside per mostrargli il piano di studio.

"Seguirò i libri dei vari anni, introducendo i vari argomenti con dimostrazioni pratiche, quando ciò è possibile. Mi piacerebbe mostrare varie creature oscure quando c’è la possibilità di farlo con sicurezza e poi… vorrei tenere al sesto e al settimo anno un approfondimento sugli incantesimi e le pozioni oscure e i loro controincantesimi e rimedi."

"Spero solo che i suoi studenti non usino gli incanti oscuri… creerebbero non pochi problemi alla scuola."

"Mi ritengo fortunata ad aver avuto un insegnante che me li abbia mostrati… senza sapere nulla di essi, sarebbe impossibile riconoscerli nel caso che qualcuno li utilizzasse contro di noi. È vero che ormai Lord… Voldemort… è stato sconfitto da anni, ma alcuni dei suoi adepti sono riusciti a evitare la prigione di Azkaban e se qualcuno se li trovasse davanti con cattive intenzione c’è il rischio di morte se non si riesce almeno a parare determinati incantesimi."

May aveva parlato a lungo cercando di spiegare le sue motivazioni…

"Sono d’accordo con lei, vedo che ha preparato un ottimo programma. Se le servisse qualcosa per i suoi corsi, mi faccia sapere."

"Per ora niente… ma terrò presente la sua proposta."

May sorrise sentendosi sollevata per aver ottenuto l’approvazione dell’uomo.

" Ora vado nella mia aula… è ancora quella che utilizzavamo quando ero studentessa qui?"

domandò la ragazza.

"Sì è ancora quella. Vada pure a prepararsi. Fra pochi giorni i nostri studenti saranno di ritorno"

May si congedò e si diresse alla sua aula. Nell’entrare notò che non era cambiata per nulla. Dalle vetrate entrava la luce del sole, i banchi erano divisi uno a uno e ben allineati, la cattedra era rialzata rispetto ai banchi, ed alcuni armadi si trovavano dietro di essa. Li aprì e rivide le pozioni, le pergamene e oggetti che anche lei aveva utilizzato. Le venne un po’ di nostalgia.

Si rivide seduta al secondo banco, con Shannon e Victoria sedute ai suoi lati, le pergamene srotolate e le penne in mano mentre cercavano di non perdere una parola di quello che stava spiegando il professore, l’inchiostro che le macchiava le dita e la bacchetta appoggiata accanto a lei, sul banco.

Si ricordò di quando il professore aveva mostrato un Molliccio e la confusione che si era creata… ma con pochi gesti e un colpo di bacchetta lo aveva immobilizzato e lei aveva capito che quella era la materia che faceva per lei…

Ricordò gli esami per il G.U.F.O. prima e per il M.A.G.O. dopo e la gioia che aveva provato nel prendere il massimo dei voti in quella materia… ma anche la tristezza nel dover lasciare la scuola per sempre… anche se non era per sempre, ma a quel tempo non lo sospettava nemmeno.

Richiuse le ante dell’armadio e si diresse verso la vetrata. Osservò il giardino sottostante e Madama Bumb che controllava le scope di riserva.

"La mia scopa!" gridò allarmata la ragazza. Se l’era dimenticata a casa.

Tornò di corsa nella sua stanza, prese carta e penna e scrisse a casa sua di farsi spedire la sua scopa il prima possibile. Poi scese nella sala professori e vi trovò soltanto il professor Piton. L’uomo alzò lo sguardo dalla pergamena che stava leggendo e lo posò su di lei.

"Buongiorno professoressa Pereights"

"Buongiorno professor Piton"

poi uscì, e si diresse verso la guferia. Quando trovò Shade le diede il messaggio e le sussurrò:

"Mi raccomando, sta attenta. E assicurati che me la spediscano subito."

Poi la sua civetta nera prese il volo e la vide allontanarsi verso casa sua.

Erano passati alcuni giorni, e la sua scopa era arrivata a destinazione. Quella sera gli studenti sarebbero arrivati con il treno e Hagrid avrebbe accompagnato gli studenti del primo anno che sarebbero stati smistati nelle loro case.

May si sentiva agitata… conosceva la prima sera ad Hogwarts, ma era diverso viverla dalla parte dei professori.

Era in sala professori con un libro in mano e una mela nell’altra. Se ne stava seduta in una poltrona, completamente sola. Vedeva entrare il sole dalla finestra e allora si alzò e decise di scendere in giardino. Nello scendere la scalinata principale si vide comparire di fronte una persona. Di scatto alzò lo sguardo su di essa e riconobbe il ragazzo.

"Buongiorno" salutò la ragazza per cortesia.

"Buongiorno a lei" rispose egli guardandola negli occhi con i suoi strani occhi verdi.

Quella cicatrice… cosa ci faceva il signor Potter a Hogwarts? … May si poneva spesso mille domande sulle persone che incontrava, e anche Harry Potter aveva inavvertitamente scatenato la sua curiosità. Si incrociarono solo per un secondo, May poco dopo si voltò ad osservare dove andava, ma non poteva capirlo. La ragazza attraversò l’ingresso e uscì in giardino. Si diresse verso le serre di erbologia, in una di esse intravide la professoressa Sprite che stava trapiantando una Mandragola. Superò le serre e si sedette sotto un albero ben nascosta dai vari cespugli. Riprese in mano il libro e lo aprì alla pagina dove era arrivata, ma non riprese a leggere, diede un morso alla mela succosa e appoggiò la schiena al tronco mentre osservava il cielo.

"Perché Harry Potter non è venuto ad insegnare Difesa contro le Arti Oscure al posto mio?"

Questa domanda le rimbalzava in testa dal primo momento. Tutti sapevano che Potter era sempre stato il migliore di tutti in quella materia. Volente o nolente aveva dovuto farne il suo punto di forza per sconfiggere l’Oscuro Signore. E ora, dopo averlo vinto, era anche diventato un Auror.

"L’amicizia con Silente lo rende il primo candidato per il posto… non capisco."

May era sempre stata diffidente e curiosa, secondo lei per ogni cosa che accadeva c’era un motivo ben preciso, e il fatto che Harry Potter non avesse insegnato al posto suo quell’anno la infastidiva… odiava essere il ripiego di qualcun altro.

Tutti amavano Potter, lo ammiravano, lo riverivano e lei riconosceva che era effettivamente merito suo se Voldemort era definitivamente scomparso, ma ciò non era giusto. La vita di quel ragazzo da quel momento era stata sempre in discesa, non aveva più incontrato ostacoli…

May si era addormentata. Quando si svegliò il sole stava calando all’orizzonte. Appena si rese conto dell’ora che fosse, balzò in piedi, riprese il libro caduto sull’erba e si mise a correre per il giardino e per le scale del castello per raggiungere la sua stanza il prima possibile.

"Signorina Pereights, sa bene che non si può correre per il castello!"

la rimproverò la professoressa McGranitt

"Mi scusi ma sono terribilmente in ritardo. Chiuda un occhio per questa volta. Sarà la prima e l’ultima."

Si scusò la ragazza.

"Lo spero bene. Da questa sera dovrà dare il buon esempio. Col suo comportamento sembra ancora una studentessa, non una professoressa."

Continuò la donna mentre la osservava con la sua aria severa.

"Lo so. Le prometto che non succederà mai più. E ora mi scusi ma devo prepararmi. Tra meno di un’ora i ragazzi saranno arrivati."

La donna la congedò con un gesto della mano. La ragazza si trattenne dal correre sulla scala a chiocciola, e si diresse con passo veloce verso la sua stanza. Appena entrata corse nella stanza da letto, si sfilò il leggero abito di un viola pallido e lo lanciò sul letto. Poi andò in bagno e si immerse nell’acqua calda e profumata della vasca.

Gli studenti stavano arrivando. Quelli del primo anno stavano attraversando il lago guidati da Hagrid. May scese in quel momento in sala grande. Gli altri studenti si stavano accomodando al loro tavolo. May passò tra di loro senza osservarli, sentendosi terribilmente in imbarazzo per il ritardo, gli altri professori erano già seduti ai loro posti. Quando raggiunse la tavolata salutò i presenti.

"Buona sera. Scusate il ritardo."

Il preside Silente le sorrise

"Si sieda tra la professoressa Sprite e il nostro ospite"

May si sedette accanto al signor Potter. Aveva le mani sudate e le passò sulla lunga gonna dell’abito rosa pallido. Si sentiva un confetto con quel vestito, ma era uno dei pochi abiti eleganti che avesse, e sua madre glielo aveva regalato per l’occasione. Si portò la mano al collo per stringere il medaglione che indossava sempre, le sembrava che da esso scaturisse una forza che le desse coraggio.

"Preoccupata per qualcosa?"

quella domanda la fece destare dai suoi pensieri. La ragazza si voltò verso Harry Potter cercando di non essere sgradevole.

"Sì"

era di poche parole, ma sperava che il tono della voce fosse sembrato gentile.

"Il preside mi ha parlato di lei. Dice che sarà un’ottima insegnante."

Il ragazzo la osservava da dietro i suoi occhiali rotondi.

"Speriamo."

La giovane sospirò lieta nel veder entrare i ragazzi del primo anno guidati dalla professoressa McGranitt… grazie a loro non avrebbe più dovuto conversare con Potter almeno per un po’.

Il Cappello Parlante venne messo al suo posto, e uno alla volta assegnò i nuovi arrivati alle varie case. La ragazza osservò la tavolata dei Corvonero. Desiderava essere ancora seduta tra loro. Intravide il fratello con i suoi amici Micheal, Andrew e Neil.

Il preside si alzò per il suo solito discorso di inizio anno. May lo ascoltò attenta diventando rosea in viso quando egli la presentò agli studenti.

"…la signorina Pereights sarà la vostra docente di Difesa contro le Arti Oscure per quest’anno. Si è diplomata in questa scuola ormai due anni fa, ma molti di voi dovrebbero ricordarla, era il prefetto di Corvonero. Inoltre il fratello, Gary, è al sesto anno e l’anno scorso è stato tra i migliori nel G.U.F.O. di Pozioni…"

molti si voltarono ammirati verso suo fratello

"…La professoressa Pereights è stata così gentile da farmi questo favore, quindi comportatevi con rispetto verso di lei e sono certo che sarà un’ottima insegnate."

Anche dopo la fine del discorso molti studenti la continuavano ad osservare, ma altrettanti osservavano il suo vicino. Tutti si domandavano perché lui fosse lì.

"Buono questo arrosto vero?"

il suo vicino voleva chiacchierare.

"Sì, gustoso."

Era più forte di lei, non riusciva ad essere più gentile. Forse era un po’ invidiosa di lui, doveva ammetterlo, ma di Potter conosceva solo quello che gli altri dicevano di lui e non la persona vera. Il giovane sorrise.

"Professoressa Pereights, è proprio di poche parole."

"Non sempre. Dipende dalla persona."

"Vuole forse dire che dipende da me?"

il giovane la scrutò negli occhi, lei li abbassò verso il piatto.

"No, sì, nel senso che con le persone che conosco poco per me è quasi impossibile conversare"

tentò di dare una spiegazione.

"Conoscermi poco? Chiunque sa più di me che di suo fratello."

Affermò sarcastico il giovane. La ragazza si fermò ad osservare il volto del suo interlocutore prima di parlare. Pensò che era diverso dal ragazzo che frequentava la scuola nel suo periodo. I capelli erano molto più corti e non nascondevano più la cicatrice, il viso aveva perso i lineamenti gentili dei ragazzini e aveva una mascella più pronunciata, era sempre snello e sembrava più alto.

"Non capisce. Io conosco l’Harry Potter grande eroe e salvatore, non l’Harry Potter persona con amici, interessi e gusti culinari…"

Potter rise di gusto e la ragazza si sentì umiliata. Nessuno si era mai permesso di prendersi gioco di lei.

"Non credevo che le mie parole fossero così ridicole!" disse stizzita.

"Oh, ha ragione. Ma nessuno ha mai guardato a me come una persona qualunque e… e questo mi piace molto."

Potter posò le posate accanto al piatto e appoggiò i gomiti sul tavolo incrociando le dita delle mani.

"Strano che non mi ricordi di lei quando andavamo a scuola…"

"Lei era quattro anni avanti a me, e aveva molti pensieri più importanti per la testa che imprimersi nella mente i volti di tutte le studentesse di Hogwarts, soprattutto una non del suo stesso anno, né della sua stessa casata."

La ragazza fissava negli occhi il giovane, il suo viso era molto serio, forse fin troppo.

"Ha ragione, avevo sempre altri pensieri per la testa. Ma dovrei ricordarmi della Hermione Granger dei Corvonero."

Il ragazzo accennò ad un sorriso…

"No, non sono al suo livello di conoscenza. Io sono più intuitiva…"

"Lei piacerebbe a Hermione, dovrebbe conoscerla."

"Ognuno ha i suoi impegni, se ci sarà l’occasione potrei conoscerla."

Ci fu qualche minuto di silenzio, May abbassò lo sguardo concentrandosi sulle sua mani appoggiate ai lati del piatto.

"È sempre così scostante?"

Nel sentire quella domanda così inaspettata la ragazza si voltò di scatto verso l’interlocutore, incuriosita.

"Mi scusi? Non comprendo."

"Sì, è scostante, scontrosa e fredda."

Il giovane sembrò pronunciare quelle parole tutto d’un fiato.

"Sì, sono sempre così"

"Io non ci credo."

"Pensi pure quello che vuole. Ma ora mi scusi ma devo andare via."

May si sentiva ribollire il sangue nelle vene… se si voleva vederla reagire bisognava colpire il suo orgoglio e Potter l’aveva fatto. Scese tra le tavolate e raggiunse suo fratello che stava chiacchierando con i suoi amici.

"Ciao Gary. Come va?"

domandò al fratello che le strizzò l’occhio nel vederla arrivare.

"Sorellina, mi invidiano tutti. Pensano che me le farai passare tutte lisce."

"Scordatelo" affermò la ragazza.

"Ma May! E noi che pensavamo di avere finalmente qualcuno dalla nostra parte!" subentrò Micheal, l’amico più pazzo del fratello.

"Signor Grow, anche se ci conosciamo da quando lei era un bimbo piccolo, anche lei dovrà portarmi rispetto!" disse la ragazza ridendo di gusto nel vedere il broncio che aveva messo quest’ultimo.

"Va bene professoressa Pereights, ma la prego sia indulgente" sospirò il ragazzo.

A May veniva da ridere ma cercò di trattenersi e di mantenere un contegno dignitoso.

Gli studenti stavano raggiungendo i loro dormitori, May vide i prefetti che li guidavano e vide i Corvonero dirigersi verso il corridoio che lei aveva attraversato molte volte in sette anni. May si diresse verso la sala professori.

"Genziana e rabarbaro" May pronunciò la parola d’ordine e si aprì al passaggio verso la sala. Alcuni professori erano seduti nelle poltrone e parlavano, May prese un libro e si sedette in disparte a leggere.

"Che cosa legge di interessante?"

la domanda la portò alla realtà.

"Antidoti e controincantesimi alle Arti Oscure"

la ragazza alzò il volto e vide Potter in piedi accanto a lei che osservava il libro.

"Non crede di esagerare nel studiare anche prima di andare a dormire?"

"Veramente è una lettura leggera…"

May voleva essere seria ma sorrise nel vedere il volto stupito del giovane.

"Scherzavo. Non mi ricordavo un ingrediente per la pozione contro i folletti di palude."

"Mi ricorda Hermione. Si comporta come lei."

Harry si sedette nella poltrona accanto alla sua, sprofondando nei cuscini ed appoggiandosi all’alto schienale.

"Beata lei. È fortunata a poter lavorare qui!"

affermò Potter.

"Pensavo che il professor Silente le avesse proposto di insegnare al posto mio…"

"Oh no, non ne avrei il tempo. Essere un Auror comporta compiti impegnativi…"

"Ora che Voldemort è morto non dovrebbero esserci grossi problemi."

La ragazza chiuse il libro inserendovi un segnalibro alla pagina che le interessava, e si concentrò sul giovane.

"I problemi ci sono sempre, professoressa. Ma non parliamo di queste cose. Piuttosto non sentirà la mancanza degli amici qui?"

il mago giocherellava con la sua bacchetta magica mentre osservava la ragazza.

"Mi terrò in contatto… ma ora mi scusi, mi ritiro nella mia camera."

May si alzò e si diresse verso camera sua.

Il mattino dopo May entrò in classe, sentiva le farfalle nello stomaco peggio degli esami. Aveva di fronte alunni del terzo anno, alcuni già seduti e composti, altri che si affrettavano ad imitarli. La giovane professoressa si sedette alla cattedra osservando i volti dei suoi studenti. Fece un respiro profondo poi incominciò la sua lezione.

La sera, a cena, May vide che Potter non era presente. Incuriosita chiese informazioni alla professoressa Sprite.

"Professoressa Sprite, il nostro ospite se n’è già andato?"

"Ho sentito che è stato richiamato d’urgenza al ministero nel pomeriggio, è partito subito."

May portò il bicchiere alla bocca sorseggiando il succo di zucca. Osservò la sala gremita di ragazzi vocianti e pensò che era cambiata molto da quegli anni.

Dopo cena si alzò e il professor Silente le fece cenno di avvicinarsi per parlarle.

"Professoressa Pereights, come è andata oggi?"

domandò l’uomo con voce calma.

"Credo bene… non ho avuto problemi, tranne un Serpeverde che ha tentato di fare uno scherzo a un Tassorosso in corridoio, ma l’ho mandato dal professor Piton per la punizione."

May accennò un sorriso per congedarsi.

"Se posso andare ora"

"Vada pure. A domani."

La ragazza uscì in giardino, il sole era già tramontato ma il cielo non era ancora scuro anche se era imbrunito. Si allontanò dal sentiero principale inoltrandosi nel giardino e raggiungendo l’albero dove ormai era abituata ad andare a sedersi. Si sedette a terra e alzò il viso verso il cielo. Le prime stelle si potevano scorgere nel buio non ancora inoltrato.

Dopo circa un’ora decise di andare in camera sua. Nel raggiungerla osservò i corridoi in cerca di studenti disubbidienti che avevano lasciato i loro dormitori fuori dall’orario consentito, ma non vide nessuno. Sentì solo Pix che stava preparando uno dei suoi soliti scherzi.

Arrivata in sala professori vide Piton che parlava con Vitius. Si voltarono verso di lei nel vederla entrare.

"Buonasera"

salutò la ragazza.

"Buonasera professoressa."

Risposero i due.

May salì la scala a chiocciola e si diresse verso la sua camera. Nel corridoio incrociò la professoressa Sinistra che stava lasciando la propria stanza.

"Buonasera Professoressa." Salutò la giovane.

"Buonasera. Ho una lezione con gli studenti del quarto anno ed è proprio un’ottima sera. Le stelle sono luminose e non ci sono nuvole."

Disse la professoressa Sinistra.

"Allora buon lavoro"

le due si lasciarono e May entrò in camera sua. Si sedette nella poltrona e scaraventò le scarpe dall’altra parte della stanza. Camminando scalza raggiunse il bagno e preparò l’acqua nella vasca. Poi tornò in camera sua e si sedette alla scrivania. Prese carta e penna e scrisse un biglietto alle sue amiche.

Ciao ragazze,

è appena finito il primo giorno di lezioni e sono stanchissima. È strano vivere qui in un ruolo diverso da quello a cui ero abituata. Gli studenti non mi hanno ancora creato problemi e i professori sono gentili, ma mi mancate.

Fatemi sapere come va a lavoro.

Un bacio

May

Piegò il foglio e lo mise in tasca. Si rimise le scarpe e uscì. Attraversò i corridoi e raggiunse la guferia. Shade era appollaiata con gli altri gufi e civette dei professori, in una stanza separata da quella degli altri uccelli. Le diede la missiva e poco dopo tornò in camera sua.

Ringrazio chi ha letto il mio racconto e chi è stato così gentile da commentare. Spero che ci sia altra gente che voglia lasciarmi un commento, sia positivo che negativo…

Un saluto

Miyan

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

CAPITOLO 3

L’autunno stava avanzando, i giardini della scuola erano ricoperti dalle foglie gialle e rosse. Per May l’insegnamento stava andando bene e ormai si era anche abituata alla presenza costante dei professori…

Un tardo pomeriggio, mentre era chiusa nel suo studio a preparare le lezioni per l’indomani sentì il rumore di un becco che picchiettava alla finestra. Riconobbe subito Shade. Si alzò e aprì il vetro della finestra, e la civetta scura volò subito sulla sua spalla. Aveva una busta nel becco. La ragazza la prese e Shade volò in cima ad un armadio. Prese un taglierino d’argento dal primo cassetto della sua scrivania e aprì la busta.

Ciao May,

siamo molto contente che l’insegnamento vada bene e ogni tanto quando incontriamo i tuoi genitori ci raccontano di quello che fai. Scusaci se ti importuniamo ma sentiamo enormemente la tua mancanza. Non preoccuparti noi stiamo bene, il lavoro va per il meglio ma non è la stessa cosa senza di te.

L’unico problema è che un cliente ha chiesto espressamente di te. Abbiamo tentato di fargli capire che non puoi ma insiste e noi non sappiamo che fare. Si tratta di Gregory Thorning, credo che tu sappia bene chi sia. Non possiamo perdere un cliente come lui…

Ti preghiamo di farci avere tue notizie al più presto, dacci un consiglio…

Shannon e Victoria

Nel leggere la missiva la ragazza si preoccupò subito. Raggiunse il prima possibile l’ufficio del preside Silente. L’uomo era seduto alla sua scrivania e appena la vide la salutò.

"Professoressa Pereights, la vedo preoccupata. Ma mi dica, cosa posso fare per lei?"

l’uomo si tolse gli occhiali a mezzaluna e li appoggiò sul ripiano della scrivania, la ragazza rimase in piedi di fronte a lui…

"Avrei urgente bisogno di andare a Londra…"

"Problemi familiari?"

"No, ma altrettanto importanti per me. Le mie colleghe hanno bisogno di me per qualche giorno. Non dovrei farle perdere molto tempo."

"Capisco…"

l’uomo pulì gli occhiali con uno straccio, era solo un pretesto per prendersi qualche minuto per pensare.

"Dovrei perdere due ore di lezione domani e una dopodomani… ho già dei compiti preparati per gli studenti, ci sarebbe solo bisogno di qualcuno che li sorvegli"

"Non si preoccupi, vedrò cosa posso fare. Per quanto riguarda lei, può partire anche subito ma ormai il sole sta calando. Le consiglierei di aspettare l’indomani mattina."

May sorrise.

"La ringrazio molto. Saprò sdebitarmi."

"Sì, una cosa potrebbe fare… potrebbe andare a Diagon Alley a recuperare un pacchetto che il professor Hagrid ha dimenticato al negozio di bacchette. Olivander mi ha fatto sapere che lo sta custodendo per me."

L’uomo stava sorridendo, sicuramente pensava ad Hagrid che distratto perdeva il pacchetto.

"Va bene."

La ragazza lasciò la stanza.

Il mattino seguente partì per Londra. Il sole era appena sorto all’orizzonte e sui prati c’era una leggera bruma. A cavallo della sua scopa fece l’incantesimo di invisibilità e si diresse a tutta velocità verso il suo ufficio.

Dopo un’ora buona atterrò sulla terrazza dell’edificio. Il mantello grigio era bagnato dell’umidità delle nuvole, come i suoi capelli. Con il suo solito passo lungo e veloce raggiunse il suo ufficio. Diede due colpi alla porta e poi entrò senza aspettare risposta. Victoria era in piedi mentre di Shannon non c’era traccia.

"May, ma che ci fai qui?"

domandò stupita l’amica.

"Sono qui per risolvere il problema di Gregory Thorning."

"Spero che non ti abbia creato problemi la nostra lettera…"

Victoria si sedette alla sua scrivania mentre May si slacciava il mantello e lo appendeva all’appendiabiti accanto a quello dell’amica.

"Che problema ha adesso? Capisco che il sua castello di famiglia è molto vecchio, ma non può aver problemi ogni mese!"

"Ma May, mi sembri un po’ scontrosa…"

"Più che altro mi spiace di dovermi far sostituire. Silente è stato molto gentile ma non vorrei sembrare inopportuna."

"Non so che problema abbia Thorning, non ha voluto parlarne con noi. Pensi di andare subito da lui?"

May prese delle pozioni dall’armadio e un plico da un cassetto della sua scrivania.

"Sì, ma dov’è Shannon?"

"Orchi di montagna. Ne avrà per un po’."

"Capisco. Vuoi venire con me?"

"Mi piacerebbe, ma se arrivano altre chiamate non c’è nessuno in ufficio."

"Ok, come vuoi. Ci vediamo più tardi… e stasera usciamo a mangiare qualcosa insieme."

"Ciao."

May si infilò il mantello, ripose gli oggetti che aveva preso dallo studio nella sua tracolla, e raggiunse il tetto, dove inforcò la scopa e si diresse verso il castello dei Thorning.

Il castello dei Thorning si trovava a nord di Londra in una zona isolata e nascosto ai babbani da un incantesimo. Tutte le volte che vi giungeva May sentiva un brivido scorrerle lungo la schiena, c’era un non so che di strano in quel luogo e lei lo sentiva ma non sapeva capire che cosa. Il signor Thorning era stato uno dei suoi primi clienti, era un uomo molto facoltoso, e aveva aziende e terreni a dismisura. May lo trovava troppo costruito, come se sotto i suoi modi gentili ci fosse qualcosa da nascondere, ma non poteva permettersi di indagare su di lui… doveva ai suoi soldi e ai suoi innumerevoli lavori buona parte delle entrate della sua attività.

Giunta sopra il castello planò con precisione nel giardino, proprio davanti al portone d’entrata. Lasciò la scopa appoggiata al muro e salì i pochi gradini, tirò la catena del campanello e pochi minuti dopo un maggiordomo, anch’esso altezzoso quasi quanto il padrone, la fece accomodare nel solito salottino accanto all’ingresso.

"Il signor Thorning sarà da lei fra pochi minuti. Se vuole accomodarsi intanto."

"La ringrazio…" e voltò le spalle all’uomo che si allontanava, mentre lei evitò di sedersi in una delle splendide poltrone e si avvicinò alla finestra per osservare il rosaio.

"Signorina Pereights, finalmente è venuta qui." La voce melliflua dell’uomo la fece sobbalzare, non lo aveva sentito entrare.

La giovane si voltò e il suo sguardo si posò distrattamente sull’ometto calvo che aveva di fronte.

"Signor Thorning, devo ammettere che lei è uno dei miei clienti più difficili. Sa bene che le mie colleghe sono in gamba quanto me, non capisco il suo ostinarsi a volermi qui."

Anche se con riguardo, la giovane non riuscì a tenere a freno la sua lingua, e fece capire all’uomo il suo punto di vista.

"Mi perdoni, ma avevo bisogno di lei… succedono cose troppo strane in questa casa."

"Parli, ora che sono qui vedrò come risolvere il suo problema"

l’uomo era visibilmente preoccupato e ogni tanto si passava il fazzoletto sulla fronte per asciugare il sudore frutto della sua tensione.

"I ritratti dei miei avi stanno sparendo uno ad uno, dal più recente al più antico…"

"Strano, non si saranno nascosti in un altro quadro?"

fu la risposta impulsiva della ragazza.

"Li ho fatti cercare dappertutto e non ci sono stati risultati. Gli ultimi rimasti non fanno altro che ripetere che hanno paura e che è la punizione per il mio comportamento…"

"Mi faccia vedere i quadri."

La ragazza seguì l’uomo in un lungo corridoio dove erano esposti almeno un centinaio di quadri di cui almeno la metà vuoti. La cosa non le piaceva per niente. Si avvicinò a quello che probabilmente sarebbe stato il prossimo, una donna sui cinquant’anni, dai capelli biondi raccolti in una crocchia e gli occhi cerulei.

"Signora, non ha visto cosa è successo ai suoi famigliari?"

"Ah… è una punizione… noi veniamo puniti per colpa sua…!"

continuava ad urlare indicando il signor Thorning.

"Signora, mi spieghi, forse potrei aiutarla…"

ma la donna non la smetteva di urlare e allora l’uomo trascinò via la ragazza ritornando sui loro passi.

"Vede, non c’è nulla da fare… non rispondono ad altre domande. Continuano ad urlare per ore ed ore, tutti assieme appena mi vedono, per poi calmarsi solo dopo. Non so più che fare. Ho tentato un incantesimo per farli addormentare, ma non ha funzionato, e varie pozioni, ma niente da fare."

L’uomo pareva infinitamente spossato e privo di fiducia.

"Ora come ora non posso fare niente oltre ad un incantesimo di protezione, sperando che sia abbastanza potente. Studierò sui miei libri e cercherò qualcosa. Nel caso in cui la faccenda si complichi chiami le mie colleghe, arriveranno subito e io le raggiungerò appena possibile."

L’uomo era senza speranza, si sedette su una poltrona e accennò ad un sì.

La ragazza ritornò verso i quadri e ad uno ad uno fece l’incantesimo che aveva detto. Quando ebbe finito il sole era rosso all’orizzonte. Dopo aver salutato l’uomo ed essersi assicurata del fatto che era al sicuro, ripartì verso Londra.

Giunse in ufficio che il sole era ormai tramontato. Appena entrata vi trovò Victoria e Shannon che l’aspettavano con i mantelli in spalla pronte per partire. Shannon la guardò minacciosa con le mani appoggiate sui fianchi

"Sempre in ritardo. Era ora che arrivassi."

May sorrise, sapeva che l’amica stava scherzando.

"Thorning ha davvero un bel problema. Non so come farò ad aiutarlo."

Victoria le si avvicinò e la prese sottobraccio trascinandola al di fuori dell’ufficio.

"Non voglio sentire parlare di lavoro. Adesso andiamo a mangiare che ho una fame da lupo."

Raggiunsero una piccola locanda. Il portone era nascosto dietro un grosso abete. Appena entrate sentirono un forte odore di spezie, salutarono con un cenno della mano la proprietaria e si sedettero ad un tavolo vicino al caminetto, posto che occupavano tutte le sere quando May lavorava ancora con loro.

La proprietaria, una corpulenta signora sui sessant’anni, si avvicinò al tavolo.

"May, da quanto tempo non ci si vede. Quando le ragazze mi hanno detto che ci saresti stata anche tu stasera ho preparato i tuoi piatti preferiti."

"Non dovevi disturbarti, qualsiasi piatto esca dalla tua cucina è ottimo."

"Oh, nessun disturbo. Chissà che cosa mangerai in quella scuola, con tutti gli impegni che ti sei assunta non avrai nemmeno il tempo di cenare decentemente."

May sorrise, ringraziando di nuovo la donna. Poco dopo incominciarono ad arrivare i piatti, pasta al sugo di verdure, brasato e patate, e alla fine una porzione di dolce molto abbondante.

Intanto che mangiavano Shannon e Victoria vollero sapere tutto quello che stava accadendo ad Hogwarts, come stavano i professori e Silente, i punti delle Case e via dicendo.

"Scusate, vado in bagno."

Disse May alzandosi da tavola. Poco dopo stava tornando al suo posto quando sentì una voce chiamarla…

"Professoressa Pereights, professoressa Pereights…"

si voltò e vide al bancone, in compagnia di una ragazza bionda, il signor Potter con il lungo mantello nero ancora indosso.

May si fermò accanto a lui e lo salutò.

"Buonasera signor Potter."

"Buonasera a lei, non pensavo di trovarla a Londra."

"Un piccolo problema di lavoro, e una commissione da parte di Silente."

La ragazza bionda accanto al giovane continuava a fissarla con i suoi grandi occhi da gatta.

"Beh, è meglio che vada, non vorrei disturbarvi troppo." Disse May guardando Potter negli occhi.

"Ma che dice. È un piacere parlare con lei."

"Scusate ma devo proprio andare, mi aspettano. Arrivederci."

La ragazza sorrise sia al giovane che alla ragazza bionda e raggiunse il tavolo delle amiche.

"Ma stavi parlando con Harry Potter?"

chiese Victoria continuando a guardare verso il bancone.

"Sì, l’ho incontrato due o tre volte ad Hogwarts."

"È diventato molto più carino di come era. Certo, non è bello come il mio David, ma carino." Disse Shannon osservandolo.

Il mattino dopo May andò a Diagon Alley che come al solito era sovraffollata. Passando davanti al negozio di animali si ricordò di quando aveva comperato Shade e sorrise nel vedere una piccola civetta scura che le somigliava. Raggiunse il negozio di Olivander, era scuro e polveroso e vuoto. Poco dopo l’uomo si avvicinò a lei da dietro facendola spaventare.

"Buongiorno signorina, cosa posso fare per lei?"

dopo aver fatto un profondo respiro per riprendersi dalla sorpresa rispose

"Mi manda il preside Silente. Devo ritirare un pacchetto che il professor Hagrid ha dimenticato qui qualche giorno fa."

L’uomo la osservò di sottecchi soppesando le sue parole, non era molto convinto.

"E lei sarebbe?"

"May Pereights, la professoressa Pereights, insegnante di Difesa contro le Arti oscure ad Hogwarts."

"Sì, è il nome che mi ha detto Silente. Prego, aspetti un minuto che vado a prenderle il pacchetto."

L’uomo si allontanò nel retro e lei rimase di nuovo sola per alcuni minuti mentre osservava le migliaia di scatoline lunghe impilate sugli scaffali.

"Ecco a lei"

dissi l’uomo di ritorno porgendole un pacco quadrato non molto grande incartato in carta marrone.

"La ringrazio e arrivederci."

La giovane ringraziò ed uscì dal negozio. Aveva appena fatto qualche passo che vide davanti a sé qualcuno che le fermava il passaggio.

"Mi scusi, permesso…"

nell’alzare il volto vide Harry Potter che la osservava sorridendo.

"Signorina Pereights, ma che coincidenza. Era proprio destino che noi ci incontrassimo."

"Già…" la ragazza rispose al sorriso incerta sul da farsi.

Il ragazzo si passò una mano tra i corti capelli castani.

"Non vorrei essere invadente, ma che ne direbbe di bere qualcosa insieme… non siamo mai riusciti a fare una discussione completa noi due."

Non poteva rifiutare il suo invito, sarebbe stata molto maleducata, quindi accettò, anche se con poca voglia.

"Va bene."

Raggiunsero un bar e si sedettero vicino alla finestra. Il ragazzo ordinò due burrobirre e incominciò a parlare.

"Penserà che sono invadente, ma la trovo una persona interessante."

"Ma non si preoccupi. Devo dire che però è stano essere qui a conversare con lei."

"Senta, se per lei non è un dispiacere, che ne dice di darci del tu?" il giovane la guardava fissa negli occhi e a lei sembrava di non potersi più staccare dal suo sguardo.

"Va bene. Chiamami pure May…"

"May, mi spiace che ieri sei scappata via subito."

Intanto la cameriera era tornata con le ordinazioni, e mentre le appoggiava al tavolo tra i due ci fu silenzio.

"Ho visto che la ragazza che era con te mi guardava un po’ male e ho pensato che le desse fastidio."

"Oh, no. Linda non lo farebbe mai. È la mia collega, avevamo appena finito un lavoro e siamo andati a bere un caffè…"

"Pensavo fosse la tua ragazza…"

May si sentiva un po’ sciocca, come al solito era corsa a conclusioni affrettate.

"No, siamo amici."

"Allora… di che parliamo… sinceramente non so cosa abbiamo in comune…"

disse la ragazza abbassando lo sguardo sulla sua burrobirra.

"Raccontami come mai sei a Londra. È strano che una professoressa lasci Hogwarts durante il periodo di lezioni"

il ragazzo si appoggiò alla seggiola incrociando le braccia al petto e posando i suoi occhi verdi sulla ragazza.

"Problemi di lavoro… intendo il mio lavoro vero… io non sono realmente un’insegnante."

"Sì, ho sentito che hai una azienda con delle tue amiche."

"Ci occupiamo di creature magiche e incantesimi impossibili"

nel nominare il suo lavoro il suo sguardo si era come illuminato.

"Capisco. E dimmi, che problema hai?"

May bevve un sorso della sua bevanda prima di rispondere.

"Un cliente ha un problema con alcuni ritratti di famiglia…"

"E sei riuscita a risolverlo?"

chiese incuriosito il giovane continuando ad osservarla.

"In realtà credo di no, ho solo rimandato… devo documentarmi su alcuni libri. Appena tornerò ad Hogwarts proverò a cercare nella sezione proibita della biblioteca."

"Se ti serve un aiuto puoi sempre rivolgerti a me."

"Sei molto gentile, ma credo che tu abbia problemi molto più urgenti dei miei. Piuttosto raccontami di te… sinceramente è da un po’ che non leggo tue notizie sulla Gazzetta del Profeta!"

May sorrise per la sua affermazione e anche il giovane la guardò sorridendo prima di risponderle.

"Finalmente la Gazzetta ha capito che non sono un personaggio tanto importante. Adesso ho un lavoro normale…"

"Normale? Per te è normale essere un Auror? Scelgono i migliori per potervi farne parte!"

la ragazza lo guardò stupita invidiandolo in qualche modo.

"Certo, ma ora che Voldemort è stato definitivamente sconfitto anche io non sono più sotto i flash delle macchine fotografiche."

"E ne sei contento…"

"Ne sono molto contento."

Rispose sorridendo il giovane.

"Ma che fine hanno fatto i tuoi amici? Mi hai nominato la Granger alcune volte, ma se non sbaglio eri molto amico anche di Ron e Ginny Weasley."

"Hermione lavora al San Mungo, è un’ottima dottoressa ed è sempre subissata di lavoro. Ron invece lavora anche lui per il ministero ma, come il padre, per il dipartimento dei collegamenti con i babbani. Mentre Ginny ha una serra vicino a casa sua dove coltiva piante rare che sono ricercate in tutto il mondo."

"Vedo che sei rimasto in contatto con loro."

Disse la giovane appoggiandosi anche lei allo schienale della sedia e passandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

"Fortunatamente sì… Ron e Hermione sono fidanzati, non so se lo sapevi."

"Mi ricordo che si piacevano quando eravate ancora a scuola…"

"Già e probabilmente l’anno prossimo si sposano."

"Bello."

Adesso May non sapeva proprio che dire…

"Ora devo proprio andare, devo ritornare ad Hogwarts prima di sera. Spero di rivederti presto."

Disse imbarazzata la ragazza alzandosi da tavola e lasciando alcune monete per pagare la bevanda.

"Anche io spero di rincontrarti. Oh ma non pagare, te lo offro io."

"No, davvero preferisco pagare io."

Disse la giovane vedendo il ragazzo ridarle le monete ed alzarsi anche lui da tavola.

"Te lo offro io. Al massimo tu ripagherai la gentilezza un’altra volta."

Disse il giovane sorridendo cercando di convincerla.

"Va bene. Ti ringrazio. Ciao."

May salutò il giovane e lasciò il bar diretta verso Hogwarts.

Giunta ad Hogwarts entrò nel salone d’ingresso e si diresse subito verso l’ufficio di Silente. Mentre saliva le scale incrociò la professoressa McGranitt.

"Professoressa Pereights vedo che è tornata."

"Buonasera professoressa McGranitt. Sono appena rientrata, sto andando dal preside… è occupato adesso?"

"L’ho appena lasciato. Dovrebbe essere da solo."

"La ringrazio per l’informazione"

"Ci vediamo a cena."

May raggiunse la porta dell’ufficio e bussò. L’uomo la invitò ad entrare. Lo vide che stava leggendo qualcosa. Alzò lo sguardo su di lei.

"Professoressa, bentornata. Tutto a posto?"

"Sì, grazie ancora per avermi lasciato andare. Le ho portato il pacchetto che mi aveva chiesto."

Appoggiò il pacchetto incartato sulla scrivania dell’uomo. Lui lo osservò e poi la guardò di nuovo.

"La ringrazio. Le ho fatto fare da fattorino."

May sorrise…

"Non importa, è stato un piacere."

"Bene. Non ho altro da dirle. Se vuole può andare a rinfrescarsi prima della cena."

"È quello che voglio fare. A dopo allora."

May lasciò lo studio e si diresse in aula professori. Vi trovò Vitius, Piton e Sprite che stavano leggendo ognuno in un angolo diverso della stanza.

"Buonasera."

Salutò la giovane facendo alzare lo sguardo dei presenti su di lei.

"Professoressa Pereights, lo sa che i suoi alunni sanno cose che non dovrebbero sapere?"

la voce arcigna di Piton si alzò nel silenzio della stanza.

"Mi perdoni, ma non capisco di che parla."

Lo osservò stupita la giovane facendosi piccola piccola per la soggezione che aveva dell’uomo.

"I suoi alunni del settimo anno conoscono magie oscure di cui non dovrebbero sapere nemmeno l’esistenza."

"Capisco. Ma non si preoccupi non le utilizzeranno… ma devono conoscerle per potersi difendere da esse…"

l’uomo si alzò dal tavolo avvicinandosi a lei e girandole attorno.

"Non capisce, spero che il consiglio dei genitori non abbia nulla da ridire… rischia grosso…"

"All’inizio dell’anno ho esposto il programma dei corsi al preside, e Silente ha approvato il mio metodo. Se vuole sapere ne ha anche parlato con il consiglio e ho avuto il permesso."

"Meglio per lei. Ma terrò sott’occhio i suoi studenti."

L’aveva vinta lei. Chi l’avrebbe mai detto che una giovane professoressa avrebbe tenuto testa al professore più temuto di tutta Hogwarts.

La giovane raggiunse la sua stanza chiudendo la porta dietro di lei e appoggiandosi contro. Chiuse gli occhi e fece un profondo sospiro. Dopo alcuni minuti li riaprì e togliendosi il mantello e il cappello li gettò sul letto raggiungendo il bagno. Si lavò il viso fissandosi nello specchio davanti a lei. Aveva gli occhi gonfi e i rossi capelli scompigliati. Si asciugò il viso e cercò di sistemarsi i riccioli e il viso con un po’ di trucco. Dopo essersi cambiata d’abito scese a cena. Si sedette al suo posto osservando la marea di studenti che chiacchieravano. Rispose con un cenno della mano al saluto rivoltole da lontano dal fratello e mangiucchiò qualcosa, ma non aveva molto appetito.

Dopo cena si fermò a parlare con la professoressa Sprite su una partita di Quiddich che i Corvonero avevano giocato in sua assenza, poi dopo averla salutata, si diresse verso la biblioteca. Gazza la guardò arcigno ma non ebbe il coraggio di contraddire una professoressa e la lasciò passare. Si diresse verso la sezione dei libri proibiti e incominciò a cercare.

Erano ormai passate alcune ore e la giovane era seduta ad un tavolo con decine di libri aperti, ne aveva in mano uno che stava sfogliando, i capelli raccolti che le sfuggivano dalla forcine e in mano la piuma intinta di inchiostro che le macchiava le dita, la pergamena di appunti aperta accanto a lei. Sbadigliò portandosi una mano alla bocca. Strinse gli occhi e li riaprì poco dopo per guardare l’ora. Quasi le due e mezza. Decise di riporre i libri e piegò la pergamena lasciando la biblioteca e dirigendosi verso camera sua.

 

Salve a tutti…

Sono un po’ dispiaciuta che non siano in molti a commentare i mio racconto… devo comunque ringraziare Luca er meyo…se però ci fosse anche qualcun altro che volesse lasciare due parole sarei contenta!!! Anche se fossero delle critiche…

Ciao a tutti

Miyan

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

CAPITOLO 4

Le giornate della giovane professoressa erano sempre piene, le lezioni durante il giorno, i turni di sorveglianza alcune notti, gli argomenti da preparare per i giorni successivi, e gli studi per il problema del signor Thorning. Ed ora la preparazione della festa di Halloween. Non che fosse da sola, ogni professore dava una mano, ed anche lei stava studiando come rendere piacevole la serata ai ragazzi. Il preside l’aveva informata che ci sarebbero stati degli ospiti a scuola per alcuni giorni, proprio nel periodo della festa e tutti speravano di fare bella figura davanti a loro.

Il giorno prima di Halloween May aveva lezione solo nel pomeriggio, quindi si era alzata piuttosto tardi. Dopo colazione si era messa a passeggiare senza meta nel grande parco della scuola. Passando in parte alle serre di erbologia aveva visto una classe piuttosto silenziosa che ascoltava attentamente gli insegnamenti della professoressa Sprite. Poi si era avvicinata al campo di Quiddich e trovandolo vuoto si era fermata a pensare a tutte le partite che vi aveva visto e alla sua passione per Oliver Baston, che lei trovava molto attraente. Sorrise pensando a quanto era infantile.

Rientrò nell’edificio poco prima dell’ora di pranzo, era ancora nell’ingresso quando sentì una voce che subito trovò sgradevole.

"… oh, quando ero in questa scuola mi divertivo moltissimo, soprattutto a combinare scherzi a quello sciocco di un Potter… non sarei stato un vero Serpeverde se non l’avessi fatto…"

e una risata fragorosa aveva invaso la sala. Poco dopo si ritrovò davanti un giovane biondo con i corti capelli pettinati all’indietro che camminava a braccetto con una giovane ragazza che May catalogò subito come una sciocca che pendeva dalle labbra del giovane. Quel giovane… per fortuna che aveva sempre ignorato la sua esistenza!

Il biondo si accorse di lei e disse ad alta voce alla sua accompagnatrice

"… lei sicuramente non è una serpeverde… ha più del tassorosso o del corvonero… spero non una sporca grifondoro…"

"Se le interessa scoprirlo, signor Malfoy, sono una Corvonero, meglio lo ero…"

May si era fermata udendo le parole del giovane più disprezzato nella scuola ai suoi tempi, e gli aveva risposto a tono aspettando che lui le si avvicinasse.

Questi nel sentirla parlare aveva fatto un sorrisetto divertito e maligno.

"Bene, bene. Conosce il mio nome. Ma io potrei sapere chi è lei?"

gli occhi di ghiaccio del giovane si erano fermati sul volto della ragazza per qualche minuto per poi passarla da capo a piedi.

"Sono May Pereights, professoressa di Difesa contro le Arti oscure."

Malfoy aveva lasciato la sua compagna e si era avvicinato a May fermandosi a pochi centimetri dalla ragazza, come se avesse voluto farla indietreggiare, sia fisicamente che psicologicamente.

"Ho capito chi è lei… mio padre mi ha parlato di una giovane insegnante inesperta…"

"Sì, parlava proprio di me."

May non raccolse l’offesa fattale dal giovane.

"Bene, allora ci vedremo per qualche giorno. Sa, sostituisco mio padre nel consiglio della scuola, spero di divertirmi domani sera alla vostra festa."

Il giovane ritornò sui suoi passi riprendendo a conversare con la sua accompagnatrice ed allontanandosi da lei. May lo mandò mentalmente a quel paese mentre raggiungeva il suo studio.

Fortunatamente non aveva più incontrato quello squallido individuo per tutto il resto della giornata, in quanto aveva pranzato e cenato nel suo studio mentre preparava alcune lezioni per l’indomani.

Il giorno di Halloween era sembrato strano agli occhi della giovane. Gli studenti erano molto elettrizzati, non si riusciva a tenerli calmi. Perfino quelli del settimo anno, già grandi, non facevano altro che discutere sui vestiti che si sarebbero messi, sulle persone che avrebbero frequentato, facendo supposizioni sui cibi che sarebbero stati serviti e su come sarebbe stata addobbata la sala grande. Anche i professori erano irrequieti. Forse era il fatto che sarebbero stati presenti i rappresentati del consiglio, e ciò metteva un po’ di apprensione, soprattutto alla professoressa Sinistra e ad Hagrid che si sentiva sempre sotto esame.

Finalmente la sera era giunta. May era in camera che si osservava davanti allo specchio. Indossava un lungo abito nero di velluto, stretto in vita e con una scollatura che le lasciava scoperte le spalle. Era ricamato sui bordi e in vita con argentei motivi floreali. Osservava il medaglione che portava al collo, medaglione che non era mai stato aperto e poi osservò il suo volto. Anche se in quel momento lei si trovava carina, sapeva benissimo che appena scesa si sarebbe sentita bruttina in mezzo a tante giovani graziose. Mandando al diavolo la sua insicurezza scese le scale ed entrò in sala grande.

La festa era già incominciata. Un gruppo di musicisti alternava musiche calme ad altre più allegre e ritmate. Vicino al palco, posto dove di solito c’era il tavolo dei professori, molti ragazzi stavano ballando. Scorse la professoressa McGranitt. Fece alcuni passi per avvicinarsi a lei quando si scontrò con qualcuno. Non ci fece caso, nella mischia era una cosa che poteva succedere. Ma quel qualcuno la teneva per un braccio. Voltandosi, vide Malfoy.

"Signorina Pereights, non si chiede neanche scusa?"

Lo guardò come se fosse stato un insetto

"Veramente è lei che mi è venuto addosso. Comunque mi scusi, devo andare."

"Aspetti un attimo…"

impedita nei movimenti dalla folla di ragazzi si ritrovò molto vicina al giovane che mettendole una mano sulla schiena la avvicinò a sé parlandole all’orecchio.

"… che ne direbbe di lasciare questo caos e di chiacchierare in disparte noi due?"

riuscendo in qualche modo a liberarsi freddò il giovane con una risposta semplice

"No, mi dispiace. E poi darebbe fastidio alla sua amica."

Allontanandosi raggiunse la professoressa McGranitt che intanto era stata raggiunta dal professor Vitius. Rimase a parlare un po’ con loro, poi si allontanò dirigendosi verso il giardino in modo da sorvegliare anche i ragazzi che vi erano in quel luogo.

Uscendo sentì l’aria fresca dell’autunno inoltrato. Non aveva voglia di tornare in camera a prendere il mantello, quindi proseguì a camminare.

"May… May…"

si voltò e vide Harry Potter che la raggiungeva quasi correndo. Si fermò di fronte a lei.

"Ciao…"

"Ciao Harry. Ma che ci fai qui?"

chiese stupita la giovane.

"Faccio parte del consiglio. Silente aveva bisogno di una mano per contrastare alcune persone indisponenti…"

"Tipo Draco Malfoy?"

"Esatto."

Era sceso un silenzio imbarazzante per alcuni minuti.

"Ma non hai freddo senza mantello?"

domandò il giovane osservandola. Lei sorrise e abbassò lo sguardo.

"Sì, ma ero troppo pigra per tornare in camera a prendere il mio."

Senza dire una parola il giovane si tolse il suo e lo mise sulle spalle della ragazza.

" Ti ringrazio. Ma adesso sei tu che avrai freddo!"

"Io? Noi Auror abbiamo un addestramento duro, un po’ di freddo non mi fa niente…"

May sorrise della risposta di Potter, lui lo aveva detto senza alcuna vanità.

"Io devo proseguire per il sentiero adesso…"

"Ti accompagno"

non le aveva nemmeno lasciato terminare la frase. Il giovane le si affiancò e incominciarono a percorrere il sentiero osservando i ragazzi che ogni tanto incrociavano. Ci misero una mezz’oretta per percorrere tutto il parco, ma non ebbero intoppi, stranamente non c’erano stati litigi e scherzi di cattivo gusto a cui riparare.

Erano appena rientrati in sala, quando la giovane collega di Potter gli si avvicinò.

"Harry, ti ho cercato dappertutto. Silente ti cerca."

Il giovane fece per salutare May ma Linda lo prese per mano e lo tirò nella sua direzione.

"Allora sbrigati. È urgente"

Il ragazzo riuscì soltanto a fare un cenno di saluto che era già sparito tra la folla. La ragazza si accorse di indossare ancora il mantello del giovane. Poi si avvicinò alla tavola e prese una tazza di tè fumante per riscaldarsi, fece alcuni passi e si fermò in una angolo della sala piuttosto in disparte.

"Vedo che ha preferito Potter a me…"

Malfoy si era avvicinato di nuovo alla ragazza senza che lei se ne accorgesse.

"Preferito?"

si girò a guardarlo negli occhi alzando un po’ il viso visto che egli era più alto di lei almeno di una spanna.

"L’avrei potuta accompagnare io nella sua camminata nel parco."

"Ci siamo incontrati per caso…"

"Le assicuro che io sarei stato una compagnia migliore. Non so se intende."

May inarcò le sopracciglia irritandosi.

"Pensi quello che vuole, ma Potter non è stato una compagnia del genere. E per quanto la riguarda, non voglio avere niente a che fare con lei."

Si allontanò e raggiunse gli altri professori non lasciandoli per tutta il resto della serata. Vide ancora Harry che, sempre accompagnato dalla sua collega, stava parlando con alcuni studenti dell’ultimo anno. Quando ormai tutti gli studenti erano ormai andati a dormire percorse i corridoi con il professor Vitius in cerca di disobbedienti, ne beccò un paio che mise in punizione per il giorno dopo, poi si diresse nella sala comune dei professori. Il fuoco scoppiettava nel camino, la ragazza vi avvicinò una poltrona e ci si sedette con un libro in mano. Poco dopo era profondamente addormentata.

Sentì una mano che le sfiorava il viso e il collo molto delicatamente, riaprì gli occhi e solo pochi minuti dopo riuscì a mettere a fuoco il volto del biondo ragazzo seduto sul bracciolo della sua poltrona. Fece per alzarsi ma il ragazzo la bloccava.

"Ha una bellissima pelle, come le sue labbra…"

"Aspetti…"

le labbra del giovane le fermarono le parole in gola. Poggiò le mani sul petto di Malfoy spingendolo lontano da sé ma non ci riusciva, allora gli morsicò il labbro facendoglielo sanguinare. Il ragazzo si scostò non sopportando il dolore.

"Ma sei pazza? Non osare mai più…"

stava per schiaffeggiarla quando qualcuno gli bloccò il polso.

"Malfoy sei sempre il solito prepotente. Lasciala stare!"

la voce di Harry… la ragazza si sentì più al sicuro in quel momento.

Draco si alzò fronteggiando l’altro giovane.

"Che c’è? Ti dà fastidio che abbia baciato la tua ragazza? Scommetto che le è anche piaciuto."

Per la prima volta May vide sul volto di Potter un sorriso sprezzante.

"Non è la mia ragazza, ma una cara amica. Ma non avresti dovuto comunque costringerla, ma è una cosa che non riuscirai mai a capire… l’onore… non sai nemmeno che cosa sia!"

Malfoy fece per estrarre la sua bacchetta ma Harry lo precedette

"Accio bacchetta"

la bacchetta di Malfoy finì tra le mani di Harry.

"Maledetto"

"Ascoltami Malfoy, farò finta di non aver visto niente, ma cerca di girare alla larga di May."

"Tienitela pure questa pezzente… ne posso avere a migliaia di ragazze…"

"Ma vuoi lei…"

"Ridammi la mia bacchetta, me ne vado a dormire."

Potter consegnò la bacchetta al suo proprietario che salendo la scala a chiocciola raggiunse la sua camera. Harry si avvicinò a May e si inginocchiò accanto alla poltrona su cui era seduta prendendole una mano tra le sue.

"Stai bene?"

"Adesso sì, ti ringrazio."

"Non devi preoccuparti per Malfoy, appena sarà lontano da Hogwarts troverà qualcun altro da importunare."

La ragazza sbuffò appoggiandosi allo schienale della poltrona. Sorrise.

"È ridicolo. La professoressa di difesa contro le arti oscure che non sa respingere un ragazzo…"

"Sta tranquilla, ti ha preso di sorpresa. Adesso è meglio che vada nella tua camera a dormire… non si sa mai che qualcun altro vedendoti qui non ti voglia baciare."

Le fece l’occhiolino e stringendole ancora la mano la aiutò ad alzarsi.

"Oh non voglio correre il rischio."

Accorgendosi della sua mano ancora stretta a quella del giovane la sfilò dolcemente per poi incrociare le braccia stringendosele al corpo.

"Etcì"

"Ti sei presa il raffreddore…"

"Il fuoco si è spento! Ma adesso mi infilo sotto le coperte e mi scaldo. Domani sarà tutto passato!"

"Vorrai dire tra tre ore…"

May guardò stupita il giovane mentre salivano la scala a chiocciola che portava al dormitorio dei professori e degli ospiti.

"Scusa?"

"Sono le quattro passate"

"No…" disse sconsolata " ho lezione alle otto, quindi devo alzarmi almeno alle sette! Non so se ci riuscirò…"

"Ma su dai, ce la farai!"

le accarezzò il capo scuotendole i capelli. Si fermarono davanti alla porta della stanza della giovane.

"Bene, io sono arrivata. Ci vediamo domani, forse!"

"Ok, buon sonno!"

Stava per entrare quando si accorse di indossare ancora il mantello di Potter.

"Harry…"

il giovane che stava percorrendo il corridoio si arrestò voltandosi verso di lei. La ragazza lo raggiunse mentre si toglieva il mantello.

"Il tuo mantello… grazie tantissimo"

glielo porse. Mentre Harry lo prendeva in mano le sorrise dicendo

"Sarei comunque venuto a prenderlo prima di andarmene domattina."

"Beh… ciao"

la ragazza si allontanò ritornando verso la porta della sua stanza. May l’aprì e stanchissima si lasciò cadere sul letto addormentandosi vestita.

L’indomani si svegliò in ritardo non riuscendo nemmeno a passare per la sala grande per fare colazione. Raggiunse la sua classe dove la attendevano alcuni studenti del primo anno.

Dopo pranzo vide i membri del consiglio che lasciavano la scuola, Silente si era soffermato a parlare con Harry qualche minuto in più e pareva avere un volto preoccupato. Poi Harry e Linda, la bionda collega, salirono sulla carrozza che li avrebbe condotti ad Hogsmeade.

Intanto l’autunno stava via via trasformandosi in inverno, l’aria pungente impediva agli studenti di studiare in giardino, i mantelli di lana erano comparsi sulle spalle di alunni e insegnanti.

May stava uscendo dalla sua aula dopo l’ultima ora di lezione quando venne raggiunta dal professor Piton.

"Professoressa Pereights…"

"Professor Piton."

La giovane fece un cenno del capo per salutarlo.

"… si sta organizzando per un giorno della settimana prossima un’uscita ad Hogsmeade…"

la giovane si voltò ad osservarlo mentre camminando raggiungevano la sala grande.

"Si, lo so. Ci sono problemi?"

"No… volevamo solo sapere se lei intendeva accompagnare i ragazzi in paese o se preferiva rimanere a scuola con chi non ha il permesso."

Il viso arcigno dell’uomo rendeva aspra anche una conversazione semplice come quella che stavano avendo.

"Mi piacerebbe accompagnarli, ma se non c’è nessuno che possa rimanere a scuola con gli altri, rimango io, non c’è problema per me."

"No, anzi, meglio se lei va ad Hogsmeade, purtroppo sia io che la professoressa MacGranitt non possiamo lasciare la scuola."

"Allora li accompagnerò io."

Infatti una mattina della settimana dopo May era ferma all’ingresso con altri professori mentre si stavano radunando gli studenti che avrebbero raggiunto Hogsmeade. Indossava un lungo mantello di lana scuro e teneva in mano un paio di guanti dello stesso colore pronta ad infilarseli appena uscita dall’edificio.

Quando finalmente furono pronti per partire la ragazza si mise in coda al gruppo con la professoressa Sinistra. Mentre percorrevano il sentiero che li conduceva al paese la giovane professoressa dovette impedire ad alcuni Serpeverde di combinare degli scherzi ai malcapitati di turno, e diede loro una bella punizione per il giorno dopo.

Raggiunto Hogsmeade e lasciati liberi i ragazzi, la giovane si ritrovò da sola. La professoressa Sinistra aveva delle compere da fare e lei era rimasta nella piazza completamente da sola… anche se in mezzo ad una folla vociante. Stringendosi il mantello addosso decise di raggiungere i "Tre manici di scopa". Appena entrata sentì il calore del luogo farle avvampare le guance per il cambiamento dall’aria fredda dell’esterno. Quindi si tolse guanti e mantello e si sedette al bancone per non occupare un tavolo da sola. Ordinò della burrobirra. Mentre la sorseggiava osservava la stanza, molti studenti erano seduti ai tavoli e chiacchieravano allegramente. Aveva visto alcuni serpeverde del terzo anno attaccar briga con dei giovani grifondoro ma si erano limitati solo a delle battute pungenti non richiedendo quindi il suo intervento. Quando finalmente si fu scaldata, e dopo aver finito la sua bevanda, si rimise il mantello ed uscì. Si incamminò per una strada senza pensare a dove andava, solo per il gusto di sgranchirsi un po’ le gambe. Si era ritrovata per una strada isolata, oltre a lei c’era solo un’altra persona che le camminava poco avanti con il mantello nero ed il cappuccio calato sul volto in modo che la giovane non potesse capire se fosse un uomo o una donna da dietro. Quando si girò di profilo lo riconobbe…

"Harry"

sussurrò sorpresa nel vederlo in quel paese. Intanto lui aveva ripreso a camminare. La giovane allora allungò il passo per raggiungerlo e salutarlo ma anch’egli camminava velocemente ed aveva raggiunto un sentiero che conduceva nel bosco. May lo perse di vista. Decise di proseguire per il sentiero, forse l’avrebbe raggiunto… si sentì prendere da dietro, una mano premuta sulle sue labbra, la bacchetta puntata alla sua tempia.

"Ssss… zitta, non urlare…"

La ragazza fece un cenno di assenso con il capo, allora riuscì a muoversi e si girò verso il suo interlocutore che comunque continuava a stringerla per un braccio.

"Harry…"

sollevò il suo sguardo in quello verde e limpido del giovane.

"…mi hai fatto spaventare."

"May, sei stata tu a farmi spaventare!"

disse allarmato il giovane. La ragazza lo guardò incredula.

"Io? E perché mai?"

"Ho sentito qualcuno che mi seguiva… mi sono preoccupato"

la guardava negli occhi e lei li abbassò a terra risentita

"Volevo solo salutarti…"

"May, è pericoloso. Ascoltami, ritorna in paese e non far parola con nessuno di avermi visto."

La voce del giovane era così calma e carezzevole, sembrava che con le sue parole volesse convincerla.

"Voldemort?"

quel nome le salì alle labbra involontariamente.

"No, non lui… ma comunque non posso dirti nulla. Ma torna ad Hogsmeade e alla svelta!"

"Non darmi ordini!"

gli occhi castani della giovane sembravano percorsi da scariche elettriche… allora il ragazzo sembrò spazientirsi

"Ragazzina, non è un gioco. Lo faccio per te, lasciami andare via, da solo"

"Va bene. Addio."

Gli voltò le spalle dirigendosi verso il paese ma Harry la fece girare verso di lei e la baciò sulla fronte abbracciandola. La ragazza si sentì avvampare fino alle orecchie.

"Ora vai…"

le scompigliò i capelli sorridendole, poi si addentrò nel bosco.

Intanto lei era rimasta ferma per alcuni minuti osservandolo allontanarsi. Quando fu troppo lontano da percepire ancora la sua presenza, la ragazza si girò su se stessa e raggiunse Hogsmeade. Poco dopo incrociò suo fratello e i suoi amici che uscivano dal negozio di giochi e scherzi. Nel vederla Micheal nascose qualcosa nella tasca dei pantaloni. La ragazza fece finta di non aver visto nulla e li raggiunse salutandoli.

"Salve ragazzi. Come va?"

"Tutto bene, May. Siamo andati a vedere se c’era qualche scherzo interessante, ma c’erano le solite caccabombe!"

rispose il fratello mentre si sistemava la cuffia sul capo.

"E tu?"

"Ho fatto un giro in paese, e adesso sto guardando se riesco a trovare la professoressa Sinistra!"

disse la ragazza guardandosi attorno.

"May… scusi, professoressa Pereights, che ne dice di bere qualcosa di caldo con noi?"

Micheal la conosceva da una vita e gli era ancora difficile darle del lei.

"Micheal mi farebbe piacere, ma sai che qualche studente potrebbe avere qualcosa da dire!"

"Capisco…"

"Ma durante le vacanze, a casa, tornerà tutto come al solito!"

lo rassicurò la ragazza.

"Ok. Ci vediamo."

Dissero salutandola mentre entravano ai "Tre manici di scopa".

May allora raggiunse la piazza dove vi trovò la professoressa Sinistra che era carica di pacchi e borse.

"Sinistra, posso aiutarla?"

la donna nel vederla sorrise con gioia, non ce la faceva più a portare quelle cose che ogni cinque minuti le cadevano dalle mani.

"Si cara, mi faresti un grande piacere."

May allora prese una borsa e un grosso pacco mentre si avviava con la donna verso un altro negozio.

Quando venne l’ora di rientrare a scuola gli studenti erano allegri per l’uscita. Ognuno di loro ritornava a scuola con qualche acquisto interessante e con il bel ricordo della giornata. May invece aveva un ricordo amaro… Harry era sempre stato molto cortese, ma quel giorno aveva qualcosa di strano, era veramente turbato per qualcosa e anche lei si stava preoccupando per lui.

Anche nei giorni successivi, quando si rilassava e non era concentrata sulla scuola, a May veniva in mente quel giorno. Ripercorreva passo passo i gesti, le parole, gli sguardi… e non capiva. Pensava di essere una persona affidabile, essendo anche la professoressa di Difesa contro le Arti oscure pensava di essere in grado di fronteggiare i pericoli, qualsiasi pericolo, perfino Voldemort se fosse sopravvissuto. Anche se sentiva un brivido percorrerle il corpo solo al pensiero di trovarselo di fronte. Ma non poteva essere lui, anche Harry le aveva detto che il Signore Oscuro non era tornato. Ma cosa, chi poteva metterlo così in agitazione? E poi quell’abbraccio. Era un abbraccio fraterno? Magari era lei che fantasticava…

Quella sera mentre usciva dal bagno ed entrava in camera con la salvietta attorno al corpo sentì il picchiettare della civetta sul vetro. May la riconobbe subito e la fece entrare. Shade le fece cadere in mano la busta.

"Strano…"

la ragazza non aspettava posta da nessuno. Pochi giorni prima le erano arrivate delle lettere dai suoi genitori e dalle sue amiche, era strano che fossero ancora loro. Si avvicinò alla scrivania e prese un tagliacarte per aprire la busta. Conteneva un foglio piegato a metà. Si appoggiò al davanzale mentre lo leggeva.

Cara May,

mi sono sentito in dovere di scriverti. Sono giorni che cercavo di decidermi a spiegarmi, ma non so bene come fare. Come ben sai lavoro per il ministero, ed era per lavoro che mi trovavo ad Hogsmeade. Non è per mancanza di fiducia che non posso raccontarti tutti i particolari, ma perché sono impossibilitato a parlarne. Spero tu capisca.

Diciamo che mi hai incontrato nel momento peggiore, prima di tutto perché nessuno deve sapere che ero ad Hogsmeade. Ti prego di non farne parola a nessuno, nemmeno agli altri professori, né a Silente. Poi perché avevo la sensazione di essere seguito, e non solo da te. Mi auguro che nessuno ci abbia visti insieme, potrei averti messo in pericolo e non me lo perdonerei.

E soprattutto scusami se ti ho parlato in quel modo duro, ma quando sono nel pericolo divento molto conciso e freddo, e l’importante era che tu tornassi in paese. Quando sarà tutto risolto ti racconterò tutto per filo e per segno, te lo prometto.

Prima di salutarti devo dirti che la tua civetta è molto simpatica. Sono riuscito ad usarla perché ha capito che non potevo usare la mia Edvige.

Un abbraccio

Harry

"Allora anche lui ha continuato a pensarci…"

gli occhi della ragazza erano luminosi.

"…forse ci tiene un po’ a me…"

ne era quasi certa, altrimenti perché avrebbe voluto spiegarsi?

"Ma… è strano…"

continuava a guardare la lettera senza leggere le parole impresse. Alla fine la ripiegò e la mise in un cassetto della scrivania. Poi si diresse ancora verso il bagno per vestirsi.

"Un abbraccio…"

Forse era solo un modo come un altro per chiudere la lettera, ma l’aveva abbracciata anche quel giorno.

 

Ci sono di nuovo!

Ringrazio tutti quelli che gentilmente hanno letto e anche commentato…

Aspetto commenti anche per questo capitolo!

Ciao

Miyan

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

CAPITOLO 5

Natale si stava avvicinando, e le lezioni si sarebbero interrotte. May, come tanti altri, contava i giorni che mancavano al ritorno a casa. Il profumo di tacchino le tornava alla mente, come i volti dei suoi parenti. Mancavano solo cinque giorni…

"Professoressa Pereights…"

una voce la chiamava. Si fermò sulle scale mentre la professoressa McGranitt la raggiungeva.

"Mi dica."

"Il preside l’attende dopo pranzo"

il volto della ragazza era perplesso.

"Va bene. La ringrazio."

Proseguì nel scendere le scale e raggiunse la sala grande per il pranzo. Riso… a lei non piaceva molto il riso in bianco. Ne mangiucchiò un po’ per poi dedicarsi al secondo. Pranzò abbastanza in fretta, era curiosa di sapere cosa voleva Silente da lei.

Quando ebbe raggiunto l’ufficio, l’uomo non era presente. Non sapendo che fare rimase in piedi in mezzo alla stanza per qualche minuto, poi si sedette alla solita poltrona proprio mentre l’uomo la raggiungeva.

"May…"

"Mi dica preside."

Anche l’uomo si sedette.

"Avrei un grandissimo piacere da chiederle."

"Se posso aiutarla sarebbe un piacere."

"Rinuncerebbe alle vacanze di Natale per restare con gli studenti che non ritornano a casa?"

La ragazza vide i suoi sogni crollare. Ma non poteva rifiutare.

"Va bene."

Ma l’uomo vide subito che non ne era molto contenta.

"Mi spiace negarle il pranzo di Natale con i suoi, ma sarebbe fino al 27. Poi Piton le darebbe il cambio. Purtroppo lui, e molti altri professori non possono restare per impegni improrogabili."

"Capisco."

"Rimarrebbe con la professoressa Sprite e madama Bumb."

"Va bene, non si preoccupi. Spero solo che gli studenti non siano in molti."

"No, sono pochi."

La ragazza sorrise, rincuorandosi al pensiero che comunque sarebbe stata a casa per attendere l’anno nuovo.

"Se non ha altro da dirmi, preferisco andare ad avvertire subito mia madre in modo che possa modificare i piani."

"Vada pure."

Nel raggiungere la sua classe continuava a darsi della sfortunata… il tacchino si dissolse e sperò che per Natale le cucine di Hogwarts fossero degne di prendere il posto di quella di sua madre.

Era il mattino della vigilia di Natale. Quel giorno pareva che la scuola fosse più affollata del solito… gli studenti trascinavano valigie e borsoni per i corridoi preparandosi a raggiungere la stazione e prendere il treno che li avrebbe riportati a casa. May li osservava da in cima alle scale mentre varcavano il grande portone d’ingresso. Sembrava quasi che le venisse da piangere, ma la ragazza fece un profondo respiro e riprese il sorriso. Una quarantina di studenti o poco più sarebbero rimasti ad Hogwarts… poco male, avrebbe avuto comunque il tempo di correggere le verifiche che aveva fatto prima dell’interruzione delle lezioni e si sarebbe rilassata… non dimenticandosi comunque di continuare le sue ricerche sul problema del signor Thorning. Ricerche che erano ad un punto fermo, sembrava che un caso del genere fosse del tutto nuovo nel mondo magico.

Quando tutti furono partiti l’edificio sembrava deserto, era difficile incontrare qualcuno dei pochi che vi erano restati. La giovane li incontrò solo a pranzo e a cena. La ragazza dovette ricredersi, la cena della vigilia era ricca e succulenta, e i ragazzi e le due professoresse furono una buona compagnia. Aspettò che fossero tutti risaliti in camera e poi, dopo aver fatto un giro di perlustrazione con la professoressa Sprite, raggiunse la sua camera. Nell’entrarvi scorse dei pacchetti sul tavolino in salotto. Sorrise. Era strano aprire i regali da sola. Le sue amiche le avevano mandato un abbonamento ad una rivista diciamo scientifico-magica, i genitori le avevano regalato un mantello nuovo piuttosto elegante, bordato di pelliccia, il fratello le aveva mandato un cd di canzoni del suo gruppo preferito… altri pensieri da amici, e poi vide una grande busta. La aprì e vi trovò un biglietto piegato a metà. Nell’aprirlo vide un’immagine di neve che cadeva copiosa da un cielo quasi bianco, montagne innevate, una piccola baita con il camino fumante, e poco dopo apparve una persona sorridente… "May ti auguro uno splendido Natale, spero che ti diverta…"… e poi veniva raggiunto da altre persone che le facevano gli auguri. Harry, poi c’erano Hermione, Ron, Ginny e Linda. Era un bel biglietto… lei gliene aveva mandato uno non altrettanto bello. Ma non sapeva come comportarsi, non erano proprio amici, forse poco più che conoscenti…

Il mattino dopo scese in sala grande a fare colazione, pochi studenti stavano finendo di mangiare, la maggior parte era nel parco a giocare a palle di neve. La notte aveva portato una nevicata che aveva reso il giorno di Natale più gradito. Mentre camminava per i corridoio vide madama Bumb raggiungerla di corsa.

"Professoressa Pereights… una busta per lei."

Le porse la busta mentre lei la guardava impensierita. L’intestazione diceva "Alla professoressa Pereights" ed era scritta con una calligrafia minuta e ricamata. La aprì soffermandosi sulle poche parole.

Saremmo lieti di invitarla alla festa che ha organizzato il ministero della magia. Si terrà la sera del 27 Dicembre alle ore 21:00 presso l’hotel Borgo Incantato. La preghiamo di dare conferma.

Era firmata dal segretario del ministro della magia. May si domandò il motivo di quell’invito. Non conosceva nessuno che poteva… no, anzi, poteva essere stato Harry, oppure Silente.

Il professor Piton sarebbe rientrato il pomeriggio del 27 e lei sarebbe potuta tornare a Londra. Mandò un messaggio di risposta confermando la sua presenza. L’hotel Borgo Incantato era uno dei migliori alberghi, se non il migliore, del mondo magico. Era piuttosto rinomato e lussuoso. E lei non aveva un vestito adatto. Incominciò a pensare all’ultima volta che aveva fatto acquisti… erano passati ormai dei mesi. Sperò soltanto che la sartoria di madama Spin fosse aperta… mandò immediatamente una missiva alla sua sarta di fiducia spiegandole il motivo del ritardo e chiedendole se era possibile avere un abito per il pomeriggio del 27. Il giorno dopo, la mattina presto, ottenne una risposta affermativa.

Il pomeriggio del 27 Piton bussò alla porta dell’ufficio della giovane professoressa.

"Sono venuto a dirle che sono arrivato, e che se vuole può partire anche subito."

L’uomo si era fermato sulla porta dandole il messaggio senza nemmeno salutarla.

"La ringrazio. Sistemo le ultime cose e poi parto."

L’uomo uscì dalla stanza in silenzio. La ragazza chiuse il libro che aveva appoggiato sulla scrivania, prese alcune carte da un cassetto e le mise nella sua borsa, poi usci dalla stanza chiudendola con un incantesimo per evitare che degli intrepidi studenti avessero il coraggio di entrarvi per prendere i risultati dei compiti.

Dopo essere salita in camera prese della polvere magica, una borsa ed entrò nel camino.

"Flame Street, 28, Winchester."

Disse il suo indirizzo. E poco dopo apparve nel salotto di casa sua.

Sua madre passò davanti alla porta proprio in quel momento.

"May sei arrivata finalmente!"

"Ciao mamma…"

Il viso della giovane era un po’ triste.

"… non è colpa mia se non sono potuta venire prima!"

la madre le sorrise e le fece segno di seguirla.

"Dimmi, com’è stato Natale ad Hogwarts?"

"Bene… ma non è mai come trascorrerlo a casa!"

"Gary dice che sei stata sfortunata… ma che almeno hai scampato il professor Piton!"

seguendo la madre erano entrate in cucina e la ragazza si era seduta al tavolo appoggiandovi i gomiti ed incrociando le dita delle mani.

"Ah… per quello ha ragione. Senti mamma, cambiando argomento, stasera sono ad una festa del ministero della magia…"

la donna si voltò verso di lei sorpresa.

"Al ministero? E perché non me lo hai detto prima?"

"Si, mamma, non c’è di che preoccuparsi, sta calma!"

"E che vestito metti? Quello grigio?"

la donna uscì dalla stanza dirigendosi verso la stanza da letto della ragazza.

"No, mamma, madama Spin me ne ha preparato uno… devo andare a prenderlo adesso"

la ragazza si alzò e tornò in salotto prendendo la polvere magica da un contenitore di porcellana appoggiato vicino al caminetto.

"Ma May, capisco che conosca le tue misure, ma se non ti va bene non avrà il tempo di modificarlo!"

"Mamma non preoccuparti. Ci vediamo dopo…"

la ragazza entrò nel camino e dopo aver detto l’indirizzo della sarta sparì dalla vista della madre.

Poco dopo apparve nel negozio di madama Spin. La donna, una signora di una certa età, con i grigi capelli raccolti in una crocchia e gli occhiali a mezzaluna appoggiati sulla punta del naso, stava finendo di servire una donna piuttosto elegante. Uscita questa, madama Spin si rivolse a lei.

"May, tesoro, come stai?"

la prese per mano e la condusse nel retrobottega facendola accomodare in una poltrona di broccato verde e offrendole una tazza di tè fumante.

"Molto bene. Volevo scusarmi ancora per il ritardo, ma ho ricevuto l’invito all’ultimo momento…"

"Non preoccuparti, cara, vieni piuttosto che ti faccio vedere l’abito. Spero ti piaccia."

May appoggiò la tazza sul tavolino e seguì la donna. Essa prese un abito purpureo dal corpino aderente e ricamato a motivi floreali, dalla lunghissima gonna ricamata sull’orlo e uno scollo abbastanza profondo.

"Ma madama Spin, non è un po’ troppo scollato per me?"

"Provalo prima, che vediamo come ti sta…"

la accompagnò nel camerino. Quando la ragazza uscì ella si osservò alla specchio.

"Non so… è bellissimo ma la scollatura…"

la donna appoggiò le mani ai fianchi e la rimproverò…

"Stai benissimo, e non è troppo scollato, non essere sempre così imbarazzata!"

May si mise a ridere.

"Mi conosce troppo bene…"

"Veramente ti sta molto bene, il colore l’ho scelto perché so che ti piace molto"

"La ringrazio."

"E mi sono permessa di procurarti anche le scarpe e la borsa intonate."

La donna prese una borsetta da sera anch’essa ricamata e un paio di scarpe dal tacco a spillo altissimo.

"Ha fatto bene…"

dopo essersi cambiata la ragazza pagò la donna e la salutò per poi dirigersi a casa.

La sera la ragazza apparve nell’atrio dell’hotel Borgo Incantato, il lungo mantello nero bordato di pelliccia ed il cappuccio sul capo. Togliendosi il cappuccio si avvicinò alla reception per chiedere informazioni. La receptionist la fece guidare da un giovane fattorino al salone dove si sarebbe tenuta la festa e le fece mettere il mantello nel guardaroba.

May si trovava quasi di fronte alla porta aperta della sala. Fece un profondo respiro per prendere il coraggio di varcare la soglia. I lunghi riccioli sanguigni erano acconciati elegantemente, il trucco scuro, le mani strette sulla borsetta che teneva in mano.

Nell’entrare nella sala si vide immersa in una moltitudine di persone. Le luci erano un turbinio di colori e di scintillio. Non conoscendo nessuno fece pochi passi e si fermò accanto al tavolo delle consumazioni. Prese una tartina ed un bicchiere di vino leggero. I suoi occhi color caramello scrutavano i presenti in cerca di almeno un volto conosciuto.

Si mise a camminare per la stanza da sola osservando gli abiti delle dame, i gruppetti di persone impegnate a parlare, la piccola orchestra che suonava.

"Professoressa Pereights…"

sentendosi chiamare si voltò verso la fonte della voce.

"Professor Silente… come sono felice di vederla."

La ragazza sorrise compiaciuta di aver trovato qualcuno di conosciuto.

"Non sapevo che ci fosse anche lei, ma ne sono molto contento."

Il preside si avvicinò alla giovane professoressa per poter parlare meglio con lei.

"Io avevo pensato che fosse stato lei ad invitarmi…"

"No, mi spiace. Ma non sa chi le ha fatto recapitare l’invito?"

"No. Ma non importa adesso sono qui."

"Adesso mi voglia scusare professoressa ma il ministro mi sta aspettando."

"Oh, vada pure. A presto."

L’uomo si allontanò da lei. La ragazza allora riprese la sua perlustrazione della sala. Stanca del caos di voci decise di uscire in giardino. Anche l’acqua delle fontane risplendeva di vari colori. Si fermò per pochi minuti chiudendo gli occhi e sentendo la fredda aria invernale sferzarle le guance e il collo. Infreddolita decise di tornare sui suoi passi ma vide in lontananza una coppia che si stava baciando. Per non essere indiscreta decise di fare un percorso alternativo. Ma mentre si voltava riconobbe nella bionda ragazza con un lungo abito blu Linda… e nel ragazzo Harry Potter. Il cuore incominciò a batterle all’impazzata… "Certo, c’era anche lei nel biglietto d’auguri di Natale perché ha passato le vacanze con lui…" rientrò nel salone di corsa sperando che nessuno potesse leggere sul suo volto lo sconvolgimento del suo cuore.

Un sorriso falso, di circostanza apparve sulle sue labbra mentre le lacrime premevano per sgorgare dai suoi occhi. Un respiro profondo, e il cuore sembrò rallentare un poco. "Che sciocca che sono stata, sono solo un’amica…"

Mentre attraversava la sala sentì una mano che la bloccava.

"May… fermati…"

e vide Harry di fronte a sé.

"Ciao…"

quell’unica parola le salì alle labbra come un sussurro.

"Non mi sentivi che ti chiamavo?"

"Oh, no, scusami."

Si portò una ciocca di capelli dietro un orecchio mentre abbassava lo sguardo a terra.

"Vieni. Voglio presentarti delle persone."

Le posò una mano sulla schiena per guidarla nella direzione giusta. La ragazza si scostò da essa appena poté. Raggiunsero un gruppetto di persone sedute a dei divanetti. Nel fermarsi di fronte ad essi una giovane donna dai lunghi capelli castani e folti si alzò e si diresse verso di lei sorridendo porgendole la mano.

"Finalmente. Sono mesi che spero di conoscerti."

Hermione Granger, la migliore amica di Harry.

"Signorina Granger io la conosco bene. L’ammiro molto"

gli occhi di May parvero riprendere un po’ di allegria.

"Non darmi del lei te ne prego. Harry mi ha parlato di te. Deve essere bello essere la professoressa di Difesa contro le Arti Oscure."

La ragazza la fece accomodare accanto a sé.

"Molto. Anche se in realtà non sono una delle migliori."

"Scherzi? Pare che Silente sia molto contento di te."

"Spero di sì"

Harry si intromise nella conversazione.

"Hermione lasciami il tempo di presentarle anche gli altri."

La ragazza sorrise lanciandogli un’occhiataccia.

"Bene… lui è Ronald Weasley, detto Ron..."

Un giovanotto piuttosto alto e dinoccolato sedeva accanto alla Granger, i corti capelli rossi e le lentiggini rendevano impossibile non riconoscerlo come un Weasley.

"Piacere di conoscerti."

"Piacere mio professoressa."

"May, chiamatemi pure May. A forza di sentirmi chiamare professoressa ho quasi dimenticato il mio nome."

Tutti sorrisero all’affermazione della ragazza. Potter continuò.

"Lei è Ginevra, o Ginny…"

"Ciao"

disse la ragazza facendole un cenno della mano.

"Ciao"

salutò anche May.

"Lui è Neville Paciok… e per ultima c’è Linda…"

May salutò anch’essi. Rimase a conversare un po’ di tempo con loro, principalmente con Hermione che scoprì essere molto interessante, soprattutto il suo lavoro di medico. Ma mentre stava seduta con loro non poteva fare a meno di osservare Linda che chiacchierava allegramente con Harry, sfiorandogli una mano o un braccio, stringendosi accanto a lui.

"Quanto mai non ho dato retta al mio istinto… tra quei due c’è qualcosa…"

pensava tra sé. Non resistendo più si alzò salutando tutti dicendo che sarebbe andata a casa.

Mentre attraversava il corridoio per raggiungere il guardaroba e recuperare il mantello sentì le lacrime bagnarle le guance. Non voleva farsi vedere così. Trovando una porta aperta vi entrò. Era un piccolo salotto piuttosto buio, la poca luce entrava dalla grande finestra dalle tende aperte.

Si appoggiò al muro accasciandosi al suolo singhiozzando.

"Mi scusi…"

una voce profonda la fece sobbalzare. Allora scorse nella semioscurità la figura di un uomo seduto in una poltrona. Si rialzò da terra in preda alla vergogna.

"Oh, perdoni il disturbo, non pensavo ci fosse qualcuno."

Stava per allontanarsi quando l’uomo che si era alzato si avvicinò a lei.

"Non si preoccupi, anche io sono qui di nascosto … diciamo."

La ragazza non sapeva che fare.

"Venga, si sieda. Riposi e non pianga…"

May si asciugò le lacrime con il dorso della mano. Essendosi avvicinati alla finestra poteva vedere meglio il volto del giovane in piedi accanto ad essa.

"Oh, come le sembrerò sciocca. Avrò disturbato il suo pensare."

"Mi sono solo allontanato dalla festa del ministero, troppa gente mi mette a disagio."

"Anche a me."

Sorrise la ragazza.

"Se vuole me ne vado. Cercherò un altro nascondiglio."

La ragazza balzò in piedi dalla poltrona.

"No. Sono io che devo andarmene."

Il giovane si avvicinò a lei prendendole una mano.

"Stia tranquilla. È difficile trovare una persona gentile come lei… e poi…"

le alzò il viso guardandola negli occhi…

"Non deve piangere. Faccia un respiro profondo e sorrida."

"Va bene. Ma devo andare davvero."

Lasciò scivolare la mano da quella del giovane.

"A presto."

"A presto"

Lasciata la stanza raggiunse il guardaroba e tornò a casa.

La sera dell’ultimo dell’anno era stata invitata a casa della sua amica Shannon che aveva organizzato un party per aspettare il nuovo anno e per festeggiare il suo compleanno che coincideva con l’ultimo.

"Ciao May…"

stranamente la ragazza era arrivata in ritardo, e dopo aver salutato Shannon e Victoria, si era trovata in mezzo ad altre persone che lei non conosceva, tutti amici di amici. E poi quella voce.

"May!"

"Jason?"

era seduto accanto al camino che chiacchierava con David, il fidanzato di Shannon.

"Già, non dirmi che non mi riconosci?"

la giovane gli si avvicinò sorridendo.

"Senti, non cominciare a rompere…"

il ragazzo scoppiò a ridere alzandosi per salutarla.

"Non sei proprio cambiata, sempre la solita permalosa."

Le fece l’occhiolino mentre lei faceva finta di essersi arrabbiata.

"Che c’è non mi saluti nemmeno?"

"No."

Poi non trattenendosi più scoppiò a ridere.

"Scherzo"

si abbracciarono.

"Sono proprio sorpresa nel vederti. Saranno due anni che non ci vediamo."

"Da quando ti sei diplomata. Poi io mi ero trasferito…"

"Ma adesso sei tornato"

Shannon e Victoria si avvicinarono a loro.

"Diciamo che ci siamo ritrovati per motivi di lavoro."

Disse Victoria avvicinandosi al ragazzo, e lui le passò un braccio sulle spalle.

"Ma… qui c’è più di un semplice rapporto di lavoro!"

"Uffa, volevo dirtelo io!"

disse Victoria sbuffando.

"Stiamo insieme."

"Ma va? Non me ne ero accorta!"

May sorrise contenta di aver ritrovato un vecchio amico e felice per la novità.

"Hey ragazzi!"

si avvicinò a loro una ragazza non molto alta, graziosa, vestita all’ultima moda.

"Polly!"

"Ciao May, finalmente ti si rivede!"

"Lo sai che sono rinchiusa ad Hogwarts!"

Jason la guardò stralunato.

"E chi ci fai ancora ad Hogwarts?"

"Te l’ho detto, non mi ascolti mai!"

lo sgridò Victoria.

"Professoressa di Difesa contro le Arti Oscure!"

disse May orgogliosa.

"Ma bene… la nostra maestrina c’è riuscita!"

disse il ragazzo. La giovane gli fece una linguaccia sorridendo.

"E il ragazzo?"

domandò Jason.

"Che c’è? Mi fai il terzo grado?"

"Ancora sola?"

disse ridendo il ragazzo.

"Ti sfido a trovarlo ad Hogwarts! E non sono così disperata da provarci con uno dei professori!"

affermò la ragazza allegra.

"Oddio, me la immagino con Piton!"

Affermò Shannon scatenando l’ilarità di tutti.

"Piuttosto Potter non sarebbe male!"

disse Victoria dando una gomitata all’amica.

"Mi spiace, già impegnato."

Rispose May a malincuore ritornandole alla mente la scena di poche sere prima.

"Malfoy te lo sconsiglio…"

disse Shannon inorridendo alla sola idea.

"Potter, Malfoy… ma che ci fanno ad Hogwarts?"

domandò David.

"Potter ogni tanto capita per parlare con Silente, e Malfoy ho avuto la pessima fortuna di incontrarlo durante una seduta del consiglio di cui fa parte."

La ragazza si sedette sul divano prendendo in mano un bicchiere di vino. May aveva raccontato alle sue amiche che li aveva incontrati, ma aveva evitato accuratamente di dire che Malfoy ci aveva provato spudoratamente e che si era presa una cotta per Harry.

La serata trascorse allegra, e nei giorni seguenti May diede una mano alle amiche sul lavoro ma dopo pochi giorni dovette ritornare a scuola.

Ciao a tutti,

spero che questo capitolo vi piaccia…

Ringrazio Manny per il complimento… buon anno anche a te… anche se in ritardo…

Ringrazio anche Simone…specifico il mio "ci sono cascata anche io…" mi riferivo al fatto che alla fine anche io ho scritto una ff su Harry Potter… nessun riferimento al sesto libro…

Ringrazio anche tutti quelli che hanno letto senza commentare…

A presto

Miyan

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6

CAPITOLO 6

Le vacanze natalizie sfortunatamente erano già terminate. May era tornata a scuola quella mattina insieme ad altri professori ed ai numerosi studenti che avevano trascorso quel periodo con le loro famiglie.

Appena giunta nell’edificio si era ricordata che quel pomeriggio doveva fare una lezione particolare agli studenti del secondo anno ed aveva bisogno di un determinato animale … il cane a tre teste di Hagrid. Aveva pensato di fare lezione all’aperto anche se faceva molto freddo, perché pensava che era impossibile portare quell’animale in aula. Attraversò il parco e si diresse verso la piccola casa del mezzo gigante. Doveva essere in casa in quanto dal camino usciva un denso fumo grigio. Bussò alla porta ed attese. Non ricevette risposta. Bussò ancora una volta e poco dopo l’uomo le venne ad aprire.

"Professoressa… che sorpresa vederla… ma entri pure, non rimanga fuori al freddo…"

l’uomo gentile come sempre la fece accomodare nella piccola dimora. La ragazza rimase in piedi in mezzo alla stanza ed espresse la sua richiesta.

"Hagrid, avrei bisogno di Fufi…"

l’uomo nel sentire quelle parole sbiancò.

"Non lo sa? Il piccolo si è ammalato e ho dovuto mandarlo in luoghi più caldi per riprendersi."

May sapeva bene che l’uomo era molto legato ai suoi animali e si dispiacque di avergli ricordato la malattia dell’animale.

"Mi spiace. Spero si rimetta alla svelta allora. Io vado, devo preparare la lezione di oggi pomeriggio. Ci vediamo."

La giovane sorrise e Hagrid rispose con il sorriso più gentile che potesse apparire sul volto spaventoso di un mezzo gigante.

Qualche minuto dopo varcò la porta d’ingresso e vide che gli studenti erano a lezione. Si diresse verso le scale ed incontrò il giovane che aveva visto alla festa del ministero. Questi nel riconoscerla le sorrise apertamente e si diresse verso di lei.

"Ci rincontriamo…"

gli occhi azzurri del giovane si fissarono decisi in quelli della ragazza.

"Già. Ma che ci fa ad Hogwarts?"

domandò incuriosita la professoressa.

"Sono qui per una visita al preside che mi ha offerto gentilmente di passare alcuni giorni nella vostra scuola."

May ascoltò attentamente la risposta dell’uomo mentre questi prendeva una sigaretta dal pacchetto che aveva in tasca.

"Lei fuma?"

le domandò porgendole il pacchetto.

"No grazie. Ma le devo chiedere di uscire… sa, siamo in una scuola e non è un esempio corretto da dare ai nostri alunni."

Il giovane sorrise prendendola per un braccio e uscendo in giardino.

"Lei è proprio una professoressa di quelle corrette vero?"

disse mentre si avviavano per i sentieri del parco.

"Sì… ci tengo molto… ma come fa a sapere che sono una professoressa?"

domandò lei mentre si sistemava meglio la sciarpa per non far filtrare nemmeno un poco di aria fredda.

Il giovane espirò del fumo prima di risponderle.

"Il preside mi ha parlato di una giovane insegnante che mi avrebbe fatto da guida all’interno dell’edificio… poi l’ho vista in giro a quest’ora e ho capito che non poteva essere un’alunna… facendo due più due ipotizzo che sia lei la professoressa Pereights…"

mentre le parlava guardava diritto davanti a sé, camminando con passo deciso verso la Foresta Proibita.

"Mi complimento per il suo spirito di osservazione… signor?…"

il giovane si voltò verso di lei sorridendole e dandole una risposta.

"Che maleducato… mi chiamo Max Greenflame!"

il giovane le tese la mano. May la strinse con la sua, presentandosi anch’essa.

"Ed io sono davvero la professoressa Pereights, mi chiamo May…"

poi, ricordandosi all’improvviso del suo lavoro.

"Oddio, mi deve scusare ma devo correre a scuola, devo preparare la lezione di oggi!"

Max rise sentendola farfugliare qualcosa per scusarsi e poi correre verso il castello. Poi si diresse verso la foresta sperando di non essere visto.

Camminava velocemente per i corridoi con un pacco di fogli in mano, fogli che le sfuggivano da tutte le parti. Aveva avuto la brillante idea di fare un piccolo test a sorpresa ai suoi alunni del quarto anno, e quelle carte ne erano il risultato. Quel pomeriggio, dopo la lezione con gli studenti del secondo anno dove aveva presentato il cane a tre teste, anche senza l’originale, aveva avuto lezione anche con i Serpeverde ed i Griffondoro del quarto anno. Aveva terminato l’argomento il giorno precedente e voleva accertarsi che i suoi studenti avessero studiato almeno un po’.

Quando aveva consegnato i fogli, la maggior parte degli studenti erano sbiancati di colpo. Un Serpeverde, tale Hugh Stingtwist, un ragazzotto sfacciato ed impudente, aveva osato lamentarsi.

"Signor Stingtwist, si ricordi che io sono un’insegnante, e lei non ha l’autorità di contestare i miei metodi educativi…"

si era avvicinata al ragazzo mentre con la bacchetta in una mano la picchiava con fare indifferente sull’altra.

"…se lei avesse seguito le lezioni ed avesse fatto i pochi esercizi e la ricerca che vi avevo chiesto di compiere, ora non si lamenterebbe."

Gli occhi castani della professoressa si erano fermati in quelli del giovane per una frazione di secondo. Il malcapitato si era subito zittito ed aveva cominciato a leggere le domande sul foglio che aveva davanti.

Ed ora lei aveva almeno quaranta test da correggere, cosa che non l’entusiasmava. Entrò in sala professori trovandola affollata. Alcuni professori erano seduti in disparte che confabulavano a bassa voce. May non ci fece molto caso e si diresse verso la scala a chiocciola per raggiungere la sua stanza. Era già in ritardo, doveva prepararsi per la cena. Mentre saliva le scale si ritrovò a leggere la risposta alla prima domanda del foglio che c’era in cima al pacco.

"Ma si può sapere cosa diavolo ha capito questa benedetta ragazza!"

la risposta alla domanda era senza ombra di dubbio completamente errata. Sbuffò, ed in quel momento andò a sbattere contro qualcuno che scendeva le scale. I fogli volarono per aria finendo sugli scalini. Lei perse l’equilibrio ed incominciò a cadere all’indietro quando due braccia la presero al volo per la vita, evitandole di cascare e rompersi qualche osso.

"Professoressa Pereights, sta bene?"

quando fu finalmente salda sulle proprie gambe alzò lo sguardo sul suo interlocutore, che l’aveva slacciata dall’abbraccio.

"È lei! Mi perdoni ma ero proprio distratta…"

il giovane dai corti capelli castano chiaro la guardava preoccupato.

"Mi dica, non si è fatta niente vero?"

la ragazza sorrise imbarazzata

"No, sto benissimo. La ringrazio per avermi presa al volo… credo che questa volta mi sarei rotta qualcosa…"

gli occhi azzurri del giovane non si scostavano un secondo dal suo volto.

"Per fortuna ho avuto l’istinto di afferrarla…"

poi Max si abbassò a raccogliere i fogli caduti.

"E questi cosa sono?"

domandò soffermandosi a leggere una pagina scritta piccolo piccolo. Anche la ragazza si accucciò per poter recuperare i suoi test.

"Sono alcuni test che ho consegnato oggi."

Dopo averli raccolti tutti il giovane li consegnò nelle mani della ragazza.

"Ecco a lei…"

le sorrise nel porgerle le carte.

"La ringrazio."

May prese i fogli e lo sorpassò proseguendo nel salire le scale.

"Ci vediamo più tardi a cena!"

le disse Max. Lei si voltò verso di lui trovandolo sorridente ad osservarla.

"A più tardi allora…"

anche lei gli sorrise per poi riprendere a salire le scale.

Quel giorno era stata completamente sommersa di lavoro, e non aveva avuto il tempo di pensare, ma mentre percorreva il corridoio che portava alla sua camera si ritrovò a domandarsi chi fosse quel giovane.

"Max Greenflame… è un nome che ho già sentito prima di oggi…"

aveva la vaga sensazione che quel nome fosse collegato a qualcosa di conosciuto ma non riusciva proprio a ricordarsi cosa.

Intanto aveva raggiunto la sua stanza. Lasciò cadere il pacco dei fogli sulla scrivania e prese un abito pulito da indossare a cena, appoggiandolo sul letto.

"Ecco chi è!"

finalmente si era ricordata dove aveva sentito quel nome…

"È l’ambasciatore tedesco…"

e la giovane sbiancò di colpo.

Il salone quella sera era piuttosto vociante. Non si trattavano però delle grida festose che di solito allietavano la serata, ma di sussurri a malapena trattenuti.

May varcò la porta del salone in quel momento. Mancavano ancora una decina di minuti prima dell’inizio della cena, ma la maggior parte degli studenti era già seduta alla propria tavolata. La ragazza scorse suo fratello ed i suoi amici Micheal, Andrew e Neil che stavano ridendo al tavolo dei Corvonero. Allora decise di avvicinarsi a loro, mantenendo comunque il suo incedere autoritario.

"Gary…"

il ragazzo nel sentirsi chiamare alzò lo sguardo e vide la sorella accanto a lui che osservava la cartina del castello che aveva disposto sul tavolo. La giovane incrociò le braccia e disse:

"Falla sparire immediatamente… non voglio nemmeno sapere che cosa stai architettando per il tuo compleanno!"

Gary la piegò e nel giro di pochi secondi quel foglio di carta sparì in una delle tasche della sua uniforme scolastica.

"Oh professoressa Pereights, suo fratello non sta proprio organizzando niente! La cartina serve per una ricerca sulla storia di Hogwarts che ci è stata assegnata dal professor Ruf…"

era intervenuto Michel, che era quello con la maggior faccia tosta dei quattro.

"Signor Grow devo ricordarle che il professor Ruf è un mio collega e che non farei fatica a accertarmi se dice la verità?"

in quel momento Gary diede una gomitata all’amico sperando di non essere visto dalla sorella. Il biondo allora fece un sorriso imbarazzato.

"Ma May…"

provò a spiegarsi il fratello.

"Gary… faccio finta di non aver visto nulla!"

e si allontanò verso la tavola dei professori. Anche questa, come quella degli studenti, era attraversata da continui chiacchiericci.

"Buonasera a tutti…"

disse sorridente la giovane donna andando a sedersi al proprio posto.

La tavola era quasi al completo, mancava soltanto il preside e il loro ospite che aveva posto proprio accanto a quello occupato da Silente.

Dopo qualche minuto li vide entrare insieme ed il brusio cessò all’improvviso. Accanto all’anziano preside camminava il giovane dai capelli chiari, il passo deciso, il volto serio anche se nello sguardo ci si poteva leggere un non so che di allegro. Indossava un abito giacca e cravatta grigio scuro ed un mantello blu scuro che si tolse appena ebbe raggiunto il suo posto.

Molte ragazze nel vederlo rimasero inebetite, tutti comunque lo osservavano con curiosità e ammirazione.

La giovane professoressa si ricordò di un articolo apparso qualche mese prima sulla Gazzetta del profeta. Si affermava che l’ormai anziano ambasciatore tedesco Herbert Gartner era stato richiamato in patria per lasciare il posto ad un giovane mago promettente, un venticinquenne di nome Max Greenflame di madre tedesca e padre inglese ma che aveva sempre vissuto in Germania. Era un esperto di erbologia e trasfigurazione e circolavano voci che fosse un animagus. All’epoca della scuola si era diplomato con il massimo dei voti, poi era entrato al ministero della magia come segretario del ministro degli esteri. Ed ora, così giovane, era stato nominato ambasciatore in Inghilterra grazie alla sua quasi appartenenza a quel paese.

Il preside lo presento alla sala…

"…il nostro giovane ambasciatore ha espresso il desiderio di rimanere per qualche settimana nella nostra scuola per potere capire al meglio la nostra cultura già dalla giovinezza e poter in questo modo imparare ad interagire con i nostri rappresentanti…"

May ascoltava distrattamente il discorso del preside che se ne stava in piedi al suo posto ed osservava Max che teneva gli occhi sull’anziano uomo ma che ogni tanto faceva passare lo sguardo sulla folla di studenti che non gli toglieva gli occhi di dosso.

Dopo cena, a dir poco un banchetto, May lasciò il salone, prima tra i professori. Quella sera era di ronda da sola fino alle prime ore del mattino. Fortunatamente la mattina successiva avrebbe potuto riposarsi. Dopo qualche ora che camminava per i corridoi sentì provenire un rumore dalla sua aula. Si avvicinò e trovò la porta spalancata, cosa alquanto strana visto che si era assicurata personalmente che la porta fosse chiusa a chiave. Era in piedi davanti alla porta con la bacchetta in mano quando sentì di nuovo un rumore provenire dall’interno.

"Lumos!"

pronunciò alzando la bacchetta davanti a sé, bacchetta che si era accesa illuminando la stanza. Osservò tutta la stanza trovando la sua scrivania completamente invasa dal caos ma nient’altro. Sentì di nuovo quel rumore. Proveniva dalla finestra. Vi si avvicinò e vide un corvo che sbatteva le ali contro il vetro, impaurito. Cercò di avvicinarsi per aprire la finestra, ma l’uccello si avventò verso la sua mano beccandola e ferendola. Allora aprì la finestra accanto allontanandosi poi di qualche passo. Il corvo, vedendo via libera, si precipitò verso di essa per poi sparire nella notte.

May si avvicinò alla finestra aperta e sentì l’aria gelida colpirle il volto. Allora si affrettò a chiuderla, domandandosi come quel volatile fosse riuscito ad entrare nella stanza. Intanto la mano le bruciava. Aveva due o tre piccole ferite sul dorso della mano destra, da cui uscivano alcune gocce di sangue. Prese il fazzoletto dalla tasca della lunga gonna e se lo legò strettamente intorno alla mano. Quindi si avvicinò alla scrivania. I suoi libri ed i fogli che erano sul ripiano erano completamente sparsi, il resto sembrava in ordine, ma si accorse che c’era un cassetto semiaperto. Lo chiuse con un gesto della mano senza farci troppo caso, sistemò le sue cose poi usci dall’aula chiudendo la porta a chiave.

"Nox!"

spense la bacchetta facendo calare le tenebre sul corridoio dirigendosi verso l’infermeria per disinfettarsi in qualche modo.

Qualche giorno dopo era quasi l’ora di pranzo ed aveva appena lasciato i suoi studenti del settimo anno. Era in piedi davanti agli scaffali che si trovavano dietro alla sua scrivania in aula e stava osservando una bottiglia situata su quello più in alto. Si allungò cercando di prenderla mentre si alzava sulle punte per guadagnare qualche centimetro, ma anche in quel modo riusciva a malapena a sfiorarla con la punta delle dita.

Pensò di utilizzare l’incantesimo accio, in quel modo avrebbe richiamato la bottiglia a sé ed essa sarebbe planata lentamente tra le sue braccia. Infilò la mano in tasca cercando la sua bacchetta ma non c’era. Allora si voltò verso la scrivania ma non era neanche lì. Aprì i vari cassetti pensando che magari distrattamente l’aveva infilata in uno di essi, ma non c’era. L’unica conclusione possibile era che se la fosse dimenticata in camera quella mattina. Si fermò a riflettere dove l’aveva lasciata prima di uscire dalla stanza. La rivide sul suo comodino accanto alla lampada.

"Che sbadata che sono!"

affermò mentre prendeva la seggiola della sua scrivania. La sua memorabile pigrizia ebbe il sopravvento. Non aveva nessuna intenzione di fare tutta quella strada per raggiungere la sua camera e recuperare la sua bacchetta. Aveva bisogno di quella bottiglia subito, non aveva tempo da perdere.

Appoggiò la seggiola contro il muro e la osservò sperando che reggesse il suo peso. Controllò le gambe e vide che erano massicce e sicure, quindi salì su di essa e riuscì raggiungere la bottiglia. La afferrò per il collo.

"Professoressa Pereights…!"

sentì una voce squillante dietro di lei. Si voltò istintivamente verso di essa, ma con quel movimento perse l’equilibrio cadendo di lato e rovinando a terra. La bottiglia le era sfuggita di mano.

"Accio bottiglia!"

la voce pronunciò l’incantesimo e la bottiglia si fermò nella sua caduta per poi raggiungere l’uomo che la prese in mano. Intanto May si rialzava da terra con una terribile botta sul fianco che le faceva un gran male. Ciò significava un bel ematoma violaceo.

Alzò il viso verso il suo interlocutore portando le mani sui fianchi. Lo sguardo arrabbiato.

"Possibile che quando ci incontriamo mi fa sempre cadere!"

la voce della giovane era piuttosto alterata, gli occhi castani si posarono su quelli azzurri del giovane di fronte a lei.

"Purtroppo questa volta non sono riuscito a impedirle di cadere, ma almeno ho salvato la sua bottiglia! Mi è sembrato di capire che ci tenesse particolarmente!"

Max sorrise vedendola arrabbiata e con i capelli che le sfuggivano dalla coda.

May gli prese la bottiglia dalle mani e la posò sulla scrivania.

"Già, oggi mi serve…"

rispose, poi si rilassò e raccolse la sedia che si era rovesciata a terra e ci si sedette sbuffando.

"… lasci perdere la mia sfuriata. Non volevo aggredirla."

Alzò lo sguardo verso il giovane.

"Non si preoccupi, avrei reagito come lei. Piuttosto si sente bene? Ha fatto un bel volo!"

la ragazza portò inconsciamente una mano a coprire il punto che le doleva.

"Oh, è solo una botta. Mi riposerò cinque minuti per poi andare a mangiare."

Affermò la giovane facendo un respiro profondo.

"E alla mano cosa ha fatto?"

le chiese guardando la mano destra fasciata. May seguì lo sguardo dell’uomo e si ricordò della mano.

"Ah, un corvo mi ha beccato l’altra notte!"

spiegò sorridendo imbarazzata.

"Spero che non sia niente di grave!"

le sorrise anche lui.

"Qualche graffio. La sera stessa sono andata i infermeria a disinfettarmi. Tengo le bende solo per non infettare le escoriazioni…"

L’ambasciatore si sedette sulla scrivania con le mani nelle tasche dei pantaloni scuri.

"Posso darle del tu?"

le domandò dopo qualche minuto di silenzio.

"Certamente…"

rispose la ragazza.

"Trovo che tu sia una professoressa eccezionale."

May lo guardò confusa.

"E perché mai?"

gli domandò.

"Ho sentito i ragazzi parlare di te. Dicono che sei molto competente e che le tue lezioni sono interessanti senza essere troppo pesanti. Certo, quando sei di cattivo umore torchi il malcapitato di turno che ti ha fatto saltare i nervi, ma in complesso sei simpatica a tutti loro."

Più che un complimento sembrava che il giovane le stesse facendo un resoconto di quello che aveva sentito su di lei.

"Devo in qualche modo far sentire la mia autorità. Il fatto di avere così pochi anni di differenza fa credere agli studenti più grandi di potersi ribellare dalle mie imposizioni. Diciamo che io li rimetto al loro posto!"

la ragazza si alzò dalla seggiola.

"Ti accompagno in salone…"

le propose Max.

"No, va pure a mangiare. Devo passare prima a sistemare una cosa."

La ragazza lo lasciò sulla porta della sua aula e si diresse verso la sala comune dei Corvonero. Dopo aver pronunciato la parola d’ordine, dato che lei essendo una professoressa conosceva tutte le parole d’ordine delle varie case, si ritrovò nella stanza dove aveva vissuto per sette anni quando era ancora una studentessa. I pochi studenti ancora presenti si voltarono a guardarla e la salutarono sorpresi.

"Scusate, sapreste indicarmi la camera di mio fratello Gary?"

una ragazza della stessa età del fratello le ripose.

"La accompagno io da lui."

La giovane dai lisci capelli scuri si affiancò alla professoressa guidandola verso le camere. Quando ebbe raggiunto quella giusta si fermò davanti alla porta bussando.

"Gary, c’è tua sorella…"

la annunciò.

"Arrivo subito!"

lo sentì rispondere dall’interno della stanza.

La ragazza si voltò verso di lei.

"Ora vi lascio. Arrivederci professoressa."

La salutò.

"Arrivederci Annie…"

May rispose con un sorriso. In quel momento il fratello aprì la porta.

"Ma May che ci fai qui?"

domandò sorpreso.

"Mi fai entrare per un minuto?"

domandò osservandolo.

Il ragazzo si spostò dalla porta facendola entrare. Nella stanza erano presenti i suoi tre inseparabili amici che nel vederla la salutarono rispettosamente.

"Scusate ragazzi potete lasciarci soli?"

domandò Gary.

"Possono pure rimanere. Sono solo passata a farti gli auguri di buon compleanno fratellino e portarti il mio regalo."

Gary faceva diciassette anni proprio quel giorno. May gli porse la bottiglia che aveva faticato così tanto a recuperare poco prima. Il ragazzo la prese e la guardò incuriosito.

"Che cosa è?"

domandò.

"Un piccolo aiuto per l’impresa che avete in mente per stanotte!"

rispose la ragazza.

I quattro si guardarono tra loro spaventati.

"Ma come…?"

non ebbe tempo di chiedere Gary che May lo interruppe.

"Non importa come. Non so neanche bene cosa farete, ma ho avuto anche io la vostra età e penso che questa possa esservi utile. È la pozione dell’invisibilità. Non è molta ma credo che per voi quattro possa bastare!"

spiegò la ragazza mentre si avvicinava alla porta per lasciare la stanza.

"Tanti auguri Gary!"

poi usci, senza che i quattro avessero detto una parola. Erano troppo stupiti.

Erano passate quasi due settimane dall’arrivo di Max a scuola. May si era ritrovata a fargli da cicerone per le varie aule. Lo aveva accompagnato a seguire le lezioni di tutti i professori e sicuramente la lezione di Piton era stata la più… tediosa.

Quando il giovane ambasciatore aveva seguito una lezione di Difesa contro le arti oscure May si sentì piuttosto a disagio. Se ne stava seduto in fondo all’aula senza toglierle gli occhi di dosso. Sembrava volesse registrare qualsiasi parola lei stesse dicendo. Era intervenuto solamente una volta per domandarle un chiarimento su una cosa ma era riuscita a rispondergli alla perfezione anche se in quel momento si era sentita agitata come se si fosse trovata sotto esame.

Piano piano si era abituata alla presenza del giovane. Gli studenti invece lo osservavano da una distanza di sicurezza. Le studentesse invece pendevano dalle sue labbra.

Una sera l’aveva trovato seduto sulle scale che portavano al quarto piano. Una dozzina di ragazze, se non di più, erano sedute accanto a lui e lo stavano ascoltando rapite. Lei si era tenuta in dispare senza dare nell’occhio ed aveva ascoltato quello che stava dicendo.

Stava parlando del suo periodo scolastico.

"… la mia scuola era in parte simile alla vostra. Anche noi eravamo divisi in case. C’era Aquilacielo, Orcamare, Talpaterra e Pumafuoco. Dei nomi piuttosto bizzarri… erano i cognomi di quattro maghi che avevano fondato la mia scuola come Griffondoro, Corvonero, Tassorosso e Serpeverde con la vostra. Questi quattro maghi si erano specializzati ognuno in uno dei quattro elementi. Si dice che li potessero controllare alla perfezione. Ed ogni casata si tramanda di generazione in generazione un incantesimo segreto legato al suo elemento guida…"

mentre raccontava aveva gli occhi luminosi, si riusciva a percepire da lontano che quel periodo era stato gioioso per lui.

"E lei di che casata faceva parte?"

aveva domandato curiosa una ragazzina dai capelli biondi legati in una treccia.

Max aveva sorriso prima di risponderle.

"Pumafuoco… "

"Allora conoscerà un incantesimo segreto sul fuoco!"

esclamò un'altra ragazza interessata all’argomento.

"Sì… lo conosco!"

tutte si zittirono alla risposta del giovane.

"Ma non ve lo dirò. È un segreto…"

le ragazze parvero deluse. Poi una ragazza del settimo anno chiese ancora

"Anche da voi c’è una casata odiata come da noi i Serpeverde?"

le tre o quattro Serpeverde presenti le lanciarono occhiate di fuoco.

"Devo essere sincero, da noi non c’è la stessa rivalità che c’è qui. Certo giochiamo a Quiddich e guadagniamo e perdiamo punti, ma è diverso!"

rispose questo sperando di essere riuscito nel suo intento di spiegare la natura della sua scuola.

May allora si fece avanti riprendendo il ruolo di professoressa intransigente.

"Ragazze, non vi siete accorte dell’ora?"

domandò facendole sobbalzare.

Nel vederla si alzarono in piedi e si scusarono.

"Ci perdoni, non ci eravamo proprio accorte!"

May le vide sparire di corsa consce che per quei pochi minuti al di fuori dell’orario avrebbero potuto far perdere dei punti alla loro casa.

"Ma sei proprio crudele!"

le disse Max alzandosi dal gradino ed avvicinandosi alla professoressa.

"Ma dove? Se fosse stato un altro professore, in questo momento avrebbero tutte dei punti in meno!"

la ragazza incominciò a salire le scale.

"May…"

il giovane la chiamò.

"Dimmi…"

si voltò a guardarlo.

"Voglio farti una domanda personale…"

disse guardandola serio.

"Chiedi pure… però non è detto che io ti risponda."

La ragazza si appoggiò alla balaustra delle scale osservandolo.

"Hai vent’anni, sei poco più di una ragazzina, e ti comporti come una seria e rispettosa professoressa. Possibile che non ti stanchi e non abbia voglia di divertirti ogni tanto?"

May non si aspettava una domanda del genere. Rimase immobile ad osservarlo per qualche minuto, poi si sedette su uno scalino.

"Ogni tanto sì, ma non mi lamento. Non sono mai stata una tutta divertimenti… anzi sgobbavo sempre sui libri. Quando ho lasciato la scuola invece mi sono dedicata al mio lavoro. Ed ora sono qui!"

il ragazzo si sedette accanto a lei.

"Beh Hogwarts non è fonte di divertimenti per te… gli studenti sono troppo piccoli, i professori troppo grandi…"

si avvicinò a lei baciandola dolcemente sulle labbra per poi scostarsi subito.

"Ma che ti è preso?"

domandò lei alzandosi in piedi di scatto.

"Avevo voglia di baciarti. Che c’è di male? Mi capita di baciare le mie amiche, è un gesto di affetto…"

gli occhi del giovane risplendevano chiari nell’oscurità.

"Io non sono un’amica di tal genere. Mi spiace di averti dato questa impressione."

Fece per andarsene ma lui la prese per la mano.

"Non volevo offenderti. Per me è come se non fosse successo niente se ciò ti turba tanto…"

sembrava sincero. La ragazza decise di aver fiducia in lui.

"Ok. Come se non fosse successo…"

gli sorrise.

"…ma adesso è ora di andare a nanna per tutti e due."

Fece scivolare la sua mano da quella del giovane e si diresse verso camera sua.

Ciao a tutti!... volevo consigliare a chi non l'avesse ancora fatto di leggere il 6° libro di Harry Potter perché è bellissimo.... Vi avverto che anche se l'ho letto, io continuerò a scrivere come se non lo avessi fatto... quindi niente spoiler...

Quindi arrivederci a tutti

Miyan

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7

CAPITOLO 7

Max era partito qualche giorno dopo l’accaduto. Era tornato a Londra ed aveva preso possesso del suo ufficio. Questo si trovava a qualche isolato dal ministero perché doveva mantenere stretti legami con esso.

Erano passate ormai più di due settimane e non l’aveva più sentito. Ma May non ci dava molto peso. Forse non erano così amici come avevano creduto di essere.

Erano i giorni più freddi dell’anno. Nelle ore libere nessuno studente lasciava l’edificio per prendere una boccata d’aria nel parco. Di solito si rifugiavano nelle loro stanze comuni e si sedevano accanto al fuoco a chiacchierare o a studiare.

Anche quel giorno May se ne stava seduta da sola nella sua aula. Stava leggendo la Gazzetta del profeta, le piaceva tenersi informata. Un articolo in particolare colpì la sua curiosità. Era stato trafugato da un ufficio del ministero un oggetto di cui non si dava maggiori informazioni. Era strano che qualcuno fosse riuscito ad introdursi in quell’edificio che era sempre sorvegliato.

"Professoressa Pereights…"

nel sentirsi chiamare alzò lo sguardo e vide la professoressa McGranitt che stava entrando nell’aula.

"… la stavo aspettando al campo da Quiddich. Non mi dica che non vuole vedere la partita!"

proseguì a parlare spiegando il motivo della sua presenza.

"Partita? Ma non era domani?"

domandò la ragazza.

"No. Comincia tra qualche minuto."

Disse la donna. May allora si alzò in piedi prendendo il mantello pesante che aveva appeso all’attaccapanni.

"Che testa che ho! Le fa niente se ci avviamo intanto che parliamo?"

chiese mentre si fiondava fuori dalla stanza.

"Anzi. Non voglio perdermi l’inizio. Ma non vedendola sugli spalti ho pensato di venirla a cercare."

May si voltò verso la donna.

"La ringrazio. Mio fratello non me l’avrebbe proprio perdonata!"

mentre uscivano dalla scuola la ragazza si infilò i guanti.

"Credo anche io. Per la squadra dei Corvonero è una partita importante!"

May camminava a passo veloce seguendo il sentiero.

"Lo so bene. La rivalità tra Corvonero e Tassorosso è tanta quanto quella tra Griffondoro e Serpeverde… non sa quante partite sono venuta a vedere!"

May si ricordò di quando ancora studentessa assisteva alle partite tifando per la sua casata e soprattutto per l’amica Victoria.

"Non si deve preoccupare suo fratello è un ottimo giocatore. Sono sicura che farà del suo meglio."

Cercò di conversare la professoressa che col fiatone seguiva la giovane.

"Ne sono più che certa. Ma credo che vedermi sugli spalti a fare il tifo per lui serva a dargli più carica."

Finalmente erano arrivate al campo e raggiunsero gli spalti. La McGranitt raggiunse la zona dei Griffondoro, May, anche se come professoressa non apparteneva a nessuna casa in particolare, si sedette con i tifosi dei Corvonero.

"Penso che gli studenti capiranno che lo faccio per Gary e perché in fondo sono ancora una Corvonero anche io!"

ciò non significava che era di parte durante le lezioni, succedeva soltanto per il Quiddich.

Il commentatore stava in quel momento presentando le squadre. I giocatori fecero un giro di prova sulle loro scope. Gary passò davanti a lei salutandola per poi posizionarsi al suo posto davanti agli anelli.

Madama Bumb diede il fischio di inizio. Subito il boccino d’oro sfrecciò in alto sparendo immediatamente dalla vista del pubblico e dei cercatori. La pluffa invece era nelle mani dei Tassorosso che attraversavano il campo superando i giocatori avversari. Cercarono di centrare un anello, ma Gary riuscì prontamente a parare il colpo rilanciando prontamente ai cacciatori della sua squadra che in pochi secondi fecero goal nei cerchi degli avversari. Un boato si alzò dalla tifoseria dei Corvonero.

Per molti minuti il risultato non si mosse, entrambe le squadre cercavano di inoltrarsi nella metà campo avversaria, ma in un modo o nell’altro venivano bloccati. Il gioco era veloce e adrenalinico, tutti rimanevano con il fiato sospeso attendendo qualcosa che riuscisse a smuovere il risultato.

Un bolide stava per atterrare un cacciatore Tassorosso, ma il battitore della sua squadra riuscì a lanciare lontano la feroce palla. Questa colpì in pieno Gary che stava evitando l’altro bolide. Un dolore lancinante gli infiammava la spalla ma riuscì a rimanere sulla scopa anche se precipitò con essa a terra.

Madama Bumb bloccò la partita. May si precipitò vicino al campo per riuscire a vedere come stesse il fratello, ma soltanto l’infermiera poté entrare. Gary fu sostituito da un ragazzetto del secondo anno e lasciò il campo per farsi curare.

Da quel momento la partita fu in discesa per i Tassorosso. Questi riuscivano a fare un punto dietro l’altro. May pregò che il fratello non stesse troppo male. Stavano 10 a 90 quando vide Gary pronto ad entrare con la sua scopa in mano. Diede il cambio al ragazzino e si posizionò davanti agli anelli. I suoi tifosi nel vederlo lo acclamarono a gran voce. Anche se meno sciolto nei movimenti a causa del dolore e della fasciatura stretta riuscì a parare una pluffa che sembrava volesse centrare l’anello più basso. Da quel momento in poi i Tassorosso non riuscirono a fare altri goal. Allora si chiusero in difesa impedendo ai cacciatori Corvonero di avvicinarsi agli anelli.

Stavano 40 a 90 e serviva un miracolo ai Corvonero per vincere. E il miracolo avvenne. Judi Greyfree, cercatrice dei Corvonero partì all’inseguimento del boccino d’oro che dispettoso le era passato davanti al naso sicuro che lei non l’avrebbe raggiunto. Ed invece lo stava tallonando. Dietro di lei la seguiva il cercatore dei Tassorosso, ma non poté nulla, si era accorto troppo tardi del boccino.

Il boccino salì verso l’alto sempre seguito dalla ragazza, poi cadde in picchiata. La ragazza impavida lo seguì e riuscì ad afferrarlo prima che virasse per non picchiare a terra. Lo strinse forte nella mano alzandolo al cielo. Gli occhi scuri della giovane sprizzavano gioia, come quelli altrettanto scuri di Gary.

May balzò in piedi urlando di gioia mentre i ragazzi intorno a lei si abbracciavano gridando. Avevano vinto. Ora doveva solo preoccuparsi del fratello malandato.

Gary era in infermeria bloccato a letto. Ancora May si chiedeva come fosse riuscito a convincere Madama Chips a farlo tornare in campo. Aveva una spalla slogata.

Quando era tornato in campo May aveva pensato che stesse bene perché non scorgeva alcuna sofferenza sul suo viso ed era riuscito senza grandi difficoltà a parare le pluffe lanciate dagli avversari. Invece si era ritrovata a pensare che Gary era un bravo commediante.

Dopo la partita lo aveva raggiunto prima che entrasse negli spogliatoi. Gli si era avvicinata facendosi largo tra i Corvonero vocianti e lo aveva abbracciato. Solo in quel momento aveva visto il suo viso contrarsi ed aveva capito. Durante la partita era riuscito a giocare grazie alle pozioni antidolorifiche che gli avevano somministrato. Ma ora si stava appoggiando a lei facendosi sorreggere.

Subito Andrew che si trovava accanto a loro la aiutò a tenerlo in piedi. Pochi minuti dopo avevano raggiunto l’infermeria dove furono subito cacciati fuori. Aveva camminato nel corridoio per quasi un’ora e poi aveva potuto vederlo.

"Sei un incosciente!"

subito la sua voce si era alzata per sgridarlo.

"Ma May…"

aveva tentato di giustificarsi.

"May un bel niente. Ma sei impazzito?"

era profondamente preoccupata.

"Sorellina sai bene quanto era importante per i Corvonero vincere questa partita!"

gli occhi di Gary cercavano comprensione in quelli della sorella.

"Lo so benissimo, ma ciò non cambia la situazione! Hai visto le conseguenze?"

gli domandò mentre si sedeva su una seggiola accanto a lui.

"Sì… il dolore lo sento io non tu!"

Anche Gary stava cominciando ad arrabbiarsi.

"Ed ora te ne starai buono buono nel letto per due settimane…"

disse la ragazza guardandolo nervosa.

"Sono troppe due settimane May. Sai bene che avevo chiesto un permesso per sabato prossimo per andare a vedere la partita di Quiddich a Londra!"

Gary ed altri studenti giocatori di Quiddich avevano chiesto al preside un permesso per andare a vedere la partita che si sarebbe tenuta a metà febbraio a Londra in cui giocava Oliver Baston. Il giovane, come la sorella, ammirava molto il portiere, anche se per due motivi diversi.

"Mi dispiace… ma non ci andrai…"

disse la ragazza.

"Non ti dispiace per niente. Se fosse così mi toglieresti la punizione e mi permetteresti di andare con gli altri!"

Gary si stava accanendo contro la sorella.

"Invece ti sbagli. Queste due settimane a letto non sono una punizione da parte mia…"

il ragazzo che aveva tenuti gli occhi bassi per qualche minuto rialzò lo sguardo sulla ragazza.

"… rimarrai a letto perché è stato ordinato dall’infermiera e soprattutto perché Silente si è preoccupato che tu seguissi le disposizioni. E se lui dice che devi rimanere a letto…"

proseguì May, ma Gary terminò per lei…

"…vuol dire che devo rimanere a letto."

Scese il silenzio per qualche minuto.

"May, mi faresti un piacere?"

domandò calmo il giovane.

"Dimmi pure."

Affermò la professoressa.

"Non dire a mamma che mi sono fatto male… lo sai che è capace di venire fin qui per farmi una ramanzina!"

May acconsentì con un cenno del capo. Ben sapeva che la madre sarebbe stata realmente capace di giungere ad Hogwarts solamente per rimproverare il figlio più piccolo, ma soprattutto per accertarsi delle sue condizioni.

In quel momento bussarono alla porta dell’infermeria e qualche secondo dopo una ragazzina apparve accanto a loro.

"Buonasera professoressa…"

disse salutandola.

"Buonasera Judi."

May salutò la cercatrice.

"Complimenti per la partita. È stata molto brava… grazie a lei la partita è terminata in favore dei Corvonero…"

la ragazza quindicenne arrossì dall’imbarazzo.

"Oh, io ho solo concluso una bella partita. Dobbiamo ringraziare suo fratello se ci è stato possibile vincere."

La ragazza spostò lo sguardo dalla professoressa al giovane portiere.

"Judi non dire così, sai bene che sei una grande cercatrice! E pensare che è solo il primo anno che giochi… fino all’anno scorso c’era Rachel Grandview, brava giocatrice ma mai come te!"

il capitano fece quei complimenti pensandolo realmente, e la ragazzina abbassò gli occhi.

"Ora devo andare… ancora complimenti signorina Greyfree… e tu stattene buono a letto!"

salutò la ragazza prima di lasciare la stanza.

"Agli ordini comandante!"

rispose il fratello mentre lei era già in corridoio. Sentì le risate sommesse dei due. Sorrise anche lei.

Se ne stava sdraiata nel letto osservando il tetto del baldacchino sopra di lei, qualche candela illuminava la stanza senza emanare fumo, erano magiche anch’esse. Era quasi mezzanotte ma non riusciva proprio a prendere sonno. Di solito appena appoggiava la testa sul cuscino si addormentava come un sasso. Ma quella sera non ci riusciva proprio. Ripensò a Shannon e Victoria, che quando erano ancora a scuola con lei e dividevano la camera da letto, rimanevano sveglie per ore ed ore a chiacchierare mentre lei crollava.

Sentì un rumore provenire dalla finestra e riconobbe subito il picchiettare di Shade. Si alzò dal letto e aprì la finestra. L’aria fredda la colpì facendola rabbrividire, portava solo una camicia da notte bianca. La scura civetta le fece cadere in mano una busta e poi andò a posarsi sul baldacchino del letto. May si sedette sul materasso ed aprì la missiva.

Signorina Pereights,

o meglio professoressa. Mi scuso in anticipo per il disturbo ma a casa mia c’è ancora qualcosa che non va.

Dopo il suo intervento i quadri sono rimasti calmi e tranquilli fino ad oggi, facendomi pensare che il problema fosse stato risolto, ma oggi pomeriggio il fatto si è ripetuto, e ne sono spariti quattro in un colpo.

Non voglio metterle fretta ma avrei urgente bisogno di parlarle.

Con molta gratitudine

Gregory Thorning

La professoressa si sentì mancare. Anche se aveva proseguito nelle ricerca non era riuscita a trovare nulla che risolvesse il problema definitivamente. Ed ora non sapeva proprio che fare. Aveva fatto una ricerca parallela sugli incantesimi di protezione per gli oggetti e ne aveva imparati alcuni nuovi… avrebbe tentato con quelli.

Scrisse due righe al signor Thorning dicendogli che l’avrebbe raggiunto appena possibile, ma che durante quel tempo avrebbe dovuto contattare le sue colleghe Smallwasp e Bubbleslow. Chiuse la lettera ed inviò Shade alla villa dell’uomo sperando che questi avesse la prontezza di inviare immediatamente una lettera alle sue colleghe. Quindi si mise di nuovo alla scrivania ed incominciò a vergare una nuova lettera.

Ciao Harry,

mi dispiace disturbarti. So bene che gli impegni di un auror sono molto importanti e che quello che ti chiederò ti sembrerà una sciocchezza invece, ma avrei bisogno del tuo aiuto.

Ti ricordi di quel caso dei personaggi dei dipinti che sparivano? Pensavo di aver concluso qualcosa, ma hanno ricominciato a sparire. Ho in mente due incantesimi da mettere in atto, ma ho bisogno che ci sia anche tu. Domattina chiederò il permesso a Silente di lasciare la scuola per due giorni. Dovrei arrivare a Londra, nel mio ufficio, nella tarda mattinata. Ti aspetterò lì.

Ti ringrazio.

May

Chiuse per bene anche questa missiva. Prese la vestaglia da camera e se la infilò. Lasciò le stanze dei professori e si immerse nel corridoio che conduceva alla guferia. Ogni tanto sentiva dei rumori, ma non se ne preoccupava più di tanto. Era normale in una castello come quello, abitato da fantasmi e da Pix, che ci fossero dei rumori sinistri.

Svoltò l’angolo e si trovò davanti il professor Piton. Mancò poco che lanciasse un urlo di spavento alla vista dell’uomo completamente vestito di nero.

"Professoressa Pereights, anche lei in giro di notte come i nostri studenti? Non mi risulta che dovesse essere di ronda questa notte!"

disse arcignamente guardandola.

"Ha ragione. Non sono di turno stanotte. Ma avrei degli impegni che non possono essere rimandati!"

quell’uomo riusciva sempre a metterla di cattivo umore.

"Impegni che non possono essere fatti alla luce del giorno? Se fossimo stati ancora nel periodo in cui c’era Lord Voldemort avrei pensato che lei fosse una mangiamorte… o una spia…"

il modo in cui sottolineava il nome dell’Oscuro Signore rendeva quel suono ancora più sinistro di quello che già era.

"Non è questione di luce o tenebra, è solo questione di tempo, e ho una missiva da spedire il prima possibile. Ora mi scusi…"

la ragazza superò l’uomo e si diresse verso la guferia raggiungendola in pochi minuti.

Prese uno dei gufi in dotazione alla scuola. Scelse quello che le sembrava più veloce e resistente. Gli fece una carezza sul capo prima di dargli la lettera. L’animale la prese saldamente tra gli artigli e si alzò in volo.

"Signor preside, non sa quanto mi rammarica doverle chiedere di uovo un permesso, ma per me è vitale andare a Londra…"

se ne stava seduta davanti a Silente facendosi piccola piccola. Quando prendeva un impegno era abituata a portarlo a termine. Ma ora due impegni contrastavano e doveva in qualche modo risolvere la faccenda.

"Non si preoccupi, quando le ho chiesto di insegnare nella mia scuola sapevo bene che aveva un altro lavoro."

L’anziano era piuttosto magnanimo.

"Avrei una certa urgenza…"

si azzardò a dire la ragazza.

"Vada pure. Si prenda tutto il tempo che vuole. Mi occuperò personalmente dei suoi alunni in sua assenza. Non si preoccupi."

L’uomo le sorrideva.

"La ringrazio."

La ragazza si alzò uscendo di fretta dall’ufficio dell’uomo. Aveva dovuto aspettare una buona ora dopo la colazione. Dopo aveva dovuto attendere che il preside terminasse un colloquio con i genitori di un ragazzo che si sarebbe trasferito in Spagna dopo qualche mese. Quando uscì dall’ufficio del preside erano quasi le dieci.

Recuperò la sua scopa e prese la sua borsa in cui aveva infilato pagine e pagine di appunti e alcune boccette di pozioni, poi era partita per la capitale.

L’incantesimo di invisibilità era molto utile. A quell’ora del giorno i babbani pullulavano le strade. Dopo quasi un’ora di volo incominciò ad intravedere la città. Quando si ritrovò a sorvolarla pensò che l’aria fosse troppo inquinata per i suoi gusti. Non c’era più abituata ora che viveva ad Hogwarts.

Si diresse verso il suo ufficio atterrando con precisione sul tetto dell’edificio. Parcheggiò la scopa e scese le scale che conducevano al terzo piano. Quando si trovò davanti alla porta che indicava la sua impresa, bussò immaginando che le sue colleghe fossero presenti. Pochi secondi dopo la porta si aprì.

"May…"

la ragazza si trovò davanti il giovane dagli occhi verdi invece che le sue amiche.

"Harry. Allora ti è arrivato il mio messaggio…"

mentre la ragazza parlava, entrò nella stanza ed appese il mantello all’attaccapanni.

"Mi è arrivato stanotte. All’alba sono venuto qui ed ho trovato le tue colleghe che stavano per raggiungere il castello dei Thorning."

Spiegò il giovane che si sedette davanti alla scrivania della ragazza. Questa aprì un cassetto della scrivania e prese una pozione.

"Grazie mille… ma ora andiamo."

La ragazza era di fretta e passò velocemente accanto all’amico per poi attenderlo all’ingresso.

"Allora?"

lo incitò a seguirla, mentre si metteva il mantello.

Il ragazzo si alzò e si avvicinò a lei.

"Mi spiegheresti a cosa ti servo prima di farmi immischiare in una faccenda non del tutto chiara?"

chiese Harry fermandosi sulla porta ed impedendole di chiuderla.

"Ti ho scritto che ho trovato due incantesimi…"

incominciò a spiegare la ragazza.

"Sì, ho letto. Ma penso che tu e le tue compagne siate in grado di metterli in atto."

Il ragazzo si appoggiò allo stipite incrociando le braccia.

"Uno sì, per l’altro invece serve una capacità particolare che noi non abbiamo."

Il ragazzo continuava ad osservarla negli occhi attendendo che proseguisse.

"Sei l’unico che conosco che sappia il serpentese…"

la ragazza resse lo sguardo del giovane guardandolo anch’essa fisso negli occhi. Sapeva bene che la capacità del ragazzo gli aveva procurato non pochi problemi quando era ancora a scuola, perché molti lo avevano additato come il successore di Serpeverde. In realtà era una capacità che aveva acquisito dal Signore Oscuro in persona quando questi aveva tentato di ucciderlo.

Harry parve rabbuiarsi.

"Hai ragione. Sono l’unico. Ma se l’incantesimo è in serpentese vuol dire che è un incanto oscuro…"

era preoccupato.

"Non necessariamente. Ed ora che lo sai andiamo?"

chiese la ragazza.

Il giovane acconsentì lasciando l’ufficio. Il tempo di chiudere la porta a chiave ed i due erano già sul tetto pronti a prendere le loro scope e dirigendosi verso il castello dei Thorning.

Il castello dei Thorning era illuminato dalla luce del sole, che anche se debole era luminosa. Era una giornata invernale piuttosto insolita per quella zona, il cielo era limpido ma di un azzurro molto chiaro, ed un sole pallido rischiarava l’aria. Era una giornata di luce, ma appena May ebbe messo piede a terra, davanti al castello, sentì una cappa di oscurità ricoprirla. Si guardò attorno cercando di capire cosa potesse procurarle un tale senso di freddo e tenebra. L’unica cosa che sapeva potesse compiere un’azione del genere erano i dissennatori… ma poteva capire lei stessa che non si trattava di questi. Se fossero stati loro, in quel momento non avrebbe retto alla loro presenza e sarebbe caduta nei suoi peggiori incubi. Per di più Harry non dava cenno di sofferenza.

"May andiamo?"

il giovane si voltò ad osservarla mentre questa se ne stava in piedi con la scopa in mano, immobile.

Come ridestatasi in quel momento, appoggio la scopa al muro e seguì l’auror che stava salendo i pochi scalini che conducevano al portone di ingresso.

La professoressa suonò il campanello. Dopo pochi minuti il maggiordomo venne ad aprire e li fece accomodare nell’ingresso.

"Signorina Pereights finalmente è arrivata!"

la voce allarmata del signor Thorning giunse alle sue orecchie dall’alto. Questi si trovava in cima alla scalinata che conduceva al primo piano.

"Ho fatto il prima possibile!"

senza nemmeno essere invitata iniziò a salire le scale seguita da Potter.

"Venga a vedere…"

disse l’uomo precedendola e guidandola verso il corridoio dei ritratti di famiglia. Intanto Harry si era affiancato alla ragazza.

"Mi sembra molto agitato…"

le disse sussurrando cercando di non farsi sentire dall’uomo che li precedeva di pochi passi.

"…è sempre così… spero solo che non sia per qualcosa di realmente grave…"

gli spiegò la giovane.

Il signor Thorning si voltò verso di loro.

"Vedo che ha portato rinforzi…"

disse guardando il ragazzo.

"Sono venuto a vedere cosa posso fare…"

affermò Harry fissando l’ometto calvo davanti a sé.

"Oh, ma lei è Potter… speriamo che il suo intervento riesca a risolvere la situazione."

Disse l’uomo. Intanto erano arrivati nel corridoio. Stavano passando accanto a decine di quadri vuoti. May notò che la signora bionda con cui aveva parlato la volta prima era sparita. Vide Shannon e Victoria che stavano facendo un incantesimo…

"Ragazze…"

richiamò la loro attenzione. Queste erano completamente sudate per la tensione e per la fatica di mettere in atto un incantesimo piuttosto complesso. Quando questo non ebbe alcun effetto si voltarono verso l’amica.

"May abbiamo tentato di tutto ma non si risolve niente!"

disse Shannon avvicinandosi a lei.

"Ma vedo che almeno hanno smesso di gridare…"

affermò la ragazza vedendo che i personaggi se ne stavano muti e tristi.

"Già, hanno smesso di gridare quando hanno visto noi due… sembrano disillusi…"

Victoria si affiancò all’amica. Quando ebbe finito di parlare osservò Potter sorpresa.

"…e lui?"

domandò.

"È qui per darci una mano…"

spiegò la ragazza.

"Allora è riuscita a trovare una soluzione!"

disse entusiasta l’ometto calvo.

"Mi dispiace signor Thorning ma non ho ancora trovato una soluzione…"

cercò di spiegargli la giovane ma l’uomo la interruppe.

"Ma allora non c’è niente da fare?"

domandò angosciato.

"Qualcosa si può fare. L’incantesimo che ho fatto l’ultima volta è durato per un po’ di tempo. Ora voglio tentarne altri due più potenti…"

dichiarò la ragazza

"… ma la prego di lasciarci da soli. Può essere pericoloso."

L’uomo li lasciò, e i quattro rimasero da soli.

"Ma May che dobbiamo fare?"

chiese Shannon.

"Io tenterò un incantesimo arcano. Dovrete versare gli ingredienti sui quadri quando ve lo indicherò… ci vorrà molto tempo."

La ragazza incominciò a formulare parole strane in lingua antica. Shannon e Victoria intanto versavano sui quadri gli ingredienti che lei nominava… estratto di gramigna, polvere di denti di drago, foglie di loto… dopo più di un’ora si sedette esausta alla fine del corridoio. Intanto Harry era rimasto in disparte ad osservarla.

"May vuoi un po’ di acqua? Non ti senti bene?"

chiese Victoria.

"Sto bene, sono solo un po’ stanca. Ma un bicchiere d’acqua mi sarebbe d’aiuto…"

la giovane non aveva ancora finito di parlare che l’amica si era già precipitata a procurarglielo.

"Io vado a dare informazioni al padrone di casa. Dopo circa un’ora e mezza anche io se fossi in lui vorrei sapere cosa succede."

E anche Shannon sparì.

Harry si sedette accanto all’amica.

"Dimmi. Ora che devo fare?"

May lo guardò ricordandosi in quel momento della sua presenza. Prese un foglio dalla tasca e glielo passò.

"Riesci a leggerlo?"

chiese.

"Sì. È serpentese."

Affermò il giovane.

"Riusciresti a pronunciare la formula davanti ad ogni quadro senza errori?"

la ragazza era molto seria.

"Credo proprio di sì."

Lui le sorrise nel risponderle. Voleva rassicurarla.

"Bene allora siamo nelle tue mani."

La ragazza parve rincuorata. Harry allora si accinse a dire la formula. May sentiva delle parole simili a sibili giungerle alle orecchie. Victoria le portò dell’acqua, raggiunta poco dopo da Shannon.

"Vi ringrazio ragazze. Ma non abbiamo ancora finito. Ho trovato un incanto di ricerca da formulare davanti ai quadri scomparsi. Forse in questo modo riusciremo a trovare dove sono finiti…"

la ragazza porse dei fogli anche alle amiche.

Lavorarono per tutto il pomeriggio. Quattro voci si potevano udire nel corridoio, voci decise che enunciavano incantesimi misteriosi. Il sole stava già tramontando quando scesero le scale e raggiunsero il signor Thorning nel salottino.

"Noi abbiamo finito. Per ora non possiamo fare altro. Abbiamo fatto un incantesimo di ricerca. Se dovesse apparire qualcosa sui quadri spariti ci contatti immediatamente."

Disse Victoria. May se ne stava in disparte stanchissima.

"Vi avvertirò subito. Vi ringrazio…"

Pochi minuti dopo erano fuori dall’edificio.

"Noi andiamo. May torni a casa per stanotte?"

le chiese Shannon.

"No, vado ad Hogwarts."

Rispose la ragazza.

Le due allora li salutarono e partirono sulle loro scope.

May si sedette sull’ultimo scalino davanti al portone. Harry era in piedi davanti a lei.

"Sei troppo stanca per tornare ad Hogwarts. Il viaggio è troppo lungo. Permettimi di accompagnarti a casa…"

propose il giovane.

"Veramente non ho neanche la forza di alzarmi in piedi in questo momento…"

May sorrise mentre gli faceva quella confessione.

Il giovane uomo prese le due scope, poi le porse una mano aiutandola ad alzarsi. La strinse a sé e senza dire una parola si smaterializzarono.

Salve a tutti,

per prima cosa ringrazio Francys e Simone, sono felice di quello che pensate del racconto.... poi ringrazio anche chi ha letto ma non ha commentato... anche se sarei più contenta se mi lasciassero due righe con quello che pensano...

A presto

Miyan

PS: Simone io adoro il sesto libro e soprattutto il finale...

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8

CAPITOLO 8

Harry era riuscito a smaterializzarsi. Forse non era una cosa così inusuale che Potter fosse in grado di farlo, ma era comunque una cosa rara che un mago fosse in grado di farlo trasportando con sé un’altra persona… e due scope.

May riaprì gli occhi in quel momento. Non si era accorta di averli chiusi appena lui l’aveva abbracciata. E la stava ancora abbracciando. Quando la ragazza si riprese dalla sorpresa si allontanò da lui osservandolo.

"Sei proprio un auror…"

disse con voce flebile.

"Ti stupisci per questo?"

le domandò mentre appoggiava le due scope accanto alla porta con fare rilassato.

"Io credevo che fosse quasi impossibile smaterializzarsi portando qualcuno."

Sostenne la giovane rimanendo immobile ad osservarlo. Il ragazzo sorrise tornando a fermarsi davanti a lei.

"Non meravigliarti. Gli auror sono addestrati per fare cose impossibili."

Questa era la spiegazione che lui dette della cosa.

La ragazza sentì di nuovo venirle meno le forze e si sedette sulla seggiola imbottita che scorse accanto ad una cassapanca vicino alle scale ricoperte di moquette.

Harry si accovacciò accanto a lei prendendole una mano tra le sue per poterle sentire il polso.

"Il battito è molto debole…"

disse guardandola in viso

"… ti porto di sopra a riposarti."

La ragazza nel sentire quelle parole balzò in piedi.

"Non preoccuparti. Se hai una passaporta posso tornare ad Hogwarts…"

propose cercando di sorridergli.

"Sarebbe pericoloso. Rimani qui per stanotte. Domattina, se starai meglio, potrai tornare a scuola."

il ragazzo la prese in braccio per impedirle di opporsi ed incominciò a salire le scale. May sentì uno strano rumore provenire da dietro delle tende. La casa era piuttosto scura. I mobili e la struttura stessa della muratura avevano qualcosa di grottesco. Era la casa di Harry Potter, la casa di un auror, ma invece mandava una strana vibrazione oscura.

Giunti al primo piano il ragazzo entrò nella prima stanza sulla sinistra. C’era un letto matrimoniale con un baldacchino di broccato viola. Anche la moquette era di un colore molto simile. Lo stesso broccato era stato utilizzato per rivestire il divano che c’era ad un lato accanto ad un tavolino di legno intarsiato. Un armadio ed un cassettone con specchiera completavano l’arredamento. Il tutto sembrava molto vecchio, la stoffa era quasi sbiadita in alcuni punti, e il legno aveva perso la patina lucida. Ma non era trasandato, non c’era un filo di polvere.

Harry la appoggiò cautamente sul letto. May non aveva detto una parola per tutto il tragitto. Se non avesse saputo di Linda forse avrebbe sospettato che lui si fosse trattenuto dal baciarla quando le era passato a qualche millimetro dal volto nell’appoggiarla sulle coperte. Gli sorrise.

"Ti ringrazio. Ma non avresti dovuto disturbarti."

Riuscì a dire.

"Nessun disturbo. Ora riposati un po’. Ti porterò la cena più tardi."

Le disse. Poi uscì dalla stanza richiudendo la porta dietro di lui.

Si era svegliata in piena notte. Toccò le coperte accanto a lei trovandosi in un luogo sconosciuto. Si ricordò dove era. Si voltò e cercò la sua bacchetta sul comodino.

"Lumos"

accese la bacchetta e vide che sul comodino c’era una candela. La colpì dicendo…

"Incendio"

e del fuoco scaturì dalla bacchetta che accese la candela.

Si alzò dal letto e si avvicinò alla finestra. Tirò le tende e vide che dava sul retro della casa, su un giardinetto. Inconsapevolmente incominciò a lisciare le pieghe che si erano formate sulla gonna. Aveva dormito vestita e quelle ne erano le conseguenze, ma non portava le scarpe. Sicuramente gliele aveva tolte il ragazzo.

"Non aveva detto che mi avrebbe portato la cena…?"

si chiese tra sé continuando a guardare fuori.

"Mi avrà trovata completamente addormentata ed avrà pensato che fosse meglio lasciarmi riposare…"

ma intanto lo stomaco le brontolava per la fame. Con la bacchetta in mano attraversò la stanza e scese le scale cercando di non fare rumore. Giunta al pian terreno si ritrovò di fronte alla tenda da cui provenivano strani rumori nel pomeriggio. Si allontanò da essa incominciando a cercare la cucina.

Entrò nella prima stanza alla sua destra. Si trattava di un lussuoso salotto con delle vetrinette contenenti oggetti strani. Appeso al muro c’era un grande arazzo. Vi si avvicinò alzando la bacchetta che continuava ad emanare luce. Lesse dei nomi… Black… Sirius Black… allora capì dove si trovava e il motivo del mobilio di gusto tenebroso.

"Questa è la casa di Sirius Black… il padrino di Harry…"

finalmente era giunta ad una conclusione. Harry aveva ereditato quella casa ed ora ci viveva. Dopo la morte dell’Oscuro Signore tutti erano venuti a conoscenza del legame che c’era tra Black e Potter. May rabbrividì mentre leggeva quei nomi… nomi di molti mangiamorte come Bellatrix.

"Accio bacchetta"

la bacchetta le sfuggì dalle mani. Si voltò di scatto osservando nelle mani di chi sarebbe giunta. La luce di alcune candele illuminava il volto di Harry.

"Gironzoli sempre di notte nelle case di altri?"

le domandò divertito.

"Veramente no… ma stavo cercando la cucina. Avrei un certo languorino…"

si allontanò dall’arazzo e si avvicinò al ragazzo porgendogli la mano con il palmo rivolto verso l’alto attendendo che Harry le consegnasse la sua bacchetta.

Il giovane invece le prese la mano e la trascinò dietro di sé guidandola verso la cucina. La fece sedere a tavola e le chiese…

"Che vorresti mangiare?"

May ci pensò per qualche momento.

"Qualcosa di dolce… dei biscotti se ci sono"

rispose osservandolo.

"C’è di meglio…"

il ragazzo incominciò ad apparecchiare la tavola mettendo due piatti, due bicchieri e una bottiglia di latte freddo. May intanto lo guardava muoversi nella stanza, indossava dei pantaloni blu del pigiama ed una maglietta a mezze maniche bianca… e lo trovava comunque attraente.

Harry intanto aveva preso due fette di torta e l’aveva portate in tavola sedendosi accanto alla ragazza.

"Mi farò uno spuntino anch’io già che ci sono…"

e diede un morso alla torta.

May seguì il suo esempio.

"Aspetta, aspetta…"

il ragazzo balzò in piedi andando a prendere qualcosa in frigorifero. May si bloccò con la fetta a mezz’aria.

"Metti questa…"

e spruzzò della panna montata sulla fetta della ragazza per poi metterla anche sulla sua.

May finì di mangiare la sua fetta molto dopo di lui che l’aveva praticamente trangugiata. Mentre la aspettava la osservava silenzioso.

"Allora com’era?"

le chiese.

"Buona. Non dirmi che l’hai fatta tu che non ci credo!"

disse la ragazza appoggiandosi con i gomiti sul tavolo.

"No, non ne sono capace. Ma l’idea della panna è mia…"

May sorrise. Il giovane allungò una mano verso di lei passando un dito all’angolo della bocca della ragazza togliendole un baffo di panna e portandoselo alle labbra per leccarlo.

"… con la panna è ancora meglio."

Disse guardandole le labbra.

May si sentì avvampare. Sperò che la semioscurità attenuasse la visuale della sua faccia rossa. La situazione era troppo ambigua. Si alzò in piedi.

"Ora sono proprio piena. Ti ringrazio. Ci vediamo domani mattina… e grazie ancora per il disturbo."

Affermò lasciando la cucina.

"A domattina…"

le disse Harry.

Si svegliò al mattino, la luce filtrava già dalle finestre. Ciò significava che era già tardi. Prese il vestito che aveva appeso nell’armadio dopo il suo spuntino notturno. Aveva ancora qualche grinza ma poteva andare lo stesso. Dopo essersi lavata e vestita si guardò nella specchiera. Aveva i capelli arruffati. Li sciolse facendo passare le dita tra le ciocche nel tentativo di pettinarli in qualche modo. Poi racchiuse i riccioli in una coda alta che risolveva il problema delle pieghe che avevano preso nella notte. Si guardò in giro cercando la sua bacchetta e si ricordò che la notte precedente non l’aveva ripresa dalle mani del padrone di casa. Sicuramente ce l’aveva ancora lui.

Uscita dalla stanza che aveva occupato, dopo aver sistemato il letto, scese le scale. Quando arrivò alla fine vide che la tenda era aperta e mostrava un quadro di una donna arcigna che appena la vide si mise a gridare.

"Fuori da casa mia! Come vi siete permessi di metterci piede? Ma ve la farò pagare…"

urlava indicandola. May se ne stava immobile davanti al quadro non sapendo cosa fare. In quel momento Harry la raggiunse.

"Signora Black non ha ancora capito che questa casa è mia… e la smetta per una buona volta!"

le disse bruscamente chiudendo le tende davanti al quadro. Poi si voltò verso di lei.

"Spero non ti abbia spaventata. È che di solito le apro le tende al mattino per farle prendere un po’ di aria…"

si giustificò il giovane assicurandosi che la ragazza non fosse troppo impaurita.

"Mi ha solo presa di sorpresa…"

la ragazza gli sorrise.

"… è possibile fare colazione?"

domandò fissandolo negli occhi.

"Certo. Vieni…"

rispose il ragazzo e raggiunsero insieme la cucina. May si avvicinò ai fornelli e prese un po’ di tè che era già nel bollitore poi si sedette a tavola. Il ragazzo le porse un contenitore con dei biscotti.

"Grazie."

Ringraziò poi incominciò a mangiare.

"Hai ancora la mia bacchetta… me la potresti ridare?"

gli domandò tra un sorso ed un altro.

"Non hai ancora imparato che non bisognerebbe mai separarsene?"

le chiese divertito.

"Oh, lo so bene. Ma non avrei corso nessun pericolo stanotte. Sono nella casa di un auror…!"

rispose la ragazza mettendosi in bocca un pezzo di biscotto.

"Tieni…"

il ragazzo le porse la bacchetta togliendola dalla tasca.

May la prese e la appoggiò accanto a lei. Poi guardò l’ora all’orologio a pendolo presente nella stanza.

"Le nove e mezza!"

balzò in piedi.

"Mamma se è tardi!"

prese la tazza e la mise nel lavello.

"Devo scappare. Ho lezione alle dieci!"

si voltò verso il ragazzo.

"Lascia perdere. Hai la mattinata libera. Ho avvertito Silente."

Harry si era proprio preoccupato di tutto.

"E tu? Non vai a lavoro oggi?"

gli chiese curiosa.

"Ho preso due giorni di ferie, non sapevo se per aiutarti mi sarebbe bastato ieri…"

il ragazzo aveva la risposta pronta per ogni domanda che lei gli porgeva.

"E che faccio adesso?"

si domandò ad alta voce la ragazza. Si avvicinò di nuovo al lavello ed incominciò a lavare le tazze del tè.

"Non ce n’è bisogno May…"

il ragazzo tentò di farla smettere.

"Ci metto un minuto. Per me è un piacere. Sei stato gentile a prenderti cura di me…"

gli sorrise ringraziandolo.

Il ragazzo le passò una mano sulla testa scuotendole i capelli in quel gesto affettuoso che di solito si fa ai bambini.

"Per te questo ed altro."

Le disse poi.

La ragazza intanto aveva appoggiato le tazze e si era asciugata le mani con l’asciugamano.

"Avrei una commissione da fare. Avresti voglia di accompagnarmi?"

le chiese guardandola negli occhi.

La ragazza pensò che non aveva altro da fare ed accettò.

Camminavano per le strade di Londra mescolandosi con i babbani. May li conosceva bene, anche se era una purosangue come avrebbero affermato i serpeverde. Alcuni suoi parenti dalla parte di sua madre erano babbani.

Per poter passare inosservata aveva abbandonato l’abito lungo in casa di Harry che le aveva gentilmente prestato una gonna a pieghe che aveva dimenticato qualcuno in uno degli armadi della casa, probabilmente Hermione o Ginny. Si infilò anche un cappotto di lana grigio, ed era una perfetta babbana.

La gente accanto a loro camminava velocemente, erano tutti di fretta. May si trovò ad osservarli, domandandosi perché i babbani fossero sempre di corsa. Loro due invece camminavano vicini con passo lento, in silenzio.

"Ecco, siamo arrivati!"

le disse Harry attirando la sua attenzione. May vide un muro davanti a lei con dei cassoni dello sporco davanti.

"Qui?"

domandò perplessa.

"sì…"

confermò il giovane.

Harry si guardò in giro e vide che non c’era nessuno. Quindi prese la sua bacchetta e bussò due volte sul muro dove c’era un graffito colorato. In pochi secondi il muro sparì alla loro vista e comparve un giardino con un vialetto che conduceva ad una casa. May percorse il vialetto accanto al giovane. Quando giunsero davanti alla porta non dovettero nemmeno bussare che una giovane donna dai corti capelli neri aprì loro la porta.

"Harry… ti stavamo aspettando!"

lo salutò sorridendo per poi spostare la sua attenzione sulla ragazza.

"Ciao…"

la salutò, e May fece altrettanto.

"Lei è May Pereights… una mia amica."

La presentò Harry.

"Piacere di conoscerti. Io sono Kirsten… ma accomodatevi che chiamo mio marito."

La donna li fece sedere in un salotto piuttosto moderno per essere una casa di due maghi.

"Posso offrirvi da bere?"

chiese loro.

"Grazie Kirsten. Se hai del succo di zucca per me andrebbe bene…"

disse Harry sedendosi accanto a May sul divano.

"E per te May?"

domandò la donna che doveva avere più o meno la stessa età di Harry.

"Anche per me lo stesso."

Rispose May osservando la donna.

"Allora vado a chiamarlo e vi porto da bere."

E sparì nel corridoio.

"Bella casa…"

si azzardò a dire la giovane.

"Molti la trovano troppo babbana ma anche a me piace!"

affermò il ragazzo.

"Harry… finalmente. Temevo che fossi stato catturato dall’Oscuro Signore!"

disse il padrone di casa.

May alzò lo sguardo e si trovò davanti Oliver Baston. Ci mancò poco che le venisse un infarto per la sorpresa.

L’uomo di qualche anno più grande di Harry si avvicinò al ragazzo abbracciandolo.

"Lo sai che sono sempre impegnato al ministero. Ma oggi avevo un giorno di pausa e ho colto l’occasione per venire a trovarti."

Disse Harry per poi voltarsi verso May. Anche Oliver la vide.

"E per fare colpo su una graziosa ragazza accompagnandola a casa di un grande giocatore di Quiddich!"

affermò facendo l’occhiolino all’amico per poi porgere la mano a May.

"Piacere signorina… io sono Oliver Baston!"

si presentò anche se non ce n’era bisogno.

May strinse la mano dell’uomo sorridente.

"Piacere mio signor Baston. Io sono May Pereights. Mio fratello ed io siamo suoi tifosi da moltissimo tempo…"

disse la ragazza ancora incerta che fosse realtà.

Si accomodarono di nuovo, i due sul divano, Oliver sulla poltrona ed arrivò anche Kirsten che portò loro il succo di zucca.

"Sai May, Oliver e Kirsten si sono sposati l’autunno scorso…"

spiegò Harry.

"Ed Harry mi ha fatto da testimone."

Completò Oliver. Kirsten si sedette sul bracciolo della poltrona del marito che le fece passare un braccio attorno alla vita.

"Dimmi May, cosa fai nella vita?"

le chiese la donna.

"Ho una piccola azienda con due mie amiche, ci occupiamo di incanti oscuri ed animali rari… risolviamo vari problemi…"

cercò di spiegarsi la giovane.

"… ed è anche professoressa di Difesa contro le Arti oscure ad Hogwarts."

Concluse Harry per lei temendo che la ragazza non dicesse per timidezza dell’importante incarico che aveva.

"May posso chiederti quanti anni hai?"

le domandò Oliver incredulo.

"Faccio ventun’anni fra poco più di un mese…"

la ragazza abbassò gli occhi imbarazzata.

"Complimenti allora. Sei molto brava!"

disse Kirsten.

"Ti ringrazio…"

rispose rossa in viso. Harry se ne accorse e cercò di cambiare argomento.

"Allora Oliver, sei pronto per la partita di domenica?"

chiese all’amico.

"Prontissimo. Il pubblico di Londra è tra i migliori. Verrai a vedermi?"

domandò ad Harry.

"Purtroppo non posso."

Negò il giovane.

"Anche alcuni studenti di Hogwarts saranno presenti."

Dichiarò la giovane.

"Davvero? Silente ha dato il permesso?"

chiese sorpreso il giovane.

"Mio fratello ed altri hanno insistito tanto e alla fine ha ceduto. Purtroppo mio fratello non potrà venire…"

disse May.

"Come mai? Mi pareva gli interessasse molto."

Domandò Kirsten.

"Si è slogato una spalla durante una partita di Quiddich e deve rimanere a letto per due settimane. Povero Gary. È molto dispiaciuto."

Anche la ragazza era delusa come il fratello.

"Aspetta un attimo. Posso fare qualcosa per lui."

Oliver si alzò e lasciò il salotto per qualche minuto poi vi ritornò con i suoi guanti in mano, una penna e dell’inchiostro indelebile. Firmò entrambi i guanti e li porse alla ragazza.

"Portali a tuo fratello. Sono i miei guanti. Ma ormai sono vecchi e dovevo comunque cambiarli."

Infatti erano sdruciti e macchiati. Ma per May erano un tesoro prezioso.

"Ti ringrazio. Ne sarà felicissimo. Anche lui è un portiere… "

non sapeva più che dire.

Rimasero ancora per qualche minuto poi li salutarono ed uscirono di nuovo in strada.

Camminavano fianco a fianco senza parlare. May lo prese sottobraccio raggiante.

"Ti devo ringraziare. Non sai quanto sia importante per me aver conosciuto Oliver Baston, e poi questo regalo per mio fratello…"

osservò estasiata la sua borsa che conteneva i guanti.

Casa Black, ora casa Potter, era ancora più oscura visto che avevano chiuso le tende di ogni finestra. May si domandò come faceva Harry a viverci. Entrarono nell’edificio che era quasi mezzogiorno. May si fermò all’ingresso.

"Io vado a cambiarmi e poi parto subito per Hogwarts. Così arriverò in tempo per la lezione del pomeriggio…"

si avviò verso le scale ma Harry la richiamò.

"Non ti fermi a mangiare un boccone prima di partire?"

le chiese speranzoso.

"Mi piacerebbe, ma devo proprio andare."

May sorrise e proseguì lungo le scale.

Quando scese dopo una decina di minuti Harry la stava aspettando alla porta dell’ingresso con la scopa della ragazza in mano.

"Allora ciao!"

gli disse sorridente.

"Ciao e non lasciare passare ancora due mesi prima di farti rivedere…"

le disse lui porgendole la scopa.

"Ti ringrazio ancora per tutto quello che hai fatto per me!"

lo abbracciò e lui ricambiò l’abbraccio.

"Un’ultima cosa. Ti consiglierei di smaterializzarti fino ad Hogsmeade poi potrai raggiungere la scuola volando."

Le disse ancora. Poi lei gli sorrise e si smaterializzò davanti ai suoi occhi.

Riapparve ad Hogsmeade nella via in cui lo aveva incontrato qualche tempo prima. Inforcò la sua scopa e si diresse verso Hogwarts. Appena arrivata salì dal preside per constatare la sua presenza, poi scese in sala grande dove il pranzo era quasi terminato. Mangiò qualcosa e poi si diresse verso la sua aula pronta per la lezione del pomeriggio.

Ciao a tutti,

per prima cosa ringrazio Manny, simone e Francys per i commenti... continuate a commentare mi fa molto piacere!!!

Ah Francys... è vero Max è proprio affascinante, ma è così che volevo renderlo!!!!

Se qualcun'altro volesse unirsi a loro anche per fare delle critiche costruttive è ben accetto...

un bacio a tutti

Miyan

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


CAPITOLO 9

CAPITOLO 9

Sette giorni. Già. Mancavano solo sette giorni al suo ventunesimo compleanno. I due anni precedenti lo aveva festeggiato a casa con i suoi genitori ed i suoi parenti con una cena sontuosa, per poi sparire nella notte con le sue amiche per svagarsi un po’.

Per sette anni li aveva festeggiati ad Hogwarts ed ognuno di essi era stato meraviglioso. Come era usanza nella loro stanza, quando compiva gli anni una di loro, la notte prima rimanevano sveglie fino a mezzanotte ed appena questa scoccava le altre tre saltavano nel letto della festeggiata e le davano i loro regali. Il giorno dopo arrivavano anche gli altri amici con un pensierino, persino quelli più grandi le facevano gli auguri e per lei era una giornata meravigliosa.

Anche marzo stava per finire, il tempo era migliorato. Il gelo aveva lasciato il posto ad un’aria fresca che però non era fastidiosa più di tanto. Le giornate erano più luminose, il sole aveva cominciato a rallegrare il cielo. Per lei era un bel periodo.

Quel giorno passeggiava per il parco da sola, immersa nei suoi pensieri, durante la pausa del pranzo. Non aveva mangiato molto ed era subito uscita all’aria aperta. Pochi avevano avuto la stessa idea. Intravide solo tre o quattro ragazzi che si stavano dirigendo verso il lago. Non aveva voglia di richiamarli. Erano tutti dell’ultimo anno. Pensò che erano grandi abbastanza per badare a loro stessi.

Si sedette vicino ad un grande albero e ascoltò l’aria che fluiva tra i rami ancora spogli. Un battito d’ali la raggiunse. Alzò gli occhi e vide Shade che le lasciò cadere una busta in grembo. Era una busta di carta elegante, l’indirizzo era scritto con una bella calligrafia. Shade planò e si fermò a terra avvicinandosi a lei. La ragazza le fece una carezza sulla testa con un dito per essere il più leggera possibile. Poi tornò a guardare la busta. Non riusciva ad immaginare di chi potesse essere. L’aprì, era l’unico modo per scoprirlo.

Cara May,

è da moltissimo che non ci vediamo, quasi due mesi, ma non pensavo che il mio impegno all’ambasciata mi potesse portare via così tanto tempo. Se ti dicessi che non ho nemmeno pochi minuti per me non mi crederesti, ma ti assicuro che è la verità.

Speravo di ricevere una tua lettera. Da quando ho lasciato Hogwarts non ho più avuto tue notizie. Penso che tu sia arrabbiata per quella sera. So di essere stato troppo sfacciato. Ho tenuto un comportamento non adatto ad un ambasciatore. Devi comunque tenere conto che sono giovane, ho solo ventisei anni, ed anche a me piace divertirmi. Anche io posso provare attrazione per qualcuna. In quel momento non ragionavo.

Tra qualche giorno sarò di nuovo in visita alla tua scuola. Ho pensato di avvertirti, così non saresti stata sorpresa nel rivedermi girare per i corridoi. Sarà comunque una questione di pochi giorni.

Ci vediamo presto

Max Greenflame

May si era quasi dimenticata di quella faccenda. Non era arrabbiata con lui, in fondo quello che le aveva detto era la verità: non era capace a divertirsi, e ne aveva bisogno.

Piegò il foglio e lo mise nella sua busta per poi metterlo nella tasca della gonna scura. Chiuse gli occhi decidendo di non pensarci. Quando lo avrebbe rivisto avrebbe capito se realmente per lei non c’era nessun problema o se invece la irritava. Di certo non avrebbe potuto impedirgli di venire nella sua scuola. Lui era l’ambasciatore tedesco in Inghilterra, tutti pendevano dalle sue labbra, non si poteva rischiare un incidente diplomatico.

Rivide gli occhi azzurri del giovane che la fissavano nell’oscurità. Rivide anche quelli verdi di Potter. Le piacevano entrambi ma in due modi diversi. Max era elegante, altezzoso e a volte strafottente, la scuoteva cercando di cambiarla ed aveva degli occhi che sembravano leggerle dentro. Harry era gentile, premuroso, a volte enigmatico e soprattutto si fidava di lui ciecamente, ma anche fisicamente non le dispiaceva con quelle mani grandi ed affusolate, le piccole fossette che gli si formavano agli angoli della bocca quando sorrideva.

Portò le mani sul capo facendo passare le dita nei capelli. Era troppo confusa.

Guardò l’orologio. Era quasi ora di riprendere le lezioni. Si alzò in piedi e si diresse verso la scuola. Passò accanto al lago e vide che i quattro ragazzi stavano tornando anch’essi all’edificio principale.

Appena varcato il portone vie il fratello davanti a lei che stringeva una busta in mano sorridente.

"May… è tutto merito tuo!"

e la abbracciò in mezzo a tutti.

Lei gli lanciò un’occhiataccia.

"Ma che ti prende?"

gli chiese osservando la lettera che gli porgeva il ragazzo.

"Oliver Baston mi ha invitato a vedere la finale di Quiddich il venticinque di giugno. Mi ha scritto che se la sua squadra dovesse arrivare in finale potrò vedere la partita dagli spalti con sua moglie, altrimenti ci sarà anche lui con noi."

Era euforico.

"Sono contentissima. Te l’avevo detto che era un tipo molto gentile!"

disse la giovane sorridendo al fratello.

"Posso portare tutti gli amici che voglio… ha detto che non è un disturbo. Andrew, Neil e Micheal non stanno più nella pelle. Se vuoi unirti a noi c’è ancora posto!"

le propose Gary.

"No non posso. È la tua giornata… e poi io sono stata a casa sua!"

lo prese in giro.

"Ed ora vai in classe. Anzi corriamo che sono in ritardo anche io!"

disse la ragazza, ed i due partirono velocemente in due direzioni opposte.

Mancavano due giorni al suo compleanno. Ormai faceva il conto alla rovescia. Mancava poco che si mettesse a contare anche le ore. A volte era un po’ infantile, ma non le importava.

Quel mattino scese le scale a tarda ora. Quel giorno avrebbe avuto solo una lezione nel pomeriggio, ciò significava mattinata libera e lei ne trascorse metà a dormire profondamente.

Era appena giunta in fondo alle scale quando si trovò davanti Max Greenflame e la sua segretaria, una giovane donna dai lunghi capelli neri e lisci che portava raccolti, e occhi grigi come la cenere. Il professor Vector stava facendo gli onori di casa e li stava conducendo all’ufficio di Silente. Le passarono accanto e Max la salutò con un flebile "Ciao…" ma aveva gli occhi luminosi. Lei gli fece un sorriso e lo salutò con un austero "Buongiorno…"

Era uscita nel parco ed aveva raggiunto il campo da Quiddich. Tutti gli studenti erano a lezione, quindi non c’era nessuno che si stesse allenando. Salì sugli spalti e si sedette osservando il paesaggio sottostante.

"Mi sembri triste…"

udì una voce dietro di lei.

Non ebbe nemmeno bisogno di voltarsi, lo aveva riconosciuto.

"Sono solo un po’ stanca. Ho molto lavoro da fare e poco tempo per me…"

rispose mentre l’uomo si andava a sedere accanto a lei.

"Hai usato una mia frase… vedo che non sono l’unico ad essere impegnato…"

disse il giovane fissando i suoi occhi azzurri sul volto dalla pelle candida della ragazza.

"Tra la scuola e l’azienda, la mia giornata dovrebbe durare quarantotto ore non ventiquattro!"

disse sorridendogli e voltandosi verso di lui.

"E tu come stai?"

gli domandò.

"Diciamo abbastanza bene. Questi giorni che trascorrerò nella scuola sono una specie di vacanza, anche se di lavoro!"

Max le sorrise.

"Come mai sei venuto?"

chiese curiosa.

"C’è un consiglio e mi hanno chiesto di parteciparvi…"

rispose il giovane.

"Un consiglio? Strano che Silente non abbia detto niente a noi professori. Di solito si raccomanda di essere indulgenti con Draco Malfoy…"

affermò May.

"Ne ho sentito parlare. Pare il che signor Malfoy goda di una pessima reputazione. È normale per chi discende da una famiglia di mangiamorte…"

la ragazza non lo aveva mai sentito accennare a nulla che fosse collegato a Lord Voldemort.

"Non credo che sia per quello. È perché si rende odioso da solo."

Dichiarò la ragazza.

"Posso chiederti in che rapporti siamo?"

domandò il giovane continuando ad osservarla.

"Direi buoni. Non siamo amici?"

la ragazza rimase sul vago. Anche lei non sapeva bene cosa dire.

"Credo di sì."

Rispose seriamente l’ambasciatore.

"Dai cambiamo argomento. Ho visto che questa volta sei venuto con una donna…"

May voleva sapere chi fosse.

"Rebecca. Rebecca Kitties, è la mia segretaria all’ambasciata. Una brava ragazza."

Max si domandava quanto profonda era la curiosità della ragazza.

"Me la presenterai… sembra abbastanza simpatica."

Disse May indifferente.

"Oh, sì è simpatica per quello che posso vedere sul lavoro. Non posso dire di conoscerla molto."

Affermò Max.

"Scusa, ma il consiglio per quando è convocato?"

domandò ancora ritornando sull’argomento.

"Stasera dovrebbero arrivare tutti i consiglieri. Perché?"

chiese lui.

"Dovrebbe arrivare anche un mio amico."

Rispose la ragazza.

"Chissà se Harry verrà di nuovo al consiglio. Strano che non mi abbia detto nulla…"

La sera a cena la tavolata dei professori era affollata. Oltre ad essi erano presenti Max e la sua segretaria, Malfoy e una sua amica, Harry e Linda, e un’altra decina di persone. May si sentiva a disagio. Appena finito di mangiare si diresse verso l’ufficio di Gazza per controllare i turni di controllo. Quella notte sarebbe toccato a lei.

Decise di tornare in camera sua per farsi almeno un bagno prima di cominciare ed incrociò Max. Non era un incontro casuale. Il giovane la stava attendendo davanti alla porta della sua stanza. Era appoggiato al muro con le mani nelle tasche dei pantaloni. Appena la vide si avvicinò a lei di qualche passo.

"Ciao May…"

la salutò.

"Ciao Max."

"Te lo ripeto, sembri triste. Vuoi dirmi che ti prende?"

le domandò fissandola, cercando di leggere nei suoi occhi la verità.

"Non so neanche io. Diciamo che ho avuto una strana sensazione per tutta la cena."

Cercò di spiegarsi lei.

"Ed è per questo che sei scappata subito dopo?"

la ragazza aveva il volto abbassato.

"Veramente dovevo passare da Gazza perché stasera sono di turno per la vigilanza."

L’uomo le fece alzare lo sguardo facendole pressione sotto il mento.

"Sicura?"

ora si guardavano dritti negli occhi.

"Sì, tutto a posto…"

gli sorrise per rassicurarlo.

Max gli fece una carezza sul viso. In quel momento arrivava Harry con Linda, lei lo teneva per il braccio.

"Ciao May…"

disse la bionda nel vederla. Harry la guardava silenzioso.

"Ciao Linda. Ciao Harry…"

nel salutarli si spostò da Max, cosciente che erano troppo vicini.

"Cosa avranno pensato quei due?"

Questi si avvicinarono ancora a loro. Linda fissava Max.

"Credo che voi conosciate già l’ambasciatore tedesco Max Greenflame…"

lo presentò la ragazza.

"Sì, lo conosco di fama. Io sono Harry Potter…"

il ragazzo tese la mano al giovane, ma la sua voce era suonata fredda alle orecchie di May.

Max strinse la mano dell’auror con decisione.

"Il piacere mio. È un vero piacere conoscere l’acerrimo nemico di Lord Voldemort…"

anche gli occhi di Max parvero freddi.

May non riusciva a comprendere cosa stesse succedendo. Non capiva se era solo una sua suggestione o realtà.

Max si voltò verso la bionda ragazza che gli stava sorridendo.

"E lei signorina?"

le domandò porgendole la mano.

"Io sono Linda Thorning… auror del ministero."

Gli occhi chiari della giovane non si staccarono un minuto da quelli azzurri dell’uomo.

"Molto lieto."

Cadde un silenzio imbarazzante.

"Conosce da molto la professoressa?"

domandò Linda.

"Da qualche mese. È stata così gentile da accompagnarmi in ogni mio spostamento ad Hogwarts durante la mia permanenza qui a Gennaio."

Spiegò l’uomo. Intanto Harry non perdeva una parola di questi ma continuava a guardare May.

"Siamo diventati subito amici. Come sapete in questa scuola ci sono ragazzini e persone molto adulte, era l’unica che aveva un’età vicina alla mia. E poi è una persona interessante…"

Max la stava adulando. May si sentiva a disagio ed Harry non le toglieva gli occhi di dosso.

"Ha ragione, è proprio una ragazza interessante. Ha moltissimi interessi, per poterla conoscere davvero bisognerebbe trascorrere con lei il più tempo possibile…"

Harry era intervenuto dicendo il suo punto di vista.

"Ma ora dobbiamo andare Harry, altrimenti domani mattina non saremo in piedi per il consiglio delle otto e mezza."

Disse Linda prendendo il ragazzo per una mano e tirandolo.

"Già, è meglio andare. Buonanotte a voi."

Disse anche Harry allontanandosi.

Rimasero May e Max davanti alla porta della stanza della ragazza.

"Ecco, così ho perso dieci minuti in chiacchiere e tra cinque minuti comincia il turno!"

May sbuffò.

Max si avvicinò a lei divertito.

"Se vuoi ti do una mano a lavarti, faremmo prima…"

le disse ridendo.

"Sparisci.."

gli rispose ridendo anch’essa, ben conscia che anche se l’aveva detto scherzando un fondo di verità era presente in quella frase.

Il ragazzo si allontanò e lei entrò nella sua stanza.

Camminava lentamente per i corridoi, una lampada in mano che teneva alzata per poter fare luce, la bacchetta nell’altra mano, pronta per essere utilizzata. Era tutta notte che si aggirava per i corridoi controllando che tutto fosse calmo ed era molto assonnata. Si sedette per qualche minuto su uno scalino della scalinata che conduceva al piano inferiore. Era molto stanca, ma non poteva permettersi di riposarsi o il sonno avrebbe avuto il sopravvento.

Sbatté le palpebre per riprendersi un po’, poi si rialzò dal posto comodo che aveva trovato per sedersi e riprese a scendere le scale. Guardò l’orologio. Erano le quattro passate. Ancora due ore, doveva riuscire a resistere. Si diresse verso il bagno dei professori e vi entrò. Aprì l’acqua lasciandola scorrere mentre si guardava allo specchio di fronte a lei. Aveva delle occhiaie nere che difficilmente sarebbero passate inosservate il giorno successivo. Mise le mani sotto l’acqua fredda e poi si bagnò il viso. Il contatto con il liquido la fece riprendere un po’.

Lasciato il bagno riprese a percorrere i corridoi. Scese al piano terra. Camminava lentamente passando da una stanza all’altra. Percorse tutto il perimetro della sala comune. Era strano vederlo spoglio e scuro… di solito era pieno di vita e di luce.

Continuò nella sua perlustrazione. Intravide Pix. Questi nell’accorgersi della presenza della professoressa si bloccò rimanendo immobile. La giovane gli si avvicinò.

"Pix, che stai combinando?"

gli domandò con voce autoritaria.

Questi assunse un comportamento sottomesso.

"Nulla professoressa. Proprio nulla…"

rispose con voce gentile.

May lo guardò di traverso per poi allontanarsi.

"Guai a te. Se scopro che hai fatto uno dei tuoi scherzi te la faccio pagare. Mi hai capita?"

affermò oltrepassandolo.

Il folletto parve sollevato nel vederla allontanarsi.

"Va bene professoressa…"

rispose accondiscendente ma in realtà aveva in mente un bello scherzetto per degli studenti che lo avevano irritato il giorno prima.

La ragazza fece finta di credergli per poi avvicinarsi all’aula di pozioni. Questa aveva la porta chiusa come tutte le altre aule. Le passò davanti con passo leggero. Ma l’aveva appena sorpassata quando sentì un rumore provenire dall’interno. Si ricordò che una scena simile era successa qualche tempo prima nella sua aula.

Tornò sui suoi passi e puntò la bacchetta sulla serratura della porta.

"Alohomora"

pronunciò la formula e la porta si aprì.

Intanto il rumore che proveniva dall’interno della stanza era cessato.

Fece un respiro profondo ed aprì la porta. Non ebbe il tempo di guardare all’interno che qualcuno le fece cadere la lampada dalle mani, spegnendola, e la spintonò facendola cascare a terra. Sbatté la testa perdendo conoscenza.

Quando aprì gli occhi le doleva la testa. Si portò una mano sul capo e sentì una botta. Il corridoio era immerso nell’oscurità. Mise la mani a terra cercando di fare pressione e potersi mettere a gattoni. Dopo un po’ ci riuscì ma sentiva di avere un equilibrio precario. Cercò a tastoni la sua bacchetta che doveva essere caduta accanto a lei. Quando riuscì a trovarla l’accese con il lumos e finalmente poteva vedere una parte del corridoio.

Si appoggiò al muro per recuperare le forze. Aveva la vista appannata e il capo continuava a farle male. Cercò di alzarsi in piedi ma non ci riusciva. Chiuse gli occhi e si addormentò.

Aprì di nuovo gli occhi e cercò di concentrarsi sull’orologio per riuscire a capire che ore fossero. Erano le sei. Sicuramente la professoressa Sprite si era già alzata perché toccava a lei tenere d’occhio i corridoi da quel momento fino all’inizio delle lezioni. Sperò che la trovasse alla svelta.

Quando la donna se la trovò davanti con il volto bianco come un cencio e seduta per terra le corse subito incontro aiutandola ad alzarsi.

"Professoressa Pereights ma cosa è successo?"

le domandò preoccupata.

"Qualcuno si è introdotto nell’aula di pozioni. Bisogna avvertire immediatamente il preside."

Rispose la ragazza mentre si appoggiava al muro con una mano ed era sorretta dalla donna.

"Adesso è meglio che la porti in infermeria poi rintraccerò il preside…"

ed insieme si avviarono verso l’infermeria. La ragazza franò sul letto sentendosi finalmente al sicuro mentre l’infermiera la curava.

Intanto la professoressa Sprite correva ad informare Silente.

Fortunatamente non era nulla di grave. Aveva solo una botta in testa. Doveva rimanere a letto per quel giorno, il mattino successivo avrebbe potuto riprendere le sue lezioni. Aveva dormito per tutta la mattina, le era stata somministrata una pozione soporifera che l’aveva fatta riposare. Quando si svegliò si sentiva già meglio. Ma era preoccupata per quello che era successo.

Qualche ora dopo il suo risveglio il preside le venne a fare visita. Prese una seggiola e si sedette accanto al suo letto.

"Mi dica May, come sta?"

Le domandò.

La ragazza si ritrovò a pensare che l’anziano l’aveva chiamata per nome anche se le dava sempre del lei.

"Meglio. Ma l’importante non è la mia salute, ma la presenza dell’intruso."

Disse la ragazza preoccupata.

"Sono qui per questo. Mi racconti."

L’uomo si sistemò gli occhiali a mezzaluna e si concentrò sul racconto della ragazza. Questa gli spiegò nei minimi particolari quello che era successo, quello che riusciva a ricordarsi.

L’anziano pareva preoccupato.

"E mi dica, cosa le ha fatto pensare che non fosse uno dei nostri studenti che cercava i compiti di pozioni?"

le chiese quando la ragazza ebbe finito di raccontare.

"Era un uomo. Ne sono quasi sicura. Era troppo forte. Certo poteva essere uno degli studenti dell’ultimo anno, ma ho questa sensazione…"

la ragazza ne aveva la certezza, ma non aveva prove a suo favore.

"Capisco. Non ha nient’altro che possa riferirmi?"

chiese l’uomo alzandosi.

"Mi è successa una cosa simile qualche tempo fa, sempre in una delle notti che ero di sorveglianza. Ho trovato la porta della mia aula forzata e tutti i fogli sulla mia scrivania in disordine. Sul momento ho pensato che fosse stato un uccello che ho trovato nella stanza a metterli in disordine… ma come si spiega la porta aperta?"

May era preoccupata. Ed anche Silente lo era.

"Ci lavoreremo. Ora pensi a riposarsi…"

la salutò e lasciò la stanza.

Dopo qualche minuto, aveva gli occhi chiusi, sentì una voce.

"May sei sveglia?"

la ragazza aprì gli occhi e vide due profondi occhi verdi che la fissavano.

"Ciao Harry…"

lo salutò con voce flebile. I rumori le davano ancora un po’ di fastidio.

Il ragazzo si sedette sul letto accanto a lei e le prese una mano tra le sue.

"Possibile che ti cacci sempre nei guai!"

le disse sorridendole.

"Non è colpa mia. Se solo riesco a prenderlo lo sistemo per le feste!"

la ragazza era furiosa.

"La cosa è molto strana. Hogwarts è super protetto… come ha fatto ad entrare?"

ragionò ad alta voce il giovane.

"A meno che non fosse già dentro…"

insinuò la ragazza.

I due rimasero a guardarsi per qualche minuto. La presenza dell’auror rassicurava la professoressa. In quegli occhi sinceri riusciva a leggervi apprensione ed affetto verso di lei. E le sue mani non avevano lasciato la sua nemmeno per un secondo, stringendola ed accarezzandola.

"Stai bene?"

le chiese.

"Solo un po’ di mal di testa. Ma domattina dovrebbe essere tutto risolto."

Rispose May.

"Non sforzarti mi raccomando… Ora devo andare. Tra poco riprende la riunione del consiglio. Peccato che tu non ci possa essere questa sera per il grande banchetto!"

le disse sorridente.

"Oh, lo sai che non mi piacciono molto… e poi meno vedo Malfoy meglio è!"

affermò ironicamente.

Il ragazzo si alzò dal letto slacciando le sue mani da quelle della ragazza. Si salutarono ed uscì dall’infermeria.

Ciao a tutti, per prima cosa vorrei ringraziare chi legge... spero che il mio racconto vi piaccia... poi rispondo ai commenti che mi sono stati fatti...

per prima a Francys, lo so che Max è un gran bel personaggio... ma che dire sono contenta di averlo reso così, il mio intento era proprio farlo risultare affascinante ed interessante... =)... commenta ancora mi raccomando

a simone voglio dire solo una cosa... non ti è mai capitato che ti piacciano contemporaneamente due persone? Pensaci un po' su... e grazie per i commenti, sono sempre ben accetti...

a Manny... allora ho aggiornato abbastanza presto?... non preoccuparti se sembravi fatta... è bello essere allegri come te... dormi un po' di più però la prossima volta... attendo anche tuoi commenti... e grazie mille

un bacio a tutti

Miyan

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


CAPITOLO 10

CAPITOLO 10

May si svegliò quel mattino non avendo più dolori alla testa. Certo si sentiva ancora un po’ strana, ma era abbastanza in forze per alzarsi dal letto e lasciare l’infermeria. Ed in più il suo umore era alle stelle. Era il giorno del suo ventunesimo compleanno e qualsiasi cosa brutta fosse accaduta non le avrebbe rovinato la giornata.

Dopo essersi preparata lasciò l’infermeria con la raccomandazione da parte di Madama Chips di non sforzarsi troppo. Questa promise di riguardarsi e pochi minuti dopo stava scendendo le scale per raggiungere la sua aula. Il via vai di studenti intasava i corridoi. Molti dei suoi alunni erano già in aula ed anche lei era quasi arrivata. Vide in piedi accanto alla porta il fratello. Si fermò davanti a lui sorridendogli.

"Ciao Gary…"

il ragazzo dai profondi occhi scuri, quasi neri, ed i capelli un po’ lunghi la guardò rispondendo al sorriso.

"Auguri sorellina. Scusa se non sono venuto a trovarti ieri, ma non mi è stato dato il permesso."

Disse il ragazzo.

"Non importa."

Affermò la giovane.

Il ragazzo le porse un pacchetto con un fiocco rosso.

"Tieni. Spero ti piaccia… ma non darmi il bacio davanti a tutti o mi metti in imbarazzo!"

la giovane si trattenne. Prese il pacchetto e lo aprì. Era un braccialetto d’argento molto fine e lavorato.

"Grazie fratellino…"

gli sorrise dissuadendosi dall’abbracciarlo.

Poi il giovane scappò dicendo che dopo pochi minuti avrebbe avuto lezione con Piton e non poteva rischiare di arrivare in ritardo.

Anche la giovane tornò ai suoi doveri. Entrò in aula e la trovò perfettamente in silenzio. Gli studenti occupavano i loro posti e nel vederla la salutarono.

All’ora di pranzo raggiunse il salone e si sedette al proprio posto. Vide Harry che la salutò, poi intravide Max, ma questi era impegnato a discutere con un uomo di cui non si ricordava il nome, ma comunque uno dei membri del consiglio.

Aveva il pomeriggio libero. Tornò in camera sua e trovò alcuni pacchetti da parte di amici e parenti. Li aprì ad uno ad uno e poi scrisse vari biglietti di ringraziamento. Shade avrebbe dovuto lavorare un po’.

Prese un mantello leggero e scese nel parco. Questo era deserto in quanto gli studenti erano tutti a lezione, ed i membri del consiglio si stavano consultando. Passeggiò per parecchio tempo in lungo ed in largo fermandosi ogni tanto ad osservare qualche gemma che stava nascendo sulle piante. La primavera stava arrivando e l’aria era profumata di terra.

Alla fine andò a sedersi sotto il suo albero preferito e incominciò a leggere un libro che si era portata. Rimase così per ore ed ore accorgendosi del tempo che passava solo quando fu il momento di risalire per la cena.

Si alzò e pulì il mantello dai residui di terra ed erba, poi decise di passare vicino al lago prima di rientrare. Aveva un sorriso dolce sulle labbra, si sentiva come se stesse camminando ad un metro da terra. Era una bellissima sensazione.

Sentì alcune voci provenire dalla riva del lago. Si voltò pensando che potesse essere qualche studente. In realtà si sbagliava. Vide Linda che prendeva per mano Harry e che si avvicinava a lui per poi baciarlo. Questi l’abbracciò ricambiando il bacio della bionda.

May si allontanò sperando di non essere stata vista. Un po’ le fece male quella scena, ma ormai lei lo sapeva bene che tra i due c’era qualcosa anche se questi non lo davano a vedere in mezzo agli estranei. La ragazza trovava Potter affascinante, ma si voleva convincere che non c’era speranza, anche se il suo cuore era felice quando lui era con lei.

Un sorriso amaro apparve sulle sue labbra. In fondo c’era abituata, rinunciava spesso a quello che voleva per non ledere gli altri.

Raggiunse il salone e si sedette a cena. Intanto la sala si stava riempiendo. Max la vide e si avvicinò a lei.

"Ciao May. Scusami per oggi ma non mi mollavano più, e quando mi sono liberato tu eri già sparita…"

disse l’uomo guardandola serio.

"Non importa. Ti capisco."

Disse lei sempre gentile ed accondiscendente.

"Allora come stai?"

domandò accertandosi delle sue condizioni.

"Bene grazie. Solo un po’ di stanchezza, ma sto bene."

Rispose lei.

"Sono contento. Non vorrei mai che la mia cara May non stesse bene…"

le disse sfiorandole una spalla.

"Sono un osso duro, non ti preoccupare…"

non ebbero il tempo di finire la conversazione che Silente e gli altri membri del consiglio si sedettero a tavola e Max dovette raggiungere il suo posto.

La cena si era rivelata caotica come al solito… caotica nel senso che gli studenti, anche in presenza dei membri del consiglio, mantenevano la loro allegria e il chiacchiericcio riempiva la stanza.

A May piaceva quel momento, adorava sentire le voci allegre che si alzavano. Aveva una teoria sui pasti. Era bello mangiare in compagnia perché in quei momenti si imparavano i gusti ed i modi di fare delle persone che avevi accanto, si approfondiva il rapporto. Se si voleva conoscere bene qualcuno bisognava mangiare con questa persona.

La cena stava terminando, erano già giunti alla frutta ed al dolce. May vide apparire nel suo piatto una torta minuscola, grande come una fetta, era ricoperta di panna e sopra c’era una scritta "Happy birthday May". La ragazza alzò lo sguardo dal piatto e vide che il preside la stava osservando. Lei gli sorrise e questi le strizzò l’occhio da dietro le lenti degli occhiali da vista. Le aveva fatto molto piacere quel piccolo regalo da parte di Silente. Pensò che la giornata stava terminando nel migliore dei modi.

Quando la cena si concluse vide gli studenti lasciare la sala a piccoli gruppi. Anche lei lasciò la stanza e si diresse in camera sua, lasciò il libro ed il mantello sul letto e poi si diresse verso la torre dove c'era l’aula di astromanzia, sapendo bene che quella sera non c’era lezione.

Si sedette ad osservare il cielo. Pochi secondi dopo sentì qualcuno sedersi accanto a lei.

"Ciao Harry…"

lo salutò.

"Ciao May. Sono venuto a farti gli auguri. Silente mi ha detto che oggi è il tuo compleanno…"

disse il ragazzo osservandola.

"Già, oggi faccio ventun’anni…"

affermò la giovane voltandosi a guardare in viso il ragazzo.

"Se l’avessi saputo prima mi sarei procurato un regalo… ma non c’è stato il tempo."

Harry la guardava sentendosi pienamente a suo agio con lei.

"Oh, non importa del regalo. A me basta il pensiero, e non è solo un modo di dire. Certo i regali fanno piacere, ma già il fatto che qualcuno si ricordi del mio compleanno e mi faccia gli auguri mi riempie di gioia…"

spiegò la giovane che quando concluse la frase si mise ad osservare il cielo.

"Allora tanti auguri May…"

disse dandole un bacio sulla guancia. La ragazza sorrise.

"Grazie Harry."

Rimasero per alcuni minuti in silenzio. L’aria si stava facendo sempre più fredda.

"Che ne dici di rientrare?"

le domandò il giovane.

"Vai pure, ti raggiungo tra qualche minuto…"

disse la professoressa rimanendo incantata ad osservare le stelle.

L’auror rimase seduto accanto a lei attendendo che si alzasse.

"May non sei stata bene, ti converrebbe tornare dentro…"

disse premuroso.

La ragazza si voltò ad osservarlo.

"Ok dottore… la seguo"

disse sarcastica prima di alzarsi e seguire il giovane che stava rientrando nell’edificio.

Scesero le scale insieme, in silenzio. May pensava che la presenza del ragazzo la facesse sentire al sicuro. Se solo non avesse avuto la certezza del legame tra lui e Linda, forse tra loro due non sarebbe stata semplice amicizia.

Entrarono nella sala comune dei professori. Tutte le poltrone e le seggiole erano occupate dai docenti e dagli ospiti. Harry si congedò dalla ragazza e raggiunse la sua collega. May rimase immobile all’ingresso osservando la scena che le si presentava davanti, era strano vedere così tanta gente. Vide Max che stava parlando con Rebecca, la sua assistente. Avrebbe voluto scambiare due parole con lui, ma non ne ebbe l’occasione.

La stanza era troppo affollata per i suoi gusti, ma non aveva ancora voglia di rinchiudersi in camera sua, quindi fece dietro front e lasciò la sala comune.

Camminava tranquillamente per il parco stringendosi nel mantello non troppo pesante. L’aria era fresca di notte ma non era più tanto pungente come in inverno. Marzo era quasi finito, ed aprile avrebbe portato cieli azzurri ed aria tiepida.

Passeggiare da sola la rilassava. Il frusciare del vento tra i rami, il ronzare degli insetti, il verso di qualche animale che proveniva dalla Foresta Proibita le faceva dimenticare le preoccupazioni di tutti i giorni.

Era quasi mezzanotte quando rientrò nel castello. Le luci erano tutte spente da molto tempo ormai. Accese la sua bacchetta e incominciò a salire le scale diretta nella sala professori. Quando vi entrò vide che anch’essa era vuota. Si tolse il mantello e si diresse verso la scala a chiocciola che portava alle camere da letto. Si inoltrò nel corridoio e quando fu nelle vicinanze della sua camera vide che c’era qualcuno che l’aspettava.

Max si scostò dal muro dove era appoggiato e guardò l’orologio. Mancavano solo due minuti alla mezzanotte, al nuovo giorno.

"Volevo farti gli auguri nel giorno giusto anche se in ritardo…"

le disse sorridendole. La ragazza si fermò davanti a lui.

"Ti ringrazio. Mi spiace che tu sia rimasto apposta alzato ad aspettarmi."

Gli disse ossevandolo seria.

"Non importa…"

Rispose lui. May era in imbarazzo, la stava guardando troppo intensamente. Lei abbassò gli occhi guardando per terra.

"May…"

pronunciò il nome della ragazza per richiamare la sua attenzione.

Lei alzò il viso su di lui facendo un respiro profondo prima di sorridergli.

"Sei stato gentile, ma credo che ora tu debba andare a dormire. Domattina partirete presto per tornare ai vostri impegni, avrai bisogno di riposo."

Disse lei premurosa come sempre.

Lui fece un passo avvicinandosi di più a lei, fermandosi a pochi centimetri dal suo corpo.

"Non ho bisogno di riposarmi…"

affermò egli, facendole una carezza sul viso. Lei chiuse gli occhi assaporando le sensazioni che le procurava quel gesto tanto gentile.

Max si abbassò su di lei baciandole le labbra dolcemente. Non sentendosi respinto le portò le mani sui fianchi stringendola a sé.

May aveva nella mente l’immagine di Potter che baciava Linda. Non aveva più bisogno di scegliere. Il destino aveva scelto per lei.

Portò le braccia al collo dell’ambasciatore facendo passare le mani nei chiari capelli castani. Il giovane intanto le schiuse le labbra inoltrandosi nella sua bocca in un bacio meno casto.

Harry si fermò nel corridoio a pochi passi da loro. Non volendo era giunto nel momento meno propizio. May era tra le braccia di quell’uomo. Max la stava baciando, ma anche lei rispondeva al bacio. Quel tipo non gli era mai piaciuto… ed ora era riuscito ad avere lei.

L’auror strinse i pugni trattenendosi da fare qualsiasi cosa. Si voltò tornando sui suoi passi e raggiungendo camera sua.

"Quanto mai sono uscito…"

pensò tra sé mentre chiudeva la porta dietro alle sue spalle.

Intanto Linda era in piedi sulla soglia della sua stanza, la porta era socchiusa ed era riuscita a vedere quello che era successo. Non aveva visto il volto di Harry nel momento in cui si era accorto dei due ma poteva immaginarselo. Lo vide tornare indietro e lesse nel suo sguardo molta tristezza.

Un sorriso maligno apparve sulle labbra della ragazza mentre chiudeva la porta della sua stanza e si infilava nel suo letto. C’era riuscita. Adesso Harry era solo suo. Non correva più rischi.

I due invece non si erano accorti di nulla troppo impegnati tra di loro. Max la fece appoggiare al muro mentre le sue labbra si spostavano da quelle di lei al collo della ragazza. Questa reclinò il capo lasciandogli più spazio su cui agire. Ma quando sentì che lui apriva la porta della sua stanza e vi entrava attirandola a sé si irrigidì di colpo scostandosi da lui.

Il ragazzo la guardò sorpreso mentre se ne stava in piedi nel salottino della stanza della ragazza a pochi passi da lei.

"Ti prego esci…"

gli disse spingendolo fuori dalla stanza.

Lui non ebbe il tempo di dire una parola che la porta si chiuse davanti a lui.

May era appoggiata alla porta della sua stanza. Dopo qualche minuto sentì i passi di Max che si allontanavano. Fece un respiro profondo.

"Ma che diavolo stavo facendo…?"

sussurrò appena, esternando con la voce i suoi pensieri. Non era da lei, non era proprio da lei comportarsi in quel modo. Certo Max le piaceva e un bacio poteva anche starci… ma solo un bacio, nulla di più.

Ripensò alle labbra del giovane che si posavano calde sul suo collo…

Scosse la testa da un lato all’altro nel tentativo di cancellare quelle immagini e quelle sensazioni che erano nitide nella sua mente.

Chiuse la porta a chiave e si diresse verso la sua camera da letto. Prese la camicia da notte di cotone, era semplice, bianca con dei fiori azzurri, lo scollo a v e una leggera arricciatura sul seno. Entrò nella stanza da bagno. Aveva proprio bisogno di un bagno caldo. Dopo pochi minuti la vasca fu piena e vi versò dell’essenza di vaniglia, la sua preferita.

Il contatto con l’acqua parve avere da subito un effetto positivo sui suoi muscoli tesi. Appoggiò il capo sul bordo della vasca chiudendo gli occhi. Si sentiva talmente rilassata che avrebbe potuto addormentarsi. Riaprì gli occhi di colpo sentendo che il sonno stava avendo il sopravvento. Uscì dall’acqua e si asciugò. Indossata la biancheria e la camicia da notte si diresse verso il suo letto dalle lenzuola invitanti. Non ebbe nemmeno il tempo di appoggiare il capo sul cuscino che si addormentò immediatamente.

Quando riaprì gli occhi la luce del sole filtrava di già dalle tende socchiuse della finestra. Guardò l’orologio, erano quasi le otto. Scese dal letto a fatica, ancora stanca ed assonnata. Si infilò il maglione a dolcevita fucsia e una lunga gonna nera profilata da ricami dello stesso colore del maglione. Appuntò appena i capelli con delle forcine per impedire che la infastidissero quando si chinava in avanti.

"Adesso che faccio?"

si domandava mentre era ferma davanti alla porta della sua stanza indecisa se uscire.

"Magari se salto la colazione non corro il rischio di incontrarlo… se non sbaglio deve partire a metà mattinata…"

ipotizzò. Ma il suo stomaco non era della stessa idea e si faceva sentire reclamando qualcosa da mangiare.

Fece un respiro profondo chiudendo gli occhi. Sentendosi più sicura aprì la porta e si immise nel corridoio.

Scese le scale vide che la sala comune dei professori era praticamente vuota. Incrociò solamente la professoressa Cooman che stava rientrando in quel momento e che nel passarle accanto le diede il buongiorno. May le sorrise rispondendo al saluto.

Non ci aveva messo mai così tanto tempo per raggiungere il salone per la colazione. Di solito era il suo pasto preferito. La divertiva vedere i gufi e le civette che portavano la posta ai loro padroni, ed ogni giorno arrivava almeno una strillettera a qualcuno…

"Chissà a chi toccherà oggi?"

si domandò mentre varcava la soglia.

Max era già arrivato e sedeva compostamente al suo posto mentre sorseggiava una tazza di caffè caldo. May non poteva evitarlo. Gli passò davanti nel raggiungere il suo posto. Il professor Vector che era seduto accanto a lui la salutò.

"Buongiorno professoressa Pereights."

La ragazza gli fece un sorriso tirato rispondendogli.

"Buongiorno professor Vector."

E non poté fare a meno di notare Max che la osservava. Lo guardò per qualche secondo negli occhi per poi addolcire lo sguardo e salutarlo.

"Buona giornata anche a lei signor Greenflame!"

di solito in mezzo agli altri si davano del lei, ma quel giorno le risultava molto strano.

Il giovane le sorrise e capì che in fondo non era arrabbiato con lei.

"Buona giornata professoressa Pereights…"

le rispose facendole anche un cenno del capo.

Si sedette al suo posto e mentre mescolava lo zucchero nella sua tazza di tè fumante arrivò Shade con il giornale quotidiano. Lo aprì ed in mezzo ad esso vi trovò un biglietto.

Spero che tu non ti sia già pentita… se sorridi capirò che è tutto a posto…

Non era firmato ma lei sapeva bene di chi fosse. Alzò lo sguardo e lo vide che la stava osservando. Gli sorrise e Max rispose al suo sorriso rincuorandosi.

Finita la colazione la ragazza lasciò la stanza dirigendosi verso la sua aula. Pochi minuti dopo venne affiancata da Max.

"Ciao…"

le disse.

Lei si voltò verso di lui proseguendo nel camminare.

"Ciao. So che ti devo delle spiegazioni… scusami…"

cercò di dire lei.

"No, non importa. Forse correvo troppo."

Affermò guardandola negli occhi.

"Già…"

confermò lei abbassando gli occhi e fermandosi.

"Ascoltami, tra qualche ora parto, e tu hai lezione tutta mattina. Che ne diresti se ci vedessimo appena possibile?"

le propose speranzoso in una risposta positiva.

"Ok. Durante la settimana ho le lezioni, e questo fine settimana andiamo ad Hogsmeade con i ragazzi, quindi… domenica della settimana prossima?"

propose lei.

"Ok. Ti manderò una lettera per dirti dove…"

rispose il giovane mentre si guardava in giro. Il corridoio era vuoto quindi si abbassò e le diede un bacio a fior di labbra prima di allontanarsi e salutarla

"A presto allora…"

le disse.

La ragazza sorrise e gli rispose con un gesto della mano.

La prima lezione della mattina era terminata. C’erano dieci minuti di intervallo. La giovane professoressa se ne stava seduta alla scrivania nella sua classe mentre correggeva una ricerca che avrebbe dovuto riconsegnare nel pomeriggio. Era fatta bene, ma mancava qualcosa per renderla eccellente e lei non si decideva a dare un voto.

"Posso disturbarti?"

May si voltò verso la porta. Harry se ne stava appoggiato allo stipite che la osservava sorridente.

"Certo vieni pure…"

gli rispose appoggiando la penna sul tavolo.

Il ragazzo fece qualche passo e si sedette di fronte a lei su di un banco.

"Ma è da tanto che sei qui?"

gli domandò alzandosi dalla cattedra e fermandosi davanti a lui.

"Qualche minuto… eri proprio concentrata vero?"

disse ridendo.

"Già…"

confermò.

"Ma non dovresti essere già partito?"

gli chiese ricordandosi in quel momento che la partenza di consiglieri era prevista per mezz’ora prima.

"Oh sono in ritardo certo. Ma non volevo andarmene senza salutare la mia amica May…"

disse il giovane.

"Sei stato molto gentile. Spero che tu non abbia perso del tempo prezioso, mio caro auror…"

incominciò a prenderlo in giro.

Harry infilò le mani nelle tasche dei pantaloni mentre posava i suoi occhi verdissimi in quelli color caramello della ragazza.

"Oh… a dire la verità avrei già dovuto essere al ministero, ma in questi giorni sono riuscito si e no a scambiare solo due parole con te!"

lo disse ironicamente.

"Mi spiace. Ma ci rifaremo. Appena vengo a Londra ti dedicherò un pomeriggio intero ok?"

propose la ragazza.

"Va bene. Mi accontenterò."

Rispose. Ma dopo scese un silenzio imbarazzante. Sembrava che il ragazzo volesse dirle ancora qualcosa.

"May?"

la chiamò infine dopo alcuni minuti.

"Sì?"

la giovane alzò di nuovo lo sguardo su di lui.

"Io e te siamo molto amici vero?"

le chiese.

"Certamente… hai qualche dubbio?"

rispose la ragazza.

"No, è che… ti fidi di me?"

domandò ancora.

"Sei una delle persone di cui mi fido di più al mondo."

Lo rassicurò ancora.

"Allora posso farti una domanda molto personale?"

May a sentire quella domanda si preoccupò un poco.

"Chiedi pure."

Si decise infine a dire.

"Ti piace per davvero Greenflame?"

la ragazza non si aspettava quella domanda.

"Ma come ha fatto a capirlo?"

si chiese osservandolo indecisa su cosa rispondergli.

"Ehm, diciamo che mi trovo bene con lui…"

cercò di rimanere vaga.

"Vacci piano ok?"

le suggerì lui.

May gli sorrise. Si stava preoccupando per lei.

"Ok. Starò attenta. Adesso posso farti una domanda io?"

disse lei.

"Va bene, così siamo alla pari."

Rispose il giovane.

"E tu con Linda? Ti piace davvero?"

sentiva il sangue pulsarle nelle tempie mentre faceva quella domanda.

"Diciamo che mi trovo bene con lei…"

rispose il ragazzo ridendo, riprendendo la stessa risposta che gli aveva dato l’amica.

May sorrise.

"Posso farti la stessa raccomandazione? Vacci piano…"

Harry si alzò dal tavolo e la abbracciò.

"Non preoccuparti per me… fatti sentire ogni tanto…"

le disse lasciandola.

"Va bene. Ma anche tu mandami qualche lettera ok?"

Il ragazzo le rispose con un cenno del capo prima di uscire.

"Ci vediamo professoressa…"

la salutò.

"Ci vediamo auror…"

Ciao a tutti, ci sono ancora... volevo ringraziare Simone e Francys per aver commentato... ma attendo commenti anche dagli altri lettori... su... per piacere... =)

Spero che questo capitolo vi piaccia... ciao ciao...

Miyan

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO 11

CAPITOLO 11

Il sabato ad Hogsmeade era stato veramente stressante per lei in quanto aveva passato parecchio tempo con gli altri professori e sfortunatamente questa volta era presente anche Piton.

Ad essere sincera lo stimava. Un ex mangiamorte che era stato una spia per l’Ordine della Fenice aveva la sua ammirazione. Ci voleva molta forza di volontà e tantissimo coraggio per reggere la pressione dell’Oscuro Signore. Era un ottimo pozionista ed anche se metteva soggezione ai suoi allievi era un eccellente insegnate.

Ma anche se aveva queste buone qualità lei non riusciva proprio a digerirlo. Si aggirava per la scuola con aria funebre facendo sobbalzare chiunque avesse la malaugurata occasione di incontrare. E l’aveva criticata più di una volta per i suoi metodi di insegnamento.

Anche quel giorno non aveva mancato di riprenderla. Per fortuna aveva evitato di farlo di fronte agli studenti altrimenti avrebbe perso credibilità ai loro occhi.

"Professoressa Pereights potrebbe evitare di sorridere e approvare ogni richiesta che gli studenti le fanno?"

aveva ancora la sua frase sprezzante che le risuonava nelle orecchie.

Lei lo aveva guardato stupita con una gran voglia di rispondergli che era meglio che si facesse i fatti suoi. Ma si trattenne.

"Non crede che ci sia bisogno di qualcuno che compensi la sua rigidità?"

era riuscita a rispondergli.

L’uomo l’aveva guardata con il suo solito cipiglio serio. La giovane aveva temuto che si infuriasse ed invece l’aveva guardata dall’alto verso il basso per poi allontanarsi.

Madama Bumb che era presente le sorrise.

"Ragazza mia è stata meravigliosa. Ci voleva qualcuno che gli facesse notare la sua aria cupa!"

Ancora adesso sorrideva a pensare al viso divertito della donna che era stata anche la sua professoressa.

Chiuse il libro che aveva aperto davanti a lei. Tanto non riusciva a concentrarsi ed a proseguire nella lettura.

Si guardò attorno. La biblioteca era quasi deserta. Ogni tanto scorgeva qualche studente prendere un libro per qualche ricerca ma di solito sparivano e tornavano nelle loro case, non rimanevano in quella stanza.

Rispose il volume nel posto in cui l’aveva preso e si diresse verso l’uscita.

Non aveva sentito Max per tutta la settimana. Aveva detto che le avrebbe mandato una missiva per farle sapere quando avrebbero potuto incontrarsi ma dopo una settimana questa non era ancora arrivata.

Era ancora immersa nei suoi pensieri quando raggiunse la sua stanza. Prese carta e penna e si sedette indecisa su cosa scrivere.

Ciao Max,

lo so che mi avevi detto che mi avresti fatto sapere qualcosa tu, ma non avendo ancora ricevuto tue notizie ho pensati di farmi sentire io.

Quando ci siamo visti ti avevo detto che potevamo vederci in questo fine settimana ma non mi ricordavo che domenica fosse Pasqua. Credo che preferiresti trascorrerla con la tua famiglia. Cosa che farò anche io. Torno a casa sabato pomeriggio, quindi sono a pochi chilometri da Londra. Ho intenzione di fermarmi fino a lunedì sera. Se la cosa ti interessa fammi sapere ok?

Sai come rintracciarmi.

Un abbraccio

May

Ripiegò il foglio in tre parti con cura e lo infilò nella busta che aveva preso dal suo cassetto. Rimase immobile per qualche minuto con il la missiva in mano. Non riusciva a decidersi.

"Forse se si vede arrivare un messaggio così potrebbe sentirsi sotto pressione…"

pensò lei mentre rigirava la busta in mano.

Si alzò dalla scrivania appoggiando il biglietto su di essa. Ci avrebbe dormito sopra… non doveva lasciarsi prendere dall’istinto.

Guardò l’ora. Era quasi mezzanotte. Si tolse i vestiti e si mise la camicia da notte infilandosi tra le lenzuola dello stesso colore del sangue. Spense la luce che aveva lasciato accesa sul comodino e chiuse gli occhi.

Rimase immobile per molti minuti cercando di addormentarsi. Si sentiva stanca ma sembrava che Morfeo non la volesse accogliere tra le sue braccia.

Spazientita accese di nuovo la luce e si sedette sul letto con i piedi che le penzolavano fuori. Si mise le pantofole e prese la vestaglia da camera.

"Fin quando non manderò questa lettera non starò in pace…"

prese in mano la busta e si diresse verso la guferia sperando che Shade non fosse fuori a gironzolare.

Giunta nella stanza si diresse verso la zona riservata ai gufi dei professori. Incominciò a cercarla ma non riusciva a trovarla. Ormai decisa ad andarsene la vide rientrare e posarsi sul suo trespolo.

"Ciao bella…"

disse facendole una carezza. L’animale le rispose beccandola dolcemente sulla mano.

Le diede la busta e la vide librarsi nell’aria poco dopo. Ormai era andata, non poteva avere ripensamenti. Quindi decise di tornarsene a letto sperando di riuscire ad addormentarsi.

Quel pomeriggio l’ingresso era sovraffollato di studenti con le loro valigie. Un’immagine simile l’aveva vista poco prima, all’inizio delle vacanze di Natale, ma lei era triste perché non sarebbe partita. Questa volta invece era tra quelli che lasciavano la scuola. Fortunatamente Silente non le aveva chiesto ulteriori favori. Ma non aveva ancora varcato la soglia, era meglio zittirsi e non tentare la sorte.

Erano passati alcuni giorni da quando aveva spedito quella lettera a Max, e questi non le aveva ancora risposto. Non sapeva che cosa pensare. Forse l’aveva presa in giro, forse gli interessava solo "divertirsi" intanto che era chiuso in quel castello, ma appena era tornato in mezzo alla gente si era già scordato di lei.

Prese la sua valigia e si diresse verso l’uscita. Una delle numerose carrozze la condusse fino alla stazione.

Attese che tutti gli studenti fossero saliti, quindi salì anche lei accompagnata dalla professoressa McGranitt. Sistemata la sua valigia nello scompartimento incominciò a passeggiare per i vagoni sorvegliando gli studenti. Non era la prima volta che succedevano dei disastri durante quei viaggi.

Quando fu di ritorno nel suo scompartimento si sedette appoggiando la testa alla parete e chiudendo gli occhi. Era completamente sola. La McGranitt era ancora fuori. Aveva voglia di rivedere i suoi amici.

"Che fine avranno fatto?"

pensò tra sé mentre riapriva gli occhi e si girava a guardare il paesaggio al di fuori del finestrino.

Sentì un crack e si girò verso il rumore spaventata. Era di fronte a lei.

"Ciao May…"

la salutò sorridendole.

Nel vederlo si sentì finalmente sollevata, ma subito dopo la rabbia ebbe il sopravvento.

"Signor Greenflame…"

lo salutò freddamente.

Questo si voltò per chiudere lo scompartimento per evitare di essere disturbato. Poi si sedette accanto a lei.

"Pensavo ti avrebbe fatto piacere questa sorpresa."

Le disse cercando di guardarla negli occhi che lei teneva prepotentemente abbassati.

"Avrei preferito che ti facessi sentire prima…"

rispose cercando di mantenere la calma.

"Scusami ma ero molto occupato. Ma quando ho ricevuto la tua missiva ti ho risposto immediatamente…"

affermò il giovane.

La ragazza alzò gli occhi su di lui incredula.

"Io non ho avuto nessuna risposta… sei sicuro di non averla mandata a qualcun altro?"

domandò irritata.

Un sorriso apparve sulle labbra dell’ambasciatore, labbra che May non poté fare a meno di pensare che fossero davvero invitanti.

"Dovrò licenziare qualcuno…"

disse tra sé.

"…credimi, ti ho risposto dicendo che a Pasqua sarei stato da mia madre, ma che il lunedì sarei stato tutto tuo…"

proseguì.

"Beh, io potrei aver preso altri impegni…"

affermò lei seria mentre si alzava in piedi. Max la seguì ostacolandole il passaggio verso l’uscita.

La ragazza incrociò le braccia guardandolo negli occhi.

"Se vuoi puoi anche andartene adesso…"

gli propose non abbassando lo sguardo da quello del ragazzo. Questi la prese saldamente tra le braccia e la baciò. La sentiva cercare di allontanarsi, le sue mani sul suo petto nel tentativo di spingerlo via. Le succhiò avidamente il labbro inferiore prima di lasciarla libera.

Era paonazza in volto…

"Sei un cretino…"

gli disse sedendosi sulla poltroncina.

"Ci vediamo lunedì mattina verso le nove e mezza…"

affermò mentre si abbassava per darle un bacio sulla fronte, prima di smaterializzarsi.

May aveva il cuore che le batteva all’impazzata. Era furiosa con lui ma allo stesso tempo le era piaciuta la presa di potere del giovane.

" Come mi comporto lunedì?"

si chiese mentalmente mentre chiudeva di nuovo gli occhi.

In quel momento sentì la porta dello scompartimento aprirsi. Volse lo sguardo e vide la professoressa McGranitt entrare e sedersi di fronte a lei.

"Tutto bene professoressa?"

le domandò la donna.

May le sorrise.

"Si tutto a posto."

Il treno stava giungendo quel momento alla stazione di King’s Cross. Molte persone affollavano il posto. I genitori attendevano ansiosi i loro figli che non vedevano da molto tempo.

May attese che tutti gli studenti avessero lasciato il treno. Controllò che nessuno fosse rimasto sui vagoni, quindi prese la sua valigia e scese anche lei. Ormai la folla si era dissolta. C’era ancora qualcuno che si era soffermato a chiacchierare.

Si fermò un momento, poi si incamminò verso l’uscita. Sentì qualcuno che le tratteneva la valigia.

"Te la porto io…"

voltandosi lo riconobbe.

"Ma Harry… che ci fai qui?"

gli chiese sorridente.

"Mi avevi promesso un pomeriggio tutto per me appena fossi tornata in città…"

affermò questo avviandosi con la valigia della ragazza in mano. May accelerò il passo per raggiungerlo.

"Sì, ma non credevo che la pretendessi appena avessi messo piede a Londra!"

gli disse stupita.

"Invece eccomi qui!"

rispose appena.

"Ma… ma i miei genitori mi staranno aspettando a casa!"

obiettò lei

"Non preoccuparti li hanno avvertiti le tue amiche che arriverai a casa più tardi…"

rispose sicuro il ragazzo mentre ormai avevano lasciato la stazione e si stavano inoltrando nelle vie della città.

"E mio fratello? Mi starà aspettando!"

le venne in mente

"Oh, tuo padre l’ha già accompagnato a casa."

Intanto stavano raggiungendo un parcheggio.

"Papà? È venuto a prenderlo e non mi ha neanche salutata!"

ormai la ragazza non sapeva più cosa pensare

"Abbiamo aspettato il treno insieme, poi quando è sceso tuo fratello e visto che tu non ti decidevi a imitarlo, ha deciso di andarsene. Ha detto di salutarti tanto…"

May lo ascoltava allibita.

Harry aprì il baule di un’automobile e vi caricò la valigia della ragazza. Poi salì sull’auto. May si sbrigò ad emularlo.

Harry accese il motore e si immise nel traffico cittadino.

"Non sapevo che avessi una macchina…"

affermò la ragazza dopo un po’.

"Me l’ha regalata il signor Weasley nel caso potesse servirmi… ogni tanto la uso quando devo mescolarmi con i babbani… mi ricorda la mia infanzia, quando non sapevo ancora nulla della magia…"

spiegò il ragazzo svoltando in una via tranquilla.

Parcheggiò e spense il motore. La ragazza lo seguì e riconobbe la sua casa, dove era già stata.

Varcata la soglia, Harry salì immediatamente le scale.

"Ti porto la valigia in camera. Se vuoi rinfrescarti prima di uscire per il pranzo…"

la ragazza lo seguì e raggiunse la stanza che era stata la sua camera l’unica volta in cui vi aveva passato la notte.

Scese una decina di minuti dopo e lo trovò nel salotto.

"Allora sei pronta?"

le chiese gentilmente mentre si alzava dalla poltrona in cui si era accomodato.

"Prontissima. Ma dove andiamo a mangiare?"

chiese incuriosita.

"Un ristorantino qui vicino…"

rispose senza dare ulteriori spiegazioni mentre usciva di casa.

Mentre passeggiavano May gli chiese

"Ma Linda?"

la ragazza le era venuta alla mente.

"È dai suoi per il week-end."

Rispose l’auror.

Proseguirono per la strada in silenzio.

Si erano fermati di fronte ad una pizzeria. May non credeva che l’avrebbe portata in un posto babbano. Di fatti il ragazzo fece l’angolo per poi bussare ad una saracinesca abbassata. Dopo pochi secondi erano all’interno di un piccolo ristorante già pieno di gente.

Harry la lasciò per andare a parlare con un cameriere. Questi fece loro segno di seguirli e si sedettero ad un tavolo apparecchiato per quattro.

"Avevi prenotato?"

domandò May.

"Già…"

rispose lui

"Stiamo aspettando qualcuno?"

chiese nuovamente.

"Loro…"

di nuovo un’unica parola. Ma guardando nel punto che le indicava il giovane vide Shannon e Victoria avanzare verso di loro.

"Ciao ragazze."

Le salutò il giovane.

Queste salutarono e si sedettero anche loro.

"Ma che bella sorpresa!"

disse felice la giovane professoressa.

"Un’idea di Harry."

Affermò Shannon.

"Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere vedere le tue amiche dopo tanto tempo…"

precisò il ragazzo sorridendole e facendole l’occhiolino.

"Hai pensato bene. Grazie mille!"

disse lei.

"Però il pomeriggio è solo per me!"

si affrettò a precisare Harry.

Shannon e Victoria risero.

Ordinarono e poco dopo arrivò la prima portata.

"Non pensavo che voi tre foste entrati in confidenza…"

disse May per cominciare una conversazione.

"In realtà ci conosciamo appena."

Affermò Victoria.

"Già, dopo il lavoro a casa di Thorning non l’abbiamo più visto fino a l’altro giorno…"

precisò Shannon.

"Sono andato al vostro studio per invitarle ufficialmente a pranzo."

Proseguì il ragazzo tra un boccone ed un altro.

"Immagina come siamo rimaste stupite quando l’abbiamo visto entrare…"

disse Victoria.

"Credo che vi sarà apparso strano. In fondo lui è fatto così…"

May gli sorrise.

"Dato che mi ero ripromesso di rapirti per tutto il pomeriggio ho pensato a quale sarebbe stato il tuo primo desiderio appena arrivata…"

raccontò Harry

"…se fossi stato al tuo posto, la prima cosa che avrei voluto fare era vedere i miei amici, soprattutto se era da molto tempo che non li vedevo."

Il ragazzo parlava calmo guardando negli occhi la ragazza.

"Hai ragione. Durante il viaggio mi sono proprio domandata che fine avessero fatto…"

confermò la giovane.

"Dove volevi che fossimo? A lavoro naturalmente. Però oggi che è la vigilia di Pasqua ci siamo prese un giorno di ferie!"

affermò Shannon.

"Stessa cosa per lunedì… a proposito, che ne diresti di venire con noi? Facciamo un picnic al parco con Jason, David, Polly e tanti altri. Sarebbero contenti di vederti."

Le propose Victoria.

May rimase in silenzio indecisa sul da farsi.

"Harry, se non hai impegni potresti venire anche tu… così ti conosceremo meglio.."

si affrettò ad invitarlo Victoria.

"Veramente non posso. Devo vedermi con alcuni amici… ma grazie lo stesso."

Harry sorrise.

"Peccato."

Disse Victoria.

"E tu May?"

le chiese Shannon.

"Mi spiace, ma ho promesso ai miei di rimanere a casa…"

disse la professoressa.

"…me li saluterete voi i ragazzi."

Finì di dire.

Le sue amiche sembravano deluse.

"Ok, ma la prossima volta non ci scappi!"

le disse Shannon.

May fece un sospiro di sollievo. Per fortuna non avevano insistito.

Si fermò ad osservarle. Non erano cambiate per nulla. Shannon sembrava dimagrita un poco, aveva il viso più scarno ma era bellissima come al solito. Victoria era allegra e piena di energia, sembrava che non si esaurisse mai. Sorrise osservandole.

Varcavano la soglia di casa Potter che era l’ora di cena. Stavano ridendo a crepapelle delle cose che Harry stava dicendo.

"…ti prego… non dirai sul serio?"

chiese la ragazza mentre faticava a parlare per il gran ridere.

"Te lo giuro… dovevi vederlo!"

confermò il ragazzo mentre si avviava con la ragazza verso la cucina.

"Accidenti, quanto avrei voluto esserci!"

May rideva ancora, lacrime le scendevano sulle guance.

"Oh, ma giurami di non dirlo a nessuno. Non me lo perdonerebbe!"

disse Harry.

"Ok…"

affermò la ragazza per poi scoppiare a ridere di nuovo.

"Ma non piangere!"

le disse il giovane asciugandole una guancia con una carezza.

"Ok ok… adesso smetto…"

May si asciugò il viso e fece un profondo respiro cercando di calmarsi.

Il giovane si avvicinò al frigorifero aprendolo.

"Allora rimani per cena?"

le domandò.

"Ok, ma dopo devo correre davvero a casa, altrimenti i miei mi daranno per dispersa…"

intanto la giovane si era avvicinata a lui.

"Ti va della pizza ai funghi e del cheesecake dopo?"

le propose il ragazzo mentre guardava il contenuto del frigorifero.

"Mi vuoi sempre prendere per la gola con questi dolci!"

affermò la ragazza mentre prendeva i piatti da sopra il lavello.

"Certo… e mi raccomando, non dimentichiamoci della panna…"

il ragazzo prese la pizza dal congelatore per metterla nei piatti che la giovane gli porgeva. Poi con un colpo di bacchetta la scaldò.

May si sedette a tavola appoggiando i piatti. Il ragazzo la imitò portando due bicchieri ed una caraffa di burrobirra.

Finito di mangiare, compreso il dolce con la panna, Harry si mise a lavare i piatti impedendo all’amica di aiutarlo. Questa allora tolse le briciole dalla tavola e si sedette mentre lo guardava lavorare.

"Mi sento inutile…"

disse la giovane mentre si appoggiava con un gomito al ripiano.

"Sei mia ospite, quindi zitta e buona!"

proclamò il ragazzo voltandosi appena a guardarla. La giovane sbuffò.

Harry si voltò nuovamente verso il lavello mentre finiva di risciacquare un bicchiere.

"Allora, cosa fai lunedì?"

le chiese con disinvoltura.

May si irrigidì.

"Ehm, veramente non so per certo… dovrei vedermi con Max…"

disse tutto di un fiato.

"Ah esci con lui. Perché non l’hai detto alle tue amiche?"

le domandò.

"Boh, non so. È la prima volta che esco con lui. Prima di dirlo a quelle due voglio almeno capire se presentarlo come un amico o più…"

precisò la ragazza.

"Capisco."

Rispose appena il giovane.

May aveva ormai capito che ad Harry Max non piaceva proprio. Sentiva che c’era diffidenza nella sua voce tutte le volte che lei lo nominava. Un po’ le dispiaceva che i due non andassero d’accordo… le avrebbe fatto piacere il contrario. Ma era normale che due persone non si stessero simpatiche a pelle… era accaduto anche a lei.

"Forse se si conoscessero… potrebbero avere degli interessi in comune…"

pensò lei.

Intanto il ragazzo aveva finito di lavare i piatti e si stava asciugando le mani.

"Le otto e mezza…"

disse Harry guardando l’orologio.

"Cosa?"

parve ridestarsi la ragazza.

"Devo correre a casa…"

disse lei alzandosi di colpo.

"Aspetta ancora un poco… ti basterà un po’ di polvere magica… hai anche la valigia da portare…."

Affermò il giovane.

"Sei gentile e mi ha fatto molto piacere passare queste ore con te, ma devo proprio andare."

Disse lei.

"Va bene. Ti lascio andare. Vai pure a prendere la valigia, ti aspetto in salotto per salutarti."

Assentì Harry.

La ragazza corse a prendere il suo bagaglio per poi scendere pochi minuti dopo e raggiungerlo in salotto.

"Allora vado…"

si fermò davanti a lui.

"Ok, fatti vedere. E mi raccomando stai attenta con quel tipo…"

le raccomandò lui.

"Va bene. Starò attenta."

May si avvicinò per abbracciarlo, Harry la strinse fra le braccia facendole una carezza sul capo.

"Così va bene."

Disse lui. La ragazza si scostò e prese la valigia. Si infilò nel camino.

"Saluta Hermione e gli altri da parte mia…"

gli disse prima di pronunciare il suo indirizzo e buttare la polvere. Sparì in pochi secondi.

Ciao a tutti coloro che pazientemente leggono il mio racconto...

voglio ringraziare tanto simone e Francys che commentano sempre, per fortuna ci siete voi altrimenti mi passerebbe la voglia di pubblicare il mio racconto!

Beh simone diciamo che Harry ho un sesto senso... oppure è solo geloso!?

Francys lo so che fai il tifo per MAX si vede lontano un miglio! =)

Spero che anche questo capitolo vi piaccia e mi raccomanto commentate, commentate, commentate!

Ciao a tutti e un bacione

Miyan

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


CAPITOLO 12

CAPITOLO 12

La domenica di Pasqua era stata veramente una festa. May adorava quel giorno, sentiva che era pieno di allegria. Forse era dovuto anche alla bella stagione che stava avanzando. Il pranzo era stato un banchetto. La ragazza aveva sbocconcellato un po’ di tutto, solo mangiando in quel modo era riuscita ad assaggiare un po’ di ogni portata senza rischiare di essere troppo piena. La tavolata era gioiosa. Era da tanto che non vedeva tutti i suoi parenti insieme, zii, cugini, i genitori ed il fratello… purtroppo i nonni erano già morti tutti, altrimenti sarebbe stato ancora meglio.

Immaginò le stesse persone il giorno di Natale. Lei non aveva potuto essere con loro, ma sicuramente si erano divertiti.

Erano rimasti in casa tutto il giorno. Le figlie di suo cugino avevano voluto a tutti i costi che lei raccontasse loro una storia. Si sedettero in salotto, le bambine ai suoi lati. Prese in mano il libro di fiabe che leggeva quando era più piccola. Tutte le volte che girava una pagina i disegni prendevano vita.

"Ma no… la principessa deve avere il vestito rosa non azzurro!"

sbottò una bimba.

May con un colpo di bacchetta cambiò il colore dell’abito.

"… il principe deve avere i capelli biondi…"

disse più avanti l’altra.

E May modificò anche i capelli del principe.

Non sembrava ma due bambine piccole la stancavano più di una classe di quaranta studenti di Hogwarts.

La sera, dopo che tutti se ne furono andati e che ebbe finito di aiutare la madre a mettere in ordine, si buttò sul letto ancora vestita. Rimase immobile per qualche minuto. Infine decise di alzarsi per andare a lavarsi e prepararsi per la notte. Mentre si sedeva sul letto scorse una busta sulla sua scrivania. Si avvicinò ad essa e le parve di riconoscere la carta pregiata e la calligrafia. L’aprì.

Ciao May,

fatti trovare a Diagon Alley alle dieci di fronte alla locanda di Madama Flut.

Un bacio…

Di nuovo un messaggio senza firma, Max aveva l’abitudine di non firmare mai. Questa volta non si era dimenticato del suo invito. Sorrise.

Richiuse la busta e prese la sua bacchetta.

"Incendio…"

l’incantesimo del fuoco accese immediatamente la busta che si incenerì in pochi minuti. Non le andava di conservarla, preferiva non correre il rischio che qualcuno la trovasse.

Ripose di nuovo la bacchetta e aprì l’armadio.

"Vediamo un po’…"

sussurrò guardando gli abiti che aveva.

"…non ho la più pallida idea di cosa mettermi."

Il giovane non le aveva lasciato intendere nulla di quello che avrebbero fatto il giorno seguente.

"Devo mettermi qualcosa di elegante o di sportivo e comodo?"

prese un abito verde e lo osservò. Non le pareva niente di particolare.

Ne passò in rassegna parecchi, ma erano tutti piuttosto eleganti. La maggior parte di abiti li aveva ad Hogwarts ed ora non sapeva proprio che mettere.

Alla fine trovò l’accostamento ideale. Appese l’abito ad una gruccia che agganciò alla maniglia della finestra per fargli prendere un po’ d’aria, quindi si avviò verso il bagno canticchiando.

"Gliela faccio pagare… imparerà cosa vuol dire prendere in giro May Pereights!"

pensò tra sé mentre si immaginava la faccia del ragazzo quando l’avrebbe vista.

Si fermò davanti alla specchiera e aprì l’armadietto accanto ad essa. Passò in rassegna le varie essenze che vi erano contenute. Come al solito prese il boccettino bianco della vaniglia. Versò un poco del contenuto nella vasca per poi ritornare alla specchiera. Rimise a posto il flacone ed osservò gli altri presenti. Vide quello di cristallo che le era stato regalato anni prima da Shannon. Lesse l’etichetta ad alta voce.

"Estratto di rosa canina…"

sorrise maliziosa

"Ma si dai…"

e ne versò una goccia nell’acqua, sperando che il miscuglio con la vaniglia non rovinasse i due profumi ma che li esaltasse.

Il profumo che invadeva la stanza era dolce ed avvolgente, si immerse nell’acqua.

"Credo di aver fatto la scelta giusta…"

disse inspirando l’aroma.

Stava camminando con passo spedito verso la sua meta. Molte persone intasavano la strada impedendogli il passaggio. Si faceva largo tra di esse sperando di arrivare in tempo. Delle campane in lontananza scandivano i rintocchi dell’orologio. Erano le dieci. Sperò ardentemente che lei lo aspettasse. Forse non vedendolo arrivare si sarebbe arrabbiata ancora di più e se ne sarebbe andata.

Giunto davanti alla locanda di Madama Flut la vide in piedi accanto all’ingresso. Indossava un abito azzurro dalla profonda scollatura rotonda, piccole rose blu erano ricamate sul bordo dello scollo e sull’orlo della gonna che le arrivava di poco al di sotto del ginocchio. Un golfino bianco dalle maniche a tre quarti, scarpette e borsa anch’esse candide completavano l’opera. Nell’avvicinarsi intravide il ciondolo che portava al collo, aveva un cristallo viola che al variare della luce mandava riflessi azzurri.

"Buona giornata May…"

le disse giungendole accanto ed attirando l’attenzione della giovane su di lui.

La ragazza si voltò verso di lui sorridendogli.

"Buongiorno a lei Max…"

Aveva i riccioli rossi leggermente raccolti che le lasciavano libero il collo. Intravide gli orecchini a pendente con lo stesso cristallo del ciondolo che oscillavano ad ogni suo minimo movimento.

"Non darmi del lei May, per piacere."

Le disse avvicinandosi di più.

"Fino a quando lei non avrà un atteggiamento più rispettoso nei miei confronti continuerò a darle del lei Max."

intravide negli occhi della ragazza una nota di divertimento.

"Come preferisci. Allora andiamo?"

le chiese porgendole il braccio.

La ragazza infilò la mano candida nell’incavo del gomito.

"Andiamo pure."

Confermò la giovane.

Max sentiva un profumo dolce provenire dalla pelle e dai capelli della giovane.

Camminavano lentamente allontanandosi dalle vie delle botteghe senza rivolgersi la parola. Raggiunsero un piccolo parco pieno di alberi e vi si inoltrarono.

"Ti piace questo posto?"

le domandò voltandosi a scrutare il suo volto.

"Sì, è calmo e rilassante. Non sapevo che ci fosse un parco a Diagon Alley…"

rispose la ragazza.

"Non sono in molti a conoscerlo. Di solito la gente si sofferma per le vie dei negozi…"

spiegò il giovane.

"E tu come hai fatto a scoprirlo?"

domandò incuriosita.

"Mi piace molto passeggiare senza meta…."

Disse fermandosi accanto ad un cespuglio.

"…una volta ero a Diagon Alley dopo aver concluso un incontro con alcuni finanzieri della Greengott…"

May pendeva dalle sue labbra

"…e mi sono messo a camminare intanto che aspettavo che giungesse l’ora della cena. Non mi andava di rincasare presto. Sai non è gradevole rimanere in una grande casa senza nessuno che non sia un elfo domestico…"

le disse sorridendole

"Sono d’accordo con te. Ma tua madre?"

gli domandò

"Mia madre trascorre la maggior parte del suo tempo in Germania. Mi raggiunge ogni tanto per previ periodi."

Le espose mentre le stringeva una mano.

"Non sapevo che vivessi da solo. Credevo che la tua famiglia ti avesse raggiunto."

La ragazza senza accorgersi era tornata a dargli del tu.

"L’unica famiglia che ho è mia madre e come ti ho detto vive nel mio paese."

Incrociò le dita con quelle della mano della ragazza.

"E tuo padre? Non hai dei fratelli?"

chiese di nuovo.

Il ragazzo rimase in silenzio.

"Scusami, non volevo ricoprirti di domande…"

disse abbassando lo sguardo

"…ma sono una persona piuttosto curiosa, e mi piacerebbe sapere altre cose sul tuo conto!"

alzò di nuovo gli occhi su di lui sorridendo imbarazzata.

"Mi fa molto piacere. Vuol dire che ti interesso…"

rispose sorridendole malizioso e facendola arrossire ancora di più.

"Max!"

lo fulminò con lo sguardo

"Mio padre è morto quando avevo pochi mesi. E non ho fratelli…"

May cambiò colore sbiancando di colpo

"Non volevo… cavoli sono sempre la solita!"

abbassò di nuovo lo sguardo.

Il ragazzo l’attirò a se abbracciandola stretta.

"Non importa… ma preferisco non parlarne molto."

Le disse rassicurandola.

"Me ne ricorderò!"

Avevano pranzato nella locanda di Madama Flut, che era uno dei ristoranti più rinomati e costosi del posto. Avevano mangiato pasta ai gamberetti e pesce alla griglia. Alla fine era arrivato il dolce, era della torta al cioccolato. La ragazza si era fatta aggiungere una spruzzata di panna, l’auror l’aveva contagiata con questa sua mania.

Si alzarono da tavola e si diressero verso il bancone. Li accolse la padrona in persona.

"Signor Greenflame… ha gradito il nostro pranzo?"

gli chiese con estrema gentilezza.

"Devo proprio dire che è tutto degno della sua fama. Mi dica, quanto le devo?"

domandò l’uomo.

La donna diede il biglietto del conto all’ambasciatore che glielo restituì con all’interno le banconote.

"Arrivederci"

la salutò

"A presto. Torni a trovarci!"

gli rispose la donna mentre i due uscivano dalla porta.

Il giovane prese la mano della ragazza facendogliela appoggiare al suo braccio.

"Max…"

lei lo chiamò

"Dimmi May."

Stavano camminando davanti alle vetrine dei negozi.

"Mi diresti quanto ti devo per favore?"

gli domandò.

"May il pranzo te l’ho offerto io ok?"

disse facendole l’occhiolino.

"Ma…"

cercò di obiettare lei.

"Niente ma. Per piacere."

Si stavano fermando davanti ad un cinema.

"Vorrei ripagarti in qualche modo…"

disse lei.

Il ragazzo si abbassò verso di lei per sussurrarle in un orecchio.

"Ti sdebiterai prima o poi…"

la ragazza divenne rossa fino alla punta delle orecchie.

Il giovane si allontanò da lei quanto bastava per giungere ad una distanza decorosa.

"Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere vedere l’ultimo film che è uscito!"

le disse indifferente come se non avesse visto la reazione della ragazza.

"Ehm… sì…"

rispose lei.

"Bene allora andiamo. Comincia tra dieci minuti."

La prese per mano e si avvicinarono alla biglietteria per prendere i biglietti che pagò di nuovo lui.

Entrarono nella sala che le luci erano già abbassate. Questa era a forma di anfiteatro romano con due scale che permettevano di raggiungere i posti. C’era già molta gente ma non c’era pieno. Max la guidò nel buio fino a raggiungere la penultima fila, avevano dei posti un po’ a sinistra dallo schermo. Non erano dei migliori, ma non potevano lamentarsi.

Si sedettero e pochi minuti dopo le luci si spensero del tutto mentre partivano i titoli di testa.

Era un film d’amore e di avventura ambientato negli anni bui in cui Voldemort era stato all’apice della sua potenza. Il periodo in cui chi non era mangiamorte era in pericolo di vita.

Max fece passare un braccio sulle spalle della ragazza. Questa accorgendosi appoggiò la testa sulla spalla del giovane, vicino all’incavo del collo, accoccolandosi tra le sue braccia.

Max sorrise. Sentiva il profumo di lei che gli giungeva alle narici, lo stesso aroma che lo aveva colpito appena l’aveva incontrata la mattina. Si abbassò per baciarla sulle labbra. La ragazza, che era intenta a guardare il film, sul momento si irrigidì per poi contraccambiarlo. Il giovane mise la mano libera sul ginocchio di lei risalendo sotto la gonna verso l’interno coscia. May si scostò da lui fermandogli la mano con la propria, sollevandola e rimettendola al proprio posto.

"Questa mano è meglio che rimanga lontana da me!"

disse guardandolo maliziosamente negli occhi.

Il ragazzo si abbassò per sussurrarle all’orecchio.

"Te l’avevo detto che mi avresti ripagato… presto…"

le soffiò leggermente sul collo vedendola rabbrividire. Si compiacque dell’effetto destato.

La ragazza lo imitò parlandogli dolcemente all’orecchio.

"Non credo che questo sia il posto né il luogo adatto…"

si allontanò da lui continuando a guadarlo negli occhi attendendo risposta.

"Va bene."

Lo sentì affermare tra i rumori della pellicola. Gli sorrise e gli diede un bacio a fior di labbra. L’aveva avuta vinta lei.

Durante il resto del film aveva tenuto le mani a posto. Fu lei la prima a baciarlo dopo l’accaduto per fargli capire che non le dispiaceva scambiarsi qualche bacio ogni tanto. Ma comunque riuscirono a vedere il film.

Uscivano dall’edificio che era pomeriggio inoltrato. May adesso lo teneva per mano allegramente senza preoccuparsi delle persone che passavano.

"Sei stanca?"

le domandò mentre lei si era fermata davanti alla vetrina di una libreria.

"No. Perché dovrei?"

si girò a guardarlo in viso distogliendo l’attenzione da un volume che si era ripromessa di comperare.

"Ho visto che ti sei fermata. Magari ti sei annoiata…"

disse lui per sondare il terreno.

"No, anzi. La giornata mi è piaciuta molto."

Si girò di nuovo verso la vetrina osservando il volto di lui specchiarsi nel vetro.

"Come primo appuntamento devo dire che è stato molto interessante…"

lo vide sorridere.

"…anche se, essendo appunto il primo appuntamento, le tue mani hanno corso troppo!"

sorrise anche lei vedendolo che le si avvicinava per abbracciarla da dietro. Si appoggiò al suo petto stringendogli le mani che le cingevano la vita.

"Ok, ho appreso la lezione!"

affermò lui.

La ragazza si voltò e gli diede un bacio a fior di labbra.

Ripresero a camminare mano nella mano.

"May… May…"

si sentì chiamare. Guardò tra la gente che affollava le strade. Intravide Hermione con Ron Weasley che le si stava avvicinando. Le sorrise.

"Ciao Hermione."

Le disse quando la ragazza l’ebbe raggiunta.

"Ciao May. Spero di non disturbarti. È da tantissimo che non ti vedo…"

affermò la ragazza mentre lanciava un’occhiata al suo accompagnatore.

"Già. Vedo raramente anche Harry…"

disse lei.

"Pensa che proprio oggi mi ha portato i tuoi saluti e mi sono ripromessa di invitarti a pranzo un giorno!"

Hermione le sorrise.

"Ti prendo in parola. Appena avremo tutte e due del tempo libero andremo a pranzo insieme!"

affermò May.

"A proposito di Harry. Dove è finito? Era andato con Ginny a prendere un libro ma non è ancora tornato!"

dichiarò la donna guardandosi in giro.

"Eccolo che arriva. Guardiamo se ci ha visto."

Ron si voltò verso i due richiamando la loro attenzione con un gesto del braccio. Harry nel vederlo si avviò verso di loro ridendo con Ginny, ma nel vedere May con Max assunse un’aria seria. May se ne dispiacque.

"Ciao May…"

la salutò, poi rivolgendosi all’ambasciatore

"Max…"

il giovane rispose nello stesso modo

"Harry…"

poi si intromise Hermione.

"Stavo proprio dicendo a May che avevo una gran voglia di vederla!"

Harry guardò la mano della professoressa che stringeva quella dell’uomo

"Bastava nominarla… hai visto che l’hai incontrata!"

disse sorridendo all’amica.

"Permettimi di presentare Max anche a loro…"

affermò May guardando Harry negli occhi.

"…lui è Max Greenflame…"

disse la ragazza rivolgendosi agli altri presenti

"…loro sono Hermione Granger, Ron e Ginny Weasley, Harry già lo conosci."

Concluse presentando gli altri a Max.

"Molto piacere."

Rispose lui sorridendo.

May non poté fare a meno di pensare che era un perfetto gentiluomo e che aveva rivolto un sorriso caloroso ai nuovi conosciuti, ma che non aveva fatto altrettanto con Harry.

"Forse è meglio che adesso andiamo…"

propose Harry.

"Già, dobbiamo andare anche noi."

Affermò May mentre Max le faceva passare una mano sulla vita.

"Allora ciao!"

salutò Hermione subito imitata da tutti gli altri.

Mentre si allontanavano in due direzioni diverse May non riuscì a fare a meno di dispiacersi del saluto freddo che si era rivolta con Harry. Pensare che due giorni prima si erano lasciati con un abbraccio fraterno.

Si erano fermati di fronte ad un edificio che conteneva un ufficio per il trasporto pubblico. In quel posto c’erano molti camini e della polvere volante, bastava pagare il prezzo del biglietto e utilizzare il mezzo di trasporto per raggiungere la destinazione desiderata. May era arrivata in quel modo la mattina, e nello stesso modo sarebbe tornata a casa.

"Ti accompagno dentro…"

le propose il giovane.

May lo prese sottobraccio e varcarono la soglia. Una vasta sala con una decina di persone li accolse. La rossa si avviò verso un bancone dove un ragazzo, forse più giovane di lei, stava compilando alcuni moduli.

"Buongiorno…"

lo salutò lei. Questi alzò lo sguardo su di lei.

"Buongiorno. Come posso aiutarla?"

le domandò gentilmente.

"Mi servirebbe un biglietto per un trasporto interregionale…"

la giovane diede le indicazioni occorrenti.

Erano possibili trasporti in tutte le direzioni, esistevano biglietti per la città, interregionali, nazionali e internazionali. Variava soltanto il prezzo del biglietto. Una volta i suoi genitori avevano preso un biglietto per Madrid. Avevano trovato il trasporto veramente comodo.

Il giovane le diede il suo biglietto. La ragazza pagò il dovuto.

"Aspetti in sala d’attesa per qualche minuto. Le farò sapere io quando le vie saranno libere è potrà partire."

Disse infine il ragazzo.

May lo ringraziò, quindi si diresse verso Max che si era seduto ad aspettarla. Si mise in piedi davanti a lui.

"Allora?"

le chiese.

"Pochi minuti. Aspetto che la via sia libera."

Disse lei.

"Sei proprio sicura di non poter rimanere?"

domandò speranzoso.

"Mi dispiace, ma ho il treno all’ora di cena. Ho appena il tempo per rientrare a casa a prendere la valigia e salutare i miei prima di tornare a Londra ed andare in stazione."

Gli spiegò mentre il ragazzo le prendeva le mani.

"Se vuoi posso venire in stazione a salutarti…"

le propose.

"Saresti pronto a farti vedere in mia compagnia davanti a tutti gli studenti ed ai professori? Sai cosa implicherebbe? Saremmo sulla bocca di tutti!"

disse lei.

"Hai ragione."

Concluse lui.

"Signorina è il suo turno…"

la chiamò il ragazzo.

May si chinò per baciarlo.

"Devo andare. Ci vediamo presto… e scrivimi… aspetto tue notizie ogni giorno…"

gli disse allontanandosi.

"Te lo prometto…"

rispose lui mentre la guardava raggiungere un camino, prendere della polvere e gettarla a terra mentre pronunciava il suo indirizzo per poi svanire nel fumo.

La ragazza riapparve nel salotto della sua casa. Sua madre nel sentirla rientrare la raggiunse in salotto.

"May, hai visto che ore sono? Hai il treno alle sei… abbiamo solo il tempo di prendere le valigie e portare te e tuo fratello in stazione!"

le disse rimproverandola.

"Ma mamma, siamo in orario… su andiamo se hai così fretta."

Affermò scocciata uscendo da casa e sedendosi sul sedile posteriore dell’automobile. Suo padre intanto stava caricando le valigie nel bagagliaio. Il fratello si sedette accanto a lei.

"May, dove sei stata?"

domandò curioso.

"In giro. Non posso?"

era spazientita.

"Sì certo. Ma mamma credeva che tornassi dopo pranzo…"

affermò il ragazzo, ma la sorella si voltò verso il finestrino guardando fuori in silenzio. La mandò al diavolo mentalmente e si mise la cintura di sicurezza. Pochi minuti dopo erano sulla strada per Londra. Il viaggiò durò circa un quarto d’ora dove la giovane non aprì bocca.

Mentre entravano nella stazione May prese la sua valigia e si voltò a salutare i genitori.

"Ciao mamma… ciao papà… è meglio che la professoressa Pereights non si faccia vedere con i genitori…"

sorrise, le era passata l’arrabbiatura.

"Ok May, veniamo lo stesso ad accompagnare tuo fratello."

Disse il padre mentre lei si avviava da sola davanti a loro, il passo veloce e deciso. Salì sul suo vagone e raggiunse lo scompartimento dove l’attendeva di già la professoressa McGranitt.

"Buongiorno professoressa Pereights… come sono andate le feste?"

le disse sorridente.

"Tutto bene. Spero anche per lei…"

dichiarò mentre sistemava il suo bagaglio.

"Oh, tutto bene. Piuttosto ha lei la lista degli studenti?"

le chiede la donna. May la cercò nella sua borsetta mostrandole i fogli poco dopo.

"Sì, ce l’ho io. Andiamo a vedere se manca qualcuno…"

propose la ragazza mentre la donna la seguiva.

Salve a tutti... spero di non aver aggiornato troppo presto!!!! =)

Ringrazio come sempre Francys, simone e Manny che gentilmente commentano sempre... grazie ragazzi. Per il resto sembra che nessun altro voglia accogliere il mio appello...

Mi auguro che anche questo capitolo possa piacervi...

un bacione

Miyan

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


CAPITOLO 13

CAPITOLO 13

Maggio era arrivato e finalmente la natura si era risvegliata del tutto. Anche il castello di Hogwarts era luminoso, il sole filtrava prepotentemente dalle finestre e dalle vetrate rendendo l’edificio pieno di allegria. Lo stesso stato d’animo sembrava rispecchiarsi negli studenti. Era proprio vero che i ragazzi erano più vivaci con il bel tempo, erano pieni di vita. Ma non solo loro, anche gli insegnati sembravano più indulgenti del solito, ad eccezione di Piton che era cupo in ogni circostanza.

May era nella sua aula mentre attendeva che terminasse la pausa pranzo e ricominciassero le lezioni. Era in piedi davanti alla vetrata che dava sul giardino completamente pieno di ragazzi che preferivano rimanere all’aria aperta piuttosto che in qualche stanza del maniero.

Ripensò al mese che era appena trascorso. Era stato bello per lei. Max le mandava un biglietto tutti i giorni. Era solito trovarlo tra le pagine della Gazzetta del profeta quando arrivava la posta durante la colazione. La professoressa strinse il foglio che aveva nella tasca della gonna del vestito arancione. Estrasse il biglietto per rileggerlo.

Buongiorno tesoro,

spero che tu abbia dormito bene stanotte e che non sia rimasta sveglia a pensarmi! (Scherzo)

Mi manchi già lo sai? Avrei voglia di vederti tutti i giorni.

Ti auguro una splendida giornata, non affaticarti troppo.

Un bacio

La ragazza sorrise. Il biglietto era simile a quelli che le mandava ogni giorno. E come sempre c’era una frase ironica e maliziosa.

Lo rimise in tasca continuando a pensare all’uomo. Non si era più dimenticato delle sue promesse. Lei gli aveva intimato che aspettava sue notizie ogni giorno e lui l’aveva presa in parola non dimenticandosi mai di mandarle un messaggio. Per lei era diventata una bella abitudine cominciare la giornata con il suo buongiorno. E lui non aveva mai ritardato.

Dal lunedì di Pasqua avevano preso a vedersi ogni fine settimana. Di solito era lui che la raggiungeva ad Hogsmeade la domenica pomeriggio quando lei non era di turno. Spesso trascorrevano alcune ore a chiacchierare conoscendosi sempre di più, ma era capitato che lui volesse vederla anche se solo per pochi minuti quando lei aveva degli impegni a scuola.

Quel fine settimana sarebbe stato il primo che avrebbero saltato. Lui le aveva mandato una lunga lettera spiegandole che si sarebbe assentato da Londra per qualche giorno. Doveva tornare in Germania per sbrigare alcune faccende della sua famiglia, faccende di cui però non le aveva parlato. Lei gli aveva risposto che non le doveva nessuna spiegazione e che gli impegni di famiglia erano cose importante. Lo capiva benissimo. Le era capitato molte volte di dover rinunciare a vedere i suoi amici perché una zia di sua madre veniva a far loro visita e lei non poteva sparire di punto in bianco.

Visto che ne aveva l’occasione, prima che incominciasse il periodo di verifiche ed esami per i G.U.F.O e i M.A.G.O, aveva deciso di contattare Hermione. Le aveva promesso un pranzo e visto che aveva la domenica pomeriggio libera le aveva scritto invitandola.

La donna le aveva risposto che sarebbe stata molto contenta di vederla e visto che quel giorno era di riposo dal San Mungo l’avrebbe raggiunta ad Hogsmeade. E la domenica si stava avvicinando.

Lei ed Hermione si erano trovate subito simpatiche a vicenda. Purtroppo non avevano avuto molte occasioni per incontrarsi visto che entrambe erano impegnate con i rispettivi lavori. Ma Harry aveva fatto da tramite. Prima portando i saluti di una all’altra poi raccontando ad ognuna di loro le ultime notizie. May aveva imparato molte cose sulla dottoressa. Certo l’aveva vista molte volte quando erano ancora a scuola ed Hermione era un prefetto. Quante volte l’aveva vista litigare con Malfoy o qualche altro Serpeverde che la insultavano perché era una mezzosangue. E poi tutti sapevano che era amica di Potter e che era una studentessa modello. Ora Harry le aveva fatto conoscere altre parti di lei raccontandole le avventure che avevano vissuto insieme, come aveva fatto a conoscerla ed ora la sua vita da dottoressa al San Mungo.

May desiderava ardentemente essere come lei. Era stata una dei membri dell’Ordine della Fenice, ordine che si era sciolto quando era stato annientato definitivamente l’Oscuro Signore perché non aveva più motivo di esistere. Aveva combattuto in prima linea senza disperarsi mai e mettendo a frutto ogni minima cosa imparata. Si era dimostrata estremamente coraggiosa.

"E poi conosce Harry maglio di molti altri…"

pensò tra sé.

Si concentrò di nuovo a guardare il sole che brillava nel cielo limpido.

Si erano tenute in contatto per tutti quei mesi tramite missiva. Di solito si scrivevano una volta alla settimana, cosa che May faceva anche con Shannon e Victoria. Poteva dire di considerarla un’amica. Si ripromise di dirglielo quando l’avrebbe incontrata.

Vide gli studenti che rientravano dal giardino. Le lezioni sarebbero ricominciate di lì a poco. Era meglio concentrarsi sull’argomento che avrebbe trattato.

Erano le undici di domenica mattina. May era seduta fuori dall’ufficio di Silente ed era piuttosto agitata perché questi l’aveva convocata ma soprattutto perché avrebbe dovuto incontrare Hermione a mezzogiorno. Lei era già pronta. Indossava un lungo abito a mezze maniche di cotone rosa scuro con uno scollo a V che si incrociava sotto il seno. Era profilato con una striscia di raso nero che bordava la scollatura, gli orli delle tasche e l’estremità della gonna che scendeva morbida per poi allargarsi.

Mentre aspettava non poteva fare a meno di passeggiare per il corridoio facendo ticchettare i tacchi a spillo delle scarpette nere. Guardò l’ora all’orologio che portava al polso. Erano le undici e un quarto e la porta dell’ufficio del preside era ancora chiusa. Si sedette di nuovo afferrando in mano la borsetta prendendo il suo taccuino e la matita decisa a scrivere un messaggio per informare Hermione del suo probabile ritardo.

Aveva appena terminato di scrivere che Silente apparve sulla soglia della stanza.

"Professoressa Pereights la prego di entrare."

May lo seguì e chiuse la porta dietro di sé per poi accomodarsi accanto alla professoressa McGranitt che era già presente nello studio.

"Mi dica preside, come mai ha voluto convocarmi con così tanta urgenza?"

gli chiese curiosa.

"Purtroppo è sorto un problema che lei potrebbe aiutarci a risolvere."

Rispose l’uomo sedendosi alla sua scrivania.

"Mi dica cosa posso fare…"

affermò la giovane.

"Veramente il problema parte da me."

spiegò la professoressa McGranitt.

"Purtroppo devo partire urgentemente per l’India. È scomparso mio fratello che era in quella nazione per motivi di studio. Devo quindi lasciare l’insegnamento di questo ultimo mese."

Disse la donna con la voce tremante dall’angoscia.

"Mi spiace molto professoressa. Spero che lei lo possa ritrovare presto."

Si dispiacque la ragazza.

"Ma io cosa devo fare?"

domandò al preside.

"Dovrebbe sostituire la professoressa come capo casa dei Griffondoro e tenere le lezioni e gli esami…"

disse l’uomo guardandola da dietro le lenti degli occhiali.

La giovane professoressa sbiancò di colpo.

"Mi scusi? Ma io non ne sono in grado…"

rispose la ragazza titubante.

"Non si preoccupi. Le lezioni sono già preparate, la stessa cosa per gli esami… deve soltanto esporle ai ragazzi."

Disse la donna spiegandole che il grosso del lavoro era già stato fatto.

"Se mi dite che è tutto pronto non posso fare altro che accettare, ma non ci saranno problemi di sovrapposizioni degli orari delle lezioni di Difesa contro le arti oscure e Trasfigurazione?"

obiettò infine May.

"L’unico corso che si sovrappone ai suoi orari è quello del settimo anno di Trasfigurazione che seguirò io personalmente. Quindi non ci sono altri problemi."

Concluse l’anziano attendendo risposta dalla ragazza. May stette in silenzio ponderando cosa fare.

"Va bene. Terrò le lezioni di Trasfigurazione dal primo al sesto anno e seguirò gli esami."

Accettò infine la ragazza.

"La ringrazio professoressa Pereights. So che nelle sue mani le mie classi saranno al sicuro."

Affermò la donna.

"Ora scusatemi ma ho il treno per Londra tra venti minuti. È meglio che mi sbrighi. Arrivederci."

Salutò la donna prima di uscire dall’ufficio. I due restanti la salutarono per poi proseguire a parlare.

"Sapevo che avrebbe accettato, quindi mi sono fatto lasciare i programmi delle lezioni della professoressa McGranitt. Ho tenuto il fascicolo del settimo anno, il resto lo lascio a lei."

Disse l’uomo porgendole una pila di fascicoli.

"Mi ha proprio incastrato questa volta!"

affermò la ragazza sorridendogli.

"Oh… credo proprio di sì. Ora può andare."

la congedò Silente.

May si alzò tenendo tra le braccia i fascicoli ed uscì dall’ufficio del preside. Guardò l’ora… un quarto a mezzogiorno. Era ancora in tempo.

Fece le scale di fretta raggiungendo la sua camera. Aprì la porta e appoggiò i plichi sulla sua scrivania. Si guardò allo specchio per vedere se era in ordine ed approvò l’immagine che veniva riflessa. Quindi ripercorse il corridoio nel senso contrario affrettandosi a lasciare l’edificio scolastico per immettersi lungo la strada che da Hogwarts conduceva al villaggio di Hogsmeade.

Raggiunse il paese appena in tempo per essere puntuale. Si immise nella strada che conduceva ai "Tre manici di Scopa", luogo in cui si sarebbe dovuta incontrare con la Granger. Appena fu nelle vicinanze della taverna la vide in lontananza. Indossava un elegante abito blu con ricami a motivi floreali sulla gonna che le arrivava fino a terra. I lunghi capelli castani che quando era giovane portava sciolti, ed erano anche molto vaporosi, ora erano raccolti in una crocchia fermata con un nastro nello stesso colore del vestito. Ormai li raccoglieva sempre in quel modo, era diventata sua abitudine da quando aveva incominciato a lavorare in ospedale. Le donava un aspetto serio ed autoritario. Ed era anche questione di comodità.

La donna nel vederla arrivare fece un passo verso di lei sorridendole. May la raggiunse fermandosi davanti a lei.

"Oh, sono arrivata in tempo!"

disse con il fiato spezzato.

"Ciao May. Ma hai corso?"

le chiese ridendo la donna.

"Si vede tanto? Avrò i capelli fuori posto!"

affermò preoccupata la ragazza toccandosi i riccioli rossi che aveva legato in una coda alta.

"No no, sono a posto! Piuttosto come mai così di fretta? Di solito non sei sempre puntuale se non in anticipo?"

domandò la giovane dottoressa.

"Infatti. Ma un imprevisto mi ha fatto ritardare…"

spiegò May.

"Va bene. Adesso sei qui. Che ne dici di entrare e raccontarmi tutto davanti ad un bel piatto di risotto alle verdure?"

propose la donna.

"Vada per il risotto…"

rispose la ragazza avviandosi con Hermione verso l’entrata.

Raggiunsero un tavolo libero che era apparecchiato. Erano abituate a vederlo nel pomeriggio spoglio e pieno zeppo di bicchieri di burrobirra. Invece ora si presentava ai loro occhi con un’elegante tovaglia verde, piatti di porcellana e posate di acciaio, ed un grazioso vaso di violette.

Si avvicinò una cameriera per prendere le ordinazioni.

"Direi due risotti alle verdure e una bistecca di vitello… va bene May?"

chiese conferma Hermione.

"Sì va bene. E di dolce torta al cioccolato con l’aggiunta di panna montata…"

concluse la ragazza.

La cameriera si allontanò.

"Vedo che Harry ti ha contagiato con la mania della panna!"

affermò la donna.

"Già…"

rispose May mentre veniva servita la prima portata.

"Allora raccontami cosa ti è successo…"

suggerì la dottoressa.

"La McGranitt deve partire per l’India per motivi personali e quindi Silente mi ha convocato per assegnarmi la cattedra di Trasfigurazione per questo mese e per il periodo degli esami…"

espose tutto in un fiato la ragazza.

"Cosa? E Difesa contro le arti oscure? Hai lasciato il corso?"

domandò incuriosita.

"No… continuerò sui due corsi. Non so come farò… c’è tanto da lavorare."

Affermò la rossa mentre soffiava su una forchettata di risotto bollente.

"Per la barba di Merlino… ma Silente si rende conto che hai bisogno di riposarti ogni tanto?"

si preoccupò la donna.

"Lo sa. Infatti lui seguirà il corso del settimo anno lasciando gli altri a me. Fortunatamente la McGranitt ha già preparato gli argomenti da trattare e i test d’esame altrimenti avrei dovuto preparare anche quelli."

spiegò May.

"Credo che Silente ti tenga molto in considerazione… complimenti."

La elogiò Hermione.

"Credo che mi abbia solo fregata… sono l’unica che non ha il coraggio di dirgli di no!"

Sbuffò la ragazza. Hermione si mise a ridere.

"Adesso sei un po’ arrabbiata ma sono sicura che comprenderai che se Silente ti ha dato questo incarico è perché ha fiducia nei tuoi confronti."

Disse la dottoressa mentre appoggiava la forchetta accanto al piatto dopo aver finito la sua pietanza.

"Credo anch’io che sia per quel motivo. Ah dimenticavo… ora sono la capo casa dei Griffondoro!"

sparò l’ultima notizia.

"Ma che bello! Così potrai dire di essere l’unica Corvonero ad essere stata anche Griffondoro!"

affermò Hermione orgogliosa di avere la ragazza nella casa che era stata sua ai tempi della scuola.

"Oh, ma appena torna la professoressa McGranitt, se sarò ancora una docente di Hogwarts, tornerò alla mia vecchia casata. Mio fratello non me lo perdonerebbe!"

disse May.

"Dai che alla fine non ti dispiacerà più di tanto…"

la rincuorò la donna.

"Però mi rifiuto categoricamente di trasferirmi nei dormitori di Griffondoro… avrei troppe cose da trasportare!"

May lo disse ridendo ed anche l’amica rise con lei. Come al solito aveva mostrato il lato pigro del suo carattere.

"Allora cosa mi racconti di te?"

chiese May cambiando argomento.

"Tutto bene… le cose vanno come al solito al San Mungo."

Affermò la dottoressa.

"Ogni tanto c’è qualche caso particolare, qualche malattia rara o infezione equatoriale che qualche viaggiatore ha contratto in qualche luogo… ma per il resto niente di strano!"

continuò la donna.

"E con Ron?"

chiese la ragazza.

"Beh… non dovrei dirtelo perché è una notizia fresca ma… abbiamo deciso la data del matrimonio…"

concluse Hermione vedendo spalancare gli occhi della ragazza.

"Ma me lo dici così? È una notizia stupenda!"

affermò allegramente la professoressa.

"Complimenti… e quando sarebbe?"

chiese infine.

"Il trenta aprile dell’anno prossimo. Ci vorrà ancora del tempo ma almeno adesso posso dire che la cosa è certa!"

disse l’interessata arrossendo un poco.

"Oh avrai tantissime cose da preparare… il vestito, la cerimonia, gli invitati… diciamo che questa parte non mi piace molto!"

espose la giovane sorridendo.

"Neanche a me… ma se mi voglio sposare!"

Hermione era al settimo cielo, ed anche May era molto contenta per l’amica. Si inoltrarono quindi in una conversazione animata riguardo ai fiori, all’abito e a tutti i particolari che erano collegati ad un matrimonio.

Era tornata ad Hogwarts nel tardo pomeriggio dopo aver trascorso alcune ore con l’amica. Aveva ascoltato i programmi della donna e le aveva dato il suo parere su alcune cose che non la convincevano… come i fiori. Era indecisa sulle rose rosa le sembravano un po’ troppo usuali. May le aveva consigliato di chiedere al fiorista che l’avrebbe fornita delle rose particolari con qualche caratteristica inusuale da abbinare a qualche fiore più piccolo e semplice.

Alla fine si erano separate ripromettendosi che durante l’estate si sarebbero frequentate spesso. Hermione le aveva chiesto di accompagnarla insieme a Ginny e a Luna Lovegood a scegliere l’abito da sposa. May non si sarebbe mai lasciata scappare un’occasione simile. Aveva accettato elettrizzata.

Inoltre avevano capito che c’erano moltissime cose a cui pensare, argomenti che non avevano nemmeno sfiorato quel pomeriggio ma che sarebbero stati importanti quel giorno. Sembrava che quell’occasione particolare, e molto importante per Hermione, avesse legato le due ancora di più. Si capivano al volo senza bisogno di precisazioni. Erano della stessa pasta e la cosa riempiva il cuore di May di gioia.

Era quasi l’una di notte e la professoressa se ne stava seduta alla sua scrivania davanti a fogli e fogli di appunti e precisazioni della professoressa McGranitt. La sua mente si era distratta per qualche minuto a ripensare alla bellissima giornata che aveva passato con Hermione, ma ora doveva tornare sul lavoro. Riprese in mano un foglio con l’argomento per la prima lezione che avrebbe tenuto ai ragazzi del sesto anno, era la classe di suo fratello. Gli scritti della professoressa spiegavano rigorosamente i punti da trattare e su che argomenti soffermarsi.

"Devo dire che con questi fascicoli mi ha facilitato di molto il lavoro…"

pensò tra sé la ragazza rimettendo il foglio al suo posto in mezzo a molti altri.

"Per fortuna che Silente ha sospeso le lezioni di Trasfigurazione per questa settimana. Mi lascerà il tempo per prepararmi almeno un po’!"

affermò a voce alta mentre si stiracchiava le braccia e le spalle che soffrivano per le molte ore passate nella stessa posizione.

Si alzò dalla scrivania osservando il cielo. Questo era tetro. Non solo era buio perché era notte fonda, ma soprattutto perché un violento temporale si stava abbattendo sulla zona.

Si avvicinò alla finestra guardando i goccioloni che scendevano di sbieco colpendo la terra con forza creando una specie di bruma di qualche centimetro sul terreno. Gocce che si proiettavano anche sui vetri della finestra oscurando la visuale sul paesaggio circostante.

Si aggirò per le stanze a piedi nudi con la camicia da notte rossa fatta a canottiera e con un piccolo fiocco bianco alla fine della profonda scollatura. Raggiunta la stanza che era un vero e proprio salotto prese una tazza di tè che si era fatta arrivare poco prima sentendone il desiderio. Lo sorseggiò lentamente utilizzando quel tempo per riposarsi un poco prima di rimettersi a lavoro.

Quando ebbe finito ritornò nella camera da letto e guardò l’orologio che aveva appeso al muro. Era l’una e dieci e sentiva il sonno prendere il sopravvento. Sistemò le carte mettendole in ordine ed impilando i plichi sulla scrivania. Quindi spense la lampada da tavolo e si mise a letto smorzando anche la luce sul suo comodino.

Aveva appoggiato il capo da pochi minuti quando sentì un forte rumore provenire dalla finestra, rumore che sovrastava quelli potenti della pioggia che vi batteva e che gareggiava a potenza con i tuoni. Spaventata si sedette nel letto prendendo la bacchetta che giaceva come sempre sul suo comodino. Attese in silenzio e con i sensi allertati che il rumore si ripetesse.

Non ebbe bisogno di aspettare molto, un botto provenne dalla finestra dopo pochi minuti.

Si alzò dal letto avvicinandosi guardingamente al vetro. Riuscì a vedere che c’era qualcuno dall’altra parte della lastra. Cercò di capire chi era. Nel riconoscerlo aprì immediatamente la finestra.

"Harry che ci fai qui?"

quasi urlò cercando di farsi sentire tra i rumori del temporale mentre la pioggia incominciava a bagnare il pavimento della sua stanza.

"Per favore fammi entrare… ho bisogno di aiuto…"

riuscì a capire mentre il giovane svolazzava con la sua scopa davanti alla finestra della ragazza completamente fradicio di pioggia.

La ragazza non sapeva che fare. Era una cosa alquanto strana. Ma dell’auror si era sempre fidata, ed anche quella volta l’avrebbe fatto.

"Va bene entra…"

gli disse mentre si allontanava dall’apertura per farlo passare.

Appena il ragazzo fu all’interno della stanza, May si affrettò a chiudere le ante lasciando il temporale fuori. Si voltò verso l’amico che gocciolava copiosamente sul pavimento.

"Spero che tu abbia una spiegazione attendibile altrimenti ti faccio pulire la pozzanghera che s’è creata sotto i tuoi piedi!"

affermò ironica indicando l’acqua che si stava depositando sulle mattonelle.

Poi vide il volto del ragazzo e divenne seria di colpo. Era bianchissimo e alcune escoriazioni erano presenti su viso. Con una mano rossa di sangue si stringeva un fianco.

La ragazza si avvicinò a lui che la guardava silenzioso.

"Ma cosa ti è successo?"

gli chiese spaventata.

"Ti spiegherò… è una storia troppo lunga da raccontare. L’importante è che nessuno sappia che io sia qui."

Affermò il ragazzo.

"Ma Harry hai bisogno di cure…"

obiettò la professoressa.

"Giurami che non lo dirai a nessuno…"

le chiese.

"Harry…"

cercò di parlare.

"Giuramelo…"

urlò quasi il ragazzo.

"Va bene."

Rispose lei avanzando ancora di un passo e fermandosi di fronte all’auror. Gli occhi del giovane parvero rilassarsi.

"Ti ringrazio… ora avrei solo bisogno di riposare…"

non ebbe nemmeno il tempo di terminare la frase che la ragazza lo vide accasciarsi su di lei privo forze. Ma lo sorresse con tutta la forza che aveva e lo trascinò verso il letto dove lo fece sdraiare, svenuto.

Si guardò la camicia da notte che stava indossando. Era bagnata di pioggia… e impregnata del sangue del ragazzo.

"Devo fare subito qualcosa!"

pensò tra sé allarmata mentre correva in bagno in cerca di garze e dell’unguento disinfettante.

Ciao a tutti... devo dire che l'ultima parte del capitolo è una delle mie preferite, quindi spero tanto che piaccia anche a voi!!!! Per il resto ringrazio come sempre simone (chi ti dice che non gli faccia prendere un colpo?), Francys (per quello che ho detto a simone so che tu mi odieresti a morte se lo mettessi in atto!!!) e Manny (sai com'è? i ragazzi si comportano anche così!) che commentano sempre... siete favolosi...

un bacio a tutti e commentate!!!

Miyan

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


CAPITOLO 14

CAPITOLO 14

Aprì l’armadietto dove teneva i medicinali da utilizzare in caso di urgenza, prese tutti i flaconi che erano presenti e li sparse sulla mensola dello specchio cercando un unguento in grado di fermare l’emorragia e di disinfettare la ferita. Quando lo trovò lo prese e con esso anche del cotone e delle garze.

Tornò nella sua camera da letto dove il ragazzo giaceva svenuto sul suo letto. Gli si avvicinò fermandosi un momento a farsi coraggio. Si sporse su di lui e gli tolse il mantello dopo averlo fatto sedere ed appoggiare a lei per mantenerlo in quella posizione. Tolto questo, incominciò a slacciargli la camicia. Questa essendo bagnata ed intrisa di sangue si era appiccicata alla ferita del ragazzo. May cercò di staccare la stoffa dalla lacerazione senza fargli del male, ma vide il corpo del giovane sobbalzare dal dolore. Quando fu riuscita a spogliarlo lo fece distendere di nuovo sul letto.

Osservò lo squarcio che partiva da sotto la spalla sinistra e che scendeva lungo il fianco per almeno quindici centimetri. Da esso continuava a fuoriuscire sangue. La ragazza rabbrividì a quella vista sentendosi lo stomaco in subbuglio.

"Su May devi farcela!"

si disse da sola facendosi coraggio.

Prese una pezza e gli tamponò il taglio cercando di fermare il sangue che inzuppava la stoffa. Sembrava non volersi arrestare e la ragazza era disperata, indecisa se continuare da sola o se disobbedire alla richiesta del ragazzo e chiamare aiuto.

Ma l’emorragia si arrestò.

Prese l’unguento e glielo versò sulla lacerazione per pulirla da eventuali residui di sporco. Sicuramente bruciava perché lo sentì urlare… May si fermò un istante per osservarlo in volto. Era teso e febbricitante. Riprese a lavorare curandogli la ferita e mettendogli una garza per evitare che si infettasse. Infine cercò una pozione e gliela somministrò sperando che gli facesse abbassare la febbre.

Gli passò una mano sulla fronte sudata. Le si spezzava il cuore nel vederlo in quelle condizioni.

Prese la poltrona che aveva nel salottino e la portò accanto al letto per stargli vicino. Lo vegliò per molte ore ma alla fine cedette al sonno appoggiando il capo sul materasso accanto al corpo dell’auror.

Fu così che lui la vide il mattino seguente. Si era appena svegliato ed il solo muoversi gli procurava un dolore atroce sul fianco. Le fece una carezza sul capo sentendo la morbidezza dei riccioli sanguigni. La vide svegliarsi poco alla volta, alzare le palpebre contornate dalle lunga ciglia nere, quelle iridi ambrate fissarsi nelle sue.

"Buongiorno…"

le disse sorridendole.

"Buongiorno…"

rispose lei con la voce ancora impastata dal sonno.

La ragazza si alzò di scatto mentre gli domandava preoccupata

"Come stai?"

Lui tenne lo sguardo fisso in quello di lei.

"Molto meglio. Non sapevo che fossi una perfetta infermiera!"

sussurrò.

"E non lo sono. Forse sarebbe meglio che Madama Chips controllasse la ferita…"

cercò di proporgli.

"No May, tutti gli altri devono credere che io sia morto stanotte!"

lo sguardo deciso.

"Morto? E perché?"

chiese lei preoccupata.

"Nessuno deve sapere che sono ancora vivo, nessuno deve sapere che sono qui… saresti in pericolo…"

le spigò vago.

"Ma Harry…"

voleva chiedergli di più ma il suo sguardo venne colpito dai numeri sulla sveglia.

"Sono le otto e un quarto!"

balzò in piedi agitata.

"Mi racconterai più tardi, ma voglio sapere tutto nei particolari…"

disse lei prendendo un vestito e infilandosi nel bagno.

Harry rise nel vederla aggirarsi agitata per la stanza. Poco dopo la vide ricomparire dal bagno vestita con un abito violetto mentre si sistemava i capelli con delle forcine.

"Scusami ma devo correre a lezione."

Gli spiegò.

"Non preoccuparti per me. Adesso che sono qui sto al sicuro."

Rispose lui.

"Ti farò portare la colazione da un elfo domestico. Ce n’è uno che mi deve un piacere e che quindi non si lascerà sfuggire nulla."

Espose lei titubante che lui non accettasse nemmeno quella presenza.

"Va bene. Mi fido di te se dici che è affidabile."

Affermò lui mettendosi nelle mani della professoressa.

May gli si avvicinò rimboccandogli le coperte.

"Mi raccomando non scappare…"

disse ironicamente mentre gli posava una mano sul braccio nudo. Il ragazzo prese quella mano nella sua guardandola negli occhi.

"Ti ringrazio…"

disse infine sperando che lei capisse che in quelle parole non c’era solo riconoscenza ma completa fiducia in lei.

La vide sorridergli.

"Di niente. Anche tu avresti fatto lo stesso per me."

gli rispose.

Si allontanò da lui prendendo alcuni plichi dalla sua scrivania.

"A dopo allora. E non curiosare tra le mie cose!"

gli disse prima di uscire dalla porta della stanza.

Harry la vide svanire. Chiuse gli occhi facendo un respiro profondo.

"Tutto è nelle tue mani piccola May…"

Harry era sdraiato nel letto della ragazza mentre si riposava. Non l’aveva vista per tutta la mattinata, sicuramente perché aveva delle lezioni. Il mattino, appena lei era uscita, era comparsa un’elfa domestica sulla porta. L’aveva osservato titubante poi aveva varcato la soglia portando un vassoio con la colazione.

"Essere lei Harry Potter?"

gli domandò.

L’auror nel sentire quelle parole ricordò il piccolo Dobby.

"Sì sono io."

Rispose vedendola avvicinarsi.

"La signorina May avere detto a Kika di portare la colazione a Harry."

Spiegò l’elfa appoggiando il vassoio sul comodino.

"Ti ringrazio Kika."

Harry cercò di sedersi meglio nel letto, ma la ferita gli doleva ancora e strinse i denti.

"Aspettate signor Potter, Kika aiutare."

Disse l’elfa aiutandolo a sedersi nel letto e sistemandogli i cuscini dietro la schiena.

"Sei molto gentile."

La ringraziò Harry.

"Dovere."

Affermò l’elfa prendendo il vassoio e mettendoglielo sulle gambe.

"Io non sapere cosa lei volere per colazione. Io portare latte, miele e biscotti. Kika credere essere il pasto ideale per persona malata."

Disse prendendo la caraffa e versando il latte nella tazza.

"Grazie Kika ma faccio da solo. Riposati intanto."

Disse lui ricordandosi di come Hermione si era presa a cuore la causa degli elfi domestici che lavoravano tutto il giorno servilmente.

L’elfa si allontanò rimanendo in piedi vicino a lui.

"Se lei avere bisogno di Kika chiamare. Io andare a fare le pulizie in bagno e in salotto."

Spigò Kika prima di sparire in bagno con il piumino della polvere in mano.

Harry prese il vasetto del miele e ne prese un cucchiaino mescolandolo lentamente nel latte. Quando si fu sciolto incominciò ad inzupparci i biscotti e a mangiare. Era molto lento, si sentiva ancora debole, ma almeno ora era al sicuro e con il tempo si sarebbe ripreso.

Aveva appena finito di mangiare quando vide Kika fare capolino dalla porta del bagno.

"Io vedere che lei avere finito. Kika spostare il vassoio."

L’elfa prese il vassoio e lo appoggiò sul comodino.

"Io dovere fare ancora pulizie in salotto. Voi volere qualche libro da leggere?"

domandò gentilmente.

"Ti ringrazio Kika, leggerei volentieri qualcosa."

l’elfa si avvicinò alla piccola biblioteca della professoressa Pereights indecisa su che libro scegliere.

"Qui avere tanti libri di scuola ma esserci anche dei romanzi. Cosa preferire lei?"

chiese voltandosi verso il ragazzo.

"Portami pure un romanzo Kika, ti ringrazio"

disse il giovane.

L’elfa prese un tomo alto, rilegato finemente, il titolo stampato in caratteri dorati. Si avvicinò al malato e glielo porse.

"Spero essere a lei gradito. Ora io andare."

affermò dirigendosi verso il luogo del suo lavoro.

Harry lesse il titolo…

"Magie nell’antica Roma"

era un titolo che non aveva mai udito. Rigirò il libro tra le mani decidendosi ad aprirlo dopo parecchi minuti. Lesse la prefazione…

"…anche all’epoca dell’antica Roma maghi e streghe erano malvisti. Non correvano pericoli di persecuzioni ma erano tenuti in disparte. Solo chi teneva nascoste le sue capacità poteva vivere in mezzo ai babbani. Questo libro narra la storia di una giovane strega, figlia di una potente famiglia di patrizi…"

quelle poche righe non gli facevano capire il romanzo. Era comunque una storia d’amore e di avventura. Sperò che non fosse il solito racconto da ragazzine.

Adesso era quasi l’ora di pranzo ed era ancora intento a leggere. Kika se n’era andata dicendo di avere altre faccende da fare e lui non aveva trovato altro da fare che leggere. Era una storia di indagini e di morti che nessuno sapeva spiegarsi. Solo la giovane strega era in grado di comprendere che erano stati degli incantesimi a condurre a morte le persone. Alla fine si era appassionato.

Sentì suonare il mezzogiorno. Chiuse il libro appoggiandolo sul comodino. Mosse la testa facendo scricchiolare le ossa del collo. Poco dopo vide Kika entrare di nuovo nella stanza.

"Io avere portato il pranzo."

Disse appoggiandogli il vassoio sulle gambe come aveva fatto il mattino.

"Grazie Kika. Sai dirmi dov’è la professoressa Pereights?"

domandò.

"Lei essere in sala grande e pranzare con tutti gli altri. Ma lei dire di portare il pranzo a Harry Potter."

Gli rispose.

Tolse il coperchio dal piatto mostrando un piatto di polpette piccole come delle noci e patate arrosto.

"Spero lei piacere."

Si assicurò l’elfa.

"Si, mi piacciono. Vai pure adesso. Avrai da fare in cucina…"

disse lui gentilmente.

"Allora io andare. Ma prima io consegnare lei la Gazzetta del profeta. La professoressa Pereights pregare Kika di portare a lei."

Il giovane prese in mano il quotidiano. Non poté fare a meno di leggere il titolo in prima pagina.

"Presunta morte di Harry Potter. La sua scomparsa nella notte."

Si voltò verso l’elfa.

"Kika, mi raccomando di non dire a nessuno che sono qui."

Kika lo guardò tesa.

"Io sapere che essere importante. Io non dire niente a nessuno."

Poi la vide sparire dalla stanza.

Erano quasi le nove di sera e non aveva ancora incontrato May. Lei gli aveva fatto intendere che si sarebbero visti durante la giornata, ma non si era fatta viva.

"A meno che non sia venuta mentre dormivo…"

pensò tra sé il giovane mentre riposava.

Gli era difficile rimanere a letto. Era sempre stato abituato ad avere molte cose da fare durante la giornata. Negli ultimi tempi la sua vita era diventata sempre più frenetica. Ed ora si ritrovava ad oziare.

Si sistemò meglio nel letto sentendo la ferita bruciare.

Le nove di sera. A Hogwarts cenavano molto prima. May doveva avere già finito. Poteva essere stata trattenuta da qualcuno o evitare di tornare perché c’era lui.

Sbuffò.

Dopo qualche minuto la vide entrare con la cena.

"Ciao May."

Disse sorridendole.

"Ciao Harry. Scusami ma oggi sono stata molto impegnata con le lezioni."

Spiegò mentre lo raggiungeva e si sedeva sulla poltrona accanto a letto.

"Capisco. Ma avrei preferito avere la tua compagnia."

La rimproverò in qualche modo.

"Harry sai benissimo che ho degli impegni da mantenere!"

la voce della giovane pareva scocciata.

"Lo so. Stavo solo scherzando. Io me la sono cavata comunque, ho letto un po’."

Disse il ragazzo osservandola in volto.

"Hai letto il giornale?"

gli chiese preoccupata.

"Sì, me lo aspettavo. E comunque hanno ragione… il ministero ha visto sparire improvvisamente Linda e me. Hanno trovato il mio sangue. Molto sangue. Hanno ragione di pensare che io sia morto."

Spiegò lui.

"Non vuoi dirmi il perché?"

domandò.

"Dopo. Ti prometto che dopo ti racconterò tutto. Ma è meglio farlo dopo cena, è una storia molto lunga."

Disse lui rimandando.

"Va bene."

Accettò lei mentre prendeva il vassoio con la cena del giovane.

"Vediamo un po’ che cosa mi hai portato…"

guardò il piatto.

"Passata di verdure, purea di patate e mela cotta… ma ti sembra una cena questa?"

domandò lui guardandola negli occhi. La ragazza stava ridendo.

"Harry sei malato, di conseguenza ti ho portato un pasto da malati!"

rispose lei.

"Te la farò pagare. Mangio solo perché ho una gran fame."

Disse lui portandosi il cucchiaio alla bocca.

La professoressa vide il libro sul comodino.

"Hai letto uno dei miei libri."

Il ragazzo la osservò.

"Lo so che mi avevi detto di non toccare le tue cose ma dovevo fare qualcosa durante tutte queste ore."

Affermò.

"Spero almeno che ti sia piaciuto."

Disse la giovane mentre riponeva il libro tra gli altri sullo scaffale.

"Diciamo di sì. In alcuni punti troppo sdolcinato, ma non male."

Diede la sua opinione.

"Non sei per niente romantico…"

affermò lei fermandosi accanto alla finestra.

"Certo che lo sono… ma quei due non hanno concluso niente!"

disse il ragazzo.

"Harry non ti facevo così malizioso…"

lo guardò leggermente imbarazzata.

"May, siamo adulti entrambi. Sai bene come gira il mondo… e poi fare l’amore non è poi così scabroso!"

espose lui seriamente.

La ragazza era imbarazzata per l’argomento ma soprattutto perché non era abituata a discuterne con persone che non fossero le sue amiche.

"Hai ragione Harry… ma credo che il libro sia molto bello lo stesso."

Disse infine voltandosi verso la finestra ed osservando il cielo. Intanto il ragazzo aveva continuato a mangiare ed il silenzio era sceso sulla stanza.

"Pare proprio che anche oggi il cielo ci riservi pioggia…"

affermò lei guardando i fulmini in lontananza.

"I primi temporali della stagione… speriamo che non causino danni."

Disse lui osservando la figura della giovane illuminata dai lampi.

Aveva lasciato la stanza con la scusa di doversi preparare per la notte. In realtà non riusciva più a sostenere una conversazione coerente dopo l’imbarazzante argomento di poco prima.

In quel momento se ne stava a mollo nella sua vasca mentre l’aroma di vaniglia ed il calore dell’acqua la rilassavano. Le dava una strana sensazione sapere che c’era un ragazzo nella stanza attigua e soprattutto che avrebbero dormito di nuovo vicini.

Scosse il capo cancellando quei pensieri dalla mente.

"Harry è un buon amico…"

si disse.

Uscì dall’acqua asciugandosi nel telo da bagno. Si vestì e si affrettò a raggiungere il ragazzo nell’altra stanza.

"Pensavo fossi annegata!"

le disse subito lui ironicamente.

"Ti sarebbe piaciuto… ma sono viva e vegeta!"

aggirò il letto aprendo l’armadio per mettere via il vestito che aveva indossato durante il giorno.

"Allora sei pronto a cominciare con il tuo racconto?"

gli chiese sedendosi sulla poltrona accanto al letto.

"Va bene. Se proprio devo…"

disse lui sospirando.

"Ti ascolto."

Affermò lei accomodandosi meglio nella poltrona.

"Da qualche mese stanno accadendo delle cose strane in tutto il Regno magico. Furti, rapine… omicidi. Potresti obiettare che i malviventi ci sono sempre stati, ma non così tanti casi."

May si rabbuiò mentre lo ascoltava silenziosamente.

"Gli unici periodi in cui avvenivano episodi simili erano quando Voldemort era vivo."

Il ragazzo fissò lo sguardo in quello della ragazza.

"Il ministro mi ha incaricato personalmente di scoprire cosa stava succedendo… Linda mi aiutava. Così abbiamo cominciato ad investigare segretamente. I mangiamorte che sono scampati alla cattura perché non avevamo prove contro di loro si stanno riunendo."

La voce dell’auror era preoccupata.

"Li abbiamo seguiti nel tentativo di capire cosa stesse succedendo e siamo arrivati alla causa… Lord Voldemort ha un erede, un figlio di cui nessuno era a conoscenza."

May rabbrividì.

"Ma Harry non era troppo pericoloso per solo due persone?"

chiese lei.

"Sì, ma non avevamo tempo da perdere. Si sarebbero incontrati con lui a breve… a me bastava sapere chi era il figlio dell’Oscuro Signore, in quel modo avrei potuto tentare di fermarlo."

Fece un respiro profondo.

"Avevo un sospetto da qualche tempo, ma nemmeno una prova. Era solo una mia sensazione. Dovevo vedere con i miei occhi che era davvero così. Linda mi appoggiava ed insieme decidemmo di raggiungere la radura dove i mangiamorte si sarebbero riuniti. L’incontro era previsto per ieri notte. Il figlio di Voldemort sarebbe stato presentato a tutti e avrebbe preso il potere."

Continuò lui.

"Harry dimmi che non hai fatto davvero una sciocchezza simile!"

sperò lei.

"Invece sì. Linda ed io raggiungemmo la radura. Vidi quell’uomo prendere il potere e lo sentii dire che aveva un ospite particolare. Ero io. Vidi Linda in piedi accanto a me bene in vista. Mi stava puntando la sua bacchetta. Ero stato tradito. Lui voleva occuparsi personalmente di me. Incominciammo a combattere… e fu veramente dura. Riuscì a ferirmi, ero finito. Ma riuscii ad avere il tempo di smaterializzarmi qui vicino. Ho pensato subito a te… eri l’unica che potesse aiutarmi."

Si voltò a guardare il volto della ragazza, stava piangendo.

"Oh May non piangere… come vedi ora sto bene."

Le fece una carezza su una guancia.

"Ma non piango solo per quello… Linda ti ha tradito, è la ragazza che ami!"

non riusciva a concepire un tradimento del genere.

"May io non la amo. Stavo bene con lei ma non l’amo."

Spiegò Harry in un sussurro.

"Mi spiace tanto comunque…"

abbassò lo sguardo.

"Ma almeno adesso sai chi è l’erede di Voldemort…"

affermò guardandolo serio.

"Si purtroppo lo so… ed è meglio che lo sappia anche tu visto che sei invischiata con questa storia."

Disse l’auror attirando ancora di più l’attenzione della ragazza.

"Perdonami May, ma il nuovo Signore Oscuro è… Max Geenflame."

Disse tutto in un fiato. May a sentire quel nome si sentì fischiare le orecchie ed il sangue pulsare prepotentemente nelle vene.

"Max?"

chiese conferma.

"Purtroppo è lui…"

la stava guardando con pena negli occhi.

"E tu lo sapevi?"

chiese di nuovo.

"Sì, lo sospettavo da tempo."

Affermò egli.

"Dannazione Harry perché non me l’hai detto prima? Sai bene che sto uscendo con lui!"

era balzata in piedi, le lacrime scendevano lungo le sue guance rosse di rabbia.

"Non potevo dirtelo…"

affermò il ragazzo.

"Per seguire il tuo dovere mi avresti lasciata nelle sue mani?"

domandò urlando.

Il ragazzo non sapeva che rispondere.

"Va al diavolo Harry!"

e May corse fuori dalla stanza piangendo a dirotto.

Aveva corso per i corridoi del castello per uscire in giardino. Aveva corso anche lì fermandosi soltanto quando aveva raggiunto l’albero dove andava spesso a rilassarsi. Si era accasciata contro il tronco piangendo per molto tempo. Non poteva credere che Max fosse davvero il figlio di Voldemort. Lui che era stato tanto dolce nei suoi confronti, che era riuscito a catturare la sua attenzione.

Aveva giurato che non l’avrebbe più incontrato. Ma non poteva farlo. Se si fosse comportata in quel modo lui avrebbe capito che lei conosceva il suo segreto e sarebbe stata realmente nei guai.

Fece un respiro profondo per calmarsi.

"Dovrò fingere… ma ce la farò…"

pensò tra sé immaginando le mani di Max che le sfioravano le braccia nude. Sperò di non inorridire quando lui l’avrebbe baciata di nuovo.

Si alzò in piedi e si guardò. Era in camicia da notte in mezzo al giardino. Sperò che nessuno l’avesse vista in quelle condizioni. Quindi si diresse di nuovo verso la sua camera. Fortunatamente non aveva incontrato nessuno.

Varcata la soglia vide Harry ancora sveglio.

"Sei tornata…"

le disse triste.

"Sì…"

gli si avvicinò.

"Mi spiace tanto May… ma non potevo correre il rischio di essere scoperto."

Spiegò lui.

"Harry ti rendi conto di avermi usata per raggiungere il tuo scopo?"

lo fissò negli occhi.

"Lo so, ma non potevo May."

Le prese una mano tra le sue, ma la ragazza la allontanò subito.

"E adesso cosa dovrei fare?"

chiese senza che la sua voce avesse alcuna sfumatura.

"Aiutarmi a sconfiggerlo…"

disse lui.

"Non ne sono in grado. Non ne ho la forza…"

si sedette sulla poltrona prendendosi il capo tra le mani.

"May ricordati chi sei. Sei la professoressa di Difesa contro le Arti oscure. Sei una bravissima persona. Sei solo May."

Cercò di rincuorarla.

"Perché non parlare con Silente?"

alzò gli occhi gonfi di pianto su quelli verdi del ragazzo.

" Ci ho pensato. Forse sarebbe meglio avvertirlo. Ma nessun’altro. Credo che nel ministero ci siano altre spie."

Affermò il giovane.

"Andrò io a parlargli."

Disse le ragazza alzandosi in piedi.

Harry la prese per un braccio attirandola a sé facendola cadere sul suo petto. La strinse forte.

"No May, non è il momento. Adesso sfogati."

Le accarezzava lentamente i capelli, sentiva le lacrime bagnargli la pelle del petto.

"Harry mi ha usata anche lui. Ma perché devono sempre prendersi gioco di me?"

si lamentò la ragazza.

"May forse anche le persone come lui provano dei sentimenti… potrebbe essere realmente innamorato di te!"

quanto gli costava difendere quell’uomo.

"Ma che amore sarebbe… non sopporterei il sangue che versa ogni giorno!"

affermò la ragazza.

"Non so… posso solo dirti che sei una persona meravigliosa."

La strinse ancora di più.

"Grazie Harry, ma so bene che le persone si stancano di me dopo poco… passo sempre inosservata."

Il pessimismo stava avendo il sopravvento.

"May non dire così. Tante persone ti amano per quello che sei. Io sono una di queste."

La ragazza si staccò da lui asciugandosi le lacrime.

"Grazie Harry. Grazie."

Gli disse sedendosi sulla poltrona.

"Hai bisogno di riposare. Stenditi sul letto, è tanto grande che non ci accorgeremo nemmeno di essere vicini."

La vide annuire al suo invito e sdraiarsi accanto a lui. Spense la luce della lampada e le prese la mano. Lei la strinse forte.

Ciao a tutti! allora come vi pare il capitolo? Sorpresi oppure avevate già capito tutto? beh Francys adori ancora Max?... come al solito ti ringrazio per il commento e grazie anche a simone... lui sarà più contento della vicenda...

mi raccomando commentate in tanti... su, non costa così tanta fatica...

un bacio e a presto

Miyan

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


CAPITOLO 15

CAPITOLO 15

Qual mattino May camminava davanti allo studio del preside ripensando nella sua mente quali sarebbero state le parole adatte per comunicargli la notizia che Harry era ancora vivo ma soprattutto il nome del figlio di Voldemort.

Si sedette aspettando di poter raggiungere Silente. Poco dopo la porta si aprì ed uscì il professor Piton che la squadrò dall’alto.

"Professoressa Pereights…"

la salutò con un cenno del capo prima di lasciare il luogo.

"Buongiorno professore."

Rispose lei sorvolando sull’atteggiamento stizzoso che l’uomo continuava a mantenere nei suoi confronti.

Si alzò e fece un respiro profondo prima di bussare alla porta.

"Avanti."

La invitò l’uomo nella stanza. La ragazza varcò la soglia e richiuse la porta di legno massiccio dietro di lei per poi dirigersi verso la scrivania del preside. Ma l’uomo non si trovava in quel punto. Volse lo sguardo per cercarlo.

"Professoressa Pereights, che piacere vederla!"

affermò l’uomo.

La giovane sentì la voce provenire dalla sua destra e lo vide davanti a degli scaffali con un libro in mano. Lo raggiunse passando davanti alla fenice dell’uomo.

"Vorrei parlarle del signor Potter…"

disse la professoressa fermandosi a pochi passi dall’uomo. Questi chiuse il libro e lo appoggiò su una mensola per poi avvicinarsi alla fenice.

"Vedo che anche lei è preoccupata per questo argomento. Purtroppo se lei voleva avere notizie da me non ne avrà dato che anche io so solo quello che c’è scritto sui giornali."

Spiegò l’uomo.

"Veramente sono io ad avere delle notizie."

Disse titubante ma conscia che l’ufficio di Silente non poteva nascondere insidie.

"Davvero?"

chiese sorpreso l’uomo sistemandosi meglio gli occhiali da vista.

"Harry è vivo…"

sussurrò appena percettibile.

"Me lo sentivo…"

affermò mentre dal suo volto traspariva il sollievo per quella buona notizia.

"…ma dica come fa a saperlo?"

domandò l’uomo fermandosi davanti a lei.

"L’ho visto con i miei occhi. È venuto da me quella notte…"

spiegò la ragazza.

"Strano che non mi abbia avvertito. Come mai?"

chiese diventando serio.

"La questione è molto spinosa… ma posso solo dirle che solo io e lei sappiamo che è ancora vivo. Solo noi due sperando che i Mangiamorte abbiano bevuto la bugia sulla sua morte…"

affermò la ragazza.

"Mangiamorte? Harry mi aveva detto che c’erano dei movimenti strani, ma non sapevo che si fossero riuniti."

L’uomo prese a misurare con passi lunghi e lenti la stanza.

"Purtroppo il Signore Oscuro ci ha lasciato un regalo… suo figlio. Ed i mangiamorte lo hanno eletto loro signore."

Spiegò May inorridendo al pensiero di quello che sarebbe potuto accadere.

"Tom aveva un figlio? Questo mi giunge nuovo."

L’uomo era estremamente preoccupato.

"Io non so molto, Harry potrà spiegarle tutto nei modi migliori."

Disse la ragazza.

"Dov’è ora?"

domandò l’uomo fermandosi.

"In camera mia. È ferito ma l’ho curato. Ha solo bisogno di riposo."

Affermò la giovane. L’uomo la guardò negli occhi ma lei non riuscì a capire cosa lui volesse leggervi.

"Credo che andrò subito da lui."

Disse l’uomo pacatamente.

"Io non l’accompagnerò. Adesso ho lezione."

Spiegò la ragazza.

"Vada pure. La ringrazio per quello che ha fatto per lui."

Disse l’uomo mentre lei stava per lasciare la stanza.

"Non ce n’è bisogno. Harry è un caro amico."

Rispose lei prima di chiudere la porta.

Harry aveva sentito la porta aprirsi ed aveva pensato che fosse Kika che gli portava la colazione o che May si fosse dimenticata qualcosa ed invece si era visto apparire davanti Albus Silente.

"May deve essere andata da lui prima delle lezioni."

Pensò tra sé. Si sistemò meglio nel letto stringendo i denti perché la ferita gli faceva ancora molto male.

"Buongiorno Harry."

Disse l’uomo avvicinandosi al letto.

"Buongiorno Silente."

Rispose il giovane pensando che in tutti quegli anni, anche se l’affetto li univa, non aveva smesso di dargli del lei.

"Mi hai fatto prendere un bello spavento."

Disse l’uomo.

"Lo so. Ma in questo modo anche i mangiamorte penseranno che io sia morto."

Spiegò il ragazzo guardando le iridi azzurre ed ormai anziane del preside.

"Capisco. La professoressa Pereights mi ha raccontato qualcosa, ma credo che sia meglio che tu mi dica tutto sul figlio di Tom."

Silente chiamava il Signore Oscuro con il suo nome di battesimo.

"Purtroppo è molto potente ed ha spie in ogni luogo. Linda per esempio. Quindi nemmeno tra gli auror e al ministero devono sapere di me."

il preside fece un cenno di assenso con il capo mentre Harry continuava.

"L’unico di cui mi fido è lei, oltre a May naturalmente."

Affermò il ragazzo.

"Dimmi Harry, chi è?"

domandò mentre si sedeva sulla poltrona accanto al letto.

"Max Greenflame."

Riuscì solo a pronunciarne il nome.

"Max?"

chiese conferma l’anziano.

"Sospettavo di lui da un po’ di tempo, sentivo che c’era qualcosa che non andava ma non credevo che fosse l’erede di Voldemort, ed invece…"

Harry sembrava preoccupato.

"Ed io che credevo di conoscere le persone. La cosa migliore è continuare a comportarci normalmente con lui, dovremmo recitare una parte…"

affermò l’uomo.

"E May più di tutti."

Disse Potter.

Silente fissò lo sguardo in quello del ragazzo.

"May?"

domandò il preside chiamando la ragazza per nome.

"May ha una storia con Max da qualche tempo…"

odiava farsi gli affari degli altri ma in quel momento non era una semplice relazione era qualcosa di molto più rischioso.

"La ragazza sa che è lui?"

chiese il preside.

"Sì, l’ho avvertita io…"

rispose il giovane.

"Cosa ha intenzione di fare?"

indagò.

"Seguire il consiglio che lei mi ha appena dato. Continuerà ad uscire con lui, forse in questo modo non rischierà di più…"

Harry odiava il pensiero della ragazza tra le braccia di quell’individuo sanguinario, ma se l’avesse distolta dal frequentarlo certamente Max avrebbe capito che lei era in contatto con Harry.

"Credo che sia la cosa migliore. Avvertirò i membri dell’Ordine della Fenice, troveremo il modo di fermarlo."

Propose l’uomo alzandosi in piedi.

"Pensavo che ormai l’Ordine fosse sciolto."

Affermò il ragazzo.

"Lo ricostituiremo."

Disse l’uomo.

"Allora bisognerà avvertire anche Hermione, Ron e gli altri."

Pensò ad alta voce il giovane.

"Penserò a tutto io. Tu devi riposarti e rimetterti in forze. Ora devo andare."

l’uomo si avviò verso l’uscita ma si voltò di nuovo verso di lui prima di lasciare la stanza.

"Dimenticavo Harry, credo che sia meglio cercarti un’altra stanza. Non puoi continuare a dividerla con la professoressa Pereights."

Harry sorrise vedendo l’uomo andarsene.

May saliva lentamente la scala a chiocciola che conduceva alle camere dei professori. Si immise nel corridoio ed accelerò il passo. Oltrepassò la sua stanza arrivando in fondo al corridoio e svoltando l’angolo. Si fermò davanti ad uno specchio enorme che rimandava la sua immagine. Si sistemò i capelli che quel mattino aveva lasciati sciolti lungo le spalle e stirò le grinze della lunga gonna verde scuro. Si guardò attorno non scorgendo nessuno ed infine fece un passo oltrepassando la superficie dello specchio che al suo passaggio assunse la consistenza di un liquido luminescente. Si ritrovò in una stanza molto ampia fatta a elle. Di fronte a lei c’era un grande tappeto scuro su cui appoggiavano un divano ed alcune poltrone. Una libreria ricopriva per intero la parete alla sua sinistra. Attraversò il salottino e voltò a destra dove c’era un grande letto a baldacchino, una specchiera, un armadio e una scrivania. Le tende verde scuro chiudevano le finestre non facendo entrare la luce rossastra del sole che stava tramontando. Guardò il letto dalle coperte color smeraldo come il resto della stoffa che era presente nella stanza, ma non c’era nessuno.

"May."

Si voltò verso la fonte della voce e vide Harry appoggiato allo stipite della porta del bagno che si sorreggeva.

"Harry che ti sei alzato a fare? Sai bene che non riesci a reggerti in piedi!"

lo rimproverò la ragazza avvicinandosi a lui e facendogli passare una mano attorno al busto. Il ragazzo le appoggiò un braccio sulle spalle reggendosi a lei.

"Dovevo andare in bagno May… ma che domande fai. Non posso sempre aspettare che tu abbia il tempo di venire da me!"

disse il ragazzo mentre lei lo accompagnava a letto.

"Purtroppo fino a quando non ti deciderai a dire a madama Chips che sei vivo non potrò fare altro per te!"

disse la ragazza cercando di convincerlo.

"No May, ci sono già troppe persone coinvolte!"

rispose il giovane mentre si sedeva sul letto.

"Io e Silente soltanto…"

affermò lei.

"No, anche altri… i membri dell’Ordine della Fenice…"

spiegò Harry.

May alzò lo sguardo e lo posò sugli occhi verdi del giovane.

"Credevo che…"

stava dicendo la ragazza ma Harry la interruppe.

"Credevo anche io, ma Silente lo sta ricomponendo."

Affermò il ragazzo.

"Allora non avrai più bisogno di me…"

May sorrise ma nella sua voce era udibile una nota di tristezza.

"May io ho bisogno del tuo aiuto. Ricordati di Max…"

disse lui prendendole una mano tra le sue.

"Ma io non sono un membro dell’ordine…"

affermò lei facendo scivolare la mano da quelle del giovane e allontanandosi per andare a sedersi alla seggiola della scrivania.

"Non preoccuparti di questo."

Harry le sorrise.

"Allora cosa hai deciso di fare?"

domandò la ragazza.

"Silente mi ha proposto di lasciare Hogwarts…"

spiegò il giovane.

"Ah…"

la ragazza abbasso lo sguardo.

"…vai a Grimmauld Place?"

domandò.

"No, non torno a casa. Al ministero conoscono il mio indirizzo, non è più un luogo segreto."

Il giovane non distoglieva lo sguardo dal capo della ragazza che rimaneva chino.

"Silente mi ha proposto di raggiungere un luogo sconosciuto… li potremmo ricostituire il quartiere generale dell’Ordine."

Affermò il giovane.

"Capisco. Quando parti?"

chiese alzando lo sguardo.

"Domenica notte. Dovrei essermi ripreso e di notte è più sicuro."

Harry si alzò dal letto avvicinandosi alla ragazza.

"Viene qualcuno a prenderti?"

chiese lei.

"Volevo chiederti se volevi accompagnarmi."

May sorrise.

"Sai bene che il lunedì ho lezione alla prima ora, ma posso tentare. Non si può spostare a un altro giorno?"

domandò.

"In realtà doveva essere sabato notte, ma io volevo essere qui quando saresti tornata dopo il tuo incontro con quell’uomo."

Harry si appoggiò alla scrivania.

"Va bene. Ti accompagnerò io domenica notte."

Il ragazzo le sorrise ringraziandola.

Il sabato pomeriggio May stava camminando con suo fratello per il parco. Stavano discutendo sulla coppa delle case e su chi avrebbe vinto. Serpeverde era al primo posto, ma c’era ancora una partita di quiddich da disputare. Vide Shade avvicinarsi e lasciarle una busta. Riconobbe la calligrafia di Hermione.

"Hai posta sorellina…"

disse Gary sbirciando la busta che aveva in mano.

"Saranno le ragazze. Ti dispiace se ti lascio?"

chiese lei.

"Ok May non te la leggo!!!"

rise il fratello.

"Me ne vado a cercare Andrew… ho una cosa da discutere con lui…"

il ragazzo si allontanò lasciandola da sola.

La ragazza aprì la busta prendendo la lettera in mano.

Ciao May,

so che è con te e che sta bene, ma ti prego abbine cura. Quel ragazzo a volte si comporta sconsideratamente. Non so bene cosa sia accaduto, Silente ha detto che era meglio se ci vedessimo una sera la settimana prossima. Credo che ci sarai anche tu. Fino a quel momento non farlo muovere e mi raccomando stai attenta anche tu!

Un bacio

Hermione

May sorrise. Era stata vaga in quella lettera senza mai fare il nome del ragazzo… ma aveva capito che anche lei avrebbe dovuto essere cauta come lei. Ripose la lettera nella tasca della gonna decidendo che le avrebbe risposto più tardi.

Ritornò nell’edificio e raggiunse la stanza di Harry. Questo se ne stava seduto sul letto mentre si stava medicando da solo la ferita.

"Ciao Harry."

La ragazza lo salutò facendogli alzare lo sguardo su di lei che era ferma a qualche metro da lui.

"Ciao May. Tutto bene?"

le chiese mentre ritornava a concentrarsi sulla sua ferita e sulla fasciatura che non riusciva a fare.

"Io tutto bene. Ho appena ricevuto una missiva da Hermione. Mi prega di prendermi cura di te e di non farti fare sciocchezze!"

affermò ridendo.

"Io sciocchezze? Ma quando mai?"

alzò di nuovo lo sguardo su di lei che si era avvicinata ed ora era a qualche centimetro.

"Sempre! Ma ora dai qua che ti sistemo io la benda…"

il ragazzo le lasciò la garza permettendole di fare la medicazione al suo posto.

"Allora come va la ferita?"

chiese lei.

"Molto meglio. Si è formata la crosta e non mi fa più molto male a muovermi."

Espose lui.

"Bene sono contenta. Spero solo che tu domani non ti affatichi troppo."

Disse lei.

"Ce la farò, non ti preoccupare. Piuttosto sei tu che devi stare attenta."

Affermò guardandola serio mentre lei gli faceva passare la benda intorno al torace stringendola abbastanza per non farla muovere. Sentiva il buon profumo di vaniglia che emanava la sua pelle ed i capelli. Il suo profumo.

"Io? Ho già pianificato tutto. Vedrò Max ad Hogsmeade come al solito. Ci fermeremo ai Tre manici di scopa per bere qualcosa. Il tempo di una chiacchierata, massimo una mezzora perché dopo scapperò con la scusa che ho ancora delle lezioni da preparare visto che Silente mi ha assegnato anche la supplenza di Trasfigurazione."

May sorrise mentre fermava la garza con un pezzo di cerotto.

"Buona idea. Mi raccomando di essere il più naturale possibile…"

le suggerì lui.

"Lo so Harry! Credi che sia una bambina? Farò fatica ma ci riuscirò non preoccuparti, non mi farò scappare nulla sul tuo conto!"

May si stava irritando.

"No May non era per questo motivo. Più che altro che se Greenflame si accorge di qualcosa sarai in pericolo. Stai già rischiando troppo!"

il ragazzo la guardava negli occhi.

"Purtroppo devo essere io… nessuno può sostituirmi."

May si allontanò avvicinandosi alla finestra ed aprendo leggermente le tende per vedere il paesaggio.

"Stai molto attenta e appena torni vieni da me, voglio sapere tutto quello che ti dirà!"

disse il giovane. May sorrise.

"Sei proprio sicuro di voler sapere tutto? A volte è molto malizioso… non credo che potrebbe interessarti!"

anche gli occhi di lei ridevano.

"Oh ne ho sentite di cose maliziose… e se è per questo le ho anche dette. Non sarà quello che ti dice lui a scandalizzarmi!"

anche il ragazzo sorrise.

"Ma se diviene volgare gliela faccio pagare io!"

affermò di nuovo.

May rise non riuscendo più a trattenersi e la sua risata riempì la stanza.

L’incontro stava avvenendo proprio come lei aveva pianificato. Era seduta di fronte a lui ad un tavolino piuttosto in disparte dei Tre manici di scopa. Due bicchieri pieni di burrobirra erano appoggiati sul ripiano ed un piatto con alcuni biscotti era accanto ad essi. May stava ascoltando il giovane che le stava raccontando di qualcosa che gli era successo sul lavoro ma la sua mente era persa. Osservava quel viso angelico, gli occhi dolci e seducenti allo stesso tempo che la fissavano senza scostarsi mai da lei, le labbra rosee che aveva baciato più di una volta ma non riusciva a scordare chi fosse lui in realtà.

Le prese la mano con una delle sue e la accarezzava dolcemente prima sul dorso poi sul palmo in un tocco che avrebbe dovuto farla rabbrividire ma che invece dentro di lei provocava solo disgusto. Quelle mani erano insanguinate… avevano ucciso molti innocenti e ne avrebbero ucciso ancora molti prima che fosse fermato.

"Allora qualche novità? Scusami ma ho monopolizzato la conversazione!"

disse lui sorridendole e facendola tornare alla realtà.

"Incominciamo a recitare…"

pensò tra sé mentre gli sorrideva.

"Sono sovraccarica di lavoro…"

affermò lei.

"Non mi sembra una novità… sei sempre impegnatissima. Ma possibile che Silente non ti lasci un attimo di respiro?"

chiese osservandola.

Lei si morsicò il labbro inferiore mentre rideva.

"Forse perché sa che sono un’ottima professoressa!"

spiegò sarcasticamente.

"Tu un’ottima professoressa? Ma dove? Sei una pasticciona!"

la canzonò lui.

"Non è vero, non combino mai disastri… per lo meno non di fronte ai miei studenti…"

disse lei guardandolo di sottecchi.

"Vedi che ho ragione!"

le stringeva la mano.

"Forse un po’… ma Silente ha molta fiducia nelle mie capacità…altrimenti…"

raccontò lei.

"Altrimenti cosa?"

domandò incuriosito.

"Altrimenti non mi avrebbe affidato la supplenza di Trasfigurazioni!"

proferì gioiosamente.

"Supplenza? Come mai? Dov’è finita la McGranitt?"

continuava a fissarla negli occhi.

"È dovuta partire per raggiungere suo fratello non so dove… lasciando a me la sua cattedra!"

spiegò lei.

"Adesso non avrai proprio un minuto di riposo!"

pareva triste.

"Già… avrò il doppio delle lezioni da preparare, per non parlare degli esami di fine anno!"

la ragazza si appoggiò al tavolo con i gomiti.

"Quando ci vedremo?"

chiese.

"Appena avrò del tempo libero. Anche oggi devo scappare prima del previsto…"

l’avrebbe lasciato presto.

"Ma May… non ci vediamo da due settimane!"

tentò di opporsi lui.

"Ti prego Max cerca di capirmi. È il mio lavoro."

Cercò di farlo ragionare.

"Ok."

Finì in un sorso la bevanda.

"Ho bisogno di una sigaretta. Esci con me?"

disse lui dopo qualche minuto.

"Va bene…"

rispose.

Lasciarono la locanda dopo aver pagato il conto e si incamminarono tra la gente. Il giovane aveva acceso una sigaretta mentre si allontanava dal centro. Camminavano in silenzio uno accanto all’altra. Lui si fermò di colpo in una strada poco trafficata, la ragazza si fermò accanto a lui osservandolo.

"Che hai Max?"

gli chiese mentre lui faceva cadere il mozzicone della sigaretta per terra e lo spense del tutto con il piede.

"Non so quanto riuscirò a starti lontano…"

una frase del genere l’avrebbe fatta sciogliere se fosse stata detta prima… prima che lei venisse a conoscenza della verità. In quel momento le fece solo paura. Lo guardò senza proferire parola. Le si avvicinò prendendola per i fianchi e stringendola a sé. Appoggiò le labbra su quelle di lei facendole schiudere la bocca e baciandola con foga.

"Non dimenticarti di me professoressa…"

le sussurrò a pochi millimetri dalla sua bocca.

"Non preoccuparti… non è possibile."

Rispose lei. Gli sorrise scostandosi.

"Ora devo proprio andare signor ambasciatore."

Affermò.

"Ciao May… fammi sapere appena hai cinque minuti liberi che ti raggiungo…"

disse lui vedendola allontanarsi.

"Ok. Ci sentiamo."

Gli rispose senza neanche voltarsi, un groppo le stringeva lo stomaco.

Ciao a tutti! Piaciuto il capitolo? forse un po' descrittivo ma ci voleva per andare avanti con la storia...

Francys... che posso dirti già dall'inizio avevo pensato a Max figlio di voldemort, per questo l'avevo reso così affascinante, bisognava essere persi per lui come lo era May... spero che continuerai comunque a leggere la storia!

Simone... che dire, sai già che la storia è quasi del tutto stesa, devo solo riguardarla e correggerla, Max non ti piaceva... non so come tu abbia fatto a capirlo... bravo...

per tutti gli altri... che ne dite di lasciarmi un commentino?

a presto

Miyan

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


CAPITOLO 16

CAPITOLO 16

Varcava la soglia della sua stanza che il sole stava già tramontando. Quella strana sensazione sgradevole le stringeva ancora lo stomaco. Si diresse in bagno e si sciacquò il viso. Guardandosi allo specchio vedeva un volto fin troppo pallido e dei cerchi neri le segnavano gli occhi. Non si sentiva affatto bene… dopo pochi secondi rigettò… lacrime scendevano copiosamente dai suoi occhi. Odiava star male… odiava lui e tutto quello che aveva fatto e che le aveva tolto.

Quando si sentì un po’ meglio si lavò il viso e si sistemò i capelli. Guardò l’ora. Erano solo le nove di sera e non era scesa nemmeno a cena.

Lasciò la sua stanza e percorse il corridoio fermandosi davanti allo specchio. La figura che era riflessa era pallida e stanca. Varcò la soglia e si bloccò nel salottino smeraldo. Sentì delle voci conversare.

"Harry ha compagnia…"

pensò mentre si avvicinava alla stanza da letto del giovane. Vide Silente seduto su una poltrona mentre il giovane era seduto sul letto.

"Ciao May!"

la salutò il ragazzo vedendola arrivare.

"Ciao Harry…"

rispose sorridente al saluto per poi rivolgersi al preside.

"Buonasera preside."

Gli fece un cenno col capo.

"Ben arrivata professoressa Pereights."

L’uomo si alzò dalla poltrona.

"Bene vi lascio. Mi raccomando state attenti durante il viaggio."

Affermò l’uomo passando accanto alla ragazza.

"Non si preoccupi mi prenderò cura di lui."

Disse lei.

L’uomo lasciò la stanza e May si sedette vicino a Harry facendo scomparire il sorriso di circostanza che aveva sul volto.

"Harry sono proprio stanca."

Le fece passare un braccio sulle spalle e le fece appoggiare a sé.

"Ti avevo avvertito che sarebbe stata dura…"

disse accarezzandole i capelli.

"Ma Harry… lui è così dolce e… sensuale, insomma il ragazzo giusto per me… ed invece…"

teneva lo sguardo basso.

"Hai ragione May, ma sai bene chi è e cosa fa."

Sentiva il respiro affannato della ragazza.

"Purtroppo sì… "

le fece alzare il volto per poterla guardare negli occhi.

"Non te ne sarai innamorata sul serio?"

domandò preoccupato.

"No… ma avrei potuto esserlo se tu non mi avessi avvertita in tempo. Trovo uno che mi piace ed è un assassino… sono proprio sfortunata vero?"

gli sorrise tristemente.

Avrebbe desiderato baciarla in quell’istante mentre gli apriva il suo cuore.

"No troverai qualcuno che ti meriti. Magari è qui vicino da qualche parte e nemmeno te ne sei accorta…"

la rincuorò.

"Sono proprio qui accanto a te…"

voleva aggiungere ma si trattene. Avrebbe solo potuto spaventarla, era troppo fragile in quel momento.

"Sei una persona speciale Harry… grazie di tutto."

Gli disse abbracciandolo. Il ragazzo sobbalzò, aveva stretto la ferita.

"Oh scusami… scusami tanto Harry, mi ero proprio dimenticata…"

gli occhi preoccupati della ragazza.

Lui rise di gusto.

"Oh May sei proprio sbadata a volte…"

anche lei rise. Dopo qualche minuto tornarono seri.

"Dimmi a che ora partiamo?"

domandò lei.

"Appena sarà scuro. Silente ha preparato due scope vicino al campo di Quiddich… partiremo da là."

Spiegò lui.

"Direzione?"

chiese di nuovo.

"Direzione sud. C’è un paesino poco lontano da Londra, è lì che siamo diretti."

Espose con calma.

"Circa tre ore di volo… di più con le soste."

Conteggiò lei a voce alta.

"Preferisci rimanere qui? Se vuoi vado da solo."

Le propose lui. Lei lo guardò subito negli occhi.

"Non ci pensare nemmeno. Non ti lascio da solo. Chissà che fine faresti. E poi Hermione mi lincerebbe se sapesse che non ti ho accompagnato!"

disse allegra.

"Ok, ok… ed io che volevo liberarmi di te!"

aggiunse sarcastico.

"Mi dispiace ma sei sotto la mia responsabilità… quindi niente da fare!"

si sorrisero pieni di allegria. Andavano proprio d’accordo.

May era in piedi davanti alla finestra della camera da letto dell’auror. Guardava il cielo scuro in cui non splendeva nemmeno una stella. Ogni tanto lo spicchio di luna scompariva dietro a qualche nuvola nera e la notte diveniva ancora più scura.

"Harry credo che ora possiamo andare…"

si voltò verso di lui che si stava infilando il mantello e prendeva la sua bacchetta dal comodino.

"Lo penso anche io… sei pronta?"

le domandò.

La ragazza prese il mantello che aveva appoggiato sulla scrivania e se lo mise allacciandolo al collo con una spilla d’argento.

"Ora sono pronta…"

affermò affiancandosi al ragazzo.

"Bene allora andiamo."

Gli occhi del giovane erano seri e determinati. La ragazza si trovò ad osservarlo ed a pensare che aveva assunto il suo atteggiamento da auror. Quello che stava camminando accanto a lei per i corridoio del castello non era semplicemente Harry ma un auror, un membro dell’Ordine della Fenice ma soprattutto il nemico giurato di Lord Voldemort ed ora di suo figlio.

Quando uscirono in giardino il vento ululava tra le piante alzando la polvere ed abbattendosi su di loro con potenza. I mantelli venivano strattonati dalla corrente. Raggiunsero il campo da Quiddich e trovarono due scope ultimo modello nascoste nello spogliatoio dell’arbitro. Prima di lasciare la stanza il ragazzo le domandò

"Come te la cavi a volare?"

la guardava negli occhi.

"Non male."

Rispose lei.

"Allora stammi accanto perché stanotte non basta volare benino… bisogna stare molto attenti. Il vento è troppo forte."

L’aveva detto con uno sguardo serio che non l’aveva mai abbandonata. Il tono di voce autoritario non consentiva repliche.

"Ok"

rispose appena lei. Nel vederla titubante le sorrise passandole una mano sul capo scuotendole i capelli.

"Andrà tutto bene May…"

la rincuorò per poi lasciare la struttura.

Appena furono all’aperto, proprio nel centro del campo di Quiddich, si alzarono in volo. Molte volte il giovane si era alzato in volo da quel punto ma per motivi di tutt’altro tipo, motivi che a quei tempi gli sembravano importanti ma che in quel momento erano solo bazzecole a confronto con tutto quello che era accaduto.

Lui volava sicuro tagliando le nuvole e seguendo traiettorie dritte e definite. Lei invece lo seguiva insicura a pochi metri di distanza per poi affiancarsi appena riusciva a raggiungerlo.

Erano quasi arrivati quando dalle nubi incominciò a cadere la pioggia, gocce grandi che con la forza del vento acquistavano pesantezza quando si schiantavano contro di loro. May lo vide scendere verso terra, i campi verdi che scorrevano sotto di loro. Lo seguì fino a quando non lo vide con i piedi per terra. Planò anche lei fermandosi accanto al giovane. Gli si avvicinò stringendo la sua scopa in mano.

"Siamo arrivati?"

domandò guardandosi attorno.

"No… ci vorrà ancora mezz’ora di volo…"

disse lui mentre si dirigeva verso un edificio che si vedeva poco lontano. Lei non riusciva a capire che cosa fosse. Gli si mise accanto mentre attraversavano il campo. Giunti nei pressi della costruzione May riuscì a capire che era un granaio… un granaio vuoto in quel periodo dell’anno.

Harry socchiuse il portone lasciando lo spazio necessario per permettere ad entrambi di varcare la soglia. Le fece segno di entrare e lei si immise nel caseggiato. Poco dopo lo sentì chiudere la porta dietro di lei. La luce della luna non riusciva ad entrare in quel luogo che era immerso nel buio.

"Lumos…"

disse il ragazzo alzando la bacchetta a modo di lanterna. La luce scaturita da essa permetteva di intravedere la stanza per qualche metro. La ragazza lo imitò lanciando lo stesso incantesimo. Ora la stanza appariva più chiara ai loro occhi. May si voltò verso di lui e lo guardò in viso. Lui non le rivolgeva lo sguardo, stava osservando il luogo.

"Perché ci siamo fermati allora?"

domandò lei.

"Perché… allora?"

chiese lui.

"Se non ci siamo fermati perché siamo arrivati ci deve essere un altro motivo no?"

affermò come se stesse spiegando una cosa ovvia ad un bambino.

"Il tempo sta per peggiorare… dovremo aspettare che sia passato il temporale…"

espose lui togliendosi il mantello. I vestiti sotto di esso erano ancora asciutti per la maggior parte.

"Avremmo potuto tentare di raggiungere il nascondiglio dato che manca ancora poco…"

disse lei.

Harry si voltò in quel momento ad osservarla.

"No May, il temporale ci avrebbe colpiti in volo. Il vento è troppo forte e c’è anche il rischio di essere colpiti da qualche fulmine. Per poi non parlare che tu non voli bene come un auror. Basta un tuono più forte degli altri a spaventarti e cadresti a terra."

Nell’udire quelle parole May si sentì avvilita.

"Lo so anche io che sono un’incapace ma penso che potremmo tentare…"

stranamente il tono della sua voce era rimasto calmo e uniforme.

"Non interpretare male le mie parole. Il temporale è pericoloso e basta. Aspetteremo che finisca."

Terminò la conversazione per poi dirigersi accanto ad una finestra socchiusa sedendosi sul davanzale e appoggiando la schiena contro il muro mentre lo sguardo volgeva verso il cielo.

Le aveva parlato come se lui fosse stato superiore a lei, le aveva fatto capire che non si sarebbero mossi dal granaio senza il suo consenso e a lei quel tono aveva dato molto fastidio. Era una ragazza tranquilla ed accondiscendente ma odiava farsi mettere i piedi in testa da qualcuno. Non riusciva proprio a sopportarlo. E tutto a causa del suo orgoglio.

Se ne stava seduta per terra a pochi metri dal giovane mentre pensava tra sé che se lui le avesse rivolto di nuovo la parola in quel modo lo avrebbe rimesso al suo posto.

Si voltò a guardarlo nella penombra. Era forte ed autoritario proprio come i generali di qualche esercito. Ed in fondo lui lo era… anzi lo era stato. Aveva guidato la lotta contro il Signore Oscuro che era ancora un ragazzino. Aveva perso i suoi genitori e cari amici per colpa di quel mago. Aveva rischiato la pelle molte volte, ma non si era mai dato per vinto. E alla fine era riuscito nel suo intento… Lord Voldemort era morto.

Lei si ricordava i numerosi episodi che lo avevano riguardato quando anche lei era ancora una studentessa. Lo aveva visto molte volte ferito, ed una volta lo aveva visto a letto in infermeria quando c’era anche lei a seguito di uno scherzo idiota che le era stato fatto da uno stupido serpeverde.

Anche pochi giorni prima lo aveva visto ferito. Il pensiero di tutto quel sangue che usciva dalla ferita la fece rabbrividire. Per fortuna non era così grave come era apparso. Era stata lei a curarlo. Non aveva potuto fare a meno di notare alcune cicatrici sul corpo del giovane, cicatrici antiche che sicuramente avevano lasciato il segno anche nell’animo del giovane. Erano i resti delle lotte contro l’Oscuro Signore ed i suoi seguaci.

"Chissà che cosa ha provato quando tutto è finito?"

si chiese mentre ancora lo guardava.

Cosa aveva provato Harry quando colui che era la causa di tutte le sue sofferenze era morto. Sicuramente si era sentito libero. Ed ora sembrava che la storia volesse ripetersi. Max non si era accanito contro di lui… non ancora. Era il figlio di Lord Voldemort, certamente si voleva vendicare. Ancora un rischio per la vita dell’auror.

Quei pensieri la stavano calmando. Ora non ce l’aveva più con lui. Il ragazzo aveva più esperienza di lei in casi del genere. Sarebbe stato sciocco non seguire i suoi consigli.

Si alzò da terra e lo raggiunse. Questi continuava ad osservare il cielo.

"Allora… si sta calmando?"

chiese lei.

"Pare di sì…"

rispose appena lui senza voltarsi.

"Preferisci aspettare che smetta prima di rimetterci in viaggio?"

domandò.

Il giovane rimase in silenzio.

"Harry cosa vuoi fare?"

chiese di nuovo.

L’aria entrava dalla finestra colpendo entrambi. Lei rabbrividiva… i vestiti erano umidi e non indossava il mantello che era steso da qualche parte ad asciugarsi.

"Andiamo…"

disse lui voltandosi finalmente verso la ragazza.

"Hai freddo?"

le domandò vedendola stringersi le braccia al corpo.

"Un po’"

rispose lei accennando un sorriso.

Le mise le mani sulle spalle per poi strofinarle sulle braccia della ragazza sopra la stoffa bagnata delle maniche del vestito di cotone. Scese dal davanzale della finestra fermandosi davanti a lei. La abbracciò strofinandole anche la schiena per scaldarla. La ragazza chiuse gli occhi appoggiando il capo sul petto dell’amico. Sentiva le mani di lui sulla schiena, i movimenti prima forti e decisi stavano diventando via via sempre più delicati e lenti, quasi accarezzandola. Era riuscito nel suo intento di riscaldarla in qualche modo. May si sentiva il volto in fiamme… tutta colpa dell’imbarazzo. Gli appoggiò le mani sul petto staccandosi da lui.

"Grazie Harry ora va meglio."

Gli disse per giustificarsi. Effettivamente non aveva più freddo.

"Sei sicura?"

chiese lui.

"Sicurissima. Non ho più freddo."

Spiegò lei in imbarazzo. Sperò soltanto che lui non potesse vedere il suo volto arrossato.

"Allora andiamo. Il temporale si è trasformato in una pioggerellina leggera…"

affermò voltandosi di nuovo verso la finestra.

"Prendo i mantelli."

Lei raggiunse gli indumenti e ritornò sui suoi passi porgendo il mantello del ragazzo al suo proprietario.

"Grazie"

le sorrise mentre prendeva il capo e lo indossava.

May si affrettò ad imitarlo. Poi alzò di più la bacchetta facendo passare lo sguardo per tutta la grande stanza.

"Dove abbiamo lasciato le scope?"

gli chiese.

"Accanto alla porta…"

rispose lui con sicurezza.

Si avvicinarono all’uscita trovando gli oggetti dove li aveva indicati il giovane. Appena fuori si alzarono in volo. Lei lo seguiva di nuovo a pochi metri di distanza.

Stavano sorvolando un piccolo paese di massimo duemila abitanti. Era il tipico paese di quelle zone con le caratteristiche case dai tetti colorati e giardini verdeggianti i cui colori non era possibile scorgere nell’oscurità della notte. Harry fece il giro dell’intero paese due volte prima di scendere in un vicolo non molto illuminato. Si fermò davanti ad un muro alto e pronunciò alcune parole…

"Albus… vox… lux…"

il muro svanì permettendo loro di scorgere la facciata di un caseggiato di due piani con pesanti tendaggi che chiudevano le finestre.

"Andiamo?"

si voltò verso di lei.

"Andiamo…"

sussurrò la ragazza affiancandosi a lui nel percorrere i pochi metri che distavano dalla porta d’ingresso. Harry prese una chiave dalla tasca e la mise nella toppa girandola. La porta si aprì dopo due scatti della serratura. L’aria odorava di chiuso e di polvere. Buio totale. Harry accese la bacchetta, cosa che fece anche May. Si trovarono di fronte ad un ampio ingresso su cui si affacciava una larga scalinata. Anche se c’era ancora odore di polvere la stanza era completamente pulita, come se qualcuno avesse appena fatto le pulizie. Harry entrò nella prima stanza alla loro destra mentre May si era fermata nell’ingresso a togliersi il mantello. La ragazza lo raggiunse poco dopo in quella che era una grande cucina. Se ne stava seduto a tavola ed aveva acceso alcune candele.

"Bel posto…"

disse lei avvicinandosi.

"Mhm"

rispose solo.

Quando la ragazza gli fu vicino poté notare il viso contratto del giovane.

"Harry non stai bene?"

chiese preoccupata accovacciandosi di fronte a lui per poterlo guardare meglio in volto.

"Passa subito, non preoccuparti. Ogni tanto questa maledetta ferita si fa sentire…"

cercò di minimizzare lui.

"Forse è meglio se gli do un’occhiata. Ho portato con me un unguento proprio per questa eventualità…"

propose lei appoggiando la mano su quella del giovane che comprimeva la ferita.

"No.."

rispose appena alzandosi di scatto.

"Ma Harry…"

era senza parole. Non capiva il comportamento del ragazzo.

"Ci penso io… adesso è tardi. È meglio che ritorni a scuola. Non mi avevi detto di aver lezione presto domani mattina?"

affermò lui.

La ragazza non sapeva che fare. Era immobile a pochi passi dall’auror, ma proprio non sapeva che dire.

"Sì. Domattina ho lezione presto ma… è più importante che tu stia bene…"

disse lei guardandolo in viso, ma egli teneva gli occhi abbassati.

"Ascolta May, ora sto meglio. Andrò di sopra a farmi una dormita e vedrai che mi riprenderò."

Spiegò Harry.

"Se lo dici tu…"

lo prese in parola lei. Lui le sorrise.

"Sì è meglio così. Altrimenti domani chi lo sente Silente se gli faccio arrivare una professoressa in ritardo."

Ironizzò il giovane.

"Bene. Adesso mi attendono altre tre ore di volo sotto la pioggia… ma che bello!"

disse lei rimettendosi il mantello che si era tolta poco prima.

"Aspetta un attimo…"

la lasciò da sola nella stanza correndo da qualche altra parte. Ritornò poco dopo con un vaso di cristallo in mano.

"Tieni…"

glielo porse.

Lei guardò prima l’oggetto e poi il ragazzo con curiosità.

"Grazie del dono, ma che me ne faccio?"

domandò lei.

"Devo proprio insegnarti tutto io?"

chiese il giovane.

"Che?"

aspettò spiegazioni.

"May è una passaporta!"

affermò la cosa come se fosse molto evidente.

"Perché diavolo non l’abbiamo usata anche nel venire allora?"

disse lei portandosi le mani ai fianchi.

"Si può solo uscire da qui, non entrare… almeno per il momento…"

spiegò egli.

"Ok… allora vado."

Gli si avvicinò lasciandogli un bacio sulla guancia.

"Ciao May."

"Ciao Harry"

si salutarono prima che lei sparisse nella passaporta che si era aperta alle tre e mezza in punto.

La sveglia suonava all’impazzata da almeno cinque minuti buoni. La ragazza allungò la mano e la spense facendola cadere dal comodino. Riappoggiò il capo sul cuscino…

"Perché devo alzarmi? Ho sonno!"

mugugnò con la bocca impastata dal sonno.

Si alzò dal letto e si diresse in bagno per lavarsi. Il contatto con l’acqua tiepida la risvegliò del tutto. Si guardò il volto allo specchio. Non sarebbe riuscita in alcun modo a cancellare le occhiaie. Si vestì, mettendosi una lunga gonna blu scuro e una camicetta bianca dal colletto ricamato. Raccolse i lunghi riccioli in una crocchia simile a quella che era solita farsi la professoressa McGranitt e si sistemò gli occhiali scuri davanti agli occhi.

"Buongiorno professoressa Pereights…"

si disse guardandosi nello specchio.

Lasciò la stanza e si diresse nella sua aula senza passare dalla sala grande per la colazione. Anche se la sera prima non aveva toccato cibo, non sentiva i morsi della fame, anzi si sentiva lo stomaco chiuso.

"Etcì…"

starnutì.

"Tutta colpa dell’acqua che ho preso stanotte."

Disse ripensando alla pioggia che aveva preso durante il viaggio. Raggiunta la stanza si sedette alla sua scrivania appoggiando il capo al ripiano. Se qualcuno dei suoi alunni l’avesse vista in quello stato non sarebbe stato molto conveniente, ma era troppo stanca.

"Harry era proprio strano ieri…"

si disse tra sé ripensando al comportamento che il giovane aveva tenuto nei suoi confronti per tutto quel tempo. All’inizio era stato freddo ed autoritario, poi quando l’aveva abbracciata le era sembrato che dal suo tocco scaturisse qualcosa di più di un semplice abbraccio. Infine quando lei voleva curarlo si era allontanato di scatto.

"Forse perché non voleva spogliarsi davanti a me?"

ipotizzò la ragazza. Subito smentì quelle parole. In fondo lo aveva visto a dorso nudo per tutta la settimana quando lo aveva curato per quella stessa ferita che voleva medicare quella notte.

Non riusciva proprio capire. Che gli avesse fatto o detto qualcosa che lo avesse offeso o lo avesse fatto arrabbiare con lei. A volte le capitava di rispondere in malo modo alle persone che le stavano accanto senza che se ne accorgesse… ma proprio non riusciva a ricordarsi cosa aveva potuto fargli.

Si sedette diritta, appoggiando la schiena alla seggiola mentre sbuffava. Non sopportava le situazioni imprecise. Doveva sapere se era arrabbiato o meno, l’incertezza le logorava l’anima.

Dovette scordarsi di quei pensieri quando incominciarono ad entrare in aula i suoi studenti. Questi nel passarle accanto la salutavano e lei rispondeva loro con un sorriso. Sperò soltanto che non facessero chiasso.

La sera entrò nella sua stanza che si sentiva sfinita. Oltre ad aver dormito poco la notte prima aveva avuto una giornata davvero pesante, e l’indomani non sarebbe stata da meno. Incominciò a sbottonarsi la camicia quando il suo sguardo cadde su un mazzo di rose sulla scrivania. Si avvicinò prendendo il biglietto.

Alla professoressa Pereights…

Spero che le lezioni di Trasfigurazione non ti stanchino troppo. Già mi manchi…vorrei che tu fossi accanto a me… credo di amarti…

Nel leggere quelle parole le cadde il mazzo di fiori che aveva preso in mano, spargendo le foglie ed i petali sul pavimento. Il biglietto non aveva bisogno di essere firmato. Poteva essere stato solo lui. Max…

Raccolse i fiori e li gettò nel cestino. Non avrebbe tenuto nessuno dei suoi regali… nessuno.

Corse in bagno aprendo l’acqua nella vasca per farsi un bagno. Forse in quel modo si sarebbe rilassata ed avrebbe scordato quell’uomo almeno per quelle ore, almeno prima di addormentarsi.

"Perché mi caccio sempre nei casini?"

si domandò ripensando anche all’auror. Si domandò come aveva passato la giornata, se anche lui avesse ripensato alle ore che avevano passato insieme. Un po’ ne sentì la mancanza, in fondo in quei giorni era sempre stata con lui, prendendosene cura. Ed adesso che lo sapeva lontano non poteva fare a meno di preoccuparsi per lui.

Appena ebbe posato il capo sul cuscino si addormentò profondamente. Era talmente stanca che cadde subito in un sonno profondo, senza sogni.

Ciao a tutti! Come sono diventata svelta ad aggiornare! Spero che vi faccia piacere e soprattutto spero che questo capitolo sia di vostro gradimento... Harry si è comportato in modo strano vero? Beh ringrazio come sempre simone e Francys... grazie mille ragazzi! E adesso vi lascio... alla prossima...

Miyan

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


CAPITOLO 17

CAPITOLO 17

Erano trascorsi alcuni giorni. May era super impegnata. Le lezioni di Difesa contro le arti Oscure e di Trasfigurazioni occupavano tutte le sue giornate. Non aveva quasi il tempo di andare a mangiare perché spesso gli studenti la fermavano per chiederle qualche delucidazione su qualche passaggio che non avevano capito.

Quel giovedì sera non scese a cena. Non sopportava più di stare in mezzo alla gente. Mentre tutti erano nella sala grande lei lasciò l’edificio e si diresse verso il lago. Si sedette sulla sponda accomodando la lunga gonna dell’abito grigio a mezze maniche. Anche se il sole era quasi tramontato l’aria era calda. Ormai maggio era quasi terminato ed aveva reso il tempo ancora più bello. I temporali di qualche tempo prima avevano smesso di rovinare le giornate lasciando spazio al sole ed a un cielo terso.

Finalmente era riuscita a prendersi dieci minuti per sé stessa. La sera quando tornava in camera dopo le lezioni era talmente stanca che si addormentava subito. Ed invece aveva bisogno di pensare. Max le aveva mandato un messaggio il giorno prima chiedendole se le erano arrivati i fiori. Lei si era data della stupida. Si era dimenticata di ringraziarlo per le rose. Doveva mantenere un certo comportamento, anche se le aveva gettate doveva comunque ringraziarlo. In fondo ad una ragazza avrebbe dovuto far piacere ricevere un dono del genere. Gli aveva risposto dicendo che le lezioni non le lasciavano nemmeno il tempo di mandare una missiva e che i fiori erano stupendi. Quanto si sentiva ipocrita.

Di Harry invece non aveva avuto notizie. La cosa le sembrò alquanto stana visto che sia l’auror che Silente sapevano del suo legame con il nuovo Signore Oscuro. Guardò le lancette dell’orologio da polso. Erano le dieci passate. Si rialzò da terra pulendosi la lunga gonna ed avviandosi verso il castello. Appena varcata la soglia intravide il professor Piton ed il professor Vitius di ronda. Quando la videro la salutarono e lei rispose al saluto con un cenno del capo. Allora prese le scale e si diresse verso la sua camera. Era quasi giunta davanti il quadro che nascondeva il passaggio per la sala comune dei professori che si trovò davanti il preside.

"May dovrei parlarle…"

disse lui senza nemmeno salutarla.

"Dica pure…"

disse lei.

L’uomo si guardò attorno ed abbassò la voce rendendola quasi impercettibile.

"Domenica pomeriggio abbiamo un incontro nel luogo in cui è stata la settimana scorsa."

Il preside non aveva detto esplicitamente dove ma lei aveva capito di che stava parlando.

"Capisco. Devo raggiungerlo ancora in volo?"

chiese.

"No, ho una passaporta pronta per le quattro. Per quell’ora la attendo nel mio ufficio."

Disse lui.

"Ci sarò."

Affermò lei.

"Bene. Allora le auguro la buona notte professoressa."

Disse egli alzando di nuovo il tono della voce.

"Buona notte anche a lei preside…"

ed entrò nella sala comune dei professori.

Si sedette accanto alle vetrate che davano sul giardino sottostante e si fece portare una tazza di tè con dei biscotti. Bevve un sorso dell’infuso e riappoggiò la tazzina sul piattino. Stava mangiucchiando un biscotto quando sentì un tonfo alle sue spalle. Per lo spavento fece cadere la tazza che andò in mille pezzi rilasciando il contenuto sul pavimento.

"Mi scusi professoressa Pereights. Non volevo spaventarla ma mi è caduto questo pesante tomo…"

la professoressa Sinistra era dietro di lei che raccoglieva da terra un grande libro piuttosto vecchio.

"Non importa professoressa. Sta andando a lezione?"

le domandò sorridendole.

"Sì, terzo anno. Questa è la notte adatta per osservare le stelle…"

affermò la donna.

"Ha ragione. È proprio una bella notte."

Concordò la giovane.

"… il cielo è limpido, ed in questa stagione sono visibili alcune costellazioni che in altri momenti non si possono vedere. Spero che i miei alunni siano interessati alla lezione."

Affermò la donna.

"Credo di sì."

Disse la ragazza.

"Ora devo andare. Buona notte professoressa."

La salutò la donna.

"A lei invece buon lavoro."

Augurò la ragazza.

May credeva che i ragazzi avrebbero gradito quella lezione. Prima di tutto perché era l’occasione per rimanere alzati fino a notte inoltrata ed inoltre perché la professoressa Sinistra era piuttosto buona e gentile. Lei l’aveva sempre pensata a quel modo quando era una studentessa ed insieme alle sue amiche raggiungevano lentamente il dormitorio dopo la lezione di astronomia.

Era nello studio di Silente ma non c’era nessun’altro. La fenice ancora cucciolo se ne stava appollaiata. May la osservò intensamente.

"Chissà com’è rinascere?"

si domandò mentre guardava le ceneri.

"Professoressa Pereights, vedo che è già qui…"

sentì una voce provenire dall’ingresso. Si voltò e vide il professor Piton che se ne stava fermo sulla porta come al solito completamente vestito di nero.

"Sì, preferisco essere in anticipo in qualsiasi occasione."

Affermò lei sedendosi sulla poltrona.

L’uomo si sedette sulla poltrona accanto alla sua.

"Bene."

Disse appena. La ragazza si domandava che cosa ci facesse un tipo come lui in quella scuola e nell’ordine. Pensare che avrebbe scommesso che fosse un mangiamorte.

Silente entrò in quel momento chiudendo a chiave la porta dietro di sé.

"Vedo che ci siamo tutti…"

disse prendendo una teiera da dietro alcuni libri. Intanto i due si erano alzati in piedi.

"Buongiorno preside."

Salutò May.

"Severus mi faresti il piacere di andare tu per primo?"

chiese l’uomo all’insegnante di pozioni.

"D’accordo."

Rispose questi.

Quando scoccarono le quattro la passaporta si aprì e il professor Piton la varcò.

"May… devo chiederti di essere molto prudente e soprattutto di mantenere il segreto."

Le disse il preside prima di invitarla a seguire Piton.

"Non si preoccupi. Ho la bocca cucita."

Gli sorrise. Poi varcò anche lei la porta, seguita poco dopo dal preside.

Si ritrovò nell’ingresso della casa che aveva visto la settimana prima. Si guardò attorno. Ora non c’era più odore di chiuso, alcuni mazzi di fiori facevano sfoggio sui mobili. Ma non vide altre persone. Solo lei e Silente. Non c’era ombra nemmeno di Piton.

"Venga May, ci stanno attendendo."

Affermò l’uomo dirigendosi verso una stanza alla loro sinistra. Lo vide entrare e lo seguì. La stanza era affollata ed il chiacchiericcio era alto. Guardò i presenti, c’erano Harry, Hermione e Ron, la famiglia Weasley quasi al completo, mancava solo Percy in quanto membro del ministero, il professor Piton, una donna dai capelli viola che poi scoprì essere un auror di nome Tonks, un vecchio strano ossia Malocchio Moody, Silente che parlava con un ometto magro che era Remus Lupin, e una giovane ragazza che lei conosceva da quando era piccola… Eileen Masklamp.

"Ciao May…"

Hermione le corse in contro abbracciandola.

"Come stai?"

le chiese.

"Ciao Hermione. Io sto bene e tu?"

domandò la professoressa.

"Indaffarata come al solito!"

le sorrise la dottoressa.

Non ebbero il tempo di continuare la conversazione che Silente richiamò l’attenzione.

"Credo che sia ora di cominciare. Accomodiamoci."

La maggior parte di loro si sedette sui divani e sulle poltrone che riempivano la stanza, erano state portate anche due seggiole su cui sedevano Moody e Lupin. Harry invece se ne stava in piedi accanto al camino, appoggiato al ripiano.

"Avete già cominciato?"

domandò qualcuno sulla porta.

Nel voltarsi verso di lui May non poté trattenere lo stupore nel riconoscerlo. Draco Malfoy aveva fatto il suo ingresso in quel momento con il suo solito sorriso di sufficienza sulle labbra.

"No Draco, stavamo solo attendendo te…"

gli rispose il preside mentre l’ex serpeverde andava a sedersi sul divano accanto a Piton.

"Bene, allora non mi sono perso niente."

Disse il giovane.

"Vi ho convocati perché ho brutte notizie da darvi."

L’uomo cominciò a parlare andando subito al sodo.

"Penso che siate contenti di vedere che Harry è vivo, ma purtroppo ci ha portato notizie infauste."

Affermò egli.

"Harry spiega tu…"

lo invitò.

Harry prese la parola e raccontò loro la stessa storia che aveva detto a May e a Silente. Alla fine del racconto tutti erano piuttosto preoccupati.

"Dobbiamo fermarlo prima che prenda potere…"

disse Moody picchiando il pugno sul tavolino di fronte a lui.

"Mi domando come mai Draco non ci abbia avvertiti."

Disse il signor Weasley.

"Sono stato convocato pochi minuti prima che ci fosse il raduno. Come potevo avvertirvi?"

il giovane lo guardò con asprezza.

"Comunque appena successo ho avvertito Silente…"

spiegò il biondo.

May era titubante.

"Ma allora preside lei sapeva già di Harry quando sono venuta a parlarle?"

chiese lei.

"Sapevo che aveva combattuto con Max… ma credevo fosse morto, in quanto anche i mangiamorte lo credevano…"

rispose Albus.

"Mi sono dimenticato di presentarla. Per chi non la conoscesse lei è May Pereights, professoressa di Difesa contro le arti oscure ad Hogwarts…"

la presentò il preside.

"…e sono anche la fidanzata, anche se non ufficialmente, dell’ambasciatore Max Greenflame."

A quella affermazione della giovane, Ginny la osservò spaventata.

"Ma allora…?"

chiese la più piccola dei Weasley.

"Non c’è bisogno che vi preoccupiate. Io non sapevo chi fosse, ma ora che lo so sono dalla vostra parte."

Affermò la ragazza.

"Come possiamo fidarci?"

domandò Moody.

"Spero che vi basti la mia parola. May è dalla nostra…"

intervenne Harry zittendo subito qualsiasi dubbio. May lo guardò grata.

La riunione durò qualche ora. Molti se ne andarono subito dopo. Erano rimasti solamente Ginny e Ron, Hermione, Harry, May, Draco, Eileen e Lupin. L’ultimo perché viveva in quel luogo con Harry da qualche giorno.

May era seduta in salotto con accanto Eileen. La ragazza dai lunghi riccioli castani si era avvicinata a lei subito dopo la riunione salutandola. Ed ora stavano conversando dei vecchi tempi.

"Non sai come sono stata felice nel vederti Eileen. Era da un sacco di tempo che non ti vedevo ma ti ho riconosciuta lo stesso!"

affermò la professoressa.

"Quanti anni sono? Saranno otto o nove?"

chiese la ragazza.

"Non ci vediamo da poco prima che partissi per Hogwarts per il mio primo anno. Tu invece ti sei trasferita a New York se non sbaglio…"

affermò la professoressa.

"Già. Ma mio padre tornava a Londra per qualche mese ogni tanto."

Spiegò la ragazza.

"Davvero? Se l’avessi saputo lo avrei contattato."

Disse May.

"Oh veniva soltanto quando c’era qualche riunione dell’Ordine. Purtroppo adesso non può più venire. È su una carrozzella…"

affermò la ragazza.

"Mi spiace Eileen."

La giovane era spiacente.

"Ma si sta riprendendo grazie alla riabilitazione. Certo sarà una questione di tempo ma ritornerà e camminare. È per questo che sono venuta io a Londra invece di lui."

Spiegò Eileen mentre giocava con una ciocca dei riccioli castani.

"Membro dell’ordine della fenice… possibile che ci ritroviamo in questo modo? Come sarebbe contenta anche Shannon di vederti!"

affermò infine.

"Shannon, sei ancora in contatto con lei?"

le domandò la ragazza.

"Scherzi? Abbiamo un’attività insieme con un’altra nostra amica… oh non è cambiata per niente. È sempre la solita pazza!"

affermò la professoressa.

"Andrò a trovarla allora. Ma lei non sa nulla di Greenflame?"

le domandò.

"No, lo sapete solo voi."

La ragazza si rabbuiò.

"Oh May, mi spiace tanto. Ma come hai fatto a conoscerlo?"

le chiese incuriosita.

"Max è venuto ad Hogwarts appena giunto in Inghilterra. Ha passato un po’ di tempo lì ed ero io a fargli sempre compagnia, così siamo diventati amici."

Incominciò a raccontare.

"Ma?"

domandò la giovane.

"Ma qualche tempo dopo si è fatto avanti. A me piaceva in qualche modo. Non so come spiegarmi ma mi stuzzicava il suo modo di comportarsi con me. Alla fine abbiamo cominciato ad uscire."

Proseguì May.

"Ed adesso sei rimasta invischiata in questa storia…"

concluse per lei Eileen.

"Già. E chi lo immaginava chi fosse realmente!"

esclamò la professoressa.

"Ascolta, ma vi vedete ancora?"

chiese l’amica.

"Sì… non posso mollarlo di punto in bianco. Si insospettirebbe…"

disse la giovane mentre tormentava la gonna dell’abito fucsia ricamato di nero sul bordo inferiore.

"Bel pasticcio!"

affermò la ragazza.

"A chi lo dici! Piuttosto dimmi di te…"

chiese la rossa.

"Io? Vediamo. Ho un’impresa di pozioni con il mio fidanzato."

Raccontò la ragazza.

"Sei fidanzata?"

chiese curiosa l’altra.

"Sì, saranno ormai cinque anni… ci siamo conosciuti perché aiutava mio padre."

Disse la giovane.

"Nome?"

domandò.

"Jesse…"

rispose l’altra.

"Bel nome… allora com’è?"

domandò.

"Aspetta che ti prendo la fotografia."

Eileen prese il portafoglio dalla borsa e lo aprì. Ne estrasse una fotografia e la sporse all’amica. Non era molto grande ma ritraeva chiaramente un bel ragazzo alto e magro dai capelli e gli occhi scuri che salutava con un gesto della mano.

"Carino…"

disse May ridando la foto all’amica.

"Già."

In quel momento entrò Hermione.

"Ragazze è pronta la cena!"

e le due la seguirono in sala da pranzo.

Era stata una cena piuttosto insolita. Harry non le aveva mai rivolto la parola, Hermione invece la subissava di domande. Draco se ne stava in silenzio, al massimo parlava a bassa voce con Lupin. Mentre gli altri chiacchieravano un po’ con tutti. Dopo cena si era fermata con le altre ragazze a lavare i piatti e a pulire.

Erano quasi le nove quando lasciò la stanza. Nel passare accanto alle scale per raggiungere il salotto vide Ginny e Draco che stavano parlando animatamente. Sul momento pensò che stavano litigando. Li superò senza che essi se ne accorgessero ed entrò nella stanza. Eileen era in piedi con in mano un portacenere.

"Fra poco si apre la passaporta per Londra. Chi viene?"

domandò la ragazza ai presenti.

"Vengo io."

Rispose Hermione prendendo la sua borsa che aveva abbandonato su un divano.

"Ciao Ron."

Gli diede un bacio a fior di labbra.

"Ci vediamo domani"

le rispose il ragazzo.

In quel momento entrò anche Draco.

"Vengo anche io. Mi attendono."

Disse il biondo.

Alle nove e due minuti si aprì la passaporta e Malfoy vi passò salutando appena con un gesto di mano i presenti. Lo seguì Hermione dopo aver abbracciato May.

"Arrivederci a tutti. Ciao May…"

salutò Eileen passando per ultima.

Lupin se ne stava seduto comodamente in una poltrona leggendo un libro. Harry invece se ne stava sul divano mentre aveva preso a chiacchierare con Ron. Entrò Ginny e la guardò sorridendole.

"Avrò passato il suo giudizio?"

si chiese la ragazza rispondendo al sorriso. May si avvicinò alla finestra guardando fuori, intanto l’altra rossa si era seduta accanto al fratello.

"Hey Ron, a che ora è la nostra passaporta per casa?"

chiese interrompendo il discorso che questi stava facendo con Harry.

"Ad un quarto alle dieci…"

rispose il giovane.

A sentire quelle parole May si voltò verso di loro.

"E quella per Hogwarts a che ora è?"

si informò.

"Se non sbaglio alle undici e dodici minuti. Vero Harry?"

rispose Remus chiedendo conferma al ragazzo.

"Sì, è a quell’ora."

Rispose l’auror riprendendo poi a conversare con Ron e la sorella.

May stette per un po’ di tempo a guardare il paesaggio esterno mentre ascoltava distrattamente i discorsi dei tre. Ron stava dicendo che era stancante preparare un matrimonio, soprattutto se era il suo. May sorrise ripensando alle preoccupazioni che aveva Hermione. Questa aveva seguito il suo consiglio per i fiori ed ora aveva ordinato un bouquet di piccole rose bianche intervallate da gigli gialli.

Lasciò la stanza ed entrò in quella adiacente. Vi trovò uno studio in legno scuro in cui tutte le pareti erano ricoperte da scansie piene di libri. Si soffermò per molto tempo a leggere i vari titoli ed alla fine ne scelse uno. Ritornò nel salotto e si sedette nella poltrona accanto a Lupin.

"Credo sia ora Ginny!"

disse Ron alzandosi in piedi.

La ragazza controllò l’orario alla pendola che era appesa nella stanza.

"Già, manca un minuto."

Disse la rossa. Questa abbracciò Harry.

"Ciao Harry. Ci vediamo presto."

Poi si voltò verso i due.

"Ciao Remus, ciao May…"

li salutò entrambi.

"Arrivederci Remus. Ciao May… ah Harry ricordati di procurarti quell’ingrediente che mi serve!"

affermò infine Ron all’amico.

La passaporta si aprì ed i due varcarono la soglia.

May riprese a leggere il libro. Doveva attendere più di un’ora prima che si aprisse il passaggio per Hogwarts. Alzò lo sguardo per cercare il vaso di cristallo che aveva usato la volta precedente. Questo si trovava sul caminetto accanto al portacenere che aveva usato Eileen e alla penna che avevano usato i Weasley.

"Credo che me ne andrò a letto… mi sto addormentando su questo libro!"

ironizzò Lupin alzandosi dalla sua poltrona.

"Buona notte Remus."

Gli disse Harry.

"Buona notte"

gli disse anche la ragazza.

Erano rimasti solo loro due. Ed ancora il giovane non le rivolgeva la parola. Lei non sapeva come fare per smuovere la situazione. Era una cosa che non le piaceva affatto. Era strano che proprio Harry, che considerava una persona di cui fidarsi ciecamente, non le parlasse.

Si sedette meglio nella poltrona e alzò lo sguardo sul giovane. Harry se ne stava seduto comodamente sul divano e la fissava. Nell’incontrare gli occhi di lui la ragazza gli sorrise. Anche lui le sorrise.

"Ma lo sai che sei proprio antipatico quando fai così?"

gli disse lei fissandolo.

"Così come?"

domandò lui.

"Non ti sei fatto sentire per tutta la settimana… oggi non mi hai nemmeno rivolto la parola…e…"

si stava agitando troppo. Si alzò in piedi.

"…e l’ultima volta mi hai trattato malissimo!"

concluse lei fissandolo dall’alto al basso.

"Avevo solo bisogno di stare da solo… ho passato troppo tempo con te…"

affermò lui alzandosi anch’esso per sostenere meglio lo sguardo indagatore della giovane.

"Bel ringraziamento per essermi presa cura di te…"

sussurrò avvilita abbassando il capo.

"Non volevo farti star male. Ma ultimamente sono molto confuso… e preoccupato."

Lui le accarezzò la testa facendo scorrere le dita tra i soffici riccioli.

"Ok… ma dovresti capire che è brutto quando si passa dallo stare sempre insieme con una persona a non rivolgerle nemmeno la parola…"

gli occhi sempre a terra.

"Dovrai abituarti, non ci vedremo molto spesso… tranne che per qualche riunione…"

le sollevò il viso facendole pressione sotto il mento.

"Ma Harry mi mancano le nostre chiacchierate… e poi chi mi farà il terzo grado dopo i miei appuntamenti con Max?"

chiese lei sorridendo malinconica.

"Sempre io… dopo ogni appuntamento con quel tipo dovrai fare resoconto a me!"

le disse sorridente.

"Va bene… mi hai convinta."

Disse appena e in quel momento si aprì la sua passaporta. Harry la abbracciò forte per poi abbassarsi a baciarla sulla guancia.

"Ci vediamo May… e fai la brava!"

le disse mentre lei raggiungeva il varco.

"Io sono sempre brava…!"

affermò ridendo la ragazza mentre svaniva risucchiata dalla passaporta.

Sono tornata... allora che vi pare? Come al solito ringrazio i lettori e i pochi commentatori... Francys e Simone siete sempre gentilissimi... ed è tornata anche Manny (ciao bella!)... per il resto commentate, commentate, commentate!!! (l'ho ripetuto troppe volte?)

un bacio e a presto

Miyan

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


CAPITOLO 18

CAPITOLO 18

Era un venerdì mattina molto bello. Il sole era limpido nel cielo dei primi giorni di giugno, l’aria era calda e non c’era nemmeno una nuvola. Si prospettava una giornata adatta per un picnic all’aperto. Invece lei era a lavoro.

Se ne stava seduta tranquillamente al suo posto al tavolo dei professori. La colazione era abbondante. Si stava preparando un toast alla marmellata ed un bicchiere di succo alla pesca l’attendeva li davanti. Gli altri professori erano intenti come lei a mangiare, ed anche il preside non era da meno.

In quel momento arrivarono i gufi e le civette con la posta. La sua Shade si avvicinò come al solito lasciando cadere il quotidiano accanto a lei ed alzandosi di nuovo in volo per raggiungere gli altri uccelli alla voliera. May prese distrattamente la Gazzetta del profeta, che era piegata in quattro, e l’aprì per poter leggere la prima pagina. Con quel movimento fece cadere una busta di cui prima non si era accorta. La raccolse e l’aprì.

Amore mio,

sono troppi giorni che non ci vediamo. Sento la tua mancanza così ho organizzato per domenica pomeriggio. Non puoi dirmi di no, dato che ho chiesto i tuoi orari di domenica e ho visto che hai il pomeriggio libero. Presentati ad Hogsmeade ai Tre manici di scopa per le tre. Ti aspetto con impazienza. Un bacio.

Max

Le si gelò il sangue nelle vene. Se era vero che aveva cercato i suoi orari non poteva inventarsi nessuna scusa per poter saltare l’appuntamento. Ultimamente le aveva mandato mazzi di fiori tutti i giorni facendoglieli trovare sul comodino appena si svegliava. E con essi c’era sempre un biglietto che diceva che lui l’amava. Lei rispondeva ogni giorno con poche righe, ringraziandolo dei doni ma dicendo che non ce n’era bisogno. Ed ora voleva vederla.

Le passò immediatamente l’appetito. Ripose il toast, da cui aveva appena preso un boccone, nel piatto. Si guardò in giro agitata. Vide che Silente era ancora a tavola. Si alzò e gli si avvicinò.

"Dovrei parlarle prima dell’inizio delle lezioni…"

gli disse.

"Andiamo subito nel mio ufficio."

Affermò l’anziano alzandosi da tavola.

"La prego, finisca almeno la colazione…"

disse premurosa osservando la mezza fetta di torta che giaceva nel piatto dell’uomo.

"Oh, ho finito. La prego di seguirmi."

E May seguì l’uomo nel suo studio. Appena entrati lei si sedette nella poltrona davanti all’uomo.

"Legga questo biglietto."

Gli disse porgendogli la busta. L’uomo lesse in silenzio, poi alzò lo sguardo su di lei.

"Ce l’aspettavamo. Sarebbe accaduto prima o poi. Cosa la preoccupa?"

le chiese.

"Mi chiedo da chi possa aver ricevuto gli orari dei miei turni…"

affermò la ragazza preoccupata.

L’uomo si tolse gli occhiali e li appoggiò sulla scrivania.

"Forse quando è stato qui ha fatto amicizia con qualcuno in particolare. Lei che è stata tanto con lui non lo sa?"

propose l’uomo.

"Sinceramente non mi ricordo di nessuno in particolare. Né di averlo visto con qualcuno né che lui me ne abbia parlato."

Espose la ragazza concentrandosi nel tentativo di ricordare qualche dettaglio che potesse aiutarli ad individuare la persona che in qualche modo li aveva traditi.

"Io purtroppo non so niente di questa storia. Ma indagherò tra i professori. Magari loro sanno qualcosa…"

disse l’uomo.

"Va bene."

Affermò la ragazza espirando profondamente.

"E io cosa faccio per domenica? Ha qualche disposizione a riguardo?"

chiese lei alzando lo sguardo.

"Stia attenta a non scoprirsi, a non rivelare inconsciamente niente che riguardi il fatto che noi siamo a conoscenza della sua vera identità. E soprattutto si comporti come se lui fosse soltanto il suo ragazzo… si sforzi di fare le stesse cose che farebbe se lei non sapesse nulla di questa storia."

Le consigliò Silente mentre si rimetteva gli occhiali.

"Io tento di comportarmi come sempre… ma è difficile. Non so se lui ha notato qualcosa di diverso in me."

disse la ragazza.

"May cerchi di fare tutto il possibile. Siamo tutti nelle sue mani."

A quelle parole la ragazza si sentì come se le fosse stato posto un macigno sulle spalle.

"Farò il possibile…"

disse lei alzandosi in piedi e guardando l’orologio.

"Ora devo andare a lezione. I miei studenti saranno già arrivati in aula. Arrivederci."

Lo salutò ed uscì dall’ufficio. Chiuse la porta dietro di sé e si appoggiò chiudendo gli occhi per qualche minuto.

"Speriamo nella mia buona stella…"

pensò mentre si decideva a raggiungere la sua aula.

La vedeva camminare lentamente verso di lui in mezzo alla gente che la domenica pomeriggio riempiva le strade di Hogsmeade. Era affascinante nella sua semplicità. Indossava un lungo abito verde impreziosito da un pizzo di una tonalità più chiara che ricopriva il corpino e che formava le maniche che le arrivavano di poco al di sotto del gomito. I lunghi riccioli rossi erano raccolti in una coda alta da cui sfuggivano alcune ciocche. Una catenina e dei lunghi orecchini d’argento ornavano il suo volto.

Nel fermarsi di fronte a lui gli sorrise. Gli sembrò di non vederla sorridere da un’eternità.

"Ha delle belle labbra…"

pensò tra sé desideroso di baciarla.

"Ciao Max."

lo salutò dolcemente.

"Ciao May."

Le prese una mano e la portò alle labbra per baciarne il dorso senza mai distogliere lo sguardo dagli occhi di lei.

"Sono felice di vederti…"

gli disse mentre riappoggiava la mano sulla borsetta.

"Non sai come sono contento io. È da tanto che aspettavo questo momento."

Non desiderava altro che di stare un po’ con lei. Ma in mezzo alle gente si comportavano quasi come due estranei dato l’imbarazzo della ragazza.

Le prese di nuovo la mano e la appoggiò sul suo braccio.

"Ti va di fare una passeggiata?"

le chiese guardandola in volto.

"Va bene, andiamo."

Rispose lei. Allora lui la guidò tra la gente e si diressero verso i confini del paese, uscendo e dirigendosi verso la foresta.

"Dove mi porti?"

chiese lei. Il giovane non poté fare a meno di udire un certo tremore nella voce.

"In un posto tranquillo… non preoccuparti."

Le strinse ancora di più la mano.

Si inoltrarono nella foresta, lei che camminava di poco dietro di lui. Max vide una radura e la guidò verso di essa. Trafigurò un fazzoletto in una grande coperta che appoggiò per terra.

"Accomodati…"

le disse facendole segno di sedersi. Lei si accomodò sistemando le pieghe della lunga gonna per non farla stropicciare. Lui le si sedette accanto osservandola.

Obiettivamente c’erano molte ragazze più belle di lei, ma lui adorava ogni suo minimo particolare. I lunghi riccioli sanguigni che profumavano di vaniglia, la pelle bianchissima e pura, gli occhi castano chiaro colore che gli ricordava il caramello fuso, attorniati da lunghe ciglia nere, le labbra rosee quasi sempre imbronciate… ma soprattutto il lungo collo punteggiato da piccoli nei. Ogni suo gesto era involontariamente elegante e fine, anche il suo modo di giocare con la catenina quando conversava con qualcuno.

Quando lei alzò lo sguardo sul suo volto, lui la stava osservando in silenzio. Gli fece un piccolo sorriso.

"Che bel posto. Strano che non l’abbia mai visto…"

affermò lei.

"Non credo che i professori lasciassero che gli alunni uscissero dal paese quando vi portavano qui. Soprattutto in un posto così appartato…"

Disse lui guardandola negli occhi.

"No… hai ragione."

Rispose lei.

Le face passare una mano su una guancia accarezzandola lievemente.

"Max…"

lui le pose un dito sulle labbra per farla tacere.

"Shhh… non c’è bisogno di parole."

Le disse facendo scivolare la mano dietro alla nuca di lei ad avvicinando il suo volto a lui. Le baciò dolcemente le labbra per scostarsi pochi secondi dopo.

"Mi sei mancata May…"

le sussurrò. Vide il volto di lei arrossarsi un poco sulle guance.

"Oh, con tutte le belle donne che hai attorno al ministero non ti sarò mancata più di tanto…!"

ironizzò lei cercando di dissolvere la pressione che si respirava nell’aria.

"Non scherzare May…"

e la baciò di nuovo facendo passare le braccia attorno al corpo della ragazza e stringendola a lui. Questa volta si impossessò della bocca di lei.

"Piano Max…"

sussurrò lei quando le labbra del ragazzo si spostarono sul collo della giovane. Si scostò per poterle parlare.

"Non ci penso nemmeno…"

e la baciò di nuovo mordicchiandole le labbra. La fece sdraiare sulla coperta bloccandola con il suo peso. Le sue labbra non lasciavano per un minuto quelle di lei mentre con una mano cercava di far scendere la cerniera sul retro dell’abito. Quando ci fu riuscito smise di baciarla per scostarsi appena in modo da poterle far scivolare un po’ il vestito.

"Max… no…"

gli disse.

Lo sguardo di lui passò dalla pelle candida del collo e del seno di lei coperto dal reggiseno nero al volto vistosamente arrossato. La guardò negli occhi senza dire una parola.

"Max… ti prego non così… non qui…"

lo sguardo di supplica di lei lo fece tornare alla realtà.

Si sedette di nuovo e la aiutò a rialzarsi.

"Scusami… ma non ho resistito."

Le disse appena aiutandola a riallacciarsi l’abito. Lei gli sorrise dolcemente.

"Ti ringrazio…"

disse abbassando lo sguardo. Lui non poté fare a meno di desiderarla ancora di più.

Harry se ne stava comodamente seduto in salotto con indosso solo i pantaloni della tuta ed una maglietta rossa mentre mangiucchiava delle patatine guardando una partita di Quiddich in televisione…

Remus era andato a Londra per qualche settimana. Gli aveva detto che aveva degli affari da sistemare. Lui aveva preso quei periodo di tempo come riposo. Aveva deciso di non fare assolutamente niente… infatti i piatti sporchi erano ancora nel lavandino e il suo letto era disfatto. Aveva deciso di mandare Kika, l’elfa domestica che lo aveva seguito da Hogwarts, dai Weasley, convinto che a loro sarebbe stata molto più utile. Ed in quel momento era solo in casa.

Sentì che qualcuno bussava insistentemente alla porta. Abbassò il volume del televisore per esserne sicuro. Udì di nuovo i colpi decisi sul legno. Si decise ad alzarsi lasciando le patatine sul divano e dirigendosi all’ingresso camminando scalzo. Quando aprì la porta vide una ragazza dagli occhi gonfi di pianto davanti a lui. La guardò stupito.

"May… ma?"

non riuscì a pronunciare altre parole.

"Posso entrare…?"

chiese lei con la voce rotta dai singhiozzi mentre abbassava lo sguardo sul pavimento.

"Ma certo May…"

alla risposta affermativa di Harry, la ragazza entrò in casa e lui richiuse la porta dietro di lei.

Le si avvicinò fermandosi di fronte a May.

"Oh Harry…"

disse appena mentre le lacrime incominciarono a scorrere incessantemente sul suo viso.

"Ma cosa è successo?"

le chiese spaesato mentre lei si gettava contro di lui nascondendo il volto nel petto del ragazzo.

Le fece passare una mano sul capo accarezzandolo gentilmente mentre con l’altro braccio la reggeva a sé. Sentiva il corpo di lei scosso dai singhiozzi.

"…Max…"

riuscì appena a dire. Spaventato la scostò appena per poterla vedere in volto.

"Che ti ha fatto?"

domandò furibondo.

"Niente… niente di particolare Harry… ma…"

abbassò lo sguardo.

"Ma cosa May? Parla!"

si ritrovò ad urlare.

"Non so se riuscirò a continuare… non puoi capire… come faccio a dirtelo?"

disse lei.

"May perché dici così?"

chiese di nuovo mentre con la mano le faceva risollevare lo sguardo su di lui.

"Harry… lui vuole fare l’amore con me!"

disse tutto d’un fiato mentre nascondeva di nuovo il viso contro il petto di lui. Il ragazzo la strinse forte a sé.

"Non ti toccherà… te lo prometto."

Sentiva il sangue bruciargli nelle vene, ma la sua voce era calma anche se potente.

"Oggi… oggi sono riuscita a fermarlo. Ma non posso continuare a negarmi in eterno…"

affermò lei.

"Giuro che l’uccido con le mie mani se ci prova soltanto…"

lei si sentiva al sicuro ora che era con lui. Lo guardò in viso.

"Come sono stupida… tu non potrai esserci la prossima volta che lo incontrerò!"

sorrise tristemente.

"Non dirmi che accetteresti veramente di farti mettere le mani addosso da quel mostro?"

le chiese guardandola negli occhi.

"Se questo dovesse servire a fermarlo… potrei farlo. Devo solo farmi forza…"

si staccò dal ragazzo e si asciugò gli occhi con il dorso della mano facendo un respiro profondo per calmarsi.

Il solo pensiero di lei con quell’altro lo faceva morire. Aveva accettato l’idea di saperli insieme, di qualche bacio… ma il resto non riusciva a sopportarlo.

"Perdonami Harry, ti sono piombata in casa…"

alzò lo sguardo su di lui sorridendo imbarazzata. Lo vide avvicinarsi in silenzio a lei e le serrò i polsi nelle mani.

"Har…"

non riuscì dire niente, lui la stava baciando. Niente dolcezza solo ardore e disperazione. Si accorse inconsapevolmente che stava ricambiando il bacio, non aveva nemmeno tentato di scostarsi. Lui le fece fare alcuni passi indietro appoggiandola alla porta d’ingresso. Le bloccò le braccia sopra la testa tenendole con una mano mentre l’altra scendeva lentamente lungo il collo, il seno, il fianco e la gamba per poi fare il percorso inverso.

Quando le liberò le labbra entrambi respiravano affannosamente.

"Harry…"

pronunciò il suo nome guardandolo negli occhi stupita.

"Non voglio che ti tocchi… non lo sopporto. Anche se posso capirlo…"

Disse appena per poi baciarla di nuovo.

Dopo alcuni minuti avevano raggiunto il salotto. Il ragazzo prese il telecomando e spense il televisore, poi prese il sacchetto delle patatine e lo appoggiò su un tavolino mentre ripuliva il divano dalle briciole della sua merenda.

"Siediti May."

Le fece segno di accomodarsi e lui si sedette accanto a lei. Questa teneva gli occhi bassi, imbarazzata. Le prese una mano e la strinse nelle sue.

"May."

La chiamò. Allora lei alzò lo sguardo su di lui. Le sorrise.

"Perdonami. Sono stato avventato vero?"

le chiese sorridendole di nuovo. Lei si perse in quegli occhi dolci e comprensivi.

"Oh Harry… no. Mi ha fatto piacere."

Affermò riabbassando lo sguardo.

"Ora capisci perché non ti volevo vicina. Quella sera quando volevi curarmi non riuscivo a trattenermi…"

spiegò lui.

"Ma Harry, è un controsenso. E tutte le volte che ti ho curato ad Hogwarts? Dormivi pure nel mio letto!"

disse lei prendendo coraggio.

"Ero troppo debole. Qui invece ero nel pieno delle forze… ed eri stupenda completamente bagnata di pioggia."

Espose il ragazzo.

"Immaginati quello che hai provato tu e moltiplicalo per mille… era quello che provavo io quando ti vedevo in questi mesi… ma tu non avevi occhi che per Linda."

Confessò lei.

"Ma May anche a me piacevi tanto in quel periodo. Ma poi ti ho visto con Greenflame, ti ho visto baciarlo… ed ho pensato che era meglio se mi facevo da parte."

Disse il ragazzo facendole alzare lo sguardo su di lui.

"E io ti ho visto baciare Linda più di una volta… Devo ammettere che in quel periodo mi piacevate sia tu che Max… ma nel vederti con lei ho subito deciso che era meglio che non mi intromettessi tra te e lei. E poi Max si è fatto avanti…"

gli sorrise ripensando a tutto il tempo che avevano perso.

"Siamo stati due stupidi… non ci siamo accorti di niente."

Disse lui.

"Ma ora tenteremo di recuperare…"

affermò lei guardandolo negli occhi verdi. Si morsicò leggermente il labbro inferiore imbarazzata.

"Anche se avrei una voglia matta di saltarti addosso…"

cominciò lui mentre lei lo guardò stupita dall’audacia delle sue parole.

"… mi tratterrò. È bene non bruciare le tappe."

Concluse mentre si portava una mano di lei sul cuore facendole appoggiare il palmo sul suo petto. May lo sentiva battere velocemente ad un ritmo elevato quasi quanto il proprio.

"Ti adoro Harry…"

gli si buttò tra le braccia cingendogli il busto mentre lui l’abbracciava.

"…come fai ad essere sempre così meraviglioso?"

domandò lei.

"Che posso dirti… son fatto così…"

disse lui ironicamente.

"Mio caro auror non vantarti troppo!"

affermò lei prendendolo in giro.

"Mi comporto in questo modo perché sei tu che sei meravigliosa May. Prima come amica, ora come qualcosa di più… ma sei un angelo!"

le posò un bacio sulla fronte.

"Io un angelo? Ma ne sei certo? Guarda che a volte sono davvero insopportabile!"

affermò lei scostandosi per poterlo guardare negli occhi.

"Mi piacciono le ragazze insopportabili…"

e la baciò dolcemente sulle labbra.

"Harry Potter potrei prenderla in parola"

gli disse scostandosi da lui e alzandosi in piedi.

"Ed in che modo lo farebbe professoressa Pereights?"

domandò divertito.

"Per esempio tornandomene a casa adesso…"

disse guardando l’orologio da polso.

"May rimani…"

la seguì cingendole la vita da dietro e facendola appoggiare a lui.

"Se non sbaglio tra qualche minuto dovrebbe aprirsi la passaporta per Hogwarts…"

mancavano pochi minuti alla sei e mezza del pomeriggio.

"Sai bene che ce n’è un’altra dopo le undici…"

le sussurrò all’orecchio.

"Per me è troppo tardi. Ho lezione domani."

Affermò lei voltandosi verso di lui.

"Ti lascio andare, ma promettimi di venire a trovarmi una di queste sere."

Lei lo guardò dal basso verso l’alto.

"Vedrò cosa posso fare."

E lei si alzò sulle punte per baciarlo.

Se ne stava sdraiato sul suo letto completamente avvolto nel buio. Gli occhi aperti che fissavano un punto invisibile sopra di lui. Era notte inoltrata ma non era ancora riuscito a chiudere gli occhi. Probabilmente l’adrenalina scorreva ancora nelle sue vene come nel pomeriggio.

Gli ritornò alla mente l’immagine di lei piangente e fragile quando le aveva aperto la porta. Le era sembrata tanto indifesa, troppo indifesa… ed invece era lei che correva i maggiori pericoli con il figlio dell’Oscuro Signore. Era lei che doveva mentire ed agire d’astuzia.

Quando gli si era gettata tra le braccia si era sentito un groppo alla gola che gli aveva impedito di respirare rimanendo in apnea per qualche secondo. Poterla stringere, o anche solo toccare, gli era sembrato una delle cose più belle della sua vita. Lei lo aveva cercato, aveva cercato proprio lui in un momento di bisogno. Quando si è troppo fragili si cercano persone fidate, e May era andata da lui… solo da lui.

Ma poi quando le aveva chiesto perché fosse ridotta in quello stato e lei aveva fatto quel nome si era sentito spezzare il cuore a metà. Il solo pensiero che quel verme avesse potuto farle del male era stato in grado di fargli perdere la pazienza. Non credeva di poter desiderare la morte di qualcuno, ed invece era stato così. Lo avrebbe ucciso se gli fosse stato di fronte.

Quando May aveva abbassato lo sguardo facendosi forza per dirgli la verità lui l’aveva guardata tremante. E l’aveva amata ancora di più.

"Harry… lui vuole fare l’amore con me!"

risentì le parole che lei gli aveva quasi urlato.

Max la voleva… voleva quel corpo morbido ed elegante, quelle mani delicate che lo avevano curato, quelle labbra imbronciate e sensuali. Anche lui la desiderava… ma era diverso. Max voleva il corpo… lui voleva l’anima. Sorrise immaginando come sarebbe stato…

Lei si era fatta forza, si era asciugata le lacrime e aveva colto la realtà… quando lo avrebbe rincontrato di nuovo, Harry non poteva essere con lei. Avrebbe accettato di concedersi a quel mostro per il bene degli altri… ma lui non l’avrebbe permesso. Avrebbe fatto saltare i piani, avrebbe messo tutti in pericolo ma sarebbe andato di persona a salvarla… sarebbe morto piuttosto di saperla nel letto di Greenflame.

Aveva abbassato lo sguardo scusandosi di essere corsa da lui all’improvviso… ma non c’era nulla da scusarsi. Era felice. Felice che lei fosse con lui in quel momento. E quando May aveva rialzato gli occhi su di lui non aveva potuto resisterle. L’aveva baciata… l’aveva baciata per la prima volta… e l’avrebbe baciata per l’eternità fino a quando il respiro non si fosse spezzato. E lei non si era scostata imbarazzata, non l’aveva respinto… aveva risposto al suo bacio con altrettanta passione. Ed ogni volta che lei pronunciava il suo nome gli sembrava che nessuno lo avesse mai pronunciato in quel modo… gli sembrava che assumesse sfumature sempre diverse, come se le labbra di lei fossero in grado di dargli significati nuovi.

La rivide seduta accanto a lui sul divano mentre si spiegavano… mentre lui le chiedeva perdono per averla trattata male nell’ultima settimana. L’aveva allontanata perché non riusciva più a sopportare la sua presenza sapendo di non poterla sfiorare. E lei c’era rimasta male, aveva sofferto per questo distacco. Poi lo aveva preso in giro.

"Ha proprio ragione… dormivo nel suo letto… l’ho vista in camicia da notte, struccata e con i capelli arruffati…"

gli apparve davanti agli occhi come la scorgeva quelle mattine mentre dormiva sulla poltrona per stargli accanto. Oppure quando poi aveva cambiato stanza e lei andava ogni giorno a controllare la ferita e sentiva il tocco delicato delle sue mani sulla pelle. In quei momenti aveva capito di voler stare sempre con lei.

Si portò una mano sulla cicatrice rosea che non si vedeva nel buio ma che sapeva bene dove fosse. Quella cicatrice gli avrebbe sempre fatto pensare a lei… e ne avrebbe desiderato delle altre se solo avessero ricordato qualche occasione in cui c’era anche lei…

E dopo erano stati fatti altri nomi, erano stati ricordati altri episodi… Max e Linda… quei due li avevano separati. Linda si era presa gioco di lui, l’aveva adulato, lo aveva sedotto e l’aveva condotto dove poteva scorgere Max e May… aveva creduto di averla persa per sempre. Aveva creduto che lei amasse quell’uomo e che invece vedesse lui come un semplice amico. Forse se non si fosse arreso troppo presto l’avrebbe salvata, le avrebbe risparmiato il dolore che invece stava provando in quel momento… e sarebbe stata tra le sue braccia invece che in quelle di Max.

Ma quel giorno era cambiato qualcosa. Lei gli voleva bene, forse non lo amava ancora, forse era una parola troppo forte, ma era certo che lei provasse un sentimento profondo nei suoi confronti. Gli aveva detto che lo adorava, gli aveva detto che per lei era meraviglioso. Imbarazzato aveva incominciato a fare il buffone e lei era stata al gioco… aveva rivelato il suo lato ironico e forse un po’ crudele quando l’aveva lasciato e se n’era andata. Ma non importava. Ora loro due erano una cosa unica. Lui le apparteneva da tempo… ma forse anche lei era sua…

Chiuse gli occhi sperando che lei seguisse la sua richiesta e si ripresentasse in quella casa al più presto. L’aveva lasciata da poche ore ma non poteva fare a meno di desiderarla accanto a sé, in quel letto. Non solo per averla… anche solo per tenerla stretta a lui ed osservarla dormire.

Ciao a tutti! allora che ve ne pare? E' uno dei miei capitolo preferiti quindi commentate... come al solito ringrazio i commentatori ufficiali, spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento... beh a presto, un bacio

Miyan

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


CAPITOLO 19

CAPITOLO 19

Quella era l’ultima settimana di lezioni e gli studenti sentivano il profumo delle vacanze. Tutti tranne coloro che avrebbero dovuto sostenere gli esami e che quindi se ne stavano chiusi nelle loro stanze o in biblioteca a studiare.

Suo fratello non era uno di questi. Dopo l’anno precedente trascorso a studiare per i G.U.F.O. aveva deciso di rilassarsi e divertirsi in vista dell’anno seguente in cui invece avrebbe sostenuto gli esami per i M.A.G.O.

Lo vide che rideva e scherzava con alcuni suoi amici, accanto a lui una ragazza, Anne o Annie non si ricordava bene. Osservandolo attentamente le pareva che tra i due ci potesse essere qualcosa. Anche se lei qualche tempo prima avrebbe scommesso che lui avesse un debole per una sua compagna di Quiddich.

Le aveva accennato qualcosa delle vacanze estive. Aveva intenzione di passare qualche giorno al mare nella casa del suo amico Laurence. E lei che avrebbe fatto? Doveva contattare Shannon e Victoria… sicuramente loro ci avevano già pensato. Non ne era sicura, ma le pareva che le avessero nominato qualcosa in una lettera.

Si staccò dalla finestra ed uscì dalla sua aula. Si incamminò lentamente per il corridoio per poi percorrerne degli altri fino a giungere al portone che dava all’esterno. Uscì e suo fratello la vide. Il ragazzo si congedò dalla sua compagna e si diresse verso la sorella in una breve corsa.

"Ehy May…"

le disse fermandosi accanto a lei.

"Signor Pereights le devo ricordare che essendo io una professoressa lei mi deve un minimo di rispetto…"

lo squadrò freddamente.

"Mi scusi professoressa ma a volte mi dimentico del suo ruolo e vedo solo la mia sorellina…"

le disse sorridendo.

"Allora Gary come sono andate le prove finali?"

gli domandò assumendo il linguaggio confidenziale tra fratelli.

"Diciamo bene. Avrei preferito fare di meglio… ma si vede che non avevo studiato abbastanza."

Disse il ragazzo infilando le mani nelle tasche dei pantaloni scuri.

"Almeno tu parti sabato. Pensa e me che rimarrò a scuola ancora per un po’ per seguire gli esami."

Si lamentò lei.

"Beh sorellina, io sono uno studente e tu una professoressa. Devi prenderti le tue responsabilità…"

a volte pareva che il ragazzo fosse più maturo della sorella maggiore.

"Già… ma avrei una gran voglia di tornare a casa e di uscire con le amiche… invece devo attendere."

La ragazza incrociò le braccia e scosse le spalle.

"Hai già sentito Shannon per le vacanze?"

le chiese.

"Non ancora. Avranno optato per il mare come l’estate scorsa…"

ricordò l’estate precedente. Shannon, Victoria, Polly e lei erano andate in Egitto per una settimana di mare e sole. Si erano divertite parecchio… e lei era l’unica che non era diventata nera come il carbone, aveva assunto solamente una sfumatura ambrata.

"Credo anche io. Non hai intenzione di accompagnare mamma e papà in montagna?"

le domandò.

"E tu?"

rispose lei con un’altra richiesta.

"Potrei anche andare… più che altro perché devo cercare dei funghi e delle erbe…"

disse il ragazzo.

"Spero che non ti servano per qualcuno dei tuoi intrugli!"

affermò allarmata la giovane.

"Si… ma non preoccuparti, è tutta roba legale!"

disse il fratello facendole un sorriso innocente.

"Ok… ti crederò."

Volse lo sguardo lontano e intravide qualcuno addentrarsi nella foresta proibita.

"Scusa Gary ma devo andare."

gli disse.

"Ti lascio al tuo dovere. Anche se in realtà anche io devo andare… ho promesso ad Andrew che avrei ripassato trasfigurazione con lui."

Si salutarono. Il ragazzo dai capelli castani un po’ lunghi si diresse verso la scuola. La sorella invece andò nella direzione opposta decisa a scoprire chi era entrato nella foresta.

Giunta dove incominciavano gli alberi si guardò attorno per vedere se c’era qualcuno o la traccia di qualche passaggio. Ma non scorse nulla. Controllò di avere la bacchetta nella sua tasca e si immerse nella foresta. Era ancora giorno ed il sole mandava la sua luce nel tardo pomeriggio. Questo rendeva meno spettrale la foresta anche se mandava sempre vibrazioni malvagie. Sentì delle voci in lontananza. Non riusciva a percepire di che cosa stavano parlando, ma erano sicuramente voci umane. Avanzò verso di esse facendo attenzione a non fare alcun minimo rumore. Si nascose dietro un grande albero. Ad una decina di metri di distanza, in una specie di conca intravide Max e una giovane ragazza dai lisci capelli neri tagliati a caschetto

"Che diavolo ci fa Dana con lui?".

Si domandò la professoressa riconoscendo la giovane. La ragazza si chiamava Dana Upperton ed era una Serpeverde del settimo anno. Una delle sue migliori studentesse. Troppo acida e sprezzante a volte, ma era una Serpeverde e lei poteva capirlo che questa era una delle caratteristiche della casata.

"Allora Dana vuoi dirmi perché mi hai fatto chiamare?"

stava dicendo il mangiamorte mentre osservava la ragazza con aria di sufficienza.

"Mio signore, penso che la professoressa Pereights si comporti in modo strano ultimamente…"

disse la ragazza tenendo gli occhi abbassati.

"E hai convocato me in persona per una notizia del genere? Potevi benissimo mandarmi una missiva."

Affermò il giovane ambasciatore fissando lo sguardo sulla ragazza.

"Pensavo che fosse meglio far pervenire la notizia direttamente a lei. La nostra cara professoressa Pereights se ne sta in giro fino a notte fonda, il lunedì mattina è sempre molto stanca. Io non so lei, ma è un comportamento strano per una professoressa…"

insinuò la giovane.

"Vuoi forse farmi credere che lei abbia qualcosa da nascondere?"

domandò, il tono della voce calmo.

"Sì."

Una sola parola che suonò distintamente nel silenzio.

"E tu saresti in grado di scoprire di che si tratta?"

le chiese.

"Credo di sì mio signore."

La giovane alzò lo sguardo su di lui.

"Bene. Vedo che sarai una perfetta mangiamorte appena uscirai da questa scuola. Io ho buona memoria. Quando accadrà saprò come ricompensarti."

Proferì il giovane.

"La ringrazio mio signore. Ma per me è un piacere rendermi utile."

La ragazza era sempre più servizievole.

"Ora è meglio che io vada."

Disse l’uomo allontanandosi nella foresta. La ragazza invece uscì nel giardino e rientrò a scuola seguita dalla professoressa che era profondamente preoccupata.

Fortunatamente la scuola era conclusa e la ragazza non avrebbe potuto ficcare il naso ancora per molto. Comunque doveva essere molto prudente ed evitare di comportarsi in modo strano.

Le venne un brivido pensando che ora Max sospettasse di lei. Ciò significava doppio pericolo. Doveva riuscire a fugare qualsiasi ritrosia del giovane, doveva riconquistare la sua piena fiducia.

Rientrò anche lei a scuola e raggiunse la sua stanza sedendosi sul letto a pensare. Decise che il sabato sarebbe rientrata anche lei a Londra con suo fratello e che avrebbe raggiunto la sua casa. Con il permesso di Silente avrebbe contattato le sue due amiche e compagne di lavoro e le avrebbe informate dell’accaduto. Erano ragazze affidabili ed addestrate, sarebbero state utili all’Ordine. Poi avrebbe in qualche modo contattato Harry ed insieme avrebbero stabilito cosa fare.

Sentiva che comunque non c’era molto tempo. Aveva la sensazione che Max si sarebbe reso noto alla comunità magica in pochi giorni. Sentiva che il titolo di Oscuro signore sarebbe stato pronunciato di nuovo, che avrebbe occupato le prime pagine di tutti i quotidiani.

Fino a quel momento era stata convinta che le cose sarebbero durate a lungo. Invece quel giorno si era resa conto che era una questione imminente. Bisognava affrettarsi a prendere le dovute contromisure.

Il sabato mattina l’atrio pullulava di studenti e valigie. May prese la sua grande borsa dove aveva infilato un vestito di ricambio e gli oggetti personali e scese l’ultima rampa di scale che conducevano al pianterreno.

Fu subito invasa dal vociare dei ragazzi che salutavano gli studenti del quinto e del settimo anno che sarebbero rimasti ad Hogwarts ancora per due settimane. Vide il fratello con i suoi amici a qualche metro di distanza. Gli si avvicinò fermandosi dietro di lui.

"Signor Pereights si sistemi la cravatta e si abbottoni il colletto… non è ancora in vacanza!"

affermò alterando un poco la sua voce.

Il ragazzo si sistemò subito e si volto verso di lei.

"Mi scusi…"

ma nel vederla si rilassò.

"May smettila di fami scherzi!"

le disse mandandole un’occhiataccia.

"Se fosse stato Piton ti avrebbe dato anche dei compiti di punizione… Sei stato fortunato che fossi io!"

dichiarò lei appoggiano la pesante borsa a terra. Il fratello osservò il suo gesto.

"Ma May vieni a casa anche tu?"

le chiese.

"Il preside mi ha dato il compito di accompagnare voi studenti per il viaggio fino a Londra e già che ci sono mi fermo due giorni a casa. Spero che mamma sia contenta anche se l’ho avvertita solo stamattina tramite posta."

Spiegò la professoressa.

"Bene. Allora non ci sgriderai se faremo un po’ di festa nel nostro scompartimento!"

affermò allegro il fratello.

"Io no… ma credo che Piton non sarà dello stesso parere."

Purtroppo il professore di Pozioni li avrebbe accompagnati e sia lei che il fratello e gli amici di lui si rabbuiarono al pensiero.

"Professoressa ci sarà ancora l’anno prossimo?"

chiese in quel momento Andrew.

La ragazza rimase un po’ soprappensiero. Sinceramente non si era mai posta il problema.

"Andrew veramente non lo so. Forse verrò riconfermata, oppure il preside troverà qualcun altro più adatto."

Rispose lei.

In realtà lei si chiedeva cosa sarebbe accaduto di li a tre mesi. Forse Max sarebbe stato fermato, oppure sarebbe stato ancora libero… rabbrividì.

"Professoressa Pereights è ora di condurre gli studenti alla stazione."

Sentì la voce del professor Piton giungerle alle spalle.

"Arrivo subito!"

disse lei ad alta voce per poi sussurrare al fratello

"Ci vediamo dopo. E speriamo vada tutto bene!"

per poi prendere il borsone e affiancarsi al professore di Pozioni che stava uscendo in giardino.

Il viaggio fu senza imprevisti. Le ore passarono allegramente, dato che gli studenti erano euforici per le vacanze. Fortunatamente Piton si rinchiuse nel suo scompartimento e non tediò gli altri con il suo cattivo umore. May invece passò per ogni vagone a controllare che tutti stessero bene e per salutarli.

Quando il treno si fermò in stazione gli studenti si riversarono fuori dai vagoni. Una marea di saluti e di promesse di rivedersi durate l’estate giungeva da ogni dove.

La professoressa scese dal treno tra gli ultimi. Portava il suo borsone a due mani e si fermò ad osservare i presenti. L’ultima volta che era giunta in quel luogo c’era Harry ad aspettarla. Si ritrovò a cercarlo tra la folla ma era consapevole che non ci sarebbe stato.

Sospirò e si diresse verso l’uscita. Scorse suo fratello e suo padre a poca distanza da lei. La stavano attendendo. Si avvicinò ad essi e diede un bacio sulla guancia del padre.

"Ciao papà…"

lo salutò.

"Ciao May. Sono felice di vederti. Dammi la borsa che te la porto io."

L’uomo prese il borsone della figlia e si incamminarono verso l’automobile per poi dirigersi a casa.

Mentre percorrevano la strada che li avrebbe condotti nel loro paese May si perse a guardare fuori dal finestrino. Si domandò come rintracciare Victoria e Shannon. Era sabato e l’agenzia era chiusa. Si ripromise di mandare una missiva alle due e di convocarle a Diagon Alley con la scusa di passare insieme la serata. Avrebbe spiegato tutto e loro avrebbero capito.

Le passò un brivido lungo la schiena.

"E se incontrassi Max?"

solo in quel momento si era resa conto della possibilità che l’ambasciatore fosse a conoscenza della sua presenza a Londra. Quasi sicuramente Dana lo aveva avvertito. La ragazza sperò ardentemente che il giovane fosse troppo impegnato per cercarla.

Quella mattina aveva avvertito la madre che sarebbe dovuta andare in città in serata per incontrare le sue amiche e che non sapeva a che ora sarebbe rientrata perché molto probabilmente avrebbe fatto tardi. Le due avevano subito risposto alla missiva che lei aveva spedito loro dicendole che l’attendevano al Paiolo Magico per cenare insieme e che poi sarebbero andate per locali.

May stava entrando in quel momento nella locanda e udì subito la voce delle amiche che la chiamavano.

"May, ehi May!"

vide Shannon agitarsi per farsi scorgere da lei.

Si sedette al tavolo con le due salutandole.

"Ma guarda un po’ chi si rivede. Ma si può sapere che fine hai fatto?"

le disse Victoria mentre si sistemava il tovagliolo sulle gambe per non sporcarsi l’abito bianco.

"Come che fine ho fatto? Sai benissimo che sono relegata ad Hogwarts… e questo ancora per due settimane."

Affermò la ragazza ironicamente.

"Oggi sei in libera uscita?"

chiese Shannon.

"Diciamo di sì. Ho accompagnato gli studenti per il viaggio di ritorno, ma devo tornare domani pomeriggio."

Spiegò la giovane.

"Allora vedremo di recuperare il tempo perduto questa sera…"

le disse Shannon.

Mentre stavano mangiando la professoressa si fece seria.

"Ragazze, questo forse non è il luogo adatto ma avrei una cosa importante da discutere con voi…"

esordì lei.

Le due amiche si scambiarono uno sguardo sorpreso.

"Dicci pure May."

Affermò Victoria.

"Preferire parlarvene in un posto più tranquillo…"

spiegò May.

"Ok. Che ne dici di andare al nostro ufficio dopo cena?"

propose Shannon mentre appoggiava le posate sul bordo del piatto.

"Non è molto sicuro. Se vi fidate di me vi porto in un luogo."

Disse la ragazza osservando le due negli occhi, prima una e poi l’altra.

"Come preferisci."

Rispose Victoria a nome di entrambe.

Terminata la cena, dopo aver pagato il contro, le tre lasciarono il Paiolo magico ed entrarono nella via di Diagon Alley.

"Ma May dove andiamo?"

chiede Shannon dopo un po’ di tempo mentre camminavano silenziose.

"Avete le vostre scope?"

chiese May.

Le due si guardarono stupite per poi rispondere.

"Veramente no. Siamo venute a piedi come i babbani."

Disse Victoria.

May si fermò e rimase in silenzio pensando tra sé.

"Allora andiamo a casa mia con la polvere magica…"

affermò la ragazza.

Dieci minuti dopo le tre si aggiravano per casa Pereights attente a non fare rumore. Quando May si fu accertata che non ci fosse nessuno in casa la ragazza prese la sua scopa e quelle dei genitori.

"Seguitemi. Ci vorrà solo un quarto d’ora di volo."

Disse la ragazza.

Non attese nemmeno che le due le facessero cenno che l’avrebbero seguita che si alzò in volo.

Intanto Shannon e Victoria avevano inforcato le scope e si erano accodate a lei.

La notte era limpida e scura quindi la ragazza decise di volare alta in modo da non essere visibile. Le due intanto l’avevano raggiunta e si erano affiancate a lei.

"May sei proprio strana… ma ti hanno fatto il lavaggio del cervello ad Hogwarts?"

esordì Shannon sorridendo.

"Beh abbi un po’ di pazienza. Appena arriveremo ti spiegherò tutto e allora capirai il perché del mio comportamento."

Disse lei mentre svoltava a destra dirigendosi nei pressi di un piccolo paese. Atterrarono tra i prati verdi lasciando le loro scope ed i mantelli leggeri nascosti tra i cespugli. Poi si incamminarono ed entrarono nel centro abitato. Le tre ragazze indossavano degli abiti leggeri simili a quelli che portavano i babbani e nessun cappello a punta. Victoria portava un abito bianco dalla canotta a spalle larghe con la gonna svolazzante che le arrivava di poco al di sopra delle ginocchia. Shannon invece indossava un vestitino nero a canottiera, aderente al corpo. May infine vestiva un abito rosso che scendeva svasato poco sotto le ginocchia e legato al collo mentre le lasciava scoperta la schiena. Sembravano pronte per una festa, di fatti l’intento iniziale era stato raggiungere qualche locale per divertirsi. Invece il ticchettio dei tacchi a spillo riecheggiava per le strade di un piccolo paese di campagna.

Svoltarono in un vicolo e si fermarono davanti ad un alto muro proprio al di sotto di un lampione spento. La professoressa si guardò attorno.

"Albus… vox… lux…"

pronunciò queste parole e il muro scomparve davanti ai loro occhi. La villetta a due piani si stagliava davanti a loro. Le tre raggiunsero la porta e la professoressa bussò.

"Ma dove…?"

stava per chiedere Victoria ma Shannon la zittì subito.

"Shhh. Zitta."

Qualche secondo dopo la porta si aprì e Harry fu visibile alle tre.

"Ciao Harry."

Salutò la ragazza.

"Ciao May. Che bello vederti…"

Rispose l’auror.

"Ho portato anche delle amiche."

E la giovane fece spostare l’attenzione del giovane da lei alle due.

"Entrate pure, siete le benvenute."

E varcarono la soglia mentre le due erano impietrite dallo stupore.

Il giovane le aveva fatte accomodare nel salotto assentandosi qualche minuto dopo per servire loro da bere e portandosi dietro la rossa con la scusa che lo aiutasse. Mentre le due se ne stavano sedute sul divano a sussurrare le loro impressioni, gli altri avevano raggiunto la cucina. Harry prese un vassoio, quattro bicchieri ed una caraffa di limonata fresca e li appoggiò sul tavolo.

"Allora May che cosa le hai portate a fare?"

domandò lui diretto mentre le prendeva una mano tra le sue.

"Ne ho parlato con Silente e abbiamo intenzione di informarle dell’accaduto in modo che possano aiutarci."

Rispose la ragazza guardando fissa negli occhi verdi del giovane.

"Sono amiche tue. Se tu credi che siano fidate per me va bene."

Affermò il ragazzo fiducioso.

Le mise le mani sui fianchi attirandola vicino a lui mentre si sedeva sul bordo della tavola.

"Ed io che credevo di passare una bella serata con te… è stata una bella sorpresa vederti davanti alla porta, con quest’abito poi…"

le passò il corpo con lo sguardo.

"In realtà sono vestita così perché pensavamo di uscire a divertirci ma poi ho cambiato i piani…"

gli sorrise.

"Apprezzo comunque…"

disse lui sorridendole di rimando.

"Su Harry andiamo di là, non possiamo lasciarle sole per così tanto tempo!"

affermò lei allontanandosi si qualche passo.

Lui le prese la mano fermandola.

"Almeno un bacio per salutarmi come si deve me lo dai?"

le disse prendendola in giro. Poi si abbassò a baciarla dolcemente sulle labbra. In quel momento suonarono alla porta. I due si staccarono e si guardarono sorpresi.

"Aspetti qualcuno?"

chiese lei.

"No. Raggiungi le ragazze mentre io vado ad aprire."

Disse l’auror mentre controllava di avere la bacchetta nella tasca dei pantaloni.

La professoressa raggiunse le due in salotto e rimase con i sensi all’erta. Pochi secondi dopo entrò Harry.

"Ragazze abbiamo visite."

Disse, e dietro di lui entrò il fratello di May.

"Gary? Che diavolo ci fai qui?"

domandò la ragazza alzandosi in piedi ed avvicinandosi al ragazzo.

"Ehm vi ho seguite!"

affermò lui mentre si faceva passare una mano sul capo, imbarazzato.

"Ma che ti è saltato in mente ragazzino!"

affermò la sorella.

"Volevo solo capire il motivo per cui tu ti comporti in modo strano ultimamente…"

poi voltandosi verso Harry

"…e vedendo Potter posso capire che c’è sotto qualcosa di grave!"

concluse infilandosi le mani nelle tasche dei jeans chiari.

May si sedette sul divano portandosi le mani sul capo disperata. Non voleva che il fratello si mettesse in pericolo.

"Credo che sia meglio dare qualche spiegazione, qui c’è troppa confusione in questo momento."

Disse Harry vedendo la ragazza non molto propensa a chiarire le cose. Ci pensò quindi lui stesso a dare tutte le informazioni ai tre. A tutti e tre in quanto il giovane Pereights, essendo venuto a conoscenza della finta morte di Harry e di quella casa non poteva che essere arruolato anche lui per l’Ordine della fenice.

Per tutto quel tempo la professoressa non aveva aperto bocca mentre continuava ad osservare i volti delle sue amiche e del fratello che cambiavano espressione ad ogni notizia che veniva loro data. Ma quando si fece il nome di Max, Harry la guardò negli occhi come per dirle di continuare lei.

La ragazza fece un profondo respiro e disse

"Purtroppo io avevo cominciato a frequentare Max Greenflame prima che venissi a conoscenza del fatto che fosse l’erede di Voldemort… e così lui mi considera la sua ragazza, anzi lo sono."

Il fratello si alzò in piedi furibondo.

"May come hai fatto a cacciarti in questo pasticcio?"

domandò mentre lei si faceva forze.

"Come vuoi che accadano queste cose Gary? Andavamo d’accordo… e non dire altro che ci penso già da sola."

Ed uscì dalla stanza salendo le scale che portavano al piano superiore. Aprì la porta della prima stanza che le capitò davanti e vi si chiuse dentro. Un buon profumo riempiva la stanza. Chiuse la porta a chiave e poi si diresse alla finestra che dava sul giardino d’ingresso. Pochi minuti dopo vide il fratello e le due amiche lasciare l’edificio e inoltrarsi nel vicolo per poi scomparire nel buio.

Bussarono alla porta.

"May sei qui?"

sentì domandare il giovane. Udì distintamente il rumore della maniglia della porta che girava ma rimase chiusa.

"Dai May aprimi…"

lo sentì sussurrare.

Lei rimase in silenzio chiudendo gli occhi.

"Alohomora…"

e la porta di aprì. Il ragazzo entrò reggendo la bacchetta in mano per poi appoggiarla sul comodino della stanza da letto avvicinandosi alla ragazza vicino alla finestra. Lei non disse una parola. Teneva testardamente gli occhi chiusi. Sentì le mani di lui appoggiarsi sulle sue spalle.

"May che hai?"

le domandò, il tono della voce preoccupato.

"Non voglio che ci sia in mezzo anche mio fratello… ho paura."

Gli occhi ancora prepotentemente chiusi.

"Non preoccuparti May, non correrà pericoli. Lo proteggerò io, come proteggerò anche te."

Lei alzò lo sguardo su di lui.

"Non sei onnipresente Harry. Ti ringrazio comunque."

E gli voltò le spalle. Il ragazzo non poté fare a meno di notare un tatuaggio sulla spalla destra della ragazza. Lo osservò meglio, era un volatile dalle ali fiammeggianti.

"E questo cos’è?"

domandò sfiorandole il punto.

"Una fenice…"

rispose sorridendogli.

Ciao a tutti!!!!! Come state? Spero che la storia continui a piacervi... diciamo che a me piace molto scriverla, spero che a voi piaccia altrettanto leggerla!!!!

Devo salutare simone... mi spiace che tu abbia odiato il capitolo precedente, spero che questo sia di tuo gradimento... =)>/p>

Manny e Francys siete fantastiche... però posso dire che May e Harry si sono appena chiariti... un po' di pazienza!

beh un bacio e mi raccomando commentate!

Miyan

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


CAPITOLO 20

CAPITOLO 20

Quella settimana era stata piuttosto frenetica. Le lezioni erano ormai terminate ma essendoci gli esami alle porte molti studenti venivano a cercarla nel suo ufficio per farsi spiegare alcune cose che non avevano capito oppure per ripassare alcuni argomenti piuttosto astiosi.

Chiuse il tomo che aveva davanti a lei. Questo fece un tonfo sollevando della polvere. Tossì e si alzò dalla scrivania. Le venne in mente il signor Thorning.

"Chissà se è successo ancora qualcosa o se i suoi quadri hanno ripreso a scomparire."

Si chiese tra sé. Aveva proseguito nelle ricerche ma ormai era ad un punto morto. Non riusciva a trovare nulla che potesse esserle utile. Aveva letto tutti i libri della biblioteca almeno una volta, ma non ne aveva ricavato niente.

Sistemò il tomo nel centro del ripiano e rimise a posto le pergamene e l’inchiostro che aveva utilizzato per prendere gli appunti. I temi d’esame per la sua materia li aveva già pronti da tempo ed ora giacevano insieme a quelli di Trasfigurazioni nell’ufficio di Silente.

Uscì dalla sua aula e la chiuse a chiave dirigendosi nella sua stanza. Appena vi fu giunta vide il suo abito azzurro ricamato d’argento appeso alla gruccia. Probabilmente gli elfi l’avevano lavato e poi l’avevano riportato nella stanza. Entrò nel bagno e riempì la vasca.

Dopo essersi lavata e cambiata, indossando proprio l’abito azzurro, scese le scale e si diresse verso la sala grande per la cena.

"Sei sempre bellissima May…"

sentì una voce provenire da un punto buio del corridoio.

Si voltò verso di essa e vide Max avanzare verso di lei per poi fermarsi a pochi passi. Le prese una mano tra le sue e se la portò alla guancia per poi baciarne il palmo.

"Max..?"

rimase sorpresa lei nel vederlo nella scuola.

"Sono felice di vederti tesoro…"

e la baciò sulle labbra dolcemente.

Lei lo spinse via guardandosi attorno.

"Max potrebbe vederci qualcuno."

Sussurrò facendosi appena sentire.

"Non c’è nessuno. Sono tutti in sala."

Le mise la mano sul suo braccio e percorsero i pochi metri che li separavano dalla sala grande e ne varcarono la soglia. Raggiunsero i loro posti alla tavola dei professori e la giovane non poté fare a meno di guardare negli occhi il preside come per richiederne l’aiuto.

La cena era abbondante come sempre ma la ragazza mangiucchiò appena. Aveva lo stomaco chiuso, si rifiutava di mangiare. Sentiva lo sguardo dell’ambasciatore posarsi su di lei e dei brividi di freddo le percorrevano le membra tutte le volte.

Quando finalmente il pasto fu terminato lei si alzò da tavola avvicinandosi alla professoressa Sinistra per conversare un po’ con lei. Insieme lasciarono il salone ed uscirono nel giardino soffermandosi nelle vicinanze dell’entrata.

Aveva pensato di essere al sicuro ma sentì una mano sfiorarle la schiena mentre la voce dell’uomo si rivolgeva gentilmente alla professoressa di Astronomia.

"Buonasera professoressa Sinistra. Splendide stelle stanotte vero?"

la donna guardò il cielo e rispose

"Veramente bella. Avevo proprio intenzione di raggiungere la mia aula per poter osservare meglio una costellazione di solito poco visibile."

Affermò la professoressa.

"Allora posso rubarle la professoressa Pereights?"

chiese lui mentre la sua mano non lasciava il fianco della ragazza.

"Oh, faccia pure. Io ora devo proprio andare."

disse la donna lasciandoli da soli e rientrando nell’edificio scolastico.

L’uomo incominciò a camminare stringendo la giovane a sé e inoltrandosi nel giardino.

"Allora May, non siamo riusciti a parlare molto questa sera. Spero che ti sia piaciuta la mia sorpresa."

Affermò lui. La ragazza deglutì a fatica prima di rispondere.

"Già una bella sorpresa. Ma come mai sei ad Hogwarts? Pensavo che tu fossi molto impegnato…"

disse lei con fare spensierato.

"Parto lunedì mattina per lavoro e starò via per un po’. Quindi ho pensato di venire a trovarti con la scusa di far visita al preside prima che la scuola chiudesse."

Il sorriso del giovane era sincero.

"Capisco."

Lei abbassò gli occhi.

Lui le fece passare un braccio attorno alla vita stringendola a sé. La ragazza fece altrettanto sperando che lui non potesse udire il battito accelerato del suo cuore. Aveva paura.

"Mi domando ancora come faccio a sopravvivere lontano da te."

Disse lui guardandola fisso negli occhi ambrati.

"Nello stesso mio modo, sperando di rivederti al più presto…"

affermò lei sentendo qualcosa rompersi nel suo cuore ogni volta che mentiva.

Gli sorrise e lui si abbassò a baciarla. Le labbra di lui si spostarono dalla bocca al collo della giovane mentre la faceva appoggiare al tronco di un albero.

"Max…"

lo richiamò lei, ma lui pareva non sentirla. Le fece scivolare uno spallino dell’abito azzurro.

"Max…"

la voce tremante.

Lui la guardò negli occhi.

"Non qui, potrebbero vederci."

Lo guardò negli occhi chiari.

"Andiamo in camera mia… abbiamo tutta la notte."

La ragazza si sentì mancare il respiro. Non sapeva che scusa inventarsi. Intanto stavano camminando verso la scuola, vi entrarono ed attraversarono i vari corridoi e salirono le scale. Quando si fermarono davanti alla porta della stanza del giovane lui l’apri e la fece entrare richiudendo la porta dietro di lui.

"Merda, merda, merda…"

pensò lei tra sé cercando di farsi venire in mente qualcosa mentre sentiva la serratura della porta chiudersi alle sue spalle. Lui la cinse da dietro facendo appoggiare la schiena di lei al suo petto. Inspirò profondamente il profumo dei capelli e della pelle della giovane mentre lei tratteneva il respiro.

"Finalmente…"

le sussurrò all’orecchio per poi baciarle il collo. Lei chiuse gli occhi sentendo le mani di lui addosso. Era rassegnata ormai.

Incominciò ad aprire i bottonicini sul retro dell’abito ma non glielo tolse, invece la fece voltare verso di lui osservandola nell’elegante abito per poi posare lo sguardo sul volto arrossato di lei. Si tolse la lunga casacca scura rimanendo con i pantaloni. La baciò mentre la spingeva sul divanetto di broccato scuro.

Le baciò il collo, dietro l’orecchio, per poi scendere seguendo la giugulare mentre le abbassava uno spallino. Alzò lo sguardo sul suo volto sentendo i muscoli di lei tesi sotto le sue dita e la vide in lacrime.

"May… amore…"

le asciugò una guancia guardandola sorpreso.

Lei riaprì gli occhi accorgendosi in quel momento di piangere. Fece un respiro profondo.

"Max… io…"

abbassò lo sguardo.

Lui si sedette sul divano e le fece fare altrettanto stringendola a sé.

"Che ti prende May?"

la voce dolcissima.

"Perdonami ma non ce la faccio proprio…"

era vero. Non riusciva a lasciarsi andare. Sentiva i suoi muscoli rigidi e le lacrime bagnarle le guance ed il collo.

"Shhh May, non importa. Sarà per la prossima volta."

Era un po’ deluso ma la rassicurò.

"Ma ora ti chiudo il vestito altrimenti non mi trattengo…"

le disse sorridendo.

La ragazza si alzò e senti la mano di lui che le sfiorava la schiena mentre le abbottonava il vestito.

"Forse è meglio che io vada."

Affermò sorridendogli.

"Credo anche io."

Disse lui alzandosi e raggiungendola.

"Allora ciao."

Disse lei. Lui la baciò dolcemente sulle labbra.

"Ciao amore. Io domattina parto per Londra. Ci rivedremo presto. Spero che il lavoro non mi trattenga lontano per molto."

Affermò mentre le apriva la porta.

"A presto Max."

lo salutò lei mentre era già in corridoio.

Nel sentire chiudere la porta fece un sospiro di sollievo. L’aveva rischiata davvero grossa. Percorse velocemente lo spazio che la separava dalla sua camera da letto. Vi entrò e chiuse la porta a doppia mandata per poi correre nella sua stanza e gettarsi sul letto piangente.

Il tocco del giovane era stato dolce e sensuale. Sapeva benissimo come trattarla. Sul momento si era sentita perduta ma poi si era irrigidita inorridendo al pensiero di quelle mani insanguinate. Le sue lacrime l’avevano salvata.

"Se fosse stato Harry…"

si ritrovò a pensare.

"…se fosse stato Harry cosa? Vi siete solo scambiati qualche bacio e già ci staresti? May sei proprio scema!"

si disse da sola sentendosi il volto in fiamme al pensiero che le sarebbe piaciuto che in quel momento ci fosse Harry con lei e non quell’assassino.

Scosse la testa nel tentativo di togliersi quei pensieri dalla mente. Non era la tipa che cascava fra le braccia di un ragazzo al primo appuntamento. Lei aveva bisogno di fidarsi ciecamente dell’altro prima di tutto.

Si alzò dal letto e andò in bagno preparandosi un bagno caldo. Sperava in quel modo di togliersi di dosso la sensazione delle mani di Max su di lei.

Entrò in acqua ed annusò l’essenza di vaniglia che vi proveniva. Raccolse il lunghi capelli con un gesto delle mani e li fermò con un laccio colorato, poi si immerse nel liquido chiudendo gli occhi.

Quando li riaprì erano passati almeno venti minuti e la temperatura dell’acqua era scesa. Aggiunse dell’acqua calda e si lavò.

Quando uscì dal bagno si sentiva rigenerata. Indossò la camicia da notte e si infilò sotto le coperte spegnendo la luce.

"Cosa starà facendo Harry?"

se lo immaginò in salotto mentre leggeva un libro, o già a letto che dormiva beatamente. Al contrario lui era sveglio nel letto e stava pensando proprio a lei. Aveva davanti agli occhi la giovane vestita di rosso come l’ultima volta che era stata in quella casa.

Purtroppo lui non era l’unico che la stava pensando. Anche Max, a poche decine di metri da lei, se la rivedeva di fronte nell’aderente abito azzurro come pochi minuti prima.

"Quanto mai l’ho lasciata andare…"

pensò mentre si rigirava nel letto e tentava di addormentarsi.

Harry era seduto in salotto con davanti una piantina di un edificio a più piani. Si trattava dell’ambasciata tedesca. Aveva intenzione di preparare un’imboscata per il prima possibile. Remus era rientrato il giorno prima da Londra e portava buone notizie. Aveva contattato alcuni ex membri dell’ordine ed era riusciti a riarruolarli. Tra di essi c’era anche Neville Paciock che era rientrato in Gran Bretagna dopo parecchi anni trascorsi in Russia.

In quel momento Lupin entrò in salotto gettando la Gazzetta del Profeta davanti al giovane proprio sopra la piantina.

"Hey Remus, stavo guardando una cosa!"

disse lui alzando lo sguardo sull’uomo.

"Forse è meglio che leggi l’articolo in prima pagina…"

affermò Remus mentre si sedeva in poltrona.

Harry prese il giornale e l’aprì. Sbiancò di colpo leggendo il titolo…

"L’erede di Voldemort si fa vivo…"

alzò lo sguardo sull’amico.

"Max si è rivelato."

Disse il giovane.

"Esatto. Ha ucciso un uomo."

La voce di Lupin era senza espressione.

Harry riprese a leggere l’articolo.

"…alcuni mangiamorte sono entrati nella villa di un ricco proprietario terriero… colui che si fa chiamare l’erede dell’Oscuro Signore ha utilizzato una maledizione senza perdono… un elfo domestico ha visto tutta la scena nascosto dietro ad una tenda… il signor Thorning è stato colpito da un Avada Kedavra…"

il giovane auror guardò Remus.

"Thorning? Ma che aveva fatto contro di lui?"

chiese Harry.

"Pare che sia il discendente di una famiglia di mangiamorte e che non abbia mai voluto seguirne le orme. Harry… è il padre di Linda…"

disse l’uomo.

Il ragazzo si sedette sulla poltrona mentre stringeva i fogli tra le mani.

"Il padre di Linda?… ma è l’uomo a cui scomparivano i quadri…!"

affermò il ragazzo ricordandosi di lui.

"Già, come fai a saperlo?"

domandò Lupin guardandolo.

"Sono stato da lui con May… credevamo fosse una questione semplice. Invece c’era di mezzo l’Oscuro signore."

Harry sentì le labbra secche.

"Pare che i suoi quadri lo incolpassero di non aver seguito le orme dei suoi avi e che ad uno ad uno scomparissero. Si ipotizza che riappaiano nei quadri posseduti nella casa dell’erede di Voldemort."

Spiegò il lupo mannaro.

"Certo! Linda li faceva riapparire nella sua nuova casa… quella donna è un veleno…"

si alzò in piedi per poi raggiungere lo studio. L’uomo lo seguì.

"Che fai?"

gli chiese vedendolo prendere un foglio da un cassetto.

"Mando una missiva a May. Deve sapere la verità."

Affermò il giovane, ma l’uomo gli tolse la penna dalle mani.

"Lascia perdere Harry, rischia di essere intercettata. La professoressa Pereights è intelligente, giungerà alle nostre stesse conclusioni."

Lo dissuase Lupin. Harry appallottolò il giornale e lo lanciò contro il muro.

"Dobbiamo prenderlo il prima possibile."

La voce calma e profonda.

"Lo faremo Harry. Ma dobbiamo avere le prove prima di incolparlo pubblicamente."

Affermò.

"Remus ti rendi conto che avere le prove significa lasciargli uccidere altra gente?"

gli occhi verdi del giovane erano percorsi da scariche d’odio.

"Lo so. Ma dobbiamo pazientare…"

Lupin era riuscito a calmarlo.

"So che Silente ci raggiungerà alla fine della settimana quando saranno terminati gli esami ad Hogwarts. Credo abbia in mente qualcosa per fermarlo."

L’uomo si avvicinò alla finestra per guardare fuori.

"Credi abbia un piano?"

domandò Harry posando lo sguardo sulla schiena dell’uomo che gli voltava le spalle.

"Penso che voglia utilizzare la professoressa Pereights come esca…"

l’uomo aveva intuito che c’era qualcosa che non funzionava.

Harry sentì il sangue pulsargli nelle vene.

"May come esca…"

strinse forte i pugni per trattenersi.

Aveva letto di Thorning e il sangue le si era gelato nelle vene. Max aveva finalmente fatto la sua apparizione ed ora non c’erano più scusanti. Lei si era intestardita nella speranza che essere l’erede di Voldemort non significasse essere come lui, invece Max si era rivelato della stessa pasta.

Era venerdì pomeriggio ed era chiusa nel suo studio per correggere gli esami di Trasfigurazione. Quelli di Difesa contro le Arti oscure erano già corretti e i voti facevano bella mostra sulla prima pagina dei fogli. Entro sera doveva terminarli per poter esporre gli esiti il mattino seguente prima della partenza di tutti nel pomeriggio.

Ancora l’indomani e poi sarebbe finalmente ritornata a casa.

"Casa…"

quella parola le dava una sensazione di protezione. Ad Hogwarts stava bene, c’era Silente e molti professori validi e tutti gli incantesimi che proteggevano l’edificio rendevano impossibile che le potesse succedere qualcosa. Ma sentiva un legame profondo a casa sua. Non solamente per il fatto che ci fossero i suoi genitori o il fratello, per lei era un posto caro. Era casa. Per non parlare del fatto che era a pochi minuti di volo da Harry.

Sorrise nel ripensare al giovane. Le piaceva molto. Ma però si sentiva in colpa. Le era piaciuto molto anche Max e le era bastato scoprire le sue origini per raffreddarsi nei suoi confronti. In realtà non voleva ammettere di aver sempre preferito l’auror e che si era lasciata andare con Max solo perché c’era Linda.

Si concentrò di nuovo sul foglio che aveva davanti. Era scritto molto bene con una calligrafia piccola e rotonda, senza sbavature o macchie sulla carta. Lesse le risposte date alle domande e le trovò perfette. Scrisse a biro il voto più alto e mise il foglio in cima al pacco. Aveva finalmente finito di correggerli.

Uscì dal suo studio dirigendosi nell’ufficio di Silente che avrebbe preso in consegna i compiti e si sarebbe occupato di affiggere i risultati la mattina successiva.

Bussò alla porta dello studio.

"Avanti."

Nell’udire l’invito aprì la porta ed entrò nella stanza. L’uomo stava dando da mangiare a Fanny, la sua fenice.

"Buongiorno preside."

Lo salutò lei. L’uomo che le volgeva le spalle si voltò verso di lei.

"Buongiorno professoressa Pereights."

Disse Silente sorridendole.

"Le ho portato gli esami corretti. Glieli devo lasciare sulla scrivania?"

chiese.

"Li lasci pure insieme agli altri."

Rispose l’uomo.

La ragazza vide altri pacchi come quelli che portava lei che erano sistemati ordinatamente sul ripiano in legno.

"Come sono andati?"

domandò l’anziano.

"Abbastanza bene, non mi posso lamentare. Forse sono io che sono troppo buona con i voti, ma credo che siano stati bravi…"

spiegò la ragazza.

"Sono contento. Fa sempre piacere vedere dei buoni voti."

Affermò il preside.

"Bene allora adesso la lascio."

Si congedò lei dirigendosi verso la porta.

"May…"

la richiamò lui.

"Mi dica…"

si voltò di nuovo verso l’uomo.

"Devo pregarla di stare molto attenta. Domani tornerà a casa sua e quindi non saremo più in stretto contatto come qui ad Hogwarts. Correrà pericoli maggiori… comunque io sarò nella casa dove vivono Lupin ed Harry."

Le sorrise.

"Lo so bene. Ma fino a quando Max si fiderà di me non correrò rischi."

Disse lei più che altri per convincere se stessa che il preside.

"Mi raccomando, ad ogni minima notizia ci informi…"

suggerì l’uomo.

"Certamente. Ora vado. La saluto preside."

Lo salutò la professoressa per poi lasciare la stanza.

Mentre raggiungeva la sua stanza le venne in mente la lettera che aveva ricevuto quella mattina. Era firmata da Victoria e Shannon.

"…Oh May hai sentito del signor Thorning?… siamo molto preoccupate… stai attenta…"

anche le sue amiche erano venute a conoscenza della faccenda ed ora erano in ansia per lei. Max aveva ucciso freddamente. Era stata una dimostrazione della sua forza, della sua impassibilità.

La ragazza rabbrividì e si strinse le braccia intorno al corpo.

"Povere ragazze, quanto mai mi è venuto in mente di coinvolgerle?"

più che pensare a lei stessa, più che concentrarsi sul pericolo che correva lei, pensava alle sue amiche e a suo fratello.

Si immaginò il corpo di Thorning morto dopo un Avada Kedavra. Non aveva mai visto una maledizione senza perdono in azione ma aveva visto alcune immagini e i corpi erano atrocemente sconvolti.

Anche lei rischiava di morire nello stesso modo se non peggio.

"Sei la professoressa di difesa contro le arti oscure, Harry ti aiuterà e la stessa cosa gli altri membri dell’ordine… ti salverai!"

si incoraggiò da sola, ed un sorriso triste comparve sulle sue labbra.

Era seduta da sola nello scompartimento del treno. Dal finestrino aperto entrava un po’ di aria fresca che si mescolava con l’aria calda del posto, aria scaldata del sole estivo.

Gli altri professori erano in altri scompartimenti. Lei si era isolata con la scusa di non sentirsi molto bene e di voler riposare un po’ prima di giungere alla stazione. Il professor Vitius si era subito proposto per controllare i vagoni che le sarebbero spettati. Lei aveva ringraziato e poi si era chiusa a chiave nello scompartimento non prima di aver scorto lo sguardo cupo di Piton che la fissava.

Appena si era accomodata nel sedile si era subito addormentata. Aveva dormito per almeno un’ora. Quando si era risvegliata aveva dei segni sul viso dove si era appoggiata.

Si alzò in piedi ed aprì la porta. Non udiva alcun rumore provenire dagli altri scompartimenti. Era cosa normale dato che erano quelli dei professori che sicuramente erano in giro nei vagoni per controllare i ragazzi.

Lasciò il suo scompartimento e chiuse la porta dietro di sé. Appena fu nei pressi di uno scompartimento di ragazzi sentì una risata alzarsi forte. La porta era aperta e vide Dana insieme ad altri serpeverde che ridevano dopo che qualcuno aveva raccontato di uno scherzo fatto ai danni di due tassorosso.

"Vi divertite ragazzi?"

disse lei attirando l’attenzione dei presenti.

Questi si voltarono verso di lei ma non abbassarono lo sguardo. Anzi avevano lo stesso sorriso maligno di poco prima.

"Professoressa Pereights, quale onore averla con noi…"

disse un ragazzo robusto dai folti capelli neri.

"Il piacere è mio."

Disse lei non distogliendo lo sguardo dagli occhi del giovane che li aveva fissati nei suoi.

"Vorrei ben vedere, è nello scompartimento dei rampolli delle famiglie più ricche del regno magico…"

affermò una ragazza dai lunghi capelli castani.

"Scommetto che la metà di voi…"

ma si trattenne. Molti di loro, se non tutti, sarebbero diventati dei mangiamorte in poco tempo.

"Cosa professoressa?"

le domandò Dana.

"Scommetto che la metà di voi si scorderà di me in poco tempo."

Disse lei lasciando lo scompartimento.

"Non ci dimenticheremo facilmente della donna del nostro Signore…"

sussurrò Dana all’orecchio del ragazzo robusto accanto a lei.

Questi sorrise malignamente. Si chiamava Trevor Darkened ed anche lui era del settimo anno. Figlio minore di una famiglia di mangiamorte non particolarmente importante, era comunque un degno serpeverde.

La professoressa raggiunse un altro scompartimento ed incrociò alcune ragazze che la salutarono allegramente. Finito il suo giro ritornò allo scompartimento e vi rimase fino a quando non arrivarono in stazione.

Ad attenderla c’era Shannon. La vide vicino al muro con indosso un lungo abito verde scuro che risaltava il colore dei suoi occhi. May le voleva bene come ad una sorella e glielo aveva ripetuto molte volte, ma sembravano parole scontate, ed invece in quel periodo sentiva il bisogno di stare la maggior parte del suo tempo con coloro che amava.

"Ehy May!"

la chiamò l’amica facendole un cenno con la mano.

La ragazza le si avvicinò con il carrello su cui poggiavano alcune valigie ed un baule.

"Vedo che hai molti bagagli! Ti sei rifatta il guardaroba a scuola?"

domandò la moretta osservando le valigie dell’amica.

"Qualche abito ma niente di importante!"

sorrise lei.

"Vedrò di farceli stare nel baule della mia macchina…"

affermò la ragazza.

Poi si diressero verso la macchina e partirono dopo aver caricato i bagagli.

"Come mai sei venuta tu a prendermi?"

chiese May dopo qualche minuto di silenzio.

"Tuo padre è ancora a lavoro così ho pensato di farti una sorpresa…"

disse Shannon.

"E il nostro di lavoro? Come va?"

domandò la professoressa.

"Bene. Per questo pomeriggio Victoria se la può cavare anche da sola!"

affermò la ragazza mentre imboccava la strada che da Londra conduceva al suo paesino.

"Lo so bene. È molto brava, ma credo che si stancherà parecchio…"

disse May mentre si voltava a guardare fuori dal finestrino.

"Lo sai che è passata Eileen a salutarmi?"

chiese Shannon.

"Le ho detto io di passare da te. L’ho vista qualche tempo fa … da Harry…"

sussurrò appena le ultime parole.

"Anche lei nell’ordine?"

domandò.

"Già…"

concluse appena. Rimasero in silenzio per pochi minuti.

"Sono contenta che Potter stia bene…"

disse poi la moretta.

"Beh anche io sono contenta, soprattutto dopo averlo visto ferito e sanguinante!"

la rossa disse la frase senza pensarci ma Shannon si spaventò.

"Non avevo capito che era così grave…"

e May si concentrò a raccontarle l’accaduto fino a quando non raggiunsero casa della ragazza.

Ciao a tutti!!! Siete contenti che ho aggiornato spero...

per prima cosa vorrei ringraziare come al solito simone, Manny e Francys che commentano sempre... siete supendi! Voglio ringraziare anche MORFEa che ha lasciato anche lei un commentino!

per chi legge e non commenta: non vi andrebbe di imitarla???? daiiiiii..... =P

spero che questo capitolo vi sia piaciuto a presto...

Miyan

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


CAPITOLO 21

CAPITOLO 21

Erano passati almeno dieci giorni dalla fine degli esami e luglio era ormai alle porte. Il caldo si era fatto opprimente e l’afa rendeva difficile sopportare l’aria nelle ore diurne. Le notti erano gli unici momenti di refrigerio.

Harry quella sera era in cucina mentre stava lavando i piatti usati per la cena. Avrebbe potuto benissimo utilizzare un incantesimo ed andarsene da qualche parte a riposarsi, ma a lui quella cosa non pesava affatto, anzi lo rilassava. Lupin e Silente erano seduti nel giardino sul retro dell’edificio a chiacchierare o a leggere, oppure a preparare qualche piano difensivo contro il nuovo Oscuro Signore e i suoi seguaci.

L’auror non aveva ancora visto May da quando questa aveva lasciato Hogwarts. A volte era stato tentato di mandarle un messaggio tramite gufo o di smaterializzarsi a casa sua, ma sarebbe stato molto pericoloso e più di una volta Lupin lo aveva dissuaso dal farlo.

L’ex professore di difesa contro le arti oscure aveva capito bene che il giovane era legato alla rossa. Non aveva potuto fare a meno di notare che questi la nominava sempre più spesso e che tentasse di nascondere la cosa. Non aveva mai detto a Harry che ne era a conoscenza, ma il ragazzo l’aveva capito benissimo.

Risciacquò un piatto e lo asciugò per poi impilarlo insieme agli altri e sistemarli nella credenza. Si stava dirigendo verso il giardino sul retro quando sentì bussare alla porta d’entrata. Ritornò sui suoi passi ed aprì la porta non prima di essersi assicurato di avere la sua bacchetta.

All’ingresso si stagliava un’alta figura scura che indossava il mantello nero e la maschera d’argento dei mangiamorte. Harry puntò la bacchetta contro di esso.

"Sfregiato fammi passare…"

disse l’uomo togliendosi la maschera e rivelando il viso di Draco Malfoy.

Harry lo fece accomodare e richiuse la porta assicurandosi che nessuno li avesse visti.

"Da quando in qua ti presenti ancora con gli abiti da mangiamorte, Malfoy?"

domandò sprezzante il giovane moro.

"E tu da quando fai domande così sciocche Potter?"

gli occhi di ghiaccio del biondo sorrisero arroganti.

"Smettila di dire stupidate e dimmi perché sei qui…"

affermò Potter stagliandosi di fronte al biondo.

"Devo parlare con Silente. È urgente."

Spiegò il mangiamorte mentre si toglieva il mantello e lo appendeva all’attaccapanni dell’ingresso.

"Seguimi, è fuori con Remus."

Disse Potter avviandosi verso il retro passando dalla porta sotto l’ampia scalinata.

Il preside e Lupin erano seduti su delle sedie di vimini situate sotto ad alcuni alberi da frutto. Nel veder giungere i due giovani smisero di parlare.

"Ecco il nostro Draco. Che notizie ci porti?"

domandò Silente osservando il giovane che si era fermato in piedi davanti a lui.

"Cattive notizie per l’Ordine…"

affermò il giovane mentre si accomodava in una poltrona di vimini senza esservi invitato. Anche Harry si sedette e lo ascoltava in silenzio.

"Mi sembri molto tranquillo Malfoy…"

disse Remus.

"L’agitazione non serve a nulla."

Spiegò mentre prendeva un pacchetto di sigarette da una tasca dei pantaloni neri e ne estrasse una che accese.

"Allora Draco, che succede?"

chiese Silente mantenendo anch’egli la calma.

"Greenflame è pronto ad attaccare di nuovo."

Affermò il biondo portando poi la sigaretta alle labbra ed espirando poco dopo il fumo.

"Malfoy puoi darci ulteriori informazioni?"

chiese Potter. Il biondo lo squadrò da capo a piedi prima di rispondergli.

"Naturalmente. Vogliono entrare ad Azkaban per liberare i mangiamorte lì rinchiusi. Non so dirvi quando, ma sicuramente a breve."

All’udire ciò i tre si guardarono preoccupati.

"Come ne sei venuto a conoscenza?"

chiese Silente.

"L’Oscuro Signore ha convocato tutti i mangiamorte nella sua dimora per questi giorni dicendo che dovremo pianificare bene l’attacco. Credo che faremo qualche esercitazione. È un obiettivo importante."

Raccontò il ragazzo.

"Allora noi li fermeremo. Organizzeremo un piano di difesa della prigione. Intanto Draco ritorna pure da Max e fammi sapere giorno ed ora appena possibile."

Espose il preside con calma.

Il biondo spense la sigaretta gettandola a terra e schiacciandola con il tacco. Si alzò in piedi.

"A presto."

Salutò freddamente dirigendosi poi verso la casa per lasciare il luogo.

May se ne stava sdraiata a pancia in giù mentre leggeva un libro sotto un ombrellone in un grande giardino accanto ad una piscina.

"Hey May vieni anche tu!!!"

sentì urlare da Victoria poco prima che Jason, il suo fidanzato, la cacciasse sott’acqua.

"No, preferisco rimanere qui. Se venissi scommetto che mi combinate qualcosa!"

affermò lei voltandosi verso di loro.

Erano nella cascina dei genitori di Shannon e la ragazza aveva invitato i suoi amici per passare un po’ di tempo insieme. In quel momento arrivò David, il moroso di Shannon, ed un alto ragazzo che approfittarono della sorpresa per prenderla di peso e gettarla in acqua.

Quando tornò a galla aveva gli occhiali completamente bagnati.

"Siete degli stupidi!"

urlò ma si mise subito a ridere. Si issò sul bordo per uscire ma Polly, una sua amica, la prese per un piede e la tirò in acqua.

"Uffa, fatemi togliere almeno gli occhiali!"

disse lei ridendo.

Riuscì finalmente ad uscire dall’acqua e si avvicinò alla sua borsa per prendere il porta occhiali e vide suo fratello in pantaloncini corti e maglietta che la raggiungeva.

"Ciao Gary."

Lo salutò.

"Ciao May."

Salutò la sorella e poi salutò anche gli altri ragazzi presenti.

"May devi venire a casa subito."

Le sussurrò.

"Perché?"

domandò stupita la giovane.

"Siamo convocati da Silente. Dobbiamo raggiungerlo il prima possibile."

Spiegò egli.

May si guardò attorno prima di porre una domanda.

"E Shannon e Victoria?"

Gary alzò le spalle.

"Anche loro purtroppo."

May si asciugò subito con la salvietta per poi infilarsi il vestitino leggero.

"Ehy May dove vai?"

chiese Shannon avvicinandosi ai due.

"Da Silente. Vuole vedere anche voi…"

le rispose cercando di non farsi sentire dagli altri.

"Per la barba di Merlino non posso cacciare i ragazzi… puoi dirgli che vi raggiungerò appena possibile?"

chiese la ragazza.

"Ci penso io. Se vuoi di a Vic di venire con te."

Propose la rossa.

"Ok. Allora ci vediamo più tardi."

La mora si allontanò da lei tornando dagli amici.

"Ma dove va May?"

domandò Jason vedendo l’amica allontanarsi con il fratello.

"È dovuta tornare a casa. Ha detto di salutarvi."

Spiegò lei a tutti per poi fissare negli occhi Victoria facendole intendere che sotto c’era l’Ordine.

Intanto May si era smaterializzata a casa sua seguita dal fratello.

"Vai tu, io vi raggiungo tra dieci minuti, il tempo di una doccia."

Disse al ragazzo prima di chiudersi in bagno.

"Ok ma fai in fretta."

Disse il fratello prima di andarsene.

La ragazza si preparò alla svelta indossando un abito a canottiera fucsia e legando i capelli ancora bagnati in una coda alta.

Quando un quarto d’ora dopo entrò nell’edificio nascosto si ritrovò davanti Piton che la squadrò da capo a piedi.

"Professoressa Pereights le abbiamo fatto fretta?"

domandò lui arcigno.

"Ho preferito darmi un certo contegno, non potevo precipitarmi qui in costume!"

le rispose lei a tono.

In quel momento Harry raggiunse l’ingresso e le sorrise da dietro le spalle di Piton. L’uomo intanto si era diretto verso lo studio dove Silente era intento a discutere con Remus.

Harry le si avvicinò e la baciò su una guancia.

"Ciao, finalmente ci incontriamo…"

le disse guardandola negli occhi.

"Purtroppo a causa di qualcosa di pericoloso o sbaglio?"

chiese lei preoccupata.

"Non sbagli. Ma è meglio aspettare che arrivino tutti gli altri prima di spiegare l’accaduto."

Affermò egli prendendola per mano e conducendola nel giardino sul retro.

Era sera inoltrata quando tutti i membri dell’Ordine furono presenti. May se ne stava in piedi accanto al caminetto spento ascoltando le parole di Silente. La stanza era sovraffollata, erano presenti molte persone che lei nemmeno conosceva. Riconobbe alcuni ragazzi che erano ad Hogwarts, tra di loro Neville Paciok e Oliver Baston con la moglie.

Harry era in piedi dietro alla poltrona in cui era seduto Silente proprio accanto a Draco Malfoy che sembrava non stesse nemmeno ascoltando le parole del preside.

"… così dopodomani i mangiamorte attaccheranno Azkaban nel tentativo di liberare i loro. Noi dobbiamo fermarli in qualsiasi modo altrimenti il loro numero, già superiore al nostro, aumenterà di molto…"

May non lo stava ascoltando. Era già a conoscenza dei fatti, era riuscita a convincere Harry a rivelarle l’accaduto ed ora era persa ad osservare il fratello seduto poco davanti a lei accanto a Victoria e Shannon.

Finito di parlare Silente intervenne Malfoy spiegando i punti del piano di cui era a conoscenza. Alcuni particolari non gli erano ancora stati rivelati ma aveva informazioni necessarie da permettere all’Ordine di preparare una difesa.

May si richiamò all’attenzione, prese un taccuino dalla tasca della lunga gonna colorata ed una biro ed incominciò a prendere appunti su quello che Draco spiegava.

Quando il giovane ebbe terminato la folla che occupava la stanza si sciolse. Molti se ne andarono attraverso le passaporte, altri invece lasciarono l’edificio chi da solo, chi in compagnia, ad intervalli di tempo che non facesse sospettare qualcosa.

May raggiunse il fratello e le amiche che stavano conversando con Eileen.

"… Gary è passato così tanto tempo che non ti riconoscevo! Eri piccolo l’ultima volta che ti ho visto…"

stava dicendo la ragazza salutando il giovane.

"Mi ricordo ancora quando venivi da noi a studiare con mia sorella."

Affermò il ragazzo.

"Ciao ragazzi."

Disse la rossa salutandoli.

"Sai quando possiamo andarcene?"

chiese Victoria osservando la ragazza.

"Credo tra poco. Ormai la maggior parte ha lasciato il posto…"

stava ancora parlando quando Harry si avvicinò.

"Ciao a tutti."

Salutò gentilmente. Gli altri risposero al saluto.

"Senti May, Silente mi ha chiesto di dirti di rimanere qui per qualche giorno…"

affermò il ragazzo ma la giovane non lo lasciò concludere.

"Come mai?"

domandò sorpresa.

"Pare che non si fidi a lasciarti lontana da lui. Sei più al sicuro qui."

Anche lui la pensava allo stesso modo. Si sarebbe sentito più tranquillo sapendola vicina a lui.

"Sarebbe meglio che stasera tornassi a casa. I miei genitori preferirebbero vedermi e dovrei inventarmi una scusa plausibile…"

disse la ragazza.

"Credo che tuo fratello potrebbe reggerti il gioco o sbaglio?"

chiese poi voltandosi verso Gary.

"Si posso tentare."

Affermò il ragazzino.

"Se ti serve una copertura puoi dire che sei venuta da me a Londra per qualche giorno in modo da poter trascorrere del tempo insieme."

Propose Eileen. May guardò perplessa l’amica.

"Non saprei…"

disse appena.

"Ho un piccolo appartamentino dove nessuno fa domande. Mi pare che la cosa possa funzionare."

Cercò di rassicurarla la ragazza.

"Sì May, credo anche io che sia meglio che tu resti qui."

Calcò la mano Shannon.

"Puoi dire ai tuoi che durante il giorno sei molto impegnata perché devi lavorare con noi."

Affermò anche Victoria.

Trovandosi quindi accerchiata accettò con un cenno del capo.

"Shannon, Victoria e Gary se volete potete andare adesso…"

disse in quel momento Remus avvicinandosi a loro.

"Ciao sorellina. Ci penso io a parlare con mamma e papà."

Affermò Gary dandole un bacio su una guancia.

"Ok… Ragazze mi raccomando accompagnatelo a casa!"

si assicurò che le amiche scortassero il fratello anche se lui ormai era grande.

Anche Eileen li salutò qualche minuto dopo prima di lasciare il luogo tramite una passaporta.

La giovane professoressa aveva scorto Hermione uscire da sola in giardino e l’aveva seguita. La donna si era seduta in una poltroncina di vimini dove qualche giorno prima era accomodato Silente. May la raggiunse e si sedette accanto a lei. Vide il volto triste dell’amica.

"Ciao Hermione. Come mai così giù?"

le chiese sorridendole nel tentativo di passarle un po’ di buonumore.

"Ciao May. Sono un po’ preoccupata per gli ultimi avvenimenti. Credevo che dopo la morte di Voldemort avremmo potuto vivere tranquilli ed invece siamo sempre sotto pressione…"

si sfogò la ragazza.

"Credo di poterti comprendere. Tu hai vissuto la lotta all’Oscuro Signore in prima persona mentre io ne sono stata colpita solo di striscio… è brutto ritrovarsi di nuovo in prima linea."

Disse la giovane professoressa.

"Intendo proprio ciò. Contro Voldemort ci sono voluti molti anni prima di riuscire a sconfiggerlo. Spero che l’ordine riesca a fermarne il figlio in breve tempo."

Sospirò la dottoressa.

"Non preoccuparti, ce la faremo."

Si sorrisero, poi Hermione si alzò.

"Devo andare, Ron mi starà aspettando. Dobbiamo andare alla Tana con la sua famiglia."

Disse la ragazza. Le due entrarono insieme in casa e raggiunsero il salotto dove alcuni membri della famiglia Weasley attendevano l’aprirsi della passaporta per la loro casa.

"Ehy Hermione hai visto Ginny?"

domandò Ron alla fidanzata.

"No, non so dove sia."

Rispose questa.

"È sempre la solita… sta per aprirsi il passaggio e lei è in ritardo!"

sbottò Molly guardando l’orologio.

In quel momento la passaporta si aprì ed i Weasley con Hermione vi passarono dopo aver chiesto a May di rintracciare la ragazza.

Quando la passaporta si chiuse la giovane si accorse di non essere da sola nella stanza. Anche Harry era presente e lei non l’aveva nemmeno visto nella confusione degli ultimi minuti.

"Tu non sai dove possa essere quella ragazza?"

domandò la giovane.

"Non saprei, qui non c’è più nessuno. Silente e Lupin sono appena saliti nelle loro stanze ed in giro non ho visto anima viva."

Affermò il ragazzo avvicinandosi alla rossa e prendendole la mano.

"Beh, mi pare strano."

Disse la ragazza.

"Non preoccuparti se ne sarà andata e nella confusione non ce ne siamo accorti. Vieni che ti accompagno nella tua stanza."

le disse il giovane trascinandola con sé facendola uscire dal salotto.

Erano ancora sulla soglia della stanza quando sentirono dei passi provenire dalla scalinata che portava al primo piano e intravidero la figura di Ginny.

"Ehy Ginevra…"

stava per chiamarla la ragazza ma il giovane le mise una mano sulla bocca facendola zittire.

"Sssh May, non vedi che non è da sola?"

le sussurrò il ragazzo facendola rientrare in salotto e socchiudendo la porta.

La professoressa guardò il giovane.

"Ma è Malfoy?"

domandò riconoscendo la figura che accompagnava Ginny.

"Già…"

rispose il ragazzo.

"…aspettiamo che se ne vadano prima di uscire."

Le disse lui.

Rimasero in silenzio e sentirono i due discutere.

"…dannazione Draco, prima o poi i mangiamorte se ne accorgeranno e ti ammazzeranno!"

alzò la voce in quel momento la giovane Weasley.

"Smettila di fare l’isterica Ginevra, sai bene che sono il migliore fra di loro. Se dovessero accorgersi di qualcosa me ne andrò senza correre nessun rischio…"

affermò Malfoy.

"Non farti ammazzare Draco…"

disse piano la ragazza.

"… non lo farò altrimenti come potrò divertirmi ancora con te…"

la frase era risuonata gelida e sprezzante anche agli orecchi dei due in salotto che si guardarono stupiti.

"Sei sempre il solito bastardo Malfoy. Spero che ad Azkaban ti uccidano!"

dopo questa frase si era udita una porta sbattere. Sicuramente la piccola Weasley se n’era andata lasciando il suo compagno da solo.

"Lo so che non lo vuoi…"

disse lui prima di uscire dall’edificio. May ed Harry non credevano alle loro orecchie.

Era passata una decina di minuti ma i due ragazzi erano ancora immobili in salotto ascoltando attentamente che non ci fosse nessuno al di là di quella porta.

"Adesso possiamo andare."

disse il giovane prendendo la mano della ragazza ed uscendo con lei nell’atrio.

"Ti accompagno in camera."

Propose lui.

"Veramente mi è passato il sonno dopo questa sorpresa."

Rispose lei alludendo alla scena di poco prima.

"Vieni allora."

E la condusse nel giardino sul retro. Il giovane si sedette nel piccolo divano in vimini e fece accomodare la ragazza accanto a lui.

"Questa proprio non me la sarei mai aspettata!"

disse la ragazza mentre egli le faceva passare un braccio attorno alle spalle e la attirava a sé facendola appoggiare contro il suo petto.

"Stai parlando di Ginny e Draco?"

chiese lui.

"Sì, di loro. È strano…"

non sapeva nemmeno lei come spiegarsi.

"E perché mai? Malfoy si è rivelato uno dei nostri. Certo, ha ancora il suo pessimo carattere, ma anche lui è in grado di amare qualcuno…"

spiegò Harry.

May sorrise.

"Anche tu che lo difendi è una cosa strana."

Disse lei.

"Non lo sto difendendo. Lui continua a rimanere uno sporco serpeverde borioso ed arrogante, ma credo che anche lui abbia bisogno di qualcuno. Certo è curioso che questa ragazza sia proprio Ginny…"

l’auror parlava con voce calma.

"Perché? Perché lei era molto innamorata di te al tempo della scuola?"

chiese lei titubante. Il ragazzo le fece una carezza sul capo.

"No, era solo un’infatuazione infantile. È perché lei rappresenta tutto quello che Malfoy ha sempre odiato… è di famiglia umile, ex griffondoro e babbanofila…"

espose egli.

"Hai ragione. Si vede che il fato ha voluto prendersi gioco di lui."

Disse May scivolando a sdraiarsi con la schiena contro le gambe del ragazzo e guardandolo così dal basso verso l’alto.

"Sei comoda?"

domandò Harry sorridendole.

"Abbastanza."

Rispose lei.

"Possibile che noi due ci siamo visti così poco ultimamente?"

chiese lui giocando con una ciocca dei capelli della ragazza.

"Non è colpa mia, i tuoi e i miei impegni ci hanno tenuti separati."

Spiegò razionalmente lei.

"Scommetto che Max ti scrive ogni giorno…"

disse Harry.

"Hai indovinato. Mi manda un biglietto quasi ogni mattina. Io però non gli rispondo sempre…"

raccontò la ragazza prendendo tra le sue una mano del giovane.

"Hai qualche notizia da riferirci?"

chiese Harry.

"No, nessuna. Ma ti prego non parliamo di lui."

Domandò con occhi supplichevoli lei.

"Va bene."

Rispose affermativamente per poi abbassarsi a baciare la ragazza.

"È buffo che noi due non possiamo frequentarci come tutti gli altri…"

disse lui poco dopo scostandosi da lei.

"Ma noi non siamo come tutti gli altri."

Affermò la ragazza mordicchiandosi il labbro inferiore. Il ragazzo la baciò nuovamente.

"Forse è meglio andare a letto adesso."

Disse lei alzandosi in piedi. Harry stava sorridendo mentre la guardava.

"Che c’è da ridere?"

chiese lei fissandolo nelle iridi verdi.

"La tua proposta potrebbe essere letta con malizia, ma conoscendoti so che il tuo non era un invito…"

rispose lui.

"Stupido, sai bene che intendo!"

disse lei arrossendo.

"Lo so. Allora ti accompagno alla tua camera."

Disse lui alzandosi e raggiungendola. La abbracciò ed insieme si incamminarono verso la casa.

Ciao a tutti...

spero proprio che questo capitolo sia soddisfacente!!! e di aver aggiornato in tempi brevi!!! [va bene simone??? =)]

mi raccomando commentate e criticate che anche le critiche sono bene accette. Ringrazio come sempre simone, Manny e Francys... per fortuna ci siete voi a commentare!!!! altrimenti mi passerebbe la voglia di scrivere e pubblicare!

cosa dire? a presto!

baci baci

Miyan

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


CAPITOLO 22

CAPITOLO 22

Il mattino successivo May si svegliò sentendo qualcuno bussare alla porta della sua stanza. Sul momento non riuscì a capire dove fosse, poi intravedendo la stanza nella penombra si ricordò di essere a casa di Silente. Si sedette nel letto rispondendo.

"Un attimo, arrivo…"

disse ma la porta si aprì in quel momento e vi entrò Harry reggendo in mano un vassoio d’argento con la colazione. Chiuse la porta dietro di sé. La ragazza nel vederlo si tirò il lenzuolo fin sopra il seno per coprirsi. La imbarazzava farsi vedere con la corta camicia rosa da notte.

"Buongiorno piccola."

Disse il ragazzo appoggiando il vassoio sulle gambe della ragazza per poi darle un dolce bacio sulle labbra.

"Buon dì anche a te."

Rispose lei sorridendo.

Il ragazzo si avvicinò alla finestra per tirare i pesanti tendaggi e far entrare un po’ di luce.

"Non sapevo cosa portarti per colazione. Ho optato per tè e brioche."

Espose il giovane accomodandosi sul letto, accanto alla ragazza.

"Va benissimo Harry. L’importante è che non sia caffè!"

disse lei prendendo tra le mani la tazza dell’infuso caldo.

"Questo me lo ricordavo."

Le sorrise.

"Sei stato gentile, ma non dovevi…"

lo ringraziò la ragazza.

"Dovevo ripagarti per tutte le volte che mi hai portato il pasto ad Hogwarts."

Spiegò l’auror.

"Ed io che pensavo che fosse un gesto per viziarmi!"

disse lei sorridente.

"Anche per questo."

Le rispose per poi rimanere a guardarla mentre beveva il tè caldo.

"È bello saperti qui vicina e poterti portare la colazione appena sveglia."

Le disse mentre con una mano portava una ciocca di capelli della ragazza dietro ad un orecchio.

"Anche per me è bello essere qui… ma sarebbe meglio se fosse per un motivo felice e non per Max."

affermò lei.

"Già…"

concordò lui.

Quando la ragazza ebbe finito di mangiare lui prese il vassoio e lo appoggiò sulla scrivania per poi tornare accanto ad essa.

"Oggi ci attende una giornate pesante. Ti andrebbe di allenarti un po’?"

chiese Harry prendendo una mano della ragazza tra le sue.

"Ok, ho proprio bisogno di rimettermi in esercizio. Come ben sai ad Hogwarts è difficile avere l’occasione di utilizzare incanti potenti ed arcani…"

affermò lei mentre scendeva dal letto ed apriva l’armadio contenente i suoi vestiti.

"Però potremmo anche rimanere tutto il giorno qui…"

propose lui mentre la guardava da capo a piedi.

"A fare?"

domandò lei senza pensarci mentre prendeva una gonna scura e una canottiera verde acceso e le appoggiava sulla scrivania.

Si voltò verso di lui e se lo trovò di fronte. Le fece passare le braccia attorno alla vita.

"Indovina un po’…"

rispose lui malizioso.

Lei lo baciò sulle labbra sensualmente per poi scostarsi e slacciarsi dall’abbraccio.

"Meglio di no Harry… ho bisogno davvero di duellare un po’ con te…"

disse la ragazza spingendolo fuori dalla stanza.

il giovane si ritrovò in corridoio. Bussò alla porta.

"Dai May aprimi…"

le disse.

"Aspetta cinque minuti."

Si sentì rispondere. Attese e poco dopo apparve la ragazza pronta a combattere. I lunghi riccioli rossi erano legati in una coda alta con un laccio dello stesso verde della sua maglietta. Teneva la bacchetta saldamente in mano.

"Sono pronta. Dove andiamo a duellare?"

chiese lei con gli occhi che le brillavano dall’adrenalina.

Harry le passò un braccio sulle spalle.

"Scendiamo in giardino. Non ci disturberà nessuno."

Affermò egli.

"Come mai?"

chiese lei mentre si avviavano.

"Silente è a Londra e Remus è chiuso nello studio a preparare non so che cosa!"

spiegò lui.

"Bene, allora ci divertiremo."

Affermò la ragazza cominciando a correre verso l’esterno.

Erano entrambi sudati e si muovevano velocemente nello spazio del giardino. Uno di fronte all’altra combattevano come se stessero davvero affrontando un nemico.

"Avis…"

gridò Harry facendo scaturire degli uccelli dalla sua bacchetta che si gettarono contro la ragazza facendole perdere la concentrazione.

"Impedimenta…"

riuscì comunque a dire la ragazza cercando di rallentare i movimenti dell’auror. Questi riuscì a scansare l’attacco.

"Mobiliarbus…"

May puntò una delle poltroncine in vimini e la spinse contro Harry. L’oggetto si schiantò contro il ragazzo spedendolo a terra.

"Expelliarmus!"

il ragazzo riuscì a colpire la giovane lanciandola lontana e facendole cadere la bacchetta di mano.

May si alzò correndo verso la bacchetta nel tentativo di riprenderla ma non ci riuscì, il giovane l’aveva richiamata a lui…

"Accio bacchetta."

Ormai la ragazza era disarmata.

"Ok. Hai vinto tu!"

disse lei sedendosi a terra e asciugandosi il viso con il dorso della mano.

Il ragazzo si avvicinò a lei porgendole la sua bacchetta.

"Te la sei cavata bene…"

le disse sorridendole.

"Entrambi siete stati bravi."

Disse una voce che proveniva dalla casa. Si voltarono e videro la professoressa McGranitt che si avvicinava a loro. May si alzò in piedi.

"Professoressa, finalmente è tornata!"

disse la ragazza cercando di risistemare la gonna spiegazzata.

"Appena in tempo per aiutare l’Ordine."

Disse la donna.

"Sono lieta di vederla… il suo è un aiuto prezioso."

Affermò la giovane mentre fissava gentilmente gli occhi sulla donna.

"Il mio come quello di molti altri."

Rispose la donna per poi rivolgere lo sguardo sull’auror.

"Signor Potter, vedo che è in forma."

Si complimentò la professoressa.

"Un auror deve esserlo, anche se non sta esercitando il suo lavoro…"

rispose il ragazzo.

"Quando è arrivata?"

chiese curiosa la rossa.

"Sono appena giunta, Silente è venuto ad aspettarmi alla stazione e mi ha condotto qui aggiornandomi sulla situazione."

Spiegò lei.

"Capisco."

La ragazza abbassò lo sguardo.

"Allora sa che dovremo sventare un attacco ad Azkaban…"

disse Harry.

"Sì, so anche di quello. Diciamo che sono arrivata in tempo…"

la donna se ne stava in piedi di fronte ai due conversando educatamente ma la ragazza sentiva che la donna aveva dei modi distaccati con loro, gli stessi modi che una professoressa doveva tenere con i suoi studenti, anche se loro non lo erano più da molto.

"Posso chiederle di suo fratello?"

domandò May soppesando le parole.

"Purtroppo non l’ho trovato. Ho condotto alcune indagini, e conducono tutte in un luogo… Londra."

La donna si stringeva le mani.

"Se è a Londra lo troveremo professoressa…"

affermò il giovane.

"Greenflame dovrà darmi alcune spiegazioni a riguardo…"

disse la donna.

"Greenflame?"

chiese May.

"Pare che abbia contattato mio fratello e che da quel momento non si abbiano più avute sue tracce."

Il caso stava diventando sempre più preoccupante.

"Di che si occupava suo fratello?"

domandò Potter.

"Potenziamento dei poteri dei maghi tramite tecniche di meditazione indiane."

Rispose la donna.

May la osservò per poi rivolgere lo sguardo sul ragazzo. Entrambi avevano avuto lo stesso pensiero, Max voleva diventare molto potente.

La prigione di Azkaban si stagliava sullo sfondo scuro del cielo notturno. L’aria era calda ed opprimente, ma era soprattutto la tensione a rendere difficile il respiro.

May se ne stava appostata fuori da essa accompagnata da Shannon e Victoria. In realtà non era molto vicina in quanto Harry e Silente le avevano impedito di essere in prima fila.

Ricordò la frase che le aveva detto il ragazzo mentre erano in mezzo a tutti gli altri.

"May dovrebbe rimanere qui e non accompagnarci, per lei sarebbe troppo pericoloso…"

nel sentire quelle parole lei aveva subito volto il suo sguardo verso di lui domandandosi il perché di una decisione del genere. Lei non se ne sarebbe rimasta buona a casa mentre molte delle persone a cui voleva bene erano in pericolo. Le sue amiche avrebbero contribuito all’imboscata e anche suo fratello sarebbe stato presente anche se in una posizione di retroguardia.

"Penso di saper badare a me stessa. Se sono la professoressa di Difesa contro le Arti Oscure ci sarà un motivo!"

aveva risposto allora lei alzando la voce.

L’auror l’aveva fissata negli occhi senza dire una parola. Fu invece Silente a rivolgersi a lei.

"May sai bene che ti trovi in una situazione particolare. Se Max ti vedesse sicuramente capirebbe che tu gli stai mentendo…"

cercò di spiegare l’uomo rivolgendosi gentilmente alla ragazza.

"Mi dispiace ma io non me ne resterò in questa casa. Nessuno di voi può impedirmelo!"

aveva affermato lei mentre si lasciava sedere sul divano.

Era stanca di essere trattata come una ragazzina. Tutti si prendevano cura di lei, le impedivano di vivere nel mondo vero credendo in questo modo di farle del bene. Lei invece voleva prendersi le sue responsabilità.

Dopo la sua frase era sceso il silenzio nella stanza. Tutti i membri dell’ordine erano presenti, tranne Malfoy che invece si trovava tra le schiere dell’Oscuro Signore.

La ragazza teneva gli occhi fissi sul volto di Silente attendendo una sua risposta affermativa che le concedesse di seguirli.

"Credo che ci seguirebbe comunque…"

disse Harry dopo un po’…

"…verrà con noi, ma non entrerà ad Azkaban, rimarrà fuori in copertura."

Propose il ragazzo guardandola serio.

"Ti va bene May?"

le chiese il preside.

Capendo che non avrebbe ottenuto di più accettò

"Va bene. Me ne starò fuori. Ma se vedo che qualcosa non va entrerò nella prigione…"

in quel momento gli animi si erano calmati.

Dopo poche ore erano nelle loro postazioni. May era appostata a qualche decina di metri dall’ingresso principale con le sue amiche. Suo fratello invece era con Eileen e altri due ad un centinaio di metri sulla strada che conduceva alla prigione. Harry era all’interno…

Rivide l’immagine del ragazzo prima di partire.

Lei era salita nella sua stanza a recuperare la sua bacchetta dopo la discussione che aveva avuto con i membri dell’ordine. Era piuttosto amareggiata per il modo in cui Harry l’aveva trattata. Pensava che anche lui non si fidasse di lei, forse anch’egli sospettava che lei stesse dalla parte di Max.

Aveva appena infilato la sua bacchetta nella tasca della gonna dell’abito nero che indossava quando sentì la porta chiudersi dietro di lei.

"Lasciami in pace…"

aveva detto senza nemmeno voltarsi. Non aveva voglia di vederlo.

"Perché vuoi venire?"

aveva udito la sua voce porgerle quella domanda. Si era voltata verso di lui che se ne stava in piedi a pochi passi da lei.

"Io devo venire Harry…"

aveva risposto abbassando lo sguardo.

"…devo assicurarmi che Max venga fermato e che esca dalla mia vita."

Aveva concluso poco dopo.

Il ragazzo l’aveva abbracciata e le accarezzava lentamente il capo.

"Stasera lo prenderemo, lui uscirà dalla tua vita ed io potrò tornare alla mia…"

aveva detto l’auror.

La ragazza aveva sperato ardentemente che fosse realmente così, ma qualcosa le diceva che quella era la previsione più rosea.

"May credo sia l’ora…"

la voce di Shannon la fece ridestare dai suoi pensieri. Victoria fece loro segno di guardare un gruppetto di persone vestite di nero che si avvicinavano correndo al portone d’ingresso. Videro la luce della luna riflettersi sulle maschere argentee che indossavano.

"Mangiamorte…"

pronunciò appena la giovane professoressa.

Dopo pochi secondi una forte esplosione aveva distrutto il portone d’ingresso.

Sentì un rumore fortissimo provenire dall’ingresso. Secondo le informazioni che Malfoy aveva passato all’ordine, i Mangiamorte si sarebbero introdotti nella prigione passando proprio dal portone principale puntando sulla sorpresa e sulla velocità della loro operazione.

Lui guardò Remus, Ron ed Hermione che se ne stavano accanto a lui. Ad un cenno del suo capo uscirono allo scoperto e si trovarono davanti una decina di mangiamorte. Riconobbe Draco da una spilla che portava per chiudere il mantello. Il gruppo fu immediatamente circondato da Ginny, Neville ed altri membri dell’Ordine. Mancavano solo Piton, Silente e la McGranitt che invece si trovavano al piano in cui c’erano le celle dei mangiamorte.

Nemmeno una parola, gli incantesimi incominciarono a piovere da tutte le parti. Riuscì soltanto a scorgere Ginny stagliarsi di fronte a Malfoy e combattersi… ma ad un occhio attento era chiaro che la loro era una danza preparata alla perfezione, gli attacchi più potenti non andavano mai a segno, e le poche ferite inflitte erano superficiali.

Aveva abbattuto due o tre mangiamorte quando se ne trovò uno di fronte. Se ne stava immobile in mezzo alla sala con la bacchetta alzata. Lo vide fare pochi passi per raggiungerlo e potergli parlare.

"Vedo che sei vivo Potter…"

il ragazzo riconobbe subito la voce.

"Purtroppo per te lo sono."

Rispose il ragazzo sorridendo appena.

"Allora credo che questa maschera non mi serva più."

Disse l’uomo mentre si toglieva la maschera argentea dei mangiamorte. Era proprio Max che lo stava fronteggiando.

"Greenflame non riuscirai mai nei tuoi intenti…"

disse Harry impugnando saldamente la sua bacchetta.

"Non credo proprio…"

subito dopo aver detto quella frase scagliò una maledizione senza perdono.

"…Crociatus…"

fortunatamente Harry riuscì ad evitarla gettandosi contro al muro.

I due combatterono per molto tempo, gli incantesimi più potenti venivano usati da entrambi, nessuno dei due voleva perdere, perché perdere avrebbe significato solo una cosa, morire.

Harry ne era cosciente, Max non lo avrebbe mai lasciato in vita. Se l’uomo ne avesse avuto la possibilità sicuramente lo avrebbe tolto di mezzo per vendicarsi della morte del padre e per avere May.

L’auror riuscì a ferire Max e a lanciarlo lontano facendogli perdere la concentrazione per qualche secondo. In quegli attimi ebbe il tempo di osservare ciò che lo circondava. Alcune persone erano a terra, ma non riusciva a capire se fossero morti o ancora in vita. Scorse Ron che si allontanava per un corridoio mentre rincorreva alcuni mangiamorte che si stavano dirigendo verso le celle dei loro compagni. Ritornò su Max che si stava alzando.

In quel momento arrivarono altri mangiamorte, almeno una ventina, che presero di sorpresa i membri dell’ordine. La battaglia sembrò riaccendersi sempre di più ma Neville, Hermione e gli altri riuscivano a non far procedere i nemici verso l’interno della costruzione.

I mangiamorte che erano riusciti ad entrare nel corridoio interno seguiti da Ron, stavano tornando all’ingresso seguiti da Silente e i professori che li sovrastavano per numero e per capacità. Molly Weasley intanto aveva steso un mangiamorte grazie ad una pozione che aveva estratto dalla tasca della gonna ed aveva gettato sul malcapitato.

I mangiamorte avevano perso il vantaggio della sorpresa e Max l’aveva compreso.

"Andiamocene immediatamente!"

urlò verso i suoi cercando di uscire all’esterno dell’edificio.

Harry lo inseguì bloccandogli l’uscita.

"Greenflame sei tanto codardo da scappare?"

cercò di far pressione sull’orgoglio dell’uomo.

La risata di Max sembrò sovrastare i rumori del combattimento.

"Povero Potter, credi che mi interessi qualcosa della tua opinione?"

si soffermò di fronte a lui cercando un modo per andarsene.

"Greenflame non vali nemmeno la metà di tuo padre…"

affermò l’auror malignamente.

"Avada Kedavra!"

la maledizione senza perdono venne lanciata verso il giovane, ma la voce che l’aveva pronunciata non era quella dell’Oscuro Signore ma di una giovane donna.

Harry si scostò appena in tempo e vide Linda al portone d’ingresso mentre la sua bacchetta era ancora puntata su di lui.

"Chi si vede…"

disse appena.

Intanto Max aveva preso l’occasione per superarlo e per uscire dall’edificio. Potter lo seguì di nuovo mentre altri mangiamorte e membri dell’ordine lasciavano Azkaban per riversarsi all’esterno.

"Impedimenta!"

Urlò l’auror verso Linda colpendola in pieno. Max si voltò e tornò a riprendere la ragazza.

"Crociatus!"

disse l’uomo colpendo Harry con la maledizione facendolo cadere a terra in preda alle convulsioni.

May sentiva i rumori della battaglia giungere fino a lei. Aveva visto alcuni mangiamorte entrare nella prigione per portare nuove forze ai loro compagni e loro non potevano fare altrettanto. Silente si era raccomandato di non lasciare la loro postazione fino all’ultimo momento, fino a quando non avessero capito che gli altri membri dell’ordine non ce l’avrebbero mai fatta da soli.

La ragazza si voltò verso le sue compagne senza dire una parola. Dal suo sguardo si comprendeva bene la sua richiesta, entrare nell’edificio ed aiutare Harry.

"No May, non possiamo."

Le disse Shannon distogliendo subito lo sguardo dal viso dell’amica e posandolo sull’edificio.

May non disse una parola. Si sedette per terra e continuò ad osservare ed ascoltare la battaglia. Passò molto tempo e vide una donna avvicinarsi alla prigione ed entrarvi. Pochi minuti dopo la vide uscire seguita da Max ed Harry.

Guardò impotente l’Oscuro scagliare la maledizione sull’auror che vide cadere a terra. Senza nemmeno una parola uscì dal suo nascondiglio e si diresse verso di loro.

"Expelliarmus!"

gridò lanciando la bacchetta di Max lontana.

L’uomo di voltò verso di lei che intanto era corsa verso Harry che giaceva a terra privo di sensi. La ragazza si era abbassata sull’auror e l’aveva preso tra le braccia.

"Ci sei anche tu…"

affermò pacatamente l’uomo mentre si avvicinava lentamente a lei, dopo aver recuperato la sua bacchetta.

"Dannazione Max che stai facendo?"

gli urlò mentre le lacrime scendevano lungo le sue guance.

Aveva sperato che l’uomo non fosse realmente quello che le dicevano. Di fronte a lei aveva un assassino, non riusciva a riconoscere il giovane di cui si era invaghita.

"May sto riprendendo quello che è mio!"

disse lui fermandosi accanto a lei ed abbassandosi fino a quando il suo viso non fu di fronte a quello della ragazza.

"Perché?"

riuscì solamente a domandare.

Il ragazzo non le rispose. Si guardò attorno e vide che i suoi mangiamorte si stavano allontanando dall’edificio e appena potevano si smaterializzavano.

Max ritornò ad osservare la ragazza. Le fece passare una mano sulla guancia per asciugarle le lacrime.

"Perché i maghi devono dominare il mondo, e i purosangue devono ripulire il mondo magico dalle contaminazioni."

Gli occhi del giovane erano di ghiaccio, la ragazza si sentì rabbrividire.

"Max dobbiamo andare!"

gridò Linda a pochi passi dai due.

"Arrivo."

Affermò l’uomo alzandosi in piedi.

"Ma prima devo prendere una cosa…"

proseguì a dire mentre il suo sguardo non lasciava la rossa professoressa.

"Stupeficium…"

l’uomo usò lo schiantesimo sulla ragazza che si riversò a terra come addormentata.

"Max andiamo!"

urlò di nuovo la bionda.

L’uomo prese tra le sue braccia il corpo della professoressa e si avvicinò a Linda. Insieme si incamminarono lungo la strada mentre alcuni mangiamorte li proteggevano dagli attacchi dei membri dell’ordine.

Quando furono abbastanza lontani si smaterializzarono lasciando il luogo occupato solamente dai feriti e dai buoni.

Hermione usciva in quel momento dalla prigione. Vide alcuni suoi compagni feriti e scorse il corpo di Harry a terra. Corse verso di lui per accertarsi che fosse ancora vivo. Appoggiò le sue dita sul collo del ragazzo e sentì le pulsazioni del cuore del giovane, anche se erano molto deboli.

I membri dell’ordine che erano illesi prestarono subito le loro cure ai loro compagni feriti. Shannon e Victoria avevano raggiunto il luogo non appena avevano visto Max avvicinarsi alla loro amica ma erano state bloccate da alcuni mangiamorte che avevano impedito loro il passaggio.

"Signorine dov’è la professoressa Perheigts?"

domandò Silente.

"L’ha portata via Greenflame…"

rispose Victoria abbassando lo sguardo.

"Era quello che temevo…"

rispose l’uomo. Questi poi si volse verso Potter che era ancora svenuto.

"Mi raccomando Hermione portalo subito a casa mia e prenditene cura."

Diede indicazioni il preside.

"E adesso cerchiamo di capire dove è andato Max."

disse infine osservando l’ambiente circostante.

Ciao a tutti! Son tornata... qualcuno sarà contento, altri no... spero che questo capitoletto vi piaccia... ringrazio Francys e Manny che commentano sempre... mi manca però il commento di simone!!! dove sei?!!! beh spero che comunque commentiate in tanti questo capitolo!

a presto!

Miyan

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


CAPITOLO 23

CAPITOLO 23

Silenzio. La stanza era avvolta nel silenzio. Ad occhi chiusi cercava di capire cosa fosse accaduto concentrandosi solamente sull’udito. Aveva paura di riaprire gli occhi e di vedere dove fosse. Aveva il terrore di vederlo accanto a lei.

Fece un respiro profondo e si decise a guardare. Schiuse gli occhi lentamente. La stanza era nella penombra e le era difficile vedere i particolari. Si trovava in una grande letto a baldacchino dalle lenzuola morbide e profumate. Si mise a sedere rimanendo in quella posizione per alcuni minuti. Scese dal letto e si diresse verso la finestra dove scostò i pesanti tendaggi di broccato scuro. La luce estiva entrò prepotentemente nella stanza ferendole gli occhi.

Quando si fu abituata alla luce prese i suoi occhiali che erano appoggiati sul comodino per poi voltarsi verso la stanza potendola ora osservare bene. Era piuttosto elegante, dal mobilio di ottimo gusto. Il cassettone, l’armadio e la scrivania erano di legno chiaro con intarsi floreali. Il letto a baldacchino era invece in ferro battuto. Le coperte erano rosso sangue come le tende e la morbida moquette.

Si diresse con passo lento verso la specchiera del cassettone. Si osservò. Era molto pallida, molto più pallida del solito. I lunghi riccioli erano sciolti lungo le spalle. Indossava una camicia da notte che le arrivava sotto le ginocchia. Era di seta nera con delle applicazioni in pizzo dello stesso colore. Un brivido le percorse la schiena. Sperò ardentemente che Max non le si fosse avvicinato.

Ritornò sui suoi passi dirigendosi verso la finestra. Questa dava su un cortile dove al centro c’era una fontana dal potente getto. Un’alta muraglia circondava l’edificio così che lei non poteva capire deve fosse.

Sentì bussare alla porta e si voltò di scatto. Non disse una parola nella speranza che colui che era all’esterno se ne andasse e la lasciasse da sola. Invece vide la porta aprirsi.

"Ben sveglia May…"

Linda le sorrise gentilmente e la rossa ebbe una strana sensazione. Il comportamento della bionda la lasciava perplessa. Era a dir poco bizzarro che lei si comportasse cortesemente nei suoi confronti.

"Dove sono?"

chiese con voce calma la professoressa.

"Sei nel nostro quartier generale…"

rispose la donna richiudendo la porta dietro di lei.

"E dove sarebbe?"

domandò di nuovo.

La bionda la guardò negli occhi.

"Sai bene che non ti posso rispondere, e non voglio nemmeno farlo."

La donna si avvicinò alla finestra. May non poté fare a meno di seguirla con lo sguardo. Le sembrava molto più bella della prima volta che l’aveva vista. I lunghi capelli biondi erano raccolti in una acconciatura complicata. Indossava un lungo abito verde scuro dalla gonna ricamata con fili d’argento. Il modo di camminare ed il portamento facevano di lei una vera nobile, una purosangue, e lei non l’aveva mai notato.

"Perché non mi avete uccisa?"

chiese May.

"Max ti voleva con lui… e poi ci sei utile. Sei sempre un membro dell’ordine della fenice…"

la ragazza le rispose senza voltarsi verso di lei.

May sorrise.

"Non credo che sarò molto utile. Purtroppo non so niente… non si fidano di me, non volevano nemmeno che li aiutassi la notte di Azkaban."

Spiegò la professoressa mentendo.

"Non preoccuparti che troveremo il modo di utilizzarti…"

rispose la bionda girandosi verso di lei.

"Posso almeno chiederti che giorno è oggi?"

chiese la professoressa.

"Hai dormito più di un giorno intero… adesso è il pomeriggio del venerdì…"

affermò la bionda. La rossa invece si soffermò a fare due calcoli mentali per accertarsi che la donna le avesse detto la verità.

"Ti crederò…"

disse la professoressa sedendosi sul letto.

"Dovrò rimanere sempre chiusa qui dentro?"

non avrebbe sopportato di rimanere prigioniera in una stanza per lungo tempo.

La bionda si avvicinò a lei.

"Di certo non puoi andartene in giro come vuoi nel palazzo, ma credo che non ti impedirà di uscire un po’ in giardino o di pranzare con noi…"

disse la bionda.

"… a questo proposito lavati e cambiati che fra qualche ora verranno a prenderti per la cena. Vedi di non creare problemi."

Detto questo uscì dalla stanza.

La giovane si avvicinò alla porta girando la maniglia che trovò bloccata. Cercò la sua bacchetta ma non era presente nella stanza, quindi si rassegnò ad aspettare un altro momento per tentare la fuga.

Aprì l’armadio e lo trovò pieno di bellissimi abiti. Li passò in rassegna e ne scelse uno a mezze maniche che le lasciava scoperte le spalle. Era di un verde tenue con il bustino aderente impreziosito da ricami di un verde più scuro. Lo appoggiò sul letto poi aprì la porta che dava al bagno. Era in una prigione dorata.

Se ne stava seduta sul letto senza fare alcun minimo movimento. Sapeva benissimo che da quel covo di mangiamorte e senza la sua bacchetta non sarebbe riuscita a scappare. Si lisciò l’ampia gonna dell’abito. Non sopportava di rimanere a far niente. Si alzò in piedi e si diresse verso la finestra. Il sole era sulla linea dell’orizzonte, era quasi completamente tramontato. Il cielo era di un bel blu scuro mentre una striscia purpurea circondava il punto in cui il sole era calato.

La porta si aprì in quel momento. Era di nuovo Linda che era venuta a prenderla.

"May è ora di andare…"

le disse facendole segno con una mano di uscire dalla stanza.

La rossa lasciò la sua camera e aspettò che l’altra la raggiungesse nel corridoio. Questo era anch’esso elegante, dalle pareti tinteggiate di verde, con sculture e quadri che tappezzavano i muri e fiaccole che illuminavano il corridoio.

Camminava a fianco di Linda mentre questa la guidava nell’edificio. Osservava attentamente ogni luogo in cui passava facendo attenzione ad ogni particolare nel tentativo di memorizzarlo. Quelle informazioni le sarebbero state utili prima o poi.

Dopo qualche minuto si fermarono davanti ad una grande porta in ebano. Dei serpentelli erano intagliati nel legno scuro. Varcarono la soglia e si ritrovarono nella sala da pranzo. Questa non era molto grande. Al centro c’era un tavolo da dodici posti finemente apparecchiato. Anche gli altri mobili che erano accostati alle pareti erano di ottimo gusto e sicuramente molto costosi. Dei pesanti tendaggi verde e argento chiudevano una parete. Un lampadario luccicante con un centinaio di candele pendeva dal centro del soffitto.

Fece alcuni passi e vide Max che se ne stava seduto a capotavola. Nel vederla si alzò in piedi e le sorrise.

"Finalmente ti sei svegliata May. Sono felice di vedere che stai bene."

Le disse questo.

Intanto Linda aveva raggiunto l’uomo andandosi a sedere al posto alla sinistra di lui.

"Vieni May, accomodati"

la invitò il giovane.

Questa si avvicinò lentamente al tavolo ed andò a sedersi alla destra dell’uomo. Quando furono tutti e tre al loro posto il giovane batté le mani e subito apparvero le pietanze. Avevano tutte un aspetto davvero succulento, ma May si sentiva lo stomaco chiuso. Per non rischiare di irritare Max incominciò a mangiucchiare qualcosa. Questo intanto conversava allegramente con Linda. Lei invece non aveva aperto bocca.

"Allora May il cibo è di tuo gradimento?"

chiese lui rivolgendosi a lei.

"È tutto ottimo…"

ripose lei con voce atona.

"Dimmi come ti sembra la mia dimora?"

domandò lui come se fare una conversazione del genere avesse un senso…

"Devo dire che è proprio bellissima e molto elegante."

La giovane non poteva fare a meno di pensare che fosse veramente stupenda.

Intanto avevano terminato anche il dolce, quindi la cena poteva dirsi terminata. Linda si alzò da tavola.

"Perdonatemi ma è meglio che mi ritiri nella mia stanza. Buonanotte…"

disse lei prima di lasciare la stanza. Entrambi la salutarono, poi cadde il silenzio. May teneva gli occhi abbassati.

"May…"

lui la chiamò. Questa alzò lo sguardo e lo vide in piedi accanto a lei mentre le porgeva una mano per invitarla ad alzarsi. La ragazza posò la mano su quella di lui e si accostò ad esso.

"Vieni voglio farti vedere una cosa…"

affermò egli.

Scostò le tende e la ragazza poté vedere la vetrata che dava all’esterno. Fuori c’era un bel giardino illuminato dalla luce della luna. Uscirono e si incamminarono nel verde.

"Mi piace camminare qui… è tutto così silenzioso e calmo…"

disse lui voltandosi a guardarla.

"Max in questi momenti ti riconosco, ma l’altro giorno stentavo a credere che fossi tu…"

la ragazza era stata diretta e concisa. Perché girare tanto attorno all’argomento? La sua non era una visita di cortesia. Era stata portata lì con la forza. E poi lui era l’Oscuro Signore e quello era il covo dei mangiamorte.

"May sono sempre io. Sono l’uomo che hai conosciuto ad Hogwarts…"

lui parlava con voce dolce, la stessa voce che l’aveva attirata qualche tempo prima. Ma ormai lei aveva capito che la visione che si era fatta di lui era soltanto una faccia della medaglia. Max era anche crudele e sanguinario.

"No Max, non lo sei. Altrimenti mi lasceresti libera…"

fare un tentativo non le sarebbe costato nulla.

"Non posso May. Tu devi rimanere qui con me, io voglio che tu sia al mio fianco."

La ragazza si ritrovò a pensare che non l’avrebbe scampata.

"Max c’è già Linda… è lei la donna giusta per te. Io non potrò mai accettarti come erede di Voldemort…"

l’aveva guardato diritto negli occhi mentre pronunciava quelle parole. Era rischioso ma non poteva fare a meno di dire quello che pensava, di dire la verità.

"Hai ragione, Linda sarebbe la degna consorte dell’Oscuro Signore… ma io voglio te."

Un brivido percorse il corpo della ragazza. Il ribrezzo ed il terrore si impossessarono dei suoi occhi. Si volse verso il giardino nel tentativo di riprendersi. Fece un respiro profondo prima di parlare.

"Sono molto stanca Max, è meglio che vada a dormire…"

disse lei, fuggendo ancora una volta.

"Ti faccio accompagnare."

Affermò lui mentre rientravano nella sala da pranzo. Batté le mani e pochi secondi dopo entrò un giovane mangiamorte che indossava la maschera per non farsi riconoscere da lei.

"Accompagna la nostra ospite nella sua stanza."

ordinò per poi voltarsi verso di lei e darle un lieve bacio sulle labbra.

"Buona notte cara."

Poi lei lasciò la stanza.

Harry era in pessime condizioni. La maledizione crociatus che lo aveva colpito era molto potente. Hermione lo aveva prontamente portato nella casa di Silente e se ne era presa cura. Gli altri membri dell’ordine che erano stati feriti non erano in gravi condizioni, erano stati medicati ed ora riposavano nelle loro case. Harry invece non si decideva a riaprire gli occhi da due giorni.

Ron era stato al capezzale dell’amico per tutto il tempo. Non lo aveva lasciato nemmeno quando la sua fidanzata lo aveva curato. Lo aveva visto in condizioni peggiori, ma il fatto che non si risvegliasse lo preoccupava.

Anche quella mattina se ne stava seduto accanto al suo letto nella speranza che si ridestasse. Sentì bussare alla porta e poco dopo Remus entrò nella stanza.

"Ron è meglio che tu vada a riposarti…"

gli disse preoccupato.

"No Remus, preferisco essere qui quando si sveglierà."

Disse il rosso mente voltava il viso verso il suo interlocutore lasciando per qualche minuto quello dell’amico.

"Ron se dovesse svegliarsi mentre tu ti stai riposando ti chiamerò immediatamente. Ma adesso è meglio che tu vada un po’ a stenderti."

L’aveva detto in modo molto gentile. Ron non se la sentiva di rifiutare nuovamente. In fondo l’uomo aveva ragione, anche lui doveva riposare e riprendere le forze.

Si alzò dalla seggiola e lasciò la stanza dopo aver salutato l’uomo. Scese lentamente le scale e si ritrovò nell’ingresso della casa. C’era uno strano silenzio. Entrò in salotto ma non c’era nessuno quindi si diresse in cucina. Lì trovò Hermione e Ginny che stavano lavando le tazze della colazione.

"Si è svegliato?"

gli chiese subito la sorella.

"No Ginny, non ancora."

Rispose lui con volto funereo.

"Non preoccuparti Ron, si riprenderà presto. Ha solo bisogno di riposo, e anche tu."

Gli disse premurosa Hermione.

"Se lo dici tu."

Rispose questo mentre si sedeva a tavola.

"Piuttosto si sa qualcosa di May?"

domandò lui.

Da quando era accaduto il tutto lui non aveva lasciato la stanza del suo amico e quindi non sapeva niente di quello che accadeva al di fuori di essa.

"Niente. Alcuni membri dell’ordine stanno indagando in giro ma non si sa nulla."

Affermò Hermione.

"Ho sentito Silente che diceva che sicuramente Greenflame l’ha portata al suo covo e che quindi si potrà chiedere informazioni a Malfoy appena si farà vivo."

Raccontò la rossa. Questa intanto rabbrividiva internamente. Temeva che il biondo non tornasse più da lei, i mangiamorte avrebbero potuto ucciderlo nel caso avessero scoperto che era stato lui a tradirli.

"Quello se la starà spassando con i suoi amici e non gli passerà nemmeno per l’anticamera del cervello che noi siamo preoccupati."

Disse Ron stizzito.

Intanto Lupin si era avvicinato alla finestra ed osservava l’esterno senza realmente vedere quello che c’era al di fuori. Era preso dai suoi pensieri e dal tentativo di trovare le parole giuste per dire al giovane del rapimento della professoressa.

Lo sentì agitarsi nel letto. Hermione gli aveva detto che ora stava bene ma che aveva solo bisogno di riposo. Si sarebbe risvegliato a momenti.

Il giovane aprì gli occhi e sbatté le palpebre nel tentativo di abituarsi alla luce della stanza. Dopo qualche secondo si voltò verso l’uomo salutandolo.

"Ciao Remus. Vedo che anche questa volta me la sono cavata…"

affermò sorridendo.

"Come sempre Harry."

Disse lui avvicinandosi al letto.

"Almeno siamo riusciti a fermarli?"

chiese subito.

"Sì, i mangiamorte sono ancora imprigionati ad Azkaban e alcuni loro compagni li hanno raggiunti."

Affermò il mannaro.

"Bene, sono contento. Max invece è fuggito?"

domandò mentre si metteva a sedere nel letto con un po’ di fatica.

"Sì, non siamo riusciti a prenderlo."

Rispose l’uomo sedendosi sulla seggiola accanto al letto.

"Lo prenderemo la prossima volta."

Il ragazzo non si lasciava mai sopraffare dal pessimismo.

Harry si alzò dirigendosi verso la porta.

"Dove vai? Sei ancora debole. Devi rimanere a letto."

Lo richiamò subito l’uomo.

"Voglio scendere dai ragazzi e da Silente. E poi devo parlare con May…"

affermò lui.

"La professoressa Pereights non è qui…"

disse vago.

"No? È tornata a casa?"

chiese l’auror.

"No Harry. Max l’ha portata via con lui…"

gli occhi verdi del giovane si riempirono di sorpresa e di rabbia.

Harry scendeva l’ampia scalinata dirigendosi al piano terra. Si teneva saldamente allo scorrimano in quanto era ancora piuttosto debole ed i muscoli gli dolevano. Lupin aveva tentato di fermarlo ma lui non aveva voluto sentire ragioni. Doveva vedere Silente immediatamente.

Stava attraversando l’atrio dirigendosi verso lo studio-biblioteca dove il preside era solito stare quando vide Ginny uscire dalla cucina.

"Harry…Harry finalmente ti sei svegliato!"

disse ad alta voce avvicinandosi a lui.

Sentendo quella frase Hermione la raggiunse e si avvicinò ai due abbracciando il giovane.

"Oh Harry mi hai fatto preoccupare!"

disse la dottoressa scostandosi da lui.

"Scusatemi ragazze ma devo parlare urgentemente con Silente… chiacchiereremo più tardi."

Affermò il giovane lasciando le due ferme in mezzo alla stanza per lo stupore mentre lui si dirigeva verso la porta dello studio.

Bussò due o tre volte ricevendo risposta solo all’ultima.

"Avanti."

Il ragazzo aprì la porta e vide il preside seduto alla sua scrivania e un ragazzo seduto in una poltrona, ma non riusciva a riconoscerlo essendo di schiena.

"Preside devo parlarle subito…"

disse lui con voce agitata.

"Dal tuo volto capisco che sei già a conoscenza di ciò che è accaduto alla professoressa Pereights… vieni, accomodati, così potremo discuterne tutti e tre insieme."

Lo invitò l’anziano indicandogli una poltrona accanto a quella dell’altro giovane.

Quando si fu avvicinato Harry poté riconoscere Gary, il fratello di May. Aveva il volto tirato e teneva le braccia tese lungo i fianchi mentre le mani erano strette a pugno.

"Come dicevo al signor Pereights, i membri dell’ordine stanno facendo di tutto per riuscire a scoprire dove si trova sua sorella…"

mentre parlava il suo tono era calmo e rassicurante

"… ma per adesso non ci sono informazioni certe. Comunque l’ipotesi più probabile è che Max l’abbia condotta al suo covo, quindi dovremmo attendere che il signor Malfoy ci contatti in modo da esserne certi."

Il preside ne parlava come se la ragazza non corresse alcun rischio.

"Preside, mia sorella è in mano di quell’individuo, i miei genitori non sanno niente… cosa devo fare?"

chiese il ragazzino agitato.

"Gary, ascoltami, tu non devi fare nulla. Penserò io a parlare con i tuoi genitori. Li avvertirò che ho dovuto mandare tua sorella in Spagna per esempio per incontrarsi con il preside della scuola di magia a mio nome."

L’uomo si rivelava sempre pronto a trovare la soluzione giusta ai problemi.

"Certo è una scusa plausibile…"

intervenne Potter

"…ma comunque bisogna trovare il modo di portarla a casa il prima possibile."

Il preside si appoggiò allo schienale della poltrona e si tolse gli occhiali.

"Harry dovresti sapere bene che la fretta non aiuta…"

disse pacatamente.

"Ma preside…"

tentò di obiettare lui

"No, nessun ma, i tuoi compagni la stanno cercando. Tu dovresti solo tornartene a letto e riposarti."

Silente si alzò in piedi.

"Non può chiedermi questo… non posso rimanermene a letto senza fare niente per May…"

anche il giovane si alzò.

"Invece dovresti farlo. Di May ce ne occuperemo io e gli altri. Ti assicuro che appena Malfoy ci farà avere notizie ti avvertirò. Ora scusatemi ma ho altri impegni."

Quindi l’uomo lasciò la stanza. I due ragazzi si osservarono.

"Potter credi che stia bene?"

domandò Gary preoccupato.

"Sì, sta bene. Greeflame non le torcerebbe un capello… e se lo facesse gliela farò pagare…"

Il fratello della ragazza parve in qualche modo rassicurato.

"Meglio che vada a casa ora. A presto Harry."

Lo salutò il ragazzo lasciando la stanza.

Anche Harry uscì e vide nella stanza Ron, Ginny ed Hermione che lo attendevano.

"Adesso possiamo parlare"

disse lui guardando i suoi amici.

Il giorno dopo il suo risveglio May era rimasta rinchiusa nella sua stanza. Era venuto un elfo domestico a portarle la colazione ed il pranzo ma non era riuscita a fargli spiccicare una parola. Era troppo impaurito.

Quindi era rimasta sola per la maggior parte del tempo. Aveva trascorso la giornata sonnecchiando sul letto o leggendo un libro che aveva trovato sul comodino. Sicuramente qualcuno glielo aveva portato mentre lei dormiva, ben sapendo che si sarebbe annoiata per tutto quel tempo.

Il sole era quasi tramontato del tutto quando l’elfo fece di nuovo la sua comparsa. May gli sorrise.

"Sei venuto a portarmi la cena?"

domandò. Ma questi rimase sulla soglia e non reggeva alcun vassoio in mano.

"Il padrone invitarla a prepararsi per la cena. Lui raccomandarsi di mettere un abito elegante, ci saranno tutti i mangiamorte più importanti."

Poi uscì quasi di corsa dalla stanza e la porta fu richiusa nuovamente a chiave.

"A cena con i mangiamorte…"

un brivido le passò lungo la schiena al pensiero che si sarebbe seduta a tavola con gli assassini più spietati del mondo magico.

"A cena con i mangiamorte… vuol dire che non potranno indossare la loro maschera d’argento e che li vedrò tutti in faccia…"

osservò lei. Se li avesse riconosciuti, una volta libera avrebbe potuto denunciarli e farli arrestare. E poi…

"Malfoy… ci sarà anche Malfoy… sarà in grado di informare l’ordine che io sono qui, che sto bene… e verranno a liberarmi…"

ora si sentiva più sicura. Il pensiero che quel mangiamorte pentito l’avrebbe in qualche modo aiutata attenuava la sua paura di incontrare tutti quei mangiamorte.

Raggiunse la stanza da bagno ed incominciò a far scendere l’acqua calda per riempire la vasca. Dopo essersi lavata e in qualche modo rilassata, ritornò nella sua stanza ed aprì l’armadio.

"Max si è raccomandato di essere elegante… vediamo che abiti ci sono…"

fece passare gli abiti ad uno ad uno ed alla fine scelse un abito bordeaux di seta, dalla lunga ed ampia gonna lucida bordata di pizzo, sottili spallini le lasciavano scoperte le spalle come pure la schiena. Raccolse i lunghi riccioli in un’acconciatura alta, poi si avvicinò alla scrivania e aprì un portagioie… prese degli orecchini ed una collana di perle poi si osservò allo specchio.

"Bene May, comincia la recita… mi raccomando non farti prendere dalla paura!"

Dovette attendere ancora poco e Linda venne a prelevarla come aveva fatto la sera precedente. Ma invece di andare nella sala in cui era stata la sera prima, raggiunsero un grande salone. Quando entrarono la ragazza poté vedere che erano tutti ai loro posti. Lei e Linda si sedettero ai lati del padrone di casa.

"Bene, ora che ci siamo tutti possiamo cominciare."

Disse Max facendo apparire la cena.

May alzò lo sguardo e lo passò sui presenti cercando di non farsi scorgere da nessuno. Questi avevano il viso in qualche modo coperto da una maschera che nascondeva gli occhi. Non riusciva a riconoscere nessuno. C’erano uomini e donne di ogni età, giovani ed anziani. Scorse il capo biondo di Malfoy a pochi posti da lei. Sperò che questo si volgesse verso di lei per potergli fare un cenno, ma non fu così.

Tutti chiacchieravano mentre lei era rimasta zitta per tutto il tempo.

"May non hai aperto bocca."

Le disse Max stringendole una mano che aveva appoggiato sul tavolo con la sua.

"Non conosco nessuno… e poi non mi sento a mio agio."

Affermò lei.

"Non preoccuparti, ti conosceranno presto."

Terminata la cena l’uomo si alzò in piedi. La ragazza lo osservo preoccupata. Aveva uno strano sorriso dipinto sulle labbra.

"Ora che il pasto è concluso veniamo alle faccende importanti."

Tutti si zittirono ed osservarono l’uomo che aveva cominciato a camminare intorno al tavolo soffermandosi dietro a qualcuno dei suoi adepti.

"L’operazione di recupero dei nostri compagni imprigionati ad Azkaban è stata un fallimento… l’unica cosa positiva è stato il prelievo della professoressa Pereights che è ospite da quel giorno in questa casa."

Tutti si voltarono verso di lei che mantenne lo sguardo alto anche se si sentiva tremare.

"Ho ragionato parecchio tempo su quello che è accaduto. I membri dell’ordine ci attendevano sia fuori che dentro all’edificio quindi…"

fece un secondo di pausa

"…quindi abbiamo una spia tra di noi."

Tutti rimasero immobili.

"Mi sbaglio forse May?"

si rivolse a lei.

"Io non ne so nulla… ti ho detto che i membri dell’ordine non si fidano di me…"

negò lei sperando di essere stata convincente. Sentì i mugolii di sorpresa dei mangiamorte nell’udire il tono con cui lei si era rivolta al loro signore.

"Certo, è normale che lei neghi… ma sono certo di avere una spia tra i miei fedelissimi, altrimenti chi avrebbe potuto avvertire l’ordine di tutte le nostre mosse?"

affermò lui mentre camminava lentamente attorno ai suoi ospiti.

"Voglio trovare questa persona… so che sei presente. Ascolta attentamente le mie parole…"

intanto era giunto di nuovo al suo posto

"… non hai molto tempo a disposizione, tra poco scoprirò la tua identità. Appena saprò chi sei ti farò patire i mali peggiori del mondo e poi, quando mi sarò stancato di giocare con te, ti ucciderò per essere da monito a chi tentasse di tradirmi."

May chiuse gli occhi sentendo quelle parole.

"Ora andate pure…"

tutti si alzarono e lasciarono in silenzio la stanza. May attese che tutti fossero usciti e si accodò ad essi.

"May dove vai?"

la richiamò l’uomo.

"Devo andare…"

rispose senza voltarsi.

"No!"

e la porta si chiuse imprigionandola all’interno della stanza con quell’assassino.

Ciao ciao... contenti che ho pubblicato???? Spero di si... per prima cosa devo chiedere scusa a simone, non avevo proprio visto il tuo commento!!! =P Hai visto un po' di azione! Ringrazio Francys e Manny che come sempre sono gentilissime!!!! speriamo che il seguito vi piaccia...

un bacio a tutti... mi raccomando commentate, anche chi legge e non ha ancora lasciato un commentino... per piacere!!!!

ciao ciao

Miyan

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


CAPITOLO 24

CAPITOLO 24

Malfoy aveva lasciato il covo dei mangiamorte e si era diretto verso casa. Entrato a Malfoy Manor lo trovò vuoto come al solito. Attraversò con passo svelto gli ampi corridoi e si diresse nella sua stanza. Lasciò cadere gli abiti da mangiamorte sopra il letto e si mise un paio di pantaloni scuri ed una camicia a mezze maniche.

Sapeva benissimo che doveva contattare Silente e gli altri membri dell’Ordine, ma doveva agire con cautela. Greenflame aveva detto espressamente che sospettava che ci fosse una spia e sicuramente ognuno di loro sarebbe stato controllato. Non poteva fidarsi a lasciare la sua casa per raggiungere quella di Silente. Ma doveva comunque trovare un modo per informarli.

"Ginny…"

forse avrebbe potuto raggiungere la ragazza.

Era comunque strano che un Malfoy frequentasse una babbanofila… anche solo per divertirsi. Ma lui sentiva comunque il desiderio di vederla. Solo qualche notte prima si erano trovati faccia a faccia combattendosi senza ferirsi… era la loro farsa… la loro commedia…

La ragazza ormai viveva da sola in una piccola casa in un minuscolo paese di campagna in cui aveva anche una serra dove coltivava le piante che sarebbero servite sia come ornamento che come ingrediente per qualche pozione.

"Certo… una pozione…"

forse aveva trovato la scusa giusta per contattare la giovane. Ma avrebbe dovuto attendere l’indomani mattina.

May invece era rimasta nel salone con Max. Questo, dopo aver chiuso la porta con un incantesimo, rimise a posto la bacchetta magica e si avvicinò alla ragazza finendo per posizionarsi di fronte a lei.

"Pensi che ti lasci andare via così?"

domandò lui con voce dura.

"Stavo solo tornando nella mia camera…"

rispose lei con voce flebile.

"Bugiarda!"

la voce del giovane rimbombò nell’ampia stanza.

La ragazza alzò lo sguardo verso di lui domandandosi il perché di quel comportamento.

"Volevi scappare da questa casa mischiandoti con gli altri? Pensi che io sia così sciocco da lasciarti girovagare senza scorta?"

chiese lui poggiandole le mani sulle spalle e stringendola forte quasi a farle male.

"No… so benissimo che non ho possibilità di fuggire. Stavo realmente tornando in camera mia. Sei liberissimo di non credermi…"

affermò la ragazza continuando ad osservare negli occhi l’uomo.

"…secondo te sono così pazza da farti arrabbiare e rischiare che tu mi uccida?"

domandò ora lei.

Max la guardò. Era furibondo. Non sopportava l’idea che qualcuno lo avesse tradito. Non sopportava il pensiero che lei gli stesse mentendo. Ma doveva trattenersi.

"Hai ragione, è meglio per te se non mi fai arrabbiare…"

mentre diceva queste parole le lasciò le spalle e fece qualche passo verso la porta, quindi l’aprì.

"Vieni, ti accompagno nella tua stanza."

la invitò porgendole una mano.

Quando furono uno di fianco all’altra, il ragazzo fece passare la mano di lei attorno al suo braccio. Camminavano in silenzio lungo i corridoi deserti.

"Dove sono tutti?"

chiese la ragazza dopo alcuni minuti.

"Coloro che erano a cena da noi sono tornati nelle loro case… devono pur sempre mantenere la loro vita normale, non possono correre il rischio che vengano scoperti."

Spiegò il giovane.

"Poche persone? Bene sarà più facile fuggire…"

pensò tra sé la ragazza.

"Alcuni sono rimasti di guardia, e Linda vive qui con me… anzi con noi…"

affermò egli volgendosi a guardarla in volto.

"Ecco siamo arrivati."

Disse lui mentre si fermarono di fronte alla porta della stanza da letto della ragazza. Questa girò la maniglia e la trovò aperta.

"Buonanotte Max."

disse lei scivolando all’interno.

Il ragazzo le impedì di chiudere la porta e la prese per un braccio stringendo le dita con forza.

"Guai a te se tenti di fuggire… hai visto di cosa sono capace!"

le sussurrò. Gli occhi erano intrisi di rabbia.

"Sì, ho visto. Ora lasciami riposare…"

rispose lei.

Max la lasciò andare e dopo che si fu chiusa la porta la bloccò con un incantesimo. May intanto si era appoggiata al muro. Non riusciva a reggersi in piedi. Le gambe le tremavano. Aveva paura. Aveva letto negli occhi del giovane che sarebbe stato realmente in grado di ucciderla se lei gli avesse disobbedito.

Silente aveva rimandato tutti i membri dell’Ordine alle proprie vite. Solo Harry e Remus erano rimasti con lui in quella casa, mentre Hermione faceva la spola tutti i giorni per controllare la salute di Potter. Questi si stava riprendendo, anzi lui si sentiva bene, ma la dottoressa gli aveva intimato di rimanere a letto ancora per qualche tempo.

Anche Ginny era tornata alla sua casa. Finita la scuola aveva affittato quella piccola dimora con la serra per poter avviare il suo lavoro. Le era costata fatica e tanti soldi, prestati gentilmente dagli amici, ma dopo pochi anni era riuscita a saldare i debiti ed ora aveva un lavoro ben avviato.

Quel mattino se ne stava nella serra. Tre ragazzini la aiutavano nel giardino durante le vacanze estive, ma solo lei si occupava delle piante delicate che si trovavano nella serra. Alcune erano troppo pericolose per poterle lasciare nelle mani dei ragazzini.

"Signorina Weasley, c’è un signore che la cerca. Dice di voler comperare dei semi."

Una giovane dai lunghi capelli castani legati in una treccia l’aveva avvertita senza entrare, si era fermata sulla porta.

"Grazie Milly, avvertilo che arrivo a minuti."

La ragazza lasciò il varco della porta. Ginny intanto si era tolta i guanti da giardinaggio e il grembiule sporco di terra. Uscì dalla serra e si avviò verso la casa dove qualcuno era seduto sotto il portico. Quando fu abbastanza vicina si sorprese nel riconoscere il giovane.

"Signor Malfoy."

Gli porse la mano in segno di saluto.

"Signorina Weasley…"

lui non le strinse la mano lasciandola nell’imbarazzo.

"…vedo che si è trovata un lavoretto utile."

Aveva continuato lui a parlare mentre si alzava in piedi.

"Sì, un lavoro profittevole."

Aveva aggiunto lei mentre ritirava la mano e incrociava le braccia al petto.

"Mi dica, come posso aiutarla signor Malfoy?"

domandò lei freddamente.

"Ho sentito dire che possiede alcune piante interessanti. Volevo acquistarne alcune da utilizzare per le mie pozioni."

Espose egli mentre il suo sguardo si posava sulla serra. La ragazza seguì lo sguardo del giovane.

"Mi segua nella serra. Gliele mostro volentieri."

Percorsero le poche decine di metri che li separavano dalla serra e vi entrarono.

"Draco, sono contenta di vedere che stai bene"

disse lei mentre si inoltravano tra le piante.

"Attenta, potrebbero sentirti."

Affermò egli abbassando la voce.

"Qui non entra nessuno, non temere siamo al sicuro."

Lo rassicurò lei.

"Tutti i mangiamorte sono sorvegliati, Greenflame sospetta la presenza di una spia. Quindi non posso raggiungere Silente."

Spiegò lui.

"Di pure a me. Ci penso io."

Assicurò la giovane.

"La professoressa Pereights è al covo, l’ho vista ieri sera ma ero impossibilitato a parlarle. Ma sta bene."

All’udire quelle parole la ragazza fece un sospiro di sollievo.

"Per il resto non so cosa abbia in mente Max, tranne che vuole farla pagare alla spia, cioè a me."

il giovane si appoggiò al tavolo da giardino dove la ragazza lavorava pochi minuti prima.

"Sospetta di qualcuno?"

chiese preoccupata.

"Te l’ho detto, non so nulla. Ma devo stare attento. Avverti tu i membri dell’ordine…"

disse lui.

"…ora è meglio che vada."

La ragazza gli si buttò tra le braccia

"…aspetta…"

lo baciò.

"Mi spiace solo che non potremo vederci spesso."

Disse Draco mentre si allontanava da lei.

"Aspetta, non hai preso la pianta…"

lo richiamò in dietro.

"Me lo potevo immaginare che da una Weasley non avrei potuto trovare ciò che mi serve."

Affermò ad alta voce facendosi ben sentire dagli aiutanti di Ginny. La ragazza sorrise.

"Guai a lui se non fa la sua parte da odioso!"

poi uscì anch’essa dalla serra.

"Signor Malfoy, le posso procurare quella pianta a giorni…"

cercò di raggiungerlo.

"Lasci perdere. Mi serviva ora. La cercherò da un’altra parte. Ho solo perso tempo. A mai più rivederci signorina Weasley…"

poi lo vide smaterializzarsi.

Erano alcuni minuti che qualcuno bussava insistentemente alla porta. Harry che era a letto nella sua stanza si decise ad alzarsi ed a scendere per vedere chi fosse.

"Strano che Silente e Remus non siano andati ad aprire…"

pensò tra sé mentre si dirigeva alla porta d’ingresso. Guardò dallo spioncino e vi riconobbe la rossa Weasley, quindi aprì l’uscio.

"Per la barba di Merlino! Quanto tempo ci mettete in questa casa a venire ad aprire!"

disse lei stizzita mentre varcava la soglia.

Potter richiuse la porta dietro di lei e si soffermò a guardarla. Aveva i lunghi capelli raccolti in una coda spettinata e gli abiti da lavoro. Il viso mostrava uno sguardo preoccupato.

"Che succede Gin?"

chiese lui vedendola in quello stato.

"Dov’è Silente?"

la ragazza evitò di rispondergli, cercando invece il preside.

"Non c’è. Di pure a me…"

le fece pressione lui.

"No Harry, non posso parlare con te…"

affermò lei mentre si dirigeva nello studio del preside, ma lo trovò vuoto.

"Non sai quando rientra?"

gli domandò.

"Non ne ho la più pallida idea… non sapevo nemmeno che fosse uscito."

Spiegò il giovane.

Non ebbe nemmeno il tempo di terminare che si senti un crack e il preside si materializzò innanzi a loro.

"Salve ragazzi!"

salutò lui vedendoli.

"Aspettavo proprio lei preside. Avrei urgente bisogno di parlarle."

Affermò Ginny.

"Vieni, seguimi nel mio studio."

Disse lui entrando nella stanza.

Ginny lo seguì ed anche Harry imitò la giovane, voleva sapere cosa stesse accadendo.

"Dimmi Ginevra, cosa succede?"

domandò l’anziano mentre si accomodava nella sua poltrona.

"Malfoy è stato alla mia serra…"

disse lei.

A quelle parole l’attenzione dell’uomo e di Harry divenne massima.

"Alla tua serra? Come mai?"

domandò Potter.

"Non può venire qui, Greenflame sospetta che ci sia una spia e sono tutti sorvegliati. È passato da me con una scusa."

Spiegò la ragazza.

"E che notizie ti ha portato?"

chiese il preside.

"May è nel covo dei mangiamorte. Dice che sta bene ma che non ha potuto parlarle, l’ha solamente vista durante una cena. E poi, come dicevo prima, Greenflame vuole scoprire chi sia la spia e fargliela pagare."

Raccontò la Weasley.

"Nient’altro?"

chiese Harry preoccupato.

"Nient’altro. Ma mi sembrano comunque notizie importanti."

Disse lei voltandosi verso il giovane e guardandolo negli occhi.

"Sì Ginevra, sono notizie importanti. Hai fatto bene ad avvertirci. Ora che sappiamo che la professoressa è nel covo dei mangiamorte possiamo andare a prenderla."

Affermò l’anziano.

"E come? Non sappiamo dove sia…"

disse Harry.

"Ti sbagli, Draco mi ha dato una mappa da usare in casi urgenti. Questo è uno di questi casi…"

disse l’uomo.

"Ginny, Harry, avvertite tutti i membri dell’ordine, nel giro di poche ore andremo a liberare la professoressa Pereights!"

ordinò il preside.

I due uscirono subito dalla stanza e si misero a contattare tutti i loro compagni. Sapevano bene che il tempo era una variabile importante nella riuscita del piano.

"Eccomi di nuovo a fingere… di nuovo in questa sala…"

pensava tra sé la professoressa mentre stava cenando nella sala di due sere prima. Come al solito Max era seduto a capo tavola e conversava con la bionda Linda elegantissima nel suo abito nero. Lei invece se ne stava zitta mentre ascoltava i discorsi dei due.

Ma quella sera c’era qualcun altro allo stesso tavolo. Anch’egli se ne stava zitto e rispondeva garbatamente solo quando gli veniva rivolta la parola.

Quando era entrata nella stanza, accompagnata da Linda era rimasta sorpresa nel vederlo a tavola mentre parlava con Max. Non indossava la divisa da mangiamorte e nemmeno la maschera, ma un paio di eleganti pantaloni grigi ed una camicia chiara dal taglio raffinato. Gli era passata accanto mentre raggiungeva il suo posto accanto a Max. Lui invece occupava il posto accanto a Linda.

"Spero che il nostro ospite non ti disturbi May…"

le aveva detto gentilmente il padrone di casa.

"Nessun disturbo. Mi sorprende soltanto che non indossi la divisa da mangiamorte e non mi nasconda il suo viso…"

aveva risposto lei seccamente. Il suo disprezzo per lui era fin troppo visibile.

"Professoressa Pereights, non temo di farmi vedere in volto da lei. Tanto non lascerà mai questa casa…"

le aveva risposto a tono per poi scoppiare in una fragorosa risata.

"Cara, Draco ha perfettamente ragione. Ormai tu fai parte della famiglia."

Aveva affermato Max, mentre lei inorridiva a quelle parole.

"In ogni modo la sua presenza non mi stupisce… tutti sanno benissimo che il signor Malfoy è un mangiamorte."

Aveva risposto lei con voce pacata.

"Ma su, non discutiamo di ciò. Max non è meglio cominciare a cenare?"

era intervenuta la bionda.

Ed eccoli lì, mentre cenavano con cibi succulenti, in abiti eleganti… recitando ognuno la propria parte.

"Draco ti fermi dopo cena o devi scappare da qualche donzella?"

domandò ridendo il padrone di casa.

"Posso fermarmi un po’ con voi, ma solo se non disturbo le signore…"

rispose il giovane.

"Che modi cortesi e raffinati… possibile che sia lo stesso individuo conosciuto ad Hogwarts?"

si chiese la rossa.

"Nessun disturbo Draco. È bello avere un amico ogni tanto in questa casa."

Disse Linda mentre gli appoggiava la mano su un braccio. May osservò il gesto.

"Linda si vuole consolare con lui?"

pensò malignamente.

La cena intanto era terminata e tutti si erano alzati ed erano usciti in giardino. May passeggiava accanto a Max che la teneva a braccetto, la stessa cosa accadeva per Draco e Linda. Sembravano due coppiette innamorate immerse nel chiaro di luna.

Un giovane si avvicinò a loro.

"Perdonatemi signore, ma chiedono di lei."

Disse verso Max.

"Scusatemi devo assentarmi. Linda vieni con me."

ed i due si allontanarono.

Era una occasione troppo fortunata per essere vera.

"Devo parlare con Draco…"

pensò ma sapeva benissimo che poteva essere una trappola per testare la fedeltà di Malfoy.

La giovane se ne stava a pochi passi dal biondo, ad occhi bassi. Ad un certo punto si decise ad alzare lo sguardo su di lui e lo vide che la stava fissando. Sorrise aspramente.

"Da sola con Malfoy… quale onore!"

disse duramente.

"Hai paura che possa approfittare della situazione?"

chiese egli mentre si infilava le mani nelle tasche dei pantaloni. Lo sguardo che non l’abbandonava un secondo.

"Nessun timore… Non oseresti mai andare contro il tuo Signore… e poi la bella Linda pare interessata a te, per stasera hai già un letto in cui dormire!"

stare in quella casa la rendeva più acida e maligna.

"Chi ti dice che mi accontento?"

un’altra domanda velata mentre si era avvicinato molto a lei. La ragazza non era indietreggiata, in quel modo avrebbe dato l’impressione di aver paura di lui.

"Devi… mio caro."

Non aveva abbassato mai lo sguardo.

Aveva tolto di scatto le mani dalle tasche e le aveva posate saldamente sulle spalle della giovane per trattenerla quindi si era avvicinato al suo orecchio per poter sussurrare flebilmente.

"Sei in gamba… hai capito che è una trappola. Sta tranquilla verranno a prenderti presto…"

poi le aveva sfiorato il lobo dell’orecchio con le labbra.

"Draco!"

la voce di Max era giunta adirata alle loro orecchie. Il biondo si scostò subito dalla ragazza, rinfilando le mani nei pantaloni, noncurante.

"Da quando in qua vuoi prendere ciò che è mio?"

aveva domandato il padrone di casa, ma il tono della voce era più calmo.

"Non temere Max, so bene che è tua. Volevo solo vedere fino a che punto avrebbe retto la mia presenza prima di scappare impaurita… e devo dire che ha superato la prova. È coraggiosa, fatta apposta per te!"

affermò Draco fissando negli occhi il suo signore.

Max scoppiò a ridere avvicinandosi all’amico e dandogli una pacca sulla schiena.

"Sei proprio un amico. Ma sapevo già di mio che May sarà in grado di affiancarmi nel mio regno!"

affermò il giovane.

May invece non aprì bocca, era paralizzata.

Erano rimasti nel parco ancora una decina di minuti, poi Draco se n’era andato dicendo che aveva un appuntamento importante a cui non poteva mancare. Max aveva sorriso e aveva salutato il giovane calorosamente, poi Linda lo aveva accompagnato alla porta.

"May vieni con me…"

le aveva ordinato Max appena i due si erano allontanati. La voce dell’uomo era fredda e non ammetteva repliche. La giovane lo seguì senza fiatare. Lui si era incamminato con passo veloce. Erano rientrati nella villa passando per la sala da pranzo. Avevano percorso corridoi che May non conosceva, era solo riuscita a capire che si trovavano al primo piano della villa. Le sembrava che mano a mano che avanzavano le luci si affievolissero e che una cappa oscura di magia soffocasse l’aria. Ma non poteva permettersi di fare domande.

"May…"

lui la chiamò voltandosi ad aspettare che lei lo raggiungesse. Appena gli fu in parte lui la afferrò per un braccio mentre con l’altro brandiva la bacchetta che picchiò su un punto del muro formulando parole a lei incomprensibili… era serpentese.

Al gesto dell’uomo si formò una porta. Era a due battenti e fatta di legno scuro, molto probabilmente ebano. Come sulle altre porte erano incisi disegni di serpenti ma al centro di ogni battente troneggiava il marchio nero, il simbolo dei mangiamorte. Max apri la porta e spinse dentro la ragazza con forza, poi si voltò verso i battenti per chiudere a chiave e voltava le spalle alla ragazza che lo osservava stupita ed impaurita. La stanza era rischiarata soltanto da una luce proveniente da un abat-jour.

"Ma Max…"

Le uscirono flebilmente quelle parole dalla bocca.

"Zitta…"

ordinò lui senza alzare la voce. Continuava a voltarle le spalle.

Lei diede un rapido sguardo alla stanza. Era una camera da letto scura, le tende di velluto nero erano chiuse. Tutto, dai tappeti, alle coperte, agli arazzi, era scuro, soprattutto nero e verde, ogni tanto c’erano dei ricami argentati.

Si voltò finalmente verso di lei, gli occhi carichi di rabbia. Le si avvicinò con passo svelto e prendendola di forza la spinse contro al muro. Il forte colpo le era rimbombato nei polmoni, la ragazza si sentì mancare il fiato.

"Non permetterti mai più di comportarti come stasera…"

la voce vibrante di ira, mentre i suoi occhi non si distoglievano da quelli di lei.

"Ma…"

la ragazza non capiva.

"Zitta ho detto!"

aveva urlato, May aveva allora chiuso gli occhi.

"Non azzardarti mai più a civettare con nessun’altro! Mi hai capito?"

ormai urlava nelle orecchie della giovane. Lei rimase zitta e ferma.

"Ti ho detto se hai capito? E apri gli occhi dannazione!"

urlò di nuovo.

Lei era molto impaurita, ma per non rischiare di più aprì gli occhi di colpo. Poi con la testa gli face un cenno di assenso. Aveva capito benissimo.

"Se dovesse accadere di nuovo una cosa simile, ammazzo lui sul momento mentre tu desidererai di essere morta!"

la voce era tornata ad un volume accettabile, ma era sibilante, le aveva messo paura. La continuava a fissare in silenzio, mentre lei non distoglieva gli occhi dai suoi, non osava mutare posizione di nemmeno un millimetro, temeva di scatenare ancora la sua ira se l’avesse fatto.

Erano passati solo alcuni minuti quando lui la lasciò andare, ma alla giovane erano sembrate ore intere. Si portò una mano sulla spalla sinistra che le doleva. Vide alcuni lividi viola sulle spalle. Respirò lentamente per calmarsi, per far ritornare alla normalità il battito accelerato del suo cuore.

Max intanto si era allontanato da lei ed aveva aperto le tende facendo entrare la luce della luna dalla finestra. Poi lentamente si era seduto al bordo del letto e si era preso il capo tra le mani.

Lei era rimasta ferma a lungo ad osservare ogni suo movimento nella poca luce che regnava nella stanza. Aveva paura, aveva un’enorme paura, ma non poteva fare a meno di dispiacersi per quel giovane. Sembrava molto solo e confuso.

La professoressa fece qualche passo poi si fermò di nuovo attendendo una reazione da parte dell’uomo. Questi era ancora immobile nella posizione di prima. Allora si avvicinò lentamente a lui fermandosi a pochi passi proprio accanto al comodino. Alla luce della lampada, proprio al di sotto di essa, May vide un oggetto a lei caro appoggiato sul comodino.

"La mia bacchetta…"

pensò tra sé, desiderando ardentemente di recuperarla.

"May…"

Max la stava chiamando, quindi il suo sguardo si posò su di lui. Egli rialzò il volto guardandola negli occhi. Poi allungò un braccio e prese una mano della giovane nella sua. La fece avvicinare a lui.

"Dimmi Max… che c’è?"

domandò gentilmente non vedendo più la rabbia negli occhi del giovane.

"Rimani con me…"

le chiese lui mentre si alzava in piedi.

La abbracciò facendole passare una mano dietro alla testa e la baciò dolcemente. La ragazza chiuse gli occhi indecisa su cosa fare.

Ciao ragazzi! Finalmente posso aggiornare... come al solito spero che il capitolo vi sia piaciuto. Po devo ringraziare simone, anche se ha detto che i primi capitoli facevano schifo, e Francys e Manny, anche a me è piaciuto molto Max... terrificante... subdolo forse...

beh commentate in molti... per piacere :-(

A presto (spero)

Miyan

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


CAPITOLO 25

CAPITOLO 25

La stava baciando, ma non era quel tipo di bacio che l’avrebbe costretta a fuggire… era dolce e gentile, come se egli volesse riversare in quel gesto tutto l’amore che poteva provare per lei. Non la passione, non il desiderio… l’amore.

Era confusa. In quel momento sentiva di avere davanti il ragazzo che aveva conosciuto qualche mese prima, che era stato un buon amico e che in qualche modo le piaceva molto. Ma poi le tornarono alla mente le frasi di pochi minuti prima, l’ira vista nei suoi occhi, il dolore delle sue dita che le stringevano le spalle, la paura…

Non ebbe nemmeno il tempo di pensare, in una frazione di secondo, senza che lui avesse il tempo di reagire, la ragazza prese la sua bacchetta dal comodino vicino a lei e disse mentre puntava la bacchetta sull’uomo

"Petrificus totalus…"

ed egli cadde sul letto rigido come una statua di pietra.

La ragazza fece un respiro profondo per riprendere la calma poi lasciò la stanza. Si incamminò per i corridoi cercando di ricordarsi il percorso fatto poco prima. Sbagliò alcune volte ma ritornò sulla strada corretta. Fortunatamente non aveva incontrato nessuno che potesse fermarla.

Giunta nella sala da pranzo vi entrò. La tavola era ancora imbandita e i resti della cena giacevano sul tavolo. Uscì in giardino e raggiunse il muro di cinta. Doveva superarlo, ma era alto una decina di metri. Agitata si guardò attorno nel tentativo di trovare qualcosa che le potesse servire per oltrepassare il muro. Ma non scorse nulla.

Intanto Linda, dopo aver accompagnato Draco fuori dalla villa era rientrata nella casa. Stava camminando lentamente nel corridoio diretta verso la sua stanza quando passò davanti alla camera di Max. La porta era spalancata. Capendo che era successo qualcosa entrò nella stanza e vide il giovane sul letto, immobile. Prese la sua bacchetta e sciolse l’incantesimo.

Max riprese lentamente i sensi. Poi si voltò verso di lei, stupito.

"May? Dov’è?"

chiese.

"Non lo so. C’eri solo tu nella stanza quando sono arrivata io."

Spiegò la bionda.

"Dannazione è scappata."

Balzò in piedi.

"Mi ha pietrificato e poi è scappata…"

affermò il giovane.

"Te l’avevo detto che non dovevi fidarti di lei…"

si ritrovò a pronunciare la giovane.

"Linda non è il momento di contraddirmi… dobbiamo cercarla… Immediatamente!"

e l’ultima parola l’aveva urlata mentre usciva dalla stanza.

La bionda era rimasta ferma per qualche secondo, un sorriso maligno era apparso sulle sue labbra.

"Finalmente capirà che May non lo seguirà mai… e … e visto che non potrà essere sua la ucciderà!"

era felice, sì era proprio felice. Alla fine avrebbe ottenuto ciò che era suo di diritto, essere la compagna dell’Oscuro Signore.

Uscì dalla stanza e con passo svelto si diresse verso la figura dell’uomo a qualche metro da lei. Questi scese le scale e si fermò all’ingresso richiamando i suoi servitori presenti nella grande casa. Quando riuscì a raggiungerlo una decina di persone era in piedi di fronte a lui, immobili e impauriti.

"…trovate la professoressa Pereights e portatela qui immediatamente…"

poi se n’era andato senza dire altro.

Poco distanti dalla villa, nella foresta in cui questa era nascosta, c’erano i membri dell’ordine della fenice che si stavano avvicinando ad essa arrivando da diversi punti.

Harry era con Hermione, Ron, Ginny e Remus. Avanzavano nella boscaglia stando attenti a non attivare nessuna delle trappole che i mangiamorte avevano disseminato per il luogo.

"Attento Ron, quell’albero è strano…"

disse Ginny.

In quel momento apparve qualcuno accanto a lei.

"Ginevra ha ragione… Quella è proprio una trappola!"

Ron si fermò di colpo e si voltò verso il nuovo giunto.

"Visto che lo sapevi non potevi inserirla nella tua piantina del posto?"

si lamentò il rosso squadrando male il giovane.

"Troppo facile Weasley, e poi i mangiamorte cambiano i posti ogni giorno…"

il biondo sorrise.

"Che ci fai qui Malfoy?"

chiese Harry.

"Sono appena stato da Max, veramente un’ottima cena…"

disse con tono leggero il purosangue.

"Vieni al dunque…"

lo rimbeccò l’auror.

"Ho avvertito la professoressa. Attende le vostre mosse. Beh ora vado."

E si smaterializzò improvvisamente come era apparso pochi istanti prima.

Max era tornato nella sua stanza, nella camera dove si era risvegliato poco prima. Si era fermato sulla porta passando lo sguardo su ogni centimetro del posto nel tentativo di scorgere qualcosa di strano, di inusuale.

"Ma cosa le è saltato in mente!"

pensò tra sé ripercorrendo le immagini dell’ultima volta che l’aveva vista. Si stavano baciando, le labbra di lei non erano fuggite alle sue, ma poi si era staccata e lo aveva immobilizzato…

Guardò il suo comodino. Vi aveva appoggiato la bacchetta della ragazza quando l’aveva portata in quella casa, e lei accorgendosi di dove fosse l’aveva subito utilizzata per poter scappare da lui. Come aveva fatto a non capirlo. L’aveva terrorizzata ma era stato più forte di lui, non aveva sopportato l’immagine di lei così vicina a Draco, il suo amico Draco…

Sorrise amaramente mentre prendeva il mantello scuro dall’armadio, si sistemò meglio la sua bacchetta alla cintura e poi lasciò la stanza. Doveva ritrovarla immediatamente, doveva convincerla a restare con lui… era lei la sua metà, ne era stato certo dalla prima volta che l’aveva vista nella penombra di quella stanza d’albergo mentre piangeva, mentre si scusava di averlo disturbato…

Nello scendere le scale incrociò Linda che stava salendo

"Dove vai?"

chiese lei mentre lui la sorpassava.

"Dove vuoi che vada? Cerco May…"

rispose lui con aria di sufficienza.

"Aspetta è pericoloso, non sai dove può essere andata…"

lo rincorse lei mentre lui lasciava l’ingresso ed usciva in giardino.

"Non importa, per me nulla è pericoloso, dovresti saperlo…"

disse egli mentre si allacciava il mantello scuro fermandolo con un bottone dorato.

Mentre ancora parlavano un giovane in tenuta da mangiamorte si avvicinò a loro e si inginocchiò di fronte al suo Signore che fu costretto a fermarsi nel suo incedere.

"Che accade?"

domandò egli.

"Mi perdoni mio signore ma degli intrusi sono nelle vicinanze della villa…"

affermò il giovane.

Max si voltò verso la bionda.

"Linda pensaci tu, ora non ho il tempo di pensare a loro."

Poi Linda lo vide allontanarsi per il giardino diretto verso il cancello principale.

Intanto May stava cercando il modo per oltrepassare la muraglia. Purtroppo questa era perfettamente liscia e non c’era modo di arrampicarsi. Allora come colta da un’idea improvvisa si tolse il foulard che portava in vita e lo gettò a terra, poi con un gesto deciso della bacchetta, in un gesto ormai a lei noto, lo trasfigurò in una scala.

"A volte le soluzioni più ovvie sono le ultime a venirci in mente…"

si disse tra sé mentre appoggiava la scala contro il muro.

Incominciò a salire gli scalini lentamente facendo attenzione a non inciamparsi nella lunga gonna dell’aderente abito argenteo. Giunta in cima oltrepassò il muro con una gamba e si soffermò un momento seduta lì in cima mentre osservava la villa in lontananza. Tutte le luci della casa erano accese e poteva scorgere alcune persone che entravano e uscivano velocemente dall’ingresso.

"Sono già sulle mie tracce… avranno liberato Max… devo sbrigarmi…"

prese saldamente la scala e con fatica la issò per poi farla passare dall’altro lato del muro. Poi discese dalla parte opposta, trasfigurò di nuovo la scala nel suo foulard, anche se non aveva minuti da perdere, ma non poteva abbandonarla in quel punto, sarebbe stato un chiaro segno di dove lei era fuggita.

Si legò il foulard nero in vita e poi si guardò intorno. La villa e l’intero parco erano circondati da una folta foresta di conifere… sarebbe stato troppo bello ritrovarsi in un paese, la fortuna non era dalla sua.

Provò a smaterializzarsi ma non ci riuscì. Con molta probabilità l’intera zona era sotto l’influsso di parecchi incantesimi fatti per non far avvicinare gli intrusi. Ciò significava solo una cosa… c’erano altre trappole disseminate della foresta.

Fece un respiro profondo e si inoltrò nella boscaglia, non correva ma avanzava il più rapidamente possibile stando attenta a non attivare nessuna trappola.

Dopo pochi minuti sentì un rumore provenire dalle sue spalle. Si nascose dietro ad un grande pino dal fusto enorme, probabilmente era secolare. Trattenne il respiro nel tentativo di non fare alcun minimo rumore. Non poteva farsi scoprire, se fosse stata catturata di nuovo per lei avrebbe significato morte certa oppure… gli tornarono in mente le parole di Max…

"…desidererai di essere morta…"

sorrise amaramente. Non l’avrebbe uccisa, sarebbe stato troppo semplice. Sicuramente gliel’avrebbe fatta pagare, torturandola fisicamente e psicologicamente… chissà quanti modi conoscevano i mangiamorte per far capitolare una persona, avevano un’esperienza decennale ormai.

Fortunatamente la persona l’aveva ormai superata. Attese ancora qualche minuto per accertarsi di non incrociarla nella sua fuga, poi uscì dal suo nascondiglio riprendendo ad inoltrarsi nella foresta.

Quando Harry arrivò al cancello secondario da cui si poteva accedere alla villa c’erano già alcuni suoi compagni intenti a combattere con dei mangiamorte. Bastò solo un secondo, prese la sua bacchetta e si gettò nella mischia gettando incantesimi sui suoi nemici.

Dopo una decina di minuti la situazione non era cambiata di molto. Si ritrovò schiena contro schiena con Ron.

"Ron, devo andare… mi copri le spalle?"

chiese all’amico.

"Vai pure, ci pensiamo noi qui…"

rispose Weasley.

Allora il giovane auror sorpassò alcuni mangiamorte che volevano colpirlo ma che vennero fermati dai suoi compagni, quindi si diresse verso la villa. Il tempo era inesorabile ed egli sapeva bene di averne già perso molto. Sperò ardentemente che May fosse ancora in vita. Temette che Max l’avesse già portata lontano.

Mentre correva incrociò gruppi di persone che combattevano tra loro. Si diresse verso la porta principale e vide poco lontano la professoressa McGranitt che combatteva con due mangiamorte. Fortunatamente non ce n’erano molti. Era stato informato da Malfoy che effettivamente la villa era poco protetta quando non c’erano riunioni o attentati in via di sviluppo. La maggior parte dei seguaci dell’Oscuro Signore preferivano ritornarsene alle loro case… e per lui era tutta fortuna.

Entrò nella stanza e si soffermò nell’ingresso. Sentiva solamente i rumori della battaglia che provenivano dall’esterno, l’interno invece era come immobilizzato… nessun rumore, nessun movimento, era una calma innaturale.

"Dove può essere May?…"

continuava a ripeterselo nella mente mentre cominciò ad aprire tutte le porte che gli capitavano sottomano lì al piano terra. Ogni volta che spalancava una porta sperava ardentemente di trovarla e allo stesso tempo desiderava di non trovarsi davanti nessun mangiamorte perché avrebbe dovuto colpirlo e ferirlo gravemente, non aveva tempo di combattere con loro, doveva trovare lei.

Per sua sfortuna trovò ognuna delle stanze del piano terra vuote. Imprecò poi si diresse di nuovo all’ingresso ed incominciò a salire a grandi balzi la scalinata facendo tre gradini alla volta. Giunto al primo piano riprese la sua ricerca. Ma anche lì non ebbe esito positivo. Mancava solo il terzo piano.

Salì anche le scale che conducevano all’ultimo piano. Guardò il corridoio completamente vuoto e sperò che Max non l’avesse già trascinata lontano. Aprì le prime porte che incontrò. Anche quelle stanze si rivelarono vuote. Poi, quando ormai aveva perso la speranza varcò la soglia di un salottino elegante dalle tende e dai divani di broccato rosa. Nella penombra vide una figura affacciata alla finestra. Gli mancò un battito al cuore.

"Fa che sia lei…"

teneva la bacchetta alzata per essere pronto a parare qualsiasi incantesimo.

"May?"

la chiamò.

La donna si voltò verso di lui e nella poca luce riconobbe un volto che lui ormai odiava.

"No Harry… May non è qui…"

e la vide sorridere dopo avergli risposto.

"Linda, sparisci dalla mia vista. Ma prima dimmi dov’è la professoressa Pereights!"

gridò alla donna.

"Devo difendere la reggia del mio Signore, non posso andarmene…"

rispose lei calma.

"Non capisci che ti faccio un favore. Sparisci immediatamente o i membri dell’ordine ti uccideranno come ti meriteresti!"

disse lui con voce più calma.

"Fino a quando non me lo ordinerà Max non me ne andrò!"

affermò la giovane.

"Fa come vuoi, ma dimmi dov’è la professoressa!"

ordinò categoricamente.

"La professoressa? Possibile che abbiate tutti in mente quella nullità!"

la voce della bionda carica di disprezzo.

"Linda, non irritarmi…"

le disse lui mentre alzava la bacchetta.

"Sei come Max, non fate altro che pensare a lei, alla sua innocenza… che per me è finta e calcolata."

Affermò mentre si sedeva comodamente in una poltrona.

"La calcolatrice sei tu, non lei… ed ora dimmi dov’è prima che perda la pazienza."

Ordinò nuovamente.

"La cara May è riuscita a fuggire prima che voi giungeste… se la cerchi non so dove sia…"

non ebbe nemmeno il tempo di rispondergli che lo vide uscire precipitosamente dalla stanza.

Ormai la villa era sotto il controllo dell’Ordine della fenice, e lei lo sapeva bene. Prese alcune carte e pozioni importanti per il suo Signore poi bruciò il resto per impedire ai suoi nemici di recuperare qualcosa che potesse servire contro di loro. Scese le scale della grande casa e poi uscì dalla villa. Oltrepassò la gente che stava combattendo, gli altri mangiamorte la proteggevano dagli attacchi che i membri dell’ordine le lanciavano, tutti sapevano bene che lei era intoccabile, quindi lasciò il luogo inoltrandosi nella foresta stringendo a sé la borsa che conteneva il suo tesoro. La sua fedeltà a Max l’avrebbe ricompensata. Ora doveva solo pensare a nascondersi.

Camminava velocemente tra gli arbusti e le piante della foresta. Conosceva quei luoghi perfettamente, centimetro per centimetro. Sapeva esattamente dove erano poste tutte le trappole e quindi le schivava con agilità. Il suo pensiero fisso era solo uno… trovare May.

"Ma da che parte può essersi diretta?"

si chiese mentre oltrepassava un piccolo corso d’acqua cristallina.

Era più di un quarto d’ora che tutti la cercavano nella fitta boscaglia e nessuno l’aveva ancora avvertito di averla trovata od anche solo intravista. Non poteva essersi smaterializzata, non era possibile. Si era assicurato personalmente che gli incantesimi impedissero quell’evenienza.

Era ormai convinto che fosse riuscita a fuggire. Poi sentì un rumore di foglie provenire da poco lontano da lui. Vide una figura passare velocemente in una radura poco distante, e non poté fare a meno di riconoscere i lunghi riccioli rossi illuminati dai raggi lunari.

"Eccoti tesoro…"

il suo cuore incominciò a battere velocemente. Era felice. Era enormemente felice. L’avrebbe avuta ancora con sé.

La seguì lentamente aspettando il momento giusto per avvicinarsi a lei, per prenderla di sorpresa. E poco dopo avvenne.

La vide fermarsi vicino ad una roccia. Si era appoggiata ad essa per riprendere fiato. La bacchetta tenuta debolmente nelle mani stanche. Era il momento perfetto.

"Accio bacchetta!"

sibilò puntando la sua verso la ragazza.

La bacchetta della giovane volò nelle mani dell’uomo. La ragazza alzò il viso verso di lui. Egli lesse il terrore in quegli occhi che amava tanto.

"Max…"

disse flebilmente lei riconoscendolo.

"May, che fortuna rincontrarti!"

la voce carica di ironia.

"Come hai fatto a trovarmi?"

chiese lei mentre rimaneva immobile accanto a quella roccia.

"Pura fortuna… forse è meglio dire che non due siamo talmente legati che so sempre dove sei…"

affermò egli guardandola negli occhi.

"E ora?"

domandò la giovane.

"E ora cosa?"

lui la guardò negli occhi.

"Cosa mi farai?"

chiese la professoressa.

"Non so. Dipende tutto da te."

Rispose egli.

"Da me… dipende da me. Vuoi prendermi in giro? Hai la mia bacchetta e quindi sono indifesa, non posso tentare di scappare… quindi dipende solo da te."

Spiegò la ragazza.

Il giovane fece alcuni passi avvicinandosi a lei. Si fermò a meno di un metro dal suo corpo.

"No May, dipende tutto da te. Da cosa sceglierai di fare… seguirmi volontariamente o no…"

disse lui.

"Mi stai dicendo di scegliere se arrendermi o se tentare un’impresa disperata?"

domandò lei guardandolo negli occhi.

"Vedila come vuoi…"

affermò lui.

Lei alzò gli occhi al cielo cercando di trovare le parole giuste e facendosi forza.

"Perché? Perché non può essere tutto come quando ci siamo conosciuti?"

domandò lei.

"Lo sai bene che non si può tornare indietro nel tempo. Ma temo che comunque ci saremmo ritrovati a fare questa conversazione comunque, magari non in questo luogo, in queste circostanze, ma comunque avresti dovuto scegliere se seguirmi o meno."

Spiegò lui osservandola attentamente.

"Max, ma perché vuoi essere l’Oscuro Signore?"

domandò lei disperatamente.

"Non è una mia scelta ma un mio dovere."

Rispose francamente.

"Allora dovresti già sapere come la penso io…"

affermò lei.

"La mia limpida May… non puoi accettare una vita di terrore, di sangue e di morte… "

disse lui.

"Sì, hai ragione."

Confermò lei.

"… non la puoi accettare volontariamente. Ma io posso tentare di convincerti!"

affermò egli mentre l’attirava a sé abbracciandola saldamente.

"Troverò gli argomenti adatti per dissuaderti…"

sussurrò lui prima di sfiorarle il collo con le labbra.

Harry era in uno stato di tensione tale che gli sembrava di muoversi come un automa, come se il suo corpo camminasse senza che la sua mente fosse presente. Ormai sapeva bene che May era veramente in pericolo… scappare da Greenflame voleva dire sfidarlo apertamente.

Appena Linda lo aveva informato che la professoressa se n’era andata era subito uscito da quella grande casa e si era diretto verso l’ingresso secondario del parco. Scorse Ginny venirgli incontro

"Harry l’hai trovata?"

gli domando con voce carica di apprensione.

"No, è fuggita prima del nostro arrivo…"

spiegò lui mentre proseguiva nella sua avanzata. La giovane Weasley si affiancò a lui.

"Noi siamo riusciti a fermare alcuni mangiamorte, altri sono scappati, ma questo lato del parco è nelle mani dell’ordine…"

mentre ancora parlava il giovane vide Hermione e Ron avvicinarsi a loro

"… bisognerà entrare in casa ora…"

proseguì lei.

"No Ginny, la mia prerogativa è trovare May. Rimani qui con gli altri membri dell’ordine e perquisite la casa, mi raccomando di avvertire Silente…"

la interruppe lui

"…io andrò con Hermione e Ron a cercare May, appena puoi raggiungici con dei rinforzi."

Anche i suoi migliori amici sentirono la decisione che il giovane aveva preso.

"Ok Harry, noi veniamo con te."

Affermò la dottoressa.

Ginny partì subito verso la villa mentre i tre lasciarono il parco.

"Ron, tu e Hermione andate verso nord, io andrò verso est, non credo che sia fuggita verso sud, perché da quella parte siamo arrivati noi…"

i due fecero un cenno di assenso e poi si allontanarono inoltrandosi nella foresta.

Anche lui seguì l’esempio dei due. Avanzava con passo deciso facendo comunque attenzione a dove metteva i piedi. Ad ogni passo si ripeteva nella mente…

"Dove sei May?"

i suoi occhi scrutavano ogni minimo movimento del sottobosco. Poi, dopo una decina di minuti sentì un urlo…

"No!"

era la voce di May, l’avrebbe riconosciuta anche a miglia di distanza. Si mise a correre nella direzione da cui era provenuto quel grido, gli alberi si stavano piano a piano diradando fino a quando giunse a scorgere May in una spianata e Max a pochi passi da lei.

"Vedo che hai deciso…"

sentì la voce di Max risuonare fredda e distaccata.

"Non posso Max… non posso, è più forte di me!"

la vide tremare ma non di paura ma di orrore, di disprezzo quasi, tuttavia non per l’uomo che aveva davanti bensì per sé stessa.

"Cosa devo fare? Devo schiantarti e portarti via con me con la forza?"

lo sentì domandarle mentre si avvicinava lentamente a lei.

L’uomo gli voltava le spalle, il suo animo gli impediva di colpirlo alle spalle.

"Max fermati…"

gli disse mentre alzava la bacchetta verso di lui.

Il giovane si voltò verso il nuovo venuto.

"Oh Potter, vedo che sei ancora vivo allora… ed io che speravo di essermi liberato di te!"

affermò malignamente.

"Harry…"

sussurrò appena la ragazza vedendolo.

"Max, ti conviene lasciarla stare… non vorrà mai seguirti…"

cercò di farlo ragionare il giovane

"Coma fai a dirlo?"

gli domandò l’Oscuro Signore.

"Che senso ha avere accanto a sé una persona che è costretta solo per paura?"

chiese invece Harry non rispondendo volutamente alla richiesta dell’uomo che aveva di fronte.

"May è già con me… dovrà solo abituarsi al mio nuovo incarico… se così si può chiamarlo…"

affermò il giovane mentre si voltò nuovamente verso la ragazza che se ne stava immobile.

"Vero May che ti abituerai? Perché mi ami come io amo te, spiegalo a quel pazzo!"

disse poi alla giovane.

"Ma Max… io… io…"

la rossa non sapeva più che dire, non voleva mentire ma non voleva nemmeno aumentare la rabbia di Max, sapeva come avrebbe reagito.

"Lei non ti ama, e non potrà mai amarti!"

la risposta era stata data chiara e sicura dall’auror.

La giovane non poteva far altro che osservare i due uomini che si trovavano uno di fronte all’altro. Harry si era avvicinato a loro ed ora se ne stava a pochi metri dall’altro mentre entrambi tenevano strette tra le mani le loro bacchette.

"Lurido verme, non osare metterti in mezzo…"

parlò carico d’ira l’ambasciatore.

"Expelliarmus!"

urlò quindi verso l’auror colpendolo in pieno e scagliandolo contro un albero.

"Harry!"

gridò May vedendolo volare lontano.

Max nel vedere la reazione della giovane le si avvicinò e le afferrò un polso tenendola stretta.

"Dannazione vuoi bene più a lui che a me!"

le disse guardandola negli occhi.

"Harry è un buon amico… tu mi fai paura ormai…"

purtroppo il suo tatto non era dei migliori.

"Verrai con me anche a costo di trascinarti via!"

affermò duramente.

"Lasciala… Petrificus totalus!"

urlò l’auror cercando di colpire l’Oscuro Signore che invece riuscì a scansare l’incantesimo. Comunque nel tentativo di ripararsi Max aveva lasciato il braccio della giovane che si era allontanata da lui.

"Vuoi proprio soffrire Potter?"

gli domandò squadrandolo dall’alto in basso.

"Non credo che ci riusciresti…"

lo istigò il giovane.

"Crociatus!"

Max urlò con tutto il fiato che aveva in gola la maledizione senza perdono. Harry riuscì in qualche modo ad allontanarsi appena in tempo per non essere colpito. I suoi riflessi allenati lo avevano salvato ancora una volta.

"Cosa fai fuggi? Combatti!"

gridò Max.

"Stupeficium!"

Harry cercò di schiantarlo, ma sembrava che Max fosse troppo veloce. Non riusciva a colpirlo nemmeno con un incantesimo.

"Impedimenta!"

pronunciò un altro incantesimo che fortunatamente andò a segno rallentando i movimenti di Greenflame.

"Vieni May, raggiungimi…"

Potter richiamò a sé la ragazza che accortasi delle difficoltà di Max si avvicinò di corsa all’auror.

Ma Max era troppo forte, e l’incantesimo lanciato da Harry non durò per molto.

"Vuoi proprio morire Potter? Avada Kedavra!"

la peggiore maledizione venne scagliata dall’Oscuro Signore verso il suo nemico.

"Crociatus…"

urlò ancora Max, pensando che l’auror non sarebbe riuscito a schivare due maledizioni del genere lanciate in così rapida successione.

May nel vedere ciò si lanciò sull’auror spingendolo lontano e venendo colpita al fianco dai due incantesimi contemporaneamente, anche se di striscio. Si accasciò a terra.

"May!"

gridò Harry.

"May!"

urlò anche Max.

Potter alzò la sua bacchetta verso Greenflame…

"Petrificus Totalus!"

urlò di nuovo ma l’altro fu più svelto, si trasformò in un grande corvo nero che si allontanò nella notte. Nel punto dove pochi minuti prima c’era la sua figura ora giaceva solitaria la bacchetta di May.

"quindi è anche un animagus…"

l’auror si segnò l’informazione nel suo taccuino mentale.

Harry si precipitò vicino alla ragazza che giaceva per terra. La prese tra le braccia e posò due dita sul collo della giovane, cercando la giugulare.

Tum

Tum

Tum

Anche se flebile e lento sentì il battito del suo cuore.

"Sei ancora viva…"

pensò mentre una lacrima gli scendeva lungo la guancia. Fortunatamente l’Avada Kedavra non l’aveva colpita in pieno, ma era comunque in pericolo di vita.

Si rialzò da terra prendendo la giovane in braccio. Non aveva tempo da perdere, doveva portarla subito al San Mungo, là avrebbero potuto salvarla.

Ciao a tutti! Eccomi di nuovo... come ben vedete il racconto è agli sgoccioli... devo trovare un finale adatto... Come al solito ringrazio chi legge e soprattutto chi commenta... siete troppo gentili. Non so se potete capire quanto mi fa piacere trovare anche solo due parole!!! Grazie Grazie...

Spero che il capitolo vi sia piaciuto... attendo commenti

Un bacione

Miyan

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


CAPITOLO 26

CAPITOLO 26

Nessun rumore. Sì, la stanza era immersa nel silenzio. Aprì lentamente gli occhi cercando di abituarsi alla poca luce che filtrava dalle tapparelle in fessura. Sentiva la bocca secca ed amara. Aveva sete. Cercò di alzarsi ma un dolore atroce le partì da un fianco per poi propagarsi in tutto il suo corpo. Un rantolo di dolore fuoriuscì dalla sua bocca. Rimase immobile attendendo che il dolore si attenuasse.

"Respira lentamente May…"

si disse mentre prendeva aria.

Chiuse gli occhi cercando di rilassare del tutto il suo corpo dolorante. Sentì la porta aprirsi e dei passi avvicinarsi.

"May…?"

riconobbe la voce della donna che la stava chiamando. Riaprì gli occhi e li posò sulla figura in piedi accanto a lei. Sorrise.

"Ciao Hermione… che piacere vederti…"

ne era sinceramente contenta in quanto significava che era ancora viva.

"Anche per me è bello vederti sveglia… finalmente…"

disse la dottoressa mentre si infilava le mani nelle tasche del camice bianco.

"Finalmente? Da quanto ero incosciente?"

chiese subito, curiosa come al suo solito.

"Una decina di giorni…"

May la interruppe

"Dieci giorni!? Cosa?"

alzò la voce tentando di nuovo di rialzarsi, ma il solito dolore la fece di nuovo accasciare nel letto.

"Stai ferma May, sei ancora troppo debole."

L’ex grifondoro l’aiutò a sistemarsi meglio nel letto.

"Hermione, cosa è successo? Harry? Max?"

domandò ansiosa.

"Calma. Piano con le domande. Ci vuole tempo per spiegarti tutto."

Disse la donna prendendo una seggiola e sedendosi accanto a lei.

"Credo che ne avrò di tempo per poterti ascoltare…"

affermò la professoressa fissando gli occhi ambrati in quelli della dottoressa.

"Da dove cominciamo…?"

pensò ad alta voce Hermione.

"Harry… Harry è vivo?"

chiese immediatamente la rossa.

Hermione sorrise, posò una mano su quella della giovane che stringeva le lenzuola candide.

"Sì. Lui è vivo…"

all’udire quelle parole May si rilassò. Aveva temuto per la vita dell’auror, ed invece si era salvato.

"Bene…" disse in un sussurro.

"Ma cosa è successo?"

domandò ancora.

"Veramente non so di preciso… non ho avuto la possibilità di incontrare Harry quindi non so bene cosa è accaduto… "

spiegava la dottoressa

"… Silente ci ha avvertiti che Max ha tentato di uccidervi ma che tu hai fatto scudo a Harry… poi lui ha tentato di pietrificare Greenflame che si è trasformato in un corvo ed è fuggito…"

poche parole che raccontavano in sintesi l’accaduto.

"…è riuscito a fuggire…"

May abbassò lo sguardo.

"Non preoccuparti, Harry e tutto l’Ordine lo stanno cercando. Difficilmente riuscirà a passare inosservato, alcuni giornalisti sono apparsi alla villa e hanno carpito alcune informazioni tra le quali il nome del nuovo Oscuro Signore e il fatto che Harry è vivo…"

la dottoressa si alzò dalla seggiola avvicinandosi alla finestra voltando le spalle all’amica.

"Max è fuggito… ma almeno la villa è stata distrutta… Sai se hanno trovato qualcosa di utile?"

chiese razionalmente la professoressa.

"Linda è fuggita con tutte le carte importanti… l’unica novità è che è stato ritrovato il fratello della professoressa McGranitt…"

spiegò la donna

"Ne sono felice"

affermò sorridendo la rossa

"…ma purtroppo era morto…"

la dottoressa concluse la frase lasciando May di sasso. Le venne subito in mente suo fratello.

"Mio fratello Gary? E le mie amiche?"

chiese agitata.

"Stanno tutti bene… non ti preoccupare!"

Hermione guardò la ragazza che in quel letto di ospedale sembrava indifesa.

"Saranno felici di rivederti. I tuoi genitori e tuo fratello sono qui fuori. Te li chiamo subito…"

affermò la dottoressa avviandosi verso la porta della stanza.

"E Harry…?"

chiese timidamente la giovane.

La dottoressa si arrestò.

"Non lo vedo da quel giorno… non si è fatto vivo…"

disse la dottoressa sapendo bene che l’amico non faceva una bella figura in quel momento

"… starà lavorando notte e giorno per trovare Greenflame…"

lo giustificò in qualche modo la donna.

"Già…"

May abbassò gli occhi triste mentre Hermione lasciava la stanza.

Quando la porta fu chiusa May lasciò scendere una lacrima.

"Non si è mai fatto vivo…"

pensò tra sé la professoressa.

Sapeva benissimo che avevano deciso implicitamente di non far sapere nessuno del loro legame per non rischiare che la notizia trapelasse ed arrivasse anche a Max, ma si chiedeva come mai "un amico" non fosse andato a trovare "un’amica" che stava male…

Scosse la testa cercando di cancellare il suo pessimismo.

"Come ha detto Hermione, Harry sarà sommerso di lavoro e vorrà trovare Max il prima possibile…"

anche lei lo giustificava, ma una strana morsa le schiacciava il cuore.

Intanto la dottoressa, dopo aver chiuso la porta dietro di sé, si era inoltrata nel corridoio. Dopo pochi passi aveva incontrato Gary ed i genitori di May.

"Dottoressa Granger come sta mia figlia?"

le chiese il padre.

La donna sorrise dolcemente.

"Si è svegliata."

A quella notizia i visi dei tre si illuminarono.

"Possiamo vederla?"

domandò immediatamente Gary.

"Certo, ma solo per pochi minuti… è ancora debole. Meglio evitarle sforzi…"

i tre fecero un cenno di assenso e poi raggiunsero la stanza della ragazza.

Nel vedere i suoi genitori May sorrise tentando di non piangere. Era bello vederli felici. Sperava di non averli fatti preoccupare troppo.

Rimasero qualche minuto con lei, poi uscirono dalla stanza, ma la ragazza fermò il fratello.

"Gary, aspetta…"

il ragazzo tornò verso il letto della sorella.

"Dimmi May…"

aspettò che lei parlasse.

"Mamma e papà sanno che facciamo parte dell’Ordine?"

chiese preoccupata. Non voleva coinvolgere anche loro.

"No, Silente ha inventato una scusa. Non chiedermi cosa perché non ne ho la più pallida idea… Mamma e papà non mi hanno detto nulla…"

rispose il ragazzo.

"Bene…"

May sorrise.

"Mi raccomando tienili d’occhio, non vorrei che anche loro fossero in pericolo e soprattutto stai molto attento fratellino!"

si raccomandò lei.

Il giovane si abbassò e le diede un bacio su una guancia.

"Stai tranquilla sorellina e riposati. Devi ritornare nel pieno delle tue forze… abbiamo bisogno di te!"

la salutò poi lasciò la camera.

Quando il fratello se ne fu andato la giovane chiuse gli occhi e si addormentò di nuovo. Quando li riaprì vide che c’erano due figure femminili appoggiate alla finestra da cui entrava il sole che le impediva di focalizzare chi fossero.

Sbatté le palpebre più volte.

"Ehy dormigliona… era ora che ti svegliassi. Rischiavamo che Hermione ci cacciasse dalla stanza prima di poterti parlare!"

esordì Shannon avvicinandosi al letto.

"Sai com’è, bisogna attendere i comodi delle prime attrici!"

rispose May sorridendo all’amica.

"Allora peste come stai?"

domandò Victoria prendendo una seggiola e accomodandosi accanto al letto. Shannon invece si sedette sul bordo del materasso prendendo la mano dell’amica.

"Sono stanca, sono debole e voglio uscire da qui!"

disse la rossa.

"Non incominciare a fare i capricci! Sono poche ore che hai ripreso conoscenza, non puoi pretendere di aver già recuperato!"

la sgridò Shannon.

"Ma lo sapete come sono fatta… sarò pigra ma non ce la faccio a rimanere a letto!"

sbuffò la giovane.

"Dai May, se ti riposi bene recuperi alla svelta e tra qualche giorno verrai a casa."

Disse razionalmente Victoria.

"Hai sempre ragione tu!"

affermò ridendo May e anche le sue amiche si misero a ridere.

"Beh ora meglio andare altrimenti Hermione viene davvero a prenderci e a trascinarci fuori di qui…"

spiegò Shannon

"…perché devi sapere che siamo venute fuori dall’orario di visita. Non volevano farci passare ma Hermione ha chiuso un occhio, ma si è raccomandata di fare alla svelta."

Finì Victoria.

"Allora andate prima che vi trovino!"

disse sorridendo la rossa.

"Ok, a presto stella!"

la salutò Shannon.

"Stai tranquilla mi raccomando!"

affermò Victoria prima di uscire dalla porta.

Quelle due le avevano portato una ventata di allegria. Si ripromise di seguire i loro consigli.

La notte era limpida, il cielo era illuminato dallo spicchio di luna e da una miriade di stelle. L’aria era calda ma non troppo afosa. Era una notte splendida. Una di quelle notti da passare seduti in veranda a chiacchierare con gli amici con davanti un bicchiere di limonata fresca, oppure da passare con la persona che si ama spendendo il tempo nei vari locali rincorrendosi, avvicinandosi ed allontanandosi. Ed invece anche quella notte lavorava.

Si domandava ancora il perché Silente avesse voluto esplicitamente che fosse lui ad accompagnare Piton. Di solito non erano mai di ronda insieme. Ogni volta che c’era qualcosa da fare per l’Ordine della Fenice loro erano assegnati a due gruppi diversi.

"Gli devo molto…"

pensò tra sé il mannaro giustificando in quel modo la loro collaborazione forzata.

Piton gli forniva ogni mese la pozione che attenuava la sua indole di mannaro quando la luna era piena. Ma non riusciva comunque a capire. Non erano mai andati d’accordo. Lui, uno dei Malandrini, e il serpeverde. In qualche modo si rispettavano, ognuno riconosceva le capacità dell’altro ma niente di più.

"Perché mandare in missione due che non si fidano l’uno dell’altro?"

si domandò Lupin mentre avanzava accanto al fosco professore di pozioni.

Silente li aveva mandati a chiamare poche ore prima. Seduti nel suo studio aveva spiegato loro che dovevano smaterializzarsi in un paesino della Cornovaglia abitato completamente da maghi e andare da una persona. Non aveva dato ulteriori chiarimenti.

Gli vennero in mente le parole di Severus

"Silente credo sia meglio che vada da solo…"

ma il preside l’aveva subito zittito.

"Siamo quasi arrivati!"

affermò l’uomo accanto a lui facendolo ridestare dai suoi pensieri. Gli fece appena un cenno con il capo mentre il loro passo veloce e deciso non accennava ad arrestarsi.

Pochi minuti dopo entrarono in un giardino di una piccola casa dalle ante tinte di verde. Piton bussò due volte alla porta dello stesso colore. Apparve una donna dai serici capelli biondi.

"Accomodatevi. Vi attendevo."

Era una bella donna sui trent’anni. La prima cosa che colpiva di lei erano i lunghi capelli che sembravano un manto di seta di un biondo talmente chiaro che parevano quasi bianchi. Occhi azzurri rendevano il viso delicato molto affascinante.

Fece loro attraversare il piccolo ingresso facendoli accomodare nel salotto.

"Ci perdoni signora ma Silente non ci ha avvertito di cosa facciamo qui."

Esordì Remus.

La donna sorrise sedendosi in una poltrona davanti al divano in cui invece erano accomodati i due.

"Devo dirvi qualcosa che può fermare mio fratello."

Spiegò lei.

"Suo fratello?"

chiese Piton.

"Max. Non è lui che state cercando?"

la domanda era retorica. Lei sapeva benissimo chi aveva di fronte.

"Da quando una sorella tradirebbe il suo sangue?"

domandò di nuovo Piton ironicamente.

"Da quando si vuole salvarlo da una fine peggiore, forse perché siamo fratelli solo a metà… mio padre non era Tom Riddle, ma un povero mago inglese che lui ha ucciso per avere mia madre!"

la voce era calma ma si riusciva comunque a sentire del rancore.

"Non sapevamo nulla…"

disse Remus.

"Nessuno lo sapeva. Mio padre è stato ucciso che io avevo solo tre anni. Lord Voldemort si era invaghito di mia madre e l’ha voluta per sé, ha avuto un figlio con lei e dopo pochi anni l’ha cacciata. Non era inglese e lui voleva una compagna adatta a lui. Mia madre prese me e mio fratello e ci trasferimmo in Germania. Voglio bene a Max, gliene ho sempre voluto, ma si vedeva che era diverso. All’età di diciassette anni ha scoperto l’identità di suo padre, che era ancora vivo."

Raccontava calma.

"Voleva partire per venire a cercarlo ma mia madre è riuscita a fermarlo. Ma poi quando Potter lo ha ucciso Max è come impazzito. Si è chiuso in sé stesso e studiava giorno e notte. Noi pensavamo che si fosse messo il cuore in pace ed invece è riuscito a venire in Inghilterra ed a ricostituire il dominio di terrore di Voldemort."

La donna non temeva di nominare il nome del Signore Oscuro.

"E io che pensavo fosse felice… poi qualche giorno fa ho letto alcuni articoli in cui si diceva che Max era diventato il nuovo capo dei Mangiamorte e che ha combattuto contro di voi. Appena l’ho saputo ho contattato Silente ed ecco che lui vi ha inviati da me."

concluse lei.

"Solo per sentire il suo racconto?"

chiese Piton.

"Credo che voglia questo…"

la donna prese il ciondolo che portava al collo, era d’argento con una pietra rossa. Si alzò dalla poltrona e si avvicinò a Lupin mettendoglielo in mano.

"Cos’è?"

chiese lui.

"Non so dirvi di preciso. Ma Max l’ha sempre temuto ed amato. Lo consegno nelle vostre mani."

I due capirono che la visita era conclusa e si congedarono.

Il tempo era brutto, pioveva e pareva non volesse smettere. La ragazza si alzò dal letto facendo ancora un po’ di fatica. Non voleva rischiare di sentire ancora il dolore provenire dalla ferita che si stava rimarginando. Sollevò un poco la canottiera del pigiama e vide la garza che proteggeva la carne. Aveva visto la ferita quando Hermione era andata da lei per medicarla. Non era molto grande, forse tre centimetri, ma era molto profonda, sembrava una bruciatura.

"Avrò anche io una cicatrice di guerra da mostrare…"

affermò lei a voce bassa.

"Spero che sia la prima e l’ultima professoressa."

Affermò Silente che era appena entrato nella stanza.

La giovane si sistemò la maglietta e si avvicinò all’uomo.

"Preside. Benvenuto al San Mungo…"

disse lei ironicamente. L’ospedale non era certo un bel posto in cui stare.

"Oh May, abbia un po’ di pazienza, tra poco uscirà. Ho sentito la dottoressa Granger dire che è quasi pronta."

La rincuorò l’uomo.

"Bene. Non ce la faccio più a starmene qui con le mani in mano mentre so bene che tutti voi state lavorando incessantemente…"

disse la giovane.

"Non si deve preoccupare. Dovrei chiederle un piacere."

Affermò l’anziano.

"Mi dica pure."

La ragazza fissò attentamente il volto del preside.

"Vorrei confermarla come insegnante per Difesa contro le Arti oscure anche quest’anno quindi volevo sapere la sua disponibilità…"

chiese lui.

La giovane rimase un po’ stupita. Non si aspettava quella proposta.

"Ne sarei lieta. Se per lei non ci sono problemi a proseguire come l’anno scorso. Sa bene che ogni tanto devo assentarmi dalle lezioni per andare dalle mie colleghe a Londra."

Rispose lei sorridendo leggermente.

"Ne sono cosciente. Per me va bene. Devo quindi prenderlo come un assenso?"

chiese Silente.

"Si."

Sorrise lei apertamente.

"Bene. Allora le ho portato alcune carte da firmare. Le legga e poi passi da me a consegnarmele appena viene dimessa."

Disse lui.

La ragazza prese le carte che lui aveva estratto da una delle sue tasche. Poi il preside si congedò.

"A presto May, mi raccomando si riposi."

La ragazza lo salutò.

Il preside rientrò a casa che era quasi l’ora di cena. Remus era fuori per lavoro ed anche Harry. Si diresse in cucina per cercare qualcosa da mangiare. In realtà non aveva molta fame.

Stava per varcare la porta quando vide Potter rientrare dalla porta sul retro.

"Buonasera Harry…"

lo salutò l’anziano.

"Buonasera Silente…"

rispose il ragazzo dirigendosi verso la scalinata che portava al piano superiore.

"Come mai così di fretta? Non hai voglia di mangiare qualcosa con me?"

domandò l’uomo osservandolo da dietro le lenti degli occhiali a mezzaluna.

"Ho solo il tempo di farmi una doccia per togliermi di dosso questa puzza di troll… ne ho incontrato uno nel pomeriggio."

Spiegò il ragazzo cercando di andarsene.

"Dove devi andare?"

chiese Silente.

"Ho una traccia su dove si nasconderebbe Greenflame… Ron dovrebbe passare di qui tra un quarto d’ora…"

affermò guardando l’orologio da polso.

"Aspetta. Devo solo dirti una cosa…"

lo fermò l’uomo.

Il ragazzo che aveva fatto alcuni gradini si arrestò per poi scendere di nuovo e fermarsi di fronte al vecchio mago.

"Dica…"

si concentrò su di lui.

"La professoressa Pereights si è svegliata…"

esordì l’uomo.

"Bene…"

la voce di Harry era stata fredda e immobile, il volto aveva tralasciato per meno di un secondo la sua immagine impassibile ed era parso contento. Ma poi era tornato deciso come prima.

"Dovresti andare da lei…"

gli consigliò l’uomo.

"Ora non posso… appena trovo un’oretta libera ci andrò…"

disse Harry.

"Come vuoi. Devo anche darti una cosa."

Affermò Silente mentre prendeva qualcosa dalla tasca della sua veste color ciclamino.

"Tieni…"

aprì la mano che conteneva il ciondolo dalla pietra rossa che Piton e Lupin avevano recuperato dalla sorella di Max.

"Che significato ha?"

domandò il giovane.

"Sappi solo che ti sarà utile."

Poi l’uomo si diresse verso la cucina per riprendere quello che stava per fare… cercare qualcosa per cenare.

Erano tre giorni che era stata dimessa. Stava bene, si sentiva soltanto un po’ debole, ma la ferita non le faceva più male. Non aveva più bisogno di tenerla coperta, la pelle si era rifatta ma era rimasta una cicatrice a forma di sole. In quei tre giorni si era riposata a casa ed aveva compilato le carte che le aveva consegnato Albus Silente per la sua nomina a professoressa per l’anno che sarebbe cominciato a Settembre.

Se ne stava seduta alla scrivania della sua camera. Rilesse il documento poi lo piegò e lo inserì nella busta. Volse lo sguardo alla finestra e vide il sole che stava tramontando rendendo il cielo rosso. Infilò la busta nella sua borsa e scese le scale che conducevano al piano terra.

"Mamma…"

chiamò la madre mentre faceva capolino sulla porta della cucina. La vide intenta a preparare la cena.

"Sì May… dimmi…"

rispose la donna.

"Vado da Silente a portargli questi documenti. Non aspettarmi per cena, non ho molta fame e non so a che ora posso tornare…"

spiegò la ragazza.

"Va bene. Ma stai attenta a non affaticarti troppo volando!"

si assicurò la donna.

La giovane la salutò poi uscì di casa e prese la sua scopa che aveva appoggiato sul retro della casa. La inforcò e si levò in volo. L’aria era calda quindi non le dava fastidio volare senza il mantello. Dopo una decina di minuti la scopa scese nel giardino sul retro della casa del preside. Appoggiò la scopa al muro e poi entrò in casa.

"Permesso…"

disse giungendo nell’atrio. Non sentì nessuno risponderle.

"C’è nessuno?"

chiese di nuovo ad alta voce.

"Strano che non mi risponda nessuno. Mi sembra curioso che se ne vadano tutti senza chiudere la porta di casa…"

pensò tra sé mentre entrava nello studio di Silente ed appoggiava la busta al centro della scrivania in un punto dove era certa che l’uomo l’avrebbe sicuramente scorta.

"Diammine sei tu!"

sentì la voce potente di un uomo provenire dalla porta.

Alzò lo sguardo e vide Harry con i capelli bagnati, a piedi nudi e con indosso solo un paio di pantaloncini… probabilmente era appena uscito dalla doccia.

"Già. Sono io…"

la risposta fredda della giovane. In realtà il suo cuore aveva incominciato a battere velocemente appena si era vista il ragazzo davanti.

"Non devi entrare nelle case degli altri senza farti sentire. Avrei potuto colpirti con un incantesimo!"

affermò il giovane entrando nella stanza.

"Veramente io ho chiesto il permesso ma nessuno mi ha risposto. Volevo solo lasciare alcuni documenti a Silente. Non c’è?"

chiese lei.

Lui la guardò di sfuggita, indossava una canottiera rosa ed un paio di pantaloncini bianchi. Rosa erano anche le infradito e la borsa di tela. I lunghi capelli erano legati in una coda.

"Hey, c’è Silente?"

Domandò di nuovo la ragazza attirando l’attenzione del giovane.

"No, lui e Remus sono via per qualche giorno."

Spiegò Potter.

"Ah… quando torna digli che ho lasciato i documenti sulla sua scrivania. Ora scusami, devo andare."

disse lei passandogli in parte ed uscendo dalla stanza.

"May…"

lui la richiamò.

La giovane si fermò in mezzo all’ingresso ma non si voltò verso di lui.

"Devi dirmi qualcosa?"

chiese lei, nessuna vibrazione nella voce.

Il ragazzo la raggiunse e le sfiorò un braccio mentre la faceva voltare verso di lui.

"Come stai?"

domandò solamente.

"Ora meglio. Ma credo che non ti interessi poi molto…"

affermò lei dirigendosi verso il retro della casa.

Lui la seguì…

"Perché dici così? Lo sai bene che sei importante per me…"

disse lui abbassando un poco la voce.

"Così importante da non venire mai a trovarmi in ospedale?"

si voltò verso di lui, gli occhi che trattenevano a stento le lacrime.

"Non è vero…"

affermò egli cercando di prenderla tra le braccia. Lei lo spinse lontano.

"Come no? Hermione mi ha riferito che non sei mai venuto a farmi visita quando ero incosciente e poi quando mi sono svegliata non ti ho mai visto, nemmeno per un minuto, venire a salutarmi…"

affermò lei. Riusciva ad impedire alle lacrime di scendere.

"Dormivi. Venivo a notte fonda, quando nessuno era in giro. Ti ho osservata dormire tutte le notti…"

spiegò lui.

"Perché?"

chiese lei a bassa voce.

"Ero, anzi sono, impegnato con le ricerche di Max, ho pochi minuti di tempo libero. Come potevo farmi vedere e sparire subito dopo?"

chiese lui mentre si avvicinava di nuovo alla ragazza.

"Max… sempre Max. È la tua priorità vero?"

chiese lei.

"Prima lo troverò, prima ti lascerà in pace!"

affermò egli.

"Ma in questi giorni non si è mai fatto vivo. Si sta nascondendo. Io ora sono al sicuro…"

lo contraddisse lei.

"Al sicuro? Per quanto?"

domandò fissandola negli occhi.

"Non so… per un po’."

Rispose lei voltandogli di nuovo le spalle e uscendo nel giardino sul retro.

"Devo andare…"

disse avvicinandosi alla scopa.

Si sentì prendere di scatto e si ritrovò tra le braccia di Harry.

"Credimi. Ti chiedo solo questo…"

le sussurrò lui all’orecchio.

La ragazza chiuse gli occhi. Sentì le labbra di lui posarsi sulle sue in un bacio dolce e i suoi timori scomparvero. Dopo poco chiese…

"Mi vuoi bene?"

alzò gli occhi per poter fissare quelli verdi di Potter.

"Ti amo May…" e la baciò di nuovo con passione contraccambiato dalla giovane.

Lui la strinse forte e si smaterializzarono insieme.

Ciao a tutti...

per vostra disgrazia son tornata... ebbene che ne pensate?

Ringrazio Manny, franys e Raffy89 per i commenti, siete troppo carine... spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento...

Manca poco alla fine... forse ho trovato come deve essere... abbiate pazienza...

a presto, baci baci

Miyan

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


CAPITOLO 27

CAPITOLO 27

La riunione durava da almeno due ore. May se ne stava seduta composta, elegante nel suo abito di seta a fiori. Ogni tanto prendeva appunti su quello che i membri dell’ordine stavano esponendo. Appoggiò la penna alle labbra ed alzò lo sguardo dal foglio per poi posarlo su Harry che stava incominciando a parlare in quel momento.

"Quanto è bello…"

pensò mentre osservava il giovane che professionalmente esponeva le informazioni da lui raccolte sul probabile nascondiglio di Max.

"…credo che per un po’ di tempo se ne starà nascosto. Non tenterà nulla. Sa bene che noi ora come ora siamo più forti di lui…"

lo sentì dire proprio mentre le iridi smeraldine del giovane si soffermavano per alcuni secondi nelle sue per poi passare oltre.

Il consiglio proseguì ancora per un’ora. Poi quando fu terminato May richiuse il suo taccuino e lo ripose nella sua borsa. Si alzò in piedi e vide Harry avvicinarsi a lei accompagnato da Ron.

"Ciao May…"

la salutò il giovane.

"Ciao rossa…"

la salutò Ron.

"Ciao ragazzi."

Disse lei sorridendo.

"Hai visto Hermione? Aveva detto che avrebbe fatto di tutto per venire, ma aveva il turno al San Mungo…"

disse Ron mentre con lo sguardo cercava la donna tra la gente.

"No, mi spiace."

Rispose la professoressa.

"Allora andrò a cercarla. Scusatemi…"

e Weasley si allontanò dai due.

"Meglio che vada anche io."

Disse Harry sorridendole. Ma mentre le passava accanto le sussurrò…

"Ti aspetto da me stasera."

La giovane si voltò e lo vide avvicinarsi a Ginny, Shannon e Victoria.

Harry aveva preso in affitto un piccolo appartamento a Londra da qualche giorno e lei passava da lui quasi tutte le sere. Naturalmente senza che nessuno sapesse della cosa.

La giovane salutò i presenti e lasciò la casa smaterializzandosi nel suo ufficio.

Lavorò per qualche ora, non tornò a casa per la cena, mangiucchiò un tramezzino mentre finiva di preparare una pozione. Shannon e Victoria erano tornate anche loro al lavoro dopo la riunione.

"May noi andiamo a casa. Chiudi tu?"

le chiesero distogliendola dalla pozione che bolliva nel calderone.

"Sì, ci penso io. Buona serata…"

disse alle amiche che dopo averla salutata lasciarono l’ufficio.

Dopo qualche minuto la pozione era pronta. La mise nell’ampolla e poi prese la sua borsa. Chiuse l’ufficio ed invece di salire sul tetto per prendere la scopa per tornare a casa scese in strada. La notte era ormai inoltrata.

La vide uscire dall’edificio dove sapeva bene c’era l’ufficio di lei. Era bella come se la ricordava, anzi sembrava molto più affascinante. Indossava un vestito di seta nero con dei fiori rossi, le scarpe con il tacco alto, i lunghi riccioli raccolti che lasciavano libero il collo. Gli passò a qualche metro mentre cercava qualcosa nella sua borsa. Camminava veloce per le strade della città.

Incominciò a seguirla. Era come una calamita. Doveva riuscire a parlarle. Doveva aver trovato quello che cercava nella borsa perché ora guardava dritta di fronte a lei. Attraversò la strada e lui fece lo stesso. La vide entrare in un caseggiato e prendere le scale. Lui la seguiva ancora, stando attendo a non fare alcun minimo rumore.

Si bloccò dietro un angolo. Era ferma davanti ad una porta dove aveva appena bussato. La porta si aprì…

"Potter?"

pensò guardando il giovane che faceva capolino sulla porta d’ingresso.

"Finalmente sei arrivata… non resistevo più!"

disse lui cingendole la vita ed abbassandosi un poco per baciarla sulle labbra.

"Su fammi entrare!"

affermò lei sorridente dopo essersi sciolta dal bacio e passando accanto al giovane entrando nell’appartamento.

Il ragazzo si fermò ancora un secondo sulla porta prima di richiuderla. L’altro vide distintamente un ciondolo con una pietra rossa al collo di Harry.

"Non può essere…"

pensò riconoscendolo.

"Riprenderò ciò che è mio!"

si ripromise prima di scendere le scale.

"Sia May che il ciondolo…"

la sua ira sembrava essersi rinvigorita. Ora la sua determinazione non avrebbe più avuto limite.

Si era appena destata. Il sole filtrava dalle tende che coprivano la finestra. Allungò una mano e prese l’orologio che era appoggiato sul comodino.

7:37

Sbuffò. Non aveva voglia di alzarsi. Avrebbe di gran lunga preferito rimanere a letto e magari svegliarlo. Sorrise voltandosi a guardare il ragazzo che dormiva beatamente e che con un braccio le cingeva la vita. Ma sapeva benissimo che alle otto e mezza avrebbe dovuto essere a lavoro. Per non parlare del fatto che aveva anche un appuntamento ad Hogwarts da Silente.

Scostò il braccio del giovane facendo attenzione a non svegliarlo. Resistette alla tentazione di abbassarsi a baciarlo. Le piaceva guardarlo dormire. Si decise ad alzarsi e si infilò in bagno. Dopo essersi lavata e vestita raggiunse la cucina.

Prese del succo di zucca e lo versò in un bicchiere. Stava imburrando una fetta di pane quando sentì dei passi fermarsi dietro di lei, due braccia le circondarono i fianchi e le fecero appoggiare la schiena contro il corpo del giovane.

"Non è un po’ troppo presto per alzarsi?"

le domandò posandole un bacio sul collo.

"Tra venti minuti devo essere in ufficio… "

incominciò a spiegare lei.

Il ragazzo la fece voltare tenendola sempre abbracciata.

"In nessun modo posso farti cambiare idea?"

le chiese prima di darle un bacio a fior di labbra.

Lei sorrise.

"Dovresti conoscermi… il dovere prima di tutto!"

rispose lei guardandolo negli occhi verdi.

"Rimani… Shannon e Victoria se la caveranno da sole per qualche ora…"

affermò Harry.

"Mi aspettano. Devo lasciare loro alcuni documenti e poi smaterializzarmi ad Hogwarts…"

resistette la giovane.

"Devi vedere Silente?"

chiese lui per poi addentare la fetta di pane imburrato che la ragazza teneva ancora in mano.

"Ehy… è la mia colazione!"

lo sgridò lei.

La ragazza lasciò il coltello e il pane sul ripiano e poi posò i palmi delle mani sul petto del giovane spingendolo lontano. In risposta il ragazzo la strinse ancora di più a sé.

"Dove vuoi scappare?"

le chiese ridendo.

"Non c’è niente da ridere…"

lo guardò imbronciata lei.

"Sul serio, rimani…"

le chiese lui dolcemente non distogliendo mai lo sguardo dagli occhi di lei.

La ragazza fu indecisa per alcuni minuti, avrebbe voluto accontentarlo.

"Davvero, non posso… se fosse un altro giorno lo farei, ma non posso…"

rispose lei.

"Ok."

Rispose il giovane per poi baciarla.

Sciolti dall’abbraccio lei riprese a preparare la sua colazione mentre lui preparava il caffè.

"Allora che vuole Silente da te?"

le domandò.

"Credo che sia per le solite formalità da sbrigare per insegnare…"

disse lei.

"Ah. Pensi di finire alla svelta?"

domandò ancora.

"Credo di sì, perché?"

la giovane si voltò verso il ragazzo.

"Mi domandavo se volessi venire con me in missione per l’Ordine stanotte…"

la frase detta semplicemente senza sottolineare l’importanza del fatto.

"Davvero? Max? Avete notizie?"

chiese lei.

"Pare che sia stato visto qui a Londra, non so dirti di più… allora vieni?"

intanto il caffè era pronto e lo versò in una tazzina.

"Ci sarò."

Affermò lei mentre finiva di mangiare il suo pane.

"Ti aspetto a casa di Silente per le dieci…"

diede l’appuntamento.

"Ve bene. Ora devo andare."

disse la ragazza prendendo la sua borsa e passando accanto al giovane prima di dirigersi verso l’uscita.

"Buon lavoro."

Le disse lui.

"Buon lavoro anche a te. A stasera."

Affermò la ragazza dopo avergli dato un bacio prima di proseguire verso la porta.

Era appena uscita dall’edificio. L’aveva attesa tutta notte. Voleva vedere fino a dove si fosse spinta. E di fatti era rimasta fino al mattino successivo.

"Ha dormito da lui… nemmeno la farsa di rientrare a casa sua durante la notte…"

pensò tra sé amareggiato.

Prese a camminare lentamente seguendo la ragazza. Stava andando a lavoro, ne era certo in quanto stava percorrendo il tratto di strada che aveva fatto la sera prima ma nel senso contrario.

La vide entrare nel caseggiato dove era situato il suo ufficio e lui si appostò di nuovo aspettando di trovare l’occasione adatta perché lei fosse sola.

May varcò la porta dell’ufficio e vide le sue amiche già al lavoro. Victoria stava leggendo alcuni documenti mentre sorseggiava un caffè freddo, Shannon invece stava prendendo delle pozioni dall’armadio.

"Era ora che arrivassi!"

affermò la mora sporgendosi da dietro l’anta dell’armadio per vedere l’amica entrare.

"Ciao Victoria…"

salutò May incurante della frase appena detta dalla collega.

"Ciao Shannon…"

si volse quindi verso di lei.

"Si può sapere dove hai messo la pozione antinvecchiamento?"

chiese la ragazza mentre appoggiava varie ampolle di vari colori sulla scrivania di May.

"Dovrebbe essere sul secondo ripiano, in una piccola ampolla… non dovrebbe essercene molta però!"

affermò la rossa avvicinandosi all’amica e incominciando a cercare la pozione.

"Eccola qui infatti…"

disse prendendo la boccetta che conteneva alcuni millilitri di liquido azzurro.

"Ma ti giuro che non c’era prima! Ho rivoltato l’armadio tre volte! Vero Vic?"

chiese conferma all’amica.

"Si, l’ha cercata per mezz’ora…"

disse Victoria dando conferma a May di quanto avesse appena detto Shannon.

"Beh ti posso assicurare che è sempre stata qui!"

proferì May passando la boccetta nelle mani dell’amica per poi andare a sedersi alla sua scrivania.

"Sarà comparsa per magia…"

disse la mora mentre riponeva l’agognata pozione su un tavolino mentre rimetteva tutte le altre al proprio posto.

"Ma si può sapere a che ti serve?"

domandò Victoria mentre riponeva i documenti che aveva appena letto.

"Il nipotino della signora Machinsaile ha voluto provare sul fratello una pozione di invecchiamento, ed il bimbo sta invecchiando un anno ogni ora…"

si mise a raccontare per poi guardare l’orologio

"Adesso dovrebbe dimostrare all’incirca trent’anni… spero solo che questa pozione inverta il processo!"

affermò la mora dirigendosi verso la porta.

"Ci vediamo dopo…"

disse la ragazza lasciando l’ufficio diretta a casa della signora.

La stanza sprofondò nel silenzio. May prese la carta intestata ed una penna ed incominciò a scrivere.

"Ti dispiace se vado anche io?"

chiese Victoria poco dopo.

"No, vai pure. Ma prendi le chiavi dell’ufficio perché io tra poco devo andare ad Hogwarts…"

disse la rossa alzando lo sguardo sull’amica.

"Ok. Pensi di metterci molto? Perché Shannon e io volevamo andare a pranzo tutte insieme per una volta."

Disse la minuta ragazza.

"Non molto. Solo alcune formalità da sbrigare con Silente."

Rispose la rossa.

"Allora ci vediamo a mezzogiorno e mezza davanti al ristorante di Streinger, quello dietro l’angolo. Hai presente dov’è?"

domandò Victoria.

"Sì, certo. Ci vediamo là allora. Ciao bella…"

disse May. Poco dopo l’ufficio era di nuovo in silenzio.

La professoressa finì di scrivere la lettera, asciugò l’inchiostro con un colpo di bacchetta e poi piegò il foglio per inserirlo in una busta. La chiuse e la mise nella sua borsa. Poi guardò l’orologio a pendolo. Indicava le nove e dodici. Prese la sua borsa e poi uscì dall’ufficio chiudendolo a chiave. Aveva appuntamento ad Hogwarts alle nove e mezza.

Precisa come un orologio, spaccava sempre il secondo. Si era smaterializzata ad Hogsmeade ed aveva percorso il sentiero che portava a scuola. La pendola nell’ufficio di Silente batteva le nove e mezza quando lei varcò la porta.

"Buongiorno Preside…"

lo salutò cortesemente.

"Buongiorno professoressa Pereights. Si accomodi pure."

Le indicò la poltrona dove poco dopo lei sprofondò.

"Ecco a lei gli ultimi documenti da consegnare al consiglio.."

disse la ragazza prendendo la busta dalla sua borsa e passandola a Silente.

"… spero che non abbiano dubbi e che accettino la mia riconferma come insegnante di Difesa…"

affermò la ragazza alzando lo sguardo sull’anziano.

"Oh, non si preoccupi. Hanno visto il resoconto del suo operato dell’anno precedente e non ci sono state critiche…"

affermò l’uomo.

Poi il loro colloquio divenne molto pratico. La ragazza sapeva già di cosa si sarebbe occupata quell’anno, i programmi di insegnamento per i vari anni erano identici a quelli dell’anno precedente tranne per una cosa. Volevano ricostituire il club dei duellanti e lei se ne sarebbe dovuta occupare.

"Io? Ma ne siete sicuri?"

domandò la giovane quando il preside gliel’aveva proposto.

"Sì, è una dei docenti che non è capocasa ed insegna difesa contro le arti oscure, chi c’è meglio di lei?"

il preside aveva dissipato ogni suo dubbio.

Quando un’ora dopo uscì dall’ufficio di Silente aveva il programma del club da preparare.

Il resto della mattinata lo occupò facendo il suo lavoro. Quando era rientrata in ufficio aveva trovato due richieste e aveva subito sistemato il tutto.

A mezzogiorno e venti uscì dall’edificio. Lui era ancora là che la aspettava. Lei non se ne accorse, c’era troppa gente che occupava la strada, non lo avrebbe mai notato in mezzo alla folla.

Raggiunse il ristorante dove le sue amiche la stavano già aspettando.

"Eccola…"

pensò tra sé il giovane vedendola lasciare l’edificio.

La seguì come aveva fatto dal giorno prima ed entrò anch’egli nel ristorante. La vide sedersi ad un tavolo con due ragazze.

"…probabilmente le sue colleghe…"

anche lui si sedette ad un tavolino nascosto da dove poteva vederla.

"… devo trovare il modo di bloccarla…"

la sua testa pareva un motore in movimento, i meccanismi continuavano a lavorare in cerca di una soluzione. Doveva parlarle.

"…devo parlare con lei…"

non riusciva a distogliere lo sguardo da quel volto.

Pareva che negli ultimi tempi fosse maturata. Il suo modo di vestire, di gesticolare, anche di parlare pareva mutato.

"Se prima era una ragazza che si era ritrovata a fare un lavoro più grande di lei ora è una giovane donna consapevole delle sue capacità…"

la trovava a dir poco affascinante. Era forte, testarda ma allo stesso tempo fragile come il cristallo.

La vide sorridere e poco dopo scoppiare in una risata con le sue amiche.

"L’ultima volta che l’ho vista i suoi occhi erano terrorizzati…"

la rivide riversa a terra con Potter che si precipitava su di lei.

"Potter…"

solo il pensiero del ragazzo gli faceva contorcere lo stomaco. Lo odiava. Si era preso tutto ciò che lui amava. Prima aveva ucciso suo padre ed ora si era impossessato della ragazza che amava…

"Per non parlare del ciondolo…"

non riusciva a capire come fosse entrato in possesso di quell’amuleto.

Ne aveva paura, ma lo amava allo stesso modo. Quel ciondolo rosso come il sangue aveva un potere che nessuno poteva immaginare. Solo lui e suo padre ne erano a conoscenza. E lui ne era entrato in possesso solo quando Voldemort era morto.

Aveva sperimentato da solo di cosa era capace. Lo poteva rendere potente e al contempo poteva finirlo se fosse caduto nelle mani sbagliate.

"Ed ora ce l’ha Potter…"

ma pareva che non avesse ancora scoperto a cosa servisse.

"Meglio per me…"

intanto sia lui che May avevano finito di mangiare. La vide alzarsi da tavola con le sue colleghe e pagare prima di uscire e ritornare con loro in ufficio.

E lui era stato la sua ombra.

Harry era nell’ufficio degli auror. Aveva ripreso il suo posto dopo che la stampa aveva reso noto il fatto che fosse ancora vivo. Però era più libero nei movimenti. Essere auror era il suo lavoro ma lui era anche un membro dell’Ordine della Fenice e quindi doveva concentrare le sue forze solamente su un caso… la ricerca di Greenflame.

Era riuscito a convincere i suoi superiori ad assegnare a lui e a Ron un gruppo di auror per occuparsi del nuovo Signore Oscuro. Aveva dovuto fare parecchie pressioni perché il ministero non voleva delegare ancora a lui compiti di quel genere, ma alla fine l’aveva spuntata.

E divenendo capo di una squadra aveva anche ricevuto un ufficio tutto suo… non proprio tutto visto che accanto alla sua scrivania vi era quella dell’inseparabile amico Ron.

"Harry, ma siamo certi che la segnalazione di Pikler sia attendibile?"

gli domandò in quel momento il rosso.

Potter alzò lo sguardo dalla Gazzetta del Profeta e lo posò sul suo amico.

"Non possiamo esserne certi al cento per cento ma pare che si nascondi in quel luogo in compagnia di Linda e di alcuni mangiamorte."

Si sistemò meglio gli occhiali.

"Allora attacchiamo in forze!"

propose sempre ricco di energie Weasley.

"No."

La risposta negativa era arrivata sicura, non ammetteva repliche.

"Ma Harry…"

cercò di obiettare Ron.

"No, andrò a dare un’occhiata stasera con May. Ha accettato di accompagnarmi. Prima di attaccare voglio essere sicuro che sia veramente in quel luogo. Se così fosse metterò qualcuno di guardia e organizzerò una incursione che non gli lasci alcuna via di fuga…"

quando si trattava del suo lavoro non ammetteva errori.

Vide Ron alzarsi dalla scrivania e dirigersi verso la finestra.

"Ron, scusa per il tono di voce, solo che voglio prendere quel tipo il prima possibile… ma non posso permettermi di sbagliare questa volta. Difficilmente avrei un’altra possibilità!"

cercò di spiegarsi il giovane.

Il rosso si voltò nuovamente verso di lui.

"Ascoltami, non sei l’unico che vuole fermare quell’uomo. Lo so che tu sei più legato a questa storia perché è il figlio di Voldemort, ma non puoi fare tutto da solo."

La voce calma.

"Ora scusami, vado a controllare il luogo di una soffiata…"

ed uscì.

Harry si alzò e si avvicinò alla finestra quasi nel punto dove poco prima c’era il suo amico.

"Non può capire il perché io debba realmente fermare Max…"

i suoi occhi fissavano l’orizzonte

"…forse se Hermione fosse direttamente coinvolta lui potrebbe capirmi. Ma lui non sa di May e me… non sa cosa vuol dire svegliarsi di notte e controllare che sia ancora lì vicino a me… o smaterializzarmi a casa sua per verificare che sia ancora nel suo letto…"

ormai la cosa si verificava ogni notte. Quando lei non dormiva con lui si smaterializzava nella camera della ragazza e si assicurava che stesse dormendo. Temeva che Greenflame la portasse via ancora una volta.

Aveva visto il suo sguardo l’ultima volta che tutti e tre si erano ritrovati insieme. Lui la voleva con sé, voleva comandarla e possederla come se fosse stato un oggetto. Anche quando lei si era rifiutata di seguirlo, egli aveva promesso che l’avrebbe avuta al suo fianco.

"E le promesse si mantengono…"

fece un respiro profondo per poi espirare tutta l’aria che aveva nei polmoni. Doveva rilassarsi. Era talmente teso che il suo organismo non avrebbe retto per molto tempo.

"E l’unico modo per mettere la parola fine a questa vicenda è prendere Greenflame…"

guardò l’orologio. Erano quasi le sette.

Si decise a tornare a casa per cenare.

"Magari c’è anche May…"

gli sarebbe piaciuto varcare la porta e trovarla in casa. Magari in cucina a preparare qualcosa da mangiare, o appena uscita dalla doccia…

Sorrise.

Lei non era mai andata a casa sua senza che lui non l’avesse invitata.

"Dovrò ricordarmi di fare un doppio delle chiavi e di regalargliele…"

si ripromise mentre lasciava l’ufficio e si dirigeva lungo il corridoio.

Silente era seduto in poltrona leggendo un libro che gli era stato regalato al compleanno dal trio. Con la coda dell’occhio vide Harry entrare nella stanza e sedersi nel divano di fronte a lui.

"Ciao Harry."

Lo salutò mentre infilava il segnalibro tra le pagine e chiudeva il tomo.

"Buonasera Albus."

La voce del giovane era calma ma per l’orecchio attento di Silente aveva una sfumatura preoccupata.

"Allora Harry. Cosa c’è?"

chiese gentilmente appoggiando il libro sul tavolino.

"Forse abbiamo trovato Greenflame."

La voce continuava ad essere calma, nessun mutamento.

"Ne siete sicuri?"

domandò aggiustandosi gli occhiali a mezzaluna.

"Non ancora. Stasera vado a dare un’occhiata con la professoressa Pereights…"

raccontò il giovane.

"Capisco. Come mai viene con te? Non avevamo deciso di tenerla il più lontano possibile dai pericoli?"

chiese il preside.

Il ragazzo rimase in silenzio.

"Come posso dirgli che la voglio con me perché non mi fido a lasciala lontana?"

il giovane fece un sorriso di circostanza.

"Voglio che veda con i suoi occhi che siamo in grado di proteggerla. Voglio che capisca che questa faccenda sta per finire. Voglio tenerla sott’occhio in quanto so benissimo che sarebbe capace di andare da sola a controllare dove è Greenflame e non posso permettermi che cada di nuovo nelle sue mani…"

spiegò il giovane.

Silente si alzò dalla poltrona e si avvicinò al suo pupillo.

"Credo che la professoressa Pereights non abbia bisogno di protezione."

Le parole del preside fecero alzare lo sguardo di Potter.

"Ma Silente…"

cercò di parlare.

"No Harry, non interpretare male quello che ho detto. May è forte, più forte di quello che ci immaginiamo. Sa proteggersi da sola. Ma come hai ben detto tu è testarda. Da sola non sarebbe in grado di sconfiggere l’erede di Voldemort, mentre tu potresti aiutarla..."

Incominciò a camminare per la stanza

"…vedere che ormai per Max non c’è più scampo potrebbe rincuorarla, ma potrebbe anche metterla in pericolo. Dimmi dove andrete?"

chiese per poter mandare dei rinforzi in caso di necessità.

"Alla Torre di Londra. Mi hanno detto che in alcune stanze dell’ala sud si nasconda Max, Linda e alcuni mangiamorte."

Rispose il giovane.

"L’appuntamento è a che ora?"

domandò di nuovo.

"Alle dieci."

Anche Harry si era alzato dal divano.

"Bene, se per mezzanotte non siete qui, manderò Lupin e altri membri dell’ordine a cercarvi.."

detto questo lasciò la stanza.

Harry si alzò dal divano ed usci nel giardino sul retro. Si sedette in una delle seggiole di vimini che si trovavano sotto le piante. Rimase in quel luogo, in silenzio, per molti minuti nel tentativo di rilassarsi e di concentrare tutte le sue forze.

Verso le dieci la vide planare piano dal cielo con la sua scopa. Scendeva lentamente facendo piccoli cerchi che divenivano sempre più piccoli. Quando mise piede a terra la chiamò.

"Ciao May…"

la ragazza che non l’aveva notato prima si voltò verso di lui, ed il suo volto che sul momento parve preoccupato si illuminò in un sorriso.

"Ciao Potter…"

la divertiva chiamarlo per cognome perché ben sapeva che a lui non piaceva molto.

Si avvicinò verso di lui e si trattenne dal dargli un bacio come erano soliti fare quando si trovavano da soli. Lui sorrise, come se la presenza della ragazza fosse riuscita a fargli dimenticare i problemi che gli arrovellavano il cervello.

"Sei pronta?"

le chiese passandole una mano sulla testa arruffandole i capelli.

"Prontissima!"

disse lei carica di adrenalina.

"Allora andiamo…"

detto ciò presero le scope e si innalzarono in volo.

Era stanco. Non chiudeva occhio da almeno quarantotto ore. Non avrebbe resistito ancora molto senza riposare. L’aveva seguita fino a casa sua ed aveva ipotizzato che per quella sera non sarebbe andata da Potter. Quindi aveva deciso di ritornare al suo nascondiglio per cercare di dormire.

Si materializzò nell’edificio facendo bene attenzione a non essere scorto dai babbani. Poi si diresse verso il corridoio che lo avrebbe condotto nelle stanze che aveva in qualche modo occupato. Superati vari incantesimi da lui stesso posti per proteggere il luogo entrò finalmente in quello che sembrava un salotto. Alcuni uomini se ne stavano seduti nelle poltrone mentre giocavano a carte e sorseggiavano whisky incendiario della migliore marca.

"Signore…"

lo salutarono tutti appena lo videro giungere.

Lui senza rivolgere loro nemmeno uno sguardo si diresse verso la sua camera da letto. Entrato richiuse subito la porta dietro di lui.

"Sei tornato…"

la voce cupa di Linda gli arrivò alle orecchie.

"Come ben vedi…"

rispose lui voltandosi verso di lei.

La donna se ne stava seduta davanti alla specchiera mentre si spazzolava i lunghi capelli biondi. Lui le si avvicinò e si fermò dietro di lei. La guardò negli occhi attraverso lo specchio. Le sue mani si posarono sulle spalle abbronzate della giovane accarezzandole dolcemente.

"Non credo che tu sia stata in pensiero per me."

affermò egli.

"Non temo per la tua incolumità… sei il mago più forte di questi tempi…"

disse lei appoggiando la spazzola sul ripiano.

Lui si abbassò e la baciò sulle labbra lento e sensuale.

"Ti ho già detto che sei una compagna perfetta?"

le chiese Max.

"Si… alcune volte. Ma è sempre piacevole sentirselo dire…"

mentre gli rispondeva Linda pensò a quello che era successo negli ultimi giorni. Dopo l’arrivo dei membri dell’Ordine della Fenice lei era riuscita a fuggire portando con sé i documenti indispensabili per Max. Quando era riuscita a scoprire dove fosse l’aveva raggiunto e gli aveva consegnato quei tesori ed egli l’aveva vista sotto un’altra luce. Da quel momento era diventata la sua compagna.

"E ciò significa solo una cosa… May morirà…"

un leggero sorriso comparve sulle labbra della bionda al pensiero della professoressa uccisa dalle mani di Max.

"Devo dirti una cosa…"

affermò egli allontanandosi da lei e sedendosi sul letto mentre si toglieva scarpe e calze.

"Dimmi…"

lei si voltò verso di lui.

"C’ho pensato molto… ma voglio riprendermi May…"

alle parole dell’uomo la bionda si sentì sprofondare.

"Come? Io pensavo…"

Linda era livida di rabbia.

"Tu sei la compagna perfetta per l’Oscuro Signore, ma non posso fare a meno di pensare a May… la voglio con tutte le mie forze, non posso farne a meno…"

spiegò lui mentre continuava a spogliarsi.

"Dannazione Max, non lo capisci che quella stupida non vale nulla!"

la rabbia della donna si era manifestata nel tono della voce sempre più adirato.

"Linda! Smettila! May è mia e me la riprenderò… sono sempre riuscito nei miei intenti. Per non parlare del fatto che se riesco a portarla qui il nostro grande eroe morirebbe di paura…"

mentre pronunciava quelle parole sorrise.

"Harry? È una vendetta nei suoi confronti?"

chiese Linda alzandosi e avvicinandosi al giovane.

"Forse sì. Oppure è orgoglio, oppure la amo sul serio… Ma non preoccuparti, so bene di chi fidarmi… di te…"

e con quelle parole le cinse la vita e la attirò a sé baciandola e facendola sdraiare sul letto.

Ciao ciao... sono di nuovo qui...

allora com'è? Questo è il penultimo capitolo... ci ho messo un po' a prepararlo ma spero che vi piaccia...

per il resto ringrazio come sempre simone, Francys e Manny che commentano... siete dei tesori! Smack, smack...=)

poi? vediamo... spero di aggiornare presto il finale... mi raccomando leggete e soprattutto commentate... dite pure che è orrendo se volete...

Ora vi saluto... un bacione... a presto...

Miyan

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


CAPITOLO 28

CAPITOLO 28

Sorvolavano da alcuni minuti il castello di pietra noto come la Torre di Londra. Secondo alcuni dei suoi uomini Greenflame, Linda ed altri mangiamorte si nascondevano nel maniero nel tentativo di non essere visibili nei territori dei maghi. E l’unico modo per sviare le indagini degli auror era tentare di nascondersi tra i babbani.

Harry fece segno a May di seguirlo poi scese diretto verso il tetto dell’ala sud del castello. Atterrato nascose subito la sua scopa e poi si voltò in cerca della giovane. Questa l’aveva imitato e aveva nascosto la sua scopa, poi si era avvicinata ad egli.

"Adesso scendiamo. Dovrebbe essere al penultimo piano. Facciamo attenzione a non farci scoprire…"

affermò lui parlando a bassa voce.

"Ok, ti seguo…"

disse lei sussurrando molto vicina all’orecchio del giovane.

"Attenta May, se mi stai così attaccata mi distrai…"

insinuò lui sorridendole.

Lei di risposta gli diede uno scapaccione sul braccio ma non riuscì a fare ameno di sorridergli.

"Su Harry, siamo in missione per l’Ordine, non fare il bambino…"

disse avviandosi con lui verso la porta che dava alle scale.

"Ok. Mi tratterò…"

rispose facendole l’occhiolino.

"Siamo seri. Sai che tipo di incantesimi proteggono il nascondiglio?"

divenne subito coscienziosa lei concentrandosi sulla missione.

"Pikler mi ha detto che ci sono alcune trappole e due o tre incantesimi, ma se li ha superati lui noi non dovremmo avere problemi…"

spiegò il giovane sempre parlando a bassa voce.

"E chi è Pikler?"

domandò lei non avendo mai sentito quel nome.

"Ah già, non lo conosci. È uno dei miei auror…"

rispose egli.

"Ed è in gamba?"

proseguì lei mentre avevano preso a scendere le scale.

"Sì, molto. Ma ora zitta, ci stiamo avvicinando."

A quelle parole la ragazza gli fece un cenno di assenso con il capo e si zittì.

Si immisero in un corridoio buio. Harry superò due trappole distruggendo gli incantesimi che le avevano create, poi a metà strada si fermò davanti ad un arazzo, lo scostò e fece segno alla ragazza di seguirlo. Dietro all’arazzo c’era un piccolo corridoio che conduceva su una scala a chiocciola. Incominciarono a scendere le scale facendo attenzione a non fare alcun minimo rumore.

Giunti all’ultimo scalino si trovarono in uno stretto corridoio illuminato solamente dalla luce della luna che filtrava da alcune piccole finestre simili a feritoie.

"Harry ma…"

sussurrò appena lei aggrappandosi al braccio del giovane per mantenersi in equilibrio. Il pavimento era sconnesso e si inciampava quasi ad ogni passo.

Il giovane le mise due dita sulle labbra e scuotendo la testa le fece capire di non parlare. Proseguirono ancora per alcuni minuti, alla fine si fermarono accanto ad una parete di legno. Vi era come una piccola finestrella di due centimetri quadrati, Harry l’apri e fece segno alla ragazza di guardare.

La ragazza guardò attraverso la fessura. Le sembrava di scrutare attraverso la serratura di una porta. Il buco dava su una stanza da letto abbastanza grande e ben arredata. Il punto da cui guardava lei era molto vicino al soffitto e difficilmente qualcuno dalla stanza avrebbe potuto scorgerla.

Abbassò lo sguardo verso il pavimento. Vide Max a dorso nudo seduto alla scrivania che stava scrivendo qualcosa. Subito si ritirò imbarazzata e pose gli occhi sul volto di Harry.

"Guarda tu…"

sussurrò flebilmente.

Harry osservò il posto.

"Quello è Max, non c’è ombra di dubbio…"

pensò tra sé finalmente convinto di averlo in pugno.

Poco dopo vide una donna in camicia da notte entrare nella stanza. La vide avvicinarsi all’uomo e baciarlo.

"Linda…"

i lunghi capelli biondi erano sciolti lungo le spalle. Un sorriso acido comparve sulle labbra del ragazzo. Quindi si voltò verso la sua compagna.

"Prova a vedere con chi è…"

la voce appena percettibile.

May vide Linda ed il suo cuore incominciò a battere velocemente, il sangue pareva correrle lungo le vene.

"Sta con Linda… sta con lei… quindi si è dimenticato di me…"

solo quel pensiero le occupava la mente. Ne era felice, ne era enormemente felice perché per lei significava essere libera finalmente.

Harry vide il sorriso della ragazza e comprese ciò che aveva pensato.

"Ora andiamo… torneremo tra qualche ora con i rinforzi…"

le disse prendendola per un braccio.

La labbra di Linda si posarono sulle sue. La stanza venne immersa nel silenzio. Udiva solamente i loro respiri.

La donna si sedette sulle sue gambe e gli passò le mani tra i capelli. Egli si stava lasciando andare quando sentì una strana sensazione picchiargli nello stomaco. Chiuse gli occhi concentrandosi sulla stanza. Sentì dei rumori provenire dall’alto. Si scostò da Linda mettendole una mano sulla bocca nel tentativo di farla zittire.

"C’è qualcuno…"

sussurrò all’orecchio della donna.

Questa lo guardò sorpresa per poi dire flebilmente.

"Ci sono i ragazzi di là…"

parve dare una spiegazione.

"No Linda, c’è qualcun altro… ne sono certo…"

gli occhi chiari dei due si fissarono per qualche minuto.

"Usciamo di qui…"

disse lui prendendola per mano e uscendo dalla stanza.

Intanto Harry e May avevano chiuso la finestrella e avevano ripreso a ripercorrere il corridoio segreto diretti verso l’uscita senza mai scambiarsi nemmeno una parola. Salirono le scale in silenzio ma prima di oltrepassare l’arazzo Harry la strinse a sé.

"Su Harry non è il momento…"

gli sussurrò all’orecchio.

"Lo so… ma non ne posso più."

Le posò un bacio casto sulle labbra.

"Ora sei libera. Non è più ossessionato da te…"

le disse appena prima di slacciarla dall’abbraccio ed uscire nel corridoio.

Si diressero verso le scale che conducevano al tetto.

"Chi è là?"

una voce potente li fece sobbalzare e si videro immersi nella luce di due bacchette.

L’auror afferrò la mano della rossa ed incominciarono a correre su per le scale. Mancava poco al tetto e se riuscivano a prendere il volo erano al sicuro.

Intanto sentivano dietro di loro rumore di passi che correvano anch’essi nella loro direzione. May aprì la porta e si trovarono sul tetto, corse verso il punto dove aveva nascosto la sua scopa ma sentì una voce dietro di lei.

"Esilio"

vide la sua scopa volare al di là del parapetto e la sentì sfracellarsi al suolo.

Si voltò e vide Max e Linda in piedi di fronte a lei, entrambi stringevano le loro bacchette.

Harry invece era riuscito a prendere la sua scopa, ma non la inforcò immobilizzandosi nel vedere la sua amata in pericolo.

"Bene bene, chi è venuto a trovarmi?"

disse Greenflame avvicinandosi alla ragazza.

"Buonasera Max…"

disse lei sorridendo amaramente.

"La mia piccola e dolce May e l’uomo con cui condivide il giaciglio…"

alle parole del giovane il sorriso della ragazza scomparve dalle sue labbra.

"Pensavi che non ne fossi a conoscenza?"

le chiese retoricamente incominciando a camminarle intorno.

"E invece lo so… la mia timida May che si imbarazzava quando la baciavo va a letto con il mio peggior nemico…"

mentre Max parlava Linda se ne stava immobile ad osservare la scena. Harry fece qualche passo verso i due.

"Potter se fossi in te me ne starei fermo e buono. Devo solo scambiare quattro chiacchiere con la mia May…"

affermò l’ambasciatore senza voltarsi verso di lui.

Udendo ciò Linda alzò la bacchetta e la puntò verso l’auror tenendolo sotto tiro. Harry arrestò il passo.

"Credo proprio Max che la cosa non sia più di tua competenza, visto che ora te la fai con Linda…"

la voce di May era apparsa sprezzante.

"Oh lei è perfetta per me… la compagna oscura che meglio mi si addice…"

spiegò, il tono della voce calmo.

"…anche se non mi dispiacerebbe affatto soddisfare il mio desiderio di te…"

le sussurrò all’orecchio in modo che solo lei potesse sentirlo.

"Scordatelo…"

rispose lei.

"Vedremo…"

le prese il polso e lo strinse forte.

"Ed ora seguimi…"

le ordinò.

"Mai!"

urlò lei strappando il braccio dalla presa dell’uomo ed incominciando a correre verso Harry.

Non se l’era aspettato. Pensava che se ne sarebbe stata buona e tranquilla ed invece nel giro di pochi secondi gli era sfuggita di mano ed aveva preso a correre verso Potter. Alzò allora la bacchetta e la puntò su di lei… sull’unica ragazza che aveva mai amato…

"Petrificus totalus…"

urlò e l’incantesimo colpì in pieno la schiena della ragazza che arrestò immediatamente il suo incedere e si pietrificò di colpo.

Il corpo inerme cadde tra le braccia di Harry che lo sorresse saldamente. L’auror aveva sempre i sensi allertati. Nell’accorgersi dell’incantesimo puntò la sua bacchetta sulla giovane e disse

"Finite incantem…"

e il corpo irrigidito di May ritornò morbido e flessibile.

La ragazza accortasi di essere tornata cosciente riprese l’equilibrio e si sistemò accanto al giovane.

"Mi spiace Greenflame, ma come vedi May è in piena forma…"

affermò Harry sorridendo.

Max raccolse le parole quasi fossero una sfida, puntò la bacchetta verso i due e urlò

"Crociatus…"

l’ira aveva talmente invaso Max che desiderava soltanto di far del male ai due che aveva davanti.

Harry gettò a terra May poi si scostò appena in tempo per non essere colpito. Nemmeno un secondo e lanciava il suo incantesimo

"Expelliarmus…"

Max ne fu colpito in pieno e volò contro il muro.

Linda si precipitò immediatamente verso il suo Signore controllando che non si fosse fatto male. Intanto Harry che reggeva ancora la scopa raggiunse May ed insieme si alzarono in volo.

Erano appena a pochi metri di altezza che May si voltò a guardare verso il basso. Max e Linda avevano raggiunto un ripostiglio sul tetto e avevano preso due scope. La ragazza allora disse

"Su Harry… sbrigati, stanno prendendo le scope… saranno più veloci di noi e ci raggiungeranno…"

il giovane non disse nemmeno una parola, si diresse verso gli edifici e incominciò a zigzagare tra di essi cercando di far perdere le sue tracce.

Dopo parecchi minuti scesero in un parco cercando di nascondersi tra la vegetazione. La loro speranza era quella di non farsi trovare.

Intanto Linda e Max avevano preso le loro scope. Mentre si alzarono in volo videro i due fuggitivi dirigersi verso la città.

"Linda separiamoci, forse in questo modo riusciremo a prenderli di sorpresa…"

ordinò Max alzandosi in volo verso l’alto.

"Aspetta Max, arriva gente…"

urlò lei per farsi sentire.

Udendo quelle parole Max si voltò verso la donna. Lei gli fece cenno di guardare verso est. Da quel punto vide arrivare una decida di persone in volo.

"Non sono sicuramente mangiamorte… ho detto loro espressamente di non cercarmi, che sarei stato io a mettermi in contatto con loro…"

pensò tra sé l’oscuro signore.

"Sono Auror…"

affermò la donna.

"No, peggio… sono membri dell’Ordine della Fenice…"

spiegò lui.

Poi incominciò a prendere velocità, voleva allontanarsi il prima possibile. Quando quelle persone fossero giunte lui doveva essere già lontano.

"Ciò significa abbandonare i mangiamorte nel castello… ma non ha importanza ora. Se vengono imprigionati andrò a liberarli…"

un altro pensiero.

Vide Linda avvicinarsi velocemente a lui e sorridergli. Molto probabilmente lei aveva capito i suoi pensieri.

"Ebbene lei è la compagna giusta per me…"

la sua ragione gli aveva fatto comprendere che solo lei sarebbe stata la donna adatta all’Oscuro Signore, ma non l’amava e non l’avrebbe mai amata, il suo cuore apparteneva soltanto alla professoressa dai riccioli sanguigni.

Ron mise piede sul tetto. Abbandonò la scopa senza nemmeno preoccuparsi di nasconderla. Quando Silente lo aveva chiamato aveva capito subito che Harry era in pericolo. Ormai era abituato a questo.

Vide Hermione avvicinarsi a lui.

"Andiamo Herm… saranno nascosti giù…"

poi rivolgendosi ad un giovane

"Pikler guidaci tu…"

il giovane anche se non era un membro dell’ordine era con loro in quanto era l’unico che sapeva con esattezza il nascondiglio di Greenflame.

"Aspetta!"

sentì urlare la sua ragazza.

"Che c’è Herm? Non c’è tempo…"

ma la ragazza non lo lasciò concludere.

"Ho visto due figure allontanarsi velocemente in volo… e sono certa di aver riconosciuto Linda e Max."

alle parole della dottoressa il giovane si fermò di colpo.

"Cosa?"

domandò sorpreso.

"Si, non sono qui. Probabilmente sono scappati oppure avevano una missione…"

affermò la donna.

Ron ordinò

"Herm, Ginny, Malfoy venite con me, seguiremo quei due…"

al cenno di assenso delle due donne si voltò verso gli altri.

"Pikler tu conduci Tonks, Lupin, e gli altri al nascondiglio. Arrestate i mangiamorte presenti e portateli all’ufficio degli auror."

Tutti seguirono le indicazioni dettate.

Ron e le due presero di nuovo le scope e si alzarono in volo.

"Herm guidaci tu nella direzione che hanno preso i due…"

affermò lasciando che la sua amata li guidasse.

"Ma Harry e May?"

domandò Ginny preoccupata.

"Non so, speriamo che siano al sicuro…"

rispose Ron per poi zittirsi.

Intanto Pikler aveva incominciato a scendere le scale. Sembrava un raid, la velocità con cui avanzavano era impressionante. Il giovane superava ogni trappola ed incantesimo seguito dai suoi compagni.

Aprirono di colpo la porta che dava sul salotto. Due mangiamorte sonnecchiavano su delle poltrone. Nell’udire giungere gente balzarono in piedi, ma gli incantesimi dei buoni li bloccarono ancora prima che potessero fare qualcosa, i loro riflessi erano lenti, intorpiditi dal sonno.

Altri mangiamorte arrivarono dalle stanze accanto. Questi, diversamente dai predecessori, erano ben svegli e combattivi. Gli incantesimi incominciarono a volare da una parte all’altra della stanza. Ci furono feriti da entrambe le parti ma alla fine riuscirono a bloccare tutti i mangiamorte, la maggior parte dei quali venne pietrificata.

"Portiamoli al comando…"

disse Tonks lasciando che Pikler guidasse la pattuglia che scortava i reclusi.

"Nessuna traccia dei due pazzi…"

affermò Piton tornando dalla perquisizione delle altre stanze.

Il professore di pozioni appena aveva udito che Potter e Pereights erano andati in perlustrazione era andato su tutte le furie. Aveva detto loro la maggior parte dei peggiori epiteti immaginabili.

"Credo che allora Greenflame e Linda stessero seguendo proprio loro…"

ipotizzò Lupin.

"Noi non possiamo più aiutarli. Portiamo questi mangiamorte in prigione e speriamo che Ron e gli altri li trovino."

Rispose Tonks uscendo dalla stanza.

I tre raggiunsero gli altri membri dell’ordine ed insieme portarono sette o otto mangiamorte all’ufficio degli auror. Quando li videro arrivare molte delle persone presenti rabbrividirono nel vedere i mangiamorte ancora con indosso la divisa.

Piton sorrise. Per lui era ironico che la gente avesse paura di mangiamorte ormai impossibilitati a combattere.

"E pensare che sono auror…"

pensò tra sé prima di lasciare l’edificio.

Greenflame e Linda avevano perso le tracce dei due da alcuni minuti. Si erano separati ed avevano sorvolato gran parte della zona. Alla fine si ricongiunsero.

"Mi spiace Max, nemmeno l’ombra di quei due…"

affermò Linda dispiaciuta.

"Dannazione! Possibile che siano scomparsi nel nulla?"

gridò adirato mentre con lo sguardo cercava ancora i due.

"Aspetta…"

sussurrò per poi chiudere gli occhi.

Il suo cuore aveva incominciato a pompare sangue più velocemente ed una stretta gli aveva preso lo stomaco.

"Sono vicini…"

affermò riaprendo gli occhi.

"Ma come fai a esserne certo?"

chiese la bionda.

"Un mio piccolo segreto…"

spiegò lui sorridendo.

Girò la scopa verso ovest e si diresse verso il parco in cui si trovavano May e Harry. Fermatosi su di esso venne raggiunto poco dopo dalla compagna.

"Sono qui…"

disse.

"Ehy… voi due… non vale la pena che vi nascondiate, tanto vi troverò sempre…"

gridò l’uomo per poi scoppiare in una fragorosa risata.

I due erano nascosti tra i cespugli, seduti per terra e riparati da delle piante. Ma le parole erano giunte nitide ai loro orecchi.

May rabbrividì. Harry che la stava abbracciando sentì perfettamente il corpo della ragazza sussultare dalla paura alle parole del loro nemico. La strinse più forte facendole appoggiare il capo sul suo petto.

"Ssshh May, tranquilla… ce la caveremo anche questa volta…"

sussurrò lui cercando di farle coraggio.

"Non hai sentito cosa ha detto?"

rispose lei flebilmente.

"E che ci trovi. Noi lo fermeremo comunque…"

disse lui sorridendole.

"Allora piccioncini? Vi siete appartati? Non avreste voglia di venire a giocare un po’ con noi?"

urlò di nuovo Max.

Non ricevendo risposta e non vedendo alcun minimo movimento l’Oscuro Signore riprese a sorvolare il parco. Quando sentì lo stomaco contrarsi di più si arrestò, prese la bacchetta, la puntò fra le piante ed urlò…

"Expelliarmus…"

poco dopo vide i corpi dei due giovani finire nel laghetto.

Scese a terra seguito dalla bionda.

"Si sono fatti un bel tuffo. Si saranno bagnati le ferite…"

affermò lei sarcastica.

May si era sentita scagliare lontano, era come se avesse ricevuto un pugno in pieno petto. E nel giro di pochi secondi si era vista sovrastare dall’acqua. Stava andando a fondo quando si riprese dalla sorpresa. Incominciò a nuotare e tornò a galla. Poco distante da lei vide riapparire anche Harry,.

"Stai bene?"

chiese lei.

"Sì…"

la rincuorò il giovane.

"Ma ancora per poco miei cari…"

la voce di Max era giunta loro da poco lontano, si trovava sulla riva.

"Ora non tentate di fuggire… non ci riuscireste. Vi do due possibilità…"

la ragazza lanciò uno sguardo all’auror cercando di capire cosa era intenzionato a fare.

Intanto Max stava proseguendo.

"O tornate a riva, e vi giuro sul mio sangue che non vi attaccherò finche non siate giunti qui… oppure se scappate vi lancerò i miei peggiori incantesimi, e credo che voi dovendo nuotare non sareste in grado di proteggervi da essi…"

quello che diceva Greenflame era la realtà. L’unico modo per salvarsi era sfidarlo apertamente. Harry ne era ben conscio. Si voltò verso la professoressa e le fece cenno di seguirlo.

"Allora? Cosa avete deciso?"

chiese Max.

"Arriviamo."

Rispose Harry incominciando a nuotare verso la riva.

Era fradicia. Il suo vestito di lino scuro le si era appiccicato addosso. Ed i capelli erano zuppi. Ma anche Harry era nelle stesse condizioni. Si voltò verso di lui. Anche in quelle condizioni le piaceva all’impazzata.

Scosse la testa. In quel momento non poteva pensare a quanto lo amava. Erano in pericolo di vita e di fronte a lei c’era l’uomo che aveva rovinato la sua esistenza.

"Bene… ma May come sei bella…"

sentì la voce fredda di Max giungerle alle orecchie.

"Ma grazie…"

rispose lei mentre lo inceneriva con lo sguardo.

"Largo ai convenevoli… stupeficium!"

urlò l’uomo colpendo di striscio Potter.

"Stupeficium!"

gridò contemporaneamente Linda colpendo May.

I due si rialzarono da terra, la giovane con una ferita sanguinante sul braccio.

"Expelliarmus…"

gridò la professoressa cercando di centrare Linda che invece riuscì a schivare l’attacco.

"Ma professoressa, sei in grado solamente di fare questi incantesimi ridicoli?"

chiese la bionda.

"Smettila di parlare… Impedimenta!"

l’incantesimo colpì in pieno la donna che si ritrovò rallentata nei suoi movimenti.

Intanto Potter si era rialzato ed aveva colpito Max con un expelliarmus che lo aveva fatto volare contro un albero.

L’Oscuro signore si era ripreso e aveva gridato

"Crociatus…"

ma non era riuscito a colpire l’auror.

Ma nel vedere la sua donna in difficoltà aveva puntato la bacchetta su di lei pronunciando

"Finite incantem…"

ed Linda aveva ripreso le sue facoltà motorie.

Gi incantesimi avevano cominciato a susseguirsi uno dietro l’altro ad intervalli di pochi secondi. Prima uno e poi l’altro, tutti venivano colpiti ma riuscivano ancora a reggersi in piedi.

Intanto Hermione aveva condotto Ron, Ginny e Draco nella direzione in cui aveva visto volare Greenflame. Sembravano essersi persi quando udirono degli urli provenire da poco lontano.

"Ma sono maledizioni senza perdono…"

disse Malfoy udendo chiaramente un Avada Kedavra.

"Stanno combattendo con Harry… sbrighiamoci!"

affermò Ron avanzando per primo verso il punto da cui provenivano le voci.

Atterrarono dove gli alberi erano radi e c’era un piccolo spiazzo.

L’Avada Kedavra era stato lanciato da Linda in direzione di May. La professoressa era riuscita a scansarlo ed aveva urlato…

"Stupeficium…"

l’incantesimo aveva colpito in pieno la bionda che si era riversata a terra.

May vide gli amici raggiungerli di corsa. Fece segno a Ginny di bloccare Linda e poi si mise a correre in direzione di Max ed Harry che si erano allontanati di una qualche decina di metri mentre combattevano.

"Crociatus"

la maledizione aveva colpito Harry che si era riversato a terra in preda alle convulsioni.

"Expelliarmus!"

urlò quindi la giovane colpendo Max nel tentativo di salvare Potter.

Greenflame scostò la sua attenzione dal giovane per posarla sulla ragazza.

"Sparisci May, è una questione tra me e Potter!"

urlò l’uomo.

"Allora finiamola!"

gridò Harry attirando l’attenzione su di lui.

"Come vuoi… Avada Kedavra!"

pronunciò Max me non riuscì a colpirlo.

"Petrificus Totalus!"

disse Harry colpendolo in pieno.

Max si bloccò come divenuto di pietra. May corse subito verso Harry assicurandosi che stesse bene. Posò una mano sulla spalla sanguinante del giovane.

"Non è niente…"

la rassicurò egli baciandole dolcemente una mano.

Poi vide Malfoy e Ron avvicinarsi a loro.

"Ma hai fatto tutto da solo…"

affermò Ron dispiaciuto.

"Mi spiace…"

e scoppiò a ridere Potter.

Intanto Draco aveva legato Greenflame e gli aveva portato via la bacchetta.

"Weasley, mi vuoi aiutare a portare questo tipo dagli auror?"

urlò lui verso l’amico/nemico.

"Arrivo arrivo…"

corse subito verso di lui.

"Aspettate…"

disse Harry avvicinandosi a Greenflame.

"Finite incantem…"

lo vide riprendersi.

"Pare che tu abbia vinto…"

affermò l’Oscuro signore.

"Pare di sì. Ma dimmi, come facevi a sapere dove eravamo?"

chiese curioso l’auror.

"Il ciondolo che porti al collo…"

Harry lo strinse tra le mani

"La pietra rossa che vi è incastonata è fatta con il sangue di mio padre… mi richiama sempre a lei.."

poi scoppiò in una risata prima di essere condotto via da Malfoy e Ron.

Harry se ne stava seduto tranquillamente in una delle seggiole di vimini del giardino di casa Silente. Malfoy era accomodato in una delle poltrone e non faceva altro che osservare Ginny. Ron invece era seduto per terra tenendo tra le braccia la sua futura moglie.

Potter vide May uscire dalla casa reggendo in mano un vassoio con dei bicchieri di tè freddo. Era raggiante. Li raggiunse poco dopo. Hermione stava parlando.

"…quando Linda si è risvegliata ad Azkaban ha lanciato un urlo che si è sentito lontano tre miglia…"

tutti si misero a ridere. Tutti tranne Malfoy che si sforzò in un sorriso.

"… ve lo giuro! Io ero là perché dovevo curare Greenflame dalle ferite infertegli da Harry."

Proseguì la donna.

"Basta ti prego Herm, non voglio più sentire nominare quei due per molto tempo."

Affermò la professoressa mentre distribuiva i bicchieri ai presenti.

Giunta infine davanti ad Harry gli porse il bicchiere. Lui lo prese e lo appoggiò sul tavolino per poi afferrare la mano della ragazza.

La giovane lo guardò negli occhi sorpresa. Lui la tirò verso di sé facendosela cadere in braccio. Gli altri portarono l’attenzione su di loro. Harry sorrise.

"Per chi non se ne fosse ancora accorto ho una cosa da dire… mi sono innamorato di questa pazza scatenata!"

disse lui stringendola a sé.

"Era ora che ce lo confessassi… si vedeva lontano un miglio…"

affermò Hermione.

"Già…"

disse Ginny confermando le parole della dottoressa.

"Ma io non ne sapevo nulla!"

proferì Ron guardando i presenti spaesato.

"Tu Malfoy?"

chiese al biondo.

"Ah, non chiedere a me, io di queste cose non capisco nulla…"

affermò subito l’ex mangiamorte.

"Ed ora scusatemi."

Disse alzandosi in piedi senza distogliere lo sguardo da Ginny. Poi si diresse verso la casa.

"Forse è meglio che vada a casa. Ciao a tutti…"

affermò la rossa Weasley salutando gli amici.

May diede una gomitata nello stomaco di Potter. Solo loro due sapevano della relazione tra la piccola Weasley e il serpeverde.

Poco dopo anche Hermione e Ron si alzarono.

"Anche per noi è arrivato il momento di andarcene. Salutate voi Silente da parte nostra?"

chiese Hermione.

"Ok, ci pensiamo noi."

Rispose Harry.

"Ah, comunque sono felice per voi due…"

disse Ron prima di salutare ed andarsene.

May salutò gli amici, poi cercò di alzarsi, ma Harry la teneva stretta.

"Dai Harry fammi alzare…"

affermò lei facendo il solletico al ragazzo nel tentativo di fargli lasciare la presa.

"Ok, ok.. tregua, smettila ed io ti lascio."

Disse il giovane liberandola dall’abbraccio.

La giovane si alzò in piedi ed incominciò a raccogliere i bicchieri. Prese il vassoio e si diresse verso la cucina. Harry l’aveva seguita.

"Vado a salutare Silente anche da parte tua e dei ragazzi."

Disse lui lasciandola a lavare i bicchieri.

"Va bene."

Assentì lei.

Il giovane tornò poco dopo. La ragazza si stava asciugando le mani. Le si avvicinò senza dire una parola e la baciò appassionatamente. Quando si scostarono May prese tra le mani il ciondolo dalla pietra rossa che Harry portava al collo.

"Perché non te ne sei liberato…?"

chiese alzando lo sguardo ed incontrando gli occhi verdi di Harry.

"Meglio in mano mia che chissà dove… questo ciondolo nasconde altri segreti secondo me."

spiegò egli per poi baciarla di nuovo sulle labbra.

"Perché hai detto ai ragazzi di noi?"

chiese nuovamente la giovane.

"Perché sono talmente felice con te che non posso tenerlo ancora nascosto…"

rispose lui.

La ragazza sorrise per poi morsicarsi il labbro inferiore.

Lui la strinse stretta stretta per poi smaterializzarsi con lei nel suo appartamento. Incominciò a baciarla mentre la conduceva alla camera da letto. Lei incominciò a sbottonargli la camicia a mezze maniche scura. Lui la spinse sul letto e le accarezzò il viso…

"May…"

la chiamò.

La giovane alzò lo sguardo, i suoi occhi color caramello si incatenarono agli occhi di smeraldo del ragazzo.

"Dimmi…"

rispose lei.

"Mi vuoi sposare?"

la domanda era arrivata inattesa. La giovane non riuscì a trattenere le lacrime. Harry le asciugò il volto con la punta delle dita.

"Sì Harry…"

rispose lei sorridendo in mezzo alle lacrime.

 

FINE

Ciao a tutti... siamo alla fine...

non potete sapere quanto mi dispiace terminare questa storia!!!!

Primo perchè mi ero affezionata ai miei commentatori ... ragazzi mi mancherete!

Secondo, quando termino un racconto è come se dovessi voltare pagina nella mia vita... e così deve accadere...

Terzo, mi piaceva Harry, May, Max e tutti i personaggi... mi mancheranno!

Beh ora vi saluto... spero non un addio... quando scriverò di nuovo spero commenterete ancora... e naturalmente commentata l'ultimo capitolo, che verrò a leggere i commenti!

Ciao ciao... baci...

Miyan

 

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