Ashes to ashes

di SummerRestlessness
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. Ashes to ashes ***
Capitolo 2: *** 1- Enchanted ***
Capitolo 3: *** 2 - Love in an elevator ***



Capitolo 1
*** Prologo. Ashes to ashes ***


Prologo. Ashes to ashes

Ashleigh si era pesantemente lasciata andare a terra ed ora stava seduta sui talloni, con l’ampia gonna ripiegata su se stessa a formare tante onde di taffetà rosa intorno a lei, come grosse onde di burrasca in un mare insanguinato.

Lei che quel vestito non se lo voleva proprio mettere. Lei che il rosa lo odiava, lei che in quel momento odiava tutto, ma soprattutto se stessa.

Gocce nere di mascara le colavano sulle guance, tracciando linee che lasciavano una scia scura sul fard rosa acceso, per poi cadere sul pavimento di legno. Il rossetto era quasi intatto: un miracolo in quello sfacelo, se non fosse stato per una vistosa sbavatura all’angolo sinistro della bocca che si prolungava quasi fino all’orecchio. I capelli ormai riuscivano soltanto a suggerire quale fosse la complicata acconciatura in cui erano stati sistemati poco prima, riducendosi ad essere un alto ammasso di zucchero filato marrone e fuligginoso.

Attorno a lei, mucchi di quella che a prima vista sarebbe sembrata spazzatura, di cenere, di polvere e di rovine di quelli che una volta erano stati gli oggetti d’arredamento ricoprivano il pavimento bianco, il cui candore faceva capolino qua e là, come a voler reclamare la propria parte in quel disastro. Le pareti annerite erano quasi completamente spoglie, desolate. Qua e là, qualche fiamma minacciava i pochi resti ancora riconoscibili degli oggetti sparsi a terra.

Per qualche secondo, Ashleigh si sentì bene: finalmente, non era la sola ad essere devastata, distrutta.

Lo sguardo di Ashleigh si soffermò prima sul suo vestito, poi sulla sua mano aperta sopra di esso, nel palmo della quale si stagliava un lungo taglio rosso e umido. Piano, Ashleigh alzò gli occhi e si guardò intorno per qualche secondo. Osservando prima quella devastazione e poi il cielo di un azzurro terso al di fuori di una finestra rotta, ripensò a come tutto, nel giro di così poco tempo, fosse andato a puttane.

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Capitolo 2
*** 1- Enchanted ***


Ho già detto nell’introduzione alla storia che sarà un racconto un po’ strano, interattivo. Ad un certo punto della lettura, dovrete fare delle scelte, proprio come i personaggi della storia. Non siamo ancora arrivati a quel punto, questo è solo il primo capitolo; più avanti si capirà meglio cosa intendo. Nel frattempo, spero che vi piaccia questa prima parte e spero che mi lasciate il vostro parere, anche se dovesse essere negativo… ne ho bisogno comunque! Le originali non sono il mio forte, scrivere capitoli lunghi non è il mio forte, le descrizioni non sono il mio forte… proprio per questo ho voluto provarci, quindi il vostro parere per me è importante (se mai arriverete a leggere questa storia). Intanto, ringrazio chi ha già aggiunto AtoA nelle seguite e nelle ricordate e in particolare emobilla483 che ha persino commentato :D

Buona lettura ^-^

Summer

P.S. I titoli della storia e dei capitoli sono tutti titoli di canzoni. Ashes to ashes è ovviamente di David Bowie e si riferisce allo stato in cui Ashleigh è nel prologo (la cenere le si addice), ma anche al senso ultimo di tutta la storia, che poi spero emergerà; Enchanted è di Taylor Swift ed oltre ad essere la canzone che casualmente è partita mentre scrivevo il capitolo, si adatta all’incontro con il ragazzo per ora misterioso…

Non prometto che i prossimi titoli avranno tutti un senso, prometto però che saranno titoli di canzoni =P

 

 

 

 

 

 

I.                           Enchanted

Ashleigh non aveva assolutamente voglia di andare a quel matrimonio. Non voleva mettersi il suo bel tubino nero con una spallina sola, non voleva mettersi scarpe con il tacco alto che prima di sera le avrebbero fatto maledire di avere dei piedi, non voleva ballare con i vari zii e parenti ubriachi, non voleva rivedere vecchi amici con cui non avrebbe voluto scambiare nemmeno un saluto.

Voleva semplicemente vedere la sua amica Casey sposarsi con il suo fidanzato Luke, niente di più. A Casey teneva davvero, nonostante non condividesse la sua scelta di sposarsi così giovane. Avevano entrambe poco più di vent'anni e ad Ashleigh venivano i brividi al solo pensiero. No, per lei non era decisamente ancora arrivato il momento di mettere la testa a posto. Avrebbe voluto divertirsi al matrimonio, quello sì: purtroppo però il gruppo di amici con cui lei e Casey erano solite uscire prima che arrivasse Luke da qualche mese era stato monopolizzato da Betsy, cugina insopportabile di Casey.

- Doveva proprio venire anche lei? - aveva chiesto Ashleigh quando le due amiche si erano ritrovate nella "stanza della sposa", che era intenta a prepararsi. Mancavano pochi minuti all’inizio della cerimonia, ma la sposina non era per niente agitata: sembrava essere preparata a quel momento da tempo e sembrava tranquilla e serena come non mai. Per lei era sempre tutto così semplice, pensò Ashleigh: aveva trovato un bravo ragazzo, aveva capito che era l'uomo della sua vita, l'aveva conquistato (anche se non era stato difficile, perché Casey conquistava tutti immediatamente, con il suo sorriso radioso e la sua estroversione) e non aveva voluto aspettare un momento di più. - Perché aspettare? - le aveva detto - Lui è quello giusto, ne sono sicura.

Ashleigh, che non era mai stata sicura di niente in vita sua, a sentire quelle parole si era commossa. E, al tempo stesso, si era scoperta invidiosa di lei. Certo, lei voleva fare le cose a modo suo, ma il modo di fare di Casey faceva intuire che era davvero felice, decisa. Ed Ashleigh si era ritrovata a chiedersi se lei si sarebbe mai sentita così.

- Sì che doveva venire, è mia cugina... - le rispose quella con un sorriso comprensivo - So che non ti va a genio...

- Non va a genio neanche a te...! – esclamò a quel punto e Casey fece una smorfia: - Ok, mettiamola così: neanche io la sopporto tanto. Ma puoi sempre parlare con gli altri...

Ashleigh la guardò con gli occhi sbarrati: - Sai che Dave non mi parla più.

- Certo, l'hai mollato dopo un mese!

La storia di Dave non era stata molto complicata. Semplicemente, erano amici da anni, lei aveva sempre pensato che fosse carino, ma l’aveva sempre considerato un amico e niente più: quando lui le aveva chiesto di uscire, era rimasta stupita e alla fine aveva accettato, anche dopo tutte le pressioni delle sue amiche, compresa Casey. Ben presto però si era resa conto che Dave era sì carino, era sì simpatico, ma che non l’avrebbe mai considerato altro che un amico. Non era scattata la scintilla, insomma. Certo, Ashleigh ci aveva messo un mese per capirlo e nel frattempo Dave diceva di essersi innamorato di lei, ma di questo lei non aveva colpa. O almeno, così pensava.

- Be', ma se non provavo niente per lui, cosa avrei dovuto fare? – ripeté quindi per l’ennesima volta. Stavolta, però, aggiunse anche: - Anche Grace non mi parla.

- È da secoli che muore dietro a Dave. – sentenziò Casey con noncuranza, continuando a guardarsi nello specchio e aggiustandosi i capelli. Ashleigh che misurava la stanza a grandi passi dietro di lei, si fermò ed esclamò:

- E io cosa c'entro?!?

La ragazza alzò un sopracciglio, come se quello che stava per dire fosse ovvio: - Ti ci sei messa e, peggio ancora, l'hai scaricato. L'hai fatto soffrire.

- Certo, come no. Sono sicura di avergli lasciato una ferita profondissima. – sbuffò Ashleigh, riprendendo a camminare nervosamente.

- Neanche Cindy ti parla? – chiese Casey timorosa.

- Cindy è diventata la sorella gemella di tua cugina. La sua “biefef”.

- Ah, già. Mark poi ce l’ha con te perché ti sei messa con Dave invece che con lui...

Ashleigh si fermò per l’ennesima volta, stranita: - Perché, interessavo anche a lui?

- Cosa c'entra... – ridacchiò Casey: - Hai preferito un altro a lui… come hai potuto? – disse in tono patetico, imitando il tono che avrebbe dovuto avere un uomo ferito nel suo orgoglio.

- Oh… Ma sul serio, Mark…? Be’, non importa. Però rimane…

- … Tania. – concluse l’altra - Ma Betsy le ha detto che la odi.

Ashleigh, stranamente, sembrò sollevata: - Ah, ecco il motivo delle occhiatacce.

Casey sospirò: - Quindi credo proprio che...

- ...me ne starò in un angolino zitta e ferma? – suggerì l’altra. Ormai si era rassegnata a passare tutto il ricevimento da sola, scambiando magari qualche parola con i parenti della sposa e niente più. A quanto pareva, nessuno dei suoi vecchi amici le avrebbe parlato. In fondo, però, se erano davvero quelli i motivi per cui la escludevano, era anche felice che non le rivolgessero la parola. Doveva solo arrivare alla fine della giornata facendo meno danni possibili. E questa, per Ashleigh, era una sfida già abbastanza grande.

Casey scosse la testa con forza: - No, mia cara. Tempo proprio che dovrai farti dei nuovi amici.

Le sorrise pazientemente e ritornò a guardarsi nello specchio, come se avesse all’improvviso realizzato qualcosa di molto importante: - Ma...! – esclamò - È il mio matrimonio! Quindi ora parliamo un po' di me! – disse e sorrise dispettosa.

Ashleigh rise e si mise ad allacciare uno dei fiocchi di raso che si era allentato sul corsetto della sposa. Nel frattempo osservò la sua immagine dallo specchio e si trovò a pensare ancora una volta che quella situazione sembrava proprio congeniale alla sua amica, il suo habitat naturale. I capelli biondo cenere erano raccolti in una complicata acconciatura dietro alla testa e solo pochi ciuffi le ricadevano a boccoli sul viso. Il trucco era leggero e luminoso ed accentuava la sua carnagione rosea e i grandi occhi blu. Il vestito, di un bianco quasi abbagliante, aveva mille fiocchi di raso e mille lavorazioni; c’erano persino delle perle, che formavano una decorazione sul corpetto. La sposa aveva voluto un matrimonio completamente bianco: bianche le decorazioni, bianchi i fiori, bianchissimo il suo vestito, bianco il bouquet. Rose bianche, per la precisione. Per poco, non aveva convinto anche lo sposo a vestirsi di bianco. Come se le stesse leggendo nel pensiero, Casey disse con una smorfia: - Nero, eh?

Solo in quel momento, Ashleigh si accorse che anche l’altra stava osservando qualcosa allo specchio. O meglio, stava osservando proprio lei.

Sorrise e replicò tranquilla: - Lo sai… Il nero è il mio colore. Così come il bianco è il tuo.

Le ragazze si guardarono nello specchio e si sorrisero, scambiandosi uno di quegli sguardi pieni di significato e di emozione che le parole non saprebbero raccontare.

∼∗∗∗∼

 

La cerimonia era stata molto tradizionale: il padre di Casey l'aveva accompagnata lungo la navata, bellissima e raggiante. Luke intanto la aspettava sull'altare nel suo doppiopetto grigio che lo faceva sembrare ancora più imponente e granitico di quanto non fosse già. Nel tempo libero, faceva l'istruttore in palestra e i risultati erano sotto gli occhi di tutti. Non era stato questo, però, né i suoi capelli biondissimi o i suoi occhi azzurri o ancora il suo sorriso smagliante a colpire Casey. A quanto diceva lei, Luke era davvero un bravissimo ragazzo: gentile, generoso e premuroso. Ashleigh non poteva essere più felice per lei, ma aveva ammesso dal primo momento che Luke non era proprio il suo tipo. D’altra parte, lei e Casey non avevano mai avuto gli stessi gusti, in fatto di uomini. A lei piacevano ragazzi con un aspetto più alternativo ed un carattere più particolare, spigoloso, brillante, ironico al limite del sarcastico. Purtroppo, questo spesso si traduceva in litigi frequenti e conseguentemente in storie mai troppo lunghe.

Seduta ad uno dei tavoli del ristorante, Ashleigh fece vagare lo sguardo per la sala del ricevimento. Vide qualche coppietta che già ballava sulla pista: qualcuno si baciava, qualcuno si stringeva teneramente... e poi c'era Betsy avvinghiata a Dave. Distolse subito lo sguardo. Non che la vista di Dave con un’altra la facesse impazzire di gelosia, ma il fatto che tutto quello che la perfida cugina faceva sembrasse fatto apposta per farla innervosire la faceva innervosire ancora di più. Per fortuna, dopo la cerimonia, i genitori di Casey le avevano offerto un passaggio nella loro auto, altrimenti avrebbe dovuto fare il viaggio da sola o, peggio ancora, elemosinare un posto tra Betsy e Cindy sulla macchina di Mark. Ashleigh rabbrividì e bevve un sorso di vino bianco, tornando a guardarsi intorno. Quasi immediatamente, incontrò un paio di occhi brillanti che la guardavano dall'altra parte della sala e subito dopo un sorriso poco più sotto.

Il ragazzo a cui appartenevano quegli occhi e quella bocca era alto e magro, aveva i capelli scuri piuttosto corti e disordinati e stava appoggiato al muro con le mani nelle tasche dei pantaloni. Non portava né giacca né cravatta, ma una semplice camicia nera con le maniche tirate su fino ai gomiti. Ashleigh ormai lo capiva al primo sguardo: quello sì che era il suo tipo.

Dopo averle sorriso, lui disse un "ciao" che lei poté solo leggergli sulle labbra, per via della distanza che li separava. Ashleigh sorrise a sua volta ed il ragazzo, dopo essersi guardato intorno per un attimo, si staccò dal muro ed andò verso di lei.

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Capitolo 3
*** 2 - Love in an elevator ***


II. Love in an elevator

Finalmente gli sorrise, quando fu abbastanza vicino per permetterle di notare il blu dei suoi occhi ridotti a due fessure, indagatori, posati su di lei. Gli sorrise, emise un flebile “Ciao” e non riuscì a fare nient’altro. Lo guardò lasciarsi andare con noncuranza su una delle sedie libere attorno al suo tavolo e quasi senza accorgersene si trovò a rimproverarlo scherzosamente:

- Veramente quello è il posto di una certa Betty…

Gli sorrise per stemperare un po’ quell’aria da maestrina che sembrava aver assunto e che lei stessa odiava. Lui però non sembrò prendersela troppo, perché rispose in tono ironico e fintamente preoccupato:

- Oh, allora forse dovrei andare in un altro posto, prima che torni "certa Betty"…

Le sorrise di nuovo in quel modo che stranamente aveva già imparato a conoscere, proprio lei che non si sentiva mai a suo agio con nessuno. Era un sorriso in un certo senso spavaldo, menefreghista: di sicuro era conscio di essere affascinante e usava la cosa a proprio vantaggio. In un certo senso però sembrava anche un sorriso stanco e disilluso, non del tutto sincero. Come se si potesse ridere di qualsiasi cosa nel mondo, perché in fondo niente di tutto quello schifo che li circondava sarebbe cambiato mai.

Alzò un sopracciglio, vedendo l’espressione confusa di Ashleigh e riprese con tono suadente, avvicinandosi al suo orecchio con la bocca:

- O forse… dovremmo andarcene tutti e due.

Non era una domanda, non era una proposta, ma semplicemente la constatazione di uno stato di cose, una sorta di consapevolezza in quello che sarebbe successo e di sicurezza in se stesso. Non le erano mai piaciuti i tipi troppo sfrontati, ma il lampo di incertezza che vide passare dietro agli occhi di lui mentre esitava un po’ troppo a dargli una risposta la convinse. Casey avrebbe detto ancora una volta che voleva “giocare all’infermierina che salva il povero ragazzo cattivo che in fondo non è cattivo per davvero, ma solo incredibilmente complicato” e forse aveva ragione. Aveva sempre avuto un debole per i cosiddetti “ragazzacci”, ma non le piaceva ritenersi una conferma di quel particolare cliché. Preferiva valutare la cosa sotto un altro punto di vista: secondo lei, tutti gli uomini erano cattivi ragazzi, perciò in un modo o nell’altro tutte le donne erano infermierine che cercavano di “salvarli” o di riportarli sulla buona strada.

Ashleigh con il passare del tempo e l’esperienza si era convinta d’altronde che questo non fosse possibile e da allora cercava di prendere tutto con molta leggerezza, non cercando nemmeno più di negare che il tipo di ragazzo che ostentava certe qualità da “bello e dannato” fosse quello che la attirava di più.

Se non altro, molto più del tipico bravo ragazzo che non aspetta altro che metterti un paio di corna con la segretaria. O con la ragazza dei massaggi. O con la prima che passa per strada, purché abbia un “bel davanzale”.

Tutte le frasi che aveva sentito dire, tutte le storie che si era sentita raccontare contribuivano a consolidare in lei la convinzione che non esistesse la relazione perfetta e che quindi l’unica soluzione fosse quella di divertirsi, finché possibile.

Inizialmente, quindi, lo guardò stupita; poi gli rispose, non senza un tocco di malizia:

- In effetti qui non conosco quasi nessuno…

Il viso di lui si illuminò per un attimo in un modo strano, da bambino felice, prima che riprendesse il suo contegno da giovane uomo sicuro di sé e le dicesse – Perfetto, - porgendole la mano per farla alzare dalla sedia.

Senza dire altro, la condusse appena fuori da una delle porte della grande sala addobbata e le fece cenno di aspettarlo. Si avviò quindi verso un gruppetto di persone vicino ad un tavolo e lo vide dire qualcosa ad un ragazzo di spalle rispetto a lei, piuttosto alto e con una camicia azzurra. Tornò poco dopo quasi correndo, con un sorrisino che Ashleigh avrebbe definito malefico e la prese per mano, portandola con sé vicino alla porta di uno degli ascensori presenti su quel piano.

- Dove andiamo? – gli chiese ed il suo tono le sembrò stranamente più curioso che spaventato da tutto quel mistero. Non si erano nemmeno presentati e lui la stava già portando chissà dove. Il sorriso che le fece però sciolse ogni suo dubbio: si trovò a pensare che non voleva davvero sapere dove sarebbero andati. O come si chiamava. O cosa sarebbe successo al mondo.

Era da tempo che non si sentiva così per colpa di qualcuno: come se tutto il resto non importasse.

Lui ridacchiò: - Ho detto agli altri che andavo a prendere la nonna all'aeroporto.

Lei spalancò la bocca e cercò di dire qualcosa, sconvolta dall’assurdità della situazione e da… lui. Non ci riuscì però e lui continuò allegro: - Nessuno mi ha chiesto la nonna di chi…!

Di nuovo Ashleigh cercò senza successo di replicare, ma lui interruppe di nuovo il suo tentativo, spiegando: - Ai matrimoni c'è sempre una nonna da andare a prendere all’aeroporto…

Ashleigh finalmente capì che cosa intendesse dire e scansò dalla mente i pensieri che aveva formulato su di lui che si rivelava un rapitore di povere vecchine indifese infiltrandosi ai matrimoni di persone sconosciute. Rise e lui, dopo averla scrutata per un attimo, la seguì a ruota.

Quando si calmarono, l’ascensore si era fermato al loro piano e le porte si erano aperte per farli salire.

- Ho preso una camera qui, in questo hotel, per stanotte. – disse lui, finalmente serio - Sai, per non guidare ubriaco e tutte quelle cose.

Fece un gesto vago con la mano, roteando gli occhi spazientito. Poi, salì sull’ascensore, mentre lei lo guardava, ancora indecisa sul da farsi.

- Possiamo salire da me… Parlare… - le sorrise di nuovo, sporgendosi un po’ fuori dall’androne, fino ad arrivarle vicinissimo. Poi, si chinò su di lei e le posò sulle labbra un bacio delicato che le diede la scossa, prima di aggiungere, a due centimetri dalla sua bocca: - O non parlare affatto…

Ashleigh non riuscì più a pensare a niente. Al nome di lui, a quello che avrebbe detto Casey, a quanto avrebbe sparlato Betsy, a quanto fosse sbagliato comportarsi così. In un lampo era entrata in quell’ascensore spingendo dentro il ragazzo sconosciuto ed aveva schiacciando il pulsante per far chiudere le porte.

 

 

 

 

Dunque, ancora non siamo al punto in cui la storia prenderà due strade… non solo in senso figurato. Ma, se siete arrivate fin qui a leggere… arriverà, abbiate fiducia! (E se siete arrivate fin qui a leggere… fatemelo sapere! Brave! :P)

Il ragazzo è ancora misterioso, non abbiamo scoperto molto su di lui… neppure il nome! Ma abbiate fiducia anche in questo! Questa è una storia che richiede molta fiducia da parte di voi lettori, se avete notato! xD

Come al solito, ringrazio chi ha letto e chi ha aggiunto AtoA nelle seguite e nelle ricordate…

Il titolo stavolta è tratto da questa canzone qui degli Aerosmith, che mi è venuta in mente rileggendo l’ultima riga, nella quale avevo scritto “ascensore” almeno tremila volte, prima di ricordarmi che le ripetizione è un errore punibile penalmente. :P Per quanto riguarda la parte del "love" però non prometto niente.

Buona lettura ^-^

Summer

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