Hollywood Whore

di maude17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** Fuga ***
Capitolo 3: *** Sorpresa ***
Capitolo 4: *** Svolte ***
Capitolo 5: *** Verità ***
Capitolo 6: *** Matt ***
Capitolo 7: *** Destino ***
Capitolo 8: *** Lettera (POV MARCO) ***
Capitolo 9: *** Dieci anni dopo ***
Capitolo 10: *** Gelato ***
Capitolo 11: *** Incontro ***
Capitolo 12: *** Pizza ***
Capitolo 13: *** Chiarimenti ***
Capitolo 14: *** Una nuova vita ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


{So cosa molti di voi penseranno: che sono una poco di buono, una madre irresponsabile.
Ma voglio raccontarvi tutto. Dal principio.
Tutti i perché della mia storia.}


 

Capitolo 1. L'inizio.





Mi chiamo Megan Scott, ho venticinque anni e sono una prostituta.
La mia storia incominciò dieci anni fa, quando ne avevo solo quindici. 
Era una fredda sera di novembre, io e Carol, la mia migliore amica di allora, stavamo andando ad una festa per i ragazzi “fighi” della scuola.
Eravamo state invitate da Matt Stevenson, il vicecapitano della squadra di basket, ovviamente il ragazzo più carino della scuola, come capita sempre in tutti quei film romantici che prevedono la ragazza sfigata che si innamora del ragazzo figo che non la considererà mai.
Beh, si ecco. Più o meno era così, fino a quando non ci chiese di andare alla festa.
Stavamo entrando nella villa dei genitori di Carl Barney, lo sfigato ricco della scuola che prestava la casa per le feste... beh stavamo entrando con i nostri vestitini sexy comprati per l’occasione, ovviamente tutte tirate a lucido, quando Matt mi chiamò da dietro la casa.
-Ehi Meg! Vieni qui devo farti vedere una cosa!-, mi sorrise sornione.
-Vai! Potresti essere scopata dal ragazzo più carino della scuola Meg!-, mi disse Carol entusiasta, spingendomi verso il ragazzo. 
-Oddio non ci posso credere!-, esclamai entusiasta.
-Andiamo dolcezza vieni qui-, mi richiamò Matt.

-Vado! Ti racconto poi!-
-Vai!-, ripetè Carol con un velo di invidia. 
-Arrivo!-, gridai verso Matt.
Mi avvicinai a lui cercando di non cadere dai tacchi altissimi di mia madre, presi di nascosto oltretutto, non potevo romperglieli. 
Quando arrivai mi prese con forza un braccio e mi spinse contro il muro. 
-Sei molto bella stasera-, sussurrò roco.
-Gr..-, le mie parole furono interrotte dalla sua lingua prepotente dentro la mia bocca.
Era il mio primo vero bacio ed era fantastico: la sua lingua giocava con la mia con possessione ed eccitazione.
E poi, accipicchia! Era Matt Stevenson, non un ragazzo qualunque!
Mi morse un labbro mentre
 percorreva la mia coscia scoperta con la mano e si fermò appena prima del limite delle mie mutandine, sempre senza smettere di baciarmi.
-Matt è meglio andare dentro- dissi con la sua lingua tra i miei denti.
Lui gemette, spalmandosi contro di me, completamente.
Era eccitato e potevo sentirlo distintamente contro il mio bacino.
Mi dava dei leggeri colpi contro il ventre per farmelo sentire, quanto era eccitato. 
-Andiamo Matt...-, sussurrai presa un po' dal panico.
Non mi piaceva come stava andando la cosa... 
Lui sbuffo ma si spostò e mi lasciò andare.
Senza avermi prima riservato un'occhiata storta.
Cercai di ricompormi meglio che potevo. 

-Si entriamo che devo farti provare una cosa-, disse poi con un sorriso malvagio e uno sguardo illuminato da non so quale idea. 
Lo seguii e mi portò nel tavolo dove erano seduti alcuni suoi amici: Anthony Roberts, James Mckenzie, David Brooks e Dylan Sommers. 
-Ehi ragazzi, lei è Megan! Deve provare quella cosa-, li salutò con un sorriso d’intesa calcando sulle parole "lei" e "quella".  
-Hai bisogno di Chuck?-, chiese Anthony.
-Forse, non penso che accetterà di sua spontanea volontà-, sghignazzò James. 
Le gambe incominciarono a tremarmi quando l’amico fece un cenno dietro di me.
Cosa non pensava accettassi di mia spontanea volontà?!
E chi diavolo era Chuck?!

La risposta all’ultima domanda arrivò subito.
Mi voltai e un omone alto come minimo un metro e novanta, di colore e muscoloso sovrastava il mio misero metro e sessanta. 

-Hai bisogno James?- chiese. 
-Si, lei ha bisogno di te-, mi indicò.
-Io?- chiesi. –Io non ho bisogno di nessuno. Grazie per l’interessamento comunque-, sussurrai con la voce tremante.
Stavo incominciando ad avere davvero paura.
Perchè non ero rimasta con Carol?!

Tutti scoppiarono a ridere.
-Come sei sciocca Megan-, mi sussurrò Matt all'orecchio per poi infilare una mano dentro al mio vestito e stringendomi un seno con forza.
Gemetti, sia per il male ma anche per il poco piacere che mi aveva provocato.
-Dicono tutti così-, riprese Dylan.

-Tutti chi!?- mi staccai e mi voltai verso Matt che sghignazzava ancora. –Matt!?-
-Tranquilla non sentirai nulla, farò piano. Te lo prometto-, mi leccò il collo e mi mise le mani sul sedere avvicinandomi al suo bacino, sopra al quale mi fece strusciare con forza.
Lui gemette poi si staccò e si rivolse a Chuck.
-Fai in fretta, non credo di poter resistere ancora per molto-, e indicò l'evidente eccitazione presente nei suoi pantaloni.

Mi volta per guardare Chuck, spaventata, ma non feci in tempo a vederlo che tutto diventò nero e persi i sensi. 


 

Mi svegliai in una stanza buia: ero sdraiata sopra ad un letto tutto disfatto.
-Matt?-, chiesi confusa.
Non mi rispose nessuno.
Tastai il letto e sentii sotto le mie mani un tessuto un po’ troppo familiare: quello della mia biancheria. 
Mi accorsi solo in quel momento di essere nuda, sopra un letto, dopo aver perso i sensi.
Mi alzai in fretta: mi girava la testa e per poco non ricaddi sul letto.
-Matt!?-, riprovai, la mia voce tremava. 
Ero terrorizzata.
Forse… avevano visto che avevo caldo e mi hanno spogliata…
Forse… forse…
Scoppiai a piangere incapace di crede anche solo ai miei pensieri. 
Perché avevo lasciato Carol?! Perché non l’avevo seguita?!
Ma Matt non avrebbe mai fatto una cosa del genere!
Purtroppo non riuscivo a convincere neanche me stessa. 
Per terra vedevo il mio vestito e i pantaloni di qualcun altro.
Mi rivestii in fretta, presi le scarpe in mano e uscii da quella stanza maledetta.
Non mi preoccupai neanche di avere tutto il trucco sbavato e di sembrare una poco di buono.
-Carol!- gridai quando l’ebbi vista attaccata con delle ventose ad un ragazzo leggermente invadente.
-Ehi Meg! Che è successo?-, chiese noncurante. 
-Matt-
-Lo avete fatto?!- chiese entusiasta.
-Si, ma…-
-E’ fantastico Meg!-, non mi lasciò finire e mi abbracciò di slancio dopo essersi staccata dalla piovra al suo fianco.  
-No, non lo è Carol! Mi ha violentata! Non ero cosciente!-
-Cosa?! Non ti ho sentita! La musica è troppo alta!-
-Mi ha violentata!-, ripetei alzando il tono della voce e con le lacrime agli occhi.
-Non capisco!-, gridò in risposta lei.
-Dobbiamo andare a casa!-
-Io resto ancora qui! Vai pure tu se vuoi!-, disse guardandomi male. –E mettiti a posto il trucco e i vestiti! Sembri una puttana conciata così!-, e si voltò per tornare al suo nuovo ragazzo, se si poteva definire tale. 
La guardai scioccata prima di andarmene di corsa da quella casa.
Come aveva potuto dirmi una cosa del genere?! Era mia amica!
Mi sentivo tradita, violata, strana, ingombrante.
I miei genitori mi avrebbero ucciso, questo era sicuro.
Si erano raccomandati di non dare confidenza a nessuno e di non separarmi da Carol!
-Mamma! Papà!-, gridai sbattendo la porta di casa.
-Meg?! Che succede?!- chiese mia madre preoccupata. 
Mi buttai fra le sue braccia mentre piangevo disperata.
Non riuscivo ancora a credere a quello che mi era successo!
-Charlie!-, gridò lei.
-Che succede Samantha?-, mio padre era in sala che guardava la TV.
-Guarda tua figlia!-
-Che ti hanno fatto Megan?-, era preoccupato, lo sentivo dalla sua voce.
E ora? Glielo dicevo o no?
Era imbarazzante, mi ero lasciata convincere da un ragazzo sconosciuto ad andare ad una festa dove non conoscevo nessuno.
Mi ero lasciata trascinare dietro ad una casa da solo con questo ragazzo.
Avevo lasciato Carol.
Era colpa mia, dopotutto, quello che era successo!
E poi erano persone all'antica e mi avrebbero guardata come una cosa orribile, una cosa da buttare
-Ho… litigato con Carol! A morte!-, dissi la prima cosa che mi venne in mente, anche se sapevo che non poteva reggere molto.
-Ah… pensavo fosse una cosa seria Megan!- disse mio padre arrabbiato ma comunque tranquillizzato. 
Se l'era bevuta, incredibile. 
-Scusa se ti ho fatto preoccupare. È che è la mia migliore amica e ci sono rimasta male, tanto-
-Vai in camera tua!-, m'intimò mia madre arrabbiata.
Corsi in camera mia piangendo: avevo mentito e mi sentivo male, ma avrei dovuto imparare a farlo.
Dopotutto dirgli così era meglio di dirgli la verità: sarei diventata la loro vergogna.
Mi buttai sotto la doccia: volevo togliere tutti i residui di quello stronzo.
Non volevo più sentire il suo odore sulla mia pelle.
Quando uscii presi il vestito e incominciai a tagliarlo con le forbici in mille pezzettini, poco importava che era costato un patrimonio! 
Non volevo nessun ricordo di quella notte!
Andai, in seguito, a mettere al loro posto le scarpe di mia madre.
Non le volevo neanche vedere, ma quelle, purtroppo, non potevo buttarle via.
Dopo mi sdraiai sul letto e incominciai a piangere, di nuovo; e continuai finché il sonno non prese il sopravvento su di me, facendo finire finalmente quell'orribile giornata.  



Note dell'autrice:


Di nuovo qui, gente! 
Questo è un altro sclero pomeridiano xD
E' un capitolo corto, ma ho intenzione di farli tutti così i capitoli, non troppo lunghi se no stancano xD
E' una storia che mi è venuta in mente così, senza un particolare motivo o fatto!
Spero che comunque non sia stato un capitolo orribile ò-ò
Sul capitolo, beh Megan aveva paura dell'opinione dei suoi genitori, cosa comprensibile, ma molto stupida! Però era una ragazzina di 15 anni, ingenua e spaventata, quindi il suo cervellino non era al massimo in quel momento ù.ù
L'amica Carol, beh si è una poco di buono. Megan si confida con lei ma questa non l'ascolta e questo la fa spaventare ancora di più, specialmente il suo commento poco carino quando la vede in condizioni poco consone. 
E da qui ha inizio tutta la sua storia: una festa adolescenziale, troppo alcool, un ragazzo bello e stronzo e un'amica espansiva!
Grazie a tutti coloro che leggeranno e/o recensiranno!

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Capitolo 2
*** Fuga ***


Capitolo 2. Fuga.

 


Ammoniaca.
Ecco cos’aveva usato quel folle bastardo: ammoniaca inzuppata in un fazzoletto.
Erano stati talmente veloci che nemmeno me ne ero accorta, del fazzoletto.
Non so in quanta quantità ne avevano utilizzata ma diciamo abbastanza da farmi vedere le stelle per una buona oretta.
Stronzifottuti bastardi!
Quella mattina mi svegliai con una nausea enorme che persisteva ogni giorno, mi si era bloccato il ciclo e un’orribile realtà si parò davanti a me come uno schiaffo: ero incinta.
Ero incinta di un bastardo, mi aveva lasciato un pezzo di lui anche nel corpo e non solo nell’anima, mi aveva rovinato definitivamente la vita.
Non potevo di certo dire ai miei genitori che ero incinta: mi avrebbero rinchiusa, e forse era anche un bene.
Così preparai una borsa e lasciai loro un biglietto con scritto che me ne andavo, ma che gli volevo bene e che non era colpa loro.
Mi presentai a casa di Carol e quella, ridendomi in faccia, richiuse la porta con forza. E chi pensava che questa fosse così, lei, la mia unica amica.
Così mi rimisi in spalla la borsa e presi un autobus, senza sapere dove era diretto.
Quando si fermò al capolinea scesi, ancora mezza addormentata e dolorante, alzai il viso e un’enorme scritta mi si parò davanti: Hollywood.
Non ci potevo credere, ero finita nella città dello spettacolo!
Era una sottospecie di sogno per me.
Ma un forte conato di vomito mi riportò alla realtà: avevo 15 anni, ero incinta e senza un soldo…avrei dovuto rimandare il mio giro turistico, forse non lo avrei mai fatto. 
Mi andai a rifugiare in un vicolo buio e isolato, vicino ad un ristorante italiano.
Trovai per terra degli scatoloni e li posizionai come meglio potevo.
Tirai fuori una coperta dalla borsa e mi ci si avvolsi. 
Quella sarebbe stata la mia nuova vita: una povera barbona per giunta incinta. 
Non so per quanto tempo andai avanti con quella misera vita, finchè un giorno, me lo ricordo come se fosse oggi, Marco, il figlio del capo del ristorante italiano, mi trovò quando ero al quinto mese di gravidanza, con una pancia non più nascondibile. 
Non si era mai accorto di me: normalmente mi nascondevo quando usciva a buttare fuori la spazzatura, ma io lo avevo sempre notato.
-Ciao e tu chi sei?-, mi chiese con un accento italiano lievemente udibile e uno sguardo pieno di compassione.
Eh no! Io l’odiavo la compassione.
-Non guardarmi con quello sguardo. Della tua pietà non ne ho bisogno-, sbottai acida, anche a causa degli ormoni impazziti.
Lui sgranò gli occhi, forse per la rabbia con cui avevo pronunciato quelle parole.
-Ehi, ehi calma! Come ti chiami?-, si avvicinò lentamente per non spaventarmi.
-Megan-, sussurrai dopo un po’, incapace di reagire in altro modo, le forze ormai mi stavano abbandonando.
E poi non era colpa sua. Lui era la prima persona che mi rivolgeva la parola gentilmente da quando me ne ero andata. 
-Io sono Marco, quanti anni hai?-
-Che giorno è?-
-Il 27 Gennaio-, rispose confuso.
-Allora ne ho ancora 15-
-Io ne ho 19, cosa ti è successo?-
Non risposi, non ero pronta a ripercorrere quel giorno orribile.
Lo avevo accantonato in un piccolo cassetto della mia mente: sigillato, ma purtroppo presente.
Era troppo doloroso cercare di ricordare, troppo, e io non ero ancora pronta per farlo.
-Stai tremando-, mentre pensavo non mi ero accorta che si era avvicinato fino a toccarmi una spalla.
Sobbalzai.
-Non toccarmi!-, gridai spaventata.
-Ehi, tranquilla, voglio solo aiutarti!-, sembrava sincero.
-Non ho bisogno del tuo aiuto!-
Non riuscivo più a fidarmi di nessuno, non dopo quello che mi era successo.
-A me non sembra proprio. Vieni dentro: ti fai una bella doccia, mangi qualcosa, ti do vestiti puliti, ti porto in ospedale a fare delle analisi e poi ti riposi un po'. Non fa bene stare qui al gelo nelle tue condizioni-
Lo guardai incredula: era il primo che si offriva di aiutarmi senza volere niente in cambio.
Era stato… gentile… era gentile.
Mi sorrise rassicurante.
Lo osservai meglio: era bello, aveva gli occhi verde scuro e i capelli spettinati e marroni scuri.
Era alto, molto più di me, non che ci volesse molto.  
-Quanto sei alto?-, mi uscì dalla bocca senza che potessi impedirlo.
Che domanda stupida, Megan. Complimenti!
Lui ridacchiò e mi tese la mano per aiutare ad alzarmi.
-Più o meno un metro e novanta, nana-, scherzò per alleggerire l'atmosfera.
Sorrisi e gli presi la mano. 
Mi sembrava una buona persona dopotutto. 
Sobbalzò al contatto: dovevo essere gelida.
Mi portò dentro e mi mostrò dov’era il bagno, e mentre mi facevo una doccia bollente, la prima dopo mesi, andò a spiegare la situazione ai suoi genitori, che mi accolsero con calore.
Non ci credevo, sembrava la prima svolta positiva nella mia vita dopo mesi di agonia.
Mi rivestii con i vestiti che mi aveva preparato e andai nella cucina.
-Stai meglio, Megan?-, mi chiese affettuosa la madre di Marco, Maria.
-Si, la ringrazio. Siete stati molto gentili ad aiutarmi- 
-E’ stato un piacere, ti ho preparato il letto per stanotte. Marco dormirà sul divano letto-
-Oh, ma non dovete disturbarvi, posso dormire pure io sul divano, per me sarebbe comunque comodo-, sussurrai in imbarazzo.
-Ma non ci pensare neanche! Il divano è comodo lo stesso, quindi starò bene!-, mi sorrise Marco.
Ringraziai ancora poi mi lasciarono sola, dove potei scrollare nella mia bolla di dolore.
Mi mancavano i miei genitori, mi mancava un sacco l’affetto di una vera famiglia e vivere con i Di Carlo era come avere un pugnale nel cuore che mi ricordava cosa avevo lasciato per sempre scappando di casa.
Mi addormentai solamente dopo parecchie ore e, per la prima volta, dormii bene, come non facevo da anni, ma quella sensazione durò poco.
Avevo il sonno molto leggero a causa della mia situazione non potevo permettermi di dormire profondamente: poteva arrivare un maniaco da qualsiasi parte e in qualunque momento. 
Avevo sentito distintamente il rumore di un vaso che si spezzava, mi alzai di colpo e mi accostai alla porta: doveva essere entrato qualcuno.
Una parte di me mi diceva di stare ferma, mentre l’altra mi diceva di andare a controllare.
Ovviamente seguii la seconda parte, ero sempre stata curiosa ed impulsiva, e andai in cucina.
Potevo sentire dalla sala il russare di Marco, segno che non si fosse accorto di niente.
Mi avvicinai lenta al suo letto per svegliarlo quando qualcuno mi tirò dai capelli e bloccò il grido che mi stava per uscire dalla bocca.
-Urla e ti uccido-, mi sussurrò all’orecchio minaccioso un uomo.
Spalancai gli occhi terrorizzata quando sentii la sagoma di un coltello vicino alla mia gola.
Maledetta me e la mia seconda parte!
Dovevo starmene ferma e muta in camera!
Alzai il più piano possibile la gamba e l’allungai fino a raggiungere il corpo di Marco, incominciai a dargli colpetti piano e ripetuti per svegliarlo.
Il tempo passava e la presa sui miei capelli non accennava a diminuire e Marco non si svegliava. 
Stavo sudando freddo!
Si sentì un altro piccolo rumore e ne approfittai per serrare un calcio forte alla schiena di Marco.
-Ma cosa..?!-, chiese disorientato.
La mano che mi bloccava la bocca si fece ancora più forte, quasi non riuscivo a respirare.
Marco mi toccò la gamba nuda mentre cercava cosa lo avesse svegliato.
-Megan?!-, incominciai a dargli altri colpetti che lo spinsero ad accendere la luce e a vedere l’orribile scena che aveva davanti.
Spalancò gli occhi e i due criminali scapparono temendo che gli avesse visti in faccia lasciandomi accasciata a terra, spaventata e piangente.
Marco mi circondò con le braccia e io mi aggrappai a lui.
-Tranquilla, sei al sicuro ora. Ti hanno fatto del male?-
Scossi debolmente il capo, mentre lui mi stringeva facendomi sentire finalmente protetta da qualcuno.



Note dell'autrice:


Ok, non era previsto Marco, ma mentre scrivevo mi è venuto in mente, e ho dovuto aggiungerlo!
Si, ho scritto tutto di getto ed è uscito un capitolo orribile >w<
Ma spero vivamente che a qualcuno piaccia!
Dunque... Megan scappa di casa dopo che ha scoperto di essere incinta di Matt, Carole le ride in faccia e questo fa aprire gli occhi a Megan sulla vera natura della sua amica: una stronza.
Marco, invece, è la prima persona che si è presa cura di lei da quando Matt l'ha violentata.
Sembra quasi un paradosso: prendersi cura di una ragazza trovata per strada, ma lo sguardo spaventato e la situazione fisica di Megan gli hanno fatto comprendere che ci si poteva fidare, vedremo poi come andrà a finire ;)
Grazie a tutti coloro che leggeranno e/o recensiranno!

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Capitolo 3
*** Sorpresa ***


Capitolo 3. Sorpresa.

 



Passai i restanti tre mesi della mia gravidanza a casa dei Di Carlo, e tra me e Marco nacque un’amicizia semplice e vera.
Non mi chiese mai niente sulla mia gravidanza, né sulla mia vita prima di scappare di casa: lo apprezzai molto, anche se erano passati praticamente nove mesi non ero pronta a espormi così tanto con qualcun altro.
Quello che mi era successo mi aveva fatto chiudere a riccio su me stessa e mi ero costruita un muro di protezione intorno per non essere osservata e proteggermi. 
Uscivo di rado, specialmente alla sera, appunto per non attirare sguardi indiscreti: dopotutto ero una quindicenne incinta, e non era una cosa che si vedeva tutti i giorni nemmeno ad Hollywood. 
Una sera io e Marco eravamo sul divano che stavamo guardando un film mangiando la pizza che ci avevano preparato i suoi genitori prima di uscire e lui mi stava massaggiando le spalle per farmi rilassare un po’ la schiena sempre più dolorante, quando sentii un’enorme fitta al ventre.
Gemetti e mi piegai su me stessa.
-Meg che succede?!-, chiese Marco preoccupato.
Cercai di riprendere fiato, riuscendoci a malapena. 
-La bambina, deve aver calciato. Ecco, ora sto bene-, mi distesi lentamente cercando di non fare bruschi movimenti per evitare che il male tornasse.
-Sei sicura, tesoro?-
-Si tranquillo!-, sorrisi e gli diedi un bacio sulla guancia.
Pochi giorni dopo il mio arrivo dai Di Carlo, Marco mi aveva portato dal ginecologo di sua madre per fare una visita e per controllare la creatura che nasceva dentro di me.
Avevamo scoperto che era femmina e da quel giorno ci eravamo sbizzarriti su tutti i nomi possibili da poterle assegnare.
Eravamo partiti da nomi strani, tipo Romilda, a nomi comunissimi, tipo Sarah, alla fine però avevamo optato per un nome strano ma non troppo: Charlie.
Avevo sempre adorato i nomi da maschi usati al femminile, proprio come Charlie, o Billie, o Alex.
Marco tornò a massaggiarmi le spalle e mentre mi stavo addormentando sotto alle sue carezze sentii un’altra fitta, più dolorosa della prima.
Quasi urlai dal dolore.
-Megan, che sta succedendo?-, ormai era spaventato, odiava vedermi star male.
-Io… non lo so… la bambina sta calciando, forte!-, esclamai.
Un’altra fitta. Gemetti. 
-Ok, ora basta! Ti porto in ospedale!-
-Ok-, sussurrai stringendomi la pancia.
Marco mi sorresse come meglio poteva, dopotutto non avevo di certo il peso di una farfalla, e mi fece salire in macchina.
Mentre mi contorcevo sul sedile posteriore, Marco sfrecciava verso l’ospedale più vicino mentre continuava a sussurrarmi deboli: “Tranquilla, Megan. Vedrai che non è niente”, cercando di tranquillizzare più se stesso che me.
Era in panico e lo si poteva capire dal tono della sua voce.
-Oddio…-, sussurrai sconvolta.
-Cos’è successo Meg?! Dimmelo!-
-Mi… mi si sono rotte le acque, Marco-, risposi debolmente.
Lui si bloccò e guardò ai miei piedi dove poteva effettivamente costatare ciò che avevo appena detto.
-Oh merda-
-Fine come al solito eh?-, sorrisi tra le lacrime che cominciavano a scendere abbondanti sul mio volto.
-Come fai a scherzare in un momento come questo?!-, mi chiese incredulo.
-Sai, sinceramente non me ne frega un emerito cazzo di come faccio! Schiaccia quell’acceleratore e MUOVITI! Prima questa bambina esce dalla mia pancia, prima io starò bene!-, quasi urlai.
-Ecco, ora si che ti riconosco-, sussurrò sorridendo, ma non ancora tranquillo.
Parcheggiò davanti all’ingresso dell’ospedale all’a bell’è meglio e mi aiutò a scendere.
Appena dentro mi fece sedere su una sedia a rotelle e una dottoressa ci raggiunse in fretta.
-Salve sono la dottoressa Daniels, mi occuperò del suo parto signorina. Ora cerchi di respirare tra una contrazione e l’altra mentre la portiamo in sala operatoria. Come si chiama lei?-, chiese rivolta a Marco. 
-Marco Di Carlo, sono un suo amico. Lei si chiama Megan Scott-
-Bene, a quanti mesi è? Avete misurato ogni quanto le contrazioni si presentano? Le si sono già rotte le acque?-, chiese in fretta la dottoressa mentre mi portavano velocemente in sala parto.
-E’ al nono mese e sì, le si sono già rotte le acque. Ma non ho misurato le contrazioni-
-Ok, me ne occuperò io ora. Lei deve stare fuori-, eravamo davanti alla sala.
-NO!-, gridai respirando a fatica e con uno sguardo terrorizzato.
-Tranquilla Megan, non succederà niente-, mi sorrise e mi diede un leggero bacio sulla fronte.
-A dopo-, gli sussurrai in lacrime.
Quello che successe dentro a quella stanza fu molto confuso: c’erano un sacco di infermiere pronte ad aiutare la dottoressa in caso di complicazioni, si sentivano un sacco di urli, da parte della sottoscritta e della stessa dottoressa che mi diceva di spingere e respirare, avevo un’infermiera che mi massaggiava una spalla cercando di calmarmi ma in realtà innervosendomi sempre di più.
Fatto sta che non so dopo quanto tempo si librò in aria un piccolo pianto e io mi sentii finalmente vuota e passò appena un po’ di dolore.
-Congratulazioni-, mi disse la dottoressa dopo aver tagliato il cordone ombelicale.
Un’infermiera prese subito in braccio la mia bambina e sparì dalla mia vista.
-Dove la porta?! La voglio!-, gridai esausta, con la voce un po’ roca dopo la performance di prima.
-Stia tranquilla, è solo andata a lavarla, dopo la potrà tenere in braccio fin quanto vorrà-, mi sussurrò un’altra infermiera.
Mi rilassai un poco e chiesi di far entrare Marco.
-Prima la dobbiamo trasferire in un’altra stanza-
-Per favore, sbrigatevi-, chiesi sempre più esausta.
Mi spostarono in una camera bianca con un grande letto al centro che aveva molto l’aria di essere scomodo.
Mi ci fecero sdraiare e costatai che avevo ragione: era un mattone, o forse ero solo io ad essere tutta indolenzita, cosa più probabile.  
Poco dopo entrò la dottoressa Daniels con mia figlia e me l’adagiò tra le braccia.
-Ha smesso di piangere è ora che le dia da mangiare-, mi suggerì.
Feci come mi venne detto e la portai al seno: fu una sensazione strana, succhiava golosa quasi desiderosa di prosciugarmi.
-Ciao Megan-, mi sussurrò Marco quasi all’orecchio.
Ero troppo intenta a contemplare quel piccolo batuffolo rosa che non mi ero resa conto del suo ingresso.
Era stupenda: aveva due enormi occhi marroni, al contrario dei miei verdi, avidi di vedere tutto quello che la circondava, dei piedini e delle manine minuscole, quasi un quinto della mia mano, un accenno di un nasino alla francese in miniatura, il mio naso, con una bocca perfetta e qualche ciuffo di capelli castani ad incorniciare il suo viso perfetto.
Mia figlia.
Ero euforica solo a pensarlo.
-La dottoressa mi ha detto che sei stata bravissima, ma ne ero sicuro-
Lo guardai e gli sorrisi grata.
-Grazie per tutto, Marco. Mi hai aiutata sempre, te ne sono grata. E anche questa bambolina lo è, vero Charlie?-, ridacchiai al suo sguardo confuso mentre ancora succhiava il mio seno.
-E’ stupenda, proprio come te-, disse Marco sorridendo.
Mi voltai di nuovo a guardarlo e gli passai una mano tra i capelli attirandolo a me per abbracciarlo senza fare del male alla bambina.
Lo sentii sospirare e dopo poco mi strinse a lui.
-Ti voglio bene Marco-, sussurrai.
-Anche io, Megan-, mi accarezzò la testa dolcemente. –Non sai quanto-



Note dell'autrice:


Scusatemi per il piccolo ritardo ma questa settimana non sono stata praticamente a casa e quindi niente computer >.<
E scusate anche l'orario mongolo ç.ç
Cmq, parlando del capitolo: l'amore di Megan per i nomi da maschio usati per le donne è una cosa che abbiamo in comune: vorrei chiamare mia figlia proprio con uno dei tre nomi che ho elencato sopra *w*
L'amicizia tra Marco e Megan è sempre più solida: lui è stato l'unico ad averla aiutata senza pregiudizi e domande invadenti e lei lo apprezza molto.
Chissà cosa succederà poi :D
Beh, la descrizione della bambina l'ho fatta guardando una foto che avevo trovato su Google e così si capisce anche un po' di come è fatta Megan: castana, naso alla francese, occhi VERDI (si quelli marroni sono di Matt, avete capito bene) xD
La scena del parto ho deciso di spiegarla così, perchè senza esperienza non sapevo come fare altrimenti: io so solo che fa un male boia e basta >.<
Beh, non ho altro da dire se non: grazie a tutti coloro che leggeranno e/o recensiranno!

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Capitolo 4
*** Svolte ***


Capitolo 4. Svolte.

 




Dopo alcuni giorni mi dimisero dall’ospedale e potei finalmente portare Charlie a casa.
I Di Carlo avevano preparato la culla e tutto l’occorrente per la bambina nella stanza di Marco e appena arrivata a casa, mi diressi in essa e Marco mi seguì.
-Hanno preparato tutto i miei genitori, se ti serve qualcosa non esitare a chiedere-
-Grazie-, sorrisi e andai ad adagiare una Charlie molto addormentata nella sua culla.
Entrai nel bagno lì di fianco e mi guardai allo specchio: avevo delle occhiaie chilometriche, i capelli tutti sfibrati ed ero anche un po’ pallida.
-Oddio ma sono un mostro!-, esclamai.
Marco mi raggiunge sogghignando.
-Beh un po’ si, lo ammetto-, disse con nonchalance.
Lo guardai scioccata mentre lui scoppiò a ridere.
-Ah.ah.ah. Molto divertente-, sarcasmo pungente.
Cercò di tornare serio, senza riuscirci minimamente.
-Beh, vediamo invece se questo ti diverte!-, mi si avvicinò e prima che potessi capire cosa avesse in mente mi prese in braccio a mo’ di sacco di patate e mi portò sul divano in sala, dove incominciò a farmi il solletico ai fianchi.
Ridevo, ridevo come non ridevo da mesi mentre cercavo di liberarmi.
Nella foga di farlo ero finita completamente sotto a lui e non potei non arrossire un po’.
-Oh vedi che hai ripreso un po’ di colore-, esclamò.
-Scemo-, dissi sorridendo.
Appoggiai le mani dietro di me e raccolsi appena le gambe, mentre lo guardavo: aveva ancora un accenno di risata sul volto e gli occhi erano accesi, era piegato su di me, con la mani posate in avanti vicino ai miei fianchi e appoggiato sulle ginocchia.
Era bello. Non ci avevo mai pensato seriamente, ma Marco era davvero bello
Pian piano il sorriso gli scomparve dal viso e incominciò a scrutarmi confuso.
Di sicuro di stava chiedendo il perché avessi smesso di colpo di ridere e mi fossi incantata a guardarlo.  
Gli passai la mano tra i capelli e sorrisi leggermente, per rassicurarlo che non ero impazzita del tutto.
Non so perché, ma avevo una voglia matta di baciarlo: ok ero strana!
-Megan…-, sussurrò. 
Mi avvicinai leggermente a lui, affascinata.
Sussurrò di nuovo il mio nome, quasi come un lamento.
Che non volesse baciarmi?
-Shh…-, sorrisi quasi sulle sue labbra, per quel pensiero che quasi mi sconvolgeva dentro.
Mi passò una mano intorno alla vita, per stringermi a lui, eliminando i miei dubbi.
Trattenni il fiato quando
-Marco siamo in casa!-, esclamò sua madre, varcando la porta d’ingresso.
Mi allontanai come scottata e mi alzai di scatto dal divano.
-Salve Maria, salve Antonio-, dissi rossa in volto avvicinandomi, per fortuna mi ero allontanata da Marco prima che ci vedessero in quella posizione un po’ ambigua…
-Oh, ciao cara. Come sta Charlie?-, chiese premurosa. 
-Sta dormendo ora, grazie-
-Noi stasera andiamo a mangiare fuori, vi arrangiate da soli?-, chiese il padre di Marco.
-Si, tranquillo papà. Ordineremo dal cinese molto probabilmente-, Marco mi aveva affiancato, stando dietro di me, leggermente scosso da quanto accaduto, o dalla mia reazione.
Credo un po' per tutte e due, io lo ero almeno. 
-Perfetto, noi ora andiamo al ristorante, Marco abbiamo bisogno di te per un po’ giù al ristorante. Verso le sette devi chiudere-
-Certo mamma-, esclamò felice, che non vedesse l’ora di non avermi più fra i piedi?, mentre aveva incominciato a massaggiarmi le spalle, sciogliendomi.
Ok no.
Antonio ci guardò di sottecchi, poi si voltò e con un debole “ciao” uscì di nuovo di casa.
-Ti aspettiamo giù-, disse sua madre e poi seguì il marito.
-Ok-
Quando la porta si chiuse mi staccai da lui e andai dietro al bancone: era meglio avere della distanza tra di noi, o gli sarei potuta saltare addosso, di nuovo.
-Allora, sono le sei e mezza, ordiniamo già da mangiare?, chiesi facendo finta di non vedere la sua faccia contrariata.
-Si, cinese?-
-Va bene-, annuii e presi il telefono tra le mani per comporre il  numero.
-Pronto?-, chiese una donna dall’altra parte della cornetta.
-Salve, vorrei ordinare due porzioni di pollo alle mandorle, spaghetti e involtini primavera-, quello ormai era il nostro menù fisso per quando dovevamo mangiare cinese.
-Certo-, disse l’impiegata prendendo appunti.
-Riuscite a portarlo qui per le sette?-
-Si, cognome?-
-Di Carlo, Leland Way 18-
-Perfetto, arrivederci-
-Grazie, arrivederci!-, risposi mettendo giù.
-Bene, ora abbiamo il cibo! Vai ad aiutare tua madre se no ti darà per disperso-, ridacchiai perché non si era mosso di un millimetro.
-Cosa…? Oh… si certo, ci vediamo dopo-, disse uscendo quasi di corsa.
Sorrisi e mi diressi verso la camera.
Charlie stava ancora dormendo, incredibile.
Io ero convinta che i neonati strillassero e piangessero in continuazione, ma lei dormiva sempre.
Quindi ne approfittai per andare a farmi una doccia veloce. 
Sotto il getto dell’acqua calda mi sentii protetta e tranquilla: avere quindici anni, anzi ormai sedici, ed essere madre era difficile, e il mio corpo ne risentiva parecchio: ero sempre esausta, e avevo accumulato un paio di chili di troppo, che avrei fatto bene a smaltire.
Sbuffai e mi insaponai i capelli chiudendo gli occhi e cercando di non pensare a nulla.
Dopo circa venti minuti uscii dalla doccia, rilassata come non mai.
Mi avvolsi in una salvietta, raccolsi i capelli in un’altra e uscii dal bagno, dirigendomi in cucina per prendere un bicchiere d’acqua.
Ad un tratto il rumore della porta che si apriva mi spaventò e lasciai la presa sull’asciugamano, che scivolò a terra.
Gridai per lo spavento e Marco con me, colto alla sprovvista.
-NON TI MUOVERE E NON GIRARTI!-, strillai istericamente nascondendomi dietro al bancone e raccogliendo le due salviette che erano cadute.
-Megan, ma che succede?!-
Mi alzai in piedi, coperta e spiegai, mentre mi riavvolgevo l’asciugamano più piccolo intorno alla testa:
-Mi hai spaventata e mi è caduto l’asciugamano. Puoi girarti ora-
Fece come gli dissi e mi guardò prima confuso poi, dopo una bella radiografia, scioccato.
Diventai rossa in viso, mi succedeva un po’ troppo spesso ultimamente, ma dopotutto ero nuda, ancora gocciolante, coperta da una salvietta che mi arrivava a metà coscia neanche, di fronte ad un Marco che mi trapassava anche quella piccola barriera con lo sguardo… arrossire era il minimo!
-Ehm… ecco… io vado in camera che è meglio!-, dissi scappando via e chiudendo la porta in camera.
Presi un respiro profondo e incominciai a vestirmi con i pochi indumenti che avevo: dovevo fare compere, assolutamente.
Controllai di nuovo Charlie: era ancora nel mondo dei sogni solo che si era leggermente spostata su un fianco.
Era troppo tenera!
Tornai in cucina giusto in tempo per salutare il fattorino del cinese.
-Bene, si mangia!-, esclamai quando Marco appoggiò il cibo sulla tavola.
Ridacchiò e incominciammo a rifocillarci chiacchierando del più e del meno, quando il pianto di Charlie ci interruppe.
-Arrivo!-, dissi mentre mi alzavo per andare da mia figlia.
-Tesoro che succede?-, chiesi con una vocina da bimba.
La presi in braccio e le controllai il pannolino.
-Hai un piccolo regalino qui eh?-, chiesi con una smorfia.
La portai in bagno, mentre la calmavo e l’appoggiai sul fasciatoio per metterle un pannolino nuovo.
-Ma chi è questa bambina stupenda eh? Ma chi è?-, chiesi retorica mentre le baciavo un piedino e la facevo ridere.
-Tu non sei normale-, disse Marco da dietro di me, ridendo.
-Ehi, devo pure incominciare ad educare bene mia figlia o no?-, domandai acida.
Lui sorrise e gli passai il pannolino sporco.
-Fai l’uomo-, ghignai.
Mi guardò un misto tra lo scioccato e il divertito, ma quando capì che non accennavo ad abbassare l’arma, la prese per andare a buttarla mentre Charlie si attaccava al mio seno, affamata.
Sorrisi dolcemente, mentre mi sedevo sul letto per non affaticarmi troppo.
Dopo l’ultima poppata fece un enorme sbadiglio.
-Come fai ad essere ancora così stanca?-, chiesi ridacchiando e appoggiandola di nuovo nella culla e incominciando a canticchiare una piccola ninnananna.
Non so da quanto tempo stetti davanti a quel lettino a guardarla, anche dopo che la bambina si era addormentata, quando Marco mi abbracciò delicato da dietro e appoggiò il viso sulla mia spalla. 
-Hai perso l’appetito?-
-Un po’, sono stanca. Cantare le ninnananne è soporifero per me-  
Lo sentii sorridere leggermente.
-Dai vieni a letto-
Mi voltai e lo abbracciai forte.
-Resti con me, stanotte?-
-Certo, tesoro-
Mi alzai in punta di piedi e gli diedi un leggero bacio sulla guancia, poi lo presi per mano e lo fece sdraiare accanto a me nel letto.
-Farai il panda anche stanotte?-, chiese sorridendo.
-Probabile. Sei la mia stufetta personale-, mormorai aggrappandomi letteralmente a lui.
Lo sentii ridere con il viso tra i miei capelli e poi mormorò qualcosa, ma ormai ero già nel mondo fantastico che è quello dei sogni.



Note dell'autrice:


Scusate l'enorme ritardo, ma questa settimana avevo come minimo una verifica al giorno! PANICO!
Tornando a noi, in questo capitolo Megan capisce di essere attratta, sia fisicamente che no, dal nostro Marco! C'è stato un bacio mancato, e questo non lo ignorerà nessuno dei due; inoltre sono molto intimi, e da come si capisce a fine capitolo, hanno dormito insieme altre volte! ;D
I genitori di Marco sospettano già qualcosa, ma non ne sono sicuri, anche perchè per ora neanche i due ragazzi sanno cosa sta succedendo.
Vedremo poi come finirà!
Fra due capitoli massimo finirà il flashback con cui Megan ha raccontato quello che le è successo nei 10 anni in cui è stata lontana da casa, ci sono enormi salti temporali per quello! 
La storia vera e propria incomincerà fra poco, questi capitoli servono più che altro per capire quello che diventerà Megan e perchè...
Ora, non l'ho mai fatto, ma credo che mettere un piccolo spoiler del prossimo capitolo vi piacerà:


"-Si, mammina, dovresti prenderti cura di me ora…-
Lo fissai, imbambolata.
Solo io ci avevo capito il doppio senso?! Stavo impazzendo, ma poco mi importava.
Pensavo solo al fatto che Maria e Antonio non erano in casa, Charlie dormiva e io ero vicina, forse troppo vicina a Marco. E lui sembrava pensare la stessa cosa, perché non staccava gli occhi dalla mia mano ancora sul suo fianco.
Poi successe tutto in fretta."

Tadadadaaaaaan ;D
Ora scappo, che devo fare i compiti xD
Grazie a tutti coloro che leggeranno e/o recensiranno!

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Capitolo 5
*** Verità ***


Capitolo 5. Verità.

 



Tre mesi. Charlie ormai aveva tre mesi e io dormivo finalmente tutta la notte.
Dovetti ricredermi sui mesi più difficili della mia vita: questi li superavano di certo. Alzatacce ad orari impossibili, allattate, quasi sempre rinchiusa in casa e pannolini…tanti, tanti pannolini.  
Marco mi è stato di grande aiuto, questo lo devo ammettere: sarà un bravo padre.
La tensione è diventata palpabile tra di noi: tutti e due vogliamo quel maledetto bacio mancato, ma credo che Maria abbia un radar speciale, oppure solo un pessimo tempismo.
L’ultima volta era stata quanto di più imbarazzante ci fosse stato: Marco era uscito dalla doccia ed era entrato in camera con l’asciugamano in vita, per prendere i vestiti puliti, quando entrai anche io e quasi gli saltai addosso.
Ovviamente Maria era entrata proprio nel momento che precedeva un bacio stupendo.
Sospirai tamburellando le dita sul bancone della cucina.
-Megan, cara, tutto bene?-, ecco, parli, o meglio pensi al diavolo e spuntano le corna.
-Si Maria, stavo solo pensando-, mi voltai e le sorrisi dolcemente.
-Partite?-, chiesi confusa vedendo un paio di valigie già pronte sul pianerottolo dell’ingresso.
-Si, è morta una zia di Antonio e andiamo in Italia per un paio di giorni per il funerale…-
-Oh… mi dispiace molto. Verrà anche Marco?-
-No, no, lui ha preferito restare qui con te per aiutarti… e poi non era molto affezionato a quella zia…-, mormorò vaga, guardandomi di sottecchi.
Proprio in quel momento entrò Antonio.
Andai ad abbracciarlo stretto.
-Mi dispiace, Antonio-
-Grazie Megan, sei un tesoro-
Mi staccai da lui e lo guardai negli occhi: erano gonfi e stanchi.
Mi dispiaceva vederlo in quel modo dopo quello che aveva fatto per me.
-Se c'è qualcosa che posso fare non esitare a chiedermelo!-, dissi triste.
-Grazie cara. Ma ora l'unica cosa che puoi fare per me è prenderti cura di te, Charlie e Marco per il tempo in cui staremo via-, mi sorrise gentile.
-Certo, come fatto-, sorrisi anche io.
-Maria, amore, sei pronta? Dobbiamo essere in aeroporto fra dieci minuti, il taxi è di sotto che ci aspetta-
-Certo. Marco noi andiamo!-
Il nominato fece capolinea in salotto e, dopo aver abbracciato e baciato i suoi genitori, li aiutò a portare i bagagli al piano di sotto.
Andai a preparare del thè, per me e per Marco.
-Sono andati-, sussurrò quest’ultimo alle mie spalle.
-Mi dispiace tanto Marco-
-Oh non preoccuparti, non la conoscevo per niente-, mi sorrise.
-Vuoi un po’ di thè?-
-Certo, mammina-, ridacchiò.
Lo guardai scocciata e gliene versai un po’ in una tazza.
-Ecco qua, figliolo-, stetti al gioco, mentre ridacchiai.
-Ma come sei bella mamma!-, esclamò lui mentre mi strozzavo quasi con il thè.
Mi leccai le labbra e fu attirato da questo mio gesto, sorrisi.
-Ma anche tu bello mio-, gli pizzicai un fianco.
-Ahio!-
-Ops, ti sei fatto la bua?-, chiesi ammiccante.
Sembrò pensare attentamente alla risposta.
-Si, mammina, dovresti prenderti cura di me ora…-
Lo fissai, imbambolata.
Solo io ci avevo capito il doppio senso?! Stavo impazzendo, ma poco mi importava.
Pensavo solo al fatto che Maria e Antonio non erano in casa, Charlie dormiva e io ero vicina, forse troppo vicina a Marco.
E lui sembrava pensare la stessa cosa, perché non staccava gli occhi dalla mia mano ancora sul suo fianco.
Poi successe tutto in fretta.
Non so chi dei due si mosse prima, fatto sta che le nostre labbra si incontrarono, finalmente.
Non era un bacio dolce, pieno di amore o chissà che, era pieno di passione, bisogno, voglia, attesa.
Si, era tutto questo quello che sentivo: le sue labbra sulle mie forti e prepotenti, la sua lingua che giocava con la mia come impazzita, le sue mani sul mio sedere che mi stringevano con forza contro di lui, quasi con possessione.
Ansimavo in maniera imbarazzante, ma ero troppo presa dalla sua bocca che ora assaggiava il mio collo e le sue mani che mi avevano presa in braccio per appoggiarmi al bancone della cucina.
Gemetti quando la mia maglietta raggiunse il pavimento e la sua mano si chiuse a coppa sul mio seno destro, ancora coperto dal reggiseno.
-Marco…-, sussurrai ansimando.
Lo sentii stringere più forte il mio seno, e la sua eccitazione sulla mia gamba era dolorosa anche per me, non osavo pensare a quanto potesse esserlo per lui…
Riuscii a fermare la sua foga e a togliergli la camicia per poter accarezzare quel petto scolpito e incominciare a baciarglielo, mentre con le mani scendevo per slacciargli la cintura e fargli scivolare dalle gambe i pantaloni.
I boxer erano troppo stretti per permettere di nascondere quello che era di sotto… e non potei fare a meno di sorridere maliziosa pensando che fosse così grazie a me.
Lo accarezzai leggermente, sentendolo rabbrividire sotto la stoffa di quel suo ultimo indumento, inutile a parer mio.   
Mi prese la mano con la sua per fermarmi e poter finire di svestirmi.
Incominciò a baciarmi il seno e a mordicchiarmi i capezzoli, mentre mi appoggiavo all’indietro sul bancone con le mani e chiudevo gli occhi intenta al piacere che le sue mani mi stavano dando, aiutate da quella bocca sublime.
Allargai maggiormente le gambe, come un invito silenzioso che accolse entusiasta.
E finalmente lo sentii dentro di me.
Non posso descrivere le moltitudini di sensazioni che provai nel sentirlo muoversi dentro di me: era fantastico, eccitante, dolce e passionale insieme.
Quando poi raggiungemmo l’orgasmo insieme mi accasciai all’indietro, stremata, e lui appoggiò la testa sul mio ventre, uscendo da me.
-Dio…-, sussurrai ansante.
Sentii Marco ridere mentre ancora cercava di riprendere fiato dopo il nostro amplesso.
Mi alzai a sedere e sentii la testa girarmi mentre scendevo dal bancone.
-E’ meglio che… mi faccia una doccia… ora…-, sussurrai evitando di guardarlo in faccia.
-Ehi-, mi sussurrò vicino al viso. –Guardami, per favore-, feci come mi disse, arrossendo un poco.
Eravamo ancora tutti nudi, ansimanti e sudati. 
-Sei bellissima ed è stato… fantastico…-
Sorrisi raggiante e mi alzai in punto di piedi per baciarlo.
Mi aveva appena fatta sua. Sua. Sua. Sua.
Ero sua.
Come lui era appena stato mio. Solo mio.
Non sapevo cosa provavo per lui, specialmente dopo averci fatto l’amore, in quel modo oltretutto, ma sapevo che ormai non avrei più potuto fare a meno di lui, del suo modo di baciarmi e del suo modo di possedermi.
Lo avevamo fatto solo una volta, ma non era bastata.
Ne volevo ancora, ne volevo di più.
Lo volevo di nuovo.
Incominciai a baciarlo sempre più forte mentre lo spingevo contro al divano.
Lui sorrise appena e mi portò sopra di sé, come un invito a condurre il gioco.
Non ero un’esperta, dopotutto quella era stata la mia seconda volta…
Mi staccai all’improvviso da Marco, come scottata. 
-Che succede Meg?-, chiese confuso.
-Io… io non… mi dispiace Marco-, sussurrai correndo in bagno e chiudendomi a chiave.
Quella doveva essere stata la mia prima volta, ma non lo era.
Era la seconda.
Matt.
Un nome, un incubo.
Pensavo di averlo superato e per un momento è stato così, ma mai mi era sembrato così… così… reale quello che mi era accaduto.
Mi accasciai sul pavimento, ancora nuda, ancora tremante e appoggiai la testa sulle ginocchia e mi lasciai andare ad un pianto liberatorio.
-Megan che succede? Parlami! Ho fatto qualcosa di sbagliato? Ti ho fatto del male? Ti prego Megan vieni fuori-, il tono di Marco sfiorava l’isteria.
-Non ce la faccio, tu non hai fatto niente…-
-Ti prego Megan, dimmi che ti è successo!-
Glielo dovevo dopotutto, gli dovevo la verità.
E così incominciai a raccontare…
-Circa un anno fa io e la mia migliore amica, Carol, siamo state invitate dai ragazzi più fighi della scuola ad una festa-, risi amaramente al ricordo, il volto ancora coperto da lacrime che ora avevano smesso di scendere.
-Non capisco, perché mi racconti questo?-, chiese lui da dietro la porta.
-Per favore non fermarmi. Ti racconto questo per spiegarti cosa mi è successo, il perché di Charlie e della mia reazione di prima-
Il suo silenzio sottintendeva un invito a continuare e così feci. 
-Circa un anno fa, io e Carol siamo state invitate a questa festa… ero elettrizzata perché Matt Stevenson provava interesse nei miei confronti. Avevo preso un vestitino praticamente invisibile ed ero tutta tirata a lucido. Quando arrivammo alla festa Matt mi chiese di andare con lui dietro alla casa… io da ragazzina stupida ci andai. Incominciò a baciarmi, posso sentire ancora la pelle d'oca sulla mia pelle-, rabbrividii. –Era diventato prepotente, un po' troppo, così lo convinsi ad entrare e lui mi disse che doveva farmi provare una cosa… mi avrebbe fatta sballare… Chuck-, sussurrai. -Chiamò Chuck che mi fece svenire con dell’ammoniaca-, un singhiozzo mi fece interrompere il racconto e potei sentire Marco che tratteneva il fiato. 
-Mi svegliai in una camera buia alcune ore dopo. Ero nuda, su un letto e l’orribile realtà mi si schiaffò in faccia quando vidi i vestiti di Matt per terra-, non so quanto potesse capire, le lacrime scendeva incessanti e parlavo a fatica. 
Aprii la porta e vidi l’espressione di orrore di Marco.
-Mi ha violentata, Marco-, dissi per la prima volta ad alta voce.
Mi circondò subito con le braccia in una stretta quasi ferrea.
Lo avvicinai a me più che potevo, come per non farlo scappare, poco importandomi di essere ancora nuda.
-Dopo alcune settimane scoprii di essere incinta e scappai di casa prendendo l’ultimo autobus della giornata. Avevo troppa vergogna di dirlo ai miei genitori ed ero stupida… così arrivai qui e poi tu mi trovasti. Il resto lo sai-
-Mi dispiace Megan, mi dispiace. Ma io non sono così, non sono come quel bastardo. Io non ti farei mai una cosa simile. Io non ti farei mai del male. Te lo prometto-
Annuii leggermente, colpita da quelle parole.
Alzai il viso e incontrai di nuovo le sue labbra, questa volta in un bacio dolce e delicato.
Lui si irrigidì leggermente sotto ai miei baci, forse ripensando a quello che gli avevo detto e non volendomi sforzare, e lo fece maggiormente quando raggiunsi a baciargli il collo e la guancia, mentre sussurravo deboli: “grazie”.
Lo guardai negli occhi e vidi dolore, compassione e qualcos’altro che non seppi decifrare…
Senza pensarci due volte lo baciai forte, con un gesto disperato, dovevo sentirmi amata almeno da qualcuno, anche se non era vero…
Gli circondai il bacino con le gambe per sentirlo più vicino a me, e ancora non reagiva.
Aveva paura: di quello che gli avevo detto, di come mi comportavo, di quello che sarebbe successo dopo.
Gli accarezzai la schiena e mi strusciai completamente su di lui.
-Ti prego… ne ho bisogno adesso. Non pensare a prima-, gli chiesi debolmente, con la voce ancora rotta dal pianto.
Mi strinse appena e mi sollevò per andare ad adagiarmi sul divano.
In camera c’era Charlie che dormiva ancora, ignara di tutto.
Gli circondai il collo con le mani e mossi il bacino contro il suo: potevo sentire la sua eccitazione premere contro la mia gamba.
Mi accarezzò la coscia ancora incerto.
Voleva il mio permesso, mi stava dando la possibilità di scegliere se lo volevo ancora.
E io lo volevo ancora, per sempre.
-Per favore…-, chiesi implorante, convincendolo a lasciarsi andare di nuovo a me.



Note dell'autrice:


Tadaaan xD
Finalmente il bacio, finalmente quel passo importante!
Spero di non avervi deluse con la descrizione del bacio o del loro rapporto, ma hanno una storia complicata ed è difficile descriverla come vorrei >w<
Non ho descritto molto dell'atto perchè è una storia a rating arancione, ma forse pubblicherò una Missing Moment rosso... :D
Tornando alla storia, Megan si allontana da Marco spaventata dai suoi stessi pensieri: la prima volta si è lasciata andare senza pensare, ma poi il ricordo di Matt e di quella maledetta notte sono riaffiorati nella sua mente terrorizzandola. 
Inoltre, decide di raccontare finalmente la sua storia a Marco, che ne rimane stupito e schifato insieme.
Vi chiedo anche di ricordare la promessa che ha fatto a Megan, ritornerà più avanti... ma non saltate a conclusioni affrettate ù.ù
Ed ora me ne vado a guardare i vampiri xD 

Grazie a tutti coloro che leggeranno e/o recensiranno!

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Capitolo 6
*** Matt ***


Capitolo 6. Matt.

 


Quando i genitori di Marco tornarono a casa, il mio rapporto con lui si era…approfondito.
Tuttavia, davanti ad Antonio e Maria, fingemmo come se non fosse cambiato nulla fra noi: niente baci, niente sguardi ambigui, niente toccatine…niente di niente
E ovviamente la situazione era orribile!
Appena eravamo da soli ci saltavamo letteralmente addosso!
Così un giorno decidemmo di andare a prendere una boccata d’aria lasciando Charlie con i Di Carlo.
Mi prese per mano subito e mi baciò sulla soglia della porta, con trasporto.
-Mi sei mancata, tesoro-, sussurrò sulle mie labbra.
-Anche tu-, cantilenai ansimando sulle sue labbra.
Mi aveva quasi sbattuta contro al muro facendomi sentire davvero quanto gli ero mancata.  
-Marco…-, gemetti sulle sue labbra cercando di fermarlo.
-Hai ragione…-, si allontanò da me e cercò di ricomporsi più che poteva.
-Oh al diavolo tutto!-, e gli saltai addosso circondandogli i fianchi con le gambe.
-Mi sei mancato anche tu-, sussurrai mentre lui mi trascinava in un vicolo appartato dove non passava nessuno.
Mi strinse in una mano il seno sinistro facendomi buttare la testa all’indietro dai brividi di piacere.
Mi abbassò la canotta che indossavo insieme al reggiseno per avere più accesso al mio seno, ogni sua carezza corrispondeva ad un mio gemito e ad uno scontro fra i nostri bacini.
Mi alzò in fretta la gonna e mi abbassò le mutandine mentre io facevo lo stesso con le sue.
Con un’unica spinta entrò in me, non c’era dolcezza in questo atto, solo un bisogno carnale.
Sentivo la mia schiena colpire il muro dietro di me a ritmo delle sue spinte, più forti di come mi ricordavo, ma mai troppo violente.
Quasi urlai quando raggiungemmo l’apice insieme, alzando le braccia per dargli la possibilità di prestare attenzioni più intime al mio seno.
-Dio, Megan quanto ti volevo-, sussurrò cercando di regolarizzare il respiro uscendo da me.
Mi rimisi in piedi con gambe tremanti e mi risistemai i vestiti meglio che potevo.
-Tutto bene?-, mi chiese.
-Si, ora si-, gli sorrisi e lo baciai dolcemente; poi lo presi per mano ci dirigemmo verso il parco come se niente fosse…
Il parco della città non era molto grande, almeno quello in cui andammo noi.
Era semplice e con pochi giochi, ma nell’insieme era carino e non troppo rumoroso.
Ci sedemmo su una panchina e incominciammo a parlare del più e del meno.
Ad un tratto Marco sospirò.
-Non so come farò a continuare a far finta di niente quando ci sono i miei…-
-Ne abbiamo già parlato, se mi vuoi vedere in giro per casa tua dobbiamo continuare a mantenerlo segreto. Per me, per noi-, gli accarezzai una guancia.
Mi sorrise amorevolmente.
-Megan?!-, mi sentii chiamare.
Mi bloccai, quasi come pietrificata.
La conoscevo quella voce.
Matt.
Mi voltai leggermente con il terrore nel viso.
-Tesoro! Ecco dov’eri finita!-, mi abbracciò toccandomi di proposito un seno e baciandomi prepotentemente le labbra.
Mi staccai da lui schifata.
-Non toccarmi!-, gridai. 
-Ma che ti prende piccola? Non ti ricordi di me?-
-Si che mi ricordo…-, sussurrai già pronta alle lacrime.
-Dai bambolina, vieni a fare un giro con me-, mi chiese ammiccante trascinandomi prendendomi per mano.
-NON TOCCARMI, PORCO!-, gridai facendo voltare parecchie madri verso di noi.
Corsi indietro da un Marco molto preoccupato e mi tuffai tra le sue braccia.
-Megan? Che succede?-
-Ehi sgualdrinella! Non ti permetto di parlarmi così!-
-Lei ti chiama come vuole! E non parlarle tu così!-, sbraitò Marco.
-E tu chi saresti scusa?-
-Non sono affari tuoi, Matt-, sussurrai.
Sentii Marco irrigidirsi sotto al mio abbraccio, trattenendo il fiato.
Aveva capito chi aveva di fronte.
-Dai non fare la difficile, ci rintaniamo da qualche parte insieme!-
-Non.la.toccare-, disse secco Marco.
-Ripeto: ma chi sei tu?-
-Il suo ragazzo!-, sbottò.
-Ah.ah.ah. Ma se sono io il suo ragazzo!-
-Ma non farmi ridere! Dopo quello che le hai fatto?!-
-Senti, ma come ti permetti?-, gli chiese avvicinandosi.
Marco lasciò la presa dai miei fianchi e si avvicinò a sua volta.
-Mi permetto eccome! Bastardo!-
-Ma che cazzo vuoi dalla mia vita?-
Mi avvicinai a Marco e gli presi la mano.
-Lascia stare Marco… torniamo a casa…-
-No, prima gli devo spaccare la faccia!-
-Che cazzo stai blaterando? Megan ma che vuole questo qui da noi?-
-Non osare rivolgerti a lei, fottuto figlio di puttana!-, gridò Marco serrandogli un colpo sul mento che lo fece barcollare di lato.
Matt lo guardò prima scioccato, poi furioso.
Si avventò anche Matt su di lui e incominciarono a tirarsi colpi su colpi, mentre io cercavo di divederli.
Per fortuna non c’erano più persone nel parco: era sera e dopo aver visto che avevamo alzato la voce si erano tutti allontanati.
-Marco! SMETTILA PER FAVORE!-
Tutto inutile, non pensavo nemmeno che riuscissero a sentirmi troppo impegnati a tirare pugni e a non riceverli e a offendersi a vicenda.
-HO DETTO BASTA!-, gridai più forte delle altre volte, istericamente.
Mai lo avessi fatto.
Marco si distrasse e Matt riuscì a mollargli un pugno fortissimo sul naso che glielo fece sanguinare.
-Basta Matt! Non hai già fatto abbastanza?-, gli dissi piegata su Marco per vedere se stava bene.
-Non parlarmi, zoccola! Avrei dovuto farti di peggio quella sera alla festa! Tanto vedo che sei esperta! Sei solo una puttana!-, mi sputò ai piedi e se ne andò senza aggiungere altro.
Rimasi a guardarlo allontanarsi con uno sguardo vuoto e lacrime silenziose mi scesero sulle guance.
-Non… ascoltarlo, Megan. Non è assolutamente vero! Non ha diritto nemmeno alle tue lacrime quello stronzo!-
Lo abbracciai più forte che potevo singhiozzando ormai apertamente.
Proprio mentre tutto stava andando bene doveva ricomparire il mio incubo più grande?
-Marco… io… n-non…-, cercai di dire.
-Shh… Megan, tu sei una persona fantastica, lui non è niente. Niente-
Lo guardai negli occhi e lo baciai leggermente.
-Torniamo a casa?-, mi chiese.
Annuii piangendo ancora e mi lasciai prendere in braccio e portare a casa. Per fortuna non era così lontana.
Arrivati a casa i genitori di Marco ci assalirono di domande vedendo le condizioni in cui ci eravamo presentati. 
-Marco che ti è successo? Megan tutto bene?! Che è successo ragazzi?-, Maria, brava donna.
-Papà prendila e portala in camera per favore-, chiese Marco a suo padre.
Quando Antonio mi prese in braccio mi strinsi a lui fortissimo piangendo ancora, mentre sentivo Marco incominciare a raccontare a Maria ciò che era successo al parco.
-Tesoro tutto bene?-, mi chiese Antonio dopo avermi depositata sul letto.
Annuii e mi rannicchiai su me stessa.
-Ti vado a prendere qualcosa?- 
-No grazie… ho solo bisogno di riposo…-, sussurrai cercando di smettere di piangere.
-Certo, piccola-, mi diede un leggero bacio sulla fronte e poi mi lasciò da sola nella camera buia.
In fondo era così che era sempre stato per me: sola al buio, non degna di un’esistenza felice, destinata a combattere soprusi su soprusi, e a non reagire perché ero debole.
Una puttana, ecco cos’ero destinata ad essere, e Matt me lo aveva fatto capire una volta per tutte. 



Note dell'autrice:


Non ho molto da dire su questo capitolo, solo che SONO ENORMEMENTE DISPIACIUA PER QUESTO ENORME RITARDO! ç.ç
Ma la scuola e tutto il resto e l'ispirazione è andata a farsi friggere!
Volevo anche scusarmi se in questo capitolo ci sono un sacco di parolacce, ma Marco si è leggermente sfogato e Matt...beh lui è un porco villano di natura D:
"
Non ha diritto nemmeno alle tue lacrime quello stronzo!"
Avrebbe dovuto ascoltarlo Megan, ma si è lasciata influenzare da Matt nel modo peggiore che avesse mai potuto fare!
Detto ciò, al prossimo capitolo!
Grazie a tutti coloro che leggeranno e/o recensiranno!

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Capitolo 7
*** Destino ***


Capitolo 7. Destino.

 
 

In fondo era così che era sempre stato per me: sola al buio, non degna di un’esistenza felice, destinata a combattere soprusi su soprusi, e a non reagire perché ero debole.
Una puttana, ecco cos’ero destinata ad essere, e Matt me lo aveva fatto capire una volta per tutte. 
 


La mattina mi svegliai con un forte mal di testa.
Mugugnai qualcosa di indistinto nel dormiveglia e mi voltai sentendo qualcosa di caldo e grosso di fianco a me…
Aprii lentamente gli occhi e vidi Marco, supino, che dormiva bellamente.
Mi alzai su un fianco per poterlo osservare meglio: aveva la fronte un po’ corrucciata, ma sembrava in uno stato di beatitudine totale.
Percorsi il profilo del suo volto con un dito e poi passai al petto, nudo, disegnando cerchi senza senso.
Arrivata all’ombelico gli si fermò il sospiro e si creò la pelle d’oca intorno al punto da me toccato.
-Mmm… Megan-, sussurrò tenendo sempre gli occhi chiusi.
Sorrisi leggermente notando un particolare a sud dell’ombelico che stava incominciando a farsi notare. 
Mi avvicinai a lui e posai le labbra sulle sue e leccai il punto in cui il suo labbro era stato rotto da Matt…
-Potrei anche abituarmici ad un risveglio così…-, sussurrò sulle mie labbra.
-Mmm…-, gemetti leggermente approfondendo il bacio.
Nella foga di sentire le sue labbra sulle mie finii a cavalcioni su di lui.
Lui solo in boxer io con una leggera vestaglia.
Posò le mani sulla mia schiena e mi strinse a sé, dondolai leggermente su di lui per farlo impazzire.
Quando ansimò scesi a baciargli il collo, poi il petto.
Lo sentivo fremere sotto la mia lingua e quando arrivai all’ombelico la infilai al suo interno, facendolo gemere.
Con le mani gli sfilai i boxer per poter prendere in mano la situazione.
Si irrigidì sotto al mio tocco, ma quando incominciai ad accarezzarlo in tutta la sua lunghezza lo sentii ansimare e gemere.
Decisi di provare a fare una cosa che non avevo mai fatto, quindi avvicinai la mia lingua sulla sua punta e lo accolsi nella mia bocca.
Leccavo, toccavo, accarezzavo, massaggiavo.
Ansimava, gemeva, inarcava il bacino contro al mio viso per aumentare il suo piacere.
-Meg-Megan… as-aspetta…-, ansimò fermandomi.
Lo guardai confusa e non so cosa vide nel mio volto ma qualunque cosa fosse lo portò a ribaltare la situazione e a ricambiare il piacere, facendomi arrivare all’apice in pochi minuti.
-Oddio Megan…-, si avventò sulle mie labbra senza permettermi di prendere fiato ed entrò dentro di me con una sola spinta da farmi boccheggiare e ansimare vergognosamente.
Lo sentivo crescere di nuovo dentro di me, quel piacere, e potevo vedere dall’espressione di Marco che anche lui ne stava provando.
-Marco…-, gemetti allargando maggiormente le gambe un momento prima dell’orgasmo che ci colse insieme.
Si accasciò su di me esausto, baciandomi la spalla.
Gli accarezzavo i capelli mentre cercavamo di riprendere fiato.
-Mi piace questo tipo di risveglio-, sghignazzò lui, alzandosi da me.
-Anche a me, devo ammetterlo-, sorrisi.
Mi guardò intensamente ancora sdraiata e nuda sul letto che era stato testimone del nostro amplesso.
-Sei stupenda-
Arrossii leggermente.
-Grazie…-, sussurrai per poi alzarmi in ginocchio e baciarlo con foga.
Con una mano mi accarezzò la gamba e se la portò a cingergli il bacino, fece la stessa cosa con l’altra mentre io potevo sentire la sua eccitazione crescere di nuovo…
Ne voleva ancora il ragazzo….e io glielo avrei dato!

 
-Hai fame?-, mi chiese tre ore dopo, mentre giocava con i miei capelli ancora sdraiati sul letto.
-Un pochino-, ammisi. –Tutta questa ginnastica mi ha fatto bruciare un po’ di calorie-, ridacchiai. 
Lo sentii ridere dietro di me per poi posarmi un bacio a fior di labbra.
Si vestì in fretta ed uscì dalla camera.
Mi sentivo leggermente meglio, non stavo più pensando all'episodio del parco e il potere dell'orgasmo mi aveva fatto tornare il buonumore.
Presi un respiro profondo e mi alzai per andare in cucina.
Mentre mangiavo il panino che mi aveva fatto Marco, i Di Carlo rientrarono a casa.
-Salve ragazzi! Megan come stai?-, mi chiese premurosa Maria.
-Bene grazie. Mi ci voleva proprio una bella dormita!-, dissi sorridendo.
Antonio mi guardò sospettoso.
-Vado a farmi una bella doccia!-, dichiarai andando in camera non prima di sentire un: -Marco dobbiamo parlarti di Megan-
Mi bloccai e mi nascosi nel corridoio per poter sentire meglio.
-Che c’è mamma?-
-Questa situazione sta diventando pesante. È un periodo no per il ristorante e con Megan qui la situazione è diventata…difficile-
-Non capisco-
-Non ci sono abbastanza soldi, Marco. Ecco ci dispiace per quella ragazza e potrà stare qui ancora per un po’, il tempo che basta per riprendersi da quanto successo l’altro giorno, ma non credo che possa restare ancora per molto tempo…- 
-Ma come puoi dire una cosa del genere mamma!? Tu non ti rendi conto di quello che ha passato! E dopo un anno che abita con noi mi chiedi di metterla alla porta?-, stava alzando la voce.
-Marco, non parlare con questo tono a tua madre. Le vogliamo bene anche noi. Ma devi capirci-
-No papà, mi dispiace. Se la dovete mettere alla porta lo farete voi. Ma ricordatevi che se questo accadrà, io non sarò più vostro figlio-
-Non esagerare ora Marco!-
-Non esagerare? Mamma io mi sono innamorato di quella ragazza, e proprio ora che ci stavo bene insieme voi me la volete portare via?!-, aveva la voce rotta.
Quelle parole mi entrarono nel cuore quanto quelle usate dai genitori di Marco mi trafissero come pugnalate alle spalle.
Sentii dei passi avvicinarsi e mi chiusi di corsa in bagna aprendo l’acqua della doccia.
Incominciai a singhiozzare sotto il getto dell’acqua.
Sapevo che questo momento sarebbe arrivato, ma non credevo che mi avrebbe fatto così male.
Lasciare questa casa, lasciare i Di Carlo, lasciare Marco…
Ora sapevo perché mi faceva così male, perché anche io amavo Marco.
Ma non potevo restare qui con lui, non se i suoi genitori non mi volevano più. Avevano ragione dopotutto, io avevo la mia famiglia, non facevo parte della loro.
Uscii dalla doccia e dopo essermi asciugata corsi in camera, sperando di non trovare nessuno.
La fortuna era dalla mia parte così potei prendere una delle borse di Marco e metterci dentro tutta la mia roba e quella di Charlie.
Presi poi un foglietto e ci scrissi sopra:

Caro Marco,
                   me ne sono andata. Non è per colpa tua, né per i tuoi genitori, è una mia scelta. Non voglio essere un peso inutile per nessuno e devo imparare a cavarmela da sola, specialmente ora che sono madre. Vi ringrazione tutti, di cuore. Tu resterai sempre la persona più importante della mia vita, l’ho capito solo ora. Mi dispiace Marco, non odiarmi e non odiare specialmente i tuoi genitori.
Mi dispiace scriverti su questo pezzo di carta quello che avrei dovuto dirti a voce. Marco io ti amo, e l’ho capito solo ora.
                                                                                           Addio,
                                                                                          Tua Megan

Piegai il biglietto e ci scrissi sopra a grandi lettere “MARCO”, poi lo appoggiai sul comodino del suo letto.
Presi la borsa e la calai dalla finestra, presi Charlie che ancora dormiva e la legai in modo da avercela contro il petto e non farla cadere.
Scesi anche io dalla finestra e impedendo alle lacrime di scendere abbondanti sul mio viso mi incamminai verso il mio futuro, il mio destino: quello della puttana



Note dell'autrice:


Questo è il capitolo cruciale del racconto, che ci riporta al piccolo prologo iniziare:
"
So cosa molti di voi penseranno: che sono una poco di buono, una madre irresponsabile. Ma voglio raccontarvi tutto. Dal principio. Tutti i perché della mia storia."
Ecco spiegati i perchè: i Di Carlo rischiavano di non farcela per colpa sua e di Charlie, e Matt l'aveva quasi uccisa dentro. Anzi, si può dire che l'aveva uccisa completamente.
Megan è portata allo stremo da questa situazione che decide di dare questa piega, orribile, alla sua vita, lasciando la famiglia a cui aveva imparato a voler bene e il ragazzo che ha scoperto di amare.
Forse il prossimo capitolo sarà un POV MARCO, dove si racconta di quando troverà la lettera. Ma devo ancora pensarci xD
Intanto spero che questo capitolo non vi abbia fatto schifo, e voglio dire un grazie a tutti coloro che leggeranno e/o recensiranno!

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Capitolo 8
*** Lettera (POV MARCO) ***


Capitolo 8. Lettera.

 

 
POV MARCO.
 
 
Non potevo crederci che la volessero cacciare da casa!
Dopo più di un anno che si fidava di noi la buttavano fuori!
Era inconcepibile!
In più io l’amavo, sì l’amavo come non avevo mai fatto!
Certo ho avuto le mie storielle e una volta mi ero preso una cotta enorme, ma Megan… ah Megan… lei era unica, diversa, speciale.
Lei non era le altre.
Era una persona fantastica e non si meritava assolutamente quello che le era capitato, e non avrei permesso ai miei genitori di portarmela via!
NO!
Mi diressi verso la camera quando sentii l’acqua della doccia incominciare a scorrere.
Pensarla sotto alla doccia, nuda, con quelle forme stupende….
Okay basta Marco! Se no rischiamo di risvegliare l’amichetto sei bassifondi
Respirai profondamente e mi sdraiai sul letto. Chiusi gli occhi e mi rilassai.
-Marco?-, mia mamma.
-Che vuoi?!-, sbottai.
-Ti va di venire con me a fare una passeggiata?-
-Vacci con papà!-
-E’ giù al ristorante, e poi ti… ti volevo parlare-
Sbuffai.
-Devo proprio?-
-Marco!-
-Okay, okay!-, mi alzai sbuffando frustato e ancora incupito dalla discussione che avevamo appena avuto.
-Vado a dire qualcosa a Megan…-
-Non ce ne è bisogno, le ho lasciato un biglietto in cucina-
-Okay-, presi il cappotto e uscii seguito da mia madre.
Scendemmo le scale in rigoroso silenzio, sapevo che voleva aspettare di essere lontano dalla pizzeria e da casa prima di incominciare a parlarne.
Ci incamminammo verso il parco dove era riapparso Matt, quello stronzo!
-Allora Marco… come va a scuola?-, mi chiese rompendo il ghiaccio.
-Bene-, risposi secco.
-Con gli amici? E’ da un po’ che non esci con Sam-
Certo che non ci uscivo, non dopo che si era fatto la ragazza che mi piaceva, non ci parlavo da più di un anno e non mi era mai mancato.
Certo ora avevo lei, e non avevo bisogno di altri.
-Mamma perché non la finisci di tirare fuori discorsi a caso e non arrivi dritta al punto?!-, sbottai.
-Tu ami Megan-, non era una domanda, ma una costatazione.
Brava mamma! Dieci punti a Maria Di Carlo per aver ripetuto le mie stesse parole! Yuppy!
Facevo del sarcasmo anche nella mia testa, ero da ricovero.
Ci sedemmo su una panchina al parco e mi voltai a guardarla.
-E quindi?-
-Quindi, giustamente, non la vuoi abbandonare-
-Esatto-
-Ma Marco… devi capirmi anche tu… io amo te e tuo padre e devo fare quello che è meglio per la mia famiglia. Voglio bene a quella ragazza, ma credo che sia ora che se ne vada e ritorni dalla sua famiglia. Poveri i suoi genitori… non avranno avuto pace in quest’anno. Hanno anche loro il diritto di sapere come sta la loro figlia! Ancora di più ora che sono responsabili insieme a lei di una bambina…-
-Mamma smettila! Ma ti sei sentita?! “Io voglio bene a quella ragazza, ma credo che sia ora che se ne vada…”. Se le volessi davvero bene non diresti così! Ormai è un anno che è con noi e fa parte della nostra vita! E tu saresti disposta a perderla per sempre, perché se la cacceremo non la vedremo più di sicuro, sapendo quello che ha passato e quello che sta passando per uno stupido momento di calo al ristorante?!-
-Tu non sei oggettivo, parli proprio da ragazzo innamorato-
-Oh scusa mamma se la amo! Mi dispiace tanto! Ma questo non cambia il fatto che è una cazzata! Lavorerò anche io, per aiutarvi! Poi potremo chiederle di lavorare anche lei! Ormai Charlie può avere una baby-sitter. Ma per favore mamma, ti prego… non la cacciare…-, la mia voce andava affievolendosi pian piano.
Mi guardò a lungo.
-Marco…-
-Per favore mamma…-, le presi le mani tra le mie e la guardai con un’espressione da cucciolo abbandonato.
Lei sembrò pensarci per un po’, poi sospirò.
-Ne parlerò con tuo padre… però non posso prometterti nulla, Marco-
-Si! Grazie mamma, sei la migliore!-, la stritolai in un abbraccio e le baciai entrambe le guance.
-Ora andiamo a casa: è tardi!-, in realtà non vedevo l'ora di andare da Megan. 
Nel tornare a casa tornai al mio solito buon umore e la presi per mano, felice e spensierato.
Aprii la porta di casa e subito gridai:
-Megaan! Ho notizie!-
Non mi rispose nessuno.
Era proprio sorda!
Andai in bagno: c’era ancora la nuvola di vapore causata dalla doccia che si era fatta, ma di lei nessuna traccia.
Entrai in camera ma non c’era.
-Meg! Dove sei?-, chiesi confuso cercandola di nuovo per la casa.
Tornai di nuovo in camera e accesi la luce guardandomi intorno.  
Sotto al letto non c’era.
Nemmeno nell’armadio…
Mi voltai di scatto attirato da un foglietto ripiegato con scritto “Marco” appoggiato sul comodino.
Una strana sensazione si fece largo dentro di me.
Aprii il foglietto e vi lessi sopra:

Caro Marco,
                   me ne sono andata. Non è per colpa tua, né per i tuoi genitori, è una mia scelta. Non voglio essere un peso inutile per nessuno e devo imparare a cavarmela da sola, specialmente ora che sono madre. Tu resterai sempre la persona più importante della mia vita, l’ho capito solo ora. Mi dispiace Marco, non odiarmi e non odiare specialmente i tuoi genitori.
Mi dispiace scriverti su questo pezzo di carta quello che avrei dovuto scriverti a voce. Marco ioti amo, e l’ho capito solo ora.
                                                                                           Addio,
                                                                                          Tua Megan

Lessi l’ultima parola con un groppo in gola.
No, no, no, no, no e NO!
Non poteva andarsene!
Non poteva lasciarmi, non così, non ora, NO!
Mi alzai di scatto.
-HAI VISTO?! HAI VISTO COS’HAI FATTO?!-, urlai istericamente a mia madre, che vedendomi così in preda alla furia si spaventò.
Le lanciai ai piedi la lettera che mi aveva scritto Megan e, senza prendere nemmeno la giacca, uscii di casa per andare a cercarla.
-Magan!-, gridavo ogni cinque minuti mentre vagavo inutilmente al buio della sera in cerca di lei, l’unica che mi aveva rubato il cuore.
Lei che mi aveva abbandonato, forse per sempre.
Lei che mi aveva spezzato il cuore.



Note dell'autrice:


Et voilàà! Anche in anticipo! Mi stimo!
Ahah xDD
Tornando a noi, ecco a voi il capitolo POV MARCO che vi avevo promesso u.u
Spero non sia uno schifo e che vi sia piaciuto! ;D
Volevo anche avvertivi che ho FINALMENTE scritto il piccolo Missing Moment rosso della prima volta tra Marco e Megan (:
Se volete leggerlo è qui "
Hollywood Love"
Grazie a tutti coloro che leggeranno e/o recensiranno! (:

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Capitolo 9
*** Dieci anni dopo ***


Capitolo 9. Dieci anni dopo.

 
 
 
Presi la borsa e la calai dalla finestra, presi Charlie che ancora dormiva e me la legai in modo da avercela contro il petto e non farla cadere.
Scesi anche io dalla finestra e impedendo alle lacrime di scendere abbondanti sul mio viso mi incamminai verso il mio futuro, il mio destino: quello della puttana
 

 
Sono passati ormai dieci anni dalla mia decisione di quella notte, e non è passato un giorno che non mi mancasse Marco o Maria o Antonio, anche se siamo sempre noi: una Megan di venticinque anni e una Charlie di dieci. 
Viviamo in un piccolo appartamento, molto modesto ma grazioso.
E ho trovato un lavoro, se posso sempre chiamarlo così.
Faccio la prostituta.
Si, questa è stata la mia scelta drastica dopo quella notte, così ho passato la mia adolescenza: a scopare con uomini sconosciuti e psicopatici.
A differenza delle altre prostitute non ho una guardia del corpo, e sono stata picchiata e minacciata molte volte, ma è un rischio del mestiere dopotutto: siamo esseri inferiori e non degni di rispetto.
Sono caduta in questo tunnel e non riesco più a uscirne, un po’ perché molti clienti hanno scoperto dove abito, un po’ perché almeno così riesco a mantenere Charlie.
Lei ovviamente non sa niente.
Secondo lei lavoro in un bar e per questo alla sera non sono mai in casa.
Povera stella, lei non c’entra niente.
Non voglio rovinarle la vita e sto cercando di essere una buona madre, nonostante il mio lavoro. Ce la sto mettendo tutta, davvero.
“Non fidarti mai troppo degli uomini, prima conoscili per bene”, le ripetevo sempre.
Lei annuiva e mi sorrideva prendendo lo zainetto di scuola e salendo sull’autobus e salutandomi con la manina.
Per fortuna questo partiva prima che potesse vedere il solito uomo che mi dava una pacca sul sedere sghignazzando, ubriaco: “Ehi bambola, stasera voglio farmi un bel giro sulla tua carrozzeria”, e mi strizzava una natica.
Normalmente io cercavo di ignorarlo per levarmelo di dosso, ma non potevo di certo ignorare lo sguardo schifato dei passanti e di tutte quelle donne che sospiravano, felici di avere una vita migliore della mia con un uomo fisso accanto, senza sapere che la metà dei loro mariti veniva a letto con me e si lamentava delle smagliature e dei “mal di testa” continui delle loro donne. 
Quella sera sarei dovuta andare da Bob, un uomo sulla trentina, single, gentile e tremendamente solo.
Era un bell’uomo: molto alto, spalle larghe quasi come quelle dei nuotatori.
Biondo con gli occhi verdi e con labbra che formavano una linea perfetta.
L’unico suo difetto ero, appunto, io: si sa che un uomo che va a puttane non sarà mai fedele…
Bob era infatti il mio cliente fisso del mercoledì e forse anche quello che più adoravo perché mi trattava come una vera donna, sia prima, sia mentre e sia dopo il nostro amplesso.
Subito dopo aver messo Charlie a letto mi preparai per la mia serata.
Mi misi un acceso rossetto rosso, un po’ di ombretto nero, l’eye-liner, la matita e mi colorai le ciglia con il mascara.
Ero abbastanza scura di pelle da non aver bisogno del fondotinta.
Indossai un babydoll nero con il pizzo rosso con incorporate le autoreggenti, calze a rete e una gonna di pelle nera.
Aggiunsi un top fatto a corpetto leggero a righe con dei laccetti sul davanti per stringerlo, sempre nero, che mi fasciava molto bene il seno pieno e la pancia piatta.
Misi le decolté nere laccate, presi la mia fidata borsa di Gucci, indossai il cappotto e uscii di casa diretta verso l’albergo scelto da Bob.
Ci misi solo dieci minuti in taxi e, dopo aver pagato il tassista che si lasciò sfuggire un mormorio di approvazione, salii sull’ascensore.
-In orario, come sempre-, mi sorrise Bob quando aprì la porta, dopo che avevo bussato.
-Per te sempre e comunque-, gli diedi un leggero bacio sulle labbra.
-Sei bellissima-
-Anche tu, Bob-, sorrisi e mi tolsi il cappotto.
Bob emise un fischio di consenso e mi passò un bicchiere con dentro del Martini e un’oliva.
-Com’è andata la giornata?-, chiesi sorseggiandone un po’.
Lui si sedette sul divano e sospirò.
-Come al solito. Il capo ha rotto le palle per tutto il giorno-
-Oh no-, sussurrai dispiaciuta.
Appoggiai il bicchiere sul tavolo e mi misi sulle ginocchia dietro di lui, incominciando a fargli un massaggio alle spalle, me lo aveva insegnato a fare mia mamma.
-Oh, sei bravissima…-, gemette di piacere quando raggiunsi le mani con la bocca.
Gli slacciai il colletto della camicia, mentre incominciai a toccargli delicatamente il petto.
Lo sentii sospirare, sapevo che gli piaceva quando lo toccavo in quel modo.  
Feci scivolare la camicia sul pavimento e con le mani raggiungi la cintura dei pantaloni, la slacciai in fretta, mentre gli mordevo un lobo e lo leccavo.
Misi una mano dentro ai suoi boxer e lo presi in mano.
Lui emise un gemito strozzato.
-Non sono brava solo a fare massaggi alle spalle…-, e gli leccai il lobo.  
Ansimò pesantemente e io scivolai a cavalcioni sopra di lui, dondolandomi su di lui e gemendo di quel contatto, anche se ci divideva ancora la stoffa delle mie mutandine.
-Spogliati-, mi ordinò.
Lo guardai e annuii leggermente prima di intrecciare prepotentemente la lingua con la sua.
Poi mi alzai a salii sul tavolino, dopo aver posato i bicchieri per terra.   
Incominciai a slacciare i piccoli laccetti del top/corpetto indugiando sull’ombelico, e poi glielo buttai contro.
Lo vidi deglutire pesantemente quando intravide la mia biancheria…
Feci scivolare la gonna sul tavolo e la gettai sul pavimento, sempre sotto il suo sguardo vigile.
Mi tolsi le scarpe e sfilai calze e reggicalze.
Subito dopo slacciai anche il babydoll e feci scivolare la mutandine sul tavolino, rimanendo completamente nuda di fronte a lui.
-Mettiti le scarpe-
Lo guardai leggermente stranita ma feci come mi disse, dopotutto ne avevo sentite di più strane di richieste.
-Toccati-
Vedevo il rigonfiamento nei suoi jeans crescere mentre eseguivo i suoi ordini e mi premevo il seno con una mano, mentre con l’altra mi toccavo più in basso…
-Spogliami Megan…-, chiuse leggermente gli occhi mentre parlava.
Scesi dal tavolino e gli sfilai completamente i pantaloni e i boxer in un colpo solo.
Mi inginocchiai fra le sue gambe e lo accolsi tra le mie labbra, assaggiandolo e massaggiandolo lentamente.
-Oh piccola, vieni su…-, gemette.
Mi sedetti su di lui e subito mi penetrò, con forza e decisione, mi lasciai scappare quasi un grido dalla scossa di piacere che mi provocò quel gesto.
-Oh sì piccola….-, sussurrò mentre incominciai a muovermi su di lui.
Mi strinsi completamente al suo corpo e, dopo aver aumentato sempre di più la forza e la frequenza delle mie spinte, raggiungemmo in poco tempo l’apice insieme.
Quella notte replicammo la nostra unione ancora, ancora e ancora.
Mai completamente sazi l’uno dell’altra. 
Uscii solo alle cinque del mattino da quell’albergo con un sorriso stampato in faccia, colpa degli orgasmi appena avuti, mentre contavo l’unica consolazione di questo stupido lavoro: i soldi, duecentocinquanta per l’esattezza. 



Note dell'autrice:


Eccomi con un altro capitolo!
Marco è sparito, come anche i Di Carlo, ma non disperate troppo mie care ;D
Finalmente si vede la Megan adulta, con una vita distrutta e priva di allegria se non quella che le da la piccola Charlie.
Come andrà a finire?
Lo scoprirete solo leggendo ;D
Spero che questo capitolo non sia stato troppo volgare e/o orribile!
Grazie a tutti quelli che leggeranno e/o recensiranno!

P.S. Se non ve ne siete accorte, se cliccate sulle varie parti dell'abbigliamento di Megan potrete vedere i vari abiti ^^

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Capitolo 10
*** Gelato ***


Capitolo 10. Gelato.

 
 

Durante la mia carriera mi erano capitati clienti di tutti i generi: c’erano quelli che ti pagavano subito come per sottolineare che non sei nulla per loro, solo un divertimento, ed erano specialmente gli uomini sposati a farlo; quelli che dovevi pregare in ginocchio per darti i soldi, e per fortuna ne ho incontrati ben pochi; quelli che ti tenevano tra le braccia dopo l’amplesso come segno di appartenenza, anche se non era vero, ma era solo il post-orgasmo a renderli così dolci, ed erano specialmente gli uomini single; poi c’erano quelli perversi, che ti chiedevano di tutto, fregandosene dei tuoi desideri; quelli violenti e ogni amplesso con loro era quasi uno stupro; quelli che a malapena li sentivi; quelli che non duravano niente; e, infine, quelli come lui, che erano un insieme di tutte le sensazioni che si potevano provare, di tutti modi di fare l’amore, quella capacità di essere passionali e dolci allo stesso tempo, si, tutto questo era Marco e mi manca da morire.
-Mamma, a cosa stai pensando?-, mi chiese Charlie riportandomi alla realtà.
-A nulla, tesoro. Com’è andata a scuola?-
Alle mie parole si rabbuiò.
-Mamma, ma chi è mio padre?-
La guardai allibita, non me l’aspettavo questa domanda fatta così a bruciapelo.
-Tesoro, è successo qualcosa?-, chiesi facendole segno di avvicinarsi.
Stavo cercando di sviare la domanda. Che le avrei risposto?
Tuo padre è uno stronzo che mi ha violentata e mi ha messa incinta per poi andarsene e lasciandomi marcire nella mia merda?!
-Oggi un mio compagno di classe mi ha presa in giro. Mi ha detto delle cose brutte e ha detto che tu sei una …-, si interruppe.
Lo sapevo cosa le aveva detto, purtroppo.
Sapevo che quel commento sarebbe arrivato alle sue orecchie un giorno, solo speravo non così presto…
-Ascoltami tesoro, la mamma ti vuole un mondo di bene. Non devi ascoltare quello che ti dicono gli altri bambini, quello che conta è che noi due siamo insieme e stiamo bene. Okay? Non dare peso a quello che ti dicono…-
Lei annuì leggermente.
-Ora ti porto al parco okay?-, sorrisi pizzicandole una guanciotta.
-Si!-, esclamò andando a posare lo zaino in camera e prendendo la giacca pronta ad uscire.
Ridacchiai e presi il cappotto con la borsa, poi uscii prendendo Charlie per mano.
-Buongiorno signora Fox-, salutai la portinai che ci aprì la porta.
Lei sorrise fredda senza guardarmi in faccia.
Di certo avere un’inquilina che fa la prostituta era una vergogna, e questa non meritava nemmeno di essere salutata!
L’educazione era finita del cesso a quanto pare!
Serrai la mascella e m’incamminai con Charlie verso la gelateria più vicina.
-Oggi abbiamo fatto la verifica di storia!-
-E com’è andata?-
-Benissimo! La maestra le ha corrette mentre noi facevamo degli esercizi e ho preso il massimo!-
-Bravissima!-, esclamai.
Era il mio piccolo genietto!
Entrammo nel piccolo parco vicino a casa e subito Charlie corse alle altalene.
Le adorava!
Mi sedetti nella panchina lì vicino e l’osservai divertirsi mentre si spingeva sull’altalena.
Crescendo stava incominciando ad assomigliarmi sempre di più, anche se la bocca e la forma degli occhi era quella del padre…
Non avevo più visto Matt da quell’episodio al parco, ma si era fatto sentire…
Mi aveva chiesto scusa ripetutamente al telefono ma io, ovviamente, non lo avevo perdonato.
Ho perso il conto di quante volte avevamo litigato e urlato al telefono.
Poi però mi ero stancata e avevo smesso di rispondere, ma lui aveva incominciato con i messaggi, anche quelli infiniti.
Così mi ero decisa a cambiare numero e avevo trovato finalmente la pace, di nuovo.
Sospirai leggermente.
Stavo incominciando a superare il trauma dell’essere stata violentata, lo dovevo fare per mia figlia.
Sorrisi.
-Mamma! Mi prendi un gelato?-, mi chiese con un sorrisone a trentadue denti indicando il furgoncino dei gelati. 
Scossi la testa.
-Hai appena mangiato, Charlie-
-Daaai, mami!-
Labbruccio in fuori a mo’ di cucciolo ferito.
-Non attacca oggi!-, scossi la testa sorridendo.
-Dai, dai, dai, dai, dai…-, continuò a ripetere.
-Lalalalala, non ti sentoo!-, cantilenai correndo piano e tappandomi le orecchie.
Lei mi inseguì continuando a ripetere “Dai” 
-Daai!-
-Noo!-
-Daai!-
-Noo!-
-Daai!-
-Noo!-
-Ma ti voglio tanto beneee!-
-Mi vuoi bene solo perché così ti prendo il gelato?-, le feci la linguaccia fingendomi indignata.
Si a volte divento proprio una bambina…
-No, ti voglio SEMPRE bene! Mi prendi il gelato però?-, piagnucolò.
Ridacchiai leggermente.
-E va bene, ma questa è davvero l'ultima volta che cedo!-, borbottai.
-Sei la madre più fantastica del mondo!-, mi abbracciò, o meglio mi stritolò tra le braccia.
Sghignazzai e ci dirigemmo verso il furgoncino. 
-Mamma, mi piace un bambino a scuola-, mi confessò rossa in viso.
-Oh! Che bello! E chi è il fortunato?!-
-Si chiama Lucas-
-Che bel nome! E com’è? Viene in classe con te?-
-E’ altro più o meno così-, e fece il segno con la mano. –Biondo! Gli occhi non glieli ho guardati-, borbottò.
Risi mentre chiesi il gelato: bacio e nocciola, i miei preferiti.
-Io voglio panna cotta e Nutella!-, esclamò Charlie.
Li cambiava ogni volta che ci trovavamo davanti ad una gelataio. 
-Tieni e attenta a non sporcarti!-, le passai la coppetta che aveva preso.
-Allora! Raccontami di questo bambino!-, ero entusiasta, più per il fatto che si era aperta con me al contrario di come avevo fatto io con mia madre.
Lei non sapeva nulla della mia vita.
Un po’ perché mi vergognavo, un po’ perché era troppo all’antica.
Non aveva mai saputo del mio fidanzatino delle elementari, o quello delle medie, non sapeva nemmeno che avevo avuto un migliore amico o che mi avevano fatta fumare in terza media!
Era un’estranea, forse per questo che non ero riuscita a dirle quello che mi era successo quella maledetta notte…
Sospirai pensierosa.
-Ma mamma mi stai ascoltando?-, chiese stizzita Charlie.
-No scusa amore, mi ero distratta un attimo. Dicevi?-
Mi guardò storto poi però incominciò di nuovo a raccontarmi le sue avventure con Lucas.
Ridemmo molto quella giornata e mi dispiacque dovermene tornare a casa: mi piacevano questi momenti madre-figlia!
Ma di certo, non sapevo che di lì a poco avrei rivisto lui, il ragazzo che mi aveva cambiato la vita. 




Note dell'autrice:


Mi scuso per il ritardo, ma d'ora in poi gli aggionamenti saranno più lenti perchè mia mamma mi ha messo il blocco al pc fino alle cinque di pomeriggio e quindi ho meno tempo per scrivere <.<
Ho voluto scrivere questo capitolo per rappresentare al meglio il rapporto tra Charlie e Megan e spero di esserci riuscita!
Bacio e nocciola sono i miei gusti preferiti ohoh :D <-- non interesserà a nessuno ...
Comunque, tornando alla storia non aggiungerò nulla sul finale a parte il fatto di non saltare subito le conclusioni.
Due ragazzi hanno cambiato la vita a Megan, chi in meglio e chi in peggio... chissà chi sarà questo ragazzo. 
Marco o Matt? :D
Al prossimo capitolo! 
Grazie a tutti quelli che leggeranno e/o recensiranno!

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Capitolo 11
*** Incontro ***


Capitolo 11. Incontro.

 

 
“Ma di certo, non sapevo che di lì a poco avrei rivisto lui, il ragazzo che mi aveva cambiato la vita.”



Avevo appena accompagnato Charlie a casa e le avevo detto di aspettarmi che sarei tornata entro una mezz’oretta.
L’avevo lasciata in compagnia della signora Fix, una deliziosa vecchietta che non giudicava dalle apparenze.
Mi aveva aiutata molto in passato facendo da baby-sitter a Charlie e non mi aveva mai rimproverata sul mio lavoro, anzi faceva poche domande.
Una signora discreta, una delle poche rimaste.
Scesi le scale e mi incamminai verso il piccolo supermercato che c’era all’angolo della strada.
Ignorai spudoratamente i vari commenti che mi riservarono i vari passanti ed entrai a testa alta nel negozio.
Avevo intenzione di cucinare io quella sera, era la mia unica sera libera.
Volevo fare una bella pizza, era il piatto preferito di Charlie.
Tirai fuori dalla tasca il biglietto che mi aveva scritto Marco con sopra la ricetta e cercai tutto l’occorrente necessario.
Stavo prendendo la farina quando sentii dietro di me qualcuno che mi chiamava.
-Megan?!-
Mi voltai incuriosita e mi bloccai subito.
Di fronte a me c’era l’uomo che avevo cercato di evitare per dieci lunghi anni.
L’uomo che mi aveva rovinato in parte la vita.
L’uomo che mi aveva stregata.
L’uomo che mi aveva cambiata.
L’uomo che, anche se non volevo, faceva parte della mia vita.
-Sei davvero tu?!-, aveva gli occhi spalancati dalla sorpresa.
-Ehm… ciao! Da quanto tempo!-
Ero in imbarazzo.
Dopo tutti i miei sbagli come potevo non esserlo?
-Sei sparita! Sei stupenda!-
-Grazie … anche tu stai bene-
-Beh, che hai fatto in questi anni?-, era curioso.
Non capivo come poteva esserlo, non dopo quello che era successo tra di noi.
Mi affiancò e mi prese di mano buona parte della spesa.
Lo guardai allibita.
-Ma che fai?!-
-Ti aiuto a portare la spesa …-, sembrava sorpreso.
Non poteva fare così!
Io mi sentivo tremendamente in colpa e lui faceva tutto il carino!
Non poteva fare così!
Non dopo quello che era successo!
Sbuffai e mi avviai verso la cassa cercando di ignorare il groppo in gola che mi si stava formando grazie alla sua vicinanza.
-Fai la pizza stasera?-, ridacchiò.
Mi fermai sul posto di colpo, prendendolo in contropiede.
-Senti Marco, che stai facendo?!-, sbottai.
Mi guardò spaesato.
-Ti sto portando la spesa!-
Scossi il capo.
-Non intendevo questo!-
-E allora cosa?-
-E’ possibile che tu non capisci?!-
-Capire cosa Megan?!-
-Non puoi fare così! Non puoi spuntare fuori dopo dieci anni e far finta che non sia successo nulla! Che io non me ne sia andata così… orribilmente! Che tra di noi non ci sia stato nulla! Che… che…-, stavo sfiorando l’isteria e un paio di persone si erano voltate a guardarci.
Certo, erano passati ben dieci anni ma per me lui era lo stesso Marco di allora.
Il mio primo amore, la mia prima volta –perché io la ritenevo tale-.
Era sempre lui, solo un po’ più uomo, un po’ più alto, un po’ più robusto…
Solo un po’ più bello.
Sospirai quando mi prese in disparte.
-Megan, tu sei stata importante per me. Che tu ci creda o no io ti amavo e ti ho cercata per oltre due anni. Non mi davo pace. Ma ho cercato di andare avanti e di crescere, di diventare un uomo. E ora ti rincontro. Non credi che voglia provare a sistemare le cose? Che voglia provare a capire? Non credi che forse io ti ami ancora?-
Risi istericamente.
-Mi ami ancora? Smettila Marco. Sono passati dieci anni, è impossibile. Non siamo mica su un libro!-
Acidità a gogò!
Sbuffò.
-Una cena. Concedimi una cena per dimostrartelo-
Lo guardai dritto negli occhi.
Era serio … ma non poteva essere…
No, no, no e NO!
-Stasera. Via Brandon 17-, presi la spesa dalle sue mani e andai di corsa alla cassa.
 

-E’ sicura che non sia un problema per lei?-, chiesi per l’ennesima volta.
-Tranquilla, adoro Charlie e ci divertiamo molto insieme!-, mi sorrise dolcemente la signora Fix.
-Grazie mille, Margareth!-, l’abbracciai di slancio senza pensarci.
Rimase sorpresa di questo mio gesto ma dopo poco tempo ricambiò.
-Allora Charlie, hai capito? Stasera starai dalla signora Fix che la mamma deve discutere con un suo amico. Va bene, piccola?-, le spostai una ciocca di capelli dietro all’orecchio.
-Tranquilla mamma. Divertiti! Ti voglio bene-, mi diede un leggero bacio sulla guancia e poi entrò in casa della donna.
Mi chiusi la porta alle spalle e andai a prepararmi.
Marco non mi aveva detto se saremmo usciti o restati in casa, ma decisi comunque di vestirmi per l’occasione.
Andai in camera e presi una maglia né troppo elegante né troppo normale, nera, molto anonima.
Infilai una gonna e delle decolté nere.
Semplice.
Mi misi un filo di trucco, giusto per non sembrare un cadavere vivente e poi mi sedetti sul divano.
Appena ritornata all’appartamento avevo ripulito la casa da cima a fondo, come una maniaca.
Ero su di giri, anche se sapevo che mi aveva presa solo in giro al supermercato.
Ma… forse però una parte di verità l’aveva detta visto che anche io provavo ancora qualche sentimento per lui…
Ma non era di certo amore…
Sentii suonare il campanello e scattai in piedi, elettrizzata più che mai.
Mi sistemai le pieghe sulla maglia e aprii la porta cercando di essere normale.
Rimasi pietrificata, però, nel vedere ciò che mi si era presentato davanti.  



Note dell'autrice:


Scusate innanzitutto per questo mio ritardo, ma ho problemi in famiglia e non posso stare molto al computer.
Credo che questo capitolo faccia schifo ma lascio giudicare a voi! >.<
Non so che altro dire, scusate ancora!
Al prossimo capitolo! 
Grazie a tutti quelli che leggeranno e/o recensiranno!

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Capitolo 12
*** Pizza ***


Capitolo 12. Pizza.

 
 
 
Sentii suonare il campanello e scattai in piedi, elettrizzata più che mai.
Mi sistemai le pieghe sulla maglia e aprii la porta cercando di essere normale.
Rimasi pietrificata, però, nel vedere ciò che mi si era presentato davanti.  “
 
 

Un enorme mazzo di rose rosse occupava tutta la mia visuale.
Avevo gli occhi spalancati.
-E questo sono solo l’inizio!-, la testa di Marco spuntò all’improvviso sorridendomi.
-Ma tu sei pazzo! Quante sono?!-
-Sul centinaio, rosa più rosa meno-, alzò le spalle noncurante.
-Eh?!-, ero sconvolta.
Mi sorrise entusiasta.
-Allora, mi fai entrare?-
-Certo, certo!-
Mi spostai di lato prendendo le rose in mano.
Mi voltai per guardarlo e vidi che mi stava osservando in modo strano.
-Sei bellissima-, sussurrò.
-Grazie-, sorrisi imbarazzata. –Anche per le rose, non dovevi-
-Invece si-
Non risposi e andai a cercare un vaso abbastanza grande per poterci mettere i fiori.
Trovato li sistemai e tornai da lui in sala.
-E’ carino qui-
-Grazie. Allora, andiamo fuori o stiamo in casa?-
-In casa. Mi pare che tu stamattina abbia preso il necessario per una bella pizza stile Di Carlo-, ridacchiò.
-Ricorda bene, chef!-
Lo portai in cucina e tirai fuori l’occorrente.
-Vuoi un grembiulino?-, risi di gusto.
-Certo-, alzò la testa in alto fingendosi offeso.
Gli mollai una pacca sulla spalla ridacchiando ancora e incominciai a mischiare gli ingredienti con la farina.
-Cosa fai?-, chiese.
-Preparo la pizza-, risposi confusa.
-Ma devo farlo io! Tu sei la mia cliente!-, sbuffò.
Scossi la testa e mi feci indietro sporcandogli il naso con un dito imbrattato di farina.  
Mi guardò sconvolto.
-Vuoi la guerra?! Bene, l’avrai!-
Avevo sempre adorato quando si comportava come un bambino.
E con lui potevo ritornare l'adolescente di un tempo, con lui ero ancora la Megan felice e senza problemi.
-Chissà che paura-, mi spostai i capelli noncurante.
Fingendosi di nuovo offeso si sporcò di farina le mani e incominciò a farmi il solletico ai fianchi.
Si ricordava ancora che erano il mio punto debole…
Incominciai a dimenarmi urlando come una bambina tra le risate di entrambi e scappai in sala, seguita da lui.
-Se ti acchiappo…-, mi minacciò.
Risi e circondai, correndo, il divano.
Sfortunatamente lui era più veloce di me e mi prese per i fianchi, e nell’impatto cademmo sul divano, ridendo ancora più forte.
-Presa!-, mi fece la linguaccia e mi incantai a guardarlo.
Com’era possibile che fosse diventato ancora più bello?
Di colpo smettemmo di ridere e ci guardammo in viso.
Senza pensarci mi avventai sulla sua bocca, sorprendendolo anche se per poco.
Subito la sua lingua incominciò a giocare con la mia, con possessione, con desiderio.
Corsi alla sua camicia e incominciai a sbottonarla con forza, ruppi anche qualche bottone ma in quel momento non mi importava.
Accarezzai il suo petto, diventato più forte, più largo e muscoloso con gli anni.
Quando raggiunsi la leggera peluria che aveva intorno all’ombelico lo sentii trattenere il respiro, mordendomi un labbro, come aveva sempre fatto. 
Mi percorse con una mano la gamba nuda e, arrivato alle caviglie, mi fece scivolare via dia piedi le decolté.
Riprese ad accarezzarmi e arrivato al limite della gonna la tirò su, in modo da potermi tirare via le mutandine.
Mi tolse la maglia in fretta, mentre io gli slacciavo la cintura e gli facevo scivolare via i pantaloni.
Potevo sentire la sua erezione, ormai pienamente sviluppata, premuta contro la mia gamba.
Ansimai in modo molto poco casto e lo sentii sorridere contro il mio collo.
Con una mano e con quasi prepotenza mi levò il reggiseno e ne preso subito il posto con la mano, incominciando a massaggiarmi  il seno e a leccarlo.
-Marco…-, gemetti.
-Mi mancavano i tuoi gemiti, mi mancava come pronunci il mio nome quando sei eccitata. Dio Meg, quanto mi sei mancata-, mormorò come un ossesso prima di levarsi le mutande e penetrarmi con un’unica spinta.
Gridai per la sorpresa e il piacere.
Era possibile che fosse diventato ancora più… grosso?!
Spalancai la bocca quando incominciò a mordermi una spalla mentre si muoveva fuori e dentro di me, come un disperato.
Questo non era semplice sesso, questo era qualcosa di più.
Me lo dimostrò quando restò dentro di me anche dopo l’orgasmo e continuò a baciarmi il viso come se mi stesse adorando.
Nessuno di noi parlava mentre cercavamo di riprendere fiato.
Ora che eravamo cresciuti e più esperti, il sesso con lui era ancora meglio!
Dopo, uscì piano dal mio corpo ancora accaldato e mi slacciò la gonna che era rimasta arrotolata sui miei fianchi per la fretta di unirci, per evitare che mi desse ancora fastidio.
-Sei bellissima-, continuava a ripetermi.
Sembrerà strano, ma per la prima volta mi sentivo donna, mi sentivo amata, mi sentivo di nuovo la Megan che ero prima di scappare dai Di Carlo.
Gli sorrisi dolcemente e mi alzai dal divano cercando le mie mutandine.
Quando le trovai le indossai e mi voltai a guardare Marco: si stava rimettendo al camicia.
-Ah, no no no!-, esclamai sorridendo. –Questa la metto io…-, gli diedi un leggero bacio sul petto e gli presi la camicia di mano indossandola in fretta.
Mi guardò a lungo e poi sospirò.
-Sei tremendamente sexy con solo quella addosso-
Ridacchiai.
-Grazie-
Si rivestì col resto dei suoi abiti e poi mi circondò le braccia da dietro.
-Voglio stare con te. L’ho sempre voluto-, mi sussurrò all’orecchio.
Mi bloccai sul posto.
Stava correndo troppo.
Non conoscevo ancora i miei sentimenti e non sapevo nulla del nuovo Marco, come lui non sapeva nulla della nuova Megan.
-Aspetta Marco, forse stai correndo un po’ troppo-
-Forse hai ragione, ma ho aspettato dieci anni e non voglio rischiare di perderti di nuovo-
-Non scapperò, ma andiamo più tranquilli. Ci sono cose che non sai di me. Potrei farti scappare con una sola frase-, risi senza essere divertita.
-Cosa stai cercando di dirmi?-, mi voltò e mi guardò preoccupato.
Sono una puttana, Marco.”
Ti sei scopato una puttana.”
Ami una puttana.
Che versione poteva preferire?
-Faccio la prostituta-, sussurrai infine. 



Note dell'autrice:


Sono in ritardo! Lo so >.<
Mi scusa ancora enormemente ma ci stanno riempiendo di verifiche a scuola e sono in una sorta di punizione a casa D:
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se credo -come sempre- che sia orribile u_u
Colgo l'occasione per dirvi che mancano 2 capitoli alla fine della storia più l'epilogo! ;D
Nel prossimo si vedrà la reazione di Marco al nuovo lavoro di Megan e nell'ultimo ... beh, non dico niente io! xD
Al prossimo capitolo! (spero non sia troppo tardi!)
Un grazie infinite a tutti quelli che leggeranno e/o recensiranno!

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Capitolo 13
*** Chiarimenti ***


 Capitolo 13. Chiarimenti.

 
 
 
-Cosa stai cercando di dirmi?-, mi voltò e mi guardò preoccupato.
“Sono una puttana, Marco.”
“Ti sei scopato una puttana.”
“Ami una puttana.”
Che versione poteva preferire?
-Faccio la prostituta-, sussurrai infine.
 

 
Abbassai gli occhi, vergognandomi di me stessa.
Forse ero anche arrossita, ma poco mi importava.
Non riuscivo a guardarlo in viso e cercavo di capire la sua reazione dal movimento del suo corpo.
Anche se poteva aiutarmi ben poco.
Era fermo immobile, aveva anche smesso di respirare.
Stava per scoppiare, lo sapevo.
Sentivo le lacrime quasi strabordare dai miei occhi e proprio quando pensavo che si sarebbe voltato per mai più ritornare, lui scoppiò solo a... ridere.
Alzai il viso guardandolo confusa.
-Marco ma che…?-
Perché rideva?
Io gli avevo confessato il mio segreto più grande e lui che faceva?
Rideva?!
-Tu…-, altre risate. –Scusami Megan ma questa…-, ancora risa.
Si piegava in due dal ridere, mentre io lo guardavo allibita.
-Perché ridi?!-, esclamai.
Cercò di calmarsi vedendo che io restavo confusa.
-Scusami Meg-, riuscì a dire dopo dieci minuti buoni. –Ma questa è la scusa peggiore che abbia mai sentito dire per scaricare una persona!-, ridacchiò ancora. –Se non volevi vedermi più bastava dirmelo-, annuì convinto.
Si voltò e finì di rivestirsi in fretta, poi mi guardò e mi sorrise.
-Anche se non vuoi più vedermi, a me ha fatto piacere trovarti di nuovo!-, mi sorrise dolcemente e mi diede un leggero bacio sulla fronte.
-Marco, aspetta!-, esclamai riuscendo di nuovo a trovare la parola.
Mi guardò continuando a sorridermi.
Perché cazzo rideva?!
-Megan, ho capito, tranquilla!-
-No! Non hai capito un cazzo!-
Si mi ero accesa. 
Marco aveva sempre saputo tirare fuori da me questo mio lato da maschiaccio.
-Okay, calma!-, mi guardò stranito. 
-Siediti e fammi spiegare. Appoggia quella roba. Non voglio che tu te ne vada…-
Fece come gli dissi, senza parlare.
Mi posizionai di fronte a lui, tormentandomi le mani.
Presi un respiro profondo e alzai il viso.
Puntai gli occhi nei suoi e incominciai a raccontare, sin dall’inizio.
-Dopo che Matt mi ha violentata, non credevo che sarei riuscita ad andare avanti nella mia vita, specialmente dopo aver scoperto che ero incinta. Avevo perso tutto: la mia migliore amica, la mia casa e la mia famiglia. Poi, non so perché, mi ritrovai dietro al tuo ristorante e dopo ti incontrai. Subito ero diffidente, dopo quello che mi era successo non puoi certo biasimarmi, ma poi incominciai ad aprirmi e mi innamorai di te. Tutto era perfetto fino a quel giorno al parco, quando incontrai di nuovo Matt-, feci una pausa.
Marco non si era mosso se non per prendermi la mano, che avevo subito lasciato.
Doveva sapere tutta la storia prima di decidere qualsiasi cosa.
-Non so se ti ricordi ma Matt mi aveva detto una frase molto forte quel giorno. Una cosa tipo: non parlarmi zoccola, avrei dovuto farti di peggio, sei solo una puttana. Dunque tu sai quanto ascendente ha, o meglio aveva, su di me quel figlio di puttana no?-
Lui annuì, un po’ turbato e intimorito, oltre che innervosito a quel ricordo.
-Bene, incominciai a pensare di essere come mi aveva descritta lui-
Altra pausa.
Su forza Megan, sei arrivata a metà storia.
Forza e coraggio!
Lo guardai: era un po’ pallido.
Forse stava incominciando a capire che quello che avevo detto era la verità.
Stavo tremando, avevo davvero paura di fargli schifo.
Avevo paura che mi vedesse per quella che sono e che se ne andasse infuriato.
-Vai avanti-, mi esortò.
Via il dente, via il dolore dicono no?
Ma chi volevo prendere in giro!
-Dopo che ho sentito dire da tua mamma e da tuo padre che non riuscivate quasi più a mantenervi e che dovevo andare via ho deciso cosa dovevo fare. Mi avevate aiutata moltissimo e non potevo ripagarvi facendovi finire sul lastrico per colpa mia, così ti ho scritto quella lettera e me ne sono andata. Come se con una lettera avessi potuto spiegare quanto vi ringraziavo e vi volevo bene… è stato orribile andarmene così ma sapevo che se avessi solo provato ad accennartene non mi avresti lasciata andare…-
-Vero-, confermò lui. –Ti amavo troppo…-
Amavo, imperfetto, passato.
Sperai che quello fosse solo per precisare il suo amore di allora e non che, con quello che gli stavo dicendo, non mi avrebbe più amata.
-Così sono andata via con Charlie, ma così eravamo noi quelle ad essere finite per strada e l’unico lavoro che mi permetteva di guadagnare bei soldi, in fretta e con poca fatica era quello della prostituta. Ed è quello che sono da quel momento, di giorno mamma e di notte puttana. Tutto per Charlie…-, alcune lacrime mi rigarono il viso.
Mannaggia a me! Non dovevo piangere.
Il silenzio prese il sopravvento nella stanza.
Ci guardavamo negli occhi senza dire nulla.
Marrone contro verde.
Donna contro uomo.
-Oh… quindi era vero-, sussurrò.
-Si… purtroppo si… e non sono ancora riuscita a trovare un lavoro migliore per smettere di fare… quello che faccio!-, sbottai.
Purtroppo nessuno accetta una mamma single senza un’effettiva esperienza lavorativa.
Mi guardò, un po’ spaventato, un po’ innamorato, un po’ triste.
-Megan a me non mi interessa!-, sbottò infine. -Io ti amo, cazzo! L’ho sempre fatto e che tu ci creda o no lo farò sempre! Davvero, te lo giuro! Non mi importa che lavoro fai, l’importante è la persona che sei. La mia Megan! Se tu vuoi stare con me allora supereremo anche questa come abbiamo superato la distanza! Ci siamo ritrovati e anche se ammetto che non salto di gioia per quello che mi hai detto, io voglio stare con te lo stesso- 
Gli gettai le braccia al collo: erano le parole più belle che mi ero mai sentita dire!
Finalmente capii cosa provavo per lui.
Ne ero ancora innamorata, avevo provato a dimenticarlo con tutti gli uomini con cui sono stata ma non ci ero riuscita.
Lo amavo ancora.
-Marco anche io voglio stare con te! Io ti amo, ti amo! Giuro che da stasera ho chiuso con quella vita! Troverò un nuovo lavoro e farò una vita degna di essere chiamata tale. Ma tu resta con me!-
Mi strinse forte.
-Per sempre, Megan. Ti amo-



Note dell'autrice:


Non c'è molto da dire su questo capitolo! 
Ho voluto sorprendervi con la risata di Marco, ma urlare e gridare era troppo normale e la nostra coppia non lo è ahahah xDD
Cmq ci stiamo avvicinando alla conclusione di questa storia! (manca un capitolo e l'epilogo) u_u
Nel prossimo la nostra coppia parlerà a Charlie e si vedrà quando Megan manterrà la sua promessa! :D
Spero che non vi abbia fatto schifo questo capitolo!
Alla prossima!
Grazie a tutti coloro che leggeranno e/o recensiranno!

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Capitolo 14
*** Una nuova vita ***


Capitolo 14. Una nuova vita.

 
 
 
Il mattino dopo la signora Fix suonò al mio campanello.
Andai ad aprire la porta ancora in vestaglia, la notte io e Marco avevamo fatto parecchia ginnastica e quindi ero così stanca da aver dormito fino a tardi.
-Salve Megan, non l’ho svegliata vero?-, chiese premurosa.
Non ebbi tempo di rispondere che Charlie mi saltò addosso per abbracciarmi!
-Mi sei mancata, mamma-
Sorrisi leggermente e le accarezzai il viso.
-Anche tu tesoro. Comunque no, stia tranquilla ho appena preso un caffè. Ne vuole uno?-, chiesi cortese.
-Oh no grazie, cara. Ora devo andare a trovare i miei nipotini. È stato un piacere, piccolina-, salutò e, ringraziata, scomparve dentro l’ascensore.
-Mamma, oggi andiamo al parco?-, mi chiese Charlie entrando in casa saltellando e appoggiando la borsa nell’ingresso.
-No tesoro, devo dirti una cosa. Anzi, devo farti conoscere qualcuno-
-Chi?-, mi sorrise curiosa.
Presi un respiro profondo e andai in cucina da Marco.
-Pronto?-
-Io sono nato pronto!-
-Che scemo-, ridacchiai.
Lo presi per mano e lo guidai in sala.
-Charlie, lui è Marco-, lo presentai.
Lei sorrise imbarazzata e arrossì.
-Ciao Charlie!-, esclamò Marco entusiasta.
La bambina venne da me abbracciandomi una gamba.
-Mamma ma chi è?-, chiese piano, timida.
Sorrisi e mi piegai alla sua altezza.
-Sai il principe delle favole che ti raccontavo?-
Lei annuì leggermente, giocando con il labbro.
Marco stava a guardarci curioso.
-Beh, lui è il mio principe. È venuto a salvarci col suo cavallo bianco-, le sussurrai.
-Davvero?-, chiese con occhi sognanti.
-Esatto. Sai lui è lo stesso Marco di cui ti parlavo quando eri più piccolina-, mormorai un po’ in imbarazzo.
-Davvero?!-, esclamò.
-Si-, ridacchiai leggermente.
-Wow!-, e poi gli corse addosso.
Lo abbracciò così stretto che Marco diventò appena un po’ rosso in viso.
Io ridevo sul divano.
-Sei venuto a salvare la mamma?-, chiese, non più timida.
-Esatto. E salverò anche te dal lupo cattivo-, sorrise.
-Finalmente. Ce ne hai messo di tempo ad arrivare!-
-Lo so-, mormorò Marco.
-Ma che bella coppietta che siete-, sghignazzai.
Charlie si staccò da Marco e venne da me.
-Ora possiamo andare al parco?-, chiese con un sorrisone a trentadue denti.
Marco ridacchiò.
-Certo amore, mi vesto poi andiamo-
-Posso intrufolarmi anche io?-, chiese Marco.
-Si!-, esclamò Charlie.
Sorrisi sollevata. Non ero molto fiduciosa del fatto che Charlie accettasse Marco subito, ma grazie a quelle piccole metafore aveva capito che era importante per me e sapeva che non mi avrebbe mai fatta soffrire, glielo avevo detto una volta.
Mi diressi in camera e Marco mi seguì.
-Sai, quella vestaglia ti rende molto sexy-, mi sussurrò malizioso dopo avermi abbracciata da dietro e incominciando a massaggiarmi il ventre.
Mugnai qualcosa di indistinto.
-Penso sia andata bene con Charlie-, mi diede un bacio sui capelli.
-Si, sono felice-
-E io sono felice che tu sei felice-
Ridacchiai.
-Quanti giri di parole, baciami e basta Marco-, sussurrai sorridendo.
Non se lo fece ripetere due volte, mi voltò e mi baciò dolcemente.
Un bacio molto casto, ma il più perfetto che mi avesse mai dato.
Racchiudeva tutto l’amore che provava per me, tutto l’amore che io provavo per lui, tutte le cose non dette, tutti gli anni passati lontani, quelli passati a cercarmi, quelli che abbiamo di fronte, il nostro futuro insieme.
Quel bacio era il sigillo della nostra promessa silenziosa.
Dopo, ci guardammo negli occhi per alcuni minuti.
Gli morsi piano il labbro inferiore, tra l’altro l’unico posto a cui potevo arrivare in punta di piedi, e gli sussurrai che lo amavo come non mai e che mi aveva cambiato la vita, di nuovo.
Mi sorrise dolcemente.
-Ti amo anche io Meg, tanto-
-Ora è meglio se ci vestiamo, se no Charlie penserà che siamo morti-, sorrisi e mi staccai da lui.
Ci vestimmo velocemente e poi, insieme a Charlie, uscimmo, assaporando l’aria del nuovo giorno, l’aria della nostra nuova vita.
 
 
Passarono alcuni mesi e tutto andava per il meglio.
Charlie adorava Marco e Marco adorava Charlie.
Io ero felicissima e avevo finalmente trovato un nuovo lavoro: per il momento facevo la commessa in un negozio di abiti.
Ero a contatto con la gente e, anche se non si guadagnava granché, mi serviva solo come salvagente mentre studiavo per recuperare gli anni persi per un motivo o per l’altro.
Ci trasferimmo a Norman in Oklahoma per cambiare un po’ vita.
Sapete, essere riconosciute mentre lavoravi in un normalissimo negozio ed essere indicate come “la puttana che si scopava mio marito” non è il massimo.
Essere poi guardate malissimo dai mariti perché avevo contribuito a “levargli dal letto una donna fissa” era ancora peggio.
Per non parlare delle battutine che facevano tutti, sia i vecchi, sia i giovani.
Marco capì la mia frustrazione e capì anche che farmi dei massaggi alle spalle o altro alla sera non sistemava tutto, così, stanco anche lui del mio pessimo umore, ci propose di andare a vivere tutti insieme in un altro stato.
Accettammo subito felicissime.
Era un uomo da sposare!
E lo confermò pure la cenetta che mi preparò il giorno del nostro anniversario!
C’erano rose e candele accese dappertutto, un classico, ma mi lasciarono a bocca aperta lo stesso.
-Ora dammi il cappotto e rilassati-, mi disse.
-Ma sono ancora vestita da lavoro!-, esclamai.
-Una commessa sexy, è il mio sogno erotico non te l’ho mai detto? Come il bancone della cucina che ho intenzione di utilizzare immediatamente-, disse prendendomi in braccio di slancio.
Risi di gusto e mi lasciai appoggiare al bancone.
-Ma Charlie?-, chiesi fermandolo, mi stava già slacciando la camicetta.
-Ho chiesto a Jared e a Sarah se potevano ospitarla loro per stasera, gli ho spiegato che avevamo bisogno di un po’ di intimità e così Charlie poteva giocare con Jim e Katy-, sussurrò con voce roca.
Lo guardai sorridendo: aveva pensato proprio a tutto! 
Mi piegai e lo baciai all’inizio dolcemente, poi la dolcezza si trasformò in passione e quella passione ci unì come mai prima di allora.
-Buon anniversario amore-, mi sussurrò ansante, ancora dentro di me.
Sorrisi: finalmente avevo trovato la mia felicità.
Qui incominciava la mia vera storia.
Qui incominciava il mio cammino con lui.
Qui incominciava la nostra verità.



Note dell'autrice:


Stranamente questo capitolo mi piace ... però siete voi quelle che devono giudicare! ;) 
Spero davvero che non vi abbia fatto schifo, che vi abbia fatto sorridere ed emozionare quel minimo indispensabile :D
E questo è l'ultimo capitolo della nostra storia, Megan ha fatto di tutto per riscattarsi e ci è riuscita, ora ha un uomo fisso al suo fianco, una figlia fantastica, un vero lavoro e una casa tutta nuova. Diciamo che la sua vita ha finalmente avuto una svolta positiva! 
Fra pochi giorni, spero, pubblicherò l'epilogo della storia per chiudere in bellezza! ù_ù 
Alla prossima quindi! Marco e Megan ci saranno ancora per un po' :D
Grazie a tutti coloro che leggeranno e/o recensiranno!

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Capitolo 15
*** Epilogo ***


Epilogo.

 
 
 
-Mamma, mamma, è arrivato il nonno!-, esclama una Charlie sedicenne entrando in bagno.
-Fallo entrare!-, esclamo entusiasta sistemandomi al meglio il corpetto del vestito.
Charlie corre alla porta e la spalanca con un sorrisone enorme stampato in viso.
Ed eccolo lì, mio padre.
L’uomo che finalmente avevo ritrovato.
-Papà!-, corro verso di lui e mi aggrappo al suo collo.
-Tesoro sei stupenda! Tua madre sarebbe stata fiera di te!-, mi sorride un po’ triste, ma soprattutto orgoglioso e felice.
Si, mia mamma era morta due anni fa per un incidente dell’autobus.
-Grazie papà! Spero che lo pensino anche tutti giù!-, esclamo terrorizzata.
-Chi non lo pensa lo picchio!-, sbuffa Charlie.
Le sorrido gentilmente e mi stacco da mio padre.
-Ora ti lascio finire di prepararti, ti aspetto sulle scale per accompagnarti giù-, mi sorrise e mi diede un bacio leggero sulla fronte.
-Ti voglio bene-
-Anche io, piccola-
 
 
-Sei stupenda, Meg!-, esclama Sarah, la mia migliore amica.
-Ovvio, sono stata truccata dalla migliore al mondo! E poi questo vestito è fantastico!-
Era un abito fatto da un corpetto bianco senza spalline con alcuni dettagli di pietre nel busto, continuato da un vestito lungo stile principessa, con taglio alto e arricciato lateralmente che si concludeva con un piccolo strascico.
Era l’abito perfetto, per un matrimonio perfetto con l’uomo perfetto.
Sento bussare la porta.
-Avanti-
Dalla porta entrano Antonio e Maria.
-Megan, sei stupenda! Quel vestito è perfetto!-
-Grazie, Maria-, sorrido leggermente imbarazzata.
-Kate ha rapito tuo padre per alcuni dettagli e ci ha chiesto di darti queste-, e mi mostra due spille in oro bianco. –Erano di tua madre… le aveva conservate sperando che tu le indossassi in questo giorno, così avrai anche un po’ di lei-
Ero rimasta senza parole, sono stupende.
-Grazie mille, Antonio! Sarah, mi aiuti a metterle?-, chiedo gentilmente alla mia amica.
In poco tempo, questa riesce a posizionarle nella complicata pettinatura che mi aveva fatto la parrucchiera e finalmente possiamo uscire.
Mio padre è in cima alle scale.
-Sei stupenda-, lo abbraccio e lo ringrazio, per tutto.
-Megan, fra poco parte la marcia. Conta fino a dieci dopo che è partita Charlie-
Charlie e Sarah sono le mie due damigelle ed indossano entrambe un lungo tubino violetto.
Poco dopo, proprio come aveva detto Sarah, parte la marcia nuziale.
-Mi tremano le gambe-, sussurro.
-Tranquilla mamma, sei stupenda-, mi sorride Charlie.
-Grazie tesoro. Anche tu sei stupenda-
Mi sorride raggiante e incomincia a scendere dalle scale.
-Dieci-, mormoro in modo che anche mio padre senta.
Fra dieci secondi avrei rivisto il mio uomo.
Nove.
Mi ricordo ancora la proposta di matrimonio.
Era una semplice giornata di lavoro, quando tornai a casa e trovai tutto il pavimento ricoperto di petali di rosa.
Li seguii curiosa e trovai un mazzo di rose stratosferico. Mi avvicinai per annusarle e trovai una scatoletta blu. La aprii e trovai un magnifico solitario al suo interno.
-Sposami-, aveva sussurrato Marco dopo avermi abbracciata da dietro.
Ero impazzita di gioia e ovviamente avevo accettato!
Otto.
Inspiro ed espiro.
Sette.
La reazione di Charlie era stata di pura gioia, lei adora Marco.
Sei.
Mio padre, poi, non era stato da meno! Da quanto ci eravamo ritrovati era cambiato moltissimo e aveva accettato Marco subito. Dopotutto chi non poteva adorarlo?
Cinque.
Fra soli cinque secondi sarei stata sull’altare, non ci potevo credere. Non dopo quello che mi era successo nella vita!
Quattro.
Avrei voluto che anche mia madre vedesse questo momento, ma purtroppo lei non c’è più… e mi manca moltissimo.
-Tre…-, sussurro.
-Due…-, dice mio padre.
-Andiamo!-
Incominciamo a scendere le scale, lentamente perché altrimenti rischio di cadere davvero con i trampoli che mi ha fatto mettere Sarah, e finalmente vedo l’uomo della mia vita.
Il mio futuro marito, con un sorrisone stampato in viso, orgoglioso nel sue metro e novanta e nel suo smoking nero.
Lo amo, Dio quanto lo amo!
E così, a passo di marcia mi incammino verso l’uomo che è il mio passato, il mio presente e il mio futuro.
 
 

FINE.

 

Note dell'autrice:


Volevo ringrazire tutte le persone che hanno seguito questa storia fin dal primo capitolo, che non mi hanno uccisa per i miei ritardi e che hanno apprezzato davvero questo mio racconto! 
Grazie mille per il vostro sostegno e i vostri consigli!
Spero di non avervi delusi con questo epilogo!
Grazie mille a tutti!
Alla prossima storia!

P.S. Approfitto della situazione per dirvi che ho incominciato una nuova storia: Sins.

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