Dimmi chi dorme accanto a me
Quella era stata la notte più brutta della sua vita.
C’era una guerra in corso; il più temibile dei maghi oscuri
cercava in particolare proprio il suo migliore amico per ucciderlo senza pietà;
centinaia di persone, Babbani e non, morivano ogni giorno; i suoi stessi
genitori erano in pericolo, per non contare tutte le persone che conosceva e a
cui voleva bene…
Tutte le persone che lei aveva il dovere di salvare.
Hermione si sarebbe presa a schiaffi, avrebbe sbattuto mille
volte la testa contro il muro (se solo quella tenda ne avesse avuto uno; ma
all’occorrenza avrebbe sempre potuto farlo spuntare dal nulla con un
incantesimo), avrebbe voluto smettere semplicemente di pensare; perché l’unico
pensiero che riusciva a formulare in quel momento era un pensiero stupido,
frivolo, pericoloso, ipocrita e sbagliato.
Lui se n’è andato.
Perché lei non era tipo da farsi condizionare la vita da un
ragazzo: lei era Hermione Granger e tutti sapevano che prendeva le sue
decisioni da sola, le seguiva fino in fondo con determinazione e non cambiava
idea facilmente, perlomeno non senza un buon motivo.
I capricci di Ron Weasley non erano un buon motivo.
Stare dalla parte giusta era molto più importante;
non arrendersi, continuare a cercare gli Horcrux, non perdere la fede nei vaghi
indizi di Silente… e in Harry. Quelle erano le cose giuste da fare, in
quel momento. Quelli erano i loro obiettivi ed era necessario rimanere calmi e
concentrati su di essi, perché solo in quel modo avrebbero potuto salvare il
mondo.
Non si trattava più di un gioco, di uno scherzo o di una delle
prove anti-incantesimoIncendio durante le quali dovevano uscire in fretta ma in
file ordinate da Hogwarts.
Era tutto reale, era tutto fin troppo vero.
Ma lui se n’era andato.
Se avesse potuto pensare a qualcos’altro, Hermione lo
avrebbe sicuramente fatto; ma nemmeno le sue disquisizioni mentali su quanto
lui fosse stato stupido e vigliacco e stupido non facevano altro che
riportarla alla crudele realtà. Ron li aveva abbandonati. Ron l’aveva
abbandonata.
Non bastava il fatto che lui le avesse offerto di andare con
lui, di abbandonare Harry insieme a lui. Non bastava affatto quel “Tu
cosa fai?” che le aveva praticamente ringhiato contro dopo aver quasi dato
adito ad un duello con il suo migliore amico. E non aiutava nemmeno quell’aspro
“Ho capito. Scegli lui.” che aveva buttato lì quando si era reso conto che lei
non l’avrebbe seguito.
L’aveva pregato, aveva cercato di farlo ragionare; e poi,
quando non c’era stato più niente da dire, l’aveva inseguito nel buio fuori
dalla tenda…
∼
Era bloccata dal suo stesso Sortilegio Scudo;
quando l’ebbe
rimosso, Ron era già corso via nella notte.
Harry rimase immobile, in silenzio,
ad ascoltarla singhiozzare e chiamare Ron tra gli alberi.*
∼
Lo inseguì correndo, evitando per poco di finire a rotolare
nell’erba umida della notte, perché aveva la vista annebbiata dal freddo
e dalle lacrime e inoltre la sua mente sconvolta si rifiutava di ordinare alle
gambe di mantenere l’equilibrio.
Lo trovò che camminava con i pugni stretti a grandi falcate,
lontano dalla tenda, lontano da lei. Gli si mise davanti, davanti a lui che era
un bel pezzo più alto di lei e molto più massiccio e senza toccarlo lo
costrinse a fermarsi e a guardarla negli occhi. Lo sguardo di lui però era
strano: era come se le sue iridi avessero cambiato colore, come se
fossero diventate di una tonalità tempestosa di grigio scuro, invece che del
solito azzurro pacifico.
Come se tutto fosse già cambiato.
- È di sicuro colpa dell’Horcrux, l’hai tenuto per troppo
tempo al collo… - fu la prima cosa che gli disse quasi sussurrando, come a voler
trovare una risposta ragionevole al comportamento di lui. Quasi a voler cercare
a tutti i costi una ragione che servisse da scusante al suo cervello per quello
che lui aveva appena fatto. E per quello che stava per fare.
Ron però continuava a scuotere la testa piano, anche mentre
lei mormorava: - Sei stanco, sei ancora provato per quella ferita, fammi solo…
Dicendo queste parole, Hermione si avvicinò di più al
ragazzo, che osservò ogni sua mossa, immobile e guardingo. Lei alzò una mano
lentamente e scostò il pesante maglione dalla spalla sinistra di lui, quella che
si era Spaccata durante la loro missione al Ministero. Fece scivolare più in là
anche il lembo di maglietta che ancora copriva la ferita e si chinò ad
osservarla. Il cuore le batteva forte, perché sapeva che quella era
semplicemente la sua ultima mossa per ritardare la partenza di Ron, o magari
per fargli cambiare idea.
Poi, accadde tutto troppo rapidamente: lui le scostò la mano
prendendola per un polso, a lei sembrò quasi di perdere l’equilibrio e in un
secondo cadde sulle sue labbra.
Fu un bacio breve, ma entrambi vi racchiusero dentro tutte
le paure ed i desideri che avevano accumulato in quegli anni e soprattutto in
quegli ultimi giorni. La foresta attorno sembrò quasi rischiarata da quel
contatto magico e per un attimo il mondo sembrò dimenticarsi del male,
di Voldemort e della guerra.
Ma fu solo un attimo.
- E… questo cos’era? – esclamò Hermione indignata e confusa,
appena ebbe recuperato la forza d’animo che le serviva per staccarsi da lui –
Cosa vuol dire?
Ron abbassò gli occhi, ritornando per qualche istante il ragazzino
che l’aveva fatta piangere al primo anno, dicendo a tutti che lei era un incubo.
Poi parlò, ma lo fece bisbigliando, come se fosse stato già certo del risultato:
- Può essere l’inizio, – finalmente alzò gli occhi più azzurri e vulnerabili
che mai su di lei - oppure la fine. Decidi tu.
Hermione fece un passo indietro, come se fosse stata colpita
da un incantesimo non troppo potente: - Non… Ron, non è… - disse mentre gli
occhi le si riempivano di lacrime - Tu non puoi… non è giusto…
- Ci sono poche cose giuste al mondo, Hermione. – disse lui
in un sospiro - E una di queste cose siamo noi due.
- Tu… - iniziò lei con la voce incrinata. Smise per un
attimo di respirare, poi riprese con voce ferma e decisa, ricacciando indietro
le lacrime: - Tu… sei solo uno stupido. Hai paura di stare qui con noi, hai
paura anche di noi. Sai che io non lascerei mai Harry e lo sfrutti a tuo
vantaggio. Metti te stesso davanti alla salvezza del mondo intero e ti aspetti
che io scelga te?
Prese un respiro profondo, affrontando a testa alta gli
occhi di lui e concluse scandendo lentamente le parole, con rabbia: - Ti
aspetti che io scelga un vigliacco che non vede l’ora di abbandonare i suoi
amici alla prima difficoltà?
Lui non abbassò lo sguardo, ma nei suoi occhi si leggeva
chiara la delusione e contemporaneamente una sincerità devastante, quando
mormorò: - No, non me lo aspettavo.
Hermione si rese conto che non stava mentendo, ma non seppe
fermarsi. Rise amara: - Sei contento? Adesso potrai tornare a casa e fare la
vittima quanto vuoi.
Ron tacque e per colmare quel silenzio che le sembrava
troppo pesante da sopportare, troppo carico di cose non dette, lei continuò: - Non
ci potrai ritrovare. Non basterà che io ti chiami, come se tu fossi
semplicemente in un'altra stanza. Non servirà pronunciare il tuo nome, se
di notte mi sentirò sola ed impaurita… In nessun caso ci sarà un
sortilegio che ti riporti da noi… da me. – sospirò e poi disse dura: - Se te ne
vai ora, è per sempre.
Ron la guardò per un istante: negli occhi, un tacito addio
colmo di dispiacere, di rimpianto, di scuse e di dolore. Poi, con un sonoro
“crac”, sparì all’improvviso, lasciando Hermione a fissare il buio dove un
minuto prima c’era stato quell’azzurro sconfinato del suo sguardo.
Per qualche minuto ancora, dopo quel maledetto “crac”,
Hermione rimase seduta su un sasso piatto che sporgeva dal terreno, guardando
il cielo e pregando che lui tornasse in qualche modo, a cavallo di una
scopa, di un Thestral o persino di un ragno gigante, in quel preciso istante… oppure
che non tornasse mai più. Perché anche in quel caso niente sarebbe mai più
stato come prima.
Aggiunse l’acqua salata che cadeva dai suoi occhi a quella
che cadde dal cielo, fissò a lungo il punto in cui lui era scomparso,
immaginandosi di vederlo riapparire con uno dei suoi sorrisi che brillavano più
di un Lumos fatto come si deve esclamando “Scherzetto!”.
Hermione però non aveva dimenticato che lui non era Fred o
George; lui era Ron e quando Ron si metteva in testa una cosa era più testardo
di un mulo. Non sarebbe riapparso, non avrebbe riso.
E, in effetti, non c’era proprio niente da ridere.
∼
Dopo un po’ lei tornò, i capelli zuppi incollati al volto.
“È an-an-andato! Si è Smaterializzato!”
Si gettò su una sedia, si raggomitolò e pianse.*
∼
Quella notte, una sedia le sarebbe bastata.
Non voleva addormentarsi nel suo letto, sapendo che lui non
era lì con lei. Che lui non avrebbe dormito vicino a lei. Perché nonostante non
avessero mai dormito esattamente insieme, ora Hermione si accorgeva di
essersi ormai abituata a dormire sotto lo stesso tetto (o sotto la stessa tenda)
di Ron.
Si accorgeva a poco a poco che quel senso di calore, di
sicurezza, di protezione che aveva provato nelle settimane appena passate e che
aveva dato così per scontato, come se fosse stato normale sentirsi così in quel
periodo così oscuro per l’umanità intera, era sparito in istante; ed in
particolare esattamente quella sera, nell’istante esatto di quel fastidioso
“crac”.
Non l’aveva capito nemmeno quella volta, qualche tempo prima
a Grimmauld Place: la prima notte che avevano passato in quella casa fredda, vuota
e desolata, stavano tentando di addormentarsi lei su un logoro divano e lui per
terra.
Non le aveva nemmeno chiesto di dormirci lui, sul divano.
Poi, mentre lei fissava il soffitto e di tanto in tanto
sospirava, Ron le aveva preso la mano con le dita gelide e gliel’aveva tenuta stretta
nella sua finché non si era addormentata, un po’ più serena.
Si rese quindi conto che quel nuovo freddo che provava fin
dentro le ossa, quella sensazione di smarrimento e di cieco terrore non poteva
essere imputato né all’inverno, né al fatto che si trovassero da soli lei ed
Harry chissà dove e nemmeno a Voldemort che si avvicinava sempre più.
Era qualcos’altro: un vuoto che non poteva semplicemente
essere chiamato nostalgia, o mancanza di qualcosa. Il suo era un vero e
proprio tormento dell’anima e della mente, un’incapacità di essere la solita
Hermione, il realizzare che senza di lui tutta la sua forza, la sua convinzione
ed il suo coraggio svanivano. E quella paura aveva un nome solo, un nome che ormai
non poteva più pronunciare. Un nome che, anche se l’avesse pronunciato, non
l’avrebbe riportato indietro.
Perché no, non poteva essere così. Non poteva
permetterglielo. Non poteva lasciare che, andandosene, lui si portasse via con
sé la parte migliore di lei. Poteva portarsi via il suo cuore: quello, senza di
lui, non le sarebbe servito a niente. La sua mente, però, quella no.
Doveva chiuderlo fuori, non pensare a lui, non pensare al
suo bacio, a come si erano detti addio.
Non doveva dormire in quel letto che gli ricordava troppo non
tanto lui, quanto la sua assenza. Non poteva dormire in quel letto sperando che
ad un certo punto lui le prendesse la mano; non poteva, ora che sapeva che lui
non avrebbe forse mai più dormito accanto a lei.
Levò ancora una volta gli occhi al cielo e con la voce strozzata
ed i denti stretti, quasi si fosse convinta che quella fosse la cosa più
importante, forse per escludere dalla mente il resto, o forse perché
simboleggiava e racchiudeva tutto il resto, mormorò rabbiosamente:
- Ed ora che non ci sei, dimmi chi dorme accanto a me…
EPILOGO
∼
«Una cosa vorrei sapere, però» riprese, fissando un punto a
una trentina di centimetri sopra la testa di Ron.
«Come hai fatto di preciso a trovarci stanotte? È
importante.
Se lo sappiamo, saremo sicuri di non ricevere altre visite
indesiderate».
Ron la guardò torvo, poi si sfilò un piccolo oggetto
d'argento dalla tasca.
«Con questo».
Hermione dovette guardare Ron per capire che cosa le stava
mostrando.
«Il Deluminatore?» chiese, così sorpresa da dimenticare la
sua espressione fredda e rabbiosa.
«Non serve solo ad accendere e spegnere le luci» spiegò
Ron.
«Non so come funziona o come mai è successo proprio in quel
momento e non prima,
perché è da quando me ne sono andato che volevo tornare.
Ma stavo ascoltando la radio, la mattina di Natale, molto
presto, e ho sentito...
ho sentito te».
Guardò Hermione.
«Mi hai sentito alla radio?» chiese lei, incredula.
«No, ti ho sentito uscire dalla mia tasca. La tua voce» e
mostrò di nuovo il Deluminatore «veniva da qui».
«E che cos'è che avrei detto?» chiese Hermione, con un tono
di voce a metà tra lo scettico e il curioso.
«Il mio nome. “Ron”».*
∼
NOTE:
* Si tratta di frasi tratte dal libro “Harry Potter e i doni della morte” e
dato che la storia è una specie di missing moment ho pensato di inserirle come
“contorno” alla fanfic.
Questa storia si è classificata
terza al contest “Nothing Lasts Forever – Niente è per
sempre” organizzato da Sevvie sul forum di Efp. ^-^
TITOLO DELLA STORIA: 12. Dimmi chi dorme accanto a me
PUNTI BONUS: sì
NUMERO PACCHETTO DI PAROLE: 5
COPPIA: Ron/Hermione
RATING: verde
AVVERTIMENTI: OneShot, Missing Moment, What if?
GENERE: malinconico, romantico
Riporto il giudizio della giudicia ^-^
Grammatica:
9 /10
Stile e
lessico: 9/10
Originalità:
14,5 /15
Caratterizzazione
dei personaggi: 14 /15
Gradimento
personale: 5/5
Punti
bonus 5
totale
56,5/60
Stavolta
parto dal basso, parto dal gradimento. Sei riuscita a farmi piacere una
Ron/Hermione (ok, d'accordo si parla di rottura di una coppia) ma... che
dire... mentre leggevo mi ero dimenticata che dovevi per forza farli
rompere (anche se non si sa davvero se stavano insieme, io personalmente ho
sempre creduto stessero insieme già dal matrimonio di Bill!) e quasi speravo
che Ron restasse. Poi sono tornata in me e ho proseguito la lettura. E questa è
la premessa...
Allora...
essendo un po' più oggettive... per la grammatica tutto ok, tranne la
punteggiatura di cui si sente abbastanza la mancanza in più passaggi, per il
resto, però, nessun problema.
Lo
stile e il lessico erano veramente buoni, tranne qualche punto che avresti
potuto sistemarlo meglio.
Vabbè
non credo ci sia bisogno che spenda molte parole per l'originalità, molto
originale il punto di vista, non tanto la situazione.
Invece
perfetta la caratterizzazione di Hermione, meno invece quella di Ron,
leggermente OOC. Se ci fosse stata quella conversazione, Ron sarebbe rimasto
senz'altro e, tra l'altro, non avrebbe mai fatto lui la prima mossa per
baciarla. Ron se ne andò per gelosia, se Hermione avesse ricambiato il bacio
sicuramente avrebbe vacillato e sarebbe rimasto. Ma ti ho tolto soltanto un
punto, visto che è un mio punto di vista.
Non
credo ci siano altre parole per spiegarti il motivo del punteggio pieno alla
voce gradimento personale, o sì? ;)
N.d.Summer
(In cui si parla di
Natale, speranza, baci, abbracci, rognoni e cosciotte)
Visto che quando ho scritto la storia era praticamente
Natale…
La mia non è una storia di Natale, anche se c’è in mezzo
pure quello…
Comunque, si tratta di avere fede, si tratta di non
rinunciare a quello che vogliamo. Hermione, per quanto sia testarda e risoluta,
indipendente ed assennata, per quanto sia razionale e sappia che chiamare Ron,
magari la mattina di Natale, non servirà a niente, lo fa comunque. E lì avviene
la vera magia, perché Ron grazie al deluminatore che gli ha donato Silente la
sente e… torna.
Credo sia uno dei passaggi del libro che mi ha commosso
di più e che mi è piaciuto di più. Quando lui le dice “ho sentito te” ogni
volta è un colpo al cuore. Ma io sono troppo romantica… :P
Per quanto riguarda il fatto che Ron probabilmente è un po' OOC: è vero, forse non avrebbe mai baciato Hermione di sua iniziativa, ma ho immaginato la cosa come il culmine di una situazione che Ron non poteva sopportare oltre, come il disperato tentativo di non rimanere solo. E per quanto magari uno dei motivi per cui se n'è andato fosse la gelosia, non ho mai visto quest'ultima come la ragione preponderante della sua decisione... Più che altro ho sempre pensato che fosse solo stanco della situazione, stanco forse anche di Harry. Perciò nella mia ff, quando (dopo il bacio) si è sentito ulteriormente rifiutato da Hermione (che non si è buttata ai suoi piedi), non ha potuto far altro che andarsene davvero, con la sua bella autostima già generalmente sotto i piedi scesa ancora più in basso.
Insomma, io l'ho vista così. :)
Inoltre.
Questa storia nasce (anche, oltre che per partecipare ad
un contest) dall’esigenza che ho sentito durante la lettura del settimo libro
di dare un inizio migliore a questi due (Ron e Hermione), perchè ho odiato il
modo in cui la Row ha buttato lì il loro primo bacio. Non che shippassi
ferventemente per loro, ma mi aspettavo qualcosa di più. L’ho trovato
sbagliato, fuori luogo e anche sprecato… uno schifo, insomma.
Quindi, ho semplicemente immaginato che quello descritto
(oddio, “descritto” -.-) nel libro non fosse il primo, ma il loro secondo bacio
e ho scritto questo Missing Moment che include un primo bacio “alternativo”. In
più, ho approfondito (e cambiato un po’) il momento in cui Ron decide di
andarsene, mettendoci una breve conversazione con Hermione. Anche in questo
caso, la Row mi è sembrata troppo frettolosa, ho sempre pensato che mancasse
qualcosa, che Ron non potesse andarsene così.
Ovviamente mi rendo conto che la nostra cara autrice
avrebbe dovuto scrivere un libro (o sette libri) lungo come un rotolone Regina
(!) per trattare tutti questi momenti particolari (e i mille altri che mi
vengono in mente) in modo più approfondito, quindi decisamente non le faccio
una colpa di questo, né intendo (né OSO, o posso) sostituirmi a lei… o.O
Per quanto riguarda la rottura, che era il tema del
contest, avrei potuto farlo risaltare di più, nel senso che quella che ho
raccontato non è esattamente una “rottura”: Ron ed Hermione non stanno ancora
insieme in quel momento… Però ho immaginato che, dopo quel bacio tanto
agognato, è un po’ come se la barriera di imbarazzo e fraintendimento che c’era
prima tra di loro si fosse rotta, quindi insomma… è implicito, è fatta… no?
No. Come al solito, rovinano tutto.
P.S. (sì, c’è anche un p.s. -.-‘)In questa mia FF potrei
aver accidentalmente suggerito l’idea che Hermione adoooooori Ron quando dorme.
Perché è incosciente.
Be’… non è proprio così… :P
È anche vero che a me Ron (o sarebbe meglio dire Rupert
Grint, in questo caso) dà l’impressione di avere una… spiccata… fisicità…
In parole povere, vorrei abbracciarlo. *-*
In parole proprio nullatenenti invece, me lo farei di
brutto.
Ma tornando alla storia.
E tornando alla mia scelta di scrivere una Romione (ok,
non sembra troppo “rognone”? Bleah. Uhm, a Ron piacerebbe. -.-‘)… Tutto
cominciò con una canzone di Taylor Swift (mi pento e mio dolgo dei miei etc) e
sarebbe finito con quel mio delirio scrittorio che è Dear Ron, ma poi c’era
questo contest che mi attirava e, bam!, in un attimo sono stata risucchiata di
nuovo nel vortice del Canon.
Tra l’altro, trattandosi di un break up contest, avrei
dovuto farli mollare… una cosa triste, malinconica, magari rabbiosa… e invece
mi è uscita una storia smielata, dolce, romantica… uf.
Si mollano, sì, ma poi si sa che finisce tutto bene,
perchè essendo un Missing Moment, la storia idealmente prosegue come quella
originale.
Devo dare la colpa di tutto ciò (e anche di alcuni miei
sogni, sia ad occhi chiusi che aperti) ad alcune foto che girano sul web di
Rupert Grint.
Dopo non vi lamentate se una si accorge che le piace… il
rognone. E i suoi occhioni blu e i suoi capelli di quel colore assurdo e
fantastico insieme e le sue labbra e le sue smorfie. E le sue spalle e i suoi lineamenti
e le sue mani e le sue ciglia e persino le sue cosciotte. Sigh *-*
Ho finito. :D