My Miracle - by Roberta87 & Kikagen di Roberta87 (/viewuser.php?uid=95911)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1 - Destini ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2 - Sopravvivere ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3 - L'Oceano ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4 - Morire ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 5 - Grido ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 6 - Emozioni ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 7 - Doni - parte prima 'La vita' ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 7 - Doni - parte seconda 'Anime affini' ***
Capitolo 10: *** AVVISO! Buone Vacanze!!! ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 8 - Decisioni ***
Capitolo 1 *** PROLOGO ***
Salve a tutti ragazzi!!!
Questa FF è il frutto della collaborazione tra me
(Roberta87) e Kikagen.
Come avete potuto leggere nella trama , i nostri Bella ed Edward sono
estrapolati dalla saga,e dei loro "alter-ego" portano ancora solo i
nomi e l'aspetto.
Speriamo che possa piacervi, vi lasciamo al prologo e......aspettiamo
commenti!!!!
PROLOGO
Lo
guardavo beata della sua bellezza.
I miei occhi non riuscivano a contenere tanta perfezione, forse non
erano in grado nemmeno di catturarne a pieno ogni particolare.
I lineamenti del suo volto erano degni del pennello del più
grande pittore mai esistito,erano talmente armoniosi da non sembrare
veri.
Quel viso non mi sembrava mai reale…..a dire il
vero,tutto il mio passato non mi sembrava reale,tutte le sciocchezze
fatte,tutta la mia incoscienza,la mia sregolatezza,i miei errori,i miei
peccati.
Come potevo non accorgermi di ciò che stavo facendo?
Perché mi ero ridotta in quel modo? .
Tutte domande alle quali non avrei mai trovato risposta suppongo.
Ma l’importante era avere lui al mio fianco adesso.
L’importante era godere di ogni ultimo , piccolo , attimo
della nostra unione , che sapevo presto , in un modo o in un
altro,stava per terminare.
Mentre,ancora addormentato,lo ammiravo , gli passai una mano tra i
folti capelli spettinati.
Ero stata proprio un’idiota!
Avevo sprecato tutto quel tempo a farmi del male e ad allontanarlo
dalla mia vita….senza rendermi conto di quanto fosse
unico,di quanto fosse speciale.
Avvicinai il mio viso al suo collo, annusai il dolce profumo della sua
pelle : zucchero filato.
Chi sa se avevano tutti lo stesso odore?
Non volevo svegliarlo,non volevo farlo mai , ogni mattina avrebbe
potuto essere l’ultima…ed io avrei dato la mia
stessa vita per farlo restare con me , per far si che continuasse a
proteggermi dopo avermi salvata dall’inferno.
Così, delicatamente avvicinai le mie labbra al suo orecchio
e gli sussurrai..
“Grazie Edward…”
Grazie non sarebbe mai stato abbastanza per lui,che era il mio miracolo.
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Capitolo 2 *** CAPITOLO 1 - Destini ***
Salve
a tutti ! siamo sempre noi!!! la mia socia Kika ha insistito
perkè io postassi almeno il primo capitolo....e quindi
eccolo qui!!!
ASPETTIAMO CON ANSIA I VOSTRI COMMENTI !!!
Nel frattempo ringraziamo tutti quelli che hanno già notato
la nostra storia.
Grazie a chi l'ha messa tra le preferite :
1) - _B3lla_Swan_
Grazie a chi l'ha messa tra le seguite :
1 - acqua1879
2 - ampollina91
3 - eMiLy
BlOoD
4 - nica89
5 - _B3lla_Swan_
CAPITOLO 1
– “Destini”
POV Bella.
Ero tutta sudata ed avevo un caldo afoso appiccicato addosso,mi mancava
l’aria.
Sentivo ogni parte del corpo intorpidita,come se non mi appartenesse,ma
soprattutto , avevo la testa in fiamme.
Svegliarmi con la sensazione che mi stesse per esplodere il cranio era
una schifosa costante della mia squallida vita.
Distesa , a faccia in giù sull’erba , pensai che
forse togliermi il cappuccio mi avrebbe aiutato a respirare meglio.
Sollevai una mano senza sapere bene come muoverla per arrivare a
toccare la testa.
Dopo un paio di tentativi andati a vuoto riuscii a trovare la parte del
corpo che stavo cercando,e con un gesto trascinato mi tolsi il
cappuccio.
Insieme all’aria calda , arrivò a schiaffeggiarmi
sul viso anche una potente e fastidiosissima luce , che riusciva ad
accecarmi anche attraverso le palpebre.
Tentai di aprire gli occhi un paio di volte per rendermi conto di dove
fossi finita quella notte.
Al quinto tentativo,quando la luce mi sembrò leggermente
più sopportabile,le palpebre si dischiusero permettendomi di
dare una sbirciatina.
La prima cosa che vidi fu una maglietta nera a pochi centimetri dal mio
viso.
Quella prospettiva non mi avrebbe di certo aiutata ad orientarmi.
Così , recuperando un po’ di forze , e tentando di
riprendere il controllo del mio corpo,cercai di mettermi seduta.
Fu molto difficile,ma alla fine,dopo un po’ di sbandamenti ci
riuscii.
La testa , oltre al fatto che sembrasse in fiamme, aveva iniziato a
girare vorticosamente.
Incrociai le gambe,poggiai i gomiti sulle ginocchia e mi presi la
fronte tra le mani stringendola forte.
Credo che stetti in quella posizione almeno una decina di minuti ,ma
alla fine parve che il mio cervello volesse iniziare a collaborare.
Sollevai la testa dalle mani e mentre mi sbottonavo la felpa
per toglierla,diedi un’occhiata intorno.
La maglietta nera che avevo visto prima era di Jess, accasciata di
fianco a me in una posizione innaturale era ancora priva di sensi.
Lo stesso valeva per gli altri quattro ragazzi sparpagliati intorno a
noi.
Quei cinque ,sbandati , esseri erano la mia sottospecie di famiglia.
Non credo si possa definire “famiglia” un gruppo di
semi-sconosciuti con i quali condividi l’alcool , la
droga,una topaia ,e a volte anche il sesso.
Ma era tutto ciò che avevo.
Posai la felpa accanto alle gambe , e abbassando lo sguardo vidi la
canotta logora che avevo indosso macchiata di vomito.
Un souvenir dell’ennesima notte passata a
sbronzarci….non ero nemmeno sicura che fosse mio.
Diedi un’occhiata in giro per cercare di capire finalmente
dove fossi.
Il prato tagliato perfettamente , le palme , il rumore del mare , ed
una sculettante troietta bionda che faceva Jogging nella sua tutina
firmata mi aiutarono a ricordare : Beverly Gardens Park .
Evidentemente anche la sera prima avevamo deciso di vagare per quello
che era uno dei più grandi parchi di tutta Los Angeles ,
magari con l’intenzione di prendere per il culo qualche
fighetto figlio di papà del posto.
La biondina , con tanto di i-pod nelle orecchie , mi guardava schifata
ed indignata.
Pensai bene di darle il buongiorno con il dito medio della mano destra.
Di tutta risposta,le si dipinse un’espressione offesa in
volto,e corse via più veloce.
Sorrisi divertita .
Bastava sempre pochissimo per “oltraggiare” quelle
bamboline tutte rifatte e il loro mondo patinato.
Me la immaginavo già intenta a raccontare sdegnata
l’orribile affronto che le avevo fatto alle amiche oche come
lei.
Mi facevano una gran pena rinchiuse nelle loro vite dorate e finte.
Non avevano idea di cose fosse la vita vera , di quanto in
realtà facesse schifo il mondo.
Nelle loro immense ville non arrivava mai la puzza di stantio mista
alla polvere tipica delle topaie dove vivevano i ragazzi come me .
Come noi.
Già perché io dovevo ritenermi quasi fortunata
per il fatto che avessi cinque compagni con i quali condividere le mie
disgrazie.
In genere di giorno non restavamo mai tutti insieme,ognuno prendeva la
propria strada , per poi rincontrarci di notte per strada o in quella
topaia di garage abbandonato che era diventata una specie di casa.
C’era da dire che , non eravamo sempre gli stessi.
A volte qualcuno spariva per non farsi rivedere mai più ,
talvolta altri andavano via per mesi per poi ritornare.
Nell’ultimo mese però eravamo stati sempre in 6 :
io , Jess (avrà avuto circa 17 anni,occhi blu e capelli
neri) , Angie ( una bionda rinsecchita dall’età
indecifrabile) , Rudy (il più grande tra noi , ci insegnava
sempre qualche nuovo trucchetto per racimolare qualche dollaro) , Paul
(un bel ragazzo alto dai capelli corvini lunghi) , e Mike (
tossicodipendente fuggito di casa qualche mese prima).
Proprio con Mike ultimamente avevo avuto dei problemi,da
quando mi aveva raccontato la sua storia una notte , ispirato
evidentemente dalla strisciata di coca di quella sera.
Mi ero incazzata con lui .
Come poteva aver abbandonato la sua famiglia ?
Nessuno di noi altri ne aveva mai avuta una , e lui invece mandava a
fanculo la sua??.
Il ricordo di quella notte mi bruciava ancora dentro.
Non riuscivo a smettere di pensare a come sarebbe stata diversa la mia
vita se lei fosse stata viva.
Se lei fosse riuscita a cavarsela quella notte.
Se la mia giovane madre non fosse morta lasciandomi sola al mondo
quando ero ancora una bambina.
Scacciai ancora una volta dalla testa quei pensieri che mi laceravano
dentro.
Pian piano stavo riacquisendo la sensibilità in tutto il
corpo,e cominciavo a sentire la fastidiosa sensazione della bocca
impastata e secca.
Avevo bisogno di bere.
Mi guardai intorno in cerca di una fontana o di qualsiasi altra cosa
che potesse contenere dell’acqua.
Vidi quello che stavo cercando una ventina di metri dietro di noi , una
zampillante fontanina fra due piccoli sentieri del parco.
Insieme all’oggetto del mio desiderio però , vidi
anche un ragazzo.
Un ragazzo bellissimo vestito di tutto punto se ne stava poco lontano
dalla fontana , in piedi , a guardarmi.
«Benone!» pensai ,
« Un altro stronzo damerino che si gode lo
spettacolo».
Stavo per dargli lo stesso saluto della bionda di prima , quando si
voltò di spalle e se ne andò.
Doveva essere bastato il mio sguardo carico di odio.
Decisi che per quella mattina gli sguardi di disprezzo dei ricconi di
Beverly Hills mi erano bastati ed avanzati.
Così mi alzai in piedi , raccolsi la felpa che legai in vita
, e scavalcando la mia disgraziata compagnia mi incamminai verso
un’altra giornata alla quale sopravvivere.
POV Edward.
Los Angeles in giugno era una caldaia rovente ed asfissiante.
Soprattutto in centro.
Hollywood quella mattina sembrava un inferno.
Tutti che correvano freneticamente , a volte anche spintonandosi e
rivolgendosi agli altri con toni poco garbati dovuti
all’esasperazione per il troppo caldo.
Non riuscivo più a sopportare tutto quel trambusto ,
così decisi che una bella passeggiata in riva
all’oceano era la cosa migliore da fare.
Presi al volo un bus che mi lasciò nella ricchissima Beverly
Hills.
Quella strada era sempre stata troppo pomposa per i miei gusti.
Attraversai , mi diressi verso la sabbia luccicante , e una volta
raggiunta mi sfilai le scarpe incamminandomi verso la riva.
Passeggiai a lungo percorrendo su e giù sempre lo stesso
tratto di bagnasciuga , fin quando nemmeno la piacevole brezza oceanica
riuscì più a farmi sentire rinfrescato.
Mi tolsi la giacca beige e la poggiai dietro la schiena,mantenendola
solo con un dito , rimanendo in camicia.
Raccolsi le scarpe e mi ricordai che nelle vicinanze sorgeva un parco
immenso , dove di sicuro avrei trovato il refrigerio che tutti
cercavano.
A cinque minuti di cammino dall’affollata spiaggia sorgeva il
rigoglioso Beverly Gardens Park nel quale passeggiavo da una
buona mezz’ora ormai.
Le alte palme e la ridente vegetazione donavano a quel posto qualche
grado in meno rispetto a tutta la città.
Ed io mi stavo godendo a pieno quel briciolo di frescura tanto agognato
mentre mi dirigevo verso una piccola e zampillante fontanina lungo i
sentieri del parco.
Fu allora che la vidi per la prima volta.
Di spalle , era uno scricciolo spettinato e si era appena messa seduta
con molta fatica.
Sembrava guardarsi intorno come per ricordarsi dove fosse.
Mi bastò un’occhiata ai vestiti logori e agli
altri cinque ragazzi stesi intorno a lei per capire.
Quel quadretto mi era così vergognosamente familiare da
farmi ancora male.
Conoscevo bene la sensazione di svegliarsi in un luogo sconosciuto, non
ricordandosi nemmeno il perché o il come ci si trovasse
lì.
Era il ricordo di anni difficili e bui trascorsi ad
ubriacarmi , spesso fino a perdere conoscenza.
Odiavo la sensazione di dipendenza che mi procurava
l’alcool…..ma non potevo sfuggirgli,e negli ultimi
periodi , nemmeno volevo.
Mentre mi perdevo nei ricordi del mio passato la vidi girarsi.
Rimasi stupito.
Nonostante fosse sporca e provata dalla vita che conduceva , era
bellissima.
I capelli castani spettinati e rovinati , al sole rivelavano venature
rossicce.
Ma ciò che mi catturò furono i suoi occhi : erano
del color del cioccolato al latte.
Il paio di occhi più belli che avessi mai visto.
Mi si strinse il cuore nel vederli velati da una infinita tristezza che
li rendeva quasi spenti.
Quegli occhi , ne ero certo , se avessero potuto risplendere sereni ,
sarebbero stati più luminosi delle stelle.
Ero completamente rapito dagli occhi e dalla bellezza ribelle di quella
ragazza quando si accorse di me.
Sussultai nel momento in cui mi resi conto che mi aveva sorpreso a
fissarla.
Lei mi guardava lanciandomi un messaggio pieno d’odio che
colsi immediatamente,ed ebbi la sensazione che stesse per muoversi .
Così , svelto , mi voltai dandole le spalle e mi
allontanai.
Avevo negli occhi l’immagine di quella meravigliosa creatura
che si stava distruggendo da sola , mentre pensavo a quando
sarei entrato ancora una volta nella sua vita.
A quando avrei giocato per la seconda volta con i fili del suo
destino……probabilmente, sconvolgendole nuovamente
l’esistenza.
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Capitolo 3 *** CAPITOLO 2 - Sopravvivere ***
Salve ragazze!! La mia
socia è un'azzardosa, mi ha detto "Giochiamocela
tutta!!"...cioè vi rendete conto che voleva farmi postare
tutti e 3 capitoli insieme?? è pazzerella non fateci
caso...ma siccome le voglio un gran bene , e non riesco a dirle di
no....vi posto il secondo capitolo!!! hihihi !!!
Siamo felicissime per il seguito che abbiamo riscontrato in
così poco tempo , ma saremmo ancora più felici se
ci lasciaste qualche commentino.....Pleeeeaaseee *me che fa gli occhi
dolci*
Ora passo ai ringraziamenti specifici,prima di tutto,chi ha commentato:
-_Miss_ : ti ringraziamo taaantissssimooooo per averci
recensito!! GRAZIE!! Che dirti, si lo scenario è decisamente
insolito,ma speriamo che sia proprio questo ad affascinarvi! Speriamo
che continuerai a seguirci!! Un bacio grande!!
Grazie a chi ha inserito la nostra storia tra le preferite :
1- clakkycullen
2- _B3lla_Swan_
3- _Miss_
Grazie tante anche a chi l'ha inserita tra le seguite...wow,siete
tantissimiii!!:
1 - acqua1879
2
- aly12potter12
3
- ampollina91
4
- bambo898
5
- eMiLy BlOoD
6
- giagia5
7
- IsTiLlLoVeYoU
8
- kia 07
9
- Lizzie95
10
- Moon Light
11
- mux
12
- nica89
13
- Nicosia
14
- Rumy
15
- _B3lla_Swan_
ED ORA BANDO ALLE CIANCE ED ECCOVI IL SECONDO CAPITOLO!!
CAPITOLO 2 - “Sopravvivere”
Pov Bella
Di mattina, il quartiere di Downtown ritornava ad essere sempre uno dei
luoghi più affollati ed ambiti di questa falsa ed ipocrita
città, un luogo, dove non c’era posto per tutta la
gente come me.
Troppi turisti si affannavano a percorrere le famose Boulevard con la
speranza di trovarvi le loro star.
Poveri idioti, anche se li avessero incontrati, sarebbero stati
scansati come fossero la peggiore feccia della città,
peggiori persino di me!
Mi aggiravo per le strade del quartiere barcollando, risentivo ancora
della sbronza della sera precedente e lo stomaco iniziava a reclamare
qualcosa che non fosse né vino, né birra,
né superalcolici, ma con me, avevo solo un quarto di dollaro
racimolato dai centesimi gettati nella fontana del parco.
Fanculo! Anche oggi, avrei trovato di sicuro qualche povero deficiente
da derubare, niente di più divertente che vedere le facce da
insulsi cretini quando si accorgono di aver perso il portafoglio.
Scesi le scale che portavano alla linea rossa della metropolitana,
scavalcai con un salto il banco del ticket e presi la prima metro che
mi passò d’avanti.
Era giusto l’orario in cui gli studenti andavano a scuola e
gli operai a lavoro, di sicuro qualcuno al quale sfilare qualche
dollaro l’avrei trovato.
Mi ero abituata da tempo agli sguardi disgustati della gente quando gli
passavo accanto, ma bastava una mia occhiata truce per fargli abbassare
la testa e rimetterli al loro posto.
Chi erano loro per permettersi di guardarmi con tanto disdegno?
Solo io avevo il diritto di odiarmi!
Iniziai a girovagare tra i vagoni, ma l’andatura della metro
non mi aiutava di certo con la nausea che mi portavo appresso da quando
mi ero svegliata , ed ogni tanto mi appoggiavo ad un palo per non
cadere.
A pochi passi da me c’era un uomo sulla trentina che, mentre
indietreggiava impercettibilmente, mi guardava allarmato, come se
avesse paura che gli vomitassi addosso.
Sembrava ben vestito, con un cappotto lungo e nero dal quale
s’intravedeva la piega di una giacca beige, una camicia
bianca ed una cravatta marrone; i pantaloni erano in coordinato con la
giacca.
Non aveva nemmeno un capello fuori posto e stringeva tra le mani una 24
ore di pelle marrone scuro.
Sarebbe potuto passare per un perfetto uomo d’affari se non
l’avessero tradito le scarpe logore e rosicchiate
lateralmente e i bordi delle maniche del cappotto completamente
consumate.
In tutti questi anni avevo imparato a distinguere i veri dai falsi
ricchi, senza contare che uno di loro non avrebbe mai preso la
metropolitana.
Di sicuro quell’uomo, era un poveraccio che stava andando a
fare qualche colloquio di lavoro con la speranza che vestito
così avrebbe fatto colpo su uno di quei grandi uomini di
mondo che si crogiolano nel loro sporco denaro.
Ma si! Sarebbe stato lui la mia vittima oggi, per lo meno ero sicura
che avesse i soldi per i biglietti della metro, quelli come lui, anche
se poveracci e miserabili, non prendevano mai la metro senza fare prima
il biglietto, sarebbe stato uno smacco se così
apparentemente ben vestiti l’avessero beccati senza a bordo.
Perciò, ripresi a camminare nella sua direzione, questa
volta barcollando più esageratamente e vidi il suo sguardo
aprirsi in una smorfia di disgusto ed il naso arricciarsi al sentore
del mio odore.
Di sicuro non era dei migliori, avevo addosso il vomito di non so chi
ed ero completamente sporca di terra bagnata.
Sorrisi beffarda e con un finto inciampo mi gettai su di lui e mi
aggrappai al suo cappotto.
Il suo ribrezzo verso di me allora fu totale.
“ Ehi tu, schifosa ragazzina! Allontanati da me e ritorna
nello squallore da dove provieni!”
E così dicendo mi strattonò, ma non abbastanza
per staccarmi da lui.
Voleva proprio fingere di essere quello che non era, serpente infido!
Lo guardai con tutto l’odio e il disprezzo che ero in grado
di provare.
“ Tu non sei così lontano da me schifoso
bastardo!” sibilai tra i denti, poi mi staccai da lui, ma non
prima di aver fatto giungere la mia minuta mano nella tasca del
soprabito per sfilargli il portafoglio , e non appena le porte della
metro si aprirono alla nuova fermata, scesi di corsa.
Con i quattro dollari che c’erano nel portafoglio riuscii a
comprare un fiaschetto di vino rosso e un hot dog ad un chiosco vicino
all’uscita della metro.
Non ero stata attenta a quale fermata fossi scesa, ma alzando il capo
mi accorsi che dappertutto avrei voluto essere tranne che lì!
Il bello di Los Angeles era che poteva farti sentire, a distanza di
pochi isolati, o nelle beatitudini del paradiso, tra le ricche ed
esclusive strade di Holliwood, Santa Monica, Beverly Hills, o dritta
nella bocca dell’inferno, per i quartieri più
sudici e squallidi che potessero esistere, Inglewood, Compton, Downtown
di notte, esattamente lì, dov’ era il mio posto.
Ed ora essere così vicina all’ingresso di Bel-air,
tempio della bella vita mondana e del lusso più sfrenato mi
ricordava chi ero e chi non sarei mai potuta essere.
Perciò ritornai nel mio garage, erano quasi quattro giorni
che ci mancavo.
Si trovava in uno dei vicoli più bui e stretti della
periferia di Downtown, era una piccola topaia abbandonata,
così orrenda e squallida che i vecchi abitanti avevano
preferito andarsene.
Ma sia io, che i miei momentanei compagni di avventura, non ce ne
curavamo più tanto, era solo un posto dove
ritrovarsi per impadronirci di quello che ci spettava di diritto.
Il quartiere di notte era nostro!
Il più delle volte, se esageravamo con l’alcool o
con le droghe e ci lasciavamo andare un po’ troppo, andavamo
a finire dritti in gatta buia, ma dopo un po’ di tempo anche
la LAPD aveva rinunciato a perseguitarci, non si può
pretendere di addomesticare dei randagi.
Prima di fare ritorno, vagai per interminabili ore
all’interno della metro, senza un motivo, senza una meta,
avevo solo voglia di starmene per i fatti miei e di aspettare che anche
questo schifo di giornata finisse come tutte le altre, con una notte
buia, che sapeva di sesso e di droga.
Perché la vita, dopo 18 anni, ancora non mi aveva dato un
motivo valido per il quale valesse la pena vivere diversamente.
Non avevo nulla , e tutto ciò che mi era stato donato mi era
stato portato via a solo un anno.
Fanculo alla vita!
Ma la sera era scesa e con lei m’incamminai verso casa, se
così la si poteva definire.
Camminare per i vicoli bui oramai non mi spaventava più da
quando avevo capito di essere io quella che la gente temeva
d’incontrare, perciò vagavo tranquilla avvolta
dall’oscurità che mi nascondeva agli occhi di chi
mi odiava.
“ Ehi dolcezza? Vieni qui! Ho una cosetta che ti
piacerà di sicuro” quella voce sgangherata e a
singhiozzi proveniva dall’angolo del vicolo che stavo
percorrendo.
Mi avvicinai per guardare meglio.
Era un ragazzo di circa venticinque anni e sventolava tra le mani una
bottiglia di rum.
Era del tutto ubriaco e a giudicare dagli occhi si era appena fatto
più di qualche strisciata di coca.
Aveva una lunga barba ed era se possibile più sporco di me.
Mi feci avanti sedendomi al suo fianco e lui mi porse la bottiglia che
stringeva fiero tra le mani.
L’alcool che mi scendeva dalla gola allo stomaco provocava in
me una bellissima sensazione.
Bruciavo!
E mi piaceva!
Ogni singola parte del mio corpo ardeva sotto l’effetto di
quel liquido, chi aveva detto che bruciare fosse una sensazione
così orribile e dolorosa?
Io non avrei voluto fare altro!
Mi faceva sentire viva!
Bevvi avida fino a che il ragazzo che mi stava accanto non mi
strappò di mano la bottiglia, ne avevo scolata
più della metà.
Mi prese violentemente per i capelli e mi portò sul suo viso
per incominciare a baciarmi, ma cercai di opporre resistenza.
Aveva un sapore disgustoso, la sua bocca sapeva di birra mista a rum e
vodka, ma soprattutto sapeva di marcio!
Di cosa mi meravigliavo, era questo tutto quello che la vita mi poteva
offrire, marciume e squallore.
Nessun principe azzurro per il mio incubo, nessun lieto fine, nessuna
favola, nessun bel ragazzo disposto ad amarmi.
In quel momento , lentamente ma con prepotenza, nella mia testa si
insinuò un’immagine, un volto, il più
bello che avessi mai visto e due occhi, i più lucenti che
mai avessi guardato.
Il ragazzo che, nel parco questa mattina, era fermo vicino alla fontana
intento a fissarmi.
Era di una bellezza stravolgente, un dio sceso in terra.
Los Angeles era piena di bei volti, ma tutti falsi, ricostruiti,
ritoccati.
Quello di quel ragazzo era puro, immacolato di una bellezza
assolutamente innaturale.
E quegli occhi così verdi e lucenti, da far sfigurare gli
smeraldi più brillanti della terra.
Come potevo ricordarlo così bene se l’avevo
guardato a malapena per un secondo?
Ma cosa importa!
Io ero ancora lì, intenta a dimenarmi e ad oppormi a quello
sconosciuto e lui, lui non c’era ed i suoi occhi mai
avrebbero brillato per me.
Vaffanculo alla vita di nuovo!
Alla mia vita!
Io ero questo ed altro non potevo aspettarmi!
Così, abbandonata, lasciai che le mie labbra assecondassero
quelle dello sconosciuto, e che il mio corpo, fosse un giocattolo tra
le sue mani per tutta la notte.
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Capitolo 4 *** CAPITOLO 3 - L'Oceano ***
Buon
pomeriggio ragazze!! Sono di nuovo qui....abbiamo deciso di postarvi il
terzo capitolo. Per il momento è l'ultimo della nostra
"riserva" quindi per il prossimo.....beh dovrete aspettare la socia ,
perchè così come io ho sudato per questo terzo ,
lei suderà e partorià il quarto!! XD
Siamo commosse dal seguito che sta avendo la nostra storia....noi la
amiamo con tutto il cuore...ma davvero non ci aspettavamo
così tanto in così poco tempo...GRAZIE!!
Abbiamo ricevuto con grande gioia i vostri commenti,e con lo stesso
spirito vi rispondo:
@ Mux : siamo felici di conoscerti!! Su Edward sveleremo ogni cosa a
suo tempo...penso sarai felice di sapere ke in questo capitolo
c'è anche il suo POV alla fine!! Continua a seguirci e a
commentare!! Grazie!!
@ eMiLy BlOoD : mamma mia che emozione!!! siamo davvero lusingate dei
tuoi bellissimi complimenti! Grazie un milione di volte!!! Speriamo che
anche questo capitolo possa piacerti!
@_Miss_ : Già....Bella ha una vita orribile,e mi dispiace
dirti che forse in questo capitolo ti sembrerà anche
peggio...perchè così sarà davvero. Per
Edward.....beh ti svelo una cosa : nonostante anche qui ci sia un suo
POV....nel prossimo capitolo sarà FONDAMENTALE.
Quindi....spero che attenderai anche tu,con la mia stessa ansia,il
capitolo della mia socia.
Ringraziamo voi che ci avete insierito tra i preferiti :
1 - clakkycullen
2 - kikagen
3
- _B3lla_Swan_
4
- _Miss_
Tante grazie anche a chi ci ha inserito tra le ricordate:
1- mau07
2- simo246
Ed anche un immenso grazie a chi segue la nostra FF :
1 - acqua1879
2
- alexia__18
3
- aly12potter12
4
- ampollina91
5
- bambo898
6
- eMiLy BlOoD
7
- giagia5
8
- IsTiLlLoVeYoU
9
- kay0
10
- kia 07
11
- Lizzie95
12
- Moon Light
13
- mux
14
- nica89
15
- Nicosia
16
- Rumy
17
- suxpicci_89
18
- _B3lla_Swan_
Ora non mi resta che lasciarvi al terzo capitolo....spero davvero che
possa piacervi e che commenterete numeroseeeeee!!!!
CAPITOLO 3 – “L’oceano”
POV
Bella
Mi svegliai nella mia
topaia.
Ero distesa sul materasso lurido che ero solita occupare.
Era nero dallo sporco , e aveva delle macchie accumulate nel tempo :
alcune erano nere , altre gialle , alcune perfino rosse.
Il rosso del mio sangue,quello che ogni tanto mi capitava di ritrovare
al mio risveglio dopo notti che non ricordavo nemmeno.
Poggiai la fronte al muro gelido ed ammuffito , non volevo voltarmi
mai.
Ogni mattina non volevo voltarmi verso il resto di quello squallido
garage.
Il mio materasso lercio e bucherellato occupava l’angolo in
fondo a sinistra.
Lo avevo messo io lì , lo avevo trascinato la prima volta
che avevo messo piede in quel postaccio.
Sentivo la necessità di avere un angolo tutto per me , un
piccolissimo spazio che mi permettesse di isolarmi da tutto il resto
dello schifo che mi circondava.
Ed era così ogni dannata mattina.
Quando aprivo gli occhi mi ritrovavo di fronte sempre lo stesso
angolino , che tentava disperato di darmi la forza di iniziare una
nuova giornata.
Sospirai e diedi un’occhiata alle mie condizioni.
Avevo ancora addosso la canotta del giorno prima , e poco sotto
l’ombelico ero avvolta completamente dall’unico
lenzuolo che avessi.
Lo sollevai e diedi una sbirciatina : ero completamente nuda.
Non ricordai nulla del perché fossi svestita , ma non me ne
preoccupai più di tanto , era una condizione quasi normale
per i miei risvegli.
Lasciai che il lenzuolo stropicciato mi ricadesse nuovamente addosso e
mi voltai per affrontare la realtà di quella giornata.
Accanto a me giaceva un ragazzo sporco e puzzolente.
I lineamenti del volto e la sua barba incolta non mi dicevano nulla.
Ma quando la sua bocca si aprì mollemente lasciando
fuoriuscire uno sbuffo di aria marcia ricordai tutto.
La puzza del suo alito marcio , con ancora un sentore di rum e vodka ,
portò con se il ricordo di quell’ennesima notte di
sesso brutale.
Mi ero abbandonata a quel gioco duro e perverso con un
perfetto sconosciuto ancora una volta.
Fortunatamente ero talmente sbronza da non ricordarne i particolari ,
perché fui sicura che se avessi avuto l’immagine
di quelle mani incrostate sul mio corpo avrei vomitato.
Non che io fossi di molto più pulita di lui , ma almeno
tentavo di mantenermi accettabile a livello umano.
Mentre quello che dormiva disteso sul mio materasso era più
vicino ad uno stato animale.
Provai un immenso ribrezzo per me stessa.
Ma sapevo anche che tutto ciò che avevo , sarebbe stato
ciò che avrei sempre avuto.
Quindi mi sollevai sul gomito sinistro e diedi un’occhiata in
giro.
Jess dormiva sola sul suo materasso con in mano ancora la bottiglia di
birra.
Mike era seduto di spalle nel suo angolino sul suo sacco a pelo , non
seppi distinguere se fosse sveglio o ancora ubriaco dalla sera prima.
Non c’era nessun altro.
Meglio , avrei dato meno fastidio mentre cacciavo la bestia dal letto.
Mi misi seduta e gli diedi uno spintone
“Ehi , vedi
di filare via” gli dissi disgustata.
Lui parve svegliarsi
da un coma profondo , aprì appena gli occhi .
Erano rossi e dalle venature evidenti.
Non appena mi mise a fuoco aprì quella fogna che si
ritrovava al posto della bocca in un sorriso compiaciuto , rivelando
anche un paio di denti mancanti.
“Ciao
zuccherino” mi rispose biascicando e allungando una mano
verso il mio viso.
Non mi avrebbe
toccata ancora.
Così gli diedi un ceffone sulla mano prima che potesse
raggiungermi
“Non hai
capito stronzo? Ho detto che devi sparire” alzando un
po’ la voce
“Oh calmati
puttanella. Cosa c’è non t’è
piaciuto? O forse non sei ancora sazia? Vieni da papino che ti faccio
vedere io…” mi disse con cattiveria allungandosi
verso di me ed afferrandomi il polso sinistro.
Non avrei sopportato ulteriormente quel contatto , e gli sferrai un
destro dritto sul naso.
Quando vivi per strada impari a difenderti da sola , ad ogni costo.
E’ necessario se non vuoi diventare carne da macello.
“Ahhh !! ma
che cazzo fai??” gridò portandosi le mani luride
al naso , svegliando Jess e destando Mike dal suo torpore.
“Che
succede?” chiese incuriosita Jess
“Questo qui
non voleva sparire , ma credo di avergli fatto cambiare idea”
le risposi mentre lui ancora si contorceva sul materasso , lasciandovi
cadere delle piccole goccioline di sangue.
“Stronzo
sparisci!” gli gridò ridacchiando , le piaceva
quando picchiavo qualcuno.
“Allora hai
sentito?” gli gridai in faccia spingendolo giù dal
materasso con un calcio
“Voi siete
pazze !!” urlò da terra mentre tentava di
rialzarsi , anche lui mezzo nudo.
Io e Jess ridemmo
scambiandoci un’occhiata complice.
Quando il ragazzo si fu alzato fece per recuperare i pantaloni sporchi
, ma io glieli strappai di mano lanciandoli a Mike
“Ehi ma che
fai??”
“Prendila
come una cauzione per averti lasciato dormire qui , bastardo”
sibilai tra i denti con uno sguardo divertito
“E dovrei
andarmene via nudo??” mi rispose ancora scioccato e
sanguinante.
“Certo che
no. Le tue schifose mutande puoi prendertele!” e gli risi in
faccia con cattiveria.
Alla mia risata si
unì quella di Jess e uno stordito Mike disse :
“Grazie
Bells , ne avevo bisogno. E tu sparisci se non vuoi che ti rompa anche
una gamba”
Il mal capitato ci
guardò come se non avesse visto niente di più
folle in vita sua , si infilò le mutande e scappò
via bestemmiando.
Mentre cercavo un paio di slip non troppo sporchi e un jeans
nel mucchio dei miei abiti nel borsone ai piedi del materasso Mike mi
disse :
“Ragazze
oggi è venerdì , e tocca a voi.”
“Si me lo
ricordo Mike , tra un po’ andiamo” gli risposi.
Mike si riferiva al
fatto che ogni venerdì mettevamo insieme i soldi racimolati
durante la settimana per comprare un po’ di coca per la
serata.
Ogni settimana andavamo a comprarla in coppie diverse , per non farci
beccare dalla LAPD , e quella volta toccava a me e a Jess.
Io non ero riuscita a mettere da parte nulla ma non lo dissi , sapevo
benissimo che avrei trovato il modo per avere la mia dose.
“Jess , ce
la fai?” le chiesi buttandole un occhio.
Era ancora riversa
sul suo materasso con lo sguardo perso nel vuoto, e mi rispose con la
bocca ancora impastata:
“Bells non
adesso. Magari tra un paio d’ore”
“Meglio ,
così ho un po’ di tempo per fare un
giro” avevo in mente un paio di cose per quella mattina
“I ragazzi
tornano stasera, ma hanno lasciato la loro quota a me.” Si
intromise Mike
“D’accordo
Mike , li prendo quando torno per Jess” risposi uscendo dal
garage.
Il caldo era
già opprimente nonostante non fosse molto tardi.
Lo svegliarmi accanto a quella bestia mi aveva ricordato ciò
che non volevo diventare.
Non volevo ridurmi come lui , e non perché mi importasse
qualcosa della gente , ma perché volevo conservare ancora un
briciolo di dignità.
Una dignità che non sapevo se mi venisse ancora concessa dal
resto del mondo , ma io , nel mio intimo , ne avevo un disperato
bisogno.
Giunsi alla metro e saltai sul primo treno per Venice Beach , il
lungomare più famoso di tutta la California.
Lo si vedeva in ogni cartolina , in ogni film , in ogni video musicale.
Decisi di andare lì perché avrei trovato tutto
quello di cui avevo bisogno quella mattina.
Lasciai il marciapiede dove si susseguivano negozi dagli abiti firmati
per attraversare e giungere sulla pista ciclabile all’inizio
della lunga spiaggia.
Ogni venerdì , ai bordi di quella lingua di asfalto , si
spiegava un grande ed affollato mercatino.
Mi infilai tra la gente riuscendo a passare abbastanza inosservata,
quel mercatino era frequentato da persone di ogni tipo : turisti ,
ragazzine del luogo con pochi soldi , signorine di alto borgo alla
ricerca dell’abito “vintage” , curiosi ,
e anche molti ragazzi nullatenenti come me.
Giunta verso la metà del mercatino ero già
riuscita a sfilare un paio di canotte da varie bancarelle senza che
nessuno se ne accorgesse.
Ero diventata un’esperta in tutti quegli anni di
stenti.
Più avanti il mio “bottino” si era
arricchito anche di 4 completi intimi, mi sarebbero bastati per tutto
il mese forse.
Ero quasi giunta alla fine del mercatino quando una bancarella alla mia
destra mi fece balenare in testa un’idea.
Era da un bel po’ che non lo facevo….decisi in
meno di due secondi.
Dopo qualche minuto ero fuori dalla calca di acquirenti con un nuovo
capo nascosto sotto la maglietta : un bikini fucsia con ghirigori in
paillettes dello stesso colore.
Mi diressi spedita verso una delle cabine a metà spiaggia ,
ormai non riuscivo più ad aspettare.
Quasi non chiusi la porta nella fretta di indossarlo , poi presi i miei
stracci e gli abiti appena rubati ed uscii.
Camminavo a passo svelto verso la riva , fremevo
dall’impazienza.
Mentre camminavo tra i vacanzieri spaparanzati al sole sentivo i loro
sguardi fissi su di me.
Diedi una rapida occhiata per controllare che non avessi nulla fuori
posto : ero bianca come un’albina , e le uniche cose che mi
scurivano un po’ erano le macchie di sudicio e sporco
sparpagliate su tutto il corpo.
Capii immediatamente che fosse per quello che la gente mi guardava , e
me ne fregai altamente.
Gli ultimi due metri che mi separavano dall’oceano li
percorsi correndo , e poco prima di incontrare l’acqua gettai
per terra gli abiti che avevo portato in braccio.
Due passi dopo l’acqua gelida e salata incontrò i
miei piedi accaldati e sporchi.
Quel contatto liberò in me un’energia dimenticata
e continuai a correre nonostante avessi già raggiunto la mia
meta.
Corsi fin quando l’acqua non mi arrivò ai fianchi
e poi mi tuffai.
L’oceano freddo mi avvolse tutta rendendomi sua prigioniera ,
ma dentro , nell’anima , mi sentii libera da tutto.
Immersa in quel mondo ovattato ero libera dalla mia vita , libera dai
dolori , libera dalle sofferenze….ero come tutti gli altri.
Risalii in superficie solo quando iniziarono a farmi male i polmoni.
Mi guardai intorno e di tutti i ragazzi che erano in acqua nessuno di
loro mi guardava , mi fissava , o peggio , mi disprezzava.
Ero come invisibile , ero perfettamente integrata e mescolata fra loro.
Nessuno avrebbe potuto distinguere quanto fossi diversa da chiunque
altro su quella spiaggia.
Proprio per questo amavo l’oceano : mi rendeva libera ed
invisibile.
Nuotai per un tempo che a me sembrò brevissimo , ma i dolori
di stanchezza alle braccia e alle gambe mi suggerirono che forse non
era così.
Era arrivato il momento di tornare con i piedi per terra e farmi
disprezzare dal mondo intero.
Uscii dall’acqua con la consapevolezza di lasciarvi la mia
anima , ancora una volta.
Mi rivolsi ad un ragazzo steso sul bagnasciuga:
“Scusami,
mi diresti l’ora?” gli chiesi.
Lui mi
squadrò da capo a piedi con una faccia da ebete e la bocca
aperta.
Mi diedi un’occhiata veloce per capire cosa ci fosse che non
andava , ma non vidi nulla , le macchie di sporco erano andate via
tutte.
Forse ero ancora troppo pallida.
Mentre stavo iniziando a vergognarmi del mio essere così
poco vestita si decise a rispondermi:
“S-si
certo. Sono le 12:30. Io sono Raul e….”
Cosa aveva intenzione
di fare?
Io ero una barbona , bastava davvero così poco per
nascondere la realtà?
Bastava davvero un bagno nell’oceano per rendermi una ragazza
qualsiasi?
Quel povero stupido mi fece pena e glielo dissi :
“E io sono
una barbona che ha appena rubato questo costume. Vuoi ancora uscire con
me Raul?” gli chiesi mentre raccoglievo i miei stracci da
terra.
Lui prima guardò loro , poi me , e il sorriso divertito
sparì dal suo volto curato.
Si alzò e andò via , raggiungendo gli amici in
acqua.
Mentre andavo via verso una cabina dove cambiarmi non mi curai delle
risatine che provenivano da quegli idioti.
Avevo già spaccato un naso da quella mattina , e non mi
andava di rifarlo.
Mi rivestii in fretta ed uscii dalla cabina.
Sfilai una busta poggiata accanto ad un asciugamano e gli posai i
vestiti appena rubati all’interno,costume compreso , e mi
avviai nuovamente verso la metro.
Arrivai al garage con
i capelli ancora bagnati , che intanto erano divenuti più
mossi del solito per colpa della salsedine.
“Cazzo,
Bells! Io ti aspetto qui come una scema e tu fai la
sirenetta?” mi disse acida Jess
“Ehi scusa!
Ora muoviti” le feci cenno di sbrigarsi.
Ci incamminammo verso
uno dei vicoli più sporchi e malfidati di tutta Downtown ,
lì avremmo trovato Boris , il nostro spacciatore di fiducia.
Boris era un immigrato clandestino dai capelli arancioni color carota ,
e nonostante fosse brutto era almeno sempre pulito e ben vestito.
Per quello non mi pesava più di tanto pagarlo in altri modi
quando non avevo i soldi.
“Ragazze
buongiorno!” ci salutò con il suo forte accento
dell’est europa
“Ciao
Boris” disse Jess , mentre io feci un semplice cenno con la
testa.
“Venerdì
eh? Vi do il solito?” e si guardò intorno
circospetto abbassando la voce
“Si certo ,
eccoti i soldi” fece Jess scambiando i dollari con le bustine
piccole e candide.
Boris li
contò velocemente e poi fece una smorfia
“Jess , qui
manca una quota. Non vorrai mica fregarmi eh ragazzina?” le
disse in tono cattivo.
“N-no
Boris. E’ la mia quota quella che manca” mi
intromisi.
“Bells
ancora?? Ma che cazzo! Io me la squaglio” e lanciandomi la
mia bustina, Jess andò via.
“Bene
bene…Bella. Come risolviamo?” mi disse Boris con
un sorrisetto volgare stampato in faccia ed uno sguardo malizioso che
valeva più di ogni discorso.
“Sta
zitto!” sibilai tra i denti. Come se non sapesse come
l’avrei ripagato
“Tu lo sai
che sei molto fortunata? E te lo permetto soltanto perché
sei la barbona più sexy che abbia mai incontrato”
mi sussurrò avvicinandomi a sé e portando la mia
mano nei suoi pantaloni.
Almeno quella mattina
si sarebbe accontentato di poco.
Mentre il viscido
Boris mi ansimava nell’orecchio mi voltai verso la strada per
accertarmi che non ci fosse nessuno.
Fu solo per un istante , ma fui certa di vederlo : era lui , il ragazzo
bellissimo del giorno prima.
Scomparve rapido dietro un angolo.
Cosa ci faceva uno come lui nel peggior vicolo di Downtown?
Dovevo seguirlo , avevo bisogno della certezza che non fossi impazzita.
Proprio in quel momento Boris gemette e si rilassò , io
ringraziai il cielo per la fine di quella tortura , gli sfilai un
fazzoletto dalla tasca e corsi via in direzione del punto in cui era
sparito il ragazzo.
Il viscido mi urlò qualcosa ma non capii cosa volesse , ero
intenta a scrutare ogni vicoletto circostante alla ricerca di lui.
Poi , di nuovo come successo prima , vidi un movimento alla mia destra
, nel vicolo che conduceva ad una piazzetta sempre molto affollata.
Mi infilai correndo nel vicolo sperando di scorgere ancora il lungo
trench estivo beige indossato dal ragazzo.
Nemmeno lì lo trovai , e con il cuore in gola continuai la
mia corsa verso la piazza.
Mi guardavo intorno , immersa nella folla , alla ricerca di un qualcuno
che forse esisteva solo nella mia immaginazione.
Se anche la mia visione fosse stata reale , in tutta
quell’orda di persone non l’avrei mai potuto
trovare.
Mi piegai , poggiai le mani sulle ginocchia e tentai di riprende fiato,
ancora con il cuore in gola , e maledicendomi per essere ancora
così stupida ed ingenua.
POV
Edward :
Ero letteralmente
rapito.
Seguivo ormai ogni
suo spostamento dal giorno prima.
Vederla quella
mattina correre via dalla topaia in cui viveva mi aveva fatto subito
capire che avesse una meta , uno scopo.
Era completamente diversa dalla mattina prima quando andò
via dal parco quasi trascinandosi.
Aveva il passo svelto e l’espressione determinata e
concentrata.
L’avevo seguita fino al mercatino del venerdì in
Venice Beach e mi ero mescolato alla folla.
La guardavo rubacchiare cose qua e là senza che nessuno se
ne accorgesse, le riusciva molto naturale.
Mi immobilizzai quando la vidi fissare rapita una bancarella di
costumi.
Cosa aveva in mente?
Non ebbi nemmeno il tempo di formulare quella domanda che lei
fuggì via , diretta verso una cabina a metà
spiaggia.
Rimasi tra la folla di passanti sulla pista ciclabile in attesa che
uscisse da quella casetta in legno bianca e azzurra.
Dopo pochissimo la porta della cabina si aprì rivelandomi la
più meravigliosa visione di tutta la mia vita : con solo un
bikini fucsia indosso era splendida.
Il suo corpo minuto e perfetto era delizioso, e il colore forte e
deciso del costume metteva ancora più in risalto il delicato
pallore della sua pelle.
Mentre ero ancora intento ad ammirarla prese a correre verso
l’oceano, e giunta a riva la vidi gettare i vestiti in terra
, correre in acqua e tuffarsi.
Riemerse dopo quella che a me sembrò
un’infinità , e la vidi completamente trasformata.
Il suo viso era raggiante , la dolce bocca era rilassata in un sorriso
inconsapevole , ed i suoi bellissimi occhi erano finalmente vivi.
Sentii mancarmi il respiro a quella vista : quante volte in
quelle poche ore mi ero chiesto come dovesse apparire felice?
E tutto ciò che avevo immaginato non era lontanamente
paragonabile allo splendore di quella creatura.
Rimasi a bearmi della sua bellezza unica fin quando non
tornò a riva , avvolta nuovamente dal velo di inquietudine e
di odio che l’attanagliava sempre.
La guardavo
rabbuiarsi e mi si strinse il cuore , come se il suo dolore fosse anche
il mio , come se la sua inquietudine tormentasse anche me .
Avrei dato tutto per rivederla sorridere serena .
Mi spostai tra la folla per non attirare la sua attenzione mentre
scambiava due parole con un ragazzo.
Lui la guardava con occhi pieni di sorpresa , incantato.
Nonostante capissi la sua attrazione sarei andato volentieri
lì a coprirle il corpo dal suo sguardo malizioso.
La mia meravigliosa creatura dovette dirgli qualcosa di sconveniente ,
perché lui si alzò e raggiunse i suoi amici in
acqua.
Mentre lei si dirigeva verso la cabina , mi risvegliai
dall’effetto ipnotico che aveva avuto quel bagno su di me.
Non doveva vedermi.
Diedi un’occhiata in giro e mi mescolai ancora una volta tra
la folla , diretto alla metro.
Sapevo che sarebbe tornata.
Mi appoggiai al corrimano della linea sotterranea ed aspettai, aspettai
di rivederla come si cerca l’ossigeno dopo l’apnea.
Una ragazza bionda mi passò accanto sfiorandomi e lanciando
uno sguardo malizioso.
Ero serenamente consapevole di suscitare una forte attrazione nel sesso
opposto , ma non ne avevo mai approfittato…non da quando la
mia vita era cambiata.
Così le risposi con un semplice sorriso e mi voltai
nuovamente verso l’ingresso della metro.
Dopo poco la intravidi farsi strada tra la folla , di nuovo vestita e
con i capelli ancora bagnati e molto mossi , era talmente bella che
spostarmi di lì richiese uno sforzo enorme.
Mi infilai svelto in un vagone e lei fece lo stesso due
carrozze dopo.
Non avevo bisogno di guardarla , sapevo già a quale fermata
scendere , così , quando la metro giunse a Downtown uscii
rapido e mi allontanai.
Ogni vicoletto mi sembrava uguale all’altro : stessa puzza ,
stesso squallore , stesse persone.
Un ragazzo malandato mi venne incontro e mi tese la mano.
Era tutto traballante e con gli occhi spenti , probabilmente era
ubriaco.
Infilai una mano in tasca e ne estrassi 5 dollari , senza pensarci su
glieli diedi .
Lui mi ringraziò tantissimo e poi corse via , diretto
probabilmente in qualche bar.
Ricominciai a camminare distrattamente quando sentii delle voci.
Provenivano dal vicoletto che si incrociava con quello che stavo
percorrendo.
Mi affacciai leggermente , sporgendomi dietro l’angolo
“Jess ,
qui manca una quota. Non vorrai mica fregarmi eh ragazzina?”
Un tipo alto e
rossiccio si rivolgeva con cattiveria alla ragazza che avevo visto nel
parco distesa accanto alla creatura selvaggia che mi aveva catturato.
“N-no
Boris. E’ la mia quota quella che manca”
Era Lei.
Mentre parlava si era sporta appena verso quel viscido , ed io riuscii
a vederla dietro la sua amica.
Era la prima volta che sentivo la sua voce e ne fui affascinato : aveva
una voce dolcissima , eppure la usava modulandola duramente , facendola
apparire tagliente e sicura.
La rispecchiava in pieno.
“Bells
ancora?? Ma che cazzo! Io me la squaglio” le
sputò quasi in faccia quella frase , le lanciò
una bustina bianca e andò via.
In
quel momento capii , era droga.
Mi sentii mancare e tornai con la testa dietro l’angolo
appoggiandomi completamente al muro in mattoni rossi.
Un groppo mi si strinse forte in gola al pensiero di lei schiava anche
della droga.
Non potevo permetterlo .
“Bene
bene…Bella. Come risolviamo?”
La voce viscida di
Boris mi riportò violenta a quel momento.
L’aveva chiamata Bella….e così quello
era il suo nome.
Mai suono fu più adatto per descrivere una creatura come lei.
“Sta
zitto!” la sentii sibilare.
Mi feci coraggio e
mi sporsi nuovamente , dovevo assicurarmi che non sarebbe successo
nulla alla mia Bella.
Quello che vidi mi
avvampò la mente come le fiamme dell’inferno :
Boris le sussurrava qualcosa mentre portava la mano di Bella nei suoi
pantaloni.
Volevo correre fuori da quel maledetto vicolo e fargliela pagare , ma
non potevo….era la tortura peggiore che si potesse patire.
Non potevo entrare così nella sua vita , non potevo !
Mentre la guardavo ripagare quell’uomo viscido nel peggiore
dei modi sentii una calda lacrima rigarmi il viso.
Era straziante guardarla ridursi così in una vita che non
meritava, che non aveva scelto , una vita che odiava.
Avrei voluto fermarla , portarla via e donarle un futuro sereno e
felice….mi sarebbe bastato allungare una mano.
Involontariamente lo feci davvero , uscii allo scoperto con una mano
tesa nella sua direzione.
I suoi splendidi occhi si posarono su di me.
Mi saltò il cuore in gola e mi nascosi più in
fretta che potevo ancora dietro l’angolo.
Ma cosa diavolo mi era preso??
Certamente mi aveva visto!
Sentii dei passi leggeri e veloci avvicinarsi nella mia direzione , era
Bella , ne ero sicuro.
Mi mossi prima che potesse raggiungermi infilandomi in un vicoletto
sulla destra , avevo il cuore impazzito , sudavo freddo.
Il rumore di passi non si fermò , ma al contrario
aumentò di intensità.
Stava correndo , e mi stava cercando.
Iniziai a correre e mi sfilai il soprabito , avrebbe potuto notarlo , e
comunque non riuscivo più a sopportarlo.
Raggiunsi la piccola piazzetta alla fine del vicoletto e mi nascosi
dietro un portico sul lato destro.
Bella sbucò dopo qualche secondo dalla mia stessa direzione
, si guardava intorno affannata e spaesata.
Poggiò le mani sulle ginocchia per riprendere fiato.
Non mi aveva visto.
Improvvisamente tutta la tensione accumulata mi sembrò
pesare come un macigno sulle spalle.
Mi lasciai scivolare lungo la colonna in marmo freddo e mi sedetti per
terra ansante.
Il contatto con quella superficie gelida , sulla mia schiena bollente e
sudata , pian piano mi aiutò a riprendermi.
Ero stato un’idiota!
Avevo commesso un grosso errore.
Non potevo permettermi di rovinare tutto…..non stavolta.
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Capitolo 5 *** CAPITOLO 4 - Morire ***
Buon pomeriggio a
tuttiiii!!!! Non potete immaginare quanto siamo felici di vedere che ci
seguite!! i commenti stanno aumentando e noi non stiamo più
nella pelle!!! GRAZIE a tutti!!!....e ovviamente.......per tutti gli
altri lettori silenziosi....UN COMMENTINO CI FAREBBE DAVVERO
FELICISSIME!!!
Iniziamo con le risposte alle vostre recensioni,ringraziandovi
immensamente:
@ EMILY BLOOD : il mistero si infittisce!! XD !! no dai. con il
capitolo di oggi spero che ti stupiremo!!al più presto
passeremo anche da te,grazie per l'invito!!
@ KANDY_ANGEL : grazie milleeeee!!! speriamo tu ci segua ancora!!
@ MUX : ti ringraziamo per i complimenti.....eh già Edward
non ha un bel passato...ma tutto verrà svelato a suo tempo!
@ LIZZIE95 : Lizzie davvero non abbiamo parole per i bellissimi
complimenti che ci hai fatto!! GRAZIE!!! Siamo felicissime di essere
tra le tue preferite!!! Hai detto bene, Bella è malmessa e
Edward ha un passato travagliato.....ma per quanto riguarda l'aura di
felicità che c'è nel prologo....beh.....se noti
bene ...si capisce che qualcosa sta per succedere......non posso dire
altro, altrimenti la socia mi ammazza!!! XD , ancora MILLE GRAZIE per
il tuo commento , cara Lizzie, non vediamo l'ora di sapere cosa ne
penserai di questo capitolo!!
@_MISS_ : Siamo felicissime che ti piaccia la nostra storia!! per
quanto riguarda la "psicologia" di Bella....si in effetti viene quasi
naturale scriverla,ma hai perfettamente ragione nel dire ke non
è semplice : soprattutto per le situazioni e per il mondo
che si trova ad affrontare....è quasi doloroso immergersi
nella sua vita. Infatti ogni volta dopo un capitolo io e la socia ci
dobbiamo svagare!!! XD!! Per Edward.....tutto avrà
un senso, non temere! GRAZIE INFINITE per il tuo commento attento!!!
Speriamo che anche questo capitolo riesca ad affascinarti!!
Un grazie a tutti coloro che ci hanno inserite tra i preferiti :
1 - clakkycullen
2
- kikagen
3
- meid
4
- _B3lla_Swan_
5
- _Miss_
Grazie
anche a chi ci ha inserite tra le ricordate:
1- mau07
2- simo246
Ed infine un GRANDISSIMO grazie a tutti quelli che seguono la nostra
storia!! siete ben 29!! cominciate ad essere tantissimi!! Se
ci lasciaste anche qualke commento saremmo felicissime,comunque grazie!:
1 - 3PolverediStelle3
2 - acqua1879
3 - ale
twilight ever
4 - alexia__18
5 - aly12potter12
6 - ampollina91
7 - BibiBarbara
8 - denidb
9 - eMiLy
BlOoD
10 - giagia5
11 - iaia_twl
12 - isa70
13 - IsTiLlLoVeYoU
14 - Jazzina_94
15 - kandy_angel
16 - kay0
17 - kia
07
18 - Lizzie95
19 - Moon
Light
20 - mux
21 - nica89
22 - Nicosia
23 - Rain
e Ren
24 - Rumy
25 - sarapastu
26 - SCD71001
27 - suxpicci_89
28 - _B3lla_Swan_
29 - _piccola_peste_
Ora vi lascio al
capitolo....speriamo tantissimo che vi piaccia....io lo adoro e faccio
anche qui i complimenti alla mia socia!!!
CAPITOLO 4 – “Morire”
L’avevo
visto ne ero sicura, non era possibile che fossi diventata
così pazza da avere le allucinazioni. Lui era lì,
dietro al vicolo e mi stava spiando, quanta vergogna in quella
consapevolezza.
Ero
ancora piegata sulle ginocchia con il fiato corto e giravo la testa da
una parte all’altra della strada nella speranza di riuscirlo
a vedere, anche solo per un attimo, mi sarebbe bastato, mi avrebbe dato
la certezza che non stessi diventando davvero matta, ma soprattutto
sarei riuscita ancora una volta a deliziarmi di tutta
quell’inverosimile bellezza e perfezione .
Illusa
che non ero altro, ma cosa credevo? Uno come lui cosa poteva mai volere
da un cane bastardo come me?
Niente…
assolutamente niente, ed io da povera stronza ancora non me ne facevo
una ragione.
Non
era giusto! La vita non era giusta, o per lo meno non lo era stata con
me. I miei compagni di strada erano barboni per loro scelta, loro
sì che erano dei poveri pazzi, ma io… io che non
ho mai desiderato niente di più che una piccola
casa e qualcuno da amare, mi ritrovavo a vivere in mezzo ad una strada,
sola, vuota, persa.
Ero
stufa, di tutto, di tutti, di me. Adesso me andavo pure impazzendo per
le strade correndo dietro ad una fantasia, ad un sogno che non mi
sarebbe mai appartenuto. Avevo davvero toccato il fondo.
E
ripensai a quel viscido essere di Boris poco prima, e a tutte le altre
volte con lui, allo schifoso sconosciuto della notte appena trascorsa e
alle notti che uguali a questa si sono susseguite negli ultimo otto
anni, da quando ero scappata dall’orfanotrofio, e sempre con
qualcuno di diverso accanto.
Solo
sesso crudo, brutale, volgare, nessun bacio donato col cuore, nessuna
carezza che veniva dall’anima, nessuno che mi avesse mai dato
anche solo un pizzico di quell’amore che ho sempre sognato.
Questa
vita, se così la si poteva chiamare, quanto bastarda ancora
poteva essere prima di farmi l’unico, solo ed ultimo dono che
spetta di diritto a tutti gli esseri umani?
Non
avevo paura di morire, l’inferno di certo non poteva essere
peggio di questa lurida esistenza.
Ma
quanto ancora avrei dovuto aspettare?
Si,
forse la vita sarebbe stata cosi bastarda da rinnegarmi la morte per
almeno altri cinquant’anni.
Troppi…
No, non avrei aspettato tanto.
Tornai
indietro, in quel vicolo dimenticato dal mondo, almeno me ne sarei
andata senza accorgermene, senza dolore, senza capire…
serena.
Non
ero abituata ad una seconda dose, di sicuro avrei avuto ciò
che desideravo…
Ero
avvolta dall’ombra e Boris era ancora lì e stava
contrattando con altri suoi fidati “clienti”, li
conoscevo benissimo, erano la banda di un quartiere vicino al nostro.
Erano degli assassini, ladri, criminali, uccidevano per pochi dollari o
per semplice conflitto tra bande… ed erano anche dei
violentatori… io lo sapevo bene.
Erano
passati due anni da quella notte, ma il ricordo, ogni qual volta
ritornava alla mente, riaffiorava scolpito ed indelebile nella mia
testa, quasi come un marchio di fuoco che brucia ed arde tutto al solo
tocco, una realtà ancora più ingiusta e crudele
di quella che gia vivevo quotidianamente, e che mi aveva spogliato
l’anima di quel briciolo di dignità che ancora
conservavo.
Anche
se in vita mia, non ero mai stata particolarmente attenta a chi mi
portassi a letto, aver sentito il mio corpo catturato come una preda in
quelle viscide mani, come una vittima di un carnefice senza alcuna
pietà, era stato un incubo, il peggiore di una vita fatta
solo di mostruosità.
Perché
mi sentii spogliata anche delle uniche cose che credevo di
possedere… il mio corpo e la mia libertà.
E
adesso li guardavo con tutta l’ira e l’odio che un
essere umano da solo è in grado di provare,
perché rivederli proprio oggi? Possibile che
dovessi portarmi nella tomba anche il loro ripugnante ricordo?
Se
veramente esisteva un Dio, come molti in giro dicevano, possibile che
non provasse alcuna pietà per le sue creature nemmeno nel
loro ultimo giorno?
Non
c’era mai stata pace per me, per questa insulsa
esistenza costruita su una torre di tormenti, un perenne castigo; cosa
avevo commesso di tanto orribile o sbagliato per aver fatto arrabbiare
così questo Dio?
Ma
infondo, nessuno poteva avere pietà di un’anima
persa…
Aspettai
nell’ombra che quei viscidi finissero ed una volta andati via
uscì allo scoperto.
“
Ehi puttanella, prima sei andata via troppo in fretta, non hai finito
il lavoro come si deve” viscido animale!
“
Boris, hai altra roba da darmi? E vedi che me ne serve
parecchia!” mi guardò perplesso, era la prima
volta che tornavo per la seconda razione.
“
Dolcezza, vuoi proprio toccare il cielo con un dito questa sera
eh?” più o meno era così…
“
Ne hai si o no?”
“
Ehi, calma calma, ho sempre della roba per la mia cliente preferita, ed
è anche migliore di quella che ti ho dato poco fa!
È una nuova miscela del tutto innovativa, ti farà
andare in paradiso vedrai!” disse sfilando un sacchettino
dalla tasca della giacca e facendolo sventolare d’avanti ai
miei occhi, “ Ma…
come la mettiamo con il pagamento?” Il suo sguardo da
serpente schifoso scrutò ogni centimetro del mio corpo,
quasi a voler suggerire la risposta alla sua stessa domanda.
“
Dovrai accontentarti di poco Boris per oggi ho molta fretta!”
dissi cercando di afferrare la bustina, ma fu più veloce e
mi prese per il braccio che avevo alzato e mi buttò a terra,
sotto di lui.
“
Eh no piccola! La seconda dose ha un prezzo molto più alto
rispetto alla prima. Te la dovrai guadagnare col sudore questa
volta!” disse alitandomi eccitato sul collo e così
dicendo iniziò ad abbassarmi i pantaloni e a togliersi i
suoi.
L’ultima
volta, sarebbe stata l’ultima volta, non facevo altro che
ripetermelo, poi non sarei stata più il giocattolo di
nessuno… e mentre pensavo questo una lacrima amara come il
fiele mi rigò il viso.
Non
appena fu sazio di un simile scempio si rilassò e
rotolò su di un lato ancora mezzo nudo. Mi affrettai a
rivestirmi e a strappargli di mano bustina, ma non me ne sarei andata
così… volevo la mia vendetta su quel verme
schifoso.
“
Boris?”
“
Si dolcezza dimmi! Ti è piaciuto vero? Ne vuoi
ancora?”
“
No stronzo bastardo! Tieni il resto!” e così
dicendo affondai un potente calcio in mezzo alle sue gambe ed il verme
gemette dal dolore! Ed un altro, seguito da un’altro ancora,
mentre lui imprecava il mio nome.
Smisi
solo quando tutta la mia rabbia ebbe sfogo, nonostante quel maledetto
fosse a terra svenuto, poi raccolsi la mia roba e scappai via.
Non
potevo andarmene da questo mondo e non rivederlo per l’ultima
volta… l’oceano… il solo che
mi avesse fatta sentire libera, felice , normale come tutti gli altri.
Al
tramonto era uno spettacolo da mozzare il fiato vedere il
sole quieto spegnersi al di la di quell’infinito, era
l’unico paradiso che fin’ora avessi mai visto, e
sarebbe stato anche l’unico.
Mi
sedetti sulla riva e lasciai che le piccole onde mi bagnassero i piedi
e così rimasi finchè non scese la notte.
Non
che fossi legata in maniera particolare ai miei compagni, ma non mi
andava di andarmene sola, come sempre son stata in 18 anni, ed anche se
quasi estranei, almeno avrei avuto qualcuno accanto.
Dicono
che sia più facile se qualcuno ti stava vicino.
Perciò,
ritornai nella mia topaia e vi trovai tutti i ragazzi che
già avevano iniziato la festa. Jess era già in
estasi.
“
Ehi Bella! Ma si può sapere che fine hai fatto? E cosa hai
combinato poi? Boris è venuto a cercarti per
ammazzarti!”
“
Aveva esagerato Mike, gli ho solo dato quel che meritava!”
dissi mentre crollai sul mio materasso all’angolo della
stanza.
“
Beh comunque ci abbiamo pensato noi, lo abbiamo riempito di calci, non
ti infastidirà più. Non sarà
più un problema, bisognerà solo trovare un altro
spacciatore, anche perché ultimamente quello lì
ci dava solo roba scadente! Basta che il prossimo non lo conci di nuovo
così ragazza mia!”
“
Tranquillo Mike, è stata l’ultima volta”
e sfilai dalla tasca la prima bustina che il verme mi aveva
dato. Buttai quella povere di cristalli sul ripiano accanto al
materasso e la ordinai in una striscia perfetta, era un comportamento
quasi maniacale.
Poi
in un soffio l’inspirai.
Sentii
tutto il corpo rispondere a quell’impulso e caricarsi di
un’eccitazione prorompente.
Era
un sensazione indescrivibile e di puro piacere, mi sentivo forte,
felice, sola con il mondo e nessun’altro.
Brividi
di gioia mi attraversavano interamente da parte a parte, non volevo
più tornare in dietro ero finalmente libera, via da tutto ,
via da tutti e persino via da me.Se questa era la morte, avrei voluto
morire altre diecimila volte e mi sarebbero sembrate pure poche.
Ma
le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo come
il fuoco e la polvere da sparo, così lessi una volta in un
libro che trovai accantonato nell’angolo di una strada,
l’unico libro che io abbia mai letto in vita mia. Ma quella
frase, non so perché , mi era rimasta particolarmente
impressa, forse perché maledettamente vera.
Così
come violentemente quella gioia e quell’ebbrezza era
arrivata, allo stesso modo violentemente era sparita, facendomi
ritornare nel limbo della mia dannata esistenza.
Era
durata troppo poco… ed ogni volta durava sempre di meno. Le
prime volte sembrava che quel delirio puro dovesse durare in eterno,
mentre da qualche tempo a questa parte durava sempre di meno.
Mi
guardai in giro, Jess e Mike erano nelle mie stesse condizioni, si
percepiva benissimo il loro senso d’ insoddisfazione!
“
Merda! Lo dicevo io che quel Boris ultimamente ci dava solo robaccia!
Non ho sentito praticamente nulla! Preghi dio che non lo incontri
un’altra volta altrimenti lo uccido!” ecco Mike
adesso iniziava comportarsi da violento, ma ci ero abituata oramai, non
costituiva un pericolo né per me né per la mia
compagna. In genere si sfogava solo con gli sconosciuti.
Rivolsi
uno sguardo a Jess, sembrava essere caduta in uno stato catatonico, non
si curava di quello che le accadeva attorno ed aveva lo sguardo vuoto e
continuamente fisso su un punto indefinito della stanza.
E’
così che me ne sarei andata? Con un pazzo ed un corpo morto
accanto? Era più di quello che avessi mai sperato
comunque…
Estrassi
la seconda bustina dalla tasca e tutti sembrarono rinsavire a quella
visione. Non ci avevo fatto caso, ma la bustina era scura e non
trasparente come tutte le altre. L’aprii e ne versai
l’intero contenuto sul solito ripiano e lì rimasi
meravigliata. Boris aveva ragione, questa era diversa, era purissima e
bianca come il latte, niente a che vedere con quella precedente, la
polvere di cristalli questa volta sembrava brillare veramente. Che
fosse la famosa polvere d’angelo della quale avevo sentito
sempre parlare? Si diceva in giro che avesse degli effetti
strabilianti, di gran lunga migliori della normale coca. Inoltre era
una quantità enorme.
“
Ehi Bella? E quella cos’è?”
“
Non si vede Mike?” risposi acida.
“
Wow, ma questa è… questa è polvere
d’angelo, una volta l’ ho provata, credimi ,
è tutta un altro mondo! Chi te l’ ha
data?”
“
E’ stato Boris, mi aveva accennato ad una qualità
migliore, ma non gli avevo creduto più di tanto”
“
Figlio di puttana che non è altro! Se l’era
conservata per ultima!”
“
Ma vuoi consumarla questa sera?” chiese Jess.
Non
risposi, anzi non volli rispondere ero ferma e fissavo la polvere
d’avanti a me senza muovere un muscolo. Stavo esitando, per
la prima volta dopo la mia decisione lo stavo facendo. Non era paura,
ma una sottile sensazione di perdita, come se morendo avrei perso
qualcosa per la quale valeva la pena di vivere, ma fu solo un attimo,
perché in questa vita non c’era niente per la
quale valesse la pena di rimanere.
“
Che c’è Bella hai paura? Su andiamo un
po’ di robetta in più non ti farà
niente, credimi io l’ ho provata!”
“
Mike idiota lasciala stare!”
“
Smettila stronza, se non la vuole lei, la prenderò
io!”
Fece
per avvicinarsi ma le fiamme mi salirono negli occhi e non appena le
vide si fermò.
“
Ehi calma, stavo scherzando, è solo che è un
peccato buttarla no?”
“
E chi ti ha detto che io la voglia buttare idiota!”
“
Cosa aspetti allora?” mi guardò con fare di sfida,
credeva che avessi paura…
Li
guardai negli occhi uno ad uno, poi decisa mi chinai ed inspirai quella
roba per l’ultima volta.
Era
un delirio, un delirio tremendo… Era tutto assurdo,
illogico, insensato. Pura follia e vorticante pazzia.
Nulla
più aveva un posto nel mondo, tutto girava in un impetuoso
uragano che tutto spazzava via.
E
la terra iniziava a tremare sotto di me, così mi parve
perché ad un tratto mi sentì sbattere come una
foglia esposta al vento d’inverno. Avevo freddo…
Ed
un potente motore pulsava dentro il mio petto, sembrava quasi avesse
poco spazio e volesse uscire fuori.
Gli
occhi guardavano, cercavano, ma non vedevano niente, era quello
l’oblio?
Il
corpo era pesante, non si muoveva, come se un enorme macigno ne
impedisse i movimenti.
Ed
una morsa mi si strinse allo stomaco… paura, dilaniante
paura, perché nulla era come credevo, mentre voci lontane ed
indistinte giungevano alla miei orecchie.
“
Cazzo Mike sta male! Portiamola in ospedale!”
“
Ma sei matta, gli sbirri ci beccano subito se ci vedono arrivare con
lei!”
“
E cosa facciamo allora?”
“
Merda non lo so! Questa ci muore qui dentro! Dobbiamo portarla
via!”
“
Come? E dove vorresti portarla?”
“
Qui dietro c’è un vicolo poco frequentato, la
lasceremo lì”
“
Sola?”
“
Preferisci che ti muoia in casa stronza?”
Poi
le voci smisero di parlare, mentre sentì qualcuno afferrarmi
le braccia e gambe e sollevarmi da terra; si apri una porta e
dall’ umido che inzuppava l’aria probabilmente
intesi dovevamo essere usciti fuori.
Non
capii molto ancora, solo che dopo un po’, mi sentii poggiare
giù, dove tutto era bagnato e puzzava di marcio ed
udì una voce sussurrarmi all’orecchio
“
Mi dispiace Bella” poi il nulla.
E’
così che moriva l’essere dimenticato dal mondo e
dal Dio che presumibilmente l’aveva creato, solo.
Sola,
con il mio dolore che aveva appena penetrato anche le ossa.
Sola…
Si
diceva che la morte era serena, facile, e che la vita fosse
più difficile, ma alla mia vita non era bastata tutta la
sofferenza che mi aveva inflitto, anche in quel momento dovevo
patire…
Non
c’era pace per me…
Poco
male, tra non molto tutto avrebbe avuto una fine.
Ed
ora, la sentivo, era venuta a prendermi…
L’aria
non affluiva più nei polmoni e il cuore martellava ad un
ritmo che mai avrei creduto potesse arrivare, sembrava che stesse per
scoppiarmi nel petto; il corpo era completamente abbandonato.
In
un gesto istintivo aprii gli occhi, volevo vederla in faccia
com’era, ma una luce mi accecò.
Una
luce chiara, limpida, un dolce richiamo, poi mi sentii sollevata ed un
incredibile sensazione di calore mi avvolse.
Eccola
la morte serena…
Per
l’ultima volta riaprii gli occhi, poi lo vidi…
Il
ragazzo dagli occhi di smeraldi e i capelli color del bronzo mi portava
tra le sue braccia, ancora più bello di come lo ricordassi,
anche lui avvolto come me in quest’accecante luce chiara e
bianca.
Il
suo sguardo infondeva pace e serenità ai miei occhi
deliranti ed una quiete mai provata prima si fece largo nel mio cuore.
Pareva
brillare come il sole di mezzogiorno che si rispecchiava
nell’oceano, era una luce calda, tiepida, dolce. Poggiata sul
suo petto riuscivo stranamente a percepire il battito ritmico del suo
cuore, niente a che vedere con il mio che stava per compiere la sua
ultima corsa.
Anche
se sapevo che era tutto frutto di un’ assurda allucinazione,
istintivamente mi accoccolai di più al suo petto, poi due
labbra morbide lasciarono un dolce bacio tra i miei capelli ed un altro
ancora parve sfiorarmi le labbra; quanta tenerezza racchiusa in quel
piccolo gesto, una tenerezza mai provata in vita mia. Ecco, finalmente
anch’io ero felice adesso.
E
cullata da quel dolce sogno che mi era stato appena donato, finalmente
chiusi gli occhi, consapevole che morte più bella di questa
mai avrei potuto agognare.
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Capitolo 6 *** CAPITOLO 5 - Grido ***
Buon pomeriggio
genteee!!! Eccoci qui, a postarvi la nostra ultima fatica! XD!! siamo
felicissime che vi stia piacendo la nostra adorata creatura!! Passo
subito alle risposte delle recensioni.
@ Lizzie95 : Ti ringraziamo immensamente! i tuoi commenti ci danno
davvero tanta soddisfazione!!! e anche secondo me il cap4 è
stato il migliore,la mia socia è bravissima!! Se Edward la
salverà...lo scoprirai in questo capitolo! Gli "amici" di
Bella...si hai ragione sono la feccia di tutti gli "amici" ma vedi,
bisogna comprendere ke la loro realtà è
completamente diversa dalla nostra. Loro devono solo pensare a come
sopravvivere al mondo con meno guai possibili. Siamo davvero
FELICISSIME dei tuoi commenti! Speriamo che anche questo capitolo possa
piacerti! Un bacio grande!
@ _ Miss_ : Vedrai in questo chappy se Bella è morta o
è ancora nel mondo dei vivi! XD ! Grazie mille anche a te!!
@ eMiLy BlOoD : credo che anche questo sarà toccante....ma
più leggero del precedente! Un bacio grande e grazie
tantissimo!!
@ kandy_angel : Siamo contente ti sia piaciuto e....speriamo che ti
piaccia anche questo! XD grazie!
Bene, adesso un grandissimo grazie a chi ci ha inserite tra le storie
preferite (10 ) , chi tra le ricordate (4) ed infine grazie a chi segue
la nostra storia (ben 33!!). Scusatemi se non vi nomino ma siete
davvero in tanti!!!
Un bacione a tutti, speriamo di ricevere tante recensioni......fatevi
sotto,non mordiamo mica! XD !
CAPITOLO 5 – “Grido”
Buio.
Silenzio.
Io
non ero.
Io
non sono.
Buio.
Silenzio….ancora.
Io
non sarò.
Silenzio.
Shhh….nulla
è
più.
Solo
la morte è
ancora.
Questa
è la morte.
Il
buio.
Il
silenzio.
Ed
è facile.
Invocata
e desiderata, era giunta.
L’avevo
festeggiata, l’avevo osannata, l’avevo amata.
Finalmente
mi aveva accolta, nel suo buio….nel suo silenzio.
Nera
e muta.
Come
la mia anima.
Eravamo
anime gemelle, io e la morte.
Fatte
della stessa sostanza, dello stesso male, della stessa inconsistenza.
Vuote
e spente.
A
lungo avevo immaginato quel sollievo che solo lei può
donarti.
Ed
ora vi ero immersa, vi ero sprofondata, vi ero annegata.
Ed
era facile.
Era
piacevole.
Era
un ristoro….non sentivo più nulla.
Perché
nulla esisteva.
Io
non esistevo.
Io
non vivevo.
Io
non conoscevo.
Io
non odiavo.
………Ma
non potevo dire……che io non amassi.
Amavo.
Per
la prima volta, amavo.
Amavo
la morte, e ciò che mi aveva donato : la pace.
Amavo
la morte, e ciò che mi aveva concesso : la clemenza.
Amavo
la morte, e ciò che ella aveva creato per me : un sogno.
Il
sogno che mi aveva accompagnata e guidata.
Caldo,
mi aveva tenuta fra le sue braccia.
Splendente,
mi aveva baciata tra i capelli, appagandomi della luce prima
dell’infinito buio.
Quel
buio dove ero adesso.
Nero.
Vuoto.
Improvvisamente,
ci fu qualcosa.
Proprio
in quel momento, in quell’istante.
Cresceva.
Cresceva
ed io…..lo
sentivo.
Sempre
più forte, sempre più profondo, sempre
più dilaniante.
Mi
scuoteva e si contorceva……ed io potevo sentirlo.
D’un
tratto esplose!
Il
panico, la consapevolezza che non avrei più avuto indietro
quel sogno,quella luce, quel calore.
Ero
morta…..e non l’avrei più rivisto.
Io
esplosi!
Ero
accecata da una luce troppo forte,tutta intorno a me.
Avevo
gli occhi sbarrati, ero seduta rigida come il ferro.
E
dalla mia gola, un grido straziante ed inarrestabile, mi aveva
riportato alla vita.
Il
cuore pulsava forte, talmente forte da impedirmi di sentire
null’altro….a parte l’incessante e
doloroso grido che continuava a venir fuori dalla gola. Non lo
controllavo, come tutto il resto del mio corpo.
Dopo qualche secondo i miei occhi sbarrati nella luce immensa,
riuscirono a ritrovare la vista : ero in una stanza
d’ospedale, bianchissima e luminosa. Troppo luminosa per i
miei occhi che tanto erano stati immersi nel buio della morte.
Ancora
gridavo, disperata. Era assordante! Lo sentivo come se provenisse da
qualcun altro, come se non fossi io ad emettere quello straziante
lamento.
Poi,
come al rallentatore, le porte della stanza d’ospedale si
aprirono,ed io vidi entrare un esercito di dottori ed infermieri.
Sapevo che stavano correndo, lo capivo dalle movenze…..ma
erano tutti al rallentatore. Quando mi raggiunsero vidi le loro mani
posarsi su di me , toccarmi, spingermi verso il
letto……ma io non sentivo nulla.
Non
avvertivo il loro tocco sulla mia pelle, le loro labbra si muovevano,
ma io non sentivo……le uniche cose che riuscivo a
sentire, erano il martellare furioso del mio cuore, e ancora il grido
disperato che nasceva dalla mia gola.
D’un
tratto le figure intorno a me divennero sfocate, la luce accecante
diminuì, il grido assordante
cessò……ed io fui nuovamente
inghiottita nel buio e nel silenzio.
Quando
ripresi conoscenza ero ancora nel buio.
Ma
riuscivo benissimo a capire che il buio nel quale ero avvolta in quel
momento era completamente diverso dalla profonda e desolata
oscurità che mi era entrata dentro precedentemente.
Ero
solo nel dormiveglia, adesso. E non avevo alcuna voglia di riaprire gli
occhi.
Quella
specie di incubo che avevo vissuto, che mi sembrava appartenere ad
un’altra vita, mi aveva lasciato abbastanza informazioni su
ciò che mi era successo: ero in ospedale, ero
sola….ed ero ancora maledettamente viva.
Continuava
a ricordarmelo perfino il ritmico bip
delle macchine alle quali ero collegata.
Ora
potevo sentirlo, adesso sentivo tutto.
Non
gridavo più, o meglio, il mio corpo non gridava
più.
Sentivo
il fresco lenzuolo carezzarmi la pelle lasciata nuda dal camice.
Avvertivo
una profonda sete che mi aveva reso le labbra screpolate.
Riuscivo
perfino a sentire un profumo…..un profumo dolcissimo.
Mi ci volle qualche secondo per realizzare cosa fosse: zucchero filato.
Come
poteva esserci profumo di zucchero filato in un ospedale??
Forse
era il dono di qualche genitore amorevole per un figlio ricoverato. Un
dono d’amore.
Uno
di quelli che io non avrei mai ricevuto.
Ero
viva e sola, come prima dell’overdose.
Tutto
era schifosamente come prima!
Le
uniche persone che io potessi considerare “di
famiglia” erano le stesse che mi avevano abbandonata in un
vicolo, a morire da sola. Di certo non mi aspettavo che venissero a
controllare se ero riuscita nella mia impresa.
Dannazione,
perché non ero morta!?
L’unica
cosa che desideravo, e che continuavo a chiedere nella mia esistenza,
non mi veniva concessa. Ma perché, perché ,
perché ?!?!
Qualcosa
di più grande di me, che sia il destino o quello che
qualcuno chiama Dio, era stato nuovamente crudele nei miei confronti.
Mi aveva schiaffeggiata ancora una volta nel modo più sadico
possibile: mi aveva fatto conoscere la pace e la clemenza del vuoto
della morte, per poi strapparmene via e gettarmi nell’inferno!
Già,
perché l’inferno non era nulla di irrealistico,
l’inferno…..il mio inferno….era la vita.
Ora
che avevo assaggiato il dolce sapore della morte, non avrei smesso di
cercarla.
Sapevo
benissimo che l’avrei cercata ancora, ancora e ancora, fin
quando non l’avessi raggiunta per bearmene in eterno.
In
quel momento promisi a me stessa, che il giorno in cui mi sarei
ritrovata fra le braccia della morte, non avrei più
ripensato alla magnifica allucinazione che ella aveva creato per
accompagnarmi. Era stata quella, il suo ricordo, a farmi nascere dentro
il panico che mi aveva riportata violentemente alla vita.
Alla mia lurida e schifosa vita.
Non so da quale meandro della mia memoria mi risuonò nelle
orecchie la citazione che più condividevo in quello stato:
“La morte è facile, serena. La vita è
più difficile”.
E la mia, era la vita più difficile al mondo.
Ancora
una volta mi giunse una folata di profumo di zucchero filato.
Era
buonissimo e confortante. Ne inspirai una bella boccata riempiendomi i
polmoni. Volevo avere un ultimo dolce ricordo dell’esperienza
della morte , prima di riaprire gli occhi su quello schifo di mondo che
mi circondava.
Lentamente,
aprii gli occhi.
L’impatto
con le luci al neon della stanza non fu traumatico come il precedente,
ma dovetti sbattere più volte le palpebre per mettere bene a
fuoco tutto.
La
camera era tutta bianca, con un’enorme finestra sulla destra
dalla quale riuscivo a vedere l’oceano. Abbassai lo sguardo
sul mio corpo e quindi sul lettino nel quale ero semidistesa.
Quello
che vidi mi folgorò.
Il
cuore ricominciò a battermi fortissimo facendo aumentare i bip emessi dal
macchinario alla mia sinistra.
Era
Lui.
Il
ragazzo di quella mattina al Beverly Garden, il ragazzo che credevo di
vedere ovunque per le strade di LA, il ragazzo
dell’allucinazione prima di morire.
Era
ancora più bello di quanto ricordassi: chino su di una
sediolina scomoda, teneva il capo poggiato accanto alle mie
gambe……dormiva.
La luce che proveniva dalla finestra alle sue spalle si insinuava
morbida tra i suoi capelli color del bronzo fuso,ne accompagnava le
onde spettinate eppure perfette. Alcuni raggi di luce discendevano,
poi, la prominente curvatura dei liscissimi zigomi, arrivando ad
accarezzare debolmente la linea dritta del naso alla greca
più bello dell’intero pianeta. Ma ciò
che la luce calda, alla fine di quello splendido percorso, riusciva a
raggiungere, non aveva prezzo: la sua bocca morbida dalle labbra piene
e rosee, dischiuse leggermente nel respiro del sonno.
In quel momento non desiderai altro che poter essere quella luce, che
così impertinente, lo accarezzava tutto e si beava del caldo
respiro delle sue labbra dischiuse.
Quella
visione celestiale non poteva essere reale.
L’uomo
più bello della storia dell’umanità non
poteva dormire sereno come un bambino al mio capezzale.
Quella doveva essere l’ennesima allucinazione dovuta
all’overdose.
Strinsi
forte le palpebre un paio di volte,ma lui era ancora lì,
placidamente addormentato.
Istintivamente
feci per portarmi le mani agli occhi per stropicciarli, e in quel
momento mi resi conto che solo la mano sinistra aveva raggiunto il mio
volto………la destra non si era mossa: la
mia mano destra era teneramente poggiata tra le sue mani aperte ed il
suo volto.
Il suo bellissimo e perfetto volto era adagiato sul dorso della mia
mano.
Potevo riuscire a sentire il suo caldo respiro che carezzava il mio
polso.
Bastarono poche, ritmiche, carezze del suo respiro a farmi nascere un
brivido profondo che attraversò tutto il mio corpo come una
scossa elettrica.
Fu come gettare dell’acqua fresca ad una pianta arida:
improvvisamente riuscii a sentire il mio corpo come mai prima di allora!
Sorrisi,
involontariamente sorrisi a quella sensazione.
Un sorriso aperto e sereno, non ricordavo più
n’è quando, e n’è se, avessi
sorriso così in passato.
Poi
fu un istante.
In
un lampo la parte più diffidente e scontrosa di me
tornò ad animarmi.
Infondo
io ero questo: un animale selvatico.
Istintivamente
ritrassi la mano bruscamente, in fretta, come si fa con un cane che
vuole morderti.
Il
bellissimo sconosciuto fu risvegliato dal mio gesto, che si
ritrovò con la guancia poggiata solo sulle mani e
spalancò gli occhi.
Fui
quasi certa che in quel momento il mio cuore perse un battito; se poco
prima avevo pensato che la sua bocca non avesse prezzo, adesso
conoscevo il gioiello più inestimabile di tutto quello
splendore: i suoi occhi erano due smeraldi verdi, profondi e luminosi
allo stesso tempo.
Verdi come solo il mio oceano d’estate poteva essere.
E proprio come per il mio oceano, non desiderai altro che sprofondarvi
dentro.
Quel
gioco di sguardi mi parve durare un infinità, e la bestia
selvatica che era in me parlò per prima, senza controllo,
senza che nemmeno volessi:
«Cosa
ci fai qui?...» la mia voce parve arrivare
dall’oltretomba.
Era poco più di un soffio e mi ardeva la gola anche per quel
piccolo sforzo. Ma nonostante ciò, riuscii a sentirvi tutta
l’indisponenza e la rabbia che mi caratterizzavano.
Di
tutta risposta lui si sollevò placidamente dal letto,
rimettendosi seduto sulla sedia.
Si passò una mano tra i capelli ancora un po’
insonnolito. Fu la cosa più sexy che io avessi mai visto in
tutta la mia vita.
Poi poggiò i gomiti sulle sue ginocchia, si sporse
leggermente verso di me, affogando i miei occhi nel mare verde dei suoi
e la sua bocca si aprì molto lentamente in un sorriso
sghembo leggermente imbarazzato mentre diceva:
«Ciao…..»
la voce ancora bassa e roca del risveglio.
A
quella vista perfino le macchine a cui ero attaccata testimoniarono che
il mio cuore perse un battito, saltando un bip .
Mi corressi immediatamente: QUELLA fu la cosa più sexy che
avessi mai visto in tutta la mia vita.
«Co-….Come
ti chiami?» riuscii a fatica a chiedere a quello splendore.
Stavolta nella mia voce non vi fu nemmeno l’ombra di
ciò che ero sempre stata, anzi, suonò dolce e
delicata.
Non
ne potevo più di quei cambiamenti repentini alla dr. Jekyll
e mr. Hyde che quel ragazzo causava alla mia personalità.
«Mi
chiamo Edward Masen. Come ti senti?»
Edward…..quel
nome era perfetto quanto la meravigliosa creatura che lo portava.
Ancora??
Dannazione! Dovevo smetterla!
«Cosa.
Ci. Fai. Tu. Qui. ?» scandii lentamente e con tutta
l’irritazione che potessi provare
«Isabella,
piano…..voglio solo aiutarti. Ti ho trovata quasi morta in
un vicolo e ti ho portata qui, all’ospedale» mi
rispose delicatamente.
«Tu
come conosci il mio nome? E……no, aspetta un
attimo. Mi hai portata TU qui??» volevo sbagliarmi,
e di grosso.
«Si,
certo…» replicò con il più
dolce dei sorrisi.
Non
bastò a placare l’ira che si impossessò
violentemente di me, così iniziai a gridargli contro:
«E
chi te l’ha chiesto!!! No dico….. cazzo, ma chi ti
conosce!!! CHI SEI TU PER NEGARMI LA MORTE???? E’ COLPA TUA
SE SONO ANCORA SCHIFOSAMENTE VIVA!!!»
Non
riuscii a finire di urlargli la serie di insulti solo perché
una violenta tosse iniziò a scuotermi tutta.
La
gola mi sembrava in fiamme e le macchine alla mia sinistra ormai
producevano tanti di quei bip
da sembrare un unico suono, a testimonianza del mio cuore che stava per
esplodere dalla rabbia.
Nonostante
i fortissimi scossoni della tosse riuscii a vedere comunque la reazione
del ragazzo di nome Edward alle mie parole: era sofferente come se lo
avessi pugnalato in pieno petto.
In
quel momento, attirati dal suono incessante delle macchine, entrarono
in stanza di fretta un uomo e una giovane ragazza. Un dottore e
un’infermiera.
«Edward,
cosa è successo??» chiese trafelato ma concentrato
il dottore.
Era
un uomo bellissimo, alto, occhi azzurri e biondo come il sole.
«Nulla,
dottor Cullen. Si era appena svegliata e le ho solo detto che
l’ho portata io qui.» rispose mestamente Edward.
L’infermiera,
con mano esperta, preparò una siringa e mi
iniettò il medicinale nella spalla sinistra.
Doveva
essere un potente tranquillante perché la mia ira
diminuì all’istante e il mio cuore ritornava piano
a battiti regolari. Il dottor Cullen mosse una lucetta davanti ai miei
occhi e disse:
«Ciao
Isabella, sai dove ti trovi?»
«Perché
cazzo,conoscete tutti il mio nome qui dentro?» risposi
infastidita mentre seguivo il dito che il dottore aveva iniziato a
muovermi davanti agli occhi.
Lui
sorrise «Perché ce lo ha detto il signor Masen.
Questo giovanotto seduto accanto a te»
Gli
lanciai un’occhiataccia.
«Ah,
Isabella, per favore non distrarti.» mi rimproverò
il biondo dottor Cullen terminando la visita con altri test per i miei
riflessi.
Quando
ebbe finito si accomodò sedendosi alla mia sinistra.
«Allora….sai
dove ti trovi e perché sei qui?» aveva un qualcosa
di molto paterno nel modo in cui si rivolgeva a me, per questo non gli
risposi di nuovo male.
«Sono
in ospedale, a Los Angeles. Mi trovo qui per
un’overdose……e perché questo
damerino non si è fatto i cazzi suoi!» dissi
bruscamente verso Edward, non riuscii proprio a trattenermi.
«Tutto
giusto mia cara, tranne il fatto che tu aggredisca Edward. Questo mi fa
pensare che fosse intenzionale il tuo gesto….volevi
toglierti la vita, Isabella?» mi chiese quasi con dolore
«Si…»
risposi abbassando lo sguardo.
A
quell’uomo non riuscivo a mentire, n’è
tantomeno riuscivo ad essere scortese con lui.
Di
risposta sospirò forte, poi mi indicò
l’infermiera in piedi accanto a lui. Era una ragazza molto
giovane, avrà avuto qualche anno più di me, e mi
guadava con un sorriso dolce e comprensivo. Era proprio bella: alta,
formosa, i capelli mori e ricci.
«Isabella,
lei sarà la tua infermiera. Resterai ancora qualche giorno
qui…..sai, abbiamo dovuto tenerti in coma farmacologico per
tre giorni. Il tuo cuore batteva troppo forte, rischiavi un infarto
dell’apparato circolatorio. E lei è
un’infermiera un po’ speciale. Ha lavorato a lungo
in una casa di accoglienza per ragazze come
te……è molto gentile e comprensiva,
sarà sempre pronta ad ascoltarti.»
La
giovane infermiera allungò una mano verso di me e mi
accarezzò i capelli:
«Ciao
Isabella, spero che riusciremo a conoscerci meglio, chiamami pure
Kika»
Il
dottor Cullen rise con affetto e disse:
«Non
riusciamo proprio a farle capire che i nomignoli sono poco
professionali, ma lei dice che così riesce ad aiutare meglio
le persone» e le rivolse uno sguardo che mi sembrò
più che di semplice amicizia.
Quelle
persone volevano davvero aiutarmi?
E
perché avrebbero dovuto farlo??
Senz’altro
appena guarita mi avrebbero sbattuta nuovamente nella mia sudicia
esistenza!
«Non
ho bisogno di nessuno!» sibilai tra i denti mentre mi
scuotevo dalla testa la mano della giovane donna.
Il
dottor Cullen si alzò dal letto e pazientemente mi disse:
«D’accordo….va
bene. Ma se cambi idea noi siamo qui per te» e mi sorrise
prima di continuare «Ti fa male da qualche parte?»
Ci
pensai su, ma non avevo nulla che mi dolesse.
Il tranquillante di prima cominciava a farmi venire di nuovo sonno, ma
una cosa c’era…
«Ho
la gola che mi brucia»
«Beh
si, è normale. Hai avuto un risveglio dal coma farmacologico
che non avevo mai visto prima. Hai gridato a
lungo…..» non continuò, mi
sembrò perfino turbato da quel ricordo.
Allora
non era stato un sogno. Poi continuai:
«Ed
ho…molta sete, mi fanno quasi male le labbra» le
sentivo ruvide come una graticola.
«Mi
dispiace ma in questo non posso accontentarti. Per le prossime 24 ore
non puoi assumere liquidi n’è cibi
solidi.»
«Aspetta,
posso aiutarti io….» la voce timida di Edward mi
ricordò della sua presenza alla mia destra.
Mi
voltai e lo vidi prendere un bicchiere pieno d’acqua dal
comodino accanto alla sua sedia.
Per
un attimo credetti che volesse darmi da bere contro il parere del
dottore e istintivamente allungai le mani verso il bicchiere.
«No,
no. Aspetta…..lascia fare a me» mi
sussurrò dolcemente riportando le mie mani sulla mia pancia.
Mi
sorrise dolcemente, perfino con gli occhi.
Si
alzò dalla sedia per sedersi di fianco a me, come prima
aveva fatto il dottore.
Immerse
due dita della mano destra nell’acqua e poi, lentamente, me
le passò sulle labbra.
«Va
meglio adesso?» mi disse sottovoce ma sorridendo ancora.
L’acqua
sulle mie labbra aride come il deserto mi provocò una
istantanea sensazione di sollievo.
Ma quel contatto così intimo, eppure così dolce e
premuroso, delle sue dita sulle mie labbra mi mandò in
estasi. Una miriade di scintille elettriche avevano accompagnato il
loro percorso, lasciandovi una scia calda e trepidante. Nonostante il
tranquillante stesse facendo sempre più effetto, non
riuscì a contenere la travolgente emozione che mi pervase in
quel momento…….così il mio cuore
accelerò, e con lui gli impietosi bip dei macchinari,
che diedero bella mostra a tutti in quella stanza della mia emozione.
«Ancora,
Edward…..per favore» riuscii a sussurrare
debolmente mentre i contorni delle cose divenivano sfocati.
Una
voce in lontananza disse:
«Va
bene così ragazzo, bravo…»
Poi
le voci si affievolirono del tutto.
Mentre
mi riaddormentavo, non riuscii a capire se fu realtà o un
dono del sogno che stava per accogliermi, quel dolce bacio che Edward
mi posò tra i capelli.
Ma
per me non avrebbe fatto differenza, mi addormentai serenamente
godendomi l’ultimo gesto affettuoso che gli avrei concesso.
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Capitolo 7 *** CAPITOLO 6 - Emozioni ***
Buon pomeriggio!! Ci
scusiamo per il TREMENDISSIMO ritardo.....speriamo ci perdonerete con
questo capitolo....la mia socia è stata straordinaria...a me
ha emozionato moltissimo!!!
@ Kandy_angel : Ti ringraziamo tanto!!
@ Lizzie : Forse ora non ti ricorderai più dell'altro
capitolo....ma voglio ringraziarti lo stesso (Roby)....GRAZIE! Sono
recensioni del genere che mi ( e ci ) convincono a continuare a
scrivere....ti ringrazio per aver apprezzato il modo in cui
è stato scritto....ti ringrazio per aver apprezzato le emozioni e i contenuti
oltre la forma....insomma...GRAZIE DAVVERO!! Per quanto riguarda
Esme....non ci abbiamo ancora pensato a dire il vero...in tutta
sincerità, inseriamo i restanti personaggi della saga solo
quando e se , ci capita di scrivere una situazione in cui vedremmo bene
il loro lato "umano"....come ad esempio ha fatto in questo sesto
capitolo la mia socia inserendo Rosalie... . Comunque, ancora una volta
GRAZIE!
@_Miss_ : Lo conosco quel libro....molto particolare! Anche per Bella
sarà difficile da adesso in poi.....Grazie anche a te!
@ Theangelsee69 : Anche a te un grazie ENORME!! E' bellissimo sapere
che ciò che scriviamo , non solo affascina come trama, ma
è anche apprezzato stilisticamente.....GRAZIE!
Un GRAZIE come al solito anche a tutti quelli che ci seguono, ci hanno
tra i preferiti e tra i ricordati!
Ora come al solito.....BANDO ALLE CIANCIE !!!! Vi lascio al sesto
capitolo...."Emozioni"....Sperando
che possa emozionare anche voi.
CAPITOLO 6 – “ Emozioni”
Era
impossibile riuscire a dormire decentemente con quelle dannatissime
macchine che non facevano altro che fare bip! Cazzo, non potevano
metterci un silenziatore?! Salvavano la vita delle persone per farle
morire lentamente d’esaurimento nervoso?
Incollerita
ed adirata riaprì gli occhi, dopo una notte di dormiveglia;
se non erano state le macchine a svegliarmi, lo avevano fatto gli
infermieri del turno di notte quando venivano a controllare che tutto
filasse liscio.
Tanta
fatica per niente! Alla prima possibilità di scappare da
questo manicomio dove tutti giocavano a fare le persone buone e
gentili, sarei riuscita a portare a termine quello che avevo iniziato
prima di finire qui dentro, in un modo o nell’altro! Magari,
abbandonata alle onde dell’oceano… Si, magnifico!
E
questa volta, nessuno mi avrebbe riportata indietro!
Guardandomi
attorno notai che nella stanza non c’era nessuno, solo una
poltrona vuota….
Da
quando quel ragazzo se n’era andato via il pomeriggio
precedente, non l’ avevo più visto.
E’
certo! Oramai la buona azione di salvare una povera vita
l’aveva fatta, che gliene fregava se questa povera vita era
sola al mondo, senza una famiglia, degli amici, una casa, una via o un
senso; una povera vita che non aveva niente, neanche sé
stessa…
Ricordai
quei due esseri meschini che ritenevo miei compagni, Jess e
Mike… schifosi bastardi! Mi avevano abbandonata
lì, in quel viscido vicolo, a morire da sola come un cane,
si poteva essere più farabutti da negare una mano che ti
tiene stretta nell’ ultima ora?!
Evidentemente
si, o più semplicemente non meritavo nemmeno di morire con
qualcuno accanto…
Una
piccolissima lacrima, carica di dolore e sofferenza, mi percorse il
viso; odiavo quell’ insulsa parte così debole e
fragile del mio carattere che ogni tanto prepotente riaffiorava in
superdice. D’istinto, per nasconderla al mondo, ma
più di tutti a me stessa, ritrassi il volto per soffocarlo
nel morbido cuscino, ma prima ancora di riuscirci
sentì una carezza, una dolce, soffice e tenera carezza
sfiorarmi la guancia che stavo per affondare; era sottile, leggera,
calda, piacevole ed asciugò al semplice tocco il mio muto
pianto.
Non
avevo mai sentito un gesto così delicato posarsi sul mio
viso…
Portai
la mano sulla guancia e su di essa ricadde un piuma, limpida e candida
come la spuma del mare, soffice e flebile come la brezza del mattino.
Era bellissima.
La
riportai sulla guancia per godere ancora una volta di tutta la sua
delicatezza e mi colpì anche il suo dolce profumo,
conosciuto ed estraneo allo stesso tempo. E quasi come incantata rimasi
immobile a guardarla.
Non
avevo mai dormito su un cuscino di piume, e a dir la verità,
fino ad oggi, non avrei mai potuto immaginare che esistesse qualcosa di
simile, avevo sempre usato un ammasso di stracci come poggia testa
durante le notti. Ora invece mi ritrovavo a sprofondare il capo in una
coltre soffice e piumata, che sensazione stupenda… era
davvero rigenerante.
Chissà
quante altre cose non sapevo di questa vita, quanti lussi sconosciuti e
comodità inimmaginabili… Peccato non appartenessi
a quel tipo di mondo…
Fui
immediatamente distolta dai miei pensieri dall’ingresso
dell’infermiera che avevo conosciuto il giorno
prima… com’è che si chiamava?
“
Ohhh, ma buon giorno Bella addormentata! Dormito bene, vero? Ma
siii, certo che si! Dopotutto, i letti del nostro ospedale
vanno per nomina di essere più comodi di quelli di un hotel
a 5 stelle, e lo sai perché? Si, devi sapere che beneficiamo
di abbondanti e laute donazioni di una donna molto facoltosa e di una
generosità mai vista prima, perché qualche anno
fa suo figlio fu ricoverato qui in condizioni disperate, ma i medici
del nostro ospedale riuscirono comunque a salvarlo! Da allora, dato che
era il suo unico figlio e non sapeva come sdebitarsi, anche se
onestamente non ce n’era alcun bisogno, dona così
tanto che ha permesso al nostro ospedale di essere uno di quelli
più all’avanguardia de paese, di dare assistenza a
chi non ha un’assicurazione sanitaria e di fornire ai nostri
pazienti il massimo del confort e della comodità! Non
è una figata?”
Mio
dio! Quella donna era un trattore! Da dove si spegneva?
Era
stata capace di farmi perdere il filo del discorso dopo solo 3 parole!
Ma poi chi gli aveva chiesto tutta quella pappardella? Aveva fatto
tutto da sola!
In
realtà, non sapevo nemmeno che risponderle, ero immobile e
la fissavo sconcertata, mentre lei da parte sua era imbalsamata in una
posizione goffa, con il braccio alzato, il gomito piegato, il dito
rivolto all’insù ed un sorriso a 36 denti stampato
in faccia! Che essere buffo, chissà da quale circo
l’avevano pescata!
Anche
se, a dire il vero, una cosa da dire l’avevo eccome!
“
Per la verità, non ho chiuso occhio nemmeno per un istante,
tra questi dannati macchinari che non la smettevano un attimo di
suonare e voi infermieri che passavate ogni 30 secondi a
controllare!” sbottai più acida che mai.
“
Uh numi del cielo!” disse portandosi le mani nella folta
chioma di ricci “Che sbadata che sono! Ti chiedo
scusa! Avrei dovuto scollegarti dai monitor ieri sera, il dottor Cullen
me l’aveva detto, ma io me ne sono completamente dimenticata!
Chissà come mai poi… Ah sii!! Stavo venendo da
te, poi però, ho intravisto in televisione un servizio su
delle nuove moto da corsa fabbricate da una nota casa italiana, si
perché io vado pazza per le moto, e sono rimasta
lì a sbavare nel vedere quelle belle carrozzerie
scintillanti! E poi a quel punto penso di essermi dimenticata di dover
venire da te… credo… Comunque!!! Rimedio
subito!” Disse allargando ancora di più, se
possibile, quel suo strambo sorriso! Forse non l’avevano
pescata da un circo, ma da un manicomio!
“
Giacchè vi danno tanti soldi, perché non ne
approfitti per farti vedere da uno strizzacervelli? Uno bravo
però!”
“
Oh tesoro” disse con aria di sufficienza mentre mi scollegava
dalle apparecchiature “ sono proprio così,
è una cosa genetica credo, ma tranquilla”
continuò ammiccando “ a lungo andare uno ci fa
l’abitudine e non mi sa più resistere, credimi! E
poi, che noia! Mica si può essere tutti sani di mente! Qui
dentro c’è bisogno di qualcuno che scrolli un
pò gli animi, sapessi che mortorio che era prima che
arrivassi io! Mica siamo in un cimitero che diamine!”
Questa
era proprio fuori di testa! Sperperavano i soldi per comprare letti
confortevoli e cuscini piumati, mentre risparmiavano sul personale? Ma
dove diavolo ero finita?!
“
Molto bene Bella, adesso che non hai più nessun marchingegno
collegato ti potrai riposare se vuoi, io passo più tardi per
attaccare la flebo e portarti la colazione, va bene? Buon riposo, ah e
se hai bisogno sono qui in giro da qualche parte, basta che suoni il
campanello okay?”
Feci
un cenno d’ assenso col capo, lei socchiuse piano la porta e
se ne andò; ecco se faceva così poteva passare
per una quasi normale.
Cercai
di chiudere gli occhi, ma oramai ero sveglia da troppo tempo per
sperare di riuscire a prendere sonno, così decisi di alzarmi
per sgranchirmi un po’ le gambe, una di strada come me non
era abituata a rimanere ferma nel letto per così tanto tempo.
Non
appena misi i piedi a terra e mi raddrizzai, fui colta da un capogiro
che mi costrinse a piegare le ginocchia e ricadere seduta sul bordo del
letto, avrei dovuto andarci piano.
Ci
riprovai mettendo a terra prima un piede e poi
l’altro, presi un paio di respiri profondi e mi tirai su;
anche se la testa ricominciò a girare questa volta
riuscì a mantenere l’equilibrio e a sostenermi
solamente con l’aiuto della mano poggiata sulla spalliera del
letto.
Le
gambe erano del tutto intorpidite, le sentivo molli e flaccide, avevo
la nausea e in più il corpo sembrava rispondere ai miei
comandi a scoppio ritardato.
Sembravo
un macchina arrugginita, quasi non mi riconoscevo più! Era
incredibile in quali condizioni mi avesse ridotta quella
roba… Merda! Adesso che ero ancora viva avrei dovuto tenere
gli occhi ben aperti, sicuramente Boris avrebbe mandato qualcuno dei
suoi sicari a cercarmi… maledetto serpente!
Ma
forse, non c’era bisogno di preoccuparsi tanto, questi in
ospedale sarebbero stati gli ultimi giorni, quindi valeva la pena
godersi il viaggio finchè possibile!
Cammninai
un po’ per la stanza afferrandomi alle pareti, mi avvicinai
alla finestra e senza pensarci due volte
l’aprì… un’ ondata di aria
pura e fresca m’ avvolse in un piacevole abbraccio, facendo
svolazzare i miei capelli da una parte all’altra e pungendomi
il viso con piccole sferzate di vento.
Era
la classica giornata di sole di Los Angeles, ma lo spettacolo
dall’alto di questa stanza era tutt’altro che
solito… il mio oceano… da qui in alto riuscivo a
vederlo perdersi nell’infinito fino a ricongiungersi con il
cielo, in quella linea che seppur sottile separa in maniera
inscindibile due mondi così diversi. Era uno spettacolo da
mozzare il fiato…
Inspirai
a pieno cercando di trovare l’odore della salsedine, ma i
polmoni protestarono all’ingresso di tanta aria con
una fitta pazzesca…per la miseria! Ero ridotta peggio di uno
straccio!
Ad
un'altra folata di vento, vidi qualcosa volare via dalla mia
finestra… era la piuma che avevo appoggiato sul letto, che
leggera ed aggraziata volava via nel cielo… avrei dovuto
ricordarmi di prenderne un'altra prima di andare via, o
chissà… magari avrei preso direttamente tutto il
cuscino… anche se, non mi sarebbe servito a molto.
Richiusi
le imposte, ma non avevo ancora nessuna intenzione di ritornare a
letto, non ora che le gambe stavano iniziando quasi a muoversi in
sincronia con il cervello!
Guardandomi
attorno, vidi poggiata sul bracciolo della poltrona, una vestaglia
bianca, l’afferrai e la indossai, almeno me ne sarei potuta
andare in giro per i corridoi senza che tutti mi vedessero nuda di
dietro dato che il camice era aperto! Pure sui bottoni risparmiavano!
L’odore
di disinfettante impregnava tutti gli angoli di questo
posto… era davvero nauseabondo!
Forse
però, avevo trovato un posto che era peggio della mia
strada…
Niente
finti sorrisi qui dentro, nessuno che se ne andava in giro sbandierando
i suoi acquisti delle Boulevard, nessuno che se la godeva felice e
spensierato… Niente lustrini e paiette in bella mostra,
nessun abito appena uscito dalla settimana della moda con i riflettori
puntati addosso, nessun ipocrita che fingeva di essere quello che non
era… No… In questo posto, tutto
quadrava… nessuno poteva mentire, perché nessuno
era in grado di mascherare la paura, l’angoscia e la
sofferenza, .
La
si leggeva negli occhi di tutti… Nelle persone che sedute in
sala d’aspetto della sala operatoria, attendevano impazienti
notizie sui loro cari, nei volti stremati dei malati, in quelli
disperati di una donna che distrutta, piangeva abbracciata ad un
uomo… Ovunque mi girassi, non vedevo altro che
questo…
Non
avrei mai potuto immaginare che la mia strada potesse essere un posto
migliore di questo.
Camminai
lentamente e a testa china, non volevo vedere altro, fino a che al mio
orecchio giunse un pianto… Era il suono più bello
e delizioso che potesse esistere e fu strabiliante come
riuscì a strapparmi un sorriso dalle labbra. Era il pianto
della vita!
Alzando
la testa mi accorsi di essere arrivata nel reparto
maternità, un sacco di donne dalle pance enormi si
aggiravano sorreggendosi con la mano destra la schiena mentre con la
sinistra si appoggiavano al muro o ai propri mariti, una aveva anche
appena pestato volontariamente un piede all’uomo che le stava
accanto… Sembrava un tantino isterica…
Quel
delizioso richiamo continuava persistente, proveniva dal corridoio
adiacente a quello dove mi trovavo ora, e a passi lenti mi ci
avviai…
Erano
bellissimi… piccoli batuffoli che si perdevano in quelle
culle, che se anche da neonati parevano comunque troppo grandi per dei
fagottini cosi piccoli. Erano dei minuscoli angioletti scesi in terra,
troppo splendidi da poter credere che fossero il frutto della
umanità…
Ecco
perchè quando si parlava dei neonati si diceva sempre che
erano il miracolo della vita… guardandoli riuscivo a capire
che non ci poteva essere affermazione più vera di questa.
Ce
n’era uno che piangeva e si dimenava mentre tutti gli altri
dormivano beati e tranquilli, l’infermiera, una bellissima
ragazza, alta e dai capelli biondi, lo prese in braccio per
tranquillizzarlo, me era un vero e proprio diavoletto…
Era
scuro scuro ed aveva degli occhioni neri splendidi totalmente
spalancati, probabilmente non ne voleva sapere di dormire, ed aveva un
ciuffo nero ribelle completamente rizzato in testa, aveva un che di
piccolo adorabile teppistello. Piangeva ancora senza sosta, ed
istintivamente appoggiai la mano sul vetro che divideva il corridoio
dalla stanza. L’infermiera tutta sorridente, si
avvicinò portando con se quel fagottino avvolto in una
morbida copertina celeste. Ancora una volta un sorriso del tutto
inaspettato ed involontario mi si dipinse in volto, aveva un faccino
adorabile tutto imbronciato ed il musetto arricciato in una smorfia di
disappunto… che meraviglia era mai quella creatura?
Gli
sorrisi ancora di più e picchettai con il dito vicino al
vetro per richiamare la sua attenzione, e funzionò a quanto
pare, perché poi guardò dritto nella mia
direzione, smise di piangere ed iniziò a fissarmi. E non
seppi ritrarmi da quello sguardo, era magnetico, e lui sostenne il mio
fino a che le sue palpebre iniziarono a socchiudersi fino ad
addormentarsi…
L’infermiera
mi rivolse uno sguardo quasi grato ed io senza sapere perché
ricambiai, poi lo riportò nella sua piccola culla ed usci
venendo verso di me.
“
Grazie! Erano ore che piangeva senza sosta, ero disperata e non sapevo
più cosa fare! Io ci so fare con i neonati, ma questo
è proprio un birbante!” quella ragazza dagli occhi
di cielo e la carnagione rosea mi ringraziava sorridendo per qualcosa
che ancora non avevo ben capito.
“
Ma io non ho fatto niente..”
“
Oh, hai fatto tantissimo invece, non so come ma lo hai tranquillizzato
fino a farlo addormentare, nessuna delle infermiere specializzate in
neonatologia ci riesce, sei stata stupenda! Qual è il
tuo?”
“
Come scusa?”
“
Il tuo frugoletto! Quale di questi è il fortunato? Suppongo
che tu sia una neo mamma!”.
“Oh..
No no no!!! Non ho partorito, ho semplicemente fatto un giro per
l’ospedale per sgranchirmi un po’ le gambe e poi mi
sono ritrovata qui, ecco tutto”
“
Te lo giuro, da come ci hai saputo fare ho pensato subito che tu fossi
una mamma, perché anche se noi abbiamo una laurea in
neonatologia, solo le mamme o le infermiere che lo sono hanno quello
sguardo speciale che si riserva ai bambini, e tu lo avevi!”
“
No.. Purtroppo non lo sono…” dissi rammaricandomi.
“
Ma sei stata comunque bravissima! Sai, quel povero piccolo è
stato trovato abbandonato lungo una strada tre giorni fa era appena
nato, ed è molto fortunato ad essere ancora
perché è prematuro… Credo che ci
terrà compagnia per un bel po’, poi
verrà dato in custodia ai servizi sociali e se non si
troverà una famiglia affidataria finirà in
orfanotrofio…”
“
Spero per lui di no, so cosa vuol dire…” e
riaffiorarono in testa quegli 11 anni passati un quel lurido e
squallido posto, dove noi bambini eravamo solo oggetti da esposizione
per quelle coppie di ricchi che venivano alla ricerca del
bambino perfetto, offendendo e denigrando gli alti…
“
Oh mi dispiace tantissimo, non volevo ricordarti delle brutte
esperienze, scusami ti prego!”
“
Tranquilla, tu non hai nessuna colpa, non potevi saperlo”
dissi abbozzando un lieve sorriso.
“
Io mi chiamo Rosalie!” disse sorridente.
“
Bella…” e le allungai la mano per stringergliela.
“
Piacere Bella, ora io devo andare altrimenti se il primario mi becca
qui al nido mentre dovrei essere in reparto dalle mamme, mi fa la
predica ed è meglio evitare dato che sarebbe gia la
quinta!”
“
Va bene, ciao!”
“
Ciao Bella, spero di rivederti presto!”
Era
stata un’ esperienza davvero strana ed incredibile allo
stesso tempo, me ne andavo in giro per l’ospedale con un
espressione distesa e quasi sorridente… Quel pargoletto mi
aveva messo un buon umore che non avevo da tempo! In più
quel piccolo musetto e quegli occhioni neri mi erano rimasti scolpiti
nel cuore…
Dopo
aver gironzolato per più di un’ora e mezza
ritornai nel mio reparto, ma la scena era del tutto cambiata.
I
corridoi e le camere erano piene di persone, sicuramente era iniziato
l’orario delle visite…
Era
quasi impossibile farsi largo in mezzo a tanta gente, perché
chi non riusciva ad entrare nelle stanze aspettava fuori. Era
soffocante!
Facendomi
largo, arrivai ad un punto del corridoio quasi deserto, nessuno lo
occupava, era uno spazio completamente sgombro in mezzo a due che
traboccavano di parenti o conoscenti.
C’era
una stanza con la porta aperta in questo tratto, riuscivo ad
intravedere dalla parete a vetro e dalle tendine a fasce, qualcuno
disteso su di sul letto, ma nessuno che gli stava accanto come in ogni
altra stanza…C’erano una miriade di macchinari,
una poltrona vuota e un comodino sgombero e le finestre erano chiuse,
c’era solo una piccola luce a neon che illuminava la stanza.
Chi
c’era li dentro, possibile che nessuno venisse a far visita
ad un suo caro ricoverato in un orrido ospedale?
O
magari era un’anima sola, proprio come me…
A
quel pensiero, una morsa mi strinse il cuore, ed un moto di tristezza
mi pervase… Essere soli sulla strada era già una
cosa orribile, ma essere soli in un posto come questo era di gran lunga
peggiore, lo avevo appena provato sulla mia pelle…
Mi
avvicinai all’ingresso della stanza e feci per entrarvi.
“
Isabella! Cosa ci fai qui? Non dovresti essere in
piedi…” una voce dolce e pacata mi
arrestò proprio mentre stavo per mettere il piede nella
stanza, mi voltai per vedere chi fosse e ritrovai il dottor Cullen che
mi guardava interrogativo a pochi passi da me.
“
Ecco.. Io volevo fare due passi”
“
Su, torna in camera e mettiti a letto, devi riguardarti e poi non
è bello far aspettare qualcuno che è venuto a
trovarti” esordì sorridendo.
“
Qualcuno è venuto a trovare me? E chi sarebbe?”
“
Vai, io e te ci vediamo tra un po’”e ridacchiando
se ne andò.
Intrufolai
nella stanza prima la testa e la girai a destra e a sinistra per vedere
chi fosse venuto a trovarmi, sembravo una ladruncola che ispeziona il
suo raggio di azione…
Non
c’era nessuno in camera…
“
Hai finito la perlustrazione?” sussultai a quel tono di voce
così inaspettato ed ironico che, era chiaro, si stava
facendo beffe di me!
Mi
voltai e lo vidi; ancora una volta mi era stata concessa la fortuna di
rivedere l’essere più strabiliante e perfetto
della terra… Edward.
Era
ancora più bello di come lo ricordassi, con quella folta
chioma bronzea ordinatamente disordinata, quegli smeraldi verdi come
l’oceano ai tropici, quelle labbra che potevano essere la
dannazione di ogni buona e santa donna, quella presenza da far invidia
ai modelli che appiccicavano le loro foto sui cartelloni pubblicitari
delle Boulevard.
Tutto
in lui richiamava la perfezione, era… inauditamente ed
irrazionalmente stupendo!
“
Isabella stai bene? Sembra che tu abbia appena visto un
fantasma!”
“
Chi? Io? Fantasma? Ma che stai dicendo! Ti prendi gioco di
me!?”
“
No, scusa tanto è che non parlavi e mi sono un attimo
preoccupato, tutto qui, non volevo prenderti in giro, non era mia
intenzione…”
“
Meglio per te!” sbottai più acida di uno yogurt.
“
Siamo un po’ acidi questa mattina eh? Mi sa che ho il rimedio
giusto” e cosi dicendo sfoderò quel sorriso
sghembo che praticamente tolse quell’ultimo barlume di
lucidità che mi era rimasto. Era un arma di distruzione di
massa per la miseria!
E
da dietro la schiena fece ruotare il braccio destro che aveva tenuto
nascosto, fino a porgermi un vassoio colmo di mille cose buone, dalle
frittelle, alle spremute a dei piccoli dolcetti al cioccolato.
Non
avevo mai visto tanta roba buona tutta insieme in vita mia! Era un
miraggio!
Ecco
si ora la lucidità ritornava eccome!
“
Queste cose sono tutte per me?” chiesi stupita.
“
Beh, io colazione l’ ho gia fatta, ma se vuoi ti do
volentieri una mano, qui c’è da mangiare per un
esercito!” come dargli torto, era un vassoio pieno di
leccornie.
“
Prima però, faresti meglio a tornare a letto,
l’infermiera di ieri ha storto il naso quando prima, entrando
in camera, non ti ha trovata”
“
Ma chi, la pazza?”
“
A me non sembrava matta…”
“
Credimi, lo è!” e cosi dicendo entrai in camera e
mi rimisi a letto, mentre lui mi poggiava sulle gambe
quell’invitante colazione.
Ma
che stavo facendo? Stava diventando tutto troppo assurdo, che ci faceva
lui qui? Perché era ritornato? Non ne aveva nessun diritto
dopo quello che mi aveva combinato. Aspettava paziente che io iniziassi
a mangiare, ma ero troppo impegnata a reggere il suo sguardo con occhi
pieni di sfida per poter pensare la cibo. E se ne accorse.
“
Qualcosa non va? La colazione, per caso non è di tuo
gradimento?” aguzzai ancor più la linea degli
occhi e strinsi tra i pugni il lenzuolo.
“
Cosa vuoi tu da me?” dissi sprezzante.
“
Come prego?”
“
Che c’è, hai bisogno che te lo scriva!? Ti ho
chiesto cosa vuoi tu da me? Perché lo hai fatto?
Perché mi hai salvata!? Tu non ne avevi alcun diritto, io
avevo scelto di morire!!” un velo di tristezza si
posò sui suoi magnifici smeraldi, era chiaro che queste
affermazioni lo avevano ferito, ma non ne capivo proprio il motivo, era
solo uno sconosciuto, un magnifico, splendido ed affascinante
sconosciuto!
“
Stai calma o verranno di nuovo a sedarti…”
“
Col cazzo! Gli tiro un pugno in testa se ci riprovano! E comunque non
hai risposto ancora alle mie domande! Esigo delle risposte…
Adesso!” ruotò gli occhi, si portò le
mani dietro e testa ed arricciò le labbra come se stesse
pensando a cosa dire
“
Mmm dunque, si, no, non c’è due senza tre,
1.772453…” spalancai bocca e occhi ed una furia
pazzesca mi salì in corpo fin dalla punta dei piedi.
“
E questo cosa vorrebbe dire!! Mi stai prendendo per il culo? Bada bene
damerino, sarò una barbona, ma non una scema, quindi o mi
dai una risposta adesso o ti tiro un calcio così forte da
farti arrivare dritto dritto al pronto soccorso di questo
postaccio!”
Si
alzò scattante dalla sedia e questa volta fu il
suo sguardo a sfidare il mio.
“
Non c’è assolutamente alcun bisogno di rivolgersi
in questo modo signorina! Lo so che tu non sei veramente cosi, anzi
dovresti ringraziarmi! Stavi morendo per nulla e io ti ho
salvato!” sbottò disdegnato e sprezzante si
voltò per andarsene, ma riuscì ad afferrarlo per
un braccio e a fermarlo.
“
Per nulla?” dissi sottovoce, poi sibilando stretta tra i
denti continuai “ Tu non sai che squallore sia la mia vita!
Tu non sai cosa ho passato e cosa mi hanno fatto e non sai nemmeno
quello che quotidianamente devo sopportare, il disprezzo della gente, i
loro volti disgustati, tutte le derisioni e le umiliazioni e tutte le
sere sentirsi un giocattolo nelle mani di qualcuno. Tu non sai quello
che la vita mi ha portato via né quello che non mi ha mai
dato! Tu non sai niente… Io volevo solo morire,
l’unica cosa equamente concessa ad ogni essere umano, e tu me
l’ hai tolta… Ti sembra nulla tutto
questo?”.
Avrei
voluto bloccare quelle lacrime, che copiose mi rigavano il
viso, ma non ci riuscivo… Sfrontate mi spogliavano della
corazza che in tutti questi anni avevo sempre portato
d’avanti a qualcuno, mostrandomi per l’essere
fragile e spaventato che son sempre stata… Dio quanto mi
odiavo! Sarei passata per la poveraccia che compatisce se stessa!
Ma
sul suo viso invece, non lessi la compassione, solo tanta
dolcezza…
Facendo
un passo indietro verso di me, abbassò la testa,
affinché i nostri sguardi potessero incontrasi ancora una
volta, occhi negli occhi, terra nel mare… Ed ancora una
volta non fui capace di non ammirarli e di non rimanerne abbagliata,
oramai non mi rimaneva più nessuna difesa in quel momento,
era stato in grado di togliermi anche quella.
“
Bella… Ti darò un motivo per il quale valga la
pena rimanere….ogni giorno”.
E
le sue labbra dolci e calde si posarono sulla mia fronte, per lasciare
un bacio, che per una volta in tutta la mia vita, aveva cancellato chi
fossi.
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Capitolo 8 *** CAPITOLO 7 - Doni - parte prima 'La vita' ***
Buongiorno e buona
domenica a tutte !!! Comincio con il chiedervi scusa per l'enorme
ritardo !!! scusatemi davvero, spero di rimediare con questo nuovo
capitolo, che è venuto fuori talmente lungo (ben 9 pagine
word) che ve lo posterò in due parti !! Poi....RAGAZZE
GRAZIE !! Io e la mia socia siamo sempre più felici di
vedere che la vostra partecipazione cresce!! E' bellissimo poter
ricevere i vostri commenti!! Continuate così !! Ora passo a
rispondere proprio a voi!!
@kandy_angel : Ti ringraziamo tantissimo per i complimenti!! la mia
socia è stata davvero FENOMENALE in quel capitolo! e ha
stupito molto anche me l'incontro con Rosalie!! Siamo felicissime che
la nostra Bella ti piaccia...perchè noi l'adoriamo! A
presto!!
@_Miss_ : Che splendido commento il tuo! Ti ringraziamo davvero TANTO!
anche noi amiamo i vostri commenti!! in effetti scrivere della vita
vera è molto più difficile..specialmente se la
vita è quella di una senzatetto che non ha nessuno al mondo.
Hehehehe , siamo entusiaste che qualcuno abbia notato il riferimento a
Twilight! E poi...l'episodio del bimbo ha fatto sciogliere anche me!!
la mia socia si è superata!! per quanto riguarda
Rosalie...beh, la rincontrerete! ;-) Grazie ancora per il tuo commento!
spero possa piacerti anche questo!
@thangelsee69 : Ebbene si, Edward cercherà di
aiutarla....vedremo cosa ne verrà fuori! ;-) Grazie per aver
commentato!
@Nicosia : Siii era tutto dolce nel precedente capitolo!! *-* speriamo
possa piacerti anche questo!!
@ M Pesca : Grazie mille del complimento!!!! eccoti
accontentata....questo aggiornamento arriva con un pò di
ritardo ma...spero possa piacerti!
@ fede4e : Grazie di tutto !!! la coppia Bella/Edward mancava in
entrambe le nostre FF quindi....qui diamo libero sfogo a loro due XD .
Un bacio!
Ok....credo di aver finito....ancora GRAZIE ragazze !!! E' bellissimo
scambiare pareri con voi!!! Ora....bando alle ciancie..vi lascio alla
prima parte del settimo capitolo.....Spero vi piaccia.....Un bacio a
tutte!!
CAPITOLO 7 – “Doni”
– parte prima ‘La vita’
Faceva
caldo, tremendamente caldo!
Fissavo la finestra chiusa da una decina di minuti ormai. Mi trattenevo
ancora in quel letto senza correre ad aprirla solo perché
quella schizzoide di infermiera mi aveva detto che tra non molto
sarebbe passato il dottore per la visita.
A quanto pare si era molto stupito di vedermi già in piedi
il giorno precedente. Nel pomeriggio mi aveva anche
“concesso” di camminare per la mia stanza con un
infermiere a sorreggermi. Precauzione inutile se appena qualche ora
prima me ne andavo girando per i corridoi da sola….valli a
capire questi pignoli!
In compenso, quell’attività, dopo giorni di
immobilità mi aveva scatenato una fame infernale. Avrei
benissimo trangugiato qualsiasi schifezza ospedaliera mi avessero
appioppato, invece Edward era tornato in serata con due pizze fumanti
ed un sorriso soddisfatto. Quel ragazzo non lo capivo…. Dopo
lo sfogo che avevo avuto davanti a lui se n’era andato,
lasciandomi qualche ora da sola.
Forse voleva concedermi un po’ di tempo tutto per me, e
dovetti ammettere che era proprio ciò di cui avevo bisogno.
Erano passati 3 giorni dal mio brusco risveglio dal coma farmacologico,
e quelle ore trascorse in solitudine mi erano servite a fare un
po’ il punto della situazione.
Odiavo essere ancora viva e aver fallito nel mio intento, ma per il
momento era così, dovevo accettarlo e aspettare che mi
lasciassero di nuovo libera di marcire nella mia lurida esistenza, per
provare ancora a sparire da questo sporco mondo.
Fino ad allora però, forse potevo concedermi uno strappo
alle regole acide che mi imponevo per non farmi travolgere e violentare
ancora dalla vita che avevo. Forse, fino a quando mi avrebbero dimessa,
avrei potuto approfittare dei pochi benefici che tutti gli altri non
apprezzavano nelle loro vite patinate : un letto morbido e pulito, dei
pasti sicuri e caldi, e perché no….anche di
qualcuno che si preoccupasse della mia incolumità per
qualche ora, per qualche giorno, sollevandomi dalle spalle un peso
tanto gravoso come il dovermi sempre proteggere da tutto e tutti senza
nessun appiglio.
Avevo divorato la mia pizza come un animale selvatico, ingorda e
rapida, come se qualcuno fosse pronto a strapparmela dalle mani. Per
tutto il tempo Edward non aveva detto una sola parola, e non ne
proferì nemmeno quando finimmo di cenare, continuava solo a
fissarmi, come se mi volesse studiare. C’era voluta tutta la
mia tenacia per non sputargli fuori qualche cosa di sgradevole per
farlo smettere, mentre fingevo di guardare la tv, e mi ero impegnata
tanto solo come ringraziamento per avermi portato la pizza. Non ne
avevo mai mangiata una, quella era stata la prima volta. Dopo qualche
ora gli avevo detto che era meglio che andasse a casa, di sicuro non mi
sarebbe successo nulla durante la notte, rinchiusa in quelle quattro
mura asettiche e circondata da dottori ed infermieri.
A proposito di infermieri….era passata almeno una
mezz’ora da quando la schizzoide mi aveva detto di restare a
letto. Forse oltre al cervello aveva anche qualcosa nel resto del corpo
che era difettoso: non aveva sentito il caldo asfissiante di quella
mattina, prima di lasciarmi tappata in una stanza con porta e finestra
chiuse?
Fanculo alla schizzoide!
Mi alzai di scatto dal letto e raggiunsi l’enorme finestra
senza alcun problema, non risentivo più di giramenti di
testa o debolezza…ero tornata sana. Spalancai i grandi
vetri, e nonostante dall’esterno entrasse soltanto aria
afosa, era sempre meglio di quella stantia della mia camera, la stessa
di tutta una notte.
Mi chiesi da dove arrivassero tutte quelle pretese, se appena qualche
giorno prima ero in un lurido garage che mi ostinavo a chiamare casa,
dove l’aria stantia era la normalità.
«Proprio
non riusciamo a tenerti a letto! Ti risulta forse scomodo?»
la voce del dottor Cullen mi fece sussultare ed istintivamente mi
voltai verso di lui, spalle alla finestra, mentre cercavo di chiudermi
con le mani il retro del camice.
«Oh
tranquilla, Isabella. Se vuoi tra poco potrai farne anche a
meno.» mi sorrise benevolo.
Mi
indicò il letto con un cenno del capo, bello come il sole,
risplendeva anche lui di una bellezza come quella di Edward : genuina,
di quelle che solo madre natura può donare, e che mai si
sarebbe mescolata con quella finta ed ingannevole ricreata dai
chirurghi di Beverly Hills.
Assecondai la sua richiesta e andai a sedermi sulla sponda del letto,
dove mi visitò per l’ennesima volta. Quando ebbe
finito, recuperò un completo da ospedale della stessa stoffa
e colore di quello che già indossavo, con la differenza che
quest’ultimo, anziché essere un lungo e largo
camicione senza bottoni sul retro, era composto da un pantalone e una
casacca.
«Finalmente!»
sospirai «non ne potevo più di andarmene in giro
con il culo al vento!» sputai fuori senza ritegno, come avrei
fatto se fossi stata in strada nella mia quotidianità, quasi
ridendo.
Il
dottor Cullen mi ammonì sollevando appena lo sguardo dalla
mia enorme cartella clinica sulla quale stava scrivendo. Come a
ricordarmi che in quel posto non c’era bisogno di essere
volgari o scontrosi, perché non c’era nulla da cui
difendersi.
In quel momento mi sentii tremendamente in imbarazzo, e avvertii il
sapore amarognolo della mia collera che tornava a trovarmi. Infondo chi
credeva di essere questo dottore dai capelli impomatati? Credeva forse
di avere qualche diritto sulla mia persona solo perché mi
aveva tenuta in vita? Al massimo, proprio per questo gesto, avrei
potuto solamente odiarlo! In quei pochi pensieri, quel briciolo di
latente riconoscenza che nutrivo nei suoi confronti, andò
completamente a farsi fottere!
«Pensavo
di dimetterti domani» disse ritrovando il sorriso
«così potrai uscire e bearti anche tu di questo
magnifico mese di Luglio..» Spalancai la bocca e gli occhi
incredula, mi stava forse prendendo in giro?
Come se non avesse detto nulla di assurdo, continuò in
quella frase sconcertante, aggiungendo anche di peggio
«…sai, Isabella, stavi per perderti tutta la sua
bellezza….» sollevò lo sguardo dalla
cartellina per incontrare il mio in un brevissimo istante
«…hai rischiato grosso».
In
quelle ultime parole la sua voce era cambiata, era divenuta quasi un
rimprovero addolorato. Dal canto mio ero ancora troppo impegnata a
capire se mi stesse prendendo per il culo o se fosse del tutto matto
per rispondergli come avrei voluto, così mi limitai.
«Sai
che perdita!» risposi acida.
«Preferisci
l’inverno forse?» ribattè sempre
sorridente mentre scriveva ancora.
Cristo
santo! Non potevo pensare che fosse così idiota! Non un
medico! Quindi la risposta era un’altra….mi stava
prendendo in giro!
«Ma
cosa siete qui dentro, un covo di schizzoidi ??» ero
spiazzata!
E
a quanto pare lo fu anche il dottorino, che smise di scrivere e chiuse
la cartella con un gesto rapido.
«Cercavo
solo di fare conversazione con te, Isabella. E quella era la domanda
migliore che potessi porti, perché non voglio e non posso
credere che dopo quello che ti è successo tu ti riferissi
alla tua morte come ad una perdita insignificante.»
Non
riuscivo a credere alle mie orecchie….quel dottorino figlio
di papà stava tentando davvero di farmi una specie di
paternale??
«Certo
che mi riferivo alla mia morte! Me ne sbatto del mese di Luglio! E non
ci provi minimamente a farmi una
paternale….perchè non sa nemmeno di cosa sta
parlando» la fine della frase quasi la sibilai tra i denti.
Il
dottor Cullen serrò la mascella in reazione alla mia
risposta, quasi l’avessi ferito, quasi fosse offeso dal
ritrovarsi di nuovo faccia a faccia con la ragazza di strada di appena
qualche giorno prima. Tentò di replicare, ma lo precedetti,
non potevo permettermi di ritrovarmi con le spalle al muro, dovevo
attaccare per prima, se volevo evitare di essere ferita…
«Cosa
c’è dottore? Ha forse paura della barbona
violenta? Oppure credeva davvero che potessero bastare 3 schifosi
giorni in un ospedale per redimermi??
Per rendermi una brava
ragazza ?» mi alzai dal letto e mi misi a pochi
passi da lui, sfacciata «Non nasciamo tutti figli di
papà come lei, sa? Alcuni nemmeno sanno da quale puttana
sono stati sbattuti al mondo!» tenevo il mento alto, come a
gridargli in faccia la mia sfida….se pensava di potersi
permettere un discorso sulla vita con me, aveva sbagliato
persona!
Ma
fu proprio in quel momento, quando pensavo di aver sferrato io per
prima un colpo, che mi giunse la sua domanda come un gancio
destro…dritto allo stomaco.
«E’
questa la tua storia? Non sai chi sia tua madre?» me lo
chiese in una maniera tanto innocente che non dubitai nemmeno per un
attimo che stesse tentando di abbindolarmi.
Però
quella parola, quella semplicissima parola di poche lettere, ebbe il
potere di farmi mancare l’aria, come ogni volta che la
sentivo. E come ogni volta le mie ginocchia tremarono, quasi stessi per
avere un mancamento….ed infondo era così. Ogni
volta che quel suono giungeva alle mie orecchie, un pezzo di me andava
perso per sempre.
«Mia….»
stavo per rispondergli, quando mi resi conto che se avessi affrontato
quell’argomento sarei stata troppo vulnerabile, la legge
della strada parlava chiaro «…cosa cazzo
c’entra mia madre? Cosa diavolo le importa di chi mi ha messa
al mondo? Che differenza può farle, sapere se l’ho
mai conosciuta!» feci per indietreggiare, proprio come fa una
bestia selvatica quando capisce che ha bisogno di difendersi, di
trovare un riparo, di rifugiarsi in un nascondiglio per non farsi fare
del male ancora una volta….
«Isabella,
vorrei sapere se almeno per una volta nella tua vita hai avuto qualcuno
che ti amasse» allungò una mano verso il mio
braccio, ma lo scansai prima che potesse toccarmi
«Provi
a toccarmi anche solo con un dito e giuro che glielo stacco a
morsi»
«Non
voglio farti del male..»
«Cazzo
ma è davvero possibile che non se ne renda conto?? LO STA
GIA’ FACENDO!» in meno di un secondo mi ritrovai a
gridargli contro, con le lacrime agli occhi, « Cosa vuole da
me?? Cosa volete tutti quanti da me?? Lasciatemi in pace! Fatemi
tornare alla mia schifosa vita e lasciatemi libera di
morire!!» ormai gridavo a pieni polmoni, e le lacrime mi
rigavano le guance inarrestabili.
Ma
da quando era così facile aprire delle crepe nella mia
maschera? Da quando permettevo al mio dolore di tornare fuori? Di farlo
uscire dalla prigione in cui lo tenevo incatenato, in un angolo
sperduto della mia mente, del mio cuore, della mia anima, imbavagliato
e bendato, affinchè non venisse risvegliato da niente e
nessuno??
Indietreggiai
ancora, sconvolta dalla mia stessa esplosione di sentimenti
contrastanti e andai a sedermi di nuovo sulla sponda del letto. Alzai
per un momento lo sguardo, incrociando quello del
dottore…era sconvolto almeno quanto me. Riabbassai gli occhi
in fretta, per la prima volta in tutta la mia vita avevo paura.
Paura che le mie difese stessero crollando. Paura di vacillare di
fronte al nemico….ma allo stesso tempo….paura di
volermi abbandonare ad un amico.
Con passi lenti il dottor Cullen si avvicinò e si sedette
altrettanto lentamente alla mia destra, quasi avesse capito che la
battaglia che imperversava dentro di me avesse bisogno di lentezza, di
accortezza, per non farla esplodere in una tempesta incontrollabile.
«Perdonami
se ti sto facendo del male, ma vorrei solo aiutarti a capire.»
«A
capire cosa, dottore? Glielo ripeto, lei non sa di cosa sta
parlando» stavolta risposi più tranquilla, da quel
poco che avevo capito, era inutile sbraitare contro
quell’uomo, non sarebbe servito di certo a
spaventarlo….anzi, pareva insistere. Forse per farlo
smettere di torturarmi avrei dovuto semplicemente lasciarlo parlare.
«Chiamami
pure Carlisle, cara. E contrariamente a quanto pensi…so di
cosa parlo. Pensi forse di essere l’unica senzatetto che
hanno portato qui in fin di vita?» sospirò appena,
come se il ricordo di tutti gli altri ragazzi come me gli facesse del
male.
In
effetti non avevo considerato questa possibilità, come al
solito avevo pensato solo al MIO di dolore, e non a quello degli altri
sfortunati nelle mie stesse condizioni. Carlisle continuò
«Purtroppo
ne ho visti davvero tanti. Alcuni arrivavano qui già morti,
altri esattamente come te, e non tutti avevano la tua stessa
forza….» ancora una pausa, come a contemplare ogni
singola perdita «…e sai cosa ho notato? Che non fa
alcuna differenza se rischiano la morte per caso o per scelta. Tutti
coloro che sopravvivono, è come se si resettassero, dopo
l’incontro con la fine. Come se riconsiderassero la loro
breve esistenza, come se soppesassero davvero ciò che
potevano perdere con ciò che potevano ancora sperare di
conquistare. E alcuni ci provano, Isabella. Alcuni scelgono di vivere,
scelgono di tentare ancora.»
Alzai
gli occhi al cielo a quell’affermazione. Ne avevo visti
troppi perfino io, di ragazzi che cercavano di rifarsi una vita e
invece crollavano di nuovo. Come in risposta ai miei pensieri aggiunse
in fretta
«Certo,
non tutti ce la fanno, e purtroppo li rivediamo senza vita. Ma
alcuni….alcuni di loro, mia cara, vanno oltre il semplice
tentare. Alcuni ci riescono. Alcuni iniziano a vivere sul
serio.»
«Sveglia
dottore! Noi
viviamo sul serio…non voi.»
«Non
sai quanto ti sbagli, piccola. Nessuno di voi vive davvero. Voi
purtroppo sopravvivete. Vi aggirate per questo mondo trascinandovi,
impedendo a tutto e a tutti di toccarvi. Posso capire che questa sia un
ottima strategia per non essere feriti ma…..è
anche l’errore più grande che possiate fare. In
questo modo vi isolate…isolate il vostro cuore. Non vi
concedete di amare o apprezzare nulla. E so che pensi che nella tua
vita non ci sia nulla da apprezzare. Ma non è
così. La vita stessa va apprezzata. Il tuo respirare, il tuo
muoverti…il tuo pensare, soprattutto, vanno
amati.»
Quelle
parole mi giunsero stranamente ragionevoli, e Carlisle
approfittò del mio silenzio per prendermi le mani tra le
sue, cercando il mio sguardo.
« So che odi la vita perché non ti ha dato nulla.
Ma cerca di capire, Isabella….tu sei il tuo dono.
Tu sei il
miracolo più grande che la vita possa donarti. Perfino le
tue sofferenze dovresti amare….perchè ti
ricordano che tu ci sei. Dovresti amare il tuo vivere anche quando ti
sembra che questo non abbia un senso….perchè il
senso della tua esistenza, sei proprio tu. »
Per
un lungo momento rimasi senza parole. Tentavo di capire come fosse
possibile che quell’uomo avesse quasi ragione. Mi sforzavo
con tutta me stessa di capire perché mai non mi sembrassero
discorsi vanesi, ma piuttosto, quasi ragionevoli.
«E’
facile parlare così quando si ha una casa, una famiglia. Ma
quando non si ha nulla, questa resta solo una bella chiacchierata,
dottore.» alzai gli occhi per concedergli finalmente quel
contatto che stava cercando «Quando domani sarò
per strada…senza nessuno al mondo, senza un posto sicuro
dove andare, esposta a qualsiasi tipo di cattiveria
umana…allora tutto questo sarà talmente ridicolo
che ne riderò.» e un sorriso amaro nacque proprio
sulle mie labbra.
«E
allora tu impegnati, Isabella!» pronunciò quella
frase con fervore, abbandonando il tono docile usato poco prima
«Impegnati per concedere alla vita di riscattarsi con te.
Impegnati, per concederle di crearti delle opportunità da
cogliere; di crearti dei sogni che potrai far diventare
realtà; di donarti un amore di cui potrai godere; di
metterti in circostanze in cui dovrai fare delle promesse e lavorare
per adempierle; …. Impegnati soprattutto per concederle di
donarti una felicità che dimostrerai di meritare.»
Ero
completamente immersa in quegli occhi azzurri. Non avevo mai visto
tanta bontà in un solo sguardo. Fu quello, più
che le sue parole, a spingermi a considerare sul serio la
possibilità di dare altre opportunità alla mia
vita…a me stessa. Forse avrei potuto provarci davvero, una
volta uscita da lì…..ma i miei buoni propositi
durarono giusto un istante. Un istante nel quale mi ero concessa di
sognare ad occhi aperti.
In realtà sapevo benissimo quale fosse la realtà
dei fatti, quale fosse il mondo che mi attendeva il giorno dopo, una
volta varcata la soglia dell’ospedale. Però
quell’uomo non meritava di essere deluso. Non dopo che era
riuscito dove nessun’altro al mondo si era mai nemmeno
arrischiato : mi aveva regalato un istante nel quale avevo visto
un’altra vita, una vita normale, una vita bella, una vita
degna di essere chiamata così anche per me.
«Grazie,
Carlisle» mi stupii io stessa di averlo detto.
Il
dottore strinse più forte le mie mani nelle sue, e mi
sorrise.
«Non
ringraziarmi, Isabella. Cerca solo di impegnarti, e sarà il
regalo più grande che potrai farmi.»
Mi
diede una carezza alla testa, prima di alzarsi. Poi indicò
il completo in cotone ancora sul letto
«Ora
puoi infilarti quello se vuoi…..e smettere di andare in giro
con il culo al vento!» mi disse sorridendo.
Non
potei fare a meno di ridere, risultava così strana quella
mia espressione , detta da lui!
«Già,
sarebbe il caso» risposi raccogliendo il completo, mentre
Carlisle si avviava alla porta.
«Quando
ti sarai cambiata potrai anche fare un giro per l’ospedale,
mi sembra inutile tenerti confinata in questa stanza se domani
dovrò dimetterti»
«Era
ora che ci arrivassi anche tu!»
«Beh
si, meglio tardi che mai»
Ridemmo
insieme di quel rapido scambio prima che, quello che ormai consideravo
l’uomo più buono del mondo, uscisse dalla stanza
concedendomi la mia privacy.
Durante
tutto il tempo che impiegai nel lavarmi e vestirmi il mio cervello non
fece altro che combattere contro se stesso, un attimo prendeva sul
serio in considerazione l’ipotesi di seguire il consiglio di
Carlisle e l’attimo dopo si ricordava che erano tutte
soltanto belle parole, irrealizzabili e diametralmente opposte alla
realtà.
Quando ebbi finito di infilarmi anche il pantalone di
quell’orrendo completo da malati , imprecai al vento, non ne
potevo più di quella tortura mentale che mi stavo auto
infliggendo! Uscii dalla stanza con la ferma intenzione di non pensare
più a nulla, o almeno di non pensare più a quel
discorso.
Fine
prima parte
|
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Capitolo 9 *** CAPITOLO 7 - Doni - parte seconda 'Anime affini' ***
Buonasera ragazze! Vi
ringraziamo davvero tantissimo per il vostro sostegno!!!! Purtroppo
sono di frettissima e la connessione è altalenante! Quindi
ne approfitto al volo per postarvi la seconda parte del capitolo!!! Al
prossimo aggiornamento vi risponderò tutte!!! Promesso!!!!
Un bacio enorme!!!! Spero vi piaccia anche la seconda parte.....e spero
ci farete sapere cosa ne pensate!
CAPITOLO 7 – “Doni”
– parte seconda ‘Anime affini’
Durante
tutto il tempo che impiegai nel lavarmi e vestirmi il mio cervello non
fece altro che combattere contro se stesso, un attimo prendeva sul
serio in considerazione l’ipotesi di seguire il consiglio di
Carlisle e l’attimo dopo si ricordava che erano tutte
soltanto belle parole, irrealizzabili e diametralmente opposte alla
realtà. Quando ebbi finito di infilarmi anche il pantalone
di quell’orrendo completo da malati , imprecai al vento, non
ne potevo più di quella tortura mentale che mi stavo auto
infliggendo! Uscii dalla stanza con la ferma intenzione di non pensare
più a nulla, o almeno di non pensare più a quel
discorso.
Erano appena le 7 del mattino, l’orario delle visite era ben
lontano, per questo motivo il reparto di Terapia Intensiva
dov’ero ricoverata era praticamente deserto. Ogni tanto si
sentiva giusto il rumore dei passi attutiti delle calzature per
infermieri, qualche colpo di tosse appena accennato da una stanza, ed
ovviamente, immancabile, il fastidiosissimo sottofondo di bip di tutti i
macchinari del piano.
Nonostante odiassi quel perfido rumore insistente, che mi dava molto ai
nervi, dovetti ammettere che lo preferivo decisamente al brusio di
voci, singhiozzi, o risatine dei parenti vari che aveva invaso quegli
stessi corridoi appena il giorno prima. In quel momento il sottofondo
di bip non
creava differenze, per tutti quei macchinari era irrilevante che il
malato avesse o meno qualcuno al suo capezzale, loro facevano
semplicemente il loro dovere. Egoisticamente era una cosa molto
confortante per chi non avesse nessuno al mondo.
Proprio nel momento in cui formulavo quel pensiero, aggirandomi in un
corridoio dalle pareti azzurrine, e buttando di tanto in tanto
l’occhio sul numero delle stanze, uno di questi in
particolare attirò la mia attenzione : 408 . La targhetta
apparteneva ad una stanza esattamente al centro del corridoio alla mia
destra. Mentre mi avvicinavo fui invasa da una sensazione di
déjà vu. Giunta alla parete in vetro trovai le
tendine a fasce ancora una volta aperte e ricordai. Era la stessa
stanza che avevo visto il giorno prima, l’unica ad essere
completamente vuota in tutto quel frastuono di parenti in visita in
giro per il reparto.
Ancora con il corpo davanti alla parete in vetro poggiai le mani con
cautela allo stipite dell’ingresso e sporsi soltanto la testa
nella stanza, con un po’ di timore. Lo scenario era
esattamente uguale al giorno prima : qualcuno nel lettino, stanza
deserta, macchinari attivi, una poltrona ed un comodino vuoti, le
finestre chiuse , e il tutto illuminato solo da una luce al neon.
Rimasi per più di 5 minuti ferma in quella posizione a
fissare ciò che da lontano riuscivo solo a identificare come
un uomo, steso immobile nel letto. Fu proprio quella sua
immobilità prolungata ad insospettirmi. Una persona in
genere fa dei piccoli movimenti anche quando dorme, lui invece era
perfettamente immobile, non aveva spostato di un millimetro nemmeno un
dito.
Non era affatto da me cercare un contatto con una persona di mia
spontanea volontà, ma la sua solitudine in quel luogo
così fuori dal mondo, identica alla mia, era un richiamo
irresistibile. Mi schiarii la voce rumorosamente, con la speranza che
si svegliasse, ma l’uomo non si mosse. Forse aveva il sonno
pesante…finsi un paio di colpi di tosse davvero forti, tanto
che vidi un’infermiere lanciarmi uno sguardo sospettoso
mentre attraversava il corridoio, ma l’uomo ancora una volta
restò immobile. Mi parve tutto così assurdo.
Eppure quel vuoto e quel silenzio non fecero altro che attirarmi ancora
di più. Così decisi, feci appello a tutta la mia
sfrontatezza ed entrai nella stanza. Con passi incerti e silenziosi mi
diressi cautamente alla finestra più vicina, aprii il vetro
e sollevai anche la tapparella blu, per permettere alla luce del giorno
di entrare. Fuori il sole non era ancora altissimo, ma emanava
già una luce abbastanza potente, che andò ad
illuminare diretta il letto. Mi voltai con la speranza di averlo
svegliato, ma ciò che vidi mi lasciò a bocca
aperta, e non solo perché ancora una volta lui non si era
mosso. La persona nel letto non era un uomo, bensì un
ragazzo.
Anche da lontano, grazie alla luce, riuscii a vedere il tubo
per la respirazione artificiale che gli era stato applicato alla
trachea, e grazie a quello capii. Capii che una persona che non
è in grado di respirare da sola, ovviamente, non
è nemmeno cosciente. La prima reazione a quella
constatazione fu come un lieve dispiacere, perché
significava che non avrei potuto parlargli, ma allo stesso tempo mi
sentii rincuorata….potevo avvicinarmi senza alcun timore. E
lo feci.
Raggiunsi il ragazzo steso nel letto e nonostante avesse un aspetto
trasandato, fu comunque una delle cose più belle che avessi
visto in tutta la mia vita. Era bruno in tutto,sembrava che madre
natura l’avesse dipinto con la tavolozza dei colori della
terra, tutti scuri , tutti marroni, neri e bronzo…eppure il
ragazzo non appariva cupo…anzi, grazie ad essi, appariva
esattamente come la terra : caldo, intenso, e rassicurante.
I folti capelli gli arrivavano poco sotto le orecchie, tutti spettinati
in morbide onde corvine, sembrava un mare di seta nera appena mosso. La
fronte era coperta da quelle splendide onde, mentre il resto del viso
era ben visibile, illuminato dalla forte luce del mattino.
Sotto delle sopracciglia altrettanto nere spiccava il paio di
occhi dal taglio più deciso che potessi immaginare,
nonostante fossero chiusi la loro forma era ben chiara, era netta, il
tipico taglio duro che , ne fui certa, quando teneva gli occhi aperti,
dovevano catturarti in una spirale contrastante di fascino e timore,
esattamente come lo sguardo di un grande predatore….come lo
sguardo delle tigri, o dei lupi : magnetico per la sua bellezza e per
il suo fascino, ma allo stesso tempo spiazzante per
l’ancestrale timore che suscita la loro natura selvaggia ed
indomabile. A quel pensiero fu inevitabile per me chiedermi di che
colore fossero, e per un istante quasi sperai che li aprisse, per
concedermi di essere risucchiata in quella stranissima spirale di
reazioni contrastanti.
La pelle scura di quel ragazzo sembrava fosse di velluto, ed era di un
colore così simile al bronzo che sembrava emanare calore
anche solo alla vista. Era talmente perfetta che permetteva al viso di
non avere alcun difetto.
Restai a lungo incantata dai suoi zigomi pronunciati, dal suo naso
dalla linea morbida che non so per quale motivo mi ricordò
molto ancora una volta quello di un lupo, ed infine, dulcis in fundo,
dalla sua bocca.
La bocca di quel ragazzo incredibilmente bello era stupenda : le labbra
erano carnose, piene, e lisce, ed avevano una forma che sembrava
disegnata da un artista di talento. Ancora una volta, incontrollata, si
fece largo nella mia testa per un istante un’altra speranza,
quella che potesse sorridere, perché ebbi come
l’impressione che da quella bocca tanto perfetta non potesse
nascere che un sorriso altrettanto perfetto e disarmante.
Distolsi lo sguardo dal suo viso quasi a malincuore, e diedi una rapida
occhiata al resto del corpo. Sembrava forte e muscoloso nonostante
fosse in un letto d’ospedale, con soltanto un camicione
addosso e coperto da un lenzuolo bianco fino ai fianchi. Mi concedetti
di ammirare ancora un altro po’ quanto tutto quel bianco del
letto facesse risaltare ancora di più la perfezione della
sua pelle vellutata e bronzea, quasi indiana. Cercai a tastoni la
poltrona dietro di me, e quando la trovai mi ci sedetti
sopra, senza mai staccare gli occhi dal ragazzo. Per un attimo fui
quasi contenta del modo in cui lo ventilavano, quel tubo che gli
passava dritto dal collo, mi aveva permesso di ammirare il suo
splendido viso senza nessun ostacolo.
Restai lì seduta, ferma, a guardarlo affascinata per un
tempo che non avrei mai quantificato. C’era qualcosa in lui
che mi affascinava profondamente, e non era solo la sua bellezza. Era
qualcosa di magnetico, di profondo e che, nonostante fosse impossibile,
mi pareva anche sensato. Come se quell’attrazione quasi
gravitazionale fosse giusta, perfetta, come se arrivasse a completarmi,
e forse completare anche lui. Come se in quel momento, le nostre
solitudini si fossero unite ed annullate a vicenda, rendendoci
un’unica entità…finalmente completa,
finalmente piena, finalmente accolta in se stessa.
In quella nostra unione di spiriti solitari, trovai per un momento una
sensazione che credevo di non aver mai provato, eppure la riconobbi
immediatamente ed istintivamente quando mi pervase : mi sentivo a casa.
Mi sentivo serena, protetta e completa, come solo una casa
può farti sentire.
L’unione che si era creata in quella manciata di minuti tra
le nostre anime spezzate e lacerate, mi invase così forte e
potente che non mi accorsi nemmeno delle lacrime che scesero a rigare
il mio viso. Era incredibile come un ragazzo sconosciuto e in stato
d’incoscienza fosse riuscito a donarmi ciò che
avevo sempre cercato : un porto sicuro, un’ancora di
salvezza, un completamento della mia solitudine. E fui certa che se lui
fosse stato sveglio, si sarebbe sentito esattamente come me : compreso,
completato e partecipe della nostra comune solitudine.
Mi asciugai le guance umide con il dorso della mano, e realizzai che
qualsiasi cosa sarebbe successa nella mia vita una volta uscita da
quell’ospedale, non avrei più potuto fare a meno
di tornare in quella stanza, di tornare dall’unica persona al
mondo che mi facesse sentire compresa.
«Ah
, sei qui!» Sobbalzai , spaventata da
quell’improvvisa voce nel silenzio.
Mi
voltai e trovai Edward sull’uscio, sembrava agitato, e la sua
voce era stata carica d’apprensione.
Quanto era bello….indossava un paio di jeans scoloriti, una
t-shirt bianca e sopra di essa una camicia a quadri nelle
tonalità dell’azzurro. Si sposava perfettamente
con i suoi occhi, che in quei giorni avevo notato, riuscivano ad essere
ogni giorno di una sfumatura verde o azzurra diversa. Quel mattino
sembravano di un azzurro carico, uguale alla camicia.
I capelli parevano ancora più spettinati del solito, e
quando vide che ero rimasta a fissarlo, ci passò una mano
attraverso, imbarazzato, contribuendo ancora di più a quel
caos di chioma. Era incantevole, ti lasciava davvero senza parole.
Era di una bellezza eterea. Una bellezza diversa da quella del ragazzo
nel letto. Edward era di una bellezza irreale, ultraterrena, quasi
miracolosa. Lo sconosciuto invece era bello al suo pari, ti lasciava
ugualmente senza parole, ma aveva un fascino molto più
terreno, più concreto, più materiale. Non avrei
mai saputo spiegare a pieno quella differenza
d’intensità soltanto con le parole, nonostante
fosse così evidente. Quando Edward arrossì
vistosamente sotto il mio sguardo pensai che forse era meglio smettere
di fissarlo e dire qualcosa
«No…in
realtà sono il fantasma di me stessa»
«Ah-ha
, molto simpatica, davvero» mi fece una smorfia e si
avvicinò ai piedi del letto.
«Dove
volevi che fossi? Infondo non è tanto grande questo
posto» in realtà non ne avevo la minima idea,
avevo visto solo il mio reparto e quello di maternità.
Infatti di tutta risposta, Edward sollevò un sopracciglio
«Ma
se occupa un intero isolato!»
Distolsi
lo sguardo e mi mordicchiai il labbro inferiore, come ogni volta che
ero in difficoltà.
«Vorresti
dirmi….che non l’hai girato? E cos’hai
fatto in tutto questo tempo?» non capivo quelle domande
«Non
capisco, Edward, perché avrei dovuto?»
«Perché??»
spalancò la bocca incredulo prima di continuare «
Ho incontrato Carlisle circa alle 9, che mi aveva detto di averti
visitato un paio d’ore prima, così ho girato
l’ospedale per 3 ore, prima di incrociarlo ancora. Gli ho
chiesto se ti avesse vista, e mi ha risposto di no….se poi
ci aggiungi che, da quel momento, ti ho cercata per 2 ore come un pazzo
…. Beh, in 7 ore da sola o avresti potuto imparare a memoria
ogni corridoio di questo ospedale, o …..»
lasciò cadere la frase, quasi imbarazzato
«
O .. ??» lo incitai a proseguire, ero curiosa di sentire
l’alternativa.
«Oppure….avresti
potuto essere scappata…» stavolta fu lui ad
abbassare lo sguardo.
In
effetti non aveva ipotizzato male, era una cosa che avrei fatto, e di
sicuro ci avrei pensato, se non fossi entrata in quella stanza. Poi
realizzai meglio quello che aveva appena detto
«Hai….hai
detto 7 ore???» solo in quel momento mi resi conto, non
poteva essere vero.
«Si,
Bella…7 ore. E se non hai imparato a memoria ogni corridoio
dell’ospedale, e non sei scappata, mi dici cos’hai
fatto in tutto questo tempo?» ridacchiò di gusto.
A
quanto pare la sua apprensione era svanita, e mi pareva anche piuttosto
divertito dalla mia stravaganza. Dal canto mio ero letteralmente
sconcertata. Mi sembrava di essere in quella stanza da non
più di mezz’ora.
«S-sono…soltanto
stata qui seduta» abbassai lo sguardo imbarazzata.
«Ah….capisco»
sussurrò, ma in realtà era palese che gli
sembrassi ancora più pazza.
Iniziai
a torturare l’orlo della casacca con le mani, non sapevo cosa
fare. Per la prima volta mi sentivo in imbarazzo, perché
qualcuno mi aveva scoperta in un momento intimo, e davvero avrei voluto
sprofondare in un buco nero. Sentii un rumore metallico e mi voltai
verso Edward. Aveva sfilato l’enorme cartella clinica del
ragazzo dal bordo del letto ed aveva iniziato a sfogliarla.
«Fermo!
Cosa fai ?» gli chiesi spiazzata
«Recupero
informazioni» mi rispose divertito, come se per lui fosse un
gioco.
«Ma
non puoi! Non c’è una specie di legge che vieta
queste cose?!» io che parlavo di rispetto delle leggi ??
l’incontro con questo sconosciuto doveva avermi fatto saltare
qualche altra rotella.
«E
da quando ti interessi di legalità?» ridacchiava
beffardo, mentre ancora sfogliava la cartella.
Gli
lanciai un’occhiata bruciante, della quale si accorse anche
se non mi stava guardando. Sollevò gli occhi su di me e
sorrise, sospirando.
«Non
preoccuparti, posso farlo. Di tanto in tanto faccio volontariato qui
dentro e mi è concesso di avere libero accesso a queste
informazioni.» mi regalò uno dei suoi sorrisi
luminosi prima di tornare a sfogliare la cartella.
Lo
lasciai fare, e tornai a guardare il ragazzo nel letto. Istintivamente
mi sporsi un po’ dalla poltrona, allungai incerta una mano e
scostai le morbide onde nere dei suoi capelli dalla fronte. Era una
sensazione strana, in genere evitavo il contatto fisico con le persone,
mi infastidiva. Invece quel gesto mi era appena parso così
naturale, come se fosse normale volermi prendere cura di lui.
Aggrottai le sopracciglia sorpresa di quanto fossi diversa con quel
ragazzo, non mi riconoscevo. Mentre ritiravo la mano e indietreggiavo
per tornare con la schiena alla poltrona Edward parlò
«Si
chiama Black….Jacob, Ephraim Black»
Una
forza più di grande di me guidò la mia mano sulla
sua, grande e scura, poggiata sul lenzuolo, la sfiorai delicatamente
con la punta delle dita, e un sussurro mi nacque spontaneo e
debolissimo dalle labbra
«Jacob….»
ripetei.
Era
perfetto, gli stava a pennello. Per non parlare del cognome
poi….Black, scuro e caldo come lui.
Finalmente l’unica persona che poteva capirmi al mondo aveva
un nome : Jacob. Adesso riuscivo davvero a sentirlo vivo, e non
più come un’entità strana ed irreale.
Da quel momento, Jacob Black sarebbe stato il mio unico e vero amico,
la parte di me che avevo sempre sentito mancante. Mi ricordai di non
essere più sola, e mi voltai verso Edward.
Mi stava guardando con occhi strani, intensi e dolcissimi, come se
inspiegabilmente fosse riuscito a cogliere l’insensato legame
che si era creato tra me e Jacob. E mi pareva quasi che ne fosse
felice. Poi continuò a leggere per me
«Ha
17 anni, ne compirà 18 a Novembre. E’ qui da quasi
un anno.»
«Un
anno?» ripetei «cosa gli è
successo?»
Sulla
fronte di Edward comparve una ruga di preoccupazione, sembrava
addolorato per ciò che stava per dire
«Tentato
suicidio. Si è lanciato dal tetto di un palazzo di 10
piani»
E
così, avevamo un’altra cosa in
comune…aver tentato di toglierci la vita. Anzi, due a dire
il vero: l’averci tentato, e il non esserci riusciti.
Quell’informazione fece crescere ancora di più
dentro me la convinzione che eravamo parte dello stesso intero, che
solo lui poteva caprimi, quasi come se fosse un mio gemello siamese,
incollato a me dalle stesse sventure.
«Si
trova in stato di coma, per la precisione l’hanno
classificato come SV : Stato Vegetativo.» vide la mia
espressione confusa e continuò « Significa che non
ci sono possibilità che si risvegli, in quanto non risponde
a nessun tipo di stimolo. Da quanto leggo ogni tanto il suo corpo
riprende a respirare da solo, ma attualmente è sottoposto a
ventilazione artificiale tramite tracheostomia.» mi
indicò il tubo che collegava la gola di Jacob ad un
macchinario strano « Significa che lo fanno respirare grazie
a quel tubo che gli entra nella trachea attraverso un foro sulla gola,
anziché dalla bocca.».
Annuii
alla sua spiegazione. Quindi non c’era possibilità
che si risvegliasse. Ancora una volta il destino si era beffato di me,
mi aveva concesso di trovare un’anima affine, ma allo stesso
tempo non mi permetteva di comunicare con lui. Edward sembrò
cogliere ancora una volta le mie perplessità
«Sai…alcuni
sostengono che anche in questo stato loro riescano a
sentirci.» ripose la cartellina al suo posto,
aggirò il letto e si accomodò sul bracciolo
sinistro della poltrona. Posò una mano sulla spalla di Jacob
prima di continuare « I cari delle persone nello stesso stato
di Jacob continuano per anni a parlargli, a toccarli, a cantare per
loro perfino.» Un lieve sorriso si fece strada sulle mie
labbra, un po’ rincuorata alla prospettiva che potesse
sentirmi.
«E
tu cosa ne pensi?»
«Ne
sono convinto anch’io.» mi disse piano, con il suo
sorriso sghembo, e gli occhi incatenati ai miei.
Mi
resi conto solo in quel momento di quanto fossimo vicini, il suo
braccio destro sfiorava il mio sinistro, e anche quel contatto, seppur
lievissimo, non mi infastidiva. Ora che era così vicino
avvertivo più forte il profumo di zucchero filato che avevo
sentito il primo giorno in ospedale, al mio risveglio. Poteva mai
appartenere a lui, quel profumo tanto dolce?.
Il mare azzurro/verde dei suoi occhi mi rapiva come
nient’altro al mondo era mai riuscito a fare. Adoravo
annegare in quelle acque intense, era l’unica cosa che aveva
allietato gli ultimi tre giorni. Il sorriso sghembo pian piano
scomparve dal suo viso, che si mosse impercettibilmente verso il mio.
Quell’accenno di movimento fu come una scossa per me. Mi
allontanai istintivamente, rapida, verso il bracciolo opposto della
poltrona e rivolsi lo sguardo altrove, mentre Edward sorrideva sornione
e si raddrizzava sulla schiena. Dovevo dire qualcosa per uscire da quel
momento
«Perché
non c’è mai nessuno con lui ? Hai detto che
è qui da quasi un anno, eppure questa stanza sembrerebbe
vuota o abbandonata se non fosse per il suo corpo nel letto.»
«Si
beh, questo in effetti è strano. Nei documenti
c’è l’autorizzazione firmata a tenerlo
in vita, ma la firma è indecifrabile.» si
alzò in piedi ed andò a spalancare anche
l’altra finestra che era rimasta chiusa.
«Credo….si, credo che sarebbe bello se qualcuno
tornasse a fargli compagnia…» tentò di
fare il vago, ma avevo capito benissimo dove volesse arrivare.
Alzai
gli occhi al cielo e sorrisi.
«Con
me non attacca, sai ?»
«Cosa?»
fece un espressione che avrebbe voluto far passare per ingenua, ma non
gli riuscì per niente bene.
«Credi
sul serio di potermi raggirare?» risi divertita «
allora sei davvero ingenuo come pensavo!»
Rise
anche lui imbarazzato, passandosi una mano tra il bronzo spettinato dei
suoi capelli. Era incredibile come fosse facile leggerlo. In tre giorni
avevo capito molte cose su di lui….forse perché
era davvero una persona buona e limpida.
«Vuoi
restare ancora?» mi chiese.
Diedi
ancora uno sguardo a Jacob, e pensai che, nonostante non me ne fossi
resa conto, 7 ore potevano bastare come prima
“visita”. Infondo avevo già deciso, il
mio istinto aveva deciso per me, Jacob non sarebbe stato mai
più solo. Gli sfiorai ancora una volta la mano con le dita e
feci per alzarmi
«No,
credo che per oggi possa bastare»
In
un attimo Edward mi fu vicino, e mi tese una mano per aiutarmi ad
alzarmi dalla poltrona. Sorrisi divertita e gliela schiaffeggiai con la
mia dal basso verso l’alto , allontanandola da me.
«Pussa
via, damerino! Domani questi schizzoidi si sono decisi a dimettermi,
non voglio che cambino idea!» dissi ridendo.
Era
da tanto che non scherzavo con qualcuno, e la cosa fu molto molto
strana. In un attimo infatti, ritornai seria come sempre, mentre vidi
passare anche sul volto di Edward un’ombra di apprensione
nell’apprendere che il giorno dopo sarei uscita da
lì.
«Avrai
fame, sono le 14. Ti va di mangiare qualcosa?» mi disse
mentre ci dirigevamo alla porta della stanza.
«Hmmm….forse
si, ma prima c’è un altro posto dove voglio
andare» infilai le mani nelle grandi tasche della casacca e
decisi che infondo, potevo anche azzardarmi a condividere con Edward
quell’angolo di felicità gratuita da poco scoperto.
«Interessante.
Di cosa si tratta? Hai scoperto qualche stanza delle torture qui
intorno?» chiese divertito mentre mi teneva aperta la porta
per farmi uscire.
«Credo
che non te l’aspetteresti mai. Non da me, almeno.»
attraversai la soglia, e così anche lui dietro di me,
richiudendosi la porta alle spalle.
«Stupiscimi!»
mi disse in un enorme e raggiante sorriso, piazzandosi davanti a me a
braccia spalancate.
Risi
di gusto e mi incamminai verso il reparto maternità, ero
proprio curiosa di vedere come avrebbe reagito quando saremmo giunti
alla mia vera meta : il nido.
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Capitolo 10 *** AVVISO! Buone Vacanze!!! ***
Bene,
bene , bene..........care ragazze!!! sono qui per dirvi che......si va
in Vacanza!!! Ovviamente non smetterò di scrivere
ma....penso che per gli aggiornamenti dovrete aspettare un bel
pò !!!! Domani parto e....spero che mi aspetterete, per
continuare a leggere di questa storia!!!
Un bacio a tutte e......Buone Vacanze!!
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Capitolo 11 *** CAPITOLO 8 - Decisioni ***
Buonasera
a tutti.....lo sappiamo, ci avete dato per disperse! Ma in
realtà siamo vive e vegete! Ci scusiamo con TUTTI voi per
questo tempo di infinita assenza......ma io e la mia socia siamo
davvero tanto piene di impegni, non abbiamo più tempo
nemmeno per sentirci, quindi avevamo deciso di "rimandare" la stesura
dei capitoli di My Miracle a quando avremo avuto più tempo
entrambe. Però....un pomeriggio la mia socia è
stata colta da un moto improvviso di ispirazione e....ha sorpreso anche
me con questo capitolo nuovo nuovo! Cosa dire....speriamo che vi
ricordiate ancora di noi.....e speriamo davvero TANTO di riuscire ad
avere una vostra recensione almeno per questo capitolo.
Speriamo vi piaccia, e che vi farete sentire in tanti.
Un bacio e..... Buona Lettura.
Roby&Kika
CAPITOLO 8 - "Decisioni"
Pov Bella
Oggi...
Sarebbe
stato l'inizio... O più semplicemente la fine.
Oggi...
Dire
si alla vita... O farla finita per sempre.
Oggi..
Bella
potrebbe cercare di sorridere e decidere di cambiare... O tornare ad
essere quella di un tempo, anche se per poco.
Oggi...
La
decisione di restare... O quella di andare.
Oggi...
Sarebbe
dipeso tutto da me!
«
Buon giorno Bella! Vedo che sei già pronta, non
vedi l'ora di lasciarci vero? ».
Sussultai
all'udire la sua voce, ero completamente assorta nei miei pensieri.
Vidi entrare Carlisle dalla porta, con quel suo solito
sorriso raggiante in viso, e lo sguardo amorevole di qualcuno che ti
vuole bene, avrei tanto voluto un padre come lui... Chissà
come sarebbe stato.
Ero
poggiata sul davanzale della finestra, prima che entrasse, ero intenta
a guardare ancora una volta il bellissimo panorama che la
finestra della stanza mi offriva. Ero già vestita, con degli
abiti recuperati al servizio Caritas della chiesa dell'ospedale,
ed erano riusciti a darmi anche qualche vestito in
più da portare via ed una piccola valigia per riporli
dentro.
Potevo
tranquillamente passare per una brava ragazza di buon quartiere.
Indossavo una canotta bianca con scollo a V , un paio di shorts beige
chiari e delle scarpe da ginnastica che ultimamente vedevo spesso ai
piedi dei ragazzi della mia età, delle belle Converse
nere... non erano niente male infondo; i capelli morbidi e profumati,
si poggiavano delicati sulle spalle, mentre qualche boccolo ribelle
carezzava la schiena... beneficiare della doccia in camera era stato un
lusso che avevo deciso di concedermi fino alla fine. Portavo anche un
curioso cappellino di una squadra di basket attaccato a un passante dei
pantaloni. Fuori faceva davvero molto caldo, dicevano che ne avrei
avuto bisogno.
Ero
pronta per... per qualsiasi cosa avessi fatto una volta fuori di qui.
«
Ad essere sincera non ho chiuso occhio tutta la notte e la
pazza svitata si è presentata in camera alle 7 di questa
mattina con in mano un ottimo caffè, non quello
dell'ospedale chiaramente, e un cornetto al cioccolato! Come
potrei non essere sveglia! » Sorrise all'udire le mie parole.
«
E' il suo modo di salutare i pazienti a cui si è
affezionata, una volta l'ha fatto pure con un diabetico! »
scoppiò in un' eclatante risata ed io lo seguii a ruota.
«
Perché ridete così di gusto? »
Eccola
la pazza svitata che faceva il suo ingresso tutta indaffarata con in
braccio un mucchio di scartoffie; questo però non le
impedì di dedicare a Carlisle uno sguardo intenso... Lo
stesso di quelle ragazzine che camminano felici per le strade strette
al braccio del loro ragazzo e che lo guardano con occhioni sognanti, lo
stesso sguardo di quella coppia di vecchietti che seduti
sulle panchine di Beverly Garden Park si tengono stretti per
mano, essendo l'uno il sostegno e la vita dell'altro. Lo sguardo di chi
è perdutamente innamorato. E Carlisle lo ricambiava a pieno.
«
Ehm ehm! Io andrei un attimo da una parte se per voi va bene!
» ero palesemente di troppo in quel momento; Carlisle si
riscosse subito arrossandosi leggermente in viso, mentre alla svitata
ci volle un po' più del previsto.
«
Certamente Isabella, io intanto faccio preparare le carte per le tue
dimissioni e quando sei pronta le firmo va bene? »
«
Certo! Non ci metterò molto » e così
dicendo mi avviai verso il lungo corridoio dell'ospedale, in
realtà erano due le parti dove volevo andare.
Camera
408. Rimasi a fissare la porta d'ingresso un paio di minuti prima di
entrare.
Tutto
all'interno era invariato; il solito buio, lo stesso ritmico suono dei
macchinari, la stessa desolazione. Alzai tempestivamente le serrande
delle finestre per far entrare qualche caldo raggio di sole in quel
lugubre e freddo spazio; poi vidi lui, che era assolutamente invariato
come il resto, ma ancora più bello del giorno precedente.
Come poteva un corpo del tutto inanimato da quasi un anno possedere una
bellezza così folgorante?
Mi
sedetti sulla poltroncina accanto al letto, proprio come il giorno
precedente e come una bambina incrociai le gambe al petto.
Non sapevo né cosa dire, né se in
realtà avessi realmente qualcosa di cui parlare. Anche
prendendo il considerazione il fatto che lui potesse sentirmi, come
diceva Edward, chi mi diceva che a 'sto poveraccio gli interessavano i
fatti miei? Non che la mia vita fosse così splendida da
farne un racconto... magari a sentirla gli sarebbe passata
pure la voglia di svegliarsi!
Eppure
sentivo l'esigenza, anzi un profondo bisogno di parlargli e nella
maniera più spontanea possibile, lo salutai.
«
Ciao J. Black... » mi meraviglia nell'udire il suono
vellutato della mia voce, io stessa non l'avevo mai sentita
così « Non ti dispiace se ti chiamo
così, vero? » ero nervosa; avevo iniziato a
giocherellare con una ciocca di capelli attorcigliandomela
compulsivamente al dito.
Lo
guardavo... Sembrava dormire, di un sonno sereno, beato, un sonno senza
sogni. Il viso completamente disteso e rilassato metteva in risalto la
linea perfetta della mascella, che decisa, marcava i suoi splendidi
tratti indiani e raccoglieva le carnose labbra,
così piene di quelle parole che forse non avrebbe
più pronunciato. Chissà com'era il suono della
voce che custodivano... Desiderai ardentemente di poterne apprezzare la
melodia... Ma chi era questo ragazzo? Chi? Lui, che con la sola
presenza era in grado di farmi sperimentare e desiderare cose mai
pensate prima. Chi? Lui, capace di farmi sentire così bene e
a casa come mai lo ero stata. Forse, non l'avrei mai saputo.
«
Sai... Non è mio solito parlare con le persone, specialmente
se moribonde e allungate come te... Anche se, effettivamente, ora che
ci penso, non ho mai parlato con anima viva in vita mia... Dici che ti
posso considerare tra le anime vive? Saresti il primo! » ma
che cavolo stavo dicendo? Da quando ero diventata così
logorroica?
«
Io sono Bella, è così che mi chiamano tutti,
anche se il mio vero nome è Isabella, ma il
diminutivo sinceramente non mi dispiace; Isabella sa troppo di brava
ragazza sofisticata ed io non lo sono... » dissi sorridendo e
mordicchiandomi le labbra nervosamente.
«
Ci somigliamo io e te sai?... O almeno credo che sia così
» e la consapevolezza di essere di nuovo sola una volta
uscita da lì mi si parò davanti, chiara e amara
quanto mai la verità poteva essere... Sola... Di nuovo la
mia debolezza si faceva largo tra quella che credevo fosse un
inespugnabile corazza che con gli anni avevo costruito. Non potevo
permetterlo, una volta fuori o io non avrei avuto pietà del
mondo, o il mondo non avrebbe avuto pietà di me e mi avrebbe
schiacciata, come si fa con quegli schifosi ed odiosi scarafaggi. E' la
legge della strada, e poi... Una volta fuori, avrei dovuto
decidere...
Mi
alzai in piedi di scatto e chiusi gli occhi in due fessure, ritrovando
la ragazzaccia di strada che per tanti anni ero stata. Basta parole
dolci, basta lacrime, basta discorsi moralistici, basta tutto! Abbassai
lo sguardo e mi diressi a passi pesanti verso la porta, poi senza
voltarmi lo salutai, non so per quale motivo, ma dovevo!
«
Ciao J.! Stammi bene! » ghignai e ruotai il capo per vederlo
un ultima volta « Si insomma... per quanto possibile!
» e con quel sorriso beffardo fuggii via correndo.
Firmare
stupide scartoffie era l'ultima cosa che avrei voluto fare. Carlisle se
ne sarebbe uscito con altri paroloni per abbindolarmi, non ci sarebbe
più riuscito, chiaro, ma era sempre meglio evitare
d'incontrarlo. Bella oramai, era tornata quella di sempre.
Eccola
lì, di nuovo di fronte a me la città
più ricca e misera del mondo. Non mi era mancata affatto!
Il
sole spiccava alto nel cielo, ed anche se era solo prima mattina l'aria
era umida e afosa, quasi irrespirabile! Compresi il perché
di quel capellino, effettivamente ce n'era proprio bisogno; era l'unica
cosa che avevo portato con me, la valigia era rimasta nella camera
dell'ospedale. Che cazzo me ne fottevo! Era comunque roba troppo
delicata per i miei gusti, non appena possibile avrei dovuto cercare
qualcosa che mi si addicesse di più.
Camminai
a vuoto a lungo, non sapevo dove andare, di tornare da quei due esseri
viscidi non ne avevo nessuna intenzione, li avrei pestati a sangue se
solo li avessi visti.
Giunsi
ai cancelli del Beverly Garden Park e la prima cosa che mi venne in
mente fu che lì vidi Edward per la prima volta. Cazzo Bella!
Quel damerino ti ha fottuto proprio il cervello! Scossi la testa per
allontanare quel pensiero assurdo che m' era appena balenato; presi il
capellino dal passante dei pantaloni , l'indossai e abbassai la visiera
fino a coprire del tutto il viso, in modo che nessuno potesse guardarmi
negli occhi, poi con il capo chino mi diressi verso l'albero che, un
tempo, ero solita occupare.
L'ombra
delle sue foglie riparava e dava un piacevole refrigerio, l'ideale per
riposare un po', dopotutto non avevo dormito per niente quest'ultima
notte. Ero stata troppo occupata a pensare alle belle parolone del
dottorino biondo, e dire che le avevo anche prese in
considerazione! Come potevo sperare di costruirmi una vita? Di poter
risalire dal profondo e cancellare il passato? Il passato era la mia
quotidiana verità, non potevo conviverci ancora...
sarebbe stata un'inutile sofferenza. Non ne valeva la pena...
Sorrisi
amaramente ed impedii a quell'unica lacrima di uscire, l'avevo promesso
a me stessa... Niente più lacrime. Nessuno ne avrebbe
versate per me, quale diritto avevo di versarle io per me stessa?
Mi
coprii totalmente il viso con il cappellino, chiusi gli occhi ed
allungai le gambe sull'erba, una bella dormita era quello che ci voleva
per far si che il giorno non sembrasse eterno e la notte giungesse in
mio aiuto.
Oggi...
Bella
aveva fatto la sua scelta, la meno dolorosa, la più
semplice, la più ignobile e la più codarda.
Quella
di andare.
Pov
Edward
La
stavo aspettando poggiato alla porta della sua stanza, doveva tornare
per firmare i documenti delle dimissioni e per riprendere il suo
piccolo bagaglio.
Avevo
ardentemente sperato che lo facesse, che firmasse quelle carte e
salutasse calorosamente Carlisle, che scambiasse un ultima risata di
gioia con la sua infermiera e che poi, con quel suo sorriso radioso, si
voltasse verso di me dicendomi :
«
Sono pronta Edward, ce la posso fare! » , ma sapevo che non
sarebbe più tornata.
Aveva
appena fatto la sua scelta e non era quella che avevo
sperato. Me lo sarei dovuto aspettare dopotutto, lei
mi aveva avvertito del caratterino di Bella... Si somigliavano
più di quanto credesse.
Avrei
dovuto sapere che non erano sufficienti così pochi giorni
per cambiare una vita, eppure, a me, era bastato un solo
istante. Una piccolissima frazione di secondo.
Sospirai
stanco, erano giorni che non dormivo, oramai lo facevo davvero di rado.
Dovevo vegliare sulla mia piccola donnina ribelle, ma dall'animo tenero
e l'avrei fatto fino alla fine. Lo dovevo a Bella, ma soprattutto, lo
dovevo a lei...
Come
avrei voluto rendere tutto più semplice! Poterla prendere
per mano e farle scoprire quanto bella può essere la vita,
quante esperienze incantevoli si possono fare e quanti posti
magnifici il mondo raccoglie. Le avrei mostrato quanto è
bello apprezzare i piccoli gesti della vita, sono i più bei
doni che un uomo possa ricevere e i più nobili che ognuno
possa compiere.
Le
avrei fatto apprezzare il calore che le persone possono infondere con
la loro amicizia, quella vera, semplice e limpida, ed infine, l'avrei
fatta sentire amata, come nessun altro su questa terra. Le avrei fatto
conoscere l'amore vero.
Le
avrei dato tutto quello che aveva sempre desiderato, una
vita! Eppure, non potevo.
Era
una sua scelta, ed io non potevo interferire. Potevo solo stare a
guardare e magari giocare sporco di tanto in tanto.
«
Buongiorno Edward, hai per caso visto Bella qui in giro? Doveva venire
a firmare i moduli della dimissione già un bel po' di tempo
fa » Carlisle... avevo riposto molte speranze nelle
sue parole. Era un uomo buono e saggio come pochi ne sono rimasti, ma
Bella si era rivelata più cocciuta del previsto.
«
Buongiorno anche a te Carlisle » dissi sorridendo «
La stavo aspettando anche io a dire il vero, ma credo proprio che non
verrà... ». Mi guardò perplesso, poi
vidi comparire sul suo viso un espressione triste ed amareggiata.
«
Avrei dovuto immaginarlo, sono tre ore che l'aspetto...
»
«
Non fartene una colpa Carlisle, hai fatto tutto quello che potevi, le
hai salvato la vita, ed hai cercato di indicarle la strada giusta, mi
ha parlato di quello che vi siete detti; è più di
quello che chiunque altro avrebbe fatto per lei »
cercai di rincuorarlo, infondo era la verità.
«
Non quanto quello che stai cercando di fare tu mi pare »
esordì scrutandomi con sguardo indagatore.
«
Non è la stessa cosa Carlisle, per me è diverso
».
«
Tu nemmeno la conosci Edward, perché ci tieni tanto a lei?
».
«
E' una storia troppo lunga... » scrollai le spalle, era
giunto il momento di andare via « A presto Carlisle, e grazie
di tutto » e così dicendo me ne andai.
Camminare
per le strade affollate di Los Angeles sotto il sole cocente non era
esattamente la mia massima aspirazione, chissà se anche
questo sarebbe valso nel conteggio finale una volta finito tutto, ma
per Bella avrei camminato anche sulle acque se fosse stato necessario.
Potevo
immaginare dove fosse, erano veramente pochi i posti che era solita
frequentare e dato che a priori escludevo il suo ritorno dai suoi due "
amici" ed ero anche andato a controllare sulle rive dell'oceano, mi
rimaneva solo uno posto dove cercarla: Il Beverly Garden Park, in
genere le piaceva stare lì a fissare e disprezzare tutta la
gente che le passava accanto, ed infatti...
Era
poggiata con le spalle al tronco di un albero, il viso tutto coperto
dalla visiera di un cappellino, le braccia incrociate al petto e le
gambe anch'esse rannicchiate, era così piccola.
Lentamente
mi avvicinai, lasciando giusto una manciata di centimetri di distanza
tra me e lei. M'inginocchiai, ma non si mosse. Possibile che stesse
dormendo?
Sorrisi
divertito; quello che stavo per fare forse l'avrebbe fatta arrabbiare
come una iena, ma tanto stavo infrangendo tutte le regole oramai,
speravo solo di non andare all'inferno per questo!
Presi
il cappellino e glielo sfilai velocemente, scrollandole la testa,
poi lo indossai. Di scatto aprì gli occhi, ancora
rossi per il sonno, e notai in un primo momento tutto il suo
disorientamento vedendo qualcuno a così poca
distanza da lei, se si fosse sbilanciata anche solo di un
paio di centimetri mi avrebbe baciato, ed io non mi sarei
mosso nemmeno di un millimetro ovviamente, poi vidi fluire nei suoi
occhi una rabbia cieca. Era veramente adorabile, quasi quasi mi veniva
da scattarle una foto, ma poi all'altro mondo mi ci avrebbe mandato lei
e prima del previsto! Meglio non istigarla troppo.
«
Tuuuu! » sputò rabbiosa e con gli occhi
fuori dalle orbite.
«
Mi chiamo Edward nel caso te lo fossi dimenticato » dissi
sfoderando il mio sorriso sghembo. Lei
mi aveva consigliato di usarlo come arma ammaliatrice di tanto intanto,
poiché affermava che se faceva effetto su di lei,
sicuramente lo avrebbe fatto anche a Bella.
«
Che cazzo ci fai tu qui? » forse non tanto in questo momento.
«
Mh, dunque vediamo, mi pare che questo sia un parco pubblico, quindi...
si! Ero giusto venuto a fare una passeggiata e toh! Guarda un po' chi
mi ritrovo lungo il cammino?! Sembra destino che le nostre strade si
incrocino così spesso non trovi? » ed ancora un
altro sorriso sghembo, questa volta ancora più spudorato.
Ma
parve non sortire alcun effetto.
«
Togliti immediatamente via dalle palle! Sparisci! O giuro che ti faccio
rimpiangere il giorno in cui sei nato, sono stata chiara? »
il suo viso era un misto tra il rosso porpora e il viola, la trovavo
semplicemente adorabile. Era bella anche da arrabbiata.
«
Mia cara Isabella se solo tu sapessi quanto è lontano il
giorno della mia nascita dalla realtà, ti spaventeresti
» e scoppiai a ridere. Questo gioco iniziava a piacermi!
Con
un gesto fulmineo ed inaspettato mi afferrò per il colletto
della camicia, tirandomi ancora più vicino al suo
incantevole volto.
«
Adesso stammi bene a sentire tu, fottuto damerino che non sei altro,
hai tre secondi per alzarti, sparire dalla mia vista, dartela a gambe e
fare in modo che le nostre strade non si incrocino più,o non
rispondo più delle mie azioni, hai capito? »
sputò via quelle parole come se stesse sputando veleno, gli
occhi chiusi in due minuscole fessure.
«
Tutto questo è compreso nei tre secondi? » ed
allora vidi la sua mano contratta in un pugno avvicinarsi
pericolosamente al mio viso, la bloccai giusto in tempo, o sarebbe
stata capace di rompermi qualche dente. Sarei stato l'unico del mio
genere senza denti, bella figura ci avrei fatto!
Mi
resi conto di quanto i nostri visi fossero vicini a toccarsi, bastava
anche un semplice spostamento millimetrico, e con una naturalezza che
credevo non mi appartenesse più da molto tempo, la baciai.
Non
seppi resistere alla tentazione delle sue labbra così vicine
alle mie, al loro dolce richiamo; una piccola e dolce carezza poggiata
sui boccioli rosei del suo viso.
Mi
guardò sconcertata, lo sguardo puntato nel mio, e in quel
breve attimo, rividi nei suoi occhi caldi e lucenti, quella ragazzina
felice del giorno precedente, quando, al nido, davanti a quel batuffolo
bruno avvolto in mille coperte, sorrideva beata e serena, sognando
sogni grandi.
Guardarla
così, quando scopriva tutta la sua
fragilità, faceva quasi male. Poi... "Sbam!" una sonora
cinquina mi colpì in pieno il viso. Questa si che faceva
veramente male!
«
Ehi, ahia! Mi hai fatto male, ma che modi sono questi! » mi
lagnai massaggiando con la mano la guancia sinistra.
«
Come ti sei permesso stronzo? Sparisci prima che ti dia il resto!
» e va bene, voleva giocare pesante, benissimo! Non mi sarei
tirato indietro!
«
Prima di tutto non sono uno stronzo! Se qui c'è qualcuno che
lo è sul serio quella sei tu cara la mia Isabella,
che hai cercato di toglierti la vita con la speranza di porre fine a
tutte le tue sofferenze! Beh lascia che ti dica una cosa carina, non
è così che funziona! Tutto quello che fai, tutte
le tue scelte, si ripercuoteranno sempre su di te! Non puoi fuggire
Bella, alla fine il conto lo si paga sempre o in un modo o nell'altro!
» avevo alzato la voce abbastanza da fare in modo che nel
raggio di cinquanta metri, tutta la gente fosse rivolta verso di noi a
fissarci.
«
Ma cosa stai dicendo eh? Cosa ne vuoi sapere tu, che te ne vai in giro
con i tuoi bei vestiti tutti firmati, allegro e felice, che ne sai tu
la vita vera cosa è?! Tu non hai ide... »
«
Non venirmi a dire che io non ho idea di che cosa si la vita Bella, non
ci provare nemmeno! Ogni giorno faccio i conti con la realtà
e con gli errori che ho fatto! Non puoi giudicare le persone in base a
come vestono e altre cose altrettanto stupide! Tutti affrontano le loro
disgrazie ogni giorno, si svegliano la mattina esattamente come te e si
trovano davanti la loro realtà. Non guardare le apparenze
Bella, la vita non fa sconti a nessuno, sappilo! Affronta la tua vita,
non sfuggirle, perderesti comunque! ».
Forse
avevo esagerato troppo, mi pentii immediatamente di aver alzato
così tanto la voce quando vidi piccole gocce di cristallo
fare capolino sul taglio dei suoi occhi.
La
terra stava piangendo.
E
fu straziante stare li, ancora una volta, ed assistere ad un simile
sacrilegio.
Si
alzò anche lei, fulminea, scattante, facendo fluttuare i
suoi mordi boccoli, che leggeri si posavano sulle spalle minute.
Cercò di scappare via dal mostro che ancora una volta era
stato in grado di farla piangere, ma prima che potesse fuggire l'
afferrai per un braccio.
Mi
guardava, ma non riusciva a parlare, troppo era il suo odio e il
disprezzo verso se stessa e verso di me.
Con
la stretta ben salda m'avvicinai a lei.
«
Non te lo lascerò fare un’altra volta, non te lo
permetterò ... » la voce era un sussurro, poi un
sospiro profondo « Resta Bella... Resta! ».
Angolo
autrici : allora.....vi è piaciuto? speriamo di si
ma soprattutto....... PER FAVORE RECENSITE!
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