My Miracle - by Roberta87 & Kikagen

di Roberta87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1 - Destini ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2 - Sopravvivere ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3 - L'Oceano ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4 - Morire ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 5 - Grido ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 6 - Emozioni ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 7 - Doni - parte prima 'La vita' ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 7 - Doni - parte seconda 'Anime affini' ***
Capitolo 10: *** AVVISO! Buone Vacanze!!! ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 8 - Decisioni ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


Salve a tutti ragazzi!!! Questa FF è il frutto della collaborazione tra me (Roberta87) e Kikagen.
Come avete potuto leggere nella trama , i nostri Bella ed Edward sono estrapolati dalla saga,e dei loro "alter-ego" portano ancora solo i nomi e l'aspetto.
Speriamo che possa piacervi, vi lasciamo al prologo e......aspettiamo commenti!!!!

PROLOGO


Lo guardavo beata della sua bellezza.
I miei occhi non riuscivano a contenere tanta perfezione, forse non erano in grado nemmeno di catturarne a pieno ogni particolare.
I lineamenti del suo volto erano degni del pennello del più grande pittore mai esistito,erano talmente armoniosi da non sembrare veri.
 Quel viso non mi sembrava mai reale…..a dire il vero,tutto il mio passato non mi sembrava reale,tutte le sciocchezze fatte,tutta la mia incoscienza,la mia sregolatezza,i miei errori,i miei peccati.
Come potevo non accorgermi di ciò che stavo facendo?
Perché mi ero ridotta in quel modo? .
Tutte domande alle quali non avrei mai trovato risposta suppongo.
Ma l’importante era avere lui al mio fianco adesso.
L’importante era godere di ogni ultimo , piccolo , attimo della nostra unione , che sapevo presto , in un modo o in un altro,stava per terminare.
Mentre,ancora addormentato,lo ammiravo , gli passai una mano tra i folti capelli spettinati.
Ero stata proprio un’idiota!
Avevo sprecato tutto quel tempo a farmi del male e ad allontanarlo dalla mia vita….senza rendermi conto di quanto fosse unico,di quanto fosse speciale.
Avvicinai il mio viso al suo collo, annusai il dolce profumo della sua pelle : zucchero filato.
Chi sa se avevano tutti lo stesso odore?
Non volevo svegliarlo,non volevo farlo mai , ogni mattina avrebbe potuto essere l’ultima…ed io avrei dato la mia stessa vita per farlo restare con me , per far si che continuasse a proteggermi dopo avermi salvata dall’inferno.
Così, delicatamente avvicinai le mie labbra al suo orecchio e gli sussurrai..
“Grazie Edward…”
Grazie non sarebbe mai stato abbastanza per lui,che era il mio miracolo.

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 1 - Destini ***


Salve a tutti ! siamo sempre noi!!! la mia socia Kika ha insistito perkè io postassi almeno il primo capitolo....e quindi eccolo qui!!!
ASPETTIAMO CON ANSIA I VOSTRI COMMENTI !!!
Nel frattempo ringraziamo tutti quelli che hanno già notato la nostra storia.

Grazie a chi l'ha messa tra le preferite :
1) - _B3lla_Swan_

Grazie a chi l'ha messa tra le seguite :
1 - acqua1879 
2 - ampollina91 
3 - eMiLy BlOoD 
4 - nica89 
5 - _B3lla_Swan_ 


COPERTINA MY MIRACLE

CAPITOLO 1 – “Destini

POV   Bella.

Ero tutta sudata ed avevo un caldo afoso appiccicato addosso,mi mancava l’aria.
Sentivo ogni parte del corpo intorpidita,come se non mi appartenesse,ma soprattutto , avevo la testa in fiamme.
Svegliarmi con la sensazione che mi stesse per esplodere il cranio era una schifosa costante della mia squallida vita.
Distesa , a faccia in giù sull’erba , pensai che forse togliermi il cappuccio mi avrebbe aiutato a respirare meglio.
Sollevai una mano senza sapere bene come muoverla per arrivare a toccare la testa.
Dopo un paio di tentativi andati a vuoto riuscii a trovare la parte del corpo che stavo cercando,e con un gesto trascinato mi tolsi il cappuccio.
Insieme all’aria calda , arrivò a schiaffeggiarmi sul viso anche una potente e fastidiosissima luce , che riusciva ad accecarmi anche attraverso le palpebre.
Tentai di aprire gli occhi un paio di volte per rendermi conto di dove fossi finita quella notte.
Al quinto tentativo,quando la luce mi sembrò leggermente più sopportabile,le palpebre si dischiusero permettendomi di dare una sbirciatina.
La prima cosa che vidi fu una maglietta nera a pochi centimetri dal mio viso.
Quella prospettiva non mi avrebbe di certo aiutata ad orientarmi.
Così , recuperando un po’ di forze , e tentando di riprendere il controllo del mio corpo,cercai di mettermi seduta.
Fu molto difficile,ma alla fine,dopo un po’ di sbandamenti ci riuscii.
La testa , oltre al fatto che sembrasse in fiamme, aveva iniziato a girare vorticosamente.
Incrociai le gambe,poggiai i gomiti sulle ginocchia e mi presi la fronte tra le mani stringendola forte.
Credo che stetti in quella posizione almeno una decina di minuti ,ma alla fine parve che il mio cervello volesse iniziare a collaborare.
 Sollevai la testa dalle mani e mentre mi sbottonavo la felpa per toglierla,diedi un’occhiata intorno.
La maglietta nera che avevo visto prima era di Jess, accasciata di fianco a me in una posizione innaturale era ancora priva di sensi.
Lo stesso valeva per gli altri quattro ragazzi sparpagliati intorno a noi.
Quei cinque ,sbandati , esseri erano la mia sottospecie di famiglia.
Non credo si possa definire “famiglia” un gruppo di semi-sconosciuti con i quali condividi l’alcool , la droga,una topaia ,e a volte anche il sesso.
Ma era tutto ciò che avevo.
Posai la felpa accanto alle gambe , e abbassando lo sguardo vidi la canotta logora che avevo indosso macchiata di vomito.
Un souvenir dell’ennesima notte passata a sbronzarci….non ero nemmeno sicura che fosse mio.
Diedi un’occhiata in giro per cercare di capire finalmente dove fossi.
Il prato tagliato perfettamente , le palme , il rumore del mare , ed una sculettante troietta bionda che faceva Jogging nella sua tutina firmata mi aiutarono a ricordare : Beverly Gardens Park .
Evidentemente anche la sera prima avevamo deciso di vagare per quello che era uno dei più grandi parchi di tutta Los Angeles , magari con l’intenzione di prendere per il culo qualche fighetto figlio di papà del posto.
La biondina , con tanto di i-pod nelle orecchie , mi guardava schifata ed indignata.
Pensai bene di darle il buongiorno con il dito medio della mano destra.
Di tutta risposta,le si dipinse un’espressione offesa in volto,e corse via più veloce.
Sorrisi divertita .
Bastava sempre pochissimo per “oltraggiare” quelle bamboline tutte rifatte e il loro mondo patinato.
Me la immaginavo già intenta a raccontare sdegnata l’orribile affronto che le avevo fatto alle amiche oche come lei.
Mi facevano una gran pena rinchiuse nelle loro vite dorate e finte.
Non avevano idea di cose fosse la vita vera , di quanto in realtà facesse schifo il mondo.
Nelle loro immense ville non arrivava mai la puzza di stantio mista alla polvere tipica delle topaie dove vivevano i ragazzi come me .
 Come noi.
Già perché io dovevo ritenermi quasi fortunata per il fatto che avessi cinque compagni con i quali condividere le mie disgrazie.
In genere di giorno non restavamo mai tutti insieme,ognuno prendeva la propria strada , per poi rincontrarci di notte per strada o in quella topaia di garage abbandonato che era diventata una specie di casa.
C’era da dire che , non eravamo sempre gli stessi.
A volte qualcuno spariva per non farsi rivedere mai più , talvolta altri andavano via per mesi per poi ritornare.
Nell’ultimo mese però eravamo stati sempre in 6 : io , Jess (avrà avuto circa 17 anni,occhi blu e capelli neri) , Angie ( una bionda rinsecchita dall’età indecifrabile) , Rudy (il più grande tra noi , ci insegnava sempre qualche nuovo trucchetto per racimolare qualche dollaro) , Paul (un bel ragazzo alto dai capelli corvini lunghi) , e Mike ( tossicodipendente fuggito di casa qualche mese prima).
 Proprio con Mike ultimamente avevo avuto dei problemi,da quando mi aveva raccontato la sua storia una notte , ispirato evidentemente dalla strisciata di coca di quella sera.
Mi ero incazzata con lui .
Come poteva aver abbandonato la sua famiglia ?
Nessuno di noi altri ne aveva mai avuta una , e lui invece mandava a fanculo la sua??.
Il ricordo di quella notte  mi bruciava ancora dentro.
Non riuscivo a smettere di pensare a come sarebbe stata diversa la mia vita se lei fosse stata viva.
Se lei fosse riuscita a cavarsela quella notte.
Se la mia giovane madre non fosse morta lasciandomi sola al mondo quando ero ancora una bambina.
Scacciai ancora una volta dalla testa quei pensieri che mi laceravano dentro.
Pian piano stavo riacquisendo la sensibilità in tutto il corpo,e cominciavo a sentire la fastidiosa sensazione della bocca impastata e secca.
Avevo bisogno di bere.
Mi guardai intorno in cerca di una fontana o di qualsiasi altra cosa che potesse contenere dell’acqua.
Vidi quello che stavo cercando una ventina di metri dietro di noi , una zampillante fontanina fra due piccoli sentieri del parco.
Insieme all’oggetto del mio desiderio però , vidi anche un ragazzo.
Un ragazzo bellissimo vestito di tutto punto se ne stava poco lontano dalla fontana , in piedi , a guardarmi.
«Benone!»  pensai ,
« Un altro stronzo damerino che si gode lo spettacolo».
Stavo per dargli lo stesso saluto della bionda di prima , quando si voltò di spalle e se ne andò.
Doveva essere bastato il mio sguardo carico di odio.
Decisi che per quella mattina gli sguardi di disprezzo dei ricconi di Beverly Hills mi erano bastati ed avanzati.
Così mi alzai in piedi , raccolsi la felpa che legai in vita , e scavalcando la mia disgraziata compagnia mi incamminai verso un’altra giornata alla quale sopravvivere.




POV    Edward.


Los Angeles in giugno era una caldaia rovente ed asfissiante.
Soprattutto in centro.
Hollywood quella mattina sembrava un inferno.
Tutti che correvano freneticamente , a volte anche spintonandosi e rivolgendosi agli altri con toni poco garbati dovuti all’esasperazione per il troppo caldo.
Non riuscivo più a sopportare tutto quel trambusto , così decisi che una bella passeggiata in riva all’oceano era la cosa migliore da fare.
Presi al volo un bus che mi lasciò nella ricchissima Beverly Hills.
Quella strada era sempre stata troppo pomposa per i miei gusti.
Attraversai , mi diressi verso la sabbia luccicante , e una volta raggiunta mi sfilai le scarpe incamminandomi verso la riva.
Passeggiai a lungo percorrendo su e giù sempre lo stesso tratto di bagnasciuga , fin quando nemmeno la piacevole brezza oceanica riuscì più a farmi sentire rinfrescato.
Mi tolsi la giacca beige e la poggiai dietro la schiena,mantenendola solo con un dito , rimanendo in camicia.
Raccolsi le scarpe e mi ricordai che nelle vicinanze sorgeva un parco immenso , dove di sicuro avrei trovato il refrigerio che tutti cercavano.
A cinque minuti di cammino dall’affollata spiaggia sorgeva il rigoglioso  Beverly Gardens Park nel quale passeggiavo da una buona mezz’ora ormai.
Le alte palme e la ridente vegetazione donavano a quel posto qualche grado in meno rispetto a tutta la città.
Ed io mi stavo godendo a pieno quel briciolo di frescura tanto agognato mentre mi dirigevo verso una piccola e zampillante fontanina lungo i sentieri del parco.
Fu allora che la vidi per la prima volta.
Di spalle , era uno scricciolo spettinato e si era appena messa seduta con molta fatica.
Sembrava guardarsi intorno come per ricordarsi dove fosse.
Mi bastò un’occhiata ai vestiti logori e agli altri cinque ragazzi stesi intorno a lei per capire.
Quel quadretto mi era così vergognosamente familiare da farmi ancora male.
Conoscevo bene la sensazione di svegliarsi in un luogo sconosciuto, non ricordandosi nemmeno il perché o il come ci si trovasse lì.
 Era il ricordo di anni difficili e bui trascorsi ad ubriacarmi , spesso fino a perdere conoscenza.
Odiavo la sensazione di dipendenza che mi procurava l’alcool…..ma non potevo sfuggirgli,e negli ultimi periodi , nemmeno volevo.
Mentre mi perdevo nei ricordi del mio passato la vidi girarsi.
Rimasi stupito.
Nonostante fosse sporca e provata dalla vita che conduceva , era bellissima.
I capelli castani spettinati e rovinati , al sole rivelavano venature rossicce.
Ma ciò che mi catturò furono i suoi occhi : erano del color del cioccolato al latte.
Il paio di occhi più belli che avessi mai visto.
Mi si strinse il cuore nel vederli velati da una infinita tristezza che li rendeva quasi spenti.
Quegli occhi , ne ero certo , se avessero potuto risplendere sereni , sarebbero stati più luminosi delle stelle.
Ero completamente rapito dagli occhi e dalla bellezza ribelle di quella ragazza quando si accorse di me.
Sussultai nel momento in cui mi resi conto che mi aveva sorpreso a fissarla.
Lei mi guardava lanciandomi un messaggio pieno d’odio che colsi immediatamente,ed ebbi la sensazione che stesse per muoversi .
 Così , svelto , mi voltai dandole le spalle e mi allontanai.
Avevo negli occhi l’immagine di quella meravigliosa creatura che si stava distruggendo da sola ,  mentre pensavo a quando sarei entrato ancora una volta nella sua vita.
A quando avrei giocato per la seconda volta con i fili del suo destino……probabilmente, sconvolgendole nuovamente l’esistenza.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 2 - Sopravvivere ***


Salve ragazze!! La mia socia è un'azzardosa, mi ha detto "Giochiamocela tutta!!"...cioè vi rendete conto che voleva farmi postare tutti e 3 capitoli insieme?? è pazzerella non fateci caso...ma siccome le voglio un gran bene , e non riesco a dirle di no....vi posto il secondo capitolo!!! hihihi !!!
Siamo felicissime per il seguito che abbiamo riscontrato in così poco tempo , ma saremmo ancora più felici se ci lasciaste qualche commentino.....Pleeeeaaseee *me che fa gli occhi dolci*

Ora passo ai ringraziamenti specifici,prima di tutto,chi ha commentato:
-_Miss_  : ti ringraziamo taaantissssimooooo per averci recensito!! GRAZIE!! Che dirti, si lo scenario è decisamente insolito,ma speriamo che sia proprio questo ad affascinarvi! Speriamo che continuerai a seguirci!! Un bacio grande!!

Grazie a chi ha inserito la nostra storia tra le preferite :
1- clakkycullen
2- _B3lla_Swan_
3- _Miss_

Grazie tante anche a chi l'ha inserita tra le seguite...wow,siete tantissimiii!!:
1 - acqua1879 
2 - aly12potter12 
3 - ampollina91 
4 - bambo898 

5 - eMiLy BlOoD 
6 - giagia5 
7 - IsTiLlLoVeYoU 
8 - kia 07

9 - Lizzie95 
10 - Moon Light 
11 - mux 
12 - nica89 
13 - Nicosia 
14 - Rumy 
15 - _B3lla_Swan_


ED ORA BANDO ALLE CIANCE ED ECCOVI IL SECONDO CAPITOLO!!

copertina my miracle

CAPITOLO 2  - “Sopravvivere


Pov Bella

Di mattina, il quartiere di Downtown ritornava ad essere sempre uno dei luoghi più affollati ed ambiti di questa falsa ed ipocrita città, un luogo, dove non c’era posto per tutta la gente come me.
Troppi turisti si affannavano a percorrere le famose Boulevard con la speranza di trovarvi le loro star.
Poveri idioti, anche se li avessero incontrati, sarebbero stati scansati come fossero la peggiore feccia della città, peggiori persino di me!
Mi aggiravo per le strade del quartiere barcollando, risentivo ancora della sbronza della sera precedente e lo stomaco iniziava a reclamare qualcosa che non fosse né vino, né birra, né superalcolici, ma con me, avevo solo un quarto di dollaro racimolato dai centesimi gettati nella fontana del parco.
Fanculo! Anche oggi, avrei trovato di sicuro qualche povero deficiente da derubare, niente di più divertente che vedere le facce da insulsi cretini quando si accorgono di aver perso il portafoglio.
Scesi le scale che portavano alla linea rossa della metropolitana, scavalcai con un salto il banco del ticket e presi la prima metro che mi passò d’avanti.
Era giusto l’orario in cui gli studenti andavano a scuola e gli operai a lavoro, di sicuro qualcuno al quale sfilare qualche dollaro l’avrei trovato.
Mi ero abituata da tempo agli sguardi disgustati della gente quando gli passavo accanto, ma bastava una mia occhiata truce per fargli abbassare la testa e rimetterli al loro posto.
Chi erano loro per permettersi di guardarmi con tanto disdegno?
Solo io avevo il diritto di odiarmi!
Iniziai a girovagare tra i vagoni, ma l’andatura della metro non mi aiutava di certo con la nausea che mi portavo appresso da quando mi ero svegliata , ed ogni tanto mi appoggiavo ad un palo per non cadere.
A pochi passi da me c’era un uomo sulla trentina che, mentre indietreggiava impercettibilmente, mi guardava allarmato, come se avesse paura che gli vomitassi addosso.
Sembrava ben vestito, con un cappotto lungo e nero dal quale s’intravedeva la piega di una giacca beige, una camicia bianca ed una cravatta marrone; i pantaloni erano in coordinato con la giacca.
Non aveva nemmeno un capello fuori posto e stringeva tra le mani una 24 ore di pelle marrone scuro.
Sarebbe potuto passare per un perfetto uomo d’affari se non l’avessero tradito le scarpe logore e rosicchiate lateralmente e i bordi delle maniche del cappotto completamente consumate.
In tutti questi anni avevo imparato a distinguere i veri dai falsi ricchi, senza contare che uno di loro non avrebbe mai preso la metropolitana.
Di sicuro quell’uomo, era un poveraccio che stava andando a fare qualche colloquio di lavoro con la speranza che vestito così avrebbe fatto colpo su uno di quei grandi uomini di mondo che si crogiolano nel loro sporco denaro.
Ma si! Sarebbe stato lui la mia vittima oggi, per lo meno ero sicura che avesse i soldi per i biglietti della metro, quelli come lui, anche se poveracci e miserabili, non prendevano mai la metro senza fare prima il biglietto, sarebbe stato uno smacco se così apparentemente ben vestiti l’avessero beccati senza a bordo.
Perciò, ripresi a camminare nella sua direzione, questa volta barcollando più esageratamente e vidi il suo sguardo aprirsi in una smorfia di disgusto ed il naso arricciarsi al sentore del mio odore.
Di sicuro non era dei migliori, avevo addosso il vomito di non so chi ed ero completamente sporca di terra bagnata.
Sorrisi beffarda e con un finto inciampo mi gettai su di lui e mi aggrappai al suo cappotto.
Il suo ribrezzo verso di me allora fu totale.
“ Ehi tu, schifosa ragazzina! Allontanati da me e ritorna nello squallore da dove provieni!”
E così dicendo mi strattonò, ma non abbastanza per staccarmi da lui.
Voleva proprio fingere di essere quello che non era, serpente infido!
Lo guardai con tutto l’odio e il disprezzo che ero in grado di provare.
“ Tu non sei così lontano da me schifoso bastardo!” sibilai tra i denti, poi mi staccai da lui, ma non prima di aver fatto giungere la mia minuta mano nella tasca del soprabito per sfilargli il portafoglio , e non appena le porte della metro si aprirono alla nuova fermata, scesi di corsa.
Con i quattro dollari che c’erano nel portafoglio riuscii a comprare un fiaschetto di vino rosso e un hot dog ad un chiosco vicino all’uscita della metro.
Non ero stata attenta a quale fermata fossi scesa, ma alzando il capo mi accorsi che dappertutto avrei voluto essere tranne che lì!
Il bello di Los Angeles era che poteva farti sentire, a distanza di pochi isolati, o nelle beatitudini del paradiso, tra le ricche ed esclusive strade di Holliwood, Santa Monica, Beverly Hills, o dritta nella bocca dell’inferno, per i quartieri più sudici e squallidi che potessero esistere, Inglewood, Compton, Downtown di notte, esattamente lì, dov’ era il mio posto.
Ed ora essere così vicina all’ingresso di Bel-air, tempio della bella vita mondana e del lusso più sfrenato mi ricordava chi ero e chi non sarei mai potuta essere.
Perciò ritornai nel mio garage, erano quasi quattro giorni che ci mancavo.
Si trovava in uno dei vicoli più bui e stretti della periferia di Downtown, era una piccola topaia abbandonata, così orrenda e squallida che i vecchi abitanti avevano preferito andarsene.
Ma sia io, che i miei momentanei compagni di avventura, non ce ne curavamo più tanto,  era solo un posto dove ritrovarsi per impadronirci di quello che ci spettava di diritto.
Il quartiere di notte era nostro!  
Il più delle volte, se esageravamo con l’alcool o con le droghe e ci lasciavamo andare un po’ troppo, andavamo a finire dritti in gatta buia, ma dopo un po’ di tempo anche la LAPD aveva rinunciato a perseguitarci, non si può pretendere di addomesticare dei randagi.
Prima di fare ritorno, vagai per interminabili ore all’interno della metro, senza un motivo, senza una meta, avevo solo voglia di starmene per i fatti miei e di aspettare che anche questo schifo di giornata finisse come tutte le altre, con una notte buia, che sapeva di sesso e di droga.
Perché la vita, dopo 18 anni, ancora non mi aveva dato un motivo valido per il quale valesse la pena vivere diversamente.
Non avevo nulla , e tutto ciò che mi era stato donato mi era stato portato via a solo un anno.
Fanculo alla vita!
Ma la sera era scesa e con lei m’incamminai verso casa, se così la si poteva definire.
Camminare per i vicoli bui oramai non mi spaventava più da quando avevo capito di essere io quella che la gente temeva d’incontrare, perciò vagavo tranquilla avvolta dall’oscurità che mi nascondeva agli occhi di chi mi odiava.
“ Ehi dolcezza? Vieni qui! Ho una cosetta che ti piacerà di sicuro” quella voce sgangherata e a singhiozzi proveniva dall’angolo del vicolo che stavo percorrendo.
Mi avvicinai per guardare meglio.
Era un ragazzo di circa venticinque anni e sventolava tra le mani una bottiglia di rum.
Era del tutto ubriaco e a giudicare dagli occhi si era appena fatto più di qualche strisciata di coca.
Aveva una lunga barba ed era se possibile più sporco di me.
Mi feci avanti sedendomi al suo fianco e lui mi porse la bottiglia che stringeva fiero tra le mani.
L’alcool che mi scendeva dalla gola allo stomaco provocava in me una bellissima sensazione.
Bruciavo!
E mi piaceva!
Ogni singola parte del mio corpo ardeva sotto l’effetto di quel liquido, chi aveva detto che bruciare fosse una sensazione così orribile e dolorosa?
Io non avrei voluto fare altro!
Mi faceva sentire viva!
Bevvi avida fino a che il ragazzo che mi stava accanto non mi strappò di mano la bottiglia, ne avevo scolata più della metà.
Mi prese violentemente per i capelli e mi portò sul suo viso per incominciare a baciarmi, ma cercai di opporre resistenza.
Aveva un sapore disgustoso, la sua bocca sapeva di birra mista a rum e vodka, ma soprattutto sapeva di marcio!
Di cosa mi meravigliavo, era questo tutto quello che la vita mi poteva offrire, marciume e squallore.
Nessun principe azzurro per il mio incubo, nessun lieto fine, nessuna favola, nessun bel ragazzo disposto ad amarmi.
In quel momento , lentamente ma con prepotenza, nella mia testa si insinuò un’immagine, un volto, il più bello che avessi mai visto e due occhi, i più lucenti che mai avessi guardato.
Il ragazzo che, nel parco questa mattina, era fermo vicino alla fontana intento a fissarmi.
Era di una bellezza stravolgente, un dio sceso in terra.
Los Angeles era piena di bei volti, ma tutti falsi, ricostruiti, ritoccati.
Quello di quel ragazzo era puro, immacolato di una bellezza assolutamente innaturale.
E quegli occhi così verdi e lucenti, da far sfigurare gli smeraldi più brillanti della terra.
Come potevo ricordarlo così bene se l’avevo guardato a malapena per un secondo?
Ma cosa importa!
Io ero ancora lì, intenta a dimenarmi e ad oppormi a quello sconosciuto e lui, lui non c’era ed i suoi occhi mai avrebbero brillato per me.
Vaffanculo alla vita di nuovo!
Alla mia vita!
Io ero questo ed altro non potevo aspettarmi!
Così, abbandonata, lasciai che le mie labbra assecondassero quelle dello sconosciuto, e che il mio corpo, fosse un giocattolo tra le sue mani per tutta la notte.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 3 - L'Oceano ***


 Buon pomeriggio ragazze!! Sono di nuovo qui....abbiamo deciso di postarvi il terzo capitolo. Per il momento è l'ultimo della nostra "riserva" quindi per il prossimo.....beh dovrete aspettare la socia , perchè così come io ho sudato per questo terzo , lei suderà e partorià il quarto!! XD

Siamo commosse dal seguito che sta avendo la nostra storia....noi la amiamo con tutto il cuore...ma davvero non ci aspettavamo così tanto in così poco tempo...GRAZIE!!


Abbiamo ricevuto con grande gioia i vostri commenti,e con lo stesso spirito vi rispondo:

@ Mux : siamo felici di conoscerti!! Su Edward sveleremo ogni cosa a suo tempo...penso sarai felice di sapere ke in questo capitolo c'è anche il suo POV alla fine!! Continua a seguirci e a commentare!! Grazie!!

@ eMiLy BlOoD : mamma mia che emozione!!! siamo davvero lusingate dei tuoi bellissimi complimenti! Grazie un milione di volte!!! Speriamo che anche questo capitolo possa piacerti!

@_Miss_ : Già....Bella ha una vita orribile,e mi dispiace dirti che forse in questo capitolo ti sembrerà anche peggio...perchè così sarà davvero. Per Edward.....beh ti svelo una cosa : nonostante anche qui ci sia un suo POV....nel prossimo capitolo sarà FONDAMENTALE. Quindi....spero che attenderai anche tu,con la mia stessa ansia,il capitolo della mia socia.


Ringraziamo voi che ci avete insierito tra i preferiti :
1 - clakkycullen 

2 - kikagen 
3 - _B3lla_Swan_ 
4 - _Miss_

Tante grazie anche a chi ci ha inserito tra le ricordate:
1- mau07
2- simo246

Ed anche un immenso grazie a chi segue la nostra FF :
1 - acqua1879 
2 - alexia__18 
3 - aly12potter12 
4 - ampollina91 
5 - bambo898 
6 - eMiLy BlOoD 
7 - giagia5 
8 - IsTiLlLoVeYoU 
9 - kay0 
10 - kia 07 

11 - Lizzie95 
12 - Moon Light 
13 - mux 
14 - nica89 
15 - Nicosia 
16 - Rumy 
17 - suxpicci_89 
18 - _B3lla_Swan_
 

 
Ora non mi resta che lasciarvi al terzo capitolo....spero davvero che possa piacervi e che commenterete numeroseeeeee!!!!


copertina

CAPITOLO 3 – “L’oceano



POV   Bella

Mi svegliai nella mia topaia.
Ero distesa sul materasso lurido che ero solita occupare.
Era nero dallo sporco , e aveva delle macchie accumulate nel tempo : alcune erano nere , altre gialle , alcune perfino rosse.
Il rosso del mio sangue,quello che ogni tanto mi capitava di ritrovare al mio risveglio dopo notti che non ricordavo nemmeno.
Poggiai la fronte al muro gelido ed ammuffito , non volevo voltarmi mai.
Ogni mattina non volevo voltarmi verso il resto di quello squallido garage.
Il mio materasso lercio e bucherellato occupava l’angolo in fondo a sinistra.
Lo avevo messo io lì , lo avevo trascinato la prima volta che avevo messo piede in quel postaccio.
Sentivo la necessità di avere un angolo tutto per me , un piccolissimo spazio che mi permettesse di isolarmi da tutto il resto dello schifo che mi circondava.
Ed era così ogni dannata mattina.
Quando aprivo gli occhi mi ritrovavo di fronte sempre lo stesso angolino , che tentava disperato di darmi la forza di iniziare una nuova giornata.
Sospirai e diedi un’occhiata alle mie condizioni.
Avevo ancora addosso la canotta del giorno prima , e poco sotto l’ombelico ero avvolta completamente dall’unico lenzuolo che avessi.
 Lo sollevai e diedi una sbirciatina : ero completamente nuda.
Non ricordai nulla del perché fossi svestita , ma non me ne preoccupai più di tanto , era una condizione quasi normale per i miei risvegli.
Lasciai che il lenzuolo stropicciato mi ricadesse nuovamente addosso e mi voltai per affrontare la realtà di quella giornata.
Accanto a me giaceva un ragazzo sporco e puzzolente.
I lineamenti del volto e la sua barba incolta non mi dicevano nulla.
Ma quando la sua bocca si aprì mollemente lasciando fuoriuscire uno sbuffo di aria marcia ricordai tutto.
La puzza del suo alito marcio , con ancora un sentore di rum e vodka , portò con se il ricordo di quell’ennesima notte di sesso brutale.
 Mi ero abbandonata a quel gioco duro e perverso con un perfetto sconosciuto ancora una volta.
Fortunatamente ero talmente sbronza da non ricordarne i particolari , perché fui sicura che se avessi avuto l’immagine di quelle mani incrostate sul mio corpo avrei vomitato.
Non che io fossi di molto più pulita di lui , ma almeno tentavo di mantenermi accettabile a livello umano.
Mentre quello che dormiva disteso sul mio materasso era più vicino ad uno stato animale.
Provai un immenso ribrezzo per me stessa.
Ma sapevo anche che tutto ciò che avevo , sarebbe stato ciò che avrei sempre avuto.
Quindi mi sollevai sul gomito sinistro e diedi un’occhiata in giro.
Jess dormiva sola sul suo materasso con in mano ancora la bottiglia di birra.
Mike era seduto di spalle nel suo angolino sul suo sacco a pelo , non seppi distinguere se fosse sveglio o ancora ubriaco dalla sera prima.
Non c’era nessun altro.
Meglio , avrei dato meno fastidio mentre cacciavo la bestia dal letto.
Mi misi seduta e gli diedi uno spintone

“Ehi , vedi di filare via” gli dissi disgustata.
Lui parve svegliarsi da un coma profondo , aprì appena gli occhi .
Erano rossi e dalle venature evidenti.
Non appena mi mise a fuoco aprì quella fogna che si ritrovava al posto della bocca in un sorriso compiaciuto , rivelando anche un paio di denti mancanti.

“Ciao zuccherino” mi rispose biascicando e allungando una mano verso il mio viso.
Non mi avrebbe toccata ancora.
Così gli diedi un ceffone sulla mano prima che potesse raggiungermi

“Non hai capito stronzo? Ho detto che devi sparire” alzando un po’ la voce
“Oh calmati puttanella. Cosa c’è non t’è piaciuto? O forse non sei ancora sazia? Vieni da papino che ti faccio vedere io…” mi disse con cattiveria allungandosi verso di me ed afferrandomi il polso sinistro.
Non avrei sopportato ulteriormente quel contatto , e gli sferrai un destro dritto sul naso.
Quando vivi per strada impari a difenderti da sola , ad ogni costo.
E’ necessario se non vuoi diventare carne da macello.

“Ahhh !! ma che cazzo fai??” gridò portandosi le mani luride al naso , svegliando Jess e destando Mike dal suo torpore.
“Che succede?” chiese incuriosita Jess
“Questo qui non voleva sparire , ma credo di avergli fatto cambiare idea” le risposi mentre lui ancora si contorceva sul materasso , lasciandovi cadere delle piccole goccioline di sangue.
“Stronzo sparisci!” gli gridò ridacchiando , le piaceva quando picchiavo qualcuno.
“Allora hai sentito?” gli gridai in faccia spingendolo giù dal materasso con un calcio
“Voi siete pazze !!” urlò da terra mentre tentava di rialzarsi , anche lui mezzo nudo.
Io e Jess ridemmo scambiandoci un’occhiata complice.
Quando il ragazzo si fu alzato fece per recuperare i pantaloni sporchi , ma io glieli strappai di mano lanciandoli a Mike

“Ehi ma che fai??”
“Prendila come una cauzione per averti lasciato dormire qui , bastardo” sibilai tra i denti con uno sguardo divertito
“E dovrei andarmene via nudo??” mi rispose ancora scioccato e sanguinante.
“Certo che no. Le tue schifose mutande puoi prendertele!” e gli risi in faccia con cattiveria.
Alla mia risata si unì quella di Jess e uno stordito Mike disse :
“Grazie Bells , ne avevo bisogno. E tu sparisci se non vuoi che ti rompa anche una gamba”
Il mal capitato ci guardò come se non avesse visto niente di più folle in vita sua , si infilò le mutande e scappò via bestemmiando.
 Mentre cercavo un paio di slip non troppo sporchi e un jeans nel mucchio dei miei abiti nel borsone ai piedi del materasso Mike mi disse :

“Ragazze oggi è venerdì , e tocca a voi.”
“Si me lo ricordo Mike , tra un po’ andiamo” gli risposi.
Mike si riferiva al fatto che ogni venerdì mettevamo insieme i soldi racimolati durante la settimana per comprare un po’ di coca per la serata.
Ogni settimana andavamo a comprarla in coppie diverse , per non farci beccare dalla LAPD , e quella volta toccava a me e a Jess.
Io non ero riuscita a mettere da parte nulla ma non lo dissi , sapevo benissimo che avrei trovato il modo per avere la mia dose.

“Jess , ce la fai?” le chiesi buttandole un occhio.
Era ancora riversa sul suo materasso con lo sguardo perso nel vuoto, e mi rispose con la bocca ancora impastata:
“Bells non adesso. Magari tra un paio d’ore”
“Meglio , così ho un po’ di tempo per fare un giro” avevo in mente un paio di cose per quella mattina
“I ragazzi tornano stasera, ma hanno lasciato la loro quota a me.” Si intromise Mike
“D’accordo Mike , li prendo quando torno per Jess” risposi uscendo dal garage.
Il caldo era già opprimente nonostante non fosse molto tardi.
Lo svegliarmi accanto a quella bestia mi aveva ricordato ciò che non volevo diventare.
Non volevo ridurmi come lui , e non perché mi importasse qualcosa della gente , ma perché volevo conservare ancora un briciolo di dignità.
Una dignità che non sapevo se mi venisse ancora concessa dal resto del mondo , ma io , nel mio intimo , ne avevo un disperato bisogno.
Giunsi alla metro e saltai sul primo treno per Venice Beach , il lungomare più famoso di tutta la California.
Lo si vedeva in ogni cartolina , in ogni film , in ogni video musicale.
Decisi di andare lì perché avrei trovato tutto quello di cui avevo bisogno quella mattina.
Lasciai il marciapiede dove si susseguivano negozi dagli abiti firmati per attraversare e giungere sulla pista ciclabile all’inizio della lunga spiaggia.
Ogni venerdì , ai bordi di quella lingua di asfalto , si spiegava un grande ed affollato mercatino.
Mi infilai tra la gente riuscendo a passare abbastanza inosservata, quel mercatino era frequentato da persone di ogni tipo : turisti , ragazzine del luogo con pochi soldi , signorine di alto borgo alla ricerca dell’abito “vintage” , curiosi , e anche molti ragazzi nullatenenti come me.
Giunta verso la metà del mercatino ero già riuscita a sfilare un paio di canotte da varie bancarelle senza che nessuno se ne accorgesse.
 Ero diventata un’esperta in tutti quegli anni di stenti.
Più avanti il mio “bottino” si era arricchito anche di 4 completi intimi, mi sarebbero bastati per tutto il mese forse.
Ero quasi giunta alla fine del mercatino quando una bancarella alla mia destra mi fece balenare in testa un’idea.
Era da un bel po’ che non lo facevo….decisi in meno di due secondi.
Dopo qualche minuto ero fuori dalla calca di acquirenti con un nuovo capo nascosto sotto la maglietta : un bikini fucsia con ghirigori in paillettes dello stesso colore.
Mi diressi spedita verso una delle cabine a metà spiaggia , ormai non riuscivo più ad aspettare.
Quasi non chiusi la porta nella fretta di indossarlo , poi presi i miei stracci e gli abiti appena rubati ed uscii.
Camminavo a passo svelto verso la riva , fremevo dall’impazienza.
Mentre camminavo tra i vacanzieri spaparanzati al sole sentivo i loro sguardi fissi su di me.
Diedi una rapida occhiata per controllare che non avessi nulla fuori posto : ero bianca come un’albina , e le uniche cose che mi scurivano un po’ erano le macchie di sudicio e sporco sparpagliate su tutto il corpo.
Capii immediatamente che fosse per quello che la gente mi guardava , e me ne fregai altamente.
Gli ultimi due metri che mi separavano dall’oceano li percorsi correndo , e poco prima di incontrare l’acqua gettai per terra gli abiti che avevo portato in braccio.
Due passi dopo l’acqua gelida e salata incontrò i miei piedi accaldati e sporchi.
Quel contatto liberò in me un’energia dimenticata e continuai a correre nonostante avessi già raggiunto la mia meta.
Corsi fin quando l’acqua non mi arrivò ai fianchi e poi mi tuffai.
L’oceano freddo mi avvolse tutta rendendomi sua prigioniera , ma dentro , nell’anima , mi sentii libera da tutto.
Immersa in quel mondo ovattato ero libera dalla mia vita , libera dai dolori , libera dalle sofferenze….ero come tutti gli altri.
Risalii in superficie solo quando iniziarono a farmi male i polmoni.
Mi guardai intorno e di tutti i ragazzi che erano in acqua nessuno di loro mi guardava , mi fissava , o peggio , mi disprezzava.
Ero come invisibile , ero perfettamente integrata e mescolata fra loro.
Nessuno avrebbe potuto distinguere quanto fossi diversa da chiunque altro su quella spiaggia.
Proprio per questo amavo l’oceano : mi rendeva libera ed invisibile.
Nuotai per un tempo che a me sembrò brevissimo , ma i dolori di stanchezza alle braccia e alle gambe mi suggerirono che forse non era così.
Era arrivato il momento di tornare con i piedi per terra e farmi disprezzare dal mondo intero.
Uscii dall’acqua con la consapevolezza di lasciarvi la mia anima , ancora una volta.
Mi rivolsi ad un ragazzo steso sul bagnasciuga:

“Scusami, mi diresti l’ora?” gli chiesi.
Lui mi squadrò da capo a piedi con una faccia da ebete e la bocca aperta.
Mi diedi un’occhiata veloce per capire cosa ci fosse che non andava , ma non vidi nulla , le macchie di sporco erano andate via tutte.
 Forse ero ancora troppo pallida.
Mentre stavo iniziando a vergognarmi del mio essere così poco vestita si decise a rispondermi:

“S-si certo. Sono le 12:30. Io sono Raul e….”
Cosa aveva intenzione di fare?
Io ero una barbona , bastava davvero così poco per nascondere la realtà?
Bastava davvero un bagno nell’oceano per rendermi una ragazza qualsiasi?
Quel povero stupido mi fece pena e glielo dissi :

“E io sono una barbona che ha appena rubato questo costume. Vuoi ancora uscire con me Raul?” gli chiesi mentre raccoglievo i miei stracci da terra.
Lui prima guardò loro , poi me , e il sorriso divertito sparì dal suo volto curato.
Si alzò e andò via , raggiungendo gli amici in acqua.
Mentre andavo via verso una cabina dove cambiarmi non mi curai delle risatine che provenivano da quegli idioti.
Avevo già spaccato un naso da quella mattina , e non mi andava di rifarlo.
Mi rivestii in fretta ed uscii dalla cabina.
Sfilai una busta poggiata accanto ad un asciugamano e gli posai i vestiti appena rubati all’interno,costume compreso , e mi avviai nuovamente verso la metro.

Arrivai al garage con i capelli ancora bagnati , che intanto erano divenuti più mossi del solito per colpa della salsedine.
“Cazzo, Bells! Io ti aspetto qui come una scema e tu fai la sirenetta?” mi disse acida Jess
“Ehi scusa! Ora muoviti” le feci cenno di sbrigarsi.
Ci incamminammo verso uno dei vicoli più sporchi e malfidati di tutta Downtown , lì avremmo trovato Boris , il nostro spacciatore di fiducia.
Boris era un immigrato clandestino dai capelli arancioni color carota , e nonostante fosse brutto era almeno sempre pulito e ben vestito.
Per quello non mi pesava più di tanto pagarlo in altri modi quando non avevo i soldi.

“Ragazze buongiorno!” ci salutò con il suo forte accento dell’est europa
“Ciao Boris” disse Jess , mentre io feci un semplice cenno con la testa.
“Venerdì eh? Vi do il solito?” e si guardò intorno circospetto abbassando la voce
“Si certo , eccoti i soldi” fece Jess scambiando i dollari con le bustine piccole e candide.
Boris li contò velocemente e poi fece una smorfia
“Jess , qui manca una quota. Non vorrai mica fregarmi eh ragazzina?” le disse in tono cattivo.
“N-no Boris. E’ la mia quota quella che manca” mi intromisi.
“Bells ancora?? Ma che cazzo! Io me la squaglio” e lanciandomi la mia bustina, Jess andò via.
“Bene bene…Bella. Come risolviamo?” mi disse Boris con un sorrisetto volgare stampato in faccia ed uno sguardo malizioso che valeva più di ogni discorso.
“Sta zitto!” sibilai tra i denti. Come se non sapesse come l’avrei ripagato
“Tu lo sai che sei molto fortunata? E te lo permetto soltanto perché sei la barbona più sexy che abbia mai incontrato” mi sussurrò avvicinandomi a sé e portando la mia mano nei suoi pantaloni.
Almeno quella mattina si sarebbe accontentato di poco.
Mentre il viscido Boris mi ansimava nell’orecchio mi voltai verso la strada per accertarmi che non ci fosse nessuno.
Fu solo per un istante , ma fui certa di vederlo : era lui , il ragazzo bellissimo del giorno prima.
Scomparve rapido dietro un angolo.
Cosa ci faceva uno come lui nel peggior vicolo di Downtown?
Dovevo seguirlo , avevo bisogno della certezza che non fossi impazzita.
Proprio in quel momento Boris gemette e si rilassò , io ringraziai il cielo per la fine di quella tortura , gli sfilai un fazzoletto dalla tasca e corsi via in direzione del punto in cui era sparito il ragazzo.
Il viscido mi urlò qualcosa ma non capii cosa volesse , ero intenta a scrutare ogni vicoletto circostante alla ricerca di lui.
Poi , di nuovo come successo prima , vidi un movimento alla mia destra , nel vicolo che conduceva ad una piazzetta sempre molto affollata.
Mi infilai correndo nel vicolo sperando di scorgere ancora il lungo trench estivo beige indossato dal ragazzo.
Nemmeno lì lo trovai , e con il cuore in gola continuai la mia corsa verso la piazza.
Mi guardavo intorno , immersa nella folla , alla ricerca di un qualcuno che forse esisteva solo nella mia immaginazione.
Se anche la mia visione fosse stata reale , in tutta quell’orda di persone non l’avrei mai potuto trovare.
Mi piegai , poggiai le mani sulle ginocchia e tentai di riprende fiato, ancora con il cuore in gola , e maledicendomi per essere ancora così stupida ed ingenua.




POV   Edward :

Ero letteralmente rapito.
Seguivo ormai ogni suo spostamento dal giorno prima.
Vederla quella mattina correre via dalla topaia in cui viveva mi aveva fatto subito capire che avesse una meta , uno scopo.
Era completamente diversa dalla mattina prima quando andò via dal parco quasi trascinandosi.
Aveva il passo svelto e l’espressione determinata e concentrata.
L’avevo seguita fino al mercatino del venerdì in Venice Beach e mi ero mescolato alla folla.
La guardavo rubacchiare cose qua e là senza che nessuno se ne accorgesse, le riusciva molto naturale.
Mi immobilizzai quando la vidi fissare rapita una bancarella di costumi.
Cosa aveva in mente?
Non ebbi nemmeno il tempo di formulare quella domanda che lei fuggì via , diretta verso una cabina a metà spiaggia.
Rimasi tra la folla di passanti sulla pista ciclabile in attesa che uscisse da quella casetta in legno bianca e azzurra.
Dopo pochissimo la porta della cabina si aprì rivelandomi la più meravigliosa visione di tutta la mia vita : con solo un bikini fucsia indosso era splendida.
Il suo corpo minuto e perfetto era delizioso, e il colore forte e deciso del costume metteva ancora più in risalto il delicato pallore della sua pelle.
Mentre ero ancora intento ad ammirarla prese a correre verso l’oceano, e giunta a riva la vidi gettare i vestiti in terra , correre in acqua e tuffarsi.
Riemerse dopo quella che a me sembrò un’infinità , e la vidi completamente trasformata.
Il suo viso era raggiante , la dolce bocca era rilassata in un sorriso inconsapevole , ed i suoi bellissimi occhi erano finalmente vivi.
 Sentii mancarmi il respiro a quella vista : quante volte in quelle poche ore mi ero chiesto come dovesse apparire felice?
E tutto ciò che avevo immaginato non era lontanamente paragonabile allo splendore di quella creatura.
Rimasi a bearmi della sua bellezza unica fin quando non tornò a riva , avvolta nuovamente dal velo di inquietudine e di odio che l’attanagliava sempre.

La guardavo rabbuiarsi e mi si strinse il cuore , come se il suo dolore fosse anche il mio , come se la sua inquietudine tormentasse anche me .
Avrei dato tutto per rivederla sorridere serena .
Mi spostai tra la folla per non attirare la sua attenzione mentre scambiava due parole con un ragazzo.
Lui la guardava con occhi pieni di sorpresa , incantato.
Nonostante capissi la sua attrazione sarei andato volentieri lì a coprirle il corpo dal suo sguardo malizioso.
La mia meravigliosa creatura dovette dirgli qualcosa di sconveniente , perché lui si alzò e raggiunse i suoi amici in acqua.
Mentre lei si dirigeva verso la cabina , mi risvegliai dall’effetto ipnotico che aveva avuto quel bagno su di me.
Non doveva vedermi.
Diedi un’occhiata in giro e mi mescolai ancora una volta tra la folla , diretto alla metro.
Sapevo che sarebbe tornata.
Mi appoggiai al corrimano della linea sotterranea ed aspettai, aspettai di rivederla come si cerca l’ossigeno dopo l’apnea.
Una ragazza bionda mi passò accanto sfiorandomi e lanciando uno sguardo malizioso.
Ero serenamente consapevole di suscitare una forte attrazione nel sesso opposto , ma non ne avevo mai approfittato…non da quando la mia vita era cambiata.
Così le risposi con un semplice sorriso e mi voltai nuovamente verso l’ingresso della metro.
Dopo poco la intravidi farsi strada tra la folla , di nuovo vestita e con i capelli ancora bagnati e molto mossi , era talmente bella che spostarmi di lì richiese uno sforzo enorme.
Mi infilai svelto in un vagone  e lei fece lo stesso due carrozze dopo.
Non avevo bisogno di guardarla , sapevo già a quale fermata scendere , così , quando la metro giunse a Downtown uscii rapido e mi allontanai.
Ogni vicoletto mi sembrava uguale all’altro : stessa puzza , stesso squallore , stesse persone.
Un ragazzo malandato mi venne incontro e mi tese la mano.
Era tutto traballante e con gli occhi spenti , probabilmente era ubriaco.
Infilai una mano in tasca e ne estrassi 5 dollari , senza pensarci su glieli diedi .
Lui mi ringraziò tantissimo e poi corse via , diretto probabilmente in qualche bar.
Ricominciai a camminare distrattamente quando sentii delle voci.
Provenivano dal vicoletto che si incrociava con quello che stavo percorrendo.
Mi affacciai leggermente , sporgendomi dietro l’angolo

“Jess , qui manca una quota. Non vorrai mica fregarmi eh ragazzina?”
Un tipo alto e rossiccio si rivolgeva con cattiveria alla ragazza che avevo visto nel parco distesa accanto alla creatura selvaggia che mi aveva catturato.
“N-no Boris. E’ la mia quota quella che manca”
Era Lei.
Mentre parlava si era sporta appena verso quel viscido , ed io riuscii a  vederla dietro la sua amica.
Era la prima volta che sentivo la sua voce e ne fui affascinato : aveva una voce dolcissima , eppure la usava modulandola duramente , facendola apparire tagliente e sicura.
La rispecchiava in pieno.

“Bells ancora?? Ma che cazzo! Io me la squaglio”  le sputò quasi in faccia quella frase , le lanciò una bustina bianca e andò via.
In quel momento capii , era droga.
Mi sentii mancare e tornai con la testa dietro l’angolo appoggiandomi completamente al muro in mattoni rossi.
Un groppo mi si strinse forte in gola al pensiero di lei schiava anche della droga.
Non potevo permetterlo .

“Bene bene…Bella. Come risolviamo?”
La voce viscida di Boris mi riportò violenta a quel momento.
L’aveva chiamata Bella….e così quello era il suo nome.
Mai suono fu più adatto per descrivere una creatura come lei.

“Sta zitto!”  la sentii sibilare.
Mi feci coraggio e mi sporsi nuovamente , dovevo assicurarmi che non sarebbe successo nulla alla mia Bella.
Quello che vidi mi avvampò la mente come le fiamme dell’inferno : Boris le sussurrava qualcosa mentre portava la mano di Bella nei suoi pantaloni.
Volevo correre fuori da quel maledetto vicolo e fargliela pagare , ma non potevo….era la tortura peggiore che si potesse patire.
Non potevo entrare così nella sua vita , non potevo !
Mentre la guardavo ripagare quell’uomo viscido nel peggiore dei modi sentii una calda lacrima rigarmi il viso.
Era straziante guardarla ridursi così in una vita che non meritava, che non aveva scelto , una vita che odiava.
Avrei voluto fermarla , portarla via e donarle un futuro sereno e felice….mi sarebbe bastato allungare una mano.
Involontariamente lo feci davvero , uscii allo scoperto con una mano tesa nella sua direzione.
I suoi splendidi occhi si posarono su di me.
Mi saltò il cuore in gola e mi nascosi più in fretta che potevo ancora dietro l’angolo.
Ma cosa diavolo mi era preso??
Certamente mi aveva visto!
Sentii dei passi leggeri e veloci avvicinarsi nella mia direzione , era Bella , ne ero sicuro.
Mi mossi prima che potesse raggiungermi infilandomi in un vicoletto sulla destra , avevo il cuore impazzito , sudavo freddo.
Il rumore di passi non si fermò , ma al contrario aumentò di intensità.
Stava correndo , e mi stava cercando.
Iniziai a correre e mi sfilai il soprabito , avrebbe potuto notarlo , e comunque non riuscivo più a sopportarlo.
Raggiunsi la piccola piazzetta alla fine del vicoletto e mi nascosi dietro un portico sul lato destro.
Bella sbucò dopo qualche secondo dalla mia stessa direzione , si guardava intorno affannata e spaesata.
Poggiò le mani sulle ginocchia per riprendere fiato.
Non mi aveva visto.
Improvvisamente tutta la tensione accumulata mi sembrò pesare come un macigno sulle spalle.
Mi lasciai scivolare lungo la colonna in marmo freddo e mi sedetti per terra ansante.
Il contatto con quella superficie gelida , sulla mia schiena bollente e sudata , pian piano mi aiutò a riprendermi.
Ero stato un’idiota!
Avevo commesso un grosso errore.
Non potevo permettermi di rovinare tutto…..non stavolta.

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 4 - Morire ***


Buon pomeriggio a tuttiiii!!!! Non potete immaginare quanto siamo felici di vedere che ci seguite!! i commenti stanno aumentando e noi non stiamo più nella pelle!!! GRAZIE a tutti!!!....e ovviamente.......per tutti gli altri lettori silenziosi....UN COMMENTINO CI FAREBBE DAVVERO FELICISSIME!!!
Iniziamo con le risposte alle vostre recensioni,ringraziandovi immensamente:

@ EMILY BLOOD : il mistero si infittisce!! XD !! no dai. con il capitolo di oggi spero che ti stupiremo!!al più presto passeremo anche da te,grazie per l'invito!!

@ KANDY_ANGEL : grazie milleeeee!!! speriamo tu ci segua ancora!!

@ MUX : ti ringraziamo per i complimenti.....eh già Edward non ha un bel passato...ma tutto verrà svelato a suo tempo!

@ LIZZIE95 : Lizzie davvero non abbiamo parole per i bellissimi complimenti che ci hai fatto!! GRAZIE!!! Siamo felicissime di essere tra le tue preferite!!! Hai detto bene, Bella è malmessa e Edward ha un passato travagliato.....ma per quanto riguarda l'aura di felicità che c'è nel prologo....beh.....se noti bene ...si capisce che qualcosa sta per succedere......non posso dire altro, altrimenti la socia mi ammazza!!! XD , ancora MILLE GRAZIE per il tuo commento , cara Lizzie, non vediamo l'ora di sapere cosa ne penserai di questo capitolo!!

@_MISS_ : Siamo felicissime che ti piaccia la nostra storia!! per quanto riguarda la "psicologia" di Bella....si in effetti viene quasi naturale scriverla,ma hai perfettamente ragione nel dire ke non è semplice : soprattutto per le situazioni e per il mondo che si trova ad affrontare....è quasi doloroso immergersi nella sua vita. Infatti ogni volta dopo un capitolo io e la socia ci dobbiamo svagare!!! XD!!  Per Edward.....tutto avrà un senso, non temere! GRAZIE INFINITE per il tuo commento attento!!! Speriamo che anche questo capitolo riesca ad affascinarti!!

Un grazie a tutti coloro che ci hanno inserite tra i preferiti :
1 - clakkycullen 
2 - kikagen 
3 - meid 
4 - _B3lla_Swan_ 
5 - _Miss_ 

Grazie anche a chi ci ha inserite tra le ricordate:
1- mau07
2- simo246

Ed infine un GRANDISSIMO grazie a tutti quelli che seguono la nostra storia!! siete ben 29!! cominciate ad essere tantissimi!! Se ci lasciaste anche qualke commento saremmo felicissime,comunque grazie!:
1 - 3PolverediStelle3 
2 - acqua1879 
3 - ale twilight ever 
4 - alexia__18 
5 - aly12potter12 
6 - ampollina91 
7 - BibiBarbara 
8 - denidb 
9 - eMiLy BlOoD 
10 - giagia5 
11 - iaia_twl 
12 - isa70 
13 - IsTiLlLoVeYoU 
14 - Jazzina_94 
15 - kandy_angel 
16 - kay0 
17 - kia 07 
18 - Lizzie95 
19 - Moon Light 
20 - mux 
21 - nica89
22 - Nicosia 
23 - Rain e Ren
24 - Rumy 
25 - sarapastu
26 - SCD71001 
27 - suxpicci_89 
28 - _B3lla_Swan_ 
29 - _piccola_peste_ 

Ora vi lascio al capitolo....speriamo tantissimo che vi piaccia....io lo adoro e faccio anche qui i complimenti alla mia socia!!!


coprtina

CAPITOLO 4 – “Morire


L’avevo visto ne ero sicura, non era possibile che fossi diventata così pazza da avere le allucinazioni. Lui era lì, dietro al vicolo e mi stava spiando, quanta vergogna in quella consapevolezza.
Ero ancora piegata sulle ginocchia con il fiato corto e giravo la testa da una parte all’altra della strada nella speranza di riuscirlo a vedere, anche solo per un attimo, mi sarebbe bastato, mi avrebbe dato la certezza che non stessi diventando davvero matta, ma soprattutto sarei riuscita ancora una volta a deliziarmi di tutta quell’inverosimile bellezza e perfezione .
Illusa che non ero altro, ma cosa credevo? Uno come lui cosa poteva mai volere da un cane bastardo  come me?
Niente… assolutamente niente, ed io da povera stronza ancora non me ne facevo una ragione.
Non era giusto! La vita non era giusta, o per lo meno non lo era stata con me. I miei compagni di strada erano barboni per loro scelta, loro sì che erano dei poveri pazzi, ma io… io che non ho mai  desiderato niente di più che una piccola casa e qualcuno da amare, mi ritrovavo a vivere in mezzo ad una strada, sola, vuota, persa.
Ero stufa, di tutto, di tutti, di me. Adesso me andavo pure impazzendo per le strade correndo dietro ad una fantasia, ad un sogno che non mi sarebbe mai appartenuto. Avevo davvero toccato il fondo.
E ripensai a quel viscido essere di Boris poco prima, e a tutte le altre volte con lui, allo schifoso sconosciuto della notte appena trascorsa e alle notti che uguali a questa si sono susseguite negli ultimo otto anni, da quando ero scappata dall’orfanotrofio, e sempre con qualcuno di diverso accanto.
Solo sesso crudo, brutale, volgare, nessun bacio donato col cuore, nessuna carezza che veniva dall’anima, nessuno che mi avesse mai dato anche solo un pizzico di quell’amore che ho sempre sognato.
Questa vita, se così la si poteva chiamare, quanto bastarda ancora poteva essere prima di farmi l’unico, solo ed ultimo dono che spetta di diritto a tutti gli esseri umani?
Non avevo paura di morire, l’inferno di certo non poteva essere peggio di questa lurida esistenza.
Ma quanto ancora avrei dovuto aspettare?
Si, forse la vita sarebbe stata cosi bastarda da rinnegarmi la morte per almeno altri cinquant’anni.
Troppi… No, non avrei aspettato tanto.

Tornai indietro, in quel vicolo dimenticato dal mondo, almeno me ne sarei andata senza accorgermene, senza dolore, senza capire… serena.
Non ero abituata ad una seconda dose, di sicuro avrei avuto ciò che desideravo…
Ero avvolta dall’ombra e Boris era ancora lì e stava contrattando con altri suoi fidati “clienti”, li conoscevo benissimo, erano la banda di un quartiere vicino al nostro. Erano degli assassini, ladri, criminali, uccidevano per pochi dollari o per semplice conflitto tra bande… ed erano anche dei violentatori… io lo sapevo bene.
Erano passati due anni da quella notte, ma il ricordo, ogni qual volta ritornava alla mente, riaffiorava scolpito ed indelebile nella mia testa, quasi come un marchio di fuoco che brucia ed arde tutto al solo tocco, una realtà ancora più ingiusta e crudele di quella che gia vivevo quotidianamente, e che mi aveva spogliato l’anima di quel briciolo di dignità che ancora conservavo.
Anche se in vita mia, non ero mai stata particolarmente attenta a chi mi portassi a letto, aver sentito il mio corpo catturato come una preda in quelle viscide mani, come una vittima di un carnefice senza alcuna pietà, era stato un incubo, il peggiore di una vita fatta solo di mostruosità.
Perché mi sentii spogliata anche delle uniche cose che credevo di possedere… il mio corpo e la mia libertà.
E adesso li guardavo con tutta l’ira e l’odio che un essere umano da solo è in grado di provare, perché rivederli proprio oggi?  Possibile che dovessi portarmi nella tomba anche il loro ripugnante ricordo?
Se veramente esisteva un Dio, come molti in giro dicevano, possibile che non provasse alcuna pietà per le sue creature nemmeno nel loro ultimo giorno?
Non c’era mai stata  pace per me, per questa insulsa esistenza costruita su una torre di tormenti, un perenne castigo; cosa avevo commesso di tanto orribile o sbagliato per aver fatto arrabbiare così questo Dio?
Ma infondo, nessuno poteva avere pietà di un’anima persa…

Aspettai nell’ombra che quei viscidi finissero ed una volta andati via uscì allo scoperto.
“ Ehi puttanella, prima sei andata via troppo in fretta, non hai finito il lavoro come si deve” viscido animale!
“ Boris, hai altra roba da darmi? E vedi che me ne serve parecchia!” mi guardò perplesso, era la prima volta che tornavo per la seconda razione.
“ Dolcezza, vuoi proprio toccare il cielo con un dito questa sera eh?” più o meno era così…
“ Ne hai si o no?”
“ Ehi, calma calma, ho sempre della roba per la mia cliente preferita, ed è anche migliore di quella che ti ho dato poco fa! È una nuova miscela del tutto innovativa, ti farà andare in paradiso vedrai!” disse sfilando un sacchettino dalla tasca della giacca e facendolo sventolare d’avanti ai miei occhi,    “ Ma… come la mettiamo con il pagamento?” Il suo sguardo da serpente schifoso scrutò ogni centimetro del mio corpo, quasi a voler suggerire la risposta alla sua stessa domanda.
“ Dovrai accontentarti di poco Boris per oggi ho molta fretta!” dissi cercando di afferrare la bustina, ma fu più veloce e mi prese per il braccio che avevo alzato e mi buttò a terra, sotto di lui.
“ Eh no piccola! La seconda dose ha un prezzo molto più alto rispetto alla prima. Te la dovrai guadagnare col sudore questa volta!” disse alitandomi eccitato sul collo e così dicendo iniziò ad abbassarmi i pantaloni e a togliersi i suoi.
L’ultima volta, sarebbe stata l’ultima volta, non facevo altro che ripetermelo, poi non sarei stata più il giocattolo di nessuno… e mentre pensavo questo una lacrima amara come il fiele mi rigò il viso.
Non appena fu sazio di un simile scempio si rilassò e rotolò su di un lato ancora mezzo nudo. Mi affrettai a rivestirmi e a strappargli di mano bustina, ma non me ne sarei andata così… volevo la mia vendetta su quel verme schifoso.
“ Boris?”
“ Si dolcezza dimmi! Ti è piaciuto vero? Ne vuoi ancora?”
“ No stronzo bastardo! Tieni il resto!” e così dicendo affondai un potente calcio in mezzo alle sue gambe ed il verme gemette dal dolore! Ed un altro, seguito da un’altro ancora, mentre lui imprecava il mio nome.
Smisi solo quando tutta la mia rabbia ebbe sfogo, nonostante quel maledetto fosse a terra svenuto, poi raccolsi la mia roba e scappai via.

Non potevo andarmene da questo mondo e non rivederlo per l’ultima volta… l’oceano… il solo che  mi avesse fatta sentire libera, felice , normale come tutti gli altri.
Al tramonto era uno  spettacolo da mozzare il fiato vedere il sole quieto spegnersi al di la di quell’infinito, era l’unico paradiso che fin’ora avessi mai visto, e sarebbe stato anche l’unico.
Mi sedetti sulla riva e lasciai che le piccole onde mi bagnassero i piedi e così rimasi finchè non scese la notte.

Non che fossi legata in maniera particolare ai miei compagni, ma non mi andava di andarmene sola, come sempre son stata in 18 anni, ed anche se quasi estranei, almeno avrei avuto qualcuno accanto.
Dicono che sia più facile se qualcuno ti stava vicino.
Perciò, ritornai nella mia topaia e vi trovai tutti i ragazzi che già avevano iniziato la festa. Jess era già in estasi.
“ Ehi Bella! Ma si può sapere che fine hai fatto? E cosa hai combinato poi? Boris è venuto a cercarti per ammazzarti!”
“ Aveva esagerato Mike, gli ho solo dato quel che meritava!” dissi mentre crollai sul mio materasso all’angolo della stanza.
“ Beh comunque ci abbiamo pensato noi, lo abbiamo riempito di calci, non ti infastidirà più. Non sarà più un problema, bisognerà solo trovare un altro spacciatore, anche perché ultimamente quello lì ci dava solo roba scadente! Basta che il prossimo non lo conci di nuovo così ragazza mia!”
“ Tranquillo Mike, è stata l’ultima volta” e  sfilai dalla tasca la prima bustina che il verme mi aveva dato. Buttai quella povere di cristalli sul ripiano accanto al materasso e la ordinai in una striscia perfetta, era un comportamento quasi maniacale.
Poi in un soffio l’inspirai.
Sentii tutto il corpo rispondere a quell’impulso e caricarsi di un’eccitazione  prorompente.
Era un sensazione indescrivibile e di puro piacere, mi sentivo forte, felice, sola con il mondo e nessun’altro.
Brividi di gioia mi attraversavano interamente da parte a parte, non volevo più tornare in dietro ero finalmente libera, via da tutto , via da tutti e persino via da me.Se questa era la morte, avrei voluto morire altre diecimila volte e mi sarebbero sembrate pure poche.
Ma le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo come il fuoco e la polvere da sparo, così lessi una volta in un libro che trovai accantonato nell’angolo di una strada, l’unico libro che io abbia mai letto in vita mia. Ma quella frase, non so perché , mi era rimasta particolarmente impressa, forse perché maledettamente vera.
Così come violentemente quella gioia e quell’ebbrezza era arrivata, allo stesso modo violentemente era sparita, facendomi ritornare nel limbo della mia dannata esistenza.
Era durata troppo poco… ed ogni volta durava sempre di meno. Le prime volte sembrava che quel delirio puro dovesse durare in eterno, mentre da qualche tempo a questa parte durava sempre di meno.
Mi guardai in giro, Jess e Mike erano nelle mie stesse condizioni, si percepiva benissimo il loro senso d’ insoddisfazione!
“ Merda! Lo dicevo io che quel Boris ultimamente ci dava solo robaccia! Non ho sentito praticamente nulla! Preghi dio che non lo incontri un’altra volta altrimenti lo uccido!” ecco Mike adesso iniziava comportarsi da violento, ma ci ero abituata oramai, non costituiva un pericolo né per me né per la mia compagna. In genere si sfogava solo con gli sconosciuti.
Rivolsi uno sguardo a Jess, sembrava essere caduta in uno stato catatonico, non si curava di quello che le accadeva attorno ed aveva lo sguardo vuoto e continuamente fisso su un punto indefinito della stanza.
E’ così che me ne sarei andata? Con un pazzo ed un corpo morto accanto? Era più di quello che avessi mai sperato comunque…
Estrassi la seconda bustina dalla tasca e tutti sembrarono rinsavire a quella visione. Non ci avevo fatto caso, ma la bustina era scura e non trasparente come tutte le altre. L’aprii e ne versai l’intero contenuto sul solito ripiano e lì rimasi meravigliata. Boris aveva ragione, questa era diversa, era purissima e bianca come il latte, niente a che vedere con quella precedente, la polvere di cristalli questa volta sembrava brillare veramente. Che fosse la famosa polvere d’angelo della quale avevo sentito sempre parlare? Si diceva in giro che avesse degli effetti strabilianti, di gran lunga migliori della normale coca. Inoltre era una quantità enorme.
“ Ehi Bella? E quella cos’è?”
“ Non si vede Mike?” risposi acida.
“ Wow, ma questa è… questa è polvere d’angelo, una volta l’ ho provata, credimi , è tutta un altro mondo! Chi te l’ ha data?”
“ E’ stato Boris, mi aveva accennato ad una qualità migliore, ma non gli avevo creduto più di tanto”
“ Figlio di puttana che non è altro! Se l’era conservata per ultima!”
“ Ma vuoi consumarla questa sera?” chiese Jess.
Non risposi, anzi non volli rispondere ero ferma e fissavo la polvere d’avanti a me senza muovere un muscolo. Stavo esitando, per la prima volta dopo la mia decisione lo stavo facendo. Non era paura, ma una sottile sensazione di perdita, come se morendo avrei perso qualcosa per la quale valeva la pena di vivere, ma fu solo un attimo, perché in questa vita non c’era niente per la quale valesse la pena di rimanere.
“ Che c’è Bella hai paura? Su andiamo un po’ di robetta in più non ti farà niente, credimi io l’ ho provata!”
“ Mike idiota lasciala stare!”
“ Smettila stronza, se non la vuole lei, la prenderò io!”
Fece per avvicinarsi ma le fiamme mi salirono negli occhi e non appena le vide si fermò.
“ Ehi calma, stavo scherzando, è solo che è un peccato buttarla no?”
“ E chi ti ha detto che io la voglia buttare idiota!”
“ Cosa aspetti allora?” mi guardò con fare di sfida, credeva che avessi paura…
Li guardai negli occhi uno ad uno, poi decisa mi chinai ed inspirai quella roba per l’ultima volta.

Era un delirio, un delirio tremendo… Era tutto assurdo, illogico, insensato. Pura follia e vorticante pazzia.
Nulla più aveva un posto nel mondo, tutto girava in un impetuoso uragano che tutto spazzava via.
E la terra iniziava a tremare sotto di me, così mi parve perché ad un tratto mi sentì sbattere come una foglia esposta al vento d’inverno. Avevo freddo…
Ed un potente motore pulsava dentro il mio petto, sembrava quasi avesse poco spazio e volesse uscire fuori.
Gli occhi guardavano, cercavano, ma non vedevano niente, era quello l’oblio?
Il corpo era pesante, non si muoveva, come se un enorme macigno ne impedisse i movimenti.
Ed una morsa mi si strinse allo stomaco… paura, dilaniante paura, perché nulla era come credevo, mentre voci lontane ed indistinte giungevano alla miei orecchie.
“ Cazzo Mike sta male! Portiamola in ospedale!”
“ Ma sei matta, gli sbirri ci beccano subito se ci vedono arrivare con lei!”
“ E cosa facciamo allora?”
“ Merda non lo so! Questa ci muore qui dentro! Dobbiamo portarla via!”
“ Come? E dove vorresti portarla?”
“ Qui dietro c’è un vicolo poco frequentato, la lasceremo lì”
“ Sola?”
“ Preferisci che ti muoia in casa stronza?”
Poi le voci smisero di parlare, mentre sentì qualcuno afferrarmi le braccia e gambe e sollevarmi da terra; si apri una porta e dall’ umido che inzuppava l’aria probabilmente intesi dovevamo essere usciti fuori.
Non capii molto ancora, solo che dopo un po’, mi sentii poggiare giù, dove tutto era bagnato e puzzava di marcio ed udì una voce sussurrarmi all’orecchio
“ Mi dispiace Bella” poi il nulla.

E’ così che moriva l’essere dimenticato dal mondo e dal Dio che presumibilmente l’aveva creato, solo.
Sola, con il mio dolore che aveva appena penetrato anche le ossa.
Sola…
Si diceva che la morte era serena, facile, e che la vita fosse più difficile, ma alla mia vita non era bastata tutta la sofferenza che mi aveva inflitto, anche in quel momento dovevo patire…
Non c’era pace per me…
Poco male, tra non molto tutto avrebbe avuto una fine.

Ed ora, la sentivo, era venuta a prendermi…
L’aria non affluiva più nei polmoni e il cuore martellava ad un ritmo che mai avrei creduto potesse arrivare, sembrava che stesse per scoppiarmi nel petto; il corpo era completamente abbandonato.
In un gesto istintivo aprii gli occhi, volevo vederla in faccia com’era, ma una luce mi accecò.
Una luce chiara, limpida, un dolce richiamo, poi mi sentii sollevata ed un incredibile sensazione di calore mi avvolse.
Eccola la morte serena…
Per l’ultima volta riaprii gli occhi, poi lo vidi…
Il ragazzo dagli occhi di smeraldi e i capelli color del bronzo mi portava tra le sue braccia, ancora più bello di come lo ricordassi, anche lui avvolto come me in quest’accecante luce chiara e bianca.
Il suo sguardo infondeva pace e serenità ai miei occhi deliranti ed una quiete mai provata prima si fece largo nel mio cuore.
Pareva brillare come il sole di mezzogiorno che si rispecchiava nell’oceano, era una luce calda, tiepida, dolce. Poggiata sul suo petto riuscivo stranamente a percepire il battito ritmico del suo cuore, niente a che vedere con il mio che stava per compiere la sua ultima corsa.
Anche se sapevo che era tutto frutto di un’ assurda allucinazione, istintivamente mi accoccolai di più al suo petto, poi due labbra morbide lasciarono un dolce bacio tra i miei capelli ed un altro ancora parve sfiorarmi le labbra; quanta tenerezza racchiusa in quel piccolo gesto, una tenerezza mai provata in vita mia. Ecco, finalmente anch’io ero felice adesso.
E cullata da quel dolce sogno che mi era stato appena donato, finalmente chiusi gli occhi, consapevole che morte più bella di questa mai avrei potuto agognare.

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 5 - Grido ***


Buon pomeriggio genteee!!! Eccoci qui, a postarvi la nostra ultima fatica! XD!! siamo felicissime che vi stia piacendo la nostra adorata creatura!! Passo subito alle risposte delle recensioni.

@ Lizzie95 : Ti ringraziamo immensamente! i tuoi commenti ci danno davvero tanta soddisfazione!!! e anche secondo me il cap4 è stato il migliore,la mia socia è bravissima!! Se Edward la salverà...lo scoprirai in questo capitolo! Gli "amici" di Bella...si hai ragione sono la feccia di tutti gli "amici" ma vedi, bisogna comprendere ke la loro realtà è completamente diversa dalla nostra. Loro devono solo pensare a come sopravvivere al mondo con meno guai possibili. Siamo davvero FELICISSIME dei tuoi commenti! Speriamo che anche questo capitolo possa piacerti! Un bacio grande!

@ _ Miss_ : Vedrai in questo chappy se Bella è morta o è ancora nel mondo dei vivi! XD ! Grazie mille anche a te!!

@ eMiLy BlOoD : credo che anche questo sarà toccante....ma più leggero del precedente! Un bacio grande e grazie tantissimo!!

@ kandy_angel : Siamo contente ti sia piaciuto e....speriamo che ti piaccia anche questo! XD grazie!

Bene, adesso un grandissimo grazie a chi ci ha inserite tra le storie preferite (10 ) , chi tra le ricordate (4) ed infine grazie a chi segue la nostra storia (ben 33!!). Scusatemi se non vi nomino ma siete davvero in tanti!!!
Un bacione a tutti, speriamo di ricevere tante recensioni......fatevi sotto,non mordiamo mica! XD !


copertina


CAPITOLO 5 – “Grido”


Buio.
Silenzio.
Io non ero.
Io non sono.
Buio.
Silenzio….ancora.
Io non sarò.
Silenzio.
Shhh….nulla  è  più.
Solo la morte è ancora.
Questa è la morte.
Il buio.
Il silenzio.
Ed è facile.
Invocata e desiderata, era giunta.
L’avevo festeggiata, l’avevo osannata, l’avevo amata.
Finalmente mi aveva accolta, nel suo buio….nel suo silenzio.
Nera e muta.
Come la mia anima.
Eravamo anime gemelle, io e la morte.
Fatte della stessa sostanza, dello stesso male, della stessa inconsistenza.
Vuote e spente.
A lungo avevo immaginato quel sollievo che solo lei può donarti.
Ed ora vi ero immersa, vi ero sprofondata, vi ero annegata.
Ed era facile.
Era piacevole.
Era un ristoro….non sentivo più nulla.
Perché nulla esisteva.
Io non esistevo.
Io non vivevo.
Io non conoscevo.
Io non odiavo.
………Ma non potevo dire……che io non amassi.
Amavo.
Per la prima volta, amavo.
Amavo la morte, e ciò che mi aveva donato : la pace.
Amavo la morte, e ciò che mi aveva concesso : la clemenza.
Amavo la morte, e ciò che ella aveva creato per me : un sogno.
Il sogno che mi aveva accompagnata e guidata.
Caldo, mi aveva tenuta fra le sue braccia.
Splendente, mi aveva baciata tra i capelli, appagandomi della luce prima dell’infinito buio.
Quel buio dove ero adesso.
Nero.
Vuoto.
Improvvisamente, ci fu qualcosa.
Proprio in quel momento, in quell’istante.
Cresceva.
Cresceva ed io…..lo sentivo.
Sempre più forte, sempre più profondo, sempre più dilaniante.
Mi scuoteva e si contorceva……ed io potevo sentirlo.
D’un tratto esplose!
Il panico, la consapevolezza che non avrei più avuto indietro quel sogno,quella luce, quel calore.
Ero morta…..e non l’avrei più rivisto.
Io esplosi!
Ero accecata da una luce troppo forte,tutta intorno a me.
Avevo gli occhi sbarrati, ero seduta rigida come il ferro.
E dalla mia gola, un grido straziante ed inarrestabile, mi aveva riportato alla vita.


Il cuore pulsava forte, talmente forte da impedirmi di sentire null’altro….a parte l’incessante e doloroso grido che continuava a venir fuori dalla gola. Non lo controllavo, come tutto il resto del mio corpo.
Dopo qualche secondo i miei occhi sbarrati nella luce immensa, riuscirono a ritrovare la vista : ero in una stanza d’ospedale, bianchissima e luminosa. Troppo luminosa per i miei occhi che tanto erano stati immersi nel buio della morte.

Ancora gridavo, disperata. Era assordante! Lo sentivo come se provenisse da qualcun altro, come se non fossi io ad emettere quello straziante lamento.
Poi, come al rallentatore, le porte della stanza d’ospedale si aprirono,ed io vidi entrare un esercito di dottori ed infermieri. Sapevo che stavano correndo, lo capivo dalle movenze…..ma erano tutti al rallentatore. Quando mi raggiunsero vidi le loro mani posarsi su di me , toccarmi, spingermi verso il letto……ma io non sentivo nulla.
Non avvertivo il loro tocco sulla mia pelle, le loro labbra si muovevano, ma io non sentivo……le uniche cose che riuscivo a sentire, erano il martellare furioso del mio cuore, e ancora il grido disperato che nasceva dalla mia gola.
D’un tratto le figure intorno a me divennero sfocate, la luce accecante diminuì, il grido assordante cessò……ed io fui nuovamente inghiottita nel buio e nel silenzio.


Quando ripresi conoscenza ero ancora nel buio.
Ma riuscivo benissimo a capire che il buio nel quale ero avvolta in quel momento era completamente diverso dalla profonda e desolata oscurità che mi era entrata dentro precedentemente.
Ero solo nel dormiveglia, adesso. E non avevo alcuna voglia di riaprire gli occhi.
Quella specie di incubo che avevo vissuto, che mi sembrava appartenere ad un’altra vita, mi aveva lasciato abbastanza informazioni su ciò che mi era successo: ero in ospedale, ero sola….ed ero ancora maledettamente viva.
Continuava a ricordarmelo perfino il ritmico bip delle macchine alle quali ero collegata.
Ora potevo sentirlo, adesso sentivo tutto.
Non gridavo più, o meglio, il mio corpo non gridava più.
Sentivo il fresco lenzuolo carezzarmi la pelle lasciata nuda dal camice.
Avvertivo una profonda sete che mi aveva reso le labbra screpolate.
Riuscivo perfino a sentire un profumo…..un profumo dolcissimo.
Mi ci volle qualche secondo per realizzare cosa fosse: zucchero filato.

Come poteva esserci profumo di zucchero filato in un ospedale??
Forse era il dono di qualche genitore amorevole per un figlio ricoverato. Un dono d’amore.
Uno di quelli che io non avrei mai ricevuto.
Ero viva e sola, come prima dell’overdose.
Tutto era schifosamente come prima!
Le uniche persone che io potessi considerare “di famiglia” erano le stesse che mi avevano abbandonata in un vicolo, a morire da sola. Di certo non mi aspettavo che venissero a controllare se ero riuscita nella mia impresa.
Dannazione, perché non ero morta!?
L’unica cosa che desideravo, e che continuavo a chiedere nella mia esistenza, non mi veniva concessa. Ma perché, perché , perché ?!?!
Qualcosa di più grande di me, che sia il destino o quello che qualcuno chiama Dio, era stato nuovamente crudele nei miei confronti. Mi aveva schiaffeggiata ancora una volta nel modo più sadico possibile: mi aveva fatto conoscere la pace e la clemenza del vuoto della morte, per poi strapparmene via e gettarmi nell’inferno!
Già, perché l’inferno non era nulla di irrealistico, l’inferno…..il mio inferno….era la vita.
Ora che avevo assaggiato il dolce sapore della morte, non avrei smesso di cercarla.
Sapevo benissimo che l’avrei cercata ancora, ancora e ancora, fin quando non l’avessi raggiunta per bearmene in eterno.
In quel momento promisi a me stessa, che il giorno in cui mi sarei ritrovata fra le braccia della morte, non avrei più ripensato alla magnifica allucinazione che ella aveva creato per accompagnarmi. Era stata quella, il suo ricordo, a farmi nascere dentro il panico che mi aveva riportata violentemente alla vita.
Alla mia lurida e schifosa vita.
Non so da quale meandro della mia memoria mi risuonò nelle orecchie la citazione che più condividevo in quello stato: “La morte è facile, serena. La vita è più difficile”.
E la mia, era la vita più difficile al mondo.

Ancora una volta mi giunse una folata di profumo di zucchero filato.
Era buonissimo e confortante. Ne inspirai una bella boccata riempiendomi i polmoni. Volevo avere un ultimo dolce ricordo dell’esperienza della morte , prima di riaprire gli occhi su quello schifo di mondo che mi circondava.
Lentamente, aprii gli occhi.
L’impatto con le luci al neon della stanza non fu traumatico come il precedente, ma dovetti sbattere più volte le palpebre per mettere bene a fuoco tutto.
La camera era tutta bianca, con un’enorme finestra sulla destra dalla quale riuscivo a vedere l’oceano. Abbassai lo sguardo sul mio corpo e quindi sul lettino nel quale ero semidistesa.
Quello che vidi mi folgorò.
Il cuore ricominciò a battermi fortissimo facendo aumentare i bip emessi dal macchinario alla mia sinistra.
Era Lui.
Il ragazzo di quella mattina al Beverly Garden, il ragazzo che credevo di vedere ovunque per le strade di LA, il ragazzo dell’allucinazione prima di morire.
Era ancora più bello di quanto ricordassi: chino su di una sediolina scomoda, teneva il capo poggiato accanto alle mie gambe……dormiva.
La luce che proveniva dalla finestra alle sue spalle si insinuava morbida tra i suoi capelli color del bronzo fuso,ne accompagnava le onde spettinate eppure perfette. Alcuni raggi di luce discendevano, poi, la prominente curvatura dei liscissimi zigomi, arrivando ad accarezzare debolmente la linea dritta del naso alla greca più bello dell’intero pianeta. Ma ciò che la luce calda, alla fine di quello splendido percorso, riusciva a raggiungere, non aveva prezzo: la sua bocca morbida dalle labbra piene e rosee, dischiuse leggermente nel respiro del sonno.
In quel momento non desiderai altro che poter essere quella luce, che così impertinente, lo accarezzava tutto e si beava del caldo respiro delle sue labbra dischiuse.

Quella visione celestiale non poteva essere reale.
L’uomo più bello della storia dell’umanità non poteva dormire sereno come un bambino al mio capezzale.
Quella doveva essere l’ennesima allucinazione dovuta all’overdose.

Strinsi forte le palpebre un paio di volte,ma lui era ancora lì, placidamente addormentato.
Istintivamente feci per portarmi le mani agli occhi per stropicciarli, e in quel momento mi resi conto che solo la mano sinistra aveva raggiunto il mio volto………la destra non si era mossa: la mia mano destra era teneramente poggiata tra le sue mani aperte ed il suo volto.
Il suo bellissimo e perfetto volto era adagiato sul dorso della mia mano.
Potevo riuscire a sentire il suo caldo respiro che carezzava il mio polso.
Bastarono poche, ritmiche, carezze del suo respiro a farmi nascere un brivido profondo che attraversò tutto il mio corpo come una scossa elettrica.
Fu come gettare dell’acqua fresca ad una pianta arida: improvvisamente riuscii a sentire il mio corpo come mai prima di allora!

Sorrisi, involontariamente sorrisi a quella sensazione.
Un sorriso aperto e sereno, non ricordavo più n’è quando, e n’è se, avessi sorriso così in passato.

Poi fu un istante.
In un lampo la parte più diffidente e scontrosa di me tornò ad animarmi.
Infondo io ero questo: un animale selvatico.
Istintivamente ritrassi la mano bruscamente, in fretta, come si fa con un cane che vuole morderti.
Il bellissimo sconosciuto fu risvegliato dal mio gesto, che si ritrovò con la guancia poggiata solo sulle mani e spalancò gli occhi.
Fui quasi certa che in quel momento il mio cuore perse un battito; se poco prima avevo pensato che la sua bocca non avesse prezzo, adesso conoscevo il gioiello più inestimabile di tutto quello splendore: i suoi occhi erano due smeraldi verdi, profondi e luminosi allo stesso tempo.
Verdi come solo il mio oceano d’estate poteva essere.
E proprio come per il mio oceano, non desiderai altro che sprofondarvi dentro.

Quel gioco di sguardi mi parve durare un infinità, e la bestia selvatica che era in me parlò per prima, senza controllo, senza che nemmeno volessi:
«Cosa ci fai qui?...» la mia voce parve arrivare dall’oltretomba.
Era poco più di un soffio e mi ardeva la gola anche per quel piccolo sforzo. Ma nonostante ciò, riuscii a sentirvi tutta l’indisponenza e la rabbia che mi caratterizzavano.

Di tutta risposta lui si sollevò placidamente dal letto, rimettendosi seduto sulla sedia.
Si passò una mano tra i capelli ancora un po’ insonnolito. Fu la cosa più sexy che io avessi mai visto in tutta la mia vita.
Poi poggiò i gomiti sulle sue ginocchia, si sporse leggermente verso di me, affogando i miei occhi nel mare verde dei suoi e la sua bocca si aprì molto lentamente in un sorriso sghembo leggermente imbarazzato mentre diceva:

«Ciao…..» la voce ancora bassa e roca del risveglio.
A quella vista perfino le macchine a cui ero attaccata testimoniarono che il mio cuore perse un battito, saltando un bip .
Mi corressi immediatamente: QUELLA fu la cosa più sexy che avessi mai visto in tutta la mia vita.

«Co-….Come ti chiami?» riuscii a fatica a chiedere a quello splendore.
Stavolta nella mia voce non vi fu nemmeno l’ombra di ciò che ero sempre stata, anzi, suonò dolce e delicata.

Non ne potevo più di quei cambiamenti repentini alla dr. Jekyll e mr. Hyde che quel ragazzo causava alla mia personalità.
«Mi chiamo Edward Masen. Come ti senti?»
Edward…..quel nome era perfetto quanto la meravigliosa creatura che lo portava.
Ancora?? Dannazione! Dovevo smetterla!
«Cosa. Ci. Fai. Tu. Qui. ?» scandii lentamente e con tutta l’irritazione che potessi provare
«Isabella, piano…..voglio solo aiutarti. Ti ho trovata quasi morta in un vicolo e ti ho portata qui, all’ospedale» mi rispose delicatamente.
«Tu come conosci il mio nome? E……no, aspetta un attimo. Mi hai  portata TU qui??» volevo sbagliarmi, e di grosso.
«Si, certo…» replicò con il più dolce dei sorrisi.
Non bastò a placare l’ira che si impossessò violentemente di me, così iniziai a gridargli contro:
«E chi te l’ha chiesto!!! No dico….. cazzo, ma chi ti conosce!!! CHI SEI TU PER NEGARMI LA MORTE???? E’ COLPA TUA SE SONO ANCORA SCHIFOSAMENTE VIVA!!!»
Non riuscii a finire di urlargli la serie di insulti solo perché una violenta tosse iniziò a scuotermi tutta.
La gola mi sembrava in fiamme e le macchine alla mia sinistra ormai producevano tanti di quei bip da sembrare un unico suono, a testimonianza del mio cuore che stava per esplodere dalla rabbia.
Nonostante i fortissimi scossoni della tosse riuscii a vedere comunque la reazione del ragazzo di nome Edward alle mie parole: era sofferente come se lo avessi pugnalato in pieno petto.
In quel momento, attirati dal suono incessante delle macchine, entrarono in stanza di fretta un uomo e una giovane ragazza. Un dottore e un’infermiera.
«Edward, cosa è successo??» chiese trafelato ma concentrato il dottore.
Era un uomo bellissimo, alto, occhi azzurri e biondo come il sole.
«Nulla, dottor Cullen. Si era appena svegliata e le ho solo detto che l’ho portata io qui.» rispose mestamente Edward.
L’infermiera, con mano esperta, preparò una siringa e mi iniettò il medicinale nella spalla sinistra.
Doveva essere un potente tranquillante perché la mia ira diminuì all’istante e il mio cuore ritornava piano a battiti regolari. Il dottor Cullen mosse una lucetta davanti ai miei occhi e disse:
«Ciao Isabella, sai dove ti trovi?»
«Perché cazzo,conoscete tutti il mio nome qui dentro?» risposi infastidita mentre seguivo il dito che il dottore aveva iniziato a muovermi davanti agli occhi.
Lui sorrise «Perché ce lo ha detto il signor Masen. Questo giovanotto seduto accanto a te»
Gli lanciai un’occhiataccia.
«Ah, Isabella, per favore non distrarti.» mi rimproverò il biondo dottor Cullen terminando la visita con altri test per i miei riflessi.
Quando ebbe finito si accomodò sedendosi alla mia sinistra.
«Allora….sai dove ti trovi e perché sei qui?» aveva un qualcosa di molto paterno nel modo in cui si rivolgeva a me, per questo non gli risposi di nuovo male.
«Sono in ospedale, a Los Angeles. Mi trovo qui per un’overdose……e perché questo damerino non si è fatto i cazzi suoi!» dissi bruscamente verso Edward, non riuscii proprio a trattenermi.
«Tutto giusto mia cara, tranne il fatto che tu aggredisca Edward. Questo mi fa pensare che fosse intenzionale il tuo gesto….volevi toglierti la vita, Isabella?» mi chiese quasi con dolore
«Si…» risposi abbassando lo sguardo.
A quell’uomo non riuscivo a mentire, n’è tantomeno riuscivo ad essere scortese con lui.
Di risposta sospirò forte, poi mi indicò l’infermiera in piedi accanto a lui. Era una ragazza molto giovane, avrà avuto qualche anno più di me, e mi guadava con un sorriso dolce e comprensivo. Era proprio bella: alta, formosa, i capelli mori e ricci.
«Isabella, lei sarà la tua infermiera. Resterai ancora qualche giorno qui…..sai, abbiamo dovuto tenerti in coma farmacologico per tre giorni. Il tuo cuore batteva troppo forte, rischiavi un infarto dell’apparato circolatorio. E lei è un’infermiera un po’ speciale. Ha lavorato a lungo in una casa di accoglienza per ragazze come te……è molto gentile e comprensiva, sarà sempre pronta ad ascoltarti.»
La giovane infermiera allungò una mano verso di me e mi accarezzò i capelli:
«Ciao Isabella, spero che riusciremo a conoscerci meglio, chiamami pure Kika»
Il dottor Cullen rise con affetto e disse:
«Non riusciamo proprio a farle capire che i nomignoli sono poco professionali, ma lei dice che così riesce ad aiutare meglio le persone» e le rivolse uno sguardo che mi sembrò più che di semplice amicizia.
Quelle persone volevano davvero aiutarmi?
E perché avrebbero dovuto farlo??
Senz’altro appena guarita mi avrebbero sbattuta nuovamente nella mia sudicia esistenza!
«Non ho bisogno di nessuno!» sibilai tra i denti mentre mi scuotevo dalla testa la mano della giovane donna.
Il dottor Cullen si alzò dal letto e pazientemente mi disse:
«D’accordo….va bene. Ma se cambi idea noi siamo qui per te» e mi sorrise prima di continuare «Ti fa male da qualche parte?»
Ci pensai su, ma non avevo nulla che mi dolesse.
Il tranquillante di prima cominciava a farmi venire di nuovo sonno, ma una cosa c’era…

«Ho la gola che mi brucia»
«Beh si, è normale. Hai avuto un risveglio dal coma farmacologico che non avevo mai visto prima. Hai gridato a lungo…..» non continuò, mi sembrò perfino turbato da quel ricordo.
Allora non era stato un sogno. Poi continuai:
«Ed ho…molta sete, mi fanno quasi male le labbra» le sentivo ruvide come una graticola.
«Mi dispiace ma in questo non posso accontentarti. Per le prossime 24 ore non puoi assumere liquidi n’è cibi solidi.»
«Aspetta, posso aiutarti io….» la voce timida di Edward mi ricordò della sua presenza alla mia destra.
Mi voltai e lo vidi prendere un bicchiere pieno d’acqua dal comodino accanto alla sua sedia.
Per un attimo credetti che volesse darmi da bere contro il parere del dottore e istintivamente allungai le mani verso il bicchiere.
«No, no. Aspetta…..lascia fare a me» mi sussurrò dolcemente riportando le mie mani sulla mia pancia.
Mi sorrise dolcemente, perfino con gli occhi.
Si alzò dalla sedia per sedersi di fianco a me, come prima aveva fatto il dottore.
Immerse due dita della mano destra nell’acqua e poi, lentamente, me le passò sulle labbra.
«Va meglio adesso?» mi disse sottovoce ma sorridendo ancora.
L’acqua sulle mie labbra aride come il deserto mi provocò una istantanea sensazione di sollievo.
Ma quel contatto così intimo, eppure così dolce e premuroso, delle sue dita sulle mie labbra mi mandò in estasi. Una miriade di scintille elettriche avevano accompagnato il loro percorso, lasciandovi una scia calda e trepidante. Nonostante il tranquillante stesse facendo sempre più effetto, non riuscì a contenere la travolgente emozione che mi pervase in quel momento…….così il mio cuore accelerò, e con lui gli impietosi bip dei macchinari, che diedero bella mostra a tutti in quella stanza della mia emozione.

«Ancora, Edward…..per favore» riuscii a sussurrare debolmente mentre i contorni delle cose divenivano sfocati.
Una voce in lontananza disse:
«Va bene così ragazzo, bravo…»
Poi le voci si affievolirono del tutto.
Mentre mi riaddormentavo, non riuscii a capire se fu realtà o un dono del sogno che stava per accogliermi, quel dolce bacio che Edward mi posò tra i capelli.
Ma per me non avrebbe fatto differenza, mi addormentai serenamente godendomi l’ultimo gesto affettuoso che gli avrei concesso.

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 6 - Emozioni ***


Buon pomeriggio!! Ci scusiamo per il TREMENDISSIMO ritardo.....speriamo ci perdonerete con questo capitolo....la mia socia è stata straordinaria...a me ha emozionato moltissimo!!!

@ Kandy_angel : Ti ringraziamo tanto!!

@ Lizzie : Forse ora non ti ricorderai più dell'altro capitolo....ma voglio ringraziarti lo stesso (Roby)....GRAZIE! Sono recensioni del genere che mi ( e ci ) convincono a continuare a scrivere....ti ringrazio per aver apprezzato il modo in cui è stato scritto....ti ringrazio per aver apprezzato le emozioni e i contenuti oltre la forma....insomma...GRAZIE DAVVERO!! Per quanto riguarda Esme....non ci abbiamo ancora pensato a dire il vero...in tutta sincerità, inseriamo i restanti personaggi della saga solo quando e se , ci capita di scrivere una situazione in cui vedremmo bene il loro lato "umano"....come ad esempio ha fatto in questo sesto capitolo la mia socia inserendo Rosalie... . Comunque, ancora una volta GRAZIE!

@_Miss_ : Lo conosco quel libro....molto particolare! Anche per Bella sarà difficile da adesso in poi.....Grazie anche a te!

@ Theangelsee69 : Anche a te un grazie ENORME!! E' bellissimo sapere che ciò che scriviamo , non solo affascina come trama, ma è anche apprezzato stilisticamente.....GRAZIE!


Un GRAZIE come al solito anche a tutti quelli che ci seguono, ci hanno tra i preferiti e tra i ricordati!
Ora come al solito.....BANDO ALLE CIANCIE !!!! Vi lascio al sesto capitolo...."Emozioni"....Sperando che possa emozionare anche voi.


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CAPITOLO 6 – “ Emozioni


Era impossibile riuscire a dormire decentemente con quelle dannatissime macchine che non facevano altro che fare bip! Cazzo, non potevano metterci un silenziatore?! Salvavano la vita delle persone per farle morire lentamente d’esaurimento nervoso?
Incollerita ed adirata riaprì gli occhi, dopo una notte di dormiveglia; se non erano state le macchine a svegliarmi, lo avevano fatto gli infermieri del turno di notte quando venivano a controllare che tutto filasse liscio.
Tanta fatica per niente! Alla prima possibilità di scappare da questo manicomio dove tutti giocavano a fare le persone buone e gentili, sarei riuscita a portare a termine quello che avevo iniziato prima di finire qui dentro, in un modo o nell’altro! Magari, abbandonata alle onde dell’oceano… Si, magnifico!
E questa volta, nessuno mi avrebbe riportata indietro!
Guardandomi attorno notai che nella stanza non c’era nessuno, solo una poltrona vuota….
Da quando quel ragazzo se n’era andato via il pomeriggio precedente, non l’ avevo più visto.
E’ certo! Oramai la buona azione di salvare una povera vita l’aveva fatta, che gliene fregava se questa povera vita era sola al mondo, senza una famiglia, degli amici, una casa, una via o un senso; una povera vita che non aveva niente, neanche sé stessa…
Ricordai quei due esseri meschini che ritenevo miei compagni, Jess e Mike… schifosi bastardi! Mi avevano abbandonata lì, in quel viscido vicolo, a morire da sola come un cane, si poteva essere più farabutti da negare una mano che ti tiene stretta nell’ ultima ora?!
Evidentemente si, o più semplicemente non meritavo nemmeno di morire con qualcuno accanto…
Una piccolissima lacrima, carica di dolore e sofferenza, mi percorse il viso; odiavo quell’ insulsa parte così debole e fragile del mio carattere che ogni tanto prepotente riaffiorava in superdice. D’istinto, per nasconderla al mondo, ma più di tutti a me stessa, ritrassi il volto per soffocarlo nel morbido cuscino, ma prima ancora di  riuscirci sentì una carezza, una dolce, soffice e tenera carezza sfiorarmi la guancia che stavo per affondare; era sottile, leggera, calda, piacevole ed asciugò al semplice tocco il mio muto pianto.
Non avevo mai sentito un gesto così delicato posarsi sul mio viso…
Portai la mano sulla guancia e su di essa ricadde un piuma, limpida e candida come la spuma del mare, soffice e flebile come la brezza del mattino. Era bellissima.
La riportai sulla guancia per godere ancora una volta di tutta la sua delicatezza e mi colpì anche il suo dolce profumo, conosciuto ed estraneo allo stesso tempo. E quasi come incantata rimasi immobile a guardarla.
Non avevo mai dormito su un cuscino di piume, e a dir la verità, fino ad oggi, non avrei mai potuto immaginare che esistesse qualcosa di simile, avevo sempre usato un ammasso di stracci come poggia testa durante le notti. Ora invece mi ritrovavo a sprofondare il capo in una coltre soffice e piumata, che sensazione stupenda… era davvero rigenerante.
Chissà quante altre cose non sapevo di questa vita, quanti lussi sconosciuti e comodità inimmaginabili… Peccato non appartenessi a quel tipo di mondo…
Fui immediatamente distolta dai miei pensieri dall’ingresso dell’infermiera che avevo conosciuto il giorno prima… com’è che si chiamava?
“ Ohhh, ma buon giorno Bella addormentata! Dormito bene, vero? Ma siii,  certo che si! Dopotutto, i letti del nostro ospedale vanno per nomina di essere più comodi di quelli di un hotel a 5 stelle, e lo sai perché? Si, devi sapere che beneficiamo di abbondanti e laute donazioni di una donna molto facoltosa e di una generosità mai vista prima, perché qualche anno fa suo figlio fu ricoverato qui in condizioni disperate, ma i medici del nostro ospedale riuscirono comunque a salvarlo! Da allora, dato che era il suo unico figlio e non sapeva come sdebitarsi, anche se onestamente non ce n’era alcun bisogno, dona così tanto che ha permesso al nostro ospedale di essere uno di quelli più all’avanguardia de paese, di dare assistenza a chi non ha un’assicurazione sanitaria e di fornire ai nostri pazienti il massimo del confort e della comodità! Non è una figata?”
Mio dio! Quella donna era un trattore! Da dove si spegneva?
Era stata capace di farmi perdere il filo del discorso dopo solo 3 parole! Ma poi chi gli aveva chiesto tutta quella pappardella? Aveva fatto tutto da sola!
In realtà, non sapevo nemmeno che risponderle, ero immobile e la fissavo sconcertata, mentre lei da parte sua era imbalsamata in una posizione goffa, con il braccio alzato, il gomito piegato, il dito rivolto all’insù ed un sorriso a 36 denti stampato in faccia! Che essere buffo, chissà da quale circo l’avevano pescata!
Anche se, a dire il vero, una cosa da dire l’avevo eccome!
“ Per la verità, non ho chiuso occhio nemmeno per un istante, tra questi dannati macchinari che non la smettevano un attimo di suonare e voi infermieri che passavate ogni 30 secondi a controllare!” sbottai più acida che mai.
“ Uh numi del cielo!” disse portandosi le mani nella folta chioma di ricci  “Che sbadata che sono! Ti chiedo scusa! Avrei dovuto scollegarti dai monitor ieri sera, il dottor Cullen me l’aveva detto, ma io me ne sono completamente dimenticata! Chissà come mai poi… Ah sii!! Stavo venendo da te, poi però, ho intravisto in televisione un servizio su delle nuove moto da corsa fabbricate da una nota casa italiana, si perché io vado pazza per le moto,  e sono rimasta lì a sbavare nel vedere quelle belle carrozzerie scintillanti! E poi a quel punto penso di essermi dimenticata di dover venire da te… credo… Comunque!!! Rimedio subito!” Disse allargando ancora di più, se possibile, quel suo strambo sorriso! Forse non l’avevano pescata da un circo, ma da un manicomio!
“ Giacchè vi danno tanti soldi, perché non ne approfitti per farti vedere da uno strizzacervelli? Uno bravo però!”
“ Oh tesoro” disse con aria di sufficienza mentre mi scollegava dalle apparecchiature “ sono proprio così, è una cosa genetica credo, ma tranquilla” continuò ammiccando “ a lungo andare uno ci fa l’abitudine e non mi sa più resistere, credimi! E poi, che noia! Mica si può essere tutti sani di mente! Qui dentro c’è bisogno di qualcuno che scrolli un pò gli animi, sapessi che mortorio che era prima che arrivassi io! Mica siamo in un cimitero che diamine!”
Questa era proprio fuori di testa! Sperperavano i soldi per comprare letti confortevoli e cuscini piumati, mentre risparmiavano sul personale? Ma dove diavolo ero finita?!
“ Molto bene Bella, adesso che non hai più nessun marchingegno collegato ti potrai riposare se vuoi, io passo più tardi per attaccare la flebo e portarti la colazione, va bene? Buon riposo, ah e se hai bisogno sono qui in giro da qualche parte, basta che suoni il campanello okay?”
Feci un cenno d’ assenso col capo, lei socchiuse piano la porta e se ne andò; ecco se faceva così poteva passare per una quasi normale.
Cercai di chiudere gli occhi, ma oramai ero sveglia da troppo tempo per sperare di riuscire a prendere sonno, così decisi di alzarmi per sgranchirmi un po’ le gambe, una di strada come me non era abituata a rimanere ferma nel letto per così tanto tempo.
Non appena misi i piedi a terra e mi raddrizzai, fui colta da un capogiro che mi costrinse a piegare le ginocchia e ricadere seduta sul bordo del letto, avrei dovuto andarci piano.
Ci riprovai mettendo a terra prima un piede e  poi l’altro, presi un paio di respiri profondi e mi tirai su; anche se la testa ricominciò a girare questa volta riuscì a mantenere l’equilibrio e a sostenermi solamente con l’aiuto della mano poggiata sulla spalliera del letto.
Le gambe erano del tutto intorpidite, le sentivo molli e flaccide, avevo la nausea e in più il corpo sembrava rispondere ai miei comandi a scoppio ritardato.
Sembravo un macchina arrugginita, quasi non mi riconoscevo più! Era incredibile in quali condizioni mi avesse ridotta quella roba… Merda! Adesso che ero ancora viva avrei dovuto tenere gli occhi ben aperti, sicuramente Boris avrebbe mandato qualcuno dei suoi sicari a cercarmi… maledetto serpente!
Ma forse, non c’era bisogno di preoccuparsi tanto, questi in ospedale sarebbero stati gli ultimi giorni, quindi valeva la pena godersi il viaggio finchè  possibile!
Cammninai un po’ per la stanza afferrandomi alle pareti, mi avvicinai alla finestra e senza pensarci due volte l’aprì… un’ ondata di aria pura e fresca m’ avvolse in un piacevole abbraccio, facendo svolazzare i miei capelli da una parte all’altra e pungendomi il viso con piccole sferzate di vento.
Era la classica giornata di sole di Los Angeles, ma lo spettacolo dall’alto di questa stanza era tutt’altro che solito… il mio oceano… da qui in alto riuscivo a vederlo perdersi nell’infinito fino a ricongiungersi con il cielo, in quella linea che seppur sottile separa in maniera inscindibile due mondi così diversi. Era uno spettacolo da mozzare il fiato…
Inspirai a pieno cercando di trovare l’odore della salsedine, ma i polmoni protestarono all’ingresso di  tanta aria con una fitta pazzesca…per la miseria! Ero ridotta peggio di uno straccio!
Ad un'altra folata di vento, vidi qualcosa volare via dalla mia finestra… era la piuma che avevo appoggiato sul letto, che leggera ed aggraziata volava via nel cielo… avrei dovuto ricordarmi di prenderne un'altra prima di andare via, o chissà… magari avrei preso direttamente tutto il cuscino… anche se, non mi sarebbe servito a molto.
Richiusi le imposte, ma non avevo ancora nessuna intenzione di ritornare a letto, non ora che le gambe stavano iniziando quasi a muoversi in sincronia con il cervello!
Guardandomi attorno, vidi poggiata sul bracciolo della poltrona, una vestaglia bianca, l’afferrai e la indossai, almeno me ne sarei potuta andare in giro per i corridoi senza che tutti mi vedessero nuda di dietro dato che il camice era aperto! Pure sui bottoni risparmiavano!

L’odore di disinfettante impregnava tutti gli angoli di questo posto… era davvero nauseabondo!
Forse però, avevo trovato un posto che era peggio della mia strada…
Niente finti sorrisi qui dentro, nessuno che se ne andava in giro sbandierando i suoi acquisti delle Boulevard, nessuno che se la godeva felice e spensierato… Niente lustrini e paiette in bella mostra, nessun abito appena uscito dalla settimana della moda con i riflettori puntati addosso, nessun ipocrita che fingeva di essere quello che non era… No… In questo posto, tutto quadrava… nessuno poteva mentire, perché nessuno era in grado di mascherare la paura, l’angoscia e la sofferenza, .
La si leggeva negli occhi di tutti… Nelle persone che sedute in sala d’aspetto della sala operatoria, attendevano impazienti notizie sui loro cari, nei volti stremati dei malati, in quelli disperati di una donna che distrutta, piangeva abbracciata ad un uomo… Ovunque mi girassi, non vedevo altro che questo…
Non avrei mai potuto immaginare che la mia strada potesse essere un posto migliore di questo.
Camminai lentamente e a testa china, non volevo vedere altro, fino a che al mio orecchio giunse un pianto… Era il suono più bello e delizioso che potesse esistere e fu strabiliante come riuscì a strapparmi un sorriso dalle labbra. Era il pianto della vita!
Alzando la testa mi accorsi di essere arrivata nel reparto maternità, un sacco di donne dalle pance enormi si aggiravano sorreggendosi con la mano destra la schiena mentre con la sinistra si appoggiavano al muro o ai propri mariti, una aveva anche appena pestato volontariamente un piede all’uomo che le stava accanto… Sembrava un tantino isterica…
Quel delizioso richiamo continuava persistente, proveniva dal corridoio adiacente a quello dove mi trovavo ora, e a passi lenti mi ci avviai…
Erano bellissimi… piccoli batuffoli che si perdevano in quelle culle, che se anche da neonati parevano comunque troppo grandi per dei fagottini cosi piccoli. Erano dei minuscoli angioletti scesi in terra, troppo splendidi da poter credere che fossero il frutto della umanità…
Ecco perchè quando si parlava dei neonati si diceva sempre che erano il miracolo della vita… guardandoli riuscivo a capire che non ci poteva essere affermazione più vera di questa.
Ce n’era uno che piangeva e si dimenava mentre tutti gli altri dormivano beati e tranquilli, l’infermiera, una bellissima ragazza, alta e dai capelli biondi, lo prese in braccio per tranquillizzarlo, me era un vero e proprio diavoletto…
Era scuro scuro  ed aveva degli occhioni neri splendidi totalmente spalancati, probabilmente non ne voleva sapere di dormire, ed aveva un ciuffo nero ribelle completamente rizzato in testa, aveva un che di piccolo adorabile teppistello. Piangeva ancora senza sosta, ed istintivamente appoggiai la mano sul vetro che divideva il corridoio dalla stanza. L’infermiera tutta sorridente, si avvicinò portando con se quel fagottino avvolto in una morbida copertina celeste. Ancora una volta un sorriso del tutto inaspettato ed involontario mi si dipinse in volto, aveva un faccino adorabile tutto imbronciato ed il musetto arricciato in una smorfia di disappunto… che meraviglia era mai quella creatura?
Gli sorrisi ancora di più e picchettai con il dito vicino al vetro per richiamare la sua attenzione, e funzionò a quanto pare, perché poi guardò dritto nella mia direzione, smise di piangere ed iniziò a fissarmi. E non seppi ritrarmi da quello sguardo, era magnetico, e lui sostenne il mio fino a che le sue palpebre iniziarono a socchiudersi fino ad addormentarsi…  
L’infermiera mi rivolse uno sguardo quasi grato ed io senza sapere perché ricambiai, poi lo riportò nella sua piccola culla ed usci venendo verso di me.
“ Grazie! Erano ore che piangeva senza sosta, ero disperata e non sapevo più cosa fare! Io ci so fare con i neonati, ma questo è proprio un birbante!” quella ragazza dagli occhi di cielo e la carnagione rosea mi ringraziava sorridendo per qualcosa che ancora non avevo ben capito.
“ Ma io non ho fatto niente..”
“ Oh, hai fatto tantissimo invece, non so come ma lo hai tranquillizzato fino a farlo addormentare, nessuna delle infermiere specializzate in neonatologia ci riesce, sei stata stupenda! Qual è il tuo?”
“ Come scusa?”
“ Il tuo frugoletto! Quale di questi è il fortunato? Suppongo che tu sia una neo mamma!”.
“Oh.. No no no!!! Non ho partorito, ho semplicemente fatto un giro per l’ospedale per sgranchirmi un po’ le gambe e poi mi sono ritrovata qui, ecco tutto”
“ Te lo giuro, da come ci hai saputo fare ho pensato subito che tu fossi una mamma, perché anche se noi abbiamo una laurea in neonatologia, solo le mamme o le infermiere che lo sono hanno quello sguardo speciale che si riserva ai bambini, e tu lo avevi!”
“ No.. Purtroppo non lo sono…” dissi rammaricandomi.
“ Ma sei stata comunque bravissima! Sai, quel povero piccolo è stato trovato abbandonato lungo una strada tre giorni fa era appena nato, ed è  molto fortunato ad essere ancora perché è prematuro… Credo che ci terrà compagnia per un bel po’, poi verrà dato in custodia ai servizi sociali e se non si troverà una famiglia affidataria finirà in orfanotrofio…”
“ Spero per lui di no, so cosa vuol dire…” e riaffiorarono in testa quegli 11 anni passati un quel lurido e squallido posto, dove noi bambini eravamo solo oggetti da esposizione per  quelle coppie di ricchi che venivano alla ricerca del bambino perfetto, offendendo e denigrando gli alti…
“ Oh mi dispiace tantissimo, non volevo ricordarti delle brutte esperienze, scusami ti prego!”
“ Tranquilla, tu non hai nessuna colpa, non potevi saperlo” dissi abbozzando un lieve sorriso.
“ Io mi chiamo Rosalie!” disse sorridente.
“ Bella…” e le allungai la mano per stringergliela.
“ Piacere Bella, ora io devo andare altrimenti se il primario mi becca qui al nido mentre dovrei essere in reparto dalle mamme, mi fa la predica ed è meglio evitare dato che sarebbe gia la quinta!”
“ Va bene, ciao!”
“ Ciao Bella, spero di rivederti presto!”

Era stata un’ esperienza davvero strana ed incredibile allo stesso tempo, me ne andavo in giro per l’ospedale con un espressione distesa e quasi sorridente… Quel pargoletto mi aveva messo un buon umore che non avevo da tempo! In più quel piccolo musetto e quegli occhioni neri mi erano rimasti scolpiti nel cuore…
Dopo aver gironzolato per più di un’ora e mezza ritornai nel mio reparto, ma la scena era del tutto cambiata.
I corridoi e le camere erano piene di persone, sicuramente era iniziato l’orario delle visite…
Era quasi impossibile farsi largo in mezzo a tanta gente, perché chi non riusciva ad entrare nelle stanze aspettava fuori. Era soffocante!
Facendomi largo, arrivai ad un punto del corridoio quasi deserto, nessuno lo occupava, era uno spazio completamente sgombro in mezzo a due che traboccavano di parenti o conoscenti.
C’era una stanza con la porta aperta in questo tratto, riuscivo ad intravedere dalla parete a vetro e dalle tendine a fasce, qualcuno disteso su di sul letto, ma nessuno che gli stava accanto come in ogni altra stanza…C’erano una miriade di macchinari, una poltrona vuota e un comodino sgombero e le finestre erano chiuse, c’era solo una piccola luce a neon che illuminava la stanza.
Chi c’era li dentro, possibile che nessuno venisse a far visita ad un suo caro ricoverato in un orrido ospedale?
O magari era un’anima sola, proprio come me…
A quel pensiero, una morsa mi strinse il cuore, ed un moto di tristezza mi pervase… Essere soli sulla strada era già una cosa orribile, ma essere soli in un posto come questo era di gran lunga peggiore, lo avevo appena provato sulla mia pelle…
Mi avvicinai all’ingresso della stanza e feci per entrarvi.
“ Isabella! Cosa ci fai qui? Non dovresti essere in piedi…” una voce dolce e pacata mi arrestò proprio mentre stavo per mettere il piede nella stanza, mi voltai per vedere chi fosse e ritrovai il dottor Cullen che mi guardava interrogativo a pochi passi da me.
“ Ecco.. Io volevo fare due passi”
“ Su, torna in camera e mettiti a letto, devi riguardarti e poi non è bello far aspettare qualcuno che è venuto a trovarti” esordì sorridendo.
“ Qualcuno è venuto a trovare me? E chi sarebbe?”
“ Vai, io e te ci vediamo tra un po’”e ridacchiando se ne andò.

Intrufolai nella stanza prima la testa e la girai a destra e a sinistra per vedere chi fosse venuto a trovarmi, sembravo una ladruncola che ispeziona il suo raggio di azione…
Non c’era nessuno in camera…
“ Hai finito la perlustrazione?” sussultai a quel tono di voce così inaspettato ed ironico che, era chiaro, si stava facendo beffe di me!
Mi voltai e lo vidi; ancora una volta mi era stata concessa la fortuna di rivedere l’essere più strabiliante e perfetto della terra… Edward.
Era ancora più bello di come lo ricordassi, con quella folta chioma bronzea ordinatamente disordinata, quegli smeraldi verdi come l’oceano ai tropici, quelle labbra che potevano essere la dannazione di ogni buona e santa donna, quella presenza da far invidia ai modelli che appiccicavano le loro foto sui cartelloni pubblicitari delle Boulevard.
Tutto in lui richiamava la perfezione, era… inauditamente ed irrazionalmente stupendo!
“ Isabella stai bene? Sembra che tu abbia appena visto un fantasma!”
“ Chi? Io? Fantasma? Ma che stai dicendo! Ti prendi gioco di me!?”
“ No, scusa tanto è che non parlavi e mi sono un attimo preoccupato, tutto qui, non volevo prenderti in giro, non era mia intenzione…”
“ Meglio per te!” sbottai più acida di uno yogurt.
“ Siamo un po’ acidi questa mattina eh? Mi sa che ho il rimedio giusto” e cosi dicendo sfoderò quel sorriso sghembo che praticamente tolse quell’ultimo barlume di lucidità che mi era rimasto. Era un arma di distruzione di massa per la miseria!
E da dietro la schiena fece ruotare il braccio destro che aveva tenuto nascosto, fino a porgermi un vassoio colmo di mille cose buone, dalle frittelle, alle spremute a dei piccoli dolcetti al cioccolato.
Non avevo mai visto tanta roba buona tutta insieme in vita mia! Era un miraggio!
Ecco si ora la lucidità ritornava eccome!
“ Queste cose sono tutte per me?” chiesi stupita.
“ Beh, io colazione l’ ho gia fatta, ma se vuoi ti do volentieri una mano, qui c’è da mangiare per un esercito!” come dargli torto, era un vassoio pieno di leccornie.
“ Prima però, faresti meglio a tornare a letto, l’infermiera di ieri ha storto il naso quando prima, entrando in camera, non ti ha trovata”
“ Ma chi, la pazza?”
“ A me non sembrava matta…”
“ Credimi, lo è!” e cosi dicendo entrai in camera e mi rimisi a letto, mentre lui mi poggiava sulle gambe quell’invitante colazione.
Ma che stavo facendo? Stava diventando tutto troppo assurdo, che ci faceva lui qui? Perché era ritornato? Non ne aveva nessun diritto dopo quello che mi aveva combinato. Aspettava paziente che io iniziassi a mangiare, ma ero troppo impegnata a reggere il suo sguardo con occhi pieni di sfida per poter pensare la cibo. E se ne accorse.
“ Qualcosa non va? La colazione, per caso non è di tuo gradimento?” aguzzai ancor più la linea degli occhi e strinsi tra i pugni il lenzuolo.
“ Cosa vuoi tu da me?” dissi sprezzante.
“ Come prego?”
“ Che c’è, hai bisogno che te lo scriva!? Ti ho chiesto cosa vuoi tu da me? Perché lo hai fatto? Perché mi hai salvata!? Tu non ne avevi alcun diritto, io avevo scelto di morire!!” un velo di tristezza si posò sui suoi magnifici smeraldi, era chiaro che queste affermazioni lo avevano ferito, ma non ne capivo proprio il motivo, era solo uno sconosciuto, un magnifico, splendido ed affascinante sconosciuto!
“ Stai calma o verranno di nuovo a sedarti…”
“ Col cazzo! Gli tiro un pugno in testa se ci riprovano! E comunque non hai risposto ancora alle mie domande! Esigo delle risposte… Adesso!” ruotò gli occhi, si portò le mani dietro e testa ed arricciò le labbra come se stesse pensando a cosa dire
“ Mmm dunque, si, no, non c’è due senza tre, 1.772453…” spalancai bocca e occhi ed una furia pazzesca mi salì in corpo fin dalla punta dei piedi.
“ E questo cosa vorrebbe dire!! Mi stai prendendo per il culo? Bada bene damerino, sarò una barbona, ma non una scema, quindi o mi dai una risposta adesso o ti tiro un calcio così forte da farti arrivare dritto dritto al pronto soccorso di questo postaccio!”
Si alzò scattante dalla sedia  e questa volta fu il suo sguardo a sfidare il mio.
“ Non c’è assolutamente alcun bisogno di rivolgersi in questo modo signorina! Lo so che tu non sei veramente cosi, anzi dovresti ringraziarmi! Stavi morendo per nulla e io ti ho salvato!” sbottò disdegnato e sprezzante si voltò per andarsene, ma riuscì ad afferrarlo per un braccio e a fermarlo.
“ Per nulla?” dissi sottovoce, poi sibilando stretta tra i denti continuai “ Tu non sai che squallore sia la mia vita! Tu non sai cosa ho passato e cosa mi hanno fatto e non sai nemmeno quello che quotidianamente devo sopportare, il disprezzo della gente, i loro volti disgustati, tutte le derisioni e le umiliazioni e tutte le sere sentirsi un giocattolo nelle mani di qualcuno. Tu non sai quello che la vita mi ha portato via né quello che non mi ha mai dato! Tu non sai niente… Io volevo solo morire,  l’unica cosa equamente concessa ad ogni essere umano, e tu me l’ hai tolta… Ti sembra nulla tutto questo?”.
Avrei voluto bloccare quelle lacrime, che copiose mi  rigavano il viso, ma non ci riuscivo… Sfrontate mi spogliavano della corazza che in tutti questi anni avevo sempre portato d’avanti a qualcuno, mostrandomi per l’essere fragile e spaventato che son sempre stata… Dio quanto mi odiavo! Sarei passata per la poveraccia che compatisce se stessa!
Ma sul suo viso invece, non lessi la compassione, solo tanta dolcezza…
Facendo un passo indietro verso di me, abbassò la testa, affinché i nostri sguardi potessero incontrasi ancora una volta, occhi negli occhi, terra nel mare… Ed ancora una volta non fui capace di non ammirarli e di non rimanerne abbagliata, oramai non mi rimaneva più nessuna difesa in quel momento, era stato in grado di togliermi anche quella.
“ Bella… Ti darò un motivo per il quale valga la pena rimanere….ogni giorno”.
E le sue labbra dolci e calde si posarono sulla mia fronte, per lasciare un bacio, che per una volta in tutta la mia vita, aveva cancellato chi fossi.

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 7 - Doni - parte prima 'La vita' ***


Buongiorno e buona domenica a tutte !!! Comincio con il chiedervi scusa per l'enorme ritardo !!! scusatemi davvero, spero di rimediare con questo nuovo capitolo, che è venuto fuori talmente lungo (ben 9 pagine word) che ve lo posterò in due parti !! Poi....RAGAZZE GRAZIE !! Io e la mia socia siamo sempre più felici di vedere che la vostra partecipazione cresce!! E' bellissimo poter ricevere i vostri commenti!! Continuate così !! Ora passo a rispondere proprio a voi!!

@kandy_angel : Ti ringraziamo tantissimo per i complimenti!! la mia socia è stata davvero FENOMENALE in quel capitolo! e ha stupito molto anche me l'incontro con Rosalie!! Siamo felicissime che la nostra Bella ti piaccia...perchè noi l'adoriamo! A presto!!
@_Miss_ : Che splendido commento il tuo! Ti ringraziamo davvero TANTO! anche noi amiamo i vostri commenti!! in effetti scrivere della vita vera è molto più difficile..specialmente se la vita è quella di una senzatetto che non ha nessuno al mondo. Hehehehe , siamo entusiaste che qualcuno abbia notato il riferimento a Twilight! E poi...l'episodio del bimbo ha fatto sciogliere anche me!! la mia socia si è superata!! per quanto riguarda Rosalie...beh, la rincontrerete! ;-) Grazie ancora per il tuo commento! spero possa piacerti anche questo!
@thangelsee69 : Ebbene si, Edward cercherà di aiutarla....vedremo cosa ne verrà fuori! ;-) Grazie per aver commentato!
@Nicosia : Siii era tutto dolce nel precedente capitolo!! *-* speriamo possa piacerti anche questo!!
@ M Pesca : Grazie mille del complimento!!!! eccoti accontentata....questo aggiornamento arriva con un pò di ritardo ma...spero possa piacerti!
@ fede4e : Grazie di tutto !!! la coppia Bella/Edward mancava in entrambe le nostre FF quindi....qui diamo libero sfogo a loro due XD . Un bacio!

Ok....credo di aver finito....ancora GRAZIE ragazze !!! E' bellissimo scambiare pareri con voi!!! Ora....bando alle ciancie..vi lascio alla prima parte del settimo capitolo.....Spero vi piaccia.....Un bacio a tutte!!


copertina


CAPITOLO 7 – “Doni” parte prima ‘La vita’


Faceva caldo, tremendamente caldo!
Fissavo la finestra chiusa da una decina di minuti ormai. Mi trattenevo ancora in quel letto senza correre ad aprirla solo perché quella schizzoide di infermiera mi aveva detto che tra non molto sarebbe passato il dottore per la visita.
A quanto pare si era molto stupito di vedermi già in piedi il giorno precedente. Nel pomeriggio mi aveva anche “concesso” di camminare per la mia stanza con un infermiere a sorreggermi. Precauzione inutile se appena qualche ora prima me ne andavo girando per i corridoi da sola….valli a capire questi pignoli!
In compenso, quell’attività, dopo giorni di immobilità mi aveva scatenato una fame infernale. Avrei benissimo trangugiato qualsiasi schifezza ospedaliera mi avessero appioppato, invece Edward era tornato in serata con due pizze fumanti ed un sorriso soddisfatto. Quel ragazzo non lo capivo…. Dopo lo sfogo che avevo avuto davanti a lui se n’era andato, lasciandomi qualche ora da sola.
Forse voleva concedermi un po’ di tempo tutto per me, e dovetti ammettere che era proprio ciò di cui avevo bisogno. Erano passati 3 giorni dal mio brusco risveglio dal coma farmacologico, e quelle ore trascorse in solitudine mi erano servite a fare un po’ il punto della situazione.
Odiavo essere ancora viva e aver fallito nel mio intento, ma per il momento era così, dovevo accettarlo e aspettare che mi lasciassero di nuovo libera di marcire nella mia lurida esistenza, per provare ancora a sparire da questo sporco mondo.
Fino ad allora però, forse potevo concedermi uno strappo alle regole acide che mi imponevo per non farmi travolgere e violentare ancora dalla vita che avevo. Forse, fino a quando mi avrebbero dimessa, avrei potuto approfittare dei pochi benefici che tutti gli altri non apprezzavano nelle loro vite patinate : un letto morbido e pulito, dei pasti sicuri e caldi, e perché no….anche di qualcuno che si preoccupasse della mia incolumità per qualche ora, per qualche giorno, sollevandomi dalle spalle un peso tanto gravoso come il dovermi sempre proteggere da tutto e tutti senza nessun appiglio.
Avevo divorato la mia pizza come un animale selvatico, ingorda e rapida, come se qualcuno fosse pronto a strapparmela dalle mani. Per tutto il tempo Edward non aveva detto una sola parola, e non ne proferì nemmeno quando finimmo di cenare, continuava solo a fissarmi, come se mi volesse studiare. C’era voluta tutta la mia tenacia per non sputargli fuori qualche cosa di sgradevole per farlo smettere, mentre fingevo di guardare la tv, e mi ero impegnata tanto solo come ringraziamento per avermi portato la pizza. Non ne avevo mai mangiata una, quella era stata la prima volta. Dopo qualche ora gli avevo detto che era meglio che andasse a casa, di sicuro non mi sarebbe successo nulla durante la notte, rinchiusa in quelle quattro mura asettiche e circondata da dottori ed infermieri.
A proposito di infermieri….era passata almeno una mezz’ora da quando la schizzoide mi aveva detto di restare a letto. Forse oltre al cervello aveva anche qualcosa nel resto del corpo che era difettoso: non aveva sentito il caldo asfissiante di quella mattina, prima di lasciarmi tappata in una stanza con porta e finestra chiuse?
Fanculo alla schizzoide!
Mi alzai di scatto dal letto e raggiunsi l’enorme finestra senza alcun problema, non risentivo più di giramenti di testa o debolezza…ero tornata sana. Spalancai i grandi vetri, e nonostante dall’esterno entrasse soltanto aria afosa, era sempre meglio di quella stantia della mia camera, la stessa di tutta una notte.
Mi chiesi da dove arrivassero tutte quelle pretese, se appena qualche giorno prima ero in un lurido garage che mi ostinavo a chiamare casa, dove l’aria stantia era la normalità.

«Proprio non riusciamo a tenerti a letto! Ti risulta forse scomodo?» la voce del dottor Cullen mi fece sussultare ed istintivamente mi voltai verso di lui, spalle alla finestra, mentre cercavo di chiudermi con le mani il retro del camice.
«Oh tranquilla, Isabella. Se vuoi tra poco potrai farne anche a meno.» mi sorrise benevolo.
Mi indicò il letto con un cenno del capo, bello come il sole, risplendeva anche lui di una bellezza come quella di Edward : genuina, di quelle che solo madre natura può donare, e che mai si sarebbe mescolata con quella finta ed ingannevole ricreata dai chirurghi di Beverly Hills.
Assecondai la sua richiesta e andai a sedermi sulla sponda del letto, dove mi visitò per l’ennesima volta. Quando ebbe finito, recuperò un completo da ospedale della stessa stoffa e colore di quello che già indossavo, con la differenza che quest’ultimo, anziché essere un lungo e largo camicione senza bottoni sul retro, era composto da un pantalone e una casacca.

«Finalmente!» sospirai «non ne potevo più di andarmene in giro con il culo al vento!» sputai fuori senza ritegno, come avrei fatto se fossi stata in strada nella mia quotidianità, quasi ridendo.
Il dottor Cullen mi ammonì sollevando appena lo sguardo dalla mia enorme cartella clinica sulla quale stava scrivendo. Come a ricordarmi che in quel posto non c’era bisogno di essere volgari o scontrosi, perché non c’era nulla da cui difendersi.
In quel momento mi sentii tremendamente in imbarazzo, e avvertii il sapore amarognolo della mia collera che tornava a trovarmi. Infondo chi credeva di essere questo dottore dai capelli impomatati? Credeva forse di avere qualche diritto sulla mia persona solo perché mi aveva tenuta in vita? Al massimo, proprio per questo gesto, avrei potuto solamente odiarlo! In quei pochi pensieri, quel briciolo di latente riconoscenza che nutrivo nei suoi confronti, andò completamente a farsi fottere!

«Pensavo di dimetterti domani» disse ritrovando il sorriso «così potrai uscire e bearti anche tu di questo magnifico mese di Luglio..» Spalancai la bocca e gli occhi incredula, mi stava forse prendendo in giro?
Come se non avesse detto nulla di assurdo, continuò in quella frase sconcertante, aggiungendo anche di peggio «…sai, Isabella, stavi per perderti tutta la sua bellezza….» sollevò lo sguardo dalla cartellina per incontrare il mio in un brevissimo istante «…hai rischiato grosso».

In quelle ultime parole la sua voce era cambiata, era divenuta quasi un rimprovero addolorato. Dal canto mio ero ancora troppo impegnata a capire se mi stesse prendendo per il culo o se fosse del tutto matto per rispondergli come avrei voluto, così mi limitai.
«Sai che perdita!» risposi acida.
«Preferisci l’inverno forse?» ribattè sempre sorridente mentre scriveva ancora.
Cristo santo! Non potevo pensare che fosse così idiota! Non un medico! Quindi la risposta era un’altra….mi stava prendendo in giro!
«Ma cosa siete qui dentro, un covo di schizzoidi ??» ero spiazzata!
E a quanto pare lo fu anche il dottorino, che smise di scrivere e chiuse la cartella con un gesto rapido.
«Cercavo solo di fare conversazione con te, Isabella. E quella era la domanda migliore che potessi porti, perché non voglio e non posso credere che dopo quello che ti è successo tu ti riferissi alla tua morte come ad una perdita insignificante.»
Non riuscivo a credere alle mie orecchie….quel dottorino figlio di papà stava tentando davvero di farmi una specie di paternale??
«Certo che mi riferivo alla mia morte! Me ne sbatto del mese di Luglio! E non ci provi minimamente a farmi una paternale….perchè non sa nemmeno di cosa sta parlando» la fine della frase quasi la sibilai tra i denti.
Il dottor Cullen serrò la mascella in reazione alla mia risposta, quasi l’avessi ferito, quasi fosse offeso dal ritrovarsi di nuovo faccia a faccia con la ragazza di strada di appena qualche giorno prima. Tentò di replicare, ma lo precedetti, non potevo permettermi di ritrovarmi con le spalle al muro, dovevo attaccare per prima, se volevo evitare di essere ferita…
«Cosa c’è dottore? Ha forse paura della barbona violenta? Oppure credeva davvero che potessero bastare 3 schifosi giorni in un ospedale per redimermi?? Per rendermi una brava ragazza ?» mi alzai dal letto e mi misi a pochi passi da lui, sfacciata «Non nasciamo tutti figli di papà come lei, sa? Alcuni nemmeno sanno da quale puttana sono stati sbattuti al mondo!» tenevo il mento alto, come a gridargli in faccia la mia sfida….se pensava di potersi permettere un discorso sulla vita con me, aveva sbagliato persona! 
Ma fu proprio in quel momento, quando pensavo di aver sferrato io per prima un colpo, che mi giunse la sua domanda come un gancio destro…dritto allo stomaco.
«E’ questa la tua storia? Non sai chi sia tua madre?» me lo chiese in una maniera tanto innocente che non dubitai nemmeno per un attimo che stesse tentando di abbindolarmi.
Però quella parola, quella semplicissima parola di poche lettere, ebbe il potere di farmi mancare l’aria, come ogni volta che la sentivo. E come ogni volta le mie ginocchia tremarono, quasi stessi per avere un mancamento….ed infondo era così. Ogni volta che quel suono giungeva alle mie orecchie, un pezzo di me andava perso per sempre.
«Mia….» stavo per rispondergli, quando mi resi conto che se avessi affrontato quell’argomento sarei stata troppo vulnerabile, la legge della strada parlava chiaro «…cosa cazzo c’entra mia madre? Cosa diavolo le importa di chi mi ha messa al mondo? Che differenza può farle, sapere se l’ho mai conosciuta!» feci per indietreggiare, proprio come fa una bestia selvatica quando capisce che ha bisogno di difendersi, di trovare un riparo, di rifugiarsi in un nascondiglio per non farsi fare del male ancora una volta….
«Isabella, vorrei sapere se almeno per una volta nella tua vita hai avuto qualcuno che ti amasse» allungò una mano verso il mio braccio, ma lo scansai prima che potesse toccarmi
«Provi a toccarmi anche solo con un dito e giuro che glielo stacco a morsi»
«Non voglio farti del male..»
«Cazzo ma è davvero possibile che non se ne renda conto?? LO STA GIA’ FACENDO!» in meno di un secondo mi ritrovai a gridargli contro, con le lacrime agli occhi, « Cosa vuole da me?? Cosa volete tutti quanti da me?? Lasciatemi in pace! Fatemi tornare alla mia schifosa vita e lasciatemi libera di morire!!» ormai gridavo a pieni polmoni, e le lacrime mi rigavano le guance inarrestabili.
Ma da quando era così facile aprire delle crepe nella mia maschera? Da quando permettevo al mio dolore di tornare fuori? Di farlo uscire dalla prigione in cui lo tenevo incatenato, in un angolo sperduto della mia mente, del mio cuore, della mia anima, imbavagliato e bendato, affinchè non venisse risvegliato da niente e nessuno??
Indietreggiai ancora, sconvolta dalla mia stessa esplosione di sentimenti contrastanti e andai a sedermi di nuovo sulla sponda del letto. Alzai per un momento lo sguardo, incrociando quello del dottore…era sconvolto almeno quanto me. Riabbassai gli occhi in fretta, per la prima volta in tutta la mia vita avevo paura.
Paura che le mie difese stessero crollando. Paura di vacillare di fronte al nemico….ma allo stesso tempo….paura di volermi abbandonare ad un amico.
Con passi lenti il dottor Cullen si avvicinò e si sedette altrettanto lentamente alla mia destra, quasi avesse capito che la battaglia che imperversava dentro di me avesse bisogno di lentezza, di accortezza, per non farla esplodere in una tempesta incontrollabile.

«Perdonami se ti sto facendo del male, ma vorrei solo aiutarti a capire.»
«A capire cosa, dottore? Glielo ripeto, lei non sa di cosa sta parlando» stavolta risposi più tranquilla, da quel poco che avevo capito, era inutile sbraitare contro quell’uomo, non sarebbe servito di certo a spaventarlo….anzi, pareva insistere. Forse per farlo smettere di torturarmi avrei dovuto semplicemente lasciarlo parlare.
«Chiamami pure Carlisle, cara. E contrariamente a quanto pensi…so di cosa parlo. Pensi forse di essere l’unica senzatetto che hanno portato qui in fin di vita?» sospirò appena, come se il ricordo di tutti gli altri ragazzi come me gli facesse del male.
In effetti non avevo considerato questa possibilità, come al solito avevo pensato solo al MIO di dolore, e non a quello degli altri sfortunati nelle mie stesse condizioni. Carlisle continuò
«Purtroppo ne ho visti davvero tanti. Alcuni arrivavano qui già morti, altri esattamente come te, e non tutti avevano la tua stessa forza….» ancora una pausa, come a contemplare ogni singola perdita «…e sai cosa ho notato? Che non fa alcuna differenza se rischiano la morte per caso o per scelta. Tutti coloro che sopravvivono, è come se si resettassero, dopo l’incontro con la fine. Come se riconsiderassero la loro breve esistenza, come se soppesassero davvero ciò che potevano perdere con ciò che potevano ancora sperare di conquistare. E alcuni ci provano, Isabella. Alcuni scelgono di vivere, scelgono di tentare ancora.»
Alzai gli occhi al cielo a quell’affermazione. Ne avevo visti troppi perfino io, di ragazzi che cercavano di rifarsi una vita e invece crollavano di nuovo. Come in risposta ai miei pensieri aggiunse in fretta
«Certo, non tutti ce la fanno, e purtroppo li rivediamo senza vita. Ma alcuni….alcuni di loro, mia cara, vanno oltre il semplice tentare. Alcuni ci riescono. Alcuni iniziano a vivere sul serio.»
«Sveglia dottore! Noi viviamo sul serio…non voi
«Non sai quanto ti sbagli, piccola. Nessuno di voi vive davvero. Voi purtroppo sopravvivete. Vi aggirate per questo mondo trascinandovi, impedendo a tutto e a tutti di toccarvi. Posso capire che questa sia un ottima strategia per non essere feriti ma…..è anche l’errore più grande che possiate fare. In questo modo vi isolate…isolate il vostro cuore. Non vi concedete di amare o apprezzare nulla. E so che pensi che nella tua vita non ci sia nulla da apprezzare. Ma non è così. La vita stessa va apprezzata. Il tuo respirare, il tuo muoverti…il tuo pensare, soprattutto, vanno amati.»
Quelle parole mi giunsero stranamente ragionevoli, e Carlisle approfittò del mio silenzio per prendermi le mani tra le sue, cercando il mio sguardo.
« So che odi la vita perché non ti ha dato nulla. Ma cerca di capire, Isabella….tu sei il tuo dono. Tu sei il miracolo più grande che la vita possa donarti. Perfino le tue sofferenze dovresti amare….perchè ti ricordano che tu ci sei. Dovresti amare il tuo vivere anche quando ti sembra che questo non abbia un senso….perchè il senso della tua esistenza, sei proprio tu. »

Per un lungo momento rimasi senza parole. Tentavo di capire come fosse possibile che quell’uomo avesse quasi ragione. Mi sforzavo con tutta me stessa di capire perché mai non mi sembrassero discorsi vanesi, ma piuttosto, quasi ragionevoli.
«E’ facile parlare così quando si ha una casa, una famiglia. Ma quando non si ha nulla, questa resta solo una bella chiacchierata, dottore.» alzai gli occhi per concedergli finalmente quel contatto che stava cercando «Quando domani sarò per strada…senza nessuno al mondo, senza un posto sicuro dove andare, esposta a qualsiasi tipo di cattiveria umana…allora tutto questo sarà talmente ridicolo che ne riderò.» e un sorriso amaro nacque proprio sulle mie labbra.
«E allora tu impegnati, Isabella!» pronunciò quella frase con fervore, abbandonando il tono docile usato poco prima «Impegnati per concedere alla vita di riscattarsi con te. Impegnati, per concederle di crearti delle opportunità da cogliere; di crearti dei sogni che potrai far diventare realtà; di donarti un amore di cui potrai godere; di metterti in circostanze in cui dovrai fare delle promesse e lavorare per adempierle; …. Impegnati soprattutto per concederle di donarti una felicità che dimostrerai di meritare.»
Ero completamente immersa in quegli occhi azzurri. Non avevo mai visto tanta bontà in un solo sguardo. Fu quello, più che le sue parole, a spingermi a considerare sul serio la possibilità di dare altre opportunità alla mia vita…a me stessa. Forse avrei potuto provarci davvero, una volta uscita da lì…..ma i miei buoni propositi durarono giusto un istante. Un istante nel quale mi ero concessa di sognare ad occhi aperti.
In realtà sapevo benissimo quale fosse la realtà dei fatti, quale fosse il mondo che mi attendeva il giorno dopo, una volta varcata la soglia dell’ospedale. Però quell’uomo non meritava di essere deluso. Non dopo che era riuscito dove nessun’altro al mondo si era mai nemmeno arrischiato : mi aveva regalato un istante nel quale avevo visto un’altra vita, una vita normale, una vita bella, una vita degna di essere chiamata così anche per me.

«Grazie, Carlisle» mi stupii io stessa di averlo detto.
Il dottore strinse più forte le mie mani nelle sue, e mi sorrise.
«Non ringraziarmi, Isabella. Cerca solo di impegnarti, e sarà il regalo più grande che potrai farmi.»
Mi diede una carezza alla testa, prima di alzarsi. Poi indicò il completo in cotone ancora sul letto
«Ora puoi infilarti quello se vuoi…..e smettere di andare in giro con il culo al vento!» mi disse sorridendo.
Non potei fare a meno di ridere, risultava così strana quella mia espressione , detta da lui!
«Già, sarebbe il caso» risposi raccogliendo il completo, mentre Carlisle si avviava alla porta.
«Quando ti sarai cambiata potrai anche fare un giro per l’ospedale, mi sembra inutile tenerti confinata in questa stanza se domani dovrò dimetterti»
«Era ora che ci arrivassi anche tu!»
«Beh si, meglio tardi che mai»
Ridemmo insieme di quel rapido scambio prima che, quello che ormai consideravo l’uomo più buono del mondo, uscisse dalla stanza concedendomi la mia privacy.
Durante tutto il tempo che impiegai nel lavarmi e vestirmi il mio cervello non fece altro che combattere contro se stesso, un attimo prendeva sul serio in considerazione l’ipotesi di seguire il consiglio di Carlisle e l’attimo dopo si ricordava che erano tutte soltanto belle parole, irrealizzabili e diametralmente opposte alla realtà.
Quando ebbi finito di infilarmi anche il pantalone di quell’orrendo completo da malati , imprecai al vento, non ne potevo più di quella tortura mentale che mi stavo auto infliggendo! Uscii dalla stanza con la ferma intenzione di non pensare più a nulla, o almeno di non pensare più a quel discorso.

Fine prima parte

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 7 - Doni - parte seconda 'Anime affini' ***


Buonasera ragazze! Vi ringraziamo davvero tantissimo per il vostro sostegno!!!! Purtroppo sono di frettissima e la connessione è altalenante! Quindi ne approfitto al volo per postarvi la seconda parte del capitolo!!! Al prossimo aggiornamento vi risponderò tutte!!! Promesso!!!! Un bacio enorme!!!! Spero vi piaccia anche la seconda parte.....e spero ci farete sapere cosa ne pensate!


copertina


CAPITOLO 7 – “Doni– parte seconda ‘Anime affini


Durante tutto il tempo che impiegai nel lavarmi e vestirmi il mio cervello non fece altro che combattere contro se stesso, un attimo prendeva sul serio in considerazione l’ipotesi di seguire il consiglio di Carlisle e l’attimo dopo si ricordava che erano tutte soltanto belle parole, irrealizzabili e diametralmente opposte alla realtà. Quando ebbi finito di infilarmi anche il pantalone di quell’orrendo completo da malati , imprecai al vento, non ne potevo più di quella tortura mentale che mi stavo auto infliggendo! Uscii dalla stanza con la ferma intenzione di non pensare più a nulla, o almeno di non pensare più a quel discorso.
Erano appena le 7 del mattino, l’orario delle visite era ben lontano, per questo motivo il reparto di Terapia Intensiva dov’ero ricoverata era praticamente deserto. Ogni tanto si sentiva giusto il rumore dei passi attutiti delle calzature per infermieri, qualche colpo di tosse appena accennato da una stanza, ed ovviamente, immancabile, il fastidiosissimo sottofondo di bip di tutti i macchinari del piano.
Nonostante odiassi quel perfido rumore insistente, che mi dava molto ai nervi, dovetti ammettere che lo preferivo decisamente al brusio di voci, singhiozzi, o risatine dei parenti vari che aveva invaso quegli stessi corridoi appena il giorno prima. In quel momento il sottofondo di bip non creava differenze, per tutti quei macchinari era irrilevante che il malato avesse o meno qualcuno al suo capezzale, loro facevano semplicemente il loro dovere. Egoisticamente era una cosa molto confortante per chi non avesse nessuno al mondo.
Proprio nel momento in cui formulavo quel pensiero, aggirandomi in un corridoio dalle pareti azzurrine, e buttando di tanto in tanto l’occhio sul numero delle stanze, uno di questi in particolare attirò la mia attenzione : 408 . La targhetta apparteneva ad una stanza esattamente al centro del corridoio alla mia destra. Mentre mi avvicinavo fui invasa da una sensazione di déjà vu. Giunta alla parete in vetro trovai le tendine a fasce ancora una volta aperte e ricordai. Era la stessa stanza che avevo visto il giorno prima, l’unica ad essere completamente vuota in tutto quel frastuono di parenti in visita in giro per il reparto.
Ancora con il corpo davanti alla parete in vetro poggiai le mani con cautela allo stipite dell’ingresso e sporsi soltanto la testa nella stanza, con un po’ di timore. Lo scenario era esattamente uguale al giorno prima : qualcuno nel lettino, stanza deserta, macchinari attivi, una poltrona ed un comodino vuoti, le finestre chiuse , e il tutto illuminato solo da una luce al neon.
Rimasi per più di 5 minuti ferma in quella posizione a fissare ciò che da lontano riuscivo solo a identificare come un uomo, steso immobile nel letto. Fu proprio quella sua immobilità prolungata ad insospettirmi. Una persona in genere fa dei piccoli movimenti anche quando dorme, lui invece era perfettamente immobile, non aveva spostato di un millimetro nemmeno un dito.
Non era affatto da me cercare un contatto con una persona di mia spontanea volontà, ma la sua solitudine in quel luogo così fuori dal mondo, identica alla mia, era un richiamo irresistibile. Mi schiarii la voce rumorosamente, con la speranza che si svegliasse, ma l’uomo non si mosse. Forse aveva il sonno pesante…finsi un paio di colpi di tosse davvero forti, tanto che vidi un’infermiere lanciarmi uno sguardo sospettoso mentre attraversava il corridoio, ma l’uomo ancora una volta restò immobile. Mi parve tutto così assurdo.
Eppure quel vuoto e quel silenzio non fecero altro che attirarmi ancora di più. Così decisi, feci appello a tutta la mia sfrontatezza ed entrai nella stanza. Con passi incerti e silenziosi mi diressi cautamente alla finestra più vicina, aprii il vetro e sollevai anche la tapparella blu, per permettere alla luce del giorno di entrare. Fuori il sole non era ancora altissimo, ma emanava già una luce abbastanza potente, che andò ad illuminare diretta il letto. Mi voltai con la speranza di averlo svegliato, ma ciò che vidi mi lasciò a bocca aperta, e non solo perché ancora una volta lui non si era mosso. La persona nel letto non era un uomo, bensì un ragazzo.
 Anche da lontano, grazie alla luce, riuscii a vedere il tubo per la respirazione artificiale che gli era stato applicato alla trachea, e grazie a quello capii. Capii che una persona che non è in grado di respirare da sola, ovviamente, non è nemmeno cosciente. La prima reazione a quella constatazione fu come un lieve dispiacere, perché significava che non avrei potuto parlargli, ma allo stesso tempo mi sentii rincuorata….potevo avvicinarmi senza alcun timore. E lo feci.
Raggiunsi il ragazzo steso nel letto e nonostante avesse un aspetto trasandato, fu comunque una delle cose più belle che avessi visto in tutta la mia vita. Era bruno in tutto,sembrava che madre natura l’avesse dipinto con la tavolozza dei colori della terra, tutti scuri , tutti marroni, neri e bronzo…eppure il ragazzo non appariva cupo…anzi, grazie ad essi, appariva esattamente come la terra : caldo, intenso, e rassicurante.
I folti capelli gli arrivavano poco sotto le orecchie, tutti spettinati in morbide onde corvine, sembrava un mare di seta nera appena mosso. La fronte era coperta da quelle splendide onde, mentre il resto del viso era ben visibile, illuminato dalla forte luce del mattino.
 Sotto delle sopracciglia altrettanto nere spiccava il paio di occhi dal taglio più deciso che potessi immaginare, nonostante fossero chiusi la loro forma era ben chiara, era netta, il tipico taglio duro che , ne fui certa, quando teneva gli occhi aperti, dovevano catturarti in una spirale contrastante di fascino e timore, esattamente come lo sguardo di un grande predatore….come lo sguardo delle tigri, o dei lupi : magnetico per la sua bellezza e per il suo fascino, ma allo stesso tempo spiazzante per l’ancestrale timore che suscita la loro natura selvaggia ed indomabile. A quel pensiero fu inevitabile per me chiedermi di che colore fossero, e per un istante quasi sperai che li aprisse, per concedermi di essere risucchiata in quella stranissima spirale di reazioni contrastanti.
La pelle scura di quel ragazzo sembrava fosse di velluto, ed era di un colore così simile al bronzo che sembrava emanare calore anche solo alla vista. Era talmente perfetta che permetteva al viso di non avere alcun difetto.
Restai a lungo incantata dai suoi zigomi pronunciati, dal suo naso dalla linea morbida che non so per quale motivo mi ricordò molto ancora una volta quello di un lupo, ed infine, dulcis in fundo, dalla sua bocca.
La bocca di quel ragazzo incredibilmente bello era stupenda : le labbra erano carnose, piene, e lisce, ed avevano una forma che sembrava disegnata da un artista di talento. Ancora una volta, incontrollata, si fece largo nella mia testa per un istante un’altra speranza, quella che potesse sorridere, perché ebbi come l’impressione che da quella bocca tanto perfetta non potesse nascere che un sorriso altrettanto perfetto e disarmante.
Distolsi lo sguardo dal suo viso quasi a malincuore, e diedi una rapida occhiata al resto del corpo. Sembrava forte e muscoloso nonostante fosse in un letto d’ospedale, con soltanto un camicione addosso e coperto da un lenzuolo bianco fino ai fianchi. Mi concedetti di ammirare ancora un altro po’ quanto tutto quel bianco del letto facesse risaltare ancora di più la perfezione della sua pelle vellutata e bronzea, quasi indiana. Cercai a tastoni la poltrona dietro di me, e quando  la trovai mi ci sedetti sopra, senza mai staccare gli occhi dal ragazzo. Per un attimo fui quasi contenta del modo in cui lo ventilavano, quel tubo che gli passava dritto dal collo, mi aveva permesso di ammirare il suo splendido viso senza nessun ostacolo.
Restai lì seduta, ferma, a guardarlo affascinata per un tempo che non avrei mai quantificato. C’era qualcosa in lui che mi affascinava profondamente, e non era solo la sua bellezza. Era qualcosa di magnetico, di profondo e che, nonostante fosse impossibile, mi pareva anche sensato. Come se quell’attrazione quasi gravitazionale fosse giusta, perfetta, come se arrivasse a completarmi, e forse completare anche lui. Come se in quel momento, le nostre solitudini si fossero unite ed annullate a vicenda, rendendoci un’unica entità…finalmente completa, finalmente piena, finalmente accolta in se stessa.
In quella nostra unione di spiriti solitari, trovai per un momento una sensazione che credevo di non aver mai provato, eppure la riconobbi immediatamente ed istintivamente quando mi pervase : mi sentivo a casa. Mi sentivo serena, protetta e completa, come solo una casa può farti sentire.
L’unione che si era creata in quella manciata di minuti tra le nostre anime spezzate e lacerate, mi invase così forte e potente che non mi accorsi nemmeno delle lacrime che scesero a rigare il mio viso. Era incredibile come un ragazzo sconosciuto e in stato d’incoscienza fosse riuscito a donarmi ciò che avevo sempre cercato : un porto sicuro, un’ancora di salvezza, un completamento della mia solitudine. E fui certa che se lui fosse stato sveglio, si sarebbe sentito esattamente come me : compreso, completato e partecipe della nostra comune solitudine.
Mi asciugai le guance umide con il dorso della mano, e realizzai che qualsiasi cosa sarebbe successa nella mia vita una volta uscita da quell’ospedale, non avrei più potuto fare a meno di tornare in quella stanza, di tornare dall’unica persona al mondo che mi facesse sentire compresa.

«Ah , sei qui!» Sobbalzai , spaventata da quell’improvvisa voce nel silenzio.
Mi voltai e trovai Edward sull’uscio, sembrava agitato, e la sua voce era stata carica d’apprensione.
Quanto era bello….indossava un paio di jeans scoloriti, una t-shirt bianca e sopra di essa una camicia a quadri nelle tonalità dell’azzurro. Si sposava perfettamente con i suoi occhi, che in quei giorni avevo notato, riuscivano ad essere ogni giorno di una sfumatura verde o azzurra diversa. Quel mattino sembravano di un azzurro carico, uguale alla camicia.
I capelli parevano ancora più spettinati del solito, e quando vide che ero rimasta a fissarlo, ci passò una mano attraverso, imbarazzato, contribuendo ancora di più a quel caos di chioma. Era incantevole, ti lasciava davvero senza parole.
Era di una bellezza eterea. Una bellezza diversa da quella del ragazzo nel letto. Edward era di una bellezza irreale, ultraterrena, quasi miracolosa. Lo sconosciuto invece era bello al suo pari, ti lasciava ugualmente senza parole, ma aveva un fascino molto più terreno, più concreto, più materiale. Non avrei mai saputo spiegare a pieno quella differenza d’intensità soltanto con le parole, nonostante fosse così evidente. Quando Edward arrossì vistosamente sotto il mio sguardo pensai che forse era meglio smettere di fissarlo e dire qualcosa

«No…in realtà sono il fantasma di me stessa»
«Ah-ha , molto simpatica, davvero» mi fece una smorfia e si avvicinò ai piedi del letto.
«Dove volevi che fossi? Infondo non è tanto grande questo posto» in realtà non ne avevo la minima idea, avevo visto solo il mio reparto e quello di maternità. Infatti di tutta risposta, Edward sollevò un sopracciglio
«Ma se occupa un intero isolato!»
Distolsi lo sguardo e mi mordicchiai il labbro inferiore, come ogni volta che ero in difficoltà.
«Vorresti dirmi….che non l’hai girato? E cos’hai fatto in tutto questo tempo?» non capivo quelle domande
«Non capisco, Edward, perché avrei dovuto?»
«Perché??» spalancò la bocca incredulo prima di continuare « Ho incontrato Carlisle circa alle 9, che mi aveva detto di averti visitato un paio d’ore prima, così ho girato l’ospedale per 3 ore, prima di incrociarlo ancora. Gli ho chiesto se ti avesse vista, e mi ha risposto di no….se poi ci aggiungi che, da quel momento, ti ho cercata per 2 ore come un pazzo …. Beh, in 7 ore da sola o avresti potuto imparare a memoria ogni corridoio di questo ospedale, o …..» lasciò cadere la frase, quasi imbarazzato
« O .. ??» lo incitai a proseguire, ero curiosa di sentire l’alternativa.
«Oppure….avresti potuto essere scappata…» stavolta fu lui ad abbassare lo sguardo.
In effetti non aveva ipotizzato male, era una cosa che avrei fatto, e di sicuro ci avrei pensato, se non fossi entrata in quella stanza. Poi realizzai meglio quello che aveva appena detto
«Hai….hai detto 7 ore???» solo in quel momento mi resi conto, non poteva essere vero.
«Si, Bella…7 ore. E se non hai imparato a memoria ogni corridoio dell’ospedale, e non sei scappata, mi dici cos’hai fatto in tutto questo tempo?» ridacchiò di gusto.
A quanto pare la sua apprensione era svanita, e mi pareva anche piuttosto divertito dalla mia stravaganza. Dal canto mio ero letteralmente sconcertata. Mi sembrava di essere in quella stanza da non più di mezz’ora.
«S-sono…soltanto stata qui seduta» abbassai lo sguardo imbarazzata.
«Ah….capisco» sussurrò, ma in realtà era palese che gli sembrassi ancora più pazza.
Iniziai a torturare l’orlo della casacca con le mani, non sapevo cosa fare. Per la prima volta mi sentivo in imbarazzo, perché qualcuno mi aveva scoperta in un momento intimo, e davvero avrei voluto sprofondare in un buco nero. Sentii un rumore metallico e mi voltai verso Edward. Aveva sfilato l’enorme cartella clinica del ragazzo dal bordo del letto ed aveva iniziato a sfogliarla.
«Fermo! Cosa fai ?» gli chiesi spiazzata
«Recupero informazioni» mi rispose divertito, come se per lui fosse un gioco.
«Ma non puoi! Non c’è una specie di legge che vieta queste cose?!» io che parlavo di rispetto delle leggi ?? l’incontro con questo sconosciuto doveva avermi fatto saltare qualche altra rotella.
«E da quando ti interessi di legalità?» ridacchiava beffardo, mentre ancora sfogliava la cartella.
Gli lanciai un’occhiata bruciante, della quale si accorse anche se non mi stava guardando. Sollevò gli occhi su di me e sorrise, sospirando.
«Non preoccuparti, posso farlo. Di tanto in tanto faccio volontariato qui dentro e mi è concesso di avere libero accesso a queste informazioni.» mi regalò uno dei suoi sorrisi luminosi prima di tornare a sfogliare la cartella.
Lo lasciai fare, e tornai a guardare il ragazzo nel letto. Istintivamente mi sporsi un po’ dalla poltrona, allungai incerta una mano e scostai le morbide onde nere dei suoi capelli dalla fronte. Era una sensazione strana, in genere evitavo il contatto fisico con le persone, mi infastidiva. Invece quel gesto mi era appena parso così naturale, come se fosse normale volermi prendere cura di lui.
Aggrottai le sopracciglia sorpresa di quanto fossi diversa con quel ragazzo, non mi riconoscevo. Mentre ritiravo la mano e indietreggiavo per tornare con la schiena alla poltrona Edward parlò

«Si chiama Black….Jacob, Ephraim Black»
Una forza più di grande di me guidò la mia mano sulla sua, grande e scura, poggiata sul lenzuolo, la sfiorai delicatamente con la punta delle dita, e un sussurro mi nacque spontaneo e debolissimo dalle labbra
«Jacob….» ripetei.
Era perfetto, gli stava a pennello. Per non parlare del cognome poi….Black, scuro e caldo come lui.
Finalmente l’unica persona che poteva capirmi al mondo aveva un nome : Jacob. Adesso riuscivo davvero a sentirlo vivo, e non più come un’entità strana ed irreale. Da quel momento, Jacob Black sarebbe stato il mio unico e vero amico, la parte di me che avevo sempre sentito mancante. Mi ricordai di non essere più sola, e mi voltai verso Edward.
Mi stava guardando con occhi strani, intensi e dolcissimi, come se inspiegabilmente fosse riuscito a cogliere l’insensato legame che si era creato tra me e Jacob. E mi pareva quasi che ne fosse felice. Poi continuò a leggere per me

«Ha 17 anni, ne compirà 18 a Novembre. E’ qui da quasi un anno.»
«Un anno?» ripetei «cosa gli è successo?»
Sulla fronte di Edward comparve una ruga di preoccupazione, sembrava addolorato per ciò che stava per dire
«Tentato suicidio. Si è lanciato dal tetto di un palazzo di 10 piani»
E così, avevamo un’altra cosa in comune…aver tentato di toglierci la vita. Anzi, due a dire il vero: l’averci tentato, e il non esserci riusciti. Quell’informazione fece crescere ancora di più dentro me la convinzione che eravamo parte dello stesso intero, che solo lui poteva caprimi, quasi come se fosse un mio gemello siamese, incollato a me dalle stesse sventure.
«Si trova in stato di coma, per la precisione l’hanno classificato come SV : Stato Vegetativo.» vide la mia espressione confusa e continuò « Significa che non ci sono possibilità che si risvegli, in quanto non risponde a nessun tipo di stimolo. Da quanto leggo ogni tanto il suo corpo riprende a respirare da solo, ma attualmente è sottoposto a ventilazione artificiale tramite tracheostomia.» mi indicò il tubo che collegava la gola di Jacob ad un macchinario strano « Significa che lo fanno respirare grazie a quel tubo che gli entra nella trachea attraverso un foro sulla gola, anziché dalla bocca.».
Annuii alla sua spiegazione. Quindi non c’era possibilità che si risvegliasse. Ancora una volta il destino si era beffato di me, mi aveva concesso di trovare un’anima affine, ma allo stesso tempo non mi permetteva di comunicare con lui. Edward sembrò cogliere ancora una volta le mie perplessità
«Sai…alcuni sostengono che anche in questo stato loro riescano a sentirci.» ripose la cartellina al suo posto, aggirò il letto e si accomodò sul bracciolo sinistro della poltrona. Posò una mano sulla spalla di Jacob prima di continuare « I cari delle persone nello stesso stato di Jacob continuano per anni a parlargli, a toccarli, a cantare per loro perfino.» Un lieve sorriso si fece strada sulle mie labbra, un po’ rincuorata alla prospettiva che potesse sentirmi.
«E tu cosa ne pensi?»
«Ne sono convinto anch’io.» mi disse piano, con il suo sorriso sghembo, e gli occhi incatenati ai miei.
Mi resi conto solo in quel momento di quanto fossimo vicini, il suo braccio destro sfiorava il mio sinistro, e anche quel contatto, seppur lievissimo, non mi infastidiva. Ora che era così vicino avvertivo più forte il profumo di zucchero filato che avevo sentito il primo giorno in ospedale, al mio risveglio. Poteva mai appartenere a lui, quel profumo tanto dolce?.
Il mare azzurro/verde dei suoi occhi mi rapiva come nient’altro al mondo era mai riuscito a fare. Adoravo annegare in quelle acque intense, era l’unica cosa che aveva allietato gli ultimi tre giorni. Il sorriso sghembo pian piano scomparve dal suo viso, che si mosse impercettibilmente verso il mio. Quell’accenno di movimento fu come una scossa per me. Mi allontanai istintivamente, rapida, verso il bracciolo opposto della poltrona e rivolsi lo sguardo altrove, mentre Edward sorrideva sornione e si raddrizzava sulla schiena. Dovevo dire qualcosa per uscire da quel momento

«Perché non c’è mai nessuno con lui ? Hai detto che è qui da quasi un anno, eppure questa stanza sembrerebbe vuota o abbandonata se non fosse per il suo corpo nel letto.»
«Si beh, questo in effetti è strano. Nei documenti c’è l’autorizzazione firmata a tenerlo in vita, ma la firma è indecifrabile.» si alzò in piedi ed andò a spalancare anche l’altra finestra che era rimasta chiusa. «Credo….si, credo che sarebbe bello se qualcuno tornasse a fargli compagnia…» tentò di fare il vago, ma avevo capito benissimo dove volesse arrivare.
Alzai gli occhi al cielo e sorrisi.
«Con me non attacca, sai ?»
«Cosa?» fece un espressione che avrebbe voluto far passare per ingenua, ma non gli riuscì per niente bene.
«Credi sul serio di potermi raggirare?» risi divertita « allora sei davvero ingenuo come pensavo!»
Rise anche lui imbarazzato, passandosi una mano tra il bronzo spettinato dei suoi capelli. Era incredibile come fosse facile leggerlo. In tre giorni avevo capito molte cose su di lui….forse perché era davvero una persona buona e limpida.
«Vuoi restare ancora?» mi chiese.
Diedi ancora uno sguardo a Jacob, e pensai che, nonostante non me ne fossi resa conto, 7 ore potevano bastare come prima “visita”. Infondo avevo già deciso, il mio istinto aveva deciso per me, Jacob non sarebbe stato mai più solo. Gli sfiorai ancora una volta la mano con le dita e feci per alzarmi
«No, credo che per oggi possa bastare»
In un attimo Edward mi fu vicino, e mi tese una mano per aiutarmi ad alzarmi dalla poltrona. Sorrisi divertita e gliela schiaffeggiai con la mia dal basso verso l’alto , allontanandola da me.
«Pussa via, damerino! Domani questi schizzoidi si sono decisi a dimettermi, non voglio che cambino idea!» dissi ridendo.
Era da tanto che non scherzavo con qualcuno, e la cosa fu molto molto strana. In un attimo infatti, ritornai seria come sempre, mentre vidi passare anche sul volto di Edward un’ombra di apprensione nell’apprendere che il giorno dopo sarei uscita da lì.
«Avrai fame, sono le 14. Ti va di mangiare qualcosa?» mi disse mentre ci dirigevamo alla porta della stanza.
«Hmmm….forse si, ma prima c’è un altro posto dove voglio andare» infilai le mani nelle grandi tasche della casacca e decisi che infondo, potevo anche azzardarmi a condividere con Edward quell’angolo di felicità gratuita da poco scoperto.
«Interessante. Di cosa si tratta? Hai scoperto qualche stanza delle torture qui intorno?» chiese divertito mentre mi teneva aperta la porta per farmi uscire.
«Credo che non te l’aspetteresti mai. Non da me, almeno.» attraversai la soglia, e così anche lui dietro di me, richiudendosi la porta alle spalle.
«Stupiscimi!» mi disse in un enorme e raggiante sorriso, piazzandosi davanti a me a braccia spalancate.
Risi di gusto e mi incamminai verso il reparto maternità, ero proprio curiosa di vedere come avrebbe reagito quando saremmo giunti alla mia vera meta : il nido.

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Capitolo 10
*** AVVISO! Buone Vacanze!!! ***


Bene, bene , bene..........care ragazze!!! sono qui per dirvi che......si va in Vacanza!!! Ovviamente non smetterò di scrivere ma....penso che per gli aggiornamenti dovrete aspettare un bel pò !!!! Domani parto e....spero che mi aspetterete, per continuare a leggere di questa storia!!!
Un bacio a tutte e......Buone Vacanze!!

buone vacanze

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Capitolo 11
*** CAPITOLO 8 - Decisioni ***


Buonasera a tutti.....lo sappiamo, ci avete dato per disperse! Ma in realtà siamo vive e vegete! Ci scusiamo con TUTTI voi per questo tempo di infinita assenza......ma io e la mia socia siamo davvero tanto piene di impegni, non abbiamo più tempo nemmeno per sentirci, quindi avevamo deciso di "rimandare" la stesura dei capitoli di My Miracle a quando avremo avuto più tempo entrambe. Però....un pomeriggio la mia socia è stata colta da un moto improvviso di ispirazione e....ha sorpreso anche me con questo capitolo nuovo nuovo! Cosa dire....speriamo che vi ricordiate ancora di noi.....e speriamo davvero TANTO di riuscire ad avere una vostra recensione almeno per questo capitolo.
Speriamo vi piaccia, e che vi farete sentire in tanti.
Un bacio e..... Buona Lettura.
Roby&Kika



copertiina miracle


CAPITOLO 8 - "Decisioni"


Pov Bella

Oggi...
Sarebbe stato l'inizio... O più semplicemente la fine.
Oggi...
Dire si alla vita... O farla finita per sempre.
Oggi..
Bella potrebbe cercare di sorridere e decidere di cambiare... O tornare ad essere quella di un tempo, anche se per poco.
Oggi...
La decisione di restare... O quella di andare.
Oggi...
Sarebbe dipeso tutto da me!
« Buon giorno Bella! Vedo che sei già pronta,  non vedi l'ora di lasciarci vero? ».
Sussultai all'udire la sua voce, ero completamente assorta nei miei pensieri. Vidi entrare Carlisle  dalla porta, con quel suo solito sorriso raggiante in viso, e lo sguardo amorevole di qualcuno che ti vuole bene, avrei tanto voluto un padre come lui... Chissà come sarebbe stato.
Ero poggiata sul davanzale della finestra, prima che entrasse, ero intenta a  guardare ancora una volta il bellissimo panorama che la finestra della stanza mi offriva. Ero già vestita, con degli abiti recuperati al servizio Caritas della chiesa dell'ospedale, ed  erano riusciti a darmi anche qualche vestito in più da portare via ed una piccola valigia per riporli dentro.
Potevo tranquillamente passare per una brava ragazza di buon quartiere. Indossavo una canotta bianca con scollo a V , un paio di shorts beige chiari e delle scarpe da ginnastica che ultimamente vedevo spesso ai piedi dei ragazzi della mia età, delle belle Converse nere... non erano niente male infondo; i capelli morbidi e profumati, si poggiavano delicati sulle spalle, mentre qualche boccolo ribelle carezzava la schiena... beneficiare della doccia in camera era stato un lusso che avevo deciso di concedermi fino alla fine. Portavo anche un curioso cappellino di una squadra di basket attaccato a un passante dei pantaloni. Fuori faceva davvero molto caldo, dicevano che ne avrei avuto bisogno.
Ero pronta per... per qualsiasi cosa avessi fatto una volta fuori di qui.
« Ad essere sincera non ho chiuso occhio tutta la notte e  la pazza svitata si è presentata in camera alle 7 di questa mattina con in mano un ottimo caffè, non quello dell'ospedale chiaramente, e un cornetto al cioccolato!  Come potrei non essere sveglia! » Sorrise all'udire le mie parole.
« E' il suo modo di salutare i  pazienti a cui si è affezionata, una volta l'ha fatto pure con un diabetico! » scoppiò in un' eclatante risata ed io lo seguii a ruota.
« Perché ridete così di gusto? »
Eccola la pazza svitata che faceva il suo ingresso tutta indaffarata con in braccio un mucchio di scartoffie; questo però non le impedì di dedicare a Carlisle uno sguardo intenso... Lo stesso di quelle ragazzine che camminano felici per le strade strette al braccio del loro ragazzo e che lo guardano con occhioni sognanti, lo stesso sguardo di quella coppia di vecchietti che seduti  sulle panchine di  Beverly Garden Park si tengono stretti per mano, essendo l'uno il sostegno e la vita dell'altro. Lo sguardo di chi è perdutamente innamorato. E Carlisle lo ricambiava a pieno.
« Ehm ehm! Io andrei un attimo da una parte se per voi va bene! » ero palesemente di troppo in quel momento; Carlisle si riscosse subito arrossandosi leggermente in viso, mentre alla svitata ci volle un po' più del previsto.
« Certamente Isabella, io intanto faccio preparare le carte per le tue dimissioni e quando sei pronta le firmo va bene? »
« Certo! Non ci metterò molto » e così dicendo mi avviai verso il lungo corridoio dell'ospedale, in realtà erano due le parti dove volevo andare.
Camera 408. Rimasi a fissare la porta d'ingresso un paio di minuti prima di entrare.
Tutto all'interno era invariato; il solito buio, lo stesso ritmico suono dei macchinari, la stessa desolazione. Alzai tempestivamente le serrande delle finestre per far entrare qualche caldo raggio di sole in quel lugubre e freddo spazio; poi vidi lui, che era assolutamente invariato come il resto, ma ancora più bello del giorno precedente. Come poteva un corpo del tutto inanimato da quasi un anno possedere una bellezza così folgorante?
Mi sedetti sulla poltroncina accanto al letto, proprio come il giorno precedente e come una bambina  incrociai le gambe al petto. Non sapevo né cosa dire, né se in realtà avessi realmente qualcosa di cui parlare. Anche prendendo il considerazione il fatto che lui potesse sentirmi, come diceva Edward, chi mi diceva che a 'sto poveraccio gli interessavano i fatti miei? Non che la mia vita fosse così splendida da farne un racconto...  magari a sentirla gli sarebbe passata pure la voglia di svegliarsi!
Eppure sentivo l'esigenza, anzi un profondo bisogno di parlargli e nella maniera più spontanea possibile, lo salutai.
« Ciao J. Black... » mi meraviglia nell'udire il suono vellutato della mia voce, io stessa non l'avevo mai sentita così « Non ti dispiace se ti chiamo così, vero? » ero nervosa; avevo iniziato a giocherellare con una ciocca di capelli attorcigliandomela compulsivamente al dito.
Lo guardavo... Sembrava dormire, di un sonno sereno, beato, un sonno senza sogni. Il viso completamente disteso e rilassato metteva in risalto la linea perfetta della mascella, che decisa, marcava i suoi splendidi tratti indiani e raccoglieva  le carnose  labbra, così piene di quelle parole che forse non avrebbe  più pronunciato. Chissà com'era il suono della voce che custodivano... Desiderai ardentemente di poterne apprezzare la melodia... Ma chi era questo ragazzo? Chi? Lui, che con la sola presenza era in grado di farmi sperimentare e desiderare cose mai pensate prima. Chi? Lui, capace di farmi sentire così bene e a casa come mai lo ero stata. Forse, non l'avrei mai saputo.
« Sai... Non è mio solito parlare con le persone, specialmente se moribonde e allungate come te... Anche se, effettivamente, ora che ci penso, non ho mai parlato con anima viva in vita mia... Dici che ti posso considerare tra le anime vive? Saresti il primo! » ma che cavolo stavo dicendo? Da quando ero diventata così logorroica?                           
 « Io sono Bella, è così che mi chiamano tutti, anche se il mio vero nome è Isabella, ma  il diminutivo sinceramente non mi dispiace; Isabella sa troppo di brava ragazza sofisticata ed io non lo sono... » dissi sorridendo e mordicchiandomi le labbra nervosamente.
 « Ci somigliamo io e te sai?... O almeno credo che sia così » e la consapevolezza di essere di nuovo sola una volta uscita da lì mi si parò davanti, chiara e amara quanto mai la verità poteva essere... Sola... Di nuovo la mia debolezza si faceva largo tra quella che credevo fosse un inespugnabile corazza che con gli anni avevo costruito. Non potevo permetterlo, una volta fuori o io non avrei avuto pietà del mondo, o il mondo non avrebbe avuto pietà di me e mi avrebbe schiacciata, come si fa con quegli schifosi ed odiosi scarafaggi. E' la legge della strada, e poi... Una volta  fuori, avrei dovuto decidere...
Mi alzai in piedi di scatto e chiusi gli occhi in due fessure, ritrovando la ragazzaccia di strada che per tanti anni ero stata. Basta parole dolci, basta lacrime, basta discorsi moralistici, basta tutto! Abbassai lo sguardo e mi diressi a passi pesanti verso la porta, poi senza voltarmi lo salutai, non so per quale motivo, ma dovevo!
« Ciao J.! Stammi bene! » ghignai e ruotai il capo per vederlo un ultima volta « Si insomma... per quanto possibile! » e con quel sorriso beffardo fuggii via correndo.
Firmare stupide scartoffie era l'ultima cosa che avrei voluto fare. Carlisle se ne sarebbe uscito con altri paroloni per abbindolarmi, non ci sarebbe più riuscito, chiaro, ma era sempre meglio evitare d'incontrarlo. Bella oramai, era tornata quella di sempre.

Eccola lì, di nuovo di fronte a me la città più ricca e misera del mondo. Non mi era mancata affatto!
Il sole spiccava alto nel cielo, ed anche se era solo prima mattina l'aria era umida e afosa, quasi irrespirabile! Compresi il perché di quel capellino, effettivamente ce n'era proprio bisogno; era l'unica cosa che avevo portato con me, la valigia era rimasta nella camera dell'ospedale. Che cazzo me ne fottevo! Era comunque roba troppo delicata per i miei gusti, non appena possibile avrei dovuto cercare qualcosa che mi si addicesse di più.
Camminai a vuoto a lungo, non sapevo dove andare, di tornare da quei due esseri viscidi non ne avevo nessuna intenzione, li avrei pestati a sangue se solo li avessi visti.
Giunsi ai cancelli del Beverly Garden Park e la prima cosa che mi venne in mente fu che lì vidi Edward per la prima volta. Cazzo Bella! Quel damerino ti ha fottuto proprio il cervello! Scossi la testa per allontanare quel pensiero assurdo che m' era appena balenato; presi il capellino dal passante dei pantaloni , l'indossai e abbassai la visiera fino a coprire del tutto il viso, in modo che nessuno potesse guardarmi negli occhi, poi con il capo chino mi diressi verso l'albero che, un tempo, ero solita occupare.
L'ombra delle sue foglie riparava e dava un piacevole refrigerio, l'ideale per riposare un po', dopotutto non avevo dormito per niente quest'ultima notte. Ero stata troppo occupata a pensare alle belle parolone del dottorino biondo, e dire che le avevo anche prese  in considerazione! Come potevo sperare di costruirmi una vita? Di poter risalire dal profondo e cancellare il passato? Il passato era la mia quotidiana verità, non  potevo conviverci ancora... sarebbe stata un'inutile sofferenza. Non  ne valeva la pena...
Sorrisi amaramente ed impedii a quell'unica lacrima di uscire, l'avevo promesso a me stessa... Niente più lacrime. Nessuno ne avrebbe versate per me, quale diritto avevo di versarle io per me stessa?
Mi coprii totalmente il viso con il cappellino, chiusi gli occhi ed allungai le gambe sull'erba, una bella dormita era quello che ci voleva per far si che il giorno non sembrasse eterno e la notte giungesse in mio aiuto.
Oggi...
Bella aveva fatto la sua scelta, la meno dolorosa, la più semplice, la più ignobile e la più codarda.
Quella di andare.


Pov Edward

La stavo aspettando poggiato alla porta della sua stanza, doveva tornare per firmare i documenti delle dimissioni e per riprendere il suo piccolo bagaglio.
Avevo ardentemente sperato che lo facesse, che firmasse quelle carte e salutasse calorosamente Carlisle, che scambiasse un ultima risata di gioia con la sua infermiera e che poi, con quel suo sorriso radioso, si voltasse verso di me dicendomi :
« Sono pronta Edward, ce la posso fare! » , ma sapevo che non sarebbe più tornata.
Aveva appena fatto la sua scelta e non era quella che  avevo sperato. Me lo sarei dovuto aspettare dopotutto, lei mi aveva avvertito del caratterino di Bella... Si somigliavano più di quanto credesse.
Avrei dovuto sapere che non erano sufficienti così pochi giorni per cambiare una vita, eppure, a  me, era bastato un solo istante. Una piccolissima frazione di secondo.
Sospirai stanco, erano giorni che non dormivo, oramai lo facevo davvero di rado. Dovevo vegliare sulla mia piccola donnina ribelle, ma dall'animo tenero e l'avrei fatto fino alla fine. Lo dovevo a Bella, ma soprattutto, lo dovevo a lei...
Come avrei voluto rendere tutto più semplice! Poterla prendere per mano e farle scoprire quanto bella può essere la vita, quante esperienze  incantevoli si possono fare e quanti posti magnifici il mondo raccoglie. Le avrei mostrato quanto è bello apprezzare i piccoli gesti della vita, sono i più bei doni che un uomo possa ricevere e i più nobili che ognuno possa compiere.
Le avrei fatto apprezzare il calore che le persone possono infondere con la loro amicizia, quella vera, semplice e limpida, ed infine, l'avrei fatta sentire amata, come nessun altro su questa terra. Le avrei fatto conoscere l'amore vero.
Le avrei dato tutto quello che aveva sempre desiderato, una vita!  Eppure,  non potevo.
Era una sua scelta, ed io non potevo interferire. Potevo solo stare a guardare e magari giocare sporco di tanto in tanto.
« Buongiorno Edward, hai per caso visto Bella qui in giro? Doveva venire a firmare i moduli della dimissione già un bel po' di tempo fa »  Carlisle... avevo riposto molte speranze nelle sue parole. Era un uomo buono e saggio come pochi ne sono rimasti, ma Bella si era rivelata più cocciuta del previsto.
« Buongiorno anche a te Carlisle » dissi sorridendo « La stavo aspettando anche io a dire il vero, ma credo proprio che non verrà... ». Mi guardò perplesso, poi vidi comparire sul suo viso un espressione triste ed amareggiata.
« Avrei dovuto immaginarlo, sono tre ore che l'aspetto...  »
« Non fartene una colpa Carlisle, hai fatto tutto quello che potevi, le hai salvato la vita, ed hai cercato di indicarle la strada giusta, mi ha parlato di quello che vi siete detti; è più di quello che chiunque altro avrebbe fatto per  lei » cercai di rincuorarlo, infondo era la verità.
« Non quanto quello che stai cercando di fare tu mi pare » esordì scrutandomi con sguardo indagatore.
« Non è la stessa cosa Carlisle, per me è diverso ».
«  Tu nemmeno la conosci Edward, perché ci tieni tanto a lei? ».
« E' una storia troppo lunga... » scrollai le spalle, era giunto il momento di andare via « A presto Carlisle, e grazie di tutto » e così dicendo me ne andai.

Camminare per le strade affollate di Los Angeles sotto il sole cocente non era esattamente la mia massima aspirazione, chissà se anche questo sarebbe valso nel conteggio finale una volta finito tutto, ma per Bella avrei camminato anche sulle acque se fosse stato necessario.
Potevo immaginare dove fosse, erano veramente pochi i posti che era solita frequentare e dato che a priori escludevo il suo ritorno dai suoi due " amici" ed ero anche andato a controllare sulle rive dell'oceano, mi rimaneva solo uno posto dove cercarla: Il Beverly Garden Park, in genere le piaceva stare lì a fissare e disprezzare tutta la gente che le passava accanto, ed infatti...
Era poggiata con le spalle al tronco di un albero, il viso tutto coperto dalla visiera di un cappellino, le braccia incrociate al petto e le gambe anch'esse rannicchiate, era così piccola.
Lentamente mi avvicinai, lasciando giusto una manciata di centimetri di distanza tra me e lei. M'inginocchiai, ma non si mosse. Possibile che stesse dormendo?
Sorrisi divertito; quello che stavo per fare forse l'avrebbe fatta arrabbiare come una iena, ma tanto stavo infrangendo tutte le regole oramai, speravo solo di non andare all'inferno per questo!
Presi il cappellino e glielo sfilai velocemente, scrollandole la testa, poi  lo indossai. Di scatto aprì gli occhi, ancora rossi per il sonno, e notai in un primo momento tutto il suo disorientamento vedendo qualcuno a così poca distanza  da lei, se si fosse sbilanciata anche solo di un paio di centimetri  mi avrebbe baciato, ed io non mi sarei mosso nemmeno di un millimetro ovviamente, poi vidi fluire nei suoi occhi una rabbia cieca. Era veramente adorabile, quasi quasi mi veniva da scattarle una foto, ma poi all'altro mondo mi ci avrebbe mandato lei e prima del previsto! Meglio non istigarla troppo.
« Tuuuu! » sputò  rabbiosa e con gli occhi fuori dalle orbite.
« Mi chiamo Edward nel caso te lo fossi dimenticato » dissi sfoderando il mio sorriso sghembo. Lei mi aveva consigliato di usarlo come arma ammaliatrice di tanto intanto, poiché affermava che se faceva effetto su di lei, sicuramente lo avrebbe fatto anche a Bella.
« Che cazzo ci fai tu qui? » forse non tanto in questo momento.
« Mh, dunque vediamo, mi pare che questo sia un parco pubblico, quindi... si! Ero giusto venuto a fare una passeggiata e toh! Guarda un po' chi mi ritrovo lungo il cammino?! Sembra destino che le nostre strade si incrocino così spesso non trovi? » ed ancora un altro sorriso sghembo, questa volta ancora più spudorato.
Ma parve non sortire alcun effetto.
« Togliti immediatamente via dalle palle! Sparisci! O giuro che ti faccio rimpiangere il giorno in cui sei nato, sono stata chiara? » il suo viso era un misto tra il rosso porpora e il viola, la trovavo semplicemente adorabile. Era bella anche da arrabbiata.
« Mia cara Isabella se solo tu sapessi quanto è lontano il giorno della mia nascita dalla realtà, ti spaventeresti » e scoppiai a ridere. Questo gioco iniziava a piacermi!
Con un gesto fulmineo ed inaspettato mi afferrò per il colletto della camicia, tirandomi ancora più vicino al suo incantevole volto.
« Adesso stammi bene a sentire tu, fottuto damerino che non sei altro, hai tre secondi per alzarti, sparire dalla mia vista, dartela a gambe e fare in modo che le nostre strade non si incrocino più,o non rispondo più delle mie azioni, hai capito? » sputò via quelle parole come se stesse sputando veleno, gli occhi chiusi in due minuscole fessure.
« Tutto questo è compreso nei tre secondi? » ed allora vidi la sua mano contratta in un pugno avvicinarsi pericolosamente al mio viso, la bloccai giusto in tempo, o sarebbe stata capace di rompermi qualche dente. Sarei stato l'unico del mio genere senza denti, bella figura ci avrei fatto!
Mi resi conto di quanto i nostri visi fossero vicini a toccarsi, bastava anche un semplice spostamento millimetrico, e con una naturalezza che credevo non mi appartenesse più da molto tempo, la baciai.
Non seppi resistere alla tentazione delle sue labbra così vicine alle mie, al loro dolce richiamo; una piccola e dolce carezza poggiata sui boccioli rosei del suo viso.  
Mi guardò sconcertata, lo sguardo puntato nel mio, e in quel breve attimo, rividi nei suoi occhi caldi e lucenti, quella ragazzina felice del giorno precedente, quando, al nido, davanti a quel batuffolo bruno avvolto in mille coperte, sorrideva beata e serena, sognando sogni grandi.
Guardarla così, quando scopriva tutta  la sua fragilità, faceva quasi male. Poi... "Sbam!" una sonora cinquina mi colpì in pieno il viso. Questa si che faceva veramente male!
« Ehi, ahia! Mi hai fatto male, ma che modi sono questi! » mi lagnai massaggiando con la mano la guancia sinistra.
« Come ti sei permesso stronzo? Sparisci prima che ti dia il resto! » e va bene, voleva giocare pesante, benissimo! Non mi sarei tirato indietro!
« Prima di tutto non sono uno stronzo! Se qui c'è qualcuno che lo è  sul serio quella sei tu cara la mia Isabella, che hai cercato di toglierti la vita con la speranza di porre fine a tutte le tue sofferenze! Beh lascia che ti dica una cosa carina, non è così che funziona! Tutto quello che fai, tutte le tue scelte, si ripercuoteranno sempre su di te! Non puoi fuggire Bella, alla fine il conto lo si paga sempre o in un modo o nell'altro! » avevo alzato la voce abbastanza da fare in modo che nel raggio di cinquanta metri, tutta la gente fosse rivolta verso di noi a fissarci.
« Ma cosa stai dicendo eh? Cosa ne vuoi sapere tu, che te ne vai in giro con i tuoi bei vestiti tutti firmati, allegro e felice, che ne sai tu la vita vera cosa è?! Tu non hai ide... »
« Non venirmi a dire che io non ho idea di che cosa si la vita Bella, non ci provare nemmeno! Ogni giorno faccio i conti con la realtà e con gli errori che ho fatto! Non puoi giudicare le persone in base a come vestono e altre cose altrettanto stupide! Tutti affrontano le loro disgrazie ogni giorno, si svegliano la mattina esattamente come te e si trovano davanti la loro realtà. Non guardare le apparenze Bella, la vita non fa sconti a nessuno, sappilo! Affronta la tua vita, non sfuggirle, perderesti comunque! ».
Forse avevo esagerato troppo, mi pentii immediatamente di aver alzato così tanto la voce quando vidi piccole gocce di cristallo fare capolino sul taglio dei suoi occhi.
La terra stava piangendo.
E fu straziante stare li, ancora una volta, ed assistere ad un simile sacrilegio.
Si alzò anche lei, fulminea, scattante, facendo fluttuare i suoi mordi boccoli, che leggeri si posavano sulle spalle minute. Cercò di scappare via dal mostro che ancora una volta era stato in grado di farla piangere, ma prima che potesse fuggire l' afferrai per un braccio.
Mi guardava, ma non riusciva a parlare, troppo era il suo odio e il disprezzo verso se stessa e verso di me.
Con la stretta ben salda m'avvicinai a lei.
« Non te lo lascerò fare un’altra volta, non te lo permetterò ... » la voce era un sussurro, poi un sospiro profondo « Resta Bella... Resta! ».




Angolo autrici :  allora.....vi è piaciuto? speriamo di si ma soprattutto....... PER FAVORE RECENSITE!

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