Com'è difficile sposarsi!

di whinydreamer
(/viewuser.php?uid=61310)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Proposta di matrimonio ***
Capitolo 2: *** Imparentarsi, che tragedia! ***
Capitolo 3: *** Preparativi, che stress! ***
Capitolo 4: *** Matrimonio ***



Capitolo 1
*** Proposta di matrimonio ***


Capitolo I
»● Proposta di matrimonio ♥

Si muovevano silenziosi tra i rami imponenti del grande giardino. Non una foglia caduta, non uno scricchiolio dai loro rapidi movimenti. L’acqua del laghetto emetteva ogni tanto qualche bollicina, mentre le carpe nuotavano pigre, in quella strana calma che poche volte regnava sovrana in quella casa.
Un ragazzo biondo fissava attento ogni cespuglio, albero, pietra presente. Gli occhi azzurri lampeggiavano ad ogni piccolo, indistinguibile movimento, nella speranza di avvistare il proprio avversario.
Ma, proprio quando stava pensando di cambiare appostamento iniziò a soffiare una debole brezza, che fece tintinnare il campanellino appeso alla parete del corridoio che dava al giardino. Il ragazzo, sorpreso, si girò di scatto lasciandosi sfuggire un mugolio. E, mentre il campanellino ripeteva il suono, una pioggia di shuriken e kunai gli fu scagliata contro.
Se ne accorse giusto in tempo: evitò la maggior parte spostandosi con un balzo piuttosto grezzo, e fu costretto a respingerne altri con i suoi kunai.
Non c’era tempo da perdere, doveva sbrigarsi: evocò due copie di se stesso e cercò di circondare l’atro combattente, individuato su un ramo poco distante.
Lo avrebbe steso con poche mosse e non avrebbe perso tempo.
Il piano era semplice: circondarlo e attaccarlo con una raffica di armi. Dopotutto, erano o no i piani più semplici ad essere i migliori?
Nulla da fare: dopo pochi minuti, sentì le sue copie svanire.
Cazzo!
Era rimasto solo!
Innervosito e seccato da quel fallimento, iniziò ad allontanarsi da li, saltando sulle rocce vicino al laghetto, conscio che altrimenti sarebbe toccato a lui essere infilzato.
Ma non fu sufficiente. Fu fatto cadere di peso contro una roccia e sovrastato da una figura longilinea, dai capelli scuri scossi dal vento, che lo immobilizzava di peso solo grazie ad una mano e con l’altra, gli puntava un kunai contro.
«Ci risiamo.» sospirò la donna sconsolata. «Minato, possibile mai che quando vai di fretta non capisci più niente?»
Il ragazzo si limitò a spostare lo sguardo altrove, puntando le iridi chiare sul campanellino causa della sua sconfitta.
«E’ tardi, devo andare…» disse, chiedendole implicitamente di lasciarlo libero.
La donna sorrise e si scostò, lasciandolo rialzarsi.
Minato si passò una mano tra i capelli, pensieroso.
Mi ammazzerà, sicuro.
«E dove dovresti andare?» chiese, facendo la finta ingenua, la donna dalla lunga chioma corvina.
«Come se tu non lo sapessi. Vado dalla figlia degli Uchiha.» dichiarò lui con un semplice sorriso, gli occhi color cielo illuminati.
«Quale?» indagò divertita.
«Dalla più bella, ovvio!» chiarì, adorante.
«Vai pure.» concesse lei, pur sapendo che se l’avesse voluto trattenere, sarebbe stato del tutto inutile.
«Ci vediamo a cena…» salutò la donna voltandosi.
«Ma ricorda Minato: io sono tua madre, ma ancor prima una ninja e un’ambu. Se continui a trascurare così i tuoi allenamenti, sarò costretta a prendere provvedimenti.» lo avvertì lei.
«Si, si…» rispose lui non curandosene troppo. Ma aveva recepito il messaggio e sua madre lo sapeva.
Minato, il suo primogenito, aveva tutti i tratti fisici del nonno, oltre al nome. Inoltre, nessuno sapeva come o da chi l’avesse ereditato, era un vero genio e tutto il villaggio era sicuro che avrebbe seguito la tradizione di famiglia diventando Hokage. Al momento, aveva 18 anni ed era jounin da circa due anni. Sebbene le sue capacità gliel’avrebbero permesso da molto prima, Minato se la prendeva con calma, e poco gli importava il fatto di aver sviluppato da piccolo le capacità oculari del clan. Ma era il suo carattere a fare la differenza: l’allegria scorreva nelle sue vene al posto del sangue, ma agiva sempre con calma e lucidità, nonostante fosse un bonaccione di prima categoria.
Infatti, solo grazie al fatto che non aveva minimamente preso dal padre, il capoclan Uchiha gli permetteva di frequentare la sua primogenita. Seppure avesse voluto allontanarlo, quel ragazzo in vita sua non aveva commesso nessuna pecca, ed essendo un vero genio in tutto, non aveva proprio nulla per liberarsene pur se avesse voluto. Comunque, l’Uchiha ringraziava ogni giorno il signore che Minato non fosse come suo padre.
Hinata sospirò vedendo la figura del figlio sparire a piccoli passi.
Sorrise.
Sapeva che appena avesse messo piede fuori casa, avrebbe iniziato a correre come un matto, pur di diminuire il suo ritardo e non sorbirsi una strillata dalla sua ragazza.
«E’ di nuovo in ritardo?» chiese una voce matura alle sue spalle.
«Direi proprio di si.» rispose la donna non voltandosi.
«Non vorrei essere nei suoi panni.» le si avvicinò e le carezzò la guancia da dietro.
«A quanto pare, ha ereditato almeno questo da te.» sospirò Hinata.
«In che senso? Quando mai sono stato in ritardo con te?» le chiese con la faccia da bambino fissandola con i suoi occhi azzurro limpido.
«Ad esempio quando tutto il villaggio sapeva della mia cotta per te e tu non te n’eri proprio accorto?» lei si girò verso di lui e lo guardò con ovvietà.
«E’ stato tanto tempo fa ed ero solo un bambinetto cretino che non sapeva cosa fosse l’amore e sognava di diventare Hokage…» si giustificò lui acquattando la zazzera bionda.
«A me sembra che tu avessi una cotta per Sakura a quei tempi…» gli lanciò una frecciatina.
«Ehm… ti sembra male…» cercò di sgattaiolare lui sotto il sorrisino della consorte «Tanto io amo solo te.» e le circondò il bacino avvicinandosela.
«Lo so.» annuì lei mettendogli le mani al collo e facendosi baciare dolcemente.
Sollevò leggermente le sue labbra da quelle del marito e gli sospirò contro:«Oppure, tutte le volte che ai nostri appuntamenti ti dimenticavi di avvertirmi che saresti partito per qualche missione…», lasciando sottointeso “ed io rimanevo ad aspettarti come una cretina”.
Lui la guardò sconfitto.
Ecco perché mi piace Hinata: trova sempre il modo giusto per fregarmi.
Ragionò Naruto dopo essere stato zittito da quell’angelo di sua moglie.
 
Cazzo! Mikoto non mi parlerà per un mese se non mi sbrigo!
Correva a perdifiato, cercando di recuperare ogni singolo secondo con una corsa da maratoneta.
Aveva promesso alla sua ragazza, o meglio, fidanzata, come preferiva chiamarsi lei, che avrebbero trascorso il pomeriggio insieme, dove le sarebbe più piaciuto.
La ragazza era rimasta felicissima da quelle parole e gli aveva promesso di preparare qualcosa di davvero speciale per il suo arrivo. A differenza della madre, lei era molto portata per la cucina e le piaceva perdere il tempo a preparare varie leccornie, soprattutto dolci, da far assaggiare alle sue sorelline o a chiunque si trovasse a passare dalla cucina.
Certo, dalla madre aveva ereditato caratteristiche come l’irascibilità, la forza mostruosa, il voler essere sempre la prima donna in tutto, ma anche tanta caparbietà, tenacia e buon senso.
Dal padre forse aveva ereditato di meno, a parte l’innegabile somiglianza fisica. A volte si chiudeva in se, a riccio, e nessuno riusciva a leggerle dentro. Era schiva con gli sconosciuti e maledettamente testarda. Forse non aveva ereditato poco dal padre, anzi, le aveva trasmesso anche troppo di suo.
Il biondo si fermò e smise di imprecare e maledirsi solo appena vide la figura snella tanto conosciuta attenderlo al portone d’ingresso di casa sua.
Ora si che sono fritto!
Quando Mikoto l’aspettava fuori, di solito c’era qualcosa che non andava. Ed oggi, probabilmente era lui ed il fatto che fosse in ritardo.
«Ehi, Mikoto!» la chiamò lui da lontano, per sembrare meno in ritardo di qualche secondo. «Ciao! Scusa per…» non poté neanche completare la frase che la ragazza le lanciò un’occhiataccia fulminandolo con i suoi profondi occhi scuri.
Sembrava tenergli il broncio, e stette per qualche secondo in silenzio, guardandolo quasi in cagnesco.
«Su, dai… non fare c…» provò lui.
«Sai che odio i ritardatari.» lo interruppe lei con poca grazia. «Andiamo, prima che mi passi la voglia di uscire con te.» gli ordinò, spostando con la mano sinistra i lunghi capelli neri e facendoli ondeggiare.
Con piglio deciso, gli diede un cestino da pic-nic da portare e si aggrappò al suo braccio destro, stringendosi ad esso ed appoggiando la testolina sulla spalla del biondo.
Minato, dal canto suo, in estasi, portava il pesante cestino e si faceva guidare come un cagnolino dalla ragazza, che aveva ancora un’espressione un po’ indispettita.
Che cretino! Quel ragazzo si fa sempre fregare come un allocco da mia figlia!
Osservò il capoclan Uchiha scorgendo i due ragazzi sparire dietro l’angolo.
Forse è meglio così. Buon per lei. Al giorno d’oggi, avere qualcuno che ti ama tanto da fare proprio tutto quello che dici è difficile...
Rifletté poi l’uomo dai folti capelli scuri.
«Sasuke!! Verresti ad aiutarmi in cucina?» da una stanza poco distante, una donna dalla capigliatura rosa lo chiamò con voce squillante.
«Arrivo subito.» e si precipitò da lei prima che questa dovesse ripeterglielo una seconda volta.
 
Minato,fidanzata a braccetto, passeggiava tranquillo per il villaggio, con uno sguardo da innamorato perso (o meglio, da ebete sognante) sul volto.
Quando era in compagnia di Mikoto, il ragazzo non pensava ad altro. O semplicemente non pensava.
Spesso era capitato che qualcuno l’avesse salutato, e lui aveva proseguito per la sua strada, non accorgendosi neanche della presenza dello sfortunato conoscente.
Mikoto, dopo una decina di passi, aveva sostituito il piglio deciso, con cui aveva afferrato il ragazzo, con un’espressione serena.
Continuava a tenerselo stretto, limitandosi a indicargli la strada da seguire.
In poco tempo, i due ragazzi uscirono dalle mura del villaggio, dirigendosi sempre più verso il fitto della foresta.
Mikoto gli si staccò guardandosi attorno.
«Su, forza. Di questo passo non arriveremo neanche per stanotte. Che ne dici di un po’ di moto?» suggerì lei con tono di sfida. E gli occhi le brillarono.
«Certo!» sorrise lui accettando: non si sarebbe mai tirato indietro. «Dimmi solo verso dove.»
«Due kilometri sud. Non è poi molto lontano.» precisò lei.
«Bene. Dai tu il via?» chiese.
«Certo,» disse risoluta, «via!» scattò subito lei, rimanendolo indietro.
Minato sospirò.
Mikoto… pensi di farmela?
E con un sorrisetto di chi la sapeva lunga, il cestino alla mano, iniziò il suo inseguimento saltando di albero in albero.
Pochi secondi dopo, la ragazza gli fu di nuovo visibile.
Agile e veloce, alternava la corsa sulla nuda terra con rapidi salti.
I lunghi capelli neri ondulavano sulla sua figura, mostrando di tanto in tanto il visino affusolato, sorridente per il vantaggio ottenuto.
In poco Minato la raggiunse, dando luogo ad un vero testa a testa.
Siccome correva per gioco e soprattutto per divertimento, decise di non modificare quell’andatura e di restare al passo con Mikoto.
All’Uchiha non piaceva perdere e quindi, Minato si preoccupò di starle sempre a spalla e magari, di superarla solo verso la fine della corsa.
Ed in pochi minuti, si intravide il posto deciso dalla ragazza.
Mikoto, volgendo di tanto in tanto lo sguardo verso l’Uzumaki, notò che egli, senza farsi accorgere, aumentava la velocità.
Sapeva benissimo che lui era molto più veloce di lei, non era stupida. Eppure, sapeva anche benissimo che c’era un modo per vincere.
Ora ti frego io… vediamo un po’…
Elaborò un semplice ed astuto piano, vincente su tutte le frontiere.
Rallentò di poco il passo.
«Ehi! Minato!» lo chiamò a squarciagola attirando la sua attenzione.
Si poggiò una mano sulla maglietta.
«Vorresti vedere le mie tette?» gli chiese con fare innocente, alzando giusto un frammento del lembo di stoffa rosa che le ricopriva il ventre.
«C-COS..!?» si fermò di scatto, restando con la mascella aperta e gli occhi sbarrati nell’udire quella proposta.
Approfittando del suo shock e del fatto che si fosse fermato, Mikoto aumentò di nuovo il passo, e vi aggiunse molta velocità.
Ma che cazz…
Il ragazzo, se la vide sfrecciare affianco, con un occhiolino consolatore che diceva chiaramente: “Ti ho fregato”.
Oh, no! Me l’ha fatta! Se la prendo!
«Ti aspetto avanti!» gli disse ridendo come una bambina.
«Mikoto! Questo è scorretto!» protestò lui, « Se ti prendo…» la minacciò poi.
«Giusto! Se mi prendi.» continuò a ridersela lei.
Lui emise un grugnito o qualcosa del genere.
Ora vedrai… sicuro che ti prendo!
Ormai erano arrivati sul luogo scelto, ma i due continuarono la loro piccola maratona attorno all’incantevole specchio blu che con i suoi scrosci, riempiva l’aria.
Il biondo la rincorse un bel po’, prima di riuscire a raggiungerla ed a incastrare il suo corpo tra se stesso ed un albero.
Lasciò cadere il cestino a terra e la immobilizzò.
In quel modo, forse, si sarebbe fermata un attimo.
«Visto? Ti ho presa.» concluse lui vincente.
«E chi ti assicura che non sia stata io a volermi far prendere?» lo stuzzicò lei.
«Sai che quello che mi hai fatto è scorretto, vero?» le chiese lui guardandola negli occhi.
«E contro quale regola và? Non mi pare che avessimo mai messo delle regole fra noi…» ammiccò lei.
«Hai ragione…» stette al gioco lui. «Ora però, devi fare punizione.» cercò di vendicarsi lui.
«Ah, si? E cosa dovrei fare? Sentiamo.» si mise in gioco lei, guardandolo maliziosamente.
«Hmm…» parve pensarci su.
Lei non si fece attendere e gli circondò il collo con le braccia, alzandosi leggermente sulle punte e avvicinando il suo viso al proprio.
Gli baciò le labbra, facendo diventare pian piano il bacio più intimo.
Lui spostò le sue forti braccia dal tronco su cui l’aveva incastrata per stringerla a se.
Lei gli si staccò dopo un po’.
«Così può andare?» gli chiese mentre le loro bocche erano ancora a poca, se non nulla, distanza.
Minato non rispose, le diede un bacetto affettuoso sul naso.
«Ora si.» sorrise lui spostandosi, mentre lei si toccava il naso, come a voler togliere quel piccolo bacino.
Maledetto Minato!
I baci sul naso non li aveva mai sopportati!
Il ragazzo riprese il cestino e si avvicinò sulle rive del laghetto.
Mikoto aveva scelto di passare il pomeriggio proprio li, dove una piccola cascata creava uno specchio d’acqua indisturbata tra la natura, vicino alle porte del villaggio.
Un bel posto davvero. Tranquillo, spazioso e rilassante.
Il ragazzo aveva già sistemato buona parte del cestino sul prato, molto vicino alla riva.
«Minato, li non va bene. Metti tutto più lontano dall’acqua, o mangeremo solo zuppa.» lo richiamò lei, con tono leggermente irritato.
«Va bene.» rispettò il suo ordine sereno, senza replicare.
 
Poco dopo, entrambi si erano seduti sul prato per assaggiare la merenda preparata da Mikoto, ovvero una torta e del the.
Minato mangiava tranquillo: esagerava con la quantità, ma lo faceva in modo composto, così da non mostrare troppo la sua golosità.
Inutile dire che, quando la torta fu terminata fino alle briciole, la cuoca richiese ed ottenne meritati complimenti.
Dopo essersi stiracchiato per bene, il biondo si sdraiò completamente al suolo, sazio.
Mentre fissava le nuvole scorrere pigre nell’azzurro limpido del cielo, la chioma di Mikoto si sovrappose a quelle.
«Ci facciamo un bagno?» chiese speranzosa.
Lui la guardò un attimo stranito.
«Ti sembra la temperatura adatta per un bagno? E poi non abbiamo neanche il costume.» scartò il suggerimento l’Uzumaki.
«Credo che le mutande le avrai, no? E poi sentilo: il figlio dell’Hokage che ha paura di farsi un bagnetto perché fuori periodo.» lo prese in giro.
«Nulla da fare, mi spiace. Rimandiamo.» asserì convinto.
«Mpf» sbuffò lei delusa. Perché Minato non l’assecondava mai su queste cose?
Forse non gli piaceva il luogo.
O forse, semplicemente non gli piace il mio corpo.
Scosse la testa per cacciar via quell’insana idea senza fondamenta. Non lo credeva affatto, e poi, a giudicare da come si era bloccato prima alla proposta di guardarle il seno, almeno un po’ di attrattiva doveva esercitarla sul quel ragazzo.
Purtroppo però non aveva mai provato a toccarla con un dito e questo, soprattutto nell’ultimo periodo, le dispiaceva.
Mikoto si spostò a piccoli passi e guardò dritto davanti a se, osservando il getto d’acqua in tutto il suo splendore.
«Ti piace qui?» chiese a bassa voce, timida, sperando di non aver scelto qualcosa che potesse dispiacergli.
Minato le si avvicinò da dietro e l’abbracciò poggiando la testa sul suo collo, la bocca vicino all’orecchio.
«Tantissimo.» le bisbigliò velocemente, per poi trascinarla con se indietro e farla cadere insieme a lui sul folto prato.
La ragazza si ritrovò su di lui che gli aveva fatto da cuscino.
Si sentiva così piccola…
Trattata quasi come una bimba a cui piace giocare.
«Dai… Minato!» provò a fermarlo tra le risa dovute al forte solletico che gli stava facendo.
Ma il ragazzo non smise e continuò ancora per un po’.
«Non trattarmi come una bambina.» si trovò a commentare, facendo la finta offesa, dopo essersi ritrovata non sapendo come, stesa affianco a lui, con la mano sinistra intrecciata a quella del ragazzo.
«Non lo farei mai.» controbatté serio lui.
Lei ci pensò.
«Eppure, a me pare che spesso succeda. Cioè… che mi tratti da bambina… invece che da donna.» confessò vergognosa.
Era capitato spesso di parlare di sesso tra i due ragazzi, soprattutto durante la prima adolescenza. Ma, sebbene Mikoto ogni tanto accennasse a qualcosa, Minato non le aveva mai chiesto niente o dimostrato particolare interesse. Se da un lato ne era sollevata poiché non si sentiva ancora pronta per certe cose, dall’altro crescendo, era come se la infastidisse parecchio non risultare attraente e desiderabile ai suoi occhi.
Minato le sorrise malinconicamente e le carezzò delicatamente una guancia.
«Ti sbagli. Tu sei una donna; la migliore che esista, non potrei mai trattarti come una bambina.» palesò le sue idee.
Mikoto non parve convinta, le sembrava una di quelle frasi già fatte.
«E’ che non voglio tu possa pentirti di qualcosa. Sai che credo molto nel matrimonio.» si imbarazzò un po’ lui, dato che poco gli capitava di parlare dei valori nei quali credeva maggiormente: ovvero matrimonio e famiglia. Sebbene ne avesse una, crearne una da se lo imbarazzava tantissimo, per non parlare poi dell’idea di sposarsi. Erano quei piccoli segreti che si portava nel cuore, e che sperava di avverare con Mikoto, prima o poi.
«E tu sai benissimo che io credo molto in noi.» lo interruppe lei, convinta e seria.
«Mikoto, io ti amo, lo sai, ma…»
«Quale ma? Se mi ami mi ami, punto e basta.» si impose lei.
«Benissimo.» si decise lui, stanco di quei discorsi che da un po’ facevano capolino sempre di più tra loro. «Allora sposami.»
Cosa…?
«Sposami, Mikoto, e mi farai l’uomo più felice su questa terra.» proruppe lui, sincero.
Si mise seduto e la penetrò con gli occhi color cielo.
Mikoto era rimasta imbambolata, lo guardava sconcertata e non sapeva per la prima volta cosa rispondere.
Minato si illuminò.
«Giusto. Hai ragione, te lo devo chiedere in questo modo.» disse, inginocchiandosi e guardandola profondamente.
«Mikoto, vuoi sposarmi?»
La ragazza era rimasta a bocca aperta.
Infatti, non seppe neanche dove trovò la forza per pronunciare un flebile e balbettato «S-si».
«Scusami, non ho neanche un regalo da darti… come vedi, è stato un po’ improvvisato…»
Poi gli venne un’idea e si portò le mani al collo.
«Però… pensi che questa potrebbe andar bene? Almeno per il momento, s’intende…» le avvinò il suo ciondolo, regalatogli dal padre quando era piccolo e da cui non si era mai staccato.
In quel piccolo gioiello erano rinchiusi i suoi sogni e le sue speranze, così come quelle di molte altre persone prima di lui.
Mikoto gli si buttò al collo, lo baciò e lo trascinò a terra.
«Ma scherzi? Va benissimo.»
Lui sorrise.
Poco dopo, fu costretto a farle allentare un po’ l’abbraccio, altrimenti, non sarebbe arrivato vivo al matrimonio.
 
Erano ormai sulla via di casa quando la ragazza, felice come una pasqua, gli chiese innocentemente quando volevano celebrare il rito.
«Scegli pure tu quando e dove. A me va bene anche domani in una birreria…» scherzò lui, pensando di far cosa gradita, ma lei lo incenerì immediatamente con lo sguardo.
E no, la birreria a quanto pare non va bene…
«Mikoto, prima dovremmo dirlo almeno ai nostri genitori, non credi?»
«Effettivamente…» ragionò lei. «Sai la mamma come sarà felice, lei adora queste cose!»
«Si, certo… io piuttosto mi immagino tuo padre.» si terrorizzò lui. «Penserà sicuramente che io ti abbia messa incinta o qualcosa del genere…»
«Ma dai! Babbo è un uomo dalle ampie vedute e non si fermerà all’apparenza!»
Si, si fermerà a darmi calci in culo…e con le “ampie vedute” che gli da il suo sharingan ci riuscirà ancora meglio…
Il pensiero se lo tenne per se.
«Vedrai, andrà tutto bene!» lo consolò allegra lei.
Certo, come no.
Si disse pessimista.
«Quando andiamo a dirglielo? Ora?» lo incitò sprizzando felicità da tutti i pori.
«Ora è tardi, e mio padre non c’è a casa. Che ne dici di domani mattina?»
«Va bene. Pensandoci, a casa ora ci saranno solo le mie sorelline. Riuniamo tutti assieme, vero?»
«Si, così evitiamo di dover fare il discorso due volte.»
Parlando parlando, arrivarono a casa Uchiha.
«Allora a domani…» sgattaiolò via lei.
«Ehi, non mi saluti neanche?» si rammaricò lui di non aver avuto neanche una semplice carezza.
«Eh no mio caro! Da stasera, niente contatti troppo stretti, fino al matrimonio!» sorrise lei divertita, lasciandolo poi fuori al portone con una faccia ancora più da stupido di quando si era presentato quel pomeriggio.
Perché, quando mai abbiamo avuto contatti troppo stretti io e lei?
Speriamo almeno che questo matrimonio arrivi presto… sigh!


 

Spoiler

"«COOOOOOSA?!»
L’urlo di Sasuke riecheggiò in tutta la villa, senza risparmiare neanche il giardino.
Fortunatamente casa Uzumaki era territorio del ragazzo, altrimenti Sasuke non avrebbe pensato due volte sullo sbatterlo fuori dalla finestra a calci nel sedere.
Mikoto, la sua primogenita, la sua bambina, la sua principessa, sposare il figlio di quel mentecatto dell’Uzumaki?"

Salve a tutti! Siccome l'altra mia fanfiction su Naruto sta terminando, ho deciso di iniziarne una nuova, che sarà composta da soli 4 capitoli. Come potete ben vedere però, saranno molto più corposi rispetto ai soliti che scrivo. L'unica nota dolente è il tempo: vi dirò, solo per questo capito ne ho impiegato tantissimo, anche perchè dovevo delineare il carattere ai due protagonisti. Ora quello che più mi preoccupa è rendere al meglio le reazioni dei genitori, soprattutto di Naruto e Sasuke. Spero vivamente di riuscirci e magari di non impiegarci troppo(non foglio fare un'Odissea con questa storia, come magari ho fatto con We are lovers, areen't we?).
Mi farebbe molto piacere conoscere la vostra opinione sul primo capitolo che vi presento. Un saluto generale e un grazie per aver letto questo capitolo. Ah, auguri di Buon Anno Nuovo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Imparentarsi, che tragedia! ***


Capitolo II
»● Imparentarsi, che tragedia!

«COOOOOOSA?!»
L’urlo di Sasuke riecheggiò in tutta la villa, senza risparmiare neanche il giardino.
Fortunatamente casa Uzumaki era territorio del ragazzo, altrimenti Sasuke non avrebbe pensato due volte sullo sbatterlo fuori dalla finestra a calci nel sedere.
Mikoto, la sua primogenita, la sua bambina, la sua principessa, sposare il figlio di quel mentecatto dell’Uzumaki?
No, questo era un incubo. O semplicemente, c’era stato un errore e lui non aveva capito bene.
«Hai capito benissimo.» lo fronteggiò sicura e senza paura la sua dolce bambina, aggrappandosi al braccio sinistro del fidanzato.
«Non è meraviglioso?» proruppe subito dopo sua moglie, a peggiorare la situazione.
Le sue pargolette, che chi più, chi meno, si erano completamente sciolte alla lieta notizia, guardavano la coppia con aria sognante.
Il suo futuro consuocero non aveva ancora detto niente. O meglio, aveva la bocca spalancata in una bella e tonda “o” a cui si abbinavano perfettamente i due occhi aperti a palla.
Accanto a lui, la sua bella si era aperta in un dolce sorriso da “me lo aspettavo”.
I gemellini Uzumaki si erano guardati di soppiatto, complici, e la nuova arrivata aveva sbattuto più volte il suo giochino in segno di approvazione.
No, no no no no! Qualcosa non andava assolutamente!
Questo era sicuramente un tremendo incubo dovuto al ramen che ieri sera gli aveva offerto il biondo, quando l’aveva sorpreso a mezzanotte, ancora nel suo ufficio, a trangugiare quella roba tra una scartoffia e l’altra.
Lo sapeva: non avrebbe dovuto accettarlo!
Ed ora, si ritrovava catapultato in un mondo alternativo dovuto alla carenza di sonno e al troppo stress.
Si portò una mano alle tempie ed iniziò a massaggiarsele.
No, qualcosa non va…
«Naruto, ti decidi a chiudere quella bocca?»
I suoi pensieri furono interrotti dalla signora Uzumaki, che, prendendo in braccio il suo piccolo pomodoro, ovvero la bimba che da pochi mesi aveva aumentato la felicità della famiglia, aveva sollevato con la mano libera la mascella all’uomo biondo che ancora fissava il nulla inebetito.
E mia figlia dovrebbe sposare la progenie di quello li?
NO, è impossibile. Non se ne parla proprio.
Si portò anche l’altra mano alla testa e con entrambe si coprì il volto.
Poi, perché doveva sposarsi così giovane?
Sicuramente c’era qualche problema…
Un lampo gli attraversò la mente.
Si precipitò sul collo del maggiore dei fratelli Uzumaki e lo prese per il bavero attivando la sua abilità oculare.
«TU!» gli ringhiò contro, «Di la verità, l’hai messa incinta!» lo accusò sicuro.
Minato lo guardò sospirando: era esattamente la reazione che si aspettava.
Come non detto…
Il ragazzo stava per rispondere quando venne superato in velocità dalla sua futura moglie.
«Papà!» lo richiamò lei, «Non aspetto nessun bambino. Io e Minato ci sposiamo perché ci amiamo.»
Il capoclan sembrò non capire quelle semplici paroline.
La guardò spaesato e subito dopo, si diede un’occhiata intorno…
Dove prima era seduto, un po’ più a destra, Sakura li guardava con aria superiore: Sasuke aveva sempre ascoltato le parole della sua prima figlia come oro colato.
Lei era l’unica che riuscisse veramente a smuoverlo, e quella volta non sarebbe stata differente dalle altre.
Praticamente, aspettava la sua disfatta.
Naruto non aveva cambiato espressione: o non aveva ancora assestato il colpo, o ci era morto.
Hinata aveva un sorriso furbo, quasi divertito: controllava la reazione del figlio e ogni tanto spostava lo sguardo su di lui.
Tutti i giovani lo fissavano ad occhi spalancati, soprattutto le figlie, poiché in quell’uomo non riconoscevano minimamente il loro papà controllato ed imperturbabile.
Poi tornò a guardare Minato, che ora lo squadrava esattamente come si fa con un pazzo che sta mostrando tutta la sua follia.
Ed infine, girò leggermente la testa verso destra, dove per poco non sbatté contro il naso della sua primogenita che, con un‘espressione che non ammetteva repliche, lo fissava contraddetta.
Con uno sbuffo «C-i a-m-i-a-m-o.» scandì Mikoto con chiarezza. «E se proprio vuoi un nipotino, dovrai aspettare un po’.» concluse poi sfacciatamente.
Sasuke parve collassare.
E vide anche il mondo cadergli addosso.
Non aveva nulla contro Minato: erano i precedenti del padre che lo preoccupavano.
«Papà!» lo richiamò la figlia. «Lo vuoi lasciare?» gli intimò.
Ah, già.
Aveva ancora tra le mani il povero ragazzo, che effettivamente, era innocente e puro come se fosse appena uscito dall’uovo.
Cercò di ricomporsi e tossì. Tornò al suo posto bofonchiando delle scuse approssimative.
«Finalmente.» sospirò la sposa. «Guarda che senza di lui non mi posso sposare, quindi, sei pregato di trattarlo con gentilezza.» ordinò mettendo in luce il suo temperamento dominante.
Sasuke non si curò minimamente di cosa gli fu detto; si associò allo stato di Naruto: perso fuori dal mondo.
Mikoto si ristrinse a Minato, bloccandogli la circolazione sanguinea del braccio con possessività.
Certo che a famiglie strane siamo messi bene…
Povero Minato, lui non aveva fatto proprio niente.
Niente di niente. A parte sganciare la bomba, ovvio.
Come aveva detto Mikoto: «Beh, di solito è l’uomo che parla davanti ai genitori, no?»
E si era tirata indietro dal parlare davanti a tutti, rimanendolo solo in balia delle parole giuste da usare o dai parenti impazziti.
Fortunatamente, era intervenuta quando c’è n’era bisogno.
Dopo pochi minuti, appena il tornado si fu quietato, tutti quelli sotto i diciotto anni si buttarono addosso ai due ragazzi, complimentandosi, facendo battutine e tormentandoli con tantissime domande.
Hinata, colta l’occasione nel chiasso generale, ne approfittò per far riprendere suo marito, ancora mezzo imbambolato.
«Naruto!» lo chiamò insistentemente. «Naruto! Naruto!» lo scosse inutilmente.
«NARUTO!» gli urlò in un orecchio.
Il capofamiglia Uzumaki, con sguardo intontito si girò verso la moglie.
«H-Hinata…» tremò irrigidendosi, «Hinata, amore mio… dimmi…» iniziò laconico, «cos’ho fatto io per avere un figlio masochista? Perché è così giovane e vuole già rovinarsi?» concluse melodrammatico.
La Hyuga, anzi, l’Uzumaki, gli lanciò dapprima un’occhiata inquietante, come se l’avesse voluto incenerire li per li per quelle parole riportabili anche alla loro coppia, e poi lo riprese.
«Naruto. Ma che vai dicendo?!» iniziò decisa. «Ti sembra il momento per queste scene? Dovresti essere felice: tuo figlio ha appena fatto la sua prima scelta da uomo.»
La ignorò.
Già, perché scegliere di fidanzarsi con la figlia di Sakura è puro masochismo, considerando com’era sua madre a quell’età…
Così, la domanda di Hinata rimase senza risposta poiché l’uomo tornò al mutismo di poco prima.
Poco più in la Sakura tentava inutilmente di riscuotere Sasuke che, ritto sulle ginocchia e con sguardo vacuo, ancora si ostentava a rimanere perso nei suoi pensieri.
Certo che perdere così la sua prima figlia femmina, deve essere stato un vero colpo per lui…
Eh già.
Sasuke aveva ricevuto quattro bei doni: tutti al femminile.
Quando nacque Mikoto, poco gli era importato del suo sesso: faceva poca differenza se era un bambino o una bambina. Era comunque la prova vivente che stava per rifondare il suo clan e riportarlo agli antichi fasti.
Per il secondo figlioletto non sapeva proprio cosa aspettarsi, anche se, un maschietto gli avrebbe fatto molto piacere e comodo. Un erede maschio avrebbe dettato direttamente la discendenza genetica e poi, voleva proprio mettersi in gioco come padre: insomma, diventare quel padre che purtroppo lui non aveva potuto mai avere.
Così nacque la sua secondogenita e ne fu ugualmente felice.
Quando seppe che il terzo pargoletto era sempre di sesso femminile, iniziò a pensare che forse in lui c’era qualcosa che non andava e che avesse la capacità di concepire solo bambine.
Pensiero che si rinforzò quando Sakura gli chiese un altro figlio e lui non si fece affatto pregare.
Risultato? La quarta principessa Uchiha.
Comunque, non si era mai perso di coraggio ed aveva sempre trattato le sue figlie al meglio, insegnandogli tutto ciò che sapeva e proteggendole come doni preziosi.
Solo che al momento, per quanto Sakura tentasse di convincerlo, di far nascere la quinta stellina proprio non ne voleva sapere.
In fin dei conti, il clan era stato ripopolato: di soli elementi femminili, si, ma comunque si era ripreso.
Dopo tutta la fatica che ho fatto per crescerla ed allevarla, la dovrei lasciare proprio ora?
Ripercorreva l’infanzia della sua Mikoto, soprattutto i momenti in cui si era comportato più da duro con lei.
Forse la vita matrimoniale gli aveva fatto male: prima sarebbe rimasto impassibile ad una notizia del genere e ora, ora si sentiva un completo imbecille.
Con sguardo da ebete, lentamente, si alzò in piedi sotto lo sguardo di tutti e lasciò la stanza senza salutare, perso nelle sue riflessioni.
Se Naruto non l’aveva presa molto bene, Sasuke ci era rimasto anche peggio.
 
Casa Uchiha, crepuscolo.
Il capoclan, in tenuta da casa, è seduto sui talloni nella sua camera da letto da quand’è tornato.
Non ha voluto mangiare e non si è alzato nemmeno per andare in bagno.
Fissa il nulla, non si sposta di un centimetro e non fiata neanche al sentire le bambine strillare dalle stanza accanto.
Di tanto in tanto sua moglie andava a spiarlo, ma nulla.
Lo trovava sempre lì, come se stesse attendendo che il cielo gli cadesse addosso.
Tuttavia preferì lasciarlo così, a sbollire e a pensare.
Prima o poi gli sarebbe passata. O gliel’avrebbe fatta passare lei: con le buone o con le cattive. A lui la scelta.
Il grande capoclan Uchiha ridotto in quella maniera?
Impossibile.
E per che cosa poi?
E’ geloso e non vuole che sua figlia si sposi.
Ridicolo.
Sakura sospirò e si fece coraggio. Entrò chiamandolo per nome.
«Vuoi qualcosa da mangiare? Ormai è ora di cena…» chiese gentile.
Lui scosse la testa in segno negativo.
«Ehi Sasuke…» soffiò, ma lui niente, non  le badò.
«Sasuke!» lo chiamò più forte, irritata dall’idea di essere ignorata.
L’uomo le rispose con un suono vago.
«Oh, insomma!» schiamazzò lei, «La vuoi piantare?»
Continuò ad ignorarla, ma lei non si arrese.
«Tua figlia non è una cretina, sa quello che sta facendo!» esclamò con poca grazia, andando direttamente al nocciolo della situazione. «Perché non sei felice per lei come me? Eppure hai sempre tenuto tanto alla sua felicità.» continuò.
L’Uchiha perseverò nel suo mutismo.
«S-A-S-U-K-E!» Trillò lei perforandogli un timpano.
«Non sono sordo.» rispose infastidito.
«Iniziavo a crederlo invece.» lo canzonò sarcastica. «Lei è felice, e questa è la sua vita. Perché non ti fidi di lei?»
«Mi fido ciecamente di lei. Ma è troppo giovane per sposarsi.» disse solenne.
«Ah, si? Guarda che io già a sedici anni ti avrei sposato se tu non avessi preferito altro a me e non te ne fossi andato in giro.» sputò lei. «Mikoto è una donna. Una donna. Non solo tua figlia.» precisò. «Ti è chiaro o te lo devo ripetere ancora?» chiese con spavalderia.
«Lo so anch’io…» disse a bassa voce, quasi deluso che quella glielo ricordasse.
Poi si ricordò i ragionamenti fatti tutto il pomeriggio e tutti i pensieri concepiti.
«Ma la cosa che proprio mi infastidisce è che sposerà il figlio di Naruto!» sputò poi velocemente serrando i pugni.
«Minato? E’ lui il problema?» chiese confusa. «Guarda che quel ragazzo è buono come il pane.»
«No, non lui. Il problema è che è il figlio di quel deficiente.»
«Naruto è il problema?» Sakura iniziava a perdere il filo di quello strampalato discorso.
«Non mi voglio imparentare con un’ebete del genere, mai!» incrociò le braccia, come un bambino convinto sulla proprietà esclusiva del suo giocattolo nuovo.
Il problema è che non si vuole imparentare con Naruto?
La cosa le parve incredibile. Incredibile quanto stupida.
Scoppiò in una fragorosa risata, tenendosi quasi la pancia dal dolore.
Mio marito non vuole far sposare nostra figlia per questo?
Continuava a ridere, mentre Sasuke, in leggero imbarazzo, la guardava detronizzato.
«Sasuke, Mikoto deve sposare Minato, non Naruto. E se non hai confuso persona, lui è il contrario del padre!» continuò ridendo.
«E chi ci dice che non trasmetterà il gene della cretinaggine? Non voglio nipoti dementi.» continuò pensando al futuro.
«Non succederà.» si asciugò le lacrime dagli occhi. «E Mikoto non lo permetterebbe. Pensa invece a come resterà delusa se ti metterai contro di lei. Diventeresti l’opposto del genitore che lei ha sempre visto in te.»
Poi, aggiunge sottovoce: «Così sembri solo un bambino troppo cresciuto.»
«Dici che esagero?» chiese lui, considerando per la prima volta nella giornata il fattore a-Mikoto-non-farà-piacere.
Lei fece cenno di si e gli diede un bacetto sulla guancia.
«Mi sa che sarà dura…» si diede la prima botta di rassegnazione.
Sakura lo abbracciò.
«Sopravvivrai.» sorrise.
«Pensa quando succederà alle altre…» concluse.
COSAAAA?!
Nuovo, pesante colpo.
Ok, quella giornata era da far entrare nella lista nera per Sasuke.
 
In casa Uzumaki, quella stessa sera, regnò il putiferio.
Fortuna che Naruto era uscito abbastanza bene dallo stato di trance.
La notizia si era sparsa a macchia d’olio: si sa, di queste cose, basta dirle alla vicina, o semplicemente alla fioraia(ed Ino effettivamente aveva fatto la sua bella parte) e tutti ne sono a conoscenza.
Molte persone si erano precipitate subito a chiedere informazioni ai parenti stretti, e i vecchi amici di Naruto, avevano deciso quella sera di fare un brindisi (e magari anche qualcosa in più), tutto esclusivamente al maschile. Insomma, una sorta di addio al celibato in anteprima.
Così, tra una chiacchiera e l’altra, o meglio, tra un bicchierino e l’altro, metà dei presenti si era ubriacata.
Minato non aveva gradito molto quella festicciola, ma il pensiero che tutte quelle persone avevano avuto per lui gli aveva fatto davvero piacere.
Erano passate da un po’ di tempo le due e mezza di notte e lo sposo, che non aveva toccato neanche una goccia di champagne, si era seduto sul corridoio che dava al giardino e guardava lo scrosciare dell’acqua nel blu della notte.
Chissà che starà facendo Mikoto… la mamma ancora deve tornare. Probabilmente, lei e Sakura la staranno rimbambendo con chissà quali idee…
Sentì i passi di qualcuno avvicinarsi e voltò lo sguardo.
«Che fai qui? La festa è per te.» sorrise Naruto.
Minato sorrise di rimando.
«Veramente, a quanto ho capito, sono venuti a sfottere te: credono che oltre ad avere una nuora terribile tra poco avrai anche i pannolini per le mani.» lo informò sarcastico.
«Già: quando ho detto loro che non aspettate nessun bambino e che vi volete sposare per amore mi hanno riso in faccia. Kiba addirittura mi ha sputato la birra sulla camicia nuova.» sospirò. «Non ci credono decisamente.»Si fermò.
«Che credano quello che vogliono. Non mi interessa.» osservò lui deciso. «Però, a quanto pare, anche tu non mi credi molto.»
Naruto fece scattare automaticamente gli occhi su di lui.
Possibile che un ragazzo tanto sveglio sia figlio suo?
Abbassa lo sguardo, colpevole.
«Sai, anch’io mi sono sposato giovane con tua madre. Però… è strano.» cercò di aprirsi come amico più che come genitore.
«Da giovane ti sembra di aver il mondo ai tuoi piedi… e di fare sempre la scelta giusta. Quando diventi padre invece, sembra che le scelte dei tuoi figli siano sempre affrettate e spesso discutibili.»
Si fermò, sperando che Minato non travisasse le sue parole.
«Non ho mai avuto un padre e… non so bene come comportami, soprattutto in questa situazione.» si confessò.
Rimasero in silenzio, ognuno con i propri pensieri.
«Ehi, papà. Guarda che sono sicuro di quello che sto facendo.»
Naruto sorrise.
«Purtroppo ci credo.» disse con una nota di rammarico, tornando all’espressione imbambolata di quella mattina.
Perché purtroppo?
«Ti da così fastidio che sposi Mikoto?»
«Eh?» Naruto, preso di sorpresa, fu un attimo confuso. «No, no. Non è per lei.» gesticolò con le mani.
«Nonostante sia figlia di Sakura ed abbia ereditato molto del suo caratteraccio è davvero una brava ragazza. Contro di lei non ho nulla, anzi, penso che un po’ della sua astuzia ti possa svegliare…»
…bhe, effettivamente però, se considero quando sei con lei mi pari un imbambolato che scende dalle nuvole…
«Però?» lo incitò il ragazzo a continuare.
«Però è figlia anche di Sasuke. E l’ultima cosa che avrei pensato nella vita era di imparentarmi con lui. Non basta ciò che mi ha fatto passare in una vita intera, lo farà anche nelle mie generazioni!» disse sbuffando.
Minato lo guardò stralunato.
«Tutto qui?» chiese semplicemente.
«Tutto qui? »ripeté Naruto a bassa voce meravigliandosi della domanda fatta dal figlio, che doveva essere e che considerava un genio.
«TUTTO QUI?» tuonò subito dopo. «Ma sai cosa cazzo mi ha fatto passare quello li?» con i lampi negli occhi, Naruto si riaccese al ricordo dei vari inseguimenti e compagnia bella.
«Eppure i nostri acchiapparella dovrebbero essere sui libri di storia ormai!» sbraitò continuando.
«Vedi che non l’ho recuperato in una settimana! Quello stronzo mi ci ha fatto impiegare anni!» e continuò con frasi simili non molto carine.
Quando si fu calmato tornò il silenzio, disturbato solo dagli ubriaconi intenti a festeggiare.
Minato rifletté un po’…
Forse, quella domanda gliela potrei fare…
Sorrise.
«Ehi, papà. Ma essere sposati com’è?» chiese curioso.
Naruto si rilassò.
«Ognuno lo vede in modo diverso: poi, dipende molto dalla persona che hai accanto. Se lei ti ama, è la cosa più bella del mondo.»
«Per te è così?»
«Si. Io amo tua madre, e Hinata mi ama a tal punto che ha dato la vita per me.» proruppe serio.
«Ovviamente però, ci sono dei momenti in cui non vorresti affatto essere sposato e daresti l’anima pur di tornare indietro.»
«Davvero?» chiese ridacchiando.
«Si. Prendi ad esempio quando tuo madre mi manda a fare qualche commissione o mi da un ultimatum. O ancora meglio: quando mi minaccia di astinenza da sesso per un qualunque motivo. E ti dirò, a volte è anche successo.» rivelò depresso al solo pensiero.
«Comunque, figlio mio caro, ti sei messo proprio in un pasticcio. Col caratterino di Mikoto stai proprio rovinato. Credo che presto avrai molti dei miei problemi. Ed Hinata è una santa. Con lei, non so proprio come ti andrà a finire.» gli diede una pacca sulla spalla.
Minato ghignò muovendo su e giù i piedi come un bambino.
«Non penso sarà così…» provò ad immaginare lui, speranzoso.
Allora pensi proprio male…
-Già. Naruto, tuo figlio è un cretino. Se la ragazza già lo comanda a bacchetta, che gli può succedere di peggio?
Non seppe rispondere. Dopotutto la volpe aveva ragione, più succube di com’era già, come poteva diventare?
«Comunque, Minato. Tuo padre è una vecchia volpe e vuole darti due importanti consigli, e vedi di seguirli come regole.» Iniziò lui, allargando il braccio per prenderselo vicino al collo.
«Regola numero uno: una donna ha sempre ragione.» alzò l’indice indicando il numero in questione.
Bene, ma che bella regola. Come se con Mikoto non fosse già così.
Forse il ragazzo era abbastanza cosciente della sua situazione.
«Regola numero due: nel caso avesse torto, guardare la regola numero uno!» sorrise, alzando un secondo dito.
Ma che razza di regole!
«Grazie papà, ma non credo mi serviranno.» disse, scrollandoselo di dosso. «Sai, con Mikoto valgono già.»
Come immaginavo…
«E va bene. Allora, se ti serve qualche altra spiegazione chiedi pure.» si mise a disposizione.
«Per esempio,» iniziò, recuperandoselo sotto una stretta mortale, «se ti serve aiuto per la prima notte di nozze o per qualcosa sul sesso, chiedi pure. Tanto credo già ne saprai qualcosa, no?» chiese retoricamente. «In ogni caso, se non ne volessi parlare con me, invece di comprare giornaletti o simili, vai direttamente dal maestro Kakashi e fatti prestare qualche copia delle sue della serie IchaIcha. Credimi, sono ottime fonti di ispirazione e non farà problemi a prestartele…» lo spintonò leggermente, mettendolo un po’ in soggezione.
«C-credo di saperne quanto basti…» balbettò per levarsi di dosso l’asfissiante genitore.
«Eh, credimi: non se ne sa mai abbastanza. Anche io, all’inizio, con tua madr…» sproloquiò lui.
«Si, si, ho capito non ti preoccupare.» lo interruppe bruscamente.
Di lezioni ne aveva avute anche troppe quella sera.
Naruto lo guardò negli occhi, orgoglioso.
Forse Hinata ha ragione: è la sua prima scelta da uomo.
«Allora vado a vedere cos’hanno combinato quegli animali di la.» si alzò. «Non vorrei mai che quando tornasse tua madre trovasse la casa semidistrutta. Sarebbe un vero guaio, soprattutto per me.»
Sorrise ampiamente e fece un passo.
«Ah, Minato. Mi stavo dimenticando.» continuò fermandosi. «Io ti avverto: il sangue è sangue. Se solo un nipotino o pronipote o che sia si azzarda a farmi ripassare ciò che ha fatto Sasuke, io prima vengo da te e poi vado ad acchiappare loro. E non sarò molto gentile.» minacciò infine, ridendosela di gusto.
Traduzione: “fallo succedere e ti spacco il culo”. Certo che Hinata avrebbe dovuto ammettere che ora il suo Naruto era molto più fine nel parlare… almeno in certi casi.
Credo proprio che lo farebbe… e quando fa così che mi spaventa di più, perché fa sul serio…
Meglio prestare attenzione.
Eh, Minato! Non te ne va bene una!



Che ne dite di questo capitolo? I personaggi sono troppo OC forse?
Io comunque mi sto divertendo a scrivere questa storia(se non si vede bene, ho postato prima di quanto pensassi!), e spero voi vi divertiate tanto a leggerla.
Un grazie di cuore a tutti voi che leggete e seguite le mie storie!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Preparativi, che stress! ***


Capitolo III
»● Preparativi, che stress!

«Allora, Mikoto, tua madre ti ha spiegato come funziona la prima notte di nozze, vero?»
Dopo poco che la combriccola Uzumaki era arrivata a casa loro, escluso il capoclan ed il figlio impegnati con gli amici in una festa sorpresa a cui Sasuke non aveva voluto affatto partecipare, Hinata e Sakura avevano trascinato la quasi sposina in una stanza più isolata, al riparo da orecchie indiscrete e di minori, affidando all’uomo il compito di occuparsi dei marmocchi.
Senza farsi pregare, la signora Uzumaki aveva iniziato il discorso e preso parola, seppur con un certo velato imbarazzo, attenta agli atteggiamenti della ragazza.
«Cosa credi Hinata? Con quattro figlie femmine è ovvio che alle più grandicelle abbia dovuto spiegare almeno qualcosa!» brontolò la donna dalla capigliatura rosa, senza contare minimamente la presenza della figlia e scuotendo la testa affermativamente per dare maggiore rilevanza alle sue affermazioni.
«Molto meglio.» sorrise lei. «Stasera avremo meno lavoro da fare e da domani potremo occuparci già dei preparativi.»
Le due donne si sorrisero complici ed estasiate, vogliose di mettersi all’opera.
Oh mamma… queste due fanno paura!
Mikoto le guardava sconcertata.
Aveva un brutto presentimento e più le sentiva bisbigliare, più questo si tramutava in realtà.
Non avranno mica intenzione di organizzare  il mio matrimonio?
Va bene per l’aiuto, grazie centomila volte, ma questo non glielo avrebbe proprio permesso.
All’ennesimo dei risolini delle due donne, che al momento sembravano più due adolescenti alle prese con la prima cotta, la ragazza si diede spazio con piglio deciso, intenzionata ad interrompere il tutto sul nascere. Come si dice, meglio prevenire che curare.
«Ehi, voi due.» le chiamò con tono autoritario ereditato direttamente dal padre. «Si può sapere che cos’avete intenzione di fare?»
Sakura ed Hinata si guardarono ancora e questo irritò tantissimo la discendente Uchiha.
«Vorremmo solo aiutarti coi preparativi…» disse dolcemente la madre del suo fidanzato, mostrando un sorriso lieve e affabile.
«… e darti magari qualche lezioncina prematrimoniale. Potrebbe esserti molto utile.» concluse in perfetta sintonia sua madre, scuotendo ancora su e giù la testa per dare maggior credito alle sue parole.
Perfetto! Ora si completano anche le frasi!
La situazione non stava prendendo affatto una buona piega. E si notava facilmente dal tono zuccherato con cui le si erano rivolte: non tanto per Hinata, che con tutti era sempre dolcissima, ma soprattutto per sua madre, dato che quel comportamento non era proprio da lei.
Allorché Mikoto tentò la mossa più intelligente: ringraziare e rifiutare.
«Sentite… io vi ringrazio, vi ringrazio immensamente» inutile dire quanto quella parolina le fosse costata, dato che si tratteneva a stento dall’urlare e mandarle al diavolo, «ma è il mio matrimonio e voglio organizzarlo io.» cercò di essere convincente quanto irremovibile.
«Ovviamente. E noi ti aiuteremo a fare le scelte giuste!» la interruppe sua madre felice come una pasqua.
Forse non era stata abbastanza convincente…
«NO!» si alterò.
Certo che la mamma è proprio cocciuta. O fa semplicemente  finta di non capire.
«Mamma io voglio fare da sola.» la guardò negli occhi verdi sicura di se. «Vi ringrazio, ma voglio che nessuno si metta in mezzo. E’ il mio matrimonio e me ne occupo io.»
Il tono fu rude, ma colpì profondamente l’animo della signora Uzumaki, che rivedeva in lei tutta quella determinazione e sicurezza che aveva tanto faticato ad acquistare da giovane.
«Ah, Mikoto! Non c’è la farai mai da sola… hai troppo poco tempo.» cercò di insistere Sakura, gesticolando con le mani e mettendo la questione in fini pratici.
«Veramente la data è ancora da decidere.» la fronteggiò sicura la maggiore delle Uchiha, con un lampo di sfida negli occhi scuri e pronta a tenerle testa.
«Si, ma sai bene quanto me che ti conviene fare il prima possibile, nell’eventualità che Sasuke cambi idea o che succeda qualcosa…» tasto dolente… o minaccia?
«Non ti preoccupare, me la caverò benissimo.» insistette lei sfidandola apertamente.
«Va bene, allora fai. Ma poi non venire a lamentarti da me.» echeggiò acida Sakura, inviperita dal suo tono: tono di sfida, di ribellione.
Così lasciò le due irata, uscendo dalla stanza a grandi passi e sparendo lungo il corridoio.
Mikoto la guardò di sbieco. Non voleva perdere tempo dietro quelli che erano inutili litigi, aveva ben altro a cui pensare.
Tsk. Faccia come crede. Me la sbrigo io.
«Mikoto…» la richiamò dolcemente Hinata, «non credi di aver esagerato?»
La ragazza le lanciò un’occhiataccia, come a dire che la madre se l’era cercata.
«Forse siamo state un po’ esuberanti, ma credimi, sarebbe difficile non esserlo.» asserì calma la donna, ricorrendo a tutta quella pazienza e bontà che utilizzava per allevare i suoi figli, e perché no, a volte anche per suo marito.
Fortunatamente Hinata aveva il rispetto della giovane, innanzitutto perché non si era mai intromessa tra Minato e lei, e poi… forse era grazie al suo carattere, si.
«Come ben sai noi ci siamo sposate dopo una guerra… e credimi, è stato difficile. Per entrambe.» ricordò Hinata, con malinconia.
«Ora non sto qui a raccontarti dei nostri matrimoni, probabilmente le avrai già sentite queste storie. Ma sai, noi siamo delle madri e siamo così felici per voi… vorremmo che fosse tutto perfetto… almeno adesso che tocca a voi.»
Forse gli dovrei dire che suo figlio voleva che ci sposassimo in una birreria?
«Penso che l’avrai già intuito. E’ un po’ come rivivere i nostri matrimoni… senza tristi esperienze alle spalle però.» sorrise malinconicamente lei.
E Mikoto si meravigliò ancora una volta di come facesse a parlare direttamente al cuore con le più semplici parole di questo mondo.
E ad aver sposato quel cretino dell’Hokage.
«Sarà anche così, ma la mamma mi dovrebbe ascoltare. Se dico di no, è no. Inutile insistere.» si spiegò tranquillamente.
Hinata sorrise. Quella ragazza aveva un bel caratterino. Anche se forse andava domata su certe cose.
«Perché la vuoi escludere del tutto?» chiese con innocenza.
«Io non la voglio escludere. Purtroppo si è fatta l’idea di voler organizzare tutto lei. Ed io non ho affatto intenzione di permetterglielo.»
Scosse il capo maternamente.
Che ragazza cocciuta.... ma ha ragione.
«Beh, a questo punto basterà dirle di limitarsi. Così sembri non gradire la sua presenza.» le fece notare sicura che avrebbe capito. «Non credo ti convenga averla come nemica, almeno non in questa situazione.» le ricordò poi.
«Mia madre quando gli dai un dito si prende tutto il braccio! Un po’ di nervoso non le farà male…»
L’Uzumaki si tranquillizzò. In fondo, non era nulla di grave.
«Allora che ne dici di farla sbollire e poi parlarle?» suggerì. «Vedrai che lo apprezzerà. Sai meglio di me il bene che ti vuole… mi aveva anche detto che era riuscita a convincere Sasuke.» le rivelò con furbizia.
Mikoto strabuzzò gli occhi.
Incredibile…
«Che ne dici? Penso che valga la pena provare.» insistette.
«E va bene.» si convinse Mikoto, tentando di tralasciare la sua reticenza.
Hinata fu compiaciuta del suo operato.
«Meraviglioso. Allora io mi faccio da parte…» bisbigliò riflettendo sulla situazione.
Se la ragazza non gradiva l’aiuto della madre, lei che era solo la futura suocera non poteva fare altro che evitarle almeno la sua presenza. Considerando poi che non voleva certo diventare una di quelle suocere in costante rivalità con la propria nuora…
Così si alzò in piedi, con l’intento di andare da Sakura.
«No, non è necessario. Mi piacerebbe che mi aiutassi a scegliere il vestito.» si sbrigò a frenarla Mikoto.
La mamma di Minato era l’unica persona che avesse sempre provato a capirla, e almeno questo glielo doveva. D’altro canto, non le dispiaceva neanche troppo.
La futura suocera s’illuminò.
Era bastato così poco per farla felice…
Ecco perché si è accontentata dell’Hokage…
«Andiamo a vedere che fine ha fatto quella rompiscatole.» si tirò su Mikoto, con l’intento di cercare la madre e prenderla per i capelli nel caso in cui non l’avesse voluta ascoltare.
Hinata si ritrovò serena.
Interessante… davvero interessante.
Sakura stava sbollendo la rabbia in un’angolo appartato, allenandosi vicino ad un possente tronco su cui sferrava calci e pugni da record.
Eccola… quando qualcosa non le va bene si sfoga sempre a suon di pugni… ma è davvero una donna?
Mikoto, come ogni volta che la vedeva così, non sapeva cosa pensare.
Certo, quando lei era arrabbiata o seguiva il suo esempio o se ne stava in assoluto silenzio per giorni. L’unico problema era che sua madre impiegava un po’ troppa foga: lei non aveva mai distrutto un albero centenario con un solo calcio per sfogarsi.
Quando il povero albero fu del tutto sradicato, Sakura si asciugò qualche gocciolina di sudore che le imperlava la fronte, ancora corrucciata per ciò che era avvenuto poco prima.
Mikoto le si avvicinò con spavalderia.
«Ehi mamma.» la chiamò, ma la donna fece finta di non sentire.
Così la ragazza, senza ripetersi, le si posizionò di fronte, in modo che non la potesse evitare.
«Che vuoi?» fu la risposta secca ed incazzata della signora Uchiha.
«Solo dirti che se proprio ci tieni mi puoi anche aiutare. Basta che la finisci di farmi da capo. Sono stufa di imbestialirmi per queste cretinate.» disse scocciata, facendo sembrare, proprio come faceva suo padre, l’atto dell’aiutarla un onore immenso e privilegiato.
Sakura alzò un sopracciglio.
«Sicura di sentirti bene? Non è da te cambiare bandiera così facilmente.» disse scrutandola.
Notò Hinata in sottofondo che le fece cenno con la manina.
Capì.
Possibile che non fosse riuscita a convincere sua figlia mentre Hinata si?
Tirò un pugno ad un albero li vicino facendo cadere buona parte del suo fogliame e lasciando una profonda cicatrice nella sua corteccia.
Che nervoso.
Sarebbe stato meglio non aiutarla: quella ragazza insolente meritava una lezione!
La guardò negli occhi.
Sospirò.
«E va bene.» confermò.
La lezione gliel’avrebbe impartita in un altro momento. Ci teneva troppo a partecipare.
Che senso aveva tenersi questo rancore? Dopotutto era la prima figlia a sposarsi e poi, quello era il suo carattere. E lei voleva con tutto il cuore far parte di quei momenti.
Fare per lei ciò che non era riuscita a fare per se stessa.
 
Sakura era capitolata: non avrebbe avuto poi molti problemi, a parte gestire due donne che le sottoponevano anche i dettagli più insignificanti.
Suo padre si era rassegnato: stava per girare l’angolo verso una resa evidente quanto giusta.
I suoi suoceri erano apposto: aveva la moglie dell’Hokage dalla sua parte e suo marito infondo non contava poi troppo in quell’occasione.
Tutti i bambini erano favorevoli.
Perfetto.
Assolutamente perfetto.
Ed, effettivamente, anche quella prima giornata si era rivelata meno insopportabile di quanto pensasse.
Subito dopo essere passato ad informarsi per tutte le carte necessarie all’atto, il fantastico trio aveva visitato un paio di negozi di bomboniere in cui trascorse circa due ore a testa. Le povere commesse avevano dovuto sorbire ben tre donne, chi più, chi meno autoritaria, con idee totalmente contrastanti: Sakura prediligeva qualcosa di più innovativo, magari burlesco, Hinata optava il classico che non passa mai di moda e Mikoto voleva qualcosa di originale, poco ingombrante e il più semplice e delicato possibile.
Alla fine, avevano deciso con sicurezza solo le partecipazioni, a cui avrebbero poi intonato le bomboniere e altre piccolezze del matrimonio che avrebbero rinviato agli stessi colori.
In tardo pomeriggio, erano passate al negozio di Ino. Nulla da dire: avere amicizie nel settore fa sempre bene.
Si concordarono per i fiori e i colori da usare nelle composizioni, rimanendo di aggiornarsi per il bouquet in modo da farlo star bene sul vestito, la cui ricerca sarebbe iniziata il giorno dopo.
Sbadigliò e si compiacque della piega che stava prendendo la situazione: entro poco si sarebbe potuta sposare tranquillamente.
Si rigirò sul divano, continuando a riflettere se si fosse dimenticata qualcosa o cercando un qualche particolare che poteva esserle sfuggito.
Strano come tutto si fosse girato dalla sua parte in soli due giorni dall’annuncio.
D’altronde però, era meglio così.
Chiuse gli occhi e tornò alla posizione di prima.
Sentì qualche rumore provenire dall’ingresso e tese le orecchie, ma a poco gli servì poiché fu subito chiamata.
«Mikoto! E’ arrivato Minato!» urlò una delle sue sorelline verso il salotto dove stava pigramente impegnando il suo tempo.
Minato? Cosa vorrà a quest’ora?
Si ricompose sul divano attendendolo e sistemando qualche piegolina dei suoi vestiti.
In pochi secondi lui la raggiunse.
«Ciao Mikoto.» le sorrise pacato.
Lei sorrise a sua volta, in attesa.
«Ehi Minato! Non si saluta più?» sbuffò alterata, dato che si aspettava almeno un semplice bacetto sulla guancia che non arrivò.
Eh?
Minato si grattò la guancia pensieroso.
Poi capì.
«Scusa, ma non eri stata tu a dirmi che dovevamo “limitare i contatti” fino al giorno del matrimonio?» chiese confuso.
Mikoto sbuffò ancora, solo più sonoramente.
Che imbecille!
Lo prese per il colletto, lo tirò a se e lo baciò.
Quando si staccarono, in imbarazzo bofonchiò un: «Ovviamente stavo scherzando…»
Minato, stordito, mise su un’espressione tra il contento e l’ebete.
Nulla da fare, con lei l’avrebbe sempre persa!
Gli si accomodò vicino.
«Senti, sono venuto qui per chiederti una cosa…»
«Dimmi.» lo incitò guardandolo con attenzione.
«Ehm… in che giorno vuoi celebrare le nozze? Insomma, abbiamo detto che ci sposiamo, ma il giorno non l’abbiamo ancora deciso…»
Domanda giusta, se il ragazzo non aveva messo in conto la sua organizzazione e quella delle loro madri: un paio di firmette e il giorno tanto atteso sarebbe potuto essere già stampato sugli inviti scelti quella stessa mattina.
«Ci ho pensato io… domani arriverà la conferma della data. Nel frattempo, abbiamo già scelto gli inviti e i fiori.» raccontò stringendosi le gambe al petto.
Abbiamo?
Oh, no. Questo vuol dire che mamma e Sakura si sono messe in mezzo.
«Mi dispiace.» si scusò sinceramente dispiaciuto.
«E di cosa?» domandò lei non riuscendo a seguire il suo ragionamento.
«Di mia madre… insomma, del fatto che si sia intromessa.»
Mikoto sorrise.
«Ma no, dai.» gli posò una mano su una spalla. «Ammetto che all’inizio l’idea non mi era affatto piaciuta, anzi, ero del tutto contraria. Però la mamma e Hinata si stanno dimostrando meno invadenti di quanto potessi immaginare. Ovviamente, spero per loro che continuino così…» e gli raccontò la giornata appena trascorsa e di come, in fin dei conti, le fossero tornate utili.
«Domani vado a scegliere il vestito.» disse infine colorandosi leggermente.
Minato se ne accorse ed il cuore gli si riempì di gioia.
«Mi raccomando, non esagerare! Non diventare troppo bella o tutti gli invitati rimarranno stecchiti… poi si che sarebbe un matrimonio indimenticabile: tutti all’ospedale!» scherzò lui, prendendola in giro.
«Che c’è, hai paura di perdere l’esclusiva? Sarebbe molto più divertente avere una decina di proposte di matrimonio il giorno stesso delle proprie nozze.» ribatté.
Nulla da fare. Mikoto non si teneva mai nulla.
«Se ti farebbe piacere…» alzò le spalle lui, «Tanto sposerai solo me.» gongolò poi, tormentando una ciocca dei capelli folti e scuri della sua ragazza.
«E chi o cosa te lo dice?» si avvicinò lei, trasparendo un’aria da monella.
«Mi ami.» semplificò lui, utilizzando le uniche due parole che rappresentavano la spiegazione più valida di questo mondo.
Lei gli sorrise e si avvicinò per baciarlo.
Chiusero entrambi gli occhi e le loro labbra si sfiorarono.
«CoughtCought…»
I ragazzi, interrotti, si risvegliarono dal loro sogno d’amore per rivolgere l’attenzione allo stipite dell’arcata del salotto, dove il capoclan Uchiha li guardava con un cipiglio infastidito.
E ti pareva…
«Risparmiatemi lo zucchero e il miele per la cerimonia… tanto a quanto ho capito è tra breve.»
Li guardò con superiorità e dopo essersi fatto notare, proseguì per il corridoio.
Tsk.
«Papà! Aspetta.» Mikoto saltò giù dal divano e lo rincorse. Lo tirò leggermente per un braccio e lo fece girare.
Poi gli saltò al collo stringendosi al suo possente torace.
Cosa?
Sasuke era stupito: sua figlia non faceva certo quelle moine tutti giorni!
«Ti voglio bene papà.» lo strinse maggiormente a se. «Sappi che sarai sempre l’uomo più importante nella mia vita.»
Gli occhi si spalancarono ed il povero cuore di Sasuke non c’è la fece a sopportare quelle piccole parole che l’avrebbero sicuramente portato al diabete.
E dette da Mikoto poi, erano da registrare, o nessuno gli avrebbe mai creduto.
Con un braccio, le cinse leggermente la schiena e per qualcosa di meno di un’istante, si beò del suo profumo.
«Come dicevo, risparmiami l’iperglicemia per il matrimonio.» le si allontanò con cura, in apparenza atono e proseguì verso l’altra ala della casa. Comunque, dire che fosse interiormente sconvolto era poco.
Silenzio.
«E così, sarebbe lui l’uomo più importante della tua vita, eh?» la beffeggiò Minato, incrociando le braccia e mettendo su un broncio indispettito.
«Già.» Mikoto si girò verso lui. «Tu invece sei il mio primo e unico marito più importante di sempre.» gli si avvicinò con faccino innocente.
E mi ha fregato anche stavolta…
Così, la baciò dolcemente, cosciente che all’altare avrebbe portato un piccolo diavoletto che avrebbe potuto facilmente giocare il diavolo vero e proprio anche con una barzelletta.
 
All’orario d’apertura dei negozi, Mikoto, Sakura e Hinata erano già fuori agli ateliers per fare la posta alle marche più esclusive.
Così, quando la prima imposta fu spalancata pigramente da una commessa ancora insonnolita, le donne entrarono investendola in pieno.
Incuranti della donna si tuffarono nel bianco di pizzi e merletti, esaminando accuratamente tutti i capi esposti.
Sakura ed Hinata le consigliarono di provare almeno quelli che gradiva di più, così da poter farsi un’idea di ciò che le stesse davvero bene.
Così, seppur a malincuore, la ragazza fece la modella per qualche oretta, ma nessuno dei vestiti le piacque veramente.
Un vestito aveva troppi pizzi, un altro era troppo semplice; poi c’era quello troppo scollato e quello troppo appariscente, e così via.
Infine, salutarono distratte la commessa, felice di vederle andar via.
Il primo negozio fu un fallimento totale.
Speriamo vada meglio con il prossimo.
Un altro negozio di grandi firme era qualche stradina li vicino, e siccome erano in zona, pensarono di andare a darci un’occhiata.
Questa volta furono molto più selettive: tutte loro si erano fatte un’idea del vestito, e si limitarono ad usufruire solo dei candidi abiti necessari.
Peccato che a turno, una delle donne storceva il naso.
Dopo il secondo fallimento di fila, decisero che per quel giorno poteva bastare: sarebbero tornate alla carica il giorno dopo.
Quindi, si limitarono ad andare a scegliere il menù dal catering scelto. Ed Sakura fortunatamente si ponderò dall’investire un povero cameriere di minuzie sugli addobbi dei tavoli che sarebbero stati montati nel giardino di casa Uzumaki.
Insomma, cercò di andarci piano, per quanto potesse.
 
Il giorno dopo, le due donne sembrava davvero in gran forma: erano convinte di risolvere il problema “abito della sposa”.
Mikoto sembrava di tutt’altro avviso: già non ne poteva più.
Il suo carattere le impediva di dedicarsi più di un giorno a quelle frivolezze: non erano proprio da lei.
Così, con diversi tipi di umore, partirono alla ricerca del vestito perfetto.
Il che è già tutto un programma.
Peccato che a fine giornata la loro impresa si fosse rivelata un fallimento su tutti i fronti.
Nulla, quel dannato vestito non ne voleva sapere di mostrarsi.
Forse seguire il consiglio di Minato sulla birreria mi avrebbe evitato tutto questo giro…
Arrivò a pensare la ragazza, mentre stanca e infastidita percorreva dietro le due donne la stradina che l’avrebbe riportata a casa.
Ma, proprio quando anche l’ultima speranza era persa, ecco lo spiraglio di sole.
Girando l’angolo aveva avvistato in un negozio dall’insegna sconosciuta.
E, anche se poco illuminato, un puro vestito dalla stoffa candida si intravedeva dalla vetrina scura.
«Eccolo…»
Senza badare alle due donne, si avvicinò maggiormente e ne studiò ogni piega e dettaglio.
«Ehi, Mikoto! Perché sei rimasta indietro?» sua madre le si avvicinò.
Poco dopo capì dove lo sguardo fisso di sua figlia era posato.
Sorrise.
«Perché non lo provi?»
Ed entrarono accolte da un energetico vecchietto, a cui brillavano gli occhi per l’arrivo in aspettato delle tre belle clienti.
L’uomo mostrò e fece toccare la morbida stoffa dell’abito, cucito a mano dalla moglie.
Poi Mikoto lo misurò.
Si guardò allo specchio e sospirò.
Eccoti.
Aveva trovato il vestito giusto per lei.
Per la gioia sua e del negoziante.
«Bene! Torniamo da Ino per il bouquet e nei prossimi giorni decideremo le bomboniere!» Sakura aveva sospirato contenta: il vestito era un problema superato.
E sua figlia era felice.
Dopotutto, starsi un po’ più zitta del solito, quanto l’era costato?
Praticamente nulla!
A parte i continui pizzicotti di Hinata in ogni negozio.
O il fatto che in casi estremi le avesse pestato un piede “per sbaglio”.
Oppure, dei tre mesi necessari di terapia che sarebbero serviti a Sasuke per aver ascoltato pazientemente (ogni notte) ciò che aveva evitato di dire il dì…
Insomma, era stato davvero una minuzia.




Non so, credo che forse manchi qualcosa a questo capitolo... ma non riesco a capire cosa.
Mi raccomando, criticate ogni minuzia, con pignoleria assoluta. Devo trovare ciò che non mi convince!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Matrimonio ***


Capitolo IV
»● Matrimonio ♥

Ore 7:30 a casa Uchiha, così come in qualunque altra casa dello stesso meridiano.
L’unica, basilare differenza, era il giorno: il tanto atteso, voluto(forse non da tutti) e agognato giorno.
Il giorno in cui il clan Uzumaki si sarebbe unito a quello Uchiha.
Si, perché sarebbe stato così, e solo così, non altrimenti. Il contrario non sarebbe mai avvenuto e lui di certo non l’avrebbe permesso in nessuna epoca e in nessun luogo.
O almeno così credeva.
Di fatto, del problema “appartenenza” nessuno aveva ancora accennato.
E forse sospettava perché. Non era poi così stupido, lui.
Nonostante avesse fatto una scenata inutile, nonostante avrebbe cento volte e più preferito avere un piede nella fossa pur di non imparentarsi col suo miglior amico/nemico, nonostante non l’avesse ancora del tutto accettato, era stato costretto dagli avvenimenti(non certo da sua moglie) a dare la sua benedizione a quel matrimonio.
Ma per la felicità della sua adorata primogenita… questo ed altro.
Cazzo! Ma il non volerla sposata con un’Uzumaki era appunto per la sua felicità!
Anzi, per la felicità di entrambi e la contentezza del mondo intero.
Fatto sta che Uchiha Sasuke, temuto capo dell’omonimo clan, ancora in pigiama e pantofole, girava pigramente il cucchiaino nella sua tazzina di caffé amaro e forte, anche se ben consapevole dell’assenza di zucchero nello scuro liquido.
Due profonde occhiaie gli solcavano il viso, chiaro ed elegante di natura, mentre la posizione floscia delle spalle rovinava vistosamente il suo solito portamento dritto e imponente, conferendogli un’aura tetra e una postura sconquassata.
La sera prima erano andati tutti a letto presto, per essere ben attivi il giorno successivo.
O almeno, così aveva insistito Sakura e nessuno aveva osato contraddirla.
Per lui non riuscire a prendere sonno prima di un certo orario, che coincideva circa con la mezzanotte, era normale. Purtroppo però, lo stesso non valeva per sua moglie, che ebbe proprio quella sera la brillante idea di cogliere la palla al balzo e festeggiare prima del tempo il matrimonio della primogenita.
Nulla da dire sulla nottata con lei, ma quando la donna si fu bellamente appisolata sul suo petto, comoda in una posizione assurda quanto stramba, lui era ancora sveglio e vigile. E troppo provato dagli ultimi avvenimenti per impedire ai ricordi di riaffiorare: da come in una sera simile avevano concepito Mikoto, a come dopo nove mesi se la ritrovarono tra le braccia, senza che lui avesse mai saputo qualcosa su come allevare un bambino.
Ebbene si sa, un ricordo tira l’altro, proprio come i pop-corn, così non aveva più preso sonno ed aveva dato inizio ad una gran nottata di contemplazione del soffitto. O almeno, fino a qualche ora prima di essere buttato giù dal letto da un campanello e dalla voce gracchiante della Yamanaka che manifestava il suo arrivo preciso e puntuale all’alba, come il miglior gallo, anzi la migliore gallina, presente nel pollaio.
Mentre Sasuke, massaggiandosi le tempie per evitare un’emicrania ormai prossima, decideva se valeva la pena tentare di recuperare qualche ora di sonno prima del matrimonio o dopo (dopotutto si sarebbe celebrato solo alle 11:00), nella stanza della sposa già regnava il caos più totale e provenivano urla e squittii femminili.
Sicuramente sarebbe stato meglio andare a dormire, altrimenti quelle urla l’avrebbero perseguitato.
Ma chi me lo fa fare?
Mikoto cercava di rimanere immobile il più possibile, mentre un’assatanata parrucchiera cercava di realizzarle una complessa acconciatura sotto i consigli attenti e specifici della madre, gli accorgimenti di Ino e i vari risolini di tutte le sue sorelline che aspettavano impazienti il loro turno.
Quando cominciò a credere che la tortura non avrebbe avuto più fine e che presto avrebbe mandato tutte quelle che la circondavano al diavolo alla bell’e meglio, dalle più piccole alle più grandi, si accorse che magicamente(si, è la parola più esatta dato che li nessuna donna o essere femminile le sembrava essere realmente d’utilità) i suoi capelli scuri stavano assumendo forme aggraziate a loro prima sconosciute.
Così strinse i denti e decise che forse sarebbe valsa la pena aspettare ancora un po’.
Ma solo un  po’.
Una buona mezz’ora dopo, la sua chioma fluente era legata in un semiraccolto, con piccoli punti luce sul capo e lisce ciocche che le cadevano armoniose sulle spalle.
Oh.
Si ammirò allo specchio e decretò che le piaceva, sollevata anche dalla fine di quella tortura a cui lei non era stata mai abituata.
Tirò un sospiro di sollievo, gustandosi la libertà appena ottenuta e cercò il suo abito con lo sguardo.
Ma prima che lo potesse trovare, le fu presentata un’altra donna, armata di tutto punto con rossetti, ombretti e smalti vari.
Oh, cavolo!
Guardò la madre con fare dubbioso, talmente sconvolta che non ebbe nemmeno il tempo di infuriarsi. Con suo sommo sconforto, quella le ordinò perentoria di sedersi e non protestare.
Così la truccatrice iniziò il suo lavoro sul visino corrucciato e spazientito di Mikoto.
Ripeto: ma chi me l’ha fatto fare?
Qualche ora più tardi, fu infilata nel suo vestito bianco, ingioiellata e munita di scarpette come una bambolina priva di volontà.
Cosa che non le piacque per niente.
Poi la signora Uzumaki, arrivata da poco, le porse gentilmente il suo bouquet di fiori bianchi e profumati.
Ammirava e rimirava la sua immagine nello specchio, poco convinta che quel riflesso appartenesse proprio a lei.
«Io avrei preferito un abito tradizionale.» dallo stipite della porta, il capoclan, fresco dal suo sonnellino pre-matrimoniale, guardava la figlia vestita di bianco candido da capo a piedi.
Sakura lo fulminò, Ino girò lo sguardo sdegnata, le sue figlie lo presero come un affronto, la moglie di Naruto alzò un sopracciglio contrariata e truccatrice e parrucchiera rimasero sconvolte dalle parole che un padre aveva osato dire a sua figlia in un giorno tanto importante.
Ma l’uomo non si  fece intimidire: stava parlando con sua figlia, non certo con loro.
Mikoto si girò semplicemente a guardarlo, mentre le otto paia di occhi femminili appartenenti alle donne prima elencate lo trafissero in modo truce lanciando fiamme e fuoco con espressione spietata.
Non era stato interpellato, come osava parlare? In quel momento era un’inutile maschio che non avrebbe mai potuto capire e che avrebbe solo dovuto essere una presenza silenziosa ed invisibile nella tappezzeria della casa.
Ma la sposa, stranamente, lo ignorò e tornò a riesaminare il suo volto pulito e luminoso nello specchio di fronte a lei.
Le donne la guardarono sbalordite per l’assenza di una qualsiasi reazione.
Incredibile.
Sasuke la fissò ancora qualche minuto, compiaciuto dai gesti della ragazza che lo rispecchiavano quasi in tutto. Sorrise lievemente senza essere notato e si dileguò così com’era comparso.
 
La piccola Kushina, coi sottili capelli color pomodoro lucidati a dovere ed un vestitino color confetto, rideva beatamente tra le braccia della mamma, agitando di tanto in tanto il suo giocattolo quando il fratellino le faceva qualche faccia buffa.
Naruto, invece, tentava inutilmente di allentare il nodo della cravatta, che lo stava soffocando e l’avrebbe sicuramente portato alla morte per asfissia.
«Ma perché non un bel matrimonio tradizionale? A quest’ora sarei libero nei miei soliti vestiti ufficiali.» ripeté per la quarta volta da quand’erano entrati in quella cappella.
Uff, ci risiamo.
Hinata roteò gli occhi al cielo e si rifiutò mentalmente di rispondergli per l’ennesima volta che no, un matrimonio tradizionale non andava bene perché loro non lo volevano e che si, come stava vestito oggi era perfetto per ciò che invece i due ragazzi avevano scelto.
Intanto, qualche posto più in la, nella fila accanto, la situazione non era certo diversa.
Sasuke era tenuto costantemente sotto controllo dalla moglie, avvinghiata al suo braccio sinistro con una presa stritolante che intimava solo di stare fermo e zitto durante tutta la cerimonia, accortezza che l’avrebbe dissuaso nel caso di qualche ripensamento fuori luogo.
Nel frattempo, la donna sfoggiava un sorriso da “noi oggi siamo la coppia più felice del mondo”.
L’unica cosa che il povero prigioniero riusciva a fare, di tanto in tanto, sconvolto, era passarsi la mano libera sulla faccia, cercando di nascondere il suo turbamento: va bene che all’inizio era contrario, ma immobilizzarlo così era sleale.
Evidentemente, la fiducia non era negli accordi matrimoniali.
Sospirò e decise di concentrare la sua attenzione su altro.
Come sullo sposo, ad esempio.
Minato, nel suo elegante completo scuro, aspettava pazientemente l’arrivo della sua donna, dopo aver ricevuto per più di mezz’ora una pacca dietro l’altra da amici e conoscenti. Più qualche battutina e frecciatina che pochi avevano avuto la decenza di tenere per sé.
Ma quando arriva…
Diede uno sguardo in giro, valutando la situazione: gli Uzumaki erano tutti presenti, contati, numerati e disposti anche per altezza se la piccola della famiglia non fosse stata nella braccia materne; lo stesso per gli Uchiha, composti ed in attesa. E anche tutti gli altri ospiti erano presenti, comodamente seduti, come a godersi la prima di un film davvero pazzesco.
Sarà mai che il nostro matrimonio è l’avvenimento dell’anno?
Si chiese se in quel villaggio fossero ancora sani di mente e si rispose che probabilmente solo qualcuno si salvava.
Sospirò rassegnato e si chiese per l’ennesima volta quanto tempo ancora avrebbe dovuto  attendere per vedere finalmente Mikoto varcare la soglia.
Si sa, nella vita basta chiedere.
Infatti mentre stava ancora formulando la fine del pensiero, notò che il cicaleccio della sala si era ammutolito e che qualche flebile nota iniziava a vagare solitaria in tutta la sala.
Proprio davanti a lui, un’ombra segnò l’entrata di una figura che procedeva con passi tesi e incerti.
Minato alzò di scatto il viso per vedere se quel contorno appartenesse davvero a lei e distinse il suo corpo minuto tra le candide stoffe bianco nuvola.
Alzò entrambe le sopracciglia stupito, non appena soffermò lo sguardo sulla faccia Mikoto, irriconoscibilmente femminile e aggraziata più del solito, ma soprattutto truccata come non lo era stata mai.
I capelli le conferivano un aspetto docile e mettevano in risalto il leggero rossore delle sue gote, mentre percorreva lenta ed insicura la navata.
Cosa, rossore?
Mikoto Uchiha imbarazzata?!
No, no no no no! Sicuramente era il make-up o lui stava avendo un’allucinazione.
Si stropicciò con foga gli occhi, convinto di stare sognando e che una scena come quella non l’avrebbe mai vista da li a cent’anni.
Ma nulla.
Anzi, oltre al rossore era comparsa un’espressione un po’ indispettita, tipica di lei.
Ecco, questo è già più verosimile.
L’Uzumaki strabuzzò gli occhi ancora incredulo, ma l’immagine bianca e celestiale non cambiò affatto… se non fosse stato per quella piccola vena omicida nello sguardo della futura consorte, che rimase finché lui si decise a chiudere finalmente la bocca, lasciata spalancata da quando l’aveva riconosciuta.
Purtroppo per lui, il suo stupore aleggiava ancora in tutte le sue sconcertate espressioni.
Vista la faccia da pesce lesso che sfoggiava il suo quasi-marito, Mikoto da incerta perfino su come muovere i piedi per arrivare da lui, in pochi secondi cambiò andatura e lo raggiunse a passo di marcia militare, più che nuziale.
Indispettita dal suo atteggiamento, con l’elegante bouquet stritolato con forza nella mano destra, arrivò alla carica al suo cospetto, fulminandolo con lo sguardo per le sue occhiate che dicevano tutto.
Lei aveva subito lunghe ore di torture solo per sembrare più bella ai suoi occhi ed ora lui sapeva farle solo uno sguardo languido di contemplazione?
E no, mio caro!
Di certo non era questo il suo intento: voleva complimenti, anche se sussurrati, qualcosa di meglio del morto stecchito(tra l’altro non riteneva neanche ne fosse il caso, dato che non avevano nemmeno pronunciato il fatidico si).
Minato, vedendola agguerrita, fece squillare il campanello d’allarme.
Il suo istinto di sopravvivenza gli suggerì la cosa più saggia: sussurrarle all’orecchio un dolce complimento prima che iniziasse il big bang e non si fermasse più.
Intanto dagli invitati era partita una fragorosa risata, che risuonava nitida e spontanea tra le pareti color oro.
Che figuraccia!
Le gote di Mikoto si colorarono di nuovo e stavolta si calmò.
Abbiamo già fatto troppa scena.
O almeno, più del necessario.
Prese un gran sospiro e col suo sposo, si girò verso il celebrante, finalmente pronta e determinata.
 
Tempo di rinfresco, tempo di cibo.
E così tutti, ma proprio tutti, si erano precipitati sull’invitante buffet che apriva il lungo pomeriggio di festeggiamenti ed abbuffate.
Se le donne erano intente nei loro consueti cicalecci, sfoggiando le ultime novità come se fosse una gara a chi possiede il vestito più alla moda, gli uomini, decisamente più discreti, non parlavano per motivi superiori: cibo e alcool.
Dopotutto è una festa, no?
Puoi trattare un uomo come vuoi: puoi cercare di tenere a bada le sue emozioni, puoi cercare di vestirlo adeguatamente per un grande evento e puoi anche creargli dipendenza.
Peccato però che la sua vera natura venga sempre a galla, prima o poi.
Si è visto con Sasuke, che stava per rendere vedova la figlia prima del matrimonio.
Purtroppo fu ammanettato dalla moglie per evitare una seconda possibilità di tentato omicidio.
Stava succedendo proprio in quei minuti con Naruto, che a causa della gola aveva macchiato la cravatta costosa comprata dalla moglie con un pasticcino colorato.
Quindi sua figlia maggiore aveva deciso per lui che era meglio si tenesse a distanza dal buffet, controllandolo a vista come se stesse in libertà vigilata.
Ma in tutto questo, chi aveva il problema più grande era proprio Minato, perché la moglie(ormai a tutti gli effetti) gli creava dipendenza. E nonostante fosse sempre stato così da quando erano piccoli, lo era tutt’oggi ed il futuro non si prospettava certo diverso.
Sembrava ignorarlo, ma tutti sapevano che ne era pienamente cosciente.
Così come erano coscienti che quando stava con lei toccava il cielo con un dito, sebbene la ragazza avesse il suo bel caratterino orgoglioso, fiero e testardo tipico del clan Uchiha.
L’amore è cieco, senza dubbio.
Mentre il buffet proseguiva, gli sposi vennero travolti dal fotografo(ma chi cavolo l’aveva chiamato?), che iniziò con zelo il suo lavoro.
In tutti gli scatti sorridevano guardandosi come se avessero di fronte la cosa più bella di questo mondo e allo stesso tempo la più importante.
Sasuke scoccò un’occhiata ai due: forse l’aveva davvero fatta troppo tragica.
Naruto scoccò un’occhiata ai due: qui ci vuole proprio il primo nipotino.
«Cosa state combinando voi due?» l’arrivo di Sakura con un aperitivo per il marito, accompagnata da Hinata e dal piccolo pomodoro li distolse dai loro pensieri.
«…» il capoclan Uchiha prese in mano il calice e non rispose, come al solito del resto.
«Guardiamo cosa combina il fotografo. Sembra un pazzo.» Naruto invece si: non avrebbe mai perso una chance per arieggiare la bocca.
Hinata sorrise dolcemente e passò la piccola Kushina al papà, che la fece ridere con qualche smorfia.
L’uomo la sollevò in aria e le sorrise affettuoso.
«Ehi amore, non sarebbe bello avere un nipotino?» chiese innocentemente lui alla consorte, non spostando lo sguardo dalla creaturina vestita color confetto.
Sasuke sputò di colpo l’aperitivo che stava sorseggiando e lo guardò male, molto male.
Sakura rise istericamente.
Kushina lo guardò interrogativo, forse non capendo bene e tornando a ridere all’ennesima faccia buffa del padre.
«Naruto, ma non è meglio che si stabilizzino un po’ prima? Almeno che passino qualche anno da sposini…» rispose la moglie, convinta che per tutto c’era il suo tempo e che quello non fosse davvero il luogo adatto per parlarne, per un ovvio motivo: S-a-s-u-k-e.
Infatti, sia lei che la moglie lo scrutavano, preoccupate per una possibile reazione.
«Concordo con lei.» proferì stranamente l’Uchiha, pulendosi la bocca con un tovagliolo.
Ma tu guarda che devo sentire…
«Se lo dite voi… però dovete ammettere che avere dei bambini per casa è davvero bello!» esclamò, mostrando la sua felicità e soddisfazione di essere genitore. Poi guardò Hinata:« Perché non facciamo noi un altro bambino?»
La donna si colorò leggermente.
Deve proprio chiedermelo davanti a tutti?
«P-possiamo parlarne a casa?» implorò, indecisa su come rispondere.
Naruto le sorrise: parve capire il suo disagio.
Forse un po’ è cresciuto.
«E voi, quand’è che vi ridarete da fare?» infierì Naruto.
No, forse non è cresciuto, ha solo trovato altro.
L’Uchiha lo guardò altezzoso e lo ignorò, raggiungendo bellamente il tavolo del buffet.
 
Il taglio della torta è il momento che si preferisce nelle cerimonie: altri auguri, altre felicitazioni, dolci, champagne, l’ovvia fetta di torta e ancora tanto, ma tanto altro alcool.
Ed in più è il tipico momento(meno opportuno) in cui qualche parente, sconosciuto o anche troppo conosciuto, fa una di quelle dediche lunghe, vergognose e pericolose che danneggiano seriamente l’equilibrio mentale di uno dei due sposi  o di entrambi(e che poi, giorni dopo, chiede venia sostenendo di aver spifferato troppo sotto l’effetto del liquore).
Questo sempre quando e se si arriva integri, non stanchi morti, alla fine dei festeggiamenti.
Come era del resto, e fortunatamente, accaduto alla maggior parte dei componenti Uzumaki e Uchiha. Avendo vissuto una di quelle giornate così impegnative sotto il profilo psicologico(una guerra sarebbe stata cosa da molto meno), non vedevano l’ora di tornare a casa per disfarsi di tacchi e cravatte e sprofondare in un comodo e soffice letto.
Purtroppo per Minato e Mikoto però, non tutti erano così semplicemente gestibili come i loro familiari.
Così, senza possibilità di essere fermati, tre o quattro eredi della volontà del fuoco iniziarono a dare spettacolo, piangere e raccontare aneddoti sul loro passato blaterando di giovinezza(bruciata) e destino(infame).
Fortuna che ormai stava arrivando il momento di salutare tutti…
E così con una ferrea volontà e le suppliche del neo-marito, Mikoto ritenne che non era proprio il caso di dare il via ad una strage proprio quella sera.
Adirata più con se stessa per averli invitati che con loro, strinse più forte i pugni attorno alla stoffa del vestito e si morse il labbro più volte, concentrandosi sul contare fino a diecimila prima di esplodere e cacciarli di propria mano e senza garbo dalla sala.
Parenti o meno, che seccatura!
Minato accanto a lei sudava freddo. Sapeva benissimo che aveva sposato da poco un timer pronto ad iniziare il conto alla rovescia in qualsiasi secondo.
O ammazza loro… o me.
I consanguinei stretti di quei poveri esseri sopraffatti dall’alcool decisero dopo una decina di minuti che era meglio non mettere oltre alla prova il carattere irrequieto della ragazza, anzi della sposa.
Tentarono dunque con ogni mezzo di portarli via, per fargli smaltire la sbornia in qualche angolino isolato dove non avrebbero più potuto infastidire nessuno o rendersi ancora più ridicoli.
Purtroppo, ci vollero più braccia del previsto per spostarli di peso… ma questa è un’altra storia.
Tempo un’altra mezz’oretta e bomboniere e saluti vennero largamente elargiti alla grande moltitudine degli invitati.
Così tutti, sposi compresi, poterono rilassarsi e tirare un sospiro di sollievo.
E’ fatta.
 
«Minato, noi torniamo a casa. Voi che avete intenzione di fare?» si informò Naruto, beccandosi un’occhiataccia dalla moglie ed uno sguardo scettico dal capoclan Uchiha.
Mikoto diede una gomitata al ragazzo, facendo chiaramente capire la frase: “E’ il momento di parlare e ovviamente spetta a te.”
Mikoto comanda, Minato obbedisce.
«Beh, ecco… noi veramente avremmo intenzione di stare fuori Konoha per qualche giorno.» si espose goffamente, passandosi una mano nei capelli scompigliati.
«E perché mai lo dici con quel tono? Non mi pare ci sia nulla di male.» lo rassicurò suo padre.
Sasuke lo guardò storto, fortemente contrariato.
«Il fatto è che vorremmo partire adesso.» continuò Minato, sentendosi sempre più in soggezione.
«Eh? Non volete nemmeno dormire? Ma non conviene iniziare il viaggio all’alba?» chiese Sakura, preoccupata che i novelli sposini partissero nel cuore della notte e dopo una lunga giornata come quella.
Ci risiamo. Speriamo solo non diventi isterica!
«Mamma siamo ninja, cosa potrebbe mai capitarci?» obbiettò risoluta la figlia, zittendo la signora Uchiha con l’ovvietà delle sue parole.
Invece gli occhi del capoclan Uchiha rotearono prima su di lei, poi sul suo sposo in modo scettico e poi ancora su di lei.
Suo padre la squadrò da capo a piedi, soffermandosi sulle candide stoffe in cui era stata avvolta in quella lunga giornata.
«Per me potete andare. Buon viaggio ragazzi.» si intromise Hinata, stupendo tutti e salutando con un sorriso entrambi.
Sasuke continuò qualche altro secondo a scrutarli, superiore.
«Un consiglio Minato: sarà meglio per te che lei torni sana e salva.» lo minacciò infine, voltandosi ed incamminandosi verso casa.
Hinata sorrise compiaciuta e Sakura rimase stupita.
Da quando Sasuke non fa obbiezioni?
Poi Naruto… beh, Naruto ancora doveva capir bene cos’era successo in quello scambio di sguardi.
Decise comunque che per lui non c’era niente di strano o sbagliato in quella richiesta.
«Ragazzi, divertitevi! Noi torniamo a casa che io e la mamma abbiamo da fare!» sorrise poi, avvolgendo un braccio attorno a sua moglie, rossa come un pomodoro, e trascinandola dolcemente con se sulla via di casa.
Che avranno mai da fare quei due?
Sakura scoccò un’ultima occhiata alla coppia.
Ma si… infondo non c’è nulla di male.
«Abbiate cura di voi e non state via troppo a lungo.» li salutò infine, cercando di raggiungere il marito.
Andata. E andati.
Minato sorrise nel vederli tranquillamente voltare l’angolo.
Così, finalmente affacciati sulla loro vita, andarono a prepararsi per iniziare quel viaggio che li avrebbe uniti per sempre nella buona e cattiva sorte.
 
I due giovani si guardavano negli occhi, felici.
«Andiamo?» chiese Mikoto, ancora leggermente e stranamente docile e affettuosa.
Minato dondolò la testa con fare affermativo.
«Dai tu il via?» si informò poi.
Mikoto lo guardò negli occhi, sfidandolo con lo sguardo. La competizione le risuonò cristallina nelle vene mentre assaporava già il momento della vittoria.
Mi sembra di avere un déjà-vu…
«Via!» guizzò poi, veloce e sinuosa nel buio della notte.
E con suo marito costantemente dietro o affianco a lei.
Un ramo dopo l’altro, col la fredda brezza notturna che gelava il viso, procedevano rapidi, non curanti della direzione o del luogo, poiché bastava restare insieme.
Presto varcarono il confine della foresta attorno al villaggio e il mondo si aprì più che mai nella sua vastità.
Col passare dei minuti il tempo sembrava non mutare mai, come i loro sentimenti che ormai coesistevano da una vita.
Chissà se era questo che intendeva papà…
Decisero di mantenere un passo più sostenibile per un lungo tragitto, nello stesso modo in cui avrebbero affrontato, piano ed insieme, le speranze ed le delusioni del loro futuro.
… la cosa più bella del mondo.
Arrivarono così, tra il cuore della notte e l’alba del giorno dopo, in un piccolo villaggio, dove avevano intenzione di passare qualche giorno da perfetti sconosciuti, per iniziare da soli e senza interferenze la loro vita matrimoniale.
Come una qualunque coppia di sposi che abbia bisogno di tempo per diventare effettivamente cosciente del suo nuovo ruolo nel mondo.
Lentamente percorrevano le vie poco illuminate alla ricerca di qualche locanda ancora aperta, in cui poter riposare e magari pernottare.
«Senti un po’, ma tuo padre che intendeva dire? Si cioè… che avevano da fare a quell’ora lui e tua madre?» chiese Mikoto ripensando a quella sera e interrompendo qualche sana ora fatta solo di sguardi reciproci.
Dopotutto, troppa dolcezza non era nel suo carattere e non faceva proprio per lei.
«Non lo so, ma spero non sia ciò che penso.» borbottò il ragazzo, sperando di aver capito male.
«Ovvero?» lei lo osservò, non capendo.
Minato la guardò in un modo più che eloquente e lei ci arrivò. Abbassò poi gli occhi nascondendo il suo imbarazzo per non averci pensato prima.
«Il matrimonio non mi fa bene! Non è passato nemmeno un giorno e già mi sto rammollendo!» cercò di salvarsi lei(o forse scusarsi?), voltandosi e sorpassandolo di qualche passo.
Minato da parte sua sorrise, leggermente soddisfatto di averla messa in difficoltà.
«Sai com’è… a casa ne siamo già in troppi.» buttò li Minato, cercando una reazione in lei, che istintivamente si fermò.
Ed ora?
«Prego?» si voltò lei, fingendo di non aver sentito, e facendo suonare le sue parole a metà tra una provocazione ed una minaccia.
Ora mi ammazzerà, sicuro.
«La mia famiglia è già troppo numerosa.» precisò però lui, guardando l’ardore montare nei suoi occhietti vispi e stanchi allo stesso tempo.
Sono un masochista, papà ha sicuramente ragione su tutto.
La ragazza si avvicinò al suo volto con fare suadente, portandogli le braccia al collo e facendo corrispondere i suoi occhi scuri come la notte con i suoi azzurro cielo.
«Adesso la tua famiglia sono io.» sussurrò sprezzante. «E mi pare che due non sia poi un numero così consistente.» rincarò la dose, non essendo di sua natura la sconfitta in qualunque tipo di duello, né con le mani né con le parole.
«Sai che ti dico? Hai ragione!» sorrise. Felice di quelle parole che per lui valevano più di qualunque “ti amo”. «Ma si può facilmente rimediare…» le bisbigliò all’improvviso, conducendo le sue labbra sulle sue e baciandola con tutta la passione che animava il suo folle, imprudente, rischioso, autolesionista, amore per lei.
 
 
Casa Uzumaki, più che nel cuore della notte.
Stanza dei marmocchi/giovincelli: rumori diversi, ma tutti con una componente comune: ronfare.
Stanza dei signori Uzumaki: censurato.
 
Casa Uchiha, più che nel cuore della notte.
Stanza delle principesse: tranquillo, sereno e composto riposo.
Stanza dei signori Uchiha: il buio totale. Almeno fin quando una abatjour non fu accesa.
«Sasuke…» sbadigliò assonnata Sakura.
«…» probabilmente, in questo caso equivale ad un silenzioso “ronf”.
«Sasuke.» alzò di poco il volume.
«…»
«SASUKE!»
«Smettila! Non sono mica sordo.» si infastidì lui, sprofondando la testa nel cuscino.
«Senti… e se fossi incinta?»
Gli occhi di Sasuke si spalancarono di colpo e lui fu sveglio, vigile ed attivo in meno di un secondo.
Saltando quasi sul letto.
«C-cosa?» non sapeva se crederci o pensare di star ancora sognando.
«Beh ecco… non che lo sia già. Però avendo avuto quattro figlie credo di sentirmelo ormai…»
Se prima era sbalordito, adesso era più che impressionato. E di solito Sakura non si sbagliava mai su queste cose.
La quinta principessa Uchiha…
«Dormi.» le ordinò spegnendo la abatjour e tornando in una posizione comoda. Chiuse gli occhi e le passò un braccio attorno alle spalle, attirandola a sé.
«Ma Sasuke…» insistette lei.
«Ho detto dormi, che sennò farà male alla bambina.»
Sakura sorrise e si accucciolò vicino a lui.
«Sai Sasuke, stavolta credo proprio che sia un maschietto…» confessò poi.
Sasuke aprì un occhio: sua moglie di solito non accennava minimamente a queste cose.
Ghignò soddisfatto con la faccia nel cuscino.
…chissà. Sarebbe proprio l’ora di un principino.


 

Ringraziamenti

Su questi sono sicuramente una frana.
Ci vorrebbe un modo originale e simpatico per un grazie sincero e di cuore. Purtroppo, non riesco proprio a farmelo venire.
Vorrei solo farvi capire quanto consideri questa fanfiction una "pietra miliare", un racconto su cui tornerò sempre con gioia e piacere.
Quindi grazie, grazie e ancora grazie.
Un grazie al lettore paziente, a quell'utente che ha ritenuto degna questa storia di essere seguita, ricordata e preferita. Grazie a chi con i suoi commenti mi ha nutrito di speranze e mi ha fatto vedere che si divertiva a leggere come me a scrivere. Un grazie a quelle persone che mi hanno ricordato costantemente che c'è la potevo fare.
Sicuramente direte: hai scritto quattro capitoli solo, che sarà mai?
Beh, forse non è tanto, ma è fatto con passione. E spero di avervene trasmessa almeno un po'.


News

Ho ancora delle storie da aggiornare, lo so. Tenete solo in conto che a questa farò seguire una specie di seconda parte. Ma stavolta, si cambierà protagonisti!
Il piccolo pomodoro ed il piccolo principino, saranno lieti di allietarvi nella mia prossima fanfiction su original characters di Naruto.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=627538