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di LadyofShadow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Io Odio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Dalle parole ai fatti ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Conseguenze ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Indagini ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Chiarimenti ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Accordo ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Clausole in piccolo ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Vecchi amici e nuovi confidenti ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Altra gente tra i piedi, ma questa volta è peggio ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - In cui il nostro amico comincia a mettere in atto i suoi piani ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Non è così facile ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Ecco perché ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Far leva sui sentimenti femminili ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 – A cosa servono gli amici? ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 – Che titolo metto? Booh. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 – Qualche passo avanti ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 - Che brutta malattia ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Io Odio ***


Capitolo 1 –

Capitolo 1 – Io Odio


Draco P.O.V.

Io Potter lo odio. E non sto scherzando. Se mi capita tra le mani, io lo uccido.

Quella che fino al secondo anno era stata solo antipatia – insomma, mi aveva giudicato senza nemmeno conoscermi, solo per il nome che porto –, quella che dopo il terzo anno si è trasformata in gelosia pura e bruciante – ebbene si, avevo saputo! –, dopo la fine dell’anno scorso, il quinto che abbiamo trascorso a Hogwarts, si è trasformata in odio primordiale. E gelosia. E rancore. Perché mi ha strappato la cosa più importante che avevo. Anzi. Che non avevo.

Ha ucciso mio padre.

Lucius?

È in prigione, lo so. Può anche crepare, Lucius. Non è il mio vero padre e non ho mai desiderato che lo fosse.

Io sto parlando di Sirius.

Sirius il ricercato criminale, Sirius il traditore degli amici, Sirius, l’innocente perseguitato dalla “giustizia”. Sirius che è morto per proteggere il suo figlioccio. Sirius che aveva avuto una relazione con la sua stessa cugina, da cui ero nato io. Sirius, mio padre.

Che odiava Lucius Malfoy. Che mi disprezzava, - di sfuggita; non ho mai davvero meritato la sua attenzione. Ero solo il figlio di quel Mangiamorte di Malfoy. Un fastidio, niente altro. Il petulante moccioso che infastidiva in tutti i modi il suo pupillo.

Harry Stramaledetto Potter.

Harry Spero Che Crepi All’Inferno Potter.

Me l’ha portato via. Me l’ha sempre portato via. Avrei voluto rivelarmi a lui… a Sirius, dirgli che ero suo figlio, drgli che non ero come Lucius Malfoy e che avrei tradito subito la mia “famiglia” se lui me l’avesse chiesto.

Ma come potevo?

Lucius mi controlla. Anche adesso, dalla prigione.

Sa che non sono suo figlio e mi controlla.

Sempre.

Narcissa? Non posso sperare in alcun aiuto da parte sua. Lucius l’ha cambiata, l’ha plagiata. Non so come fosse prima, ma Sirius non si sarebbe innamorato di lei, se fosse stata sempre così stronza. Sottilmente malvagia. Infida.

Come sono io. Che cosa mi spinge a fare il bastardo, ad architettare sempre nuovi piani per nuocere al Salvatore Del Mondo Magico Harry Potter?

L’odio. Non la mia eredità genetica. Soltanto l’odio.

Perché tutti mi credono un Malfoy, e un Malfoy non ha nessun diritto di ricevere affetto. Non merita nessuna possibilità. Deve pagare per gli errori di “suo padre”, e tutti si aspettano che diventi come lui.

Io?

Un Mangiamorte?

…Una parte di me vorrebbe, solo per il piacere di uccidere Potter. Ma ho due fondamentali ragioni per non farlo:

1), Sirius mi avrebbe disprezzato e

2), non intendo darla vinta a quelli che mi hanno sempre giudicato, che si aspettano che segua la strada del Male.

Non hanno ragione. Non hanno mai avuto ragione su di me. Io li odio perché mi hanno giudicato senza appello da quando avevo undici anni. Non muoverò mai un dito per aiutarli. Ma non sarò un Mangiamorte.

Lucius, spero che resti in galera il più a lungo possibile. Riverso su di lui buona parte del mio rancore, perché mi ha costretto ad assomigliargli, perché ha convinto tutti che fossi suo figlio. Sarebbe stato così semplice uccidermi appena nato. Perché diavolo non lo ha fatto? E, non bastandogli tutto questo, mi ha sempre tenuto sotto il suo tacco, impedendomi di vivere come avrei voluto, impedendomi di aver degli amici, comportarmi normalmente, parlare con mio padre.

Oh, sono un vigliacco.

Un vigliacco e un bugiardo.

Ho avuto una manciata di occasioni per parlare con Sirius, a dire il vero; quando si nascondeva fuori dalla scuola, al terzo e al quarto anno. Quando l’ho visto alla stazione. Forse sarei rtiuscito a sgattaiolare lontano da Lucius per un paio di minuti… e quanto rimpiango di non averlo fatto!

La verità, ed è doloroso ammetterla, è che io non ho mai cercato un confronto con Sirius Black perché avevo paura.

Non lo conoscevo nemmeno. Cosa gli avrei detto?

Guarda, io non sono un Malfoy. Non voglio diventare un Mangiamorte. Io sono tuo figlio.

Mi avrebbe creduto? E come avrebbe reagito a una simile notizia?

Penso che il lungo soggiorno ad Azkaban abbia letteralmente interrotto la sua vita. Non è mai maturato come uomo; è rimasto un ragazzo. Voleva bene a Harry Fottuto Verme Potter, un po’ come un padre, ma più di tutto come un amico. Un surrogato di quel James che era morto tanti anni prima.

Come avrebbe potuto accettare la responsabilità di un figlio?

Soprattutto un figlio che non aveva mai conosciuto, a cui non voleva bene, di cui – diciamolo – non gli importava niente.

Che fino a qual momento aveva disprezzato.

Perché darsi tanto peso? Per me?

Non l’avrebbe accettato.

Sarei stato l’ennesimo fastidio, l’ennesimo problema per lui.

Ecco. Sto mentendo di nuovo.

La verità, avevo promesso. La verità, breve e concisa.

Temevo che mi rifiutasse. Temevo che mi avrebbe cacciato, insultato, ferito. Non avevo la forza di essere ferito dall’uomo che è sempre stato la mia “immaginaria” guida morale, come lo è stato, immagino, James Potter per suo figlio. Mi sarebbe crollato il mondo addosso. Non avrei più saputo chi fossi, perché mai andare avanti…

In realtà, Sirius stato il mio mito da quando ho saputo che era innocente. Da quando Lucius me l’ha detto, ridendo crudelmente. Avevo appena sei anni, ma ricordo benissimo; “Sai, tuo padre è in prigione.” Lucius ghignava “Hanno fatto uno sbaglio di persona. Lui è innocente, ma resterà ad Azkaban per sempre. Un fastidio in meno, ne convieni?”

L’aveva detto per farmi del male, e ci era riuscito. Sapevo come dovevo rispondere, pena la Cruciatus. Neanche una lacrima rigò il mio volto.

- Si, un fastidio in meno – ripetei, senza comprendere il significato politico dell’affermazione di Lucius

Le mie parole suonavano convinte, fredde. Ma stavo mentendo, lo sapevo quanto lo sapeva Lucius.

Non mi punì. Voleva che imparassi a mentire bene. E sapeva che non avrebbe potuto farmi più male.

Qualla notte non riuscii a dormire; non avevo pianto per Sirius. Mi sentivo in colpa. Era mio padre, era rinchiuso ad Azkaban a vita, e io non avevo nemmeno pianto per lui. In quel momento desiderai di averlo fatto, desiderai aver fatto arrabbiare Lucius, essermi attirato addosso la sua vendetta. Desiderai aver mostrato i miei sentimenti, essermi ribellato. Il dolore non sarebbe diminuito, ma non avrei avuto quel pressante senso di colpa… che mi ha accompagnato tutta la vita. Stavo diventando marcio, corrotto. Lo sentivo. Avevo sporcato la mia anima, con quell’unico gesto. L’avevo condannata a restare imprigionata dietro un muro di bugie, e così è stato finora.

Bugie. Una facciata di perfezione e malvagità, come si addice a un Malfoy.

Non ero più libero. La mia anima, rinchiusa, si sarebbe imputridita.

Per questo mio padre non avrebbe mai potuto amarmi.

Non avevo neanche il coraggio di piangere per lui.

Sapevo che non mi avrebbe accettato. Per questo non ho mai cercato di parlargli. Nessuno può amarmi, tantomeno la mia famiglia, perché io stesso mi odio. Mi faccio schifo, mi vergogno di me stesso.

Io odio.

Odio Potter che mi ha portato via mio padre, anche se… come può portarmi via qualcosa che non mi appartiene?

Odio Lucius Malfoy perché mi ha portato via la mia identità. La mia vita.

Odio me stesso perché glie l’ho consentito.

Soprattutto, odio me stesso.






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NdA: tempo fa Angi e Gius mi chiesero di scrivere una fiction a capitoli in cui Sirius fosse il padre di Draco. Tutto era nato dal fatto che loro avevano scritto una fiction – Pensieri sotto la pioggia – che tra l’altro è bellissima e ve la consiglio caldamente! E mi era piaciuta tanto che anch’io avevo scritto una fict oneshot sulla falsariga, ma più tragica, cosicchè loro mi hanno chiesto di farne una a capitoli… beh farò del mio meglio, anche se non so ancora dove andrà a parare!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Dalle parole ai fatti ***


Capitolo 2 – Dalle parole ai fatti

Capitolo 2 – Dalle parole ai fatti

 

 

Harry P.O.V.

 

Nessuno capisce. Ho visto la morte. Ho visto morire Cedric, l’anno scorso. Ho visto morire il mio padrino, non più tardi di due mesi fa. E non posso fare a meno di chiedermi… a chi toccherà la prossima volta?

 

Attiro la morte su chi mi sta accanto.

 

No, non io. Non è colpa mia.

 

Voldemort. È lui la causa di tutto. Lui – e la stupida guerra che sta portando avanti. Se anche mi uccidesse, poi toccherebbe a loro. La mia morte non può salvare nessuno.

Anzi, condannerebbe l’intero mondo della magia, se davvero sono l’unico destinato a sconfiggere quel bastardo che si autodefinisce un Lord Oscuro.

Voldemort e i suoi seguaci mi hanno rovinato la vita… spezzandone molte altre.

 

-         Harry, noi dobbiamo andare. Sai… la riunione dei Prefetti –

 

Mi accorgo solo dopo molto tempo che Hermione mi ha parlato. Sono già andati via. Chissà che effetto fa, parlare con uno che non ti risponde.

Sono diventato sempre più chiuso, negli ultimi mesi, sempre più asociale. Non ho voglia di parlare con nessuno. Tantomeno con Piton o con Malfoy o, soprattutto, con Silente.

 

La porta dello scompartimento si apre. Me ne accorgo perché ne vedo il riflesso nel finestrino. Fuori è già quasi buio.

-         Potter – mi chiama una voce grondante disgusto

Ah. Malfoy.

Mi rendo vagamente conto del fatto che sono solo. Anche lui è solo. Niente Tiger e Goyle.

Penso, avrà sbagliato scompartimento. Adesso se ne andrà.

 

Si avvicina.

Mi giro a guardarlo, e quello che vedo mi spiazza: non è il solito bulletto, patetico Malfoy. Ha una strana luce negli occhi. Una scintilla di rabbia, forse… si, di odio. Odio puro.

“Che diritto hai di odiarmi, bastardo?” estrae la bacchetta. Perché non mi sto muovendo? Perché non rispondo alla provocazione?

“Non è una provocazione” realizzo in un istante “Vuole uccidermi”

Uccidermi. Sul serio? Ma non può… non può…

Siamo sull’Espresso di Hogwarts, cristo, non può uccidermi!

E io? Sono ancora paralizzato. Non è paura. È rabbia.

“Tu non hai il diritto di odiarmi. Tu non hai sofferto per causa mia. IO posso odiarti. È colpa dei tuoi genitori se Kreacher mi ha teso una trappola, è colpa di tua zia se Sirius è morto! IO ti odio!!”

-         La pagherai. – sussurra – La pagherai per quello che hai fatto a mio padre! – alza la bacchetta. Mi ripeto che non può uccidermi.

-         Tuo padre sta bene dove sta – rispondo, amaramente. La frase più lunga che  abbia pronunciato da giorni.

 

È così strano. È strano che io non reagisca. È strano che Malfoy abbia trovato il coraggio di sfidarmi da solo. È strano lui. Paralizzato un attimo dalla mia risposta, è come se non sapesse se piangere, ridere o incazzarsi.

Alla fine abbassa la bacchetta.

Non mi odia meno di prima. Semplicemente, abbassa la bacchetta. La sua rabbia non può essere sfogata con qualche incantesimo.

 

Esiste una pulsione, un istinto animalesco negli essere umani, maghi o babbani che siano. Un istinto che porta a soffocare la rabbia nel sangue. A picchiare. Colpire. Strappare cuori e spezzare ossa.

Era questo che leggevo ora nel suo sguardo.

 

E non mi sarei tirato indietro.

 

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Draco P.O.V.

 

-         Tuo padre sta bene dove sta – mi sbatte in faccia Potter

 

Ah. Divertente. Non soffri anche tu per la sua morte? Davvero pensi che stia bene dove sta?

Tu parli di Lucius. Si, sta bene dove sta.

 

Ma non chiamarlo mio padre.

 

Metto via la bacchetta quasi senza accorgermene, e strigo i pugni fino a sbiancarmi le nocche. Voglio colpirlo… voglio spaccargli quella faccia da bravo bambino che si ritrova.

Presto avrai qualche altra cicatrice Potter!

 

Assecondo il mio istinto e lascio partire un pugno in direzione della sua mascella. Cerca di evitarmi ma non è abbastanza veloce. Lo prendo, non forte quanto avrei voluto. Non sta fermo un attimo. Si difende, risponde ai miei attacchi. E stai fermo, maledetto! I colpi che riesco a infliggergli non mi danno soddisfazione. Vorrei che fosse un punchball, così portei sfogarmi ben bene con la certezza di fargli male sul serio.

Lo colpisco con un calcio basso, inaspettato. Si accascia tenendosi lo stomaco. Beh, potevo mirare anche più in basso. Mi ricorderò di farlo, la prossima volta. Ma ora non sono lucido.

Continuo a infierire incurante del fatto che ora non può difendersi. Con un calcio lo colpisco in faccia e sento un orribile “Crack”… devo avergli spezzato il naso. Poverino.

Ha già sofferto tanto, lui.

Ha avuto una vita difficile, lui.

Sempre trattato male dai suoi “parenti”, lui.

Lui, lui, lui, lui, lui… mi da il voltastomaco sentir parlare sempre di lui! Vedere come la gente lo compatisce!

 

-         Non mi fai pena, Potter – sussurro – Ringraziami, perché ti sto trattando con imparzialità… come meriti! Ringraziami se ti considero abbastanza da non provare pietà di te! –

Mi chino e lo afferro per la gola. Lo tiro su, quasi di peso. Annaspa, forse sta soffocando. Ma chi se ne importa?

Lo sbatto contro il finestrino dello scompartimento, stringendo convulsamente la stretta sul suo collo. Per una volta ho la sua completa atenzione. Soltanto il sangue che gli confluisce al viso gli impedisce di sbiancare dal terrore.

Si, gli avevo rotto il naso, e adesso il suo sangue mi cola sulle dita, ma non ci faccio caso.

 

-         Non . devi . mai . più . parlare . di . mio . padre – scandisco lentamente, ignorando il fatto che sta soffocando. Ormai è quasi blu per la mancanza di ossigeno.

Senza preavviso, lo lascio andare di colpo. Cade in ginocchio boccheggiando e tossendo, per riprendere aria.

 

Tutto sommato, non vale la pena di andare in prigione per togliersi una soddisfazione da niente quale la morte di Potter. Che non risolverebbe nulla, tranne forse farmi entrare nelle grazie di un mago con cui non voglio avere niente a che fare.

 

 

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Ringrazio tutti quelli che mi seguono per quanto pochi essi siano e rispondo ai commenti (per quanto pochi essi siano):

 

Angi: bene spero che la fict sia all’altezza delle tue speranze!

Diana Riddle: non è che lo odio… insomma, moderatamente. Questo cap è stato abbastanza esplicativo, no? ^_^

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Conseguenze ***


Capitolo 3 – Conseguenze

Capitolo 3 – Conseguenze

 

 

Draco P.O.V.

 

-         HARRY! –

Un urlo alle mie spalle.

La Granger che fissa Potter chokata. Il Weasley arriva immediatamente, spingendo da parte la ragazza. Rimane un attimo cristallizzato alla vista del suo amico a terra, ma intuendo che devo avergli fatto del male la rabbia prende subito il posto dello stupore.

-         Malfoy – sibila, con evidenti cattive intenzioni

Il messaggio sottinteso è “Stai per morire”, ovviamente. Ma non ho proprio tempo da perdere con questi cretini. Siamo sul treno quindi, tecnicamente, possiamo già fare magie. Estraggo subito la bacchetta, più veloce di quanto mi sarei creduto capace, e glie la punto contro: - Petrificus Totalus! –

Weasley rimane li, raggelato come una statua.

Perdente.

Lui e la sua famiglia di perdenti.

Lui e la sua famiglia

…Beh, certo essere geloso di un Weasley deve fare di me una sorta di caso umano. Sono stanco. Non ho più neanche la forza di arrabbiarmi.

Mi trascino fuori dallo scompartimento senza fare caso alla Granger che si sposta al mio passaggio. Strano, mi aspettavo un altro schiaffo o una bella fattura.

 

 

 

Beh…

Quella sera, a Hogwarts, compresi perchè la Granger non avesse avuto bisogno di vendicarsi fisicamente su di me.

Aveva detto tutto alla McGranitt.

 

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Harry P.O.V.

 

-         Harry, mio dio, cosa è successo? –

-         Niente – risposi secco, tossendo per riprendere fiato

-         Aspetta, ti aiuto io – Hermione sillabò un incantesimo per riaggiustarmi il naso. Sentii una piacevole sensazione di calore, poi il dolore che svaniva.

-         Grazie – fu l’ultima cosa che dissi, prima di lasciarmi cadere sul sedile e chiudermi in un ostinato mutismo, fino alla stazione di Hogsmeade.

Ron ed Hermione mi assillarono di domande, quel pomeriggio; cos’era successo, che cosa mi aveva fatto Malfoy, perché ci stavamo picchiando… cosa potevo dirgli? Che volevamo ucciderci a vicenda? Che lo odiavo perché suo padre mi aveva teso una trappola e sua zia aveva ucciso Sirius? Che era molto più semplice prendersela con lui che con me, che avevo commesso l’irreparebile errore di credere che il sogno fosse vero, e quindi era evidentemente tutta colpa mia? Che lui mi è saltato addosso accusandomi di aver mandato suo padre in prigione?

Sono tutte cose che sanno già.

E allora perché mi assillano?

Perché continuano a trattarmi come se fossi una persona normale, che vive una vita normale?

 

Quella sera, a Hogwarts…

 

-         …E per il vostro comportamento indecente, e sottolineo indecente sull’Espresso di Hogwarts… vi ricordo che siete al sesto anno, dovreste essere più responsabili… una settimana di punizione in biblioteca. Dovrete rimettere a posto e catalogare tutti i libri che vi indicherà mad Pince. E state certi che scriverò alle vostre famiglie! –

 

…Scrivi pure ai Dursley, vecchia scopa, tanto che me ne frega? Sirius sarebbe stato d’accordo con me, per aver dato qualche pugno a Malfoy!

 

Malfoy, già… non ha detto una parola per tutto il tempo (forse si sente fortunato a non essere stato espulso), ma come la prof finisce di enunciare “Scriverò alle vostre famiglie”, Malfoy… butta la testa indietro e ride. Ride, capito? Ma è una risata sarcastica, senza gioia. Forse perché suo padre è in prigione? Probabilmente anche il vecchio Lucius avrebbe apprezzato il tentativo del caro Draco di farmi passare all’altro mondo.

 

Un pensiero improvviso mi illumina la mente: forse Draco Malfoy è pazzo.

Si, a vederlo ora, a sentire quella risata folle… la McGranitt è rimasta di sasso… decisamente Malfoy ha perso il lume della ragione.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Indagini ***


Capitolo 4 – Indagini

Capitolo 4 – Indagini

 

 

Draco P.O.V.

 

Vivendo a Hogwarts si tende ad abituarsi, a dimenticare le infinite possibilità che offre quel luogo. È uno dei maggiori nodi di magia del Regno Unito. Magia addomesticata, magia allo stato libero, magia accidentale e magia antica, c’è di tutto, per chi sa dove mettere le mani.

 

E la McGranitt credeva di farmi un dispetto assegnandomi un lavoro in biblioteca? È abbastanza grande, questo posto, da poter facilmente evitare la brutta faccia di Potter.

Reparto Divinazione. No, questo non mi serve.

Trasfigurazione… no, neanche

Incantesimi. Uhm…

Storia della Magia. Perché no? Potrei trovarci qualcosa… però prima devo sapere precisamente com’è andata.

 

-         Potter? – so che lui non è molto lontano, e so che la biblioteca a quest’ora è vuota. Non mi curo di abbassare la voce

-         Hm? – sento un mugugno di risposta da dietro uno scaffale.

Molto loquace, il ragazzo. Crede che a me faccia piacere parlare con lui?

-         Potter, cos’è successo lo scorso giugno nell’Ufficio Misteri? – chiedo con noncuranza, mettendo a posto un paio di librono rilegati in cuoio.

Non si cura neanche di rispondermi.

-         Potter ti sto parlando! –

-         Non me ne frega un cazzo! – risponde, adirato

-         Perché non hanno fatto un funerale a Black? – continuo, ignorando le sue proteste – Che ne è stato del suo corpo? – in realtà lo sapevo già; era caduto oltre un arco, oltre un velo. Ma non sapevo con precisione cosa quell’arco fosse, dovevo basarmi sulla descrizione di Potter.

Non mi rispose. Non a parole, almeno. Sbucò dietro da uno scaffale alle mie spalle e mi afferrò per il colletto, tirandomi con forza come volesse impiccarmi.

-         Come osi? – mi sibila, furente – Come ti permetti? Prima cerchi di uccidermi e ora vieni a farmi domande su… - non finisce la frase, lo sento respirare profondamente – Lo fai apposta a girare il coltello nella piaga? –

Solo in quel momento realizzo davvero che anche lui stava soffrendo per la morte di Sirius. E questo, in qualche modo, mi ferisce. Mi sento ancora una volta derubato.

Che diritto ha TU, di piangere la morte di mio padre, quando io non posso farlo? Perché tutti vengono da te a dirti “oh poverino, Potty sappiamo che stai soffrendo, capitano tutte a te!” A me invece dicono “sporco figlio di un Mangiamorte, farai la fine di tuo padre”.

Che bella gratifica!

Vaffanculo!

Vaffanculo tu, vaffanculo questo mondo di merda e vaffanculo tutti quelli che ci abitano!

Con una gomitata improvvisa nello stomaco lo costringo a lasciarmi andare. Ho una gran voglia di picchiarlo di nuovo, e lui lo sa. Me lo legge negli occhi.

Ma cosa risolverei? Con un ennesimo brivido di disgusto mi rendo conto che, mio padre, mi biasimerebbe se lo facessi. Se toccassi il suo prezioso figlioccio.

-         E va bene – scandisco, allontanandomi diplomaticamente di un passo – Va bene, non vuoi parlarne. – Mi spazzolo la tunica, impolverata da tutti quei libri – Fa come ti pare. –

“Non vuoi parlare con me. E va bene. Ti farò parlare con qualcun altro, allora.”

 

 

Quella sera, nel bagno dei prefetti, davanti a uno specchio.

Aspettavo.

Erano passate quasi 24 ore dall’ultima volta che avevo preso la pozione. 24 ore alle 11 di sera. Avevo già in mano la fiala, contenente il liquido rosato e zuccherino, che mi avrebbe trasfmormato di nuovo in Draco Malfoy.

La pozione che avrei dovuto prendere nel momento in cui quella vecchia cessava di avere effetto.

 

Ah, forse, nel frattempo sarebbe meglio che mi spiegassi: io non assomiglio a Lucius Malfoy. E come potrei? Non sono suo figlio. Veramente non so a chi somiglio; sono anni ch non vedo il mio vero volto. Posso solo indovinare che – essendo i capelli scuri e tutto il resto geni dominanti – io assomigli più a mio padre che a Narcissa. Ho visto una sua foto; era un bell’uomo prima di andare in prigione, ma aveva gli occhi grigi anche lui – l’unica cosa che spero di non aver ereditato.

 

Così, prendevo una pozione. Per non insospettire gli insegnanti, Lucius la iniettava nei cioccolatini che mi mandava da casa, quando ero più piccolo, mentre negli ultimi due anni i miei “genitori” si sono fidati abbastanza di me da lasciarmi portare a scuola le fialette, confidando che non lo avrei rivelato a nessuno. La pozione ha lo scopo di farmi assomigliare a Lucius Malfoy, come avrete capito. Per questo sono la sua copia in miniatura e non ho preso niente da mia madre, o almeno così pare: questa pozione, simile per certi versi alla Polisucco, ammette che io possa somigliare a una persona sola per volta. Quello che la differenzia dalla Polisucco è che, non solo dura un giorno anziché un’ora, ma agisce anche in modo leggermente diverso: non mi trasforma nella persona di Lucius Malfoy, ma fa in modo che io gli assomigli il più possibile, in linea con il mio sesso e la mia età.

 

Ecco. Comincio a cambiare. Resto a bocca aperta, trattenendo inconsiamente il respiro, mentre assisto alla trasformazione; i tratti del mio viso si distorcono lentamente ma con fluidità, finchè non riesco più a riconoscermi. I miei occhi si schiariscono, diventano azzurri, limpidi come quelli di mia madre. I miei capelli cambiano lentamente sfumatura – diventano castano scuri.

Quello che vedo allo specchio non sono io. Cioè, sono più io di quanto non sia mai stato, ma non conosco il volto che mi fissa di rimando. La mascella più pronunciata rende il mio viso più interessante, almeno a me pare; non ho più quella faccia a punta, da topo. Il mio colorito pallido sfuma leggermente in qualcosa di più ambrato. Gli zigomi appena più pronunciati e le soppraciglia più spesse, ma ben disegnate, mi danno un’aria seriosa. Tutto sommato non sono niente male.

Devo solo liberarmi della divisa di Serpeverde.

E vediamo se Potter si rifiuterà anche di parlare con il figlio di Sirius Black.

 

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NdA: chiedo scusa per i capitoli brevissimi, ma vedete, seguo l’estro. Capita che quando chiudo un file poi non lo riapro per mesi e non voglio farvi aspettare tanto. Infatti ho postato due volte, oggi. È il mio record! Due cagatine di mosca, ma beh… a me questo cap piace.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Chiarimenti ***


Capitolo 5 – Chiarimenti

Capitolo 5 – Chiarimenti

 

 

Ma prima… ringrazio tutti quelli che mi commentano! Vi voglio beneee!!

 

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Harry P.O.V.

 

 

Tornato esausto dalla biblioteca mi buttai sul letto, giocando a far finta di potermi semplicemente addormentare… si, come no. Non avevo neanche cominciato il compito di Storia della Magia (è orribile, darci i compiti fin dal primo giorno!) e sapevo che avrei dovuto stare sveglio a friggermi il cervello almeno un altro paio d’ore… pensare che avevo anche saltato la cena. E non si ragiona bene a stomaco vuoto.

 

-         Buonasera, signore. Pikky aiuta il signore? –

-         Ehm… si, grazie. Avete qualcosa da mangiare? –

-         Tutto quello che il signore desidera. –

Mi caricarono le braccia di ogni ben di dio, impacchettando con cura ogni cosa, che quasi faticai a riportare tutto in camera mia.

Lì mi aspettava una sorpresa; un gufetto della stazza di Leo, di quelli della scuola però, picchiettava alla finestra. I miei compagni dormivano già, e neanche il passaggio di un jet li avrebbe svegliati. Povero gufino, chissà da quanto tempo era fuori.

Infatti, come aprii la finestra, cominciò a tubare in segno di rimprovero. Dopo avermi sgridato per quasi un minuto, svolazzando fuori dalla mia portata, atterrò stizzito sul bordo del mio letto e mi porse una zampetta, a cui era legata una lettera. In realtà, si trattava di un breve messaggio:

 

Harry Potter,

ho bisogno di parlarti. Adesso, o anche domani, quando vuoi, ma che sia al più presto. Porta anche i tuoi amici se vuoi, ma non farne parola con nessun altro perché il nostro incontro deve restare quanto più segreto possibile. È questione di  vita o di morte.

Non posso dirti il mio nome ora, ma ti garantisco che non è una trappola. Mandami una risposta con questo gufo.

 

E niente altro. Non una firma, nemmeno iniziali. Piegai il messaggio e me lo riposi in tasca.

Ora, la domanda è: potevo fidarmi, a rispondere all’appello di uno sconosciuto a quell’ora della sera e senza prima parlarne con i miei amici?

Beh, in fondo mi trovavo a Hogwarts, uno dei luoghi più sicuri al mondo.

La vera domanda è: ho voglia di fare il compito di Storia della Magia?

 

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Draco P.O.V.

 

Dopo aver mandato il biglietto, aspettai nella sempre più fredda guferia, cominciando a temere che il puzzo di sterco di gufo non se ne sarebbe mai andato dai miei vestiti. Asettai per una mezz’ora buona, prima che il gufo tornasse indietro. Portava un messaggio. Lo aprii, ansioso di leggere la risposta di Potter… ma la pergamena era vuota.

Vuota! Come si permette, quel piccolo rifiuto… appallottolai la carta, gettandola a terra e dandole anche un calcio, così per sfogarmi.

-         Non te la prendere così. Allora, cosa vuoi? -

Qualcuno aveva parlato. Alzai lo sguardo, ma incontrai solo l’aria fresca della sera. Poi, un tremolio nell’aria, e Potter comparve davanti a me, togliendosi un mantello dell’invisibilità. A quanto pare, aveva seguito il gufo, a bordo della sua scopa da corsa.

-         allora? Il gatto ti ha mangiato la lingua? Voglio sapere chi sei e perché vuoi parlarmi con tanta urgenza. Hai detto che era questione di vita o di morte. –

-         Non la tua, Potter. Ti stupirà scoprire che il mondo non gira intorno a te. – scoprii che la mia voce era un po’ diversa dal solito. Più profonda, meno atona.

-         Hey, mr. Simpatia, credo che siamo partiti con il piede sbagliato. – estrasse la sua bacchetta, ma non me la puntò contro. Voleva solo farmi vedere che era armato, e che si fidava di me sempre meno.

-         Va bene. Hai ragione. Vorrei poter rispondere alla tua domanda, ma purtroppo io non ho un nome. Quanto al perché volevo parlarti… -

-         Non hai un nome? – m’interruppe – Come si fa a non avere un nome? Sei uno studente di Hogwarts, no? Di che Casa sei? –

-         Sono uno studente di Hogwarts, ma non posso dirti di che Casa sono –

-         Tzk. Allora devi essere un Serpeverde. – ipotizzò

-         No. Non posso dirti a quale Casa appartengo perché non posso correre il rischio che tu venga a cercarmi. –

-         Che vuol dire? Ti vuoi spiegare? Chi sei e che cosa vuoi da me? – alzò la bacchetta di qualche centimetro

-         Se stai calmo, ti spiegherò tutto. – e ne avevo davvero intenzione, a parte il dettaglio che mi nascondevo dietro l’identità di Draco Malfoy – Il fatto è che io sono un figlio illegittimo.  Mio padre non ha mai saputo che ero suo figlio, perchè mia madre, quand’era incinta di me, si è sposata con un altro uomo. –

-         Oh, ma è una cosa orribile! –

-         Si eh? Ovviamente l’altro uomo ha scoperto subito che non ero suo figlio, perché non assomiglio affatto a lui e pochissimo a mia madre. Ma per non dover dare spiegazioni imbarazzanti, mi ha dato il suo cognome e anche il suo aspetto –

-         Che vuoi dire? –

-         Mi ha fatto prendere regolarmente una pozione per farmi assomigliare a lui. Stasera non l’ho presa, però, quindi questo che vedi è il mio vero volto, ma non quello che ho di solito. –

-         Ah. Ma allora tuo padre… cioè, il marito di tua madre, è un mago? –

-         Evidentemente –

-         E tua madre? –

-         Non posso dirtelo –

-         Beh, lei o il tuo vero padre dovevano essere dei maghi se tu lo sei… -

-         Si, infatti. È di questo che volevo parlarti. Mio padre, quello vero… tu lo conoscevi. –

-         Lo conoscevo? – aggrottò le sopracciglia – Lo… conoscevo? Cosa vuol dire? È forse… -

Un attimo di silenzio, prima che trovassi il coraggio di rispondere alla sua domanda inespressa.

-         Si, Potter. Lui è… lui non è più. –

Un nodo alla gola mi impediva di dire “morto”.

Mi stavano salendo le lacrime: di dolore, finalmente, per la morte di mio padre; di rabbia, per dover confessare tutto questo a Potter e per essere compatito da lui. Di vergogna, perché non avevo trovato il coraggio per dire a Sirius la verità…

-         E non lo ha mai saputo? –

-         Cosa? –

-         Che sei suo figlio. È… se n’è andato senza saperlo? –

Abbassai lo sguardo

-         Si – risposi a voce bassissima

-         Oh… mi… mi dispiace –

Scrollai le spalle, con falsa indifferenza

-         Lo so. Sono uno stupido, avrei dovuto dirglielo. –

-         Perché non lo hai fatto? –

Lo fulminai con lo sguardo

-         Sono affari miei, non credi? – mi guardò storto. Sospirando, risposi – ok. In parte è colpa del marito di mia madre, mio padre ovviamente lo odiava –

-         Perché gli ha portato via tua madre? –

-         Anche. E per altre innumerevoli ragioni. …E quindi di conseguenza odiava me, perché mi credava figlio di mia madre e di suo marito, un bastardo che legava indissolubilmente mia madre all’uomo che glie l’aveva portata via. Sai come sono le leggi dei maghi, no? Non ci si può separare se si hanno figli. –

-         Ma scusa, lui non ti avrebbe più odiato se avesse scoperto che eri suo figlio. –

-         Forse no. Ma forse… insomma, cosa pensi, che con due parole sarebbe andato tutto a posto? “Ah, così sei mio figlio, bene è fantastico! Questo sistema tutto!”? –

Dal suo sguardo capii che si, lo pensava. Dio, com’è infantile. Com’è stupido.

-         Forse… ehm… è più complicato di così? –

-         Immagino di si – risposi, a denti stretti – specie se tieni conto che lui aveva già… -

-         Cosa? Aveva un’altra famiglia? –

-         No… non proprio. Ma aveva te. –

 

********************************************************************************

 

Harry P.O.V.

 

Avevo un bruttissimo presentimento, come un ragno che mi rodeva lo stomaco. Suo padre era morto, io lo conoscevo. Suo padre era un mago. E poi, quell’ultima frase.

-         No… non proprio. Ma aveva te. –

 

Gli somiglia. Si, l’ho capito fin dall’inizio, ma non volevo accettarlo. Non potevo accettarlo.

-         Me? – chiesi, con una vocina piccola piccola. – No, non era lui. Ti prego, dimmi che non era lui… non Sirius…– credevo di averlo solo pensato, ma quanto pare l’avevo detto ad alta voce

-         No? – alzò un sopracciglio, grondando fastidio da tutti i pori – Tu non vuoi che ti dica che era lui? – si mosse verso di me, fulmineo, e mi colpì alla mascella con un pugno – Non vuoi sentirmi dire che era Sirius Black, mio padre? Cosa te ne importa? – alzava progressivamente la voce, ed ero quasi certo che mi avrebbe colpito di nuovo – Cosa te ne importa? – ripetè – Ti da fastidio? Ti da fastidio che avesse un figlio suo? Tanto non l’ho mai conosciuto! Tanto non mi ha mai degnato di uno sguardo! Era te che amava come un figlio, non me! Ora che oltretutto non c’è più, che minaccia posso essere io? –

-         Non te la prendere con me! Sei tu che non hai mai voluto parlargli! Mi hai chiamato qui solo per fare a pugni? -

Si calmò, un pochino.

-         No – sospirò

-         E allora perché? –

-         Voglio sapere come… com’è che è successo. Come è morto mio padre –

Quella richiesta mi lasciò basito, paralizzato per una manciata di secondi.

-         No. Non sarò io a raccontartelo. –

-         Ho il diritto di saperlo, Potter, non credi? – mi provocò

-         No invece! Non ne hai nessun diritto! Io ero là quando è morto, va bene? Tu dov’eri? – quasi balbettavo, dalla rabbia – Se ti fosse importato qualcosa di lui… tu non… non ti è mai importato niente di lui! Altrimenti avresti corso il rischio, gli avresti detto chi eri! Ti fai vivo solo adesso, ora che lui non c’è più? Ora che non può più giudicarti? Non meriti di sapere come è morto, non meriti neanche che io ci ripensi, per uno come te! Non hai mai meritato di essere suo figlio! C’era un motivo se lui voleva bene a me! –

Per un istante, mi parve di aver colto nel segno; mi sembrò che la sua facciata di indifferenza si sgretolasse; forse avevo esagerato, forse davvero avrebbe voluto che Sirius lo amasse come un figlio, ma non avevo la minima stima per lui; era solo un codardo.

-         É vero. Sono un codardo – ammise, quasi mi avesse letto nel pensiero – dev’essere uno dei motivi per cui non sono un Grifondoro. Non sarebbe mai stato fiero di me, vero? – fece un mesto sorriso -  Ma è capitato. Non ho chiesto io di nascere. Non ho mai avuto il coraggio di rivelarmi a lui, ma non per questo devi pensare che non lo desiderassi… ma adesso che è morto, io so che è tutta colpa mia. Hai ragione, io dov’ero, mentre lui si precipitava a salvarte te? –

-         Stai dicendo che è colpa mia se è morto? –

-         Non lo so. Ammetto di averlo pensato, prima di avere il coraggio di accettare la realtà; non è stata tutta colpa tua, ma soprattutto mia. Io non sono riuscito a impedirti di andare. Io non ho mosso un dito per aiutarti, anche se sapevo che era una trappola. Io ti odiavo così tanto, perché ti invidiavo. Avrei potuto impegnarmi di più per fermarti. Avrei potuto dirti che era una trappola. Inseguirti, in qualche modo fermarti. Ma ti odiavo abbastanza da lasciarti morire. –

Forse dovevo dire qualcosa, ma mi tremavano le labbra, e non ero sicuro della mia voce; aveva appena ammesso che mi odiava tanto da volermi morto.

-         E non hai… non hai pensato che Sirius sarebbe venuto a salvarmi? –

-         Ci ho pensato – ammise, a voce bassissima, funerea – Questa è la cosa peggiore. Di te non mi importava niente, ma lui era mio padre. Avrei dovuto fare qualcosa, lo so. Ma io ero… così dannatamente arrabbiato con te, che sei così stupido da correre alla cieca nel pericolo, e con lui perché so che avrebbe apprezzato proprio il tuo coraggio… Tu non puoi capire quanto ero amareggiato. Io sono l’esatto contrario di te, sai. Non sono coraggioso. Ho paura di osare, valuto sempre le conseguenze. E quella sera, ho pensato… Dio, non sai quanto mi sono tormentato per questo… ho pensato che se era tanto fiero del suo ragazzo d’oro, così eroico e coraggioso,… beh, che allora potevate andare al diavolo tutti e due, e vedere dove vi avrebbe portati il tuo grande coraggio. Che non erano affari miei. –

-         Hai sperato che morissimo entrambi? Se non potevi averlo tu, allora meglio che non lo avesse nessuno? – lo accusai

-         No! Cazzo, Potter, non ho mai voluto che morisse! Se avessi saputo come sarebbe andata a finire, io… -

-         Ma non hai fatto nulla. Hai lasciato che le cose prendessero il loro corso. –

-         Si – confermò. Un’ammissione di colpevolezza.

-         Eppure sapevi della trappola –

-         Si –

-         Pensi ancora che sia stato io ad ucciderlo? –

-         Penso che entrambi abbiamo causato la sua morte. La tua stupidità e il mio fottuto egoismo. –

 

Restammo entrambi in silenzio, per quelle che mi parvero ore. Alla fine, proposi

-         Ti racconterò com’è andata. –

 

Ma non per riguardo nei suoi confronti. Volevo che sapesse, nei minimi dettagli, com’era morto suo padre. Per colpa sua.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Accordo ***


Capitolo 6 – Accordo

Capitolo 6 – Accordo

 

Draco P.O.V.

 

Che ci fosse una sottile, crudele vena di soddisfazione, nella sua voce? Quel mezzo ghigno che cercava di celare, mentre mi descriveva come lui, il grande Harry Potter, era stupidamente caduto in trappola. Beh, ovviamente non sono state queste le sue esatte parole.

 

A dire il vero, cercò di porre tutto su un piano “Io-(da-quel-grande-eroe-che-sono)-volevo-salvare-Sirius-anche-a-rischio-della-vita,-ma-tu-lo-hai-lasciato-morire”.

Io la vedevo più da un punto di vista “Tu-sei-stato-talmente-stupido,-ma-talmente-stupido,-da-mettere-in-pericolo-tutti-i-tuoi-amici-e-causare-la-morte-di-mio-padre”, ma decisi di lasciar correre. Nessuno dei due avrebbe cambiato idea facilmente, pur sapendo che l’altro aveva la sua parte di ragione. Da parte mia odiavo il fatto che Sirius apprezzasse tanto il suo sfacciato coraggio, emblema di tutti i Grifondoro, che io non avevo ereditato. Potter invece odiava che fossi il figlio del suo padrino, che aveva inconsciamente etichettato come “suo”. Ma cambiava davvero qualcosa che fosse mio padre? Non mi aveva mai conosciuto. Non ero mai stato una minaccia per il caro Harry, quindi che diavolo aveva contro di me? Pirla.

 

********************************************************************************

 

Harry P.O.V.

 

-         Volevano quella stupida Profezia, ma non sapevo cosa fosse, così li ho minacciati di romperla e in qualche modo abbiamo creato abbastanza confusione da riuscire a scappare… ci hanno inseguiti per un po’, finché non mi sono ritrovato in quella stanza , con un grande arco di pietra ricoperto da un velo – si sporse ad ascoltare con maggiore attenzione

-         Puoi descriverlo? –

Gli gettai un’occhiata pungente

-         perché? –

-         voglio sapere, ok? – rispose, brusco

Mi crogiolai un attimo nell’idea di descrivergli, con particolari raccapriccianti, il “luogo” dov’era finito Sirius, ma il pensiero era troppo doloroso anche per me. Avevo bisogno di credere che fosse andato in un posto migliore.

-         Era un imponente arco ogivale, di pietra. Era molto antico e rovinato, pieno di crepe, chiuso da una tenda nera, che oscillava come se ci fosse vento, o come se qualcuno l’avesse appena toccata, anche se non c’era nessuno… -

-         Ricordi altro? Anche i particolari più piccoli… -

-         Perché? –

-         Cazzo, Potter, non puoi rispondere e basta? –

Capì immediatamente di aver commesso un errore. La sua impazienza aveva rivelato più di quanto volesse.

-         Perché ti interessano tanto i dettagli? Cosa te ne può venire? Che cosa stai cercando di fare? –

-         Uhm… niente, io… -

-         Non so cosa hai in mente, ma non mi fido affatto di te! Chi mi dice che tu sia davvero il figlio di Sirius? – stavolta gli puntai contro la bacchetta, esplicitamente

-         Sono disarmato, ok? – alzò le mani, in segno di resa – Immaginavo che non ti saresti fidato di me. E va bene, se vuoi ti dirò tutto. Non riesco a capacitarmi di come si possa morire semplicemente cadendo dietro a un velo. Voglio sapere il più possibile riguardo a quell’arco, perché sospetto che possa essere… una specie di porta. –

-         Una porta? – abbassai appena la bacchetta – E per dove? –

-         Non lo so, ma deve pur affacciarsi da qualche parte, no? Su qualche luogo da dove non si può tornare. Magari una specie di limbo. –

-         Quindi tu pensi che… Sirius potrebbe non essere m-morto? –

-         Non so cosa pensare. Se ci fosse un modo qualsiasi per mettersi in contatto con lui, potrei cercare di scoprirlo – notai che aveva detto “potrei” e non “potremmo”. Pensava di essere l’unico a tenere a Sirius?

-         Lui… - ecco, dovevo dirglielo. Anche a costo di essere giudicato, dovevo dirglielo. – Mi aveva dato uno specchietto, che comunicava con un altro che avrebbe tenuto sempre con sé. Per chiamarlo, se avessi avuto bisogno –

Rimase un momento senza parole, con la faccia di uno che ha appena ingoiato un limone. Sapevo che era una cosa temporanea; presto avrebbe realizzato…

-         Quindi – sibilò, stringendo gli occhi a fessura. Ahi, ci siamo – avresti potuto metterti in contatto con lui, per cercare di scoprire se era stato davvero rapito. Perché non lo hai fatto? –

-         Io non sapevo… mi sono accorto troppo tardi dello specchio. Mi ero dimenticato di averlo, non sapevo a cosa servisse… -

-         Ah. Insomma, sei un idiota. –

-         Io… -

-         Il minimo che puoi fare è rispondere alle mie domande, o no? –

-         Si, sono un idiota –

-         Mi riferivo all’arco. –

-         Oh – mormorai, imbarazzato – Si, l’arco… ecco… poggiava su una piattaforma di roccia. Girando intorno all’arco non si nota niente di strano. Sembra un normalissimo ammasso di pietre… beh, non proprio, dà l’idea che ci sia qualcuno, dietro il velo. Si sentono… non so, mormorii sommessi, risatine a mezza voce… e mi ricordo che i miei compagni erano molto spaventati, mentre io ne ero attratto; sentivo l’impulso di attraversare il velo per vedere cosa ci fosse dietro –

-         Quelle voci… le sentivi solo tu, o anche gli altri? –

-         No, solo io e…Luna. Luna Lovegood li sentiva. E anche… anche Ginny e Neville, non so se li sentivano, ma fissavano l’arco imbambolati, come me –

-         Hm… bene, grazie, Potter. Cercherò informazioni su questo arco, e vedrò cosa riesco a scoprire –

-         Ti aiuterò –

-         No – rispose, pacatamente – Non puoi… non possiamo lavorare insieme. Non posso permetterti di scoprire chi fingo di essere –

-         Ma perché? Scusa, ma se abbiamo un obiettivo comune, come pretendi che mi fidi di te se non mi dici chi sei? –

-         Ti ho già detto chi sono –

-         Hai capito cosa intendo! –

-         No, c’è il rischio che il marito di mia madre lo scopra. È sempre all’erta, non vuole che lo riveli a nessuno –

-         Hai così tanta paura di lui? –

Lo vidi rabbrividire impercettibilmente, ma non disse nulla

-         è un uomo malvagio? –

-         lo è… in un certo senso, si – rispose, evasivo

-         e ti tiene d’occhio? –

-         sempre –

Dopo una breve pausa, tornai all’attacco

-         Ma qui non c’è nessuno che potrebbe fare la spia. Ci siamo solo tu ed io –

-         No, non me la sento di rischiare –

-         Andiamo, cosa potrebbe mai… -

-         Ho detto NO, Potter. Qual è la parte che non capisci? – esclamò, irato

-         Che cosa mi stai nascondendo? –

-         Niente, perché non ti riguarda! Ok? –

-         Intendi dirmi solo quello che “mi riguarda”? Mi stai usando? –

-         Sto cercando di ottenere la tua collaborazione, se non l’hai capito. Anzi, hai già fatto quello che ti competeva, grazie –

-         Non puoi lasciarmi fuori! Mi hai sentito? – si girò per andarsene, ma lo afferrai per un braccio – Non puoi escludermi. – ripetei

-         E va bene. Ci rivedremo, ok? Mi farò vivo io. Ti dirò tutto quello che riesco a scoprire, ma tu non cercarmi e non indagare a tua volta, tanto meno su di me! Sono stato chiaro? Promettimelo, Potter –

Lo fissai a lungo negli occhi, con ostilità, ma non abbassò lo sguardo

-         E va bene – mugugnai – Non ti cercherò e non farò nulla che possa insospettire qualcuno –

-         E non parlerai al Preside della mia idea –

-         Quale idea? –

-         A proposito dell’arco –

-         Ah. Va bene, non ne parlerò. Ma posso riferire la nostra conversazione ai miei amici? –

-         Non voglio che la voce si sparga… -

-         Solo a Ron ed Hermione –

-         Si, ok, ma fa in modo che non lo dicano a nessuno –

Annuì in risposta, soddisfatto.

 

Si fida troppo del mio onore di Grifondoro.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Clausole in piccolo ***


Capitolo 7 – Clausole in piccolo (leggi anche: mortale combo di intuito femminile e ragionamento alla Holmes)

Capitolo 7 – Clausole in piccolo (leggi anche: mortale combo di intuito femminile e ragionamento alla Holmes)

 

 

Harry P.O.V.

 

-         Hmm…Harry! Che casino fai?

-         Scusa, Dean. Non volevo svegliarti – lo ammetto, avevo fatto un bel po’ di rumore non richiesto, camminando con la leggerezza di un ippopotamo e sbattendo la porta del dormitorio

-         No, dico, ma lo sai che ore sono? – non aspettò risposta e si ributtò tra le coperte, mugugnando qualcosa a proposito dei compagni maleducati.

Dovevo svegliare Ron e riferirgli del ragazzo misterioso, o l’argomento poteva aspettare fino a domattina?

Guardai mestamente la pergamena vuota e il calamaio pieno che mi attendevano, a ricordarmi che dovevo fare un tema.

Sigh.

Vada per domani mattina. Così avrei potuto parlarne anche con Hermione.

 

 

La mattina dopo, a colazione…

-         Harry, a che ora sei andato a letto? Sembri uno zombie! –

-         Hm. Compito di Storia – bofonchiai

-         Oh, Harry! – esclamò inorridita Hermione – Ma era di una banalità inaudita! –

Non meritava una risposta. Anzi, cercai di cambiare argomento:

-         Voi due, devo proprio raccontarvi una cosa – cominciai, rivolto ai miei migliori amici – Ieri sera… beh, forse non il caso di parlarne qui… -

-         Cosa? – chiese curioso Ron – Che è successo, Harry? Ti sei visto con una ragazza? –

-         No, direi proprio di no – risposi, calmo – Ron, stavo parlando di una cosa seria

-         Almeno stavi parlando – mi sorrise Herm – sono secoli che non ci degni tanta attenzione –

-         Lo so… sentite, mi dispiace per… ero sconvolto… in un certo modo lo sono ancora, ma quello che è successo ieri sera mi ha convinto a reagire – spiegai

-         Ma insomma cos’è successo? –

-         Ho conosciuto un tipo, che mi voleva parlare. Dice di essere… - abbassai la voce, sperando che nel casino della Sala Grande nessun altro mi sentisse – dice di essere il figlio di Sirius – sussurrai, cospiratorio

-         Che cosa?? – esclamarono Ron ed Hermione, all’unisono

La ragazza si riprese per prima dallo shock

-         Ma non è possibile! – negò con enfasi – lui non aveva figli! Ce ne avrebbe parlato! E poi, quando ha trovato il tempo di… insomma, sappiamo tutti dove è stato per dodici anni… - ragionò, titubante su quell’argomento delicato

-         Non sapeva di avere questo figlio – spiegai – aveva una tresca con una donna, che non so chi fosse, ma lei, rimasta incinta, ha sposato un altro… -

-         È orribile! – commentò Ron – e come l’ha presa il marito? Se n’è accorto? –

-         Direi. L’ha presa anche male. Ma… possiamo riparlarne dopo? – proposi, guardandomi intorno nervosamente.

Non potevo fare a meno di chiedermi chi fosse il ragazzo della sera prima, se si nascondeva dietro a un volto conosciuto, e se era a portata d’udito. No, aveva detto di non essere un Grifondoro…

Notai a malapena il loro cenno d’assenso mentre gran parte dei nostri compagni si alzavano per avviarsi a lezione.

 

Quella sera, in sala comune, così tardi che erano già tutti a letto tranne noi tre, mi presi la briga di spiegare loro tutto, nei minimi dettagli. La reazione di Ron fu piuttosto prevedibile:

-         Che pezzo di merda! – esclamò – Farsi vivo solo adesso pretendendo di meritare la tua attenzione quando è soltanto un codardo buono a nulla! E come osa rinfacciarti quello che è successo?! –

Devo dire che mi sentii un po’ rincuorato dal suo appoggio, perché mi sentivo davvero un po’ colpevole della dipartita di Sirius.

Hermione, altrettanto prevedibilmente, rimase in silenzio a riflettere.

-         Penso – annunciò infine – che la questione del di chi sia la colpa possa essere rimandata, e che in fondo non abbia questa grande importanza. Hai detto che questo ragazzo voleva cercare un modo per tirare fuori Sirius? –

-         Si… almeno, lui ha detto così. Ha detto che non è sicuro, ma che l’arco potrebbe essere solo un portale su qualche luogo da cui non si può tornare, ma che non per questo Sirius dev’essere per forza… m-morto. –

La ragazza annuì, seppure incerta

-         Non so niente a proposito di quell’arco, ma quando Remus ha detto che Sirius non… non sarebbe tornato, io non avevo motivi per non credergli – ammise Hermy – non ho mai pensato che.. in fondo, se nessuno è mai tornato a raccontarlo, quindi potrebbe essere qualsiasi cosa. – ragionò a voce alta – Ma in questo caso, non vedo che quel ragazzo potrebbe trovare informazioni in merito. Né tanto meno un modo per attraversare quell’arco e avere modo di tornare indietro, portandosi addirittura dietro qualcuno! –

Le sue parole mi avvilirono profondamente. Era vero, non c’era speranza, mi ero soltanto illuso. Sirius non c’era più e io non potevo salvarlo…

-         Harry, mi dispiace – Hermione mi poggiò una mano sulla spalla – non volevo demoralizzarti. Ma senti quello che faremo. Noi ci proveremo. Non si sa mai. Hogwarts è una fonte inconcepibile di magia, troveremo qualcosa… e comunque, chi non tenta non può che fallire. –

-         Si, hai ragione. Noi proveremo. Ma non intendo lasciar fare tutto a quel tizio! –

Ron si dichiarò subito d’accordo con me. Hermione sospirò, come se stesse per farmi un discorso difficile.

-         Sapete, in fondo, quel ragazzo… vuole rendersi utile. Penso che dovremmo lasciarlo fare. –

-         Hermione! – esclamò Ron – Non puoi fidarti di lui! Ha ammesso di odiare Harry e di aver lasciato mor… andare Sirius, pur sapendo i rischi che correvano… -

-         Appunto – alzò le mani, sulla difensiva – Ascoltatemi un attimo. Abbiamo a che fare con un ragazzo che è cresciuto con un ‘padre’ che probabilmente lo odia e che ha cercato di annientare la sua identità. Tu dovresti sapere cosa si prova, Harry – mi gettò un’occhiata significativa, ricordandomi di come i miei zii avevano sempre tentato di ‘tarparmi le ali’ e di negare il fatto che fossi un mago

-         Vai avanti – la esortai, concedendole questo punto

-         A quanto pare ha sempre saputo di chi era figlio. Immagino che glie lo abbia detto sua madre. Però, quella stessa madre ha sposato un altro, per motivi a noi ignoti. Probabilmente non ha mai dimostrato apertamente il suo affetto per Sirius, sempre che ce ne fosse, e il ragazzo è cresciuto con la consapevolezza che Sirius non sapeva della sua esistenza. Tuttavia non ha mai tentato di parlargli. Non ha mai cercato un confronto con lui, anche dopo che è scappato di prigione. Sappiamo o comunque supponiamo che non sia stato un gesto dettato dall’indifferenza, ma quasi certamente dalla paura di non essere accettato. Nel frattempo, sapeva che Sirius era il tuo padrino, Harry, e che ti voleva bene quasi come a un figlio. Ti invidiava e forse ti odiava. Alla fine, l’anno scorso non ha cercato di fermarti pur sapendo che ti stavi mettendo in trappola –

-         No, non ha detto questo – la corressi, intromettendomi nel suo ragionamento – Ha detto..: “Avrei potuto impegnarmi di più per fermarti. Avrei potuto dirti che era una trappola.” –

-         Oh – mormorò Hermione – Oh… allora… beh, questo suggerisce che lui abbia provato a fermarti, ma che non abbia insistito tanto. Perché non gli importava se tu fossi morto. Sospettava che Sirius sarebbe venuto a salvarti, ma era così amareggiato che deve avervi mandati al diavolo entrambi –

-         Si! – confermai – è proprio quello che ha detto lui! –

Ron si girò verso di me, terrorizzato

-         Ma come fa? – mi chiese, indicando Hermy – Come fa a leggere nella mentre delle persone? –

-         Ron, sono una ragazza. Certe cose le capisco meglio di voi. –

-         Ah. Ma scusa, alla fine se a lui non importava che a me o a Sirius succedesse qualcosa di brutto, perché adesso vuole riportarlo qui? – chiesi, convinto di aver trovato una falla nel suo ragionamento

-         Harry, è così ovvio! – rispose, esasperata – Quando si è arrabbiati si dicono e si fanno cose di cui poi ci si pente. Lui addirittura ha mandato a morire suo padre! –

Gemetti, ritraendomi. Non volevo sentire quelle parole. Sirius non era morto. Non era morto.

Hermione continuò, ignorandomi di proposito

-         Riuscite a immaginare quanto deve essersi tormentato per questo? È il minimo, che ora voglia far qualcosa per rimediare –

-         No, questo non lo capisco – intervenne Ron – Perché dovrebbe importargli? Sirius non l’ha mai conosciuto, non l’ha mai considerato suo figlio… –

-         Questo non importa – la mia migliore amica scosse la testa, con aria triste – Forse è questa la cosa peggiore. Harry, quando eri dai Dursley ti mancavano i tuoi genitori, vero? – si rivolse a me, chiedendomi man forte

-         Certo, mi sembra ovvio! – confermai, indignato, senza capire dove volesse andare a parare

-         Eppure eri troppo piccolo per ricordarteli. Si può dire che non li avessi mai conosciuti. – mi fece notare – Nonostante questo, erano il tuo mito, il tuo punto di riferimento. Non dirmi che, nei momenti più bui, non hai sognato che sarebbero miracolosamente apparsi per riprenderti con loro –

-         Si… - bisbigliai, stordito da come era riuscita a infiltrarsi nei miei pensieri più intimi – si, è così. Anche se sapevo che era impossibile. –

-         Lo so. Lo capisco. È la speranza. La speranza non muore mai, anche davanti alla realtà dei fatti. Tu vivevi tra persone che non ti amavano, che non ti accettavano, e speravi che qualcosa, o qualcuno, potesse cambiare la tua vita. – rincarò

-         Si – ammisi – Ma questo è normale, no? –

-         È normale in questo tipo di situazione. – mi corresse – Se i Dursley ti avessero voluto bene, se ti avessero amato e trattato come un figlio, avresti speso tante ore a piangere i tuoi genitori? Certo, ti sarebbero mancati, ma non con un’intensità così disperata. È vero? –

-         È… vero – confermai, pur se mi dava fastidio che scavasse così a fondo nella mia anima, soprattutto davanti a Ron

-         Capisci ora il dramma del figlio di Sirius? Capisci perché vuol fare di tutto per riportare indietro suo padre? Sente di averlo ucciso. Sa di avere almeno una parte di colpa. Ha ucciso la sua stessa fonte di speranza. Non riesci a capire quanto sia… terribile, inaccettabile? Tu riusciresti a vivere con un peso del genere? –

Hermione aveva gli occhi lucidi, anche se il problema non la riguardava in prima persona. Le ragazze sono davvero molto più profonde e suscettibili.

-         No, c’è qualcosa che non va – si intromise Ron, mentre la ragazza, discretamente, si asciugava le lacrime con il dorso della mano – Harry non aveva questa scelta, non poteva rivedere i suoi genitori. Era solo, e questo dev’essere stato orribile. Ma Sirius c’era. Perché allora questo ragazzo non ha mai voluto parlargli? Se era così disperato, perché? E poi, come fai a sapere che la sua situazione era analoga a quella di Harry? Magari invece i suoi gli volevano bene! –

-         Beh, Ron… questo è molto difficile da spiegare. Sul perché non ha voluto parlare con Sirius, potrebbero esserci molti motivi. Per paura, questo lo sappiamo. Ma se mi chiedi a cosa era dovuta questa paura, non posso risponderti. Ho solo qualche sospetto. – sospirò – E quanto alla sua famiglia… il suo padre ufficiale di certo non lo ama, e probabilmente sua madre lo ignora. Perché altrimenti l’avrebbe sottratto al suo vero padre? –

-         Magari ha smesso semplicemente di amare Sirius. Magari amava qualcun altro – ragionai

-         E magari, se davvero aveva smesso di amare Sirius poteva anche smettere di andarci a letto! – criticò, dura – Deve essersi sposata che la gravidanza era appena iniziata, no? Quindi non era passato molto tempo… e poi, se non amava Sirius ma il suo nuovo marito, deve aver odiato la creatura che stava per dare alla luce –

-         Perché? – domandò stupidamente Ron.

Io, incredibile a dirsi, l’avevo già capito.

-         Forse perché… l’avrebbe legata per sempre a Sirius? – ipotizzai

-         Esatto, Harry. – annuì Hermione, soddisfatta – E non solo. Se il suo nuovo marito avesse scoperto che il figlio non era suo, cosa che in effetti è avvenuta, è un po’ difficile che l’avrebbe amata e perdonata, no? –

-         Beh, non è detto. Poteva giustificarsi… un errore di gioventù o una roba del genere… -

-         Ron, ma ci sei o ci fai? – lo schernì, amaramente – Che avrebbe dovuto dire? “Si, fino a una settimana fa scopavo con Sirius Black, ma adesso ho capito di amare te”?? ma chi vuoi prendere in giro? –

-         Beh, e allora… se i suoi ‘genitori’ lo odiavano, un motivo in più per parlare con Sirius, no? – insistette Ron

Hermione rimase in silenzio. Sembrava che ci fosse qualcosa che non voleva dirci.

-         Ecco… è possibile che temesse che Sirius si sarebbe vergognato di lui – disse, cautamente

-         Perché? –

Ci guardò, posando gli occhi su Ron e poi, lentamente, su di me

-         Oh, ragazzi… – sospirò, mordendosi il labbro inferiore – Se sapeste chi è, non mi fareste questa domanda… -

-         Cosa? – la presi per le spalle, scuotendola leggermente – Tu sai chi è? L’hai capito?? –

-         A grandi linee, si – ammise – Non proprio chi sia lui, ma credo di aver indovinato a quale cerchia appartiene, e che tipo di persona deve essere –

-         Beh, dai, vuota il sacco! – la esortò Ron, sorridendole

-         No, Ron… non credo che sia una buona idea – si ritrasse

-         Perché no? Hermione! –

-         Harry, Ron, basta! Non chiedetemi più niente! – si divincolò dalla mia stretta, portandosi la mani alle tempie – Come ci sono arrivata io potete arrivarci voi! Non è così difficile. Si è tradito, con un particolare. –

-         Eppure non sai con esattezza chi sia – dissi, per fare il punto della situazione – Potresti scoprirlo? –

-         Penso di si. Perché me lo chiedi? –

-         Io… ho promesso che non l’avrei cercato, e ho promesso anche che non avrei detto a nessuno di lui, tranne che a voi. Ma non ho mai promesso che uno di voi non l’avrebbe cercato. –

-         Harry, sei un demonio! – si complimentò Ron, al colmo dell’ammirazione

-         Hm… lo cercherò, va bene, ho già qualche idea. Ma non è detto che poi lo venga a dire a voi! –

-         Ma Hermione! – esclamammo in coro

-         Come possiamo fidarci di lui, se non sappiamo nemmeno chi è? – rincarai con enfasi

-         Ehi, qui sono io la ragazza, ricordate? Quella che capisce tutto al volo, che legge nel pensiero e, soprattutto, quella con più buonsenso di voi due messi insieme. Deciderò. Se sarà il caso, ve lo dirò, se no, non insistete. –

-         Hmpf. A volte non capisci davvero un acca! – sbottò Ron, e se ne andò a dormire.

Poco dopo anche Hermione lo imitò, dicendo di essere esausta.

Rimasi a lungo davanti al fuoco, a riflettere.

 

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Hermione P.O.V.

 

Non potevo dirlo ad Harry e Ron. Non avrebbero mai capito. Non sarebbero mai riusciti a mettere d parte i pregiudizi.

Come potevo dirgli che il figlio di Sirius era un Serpeverde?

Non sapevo esattamente chi fosse, ma… aveva detto di sapere che Voldemort aveva teso una trappola a Harry, al Ministero, e questa è un’informazione che solo il figlio di un Mangiamorte avrebbe potuto avere, o comunque qualcuno che viveva a stretto contatto e aveva la fiducia di un figlio di un Mangiamorte. Un Serpeverde, quasi certamente.

Questo era confermato dal fatto che aveva ammesso lui stesso di non essere un Grifondoro e di non essere eccessivamente coraggioso. No,come aveva detto… uno che valuta le conseguenze, o qualcosa del genere.

Inoltre, aveva la nostra età. Ora dovevo capire chi, tra i Serpeverde del nostro anno, fosse il ragazzo incontrato da Harry.

 

Come stavamo dicendo prima, questo ragazzo l’anno scorso aveva cercato, seppur blandamente, di fermare Harry e di impedirgli di andare al Ministero.

 

Vagliai per l’ennesima volta il ricordo della Squadra d’Inquisizione che ci immobilizzava nell’ufficio della Umbridge.

 

Uhm…

Questo restringeva ulteriormente il campo delle ipotesi.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Vecchi amici e nuovi confidenti ***


Capitolo 8 – Vecchi amici e nuovi confidenti

Capitolo 8 – Vecchi amici e nuovi confidenti

 

 

Harry P.O.V.

 

La mattina dopo avremmo avuto la prima lezione di Difesa contro le Arti Oscure, ma non sapevamo ancora chi sarebbe stato il docente.

Ci presentammo in classe al suono della campanella, seguiti da Neville che arrancava, nella convinzione di essere in ritardo. L’aula era ancora quasi vuota, fatta eccezione per il prof che sistemava qualcosa nei cassetti della cattedra. Ci dava le spalle, quindi all’inizio non lo riconobbi; portava un giaccone liso di colore indefinibile e aveva parecchi capelli grigi.

Hermione ci arrivò prima di me.

-         Professor Lupin! –

Remus Lupin si girò verso di noi, con il suo solito calmo sorriso. Hermione lo ricambiò di slancio, ma poi mi gettò una fugace occhiata preoccupata. Al momento non capii perché, ma più tardi, dopo la lezione, mi prese da parte e mi chiese se, secondo me, era il caso di parlare con Remus del figlio di Sirius.

Nel frattempo… tutti i miei compagni erano arrivati, come anche i Tassorosso, che avrebbero seguito la lezione con noi. Prima di cominciare Remus ci spiegò che Silente non aveva trovato un altro insegnante disponibile e che era giunto a un accordo con il Ministero, cioè di allontanare il pericoloso Mannaro dalla scuola nei giorni di luna piena. Si dichiarò molto felice di essere tornato a Hogwarts, e non faticai a credergli, immaginando quanto dovesse essere difficile per lui trovare lavoro… per il resto, non so quanto potesse essere contento di rivedermi; almeno, io mi sentivo ancora a disagio con lui. È stata in parte colpa mia se Sirius era… no, non è stata colpa mia. Non è stata assolutamente colpa mia. È tutta colpa di Bellatrix Lestrange, di Lucius Malfoy, di Kreacher e di quel ragazzino pusillanime che si permette di dettare condizioni a me.

Almeno cercavo di convincermene.

 

A onor del vero, seguii a tratti la lezione, incapace di concentrarmi sui punti deboli dei Dissennatori, argomento che avevo già affrontato alla tenera età di 13 anni. Ma, per far piacere a Remus, indossai il mio miglior sguardo interessato e lo accontentai volentieri quando mi chiese di evocare un Patronus per i miei compagni. Poi chiese ad altri se sapevano farlo e fu il turno di Hermione esibire la sua graziosa lontra, e di tutti gli altri ex membri dell’ES che erano riusciti a padroneggiare quell’incantesimo. Lupin sembrava molto soddisfatto, quando infine suonò la campanella di fine lezione, ed io ero contento per lui.

Il nuovo anno scolastico stava cominciando meglio di quanto avessi sperato.

 

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Draco P.O.V.

 

Merda.

Remus Lupin. Ci mancava solo lui! Perché hanno mandato quel licantropo in mezzo a dei poveri ragazzini indifesi?

Ok, siamo onesti: non lo volevo tra i piedi. Era stato uno dei migliori amici di mio padre ed era possibile che sapesse della sua giovanile relazione con Narcissa, futura lady Malfoy. Ci mancava solo qualcuno che avrebbe potuto ricollegarmi al ragazzo che voleva riportare in vita Sirius. Sempre che fosse morto e non semplicemente disperso, come credevo.

Beh, ormai era fatta. Cercai di analizzare i lati positivi di quella situazione: forse Lupin avrebbe saputo darmi informazioni più dettagliate su quell’arco, ma di certo non ne avrebbe parlato con Draco Malfoy, e quasi certamente neanche con il figlio di Sirius. No, non potevo presentarmi a lui con il mio vero volto: avrebbe voluto sapere chi ero, e se avessi voluto fare il misterioso ci avrebbe messo in istante a ricollegarmi a Narcissa…senza contare che non avrebbe permesso a un ragazzo di imbarcarsi in un’impresa così pericolosa!

No, dovevo andarci molto cauto con lui e raccogliere informazioni per interposta persona. Magari avrei potuto spingere Potter a parlarne con lui… anche se dubito che quel verme con gli occhiali sarebbe stato disposto ad affrontare il tema della ‘morte’ di Sirius con uno dei suoi più cari amici, specie se gli era rimasta un minimo di autocritica.

No, Lupin era davvero una pista troppo rischiosa. Meglio partire da qualcuno più abbordabile…

 

Ghignando, sussurrai un incantesimo, estraendo appena la bacchetta dalla tasca. Davanti a me, una ragazza di Corvonero vide la sua borsa strapparsi e i suoi preziosi averi spargersi a terra, suscitando le risate di scherno dei suoi compagni. Sospirando stoicamente, Luna Lovegood si chinò a raccogliere i libri borbottando qualcosa sugli spiritelli dispettosi. La sua smorfia corrucciata era decisamente ridicola, contornata da quei capelli slavati da cui pendevano strisce di perline rosa legate a quelle che avevano tutta l’aria di essere cipolline dolci essiccate.

I suoi ‘amici’ del quinto anno di Corvonero non si fecero scrupolo a lasciarla indietro, ridendo alle sue spalle.

Presi un bel respiro. Avrei dovuto inventare una balla credibile, con i miei compagni Serpeverde, per quello che stavo per fare.

 

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Luna P.O.V.

 

Beh, mi sembra giusto.

Non bastava che mi svegliassi con mezz’ora di ritardo, dovendo così rinunciare alla colazione. Non bastava essermi accorta troppo tardi che quella simpaticona di Raven Burns aveva sostituito i miei pendenti per capelli di vetro soffiato con cipolline dolci essiccate, consigliandomi poi malignamente di mangiarmele, visto che non avevo fatto colazione. Non bastava che tutti avessero riso di me.

Oh, in realtà tutto questo non mi tocca. Ci sono abituata.

Ma la professoressa McGranitt aveva detto chiaramente che quest’anno non avrebbe ammesso in classe chi fosse arrivato in ritardo, e quest’anno ho i GUFO, porca puffetta! Non posso cominciare male l’anno scolastico.

Ci mancava solo che si rompesse la borsa…

Gemendo, mi chinai per raccogliere libri e quaderni il più in fretta possibile.

 

-         Oh… - sussultai, sorpresa.

Draco Malfoy mi porse la bottiglietta dell’inchiostro, incrociando incerto il mio sguardo.

-         Ehm… tuo? – chiese, con una certa aria impacciata

-         Si, grazie – mormorai, prendendo il vasetto – Ehm… -

-         Di niente – rispose velocemente – Ecco, ora è meglio che tu vada. La campana è già suonata… -

-         Si. Grazie.-

Non mi mossi. Nemmeno lui. I nostri sguardi erano ancora incatenati.

-         Perché mi aiuti? – chiesi di getto. Poi arrossi, volendo spiegare: - Insomma, i miei stessi compagni mi scherniscono. Perché tu no…? –

-         Oh, beh… credo… di aver esagerato. Insomma, sai cosa intendo. E poi, tu non sei tanto male. Sei solo un po’ strana. –

-         Oh. Si… –

In quel momento, desiderai disperatamente non avere cipolline nei capelli. Lo sapevo che un ragazzo così carino non può essere cattivo, in fondo in fondo.

-         Beh… devo andare adesso. Ciao eh? –

-         Si. Ci… ci vediamo – lo salutai, ma se ne stava già andando

Alla fine, la McGranitt mi impedì di assistere alla lezione, lasciandomi a bocca asciutta in corridoio. Mi accorsi che non mi importava più di tanto.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Altra gente tra i piedi, ma questa volta è peggio ***


Capitolo 9 – Altra gente tra i piedi, ma questa volta è peggio

Capitolo 9 – Altra gente tra i piedi, ma questa volta è peggio

 

 

Draco P.O.V.

 

Io non frequento lezioni di Artimanzia, altrimenti l’avrei scoperto prima.

Non frequento nemmeno parenti che abbiano ‘tradito’ la famiglia, altrimenti l’avrei scoperto prima.

A Hogwarts non è consentito che i professori intrattengano rapporti personali con gli studenti, anche se in realtà succede comunque.

Altrimenti l’avrei scoperto prima.

Che quella donna elegante dai lunghi capelli castani, new entry del corpo docenti, altri non era che la sorella di mia madre, Andromeda Ganimea Black.

 

Lo scoprii per caso, passando vicino al tavolo dei Grifondoro. Sentii la Granger lamentarsi del fatto che il suo adorato professor Vector era andato in pensione prima del tempo, a causa di una brutta malattia, e l’avevano sostituito con “la madre di Tonks”. Non sapevo chi fosse questo o questa Tonks, sempre per il motivo che la mia purissima famiglia non frequenta quel genere di gentaglia di bassa risma. Mosso dalla curiosità, alzai gli occhi sul tavolo dei professori, cercando con lo sguardo volti nuovi.

C’era quella donna, che chiacchierava tranquillamente con la McGranitt; la osservai attentamente, a lungo. Sembrava possedere un’eleganza innata, sia nel vestire che nei modi. Sorrideva amabilmente, ascoltava con attenzione quando qualcuno le si rivolgeva, rispondeva con pacatezza e cortesia e, per quanto potessi vedere a quella distanza, il suo sguardo sembrava sereno e in pace, lo sguardo di chi è soddisfatto della propria vita. Non avevo mai visto quello sguardo in mia madre, che al contrario sembrava sempre insoddisfatta e amareggiata, come se avesse subìto un torto irreparabile. Ciononostante, la nuova prof aveva un chè di famigliare. Continuai a lanciarle occhiate fugaci durante tutta la cena, cercando di ricordarmi dove l’avessi già vista. In realtà, non l’avevo mai incontrata di persona; più tardi, realizzai che quello che aveva attirato la mia attenzione era la somiglianza fisica con Narcissa. Infatti, scoprii la parentela con mia madre quando andai a leggere l’elenco dei nomi del corpo docenti, affisso in bacheca.

Andromeda Ganimea Black.

Black, come mio padre. Come mia madre.

 

Narcissa non mi aveva mai parlato di Andromeda, ma sapevo che della famiglia Black erano rimasti solo due “rami”, uno dei quali (costituito da mio padre e il suo defunto fratello) si era estinto. O almeno, per ora. Avrei fatto del mio meglio per recuperare Sirius.

L’altro ramo della famiglia sopravviveva in mia madre e sua sorella Bellatrix, l’assassina di mio padre. Non so come facesse, Narcissa, a convivere con il pensiero che sua sorella avesse ucciso… chi? Il suo ex? Magari non le importava più niente di lui, ma credo che in realtà lo amasse ancora. È solo una sensazione.

Comunque in alcuni registi di famiglia, che mio ‘padre’ mi aveva costretto a studiare a memoria, avevo trovato dei nomi cancellati dagli alberi genealogici sia di Lucius che di Narcissa. Mia madre mi aveva spiegato che costoro erano quelli che avevano tradito la famiglia, sposando babbani o alleandosi in una guerra con i loro nemici naturali, tipo Auror e altri deprecabili individui del genere.

Uno di questi nomi cancellati compariva al fianco di Bellatrix, segno che doveva essere una sorella o un fratello maggiore che aveva disonorato il suo sangue puro. Narcissa non ha voluto dirmi una parola di più su di lui o lei. Adesso, intuii che quella persona dovesse essere Andromeda, la prima delle tre sorelle e l’unica, a quanto pare, con la testa sulle spalle.

 

Da quanto tempo aveva abbandonato la famiglia? Sperai abbastanza da non sapere niente della storia giovanile tra mia madre e mio padre. Non bastava Lupin a complicarmi le cose?

“No, adesso calmati.” Pensai, cercando di controllarmi “Deve avere qualche anno più di mia madre, magari ha tagliato i ponti prima che cominciasse la relazione con Sirius, quindi se tutto va bene non lo ha mai saputo. Oh, ma se anche non fosse… perché mia madre avrebbe dovuto dirglielo? Di certo non si confidava con quella serpe di Bellatrix, e quindi probabilmente nemmeno con Andromeda.” Quel pensiero era logico e rassicurante. Come avrete capito, non alberga molta fiducia reciproca tra i componenti di una famiglia purosangue, in cui ognuno aspetta solo di poter mettere i piedi in testa all’altro.

Beh, tranne forse i Weasley, ma loro sono degli sfigati. Non fanno pena?

Il pensiero mi strappò una risatina amara.

 

 

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Chiedo scusa per i capitoli corti.

Oh, non rompete i coglioni. A proposito, non ho aggiornato x una po’ xkè ero in gita scolastica (ma che devo portare una giustifica firmata dai genitori se non aggiorno x un po’? Devo essere matta!)

 

Ah, già, un’ultima cosa. Per i lettori di EFP: alla fine della pagina troverete un link denominato “Vuoi inserire una recensione?”.

Provate a cliccarlo, giusto per vedere cosa succede. Potrebbe essere un’esperienza nuova e interessante!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - In cui il nostro amico comincia a mettere in atto i suoi piani ***


Capitolo 10 – In cui il nostro amico comincia a mettere in atto i suoi piani

 

Considerazioni dell’autrice a proposito di EFP: ehi, è fantastico, il messaggio subliminale del capitolo scorso ha funzionato! Cazzo, 5 recensioni! E’ un miracolo! Grazie!!

 

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Luna P.O.V.

 

-         Forse sei troppo stupida per capirlo, Lovegood – disse con cattiveria Lucy Darrin, una mia compagna di Corvonero – Se continuiamo ad evitarti, se fingiamo di non vederti, se quando parli ci voltiamo dall’altra parte NON è colpa dei tuoi Frizzoli Pazzi, o come diavolo si chiamano. Non-ti-vogliamo! Lo capisci? Sei stramba, ci fai ridere dietro da tutti e non hai niente di interessante da aggiungere alla conversazione. –

-         Si, è vero, Lovegood – aggiunse Terry Steeval – È già abbastanza umiliante vivere nel tuo stesso emisfero, ma non mi farei vedere in giro con te nemmeno se ne andasse della Coppa delle Case! –

“Oh, mio dio. È il momento più orribile della mia vita! Luna, calmati, respira…” stava andando tutto malissimo. Cosa c’è che non va, in me?

Calò un imbarazzante silenzio. Poi… un rumore di passi misurati alle nostre spalle. Oh, no, ci mancava proprio questo: altra gente, adesso che sto per piangere!

-         Curioso, Steeval, potresti avere colto nel segno – intervenne il nuovo arrivato. Riconobbi all’istante quella voce, ma non potevo crederci; lui mi stava difendendo? Perché? – Vediamo… insulti gratuiti a una compagna di scuola, ostruzione di corridoio pubblico, e aggiungerei che siete tutti in ritardo per la lezione. Quaranta punti in meno a Corvonero. Devo continuare? –

Dio mio. Non potevo voltarmi. Se mi fossi voltata, si sarebbe rivelato tutto un sogno… ma a giudicare dall’espressione dei miei compagni, doveva essere tutto fin troppo reale.

-         Malfoy, questi non sono… -

-         …affari miei? – concluse il Serpeverde, con tono grondante veleno – Sono un prefetto, piccola Darrin, e voi mi state ostruendo il passaggio, per giunta fornendomi ottimi pretesti per togliervi punti. A proposito, altri cinque punti in meno; ricordati di misurare il tono, quando parli con me. –

-         Ma… - tentò di ribattere Peter Jones, un altro caro compagno

-         Ma un corno! Filate via! – intimò Malfoy, brandendo la bacchetta.

Erano quattro contro uno. Veloce giro di sguardi, che sembravano dire “prima tu”, “no, prima tu”. Alla fine Terry, scuro in viso, minacciò: - La pagherai, Malfoy – e se ne andò, altezzosamente sebbene con un po’ di fretta. Gli altri lo seguirono subito, e stavo per accodarmi a loro – beh, per quanto Draco mi avesse accidentalmente aiutato, non era esattamente un dolce principe azzurro – ma qualcosa mi afferrò il gomito, impedendomi di andare.

-         Tu no, Lovegood. – spiegò brevemente – Tu resta ancora un attimo –

Aveva un’espressione seria, quasi corrucciata, ma appena constatò che i miei compagni se n’erano veramente andati si rilassò vistosamente. Curioso come riuscisse a infondere timore o confidenza con un semplice cambio di espressione.

-         Beh, Lovegood, sono dei cretini. Forse non sono la persona giusta per dirlo, ma… -

-         No – lo interruppi – Hai ragione. Grazie. –

-         Grazie di cosa, Lovegood? – chiese, abbozzando un ghignetto divertito – Sono io che devo ringraziarti, mi hai fornito una scusa per bulleggiare un po’. Meriti un premio. Vediamo… si, quaranta punti a Corvonero. Puoi dire ai tuoi compagni di avermeli estorti con la bacchetta, se vuoi… - rise

-         No – risi anch’io – non mi crederebbero! –

-         E perché no? – chiese, mentre facevamo la strada insieme – Tu sei di gran lunga migliore di quella plebaglia. Insomma, sei una Purosangue, sei coraggiosa e tutto il resto – a quel complimento, arrossii fino alla punta dei capelli – Tu c’eri, l’anno scorso all’Ufficio Misteri, no? –

Istintivamente, qualcosa di acuminato mi strinse il cuore, al ricordo di quell’esperienza terribile. Certo, non lo diedi a vedere. Ma non sono completamente pazza, e so riconoscere il dolore e il pericolo.

-         Non… non mi va di parlarne – mi scusai, glissando sull’argomento

-         Capisco – si tirò indietro, come se la cosa per lui non avesse importanza – Volevo solo dire che vali molto più di loro. Anche con le tue… uhm… cipolline nei capelli? –

-         Ehi! Le ho tolte! Erano uno stupido scherzo di Raven. – spiegai, vergognandomi come una lumaca ad un raduno di chiocciole*

Percorremmo in silenzio gli ultimi metri prima della porta che dava sul giardino

-         Cos’hai adesso, erbologia? – chiese, per commiato

-         Cura delle Creature Magiche – spiegai

-         Ah… bene, Lovegood, ammesso che tu sia ancora viva, posso avere l’onore di rivederti stasera? –

-         Co..cosa? – balbettai

-         Tranquilla, non intendo abusare di te o cose del genere! – fece una faccia buffa – A dire il vero, sto facendo una ricerca di interesse personale sui Finfalli Rugosi. Nessuno però crede che esistano. Magari tu… -

-         Oh, ma certo! Sull’ultima rivista del Cavillo c’è un articolo su di loro, se vuoi te la porto. Io ne ho visti di persona, sai? –

-         Fantastico! – esclamò, entusiasta – Ci vediamo… in biblioteca, allora? –

-         Si, ok – sorrisi, al settimo cielo. Un appuntamento. Con Draco Malfoy.

Non mi passò per la mente nemmeno per un istante che potesse essere tutto uno scherzo architettato ai miei danni.

-         Bene. ci vediamo lì alle otto, reparto Ricerche Sperimentali –

Annuendo a conferma, lo salutai con un cenno e mi avviai verso il limitare della Foresta, dove Rubeus Hagrid ci attendeva con qualche nuova interessante creatura. Sperai vivamente che non fosse nulla a cui ero allergica: ci tenevo ad avere un aspetto presentabile quella sera.

 

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Draco P.O.V.

 

Avevo l’agghiacciante sensazione che la Lovegood si fosse un po’ invaghita di me. Una parte di me, quella più bastarda (influenzata dall’ambiente) diceva: meglio così, sarà più facile servirmi di lei.

Ma d’altra parte… sospirai, lasciandomi cadere su uno scalino davanti alla porta a vetri. La parte di me che voleva che io fossi libero, che voleva rivalutare la mia immagine agli occhi di tutti, rivelarmi per come sono veramente e gridare al mondo che non sono un Malfoy, stava pungolando quel poco che rimaneva della mia coscienza. Non potevo “usare” Luna Lovegood. O almeno, non potevo illuderla che potesse esserci qualcosa che non ci sarebbe stato.

Questo poteva essere un problema; perché aveva espresso chiaramente che non voleva parlare dello scordo giugno e di quello che era successo al Ministero, e quindi a questo punto mi trovavo a dover scegliere tra due linee di condotta:

Uno, presentarmi a lei come amico, dirle la verità e chiedere il suo aiuto. Ma era troppo rischioso.

Due, fingere di avvicinarmi a lei perché ne sono attratto (in che altro modo avrei potuto giustificare il mio comportamento, senza rivelare la verità? Tanto il resto della scuola avrebbe pensato a un crudele scherzo d parte mia, ai danni di una ragazza mentalmente instabile. Deplorevole, Malfoy.). In questo modo mi sarei facilmente conquistato la sua fiducia, o l’avrei in qualche modo affascinata. Mi avrebbe detto tutto quello che volevo sapere, avrei liberato mio padre e dopodiché avrei avuto il prossimo milione di anni per farmi perdonare da Luna. Magari avrei anche potuto fingere di stare con lei per un po’, ma poi rompere con estremo tatto la nostra ‘storia’ dicendo che non poteva funzionare, che la cosa si stava trascinando ecc. ecc.

 

Si, forse questa era la soluzione migliore. Il minimo dolore per lei, il minimo rischio per me. Anzi, le avrei anche regalato il sogno di stare con me per un po’ (comunque non capisco come faccio a piacerle; ma mi ha guardato bene??) e in un certo qual modo sarebbe stata felice.

 

Tzk, erano tutte scuse, e lo sapevo. Quella vocina dentro di me continuava ad accusarmi; stavo progettando di usarle un’ingenua ragazzina, di prendere in giro i suoi sentimenti. Comportandomi come avrebbe fatto Lucius.

Rimasi lì seduto a pensare; avevo un’ora buca, che avrei dovuto usare per fare i compiti, mentre i miei compagni del Sesto Anno (quelli che lo desideravano) frequentavano Lezioni di Volo. Rimasi lì, seduto al bordo del giardino a riflettere, finché il pallido sole scozzese scomparve dietro le montagne.

 

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Adesso mi serve aiuto, cari lettori: non so veramente cosa fargli fare: come deve comportarsi Draco con Luna? Davvero, ho le idee confuse.. @_@

 



* Insomma, immaginate di entrare nudi in una sala conferenze, eh?

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Non è così facile ***


Capitolo 11 – Non è così facile

 

 

Luna P.O.V.

 

Quella sera, in biblioteca…

Malfoy mi stava aspettando. Era seduto composto su una delle tante sedie libere, intorno al tavolo del reparto Ricerche Sperimentali. Mi sentivo a disagio, vicino a lui; è così impeccabile, in ogni occasione… io invece ho sempre qualcosa fuori posto, di cui mi accorgo, regolarmente, solo quand’è ormai troppo tardi.

Come quella sera.

Avevo una scarpa diversa dall’altra.

Oh, Dei, aiuto…

 

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Draco P.O.V.

 

Luna Lovegood arrivò puntuale, quanto meno. Con una rapida panoramica sulla sua persona mi accorsi che Uno, indossava due scarpe diverse, Due, aveva orribili nastrini azzurri nei capelli (niente di male in questo, ma quando i nastrini cominciano ad essere più dei capelli…) e Tre, teneva timidamente in mano una vecchia copia del Cavillo a cui mancavano evidentemente un buon numero di pagine.

Che disastro.

Avrei dovuto trovare una spiegazione plausibile per tutto questo, se i miei compagni Serpeverde fossero venuti a saperlo…

Dei, se siete in ascolto, aiuto!

 

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Hermione P.O.V.

 

Il modo più semplice, sarebbe stato pedinare a turno ogni studente della casa serpeverde del sesto anno. Semplice, si. Se non fossi una Grifondoro figlia di babbani, forse. Se non avessi chilometri di pergamene da studiare, forse.

Per cui, prima di mettere in atto qualsiasi piano di spionaggio, mi catapultai in biblioteca per documentarmi sull’argomento appena iniziato di Pozioni, giocando d’anticipo nel caso ci chiedesse di fare temi… cosa certa quanto il fatto che domattina il sole sarebbe sorto ad est. Se solo Harry e Ron mi dessero retta, ogni tanto! Si, perché anche loro frequentano pozioni; il professor Piton, l’anno scorso, ha chiaramente affermato che non avrebbe accettato studenti con meno di “E” nella sua classe, ma è altrettanto vero che solo io e Malfoy su tutta la scuola abbiamo preso “E”… così aveva dovuto accettare anche gli studenti con “O”, tra cui Harry e – per un pelo – Ron.

Bene, sta di fatto che quella sera ero sola in biblioteca. Sola – o almeno, così pensavo. Ero appena svoltata verso la sezione della biblioteca dedicata a Pozioni, quando dei passi rapidi alle mie spalle, mi fecero voltare. C’era Luna, Luna Lovegood intendo, che correva verso un angolo in fondo a destra, più o meno – immaginai – diretta al reparto di Astronomia. Mossi una mano per salutarla, ma non mi vide. Strano, perché non è affatto da lei avere fretta nel raggiungere qualche luogo, anzi – spesso e volentieri mi fa arrabbiare, con la sua flemma. Decisi di lasciarla perdere e continuare per i fatti miei. Presi un libro da uno scaffale in alto, dal titolo “Pozioni e Antidoti per Ogni Veleno o Quasi” e cominciai a sfogliarlo, in cerca di una pozione assurdamente complicata che serviva – pensate un po’ – a calmare il singhiozzo. So che è stupido, ma è probabile che quel brutto personaggio del nostro prof ce l’avrebbe posta come domanda trabocchetto nel prossimo compito, dicendo magari “non l’abbiamo fatta, ma non posso credere che i miei studenti non riescano a miscelare nemmeno una banale pozione per il singhiozzo!”. Come facevo a saperlo? Ok, lo ammetto. Una ragazza del settimo anno mi ha confidato che l’anno scorso ha giocato a loro lo stesso brutto tiro.

Ero arrivata circa a metà lettura, quando mi accorsi che una vocina nel mio cervello mi stava letteralmente tormentando, urlando a gran voce che qualcosa non andava. Tesi le orecchie per capire cosa… ecco. Delle voci. io non ho problemi a leggere anche nel casino generale della Sala Comune, ma le voci sussurrate, o troppo lontane per essere udite, mi danno un fastidio! Spostai indietro la sedia, alzandomi con l’intenzione di andare a ricordare ai chiacchieroni di turno che siamo in biblioteca, dove tecnicamente andrebbe rispettato il silenzio.

Mi congelai sul posto, però, quando riconobbi quelle voci; Luna, sicuramente, ma con chi stava parlando? Possibile che fosse… Malfoy?

Mi avvicinai, camminando più silenziosamente possibile. Erano nel reparto Ricerche Sperimentali, di solito poco frequentato. Sibilai per la frustrazione, ancora non riuscivo a distinguere le loro parole! E se Malfoy stesse cercando di fare del male a Luna? Se le avesse imposto il silenzio e ora le stesse giocando un brutto tiro? No, non potevo limitarmi ad osservare; dovevo rivelarmi e andare ad aiutare la mia amica; se no che razza di Grifondoro sarei?

 

********************************************************************************

 

Draco P.O.V.

 

-         ehm.. buona sera, Lovegood –

-         buona sera, Malfoy – sussurrò di rimando, con un evidente groppo in gola.

-         Allora…ehm… noto che sei sopravvissuta alla lezione di Creature Magiche – notai, tanto per rompere il ghiaccio

-         Oh.. già. Facciamo i Thestral, sai. Non sono tanto pericolosi. – accennò un timido sorriso – ehm.. ti ho portato quell’articolo sui Finfalli Rugosi – disse, esibendo la vecchia rivista

-         Grazie – le sorrisi, facendole cenno di sedersi vicino a me

Trascorse un po’ di tempo, mentre entrambi fingevamo di leggere.

-         E così, tu li hai visti – esordii ad un tratto

-         Cosa? – sobbalzò

-         I Finfalli Rugosi. Dicevi di averli visti. –

-         Ehm.. si, ma era abbastanza buio e non sono cerca che.. insomma, nessuno mi ha creduto –

-         Assomigliavano a questi nel disegno? – alzai la pagina su cui erano raffigurati; delle specie di gamberetti di terra con troppe zampe e troppi occhi.

-         Si, ma erano più grossi di così! Circa come dei grossi topi… -

Mimò con le mani una distanza di una ventina di centimetri.

-         Accidenti! Beh, io ti credo. –

-         G-grazie – mormorò

Mi rendevo conto che era una conversazione abbastanza stupida, ma non sapevo come introdurre l’argomento.

-         non… non dev’essere stata una bella esperienza. – dissi, sperando che mi lasciasse condurre la conversazione dove volevo.

-         No. Sai, mi hanno spaventata. Avevo solo otto anni. –

-         Soltanto? Allora dev’essere stato orribile – commentai, mostrandomi educatamente preoccupato

Annuì, facendosi d’un tratto triste

-         ho urlato, quella volta, e mia.. mia madre è venuta a vedere cos’era successo – spiegò, cupa

“Sei fortunata” pensai “Quando urlo io, mia madre sa benissimo cosa sta succedendo, e non si cura di venire a vedere”. In quel momento realizzai che Luna Lovegood era sull’orlo di una crisi di pianto.

-         Che cosa c’è? – le chiesi – perché fai… insomma, quella faccia? Cosa c’è che non va? – chiusi la rivista e le passai gentilmente un braccio intorno alle spalle. Dovevo guadagnarmi la sua fiducia, no?

-         Non lo dirò a te – rispose, decisa, come ricordandosi d’un tratto chi aveva di fianco

-         Ehi.. scusa. – rilassai la presa sulle sue spalle e lei si districò – Che cosa ho detto? –

Rimase a fissarmi in silenzio per un lungo, lunghissimo tempo. Poi rispose, con voce tremante:

-         mi hai portata qui per prenderti gioco di me? –

-         no… no, Luna, che cosa dici? –

-         Bella mossa, Malfoy, davvero. E lasciami! – si scrollò di dosso la mia mano e si alzò in piedi, in tutta fretta

-         Ma… - provai a fermarla, ma era già scappata in direzione dell’uscita.

Accidenti… la mia reputazione gioca contro di me.

 

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Harmione P.O.V.

 

Stavo quasi per palesarmi, quando udii un rumore secco e stridente di una sedia che si spostava, e un secondo dopo praticamente Luna mi cadde in braccio, nella fretta di scappar via. Si rialzò, mi rivolse appena un’occhiata colpevole e senza una parola, scappò via, in lacrime.

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Ecco perché ***


Capitolo 12 – Ecco perché

Capitolo 12 – Ecco perché

 

Draco P.O.V.

 

-         Malfoy! Che diavolo stavi facendo??

-         Cos.. oh, cazzo, che ci fai tu qui? Sparisci dalla mia vista, Granger! –

Ma lei mi si parò davanti, impedendomi di correre dietro alla Lovegood

-         Stavi tormentando Luna! Confessa! –

-         Ma no, io.. uh… beh, non sono affari tuoi – decisi che la migliore linea di condotta fosse lasciarle credere che stessi davvero infastidendo la Lovegood, così non si sarebbe insospettita – e ora togliti di mezzo, lurida Mezzosangue! –

-         Ma come osi… -

Non rimasi ad ascoltarla, con una spallata la spostai di lato e feci per andarmene, ma…

-         Stupeficium! –

Mi ritrovai Schiantato a terra. Non svenuto, però; l’incantesimo era ben lanciato, ma intenzionalmente non troppo forte. Però, la Granger. Che carattere.

La sentii bisbigliare “oddio..e in un istante fu accanto a me, per assicurarsi di non avermi ucciso troppo. Sospirò appena di sollievo quando mi tirai in piedi, guardandola in cagnesco

-         Ma bene, attacchi alle spalle, Granger? –

-         Dovevo farlo, Malfuretto – sibilò – Non lascerò che tu faccia del male ai miei amici –

-         Uh, che coraggiosa Grifondoro! –

-         Problemi?? –

Strinse più forte la presa sulla bacchetta. La situazione sarebbe presto degenerata (come segretamente speravo) se in quel momento non fosse intervenuta, con agghiacciante cattivo tempismo, proprio l’oggetto della diatriba; Luna.

-         Hermione, aspetta – s’intromise – Non è.. come sembra –

-         Che cosa non è come sembra? – ringhiò la Granger, cupa

-         Noi stavamo solo.. parlando. Sai, niente di che – cercò di spiegare

-         Allora perché sei scappata in quel modo? – l’interrogò la ragazza, nient’affatto convinta

-         Ehm… - luna cominciò a strusciare i piedi, a disagio – è che… al ritorno dalle lezioni, ho incontrato Pansy Parkinson che mi ha detto di stargli alla larga, sai, e di non farmi storielle mentali perché sicuramente Malfoy voleva solo prendermi in giro e.. – mi lanciò un’occhiata compassionevole, in cerca di aiuto

-         Quella troietta è convinta di essere la mia ragazza – sbottai con astio – che ti aspettavi che ti dicesse? –

Luna abbassò lo sguardo, ferita. Forse ero stato un po’ troppo duro.

-         Hei, Lovegood, sono arrabbiato con lei. Non con te –

-         Ma che cosa c’è tra voi due? – chiese la Granger con fare da inquisizione

-         Uhm, nulla… - accidenti, proprio l’ultima cosa che volevo: che i grifondoro si accorgessero del mio abbordaggio alla Lovegood – cose che non ti riguardano – risposi, spiccio

-         S-scusami – balbettò la Corvonero, trattenendo le lacrime – Non avrei dovuto scappare in quel modo. Ma quando l’argomento è caduto su mia madre… e-ecco io c-credevo che tu volessi pren-dermi in giro… -

-         Non volevo parlare di tua madre.. è stato un caso – le feci notare “In realtà volevo informazioni su mio padre” pensai, ma mi guardai bene dal dirlo

Calò un silenzio imbarazzato, che però grazie al cielo fu interrotto da Mad Pince, venuta a sbraitare che la biblioteca stava chiudendo. In men che non si dica, ci ritrovammo tutti e tre alla porta.

In silenzio, ci separammo. Non c’era molto da dire.

Non sarebbe stato facile riavvicinare Luna.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 - Far leva sui sentimenti femminili ***


Capitolo 13 - Far leva sui sentimenti femminili

Capitolo 13 - Far leva sui sentimenti femminili


Draco P.O.V.

Tenero e coccoloso.
Ok, lo so che è imbarazzante. Ma era necessario per far leva sugli istinti di una ragazza.
Piccolo, tenero e coccoloso.

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Luna P.O.V.

La mattina dopo, a colazione…
Ero sola, come al solito; confinata all’estremità del tavolo più vicina a quello dei professori. Tra me e gli altri c’erano almeno tre posti vuoti, ma a tutto questo c’ero abituata. Da una parte era anche meglio, perché potevo farmi i fatti miei senza che nessuno.. siigh.. senza che a nessuno importasse.
Stavo giusto aprendo la mia scatola di cereali a forma di lettere dell’alfabeto, quando una specie di.. scoiattolo… cadde planando dal soffitto, proprio davanti a me.
Uno scoiattolo volante? A Hogwarts?
Lo fissai, per qualche secondo, mentre l’esserino mi restituiva lo sguardo. “Deve appartenere a qualcuno” pensai “Però, che carino. Peccato che adesso scapperà…”
Lui però non scappò, anzi, con mia costernazione, mi fece un inchino.
Si, proprio un inchino: si alzò sulle zampine posteriori e piegò avanti il busto.
Possibile che fosse addomesticato?

Però, vedendolo comportarsi con tanta galanteria, e subito dopo afferrare una “E” di riso soffiato e cominciare a sgranocchiarla, non riuscii a trattenere un eccesso di risate…

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Draco P.O.V.

Bene, stava funzionando.
Il mio piano.. oh, al diavolo il mio piano. Mi piaceva vedere Luna di buon umore, dopo che ieri, per colpa mia, è quasi scoppiata a piangere.

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Luna P.O.V.

- ehi, che carino che sei – sussurrai, allungando un dito verso l’animaletto. Lui non si scansò, anzi, si avvicinò per annusarmi, curioso. Non me l’aspettavo, ma in effetti se era addomesticato doveva anche essere abituato agli umani
- cosa sei, uno scoiattolo volante? – chiesi sorridendo, ben sapendo che non poteva capirmi
L’animaletto zampettò via, nascondendosi dietro la scatola di cartone. Pensavo che volesse giocare, invece.. con un salto ribaltò la confezione, spargendo cereali sul tavolo
- ehi, cosa combini?! –
Stavo per raccogliere il disastro, ma mi fermai raggelata quando vidi che il piccolo aveva preso tra le zampette due “lettere” e aveva scritto, intenzionalmente, la parola “NO” accanto alla mia ciotola del latte.
- No? Hai.. hai davvero scritto “no”? – poi, d’un tratto, capii. Che stupida, era così ovvio! – Ah, mi stai dicendo che non sei uno scoiattolo volante? – sussurrai
L’animaletto batté le zampine anteriori tra loro, come a farmi un applauso
- Capisco. Beh, immagino che sia molto offensivo sentirsi dare dello scoiattolo quando non lo sei – raccolsi con noncuranza una manciata di letterine di riso soffiato e le lasciai cadere nella ciotola – Ma dimmi, cosa sei, allora? –
Il piccolo animaletto non meglio identificato cominciò a zampettare in tondo raccogliendo lettere qua e là, cominciando a disporle per poi tornare a prenderne altre. Alla fine, aveva formato le parole:


“PETAURO DELLO ZUCCHERO”


- Oh.. non ho mai sentito di animali con questo nome. Dunque tu sai scrivere – commentai, mentre il petauro, completamente a suo agio, si mangiava la “U” di “zucchero”
- Il tuo padroncino ti ha insegnato? – ipotizzai, cercando di accarezzarlo, ma lui si allontanò dalla mia mano, come offeso, e con un colpo della lunga coda gettò all’aria le parole scritte prima
- Oh.. e non ti offendere! Ho capito, non appartieni a nessuno, giusto? Cosa sei?… - venni colpita da un’idea improvvisa – Ma tu sei… un Animagus? – sussurrai, a voce appena udibile.
Dovevo aver indovinato. Il petauro dello zucchero si alzò sulle zampine posteriori, rizzando le orecchie, e fece un secondo inchino, ancora più profondo
- Ah.. incredibile! Sei qualcuno che conosco? Puoi dirmi il tuo nome? – chiesi cospiratoria, chinandomi su di lui perché nessuno lo vedesse scrivere con la mia colazione
Corse a raccogliere delle letterine; lo vidi prendere una “A”, una “R”, e per un folle istante credetti che potesse essere Harry. Ma che idea, Harry era al tavolo dei Grifondoro, lo vedevo benissimo. Alzai lo sguardo per cercarlo, e infatti eccolo là. Notò che lo guardavo e mi fece un cenno di saluto, cui risposi meccanicamente. Quando abbassai gli occhi sul petauro, potei leggere chiaramente che aveva scritto:

“DRACO”


Lessi quella parola, più volte, prima di comprenderne il significato.
- .. Draco? Tu sei Draco Malfoy? – bisbigliai
Annuì, soltanto. Prima che potessi decidere come catalogare quella scoperta, Draco aveva risalito il mio braccio e si era piazzato sulla mia spalla.
- ehi, cosa fai… - la sua lunga coda mi faceva il solletico, mentre lui strusciava il musino contro la mia guancia. Mi chiesi se volesse essere una dimostrazione di affetto.
Ma non era il momento di oziare in pensieri simili, perché la presenza di un animaletto così grazioso aveva inevitabilmente attirato l’attenzione di metà delle mie compagne di casa. Mentre Lucy, Anita, Annah e perfino l’antipatica Raven si avvicinavano incuriosite, mi affrettai a disperdere le lettere che formavano il nome”Draco”, per evitare che quelle sceme equivocassero, credendo magari che avessi una cotta per Malfoy.

- Che beeello Luna, è tuo? – chiese subito Lucy
- Ehm… - risposi
- Posso prenderlo in mano? – s’intromise Annah, senza aspettare il mio permesso per afferrare il petauro. Draco si lasciò sollevare (senza mordere le dita di Annah, per intenderci), ma alla prima occasione saltò giù per tornare sulla mia spalla
- E’ carinissimo, Luna! –
- Luna, me lo fai accarezzare? Siamo amiche, no? –
E via discorrendo, altri discorsi ipocriti. Mi salvò la campanella.

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Draco P.O.V.

Probabilmente avevo fatto colpo. Magnetismo animale, è proprio il caso di dirlo.
M’infilai nella tasca di Luna mentre si dirigeva a lezione, circondata dalle sue amiche che cercavano di vedermi, di toccarmi e di prendermi in mano. Uff, speravo di poster parlare a quattr’occhi con lei.. e invece niente. L’unico modo era riprendere forma umana; così, saltai senza preavviso fuori dalla tasca di lei, e feci ricorso alla mia innata agilità di animaletto dei boschi per fare lo slalom tra le gambe degli studenti.
- Oh, no, scappa! – si lamentò una ragazzina del terzo anno, e tutte si misero a inseguirmi.. ah, ma ero troppo veloce per loro!
M’infilai nel bagno dei ragazzi. Nessuna mi venne a cercare li.

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Luna P.O.V.

Non vidi Draco fino a quel pomeriggio. Veramente non avemmo molto tempo per parlare, ma mentre passava m’infilò un bigliettino in tasca. Diceva:

“Quanto hai visto stamattina è un segreto. Sei l’unica a cui l’abbia mai detto perché di te ci si può fidare. Ah, naturalmente Pansy Parkinson non lo sa (immagina di vedermi gongolare…). Amici?”
D.


Sorrisi, al pensiero che quel carlino della Parkinson non sapesse niente di quello che considerava il suo ragazzo. E m’aveva commosso che Malfoy avesse detto la verità soltanto a me.
Ok, Draco. Amici.

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 – A cosa servono gli amici? ***


Capitolo 14 – A cosa servono gli amici

Capitolo 14 – A cosa servono gli amici?

 

 

Draco P.O.V.

 

Avevo la sensazione che il mio piano avesse funzionato, che ora Luna avrebbe accettato di concedermi un po’ di fiducia. Non mi sbagliavo; quella sera, a cena, mi sorrise con complicità. Per fortuna nessuno dei miei compagni se ne accorse, e Luna ebbe il buonsenso di farlo una volta sola.

-         …da te? Draco? –

Impiegai qualche attimo a rendermi conto che Pansy Parkinson stava parlando con me. Da diverso tempo, probabilmente

-         Come hai detto? – chiesi distrattamente

-         Ti ho chiesto cosa voleva quella sciaquetta della Lovegood. – ripetè, con un certo astio

“Ma saranno affari tuoi??” pensai, ma dissi

-         Penso di non esserle del tutto indifferente. – a quella conferma dei suoi sospetti, Pansy strinse gli occhi a fessura. La ignorai, e continuai a spiegare – Avevo intenzione di sfruttare la cosa… - stavo inventando tutto sul momento, parlando sempre più a bassa voce – e di fingermi suo amico. Può sempre tornare utile, sai, lei è amica di Potter e di quegli altri sfigati. – al nome di “Potter” una smorfia di genuino disgusto attraversò il mio volto pallido – Un giorno potrei decidere di tendere loro una trappola, usando la Lovegood come esca

Non avevo chiamato Luna per nome, nemmeno una volta, così che la Parkinson non si facesse strane idee sul mio conto. Theodore Nott, seduto alla mia sinistra, aveva sentito tutto e approvato con un cenno del capo. Quando Pansy borbottò qualcosa in protesta, tipo che non c’era nessun bisogno di fingersi amico di qualcuno per sfruttarlo, proprio Nott mi venne in aiuto rimproverandola e ricordandole che sarebbe un vero spreco non approfittare di una situazione così vantaggiosa. Sia benedetta l’indole ingannatrice dei Serpeverde! Se fossi stato un Grifondoro (Dio me ne scampi!) e avessi dovuto spiegare ai miei “amici” come mai familiarizzavo con un Serpeverde, non avrebbero mai accettato una spiegazione del genere.

 

Così, con il benestare dei miei compagni di Casa, chiesi a Luna se potevamo vederci quel pomeriggio, dopo le lezioni, nel labirinto del giardino (dove si era svolta la terza prova del Torneo Tremaghi… per fortuna, poi era stato sgomberato da tutti i trabocchetti). Neanche a dirlo, lei accettò con entusiasmo.

 

Come tutti i nostri incontri, sapevo che sarebbe cominciato con un lungo momento di silenzio imbarazzato, cosa che volevo a tutti i costi evitare; per cui, quando Luna arrivò all’entrata del labirinto, trovò un animaletto simile a uno scoiattolo ad attenderla. Scappai subito quando si diresse verso di me; lei stette al gioco e m’inseguì, per parecchio tempo, tra le siepi del labirinto; scappavo, ogni tanto mi fermavo a controllare che fosse sempre dietro di me, un paio di volte mi sono perfino arrampicato su una siepe, per poi planare su di lei e ricominciare a scappare nella direzione opposta.

Quando ci fermammo, stanchi e affaticati, non riuscivamo a smettere di ridere. Eravamo in una piazzola con una fontanella e delle panche di pietra, seduti per terra l’uno accanto all’altra, e ridevamo come matti, senza un motivo apparente.

-         ahahahahah.. che stupido sei! – mi rimproverò bonariamente – tutte quelle corse! –

-         beh.. mi sono divertito da morire – mi giustificai, scrollando le spalle

-         si! Facendo morire me! – rise ancora – Sono stanchissima! –

Restammo per un po’ in silenzio, a contemplare il cielo che dipinto dei colori del tramonto. Probabilmente faceva freddo, ma eravamo entrambi troppo accaldati dalla corsa per accorgercene.

-         Sai, Luna… non avevo mai giocato con qualcuno, prima. Intendo, con l’unico scopo di divertirmi. –

Lei si voltò a guardarmi, gli occhi a palla completamente sgranati, cosa che li faceva sembrare ancora più a palla.

-         Dici davvero? –

Annuii, spiegandole:

-         I miei genitori non me l’hanno mai permesso. – enfatizzai una smorfia alla parola “genitori” – Perché un Malfoy non può perdere tempo con queste cose, e soprattutto deve guadagnarsi il rispetto e il timore di tutti. –

Lei non disse nulla. Mi passò un braccio intorno alle spalle.

 

Dopo qualche minuto cominciai ad avere freddo. La temperatura era ulteriormente calata e ormai ci eravamo riposati dalla corsa, non sentivamo più il calore dovuto alla fatica. Guardai Luna: anche lei tremava leggermente, anche se stava cercando di non darlo a vedere.

-         Rientriamo? – le proposi

-         Ok – si alzò, aspettando che io facessi altrettanto.

Mentre tornavamo verso il castello mi riempì di domande: era stato difficile diventare un Animagus? Come mai mi era venuta quest’idea? (evitai di rispondere a questa domanda). Cosa provavo nel momento della trasformazione?

-         Beh, è come… come uno starnuto di tutto il corpo. – provai a spiegare – E’ difficile da descrivere. –

-         Ma perché proprio un Petauro dello zucchero? E’ carinissimo, davvero, ma perché non un animale più grande e pericoloso e maestoso, come una tigre o un serpente, che è il simbolo della tua Casa? O magari un animale più anonimo, come un gufo? –

-         Te lo spiego subito: mi serviva un animaletto abbastanza piccolo perché, mettiamo le mani avanti, un giorno potrei finire in prigione e vorrei essere sicuro di poter evadere. – dissi in tono scherzoso.

Ridemmo entrambi, ma in realtà era una possibilità concreta.

-         E poi… - continuai – Volevo un animaletto che potesse vivere sia nei boschi sia in casa di qualche mago, nel caso qualcuno mi avesse voluto, e tu sai quanto sono carino quando mi trasformo… chi potrebbe resistermi? –

Lei rimase zitta per qualche attimo, con una strana espressione.

-         Insomma, mi stai dicendo che hai scelto la tua forma animale in base alla possibilità di finire in prigione o di… abbandonare le tue spoglie umane? –

Mi bloccai, basito. Non l’avevo mai considerato in questi termini, ma dovetti ammettere che era proprio così.

-         Uhm.. si? –

-         Oh, Draco… - mi prese una mano, dolcemente. Sono certo che avrebbe preferito abbracciarmi, ma non aveva ancora tanta confidenza con me e poi eravamo molto vicini al castello, ormai; qualcuno avrebbe potuto vederci. – Perché sei così pessimista riguardo al futuro? –

-         Non sono pessimista. – replicai, per niente convinto. – E’ solo che.. odio la mia vita – risposi, per la prima volta completamente sincero.

-         Cosa? E perché? – mi domandò, mentre entrambi, inconsciamente, ci allontanavamo di nuovo dal portone, tornando in giardino. Ormai non c’era più nessuno fuori, stavano tutti andando a cena. – Insomma, tu hai tutto. Sei ricco sfondato, puoi comprarti tutto quello che vuoi… -

-         Non c’è niente di quello che voglio che si possa comprare con i soldi – replicai, in tono neutro

-         Hai una casa, un padre e una madre che ti vogliono bene… - cercò di obiettare.

Sembrava voler dire “un sacco di altri non possono dire altrettanto”. Pensai a lei, che aveva perso la madre. Pensai a Potter, orfano di entrambi i genitori. Pensai a mio padre. Era per lui che stavo facendo tutto questo. Per lui e per me. Pensai a Lucius e Narcissa. I miei… genitori? Che mi vogliono bene?

-         Non ho niente di tutto questo! – negai, quasi con rabbia.

Luna mosse un passo indietro, quasi spaventata.

-         Hai un sacco di amici – sussurrò alla fine, con voce appena udibile.

Già, un sacco di amici, altra cosa che a lei mancava. Lei mi vedeva sempre circondato dagli altri Serpeverde; come spiegarle che non erano davvero miei amici?

-         No, non è vero. – risposi a bassa voce, riprendendo la sua mano – Ho soltanto te. –

E mi accorsi, in quel momento, che era la verità. Di nuovo, avevo detto la verità. Consideravo Luna un’amica. Insomma, lei voleva esserlo, e a me non dispiaceva affatto avere un’amica, quindi perché no..? Perché avrei dovuto ingannarla? Ripensai al pomeriggio appena trascorso. Non ero mai stato tanto bene con qualcuno. Non avevo mai osato essere me stesso, prima d’ora.

-         Perché me? – chiese, alla fine. Sembrava incerta. – E’ un po’ che me lo chiedo. Perché me? Io posso credere che tu sia sincero, adesso, ma voglio sapere per quale motivo tenevi a diventare mio amico, quando ancora non mi conoscevi. –

Rimasi molto sorpreso da questa domanda; non pensavo che me lo avrebbe mai chiesto. Non risposi, pensando velocemente a una scusa.

-         Sembro stupida, sai, ma in realtà non lo sono. Se tu vuoi essere mio amico, va bene, sono lusingata. Ma perchè? Tu prima hai detto che un Malfoy deve ottenere il rispetto e il timore di tutti. Ma non avrai niente di tutto questo se ti farai vedere in giro con me. –

-         Io.. ho bisogno del tuo aiuto. – ammisi alla fine

-         Perché.. hai bisogno di qualcuno con cui essere te stesso? – domandò. Riuscì a stupirmi di nuovo.

-         Cosa vuoi dire, scusa? –

Lei mi sorrise mestamente.

-         Il Draco con cui ho giocato e ho parlato oggi non è la stessa persona che fino all’anno scorso prendeva in giro me e i miei amici. Questo vuol dire forse che di solito indossi una maschera? Hai bisogno di qualcuno con cui essere te stesso? Io sarei felice di essere questo qualcuno, ma questo non risponde alla mia domanda.. perché io? –

-         Non indosso nessuna maschera. – provai a controbattere – Ti assicuro che la mai antipatia per i tuoi amichetti Grifondoro è sincera, e se sono sgradevole con tutti è solo perché… beh… è quello che si pretende da me, e non ho nessun valido motivo per comportarmi diversamente. –

-         Draco… - pacatamente, lasciò andare la mia mano e mi guardò negli occhi – Smettila di tergiversare. Smettila di mentire. Perché io? –

La sua insistenza mi lasciò senza argomentazioni.

-         Ho bisogno del tuo aiuto… - bloccai sul nascere le sue proteste – Ma non per quello che pensi tu. Per una questione concreta. Sto facendo una ricerca… -

-         Sui Finfalli Rugosi? – chiese, sollevando un biondo sopracciglio

-         No – sorrisi mestamente – No, quello era un preteso, l’avrai capito da sola. Si tratta di una faccenda molto importante, ma… molto segreta. Non posso parlartene qui, e non ora. –

-         Dunque vuoi il mio aiuto? Ma allora perché non me l’hai chiesto subito? –

Ahia. Domanda imbarazzante. Dovevo forse ammettere con lei che avevo intenzione di sfruttarla senza che lei se ne accorgesse? No, decisamente meglio di no.

-         Oh, sai com’è. Non ti conoscevo bene, anzi, per quanto ne sapevo tu mi odiavi. Come potevo chiedertelo, temendo che tu non solo rifiutassi, ma andassi anche a spiattellarlo a tutta la scuola? –

-         Non è carino quello che hai detto. – mi guardò in tralice, ma annuì – Però capisco il tuo punto di vista. Va bene. Quando mi parlerai di questa cosa? –

-         Ehm.. presto. Ma questo vuol dire che accetti di aiutarmi? –

-         Certo. Che cosa devo fare? –

-         Solo rispondere a qualche domanda. –

Ci pensò un po’, infine acconsentì.

-         D’accordo. Andiamo a cena, adesso? –

-         Si, direi di si. La corsa di prima mi ha messo fame! –

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 – Che titolo metto? Booh. ***


Capitolo 15 – Che titolo metto

Capitolo 15 – Che titolo metto? Booh.

Bello no…? Domani ho un esame e so più o meno la metà delle cose che dovrei sapere, e invece di studiare cosa faccio? Scrivo. Fatemi un plauso.

*****************************************

Draco P.O.V.

Quella sera, sul tardi, dissi ai miei compagni di Casa che sarei andato in biblioteca per i compiti che quel pomeriggio non avevo potuto fare. Nessuno di loro sospettò nulla.

Mi recai, invece, alla Stanza delle Necessità, dove mi ero accordato di trovarmi con Luna, per rispondere alle sue domande e per sottoporle le mie.

Percorsi il corridoio avanti e indietro tre volte, poi la porta comparve davanti a me. Luna era già dentro, e aveva arredato la stanza come un comodo e accogliente salottino, con due poltrone di velluto davanti a un camino scoppiettante. Purtroppo, una marea di orribili soprammobili di vetro soffiato rovinavano l’atmosfera come una grossa mosca spiaccicata sulla torta rovina l’appetito. Cercai di non badarci.

- Ciao, Luna – alzai una mano in cenno di saluto.

- Oh, ciao – rispose, facendomi cenno di andarmi a sedere sulla poltrona davanti a lei.

Mi sedetti, sprofondando nella poltroncina troppo molle. Ma come faceva, lei, a starci comoda? Bastò che lo pensassi perché il cuscino cambiasse consistenza a mio piacere. Adoro la Stanza delle Necessità!

Per rompere il ghiaccio, feci comparire un vassoio carico di dolci, tè al gelsomino e pasticcini. A Luna si illuminò letteralmente lo sguardo.

- Fantastico! Non ci avevo pensato! – si complimentò con me, attaccando una fetta di torta ai frutti di bosco

- Lieto di rendermi utile – accennai un inchino scherzoso, poi presi un pasticcino al cioccolato, assaporandolo prima di cominciare il discorso che mi ero preparato: - allora… dovremmo parlare, non credi? –

- Hm? Oh, shi. Hm-hm. Dimmi ‘hutto – rispose, a bocca piena. Strano come vederlo fare da chiunque altro mi avrebbe disgustato, mentre fatto da lei era soltanto molto buffo.

- Allora.. da dove comincio? – mi mossi a disagio sulla sedia – Beh, ti ricordi che ti ho detto di avere bisogno di te per una cosa? –

- Certo che ricordo. Me lo hai detto oggi pomeriggio. – sorrise del mio imbarazzo – Avanti, spara! –

- Si, giusto. È per una faccenda molto importante. Riguarda… - trattenni il respiro, conscio che stavo per espormi completamente, mandando al diavolo il mio prezioso segreto – …la morte di Sirius Black. –

Corrugò la fronte, come se non riuscisse onestamente a capire.

- Sirius Black? – ripeté, aggrottando la fronte – E che c’entri tu con Sirius? –

M’irrigidii, mio malgrado, infastidito e quasi offeso dalla sua sorpresa.

- Era mio padre, se non ti dispiace. – risposi, suonando più irritato di quanto avessi voluto.

Questo ebbe il potere di chiuderle la bocca, per circa… due secondi, prima che decidesse che doveva trattarsi di uno scherzo.

- Ah ah… ma dai.. mi prendi in giro! – esordì, con un sorrisetto incerto.

- No. Non ti prendo in giro. E’ la verità. –

Il mio tono completamente serio sgretolò in poco tempo tutti i suoi dubbi.

- Ferma tutto – riprese, poco dopo, questa volta seria quanto me – C’è qualcosa che mi sfugge. Se Sirius Black era tuo padre, allora Lucius Malfoy chi diavolo è? –

- Il marito di mia madre – risposi, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

- E allora perché tu ti chiami Malfoy di cognome? Perché tutti credono che Lucius Malfoy sia tuo padre? –

- Evidentemente perché lui ha voluto così. – spiegai, scrollando le spalle in un gesto d’impotenza – Sarebbe stato un disonore se si fosse saputo in giro che sua moglie aveva generato un bastardo –

Seguì un momento di doveroso silenzio, mentre lei rielaborava le scioccanti informazioni che le avevo svelato.

- Ma allora – tentò un’ultima volta – perché somigli tanto a Lucius Malfoy? –

- Prendo una pozione. – risposi, guardandola in viso per sondare le sue reazioni. Lei parve intristirsi, forse dispiaciuta per me. – Una pozione che mi fa assomigliare a lui. In realtà assomiglio fisicamente più a Sirius che a mia madre, per cui tutti avrebbero capito… – non ci fu bisogno che concludessi la frase.

- Oh. – commentò soltanto.

Altro silenzio. Questa volta si protrasse per diversi minuti.

- Beh, hai… hai qualche domanda da farmi? – le chiesi, quando ormai il silenzio era diventato insostenibile.

Tacque ancora per un momento.

- Si, veramente una domanda ce l’avrei. –

- Chiedi pure. – “tanto, ormai…” pensai “la frittata è fatta”.

- Se non sono troppo indiscreta… -

- Ma figurati. Chiedi. – la invitai, con un gesto conciliante. Presi una tazzina di tè e cominciai a sorseggiare, fingendo nonchalanse.

Si morse un labbro, profondamente a disagio.

- Insomma, quindi tu… - cominciò, tentennante – tu non sei biondo naturale? –

Risputai nella tazzina il tè che stavo bevendo.

Venne fuori che Luna era la fondatrice (nonché l’unico membro) del “Comitato Salviamo il Gene Biondo”. Perché, mi spiegò, il capello biondo è un gene recessivo, quindi inevitabilmente prima o poi si estinguerà… a meno che i biondi non si sposino tra loro, dando alla luce tanti biondi pargoletti. Naturalmente ci sono diversi tipi di biondo: c’è il biondo-scandinavo, che sono quei ragazzi con i capelli quasi bianchi, c’è il biondo-dorato, che sarebbero le persone con una sfumatura di biondo simile alla “mia”, e naturalmente poi ci sono il biondo-sabbia e il biondo-paglia, che sono simili ma non del tutto uguali, e molto meno affascinanti. Luna ammetteva di essere un biondo-paglia, ma, diceva, meglio di niente. E come dimenticare il biondo-mediterraneo? È una sorta di biondo “inquinato”, quasi un castano chiaro.

Vi renderete conto, è una cosa ancora più malata che parlare di “Purosangue” e “Mezzosangue”.

Però Luna sembrava davvero molto shockata dal fatto che io non fossi biondo naturale.

- Mi rincresce – le dissi, sempre pensando che fosse matta – Restiamo comunque amici? –

- Ma certo! – mi sorrise triste, come se temesse di avermi ferito nei sentimenti – Restiamo amici. –

Dopo questa piccola parentesi di delirio, si ricordò del perché quella sera ci eravamo ritrovati a parlare, cioè la faccenda “Sirius”.

- Ma in che modo vuoi che ti aiuti? Cosa posso fare per te? –

- Beh… ci sono molte cose che potresti fare – cominciai, muovendomi a disagio sulla poltroncina – Prima di tutto, ho bisogno che tu mi dica tutto quello che sai, o che puoi ipotizzare, sull’Arco dietro quale è caduto Sirius. –

- Tuo padre – commentò Luna

- Si. Sirius. – ripetei, aggrottando la fronte, senza capire dove volesse arrivare.

- Perché lo chiami sempre “Sirius”? – domandò, azzannando un pasticcino al limone – Perché non dici mai “mio padre”? –

- Perché… - balbettai, incerto – non lo so. Non mi è mai stato permesso di pensare a lui come a mio padre, e poi non vorrei abituarmi a chiamarlo così; un giorno potrebbe sfuggirmi una parola sbagliata nel momento sbagliato… -

Luna scrollò le spalle.

- Come vuoi. – mi concesse, accettando quella spiegazione utilitaristica. Poi tornò all’argomento “Arco”: – Comunque, non è che io sappia tanto. È più una cosa che.. sento a livello intuitivo. C’è qualcosa in quell’Arco.. qualcosa di misterioso… è come se non fosse del tutto malvagio. Non come la morte. – a quelle parole, la mia attenzione si riaccese di colpo. Allora Sirius poteva davvero non essere morto? – Mi spiego meglio… io ho sentito delle voci al di là del velo. – raccontò, e nelle sue parole trovai riscontro di quello che aveva detto Potter. – È come se ci fossero delle persone, che parlano e a volte ridono. Non sembrano infelici, sai. Solo… molto lontane. –

- Lontane come… irraggiungibili? – tentai

- Irraggiungibili? – Luna sollevò un sopracciglio – Ma che dici, Draco? Per raggiungerle basta passare oltre il velo! – sorrise, come se fosse una cosa ovvia. – Solo che poi credo sia impossibile tornare indietro… -

Non seppe dirmi altro, ma le sue parole mi furono di grande conforto, specialmente quando ha detto che le persone al di là dell’Arco non sembravano infelici. E poi, mi aveva colpito quel suo ricordarmi che “per raggiungerli, basta passare oltre il velo”. È vero. Non l’avevo mai vista in questi termini, era dannatamente semplice. Restava il dubbio, però: come tornare indietro?

- Ti ringrazio per il tuo aiuto. –

- Ma figurati, vorrei solo poter fare di più… ma a cosa ti servono queste informazioni? –

Esitai, prima di rispondere:

- Voglio provare a farlo tornare. Dev’esserci un modo! –

Luna mi guardò con occhi sgranati e per un momento smise perfino di mangiare dolcetti.

- Pensi che sia possibile? – mi domandò, esitante

- Non lo saprò mai, se non faccio ricerche e non ci provo. –

Tacque ancora.

- Draco, non voglio che tu faccia qualcosa di stupido… -

Sospirai, passandomi una mano dietro la nuca.

- Ho già fatto una cosa stupida; ne ho parlato a Potter. È stato lui a consigliarmi di parlarne con te… -

- Cosa? Hai detto a Harry che sei il figlio di Sirius? – chiese, sorpresa. – E lui ti ha creduto? Cioè, si è fidato di te? –

Quel “si è fidato di te?”, domandato in tono tanto incredulo, ebbe il potere di irritarmi. Insomma, io ero stato assolutamente onesto con lei, e mi ripagava con un “si è fidato di te?”??

- No. Si. Non lo so. Comunque, non mi sono presentato a lui come Draco Malfoy, ho aspettato che l’effetto della pozione che prendo tutti i giorni svanisse, e gli ho mostrato il mio vero aspetto. Non sa chi fingo di essere. –

Luna tacque, pensierosa. Alla fine azzardò un:

- beh, almeno lui ti ha detto di parlare con me, e io sono disposta ad aiutarti. È una buona cosa,… no? –

- Certo che è una buona cosa – mi sforzai di sorridere, ricordando a me stesso che Luna era l’unica persona con cui mi ero permesso di essere del tutto sincero. Era forse l’unica vera amica che avevo, anche se avevamo deciso di essere amici da un giorno all’altro. Lei parve intuire i miei pensieri, perché mi sorrise di rimando.

- Bene – concluse, sorbendo un sorso di tè. – Adesso decidiamo cosa fare: penso che potremmo cercare in biblioteca, di sicuro ci sarà qualcosa, anche se ho paura che dovremo guardare nella sezione proibita. –

- Si, lo penso anch’io – confermai – Ho già cercato altrove, con discrezione, ma non ho trovato un gran ché, a parte un quintale di polvere –

- Beh, ma non dovrebbero esserci problemi a infilarci nella sezione proibita, no? Tu, almeno. Serve il permesso di un insegnante, puoi chiederlo a Piton, sei il suo cocco… -

- Prego? – alzai un sopracciglio, certo di non aver capito bene

- Massì, dai, lo sa tutta la scuola… - continuò, facendo un vago cenno con la mano

Ahah. Forse a questo punto sarebbe il caso di spendere due paroline sul mio rapporto con Piton.

- No, Luna, in realtà non è così. Piton è una spia di Lucius Malfoy. Mi controlla. Non so se sappia che sono figlio di Sirius, ma Lucius gli ha chiesto di tenermi d’occhio e lui lo fa. Se faccio qualcosa che esce dagli schemi, Piton lo riferisce subito. Se prendo un brutto voto, Lucius lo sa nel giro di mezz’ora. Severus Piton diffida di me, se gli chiedessi un permesso per leggere dei volumi proibiti, non credi che come minimo s’insospettirebbe? –

- Ma… - aggrottò la fronte, facendo fatica a venire a patti con quanto le avevo rivelato – Insomma, a vedervi a lezione, cioè, io non lo so, me l’ha raccontato Hermione… dice che Piton ti tratta con i guanti. –

- Naturale. Come Lucius mi ha imposto il suo aspetto e mi ha insegnato come comportarmi, anche Piton deve fare la sua parte per mantenere in piedi la storia che sono il rampollo dei Malfoy… o magari davvero non sa che non lo sono, ma credo che Lucius gli abbia chiesto di comportarsi di conseguenza. In realtà, non corre molto buon sangue tra il professore di pozioni e me. –

- Oh – commentò, poggiandosi allo schienale, con aria riflessiva – Beh, allora dovremo trovare un altro modo per accedere a quei libri… magari faremmo meglio a lasciarli come ultima possibilità. Io intanto cercherò nell’archivio del Cavillo. Sai, ci sono anche un sacco di notizie che non sono mai state pubblicate… è un vero pozzo di stranezze! –

- Ti ringrazio, Luna – annuii con aria stanca – Qualsiasi informazione potrebbe essere utile. –

La sua idea mi aveva dato il là per elaborare un nuovo piano; alla prima occasione avrei potuto spulciare la biblioteca di Malfoy Manor… non sarebbe stato impossibile, con Lucius in prigione. Avrei dovuto stare molto attento, ma era il momento di prendere in mano la mia vita e smetterla di fare il pusillanime. Beh… pusillanime no, ma prudente di certo si.

- Un’ultima cosa, Luna… -

- Si? –

- Non dire a nessuno quello che ti ho rivelato, per favore. Nemmeno ai tuoi amici. –

Luna mi sorrise con aria sbarazzina, arricciando il naso in una smorfia infantile.

- Quali amici? –

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Harry P.O.V.

Erano passati due giorni, e ancora quel tizio non si era fatto vivo! Con che diritto si comportava in questo modo? Mi stavo sul serio arrabbiando. Ron era d’accordo con me nel dire che il figlio di Sirius si stava comportando in modo davvero meschino, mentre Hermione cercava di placare gli animi ipotizzando che non avesse ancora trovato informazioni da rivelarmi.

- Se mi concedesse di aiutarlo faremmo più in fretta, non ti pare? – ribattei alla sua argomentazione – Beh… e chi me lo vieta, adesso vado in biblioteca a vedere se riesco a trovare qualcosa. –

- Ma Harry, la pausa pranzo è quasi finita e abbiamo lezione di Pozioni… -

- A fanculo Pozioni! – quasi gridai, sbattendo un piede a terra

- Bene bene, signor Potter… è sempre interessante scoprire che cosa ne pensa della mia materia – mi raggelò la voce di Piton, che svoltava l’angolo proprio in quel momento, venendoci incontro. Evidentemente aveva sentito il mio sfogo (e come avrebbe potuto non sentirlo?) – Una settimana di detenzione e trenta punti in meno a Grifondoro, per la sua mancanza di decoro. Dal momento che la mia materia la ripugna tanto, comincerà da questo stesso momento a mettere a posto gli ingredienti della dispensa comune. Voi stupidi studenti lasciate sempre un tale disordine… e naturalmente si fermerà dopo l’orario delle lezioni per pulire i calderoni di tutti e l’aula stessa. –

- Ho Incantesimi dopo Pozioni, professore – tentai di ribattere, con il tono più educato che mi riuscì, ma in realtà la mia rabbia si stava pericolosamente accumulando

- Allora l’aspetto dopo Incantesimi, signor Potter. Ripulirà i calderoni dei suoi compagni e anche quelli della classe successiva. Senza magia. –

Ringhiai sommessamente. E se anche se ne accorse, ne provò tanta soddisfazione che non si curò di rimproverarmi ancora.

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Draco P.O.V.

Dunque dunque… cercare informazioni è una parola, ma quando ti trovi davanti una biblioteca di sei chilometri quadrati… ehm… comincia a non essere più così semplice. Per l’esattezza, ti crollano le braccia. Ma era una cosa che dovevo fare.

E nel frattempo dovevo anche pensare ad una scusa per tornare a casa mia per qualche giorno. Un improvviso malessere? Funerale della nonna? Crisi nevrotica di mia madre? Tutte rosee prospettive (tranne forse la prima), ma decisamente difficili da realizzare. Decisi per il momento di concentrarmi sulla biblioteca scolastica. Armato di un thermos con del caffè, mi addentrai tra i dedali di scaffali. C’erano ancora così tante sezioni che non avevo esplorato…

Saltai le lezioni pomeridiane (Incantesimi, Cura delle Creature Magiche e Rune Antiche) e mi immersi completamente nella letture di un tomo intitolato “Morte e Rinascita: le mille strade dell’Anima”. Era un testo dallo stile molto ‘antico culto egizio dei morti’, ma stavo iniziando a prendere in considerazione la possibilità di invocare lo spirito di mio padre per vedere se fosse davvero morto… o se fosse da qualche parte in un limbo, a metà tra la vita e la morte. Non lo sapevo, stavo andando per tentativi. Solo in quel momento mi resi conto del lavoro immane che mi ero imposto. Ma era troppo importante per rinunciare. Me lo ripetevo ogni volta che mi imponevo di girare pagina, di concentrarmi di nuovo su quelle parole microscopiche e spesso dal significato oscuro.

Non mi accorsi del tempo che passava. Luce magica rischiarava la biblioteca, e il tavolo a cui ero seduto era lontano dalle finestre, così non vidi il sole tramontare. Feci quasi un salto sul posto quando qualcuno mi posò una mano sulla spalla.

- Ehi. È tardi, tra poco la biblioteca chiuderà. Dovresti tornare al tuo dormitorio. – mi consigliò qualcuno, con voce pacata.

Mi girai. Era una donna alta, dai lunghi capelli castani e dalla figura delicata, anche se non più giovanissima. Decisamente non era la Pince. Ci misi un momento a ricordare chi fosse (capitemi, ero molto stanco): la professoressa Black, da me presunta sorella di mia madre.

Si sedette accanto a me, in silenzio, e mi scrutò per un lungo momento. Gettò uno sguardo di sottecchi al libro che stavo leggendo e mi rivolse un sorriso stanco.

- Non è in quelle pagine che lo troverai – mi disse dolcemente, scuotendo la testa

- Trovare.. cosa? – domandai, con voce roca per la sete e tremula per l’incertezza

Andromeda Black si alzò.

- Torna al tuo dormitorio, sembri molto stanco. E lascia perdere la tua ricerca senza scopo. Non c’è proprio nulla che nessuno di noi possa fare. Nessuno può indagare i misteri della morte. –

Mi chiesi se sapesse davvero quello che intendevo fare. Sapeva chi ero? Perché era venuta a parlarmi? Perché darsi la pena di cercarmi? Nella mia mente di affollavano mille interrogativi.

- Domani, Draco, vieni nel mio ufficio dopo l’orario di lezione. Prenderemo un tè insieme. – mi voltò le spalle e mosse qualche passo, allontanandosi. Poi parve ripensarci e si girò di nuovo a guardarmi – Sei mio nipote, eppure non so niente di te. Credo che abbiamo molte cose da raccontarci. Molto tempo da recuperare. Ti aspetto. Domani alle cinque. – disse con un tono sempre gentile ma fermo, che non ammetteva repliche.

Fissai la sua schiena che si allontanava, finché non ebbe svoltato l’angolo. Chiusi il pesante libro dalle pagine ingiallite, avendo cura di lasciarci un segnalibro; su almeno una cosa, Andromeda aveva ragione: mi serviva una pausa e qualche ora di sonno.

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Ma quanto tempo ci ho messo ad aggiornare? Ricordo di aver iniziato a scrivere a gennaio e poi… nebbia. Chiedo scusa. Davvero. Sono un caso disperato.

Ah, naturalmente la parte di Harry che viene punito ha una doppia utilità: il tenerlo lontano dagli affari di Draco e… beh, vedere Harry Potter in detenzione per una settimana non è una causa necessaria e sufficiente, come si una dire all’Uni? Bwahahahah, si, sono stronza e non me ne pento!

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 – Qualche passo avanti ***


Capitolo 16 – Qualche passo avanti

Capitolo 16 – Qualche passo avanti

 

 

Draco P.O.V.

 

Alle cinque del giorno dopo, puntuale come un orologio svizzero, mi presentai davanti alla porta dell’ufficio di Andromeda Black. Alzai una mano per bussare. Una miriade di dubbi mi affollavano la mente. Sapeva chi ero? Sospettava? Voleva impedirmi di portare a termine quella che era ormai la mia missione? La mia mano si bloccò a mezz’aria.

Restai lì, come un idiota, fermo con la mano sollevata per quasi un minuto, prima che riuscissi a prendere una decisione. Per amor del vero, decisi di fare dietro front e tornare in biblioteca.

Non lo nascosi a me stesso, stavo scappando. Come un codardo.

Alla mia età è difficile cambiare le abitudini.

 

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Luna P.O.V.

 

-         Ancora qui? – domandai a Draco, sedendomi accanto a lui ad un tavolo della biblioteca.

-         Mi vedi – rispose, stanco. – Che ore sono? –

-         Quasi le sei e mezza. Trovato niente? –

-         Ho finito quei due tomi enormi – indicò due libroni posati sul tavolo, con alcuni segnalibri infilati dentro – Ma trattano argomenti molto generali e sono di poca utilità. Tu? –

-         Io ho “trovato” un permesso per scartabellare nella Sezione Proibita! – annunciai con un gran sorriso, mostrandolo con orgoglio a Draco – Firmato dal professor Lupin. Gli ho detto che voglio scoprire se i Ciaffrugli Collosi di cui mi ha parlato mio padre sono le stesse creature che nell’antichità si diceva mangiassero i neonati, il ché sarebbe davvero pericoloso perché a detta di mio padre stanno aumentando a dismisura, ci dev’essere una colonia da qualche parte e… - vedendo lo sguardo sempre più vacuo di Draco, che solo in nome della nostra neonata amicizia non mi stava mandando al gas, ridacchiai – …e Remus ha iniziato a guardarmi proprio come mi guardi tu in questo momento, e mi ha subito firmato il permesso augurandomi buon lavoro. –

-         Ehm. Scusa. – mormorò imbarazzato – Hai fatto un ottimo lavoro. –

 

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Draco P.O.V.

 

Aveva fatto davvero un ottimo lavoro. Luna mostrò a Mad Pince il permesso e la bibliotecaria la lasciò entrare. Dall’anno prima era stata innestata una porta che si apriva solo con le chiavi magiche della bibliotecaria, per evitare che qualche ragazzino idiota finisse in quella sezione per sbaglio. La porta, però, si apriva anche dall’interno senza bisogno di chiavi, per permettere agli studenti di uscire una volta trovato il libro che cercavano. Dieci minuti dopo, accertatomi che nessuno mi guardasse, raggiunsi la porta. Luna mi aprì, facendomi brevemente cenno di entrare. Ci inoltrammo non visti nella Sezione Proibita.

Questa sezione della biblioteca non è neanche lontanamente grande come una qualsiasi delle altre (anche se è dieci volte più pericolosa). Ci saranno a dir tanto trecento libri – anche se spessi come una scatola da scarpe –, vale a dire un solo corridoio fiancheggiato su ambo i lati da quattro file di scaffali. Dissi a Luna che poteva anche lasciarmi lì e che mi sarei arrangiato da solo, ma lei volle restare, almeno per un po’. Rimase fino alle sette e mezza, poi siccome era già ampiamente in ritardo per la cena, dovette scappare e andò via dicendo alla Pince che non aveva trovato il libro che cercava e chiedendole se poteva tornare dopo. La bibliotecaria lo vietò categoricamente, dal momento che la biblioteca avrebbe chiuso da lì a poco. Rimasi comunque nella Sezione Proibita, senza che nessuno si fosse accorto di me. Ero sprofondato nella lettura di un libro molto interessante che concerneva antichi oggetti di magia nera. Speravo di trovarci riferimenti all’Arco, da qualche parte tra quelle settecento pagine…

La mia costanza venne premiata a pagina 569. Il libro era molto antico, e trovai un nutrito trafiletto che riportava le parole di un libro ancora più antico. Parlava di una certa Porta di Pwyll. Seguiva una leggenda secondo cui questo Pwyll era il principe del Dyfed (che non so cosa fosse) che nel corso di una battuta di caccia aveva scacciato un branco di mastini bianchi che braccavano la sua preda. Sfortunatamente questi cani appartenevano al Dio Arawn, signore dell’oltretomba. Come punizione Pwyll dovette trascorrere un anno e un giorno negli inferi, durante i quali sconfisse il rivale del Dio Arawn, conquistando così la sua amicizia. Secondo la leggenda, poi, Pwyll fece ritorno alla Terra e bla bla bla, tutto il resto non mi interessava.

Saltai a piè pari alla descrizione della Porta: all’inizio solo una fenditura nel fianco di una collina, vi era stato poi costruito dentro un arco di pietra con incisioni arcane per evitare che la gente ci entrasse per sbaglio.

Il racconto si interrompeva così. In conclusione c’era scritto, sinteticamente: “questo è tutto quanto c’era sul vecchio trattato”, poi l’autore del libro “nuovo”, cioè quello che avevo in mano io, aggiungeva che da allora le cose erano molto cambiate, che da quando i maghi si erano ben organizzati fondando il Ministero e tutto, la collina con la porta per gli Inferi era stata distrutta e l’arco era stato trasportato senza smontarlo in un luogo sicuro, dove fosse sotto la supervisione del Ministero. Nonostante non si trovasse più al suo posto originario, l’Arco aveva continuato ad essere una porta per l’oltretomba perché… qui l’autore ipotizzava che una porta per l’Altro Mondo dovesse sempre restare aperta e che gli antichi Dei, adirati con i mortali che avevano chiuso la porta precedente, avessero fatto in modo che l’Arco ereditasse il ruolo di Passaggio per l’aldilà, e che non fosse più possibile distruggerlo. Seguiva una dozzina di righe in cui si riportavano i tentativi (infruttuosi) di distruggere la Porta di Pwyll.

Non parlava di nessuno che fosse mai riuscito a tornare indietro.

Nessuno, naturalmente, a parte lo stesso Pwyll.

 

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Harry P.O.V.

 

Finii di pulire la maledetta aula di pozioni che ormai era troppo tardi per salire a cena. Saranno state le nove e mezza. Andai nelle cucine a elemosinare un po’ di cibo e poi nella Sala Comune a fare i compiti. Verso le undici restai solo, tutti erano saliti a dormire, ma io ero ben lungi dal potermi concedere riposo. Avevo ancora tutta la vita di Agrippa da ripassare.

Non riuscivo a concentrarmi. Avevo in testa Sirius, la possibilità per quanto remota che Sirius potesse tornare in vita, e il senso di colpa che nasceva dalla consapevolezza che non stessi facendo niente di utile.

Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim” lessi sul libro di Storia della Magia “nacque a Colonia il 15 settembre millequattrocento…” la mia mente scartò verso il ragazzo misterioso che diceva di essere il figlio di Sirius, che ora era chissà dove a fare… cosa? Quasi certamente non i compiti di scuola come l’idiota qui presente. “Millequattrocentottantasei. Nel millecinquecentodieci scrisse la sua famosissima opera…” mi distrassi di nuovo, scaricando la mia frustrazione con un pugno sul tavolo. Mi morsi il labbro inferiore. Cosa dovevo fare? Non avrei saputo da che parte cominciare, per aiutare Sirius. In quel momento un picchiettio alla finestra mi riscosse dai miei pensieri tormentati. C’era una piccola civetta che bussava con il becco alla finestra, lottando contro il vento che spazzava le mura del castello. Mi affrettai ad andare ad aprire. Il piccolo animale entrò in silenzio, lanciandosi su una poltroncina vicino al fuoco, tremando e lisciandosi le piume arruffate. Aveva un biglietto legato a una zampa, un biglietto per me.

 

Vieni a mezzanotte in biblioteca, Sezione Proibita. Da solo. Mezzanotte. Credo di aver trovato qualcosa. Porta una pergamena e una penna per scrivere, il tuo mantello magico e qualcosa per creare un diversivo. Caccabombe o qualsiasi cosa. Usa la tua immaginazione.

PS: porta anche dei panini e del caffè. Temo che sarà una cosa lunga, almeno per me.

 

Una cosa lunga, per lui? E io? Credeva che non volessi restare?! Volevo dare tutto il mio aiuto alla ricerca per salvare Sirius!

E poi gli serviva… un diversivo? Voleva fare qualcosa che violasse le regole, supposi. Qualcosa che facesse molto rumore. Salii di corsa in camera, chiedendomi di sfuggita che cosa avesse in mente, e presi su il Mantello e una mezza dozzina di petardi magici comprati da Tiri Vispi Weasley.

Guardai l’orologio. Erano appena le undici e venticinque! Impossibile aspettare altri trantacinque minuti!! Rilessi la lettera, camminando avanti e indietro per la Sala Comune vuota. Mezzanotte. Voleva che andassi lì a mezzanotte. Perché non prima…?

“Un attimo. Aspetta solo un attimo… lui prende una pozione per modificare il suo aspetto, una pozione che, parole sue, dura 24 ore. Forse prima di mezzanotte l’effetto non sarebbe ancora scaduto e quindi… lo vedrei nel suo vero, cioè finto, aspetto!!”

Infrognai il mantello e i petardi nella borsa di scuola, accidenti che peso! La svuotai di tutti i libri e poi mi catapultai giù dalle scale. Dal momento che l’adorata Hermione aveva requisito la mia Mappa del Malandrino, nascondendola nel dormitorio femminile a cui non avevo accesso, non avevo altro modo per scoprire la vera identità del mio misterioso collaboratore se non vederlo direttamente in faccia.

Passai al volo dalle cucine, trovando pochi elfi domestici ancora in piedi, che furono ben felici di rifornirmi (di nuovo) di cibo e bevande. Poi di corsa all’appuntamento. Speravo di arrivare in anticipo.

Arrivai alla porta della biblioteca a mezzanotte meno cinque. Ci avevo messo un po’ perché anche con il mantello, senza la mappa dovevo essere molto cauto e tendere l’orecchio al minimo accenno di presenze sulla mia strada. Aprii la porta con un semplice Alohomora. Non sarebbe stato altrettanto facile con la Sezione Proibita. Lui era già dentro? Come aveva fatto ad entrare?

Mi richiusi il pesante portone alle spalle. Attraversai la biblioteca silenziosa, sobbalzando al rumore dei miei stessi passi che echeggiavano nei cunicoli, complici le alte volte a crociera. Buffo come di notte la biblioteca sembri un labirinto foderato di libri, sempre uguale. Mette quasi soggezione.

Mi sarei perso, perché quelle svolte paiono tutte identiche, se non fosse stato per la pesante porta che era stata posta a barricare la Sezione Proibita. Era serrata, non c’era modo di entrare. Non si apriva neanche con l’Alohomora. Maledizione! Arrivare in anticipo non era servito a niente!

A mezzanotte spaccata, sentii qualcuno armeggiare con la porta dall’altra parte. La pesante porta si aprì cigolando. Attraverso un sottile spiraglio fece capolino il viso del ragazzo misterioso. L’avevo visto soltanto una volta e avevo quasi dimenticato quanto assomigliasse a Sirius da giovane. Non era proprio uguale, ma a sapere che era suo figlio la loro somiglianza saltava subito all’occhio.

Si guardò intorno, cercandomi con lo sguardo. Mi sfilai il mantello rivelandomi a lui. Non sobbalzò, fece solo un cenno di assenso con il capo. I suoi gesti e il suo sguardo rivelavano una sorta di freddezza metodica.

-         Sei solo? – bisbigliò, aprendo di più la porta per lasciarmi entrare.

-         Si – sussurrai anch’io, come se qualcuno avesse potuto sentirci in quell’enorme biblioteca vuota.

-         Bene, entra. – mi fece un rapido cenno con il capo. Metteva a disagio tanto era… furtivo. – Credo di aver trovato qualcosa. –

-         Fa vedere! – ingiunsi subito, scivolando dentro e chiudendomi la porta alle spalle.

-         Si, si, un attimo. Prima di tutto, hai i miei panini? – mi porse una mano.

-         Ah… certo. Ti ho preso anche del succo di zucca. – gli porsi la mia borsa e lui la afferrò famelico, prendendo a rovistare come un morto di fame. Neanche l’ombra di un grazie. – Non sei sceso a cena? – indagai, ma inutilmente; neanche io ero a cena, quindi non sarei stato in grado di riconoscerlo da quel piccolo dettaglio.

Nonostante ciò, fece subito marcia indietro, diventando molto più guardingo.

-         Si, sono stato a cena, ma ho mangiato poco e in fretta perché volevo infilarmi qui dentro prima che la biblioteca chiudesse. – lo disse in tono così da balla improvvisata che non gli credetti nemmeno per un secondo.

Avrei potuto chiedere a Hermione se aveva notato qualche assenza a tavola, ma poi ricordai che lei non aveva la minima intenzione di aiutarmi a scoprire chi fosse. Avrei potuto chiederlo a Ron? No, no, lui a cena si concentra solo sul cibo. Sospirai, arrendendomi all’idea di aver perso questa ch’anse.

Mangiò in fretta i due panini all’arrosto che gli avevo procurato, poi mi guidò verso un angolo del corridoio dove aveva impilato una mezza dozzina di libri.

-         Ecco qui. Questo è il migliore. – sollevò un libro assolutamente anonimo, grosso, polveroso e usurato come gli altri. – “Antichi Strumenti di Magia Proibita”. È quello su cui ho trovato l’unica descrizione dell’Arco che… - la sua voce si abbassò progressivamente fino a diventare un bisbiglio. D’altronde non c’era bisogno di specificare. Sapevamo entrambi perché stavamo cercando informazioni su quell’Arco.

-         Ehm… bene. Vediamo. – mi sedetti a terra e incrociai le gambe, prendendo il libro. Il ragazzo mi bloccò la mano.

-         Sei matto? Aprilo molto lentamente! Se il libro percepisce che sei brutale con lui potrebbe cercare di… di… beh, non sarebbe piacevole. –

-         Prego? Stiamo parlando di un libro? –

-         Un libro di Magia Nera. Abbastanza antico. È normale che cerchi di auto-preservarsi, no? –

Chiusi la copertina che stavo lentamente sollevando.

-         Com’è che sai tante cose sui libri di Magia Nera? – scattai all’improvviso, insospettito dalla sua aria di superiorità. Il suo atteggiamento faceva vibrare una nota famigliare nel mio intuito, ma non avrei saputo dire cosa l’avesse scatenata.

-         Lo so perché oggi pomeriggio ho provato ad aprire quel libro senza la dovuta cautela – rispose piccato – e sono quasi soffocato a causa di una strana nuvola di polvere che sembrava avercela con me. –

Accettai la sua spiegazione con qualche borbottio.

 

Era il momento di metterci al lavoro. Mi rese partecipe delle informazioni che aveva raccolto. Sinceramente, speravo in qualcosina di più.

-         Senti un po’, ho passato il pomeriggio e la serata qui a scartabellare. Ti dico che non c’è nient’altro! – mormorò spazientito, spostandosi una ciocca ribelle dal viso quasi con violenza. – Ma conosco un modo per trovare altre informazioni potenzialmente utili. –

-         E cioè? –

Barcollò, solo per un momento, come se stesse riflettendo su come darmi una notizia delicata.

-         Ecco, mi… mi serve il tuo aiuto. Ma dovrai fare quello che ti dico senza fare domande e senza ribattere. –

Riflettei sulla sua richiesta. Non mi sembrava per niente ragionevole.

-         Cioè, in pratica mi stai chiedendo obbedienza incondizionata – tradussi, assottigliando gli occhi – in cambio di… cosa? Un “forse troverò qualcosa” e senza fornirmi uno straccio di spiegazione? –

Silenzio. Poi respirò a fondo, per calmarsi o forse per schiarirsi le idee.

-         Beh… quello che sto per chiederti di fare avrà delle conseguenze, ma mi permetterà di fare una cosa che… che mi porterà a… a… alle informazioni che cerco, anzi, che cerchiamo. – sottolineò, recuperando sulla precedente insicurezza. – Hai detto che volevi aiutarmi, no? Che volevi avere una parte in tutta questa storia. Ed è proprio quello che ti sto proponendo! –

-         Ok. Non sono per niente soddisfatto delle tue spiegazioni del cavolo. Ma sta bene. Che cos’è che dovrei fare? –

-         Ecco. Ehm. Questa è la parte più difficile. – si passò una mano dietro la nuca, imbarazzato. – Ti andrebbe di passare alla storia come martire? –

 

Dieci minuti dopo eravamo entrambi nel corridoio dei sotterranei su cui si aprivano le porte dell’aula di pozioni e degli… ehrg… alloggi di Piton. Con annessa dispensa privata, come aveva giustamente puntualizzato il mio… amico? …Socio? …Complice. Si, complice rende bene l’idea.

-         Hai capito bene cosa devi fare? – bisbigliò, nervoso ora che era giunto il momento cruciale.

-         Si. – nonostante il nervosismo e la totale certezza di stare per cacciarmi nel più grosso guaio della mia carriera, ero sottilmente elettrizzato. – Sotto sotto, ho sempre sperato in una buona occasione per fare questo. –

Gli porsi il mio mantello. Dopo un’esitazione quasi impercettibile se lo infilò. Sparì alla mia vista, ma io sentii il leggero rumore dei suoi passi che si allontanava verso la porta delle stanze dell’odioso professore. Un basso fischio, il segnale che aspettavo. Con la bacchetta diedi fuoco alla miccia dei fuochi d’artificio. Di lì a pochi secondi si sarebbe scatenato l’inferno.

 

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Draco P.O.V.

 

Come far filare liscio un buon piano? Numero uno, serve un coordinazione e tempismo. Numero due, serve un diversivo. Numero tre, serve un piccoletto che mangi un sacco di merda. Nel mio caso, ero stato incredibilmente fortunato.

 

Mentre Potter faceva crollare le pareti a suon di botti, mi nascosi ben bene vicino alla porta di Piton. Dopo neanche cinque secondi – più di quanto avessi previsto, il vecchio Sev sta invecchiando – Piton uscì come una nube in tempesta dalla porta, sbattendola contro il muro (ma non si sentì nemmeno a causa dei petardi). Guardandolo incombere nelle sue vesti nere da pipstrello, mi chiesi di sfuggita se dormisse con quei vestiti, se fosse riuscito a vestirsi in un secondo o se non dormisse affatto. Ma non c’era tempo per simili sciocchezze.

Mi affrettai ad infilarmi dentro la stanza da cui era uscito. Il suo studio, con una porta che dava sulla sua stanza e un’altra che portava alla dispensa privata. Ero già stato lì, quindi sapevo dove teneva la chiave.

 

Quaranta secondi più tardi uscivo, perfettamente in tempo sulla tabella di marcia, con un voluminoso ma invisibile fagotto sottobraccio. Piton stava ancora sgridando Potter, che fedele ai piani si era fatto “beccare per sbaglio”, mica trovare proprio sul posto, sarebbe stato sospetto. Ghignai alla crudeltà estremamente creativa che Piton stava sfoderando nel decidere la punizione di Potter. Due mesi di punizione, più un’udienza privata dalla McGranitt, che se la conosco non sarebbe stata affatto più clemente.

 

L’ingresso di Serpeverde non si trovava molto lontano dal luogo del misfatto. Quando i miei compagni di Casa si precipitarono fuori per vedere cosa stesse succedendo, approfittai della confusione per scivolare di soppiatto nella nostra Sala Comune. La missione era perfettamente riuscita! Ora dovevo solo fare in modo di restituire a Potter il suo mantello, preparare la Pozione con gli ingredienti rubati a Piton e… prepararmi ad andare fino in fondo con il mio piano. Per quanto schifoso, fastidioso e doloroso potesse essere.

 

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Harry P.O.V.

 

Due mesi di punizione! Due mesi!!! Cielo, riuscivo a non sputare in faccia a Piton solo facendomi forza con il pensiero che stavo agendo per salvare Sirius. E non potevo permettermi di indugiare nel dubbio che avrebbe potuto essere tutto inutile. Come aveva detto Hermione, dovevamo almeno provarci. Per il bene di Sirius e della mia salute emotiva.

 

La McGranitt non fu affatto contenta di venire svegliata all’una di notte. Specie per sentirsi dire che il maturo e responsabile ragazzo a cui era affidato il destino del mondo aveva fatto esplodere mezza cassa di fuochi d’artificio nei sotterranei, svegliando metà dei Serpeverde e un acidissimo professore di Pozioni, che aveva già avuto la cura di sottrarre 150 punti a Grifondoro. La McGranitt ne tolse altri 100, per non sfigurare. E poi chiese di essere lasciata sola con me.

Non poteva venirne nulla di buono. L’ unica sottile speranza a cui mi aggrappavo con tutte le mie forze era che non volesse togliermi il Quidditch per non penalizzare troppo la squadra.

 

 

***********************************

 

Non so da quando tempo non aggiornavo. Mi scuso! Io per prima so quanto è odioso aspettare tanto ma… sono davvero orribile. Cercherò di far meglio in futuro, specie ora che ho dato una trama definita a questa storia.

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 - Che brutta malattia ***


Capitolo 17 – Che brutta malattia

Capitolo 17 – Che brutta malattia

 

 

Andromeda P.O.V.

 

Draco non si era presentato all’appuntamento che gli avevo imposto. Perché lo aveva fatto? Quella domanda mi aveva tormentato per tutto il pomeriggio e tutta la serata.

Quando l’avevo visto affaccendarsi in biblioteca tutti i giorni mi era venuto il sospetto che… che lui sapesse. Che stesse cercando disperatamente qualche traccia di lui.

Mi sedetti alla scrivania, passandomi fra le mani i fogli con gli appunti delle lezioni che stavo preparando. Fissavo i fogli senza davvero vederli. La mia mente correva indietro nel tempo, perdendosi in ricordi di più di venti anni prima.

 

-         Dromeda! Dromeda! – mia sorella Narcissa, di tre anni più giovane di me, mi correva incontro nel corridoio vuoto, ignorando di proposito che a quell’ora avrebbe dovuto essere a letto da tempo. Buttai gli occhi al cielo, accantonando ancora una volta i miei doveri di Caposcuola in favore della lealtà famigliare.

-         Narcissa! – sibilai – Cosa ci fai qui? Ma lo sai che ore sono? Dovrei togliere dei punti a Serpeverde per questo! –

-         Eddai, Dromeda. Ti devo parlare. Tu sei l’unica di cui possa fidarmi! – mi confidò a bassa voce, aggrappandosi al mio braccio.

Narcissa sorrideva, i suoi occhi brillavano letteralmente di gioia. Non l’avevo mai vista così. L’affetto che nutrivo per la mia sorella più giovane vinse ancora una volta il buonsenso.

-         D’accordo, Cissy. Cosa c’è di così urgente da non poter aspettare domattina? –

-         Mi ha baciata, Dromeda! Mi ha baciata! – trillò eccitata Narcissa. – Questo vuol dire che anch’io gli piaccio! –

-         Ah, Cissy. – sospirai – Sai bene come la penso riguardo alla vostra storia. Sirius è nostro cugino e sono da lungo passati i tempi in cui erano ancora benviste le unioni tra cugini di primo grado. Voi due non dovreste incominciare qualcosa che non potrete portare fino in fondo. –

-         Fino in fondo? Dromeda, abbiamo quattordici anni. – rise Narcissa, - Non porteremo un bel niente fino in fondo! Ma non pensiamo al futuro… Sirius mi piace molto e forse anche io gli piaccio! Oh, Dromeda, sono così felice! – ripeté, cocciutamente. Ah, ma aveva soltanto quattordici anni.

 

Riemersi dai miei pensieri, come risvegliandomi da una sogno. L’anno seguente avevo lasciato Hogwarts e mi ero fidanzata con Ted, segnando il definitivo distacco dalla mia famiglia. Da allora non avevo più avuto notizie da Narcissa, se non quattro anni dopo; si era presentata un giorno a casa mia, in lacrime, per dirmi…

 

-         Dromeda, ho bisogno di aiuto. – esclamò torcendosi le mani, saltando i convenevoli. – Lucius Malfoy mi ha fatto una proposta di matrimonio! –

Ero sorpresa di vedere mia sorella, non perché ci fossimo lasciate “male” (Narcissa non aveva mai detto una parola contro di me, ma nemmeno a favore), in fondo era sempre stata la mia sorella preferita, ma perché per nessuno della mia vecchia famiglia era consigliabile farsi sorprendere in mai compagnia. Di sicuro i nostri genitori non sapevano di questa sua improvvisata a casa mia, e lei non era tipo da disubbidire alla parola dei nostri genitori. Ma ancora più strana era questa sua disperazione, per cosa poi? Una proposta di matrimonio?

-         Oh… e qual è il problema, Narcissa? Non è un buon partito? –

-         S-si, ovviamente lo è! – balbettò, contrita – Ma questo non fa che rendere le cose peggiori. In pratica non posso dirgli di no! –

Continuavo a non capire.

-         Perché dovresti dirgli di no? –

-         Ma Dromeda, non ci arrivi? – scattò, quasi isterica – Io non lo amo! –

-         Ma Narcissa… - cominciai, perplessa – Raramente i matrimoni tra purosangue vengono combinati per amore. Lucius Malfoy è un uomo avvenente, un giorno potrebbe anche arrivare a piacerti. –

-         No, no, tu non capisci… - mugugnò, coprendosi il volto con una mano e lasciandosi cadere su una poltrona – Il problema non è Malfoy. È che io… amo un altro. –

La guardai incuriosita, spronandola a continuare. Ma lei rimase in silenzio.

-         E quest’altro… non incontrerebbe i gusti della nostra famiglia? –

-         Beh… se mi permetti di citare le tue parole, “sono da lungo passati i tempi in cui erano ancora benviste le unioni tra cugini di primo grado”. –

-         Cos… è ancora Sirius? – domandai, impallidendo – Narcissa, santo cielo… pensavo che questa storia fosse finita da secoli. –

Narcissa scosse la testa, a scatti, mordendosi il labbro inferiore. Aveva i pugni stretti in grembo.

-         No, non è finita. Io… Dromeda, io lo amo. Ma non posso sposarlo e… e non posso andare contro la mia famiglia come… -

-         Come ho fatto io? – completai il suo pensiero, visto che non sembrava in grado di farlo. Ancora una volta mia sorella abbassò gli occhi. – Narcissa, guardami. Guardami! Io sono felice della mia vita. Ho sposato un uomo che amo e ho dato alla luce una bambina che adoro. Mi sono lasciata alle spalle le imposizioni e gli sciocchi doveri della famiglia! E ti assicuro che vivo benissimo. –

-         Ma… ma i nostri genitori ti hanno disconosciuta. Sei stata cancellata dagli alberi genealogici! Io non… non credo che potrei andare incontro a una cosa del genere. Non ho il tuo coraggio, Andromeda! –

La osservai in silenzio per svariati minuti.

-         Narcissa, devi fare solo quello che senti giusto. – sospirai infine – Non pretendo di “convertirti”alla mia via, ti dico solo che devi fare una scelta che non ti lasci rimpianti. Non voglio che tu sia infelice per tutta la vita, sorellina. – mi chinai su di lei e presi le sue mani tra le mie. – Narcissa, se ami Sirius allora sposalo. Le unioni tra cugini non sono benviste, ma non sono neanche proibite. Sirius è un purosangue dopotutto… -

-         Ma Dromeda, anche lui ha tradito la nostra famiglia! Non c’è futuro per noi… -

-         C’è, ma non nel contesto della nostra famiglia. – la corressi.

-         Andromeda! L’approvazione della famiglia è troppo importante per me… - si sciolse in lacrime senza più alcun ritegno – Io non posso… semplicemente non posso voltare le spalle alla nostra famiglia! –

-         E allora, se pensi che sposare Sirius ti farebbe soffrire più che non farlo, accetta la proposta di Lucius Malfoy. –

-         N-non è così semplice, Andromeda, io… non sono più vergine. –

Cosa? Spalancai gli occhi in modo poco decoroso, ma ero troppo sconvolta alla notizia; non perché fossi una bacchettona puritana, ma perché sapevo che lo erano i nostri genitori e… di sicuro non avevano dato a Narcissa il permesso di avere rapporti prematrimoniali.

-          Che cosa? È stato…con Sirius? – Narcissa annuì lentamente. Sospirai, passandomi una mano tra i capelli. – Questo potrebbe essere un problema, hai ragione. Motivo di imbarazzo, quantomeno. Ma non mi pare così grave da rifiutare una proposta di matrimonio! Dopotutto la verginità alle nozze non è più obbligatoria da quasi cent’anni… -

-         I Malfoy sono una famiglia purosangue delle più antiche, come i Black. – si lagnò, tenendo gli occhi bassi. – Lucius Malfoy non approverà di certo. –

-         Narcissa, calmati. I tuoi genitori gli hanno detto che sei vergine? –

Narcissa arrossì.

-         N-No… ti paiono discorsi da fare… è implicito, immagino. –

-         Continuo a credere che non sia poi così grave… non è più giusta causa di divorzio, quindi dov’è il problema? Ti aspetti che lui sia vergine? –

-         Per gli uomini è diverso. –

-         Beh allora… non puoi semplicemente dire a Malfoy che ti serve del tempo per pensarci? Forse se ci rifletterai bene, se ne parlerai con Sirius, supererai la paura di non essere accettata e deciderai chi dei due sposare… - proposi, sottintendendo che secondo me Sirius era mille volte la scelta migliore.

-         No, Andromeda, non posso rimandare. Non posso! E non posso sposare Sirius… -

Feci per ribattere qualcosa, ma d’un tratto venni colta dalla sensazione che ci fosse ben altro in ballo, e che lei mi stesse nascondendo qualcosa. Perché tanta fretta di sposarsi, se palesemente non ne aveva nessuna voglia?

-         C’è qualcosa che non mi hai detto? – domandai a Narcissa, di punto in bianco.

Lei vacillò.

-         No… no, niente. – mormorò, tenendo gli occhi bassi. Istintivamente raccolse le braccia sul grembo, come se avesse freddo.

“É incinta” pensai, di getto. Mi sorpresi dei miei stessi pensieri “Ma che vado a pensare? Non può essere così irresponsabile!” In effetti non avevo prove a sostegno di questa intuizione. Solo la sua sospetta impellenza di accasarsi.

-         Ora è… è meglio che vada. – decise Narcissa.

-         Come vuoi. Mi dispiace di non esserti stata di grande aiuto. –

-         Non importa. – scosse la testa, e così facendo alcune ciocche bionde sfuggirono alla sua acconciatura stranamente non perfetta. – Forse avevo solo bisogno di sfogarmi. Addio, Andromeda. Ti prego di non offenderti se non sarai invitata al mio matrimonio. –

Qualcosa dentro di me si congelò, per un attimo. Dunque aveva praticamente deciso di sposare Lucius Malfoy. Se avesse sposato Sirius al suo posto, la mia partecipazione al loro matrimonio sarebbe stata l’ultimo dei suoi problemi.

-         Ma figurati. Addio, Narcissa. Ti… ti auguro una vita felice. – riuscii a mettere insieme un augurio di circostanza, anche se immaginavo che ne avrebbe avuto dannatamente bisogno.

 

Due settimane più tardi si celebrò il matrimonio, uno dei più sfarzosi del secolo. Otto mesi dopo venni a sapere che mia sorella aveva dato alla luce un bambino. Dentro di me ho sempre covato il dubbio che Draco non fosse figlio di Lucius Malfoy, anche se ufficialmente lo era, e avevo trovato conferma ai miei sospetti quando lo avevo visto con quel libro in mano. Certo, poteva essere solo un caso. Magari Draco Malfoy era affascinato dal mistero della vita oltre la morte. Ma a pochi mesi di distanza dalla dipartita di Sirius? Io non credo molto nelle coincidenze.

 

Ora, il pensiero che mi tormentava era questo: avevo sbagliato su tutta la linea, Draco era figlio legittimo di Lucius, e il motivo per cui non era venuto a parlarmi era che provava disprezzo nei miei confronti? Mi considerava una traditrice, come il resto della mia famiglia?

Oppure i miei sospetti erano fondati, Draco aveva appena perso suo padre, stava attraversando un periodo difficile e come ogni adolescente che si rispetti non voleva mostrarsi debole agli occhi di una sconosciuta? Volevo aiutare quel ragazzo, non restare a guardare mentre si faceva del male. Volevo che riuscisse a superare tutto questo.

O ancora, terza e agghiacciante prospettiva, Draco era figlio di Sirius ma non si era rassegnato alla sua morte? Stava forse… progettando qualcosa? Per questo passava tanto tempo in biblioteca? E se si fosse cacciato in qualche guaio più grosso di lui? Se avesse addirittura tentato qualche pratica di Negromanzia, cosa terribilmente pericolosa anche per i maghi più esperti?

 

Avevo tutta l’intenzione di fare qualcosa per lui. Sia che avesse deciso di soffrire in silenzio, sia che progettasse un colpo di testa, avevo il dovere di aiutare quel ragazzo. E se invece fosse stato solo il disprezzo ad averlo tenuto a distanza da me… beh, sono abbastanza matura da sopportare le frecciatine di uno sbarbatello di sedici anni.

 

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Draco P.O.V.

 

Tre grammi di polvere di Artemisia. Dieci gocce di pus di Bubotubero distillato in una notte senza luna. “Che idiozia, perché in una notte senza luna?” Trascrissi comunque la lista degli ingredienti sulla mia pergamena.

Due schegge di denti di drago (2 grammi cad.). Quindici grammi di polvere di corno di unicorno. Un occhio di rospo. Tre gocce di veleno di Acromantula. “Bleah, grazie a Dio Piton l’aveva in dispensa, non sono ansioso di andarlo a cercare!” pensai, chiedendomi dove mai avrei potuto trovare delle Acromantule a cui prendere il veleno. Per fortuna il problema non si poneva.

Tre pinte di acqua di fonte purissima, quattro foglie di oleandro… “Ma sono pazzi? L’oleandro è velenoso! Mah… spero solo che l’autore di questo libro sapesse quel che faceva.”

Venti bacche di agrifoglio da schiacciare nel pestello fino a ridurle in gelatina (aggiungere acqua se serve). “Di bene in meglio!” pensai con sarcasmo. “L’agrifoglio è tossico… Se penso che mi dovrò bere questa schifezza… Potter non lo sa, ma si è beccato la parte più facile del lavoro!”

-         Draco Malfoy? – mi interruppe qualcuno, che non avevo sentito arrivare perché ero troppo intento a studiare la pozione che dovevo preparare.

Mi voltai di scatto come un animale braccato, rendendomi conto troppo tardi di quanto il mio comportamento potesse sembrare sospetto. Andromeda Black era a pochi passi da me.

Cazzo. Ma non lavora mai questa qui?” Ok, sapevo di averle dato buca il giorno prima, ma speravo che non venisse subito a chiedermi spiegazioni. Speravo che mi lasciasse un po’ più di tempo per inventare una scusa, o che, meglio ancora, che gettasse la spugna e si dimenticasse totalmente di me.

Presi un bel respiro e risposi con la mia migliore voce angelica:

-         Si? –

La professoressa Black mi incenerì con un’occhiataccia che mi sforzai di ignorare.

-         Avevamo un appuntamento, noi due, ieri. – mi ricordò con voce fredda.

-         Ah si? –

-         Forse eri troppo… impegnato per ricordartene – insinuò, indicando con un cenno del capo il libro che mi ero affrettato a chiudere. – Hai cambiato letture. – considerò, leggendo il titolo sul costone del libro.

-         Eh, si. Cambio interessi molto spesso. Sono un tipo molto volubile. – inventai, mostrandomi dispiaciuto della cosa.

-         Ah. – commentò, spostando il peso da un piede all’altro, a disagio. – Forse… forse ho tratto delle conclusioni un po’ affrettate sul tuo conto. Ma vorrei comunque parlare con te. –

Sospirai. “Ma ancora non se ne va??”

-         D’accordo. – dissi invece. – Mi lasci rimettere a posto il libro. –

Senza lasciarle il tempo di ribattere, mi alzai, ricomposi velocemente i miei appunti e piegai la pergamena per infilarla in tasca. Poi abbrancai il libro e andai di corsa allo scaffale dove l’avevo preso. Per fare questo, dovetti svoltare l’angolo sottraendomi alla vista di Andromeda Black. Tutto come previsto.

Approfittando di quei momenti di privacy, mi concentrai e assunsi la mia forma animale. Diventava sempre più facile, con la pratica.

Pochi secondi dopo, un piccolo petauro dello zucchero saltava da uno scaffale all’altro verso la finestra che dava sul giardino, correndo a zampe levate verso la libertà.

 

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Andromeda P.O.V.

 

Forse il fatto che Malfoy l’altra volta stesse sfogliando un libro sui misteri della vita oltre la morte era solo un caso, visto che, come aveva appena confessato, cambiava materia d’interesse come si cambiano i calzini. Infatti, oggi sfogliava un libro sulle pozioni. Cosa c’entrano le pozioni con la morte di Sirius? Niente, direi.

Forse lui non era figlio di Sirius, o forse lo era ma non ne era cosciente.

Si, può darsi che avessi davvero tratto delle conclusioni affrettate sul suo conto.

Ma da quanto tempo era via? Lo scaffale dei libri di Pozioni era proprio qui dietro… feci per raggiungerlo, ma quando svoltai l’angolo non c’era più nessuno. Il corridoio affiancato da scaffali pieni di libri terminava bruscamente in una parete di pietra. Malfoy sembrava essersi volatilizzato.

 

Forse avevo sbagliato sul suo conto, mi dissi.

Forse no.

 

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Harry P.O.V.

 

Cinque giorni dopo…

 

Cinque massacranti giorni dopo, a lezione di Incantesimi, non stavo ascoltando una sola parola che usciva dalla bocca del prof. Ero troppo impegnato a commiserarmi. Due mesi di punizione e niente Quidditch. Niente Quidditch! Solo per tre settimane, per fortuna, e sempre per fortuna la prima partita di Grifondoro sarebbe stata giocata molto in là nel tempo, tanto che la data non era ancora stata decisa con esattezza (si parlava di novembre).

Insomma, ero nero. Nero! Niente e nessuno avrebbe potuto risollevarmi l’umore…

 

-         OH MIO DIO! – dal fondo dell’aula si alzò un urlo disperato. Riconobbi la voce sgradevole di Pansy Parkinson e mi voltai appena in tempo per vederla schizzare in piedi e allontanarsi dalla sedia con una smorfia disgustata e spaventata.

-         Draco! – esclamò Goyle, stupidamente. – Che hai? –

Ma Malfoy non rispondeva. Era caduto a terra, dietro il banco, e dai rumori che provenivano sembrava che stesse vomitando l’anima. Ron cominciò a ridere. Hermione aveva gli occhi sgranati e la mascella penzoloni. Tiger sembrava stesse cercando qualcuno cui dare la colpa per prenderlo a pugni.

-         Ragazzi! Ordine! Ragazzi!! – Il professore intervenne con decisione, avanzando verso Malfoy per vedere cosa avesse.

Ordinò a Tiger e Goyle di rimetterlo in piedi, ma dovettero fare un paio di tentativi prima di riuscirci, perché Malfoy non si reggeva sulle gambe. Continuava a vomitare a getto (tra le risate impietose dei Grifondoro) tanto che Vitious dovette far comparire un secchio bello grosso per permettergli di arrivare fino in infermeria senza tinteggiare il pavimento e le pareti.

 

Mi sbagliavo, tutto sommato. Qualcosa poteva ancora migliorare il mio umore.

 

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Draco P.O.V.

 

Come da me magistralmente previsto, mad. Chips mi diagnosticò la Gastroenterite del Drago, così chiamata perché nel giro di dieci minuti smisi di vomitare bile e cominciai a sputare fiammelle. Dolorosissimo, ma non mortale. E comunque, nemmeno lontanamente doloroso come quello che sarebbe successo all’altra… uscita, se avessi avuto davvero la Gastroenterite del Drago.

 

-         Non capisco come ha fatto a prendersi questa malattia, signor Malfoy. È rarissima tra gli esseri umani. È per caso venuto in contatto con polline di Dragoncello Maledetto? –

-         P-Può essere – sbuffai altro fuoco, la mia gola bruciava come l’inferno – Forse non ho sistemato bene la *coff coff* mascherina a lezione di erb… *coff* …erbologia. –

-         Tuttavia non sarebbe stato sufficiente, a meno che il suo fisico non sia naturalmente predisposto ad incubare il polline di Dragoncello Maledetto. Lei è un caso più unico che raro, signor Malfoy. – commentò in tono divertito. Mi finsi offeso.

-         Non è divertente, madama Chips! –

-         Ma certo che no, signor Malfoy. – mi concesse allegramente. – Ad ogni modo è meglio che la metta in quarantena. Non esiste cura, la malattia deve fare il suo corso… oh, non faccia così, signor Malfoy, in una settimana sarà come nuovo! –

-         Una settimana?! – inscenai la più cupa disperazione.

-         Una settimana come minimo. Tra due giorni la malattia entrerà nello stadio finale e lei diventerà contagioso, signor Malfoy, quindi nessun essere umano potrà avvicinarsi a lei per un raggio di cento passi. Nessun essere umano dovrà respirare l’aria che lei respira. Sarebbe meglio, in verità, allontanarla dalla scuola finché non sarà guarito… -

Bingo! Proprio quello che volevo!

-         …E naturalmente mandarla al St. Mungo sarebbe più dannoso che utile, quindi ritengo che la soluzione migliore sarebbe che lei torni a casa sua, signor Malfoy. – continuò, ignara della mia mentale danza della vittoria.

-         Se *coff* lo dice lei… - borbottai, in tono di debole protesta.

In realtà la pozione che imitava i sintomi della Gastroenterite del Drago avrebbe esaurito i suoi effetti nel giro di 12 ore, ma prima di allora sarei stato a Malfoy Manor, lontano da occhi indiscreti e un passo più vicino alla meta.

 

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