Cuore di demone

di Lady_blood
(/viewuser.php?uid=103105)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo speciale ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1:
Ciel.

Mi passai una mano fra i capelli, e poi sugli occhi. La mia vista si acuì, e riuscii a scorgere le anime nel salottino semplice, sui toni del verde. Tutte, o quelle che vedevo, erano terribilmente brutte, tanto da chiudermi lo stomaco.Ma insomma, non si poteva avere più un’anima normale da quando era stato inventato un mezzo di comunicazione più evoluto della missiva o del primo telefono. Terribilmente triste come cosa.

Storsi il naso appena mi resi conto che c’era addirittura un pervertito là dentro.
Disgustoso.
“Phantomhive! Non bighellonare!” ebbene si, stavo lavorando per qualcuno che non era la Regina. Beh, adesso c’era la democrazia, mi pareva alquanto difficile servirla adeguatamente.
“Si, Sharon.”
“Sbrigati, al tavolo tre ancora aspettano di ordinare.”
“Si, Sharon.”
“Sai dire solo Si, Sharon?!”
“SI, SHARON!” dissi, prima di incamminarmi. Bard rise dietro al bancone. Beh, non era QUEL Bard, ma le loro anime erano simili. Reincarnazione, probabilmente.
“Buongiorno, posso esservi utile?” chiesi, gentilmente. Così falso da darmi la nausea, ma la ragazza a cui mi rivolsi per prima non se ne accorse. Civettò, temo, ma civettare con un demone di più di centocinquant’anni che ne dimostra a malapena sedici mi pare abbastanza inutile.
“Tre frullati alla banana, un bicchiere d’acqua fredda senza lime o ghiaccio, una birra, ed una fetta di crostata alla mela.” Iniziai a scrivere, per poi gettare un altro sguardo disinteressato alla ragazza che mi guardava sognante.
“Una fetta di culo non gliela chiedi, Christie?” il ragazzo con quella battuta mi fece sorridere.
“Altro?” guardai gli altri sei, interrogativo.
“Un bicchiere d’acqua gassata.” Disse una ragazza in fondo, lanciandomi un sorriso garbato. Assottigliai lo sguardo, e notai quanto blu fosse la sua anima. L’odore, per quanto delicato, era uno di quelli che non dimentichi. Mi venne l’acquolina.
“Bene. Torno subito con le ordinazioni.”
Me ne andai in fretta, ignorando la manata sul sedere e le risatine frivole. Una protesta mi distrasse e mi fermai.
“Oh, Christie, sei un’idiota.”
“Che c’è, Vero, gelosa? Non è che lo conosci già?”
“Ti pare? Mi sono appena trasferita! Oggi è la prima volta che vengo qua.”
<< Fidati, non sarà l’ultima. >> pensai, ridacchiando.
Bard velocemente mi passò tutto e lo misi sul mio vassoio d’acciaio immacolato, e tenendo il tutto con una mano sola mi avviai verso il gruppo chiassoso.
“Ecco qua. Posso aiutarvi in qualche altro modo?” sorrisi ampiamente.
Quella che avevano chiamato Vero si alzò e mi si avvicinò di poco.
“Dov’è il bagno?”
“Dopo le cucine.”
“Dove sono le cucine?”
“Là.” Indicai dietro il bancone, e Bard agitò la mano. Idiota.
“Ehi, pivello, vuole essere accompagnata.” Guardai il ragazzo che l’aveva detto fulminandolo con gli occhi. L’avrei preso ben volentieri per i suoi capelli meshati e sbattuto al muro. Stupidi palestrati.
“Ah, ok. Venga, signorina.” Dissi, avviandomi. Lei mi si affianco, ed io la guardai per quella che era, e non per la sua anima.
Una bella ragazza dai capelli neri e curiosi occhi viola. Le punte arricciate dei crine erano di un rosa molto acceso, e sfioravano ondeggiando una vita stretta coperta da una cintura nera. Vestita sui toni del grigio, aveva un prendisole molto largo e leggero, che lasciava vedere un costume colorato. Al collo, aveva un anello di pietra blu montata su oro che mi era familiare in modo inquietante. In mano una borsa che aveva l’aria di essere pesante.
“Eccoci.” Mormorai, mostrandole le due porte bianche con gli omini stilizzati.
“Oh. Ehm, grazie.” Mormorò di rimando lei, ed io mi girai di scatto per tornare indietro. Sentii un tonfo e mi voltai di nuovo per vederla a terra, svenuta.
“Sebastian!” gridai.
C’era anche lui.
Ovviamente anche lui aveva fame. Ovviamente anche lui lavorava là. OVVIAMENTE anche lui aveva adocchiato quell’anima.
E, ovviamente, l’avrebbe conquistata e poi a me concessa per via del Contratto. Della serie, fanculo l’istinto demoniaco.
L’avevo costretto a cambiare forma, e fargli assumere l’aspetto di un ragazzo della mia età. E si, andavamo a scuola. Ironico, vero?
Ed ora, lui faceva il bagnino della spiaggia dove lavoravo come cameriere.
Devo dire che la spiaggia era parecchio frequentata.
Sebastian venne e cominciò a far scivolare piano le dita lungo il collo da cigno della ragazza, poi sulla nuca e sulla testa, infine premette le dita al centro della fronte imperlata di sudore.
“Sta bene, ha solo avuto un calo di pressione.” Disse lui, e sorrise.
“Per fortuna, sua e nostra, bocchan, non sanguina.”
“Ma io ne sento l’odore.” Dissi, polemizzando.
“Deve essere albina.”
“Un’albina. Ne sei sicuro?”
“Come sono sicuro che non c’è un’anima decente in questa sala a parte la sua, bocchan.”
“Lusingarmi non serve a nulla, Sebastian, e lo sai. Comunque, si riprenderà?” chiesi, con un velo di preoccupazione negli occhi. Lui sorrise addolcito dalla mia espressione.
“Che tenero che è. Comunque, si, ovviamente. Anche piuttosto stordita. Potrebbe addirittura innamorarsi di lei, bocchan.”
“Che fai, Seb, prendi in giro?!” ghignai. Avevo imparato a stare al gioco. Con lui non si poteva fare altro, ormai.
“Vado prima che si svegli. O che Sharon mi becchi, non riuscirei a sopportare altri ceffoni sulla nuca. Sta diventando sempre più insopportabile.”
“Ah, ma Sharon dimostra il suo affetto così… o almeno credo. Perché dovrebbe volere molto bene a Bard. Ti ricordi la padellata della Grande Otite del 2005?” ridemmo piano.
Lui si alzò e mi scompigliò i capelli. Presi in braccio la ragazza e la portai in sala.
Christie mi venne incontro e mi bombardò di domande, apparentemente inutili, a cui risposi semplicemente
“E’ svenuta.”
“MADDAI?! Porca puttana, mi mancava proprio oggi il Capitan Ovvio.” Disse il ragazzo biondiccio. Gli altri erano rimasti al tavolo.
Chissà come mai.. infondo… ma che mi prendeva?
“Se qualcuno sa dove vive, posso portarla io a casa sua.” Mi offrii. “Tanto oggi la paga è andata a farsi fottere, perciò concludiamo in bellezza, no?” ironizzai.
“Bocchan…” Mi girai, e Sebastian ghignò assieme a me.
“Perché non portarla da Grell? Infondo mi deve un bel po’ di favori. Se visita la ragazza ce lo togliamo dai piedi per un po’.”
Bene, problema risolto.
“Qualcuno mi spiega che succede?” la voce candida della ragazza ci riscosse dalla questione “luogo sicuro”.
“Sei svenuta.” Dissi, atono.
“Ancora insisti? Si era capito!”
“Ehi, tu, non ti tiro un cazzotto sul coccige solo perché sei un cliente.” Affermai. Poi aggiunsi “E perché ho la tua amica in braccio e mi parrebbe sgradevole lasciarla cadere a terra.”
Sebastian soffocò la risata.
“Comunque, signorina, la stiamo portando da uno specialista che ci deve un favore. Le chiedo gentilmente di non agitarsi e di non camminare visto che probabilmente ha un brutto caso di anemia e la pressione bassa. E per favore non mi fate più parlare come un pilota di una compagnia aerea.”
Risero. Bene, ora potevamo anche andare.
“Sebastian.” Dissi solo, e lui ci accompagnò alla fermata dell’autobus. Già, niente patente a quasi duecento anni. Che merda.






*****Angolo autrice*****
Ecco qui la tanto attesa storia nata dalla collaborazione di BumBj e di Lady_blood.
Che dire... entrambe speriamo che sia di vostro gradimento ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2:
Ciel

È ben risaputo da tutti che se una cosa deve andare male, andrà pure peggio delle nostre aspettative.
Anche di più lo è il fatto che tutti quanti sanno cogliere sempre i momenti sbagliati.. si, anche i demoni.
Infatti, prendere in braccio una ragazza completamente a me sconosciuta, portarla da uno shinigami innamorato del mio pseudo maggiordomo per cercare di convincerlo a sistemarle l’anima, e poi essere invitato a uscire dalla stessa non è esattamente l’ideale per un demone affamato e nel pieno di una crisi ormonale.
Ma torniamo alla visita.
“Oh, Sebas-chan!” mormorò languidamente Grell, abbraccicandoselo tutto. Povero Maggiordomo,
costretto.. ah, ma chi prendo in giro, era la scena più divertente che potevo sperare di vedere quel giorno.

Vidi Veronika leccarsi leggermente le labbra e irrigidirsi. Brividi e pelle d’oca attirarono il mio sguardo, e la strinsi piano per riscaldarla e lei avvampò. Sorrisi.
“Hai freddo?” chiesi, gentilmente, avvicinandola al mio volto.
Lei annuì, e vidi nei suoi grandi occhi viola il riflesso della sua anima. La fame mi attanagliò lo stomaco, ma feci sorriso a cattiva sorte.
“Beh, nonostante sia pieno luglio fa abbastanza freddo oggi.” Mormorai.
“Già..” rivolgemmo lo sguardo al cielo, e lo vedemmo più grigio del solito.
“Grell.. basta.. ti.. prego.. oddio.. LEVA QUELLA MANO… Non.. ma.. aspetta..” ridemmo piano guardando Sebastian lottare contro le mani di Grell.
“Grell.. smettila!”
“Oh, Sebastiaan… lo sai che mi devi ancora un bacio con la lingua, mio bel principe.”
“E pensare che Grell è più piccolo di Seb di novecentocinquant’anni..” mormorai, ridacchiando.
“Come scusa?” disse lei, inarcando un sopracciglio.
“AH, nulla, nulla. Grell, giuro che dopo Sebastian assolverà alla sua vecchia e cara promessa… però, puoi visitare questa ragazza? È flebile.”
“Debole.” Mi corresse lei.
“Sisi, debole.” Dissi, distrattamente.
“Ohoh… vediamo..” assottigliò lo sguardo e lo fissò sul seno della ragazza.
“Oh cielo.” Disse, portandosi una mano alle labbra.
“Cosa c’è?” esclamò lei, agitandosi su di me.
“Oh, cara mia, sei così fragile.. verginale.. oh cielo, sei un’anima d’oro.”
“COME DIAVOLO FAI A SAPERE CHE SONO VERGINE?” Urlò lei, alzando di scatto la testa, con l’unico risultato di colpirmi il naso con la testa.
“Ouch!” Esclamai, mollandola per tenermi il naso sanguinante.
Lei cadde a terra, ma si fece poco male visto che non ero molto alto.
“Hei! Ma ti pare modo di trattare una donna!” Grell la prese per un braccio, con il viso indignato. “Vieni, cara. Come ragazzo sei un frana, Phantomhive, anche se come demone non sei poi tanto male.” Arrossii mentre lo shinigami mi osservava come se mi dovesse fare una radiografia. Il mio avvampare fece avere la stessa reazione a Veronika. Cielo, che carina!
“Pha-Phantohive?!” balbettò lei.
“Si, perché?” esclamammo contemporaneamente io, Sebastian, Grell e Undertaker.
Aspetta. Ma da dove era uscito?!
“Ih ih ih..”
“No, perché nella mia vecchia scuola studiavamo la famiglia Phantomhive, visto che l’istituto era la sua residenza. Se si va in giro lì, si può ancora trovare roba dell’ultimo Conte. Anche del suo maggiordomo. Dalle foto, voi due siete uguali, anche se Sebastian è molto più giovane.” Disse lei con leggerezza.
<< Una scuola? Casa mia.. in una scuola?! Quale scempio! >> sorvolavo sul fatto, però, che la cosa più sconvolgente per me era il fatto che lei probabilmente studiava dove io mi lavavo, o dormivo. O mi.. ehm.
Sospirando dissi “Beh, perlomeno il diario l’ho bruciato.”
“Tu hai letto il diario di Ciel Phantomhive?”
“Ciel Phantomhive aveva un diario?!” scattò Sebastian.
“Ih ih ih, beata ingenuità..”
“Ovviamente. L’ho letto, si, ma non c’era nulla di significativo dentro. Poi, però, quando c’è stato l’Incendio di Lon… di casa mia, è bruciato. Me lo regalò mio padre.. “ dissi, malinconicamente.
Lei sorrise intenerita e mi si avvicinò. Mi accarezzò una spalla ed io distolsi lo sguardo. Mi metteva ansia, quell’umana.
Nel girare la testa, vidi Sebastian leccarsi i canini mentre annusava l’aria.
“Quell’anima.” Sillabò, e poi chiesi a Veronika
“Dove hai preso quell’anello?”
“Me lo regalò mia madre. Mi disse che mi avrebbe aiutato a, testuale, eliminare l’impuro.” Rise.
Anche noi. Però quelle parole ‘eliminare l’impuro’ mi risultavano familiari in modo inquietante, e per qualche stana ragione sentii un gelido brivido corrermi lungo tutta la spina dorsale.
“Cambiando discorso. Come mai studiate i Phantomhive? Credevo che di loro si fossero disperse le tracce.”
“In effetti è così. Abbiamo trovato maggior parte delle informazioni nell’Istituto maschile Trancy.”
“Anche casa sua?!” Esclamò ridendo Undertaker. Si, ancora ci è ignoto da dove sia spuntato. In tutti questi anni non è mai cambiato di una virgola..
L’Angoscia è il suo elemento.
“Beh, tutte le residenze importanti sono diventati collegi. Per fortuna la Residenza Phantomhive è mista.”
La mia mente ebbe sprazzi di immagini oscene e sconce e avvampai di nuovo.
“C-Credo che Veronika debba essere visitata.” Dissi, spingendola verso Grell che la abbracciò e la portò in una saletta graziosa.
Poco dopo, sentimmo i familiari gemiti di piacere di chi si fa riparare l’anima.
Che avevate pensato, eh?!
Appena Veronika uscì dalla saletta mi venne in contro.
“Va tutto bene? Come ti senti?” le domandai più per cortesia che per reale interesse, o meglio l’interesse c’era, ma per la sua anima e non potevo certo divorarla senza che lei me lo concedesse.
“Mi sento molto meglio, grazie, il vostro amico è un genio!” mi abbracciò affettuosamente e per un attimo mi sentii avvampare.
Io e Sebastian la accompagnammo fin sotto casa sua, grosso sbaglio, perché Veronika fece una cosa che avrei preferito evitare.
“Senti Ciel domani c’è una festa in un locale in centro, ti andrebbe di accompagnarmi?” mi chiese bloccandosi sulla soglia di casa sua.
Inizialmente pensai di rifiutare, ma poi, riflettendoci un attimo capii che probabilmente così avrei avuto più possibilità di avvicinarmi alla sua anima. “Va bene, domani non ho nessun impegno quindi posso tranquillamente accompagnarti” risposi sfoggiando uno dei miei sorrisi migliori.
“Allora ti aspetto alle otto! Non deludermi” così dicendo entrò in casa chiudendosi la porta alle spalle.
Mi voltai a guardare Sebastian e sul suo viso notai una nota di disappunto, ma anche sorpresa, probabilmente si aspettava che rispondessi in modo scorbutico come mio solito; sarò anche piuttosto giovane come demone, ma di certo non sono stupido, e farò qualsiasi cosa per avere l’anima di quella ragazza. La voglio e non me la lascerò sfuggire…

 

*****Angolo autrice*****
Ecco il secondo capitolo di questa storia, questa volta non è tutta opera della mia collega, ho dato una mano anche io =) Entrambe speriamo che sia di vostro gradimento e che continuerete a seguirla e a recensire ^^ 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3.
Vereonika


Alle otto meno cinque, ero fuori la porta ad aspettare Ciel. Non sapevo precisamente per quale ragione l’avessi invitato ad uscire, ma c’era qualcosa in lui che mi attirava come una calamita; inoltre sia lui che Sebastian sembravano dei tipi piuttosto bizzarri, facevano discorsi un po’ ambigui di cui non capivo il senso, e poi quella somiglianza con il conte Phantomhive e il suo maggiordomo…
Ecco che vedi Ciel salutarmi con un enorme sorriso.
“Ciao!” lo salutai avvicinandomi.
“Ciao Veronika. Allora, dov’è questa festa?” rispose prendendomi per mano e accompagnandomi verso una moto parcheggiata dietro l’angolo.
Appena mi sfiorò ebbi un fremito e subito dopo mi sentii avvampare. Quel ragazzo mi faceva davvero uno strano effetto.
“Va tutto bene?” mi domandò visibilmente preoccupato.
“S-si perché?” balbettai leggermente incerta.
“Perché non hai risposto alla mia domanda e ad un tratto sei diventata completamente rossa in viso” mi spiegò lui.
“No sta’ tranquillo, è tutto ok. Comunque la festa è alla discoteca Amnesia, la conosci?”
Lui annuì e mi porse un casco. Nel giro di un quarto d’ora eravamo già nella discoteca seduti su un divano sorseggiando un Cocktail e parlando un po’ delle nostre vite.
“Di mio padre non ricordo molto, è morto quando ero bambina” cominciai a raccontare “di lui ricordo solo che quando avevo tre anni mi regalò quest’anello. Mia madre invece è sempre in viaggio, quindi passo molto tempo da sola. Non ho molti amici, anche perché mi è difficile trovare persone davvero sincere, così non parlo mai con nessuno; per la maggior parte scrivo tutto ciò che provo su un diario segreto…” lanciai un’occhiata incerta a Ciel, e vidi che mi guardava interessato. Mi morsi il labbro per il nervosismo “scusa, non volevo angosciarti raccontandoti la mia triste vita”
Ciel appoggiò la mano sulla mia “Tranquilla, non mi stai angosciando, è la tua vita e io voglio conoscerti, inoltre credimi se ti dico che so esattamente come ti senti”
“Dici davvero?” gli domandai un po’ scettica, mi capitava spesso che i ragazzi fingessero di interessarsi ai miei problemi e fingessero di capire i miei sentimenti solo per potermi portare a letto.
“Si, ti capisco perfettamente; i miei genitori sono morti in un incendio quando avevo 10 anni e da allora l’unico amico che ho è Sebastian. Non mi fido molto della gente e… anche io mi confido soltanto con il mio diario segreto” Ciel mi sorrise in modo sincero e in quel momento capii che non ero sola e che forse potevo cominciare a fidarmi di quel ragazzo dagli occhi blu.
“Ti va di ballare?” mi chiese improvvisamente cogliendomi alla sprovvista.
“I-io non sono molto brava” risposi.
Lui mi guardò perplesso “Fai sul serio? Mi hai invitato a una festa in discoteca e ora mi dici che non sai ballare”
Sospirai “E va bene andiamo” risposi sorridendo; non che non sapessi ballare, facevo danza da dieci anni, ma con lui, mi sentivo in tremendo imbarazzo, sembrava così bello e perfetto da non sembrare nemmeno umano,
Volteggiavamo sulla pista da ballo e mi sembrava di sognare ogni volta che in nostri corpi erano così vicini da poter sentire l’uno il calore dell’altro. Quasi senza pensare allacciai le braccia al suo collo e lui portò le mani a cingermi i fianchi; in un secondo le nostre labbra furono le une sulle altre, senza neanche rendermi conto di cosa stavo facendo lasciai alla sua lingua libero accesso permettendogli di cercare e trovare la mia all’interno della bocca. Era il mio primo bacio ed era meraviglioso.
Ad un tratto mi sentii mancare, era come se quel bacio stesse prosciugando tutte le mie energie, era una sensazione mista fra dolore e piacere, ma non volevo staccarmi da quelle labbra così morbide, tuttavia furono loro a staccarsi da me, in un modo così brusco che mi sentii disorientata per un attimo. Ciel avevo uno sguardo stravolto. “Ti senti bene?” gli domandai.
Lui ansimò per qualche istante “devo andare, mi dispiace” disse infine correndo fuori dalla discoteca e lasciandomi sola in mezzo alla pista da ballo. 


*****Angolo autice*****
Ecco, e anche questo capitolo è concluso. Grazie a tutti quelli che recensiscono e che ci incoraggiano!!!   

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4:
Ciel.


L’avevo lasciata là, in mezzo alla pista, proprio quando tutti i tasselli erano al loro posto.
No, non poteva esserci qualcuno più stupido di me… a parte Sebastian.
Che rideva, ah, se rideva…
“Tu.. ahah, l’hai lasciata là? Che c’è, le hai assaggiato l’anima eh bambacione?” disse, piegandosi mentre ciuffi scuri gli coprivano gli occhi. La sua risata cristallina era un’ammazzata per le mie orecchie.
“Oh, ma taci! Lo sai benissimo, guarda che lo so che anche tu mi assaggiavi l’anima mentre dormivo, quando ero umano! Non negare, in questo momento non voglio discutere.”
Mi presi la testa fra le mani, osservandomi le ginocchia coperte da jeans stretti.
“Quindi l’hai assaggiata… idiota!”
Indosso avevo una canotta bianca e sopra una camicia di flanella a quadri sul blu. Certamente non ero nelle migliori condizioni, e di certo non ero pronto a quello.
Toc toc.
Gelammo.
<< No, non è lei! >>
“Ciel?” una massa informe di capelli neri sbucò dalla porta del garage dove stavamo io e Seb, poi seguiti da grandi occhi viola e una bocca che avrei desiderato rendere mia all’istante stesa in un sorriso teso e nervoso. Meravigliosa!
“Entra!” No, non ero stato io. Idiota, idiota, idiota, idiota!
Lei scivolò dentro impacciata ed io mi alzai di scatto. Beh, in confronto a lei ero molto alto, e Sebastian si mise nella mia stessa precedente posizione, a differenza che la testa era ben poggiata e non intrappolata sui palmi.
Ci guardammo inizialmente senza dire nulla, io i pugni serrati e lei la testa china. Il disagio e la tensione erano palpabili.
La guardai, mordendomi le labbra e conficcandomi le unghie nella carne per non saltarle addosso, e morii vedendola fasciata in una magliettina verde acceso, di quelli che attirano lo sguardo. La catena al collo che portava l’anello a me familiare spariva fra i seni, i jeans scuri delineavano la forma delle gambe snelle. Una cintura nera con le borchie era si solo ornamento, e sulle mani vi era un piccolo anello di metallo al pollice, e portava dei braccialetti di filo e cuoio.
“Scusami, per ieri sera.” Dissi, distaccato, io rompendo il triste – e dannatamente teso – silenzio. Lei scosse il capo e mi guardò, sorridendo.
“E’.. è colpa mia.”
“Scherzi?” dissi, sorridendo. “Sono scappato come una lepre.”
“Non.. non avrei dovuto baciarti, mi dispiace, Ciel.”
“Uhhh, addirittura il bacio..” disse eccitato Sebastian. Lo avrei ucciso, più in là.
“Ci siamo baciati, Veronika, nessuno ha baciato nessuno. L’abbiamo fatto assieme, no?”
“Credo di si. Senti.. Ciel..”
“Si?” l’attesa nella mia voce la fece sorridere divertita.
“Mi chiedevo solo in che sezione sei in questa scuola. Sai, mi piacerebbe continuare a frequentarti.. e visto che si sta avvicinando settembre… ”
La guardai inclinando il capo. Certo non mi aspettavo una domanda del genere. Mi avvicinai d’un passo, e poi d’un altro.
“La storia s’infittisce!” mormorò Sebastian con voce tremula.
“Siamo in M. Sia io che…” lo indicai con aria disgustata “.. lui.”
“Mi ha indicato! MI HA INDICATO! Yuuuuhuuuu!” lo vedemmo uscire urlando. No, quel demone non stava bene.
Oppure era il suo modo di lasciarci la nostra privacy.. ma comunque non stava bene.
Sorrisi, leggermente intimidito.
Quella ragazza, oltre ad un’anima perfettamente pura, era.. si, quel genere di ragazza che vorresti come ragazza ma riesci ad avere solo come amica.
Le presi una mano e lei mi guardò sorpresa. Poi fece un sorriso che pagherei oro per rivedere ora.
“A quanto pare esco con un bel ragazzo.” Gongolò. Sorrisi, e strattonai il suo braccio delicatamente, per farla cadere e abbracciarla. Le baciai la testa, e lei strinse la mia camicia.
“Che profuma.” Aggiunse poi.
Scorsi un occhio rosso guardarci da fuori, ed ammiccai. Non ho mai saputo se mi avesse risposto.
Sono subdolo, lo so, un bastardo categorico, un bambino viziato che aveva appena visto un nuovo balocco. Non potevo rinunciarci..
Finalmente potevo fare qualcosa per ritornare allo scoperto. Prima che me ne potessi rendere conto, assunsi un’espressione che Veronika non poté mai vedere sul mio viso, fortunatamente. I miei occhi divennero di nuovo rossi, quel vermiglio brillante che mutava, la mia pupilla s’allungò fino ad assomigliare a quella di un gatto.
Mi leccai i denti, sentendoli appuntiti sotto la lingua.
Chiusi gli occhi e serrai le labbra, stringendola anche di più. Lei mi strinse i fianchi, e sorrisi. Gola, lussuria e avarizia.
Forse, questi tre peccati mi rappresentavano di più. Forse, quel piccolo cucciolo fra le mie braccia avrebbe distrutto tutte le basi su cui si fondava il mio orgoglio, forse avrebbe intrappolato in un bacio tutto ciò in cui credevo.
Ora so dirvi solo questo: sono eterno. Eterno, anche dopo il giudizio universale, si, io sarò qua, ad attendere sacrosante anime pronte a vendersi per scopi assolutamente inutili. Ma gli umani sono stupidi, lo capiscono solo quando sono in punto di morte. Io non sono mai stato stupido, nonostante fossi umano: sapevo che quel facevo in parte era inutile, ma DOVEVO farlo. Io alla fine mi sono salvato da ogni dolore, distruggendo però Sebastian. Ma non mi importava, anche se era il mio migliore amico. Il mio unico amico.
Passammo la giornata insieme, noi tre. Non sapevo che fare, ancora, e non notai piccoli dettagli che avrei dovuto cogliere.
Non li notai, e questo fu un grande errore, perché senza accorgermene stavo combattendo una battaglia che con tutta probabilità avrei perso. Come l’ultima volta. Come tutte le volte.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo speciale ***


*****Angolo autrice*****
ecco a voi miei carissimi lettori due capitoli in una volta, quello precedente e ora questo che è un capitolo speciale che tratta dei ricordi di Ciel. Rigrazio tutti coloro che hanno recensito e co hanno incoraggiate ( me e BumBj) a continuare questa fanfiction. a questo punto BUONA LETTURA ^^



Memories:
Ciel – Rodolphus.

Camminavo a braccetto con la ragazza per le vie di una Londra che non era più sotto il mio controllo. Una Londra aperta, una Londra sviluppata, una Londra “moderna”. Eppure gli Umani sono così prevedibili.
“My Lady… cosa succede?” chiesi, il tono umile. Il mio orgoglio ribollì.
“Rodolphus, stiamo andando a conoscere quello che dice di essere mio padre. Tu sai che devi uccidere tutti coloro che infangano il suo nome, vero, Rodolphus?”
“Yes, my Queen.”
Guardai la mia padrona: era bellissima, da intensi occhi viola e capelli particolari, d’un bianco latteo. Però la pelle distesa e liscia e pallida narravano la giovinezza della ragazza. Al dito portava la gemella della mia scheggia.
Il suo nome? Lady Hannah Bodlaire.
Bussai alla porta del signorotto anziano che ciarlava di essere un Bodlaire.
Una cameriera mi aprì, e senza sorridere ci fece entrare.
Un uomo panzuto, con baffoni grigi e capelli dello stesso colore ci venne incontro ridendo con un vocione paterno e amichevole. Disgustosa, era però, la sua anima: scialba, consumata dall’avidità.
La lady mi guardò ed io scossi il capo.
“Papà!” gridò lei, correndo ad abbracciare lo sconosciuto. Io rimasi lì, facendo cadere dalla manica il mio pugnale, che si incastrò perfettamente nel mio palmo. Chiusi gli occhi ed inspirai, isolandomi. Tra me ed il mio obbiettivo c’era solo la mia padrona e la cameriera. Che uccisi. Non ebbe il tempo nemmeno per gemere, e poi feci scivolare la lama sotto il collo dell’uomo, tra il quinto e quarto mento. Anche con i guanti sentivo la pelle unticcia.. inghiottii il disgusto e mormorai
“La scheggia di Hope sceglie da sola il proprio padrone.” Sorrisi, famelico, e con uno scatto tagliai la gola al tipo. Appena la testa rotolò via la inchiodai al pavimento con il pugnale appena prima che incontrasse i piccoli piedi calzati della mia padroncina.
La presi in braccio, e lei si chiuse a riccio su di me. Uscii, e mi diressi verso la carrozza.
“Rodolphus… perché la cameriera?!” mi chiese, con tutta l’aria di chi sta per farmi una ramanzina.
“L’anima di quella ragazza era deplorevole.” Dissi solo, e lei annuì senza poi dire nulla.
Avevo solo dieci anni come demone, eppure Londra era molto cambiata.
“Andiamo alla residenza, signorina?”
“No, voglio andare al parco.” Ordinò, ed io la sistemai sul sedile.
Mi misi al posto del cocchiere, e feci partire la carrozza.
Arrivammo poco dopo, quando già ormai si chiacchierava di un assassino in circolazione che si divertiva a lasciare dietro di se prove inutili ed inconcludenti.
Sorrisi piano, quando nel verdeggiante parco la mia padrona si mise in una piccola raccolta di fiori viola.
“Guarda, Rodolphus, dello stesso colore dei miei occhi!” disse, meravigliata.
“Sono meravigliosi, signorina.”
“Li adoro, Rodolphus, ne posso cogliere uno?” me lo chiese come se fossi suo padre.
Io annuii, unendo le mani dietro la schiena.
Lei sorrise dolcemente, un sorriso che non illuminò gli occhi viola, bellissimi, mentre io mi inginocchiavo accanto a lei.
“Sai, Rodolphus.. la mamma diceva che papà era un angelo, un angelo bellissimo. Diceva che gli assomigliavo tanto, anche i capelli, lui ce li aveva chiari come i miei. Quando papà mi ha dato quest’anello mi ha detto che era importante, per eliminare l’impuro.” Raccontò, ed io gelai. Ricordi troppo vividi si fecero sentire nella mia testa.
“Quando è morto, suo padre, signorina?” chiesi, sorridendo.
“Undici anni fa. Avevo sei anni.” Feci un rapido calcolo. Ero diventato demone solo dopo un anno che Sebastian aveva quasi mangiato la mia anima. La stessa sera che Sebastian aveva ucciso Ash… come faceva di cognome?, cioè undici anni fa. Chiusi gli occhi.
“Il cognome non è della casata di suo padre, vero?”
“No, è di mia madre. Non so nemmeno come si chiamasse mio padre, Rodolphus.” Disse, chinando il capo. Ciocche chiare sfuggirono allo chignon che raccoglieva i capelli della mia signorina, ed io le intrappolai fra le dita, sistemandogliele dietro le orecchie.
“Allora perché sono qui, Signorina?”
“Perché mi devi dare le risposte che cerco..”
“Potevate contattare uno spirito, per quello, signorina.”
“.. e anche perché voglio che tu uccida chiunque si spacci per mio padre per avere la mia scheggia di Hope. Lei mi ha scelta, io sono la Meticcia. Devi proteggermi senza mai farmi sporcare di sangue, Rodolphus.”
“Yes, my Queen.” Mormorai, e lei mi sorrise intenerita.
“Posso farti una domanda, Rodolphus?”
“Ma certo, signorina.”
“Qual è il tuo vero nome? Rodolphus non mi piace più.”
“Io… io sono Ciel Phantomhive, signora. Ora, però, solo Ciel. Solamente Ciel, da lei detto Rodolphus, un diavolo di maggiordomo.” Lei mi accarezzò i capelli.
“Piantala di fingere che Rodolphus sia un bel nome, Ciel. Ormai, riprenditi il tuo nome, te lo meriti. Hai lavorato egregiamente in questi sei anni.”
Avevo l’aspetto di un vent’enne, aggraziato e non effeminato come ero da bambino. La mia padrona invece ne aveva diciassette. A dodici anni si era venduta l’anima per salvare il nome della sua famiglia, per salvare se stessa dalla Disgrazia di Hope. Inceppando, però, in un’altra disgrazia ben peggiore.
Per questo la servivo con devozione senza mai protestare, neanche quando mi faceva richieste assurde.
Per questo io tacevo ogni volta che mi picchiava, tirandomi addosso sculture, vasi, quadri, testiere dei letti.
Per questo avevo cominciato ad adorare quella ragazza. Per questo l’amavo.
Io amavo Hannah Bodlaire.
Ma lei non amava me.
Per questo io l’amavo anche di più, facendo fruttare il mio amore in silenzio.
Godevo di qualcosa di migliore di un grasso salario a fine lavoro: godevo del permesso d’amare, un permesso tacito e taciuto da entrambi.
“Ciel..” la guardai, mentre strappavo da terra due fiori viola, per poi cominciare a togliere il terriccio e le radici fragili.
“Si, signorina?”
“Mi ami? Rispondi e sii sincero.”
“Non potrei comunque mentire, signorina.”
“Rispondi, Ciel. Rispondi.”
Le porsi un bracciale fatto con lo stelo e le radici dei due fiori, intrecciandoli, le corolle a coronare e a decorare il tutto. Sorrisi, per poi inclinare il capo.
“Non mi è stato ordinato, Hannah. Non posso amare.”
“Ciel, io ti ordino di amarmi.” Facile, troppo facile.
“Yes… My Queen.”

 


Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 6:

Veronika.


Mi lasciai cadere mollemente sul divano dell’appartamento. Ogni cosa era sul blu, tranne quella stanza: rossa e oro. E c’era un quadro con un bel bambino dagli occhi chiari come i capelli, il viso pallido e dall’aria perversa, con un sorriso che pareva più un ghigno. Un disegno così verosimile che mi sembrò che mi fissasse.

Ciel e Sebastian si sedettero di fronte a me, sulle poltrone, ed io li guardai interrogativa.
“Allora. Credo che tu abbia bisogno di sapere..” cominciò con la sua voce maledettamente sensuale Ciel.
Sebastian continuò per lui. “.. che il mio amico qui presente sta per essere giustiziato davanti a quello che voi chiamate volgarmente Satana. Il suo nome in realtà è Lucifero.” la sua voce annoiata mi innervosì, e mi irrigidii sistemandomi poi sul divano rosso. Mi stavano per caso prendendo in giro??
“Sebastian, non credo che le interessi il fatto che fra qualche decina d’anni morirò. Credo che ciò che la riguardi..” fece un gesto con le mani “.. Sia il motivo.”
Li guardai senza capire. Lucifero? Giustiziato? E che centravo io?
Strinsi l’anello fra le dita.
“C’entra per caso il mio anello?”
“Non ci può essere cosa più lontana da questa cosa che la Scheggia di Hope, Veronika.”
“Scheggia? E chi è questo Hope?” cominciavo veramente a capirci poco, mi confondevano.
Ma ciò che importa ora, è che vi spieghi il nostro primo giorno di scuola.

**


Il liceo statale Colombo, nella sua fiera decadenza, era il liceo più.. strano.. che si potesse vedere in giro. Era d’uno splendido azzurro (quel colore sembrava perseguitarmi), leggermente rovinato e spezzettato dall’edera. Le finestre erano di taglio gotico, come le porte e gli archi, e ricordava vagamente una villa. L’interno sembrava la residenza Trancy, sia per i mobili che si trovavano nelle classi e per i corridoi. Un punto a sfavore della scuola? Era priva di armadietti, anche se avrebbero rovinato il quadro generale. Gli insegnanti erano giovani, tranne quello di storia. Era appassionato della storia della Roma Antica: e ti credo, c’aveva vissuto.
Io e Ciel camminavamo vicini, osservando gli interni, mentre lui mi illustrava con aria teatrale ogni cosa. La storia del luogo, a chi era appartenuto, il vecchio preside che era impazzito.
Ed io mi sbellicavo.
Era bello stare con lui. Poi, ci fu lo shock generale.
Vedemmo un ragazzo di pressoché sedici anni, frequentante il terzo anno, dai folti e studiatamente disordinati capelli neri e occhi d’un intenso rosso che teneva per la vita una ragazza dai capelli castani e occhi d’un profondo castano. E si mangiavano la faccia. Oh cielo, che scena.
“Ah, grandioso, vedo che ha conosciuto nelle vesti di studentessa la povera Sharon. A lavoro non sarà più la stessa cosa.” disse con aria contrariata il bel ragazzo al mio fianco, che mi passò una mano sulla vita, abbracciandomi delicatamente senza essere possessivo.
Eravamo vestiti simili: entrambi con una camicia di flanella a quadri, lui sempre di quel blu che tanto gli donava, io di verde, con jeans stretti, ma lui non tanto stretti da sembrare.. confuso, e scarponi. Lui aveva la solita frangia a coprire l’occhio destro.
“Chi è Sharon?” chiesi candidamente.
“Il mio capo.” disse stancamente toccandosi con un gesto involontario la nuca. “E’ piuttosto violenta. Se Sebastian la lasciasse, credo che perderebbe l’uso degli arti dalla vita in giù. E non solo.” mormorò ridacchiando.
Passammo avanti, e poi la malvagia campanella ci costrinse a incamminarci verso la nostra aula. Era un mese che ci frequentavamo, e potevamo dichiararci con orgoglio impegnati l’una con l’altro.
Mi sfiorò le labbra con le sue, ed io avvampai.
“Ah, buona fortuna con il professore del Giurassico. E’ un tipo piuttosto strano! ” mi mormorò ed io mi strinsi a lui in un leggero abbraccio.
“E tu sta attento a non fare cavolate, Signor Rischio-di-rimanere-senza-ciò-che-mi-è-più-caro-al-mondo.” lui sgranò gli occhi. Ghignai del mio stesso doppio senso, e mi avviai assieme a lui verso la nostra sezione. Ci mettemmo in punti diversi dell’aula come accordato per evitare di distrarci l’un l’altra.. ma comunque ripensai a ciò che mi aveva detto: strano? In effetti, quando vidi il professore entrare, nel suo giaccone marrone a motivi scozzesi troppo grosso, e nel vestiario del diciannovesimo secolo o giù di lì, mi scoprii a sorridere. Già mi piaceva quel prof. Ci alzammo in blocco, e ad un suo gesto ci risedemmo con uno stridio di sedie.
“Buongiorno, ragazzi!” disse, tutto allegro.
“Buongiorno professore.” Ripetemmo noi, senza l’allegria che cominciava a caratterizzare quel prof che sapeva di nonno.
“Allora, ma quante facce nuove..” disse lui, sorridendo bonario. Gettò uno sguardo al registro, dove c’erano scritti i nomi di tutti.
“Austin Christie.” Chiamò.
“Presente!” disse la mia migliore amica.
“Bodlaire Veronika.”
“Presente.”
Vidi Ciel irrigidirsi e gettare uno sguardo rapido a Sebastian, accanto a lui, che scosse - ridendo - la testa. L’appello continuò senza problemi, e rivelò che Ciel era l’ultimo nella lista.
Il professore gli gettò uno sguardo freddo. Evidentemente non andavano d’accordo.
“Oggi parliamo dell’Inghilterra Vittoriana, visto che quell’età è stata una delle più importanti. La Regina Vittoria scese al trono a soli 18 anni, ed era una Regina viziata e capricciosa.”
Il mio sguardo non mollò nemmeno un momento Ciel, che iniziava ad agitarsi.
Sebastian sogghignava. Tanto per cambiare, no?
Il professore iniziò ad assumere un tono arrogante, quell’aria saputa che cominciava a dare sui nervi alla classe. Soprattutto a Phantomhive. Si, ok, lo chiamavo Phantomhive in classe.
Ciel alzò la mano con aria stizzita.
“Professore, lei ha saltato una parte importante di quest’epoca: la situazione sociale.”
Il professore lo guardò malissimo, la classe invece con aria divertita, mentre il povero Sebastian faceva una smorfia con le labbra.
“La nobiltà, per quanto graziata, era in una situazione difficile. C’erano omicidi, stupri, e casi che.. rattristavano la Regina. Il popolo era in fioritura, ma non mancava la prostituzione, il crimine, lo sfruttamento minorile. C’erano paesi che sfuggivano alla legge con banali giochetti.”
“E questo lei lo sa, signor Phantomhive, perché..?”
“Fonti sicure.”
“Può dirci quali?”
“Il diario del Mastino della Regina, il mio omonimo e antenato Ciel Phantomhive.” Il suo sorriso falso mi fece sorridere a mia volta. Amavo quando faceva il fico.
“E dov’è questo fantomatico diario, signor Phantomhive??”
“E’ bruciato.”
“E dovrei crederle?”
“E perché non farlo.”
Lo scambio di battute sembrava vagamente una partita di ping pong.
Sospirai, o forse emisi un gemito di sollievo, quando la campanella suonò. Ci alzammo e ci dirigemmo tutti verso il corridoio, armati di borse e libri.
Presi Ciel per un orecchio e lo abbassai fino alle mie labbra, mentre il suo viso si storceva in una smorfia vagamente dolorante.
“Idiota! Ma mi hai sentita quando ho detto niente cavolate o hai travasato tutto?” dissi, tra i denti.
“L’ostilità di quel professore verso di me c’è da quando sono qua! Ahia! Lascia il mio povero orecchio!” esclamò lui, e lo accontentai, per poi avere l’effetto elastico. Lui si rizzò subito eretto, tenendosi con entrambe le mani la parte strattonata.
“Uffa, Vero, ma perché?”fece il tono da cucciolo ed io lo abbracciai dolcemente.
“Suu, Ciel, non fare così..” gli baciai la parte interessata, scostando con il naso le mani. Lui sorrise stampandomi un lieve bacio all’angolo della bocca. Socchiusi gli occhi e vidi un lampo rosso nei suoi.
Sorrisi facendo finta di non aver visto nulla, per poi sentire di nuovo la campanella suonare e vedere Ciel gettare uno veloce sguardo all’orario.
“Peeeerfetto, educazione fisica.” Mormorò, andando verso il suo armadietto. Prese un paio di tute da basket ed una da ginnastica artistica (panta-collant e una maglietta aderente) che mi lanciò.
La presi al volo.
“Ma.. educazione fisica in seconda?”
“Si, l’orario provvisorio è parecchio sballato, tipo quando Seb è fatto, hai presente?”
Sorrisi.
Mi prese per la vita, e poi mi accompagnò in palestra raccontando con aria stranamente malinconica.
“Sai.. nel diciannovesimo secolo, nell’epoca Vittoriana, poche famiglie si sono distinte: la famiglia Trancy, Phantomhive, Fumo, Colonna, Middleford e.. Bodlaire.” Rimasi vagamente scioccata. “Tutte ricchissime, e governate da bambini prima di sparire. La maggior parte di loro era in una situazione tragica. Tranne la Bodlaire, quelle famiglie sembravano non aver più eredi. Evidentemente, Ciel Phantomhive deve essersi divertito prima di morire per “tisi”.” Sospirai annoiata. “Aspetta, fammi parlare. Nella famiglia Phantomhive si tramandava un anello, la Scheggia di Hope, di cui era sparita la gemella. Girava la voce che fosse stata data in dono a qualche altra famiglia di quelle che ho citato, ma a chi non ci è dato saperlo.”
Mi diede in mano l’anello che portava sempre al pollice.
“Ecco, è questa.”
Rimasi meravigliata dalla purezza di quel blu, ma non tanto da volerla per me e peccare d’avidità.
Sorrise anche lui al mio sguardo.
“Andiamo, sta per arrivare la prof. Ah, attenta, se ti prende in antipatia è capace di farti fare venti flessioni solo per uno starnuto / sbadiglio / stiracchiamento / attimo di riposo / aver alzato la mano. E altre cose che non mi ricordo.”

“Scommetto che ti ha preso in antipatia!”

“Ti sorprenderò, sono il suo preferito… dopo Seb.”
Mi finsi esageratamente meravigliata, portandomi le mani alla bocca.
“Nooooooooooo!”
Lui scoppiò a ridere, una risata che sentii spesso ma che non illuminò mai i suoi occhi.


**


Sbadigliai stancamente sulla panchina nel parco. Strofinai la mano destra sulla coscia, per poi alzarmi dando un colpo alla stessa.
Cominciai a camminare, la testa vuota, gli occhi leggermente spiritati. Troppe, troppe informazioni. La Scheggia, la sfortuna, i demoni.. Diamine.
Stavo andando a casa, per mettermi un momento in pace, ma il mio sguardo venne attirato da uno spazio verdeggiante con alcune coppie. Guardai la mia camicia, o meglio.. quella di Ciel che mi aveva regalato. Sorrisi amara.
Menzogne. Solo e solamente menzogne. Ogni sguardo, ogni bacio. Sentii un groppo in gola. Non dovevo piangere, non per lui. Erano solo quattro mesi che stavamo insieme, e nonostante non avevamo mai detto un “ti amo” o neanche “ti voglio bene”, non potevo non sentirmi tradita.
Potevo anche non credergli su quello che aveva detto su di me ma non potevo negare quello che mi aveva detto – sussurrato in un orecchio – su se stesso e su Sebastian.
Menzogne. Menzogne.
Solo, solamente ed esclusivamente menzogne.



*****Note di Bj*****
Ok gente, si, lo so. Sono crudele. Ma questo serve ad introdurre ciò che ha sconvolto Ciel in passato, cioè quello che ha concluso il capitolo quattro.
Veronika ha scoperto troppe cose tutte insieme, e purtroppo questo incrinerà pericolosamente ciò che a fatica ha instaurato col gelido Ciel.
Ma passiamo al passato (eh?!): Come vi sembra il primo giorno di scuola? xD
Ne vorrei uno così anche io! (per esattezza, vorrei essere al posto di Sharon.. =Q__ ah, lei non durerà molto, neanche una settimana, ma conosciamo bene il nostro Sebby-chan!)
Il capitolo è solo l’ennesima anticipazione: è diviso in più parti, tra presente e passato.
Ovviamente, godetevi la coppia, perché ci sono guai in vista

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
Veronika.


Notai con sollievo che la porta dell’edificio era aperta. Dentro, poche persone ad allestire quella che sembrava una festa. Sospirai.“Ehm, scusi signorina!” chiamò un ragazzo, e mi voltai a vedere: traballava pericolosamente su una scala, nel tentativo di mettere decentemente una faccia inquietante di strega.
Forse avrei potuto chiedere a Ciel di prestarmi quel quadro.. oh, dovevo smetterla di pensare a lui!
“Mi aiuta?” chiese il ragazzo, ed io andai a tener ferma la scala di ferro. Appena finì, lui scese e mi ringraziò.
“Sa, son un pochino imbranato..”
“Ah, tranquillo! Mi dia del tu! Io sono Veronika, piacere!” Allungai una mano con l’intenzione di fargliela stringere.
“A patto che tu faccia lo stesso! Piacere, Robert.” mi disse, sorridendo.
“Oh, e che state facendo?” chiesi, guardandomi intorno. Lui mi guardò alzando un sopracciglio con aria ironica.
“Dai, non vedi? Creiamo la festa d’Halloween per il liceo Colombo. Domani volantini a gogo!” sospirò.
“La cosa non sembra piacerti più di tanto…” gli risposi, posandogli una mano sulla spalla destra, e sorrisi gentile.
“Odio Halloween, senza contare che poi verranno sia Phantomhive che Michaelis.”
“Non ti sono simpatici?” chiesi e soffocai la risata.
“Per niente. Se la tirano troppo, neanche fossero i Conti di questo cazzo.” Fece lui, e scoppiai a ridere senza volerlo. Che ironia!
“Scusa, eh, è che io sono la ragazza di Ciel e beh.. sentir parlare di lui in questa maniera è molto ironico..”
“Sei.. sei la ragazza di Phantomhive?!”
“Credo. Non lo so più nemmeno io.” Abbassai la testa.
Lui mi toccò la spalla con fare comprensivo.
“Mi dispiace.”
Improvvisamente mi ricordai dove avevo visto quel ragazzo.

°*°*°

La musica era martellante. La folla ballava a ritmo, ognuno inconsapevole della gente intorno a se. Suonava “Seek Bromance” di Tim Berg, una delle mie canzoni preferite, e la ballavo stusciandomi sul mio pseudo ragazzo.
La sua gamba era tra le mie, e le sue mani percorrevano il mio corpo molto delicatamente, incitandomi a ballare senza mai fermarmi.
Indosso avevo un vestitino nero di tulle, col busto di seta e raso nero. Varie strisce di velluto rosso disegnavano concetti astratti che Ciel ammirava di tanto in tanto nella foga della danza frenetica da discoteca.
Dondolavamo, stretti nella calca, ma ad un certo punto decisi di fare di testa mia: mentre la ragazza cantava soave il testo cominciai ad ancheggiare muovendo le braccia sopra la testa. Le persone cominciarono a scostarsi da me per guardare ciò che facevo.
Poco a poco, la cerchia attorno a me si allargò ed io cominciai a scatenarmi senza pudore sorridendo a Ciel che parlottava soddisfatto con Sebastian al suo fianco, che continuava a dargli di gomito.
Chiusi gli occhi, abbandonandomi al ritmo, tirando fuori tutta la mia bravura, buttando giù una coreografia improvvisata.
La canzone finì.
Le persone ricominciarono a ballare mentre la dj mixava un’altra canzone.
“Bene ragazzi! Ora passiamo alla genialità francese.. che ne pensate di Alors On Danse?!”
Le ovazioni del pubblico fecero partire la canzone e tutti iniziarono a cantare come folli. Mi unii a loro e Ciel con me. Sembravamo una coppia reale, eppure lo sapevamo entrambi di essere anomali.

°*°*°

Robert mi illustrò più volte l’idea di quella festa, e ogni volta che la sentivo mi piaceva sempre di più.
Robert parlava, parlava, parlava… era un sollievo stare con lui. Guardai l’orologio.
“Mi dispiace, devo andare… allora, a venerdì!” salutai, per poi dargli un lieve bacio sulla guancia.
“Ciao Vero, a venerdì.. e ricordati: trasgressione allo stato puro!”
Sorrisi, infilandomi le mani in tasca e mi allontanai lentamente canticchiando Seek Bromance. Non ero allegra, ma di certo non ero depressa come prima.

°*°*°

Ciel mi riportò a casa, come tutte le sere. Giocherellai con le chiavi.
“Ehm.. Ciel…”
“Si?”
“Vuoi.. vorresti salire?” chiesi, esitante, arricciando lievemente le labbra in un’espressione leggermente timida.
Arrossii al suo sorrisetto sghembo.
“Certo.”
Aprii la porta, e lui mi passò una mano sul fianco.
Sorrisi quasi soddisfatta.
“Vai in salotto, io chiudo qui e arrivo.” Lui annuì e si incamminò.
Appena sparì dalla mia vista chiusi la porta a chiave, e mi appoggiai con la schiena su di essa, scivolando in terra. Sorridevo ebete, ansimando d’emozione.
Mi rimisi in piedi a fatica sui tacchi.
Scivolai di soppiatto in salotto, dove Ciel mi aspettava seduto sul divano di pelle nera.
“Hai una bella casa.” Disse, sornione.
Ghignai.
“Io penso che il salotto non ti interessi più di tanto.”
Lui fece un’espressione buffissima e poi una pensierosa.
“Mmh.. no, in effetti no. Mi mostri la tua camera?”
“A patto che tu sia delicato.” Dissi, alludendo a cosa avremmo fatto in camera.
“Assolutamente.”
Catturai le sue labbra con le mie, e lo trascinai via, cercando di essere più dolce possibile.
Lo fu anche lui. Molto, molto dolce, come se si sentisse in colpa per qualcosa…

*°*°*

Bastardo. Un bugiardo infame. Scossi la testa, chiudendo a chiave la porta del mio appartamento. Scivolai in bagno, liberandomi dei vestiti.
Mi feci una doccia veloce, liberando la testa dai troppi pensieri.
Personalmente tutta quella faccenda dei demoni non mi convinceva affatto, eppure mi aveva mostrato i suoi occhi.. i suoi denti, le sue unghie.
Rabbrividii nonostante fossi sotto il getto d’acqua calda.
Chiusi appena in tempo l’acqua per sentire suonare alla porta.
“Un attimo!”
Mi misi qualcosa velocemente, una vestaglia azzurra molto scollata.
Aprii e trovai Sebastian appoggiato al muro nella sua posizione da “figo”. Sorrisi divertita.
“Ciao Sebastian Michaelis.” Dissi, facendo spazio per farlo entrare.
“Ciel è arrabbiato.” Disse solo.
Io feci spallucce.
“Non mi interessa.”
“Dice anche che un angelo dovrebbe capire i sentimenti di un demone.”
“Ma io non sono un angelo.”
“Ed è qui che cadi in errore. Devo ripeterti la storia della famiglia Bodlair? Quella di Ash o Angela?”
“No grazie. È raccapricciante.”
“Lo so bene. Per questo non sono entusiasta nel dovertelo raccontare, no?”
Scossi il capo.
“Dai.. vieni. Ti faccio strada.” Mormorai, guidandolo in cucina.
Mi toccò i capelli bagnati, osservandosi poi le dita con aria perplessa, mentre si ustionava lentamente.
“Acqua santa?” mormorò, esitante.
“Veronica, mi stai dicendo che ti lavi con l’acqua santa?!” mi guardò con occhi sgranati.
“No! È l’acqua della doccia, dalla fonte comune! Ce l’avete anche voi così!”
Lui mi guardò con aria ancor più perplessa e sorpresa.
“Sai, Vero, penso che io e te dovremmo farci quattro chiacchiere…” mi sorrise malizioso poi, ed io rabbrividii: non prometteva nulla di buono.

°*°*°

… “Sebastian, non credo che le interessi il fatto che fra qualche decina d’anni morirò. Credo che ciò che la riguardi..” fece un gesto con le mani “.. Sia il motivo.”
Li guardai senza capire. Lucifero? Giustiziato? E che centravo io?
Strinsi l’anello fra le dita.
“C’entra per caso il mio anello?”
“Non ci può essere cosa più lontana da questa cosa che la Scheggia di Hope, Veronika.”
“Scheggia? E chi è questo Hope?” cominciavo veramente a capirci poco, mi confondevano.
“Lascia stare. Verrò giustiziato perché mi sono innamorato di un angelo.”
Lo guardai freddamente.
“Un angelo? Devo ricordarti che sono atea, per caso, e che non credo a queste cose?”
“E questo è un gran peccato, perché vedi.. noi siamo demoni.” Disse sorridendo sornione Sebastian.
Io rimasi impietrita.

“Quindi… mi stai dicendo che discendo una un pazzo che voleva depurare l’umanità dagli esseri malvagi? Come le “grandi purghe” di Stalin?” domandai. Entrambi annuirono all’unisono.
Scossi la testa.
“Allucinante.”
“Già, lo pensavamo anche noi e credevamo che non fosse possibile ma.. tu non hai guardato con desiderio il diamante blu. Tu l’hai guardato con meraviglia e basta. Tu sei troppo pura per essere umana!” esclamò Ciel, guardandomi con il suo grande occhio blu.
Sorrisi mesta.
“Mi ritrovo a crederti, quindi…” mormorai.
“E ti è così difficile?”
“In realtà si.”
Lui si sporse verso di me.
“Ti capisco. Io ho scoperto queste cose…” guardò Sebastian con un lieve sorriso. “.. nel peggiore dei modi. Sei fortunata, Veronika.”
Lo guardai sbattendo le ciglia più volte, come a mettere a fuoco quella scena.
“Io.. io devo prendere un po’ d’aria. Scusatemi.”
Mi alzai.
“Ah Ciel.. scusami ma.. non penso che riuscirò a parlarti per un po’. Lasciami un po’ di tempo. Ti prego.”
Me ne andai così, con un groppo in gola che riuscii a sciogliere soltanto fuggendo da quel luogo.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=628353