Sailing The Waves of Past - Navigando le onde del passato di Ever Dream (/viewuser.php?uid=56570)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ~ A place called home ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ~ It`s time to cut the rope and fly ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ~ ...finding you one day ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ~ Downcast eyes ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ~ Bosom for a teary cheek ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ~ Touched by a kiss of a man ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ~ ...Give in for my touch for my taste ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ~ ...Dumb kid, living a dream _ parte I ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ~ ...Dumb kid, living a dream _ parte II ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ~ ...Dumb kid, living a dream _ parte III ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ~ ...The rest is silence ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more _ parte I ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more parte II ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more parte III ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more parte IV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ~ In my dreams you're mine ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ~ Lost on a road I don't belong ***
Capitolo 18: *** AVVISO ***
Capitolo 1 *** Capitolo I ~ A place called home ***
1
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Disclaimer: Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e
gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti
narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia
e
di tanto tempo a disposizione.
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del passato
Capitolo
I ~
A place called home
“Cosa
sono le fotografie se non frammenti di passato ,attimi rubati al tempo
e alla
storia della nostra vita? Ho cercato le foto della nostra
infanzia, ne sono
rimaste pochissime. La più vecchia ci ritrae seduti su un
lettone intenti a
sorridere alla macchina fotografica, baffi di cioccolato sui nostri
visi
accaldati. Posso
perfino sentire le nostre risate e le carezze di mamma. Sai Shannon?
Per me la casa non sono quattro mura e un tetto. La mia casa siete
voi....sei tu."
luglio 1978
La
vecchia Buick
uscì
dal parcheggio del Johnny’s Pizza e si diresse verso la Old Minden
Rd per poi immettersi nella US-80 E. Constance guardò nello
specchietto
retrovisore, Shannon si era addormentato, Jared invece con la testa
poggiata
sulla spalla del fratello maggiore guardava fuori dal finestrino. Si
sentì
stringere il cuore, sebbene tentassero di comportarsi da piccoli ometti
lei
sentiva che i suoi bambini soffrivano. Continuò a guardare
il viso freddo e
serio che si era sostituito ormai da un anno a quello gioioso e pieno
di vita
di Jared e sentì la rabbia crescere dentro di se, strinse il
manubrio e tornò a
guardare la strada. Una distesa infinita di asfalto nero.
Constance a
26 anni e due figli doveva fare i conti con la dura
realtà. il suo compagno
l’aveva lasciata… li aveva
lasciati. Non riusciva a togliersi dalla
testa l’immagine dei grandi occhioni azzurri di Jared colmi
di lacrime e le sue
manine contro la finestra mentre guardava la macchina del padre
allontanarsi
per l’ultima volta.
Shannon come
lei aveva scelto la strada più facile, quella di odiare
l’ uomo che aveva
preferito un’altra donna, un’altra famiglia a loro.
Jared no. Era cambiato, ad
uno sconosciuto sembrava un bambino come gli altri, ma sua madre aveva
visto la
luce che c’era nei suoi occhi e che ora era spenta, velata da
una malinconia
che non doveva appartenere a un bambino di 7 anni. Cosa passasse in
quella
testolina non lo sapeva. Ma aveva ritenuto necessario andarsene da
Bossier City
e allontanarsi da tutti quei ricordi. Non c’era un angolo di
quella cittadina
che non gli ricordasse Tony. Benché li avesse abbandonati la
sua presenza era
più che viva tra di loro. In ogni silenzio, in ogni sospiro
c’era traccia di
lui.
Era così presa nei suoi ragionamenti che quando si
sentì toccare sulla spalla
schizzò in aria dalla paura, “Mamma!”
ridacchiò Jared, “oddio scusami
amore… ero sovrappensiero!” disse
passandosi la mano sulla fronte e
riprendendosi dallo spavento. Il bambino posò il mento sulla
spalla della mamma
e le stampò un bacio sulla guancia poi cominciò a
giocare con i suoi lunghi
capelli biondi “ho fame …”.
Constance lo guardò riflesso nello
specchietto, era intento ad analizzare la ciocca di capelli con tale
concentrazione che non potè trattenere una risata, Jared
alzò lo sguardo
perplesso “cosa c’è da ridere
mà ?” la donna scosse le testa
“niente
niente.. prendi un po’ di pizza”.Il
bambino si sporse e afferrò la busta
portandola sul sedile posteriore, nel frattempo Shannon si era
svegliato e si
unì al fratellino. La donna sorrise nell’udire le
risate divertite e i
discorsi tra i due. Li vide guardare affascinati il fiume
Missisipi mentre attraversavano il ponte e li sentì
confabulare mentre armati di pastelli e album si accingevano ad
immortalare quella splendida vista prima che il ricordo si indebolisse. Per la milionesima volta da quella sera si chiese come
fosse possibile abbandonare quei due piccoli tesori.
---
Exit
33B - I-59
N
- Gadsden. Jared lesse il cartello, erano ormai
più di 6 ore che erano
in viaggio e si sentiva stanco. Voleva riposare, giocare con Shannon
sul
lettone della mamma e addormentarsi, ma non poteva. Si
abbandonò contro il
corpo di Shannon e si accoccolò. Quando riaprì
gli occhi erano davanti ad un
motel, “Budget Inn” si stropicciò gli
occhi e si stiracchiò. ” tesoro
sveglia..” la mamma stava svegliando Shannon,
evidentemente anche lui non
aveva retto ed era crollato. Rabbrividendo al leggero
venticello prese la mano della mamma e la seguì alla
reception del motel.
La
stanza era semplice ma accogliente. C’era solo un letto a due
piazze, un tavolino
con due sedie e il bagno. L'indispensabile. Jared posò lo
zainetto di Winnie
the Pooh sul tavolino e si guardò intorno. Era la prima
volta che andava in un
motel, era anche la prima volta che viaggiava a dire la
verità. Si sedette su
una delle due sedie e guardò come Shannon aiutava la loro
mamma a sistemare le
cose per la notte. Li guardava e lottava contro il bisogno di piangere,
gli
mancava la sua cameretta, l’odore di casa. Aprì lo
zainetto ed estrasse il suo
Mr. Potato. Glielo aveva comprato il suo papà poco
più di un anno prima alla
festa del paese. Il suo papà…strinse il
giocattolino e chiuse gli occhi..
Quella
notte era sveglio. Aveva sentito la mamma piangere, pregare il
papà di non
andare. Non aveva capito cosa stava succedendo, era sceso dal lettino e
aveva
guardato Shannon che era nascosto sotto le coperte. Uscì nel
corridoio.
Era tutto buio ad eccezione della luce che proveniva dalla camera da
letto dei
genitori. Stava dirigendosi in quella direzione quando lui
uscì dalla stanza. Aveva una valigia
e il cappotto. Non sentendo più urla il bambino
pensò che il peggio fosse
passato quindi trotterellò verso l’uomo
aggrappandosi al cappotto. Il padre si
bloccò, guardò in basso e incontrò lo
sguardo curioso e preoccupato di suo
figlio “Pà dove vai?” l’uomo si
chinò e gli accarezzò le guance, lo
guardava intensamente “il pa..il papà
deve andare via per un pò, tu fai il
bravo bambino e torna a letto ok?”
Jared continuò a fissarlo con i suoi
occhioni pieno di fiducia, “ok..” sorrise mostrando i
pochi dentini da
latte rimasti “
e quando torni?”, l’uomo lo
guardò per un attimo in
silenzio e rispose in un sospiro ”presto..” continuò ad
accarezzargli la
testa e Jared nel profondo del suo giovane cuore capì che
stava mentendo. “me
lo prometti?”
domandò di nuovo cercando di scacciare quel brutto
presentiment. Il padre annuì e si alzò, scese le
scale e uscì dal portone
senza voltarsi. Jared scese a sua volta correndo con i piedini scalzi
sul freddo pavimento e si affacciò alla finestra sul
cortile. Vide la macchina
fare manovra e uscire in strada. Sua madre l’aveva trovato
così, appoggiato
alla finestra in lacrime mentre si chiedeva tra se e se
perché il suo papà non
gli voleva più bene. Forse, pensava, se avesse visto Shannon
sarebbe rimasto.
Respinse
ancora una volta le lacrime e tornò a guardare tutto quello
che rimaneva della
sua famiglia, della sua casa. La madre gli si avvicinò
“Jay, mamma si
allontana un attimo fai il bravo e dai retta a tuo fratello
ok?” gli
sorrise e gli diede un bacio sulle guance pallide. Lui si
limitò ad annuire. La
sentì chiudere a chiave la porta della camera e scendere in
fretta le scale
esterne del motel. Per un attimo l’idea che anche la mamma li
abbandonasse
passò nella sua testa ma la respinse immediatamente.
“
Jay...
che ne dici di una bella doccia?”
Shannon posò i suoi occhioni nocciola in quelli azzurri
del fratellino e alzò il sopracciglio per sottolineare il
suo piano diabolico: la doccia diventò un’astronave e il letto il
pianeta da esplorare. ”Chi cade
dal letto è morto” affermò
serio Shannon stringendo un cuscino, Jared
ridacchiò mentre cercava di mantenere l’equilibrio
e avvicinarsi all’altro
cuscino, le manine e i piedini nascosti dal pigiama di una misura
troppo
grande. Si armò e sorrise al fratellone pronto alla lotta. I
brutti pensieri
erano stati accantonati per un pò.
I
due bambini erano occupati nell’ennesima missione quando
Constance finalmente
tornò, il volto stanco ma sorridente. La telefonata con sua
madre, Ruby, era stata difficile ma ora aveva un indirizzo dove
rivolgersi una volta arrivata ad Oakton. Jared si catapultò
dal letto e la donna
guardò questo batuffolo avvinghiarsi alle sue gambe.
Posò la busta sul letto e
ne estrasse il contentuto, i bambini rimasero a bocca aperta e si
gettarono sui
dolcetti.
Quando più tardi uscì dal bagno rimase
davanti alla
porta e si gustò la scena: Shannon stava raccontando una
storia al fratello
minore, mimando e gesticolando le varie scene e Jared lo guardava
completamente
perso in quel mondo di fantasia, baffi di cioccolata sul viso paffuto.
Aprì la
sua borsetta e li chiamò, i bambini si girarono e sorrisero
all’obbiettivo.
Click
----
2008
Jared era
seduto al tavolo della cucina, le mani tra le cosce e le gambe
incrociate sotto la sedia. Guardava il foglio davanti a se mentre
riviveva
quella giornata minuto per minuto nella sua mente, un leggero
sorriso curvava
le sue labbra mentre distrattamente accarezzava la vecchia foto. Si
passò le
mani tra i capelli e stava per rimettersi a scrivere quando
sentì un
rumore di passi avvicinarsi. Poco dopo due braccia lo stavano
stringendo in una
morsa carica d’affetto. “ancora sveglio?”
Jared annuì e alzò il volto per
incontrare le familiari labbra. Il bacio fu breve e dolce, i due si
scambiarono
un’occhiata complice, poi Jared strinse la presa “Jay restituiscimi le braccia, mi
servono” Jared rise e lasciò
andare, rivolgendo la sua attenzione di nuovo ai fogli disse “ BB
mi versi un po’ di caffè?”
tbc
NOTE:
i. Jared
e Shannon sono nati a
Bossier City da Tony L Bryant (forse) e Constance Metrejon . Le date
sicuramente non
corrispondono, molto probabilmente erano
troppo
piccoli
per ricordare il padre.
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Capitolo 2 *** Capitolo II ~ It`s time to cut the rope and fly ***
2 stwop
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Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N:
innanzitutto grazie a linkin
park, Ari92 e MiSs_MuSe
per le loro recensioni e complimenti ^^ fa sempre piacere poter
collegare un nick alle visite.
Per quanto riguarda la tua
domanda MiSs_MuSe, si.
Pare, visto che Jared e Shannon non ne hanno mai parlato, che il loro
padre biologico sia Tony L Bryant che Constance ha
sposato nel 1969 (all'età di 17 anni). Poi, poco dopo la
nascita di Jared, hanno divorziato e anni dopo si è
risposata con Carl Leto, un medico, che ha dato il
suo cognome ai due.
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del
passato
§
Capitolo
II ~ It`s time to cut the rope and fly
(E'
ora di tagliare la corda e volare)
ottobre 1985
"Di
questo passo morirai di fame" disse Shannon mentre richiudeva
la porta della loro camera facendo attenzione a non fare troppo rumore.
Si diresse verso i letti e lanciò la mela a pochi millimetri
dal volto del fratello che, steso sul letto, lo stava aspettando
"Cazzo Shan! la prossima volta tiramela direttamente in fronte"
Jared prese la mela e si tirò su a sedere "non
è colpa mia se hai i riflessi di un bradipo"
ribattè Shannon mentre raggiungeva l'altro e gli si sedeva
accanto.
Erano
le due passate e Jared si era svegliato affamato, da una
settimana mangiava solo la verdura, alle domande di sua madre
rispondeva con un vago 'non mi va ' o 'sono sazio'. Aveva cercato di
ignorare la fame ma il continuo rigirarsi nelle coperte aveva svegliato
Shannon che si era offerto di avventurarsi in cucina a prendere
qualcosa per fermargli lo stomaco.
Del
piccolo Jared, pallido e ferito , che guardava il paesaggio
scorrere veloce dal finestrino della Buick , cercando risposte a
domande che non dovevano sfiorare una mente così giovane,
non era rimasto nulla..o quasi. Quel periodo era un insieme di volti,
città, voci...uniti in quel vortice di colori che formavano
i ricordi della sua infanzia. L'unica traccia di quella ferita mai
rimarginata erano i suoi occhi, perennemente maliconici e tristi.
Jared
aveva capito che tenere lontane le persone era l'unica arma che
aveva per proteggersi dal dolore , per questo aveva creato una maschera
dietro la quale nascondersi. Non che funzionasse con Shannon, il
fratello maggiore poteva vedere ben oltre i mille strati che Jared
metteva tra se e il mondo. Ma con gli altri funzionava, ai
più appariva pieno di se, freddo e a volte cattivo. Ma
quello non era il vero Jared. Il vero Jared era una persona semplice e
determinata, che se aveva abbastanza coraggio di aprire il suo cuore
sapeva amare come nessun'altro .
"non è più semplice dire : 'mamma
ho deciso di diventare vegetariano'?" propose Shannon mentre
l'altro osservava assorto la mela nelle sue mani, e aggiunse "così
non fai altro che farla preoccupare inutilmente! l'hai vista questa
sera?"
Jared
sapeva che il fratello aveva ragione. Come sempre. Ma doveva
trovare il momento giusto per affrontare l'argomento. Non voleva che la
prendessero come una delle sue fissazioni temporanee. Sorrise al
ricordo della confusione che aveva creato in tutto il quartiere quando
a dieci anni, deciso a diventare uno speleologo, si era calato in una
cava abbandonata, armato di un piccone e una torcia delle Tartarughe
Ninja.
"Perchè ridi adesso?" Shannon lo
guardava
incuriosito, "niente niente... comunque sai già
che mamma andrebbe in panico. Comincerebbe a farmi domande, mi
porterebbe dal medico... comincerebbe a frequentare corsi di cucina
vegetariana! " disse tra un morso e l'altro, gesticolando per
enfatizzare le parole "..e poi Carl..."
lottò alla ricerca delle parole giuste e , non trovandone,
si limitò a dire sprezzante " farebbe il Carl !". Diede
l'ultimo morso e con ancora il boccone prima che Shannon potesse dire
qualcosa aggiunse "ma le parlerò. promesso big bro"
gli passò il nocciolo e sorrise " ...sono
stufo delle mele" infine si rimise sotto le coperte
augurando , per la seconda volta quella sera, una buonanotte al
fratello.
Shannon
rimase seduto di fianco a lui per un pò,
accarezzandogli distrattamente la schiena mentre guardava come la luce
dei lampioni in strada filtrasse attraverso le tende leggermente
scostate e illuminasse la loro stanza. I poster erano macchie scure sui
muri e la piccola sveglia spiccava nella semioscurità con le
sue lancette fosforescenti. Si voltò verso il fratello e
notò che più passava il tempo più
Jared somigliava a loro padre. Sospirò al pensiero di
quell'uomo e sentì una vecchia e nota rabbia diffonderglisi
per tutto il corpo. Chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi.
Quando il respiro di Jared divenne regolare si alzò e
andò a buttare i resti della mela.
Da
quando Tony li aveva abbandonati Shannon si era sentito responsabile
nei confronti del fratello minore. Nonostante avesse solo un anno circa
in più dell'altro era deciso a diventare un modello per
Jared. Qualcuno a cui potesse rivolgersi e fare affidamento. Sempre.
Mentre tornava a letto ricordò le volte in cui l'aveva
abbracciato mentre piangeva perchè si era fatto male, quando
cercava di distrarlo raccontandogli storielle inventate sul momento per
non fargli pensare che non avevano abbastanza cibo in casa, o le volte
in cui l'aveva difeso dai bulli e trattenuto dal picchiare tutti quelli
che accennavano qualcosa di cattivo verso loro madre. Si
girò verso il letto di Jared e assicurandosi ancora una
volta che stesse dormendo tranquillamente chiuse gli occhi e si
addormentò.
---
Constance
passò il panno umido sulla cornice e si
fermò a guardare la foto ingrandita al suo interno: lei e
Carl al loro matrimonio.
I primi tempi ad Oakton erano stati difficili. I due lavori che aveva
trovato, donna delle pulizie al The Westin Reston Hotel e commessa
part time al supermercato della zona, nonstante le portassero via gran
parte della giornata, non bastavano a pagare tutte le spese.
Fortunatamente la scuola del posto aveva un programma pomeridiano
così Jared e Shannon passavano lì , al sicuro, i
loro pomeriggi.
Poi
arrivo Carl Leto, il medico.
Erano
ormai quasi due anni che l'uomo era entrato a tutti gli effetti nella
loro vita. All'inizio era stata restia. Non riusciva a fidarsi
completamente, ma alla fine aveva ceduto. Carl le era stato amico
prim'ancora che amante, spingendola a credere nel suo talento come
fotografa, a fidarsi di lui ma soprattutto aveva accolto i suoi due
bambini a braccia aperte. Le ripeteva sempre che una parte di DNA non
ti rendeva genitore, lo stare accanto al bambino, crescerlo e crescere
con lui si. E lui voleva amare e farsi amare come padre dalle due pesti
che rispondevano al nome di Shannon e Jared.
Era
ancora persa nei ricordi quando sentì la porta sbattere
e poi l'allegro vociare dei suoi due ragazzi che risalivano le scale.
Alzò lo sguardo e li vide girare l'angolo, accaldati e
sorridenti. Sospirò consapevole che da allora in poi la
parola pace era bandita dalla casa, era strabiliante vedere come il
venerdì fosse rigenerante per i due. Si faceva fatica a
riconoscerli rispetto i due fantasmi che si erano recati a scuola
immersi in una nuvola grigia per tutta la settimana. La salutarono in
fretta ed entrarono di corsa in camera loro. Pochi secondi dopo il
suono di una chitarra si diffuse per il corridoio, segnalando l'inizio
del lungo weekend. Constance sorrise e scese le scale diretta in
cucina. A fine prove
i suoi due rocker sarebbero stati affamati.
Quando
il suono della chitarra cessò e l'unico rumore che
veniva dal piano di sopra erano le risate dei due e qualche botto non
definito, Constance prese il pacchetto di Choco Bliss, due bicchieri di
spremuta e si diresse verso la loro camera. Arrivata davanti la porta
la scostò leggermente con il dorso della mano ma non
entrò, rimase ad ascoltare la discussione tra i due
fratelli.
"il nome deve essere
qualcosa di particolare..di unico" disse
Shannon mentre seduto alla scrivania cercava
di trovare l'ispirazione per fare i compiti. Jared era steso a terra a
leggere un fumetto, i piedi sul letto, perso
in un mondo tutto suo "pensi
che sia più forte Hulk o Batman?".
Shannon rimase perplesso a fissarlo per un attimo. Jared era
così, passava da un discorso ad un altro e seguirlo gli era
praticamente impossibile "eh?..ehm...non
so.. non si sono mai scontrati" la buttò
lì e si stupì nel vedere cheil fratello ci stava
riflettendo sul serio. Ad un tratto Jared ,uscendo dal suo torpore,
alzò il busto in
unico fluido movimento ai limiti della fisica e corse verso
la
sua borsa. Cacciando e lanciando dove capitavano libri e quaderni
estrasse un blocco note e si voltò verso il fratello. I suoi
occhi luccicavano come sempre quando era eccitato per qualcosa ."Me ne stavo quasi dimenticando!
" disse avvicinandosi e posando il blocco note sulla scrivania, "oggi
avevamo un'ora libera, visto che quella strega della Madison si
è ammalata e sono andato in biblioteca " Shannon lo
guardò
incredulo, solo Jared avrebbe passato un'ora di relax immerso tra i
libri " e
ho fatto una ricerca..sai, sulla simbologia e cose varie "
sfogliò velocemente le pagine e gli mostrò i vari
schizzi "potremmo
partire da uno di questi".
Shannon
li guardò uno per uno, poi corrugò la
fronte e chiese "perchè
quella donna ha solo una gamba?" Jared lo
guardò confuso "chi?"
l'altro
girando il blocco note verso di lui puntò uno degli schizzi
il fratello gli lanciò un'occhiataccia
e visibilmente irritato rispose "questo
è un simbolo che rappresenta i 4 elementi"
Shannon cercò di rimanere serio ma poi cominciò a
ridere
"credo che l'unica cosa
a cui penserebbero i nostri fan sarebbe il bagno delle donne"
Jared sconsolato sbuffò, facendo alzare la frangetta
leggermente "sei
così superficiale certe volte io mi chie.."
Constance
decise di interromperli prima che la discussione diventasse
più seria. "Allora
ragazzi come è andata la giornata?" i due si
voltarono e le sorrisero "mah..
niente di speciale" disse Shannon scartando lo
snack . Era la sua risposta standard. Ogni tentativo di sapere di
più sarebbe stato inutile. Constance si voltò
verso Jared in attesa di essere investita dal fiume di parole sulla
giornata del figlio minore ma quest'ultimo si limitò a fare
spallucce. La donna e Shannon si guardarono istintivamente. Stava per
cercare di estorcere qualche parola in più, incredula che
davvero era tutto quello che aveva da dirle ,quando il telefono
cominciò a squillare e si diresse verso l'apparecchio
nell'ingresso. Shannon rimase a guardare Jared che, a disagio,
abbassò lo sguardo "qualcosa
che non va?" chiese ma non ricevendo risposta dal
fratellino si rassegnò. Sarebbe andato da lui quando era
pronto. Come sempre.
---
Il
weekend trascorse in una strana, calma, atmosfera. La telefonata
aveva confermato i sospetti di Constance: Jared le stava nascondendo
qualcosa. Certo, stava crescendo e cambiando, ma negli ultimi giorni
stava diventato sempre più sfuggente. Non la preoccupava la
fase vegetariana, per quello aveva già comprato un paio di
libri di ricette, ma più che altro che di colpo suo figlio
non le parlasse. La professoressa al telefono era stata vaga e
Constance non
sapeva più cosa pensare. Alla fine aveva
rinunciato a farsi domande.
Scendendo
dalla macchina quel lunedì mattina si
preparò ad affrontare la preside. Qualsiasi cosa avesse
combinato Jared le sarebbe stato rivelato tra pochi minuti, doveva
avere pazienza. Si voltò verso i figli e li
guardò mentre fianco a fianco si avviavano verso l'entrata "c'è qualcosa che vuoi
dirmi prima che vado?" Jared si fermò e si
voltò, per la prima volta da tre giorni la guardò
sul serio negli occhi "solo...
non costringetemi a fare ciò che non voglio" le
sorrise e lei si sentì sciogliere. Non aveva realizzato
quanto le mancasse il sorriso del figlio rivolto a lei fino a quel
momento. La gioia era tanta che le sfuggì la strana frase di
Jared.
"Suo figlio è
avanti rispetto alla sua classe, abbiamo pensato che sarebbe
più adatto per lui frequentare un istituto che possa
valorizzarlo e stimolare le sue capacità." la
direttrice guardò la professoressa di lettere e le fece
cenno di intervenire "vede
signora Leto... Jared è molto intelligente e apprende molto
velocemente ..troppo rispetto ai suoi compagni e questo frena il suo
sviluppo." Constance ,che per tutto il tempo era rimasta
immobile e in silenzio, battè le palpebre leggermente
stordita" e cosa
consigliate di fare?" riuscì a dire respingendo
la voglia di scoppiare a ridere. Lei, che si aspettava di venire a
sapere che Jared aveva fatto saltare qualche apparecchiatura nel
laboratorio seguendo un esperimento tutto suo o avesse litigato con
qualche compagno.
La
direttrice aprì uno dei cassetti ed estrasse una brochure
passandolo alla donna "la
Flint Hill School sarebbe la soluzione migliore per il ragazzo"
Constance guardò il pezzo di carta e sospirò "una scuola privata? non abbiamo
i soldi per pagare la retta.." la direttrice le sorrise " è qui che entra in
gioco Jared. La scorsa settimana gli abbiamo fatto fare un test a
sorpresa simile ai test d'ingresso per la Flint Hill e ,signora, l'ha
superato brillantemente. Ho visto ragazzi ammessi con punteggi
inferiori." Constance inghiottì, era divisa tra
la gioia della notizia e la tristezza del non avere i mezzi "ci sono borse di studio che la
Flint HIll mette a disposizione per ragazzi particolarmente dotati e
noi siamo convinte " continuò la direttrice "che Jared dovrebbe tentare".
Constance
guardò le due donne, aveva voglia di mettersi a ballare per
la gioia ma decise di darsi un contegno "ne avete già parlato
con Jared?" le due si scambiarono una veloce occhiata poi
la professoressa si sedette sulla sedia accanto alla sua e lei
intuì che stava arrivando la parte sgradevole del colloquio "glielo abbiamo detto dopo il
risultato del test e la sua reazione non è stata quella che
ci aspettavamo" Constance ripensò alle parole
del figlio davanti alla loro macchina e chiuse gli occhi.
---
"Si può
sapere perchè non vuoi andare? Questa è
un'occasione che non puoi farti sfuggire Jay!" Carl era in
piedi davanti al caminetto, il giornale accartocciato in una mano.
Cercava inutilmente di parlare a Jared che seduto sulla poltrona si era
chiuso in un irritante silenzio. Constance osservava la scena dalla
poltrona di fronte a quella del figlio. A differenza di lei e Shannon
non aveva ancora chiuso il capitolo Tony. Aveva accettato Carl ma non
riusciva a vederlo come suo padre. Anzi, il più delle volte
lo sentiva come un intruso.
Carl
la guardò spazientito "ma
siamo sicuri che non hanno
sbagliato il test? un ragazzino tanto intelligente non perderebbe
un'occasione simile per un capriccio!" Jared era deciso a
non aprire bocca davanti all'uomo ma Constance decise di provare ancora
una volta "Jay, tesoro,
se tu non dici perchè non vuoi andare come possiamo decidere?"
il ragazzo voleva dirle di mandare via Carl, di parlarne insieme
da soli, perchè lei avrebbe capito ma il
patrigno si intromise "tsk!
tu e la tua fissazione di lasciarli liberi di scegliere! non ci serve
certo il suo permesso! siamo i suoi genitori sta a noi decidere cosa
è meglio per lui!". Jared ridacchiò
attirando l'attenzione dei due. Allo sguardo interrogativo di Carl
continuò a rimanere in silenzio. Sfidandolo.
Carl
aveva provato ad avvicinarsi al ragazzo ma quest'ultimo sembrava
rifiutare ogni tentativo. I primi tempi l'aveva ferito,
perchè voleva sul serio fargli da padre ma ora lo
innervosiva soltanto. Non aveva forse sposato loro madre?
-pensò- non li aveva adottati? dato loro un tetto? Cosa
voleva da lui? Osservò i suoi grandi occhi azzurri e si
stupì di quanto angelico apparisse. Ma era solo apparenza.
Constance non lo vedeva perchè era sua madre. Era cresciuta
credendo in quelle filosofie hippy, (e a cosa l'aveva condotta se non
rimanere incinta a 17 anni?) dava ai ragazzi troppa libertà
e questo era il risultato: non riconoscevano le autorità.
No, non era giusto parlare al plurale, Shannon era diverso. Di indole
era più rispettoso. Era Jared il problema, se avesse potuto
educarlo a suo modo forse questo piccolo delinquente avrebbe avuto meno
boria.
L'uomo
si chinò e avvicinandosi al volto del figlio si
accertò di scandire ogni parola per bene
"andrai alla Flint.
a costo di doverti trascinare per i capelli". Constance si
alzò di scatto e allontanò il marito da Jared "Carl! Sono certa che Jay ha le
sue ragioni, diamogli del tempo per rifletterci su. Così lo
stiamo solo innervosendo! " e una volta controllato che
la
situazione era di nuovo sotto controllo si diresse in cucina. La
discussione era finita.
Jared
non perse tempo, si alzò e corse in camera sua mentre
Carl seguì la moglie nell'altra stanza "usare il pugno di ferro, ogni
tanto, non fa male " la donna si girò e Carl
indietreggiò d'istinto "non
osare mai più usare quel tono con lui!"
sibilò prima di aprire la dispensa e prendere gli
ingredienti per preparare il seitan.
---
Shannon
alzò la testa dai libri e sospirò. Jared
era entrato di corsa e si era accoccolato sul letto senza proferire
parola.
Jared
che non parlava significava solo una cosa :aveva un problema.
Si
alzò e si sedette sul letto. In silenzio
allungò la mano e mosse i capelli che gli coprivano gli
occhi. "senti genietto
non è che verresti ad aiutarmi in
geometria?" Jared sorrise debolmente e si tirò
su
poggiandosi sul gomito. Asciugandosi le lacrime guardò il
fratello maggiore. Shannon non lo forzava mai a parlare. Aspettava
semplicemente che andasse da lui. "pensi
sia stupido non voler andare
in quella scuola?" Shannon alzò le sopracciglia
sorpreso
"è un no per
la geometria?" disse parando il pugno del
fratellino. Combatterono per un pò cercando di prevalere
sull'altro. Shannon ebbe la meglio e bloccò l'altro sul
pavimento, dove erano precipitati durante la lotta. Lo
guardò mentre si contorceva cercando di liberarsi e glielo
domandò "perchè
non vuoi andare Jay?" il
fratellino smise di agitarsi e lo guardò a lungo prima di
rispondere, la voce bassa e insicura "ho paura......non voglio stare
lontano da te".
A
scuola da sempre erano 'quelli strani'. Durante l'intervallo, le
pause tra le varie ore e i pranzi passavano il tempo insieme. Da soli.
Si proteggevano a vicenda dagli attacchi dei bulli di turno e Shannon
capiva perfettamente la paura di Jared, perchè anche lui l'
aveva. Lasciare andare Jared significava rischiare di perderlo, di
vedere il loro rapporto mutare. Significava lasciar andare l'unica cosa
che gli aveva impedito di abbandonarsi al proprio dolore. Ma doveva
farlo. C'era il suo futuro in ballo. Si chiese cosa avrebbe fatto una
volta che Jared si fosse staccato da lui, che l'avesse abbandonato
per nuovi amici, nuove persone.
Respinse l'istinto di abbracciarlo
forte e gli disse cercando di smorzare la tensione "non devi aver paura
sciocco. E' una scuola come le altre. Pensi che basti qualche ora
passata in un istituto diverso per liberarsi di me?" si
alzò
e aiutò a rimettersi in piedi anche il fratello "piuttosto
vedi di far vedere a quelli lì il tuo valore! Ora asciugati
il naso e vieni ad aiutarmi con quel problema.. se no a che servono i
fratelli minori intelligenti come te?" detto questo gli
arruffò i capelli e tornò alla scrivania.
Stava
leggendo di nuovo quelle odiate regole quando sentì le
esili braccia avvolgerlo alle spalle in un abbraccio. Jared gli diede
un bacio sulla guancia e gli sussurrò un 'grazie'. Shannon
si rese conto che stava piangendo solo quando una lacrima cadde sul
quaderno sciogliendo l'inchiostro nero sul foglio.
---
dicembre 2007
Shannon richiuse la porta. L'ingresso era avvolto
nell'oscurità. Barcollando e zittendo il mobile che aveva
colpito con il fianco raggiunse la porta della cucina. Lui era davanti
alla finestra, il braccio alzato contro lo stipite. Si voltò
e si guardarono nella penombra. Shannon scosse la testa " cosa ci fai a
quest'ora in piedi?" poi si mosse verso il tavolino alla
ricerca di un
appoggio.
"Ti aspettavo. Shan...
non puoi andare avanti così" Jared si
avvicinò al fratello e alzò il voltò
dell'altro "guardati..
non ti reggi in piedi". Lo stesso Shannon si
stupì di essere in grado, dopo tutto l'alcol ingerito, di
muoversi così velocemente. Un battito di ciglia e Jared si
ritrovò contro il muro. I loro volti a pochi millimetri.
"aww" disse
sarcastico stringendo i polsi dell'altro "il fratellino
è preoccupato?" la sua voce era pericolosamente
bassa, Jared
si dimenò cercando di liberarsi. La presa dell'altro era
così forte da far male "Shan.."
ansimò
"parliamone..vuoi?"
la risposta dell'altro fu una risata ,fredda e
distante "di cosa Jay?..
di cosa vuoi parlare?" il suo tono faceva
più male della stretta ai polsi, Jared lo guardò
negli occhi cercando una traccia di suo fratello, "cosa c'è
che non va Shan? Cosa ti tormenta?". Shannon rimase in
silenzio per
quella che parve un'eternità "tu". Jared
sentì
l'alito di birra dell'altro posarsi sulla sua pelle quando
pronunciò le parole che distrussero il suo mondo "sei tu che
mi tormenti. Tu sei come lui..e non intendo solo fisicamente"
Shannon
allontanò la mano dal polso destro per spostarla sul viso
dell'altro. Lo guardò attentamente, sembrava di avere
davanti Tony. Jared rimase in silenzio, tremante. I suoi occhi azzurri
già colmi di lacrime. "Come
lui allontani chi ti ama", una
volta finito Shannon rilassò la sua presa e sbandando si
diresse verso le scale. Gli unici rumori in tutta la casa erano il
ticchettio dell'orologio e i singhiozzi di Jared.
tbc
NOTE:
i. Choco
Bliss era uno snack degli anni '80
ii.
Jared ha frequentato la Flint
Hill School nel 1985/86
iii.
il seitan è un alimento della dieta vegetariana
ottenuto dal glutine del frumento e costituisce una fonte alternativa
di proteine.
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Capitolo 3 *** Capitolo III ~ ...finding you one day ***
3 stwop
|
Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N: maddi,
grazie? ma grazie a te e alle altre (linkin
park, Ari92, princes_of_the_univers, giugina2004,
MiSs_MuSe) che
leggono e che recensiscono questa fic xD!! e' davvero un piacere sapere
che non avete perso l'interesse e che vi sta appassionando.
giugina2004 , le
origini francesi di cui ha parlato jared sono da parte della madre. i
Metrejon hanno origini cajun
,un gruppo etnico di francesi canadesi stanziatosi in
louisiana .
Poichè Shannon è nato nel 1970 e Jared nel 1971
è
difficile che Constance ,che nel 1969 ha sposato tony L Bryant (come
puoi vedere qui),
abbia avuto un altro
uomo nel giro di qualche mese. io, ripeto, mi baso sulle notizie
trovate in rete che come tali vanno prese con le pinze ma sono anche le
uniche che abbiamo visto che Jared e Shannon non hanno mai parlato del
padre biologico.
princes_of_the_univers,
ovviamente non posso sapere che tipo di rapporto c'era tra i due, ma
per essere diventati completamente estranei dopo il divorzio..beh non
doveva essere dei migliori.
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del
passato
§
Capitolo
III ~ ...finding you one day
(...
trovarti un giorno)
novembre 1985
Jared
era seduto in macchina e guardava l'enorme costruzione dal tetto grigio
e le pareti ecru davanti a lui. La madre era seduta nel sedile accanto
e gli stringeva la mano. "tesoro" la
donna aumentò la
pressione della sua mano "ti farei
stare qui tutta
la mattina ma devi andare altrimenti farai tardi". Jared si voltò
e le sorrise annuendo "ci vediamo
oggi ma"
le baciò la guancia e
uscì dall'abitacolo.
Constance
lo seguì mentre con passo deciso attraversava il
cortile con l'intestazione in pietra della scuola e, salendo le scale,
si avviava verso l'entrata dell'edificio. Rilasciò il
respiro
che stava trattenendo e mise in moto, allontanandosi nel traffico della
Jermantown Road.
Così
era iniziata la sua avventura alla Flint Hill.
Mentre
attraversava i corridoi pieni di volti nuovi e si fermava vicino
all'armadietto che gli avevano assegnato, non immaginava quanto la sua
vita sarebbe cambiata. Le risate e le chiacchiere intorno a
lui
erano un vociare lontano, si sentiva come uno straniero in un paese di
cui non conosceva la lingua. Prese un quaderno, provò la
combinazione e si avviò , mappa dell'istituto in una mano,
verso
la sua nuova classe.
---
"...' Il
Ritratto di Dorian Gray' che rimane il testo più
significativo del Decadentismo e dell'Estetismo Inglese...".
Il professore parlava interrottamente da quaranta minuti. Jared
cercò di bloccare lo sbadiglio ma fallì
miseramente. Stropicciandosi gli occhi cominciò a
scarabbocchiare il bordo
del quadermo e pensò a quello che gli aveva detto Shannon.
Era
passata una
settimana dal primo giorno di scuola e il fratello maggiore era stufo
di sentir
parlare solo delle lezioni e della bibliotecaria e l'aveva praticamente
minacciato affinchè tentasse di fare amicizia con qualche
compagno.
La
cosa non era assolutamente semplice visto che ,non solo era
arrivato ad anno iniziato ma li aveva praticamente evitati per tutta la
settimana. Non c'era da stupirsi se non lo calcolavano. Si
guardò intorno. Erano tutti più o meno distratti,
chi
scriveva bigliettini, chi fingeva di ascoltare ma con la testa era a
chilometri dal banco, chi lottava contro il sonno.
Li
guardò ad uno ad uno e sospirò. Non
vedeva
nessuno di interessante, a parte lei. Era davvero bella con i suoi
lineamenti dolci, delicati e i lunghi capelli biondi raccolti
in una treccia..scosse la testa imbarazzato dai suoi stessi pensieri.
Doveva fare amicizia non pensare alle ragazze!
Tornò
ad ascoltare la lezione e notò che il professore lo
stava guardando poi l'uomo si rivolse alla classe e domandò "Quali sono
i temi principali affrontati da Wilde nell'opera ?" alcune braccia si alzarono
titubanti "Susan" la ragazza si
sistemò gli occhiali e rispose "... i temi
propri del decadentismo: l'estetismo , l'amoralità... ..."
il professore annuì e la invitò ad approfondire
ma la
ragazza si limitò ad abbassare lo sguardo mentre gli altri
cercavano di mimetizzarsi con i loro banchi. Jared ci
riflettè
su, nella foga si dimenticò di avere in mano la
matita e
quando alzò il braccio la fece volare in fondo alla classe,
i
compagni che assistettero alla scena ridacchiarono, e per grande orrore
di Jared, anche lei aveva visto e stava ridendo. Lo stesso professore
fece fatica a nascondere il suo divertimento "dica Leto", Jared cominciò a
rispondere mentre immbarazzato cercava di fare finta di
niente "..la
contrapposizione tra arte e vita reale.. ma principalmente il tema del
doppio. Dorian è diviso tra bene e male....." proprio in quel momento la
campanella suonò segnalando la fine
della tortura.
I
ragazzi salutando il professore si catapultarono fuori
dalla porta, era l'ora del pranzo e non vedevano l'ora di
rilassarsi dopo una mattinata passata sui libri. Jared si
alzò
con calma e andò a raccogliere la matita che aveva
lanciato inconsapevolmente poco prima. Quando si rialzò si
trovò faccia a faccia con il panciotto del Prof. Grant.
"Sei
tra i pochi che hanno davvero letto il libro lo sai?" il
professore stava sfogliando la sua copia e leggendo alcuni passaggi che
Jared aveva sottolineato. Il ragazzo sorrise e annuì ,l'uomo gli mise la mano sulla
spalla e si avviarono insieme verso la porta "non ti
preoccupare...anche lei ti guarda di nascosto"
Jared lo guardò negli occhi e l'uomo gli fece l'occhiolino
prima di
salutarlo e lasciarlo lì, indeciso se scavare una buca e
buttarcisi dentro. Rimase per un pò
fermo sulla porta, poi scuotendo la testa iniziò a camminare.
I
corridoi erano pieni di ragazzi che
ridevano e scherzavano. Si fermò
davanti al suo armadietto indeciso se rifugiarsi come sempre
negli
ultimi sette giorni nella biblioteca. Poi ricordò le
minacce di Shannon e, raccogliendo il suo coraggio, si diresse verso la
sala mensa. Se
nei corridoi c'era confusione, quello che si presentò
davanti a Jared entrando nell'enorme sala era una vera e propria
giungla.
Osservando
la disposizione dei tavoli si potevano distinguere i diversi gruppi di
studenti. C'erano
gli sportivi, le ragazze alla moda, i secchioni, gli strani e i
perdenti.
Non era poi molto diversa da una scuola pubblica. L'unica
differenza è che ogni ragazzo lì presente, a
parte le eccezioni come lui, aveva genitori abbastanza ricchi da
permettersi una retta da 20.000$ .
Era fermo a fare la fila ai banconi intento a fissare con disgusto le
varie portate di polpette e carni
varie , quando sentì una voce spazientita alle sue spalle "ehi Dorian! ti vuoi muovere?...
Mi si raffredda l'insalata!" Jared si voltò e si
trovò a
fissare un ragazzo poco più alto di lui, capelli neri e
occhi
scuri. Rimasero a fissarsi per un
attimo, poi l'altro ragazzo sorrise e lo spintonò
giocosamente
con il vassoio.
C'era
un gruppo che non aveva notato appena entrato in mensa: quelli
che
non facevano gruppo. Brent era uno di loro. Faceva la sua stessa classe
anche se aveva un anno più di
lui ed era figlio di un industriale. Come Jared aveva una passione per
la musica e il cinema, parlarono del più e del
meno
sorpresi dal fatto di avere così tanti interessi in comune. Si conoscevano da meno di
un'ora eppure erano completamente
a loro agio,come fossero amici da sempre.
"Che
schifezza stai mangiando?" chiese d'un tratto l'altro
osservando inorridito il piatto di Jared "passato di verdure"
rispose dando
una
forte manata in difesa di una carota che Brent tentava di prendergli
"Ahio!... volevo vedere
se era viva, sai è lì che
galleggia" disse rabbrividendo. Jared roteò gli
occhi
sconcertato e notò che la ragazza e la sua amica si
erano
appena sedute al tavolo
di fianco a loro. Brent seguì la direzione del suo sguardo e
divertito chiese "Vivienne
o Elisabeth?", l'altro non rispose e Brent
riguardò le due. Sgranando gli occhi urlò " Betty Boles???"
Jared si guardò intorno per sincerarsi che nessuno
avesse sentito l'amico "ssst
santo cielo !!"
Brent si limitò a ridere e a scuotere la testa poi,
approfittando
della distrazione dell'amico, puntò di nuovo alla carota. "Molla!!"
disse esasperato Jared e, mentre ridendo difendeva il piatto
dall'invadente forchetta, si rese conto che non avrebbe più
pranzato da solo.
---
"Secondo me dovresti dargli una
chance"
Shannon era sdraiato sul letto a fissare il soffitto. Jared
aveva
appena finito il suo resoconto giornaliero e stava accordando la
chitarra " a chi?"
chiese spaesato.
Shannon
si tirò su e si poggiò sui gomiti "a Carl.." l'altro
rimase a fissarlo, poi tornò a pensare allo strumento "dai Jay...lo so che non
è perfetto.. ma chi lo è?"
Jared continuò ad ignorarlo "non puoi aspettare in eterno che
papà torni!".
Il
fratello minore si bloccò e alzando la testa con espressione
seria disse "chi ti dice
che non ci abbandonerà anche lui?". Shannon ci
pensò un pò su "secondo
me non è il tipo... e comunque il fatto che hai paura di
perderlo è segno che... che in fondo... qualcosa ti importa
di
lui Jay..." Jared sospirò e si alzò
avvicinandosi alla finestra
" Come per la Flint! avevi il terrore di andare ed ora non fai altro
che parlare di quel Brent Bolqualcosa e Betty Boles!" Shannon
si assicurò di scandire l'ultimo nome.
"Bolthouse... Brent Bolthouse." specificò
Jared " Non so
Shan...
non so nemmeno se gli interessi o meno se gli voglio bene o lo odio!
Non vedo il motivo di fare questo discorso" Shannon
sbuffò "è
tanto strano sperare di avere una famiglia normale? almeno pensaci
Jay..." Jared lo guardò e annuì.
----
20 dicembre
1985
"è
bellissimo!" Elisabeth
alzò la testa e i suoi occhi neri incrociarono quelli
azzurri di Jared. "g-grazie...
" la
ragazza arrossì
leggermente, era seduta al suo banco, i compagni intorno
a lei chiacchieravano rumorosamente, liberi da esami e
interrogazioni. L'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze
invernali.
Jared
le si sedette accanto, poi con lo sguardo chiese il permesso di
guardare meglio il disegno a matita. La ragazza glielo
passò,
mentre si chiedeva se l'altro potesse sentire il suo cuore battere,
visto che sembrava volesse uscirle dal petto.
Fin
da quando Jared era
arrivato a scuola ,Elisabeth, ne era rimasta affascinata. Era un
ragazzo
indubbiamente molto carino ma questo non era l'unica cosa che aveva
attirato la sua attenzione. Jared era diverso dagli altri ragazzi.
Sembrava che nulla lo toccasse o lo interessasse ma bastava vederlo
discutere di un libro, o disegnare per vedere tutta la passione, il
calore che
nascondeva.
"Anche io
disegno. Pensavo di frequentare un'accademia o comunque un istituto
d'arte dopo il diploma" Jared alzò
lo sguardo e la ragazza si stupì di non essersi
sciolta all'istante "davvero?"
riuscì a dire, ancora incredula che le avesse rivolto la
parola.
"a-ah" Jared
annuì "sai
fin da piccolo sono stato a contatto con artisti di ogni genere, mia
madre è fotografa... quindi mi sembra la cosa più
naturale. Non mi vedo proprio seduto in un ufficio vestito di tutto
punto!"
rise e continuò a guardare il disegno che aveva in mano.I
chiaroscuri a matita
facevano risaltare le due figure e sembrava di poterne toccare la pelle.
"sono Eco e Narciso vero?"chiese
ed Elisabeth lo guardò sorpresa "conosci la loro storia?"
Jared annuì e iniziò a parlare "Eco era una
ninfa dei boschi che poteva usare la sua voce soltanto per ripetere le
parole pronunciate dagli altri. Questa era
la punizione che Era le aveva inflitto perchè colpevole di
averla distratta con i suoi racconti e aver permesso la fuga delle
Ninfe dei monti concubine di Zeus." la ragazza
lo ascoltava incapace di distogliere lo sguardo dal suo volto " La ninfa si
innamorò di
Narciso ma quando lui ,geloso della propria bellezza, la respinse
aspramente vagò per i monti e per boschi finchè
morì di consunzione e di lei non rimase altro che la sua voce"
Jared le sorrise ma prima che potesse dire qualcos'altro la
professoressa di matematica entrò e dovettero separarsi.
dicembre 2007
"ah
..sei qui.."
Jared sentendo la sua voce alzò lo
sguardo e
sorrise. Era seduto ,vestito solo di un paio di boxer, vicino alla
vasca da bagno che stava riempendo di petali color pesca.
"Come è
andata la giornata?" chiese infilando le mani sotto la
maglia e baciando la pelle che copriva man mano "il solito..", ormai i vestiti
erano sul
pavimento "gli hai parlato? " il
cantante
lasciò che le sue labbra venissero catturate
in un tenero bacio prima di rispondere "no. rifiuta le mie chiamate..." il
suo viso per un attimo tradì il dolore che portava
nel cuore ma subito si ricompose,
"vieni?"
Si immersero nell'acqua calda. i petali accarezzavano la loro
pelle e davano la sensazione di
essere immersi nel velluto. "Cos'è?..
avevano finito le rose
rosse?" Jared rise leggermente e si
spostò fino a
coprire l'altro corpo, l'acqua si mosse e qualche
goccia uscì dal bordo, tracciando un umido percorso fino al
pavimento. Facendo sfiorare le loro labbra
sussurrò " le
rose color pesca
significano amore segreto".
tbc
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Capitolo 4 *** Capitolo IV ~ Downcast eyes ***
3 stwop
|
Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N:
innanzitutto grazie a
emanuela che mi ha inviato il banner *.* è stupendo! ,
Ari92 , no
Jared e Brent non si sono conosciuti alla Flint Hill. Ho voluto giocare
un pò con gli avvenimenti giusto per non far diventare
questa
fic una biografia alternativa XD. son contenta ti piaccia ^^.
baci.
princes_of_the_univers
, scusami forse non mi sono fatta capire ma nel
messaggio precedente parlavo di Carl xD.
giugina2004 , grazie
^^ per
quanto riguarda il link che mi hai dato leggi le note in fondo :)
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del
passato
§
Capitolo
IV ~ Downcast eyes
(
Occhi rivolti verso il basso)
dicembre
1985
Jared
aveva sempre pensato che ci fossero cose molto più
importanti
delle ragazze a cui pensare. L'unica sua esperienza con
l'altro
sesso, un bacio, risaliva all'estate precedente. Constance doveva fare
un
reportage del lago Fairfax e avevano deciso di approfittarne per fare
un
campeggio e passare un agosto diverso dal solito. Lì aveva
incontrato
Tracy. Non ricordava nemmeno il suo cognome ora che, davanti
alla
tazza di cioccolata calda al Subway, sedeva ad uno dei tavoli intento
ad
ascoltare i consigli dei due esperti : Brent e Shannon.
I due avevano fatto subito amicizia, non che avesse mai avuto dei dubbi
a riguardo ma,
quando li aveva presentati, aveva avuto paura. Jared aveva visto lo
sguardo di Shannon controllare ogni
particolare e aveva notato le domande mirate che aveva fatto per
ricavare un profilo
dettagliato di Brent, neanche gli avesse presentato la sua fidanzata.
Un profilo che, fortunatamente, lo aveva soddisfatto a pieno. Infatti
stavano trascorrendo praticamente tutti i pomeriggi
delle vacanze insieme,
un periodo che non avrebbero mai dimenticato e che avrebbe cementato la
loro amicizia.
Li guardò
mentre con
fare da intellettuali esponevano per la centesima volta il loro punto
di vista sulla situazione. "Sei
tu l'uomo...." Shannon rimase in silenzio per un attimo " va beh... uomo... ci siamo capiti"
Brent ridacchiò e concluse per lui " devi farti avanti!".
Jared ignorò la frecciatina e bevendo un sorso della bevanda
ripensò a Betty. Erano dieci giorni, duecentoventiquattro
lunghe ore
che non la vedeva. Sospirò guardando il via vai della gente
in strada e annuì.
"Ok! Mi avete convinto.
Cosa dovrei fare secondo voi?... scriverle una lettera d'amore?".
Brent afferrò il braccio di Shannon e scambiandosi uno
sguardo
complice si sporse sul tavolo e si avvicinò a Jared "no. devi dirglielo
di persona...
qual'è il posto a scuola che
frequenta di più?..."
Jared rimase a pensarci a lungo. Strinse la tazza assaporando il
calore dell'oggetto e rispose "la biblioteca"
Shannon rise "perchè
la cosa non mi stupisce?" poi con fare
cospiratorio aggiunse "...
ora ascoltaci"
---
Era
una giornata nuvolosa, la luce argentea entrava dalla grande
finestra che dava sul cortile posteriore dove Shannon e Jared stavano
intrattenendo il cuginetto.
Carl era seduto alla scrivania del suo ufficio e osservava la scena
davanti ai suoi occhi.
Il piccolo Jerome correva per il prato avvolto nel cappottino arancione
inseguito da Shannon. La sua risatina gioiosa era contagiosa
e si ritrovò a sorridere inconsapevolemente. Poi
guardò Jared che ,seduto sulla panca, era intento a
disegnare
sul suo album.
Constance
era via da due giorni e a lui sembrava un'eternità. Era
felice
che il suo lavoro come fotografa stesse dando risultati
ma al contempo non poteva che sentirne la mancanza. In fondo
lui
l'aveva spinta in quella direzione convinto che con il tempo avrebbe
rinunciato alle sue ambizioni. Ed invece eccolo lì: solo con
i ragazzi.
Pensò a quando l'aveva incontrata. Era appena arrivato in
città. Entrato nel nuovo supermercato non riusciva a trovare
il reparto casa, si era avvicinato
a quella dipendente occupata ad applicare il prezzo sulle scatole di
cereali e aveva chiesto indicazioni. Quando la donna si era voltata
e cortesemente aveva iniziato a spiegargli la direzione da prendere,
Carl non aveva potuto che notare la sua bellezza. I capelli
biondi
incorniciavano il
volto
regolare, occhi azzurri come non ne aveva mai visti. Inutile dire che
da quel giorno diventò un cliente abituale del supermercato.
Amore a
prima vista.
Ma conquistarla fu tutt'altro che facile. Rise al pensiero
dei mille tentativi andati a vuoto, il lavoro per instaurare
quell'amicizia e fiducia necessari per aver accesso al suo cuore, la
gioia di quando si scambiarono il primo
bacio. L'emozione nei suoi occhi quando lo aveva presentato ai suoi due
figli.
Sospirò e si avvicinò alla finestra, continuando
a
fissare Jared che, mordendosi il labbro inferiore, con mano
esperta muoveva la grafite sul foglio. Lo faceva sempre quando si stava
concentrando.
Carl era consapevole di avere tanti difetti e che uno di quelli era la
mancanza di pazienza. Constance
gli aveva spiegato, durante le interminabili chiaccherate la sera a
letto, che era stato Jay l'ultimo a vedere Tony. Non
sapeva cosa si fossero detti ma da allora era cambiato. Era convinta
che Jared non l'odiasse ma semplicemnte facesse fatica ad accettarlo,
ed era comprensibile visto che aveva dovuto superare un tradimento che
lei stessa non riusciva a perdonare.
Jared
alzò la testa dal foglio e incrociò lo sguardo
del patrigno
che,
poggiato alla finestra sussultò, per un attimo
convinto che
il
ragazzo avesse sentito i suoi pensieri. Si guardarono poi
Jared titubante gli sorrise.
Perchè doveva essere tutto così complicato?
5 gennaio 1986
"Jay
alza le chiappe!" Shannon sbadigliando si
avvicinò all'armadio e
grattandosi la testa prese dei vestiti a caso, mandò
un'occhiata al di sopra delle sue spalle e sorrise. Jared nel
frattempo si era infilato di nuovo sotto le
coperte, l'unica cosa visibile era un ciuffo di capelli.
Era
sempre così al ritorno dalle vacanze. Jared era un
abitudinario,
una volta che il suo fisico si era abituato a certi orari era difficile
farglieli cambiare. Il risultato era che per i primi 5 giorni di
vacanze si svegliava troppo presto e ,viceversa, al ritorno sui banchi
ci voleva una gru per tirarlo giù dal letto.
Si
sedette
sul letto e provò a spostare le coperte ma, come si
aspettava, Jay
glielo impedì mormorando qualcosa di incrompensibile
attraverso
i diversi strati di lenzuola. "Dai
Jay" ridacchiò Shannon ormai
completamente sveglio " Betty
ti aspetta!".
Ci fu un momento di
silenzio poi Jared cacciò la testa: con i capelli
scapigliati
che sfidavano le leggi della gravità e gli occhi assonnati
che
lottavano per rimanere aperti si faceva fatica a riconoscerlo. Shannon
evitò di commentare la scena e lo osservò mentre
con un
lamento si tirava a sedere e con
l'allegria di uno zombie si trascinava ciabattando verso il bagno.
Venti minuti dopo scese in cucina , completamente trasformato.
Canticchiando un motivo si versò
una tazza di caffè che ,in una giornata normale, sarebbe
stato letale e lo avrebbe reso iperattivo. Constance rivolse uno
sguardo interrogativo a Shannon che, facendo attenzione a non esser
notato dal fratello, disegnò in aria
un cuore. La donna alzò le sopracciglia sorpresa e
ritornò a guardare il figlio minore che nel frattempo si era
messo il cappotto e impaziente la stava aspettando davanti alla porta.
Qualche ora più tardi Jared si ritrovò davanti
alla porta della biblioteca,
stringendo il libro che aveva in mano, guardò
Brent che in un angolo del corridoio lo incitava ad entrare.
Insipirò a fondo ed entrò nella sala. Fingendo di
leggere , si sedette ad
uno dei grandi tavoli blu,
casualmente
sulla sedia di fronte a Betty. Rimase con gli occhi incollati sulle
pagine, le parole un ammasso di lettere in successione. La ragazza
alzò gli occhi dal suo libro e lo notò. In quel
momento
Jared alzò la testa e, fingendo di esser sorpreso, la
salutò "anche
tu qui?" disse , la ragazza arrossì
leggermente e annuì "è
uno dei pochi posti davvero
tranquilli". Jared commentò il libro di Betty
iniziando una piacevole discussione sull'autrice, poi
ripensò al piano che Shannon e Brent avevano
escogitato e stava per metterlo in atto ma rinunciò.
Alzandosi si
scusò e abbandonò la biblioteca. A Brent, che lo
stava
aspettando, bastò un'occhiata per capire che non aveva avuto
il
coraggio di farlo.
----
Erano passate due settimane e Jared aveva tentato l'approccio altre 5
volte. Salvo
poi fare retromarcia all'ultimo momento e lasciare una sempre
più confusa Elisabeth a domandarsi se non la
trovasse
fastidiosa. Si, perchè Jared era davvero bravo a far
sembrare i
loro incontri casuali e altrettando bravo a non far trapelare le sue
emozioni. Ora, chiuso nel bagno dei ragazzi, con la
fronte contro lo specchio ascoltava il rimprovero di Brent
"Diamine Jay il peggio
che ti può succedere è che ti dica
di no! Tra l'altro è assolutamente impossibile.. sapessi
cosa mi
tocca vedere durante le ore di lezione... è completamente
cotta
di te!" Jared si girò verso l'amico e
abbassando lo sguardo sospirò "la fai facile tu.. se dovesse
dirmi di no
penso potrei morire" Brent non potè trattenere
una risata e
buttando la sigaretta che stava fumando dalla piccola finestra in alto
disse divertito "sai
essere davvero
melodrammatico a volte lo sai?"
Da quando Brent lo frequentava si era chiesto se Jared si rendesse
conto di quale effetto avesse sulle persone. Non appena lo si vedeva
non si poteva non notare la sua bellezza, maschi e femmine non potevano
negare il potere di quei due occhi e di quel sorriso. Ma, se si passava
abbastanza tempo con lui da sentirlo parlare, si
rimaneva completamente affascinati dalla sua intelligenza. Dalla forza
con la quale
seguiva i suoi obiettivi. Guardandolo sbattere la testa contro lo
specchio così insicuro dei suoi mezzi si rese conto che no,
Jared non aveva la minima idea di tutto questo, ma il giorno in cui
avrebbe aperto gli occhi avrebbe avuto tutti ai suoi piedi. Di questo
ne era certo.
Dall'altra parte della scuola, nel
bagno delle donne Betty era ugualmente disperata e, seduta sul
lavandino,
cercava consiglio dalla sua migliore amica. "Ogni volta che ci
incontriamo e siamo da soli dopo tre minuti trova una scusa per
andarsene..." si passò le mani sugli occhi
e tirò indietro una ciocca di capelli biondi che
era sfuggita
alla
treccia "..eppure prima
delle vacanze quando si è avvicinato e mi
ha parlato ho pensato che gli piacessi". Vivienne era
intenta a
pettinarsi i capelli e per la milionesima volta ascoltava
lo sfogo dell'amica "forse
è un timido.." provò a dire,
Betty la guardò scettica "lui?" l'altra
annuì "prova
ad
attaccare bottone tu per una volta..fatti vedere interessata, visto che
hai passato gli ultimi tre mesi a guardarlo saprai quali sono i suoi
interessi no?" Betty si limitò ad annuire "bene! domani in gita hai
un'intera giornata per trovare l'occasione giusta..."
--
La mattina dopo Jared era seduto di fianco a Brent sui
sedili posteriori dell'autobus, Betty era qualche fila più
avanti,
entrambi
decisi a dare una svolta al loro rapporto...Se così poteva
essere
definito.
La professoressa Barrell salì a bordo, i ragazzi parlavano
rumorosamente tra di loro e la donna sospirò
sconsolata,
provò ad
attirare l'attenzione ma non ottenendo risultato, prese il microfono
dell'autista e dopo un paio di tentativi riuscì a farsi
sentire. Una volta
che il vociare si fu calmato iniziò ad elencare le regole
comportamentali ma Jared non l'ascoltò,
troppo preso ad osservare Brent che dopo dieci minuti che era
seduto stava iniziando ad essere
insofferente: muoveva le gambe e cambiava
posizione in continuazione. Voleva chiedergli cosa avesse ma
nell'ultimo periodo era diventato intrattabile. Fargli una domanda del
genere li avrebbe portati solo a litigare, sospirò e
aprì
il volantino del museo in cui erano diretti.
Tre ore dopo i ragazzi gironzolavano disordinatamente per le sale del
Virginia Museum of
Fine Arts. Jared e Brent attraversarono la nuova ala dedicata
agli
impressionisti e si diressero verso quella dedicata all'arte antica.
Quando la raggiunsero, però, la trovarono chiusa, un
cartello
attaccato ad una corda rossa
indicava dei lavori in corso. Jared sbuffò "di tutte le sale questa era
l'unica che mi interessava... ed è chiusa?!",
l'amico posò una mano sulla sua spalla e si sporse per
guardare all'interno della sala completamente buia ad eccezione delle
flebili luci d'emergenza e, con fare conspiratorio,
scavalcò la corda. "Brent!"
Jared si
guardò intorno allarmato "dai esci da lì"
l'altro in
compenso si addentrò ancora di più nella sala e
disse tentandolo "Jay
non
fare la femminuccia .. entra! una visita
privata quando ti ricapita!". Jared ci riflettè
due secondi, guardò
ancora una volta se
ci fosse qualcuno e scavalcò.
Ci volle un pò prima che i suoi occhi si abituassero alla
mancanza di luce, Brent nel frattempo cercava di capire da che parte
doversi dirigere per
raggiungere la sala dedicata all'arte ellenica. "Vieni"
disse
prendendo
la manica del cappotto di Jared e guidandolo attraverso i corridoi
in
penombra. L'unico rumore erano i loro respiri e la plastica delle loro
scarpe da ginnastica sul pavimento. Entrarono
nella sala e Jared si catapultò davanti le statue che
sorprendentemente erano ancora esposte. Le luci d'emergenza erano
sufficienti per permettergli di analizzare ogni piccolo particolare
delle opere. Brent lo vide osservare le pieghe delle sculture, i quadri
e i vari oggetti nelle teche e non potè trattenere un
sorriso.
Felice di esser stato lui la causa della gioia dell'amico.
Quando Jared si ritenne soddisfatto passarono ad altre sale chiuse al
pubblico, più si spostavano più la luce
diminuiva. Il fatto di trovarsi nell'ala dell'arte africana,
con maschere spaventose di ogni tipo, non aiutava di certo e ben
presto Jared si ritrovò ad aggrapparsi al giaccone
dell'amico. Stavano attraversando una zona completamente al buio e
Brent ,preso a prendere in
giro
Jared per essere così pauroso, andò a
sbattere contro
qualcosa di morbido che si rivelò essere uno
degli uomini delle pulizie rimasto al buio poco prima mentre era intento a
lavare il pavimento.
L'uomo
,che non aveva
sentito i due ragazzi arrivare perchè stava ascoltando della
musica con il walkman, si
voltò allarmato e avendo appena finito di sostituire le pile
puntò il fascio di luce
verso gli intrusi ma riuscì a vedere solo due ragazzi
svoltare
di corsa
l'angolo. Jared e Brent corsero a perdifiato lungo i corridoi, mai
in vita loro erano stati così veloci. Ripercorsero il
tragitto
di poco prima a ritroso ridendo fino alle lacrime mentre sentivano
l'uomo urlargli dietro di fermarsi. Scavalcarono la corda con
un'agilità da far invidia ad un professionista del salto
ostacoli e si divisero.
Nella foga della corsa Jared andò a sbattere contro Betty.
La ragazza si
girò pronta ad insultare chi le era andato contro,ma le
parole
gli morirono in gola. Sorridendo riuscì a dire solo un
debole
'ciao'. Jared si guardò alle spalle e vide l'uomo
delle pulizie
entrare nella sala, avvicinandosi alla ragazza e mentre cercava di
riprendere fiato le sussurrò
"reggimi il gioco"
poggiando la mano all'altezza della testa di Betty
si chinò fino a quasi sfiorarle il viso.
Il dipendente del
museo
controllò la stanza, ma quello che vide erano delle
ragazze vicino ad uno dei quadri e una coppietta nell'angolo. Il
ragazzo con la coda dell'occhio seguì i
suoi spostamenti, una volta sicuro che fosse uscito si
allontanò leggermente
da Betty e sussurrò "per
un pelo..". La guardò di nuovo e
si accorse di essere a pochi cm dalla ragazza che, timidamente, chiese
"perchè ti
stai nascondendo?" Jared non indietreggiò e
sorridendo le rispose
"Brent ed io ci siamo
avventurati nell'ala chiusa al pubblico" Betty
sgranò gli occhi ,"ma siete impazziti?"
disse allarmata "poteva
esserci qualsiasi cosa,potevate farvi
del male..e" mentre la ragazza parlava Jared aveva notato
il quaderno che teneva stretto contro il petto. Sul bordo di una pagina
c'era scritto il suo nome circondato da cuoricini. Elisabeth
vedendolo sorridere seguì il suo sguardo e, con orrore,
notò la
scritta. "è...
non è.. cioè non è come sembra..vedi
i..io l'estate scorsa ho conosc.." non
riuscì a finire la frase perchè
Jared , mandando al diavolo i piani e i discorsi studiati, la
baciò
all'improvviso.
Per un attimo la ragazza si irrigidì e lui
temette di aver commesso un errore ma poi Elisabeth ricambiò
il
bacio. Istintivamente piegò la testa e schiuse le
labbra permettendo all'altro di approfondire il contatto. Betty aveva
fantisticato a lungo su questo momento, si era chiesta
cosa avrebbe provato, ma nemmeno la più bella delle sue
fantasie
poteva competere con le sensazioni che stava provando in quel momento.
L'unica cosa che sentiva erano le labbra
di lui, la sua delicatezza, il sapore dolce dei suoi baci, le mano di
Jared sul suo viso. Quando il ragazzo si allontanò Elisabeth
riaprì gli occhi e
finì la frase che aveva interrotto "...iuto un ragazzo"
. Jared le prese la mano e sorridendole gli chiese
"l'hai visto il Van Gogh?"
la ragazza arrossendo nascose il volto contro
la spalla dell'altro e scosse la testa, 'no'.
Si allontanarono mano
nella mano facendosi strada tra gli altri studenti, Brent in fondo alla
sala li osservava sorridendo. Guardò le loro mani
intrecciate e il sorriso cominciò a svanire. Si
appartò in un angolo e cacciò un piccolo
sacchetto, prese una delle pillole al suo interno e, fingendo di nulla,
continuò la gita.
---
Carl chiuse la porta del suo ufficio e si voltò verso la
segretaria. Quella sera era in anticipo di venti minuti visto che
l'ultimo paziente che aveva preso appuntamento non si era presentato e,
non avendo altri impegni, aveva deciso di andare direttamente a casa.
Stava comunicando la sua decisione alla ragazza quando una donna
entrò. Sistemandosi i lunghi capelli neri e lottando per
riprendere fiato si avvicinò ai due "dottor Leto?" Carl
annuì e la donna proseguì "spero di non essere troppo in
ritardo.... è che.. è stata una giornataccia e...
" Carl
le sorrise e la rassicurò "lei è la signora
Lafsky?" la
donna confermò "
avevo preso appuntamento per mia
figlia... ha 8 anni e dice di aver problemi a leggere la lavagna"
la donna si guardò intorno e notò che
la figlia non
era entrata nell'ufficio e la chiamò ".. MELISSA!" la
bambina
spuntò dalla porta e timidamente si nascose dietro la
mamma.
dicembre 2007
Constance asciugandosi le mani andò ad aprire la porta. Per
un
attimo rimase immobile, troppo sorpresa per dire qualsiasi cosa "Shannon cosa ci fai qui?"
chiese mentre lo invitava ad entrare. Shannon scosse la testa,
incapace di dar voce ai suoi pensieri , una volta dentro si
guardò intorno e sorrise ai ricordi che quelle mura gli
ispiravano poi, tornando serio sussurrò "ho fatto una cosa orribile mamma".
Constance era ancora più confusa "dov'è Jay Shan?"
per la prima volta la guardò negli occhi, la donna
notò
il rossore e capì che doveva aver pianto a lungo "gli ho detto .. l'ho ferito...l'ho perso...", Constance
vedendo il terrore sul volto del figlio si avvicinò e
l'abbracciò "Sssst..Shan..lo
sai che Jay ti vuole bene...qualsiasi cosa tu gli abbia detto sono
certa che capirà" Shannon scosse la testa "non voglio che Jay mi odi" Constance
si limitò a stringerlo più forte e dopo
un attimo di
silenzio ,affondando il volto sulla spalla della madre,
mormorò" h..
ho bisogno di aiuto mamma".
tbc
note:
Giugina2004 - non
dovevi addirittura andare a riprendere il link , ti credevo anche senza
^^ ma resta il fatto che è una notizia sbagliata. quella non
è una biografia ufficiale ed è infatti
piena di inesattezze. Senza contare che fanno un
bel pò di confusione!
se ci fai caso
in quella bio dicono che il padre biologico di
Jared ha avuto 3 figli prima di morire . poi
affermano che con
il matrimonio tra Carl Leto e Constance ,
Jared e
Shannon, hanno
acquisito 2 fratelli (quindi 5 fratellastri in tutto) chiamati Christian e Bob ..
che di cognome fanno
Devour
ma °_° ...
essendo figli di Carl dovrebbero
avere come cognome LETO... a meno che
anche loro non siano stati adottati .
(poi
spunta charlotte di 15 anni.. o.O figlia di chi?
del padre biologico?
quindi anche gli altri due sono figli del primo padre? ma allora
perchè
dicono che sono figli di carl?) .... ^^' e via
dicendo.
E' un minestrone di varie voci esposte in modo ancora più
confusionario.
tra l'altro Carl dopo
Constance ha adottato si altri
bambini, ma due femmine.
il cognome Devour è stato smentito più volte nei
vari
forum, l'unico di cui ricordo il link (scusami ma ritrovare
tutte
le discussioni mi e' praticamente impossibile) è una
discussione
sul forum di Jared-Leto .org -jared's heritage- in cui un utente
inviò un messaggio del tipo "i've read in
some italian forums that the name of jared's father was tony
devour......" che puntualmente è stato smentito ..
facendo varie ricerche
incrociate ho scoperto che nello stesso forum
che mi hai linkato c'è chi ha riportato le notizie
"corrette" leggi questo
messaggio (anche si parla di tutt'altro discorso) che è
molto più recente della bio.
visto che mr leto non
accenna a voler (giustamente) rendere
pubblici certi aspetti della sua vita prima di scrivere mi
sono limitata a verificare le
varie voci, trovare delle fonti o comunque dei riscontri e in base a
queste ricerche eliminare le voci dai probabili
fatti.
nessuno si azzarda a
darlo per certo ^^' ma.. se vuoi controllare con i tuoi occhi
:
- matrimonio ->
qui
lo stesso
è presente nel sito worldvitalrecords.com
sia se si ricerca tony l bryant che
constance, ma la
visualizzazione è a pagamento, idem qui
dubito ci sia qualcuno che
è andato in giro a falsificare tutti i registri dei vari
siti
su genealogie e co. xD
|
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Capitolo 5 *** Capitolo V ~ Bosom for a teary cheek ***
5stwop
|
Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N: innanzitutto grazie 1000
per i commenti.. e complimenti (un piccolo grazie anche a chi non
commenta ma legge ! xD) . Per le risposte alle recensioni
leggete le
note in fondo ^^ . Baci!
legenda:
***= ricordi
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del
passato
§
Capitolo
V ~ Bosom for a teary cheek
(
Petto per una guancia in lacrime)
Aprile
1986
La
famiglia Bolthouse si era trasferita temporaneamente ad Oakton e Brent
riteneva che, la vita in questa cittadina della Virginia,
fosse di gran lunga più movimentata della landa desolata di
Joshua Tree dove era nato.Ma non era sufficiente.
Steso sul letto si asciugò gli occhi. Sapeva di non essere
l'unico in quella situazione e che anzi, c'era chi stava
peggio, ma questo non l'aiutava a sentirsi meno solo. La casa era
immersa
nel silenzio, i suoi
genitori erano via per lavoro, come sempre.
Cercò di pensare all'ultima volta che li aveva visti,
entrambi
troppo occupati a leggere i loro giornali per notare che al tavolo
c'era anche lui.
Non erano cattivi genitori, solo... troppo presi dal
lavoro per ricordarsi che un figlio ha bisogno di attenzione, di
calore. O forse stava semplicemente cercando una scusa per la
sua
situazione.
Erano quattro
giorni che non andava a scuola. I primi tre si era
risvegliato in strada dopo un'intera nottata in chissà quale
locale. La sera prima, fortunatamente, era riuscito a raggiungere il
suo
appartamento e a trascinarsi fino al letto. Intenzionato a fare il
quinto giorno di assenza sistemò il cuscino e si
iniflò per bene sotto le coperte.
Spesso ci si chiede cosa spinga tanti giovani a cadere nella
trappola della dipendenza, che sia alcool o droga. La risposta
è
semplice: la noia, la ricerca di sensazioni che li faccia sentire vivi.
Paradossalmente l'avere tutto materialmente è spesso
accompagnato da un vuoto emozionale e Brent aveva trovato il rimedio
adatto a questa
sensazione bevendo il suo primo bicchiere a 11 anni. Man mano che
cresceva e la sua solitudine aumentava, cresceva
il suo bisogno di rifugiarsi in un altro mondo, nascondersi dalla
realtà.
Il
bicchiere era presto raddoppiato, triplicato e crescendo, con l'arrivo
delle
'giuste' conoscenze, sostituito da altri tipi di sostanze. Odiava
l'effetto che queste avevano sulla sua mente ma non
poteva farne a meno. Erano il suo salvagente, senza sarebbe annegato,
sarebbe diventato una pietra arida di emozioni come i suoi genitori.
Sorridente in superficie e vuoto dentro. O forse lo era già?
Scosse la testa, non voleva rispondere a questa domanda.
Cercò
di pensare ad altro... Jared. Sorrise nella penombra della stanza. L'aveva
intrigato il suo modo di fare da sognatore, il suo guardare al mondo
che lo circondava con un'infinita sete di conoscenza.
Jared credeva
nella
possibilità di raggiungere i propri sogni e , come gli aveva
detto una
volta, era stato educato a puntare agli obiettivi e a non
preoccuparsi degli ostacoli da dover superare per raggiungerli. Si era
chiesto dove trovasse tutta quella forza e poi, quando lo
aveva incontrato, aveva capito. Lui non
era solo, aveva Shannon.
Vederli insieme rendeva possibile credere che, un giorno,
davvero avrebbero reso reali i loro sogni e, di riflesso, rendevano
possibile vedere raggiungibil i propri..se ne avesse avuti.Ad essere
sinceri uno lo aveva, ma era uno di quelli che andavano custoditi nel
proprio cuore.
Sentì le lacrime riempirgli
di nuovo gli occhi ma le respinse, era stufo di recitare l'immagine
del ragazzo allegro,simpatico e senza problemi che aveva perfezionato
lungo gli
anni.
La stessa immagine che aveva proposto a Jared e che, lentamente, si
stava
sgretolando sotto lo sguardo acuto e perspicace dell'amico. Sapeva
che vedeva attraverso le crepe e che era solo questione di
tempo
prima che gli avrebbe posto delle domande...e che le risposte lo
avrebbero allontanato.
C'erano
molte cose che Jared non sapeva di lui ed una era il perchè
lui
e Shannon avevano subito stretto amicizia. Non era solo la passione per
la fotografia che avevano in comune, era Jared il vero motivo.
Bastò uno sguardo per capirlo, era stato come vedersi
riflessi in uno specchio: tutte le paure e le speranze davanti
ai propri occhi. Sebbene in forma diversa i loro sentimenti per Jay
erano il motore delle loro vite e ,allo stesso tempo, la loro fortuna e
rovina.
Dieci minuti dopo mentre era nel dormiveglia sentì dei
rumori.La porta
della camera da letto era stata aperta. La
stanza venne illuminata dalla luce del sole che filtrava dalle
finestre a vetro del corridoio, sentì
dei passi avvicinarsi al letto e, leggermente intimorito,
tirò
fuori la testa. Strizzò gli occhi nel tentativo di abituarli
al cambio di luce poi battè le palpebre perplesso. Jared
era
davanti a lui. Braccia conserte e sguardo di fuoco. I suoi occhi
azzurri erano più scuri del solito e Brent si
tirò a
sedere senza proferire parola, ancora troppo sorpreso.
"Hai dieci
minuti per vestirti e venire a scuola con me" la voce di
Jared era
forte e decisa, non ammetteva repliche. Brent ritrovò la
parola "chi ti ha fatto
entrare?" chiese non
accennando ad alzarsi dal letto. "Nessuno"
rispose l'altro tranquillo "...
come sei entrato?" si
corresse allora Brent, l'amico rise e si poggiò alla soglia
della finestra
" alzati o giuro che ti
prendo in braccio e ti porto a scuola in
pigiama... se quello è un pigiama" Brent si
guardò e
notò che indossava ancora i vestiti della notte precedente,
imbarazzato distolse lo sguardo e lo puntò in un punto
imprecisato della stanza "ti
sei introdotto illegalmente in casa mia? " Jared
annuì e
Brent cominciò a ridere incredulo.
Jared sorrideva ma i suoi occhi erano seri "sai... quando
ero più piccolo mi piaceva entrare nelle case degli altri,
sedermi nel loro salotto e immaginare che tipo di famiglia ci
abitasse..." con lo sguardo sempre più
penetrante aggiunse "Si
possono capire tante cose guardando una casa ". Brent
riuscì a calmarsi e incrociò il suo sguardo, per
un
attimo fu come essere completamente nudo davanti a lui.
Si era
sbagliato. Jared non era il tipo che faceva domande, lui trovava
direttamente le risposte. Negli occhi
dell'amico non vide nè pietà nè
rimprovero, solo
comprensione. In fondo anche lui fuggiva dalla realtà ma la
sua droga
erano i libri... i sogni.
Febbraio 1987
Brent si svegliò di soprassalto. Intorno
a
lui i ragazzi del centro stavano chiacchierando allegramente. Si
guardò intorno e, passandosi le mani tra i capelli neri,
ripensò al suo sogno. Il sogno in cui lui e Jared erano
ancora ad Oakton, prima che tutto si rovinasse. Avvolse le braccia
intorno
alle ginocchia e ripensò a quel
pomeriggio...
***
"Se
comincio a risparmiare da ora e trovo un lavoro posso benissimo
raccimolare la somma necessaria"
Jared fissava un cartellone con le
date di alcuni concerti nel negozio di dischi. Brent scartando il
pacchetto di sigarette diede una veloce occhiata al nome della band "per
quando avrai la somma sarà già sold out..e poi
New York?
5 ore di viaggio per una di spettacolo?" Jared si voltò
verso
l'amico " I Cure Brent.. i Cure... valgono ogni secondo
del viaggio"
l'altro capì che farlo ragionare non sarebbe servito a nulla
e
si limitò a guardare le altre date "allora se
ti va male per la
data di New York puoi sempre ripiegare su quella di Wantagh" Jared
annuì, doveva semplicemente trovare un lavoro e
convincere
sua madre. Sospirò sconsolato e seguì Brent che
aveva
già iniziato ad uscire dal negozio.
Stavano discutendo
sui
probabili lavori che avrebbe potuto cercare per pagarsi il biglietto
quando, ad un tratto, Brent si accorse che Jared non lo stava
più seguendo. Si voltò e lo vide, pochi metri
più
indietro, guardare qualcosa dall'altra parte della strada. Lo raggiunse
e seguì il suo sguardo. Lì per lì non
vide nulla
di interessante, poi lo riconobbe. Carl. L'aveva visto solo una volta
qualche giorno prima, era andato a passare un pomeriggio
a casa di Jared e avevano rischiato uno scontro frontale con l'uomo
mentre correvano verso la tv del salotto.
Brent assistette
alla scena
completamente senza parole. Carl non era solo, una donna era con lui e
dal loro atteggiamento era palese che non fosse un incontro di lavoro ,
nè una felice riunione tra vecchi amici. La più
piccola
speranza di esser semplicemente in cattiva fede venne spazzata via
quando i due si baciarono. Jared, come lui, era pietrificato. Brent gli
prese il braccio e lo tirò via dal ciglo della strada. Diede
un'ultima occhiata all'uomo dall'altra parte della strada
indeciso
se andare lì e spaccargli la faccia o pensare all'amico che
era
lì fermo, incapace di distogliere gli
occhi da quella scena.
Optò per la seconda. Trascinò Jared per il
marciapiede
pieno di gente fino a quando non trovò un vicolo abbastanza
appartato.Prese
un profondo respiro
mentre cercava di pensare a qualcosa da dire per cercare di aiutarlo,
poi si girò. Le frasi di circostanza a cui aveva pensato
vennero
presto dimenticate quando i suoi occhi si posarono su quelli
colmi di lacrime dell'altro. Non l'aveva mai visto piangere.
Jared si portò confuso la mano al volto e asciugò
rabbiosamente l'ultima delle lacrime che avevano cominciato a rigargli
il volto. "Jay..."
Brent si
avvicinò di un paio di passi e lo afferrò per le
spalle.
L'altro sempre più irritato dal non riuscire a frenare la
crisi di pianto lo guardò , i suoi occhi azzurri sconvolti
da un turbinio di emozioni. Brent si limitò
ad avvolgerlo in un abbraccio. Non sapeva se fosse la cosa giusta da
fare e si preparò ad ogni tipo di reazione dell'amico.
Inaspettatamente Jared si strinse contro il suo petto, aggrappandosi
alla sua maglietta in una morsa che conteneva tutta la sua rabbia e
delusione.
Brent sapeva bene che tra quello che Jared mostrava e quello che
provava c'era un abisso e, in questo caso, era stato talmente bravo nel
convincere gli altri che non gli importasse nulla di Carl, che alla
fine ci aveva creduto anche lui. Quando
Jared si accasciò a terra lo seguì e strinse l'esile corpo scosso
dai singhiozzi, ascoltando in silenzio l'eco dei frammenti di cuore
dell'altro.
Rimasero a terra
nel vicolo
fino a quando Jared non riuscì a controllarsi, incuranti dei
passati che li guardavano tra l'incuriosito e il preoccupato.
Alzò il volto dal petto dell'amico e si guardarono. Brent
gli
circondò il volto con le sue mani e deciso rispose alla
domanda che
sapeva stesse attraversando la mente dell'amico "tu non
hai colpa Jay.." l'altro
sorrise amaramente "si...certo..". Si alzò e
pulendosi i jeans iniziò a camminare.
Brent avrebbe voluto convincerlo, urlargli che non era lui il problema
ma si limitò a seguirlo in silenzio. Niente avrebbe potuto
spiegargli perchè, per la seconda volta, era stato tradito
dall'uomo che gli avrebbe dovuto fare da padre. Mentre si dirigevano
verso la casa dei Leto sentì qualcosa contro la sua mano,
era
Jared che timidamente aveva intrecciato le loro dita.
Il suo modo per
dirgli grazie.***
Prese la chitarra che aveva di fianco e la
strimpellò distrattamente. Era nel centro di riabilitazione
da
cinque mesi e sembrava che il mondo si fosse fermato, lì il
tempo scorreva ad una velocità totalmente differente
dall'esterno. Un
sorriso increspò le sue labbra quando ripensò
alle
espressioni dei suoi genitori quando, di prima mattina, borsone in una
mano, gli aveva detto che aveva bisogno di aiuto per disintossicarsi.
Impagabili. Il sorriso
gli scomparve ,però, quando
ricordò l'ultimo incontro con Jared.
***
Jared ,nelle settimane seguenti la
scoperta di Carl, era
dimagrito visibilmente. Ricordò di averlo pensato mentre lo
abbracciava e l'altro trattenendo a stento le sue lacrime gli
passava la macchina fotografica che sua madre gli aveva
permesso
di regalargli prima che se ne andassero dalla città "so
che i tuoi possono comprartene dieci di queste ma almeno eviti di
scordarti di me"
disse ridacchiando. Brent prese la macchina fotografica e
sentì
le proprie lacrime scorrere liberamente sul suo viso.
Tirò sul
col naso fregandosene di non avere affatto un'immagine virile ,
lì a piangere come un bambino. "E' impossibile
che accada Jay" disse e
l'altro gli sorrise triste. "Brent," Jared si inumidì le
labbra nervoso "mi devi fare una promessa."
Brent alzò lo sguardo di colpo intuendo dove voleva andare a
parare l'amico. Jared non finì la sua richiesta, ne avevano
parlato a lungo nei giorni precedenti e quindi si limitò ad
aspettare un suo cenno . Posò la fronte
contro la sua e lo salutò per l'ultima volta.
Una volta solo aveva aperto la custodia e aveva trovato, posata sulla
macchina fotografica, una foto di lui , Jay e Shan quel natale. Piangendo l'aveva stretta contro
il suo petto e aveva trovato il coraggio di mantenere fede alla sua
promessa. ***
La stessa foto ora, appesa sul suo letto, gli dava conforto
nei
momenti più difficili e gli assicurava che Jared non fosse
stato
solo un bel sogno.
tbc
A/N:
i. Secondo
quanto dichiarato da lui stesso
Brent
Bolthouse è entrato in clinica a 16 anni per disintossicarsi
di
sua spontanea volontà. Aveva iniziato a bere durante il 5th
grade (circa 10/11 anni).
______________________________________
Ari92 ,
si .è davvero un macello e da una parte son contenta. almeno
quella parte della sua vita è solo sua. .. e a noi rimangono
i
se e i forse :).
MiSs_MuSe: Ma per
carità non devi scusarti !
comunque
Brent Bolthouse
( foto
1 ,
foto 2 e foto
3 ) il
re della vita notturna di LA , è in pratica il terzo
fratello
Leto xD. Mi
sembra, e su questo non son sicura, che Jared l'ha conosciuto tramite
Cameron Diaz e da allora sono inseparabili.. ci sono quasi
più foto di Jared con Brent che con le sue ex fidanzate xD.
princes_of_the_univers
parlavo di Carl quando ho scritto in risposta ad un
tuo commento : " ovviamente
non posso sapere che tipo di
rapporto c'era tra i due, ma per essere diventati completamente
estranei dopo il divorzio..beh non doveva essere dei migliori."
perchè i due dopo il divorzio non hanno avuto più
nessun
contatto e Jared ha sempre parlato della sua famiglia come un nucleo di
3 persone + nonna Ruby. In più, tenendo conto che Jared
parla
della sua infanzia/adolescenza come un periodo in cui erano
poverissimi,
mi è difficile pensare che Carl, da medico, avesse fatto
fare la
fame ai suoi figli, ergo il loro rapporto deve essere stato solo una
piccola parentesi. Poi Jared si descrive come un ragazzo
problematico e dalle parole della sorellastra(*) si viene a sapere che
è stato "cattivo" con la nuova compagna di Carl. A parte che
avrà avuto sicuramente le sue ragioni per comportarsi in
quel
modo, mi sembra normale attribuire questo comportamento ad una sorta di
reazione verso il divorzio...
Da tutto questo ho dedotto che il rapporto con Carl non è
stato
quel granchè o che è comunque stato interrotto in
modo
brusco e senza buoni sentimenti.
sono
stata spiegata? XD
(*)
"Il mio patrigno
è Carl
Leto.[...] Jared Leto è rimasto suo figlio adottivo ma sono
completamente estranei [...] Ho parlato con Jared forse una volta in
tutta la mia vita, prima che fosse famoso. Non abbiamo nessun tipo di
relazione e di sicuro non ne voglio una - non è stato altro
che
cattivo verso mia madre e mia sorella. [...]."
|
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Capitolo 6 *** Capitolo VI ~ Touched by a kiss of a man ***
6
|
Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N: ***
=ricordi
Warning:
se siete contrari a
tematiche omosessuali fermatevi qui. Lettore avvisato...
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del
passato
§
Capitolo
VI ~ Touched by a kiss of a man
(
Sfiorato dal bacio di un uomo )
Dicembre
2007
Jared
amava sognare ad occhi aperti, perdersi in un
mondo totalmente diverso da quello che stava vivendo. Più
bello,
più colorato,
più semplice. Il discorso cambiava però quando
non era
lui a deciderli. I suoi sogni erano talmente vividi e realistici che
spesso gli ci
voleva più di un attimo per rendersi conto che erano tali.
Alieni, la fine del
mondo, perdersi in un deserto... ma c'era un sogno in particolare che,
fin da
bambino, si riproponeva constantemente e lo faceva svegliare in preda
al
terrore.
Sognava di
essere in mare aperto e venir circondato
dagli squali. Non sapeva dire quanti ce ne fossero, forse un centinaio.
Poteva
avvertire la loro minacciosa presenza mentre, rigirandosi in quella
distesa
azzurra, cercava una via di fuga. Poi, in un attimo, lo attaccavano
ferocemente. Ogni piccolo particolare chiaro e reale. E lui si
svegliava
urlando. Per ore poteva sentire ancora il sordo rumore dell'oceano e le
loro
fauci sulla sua carne. Ma quello che più lo terrorizzava era la sensazione di
essere completamente
solo, abbandonato a se stesso.
Quando
accadeva Shannon era solito alzarsi e andare
immediatamente a calmarlo. Tenendolo stretto gli parlava dolcemente,
assicurandogli che niente fosse accaduto, che lui era lì. La
maggior parte
delle volte era troppo sconvolto per capire cosa gli stesse dicendo ma
il solo
suono della voce del fratello maggiore lo tranquillizzava. E, nel
calore del
suo abbraccio, lentamente scivolava in un sonno sgombro da incubi.
Ora nel buio
appartamento di Los Angeles l'incubo,
dopo una lunga assenza, era tornato. Jared si dimenava nel letto,
gualcendo le
sudate lenzuola. Il respiro sempre più pesante, i movimenti
sempre più
frenetici fino a quando con un urlo strozzato si svegliò.
Tirandosi su a sedere
si coprì il volto, inghiottendo i singhiozzi e le lacrime.
Istintivamente
chiamò Shannon ma si bloccò
prima di
poter completare il nome del fratello.
Non c'era. Se
ne era andato.
Si
guardò intorno nella stanza e prese il
blackberry che teneva sul comodino. Lo accese, la luce dello schermo
gli
illuminò il volto facendo luccicare la pelle imperlata di
sudore e gli occhi
ancora umidi di lacrime.
Scorse la
lista di nomi fino alla voce BigBro,
rimase immobile a guardare la scritta,le mani gli tremavano leggermente
e la
sensazione di puro terrore non accennava ad abbandonargli il corpo. Lo
schermo del blackberry si spense riportando la
stanza ad una quasi completa oscurità.
Si
accoccolò nel letto e avvolse le lenzuola strette intorno
al suo corpo, in un vano tentativo di ricreare la sensazione delle
braccia del
fratello. Poi chiudendo gli occhi
ripensò al giorno in cui la fine
aveva avuto inizio.
***
"cos'è
questo?" Shannon entrò nella
camera e buttò un busta contro le gambe del fratello.
Jared posò
la penna e la
aprì. Una volta intravisto
il contenuto alzò di scatto la testa. "allora Jay? cosa
significano?"
l'altro cercò di pensare a qualcosa da rispondere in
alternativa alla verità.
Nel frattempo Shannon si era
avvicinato e
torreggiava pericolosamente su di lui."quante ... quante cose mi
hai nascosto?! " urlò, il suo volto rosso di
rabbia " quante cose non mi hai detto Jay?!!"
***
Non gli aveva risposto. Shannon si era precipitato
fuori dalla stanza e aveva iniziato a crollare. Fino a diventare
schiavo di ciò
che lo portava lontano dal suo dolore. Il bere. Ora, da solo nel grande
letto
del loro appartamento, Jay gli rispose.
"Tante Shan.. tante cose.."
Peccato che
le parole si persero nelle stanze vuote. Eccheggiando tra le mura
testimoni un tempo di quella
bellissima bugia che era stata la loro vita.
Settembre
1989
Jared
aprì lo zaino ed estrasse la vecchia copia di IT che gli avrebbe
tenuto compagnia durante il lungo turno notturno. Guardò
fuori dalla porta a vetri e sbuffò notando che la pioggia
non accennava a
diminuire. Un lampo illuminò tutto l'ingresso facendo
lampeggiare le lampadine
e riflettere il percorso della pioggia sui vetri contro i muri.
Posò lo zaino a
terra e diede un'ultima occhiata ai monitor degli ascensori.
Si trovava a
Philadelphia da tre mesi ormai e il college
non era affatto come lo aveva immaginato. Gran parte delle lezioni
trattavano
argomenti che non lo stimolavano e , soprattutto, mal digeriva la
voglia dei
professori di imporre il loro modo di vedere l'arte e l'essere artisti.
Sua
madre li aveva fatti crescere a contatto con ogni forma di arte,tra i
suoi amici c'erano pittori, fotografi, musicisti alcuni gli avevano
permesso in più di un'occasione di usare i loro strumenti.
Gli
avevano parlato di luoghi e culture che mai avrebbero immaginato
esistessero, e questo li aveva formati, spinti ad essere curiosi della
vita e a guardare dritti all'essenza delle cose senza perderne
però le sfumature. Niente a che vedere con tutte quelle
regole e
imposizioni didattiche, che più che aiutare la ricerca del
proprio io artista si limitavano a forgiare piccoli artigiani.
Guardò
una rivista dimenticata sul bancone e notò
che la copertina ritraeva Robert Smith. Si sedette e ripensò
a quel pomeriggio
ad Oakton.
***
Mentre Brent
silenzioso si
allontanava, Jared rimase
lì, davanti la
porta di casa a guardare il cielo prender fuoco, tinto dai raggi del
sole al
tramonto. Dopo un pò, deciso, si voltò e
varcò la soglia.
La prima cosa
che sentì fu la risata di sua madre
che stava ascoltando uno degli aneddoti di Shannon. Le immagini di Carl
e
quella donna erano vivide nella sua memoria e, pungenti come rovi, gli
stringevano il cuore rendendogli difficile respirare mentre, passo dopo
passo,
raggiungeva la cucina.
Non era più sicuro di
volerlo fare. Constance alzò
gli occhi e sorrise seguita da Shannon che, però,
notò la strana espressione
sul suo volto " Jay?".
Jared sospirò
esausto, si fece coraggio e,
poggiando le mani sul tavolo, si assicurò di avere
l'attenzione dei due
"mamma, Shan... devo dirvi una cosa."
***
Jared
guardandoli, abbracciati e in lacrime, si era
reso conto che il dolore provato nel vicolo, stretto nelle braccia di
Brent, era
scomparso, sostituito da un altro sentimento: la voglia di rivalsa. Non
era più un bambino , piccolo e indifeso, che si
sentiva
perso in una stanza di motel e voleva il suo papà. Era ora
di
crescere e puntare in avanti.
La cosa
ovviamente non fu facile, ricordava
bene le notti passate a versare lacrime nei confini del letto del motel
di
turno o della loro casa temporanea. Notti che, nell'opprimente
oscurità,
sembravano durare per sempre, mentre le immagini di quello che avrebbe
voluto
avere attraversavano i suoi occhi azzurri, di nuovo svuotati di quella
serenità conquistata con il passare del tempo. Ogni lacrima
che scendeva lungo il suo volto
portava con se qualcosa del vecchio Jared. Comprese le parti
che lui
avrebbe voluto conservare.
Lasciò
il Texas, dove si erano stabiliti per stare vicino alla nonna ,e
andò in Pennsylvania all'University of the
Arts deciso ad inseguire i suoi sogni.
Nonostante i km che li separavano, Shannon trovava il modo di essere
presente ed essere parte di questo lungo viaggio. Inconsapevole di
venir lentamente
risucchiato nell'ombra delle sue ambizioni.
Qualche
anno più tardi in un'intervista Jared avrebbe affermato che
" viviamo i nostri sogni a spese di quelli di
qualcun'altro".
Mai avrebbe immaginato che quell'altro, nel suo caso, sarebbe stato
Shannon.
---
Erano
passate poche ore dalll'inizio del turno e Jared
era completamente immerso nella lettura del libro, i piedi poggiati sul
bancone
e la sedia in bilico sulle due gambe posteriori mentre si lasciava
dondolare
inconsciamente.
il
piccolo George avvolto in un impermeabile giallo
rincorreva la sua barchetta di carta che solcava il piccolo
fiume creato dalla forte pioggia.
All'improvviso la barchetta venne risucchiata da uno dei tombini
laterali, il
bambino si avvicinò ..
TUM! TUM!
Era
talmente teso che al rumore sussultò rischiando
di finire a gambe all'aria. Si aggrappò al bordo del tavolo
dei monitor ma non
riuscì a salvare il libro che, nel goffo tentativo di non
cadere, volò a terra.
Ricomponendosi si alzò e si diresse verso l'entrata dove un
bagnato e agitato
inquilino lo fulminava attraverso il vetro.
"Si può sapere che
cazzo stavi facendo?! Sono
venti minuti che sono sotto il
diluvio!" Jared non fece in tempo ad aprire la porta che
venne investito
dagli insulti
dell'uomo che, nervoso, si
scrollava la pioggia dal cappotto schizzando da tutte le parti.
Tentò
di parlare ma l'uomo continuò "quanto ti
paga Murray? Spero abbastanza per ripagarmi il completo!",
indispettito
Jared rispose "credo che
10$ riuscirò a tirarli fuori dal
salvadanaio!".L'uomo, che aveva iniziato ad avvicinarsi
all'ascensore, si
voltò colpito dalla sfacciataggine del ragazzo.
Si avvicinò
alla portineria dove Jared era tornato e disse provocandolo "sai che
potrei farti licenziare?". Il ragazzo alzò gli
occhi annoiato e
l'inquilino non potè fare a meno di notarne la bellezza "entrerà nel
guinness dei primati come il motivo più assurdo di
licenziamento : tentato annegamento di un anziano!",
colpito nel vivo l'uomo sibilò a denti stretti "quella lingua ti farà
passare molti guai moccioso". Jared ignorandolo
cominciò a guardarsi intorno
alla ricerca del libro.
"Non è vietato ai
minori questo?" disse
l'uomo raccogliendo ed esaminando il volume, Jared si voltò
e vide il sorriso
beffardo dell'uomo intento a sfogliare le pagine "ti farà venire gli
incubi!" . Riprese il libro e sedendosi, deciso ad
ignorarlo ,
cercò di concentrarsi sulla lettura.
L'uomo
lo osservò per un pò e poi, sorridendo, se
ne andò.
Ottobre
1989
Jared
uscì dalla metropolitana e corse per i marciapiedi
affollati. Guardò l'orologio
e imprecò. Era in ritardo di mezz'ora , il signor Murray
l'avrebbe ucciso.
Svoltò l'angolo e si precipitò verso il
condominio. Appena varcò la
soglia lo vide. Appoggiato al bancone dalla portineria c'era
l'inquilino
dell' 8b. Benjamin qualcosa , quello del diluvio.
"Allora
sei proprio il tipo che si fa attendere tu" disse l'uomo
mentre Jared
si sistemava. "Poteva accadere qualsiasi cosa durante la tua
assenza!"
il ragazzo lo guardò scettico ma non gli rispose "potevo
scivolare
dalla scala, battere la testa, perdere i sensi e venire derubato ....o
peggio!
qualcuno poteva rapirmi!".
"Chi
le dice che una volta caduto non l'avrei lasciata lì o...
peggio! alla mercè
dei rapitori ?" gli rispose Jared imitandolo e l'uomo
scoppiò in una
fragorosa risata.
"Cosa l'ha spinta a rischiare la vita scendendo fino al piano
terra?"
chiese alla fine il ragazzo vedendo che l'uomo non
accennava ad
andarsene, "la caldaia" rispose l'altro fissandolo, "beh...
chiami un tecnico..." Jared distolse lo sguardo imbarazzato. "No!
non è necessario. Mi servirebbero le chiavi dello scantinato
al resto penso io
" lo rassicurò l'uomo sorridendo.
Limitandosi ad annuire il suo consenso Jared si alzò e
iniziò a rovistare nel
cassetto alla ricerca delle chiavi.
Passarono
una decina di minuti. Jared era al telefono con Shannon e lo stava
rassicurando
per la centesima volta di stare bene quando, un rumore metallico
proveniente
dalla cantina, attirò la sua attenzione. Salutò
velocemente il fratello e si
precipitò giù per le scale.
La
stanza era illuminata parzialmente da una vecchia lampadina e
l'inquilino dell'
8b era in piedi accanto alle caldaie con un pezzo di tubo in mano.
Ridendo gli
disse "15 secondi!! allora non ti sono poi così
indifferente!"
Jared arrossì e stizzito rispose " ero preoccupato
per le caldaie!"
e risalì di corsa le scale mentre l'uomo continuava a ridere.
Poco
dopo l'inquilino riemerse dalla cantina. Restituendogli le chiavi gli
fece
l'occhiolino e Jared sentì di nuovo le guance andargli a
fuoco.
Da
quel giorno ogni scusa era buona per l'uomo pur di coinvolgerlo :
scatoloni
troppo grandi per entrare in ascensore da portare all'ottavo piano,
riparazioni
da annotare per il proprietario o, più semplicemente, si
fermava a discutere il
libro che Jared stava leggendo o commentare, quando riusciva a vederli,
i suoi
schizzi. Inutile dire che finivano sempre per battibeccare.
Erano
passate due settimane e Jared si era convinto che l'uomo aveva deciso
sul serio
di fargli ripagare il completo, ma a modo suo: tormentandolo.
Sbuffando
iniziò a sistemare la posta nelle cassette dei vari
inquilini. " Hai da
fare?" il ragazzo era talmente preso nei suoi pensieri che
spaventato
non potè trattenere un gridolino poco virile. L'uomo
trattenendo a stento le
risate continuò " ho dei pacchi da portare nel mio
appartamento".
Jared
che nel frattempo aveva fatto cadere un paio di lettere si
rialzò e riprese a
sistemarle facendo attenzione a non guardarlo negli occhi "se
sono come quello dell'ultima volta sono occupato". L'uomo si
poggiò al
muro e continuò a fissarlo " ahah..no... non ti
preoccupare "
disse rassicurandolo mentre Jared, sotto il suo sguardo, si sentiva
sempre più
a disagio.
---
Cinque
minuti dopo l'ascensore era quasi del tutto pieno di scatoloni, a
fatica Jared
si fece spazio e premette il pulsante per l'ottavo piano. La vicinanza
dell'uomo non aiutava certo a farlo rilassare, era una sensazione nuova
e non
riusciva a capire perchè si sentisse in questo modo. O forse
lo sapeva ma la
risposta non gli piaceva affatto.
Guardando
negli specchi di fronte cominciò a notare particolari
dell'aspetto dell'uomo:
il taglio dei capelli, i lineamenti marcati ma delicati del volto, gli
occhi
scuri e penetranti. Chiuse gli occhi e scosse la testa sconcertato dai
suoi
stessi pensieri. Si voltò per dire qualsiasi cosa per
interrompere
quell'imbarazzante silenzio e si ritovò premuto
contro la parete della
cabina.
Tentò
di allontanarlo ma poi si arrese. Era intento ad osservare il viso
dell'altro
avvicinarsi sempre di più a lui quando il metallico "ding"
dell'ascensore segnalò che erano giunti a destinazione. Le
porte si aprirono e
Jared liberandosi dalla presa scavalcò al volo i pacchi e
,quasi investendo una
mamma e i suoi due bambini che aspettavano di entrare, corse fuori
dalla cabina
precipitandosi verso le scale. Lasciando l'uomo da solo a vedersela con
gli
scatoloni.
Una
volta arrivato al piano terra si sedette al suo posto e con
il cuore a
mille si portò le mani alle labbra, ancora incredulo di
quello che stava per
fare. Guardò il monitor dove l'uomo era ancora impegnato a
spostare i pacchi e
si chiese come avrebbe potuto evitarlo. Confuso e spaventato fece
l'unica cosa
in grado di poterlo calmare. Parlare con Shannon.
Al
quinto squillo una voce assonata rispose "...Si?"
Jared guardò
di nuovo il monitor "sono io". Ogni traccia di sonno
sparì
dalla voce di Shannon "Jared? che succede?" in quel
momento
Jared realizzò che non riusciva a dirlo. "Jay..? ci
sei?.. tutto bene?"
il fratello minore cercò inutilmente le parole e alla fine
disse "si Shan
tutto bene! E' che mi stavo annoiando e..".
Shannon
rise incredulo " Jay ma lo sai che ore sono qui?"
Jared chiuse
gli occhi cercando di calmare il respiro "si scusa hai ragione
big bro".
Shannon rimase in silenzio, sentiva che c'era qualcosa di strano "
Jay?
sicuro che tutto va bene?" Jared poggiò la fronte
contro la superficie
fredda del bancone e sospirò " sicuro. non
preoccuparti...ora devo
andare...ci sentiamo.. salutami mamma" Shannon
provò un'ultima volta
ad insistere ma Jared aveva già attaccato.
---
Andare a
lavoro era diventata una tortura. Alla fine aveva trovato il modo di
evitarlo
controllando i suoi movimenti attraverso i monitor. Ogni volta che lo
vedeva
prendere l'ascensore trovava una scusa per allontanarsi dalla sua
postazione e,
per assicurarsi di non venir sorpreso, quando sentiva dei passi per le
scale si
infilava sotto il bancone. La cosa gli stava creando non pochi problemi
e
sapeva che prima o poi avrebbe dovuto smetterla o addio posto di lavoro
e
stipendio.
Stava
per finire il suo turno quando squillò il telefono interno,
rispose ma
dall'altro capo della linea si sentiva solo il lontano
vociare di una tv.
Stava per riattaccare quando la voce dell'uomo lo bloccò "Jared?
..
puoi salire?" preso in contropiede Jared balbettò
la scusa della fine
del turno ma l'altro insistette " dobbiamo parlare",
preso dal
panico il ragazzo ribattè "n..on abbiamo
niente di cui parlare!".
L'uomo sospirò "non puoi nasconderti in eterno...
sali" Jared
riattaccò.
Nervoso
cominciò a camminare avanti e indietro. Questa situazione
era completamente
nuova per lui. Non era sicuro di voler affrontare il discorso.. e
rispondere
alla domanda che lo stava tormentando dal quasi-bacio dell'ascensore.
Si passò
la mano tra i capelli insicuro sul da farsi poi, prendendo un
respiro, lasciò
una nota al ragazzo che doveva dargli il cambio e si avviò
su per le scale.
Mentre
saliva le scale fu tentato di tornare indietro al terzo, quinto e sesto
piano.
Ora era lì, davanti alla porta 8b.
Con
il cuore in gola bussò. Sentì il rumore di passi
sempre più vicini e la chiave
che girava nella serratura. La porta si aprì e lo accolse il
caloroso sorriso
dell'uomo. "Entra.." disse gentilmente poi, notando
che il
ragazzo era come paralizzato sulla soglia, aggiunse "guarda
che non
mordo". Jared titubante entrò.
L'arredamento
era semplice ma elegante. I colori tenui e delicati rendevano le
stanze accoglienti. Notò diversi pacchi ancora da
scartare e si chiese se
l'uomo fosse arrivato da poco o stesse preparandosi a partire.
I suoi
pensieri vennero interrotti quando sentì la mano dell'altro
posarsi
delicatamente contro la sua schiena per guidarlo verso il salotto. Lo
fece
accomodare sul divano e, allontanandosi, gli chiese se volesse un
pò di caffè. Jared
seppur con lo stomaco in subbuglio accettò, sperando, visto
che il livello di
nervosismo era ai massimi livelli, gli facesse l'effetto contrario e lo
calmasse.
L'uomo tornò poco dopo e gli porse la
tazzina "pensavo non
avessimo nulla da dirci" disse per rompere il ghiaccio. Jared
si mosse
a disagio sul divano e cominciò a fissare le sue scarpe,
trovando terribilmente
interessante la moquette dell'appartamento. "...mi dispiace
non avrei
dovuto.... è che... non ho potuto resistere" disse
sinceramente l'uomo
posando la sua mano sulla gamba del ragazzo, Jared alzò lo
sguardo e incrociò i
suoi occhi azzurri in quelli neri dell'altro.
Non
c'era più nulla da dire, l'uomo si avvicinò e
posando la tazzina ancora
completamente piena sul tavolino si sporse vero il ragazzo e
portò a
termine ciò che era stato interrotto nell'ascensore, lo
baciò.
tbc
A/N:
i. "Jared
leto has insanely apocalyptic dreams. [..] "aliens from
different
dimensions, the end of the world, being trapped in the
desert."[..]"i've dreamt of sharks my whole life," I dream of being
surrounded by thousands of sharks that are chewing me to bits.
i've always had really wild, intense, vivid, vivid dreams" intervista Tongue 9/02
ii. "We
all live our dreams at the cost of someone else's." intervista
ValleyPlanet 6/06
iii. Jared dopo il diploma
alla Emerson
Preparatory School nel 1989 si è
iscritto alla University
of the Arts di philadelphia.
--------------------------------------------------------------------------------------------------
princes_of_the_univers _Non
sei l'unica ad averci
pensato, me lo sono chiesto anche io. Non so come funziona sinceramente
in america la questione dei cognomi etc. potrebbe essere che all'epoca
non avevano il tempo di stare detro alla burocrazia e con il tempo alla
fine han lasciato perdere (ringraziando il cielo visto che sinceramente
mi suona molto meglio Jared Leto che Jared Metrejon..).
C'è da dire però che un ragazzo ha scritto sul
forum uff che Jay,
durante una data del tour Welcome
to the Universe a San Francisco al
Warfield Theatre, parlando con alcuni fan ha detto indicando
un manifesto : "quello è il mio cognome".
Il ragazzo ricordava fosse qualcosa tipo Metrejon o Metrajon.
Nei dintorni si è scoperto poi esserci
un certo centro "Metreon" ...
da lì sono nate diverse teorie sul
glyph ₪
..va
beh sto divagando..
maddi, oh beh.. nella vita di J ci sono molti BB ;) che
sia
Brent o Brandon (che adoro) o qualcun'altro beh lo vedrai..
per quanto riguarda Brent visto
che non ti è simpatico per sopportare la sua
presenza pensa a lui come il Brent della fic e non il reale :)
io praticamente lo amo. Solo per quello
che ha fatto e fa per
Jared si è guadagnato il mio rispetto a vita
xD. .
Ari92, grazie
e scusa il ritardo ^^"
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Capitolo 7 *** Capitolo VII ~ ...Give in for my touch for my taste ***
7
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Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N: Sono
consapevole che in generale lo slash è malvisto ma
"purtroppo" c'è anche
questo nella mia fanfic ^^. Spero solo che, anche se non appassionate
del genere, possiate trovare questa parte godibile. Il mio
proposito in fondo e' ipotizzare un percorso ed esperienze a
360°. della serie ..un pò per tutti.
Warning:
se siete contrari a
tematiche omosessuali fermatevi qui. Lettore avvisato...
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del
passato
§
Capitolo
VII ~ ...Give in for my touch for my taste
(
...arrenditi per il mio tocco per il mio sapore)
Ottobre
1989
Jared
entrò nella sua stanza al campus e, in punta di
piedi per non svegliare il compagno, si avvicinò al suo
letto. Si spogliò e si
infilò sotto le coperte. Posò il braccio sulla
sua fronte e sospirò, gli
sembrava di sentire ancora il respiro di Ben sulla sua pelle,il
percorso delle
sue mani lungo il suo corpo e il suo petto,il fruscio dei loro abiti,
le
parole sussurrate in un respiro.
Le sue
labbra. I suoi baci.
I baci di un
uomo. Dolci ma forti, delicati ma decisi,
c’era passione e dominio nel modo in cui reclamava le sue
labbra, nel modo in
cui lo aveva stretto a se. Si ritrovò a desiderare di nuovo
il suo tocco, il
poter sentire il calore irradiato dal corpo dell’uomo
avvolgerlo in un
abbraccio. Risentire la passione scorrere lungo le sue vene.
Si
portò la mano alle labbra e arrossì per i suoi
pensieri. Ma nella sicurezza della sua mente non aveva paura di
affrontare
quello che non riusciva ad accettare e dire ad alta voce. Si
girò e guardò la
luce filtrare dalla finestra e rischiarare con i suoi deboli raggi la
stanza.
Ben non aveva
preteso nulla, quando lo aveva bloccato perchè
si stava avventurando troppo in là , l’aveva
guardato e, sorridendo, gli aveva
fatto capire che a lui andava bene così. Che non aveva
fretta. Avevano
passato la serata a baciarsi e a parlare
di cose futili, senza importanza, nessuno dei due aveva accennato a
cosa erano.
Cosa significasse tutto ciò.
Se
c’era un significato.
Si
ricordò di essersi svegliato sul divano poco prima
dell’alba, confuso in un primo momento nel ritrovarsi in una
stanza sconosciuta.
Si era voltato ed era lì, addormentato accanto a lui con le
braccia che gli
cingevano la vita in una morsa affettuosa.
Le domande
erano prepotentemente riaffiorate portandolo a
fuggire silenzioso dall’appartamento, approfittando delle
ombre del mattino per
mettere quanta più strada tra se e i suoi dubbi
nell’irreale silenzio che
avvolgeva Philadelphia.
Si era
innamorato ? Ma soprattutto… cosa provava Ben per
lui?
Si
portò le mani al volto esausto, stava ancora cercando
le risposte alle sue domande quando il sonno lo reclamò
,facendolo scivolare
lentamente nel suo mondo.
31 ottobre/1
novembre 1989
Philadelphia
era famosa per i siti d’importanza storica, le
costruzioni centenarie, i cimiteri risalenti all’era
coloniale ma non solo, era
considerata anche una delle città più infestate
d’America.
Non
c’era cittadino che non sapesse dello sfortunato
cameriere del City Tavern, la triste dama in abito rosa della
Germantown
Avenue, o delle presenze al cimitero della
St. Peter's Church. Durante
il periodo di Halloween la città sembrava
risvegliare queste presenze, dimenticate nelle frenetiche giornate
lavorative
dell’anno e nella noiosa routine giornaliera.
Era passata un’intera settimana dall’ultima volta
che
Jared aveva visto Ben. La sera dopo il loro incontro
aveva saputo per caso da un’altra inquilina che
l’uomo era partito per affari e
sarebbe rimasto fuori città per almeno 6-7 giorni.
Lì per lì non
riuscì a capire se era più forte
il sollievo di avere del tempo per pensare, e
fare chiarezza sui suoi dubb, o il
sentirsi offeso per non essere stato informato
dall’uomo. E questo non
faceva altro che rinforzare la paura di esser solo stato preso in giro.
I giorni
erano trascorsi lentamente, le ore erano scivolate
via tra lavoro e scuola e, più che risposte , aveva trovato
solo altre domande.
Attraversò la
strada e sorseggiò un po’ del suo Starbucks,
chiedendosi come fosse possibile
che Justin, il suo compagno di stanza al dormitorio, riuscisse sempre e
comunque
a fargli fare quello che voleva. Da quando era arrivato non aveva fatto
altro
che evitarlo ma l'altro sembrava avesse fatto del coinvolgerlo la sua
ragione di
vita.
Passò davanti al
Museo delle Arti e schivò giusto in tempo un gruppo di
ragazzini che travestiti
, spintonandosi l’un l’altro, correvano
allegramente sul marciapiede.
Sorrise
malinconicamente e ricordò
quando, da bambino, aspettava con ansia
questa magica notte da trascorrere con Shannon raccontandosi storie
dell’orrore.
Fino a quando si ritrovavano ad andare nel lettone della mamma, troppo
impauriti per rimanere in una stanza da soli.
Svoltò
l’angolo e guardò il cartello stradale : Fairmount
Avenue. Doveva essere sulla strada giusta. Si guardò intorno
e notò , a qualche
metro di distanza, altri ragazzi seduti su un muretto.La
piccola fiamma di un accendino illuminò il volto di uno
di loro, era Justin. Mentre si avvicinava gli occhi si abituarono
all’oscurità
e riuscì a distinguere anche gli altri ragazzi con
l’amico: James, Melanie e
Rachel. Tutti ragazzi del loro corso.
James e
Melanie erano la classica coppia di eterni
fidanzatini. Si erano conosciuti al liceo, si erano innamorati ed erano
riusciti ad iscriversi alla stessa università. Facevano
tutto insieme, sapevano
cosa pensasse e finivano le frasi dell’altro.
Rachel era
l’amica di Melanie, una ragazza con la quale
Jared aveva parlato un paio di volte per
caso alla fine di qualche lezione.
Infine
c’era Justin. Un ragazzo con un carattere
complesso, pieno di sfaccettature. Ogni giorno Jared scopriva qualcosa
che
cambiava completamente la sua opinione su di lui. Gli unici punti fermi
erano il
suo fiuto per i guai e la cotta per Rachel. In quei pochi mesi era
stato
testimone di decine e decine di piani
per corteggiare la ragazza falliti miseramente.
Il tour nel
luogo più temuto e spaventoso di Philadelphia
era la sua ultima trovata.
“Ehi..”
disse Justin esalando il fumo della sigaretta
“..alla fine
sei venuto!” Jared annuì
distrattamente “questo
quindi è il famoso
Eastern State Penitentiary” disse girandosi per
osservare l’enorme costruzione
che si erigeva alle sue spalle. “a-ah… fico vero?”
rispose James
facendo un tiro alla sigaretta che
Justin gli aveva passato mentre Jared continuava a fissare
l’edificio.
Le pareti
erano consumate dagli anni e annerite dal
traffico cittadino ma la costruzione aveva conservato la sua
austerità. Le
torri di guardia, ormai vuote da più di vent’anni
,svettavano verso il buio
cielo senza stelle. Un brivido scese lungo la sua schiena al pensiero
della
soggezione che sicuramente aveva suscitato in passato e agli orrori
perpetrati
al suo interno. L’architettura era simil-gotica e questo non
faceva che
incrementare il suo spaventoso fascino.
“ma dobbiamo farlo per forza?”
disse Melanie stretta alla
vita di James rivolgendo uno sguardo implorante agli
altri. “Non c’è
assolutamente nulla di
cui aver paura” Justin la
rassicurò dirigendosi verso il punto delle mura che stava
cedendo e che avrebbe permesso loro l’accesso
“…vale
la pena di visitarlo.
Specie in una serata come questa” sorrise e
cominciò a cercare di scavalcare il
muro “abbiamo
due ore di tempo prima che la guardia del quartiere faccia il suo
giro… dai fifoni il tour inizia!”.
Gli altri
quattro si scambiarono un’occhiata preoccupata e
sospirando lo seguirono.
Scavalcare la
recinzione si rivelò un’impresa più
ardua
del previsto ma, dopo un quarto d’ora, tutti e cinque i
ragazzi erano
all’interno.
L’unico
segno dei vent’anni trascorsi era lo stato
d’abbandono del cortile, l’erba era alta e incolta
e, alcune macchine , che Jared non aveva mai visto in strada per quanto
fossero vecchie, erano
abbandonate negli angoli arrugginite dal tempo.
Si avviarono
verso l’entrata. L’interno era completamente
buio. Inghiottendo e pulendosi le mani sudate sui jeans Justin accese
la
torcia. Il faro di luce illuminava fino a pochi metri di distanza,
rivelando
una stanza circolare dalle pareti che, una volta, dovevano esser state
bianche. Le
infiltrazioni d’acqua le
avevano macchiate e negli angoli la muffa come scure lacrime le
tingevano di
nero. Dei calcinacci erano a terra e la polvere aveva creato una sorta
di
spesso tappeto sul pavimento.
Facendosi
coraggio i ragazzi entrarono. La stanza era
avvolta nel silenzio, c’era una scrivania ormai a pezzi e
alcune sedie che
sicuramente avevano visto tempi migliori, a terra c’erano
pezzi di alcuni quadri
il cui interno erano da tempo diventato polvere. Da questa
camera
partivano i 4 blocchi principali. Si avvicinarono ad uno degli archi e
lo
illuminarono. Il corridoio era largo poco più di un metro e
ad ogni lato la fila delle porte delle varie celle.
Con passo
insicuro entrarono nel primo blocco. Le porte delle
celle erano basse e strette “era per prevenire gli attacchi
alle guardie” disse
James mentre ne apriva una. La cella era completamente vuota ad
eccezione di
una brandina in ferro e un materasso piegato e macchiato
dall’umidità.
Justin alzò il
raggio della torcia illuminando un buco nel soffitto della cella.
L’unica
finestra della stanzina “quello
era l’occhio di Dio” disse attirando
su di se
gli occhi curiosi degli amici “il carcere era stato costruito
secondo la
credenza che l’isolamento era la punizione più
adatta e curativa verso i delinquenti.
Queste finestrine in alto rappresentavano Dio. Nel tentativo di
ricordare ai
poverini che il signore li osservava sempre”,
poi aggiunse “non
c’è da stupirsi
che in molti abbiano perso la testa”.
I ragazzi
osservarono la cella in silenzio, nessuno di
loro aveva il coraggio di aggiungere altro. L’atmosfera era
opprimente e
angosciante, Jared rabbrividì, non sapeva se fosse la
suggestione ma sembrava
che la costruzione avesse assorbito la sofferenza delle vittime.
Un rumore in
lontananza li fece sobbalzare, Rachel si
strinse contro il braccio di Jared istintivamente. Justin ,voltandosi
di scatto,
fece rimbalzare il raggio di luce da un muro all’altro,
accecandoli per un
attimo “ cazzo
Justin!! mi hai beccato un occhio !”
urlò James indietreggiando
e colpendo la porta facendola richiudere.
Lo stridio del
ferro ricoperto di legno echeggiò per tutta l’ala
fino a quando il sinistro
click della serratura fece gelare il sangue nelle vene ai cinque
giovani.
Jared fu il
primo a muoversi e ad avvicinarsi alla porta.
Lentamente e con il cuore in gola posò la mano contro la
superficie, un fitta
gli colpì lo stomaco quando si accorse che
all’interno non c’era una maniglia
“oh ..merda..”
riuscì a dire mentre cercava di tirare la porta.
“è tutta colpa tua
deficiente!” gridò James mentre
stringeva la ragazza a Justin, l’altro lo
guardò sorpreso e risentito ribattè “tecnicamente sei TU, caro mio,
che hai
fatto chiudere la porta!”.
Mentre
i due erano occupati a litigare Jared cercava di pensare a cosa fare
per tirarsi fuori da quest abrutta situazione. Toccò la
parete che circondava la parete e si avvicinò a
Justin per togliergli la torcia dalle mani, aveva i palmi
sudati dall’agitazione
ma cercò di non farsi prendere dal panico.
Guardò intorno alla
stanza, poi passò la torcia a Rachel “punta qui”
le disse e si chinò vicino al
letto con l'intento di staccare uno dei pezzi della brandina.
Dopo un
po’ di calci ci
riuscì, senza perdere un attimo si girò verso la
porta della cella e cominciò a
colpire la parte di fianco alla serratura. Come aveva ipotizzato il
tempo aveva
indebolito le mura e presto cominciarono a creparsi sotto i suoi colpi.
L’intento
era quello di svellere la porta che, se un tempo era invalicabile per i
poveri
detenuti, i vent’anni trascorsi senza essere usata la
rendevano molto più vulnerabile. Formato un foro tra la
parete e la porta infilò
il pezzo di ferro e cominciò a fare pressione. Justin e
James lo aiutarono e
,con la loro forza ,riuscirono a scardinare la porta e ad aprirla
completamente.
Una volta
usciti dal corridoio rimasero immobili, aveva cominciato a tirare vento
e qualcosa rotolava in
fondo al buio corridoio, poi una serie di tonfi sempre più
vicini. I ragazzi si
guardarono un secondo prima di iniziare a correre a perdifiato, nessuno
di loro
aveva intenzione di andare a controllare cosa fosse. Raggiunsero di
nuovo la
stanza circolare e si fermarono per un attimo, indecisi sulla direzione
da
prendere, Rachel fu la prima a ricordare da quale corridoio venivano e la seguirono.
Arrivati in
cortile con loro terrore si accorsero di un
enorme cane da guardia. L’animale era dalla parte opposta a loro e,
ringhiando, li
stava puntando. Nella corsa Rachel cadde a terra, Jared se ne accorse
e, mentre Justin e James aiutavano Melanie a scavalcare il muro,
tornò indietro e l’aiutò ad alzarsi. Fu
l’ultimo a saltare la recinzione, e per
un pelo il cane lo
mancò andandosi a
schiantare a gran velocità contro le mura.
L’unico
rumore al di là dei loro respiri affannati erano le risate
da qualche parte in fondo alla strada e le foglie che smosse dal vento
rotolavano in strada.
“Non c’è
nulla di cui avere paura vero?” disse Rachel
mentre zoppicando si appoggiava alla spalla di Jared “se non era per Jared io
ades- “ si fermò per trattenere le
lacrime, ancora incredula di essere scampata
al pericolo. Jared la strinse per darle conforto e guardò
gli altri ragazzi.
Nessuno di loro sarebbe mai più entrato in un luogo
abbandonato, questo era
sicuro.
“Non sapevo del cane..”
Justin si scusò e le offrì,
inutilmente, la mano per aiutarla a camminare visto che nella caduta si
era
ferita ad un ginocchio. “Sono
certo che tra qualche tempo ci rideremo sopra”
disse Jared cercando di risollevare un po’ il morale, James
annuì e sghignazzò
“stavo giusto
ricordando la faccia di Justin quando si è chiusa la porta,
era da fotografare!”. Presto si ritrovarono a
ridere tutti insieme e
prendendosi in giro a vicenda, nel tentativo di archiviare il terrore
provato
come una semplice brutta avventura.
Più
tardi e qualche birra dopo Jared e Rachel si ritrovarono davanti alla
camera della ragazza al campus. Rachel aveva insistito
affinchè l'accompagnasse e Jared non aveva potuto rifiutare
nonostante fosse consapevole che Justin gliel'avrebbe fatta pagare.
La ragazza lo
guardò intensamente, “pensi che li ci sia davvero
qualcosa?” le lampade lungo il corridoio le
illuminavano il volto e Jared capì
perché Justin fosse completamente perso di lei ”mi piace pensare di si..
aggiunge un po’ di magia alla vita non credi?”
le sorrise e
si accorse che la ragazza era diventata seria.
Timidamente
Rachel avvicinò il
suo volto a quello
del ragazzo e, facendo
appello a tutto il suo coraggio, posò le sue labbra contro
le sue. Jared per un
attimo ricambiò il bacio poi indietreggiò di
colpo, “i-..io
non posso” Rachel
lo guardò confusa “non puoi?”
Jared rimase a guardarla “non
posso?” la ragazza ridacchiò
nervosa “l’hai
detto tu che non puoi!” “a---h si ecco..è
complicato da
spiegare” la ragazza lo guardò
perplessa “c’è
un’altra?” Jared rimase in
silenzio per un attimo poi annuì “si. un’altra persona”.
Rachel si portò la
mano alla fronte e scosse la
testa imbarazzata “scusami…
non pensavo …” Jared le prese le mani
e cercò di
rassicurarla “
non devi scusarti” , la ragazza si
limitò ad auguragli una buonanotte ed entrò nella
sua stanza.
novembre
1989
Ben
uscì dall’ascensore e fischiettando
cercò nelle sue
tasche le chiavi dell'appartamento, svoltò
l’angolo e lo vide. Era seduto con la schiena contro
la porta, gli occhi chiusi e i capelli castani che si
muovevano leggeri seguendo
il ritmo dei
movimenti della sua
testa. Avvicinandosi
notò che il ragazzo
stava ascoltando della musica con il walkman, si accovacciò
e sorridendo gli
posò una mano sulla spalla. Jared aprì gli occhi
di scatto,erano belli come li
ricordava. Talmente luminosi da sembrar attirare in loro tutta la luce
della stanza.
Il ragazzo si
alzò e si tolse le cuffie, lasciandole ricadere sulle
spalle “Ciao..”
disse visibilmente imbarazzato “mi hanno detto che eri
tornato e.. non sapevo…” Ben lo
interruppe abbracciandolo “pensavo che questa
volta non saresti più tornato ..“ gli
sussurrò contro il collo, incapace di nascondere le sue
emozioni “non
ho avuto il tempo di avvertiti e non mi sembrava il caso di lasciarti
un
messaggio tramite Murray”.
Aprì
la
porta e lo invitò ad entrare, Jared sentì come se
un’ombra che gli aveva
oscurato il cuore, e che
non sapeva di
avere, se ne fosse andata, rivelando le risposte che aveva celato.
Sorridendo
varcò la soglia.
---
"la puoi spegnere?"
disse Jared girandosi di
lato “la
luce?" chiese Ben "questa!"
rispose spazientito Jared
togliendogli la sigaretta dalle labbra "ci tengo ai miei polmoni".
Ben rise e
l'abbracciò "ok
sei un non fumatore.. cos’altro devo
sapere?", Jared aggiustandosi il cuscino tra le braccia ci pensò
su per un attimo ed iniziò la
lista " perfezionista,
logorroico,scrivo musica,amo l’arte in ogni sua
forma, sono vegetariano..." l'uomo cominciò a
massaggiargli la schiena e
continuò per lui " sfacciato,
distratto, carino.." Jared sorrise timidamente
e alzando il volto accolse le labbra dell'altro poi ,sorridendo, chiese
"…carino?"
l'altro ridendo si corresse " giusto..
dimenticavo.. vanitoso!" Jared
finse di essersi offeso e fece per allontanarsi ma l'altro strinse la
prese e
lo attirò a se .
Così iniziò la loro relazione. Jared
cominciò a frequentare l'appartamento 8b
quasi quotidianamente e, di conseguenza, le telefonate con Shannon
diminuirono sempre di più. Incapace
di affrontare l'argomento con suo fratello aveva deciso di evitarlo,
per paura
che non capisse e di perderlo completamente.
Shannon
percepiva che c'era qualcosa di diverso e che suo
fratello era cambiato. Lo sentiva più distante ma la
lontananza gli rendeva
impossibile capire. Non potendolo guardare negli occhi non poteva
leggere
quello che il fratello gli teneva nascosto.
"mi stai evitando?"
chiese Shannon irritato.
"no Shan! cosa ti salta
in mente?" Jared strinse la cornetta nel tentativo di
farsi forza.
"non mi chiami
da una settimana" l’irritazione si
tramutò in
preoccupazione, cosa aveva fatto per allontanare Jared da lui?
"ho avuto parecchio da
fare all'università ..e il lavoro" chiuse gli
occhi, le prime vere bugie che raccontava al fratello.
"Jay.."
disse Shannon cercando di capire dal tono della sua voce
quello che non veniva detto.
"cosa?"
"ti conosco…
sento che c'è qualcosa che non va" , arrendersi
era una
parola che non era presente nel vocabolario di Shannon.
"ti sbagli",
si morse il
labbro, avrebbe
voluto dirgli la verità ma…
"non credo.. per il
ringraziamento torni?"
"non so.."
"..."
"ora devo andare. .....
ti voglio bene big bro" attaccò e si
coprì il
volto con le mani.
".... anche io"
rispose Shannon rimanendo ad ascoltare la linea del
telefono ormai libera.
dicembre 2007
Shannon si
svegliò di soprassalto. La luce sul comodino
era ancora accesa e il libro che stava leggendo era caduto a terra. Si
sporse
dal letto e lo raccolse. Si era addormentato di colpo,
lanciò un’occhiata
all’orologio , erano le 2.00am .
La sensazione
che l’aveva fatto svegliare non l’aveva
ancora abbandonato. Jared?
chiese al silenzio sentendo la paura attanagliargli
le viscere. Scese dal letto e si avvicinò alla sedia sulla
quale aveva gettato
i vestiti qualche ora prima e prese il suo cellulare. Lo accese e
selezionò il
numero del fratello.
Uno squillo..
due squilli…tr-
“Shan..?”
Jared rispose, la sua voce carica di emozioni.Shannon
chiuse gli occhi e sospirò.
tbc
A/N:
i. Jared dopo il diploma
alla Emerson
Preparatory School nel 1989 si è
iscritto alla University
of the Arts di philadelphia.
ii. philadelphia e' una delle
città più infestate d'america, non a caso scelta
come sfondo ad un film come 'il
sesto senso' . l' Eastern
State Penitentiary chiuso nel 1971 oltre ad essere
scenario di film e documentari ospita, durante il
periodo di ottobre ,l'attrazione "Terror Behind The Walls".
ovviamente sarebbe stato impossibile entrare come hanno fatto i
ragazzi, ma questa è una fic quindi tutto è
possibile xD
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grazie per i complimenti, è sempre un piacere sapere che la
fic è di vostro gradimento ^^
monica _ eheheh la mente da psicolabile è una
delle
caratteristiche che rende Jared... Jared! XD è bello
impazzire
cercando di trovare un senso ai suoi messaggi...
maddi, il reale. Poichè sono restia a
diffondere voci di cui non ho la certezza al 100% mi limito a dirti in
sintesi
che Brent è
uno dei pochi che gli è stato vicino sempre. Che
l'ha
supportato anche quando era più facile voltargli le
spalle.
In pratica un secondo Shannon :) Non
è un caso che lui stesso sul suo myspace chiama
Jared "mio
fratello" e "la mia famiglia"... se lo può permettere ;)
Ari92, anche
io sarei scappata xD ,ma J mi dà l'impressione di uno che
affronta le situazioni, per quanto scomode siano. :)
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Capitolo 8 *** Capitolo VIII ~ ...Dumb kid, living a dream _ parte I ***
8
|
Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N: non
posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno
periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in
cui non pubblicherò nulla, ma la storia non
verrà lasciata incompleta. promesso ;).
Warning:
se siete contrari a
tematiche omosessuali fermatevi qui. Lettore avvisato...
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del
passato
§
Capitolo
VIII ~ ...Dumb kid, living a dream _ parte I
(
...Stupido ragazzo, che vive in un sogno)
dicembre 2007
Jared
era steso sul letto. Il tremore per l'incubo stava diminuendo, il
respiro sempre
più regolare. L'unica traccia delle lacrime versate erano le
macchie scure lasciate sul cuscino.
Stava per
posare il blackberry sul comodino quando
cominciò a
squillare. Lesse il nome del chiamante "BigBro" e
sentì il cuore saltargli in gola. Premette il tasto
di risposta e si
portò l'apparrecchio all'orecchio "Shan?..".
Dall'altra parte
sentì
il sospiro del fratello maggiore poi la sua voce "Jay...tutto bene?".
Jared
si
alzò a sedere e annuì , poi si rese conto che
Shannon non
poteva vederlo
“s…si ..ora
va tutto bene” . I confini delle
parole erano troppo limitati per esprimere i sentimenti che riempivano
quel silenzio.
Jared chiuse
gli occhi e con un filo di voce
sussurrò "quando
torni a casa?", Shannon non lo fece aspettare
molto per la risposta "presto".
Entrambi sorrisero sollevati.
novembre 1989
Il
tonfo dei libri lasciati cadere sul banco
rimbombò per tutta l'aula attirando l'attenzione di molti
degli
studenti e facendone sussultare altrettanti. "Hey!" Justin si
sedette
sullo schienale di una delle sedie e incrociò le braccia.
Jared, spaventato,
alzò lo sguardo "...hey".
L'amico
si sporse in avanti e gli sorrise "sai, ho sempre ignorato le
voci secondo le quali tu saresti un fottuto stronzo egoista... ma...
dopo
quello che hai fatto martedì .." Jared
sospirò e scosse
la testa, sapeva che questo momento sarebbe arrivato "è stata
lei a volere che l'accompagnassi! come avrei potuto dirle di no!".
Justin posò il mento sui suoi
avambracci, le labbra incurvate in un sorriso, peccato che il resto del
volto tradisse il suo vero umore "non
cercare di fregarmi ...vi ho visto
sai?".
Jared rimase
in silenzio, è vero, l'aveva baciata ma
solo perchè preso alla sprovvista "ascolta.." si
leccò le labbra nervoso e stava iniziando a spiegarsi
quando Justin
lo interuppe, gli si avvicinò e sibilò "pensi che ci avrebbe provato se
sapesse chi realmente sei?" Jared lo guardò
confuso "so molte
più cose di te di quanto pensi... finocchio!"
sputò
l'ultima parola con disprezzo e aggiunse "avvicinati di nuovo a lei e
ti giuro che nel campus cominceranno a girare voci poco carine...sai
cosa
succede a quelli come te vero?"
Jared
rimase senza parole, il che di per se era un evento, si
guardò intorno, vergognandosi di sentirsi sollevato
nel notare che nessuno, almeno apparentemente, stava ascoltando il loro
discorso. Justin riprese i libri e si sedette due file più
avanti, senza mai voltarsi.
Quella sera
Ben
entrò nella camera, lanciò la cartella da lavoro
a terra
e, mentre allentava la cravatta si sedette sul letto accanto a Jared.
Il ragazzo sentì il letto piegarsi e muoversi sotto il peso
dell'uomo ma non alzò il volto.
"Pessima giornata?"
gli chiese
l'altro spostandogli i capelli dagli occhi. Jared si limitò
a
sospirare. Nella sua testa non riusciva a pensare. Non sapeva
perchè le parole di Justin l'avessero colpito
così a fondo. "..Sai
... a volte parlare fa bene.." il ragazzo si
voltò
e puntò i suoi occhi azzurri in quelli dell'uomo, poi scosse
la
testa. Non c'era nulla di cui discutere.
L'uomo
rinunciò, forzarlo li
avrebbe portati solo a litigare, sospirando gli si avvicinò "il
bello di una relazione è anche condividere Jare, tienilo a
mente. " Gli sorrise e
tentò di baciarlo ma l'altro lo scansò. Ben lo
guardò sorpreso. Non sempre riusciva a stare
dietro ai ragionamenti di Jared e questo era uno di quei
momenti.
"I..io non volevo.."
il ragazzo lo guardò e si
coprì le mani con il volto sconsolato "...lo sa!" Ben gli
si avvicinò
e gli avvolse un braccio intorno alle spalle "..cosa?" gli chiese
dolcemente e rimase pazientemente in attesa della risposta, proprio
quando pensava
non sarebbe mai arrivata Jared parlò "...che sono gay. Il mio
compagno di stanza... sa che sono gay".
L'uomo si
irrigidì, era un argomento delicato. Per Jared questa era
un'esperienza nuova, doveva ancora realizzare e accettare cosa tutto
quello che stavano vivendo significasse. "Cosa ti ha detto?"
".. niente.. ha solo
minacciato di dirlo se..." non
finì la frase, guardò l'uomo e chiese "perchè sono
così spaventato che si sappia?" la domanda gli
scivolò
fuori dalla bocca inconsciamente. Era questo quello che lo stava
tormentando? Il fatto che lui stesso ancora non avesse accettato
l'idea?
L'uomo non
rispose subito, aspettò che il ragazzo si
rendesse conto di aver pronunciato la domanda, che fosse
pronto a sentire la risposta, nel frattempo
continuò ad accarezzargli i capelli alla base del collo,
conscio che il movimento lo avrebbe rilassato.
Jared
chiuse gli occhi e lasciò che l'uomo lo accarezzasse. Ogni
volta che le dita si
infilavano tra le ciocche sollevandole e accarezzandole
poteva sentire il respiro regolare di Shannon e la sua voce, calda e
serena , che lo tranquillizzava. Il ricordo venne interrotto quando Ben
parlò "Jare,
tutto questo è nuovo per te.. non hai avuto ancora il
tempo.. di capire. Ma non devi permettere a nessuno di
farti credere che ti dovresti vergognare. Che devi nasconderti.
Perchè non
è così."
L'uomo lo
guardò dritto negli occhi "devi essere
orgoglioso di chi sei! E, credimi, ne hai motivo! "
"Dovrei fare coming out?"
Jared lo guardò inorridito, un conto era ignorare le voci
che si sarebbero sparse per il college , un altro era dichiararsi. "No, non necessariamente... ma non puoi vivere con la paura,
così gli darai il potere di condizionare la tua vita".
Jared rimase
in silenzio. "Non vivere in una bugia,
per quanto possa
sembrare la scelta più semplice, non ti renderà
felice."
Il punto era,
si chiese Jared, qual'era la verità? Ma non lo disse ad alta
voce, si limitò ad annuire e farsi abbracciare dall'uomo.
----
Shannon
entrò nella sua stanza e guardò il telefono.
Stava
aspettando la chiamata di Jared da due settimane ormai. Si
buttò
sul letto e guardò il soffitto. Aveva fatto un turno di otto
ore
alla tavola calda giù in città ed era
stanchissimo, ma
temeva che da un momento all'altro il telefono avrebbe squillato e non
poteva rischiare di perdere la chiamata.
Era nel
dormiveglia quando sentì la
voce di Constance. "Shan?"
il ragazzo si tirò su a sedere
stropicciandosi gli occhi. "Non
addormentarti vestito prenderai freddo"
la donna gli accarezzò il volto ,poi diresse lo sguardo
verso il
telefono "mi spiace di
aver perso la chiamata di Jay ieri... avrei
voluto tanto risentirlo".
Shannon si
alzò dal letto "non
ti
preoccupare mamma. Mi ha detto che avrebbe richiamato presto e che sta
benissimo.. "
la madre annuì e, augurandogli buonanotte, uscì
dalla
stanza.
----
Jared
aprì
la porta della cartoleria con il gomito, facendo attenzione a non
versare il caffè sul blocco di fotocopie che aveva appena
finito di fare. Si morse il labbro quando stava per fallire nella sua
impresa poi, assicuratosi di avere una buona presa sui fogli , si
diresse verso l'appartamento.
I suoi corsi
lo stavano entusiasmando sempre di
meno e la tensione con Justin non lo aiutava certo a rilassarsi, ma non
poteva abbandonare tutto, cosa avrebbe detto a sua madre
dopo tutti i loro sacrifici?
Sbuffò
e svoltò l'angolo. Un
piccolo gruppo di persone ostruivano la strada , si mise in punta di
piedi e cercò di capire cosa fosse successo,
pregando
mentalmente che non fosse un incidente visto che non aveva nessuna
intenzione di trovarsi a guardare quel tipo di spettacolo.
Con
sua grande sorpresa si ritrovò a guardare un set, stavano
girando una pubblicità. Si fece spazio tra i curiosi e,
sorseggiando il caffè, cominciò a guardare la
lavorazione.
Non aveva mai visto un regista in azione.
Una mano
sulla sua spalla lo fece sussultare,
si voltò e si ritrovò faccia a faccia con Rachel "Jay!"
disse la ragazza illuminandosi in volto "è un secolo che non
ci
vediamo.. sei così..." lottò alla
ricerca di una parola appropriata
"... sfuggente" . La ragazza cercò di
mascherare la
preoccupazione nella sua voce e continuò a sorridere.
Nell'ultima
settimana aveva provato in tutti i
modi ad avvicinarlo ma sembrava quasi che fuggisse da lei. In un primo
momento aveva pensato che fosse una sua impressione ma, con il passare
del tempo e l'accumularsi di strambe scuse, aveva capito. Non avrebbe
dovuto essere così sfacciata quella notte.
"Che...sorpresa.. Rachel!" Jared
sorrise nervosamente e, guardandosi intorno ,si accertò che
la
ragazza fosse da sola "...
è che i
corsi mi stanno assorbendo completamente, non ho un minuto libero"
le
mostrò le fotocopie poi, indicandole la scena davanti a
loro, le disse "sembra
stiano girando uno spot". A Rachel non sfuggì
di notare quanto desideroso di cambiare discorso Jared fosse ma decise
di
abbandonare l'argomento per il momento
e
godersi la sua compagnia.
I due
assistettero alle riprese, osservando
il duro lavoro dietro le telecamere, un discorso tirò
l'altro e
Jared si ritrovò a parlare della sua passione per il cinema "ci
potevamo permettere poco ma nostra madre si assicurava sempre che
almeno una volta mese andassimo a vedere un film. Era il nostro
appuntamento
fisso, un modo per staccare dalla realtà.. "
Rachel notò il velo di malinconia che attraversò
il volto del ragazzo e gli strinse la mano, come a volergli dare
conforto.
Jared sorrise
a disagio,aveva detto più cose di se a Rachel in quei venti
minuti che in venti giorni a Ben. Il regista urlò un ordine
in lontananza mentre la gente cominciava ad allontanarsi "hai mai
pensato di fare l'attore ?" gli chiese la ragazza d'un
tratto, Jared la
guardò per un attimo in silenzio poi scoppiò a
ridere.
"Con il tuo aspetto non
è un'opzione tanto assurda sai?" la
ragazza arrossì quando si rese conto di come poteva essere
percepita una frase del genere ma Jared non commentò, si
limitò a scuotere la testa "non credo
quella sia la mia strada, anche se devo ammettere che l'idea
di quello che c'è dietro alla creazione di un film, il ruolo
del
regista, è davvero affascinante... infatti diventare il
nuovo Scorsese era il mio piano B".
Rachel si
avvicinò e lui le avvolse il braccio intorno alle spalle,
proteggendola dal freddo vento che aveva iniziato a tirare. "ah si?.. e qual'era il piano A?"
gli chiese poggiando la testa sulla sua spalla, Jared rise imbarazzato "diventare il nuovo Robert Smith!".
Rachel rise " punti
sempre così in basso?" gli disse scherzando ,
poi tornò seria "
perchè non ci provi?..
quando ne parli ti si illuminano gli occhi.."
Jared
distolse lo sguardo
da quello della ragazza e guardò davanti a se, il regista
aveva
una mano sulla spalla dell'attore e gesticolava animatamente. Giusto,
perchè non tentare?
---
"Ti ho detto che farò
il possibile per il weekend..."
nonostante Ben fosse nella stanza da letto Jared, seduto sul divano
intento a leggere un articolo sul Batman di Tim Burton, riusciva a
sentire ogni parola dell'uomo. Si sfilò le scarpe e
raggomitolandosi sui soffici cuscini si coprì con
una
coperta che Ben lasciava sempre a portata di mano. "Lo so ..lo so...
ascolta.. Sai che se potessi... " girò pagina e
guardò il volto di Jack Nicholson nei panni di Joker "devo finire delle pratiche non
posso riman..".
Un flash e si
ritrovò sul pavimento della loro casa in Louisiana.
-**
Jared stava
giocando con delle costruzioni di plastica colorata con Shannon e
sentiva Constance in cucina discutere con il compagno.
"Ma come
è possibile che ti facciano lavorare durante le feste
natalizie!" Tony
tossì e Jared potè sentire la carta di
un paccheto di sigarette che veniva aperto "ti ho detto
che non devi fumare in casa! i bambini.." la
risposta dell'uomo fu un confuso borbottio, poi il rumore di
un accendino.
"Senti,
ti ho detto che farò il possibile per esserci nel
weekend..." Constance
con voce
tremante di rabbia e frustazione lo interruppe "è
natale Tony!
c'è il compleanno di Jay!",
l'uomo si avvicinò alla porta
rendendosi visibile ai due bambini "lo so Constance. Sai
che se potessi
.."
-**
Il flashback
venne interrotto dalla voce di Ben "Jare!
Jare! ti sei addormentato lì?" Jared si
stirò e scosse la testa "no,
stavo solo ...pensando" gli sorrise e con finta noncuranza
gli chiese "chi era al
telefono?" l'uomo si diresse verso i fornelli e gli diede
le spalle "Nessuno.
Programmi per il ringraziamento?"
Jared
si alzò dal divano, non sapeva perchè
ma tutto d'un tratto si sentiva a disagio "avevo in mente di andare a casa.."
l'uomo si voltò "oh!peccato,
volevo farti vedere la parata che fanno qui a Philadelphia ..."
sorridendo gli porse un mestolo con del sugo "assaggia e dimmi se ti
piace". Jared si sporse e gustò la salsa, la
brutta sensazione ormai dimenticata.
20 novembre 1989
"Ed!!!
vai ad aprire la porta?" Jared sorrise e si
sistemò il borsone
sulla spalla , benchè gli
fosse dispiaciuto lasciare Ben a Philadelphia per il ringraziamento, la
nostalgia di casa era troppa, non vedeva l'ora di riabbracciare tutti.
"EDMOND!!"
la voce della nonna
adesso era più vicina alla porta, non riusciva a distinguere
le
parole di cosa stesse borbottando ma di sicuro erano rivolte al nonno,
ridacchiò e si
prepararò mentalmente ad essere investito dal ciclone che
era la sua amata nonna. Ruby aprì la porta ancora
imbronciata ma l'espressione
cambiò in un attimo quando puntò gli occhi sul
ragazzo.
"JJ !!! TESORO!!" in
un attimo si ritrovò avvolto in un abbraccio dalla piccola
donna
che, circondandogli il volto con le mani, cominciò
a riempirlo di
baci "ma guardati ..come
sei.." lo allontanò per un attimo per
squadrarlo da capo a piedi "..cresciuto".
Jared rise e , assaporando il tipico profumo di sua nonna,
ricambiò la stretta poi, baciandola sulla guancia, la
salutò.
La donna si
voltò e gli indicò di
entrare "Shannyy!!
è arrivato tuo fratello! ....ED!!!". Jared
posò il borsone e si guardò intorno, casa. In ogni
angolo un ricordo. Nonostante
il lavoro di loro madre li avesse sballottati a destra e
manca per il paese, fin da quando erano piccoli, avevano passato il
ringraziamento con i nonni.
"..come sei magro.. vieni che ti
preparo qualcosa" il ragazzo la seguì,
poi poggiato allo stipite della porta, la guardò
mentre , continuando ad inondarlo di parole, camminava avanti
e indietro per la cucina.
Non
potè trattenere un sorriso quando ripensò alle
volte che, seduto a quel tavolo, la osservava muoversi con fare esperto
tra i fornelli. Il
filo dei suoi ricordi venne interrotto quando sentì una mano
scompigliargli i capelli "ragazzo..
non saluti tuo
nonno?" Jared si girò e istintivamente
abbracciò
l'anziano, l'esuberanza della nonna era contagiosa. Sentì
l'uomo
irrigidirsi per un attimo poi rilassarsi e ricambiare la
stretta.
Suo
nonno era praticamente l'opposto di Ruby, di poche parole e
abbastanza contenuto nell'esprimere i suoi sentimenti. Era anche molto
severo ma Jared e Shannon riuscivano in qualche modo ad intenerirlo.
"Ma dov'eri eri
finito? sono tre ore che ti chiamo!" Ruby si
intromise e, passando a Jared un piatto di biscotti fatti in casa, si
avvicinò
al marito "devi andare
in cantina e ritrovare
le decorazioni per il ringraziamento..voglio che sia tutto
perfetto!"
L'uomo
lanciò un'occhiata supplichevole al nipote poi, facendosi
coraggio e borbottando, andò verso la cantina insieme alla
moglie . Jared addentò un biscotto e si diresse
verso il soggiorno.
"Mamma?"
chiese mentre si lasciava cadere sulla
poltrona , Shannon
era allungato sul divano di fronte a lui , una
gamba poggiata contro il bracciolo mentre leggeva una rivista sulle
auto
da corsa. "T'importa?"
gli rispose senza alzare lo sguardo
dall'articolo, anche se non lo stava più leggendo da
tempo, le parole davanti a lui un insieme di linee e spazi.
Jared lo
guardò . Non era sorpreso dalla reazione, aveva capito che
era arrabbiato con lui dal fatto che non era corso a salutarlo "certo che mi importa!
ma che
cazzo di domanda è?" Shannon finalmente
alzò la testa
"beh sai, dopo che non
ti fai sentire per più di 2 FOTTUTISSIME settimane, il
dubbio può venire!".
Avevano
litigato spesso ma questa
volta non sarebbe bastata una battuta per farsi perdonare "e
risparmiami la scusa dello studio!" disse il fratello
maggiore
anticipando la risposta dell'altro "alzare
una cornetta e parlare per dieci minuti con tua madre
non richiede tutto questo tempo!".
Si
tirò su a sedere e
sbattè la rivista sul tavolino "le dicevo che chiamavi quando
lei
era fuori! ... h..hai idea di quanto in pensiero sono stato? ho perfino
chiamato al campus ma mi hanno detto che non dormi più
lì!" Jared cominciò a sentirsi a
disagio "dove sei andato
Jay? dove dormi?Cosa m.. ci nascondi?" Shannon
sputò fuori le domande che lo stavano tormentando da giorni, si
avvicinò al fratello minore e lo guardò cercando
di leggere le risposte sul suo volto.
Jared
abbassò lo sguardo, poteva sentire gli occhi nocciola del
fratello analizzare ogni suo piccolo gesto, espressione e questo lo
stava innervosendo. Voleva raccontargli tutto, fargli sapere di come si
sentisse felice quando aveva conosciuto Ben, della paura che provava
ogni volta che incrociava Justin nei corridoi, di come si irrigidiva
quando camminando sentiva qualcuno ridere convinto che la verità
fosse sotto gli occhi di tutti. Ma non disse nulla di tutto questo,
scaricò tutta la sua tensione contro il fratello,
attaccandolo per ferirlo.
"Adesso mi controlli?
Cos'è
che ti ha
fatto più arrabbiare eh? Shan?... il fatto che non abbia
chiamato
la mamma o che non abbia più chiamato TE?! "
vide la confusione sul volto del fratello ma non si fermò "ti da così fastidio
che a differenza di te io mi sto facendo una vita tutta mia?" nel
momento stesso in cui pronunciò queste parole se ne
pentì.
"no Shan..ascolta"
si alzò giusto in tempo per afferrare il braccio
del fratello maggiore ma Shannon si liberò violentemente
dalla
presa "sei davvero un
stronzo Jared... uno stronzo egoista" un secondo dopo era
fuori dalla porta.
Jared si
rilasciò cadere sulla poltrona e si
mise le mani tra i capelli "merda!"
A/N:
i. Jared dopo il diploma
alla Emerson
Preparatory School nel 1989 si è
iscritto alla University
of the Arts di philadelphia.
ii. il
ringraziamento (Thanksgiving Day) viene festeggiato il quarto
giovedì di Novembre, a Philadelphia dal 1920 si svolge una
delle più famose parate
del paese. nel 1989 la festività cadde il 23 novembre.
iii.
non ho la certezza assoluta che il nonno di Jared si chiami Edmond,
mentre credo tutti voi sappiate chi sia nonna Ruby, se no... qui.
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Capitolo 9 *** Capitolo IX ~ ...Dumb kid, living a dream _ parte II ***
9
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Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N: non
posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno
periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in
cui non
pubblicherò nulla, ma la storia non
verrà lasciata
incompleta. promesso ;).
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del
passato
§
Capitolo
IX ~ ...Dumb kid, living a dream _ parte II
(
...Stupido ragazzo, che vive in un sogno)
dicembre 2007
Constance
si sedette al tavolo e guardò Jared chiudere, nel
modo più silenzioso possibile, la porta della stanza dove
Shannon stava riposando. "Cosa
è successo questa volta?" gli
chiese una volta che l'ebbe raggiunta nella cucina. Jared la
guardò per un pò, indeciso su cosa e quanto dire "sa di Tony"
.
Constance
sgranò gli occhi. Jared non
aggiunse altro,
aprì una dispensa ed estrasse una bottiglia senza etichetta.
Tolse il tappo a fatica e ne sentì l'odore, era ancora
bevibile.
La posò sul tavolo insieme a due tazzine e senza proferir
parola
le riempì a metà.La donna guardò il
liquido
ambrato scivolare nei piccoli contenitori di porcellana in
silenzio, aveva provato a
parlare ma era riuscita solo ad aprire e chiudere la bocca
ripetutamente senza che alcun suono trapelasse dalle sua labbra.
Jared si
sedette di fronte a lei e bevve un sorso, non potè
trattenere una smorfia al forte sapore ma sapeva che, se avesse dovuto
parlare di tutto
questo con sua madre, aveva bisogno di qualcosa che gli desse forza.
Constance
lo imitò e, fissando quello che era il ritratto dell'uomo
che le
aveva spezzato il cuore, gli domandò "da quando lo sai?"
20 novembre 1989
Shannon
sbattè la porta e uscì sul portico.
Cercò nella
tasca il pacchetto verde di Pall Mall e si sedette su uno degli
scalini.
Quando si portò la sigaretta alle labbra
notò che stava
tremando. Ma non era freddo. Gli inverni da quelle parti erano
abbastanza miti, sebbene quell'anno si preannunciasse essere tra i
più
freddi registrati. Tremava per il nervosismo. Come poteva Jared
aver pronunciato quelle parole. Sospirò e guardò
il cielo ricoperto di nuvole.
----
"ti va di darmi una
mano ?" Edmond si appoggiò allo
schienale della poltrona dove Jared era rimasto a rimuginare sulla sua
pessima uscita. Il ragazzo alzò lo sguardo e sorrise quando
vide
il nonno porgergli una delle sue camicie di flanella rossa.
Se
c'era una cosa che potesse caratterizzare suo nonno erano proprio
queste camicie. Si alzò e l'indossò mentre
seguiva
l'anziano nel giardino del retro. L'uomo si fermò davanti ad
un tavolo davanti al capanno degli attrezzi, dove aveva poggiato
un'anta di una persiana, ed estrasse da alcuni
scatoloni dei barattoli di vernice .
---
Shannon
sentì dei passi leggeri , poi la porta che si apriva. Pochi
secondi
dopo un forte schiaffo sulla nuca gli fece quasi bruciare i pantaloni
con la cicca della sigaretta "butta
immediatamente quella cosa
infernale!".
Ruby a
fatica si sedette accanto a lui, un piatto pieno di
biscotti nelle sue mani. Shannon guardò i dolci, "non ho fame"
disse buttando via la sigaretta. "Non
esiste persona sulla terra in grado di resistere ai miei
biscotti" disse la donna posando il piatto sulle ginocchia
del ragazzo.
Shannon lo fissò poi, sospirando, ne prese uno .
---
"tu
che sei l'artista di casa.. quale di questi colori si abbina
meglio alle pareti?" Jared si voltò verso la
modesta
abitazione poi guardò la serie di barattoli,
"la nonna quale vuole?"
. Edmond rise e gli diede una pacca sulle spalle "scegli un colore",
Jared
sospirò e gli passò il barattolo con una
gradazione di
verde "riprende il
colore del tetto" spiegò leggermente
intimidito dallo sguardo del nonno.
Se c'era una
cosa che aveva
imparato sui Metrejon era che, quando avevano quella espressione, erano
in arrivo
domande da terzo grado. Il nonno però non gli
domandò nulla, aprì il barattolo e
iniziò a
verniciare la persiana.
Jared
lasciò vagare il suo sguardo per il giardino e
notò quanto le cose cambiassero in un anno. Il
prato che
una volta era verde e curato era ormai un insieme di erba
incolta
, lo
steccato non era completamente verniciato e , dove
una volta
c'era una
piccola altalena, ora nn rimaneva altro che la piccola fossa formata da
anni di scarpe in frenata.
"... a destra"
Jared si accorse che il
nonno gli stava parlando e riguardò l'anziano "ho detto
voltala più a destra" il ragazzo sorrise a mo
di scusa e fece
come chiesto, "non
pensavo saresti venuto quest'anno" disse l'uomo. Jared si
tese, iniziava il terzo grado. Sorrise e annuì "nemmeno io".
--
"è
una bella sorpresa non è vero?" chiese Ruby
sgranocchiando il
suo biscotto "non mi
aspettavo sarebbe venuto dopo quei messaggi
così vaghi che ci ha lasciato" Shannon
annuì
"già..".
La donna
osservò il volto del nipote, avrebbe
dato ogni cosa per poter cancellare il dolore nei suoi occhi. "Sono
così contenta che ce l'abbia fatta!" Ruby
notò il ragazzo irrigidirsi " e tu?"
Shannon
sorrise "ci hai sentito
litigare?" la
donna ricambiò il sorriso e gli si avvicinò "era
difficile non sentirvi" il ragazzo cercò di
evitare il suo sguardo
ma poi si lasciò andare, era stufo dei segreti e delle bugie
"...non mi
parla più nonna" posò la testa sulla
spalla della nonna e si lasciò avovlgere dal profumo della
donna, il profumo di casa "..Jared
mi ha sempre parlato di tutto"
---
"Philadelphia è
così bella?" chiese l'uomo, "nulla di speciale ad essere
sinceri..". Jared
notò che il
nonno stava passando ripetutamente il pennello sulla stessa zona ma
decise di fare finta di niente.
Edmond
posò il pennello sul tavolino e si pulì la mano
con uno straccio "e
allora perchè non volevi tornare?" il ragazzo
alzò il volto di scatto "non
ho
mai detto che non volevo.." il nonno sorrise amaramente e
lo interruppe
"no..ma è
così vero?".
Jared prese
il panno che il nonno gli aveva passato e si
ripulì le mani dagli schizzi di vernice verde in
silenzio "ci
siamo
già passati con tua madre JJ, sappiamo riconoscere chi ..si
allontana.."
----
"è
come se stesse fuggendo da me! sapevo che crescendo ci saremmo
separati, che avremmo preso due strade diverse ma .."
Shannon si
passò la mano tra i capelli "c--che mi potesse sostituire
così in fretta.."
Ruby
cominciò a massaggiargli la
schiena "nessuno
potrà mai sostituirti Shan. Tu sei il mondo per
Jared!" il nipote sospirò sconsolato, era ora
di gettare la bomba,
"e allora
perchè non mi vuole dire dove e
con chi vive?"
La donna lo
guardò sorpresa "do-dove
vive? non
dorme al dormitorio del college?" il ragazzo in risposta
si limitò a scuotere la testa
----
Jared
alzò lo sguardo e notò che il caldo sorriso che
l'aveva accolto poco più di un'ora prima era scomparso. "Io non sto fuggendo da
voi!" l'espressione del nonno non
cambiò
"i-io sono solo
confuso .."
Si
abbandonò contro il tavolo e
guardò un punto imprecisato
davanti a se. Il nonno gli si avvicinò e posando
una mano sulla sua spalla lo scosse leggermente "cosa c'è JJ?",
stringendosi nella camicia gli rispose con un filo di voce "sto pensando di lasciare
l'università". C'erano cose
che era meglio non dire. Almeno per ora.
L'uomo
battè le palpebre perplesso "ma...non era quello che hai sempre
voluto?" il ragazzo scosse la testa ...
---
"...non più... l'ha
lasciato da una settimana definitivamente ma
è da quasi un mese che non dorme lì".
La donna
poggiò il piatto di fianco a lei e, passandosi la mano
sul volto, cercò di elaborare le informazioni che il nipote
le
aveva dato "e
perchè non ci hai detto nulla Shan?" il ragazzo
fece spallucce "è
maggiorenne. E
poi..pensavo che ..una volta che gli avessi parlato di persona sarei
riuscito a sapere tutto..."
Il
rumore di una macchina attirò l'attenzione dei due,
Constance era
appena tornata dal supermercato. "Mamma
non sa niente" le sussurrò agitato e
Ruby pensò che, almeno per un pò, fino a quando
non avesse
avuto delle risposte, avrebbe fatto bene a reggere il gioco al nipote.
Sfoderando il
suo miglior sorriso si avvicinò alla figlia
"Constance, tesoro, non
indovinerai mai chi è arrivato oggi".
----
I due
rimasero in silenzio, Edmond
guardò negli occhi azzurri del nipote e vide che c'era
dell'altro ma decise che per quel giorno era abbastanza.
"Jay!!"
i due si voltarono in tempo per vedere Constance correre verso di loro,
Jared guardò il nonno chiedendo silenziosamente di tenere la
loro conversazione privata e si lasciò abbracciare e
ispezionare
dalla madre.
Edmond li guardò rientrare in casa e, dal sorriso
stampato sul volto della figlia, era evidente che non avesse la minima
idea di cosa stesse succedendo. Ma d'altronde ,pensò,
Constance non era mai stata brava a capire
quando le persone le mentivano.
20 agosto 1969
Constance
prese la fascia e la indossò, il rosso acceso del tessuto
spiccava in contrasto con i suoi lunghi capelli biondi. Si
avvicinò allo specchio e controllò ancora una
volta l'acconciatura. Prese la bomboletta di lacca e
sistemò una ciocca ribelle, poi guardò il suo
riflesso.
Passò
le mani lungo il leggero
tessuto dell'abito rosso a strisce nere che sua madre le aveva
regalato pochi giorni prima e si soffermò al di sotto
dell'addome. Titubante accarezzò
il leggero gonfiore, era ancora minimo ma presto sarebbe stato
impossibile non notarlo. Sentì le lacrime pizzicarle gli
occhi
ma le trattenne, non poteva più permettersi di piagnucolare.
Indossò le comode ballerine in tinta e, decisa,
uscì dalla
sua stanza.
Ruby
era in giardino ad accudire i fiori. Da qualche parte nel vicinato
qualcuno stava ascoltando "This Girl Is A Woman Now" e le note
della canzone si diffondevano nell'aria.
La donna vide
la figlia uscire dal portone di casa e le sorrise "sei
stupenda tesoro!", la ragazza ricambiò il
sorriso "mamma, volevo
chiederti se posso andare in paese per un
paio d'ore, sai M... " Ruby alzò le
sopracciglia e divertita la interruppe "prima o poi mi dirai come si
chiama?"
Constance
arrossì
di colpo e la madre, vedendo il suo imbarazzo,
ridacchiò "sai
Constance, anche io ho avuto 17 anni..
comunque vai pure, le vacanze stanno per finire e questo
sarà un
anno importantissimo per te". Constance distolse lo
sguardo a disagio "la
mia bambina si
diplomerà..andrà al college..".
Ruby le
accarezzò i capelli e
la guardò nostalgica , sembrava fosse passato un giorno da
quando la figlia era una bambina dai riccioli biondi
"... cerca di tornare
prima
delle sei mi raccomando" disse alla fine.
Il tempo di
un veloce
bacio sulla guancia e la figlia era già lontana da lei. Il
sorriso sul volto della donna scomparve e si chiese in cosa avessero
sbagliato, cosa avesse spinto loro figlia così lontano da
loro.
Erano mesi ormai che non parlavano più e che la ragazza era
diventata schiva e distante. La canzone stava finendo e Ruby,
rispondendo alla sua stessa domanda, fece eco al cantante " è diventata una
donna ..".
Constance
entrò nella piccola officina. Si guardò intorno a
disagio
poi si diresse verso una Plymouth arancione ferma al centro della sala
"Tony?"
disse titubante rivolta al paio di gambe che fuoriuscivano
dall'automobile. Stava per allontarsi quando il ragazzo si
tirò
su e fissò la ragazza sorpreso "ehi piccola..cosa ci fai qui?".
Il volto
del ragazzo era sporco di grasso e i due occhi chiari risaltavano
ancora
di più del solito. Constance sentì che il
coraggio la stava abbandonando "devo
parlarti". Tony prese un panno da una
delle tasche e si pulì le mani, o almeno tentò "seguimi
nel retro" le disse dolcemente.
"BOB! Faccio cinque minuti di
pausa"
urlò al collega prima di guidarla verso una porta alla loro
destra, la risposta dell'amico venne attutita dallo spesso legno ma Constance
poteva immaginare che tipo di battuta fosse. Tony le fece segno di
sedersi su una delle
sedie di plastica e si diresse verso il piccolo frigo nell'angolo
mormorando qualche
imprecazione quando lo trovò vuoto.
"Cosa è successo?"
le chiese una volta seduto.
Constance abbassò la testa e cominciò a
giocherellare
nervosamente con il bordo del vestito "e--è.."
prese un respiro cercando di calmarsi " sono incinta".
Aveva
preparato un lungo discorso quel pomeriggio, ma ora non lo ricordava
più, e aveva
quindi optato per una cosa veloce e diretta. Alzò titubante
lo
sguardo e , se la situazione non fosse stata così
tragicamente
seria, avrebbe riso all'espressione del ragazzo.
Tony chiuse
gli occhi e si alzò. La ragazza lo
osservò mentre camminava avanti e indietro per la piccola
stanza
e borbottava qualcosa tra se e se. "Sei..sicura?", la
ragazza si limitò ad annuire.
"Cazzo!"
gridò dando un calcio ad una vecchia gomma, dopo
almeno cinque minuti di silenzio il ragazzo riparlò "posso
chiedere a Bob se conosce qualcuno per..poter risolvere la questione"
"risolvere la questione?"
chiese confusa Constance "si,
insomma... sai cosa intendo.." il ragazzo si
passò
le mani tra i capelli castani incurante del fatto che li stesse solo
sporcando ulteriormente.
"..a--no! assolutamente no!"
Constance si alzò dalla sedia di colpo ,
Tony la guardò come se avesse perso la testa "Constance
rifletti! .. siamo troppo giovani per diventare genitori!"
"non mi interessa! i--io non
abortirò!" la ragazza si poggiò
contro la porta e,
stringendosi il ventre, cominciò a singhiozzare. Aveva
provato a fare la forte ma tutto questo era troppo grande per lei. Il
ragazzo si
mise la testa tra le mani poi ,guardandola fisso negli occhi, le disse "..e
chi mi dice che il bambino sia davvero mio?"
20 novembre 1989
Ruby era
seduta davanti allo specchio in camera da letto. Edmond leggeva un
libro, entrambi persi nei propri ragionamenti.
La serata era trascorsa senza imprevisti, tutti avevano recitato la
loro parte a perfezione. Jared, aveva notato la donna, aveva risposto
alle mille domande della madre con forzato entusiasmo. All'apparenza si
erano comportati come una normale famiglia riunita dopo tanto tempo ma,
ad un attento osservatore, non sarebbero sfuggiti gli sguardi e i
silenzi.
La donna
finì di mettersi la crema sulle mani e si
avvicinò al
grande letto matrimoniale "
hai scoperto qualcosa oggi?" chiese vagamente,
il marito la guardò al di sopra
delle lenti degli occhiali "diciamo
di si, tu?".
I due si guardarono per un
pò, indecisi su chi avrebbe dovuto parlare per primo. Edmond
ruppe il silenzio "Jared
vuole lasciare l'università." Ruby
annuì ,un altro tassello a completare il quadro della
situazione, toccava a lei "ha
lasciato il
dormitorio da quasi un mese ".
"Sapevo che
almeno uno dei due avrebbe ripreso da quel.." Ruby lo
guardò sconvolta "Ed!...
non sappiamo ancora nulla!".
L'uomo posò il libro sul comodino "cosa vuoi sapere di
più..?" la donna si passò la mano
sulla fronte, alla disperata ricerca di un'alternativa "non penserai..."
Edmond scosse la testa "come potremmo spiegare
altrimenti tutto questo?" la donna non rispose e il marito
continuò "
dobbiamo fare qualcosa.."
Ruby in un primo momento annuì poi, una
volta capito cosa intendesse il marito, si girò di
scatto incredula " n-on
vorrai allontanare JJ come hai fatto con Tony!? ".
L'uomo rimase in silenzio "
Non lascerebbe mai Constance e Shannon! Jared è diver..."
Jared si poggiò contro il muro. Aveva sentito
abbastanza.
Il corridoio era completamente buio ad eccezione della luce che
arrivava dalla piccola
lampadina nel bagno. Prima di andare a dormire voleva parlare
con
i nonni ma, arrivato davanti alla porta, aveva sentito che stavano
parlando di lui. Non aveva intenzione di origliare ma quello
che aveva udito lo aveva immobilizzato.
Dopo quelle che parvero ore si staccò dal muro e leggermente
trabbalante si diresse verso la sua camera.
In silenzio, facendo attenzione a non svegliare Shannon,
scivolò nel letto cercando di dare un senso a quelle parole.
tbc
A/N:
i. Jared dopo il diploma
alla Emerson
Preparatory School nel 1989 si è
iscritto alla University
of the Arts di philadelphia.
ii. nel 1989 il
ringraziamento (Thanksgiving Day) venne festeggiato il 23
novembre.
iii.
non ho la certezza
assoluta che il nonno di Jared si chiami Edmond, mentre credo tutti voi
sappiate chi sia nonna Ruby, se no... qui.
iv. Pall
Mall Menthol
v. il vestito
di Constance , This Girl
Is A Woman Now- Gary Puckett, Plymouth
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princes_of_the_univers,
don't worry ;)
maddi, mi fa piacere sapere che la storia
continua ad appassionarti :)
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Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Capitolo X ~ ...Dumb kid, living a dream _ parte III ***
10
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Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N: non
posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno
periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in
cui non
pubblicherò nulla, ma la storia non
verrà lasciata
incompleta. promesso ;).
***= flashback
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del
passato
§
Capitolo X
~ ...Dumb kid, living a dream _ parte III
(
...Stupido ragazzo, che vive in un sogno)
“Era
vecchia e scolorita.
Un bordo strappato, gli altri piegati o arricciati.
Il soggetto un prato e due giovani pieni di speranze e
sogni.
Un sorriso timido e uno sicuro di sè,
disinvolto.
Due mani intrecciate in un tocco diventato solo un doloroso
ricordo, fantasma di un calore mai più provato.
Gli occhi rivolti l'uno all'altro colmi di promesse poi infrante.
Parole d'inchiosto nero, ormai sbiadite dal tempo, lette e rilette
accarezzandosi le labbra arrossate, piegate in un sereno sorriso verso
il futuro traditore.
Un felice
pomeriggio primaverile immortalato per sempre.
Una
foto testimone di sentimenti persi nella nebbia di
ore,minuti e secondi che è il passato.
E'
stato l'amore che ne traspariva a darmi la forza di cercare le risposte. "
dicembre 2007
«La
mamma se ne è andata?» Shannon
entrò in cucina. I
corti capelli ,divisi in
disordinate ciocche castane, gli andavano
in tutte le direzioni. Jared lo guardò e sorrise « si,
voleva rimanere ma le ho detto che non era necessario..»
posò la
caffettiera e tirò fuori due cornetti caldi dal microonde
«..e
che doveva concentrarsi sulla linea di gioielli».
Shannon
annuì e si sedette al tavolo, stropicciandosi gli occhi
cercò di portar via ogni traccia di sonno dal suo viso ,«Jay...»
Jared si voltò di nuovo, quando l'altro non
continuò
prese la colazione e la mise davanti al fratello maggiore
«lo
so Shan».
Allungando il braccio accorciò la breve distanza
tra di
loro e strinse la mano dell'altro.
«ora
vediamo di risolvere il problema ok?» .
21 novembre 1989
Jared
aveva passato l'intera giornata ad osservare i nonni. Da quando aveva
sentito il loro discorso la notte prima aveva cominciato a notare
diversi atteggiamenti che, fino ad allora, gli erano sfuggiti.
Shannon, a
sua
volta, non aveva perso d'occhio il fratello minore ed ora, seduto
nel letto, lo guardava camminare avanti ed indietro per la
stanza.
Dal loro acceso scambio d'opinioni del giorno prima si erano parlati si
e no solo per lo stretto indispensabile.
«Hai intenzione
di scavare una fossa nel pavimento?»
disse esasperato ad un certo punto. Jared continuò per un
pò prima di fermarsi davanti al suo letto, rimasero in
silenzio a studiarsi e Jared titubante gli si avvicinò.
Shannon ,sospirando, gli fece
spazio..un chiaro invito a sedersi accanto a lui.
«Cos'è che ti sta
tormentando ?» gli chiese mentre
l'altro si girava e
rigirava allla ricerca di una posizione comoda « hai mai..»
Jared si zittì un secondo insicuro su come verbalizzare i
suoi
sospetti «hai
mai.. notato degli strani atteggiamenti tra i nonni e la
mamma?» finalmente si sistemò sotto
le coperte e poggiò la testa sulla
spalla del fratello maggiore che, leggermente perplesso dalla domanda,
rispose «ma...non
saprei. in che senso?».
Jared
si morse il labbro nervoso «ad
esempio che lei e il nonno non si parlano quasi mai
direttamente e se lo fanno non si guardano negli occhi?».
Shannon non rispose subito, in effetti si, l'aveva notato anche lui e
da tanto tempo ormai , ma Jared era sempre stato
troppo perso nel suo mondo dei sogni per far caso a certe
cose.
«..è
sempre stato così» Jared tirandosi su
con il
gomito lo guardò stupito «da sempre?»
Shannon sorridendo lo
invitò a rimettersi giù
e aggiunse «tu
forse eri troppo piccolo per ricordarlo ma c'è
stato un
periodo in cui la mamma e i nonni non si parlavano. Quando abbiamo
lasciato Bossier City ci siamo diretti ad
Oakton perchè
la nonna
aveva dei parenti. Siamo rimasti lì una settimana ricordi?
La
zia Margaret..» Jared corrugò la
fronte, il nome non gli era
nuovo, l'immagine di una signora abbastanza in sovrappeso e un caldo
sorriso gli venne mente «
Poi la mamma
una sera ha avuto una discussione molto accesa al telefono con Ruby
e
ce ne siamo andati. E' passato più di un anno prima che i
nonni
potessero rivederci..». Jared chiuse gli occhi
alla ricerca di quei
momenti nella sua memoria...
***luglio
1978
«Constance
ragiona!»
Margaret , la cugina di Ruby , afferrò il braccio
della
nipote «dove andrai?!» La giovane si liberò
dalla presa «un posto lo
troverò non devi preoccuparti » l'altra si sedette
sconsolata sul letto
e guardò i due bambini. Shannon stava aiutando la madre a
mettere i
vestiti in un borsone, Jared, seduto nel grande letto matrimoniale, si
stropicciava gli occhi confuso da tutto quel movimento.
«almeno
parti domani mattina!»
provò
infine ma l'altra si limitò a scuotere la testa «e
dare il tempo ai
miei di arrivare? non se ne parla»
tirò la chiusura lampo del borsone
e ne aprì un altro dal quale estrasse due paia di
jeans e due magliette. Prese
in braccio Jared e iniziò a siflargli il pigiamino. Il
bambino ,assonnato,si lasciò vestire dalla donna senza tante
proteste. Nel
frattempo Shannon aveva finito di raccogliere i pochi giocattoli in una
busta di plastica azzurra e paziente aspettò il suo turno.
Constance sapeva che
Shannon sapeva vestirsi da solo ma capiva che in quel momento aveva
bisogno di attenzioni e, prendendolo in braccio, lo aiutò ad
infilarsi i
jeans e la maglietta.
Prendendo i due borsoni si
avviò verso l'uscita,
Margaret continuò a pregarla di ripensarci ormai
sull'orlo delle
lacrime. Constance l'abbracciò e la ringraziò ma
non non le diede ascolto ,aprendo
i portabagagli,sistemò i borsoni. La donna le disse di
aspettare ed
entrò in casa, quando riuscì portò con
se un paio di cuscini e dei
contentori di cibo con delle bottiglie d'acqua.
Nel frattmepo i bambini si
erano sistemati nel sedile posteriore e, stanchi, si erano subito
addormentati. Margaret cercò di lasciarle anche dei soldi ma
Constance
rifiutò «grazie di tutto zia» le disse dandole un
ultimo abbraccio e,
salendo in macchina, iniziò la sua fuga dal passato.
21 novembre 1989
I due
persi nei ricordi rimasero in silenzio. Shannon istintivamente
iniziò passare le sue dita tra i capelli del fratello,
l'altro si
abbandonò al tocco e dopo una decina di minuti affondando il
viso
contro la sua spalla sussurrò «..Shan... non le
pensavo sul serio quelle cose..»
L'altro non
potè trattenere un sorriso sollevato «lo so jay»
poi, girandosi, in modo da poterlo guardare
negli occhi gli chiese «...
perchè hai lasciato il dormitorio?»,
sapeva che forse non era il momento giusto ma doveva saperlo. Qualcosa
passò negli occhi di Jared paura? rabbia? incertezza? ma
Shannon non riuscì ad
indentificare cosa fosse e pensò di averlo immaginato
«..ho
cominicato a frequentare una
persona» ripose.
Shannon
battè le palpebre sorpreso e sorridendo gli diede una
giocosa
pacca « chi
è la fortunata?» Jared
sentì mancargli l'aria e si tirò su a sedere
«Jay...»
Shannon guardò la sagoma del fratello minore, lo vide
alzarsi e dirigersi verso il suo letto, «Jay.. chi
è? » provò ad
alzarsi ma si bloccò di colpo quando sentì la
risposta dell'altro arrivare in un sibilo «è un
uomo Shannon!».
Shannon lo
guardò intontito chiedendosi se stesse
scherzando ma, vista la serietà sul suo volto,
capì che no,
Jared era serissimo. La portata di quella rivelazione lo
colpì con
tutta la sua forza e ,suo malgrado, non riuscì a dire nulla.
Guardò
l'altro infilarsi nel letto e dargli le spalle. Il discorso era chiuso.
22 novembre 1989
Quella
mattina Jared
spinse la robusta porta in legno ed entrò nella vecchia
camera
della madre. Ruby aveva insistito che tutto rimanesse come una
volta. Le tende erano aperte e il pallido sole invernale illuminava le
pareti rosa antico e la serie di bambole di porcellana
sugli scaffali. La madre gli raccontava raramente della sua
infanzia e adolescenza, tutto gli sembrava lontano, una stanza di un
estraneo. Si avvicinò alla semplice scrivania e
passò le
dita sui titoli dei libri The
Outsiders ,Mr.
and Mrs. Bo Jo
Jones, The
Catcher in the Rye... poi il suo sguardo si
posò su un
album.
Sedendosi
lo aprì e sorrise, anche la madre amava
disegnare. Sfogliò le pagine ingiallite dell'album e si
soffermò sui vari schizzi a matita, poteva riconoscere il
paesaggio dalla finestra, la nonna in giardino e poi una serie di
ritratti dal passato di Constance. Rimase immobile per un attimo a
fissare i
chiaroscuri che immortalavano un volto molto familiare, titubante,
guardò il
piccolo specchio da trucco sulla sua destra.
«Non ero brava come te ma
me la cavicchiavo no?» Jared sussultò
dallo spavento e
guardò verso la porta. Constance era appoggiata allo stipite
e
sorrideva. Senza farsi notare cambiò pagina e
ricambiò il
sorriso «eri
molto brava invece» la donna
entrò nella
stanza e si
avvicinò alla finestra, scostando la tenda
osservò il padre intento a sistemare le lampadine in
giardino, a
Jared questa volta non sfuggì il leggero cambiamento
d'espressione «cosa c'è che non va
Jay?».
Jared
posò
l'album e sospirò sconsolato, o non sapeva nascondere i
problemi lui o aveva per parenti degli Sharlock Holmes « .. l'Università non
è come credevo..» optò per
il problema più abbordabile. La donna, intuendo dove il
figlio voleva andare a parare , lo interruppe « vuoi abbandonarla?».
Non si preoccupò di nascondere la delusione sul
suo volto, fin da quando era piccolo aveva saputo che Jared sarebbe
diventato un artista e voleva che almeno lui cogliesse
l'opportunità.
« si..cioè..
vorrei cambiare indirizzo.Ci sono altre cose, altre sfide che vorrei
affrontare» Jared sapeva che avrebbe deluso la
madre ed era consapevole dei sogni che aveva per lui, ma il punto era
proprio questo: di chi era il sogno che stava inseguendo?
«e allora fallo!»
Jared la guardò stupito ,Constance gli si
avvicinò e chinandosi gli prese le mani ,come se avesse
sentito i suoi pensieri continuò « io sono già
orgogliosa di te Jared, voi siete i migliori figli che
una madre possa
desiderare... vi è stato già tolto tanto non
privatevi anche dei sogni» Jared sorrise e,
stringendola, baciò le mani intrecciate alle sue.
***20
agosto 1969
Il
ragazzo si
mise la testa tra le mani poi ,guardandola fisso negli occhi, le disse
«..e
chi mi dice che il bambino sia davvero mio?»
Constance con gli occhi pieni di lacrime scosse la testa
incredula, «c--come puoi
dirmi una cosa del genere?»
Tony
abbassò lo sguardo e alzandosi le si avvicinò
«mi dispace
piccola.. io non so più cosa sto dicendo»
la ragazza in un
primo momento non ricambiò l'abbraccio « scusami»
ripetè
il ragazzo stringendola forte «ho paura..»
rispose lei con un filo di
voce.
Il ragazzo rimase in silenzio poi baciandole la testa disse «anche io ..ma
andrà tutto bene»
la ragazza si lasciò
andare nell'abbraccio incurante che si stesse sporcando il vestito di
grasso «la prima cosa
da fare è dirlo ai tuoi»
Constance si
irrigidiì ma il ragazzo continuò «tuo padre mi
ucciderà..minimo».
Entrambi rimasero in silenzio poi scoppiarono a ridere, non
una risata serena, una risata
stanca e incerta «siamo davvero
nella merda piccola...»
e dopo aver ripreso fiato aggiunse «scusa il
francesismo»
Constance guardò i suoi occhi azzurri e
ridacchiò.Con lui vicino nulla sembrava impossibile.
22 novembre 1989
Constance
uscì dalla sua stanza e
Jared riaprì l'album. I suoi ricordi di Tony erano sbiaditi
e
confusi. Ricordava il volto del padre che chianadosi lo accarezzava e
gli diceva che sarebbe tornato presto. Lo ricordava nel
giardino a sistemare una delle loro biciclette, i capelli legati in un
codino e il sorriso quando lo prendeva in braccio. Ricordava anche i
litigi. Ricordava di guardare attraverso la fessura della porta la
madre seduta in cucina, avvolta nella sua vestaglia azzurra che al
buio,
piangendo, aspettava che l'uomo tornasse a casa, salvo poi
fare finta di essere a letto da ore quando
sentiva il furgone
parcheggiare.
Accarezzò
il volto disegnato e si chiese perchè. Aveva
passato la sua adolescenza a cercare di cancellare il ricordo di
quest'uomo eppure sapeva che per risolvere i suoi problemi aveva
bisogno di risposte. Risposte a domande che non aveva coraggio di
porgere. Spostò la sua attenzione di nuovo ai libri e si
soffermò su "Mr.
and Mrs. Bo Jo Jones" l'aveva letto per un compito a
scuola e
parlava di una coppia di teenager costretta a sposarsi
dopo che la ragazza rimane incinta. Ironia della sorte
pensò.
Lo
prese e notò che all'interno del libro c'erano
delle foto. Erano in bianco e nero e
ritravano i suoi genitori. Constance e Tony sorridevano,
stretti in un abbraccio su un prato fiorito. Girò la foto e
notò che c'era un messaggio quasi totalmente sbiadito dal
tempo,
lo piegò per cercare di leggere il contenuto,alcune parole
erano state rubate dal tempo.
'Sei tu la p..te migliore di me
stesso,
il limpido sp...hio dei miei occhi,
il profon.... el cuore,
il nutrimento, la fortuna,
l’ogge...to di og..i ..ia speranza,
il so.o cielo della mia terra,
il paradiso cui aspiro.'
T. B.
ti
amo ogni giorno di più.
C'era stato
un tempo in cui si erano amati sul serio. Rigirò la foto e
fissò il volto di Tony «perchè ci hai
abbandonato?» sussurrò alla vecchia e
spiegazzata fotografia.
***7
ottobre 1969
Tony spostò la sedia
e fece accomodare Constance «non era necessario
andare a cena fuori»
disse la ragazza mentre l'altro prendeva posto difronte a lei. Il
ragazzo scosse la testa 'no' e sporgendosi posò la mano sul
pancione ricoperto dal semplice completo bianco della compagna.
«Come farai a pagarlo?» continuò
preoccupata la ragazza mentre si guardava intorno. Non era il Ritz ma
nemmeno un fast food.. in più Tony aveva prenotato un tavolo
abbastanza appartato che si affacciava sul giardino interno del
ristorante. «Non ti preoccupare» le disse sorridendo
prima di venire interrotto dalla cameriera.
Mangiarono parlando del futuro e
della giornata appena trascorsa, Constance non riuscì a
trattenere le lacrime quando una cameriera posò sul tavolo
una piccola torta. I loro nomi scritti in cioccolato a decorare la
candida distesa di panna. Era semplice eppure per la ragazza era la
torta più bella che avesse mai visto in vita sua.
Tony le si avvicinò
«pensi che possa sentirmi?» le chiese indicando
il pancione, Constance distolse lo sguardo dal dolce «..dicono
di si » il
ragazzo riguardò il pancione « ehi
piccolo!» per
un attimo non aggiunse altro, si limitò solo ad accarezzarlo
poi parlò «..avresti dovuto vedere la
mamma com'era bella oggi».
Constance arrossì e nascose il volto contro il collo
dell'altro «...smettila» bisbigliò
intimidita, Tony le passò le mani tra i lunghi
capelli biondi e disse dolcemente «la
più bella sposa che un uomo possa desiderare...signora Bryant» circondandole il
volto con le sue forti mani la baciò teneramente poi, rimanendo a pochi
millimetri dalle sue labbra, le sussurrò «prometto
che un giorno avrai il matrimonio dei tuoi sogni». La ragazza si
strinse contro quello
che da poche ore era suo marito e scosse la testa «ho
avuto tutto
quello che volevo»
l'altro si limitò a guardarla prima di darle
un altro bacio e tagliare la torta insieme.
22 novembre 1989
Jared si
alzò, prendendo la foto e l'album uscì
dalla stanza, era ora di fare qualche domanda.
tbc
A/N:
i. Jared dopo il diploma
alla Emerson
Preparatory School nel 1989 si è
iscritto alla University
of the Arts di philadelphia.
ii. nel 1989 il
ringraziamento (Thanksgiving Day) venne festeggiato il 23
novembre.
iii.
non ho la certezza
assoluta che il nonno di Jared si chiami Edmond, mentre credo tutti voi
sappiate chi sia nonna Ruby, se no... qui.
iv. il messaggio
dietro la fotografia è di William Shakespeare.
------------------------------
maddi, speriamo tu non sia l'unica xD
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Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Capitolo XI ~ ...The rest is silence ***
11
|
Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N: Scusate,
di nuovo il ritardo. :(
non
posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno
periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in
cui non
pubblicherò nulla, ma la storia non
verrà lasciata
incompleta. promesso ;).
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del
passato
§
Capitolo XI
~ ...The rest is silence
(
...il resto è silenzio)
E’
incredibile pensare come due persone così vicine l'uno
all'altro possano in realtà essere così
lontane.Quel tipo di lontananza che
non si misura in m o km,
quella
creata ad ogni silenzio,
ad ogni parola
di troppo urlata in un momento di rabbia,
...
dicembre 2007
Shannon
ricordava con estrema chiarezza il momento in cui Jared era entrato
nella sua vita. Aveva appena un anno e nove mesi e i
suoi curiosi occhioni
nocciola lo videro: un piccolo
battuffolo stretto nelle braccia della
sorridente Constance. Gli aveva voluto bene da quell'istante e, sebbene
troppo piccolo per ricordare, aveva fatto suo inconsciamente
il compito di proteggerlo. Era diventato il suo scudo. Il
guardiano del
suo mondo. Attento a non far penetrare nulla e nessuno.
Quando erano piccoli se Jared si sbucciava il ginocchio Shannon era
subito accanto a lui. Pronto ad allontanare il bambino che l'aveva
spinto per salire sullo scivolo prima di lui o, semplicemente, a fargli
passare il dolore con un bacino sulla ferita.
Ma non tutti i cattivi potevano essere allontanati. Non tutte le ferite
andavano via con una carezza e Jared... Jared era troppo
fragile.
Era come tentare di salvare un vaso di finissimo cristallo. Una volta
incrinato era segnato per sempre. Una volta spezzato irricomponibile. E
Shannon non era diverso da lui, ma era talmente preso dal
prevenire e curare le ferite del fratello minore che aveva
ignorato quelle che si formavano dentro di lui.
Ed una volta rimasto solo a fare i conti con le sue cicatrici era
crollato.
1°
Giorno
Con
mani tremanti aprì la porta e attraversò di
corsa il corridoio. Arrivato in cucina però
rallentò.
Jared era seduto al tavolo,il portatile ancora aperto davanti a
lui. Cercando di fare meno rumore possibile si avvicinò
alla dispensa e l'aprì... niente. Richiuse con
attenzione l'anta di legno. Si tese quando aprendone un' altra lo
scricchiolio si diffuse per la stanza. Rimase immobile e, assicuratosi
che Jared stesse ancora dormendo, proseguì la sua
ricerca.
All'ennesimo
nascondiglio trovato vuoto lo stomaco gli si contorse, la rabbia
salì come un'onda dentro di lui annebbiandogli per un attimo
la
vista. Si diresse
verso il frigorifero e l'aprì alla disperata ricerca di una
birra. Spostò una serie di succhi di frutta, bottiglie
d'acqua,
thè... incurante quando uno dopo l'altro con un tonfo
caddero a terra.
Nulla.
Non c'era
nemmeno una fottutissima
birra. Si drizzò di
colpo. Nel vano
tentativo
di calmarsi strinse i pugni tanto da
sentire la pelle dei palmi cedere sotto le sue unghie.
«..Ehi...ti
sei svegliato?» l'assonnata voce di Jared lo
fece trasalire , si voltò lentamente verso
il fratello che sgranchendosi cercava di capire che ore fossero.
«Dove le hai
messe?» tuonò il batterista
avvicinandosi lentamente al tavolo.
Jared si alzò e,
istintivamente,
indietreggiò «cosa?»
chiese con un'espressione talmente innocente che
per un attimo Shannon pensò che per davvero non sapesse
che fine avessero fatto le sue bottiglie.
Scosse la
testa per
schiarirsi le idee, sentiva il sudore bagnargli il volto e la sete
bruciargli la gola. «Non..
cercare di FOTTERMI!»
urlò alla fine scaraventando alla sua destra la sedia che lo
divideva dal fratello. Jared sussultò al repentino cambio di
comportamento e guardò l'oggetto schiantarsi
contro il
muro. Quando si rigirò Shannon l'aveva raggiunto.
Deglutì cercando di mantenere un'espressione neutra
benchè volesse con tutto il cuore nascondersi in un
angolo.
«Le hai fatte
sparire..» sibilò Shannon
prima
di superare il limite.
***1977***
« dove
le hai messe?!?»
Tony spintonò Constance facendola
sbattere contro il tavolino del soggiorno. La ragazza
osservò
il marito aprire e chiudere i cassetti convulsamente prima di girarsi
verso di lei e ripetere, urlando, la domanda. Constance si
limitò a scuotere la testa e non potè trattenere
un
gridolino strozzato quando l'uomo le afferrò violentemente
il
braccio. La donna
tremante indicò un piccolo contenitore su una dispensa e si
lasciò cadere singhiozzante sul divano, mentre il
marito
si gettava sul piccolo oggetto,
versandone a terra il contenuto .
Shannon
era davanti alla porta, i genitori troppo presi dal loro litigio per
vederlo. Nelle piccole manine un quaderno, appena tornato da
scuola era corso dalla mamma per fargli vedere la sua prima A+.
« 'Ennon..'ENNON!!!.» Shannon si
voltò e vide il fratellino
affacciarsi dalla ringhiera delle scale al secondo piano. Doveva
essersi appena
svegliato dal sonnellino pomeridiano e, ignaro della lite, stringeva
sorridente il
piccolo zainetto di Winnie the Pooh che il papà gli aveva
regalato per farlo sentire un bambino grande come il fratello.
Dando
un'ultima occhiata nella stanza Shannon salì di corsa le
scale
e, facendo finta di nulla, lo riportò nella loro cameretta
per
giocare e distrarlo.
***
Jared
si ritrovò a terra in un attimo.
Il sapore metallico del sangue gli fece realizzare cosa fosse successo,
sbigottito si portò la mano alle labbra e
guardò in alto il fratello maggiore
che ,in un momento di lucidità,
dopo
che la nebbia
dell'astinenza si era
diradata , guardava le conseguenze con occhi
sbarrati, incredulo.
Non
riusciva muovere nessun muscolo.
Mortificato
osservò Jared alzarsi
lentamente da terra e avvicinarsi a lui. Nella sua testa non faceva
altro che ripetersi "l'hai
colpito - l'hai colpito- .."
una cantilena che non cessò nemmeno quando sentì
le
braccia del fratello minore avvolgerlo in un abbraccio.
Non sapeva
cosa
fare.
Titubante
alzò le sue a circondargli la vita, insicuro se il
suo tocco fosse ben accetto « i-io...».
Jared scosse la testa e lo costrinse a guardarlo, il labbro spaccato
aveva già iniziato a gonfiarsi «ssst... non è
successo nulla..» poi chiuse
gli occhi e posò la sua fronte contro
quella di Shannon, «andrà
tutto
bene...» gli disse con
calma trattenendo
le lacrime. «Andrà
tutto bene»
ripetè stringendo la
maglia ormai zuppa di sudore
dell'altro.
Shannon
cercò di calmarsi ma ogni cellula del suo corpo sembrava
gridare
il suo bisogno di alcool e, con la voce spezzata dal pianto,
sussurrò « un
bicchiere...u-un bicc-hiere solo?».
Jared sentiva il forte corpo del fratello tremare incontrollabilmente,
sentiva le sue mani, che poco prima l'avevano colpito,
aggrapparsi a lui spasmodicamente, il respiro strozzato e le
lacrime sul suo collo.
Inghiottì il magone e si
allontanò. Shannon lo
guardò implorante, gli occhi che per 30 anni gli avevano
dato
forza e sicurezza ora non erano altro che smarriti e
vuoti. Annuì e avvicinandosi all'unica dispensa che
l'altro
non aveva pensato di controllare estrasse una delle bottiglie.
Il fratello
maggiore ,guardingo,
osservò Jared versare il tanto agognato liquido in
un bicchiere e, senza alzare lo sguardo, porgerglielo. Lo
prese immediatamente e, leccandosi le labbra ormai secche, lo
annusò. Era ormai ridotto a questo, schiavo di un bicchiere
e il
suo contenuto. Jared si voltò, non poteva guardare
quella
scena. Si poggiò
al lavandino maledicendo la sua debolezza, ignaro degli occhi del
fratello che lo studiavano.
Poi di
colpo lo schianto del vetro sul pavimento.
Jared si
girò e vide il liquido scorrere sulla cermica delle
mattonelle e Shannon indietreggiare verso al porta che con voce
spezzata
e tremante farfugliava «falle
sparire sul serio.. falle sparire
tutte!».
Ancora una
volta Shannon era stato il più forte dei due.
24 novembre 1989
Il ragazzo uscì in veranda e guardò davanti a
se , aveva iniziato a tirare vento
e qualche nuvola gonfia di pioggia si affacciava
all'orizzonte. In silenzio scese le scale di legno e si
avvicinò ad Edmond impegnato a curare il piccolo orto.
Erano passati due giorni dal ritrovamento della foto nella
stanza
di Costance, Jared aveva deciso di non rovinare il
ringraziamento
ed aveva
rimandato il confronto ad un momento più opportuno.
«Neanche le piante sfuggono alla
vecchiaia» disse sospirando
l'uomo mentre teneva un debole e rinsecchito ramoscello, facendo sapere
al ragazzo di averlo sentito arrivare «sembra
una cosa così lontana eppure è dietro l'angolo,
arriva in
un attimo..»
Jared non disse nulla, si limitò ad osservare l'uomo fissare
i
paletti di metallo per riparare la piccola serra-tunnel «lo sai qual'è la cosa
più brutta della
pensione?» finalmente Edmond alzò lo
sguardo, Jared scosse la testa 'no' «si è
soli con i propri pensieri» rispose
l'altro tornando a guardare le piante davanti a lui con un lungo e
malinconico sospiro.
Dopo
35 anni di
onorabile servizio per la contea si era ritrovato a svegliarsi una
mattina e non avere nulla da fare. Per la società
ormai lui
era
solo un numero, un altro di quei vecchietti che incroci per strada o
che vedi seduti su una panchina del parco. Aveva quindi iniziato a fare
piccoli lavori part-time
ma , in seguito a numerosi malori , si era visto
costretto..o meglio,
Ruby aveva deciso, che fosse ora di vivere
effettivamene da pensionato.
Passarono
qualche minuto in silenzio poi Jared optò per il piano
'dritto
al punto' e, schiarendosi la voce, si buttò « ho sentito la
discussione tra te e la nonna» . Edmond lo
guardò confuso
«l'altra
notte... su di me...su Tony» l'espressione del
nonno passò da sorpresa ad irritata in un attimo «ora ti sei messo ad origliare
alle porte?».
Jared scosse la testa vigorosamente «chiunque si trovasse nel
corridoio avrebbe potuto sentirvi! io non volevo ascoltare... ne avrei
fatto volentieri a meno..».
Edmond sapeva che Jared non stava mentendo, con una
smorfia di fatica si tirò su e si sgrullò i
pantaloni dalla terra «eravamo
entrambi sconvolti dalle tue
novità» disse guardandolo
severamente , «dopo
tutti i sacrifici che tua madre ha fatto
per mandarti all'università t- »
iniziò a dire scuotendo la testa, i
suoi occhi costantemente puntati sul giovane, accusatori.
«Sono perfettamente
consapevole dei suoi sacrifici. Come ricordo anche i miei sforzi
affinchè questi non venissero vanificati...»
lo interruppe
Jared «ma non
sono venuto a cercarti per parlare della
scuola» disse con tono risoluto.
Edmond togliendosi i
guanti, annuì lentamente «ora capisco lo strano silenzio
di questi
giorni.... »
Jared
prese un profondo respiro «penso di avere il
diritto di sapere perchè Tony ci ha abbandonato».
Ecco. L'aveva detto, si sentì immediatamente più
leggero
ma non certo più tranquillo. Una grossa nuvola
transitò davanti al sole e la sua ombra li avvolse. «Queste
sono cose che dovresti chiedere a lui» l'uomo
sapeva che sarebbe
arrivato questo momento, sapeva che prima o poi uno dei nipoti avrebbe
fatto domande. Una parte di lui sapeva perfino che sarebbe stato
Jared.
«Lo farei
volentieri ma
sai, sono circa dieci anni che non abbiamo contatti»
rispose
sarcastico il ragazzo cercando di mascherare il suo nervosismo. «A
volte nella vita bisogna accettare le cose così come sono ed
andare avanti. » Edmond provò a
farlo desistere dal suo intento ma il ragazzo scosse la
testa
«è
difficile capire dove andare se non si sa da dove si
parte».
Quello
che aveva sentito dire dalla nonna
aveva cambiato tutto. Metà della sua
vita, quella legata a suo padre e alla sua scelta, gli era
completamente sconosciuta. Non poteva archiviare un capitolo della sua
vita, per quanto doloroso, senza sapere tutta la verità.
«tu
hai un passato, hai una famiglia... cos'altro cerchi?»
l'anziano si
tolse gli occhiali e si stropicciò gli occhi chiedendosi quando si sarebbe
liberato dell'ingombrante ombra dell'ex genero. «Risposte»
gli rispose semplicemente l'altro continuando ad osservare il suo
atteggiamento attentamente .
« da
me? » gli chiese , il ragazzo a
disagio si
passò una mano tra i capelli che il vento
dispettoso continuava
a smuovere, « la
nonna ti ha accusato di aver
allontanato
papà ». Edmond dopo qualche attimo di
imbarazzato silenzio cercò di minimizzare la questione «..sai
com'è tua nonna...ingigantisce le cose! Pensa che se
l'avessimo
accettato non se ne sarebbe andato. Tutto qui.»
gli sorrise
cercando di essere convincente e di chiudere così il
discorso ma
Jared non ricambiò, si limitò a fissarlo,
sospettoso.
«e
perchè non l'avete accettato?»
ricordava perfettamente le parole di Ruby e l'evasività del
nonno non faceva che aumentare i
suoi sospetti
«è
difficile guardare la tua amata figlia rovinarsi la vita a
causa di un... di uno come Tony!» il finto
sorriso era scomparso
ed ora il volto di Edmond era serio, i segni di quel vecchio dolore
ancora più visibili.
«
la mamma era
felice con lui!» sbottò Jared, non
sapeva da
dove provenisse quella rabbia ma non era riuscito a trattenersi «ed anche noi lo eravamo..»
aggiunse debolmente. Sprazzi di un passato che
aveva sigillato in
un angolo sperduto della sua memoria gli erano tornati in mente, nella
loro semplicità talmente vividi e forti da non sopportare
che
venissero sminuiti in quel modo.
**
Ricordava di essere
seduto al tavolo della cucina, una vecchia agenda aperta davanti a lui,
un colore di cera stretto nel piccolo pugno. Constance era occupata a
preparare da mangiare e Tony le si avvicinò abbracciandola
dolcemente alle spalle. Stringendola aprì la mano svelando
l'esistenza di un cioccolatino avvolto in una carta rossa.
Quando tornava da lavoro era solito portare qualcosa, nonostante
potessero permettersi poco e niente.
Constance sorrise , un sorriso che
Jared non aveva mai più visto illuminare il volto della
madre e,
girando il volto, baciò il marito. I due ragazzi rimasero
stretti
in quell'abbraccio per un pò, poi l'uomo si
avvicinò al
tavolo e, chinandosi, guardò il piccolo Shannon impegnato
nella
difficilissima operazione che era convincere la sua mano a scrivere la
lettera 'G' e,
complimentandosi, gli diede un bacio sulla testa. Si voltò
verso Jared e, sebbene nella sua agenda ci fossero solo
scarabocchi, fece lo stesso.
Prima di rialzarsi posò sul tavolino due cioccolatini anche
per loro,
entrambi avvolti in una carta azzurra.
Il papà
faceva
sempre in modo che avessero le cose uguali, per evitare che
litigassero...
**
Jared
chiuse gli occhi
un attimo per memorizzare quella scena e non lasciarla più
andare e tornò ad ascoltare il nonno.
«ah
si ?» gli chiese amaro l'uomo. Edmond ricordava
benissimo le settimane
passate senza sapere nulla di Constance, per poi trovarla con dei
lividi
che narravano una storia diversa rispetto a quella che lei
raccontava. «Tua
madre amava l'idea che si era fatta di Tony, non vedeva chi in
realtà
fosse!» Edmond sospirò e guardò dritto
negli occhi il nipote, non c'era più spazio per le bugie.
«e
chi era Tony?» Jared resse il suo sguardo e
ascoltò in silenzio
la risposta «un
egoista. Un codardo. Un uomo incapace di prendersi le proprie
responsabilità. Un violento... un fallito»
si coprì il volto con le mani,
stanco. Quando riguardò il nipote le parole gli morirono in
gola.
«ed
io sono come lui..» Edmond si ritrovò
a fissare due grandi e malinconici occhi
azzurri, gli stessi che undici anni prima aveva incrociato in un
semideserto bar della Louisiana.
***1978***
Edmond
entrò nel vecchio bar e diede una veloce occhiata al
locale: lui era lì ,al bancone. Si fece strada tra i
tavolini e si sedette su uno
sgabello accanto al ragazzo dai lunghi capelli
castani e gli
occhi azzurri che, in tuta da lavoro grigia
, in silenzio sorseggiava una bottiglia di birra .
«Hai
un minuto?»
Tony alzò lo sguardo e
sorpreso battè
le palpebre convinto di avere un'allucinazione, l'ultima persona che si
aspettava di vedere in quel momento e in quel posto era il suocero.
«Poco
lavoro all'officina?»
gli chiese Edmond con un sorriso e
accese una sigaretta, il fumo disegnando candide spirali si confuse con
quello già
presente nella stanza. «No...sono
in pausa»
Tony seguì i movimenti dell'uomo diffidente,
l'ultima volta che si
erano visti era stato al compleanno di Shannon e a malapena si erano
parlati.
«Una
pausa bella lunga!»
l'uomo fece un tiro , i suoi occhi castani fissi sul genero
«è
un mese che Pitt ti ha licenziato
ormai..» il ragazzo abbassò
lo sguardo e si passò la mano
tra capelli in imbarazzo «..e, a parte il lavoro
, come te la passi?»
Tony
prese un sorso della birra e si guardò intorno, gli unici
clienti a parte loro erano due vecchietti impegnati in una partita di
carte nell'angolo. Il barista era occupato ad aggiustare uno dei
lavandini e non stava prestando attenzione alla loro conversazione. Sospirò pronto ad
uno scontro poco piacevole e ignorando la domanda dell'uomo chiese
«cosa vuoi Ed?»
Edmond sorrise, inutile girarci
intorno «lunedì scorso in centrale mi
è arrivato sottomano un
piccolo fascicolo...pare che
qualcuno qui si sia messo nei guai
»
guardò le parole colpirlo una
ad una e
aggiunse
«allora ho
fatto una piccola
indagine, per capire l'entità di questi 'guai'».
Il
ragazzo deglutì e tentò di parlare ma l'uomo
continuò «sappi che se sei ancora qui
con le chiappe su uno sgabello
di un bar e non a pulire i cessi alla Farm è
perchè non voglio sporcare il nome
di mia figlia e dei miei nipoti».
«non
è come
sembra» Tony
provò a difendersi ma non potè
aggiungere nulla
perchè venne interrotto di nuovo «non
mi interessa come o cosa
è successo! Voglio solo che tu sparisca da Bossier City e
dalla
loro vita! »
Tony scosse la testa e lo fissò
negli
occhi incredulo «m-mi stai chiedendo di
abbandonare la
mia famiglia? »
Edmond gli
posò la mano sulla spalla
stringendola in una morsa poco amichevole « ti
sto
chiedendo di
evitare che quei due bambini paghino il prezzo dei tuoi sbagli! Dai
loro la possibilità di vivere una vita normale..,se gli vuoi
bene
allontanati ».
Estrasse una
busta
dal suo giaccone e la posò sul bancone «
sarà più facile crescere senza padre che averne
uno come
te...» rilasciò
la spalla e senza aggiungere altro uscì dal locale.
Tony
rimase da solo a
fissare la busta che le lacrime avevano reso una sfocata macchia
giallognola sul bancone.
***
«cosa?»
chiese l'uomo cercando di concentrarsi sul presente « hai detto che ho
ripreso da lui» ripetè Jared
con tono piatto ed inespressivo.
Il
nonno sembrò non capire a cosa si stesse riferendo quindi
cercò di essere più chiaro «l'altra notte con la nonna hai
detto che io sono come lui» Edmond continuò a
non rispondere, troppo preso a scacciare
il ricordo di quell'incontro, a cercare di non vedere nel
nipote
Tony «e
che mi vorresti allontanare da voi!»
incalzò Jared , non sapeva cosa fosse
successo ma di certo la corazza del nonno stava per crollare.
«no..voglio
solo che la nostra famiglia sia una volta per tutte serena»
Edmond cercò
accuratamente di evitare il contatto visivo con il nipote e
guardò il cielo, sempre più scuro, sempre
più
freddo..
«
io non vi permetto
di essere sereni, quindi via l'elemento di disturbo
della vostra quiete giusto?!» Jared non sapeva
se fosse più arrabbiato o
deluso « hai fatto così anche
con Tony vero?».
Edmond
rimase in silenzio di nuovo, il peso di certi segreti era diventato
insostenibile. Alzò lo sguardo e a Jared bastò
per
capire. Il ragazzo lo fissò, un'espressione illeggibile sul
volto. Quando riparlò la sua voce un
sussurro «perchè?».
La domanda più semplice e scontata da porre in quel momento
ma per lui
era tutto.
« era un
deliquente. l'ho fatto per il vostro bene»
non una
traccia di rimorso nella sua voce. Jared si morse il labbro, si
portò le mani sui fianchi e guardò il terreno ai
suoi
piedi, cercando di
controllare le emozioni che si stavano susseguendo dentro di lui. Una
l'opposto dell'altra. Quando rialzò il volto Edmond
percepì che
qualcosa era cambiato. Non capiva cosa con esattezza ma Jared era
diverso. Lo guardava in modo differente.
«cosa
gli hai detto per farlo andare via?»
l'uomo sospirò e guardò verso la
casa. Ruby era corsa di fuori a ritirare i panni prima che il temporale
li bagnasse «la
verità.. e lui ha preso la decisione più giusta
Jay», il nonno si assicurò
che lo stesse guardando prima di andare avanti
«l'unica della
sua vita molto probabilmente».
Jared prese un profondo respiro mentre cercava di mettere ordine nella
sua testa, le informazioni guizzavano da una parte all'altra della sua
mente alla disperata ricerca di un senso. «L'hai più rivisto?»
la voce sempre più roca, il magone sempre più
difficle da
trattenere. . Il nonno si
limitò ad annuire.
«la mamma lo sa?»
Edmond
scosse la testa 'no' «nonna?»
l'uomo ripetè il movimento e aggiunse
«non nei
dettagli» Il nonno si avvicinò
titubante e
gli
posò la forte mano sul braccio scuotendolo leggermente
«e NON devono
saperlo» il ragazzo guardò la mano
sul suo braccio e poi il suo proprietario.
La forte luce argentea e le
lacrime non versate avevano
reso l'azzurro dei suoi occhi ancora più luminoso, deglutì
« mi stai
chiedendo di mentire?» Edmond guardò
di nuovo il volto del nipote, c'era qualcosa che
gli stava sfuggendo «ti
sto chiedendo di mantenere un segreto Jay. Tua
madre ha già sofferto abbastanza per Tony! a cosa servirebbe
riaprire
queste vecchie ferite?» Jared annuì,
gli occhi di nuovo fissi sul terreno, incapace di guardare l'uomo
davanti a lui.
Fu proprio mentre
osservava l'esile figura del nipote allontanarsi che Edmond
riuscì a riconoscere la sua espressione: era odio. Lo
chiamò per
fermarlo, per spiegargli ..per fargli capire... ma Jared non si
voltò,
a testa bassa proseguì il suo cammino verso l'abitazione,
lasciando
l'anziano da solo a fare i conti con le ombre del suo passato.
Passarono
5 lunghi anni prima che Edmond potesse riabbracciarlo.
---
Quando
raggiunse la camera la pioggia aveva
iniziato a cadere. Ma nonostante i tuoni scuotessero il terreno con la
loro potenza l'unico rumore che Jared sentiva era il battito del suo
cuore. Si sedette ai piedi del suo letto e ripensò alla
discussione avuta con
il nonno. Era deluso, arrabbiato, incredulo. Lo schiocco di un tuono
tagliò l'aria e il suo brontolio si unì alle le
voci e risate al piano di
sotto.
Si guardò intorno e fermò lo
sguardo
sul suo riflesso nello specchio dell'armadio. Sul bordo erano
appiccicate foto sue e di Shannon, o di Shannon con i suoi amici e
qualche ammiccante playmate. Ma gli occhi di Jared erano fissi sul suo
volto.
Aveva voluto la verità ed ora si ritrovava in trappola ,
diviso
tra il renderla nota a tutti e il non voler risvegliare un
vecchio dolore.
Un dolore mai sopito e che viveva attraverso i suoi
lineamenti, costante ricordo di una persona che tutti, sua madre, i
nonni
e Shannon volevano dimenticare. I tratti di una persona che
tutti
odiavano. Tranne lui.
Si stese sul letto e avvolgendo le sue braccia intorno alle sue
ginocchia si raggomitolò. La pioggia
nel
frattempo si abbatteva contro il vetro della finestra rigandolo di
fredde lacrime che, con i loro riflessi, si aggiungevano a quelle che
avevano iniziato a scorrere sul suo viso.
Non sapeva per quanto si fosse addormentato ma quando aprì
gli occhi notò che il temporale
era finito e il grigio delle nuvole era stato sostituito dal nero della
sera. Avvertendo
una presenza nella stanza si voltò. A pochi passi
da
lui, fermo sulla porta c'era Shannon, o meglio la sua sagoma, visto che
a causa della luce del corridoio non riusciva a distinguerne il volto.
«tutto bene?»
gli chiese il fratello maggiore
preoccupato, era chiuso in camera da più di due
ore. Jared aprì
la bocca per parlare ma l'unica cosa che gli uscì fu uno
sbadiglio, si
limitò quindi a scuotere la testa e a tirarsi su a sedere . Non si parlavano sul serio da
quella notte e per
la prima volta in vita sua si sentiva a disagio con lui. Anche
Shannon doveva provare lo stesso visto la sua postura, le mani
calcate nelle tasche dei suoi jeans, lo sguardo evasivo.
«si si..riflettevo
e mi sono addormentato» rispose vago,
in cerca di un segno che nulla
fosse cambiato tra di loro. Shannon si limitò ad annuire,
troppo
spaventato di dire qualcosa di sbagliato e far allontanare di nuovo il
fratello. Non voleva pressarlo, farlo sentire sotto osservazione, ma
più di tutto aveva paura di domandare qualcosa che lo
potesse
offendere.
Il suo manuale del perfetto fratello maggiore che aveva
scritto anno dopo anno, capriccio dopo capriccio di Jared, problema
dopo problema, non menzionava il comportamento da tenere in caso di
outing da parte del fratello minore.
Rimasero
in silenzio a fissarsi per un pò «ti lascio riflettere
allora.... vengo a chiamarti per la cena» gli
disse alla fine Shannon accennando un mezzo sorriso, convinto che dargli spazio
fosse la cosa più
giusta da fare in quel momento.
Jared lo guardò uscire dalla stanza e richiudersi
la porta alle spalle completamente sconvolto. Lui
gli
aveva confidato la cosa più difficile da ammettere persino a
se
stesso. Aveva detto ad alta voce di amare un uomo e Shannon era rimasto
in silenzio. Non una parola. Ed ora, nonostante avesse capito che c'era
qualcosa che non andava, l'aveva lasciato da solo.
Fece
appello alla sua razionalità e prese un profondo respiro.
Non
era
il momento di fare il melodrammatico. Si
rigettò sul letto e cercò di riprendere il filo
dei suoi
pensieri, ma inevitabilmente finì di nuovo a pensare al
distacco del fratello.
Lo Shannon che conosceva lo avrebbe costretto a parlare, lo
avrebbe fatto sfogare fino a quando non l'avesse visto
sorridere di nuovo. Perfino quando aveva deciso,
stupidamente, di
allontanarsi da lui, di tagliarlo fuori dalla sua vita di Philadelphia,
Shannon non aveva
mai cessato di cercarlo, di far sentire la sua presenza.
Non gli aveva
mai voltato le spalle.
Si tirò sui gomiti e
sbuffò tra se e se , lo stava facendo di nuovo.
Shannon aveva
ragione a definirlo una drama
queen. Guardò le sagome delle foto sullo
specchio e sospirò.
Ma se stava solo esagerando
perchè era lì da solo e non c'erano le braccia
del
fratello a stringerlo e a dargli forza?
Tirò un pugno contro
il materasso e si strinse al cuscino, esasperato da tutti
questi pensieri che lo stavano trascinando in una spirale senza fine di
'forse' e paure.
---------
...
Ad ogni
frase omessa.
tbc
A/N:
i. Jared dopo il diploma
alla Emerson
Preparatory School nel 1989 si è
iscritto alla University
of the Arts di philadelphia.
ii. nel 1989 il
ringraziamento (Thanksgiving Day) venne festeggiato il 23
novembre.
iii.
non ho la certezza
assoluta che il nonno di Jared si chiami Edmond, mentre credo tutti voi
sappiate chi sia nonna Ruby, se no... qui.
iv. the farm - o
Angola è la prigione della Louisiana, la più
grande degli Stati Uniti.
v.
Drama Queen - è
uno slang che sta ad indicare una persona che da una piccola cosa e' in
grado di creare veri e propri melodrammi.
--------------------------------------------------------------------------------------------------
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Capitolo 12 *** Capitolo XII ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more _ parte I ***
12_2
|
Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N: non
posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno
periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in
cui non
pubblicherò nulla, ma la storia non
verrà lasciata
incompleta. promesso ;).
legenda:
*** =flashback
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del
passato
§
Capitolo XII
~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more _
parte I
(
...non posso piangere perchè chi dovrebbe
sostenermi piange ancora di
più)
"
Il tempo felice della nostra giovinezza non se ne è andato
mai
completamente: infatti continua a vivere tutto nella nostra mente."
Helen H. Santmyer
...nei
ricordi
Rivivi
colori, suoni ed odori che avevi dimenticato:
un giardino ormai secco torna ad essere verde
Il
sapore di una pesca colta anni prima bagna
le tue labbra,
il calore di un abbraccio segreto torna a riscaldarti
e
dove il tempo ha portato il silenzio
si odono risate gioiose.
Ti senti riempire il cuore di gioia o dolore,
lo senti velare di malinconia
...
dicembre 2007
Shannon
si portò la mano alla bocca cercando di controllare la
reazione
al forte ed aspro sapore. Poteva sentre il liquido lasciare dietro di
se
una scia infuocata e farsi strada verso lo stomaco. Fu come
ricevere
un stilettata, ma era solo il primo momento, ben presto il corpo
iniziò a
rilassarsi: il tremore che non lo abbandonava da quella mattina
sparito, sostituito da quella sensazione ovattata di benessere ed
appagamento.
Si
guardò allo specchio e vide la sua immagine
riflessa schernirlo, fu quando il suono raggiunse le sue
orecchie che si accorse di essere lui quello che stava ridendo.
Rideva
di se
stesso.
Guardò
in
basso nelle sue mani il piccolo bicchierino e la bustina di zucchero
abbandonata sul lavandino. Chiuse gli occhi e si chiese se ci fosse un
modo per tornare indietro. Quando bastava poco per un sorriso,
quando le
giornate erano scandite da un gioiosa risata e sogni sempre
più
grandi, quando non avevano niente ma si sentivano ricchi, quando la
loro casa era il mondo, pronto
lì ad aspettarli.
***dicembre 1983
Quando
Constance
aveva lasciato
la casa della zia Margaret aveva
scoperto che difficilmente assumevano ragazze madre
single con due bambini, si
era
quindi rivolta a dei vecchi amici che aveva perso di vista da
quando aveva sposato Tony, dei tizi che continuavano a
vivere in pieni anni 60: camioncino e look hippy compresi.
Gran
parte del tempo lo passavano
suonando , dipingendo, dando sfogo alla loro creatività in
pieno
stile bohemian
,rivendendo i frutti della loro creatività a vari raduni o
mercati. A Jared e Shannon sembrava quasi di essere in una
perenne vacanza. Fra accordi senza nome e canzoni davanti ad un fuoco,
Bossier City sembrava lontana, almeno fino a quando non scendeva
la
notte e rimanevano da soli con i loro ricordi.
Avevano
viaggiato per il paese in lungo e in largo per mesi, fino
a quando ,quattro settimane prima, avevano deciso di fare
tappa
in uno dei paesi più poveri dell'emisfero
occidentale. Haiti.
I due
ragazzi avevano
dovuto ridimensionare il loro concetto di
povertà, mentre insieme al gruppo percorreveno le terrose
stradine dei numerosi
villaggi . Davanti a loro scorrevano
fatiscenti capanne dai muri verdi e tetti di lamiera, sprazzi di vite
al
margine,
bambini ridotti a piccoli scheletri , donne impegnate a lavare
i
loro stracci nell'acqua fangosa, la stessa che avrebbero bevuto e con
la quale si sarebbero lavati. E ad ogni angolo uomini che imploravano
pietà. Che morivano di fame e stenti. Uno spettacolo
indimenticabile che li avrebbe segnati.
Era
uno dei tanti
pomeriggi
a Milot, la leggera brezza stemperava l'afa che, opprimente, aveva
preso
il posto della frescura delle lunghe piogge notturne. Shannon
era seduto su un vecchio tronco d'albero caduto e con due rametti
tamburellava
su una borraccia.
Constance
era poco
distante con John l'indiano, armata di macchina
fotografica era intenta ad immortale
il
paesaggio
che si apriva davanti a loro. Si trovavano su una zona rialzata
rispetto al
resto della valle e la vegetazione si stendeva lungo le
scoscese
colline come un immenso mare verde verso il limpido oceano. Uno
scenario mozzafiato i cui
scatti avrebbero fruttato un bel pò di soldi.
«
ehi Jay
senti
qui..non è un ritmo
interessante?» chiese Shannon voltandosi
verso il punto in cui,
fino a pochi attimi prima,intento a sfogliare per l'ennesima volta Le Croncache di Narnia
era seduto il fratello minore. Ma Jared non
era lì. Il libro abbandonato sul vecchio zaino.
Il
ragazzo smise di tamburellare e si
guardò intorno
più volte allarmato «Jay?»
chiamò di nuovo
sentendo il sudore scendergli lungo la schiena. Alle
sue spalle il Palais de Saus-Souci creava vaste zone d'ombra nella
vegetazione, ottimi nascondigli per i banditi in fuga,
Shannon aveva sentito
John
parlarne proprio la sera prima a Constance per metterla in guardia.
«Jay?»
ripetè cercando di
non farsi sentire dalla madre. Poco dopo il rumore di foglie
e la
risata sommessa del fratello minore spazzarono via la paura
«oddio Shan
dovresti vedere la tua faccia» Shannon
continuò a
guardarsi intorno cercando di individuare il fratello, alzò
la
testa e lo vide: comodamente seduto su uno dei rami del
vecchio ed enorme mango ad almeno tre metri da terra.
«che
diavolo ci fai li sopra!?» chiese irritato,
Jared aveva il
brutto
vizio di scalare tutto quello che si trovava davanti fin da quando era
un piccolo batuffolino avvolto nelle colorate ghettine «ero
alla
ricerca di un pò d'ombra»
rispose
sorridente « vieni
giù da lì ... prima
che debba
raccoglierti con il cucchiaino!»
«esagerato!»
ribattè mettendosi
in
piedi
sul ramo, sfidando la sorte «Jay!.. non fare
l'idiota!» il fratello maggiore si
guardò alle
spalle,
Constance era troppo lontana per accorgersi di qualcosa,
fortunatamente.
«sei un coniglio..»
lo schernì Jared
tirandosi su con le braccia verso un ramo più alto ancora
« e tu.... un
babbuino!... vieni giù da
lì!!»
ripetè cercando di essere autoritario, «vieni a
prendemri» lo sfidò l'altro, per
nulla
impressionato.
Shannon
si
morse il labbro indeciso sul da farsi poi gli venne un'idea
«verrei... se
non avessi paura dei serpenti...».
Jared
si bloccò di colpo a
penzoloni sul ramo «serpenti?»
chiese, sebbene
l'espressione spavalda fosse ancora sul suo volto, la voce tradiva il
timore che provava al solo pensiero dell'animale. Shannon si
limitò ad
annuire,se avesse parlato sarebbe scoppiato a ridere. Il fratellino si
guardò intorno sentendo i capelli rizzarsi ad ogni rumore
tra le
foglie e, senza aggiungere nulla, si calò
dall'albero in
un lampo.
Shannon
lo guardò mentre si ripuliva dai pezzi di corteccia
e
muschio e finalmente si lasciò andare alle risate
«avresti
dovuto vedere
che faccia avevi..era uno spettacolo!» disse,
facendogli il
verso . Jared rimase a guardarlo perplesso poi
capì
«brutto cretino»
gridò prima di gettarsi
su di lui, Shannon riuscì a
divincolarsi e
cominciò a correre lungo la collina «te la sei
fatta
addosso!» ridacchiò mentre un
irritato ma
sorridente Jared
lo inseguiva .
Ad un
tratto Jared inciampò e rotolò per un paio di
metri nell'erba , Shannon ridendo risalì
la
collina fino al punto in cui era steso « ma non ti reggi in piedi!»
lo punzecchiò e non potè trattenere un gridolino
quando l'altro lo trascinò a terra con lui.
Iniziarono di
nuovo una lotta , questa volta
di solletico.
«no no basta!
oh dio!» Jared era ormai un ammasso
supplicante, rosso dalle lacrime e dal riso
«smettila
smettila
!! »implorava mentre si dibatteva a terra.
Shannon
gli sorrise «ti
arrendi?» gli
chiese guardandolo mentre cercava di riprendere
fiato
«si ..hai
vinto..hai vinto tu..» disse l'altro esausto
quindi soddisfatto smise di solleticarlo e si
lasciò ricadere sul manto erboso.
Erano
a dicembre inoltrato e sembrava di essere in piena estate.
Shannon si
tirò su e guardò
Jared che spaparanzato sull'erba ammirava il cielo
sgombro di nubi, perso nei suoi pensieri. I suoi occhi chiari, messi
ancora più in risalto dalla pelle abbronzata , sembravano
sfidare la sua
luminosità. «Jay...»
disse
e aspettò che l'altro lo guardasse.
«lo
so che avevamo detto
niente regali e .. bla bla bla»
continuò mentre
l'altro incuriosito
si era tirato sui gomiti e guardava il suo pugno chiuso
«..insomma..auguri
Jay!» Shannon aprì la
mano e
abbassò gli
occhi a disagio. Avrebbe voluto regalargli qualcosa di meglio che quel
piccolo oggettino.
Jared
guardò il piccolo animale di legno e si morse il
labbro
.Ora che aveva dodici anni doveva evitare di lasciarsi andare alle
lacrime come un bambino «l'hai
fatto tu?» chiese
prendendolo e guardandolo da vicino. Shannon accennò di si,
aveva passato due settimane a lavorarci di nascosto.
Non era levigato perfettamente e in alcuni punti era ancora
troppo
spigoloso ma poteva ritenersi soddisfatto del risultato .
«E' un lupo»
disse l'altro alzando gli occhi verso
il fratello maggiore, felice.
John
era solito raccontare storie e leggende della sua
tribù,
Ute, durante i lunghi e interminabili viaggi e ce ne era una in
particolare che aveva colpito Jared. Tanto da richiederla alla prima
occasione ed
ascoltarla con lo stesso entusiasmo ogni volta.
" Shilah e Honiahaka erano due
fratelli
molto uniti. Facevano ogni cosa insieme, fino a quando Shilah , il
più
grande, ebbe l'età per andare a caccia. Honiahaka
voleva andare a tutti i costi con lui ma non poteva, non era ancora
pronto. Avevano quindi
fatto una promessa: ogni mattina, quando Shilah andava a
caccia, Honiahaka
sarebbe salito
sulla collina più alta e l'avrebbe aspettato,
così
sarebbero stati vicini.
Per tutta la stagione della caccia i
due
mantennero la loro promessa.Poi arrivò l''inverno e Shilah
partì per l'ultima battuta di caccia. Honiahaka
salì la collina già imbiancata dalla prima neve e
aspettò il suo ritorno. Quando il sole tramontò
il
gruppo
tornò al campo ma Shilah
non era con loro. Honiahaka allora tornò sulla collina e
lì
rimase per due giorni. Gli altri avevano cercato di convincerlo
a seguirli a valle ma Honiahaka non voleva. Doveva
aspettare il ritorno di Shilah.
Tre notti dopo fu svegliato da un rumore,
si girò e vide un
lupo a pochi passi da lui
«perchè sei qui su da solo?» gli chiese
l'animale, Honiahaka gli
raccontò la sua storia, il lupo ascoltò in
silenzio e una volta che il ragazzo ebbe finito di parlare disse
«riporterò tuo fratello al campo ma
tu in cambio diventerai
mio figlio».
Honiahaka pensò a quanto potesse essere spaventato Shilah da
solo ed
accettò. Il lupo scese dalla collina e
sparì
nella foresta. Tre giorni prima Shilah, ancora inesperto,
aveva
perso contatto con il gruppo e solo ed impaurito
si era rifugiato in una caverna, il lupo lo trovò e si
avvicinò «non sono qui per farti
del male»
disse «seguimi e ti
riporterò a casa».
Shilah si alzò titubante e chiese chi
lo mandasse in suo aiuto. Il lupo gli raccontò del patto
stretto
con Honiahaka e Shilah ,in lacrime, gli chiese di prendere lui al suo
posto. Il
lupo
accettò e lo guidò fino alla collina dove avrebbe
potuto
salutare l'amato fratello. Honiahaka che era rimasto sveglio in attesa
del
ritorno del lupo lo vide e gli corse incontro, i due piansero di gioia
stretti in un
abbraccio. Quando si voltarono però , entrambi pronti a
mantenere la loro
promessa, videro che il lupo non c'era più. "
L'uomo
ogni volta terminata la storia li guardava sorridente e
continuava,
«
il
lupo non era altro
che l'affetto dei due , che aveva dato la forza al fratello
più
grande di continuare a ritrovare la strada e a quello più
piccolo
di rimanere sulla collina. La neve ormai aveva reso il paesaggio
uniforme e Shilah avrebbe potuto non riconoscere la collina giusta, e
vagare nella foresta fino alla morte.»
John non aveva scelto quella storia a
caso. Non gli era sfuggito
infatti l'attaccamento dei due ragazzi e voleva che
preservassero
l'affetto anche nel futuro. Scompigliandogli i capelli affettuosamente
era poi solito aggiungere che vedeva due cuccioli di lupo nei
loro
occhi.
«ti piace?»
chiese nervoso Shannon mentre osservava
l'altro
rigirarsi tra le mani il piccolo oggetto, Jared
annuì «grazie»
rispose
stringendolo in un
abbraccio. Non era solo un regalo, quella era una promessa.
La
promessa
di stare sempre insieme.
Poco
dopo i due , a furia di spintoni , risate e
pugni ,risalirono
la collina e tornarono a sedersi sul vecchio tronco caduto.
Shannon prese uno degli zaini ed estrasse la loro
merenda : un'arancia e due bustine di
zucchero.
Tagliò a metà il frutto e con cura sparse su
entrambi i
pezzi la bianca polverina poi, premendole leggermente, face risalire il
succo in
modo che si bagnasse e creasse una dolce crema .
Alzò lo sguardo verso il fratello minore e
sorridendo gli
porse la sua metà.
Mangiarono
in silenzio, i volti sorridenti ed
accaldati, gustandosi gli ultimi momenti di quel pazzo
viaggio. Constance infatti aveva deciso di tornare ad Oakton .
Ruby le aveva detto che avevano costruito un nuovo Hotel, il The Westin Reston, e che molto probabilmente
avrebbero cercato personale . Un'occasione che non poteva
perdere.
***
Era
talmente preso nel ricordare che quando sentì suonare il
campanello
quasi non lanciò in aria tutto quello che
aveva in mano. Tese le orecchie cercando di sentire i rumori. Nessuno
doveva essere andato ad aprire. Dov' era Jared? Si era addormentato?o
L'aveva
abbandonato?
Non
sapeva da dove partisse quell'assurdo pensiero ma ora
come ora non gli importava. Non gli importava più
di nulla.
Il
bussare divenne sempre più insistente. Shannon
aprì una nuova
bustina di zucchero e si versò il contenuto direttamente in
bocca, non potè trattenere una smorfia all'ultimo
sorso dal bicchierino.
Il
suo riflesso aveva ripreso a ridere.
~·~
Potrei avere
il mondo contro ma se ho te dalla mia parte non importa
so
di essere nel giusto.
1 dicembre
1989
Ben entrò
nella stanza e si guardò intorno. Il pavimento era
completamente
ricoperto di fogli del Philadelphia
Inquirer,
i titoli in prima pagina illegibili, completamente ricoperti
di vernice il cui odore si
amalgamava a quello dei colori ad olio e le tele sparse per la stanza,
creando l'atmosfera di uno studio di altri tempi.
Jared
era al
centro della camera, intento a fissare la grande tela ai suoi piedi.
L'uomo rimase sulla soglia ad osservarlo. Era in momenti
come questi che il vero Jared veniva in superficie.
Sorridendo
Ben guardò come alcune ciocche di capelli fosser sfuggite
alla
morsa dell'elastico del codino, solleticando la pelle leggermente
arrossata del ragazzo. Guardò l'enorme
camicia
avvolgere il suo fisico asciutto , i vecchi e strappati jeans
in
bilico sui suoi fianchi minacciare di cadere ad ogni
movimento.
Alzò lo sguardo e tornò ad osservare il viso del
ragazzo,
a seguire l'elegante profilo che lo caratterizzava e
rendeva
unico nella sua bellezza. Poi guardò i suoi occhi
e il
sorriso cominicò a sfumare. Era come guardare uno specchio
infranto, qualsiasi cosa lo avesse spezzato era lì
sulla tela.
Jared era
totalmente concentrato sul dipinto, ignaro del silenzioso osservatore, alzò
il braccio e portandolo in avanti girò il polso
lasciando
schizzare il
colore sulla tela. Osservò le lacrime blu colare poi si
chinò e, prendendo un pennello più
piccolo,
definì alcuni
dettagli. Si alzò e piegò la testa leggermente
e ,
portandosi la mano al volto,guardò
il tutto da un'altra angolazione, si
macchiò di nero ma non se ne
curò
totalmente perso nei suoi pensieri.Perso nella musica che riempiva la
stanza. Perso nel rivivere quella notte.
Con un
sospirò riprese il pennello più grande e
colpì la
tela con una serie di frantiche pennellate.Sempre
più aggressive e mirate.
L'uomo
si
avvicinò allo stereo e prese la custodia della musicassetta
"The
Cure- Disintegration" lesse prima di avvicinarsi al ragazzo che
finalmente si era accorto della sua presenza e gli stava sorridendo.
Ben
gli si avvicinò e lo
abbracciò da dietro.
«ti macchi la
giacca» gli disse il giovane ma si
lasciò stringere comunque.
Ben poteva sentirlo
abbandonarsi a
lui, l' esile corpo aderire completamente al suo. Alzò
la
mano e gli ravviò le ciocche ribelli guardandolo
dritto negli
occhi «cos'è
si è rotto il cavalletto?» gli
chiese affondando il volto contro il suo collo e iniziando a
stuzzicarlo posando una serie di dolci baci sulla sensibile pelle.
Jared non capì subito cosa intendesse poi
guardò la
tela a terra e sorrise «mmh...no...
è una nuova tecnica, il
dripping. Consiste..» stava iniziando il suo
monologo quando si
sentì girare e si ritrovò le labbra dell'altro
contro le
sue.
Una
volta passata la sorpresa ricambiò il bacio.
Avvolgendogli le braccia intorno al collo si
tirò su in punta di piedi,
per avere più controllo . Quando si
separarono Ben
lo guardò in volto. Lo sguardo di poco prima, se mai
c'era
stato, era scomparso. Davanti a lui illuminato dai rossi raggi del
tramonto c'era il ragazzo che l'aveva trasformato in un impacciato
teenager, che gli aveva fatto ricordare cosa significasse innamorarsi.
«Come sei
affettuoso!» scherzò
« le vacanze
ti hanno fatto bene».
Era vero pensò
Jared. Ora si sentiva
più libero, più sicuro. Ripensò alla
discussione
con Shannon e non potè trattenere un altro sorriso.
***26 novembre 1989
Erano
in viaggio da buoni cinque minuti e nessuno dei due aveva ancora
proferito parola. Shannon guardò di sfuggita il fratello che
sembrava completamente assorto nello studio del finestrino e dei campi
rinsecchiti dall'inverno di Harrison.
Quando
si ritrovarono fermi ad un semaforo decise di rompere il silenzio.
«tra tre settimane parto per
l'Indiana» Jared si
voltò di scatto ma
Shannon continuò a guardare la strada davanti a loro
«Indiana?
..» il fratello maggiore
annuì «ho
trovato posto in un circuito di demolition derby»
sorrise soddisfatto.
Erano
giorni che voleva rendere partecipe
della sua gioia anche Jared. Finalmente avrebbe potuto abbandonare il
puzzolente fast food e i polverosi cantieri per qualcosa che gli
piaceva sul
serio..le corse.
«dem--
mi stai prendendo in giro vero ?..»
Shannon
sentì il fruscio dei jeans del fratello sul sedile
mentre si girava verso di lui, sebbene non lo stesse guardando
poteva figurarsi la sua espressione incredula.
«no..perchè
dovrei?» Jared si limitò a fare
spallucce,
infastidito« quando
lo hai deciso?» disse dopo un pò.
«due settimane fa circa... John..
ti ricordi di John
vero?» Jared accennò di si
e lui
continuò «è venuto a trovare la
mamma e parlando è uscito fuori che suo nipote lavora
lì come.... »
«..e tu ti sei proposto»
lo interruppe, serio.
«a-ah...»
Shannon rallentò per fermarsi davanti ad un altro semaforo,
mandò un'occhiata al fratellino e notò che Jared
era tutt'altro che
contento per lui. Anzi sembrava arrabbiato. « ehi! Pensavo che saresti stato
contento per me!»
disse
leggermente risentito. Per la prima volta in anni anche lui aveva
un'occasione e si aspettava un minimo di sostegno dal fratello.
«è che.. non me
l'aspettavo...» Jared ritornò a
guardare il finestrino
evitando accuratamente di incrociare lo sguardo del fratello maggiore
e aggiunse con un filo di voce « avresti potuto accennarmi
qualcosa...»
«quando?»
Shannon strinse il manubrio, non poteva
credere a quello che stava sentendo, Jared che lo stava rimproverando
per non avergli accennato qualcosa. Jared.Il signore dei misteri.
«non so...»
rispose l'altro continuando a non guardarlo.
«quando avrei dovuto dirtelo Jay?..eh?»
ripetè Shannon
sporgendosi in avanti cercando di incrociare gli occhi del
fratello minore.
Entrambi
i ragazzi sussultarono quando una Ford gli fece notare che il verde era
scattato e Shannon, inveendo, diede gas alla vettura.
Jared
tirò su le gambe sul sedile e gli
rispose tutto d'un fiato «abbiamo
avuto una settimana Shan! ma a quanto
pare tu hai preferito starmi alla larga!»
«ma di cosa stai parlando?»
cominciava ad essere stufo di queste
frasi criptiche. Non sapeva leggere nella mente della gente, nemmeno in
quella del fratello.
Jared si
morse il labbro cercando di tenere a bada le sue emozioni
«io con te mi
sono aperto e tu non hai detto mezza
parola». Gli aveva voltato le spalle. L'aveva
visto a pezzi e gli
aveva voltato le spalle.
Shannon
capì. Per un attimo si ritrovò a corto di
parole..poi riusicì a
sbloccarsi e a balbettare qualcosa «ah ti riferisci a quella
questione»
«si esatto. A QUELLA
questione..Cristo! non riesci nemmeno a nominarla!»
si passò la mano tra i capelli e scosse la testa. Avrebbe
dovuto
tenere il segreto, non parlargli di Ben.
«
non è
facile..» iniziò l'altro ma poi si
accorse che poteva
essere frainteso e aggiunse in fretta «ma non per il motivo che tu
credi!» Jared lo guardò scettico
«ah si?»
«certo! per una cazzo di volta
prova a metterti nei miei panni
!» urlò Shannon facendo sussultare
l'altro. Non voleva
essere duro ma doveva in qualche
modo scuotere il fratello «..cosa avrei dovuto fare? cosa
avrei
dovuto
dirti?» gli chiese abbassando la voce
ma mantenendo un tono fermo.
Jared lo
guardò attentamente « non so... ma di certo non
lasciarmi da solo!» disse alla fine,
sentendosi d'un tratto
stupido. La drama queen che era in lui aveva colpito ancora.
«.io non ti ho lasciato
solo. Ho voluto darti spazio...ho pensato..ho pensato che ne
avessi
bisogno...»
« non mi volevi evitare?»
gli domandò Jared ancora non convinto del tutto che niente
fosse cambiato.
«a---co-- ma cosa ti
viene in mente?! NO!..assolutamente no!»
Shannon
alzò di nuovo la voce e dopo aver preso un respiro decise
che
per la
salute di entrambi sarebbe stato meglio se avesse accostato.
Rallentò e guardando lo specchietto retrovisore si
fermò in un piccolo spiazzo al lato della strada.Per un
attimo
non parlò l'unico rumore nella vettura ero lo
sfrecciare delle automobili sulla strada e il tintinnio delle chiavi.
Si girò
verso il fratello minore e lo guardò attentamente «Jay ascoltami bene»
quando l'altro cercò di
distogliere lo sguardo gli afferrò il
volto «...no
guardami» Jared alzò
titubante gli occhi «questa
per me è una
cosa nuova. Non la conosco e non so come..cosa fare. Io..io....cerco
solo di
fare quello che mi sembra giusto ...e se sbaglio perdonami...ma parlami
Jay! Se non mi parli io non posso capire! non posso aiutarti!»
se c'era una cosa che aveva sempre colpito Shannon era come Jared fosse
vulnerbaile quando entravano in campo gli affetti. Non aveva paura di
nulla, affrontava le cose a viso aperto eppure bastava così
poco
per ferirlo. E questo lo spaventava.
«parlami...»
ripetè Shannon posando
la sua fronte contro quella dell'altro, era stufo di vedere il suo baby
brother allontanarsi da lui, era stufo di sapere che affrontasse le sue
paure da solo, senza una spalla che potesse sostenerlo.
Jared
chiuse gli occhi e si abbandonò contro il fratello, sentiva
le sue
braccia avvolgerlo e si ritrovò a stringeresi al
suo cappotto come se non volesse più lasciarlo andare. Ora
aveva
capito quello che aveva fatto per mesi a Shannon, con le sue chiamate
rifiutate, con i silenzi in risposta alle sue domande. Era stato uno
stupido.
«niente segreti tra di noi Jay
ricordi?» sussurrò Shannon
stringendolo sempre più forte «niente
segreti..promettimi che non avrai più segreti»
Jared
ripensò alle parole del nonno e chiuse gli occhi.
«scusami.. »rispose
lasciandosi andare alle
lacrime .Shannon trattenne le sue, talmente sollevato per aver chiarito
con il fratello che gli sfuggì il fatto che Jared non aveva
risposto. Non aveva promesso.
Dopo un
pò si tirò su a sedere ed imbarazzato
si asciugò le lacrime «si chiama
Ben»
Shannon battè le palpebre
perplesso poi
capì che l'altro aveva accolto il suo
invito « ...
frequenta
il tuo corso?»
Jared arrossì.
«ok, quanto
più grande?»
la gradazione di rosso
diventò sempre più accesa « ... non vedo cosa
cambia se....»
« ..
quanti?»
Jared
affondò piano piano nel
sedile, era più difficle di quanto pensasse « 13»
rispose dopo un veloce calcolo.
«medico»
disse Shannon a metà tra una constatazione e una domanda, un
classico.
«eh?»
gli chiese confuso l'altro «dico è un
medico?» ripetè cercando di
tenere a bada i
campanelli d'allarme nella sua testa
«no,avvocato»
rispose Jared, insicuro su cosa potessero servire questo tipo di
informazioni.
« mhm..»
mugugnò Shannon,
«mhm?»
«si. mhm..sto elaborando le
informazioni..» gli rispose calmo prima di
schiarirsi la voce in imbarazzo
«ehm..ma
prima di lui..tu..eh?....capito ?..» adesso
era Shannon ad arrossire .
Jared
tornò a mangiarsi le unghie e Shannon poteva quasi sentire
le
sue
rotelle girare vorticosamente
« no. Non ho
mai avuto paricolare... interesse.. verso gli uomini. E'..
è successo e basta.» si
zittì un attimo e aggiunse « .... tra l'altro continuo a
trovare
dannatamente sexy Lita Ford e .... Rachel».
«chi è Rachel?»
Shannon lo guardò incuriosito. Le cose si facevano
interessanti.
«una mia compagna di corso»
Jared alzò lo sguardo e
sconsolato aggiunse «è
un casino vero?». Non era mai stato tanto
confuso in vita sua.
«no»
gli rispose ghignando il
fratello. Jared si limitò a fulminarlo.
«vedi Jay »iniziò
a dire lentamente,mettendo su
la faccia del c'è-un-motivo-se-io-sono-il-fratello-maggiore.
«fanculo Shan
dillo e basta!»
Shannon
ridacchiò «le cose non devono essere
necessariamente bianche o nere. ».
Jared
inarcò le sopracciciglia e ci riflettè su
«... mi stai
dicendo che sono grigio?»
la sua espressione era talmente comica che Shannon non potè
trattenere un sorriso «si
e non devi avere paura del tuo grigiume..vivilo e basta.»
Per Jared che tendeva a razionalizzare tutto il grigio era un
colore che preferiva applicare a poche cose.
«
l'amore non
segue regole Jay. Io credo che non si sceglie chi
amare in base al sesso ma in base alla persona. A quello che questa ci
dà.. » disse serio « devi pensare alle persone
al di
là di uomo o donna. Solo quello che veramente vuoi.».
Jared
rimase stupito da queste parole, erano proprio quelle che aveva bisogno
di sentire , quelle che continuava a ripetersi ma dette da Shannon
diventavano reali e giuste. Guardandolo sorrise. Il primo vero sorriso
da
mesi ormai. Partiva da dentro di lui e non era solo una
smorfia fatta meccanicamente «mi sei mancato big bro».
Shannon
lo guardò a lungo, «...anche tu Jay...
tanto....più di quanto pensi»
gli disse cercando ancora una volta di trattenere l'istinto di
stringerlo forte e spazzare via tutte le sue paure e i suoi dubbi.
«ehi!! .non mi
diventare tutto sentimentale ora! la checca sono
io non dimenticarlo!» disse Jared spintonandolo
leggermente , il
sorriso ancora sulle sue labbra.
«
Vai a farti
fottere bro»
gli rispose Shannon fingendo di essersi offeso.
«questa
è
pessima..»
ribattè l'altro
guadagnandosi un pugno sul braccio.
«e allora cosa mi dici del nuovo
lavoro?»
disse alla fine il fratello maggiore cercando di darsi un contegno
mentre riportava la Mercury Colony Park in carreggiata.
«Che non vedo l'ora di venirti a
trovare e provare una delle macchine..»
rispose Jared massaggiandosi la spalla colpita.
Ora che
sapeva che il fratello lo accettava anche il mondo intero poteva
odiarlo e condannarlo.
****
Ben
gli circondò il volto con la mano e con il pollice
cancellò la macchia di colore. Le parole erano lì
pronte
ad essere vocalizzate ma in cuor suo sapeva che non era il momento, non
ancora, non finchè non avesse risolto tutto.
«è
un
compito per l'università?» gli chiese
alla fine guardando
con attenzione le figure ritratte a colpi di blu e nero,
Jared
rimase aggrappato all'uomo e chiudendo gli occhi scosse la
testa
'no' contro il suo petto « avevo .. questa immagine in
mente e
dovevo buttarla giù altrimenti non mi avrebbe dato pace».
I giochi
della prospettiva davano l'impressione che la tela fosse uno
squarcio su una stanza buia. Vicino alla finestra c'era un
bambino, il suo corpo completamente
ricoperto di pietra ad eccezione del suo cuore. Le
lacrime così reali che Ben dovette frenare l'istinto di
volerle asciugare.
«perchè
piange?» Jared rimase in silenzio pensando a
come
rispondere, poi decise che non sarebbe servito a nulla mentire «perchè
ha smesso di credere che qualcuno possa volergli bene»
e prima che
l'altro potesse fare la sua seconda domanda aggiunse «e la pietra
rappresenta la sua chiusura verso gli altri, l'unico punto debole come
vedi è- ».
«..il cuore» finì
per lui Ben. Accarezzando i soffici capelli stava per fare un'altra
domanda ma venne interrotto « e invece a te come è
andata la
giornata?» l'uomo sorrise ,erano rari e brevi i
momenti in cui Jared
gli permetteva di entrare nella sua testa, « bah.. tra incontri e
pratiche tutto nella norma..tu invece non sarai qui dentro da
questa mattina!?» Jared annuì e con
un veloce bacio a
stampo si liberò dalla presa dell'uomo.
«ma ho
mangiato non ti preoccupare» disse sorridendo
mentre si
accovacciava davanti alla tela e ripendeva a dipingere . Ben
si avvicinò al tavolino ,dove erano posati gli
album degli schizzi e i colori, e notò tra i fogli sparsi un
piccolo volantino della School of Visual Arts di New York . Si
voltò verso il ragazzo per chiedergli cosa fosse ma alla
fine decise di fare finta di nulla.
Stava
uscendo dalla stanza
quando la voce di Jared lo fermò sulla soglia «Ben! posso
chiederti una cosa?» l'uomo si poggiò
allo stipite e
aspettò che il ragazzo si voltasse «ecco.. volevo sapere se
è possibile raccogliere informazioni sui precedenti di una
persona» Jared vedendo la
sorpresa sul volto dell'altro si
leccò
le labbra nervoso
« tipo di
dieci anni fa..» Ben sospettoso
annuì « ho
un amico giù al distretto che mi deve un
favore.. potrei chiedergli se ha accesso ai database..».
Il
ragazzo lo guardò speranzoso mentre si torturava
inconsciamente il labbro inferiore, tradendo la sua
agitazione «il
perchè non puoi dirmelo vero?» gli
chiese l'uomo e, come previsto,
non ricevette risposta «chi?»
disse alla fine con un
sospiro.
Jared
rilasciò il respiro che stava
trattenendo e, con un nodo in gola, pronunciò il suo nome
«Tony L Bryant».
tbc
A/N:
i. "[..] When I was 12 we
were in Haiti; that was
an unforgettable experience. It's a sophisticated country in some ways,
but at the same time it's also the poorest country in the western
hemisphere. While I was there I was climbing mango trees and just
having a freak-out on the whole place."Jared
Leto
"It was horrible seeing
people living in the street, in shacks, and bathing in sewer water and
drinking bad water and begging and starving. It was unforgettable" Jared
Leto
ii.
"[..] When I was real young, the books that I reread were the Narnia
chronicles by C.S. Lewis. They were fantasy with some undercover kind
of religious ideas snuck in there" Jared
Leto
iii. la leggenda del
lupo è frutto di un mix tra diverse leggende indiane e
non. Shilah significa "fratello" Honiahaka
"piccolo lupo".
iv. "i wanted to be a
painter or a graphic designer. large format, very grahic, visual
3-dimensional art". Jared
Leto .
Pare
che Jared abbia presentato un corto per l'esame finale alla sva
intitolato "Crying boy" beh... ho pensato che l'idea molto
probabilmente gli frullava in testa da tempo. da qui l'idea del quadro.
v. Lita
Ford, Mercury
Colony Park
--------------------------------------------------------------------------------------------------
maddi ,
eh si lo so che sto procedendo molto lentamente ma come ripeto nelle
note. Non vi lascerò a piedi :).
i fratelli leto si piegano
ma non si spezzano. ;)
princes_of_the_univers , ^^
che bello vedere che ci siete ancora piuttosto! :)) non si
nota che sono un'amante delle fic angst vero? xD
Ti hanno
stupito?
_O b l i v i o n , grazie
mille per i complimenti! *_* Eh si... proprio perchè vedo
Shannon equilibrato e... come dire... "ancora per il pianeta
terra" di Jared
che ho deciso di stravolgere la sua immagine.
AKURA , grazie
mille anche a te! spero che andando avanti continui a piacerti ;)
|
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Capitolo 13 *** Capitolo XIII ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more parte II ***
13
|
Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N: non
posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno
periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in
cui non
pubblicherò nulla, ma la storia non
verrà lasciata
incompleta. promesso ;).
***= flashback
§= cambio scena
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del
passato
§
Capitolo
XIII
~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more p2
(
...non posso piangere perchè chi mi sostiene piange ancora
di più)
....
dicembre 2007
Jared
aprì gli occhi di colpo. Rimase a fissare il bianco soffitto
perplesso poi sentì di nuovo il rumore che l'aveva
svegliato.
Qualcuno stava cercando di abbattere, perchè non poteva
essere
definito bussare, la porta. Ogni battito arrivava dritto e tagliente
come una lama nella sua testa. Sbuffando si drizzò a sedere,
si
sentiva come fosse appena uscito da una centrifuga. Si sporse verso il
tavolino dove erano sparsi diversi fogli, piani per la
band, copioni da leggere e varie altre scartoffie, che ancora non aveva
controllato, e prese il cellulare. Erano le 15.30. Aveva dormito appena
un
quarto d'ora. Stropicciandosi gli occhi si trascinò verso
l'entrata e, poggiandosi allo stipite, aprì la porta.
Nessuno.
Il
portico e il viale d'entrata erano completamente vuoti. Stava per
richiudere la porta quando un leggero
frusciò attirò la sua attenzione,
avanzò di un paio di passi e si
ritrovò a guardare il sedere di un chitarrista. Sorridendo
si poggiò
contro la colonna e si gustò la scena.
Tomo, stizzito, borbottava
qualcosa in croato ed era intento a
scavalcare, o meglio cercare di scavalcare, il muretto che gli avrebbe
dato accesso al retro della casa. Dopo un paio di tentativi andati a
vuoto sbuffò e, senza voltarsi
verso
il cantante si chinò , cercando di guardare attraverso la
finestra l'interno della
villa facendosi
schermo con le mani .
«Tomo..»
Il
chitarrista schizzò in piedi e si guardò intorno
fino a
quando non inquadrò il compagno di band a pochi passi da lui.
«che stai
facendo ?» gli chiese Jared cercando di
nascondere il suo
divertimento.
Tomo si pulì le mani dal gesso sui jeans e si
schiarì la
voce imbarazzato «ho
dimenticato le chiavi così
ho.. pensato di... » fece segno verso il
muretto per
spiegarsi ma
poi scosse la testa e posò le mani sui fianchi fulminando
l'uomo davanti
a
lui « mi
fa piacere vedere che uno di voi due è
vivo!! perchè
cazzo
non avete risposto alle mie chiamate?! non potete decidere di sparire
dalla faccia della terra per fare uno dei vostri Letomeeting senza
dirmi una parola!....» il cervello di
Tomo alla fine registrò lo stato del cantante e si
calmò di
colpo « Cristo
Jare! Hai
un aspetto.. orribile..»
Jared vide l'espressione dell'amico passare da irata a preoccupata in
un nanosecondo. Facendogli segno di seguirlo iniziò a
rientrare
in casa, la luce del pomeriggio californiano gli dava fastidio, i suoi
occhi
erano troppo stanchi per sopportarlo. In più sentiva le sue
ossa, una per una e fottutamente in ordine alfabetico, reclamare un
pò di riposo.
Tomo lo seguì in silenzio osservando quello che lui
conosceva come L'instancabile
Leto (tanto da pensare che in
realtà non
fosse umano ma uno di quegli uomini bionici che popolavano i fumetti)
zoppicare fino al divano del salotto e, una volta raggiunto,
ranicchiarcisi sopra completamente spento. In più, nella
penombra
delle tende, il
pallore del suo viso veniva accentuato mettendo in risalto il taglio
sul
suo labbro inferiore.
«ok.
dov'è il corpo di Shannon?»
domandò cercando di
stemperare quella strana atmosfera. Sapeva che
era successo qualcosa di serio, perchè mai e poi mai il
batterista
avrebbe lasciato Jared da solo in questo stato. Mai più dopo
quella volta.
***2006**
Tomo
si leccò le labbra e guardò alla sua destra.
Shannon
fissava lo schermo accigliato. Il pollice si mosse velocemente sul
joystick,
triangolo
triangolo, cerchio
la combinazione di mosse stese l'alterego del
batterista. Altri
20 punti. Mancava poco e questo round era suo.
Ma Shannon parò l'ennesimo colpo e sferrò un
doppio
attacco guadagnandone 25, vincendo la partita. Ghignando il batterista
iniziò
la sua danza della vittoria mentre l'altro sconsolato
posava il controller a terra «vai a farti fottere Shannon!
Guarda te lo dico con tutto il cuore» gli disse
strappandogli una forte risata « awww il piccolo Tomo si
è
offeso?» gli disse pizzicandogli la guancia.
Il
punzecchiamento venne interrotto dal cellulare di Shannon
che cominciò a squillare. Lo prese con il sorriso trionfante
ancora stampato sul suo volto e Tomo ruotò gli occhi
scocciato,
pronto a vendicarsi a colpi di joystick al più presto. Si
girò per prendere una delle birre posate sul tavolino e
quando
fece per passarne una al batterista rimase con il braccio a mezz'aria.
Shannon era sbiancato e, sebbene la sua voce fosse calma e
rassicurante,
il suo volto tradiva la paura che stava provando «stai fermo Jay
arrivo subito. Tranquillo sono da te in un secondo»
disse prima di
schizzare in piedi e senza nemmeno indossare le scarpe precipitarsi
fuori della loro stanza d'albergo. Il chitarrista rimase per un
attimo perplesso a guardare
il punto in cui, fino a pochi secondi prima, c'era il
compagno, poi si
alzò e lo raggiunse.
Lo trovò che freneticamente premeva il bottone
dell'ascensore ed inveiva contro l'apparecchio «Shan che cosa è
successo?» gli
chiese mentre l'altro guardandosi intorno cercava di capire dove
fossero
le scale «ma
in questo cazzo di hotel non ci sono le scale?!?»
disse passandosi la mano tra i corti capelli.
«Shan
cos'è
successo a Jared?» ripetè il croato,
Shannon si voltò e lo guardò, poi scosse la testa
«non lo so»
.
Le porte dell'ascensore
si aprirono ed entrarono di corsa.
Era un periodo abbastanza critico: Jared appena finito di
girare Chapter 27 , non contento dello stress a cui
aveva
sottoposto il
suo corpo per ingrassare, aveva deciso di intraprendere un tour de
force
per ritornare al suo pesoforma. Il che significava digiuno. Shannon
aveva provato a farlo desistere, l'incubo del periodo post Requiem for
a dream ancora vivido nella sua mente. Litigavano almeno due volte al
giorno
da settimane ormai ma alla fine Jared aveva continuato a fare di testa
sua, dieta di liquidi a base di sciroppo d'acero,pepe di cayenna, succo
di limone ed acqua, sebbene da tempo fosse sceso sotto il suo pesoforma
All'apparenza
tutto sembrava funzionare ma era da una settimana che Jared era
particolamente debole. Faceva finta di nulla, ma a lui e a
Shannon non era sfuggito. Quella sera durante il concerto era
stato
insolitamente calmo e, una volta raggiunto l'albergo, zoppicando si era
diretto nella camera che divideva con Matt senza fiatare.
Il che
era
ancora più strano.
Tomo e Shannon avevano deciso di dividere la
stanza per tutto il mese perchè erano nel pieno del loro
torneo di ps2 e, sebbene il
batterista avesse chiesto per quella sera di fare cambio per
stare vicino al fratello, lo avevano convinto che non sarebbe stato
necessario. Infondo Jared non era solo, c'era Matt con lui.
Alcuni ospiti e dipendenti dell'hotel li guardarono sorpresi, non
doveva capitare
tutti i giorni di vedere due uomini in soli jeans e trucco colato
vagare per i
corridoi dalla moquette azzurra. Shannon arrivò
davanti alla porta e fortunatamente non
la trovò chiusa a chiave. L'aprì di corsa e si
precipitò verso il letto.
Jared lo guardò implorante, «ehi Jay..»
gli
disse Shannon smuovendoglii dolcemente i
corti capelli neri che, a causa del sudore, si erano appiccicati
contro la sua fronte. Tomo osservò la scena colpito: le
forti mani di Shannon, che erano il terrore di chiunque
lo incontrasse in un giorno no, sembravano le più gentili
del mondo
mentre sfioravano il volto del cantante.
«cazzo Shan i
miei piedi
..le gambe... oh Cristo aiutami»
disse l'altro abbandonandosi
finalmente alle lacrime. Tomo non aveva mai visto Jared piangere prima
di allora, come gli aveva detto più volte non piangeva quasi
mai
, aveva imparato a non farlo e con il tempo era diventato sempre
più facile. Ma Tomo sapeva che non era vero. Jared
permetteva
solo ad una persona di vederlo così vulnerabile.
Shannon prese il lenzuolo e lo alzò, quando
guardò il
piede del fratello non potè trattenere una smorfia, lo
riposò ma il cantante schizzò come se glielo
avesse colpito «no
cazzo
toglilo..toglilo!!!» gridò prima di
lasciarsi di nuovo cadere
sul letto e lamentarsi. Si girò verso Tomo che era
lì in
piedi, incapace di muoversi o parlare,gli occhi di Jared
erano esausti, il suo corpo troppo debole per poter reggere al dolore,
ogni sua resistenza persa nella lenta tortura a cui aveva
sottoposto il suo corpo.
«hai anche la febbre. Ti dobbiamo
portare in ospedale e farti
controllare»
disse Shannon prendendo il cellulare. Tutta l'agitazione
che aveva prima di entrare nella stanza completamente sparita dalla
superficie, ma Tomo sapeva che era ancora lì nascosta sotto
la
maschera del fratello-maggiore-che-ha-la-soluzione-per-tutto.
Jared distolse
lo sguardo da Tomo e afferrando il braccio del fratello lo
fermò «NO!»
Shannon
sgranò gli occhi. Aveva sospettato che Jared fosse
masochista ma
non pensava fino a questi livelli « Jay, DEVI farti controllare
..» Jared deglutì ed annuì
« ma non
voglio
troppa
confusione» disse alla fine, Tomo poteva vedere
le esili dita affondare contro la pelle
del batterista in quella disperata morsa. Shannon capì al
volo e
cancellò il
numero che aveva precedentemente digitato ed avviò la
chiamata
per Emma, lei avrebbe organizzato tutto.
«c'è
un meeting della band?» chiese curioso Matt una
volta varcata la soglia. Non riuscì ad aggiungere
nient'altro
che si ritrovò un
batterista furioso alla gola «DOVE CAZZO ERI
ANDATO?»
Matt
si sorprese dalla velocità con cui Shannon si era
avvicinato e, sebbene fosse sballottato dall'amico, riuscì a
rispondergli «ero
al telefono con Libby..» una volta liberatosi
dalla presa lanciò un'occhiata interrogativa a Tomo , poi
vide Jared sul letto. Non ci voleva uno
scienziato per
capire che il leader stava male.
«che cosa è
successo?» chiese iniziando a preoccuparsi
« è
successo che tu dovevi stare qui a controllare che Jared stesse bene
COGLIONE!» gli urlò Shannon
spintonandolo contro la porta
della stanza , ma
non potè fare altro perchè Tomo lo
afferrò alle
spalle «Shannon
calmati.. ».
Jared
aveva provato a richiamare
Shannon per fermarlo ma il batterista non sentiva ragione, alla fine
quindi aveva rinunciato e portandosi le braccia agli occhi si
concentrò nel cercare di calmare il suo respiro ed ignorare
le
tremende fitte .
Matt si
risistemò la maglia che si era gualcita «sono stato via
solo un attimo Shan... »
disse risentito, aveva lasciato Jared che dormiva
tranquillamente, non si sarebbe mai allontanato altrimenti.
« non
potevi fare quella cazzo di chiamata in bagno o su quel fottutissimo
balcone?» continuò Shannon indicando
verso la finestra
«e se non
aveva il blackberry a portata di mano?se arrivavamo
qui e trovavamo la porta chiusa?» Shannon si
allontanò da
lui e si sedette sul letto.
Non era arrabbiato
con Matt. Lo era
con se stesso. Non avrebbe dovuto lasciare Jared da solo quella sera.
Non avrebbe dovuto
permettergli di farsi questo.
A Jared venne
diagnosticata la gotta.
***
Il
sorriso di
Jared fu così breve che Tomo pensò di esserselo
immaginato «non
c'è nessun cadavere..»
rispose divertito il cantante senza aprire gli occhi. Era
davvero a pezzi. Shannon
passava da un umore all'altro, alternando momenti di
profondo sconforto in cui si ritrovava a doverlo rassicurare,
parlargli e
asciugare le sue lacrime, a momenti di estrema irritabilità
dove
bastava un nonnulla che Shannon lo riempiva di insulti. E lui si
ritrovava a
barcamenarsi tra uno stadio all'altro senza un attimo di tregua.
Si
sistemò il cuscino sotto alla testa e guardò il
preoccupato chitarrista «mi
dispiace , avrei dovuto
chiamare...» Tomo scosse la testa «lascia
stare...ma un altro scherzo simile e giuro che ve la faccio pagare »
gli rispose, dietro quelle parole nient'altro
che la preoccupazione di quei giorni «sempre se non ti
uccide prima Brent, sta tornando
da New York e ti posso assicurare che era davvero fuori di
sè al
telefono!» il cantante sospirò
sconsolato e Tomo si
sedette accanto a lui sul divano, massaggiandogli dolcemente la spalla
mentre si guardava intorno alla ricerca di
qualche segno che il batterista fosse nei paraggi, possibilmente ancora
vivo.
«Shannon
è
di
là. Tutto intero..sta solo riposando»
gli disse il cantante
leggendo la preoccupazione sul volto del ragazzo, prima
di chiudere gli
occhi e accogliere la piacevole sensazione del massaggio.
«cosa sta succendendo?»
chiese alla fine Tomo sempre
più confuso ed impaurito. Jared aprì gli occhi di
nuovo e
fissò un punto non precisato davanti a se «sta cercando
di smettere di bere» rispose semplicemente, non
c'era bisogno di aggiungere nient'altro.
Entrambi avevano notato come Shannon fosse
strano ed evasivo nell'ultimo periodo, avevano notato con che
facilità i suoi bicchieri si svuotavano e con quanta
tranquillità li riempiva, ma nessuno dei due aveva pensato
che
fosse andato così oltre i suoi limiti da avere
bisogno di
disintossicarsi.
«da soli?l»
esclamò sorpreso il croato
« Jare,
è una cosa seria! dovrebbe vedere un medico! un gruppo di
sostegno!» Jared scosse
la testa e si girò verso di lui «non preoccuparti ,
è tutto sotto
controllo» Tomo allungò la mano e
sfiorò leggermente il labbro ferito «tutto eh?»
Jared fece per allontanarla ma il
chitarrista gli afferrò il polso impedendoglielo.
Se
c'era una cosa che Tomo aveva imparato in quei 4 anni era che i Leto
risolvevano i loro problemi da soli. Non aveva mai visto uno dei due
chiedere aiuto ad altri se non il fratello. Molto probabilmente era un
conseguenza del fatto che fin da bambini avevano potuto
contare
solo sulle loro forze. Almeno così gli era parso di capire
da quel
poco che sapeva.
La loro infanzia era un vero e proprio tabù. Matt
durante
una nottata insonne sul tourbus, quando Tomo era appena arrivato nella
band, gli aveva consigliato di
evitare ogni domanda a riguardo. Pena un cantante iperattivo e lunatico
ed un batterista pronto a saltarti alla gola in ogni momento.
«non
c'è nulla di male nel chie-» la frase
venne
interrotta da un tonfo non ben definito proveniente dalla stanza di
Shannon. Jared si irrigidì e
scattò in piedi e, facendo cenno a Tomo di rimanere
fermo, si diresse verso la stanza.
~·~
2 dicembre
1989 , ore 11.40 am
Justin si
portò la sigaretta alle labbra e sorrise amaramente.
L'enorme colonna del corridoio esterno della facoltà era il
perfetto nascondiglio per chi, come lui, voleva osservare tutto quello
che accadeva nell'arioso cortile. Rachel aveva seguito un ignaro
Jared fino agli uffici del rettore dell'università ed ora,
fingendo nonchalance, stava aspettando che uscisse.
Aspirò il
fumo e lo trattenne ,assaporando il pungente ed amaro sapore
sulla sua lingua e il leggero pizzicore alla gola. Aveva da subito
capito che Jared aveva qualcosa di diverso. Fin dal primo giorno in
cui l'aveva conosciuto.
Justin era appena arrivato al campus ed era
impegnato a riordinare le sue cose completamente nascosto dagli
scatoloni. Aveva sentito aprire
la porta della camera, si era voltato e Jared era lì
che si guardava intorno.
L'aveva osservato in silenzio, in qualche modo colpito dalla sua
presenza fino a quando i loro sguardi si erano
incrociati. Il suo nuovo compagno di stanza gli aveva
sorriso e, posando i sue
due borsoni a terra, si era
presentato.
Era rimasto da subito affascinato dalla sua parlantina , dal
suo
fare sicuro e spedito. Un fascino che cresceva man mano che passava il
tempo con lui.
Jared guardava le persone
dritte negli occhi costringendo i più ad abbassare lo
sguardo per primi . Non aveva paura di
esprimere la propria opinione, spesso
in
classe dava vita a veri e propri dibattiti, portando gli stessi
professori a divagare sull'argomento della giornata, mettendoli in
difficoltà con i suoi intelligenti e scomodi
interventi.
Carisma. Aveva un carisma innato, nel modo in cui si
muoveva, nel modo in cui parlava.E come ogni
persona del genere attirava su di se invidia.
Fuori
dall'aula
rivolgeva la parola a pochi , stava sempre sulle sue, la maggior parte
del tempo lavorava su qualche progetto o leggeva qualche strano libro e
questo aveva fatto si che si guadagnasse la nomina di altezzoso e strano.
Lui l'aveva sempre difeso anche se, con il senno di poi, era
giunto alla conclusione che forse era lui quello che si era sbagliato.
Jared uscì dall'ufficio con una pila di fogli in mano e
Rachel
gli
si avvicinò, come se casualmente si trovasse da quelle
parti.
Iniziarono a parlare ma dal suo punto di osservazione Justin non
riusciva a
sentire quindi, facendo attenzione a non farsi
notare, cercò di avvicinarsi.
§
...
«allora
è vero quello che si dice in giro!»
disse
Rachel mettendosi una ciocca di capelli dietro alle orecchie.
«ebbene si..»
le rispose Jared mentre riponeva i
fogli nella sua tracolla verde militare «in questi 40 fogli
c'è il mio futuro alla School of Visual Arts di New York!».
La ragazza sorrise cercando
di nascondere la sua delusione «quando te ne andrai?».
Erano le ultime settimane prima della pausa invernale ed il
corridoio era colmo di
studenti. Tutto quel via vai di appunti, le corse per arrivare in tempo
alla
lezione all'altra parte dell'edificio erano cose che presto sarebbero
state solo un ricordo per Jared «se tutto andrà bene
gennaio» la
guardò e gli sorrise, aveva percepito la tristezza della
ragazza
e infondo gli dispiaceva lasciarla.
«allora
dobbiamo festeggiare!»
disse d'un tratto Rachel saltellando e battendo le mani incurante delle
occhiate che
ricevette da alcuni ragazzi.
«festeggiare?»
Jared la
guardò come se fosse impazzita.
«certo!
venerdì
sera! andiamo al Revival e festeggiamo questa bella notizia!»
Jared si fermò indeciso «daiiii»
Rachel
gli prese le mani e lo guardò implorante «fanno la serata
hard rock!» disse continuando a stringergli le
mani.
Jared
sospirò e scosse la testa «come faccio a dirti di no se me
lo chiedi in questo modo?» le disse
alla fine facendola
arrossire. Solo dopo si accorse che poteva essere
frainteso.
Rachel abbassò lo sguardo e ricominciò a
camminare «quindi
è deciso venerdì al Revival!»
e sorridendo trascinò Jared lungo il
corridoio tra una chiacchera e l'altra.
...
§
Justin aveva fatto in tempo a sentire l'ultimo scambio di battute. Non
poteva credere di essersi fidato di uno come
lui.
Gli aveva confidato la
sua cotta per Rachel, gli aveva illustrato
i suoi piani di conquista e lui l'aveva guardato con i suoi gelidi
occhi azzurri divertito e gli aveva detto che gli avrebbe retto il
gioco. Così sembrava fino a quando non aveva scoperto la
verità la notte di Halloween.
Non riusciva a capire che cosa volesse e cosa ci guadagnasse nel
prendere in giro Rachel se non il gusto di fare un dispetto a lui.
Justin continuò a seguirli ,vide la ragazza allontanarsi
dopo un
abbraccio e Jared dirigersi verso il campus. Tenendosi a debita
distanza lo vide avvicinarsi ai telefoni e chiamare una certa Shannon.
Mentre aspettava che terminasse la chiamata ripensò a quando
aveva
scoperto la vera natura del suo compagno di stanza.
Aveva passato
un paio di giorni a riflettere sul bacio tra Rachel e Jared ed era
giunto alla conclusione che fosse tutta colpa del suo examico aveva quindi
deciso di affrontarlo, così tre giorni dopo, si era
ritrovato a
seguirlo in metropolitana e poi per le strade della città.
L'aveva visto entrare in una costruzione dai mattoni rossi e, dopo un
breve scambio di battute,
prendere il posto del giovane portiere.
L'altro ragazzo, finalmente libero, uscì dal palazzo e
Justin
dovette abbassarsi dietro al passamano di massiccio marmo delle scale
per
non farsi vedere . Quando
si rialzò c'era un uomo poggiato al bancone.
Molto alto e vestito
bene, forse un dirigente o un avvocato. Ad un certo punto l'uomo si
guardò intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno e
sfilò la rivista che Jared aveva appena aperto dalle sue
mani.
Il giovane schizzò in piedi e tentò di
riprenderla invano. Poi sorrise maliziosamente e, tirandosi in punta di
piedi,
avvolse le sue braccia intorno alle larghe spalle dell'uomo baciandolo.
Un bacio vero non sulla guancia o per scherzo.
Justin era
rimasto a bocca aperta. Disgusto e rabbia si alternavano nella sua
mente
mentre vedeva Jared riprendersi la rivista e sedersi al suo
posto
sorridente. L'uomo gli scompigliò i capelli giocosamente e
ridendo si diresse verso l'uscita. Justin era quindi diventato un
tuttuno con il muro di mattoni ed aveva atteso che le sue
gambe funzionassero di nuovo prima di correre nella
camera
del campus a pensare.
Il filo dei
suoi pensieri fu interrotto dall'improvvisa risata di Jared..
§
«la mamma
è tutto il giorno che gira per casa ad imballare
le mie cose, non la riesco a fermare» disse
Shannon e Jared rise immaginando la scena «.. cerca di
fermarla prima che impacchetti anche te » .
« ... l'ho
vista avvicinarsi con fare sospettoso ..»
rispose l'altro sorridendo, erano mesi che non sentiva Jared
così sereno e tranquillo. Era davvero felice che avessero
ripreso a
parlare come un tempo. Senza segreti e silenzi imbarazzati.
§
Justin guardò l'orologio e sbuffò,erano dieci
minuti che Jared era al
telefono, era pronto a mettere la tenda quando lo sentì
salutare
e riattaccare. Il ragazzo, ignaro di essere seguito, fece altri dieci
passi e si avvicinò alle casette della posta , girando il
lucchetto con la sua combinazione aprì lo
sportellino ed estrasse una serie di lettere.
Era il momento giusto. A passo deciso Justin gli si avvicinò
e,
casualmente, gli diede una spallata.
«ehi!»
esclamò Jared mentre cercava di riprendere l'equilibrio. Era
talmente sovrappensiero
che non si era accorto del suo arrivo.
«oh scusa..»
disse Justin
,sebbene il tono mostrasse tutto tranne che il suo dispiacere.
Jared ripreso l'equilibrio, ignorandolo, continuò a passare
in rassegna i
diversi mittenti e Justin decise di non perdere ulteriore tempo «pensavo di essere stato chiaro».
Jared
sospirò, era evidente che il compagno non aveva intenzione
di lasciarlo stare
«senti»
disse girandosi verso di lui «ti
piace Rachel? Dichiarati! Mai ti fai avanti mai lei può
dirti di
no!» voleva ferirlo e dentro di se
sorrise soddisfatto dall'espressione dell'altro.
Justin lo fissò basito, a corto di parole .Aveva pensato di
aver
trovato il suo punto debole ed era quindi impreparato al ritorno di
tanta sicurezza «questa
me la paghi» gli
disse in un sibilo, incapace di
pensare a qualcosa di meglio.
«e come?
» Jared
allargò le braccia e si spostò verso il centro
del corridoio
«vuoi dire al
mondo che sono un..come hai detto.. 'frocio'?».
Justin si guardò intorno. Erano soli. Non sapeva cosa fosse
successo ma Jared era tornato ad
essere il ragazzo sicuro di se che aveva varcato la soglia della loro
stanza il lontano agosto.
«cosa vuoi che
importi a loro della
mia vita sessuale?» continuò l'altro
«non puoi
rendermi la vita impossibile perchè non hai le
palle di farti avanti !» e senza aggiungere
altro si allontanò verso l'uscita della struttura.
§
Jared riprese a controllare la posta ed arrivato all'ultima lettera si
fermò di colpo. Riguardò l'indirizzo per essere
sicuro di
aver letto bene poi strappò il bordo e aprì il
foglio
contenuto al suo interno. Rilesse le due righe scritte a
macchina e si guardò intorno confuso.
'Ho saputo
dall'università del trasferimento, credo che prima di
prendere una decisione definitiva dobbiamo parlarne. Chiamami a questo
numero 703-100-0487 per ...'
Mise le lettere nella sua tracolla e, sistemandosi la sciarpa ,si
avviò a passo svelto verso casa.
ore 13.22 pm
«cosa cazzo
significa che è lui che paga più
della metà della retta?» Jared si
buttò sul divano
e ascoltò la voce della madre dall'altra parte del telefono
« significa
quel che significa Jared e non parlarmi con questo
tono!» lo rimproverò Constance
«la borsa di
studio non
copre totalmente le spese ...ed
io non potevo permettermelo Jay.».
« non posso
credere che non me l'hai
mai detto! Se non potevi permetterlo non era un problema!
A-avrei
trovato un doppio lavoro..o semplicemente avrei lasciato gli
studi... »
«ma non
capisci è proprio per questo che ho
accettato il suo aiuto! Lui è legalmente vostro padre. L'ha
fatto volentieri..»
«ma io non
voglio i suoi soldi. non
voglio essergli debitore in nulla!»
«era l'unico
modo Jay. L'ho fatto per te»
rispose Constance risentita. Non era sopresa dalla reazione del
figlio , lei stessa aveva trovato difficile accettare l'idea.
Ma
aveva
il dovere come madre di fare il possibile per i suoi figli,
non voleva che Jared smettesse gli studi
di nuovo perchè lei non poteva tenere a bada il suo
orgoglio. «Vedi
cosa vuole Jay , ha sbagliato ma non per questo dobbiamo
odiarlo.»
Jared scosse la testa incredulo «come mi puoi
chiedere una cosa simile mamma?»
«... se un
giorno avrai dei figli capirai il perchè ho accettato il suo
aiuto. »
Jared attaccò il telefono. Lo fissò per un paio
di
minuti poi alzò di nuovo la cornetta e, reggendola
tra la spalla e la
testa, cercò il foglio nella sua tracolla abbandonata ai
piedi
del divano. Compose il numero e al quinto squillo una donna rispose.
5 dicembre
1989 , ore 16.32pm
Jared era in ritardo di venti minuti dall'appuntamento con Carl.
Attraversò la strada di corsa senza prestare
attenzione
alle macchine e quasi rischiò di farsi investire, alzando un
braccio, chiese
scusa al povero automobilista che se l'era trovato davanti
all'improvviso e raggiunse il marciapiede davanti al locale. Si
fermò e prese un grande
respiro.
Entrò nel piccolo bar e si guardò intorno, non
gli ci
volle molto per individuarlo, era seduto ad uno dei tavoli in fondo con
la
sua nuova famiglia al completo.
Fantastico
pensò mentre sbuffando si faceva strada tra i tavolini.
«Jared !»
l'uomo si alzò e l'abbracciò. Jared
rimase immobile, preso completamente alla sprovvita da quella
dimostrazione, assolutamente non richiesta e fuori luogo visti i
precedenti, di affetto. «Come
sei cresciuto...» gli disse
squadrandolo dalla
testa ai piedi, mentre il ragazzo prendeva una sedia libera da un altro
tavolino lì di fianco e si sedeva.
Rimasero in silenzio per un attimo ad osservarsi, i cambiamenti in tre
anni erano stati lievi eppure evidenti. Carl notò che
sebbene i
tratti gentili e delicati facevano apparire il ragazzo molto
più
giovane della sua età, i suoi occhi testimoniavano una
maturità che andava ben oltre, e non potè evitare
di
sentirsi in parte colpevole. Notò
anche che si stava
facendo crescere i capelli, gli stavano indubbiamente bene ma la
cosa non lo entusiasmava affatto.
Carl invece agli occhi di Jared era rimasto lo stesso, certo, aveva
meno capelli e quelli rimasti erano ingrigiti ma per il resto era come
se non fosse passato un'ora dall'ultima volta. Stesso modo di vestire,
attento ai particolari e nella scelta di capi all'ultima moda.
«questa
è Rosalie»
Carl intterruppe il silenzio ed indicò la moglie,
la donna
sorrise dolcemente e porse la mano per salutarlo ma Jared
rimase
ancora una volta immobile ,
fissò la sua mano e poi la guardò dritta negli
occhi. Era
una bella donna, non poteva negarlo ma, e non lo diceva solo
perchè era di parte, Constance era tutt'altra cosa.
Quello che questa
Rosalie
costruiva con accurati strati di cipria e linee di matita, sua madre
l'aveva di natura. Ma capiva il perchè Carl l'avesse scelta,
a
differenza di sua madre molto probabilmente lei era la classica
mogliettina: quella che non
pone domande, quella che rimane in casa, quella che china la testa
perchè è il marito che porta i pantaloni.
Imbarazzata la donna distolse lo sguardo e abbassò la mano.
Una delle ragazzine, la più grande, non aveva perso la
scena e gli mollò
un'occhiatacciaL'altra era impegnata nel giocare con un piccolo
pupazzeto a forma di cagnolina dalle orecchie rosa ed, ignara della
tensione al tavolo, con
la spontaneità che solo una bambina può avere
fece
camminare la piccola Poochie sul braccio di Jared sorridendogli.
Jared spostò il braccio facendo rotolare la piccola
cagnolina sul tavolino e si poggiò allo schienale
della
sedia senza calcolarla. La bambina lo guardò confusa non
capendo
perchè mai il fratellastro fosse così
scortese con lei.
« l'allegra famiglia Leto tutta
al completo vedo»
disse alla fine Jared senza nascondere l'amarezza che stava provando.
Carl non perdeva occasione di dimostrargli
quanto poco tenesse in considerazione i sentimenti degli altri.
L'uomo si scambiò velocemente un'occhiata con la nuova
compagna
«dovevamo
portare Melissa a fare un controllo e ne abbiamo
approfittato non volevo-» Jared scosse la testa
e lo interruppe «andiamo
dritti
al punto»
«giusto.»
Carl si schiarì la voce in imbarazzo, era
pronto ovviamene alla freddezza del ragazzo ma vivere la situazione era
ben diverso « ho
notato che metà dell'importo della retta
è stato restituito , mi sono informato ed ho saputo che hai
intenzione di- » ancora una volta
Jared lo interruppe « non
voglio i
tuoi soldi, se fosse stato per me non li avrei mai
accettati»
Carl sospirò, si aspettava anche questo «lo so, ma tua madre ha
fatto la cosa più giusta»
« questo
non toglie che ti restituirò ogni centesimo di quei
soldi» Ad ogni costo.
«non occorre
Jared, l'ho fatto perch-» l'uomo sapeva che
insistere non sarebbe servito a nulla, il ragazzo era testardo e lui
non era mai riuscito a farsi ascoltare.
« Sono qui
per..» Jared distolse lo sguardo puntandolo su
uno dei quadretti
appesi contro il muro del locale raffigurante una pinup anni 20
« ..ringraziarti...
e assicurarti che non ho bisogno
ancora del tuo aiuto»
l'uomo scosse la testa, « la SVA è molto
costosa Jay»
«vedo che ti
sei informato» tanta premura lo faceva
commuovere, accavallò le gambe e cercò di
combattere
l'istinto di mandare a quel paese l'uomo ed uscire dal locale.
«voi siete
ancora miei figli ed io sono vostro padre al di là dei
miei errori » non chiedeva perdono sapeva che
era presto o forse
impossibile ma solo di poter fare il suo dovere, riparare e
cercare
di dargli nei limiti quello che gli spettava .
Jared sorrise amaramente «ma
non lo sei. Non sei mio padre.
Tieniti
questi discorsi per mamma o qualc-»
Una cameriera lo interruppe
chiedendogli se volesse ordinare qualcosa e lui rifiutò
gentilemente, quando si voltò di nuovo verso il patrigno,
Carl lo
guardava ferito, anche se non aveva finito la frase il senso era molto
chiaro.
«come
farai?» l'uomo era arrivato alla conclusione che
se dal punto di
vista emotivo era impossibile raggiungerlo tanto valeva passare al lato
pratico della questione.
Jared fece spallucce «come
avrei dovuto fare se tu non ti fossi
intromesso. Lavoro e studio. Con le borse di studio riuscirò
a
coprire i tre anni senza problemi»
«mantenere una
media del
90 dovendo fare minimo due lavori per coprire le spese? Jared
ragiona» no testardo era limitativo.
Il ragazzo lo
guardò dritto negli occhi e si alzò «l'ho fatto e non torno indietro.
è stato
molto gentile da parte tua ma posso farcela da solo d'ora in poi.»
ore 18.50pm
Jared aprì la porta
dell'appartamento e posò le chiavi
sul mobiletto, si tolse il cappotto le scarpe e si diresse verso
l'invitante odore dalla cucina.
«che
buon'odore cos'è?»
disse entrando nella stanza , Ben si voltò giusto in tempo
per
un breve bacio a stampo «è
una ricetta di mia madre
è squisita devi provarla»
Jared si tirò su a sedere sul mobile accanto
ai fornelli «cosa
c'è
dentro?»
l'uomo scosse la testa e sorrise «nulla che cammina a quattro
zampre stai
tranquillo» elancando gli ingredienti principali gli porse una
forchetta, Jared lo guardò
sospettoso ma assaggiò «buono..»
disse alla fine annuendo.
Ben sorrise soddisfatto «un
giorno di questi però mi devi
mostrare qualche ricetta per gli erbivori come te»
« ok,
domani andiamo a fare la spesa e ti preparo un pranzo totalmente
vegeteriano» Jared scese agilmente dal
mobile e stava
avviandosi verso la camera da letto quando l'altro lo
fermò.
«ah..aspetta
Jay! questo pomeriggio stavo sistemando ed ho
trovato questo»
l'uomo prese dal tavolo l'oposculo dell SVA e
Jared si portò la mano alla nuca massaggiandola, cercando di
rilassarsi in vista della discussione che sapeva sarebbe avvenuta.
«stai pensado
di trasferirti a New York?» Jared
sospirò e,
guardando il compagno che lo fissava a braccia conserte a pochi passi
da lui,
annuì.
«senza dirmi
nulla?»
«aspettavo il
momento giusto..» in realtà non
sapeva nemmeno lui il perchè.
«il giorno in
cui saresti partito?» Ben si voltò
dandogli le spalle e posò il volantino sul tavolo con un
leggero tonfo.
«dai non fare
così,» gli disse il ragazzo
accorciando la distanza che li separava abbracciandolo
dolcemente
« infondo tu
sei a New York almeno due volte a
settimana e dista solo 4 ore da qui..»
Ben sospirò il ragazzo aveva ragione, ma non era quello il
punto
«avrei
appezzato però se ne avessimo discusso
insieme».
«era una
decisone che dovevo prendere da
solo»
«certo»
disse l'uomo cercando di nascondere la delusione
per questo piccolo passo indietro, poi si liberò gentilmente
dalla presa del giovane e si diresse verso il salotto «c'è
un'altra cosa» disse mentre apriva la sua
cartellina «tieni.
Questo è il
fascicolo che cercavi».
Jared rimase a fissare la busta gialla in
mano al compagno incapace di muovere un muscolo.
«Jay?»
chiese preoccupato , Jared alzò lo sguardo «grazie»
disse, la sua voce lontana e debole, senza aggiungere nulla prese la
busta e si diresse in camera da letto.
tbc
A/N:
i. Jared dopo aver lasciato la University
of the Arts di philadelphia si è trasferito a
new york alla School of Visual arts.
ii."[..] I go for a long, long time
without crying. The
more you do it, it's easier to do."
Jared Leto
iii. come
penso tutte sapete a Jared nel 2006 è stata
diagnosticata la gotta. :(
iv. "Il mio patrigno
è Carl
Leto.[...] Jared Leto è rimasto suo figlio adottivo ma sono
completamente estranei [...] Ho parlato con Jared forse una volta in
tutta la mia vita, prima che fosse famoso. Non abbiamo nessun tipo di
relazione e di sicuro non ne voglio una - non è stato altro
che
cattivo verso mia madre e mia sorella. [...]."Melissa Lafsky,
v. Poochie
vi. Revival era
un locale di Philadelphia chiuso nel 1991.
--------------------------------------------------------------------------------------------------
maddi ,
ogni cosa a suo tempo :).
princes_of_the_univers , xD
mi fa piacere sapere che sono riuscita a farti immedesimare
nell'osservatore..
candidalametta, grazie
mille per le tue parole, si anche io vedo un lupo in Jared (xD detta
così sembro pronta per un ricovero) .
|
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Capitolo 14 *** Capitolo XIV ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more parte III ***
13
|
Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N: non
posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno
periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in
cui non
pubblicherò nulla, ma la storia non
verrà lasciata
incompleta. promesso ;).
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del
passato
§
Capitolo XIV
~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more p3
(
...non posso piangere perchè chi
dovrebbe sostenermi
piange ancora di più)
....
dicembre 2007
Shannon era
in ginocchio nel piccolo bagno, le mani
stringevano convulsamente il bordo del water, il corpo sconvolto da
vuoti
conati.
«Ehi.. ehi Shan..»
Jared si inginocchiò accanto a
lui e cominciò a massaggiargli la schiena cercando di
calmarlo.
Una
volta calmati gli spasmi Shannon si lasciò
scivolare lentamente contro la parete. Le sue labbra si curvarono in un
impercettibile sorriso mentre guardava il fratello che, con cura e
delicatezza,
gli ripuliva e rinfrescava il volto con un panno.
Vagamente
la sua mente registrò il suo pallore, i
movimenti legati, le smorfie quando si era chinato e quando si era
rialzato, il
modo in cui zoppicava leggermente anche solo per fare un paio di passi
fino al
lavabo.
La
voce del fratello protettivo si fece sentire
intimandogli di fare qualcosa ma cercò di
respingerla, cercò di ignorare le
vivide immagini della corsa nel corridoio di un albergo. Uno dei tanti.
Jared
in lacrime sul letto. Le sue dita che stringono il suo braccio.
L'anoressia. La
gotta.
Scosse
la testa. Doveva smetterla.
Jared
strizzò il panno e si guardò allo specchio.
Tomo aveva ragione era ridotto ad uno straccio. Con la coda dell'occhio
notò
che il bicchierino del colluttorio era sul piccolo ripiano davanti allo
specchio, era stato usato e c'era del liquido chiaro dentro. Stava per
prenderlo quando Shannon dal pavimento lo fece distrarre.
«hai mangiato?»
gli disse con voce roca, Jared si
voltò di colpo verso di lui.
*** 2000
«se non
vuoi finire la minestra almeno mangia i pomodori»
Shannon prese la piccola
scodella gialla e la mise davanti al piatto ancora pieno del fratello.
Jared
posò il cucchiaio e sospirò. Quando
alzò lo sguardo due occhi nocciola erano
puntati su di lui comprensivi.
«non
credo di potercela fare» non che non gli andasse
ma il solo pensiero di mandare
giù anche solo una briciola gli sembrava un ostacolo
insormontabile, un pò come
un corridore che vede il traguardo ma le sue gambe sono troppo deboli
per
percorrere gli ultimi metri.
«provaci
Jay» la voce di Shannon era calma e gentile.
Sapeva che Jared ci stava provando
e questo era sufficiente, non c'era bisogno di forzarlo.
Requiem
for a dream era stato un progetto in cui Jared aveva messo tutto quello
che
aveva ed ora ne stava pagando il prezzo. Le settimane di digiuno
forzato
l'avevano indebolito al punto da ritrovarsi a svenire sul set. Ma lui
aveva
stretto i denti e portato al termine il suo lavoro.
I
problemi erano iniziati una volta tornato a casa, il suo corpo si
rifiutava di
accettare qualsiasi cosa più solida di un purè
,stremato aveva chiamato il
fratello maggiore che aveva buttato giù un tabella di marcia
per riabituare il
suo fisico a mangiare. Una cosa a cui Jared avrebbe pensato se avesse
avuto abbastanza lucidità.
Il
cantante allungò il braccio, il
maglione
si alzò leggermente lasciando intravedere le ossa sporgenti
del polso, e prese
una forchetta. Lentamente infilzò la piccola mezzaluna di pomodoro portandola alle
labbra.
Shannon
sospirò e, alzandosi, iniziò
a
sparecchiare «ha
chiamato Cam, voleva sapere come stavi.»
Jared
smise di masticare. Non la sentiva dall'inizio delle riprese ed ora era
sul set
di "Things You
Can Tell Just by Looking at Her". Si chiese
quante ragazze avrebbero avuto la pazienza di
Cameron e quanto margine ancora aveva
prima che lo mandasse definitivamente a quel paese .
«le ho
detto che stai bene-» Shannon gli
diede
le spalle e girò il rubinetto guardando l'acqua iniziare a
riempire il
lavandino «-ma
che hai bisogno di staccare la spina per un
pò... per questo non rispondi ai suoi messaggi»
Stava
sciacquando un bicchiere quando il tintinniò della forchetta
contro la
porcellana sovrastò lo scorrere dell'acqua,si
voltò e Jared era lì con la mano
sulla sua bocca incapace di mandare giù l'ultimo boccone.
Shannon
si asciugò le mani con un panno e gli si avvicinò
«Jay»
gli sorrise debolmente
cercando di dargli coraggio, l'altro lo guardò sconsolato.
Gli occhi umidi e
arrossati.
A fatica
si alzò dal tavolo e si
avvicinò al
lavandino, fece in tempo a spostare i piatti appena insaponati prima di sputare
il boccone e cercare di
domare i conati di vomito che cercavano di portargli via quel poco di
pranzo
che aveva appena ingurgitato.
Il
fratello maggiore gli fu immediatamente vicino e, in silenzio, gli
massaggiò le
spalle. Non potè evitare di sussultare quando Jared
frustrato battè il pugno
contro il ripiano facendo saltare le posate e i piatti.
«non devi
sforzati va bene così. .» gli disse
ricevendo in risposta solo un
debole cenno della testa «poco
alla volta».
***
«si.. ho
mangiato» Jared rispose perplesso dalla domanda
mentre Shannon si
rimproverava mentalmente. Non aveva fatto in tempo a ripromettersi di
non
cedere alla modalità fratellone premuroso che si era
ritrovato a fargli una
domanda del genere. Non riusciva a controllare quella parte di
sè. Scosse la
testa di nuovo e provò a cambiare discorso «chi era alla porta?»
«eh?...ah..Tomo...è di
là in salotto» gli rispose
avvicinandosi.
Shannon si
tese e Jared si affrettò a
tranquillizzarlo «se
non te la senti di vederlo non ti preoccup-»
si chinò e posò la mano sulle
guance ricoperte di barba del fratello maggiore ma quest'ultimo lo
allontanò,
interrompendolo «no.
anzi , vederlo non può che farmi bene ...»
Jared annuì e
lo aiutò ad alzarsi da terra.
Tomo
sentì la porta aprirsi e alzò gli occhi dalla
rivista di moto , bastò uno sguardo con Jared per capire
come comportarsi e,
come se non notasse il pietoso stato del batterista, si alzò
per abbracciarlo
sorridente.
Shannon
ricambiò l'abbracciò e si sedette
sulla poltrona
mentre Jared optò per il
bracciolo.
«cristo ragazzi pensavo che fosse
passato un UFO e
vi avesse rapito o foste stati inghiottiti un fottutissimo buco
nero! ..» Tomo iniziò la
sua ramanzina e tra una
battuta e un aneddoto il pomeriggio trascorse come se tutto fosse a
posto.
~·~
8 dicembre
1989: 23.50
Quando
Shannon alzò la cornetta poteva sentire solo
un lontano vociare dall'altra
parte del
telefono «chi
parla?» chiese confuso
«Shan..»
la persona all'altro capo del telefono si schiarì la voce e
tirò su con il naso «sono io».
Shannon
accese la lampada sul comodino e si tirò su
a sedere. Mandò una veloce occhiata verso la ragazza che,
coperta solo da un
lenzuolo , dormiva accanto a lui e cercò di parlare piano
per non svegliarla
«Jay che cosa
è successo?»,
Jared
sospirò «ti
disturbo?»
Shannon prese
una sigaretta dal pacchetto
«assolutamente
no. Qualche problema?».
Ci fu un
lunga pausa. Il vociare era continuo, un
colpo di tosse in lontananza
e poi la
flebile risposta del fratello minore «Ben..»
Shannon
strinse la mandibola fino a sentirla
scattare «che
cosa ha fatto?» .
«dovevo capirlo che c'era
qualcosa che non andava»
disse l'altro ignorando la sua domanda.
** 6 dicembre 1989: ore
18.28
«Nemmeno
quello» disse
Jared togliendo una
bottiglia di pomodoro dalle mani di Ben
« sono
10 minuti che giriamo a vuoto e finora nel carrello abbiamo messo
solo una zucca , del formaggio e un pò di rosmarino!»
rispose sbuffando l'uomo
mentre il giovane rimetteva a posto l'alimento.
«Eri tu
quello che voleva provare la cucina vegetariana!» gli ricordò il
ragazzo sorridendo mentre
afferrava un cartoncino di besciamella, controllandone il prezzo e la
scadenza.
«Adesso
capisco perchè sei così gracile!»
Jared si
avvicinò all'uomo e gli
posò le mani sui
fianchi strizzandoli scherzosamente «beh non si può dire
lo stesso di te..» .
Ben reggendo il suo sguardo si chinò e, mettendogli una
ciocca di capelli
dietro l'orecchio, lo baciò dolcemente.
Il tonfo
di un pacchetto di pasta ricordò ai due di essere in un supermercato pieno
di gente.
L'uomo si
scansò di colpo ed, imbarazzato, iniziò ad
allontanarsi per riprendere la
ricerca degli ingredienti lasciando un perplesso Jared alle prese con
una
dozzina di occhi scandalizzati. Senza dire una parola il ragazzo
alzò il dito
medio e seguì il compagno.
ore
19.10
Più
tardi
Jared era intento a tagliuzzare la zucca e teneva d'occhio l'altro che,
seduto al tavolo della cucina, revisionava
alcune pratiche. Dal
bacio al supermercato era diventato
stranamente distante. Lo vide togliersi gli occhiali e stanco iniziare
a
massargiarsi le tempie.
Deciso ad
affrontarlo posò il coltello e si avvicinò al
tavolo, Ben sentendo la sua
presenza alzò lo sguardo e sospirò.
«cosa c'è
che non va?» gli domandò il ragazzo.
Aveva una vaga idea ma si rifiutava di
crederci.
«nulla..»
rispose l'uomo rimettendosi gli occhiali.
Dopo un
attimo di silenzio ritentò «cosa t'importa di quello che la
gente
pensa?! fanculo tutti!». Non poteva credere che
proprio colui che faceva tutti
quei discorsi sul fatto che non ci si doveva nascondere, sul "bisogna essere se stessi"
veniva
colto dal panico perchè si erano lasciati andare ad un
semplice bacio in
pubblico.
Alzandosi
di scatto l'uomo quasì urlò «non ne voglio parlare!»
Jared
preso alla sprovvista sussultò. L'altro si passò
una mano tra i capelli
agitato.
« Ti
vergogni di me?.. di noi?! » gli chiese alla
fine incredulo,
colto nel
vivo battè
i pugni sul tavolo «NO!
Non è
così!.... è solo che... non tutti possono
permettersi di essere come sono....
liberamente!»
Jared
annuì senza proferire parola e, a testa bassa, riprese a
preparare la cena. Ben
gli si avvicinò e ,prendendogli il volto tra le mani
cercò di farsi guardare,
dopo un pò di resistenza i loro occhi si incrociarono.
«questo è
un si..» sussurrò Jared ,
«non sarà
sempre così» rispose l'uomo
stringendolo e posando dolcemente le labbra sulle
sue palpebre «te
lo prometto».
***
«che paradosso vero? mi
spingeva a non avere paura dei miei
sentimenti e lui era il primo che...» la voce
gli si strozzò in gola, mandò la
testa all' indietro e la poggiò contro il muro completamente
ricoperto di
scritte.
Shannon
aspettò che continuasse ma quando il
fratello non parlò con un filo di voce chiese «che?»
«che ne aveva paura..»
la delusione era chiara
nella sua voce e Shannon si ritrovò a stringere la cornetta
fino a farsi
diventare le nocche bianche. Aveva da subito capito che quell'uomo non avrebbe portato nulla
di buono «beh
forse
ha bisogno di tempo p-»
«no Shan.. lui ..lui. La nostra
storia era solo un
ripiego, un rifugio dalla vita che aveva scelto di vivere»
Jared si passò la
mano tra i capelli che ricadevano
davanti ai suoi occhi proteggendolo dalle luci ,
dallo sguardo della gente.
Strinse il pugno e cominciò a tirarli, il dolore fisico non
era niente a
confronto della ferita che si era riaperta dentro di sè.
Ogni volta che
decideva di lasciarsi andare ...
«cosa?!»
Shannon era sempre più confuso, l'unica
cosa chiara nella sua testa era la voglia di uccidere quest'uomo con le
sue
mani.
***8 dicembre 1989
: ore 21.00
Jared
posò il libro che stava leggendo e si sporse dal letto per
rispondere al
telefono «Pronto?»
Ben era a pochi passi da lui davanti allo specchio a
prepararsi per una cena di lavoro.
La
persona all'altro capo del telefono rimase per un attimo in silenzio e
Jared
sentì delle risate di bambini in sottofondo «scusi c'è Benjamin?»
il ragazzo
guardò l'uomo davanti a lui chiedere silenziosamente un
parere sull'ennesimo
completo e scosse la testa negativamente, il blu scuro non gli donava
affatto,
quindi rispose distrattamente «si ,chi lo vuole?».
La donna
si schiarì la voce «sono la moglie»
.
Jared rimase
immobile per un attimo poi si alzò dal letto, Ben si
voltò e lo guardò
perplesso mentre con
uno sguardo di
ghiaccio si avvicinava a lui «è tua moglie»
disse passandogli il telefono.
L'uomo
splancò gli occhi sopreso e prendendo la cornetta vide il
ragazzo lentamente
,come in trance, uscire dalla stanza.
Jared
sentì vagamente Ben rispondere al telefono , non riusciva a
sentire le parole
ma a quel punto non gli interessavano. Prese la tracolla e
indossò il cappotto
meccanicamente. Era davanti all' ascensore quando si sentì
afferrare il
braccio. Si voltò. Tutto sembrava così lontano.
«Jare...
?» Ben lo guardò implorante ed anche
leggermente preoccupato, il ragazzo aveva
un pessimo colorito « lascia
che ti spieghi» l'uomo fece per avvicinarsi ma
Jared indietreggiò scuotendo la testa.
«cosa c'è
da spiegare?» disse lottando con lacrime che non
si era reso conto si fossero formate.
Ben provò ancora una volta ad avvicinarsi e Jared
indietreggiò cercando di
evitare il suo tocco, come se solo il semplice contatto con l'uomo
potesse
fargli del male «non
-».
L'uomo si
fermò e lo guardò disperato,
« mi
dispiace io..»
«hai dei
figli Ben!..»
nella sua voce non c'era
rabbia, solo delusione ed amarezza.
«io... io
ci tengo a te!» ribattè l'uomo che
,al contrario del ragazzo, non stava
trattenendo le lacrime, troppo
disperato
alla ricerca di qualcosa da dire per poterlo fermare.
Jared
scosse la testa, le sue labbra tremanti .Tante le cose che voleva dire
ma poche
le parole adatte ad esprimerle «non è vero».
Le porte
dell'ascensore si aprirono ed il ragazzo entrò nella cabina,
Ben lo seguì
bloccandole , «non
andartene - »gli disse riuscendo ad afferrargli
di nuovo il
polso.
Jared
strattonò il
braccio con più forza «
...non mi toccare!» sibilò
spingendo
l'uomo lontano da lui, facendolo caracollare all'indietro.
Le porte
dell'ascensore cominciarono a richiudersi e Ben, appena ripreso
l'equilibrio,
fece in tempo a voltarsi e guardare attraverso la fessura sempre
più sottile il
ragazzo accasciarsi contro la parte della cabina
« Jared!» urlò disperato
prima di trovarsi a faccia a faccia con il suo riflesso
sul metallo della porta.
Jared
guardò i numeri illuminarsi uno alla volta
ed, arrivato al piano terra, senza voltarsi a
salutare il ragazzo che lo
sostituiva da una settimana ,si precipitò fuori dal palazzo.
Il cuore, quello
che ne rimaneva, gli batteva a mille, era l'unico rumore che sentiva a
parte la
voce di quella donna e le risate di quei bambini.
Percorse
una decina di metri e,
colto da nausea,
fece in tempo a nascondersi nel buio di una stradina laterale prima di
rimettere quel poco che aveva nello stomaco.
***
« ... che bastardo figlio di p-
» la sigaretta gli
si spezzò tra le dita.
Jared
fissò distrattamente gli scarabbocchi sul
vecchio intonaco ingiallito «sono stato uno stupido»
«no Jay come potevi sospettare
una cosa
simile» Shannon
sapeva cosa stava
pensando il fratello minore e il fatto di non potergli dimostrare che
si
sbagliava lo faceva stare ancora più male «se prendo il treno sono da te
domani».
«no.. tu hai da fare
lì... domani è sabato, c'è una
corsa no?» non voleva trascinare con se Shannon.
Il suo fratellone era felice
in Indiana e lui non aveva intenzione di rovinargli questa occasione.
«si ma poss-»
10 ore li separavano ma se partiva
subito avrebbe potuto essere lì prima di pranzo.
«no. Sul serio bro, non provarci
nemmeno a
presentarti qui»
Shannon non
era ancora completamente sicuro che gli
piacesse l'idea di Jared da solo in quello stato. «hai un posto dove andare ?»
«si» no
«com'è che si chiama
questo Ben?»
«Shan!»
«no, sai ...era solo a titolo
informativo» Jared
sorrise mentre una lacrima solitaria riuscì a sfuggirgli e
scese lenta sul suo
volto.
nonostante
non potesse vederlo Shannon la sentì
«Jay..
»
«voglio solo dimenticare
» no, dimenticare era
impossibile ma poteva fare finta. Era bravo a fingere.
Shannon
chiuse gli occhi ed annuì «dove sei ora?»
per un attimo
ci fu solo silenzio mentre Jared
dibatteva internamente come e se dirlo, alla fine decise che mentire
non
sarebbe servito a niente «in
commissariato»
La sigaretta,
la seconda in meno di dieci minuti,
gli cadde dalle labbra «c-co-che
cazzo ci fai lì dentro?» chiese
mentre cercava
di non scottarsi ed evitare di mandare a fuoco il lenzuolo. La ragazza
sbuffò e
girandosi minacciosamente verso Shannon gli lanciò
un'occhiataccia, ma il
ragazzo era troppo sorpreso per darle peso.
«ho picchiato un omofobo».
*** 8 dicembre
1989: ore 22.45 pm
Le note
di "Youth
Gone Wild" degli Skid Row riempivano l'aria. Jared si
guardò intorno e notò che gran parte dei presenti
erano studenti del suo
college, intorno ad
uno dei tavoli
davanti a lui, un gruppo di ragazzi aveva dato vita ad una sorta di
sfida
all'ultimo bicchiere, con effetti devastanti su alcuni di loro.
«Stanno
ufficialmente distruggendo questa canzone..povero Sebastian Bach se
sapesse!»
Jared distolse lo sguardo dal gruppo di ragazzi e
lo spostò verso Rachel che,difrontea lui,
guardava verso il palco. I lunghi capelli erano cotonati in
un'acconciatura
all'ultima moda, i lineamenti del viso
messi in risalto dal trucco dai colori pastello. Era
come guardare
un'altra ragazza rispetto la Rachel acqua e sapone
dell'università. Jared seguì lo sguardo
della ragazza e si concentrò sui ragazzi sul palco che,
immedesimati nel ruolo
da rockstar, agitavano le loro pettinature leonine a ritmo di musica.
«Però! ci
vuole del talento nel non beccare nemmeno una nota!»
osservò accennando un
sorriso. Il primo di quella sera.
La
ragazza lo aveva incrociato un'ora prima in metropolitana. Jared ancora
sconvolto per la scoperta su Ben aveva
preso la prima metro e ,sceso ad una stazione a
caso, aveva iniziato una
ricerca sulla mappa di qualche posto dove passare la notte. Rachel
l'aveva
visto e, sorpresa, gli si era avvicinata. Il ragazzo era talmente
scombussolato
che aveva rimosso i loro piani per il
venerdì sera . L'ultima cosa che voleva
fare era festeggiare ma la
prospettiva di stare da solo e vagare per la città non lo
entusiasmava affatto.
Aveva quindi fatto finta di niente , tanto per cambiare, e si era diretto con lei
al locale.
Nonostante
sapesse che il cuore di Jared era occupato, una parte di Rachel
continuava a
sperare di poter far colpo su di lui. Era quella piccola speranza in lei che le aveva fatto perdere
ore ed ore davanti
all'armadio in cerca di un vestito adatto, di un'acconciatura e un
trucco che
la facesse sembrare più interessante. Ed ora era
lì seduta con il cuore a mille
ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, insicura e nervosa come
non si
sentiva dalle sue prime esperienze con i ragazzi.
«eehi
ragazzi!l!» i due si voltarono sorpresi, Justin
si avvicinò al loro tavolo e
senza chiedere permesso si accomodò sul divanetto di fianco
a Rachel
circondandole le spalle con il braccio. La ragazza lo salutò leggermente irritata dal
fatto che la serata
fosse stata ufficialmente rovinata.
Justin li
guardò sorridendo ma Jared sapeva che il ragazzo era tutto
fuorchè felice di
vederlo lì. Imbarazzato dalla situazione si
scambiò una leggera occhiata con
Rachel che , all'oscuro degli sviluppi della loro amicizia, osservava
confusa
la scena davanti a lei.
«posso?»
senza aspettare la risposta Justin
prese
il bicchiere di Jared e bevve un sorso della bibita per poi ,con una
smorfia,
riposarlo sul tavolino «un
Wild Berry?!! ma è una bibita da femminucce!..»
il
tono di sfida non passò inosservato
ma
Jared decise di non cogliere la provocazione «e cosa sono questi?»
Justin prese
una delle brochure sull' università e lo avvicinò
per leggere meglio la scritta
nella tenue luce del locale.
« Jared
ha deciso di cambiare indirizzo » rispose Rachel
con un sorriso, Justin si
voltò sorpreso verso l'altro ragazzo
«J-J... te ne
vai e non mi dici nulla?» gli disse con finto
entusiasmo, Jared
si limitò a ricambiare il freddo sorriso, sentiva
l'ostilità dell'altro e
sapeva che non avrebbe portato niente di buono.
Tra una
frecciatina e l'altra i minuti passarono, ad un tratto la cover band
iniziò a
suonare "If
I Close My Eyes Forever"
e Rachel entusiasta
allugò la
mano verso quella di Jared stringendogliela «ecco è questa qui la
canzone che
ti dicevo!»
il gesto non passò
inosservato a Justin che decise
fosse
ora di iniziare a divertirsi sul serio.
«hai
portato anche la tua dolce metà?»
chiese ad alta voce, in modo da essere
udito da entrambi e fece finta di
guardarsi intorno alla ricerca di qualcuno. Jared si
irrigidì e lo fissò.
Rachel li guardò ancora più
confusa, non
capiva cosa stesse succendendo ma non ci voleva uno scienziato per
capire che
tra i due c'era qualcosa che non andava. Justin non si
scoraggiò ed incalzò
«l'hai
lasciato da solo a casa?». Jared
cercò di mantenere la calma,
determinato a non cedere al gioco dell'altro
«è
fuori città» rispose serio.
«e lo sa
che quando non c'è tu giochi a fare l'etero?»
Jared si ammutolì. Non si
aspettava un' approccio così diretto, guardò
velocemente verso la ragazza che
ora lo stava fissando sconvolta, Justin decise di affondare il colpo
«o
è così
che funziona tra di voi? i weekend sono dedicati alle donne..?
» soddisfatto
aggiunse «immagino
lui come si starà dando da fare!»
Rachel
non riusciva a capire di cosa stessero parlando, o meglio, l'aveva
capito ma in
cuor suo sperava fosse solo uno scherzo di cattivo gusto di Justin,
«m..ma
insomma di cosa state parlando?» chiese
esasperata e cercò lo sguardo di
Jared per un segno
che l'aiutasse a
capire, ma l'espressione sul volto di Jared era illeggibile.
«ma
come?» Justin si voltò verso di lei
«non lo
sai? Jared non ti ha detto del suo fidanzato? ...»
Rachel lo guardò incredula «non ti ha detto che gli piac-...
» il ragazzo
non riuscì a finire la frase, lo schiocco della sua
mandibola contro il pugno
di Jared per un
attimo sembrò sovrastare
la musica.
Tra i due
non si sa se fosse più sorpreso Justin per aver ricevuto il
pugno o Jared per
averlo dato. La risposta però
non tardò
ad arrivare e Jared si ritrovò mezzò steso sul
divanetto. La sua giacca members
only completamente macchiata dal rosso della bibita che Justin aveva
versato
sporgendosi sul tavolo. Mentre si tirava su e parava un altro colpo del
suo ex
compagno di stanza si ritrovò a ringraziare mentalmente
Shannon per avergli
insegnato a difendersi, un pensiero incoerente ma che gli diede la
carica di
rispondere ai colpi. Il resto fu un insieme di musica, vetri che si
infrangevano
e grida di chi si era accorto della zuffa.
Ad un
certo punto Jared si sentì sollevare ed allontanare di forza
da un ormai
altrettanto sanguinante Justin.
***
Shannon si
passò la mano sul volto basito. Troppe
informazioni in troppo poco tempo. Il suo baby brother aveva appena
scoperto
che l'uomo con cui aveva iniziato una relazione era uno stronzo ed era
finito in una
centrale di polizia per
rissa. Non sapeva se ridere o piangere «non esiste. Salgo sul primo
treno e
vengo a prenderti»
«non ricominciare ora. Ti ho
detto che non serve»
forse avrebbe fatto meglio a non dirglielo, ma almeno per queste cose
era
deciso a mantenere la sua promessa del niente bugie.
«ma-»
Shannon cercò di combattere l'istinto di
precipitarsi alla prima stazione.
«Shannon»
la voce di Jared era calma ma minacciosa.
«non puoi chied-»
«Shannon!»
«ok ok »
si lasciò ricadere
sul materasso sconfitto. Sebbene non fosse assolutamente d'accordo
avrebbe
rispettato il volere del fratello minore.
tbc
--------------------------------------------------------------------------------------------------
Ginny_Potter , grazie mille
:). commenti come tuoi non possono che farmi piacere.
princes_of_the_univers , ^^
ho fatto delle ricerche a riguardo e secondo me bisogna guardare alla
situazione come ad un comune caso di divorzio in cui i figli
mantengono il cognome del padre. Ci sono troppi punti oscuri
sulla vicenda per avanzare ipotesi certe , a partire dal fatto che non
conosciamo il ruolo del padre naturale : li aveva
riconosciuti?
qual'era il loro cognome prima ?
L'unica cosa che si sa è che anche Constance porta il
cognome
Leto e che Carl li ha adottati. Molto probabilmente attraverso una
adozione legittimante .
in seguito alla separazione dal medico
Constance avrebbe
potuto chiedere di nuovo (?)
il cambiamento del cognome ma farlo non è un procedimento
semplice, non solo per via dei documenti e co. ma
anche
perche' e' un cambiamento che coinvolge ogni aspetto della vita
quotidiana( erano conosciuti, ad esempio, come Leto a scuola,
a
lavoro, sulla patente, certificati etc.)
inoltre il cambiamento di nome è permesso solo in
casi particolari ( cognomi imbarazzanti e simili) e Constance
avrebbe dovuto
dimostrare che chiamarsi Leto rappresentava un peso per i suoi figli
(dopo che, forse, loro stessi avevano dato l'ok per averlo).
Il tutto richiedeva tempo (minimo 4-6 mesi)
soldi e
forse, di
questo non sono certa, anche il consenso di Carl.
Quindi forse hanno mantenuto il cognome Leto solo
perchè era la via più facile.
al solito, alla fine, lo sanno solo loro. xD
AKURA , grazie
ancora per i complimenti, mi fa piacere sapere che gli sbalzi temporali
funzionano. (Avevo il timore che potessero confondere). Le notizie sono
tutte nelle loro interviste o di chi gli è intorno. e' un
bel
pò che non leggo yaoi ma si mi piacciono e, per quanto
riguarda SHannon e Jared, beh
il loro è comunque un tipo di amore... io mi sono
limitata a
dipingerli in base a come li vedo, uniti quasi quanto dei gemelli (se
non di più xD)e da
come chi li ha visti li ha descritti [but the experience forged a
strong bond between the two brothers. A cryptic code exists between the
two,
and they communicate in emotional shorthand, finishing each other's
sentences
and agreeing on almost everything] <- giusto uno
dei tanti esempi.
candidalametta , condivido
in pieno la tua visione dei leto bros, come la tua stima per Jared.
Non siamo noi fans a non essere obiettivi riconoscendogli le
sue qualità ma sono gli altri
che
preferiscono sminuire i talenti altrui piuttosto che fare i conti
con il fatto di non averne =).
maddi, quando ho tempo ne approfitto XD, son
contenta ti sia piaciuta quella scena :)
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Capitolo 15 *** Capitolo XV ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more parte IV ***
14
|
Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N: Chiedo
umilmente perdono per il ritardo nell'aggiornamento. Ho
apprezzato molto i vostri messaggi e se ho dimenticato di
rispondere a qualcuno chiedo scusa. La storia come ripeto
sempre non verrà lasciata incompleta.
Ho un sacco di capitoli già pronti (necessitano solo un
controllo) e altri abbozzati, facendo tutto da sola è facile
che
alcuni errori mi sfuggano quindi colgo l'occasione per scusarmi anche
di questo.
Piuttosto spero siate ancora interessate e che questo capitolo non vi
deluda =( .
@Ginny_Potter,shanna_b , candidalametta, BabyWitch , AKURA,shannonleto, grazie
mille per le vostre recensioni e complimenti! Non avete idea di quanto
mi rendano felice.
@princes_of_the_univers ,
non riesco a trovare l'intervista con la frase che
avevo
riportato in compenso ho trovato un altro accenno alla
questione su Nylon Guys del 2005 .
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del
passato
§
Capitolo
XV ~
I cannot cry 'cause the shoulder cries more p4
(
...non posso piangere perchè chi
dovrebbe sostenermi
piange ancora di più)
dicembre 2007
Tomo
scese le scale del pianerottolo e rabbrividendo si avviò
verso
il cancello. Tra una chiacchiera e l'altra si era fatta sera e piccole
gocce di pioggia avevano iniziato a cadere lente, chiazzando il
piccolo vialetto, scivolando sulla sua giacca.
Sapeva che non poteva rimanere
con i fratelli, avrebbe solo sconvolto l'equilibrio che si era creato
tra i
due peggiorando le cose, ma c'era qualcosa che poteva fare. Fermandosi
si voltò. La porta
della
casa era ancora aperta e la flebile luce dell'interno rischiarava
leggermente l'oscurità avvolgendolo.
Jared era al di fuori di quel raggio, stretto nella vecchia camicia di
flanella intento ad osservare la città e le sue luci sparire
in
quella leggera nebbia, apparentemente ignaro del fatto che
lui fosse ancora lì. Ma Tomo lo conosceva abbastanza da
notare
nella rigidità del suo corpo la sua allerta «Jay».
L'uomo non si voltò immediatamente,
continuò a fissare davanti a se prima di puntare i suoi
occhi in
quello dell'altro, cercando nel volto del chitarrista qualcosa da cui
doversi "difendere".
Facendosi
coraggio Tomo tornò sui suoi passi, consapevole che una
parola
di troppo avrebbe fatto chiudere in se stesso il cantante e poi non
ci sarebbe stato più modo di raggiungerlo «..
non c'è
niente di
male nel chiedere aiuto»
gli sussurrò alla fine riprendendo il discorso interrotto
qualche ora prima.
Il cantante
chiuse gli occhi scuotendo la testa pronto a rispondere ma Tomo lo
interruppe «questo»
tirò su la manica ed
indicò il tatuaggio sul suo braccio destro «è
molto più che un pò d' inchiostro..»
gli si avvicinò e poggiandogli le
mani sulle spalle
cercò di farsi guardare «dammi la
possibilità di dimostrarlo».
Jared
deglutì e guardò brevemente alle sue spalle,
timoroso che
Shannon potesse tornare indietro e sentire di cosa stessero parlando.
Anche se gli dava fastidio ammetterlo si sentiva solo, stanco e
Tomo gli stava offrendo il suo sostegno. Annuì e prima che
se ne
rendesse conto si ritrovò stretto nell'abbraccio del grosso
croato. In un primo
momento si irrigidì, sorpreso, poi si
rilassò contro il corpo dell'amico. Non si era reso conto di
quanto ne avesse bisogno.
L'altro sembrò quasi sentire i suoi pensieri e strinse
ancora
di
più la presa.
Il cantante quindi poggiò
la testa
sulla sua spalla e chiuse gli
occhi lasciandosi andare, poteva sentire sotto alla sua
pelle la già bagnata stoffa inumidirsi
ulteriormente, ma non si preoccupò.
Avrebbe dato
la colpa alla
pioggia.
---
Poco dopo Jared rientrò in casa, poggiandosi contro la porta
prese tempo per preparasi ad affrontare ogni tipo di Shannon. Ormai con
i
suoi sbalzi d'umore era meglio essere
flessibili.
Svoltò l'angolo della cucina e vide
il
fratello mettersi
qualcosa in tasca, pensò di chiedergli cosa
fosse ma poi decise di non rovinare il buon umore che Tomo aveva
portato. In fondo in casa non c'era nulla di pericoloso.
«Certe volte
mi chiedo dove l'abbiamo pescato» disse
ad
alta voce, ridacchiando affettuosamente al ricordo di uno
dei racconti del
chitarrista .
** Gennaio 2003
«Tomi-slav
M-»
Jared avvicinò il foglio al volto e riprovò a
pronunciare lo strano cognome «Mailisevic?»
il giovane, che nervosamente giocherellava con il bordo della sua
vecchia felpa
dei Nirvana, lo corresse automaticamente. Non era nuovo a queste
situazioni.
«Milicevic»
Il cantante lanciò un'occhiata assassina a Shannon che
,seduto di fianco a lui,
cercava di trattenere le risate. Ora capiva perchè aveva
tanto insistito che se
ne occupasse lui. Matt cercò di mascherare l'espressione
divertita fingendo di
scrivere qualcosa sul blocco note mentre dall'altra parte della stanza
l'aspirante chitarrista li guardò perplesso, non capendo il
motivo di tanta
ilarità.
«Milicevic» ripetè
Jared spostando la sua attenzione di nuovo sul
ragazzo. Per una volta era dall'altra parte. Aveva perso il conto delle
volte
in cui era entrato in una stanza come questa pieno di speranze sul suo
futuro,
deciso che quella sarebbe stata la volta buona. Quella della svolta.
«è croato»
specificò il ragazzo abbassando a disagio i suoi due grandi
occhi marroni. Li aveva già incontrati dopo un concerto ma
ora la situazione
era leggermente diversa e il fatto di non potersi nascondere dietro la
sua
barba - che sua sorella Ivana gli aveva imposto di tagliare - lo faceva
sentire
ancora più vulnerabile.
«Allora Tomislav » Shannon si
schiarì la voce pronto a partire con le
domande ma venne interrotto « Tomo
...potete chiamarmi Tomo»
il batterista sorrise ed annuì «ok Tomo.
Cosa ci dici su di te?»
«Oh beh... sono nato a Sarajevo ma la mia famiglia
si è trasferita negli
Stati Uniti quando avevo 8 anni...i miei hanno un
ristorante infatti
anche io sto studiando per..» il batterista
ridacchiò e si scambiò un'occhiata
divertita con Matt «intendevo esperienze
lavorative..cose del
genere».
«oh...» Tomo si passò
la mano tra i folti capelli neri e si prese a
calci mentalmente ,se avesse potuto l'avrebbe fatto anche fisicamente.
«..giusto...
ehm.. ho suonato per un pò con una band ...i Morphic.. »
Jared nel frattempo aveva iniziato a leggere la sua
scheda. Aveva
chiesto ad ogni aspirante chitarrista di compilare un breve
questionario , non
era obbligatorio nè indispensabile ai fini dell'audizione
ma, oltre a tenerli
occupati per un pò, dava loro molti più dati su
cui basare la scelta . In
fondo non erano alla ricerca di un semplice musicista ma di un
componente della
band. Una persona che avrebbe condiviso con loro il lungo cammino che
si erano
prefissati.
Passò in rassegna i due fogli, il ragazzo non era certo un
amante della sintesi
e in un modo o nell'altro era riuscito a rendere divertenti ed
interessanti
anche le più innocue delle domande «i
pinguini ??» escalmò alzando
lo sguardo incredulo.
«i pinguini cosa?» chiese Matt
confuso sporgendosi dalla sedia per dare
un'occhiata ai fogli che Jared teneva in mano,
«ho la fobia dei pinguini»
spiegò serio Tomo, i tre lo guardarono
perplessi e poi scoppiarono a ridere.
Il ragazzo si chiese come gli fosse venuto in mente di
uscirsene con
questa storia ma non poteva lamentarsi, la tensione sembrava essersi
allentata.
Jared si rilassò contro lo schienale e, sfilando
l'elastico che aveva
intorno al polso, cominciò a raccogliersi i capelli tinti di
biondo «dunque ..
cosa vuoi suonarci?»
Tomo si morse il labbro agitato. Era il momento della verità
«decidete voi»
«come?» Matt piegò la
testa da un lato incuriosito.
«scegliete una delle vostre canzoni a piacere»
i tre si guardarono per
un attimo.
«le sai tutte?» Tomo
accennò di si sentendosi sempre più piccolo al
centro della stanza. Fino a pochi secondi prima l'idea di
impressionarli con il
fatto di conoscere le loro canzoni a memoria gli era
sembrata
un'ottima idea. Ora non ne era tanto sicuro.
«sono un vostro fan da tempo..ho comprato il cd il
giorno stesso in cui è
stato pubblicato..» man mano che parlava la voce
diventava sempre più
flebile sotto il peso degli sguardi dei musicisti
davanti a lui.
Shannon stava per parlare, molto probabilmente una delle sue uscite, ma
Matt lo
interruppe.
«Capricorn».
Tomo annuì e prendendo un grosso respiro si
posizionò ed iniziò a suonare. Ad
un certo punto notò che Jared aveva alzato la mano,
indicandogli di
fermarsi «Edge of the Earth»
gli disse sorridendo. Il giovane
rimase a guardarlo per un attimo e poi ,capendo cosa avessero in
mente,
iniziò a suonare la seconda canzone dell'album.
Il cantante si voltò verso il fratello e vide
riflessi sul suo viso
i suoi stessi pensieri. Accennando un sorriso rivolse di nuovo la sua
attenzione al ragazzo. I suoi non erano solo una successione di
meccanici
movimenti imparati a memoria, dietro ogni nota c'era passione
e
sentimento.
Jared e Matt gli chiesero di suonare anche altri pezzi per
verificare le
reali potenzialità e canzone dopo canzone il tempo stabilito
giunse al termine.
Tomo strinse la mano ai tre musicisti e Shannon con una scusa lo
accompagnò
alla porta.
«Com' è andata?» gli
chiese una volta che gli altri due non potevano
sentirli , il batterista guardandosi intorno gli posò una
mano sulla spalla e
gli sorrise « benissimo».
---
Mezz'ora dopo i tre erano ancora alle prese con il
centosessantacinquesimo
aspirante chitarrista ed il cantante sembrava aver
perso ogni
interesse.
«mi spieghi cosa ti è preso?»
Jared si voltò verso il bassista confuso « non
hai prestato attenzione a nessuno di quei ragazzi, come possiamo
trovare
un sostituto per Solon se nemmeno li ascolti! »
«li ho ascoltati!» gli rispose
aprendo una bottiglietta d'acqua «e
per quanto mi riguarda ho già fatto la mia scelta.»
Shannon sospirò, pronto all'ennesimo battibecco. Ultimamente
i due non facevano
altro che punzecchiarsi, se uno diceva a l'altro
doveva per forza dire b.
«ah si? e chi sarebbe?»
«il pinguofobo» rispose serio.
Shannon scoppiò a ridere e Matt lo
fulminò «seriamente Jay..non
sono in
vena di scherzare»
«sono serio»
Matt rimase a guardarlo per un attimo poi si alzò
di colpo e ,aprendo un
nuovo pacchetto di sigarette, si avvicinò alla finestra
«... non ha..non ha
praticamente esperienza!»
«beh, anche noi non ne avevamo agli inizi, da
qualche parte bisogna pur
cominciare! L'hai sentito è bravo, simpatico e poi..»
« ... ha la presenza scenica di un marshmallow! »
«con tutto il rispetto, Mattie , neanche tu sei
mr.Carisma e comunque» Jared
fece una pausa cercando le parole per spiegarsi «
..le canzoni suonavano
perfette suonate da lui e non mi riferisco alla tecnica. Erano giuste
per
lui..le sente sue!»
«......è un fan!»
esclamò l'altro cercando di farlo ragionare.
«con talento! »
ribattè ,calmo, il cantante. Accavallando le
gambe guardò gli altri due in attesa di ulteriori
obiezioni.
«Shannon?!» Matt si
voltò verso il più grande dei fratelli cercando
aiuto, non sapeva più cosa dire. Il batterista
abbassò gli occhi e si massaggiò
la nuca in imbarazzo.
«ah..grandioso! Chissà
perchè me l'aspettavo!..Ok. Va bene....»
concluse non preoccupandosi di nascondere l'amarezza e l'irritazione
nella sua
voce.
« Per correttezza li ascolteremo
tutti e faremo la nostra scelta
alla fine. Insieme.» Shannon guardò il
fratello ma Jared era tutto d'un
tratto interessato all'etichetta della bibita «Vero
Jay?»
Jared annuì.
«andiamo avanti allora. Helen
fai entrare il prossimo!»
***
Jared aprì il frigo e prese una bottiglia di succo di
melograno, «ordiniamo
una pizza o del cinese?» chiese
sorseggiando la rinfrescante bibita.
Non ricevendo risposta si
voltò e vide il fratello buttare giù tutto d'un
colpo una bustina
di zucchero, inarcò le sopracciglia perplesso
«Shannon?»
l'altro si girò «mhm?»
guardò in basso e notò altre due
bustine vuote abbandonate sul tavolo, continuando a fissarle
ripetè la domanda « pizza o cinese?».
Shannon fece spallucce e si lasciò cadere sulla
sedia, la stessa che un paio di giorni prima si era schiantata contro
il muro, Jared respinse quel ricordo e prese un altro sorso di succo.
«mah..stavo
pensando che forse potremmo mangiare al Katsuya e poi
andare a qualche festa» disse il batterista
posando una gamba sul
tavolo e accendendo una sigaretta. La visita di Tomo aveva risvegliato
la sua voglia di divertirsi.
«non
c'è nessun party che io sappia»
rispose l'altro
guardando la cicca bruciare lentamente.
«questa
è la cazzo di
LA Jay! Non c'è sera che non ci sia un party!»
Jared non demorse e cercando di mantenere controllo sulla sua voce
provò a farlo ragionare «non credo sia una buona idea
devi rim-»
Shannon battè i pugni sul tavolo e spegnendo la
sigaretta schizzò in piedi «ma da quando devo chiederti il
permesso per uscire?» vedendo il
fratello indietreggiare cercò di abbassare il tono e
calmarsi
«che c'è? non ti fidi di me?»
«non
è questione di fiducia. E' ..è troppo
presto. Se vuoi
andare al ristorante,okay, ma..» fino
a qualche ora prima per Shannon l'idea di uscire
nel loro
cortile era fuori discussione, come poteva ora volersi buttare nella
brulicante notte di LA?
« ma un
cazzo! Smettila di trattarmi come un malato! Sto bene! Ho solo voglia
di... svagarmi..ho»
Jared si avvicinò e posò
delicatamente la mano
sul suo braccio. Shannon lo guardò e qualunque fossero le
parole
che stava per pronunciare gli morirono sulle labbra.
Tutti parlavano
dei suoi occhi, di quanto il suo azzurro fosse ipnotizzante, di come
contenessero forza, di come fossero una finestra su tutto
ciò
che aveva dentro ma era evidente
che queste persone non avevano mai guardato con attenzione gli occhi di
Shannon.
Abbassando lo sguardo rimosse la mano e lasciò che il
fratello maggiore ripetesse parte di ciò
che aveva già detto con i suoi occhi.
« ..ho solo
bisogno di
riprendere in mano la mia vita... e devo farlo da solo. Ho bisogno di
farlo da solo ».
---
Poco dopo il rumore della serratura della porta principale gli
segnalò che Shannon
era uscito. Jared era rimasto nella cucina, i suoi occhi fissi sulle
piccole cartine dello zucchero abbandonate sul tavolino, migliaia di
pensieri ad affollare la sua testa.
Mai nella sua vita si era sentito
così distante da Shannon, era come stare sulle montagne
russe,
un momento erano vicini l'altro così distanti da
ritrovarsi a
chiedere se l'aveva mai conosciuto. Sospirando si passò la
mano
tra i
capelli e cercò
di calmarsi.
Non poteva corrergli dietro. Appena avesse messo piede in
strada sarebbe stato circondato dai fottuti paparazzi e dai loro flash.
L'ultima cosa
di cui
avevano bisogno in quel momento era una scenata da dare in pasto ai
tabloid, dare loro la scusa di sputare altro veleno. Di banchettare sui
loro problemi.
Era in momenti
come questi, e non solo a dire la verità, che odiava il suo
status di star di Hollywood. Il non poter più fre
nulla senza il timore che il giorno dopo
le foto sarebbero state pubblicate su tutti i giornali di gossip.
Uscendo da quella sorta di trance si avviò nel salotto,
prese le note che Emma gli aveva inviato via mail e le lesse
una
per una, segnò il suo ok per l'aggiunta di una data in
Italia e
controllò le altre date, cercando di concentrarsi. Cercando
di non sentire il peso di quello sguardo.
Guardando per la millesima volta l'orologio cercò
tra
i fogli sparsi il suo blackberry.
«Tomo?»
disse quando sentì la familiare voce
rispondere all'altro capo del telefono «ho bisogno di un favore...»
~·~
9 dicembre
1989 ore: 00.20 am
Facendo attenzione a non svegliare il vecchio barbone che dormiva
tranquillamente a due passi da lui - godendosi il caldo della cella
rispetto il gelo delle strade- Jared si sedette sulla scomoda panca
verniciata di blu.
Sbadigliando si portò la mano alla ferita che aveva sulla
fronte, si
stava
gonfiando e gli pulsava leggermente ma non poteva lamentarsi, sarebbe
potuta andare molto peggio.
Con la coda dell'occhio notò che Justin era un paio di celle
più lontano, anche lui steso su una delle panche mentre con
un
fazzoletto cercava di tamponare un taglio sul suo zigomo. Non provava
nulla, nè rabbia nè risentimento. Gli eventi
della serata lo avevano completamente svuotato.
Posando la testa contro il muro cercò
di trovare, invano, una posizione comoda e di evitare di pensare a Ben.
Provò addirittura a distrarsi cercando forme nelle chiazze
di muffa sul soffitto della cella, ma tutto fu inutile.
Come aveva potuto non notare
niente? Tutte le piccole stranezze, le frasi a metà gli
tornarono in mente. Colpendolo una alla volta. Non riusciva a non
pensare a quei bambini, a quanti weekend aveva sottratto ai figli per
poterli trascorrere con lui.
E lo odiava per questo.
Perchè
Jared
sapeva bene cosa significasse sentirsi abbandonato.
**1978
♫ Rain
rain go away come again another day ♫
Canticchiando
la
vecchia filastrocca Jared si avvicinò alla rete e
,aggrappandosi con le piccole
dita ai verdi fili plastificati, guardò le nuvole plumbee
addensarsi
all'orizzonte, circondando le vette delle imponenti montagne mentre
lente
iniziavano il loro viaggio verso la città. Sbuffando si
voltò verso il
fratellino che, in piedi a pochi passi da lui, teneva
d'occhio la deserta
strada intorno a loro.
«'Non» la sua voce era a
malapena udibile al di sopra del forte fruscio
del vento «quando arriva papà?»
Non sapeva che ore fossero ma era passato un bel pò di tempo
da quando anche
l'ultima mamma aveva portato via il proprio bambino. Le uniche
macchine
rimaste nel cortile della scuola erano quelle delle bidelle occupate
nella
pulizia dell'edificio. Le maestre se ne erano andate, non si erano
accorte di
loro.
Shannon non rispose subito, mantenne gli occhi incollati sulla strada,
come se
potesse far comparire da un momento alll'altro il loro vecchio
furgoncino, «tra un pò ».
Il papà era sempre in ritardo, tanto che avevano preso
l'abitudine ,dopo essere
usciti dalla classe, di aspettarlo alle giostre nel cortile. Ma se
questa volta
era diverso? Se li avesse lasciati lì
perchè non li voleva più?
Scuotendo la testa per scacciare quei brutti pensieri tornò
a sedersi sul
marciapiede.
♫ Little Jared
wants to play ♫
Tirando
su con il naso
cercò di tenere a bada i lacrimoni ed estrasse da una delle
sue tasche una
piccola stellina blu ricoperta di brillantini. Maneggiandola con cura
la guardò
luccicare alla luce argentea di quel pomeriggio.
«La mamma sarà contentissima»
Jared sentì Shannon sederglisi
accanto e abbracciarlo prima di posargli delicatamente un bacino sulla
testa «non è da tutti ricevere
la stellina dalla maestra» continuò
il fratellino maggiore mentre l'altro si accoccolava contro di lui. Era
con
Shannon non doveva avere paura.
---
Quando l'ennesima macchina si rivelò non essere quella del
papà Shannon guardò
l' orologio , la coda di Topolino era sul due e la mano sul sei: erano
le
18.10. Si stava facendo davvero tardi. Stare lì ad aspettare
era inutile, il
papà non sarebbe venuto.
Raccolto tutto il suo coraggio si alzò e porse la mano al
fratellino minore
« dai..andiamo a casa»,
Jared lo guardò titubante , non
avevano il permesso di girare in strada da soli ma si fidava di lui
quindi
strinse la sua manina in quella dell'altro e insieme si incamminarono.
Shannon cercò di ricordarsi il percorso che facevano ogni
giorno e col cuore in
gola guidò il fratellino lungo le vuote strade,
preoccupandosi di farlo
camminare dalla parte interna e non verso la carreggiata come aveva
sempre
raccomandato la mamma. Quel punto della città era poco
trafficato ma la
prudenza non era mai troppa. Jared in silenzio lo seguiva, lo zainetto
era
troppo grande per lui e ad ogni suo passo sobbalzava facendo
scontrare
l'astuccio e i vari giocattolini che aveva con sè.
La scuola si trovava in un punto abbastanza isolato della
piccola
cittadina e le poche abitazioni nei paraggi attendevano il ritorno dei
loro
abitanti, l'unico segno di vita era l'abbaiare di qualche cane, il
rumore di un
motore in lontananza e i loro passi sui tappeti di foglie secche.
Dopo quelle che parvero ore arrivarono ad un incrocio
familiare, lo
riconobbero dal negozio di giocattoli all'angolo col grande
cartonato
pubblicitario del Trucktrailer. Ogni mattina affacciandosi dal
finestrino
posteriore della loro macchina rimanevano incantati dalla colorata
vetrina,
sognando di poter un giorno giocare con quel camioncino magico.
«'Non» ,Shannon si
sentì tirare la manica e si girò, il fratellino
senza
parlare gli indicò un signore che aveva
cominciato ad avvicinarsi.
L'uomo preoccupato nel vedere due bambini così
piccoli da soli in giro a
quell'ora voleva avvicinarli ed aiutarli ma i due
attraversarono di corsa
la strada, convinti che fosse il terribile uomo delle
caramelle.
Correndo a perdifiato si rifugiarono in uno dei cilindri di
cemento abbandonati
in un terreno, almeno se avesse iniziato a piovere sarebbero stati al
riparo. Jared esausto e spaventato si strinse all'altro deciso a non
muoversi di un centimetro. Sarebbe rimasto aggrrappato al fratellino
maggiore
per sempre e sarebbe stato al sicuro. Niente pioggia, niente uomini
delle
caramelle.
«Jay» Shannon cercò
di farsi guardare e dopo un pò di resistenza il
fratellino minore alzò gli occhioni cerchiati di
rosso «guarda laggiù»
gli disse sorridendogli, l'altro seguì la sua mano e la vide.
Con il cuore che batteva forte nel loro piccolo petto gattonarono fuori
dal
cilindro e corsero verso casa.
---
La vecchia televisione del salotto era accesa, potevano sentire il suo
ronzio
ad intermittenza fin dal corridoio. Cercando di non fare rumore si
affacciarono
dalla porta e guardarono all'interno della stanza.
Tony era addormentato sul divano. Una mano gli penzolava di lato
sfiorando una
bottiglia di soda rovesciata sul pavimento, la chiazza bagnata del
liquido
ancora visibile sulla vecchia rivista dei programmi tv.
Jared ,con orrore di Shannon, trotterellò verso di lui e
arrampicandosi sul poggiolo
si stese sull'uomo che sospirando,dopo un paio di secondi,
battè le
palpebre svegliandosi.
Perplesso dall'improvviso peso sul suo petto guardò in basso
e vide il figlio
minore accoccolarsi su di lui «che caz-- Jared
cos---cosa fai?» esclamò
con voce impastata, ancora mezzo addormentato cercò di
alzarsi ma non ci
riuscì.
Sbuffando si voltò verso la porta e vide Shannon
«Christopher..»
disse stroppiciandosi gli occhi «dov'è la
mamma?» il bambino si strinse
alla cornice della porta «a lavoro».
Il padre rimase a guardarlo
per un attimo perplesso poi alzò il braccio e
guardò l'ora.
Sgranando gli occhi schizzò a sedere,«come-...chi
vi ha portato a casa?»
i bambini non risposero e Tony cominciò a guardarsi
franticamente intorno
«come siete arrivati a casa?»
ripetè sentendo il panico crescergli nello
stomaco. L'ultima cosa di cui avevano bisogno era una visita da parte
degli
assistenti sociali.
«Da soli» rispose il
piccolo Shannon con un filo di voce, Tony si
voltò di scatto e il bambino impaurito scappò
verso le scale.
L'uomo con non poca fatica riuscì a liberarsi dalla stretta
di Jared e
alzandosi lo posò a terra. Cominciò quindi
a borbottare qualcosa
sottovoce, una parolaccia, una di quelle che la
mamma diceva sempre che
non era bene dire , e iniziò a camminare avanti e
indietro nel piccolo
salotto. Ogni tanto guardava Jared e si passava una mano tra i capelli
nervosamente. Il bambino era rimasto nel punto in cui l'aveva posato ad
osservarlo, cercando di capire se il papà fosse o no
arrabbiato con loro.
Dopo un pò l'uomo smise di muoversi e , annuendo a
qualunque fosse stata
la sua decisione, raggiunse la cameretta dei bambini.
Shannon si era rifugiato in un angolo ancora con la borsa
sulle spalle, quando lo vide entrare sgranò gli occhi e
tentò di farsi ancora più
piccolo ranicchiandosi contro il muro.
Tony cercò di ignorare il magone e si chinò
davanti al bambino, allungò la mano
tremante e teneramente cominciò ad accarezzarlo «Chris
ehi... vieni qui»,
Shannon guardingo si avvicinò e l'uomo lo
abbracciò per fargli capire che non
voleva punirlo.
«Di chi è stata l'idea?»
gli domandò cercando di suonare il più
dolce possibile.
«Mia» confessò il
bambino con un filo di voce «Jay era stanco, era
tardi e le nuvole..le nuvole ..» Tony
sospirò e scosse la testa fintamente
sconsolato «la mamma si arrabbierà
tantissimo quando lo verrà a sapere».
Shannon guardò colpevole il fratellino che aveva
appena fatto capolino
dalla porta.
«lei si fida di voi ..soprattutto di te Christopher.
Tu sei il fratello
maggiore dovresti proteggere Jared non metterlo in pericolo! »
il bambino
abbassò la testa e si morse il labbro per trattenere
un nuova ondata di
lacrime, il padre gli alzò la frangetta e cercò
di guardarlo negli occhi «ti
ricordi quello che è successo l'ultima volta?»
Shannon alzò gli occhioni lucidi ed annuì. Lo
ricordava.
Qualche anno prima Shannon e Jared stavano giocando in salotto mentre
la mamma
preparava la cena.
Shannon sgattaiolando in cucina aveva preso un pezzo di carota e aveva
cominciato
a sgranocchiarlo, il fratellino minore, attirato dal vivace arancione,
aveva
cominciato a fare i capricci perchè ne voleva un
pò anche lui.
Constance gli aveva sempre raccomandato di non dare nulla al
piccolo JJ - perchè non aveva ancora i dentini forti -
però Shannon non sopportava di vedere
il fratellino triste. Quindi facendosi promettere che avrebbe masticato
bene
gliene diede un pezzettino.
Poco dopo mentre giocava con le costruzioni sentì
dei strani versi
provenire dal box , alzò lo sguardo e vide il fratellino
agitarsi tutto rosso
in viso.
Spaventato Shannon aveva subito chiamato la mamma che, prendendo in
braccio il
piccolo Jared , lo aveva capovolto e aveva iniziato a battergli una
mano sulla
schiena fino a quando un pezzettino di carota era
caduto sul
pavimento.
La mamma arrabbiatissima l'aveva sgridato, a nulla erano valse le sue
scuse e
il fatto che non l'aveva fatto apposta, per punizione non aveva
più potuto
giocare con Jared per un bel pò di tempo.
L'uomo si tirò su e si sedette su una delle piccole
brandine , «facciamo
così» disse fingendo di cercare una
soluzione « voi promettete di non
farlo più ...e per questa volta non
dirò nulla alla mamma».
I bambini si scambiarono una breve occhiata e poi annuirono.
« Sarà il nostro segreto va
bene? »
***
9 dicembre
1989 ore: 00.55 am
Jared
non si accorse di essersi addormentato fino a quando non si
sentì scuotere «ehi sveglia.. sono venuti a
prenderti» confuso ed infreddolito alzò
lo sguardo, una volta
ricordato chi fosse la donna di colore davanti a lui e dove si trovasse
si drizzò sulla panca e si stropicciò gli occhi
« chi?»
l'agente gli sorrise «un
amico».
Per un attimo Jared pensò che
Shannon avesse scoperto il teletrasporto ma poi, svoltato l'angolo, lo
vide.
Ben.
L'uomo era seduto vicino all'uscita e non appena lo
vide si alzò in piedi avvicinandosi.
Il ragazzo si
guardò
intorno intontito, la centrale
era nel pieno della sua attività, dalle
porte entravano ed uscivano agenti e delinquenti di ogni
tipo.
«andiamo ho
risolto tutto» Jared
era troppo sorpreso per
capirci qualcosa e si ritrovò ad essere trascinato per il
braccio dall'uomo «ma
cosa ti è saltato in mente? Per
fortuna Mike ti ha riconosciuto e mi ha chiam-»
finalmente il ragazzo si riscosse
e si liberò dalla presa dell'uomo.
«ma che ci fai
qui?» chiese, la voce resa roca dal sonno e
dagli eventi della serata.
«ti ho tirato
fuori!» rispose Ben come se fosse la cosa
più normale del mondo.
«non
dovevi» Jared non riusciva a guardarlo negli
occhi. Come fosse lui quello che doveva vergognarsi di
qualcosa.
«ma
volevo. E' anche colpa mia se--»
«Jared!»
entrambi si voltarono. Rachel era lì, gli
occhi gonfi e arossati, «non
mi volevano dire niente , nè far
entrare... ho provato Jay» gli disse
stringendosi contro di
lui. Jared
sorpreso ricambiò la stretta cercando di tranquillizzarla.
L'uomo osservò la scena altrettanto sorpreso poi un
sorriso amaro comparve sul suo volto «non hai perso tempo
vedo»,
il ragazzo combattè l'istinto di spiegargli che non era
come
pensava e gli lasciò credere quello che voleva. Non gli
doveva alcuna spiegazione.
«quanto
hai dovut-»
«nulla. ti
avrebbero rilasciato comunque tra qualche ora»
«grazie»
gli disse guardandolo per la prima volta negli occhi e Ben ,senza
aggiungere nulla, gli voltò le spalle
allontanandosi.
Era meglio così per
entrambi.
ore: 01.40 am
Rachel
aprì la porta della sua stanza e fece entrare Jared
«Michelle
è partita prima quindi il suo letto è
libero».
La stanza era spaziosa
ed accogliente, molto diversa da quella che aveva diviso con
Justin fino a qualche settimana prima, dove era praticamente
impossibile distinguere i
mobili tanto il disordine.
Le due ragazze avevano creato una sorta di
divisorio usando una tenda fatta di piccoli pezzi di vetro colorati che
tintinnarono al suo passaggio. Le pareti erano ricoperte di poster e
foto , i comodini pieni di piccoli gioielli , collanine,
bracciali enormi di plastica.
Il tutto colorava la stanza con un'aria vivace, spensierata.
«Grazie»
le disse sinceramente, la ragazza aveva talmente insistito che non
aveva potuto rifiutare l'invito di stare da lei, sorridendole
posò la tracolla e si
lasciò cadere sul
morbido materasso, era decisamente più comodo della vecchia
panca di legno della centrale.
Rachel dall'altra parte della stanza cercò di
mascherare il suo imbarazzo occupandosi con il proprio cappotto
«hai
fame?» gli chiese dopo un pò alzando
due pacchetti di snack.
Jared,
che nel frattempo cercava di capire cosa fosse raffigurato su un poster
accanto al letto si voltò verso di lei «ho la
riserva per la notte, sai quando mi preparo per gli
esami
salto i
pasti in mensa e ..» non aveva idea di cosa
stava
blaterando, era sempre
così quando era nervosa « ho queste patatine o se
preferisci .. »
«le patatine
vanno
bene» la ragazza annuì e gli
portò il pacchetto.
Per un
pò nessuno dei due parlò, era una situazione
decisamente
imbarazzante sebbene entrambi tentassero di fingere il
contrario.
Rachel era indecisa su come e se fargli delle domande. L'unica cosa
certa era che per sbrogliare l'ammasso di dubbi nella sua
testa doveva per forza parlarne con lui.
Prendendo coraggio ruppe il silenzio
«
quello..quello era lui?».
Jared smise
di masticare per
un attimo, sapeva che le doveva delle risposte, ed
annuì.
«Quindi è vero che sei
..gay?»
non c'era altro modo di chiederlo, si ripetè nella sua testa
mentre
aspettava la reazione dell'altro, o forse doveva essere meno diretta?
Stava per avere una crisi di panico quando Jared leccandosi il sale
sulle labbra fece spallucce «..a metà».
«ah»
la ragazza cercò di nascondere la sua confusione e per
prendere tempo prese un'altra manciata di patatine «state insieme?» chiese
alla fine.
«no..
è finita..» rispose l'altro
senza emozione prima di accartocciare la bustina e posarla sul comodino.
Rachel
capì che non avrebbe
detto nient'altro, certo la situazione non le era molto più
chiara ma aveva imparato che niente di quello che riguardava Jared era
semplice, quindi schiarendosi
la voce cambiò discorso «..vuoi una
mano con il taglio?» il ragazzo si
portò
istintivamente la mano
alla fronte, dove il leggero gonfiore era testimone della rissa di
qualche ora prima «no
grazie, posso fare da solo» non voleva
disturbare ulteriormente.
La ragazza quindi si allontanò un attimo per poi
tornare con la scatola del pronto soccorso «qui dovrebbe esserci
tutto»
gli disse porgendogliela poi,
raccogliendo il coraggio che le rimaneva, finse di
ispezionare la ferita e gli
spostò una ciocca di capelli. Il suo tocco era
leggero e
timoroso «non pensavo fossi tipo da rissa».
«Neanche
io fino a questa sera» confessò
divertito Jared e ,posando la sua mano su quella della
ragazza, aggiunse serio «non
dovevi seguirci fino alla
centrale lo sai?».
Rachel abbassò
gli occhi ed arrossì «ero
preoccupata per te» il ragazzo si
alzò e le si
avvicinò «grazie»
le sussurrò di nuovo e in un attimo si
ritrovò stretta nel suo
abbraccio.
Istintivamente chiuse gli occhi e si concentrò
sulle sensazioni che quel semplice ed innocuo contatto le
stava
dando. Avvolgendo le braccia
intorno al collo dell'altro affondò
il
volto contro la sua spalla. Poteva sentire
il suo repiro accarezzarle i capelli e solleticarle l'orecchio, le sue
dita stringerla a se invitandola ad avvicinarsi, il
calore del suo corpo, il suo profumo.
E in un attimo tutto finì. Sebbene
fosse durato troppo poco per i suoi gusti Rachel si
avviò verso
la porta come se niente fosse «vado a
struccarmi..
» disse con voce tremante dall'emozione
« ..per
qualsiasi cosa ..».
Jared aveva
iniziato a prendere il necessario per la ferita e senza
guardarla annuì « non
ti
preoccupare. Sono a posto così».
Dando un'ultima occhiata alla stanza Rachel prese al volo la piccola
trousse ed uscì. Chiuse la porta e
portandosi la mano al petto rilasciò il respiro che stava
trattenendo.
tbc
A/N:
i. Jared dopo aver lasciato la
University
of the Arts di philadelphia si è trasferito a
new york alla School of Visual arts.
ii. So
che la storia dei pinguini al 90% è inventata ma quando l'ho
letta mi è sembrata
tanto una delle uscite di Tomo e non ho potuto evitare di aggiungerlo
xD.
iii.. Rain rain go
away è una vecchia Nursery Rhyme. TruckTrailer.
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Capitolo 16 *** Capitolo XVI ~ In my dreams you're mine ***
16
|
Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N: non
posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno
periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in
cui non
pubblicherò nulla, ma la storia non
verrà lasciata
incompleta. promesso ;).
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del
passato
§
Capitolo
XVI ~ In my dreams you're mine
(
...nei miei sogni tu sei mio)
...the past
cannot be changed, the future is still in your power...
dicembre 2007
Sembrava
passata un'eternità dall'ultima volta che aveva percorso
quelle strade.
Tutto era più luminoso, i rumori più
assordanti, i colori più vivaci, gli odori più
penetranti. O forse faceva più caso a tutte queste cose
perchè non aveva più il costante ronzio
nelle sue orecchie, quel velo alcolico che gli annebbiava la vista?
Non beveva da quel pomeriggio e il suo corpo era di nuovo in quella
sorta di limbo in cui la ragione si scontrava con il bisogno. Alternava
squarci di lucidità in cui era
abbastanza cosciente da poter capire dove fosse e cosa facesse a
piccoli black-out mentali, dove i suoi pensieri erano l'unica cosa di
cui si rendeva conto.
Shannon si fermò in mezzo al marciapiede. Le persone si
muovevano troppo velocemente, scure macchie che sembravano
puntare verso di lui. Risate, parole, sprazzi di
conversazioni lo
circondavano confondendolo, facendolo sentire invisibile e al contempo
oggetto dell'attenzione di quella folla notturna.
Non
aveva corso eppure si rese conto di avere il fiato corto, portandosi la
mano al petto lo sentì muoversi freneticamente
all'affannosa ricerca di ossigeno.
C'era troppa gente. Non aveva abbastanza spazio per respirare.
Barcollando si poggiò contro il
muro di uno dei palazzi, il viso nascosto dal cappuccio della giacca.
Sentiva sotto le sue dita la ruvida ed umida superficie della
parete, il leggero vento posare sul suo volto fredde carezze, il
battito del suo cuore accellerare sempre di più
mentre la
sua pelle si velava di sudore.
Chiuse gli occhi concentrandosi sul respiro. Imponendo al suo corpo di
rilassarsi.
1991
Jared spostò la
vecchia poltrona verde e trascinò il fratello al centro del
loro appartamento.
«Chiudi gli
occhi e metti una mano sulla pancia.»
Shannon lo guardò scocciato ma fece come detto, sapeva che
altrimenti lo avrebbe assillato tutta la sera.
«Inspira. Senti l'aria entrare
nei polmoni?» Jared
era difronte a lui. I suoi occhi serrati, il viso leggermente arrossato
per
la corsa che aveva fatto salendo le scale fino al quinto piano.
Un
ragazzo dell'agenzia con il quale aveva stretto amicizia gli aveva
insegnato la repirazione diaframmatica e ovviamente non poteva non
condividere questa scoperta.
Shannon tentò
di aprire un occhio per sbirciare ma venne subito rimproverato dal
fratello «ho
detto chiudi..»
«sono chiusi!»
mentì sorpreso
«non mi
freghi .Cerca di concentrarti .»
«va bene va
bene.. sento l'aria e bla bla bla ...cosa dovrebbe succedere?»
Jared roteò gli occhi seccato «dovresti sentire la pancia
gonfiarsi», avvicinandoglisi gli
posò la mano sull'addome «fai un bel respiro»
Shannon inspirò e l'altro gli afferrò le spalle
«non le devi
alzare.. spingi l'aria in basso!»
«...eh?!»
Jared lo guardò sconsolato «stenditi a terra»
«perchè?»
«tu stenditi!»
come al solito Shannon lo accontentò e si allungò
sul pavimento,
«ecco, piega
le gambe» gli disse quindi posandogli una mano
sulla pancia e una sul petto «metti le tue mani sulle mie
»
«mi sento un
idiota»
«non
è una sensazione bigbro» gli rispose
Jared scherzosamente «ora
inspira»
Shannon lo fulminò e, mandando gli occhi al cielo,
prese un grosso respiro.
«visto? Gonfi il torace! Questo
significa che usi solo la parte alta dei polmoni»
«ed
è un male?» Shannon lo
guardò tra il preoccupato e il divertito.
«In teoria
dovresti usare tutto il polmone» gli rispose
l'altro « prova
ad inspirare con il naso tenendo fermo il petto e poi espira lentamente
con la bocca»
Shannon si concentrò e chiudendo gli occhi seguì
le sue istruzioni.
«immagina di avere un palloncino
nell'addome..qui» vedendo i vari tentativi a vuoto
dell'altro Jared premette nel punto in cui doveva trovarsi il
diaframma «.. e di doverci convogliare tutta
l'aria aspirata.. lo senti?»
«mhm... no....
sento solo le tue dita ossute»
Shannon si voltò verso di lui e cercò di
rimanere serio il
più possibile ma alla fine scoppiò a ridere.
Sbuffando Jared si alzò in piedi « ok ci rinuncio!»
quando gli veniva la ridarella era impossibile combinare
qualcosa.
Shannon ridacchiando si tirò sui gomiti e lo
guardò con aria furbetta e maliziosa «questa sera cercherò
di insegnare la respirazione "diaframmatica" anche a Janet»
.
Solo lui poteva pensare di sfruttare il diaframma per provarci con una
ragazza «sei
un pervertito»
gli rispose Jared fingendosi contrariato ma non potè evitare
di sorridere immaginando la scena.
«voglio solo
che impari a
respirare correttamente! Non è colpa mia se per farlo devo
assicurarmi che non gonfi il petto!..»
ribattè l'altro con finta innocenza schivando un cuscino che
il fratello gli aveva lanciato.
****
Dopo qualche minuto il respiro tornò normale. L'attacco di
panico superato. Si guardò intorno sollevato di non
aver
attirato l'attenzione su di sè.
Le gambe si
mossero contro la sua volontà portandolo davanti
all'entrata di un piccolo bar. Rimase li ,immobile, a fissare
stupidamente il neon tentatore dibattendo internamente se varcare o
meno la soglia , cercando di ignorare quella piccola voce nella sua
testa.
Sapeva cosa
pensava la gente di lui. Tutto ciò che aveva raggiunto nella
sua vita non era che un pallido riflesso di conquiste più
importanti fatte da Jared.
Spostò
lo sguardo verso la colorata insegna
ad intermittenza sopra la sua testa. Il chiarore violetto gli
illuminava il volto facendo luccicare la sua
pelle là dove era stata bagnata dalla leggera pioggia di
qualche minuto
prima.
Sapeva di
uscire sconfitto ad ogni
paragone ma non gli era mai importato, il confronto era qualcosa che
bisognava accettare avendo un fratello come Jared. E Shannon l'aveva
fatto, era riuscito a conviverci... o almeno fino a quel momento era
riuscito a sopportarne il peso. Sostenuto dal fatto che c'era una
persona per la quale lui veniva per primo.
Una persona che riusciva a fargli credere che valesse qualcosa.
«Cosa prende?»
Shannon guardò il giovane barista confuso. Non si era
reso conto di essere entrato nè di essersi seduto al bancone.
**1980
«e
tuo fratello dov'è?» Constance si
guardò intorno alla ricerca del figlio minore, i lunghi
capelli biondi erano raccolti da una molletta ma alcune ciocche si
erano liberate e seguivano i movimenti della sua testa.
«ha detto
'altri cinque minuti'» le rispose Shannon e,
aggrappandosi
alle sue gambe, guardò Jared dall'altra parte dell'ampio
atrio
continuare a giocare con alcuni bambini. Lui non ne aveva affatto
voglia, le riunioni dei genitori erano una vera e propria
tortura.
Constance gli accarezzò i capelli e lo strinse di
più a
sè, sentiva che c'era qualcosa che lo preoccupava «ti senti
poco bene?»
gli domandò dopo un pò chinandosi per
guardarlo negli occhi.
Il bambino abbassò lo sguardo e
iniziò a giocherellare con l'orlo del suo maglioncino. Constance
sospirò rassegnata, quando Shannon si chiudeva non c'era
verso
di farlo parlare, comunque era solo questione di tempo e
avrebbe scoperto cosa lo stava turbando.
Gli stava baciando affettuosamene la testa quando con la coda
dell'occhio notò l'altro figlio sfrecciarle
pericolosamente davanti a tutta velocità.
«Jared Joseph!»
Jared si fermò di colpo, le sue scarpe di ginnastica
stridettero sul liscio pavimento del corridoio. Quando la mamma usava
il secondo nome significava che era a corto di pazienza. Si
voltò lentamente mettendo su la sua faccia più
innocente ma Constance non si
intenerì e gli fece cenno di andare da lei.
«tra un pò tocca a noi»
gli disse cercando di ignorare il broncio
del bambino che mestamente le si avvicinava,
le dispiaceva fare la mamma cattiva ma non poteva permettere che si
spalmasse lungo il corridoio.
Jared aveva una testolina abbastanza dura ma non voleva certo testare quanto .
«Loro devono
essere i famosi nuovi bambini di cui i miei figli
parlano tanto»
Constance si guardò alle spalle, sorpresa che qualcuno le
rivolgesse la parola. Una signora dall'improbabile pettinatura
rossiccia le sorrise
amichevolmente «io
sono Nancy, la coordinatrice del comitato dei genitori degli alunni del
5° e 6° grado»
Constance ricambiò il sorriso e si presentò.
«siete qui da
un mese se non sbaglio» continuò
casualmente la
signora alzando di poco la voce nel tentativo di farsi sentire al
di sopra del vociare dei genitori e le risatine miste a gridolini
dei bambini.
Constance annuì e, prima che potesse aggiungere altro,
Nancy le
rivolse un'altra domanda «cosa
vi ha portato in questa piccola e
noiosa cittadina?..è per il lavoro di suo marito?»
Non era una domanda innocente. L'unico motivo per il quale la signora
le aveva rivolto la parola era
per saziare la sua sete di pettegolezzi e, nonostante non
fosse la
prima volta che le capitava, Constance non potè evitare di
sentirsi delusa.
Facendo finta di nulla scosse la testa
« no. Sono
divorziata, sono qui per via del mio lavoro»
«oh capisco...»
la donna accennò un sorriso, poi calò il
silenzio.
Fortunatamente poco dopo arrivò il loro turno e i tre
entrarono nella classe.
Shannon si strinse ancora di più contro la madre mentre
Jared
sorridendo si avvicinò alla cattedra e guardò
incuriosito
la maestra Davis sfogliare il suo registro.
«... non ho
molto da dire
su Jared. Nonostante sia arrivato a metà bimestre
è
riuscito a tenere il passo ed ha passato le prove di verifica
con
ottimi voti» sorridente prese alcuni
fogli e li mostrò a
Constance «ci
sono bambini che frequentano le lezioni dall'inizio dell'anno che non
hanno raggiunto nemmeno la metà del punteggio di suo
figlio» continuò e Shannon
guardò l'espressione
orgogliosa sul volto della madre mentre la donna continuava ad
elencare tutte le capacità ed abilità
del figlio minore.
«..per Shannon
il discorso è diverso» il bambino
rivolse di nuovo la sua attenzione alla maestra «le sue sono sufficienze risicate»
Constance si poggiò contro
uno dei banchetti e si portò la mano alla fronte
massaggiandola.
«credo che il
bambino abbia delle lacune dovute al continuo cambio
di programmi e scuole» Shannon si
sentì arrossire ed
abbassò la testa mortificato «
i suoi compiti sono pieni di errori ortografici»,
la mamma gli accarezzò i capelli per tranquillizzarlo ma
Shannon
sapeva che in realtà era delusa ed imbarazzata,
« se le
può interessare c'è un programma di recupero nel
doposcuola. Li
seguiamo mentre fanno i compiti, organizziamo gare di spelling e molte
altre attività didattiche ... » Constance
annuì, avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutare il
figlio, « devo
fare domanda alla direttrice o..?»
«ho qui i
moduli ma se vuole pensarci con calma può
riportarli una volta deciso» la mamma
sospirò e scosse la testa «no, va
bene...» quindi, prendendo una delle penne sulla
cattedra, iniziò a
compilare la scheda.
«Mà.»
Jared, che aveva seguito tutto il discorso attentamente, le
tirò la manica « voglio andare anche io!»
la maestra gli sorrise dolcemente « ma Jay... tu non ne hai bisogno.»
Il bambino la ignorò e ripetè la richiesta. Non
voleva stare lontano da Shannon. Nemmeno per un
pomeriggio. Constance sentì la mano del figlio maggiore
aumentare leggermente la stretta sulla sua, unendosi silenziosamente al
fratellino. Guardandoli entrambi sospirò, incapace di negare loro anche
questo «c'è qualche problema
se vuole partecipare?».
Jared sorrise vittorioso e incrociò lo sguardo
del fratellino dall'altra parte della cattedra.
***
Shannon
doveva capire il perchè di tutto questo, cercare un
senso in quel turbinio di
pensieri e sensazioni che
l'avevano portato al baratro. E doveva farlo da solo.
Passò
l'indice sul bordo del bicchiere e guardò lo scuro
liquido al suo interno riflettere il suo volto, distorcendolo. Ogni
centimetro del suo corpo gli pregava di prenderne un sorso.
Non era solo
colpa di quegli scatti.
Le foto avevano dato la spinta finale ma di sicuro il suo
problema
aveva origini ben più antiche. Origini che andavano
ricercate in
quel senso di inedeguatezza e inferiorità che aveva da
sempre.
Passandosi
una mano tra i corti capelli
cercò di non cedere. Con mani tremanti prese il pacchetto
di sigarette nelle tasche del cappotto, ne estrasse una e
l'accese al secondo tentativo inalando quanta più nicotina
possibile.
Se
Jared non aveva mai avuto bisogno di lui cosa gli era rimasto a cui
aggrapparsi per non piegarsi sotto il peso di tutti quegli sguardi.
Quelle
risatine. Quei giudizi. L'eterno paragone?
Alzò
il bicchiere e guardò il segno che si era formato sul
bancone, il barista doveva aver versato un pò di
whisky ed ora c'era un cerchio bagnato sul legno.
Concentrandosi cercò di
disegnare due braccia per ricreare il secondo glyphic e sorrise al
fatto di quanto quel simbolo fosse azzeccato in quel momento. Il tempo.
Il
passato e il futuro uniti in un eterno ciclo.
Quando rialzò la
testa vide nel riflesso del vetro dietro ai liquori
qualcosa che glielo fece svanire.
«ti ha mandato
Jay?» chiese senza voltarsi.
L'altro si
sedette di fianco a lui e fece segno al barista che non voleva ordinare
nulla «no...
» Brent si poggiò spalle al bancone e
guardò verso l'entrata del bar «mi ha chiamato Tomo.»
Shannon lo guardò perplesso «Tomo?»
«a-ah... »
annuì mentre prendeva il suo blackberry e
digitava qualcosa velocemente «Jared l'ha chiamato un paio
d'ore
fa. Se non ti riportiamo subito a casa è la volta buona che
gli
viene un colpo.»
Shannon posò il bicchiere cercando di ignorare il
senso di colpa «so badare a me stesso..»
«dici?»
gli rispose l'altro mandando un'occhiata al bancone.
Si. Era in un bar. E si. Stava per bere. Lo sapeva benissimo da solo di
essere un
fallito non aveva assolutissima voglia di sentire la sua ramanzina da
sponsor della AA .
«non
è come sembra» borbottò
infastidito.
«So che non
hai bevuto...ancora » Brent
alzò brevemente lo sguardo dal suo
cellulare per osservare la reazione dell'amico «e so anche perchè lo
fai... è un gioco pericoloso Shan»
Shannon gli lanciò un'occhiataccia di traverso e
mormorò
qualche cosa di incomprensibile in risposta.
«Lo faccio
anche io a volte. Arrivo
persino a riempire il bicchiere e a tenerlo in mano, consapevole che
anche se solo temporaneamente, anche se solo per un attimo quel
bicchiere
può farmi dimenticare tutto.»
Brent vide l'espressione di sorpresa sul volto del batterista. Non era
certo qualcosa che si aspettava di sentire. Almeno non da lui.
«rimango
lì» continuò
rimettendosi in tasca il blackberry « alla ricerca di un motivo per
non bere... e
lo trovo proprio nel dolore al quale cerco di sfuggire».
Ora Shannon era confuso. Battè le palpebre perplesso dalle
confessioni dell'amico. Non era sicuro che la sua mente fosse
abbastanza lucida da poter seguire il discorso.
«Non sarei
chi sono, non sarei dove sono senza il mio passato.
Bello o brutto che sia è ciò che sono».
Shannon chiuse gli occhi e prese un respiro «è una frase alla
Jared, la sua vicinanza ti sta contagiando»
«chi ti dice
che lui
non abbia preso ispirazione da me?» Brent
accennò un sorriso e tirò di nuovo fuori
il blackberry.
«Non
è l'unica cosa che avete in
comune
vedo» gli fece notare Shannon indicando il
cellulare e Brent
rise leggermente.
«il problema
è che...» disse il
batterista dopo un pò tornando serio « non
voglio essere ciò che sono. Voglio ...voglio solo
poter tornare a credere di essere quello che.. credevo di essere»
.
«chi ..cosa
credevi di essere?»
«.. il suo
punto di riferimento,» rispose con un filo di
voce senza alzare la testa « la sua famiglia ..tutto quello
di cui aveva bisogno ».
Non c'era bisogno di specificare a chi si riferisse. Brent gli
posò una mano sulla spalla e gli sorrise « e lo sei... lo sarai sempre!».
Shannon scosse vigorosamente la testa «No. Non
sono altro che ..che una zavorra per lui!» la
sua voce si
incrinò, unico segno del suo stato d'animo «lo sono sempre stato!».
Tomo scelse
proprio quel momento per entrare
nel locale «la macchina è qui
fuori» disse non appena li raggiunse, «meglio sbrigarsi sta
diventando alquanto affollato qui fuori ».
~·~
9 dicembre
1989 ore: 06.53 am
Rachel sentì il letto muoversi leggermente, poi dei soffici
passi allontanarsi e il fruscio degli abiti indossati. Aprì
gli
occhi lentamente e cercò di abituarli alla luce del
mattino.
Lo vide muoversi con
attenzione per evitare di fare rumore, avvicinarsi alla scrivania e
sistemarsi velocemente i capelli prima di prendere una penna e cercare
un foglio da poter usare.
Chiuse gli occhi di nuovo e si limitò ad ascoltare la sua
presenza nella stanza. Lo sentì scribacchiare velocemente e
poteva figurarselo tirare indietro la testa per spostare la
ciocca
ribelle che gli ostruiva la vista o il suo labbro
inferiore sparire dietro i candidi denti mentre si concentrava per
trovare le parole. Per un attimo non ci fu che silenzio e Rachel dentro
di se sperò che si fosse voltato verso di lei.
Poi di nuovo un rumore di passi e la porta che si apriva
e chiudeva.
La ragazza quindi riaprì gli occhi e guardò le
perline di vetro del divisorio luccicare ai raggi del sole e il loro
riflesso creare
piccoli diamanti di luce contro le pareti. Alzò lo
sguardo
verso la sveglia vicino al comodino. Erano le 7.00 am.
Sospirando si
portò le mani alle labbra sfiorandole. Se si
concentrava
poteva quasi sentire la pressione, il sapore di quei baci.
Si infilò ancora di più sotto la coperta e
affondò il
volto nel cuscino che aveva diviso con Jared, aspirando il suo
profumo.
Era stata una stupida.
Tutto
questo le si
sarebbe ritorto contro. Lo sapeva. Sentiva che avrebbe pagato caro
l'aver conosciuto la sensazione di essere stretta nel suo
abbraccio.
9 dicembre 1989 ore: 02.20 am
Le luci erano
spente ma Rachel riusciva a distinguere la sagoma di Jared
dall'altra parte della stanza: steso sul letto ,
coperto solo da un piumone si rigirava in continuazione, rimaneva
fermo per un paio di minuti e poi si voltava di nuovo.
Anche lei non riusciva a dormire, i pensieri di quello che avrebbe
potuto essere la tormentavano. Una serie di se e di ma che non la
portavano altro che a rimpiangere la sua indecisione, la mancanza di
coraggio e... di egoismo.
Se non si fosse messa da parte, in attesa,
forse tutto sarebbe andato diversamente.
Mentre guardava il ragazzo cambiare per l'ennesima volta posizione
realizzò che entrambi quella sera avevano perso qualcosa, la
persona che
amavano o la chance di amarla.
Con il cuore che le batteva a mille
,conscia che la sua idea fosse una pazzia, scese dal letto e
accorciò la distanza che li
separava. Mai in tutta la sua vita si era sentita tanto audace e al
contempo spaventata.
Con attenzione alzò la coperta e si
stese accanto a lui. Jared , sorpreso, si irrigidì e lei lo
abbracciò
alla spalle. Dopo qualche secondo sentì il tepore di una
mano
avvolgere la sua.
Sorridendo sollevata affondò
il viso contro la schiena del ragazzo. Il suo calore, il lento ritmo
del suo
respiro la rilassavano e sperò che, anche se solo
minimamente,
anche il suo abbraccio avesse lo stesso effetto sull'altro.
Rimasero in quella posizione per un pò poi Jared si mosse e
si
voltò verso di lei, un'espressione illeggibile sul volto.
Rachel notò che aveva gli occhi lucidi
e sollevando il braccio gli accarezzò il viso.
Cercando con
questo piccolo gesto di alleviare la sofferenza che sapeva vi
fosse nascosta. Quando l'altro chiuse gli occhi gli sfiorò
le
palpebre e
le ciglia,
inumidendosi le puntè delle dita con le lacrime che il
ragazzo rifiutava di versare.
Jared sospirò. Un sospiro tremulo,carico di tensione e
cingendole la vita la
strinse a sè, premendo i loro corpi in
un tenero abbraccio.
Sollevando il volto Rachel si lasciò studiare da quegli
occhi malinconici.
Erano entrambi persi, bisognosi di un contatto umano. Bisognosi di
sentire
il cuore di un' altra persona battere all'unisono con il proprio.
Senza
esitazione si sporse e le loro labbra si incontrarono. Sapeva che
questa volta non l'avrebbe allontanata. Non avevano niente se non
l'altro.
Rachel
avvertì la mano di Jared muoversi
dalla sua vita, risalire lungo la curva della sua schiena e fermarsi
sulla
sua nuca, invitandola ad approfondire il contatto. La ragazza accolse
quella delicata pressione e schiuse le sue labbra, sentendole fremere
sotto quelle morbide,
sfrontate e
timorose del
ragazzo.
Si abbandonò completamente e lasciò che l'altro
la guidasse in un bacio senza urgenza,
nè pretese. Un bacio calmo, delicato.
Non sapeva cosa significasse tutto questo ma sentiva che
era giusto
così.
L'unica cosa di cui aveva coscienza mentre lentamente si
addormentava era la sensazione della fronte del ragazzo contro la sua,
il suo respiro
che le solleticava la pelle, le braccia che la tenevano stretta, le sue
mani che le accarezzavano i capelli e le loro gambe intrecciate.
***
ore: 07.20 am
Jared
entrò nella piccola caffetteria, doveva aspettare che Ben
uscisse di casa per
poter entrare nell'appartamento e prendere le sue cose. Si sedette ad
uno dei tavoli ed
ordinò una cioccolata calda.
Voltandosi verso la vetrina addobbata per le feste natalizie
fissò le vuote strade
di Philadelphia. Tutto questo sarebbe presto diventato parte
del
suo passato e scenario di altri amori, altre vite, altri sogni.
Era arrivato in città mesi prima deciso a seguire quella
voce
dentro di sè che lo spingeva a credere che c'era qualcosa in
serbo per lui. Che c'era dell'altro che la vita gli poteva offrire. Un
sogno che aspettava di essere realizzato. E se ne andava con le stesse
speranze di allora e qualche esperienza in più.
Mentre
aspettava la sua ordinazione aprì la tracolla
e prese la busta al
suo interno. Non l'aveva ancora aperta da quella sera, sfilò
la
cartellina contenuta all'interno e prese un respiro.
La copertina sembrava essere diventata pesantissima mentre lentamente
si
alzava e scopriva mano mano le pagine al suo interno.
Jared si
leccò le labbra nervoso, lesse l'intestazione in alto Harrison Police Department
poi spostò lentamente lo sguardo
sulla destra e lo vide.
La foto era
recente. Lui invecchiato, dall'aria trasandata, che fissava annoiato
l'obiettivo. I capelli
erano della stessa
lunghezza dei suoi, il taglio simile.
Jared rimase a fissarla a lungo. Inconsciamente
si portò le mani alla bocca e cominciò a
mangiucchiarsi le unghie, l'unico indizio della sua agitazione insieme
al saltellare continuo della gamba destra.
La cameriera posò la tazza di cioccolata calda sul tavolo e
Jared sussultando quasi
rischiò l'infarto. Era troppo teso. Prese di nuovo un
respiro e
ricambiò il sorriso della
ragazza prima di ringraziare e bere un sorso della calda
bevanda.
Tornò a guardare il fascicolo e passò alla
seconda pagina.
Precedenti.
Scosse la testa incredulo. Allegati c'erano i diversi rapporti di ogni
singolo caso e Jared, deciso di non avere la forza di addentrarsi nei
particolari, tornò alla prima pagina alla ricerca
dell'indirizzo attuale.
Non c'era.
Rilesse più volte ma dell'indirizzo non c'era
traccia. Sconsolato si passò la mano
tra i capelli e scosse la testa. Un altro vicolo cieco.
Non che avesse intenzione di andare a trovarlo, era solo il fatto di
sapere dove fosse, con chi fosse... no. Voleva vederlo. Guardarlo negli
occhi e
chiedergli perchè.
Quando riaprì gli occhi si trovò faccia a faccia
con un
cappotto. Perplesso alzò lo sguardo e si ritrovò
a guardare
i grandi occhi nocciola del fratello maggiore.
«Co-come mi
hai
trovato?» gli chiese incredulo, la gola chiusa
dall'emozione,
come era possibile che Shannon fosse sempre dove lui aveva bisogno?
«è
l'unico caffè
della zona» Shannon gli sorrise e sedendoglisi
accanto lo strinse
in un abbraccio «cos'è
questo?» Jared alzò la
testa dalla spalla del fratello e richiuse velocemente la
cartellina
«documenti per
l'università niente di importante».
tbc
A/N:
i. Jared dopo aver lasciato la
University
of the Arts di philadelphia si è trasferito a
new york alla School of Visual arts.
--------------------------------------------------------------------------------------------------
shannonleto , grazie.
Mi fa piacere che il capitolo non ti abbia deluso.. =)
BabyWitch
, oh bene! mi fa piacere.. la mia paura più grande
è proprio quella di andare "fuori personaggio". Grazie mille
per la tua recensione .
Ginny_Potter ,
grazie a te per averlo letto! ^^" misà che mi
conviene creare una sorta di recap all'inizio dei capitoli..della serie
"dove eravamo rimasti" XD. Sorry.
princes_of_the_univers,
che bello vedere che ancora ci sei =)
candidalametta,
condivido a pieno la tua
visione di Tomo (: ... eh si, non ricordo
neppure dove l'ho letto ma deve essere di sicuro una delle sue uscite
"random" xD
|
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Capitolo 17 *** Capitolo XVII ~ Lost on a road I don't belong ***
17
|
Disclaimer: Non
conosco Jared
Leto nè
Shannon ,Constance
e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
:))
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo
di lucro.
A/N: non
posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno
periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in
cui non
pubblicherò nulla, ma la storia non
verrà lasciata
incompleta. promesso ;).
-----
A/N2:
Questa volta il ritardo non è colpa mia -_- problemi di
connessione.
+/- 9.000 parole
(circa 17
pagine) ... per recuperare il tempo perso ho unito due capitoli in
uno... spero sia di vostro gradimento. :)
Sailing
The Waves of Past
Navigando
le onde del
passato
§
Capitolo XVII
~ Lost on a road I don't belong
(
..perso in una strada che non mi appartiene)
Ero ad un passo dall'inferno
avvolto dal nulla se non dall'odio.
e tu mi hai trattenuto
hai accolto quello che rimaneva di me
tra le tue braccia
e mi hai aiutato a risalire.
dicembre 2007
Jared
fissò le lettere incise sulla piccola pastiglia per
qualche secondo e,
con un sospiro, si portò la mano alla bocca ma, poco prima
che questa
scivolasse tra le sue labbra, la lasciò cadere nel
lavandino. La guardò
disegnare larghe spirali trascinata dall'acqua e quindi con due ultimi
giri venire inghiottita dallo scarico.
Il
medico gli aveva raccomandato di prendere almeno una
pasticca ai primi
segnali di dolore ma Jared odiava l'effetto che avevano su di lui.
Quella
sensazione di benessere ovattato offuscava la percezione di tutto
ciò che lo
circondava e non poteva permetterselo. Non ora.
Chiuse
il rubinetto ed, evitando il suo riflesso nello specchio, ripose
la
confezione del medicinale nell'armadietto. Spense la luce del bagno e
si lasciò
avvolgere dall'oscurità della casa.
Senza
rendersene conto si ritrovò davanti alla porta della
camera di Shannon
con la mano stretta al freddo ottone della maniglia. Dopo un breve
attimo di
esitazione la girò e la aprì lentamente: le tende
erano scostate
e l'illuminazione della piscina ricreava sulle pareti il
tranquillo
ondeggiare dell'acqua, sottoforma di astratti giochi di luce,
avvolgendo ogni
cosa in un soffuso chiarore.
Quella
stanza aveva da sempre avuto il potere di calmarlo e rilassarlo.
Forse
perchè ogni volta che ne aveva varcato la soglia i
problemi che sembravano
schiacciarlo erano diventati piccoli ostacoli, scacciati ed alleviati
da
qualche parola del fratello. O forse perchè lo portava
dritto nel passato e gli
faceva dimenticare il presente.
Sospirando
sfiorò la spalliera della vecchia poltrona verde.
Il primo mobile
che Shannon aveva comprato con i soldi guardagnati a LA. Prima del suo
arrivo
per sedersi avevano usato delle sedie da giardino di plastica e i suoi
libri.
Ricordò
con nostalgia come, nonostante fosse consumata e il
cuscino tendesse ad
appiattirsi e perdere morbidezza, la considerassero la poltrona
più comoda del
mondo. Erano soliti dividerla la sera quando, mangiando qualche
scatoletta o
gli spaghetti riscaldati della settimana prima, si raccontavano le loro
giornate.
Ridendo,
scherzando e sognando.
Jared zoppicò
verso il letto del fratello
trasalendo alla fitta
che gli attraversò le gambe. Gli sembrava di
camminare su un pavimento di
vetri rotti. I lampi partivano dalla pianta del piede e si
diffondevano
lungo la caviglia in fiamme circolari per poi lambire con la loro
dolorosa
morsa il resto della gamba.
Con
un sospiro si lasciò cadere sul
materasso e non potè trattenere
un'imprecazione quando battè la testa contro
qualcosa di duro. Voltandosi
spostò i vari cuscini e vestiti... e lo vide.
L'album
che Shannon usava per tenere le foto private, quelle che non
sarebbero
mai finite su qualche giornale, booklet o dvd.
Più
volte avevano scherzato sulla possibilità che
durante uno dei loro viaggi
andasse perso. Nel caso la loro reputazione, quella poca che ancora
avevano,
sarebbe stata rovinata per sempre.
Sistemandosi
contro la testata del letto accese la lampada
e lo aprì con
cura.
Sfogliandolo
non potè trattenere le risate davanti ad alcuni
scatti, come
quello di Tomo che mangiava seduto al tavolino del tourbus,
completamente
ignaro di avere la faccia piena di disegni osceni che lui e Matt gli
avevano
fatto con la matita per gli occhi mentre dormiva, o quella che lo
ritraeva
mentre sputava il caffè corretto alla Shannon.
Ancora
oggi si rifiutava di sapere cosa ci avessero messo
dentro.
Poi
arrivò una foto che non ricordava di aver visto. Era
stata scattata nel
corridoio di una delle tante venue.
Jared
era di profilo, una gamba sollevata, il piede
piatto contro il
muro. Era vestito completamente di bianco e i capelli, tinti di nero
con le
punte rosse, risaltavano sulla chiara bandana legata intorno al collo,
pronta
per essere sollevata a coprirgli il volto.
Aveva
gli occhi chiusi, le labbra leggermente schiuse, molto
probabilmente
concentrato nel riscaldare la voce e, nella tensione del suo viso,
chiare tutte
le sue paure prima di salire su un palco. Cercando di ignorare
i brividi
che gli percorsero la schiena, nel vedere così esposti
sentimenti che lui
faceva di tutto per nascondere, passò alla seconda persona
ritratta nella foto.
Tomo
era di spalle, stava parlando con Buck e gesticolava. Anche se non
poteva
vedergli il volto, poteva immaginare dalla postura la
sua espressione e
sorrise affettuosamente.
Ma
il sorriso svanì quando si concentrò sulla
quarta persona: Matt.
L'ex-bassista
era ritratto frontalmente, la sua spalla poggiata contro
il muro
opposto a quello di Jared. Il basso gli pendeva di lato e il suo volto
era
rivolto verso di lui.
Fresno , California - 12 dicembre 2006
Matt
Wachter aveva
cominciato ad analizzare la sua vita a fondo. Per
ciò che era
stata, quella che era e quella che voleva fosse o diventasse. Stare in
tour per
un 11 mesi l'anno dava molto tempo per riflettere e lui era giunto alla
conclusione che le due cose più importati per lui:
Libby
e la musica
non
potevano coesistere.
Ma
mentre la prima era esattamente tutto ciò che aveva
sempre sognato in una
compagna per la vita la seconda, invece, cominciava ad allontanarsi da
quello
che si era prefigurato.
Per
mesi si era tormentato sul trovare un modo per bilanciare le due
cose fino
a quando , per caso, aveva scorto uno spiraglio.
Un
modo per trovare finalmente una sua dimensione.
Il
filo dei suoi pensieri fu interrotto da Jared che aprendo lo
sportello entrò
nella roulotte. Senza guardarlo si avvicinò ad uno dei
borsoni e cominciò a
rovistare alla ricerca di qualcosa.
Gli
occhi del bassista si posarono su di lui. Jared era in
piedi da quella mattina alle 6. Lo sapeva
perchè , come mezzo
autobus, era stato svegliato da una serie di parolacce gridate dal
cantante al
povero disgraziato dall'altra pare del suo cellulare. Da quello che si
era
capito dovevano esserci dei problemi con il tour australiano.
Da allora
non si era fermato un minuto.
Per
Matt era un mistero
capire
dove trovasse tutta quell'energia, non ricordava di averlo mai visto
fermarsi e
rilassarsi per più di un paio di minuti in quei cinque anni.
Sbuffando
Jared cambiò borsone e continuò la sua
ricerca, ignaro di essere
osservato.
Matt
gli era affezionato ma lavorare con lui era sempre più
difficile.
Cominciava ad essere stufo di sopportare i suoi drammi, era
stufo di dover
urlare per farsi sentire, per dare a qualche sua idea
almeno la
possibilità di essere presa in considerazione. Ed era sempre
più difficile
provare affetto per un progetto che sembrava diventare giorno dopo
giorno una
questione tra Jared e il resto mondo. Spesso si
trovava a chiedersi
se valesse la pena, vivere in quella perenne corsa di
esibizioni, date ,
concerti e perdere contatto con le persone che amava. La sua vera
famiglia.
Jared
nella rincorsa ai suoi sogni aveva sacrificato tutto il resto ma
Matt non
pensava di essere pronto a fare altrettanto.
Inconsciamente
passò una mano sul cellulare e
ripensò a quell'sms.
«
Matt?» il bassista
focalizzò lo sguardo sul cantante che,
accovacciato dall'altra parte della roulotte, era circondato da vari
vestiti e
qualche maschera.
«mhm?»
«...-ti
ho chiesto se hai visto la mia bandana»
Jared con una smorfia si
alzò in piedi e gli si avvicinò
«tutto bene?»
«eh?
oh si si» rispose cercando
di evitare di incrociare lo sguardo
dell'altro «ero sovrappensiero»
Il
cantante lo guardò sospettoso e Matt potè
sentire le sue guance andare a
fuoco «ok--» disse quindi prima
di spalancare gli occhi e sporgersi
verso di lui tra l' incuriosito e lo sconvolto «ma
cosa hai fatto ai
capelli?»
Matt
borbottò qualcosa e gli lasciò
passare le dita su ciò che
rimaneva delle sue ciocche «il rasoio è
impazzito , si nota così tanto?»
«hai
praticamente un buco in testa!! ma come hai
fatto?» Jared aveva
cercato di rimanere serio ma fallì miseriamente scoppiando
in una risata.
Era
raro sentir ridere di cuore Jared, certo, sorrideva e ridacchiava
durante
le piccole scenette che creavano quando si annoiavano durante le
interviste ma
non era lo stesso, e Matt si ritrovò a sorridergli
di rimando «te l'ho
detto, è tutta colpa del rasoio... e di Shannon!»
«Shannon?»
Jared si
asciugò gli occhi , solo Matt poteva mettersi
in certe situazioni.
«si
lui... stamattina--lo sai come sono fatto, mi
sono svegliato ed ho
pensato che fosse ora di cambiare taglio. Ho iniziato a passare in
testa
quell'aggeggio infernale ed ho notato che non funzionava, »
Matt scosse
la testa al ricordo di quei terribili momenti «Shannon
ha voluto darmi
una mano ed ecco qui il risultato!»
«oh
povero il mio Mattastrophe!»
Jared gli pizzicò giocosamente le
guance «ma come faremo senza di te! »
il suo cellulare cominciò a
squillare e il cantante ancora ridacchiante si avviò verso
l'uscita «pronto?
ah ciao! senti, ti ho chiamato un quarto d'ora fa, riguardo la data di
Berli--..»
Matt
tirò un sospiro di sollievo, la voce del cantante
,man mano che si
allontanava, diventò sempre più debole fino a
sparire.
Fortunatamente Jared ,
troppo preso dal suo blackberry, non aveva notato la sua reazione a
quelle
parole. Era stata una battuta ma per un attimo il cuore gli
si era
fermato.
..senza
di te...
Sconsolato
sprofondò nel divanetto di pelle nera e prese il
suo cellulare:
t_del
10/12/2007
21.30 pm
ogg: ..
hey watcher
! ho sentito che avete una pausa per Natale, che ne dici di
organizzare quella
famosa cena? Jen vuole assolutamente ricambiare l'ospitalità
di Libby e.. noi
potremmo parlare ... fammi sapere.
Texas , 2
marzo 2007
Jared prese un
respiro
ed alzò il braccio destro «...
questa è una canzone che parla di
cambiamenti... di un nuovo inizio.... il diventare chi si è
realmente.. e
voglio dedicarla a Matt Wacther.. » scese
dall'amplificatore e guardò
alla sua sinistra dove Matt stava assistendo al concerto «ti
vogliamo bene!»
e quindi dopo una breve pausa « la canzone si
intitola R-Evolve!»
Il riflettore si spense lasciando che i tre sul palco diventassero
delle sagome
senza volto su uno sfondo blu elettrico. Jared si avvicinò
alla piattaforma di
Shannon cercando nello sguardo dell'altro la forza necessaria, quindi
chiuse
gli occhi e ,voltandosi verso il pubblico, si
concentrò sulle note
iniziando a cantare.
♫
A revolution has begun today for me inside .
The ultimate defence is to pretend.
Revolve around yourself just like an ordinary man.
The only other option is to forget ♫
La sua voce era
più roca del solito mentre cercava di tenere a bada
le sue
emozioni. Doveva essere tutto perfetto e fece del suo meglio
affinchè ogni
singola nota , ogni singola parola fosse carica dei suoi sentimenti e
che
arrivasse intatta al destinatario.
♫
Does it feel like we've never been alive?
Does
it seem like we've only just
begun?♫
Mentre
l'atmosfera intorno a lui si tingeva di rosso si
allontanò dalla batteria
e si avvicinò ai fans in prima fila. Sporgendosi
invitò il pubblico a farsi
sentire e quindi gettò la testa all'indietro, allargando le
braccia lasciandosi
travolgere dalle grida. Consapevole che due occhi chiari lo stavano
seguendo.
Li poteva sentire.
♫Defy
yourself just to look inside the wreckage
of your past
To lose all you have to do is lie ♫
I suoi
vestiti bianchi sembravano brillare il quel gioco di luci. Sfumature di
viola e
blu danzavano illuminandolo mentre si spostava dall'altra parte del
palco,
allontanandosi dal punto in cui Matt era solito suonare e che ora era
occupato
da un altro.
♫
The policy is set and we are never turning
back
It's time for execution; time to execute ♫
Nel
frattempo dietro le quinte Matt si asciugò gli occhi
cercando di liberarli da
quelle dispettose lacrime. C'erano dei fans nel backstage e
farsi vedere
piangere non era la cosa migliore, in più non voleva
perdersi nulla di quel
momento.
Quella dedica era molto più che un semplice saluto. Era il
modo di Jared per
mandargli un messaggio.
Guardò con nostalgia il palco, i fans, la musica,
l'adrenalina, gli sguardi
complici e i sorrisi divertiti... tutto ormai parte
del suo
passato.
Alla fine Matt
rinunciò a combattere
le lacrime e le lasciò scorrere liberamente lungo il suo
viso, sperando che
l'oscurità e le cupe luci le mascherassero.
Alzò
la testa e guardò Shannon.
Il batterista
aveva gli occhi chiusi
e ,completamente perso nella musica, guidava la canzone. I suoi colpi
energici
e pieni di passione come sempre, se non di più. Sorrise
ripensando alle
interminabili nottate trascorse davanti ai videogiochi, le loro
chiacchierate
fino a tarda notte davanti a calde tazze di caffè mentre il
resto del bus
dormiva.
Era stato
l'unico ad aver accettato
la sua decisione senza accuse, forse perchè aveva sempre
saputo che quel giorno
sarebbe arrivato.
Sospirando spostò lo sguardo sul chitarrista dalla parte
opposta del palco, i
suoi capelli gli coprivano il volto ma non potè non notare
quanto fosse
cresciuto e cambiato in quei tre anni Tomo. Era certo che gli sarebbe
mancata
la sua compagnia, il modo in cui solo lui sapeva farlo
arrabbiare,
infastidirlo...e farlo ridere. Come sempre Jared aveva visto giusto.
Tomo era
il tassello mancante e il suo arrivo aveva dato ai 30 seconds to mars
quel
pizzico in più per diventare ciò che volevano
essere.
Era diventato
parte della band in un
modo che per lui era stato da sempre impensabile....
Quindi
guardò Jared, il suo
abbandono era stato un duro colpo per lui ma si sarebbe
rialzato. Pronto
ad abbattere la serie di muri basati sul pregiudizio ed invidia per
proseguire il
suo cammino.
Matt sapeva che
gli sarebbero
mancati i loro battibecchi, il suo vizio di far sparire tutte le
caramelle alla
ciliegia ,la sua pedanteria o il modo in cui riusciva a tirar
fuori la
parte goliardica che era in lui. Ogni volta che avrebbe indossato una
t-shirt
con scritto Campione di pac-man
avrebbe ripensato al cantante
e al suo sorriso furbetto quando ne combinava una delle sue.
Non faceva che
ripetersi che era la
cosa migliore. Che erano diventati ormai troppo differenti per poter
lavorare
insieme. Che aveva solo anticipato l'inevitabile. Ma quel senso di
amarezza non
voleva abbandonarlo.
Forse Tomo
aveva ragione, un giorno
se ne sarebbe pentito.
R-evolve era finita e
il concerto andò
avanti. I 30 seconds to mars sarebbero andati avanti.
***
Jared chiuse
l'album di colpo.
Avevano
aspettato fino all'ultimo momento prima di rendere la cosa
ufficiale
con un messaggio sul sito ufficiale. Era pronto a rimangiarsi tutto e
fingere
di avere fatto uno scherzo pur di non dover dire davvero addio a Matt.
Cinque
anni non si cancellavano con qualche parola di troppo. Ma quando
l'aveva
visto aiutare Tim , accertandosi che il ragazzo fosse pronto e
in grado di
sostituirlo, aveva capito che per quanto facesse male l'altro
aveva
fatto la sua scelta e non potevano fare altro che accettarla.
Accettarla..
non capirla.
Matt
non aveva creduto abbastanza, non aveva creduto possibile trovare
un modo
di rendere le loro differenze ciò che li avrebbe uniti
ancora di più. Non aveva
creduto possibile trovare un compromesso insieme. Non aveva avuto
abbastanza
fiducia e, quello che Jared si sarebbe per sempre
rimproverato, era il non
averlo notato in tempo, aver permesso che si estraniasse da
loro.
Scosse la
testa per scacciare quei pensieri e quindi guardò
la radiosveglia sul
comodino, i numeri brillavano nella penombra: erano le 2.10.
E di Shannon ancora nessuna traccia.
~·~
15 gennaio
1991
La serratura
si richiuse con uno scatto. Shannon spinse la ragazza contro la porta
intrappolandola con le sue forti braccia... Gabrielle
... si ripetè,
cercando di imprimere nella sua memoria quel nome, mentre lento
risaliva
la
delicata curvatura del suo collo, sfiorando con labbra umide
di baci la
tenera ed invitante pelle.
La
sentì rabbrividire e stringersi ancora di più
a lui, lasciandosi sfuggire un
impaziente gemito quando i loro corpi si incontrarono. Deciso a non
interrompere il contatto iniziò a liberarsi del cappoto,
ingombrante ostacolo
per quelle intense sensazioni.
Gabrielle
approfittò del
breve momento di
distrazione per invertire le loro posizioni. Posandogli una mano sul
petto lo
invitò silenziosamente a non muoversi
quindi, sorridendo maliziosa, si inginocchiò.
Shannon sentì il metallico rumore della fibbia ed
abbassò lo
sguardo, la sua voce bassa e roca « lo sai
che quello che stai per fare
è illegale in Indiana?»
La ragazza lo guardò divertita «non sei
l'unico che ama il rischio».
Le tende erano leggermente scostate e il rossastro neon del
piccolo club
al piano inferiore penetrava dalle finestre, accarezzandole con la sua
cupa
luminosità il volto. Shannon tenne gli occhi fissi su di
lei mentre un
bottone dopo l'altro veniva liberato dall'asola, felice di sentire il
ruvido
tessuto dei jeans allentare la sua morsa. Con il passare dei minuti i
suoi
pantaloni erano diventati sempre più scomodi ed opprimenti.
Seguì ,quasi
trattenendo il respiro, le carnose labbra piegarsi in un altro
sorriso
prima di posarsi poco più in basso del suo
ombelico.
Gabrielle ripetè il gesto avvicinandosi pericolosamente al
bordo dei chiari
boxer, quindi, alzando gli occhi, infilò le dita
nell'elastico tirandolo
leggermente.
L'aria fredda della stanza colpì la sua pelle surriscaldata
e Shannon sospirò,
accogliendone con piacere il contrasto. La sensazione venne amplificata
dalle
labbra della ragazza che lo sfiorarono ancora una volta, dolorosamente
vicine
al centro del suo piacere. Impaziente si inumidì le labbra e
si rilassò contro
la porta.
Un attimo e, con uno schiocco cotonato, l'elastico
dei boxer tornò al
suo posto.
Gabrielle si alzò in piedi e camminando a ritroso verso il
piccolo salotto gli
indicò, con fare seducente, di seguirla. Si fermò
al centro della sala. I
vaporosi capelli neri le spiovevano sulle spalle e si muovevano morbidi
mentre si sfilava il giubotto jeans e lo lasciava scivolare a
terra.
Shannon lo guardò raccogliersi senza rumore ai
suoi piedi e rialzò lo
sguardo lentamente, percorrendo con gli occhi le perfette gambe avvolte
in
scuri fuseaux, soffermandosi sui languidi movimenti del bacino,
nascosto dalla
corta minigonna, fino all'aderente maglietta nera che lasciava ben poco
all'immaginazione.
Avvicinandosi la sollevò da terra e, attutendo con
l'ennesimo bacio il
suo gridolino di sorpresa, la fece ricadere sui morbidi cuscini del
divano, o
almeno così credeva. Stava infatti per raggiungerla quando
la ragazza schizzò
in piedi urlando.
C'era qualcosa ,o meglio, qualcuno sul divano.
Senza perder tempo, mentre Gabrielle terrorizzata si allontanava, si
gettò su
quell'ammasso di coperte cercando di immobilizzarlo.
«S-Shan?!» la voce dell'intruso
era attutita da tutte quelle coperte ma
la riconobbe quasi subito, «SHANNON! Ma che diavolo
fai?!!». Era quella
di Jared.
«Jared? » Shannon
mollò la presa e si sporse per accendere una
lampada «che cazzo ci fai qui?!!» sorpreso
guardò il fratello tirarsi
su a fatica, gli occhi socchiusi per l'improvvisa luce, i capelli
scompigliati,
l'espressione assonnata, le cuffie del walkman messe di traverso.
«..Anche io sono felice di vederti!!..»
gli rispose Jared
sarcastico tentando di liberarsi dal groviglio di fili e coperte.
Divertito Shannon lo aiutò a mettersi in piedi
«scusami è che sono..
sorpreso.. non mi aspettavo una tua visita».
« ...ne sono sicuro» rispose
l'altro sogghignando maliziosamente,
alternando lo sguardo tra il fratello maggiore e la ragazza
che, superato
lo spavento iniziale, li osservava imbarazzata.Sorridendo le
si avvicinò e si presentò
« io sono Jared , il fratello
minore di questo maleducato..».
Shannon non
potè ribattere alla frecciatina, in effetti si
era completamente
dimenticato della presenza di una terza persona nella stanza. In
silenzio
guardò i due stringersi la mano e, tra una chiacchiera e
l'altra, studiarsi a
vicenda.
Jared
cercava di capire se la ragazza davanti a lui fosse l'ennesima
avventura
del fratello o qualcosa di più e Gabrielle molto
probabilmente cercava di
trovare tra i due una qualche somiglianza.
Non
passò molto prima che la ragazza realizzò di
essere di troppo e decise di lasciare i due fratelli da soli. Shannon
l'accompagnò alla porta, scusandosi di
nuovo per la
brusca interruzione, si offrì di riportarla a casa ma lei
rifiuitò e ,con la
promessa di rivedersi la sera seguente, uscì
dall'appartamento.
«mi
hai fatto prendere un colpo!» Shannon
richiuse la porta e vi si
poggiò sospirando,
«e
lo dici a me?» ribattè
l'altro, che nel frattempo si era
avvicinato, « venire svegliato da un sedere in
faccia non è proprio il
massimo!»
Ridendo
Shannon lo afferrò per un braccio e lo
attirò a sè, stringendolo
affettuosamente.
Jared si
rilassò immediatamente contro di
lui «mi dispiace averti
rovinato la serata» momorò contro la sua
spalla.
Il
fratello ripensò ai suoi piani per la serata andati in
frantumi e scosse la
testa «non importa» gli rispose,
felice di rivederlo dopo tanto tempo.
Quell'anno Jared non era riuscito a raggiungerli nè per il
ringraziamento nè
per le feste natalizie.
«cosa
ti ha...»
iniziò a dire ma poi si interruppe e si
voltò verso di lui perplesso «come
diavolo hai fatto ad entrare?» era
certo di non avergli dato le chiavi dell'appartamento.
Jared
dovette mordersi il labbro per non scoppiare a ridere, «non
è stato
difficile» rispose mentre l'altro ispezionava la
serratura «ti ho
aspettato per più di due ore ..stavo
congelando!» aggiunse alla
fine, come se questo potesse giustificare il fatto di aver scassinato
la porta
del proprio fratello.
«Non
so se esserne preoccupato o ammirato..»
Shannon continuò a fissare la
porta incredulo quindi scuotendo la testa si avviò verso la
piccola cucina
dall'altra parte della stanza «.. hai mangiato
qualcosa?» .
Jared fece
cenno di no e l'altro lo fulminò
«..non puoi campare d'aria
Jay!» chinandosi aprì
il frigorifero e cominciò a rovistare
tra gli scomparti «... dovrebbe essere rimasta della
pizza da qualche parte..»
«no
Shan. Non ho fame» era
troppo nervoso ed eccitato «hai del thè o
qualcosa di simile?».
Shannon
lo guardò preoccupato poi ,mentre l'altro si sedeva
al
tavolino, iniziò ad aprire una dispensa dopo
l'altra fino a trovare
una piccola scatola di cartone piena di bustine di ogni tipo e colore.
Ne
estrasse una, la meno sospetta, ed odorandola la posò sul
tavolo «del thè
verde va bene?»
«si,
grazie» Jared si
passò le mani sulle gambe cercando di riscaldarsi
«so di esser piombato qui senza preavviso ma
è stata una decisione ...
improvvisa»
«non
preoccuparti...» lo
tranquillizzò di nuovo Shannon prendendo una
birra fresca dal piccolo frigo e sedendoglisi di fronte «allora,
cosa mi
dici? Com'è la vita a New York?» poteva
percepire il nervosismo del
fratello ed aveva deciso di non pressarlo, qualunque
fosse il motivo
che lo aveva spinto a raggiungerlo in Indiana sarebbe presto venuto
fuori.
«La
adoro! C' è un locale,
'Cafè Habana', che devi assolutamente
vedere!..»
Shannon
sorrise ed ascoltò il fratello minore raccontargli
di tutte le sue
nuove scoperte sulla grande mela.
Tra
New York e Jared era scoccato un vero e proprio amore. E, sebbene
l'indole
vagabonda fosse ben radicata in loro, Shannon sentiva che sarebbe
potuto
rimanere in quella città per sempre.
Era
una città in continua metamorfosi eppure con una forte
identità, sembrava
un controsenso ma bastava camminare lungo le affollate strade per
rendersi
conto di quella unicità, alimentata dal
variegato fiume dei suoi abitanti.
Tra moderni grattacieli e vecchi palazzi ci si poteva sentire a casa ma
al
contempo conservare il piacere di scoprire qualcosa di nuovo e
stimolante ad
ogni angolo. Era una città in continuo cambiamento... come
Jared.
«ti
vedi con qualcuno?»
domandò alzandosi per immergere la bustina
nell'acqua.
Per
Shannon la tendenza alla monogamia di Jared era incomprensibile
tanto
quanto lo era per quest'ultimo la sua incapacità di far
durare una storia più
di una notte. Il record attuale era un mese, ma erano passati secoli.
«niente
di serio. Una storia richiede tempo ed
impegno.. che per ora non
ho..» gli rispose l'altro con un'alzata di spalle,
«vedi?
E' per questo che non voglio relazioni stabili»
Shannon allungò
il braccio e gli mise una mano sulla spalla per solidarietà.
«dovresti
provarci ogni tanto..giusto per fare
qualcosa di diverso!. Non
puoi saltare da una Gabrielle all'altra in eterno»
«..
è più probabile che
assisterai all'Apocalisse piuttosto che vedermi
festeggiare San Valentino..»
Jared
rise e si portò alle labrra la tazza fumante che
l'altro gli aveva posato
davanti.
«
ti sei preso una pausa dai corsi?»
«si..diciamo
di si» rispose
prendendo un profondo respiro.
«Jay..»
«Un
paio di mesi fa per aumentare i crediti mi sono
iscritto ad un nuovo
corso: 'recitazione per registi'»
deglutì e si mise una ciocca di
capelli dietro le orecchie per guadagnare tempo,
«sembra
interessante!» Shannon
prese l'ultimo sorso di birra e buttò la
ormai vuota bottiglia nel sacchetto, il tintinnio di vetro contro vetro
si
diffuse nella piccola stanza, e ne aprì un'altra
sistemandosi sulla
scricchiolante sedia di legno.
«lo
è » Jared
annuì e distolse lo sguardo dall'altro puntandolo sulla
fumante bevanda «è lì che ho
capito..»
«..capito
cosa?»
«che
sto solo perdendo tempo»
alzò gli occhi e li incrociò con quelli
preoccupati del fratello «co-cosa significa?»
a Shannon sembrava di
vivere un perenne deja-vù.
***
Newton, Massachusetts , 1987
Shannon si
portò la sigaretta alle labbra ed attraversò la
strada. Poteva sentire la
musica del locale e le risate sguaiate dei giovani nel parcheggio
agitare
l'altrimenti silenziosa notte. Facendo attenzione a non farsi notare si
avviò
verso il buio vicolo al lato del locale, in un punto in cui aveva una
buona
visuale di tutte le uscite e, sfruttando l'oscurità e il
comodo nascondiglio
del lercio cassonetto verde, rimase in attesa.
Erano tre giorni che Jared non tornava a casa. Nell'ultimo periodo
capitava che
trascorresse la notte fuori da quelli che lui definiva 'i suoi
amici' ,
ma mai per tre giorni di fila.
L'adolescenza era un'eta critica. Lo sentiva ripetere spesso. Ma i
problemi del
fratello non erano quelli degli altri sedicenni. Non perdeva il sonno a
chiedersi se la ragazza dei suoi sogni avrebbe accettato di andare al
ballo o
se fosse riuscito ad entrare nel team di baseball.
Jared rimaneva sveglio di notte a chiedersi se un giorno sarebbe
davvero riuscito
ad emergere da quel pantano di mediocrità che li circondava,
a cambiare vita, a
ripensare e rimuginare sulle proprie ferite. Era convinto che Shannon
non
sapesse. Che non lo sentisse camuffare di notte i suoi singhiozzi
contro il
cuscino.
Ma si sbagliava.
Perchè se avesse ascoltato con attenzione avrebbe
sentito Shannon piangere
con lui.
Giorno dopo giorno la speranza si scontrava con le delusioni, gli
ostacoli
diventavano vicoli ciechi e l'energia per tirarsi su diminuiva
trasformandosi
in amarezza e rabbia, alimentando quella parte oscura in ognuno di
noi.
Jared aveva quindi deciso di proteggersi cercando di
estraniarsi da ciò
che lo circondava. Aveva cominciato a passare sempre meno
tempo in casa,
trascorrendo le sue giornate in strada, alla ricerca di un posto per
lui. Una
casa, dove sentirsi finalmente a proprio agio e... non pensare.
Incurante dei
pericoli, ignaro di quanto e come venire in contatto con determinati
ambienti lo intaccasse, facendo emergere solo quel lato
negativo che aveva
dentro di sè .
Perchè farsi tanti scrupoli ,e aggirarsi per il mondo a
testa china, quando le
persone non avevano scrupoli a calpestare e distruggere quello
che era
importante per loro?
***qualche settimana prima
Shannon si sedette sui vecchi spalti di legno e
seguì la traiettoria dello
sguardo di Jared: dei ragazzi erano impegnati in un allenamento di
baseball.
Alcune ragazze erano aggrappate alla rete e gridavano entusiaste ad
ogni mossa
del capitano della squadra.
«guardali» disse Jared
sprezzante prima di abbassare lo sguardo sull
piccolo quaderno pieno di appunti che teneva sulle gambe «sono
così noiosi
e prevedibili»
Shannon aprì la lattina di Soda e,prendendone un sorso, la
porse al fratello
minore che declinò con un gesto della mano.
«stereotipi viventi »
continuò e portandosi una sigaretta alle
labbra fece un tiro, fu allora che Shannon si rese conto che
quella non
era una sigaretta.
«ma sei pazzo?!»
esclamò guardandosi intorno «dove
diavolo l'hai
trovata?»
Jared ridacchiò «so dove
cercare..vuoi?» chiese quindi passandogli
lo spinello.
Shannon si guardò intorno assicurandosi che non ci fosse
nessun professore, ne
prese una boccata e lasciò che il fumo gli graffiasse la
gola scendendo
lento verso i polmoni.
Un altro fuoricampo e le ragazze esplosero in rumorosi applausi e
gridolini.
Jared non potè resistere e le imitò
attirandosi le occhiataccie da alcune
di loro. Ridacchiando rivolse loro il dito medio e tornò a
sedersi accanto ad
un perplesso Shannon.
«Dio che pena che mi fanno! Così
convinte di essere 'cool'» Shannon
ridacchiò ma si sentiva a disagio, il fratello si stava
comportando in modo
strano.
«vedi lì.. coso..il loro eroe... Bill!!
Ecco.. Bill!» Jared guardò il
ragazzo vestito con i colori simbolo del liceo, arancione e nero,
correre lungo
il campo ricoperto di erba «un ragazzo
così promettente» proseguì
quindi enfatizzando le parole «grazie al
baseball si ritroverà il
diploma in mano e un tappeto rosso steso verso una delle
migliori
università del Massachussets. Che sia convnto che Archimede
è un personaggio
della Disney e non un matematico non importa, lui
è il *nostro campione*
...»
Jared prese un' altra boccata e sorrise amaramente «se
non metterà incinta
una ragazza durante il ballo di fine anno probabilmente si
ritroverà a dover
abbandonare il college perchè troppo stupido per superare
gli esami.. o perchè
scoprirà che di giocatori come lui ce ne sono a
migliaia-»
Shannon fissò lo sguardo sul telo con la mascotte del liceo,
una tigre che
ringhiava, muoversi sotto invisibili dita di vento e
continuò ad ascoltarlo in
silenzio.
«- finirà coll'insegnare baseball ad un
liceo come questo e sfogare tutte
le sue frustrazioni sulla povera donna che sarà sua moglie.
Che molto
probabilmente sarà miss ombretto ..quella lì
giù.. c'è feeling tra di
loro-- » rimase in silenzio per un attimo lo sguardo
perso in immagini che
Shannon non poteva vedere «--ma poi un giorno la
tradirà con miss minigonna
» disse indicandone un' altra «..o
si sveglierà e deciderà che la sua
vita fa schifo e che non si sente di avere una famiglia e
sparirà..»
Shannon finì di bere la soda ed aspettò che
un'altra ondata di gridolina si
attenuasse prima di parlare «ed io
che pensavo che le canne
servissero a sollevare il morale ..»
Jared rise. Ma non c'era niente di gioioso.
***
E Jared aveva scoperto che la vita in strada era molto più
intressante ed
affascinante del liceo e dei suoi drammi, specie per uno come lui che
aveva
sempre considerato la scuola un noioso ed inutile obbligo.. Per uno che
si
sentiva un alieno tra persone con cui, in teoria, avrebbe dovuto
condividere
sogni ed esperienze.
Per uno che non aveva idea di cosa significasse avere sedici anni per
il resto
del mondo.
Ai suoi occhi quella che frequentava - i 'suoi amici'
- era gente
che aveva il controllo, che aveva trovato la risposta ai tanti perchè
che lo tormentavano: un grosso vaffanculo
a tutto e tutti.
Non passò molto tempo prima che decise di averne abbastanza
di armadietti e
compiti in classe ed abbandonò del tutto la scuola.
Constance era quasi
impazzita quando lo era venuto a sapere. Shannon non aveva mai visto
loro madre
così infuriata e disperata allo stesso tempo.
Ma il fratello aveva già deciso, non importava quante parole
avessero speso per
farlo tornare dietro i banchi. Non c'era nulla che potessero
fare se non
stargli accanto e assicurarsi di essere lì ,pronti a
rialzarlo quando sarebbe
caduto.
Quello che però Shannon non aveva previsto era
l'entità di quella caduta.
Una delle porte si aprì cigolando. Un raggio di luce
illuminò il piccolo vicolo
ed alcuni ragazzi uscirono ridendo. Shannon li guardò
sorreggersi l'un con
l'altro ed allontanarsi verso la strada. Qualcuno dal parcheggio li
aveva
riconosciuti e stava urlando il loro nome. Altre risate, il rombo di un
motore
e poi una sgommata seguita da grida sguaiate.
Erano scene che si ripetevano notte dopo notte. Molti di quei volti
sarebbero
cambiati con il passare del tempo e, a sostituirli, sarebbero arrivati
altri
giovani pronti a vivere i loro anni ribelli. Pronti ad animare quelle
fredde
notti fino a quando non sarebbero cresciuti e i doveri li avrebbero
allontanati
da quelle follie notturne. Altri volti invece sarebbero rimasti gli
stessi ed
avrebbero consumato il loro tempo nel cercare di non guardarsi intorno,
di non
vedere di essere i soli a non cambiare, a non andare avanti.
Shannon sospirò e si poggiò al muro ricoperto di
anonimi strati di colla e
carta, rimasugli di poster che vi erano stati affissi nel tempo. La
sigaretta
era finita. Senza distogliere lo sguardo dall'arruginita porta fece
cadere il
mozzicone a terra e lo schiacciò con la punta del
piede.
Stava per accenderne un'altra quando vide la porta laterale accostarsi
di
nuovo. La musica del locale inghiottì qualunque altro rumore
nel piccolo vicolo
e qualcuno uscì sbandando leggermente. La luce era troppo
bassa per
distinguerne i lineamenti ma a Shannon bastò vedere le sue
movenze per
riconoscere il fratello.
Jared rimase lì fermo e si guardò alle spalle
come se fosse in attesa di
qualcuno, la porta era di fatti ancora accostata e si poteva
distinguere la
forma di una spalla fare capolino.
Dopo qualche minuto anche l'altra figura uscì «--che
rompicoglioni»
disse prima di ridacchiare e, reggendosi al vecchio passamano di ferro,
sedersi
sulle scale di cemento. Jared lo imitò e chiudendo
gli occhi mandò la
testa all'indietro, muovendola al ritmo di una musica che sentiva solo
lui,
diversa da quella che proveniva dal locale.
Shannon si strinse ancora di più contro il muro, non voleva
che lo vedessero, e
rimase in ascolto cercando di dare un senso ai loro sconclusionati
discorsi.
«Tieni gli occhi aperti, se noti movimenti strani
vai da Mike e lo
avverti. » il tizio, che doveva avere
almeno venticinque anni, gli
porse una piccola scheda «e se ti fermano fai vedere
l' ID »
«gli sbirri sono tanto idioti da credere che ho
davvero 21 anni?» Jared
lesse la carta d'identità falsa divertito «e
che sono un buttafuori?!».
«beh... tecnicamente lo sei, butti fuori i
guastafeste» gli rispose
l'altro ridendo « stai tranquillo. Al massimo
pensano che sei un imbucato
con un ID falso. Se dovessero chiudere tutti i locali che
permettono ai
minorenni di entrare Newton rimarebbe senza pub!».
Il tutto sembrava così irreale, era come assistere ad una
scena di un film.
Shannon vedeva Jared ma la sua mente rifiutava di riconoscere il
fratello in
quel ragazzo, non bastava il rossore delle sue guance a dare un minimo
di
calore a quel sorriso freddo e tirato, talmente vuoto da farlo sembrare
una maschera.
«Cristo! Ma quanto tempo ci mettono?!»
esclamò Jared stendendosi sullo
sporco cemento del piccolo pianerottolo, «le hai
prese nemmeno dieci minuti
fa.. » gli rispose l'uomo divertito mentre si
accendeva una sigaretta «
..dagli tempo di entrare in circolazione porca puttana!»
«è che--» Jared si
tirò su a fatica, in effetti cominciava a sentirsi
leggermente stordito, «--è che
tu hai solo robaccia». Cercò di
mantenere l'equilibrio e sorrise soddisfatto nel vedere che era
riuscito a non
versare quello che rimaneva nella bottiglia nella difficoltosa manovra.
«Se hai fretta..so io cosa ti serve»
l'uomo cominciò a tastarsi il
giubotto alla ricerca di qualcosa e, solo dopo aver controllato almeno
tre
volte per tasca, si rese conto di avere la bustina già in
mano. Ridendo
estrasse un piccolo tubetto e lo dondolò davanti agli spenti
occhi del giovane.
«cos'è?» chiese
confuso Jared guardandolo versare la piccola striscia
bianca sul ferro, imitando inconsapevolmente l'espressione del fratello
che,
alle sue spalle, sporgendosi dalla sicurezza dell'oscurità,
cercava di
focalizzare la scena davanti a lui.
«Special K» l'uomo gli
passò il resto della roba mentre con
cura sistemava quella che aveva sparso sul passamano «
se sei immune
pure a questo ti vendo a qualche laboratorio, non sei umano!»
Jared ridacchiò «mi stai usando come
cavia?» l'altrò scrollò le
spalle
e, mettendogli un mano dietro la testa, lo invitò a chinarsi
ed inspirare.
«Brutto figlio di puttana!
» tuonò Shannon catapultandosi
verso di loro, spintonando l'uomo lontano dal fratello
«togli quelle
cazzo di mani da mio fratello!» Jared non ebbe il
tempo di capire cosa
stesse succedendo che davanti a lui si alzò una piccola nube
bianca.
«NOO!!» l'uomo ripreso
a stento l'equilibrio si gettò a
terra «ma chi cazzo sei?»
chiese piagnucolando mentre cercava di
salvare la polverina dall'umido asfalto.
Jared sgranò gli occhi sorpreso «Shan?!?
Che cazzo ci fai qui?» la sua
espressione sarebbe stata comica se non fosse stato per la situazione
in cui si
trovavano.
Shannon spostò lo sguardo dalla pietosa scena e lo
guardò sconvolto.
Prendendolo per il braccio lo trascinò fuori dal
vicolo in un punto più
luminoso e, ripetendo qualcosa che a Jared sembrò
un'infinita successione di 'no-ti-prego-no',
cominciò ad alzargli le maniche della camicia,
controllandogli
l'incavo delle braccia alla ricerca di qualche segno che gli indicasse
di
essere arrivato troppo tardi. Di aver aspettato troppo nel porre un
freno a questa
fase del fratello. Non ne trovò.
«ma che fai?» chiese l'altro
incerto coprendosi immediatamente le
braccia,
«che cazzo stavi facendo?» Jared
lo guardò stupidamente come se non
capisse la domanda «cristo Jay!
» esclamò combattendo l'istinto di
scuoterlo e farlo uscire da quella sorta di stordimento.
«io..io» Shannon gli
prese il volto e cercò di farsi guardare negli
occhi «cosa ti ha dato Jay? » il
ragazzo provò ad elaborare una risposta
ma i suoi riflessi sembravano essersi rallentati ,o forse era il
fratello che
parlava troppo in fretta «cosa cazzo ti ha dato?!?»
chiese di nuovo
urlando.
«solo qualche pasticca Shan!.. niente di che!»
riuscì quindi a
rispondere irritato dall'essere sballottato e rimproverato. Shannon lo
guardò
incredulo «solo..SOLO?! ..»
Jared lo ignorò e si voltò versò il
vicolo dove l'uomo era intento a leccarsi
le dita con quello che rimaneva della ketamina «ma
che diavolo ti è venuto
in mente?!»
«a me?!?»
«come gli ripago ora tutta quella roba?»
mormorò mettendosi le mani tra
i capelli seriamente preoccupato.
Shannon rimase senza parole per un attimo quindi afferrò il
piccolo tubetto,
che Jared teneva ancora in mano ,lanciandolo verso un cumulo di rifiuti
resi
informi dalla pioggia di qualche ora prima e lo prese di nuovo per le
braccia
sbattendolo contro il muro «è questo
quello che ti preoccupa?»
sibilò scosso da un'improvvisa rabbia « quel
pezzo di merda ti stava
facendo sniffare chissà cosa quando tu non sapevi nemmeno
dire il tuo
nome !!» non era mai stato
così arrabbiato e deluso «perchè?»
Questo era un comportamento da deboli. E Jared non era un debole
.
«..lasciami!»
Shannon aumentò la presa sui suoi polsi per
bloccarlo e ripetè la sua
domanda « rispondimi!»
Jared chiuse gli occhi, non voleva che l'altro lo guardasse in quel
modo «smettila
Shannon..» rinunciò a lottare , ogni
tentativo di liberarsi era vanificato
dalla forza del fratello maggiore.
«rispondimi!»
ripetè ignorando come il colore stesse
abbandonando
gradualmente il volto dell'altro e come la sua pelle fosse sempre
più lucida,
velata dal sudore.
E Jared sorrise.
Un sorriso così triste che Shannon quasi allentò
la presa per stringerlo tra le
sue braccia, «sempre pronto a correre in
mio aiuto eh?» nella sua
voce una dolcezza che stonava nella tensione del momento, «pronto
a salvarmi
da tutto e tutti.. » continuò, le
labbra tese in quell'imitazione di
sorriso, i suoi occhi liquidi e velati da qualcosa che Shannon non
riusciva a
decifrare «quando imparerai ad essere egoista? A
pensare solo a te stesso..?
» la maschera era caduta. Il sorriso scomparso. Shannon si
ritrovò a guardare
dritto in quel pozzo di amarezza e rabbia.
Lo lasciò andare, la sua risposta era poco più di
un sussurro «quando tu
imparerai a volerti bene..»
Jared abbassò la testa nascondendosi dietro alle
folte ciocche castane.
Shannon lo vide annuire, se alle sue parole o a qualche altro
strano
pensiero che gli aveva attraversato la testa non poteva dirlo, e quindi
accostarsi al muro come a cercare un sostegno.
«Volevo solo divertirmi..fare
qualcosa di eccitante» sussurrò
Jared guardando la strada davanti a sè. Affascinato da
quanto i colori
potessero essere luminosi e da come le ombre si muovessero
abbracciando la
flebile luce dei lampioni in quella danza notturna «staccare
la spina..sai..
essere felice..» Scosse la testa.
Le parole non potevano spiegare il
suo bisogno ... ciò che lo aveva spinto a questo.
Il loro stile di vita li portava ad essere in contatto con tante
persone,
a conoscere e visitare tanti luoghi ma li portava anche a
provare una
solitudine che la gente, quella che viveva normalmente- per quello che normale
poteva significare- non poteva capire. E a volte il
bisogno di
quella normalità, che aveva potuto assaporare e che gli era
stata strappata via
due volte, diventava così acuto dal rendere
insopportabile la sola vista
dei pacchi pronti per l'ennesima partenza agli angoli di una stanza di
motel.
«quella non è
felicità!» Shannon non potè
fare a meno di interromperlo
«Sono solo reazioni chimiche..»
«lo so!» gli rispose l'altro
bruscamente, quella strana espressione nei
suoi occhi era tornata «avevo bisogno di sentire
quella felicità
--quella felicità 'chimica'-- di cui loro tanto
parlavano..» Non
c'era bisogno di specificare chi fossero i loro.
«Ma..» continuò
trattenendo le lacrime «non ho sentito niente... Non
sento niente...» gelidi brividi avevano cominciato
ad attraversargli il
corpo e alzò il volto verso il fratello «chi
dice di trovarla in quella roba
è perchè non ha mai provato qual'è la
vera felicità..» per un attimo le sue
labbra bianche si piegarono in un accenno di sorriso e gli
occhi si
persero in un lontano ricordo.
Per quanto strano Shannon si sentì sollevato.
Quella roba, quel mondo non
aveva vinto. Non gli aveva portato via il fratello come temeva. L'aveva
sedotto, fatto sbandare ma Jared era più forte di quelle
vuote lusinghe, aveva
saputo riconoscere la differenza.
Jared rimase in silenzio a lungo quindi chiuse gli occhi ,cercando di
tenere a
bada un senso di vertigine. Mischiare l'alcol con le pasticche non era
stata
una buona idea. Sbandando leggermente si accasciò contro il
muro e strisciò in
basso lungo i freddi mattoni fino a sedersi sul marciapiedi «mi
gira la
testa» disse sentendo i suoi muscoli
contrarsi e i suoi battitti
accellarare di colpo. Se dalla paura o per ciò che aveva
preso non lo sapeva.
Shannon gli si avvicinò immediatamente e, prendendogli il
volto cinereo, gli
guardò le pupille; erano preoccupantemente dilatate
«Jay»
Jared lo guardò confuso come se si fosse dimenticato che
fosse lì con lui .
« Jay..mi senti? »
riprovò scacciando il panico e cercando di agire
il più in fretta possibile. Alzando la testa si
guardò intorno e, a pochi metri
da loro, notò una fontana. «Jay! Ho
bisogno che ti tiri su..Jay!» il
fratello fissò le due appannate figure davanti a lui ed
annuì debolmente. Si
sentiva gelare fino alle ossa eppure la sua pelle scottava come fosse
avvolta
tra le fiamme. La voce di Shannon, i suoni della strada gli sembravano
lontani,
come se la sua testa fosse immersa in acqua, le sue tempie battevano
insistenti
a ritmo del suo cuore impazzito.
A fatica Shannon lo trascinò verso la
piccola fontana. Poteva
sentirlo abbandonarsi sempre di più tra le sue braccia e,
senza perder tempo,
si bagnò le mani cominciando a rinfrescargli il viso.
Continuando a parlargli
nell'intento di calmarlo, inondandolo di frasi senza senso.
Per un attimo Jared sembrò riprendere contatto con la
realtà e gli afferrò la
manica guardandolo dritto negli occhi.
Lucido e terribilmente spaventato.
Il suo corpo continuava a tremare sconvolto da involontari spasmi e
Shannon
poteva sentire e vedere la leggera t-shirt bagnarsi di sudore.
« S-Shan?»
disse stringendo ancora di più la presa sulle sue braccia
«Shan?»
«sono qui Jay..» Shannon lo
strinse come per provargli che non stava
mentendo «sono qui»
nella sua voce non c'era traccia della rabbia
di poco prima. Il suo tono era calmo, pacato, il che lo sorprese visto
il puro
terrore che sentiva stringergli il cuore. Gli posò la testa
contro i capelli e
pregò chiunque ci fosse lassù di aiutarli, di non
abbandonarli proprio ora, di
non lasciarlo da solo.
Jared prese un respiro, cercando di riprendere il controllo
del suo corpo,
quando un'improvvisa ondata di nausea lo costrinse a gettarsi
in avanti.
Shannon, seppur colto di sorpresa, riuscì a
tenerlo ed evitare che
cascasse nella fontana. Jared sentì lo stomaco rivoltarsi,
ogni fibra del suo
corpo tentava di espellere quell'intrusa sostanza ma non emise altro
che aria.
Il cemento della fontana era un' indistinta macchia grigia per i suoi
occhi
appannati. Un altro lampo. Gli intestini si contrassero nello sforzo ma
ancora
una volta non rimise nulla. Dolorante e tremante si accasciò
contro il petto
del fratello «non ce la faccio»
Shannon non gli rispose. Non sapeva cosa fare. Sentiva che l'altro
stava
soffrendo e non sapeva cosa fare. Con gli occhi perlustrò la
deserta strada e
con tutta la sua volontà respinse la nuova ondata di paura.
Sentì Jared scivolare
sulle sue gambe e raggomitolarsi stringendosi l'addome
«oh Dio..»
si tese di nuovo, un leggero rantolo gli sfuggì dalle labbra
e prima che
entrambi potessero rendersene conto arrivò un nuovo conato,
questa volta una
vischiosa sostanza biancastra gli riempì la bocca e Shannon
rendendosi conto
che l'altro non aveva assolutamente percezione della sua posizione lo
fece
ruotare in modo da farla scivolare, insieme a ciò che
rimaneva di tre piccole
pasticche, sull'asfalto «erano solo tre?»
chiese e Jared scosse la
testa, gli occhi arrossati e lucidi per lo sforzo, la gola secca ed
irritata «quante
ne hai prese Jay?»
Non rispose. Non lo ricordava.
Quando gli sembrò che l'attacco di vomito fosse terminato
Shannon aprì
l'arrugginito rubinetto e, riempendosi la mano d'acqua, la
portò alle secche
labbra dell'altro. Gli rinfrescò il volto di nuovo sollevato
nel sentire che la
temperatura corporea del fratello cominciava a diminuire e che il
battito fosse
meno frenetico. Fu in quel momento che si rese conto che l'altro aveva
indosso
solo una camicia. Allontanandolo dalla fontana si sfilò il
suo cappotto e lo
coprì, abbracciandolo mentre il suo corpo continuava a
smalire gli effetti
delle pasticche.
Trascorsero minuti, ore, il tempo sembrò dilatarsi e passare
velocemente allo
stesso tempo.
Entrambi rimasero in silenzio. Shannon fissava la strada
deserta davanti a
lui scioccato da ciò che aveva visto e Jared cercava di
tenere a bada le sensazioni
del suo corpo: un momento poteva sentire ogni muscolo tendersi e
contrarsi
nonostante lui cercasse di rimanere immobile, in un altro era
distaccato da
tutto e il calore di quelle braccia era l'unica cosa di cui
era
consapevole insieme al cielo nero china su di loro.
«dovrei portarti al pronto soccorso»
il fratello maggiore ruppe il
silenzio e lo sentì, mentre distrattamente gli accarezzava i
capelli,
irrigidirsi e quindi scuotere la testa «n-no, sto
bene»
«non puoi saperlo»
«Si . Lo so.. » Jared si
tirò su a sedere reggendosi la testa, la
sentiva così pesante.
Shannon provò a respingere le immagini di quello che sarebbe
potuto succedere
se il fratello si fosse sentito male quando era da solo, o
peggio, quale
sarebbe potuta essere la reazione del suo fisico se avesse assunto
anche la
ketamina «devi farti controllare, vedere
un medico e ...smetterla con
questa roba! »
«Può capitare che qualche pasticca.. non
funzioni» ribattè
Jared cercando di allontanarsi ma Shannon non aveva
intenzione di allentare
la presa su di lui.
« per poco --» non
riusciva nemmeno a dirlo « --se
io non ero
qui potevi svenire, battere la testa, strozzarti con il tuo vomito o
morire
assiderato! Potevi ... cazzo! Non voglio nemmeno pensarci..»
che Jared se
ne rendesse conto o no, non erano esseri invincibili ed immmortali.
«Ho sbagliato a mixarle con del
liquore» si difese debolmente l'altro
troppo stanco per continuare la lotta per liberarsi.
«Sai benissimo che quella reazione non è dovuta
solo all'alcool!» sbottò
Shannon sconcertato dal vedere con quanta leggerezza parlasse di
assumere
quelle sostanze «chissà quanta roba hai
preso in questi tre giorni!»
Jared si irrigidì.
Shannon abbassò la testa e vide la confusione e il terrore
sul volto del
fratello «hai idea di quando è
stata l'ultima volta che sei tornato a
casa?». Nessuna risposta. Deglutendo
cercò di ignorare la
forte fitta allo stomaco «quanto tempo pensi sia
passato? » Jared
si portò le mani alla testa «..ieri.»
rispose insicuro,
«ieri per il mondo o ieri nel'universo in cui
sei stato questi tre giorni?!»
Lo guardò. Sembrava così piccolo avvolto nel
cappotto. E lo era. Una cosa che
spesso dimenticavano era proprio questo, per quanto fossero
diversi dai
loro coetanei non erano altro che degli adolescenti.
«..Non lo so ..» Jared aveva ripreso a
tremare ma questa volta le pasticche
non c'entravano «io-- io non ricordo ..
a --» aspettò che
concludesse la frase ma l'altro rimase in silenzio, lo
sguardo perso nel
vuoto.
Shannon sospirò e si alzò, al momento era inutile
parlare. Era certo che gran
parte di ciò che aveva detto la mattina dopo sarebbe stato
solo un confuso
ricordo «dai..» disse tirandolo
su «andiamo a casa» il fratello
lo guardò per un attimo in silenzio quindi annuì
e barcollante lo seguì.
Non ricordava il viaggio in macchina, nè l'arrivo a casa.
Per Jared erano
passati pochi secondi dal freddo vicolo. Ed ora si ritrovava
a
boccheggiare piegato in due stringendo il bordo del water nel
piccolo
bagno del loro appartamento. Il suo esile corpo sconvolto da
violenti e
vuoti conati. Non riusciva a distinguere le parole che Shannon
gli stava
mormorando ma il suo tono carico d'affetto , calmo e rassicurante fu
sufficiente a farlo crollare.
«mi dispiace.. mi dispiace così tanto»
piagnucolò disperato e stremato,
la sua testa poggiata sul braccio piegato «non
volevo..non volevo
Shan... non volevo dirle quelle cose. Glielo dirai vero? Glielo dirai a
mamma?»
Shannon gli massaggiò la schiena «glielo
dirai tu Jay..non stai per morire»
«la vostra vita sarebbe molto
più semplice senza di me»
pensò, e per un attimo credette di averlo detto ad alta
voce, ma non ne era
certo. L'eventuale risposta di Shannon si perse in quell'insieme di
singhiozzi,
coperta dal ronzio delle sue orecchie quando per l'ennesima volta
rimetteva
quell'amara sostanza biancastra.
Passarono un altro paio d'ore prima che le pasticche smettessero di
fare
effetto. Per tutto il tempo Shannon gli rimase accanto ascoltando il
suo
piagnucolare senza senso e parlandogli di tante cose: del loro futuro,
di quei
progetti, occasioni e successi che aspettavano solo di essere colti e
realizzati. Gli aveva confidato , certo che Jared non capisse
nè ricordasse, di
quanto fossero orgogliosi di lui e di come fosse certo
che avrebbe
fatto della sua vita quello che voleva.
Durante quel fiume di parole Jared si rese conto di quanto volesse che
diventassero realtà. Cercò di ripensare ai motivi
per i quali si era lasciato
andare e questi venivano schiacciati senza pietà dalla forza
di quei sogni e da
quella speranza.
Man mano che diventava più lucido cominciò a
sentire anche le conseguenze di
quelle ore... giorni di black-out. Non c'era
muscolo che non gli
dolesse. Provò a spostarsi per cercare una posizione
più comoda sulle bianche
mattonelle e non potè trattenere un lamento. Shannon si
voltò e, come se gli
avesse letto nel pensiero, si alzò «dai
Jay un ultimo sforzo»
avvicinandoglisi lo afferrò per il braccio e lo
tirò su, guidandolo verso
la loro camera.
Una volta seduto sul letto Jared cercò di resistere
all'istinto di lasciarsi
cadere all'indietro e dormire vestito e lasciò che
l'altro lo preparasse.
Guardò il fratello iniziare a sbottonargli la camicia e la
realizzazione di ciò
che aveva fatto lo colpì di nuovo con tutta la sua forza.
Shannon gli fece muovere un braccio alla volta con cura, attento a non
sforzare
troppo i deboli e dolenti muscoli.
«ho fottuto tutto»
Il fratello maggiore arrestò brevemente i suoi movimenti e
alzò gli occhi «no»
gli rispose premendo delicatamente il collo elastico della
maglietta
pulita sulla sua testa «non tutto» e,
una volta che fu
riuscito ad infilargliela, lo guardò sorridendo dolcemente.
«e adesso?» chiese Jared ma
l'altro non rispose subito, in ginocchio
davanti a lui gli slacciò le scarpe e inizò a
sfilargli i jeans.
«Una cosa alla volta» gli
rispose alla fine con calma mentre scostava le
coperte e lo invitava a stendersi posandogli delicatamente una mano
sulla
spalla «ora riposati..ne hai bisogno.»
Jared si girò di lato e si lasciò coprire dalle
calde coperte. Shannon gli si
sedette accanto «domani porteremo quelle tue quattro
ossa a fare delle
analisi--» quando provò a protestare
l'altro gli lanciò un'occhiata
ammonitrice «--e riprenderemo da dove avevamo
lasciato».
«Andremo avanti. Noi tre insieme»
concluse quindi sentendo la
tensione abbandonare il corpo del fratello.
Guardò le sue palpebre cedere alla stanchezza fino
a chiudersi
completamente e rimase a lungo lì seduto a fissare le luci
dell'alba penetrare
attraverso le vecchie tapparelle . Quando fu certo che l'altro
fosse
addormentato si lasciò andare.
Pianse per la paura, per la rabbia, per il fatto che non importava
quanto si
sforzasse nel cercare di alleviare il vuoto che opprimeva il fratello,
di
evitare che sbagliasse... non era mai abbastanza.
Non sapeva quanto tempo fosse passato ma ad un certo punto
sentì la porta
dell'appartamento aprirsi e i leggeri passi della madre. Era tornata
dal turno
notturno al centro sociale. Si asciugò velocemente le
lacrime e, prendendo un
respiro, cercò di ricomporsi.
Pronto a mentirle.
***
«hai ricominciato?» Shannon
sentì il cuore battergli furiosamente nel
petto.
Jared capì al volo a cosa si riferisse e lo
guardò allucinato «no!»
«Jay cazzo..» parte di lui
sapeva che il fratello non avrebbe mai commesso
lo stesso sbaglio due volte ma al contempo era consapevole di quanto
potesse
essere vulnerabile.
Quando anni prima Jared studiava a Philadelphia ed aveva cominciato ad
allontanarlo era quasi impazzito per paura che fosse ricaduto in
qualche strano
giro. Fortunatamente i suoi rimasero solo timori.
«ti ho detto di no Shannon!»
ripetè scocciato. Non importava quanto
tempo fosse passato il fratello non avrebbe mai dimenticato quel
periodo, quel
suo errore.
Dopo qualche minuto di silenzio Jared
riparlò «ho lasciato la scuola »
mordendosi il labbro decise di dire tutto senza ulteriori preamboli
«e
voglio che vieni con me a Los Angeles».
Shannon quasi non si strozzò «sei
impazzito?.. P-perchè cosa non andava in
questa scuola? E cosa diavolo dovremmo fare dall'altra parte degli
states?!»
Jared si sporse leggermente sul tavolino, era importante per lui che
Shannon
capisse, che vedesse in questo azzardato piano l'occasione che stavano
aspettando da una vita «costruirci un futuro! Posso
imparare le cose
che mi insegnano allo SVA direttamente sul posto e .. cazzo
Shan! Dobbiamo
dare una scossa alle nostre vite! »
«E tu pensi che andando a LA avremo un
futuro?» non che l'idea di
partire e darsi un'altra chance non lo allettasse ma lui doveva essere
il
razionale dei due e quella che Jared gli stava proponendo era una pazzia
«
ti dico io cosa succederà! Tempo una settimana .. al massimo
un mese... e ci
ritroveremo a fare la fila per un pasto con i senzatetto!!
»
«Questa è una mentalità da
perdente e noi non siamo perdenti. Non ricordi?
Sei stato tu a dirmi che dovevamo farcela, metterlo in culo a tutti!»
«non puoi fare sul serio»
«vieni con me o no?»
-----
Ed io
farò lo stesso.
tbc
A/N:
i. Jared dopo aver
lasciato la University
of the Arts di philadelphia
si è trasferito a new
york per frequentare la School of Visual arts.
ii.
da un' intervista del 2006 per www.absolutepunk.net
[..]
Jared: Who did it and why?
Matt: I just started to
cut… [..] Yeah, I’m very impulsive when it comes
to haircuts. I just decide to start cutting hair, and what
I’m left with is this.[..]
» foto
iii. l'ultimo concerto di
matt è stato ad el
paso, texas il 1/3/07 . Il 2/03/07 Jared eg li altri gli
hanno dedicato R-Evolve:
iv. Tra le scuole frequentate
da Jared figura una certa 'Newton
North High school' la cui mascotte è una tigre
xD
"I
dropped out in the
10th grade (16-17anni) because I just wasn't
interested. I was a bad boy. I'm
reformed now.
Let's put it this way, just wait until they make the Dazed and Confused
of my
generation."
"[..] Jared got hold of
a fake ID at the age of 16 and become a doorman."
"I was a much more
devious 17 years old.." (Big England '98)
v.
I miei sospetti su cosa intendesse con l'essere un bad boy sono stati
confermati dalla famosa intervista 'rivelatrice' di Kerrang!
Molto probabilmente la questione è stata leggermente
'più
seria' nella realtà ma ho deciso di continuare
così come
l'avevo pensata.
"Well
I lived on the street when I was a kid, I wasn't even at school, so I
had a whole different set of experience for those formative years. I
was out, I was gone. [..] when you're a kid you feel
invincible,
and you're less breakable in some ways. At least I think I was.
What got me through? I suppose when I was young there was a small part
of me that always believed that something was possible, that there was
more to life than just the mundane and mediocre. [..]
Well I did a lot of drugs then. I was in a very precarious
place
when I was younger. And I suppose then there was a transformation that
took place. Sometimes there is a bit of divine intervention out there
and I certainly had some moments of luck. [..]
I got very close (to the edge) [..] I would say I came as close as you
can get. I looked down into the abyss,into Dante's Inferno, and gazed
upon the river Hades.."
vi. "I was
studying at School of Visual Arts in New York and left to join my
brother, who
was doing demolition derby, in Indiana." Jared Leto
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Capitolo 18 *** AVVISO ***
AVVISO
Ero
indecisa se scrivere questo avviso o no. Alla fine mi è
sembrata davvero la cosa più giusta da fare.
Mi scuso davvero con
chi stava seguendo la ff e che gentilmente ha recensito. Sono mortificata
ed amareggiata.
»
Cosa è successo?
Ho perso tutta la fanfiction. Tutti i capitoli già pronti e
finiti e quelli abbozzati che avrebbero portato alla conclusione della
storia. Il computer mi ha abbandonato nel modo peggiore..portandosi via
tutto il 'lavoro'.
»
Perchè non ho avvertito prima?
Non avevo modo, non avendo più il pc a disposizione e poi..
poi dovevo decidere se avevo intenzione o meno di riscrivere tutto da
capo.
»
E ora?
Ho deciso di riprenderla ma la pubblicherò solo quando
avrò tutto (o almeno gran parte) pronto e al sicuro.
Soon. (per
citare una nostra conoscenza)
Buon 2011 a tutti/e! E... a
presto con un nuovo capitolo!
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