Sailing The Waves of Past - Navigando le onde del passato

di Ever Dream
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ~ A place called home ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ~ It`s time to cut the rope and fly ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ~ ...finding you one day ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ~ Downcast eyes ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ~ Bosom for a teary cheek ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ~ Touched by a kiss of a man ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ~ ...Give in for my touch for my taste ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ~ ...Dumb kid, living a dream _ parte I ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ~ ...Dumb kid, living a dream _ parte II ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ~ ...Dumb kid, living a dream _ parte III ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ~ ...The rest is silence ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more _ parte I ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more parte II ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more parte III ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more parte IV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ~ In my dreams you're mine ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ~ Lost on a road I don't belong ***
Capitolo 18: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ~ A place called home ***


1
Disclaimer: Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.



Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato



Capitolo I ~ A place called home

“Cosa sono le fotografie se non frammenti di passato ,attimi rubati al tempo e alla storia della nostra vita? Ho cercato le foto della nostra infanzia, ne sono rimaste pochissime. La più vecchia ci ritrae seduti su un lettone intenti a sorridere alla macchina fotografica, baffi di cioccolato sui nostri visi accaldati. Posso perfino sentire le nostre risate e le carezze di mamma. Sai Shannon? Per me la casa non sono quattro mura e un tetto. La mia casa siete voi....sei tu."


luglio 1978

La vecchia Buick uscì dal parcheggio del Johnny’s Pizza e si diresse verso la Old Minden Rd per poi immettersi nella US-80 E. Constance guardò nello specchietto retrovisore, Shannon si era addormentato, Jared invece con la testa poggiata sulla spalla del fratello maggiore guardava fuori dal finestrino. Si sentì stringere il cuore, sebbene tentassero di comportarsi da piccoli ometti lei sentiva che i suoi bambini soffrivano. Continuò a guardare il viso freddo e serio che si era sostituito ormai da un anno a quello gioioso e pieno di vita di Jared e sentì la rabbia crescere dentro di se, strinse il manubrio e tornò a guardare la strada. Una distesa infinita di asfalto nero.

Constance a 26 anni e due figli doveva fare i conti con la dura realtà. il suo compagno l’aveva lasciata… li aveva lasciati. Non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine dei grandi occhioni azzurri di Jared colmi di lacrime e le sue manine contro la finestra mentre guardava la macchina del padre allontanarsi per l’ultima volta.

Shannon come lei aveva scelto la strada più facile, quella di odiare l’ uomo che aveva preferito un’altra donna, un’altra famiglia a loro. Jared no. Era cambiato, ad uno sconosciuto sembrava un bambino come gli altri, ma sua madre aveva visto la luce che c’era nei suoi occhi e che ora era spenta, velata da una malinconia che non doveva appartenere a un bambino di 7 anni. Cosa passasse in quella testolina non lo sapeva. Ma aveva ritenuto necessario andarsene da Bossier City e allontanarsi da tutti quei ricordi. Non c’era un angolo di quella cittadina che non gli ricordasse Tony. Benché li avesse abbandonati la sua presenza era più che viva tra di loro. In ogni silenzio, in ogni sospiro c’era traccia di lui.


Era così presa nei suoi ragionamenti che quando si sentì toccare sulla spalla schizzò in aria dalla paura, “Mamma!” ridacchiò Jared, “oddio scusami amore… ero sovrappensiero!” disse passandosi la mano sulla fronte e riprendendosi dallo spavento. Il bambino posò il mento sulla spalla della mamma e le stampò un bacio sulla guancia poi cominciò a giocare con i suoi lunghi capelli biondi “ho fame …”. Constance lo guardò riflesso nello specchietto, era intento ad analizzare la ciocca di capelli con tale concentrazione che non potè trattenere una risata, Jared alzò lo sguardo perplesso “cosa c’è da ridere mà ?” la donna scosse le testa “niente niente.. prendi un po’ di pizza”.Il bambino si sporse e afferrò la busta portandola sul sedile posteriore, nel frattempo
Shannon si era svegliato e si unì al fratellino. La donna sorrise nell’udire le risate divertite e i discorsi tra i due. Li vide guardare affascinati il fiume Missisipi mentre attraversavano il ponte e li sentì confabulare mentre armati di pastelli e album si accingevano ad immortalare quella splendida vista prima che il ricordo si indebolisse. Per la milionesima volta da quella sera si chiese come fosse possibile abbandonare quei due piccoli tesori.

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Exit 33B - I-59 N - Gadsden. Jared lesse il cartello, erano ormai più di 6 ore che erano in viaggio e si sentiva stanco. Voleva riposare, giocare con Shannon sul lettone della mamma e addormentarsi, ma non poteva. Si abbandonò contro il corpo di Shannon e si accoccolò. Quando riaprì gli occhi erano davanti ad un motel, “Budget Inn” si stropicciò gli occhi e si stiracchiò. ” tesoro sveglia..” la mamma stava svegliando Shannon, evidentemente anche lui non aveva retto ed era crollato. Rabbrividendo al leggero venticello prese la mano della mamma e la seguì alla reception del motel.

La stanza era semplice ma accogliente. C’era solo un letto a due piazze, un tavolino con due sedie e il bagno. L'indispensabile. Jared posò lo zainetto di Winnie the Pooh sul tavolino e si guardò intorno. Era la prima volta che andava in un motel, era anche la prima volta che viaggiava a dire la verità. Si sedette su una delle due sedie e guardò come Shannon aiutava la loro mamma a sistemare le cose per la notte. Li guardava e lottava contro il bisogno di piangere, gli mancava la sua cameretta, l’odore di casa. Aprì lo zainetto ed estrasse il suo Mr. Potato. Glielo aveva comprato il suo papà poco più di un anno prima alla festa del paese. Il suo papà…strinse il giocattolino e chiuse gli occhi..

Quella notte era sveglio. Aveva sentito la mamma piangere, pregare il papà di non andare. Non aveva capito cosa stava succedendo, era sceso dal lettino e aveva guardato Shannon che era nascosto sotto le coperte. Uscì nel corridoio. Era tutto buio ad eccezione della luce che proveniva dalla camera da letto dei genitori. Stava dirigendosi in quella direzione quando lui uscì dalla stanza. Aveva una valigia e il cappotto. Non sentendo più urla il bambino pensò che il peggio fosse passato quindi trotterellò verso l’uomo aggrappandosi al cappotto. Il padre si bloccò, guardò in basso e incontrò lo sguardo curioso e preoccupato di suo figlio “Pà dove vai?” l’uomo si chinò e gli accarezzò le guance, lo guardava intensamente “il pa..il papà deve andare via per un pò, tu fai il bravo bambino e torna a letto ok?” Jared continuò a fissarlo con i suoi occhioni pieno di fiducia, “ok..” sorrise mostrando i pochi dentini da latte rimasti e quando torni?”, l’uomo lo guardò per un attimo in silenzio e rispose in un sospiro ”presto.. continuò ad accarezzargli la testa e Jared nel profondo del suo giovane cuore capì che stava mentendo. “me lo prometti?” domandò di nuovo cercando di scacciare quel brutto presentiment. Il padre annuì e si alzò, scese le scale e uscì dal portone senza voltarsi. Jared scese a sua volta correndo con i piedini scalzi sul freddo pavimento e si affacciò alla finestra sul cortile. Vide la macchina fare manovra e uscire in strada. Sua madre l’aveva trovato così, appoggiato alla finestra in lacrime mentre si chiedeva tra se e se perché il suo papà non gli voleva più bene. Forse, pensava, se avesse visto Shannon sarebbe rimasto.

Respinse ancora una volta le lacrime e tornò a guardare tutto quello che rimaneva della sua famiglia, della sua casa. La madre gli si avvicinò “Jay, mamma si allontana un attimo fai il bravo e dai retta a tuo fratello ok?” gli sorrise e gli diede un bacio sulle guance pallide. Lui si limitò ad annuire. La sentì chiudere a chiave la porta della camera e scendere in fretta le scale esterne del motel. Per un attimo l’idea che anche la mamma li abbandonasse passò nella sua testa ma la respinse immediatamente.

“ Jay... che ne dici di una bella doccia?” Shannon posò i suoi occhioni nocciola in quelli azzurri del fratellino e alzò il sopracciglio per sottolineare il suo piano diabolico: la doccia diventò un’astronave e il letto il pianeta da esplorare. ”Chi cade dal letto è morto” affermò serio Shannon stringendo un cuscino, Jared ridacchiò mentre cercava di mantenere l’equilibrio e avvicinarsi all’altro cuscino, le manine e i piedini nascosti dal pigiama di una misura troppo grande. Si armò e sorrise al fratellone pronto alla lotta. I brutti pensieri erano stati accantonati per un pò.

I due bambini erano occupati nell’ennesima missione quando Constance finalmente tornò, il volto stanco ma sorridente. La telefonata con sua madre, Ruby, era stata difficile ma ora aveva un indirizzo dove rivolgersi una volta arrivata ad Oakton. Jared si catapultò dal letto e la donna guardò questo batuffolo avvinghiarsi alle sue gambe. Posò la busta sul letto e ne estrasse il contentuto, i bambini rimasero a bocca aperta e si gettarono sui dolcetti.

Quando più tardi uscì dal bagno rimase davanti alla porta e si gustò la scena: Shannon stava raccontando una storia al fratello minore, mimando e gesticolando le varie scene e Jared lo guardava completamente perso in quel mondo di fantasia, baffi di cioccolata sul viso paffuto. Aprì la sua borsetta e li chiamò, i bambini si girarono e sorrisero all’obbiettivo.

Click

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2008

Jared era seduto al tavolo della cucina, le mani tra le cosce e le gambe incrociate sotto la sedia. Guardava il foglio davanti a se mentre riviveva quella giornata minuto per minuto nella sua mente, un leggero sorriso curvava le sue labbra mentre distrattamente accarezzava la vecchia foto. Si passò le mani tra i capelli e stava per rimettersi a scrivere quando sentì un rumore di passi avvicinarsi. Poco dopo due braccia lo stavano stringendo in una morsa carica d’affetto. “ancora sveglio?” Jared annuì e alzò il volto per incontrare le familiari labbra. Il bacio fu breve e dolce, i due si scambiarono un’occhiata complice, poi Jared strinse la presa “Jay restituiscimi le braccia, mi servono” Jared rise e lasciò andare, rivolgendo la sua attenzione di nuovo ai fogli disse “ BB mi versi un po’ di caffè?

tbc


NOTE:

i. Jared e Shannon sono nati a Bossier City da Tony L Bryant (forse) e Constance Metrejon . Le date sicuramente non corrispondono, molto probabilmente erano troppo piccoli per ricordare il padre.




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Capitolo 2
*** Capitolo II ~ It`s time to cut the rope and fly ***


2 stwop
Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N: innanzitutto grazie a linkin park, Ari92 e MiSs_MuSe per le loro recensioni e complimenti ^^ fa sempre piacere poter collegare un nick alle visite.

Per quanto riguarda la tua domanda MiSs_MuSe, si. Pare, visto che Jared e Shannon non ne hanno mai parlato, che il loro padre biologico sia Tony L Bryant che Constance ha sposato nel 1969 (all'età di 17 anni). Poi, poco dopo la nascita di Jared, hanno divorziato e anni dopo si è risposata con Carl Leto, un medico, che ha dato il suo cognome ai due.


Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§

Capitolo II ~ It`s time to cut the rope and fly
(E' ora di tagliare la corda e volare)




ottobre 1985

"Di questo passo morirai di fame" disse Shannon mentre richiudeva la porta della loro camera facendo attenzione a non fare troppo rumore. Si diresse verso i letti e lanciò la mela a pochi millimetri dal volto del fratello che, steso sul letto, lo stava aspettando "Cazzo Shan! la prossima volta tiramela direttamente in fronte" Jared prese la mela e si tirò su a sedere "non è colpa mia se hai i riflessi di un bradipo" ribattè Shannon mentre raggiungeva l'altro e gli si sedeva accanto.

Erano le due passate e Jared si era svegliato affamato, da una settimana mangiava solo la verdura, alle domande di sua madre rispondeva con un vago 'non mi va ' o 'sono sazio'. Aveva cercato di ignorare la fame ma il continuo rigirarsi nelle coperte aveva svegliato Shannon che si era offerto di avventurarsi in cucina a prendere qualcosa per fermargli lo stomaco.

Del piccolo Jared, pallido e ferito , che guardava il paesaggio scorrere veloce dal finestrino della Buick , cercando risposte a domande che non dovevano sfiorare una mente così giovane, non era rimasto nulla..o quasi. Quel periodo era un insieme di volti, città, voci...uniti in quel vortice di colori che formavano i ricordi della sua infanzia. L'unica traccia di quella ferita mai rimarginata erano i suoi occhi, perennemente maliconici e tristi.

Jared aveva capito che tenere lontane le persone era l'unica arma che aveva per proteggersi dal dolore , per questo aveva creato una maschera dietro la quale nascondersi. Non che funzionasse con Shannon, il fratello maggiore poteva vedere ben oltre i mille strati che Jared metteva tra se e il mondo. Ma con gli altri funzionava, ai più appariva pieno di se, freddo e a volte cattivo. Ma quello non era il vero Jared. Il vero Jared era una persona semplice e determinata, che se aveva abbastanza coraggio di aprire il suo cuore sapeva amare come nessun'altro .

"non è più semplice dire : 'mamma ho deciso di diventare vegetariano'?" propose Shannon mentre l'altro osservava assorto la mela nelle sue mani, e aggiunse "così non fai altro che farla preoccupare inutilmente! l'hai vista questa sera?"

Jared sapeva che il fratello aveva ragione. Come sempre. Ma doveva trovare il momento giusto per affrontare l'argomento. Non voleva che la prendessero come una delle sue fissazioni temporanee. Sorrise al ricordo della confusione che aveva creato in tutto il quartiere quando a dieci anni, deciso a diventare uno speleologo, si era calato in una cava abbandonata, armato di un piccone e una torcia delle Tartarughe Ninja.

"Perchè ridi adesso?" Shannon lo guardava incuriosito, "niente niente... comunque sai già che mamma andrebbe in panico. Comincerebbe a farmi domande, mi porterebbe dal medico... comincerebbe a frequentare corsi di cucina vegetariana! " disse tra un morso e l'altro, gesticolando per enfatizzare le parole "..e poi Carl..." lottò alla ricerca delle parole giuste e , non trovandone, si limitò a dire sprezzante " farebbe il Carl !". Diede l'ultimo morso e con ancora il boccone prima che Shannon potesse dire qualcosa aggiunse "ma le parlerò. promesso big bro" gli passò il nocciolo e sorrise " ...sono stufo delle mele" infine si rimise sotto le coperte augurando , per la seconda volta quella sera, una buonanotte al fratello.

Shannon rimase seduto di fianco a lui per un pò, accarezzandogli distrattamente la schiena mentre guardava come la luce dei lampioni in strada filtrasse attraverso le tende leggermente scostate e illuminasse la loro stanza. I poster erano macchie scure sui muri e la piccola sveglia spiccava nella semioscurità con le sue lancette fosforescenti. Si voltò verso il fratello e notò che più passava il tempo più Jared somigliava a loro padre. Sospirò al pensiero di quell'uomo e sentì una vecchia e nota rabbia diffonderglisi per tutto il corpo. Chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi. Quando il respiro di Jared divenne regolare si alzò e andò a buttare i resti della mela.

Da quando Tony li aveva abbandonati Shannon si era sentito responsabile nei confronti del fratello minore. Nonostante avesse solo un anno circa in più dell'altro era deciso a diventare un modello per Jared. Qualcuno a cui potesse rivolgersi e fare affidamento. Sempre. Mentre tornava a letto ricordò le volte in cui l'aveva abbracciato mentre piangeva perchè si era fatto male, quando cercava di distrarlo raccontandogli storielle inventate sul momento per non fargli pensare che non avevano abbastanza cibo in casa, o le volte in cui l'aveva difeso dai bulli e trattenuto dal picchiare tutti quelli che accennavano qualcosa di cattivo verso loro madre. Si girò verso il letto di Jared e assicurandosi ancora una volta che stesse dormendo tranquillamente chiuse gli occhi e si addormentò.

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Constance passò il panno umido sulla cornice e si fermò a guardare la foto ingrandita al suo interno: lei e Carl al loro matrimonio.

I primi tempi ad Oakton erano stati difficili. I due lavori che aveva trovato, donna delle pulizie al The Westin Reston Hotel e commessa part time al supermercato della zona, nonstante le portassero via gran parte della giornata, non bastavano a pagare tutte le spese. Fortunatamente la scuola del posto aveva un programma pomeridiano così Jared e Shannon passavano lì , al sicuro, i loro pomeriggi.

Poi arrivo Carl Leto, il medico.

Erano ormai quasi due anni che l'uomo era entrato a tutti gli effetti nella loro vita. All'inizio era stata restia. Non riusciva a fidarsi completamente, ma alla fine aveva ceduto. Carl le era stato amico prim'ancora che amante, spingendola a credere nel suo talento come fotografa, a fidarsi di lui ma soprattutto aveva accolto i suoi due bambini a braccia aperte. Le ripeteva sempre che una parte di DNA non ti rendeva genitore, lo stare accanto al bambino, crescerlo e crescere con lui si. E lui voleva amare e farsi amare come padre dalle due pesti che rispondevano al nome di Shannon e Jared.

Era ancora persa nei ricordi quando sentì la porta sbattere e poi l'allegro vociare dei suoi due ragazzi che risalivano le scale. Alzò lo sguardo e li vide girare l'angolo, accaldati e sorridenti. Sospirò consapevole che da allora in poi la parola pace era bandita dalla casa, era strabiliante vedere come il venerdì fosse rigenerante per i due. Si faceva fatica a riconoscerli rispetto i due fantasmi che si erano recati a scuola immersi in una nuvola grigia per tutta la settimana. La salutarono in fretta ed entrarono di corsa in camera loro. Pochi secondi dopo il suono di una chitarra si diffuse per il corridoio, segnalando l'inizio del lungo weekend. Constance sorrise e scese le scale diretta in cucina. A fine prove i suoi due rocker sarebbero stati affamati.

Quando il suono della chitarra cessò e l'unico rumore che veniva dal piano di sopra erano le risate dei due e qualche botto non definito, Constance prese il pacchetto di Choco Bliss, due bicchieri di spremuta e si diresse verso la loro camera. Arrivata davanti la porta la scostò leggermente con il dorso della mano ma non entrò, rimase ad ascoltare la discussione tra i due fratelli.

"il nome deve essere qualcosa di particolare..di unico" disse Shannon mentre seduto alla scrivania cercava di trovare l'ispirazione per fare i compiti. Jared era steso a terra a leggere un fumetto, i piedi sul letto, perso in un mondo tutto suo "pensi che sia più forte Hulk o Batman?". Shannon rimase perplesso a fissarlo per un attimo. Jared era così, passava da un discorso ad un altro e seguirlo gli era praticamente impossibile "eh?..ehm...non so.. non si sono mai scontrati" la buttò lì e si stupì nel vedere cheil fratello ci stava riflettendo sul serio. Ad un tratto Jared ,uscendo dal suo torpore, alzò il busto in unico fluido movimento ai limiti della fisica e corse verso la sua borsa. Cacciando e lanciando dove capitavano libri e quaderni estrasse un blocco note e si voltò verso il fratello. I suoi occhi luccicavano come sempre quando era eccitato per qualcosa ."Me ne stavo quasi dimenticando! " disse avvicinandosi e posando il blocco note sulla scrivania, "oggi avevamo un'ora libera, visto che quella strega della Madison si è ammalata e sono andato in biblioteca " Shannon lo guardò incredulo, solo Jared avrebbe passato un'ora di relax immerso tra i libri " e ho fatto una ricerca..sai, sulla simbologia e cose varie " sfogliò velocemente le pagine e gli mostrò i vari schizzi "potremmo partire da uno di questi".

Shannon li guardò uno per uno, poi corrugò la fronte e chiese "perchè quella donna ha solo una gamba?" Jared lo guardò confuso "chi?" l'altro girando il blocco note verso di lui puntò uno degli schizzi il fratello gli lanciò un'occhiataccia e visibilmente irritato rispose "questo è un simbolo che rappresenta i 4 elementi" Shannon cercò di rimanere serio ma poi cominciò a ridere "credo che l'unica cosa a cui penserebbero i nostri fan sarebbe il bagno delle donne" Jared sconsolato sbuffò, facendo alzare la frangetta leggermente "sei così superficiale certe volte io mi chie.."

Constance decise di interromperli prima che la discussione diventasse più seria. "Allora ragazzi come è andata la giornata?" i due si voltarono e le sorrisero "mah.. niente di speciale" disse Shannon scartando lo snack . Era la sua risposta standard. Ogni tentativo di sapere di più sarebbe stato inutile. Constance si voltò verso Jared in attesa di essere investita dal fiume di parole sulla giornata del figlio minore ma quest'ultimo si limitò a fare spallucce. La donna e Shannon si guardarono istintivamente. Stava per cercare di estorcere qualche parola in più, incredula che davvero era tutto quello che aveva da dirle ,quando il telefono cominciò a squillare e si diresse verso l'apparecchio nell'ingresso. Shannon rimase a guardare Jared che, a disagio, abbassò lo sguardo "qualcosa che non va?" chiese ma non ricevendo risposta dal fratellino si rassegnò. Sarebbe andato da lui quando era pronto. Come sempre.

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Il weekend trascorse in una strana, calma, atmosfera. La telefonata aveva confermato i sospetti di Constance: Jared le stava nascondendo qualcosa. Certo, stava crescendo e cambiando, ma negli ultimi giorni stava diventato sempre più sfuggente. Non la preoccupava la fase vegetariana, per quello aveva già comprato un paio di libri di ricette, ma più che altro che di colpo suo figlio non le parlasse. La professoressa al telefono era stata vaga e Constance non sapeva più cosa pensare. Alla fine aveva rinunciato a farsi domande.

Scendendo dalla macchina quel lunedì mattina si preparò ad affrontare la preside. Qualsiasi cosa avesse combinato Jared le sarebbe stato rivelato tra pochi minuti, doveva avere pazienza. Si voltò verso i figli e li guardò mentre fianco a fianco si avviavano verso l'entrata "c'è qualcosa che vuoi dirmi prima che vado?" Jared si fermò e si voltò, per la prima volta da tre giorni la guardò sul serio negli occhi "solo... non costringetemi a fare ciò che non voglio" le sorrise e lei si sentì sciogliere. Non aveva realizzato quanto le mancasse il sorriso del figlio rivolto a lei fino a quel momento. La gioia era tanta che le sfuggì la strana frase di Jared.

"Suo figlio è avanti rispetto alla sua classe, abbiamo pensato che sarebbe più adatto per lui frequentare un istituto che possa valorizzarlo e stimolare le sue capacità." la direttrice guardò la professoressa di lettere e le fece cenno di intervenire "vede signora Leto... Jared è molto intelligente e apprende molto velocemente ..troppo rispetto ai suoi compagni e questo frena il suo sviluppo." Constance ,che per tutto il tempo era rimasta immobile e in silenzio, battè le palpebre leggermente stordita" e cosa consigliate di fare?" riuscì a dire respingendo la voglia di scoppiare a ridere. Lei, che si aspettava di venire a sapere che Jared aveva fatto saltare qualche apparecchiatura nel laboratorio seguendo un esperimento tutto suo o avesse litigato con qualche compagno.

La direttrice aprì uno dei cassetti ed estrasse una brochure passandolo alla donna "la Flint Hill School sarebbe la soluzione migliore per il ragazzo" Constance guardò il pezzo di carta e sospirò "una scuola privata? non abbiamo i soldi per pagare la retta.." la direttrice le sorrise " è qui che entra in gioco Jared. La scorsa settimana gli abbiamo fatto fare un test a sorpresa simile ai test d'ingresso per la Flint Hill e ,signora, l'ha superato brillantemente. Ho visto ragazzi ammessi con punteggi inferiori." Constance inghiottì, era divisa tra la gioia della notizia e la tristezza del non avere i mezzi "ci sono borse di studio che la Flint HIll mette a disposizione per ragazzi particolarmente dotati e noi siamo convinte " continuò la direttrice "che Jared dovrebbe tentare".

Constance guardò le due donne, aveva voglia di mettersi a ballare per la gioia ma decise di darsi un contegno "ne avete già parlato con Jared?" le due si scambiarono una veloce occhiata poi la professoressa si sedette sulla sedia accanto alla sua e lei intuì che stava arrivando la parte sgradevole del colloquio "glielo abbiamo detto dopo il risultato del test e la sua reazione non è stata quella che ci aspettavamo" Constance ripensò alle parole del figlio davanti alla loro macchina e chiuse gli occhi.

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"Si può sapere perchè non vuoi andare? Questa è un'occasione che non puoi farti sfuggire Jay!" Carl era in piedi davanti al caminetto, il giornale accartocciato in una mano. Cercava inutilmente di parlare a Jared che seduto sulla poltrona si era chiuso in un irritante silenzio. Constance osservava la scena dalla poltrona di fronte a quella del figlio. A differenza di lei e Shannon non aveva ancora chiuso il capitolo Tony. Aveva accettato Carl ma non riusciva a vederlo come suo padre. Anzi, il più delle volte lo sentiva come un intruso.

Carl la guardò spazientito "ma siamo sicuri che non hanno sbagliato il test? un ragazzino tanto intelligente non perderebbe un'occasione simile per un capriccio!" Jared era deciso a non aprire bocca davanti all'uomo ma Constance decise di provare ancora una volta "Jay, tesoro, se tu non dici perchè non vuoi andare come possiamo decidere?" il ragazzo voleva dirle di mandare via Carl, di parlarne insieme da soli, perchè lei avrebbe capito ma il patrigno si intromise "tsk! tu e la tua fissazione di lasciarli liberi di scegliere! non ci serve certo il suo permesso! siamo i suoi genitori sta a noi decidere cosa è meglio per lui!". Jared ridacchiò attirando l'attenzione dei due. Allo sguardo interrogativo di Carl continuò a rimanere in silenzio. Sfidandolo.

Carl aveva provato ad avvicinarsi al ragazzo ma quest'ultimo sembrava rifiutare ogni tentativo. I primi tempi l'aveva ferito, perchè voleva sul serio fargli da padre ma ora lo innervosiva soltanto. Non aveva forse sposato loro madre? -pensò- non li aveva adottati? dato loro un tetto? Cosa voleva da lui? Osservò i suoi grandi occhi azzurri e si stupì di quanto angelico apparisse. Ma era solo apparenza. Constance non lo vedeva perchè era sua madre. Era cresciuta credendo in quelle filosofie hippy, (e a cosa l'aveva condotta se non rimanere incinta a 17 anni?) dava ai ragazzi troppa libertà e questo era il risultato: non riconoscevano le autorità. No, non era giusto parlare al plurale, Shannon era diverso. Di indole era più rispettoso. Era Jared il problema, se avesse potuto educarlo a suo modo forse questo piccolo delinquente avrebbe avuto meno boria.

L'uomo si chinò e avvicinandosi al volto del figlio si accertò di scandire ogni parola per bene "andrai alla Flint. a costo di doverti trascinare per i capelli". Constance si alzò di scatto e allontanò il marito da Jared "Carl! Sono certa che Jay ha le sue ragioni, diamogli del tempo per rifletterci su. Così lo stiamo solo innervosendo! " e una volta controllato che la situazione era di nuovo sotto controllo si diresse in cucina. La discussione era finita.

Jared non perse tempo, si alzò e corse in camera sua mentre Carl seguì la moglie nell'altra stanza "usare il pugno di ferro, ogni tanto, non fa male " la donna si girò e Carl indietreggiò d'istinto "non osare mai più usare quel tono con lui!" sibilò prima di aprire la dispensa e prendere gli ingredienti per preparare il seitan.

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Shannon alzò la testa dai libri e sospirò. Jared era entrato di corsa e si era accoccolato sul letto senza proferire parola.

Jared che non parlava significava solo una cosa :aveva un problema.

Si alzò e si sedette sul letto. In silenzio allungò la mano e mosse i capelli che gli coprivano gli occhi. "senti genietto non è che verresti ad aiutarmi in geometria?" Jared sorrise debolmente e si tirò su poggiandosi sul gomito. Asciugandosi le lacrime guardò il fratello maggiore. Shannon non lo forzava mai a parlare. Aspettava semplicemente che andasse da lui. "pensi sia stupido non voler andare in quella scuola?" Shannon alzò le sopracciglia sorpreso "è un no per la geometria?" disse parando il pugno del fratellino. Combatterono per un pò cercando di prevalere sull'altro. Shannon ebbe la meglio e bloccò l'altro sul pavimento, dove erano precipitati durante la lotta. Lo guardò mentre si contorceva cercando di liberarsi e glielo domandò "perchè non vuoi andare Jay?" il fratellino smise di agitarsi e lo guardò a lungo prima di rispondere, la voce bassa e insicura "ho paura......non voglio stare lontano da te".

A scuola da sempre erano 'quelli strani'. Durante l'intervallo, le pause tra le varie ore e i pranzi passavano il tempo insieme. Da soli. Si proteggevano a vicenda dagli attacchi dei bulli di turno e Shannon capiva perfettamente la paura di Jared, perchè anche lui l' aveva. Lasciare andare Jared significava rischiare di perderlo, di vedere il loro rapporto mutare. Significava lasciar andare l'unica cosa che gli aveva impedito di abbandonarsi al proprio dolore. Ma doveva farlo. C'era il suo futuro in ballo. Si chiese cosa avrebbe fatto una volta che Jared si fosse staccato da lui, che l'avesse abbandonato per nuovi amici, nuove persone.

Respinse l'istinto di abbracciarlo forte e gli disse cercando di smorzare la tensione "non devi aver paura sciocco. E' una scuola come le altre. Pensi che basti qualche ora passata in un istituto diverso per liberarsi di me?" si alzò e aiutò a rimettersi in piedi anche il fratello "piuttosto vedi di far vedere a quelli lì il tuo valore! Ora asciugati il naso e vieni ad aiutarmi con quel problema.. se no a che servono i fratelli minori intelligenti come te?" detto questo gli arruffò i capelli e tornò alla scrivania.


Stava leggendo di nuovo quelle odiate regole quando sentì le esili braccia avvolgerlo alle spalle in un abbraccio. Jared gli diede un bacio sulla guancia e gli sussurrò un 'grazie'. Shannon si rese conto che stava piangendo solo quando una lacrima cadde sul quaderno sciogliendo l'inchiostro nero sul foglio.

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dicembre 2007


Shannon richiuse la porta. L'ingresso era avvolto nell'oscurità. Barcollando e zittendo il mobile che aveva colpito con il fianco raggiunse la porta della cucina. Lui era davanti alla finestra, il braccio alzato contro lo stipite. Si voltò e si guardarono nella penombra. Shannon scosse la testa " cosa ci fai a quest'ora in piedi?" poi si mosse verso il tavolino alla ricerca di un appoggio.

"Ti aspettavo. Shan... non puoi andare avanti così" Jared si avvicinò al fratello e alzò il voltò dell'altro "guardati.. non ti reggi in piedi". Lo stesso Shannon si stupì di essere in grado, dopo tutto l'alcol ingerito, di muoversi così velocemente. Un battito di ciglia e Jared si ritrovò contro il muro. I loro volti a pochi millimetri. "aww" disse sarcastico stringendo i polsi dell'altro "il fratellino è preoccupato?" la sua voce era pericolosamente bassa, Jared si dimenò cercando di liberarsi. La presa dell'altro era così forte da far male "Shan.." ansimò "parliamone..vuoi?" la risposta dell'altro fu una risata ,fredda e distante "di cosa Jay?.. di cosa vuoi parlare?" il suo tono faceva più male della stretta ai polsi, Jared lo guardò negli occhi cercando una traccia di suo fratello, "cosa c'è che non va Shan? Cosa ti tormenta?". Shannon rimase in silenzio per quella che parve un'eternità "tu". Jared sentì l'alito di birra dell'altro posarsi sulla sua pelle quando pronunciò le parole che distrussero il suo mondo "sei tu che mi tormenti. Tu sei come lui..e non intendo solo fisicamente" Shannon allontanò la mano dal polso destro per spostarla sul viso dell'altro. Lo guardò attentamente, sembrava di avere davanti Tony. Jared rimase in silenzio, tremante. I suoi occhi azzurri già colmi di lacrime. "Come lui allontani chi ti ama", una volta finito Shannon rilassò la sua presa e sbandando si diresse verso le scale. Gli unici rumori in tutta la casa erano il ticchettio dell'orologio e i singhiozzi di Jared.

tbc


NOTE:

i. Choco Bliss era uno snack degli anni '80
ii. Jared ha frequentato la Flint Hill School nel 1985/86
iii. il seitan è un alimento della dieta vegetariana ottenuto dal glutine del frumento e costituisce una fonte alternativa di proteine.



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Capitolo 3
*** Capitolo III ~ ...finding you one day ***


3 stwop
Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N: maddi, grazie? ma grazie a te e alle altre (linkin park, Ari92, princes_of_the_univers, giugina2004, MiSs_MuSe) che leggono e che recensiscono questa fic xD!! e' davvero un piacere sapere che non avete perso l'interesse e che vi sta appassionando.

giugina2004 , le origini francesi di cui ha parlato jared sono da parte della madre. i Metrejon hanno origini cajun
,un gruppo etnico di francesi canadesi stanziatosi in louisiana . Poichè Shannon è nato nel 1970 e Jared nel 1971 è difficile che Constance ,che nel 1969 ha sposato tony L Bryant (come puoi vedere qui), abbia avuto un altro uomo nel giro di qualche mese. io, ripeto, mi baso sulle notizie trovate in rete che come tali vanno prese con le pinze ma sono anche le uniche che abbiamo visto che Jared e Shannon non hanno mai parlato del padre biologico.

princes_of_the_univers, ovviamente non posso sapere che tipo di rapporto c'era tra i due, ma per essere diventati completamente estranei dopo il divorzio..beh non doveva essere dei migliori.


Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§

Capitolo III ~ ...finding you one day
(... trovarti un giorno)



novembre 1985

Jared era seduto in macchina e guardava l'enorme costruzione dal tetto grigio e le pareti ecru davanti a lui. La madre era seduta nel sedile accanto e gli stringeva la mano. "tesoro" la donna aumentò la pressione della sua mano "ti farei stare qui tutta la mattina ma devi andare altrimenti farai tardi". Jared si voltò e le sorrise annuendo "ci vediamo oggi ma" le baciò la guancia e uscì dall'abitacolo.

Constance lo seguì mentre con passo deciso attraversava il cortile con l'intestazione in pietra della scuola e, salendo le scale, si avviava verso l'entrata dell'edificio. Rilasciò il respiro che stava trattenendo e mise in moto, allontanandosi nel traffico della Jermantown Road.

Così era iniziata la sua avventura alla Flint Hill.

Mentre attraversava i corridoi pieni di volti nuovi e si fermava vicino all'armadietto che gli avevano assegnato, non immaginava quanto la sua vita sarebbe cambiata. Le risate e le chiacchiere intorno a lui erano un vociare lontano, si sentiva come uno straniero in un paese di cui non conosceva la lingua. Prese un quaderno, provò la combinazione e si avviò , mappa dell'istituto in una mano, verso la sua nuova classe.

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"...' Il Ritratto di Dorian Gray' che rimane il testo più significativo del Decadentismo e dell'Estetismo Inglese...". Il professore parlava interrottamente da quaranta minuti. Jared cercò di bloccare lo sbadiglio ma fallì miseramente. Stropicciandosi gli occhi cominciò a scarabbocchiare il bordo del quadermo e pensò a quello che gli aveva detto Shannon. Era passata una settimana dal primo giorno di scuola e il fratello maggiore era stufo di sentir parlare solo delle lezioni e della bibliotecaria e l'aveva praticamente minacciato affinchè tentasse di fare amicizia con qualche compagno.

La cosa non era assolutamente semplice visto che ,non solo era arrivato ad anno iniziato ma li aveva praticamente evitati per tutta la settimana. Non c'era da stupirsi se non lo calcolavano. Si guardò intorno. Erano tutti più o meno distratti, chi scriveva bigliettini, chi fingeva di ascoltare ma con la testa era a chilometri dal banco, chi lottava contro il sonno.

Li guardò ad uno ad uno e sospirò. Non vedeva nessuno di interessante, a parte lei. Era davvero bella con i suoi lineamenti dolci, delicati e i lunghi capelli biondi raccolti in una treccia..scosse la testa imbarazzato dai suoi stessi pensieri. Doveva fare amicizia non pensare alle ragazze!

Tornò ad ascoltare la lezione e notò che il professore lo stava guardando poi l'uomo si rivolse alla classe e domandò "Quali sono i temi principali affrontati da Wilde nell'opera ?" alcune braccia si alzarono titubanti "Susan" la ragazza si sistemò gli occhiali e rispose "... i temi propri del decadentismo: l'estetismo , l'amoralità... ..." il professore annuì e la invitò ad approfondire ma la ragazza si limitò ad abbassare lo sguardo mentre gli altri cercavano di mimetizzarsi con i loro banchi. Jared ci riflettè su, nella foga si dimenticò di avere in mano la matita e quando alzò il braccio la fece volare in fondo alla classe, i compagni che assistettero alla scena ridacchiarono, e per grande orrore di Jared, anche lei aveva visto e stava ridendo. Lo stesso professore fece fatica a nascondere il suo divertimento "dica Leto", Jared cominciò a rispondere mentre immbarazzato cercava di fare finta di niente "..la contrapposizione tra arte e vita reale.. ma principalmente il tema del doppio. Dorian è diviso tra bene e male....." proprio in quel momento la campanella suonò segnalando la fine della tortura.


I ragazzi salutando il professore si catapultarono fuori dalla porta, era l'ora del pranzo e non vedevano l'ora di rilassarsi dopo una mattinata passata sui libri. Jared si alzò con calma e andò a raccogliere la matita che aveva lanciato inconsapevolmente poco prima. Quando si rialzò si trovò faccia a faccia con il panciotto del Prof. Grant.

"
Sei tra i pochi che hanno davvero letto il libro lo sai?" il professore stava sfogliando la sua copia e leggendo alcuni passaggi che Jared aveva sottolineato. Il ragazzo sorrise e annuì ,l'uomo gli mise la mano sulla spalla e si avviarono insieme verso la porta "non ti preoccupare...anche lei ti guarda di nascosto" Jared lo guardò negli occhi e l'uomo gli fece l'occhiolino prima di salutarlo e lasciarlo lì, indeciso se scavare una buca e buttarcisi dentro. Rimase per un pò fermo sulla porta, poi scuotendo la testa iniziò a camminare.


I corridoi erano pieni di ragazzi che ridevano e scherzavano. Si fermò davanti al suo armadietto indeciso se rifugiarsi come sempre negli ultimi sette giorni nella biblioteca. Poi ricordò le minacce di Shannon e, raccogliendo il suo coraggio, si diresse verso la sala mensa. Se nei corridoi c'era confusione, quello che si presentò davanti a Jared entrando nell'enorme sala era una vera e propria giungla.

Osservando la disposizione dei tavoli si potevano distinguere i diversi gruppi di studenti. C'erano gli sportivi, le ragazze alla moda, i secchioni, gli strani e i perdenti.
Non era poi molto diversa da una scuola pubblica. L'unica differenza è che ogni ragazzo lì presente, a parte le eccezioni come lui, aveva genitori abbastanza ricchi da permettersi una retta da 20.000$ .

Era fermo a fare la fila ai banconi intento a fissare con disgusto le varie portate di polpette e carni varie , quando sentì una voce spazientita alle sue spalle "ehi Dorian! ti vuoi muovere?... Mi si raffredda l'insalata!"
Jared si voltò e si trovò a fissare un ragazzo poco più alto di lui, capelli neri e occhi scuri. Rimasero a fissarsi per un attimo, poi l'altro ragazzo sorrise e lo spintonò giocosamente con il vassoio.

C'era un gruppo che non aveva notato appena entrato in mensa: quelli che non facevano gruppo. Brent era uno di loro. Faceva la sua stessa classe anche se aveva un anno più di lui ed era figlio di un industriale. Come Jared aveva una passione per la musica e il cinema, parlarono del più e del meno sorpresi dal fatto di avere così tanti interessi in comune. Si conoscevano da meno di un'ora eppure erano completamente a loro agio,come fossero amici da sempre.

"Che schifezza stai mangiando?" chiese d'un tratto l'altro osservando inorridito il piatto di Jared "passato di verdure" rispose dando una forte manata in difesa di una carota che Brent tentava di prendergli "Ahio!... volevo vedere se era viva, sai è lì che galleggia" disse rabbrividendo. Jared roteò gli occhi sconcertato e notò che la ragazza e la sua amica si erano appena sedute al tavolo di fianco a loro. Brent seguì la direzione del suo sguardo e divertito chiese "Vivienne o Elisabeth?", l'altro non rispose e Brent riguardò le due. Sgranando gli occhi urlò " Betty Boles???" Jared si guardò intorno per sincerarsi che nessuno avesse sentito l'amico "ssst santo cielo !!" Brent si limitò a ridere e a scuotere la testa poi, approfittando della distrazione dell'amico, puntò di nuovo alla carota. "Molla!!" disse esasperato Jared e, mentre ridendo difendeva il piatto dall'invadente forchetta, si rese conto che non avrebbe più pranzato da solo.

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"Secondo me dovresti dargli una chance" Shannon era sdraiato sul letto a fissare il soffitto. Jared aveva appena finito il suo resoconto giornaliero e stava accordando la chitarra " a chi?" chiese spaesato.

Shannon si tirò su e si poggiò sui gomiti "a Carl.." l'altro rimase a fissarlo, poi tornò a pensare allo strumento "dai Jay...lo so che non è perfetto.. ma chi lo è?" Jared continuò ad ignorarlo "non puoi aspettare in eterno che papà torni!".

Il fratello minore si bloccò e alzando la testa con espressione seria disse "chi ti dice che non ci abbandonerà anche lui?". Shannon ci pensò un pò su "secondo me non è il tipo... e comunque il fatto che hai paura di perderlo è segno che... che in fondo... qualcosa ti importa di lui Jay..." Jared sospirò e si alzò avvicinandosi alla finestra " Come per la Flint! avevi il terrore di andare ed ora non fai altro che parlare di quel Brent Bolqualcosa e Betty Boles!" Shannon si assicurò di scandire l'ultimo nome.

"Bolthouse... Brent Bolthouse." specificò Jared " Non so Shan... non so nemmeno se gli interessi o meno se gli voglio bene o lo odio! Non vedo il motivo di fare questo discorso" Shannon sbuffò "è tanto strano sperare di avere una famiglia normale? almeno pensaci Jay..." Jared lo guardò e annuì.

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20 dicembre 1985

"è bellissimo!" Elisabeth alzò la testa e i suoi occhi neri incrociarono quelli azzurri di Jared. "g-grazie... " la ragazza arrossì leggermente, era seduta al suo banco, i compagni intorno a lei chiacchieravano rumorosamente, liberi da esami e interrogazioni. L'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze invernali.

Jared le si sedette accanto, poi con lo sguardo chiese il permesso di guardare meglio il disegno a matita. La ragazza glielo passò, mentre si chiedeva se l'altro potesse sentire il suo cuore battere, visto che sembrava volesse uscirle dal petto.

Fin da quando Jared era arrivato a scuola ,Elisabeth, ne era rimasta affascinata. Era un ragazzo indubbiamente molto carino ma questo non era l'unica cosa che aveva attirato la sua attenzione. Jared era diverso dagli altri ragazzi. Sembrava che nulla lo toccasse o lo interessasse ma bastava vederlo discutere di un libro, o disegnare per vedere tutta la passione, il calore che nascondeva.

"Anche io disegno. Pensavo di frequentare un'accademia o comunque un istituto d'arte dopo il diploma" Jared alzò lo sguardo e la ragazza si stupì di non essersi sciolta all'istante "davvero?" riuscì a dire, ancora incredula che le avesse rivolto la parola.

"a-ah" Jared annuì "sai fin da piccolo sono stato a contatto con artisti di ogni genere, mia madre è fotografa... quindi mi sembra la cosa più naturale. Non mi vedo proprio seduto in un ufficio vestito di tutto punto!" rise e continuò a guardare il disegno che aveva in mano.I chiaroscuri a matita facevano risaltare le due figure e sembrava di poterne toccare la pelle.

"sono Eco e Narciso vero?"chiese ed Elisabeth lo guardò sorpresa "conosci la loro storia?" Jared annuì e iniziò a parlare "Eco era una ninfa dei boschi che poteva usare la sua voce soltanto per ripetere le parole pronunciate dagli altri. Questa era la punizione che Era le aveva inflitto perchè colpevole di averla distratta con i suoi racconti e aver permesso la fuga delle Ninfe dei monti concubine di Zeus." la ragazza lo ascoltava incapace di distogliere lo sguardo dal suo volto " La ninfa si innamorò di Narciso ma quando lui ,geloso della propria bellezza, la respinse aspramente vagò per i monti e per boschi finchè morì di consunzione e di lei non rimase altro che la sua voce" Jared le sorrise ma prima che potesse dire qualcos'altro la professoressa di matematica entrò e dovettero separarsi.


dicembre 2007

"ah ..sei qui.."

Jared sentendo la sua voce alzò lo sguardo e sorrise. Era seduto ,vestito solo di un paio di boxer, vicino alla vasca da bagno che stava riempendo di petali color pesca.

"Come è andata la giornata?" chiese infilando le mani sotto la maglia e baciando la pelle che copriva man mano "il solito..", ormai i vestiti erano sul pavimento "gli
hai parlato? " il cantante lasciò che le sue labbra venissero catturate in un tenero bacio prima di rispondere "no. rifiuta le mie chiamate..." il suo viso per un attimo tradì il dolore che portava nel cuore ma subito si ricompose, "vieni?"

Si immersero nell'acqua calda. i petali accarezzavano la loro pelle e davano la sensazione di essere immersi nel velluto. "Cos'è?.. avevano finito le rose rosse?" Jared rise leggermente e si spostò fino a coprire l'altro corpo, l'acqua si mosse e qualche goccia uscì dal bordo, tracciando un umido percorso fino al pavimento. Facendo sfiorare le loro labbra sussurrò " le rose color pesca significano amore segreto".

tbc



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Capitolo 4
*** Capitolo IV ~ Downcast eyes ***


3 stwop
Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N:  innanzitutto grazie a emanuela che mi ha inviato il banner *.* è stupendo! ,

Ari92 , no Jared e Brent non si sono conosciuti alla Flint Hill. Ho voluto giocare un pò con gli avvenimenti giusto per non far diventare questa fic una biografia alternativa XD. son contenta ti piaccia  ^^. baci.

princes_of_the_univers , scusami forse non mi sono fatta capire ma nel messaggio precedente parlavo di Carl xD.

giugina2004 , grazie ^^ per quanto riguarda il link che mi hai dato leggi le note in fondo :)




Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




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Capitolo IV ~ Downcast eyes
( Occhi rivolti verso il basso)



dicembre  1985

Jared aveva sempre pensato che ci fossero cose molto più importanti delle ragazze a cui pensare. L'unica sua esperienza con l'altro sesso, un bacio, risaliva all'estate precedente. Constance doveva fare un reportage del lago Fairfax e avevano deciso di approfittarne per fare un campeggio e passare un agosto diverso dal solito. Lì aveva incontrato Tracy. Non ricordava nemmeno il suo cognome  ora che, davanti alla tazza di cioccolata calda al Subway, sedeva ad uno dei tavoli intento ad ascoltare i consigli dei due esperti : Brent e Shannon.

I due avevano fatto subito amicizia, non che avesse mai avuto dei dubbi a riguardo ma, quando li aveva presentati, aveva avuto paura. Jared aveva visto lo sguardo di Shannon controllare ogni particolare e aveva notato le domande mirate che aveva fatto per ricavare un profilo dettagliato di Brent, neanche gli avesse presentato la sua fidanzata. Un profilo che, fortunatamente, lo aveva soddisfatto a pieno. Infatti stavano trascorrendo praticamente tutti i pomeriggi delle vacanze insieme, un periodo che non avrebbero mai dimenticato e che avrebbe cementato la loro amicizia.

Li guardò mentre con fare da intellettuali esponevano per la centesima volta il loro punto di vista sulla situazione. "Sei tu l'uomo...." Shannon rimase in silenzio per un attimo " va beh... uomo... ci siamo capiti" Brent ridacchiò e concluse per lui " devi farti avanti!". Jared ignorò la frecciatina e bevendo un sorso della bevanda ripensò a Betty. Erano dieci giorni, duecentoventiquattro lunghe ore che non la vedeva. Sospirò guardando il via vai della gente in strada e annuì.

"Ok! Mi avete convinto. Cosa dovrei fare secondo voi?... scriverle una lettera d'amore?". Brent afferrò il braccio di Shannon e scambiandosi uno sguardo complice si sporse sul tavolo e si avvicinò a Jared "no. devi dirglielo di persona... qual'è il posto a scuola che frequenta di più?..." Jared rimase a pensarci a lungo. Strinse la tazza assaporando il calore dell'oggetto e rispose "la biblioteca" Shannon rise "perchè la cosa non mi stupisce?" poi con fare cospiratorio aggiunse "... ora ascoltaci"

---

Era una giornata nuvolosa, la luce argentea entrava dalla grande finestra che dava sul cortile posteriore dove Shannon e Jared stavano intrattenendo il cuginetto. Carl era seduto alla scrivania del suo ufficio e osservava la scena davanti ai suoi occhi. Il piccolo Jerome correva per il prato avvolto nel cappottino arancione inseguito da Shannon. La sua risatina gioiosa era contagiosa e si ritrovò a sorridere inconsapevolemente. Poi guardò Jared che ,seduto sulla panca, era intento a disegnare sul suo album.

Constance era via da due giorni e a lui sembrava un'eternità. Era felice che il suo lavoro come fotografa stesse dando risultati ma al contempo non poteva che sentirne la mancanza. In fondo lui l'aveva spinta in quella direzione convinto che con il tempo avrebbe rinunciato alle sue ambizioni. Ed invece eccolo lì: solo con i ragazzi.

Pensò a quando l'aveva incontrata. Era appena arrivato in città. Entrato nel nuovo supermercato non riusciva a trovare il reparto casa, si era avvicinato a quella dipendente occupata ad applicare il prezzo sulle scatole di cereali e aveva chiesto indicazioni. Quando la donna si era voltata e cortesemente aveva iniziato a spiegargli la direzione da prendere, Carl non aveva potuto che notare la sua bellezza. I capelli biondi incorniciavano il volto regolare, occhi azzurri come non ne aveva mai visti. Inutile dire che da quel giorno diventò un cliente abituale del supermercato. Amore a prima vista.

Ma conquistarla fu tutt'altro che facile. Rise al pensiero dei mille tentativi andati  a vuoto, il lavoro per instaurare quell'amicizia e fiducia necessari per aver accesso al suo cuore, la gioia di quando si scambiarono il primo bacio. L'emozione nei suoi occhi quando lo aveva presentato ai suoi due figli.
Sospirò e si avvicinò alla finestra, continuando a fissare Jared che, mordendosi il labbro inferiore,  con mano esperta muoveva la grafite sul foglio. Lo faceva sempre quando si stava concentrando.

Carl era consapevole di avere tanti difetti e che uno di quelli era la mancanza di pazienza.
Constance gli aveva spiegato, durante le interminabili chiaccherate la sera a letto, che era stato Jay l'ultimo a vedere Tony. Non sapeva cosa si fossero detti ma da allora era cambiato. Era convinta che Jared non l'odiasse ma semplicemnte facesse fatica ad accettarlo, ed era comprensibile visto che aveva dovuto superare un tradimento che lei stessa non riusciva a perdonare.

Jared alzò la testa dal foglio e incrociò lo sguardo del patrigno che, poggiato alla finestra sussultò, per un attimo convinto che il ragazzo avesse sentito i suoi pensieri. Si guardarono poi Jared titubante gli sorrise.

Perchè doveva essere tutto così complicato?


5 gennaio 1986

"Jay alza le chiappe!" Shannon sbadigliando si avvicinò all'armadio e grattandosi la testa prese dei vestiti a caso, mandò un'occhiata al di sopra delle sue spalle e sorrise. Jared nel frattempo si era infilato di nuovo sotto le coperte, l'unica cosa visibile era un ciuffo di capelli.

Era sempre così al ritorno dalle vacanze. Jared era un abitudinario, una volta che il suo fisico si era abituato a certi orari era difficile farglieli cambiare. Il risultato era che per i primi 5 giorni di vacanze si svegliava troppo presto e ,viceversa, al ritorno sui banchi ci voleva una gru per tirarlo giù dal letto.

Si sedette sul letto e provò a spostare le coperte ma, come si aspettava, Jay glielo impedì mormorando qualcosa di incrompensibile attraverso i diversi strati di lenzuola. "Dai Jay" ridacchiò Shannon ormai completamente sveglio " Betty ti aspetta!". Ci fu un momento di silenzio poi Jared cacciò la testa: con i capelli scapigliati che sfidavano le leggi della gravità e gli occhi assonnati che lottavano per rimanere aperti si faceva fatica a riconoscerlo. Shannon evitò di commentare la scena e lo osservò mentre con un lamento si tirava  a sedere e con l'allegria di uno zombie si trascinava ciabattando verso il bagno.

Venti minuti dopo scese in cucina , completamente trasformato. Canticchiando un motivo si versò una tazza di caffè che ,in una giornata normale, sarebbe stato letale e lo avrebbe reso iperattivo.
Constance rivolse uno sguardo interrogativo a Shannon che, facendo attenzione a non esser notato dal fratello, disegnò in aria un cuore. La donna alzò le sopracciglia sorpresa e ritornò a guardare il figlio minore che nel frattempo si era messo il cappotto e impaziente la stava aspettando davanti alla porta.



Qualche ora più tardi Jared si ritrovò davanti alla porta della biblioteca, stringendo il libro  che aveva in mano, guardò Brent che in un angolo del corridoio lo incitava ad entrare. Insipirò a fondo ed entrò nella sala. Fingendo di leggere , si sedette ad uno dei grandi tavoli blu, casualmente sulla sedia di fronte a Betty. Rimase con gli occhi incollati sulle pagine, le parole un ammasso di lettere in successione. La ragazza alzò gli occhi dal suo libro e lo notò. In quel momento Jared alzò la testa e, fingendo di esser sorpreso, la salutò "anche tu qui?" disse , la ragazza arrossì leggermente e annuì "è uno dei pochi posti davvero tranquilli". Jared commentò il libro di Betty iniziando una piacevole discussione sull'autrice, poi ripensò al piano che Shannon e Brent avevano escogitato e stava per metterlo in atto ma rinunciò. Alzandosi si scusò e abbandonò la biblioteca. A Brent, che lo stava aspettando, bastò un'occhiata per capire che non aveva avuto il coraggio di farlo.
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Erano passate due settimane e Jared aveva tentato l'approccio altre 5 volte. Salvo poi fare retromarcia all'ultimo momento e lasciare una sempre più confusa Elisabeth a domandarsi se  non la trovasse fastidiosa. Si, perchè Jared era davvero bravo a far sembrare i loro incontri casuali e altrettando bravo a non far trapelare le sue emozioni. Ora, chiuso nel bagno dei ragazzi, con la fronte contro lo specchio ascoltava il rimprovero di Brent "Diamine Jay il peggio che ti può succedere è che ti dica di no! Tra l'altro è assolutamente impossibile.. sapessi cosa mi tocca vedere durante le ore di lezione... è completamente cotta di te!" Jared si girò verso l'amico e abbassando lo sguardo sospirò "la fai facile tu.. se dovesse dirmi di no penso potrei morire" Brent non potè trattenere una risata e buttando la sigaretta che stava fumando dalla piccola finestra in alto  disse divertito "sai essere davvero melodrammatico a volte lo sai?"

Da quando Brent lo frequentava si era chiesto se Jared si rendesse conto di quale effetto avesse sulle persone. Non appena lo si vedeva non si poteva non notare la sua bellezza, maschi e femmine non potevano negare il potere di quei due occhi e di quel sorriso. Ma, se si passava abbastanza tempo con lui da sentirlo parlare,  si rimaneva completamente affascinati dalla sua intelligenza. Dalla forza con la quale seguiva i suoi obiettivi. Guardandolo sbattere la testa contro lo specchio così insicuro dei suoi mezzi si rese conto che no, Jared non aveva la minima idea di tutto questo, ma il giorno in cui avrebbe aperto gli occhi avrebbe avuto tutti ai suoi piedi. Di questo ne era certo.

Dall'altra parte della scuola, nel bagno delle donne Betty era ugualmente disperata e, seduta sul lavandino, cercava consiglio dalla sua migliore amica. "Ogni volta che ci incontriamo e siamo da soli dopo tre minuti trova una scusa per andarsene..." si passò le mani sugli occhi  e tirò indietro una ciocca di capelli biondi che era sfuggita alla treccia "..eppure prima delle vacanze quando si è avvicinato e mi ha parlato ho pensato che gli piacessi". Vivienne era intenta a pettinarsi i capelli  e per la milionesima volta ascoltava lo sfogo dell'amica "forse è un timido.." provò a dire, Betty la guardò scettica "lui?" l'altra annuì "prova ad attaccare bottone tu per una volta..fatti vedere interessata, visto che hai passato gli ultimi tre mesi a guardarlo saprai quali sono i suoi interessi no?" Betty si limitò ad annuire "bene! domani in gita hai un'intera giornata per trovare l'occasione giusta..."
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La mattina dopo Jared era seduto di fianco a Brent sui sedili posteriori dell'autobus, Betty era qualche fila più avanti, entrambi decisi a dare una svolta al loro rapporto...Se così poteva essere definito.
La professoressa Barrell salì a bordo, i ragazzi parlavano rumorosamente tra di loro e  la donna sospirò sconsolata, provò ad attirare l'attenzione ma non ottenendo risultato, prese il microfono dell'autista e dopo un paio di tentativi riuscì a farsi sentire. Una volta che il vociare si fu calmato iniziò ad elencare le regole comportamentali ma Jared non l'ascoltò, troppo preso ad osservare Brent che dopo dieci minuti che era seduto stava iniziando ad essere insofferente: muoveva le gambe e cambiava posizione in continuazione. Voleva chiedergli cosa avesse ma nell'ultimo periodo era diventato intrattabile. Fargli una domanda del genere li avrebbe portati solo a litigare, sospirò e aprì il volantino del museo in cui erano diretti. 


Tre ore dopo i ragazzi gironzolavano disordinatamente per le sale del Virginia Museum of Fine Arts. Jared e Brent attraversarono la nuova ala dedicata agli impressionisti e si diressero verso quella dedicata all'arte antica. Quando la raggiunsero, però, la trovarono chiusa, un cartello attaccato ad una corda rossa indicava dei lavori in corso. Jared sbuffò "di tutte le sale questa era l'unica che mi interessava... ed è chiusa?!", l'amico posò una mano sulla sua spalla e si sporse per guardare all'interno della sala completamente buia ad eccezione delle flebili luci d'emergenza e, con fare conspiratorio, scavalcò la corda. "Brent!" Jared si guardò intorno allarmato "dai esci da lì" l'altro in compenso si addentrò ancora di più nella sala e disse tentandolo "Jay non fare la femminuccia .. entra! una visita privata quando ti ricapita!". Jared ci riflettè due secondi, guardò ancora una volta se ci fosse qualcuno e scavalcò.

Ci volle un pò prima che i suoi occhi si abituassero alla mancanza di luce, Brent nel frattempo cercava di capire da che parte doversi dirigere per raggiungere la sala dedicata all'arte ellenica. "Vieni" disse prendendo la manica del cappotto di Jared e guidandolo attraverso i corridoi in penombra. L'unico rumore erano i loro respiri e la plastica delle loro scarpe da ginnastica sul pavimento. Entrarono nella sala e Jared si catapultò davanti le statue che sorprendentemente erano ancora esposte. Le luci d'emergenza erano sufficienti per permettergli di analizzare ogni piccolo particolare delle opere. Brent lo vide osservare le pieghe delle sculture, i quadri e i vari oggetti nelle teche e non potè trattenere un sorriso. Felice di esser stato lui la causa della gioia dell'amico.

Quando Jared si ritenne soddisfatto passarono ad altre sale chiuse al pubblico, più si spostavano più la luce diminuiva. Il fatto di trovarsi  nell'ala dell'arte africana, con maschere spaventose di ogni tipo, non aiutava di certo e ben presto Jared si ritrovò ad aggrapparsi al giaccone dell'amico. Stavano attraversando una zona completamente al buio e Brent ,preso a prendere in giro Jared per essere così pauroso, andò a  sbattere contro qualcosa di morbido che si rivelò essere uno degli uomini delle pulizie rimasto al buio poco prima mentre 
era intento a lavare il pavimento.

L'uomo ,che non aveva sentito i due ragazzi arrivare perchè stava ascoltando della musica con il walkman, si voltò allarmato e avendo appena finito di sostituire le pile puntò il fascio di luce verso gli intrusi ma riuscì a vedere solo due ragazzi svoltare di corsa l'angolo. Jared e Brent corsero a perdifiato lungo i corridoi, mai in vita loro erano stati così veloci. Ripercorsero il tragitto di poco prima a ritroso ridendo fino alle lacrime mentre sentivano l'uomo urlargli dietro di fermarsi. Scavalcarono la corda con un'agilità da far invidia ad un professionista del salto ostacoli e si divisero.

Nella foga della corsa Jared andò a sbattere contro Betty. La ragazza si girò pronta ad insultare chi le era andato contro,ma le parole gli morirono in gola. Sorridendo riuscì a dire solo un debole 'ciao'. Jared  si guardò alle spalle e vide l'uomo delle pulizie entrare nella sala, avvicinandosi alla ragazza e mentre cercava di riprendere fiato le sussurrò "reggimi il gioco" poggiando la mano all'altezza della testa di Betty si chinò fino a quasi sfiorarle il viso.

Il dipendente del museo controllò la stanza, ma quello che vide erano delle ragazze vicino ad uno dei quadri e una coppietta nell'angolo. Il ragazzo con la coda dell'occhio seguì i suoi spostamenti, una volta sicuro che fosse uscito si allontanò leggermente da Betty e sussurrò "per un pelo..". La guardò di nuovo e si accorse di essere a pochi cm dalla ragazza che, timidamente, chiese "perchè ti stai nascondendo?" Jared non indietreggiò e sorridendo le rispose "Brent ed io ci siamo avventurati nell'ala chiusa al pubblico" Betty sgranò gli occhi ,"ma siete impazziti?" disse allarmata "poteva esserci qualsiasi cosa,potevate farvi del male..e" mentre la ragazza parlava Jared aveva notato il quaderno che teneva stretto contro il petto. Sul bordo di una pagina c'era scritto il suo nome circondato da cuoricini. Elisabeth vedendolo sorridere seguì il suo sguardo e, con orrore, notò la scritta. "è... non è.. cioè non è come sembra..vedi i..io l'estate scorsa ho conosc.." non riuscì a finire la frase perchè Jared , mandando al diavolo i piani e i discorsi studiati, la baciò all'improvviso.

Per un attimo la ragazza si irrigidì e lui temette di aver commesso un errore ma poi Elisabeth ricambiò il bacio. Istintivamente piegò la testa
e schiuse le labbra permettendo all'altro di approfondire il contatto. Betty aveva fantisticato a lungo su questo momento, si era chiesta cosa avrebbe provato, ma nemmeno la più bella delle sue fantasie poteva competere con le sensazioni che stava provando in quel momento. L'unica cosa che sentiva erano le labbra di lui, la sua delicatezza, il sapore dolce dei suoi baci, le mano di Jared sul suo viso. Quando il ragazzo si allontanò Elisabeth riaprì gli occhi e finì la frase che aveva interrotto "...iuto un ragazzo" . Jared le prese la mano e sorridendole gli chiese "l'hai visto il Van Gogh?" la ragazza arrossendo nascose il volto contro la spalla dell'altro e scosse la testa, 'no'.

Si allontanarono mano nella mano facendosi strada tra gli altri studenti, Brent in fondo alla sala li osservava sorridendo. Guardò le loro mani intrecciate e il sorriso cominciò a svanire. Si appartò in un angolo e cacciò un piccolo sacchetto, prese una delle pillole al suo interno e, fingendo di nulla, continuò la gita.


---

Carl chiuse la porta del suo ufficio e si voltò verso la segretaria. Quella sera era in anticipo di venti minuti visto che l'ultimo paziente che aveva preso appuntamento non si era presentato e, non avendo altri impegni, aveva deciso di andare direttamente a casa. Stava comunicando la sua decisione alla ragazza quando una donna entrò. Sistemandosi i lunghi capelli neri e lottando per riprendere fiato si avvicinò ai due "dottor Leto?" Carl annuì e la donna proseguì "spero di non essere troppo in ritardo.... è che.. è stata una giornataccia e... " Carl le sorrise e la rassicurò "lei è la signora Lafsky?" la donna confermò " avevo preso appuntamento per mia figlia... ha 8 anni e dice di aver problemi a leggere la lavagna" la donna si guardò intorno e  notò che la figlia non era entrata nell'ufficio e la chiamò ".. MELISSA!" la bambina spuntò dalla porta e timidamente si nascose dietro la mamma.


dicembre 2007

Constance asciugandosi le mani andò ad aprire la porta. Per un attimo rimase immobile, troppo sorpresa per dire qualsiasi cosa "Shannon cosa ci fai qui?" chiese mentre lo invitava ad entrare. Shannon scosse la testa, incapace di dar voce ai suoi pensieri , una volta dentro si guardò intorno e sorrise ai ricordi che quelle mura gli ispiravano poi, tornando serio sussurrò "ho fatto una cosa orribile mamma". Constance era ancora più confusa "dov'è Jay Shan?" per la prima volta la guardò negli occhi, la donna notò il rossore e capì che doveva aver pianto a lungo "gli ho detto .. l'ho ferito...l'ho perso...", Constance vedendo il terrore sul volto del figlio si avvicinò e l'abbracciò "Sssst..Shan..lo sai che Jay ti vuole bene...qualsiasi cosa tu gli abbia detto sono certa che capirà" Shannon scosse la testa "
non voglio che Jay mi odi" Constance si limitò a stringerlo più forte e dopo un attimo di silenzio ,affondando il volto sulla spalla della madre, mormorò" h.. ho bisogno di aiuto mamma".

tbc



note:

Giugina2004 - non dovevi addirittura andare a riprendere il link , ti credevo anche senza ^^ ma resta il fatto che è una notizia sbagliata. quella non è una biografia ufficiale ed è infatti  piena di inesattezze. Senza contare che  fanno un bel pò di confusione! 

 se ci fai caso in quella bio dicono che il padre biologico di Jared ha avuto 3 figli prima di morire . poi  affermano che con il matrimonio tra Carl Leto  e  Constance , Jared e Shannon, hanno acquisito 2 fratelli (quindi 5 fratellastri in tutto) chiamati Christian e Bob .. che di cognome fanno Devour
ma °_° ... essendo figli di Carl dovrebbero avere come cognome LETO... a meno che anche loro non siano stati adottati .
(poi  spunta  charlotte di 15 anni.. o.O  figlia di chi? del padre biologico? quindi anche gli altri due sono figli del primo padre? ma allora perchè dicono che sono figli di carl?) ....  ^^' e via dicendo. 
E' un minestrone di varie voci esposte in modo ancora più confusionario.
tra l'altro Carl dopo Constance ha adottato si altri bambini, ma due femmine.

il cognome Devour è stato smentito più volte nei vari forum, l'unico di cui  ricordo il link (scusami ma ritrovare tutte le discussioni mi e' praticamente impossibile) è una discussione sul forum di Jared-Leto .org -jared's heritage- in cui un utente inviò un messaggio del tipo 
 "i've read in some italian forums that the name of jared's father was tony devour......" che puntualmente è stato smentito ..

facendo varie ricerche incrociate ho scoperto che nello stesso forum che mi hai linkato c'è chi ha riportato le notizie "corrette" leggi questo messaggio (anche si parla di tutt'altro discorso) che è molto più recente della bio.
 
  visto che mr leto non accenna a voler (giustamente) rendere pubblici certi aspetti della sua vita  prima di scrivere mi sono limitata a verificare le varie voci, trovare delle fonti o comunque dei riscontri e in base a queste ricerche eliminare le voci dai probabili fatti.

nessuno si azzarda a darlo per certo  ^^' ma.. se vuoi controllare con i tuoi occhi :

- matrimonio -> qui  lo stesso è presente nel sito worldvitalrecords.com  sia se si ricerca tony l bryant che constance, ma la visualizzazione è a pagamento, idem qui


dubito ci sia qualcuno che è andato in giro a falsificare tutti i registri dei vari siti su genealogie e co. xD





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Capitolo 5
*** Capitolo V ~ Bosom for a teary cheek ***


5stwop
Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N: innanzitutto grazie 1000 per i commenti.. e complimenti (un piccolo grazie anche a chi non commenta ma legge ! xD) . Per le risposte alle recensioni leggete le note in fondo ^^ . Baci!

legenda:

***= ricordi 


Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§



Capitolo V ~  Bosom for a teary cheek
( Petto per una guancia in lacrime)



Aprile  1986

La famiglia Bolthouse si era trasferita temporaneamente ad Oakton e Brent riteneva che, la vita in questa cittadina della Virginia, fosse di gran lunga più movimentata della landa desolata di Joshua Tree dove era nato.Ma non era sufficiente.

Steso sul letto si asciugò gli occhi. Sapeva di non essere l'unico in quella situazione e che anzi, c'era chi stava peggio, ma questo non l'aiutava a sentirsi meno solo. La casa era immersa nel silenzio, i suoi genitori erano via per lavoro, come sempre. Cercò di pensare all'ultima volta che li aveva visti, entrambi troppo occupati a leggere i loro giornali per notare che al tavolo c'era anche lui.

Non erano cattivi genitori, solo... troppo presi dal lavoro per ricordarsi che un figlio ha bisogno di attenzione, di calore. O forse stava semplicemente cercando una scusa  per la sua situazione.

Erano quattro giorni che non andava a scuola. I primi tre si era risvegliato in strada dopo un'intera nottata in chissà quale locale. La sera prima, fortunatamente, era riuscito a raggiungere il suo appartamento e a trascinarsi fino al letto. Intenzionato a fare il quinto giorno di assenza sistemò il cuscino e si iniflò per bene sotto le coperte.

Spesso ci si chiede cosa spinga tanti giovani a cadere nella trappola della dipendenza, che sia alcool o droga. La risposta è semplice: la noia, la ricerca di sensazioni che li faccia sentire vivi.


Paradossalmente l'avere tutto materialmente è spesso accompagnato da un vuoto emozionale e Brent aveva trovato il rimedio adatto a questa sensazione bevendo il suo primo bicchiere a 11 anni.
Man mano che cresceva e la sua solitudine aumentava, cresceva il suo bisogno di rifugiarsi in un altro mondo, nascondersi dalla realtà.

Il bicchiere era presto raddoppiato, triplicato e crescendo, con l'arrivo delle 'giuste' conoscenze, sostituito da altri tipi di sostanze. Odiava l'effetto che queste avevano  sulla sua mente ma non poteva farne a meno. Erano il suo salvagente, senza sarebbe annegato, sarebbe diventato una pietra arida di emozioni come i suoi genitori. Sorridente in superficie e vuoto dentro. O forse lo era già?

Scosse la testa, non voleva rispondere a questa domanda. Cercò di pensare ad altro... Jared. Sorrise nella penombra della stanza.
L'aveva intrigato il suo modo di fare da sognatore, il suo guardare al mondo che lo circondava con un'infinita sete di conoscenza.

Jared credeva nella possibilità di raggiungere i propri sogni e , come gli aveva detto una volta, era stato educato a puntare agli obiettivi e a non preoccuparsi degli ostacoli da dover superare per raggiungerli. Si era chiesto dove trovasse tutta quella forza e poi,  quando lo aveva incontrato, aveva capito. Lui non era solo, aveva Shannon.

Vederli insieme rendeva possibile credere che, un giorno, davvero avrebbero reso reali i loro sogni e, di riflesso, rendevano possibile vedere raggiungibil i propri..se ne avesse avuti.Ad essere sinceri uno lo aveva, ma era uno di quelli che andavano custoditi nel proprio cuore.

Sentì le lacrime riempirgli di nuovo gli occhi ma le respinse, era stufo di recitare
l'immagine del ragazzo allegro,simpatico e senza problemi che aveva perfezionato lungo gli anni. La stessa immagine che aveva proposto a Jared e che, lentamente, si stava sgretolando sotto lo sguardo acuto e perspicace dell'amico. Sapeva che vedeva attraverso le crepe e che era solo questione di tempo prima che gli avrebbe posto delle domande...e che le risposte lo avrebbero allontanato. 

C'erano molte cose che Jared non sapeva di lui ed una era il perchè lui e Shannon avevano subito stretto amicizia. Non era solo la passione per la fotografia che avevano in comune, era Jared il vero motivo. Bastò uno sguardo per capirlo, era stato come vedersi riflessi in uno specchio: tutte le paure e le speranze davanti ai propri occhi. Sebbene in forma diversa i loro sentimenti per Jay erano il motore delle loro vite e ,allo stesso tempo, la loro fortuna e rovina.


Dieci minuti dopo mentre era nel dormiveglia sentì dei rumori.
La porta della camera da letto era stata aperta. La stanza venne illuminata dalla luce del sole che filtrava dalle finestre a vetro del corridoio, sentì dei passi avvicinarsi al letto e, leggermente intimorito, tirò fuori la testa. Strizzò gli occhi nel tentativo di abituarli al cambio di luce poi battè le palpebre perplesso. Jared era davanti a lui. Braccia conserte e sguardo di fuoco. I suoi occhi azzurri erano più scuri del solito e Brent si tirò a sedere senza proferire parola, ancora troppo sorpreso.

"Hai dieci minuti per vestirti e venire a scuola con me" la voce di Jared era forte e decisa, non ammetteva repliche. Brent ritrovò la parola "chi ti ha fatto entrare?" chiese non accennando ad alzarsi dal letto. "Nessuno" rispose l'altro tranquillo "... come sei entrato?" si corresse allora Brent, l'amico rise e si poggiò alla soglia della finestra " alzati o giuro che ti prendo in braccio e ti porto a scuola in pigiama... se quello è un pigiama" Brent si guardò e notò che indossava ancora i vestiti della notte precedente, imbarazzato distolse lo sguardo e lo puntò in un punto imprecisato della stanza "ti sei introdotto illegalmente in casa mia? " Jared annuì e Brent cominciò a ridere incredulo.

Jared sorrideva ma i suoi occhi erano seri "sai... quando ero più piccolo mi piaceva entrare nelle case degli altri, sedermi nel loro salotto e immaginare che tipo di famiglia ci abitasse..." con lo sguardo sempre più penetrante aggiunse "Si possono capire tante cose guardando una casa ". Brent riuscì a calmarsi e incrociò il suo sguardo, per un attimo fu come essere completamente nudo davanti a lui.

Si era sbagliato. Jared non era il tipo che faceva domande, lui trovava direttamente le risposte. Negli occhi dell'amico non vide nè pietà nè rimprovero, solo comprensione. In fondo anche lui fuggiva dalla realtà ma la sua droga erano i libri... i sogni.



Febbraio 1987

Brent si svegliò di soprassalto. Intorno a lui i ragazzi del centro stavano chiacchierando allegramente. Si guardò intorno e, passandosi le mani tra i capelli neri, ripensò al suo sogno. Il sogno in cui lui e Jared erano ancora ad Oakton, prima che tutto si rovinasse. Avvolse le braccia intorno alle ginocchia e ripensò a quel pomeriggio...

***
"Se comincio a risparmiare da ora e trovo un lavoro posso benissimo raccimolare la somma necessaria" Jared fissava un cartellone con le date di alcuni concerti nel negozio di dischi. Brent scartando il pacchetto di sigarette diede una veloce occhiata al nome della band "per quando avrai la somma sarà già sold out..e poi New York? 5 ore di viaggio per una di spettacolo?" Jared si voltò verso l'amico " I Cure Brent.. i Cure... valgono ogni secondo del viaggio" l'altro capì che farlo ragionare non sarebbe servito a nulla e si limitò a guardare le altre date "allora se ti va male per la data di New York puoi sempre ripiegare su quella di Wantagh" Jared annuì,  doveva semplicemente trovare un lavoro e convincere sua madre. Sospirò sconsolato e seguì Brent che aveva già iniziato ad uscire dal negozio.

Stavano discutendo sui probabili lavori che avrebbe potuto cercare per pagarsi il biglietto quando, ad un tratto, Brent si accorse che Jared non lo stava più seguendo. Si voltò e lo vide, pochi metri più indietro, guardare qualcosa dall'altra parte della strada. Lo raggiunse e seguì il suo sguardo. Lì per lì non vide nulla di interessante, poi lo riconobbe. Carl. L'aveva visto solo una volta qualche giorno prima, era andato a passare un pomeriggio a casa di Jared e avevano rischiato uno scontro frontale con l'uomo mentre correvano verso la tv del salotto.

Brent assistette alla scena completamente senza parole. Carl non era solo, una donna era con lui e dal loro atteggiamento era palese che non fosse un incontro di lavoro , nè una felice riunione tra vecchi amici. La più piccola speranza di esser semplicemente in cattiva fede venne spazzata via quando i due si baciarono. Jared, come lui, era pietrificato. Brent gli prese il braccio e lo tirò via dal ciglo della strada. Diede un'ultima occhiata all'uomo dall'altra parte della strada indeciso se andare lì e spaccargli la faccia o pensare all'amico che era lì fermo, 
incapace di distogliere gli occhi da quella scena.

Optò per la seconda. Trascinò Jared per il marciapiede pieno di gente fino a quando non trovò un vicolo abbastanza appartato.
Prese un profondo respiro mentre cercava di pensare a qualcosa da dire per cercare di aiutarlo, poi si girò. Le frasi di circostanza a cui aveva pensato vennero presto dimenticate quando i suoi occhi si posarono su quelli colmi di lacrime dell'altro. Non l'aveva mai visto piangere.

Jared si portò confuso la mano al volto e asciugò rabbiosamente l'ultima delle lacrime che avevano cominciato a rigargli il volto. "
Jay..." Brent si avvicinò di un paio di passi e lo afferrò per le spalle. L'altro sempre più irritato dal non riuscire a frenare la crisi di pianto lo guardò
, i suoi occhi azzurri sconvolti da un turbinio di emozioni. Brent si limitò ad avvolgerlo in un abbraccio. Non sapeva se fosse la cosa giusta da fare e si preparò ad ogni tipo di reazione dell'amico. Inaspettatamente Jared si strinse contro il suo petto, aggrappandosi alla sua maglietta in una morsa che conteneva tutta la sua rabbia e delusione. 

Brent sapeva bene che tra quello che Jared mostrava e quello che provava c'era un abisso e, in questo caso, era stato talmente bravo nel convincere gli altri che non gli importasse nulla di Carl, che alla fine ci aveva creduto anche lui.
Quando Jared si accasciò a terra lo seguì e strinse l'esile corpo scosso dai singhiozzi, ascoltando in silenzio l'eco dei frammenti di cuore dell'altro. 

Rimasero a terra nel vicolo fino a quando Jared non riuscì a controllarsi, incuranti dei passati che li guardavano tra l'incuriosito e il preoccupato. Alzò il volto dal petto dell'amico e si guardarono. Brent gli circondò il volto con le sue mani e deciso rispose alla domanda che sapeva stesse attraversando la mente dell'amico "tu non hai colpa Jay.." l'altro sorrise amaramente "si...certo..". Si alzò e pulendosi i jeans iniziò a camminare.

Brent avrebbe voluto convincerlo, urlargli che non era lui il problema ma si limitò a seguirlo in silenzio. Niente avrebbe potuto spiegargli perchè, per la seconda volta, era stato tradito dall'uomo che gli avrebbe dovuto fare da padre. Mentre si dirigevano verso la casa dei Leto sentì qualcosa contro la sua mano, era Jared che timidamente aveva intrecciato le loro dita.

Il suo modo per dirgli grazie.***

Prese la chitarra che aveva di fianco e la strimpellò distrattamente. Era nel centro di riabilitazione da cinque mesi e sembrava che il mondo si fosse fermato, lì il tempo scorreva ad una velocità totalmente differente dall'esterno. Un sorriso increspò le sue labbra quando ripensò alle espressioni dei suoi genitori quando, di prima mattina, borsone in una mano, gli aveva detto che aveva bisogno di aiuto per disintossicarsi. Impagabili.
Il sorriso gli scomparve ,però, quando ricordò l'ultimo incontro con Jared. 

***
Jared ,
nelle settimane seguenti la scoperta di Carl, era dimagrito visibilmente. Ricordò di averlo pensato mentre lo abbracciava e l'altro trattenendo a stento le sue lacrime gli passava la  macchina fotografica che sua madre gli aveva permesso di regalargli prima che se ne andassero dalla città "so che i tuoi possono comprartene dieci di queste ma almeno eviti di scordarti di me" disse ridacchiando. Brent prese la macchina fotografica e sentì le proprie lacrime scorrere liberamente sul suo viso.

Tirò sul col naso fregandosene di non avere affatto un'immagine virile , lì a piangere come un bambino. "
E' impossibile che accada Jay" disse e l'altro gli sorrise triste. "Brent," Jared si inumidì le labbra nervoso "mi devi fare una promessa." Brent alzò lo sguardo di colpo intuendo dove voleva andare a parare l'amico. Jared non finì la sua richiesta, ne avevano parlato a lungo nei giorni precedenti e quindi si limitò ad aspettare un suo cenno . Posò la fronte contro la sua e  lo salutò per l'ultima volta.

Una volta solo aveva aperto la custodia e aveva trovato, posata sulla macchina fotografica, una foto di lui , Jay e Shan quel natale.
Piangendo l'aveva stretta contro il suo petto e aveva trovato il coraggio di mantenere fede alla sua promessa. ***

La stessa foto ora, appesa sul suo letto,  gli dava conforto nei momenti più difficili e gli assicurava che Jared non fosse stato solo un bel sogno.
  
tbc



A/N: 

i. Secondo quanto dichiarato da lui stesso
Brent Bolthouse è entrato in clinica a 16 anni per disintossicarsi di sua spontanea volontà. Aveva iniziato a bere durante il 5th grade (circa 10/11 anni).

______________________________________


Ari92 , si .è davvero un macello e da una parte son contenta. almeno quella parte della sua vita è solo sua. .. e a noi rimangono i se e i forse :).

MiSs_MuSe: Ma per carità non devi scusarti ! comunque Brent Bolthouse ( foto 1 , foto 2 e foto 3  ) il re della vita notturna di LA , è in pratica il terzo fratello Leto xD. Mi sembra, e su questo non son sicura, che Jared l'ha conosciuto tramite Cameron Diaz  e da allora sono inseparabili.. ci sono quasi più foto di Jared con Brent che con le sue ex fidanzate xD.

princes_of_the_univers parlavo di Carl quando ho scritto in risposta ad un tuo commento : " ovviamente non posso sapere che tipo di rapporto c'era tra i due, ma per essere diventati completamente estranei dopo il divorzio..beh  non doveva essere dei migliori."

perchè i due dopo il divorzio non hanno avuto più nessun contatto e Jared ha sempre parlato della sua famiglia come un nucleo di 3 persone + nonna Ruby. In più, tenendo conto che Jared parla della sua infanzia/adolescenza come un periodo in cui erano poverissimi, mi è difficile pensare che Carl, da medico, avesse fatto fare la fame ai suoi figli, ergo il loro rapporto deve essere stato solo una piccola parentesi. Poi Jared si descrive come un ragazzo problematico e dalle parole della sorellastra(*) si viene a sapere che è stato "cattivo" con la nuova compagna di Carl. A parte che avrà avuto sicuramente le sue ragioni per comportarsi in quel modo, mi sembra normale attribuire questo comportamento ad una sorta di reazione verso il divorzio...

Da tutto questo ho dedotto che il rapporto con Carl non è stato quel granchè o che è comunque stato interrotto in modo brusco e senza buoni sentimenti.


sono stata spiegata? XD

(*) "Il mio patrigno è Carl Leto.[...] Jared Leto è rimasto suo figlio adottivo ma sono completamente estranei [...] Ho parlato con Jared forse una volta in tutta la mia vita, prima che fosse famoso. Non abbiamo nessun tipo di relazione e di sicuro non ne voglio una - non è stato altro che cattivo verso mia madre e mia sorella. [...]."


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Capitolo 6
*** Capitolo VI ~ Touched by a kiss of a man ***


6
Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N: *** =ricordi

Warning: se siete contrari a tematiche omosessuali fermatevi qui. Lettore avvisato...

Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§



Capitolo VI ~  Touched by a kiss of a man
( Sfiorato dal bacio di un uomo )

Dicembre  2007

Jared amava sognare ad occhi aperti, perdersi in un mondo totalmente diverso da quello che stava vivendo. Più bello, più colorato, più semplice. Il discorso cambiava però quando non era lui a deciderli. I suoi sogni erano talmente vividi e realistici che spesso gli ci voleva più di un attimo per rendersi conto che erano tali. Alieni, la fine del mondo, perdersi in un deserto... ma c'era un sogno in particolare che, fin da bambino, si riproponeva constantemente e lo faceva svegliare in preda al terrore.

Sognava di essere in mare aperto e venir circondato dagli squali. Non sapeva dire quanti ce ne fossero, forse un centinaio. Poteva avvertire la loro minacciosa presenza mentre, rigirandosi in quella distesa azzurra, cercava una via di fuga. Poi, in un attimo, lo attaccavano ferocemente. Ogni piccolo particolare chiaro e reale. E lui si svegliava urlando. Per ore poteva sentire ancora il sordo rumore dell'oceano e le loro fauci sulla sua carne. Ma quello che più lo terrorizzava  era la sensazione di essere completamente solo, abbandonato a se stesso.

Quando accadeva Shannon era solito alzarsi e andare immediatamente a calmarlo. Tenendolo stretto gli parlava dolcemente, assicurandogli che niente fosse accaduto, che lui era lì. La maggior parte delle volte era troppo sconvolto per capire cosa gli stesse dicendo ma il solo suono della voce del fratello maggiore lo tranquillizzava. E, nel calore del suo abbraccio, lentamente scivolava in un sonno sgombro da incubi.

Ora nel buio appartamento di Los Angeles l'incubo, dopo una lunga assenza, era tornato. Jared si dimenava nel letto, gualcendo le sudate lenzuola. Il respiro sempre più pesante, i movimenti sempre più frenetici fino a quando con un urlo strozzato si svegliò. Tirandosi su a sedere si coprì il volto, inghiottendo i singhiozzi e le lacrime. Istintivamente chiamò Shannon ma si bloccò  prima di poter completare il nome del fratello.

Non c'era. Se ne era andato.

Si guardò intorno nella stanza e prese il blackberry che teneva sul comodino. Lo accese, la luce dello schermo gli illuminò il volto facendo luccicare la pelle imperlata di sudore e gli occhi ancora umidi di lacrime.

Scorse la lista di nomi fino alla voce BigBro, rimase immobile a guardare la scritta,le mani gli tremavano leggermente e la sensazione di puro terrore non accennava ad abbandonargli il corpo. Lo schermo del blackberry si spense riportando la stanza ad una quasi completa oscurità. 

Si accoccolò nel letto e avvolse le lenzuola strette intorno al suo corpo, in un vano tentativo di ricreare la sensazione delle braccia del fratello. Poi chiudendo gli occhi ripensò al giorno in cui la fine aveva avuto inizio.

***

"cos'è questo?" Shannon entrò nella camera e buttò un busta contro le gambe del fratello.

Jared  posò la penna  e la aprì. Una volta intravisto il contenuto alzò di scatto la testa. "allora Jay? cosa significano?" l'altro cercò di pensare a qualcosa da rispondere in alternativa alla verità.

Nel frattempo Shannon si era avvicinato e torreggiava pericolosamente su di lui."quante ... quante cose mi hai  nascosto?! " urlò, il suo volto rosso di rabbia " quante cose non mi hai detto Jay?!!"

***
Non gli aveva risposto. Shannon si era precipitato fuori dalla stanza e aveva iniziato a crollare. Fino a diventare schiavo di ciò che lo portava lontano dal suo dolore. Il bere. Ora, da solo nel grande letto del loro appartamento, Jay gli rispose.

"Tante Shan.. tante cose.."

Peccato che le parole si persero nelle stanze vuote. Eccheggiando tra le mura testimoni un tempo di quella bellissima bugia che era stata la loro vita.

Settembre   1989

Jared aprì lo zaino ed estrasse la vecchia copia di IT che gli avrebbe tenuto compagnia durante il lungo turno notturno. Guardò fuori dalla porta a vetri e sbuffò notando che la pioggia non accennava a diminuire. Un lampo illuminò tutto l'ingresso facendo lampeggiare le lampadine e riflettere il percorso della pioggia sui vetri contro i muri. Posò lo zaino a terra e diede un'ultima occhiata ai monitor degli ascensori.

Si trovava a Philadelphia da tre mesi ormai e il college non era affatto come lo aveva immaginato. Gran parte delle lezioni trattavano argomenti che non lo stimolavano e , soprattutto, mal digeriva la voglia dei professori di imporre il loro modo di vedere l'arte e l'essere artisti.

Sua madre li aveva fatti crescere a contatto con ogni forma di arte,tra i suoi amici c'erano pittori, fotografi, musicisti alcuni gli avevano permesso in più di un'occasione di usare i loro strumenti. Gli avevano parlato di luoghi e culture che mai avrebbero immaginato esistessero, e questo li aveva formati, spinti ad essere curiosi della vita e a guardare dritti all'essenza delle cose senza perderne però le sfumature. Niente a che vedere con tutte quelle regole e imposizioni didattiche, che più che aiutare la ricerca del proprio io artista si limitavano a forgiare piccoli artigiani.

Guardò una rivista dimenticata sul bancone e notò che la copertina ritraeva Robert Smith. Si sedette e ripensò a quel pomeriggio ad Oakton. 

***

Mentre Brent silenzioso si allontanava, Jared rimase lì, davanti la porta di casa a guardare il cielo prender fuoco, tinto dai raggi del sole al tramonto. Dopo un pò, deciso, si voltò e varcò la soglia.

La prima cosa che sentì fu la risata di sua madre che stava ascoltando uno degli aneddoti di Shannon. Le immagini di Carl e quella donna erano vivide nella sua memoria e, pungenti come rovi, gli stringevano il cuore rendendogli difficile respirare mentre, passo dopo passo, raggiungeva la cucina.

Non era più sicuro di volerlo fare. Constance alzò gli occhi e sorrise seguita da Shannon che, però, notò la strana espressione sul suo volto " Jay?".

Jared sospirò esausto, si fece coraggio e, poggiando le mani sul tavolo, si assicurò di avere l'attenzione dei due "mamma, Shan... devo dirvi una cosa."

***

Jared guardandoli, abbracciati e in lacrime, si era reso conto che il dolore provato nel vicolo, stretto nelle braccia di Brent, era scomparso, sostituito da un altro sentimento: la voglia di rivalsa. Non era più un  bambino , piccolo e indifeso, che si sentiva perso in una stanza di motel e voleva il suo papà. Era ora di crescere e puntare in avanti. 

La cosa ovviamente non fu facile, ricordava bene le notti passate a versare lacrime nei confini del letto del motel di turno o della loro casa temporanea. Notti che, nell'opprimente oscurità, sembravano durare per sempre, mentre le immagini di quello che avrebbe voluto avere attraversavano i suoi occhi azzurri, di nuovo svuotati di quella serenità conquistata con il passare del tempo. Ogni lacrima che scendeva lungo il suo volto portava con se qualcosa del vecchio Jared. Comprese le parti che lui avrebbe voluto conservare.

Lasciò il Texas, dove si erano stabiliti per stare vicino alla nonna ,e andò in Pennsylvania all'University of the Arts deciso ad inseguire i suoi sogni. Nonostante i km che li separavano, Shannon trovava il modo di essere presente ed essere parte di questo lungo viaggio. Inconsapevole di venir lentamente risucchiato nell'ombra delle sue ambizioni.

Qualche anno più tardi in un'intervista Jared avrebbe affermato che " viviamo i nostri sogni a spese di quelli di qualcun'altro".

Mai avrebbe immaginato che quell'altro, nel suo caso, sarebbe stato Shannon.

 ---

Erano passate poche ore dalll'inizio del turno e Jared era completamente immerso nella lettura del libro, i piedi poggiati sul bancone e la sedia in bilico sulle due gambe posteriori mentre si lasciava dondolare inconsciamente.

 
il piccolo George avvolto in un impermeabile giallo rincorreva la sua barchetta di carta che solcava  il piccolo fiume creato dalla forte pioggia. All'improvviso la barchetta venne risucchiata da uno dei tombini laterali, il bambino si avvicinò ..

 TUM! TUM!

Era talmente teso che al rumore sussultò rischiando di finire a gambe all'aria. Si aggrappò al bordo del tavolo dei monitor ma non riuscì a salvare il libro che, nel goffo tentativo di non cadere, volò a terra. Ricomponendosi si alzò e si diresse verso l'entrata dove un bagnato e agitato inquilino lo fulminava attraverso il vetro.

"Si può sapere che cazzo stavi facendo?! Sono venti  minuti che sono sotto il diluvio!" Jared non fece in tempo ad aprire la porta che venne investito dagli  insulti dell'uomo che, nervoso, si scrollava la pioggia dal cappotto schizzando da tutte le parti.

Tentò di parlare ma l'uomo continuò "quanto ti paga Murray? Spero abbastanza per ripagarmi il completo!", indispettito Jared rispose "credo che 10$ riuscirò a tirarli fuori dal salvadanaio!".L'uomo, che aveva iniziato ad avvicinarsi all'ascensore, si voltò colpito dalla sfacciataggine del ragazzo.

Si avvicinò alla portineria dove Jared era tornato e disse provocandolo "sai che potrei farti licenziare?". Il ragazzo alzò gli occhi annoiato e l'inquilino non potè fare a meno di notarne la bellezza "entrerà nel guinness dei primati come il motivo più assurdo di licenziamento :  tentato annegamento di un anziano!", colpito nel vivo l'uomo sibilò a denti stretti "quella lingua ti farà passare molti guai moccioso". Jared ignorandolo cominciò a guardarsi intorno alla ricerca del libro.

"Non è vietato ai minori questo?" disse l'uomo raccogliendo ed esaminando il volume, Jared si voltò e vide il sorriso beffardo dell'uomo intento a sfogliare le pagine "ti farà venire gli incubi!" . Riprese il libro e sedendosi, deciso ad ignorarlo , cercò di concentrarsi sulla lettura.

L'uomo lo osservò per un pò e poi, sorridendo, se ne andò.

 

Ottobre  1989

Jared uscì dalla metropolitana e corse per i marciapiedi affollati. Guardò l'orologio e imprecò. Era in ritardo di mezz'ora , il signor Murray l'avrebbe ucciso. Svoltò l'angolo e si precipitò verso il condominio. Appena varcò la soglia  lo vide. Appoggiato al bancone dalla portineria c'era l'inquilino dell' 8b. Benjamin qualcosa , quello del diluvio.

"Allora sei proprio il tipo che si fa attendere tu" disse l'uomo mentre Jared si sistemava. "Poteva accadere qualsiasi cosa durante la tua assenza!" il ragazzo lo guardò scettico ma non gli rispose "potevo scivolare dalla scala, battere la testa, perdere i sensi e venire derubato ....o peggio! qualcuno poteva rapirmi!".

"Chi le dice che una volta caduto non l'avrei lasciata lì o... peggio! alla mercè dei rapitori ?" gli rispose Jared imitandolo e l'uomo scoppiò in una fragorosa risata.
"Cosa l'ha spinta a rischiare la vita scendendo fino al piano terra?" chiese alla fine il ragazzo  vedendo che l'uomo non accennava ad andarsene, "la caldaia" rispose l'altro fissandolo, "beh... chiami un tecnico..." Jared distolse lo sguardo imbarazzato. "No! non è necessario. Mi servirebbero le chiavi dello scantinato al resto penso io " lo rassicurò l'uomo sorridendo.
Limitandosi ad annuire il suo consenso Jared si alzò e iniziò a rovistare nel cassetto alla ricerca delle chiavi.

Passarono una decina di minuti. Jared era al telefono con Shannon e lo stava rassicurando per la centesima volta di stare bene quando, un rumore metallico proveniente dalla cantina, attirò la sua attenzione. Salutò velocemente il fratello e si precipitò giù per le scale.

La stanza era illuminata parzialmente da una vecchia lampadina e l'inquilino dell' 8b era in piedi accanto alle caldaie con un pezzo di tubo in mano. Ridendo gli disse "15 secondi!! allora non ti sono poi così indifferente!" Jared arrossì e stizzito rispose " ero preoccupato per le caldaie!" e risalì di corsa le scale mentre l'uomo continuava a ridere.

Poco dopo l'inquilino riemerse dalla cantina. Restituendogli le chiavi gli fece l'occhiolino e Jared sentì di nuovo le guance andargli a fuoco.

Da quel giorno ogni scusa era buona per l'uomo pur di coinvolgerlo : scatoloni troppo grandi per entrare in ascensore da portare all'ottavo piano, riparazioni da annotare per il proprietario o, più semplicemente, si fermava a discutere il libro che Jared stava leggendo o commentare, quando riusciva a vederli, i suoi schizzi. Inutile dire che finivano sempre per battibeccare.

Erano passate due settimane e Jared si era convinto che l'uomo aveva deciso sul serio di fargli ripagare il completo, ma a modo suo: tormentandolo.

Sbuffando iniziò a sistemare la posta nelle cassette dei vari inquilini. " Hai da fare?" il ragazzo era talmente preso nei suoi pensieri che spaventato non potè trattenere un gridolino poco virile. L'uomo trattenendo a stento le risate continuò " ho dei pacchi da portare nel mio appartamento".

Jared che nel frattempo aveva fatto cadere un paio di lettere si rialzò e riprese a sistemarle facendo attenzione a non guardarlo negli occhi  "se sono come quello dell'ultima volta sono occupato". L'uomo si poggiò al muro e continuò a fissarlo " ahah..no... non ti preoccupare " disse rassicurandolo mentre Jared, sotto il suo sguardo, si sentiva sempre più a disagio.

---

Cinque minuti dopo l'ascensore era quasi del tutto pieno di scatoloni, a fatica Jared si fece spazio e premette il pulsante per l'ottavo piano. La vicinanza dell'uomo non aiutava certo a farlo rilassare, era una sensazione nuova e non riusciva a capire perchè si sentisse in questo modo. O forse lo sapeva ma la risposta non gli piaceva affatto.

Guardando negli specchi di fronte cominciò a notare particolari dell'aspetto dell'uomo: il taglio dei capelli, i lineamenti marcati ma delicati del volto, gli occhi scuri e penetranti. Chiuse gli occhi e scosse la testa sconcertato dai suoi stessi pensieri. Si voltò per dire qualsiasi cosa per interrompere quell'imbarazzante silenzio e si ritovò premuto contro la parete della cabina.

Tentò di allontanarlo ma poi si arrese. Era intento ad osservare il viso dell'altro avvicinarsi sempre di più a lui quando il metallico "ding" dell'ascensore segnalò che erano giunti a destinazione. Le porte si aprirono e Jared liberandosi dalla presa scavalcò al volo i pacchi e ,quasi investendo una mamma e i suoi due bambini che aspettavano di entrare, corse fuori dalla cabina precipitandosi verso le scale. Lasciando l'uomo da solo a vedersela con gli scatoloni.

Una volta arrivato al piano terra si sedette  al suo posto e con il cuore a mille si portò le mani alle labbra, ancora incredulo di quello che stava per fare. Guardò il monitor dove l'uomo era ancora impegnato a spostare i pacchi e si chiese come avrebbe potuto evitarlo. Confuso e spaventato fece l'unica cosa in grado di poterlo calmare. Parlare con Shannon.

Al quinto squillo una voce assonata rispose "...Si?" Jared guardò di nuovo il monitor "sono io". Ogni traccia di sonno sparì dalla voce di Shannon "Jared? che succede?" in quel momento Jared realizzò che non riusciva a dirlo. "Jay..? ci sei?.. tutto bene?" il fratello minore cercò inutilmente le parole e alla fine disse "si Shan tutto bene! E' che mi stavo annoiando e..".

Shannon rise incredulo " Jay ma lo sai che ore sono qui?" Jared chiuse gli occhi cercando di calmare il respiro "si scusa hai ragione big bro". Shannon rimase in silenzio, sentiva che c'era qualcosa di strano " Jay? sicuro che tutto va bene?" Jared poggiò la fronte contro la superficie fredda del bancone e sospirò " sicuro. non preoccuparti...ora devo andare...ci sentiamo.. salutami mamma" Shannon provò un'ultima volta ad insistere ma Jared aveva già attaccato.

---

Andare a lavoro era diventata una tortura. Alla fine aveva trovato il modo di evitarlo controllando i suoi movimenti attraverso i monitor. Ogni volta che lo vedeva prendere l'ascensore trovava una scusa per allontanarsi dalla sua postazione e, per assicurarsi di non venir sorpreso, quando sentiva dei passi per le scale si infilava sotto il bancone. La cosa gli stava creando non pochi problemi e sapeva che prima o poi avrebbe dovuto smetterla o addio posto di lavoro e stipendio.

Stava per finire il suo turno quando squillò il telefono interno, rispose ma dall'altro capo  della linea si sentiva solo il lontano vociare di una tv. Stava per riattaccare quando la voce dell'uomo lo bloccò "Jared? .. puoi salire?" preso in contropiede Jared balbettò la scusa della fine del turno ma l'altro insistette " dobbiamo parlare", preso dal panico il ragazzo ribattè "n..on abbiamo  niente di cui parlare!". L'uomo sospirò "non puoi nasconderti in eterno... sali" Jared riattaccò.

Nervoso cominciò a camminare avanti e indietro. Questa situazione era completamente nuova per lui. Non era sicuro di voler affrontare il discorso.. e rispondere alla domanda che lo stava tormentando dal quasi-bacio dell'ascensore. Si passò la mano tra i capelli insicuro sul da farsi poi, prendendo un respiro, lasciò una nota al ragazzo che doveva dargli il cambio e si avviò su per le scale.

Mentre saliva le scale fu tentato di tornare indietro al terzo, quinto e sesto piano. Ora era lì, davanti alla porta 8b.

Con  il cuore in gola bussò. Sentì il rumore di passi sempre più vicini e la chiave che girava nella serratura. La porta si aprì e lo accolse il caloroso sorriso dell'uomo. "Entra.." disse gentilmente poi, notando che il ragazzo era come paralizzato sulla soglia, aggiunse "guarda che non mordo". Jared titubante entrò.

L'arredamento era semplice ma elegante. I colori tenui e delicati rendevano le stanze accoglienti. Notò diversi pacchi ancora da scartare e si chiese se l'uomo fosse arrivato da poco o stesse preparandosi a partire.

I suoi pensieri vennero interrotti quando sentì la mano dell'altro posarsi delicatamente contro la sua schiena per guidarlo verso il salotto. Lo fece accomodare sul divano e, allontanandosi, gli chiese se volesse un pò di caffè. Jared seppur con lo stomaco in subbuglio accettò, sperando, visto che il livello di nervosismo era ai massimi livelli, gli facesse l'effetto contrario e lo calmasse.

L'uomo tornò poco dopo e gli porse la tazzina "pensavo non avessimo nulla da dirci" disse per rompere il ghiaccio. Jared si mosse a disagio sul divano e cominciò a fissare le sue scarpe, trovando terribilmente interessante la moquette dell'appartamento. "...mi dispiace non avrei dovuto.... è che... non ho potuto resistere" disse sinceramente l'uomo posando la sua mano sulla gamba del ragazzo, Jared alzò lo sguardo e incrociò i suoi occhi azzurri in quelli neri dell'altro.

Non c'era più nulla da dire, l'uomo si avvicinò e posando la tazzina ancora completamente piena sul tavolino  si sporse vero il ragazzo e portò a termine ciò che era stato interrotto nell'ascensore, lo baciò.

tbc



A/N:

i. "Jared leto has insanely apocalyptic dreams.  [..] "aliens from different dimensions, the end of the world, being trapped in the desert."[..]"i've dreamt of sharks my whole life," I dream of being surrounded by thousands of sharks that are chewing me to bits. i've always had really wild, intense, vivid, vivid dreams" intervista Tongue 9/02

ii. "We all live our dreams at the cost of someone else's." intervista ValleyPlanet 6/06

iii. Jared dopo il diploma alla Emerson Preparatory School nel 1989  si è iscritto alla  University of the Arts di philadelphia.

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princes_of_the_univers _Non sei l'unica ad averci pensato, me lo sono chiesto anche io. Non so come funziona sinceramente in america la questione dei cognomi etc. potrebbe essere che all'epoca non avevano il tempo di stare detro alla burocrazia e con il tempo alla fine han lasciato perdere (ringraziando il cielo visto che sinceramente mi suona molto meglio Jared Leto che Jared Metrejon..).

C'è da dire però che un ragazzo ha scritto sul forum uff che Jay, durante una data del tour Welcome to the Universe  a San Francisco al Warfield Theatre,  parlando con alcuni fan ha detto indicando un manifesto : "quello è il mio cognome".
 Il ragazzo ricordava fosse qualcosa tipo Metrejon o Metrajon.
 Nei dintorni  si è scoperto poi esserci un certo centro "Metreon" ... da lì sono nate  diverse teorie sul  glyph
..va beh sto divagando.. 

maddi,
oh beh.. nella vita di J ci sono molti BB ;) che sia Brent o Brandon (che adoro) o qualcun'altro beh lo vedrai.. per quanto riguarda Brent
visto che non ti è simpatico per sopportare la sua presenza  pensa a lui come il Brent della fic e non il reale :) io praticamente lo amo. Solo per quello che ha fatto e fa per Jared si è guadagnato il mio rispetto a vita xD. .

Ari92, grazie e scusa il ritardo ^^"


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Capitolo 7
*** Capitolo VII ~ ...Give in for my touch for my taste ***


7
Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N: Sono consapevole che in generale lo slash è malvisto ma "purtroppo" c'è anche questo nella mia fanfic ^^. Spero solo che, anche se non appassionate del genere, possiate trovare questa parte  godibile. Il mio proposito in fondo e' ipotizzare un percorso ed esperienze a 360°. della serie ..un pò per tutti.

Warning: se siete contrari a tematiche omosessuali fermatevi qui. Lettore avvisato...

Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§

Capitolo VII ~  ...Give in for my touch for my taste
( ...arrenditi per il mio tocco per il mio sapore)


Ottobre 1989

Jared entrò nella sua stanza al campus e, in punta di piedi per non svegliare il compagno, si avvicinò al suo letto. Si spogliò e si infilò sotto le coperte. Posò il braccio sulla sua fronte e sospirò, gli sembrava di sentire ancora il respiro di Ben sulla sua pelle,il percorso delle sue mani lungo il suo corpo e il suo petto,il fruscio dei loro abiti, le parole sussurrate in un respiro.

Le sue labbra. I suoi baci.

I baci di un uomo. Dolci ma forti, delicati ma decisi, c’era passione e dominio nel modo in cui reclamava le sue labbra, nel modo in cui lo aveva stretto a se. Si ritrovò a desiderare di nuovo il suo tocco, il poter sentire il calore irradiato dal corpo dell’uomo avvolgerlo in un abbraccio. Risentire la passione scorrere lungo le sue vene.

Si portò la mano alle labbra e arrossì per i suoi pensieri. Ma nella sicurezza della sua mente non aveva paura di affrontare quello che non riusciva ad accettare e dire ad alta voce. Si girò e guardò la luce filtrare dalla finestra e rischiarare con i suoi deboli raggi la stanza.

Ben non aveva preteso nulla, quando lo aveva bloccato perchè si stava avventurando troppo in là , l’aveva guardato e, sorridendo, gli aveva fatto capire che a lui andava bene così. Che non aveva fretta.  Avevano passato la serata a baciarsi e a parlare di cose futili, senza importanza, nessuno dei due aveva accennato a cosa erano. Cosa significasse tutto ciò.

Se c’era un significato.

Si ricordò di essersi svegliato sul divano poco prima dell’alba, confuso in un primo momento nel ritrovarsi in una stanza sconosciuta. Si era voltato ed era lì, addormentato accanto a lui con le braccia che gli cingevano la vita in una morsa affettuosa.

Le domande erano prepotentemente riaffiorate portandolo a fuggire silenzioso dall’appartamento, approfittando delle ombre del mattino per mettere quanta più strada tra se e i suoi dubbi nell’irreale silenzio che avvolgeva Philadelphia.

Si era innamorato ? Ma soprattutto… cosa provava Ben per lui?

Si portò le mani al volto esausto, stava ancora cercando le risposte alle sue domande quando il sonno lo reclamò ,facendolo scivolare lentamente nel suo mondo.

31 ottobre/1 novembre 1989

Philadelphia era famosa per i siti d’importanza storica, le costruzioni centenarie, i cimiteri risalenti all’era coloniale ma non solo, era considerata anche una delle città più infestate d’America.

Non c’era cittadino che non sapesse dello sfortunato cameriere del City Tavern, la triste dama in abito rosa della Germantown Avenue, o delle presenze al cimitero della  St. Peter's Church. Durante il periodo di Halloween la città sembrava risvegliare queste presenze, dimenticate nelle frenetiche giornate lavorative dell’anno e nella noiosa routine giornaliera. 


Era passata un’intera settimana dall’ultima volta che Jared aveva visto Ben. La sera dopo il loro incontro aveva saputo per caso da un’altra inquilina che l’uomo era partito per affari e sarebbe rimasto fuori città per almeno 6-7 giorni. Lì per lì  non riuscì a capire se era più forte  il sollievo di avere del tempo per pensare, e fare chiarezza sui suoi dubb, o il  sentirsi offeso per non essere stato informato dall’uomo. E questo non faceva altro che rinforzare la paura di esser solo stato preso in giro.

I giorni erano trascorsi lentamente, le ore erano scivolate via tra lavoro e scuola e, più che risposte , aveva trovato solo altre domande. 

Attraversò  la strada e sorseggiò un po’ del suo Starbucks, chiedendosi come fosse possibile che Justin, il suo compagno di stanza al dormitorio, riuscisse sempre e comunque a fargli fare quello che voleva. Da quando era arrivato non aveva fatto altro che evitarlo ma l'altro sembrava avesse fatto del coinvolgerlo la sua ragione di vita.

Passò davanti al Museo delle Arti e schivò giusto in tempo un gruppo di ragazzini che travestiti , spintonandosi l’un l’altro, correvano allegramente sul marciapiede.

Sorrise malinconicamente e ricordò  quando, da bambino, aspettava con ansia questa magica notte da trascorrere con Shannon raccontandosi storie dell’orrore. Fino a quando si ritrovavano ad andare nel lettone della mamma, troppo impauriti per rimanere in una stanza da soli.

Svoltò l’angolo e guardò il cartello stradale : Fairmount Avenue. Doveva essere sulla strada giusta. Si guardò intorno e notò , a qualche metro di distanza, altri ragazzi seduti su un muretto.La piccola fiamma di un accendino illuminò il volto di uno di loro, era Justin. Mentre si avvicinava gli occhi si abituarono all’oscurità e riuscì a distinguere anche gli altri ragazzi con l’amico: James, Melanie e Rachel. Tutti ragazzi del loro corso.

James e Melanie erano la classica coppia di eterni fidanzatini. Si erano conosciuti al liceo, si erano innamorati ed erano riusciti ad iscriversi alla stessa università. Facevano tutto insieme, sapevano cosa pensasse e finivano le frasi dell’altro.

Rachel era l’amica di Melanie, una ragazza con la quale Jared aveva parlato un paio di volte  per caso alla fine di qualche lezione. 

Infine c’era Justin. Un ragazzo con un carattere complesso, pieno di sfaccettature. Ogni giorno Jared scopriva qualcosa che cambiava completamente la sua opinione su di lui. Gli unici punti fermi erano il suo fiuto per i guai e la cotta per Rachel. In quei pochi mesi era stato testimone di decine e decine di  piani per corteggiare la ragazza falliti miseramente.

Il tour nel luogo più temuto e spaventoso di Philadelphia era la sua ultima trovata.

Ehi..” disse Justin esalando il fumo della sigaretta “..alla fine sei venuto!” Jared annuì distrattamente “questo quindi è il famoso Eastern State Penitentiary” disse girandosi per osservare l’enorme costruzione che si erigeva alle sue spalle. “a-ah… fico vero?” rispose  James facendo un tiro alla sigaretta che Justin gli aveva passato mentre Jared continuava a fissare l’edificio.

Le pareti erano consumate dagli anni e annerite dal traffico cittadino ma la costruzione aveva conservato la sua austerità. Le torri di guardia, ormai vuote da più di vent’anni ,svettavano verso il buio cielo senza stelle. Un brivido scese lungo la sua schiena al pensiero della soggezione che sicuramente aveva suscitato in passato e agli orrori perpetrati al suo interno. L’architettura era simil-gotica e questo non faceva che incrementare il suo spaventoso fascino.

ma dobbiamo farlo per forza?” disse Melanie stretta alla vita di James rivolgendo uno sguardo implorante agli altri.  Non c’è assolutamente nulla di cui aver pauraJustin la rassicurò dirigendosi verso il punto delle mura che stava cedendo e che avrebbe permesso  loro l’accesso “…vale la pena di visitarlo. Specie in una serata come questa” sorrise e cominciò a cercare di scavalcare il muro “abbiamo due ore di tempo prima che la guardia del quartiere faccia il suo giro… dai fifoni il tour inizia!”.

Gli altri quattro si scambiarono un’occhiata preoccupata e sospirando lo seguirono.

Scavalcare la recinzione si rivelò un’impresa più ardua del previsto ma, dopo un quarto d’ora, tutti e cinque i ragazzi erano all’interno.

L’unico segno dei vent’anni trascorsi era lo stato d’abbandono del cortile, l’erba era alta e incolta e, alcune macchine , che Jared non aveva mai visto in strada per quanto fossero vecchie, erano abbandonate negli angoli arrugginite dal tempo.

Si avviarono verso l’entrata. L’interno era completamente buio. Inghiottendo e pulendosi le mani sudate sui jeans Justin accese la torcia. Il faro di luce illuminava fino a pochi metri di distanza, rivelando una stanza circolare dalle pareti che, una volta, dovevano esser state bianche.  Le infiltrazioni d’acqua le avevano macchiate e negli angoli la muffa come scure lacrime le tingevano di nero. Dei calcinacci erano a terra e la polvere aveva creato una sorta di spesso tappeto sul pavimento.

Facendosi coraggio i ragazzi entrarono. La stanza era avvolta nel silenzio, c’era una scrivania ormai a pezzi e alcune sedie che sicuramente avevano visto tempi migliori, a terra c’erano pezzi di alcuni quadri il cui interno erano da tempo diventato polvere. Da questa camera partivano i 4 blocchi principali. Si avvicinarono ad uno degli archi e lo illuminarono. Il corridoio era largo poco più di un metro e ad ogni lato la fila delle porte delle varie celle.

Con passo insicuro entrarono nel primo blocco. Le porte delle celle erano basse e strette “era per prevenire gli attacchi alle guardie” disse James mentre ne apriva una. La cella era completamente vuota ad eccezione di una brandina in ferro e un materasso piegato e macchiato dall’umidità.

Justin alzò il raggio della torcia illuminando un buco nel soffitto della cella. L’unica finestra della stanzina “quello era l’occhio di Dio” disse attirando su di se gli occhi curiosi degli amici “il carcere era stato costruito secondo la credenza che l’isolamento era la punizione più adatta e curativa verso i delinquenti. Queste finestrine in alto rappresentavano Dio. Nel tentativo di ricordare ai poverini che il signore li osservava sempre”, poi aggiunse “non c’è da stupirsi che in molti abbiano perso la testa”.

I ragazzi osservarono la cella in silenzio, nessuno di loro aveva il coraggio di aggiungere altro. L’atmosfera era opprimente e angosciante, Jared rabbrividì, non sapeva se fosse la suggestione ma sembrava che la costruzione avesse assorbito la sofferenza delle vittime. 

Un rumore in lontananza li fece sobbalzare, Rachel si strinse contro il braccio di Jared istintivamente. Justin ,voltandosi di scatto, fece rimbalzare il raggio di luce da un muro all’altro, accecandoli per un attimo “ cazzo Justin!! mi hai beccato un occhio !” urlò James indietreggiando e colpendo la porta facendola richiudere. 

Lo stridio del ferro ricoperto di legno echeggiò per tutta l’ala fino a quando il sinistro click della serratura fece gelare il sangue nelle vene ai cinque giovani.

Jared fu il primo a muoversi e ad avvicinarsi alla porta. Lentamente e con il cuore in gola posò la mano contro la superficie, un fitta gli colpì lo stomaco quando si accorse che all’interno non c’era una maniglia “oh ..merda..” riuscì a dire mentre cercava di tirare la porta.

è tutta colpa tua deficiente!” gridò James mentre stringeva la ragazza a Justin, l’altro lo guardò sorpreso e risentito ribattè “tecnicamente sei TU, caro mio, che hai fatto chiudere la porta!”.

Mentre i due erano occupati a litigare Jared cercava di pensare a cosa fare per tirarsi fuori da quest abrutta situazione. Toccò la parete che circondava la parete e si avvicinò a Justin per togliergli la torcia dalle mani, aveva i palmi sudati dall’agitazione ma cercò di non farsi prendere dal panico. Guardò intorno alla stanza, poi passò la torcia a Rachel “punta qui” le disse e si chinò vicino al letto con l'intento di staccare uno dei pezzi della brandina.

Dopo un po’ di calci ci riuscì, senza perdere un attimo si girò verso la porta della cella e cominciò a colpire la parte di fianco alla serratura. Come aveva ipotizzato il tempo aveva indebolito le mura e presto cominciarono a creparsi sotto i suoi colpi. L’intento era quello di svellere la porta che, se un tempo era invalicabile per i poveri detenuti, i vent’anni trascorsi senza essere usata la rendevano molto più vulnerabile. Formato un foro tra la parete e la porta infilò il pezzo di ferro e cominciò a fare pressione. Justin e James lo aiutarono e ,con la loro forza ,riuscirono a scardinare la porta e ad aprirla completamente.

Una volta usciti dal corridoio rimasero immobili, aveva cominciato a tirare vento e qualcosa rotolava in fondo al buio corridoio, poi una serie di tonfi sempre più vicini. I ragazzi si guardarono un secondo prima di iniziare a correre a perdifiato, nessuno di loro aveva intenzione di andare a controllare cosa fosse. Raggiunsero di nuovo la stanza circolare e si fermarono per un attimo, indecisi sulla direzione da prendere, Rachel fu la prima a ricordare da quale corridoio venivano e  la seguirono.

Arrivati in cortile con loro terrore si accorsero di un enorme cane da guardia. L’animale era dalla parte opposta a loro e, ringhiando, li stava puntando. Nella corsa Rachel cadde a terra, Jared se ne accorse e, mentre Justin e James aiutavano Melanie a scavalcare il muro, tornò indietro e l’aiutò ad alzarsi. Fu l’ultimo a saltare la recinzione, e per un pelo  il cane lo mancò andandosi a schiantare a gran velocità contro le mura.

L’unico rumore al di là dei loro respiri affannati erano le risate da qualche parte in fondo alla strada e le foglie che smosse dal vento rotolavano in strada.

Non c’è nulla di cui avere paura vero?” disse Rachel mentre zoppicando si appoggiava alla spalla di Jared “se non era per Jared io ades- “ si fermò per trattenere le lacrime, ancora incredula di essere scampata al pericolo. Jared la strinse per darle conforto e guardò gli altri ragazzi. Nessuno di loro sarebbe mai più entrato in un luogo abbandonato, questo era sicuro.

Non sapevo del cane..” Justin si scusò e le offrì, inutilmente, la mano per aiutarla a camminare visto che nella caduta si era ferita ad un ginocchio. “Sono certo che tra qualche tempo ci rideremo sopra” disse Jared cercando di risollevare un po’ il morale, James annuì e sghignazzò “stavo giusto ricordando la faccia di Justin quando si è chiusa la porta, era da fotografare!”. Presto si ritrovarono a ridere tutti insieme e prendendosi in giro a vicenda, nel tentativo di archiviare il terrore provato come una semplice brutta avventura.

Più tardi e qualche birra dopo Jared e Rachel si ritrovarono davanti alla camera della ragazza al campus. Rachel aveva insistito affinchè l'accompagnasse e Jared non aveva potuto rifiutare nonostante fosse consapevole che Justin gliel'avrebbe fatta pagare.

La ragazza lo guardò intensamente, “pensi che li ci sia davvero qualcosa?” le lampade lungo il corridoio le illuminavano il volto e Jared  capì perché Justin fosse completamente perso di lei ”mi piace pensare di si.. aggiunge un po’ di magia alla vita non credi?” le sorrise e si accorse che la ragazza era diventata seria.

Timidamente Rachel avvicinò il suo volto a  quello del ragazzo e, facendo appello a tutto il suo coraggio, posò le sue labbra contro le sue. Jared per un attimo ricambiò il bacio poi indietreggiò di colpo, “i-..io non posso” Rachel lo guardò confusa “non puoi?” Jared rimase a guardarla “non posso?” la ragazza ridacchiò nervosa “l’hai detto tu che non puoi!” “a---h si ecco..è complicato da spiegare” la ragazza lo guardò perplessa “c’è un’altra?” Jared rimase in silenzio per un attimo poi annuì “si. un’altra persona”.

Rachel  si portò la mano alla fronte e scosse la testa imbarazzata “scusami… non pensavo …” Jared le prese le mani e cercò di rassicurarla “ non devi scusarti” , la ragazza si limitò ad auguragli una buonanotte ed entrò nella sua stanza. 

 novembre 1989

Ben uscì dall’ascensore e fischiettando cercò nelle sue tasche le chiavi dell'appartamento, svoltò l’angolo e lo vide. Era seduto con la schiena contro la  porta, gli occhi chiusi e i capelli castani che si muovevano leggeri seguendo il ritmo  dei movimenti della sua testa.  Avvicinandosi notò che il ragazzo stava ascoltando della musica con il walkman, si accovacciò e sorridendo gli posò una mano sulla spalla. Jared aprì gli occhi di scatto,erano belli come li ricordava. Talmente luminosi da sembrar attirare in loro tutta la luce della stanza.

Il ragazzo si alzò e si tolse le cuffie, lasciandole ricadere sulle spalle “Ciao..” disse visibilmente imbarazzato “mi hanno detto che eri tornato e.. non sapevo…” Ben lo interruppe abbracciandolo “pensavo che questa volta non saresti più tornato ..“ gli sussurrò contro il collo, incapace di nascondere le sue emozioni  “non ho avuto il tempo di avvertiti e non mi sembrava il caso di lasciarti un messaggio tramite Murray”.

Aprì la porta e lo invitò ad entrare, Jared sentì come se un’ombra che gli aveva oscurato il cuore, e  che non sapeva di avere, se ne fosse andata, rivelando le risposte che aveva celato. Sorridendo varcò la soglia.

---

"la puoi spegnere?" disse Jared girandosi di lato  “la luce?" chiese Ben "questa!" rispose spazientito Jared togliendogli la sigaretta dalle labbra "ci tengo ai miei polmoni". 

Ben rise e l'abbracciò "ok sei un non fumatore.. cos’altro devo sapere?", Jared aggiustandosi il cuscino tra le  braccia ci pensò su per un attimo ed iniziò la lista " perfezionista, logorroico,scrivo musica,amo l’arte in ogni sua forma, sono vegetariano..." l'uomo cominciò a massaggiargli la schiena e continuò per lui " sfacciato, distratto, carino.." Jared sorrise timidamente e alzando il volto accolse le labbra dell'altro poi ,sorridendo, chiese "…carino?" l'altro ridendo si corresse " giusto.. dimenticavo.. vanitoso!" Jared finse di essersi offeso e fece per allontanarsi ma l'altro strinse la prese e lo attirò a se .

Così iniziò la loro relazione. Jared cominciò a frequentare l'appartamento 8b quasi quotidianamente e, di conseguenza, le telefonate con Shannon diminuirono sempre di più. Incapace di affrontare l'argomento con suo fratello aveva deciso di evitarlo, per paura che non capisse e di perderlo completamente.

Shannon percepiva che c'era qualcosa di diverso e che suo fratello era cambiato. Lo sentiva più distante ma la lontananza gli rendeva impossibile capire. Non potendolo guardare negli occhi non poteva leggere quello che il fratello gli teneva nascosto. 

"mi stai evitando?" chiese Shannon irritato.
"no Shan! cosa ti salta in mente?" Jared strinse la cornetta nel tentativo di farsi forza.
"non mi chiami  da una settimana" l’irritazione si tramutò in preoccupazione, cosa aveva fatto per allontanare Jared da lui?
"ho avuto parecchio da fare all'università ..e il lavoro" chiuse gli occhi, le prime vere bugie che raccontava al fratello.
"Jay.." disse Shannon cercando di capire dal tono della sua voce quello che non veniva detto.
"cosa?"
"ti conosco… sento che c'è qualcosa che non va" , arrendersi era una parola che non era presente nel vocabolario di Shannon.
"ti sbagli",
si morse il labbro, avrebbe voluto dirgli la verità ma…
"non credo.. per il ringraziamento torni?"
"non so.."
"..."
"ora devo andare. ..... ti voglio bene big bro" attaccò e si coprì il volto con le mani.
".... anche io" rispose Shannon rimanendo ad ascoltare la linea del telefono ormai libera.

dicembre 2007

Shannon si svegliò di soprassalto. La luce sul comodino era ancora accesa e il libro che stava leggendo era caduto a terra. Si sporse dal letto e lo raccolse. Si era addormentato di colpo, lanciò un’occhiata all’orologio , erano le 2.00am .

La sensazione che l’aveva fatto svegliare non l’aveva ancora abbandonato. Jared? chiese al silenzio sentendo la paura attanagliargli le viscere. Scese dal letto e si avvicinò alla sedia sulla quale aveva gettato i vestiti qualche ora prima e prese il suo cellulare. Lo accese e selezionò il numero del fratello.

Uno squillo.. due squilli…tr-

Shan..?” Jared rispose, la sua voce carica di emozioni.Shannon chiuse gli occhi e sospirò.

tbc

A/N:

i. Jared dopo il diploma alla Emerson Preparatory School nel 1989  si è iscritto alla  University of the Arts di philadelphia.

ii. philadelphia e' una delle città più infestate d'america, non a caso scelta come sfondo ad un film come 'il sesto senso' . l' Eastern State Penitentiary chiuso nel 1971 oltre ad essere scenario di film e documentari ospita,  durante il periodo di ottobre ,l'attrazione "Terror Behind The Walls". ovviamente sarebbe stato impossibile entrare come hanno fatto i ragazzi, ma questa è una fic quindi tutto è possibile xD
 

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grazie per i complimenti, è sempre un piacere sapere che la fic è di vostro gradimento ^^

monica
_ eheheh la mente da psicolabile è una delle caratteristiche che rende Jared... Jared! XD è bello impazzire cercando di trovare un senso ai suoi messaggi... 


maddi,
il reale. Poichè sono restia a diffondere voci di cui non ho la certezza al 100% mi limito a dirti in sintesi
che Brent è uno dei pochi che gli è stato vicino sempre. Che l'ha  supportato anche quando era più facile voltargli le spalle. 
 In pratica un secondo Shannon :)
Non è un caso che lui stesso sul suo myspace chiama Jared "mio fratello" e "la mia famiglia"... se lo può permettere ;)


Ari92, anche io sarei scappata xD ,ma J mi dà l'impressione di uno che affronta le situazioni, per quanto scomode siano. :)


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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ~ ...Dumb kid, living a dream _ parte I ***


8
Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N: non posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in cui non pubblicherò nulla, ma  la storia non verrà lasciata incompleta. promesso ;).

Warning: se siete contrari a tematiche omosessuali fermatevi qui. Lettore avvisato...

Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§

Capitolo VIII ~  ...Dumb kid, living a dream _ parte I
( ...Stupido ragazzo, che vive in un sogno)


dicembre 2007

Jared era steso sul letto. Il tremore per l'incubo stava diminuendo, il respiro sempre più regolare. L'unica traccia delle lacrime versate erano le macchie scure lasciate sul  cuscino.

Stava per posare il blackberry sul comodino quando cominciò a squillare. Lesse il nome del chiamante "BigBro" e sentì il cuore saltargli in gola. Premette il tasto di risposta e si portò l'apparrecchio all'orecchio "Shan?..". Dall'altra parte sentì il sospiro del fratello maggiore poi la sua voce "Jay...tutto bene?".

Jared si alzò a sedere e annuì , poi si rese conto che Shannon non poteva vederlo “s…si ..ora va tutto bene” . I confini delle parole erano troppo limitati per esprimere i sentimenti che riempivano quel silenzio.

Jared chiuse gli occhi e con un filo di voce sussurrò "quando torni a casa?", Shannon non lo fece aspettare molto per la risposta "presto". Entrambi sorrisero sollevati.

novembre 1989

Il tonfo dei libri lasciati cadere sul banco rimbombò per tutta l'aula attirando l'attenzione di molti degli studenti e facendone sussultare altrettanti. "Hey!" Justin si sedette sullo schienale di una delle sedie e incrociò le braccia. Jared, spaventato, alzò lo sguardo  "...hey".

L'amico si sporse in avanti  e gli sorrise "sai, ho sempre ignorato le voci secondo le quali tu saresti un fottuto stronzo egoista... ma... dopo quello che hai fatto martedì .." Jared sospirò e scosse la testa, sapeva che questo momento sarebbe arrivato "è stata lei a volere che l'accompagnassi! come avrei potuto dirle di no!". Justin posò il mento sui suoi avambracci, le labbra incurvate in un sorriso, peccato che il resto del volto tradisse il suo vero umore "non cercare di fregarmi ...vi ho visto sai?".

Jared rimase in silenzio, è vero, l'aveva baciata ma solo perchè preso alla sprovvista "ascolta.." si leccò le labbra nervoso e stava iniziando a spiegarsi quando Justin lo interuppe, gli si avvicinò e sibilò "pensi che ci avrebbe provato se sapesse chi realmente sei?" Jared lo guardò confuso "so molte più cose di te di quanto pensi... finocchio!" sputò l'ultima parola con disprezzo e aggiunse "avvicinati di nuovo a lei e ti giuro che nel campus cominceranno a girare voci poco carine...sai cosa succede a quelli come te vero?"

Jared rimase senza parole, il che di per se era un evento, si guardò intorno, vergognandosi di sentirsi sollevato nel notare che nessuno, almeno apparentemente, stava ascoltando il loro discorso. Justin riprese i libri e si sedette due file più avanti, senza mai voltarsi.


Quella sera Ben entrò nella camera, lanciò la cartella da lavoro a terra e, mentre allentava la cravatta si sedette sul letto accanto a Jared. Il ragazzo sentì il letto piegarsi e muoversi sotto il peso dell'uomo ma non alzò il volto.

"Pessima giornata?" gli chiese l'altro spostandogli i capelli dagli occhi. Jared si limitò a sospirare. Nella sua testa non riusciva a pensare. Non sapeva perchè le parole di Justin l'avessero colpito così a fondo. "..Sai ... a volte parlare fa bene.." il ragazzo si voltò e puntò i suoi occhi azzurri in quelli dell'uomo, poi scosse la testa. Non c'era nulla di cui discutere.

L'uomo rinunciò, forzarlo li avrebbe portati solo a litigare, sospirando gli si avvicinò "il bello di una relazione è anche condividere Jare, tienilo a mente. " Gli sorrise e tentò di baciarlo ma l'altro lo scansò. Ben lo guardò sorpreso. Non sempre riusciva a stare dietro ai ragionamenti di Jared e questo era uno di quei momenti.

"I..io non volevo.." il ragazzo lo guardò e si coprì le mani con il volto sconsolato "...lo sa!" Ben gli si avvicinò e gli avvolse un braccio intorno alle spalle "..cosa?" gli chiese dolcemente e rimase pazientemente in attesa della risposta, proprio quando pensava non sarebbe mai arrivata Jared parlò "...che sono gay. Il mio compagno di stanza... sa che sono gay".

L'uomo si irrigidì, era un argomento delicato. Per Jared questa era un'esperienza nuova, doveva ancora realizzare e accettare cosa tutto quello che stavano vivendo significasse. "Cosa ti ha detto?

".. niente..  ha solo minacciato di dirlo se..." non finì la frase, guardò l'uomo e chiese "perchè sono così spaventato che si sappia?" la domanda gli scivolò fuori dalla bocca inconsciamente. Era questo quello che lo stava tormentando? Il fatto che lui stesso ancora non avesse accettato l'idea? 

L'uomo non rispose subito, aspettò che il ragazzo si rendesse conto di aver pronunciato la domanda,  che fosse pronto a sentire la risposta, nel frattempo continuò ad accarezzargli i capelli alla base del collo, conscio che il movimento lo avrebbe rilassato. 

Jared chiuse gli occhi e lasciò che l'uomo lo accarezzasse. Ogni volta che le dita si infilavano tra le  ciocche sollevandole e accarezzandole poteva sentire il respiro regolare di Shannon e la sua voce, calda e serena , che lo tranquillizzava. Il ricordo venne interrotto quando Ben parlò "Jare, tutto questo è nuovo per te.. non hai avuto ancora il tempo.. di capire. Ma non devi permettere a nessuno di farti credere che ti dovresti vergognare. Che devi nasconderti. Perchè non è così."

L'uomo lo guardò dritto negli occhi "devi essere orgoglioso di chi sei! E, credimi, ne hai motivo! "  

"Dovrei fare coming out?" Jared lo guardò inorridito, un conto era ignorare le voci che si sarebbero sparse per il college , un altro era dichiararsi. "No, non necessariamente... ma non puoi vivere con la paura, così gli darai il potere di condizionare la tua vita".

Jared rimase in silenzio. "Non vivere in una bugia, per quanto possa sembrare la scelta più semplice, non ti renderà felice."

Il punto era, si chiese Jared, qual'era la verità? Ma non lo disse ad alta voce, si limitò ad annuire e farsi abbracciare dall'uomo.

----

Shannon entrò nella sua stanza e guardò il telefono. Stava aspettando la chiamata di Jared da due settimane ormai. Si buttò sul letto e guardò il soffitto. Aveva fatto un turno di otto ore alla tavola calda giù in città ed era stanchissimo, ma temeva che da un momento all'altro il telefono avrebbe squillato e non poteva rischiare di perdere la chiamata.

Era nel dormiveglia quando sentì la voce di Constance. "Shan?" il ragazzo si tirò su a sedere stropicciandosi gli occhi. "Non addormentarti vestito prenderai freddo" la donna gli accarezzò il volto ,poi diresse lo sguardo verso il telefono "mi spiace di aver perso la chiamata di Jay ieri... avrei voluto tanto risentirlo".

Shannon si alzò dal letto "non ti preoccupare mamma. Mi ha detto che avrebbe richiamato presto e che sta benissimo.. " la madre annuì e, augurandogli buonanotte, uscì dalla stanza. 

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Jared aprì la porta della cartoleria con il gomito, facendo attenzione a non versare il caffè sul blocco di fotocopie che aveva appena finito di fare. Si morse il labbro quando stava per fallire nella sua impresa poi, assicuratosi di avere una buona presa sui fogli , si diresse verso l'appartamento. 

I suoi corsi lo stavano entusiasmando sempre di meno e la tensione con Justin non lo aiutava certo a rilassarsi, ma non poteva abbandonare tutto, cosa avrebbe detto a sua madre dopo tutti i loro sacrifici? 

Sbuffò e svoltò l'angolo. Un piccolo gruppo di persone ostruivano la strada , si mise in punta di piedi e cercò di capire cosa fosse successo, pregando mentalmente che non fosse un incidente visto che non aveva nessuna intenzione di trovarsi a  guardare quel tipo di spettacolo.

Con sua grande sorpresa si ritrovò a guardare un set, stavano girando una pubblicità. Si fece spazio tra i curiosi e, sorseggiando il caffè, cominciò a guardare la lavorazione. Non aveva mai visto un regista in azione.

Una mano sulla sua spalla lo fece sussultare, si voltò e si ritrovò faccia a faccia con Rachel "Jay!" disse la ragazza illuminandosi in volto "è un secolo che non ci vediamo.. sei così..." lottò alla ricerca di una parola appropriata "... sfuggente" . La ragazza cercò di mascherare la preoccupazione nella sua voce e continuò a sorridere.

Nell'ultima settimana aveva provato in tutti i modi ad avvicinarlo ma sembrava quasi che fuggisse da lei. In un primo momento aveva pensato che fosse una sua impressione ma, con il passare del tempo e l'accumularsi di strambe scuse, aveva capito. Non avrebbe dovuto essere così sfacciata quella notte. 

"Che...sorpresa.. Rachel!" Jared sorrise nervosamente e, guardandosi intorno ,si accertò che la ragazza fosse da sola  "... è che i corsi mi stanno assorbendo completamente, non ho un minuto libero" le mostrò le fotocopie poi, indicandole la scena davanti a loro, le disse "sembra stiano girando uno spot". A Rachel non sfuggì di notare quanto desideroso di cambiare discorso Jared fosse ma decise di abbandonare l'argomento per il momento e godersi la sua compagnia. 

I due assistettero alle riprese, osservando il duro lavoro dietro le telecamere, un discorso tirò l'altro e Jared si ritrovò a parlare della sua passione per il cinema "ci potevamo permettere poco ma nostra madre si assicurava sempre che almeno una volta mese andassimo a vedere un film. Era il nostro appuntamento fisso, un modo per staccare dalla realtà.. " Rachel notò il velo di malinconia che attraversò il volto del ragazzo e gli strinse la mano, come a volergli dare conforto.

Jared sorrise a disagio,aveva detto più cose di se a Rachel in quei venti minuti che in venti giorni a Ben. Il regista urlò un ordine in lontananza mentre la gente cominciava ad allontanarsi "hai mai pensato di fare l'attore ?" gli chiese la ragazza d'un tratto, Jared la guardò per un attimo in silenzio poi scoppiò a ridere.

"Con il tuo aspetto non è un'opzione tanto assurda sai?" la ragazza arrossì quando si rese conto di come poteva essere percepita una frase del genere ma Jared non commentò, si limitò a scuotere la testa "non credo quella sia la mia strada,  anche se devo ammettere che l'idea di quello che c'è dietro alla creazione di un film, il ruolo del regista, è davvero affascinante... infatti diventare il nuovo Scorsese era il mio piano B".

Rachel si avvicinò e lui le avvolse il braccio intorno alle spalle, proteggendola dal freddo vento che aveva iniziato a tirare. "ah si?.. e qual'era il piano A?" gli chiese poggiando la testa sulla sua spalla, Jared rise imbarazzato "diventare il nuovo Robert Smith!". Rachel rise " punti sempre così in basso?" gli disse scherzando , poi tornò seria " perchè non ci provi?.. quando ne parli ti si illuminano gli occhi.."

Jared distolse lo sguardo da quello della ragazza e guardò davanti a se, il regista aveva una mano sulla spalla dell'attore e gesticolava animatamente. Giusto, perchè non tentare?

---

"Ti ho detto che farò il possibile per il weekend..." nonostante Ben fosse nella stanza da letto Jared, seduto sul divano intento a leggere un articolo sul Batman di Tim Burton, riusciva a sentire ogni parola dell'uomo. Si sfilò le scarpe e raggomitolandosi sui soffici cuscini si coprì con  una coperta che Ben lasciava sempre a portata di mano. "Lo so ..lo so... ascolta.. Sai che se potessi... " girò pagina e guardò il volto di Jack Nicholson nei panni di Joker "devo finire delle pratiche non posso riman..".

Un flash e si ritrovò sul pavimento della loro casa in Louisiana.

-**

Jared stava giocando con delle costruzioni di plastica colorata con Shannon e sentiva Constance in cucina discutere  con il compagno.

"Ma come è possibile che ti facciano lavorare durante le feste natalizie!" Tony tossì e Jared potè sentire la carta di un paccheto di sigarette che veniva aperto "ti ho detto che non devi  fumare in casa! i bambini.." la risposta dell'uomo fu un confuso borbottio, poi il rumore di un accendino.

"Senti,  ti ho detto che farò il possibile per esserci nel weekend..." Constance con voce tremante di rabbia e frustazione lo interruppe "è natale Tony! c'è il compleanno di Jay!", l'uomo si avvicinò alla porta rendendosi visibile ai due bambini "lo so Constance. Sai che se potessi .."

-**

Il flashback venne interrotto dalla voce di Ben "Jare! Jare! ti sei addormentato lì?" Jared si stirò e scosse la testa "no, stavo solo ...pensando" gli sorrise e con finta noncuranza gli chiese "chi era al telefono?" l'uomo si diresse verso i fornelli e gli diede le spalle  "Nessuno. Programmi per il ringraziamento?

Jared  si alzò dal divano, non sapeva perchè ma tutto d'un tratto si sentiva a disagio "avevo in mente di andare a casa.." l'uomo si voltò "oh!peccato, volevo farti vedere la parata che fanno qui a Philadelphia ..." sorridendo gli porse un mestolo con del sugo "assaggia e dimmi se ti piace". Jared si sporse e gustò la salsa, la brutta sensazione ormai dimenticata.

20 novembre 1989

"Ed!!! vai ad aprire la porta?" Jared sorrise e si sistemò il borsone sulla spalla , benchè gli fosse dispiaciuto lasciare Ben a Philadelphia per il ringraziamento, la nostalgia di casa era troppa, non vedeva l'ora di riabbracciare tutti.

"EDMOND!!" la voce della nonna adesso era più vicina alla porta, non riusciva a distinguere le parole di cosa stesse borbottando ma di sicuro erano rivolte al nonno, ridacchiò e si prepararò mentalmente ad essere investito dal ciclone che era la sua amata nonna. Ruby aprì la porta ancora imbronciata ma l'espressione cambiò in un attimo quando puntò gli occhi sul ragazzo.

"JJ !!! TESORO!!" in un attimo si ritrovò avvolto in un abbraccio dalla piccola donna che, circondandogli il volto con le mani, cominciò a riempirlo di baci "ma guardati ..come sei.." lo allontanò per un attimo per squadrarlo da capo a piedi "..cresciuto". Jared rise e , assaporando il tipico profumo di sua nonna, ricambiò la stretta poi, baciandola sulla guancia, la salutò.

La donna si voltò e gli indicò di entrare "Shannyy!! è arrivato tuo fratello! ....ED!!!". Jared posò il borsone e si guardò intorno, casa. In ogni angolo un ricordo. Nonostante il lavoro di loro madre li avesse sballottati a destra e manca per il paese, fin da quando erano piccoli, avevano passato il ringraziamento con i nonni. 

"..come sei magro.. vieni che ti preparo qualcosa" il ragazzo la seguì, poi poggiato allo stipite della porta, la guardò mentre , continuando ad inondarlo di parole, camminava avanti e indietro per la cucina.

Non potè trattenere un sorriso quando ripensò alle volte che, seduto a quel tavolo, la osservava muoversi con fare esperto tra i fornelli. Il filo dei suoi ricordi venne interrotto quando sentì una mano scompigliargli i capelli "ragazzo.. non saluti tuo nonno?" Jared si girò e istintivamente abbracciò l'anziano, l'esuberanza della nonna era contagiosa. Sentì l'uomo irrigidirsi per un attimo poi rilassarsi e ricambiare la stretta. 

Suo nonno era praticamente l'opposto di Ruby, di poche parole e abbastanza contenuto nell'esprimere i suoi sentimenti. Era anche molto severo ma Jared e Shannon riuscivano in qualche modo ad intenerirlo.

"Ma dov'eri eri finito?  sono tre ore che ti chiamo!" Ruby si intromise e, passando a Jared un piatto di biscotti fatti in casa, si avvicinò al marito "devi andare in cantina e ritrovare le decorazioni per il ringraziamento..voglio che sia tutto perfetto!

L'uomo lanciò un'occhiata supplichevole al nipote poi, facendosi coraggio e borbottando, andò verso la cantina insieme alla  moglie . Jared addentò un biscotto e si diresse verso il soggiorno.

"Mamma?" chiese mentre  si lasciava cadere sulla poltrona , Shannon era allungato sul divano di fronte a lui , una gamba poggiata contro il bracciolo mentre leggeva una rivista sulle auto da corsa. "T'importa?" gli rispose senza alzare lo sguardo dall'articolo, anche se non lo stava più leggendo da tempo, le parole davanti a lui un insieme di linee e spazi.

Jared lo guardò . Non era sorpreso dalla reazione, aveva capito che era arrabbiato con lui dal fatto che non era corso a salutarlo "certo che mi importa! ma che cazzo di domanda è?" Shannon finalmente alzò la testa "beh sai, dopo che non ti fai sentire per più di 2 FOTTUTISSIME settimane, il dubbio può venire!". 

Avevano litigato spesso ma questa volta non sarebbe bastata una battuta per farsi perdonare "e risparmiami la scusa dello studio!" disse il fratello maggiore anticipando la risposta dell'altro "alzare una cornetta e parlare per dieci minuti con tua madre non richiede tutto questo tempo!".

Si tirò su a sedere e sbattè la rivista sul tavolino "le dicevo che chiamavi quando lei era fuori! ... h..hai idea di quanto in pensiero sono stato? ho perfino chiamato al campus ma mi hanno detto che non dormi più lì!" Jared cominciò a sentirsi a disagio "dove sei andato Jay? dove dormi?Cosa m.. ci nascondi?" Shannon sputò fuori le domande che lo stavano tormentando da giorni, si avvicinò al fratello minore e lo guardò cercando di leggere le risposte sul suo volto.

Jared abbassò lo sguardo, poteva sentire gli occhi nocciola del fratello analizzare ogni suo piccolo gesto, espressione e questo lo stava innervosendo. Voleva raccontargli tutto, fargli sapere di come si sentisse felice quando aveva conosciuto Ben, della paura che provava ogni volta che incrociava Justin nei corridoi, di come si irrigidiva quando camminando sentiva qualcuno ridere convinto che la verità fosse sotto gli occhi di tutti. Ma non disse nulla di tutto questo, scaricò tutta la sua tensione contro il fratello, attaccandolo per ferirlo. 

"Adesso mi controlli? Cos'è che ti ha fatto più arrabbiare eh? Shan?... il fatto che non abbia chiamato la mamma o che non abbia più chiamato TE?! " vide la confusione sul volto del fratello ma non si fermò "ti da così fastidio che a differenza di te io mi sto facendo una vita tutta mia?" nel momento stesso in cui pronunciò queste parole se ne pentì. 

"no Shan..ascolta" si alzò giusto in tempo per afferrare il braccio del fratello maggiore ma Shannon si liberò violentemente dalla presa "sei davvero un stronzo Jared... uno stronzo egoista" un secondo dopo era fuori dalla porta. 

Jared si rilasciò cadere sulla poltrona e si mise le mani tra i capelli "merda!"

tbc

A/N:

i. Jared dopo il diploma alla Emerson Preparatory School nel 1989  si è iscritto alla  University of the Arts di philadelphia.

ii. il ringraziamento (Thanksgiving Day) viene festeggiato il quarto giovedì di Novembre, a Philadelphia dal 1920 si svolge una delle più famose parate del paese. nel 1989 la festività cadde il 23 novembre.


iii. non ho la certezza assoluta che il nonno di Jared si chiami Edmond, mentre credo tutti voi sappiate chi sia nonna Ruby, se no... qui.


 

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ~ ...Dumb kid, living a dream _ parte II ***


9
Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N: non posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in cui non pubblicherò nulla, ma  la storia non verrà lasciata incompleta. promesso ;).



Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




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Capitolo IX ~  ...Dumb kid, living a dream _ parte II
( ...Stupido ragazzo, che vive in un sogno)


dicembre 2007

Constance si sedette al tavolo e guardò Jared chiudere, nel modo più silenzioso possibile, la porta della stanza dove Shannon stava riposando. "Cosa è successo questa volta?" gli chiese una volta che l'ebbe raggiunta nella cucina. Jared la guardò per un pò, indeciso su cosa e quanto dire "sa di Tony" .

Constance sgranò gli occhi. Jared non aggiunse altro, aprì una dispensa ed estrasse una bottiglia senza etichetta. Tolse il tappo a fatica e ne sentì l'odore, era ancora bevibile. La posò sul tavolo insieme a due tazzine e senza proferir parola le riempì a metà.La donna guardò il liquido ambrato scivolare nei piccoli contenitori di porcellana  in silenzio, aveva provato a parlare ma era riuscita solo ad aprire e chiudere la bocca ripetutamente senza che alcun suono trapelasse dalle sua labbra.

Jared si sedette di fronte a lei e bevve un sorso, non potè trattenere una smorfia al forte sapore ma sapeva che, se avesse dovuto parlare di tutto questo con sua madre, aveva bisogno di qualcosa che gli desse forza.

Constance lo imitò e, fissando quello che era il ritratto dell'uomo che le aveva spezzato il  cuore, gli domandò "da quando lo sai?"

20 novembre 1989

Shannon sbattè la porta e uscì sul portico. Cercò nella tasca il pacchetto verde di Pall Mall e si sedette su uno degli scalini. Quando si portò la sigaretta alle labbra notò  che stava tremando. Ma non era freddo. Gli inverni da quelle parti erano abbastanza miti, sebbene quell'anno si preannunciasse essere tra i più freddi registrati. Tremava per il nervosismo. Come poteva Jared aver pronunciato quelle parole. Sospirò e guardò il cielo ricoperto di nuvole.

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"ti va di darmi una mano ?" Edmond si appoggiò allo schienale della poltrona dove Jared era rimasto a rimuginare sulla sua pessima uscita. Il ragazzo alzò lo sguardo e sorrise quando vide il nonno porgergli una delle sue camicie di flanella rossa. 

Se c'era una cosa che potesse caratterizzare suo nonno erano proprio queste camicie. Si alzò e l'indossò mentre seguiva l'anziano nel giardino del retro. L'uomo si fermò davanti ad un tavolo davanti al capanno degli attrezzi, dove aveva poggiato un'anta di una persiana, ed estrasse da alcuni scatoloni dei barattoli di vernice .

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Shannon sentì dei passi leggeri , poi la porta che si apriva. Pochi secondi dopo un forte schiaffo sulla nuca gli fece quasi bruciare i pantaloni con la cicca della sigaretta "butta immediatamente quella cosa infernale!".

Ruby a fatica si sedette accanto a lui, un piatto pieno di  biscotti nelle sue mani. Shannon guardò i dolci, "non ho fame" disse buttando via la sigaretta. "Non esiste persona sulla terra in grado di resistere ai miei biscotti" disse la donna posando il piatto sulle ginocchia del ragazzo. Shannon lo fissò poi, sospirando, ne prese uno .

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"tu che sei l'artista di casa.. quale di questi colori si abbina meglio alle pareti?" Jared si voltò verso la modesta abitazione poi guardò la serie di barattoli, "la nonna quale vuole?" . Edmond rise e gli diede una pacca sulle spalle "scegli un colore", Jared sospirò e gli passò il barattolo con una gradazione di verde "riprende il colore del tetto" spiegò leggermente intimidito dallo sguardo del nonno.

Se c'era una cosa che aveva imparato sui Metrejon era che, quando avevano quella espressione, erano in arrivo domande da terzo grado. Il nonno però non gli domandò nulla, aprì il barattolo e iniziò a verniciare la persiana. 

Jared lasciò vagare il suo sguardo per il giardino e notò quanto le cose cambiassero in un anno. Il prato che una volta era verde e curato era ormai un insieme di erba incolta , lo steccato non era completamente verniciato e , dove una volta c'era una piccola altalena, ora nn rimaneva altro che la piccola fossa formata da anni di scarpe in frenata.

"...  a destra" Jared si accorse che il nonno gli stava parlando e riguardò l'anziano "ho detto  voltala più a destra" il ragazzo sorrise a mo di scusa e fece come chiesto, "non pensavo saresti venuto quest'anno" disse l'uomo. Jared si tese, iniziava il terzo grado. Sorrise e annuì "nemmeno io".

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"è una bella sorpresa non è vero?" chiese Ruby sgranocchiando il suo biscotto "non mi aspettavo sarebbe venuto dopo quei messaggi così vaghi che ci ha lasciato" Shannon annuì "già..".

La donna osservò il volto del nipote, avrebbe dato ogni cosa per poter cancellare il dolore nei suoi occhi. "Sono così contenta che ce l'abbia fatta!" Ruby notò il ragazzo irrigidirsi " e tu?

Shannon sorrise "ci hai sentito litigare?" la donna ricambiò il sorriso e gli si avvicinò "era difficile non sentirvi" il ragazzo cercò di evitare il suo sguardo ma poi si lasciò andare, era stufo dei segreti e delle bugie "...non mi parla più nonna" posò la testa sulla spalla della nonna e si lasciò avovlgere dal profumo della donna, il profumo di casa "..Jared mi ha sempre parlato di tutto"

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"Philadelphia è così bella?" chiese l'uomo, "nulla di speciale ad essere sinceri..". Jared notò che il nonno stava passando ripetutamente il pennello sulla stessa zona ma decise di fare finta di niente.

Edmond posò il pennello sul tavolino e si pulì la mano con uno straccio "e allora perchè non volevi tornare?" il ragazzo alzò il volto di scatto "non ho mai detto che non volevo.." il nonno sorrise amaramente e lo interruppe "no..ma è così vero?".

Jared prese il panno che il nonno gli aveva passato e si ripulì le mani dagli schizzi di vernice verde in silenzio  "ci siamo già passati con tua madre JJ, sappiamo riconoscere chi ..si allontana.."

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"è come se stesse fuggendo da me! sapevo che crescendo ci saremmo separati, che avremmo preso due strade diverse ma .." Shannon si passò la mano tra i capelli  "c--che mi potesse sostituire così in fretta..

Ruby cominciò a massaggiargli la schiena "nessuno potrà mai sostituirti Shan. Tu sei il mondo per Jared!" il nipote sospirò sconsolato, era ora di gettare la bomba, "e allora perchè non mi vuole dire dove e con chi vive?"

La donna lo guardò sorpresa "do-dove vive? non dorme al dormitorio del college?" il ragazzo in risposta si limitò a scuotere la testa

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Jared alzò lo sguardo e notò che il caldo sorriso che l'aveva accolto poco più di un'ora prima era scomparso. "Io non sto fuggendo da voi!" l'espressione del nonno non cambiò  "i-io sono solo confuso .."

Si abbandonò contro il tavolo e  guardò un punto imprecisato davanti a se. Il nonno gli si avvicinò e posando una mano sulla sua spalla lo scosse leggermente "cosa c'è JJ?", stringendosi nella camicia gli rispose con un filo di voce "sto pensando di lasciare l'università". C'erano cose che era meglio non dire. Almeno per ora.

L'uomo battè le palpebre perplesso "ma...non era quello che hai sempre voluto?" il ragazzo scosse la testa ...

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"...non più... l'ha lasciato da una settimana definitivamente ma è da quasi un mese che non dorme lì".

La donna poggiò il piatto di fianco a lei e, passandosi la mano sul volto, cercò di elaborare le informazioni che il nipote le aveva dato "e perchè non ci hai detto nulla Shan?" il ragazzo fece spallucce "è maggiorenne. E poi..pensavo che ..una volta che gli avessi parlato di persona sarei riuscito a sapere tutto..."

Il rumore di una macchina attirò l'attenzione dei due, Constance era appena tornata dal supermercato. "Mamma non sa niente" le sussurrò agitato e Ruby pensò che, almeno per un pò, fino a quando non avesse avuto delle risposte, avrebbe fatto bene a reggere il gioco al nipote.

Sfoderando il suo miglior sorriso si avvicinò alla figlia "Constance, tesoro, non indovinerai mai chi è arrivato oggi".

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I due rimasero in silenzio, Edmond  guardò negli occhi azzurri del nipote e vide che c'era dell'altro ma decise che per quel giorno era abbastanza.

"Jay!!" i due si voltarono in tempo per vedere Constance correre verso di loro, Jared guardò il nonno chiedendo silenziosamente di tenere la loro conversazione privata e si lasciò abbracciare e ispezionare dalla madre.

Edmond li guardò rientrare in casa e, dal sorriso stampato sul volto della figlia, era evidente che non avesse la minima idea di cosa stesse succedendo. Ma d'altronde ,pensò, Constance non era mai stata brava a capire quando le persone le mentivano.

20 agosto 1969

Constance prese la fascia e la indossò, il rosso acceso del tessuto spiccava in contrasto con i suoi lunghi capelli biondi. Si avvicinò allo specchio e controllò ancora una volta l'acconciatura. Prese la bomboletta di lacca e sistemò una ciocca ribelle, poi guardò il suo riflesso. 

Passò le mani lungo il leggero tessuto dell'abito rosso a strisce nere che sua madre le aveva regalato pochi giorni prima e si soffermò al di sotto dell'addome. Titubante accarezzò il leggero gonfiore, era ancora minimo ma presto sarebbe stato impossibile non notarlo. Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi ma le trattenne, non poteva più permettersi di piagnucolare. Indossò le comode ballerine in tinta e, decisa, uscì dalla sua stanza.

Ruby era in giardino ad accudire i fiori. Da qualche parte nel vicinato qualcuno stava ascoltando "This Girl Is A Woman Now"  e le note della  canzone si diffondevano nell'aria.

La donna vide la figlia uscire dal portone di casa e le sorrise "sei stupenda tesoro!", la ragazza ricambiò il sorriso "mamma, volevo chiederti se posso andare in paese per un  paio d'ore, sai M... " Ruby alzò le sopracciglia e divertita la interruppe "prima o poi mi dirai come si chiama?

Constance arrossì di colpo e la madre, vedendo il suo imbarazzo, ridacchiò "sai Constance, anche io ho avuto 17 anni.. comunque vai pure, le vacanze stanno per finire e questo sarà un anno importantissimo per te". Constance distolse lo sguardo a disagio "la mia bambina si diplomerà..andrà al college..".

Ruby le accarezzò i capelli e la guardò nostalgica , sembrava fosse passato un giorno da quando  la figlia era una bambina dai riccioli biondi "... cerca di tornare prima delle sei mi raccomando" disse alla fine.

Il tempo di un veloce bacio sulla guancia e la figlia era già lontana da lei. Il sorriso sul volto della donna scomparve e si chiese in cosa avessero sbagliato, cosa avesse spinto loro figlia così lontano da loro. Erano mesi ormai che non parlavano più e che la ragazza era diventata schiva e distante. La canzone stava finendo e Ruby, rispondendo alla sua stessa domanda, fece eco al cantante " è diventata una donna ..".

 

Constance entrò nella piccola officina. Si guardò intorno a disagio poi si diresse verso una Plymouth arancione ferma al centro della sala "Tony?" disse titubante rivolta al paio di gambe che fuoriuscivano dall'automobile. Stava per allontarsi quando il ragazzo si tirò su e fissò la ragazza sorpreso "ehi piccola..cosa ci fai qui?".

Il volto del ragazzo era sporco di grasso e i due occhi chiari risaltavano ancora di più del solito. Constance sentì che il coraggio la stava abbandonando "devo parlarti". Tony prese un panno da una delle tasche e si pulì le mani, o almeno tentò "seguimi nel retro" le disse dolcemente.

"BOB! Faccio cinque minuti di pausa" urlò al collega prima di guidarla verso una porta alla loro destra, la risposta dell'amico venne attutita dallo spesso legno ma Constance poteva immaginare che tipo di battuta fosse. Tony le fece segno di sedersi su una delle sedie di plastica e si diresse verso il piccolo frigo nell'angolo mormorando qualche imprecazione quando lo trovò vuoto.

"Cosa è successo?" le chiese una volta seduto. Constance abbassò la testa e cominciò a giocherellare nervosamente con il bordo del vestito "e--è.." prese un respiro cercando di calmarsi " sono incinta".

Aveva preparato un lungo discorso quel pomeriggio, ma ora non lo ricordava più, e aveva quindi optato per una cosa veloce e diretta. Alzò titubante lo sguardo e , se la situazione non fosse stata così tragicamente seria, avrebbe riso all'espressione del ragazzo.

Tony chiuse gli occhi e si alzò. La ragazza lo osservò mentre camminava avanti e indietro per la piccola stanza e borbottava qualcosa tra se e se. "Sei..sicura?", la ragazza si limitò ad annuire. 

"Cazzo!" gridò dando un calcio ad una vecchia gomma, dopo almeno cinque minuti di silenzio il ragazzo riparlò "posso chiedere a Bob se conosce qualcuno per..poter risolvere la questione"

"risolvere la questione?" chiese confusa Constance "si, insomma... sai cosa intendo.." il ragazzo si passò le mani tra i capelli castani incurante del fatto che li stesse solo sporcando ulteriormente.

"..a--no! assolutamente no!" Constance si alzò dalla sedia di colpo , Tony la guardò come se avesse perso la testa "Constance rifletti! .. siamo troppo giovani per diventare genitori!" 

"non mi interessa! i--io non abortirò!" la ragazza si poggiò contro la porta e, stringendosi il ventre, cominciò a singhiozzare. Aveva provato a fare la forte ma tutto questo era troppo grande per lei. Il ragazzo si mise la testa tra le mani poi ,guardandola fisso negli occhi, le disse "..e chi mi dice che il bambino sia davvero mio?"

20 novembre 1989

Ruby era seduta davanti allo specchio in camera da letto. Edmond leggeva un libro, entrambi persi nei propri ragionamenti.

La serata era trascorsa senza imprevisti, tutti avevano recitato la loro parte a perfezione. Jared, aveva notato la donna, aveva risposto alle mille domande della madre con forzato entusiasmo. All'apparenza si erano comportati come una normale famiglia riunita dopo tanto tempo ma, ad un attento osservatore, non sarebbero sfuggiti gli sguardi e i silenzi.

La donna finì di mettersi la crema sulle mani e si avvicinò al grande letto matrimoniale " hai scoperto qualcosa oggi?" chiese vagamente, il marito la guardò al di sopra delle lenti degli occhiali "diciamo di si, tu?".

I due si guardarono per un pò, indecisi su chi avrebbe dovuto parlare per primo. Edmond ruppe il silenzio "Jared vuole lasciare l'università." Ruby annuì ,un altro tassello a completare il quadro della situazione, toccava a lei "ha lasciato il dormitorio da quasi un mese ".

"Sapevo che almeno uno dei due avrebbe ripreso da quel.." Ruby lo guardò sconvolta "Ed!... non sappiamo ancora nulla!".

L'uomo posò il libro sul comodino "cosa vuoi sapere di più..?" la donna si passò la mano sulla fronte, alla disperata ricerca di un'alternativa "non penserai..."

Edmond scosse la testa "come potremmo spiegare altrimenti tutto questo?" la donna non rispose e il marito continuò " dobbiamo fare qualcosa.."

Ruby in un primo momento annuì poi, una volta capito cosa intendesse  il marito, si girò di scatto incredula " n-on vorrai allontanare JJ come hai fatto con Tony!? ".

L'uomo rimase in silenzio "  Non lascerebbe mai Constance e Shannon!
Jared è diver..."


Jared si poggiò contro il muro. Aveva sentito abbastanza.

Il corridoio era completamente buio ad eccezione della luce che arrivava dalla  piccola lampadina nel bagno. Prima di andare a dormire voleva  parlare con i nonni ma, arrivato davanti alla porta, aveva sentito che stavano parlando di lui. Non aveva  intenzione di origliare ma quello che aveva udito lo aveva immobilizzato.

Dopo quelle che parvero ore si staccò dal muro e leggermente trabbalante si diresse verso la sua camera.

In silenzio, facendo attenzione a non svegliare Shannon, scivolò nel letto cercando di dare un senso a quelle parole.


tbc

A/N:

i. Jared dopo il diploma alla Emerson Preparatory School nel 1989  si è iscritto alla  University of the Arts di philadelphia.

ii. nel 1989 il ringraziamento (Thanksgiving Day) venne festeggiato il  23 novembre.

iii. non ho la certezza assoluta che il nonno di Jared si chiami Edmond, mentre credo tutti voi sappiate chi sia nonna Ruby, se no... qui.

iv. Pall Mall Menthol

v.
il vestito di Constance
This Girl Is A Woman Now- Gary Puckett,  Plymouth 


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 princes_of_the_univers, don't worry ;)

 maddi,
mi fa piacere sapere che la storia continua ad appassionarti :) 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo X ~ ...Dumb kid, living a dream _ parte III ***


10
Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N: non posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in cui non pubblicherò nulla, ma  la storia non verrà lasciata incompleta. promesso ;).

***= flashback



Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§

Capitolo X ~  ...Dumb kid, living a dream _ parte III
( ...Stupido ragazzo, che vive in un sogno)



Era vecchia e scolorita.
Un bordo strappato, gli altri piegati o arricciati.
 Il soggetto un prato e due giovani pieni di speranze e sogni. 
  Un sorriso timido e uno sicuro di sè, disinvolto.
 Due mani intrecciate in un tocco diventato solo un doloroso ricordo, fantasma di un calore mai più provato.
Gli occhi rivolti l'uno all'altro colmi di promesse poi infrante.
Parole d'inchiosto nero, ormai sbiadite dal tempo, lette e rilette accarezzandosi le labbra arrossate, piegate in un sereno sorriso verso il futuro traditore.
Un felice pomeriggio primaverile immortalato per sempre.
Una foto testimone di sentimenti persi nella nebbia di ore,minuti e secondi che è il passato.

 E' stato l'amore che ne traspariva a darmi la forza di cercare le risposte. "

dicembre 2007

«La mamma se ne è andata?» Shannon entrò in cucina. I corti capelli ,divisi in disordinate ciocche castane, gli andavano in tutte le direzioni. Jared lo guardò e sorrise « si, voleva rimanere ma le ho detto che non era necessario..» posò la caffettiera e tirò fuori due cornetti caldi dal microonde «..e che doveva concentrarsi sulla linea di gioielli».

Shannon annuì e si sedette al tavolo, stropicciandosi gli occhi cercò di portar via ogni traccia di sonno dal suo viso ,«Jay...» Jared si voltò di nuovo, quando l'altro non continuò prese  la colazione e la mise davanti al fratello maggiore «lo so Shan». Allungando  il braccio accorciò la breve distanza tra di loro e strinse la  mano dell'altro. 

«ora vediamo di risolvere il problema ok?» .

21 novembre 1989

Jared aveva passato l'intera giornata ad osservare i nonni. Da quando aveva sentito il loro discorso la notte prima aveva cominciato a notare diversi atteggiamenti che, fino ad allora, gli erano sfuggiti.

Shannon, a sua volta, non aveva perso d'occhio il fratello minore ed ora, seduto nel letto, lo guardava camminare avanti ed indietro per la stanza. Dal loro acceso scambio d'opinioni del giorno prima si erano parlati si e no solo per lo stretto indispensabile.

«Hai intenzione di scavare una fossa nel pavimento?» disse esasperato ad un certo punto. Jared continuò per un pò prima di fermarsi davanti al suo letto, rimasero in silenzio a studiarsi e Jared titubante gli si avvicinò. Shannon ,sospirando, gli fece spazio..un chiaro invito a sedersi accanto a lui. 

«Cos'è che ti sta tormentando ?» gli chiese mentre l'altro si girava e rigirava allla ricerca di una posizione comoda « hai mai..» Jared si zittì un secondo insicuro su come verbalizzare i suoi sospetti «hai mai.. notato degli strani atteggiamenti tra i nonni e la mamma?» finalmente si sistemò sotto le coperte e poggiò la testa sulla spalla del fratello maggiore che, leggermente perplesso dalla domanda, rispose «ma...non saprei. in che senso?».

Jared si morse il labbro nervoso «ad esempio che lei e il nonno non si parlano quasi mai direttamente e se lo fanno non si guardano negli occhi?». Shannon non rispose subito, in effetti si, l'aveva notato anche lui e da tanto tempo ormai , ma Jared era sempre stato troppo perso nel suo mondo dei sogni per far caso a certe cose. 

«..è sempre stato così» Jared tirandosi su con il gomito lo guardò stupito «da sempre?» Shannon sorridendo lo invitò a rimettersi giù e aggiunse «tu forse eri troppo piccolo per ricordarlo ma c'è stato un periodo in cui la mamma e i nonni non si parlavano. Quando abbiamo lasciato  Bossier City  ci siamo diretti ad  Oakton  perchè la nonna aveva dei parenti. Siamo rimasti lì una settimana ricordi? La zia Margaret..» Jared corrugò la fronte, il nome non gli era nuovo, l'immagine di una signora abbastanza in sovrappeso e un caldo sorriso gli venne mente « Poi la mamma una sera ha avuto una discussione molto accesa al telefono con Ruby  e ce ne siamo andati. E' passato più di un anno prima che i nonni potessero rivederci..». Jared chiuse gli occhi alla ricerca di quei momenti nella sua memoria...

***luglio 1978

«Constance ragiona!» Margaret , la cugina di Ruby , afferrò il braccio della nipote «dove andrai?!» La giovane si liberò dalla presa «un posto lo troverò non devi preoccuparti » l'altra si sedette sconsolata sul letto e guardò i due bambini. Shannon stava aiutando la madre a mettere i vestiti in un borsone, Jared, seduto nel grande letto matrimoniale, si stropicciava gli occhi confuso da tutto quel movimento.

«almeno parti domani mattina!» provò infine ma l'altra si limitò a scuotere la testa «e dare il tempo ai miei di arrivare? non se ne parla» tirò la chiusura lampo del borsone e ne aprì un altro dal quale estrasse due paia di jeans e due magliette. Prese in braccio Jared e iniziò a siflargli il pigiamino. Il bambino ,assonnato,si lasciò vestire dalla donna senza tante proteste. Nel frattempo Shannon aveva finito di raccogliere i pochi giocattoli in una busta di plastica azzurra e paziente aspettò il suo turno.

Constance sapeva che Shannon sapeva vestirsi da solo ma capiva che in quel momento aveva bisogno di attenzioni e, prendendolo in braccio, lo aiutò ad infilarsi i jeans e la maglietta.

Prendendo i due borsoni si avviò verso l'uscita, Margaret continuò a pregarla di ripensarci ormai sull'orlo delle lacrime. Constance l'abbracciò e la ringraziò ma non non le diede ascolto ,aprendo i portabagagli,sistemò i borsoni. La donna le disse di aspettare ed entrò in casa, quando riuscì portò con se un paio di cuscini e dei contentori di cibo con delle bottiglie d'acqua.

Nel frattmepo i bambini si erano sistemati nel sedile posteriore e, stanchi, si erano subito addormentati. Margaret cercò di lasciarle anche dei soldi ma Constance rifiutò «grazie di tutto zia» le disse dandole un ultimo abbraccio e, salendo in macchina, iniziò la sua fuga dal passato.

21 novembre 1989

I due persi nei ricordi rimasero in silenzio. Shannon istintivamente iniziò passare le sue dita tra i capelli del fratello, l'altro si abbandonò al tocco e dopo una decina di minuti affondando il viso contro la sua spalla sussurrò «..Shan... non le pensavo sul serio quelle cose..» 

L'altro non potè trattenere un sorriso sollevato «lo so jay» poi, girandosi, in modo da poterlo guardare negli occhi gli chiese «... perchè hai lasciato il dormitorio?», sapeva che forse non era il momento giusto ma doveva saperlo. Qualcosa passò negli occhi di Jared paura? rabbia? incertezza? ma Shannon non riuscì ad indentificare cosa fosse e pensò di averlo immaginato «..ho cominicato a frequentare una persona» ripose.

Shannon battè le palpebre sorpreso e sorridendo gli diede una giocosa pacca « chi è la fortunata?» Jared sentì mancargli l'aria e si tirò su a sedere «Jay...» Shannon guardò la sagoma del fratello minore, lo vide alzarsi e dirigersi verso il suo letto, «Jay.. chi è? » provò ad alzarsi ma si bloccò di colpo quando sentì la risposta dell'altro arrivare in un sibilo «è un uomo Shannon!».

Shannon lo guardò intontito chiedendosi se stesse scherzando ma, vista la serietà sul suo volto, capì che no, Jared era serissimo. La portata di quella rivelazione lo colpì con tutta la sua forza e ,suo malgrado, non riuscì a dire nulla. Guardò l'altro infilarsi nel letto e dargli le spalle. Il discorso era chiuso.


22 novembre 1989


Quella mattina Jared spinse la robusta porta in legno ed entrò nella vecchia camera della madre. Ruby aveva insistito che tutto rimanesse come una volta. Le tende erano aperte e il pallido sole invernale illuminava le pareti rosa antico e la serie di bambole di porcellana sugli scaffali. La madre gli raccontava raramente della sua infanzia e adolescenza, tutto gli sembrava lontano, una stanza di un estraneo. Si avvicinò alla semplice scrivania e passò le dita sui titoli dei libri The Outsiders ,Mr. and Mrs. Bo Jo JonesThe Catcher in the Rye...  poi il suo sguardo si posò su un album.

Sedendosi lo aprì e sorrise, anche la madre amava disegnare. Sfogliò le pagine ingiallite dell'album e si soffermò sui vari schizzi a matita, poteva riconoscere il paesaggio dalla finestra, la nonna in giardino e poi una serie di ritratti dal passato di Constance. Rimase immobile per un attimo a fissare i chiaroscuri che immortalavano un volto molto familiare, titubante, guardò il piccolo specchio da trucco sulla sua destra.

«Non ero brava come te ma me la cavicchiavo no?» Jared sussultò dallo spavento e guardò verso la porta. Constance era appoggiata allo stipite e sorrideva. Senza farsi notare cambiò pagina e ricambiò il sorriso «eri  molto brava invece» la donna entrò nella stanza e si avvicinò alla finestra, scostando la tenda  osservò il padre intento a sistemare le lampadine in giardino, a Jared questa volta non sfuggì il leggero cambiamento d'espressione «cosa c'è che non va Jay?».

Jared posò l'album e sospirò sconsolato, o non sapeva nascondere i problemi lui o aveva per parenti degli Sharlock Holmes « .. l'Università non è come credevo..» optò per il problema più abbordabile. La donna, intuendo dove il figlio voleva andare a parare , lo interruppe « vuoi abbandonarla?». Non si preoccupò di nascondere la delusione sul suo volto, fin da quando era piccolo aveva saputo che Jared sarebbe diventato un artista e voleva che almeno lui cogliesse l'opportunità.

« si..cioè.. vorrei cambiare indirizzo.Ci sono altre cose, altre sfide che vorrei affrontare» Jared sapeva che avrebbe deluso la madre ed era consapevole dei sogni che aveva per lui, ma il punto era proprio questo: di chi era il sogno che stava inseguendo?


«e allora fallo!» Jared la guardò stupito ,Constance gli si avvicinò e chinandosi gli prese le mani ,come se avesse sentito i suoi pensieri continuò « io sono già orgogliosa di te Jared, voi siete i migliori figli che una madre possa desiderare... vi è stato già tolto tanto non privatevi anche dei sogni» Jared sorrise e, stringendola, baciò le mani intrecciate alle sue.


***20 agosto 1969

Il ragazzo si mise la testa tra le mani poi ,guardandola fisso negli occhi, le disse «..e chi mi dice che il bambino sia davvero mio?» Constance con gli occhi pieni di lacrime scosse la testa incredula,  «c--come puoi dirmi una cosa del genere?» Tony abbassò lo sguardo e alzandosi le si avvicinò «mi dispace piccola.. io non so più cosa sto dicendo» la ragazza in un primo momento non ricambiò l'abbraccio « scusami» ripetè il ragazzo stringendola forte «ho paura..» rispose lei con un filo di voce.

Il ragazzo rimase in silenzio poi baciandole la testa disse «
anche io ..ma andrà tutto bene» la ragazza si lasciò andare nell'abbraccio incurante che si stesse sporcando il vestito di grasso «la prima cosa da fare è dirlo ai tuoi» Constance si irrigidiì ma il ragazzo continuò «tuo padre mi ucciderà..minimo». Entrambi rimasero in silenzio poi scoppiarono a ridere, non una risata serena, una risata stanca e incerta «siamo davvero nella merda piccola...» e dopo aver ripreso fiato aggiunse «scusa il francesismo» Constance guardò i suoi occhi azzurri e ridacchiò.Con lui vicino nulla sembrava impossibile.

22 novembre 1989


Constance uscì dalla sua stanza e Jared riaprì l'album. I suoi ricordi di Tony erano sbiaditi e confusi. Ricordava il volto del padre che chianadosi lo accarezzava e gli diceva che sarebbe tornato presto. Lo ricordava nel giardino a sistemare una delle loro biciclette, i capelli legati in un codino e il sorriso quando lo prendeva in braccio. Ricordava anche i litigi. Ricordava di guardare attraverso la fessura della porta la madre seduta in cucina, avvolta nella sua vestaglia azzurra che al buio, piangendo, aspettava che l'uomo tornasse a casa, salvo poi  fare finta di essere a letto da ore  quando sentiva il furgone parcheggiare.

Accarezzò il volto disegnato e si chiese perchè. Aveva passato la sua adolescenza a cercare di cancellare il ricordo di quest'uomo eppure sapeva che per risolvere i suoi problemi aveva bisogno di risposte. Risposte a domande che non aveva coraggio di porgere. Spostò la sua attenzione di nuovo ai libri e si soffermò su "Mr. and Mrs. Bo Jo Jones" l'aveva letto per un compito a scuola e parlava di una coppia di teenager  costretta a sposarsi dopo che la ragazza rimane incinta. Ironia della sorte pensò.

Lo prese e notò che all'interno del libro c'erano delle foto. Erano in bianco e nero e ritravano i suoi genitori. Constance e Tony sorridevano, stretti in un abbraccio su un prato fiorito. Girò la foto e notò che c'era un messaggio quasi totalmente sbiadito dal tempo, lo piegò per cercare di leggere il contenuto,alcune parole erano state rubate dal tempo.
  'Sei tu la p..te migliore di me stesso,
 il limpido sp...hio dei miei occhi,
 il profon.... el cuore,
 il nutrimento, la fortuna,
 l’ogge...to di og..i ..ia speranza,
 il so.o cielo della mia terra,
il paradiso cui aspiro.'

 T. B.

 ti amo ogni giorno di più.    
                                         

C'era stato un tempo in cui si erano amati sul serio. Rigirò la foto e fissò il volto di Tony «perchè ci hai abbandonato?» sussurrò alla vecchia e spiegazzata fotografia.


***7 ottobre 1969


Tony spostò la sedia e fece accomodare Constance «non era necessario andare a cena fuori» disse la ragazza mentre l'altro prendeva posto difronte a lei. Il ragazzo scosse la testa 'no' e sporgendosi posò la mano sul pancione ricoperto dal semplice completo bianco della compagna. «Come farai a pagarlo?» continuò preoccupata la ragazza mentre si guardava intorno. Non era il Ritz ma nemmeno un fast food.. in più Tony aveva prenotato un tavolo abbastanza appartato che si affacciava sul giardino interno del ristorante. «Non ti preoccupare» le disse sorridendo prima di venire interrotto dalla cameriera.

Mangiarono parlando del futuro e della giornata appena trascorsa, Constance non riuscì a trattenere le lacrime quando una cameriera posò sul tavolo una piccola torta. I loro nomi scritti in cioccolato a decorare la candida distesa di panna. Era semplice eppure per la ragazza era la torta più bella che avesse mai visto in vita sua.

Tony le si avvicinò «pensi che possa sentirmi?» le chiese indicando il pancione, Constance distolse lo sguardo dal dolce «..dicono di si » il ragazzo riguardò il pancione « ehi piccolo!» per un attimo non aggiunse altro, si limitò solo ad accarezzarlo poi parlò «..avresti dovuto vedere la mamma com'era bella oggi». Constance arrossì e nascose il volto contro il collo dell'altro «...smettila» bisbigliò intimidita, Tony le passò le mani tra i  lunghi capelli biondi e disse dolcemente «la più bella sposa che un uomo possa desiderare...signora Bryant» circondandole il volto con le sue forti mani la baciò teneramente poi, rimanendo a pochi millimetri dalle sue labbra, le sussurrò «prometto che un giorno avrai il matrimonio dei tuoi sogni». La ragazza si strinse contro quello che da poche ore era suo marito e scosse la testa «ho avuto tutto quello che volevo» l'altro si limitò a guardarla prima di darle un altro bacio e tagliare la torta insieme.



22 novembre 1989

Jared si alzò, prendendo la foto e l'album uscì dalla stanza, era ora di fare qualche domanda.


tbc

A/N:

i. Jared dopo il diploma alla Emerson Preparatory School nel 1989  si è iscritto alla  University of the Arts di philadelphia.

ii. nel 1989 il ringraziamento (Thanksgiving Day) venne festeggiato il  23 novembre.

iii. non ho la certezza assoluta che il nonno di Jared si chiami Edmond, mentre credo tutti voi sappiate chi sia nonna Ruby, se no... qui.

iv. il messaggio dietro la fotografia è  di William Shakespeare.



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 maddi,
speriamo tu non sia l'unica xD
 

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ~ ...The rest is silence ***


11
Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N: Scusate, di nuovo il ritardo. :(

non posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in cui non pubblicherò nulla, ma  la storia non verrà lasciata incompleta. promesso ;).



Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§

Capitolo XI ~   ...The rest is silence
( ...il resto è silenzio)



E’ incredibile pensare come due persone così vicine l'uno all'altro possano in realtà essere così lontane.Quel tipo di lontananza che non si misura in m o km,
quella creata ad ogni silenzio,
ad ogni 
parola di troppo urlata in un momento di rabbia,

...

dicembre 2007

Shannon ricordava con estrema chiarezza il momento in cui Jared era entrato nella sua vita. Aveva appena un anno e nove mesi e  i suoi curiosi occhioni nocciola lo videro: un piccolo battuffolo stretto nelle braccia della sorridente Constance. Gli aveva voluto bene da quell'istante e, sebbene troppo piccolo per ricordare, aveva fatto suo inconsciamente il compito di proteggerlo. Era diventato il suo scudo. Il guardiano del suo mondo. Attento a non far penetrare nulla e nessuno.

Quando erano piccoli se Jared si sbucciava il ginocchio Shannon era subito accanto a lui. Pronto ad allontanare il bambino che l'aveva spinto per salire sullo scivolo prima di lui o, semplicemente, a fargli passare il dolore con un bacino sulla ferita.

Ma non tutti i cattivi potevano essere allontanati. Non tutte le ferite andavano via con una carezza e Jared...  Jared era troppo fragile.

Era come tentare di salvare un vaso di finissimo cristallo. Una volta incrinato era segnato per sempre. Una volta spezzato irricomponibile. E Shannon non era  diverso da lui, ma era talmente preso dal prevenire e curare le ferite del fratello minore che aveva ignorato quelle che si formavano dentro di lui.

Ed una volta rimasto solo a fare i conti con le sue cicatrici era crollato.

 1° Giorno 

Con mani tremanti aprì la porta e attraversò di corsa il corridoio. Arrivato in cucina però rallentò. Jared era seduto al tavolo,il portatile ancora aperto davanti a lui. Cercando di fare meno rumore possibile si avvicinò alla dispensa e l'aprì... niente. Richiuse con attenzione l'anta di legno. Si tese quando aprendone un' altra lo scricchiolio si diffuse per la stanza. Rimase immobile e, assicuratosi che Jared stesse ancora dormendo, proseguì la sua ricerca. 

All'ennesimo nascondiglio trovato vuoto lo stomaco gli si contorse, la rabbia salì come un'onda dentro di lui annebbiandogli per un attimo la vista. Si diresse verso il frigorifero e l'aprì alla disperata ricerca di una birra. Spostò una serie di succhi di frutta, bottiglie d'acqua, thè... incurante quando uno dopo l'altro con un tonfo caddero a terra.

Nulla.

Non c'era nemmeno una fottutissima birra. Si drizzò di colpo. Nel vano tentativo di calmarsi strinse i pugni tanto da sentire la pelle dei  palmi cedere sotto le sue unghie.

«..Ehi...ti sei svegliato?» l'assonnata voce di Jared lo fece trasalire , si voltò lentamente verso il fratello che sgranchendosi cercava di capire che ore fossero. «Dove le hai messe?» tuonò il batterista avvicinandosi lentamente al tavolo. Jared si alzò e, istintivamente, indietreggiò «cosa?» chiese con un'espressione talmente innocente che per un attimo Shannon pensò che per davvero non sapesse che fine avessero fatto le sue bottiglie.

Scosse la testa per schiarirsi le idee, sentiva il sudore bagnargli il volto e la sete bruciargli la gola. «Non.. cercare di FOTTERMI!» urlò alla fine scaraventando alla sua destra la sedia che lo divideva dal fratello. Jared sussultò al repentino cambio di comportamento e  guardò l'oggetto schiantarsi contro il muro. Quando si rigirò Shannon l'aveva raggiunto. Deglutì cercando di mantenere un'espressione neutra benchè volesse con tutto il cuore nascondersi in un angolo. «Le hai fatte sparire..» sibilò  Shannon prima di superare il limite.

***1977***

« dove le hai messe?!?» Tony spintonò Constance facendola sbattere contro il tavolino del soggiorno. La ragazza osservò il marito aprire e chiudere i cassetti convulsamente prima di girarsi verso di lei e ripetere, urlando, la domanda. Constance si limitò a scuotere la testa e non potè trattenere un gridolino strozzato quando l'uomo le afferrò violentemente il braccio. La donna tremante indicò un piccolo contenitore su una dispensa e si lasciò cadere singhiozzante sul divano, mentre il marito  si gettava sul piccolo oggetto, versandone a terra il contenuto .

Shannon era davanti alla porta, i genitori troppo presi dal loro litigio per vederlo. Nelle piccole manine un quaderno, appena tornato da scuola era corso dalla mamma per fargli vedere la sua prima A+.

« 'Ennon..'ENNON!!!.» Shannon si voltò e vide il fratellino affacciarsi dalla ringhiera delle scale al secondo piano. Doveva essersi appena svegliato dal sonnellino pomeridiano e, ignaro della lite, stringeva sorridente il piccolo zainetto di Winnie the Pooh che il papà gli aveva regalato per farlo sentire un bambino grande come il fratello.

Dando un'ultima occhiata nella stanza Shannon salì di corsa le scale e, facendo finta di nulla, lo riportò nella loro cameretta per giocare e distrarlo.

***

Jared si ritrovò a terra in un attimo. Il sapore metallico del sangue gli fece realizzare cosa fosse successo, sbigottito si portò la mano alle labbra e guardò in alto il fratello maggiore
che ,in un momento di lucidità, dopo che la nebbia dell'astinenza si era diradata , guardava le conseguenze con occhi sbarrati, incredulo.

Non riusciva muovere nessun muscolo.

Mortificato osservò Jared alzarsi lentamente da terra e avvicinarsi a lui. Nella sua testa non faceva altro che ripetersi "l'hai colpito - l'hai colpito- .." una cantilena che non cessò nemmeno quando sentì le braccia del fratello minore avvolgerlo in un abbraccio.

Non sapeva cosa fare.

Titubante alzò le sue a circondargli la vita, insicuro se il suo tocco fosse ben accetto « i-io...». Jared scosse la testa e lo costrinse a guardarlo, il labbro spaccato aveva già iniziato a gonfiarsi «ssst... non è successo nulla..» poi chiuse gli occhi e posò la sua fronte contro quella di Shannon, «andrà tutto bene...» gli disse con calma trattenendo le lacrime. «Andrà tutto bene» ripetè stringendo la maglia ormai zuppa di sudore dell'altro.

Shannon cercò di calmarsi ma ogni cellula del suo corpo sembrava gridare il suo bisogno di alcool e, con la voce spezzata dal pianto, sussurrò « un bicchiere...u-un bicc-hiere solo?». Jared sentiva il forte corpo del fratello tremare incontrollabilmente, sentiva le sue mani, che poco prima l'avevano colpito, aggrapparsi a lui spasmodicamente, il respiro strozzato e le lacrime sul suo collo. Inghiottì il magone e si allontanò. Shannon lo guardò implorante, gli occhi che per 30 anni gli avevano dato forza e sicurezza ora non erano altro che smarriti e vuoti. Annuì e avvicinandosi all'unica dispensa che l'altro non aveva pensato di controllare estrasse una delle bottiglie.

Il fratello maggiore ,guardingo, osservò Jared versare il tanto agognato liquido in un bicchiere e, senza alzare lo sguardo, porgerglielo. Lo prese immediatamente e, leccandosi le labbra ormai secche, lo annusò. Era ormai ridotto a questo, schiavo di un bicchiere e il suo contenuto. Jared si voltò, non poteva guardare quella scena. Si poggiò al lavandino maledicendo la sua debolezza, ignaro degli occhi del fratello che lo studiavano. 

Poi di colpo lo schianto del vetro sul pavimento.

Jared si girò e vide il liquido scorrere sulla cermica delle mattonelle e Shannon indietreggiare verso al porta che con voce spezzata e tremante farfugliava «falle sparire sul serio.. falle sparire tutte!».

Ancora una volta Shannon era stato il più forte dei due.


24 novembre 1989


Il ragazzo uscì in veranda e guardò davanti a se ,
aveva iniziato a tirare vento e qualche nuvola gonfia di pioggia si affacciava all'orizzonte. In silenzio scese le scale di legno e si avvicinò ad Edmond impegnato a curare il piccolo orto. Erano passati  due giorni dal ritrovamento della foto nella stanza di Costance, Jared aveva deciso di non  rovinare il ringraziamento ed aveva rimandato il confronto ad un momento più opportuno.

«Neanche le piante sfuggono alla vecchiaia» disse sospirando l'uomo mentre teneva un debole e rinsecchito ramoscello, facendo sapere al ragazzo di averlo sentito arrivare «sembra una cosa così lontana eppure è dietro l'angolo, arriva in un attimo..» Jared non disse nulla, si limitò ad osservare l'uomo fissare i paletti di metallo per riparare la piccola serra-tunnel «lo sai qual'è la cosa più brutta della pensione?» finalmente Edmond alzò lo sguardo, Jared scosse la testa 'no'  «si è soli con i propri pensieri» rispose l'altro tornando a guardare le piante davanti a lui con un lungo e malinconico sospiro.

Dopo 35 anni di onorabile servizio per la contea si era ritrovato a svegliarsi una mattina e non avere nulla da fare. Per la società ormai lui era solo un numero, un altro di quei vecchietti che incroci per strada o che vedi seduti su una panchina del parco. Aveva quindi iniziato a fare piccoli lavori part-time ma , in seguito a numerosi malori , si era visto costretto..o meglio, Ruby aveva deciso, che fosse ora di vivere effettivamene da pensionato.

Passarono qualche minuto in silenzio poi Jared optò per il piano 'dritto al punto' e, schiarendosi la voce, si buttò « ho sentito la discussione tra te e la nonna» . Edmond lo guardò confuso «l'altra notte... su di me...su Tony» l'espressione del nonno passò da sorpresa ad irritata in un attimo «ora ti sei messo ad origliare alle porte?». Jared scosse la testa vigorosamente «chiunque si trovasse nel corridoio avrebbe potuto sentirvi! io non volevo ascoltare... ne avrei fatto volentieri a meno..».

Edmond sapeva che Jared non stava mentendo,  con una smorfia di fatica si tirò su e si sgrullò i pantaloni dalla terra «eravamo entrambi sconvolti dalle tue novità» disse guardandolo severamente , «dopo tutti i sacrifici che tua madre ha fatto per mandarti all'università t- » iniziò a dire scuotendo la testa, i suoi occhi costantemente puntati sul giovane, accusatori.


«Sono perfettamente consapevole dei suoi sacrifici. Come ricordo anche i miei sforzi affinchè questi non venissero vanificati...» lo interruppe Jared «ma non sono venuto a cercarti per parlare della scuola» disse con tono risoluto. Edmond  togliendosi i guanti, annuì lentamente «ora capisco lo strano silenzio di questi giorni.... »

Jared prese un profondo respiro «penso di avere il diritto di sapere perchè Tony ci ha abbandonato». Ecco. L'aveva detto, si sentì immediatamente più leggero ma non certo più tranquillo. Una grossa nuvola transitò davanti al sole e la sua ombra li avvolse. «Queste sono cose che dovresti chiedere a lui» l'uomo sapeva che sarebbe arrivato questo momento, sapeva che prima o poi uno dei nipoti avrebbe fatto domande. Una parte di lui sapeva perfino che sarebbe stato Jared. 

«Lo farei volentieri ma sai, sono circa dieci anni che non abbiamo contatti» rispose sarcastico il ragazzo cercando di mascherare il suo nervosismo.
«A volte nella vita bisogna accettare le cose così come sono ed andare avanti. » Edmond provò a farlo desistere  dal suo intento ma il ragazzo scosse la testa  «è difficile capire dove andare se non si sa da dove si  parte».

Quello che aveva sentito dire dalla nonna aveva cambiato tutto. Metà della sua vita, quella legata a suo padre e alla sua scelta, gli era completamente sconosciuta. Non poteva archiviare un capitolo della sua vita, per quanto doloroso, senza sapere tutta la verità.

«tu hai un passato, hai una famiglia... cos'altro cerchi?» l'anziano  si tolse gli occhiali e si stropicciò gli occhi chiedendosi quando si sarebbe liberato dell'ingombrante ombra dell'ex genero. «Risposte» gli rispose semplicemente l'altro continuando ad osservare il suo atteggiamento attentamente .

« da me?  » gli chiese , il ragazzo a disagio si passò una mano tra i capelli che il vento dispettoso continuava a smuovere, « la nonna ti ha accusato di aver allontanato papà ». Edmond  dopo qualche attimo di imbarazzato silenzio cercò di minimizzare la questione «..sai com'è tua nonna...ingigantisce le cose! Pensa che se l'avessimo accettato non se ne sarebbe andato. Tutto qui.» gli sorrise cercando di essere convincente e di chiudere così il discorso ma Jared non ricambiò, si limitò a fissarlo, sospettoso.

«e perchè non l'avete accettato?» ricordava perfettamente le parole di Ruby e l'evasività del nonno  non faceva che aumentare i suoi sospetti  «è difficile guardare la tua amata figlia  rovinarsi la vita a causa di un... di uno come Tony!» il finto sorriso era scomparso ed ora il volto di Edmond era serio, i segni di quel vecchio dolore ancora più visibili.

« la mamma era felice con lui!» sbottò Jared, non sapeva da dove provenisse quella rabbia ma non era riuscito a trattenersi «ed anche noi lo eravamo..» aggiunse debolmente. Sprazzi di un passato che aveva sigillato in un angolo sperduto della sua memoria gli erano tornati in mente, nella loro semplicità talmente vividi e forti da non sopportare che venissero sminuiti in quel modo. 

**
Ricordava di essere seduto al tavolo della cucina, una vecchia agenda aperta davanti a lui, un colore di cera stretto nel piccolo pugno. Constance era occupata a preparare da mangiare e Tony le si avvicinò abbracciandola dolcemente alle spalle. Stringendola aprì la mano svelando l'esistenza di un cioccolatino avvolto in una carta rossa.

Quando tornava da lavoro era solito portare qualcosa, nonostante potessero permettersi poco e niente.

Constance sorrise , un sorriso che Jared non aveva mai più visto illuminare il volto della madre e, girando il volto, baciò il marito. I due ragazzi rimasero stretti in quell'abbraccio per un pò, poi l'uomo si avvicinò al tavolo e, chinandosi, guardò il piccolo Shannon impegnato nella difficilissima operazione che era convincere la sua mano a scrivere la lettera 'G' e, complimentandosi, gli diede un bacio sulla testa. Si voltò verso  Jared e, sebbene nella sua agenda ci fossero solo scarabocchi,
fece lo stesso. Prima di rialzarsi posò sul tavolino due cioccolatini anche per loro, entrambi avvolti in una carta azzurra.

Il papà faceva sempre in modo che avessero le cose uguali, per evitare che  litigassero...

**

Jared chiuse gli occhi un attimo per memorizzare quella scena e non lasciarla più andare e  tornò ad ascoltare il nonno.

«ah si ?» gli chiese amaro l'uomo. Edmond ricordava benissimo le settimane passate senza sapere nulla di Constance, per poi trovarla con dei lividi che narravano una storia diversa rispetto a quella che lei raccontava. «Tua madre amava l'idea che si era fatta di Tony, non vedeva chi in realtà fosse!»  Edmond sospirò e guardò dritto negli occhi il nipote, non c'era più spazio per le bugie.

«e chi era Tony?» Jared resse il suo sguardo e ascoltò in silenzio la  risposta «un egoista. Un codardo. Un uomo incapace di prendersi le proprie responsabilità. Un violento... un fallito» si coprì il volto con le mani, stanco. Quando riguardò il nipote le parole gli morirono in gola. 

«ed io sono come lui..» Edmond si ritrovò a fissare due grandi e malinconici occhi azzurri, gli stessi che undici anni prima aveva incrociato in un semideserto bar della Louisiana.

***1978***


Edmond entrò nel vecchio bar e diede una veloce occhiata al locale: lui era lì ,al bancone. Si fece strada tra i tavolini e si sedette su uno sgabello accanto al ragazzo dai lunghi capelli castani e gli occhi azzurri che, in tuta da lavoro grigia , in silenzio sorseggiava una bottiglia di birra .

«Hai  un minuto?» Tony alzò lo sguardo e sorpreso battè le palpebre convinto di avere un'allucinazione, l'ultima persona che si aspettava di vedere in quel momento e in quel posto era il suocero.

«Poco lavoro all'officina?» gli chiese Edmond con un sorriso e accese una sigaretta, il fumo disegnando candide spirali si confuse con quello già presente nella stanza. «No...sono in pausa» Tony seguì i movimenti dell'uomo diffidente, l'ultima volta che si erano visti era stato al compleanno di Shannon e a malapena si erano parlati.

«Una pausa bella lunga!» l'uomo fece un tiro , i suoi occhi castani fissi sul genero «è un mese che Pitt ti ha licenziato ormai..» il ragazzo abbassò lo sguardo e si passò la mano tra capelli in imbarazzo «..e, a parte il lavoro , come te la passi?»

Tony prese un sorso della birra e si guardò intorno, gli unici clienti a parte loro erano due vecchietti impegnati in una partita di carte nell'angolo. Il barista era occupato ad aggiustare uno dei lavandini e non stava prestando attenzione alla loro conversazione. Sospirò pronto ad uno scontro poco piacevole e ignorando la domanda dell'uomo chiese «cosa vuoi Ed?»

Edmond sorrise, inutile girarci intorno «lunedì scorso in centrale mi è arrivato sottomano un piccolo fascicolo...pare che qualcuno qui si sia messo nei guai »  guardò  le  parole colpirlo una ad una  e aggiunse «allora ho fatto una piccola indagine, per capire l'entità di questi 'guai'».

Il ragazzo deglutì e tentò di parlare ma l'uomo continuò «sappi che se sei ancora qui con le chiappe su uno sgabello di un bar e non a pulire i cessi alla Farm è perchè non voglio sporcare il nome di mia figlia e dei miei nipoti».

«non è come sembra» Tony provò a difendersi ma non potè aggiungere nulla perchè venne interrotto di nuovo «non mi interessa come o cosa è successo! Voglio solo che tu sparisca da Bossier City e dalla loro vita! » Tony scosse la testa e lo fissò negli occhi incredulo «m-mi stai chiedendo di abbandonare la mia famiglia? »

Edmond  gli posò la mano sulla spalla stringendola in una morsa poco amichevole « ti sto chiedendo di evitare che quei due bambini paghino il prezzo dei tuoi sbagli! Dai loro la possibilità di vivere una vita normale..,se gli vuoi bene allontanati ». Estrasse una busta dal suo giaccone e la posò sul bancone « sarà più facile crescere senza padre che averne uno come te...» rilasciò la spalla e senza aggiungere altro uscì dal locale.

Tony rimase da solo a fissare la busta che le lacrime avevano reso una sfocata macchia giallognola sul bancone. 



***

«cosa?» chiese l'uomo cercando di concentrarsi sul presente « hai detto che ho ripreso da lui» ripetè Jared con tono piatto ed inespressivo.

Il nonno sembrò non capire a cosa si stesse riferendo quindi cercò di essere più chiaro  «l'altra notte con la nonna hai detto che io sono come lui» Edmond continuò a non rispondere, troppo preso a scacciare il  ricordo di quell'incontro, a cercare di non vedere nel nipote Tony «e  che mi vorresti allontanare da voi!» incalzò Jared , non sapeva cosa fosse successo ma di certo la corazza del nonno stava per crollare.

«no..voglio solo che la nostra famiglia sia una volta per tutte serena» Edmond cercò accuratamente di evitare il contatto visivo con il nipote  e guardò il cielo, sempre più scuro, sempre più freddo..

« io non vi permetto di essere sereni, quindi via l'elemento di disturbo della vostra quiete giusto?!» Jared non sapeva se fosse più arrabbiato o deluso « hai fatto così anche con Tony vero?».

Edmond rimase in silenzio di nuovo, il peso di certi segreti era diventato insostenibile. Alzò lo sguardo e a Jared bastò per capire. Il ragazzo lo fissò, un'espressione illeggibile sul volto. Quando riparlò la sua voce un sussurro «perchè?». La domanda più semplice e scontata da porre in quel momento ma per lui era tutto.

« era un deliquente. l'ho fatto per il vostro bene» non una traccia di rimorso nella sua voce. Jared si morse il labbro, si portò le mani sui fianchi e guardò il terreno ai suoi piedi, cercando di controllare le emozioni che si stavano susseguendo dentro di lui. Una l'opposto dell'altra. Quando rialzò il volto Edmond percepì che qualcosa era cambiato. Non capiva cosa con esattezza ma Jared era diverso. Lo guardava in modo differente.

«cosa gli hai detto per farlo andare via?» l'uomo sospirò e guardò verso la casa. Ruby era corsa di fuori a ritirare i panni prima che il temporale li  bagnasse «la verità.. e lui ha preso la decisione più giusta Jay», il nonno si assicurò che lo stesse guardando prima di andare avanti «l'unica della sua vita molto probabilmente».

Jared prese un profondo respiro mentre cercava di mettere ordine nella sua testa, le informazioni guizzavano da una parte all'altra della sua mente alla disperata ricerca di un senso. «L'hai più rivisto?» la voce sempre più roca, il magone sempre più difficle da trattenere. . Il nonno si limitò ad annuire. 

«la mamma lo sa?» Edmond scosse la testa 'no' «nonna?» l'uomo ripetè il movimento e aggiunse «non nei dettagli» Il nonno si avvicinò titubante e gli posò la forte mano sul braccio scuotendolo leggermente «e NON devono saperlo» il ragazzo guardò la mano sul suo braccio e poi il suo proprietario.

La forte luce argentea e le lacrime non versate avevano reso l'azzurro dei suoi occhi ancora più luminoso, deglutì « mi stai chiedendo di mentire?» Edmond guardò di nuovo il volto del nipote, c'era qualcosa che gli stava sfuggendo «ti sto chiedendo di mantenere un segreto Jay. Tua madre ha già sofferto abbastanza per Tony! a cosa servirebbe riaprire queste vecchie ferite?» Jared annuì, gli occhi di nuovo fissi sul terreno, incapace di guardare l'uomo davanti a lui.

Fu proprio mentre osservava l'esile figura del nipote allontanarsi che Edmond riuscì a riconoscere la sua espressione: era odio. Lo chiamò per fermarlo, per spiegargli ..per fargli capire... ma Jared non si voltò, a testa bassa proseguì il suo cammino verso l'abitazione, lasciando l'anziano da solo a fare i conti con le ombre del suo passato.

Passarono 5 lunghi anni prima che Edmond potesse riabbracciarlo.

---

Quando raggiunse la  camera la pioggia aveva iniziato a cadere. Ma nonostante i tuoni scuotessero il terreno con la loro potenza l'unico rumore che Jared sentiva era il battito del suo cuore. Si sedette ai piedi del suo letto e ripensò alla discussione avuta con il nonno. Era deluso, arrabbiato, incredulo. Lo schiocco di un tuono tagliò l'aria e il suo brontolio si unì alle le voci  e risate al piano di sotto.

Si guardò intorno e fermò lo  sguardo sul suo riflesso nello specchio dell'armadio. Sul bordo erano appiccicate foto sue e di Shannon, o di Shannon con i suoi amici e qualche ammiccante playmate. Ma gli occhi di Jared erano fissi sul suo volto. Aveva voluto la verità ed ora si ritrovava in trappola , diviso tra il renderla nota a tutti e il non voler risvegliare un vecchio dolore.

Un dolore mai sopito e che viveva attraverso
i suoi lineamenti, costante ricordo di una persona che tutti, sua madre, i nonni e Shannon volevano dimenticare.  I tratti di una persona che tutti odiavano. Tranne lui.

Si stese sul letto e avvolgendo le sue braccia intorno alle sue ginocchia si raggomitolò. 
La pioggia nel frattempo si abbatteva contro il vetro della finestra rigandolo di fredde lacrime che, con i loro riflessi, si aggiungevano a quelle che avevano iniziato a scorrere sul suo viso.

Non sapeva per quanto si fosse addormentato ma quando aprì gli occhi notò che i
l temporale era finito e il grigio delle nuvole era stato sostituito dal nero della sera. Avvertendo una presenza nella stanza si voltò. A pochi passi da lui, fermo sulla porta c'era Shannon, o meglio la sua sagoma, visto che a causa della luce del corridoio non riusciva a distinguerne il volto.

«tutto bene?» gli chiese il fratello maggiore  preoccupato,  era chiuso in camera da più di due ore. Jared aprì la bocca per parlare ma l'unica cosa che gli uscì fu uno sbadiglio,  si limitò quindi a scuotere la testa e a tirarsi su a sedere .
Non si parlavano sul serio da quella notte  e per la prima volta in vita sua si sentiva a disagio con lui. Anche Shannon doveva provare lo stesso visto la sua postura, le mani calcate nelle tasche dei suoi jeans, lo sguardo evasivo.


«si si..riflettevo e mi sono addormentato» rispose vago, in cerca di un segno che nulla fosse cambiato tra di loro. Shannon si limitò ad annuire, troppo spaventato di dire qualcosa di sbagliato e far allontanare di nuovo il fratello. Non voleva pressarlo, farlo sentire sotto osservazione, ma più di tutto aveva paura di domandare qualcosa che lo potesse offendere.

Il suo manuale del perfetto fratello maggiore che aveva scritto anno dopo anno, capriccio dopo capriccio di Jared, problema dopo problema, non menzionava il comportamento da tenere in caso di outing da parte del fratello minore.


Rimasero in silenzio a fissarsi per un pò «ti lascio riflettere allora.... vengo a chiamarti per la cena» gli disse alla fine Shannon accennando un mezzo sorriso, convinto che dargli spazio fosse la cosa più giusta da fare in quel momento.

Jared lo guardò uscire dalla stanza e richiudersi la porta alle spalle completamente sconvolto.
Lui gli aveva confidato la cosa più difficile da ammettere persino a se stesso. Aveva detto ad alta voce di amare un uomo e Shannon era rimasto in silenzio. Non una parola. Ed ora, nonostante avesse capito che c'era qualcosa che non andava, l'aveva lasciato da solo.

Fece appello alla sua razionalità e prese un profondo respiro. Non era il momento di fare il melodrammatico. Si rigettò sul letto e cercò di riprendere il filo dei suoi pensieri, ma inevitabilmente finì di nuovo a pensare al distacco del fratello.

Lo Shannon che conosceva lo avrebbe costretto a parlare, lo avrebbe fatto  sfogare fino a quando non l'avesse visto sorridere di nuovo. Perfino quando  aveva deciso, stupidamente, di allontanarsi da lui, di tagliarlo fuori dalla sua vita di Philadelphia, Shannon non aveva  mai cessato di cercarlo, di far sentire la sua presenza.

Non gli aveva mai voltato le spalle.


Si tirò sui gomiti e sbuffò tra se e se , lo stava facendo di nuovo. Shannon aveva ragione a definirlo una drama queen. Guardò le sagome delle foto sullo specchio e sospirò.

Ma se stava solo esagerando perchè era lì da solo e non c'erano le braccia del fratello a stringerlo e a dargli forza?

T
irò un pugno contro il materasso e si strinse al cuscino, esasperato da tutti questi pensieri che lo stavano trascinando in una spirale senza fine di 'forse' e paure.

---------

...

Ad ogni frase omessa.

tbc

A/N:

i. Jared dopo il diploma alla Emerson Preparatory School nel 1989  si è iscritto alla  University of the Arts di philadelphia.

ii. nel 1989 il ringraziamento (Thanksgiving Day) venne festeggiato il  23 novembre.

iii. non ho la certezza assoluta che il nonno di Jared si chiami Edmond, mentre credo tutti voi sappiate chi sia nonna Ruby, se no... qui.

iv. the farm - o Angola è la prigione della Louisiana, la più grande degli Stati Uniti.

v. Drama Queen - è uno slang che sta ad indicare una persona che da una piccola cosa e' in grado di creare veri e propri melodrammi.

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more _ parte I ***


12_2
Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N: non posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in cui non pubblicherò nulla, ma  la storia non verrà lasciata incompleta. promesso ;).

legenda:

*** =flashback 



Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§

Capitolo XII ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more _ parte I

( ...non posso piangere perchè chi dovrebbe sostenermi  piange ancora di più)



" Il tempo felice della nostra giovinezza non se ne è andato mai completamente: infatti continua a vivere tutto nella nostra mente."
Helen H. Santmyer



...
nei ricordi
 

Rivivi  colori, suoni  ed odori che avevi dimenticato:

un giardino ormai secco torna ad essere verde
Il sapore  di una pesca colta anni prima bagna le tue labbra,
il calore di un abbraccio segreto torna a riscaldarti
e dove il tempo ha portato il silenzio
si odono risate gioiose.

Ti senti riempire il cuore di gioia o dolore,
lo senti velare di malinconia
...
  

dicembre 2007

Shannon si portò la mano alla bocca cercando di controllare la reazione al forte ed aspro sapore. Poteva sentre il liquido lasciare dietro di se una scia infuocata e farsi strada verso lo stomaco. Fu come ricevere un stilettata, ma era solo il primo momento, ben presto il corpo iniziò a rilassarsi: il tremore che non lo abbandonava da quella mattina sparito, sostituito da quella sensazione ovattata di benessere ed appagamento.

Si guardò allo specchio e vide la sua immagine riflessa schernirlo, fu quando il suono raggiunse le sue orecchie che si accorse di essere lui quello che stava ridendo.

Rideva di se stesso.

Guardò in basso nelle sue mani il piccolo bicchierino e la bustina di zucchero abbandonata sul lavandino. Chiuse gli occhi e si chiese se ci fosse un modo per tornare indietro. Quando bastava poco per un sorriso, quando le giornate erano scandite da un gioiosa risata e sogni sempre più grandi, quando non avevano niente ma si sentivano ricchi, quando la loro casa era il mondo, pronto lì ad aspettarli. 

***dicembre 1983

Quando Constance aveva lasciato la casa della zia Margaret aveva scoperto che difficilmente assumevano ragazze madre single con due bambini, si era quindi rivolta a dei vecchi amici che aveva perso di vista da quando aveva sposato Tony, dei tizi che continuavano a vivere in pieni anni 60: camioncino e look hippy compresi.

Gran parte del tempo lo passavano suonando , dipingendo, dando sfogo alla loro creatività in pieno stile bohemian ,rivendendo i frutti della loro creatività a vari raduni o mercati. A Jared e Shannon sembrava quasi di essere in una perenne vacanza. Fra accordi senza nome e canzoni davanti ad un fuoco, Bossier City sembrava lontana, almeno fino a quando non scendeva la  notte e rimanevano da soli con i loro ricordi.

Avevano viaggiato per il paese in lungo e in largo per mesi, fino  a quando ,quattro settimane prima, avevano deciso di fare tappa in uno dei paesi più poveri dell'emisfero occidentale. Haiti.

I due ragazzi avevano dovuto ridimensionare il loro concetto di povertà, mentre insieme al gruppo percorreveno le terrose stradine dei numerosi villaggi . Davanti a loro scorrevano fatiscenti capanne dai muri verdi e tetti di lamiera, sprazzi di vite al margine, bambini ridotti a piccoli scheletri , donne impegnate a lavare i loro stracci nell'acqua fangosa, la stessa che avrebbero bevuto e con la quale si sarebbero lavati. E ad ogni angolo uomini che imploravano pietà. Che morivano di fame e stenti. Uno spettacolo indimenticabile che li avrebbe segnati.


Era uno dei tanti pomeriggi a Milot, la leggera brezza stemperava l'afa che, opprimente, aveva preso il posto della frescura delle lunghe piogge notturne. Shannon era seduto su un vecchio tronco d'albero caduto e con due rametti tamburellava su una borraccia.

Constance era poco distante con John l'indiano, armata di macchina fotografica era intenta ad immortale il paesaggio che si apriva davanti a loro. Si trovavano su una zona rialzata rispetto al resto della valle e la vegetazione si stendeva lungo le scoscese colline come un immenso mare verde verso il limpido oceano. Uno scenario mozzafiato i cui scatti avrebbero fruttato un bel pò di soldi.

« ehi Jay senti qui..non è un ritmo interessante?» chiese Shannon voltandosi verso il punto in cui, fino a pochi attimi prima,intento a sfogliare per l'ennesima volta Le Croncache di Narnia era seduto il fratello minore. Ma Jared non era lì. Il libro abbandonato sul vecchio zaino.

 Il ragazzo smise di tamburellare e si guardò intorno più volte allarmato «Jay?» chiamò di nuovo sentendo il sudore scendergli lungo la schiena. Alle sue spalle il Palais de Saus-Souci creava vaste zone d'ombra nella vegetazione,  ottimi nascondigli per i banditi in fuga, Shannon aveva sentito John parlarne proprio la sera prima a Constance per metterla in guardia.

«Jay?» ripetè cercando di non farsi sentire dalla madre. Poco dopo il rumore di foglie  e la risata sommessa del fratello minore spazzarono via la paura «oddio Shan dovresti vedere la tua faccia» Shannon continuò a guardarsi intorno cercando di individuare il fratello, alzò la testa e lo vide: comodamente seduto su uno dei rami del vecchio ed enorme mango ad almeno tre metri da terra.

«che diavolo ci fai li sopra!?» chiese irritato, Jared aveva il brutto vizio di scalare tutto quello che si trovava davanti fin da quando era un piccolo batuffolino avvolto nelle colorate ghettine «ero alla ricerca di un pò d'ombra» rispose  sorridente « vieni giù da lì ... prima che debba raccoglierti con il cucchiaino

«esagerato!» ribattè mettendosi in piedi sul ramo, sfidando la sorte «Jay!.. non fare l'idiota!» il fratello maggiore si guardò alle spalle, Constance era troppo lontana per accorgersi di qualcosa, fortunatamente.

«sei un coniglio..» lo schernì Jared tirandosi su con le braccia verso un ramo più alto ancora « e tu.... un babbuino!... vieni giù da lì!!» ripetè cercando di essere autoritario, «vieni a prendemri» lo sfidò l'altro, per nulla impressionato.

Shannon si morse il labbro indeciso sul da farsi poi gli venne un'idea «verrei... se non avessi paura dei serpenti...».

Jared si bloccò di colpo a penzoloni sul ramo «serpenti?» chiese, sebbene l'espressione spavalda fosse ancora sul suo volto, la voce tradiva il timore che provava al solo pensiero dell'animale. Shannon si limitò ad annuire,se avesse parlato sarebbe scoppiato a ridere. Il fratellino si guardò intorno sentendo i capelli rizzarsi ad ogni rumore tra le foglie e, senza aggiungere nulla, si calò dall'albero  in un lampo.

Shannon lo guardò mentre si ripuliva dai pezzi di corteccia e muschio e finalmente si lasciò andare alle risate «avresti dovuto vedere che faccia avevi..era uno spettacolo!» disse, facendogli il verso . Jared rimase a guardarlo perplesso poi capì «brutto cretino» gridò prima di gettarsi su di lui, Shannon riuscì a divincolarsi e cominciò a correre lungo la collina «te la sei fatta addosso!» ridacchiò mentre un irritato ma sorridente Jared lo inseguiva .

Ad un tratto Jared inciampò e rotolò per un paio di metri nell'erba , Shannon ridendo risalì la collina fino al punto in cui era steso « ma non ti reggi in piedi!» lo punzecchiò e non potè trattenere un gridolino quando l'altro lo trascinò a terra con lui. Iniziarono di nuovo una lotta ,  questa volta di solletico.

«no no basta! oh dio!» Jared era ormai un ammasso supplicante, rosso dalle lacrime e dal riso «smettila smettila !! »implorava mentre si dibatteva a terra.


Shannon gli sorrise  «ti arrendi?» gli chiese guardandolo mentre cercava di riprendere fiato  «si ..hai vinto..hai vinto tu..» disse l'altro esausto quindi soddisfatto smise di solleticarlo e si lasciò ricadere sul manto erboso.

Erano a dicembre inoltrato e sembrava di essere in piena estate. Shannon si tirò su e guardò Jared che spaparanzato sull'erba ammirava il cielo sgombro di nubi, perso nei suoi pensieri. I suoi occhi chiari, messi ancora più in risalto dalla pelle abbronzata , sembravano sfidare la sua luminosità. «Jay...» disse e aspettò che l'altro lo guardasse.

«lo so che avevamo detto niente regali e .. bla bla bla» continuò mentre l'altro incuriosito si era tirato sui gomiti e guardava il suo pugno chiuso «..insomma..auguri Jay!» Shannon aprì la mano e abbassò gli occhi a disagio. Avrebbe voluto regalargli qualcosa di meglio che quel piccolo oggettino. 

Jared guardò il piccolo animale di legno e si morse il labbro .Ora che aveva dodici anni doveva evitare di lasciarsi andare alle lacrime come un bambino «l'hai fatto tu?» chiese prendendolo e guardandolo da vicino. Shannon accennò di si, aveva passato due settimane a lavorarci di nascosto. Non era levigato perfettamente e in alcuni punti era ancora troppo spigoloso ma poteva ritenersi soddisfatto del risultato . «E' un lupo» disse l'altro alzando gli occhi verso il fratello maggiore, felice.

John era solito raccontare storie e leggende della sua tribù, Ute, durante i lunghi e interminabili viaggi e ce ne era una in particolare che aveva colpito Jared. Tanto da richiederla alla prima occasione ed ascoltarla con lo stesso entusiasmo ogni volta.


Shilah e Honiahaka erano due fratelli molto uniti. Facevano ogni cosa insieme, fino a quando Shilah , il più grande, ebbe l'età per andare a caccia. Honiahaka voleva andare a tutti i costi con lui ma non poteva, non era ancora pronto. Avevano quindi fatto una promessa: ogni mattina, quando Shilah andava a caccia, Honiahaka sarebbe salito sulla collina più alta e l'avrebbe aspettato, così sarebbero stati vicini.
Per tutta la stagione della caccia i due mantennero la loro promessa.Poi arrivò l''inverno e Shilah partì per l'ultima battuta di caccia. Honiahaka salì la collina già imbiancata dalla prima neve e aspettò il suo ritorno. Quando il sole tramontò il gruppo tornò al campo ma Shilah non era con loro. Honiahaka allora tornò sulla collina e lì rimase per due giorni. Gli altri avevano cercato di convincerlo a seguirli a valle ma Honiahaka non voleva. Doveva aspettare il ritorno di Shilah.
Tre notti dopo fu svegliato da un rumore, si girò e vide un lupo a pochi passi da lui  «
perchè sei qui su da solo?» gli chiese l'animale, Honiahaka gli raccontò la sua storia, il lupo ascoltò in silenzio e una volta che il ragazzo ebbe finito di parlare disse «riporterò tuo fratello al campo ma tu in cambio diventerai mio figlio». Honiahaka pensò a quanto potesse essere spaventato Shilah da solo ed accettò. Il lupo scese dalla collina e sparì nella foresta. Tre giorni prima Shilah, ancora inesperto, aveva  perso contatto con il gruppo e solo ed impaurito si era rifugiato in una caverna, il lupo lo trovò e si avvicinò «non sono qui per farti del male» disse  «seguimi e ti riporterò a casa».
Shilah si alzò titubante e chiese chi lo mandasse in suo aiuto. Il lupo gli raccontò del patto stretto con Honiahaka e Shilah ,in lacrime, gli chiese di prendere lui al suo posto. Il lupo accettò e lo guidò fino alla collina dove avrebbe potuto salutare l'amato fratello. Honiahaka che era rimasto sveglio in attesa del ritorno del lupo lo vide e gli corse incontro, i due piansero di gioia stretti in un abbraccio. Quando si voltarono però , entrambi pronti a mantenere la loro promessa, videro che il lupo non c'era più. "


L'uomo ogni volta terminata la storia li guardava sorridente e continuava,

 « il lupo non era altro che l'affetto dei due , che aveva dato la forza al fratello più grande di continuare a ritrovare la strada e a quello più piccolo di rimanere sulla collina. La neve ormai aveva reso il paesaggio uniforme e Shilah avrebbe potuto non riconoscere la collina giusta, e vagare nella foresta fino alla morte.»

  John non aveva scelto quella storia a caso. Non gli era sfuggito infatti  l'attaccamento dei due ragazzi e voleva che preservassero l'affetto anche nel futuro. Scompigliandogli i capelli affettuosamente era poi solito aggiungere che  vedeva due cuccioli di lupo nei loro occhi. 


«ti piace?» chiese nervoso Shannon mentre osservava l'altro rigirarsi tra le mani il piccolo oggetto, Jared annuì «grazie» rispose stringendolo in un abbraccio. Non era solo un regalo, quella era una promessa.

La promessa di stare sempre insieme.

Poco dopo i due , a furia di spintoni , risate e pugni ,risalirono la collina  e tornarono a sedersi sul vecchio tronco caduto.  Shannon prese uno degli zaini ed estrasse  la loro merenda : un'arancia e due bustine di zucchero.  Tagliò a metà il frutto e con cura sparse su entrambi i pezzi la bianca polverina poi, premendole leggermente, face risalire il succo in modo che si bagnasse e creasse una dolce crema . Alzò lo sguardo verso il fratello minore e sorridendo gli porse la sua metà.

Mangiarono in silenzio, i volti sorridenti ed accaldati, gustandosi gli ultimi momenti di quel pazzo viaggio. Constance infatti aveva deciso di tornare ad Oakton . Ruby le aveva detto che avevano costruito un nuovo Hotel, il The Westin Reston, e che molto probabilmente avrebbero cercato personale . Un'occasione che non poteva perdere.

***

Era talmente preso nel ricordare che quando sentì suonare il campanello quasi non lanciò in aria tutto quello che aveva in mano. Tese le orecchie cercando di sentire i rumori. Nessuno doveva essere andato ad aprire. Dov' era Jared? Si era addormentato?o L'aveva abbandonato?

Non sapeva da dove partisse quell'assurdo pensiero ma ora come ora non gli importava. Non gli importava più di nulla. 

Il bussare divenne sempre più insistente. Shannon aprì una nuova bustina di zucchero e si versò il contenuto direttamente in bocca, non potè trattenere una smorfia all'ultimo sorso dal bicchierino.

Il suo riflesso aveva ripreso a ridere.

~·~

Potrei avere il mondo contro ma se ho te dalla mia parte non importa
so di essere nel giusto.

1 dicembre 1989

Ben entrò nella stanza e si guardò intorno. Il pavimento era completamente ricoperto di fogli del Philadelphia Inquirer, i titoli in prima pagina illegibili,  completamente ricoperti di vernice il cui odore si amalgamava a quello dei colori ad olio e le tele sparse per la stanza, creando l'atmosfera di uno studio di altri tempi.  

Jared era al centro della camera, intento a fissare la grande tela ai suoi piedi. L'uomo rimase  sulla soglia ad osservarlo. Era in momenti come questi che il vero Jared veniva in superficie.

Sorridendo Ben guardò come alcune ciocche di capelli fosser sfuggite alla morsa dell'elastico del codino, solleticando la pelle leggermente arrossata del ragazzo. Guardò  l'enorme camicia  avvolgere il suo fisico asciutto ,  i vecchi e strappati jeans in bilico sui suoi fianchi  minacciare di cadere ad ogni movimento. Alzò lo sguardo e tornò ad osservare il viso del ragazzo, a seguire l'elegante profilo che lo caratterizzava e rendeva unico nella sua bellezza.  Poi guardò i suoi occhi e il sorriso cominicò a sfumare. Era come guardare uno specchio infranto, qualsiasi cosa lo avesse spezzato era lì  sulla tela.

Jared era totalmente concentrato sul dipinto, ignaro del silenzioso osservatore, alzò il braccio e portandolo in avanti  girò il polso lasciando schizzare il colore sulla tela. Osservò le lacrime blu colare poi si chinò  e, prendendo un pennello più piccolo, definì alcuni dettagli. Si alzò e piegò la testa leggermente e , portandosi la mano al volto,guardò il tutto da un'altra angolazione, si macchiò di nero ma non se ne curò totalmente perso nei suoi pensieri.Perso nella musica che riempiva la stanza. Perso nel rivivere quella notte. Con un sospirò riprese il pennello più grande e colpì la tela con una serie di frantiche pennellate.Sempre più aggressive e mirate.

L'uomo si avvicinò allo stereo e prese la custodia della musicassetta "The Cure- Disintegration" lesse prima di avvicinarsi al ragazzo che finalmente si era accorto della sua presenza e gli stava sorridendo. Ben gli si avvicinò e lo abbracciò da dietro.

«ti macchi la giacca» gli disse il giovane ma si lasciò stringere comunque.

Ben poteva sentirlo abbandonarsi a lui, l' esile corpo aderire completamente al suo. Alzò la mano e gli ravviò le ciocche ribelli guardandolo dritto negli occhi «cos'è si è rotto il cavalletto?» gli chiese affondando il volto contro il suo collo e iniziando a stuzzicarlo posando una serie di dolci baci sulla sensibile pelle.

Jared non capì subito cosa intendesse poi guardò la tela a terra e sorrise «mmh...no... è una nuova tecnica, il dripping. Consiste..» stava iniziando il suo monologo quando si sentì girare e si ritrovò le labbra dell'altro contro le sue.


Una volta passata la sorpresa ricambiò il bacio. Avvolgendogli le braccia intorno al collo  si tirò su in punta di piedi, per  avere più controllo . Quando si separarono Ben lo guardò in volto. Lo sguardo di poco prima, se mai c'era stato, era scomparso. Davanti a lui illuminato dai rossi raggi del tramonto c'era il ragazzo che l'aveva trasformato in un impacciato teenager, che gli aveva fatto ricordare cosa significasse innamorarsi. «Come sei affettuoso!» scherzò  « le vacanze ti hanno fatto bene».

Era vero pensò Jared. Ora si sentiva più libero, più sicuro. Ripensò alla discussione con Shannon e non potè trattenere un altro sorriso.


***26 novembre 1989

Erano in viaggio da buoni cinque minuti e nessuno dei due aveva ancora proferito parola. Shannon guardò di sfuggita il fratello che sembrava completamente assorto nello studio del finestrino e dei campi rinsecchiti dall'inverno di Harrison.

Quando si ritrovarono fermi ad un semaforo decise di rompere il silenzio.

«tra tre settimane parto per l'Indiana» Jared si voltò di scatto ma Shannon continuò a guardare la strada davanti a loro «Indiana? ..» il fratello maggiore annuì «ho trovato posto in un circuito di demolition derby» sorrise soddisfatto.

Erano giorni che voleva rendere partecipe della sua gioia anche Jared. Finalmente avrebbe potuto abbandonare il puzzolente fast food e i polverosi cantieri per qualcosa che gli piaceva sul serio..le corse.

«dem-- mi stai prendendo in giro vero ?..» Shannon sentì il fruscio dei jeans del fratello sul sedile mentre si girava verso di lui, sebbene non lo stesse guardando poteva figurarsi la sua espressione incredula.

«no..perchè dovrei?» Jared si limitò a fare spallucce, infastidito« quando lo hai deciso?» disse dopo un pò.

«due settimane fa circa... John.. ti ricordi di John vero?»  Jared accennò di si e lui continuò  «è venuto a trovare la mamma e parlando è uscito fuori che suo nipote lavora lì come.... »

«..e tu ti sei proposto» lo interruppe, serio.

«a-ah...» Shannon rallentò per fermarsi davanti ad un altro semaforo, mandò un'occhiata al fratellino e notò che Jared era tutt'altro che contento per lui. Anzi sembrava arrabbiato. « ehi! Pensavo che saresti stato contento per me!» disse leggermente risentito. Per la prima volta in anni anche lui aveva un'occasione e si aspettava un minimo di sostegno dal fratello.

«è che.. non me l'aspettavo...» Jared ritornò a guardare il finestrino evitando accuratamente di incrociare lo sguardo del fratello maggiore e aggiunse con un filo di voce « avresti potuto accennarmi qualcosa...»

«quando?» Shannon strinse il manubrio, non poteva credere a quello che stava sentendo, Jared che lo stava rimproverando per non avergli accennato qualcosa. Jared.Il signore dei misteri.

«non so...» rispose l'altro continuando a non guardarlo.

«quando avrei dovuto dirtelo Jay?..eh?» ripetè Shannon sporgendosi  in avanti cercando di incrociare gli occhi del fratello minore.

Entrambi i ragazzi sussultarono quando una Ford gli fece notare che il verde era scattato e Shannon, inveendo, diede gas alla vettura.

Jared tirò su le gambe sul sedile  e gli rispose tutto d'un fiato «abbiamo avuto una settimana Shan! ma a quanto pare tu hai preferito starmi alla larga!» 

«ma di cosa stai parlando?» cominciava ad essere stufo di queste frasi criptiche. Non sapeva leggere nella mente della gente, nemmeno in quella del fratello.

Jared si morse il labbro cercando di tenere a bada le sue emozioni «io con te mi sono aperto e  tu non hai detto mezza parola». Gli aveva voltato le spalle. L'aveva visto a pezzi e gli aveva voltato le spalle.

Shannon capì. Per un attimo si ritrovò a corto di parole..poi riusicì a sbloccarsi e a balbettare qualcosa «ah ti riferisci a quella questione»

«si esatto. A QUELLA questione..Cristo! non riesci nemmeno a nominarla!» si passò la mano tra i capelli e scosse la testa. Avrebbe dovuto tenere il segreto, non parlargli di Ben.

« non è facile..» iniziò l'altro ma poi si accorse che poteva essere frainteso e aggiunse in fretta «ma non per il motivo che tu credi!» Jared lo guardò scettico «ah si?»

«certo! per una cazzo di volta prova a metterti nei miei panni !» urlò Shannon facendo sussultare l'altro. Non voleva essere duro ma doveva in qualche modo scuotere il fratello «..cosa avrei dovuto fare? cosa avrei dovuto dirti?» gli chiese abbassando la voce ma mantenendo un tono fermo.

Jared lo guardò attentamente « non so... ma di certo non lasciarmi da solo!» disse alla fine, sentendosi d'un tratto stupido. La drama queen che era in lui aveva colpito ancora.

«.io non ti ho lasciato solo. Ho  voluto darti spazio...ho pensato..ho pensato che ne avessi bisogno...»

«  non mi volevi evitare?» gli domandò Jared ancora non convinto del tutto che niente fosse cambiato.

«a---co-- ma cosa  ti viene in mente?! NO!..assolutamente no!» Shannon alzò di nuovo la voce e dopo aver preso un respiro decise che per la salute di entrambi sarebbe stato meglio se avesse accostato. Rallentò e guardando lo specchietto retrovisore si fermò in un piccolo spiazzo al lato della strada.Per un attimo non parlò  l'unico rumore nella vettura ero lo sfrecciare delle automobili sulla strada e il tintinnio delle chiavi.

Si girò verso il fratello minore e lo guardò attentamente «Jay ascoltami bene» quando l'altro cercò di distogliere lo sguardo gli afferrò il volto «...no guardami» Jared alzò titubante gli occhi «questa per me è una cosa nuova. Non la conosco e non so come..cosa fare. Io..io....cerco solo di fare quello che mi sembra giusto ...e se sbaglio perdonami...ma parlami Jay! Se non mi parli io non posso capire! non posso aiutarti!» se c'era una cosa che aveva sempre colpito Shannon era come Jared fosse vulnerbaile quando entravano in campo gli affetti. Non aveva paura di nulla, affrontava le cose a viso aperto eppure bastava così poco per ferirlo. E questo lo spaventava.

«parlami...» ripetè Shannon posando la sua fronte contro quella dell'altro, era stufo di vedere il suo baby brother allontanarsi da lui, era stufo di sapere che affrontasse le sue paure da solo, senza una spalla che potesse sostenerlo.

Jared chiuse gli occhi e si abbandonò contro il fratello, sentiva le sue braccia avvolgerlo e si ritrovò a stringeresi al suo cappotto come se non volesse più lasciarlo andare. Ora aveva capito quello che aveva fatto per mesi a Shannon, con le sue chiamate rifiutate, con i silenzi in risposta alle sue domande. Era stato uno stupido.

«niente segreti tra di noi Jay ricordi?» sussurrò Shannon stringendolo sempre più forte «niente segreti..promettimi che non avrai più segreti» Jared ripensò alle parole del nonno e chiuse gli occhi.

«scusami.. »rispose lasciandosi andare alle lacrime .Shannon trattenne le sue, talmente sollevato per aver chiarito con il fratello che gli sfuggì il fatto che Jared non aveva risposto. Non aveva promesso.

Dopo un pò  si tirò su a sedere ed imbarazzato si asciugò le lacrime «si chiama Ben»

Shannon battè le palpebre perplesso poi capì che l'altro aveva accolto il suo invito « ... frequenta il tuo corso?»

Jared arrossì.

«ok, quanto più grande?»

la gradazione di rosso diventò sempre più accesa « ... non vedo cosa cambia se....»


« .. quanti?»

Jared affondò piano piano nel sedile, era più difficle di quanto pensasse « 13» rispose dopo un veloce calcolo.

«medico» disse Shannon a metà tra una constatazione e una domanda, un classico.

«eh?» gli chiese confuso l'altro «dico è un medico?» ripetè cercando di tenere a bada i campanelli d'allarme nella sua testa

«no,avvocato» rispose Jared, insicuro su cosa potessero servire questo tipo di informazioni.


« mhm..» mugugnò Shannon,

«mhm?»

«si. mhm..sto elaborando le informazioni..» gli rispose calmo prima di schiarirsi la voce in imbarazzo «ehm..ma prima di lui..tu..eh?....capito ?..» adesso era  Shannon ad arrossire .

Jared tornò a mangiarsi le unghie e Shannon poteva quasi sentire le sue rotelle girare vorticosamente « no. Non ho mai avuto paricolare... interesse.. verso gli uomini. E'.. è successo e basta.» si zittì un attimo e aggiunse «  .... tra l'altro continuo a trovare dannatamente sexy Lita Ford e .... Rachel».

«chi è Rachel?» Shannon lo guardò incuriosito. Le cose si facevano interessanti.

«una mia compagna di corso» Jared alzò lo sguardo e sconsolato aggiunse «è un casino vero?». Non era mai stato tanto confuso in vita sua.

«no» gli rispose ghignando il fratello. Jared si limitò a fulminarlo.

«vedi Jay »iniziò a dire lentamente,mettendo su la faccia del  c'è-un-motivo-se-io-sono-il-fratello-maggiore.

«fanculo Shan dillo e basta!» 

Shannon ridacchiò  «le cose non devono essere necessariamente  bianche o nere. ».

Jared inarcò le sopracciciglia e ci riflettè su «... mi stai dicendo che sono grigio?» la sua espressione era talmente comica che Shannon non potè trattenere un sorriso «si e non devi avere paura del tuo grigiume..vivilo e basta.» Per Jared che tendeva a razionalizzare tutto il grigio era un colore che preferiva applicare a poche cose.

« l'amore non segue regole Jay. Io credo che non si sceglie chi amare in base al sesso ma in base alla persona. A quello che questa ci dà.. » disse serio « devi pensare alle persone al di là di uomo o donna. Solo quello che veramente vuoi.».

Jared rimase stupito da queste parole, erano proprio quelle che aveva bisogno di sentire , quelle che continuava a ripetersi ma dette da Shannon diventavano reali e giuste. Guardandolo sorrise. Il primo vero sorriso da mesi ormai. Partiva da dentro di lui e non era solo una smorfia fatta meccanicamente «mi sei mancato big bro».

Shannon lo guardò a lungo,  «...anche tu Jay... tanto....più di quanto pensi» gli disse cercando ancora una volta di trattenere l'istinto di stringerlo forte e spazzare via tutte le sue paure e i suoi dubbi.

«ehi!! .non mi diventare tutto sentimentale ora! la checca sono io non dimenticarlo!» disse Jared spintonandolo leggermente , il sorriso ancora sulle sue labbra.

« Vai a farti fottere bro» gli rispose Shannon fingendo di essersi offeso.

«questa è pessima..» ribattè l'altro  guadagnandosi un pugno sul braccio.

«e allora cosa mi dici del nuovo lavoro?» disse alla fine il fratello maggiore cercando di darsi un contegno mentre riportava la Mercury Colony Park in carreggiata.

«Che non vedo l'ora di venirti a trovare e provare una delle macchine..» rispose Jared massaggiandosi la spalla colpita.

Ora che sapeva che il fratello lo accettava anche il mondo intero poteva odiarlo e condannarlo. 

****


Ben gli circondò il volto con la mano e con il pollice cancellò la macchia di colore. Le parole erano lì pronte ad essere vocalizzate ma in cuor suo sapeva che non era il momento, non ancora, non finchè non avesse risolto tutto.

«è un compito per l'università?» gli chiese alla fine guardando con attenzione le figure ritratte a colpi di blu e nero,  Jared rimase aggrappato all'uomo e chiudendo gli occhi  scosse la testa 'no' contro il suo petto « avevo .. questa immagine in mente e dovevo buttarla giù altrimenti non mi avrebbe dato pace».

I giochi della prospettiva davano l'impressione che la tela fosse uno squarcio  su una stanza buia. Vicino alla finestra c'era un bambino, il suo corpo completamente ricoperto di pietra ad eccezione del suo cuore. Le lacrime così reali che Ben dovette frenare l'istinto di volerle asciugare.

«perchè piange?» Jared rimase in silenzio pensando a come rispondere, poi decise che non sarebbe servito a nulla mentire «perchè  ha smesso di credere che qualcuno possa volergli bene» e prima che l'altro potesse fare la sua seconda domanda aggiunse «e la pietra rappresenta la sua chiusura verso gli altri, l'unico punto debole come vedi è- ».

«..il cuore» finì per lui Ben. Accarezzando i soffici capelli stava per fare un'altra domanda ma venne interrotto « e invece a te come è andata la giornata?» l'uomo sorrise ,erano rari e brevi i momenti in cui Jared gli permetteva di entrare nella sua testa, « bah.. tra incontri e  pratiche tutto nella norma..tu invece non sarai qui dentro da questa mattina!?» Jared annuì e con un veloce bacio a  stampo si liberò dalla presa dell'uomo.

«ma ho mangiato non ti preoccupare» disse sorridendo mentre si accovacciava davanti alla tela e ripendeva a dipingere . Ben si avvicinò al tavolino ,dove erano posati gli album degli schizzi e i colori, e notò tra i fogli sparsi un piccolo volantino della School of Visual Arts di New York . Si voltò verso il ragazzo per chiedergli cosa fosse ma alla fine decise di fare finta di nulla.

Stava uscendo dalla stanza quando la voce di Jared lo fermò sulla soglia «Ben! posso chiederti una cosa?» l'uomo si poggiò allo stipite e aspettò che il ragazzo si voltasse «ecco.. volevo sapere se è possibile raccogliere informazioni sui precedenti di una persona» Jared vedendo la sorpresa sul volto dell'altro si leccò le labbra nervoso « tipo di dieci anni fa..» Ben sospettoso annuì « ho un amico giù al distretto che mi deve un favore.. potrei chiedergli se ha accesso ai database..».

Il ragazzo lo guardò speranzoso mentre si torturava inconsciamente il labbro inferiore, tradendo  la sua agitazione «il perchè non puoi dirmelo vero?» gli chiese l'uomo e, come previsto, non ricevette risposta «chi?» disse alla fine con un sospiro.

Jared rilasciò il respiro che stava trattenendo e, con un nodo in gola, pronunciò il suo nome «Tony L Bryant».



tbc

A/N:

i. "[..] When I was 12 we were in Haiti; that was an unforgettable experience. It's a sophisticated country in some ways, but at the same time it's also the poorest country in the western hemisphere. While I was there I was climbing mango trees and just having a freak-out on the whole place."Jared Leto

"It was horrible seeing people living in the street, in shacks, and bathing in sewer water and drinking bad water and begging and starving. It was unforgettable" Jared Leto

ii.  "[..] When I was real young, the books that I reread were the Narnia chronicles by C.S. Lewis. They were fantasy with some undercover kind of religious ideas snuck in there" Jared Leto

iii. la leggenda del lupo è frutto di un mix tra diverse leggende indiane e non.  Shilah significa "fratello" Honiahaka "piccolo lupo".

iv. "i wanted to be a painter or a graphic designer. large format, very grahic, visual 3-dimensional art". Jared Leto  .

Pare che Jared abbia presentato un corto per l'esame finale alla sva intitolato "Crying boy" beh... ho pensato che l'idea molto probabilmente gli frullava in testa da tempo. da qui l'idea del quadro.


v. Lita Ford, Mercury Colony Park  


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maddi , eh si lo so che sto procedendo molto lentamente ma come ripeto nelle note. Non vi lascerò a piedi :).
  i fratelli leto si piegano ma non si spezzano. ;)

princes_of_the_univers , ^^ che bello vedere che ci siete ancora piuttosto! :))  non si nota che sono un'amante delle fic angst vero? xD
  Ti hanno stupito?

_O b l i v i o n , grazie mille per i complimenti! *_* Eh si... proprio perchè vedo Shannon equilibrato e... come dire... "ancora per il pianeta terra"  di Jared che ho deciso di stravolgere la sua immagine. 

AKURA , grazie mille anche a te! spero che andando avanti continui a piacerti ;)


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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more parte II ***


13
Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N: non posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in cui non pubblicherò nulla, ma la storia non verrà lasciata incompleta. promesso ;).

***= flashback
§= cambio scena



Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§

Capitolo XIII ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more p2
( ...non posso piangere perchè chi mi sostiene piange ancora di più)



....

dicembre 2007

Jared aprì gli occhi di colpo. Rimase a fissare il bianco soffitto perplesso poi sentì di nuovo il rumore che l'aveva svegliato. Qualcuno stava cercando di abbattere, perchè non poteva essere definito bussare, la porta. Ogni battito arrivava dritto e tagliente come una lama nella sua testa. Sbuffando si drizzò a sedere, si sentiva come fosse appena uscito da una centrifuga. Si sporse verso il tavolino dove erano sparsi diversi fogli, piani per la band, copioni da leggere e varie altre scartoffie, che ancora non aveva controllato, e prese il cellulare. Erano le 15.30. Aveva dormito appena un quarto d'ora. Stropicciandosi gli occhi si trascinò verso l'entrata e, poggiandosi allo stipite, aprì la porta.

Nessuno.


Il portico e il viale d'entrata erano completamente vuoti. Stava per richiudere la porta quando un leggero frusciò attirò la sua attenzione, avanzò di un paio di passi e si ritrovò a guardare il sedere di un chitarrista. Sorridendo si poggiò contro la colonna e si gustò la scena.

Tomo, stizzito,
borbottava qualcosa in croato ed era intento a scavalcare, o meglio cercare di scavalcare, il muretto che gli avrebbe dato accesso al retro della casa. Dopo un paio di tentativi andati a vuoto sbuffò e, senza voltarsi verso il cantante si chinò , cercando di guardare attraverso la finestra l'interno della villa facendosi schermo con le mani .

«Tomo..»

Il chitarrista schizzò in piedi e si guardò intorno fino a quando non inquadrò il compagno di band a pochi passi da lui.

«che stai facendo ?» gli chiese Jared cercando di nascondere il suo divertimento.

Tomo si pulì le mani dal gesso sui jeans e si schiarì la voce imbarazzato «ho dimenticato le chiavi così ho.. pensato di... » fece segno verso il muretto per spiegarsi ma poi scosse la testa e posò le mani sui fianchi fulminando l'uomo davanti a lui « mi fa piacere vedere che uno di voi due è vivo!!
perchè cazzo non avete risposto alle mie chiamate?! non potete decidere di sparire dalla faccia della terra per fare uno dei vostri Letomeeting senza dirmi una parola!....» il cervello di Tomo alla fine registrò lo stato del cantante e si calmò di colpo « Cristo Jare! Hai un aspetto.. orribile..»

Jared vide l'espressione dell'amico passare da irata a preoccupata in un nanosecondo. Facendogli segno di seguirlo iniziò a rientrare in casa, la luce del pomeriggio californiano gli dava fastidio, i suoi occhi erano troppo stanchi per sopportarlo. In più sentiva le sue ossa, una per una e fottutamente in ordine alfabetico, reclamare un pò di riposo.

Tomo lo seguì in silenzio osservando quello che lui conosceva come L'instancabile Leto (tanto da pensare che in realtà non fosse umano ma uno di quegli uomini bionici che popolavano i fumetti) zoppicare fino al divano del salotto e, una volta raggiunto, ranicchiarcisi sopra completamente spento. In più, nella penombra delle tende, il pallore del suo viso veniva accentuato mettendo in risalto il taglio sul suo labbro inferiore.

«ok. dov'è il corpo di Shannon?» domandò
cercando di stemperare quella strana atmosfera. Sapeva che era successo qualcosa di serio, perchè mai e poi mai il batterista avrebbe lasciato Jared da solo in questo stato. Mai più dopo quella volta.

***2006**

Tomo si leccò le labbra e guardò alla sua destra. Shannon fissava lo schermo accigliato. Il pollice si mosse velocemente sul joystick,

triangolo triangolo, cerchio

la combinazione di mosse stese l'alterego del batterista. Altri 20 punti. Mancava poco e questo round era suo.

Ma Shannon parò l'ennesimo colpo e sferrò un doppio attacco guadagnandone 25, vincendo la partita. Ghignando il batterista iniziò la sua danza della vittoria mentre l'altro sconsolato posava il controller a terra «vai a farti fottere Shannon! Guarda te lo dico con tutto il cuore» gli disse strappandogli una forte risata « awww il piccolo Tomo si è offeso?» gli disse pizzicandogli la guancia.

Il punzecchiamento venne interrotto dal cellulare di Shannon che cominciò a squillare. Lo prese con il sorriso trionfante ancora stampato sul suo volto e Tomo ruotò gli occhi scocciato, pronto a vendicarsi a colpi di joystick al più presto. Si girò per prendere una delle birre posate sul tavolino e quando fece per passarne una al batterista rimase con il braccio a mezz'aria.

Shannon era sbiancato e, sebbene la sua voce fosse calma e rassicurante, il suo volto tradiva la paura che stava provando «stai fermo Jay arrivo subito. Tranquillo sono da te in un secondo» disse prima di schizzare in piedi e senza nemmeno indossare le scarpe precipitarsi fuori della loro stanza d'albergo. Il chitarrista rimase per un attimo perplesso a guardare il punto in cui, fino a pochi secondi prima, c'era il compagno, poi si alzò e lo raggiunse.

Lo trovò che freneticamente premeva il bottone dell'ascensore ed inveiva contro l'apparecchio «Shan che cosa è successo?» gli chiese mentre l'altro guardandosi intorno cercava di capire dove fossero le scale «ma in questo cazzo di hotel non ci sono le scale?!?» disse passandosi la mano tra i corti capelli.

«Shan cos'è successo a Jared?» ripetè il croato, Shannon si voltò e lo guardò, poi scosse la testa «non lo so» . Le porte dell'ascensore si aprirono ed entrarono di corsa.


Era un periodo abbastanza critico: Jared appena finito di girare Chapter 27 , non contento dello stress a cui aveva sottoposto il suo corpo per ingrassare, aveva deciso di intraprendere un tour de force per ritornare al suo pesoforma. Il che significava digiuno. Shannon aveva provato a farlo desistere, l'incubo del periodo post Requiem for a dream ancora vivido nella sua mente. Litigavano almeno due volte al giorno da settimane ormai ma alla fine Jared aveva continuato a fare di testa sua, dieta di liquidi a base di sciroppo d'acero,pepe di cayenna, succo di limone ed acqua, sebbene da tempo fosse sceso sotto il suo pesoforma

All'apparenza tutto sembrava funzionare ma era da una settimana che Jared era particolamente debole. Faceva finta di nulla, ma a lui e a Shannon non era sfuggito. Quella sera durante il concerto era stato insolitamente calmo e, una volta raggiunto l'albergo, zoppicando si era diretto nella camera che divideva con Matt senza fiatare. Il che era ancora più strano.

Tomo e Shannon avevano deciso di dividere la stanza per tutto il mese perchè erano nel pieno del loro torneo di ps2 e, sebbene il batterista avesse chiesto per quella sera di fare cambio per stare vicino al fratello, lo avevano convinto che non sarebbe stato necessario. Infondo Jared non era solo, c'era Matt con lui.


Alcuni ospiti e dipendenti dell'hotel li guardarono sorpresi, non doveva capitare tutti i giorni di vedere due uomini in soli jeans e trucco colato vagare per i corridoi dalla moquette azzurra. Shannon arrivò davanti alla porta e fortunatamente non la trovò chiusa a chiave. L'aprì di corsa e si precipitò verso il letto.

Jared lo guardò implorante, «ehi Jay..» gli disse Shannon smuovendoglii dolcemente i corti capelli neri che, a causa del sudore, si erano appiccicati contro la sua fronte. Tomo osservò la scena colpito: le forti mani di Shannon, che erano il terrore di chiunque lo incontrasse in un giorno no, sembravano le più gentili del mondo mentre sfioravano il volto del cantante.

«cazzo Shan i miei piedi ..le gambe... oh Cristo aiutami» disse l'altro abbandonandosi finalmente alle lacrime. Tomo non aveva mai visto Jared piangere prima di allora, come gli aveva detto più volte non piangeva quasi mai , aveva imparato a non farlo e con il tempo era diventato sempre più facile. Ma Tomo sapeva che non era vero. Jared permetteva solo ad una persona di vederlo così vulnerabile.

Shannon prese il lenzuolo e lo alzò, quando guardò il piede del fratello non potè trattenere una smorfia, lo riposò ma il cantante schizzò come se glielo avesse colpito «no cazzo toglilo..toglilo!!!» gridò prima di lasciarsi di nuovo cadere sul letto e lamentarsi. Si girò verso Tomo che era lì in piedi, incapace di muoversi o parlare,gli occhi di Jared erano esausti, il suo corpo troppo debole per poter reggere al dolore, ogni sua resistenza persa nella lenta tortura a cui aveva sottoposto il suo corpo.

«hai anche la febbre. Ti dobbiamo portare in ospedale e farti controllare» disse Shannon prendendo il cellulare. Tutta l'agitazione che aveva prima di entrare nella stanza completamente sparita dalla superficie, ma Tomo sapeva che era ancora lì nascosta sotto la maschera del fratello-maggiore-che-ha-la-soluzione-per-tutto.

Jared distolse lo sguardo da Tomo e afferrando il braccio del fratello lo fermò «NO!» Shannon sgranò gli occhi. Aveva sospettato che Jared fosse masochista ma non pensava fino a questi livelli « Jay, DEVI farti controllare ..» Jared deglutì ed annuì « ma non voglio troppa confusione» disse alla fine, Tomo poteva vedere le esili dita affondare contro la pelle del batterista in quella disperata morsa. Shannon capì al volo e cancellò il numero che aveva precedentemente digitato ed avviò la chiamata per Emma, lei avrebbe organizzato tutto.

«c'è un meeting della band?» chiese curioso Matt una volta varcata la soglia. Non riuscì ad aggiungere nient'altro che si ritrovò un batterista furioso alla gola «DOVE CAZZO ERI ANDATO

Matt
si sorprese dalla velocità con cui Shannon si era avvicinato e, sebbene fosse sballottato dall'amico, riuscì a rispondergli «ero al telefono con Libby..» una volta liberatosi dalla presa lanciò un'occhiata interrogativa a Tomo , poi vide Jared sul letto. Non ci voleva uno scienziato per capire che il leader stava male.

«che cosa è successo?» chiese iniziando a preoccuparsi « è successo che tu dovevi stare qui a controllare che Jared stesse bene COGLIONE!» gli urlò Shannon spintonandolo contro la porta della stanza , ma non potè fare altro perchè Tomo lo afferrò alle spalle «Shannon calmati.. ».

Jared aveva provato a richiamare Shannon per fermarlo ma il batterista non sentiva ragione, alla fine quindi aveva rinunciato e portandosi le braccia agli occhi si concentrò nel cercare di calmare il suo respiro ed ignorare le tremende fitte .

Matt si risistemò la maglia che si era gualcita «sono stato via solo un attimo Shan... » disse risentito, aveva lasciato Jared che dormiva tranquillamente, non si sarebbe mai allontanato altrimenti.

« non potevi fare quella cazzo di chiamata in bagno o su quel fottutissimo balcone?» continuò Shannon indicando verso la finestra «e se non aveva il blackberry a portata di mano?se arrivavamo qui e trovavamo la porta chiusa?» Shannon si allontanò da lui e si sedette sul letto.


Non era arrabbiato con Matt. Lo era con se stesso. Non avrebbe dovuto lasciare Jared da solo quella sera.

Non avrebbe dovuto permettergli di farsi questo.

A Jared venne diagnosticata la gotta.

***

Il sorriso di Jared fu così breve che Tomo pensò di esserselo immaginato «non c'è nessun cadavere..» rispose divertito il cantante senza aprire gli occhi. Era davvero a pezzi. Shannon passava da un umore all'altro, alternando momenti di profondo sconforto in cui si ritrovava a doverlo rassicurare, parlargli e asciugare le sue lacrime, a momenti di estrema irritabilità dove bastava un nonnulla che Shannon lo riempiva di insulti. E lui si ritrovava a barcamenarsi tra uno stadio all'altro senza un attimo di tregua.

Si sistemò il cuscino sotto alla testa e guardò il preoccupato chitarrista «mi dispiace , avrei dovuto chiamare...» Tomo scosse la testa «lascia stare...ma un altro scherzo simile e giuro che ve la faccio pagare » gli rispose, dietro quelle parole nient'altro che la preoccupazione di quei giorni «sempre se non ti uccide prima Brent, sta tornando da New York e ti posso assicurare che era davvero fuori di sè al telefono!» il cantante sospirò sconsolato e Tomo si sedette accanto a lui sul divano, massaggiandogli dolcemente la spalla mentre si guardava intorno alla ricerca di qualche segno che il batterista fosse nei paraggi, possibilmente ancora vivo.

«Shannon è di là. Tutto intero..sta solo riposando» gli disse il cantante leggendo la preoccupazione sul volto del ragazzo, prima di chiudere gli occhi e accogliere la piacevole sensazione del massaggio.

«cosa sta succendendo?» chiese alla fine Tomo sempre più confuso ed impaurito. Jared aprì gli occhi di nuovo e fissò un punto non precisato davanti a se «sta cercando di smettere di bere» rispose semplicemente, non c'era bisogno di aggiungere nient'altro.

Entrambi avevano notato come Shannon fosse strano ed evasivo nell'ultimo periodo, avevano notato con che facilità i suoi bicchieri si svuotavano e con quanta tranquillità li riempiva, ma nessuno dei due aveva pensato che fosse andato così oltre i suoi limiti da avere bisogno di disintossicarsi.

«da soli?l» esclamò sorpreso il croato « Jare, è una cosa seria! dovrebbe vedere un medico! un gruppo di sostegno!» Jared scosse la testa e si girò verso di lui «non preoccuparti , è tutto sotto controllo» Tomo allungò la mano e sfiorò leggermente il labbro ferito «tutto eh?» Jared fece per allontanarla ma il chitarrista gli afferrò il polso impedendoglielo.

Se c'era una cosa che Tomo aveva imparato in quei 4 anni era che i Leto risolvevano i loro problemi da soli. Non aveva mai visto uno dei due chiedere aiuto ad altri se non il fratello. Molto probabilmente era un conseguenza del fatto che fin da bambini avevano potuto contare solo sulle loro forze. Almeno così gli era parso di capire da quel poco che sapeva. La loro infanzia era un vero e proprio tabù. Matt durante una nottata insonne sul tourbus, quando Tomo era appena arrivato nella band, gli aveva consigliato di evitare ogni domanda a riguardo. Pena un cantante iperattivo e lunatico ed un batterista pronto a saltarti alla gola in ogni momento.

«non c'è nulla di male nel chie-» la frase venne interrotta da un tonfo non ben definito proveniente dalla stanza di Shannon. Jared si irrigidì e scattò in piedi e, facendo cenno a Tomo di rimanere fermo, si diresse verso la stanza.


~·~

2 dicembre 1989 , ore 11.40 am

Justin si portò la sigaretta alle labbra e sorrise amaramente. L'enorme colonna del corridoio esterno della facoltà era il perfetto nascondiglio per chi, come lui, voleva osservare tutto quello che accadeva nell'arioso cortile. Rachel aveva seguito un ignaro Jared fino agli uffici del rettore dell'università ed ora, fingendo nonchalance, stava aspettando che uscisse.

Aspirò il fumo e lo trattenne ,assaporando il pungente ed amaro sapore sulla sua lingua e il leggero pizzicore alla gola. Aveva da subito capito che Jared aveva qualcosa di diverso. Fin dal primo giorno in cui l'aveva conosciuto.

Justin era appena arrivato al campus ed era impegnato a riordinare le sue cose completamente nascosto dagli scatoloni. Aveva sentito aprire la porta della camera, si era voltato e Jared era lì che si guardava intorno.

L'aveva osservato in silenzio, in qualche modo colpito dalla sua presenza fino a quando i loro sguardi si erano incrociati. Il suo nuovo compagno di stanza
gli aveva sorriso e, posando i sue due borsoni a terra, si era presentato.

Era rimasto da subito affascinato dalla sua parlantina , dal suo fare sicuro e spedito. Un fascino che cresceva man mano che passava il tempo con lui.

Jared guardava le persone dritte negli occhi costringendo i più ad abbassare lo sguardo per primi . Non aveva paura di esprimere la propria opinione,
spesso in classe dava vita a veri e propri dibattiti, portando gli stessi professori a divagare sull'argomento della giornata, mettendoli in difficoltà con i suoi intelligenti e scomodi interventi.

Carisma. Aveva un carisma innato, nel modo in cui
si muoveva, nel modo in cui parlava.E come ogni persona del genere attirava su di se invidia.

Fuori dall'aula rivolgeva la parola a pochi , stava sempre sulle sue, la maggior parte del tempo lavorava su qualche progetto o leggeva qualche strano libro e questo aveva fatto si che si guadagnasse la nomina di altezzoso e strano. Lui l'aveva sempre difeso anche se, con il senno di poi, era giunto alla conclusione che forse era lui quello che si era sbagliato.


Jared uscì dall'ufficio con una pila di fogli in mano e Rachel gli si avvicinò, come se casualmente si trovasse da quelle parti. Iniziarono a parlare ma dal suo punto di osservazione Justin non riusciva a sentire quindi, facendo attenzione a non farsi notare, cercò di avvicinarsi.

§

...
«allora è vero quello che si dice in giro!» disse Rachel mettendosi una ciocca di capelli dietro alle orecchie.

«ebbene si..» le rispose Jared mentre riponeva i fogli nella sua tracolla verde militare «in questi 40 fogli c'è il mio futuro alla School of Visual Arts di New York
!».

La ragazza sorrise cercando di nascondere la sua delusione «quando te ne andrai?».

Erano le ultime settimane prima della pausa invernale ed il corridoio era colmo di studenti. Tutto quel via vai di appunti, le corse per arrivare in tempo alla lezione all'altra parte dell'edificio erano cose che presto sarebbero state solo un ricordo per Jared «se tutto andrà bene gennaio» la guardò e gli sorrise, aveva percepito la tristezza della ragazza e infondo gli dispiaceva lasciarla.

«allora dobbiamo festeggiare!» disse d'un tratto Rachel saltellando e battendo le mani incurante delle occhiate che ricevette da alcuni ragazzi.

«festeggiare?» Jared la guardò come se fosse impazzita.

«certo! venerdì sera! andiamo al Revival e festeggiamo questa bella notizia!» Jared si fermò indeciso «daiiii» Rachel gli prese le mani e lo guardò implorante «fanno la serata hard rock!» disse continuando a stringergli le mani.

Jared sospirò e scosse la testa «come faccio a dirti di no se me lo chiedi in questo modo?» le disse alla fine facendola arrossire. Solo dopo si accorse che poteva essere frainteso.

Rachel abbassò lo sguardo e ricominciò a camminare «quindi è deciso venerdì al Revival!» e sorridendo trascinò Jared lungo il corridoio tra una chiacchera e l'altra.
...

§

Justin aveva fatto in tempo a sentire l'ultimo scambio di battute. Non poteva credere di essersi fidato di uno come lui.

Gli aveva confidato l
a sua cotta per Rachel, gli aveva illustrato i suoi piani di conquista e lui l'aveva guardato con i suoi gelidi occhi azzurri divertito e gli aveva detto che gli avrebbe retto il gioco. Così sembrava fino a quando non aveva scoperto la verità la notte di Halloween.

Non riusciva a capire che cosa volesse e cosa ci guadagnasse nel prendere in giro Rachel se non il gusto di fare un dispetto a lui.

Justin continuò a seguirli ,vide la ragazza allontanarsi dopo un abbraccio e Jared dirigersi verso il campus. Tenendosi a debita distanza lo vide avvicinarsi ai telefoni e chiamare una certa Shannon. Mentre aspettava che terminasse la chiamata ripensò a quando aveva scoperto la vera natura del suo compagno di stanza.

Aveva passato un paio di giorni a riflettere sul bacio tra Rachel e Jared ed era giunto alla conclusione che fosse tutta colpa del suo examico
aveva quindi deciso di affrontarlo, così tre giorni dopo, si era ritrovato a seguirlo in metropolitana e poi per le strade della città. L'aveva visto entrare in una costruzione dai mattoni rossi e, dopo un breve scambio di battute, prendere il posto del giovane portiere.

L'altro ragazzo, finalmente libero, uscì dal palazzo e Justin dovette abbassarsi dietro al passamano di massiccio marmo delle scale per non farsi vedere . Quando si rialzò c'era un uomo poggiato al bancone.

Molto alto e vestito bene, forse un dirigente o un avvocato. Ad un certo punto l'uomo si guardò intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno e sfilò la rivista che Jared aveva appena aperto dalle sue mani. Il giovane schizzò in piedi e tentò di riprenderla invano. Poi sorrise maliziosamente e, tirandosi in punta di piedi, avvolse le sue braccia intorno alle larghe spalle dell'uomo baciandolo.

Un bacio vero non sulla guancia o per scherzo.

Justin era rimasto a bocca aperta. Disgusto e rabbia si alternavano nella sua mente mentre vedeva Jared riprendersi la rivista e sedersi al suo posto sorridente. L'uomo gli scompigliò i capelli giocosamente e ridendo si diresse verso l'uscita. Justin era quindi diventato un tuttuno con il muro di mattoni ed aveva atteso che le sue gambe funzionassero di nuovo prima di correre nella camera del campus a pensare.

Il filo dei suoi pensieri fu interrotto dall'improvvisa risata di Jared..

§

«la mamma è tutto il giorno che gira per casa ad imballare le mie cose, non la riesco a fermare» disse Shannon e Jared rise immaginando la scena «.. cerca di fermarla prima che impacchetti anche te » .

« ... l'ho vista avvicinarsi con fare sospettoso ..» rispose l'altro sorridendo, erano mesi che non sentiva Jared così sereno e tranquillo. Era davvero felice che avessero ripreso a parlare come un tempo. Senza segreti e silenzi imbarazzati.

§

Justin guardò l'orologio e sbuffò,erano dieci minuti che Jared era al telefono, era pronto a mettere la tenda quando lo sentì salutare e riattaccare. Il ragazzo, ignaro di essere seguito, fece altri dieci passi e si avvicinò alle casette della posta , girando il lucchetto con la sua combinazione aprì lo sportellino ed estrasse una serie di lettere.

Era il momento giusto. A passo deciso Justin gli si avvicinò e, casualmente, gli diede una spallata.

«ehi!» esclamò Jared mentre cercava di riprendere l'equilibrio. Era talmente sovrappensiero che non si era accorto del suo arrivo.

«oh scusa..» disse Justin ,sebbene il tono mostrasse tutto tranne che il suo dispiacere. Jared ripreso l'equilibrio, ignorandolo, continuò a passare in rassegna i diversi mittenti e Justin decise di non perdere ulteriore tempo
«pensavo di essere stato chiaro».

Jared sospirò, era evidente che il compagno non aveva intenzione di lasciarlo stare «senti» disse girandosi verso di lui «ti piace Rachel? Dichiarati! Mai ti fai avanti mai lei può dirti di no!» voleva ferirlo e dentro di se sorrise soddisfatto dall'espressione dell'altro.

Justin lo fissò basito, a corto di parole .Aveva pensato di aver trovato il suo punto debole ed era quindi impreparato al ritorno di tanta sicurezza «questa me la paghi» gli disse
in un sibilo, incapace di pensare a qualcosa di meglio.

«e come? » Jared allargò le braccia e si spostò verso il centro del corridoio «vuoi dire al mondo che sono un..come hai detto.. 'frocio'?».

Justin si guardò intorno. Erano soli. Non sapeva cosa fosse successo ma Jared era tornato ad essere il ragazzo sicuro di se che aveva varcato la soglia della loro stanza il lontano agosto.

«cosa vuoi che importi a loro della mia vita sessuale?» continuò l'altro «non puoi rendermi la vita impossibile perchè non hai le palle di farti avanti !» e senza aggiungere altro si allontanò verso l'uscita della struttura.


§

Jared riprese a controllare la posta ed arrivato all'ultima lettera si fermò di colpo. Riguardò l'indirizzo per essere sicuro di aver letto bene poi strappò il bordo e aprì il foglio contenuto al suo interno. Rilesse le due righe scritte a macchina e si guardò intorno confuso.

'Ho saputo dall'università del trasferimento, credo che prima di prendere una decisione definitiva dobbiamo parlarne. Chiamami a questo numero 703-100-0487 per ...'

Mise le lettere nella sua tracolla e, sistemandosi la sciarpa ,si avviò a passo svelto verso casa.

ore 13.22 pm

«cosa cazzo significa che è lui che paga più della metà della retta?» Jared si buttò sul divano e ascoltò la voce della madre dall'altra parte del telefono « significa quel che significa Jared e non parlarmi con questo tono!» lo rimproverò Constance «la borsa di studio non copre totalmente le spese ...ed io non potevo permettermelo Jay.».

« non posso credere che non me l'hai mai detto! Se non potevi permetterlo non era un problema! A-avrei trovato un doppio lavoro..o semplicemente avrei lasciato gli studi... »

«ma non capisci è proprio per questo che ho accettato il suo aiuto! Lui è legalmente vostro padre. L'ha fatto volentieri..»

«ma io non voglio i suoi soldi. non voglio essergli debitore in nulla!»

«era l'unico modo Jay. L'ho fatto per te» rispose Constance risentita. Non era sopresa dalla reazione del figlio , lei stessa aveva trovato difficile accettare l'idea. Ma aveva il dovere come madre di fare il possibile per i suoi figli, non voleva che Jared smettesse gli studi di nuovo perchè lei non poteva tenere a bada il suo orgoglio. «Vedi cosa vuole Jay , ha sbagliato ma non per questo dobbiamo odiarlo.»

Jared scosse la testa incredulo «come mi puoi chiedere una cosa simile mamma?»

«... se un giorno avrai dei figli capirai il perchè ho accettato il suo aiuto. »


Jared attaccò il telefono. Lo fissò per un paio di minuti poi alzò di nuovo la cornetta e, reggendola tra la spalla e la testa, cercò il foglio nella sua tracolla abbandonata ai piedi del divano. Compose il numero e al quinto squillo una donna rispose.


5 dicembre 1989 , ore 16.32pm

Jared era in ritardo di venti minuti dall'appuntamento con Carl. Attraversò la strada di corsa senza prestare attenzione alle macchine e quasi rischiò di farsi investire, alzando un braccio, chiese scusa al povero automobilista che se l'era trovato davanti all'improvviso e raggiunse il marciapiede davanti al locale. Si fermò e prese un grande respiro.

Entrò nel piccolo bar e si guardò intorno, non gli ci volle molto per individuarlo, era seduto ad uno dei tavoli in fondo con la sua nuova famiglia al completo.


Fantastico pensò mentre sbuffando si faceva strada tra i tavolini.

«Jared !» l'uomo si alzò e l'abbracciò. Jared rimase immobile, preso completamente alla sprovvita da quella dimostrazione, assolutamente non richiesta e fuori luogo visti i precedenti, di affetto. «Come sei cresciuto...» gli disse squadrandolo dalla testa ai piedi, mentre il ragazzo prendeva una sedia libera da un altro tavolino lì di fianco e si sedeva.

Rimasero in silenzio per un attimo ad osservarsi, i cambiamenti in tre anni erano stati lievi eppure evidenti. Carl notò che sebbene i tratti gentili e delicati facevano apparire il ragazzo molto più giovane della sua età, i suoi occhi testimoniavano una maturità che andava ben oltre, e non potè evitare di sentirsi in parte colpevole. Notò anche che si stava facendo crescere i capelli, gli stavano indubbiamente bene ma la cosa non lo entusiasmava affatto.

Carl invece agli occhi di Jared era rimasto lo stesso, certo, aveva meno capelli e quelli rimasti erano ingrigiti ma per il resto era come se non fosse passato un'ora dall'ultima volta. Stesso modo di vestire, attento ai particolari e nella scelta di capi all'ultima moda.

«questa è Rosalie» Carl intterruppe il silenzio ed indicò la moglie, la donna sorrise dolcemente e porse la mano per salutarlo ma Jared rimase ancora una volta immobile , fissò la sua mano e poi la guardò dritta negli occhi. Era una bella donna, non poteva negarlo ma, e non lo diceva solo perchè era di parte, Constance era tutt'altra cosa.

Quello che questa Rosalie costruiva con accurati strati di cipria e linee di matita, sua madre l'aveva di natura. Ma capiva il perchè Carl l'avesse scelta, a differenza di sua madre molto probabilmente lei era la classica mogliettina: quella che non pone domande, quella che rimane in casa, quella che china la testa perchè è il marito che porta i pantaloni. Imbarazzata la donna distolse lo sguardo e abbassò la mano.

Una delle ragazzine, la più grande, non aveva perso la scena e gli mollò un'occhiatacciaL'altra era impegnata nel giocare con un piccolo pupazzeto a forma di cagnolina dalle orecchie rosa ed, ignara della tensione al tavolo, con la spontaneità che solo una bambina può avere fece camminare la piccola Poochie sul braccio di Jared sorridendogli.

Jared spostò il braccio facendo rotolare la piccola cagnolina sul tavolino e si poggiò allo schienale della sedia senza calcolarla. La bambina lo guardò confusa non capendo perchè mai il fratellastro fosse così scortese con lei.

« l
'allegra famiglia Leto tutta al completo vedo» disse alla fine Jared senza nascondere l'amarezza che stava provando. Carl non perdeva occasione di dimostrargli quanto poco tenesse in considerazione i sentimenti degli altri.

L'uomo si scambiò velocemente un'occhiata con la nuova compagna «dovevamo portare Melissa a fare un controllo e ne abbiamo approfittato non volevo-» Jared scosse la testa e lo interruppe «andiamo dritti al punto»

«giusto.» Carl si schiarì la voce in imbarazzo, era pronto ovviamene alla freddezza del ragazzo ma vivere la situazione era ben diverso « ho notato che metà dell'importo della retta è stato restituito , mi sono informato ed ho saputo che hai intenzione di- » ancora una volta Jared lo interruppe « non voglio i tuoi soldi, se fosse stato per me non li avrei mai accettati»

Carl sospirò, si aspettava anche questo «lo so, ma tua madre ha fatto la cosa più giusta»

« questo non toglie che ti restituirò ogni centesimo di quei soldi» Ad ogni costo.

«non occorre Jared, l'ho fatto perch-» l'uomo sapeva che insistere non sarebbe servito a nulla, il ragazzo era testardo e lui non era mai riuscito a farsi ascoltare.

« Sono qui per..» Jared distolse lo sguardo puntandolo su uno dei quadretti appesi contro il muro del locale raffigurante una pinup anni 20 « ..ringraziarti... e assicurarti che non ho bisogno ancora del tuo aiuto»

l'uomo scosse la testa, «
la SVA è molto costosa Jay»

«vedo che ti sei informato» tanta premura lo faceva commuovere, accavallò le gambe e cercò di combattere l'istinto di mandare a quel paese l'uomo ed uscire dal locale.

«voi siete ancora miei figli ed io sono vostro padre al di là dei miei errori » non chiedeva perdono sapeva che era presto o forse impossibile ma solo di poter fare il suo dovere, riparare e cercare di dargli nei limiti quello che gli spettava .

Jared sorrise amaramente «ma non lo sei. Non sei mio padre. Tieniti questi discorsi per mamma o qualc-» Una cameriera lo interruppe chiedendogli se volesse ordinare qualcosa e lui rifiutò gentilemente, quando si voltò di nuovo verso il patrigno, Carl lo guardava ferito, anche se non aveva finito la frase il senso era molto chiaro.

«come farai?» l'uomo era arrivato alla conclusione che se dal punto di vista emotivo era impossibile raggiungerlo tanto valeva passare al lato pratico della questione.

Jared fece spallucce «come avrei dovuto fare se tu non ti fossi intromesso. Lavoro e studio. Con le borse di studio riuscirò a coprire i tre anni senza problemi»

«mantenere una media del 90 dovendo fare minimo due lavori per coprire le spese? Jared ragiona» no testardo era limitativo.

Il ragazzo lo guardò dritto negli occhi e si alzò «l'ho fatto e non torno indietro. è stato molto gentile da parte tua ma posso farcela da solo d'ora in poi.»

ore 18.50pm

Jared aprì la porta dell'appartamento e posò le chiavi sul mobiletto, si tolse il cappotto le scarpe e si diresse verso l'invitante odore dalla cucina.

«che buon'odore cos'è?» disse entrando nella stanza , Ben si voltò giusto in tempo per un breve bacio a stampo «è una ricetta di mia madre è squisita devi provarla»

Jared si tirò su a sedere sul mobile accanto ai fornelli «cosa c'è dentro?»

l'uomo scosse la testa e sorrise «nulla che cammina a quattro zampre stai tranquillo» elancando gli ingredienti principali
gli porse una forchetta, Jared lo guardò sospettoso ma assaggiò «buono..» disse alla fine annuendo.

Ben sorrise soddisfatto «un giorno di questi
però mi devi mostrare qualche ricetta per gli erbivori come te»

« ok, domani andiamo a fare la spesa e ti preparo un pranzo totalmente vegeteriano» Jared scese agilmente dal mobile e stava avviandosi verso la camera da letto quando l'altro lo fermò.

«ah..aspetta Jay! questo pomeriggio stavo sistemando ed ho trovato questo» l'uomo prese dal tavolo l'oposculo dell SVA e Jared si portò la mano alla nuca massaggiandola, cercando di rilassarsi in vista della discussione che sapeva sarebbe avvenuta.

«stai pensado di trasferirti a New York?» Jared sospirò e, guardando il compagno che lo fissava a braccia conserte a pochi passi da lui, annuì.

«senza dirmi nulla?»

«aspettavo il momento giusto..» in realtà non sapeva nemmeno lui il perchè.

«il giorno in cui saresti partito?» Ben si voltò dandogli le spalle e posò il volantino sul tavolo con un leggero tonfo.

«dai non fare così,» gli disse il ragazzo accorciando la distanza che li separava abbracciandolo dolcemente « infondo tu sei a New York almeno due volte a settimana e dista solo 4 ore da qui..» Ben sospirò il ragazzo aveva ragione, ma non era quello il punto «avrei appezzato però se ne avessimo discusso insieme».

«era una decisone che dovevo prendere da solo»

«certo» disse l'uomo cercando di nascondere la delusione per questo piccolo passo indietro, poi si liberò gentilmente dalla presa del giovane e si diresse verso il salotto «c'è un'altra cosa» disse mentre apriva la sua cartellina «tieni. Questo è il fascicolo che cercavi».

Jared rimase a fissare la busta gialla in mano al compagno incapace di muovere un muscolo.

«Jay?» chiese preoccupato , Jared alzò lo sguardo «grazie» disse, la sua voce lontana e debole, senza aggiungere nulla prese la busta e si diresse in camera da letto.



tbc

A/N:

i. Jared dopo aver lasciato la University of the Arts di philadelphia si è trasferito a new york alla School of Visual arts.

ii.
"[..] I go for a long, long time without crying. The more you do it, it's easier to do." Jared Leto

iii.
come penso tutte sapete a Jared nel 2006 è stata diagnosticata la gotta. :(

iv. "Il mio patrigno è Carl Leto.[...] Jared Leto è rimasto suo figlio adottivo ma sono completamente estranei [...] Ho parlato con Jared forse una volta in tutta la mia vita, prima che fosse famoso. Non abbiamo nessun tipo di relazione e di sicuro non ne voglio una - non è stato altro che cattivo verso mia madre e mia sorella. [...]."Melissa Lafsky,

v. Poochie

vi.
Revival era un locale di Philadelphia chiuso nel 1991.


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maddi , ogni cosa a suo tempo :).
princes_of_the_univers , xD mi fa piacere sapere che sono riuscita a farti immedesimare nell'osservatore..
candidalametta, grazie mille per le tue parole, si anche io vedo un lupo in Jared (xD detta così sembro pronta per un ricovero) .



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Capitolo 14
*** Capitolo XIV ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more parte III ***


13
Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N: non posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in cui non pubblicherò nulla, ma  la storia non verrà lasciata incompleta. promesso ;).



Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§

Capitolo XIV ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more p3
( ...non posso piangere perchè chi dovrebbe sostenermi  piange ancora di più)



....

dicembre 2007

Shannon era in ginocchio nel piccolo bagno, le mani stringevano convulsamente il bordo del water, il corpo sconvolto da vuoti conati.

«Ehi.. ehi Shan..» Jared si inginocchiò accanto a lui e cominciò a massaggiargli la schiena cercando di calmarlo.

Una volta calmati gli spasmi Shannon si lasciò scivolare lentamente contro la parete. Le sue labbra si curvarono in un impercettibile sorriso mentre guardava il fratello che, con cura e delicatezza, gli ripuliva e rinfrescava il volto con un panno.

Vagamente la sua mente registrò il suo pallore, i movimenti legati, le smorfie quando si era chinato e quando si era rialzato, il modo in cui zoppicava leggermente anche solo per fare un paio di passi fino al lavabo.

La voce del fratello protettivo si fece sentire intimandogli di fare qualcosa ma cercò di  respingerla, cercò di ignorare  le vivide immagini della corsa nel corridoio di un albergo. Uno dei tanti. Jared in lacrime sul letto. Le sue dita che stringono il suo braccio. L'anoressia. La gotta.

Scosse la testa. Doveva smetterla.

Jared strizzò il panno e si guardò allo specchio. Tomo aveva ragione era ridotto ad uno straccio. Con la coda dell'occhio notò che il bicchierino del colluttorio era sul piccolo ripiano davanti allo specchio, era stato usato e c'era del liquido chiaro dentro. Stava per prenderlo quando Shannon dal pavimento lo fece distrarre.

«hai mangiato?» gli disse con voce roca, Jared si voltò di colpo verso di lui.

*** 2000

«se non vuoi finire la minestra almeno mangia i pomodori» Shannon prese la piccola scodella gialla e la mise davanti al piatto ancora pieno del fratello. Jared posò il cucchiaio e sospirò. Quando alzò lo sguardo due occhi nocciola erano puntati su di lui comprensivi.

«non credo di potercela fare» non che non gli andasse ma il solo pensiero di mandare giù anche solo una briciola gli sembrava un ostacolo insormontabile, un pò come un corridore che vede il traguardo ma le sue gambe sono troppo deboli per percorrere gli ultimi metri.

«provaci Jay» la voce di Shannon era calma e gentile. Sapeva che Jared ci stava provando e questo era sufficiente, non c'era bisogno di forzarlo.

Requiem for a dream era stato un progetto in cui Jared aveva messo tutto quello che aveva ed ora ne stava pagando il prezzo. Le settimane di digiuno forzato l'avevano indebolito al punto da ritrovarsi a svenire sul set. Ma lui aveva stretto i denti e portato al termine il suo lavoro.

I problemi erano iniziati una volta tornato a casa, il suo corpo si rifiutava di accettare qualsiasi cosa più solida di un purè ,stremato aveva chiamato il fratello maggiore che aveva buttato giù un tabella di marcia per riabituare il suo fisico a mangiare. Una cosa a cui Jared avrebbe pensato se avesse avuto abbastanza lucidità.

Il cantante allungò il braccio, il  maglione si alzò leggermente lasciando intravedere le ossa sporgenti del polso, e prese una forchetta. Lentamente infilzò la piccola mezzaluna di  pomodoro portandola alle labbra.

Shannon sospirò e, alzandosi,  iniziò a sparecchiare «ha chiamato Cam, voleva sapere come stavi.»

Jared smise di masticare. Non la sentiva dall'inizio delle riprese ed ora era sul set di "Things You Can Tell Just by Looking at Her". Si chiese quante ragazze avrebbero avuto la pazienza di Cameron e quanto margine ancora aveva  prima che lo mandasse definitivamente a quel paese .

«le ho detto che  stai bene-» Shannon gli diede le spalle e girò il rubinetto guardando l'acqua iniziare a riempire il lavandino «-ma che hai bisogno di staccare la spina per un pò... per questo non rispondi ai suoi messaggi»

Stava sciacquando un bicchiere quando il tintinniò della forchetta contro la porcellana sovrastò lo scorrere dell'acqua,si voltò e Jared era lì con la mano sulla sua bocca incapace di mandare giù l'ultimo boccone.

Shannon si asciugò le mani con un panno e gli si avvicinò «Jay» gli sorrise debolmente cercando di dargli coraggio, l'altro lo guardò sconsolato. Gli occhi umidi e arrossati.

A fatica si alzò dal tavolo e  si avvicinò al lavandino, fece in tempo a spostare i piatti appena insaponati   prima di sputare il boccone e cercare di domare i conati di vomito che cercavano di portargli via quel poco di pranzo che aveva appena ingurgitato.

Il fratello maggiore gli fu immediatamente vicino e, in silenzio, gli massaggiò le spalle. Non potè evitare di sussultare quando Jared frustrato battè il pugno contro il ripiano facendo saltare le posate e i piatti.

«non devi sforzati va bene così. .» gli disse ricevendo in risposta solo un debole cenno della testa «poco alla volta».

***

«si.. ho mangiato» Jared rispose perplesso dalla domanda mentre Shannon si rimproverava mentalmente. Non aveva fatto in tempo a ripromettersi di non cedere alla modalità fratellone premuroso che si era ritrovato a fargli una domanda del genere. Non riusciva a controllare quella parte di sè. Scosse la testa di nuovo e provò a cambiare discorso «chi era alla porta?»

«eh?...ah..Tomo...è di là in salotto» gli rispose avvicinandosi.

Shannon si tese e Jared si affrettò a tranquillizzarlo «se non te la senti di vederlo non  ti preoccup-» si chinò e posò la mano sulle guance ricoperte di barba del fratello maggiore ma quest'ultimo lo allontanò, interrompendolo «no. anzi , vederlo non può che farmi bene ...» Jared annuì e lo aiutò ad alzarsi da terra.

Tomo sentì la porta aprirsi e alzò gli occhi dalla rivista di moto , bastò uno sguardo con Jared per capire come comportarsi e, come se non notasse il pietoso stato del batterista, si alzò per abbracciarlo sorridente.

Shannon ricambiò l'abbracciò e si sedette sulla  poltrona mentre Jared optò per il bracciolo.

«cristo ragazzi pensavo che fosse passato un UFO e vi avesse rapito o foste stati inghiottiti un fottutissimo buco nero!  ..» Tomo iniziò la sua ramanzina e tra una battuta e un aneddoto il pomeriggio trascorse come se tutto fosse a posto.

~·~

8 dicembre 1989: 23.50

Quando Shannon alzò la cornetta poteva sentire solo un lontano vociare  dall'altra parte del telefono «chi parla?» chiese confuso  «Shan..» la persona all'altro capo del telefono si schiarì la voce e tirò su con il naso «sono io».

Shannon accese la lampada sul comodino e si tirò su a sedere. Mandò una veloce occhiata verso la ragazza che, coperta solo da un lenzuolo , dormiva accanto a lui e cercò di parlare piano per non svegliarla «Jay che cosa è successo?»,

Jared sospirò «ti disturbo?»

Shannon prese una sigaretta dal pacchetto «assolutamente no. Qualche problema?».

Ci fu un lunga pausa. Il vociare era continuo, un colpo di tosse in  lontananza e poi la flebile risposta del fratello minore «Ben..»

Shannon strinse la mandibola fino a sentirla scattare «che cosa ha fatto?» .

«dovevo capirlo che c'era qualcosa che non andava» disse l'altro ignorando la sua domanda.

** 6 dicembre 1989: ore 18.28

«Nemmeno quello»  disse Jared togliendo una bottiglia di pomodoro dalle mani di Ben  « sono 10 minuti che giriamo a vuoto e finora nel carrello abbiamo messo solo una zucca , del formaggio e un pò di rosmarino!» rispose sbuffando l'uomo mentre il giovane rimetteva a posto l'alimento.

«Eri tu quello che voleva provare la cucina vegetariana!»  gli ricordò il ragazzo sorridendo mentre afferrava un cartoncino di besciamella, controllandone il prezzo e la scadenza.

«Adesso capisco perchè sei così gracile!»

Jared si avvicinò all'uomo e gli  posò le mani sui fianchi strizzandoli scherzosamente «beh non si può dire lo stesso di te..» . Ben reggendo il suo sguardo si chinò e, mettendogli una ciocca di capelli dietro l'orecchio, lo baciò dolcemente.

Il tonfo di un pacchetto di pasta ricordò ai due di essere  in un supermercato pieno di gente.

L'uomo si scansò di colpo ed, imbarazzato, iniziò ad allontanarsi per riprendere la ricerca degli ingredienti lasciando un perplesso Jared alle prese con una dozzina di occhi scandalizzati. Senza dire una parola il ragazzo alzò il dito medio e seguì il compagno.

ore  19.10

Più tardi Jared era intento a tagliuzzare la zucca e teneva d'occhio l'altro che, seduto al tavolo della cucina,  revisionava alcune pratiche.  Dal bacio al supermercato era diventato stranamente distante. Lo vide togliersi gli occhiali e stanco iniziare a massargiarsi le tempie.

Deciso ad affrontarlo posò il coltello e si avvicinò al tavolo, Ben sentendo la sua presenza alzò lo sguardo e sospirò.

«cosa c'è che non va?» gli domandò il ragazzo. Aveva una vaga idea ma si rifiutava di crederci.

«nulla..» rispose l'uomo rimettendosi gli occhiali.

Dopo un attimo di silenzio  ritentò  «cosa t'importa di quello che la gente pensa?! fanculo tutti!». Non poteva credere che proprio colui che faceva tutti quei discorsi sul fatto che non ci si doveva nascondere, sul  "bisogna essere se stessi" veniva colto dal panico perchè si erano lasciati andare ad un semplice bacio in pubblico.

Alzandosi di scatto l'uomo quasì urlò «non ne voglio parlare!»

Jared preso alla sprovvista sussultò. L'altro si passò una mano tra i capelli agitato.

« Ti vergogni di me?.. di noi?! » gli chiese alla fine incredulo,

colto nel vivo  battè i pugni sul tavolo «NO! Non è così!.... è solo che... non tutti possono permettersi di essere come sono.... liberamente!»

Jared annuì senza proferire parola e, a testa bassa, riprese a preparare la cena. Ben gli si avvicinò e ,prendendogli il volto tra le mani cercò di farsi guardare, dopo un pò di resistenza i loro occhi si incrociarono.

«questo è un si..» sussurrò Jared ,

«non sarà sempre così» rispose l'uomo stringendolo e posando dolcemente le labbra sulle sue palpebre «te lo prometto».

***

«che paradosso vero?  mi spingeva a non avere paura dei miei sentimenti e lui era il primo che...» la voce gli si strozzò in gola, mandò la testa all' indietro e la poggiò contro il muro completamente ricoperto di scritte.

Shannon aspettò che continuasse ma quando il fratello non parlò con un filo di voce chiese «che?»

«che ne aveva paura..» la delusione era chiara nella sua voce e Shannon si ritrovò a stringere la cornetta fino a farsi diventare le nocche bianche. Aveva da subito capito che quell'uomo  non avrebbe portato nulla di buono «beh forse ha bisogno di tempo p-»

«no Shan.. lui ..lui. La nostra storia era solo un ripiego, un rifugio dalla vita che aveva scelto di vivere» Jared si passò la mano tra i capelli che ricadevano  davanti ai suoi occhi proteggendolo dalle luci , dallo sguardo della gente. Strinse il pugno e cominciò a tirarli, il dolore fisico non era niente a confronto della ferita che si era riaperta dentro di sè. Ogni volta che decideva di lasciarsi andare ...

«cosa?!» Shannon era sempre più confuso, l'unica cosa chiara nella sua testa era la voglia di uccidere quest'uomo con le sue mani.

***8 dicembre 1989 :  ore 21.00

Jared posò il libro che stava leggendo e si sporse dal letto per rispondere al telefono «Pronto?» Ben era a pochi passi da lui davanti allo specchio a prepararsi per una cena di lavoro.

La persona all'altro capo del telefono rimase per un attimo in silenzio e Jared sentì delle risate di bambini in sottofondo «scusi c'è Benjamin?» il ragazzo guardò l'uomo davanti a lui chiedere silenziosamente un parere sull'ennesimo completo e scosse la testa negativamente, il blu scuro non gli donava affatto, quindi rispose distrattamente «si ,chi lo vuole?».

La donna si schiarì la voce «sono la moglie» .

Jared rimase immobile per un attimo poi si alzò dal letto, Ben si voltò e lo guardò perplesso mentre  con uno sguardo di ghiaccio si avvicinava a lui «è tua moglie» disse passandogli il telefono.

L'uomo splancò gli occhi sopreso e prendendo la cornetta vide il ragazzo lentamente ,come in trance, uscire dalla stanza.

Jared sentì vagamente Ben rispondere al telefono , non riusciva a sentire le parole ma a quel punto non gli interessavano. Prese la tracolla e indossò il cappotto meccanicamente. Era davanti all' ascensore quando si sentì afferrare il braccio. Si voltò. Tutto sembrava così lontano.

«Jare... ?» Ben lo guardò implorante ed anche leggermente preoccupato, il ragazzo aveva un pessimo colorito « lascia che ti spieghi» l'uomo fece per avvicinarsi ma Jared indietreggiò scuotendo la testa.

«cosa c'è da spiegare?» disse lottando con lacrime che non si era reso conto si fossero formate. Ben provò ancora una volta ad avvicinarsi e Jared indietreggiò cercando di evitare il suo tocco, come se solo il semplice contatto con l'uomo potesse fargli del male «non -».

L'uomo si fermò e lo guardò disperato,  « mi dispiace io..»

«hai dei figli Ben!..»  nella sua voce non c'era rabbia, solo delusione ed amarezza.

«io... io ci tengo a te!» ribattè l'uomo che ,al contrario del ragazzo, non stava trattenendo le lacrime,  troppo disperato alla ricerca di qualcosa da dire per poterlo fermare.

Jared scosse la testa, le sue labbra tremanti .Tante le cose che voleva dire ma poche le parole adatte ad esprimerle «non è vero».

Le porte dell'ascensore si aprirono ed il ragazzo entrò nella cabina, Ben lo seguì bloccandole , «non andartene - »gli disse riuscendo ad afferrargli di nuovo il polso.

Jared strattonò  il braccio con più forza « ...non mi  toccare!» sibilò spingendo l'uomo lontano da lui, facendolo caracollare all'indietro.

Le porte dell'ascensore cominciarono a richiudersi e Ben, appena ripreso l'equilibrio, fece in tempo a voltarsi e guardare attraverso la fessura sempre più sottile il ragazzo accasciarsi contro la parte della cabina  « Jared!»  urlò disperato prima di trovarsi a faccia a faccia con il suo riflesso sul metallo della porta.

Jared guardò i numeri illuminarsi uno alla volta  ed, arrivato al piano terra, senza voltarsi a salutare il ragazzo che lo sostituiva da una settimana ,si precipitò fuori dal palazzo. Il cuore, quello che ne rimaneva, gli batteva a mille, era l'unico rumore che sentiva a parte la voce di quella donna e le risate di quei bambini.

Percorse una decina di metri  e, colto da nausea, fece in tempo a nascondersi nel buio di una stradina laterale prima di rimettere quel poco che aveva nello stomaco.

 
***

« ... che bastardo figlio di p- » la sigaretta gli si spezzò tra le dita.

Jared fissò distrattamente gli scarabbocchi sul vecchio intonaco ingiallito «sono stato uno stupido»

«no Jay come potevi sospettare una cosa simile»  Shannon sapeva cosa stava pensando il fratello minore e il fatto di non potergli dimostrare che si sbagliava lo faceva stare ancora più male «se prendo il treno sono da te domani».

«no.. tu hai da fare lì... domani è sabato, c'è una corsa no?» non voleva trascinare con se Shannon. Il suo fratellone era felice in Indiana e lui non aveva intenzione di rovinargli questa occasione.

«si ma poss-» 10 ore li separavano ma se partiva subito avrebbe potuto essere lì prima di pranzo.

«no. Sul serio bro, non provarci nemmeno a presentarti qui»

Shannon non era ancora completamente sicuro che gli piacesse l'idea di Jared da solo in quello stato. «hai un posto dove andare ?»

«si» no

«com'è che si chiama questo Ben?»

«Shan!»

«no, sai ...era solo a titolo informativo» Jared sorrise mentre una lacrima solitaria riuscì a sfuggirgli e scese lenta sul suo volto.

nonostante non potesse vederlo Shannon la sentì «Jay.. »

«voglio solo dimenticare » no, dimenticare era impossibile ma poteva fare finta. Era bravo a fingere.

Shannon chiuse gli occhi ed annuì «dove sei ora?»

per un attimo ci fu solo silenzio mentre Jared dibatteva internamente come e se dirlo, alla fine decise che mentire non sarebbe servito a niente «in commissariato»

La sigaretta, la seconda in meno di dieci minuti, gli cadde dalle labbra «c-co-che cazzo ci fai lì dentro?» chiese mentre cercava di non scottarsi ed evitare di mandare a fuoco il lenzuolo. La ragazza sbuffò e girandosi minacciosamente verso Shannon gli lanciò un'occhiataccia, ma il ragazzo era troppo sorpreso per darle peso.

«ho picchiato un omofobo».

*** 8 dicembre 1989: ore 22.45 pm

Le note di "Youth Gone Wild" degli Skid Row riempivano l'aria. Jared si guardò intorno e notò che gran parte dei presenti erano studenti del suo college,  intorno ad uno dei tavoli davanti a lui, un gruppo di ragazzi aveva dato vita ad una sorta di sfida all'ultimo bicchiere, con effetti devastanti su alcuni di loro.

«Stanno ufficialmente distruggendo questa canzone..povero Sebastian Bach se sapesse!» Jared distolse lo sguardo dal gruppo di ragazzi e  lo spostò verso Rachel che,difrontea lui, guardava verso il palco. I lunghi capelli erano cotonati in un'acconciatura all'ultima moda, i lineamenti del viso  messi in risalto dal trucco dai colori pastello. Era come guardare un'altra ragazza rispetto la Rachel acqua e sapone dell'università. Jared seguì lo sguardo della ragazza e si concentrò sui ragazzi sul palco che, immedesimati nel ruolo da rockstar, agitavano le loro pettinature leonine a ritmo di musica.

«Però! ci vuole del talento nel non beccare nemmeno una nota!» osservò accennando un sorriso. Il primo di quella sera.

La ragazza lo aveva incrociato un'ora prima in metropolitana. Jared ancora sconvolto per la scoperta su Ben aveva  preso la prima metro e ,sceso ad una stazione a caso, aveva iniziato una ricerca sulla mappa di qualche posto dove passare la notte. Rachel l'aveva visto e, sorpresa, gli si era avvicinata. Il ragazzo era talmente scombussolato che aveva rimosso i loro piani per il  venerdì sera . L'ultima cosa che voleva fare era festeggiare ma la prospettiva di stare da solo e vagare per la città non lo entusiasmava affatto. Aveva quindi fatto finta di niente , tanto per cambiare,  e si era diretto con lei al locale.

Nonostante sapesse che il cuore di Jared era occupato, una parte di Rachel continuava a sperare di poter far colpo su di lui. Era quella piccola speranza in lei  che le aveva fatto perdere ore ed ore davanti all'armadio in cerca di un vestito adatto, di un'acconciatura e un trucco che la facesse sembrare più interessante. Ed ora era lì seduta con il cuore a mille ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, insicura e nervosa come non si sentiva dalle sue prime esperienze con i ragazzi.

«eehi ragazzi!l!» i due si voltarono sorpresi, Justin si avvicinò al loro tavolo e senza chiedere permesso si accomodò sul divanetto di fianco a Rachel circondandole le spalle con il braccio. La ragazza lo salutò  leggermente irritata dal fatto che la serata fosse stata ufficialmente rovinata.

Justin li guardò sorridendo ma Jared sapeva che il ragazzo era tutto fuorchè felice di vederlo lì. Imbarazzato dalla situazione si scambiò una leggera occhiata con Rachel che , all'oscuro degli sviluppi della loro amicizia, osservava confusa la scena davanti a lei.

«posso?» senza aspettare la risposta  Justin prese il bicchiere di Jared e bevve un sorso della bibita per poi ,con una smorfia, riposarlo sul tavolino «un Wild Berry?!! ma è una bibita da femminucce!..» il tono di sfida non passò inosservato  ma Jared decise di non cogliere la provocazione «e cosa sono questi?» Justin prese una delle brochure sull' università e lo avvicinò per leggere meglio la scritta nella tenue luce del locale.

« Jared ha deciso di cambiare indirizzo » rispose Rachel con un sorriso, Justin  si voltò sorpreso verso l'altro ragazzo «J-J... te ne vai e non mi dici nulla?» gli disse con finto entusiasmo, Jared si limitò a ricambiare il freddo sorriso, sentiva l'ostilità dell'altro e sapeva che non avrebbe portato niente di buono.

Tra una frecciatina e l'altra i minuti passarono, ad un tratto la cover band iniziò a suonare "If I Close My Eyes Forever"  e Rachel entusiasta  allugò la mano verso quella di Jared stringendogliela «ecco è questa qui la canzone che ti dicevo!»  il gesto non passò inosservato a Justin che  decise fosse ora di iniziare a divertirsi sul serio.

«hai portato anche la tua dolce metà?» chiese ad alta voce, in modo da  essere udito da entrambi e fece finta di guardarsi intorno alla ricerca di qualcuno. Jared si irrigidì e lo fissò.  Rachel li guardò ancora più confusa, non capiva cosa stesse succendendo ma non ci voleva uno scienziato per capire che tra i due c'era qualcosa che non andava. Justin non si scoraggiò ed incalzò «l'hai lasciato da solo a casa?». Jared cercò di mantenere la calma,  determinato a non cedere al gioco dell'altro «è fuori città» rispose serio.

«e lo sa che quando non c'è tu giochi a fare l'etero?» Jared si ammutolì. Non si aspettava un' approccio così diretto, guardò velocemente verso la ragazza che ora lo stava fissando sconvolta, Justin decise di affondare il colpo «o è così che funziona tra di voi? i weekend sono dedicati alle donne..? »  soddisfatto aggiunse «immagino lui come si starà dando da fare!»

Rachel non riusciva a capire di cosa stessero parlando, o meglio, l'aveva capito ma in cuor suo sperava fosse solo uno scherzo di cattivo gusto di Justin, «m..ma insomma di cosa state parlando?» chiese esasperata e cercò lo sguardo di Jared  per un segno che l'aiutasse a capire, ma l'espressione sul volto di Jared era illeggibile.

«ma come?» Justin si voltò verso di lei «non lo sai?  Jared non ti ha detto del suo fidanzato? ...» Rachel lo guardò incredula «non ti ha detto che gli piac-... » il ragazzo non riuscì a finire la frase, lo schiocco della sua mandibola contro il pugno di Jared  per un attimo sembrò sovrastare la musica.

Tra i due non si sa se fosse più sorpreso Justin per aver ricevuto il pugno o Jared per averlo dato. La risposta però  non tardò ad arrivare e Jared si ritrovò mezzò steso sul divanetto. La sua giacca members only completamente macchiata dal rosso della bibita che Justin aveva versato sporgendosi sul tavolo. Mentre si tirava su e parava un altro colpo del suo ex compagno di stanza si ritrovò a ringraziare mentalmente Shannon per avergli insegnato a difendersi, un pensiero incoerente ma che gli diede la carica di rispondere ai colpi. Il resto fu un insieme di musica, vetri che si infrangevano e grida di chi si era accorto della zuffa.

Ad un certo punto Jared si sentì sollevare ed allontanare di forza da un ormai altrettanto sanguinante Justin.

***

Shannon si passò la mano sul volto basito. Troppe informazioni in troppo poco tempo. Il suo baby brother aveva appena scoperto che l'uomo con cui aveva iniziato una relazione era uno stronzo ed era finito  in una centrale di polizia per rissa. Non sapeva se ridere o piangere «non esiste. Salgo sul primo treno e vengo a prenderti»

«non ricominciare ora. Ti ho detto che non serve» forse avrebbe fatto meglio a non dirglielo, ma almeno per queste cose era deciso a mantenere la sua promessa del niente bugie.

«ma-» Shannon cercò di combattere l'istinto di precipitarsi alla prima stazione.

«Shannon» la voce di Jared era calma ma minacciosa.

«non puoi chied-»

«Shannon!»

«ok ok » si lasciò ricadere sul materasso sconfitto. Sebbene non fosse assolutamente d'accordo avrebbe rispettato il volere del fratello minore.



tbc


A/N:

i. Jared dopo aver lasciato la  University of the Arts di philadelphia si è trasferito a new york alla School of Visual arts.

ii.
"I was in a constant state of hunger. I started fainting when I was on the set. I had to go to the doctor". su Requiem for a Dream

"It was really painful starting to eat again after that. I was filled with a lot of guilt. It can be an addiction to not eat when you make such a strong commitment to that."
su Requiem for a Dream


iii.
Revival era un locale  di Philadelphia chiuso nel 1991. - "Youth Gone Wild" degli Skid Row. - Seagram's Wild Berry Vodka cooler una delle bibite più popolari negli anni 80. - If I close my eyes forever di Ozzy Osbourne e Lita Ford - Giacca members only.

iv.
"I spent some time in prison. Just the normal stuff. " Jared Leto


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Ginny_Potter ,  grazie mille :).  commenti come tuoi non possono che farmi piacere.

princes_of_the_univers ,
^^ ho fatto delle ricerche a riguardo e secondo me bisogna guardare alla situazione come ad un comune caso di divorzio  in cui i figli mantengono il cognome del padre.  Ci sono troppi punti oscuri sulla vicenda per avanzare ipotesi certe , a partire dal fatto che non conosciamo il ruolo del padre naturale : li aveva riconosciuti? qual'era il loro cognome prima ?

L'unica cosa che si sa è che anche Constance porta il cognome Leto e che Carl li ha adottati. Molto probabilmente attraverso una adozione legittimante .

in seguito alla separazione dal medico
Constance avrebbe potuto chiedere di nuovo (?) il cambiamento del cognome ma farlo non è un procedimento semplice,  non solo per via dei documenti  e co. ma anche perche' e' un cambiamento che coinvolge ogni aspetto della vita quotidiana( erano conosciuti, ad esempio,  come Leto a scuola, a lavoro, sulla patente, certificati etc.)

 inoltre il cambiamento di nome è permesso solo in casi particolari ( cognomi imbarazzanti e simili) e Constance  avrebbe dovuto dimostrare che chiamarsi Leto rappresentava un peso per i suoi figli (dopo che, forse, loro stessi avevano dato l'ok per averlo). Il tutto richiedeva tempo (minimo 4-6 mesi)  soldi e  forse, di questo non sono certa, anche il consenso di Carl.

Quindi forse hanno mantenuto il cognome  Leto solo perchè era la via più facile.
 al solito, alla fine, lo sanno solo loro. xD

AKURA , grazie ancora per i complimenti, mi fa piacere sapere che gli sbalzi temporali funzionano. (Avevo il timore che potessero confondere). Le notizie sono tutte nelle loro interviste o di chi gli è intorno. e' un bel pò che non leggo yaoi ma si mi piacciono e, per quanto riguarda SHannon e Jared, beh il loro è comunque un tipo di amore... io mi sono limitata a dipingerli in base a come li vedo, uniti quasi quanto dei gemelli (se non di più xD)e da come chi li ha visti li ha descritti [but the experience forged a strong bond between the two brothers. A cryptic code exists between the two, and they communicate in emotional shorthand, finishing each other's sentences and agreeing on almost everything] <- giusto uno dei tanti esempi.

candidalametta , condivido in pieno la tua visione dei leto bros, come la tua stima per Jared. Non siamo noi fans a non essere obiettivi riconoscendogli le sue qualità ma sono gli altri che preferiscono sminuire i talenti altrui piuttosto che fare i conti con il fatto di non averne =). 

maddi, 
quando ho tempo ne approfitto XD, son contenta ti sia piaciuta quella scena  :)




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Capitolo 15
*** Capitolo XV ~ I cannot cry 'cause the shoulder cries more parte IV ***


14
Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N:  Chiedo umilmente perdono per il ritardo nell'aggiornamento.  Ho apprezzato molto i vostri messaggi e se ho dimenticato di rispondere a qualcuno chiedo scusa. La storia come ripeto sempre non verrà lasciata incompleta. Ho un sacco di capitoli già pronti (necessitano solo un controllo) e altri abbozzati, facendo tutto da sola è facile che alcuni errori mi sfuggano quindi colgo l'occasione per scusarmi anche di questo.

Piuttosto spero siate ancora interessate e che questo capitolo non vi deluda =( .


@Ginny_Potter,shanna_b , candidalametta, BabyWitch , AKURA,shannonleto, grazie mille per le vostre recensioni e complimenti! Non avete idea di quanto mi rendano felice.

@
princes_of_the_univers ,  non riesco a trovare l'intervista  con la frase che avevo riportato in compenso  ho trovato un altro accenno alla questione su Nylon Guys del 2005 . 



Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§

Capitolo XV ~  I cannot cry 'cause the shoulder cries more p4
( ...non posso piangere perchè chi dovrebbe sostenermi  piange ancora di più)



dicembre 2007

Tomo scese le scale del pianerottolo e rabbrividendo si avviò verso il cancello. Tra una chiacchiera e l'altra si era fatta sera e piccole gocce di pioggia avevano iniziato a cadere lente, chiazzando il  piccolo vialetto, scivolando sulla sua giacca.

Sapeva che non poteva rimanere con i fratelli, avrebbe solo sconvolto l'equilibrio che si era creato tra i due peggiorando le cose, ma c'era qualcosa che poteva fare. Fermandosi si voltò.
 La porta della casa era ancora aperta e la flebile luce dell'interno rischiarava leggermente l'oscurità avvolgendolo.

Jared era al di fuori di quel raggio, stretto nella vecchia camicia di flanella intento ad osservare la città e le sue luci sparire in quella leggera nebbia, apparentemente ignaro del fatto che lui fosse ancora lì. Ma Tomo lo conosceva abbastanza da notare nella rigidità del suo corpo la sua allerta «Jay».

L'uomo non si voltò immediatamente, continuò a fissare davanti a se prima di puntare i suoi occhi in quello dell'altro, cercando nel volto del chitarrista qualcosa da cui doversi "difendere". 


Facendosi coraggio Tomo tornò sui suoi passi, consapevole che una parola di troppo avrebbe fatto chiudere in se stesso il cantante e poi non ci sarebbe stato più modo di raggiungerlo «.. non c'è niente di male nel chiedere aiuto» gli sussurrò alla fine riprendendo il discorso interrotto qualche ora prima.

Il cantante chiuse gli occhi scuotendo la testa pronto a rispondere ma Tomo lo interruppe «questo» tirò su la manica ed indicò il tatuaggio sul suo braccio destro
«è molto più che un pò d' inchiostro..» gli si avvicinò e poggiandogli le mani sulle spalle cercò di farsi guardare  «dammi la possibilità di dimostrarlo».

Jared deglutì e guardò brevemente alle sue spalle, timoroso che Shannon potesse tornare indietro e sentire di cosa stessero parlando. Anche se gli dava fastidio ammetterlo si sentiva solo, stanco e Tomo gli stava offrendo il suo sostegno. Annuì e prima che se ne rendesse conto si ritrovò stretto nell'abbraccio del grosso croato. In un primo momento  si irrigidì, sorpreso, poi si rilassò contro il corpo dell'amico. Non si era reso conto di quanto ne avesse  bisogno. 

L'altro sembrò quasi sentire i suoi pensieri e strinse ancora di più la presa.

Il cantante quindi
poggiò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi lasciandosi andare, poteva sentire sotto alla sua pelle la già bagnata stoffa inumidirsi ulteriormente, ma non si preoccupò.

Avrebbe dato la colpa alla pioggia.

---

Poco dopo Jared rientrò in casa, poggiandosi contro la porta prese tempo per preparasi ad affrontare ogni tipo di Shannon. Ormai con i suoi sbalzi d'umore era meglio essere flessibili.

Svoltò l'angolo della cucina e vide il fratello mettersi qualcosa in tasca, pensò di chiedergli cosa fosse ma poi decise di non rovinare il buon umore che Tomo aveva portato. In fondo in casa non c'era nulla di pericoloso.

«Certe volte mi chiedo dove l'abbiamo pescato» disse ad alta voce, ridacchiando affettuosamente al ricordo di uno dei racconti del chitarrista .


** Gennaio 2003

«Tomi-slav M-»

Jared avvicinò il foglio al volto e riprovò a pronunciare lo strano cognome «Mailisevic?» il giovane, che nervosamente giocherellava con il bordo della sua vecchia felpa dei Nirvana, lo corresse automaticamente. Non era nuovo a queste situazioni.

«Milicevic»

Il cantante lanciò un'occhiata assassina a Shannon che ,seduto di fianco a lui, cercava di trattenere le risate. Ora capiva perchè aveva tanto insistito che se ne occupasse lui. Matt cercò di mascherare l'espressione divertita fingendo di scrivere qualcosa sul blocco note mentre dall'altra parte della stanza l'aspirante chitarrista li guardò perplesso, non capendo il motivo di tanta ilarità.

«Milicevic» ripetè Jared spostando la sua attenzione di nuovo sul ragazzo. Per una volta era dall'altra parte. Aveva perso il conto delle volte in cui era entrato in una stanza come questa pieno di speranze sul suo futuro, deciso che quella sarebbe stata la volta buona. Quella della svolta.

«è croato» specificò il ragazzo abbassando a disagio i suoi due grandi occhi marroni. Li aveva già incontrati dopo un concerto ma ora la situazione era leggermente diversa e il fatto di non potersi nascondere dietro la sua barba - che sua sorella Ivana gli aveva imposto di tagliare - lo faceva sentire ancora più vulnerabile.

«Allora Tomislav » Shannon si schiarì la voce pronto a partire con le domande ma venne interrotto « Tomo ...potete chiamarmi Tomo»  

il batterista sorrise ed annuì «ok Tomo. Cosa ci dici su di te?» 

«Oh beh... sono nato a Sarajevo ma la mia famiglia si è trasferita negli Stati Uniti quando avevo 8 anni...i miei hanno un ristorante infatti anche io sto studiando per..» il batterista ridacchiò e si scambiò un'occhiata divertita con Matt «intendevo  esperienze lavorative..cose del genere».

«oh...» Tomo si passò la mano tra i folti capelli neri e si prese a calci mentalmente ,se avesse potuto l'avrebbe fatto anche fisicamente. «..giusto... ehm.. ho suonato per un pò con una band ...i Morphic.. »

Jared nel frattempo aveva iniziato a leggere la sua scheda. Aveva chiesto ad ogni aspirante chitarrista di compilare un breve questionario , non era obbligatorio nè indispensabile ai fini dell'audizione ma, oltre a tenerli occupati per un pò, dava loro molti più dati su cui basare la scelta . In fondo non erano alla ricerca di un semplice musicista ma di un componente della band. Una persona che avrebbe condiviso con loro il lungo cammino che si erano prefissati.

Passò in rassegna i due fogli, il ragazzo non era certo un amante della sintesi e in un modo o nell'altro era riuscito a rendere divertenti ed interessanti anche le più innocue delle domande «i pinguini ??» escalmò alzando lo sguardo incredulo.

«i pinguini cosa?» chiese Matt confuso sporgendosi dalla sedia per dare un'occhiata ai fogli che Jared teneva in mano,
 
«ho la fobia dei pinguini» spiegò serio Tomo, i tre lo guardarono perplessi  e poi scoppiarono a ridere.

Il ragazzo si chiese come gli fosse venuto in mente di uscirsene con questa storia ma non poteva lamentarsi, la tensione sembrava essersi allentata.

Jared si rilassò contro lo schienale e, sfilando l'elastico che aveva intorno al polso, cominciò a raccogliersi i capelli tinti di biondo «dunque .. cosa vuoi suonarci?»

Tomo si morse il labbro agitato. Era il momento della verità «decidete voi»

«come?» Matt piegò la testa da un lato incuriosito.

«scegliete una delle vostre canzoni a piacere» i tre si guardarono per un attimo.

«le sai tutte?» Tomo accennò di si sentendosi sempre più piccolo al centro della stanza. Fino a pochi secondi prima l'idea di impressionarli con il fatto di conoscere le loro canzoni a memoria gli era sembrata  un'ottima idea. Ora non ne era tanto sicuro.

«sono un vostro fan da tempo..ho comprato il cd il giorno stesso in cui è stato pubblicato..» man mano che parlava la voce diventava sempre più flebile sotto il peso degli sguardi dei  musicisti davanti a lui. Shannon stava per parlare, molto probabilmente una delle sue uscite, ma Matt lo interruppe.

«Capricorn».

Tomo annuì e prendendo un grosso respiro si posizionò ed iniziò a suonare. Ad un certo punto notò che Jared aveva alzato la mano, indicandogli di fermarsi  «Edge of the Earth» gli disse sorridendo. Il giovane rimase a guardarlo per un attimo e poi ,capendo cosa avessero in mente,  iniziò a suonare la seconda canzone dell'album.

Il cantante si  voltò verso il fratello e vide riflessi sul suo viso  i suoi stessi pensieri. Accennando un sorriso rivolse di nuovo la sua attenzione al ragazzo. I suoi non erano solo una successione di meccanici movimenti imparati a memoria,  dietro ogni nota c'era passione e sentimento.

Jared e Matt gli chiesero di suonare anche altri pezzi  per verificare le reali potenzialità e canzone dopo canzone il tempo stabilito giunse al termine. Tomo strinse la mano ai tre musicisti e Shannon con una scusa lo accompagnò alla porta.

«Com' è andata?» gli chiese una volta che gli altri due non potevano sentirli , il batterista guardandosi intorno gli posò una mano sulla spalla e gli sorrise « benissimo».

---

Mezz'ora dopo i tre erano ancora alle prese con il centosessantacinquesimo aspirante chitarrista ed il cantante sembrava  aver perso ogni interesse. 

«mi spieghi cosa ti è preso?» Jared si voltò verso il bassista confuso « non hai prestato attenzione a nessuno di quei ragazzi, come possiamo trovare un sostituto per Solon se nemmeno li ascolti! »

«li ho ascoltati!» gli rispose aprendo una bottiglietta d'acqua «e per quanto mi riguarda ho già fatto la mia scelta

Shannon sospirò, pronto all'ennesimo battibecco. Ultimamente i due non facevano altro che punzecchiarsi, se uno diceva a l'altro doveva per forza dire b.

«ah si? e chi sarebbe?» 

«il pinguofobo» rispose serio.

Shannon scoppiò a ridere e Matt lo fulminò «seriamente Jay..non sono in vena di scherzare»

«sono serio»

Matt rimase a guardarlo per un attimo  poi si alzò di colpo e ,aprendo un nuovo pacchetto di sigarette, si avvicinò alla finestra «... non ha..non ha praticamente esperienza!»

«beh, anche noi non ne avevamo agli inizi, da qualche parte bisogna pur cominciare! L'hai sentito è bravo, simpatico e poi..»

« ... ha la presenza scenica di un marshmallow! »

«con tutto il rispetto, Mattie , neanche tu sei mr.Carisma e comunque» Jared fece una pausa cercando le parole per spiegarsi « ..le canzoni suonavano perfette suonate da lui e non mi riferisco alla tecnica. Erano giuste per lui..le sente sue

«......è un fan!» esclamò l'altro cercando di farlo ragionare.

«con talento! » ribattè ,calmo, il cantante. Accavallando le gambe guardò gli altri due in attesa di ulteriori obiezioni.

«Shannon?!» Matt si voltò verso il più grande dei fratelli cercando aiuto, non sapeva più cosa dire. Il batterista abbassò gli occhi e si massaggiò la nuca in imbarazzo.

«ah..grandioso! Chissà perchè me l'aspettavo!..Ok. Va bene....» concluse non preoccupandosi di nascondere l'amarezza e l'irritazione nella sua voce.

« Per correttezza li ascolteremo tutti  e faremo la nostra scelta alla fine. Insieme.» Shannon guardò il fratello ma Jared era tutto d'un tratto interessato all'etichetta della bibita «Vero Jay?»

Jared annuì.

«andiamo avanti allora. Helen fai entrare il prossimo!»


***


Jared aprì il frigo e prese una bottiglia di succo di melograno, «ordiniamo una pizza o del cinese?» chiese  sorseggiando la rinfrescante bibita.

Non ricevendo risposta si voltò e vide il fratello buttare giù tutto d'un colpo una bustina di zucchero, inarcò le sopracciglia perplesso «Shannon?» l'altro si girò «mhm?» guardò in basso e notò altre due bustine vuote abbandonate sul tavolo, continuando a fissarle ripetè la  domanda « pizza o cinese?».

Shannon fece spallucce e si lasciò cadere sulla sedia, la stessa che un paio di giorni prima si era schiantata contro il muro, Jared respinse quel ricordo e prese un altro sorso di succo.

«mah..stavo pensando che forse potremmo mangiare al Katsuya e poi andare a qualche festa» disse il batterista posando una gamba sul tavolo e accendendo una sigaretta. La visita di Tomo aveva risvegliato la sua voglia di divertirsi.

«non c'è nessun party che io sappia» rispose l'altro guardando la cicca bruciare lentamente.

«questa è la cazzo di LA Jay! Non c'è sera che non ci sia un party!»

Jared non demorse e cercando di mantenere controllo sulla sua voce provò a farlo ragionare «non credo sia una buona idea devi rim-»

Shannon battè i pugni sul tavolo e spegnendo la sigaretta schizzò in piedi «ma da quando devo chiederti il permesso per uscire?» vedendo il fratello indietreggiare cercò di abbassare il tono e calmarsi «che c'è? non ti fidi di me?»

«non è questione di fiducia. E' ..è troppo presto. Se vuoi andare al ristorante,okay, ma..»  fino a qualche ora prima per Shannon  l'idea di uscire nel loro cortile era fuori discussione, come poteva ora volersi buttare nella brulicante notte di LA?

« ma un cazzo! Smettila di trattarmi come un malato! Sto bene! Ho solo voglia di... svagarmi..ho»

Jared si avvicinò e posò delicatamente la mano sul suo braccio. Shannon lo guardò e qualunque fossero le parole che stava per pronunciare gli morirono sulle labbra. Tutti parlavano dei suoi occhi, di quanto il suo azzurro fosse ipnotizzante, di come contenessero forza, di come fossero una finestra su tutto ciò che aveva dentro ma era evidente che queste persone non avevano mai guardato con attenzione gli occhi di Shannon.

Abbassando lo sguardo rimosse la mano e lasciò che il fratello maggiore ripetesse  parte di ciò che aveva già detto con i suoi occhi.

« ..ho solo bisogno di riprendere in mano la mia vita... e devo farlo da solo. Ho bisogno di farlo da solo ».

---

Poco dopo il rumore della serratura della porta principale gli segnalò che Shannon era uscito. Jared era rimasto nella cucina, i suoi occhi fissi sulle piccole cartine dello zucchero abbandonate sul tavolino, migliaia di pensieri ad affollare la sua testa.

Mai nella sua vita si era sentito così distante da Shannon, era come stare sulle montagne russe, un momento erano vicini l'altro così distanti da ritrovarsi a chiedere se l'aveva mai conosciuto. Sospirando si passò la mano tra i capelli e cercò  di calmarsi. 

Non poteva corrergli dietro. Appena avesse messo piede in strada sarebbe stato circondato dai fottuti paparazzi e dai loro flash. L'ultima cosa di cui avevano bisogno in quel momento era una scenata da dare in pasto ai tabloid, dare loro la scusa di sputare altro veleno. Di banchettare sui loro problemi.

Era in momenti come questi, e non solo a dire la verità, che odiava il suo status di star di Hollywood. Il non poter più fre nulla senza il timore che il giorno dopo le foto sarebbero state pubblicate su tutti i giornali di gossip.

Uscendo da quella sorta di trance si avviò nel salotto, prese le note che Emma gli aveva inviato via mail e le lesse una per una, segnò il suo ok per l'aggiunta di una data in Italia e controllò le altre date, cercando di concentrarsi. Cercando di non sentire il peso di quello sguardo.

Guardando per la millesima volta l'orologio cercò tra i fogli sparsi il suo blackberry.

«Tomo?» disse quando sentì la familiare voce rispondere all'altro capo del telefono «ho bisogno di un favore...»



~·~

9 dicembre 1989 ore: 00.20 am


Facendo attenzione a non svegliare il vecchio barbone che dormiva tranquillamente a due passi da lui - godendosi il caldo della cella rispetto il gelo delle strade- Jared si sedette sulla scomoda
panca verniciata di blu. Sbadigliando si portò la mano alla ferita che aveva sulla fronte, si stava gonfiando e gli pulsava leggermente ma non poteva lamentarsi, sarebbe potuta andare molto peggio.

Con la coda dell'occhio notò che Justin era un paio di celle più lontano, anche lui steso su una delle panche mentre con un fazzoletto cercava di tamponare un taglio sul suo zigomo. Non provava nulla, nè rabbia nè risentimento. Gli eventi della serata lo avevano completamente svuotato.

Posando la testa contro il muro
cercò di trovare, invano, una posizione comoda e di evitare di pensare a Ben. Provò addirittura a distrarsi cercando forme nelle chiazze di muffa sul soffitto della cella, ma tutto fu inutile.

Come aveva potuto non notare niente? Tutte le piccole stranezze, le frasi a metà gli tornarono in mente. Colpendolo una alla volta. Non riusciva a non pensare a quei bambini, a quanti weekend aveva sottratto ai figli per poterli trascorrere con lui.

E lo odiava per questo.

Perchè Jared sapeva bene cosa significasse sentirsi abbandonato. 


**1978

Rain rain go away come again another day ♫ 

Canticchiando la vecchia filastrocca Jared si avvicinò alla rete e ,aggrappandosi con le piccole dita ai verdi fili plastificati, guardò le nuvole plumbee addensarsi all'orizzonte, circondando le vette delle imponenti montagne mentre lente iniziavano il loro viaggio verso la città. Sbuffando si voltò verso il fratellino che, in piedi a pochi passi da lui, teneva d'occhio la deserta strada intorno a loro.

«'Non» la sua voce era a malapena udibile al di sopra del forte fruscio del vento  «quando arriva papà?»

Non sapeva che ore fossero ma era passato un bel pò di tempo da quando anche l'ultima mamma aveva portato via il proprio bambino. Le uniche macchine rimaste nel cortile della scuola erano quelle delle bidelle occupate nella pulizia dell'edificio. Le maestre se ne erano andate, non si erano accorte di loro.


Shannon non rispose subito, mantenne gli occhi incollati sulla strada, come se potesse far comparire da un momento alll'altro il loro vecchio furgoncino,  «tra un pò ». 

Il papà era sempre in ritardo, tanto che avevano preso l'abitudine ,dopo essere usciti dalla classe, di aspettarlo alle giostre nel cortile. Ma se questa volta era diverso?  Se  li avesse lasciati lì perchè non li voleva più?

Scuotendo la testa per scacciare quei brutti pensieri tornò a sedersi sul marciapiede.

Little Jared wants to play

Tirando su con il naso cercò di tenere a bada i lacrimoni ed estrasse da una delle sue tasche una piccola stellina blu ricoperta di brillantini. Maneggiandola con cura la guardò luccicare alla luce argentea di quel pomeriggio.

«La mamma sarà contentissima» Jared sentì Shannon sederglisi accanto e abbracciarlo prima di posargli delicatamente un bacino sulla testa «non è da tutti ricevere la stellina dalla maestra» continuò il fratellino maggiore mentre l'altro si accoccolava contro di lui. Era con Shannon non doveva avere paura.


---

Quando l'ennesima macchina si rivelò non essere quella del papà Shannon guardò l' orologio , la coda di Topolino era sul due e la mano sul sei: erano le 18.10. Si stava facendo davvero tardi. Stare lì ad aspettare era inutile, il papà non sarebbe venuto.

Raccolto tutto il suo coraggio si alzò e porse la mano al fratellino minore  « dai..andiamo a casa», Jared lo guardò titubante , non avevano il permesso di girare in strada da soli ma si fidava di lui quindi strinse la sua manina in quella dell'altro e insieme si incamminarono.

Shannon cercò di ricordarsi il percorso che facevano ogni giorno e col cuore in gola guidò il fratellino lungo le vuote strade, preoccupandosi di farlo camminare dalla parte interna e non verso la carreggiata come aveva sempre raccomandato la mamma. Quel punto della città era poco trafficato ma la prudenza non era mai troppa. Jared in silenzio lo seguiva, lo zainetto era troppo grande per lui e ad ogni suo passo sobbalzava facendo scontrare  l'astuccio e i vari giocattolini che aveva con sè.

La scuola si trovava in  un punto abbastanza isolato della piccola cittadina e le poche abitazioni nei paraggi attendevano il ritorno dei loro abitanti, l'unico segno di vita era l'abbaiare di qualche cane, il rumore di un motore in lontananza e i loro passi sui tappeti di foglie secche.

Dopo quelle che parvero ore  arrivarono ad un incrocio familiare, lo riconobbero dal negozio di giocattoli all'angolo col grande cartonato pubblicitario del Trucktrailer. Ogni mattina affacciandosi dal finestrino posteriore della loro macchina rimanevano incantati dalla colorata vetrina, sognando di poter un giorno giocare con quel camioncino magico.

«'Non» ,Shannon si sentì tirare la manica e si girò, il fratellino senza parlare gli indicò  un signore che  aveva cominciato ad avvicinarsi.

L'uomo preoccupato nel vedere due bambini così piccoli da soli in giro a quell'ora voleva avvicinarli ed aiutarli ma i due attraversarono di corsa la strada, convinti che fosse il terribile uomo delle caramelle.

Correndo a perdifiato si rifugiarono in uno dei cilindri di cemento abbandonati in un terreno, almeno se avesse iniziato a piovere sarebbero stati al riparo. Jared esausto e spaventato si strinse all'altro deciso a non muoversi di un centimetro. Sarebbe rimasto aggrrappato al fratellino maggiore per sempre e sarebbe stato al sicuro. Niente pioggia, niente uomini delle caramelle.

«Jay» Shannon cercò di farsi guardare e dopo un pò di resistenza il fratellino minore alzò gli occhioni  cerchiati di rosso «guarda laggiù» gli disse sorridendogli, l'altro seguì la sua mano e la vide.

Con il cuore che batteva forte nel loro piccolo petto gattonarono fuori dal cilindro e corsero verso casa.

---

La vecchia televisione del salotto era accesa, potevano sentire il suo ronzio ad intermittenza fin dal corridoio. Cercando di non fare rumore si affacciarono dalla porta e guardarono all'interno della stanza.

Tony era addormentato sul divano. Una mano gli penzolava di lato sfiorando una bottiglia di soda rovesciata sul pavimento, la chiazza bagnata del liquido ancora visibile sulla vecchia rivista dei programmi tv.

Jared ,con orrore di Shannon, trotterellò verso di lui e arrampicandosi sul poggiolo si stese sull'uomo che sospirando,dopo un paio di secondi, battè le palpebre svegliandosi.

Perplesso dall'improvviso peso sul suo petto guardò in basso e vide il figlio minore accoccolarsi su di lui «che caz-- Jared cos---cosa fai?» esclamò con voce impastata, ancora mezzo addormentato cercò di alzarsi ma non ci riuscì.

Sbuffando si voltò verso la porta e vide Shannon «Christopher..» disse stroppiciandosi gli occhi «dov'è la mamma?» il bambino si strinse alla cornice della porta «a lavoro». Il padre rimase a guardarlo per un attimo perplesso poi alzò il braccio e guardò l'ora.

Sgranando gli occhi schizzò a sedere,«come-...chi vi ha portato a casa?» i bambini non risposero e Tony cominciò a guardarsi franticamente intorno «come siete arrivati a casa?» ripetè sentendo il panico crescergli nello stomaco. L'ultima cosa di cui avevano bisogno era una visita da parte degli assistenti sociali.

«Da soli»  rispose il piccolo Shannon con un filo di voce, Tony si voltò di scatto e il bambino impaurito scappò verso le scale.

L'uomo con non poca fatica riuscì a liberarsi dalla stretta di Jared  e alzandosi lo posò a terra. Cominciò quindi a  borbottare qualcosa sottovoce, una parolaccia, una di quelle che la mamma diceva sempre che non era bene dire , e iniziò a camminare avanti e indietro nel piccolo salotto. Ogni tanto guardava Jared e si passava una mano tra i capelli nervosamente. Il bambino era rimasto nel punto in cui l'aveva posato ad osservarlo, cercando di capire se il papà fosse o no arrabbiato con loro.

Dopo un pò l'uomo  smise di muoversi e , annuendo a qualunque fosse stata la sua decisione, raggiunse la cameretta dei bambini. 

Shannon si era rifugiato in un angolo ancora con la borsa sulle spalle, quando lo vide entrare sgranò gli occhi e tentò di farsi ancora più piccolo ranicchiandosi contro il muro.

Tony cercò di ignorare il magone e si chinò davanti al bambino, allungò la mano tremante e teneramente cominciò ad accarezzarlo «Chris ehi... vieni qui», Shannon guardingo si avvicinò e l'uomo lo abbracciò per fargli capire che non voleva punirlo.

«Di chi è stata l'idea?» gli domandò cercando di suonare il più dolce possibile.

«Mia» confessò il bambino con un filo di voce «Jay era stanco, era tardi e le nuvole..le nuvole ..» Tony sospirò e scosse la testa fintamente sconsolato «la mamma si arrabbierà tantissimo quando lo verrà a sapere».

Shannon guardò colpevole  il fratellino che aveva appena fatto capolino dalla porta.

«lei si fida di voi ..soprattutto di te Christopher. Tu sei il fratello maggiore dovresti proteggere Jared non metterlo in pericolo! » il bambino abbassò la testa e si morse il labbro per trattenere  un nuova ondata di lacrime, il padre gli alzò la frangetta e cercò di guardarlo negli occhi «ti ricordi quello che è successo l'ultima volta?»

Shannon alzò gli occhioni lucidi ed annuì. Lo ricordava.

Qualche anno prima Shannon e Jared stavano giocando in salotto mentre la mamma preparava la cena.

Shannon sgattaiolando in cucina aveva preso un pezzo di carota e aveva cominciato a sgranocchiarlo, il fratellino minore, attirato dal vivace arancione, aveva cominciato a fare i capricci perchè ne voleva un pò anche lui.

Constance gli aveva sempre raccomandato di non dare nulla al  piccolo JJ - perchè non aveva ancora i dentini forti - però Shannon non sopportava di vedere il fratellino triste. Quindi facendosi promettere che avrebbe masticato bene gliene diede un pezzettino.

Poco dopo mentre giocava con le costruzioni sentì dei strani versi provenire dal box , alzò lo sguardo e vide il fratellino agitarsi tutto rosso in viso.

Spaventato Shannon aveva subito chiamato la mamma che, prendendo in braccio il piccolo Jared , lo aveva capovolto e aveva iniziato a battergli una mano sulla schiena fino a quando un pezzettino di carota era caduto sul pavimento.

La mamma arrabbiatissima l'aveva sgridato, a nulla erano valse le sue scuse e il fatto che non l'aveva fatto apposta, per punizione non aveva più potuto giocare con Jared per un bel pò di tempo.


L'uomo si tirò su e si sedette su una delle piccole brandine , «facciamo così» disse fingendo di cercare una soluzione « voi promettete di non farlo più ...e  per questa volta non dirò nulla alla mamma».

I bambini si scambiarono una breve occhiata e poi annuirono.

« Sarà il nostro segreto va bene? 
» 

 
***


9 dicembre 1989 ore: 00.55 am

Jared non si accorse di essersi addormentato fino a quando non si sentì scuotere  «ehi sveglia.. sono venuti a prenderti»  confuso ed infreddolito alzò lo sguardo, una volta ricordato chi fosse la donna di colore davanti a lui e dove si trovasse si drizzò sulla panca e si stropicciò gli occhi « chi?» l'agente gli sorrise «un amico».

Per un attimo Jared pensò che Shannon avesse scoperto il teletrasporto ma poi, svoltato l'angolo, lo vide.

Ben.

L'uomo era seduto vicino all'uscita e non appena lo vide si alzò in piedi avvicinandosi.

Il ragazzo si guardò intorno intontito, la centrale era nel pieno della sua attività, dalle porte entravano ed uscivano agenti e delinquenti di ogni tipo. 

«andiamo ho risolto tutto» Jared era troppo sorpreso per capirci qualcosa e si ritrovò ad essere trascinato per il braccio dall'uomo «ma cosa ti è saltato in mente? Per fortuna Mike ti ha riconosciuto e mi ha chiam-» finalmente il ragazzo si riscosse e si liberò dalla presa dell'uomo.

«ma che ci fai qui?» chiese, la voce resa roca dal sonno e dagli eventi della serata.

«ti ho tirato fuori!» rispose Ben come se fosse la cosa più normale del mondo.

«non dovevi» Jared non riusciva a guardarlo negli occhi. Come fosse lui quello che doveva vergognarsi di qualcosa. 

«ma volevo. E' anche colpa mia se--»

«Jared!» entrambi si voltarono. Rachel era lì, gli occhi gonfi e arossati, «non mi volevano dire niente , nè far entrare... ho provato Jay» gli disse stringendosi
contro di lui. Jared  sorpreso ricambiò la stretta cercando di tranquillizzarla.

L'uomo osservò la scena altrettanto sorpreso poi un sorriso amaro comparve sul suo volto «non hai perso tempo vedo», il ragazzo combattè l'istinto di spiegargli che non era come pensava e gli lasciò credere quello che voleva. Non gli doveva alcuna spiegazione.

«quanto hai dovut-»

«nulla. ti avrebbero rilasciato comunque tra qualche ora» 

«grazie» gli disse guardandolo per la prima volta negli occhi e Ben ,senza aggiungere nulla, gli voltò le spalle allontanandosi.

Era meglio così per entrambi.


ore: 01.40 am

Rachel aprì la porta della sua stanza e fece entrare Jared «Michelle è partita prima quindi il suo letto è libero».

La stanza era spaziosa ed accogliente, molto diversa da quella che aveva diviso con Justin fino a qualche settimana prima, dove era praticamente impossibile distinguere i mobili tanto il disordine.

Le due ragazze avevano creato una sorta di divisorio usando una tenda fatta di piccoli pezzi di vetro colorati che tintinnarono al suo passaggio. Le pareti erano ricoperte di poster e foto , i comodini pieni di piccoli gioielli , collanine, bracciali enormi di plastica.

Il tutto colorava la stanza con un'aria vivace, spensierata.

«Grazie» le disse sinceramente, la ragazza aveva talmente insistito che non aveva potuto rifiutare l'invito di stare da lei, sorridendole posò la tracolla e si lasciò cadere sul morbido materasso, era decisamente più comodo della vecchia panca di legno della centrale.

Rachel dall'altra parte della stanza cercò di mascherare il suo imbarazzo occupandosi con il proprio cappotto «hai fame?» gli chiese dopo un pò alzando due pacchetti di snack.

Jared, che nel frattempo cercava di capire cosa fosse raffigurato su un poster accanto al letto si voltò verso di lei «ho la  riserva per la notte, sai quando mi preparo per gli esami salto i pasti in mensa e ..» non aveva idea di cosa stava blaterando, era sempre così quando era nervosa « ho queste patatine o se preferisci .. »

«le patatine vanno bene» la ragazza annuì e gli portò il pacchetto. Per un pò nessuno dei due parlò, era una situazione decisamente imbarazzante sebbene entrambi tentassero di fingere il contrario. 

Rachel era indecisa su come e se fargli delle domande. L'unica cosa certa era che per sbrogliare l'ammasso di dubbi nella sua testa doveva per forza parlarne con lui.

Prendendo coraggio ruppe il silenzio « quello..quello era lui?».

Jared smise di masticare per un attimo, sapeva che le doveva delle risposte, ed annuì.

«Quindi è vero che sei ..gay?» non c'era altro modo di chiederlo, si ripetè nella sua testa mentre aspettava la reazione dell'altro, o forse doveva essere meno diretta? Stava per avere una crisi di panico quando Jared leccandosi il sale sulle  labbra fece spallucce  «..a metà».

«ah» la ragazza cercò di nascondere la sua confusione e per prendere tempo prese un'altra manciata di patatine
«state insieme?» chiese alla fine.

«no.. è finita..» rispose l'altro senza emozione prima di accartocciare la bustina e posarla sul comodino.

Rachel capì che non avrebbe detto nient'altro, certo la situazione non le era molto più chiara ma aveva imparato che niente di quello che riguardava Jared era semplice, quindi schiarendosi la voce cambiò discorso «..vuoi una mano con il taglio?» il ragazzo si portò istintivamente la mano alla fronte, dove il leggero gonfiore era testimone della rissa di qualche ora prima «no grazie, posso fare da solo» non voleva disturbare ulteriormente.

La ragazza quindi si allontanò un attimo per poi tornare con la scatola del pronto soccorso «qui dovrebbe esserci tutto» gli disse porgendogliela poi, raccogliendo il coraggio che le  rimaneva, finse di ispezionare la ferita e gli spostò  una ciocca di capelli. Il suo tocco era leggero e timoroso
«non pensavo fossi tipo da rissa».

«Neanche io fino a questa sera» confessò divertito Jared e ,posando la sua mano su quella della ragazza, aggiunse serio «non dovevi seguirci fino alla centrale lo sai?».

Rachel abbassò gli occhi ed arrossì «ero preoccupata per te» il ragazzo si alzò e le si avvicinò «grazie» le sussurrò di nuovo e in un attimo si ritrovò stretta nel suo abbraccio.

Istintivamente chiuse gli occhi e si concentrò sulle sensazioni che quel semplice ed innocuo contatto le stava dando. Avvolgendo
le braccia intorno al collo dell'altro affondò il volto contro la sua spalla. Poteva sentire il suo repiro accarezzarle i capelli e solleticarle l'orecchio, le sue dita stringerla a se invitandola ad avvicinarsi, il calore del suo corpo, il suo profumo. 

E in un attimo tutto finì. Sebbene fosse durato troppo poco per i suoi gusti Rachel si avviò verso la porta come se niente fosse «
vado a struccarmi.. » disse con voce tremante dall'emozione « ..per qualsiasi cosa ..».

Jared aveva iniziato a prendere il necessario per la ferita e senza guardarla annuì « non ti preoccupare. Sono a posto così».

Dando un'ultima occhiata alla stanza Rachel prese al volo la piccola trousse ed uscì. Chiuse la porta e portandosi la mano al petto rilasciò il respiro che stava trattenendo.
 




tbc

A/N:

i. Jared dopo aver lasciato la  University of the Arts di philadelphia si è trasferito a new york alla School of Visual arts.

ii. So che la storia dei pinguini al 90% è inventata ma quando l'ho letta mi è sembrata tanto una delle uscite di Tomo e non ho potuto evitare di aggiungerlo xD.

iii.. Rain rain go away è una vecchia Nursery Rhyme. TruckTrailer.
 

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI ~ In my dreams you're mine ***


16
Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N: non posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in cui non pubblicherò nulla, ma  la storia non verrà lasciata incompleta. promesso ;).



Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§

Capitolo XVI ~ In my dreams you're mine
( ...nei miei sogni tu sei mio)



...the past cannot be changed, the future is still in your power...

dicembre 2007

Sembrava passata un'eternità dall'ultima volta che aveva percorso quelle strade.

Tutto era più luminoso, i rumori più assordanti, i colori più vivaci, gli odori più penetranti. O forse faceva più caso a tutte queste cose perchè non aveva più il costante ronzio nelle sue orecchie, quel velo alcolico che gli annebbiava la vista?

Non beveva da quel pomeriggio e il suo corpo era di nuovo in quella sorta di limbo in cui la ragione si scontrava con il bisogno. Alternava squarci di lucidità  in cui  era abbastanza cosciente da poter capire dove fosse e cosa facesse a piccoli black-out mentali, dove i suoi pensieri erano l'unica cosa di cui si rendeva conto.

Shannon si fermò in mezzo al marciapiede. Le persone si muovevano troppo velocemente, scure macchie che sembravano puntare verso di lui. Risate, parole, sprazzi di conversazioni  lo circondavano confondendolo, facendolo sentire invisibile e al contempo oggetto dell'attenzione di quella folla notturna.

Non aveva corso eppure si rese conto di avere il fiato corto, portandosi la mano al petto  lo sentì muoversi freneticamente all'affannosa ricerca di ossigeno.

C'era troppa gente. Non aveva abbastanza spazio per respirare.

Barcollando si poggiò contro il muro di uno dei palazzi, il viso nascosto dal cappuccio della giacca.

Sentiva sotto le sue dita la ruvida ed umida superficie della parete, il leggero vento posare sul suo volto fredde carezze, il battito del suo cuore accellerare sempre di più mentre la sua pelle si velava di sudore.

Chiuse gli occhi concentrandosi sul respiro. Imponendo al suo corpo di rilassarsi.

1991

Jared spostò la vecchia poltrona verde e trascinò il fratello al centro del loro appartamento.

«Chiudi gli occhi e metti una mano sulla pancia.»

Shannon lo guardò scocciato ma fece come detto, sapeva che altrimenti lo avrebbe assillato tutta la sera.


«Inspira. Senti l'aria entrare nei polmoni?» 
Jared era difronte a lui. I suoi occhi serrati, il viso leggermente arrossato per la corsa che aveva fatto salendo le scale fino al quinto piano.

Un ragazzo dell'agenzia con il quale aveva stretto amicizia gli aveva insegnato la repirazione diaframmatica e ovviamente non poteva non condividere questa scoperta.


Shannon tentò di aprire un occhio per sbirciare ma venne subito rimproverato dal fratello «ho detto chiudi..»

«sono chiusi!» mentì sorpreso 

«non mi freghi .Cerca di concentrarti .»

«va bene va bene.. sento l'aria e bla bla bla ...cosa dovrebbe succedere?»

Jared roteò gli occhi seccato «dovresti sentire la pancia gonfiarsi»,
avvicinandoglisi gli posò la mano sull'addome «fai un bel respiro»

Shannon inspirò e l'altro gli afferrò le spalle «non le devi alzare.. spingi l'aria in basso!»


«...eh?!» 


Jared lo guardò sconsolato «stenditi a terra» 

«perchè?» 

«tu stenditi!
»

come al solito Shannon lo accontentò e si allungò sul pavimento,

«ecco, piega le gambe» gli disse quindi posandogli una mano sulla pancia e una sul petto «metti le tue mani sulle mie »

«mi sento un idiota» 

«non è una sensazione bigbro» gli rispose Jared scherzosamente «ora inspira»

Shannon lo fulminò e, mandando gli occhi al cielo,  prese un grosso respiro.

«visto? Gonfi il torace! Questo significa che usi solo la parte alta dei polmoni»

«ed è un male?» Shannon lo guardò tra il preoccupato e il divertito.

«In teoria dovresti usare tutto il polmone» gli rispose l'altro « prova ad inspirare con il naso tenendo fermo il petto e poi espira lentamente con la bocca»

Shannon si concentrò e chiudendo gli occhi seguì le sue istruzioni.

«immagina di avere un palloncino nell'addome..qui» vedendo i vari tentativi a vuoto dell'altro Jared premette nel punto in cui doveva trovarsi il diaframma  «.. e di doverci convogliare tutta l'aria aspirata.. lo senti?»

«mhm... no.... sento solo le tue dita ossute»
Shannon si voltò verso di lui e cercò di rimanere serio il più possibile ma alla fine scoppiò a ridere.

Sbuffando Jared si alzò in piedi « ok ci rinuncio!»  quando gli veniva la ridarella era impossibile combinare qualcosa.

Shannon ridacchiando si tirò sui gomiti e lo guardò con aria  furbetta e maliziosa «questa sera cercherò di insegnare la respirazione "diaframmatica" anche a Janet» .

Solo lui poteva pensare di sfruttare il diaframma per provarci con una ragazza «sei un pervertito» gli rispose Jared fingendosi contrariato ma non potè evitare di sorridere immaginando la scena.

«voglio solo che impari a respirare correttamente! Non è colpa mia se per farlo devo assicurarmi che non gonfi il petto!..» ribattè l'altro con finta innocenza schivando un cuscino che il fratello gli aveva lanciato.

****

Dopo qualche minuto il respiro tornò normale. L'attacco di panico superato. Si guardò intorno sollevato di non aver attirato l'attenzione su di sè
.

Le gambe si mossero contro la sua volontà portandolo davanti all'entrata di un piccolo bar. Rimase li ,immobile, a fissare stupidamente il neon tentatore dibattendo internamente se varcare o meno la soglia , cercando di ignorare quella piccola voce nella sua testa.

Sapeva cosa pensava la gente di lui. Tutto ciò che aveva raggiunto nella sua vita non era che un pallido riflesso di conquiste più importanti fatte da Jared.

Spostò lo sguardo verso la colorata insegna ad intermittenza sopra la sua testa. Il chiarore violetto gli illuminava il volto facendo luccicare la sua pelle là dove era stata bagnata dalla leggera pioggia di qualche minuto prima.

Sapeva di uscire sconfitto ad ogni paragone ma non gli era mai importato, il confronto era qualcosa che bisognava accettare avendo un fratello come Jared. E Shannon l'aveva fatto, era riuscito a conviverci... o almeno fino a quel momento era riuscito a sopportarne il peso. Sostenuto dal fatto che c'era una persona per la quale lui veniva per primo.

Una persona che riusciva a fargli credere che valesse qualcosa.


«Cosa prende?» Shannon guardò il giovane barista confuso. Non si era reso conto di essere entrato nè di essersi seduto al bancone.


**1980

«e tuo fratello dov'è?» Constance si guardò intorno alla ricerca del figlio minore, i lunghi capelli biondi erano raccolti da una molletta ma alcune ciocche si erano liberate e seguivano i movimenti della sua testa.

«ha detto 'altri cinque minuti'» le rispose Shannon e, aggrappandosi alle sue gambe, guardò Jared dall'altra parte dell'ampio atrio continuare a giocare con alcuni bambini. Lui non ne aveva affatto voglia, le riunioni dei genitori erano una vera e propria tortura. 

Constance gli accarezzò i capelli e lo strinse di più a sè, sentiva che c'era qualcosa che lo preoccupava «ti senti poco bene?» gli domandò dopo un pò chinandosi per guardarlo negli occhi.

Il bambino abbassò lo sguardo e iniziò a giocherellare con l'orlo del suo maglioncino. Constance sospirò rassegnata, quando Shannon si chiudeva non c'era verso di farlo parlare, comunque era solo questione di tempo e avrebbe scoperto cosa lo stava turbando.

Gli stava baciando affettuosamene la testa quando con la coda dell'occhio notò l'altro figlio sfrecciarle pericolosamente davanti a tutta velocità.

«Jared Joseph!» 

Jared si fermò di colpo, le sue scarpe di ginnastica stridettero sul liscio pavimento del corridoio. Quando la mamma usava il secondo nome significava che era a corto di pazienza. Si voltò lentamente mettendo su la sua faccia più innocente ma Constance non si intenerì e gli fece cenno di andare da lei.

«tra un pò tocca a noi» gli disse cercando di ignorare il broncio del bambino che mestamente le si avvicinava, le dispiaceva fare la mamma cattiva ma non poteva permettere che si spalmasse lungo il corridoio.

Jared aveva una testolina abbastanza dura ma non voleva certo testare quanto .

«Loro devono essere i famosi nuovi bambini di cui i miei figli parlano tanto» Constance si guardò alle spalle, sorpresa che qualcuno le rivolgesse la parola. Una signora dall'improbabile pettinatura rossiccia le sorrise amichevolmente «io sono Nancy, la coordinatrice del comitato dei genitori degli alunni del 5° e 6° grado»

Constance ricambiò il sorriso e si presentò.

«siete qui da un mese se non sbaglio» continuò casualmente la signora alzando di poco la voce nel tentativo di farsi sentire al di sopra del vociare dei genitori e le risatine miste a gridolini dei bambini. Constance annuì e, prima che potesse aggiungere altro, Nancy le rivolse un'altra domanda «cosa vi ha portato in questa piccola e noiosa cittadina?..è per il lavoro di suo marito?»

Non era una domanda innocente. L'unico motivo per il quale la signora le aveva rivolto la parola era per saziare la sua sete di pettegolezzi e, nonostante non fosse la prima volta che le capitava, Constance non potè evitare di sentirsi delusa. Facendo finta di nulla scosse la testa « no. Sono divorziata, sono qui per via del mio lavoro»
 
«oh capisco...» la donna accennò un sorriso, poi calò il silenzio. 

Fortunatamente poco dopo arrivò il loro turno e i tre entrarono nella classe. 

Shannon si strinse ancora di più contro la madre mentre Jared sorridendo si avvicinò alla cattedra e guardò incuriosito la maestra Davis sfogliare il suo registro. 

«... non ho molto da dire su Jared. Nonostante sia arrivato a metà bimestre è riuscito a tenere il passo ed  ha passato le prove di verifica con ottimi voti»  sorridente prese alcuni fogli e li mostrò a Constance «ci sono bambini che frequentano le lezioni dall'inizio dell'anno che non hanno raggiunto nemmeno la metà del punteggio di suo figlio» continuò e Shannon guardò l'espressione orgogliosa sul volto della madre mentre la donna continuava ad elencare tutte le capacità ed abilità del figlio minore.

«..per Shannon il discorso è diverso» il bambino rivolse di nuovo la sua attenzione alla maestra «le sue sono sufficienze risicate»

Constance si poggiò contro uno dei banchetti e si portò la mano alla fronte massaggiandola.

«credo che il bambino abbia delle lacune dovute al continuo cambio di programmi e scuole» Shannon si sentì arrossire ed abbassò la testa mortificato « i suoi compiti sono pieni di errori ortografici», la mamma gli accarezzò i capelli per tranquillizzarlo ma Shannon sapeva che in realtà era delusa ed imbarazzata,

« se le può interessare c'è un programma di recupero nel doposcuola. Li seguiamo mentre fanno i compiti, organizziamo gare di spelling e molte altre attività didattiche ... » Constance annuì, avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutare il figlio, « devo fare domanda alla direttrice o..?»

«ho qui i moduli ma se vuole pensarci con calma può riportarli una volta deciso» la mamma sospirò e scosse la testa «no, va bene...» quindi, prendendo una delle penne sulla cattedra, iniziò a compilare la scheda.

«.» Jared, che aveva seguito tutto il discorso attentamente, le tirò la manica « voglio andare anche io!»

la maestra gli sorrise dolcemente  « ma Jay... tu non ne hai bisogno.» 

Il bambino la ignorò e ripetè la richiesta. Non voleva stare lontano da Shannon. Nemmeno  per un pomeriggio. Constance sentì la mano del figlio maggiore aumentare leggermente la stretta sulla sua, unendosi silenziosamente al fratellino. Guardandoli entrambi sospirò,
incapace di negare loro anche questo «c'è qualche problema se vuole partecipare?».

Jared sorrise vittorioso e incrociò lo sguardo del fratellino dall'altra parte della cattedra.


***

Shannon doveva capire il perchè di tutto questo, cercare un senso in quel turbinio di pensieri e sensazioni che l'avevano portato al baratro. E doveva farlo da solo.

Passò l'indice sul bordo del bicchiere e guardò lo scuro liquido al suo interno riflettere il suo volto, distorcendolo. Ogni centimetro del suo corpo gli pregava di prenderne un sorso.

Non era solo colpa di quegli scatti. Le foto avevano dato la spinta finale ma di sicuro il suo problema aveva origini ben più antiche. Origini che andavano ricercate in quel senso di inedeguatezza e inferiorità che aveva da sempre.

Passandosi una mano tra i corti capelli cercò di non cedere. Con mani tremanti prese il pacchetto di sigarette  nelle tasche del cappotto, ne estrasse una e l'accese al secondo tentativo inalando quanta più nicotina possibile.

Se Jared non aveva mai avuto bisogno di lui cosa gli era rimasto a cui aggrapparsi per non piegarsi sotto il peso di tutti quegli sguardi. Quelle risatine. Quei giudizi. L'eterno paragone?

Alzò il bicchiere e guardò il segno che si era formato sul bancone, il barista doveva aver versato un pò di whisky ed ora c'era un cerchio bagnato sul legno.

Concentrandosi cercò di disegnare due braccia per ricreare il secondo glyphic e sorrise al fatto di quanto quel simbolo fosse azzeccato in quel momento. Il tempo. Il passato e il futuro uniti in un eterno ciclo.

Quando rialzò la testa vide nel riflesso del vetro dietro ai liquori qualcosa che glielo fece svanire.
 

«ti ha mandato Jay?» chiese senza voltarsi.

L'altro si sedette di fianco a lui e fece segno al barista che non voleva ordinare nulla «no... » Brent si poggiò spalle al bancone e guardò verso l'entrata del bar «mi ha chiamato Tomo.»

Shannon lo guardò perplesso «Tomo?»

«a-ah... » annuì mentre prendeva il suo blackberry e digitava qualcosa velocemente «Jared l'ha chiamato un paio d'ore fa. Se non ti riportiamo subito a casa è la volta buona che gli viene un colpo.»

Shannon posò il bicchiere cercando di ignorare il senso di colpa «
so badare a me stesso..»

«dici?» gli rispose l'altro mandando un'occhiata al bancone.

Si. Era in un bar. E si. Stava per bere. Lo sapeva benissimo da solo di essere un fallito non aveva assolutissima voglia di sentire la sua ramanzina da sponsor della AA .

«non è come sembra» borbottò infastidito.

«So che non hai bevuto...ancora »  Brent alzò brevemente lo sguardo dal suo cellulare per osservare la reazione dell'amico «e so anche perchè lo fai... è un gioco pericoloso Shan»

Shannon gli lanciò un'occhiataccia di traverso e mormorò qualche cosa di incomprensibile in risposta.

«Lo faccio anche io a volte.
Arrivo persino a riempire il bicchiere e a tenerlo in mano, consapevole che anche se solo temporaneamente, anche se solo per un attimo quel bicchiere può farmi dimenticare tutto.» Brent vide l'espressione di sorpresa sul volto del batterista. Non era certo qualcosa che si aspettava di sentire. Almeno non da lui.

«rimango lì» continuò  rimettendosi in tasca il blackberry « alla ricerca di un motivo per non bere... e lo trovo proprio nel dolore al quale cerco di sfuggire».

Ora Shannon era confuso. Battè le palpebre perplesso dalle confessioni dell'amico. Non era sicuro che la sua mente fosse abbastanza lucida da poter seguire il discorso.

«Non sarei chi sono, non sarei dove sono senza il mio passato. Bello o brutto che sia è ciò che sono».

Shannon chiuse gli occhi e prese un respiro «è una frase alla Jared, la sua vicinanza ti sta contagiando»

«chi ti dice che lui non abbia preso ispirazione da me?» Brent accennò un sorriso e tirò di nuovo fuori il blackberry.

«Non è l'unica cosa che avete in comune vedo» gli fece notare Shannon indicando il cellulare e Brent rise leggermente. 

«il problema è che...» 
disse il batterista dopo un pò tornando serio « non voglio essere ciò che sono. Voglio ...voglio solo poter tornare a credere di essere quello che.. credevo di essere» .

«chi ..cosa credevi di essere?»

«.. il suo punto di riferimento,» rispose con un filo di voce senza alzare la testa « la sua famiglia ..tutto quello di cui aveva bisogno ».

Non c'era bisogno di specificare a chi si riferisse. Brent gli posò una mano sulla spalla e gli sorrise « e lo sei... lo sarai sempre!».

Shannon scosse vigorosamente la testa
«No. Non sono altro che ..che una zavorra per lui!» la sua voce si incrinò, unico segno del suo stato d'animo «lo sono sempre stato!».

Tomo scelse proprio quel momento per entrare nel locale «la macchina è qui fuori» disse non appena li raggiunse, «meglio sbrigarsi sta diventando alquanto affollato qui fuori ».

 
~·~

9 dicembre 1989 ore: 06.53 am


Rachel sentì il letto muoversi leggermente, poi dei soffici passi allontanarsi e il fruscio degli abiti indossati. Aprì gli occhi lentamente e cercò di abituarli alla luce del mattino.

Lo vide muoversi con attenzione per evitare di fare rumore, avvicinarsi alla scrivania e sistemarsi velocemente i capelli prima di prendere una penna e cercare un foglio da poter usare.

Chiuse gli occhi di nuovo e si limitò ad ascoltare la sua presenza nella stanza. Lo sentì scribacchiare velocemente e poteva figurarselo tirare indietro la testa per spostare la ciocca ribelle che gli ostruiva la vista o il suo labbro inferiore sparire dietro i candidi denti mentre si concentrava per trovare le parole. Per un attimo non ci fu che silenzio e Rachel dentro di se sperò che si fosse voltato verso di lei.

Poi di nuovo un rumore di passi e la porta che si apriva e chiudeva.

La ragazza quindi riaprì gli occhi e guardò le perline di vetro del divisorio luccicare ai raggi del sole e il loro riflesso creare piccoli diamanti di luce contro le pareti. Alzò lo sguardo verso la sveglia vicino al comodino. Erano le 7.00 am.

Sospirando si portò le mani alle labbra sfiorandole. Se si concentrava poteva quasi sentire la pressione, il sapore di quei baci.

Si infilò ancora di più sotto la coperta e affondò il volto nel cuscino che aveva diviso con Jared, aspirando il suo profumo.


Era stata una stupida.

Tutto questo le si sarebbe ritorto contro. Lo sapeva. Sentiva che avrebbe pagato caro l'aver conosciuto la sensazione di essere stretta nel suo abbraccio.


9 dicembre 1989 ore: 02.20 am


Le luci erano spente ma Rachel riusciva a distinguere la sagoma di Jared dall'altra parte della stanza: steso sul letto , coperto solo da un piumone si rigirava in continuazione, rimaneva fermo per un paio di minuti e poi si voltava di nuovo.

Anche lei non riusciva a dormire, i pensieri di quello che avrebbe potuto essere la tormentavano. Una serie di se e di ma che non la portavano altro che a rimpiangere la sua indecisione, la mancanza di coraggio e... di egoismo.

Se non si fosse messa da parte, in attesa,  forse tutto sarebbe andato diversamente.

Mentre guardava il ragazzo cambiare per l'ennesima volta posizione realizzò che entrambi quella sera avevano perso qualcosa, la persona che amavano o la chance di amarla. 

Con il cuore che le batteva a mille ,conscia che la sua idea fosse una pazzia, scese dal letto e accorciò la distanza che li separava. Mai in tutta la sua vita si era sentita tanto audace e al contempo spaventata.

Con attenzione alzò la coperta e si stese accanto a lui. Jared , sorpreso, si irrigidì e lei lo abbracciò alla spalle. Dopo qualche secondo sentì il tepore di una mano avvolgere la sua.

Sorridendo sollevata affondò il viso contro la schiena del ragazzo. Il suo calore, il lento ritmo del suo respiro la rilassavano e sperò che, anche se solo minimamente, anche il suo abbraccio avesse lo stesso effetto sull'altro.

Rimasero in quella posizione per un pò poi Jared si mosse e si voltò verso di lei, un'espressione illeggibile sul volto.

Rachel notò che aveva gli occhi lucidi e sollevando il braccio gli accarezzò il viso. Cercando con questo piccolo gesto di alleviare la sofferenza che sapeva vi fosse nascosta. Quando l'altro chiuse gli occhi gli sfiorò le palpebre e le ciglia, inumidendosi le puntè delle dita con le lacrime che il ragazzo rifiutava di versare.

Jared sospirò. Un sospiro tremulo,carico di tensione e cingendole la vita la strinse a sè, premendo i loro corpi in un tenero abbraccio.  


Sollevando il volto Rachel si lasciò studiare da quegli occhi malinconici. Erano entrambi persi, bisognosi di un contatto umano. Bisognosi di sentire il cuore di un' altra persona battere all'unisono con il proprio.

Senza esitazione si sporse e le loro labbra si incontrarono.
Sapeva che questa volta non l'avrebbe allontanata. Non avevano niente se non l'altro.

Rachel avvertì la mano di Jared muoversi dalla sua vita, risalire lungo la curva della sua schiena e fermarsi sulla sua nuca, invitandola ad approfondire il contatto. La ragazza accolse quella delicata pressione e schiuse le sue labbra, sentendole fremere sotto quelle morbide, sfrontate e timorose del ragazzo. 

Si abbandonò completamente e lasciò che l'altro la guidasse in un bacio
senza urgenza, nè pretese. Un bacio calmo, delicato.

Non sapeva cosa significasse
tutto questo ma sentiva che era giusto così.

L'unica cosa di cui aveva coscienza mentre lentamente si addormentava era la sensazione della fronte del ragazzo contro la sua, il suo respiro che le solleticava la pelle, le braccia che la tenevano stretta, le sue mani che le accarezzavano i capelli e le loro gambe intrecciate.

***

ore: 07.20 am

Jared entrò nella piccola caffetteria, doveva aspettare che Ben uscisse di casa per poter entrare nell'appartamento e prendere le sue cose. Si sedette ad uno dei tavoli ed ordinò una cioccolata calda. 

Voltandosi verso la vetrina addobbata per le feste natalizie fissò le vuote strade di Philadelphia. Tutto questo sarebbe presto diventato parte del suo passato e scenario di altri amori, altre vite, altri sogni.

Era arrivato in città mesi prima deciso a seguire quella voce dentro di sè che lo spingeva a credere che c'era qualcosa in serbo per lui. Che c'era dell'altro che la vita gli poteva offrire. Un sogno che aspettava di essere realizzato. E se ne andava con le stesse speranze di allora e qualche esperienza in più.

Mentre aspettava la sua ordinazione aprì la tracolla e prese la busta al suo interno. Non l'aveva ancora aperta da quella sera, sfilò la cartellina contenuta all'interno e prese un respiro.

La copertina sembrava essere diventata pesantissima mentre lentamente si alzava e scopriva mano mano le pagine al suo interno.

Jared si leccò le labbra nervoso, lesse l'intestazione in alto Harrison Police Department poi spostò 
lentamente lo sguardo sulla destra e lo vide.

La foto era recente. Lui invecchiato, dall'aria trasandata, che fissava annoiato l'obiettivo.
I capelli erano della stessa lunghezza dei suoi, il taglio simile. 

Jared rimase a fissarla a lungo. Inconsciamente si portò le mani alla bocca e cominciò a mangiucchiarsi le unghie, l'unico indizio della sua agitazione insieme al saltellare continuo della gamba destra.

La cameriera posò la tazza di cioccolata calda sul tavolo e Jared sussultando quasi rischiò l'infarto. Era troppo teso. Prese di nuovo un respiro e ricambiò il sorriso della ragazza prima di ringraziare e bere un sorso della calda bevanda.

Tornò a guardare il fascicolo e passò alla seconda pagina.

Precedenti.

Scosse la testa incredulo. Allegati c'erano i diversi rapporti di ogni singolo caso e Jared, deciso di non avere la forza di addentrarsi nei particolari, tornò alla prima pagina alla ricerca dell'indirizzo attuale.

Non c'era.

Rilesse più volte ma dell'indirizzo non c'era traccia. Sconsolato si passò la mano tra i capelli e scosse la testa. Un altro vicolo cieco.

Non che avesse intenzione di andare a trovarlo, era solo il fatto di sapere dove fosse, con chi fosse... no. Voleva vederlo. Guardarlo negli occhi e chiedergli perchè.

Quando riaprì gli occhi si trovò faccia a faccia con un cappotto. Perplesso alzò lo sguardo e si ritrovò a guardare i grandi occhi nocciola del fratello maggiore.

«Co-come mi hai trovato?» gli chiese incredulo, la gola chiusa dall'emozione, come era possibile che Shannon fosse sempre dove lui aveva bisogno?

«è l'unico caffè della zona» Shannon gli sorrise e sedendoglisi accanto lo strinse in un abbraccio «cos'è questo?» Jared alzò la testa dalla spalla del fratello e richiuse velocemente la cartellina

«documenti per l'università niente di importante».


tbc

A/N:

i. Jared dopo aver lasciato la  University of the Arts di philadelphia si è trasferito a new york alla School of Visual arts.

 
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shannonleto , grazie. Mi fa piacere che il capitolo non ti abbia deluso.. =)

BabyWitch , oh bene! mi fa piacere.. la mia paura più grande è proprio quella di andare "fuori personaggio". Grazie mille per la tua recensione .

Ginny_Potter , grazie a te per averlo letto!  ^^" misà che mi conviene creare una sorta di recap all'inizio dei capitoli..della serie "dove eravamo rimasti" XD. Sorry.

 princes_of_the_univers, che bello vedere che ancora ci sei =) 

candidalametta,  
condivido a pieno la tua visione di Tomo (: ... eh si, non ricordo neppure dove l'ho letto ma deve essere di sicuro una delle sue uscite "random" xD



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Capitolo 17
*** Capitolo XVII ~ Lost on a road I don't belong ***


17

Disclaimer: Non conosco Jared Leto nè Shannon ,Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. :))
 Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro
.

A/N: non posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in cui non pubblicherò nulla, ma  la storia non verrà lasciata incompleta. promesso ;).

-----

A/N2:
Questa volta il ritardo non è colpa mia -_- problemi di connessione.

+/- 9.000 parole (circa 17 pagine) ... per recuperare il tempo perso ho unito due capitoli in uno... spero sia di vostro gradimento. :)




Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§

Capitolo XVII ~ Lost on a road I don't belong
( ..perso in una strada che non mi appartiene)




Ero ad un passo dall'inferno
avvolto dal nulla se non dall'odio.
e tu mi hai trattenuto

hai accolto quello che rimaneva di me 
tra le tue braccia
e mi hai aiutato a risalire.


dicembre 2007


Jared fissò le lettere incise sulla piccola pastiglia per qualche secondo e, con un sospiro, si portò la mano alla bocca ma, poco prima che questa scivolasse tra le sue labbra, la lasciò cadere nel lavandino. La guardò disegnare larghe spirali trascinata dall'acqua e quindi con due ultimi giri venire inghiottita dallo scarico.

Il medico gli aveva raccomandato di prendere almeno una pasticca ai primi segnali di dolore ma Jared odiava l'effetto che avevano su di lui. Quella sensazione di benessere ovattato offuscava la percezione di tutto ciò che lo circondava e non poteva permetterselo. Non ora.

Chiuse il rubinetto ed, evitando il suo riflesso nello specchio, ripose la confezione del medicinale nell'armadietto. Spense la luce del bagno e si lasciò avvolgere dall'oscurità della casa.

Senza rendersene conto si ritrovò davanti alla porta della camera di Shannon con la mano stretta al freddo ottone della maniglia. Dopo un breve attimo di esitazione la girò e la aprì lentamente: le tende erano scostate e l'illuminazione della piscina ricreava sulle pareti il tranquillo ondeggiare dell'acqua, sottoforma di astratti giochi di luce, avvolgendo ogni cosa in un soffuso chiarore. 

Quella stanza aveva da sempre avuto il potere di calmarlo e rilassarlo. Forse perchè ogni volta che ne aveva varcato la soglia i problemi che sembravano schiacciarlo erano diventati piccoli ostacoli, scacciati ed alleviati da qualche parola del fratello. O forse perchè lo portava dritto nel passato e gli faceva dimenticare il presente.

Sospirando sfiorò la spalliera della vecchia poltrona verde. Il primo mobile che Shannon aveva comprato con i soldi guardagnati a LA. Prima del suo arrivo per sedersi avevano usato delle sedie da giardino di plastica e i suoi libri.

Ricordò con nostalgia come, nonostante fosse consumata e il cuscino tendesse ad appiattirsi e perdere morbidezza, la considerassero la poltrona più comoda del mondo. Erano soliti dividerla la sera quando, mangiando qualche scatoletta o gli spaghetti riscaldati della settimana prima, si raccontavano le loro giornate.

Ridendo, scherzando e sognando. 

Jared zoppicò verso il letto del fratello trasalendo alla fitta che gli attraversò le gambe. Gli sembrava di camminare su un pavimento di vetri rotti. I lampi partivano dalla  pianta del piede e si diffondevano lungo la caviglia in fiamme circolari per poi lambire con la loro dolorosa morsa il resto della gamba.

Con un sospiro si lasciò cadere sul materasso e non potè trattenere un'imprecazione quando  battè la testa contro qualcosa di duro. Voltandosi spostò i vari cuscini e vestiti... e lo vide.

L'album che Shannon usava per tenere le foto private, quelle che non sarebbero mai finite su qualche giornale, booklet o dvd.

Più volte avevano scherzato sulla possibilità che durante uno dei loro viaggi andasse perso. Nel caso la loro reputazione, quella poca che ancora avevano, sarebbe stata rovinata per sempre.

Sistemandosi contro la testata del letto accese la lampada e lo aprì con cura. 

Sfogliandolo non potè trattenere le risate davanti ad alcuni scatti, come quello di Tomo che mangiava seduto al tavolino del tourbus, completamente ignaro di avere la faccia piena di disegni osceni che lui e Matt gli avevano fatto con la matita per gli occhi mentre dormiva, o quella che lo ritraeva mentre sputava il caffè corretto alla Shannon.

Ancora oggi si rifiutava di sapere cosa ci avessero messo dentro. 

Poi arrivò una foto che non ricordava di aver visto. Era stata scattata nel corridoio di una delle tante venue. 

Jared era di profilo, una gamba sollevata, il piede piatto contro il muro. Era vestito completamente di bianco e i capelli, tinti di nero con le punte rosse, risaltavano sulla chiara bandana legata intorno al collo, pronta per essere sollevata a coprirgli il volto.

Aveva gli occhi chiusi, le labbra leggermente schiuse, molto probabilmente concentrato nel riscaldare la voce e, nella tensione del suo viso, chiare tutte le sue paure prima di salire su un palco. Cercando di ignorare i brividi che gli percorsero la schiena, nel vedere così esposti sentimenti che lui faceva di tutto per nascondere, passò alla seconda persona ritratta nella foto.

Tomo era di spalle, stava parlando con Buck e gesticolava. Anche se non poteva vedergli il volto, poteva immaginare dalla postura la sua espressione e sorrise affettuosamente.

Ma il sorriso svanì quando si concentrò sulla quarta persona: Matt.

L'ex-bassista era ritratto frontalmente, la sua spalla poggiata contro il muro opposto a quello di Jared. Il basso gli pendeva di lato e il suo volto era rivolto verso di lui.
 


Fresno , California - 12 dicembre 2006


Matt Wachter aveva cominciato ad analizzare la sua vita a fondo. Per ciò che era stata, quella che era e quella che voleva fosse o diventasse. Stare in tour per un 11 mesi l'anno dava molto tempo per riflettere e lui era giunto alla conclusione che le due cose più importati per lui:

Libby e la musica

non potevano coesistere.

Ma mentre la prima era esattamente tutto ciò che aveva sempre sognato in una compagna per la vita la seconda, invece, cominciava ad allontanarsi da quello che si era prefigurato.

Per mesi si era tormentato sul trovare un modo per bilanciare le due cose fino a quando , per caso, aveva scorto uno spiraglio.

Un modo per trovare finalmente una sua dimensione.


Il filo dei suoi pensieri fu interrotto da Jared che aprendo lo sportello entrò nella roulotte. Senza guardarlo si avvicinò ad uno dei borsoni e cominciò a rovistare alla ricerca di qualcosa.

Gli occhi del bassista si posarono su di lui.  Jared era in piedi da quella mattina alle 6. Lo sapeva perchè , come mezzo autobus, era stato svegliato da una serie di parolacce gridate dal cantante al povero disgraziato dall'altra pare del suo cellulare. Da quello che si era capito dovevano esserci dei problemi con  il tour australiano. Da allora non si era fermato un minuto.

Per Matt era un mistero capire dove trovasse tutta quell'energia, non ricordava di averlo mai visto fermarsi e rilassarsi per più di un paio di minuti in quei cinque anni.

Sbuffando Jared cambiò borsone e continuò la sua ricerca, ignaro di essere osservato.

Matt gli era affezionato ma lavorare con lui era sempre più difficile. Cominciava ad essere stufo di sopportare i suoi drammi, era stufo di dover urlare per farsi sentire, per dare a qualche sua idea almeno la possibilità di essere presa in considerazione. Ed era sempre più difficile provare affetto per un progetto che sembrava diventare giorno dopo giorno una questione tra Jared e il resto mondo. Spesso  si trovava a chiedersi se  valesse la pena, vivere in quella perenne corsa di esibizioni, date , concerti e perdere contatto con le persone che amava. La sua vera famiglia.

Jared nella rincorsa ai suoi sogni aveva sacrificato tutto il resto ma Matt non pensava di essere pronto a fare altrettanto.
 
Inconsciamente passò una mano sul cellulare e ripensò a quell'sms.

« Matt?»  il bassista focalizzò lo sguardo sul cantante che, accovacciato dall'altra parte della roulotte, era circondato da vari vestiti e qualche maschera.

«mhm?» 

«...-ti ho chiesto se hai visto la mia bandana» Jared con una smorfia si alzò in piedi e gli si avvicinò «tutto bene?»

«eh? oh si si» rispose cercando di evitare di incrociare lo sguardo dell'altro «ero sovrappensiero»

Il cantante lo guardò sospettoso e Matt potè sentire le sue guance andare a fuoco «ok--» disse quindi prima di spalancare gli occhi e sporgersi verso di lui tra l' incuriosito e lo sconvolto «ma cosa hai fatto ai capelli?»

Matt borbottò qualcosa e  gli lasciò  passare le dita su ciò che rimaneva delle sue ciocche «il rasoio è impazzito , si nota così tanto?»

«hai praticamente un buco in testa!! ma come hai fatto?» Jared aveva cercato di rimanere serio ma fallì miseriamente scoppiando in una risata.

Era raro sentir ridere di cuore Jared, certo, sorrideva e ridacchiava durante le piccole scenette che creavano quando si annoiavano durante le interviste ma non era lo stesso, e Matt si ritrovò a  sorridergli di rimando «te l'ho detto, è tutta colpa del rasoio... e di Shannon!»

«Shannon?» Jared si asciugò gli occhi , solo Matt poteva mettersi in certe situazioni.

«si lui... stamattina--lo sai come sono fatto, mi sono svegliato ed ho pensato che fosse ora di cambiare taglio. Ho iniziato a passare in testa quell'aggeggio infernale ed ho notato che non funzionava, » Matt scosse la testa al ricordo di quei terribili momenti «Shannon  ha voluto darmi una mano ed ecco qui il risultato!»

«oh povero il mio Mattastrophe!» Jared gli pizzicò giocosamente le guance «ma come faremo senza di te! »  il suo cellulare cominciò a squillare e il cantante ancora ridacchiante si avviò verso l'uscita «pronto? ah ciao! senti, ti ho chiamato un quarto d'ora fa, riguardo la data di Berli--..»

Matt tirò un sospiro di sollievo, la voce del cantante ,man mano che si allontanava, diventò sempre più debole fino a sparire. Fortunatamente Jared , troppo preso dal suo blackberry, non aveva notato la sua reazione a quelle parole. Era stata una battuta ma per un attimo il  cuore gli si era fermato.

..senza di te...

Sconsolato sprofondò nel divanetto di pelle nera e prese il suo cellulare:

t_del 10/12/2007 21.30 pm
ogg: ..
hey watcher ! ho sentito che avete una pausa per Natale, che ne dici di organizzare quella famosa cena? Jen vuole assolutamente ricambiare l'ospitalità di Libby e.. noi potremmo parlare ... fammi sapere.


Texas , 2 marzo 2007

Jared prese un respiro ed alzò il braccio destro «... questa è una canzone che parla di cambiamenti... di un nuovo inizio.... il diventare chi si è realmente.. e voglio dedicarla a Matt Wacther.. » scese dall'amplificatore e guardò alla sua sinistra dove Matt stava assistendo al concerto «ti vogliamo bene!»

e quindi dopo una breve pausa « la canzone si intitola R-Evolve!»

Il riflettore si spense lasciando che i tre sul palco diventassero delle sagome senza volto su uno sfondo blu elettrico. Jared si avvicinò alla piattaforma di Shannon cercando nello sguardo dell'altro la forza necessaria, quindi chiuse gli occhi e ,voltandosi verso il pubblico,  si concentrò sulle note iniziando a cantare.

A revolution has begun today for me inside .
 The ultimate defence is to pretend.
Revolve around yourself just like an ordinary man.
The only other option is to forget

La sua voce era più roca del solito mentre cercava di tenere a bada le sue emozioni. Doveva essere tutto perfetto e fece del suo meglio affinchè ogni singola nota , ogni singola parola fosse carica dei suoi sentimenti e che arrivasse intatta al destinatario.

Does it feel like we've never been alive?
 Does it seem like we've only just begun?

Mentre l'atmosfera intorno a lui si tingeva di rosso si allontanò dalla batteria e si avvicinò ai fans in prima fila. Sporgendosi invitò il pubblico a farsi sentire e quindi gettò la testa all'indietro, allargando le braccia lasciandosi travolgere dalle grida. Consapevole che due occhi chiari lo stavano seguendo.

Li poteva sentire.

♫Defy yourself just to look inside the wreckage of your past
 To lose all you have to do is lie ♫

I suoi vestiti bianchi sembravano brillare il quel gioco di luci. Sfumature di viola e blu danzavano illuminandolo mentre si spostava dall'altra parte del palco, allontanandosi dal punto in cui Matt era solito suonare e che ora era occupato da un altro.

♫ The policy is set and we are never turning back 
It's time for execution; time to execute ♫

Nel frattempo dietro le quinte Matt si asciugò gli occhi cercando di liberarli da quelle dispettose lacrime. C'erano dei fans nel backstage e farsi vedere piangere non era la cosa migliore, in più non voleva perdersi nulla di quel momento.

Quella dedica era molto più che un semplice saluto. Era il modo di Jared per  mandargli un messaggio.

Guardò con nostalgia il palco, i fans, la musica, l'adrenalina, gli sguardi complici e i sorrisi divertiti...  tutto ormai  parte del suo passato.

Alla fine Matt rinunciò a combattere le lacrime e le lasciò scorrere liberamente lungo il suo viso, sperando che l'oscurità e le cupe luci le mascherassero. 

Alzò la testa e guardò Shannon.

Il batterista aveva gli occhi chiusi e ,completamente perso nella musica, guidava la canzone. I suoi colpi energici e pieni di passione come sempre, se non di più. Sorrise ripensando alle interminabili nottate trascorse davanti ai videogiochi, le loro chiacchierate fino a tarda notte davanti a calde tazze di caffè mentre il resto del bus dormiva.

Era stato l'unico ad aver accettato la sua decisione senza accuse, forse perchè aveva sempre saputo che quel giorno sarebbe arrivato.

Sospirando spostò lo sguardo sul chitarrista dalla parte opposta del palco, i suoi capelli gli coprivano il volto ma non potè non notare quanto fosse cresciuto e cambiato in quei tre anni Tomo. Era certo che gli sarebbe mancata la sua compagnia, il modo in cui solo lui sapeva farlo arrabbiare, infastidirlo...e farlo ridere. Come sempre Jared aveva visto giusto. Tomo era il tassello mancante e il suo arrivo aveva dato ai 30 seconds to mars quel pizzico in più per diventare ciò che volevano essere.

Era diventato parte della band in un modo che per lui era stato da sempre impensabile....

Quindi guardò Jared, il suo abbandono era stato un duro colpo per lui ma si sarebbe rialzato. Pronto ad abbattere la serie di muri basati sul pregiudizio ed invidia per proseguire il suo cammino.

Matt sapeva che gli sarebbero mancati i loro battibecchi, il suo vizio di far sparire tutte le caramelle alla ciliegia ,la sua pedanteria o il modo in cui riusciva a tirar fuori la parte goliardica che era in lui. Ogni volta che avrebbe indossato una t-shirt con scritto Campione di pac-man  avrebbe ripensato al cantante e al suo sorriso furbetto quando ne combinava una delle sue. 

Non faceva che ripetersi che era la cosa migliore. Che erano diventati ormai troppo differenti per poter lavorare insieme. Che aveva solo anticipato l'inevitabile. Ma quel senso di amarezza non voleva abbandonarlo. 

Forse Tomo aveva ragione, un giorno se ne sarebbe pentito. 

R-evolve era finita e il concerto andò avanti. I 30 seconds to mars sarebbero andati avanti.

***

Jared chiuse l'album di colpo.

Avevano aspettato fino all'ultimo momento prima di rendere la cosa ufficiale con un messaggio sul sito ufficiale. Era pronto a rimangiarsi tutto e fingere di avere fatto uno scherzo pur di non dover dire davvero addio a Matt.

Cinque anni non si cancellavano con qualche parola di troppo. Ma quando l'aveva visto aiutare Tim , accertandosi che il ragazzo fosse pronto e in grado di sostituirlo,  aveva capito che per quanto facesse male l'altro aveva fatto la sua scelta e non potevano fare altro che accettarla. Accettarla.. non capirla.

Matt non aveva creduto abbastanza, non aveva creduto possibile trovare un modo di rendere le loro differenze ciò che li avrebbe uniti ancora di più. Non aveva creduto possibile trovare un compromesso insieme. Non aveva avuto abbastanza fiducia e, quello che Jared si sarebbe per sempre rimproverato, era il non averlo notato in tempo, aver permesso che si estraniasse da loro. 

Scosse la testa per scacciare quei pensieri e quindi guardò la radiosveglia sul comodino, i numeri brillavano nella penombra: erano le 2.10.

E di Shannon ancora nessuna traccia.

~·~

15 gennaio 1991

La serratura si richiuse con uno scatto. Shannon spinse la ragazza contro la porta intrappolandola con le sue forti braccia... Gabrielle ... si ripetè, cercando di imprimere nella sua memoria quel nome, mentre lento risaliva la  delicata curvatura del suo collo, sfiorando con labbra umide di baci la tenera ed invitante pelle.

La sentì rabbrividire e stringersi ancora di più a lui, lasciandosi sfuggire un impaziente gemito quando i loro corpi si incontrarono. Deciso a non interrompere il contatto iniziò a liberarsi del cappoto, ingombrante ostacolo per quelle intense sensazioni.

Gabrielle approfittò del breve momento di distrazione per invertire le loro posizioni. Posandogli una mano sul petto lo invitò silenziosamente a non muoversi quindi, sorridendo maliziosa, si inginocchiò. 

Shannon sentì il metallico rumore della fibbia ed abbassò lo sguardo, la sua voce bassa e roca « lo sai che quello che stai per fare è illegale in Indiana?»

La ragazza lo guardò divertita «non sei l'unico che ama il rischio».

Le tende erano leggermente scostate e il rossastro neon del piccolo club al piano inferiore penetrava dalle finestre, accarezzandole con la sua cupa luminosità il volto. Shannon tenne gli occhi fissi su di lei mentre un bottone dopo l'altro veniva liberato dall'asola, felice di sentire il ruvido tessuto dei jeans allentare la sua morsa. Con il passare dei minuti i suoi pantaloni erano diventati sempre più scomodi ed opprimenti. Seguì ,quasi trattenendo il respiro, le carnose labbra piegarsi in un altro sorriso prima di posarsi poco più in basso del suo ombelico. 

Gabrielle ripetè il gesto avvicinandosi pericolosamente al bordo dei chiari boxer, quindi, alzando gli occhi, infilò le dita nell'elastico tirandolo leggermente. 

L'aria fredda della stanza colpì la sua pelle surriscaldata e Shannon sospirò, accogliendone con piacere il contrasto. La sensazione venne amplificata dalle labbra della ragazza che lo sfiorarono ancora una volta, dolorosamente vicine al centro del suo piacere. Impaziente si inumidì le labbra e si rilassò contro la porta.

Un attimo e, con uno schiocco cotonato, l'elastico dei boxer tornò al suo posto.

Gabrielle si alzò in piedi e camminando a ritroso verso il piccolo salotto gli indicò, con fare seducente, di seguirla. Si fermò al centro della sala. I vaporosi capelli neri le spiovevano sulle spalle e si muovevano morbidi mentre si sfilava il giubotto jeans e lo lasciava scivolare a terra.

Shannon lo guardò raccogliersi senza rumore ai suoi  piedi e rialzò lo sguardo lentamente, percorrendo con gli occhi le perfette gambe avvolte in scuri fuseaux, soffermandosi sui languidi movimenti del bacino, nascosto dalla corta minigonna, fino all'aderente maglietta nera che lasciava ben poco all'immaginazione. 

Avvicinandosi la sollevò  da terra e, attutendo con l'ennesimo bacio il suo gridolino di sorpresa, la fece ricadere sui morbidi cuscini del divano, o almeno così credeva. Stava infatti per raggiungerla quando la ragazza schizzò in piedi urlando.

C'era qualcosa ,o meglio,  qualcuno sul divano.

Senza perder tempo, mentre Gabrielle terrorizzata si allontanava, si gettò su quell'ammasso di coperte cercando di immobilizzarlo.

«S-Shan?!» la voce dell'intruso era attutita da tutte quelle coperte ma la riconobbe quasi subito, «SHANNON! Ma che diavolo fai?!!». Era quella di Jared.

«Jared? 
» Shannon mollò la  presa e si sporse per accendere una lampada «che cazzo ci fai qui?!!» sorpreso guardò il fratello tirarsi su a fatica, gli occhi socchiusi per l'improvvisa luce, i capelli scompigliati, l'espressione assonnata, le cuffie del walkman messe di traverso.

«..Anche io sono felice di vederti!!..» gli rispose Jared sarcastico tentando di liberarsi dal groviglio di fili e coperte.

Divertito Shannon lo aiutò a mettersi in piedi «scusami è che sono.. sorpreso.. non mi aspettavo una tua visita».

« ...ne sono sicuro» rispose l'altro sogghignando maliziosamente, alternando lo sguardo tra il fratello maggiore e la ragazza che, superato lo spavento iniziale, li osservava imbarazzata.
Sorridendo le si avvicinò e si presentò « io sono Jared , il fratello minore di questo maleducato..».

Shannon non potè ribattere alla frecciatina, in effetti si era completamente dimenticato della presenza di una terza persona nella stanza. In silenzio guardò i due stringersi la mano e, tra una chiacchiera e l'altra, studiarsi a vicenda.

Jared cercava di capire se la ragazza davanti a lui fosse l'ennesima avventura del fratello o qualcosa di più e Gabrielle molto probabilmente cercava di trovare tra i due una qualche somiglianza.

Non passò molto prima che la ragazza realizzò di essere di troppo e decise di lasciare i due fratelli da soli. Shannon l'accompagnò alla porta, scusandosi di nuovo per la brusca interruzione, si offrì di riportarla a casa ma lei rifiuitò e ,con la promessa di rivedersi la sera seguente, uscì dall'appartamento. 

«mi hai fatto prendere un colpo!» Shannon richiuse la porta e vi si poggiò sospirando, 

«e lo dici a me?» ribattè l'altro, che nel frattempo si era avvicinato, « venire svegliato da un sedere in faccia non è proprio il massimo!» 

Ridendo Shannon lo afferrò per un braccio e lo attirò a sè, stringendolo affettuosamente. 
Jared si rilassò immediatamente contro di lui «mi dispiace averti rovinato la serata» momorò contro la sua spalla.

Il fratello ripensò ai suoi piani per la serata andati in frantumi e scosse la testa «non importa» gli rispose, felice di rivederlo dopo tanto tempo. Quell'anno Jared non era riuscito a raggiungerli nè per il ringraziamento nè per le feste natalizie.

«cosa ti ha...» iniziò a dire  ma poi si interruppe e si voltò verso di lui perplesso «come diavolo hai fatto ad entrare?» era certo di non avergli dato le chiavi dell'appartamento.

Jared dovette mordersi il labbro per non scoppiare a ridere, «non è stato difficile» rispose mentre l'altro ispezionava la serratura «ti ho aspettato per più di  due ore ..stavo congelando!» aggiunse alla fine, come se questo potesse giustificare il fatto di aver scassinato la porta del proprio fratello.

«Non so se esserne preoccupato o ammirato..» Shannon continuò a fissare la porta incredulo quindi scuotendo la testa si avviò verso la piccola cucina dall'altra parte della stanza «.. hai mangiato qualcosa?» .

Jared fece cenno di no e l'altro lo fulminò «..non puoi campare d'aria Jay!» chinandosi aprì il frigorifero e cominciò a rovistare tra gli scomparti «... dovrebbe essere rimasta della pizza da qualche parte..» 

«no Shan. Non ho fame» era troppo nervoso ed eccitato «hai del thè o qualcosa di simile?».

Shannon lo guardò preoccupato poi ,mentre l'altro si sedeva al tavolino, iniziò ad aprire una dispensa dopo l'altra fino a trovare una piccola scatola di cartone piena di bustine di ogni tipo e colore. Ne estrasse una, la meno sospetta, ed odorandola la posò sul tavolo «del thè verde va bene?»

«si, grazie» Jared si passò le mani sulle gambe cercando di riscaldarsi «so di esser piombato qui senza preavviso ma è stata una decisione ...  improvvisa»

«non preoccuparti...» lo tranquillizzò di nuovo Shannon prendendo una birra fresca dal piccolo frigo e sedendoglisi di fronte «allora, cosa mi dici? Com'è la vita a New York?» poteva percepire il nervosismo del fratello ed aveva deciso di non pressarlo, qualunque  fosse il motivo che lo aveva spinto a raggiungerlo in Indiana sarebbe presto venuto fuori.

«La adoro! C' è un locale, 'Cafè Habana', che devi assolutamente vedere!..» 

Shannon sorrise ed ascoltò il fratello minore raccontargli di tutte le sue nuove scoperte sulla grande mela.

Tra New York e Jared era scoccato un vero e proprio amore. E, sebbene l'indole vagabonda fosse ben radicata in loro, Shannon sentiva che sarebbe potuto rimanere in quella città per sempre.

Era una città in continua metamorfosi eppure con una forte identità, sembrava un controsenso ma bastava camminare lungo le affollate strade per rendersi conto di quella unicità, alimentata dal variegato fiume dei suoi abitanti. Tra moderni grattacieli e vecchi palazzi ci si poteva sentire a casa ma al contempo conservare il piacere di scoprire qualcosa di nuovo e stimolante ad ogni angolo. Era una città in continuo cambiamento... come Jared.

«ti vedi con qualcuno?» domandò alzandosi per immergere la bustina nell'acqua.

Per Shannon la tendenza alla monogamia di Jared era incomprensibile tanto quanto lo era per quest'ultimo la sua incapacità di far durare una storia più di una notte. Il record attuale era un mese, ma erano passati secoli.

«niente di serio. Una storia richiede tempo ed impegno.. che per ora non ho..» gli rispose l'altro con un'alzata di spalle,

«vedi? E' per questo che non voglio relazioni stabili» Shannon allungò il braccio e gli mise una mano sulla spalla per solidarietà.

«dovresti provarci ogni tanto..giusto per fare qualcosa di diverso!. Non puoi saltare da una Gabrielle all'altra in eterno»

«.. è più probabile che assisterai all'Apocalisse piuttosto che vedermi festeggiare San Valentino..»

Jared rise e si portò alle labrra la tazza fumante che l'altro gli aveva posato davanti.

« ti sei preso una pausa dai corsi?» 

«si..diciamo di si» rispose prendendo un profondo respiro.

«Jay..» 

«Un paio di mesi fa per aumentare i crediti mi sono iscritto ad un nuovo corso:  'recitazione per registi'» deglutì e si mise una ciocca di capelli dietro le orecchie per guadagnare tempo,

«sembra interessante!» Shannon prese l'ultimo sorso di birra e buttò la ormai vuota bottiglia nel sacchetto, il tintinnio di vetro contro vetro si diffuse nella piccola stanza, e ne aprì un'altra sistemandosi sulla scricchiolante sedia di legno.

«lo è » Jared annuì e distolse lo sguardo dall'altro puntandolo sulla fumante bevanda «è lì che ho capito..»

«..capito cosa?» 

«che sto solo perdendo tempo» alzò gli occhi e li incrociò con quelli preoccupati del fratello «co-cosa significa?» a Shannon sembrava di vivere un perenne deja-vù.



*** Newton, Massachusetts , 1987

Shannon si portò la sigaretta alle labbra ed attraversò la strada. Poteva sentire la musica del locale e le risate sguaiate dei giovani nel parcheggio agitare l'altrimenti silenziosa notte. Facendo attenzione a non farsi notare si avviò verso il buio vicolo al lato del locale, in un punto in cui aveva una buona visuale di tutte le uscite e, sfruttando l'oscurità e il comodo nascondiglio del lercio cassonetto verde, rimase in attesa.

Erano tre giorni che Jared non tornava a casa. Nell'ultimo periodo capitava che trascorresse la notte fuori da quelli che lui definiva 'i suoi amici' , ma mai per tre giorni di fila.

L'adolescenza era un'eta critica. Lo sentiva ripetere spesso. Ma i problemi del fratello non erano quelli degli altri sedicenni. Non perdeva il sonno a chiedersi se la ragazza dei suoi sogni avrebbe accettato di andare al ballo o se fosse riuscito ad entrare nel team di baseball.

Jared rimaneva sveglio di notte a chiedersi se un giorno sarebbe davvero riuscito ad emergere da quel pantano di mediocrità che li circondava, a cambiare vita, a ripensare e rimuginare sulle proprie ferite. Era convinto che Shannon non sapesse. Che non lo sentisse camuffare di notte i suoi singhiozzi contro il cuscino.

Ma si sbagliava.

Perchè se avesse ascoltato con attenzione avrebbe sentito Shannon piangere con lui.

Giorno dopo giorno la speranza si scontrava con le delusioni, gli ostacoli diventavano vicoli ciechi e l'energia per tirarsi su diminuiva trasformandosi in amarezza e rabbia, alimentando quella parte oscura in ognuno di noi. 

Jared aveva quindi  deciso di proteggersi cercando di estraniarsi da ciò che lo circondava. Aveva  cominciato a passare sempre meno tempo in casa, trascorrendo le sue giornate in strada, alla ricerca di un posto per lui. Una casa, dove sentirsi finalmente a proprio agio e... non pensare. Incurante dei pericoli, ignaro di quanto e come venire in contatto con determinati ambienti lo intaccasse, facendo emergere solo quel lato negativo che aveva dentro di sè .

Perchè farsi tanti scrupoli ,e aggirarsi per il mondo a testa china, quando le persone non avevano scrupoli a calpestare e distruggere quello che era importante per loro?

 
***qualche settimana prima

Shannon si sedette sui vecchi spalti di legno e seguì la traiettoria dello sguardo di Jared: dei ragazzi erano impegnati in un allenamento di baseball. Alcune ragazze erano aggrappate alla rete e gridavano entusiaste ad ogni mossa del capitano della squadra.

«
guardali» disse Jared sprezzante prima di abbassare lo sguardo sull piccolo quaderno pieno di appunti che teneva sulle gambe «sono così noiosi e prevedibili»

Shannon aprì la lattina di Soda e,prendendone un sorso, la porse al fratello minore che declinò con un gesto della mano.

«
stereotipi viventi » continuò e portandosi una sigaretta alle labbra fece un tiro, fu allora che Shannon si rese conto che quella non era una sigaretta.

«
ma sei pazzo?!» esclamò guardandosi intorno «dove diavolo l'hai trovata?»

Jared ridacchiò  «
so dove cercare..vuoi?» chiese quindi passandogli lo spinello.

Shannon si guardò intorno assicurandosi che non ci fosse nessun professore, ne prese una boccata e lasciò che il fumo gli graffiasse la gola scendendo lento verso i polmoni. 

Un altro fuoricampo e le ragazze esplosero in rumorosi applausi e gridolini. Jared non potè resistere e le imitò attirandosi le occhiataccie da alcune di loro. Ridacchiando rivolse loro il dito medio e tornò a sedersi accanto ad un perplesso Shannon.

«
Dio che pena che mi fanno! Così convinte di essere 'cool'» Shannon ridacchiò ma si sentiva a disagio, il fratello si stava comportando in modo strano.

«
vedi lì.. coso..il loro eroe... Bill!! Ecco.. Bill!» Jared guardò il ragazzo vestito con i colori simbolo del liceo, arancione e nero, correre lungo il campo ricoperto di erba  «un ragazzo così promettente» proseguì quindi enfatizzando le parole  «grazie al baseball si ritroverà il diploma in mano e un tappeto rosso steso verso una delle migliori università del Massachussets. Che sia convnto che Archimede è un personaggio della Disney e non un matematico non importa, lui è il *nostro campione* ...»

Jared prese un' altra boccata e sorrise amaramente «
se non metterà incinta una ragazza durante il ballo di fine anno probabilmente si ritroverà a dover abbandonare il college perchè troppo stupido per superare gli esami.. o perchè scoprirà che di giocatori come lui ce ne sono a migliaia-»

Shannon fissò lo sguardo sul telo con la mascotte del liceo, una tigre che ringhiava, muoversi sotto invisibili dita di vento e continuò ad ascoltarlo in silenzio.

«-
finirà coll'insegnare baseball ad un liceo come questo e sfogare tutte le sue frustrazioni sulla povera donna che sarà sua moglie. Che molto probabilmente sarà miss ombretto ..quella lì giù.. c'è feeling tra di  loro-- » rimase in silenzio per un attimo lo sguardo perso in immagini che Shannon non poteva vedere «--ma poi un giorno la tradirà con miss minigonna » disse indicandone un' altra  «..o si sveglierà e deciderà che la sua vita fa schifo e che non si sente di avere una famiglia e sparirà..»

Shannon finì di bere la soda ed aspettò che un'altra ondata di gridolina si attenuasse prima di parlare «
ed io che  pensavo che le canne servissero a sollevare il morale ..»

Jared rise. Ma non c'era niente di gioioso.


***

E Jared aveva scoperto che la vita in strada era molto più intressante ed affascinante del liceo e dei suoi drammi, specie per uno come lui che aveva sempre considerato la scuola un noioso ed inutile obbligo.. Per uno che si sentiva un alieno tra persone con cui, in teoria, avrebbe dovuto condividere sogni ed esperienze.

Per uno che non aveva idea di cosa significasse avere sedici anni per il resto del mondo.

Ai suoi occhi quella che frequentava - i 'suoi amici' -  era gente che aveva il controllo, che aveva trovato la risposta ai tanti perchè che lo tormentavano:  un grosso vaffanculo a tutto e tutti.

Non passò molto tempo prima che decise di averne abbastanza di armadietti e compiti in classe ed abbandonò del tutto la scuola. Constance era quasi impazzita quando lo era venuto a sapere. Shannon non aveva mai visto loro madre così infuriata e disperata allo stesso tempo.


Ma il fratello aveva già deciso, non importava quante parole avessero speso per farlo tornare dietro i banchi. Non c'era nulla che  potessero fare se non stargli accanto e assicurarsi di essere lì ,pronti a rialzarlo quando sarebbe caduto.

Quello che però Shannon non aveva previsto era l'entità di quella caduta.


Una delle porte si aprì cigolando. Un raggio di luce illuminò il piccolo vicolo ed alcuni ragazzi uscirono ridendo. Shannon li guardò sorreggersi l'un con l'altro ed allontanarsi verso la strada. Qualcuno dal parcheggio li aveva riconosciuti e stava urlando il loro nome. Altre risate, il rombo di un motore e poi una sgommata seguita da grida sguaiate.

Erano scene che si ripetevano notte dopo notte. Molti di quei volti sarebbero cambiati con il passare del tempo e, a sostituirli, sarebbero arrivati altri giovani pronti a vivere i loro anni ribelli. Pronti ad animare quelle fredde notti fino a quando non sarebbero cresciuti e i doveri li avrebbero allontanati da quelle follie notturne. Altri volti invece sarebbero rimasti gli stessi ed avrebbero consumato il loro tempo nel cercare di non guardarsi intorno, di non vedere di essere i soli a non cambiare, a non andare avanti. 

Shannon sospirò e si poggiò al muro ricoperto di anonimi strati di colla e carta, rimasugli di poster che vi erano stati affissi nel tempo. La sigaretta era finita. Senza distogliere lo sguardo dall'arruginita porta fece cadere il mozzicone a terra e lo schiacciò con la punta del piede.

Stava per accenderne un'altra quando vide la porta laterale accostarsi di nuovo. La musica del locale inghiottì qualunque altro rumore nel piccolo vicolo e qualcuno uscì sbandando leggermente. La luce era troppo bassa per distinguerne i lineamenti ma a Shannon bastò vedere le sue movenze per riconoscere il fratello.

Jared rimase lì fermo e si guardò alle spalle come se fosse in attesa di qualcuno, la porta era di fatti ancora accostata e si poteva distinguere la forma di una spalla fare capolino.

Dopo qualche minuto anche l'altra figura uscì «--che rompicoglioni» disse prima di ridacchiare e, reggendosi al vecchio passamano di ferro, sedersi sulle scale di cemento. Jared lo imitò e chiudendo gli occhi mandò la testa all'indietro, muovendola al ritmo di una musica che sentiva solo lui, diversa da quella che proveniva dal locale.

Shannon si strinse ancora di più contro il muro, non voleva che lo vedessero, e rimase in ascolto cercando di dare un senso ai loro sconclusionati discorsi. 

«Tieni gli occhi aperti, se noti movimenti strani vai da Mike e lo avverti. » il tizio, che doveva avere almeno venticinque anni, gli porse una piccola scheda «e se ti fermano fai vedere l' ID »

«gli sbirri sono tanto idioti da credere che ho davvero 21 anni?» Jared lesse la carta d'identità falsa divertito «e che sono un buttafuori?!».

«beh... tecnicamente lo sei, butti fuori i guastafeste» gli rispose l'altro ridendo « stai tranquillo. Al massimo pensano che sei un imbucato con  un ID falso. Se dovessero chiudere tutti i locali che permettono ai minorenni di entrare Newton rimarebbe senza pub!».

Il tutto sembrava così irreale, era come assistere ad una scena di un film. Shannon vedeva Jared ma la sua mente rifiutava di riconoscere il fratello in quel ragazzo, non bastava il rossore delle sue guance a dare un minimo di calore a quel sorriso freddo e tirato, talmente vuoto da farlo sembrare una maschera. 

«Cristo! Ma quanto tempo ci mettono?!» esclamò Jared stendendosi sullo sporco cemento del piccolo pianerottolo, «le hai prese nemmeno dieci minuti fa.. » gli rispose l'uomo divertito mentre si accendeva una sigaretta « ..dagli tempo di entrare in circolazione porca puttana!»

«è che--» Jared si tirò su a fatica, in effetti cominciava a sentirsi leggermente stordito, «--è che  tu hai solo robaccia». Cercò di mantenere l'equilibrio e sorrise soddisfatto nel vedere che era riuscito a non versare quello che rimaneva nella bottiglia nella difficoltosa manovra.

«Se hai fretta..so io cosa ti serve» l'uomo cominciò a tastarsi il giubotto alla ricerca di qualcosa e, solo dopo aver controllato almeno tre volte per tasca, si rese conto di avere la bustina già in mano. Ridendo estrasse un piccolo tubetto e lo dondolò davanti agli spenti occhi del giovane.

«cos'è?» chiese confuso Jared guardandolo versare la piccola striscia bianca sul ferro, imitando inconsapevolmente l'espressione del fratello che, alle sue spalle, sporgendosi dalla sicurezza dell'oscurità, cercava di  focalizzare la scena davanti a lui. 

«Special K»  l'uomo gli passò il resto della roba mentre con cura sistemava quella che aveva sparso sul passamano « se sei immune pure a questo ti vendo a qualche laboratorio, non sei umano

Jared ridacchiò «mi stai usando come cavia?» l'altrò scrollò le spalle e, mettendogli un mano dietro la testa, lo invitò a chinarsi ed inspirare.

«Brutto figlio di puttana!  » tuonò Shannon catapultandosi  verso di loro, spintonando l'uomo lontano dal fratello  «togli quelle cazzo di mani da mio fratello!» Jared non ebbe il tempo di capire cosa stesse succedendo che davanti a lui si alzò una piccola nube bianca.

«NOO!!»  l'uomo ripreso a stento l'equilibrio si gettò a terra  «ma chi cazzo sei?» chiese piagnucolando mentre cercava di salvare la polverina dall'umido asfalto.

Jared sgranò gli occhi sorpreso «Shan?!? Che cazzo ci fai qui?» la sua espressione sarebbe stata comica se non fosse stato per la situazione in cui si trovavano. 

Shannon spostò lo sguardo dalla pietosa scena e lo guardò sconvolto.  Prendendolo per il braccio lo trascinò fuori dal vicolo in un punto più luminoso e, ripetendo qualcosa che a Jared sembrò un'infinita successione di 'no-ti-prego-no', cominciò ad alzargli  le maniche della camicia, controllandogli  l'incavo delle braccia alla ricerca di qualche segno che gli indicasse di essere arrivato troppo tardi. Di aver aspettato troppo nel porre un freno a questa fase del fratello. Non ne trovò.

«ma che fai?» chiese l'altro incerto coprendosi immediatamente le braccia,

«che cazzo stavi facendo?» Jared lo guardò stupidamente come se non capisse la domanda  «cristo Jay! » esclamò combattendo l'istinto di scuoterlo e farlo uscire da quella sorta di stordimento.

«io..io» Shannon gli prese il volto e cercò di farsi guardare negli occhi «cosa ti ha dato Jay? » il ragazzo provò ad elaborare una risposta ma i suoi riflessi sembravano essersi rallentati ,o forse era il fratello che parlava troppo in fretta «cosa cazzo ti ha dato?!?» chiese di nuovo urlando.

«solo qualche pasticca Shan!.. niente di che!» riuscì quindi a rispondere irritato dall'essere sballottato e rimproverato. Shannon lo guardò incredulo «solo..SOLO?!  ..» 

Jared lo ignorò e si voltò versò il vicolo dove l'uomo era intento a leccarsi le dita con quello che rimaneva della ketamina «ma che diavolo ti è venuto in mente?!»

«a me?!?» 

«come gli ripago ora tutta quella roba?» mormorò mettendosi le mani tra i capelli seriamente preoccupato.

Shannon rimase senza parole per un attimo quindi afferrò il piccolo tubetto, che Jared teneva ancora in mano ,lanciandolo verso un cumulo di rifiuti resi informi dalla pioggia di qualche ora prima e lo prese di nuovo per le braccia sbattendolo contro il muro «è questo quello che ti preoccupa?» sibilò scosso da un'improvvisa rabbia « quel pezzo di merda ti stava facendo sniffare chissà cosa quando tu non sapevi nemmeno dire il tuo nome !!»  non era mai stato così arrabbiato e deluso «perchè?»

Questo era un comportamento da deboli. E Jared non era un debole . 

«..lasciami!»

Shannon aumentò la presa sui suoi polsi per bloccarlo e ripetè la sua domanda « rispondimi!»

Jared chiuse gli occhi, non voleva che l'altro lo guardasse in quel modo «smettila Shannon..» rinunciò a lottare , ogni tentativo di liberarsi era vanificato dalla forza del fratello maggiore.

«rispondimi!»  ripetè ignorando come il colore stesse abbandonando gradualmente il volto dell'altro e come la sua pelle fosse sempre più lucida, velata dal sudore.

E Jared sorrise.

Un sorriso così triste che Shannon quasi allentò la presa per stringerlo tra le sue braccia, «sempre pronto a correre in  mio aiuto eh?» nella sua voce una dolcezza che stonava nella tensione del momento, «pronto a salvarmi da tutto e tutti.. » continuò, le labbra tese in quell'imitazione di sorriso, i suoi occhi liquidi e velati da qualcosa che Shannon non riusciva a decifrare «quando imparerai ad essere egoista? A pensare solo a te stesso..? » la maschera era caduta. Il sorriso scomparso. Shannon si ritrovò a guardare dritto in quel pozzo di amarezza e rabbia.

Lo lasciò andare, la sua risposta era poco più di un sussurro «quando tu imparerai a volerti bene..» 

Jared abbassò la testa nascondendosi dietro alle folte ciocche castane. Shannon lo vide annuire, se alle sue parole o a qualche altro strano pensiero che gli aveva attraversato la testa non poteva dirlo, e quindi accostarsi al muro come a cercare un sostegno.

«Volevo solo divertirmi..fare qualcosa di eccitante» sussurrò Jared guardando la strada davanti a sè. Affascinato da quanto i colori potessero essere luminosi e da come le ombre si muovessero abbracciando la flebile luce dei lampioni in quella danza notturna «staccare la spina..sai.. essere felice..» Scosse la testa. Le parole non potevano spiegare il suo bisogno ... ciò che lo aveva spinto a questo.

Il loro stile di vita li portava ad essere in contatto con tante persone, a conoscere e visitare tanti luoghi ma li portava anche a provare una solitudine che la gente, quella che viveva normalmente- per quello che normale poteva significare- non poteva capire. E a volte  il  bisogno di quella normalità, che aveva potuto assaporare e che gli era stata strappata via due volte,  diventava così acuto dal rendere insopportabile la sola vista dei pacchi pronti per l'ennesima partenza agli angoli di una stanza di motel.

«quella non è felicità!» Shannon non potè fare a meno di interromperlo «Sono solo reazioni chimiche..» 

«lo so!» gli rispose l'altro bruscamente, quella strana espressione nei suoi occhi era tornata «avevo bisogno di sentire quella felicità --quella  felicità 'chimica'-- di cui loro tanto parlavano..» Non c'era bisogno di specificare chi fossero i loro.

«Ma..» continuò trattenendo le lacrime «non ho sentito niente... Non sento niente...» gelidi brividi avevano cominciato ad attraversargli il corpo e alzò il volto verso il fratello «chi dice di trovarla in quella roba è perchè non ha mai provato qual'è la vera felicità..» per un attimo le sue labbra bianche si piegarono in un accenno di sorriso  e gli occhi si persero in un lontano ricordo.

Per quanto strano Shannon si sentì sollevato. Quella roba, quel mondo non aveva vinto. Non gli aveva portato via il fratello come temeva. L'aveva sedotto, fatto sbandare ma Jared era più forte di quelle vuote lusinghe, aveva saputo riconoscere la differenza.

Jared rimase in silenzio a lungo quindi chiuse gli occhi ,cercando di tenere a bada un senso di vertigine. Mischiare l'alcol con le pasticche non era stata una buona idea. Sbandando leggermente si accasciò contro il muro e strisciò in basso lungo i freddi mattoni fino a sedersi sul marciapiedi «mi gira la testa» disse sentendo i suoi muscoli contrarsi e i suoi battitti accellarare di colpo. Se dalla paura o per ciò che aveva preso non lo sapeva.

Shannon gli si avvicinò immediatamente e, prendendogli il volto cinereo, gli guardò le pupille; erano preoccupantemente dilatate «Jay»

Jared lo guardò confuso come se si fosse dimenticato che fosse lì con lui .

« Jay..mi senti? » riprovò scacciando il panico e cercando di agire il più in fretta possibile. Alzando la testa si guardò intorno e, a pochi metri da loro, notò una fontana. «Jay! Ho bisogno che ti tiri su..Jay!» il fratello fissò le due appannate figure davanti a lui ed annuì debolmente. Si sentiva gelare fino alle ossa eppure la sua pelle scottava come fosse avvolta tra le fiamme. La voce di Shannon, i suoni della strada gli sembravano lontani, come se la sua testa fosse immersa in acqua, le sue tempie battevano insistenti a ritmo del suo cuore impazzito.

A fatica Shannon lo trascinò verso la piccola fontana. Poteva sentirlo abbandonarsi sempre di più tra le sue braccia e, senza perder tempo, si bagnò le mani cominciando a rinfrescargli il viso. Continuando a parlargli nell'intento di calmarlo, inondandolo di frasi senza senso.

Per un attimo Jared sembrò riprendere contatto con la realtà e gli afferrò la manica guardandolo dritto negli occhi.

Lucido e terribilmente spaventato.

Il suo corpo continuava a tremare sconvolto da involontari spasmi e Shannon poteva sentire e vedere la leggera t-shirt bagnarsi di sudore. « S-Shan?» disse stringendo ancora di più la presa sulle sue braccia «Shan?»

«sono qui Jay..» Shannon lo strinse come per provargli che non stava mentendo «sono qui» nella sua voce non c'era traccia della rabbia di poco prima. Il suo tono era calmo, pacato, il che lo sorprese visto il puro terrore che sentiva stringergli il cuore. Gli posò la testa contro i capelli e pregò chiunque ci fosse lassù di aiutarli, di non abbandonarli proprio ora, di non lasciarlo da solo.

Jared prese un respiro, cercando di riprendere il controllo del suo corpo, quando un'improvvisa ondata di nausea  lo costrinse a gettarsi in avanti. Shannon, seppur colto di sorpresa, riuscì  a tenerlo ed evitare che cascasse nella fontana. Jared sentì lo stomaco rivoltarsi, ogni fibra del suo corpo tentava di espellere quell'intrusa sostanza ma non emise altro che aria. Il cemento della fontana era un' indistinta macchia grigia per i suoi occhi appannati. Un altro lampo. Gli intestini si contrassero nello sforzo ma ancora una volta non rimise nulla. Dolorante e tremante si accasciò contro il petto del fratello «non ce la faccio» 

Shannon non gli rispose. Non sapeva cosa fare. Sentiva che l'altro stava soffrendo e non sapeva cosa fare. Con gli occhi perlustrò la deserta strada e con tutta la sua volontà respinse la nuova ondata di paura. Sentì Jared scivolare sulle sue gambe e raggomitolarsi  stringendosi l'addome «oh Dio..» si tese di nuovo, un leggero rantolo gli sfuggì dalle labbra e prima che entrambi potessero rendersene conto arrivò un nuovo conato, questa volta una vischiosa sostanza biancastra gli riempì la bocca e Shannon rendendosi conto che l'altro non aveva assolutamente percezione della sua posizione lo fece ruotare in modo da farla scivolare, insieme a ciò che rimaneva di tre piccole pasticche, sull'asfalto «erano solo tre?» chiese e Jared scosse la testa, gli occhi arrossati e lucidi per lo sforzo, la gola secca ed irritata «quante ne hai prese Jay?»

Non rispose. Non lo ricordava. 

Quando gli sembrò che l'attacco di vomito fosse terminato Shannon aprì l'arrugginito rubinetto e, riempendosi la mano d'acqua, la portò alle secche labbra dell'altro. Gli rinfrescò il volto di nuovo sollevato nel sentire che la temperatura corporea del fratello cominciava a diminuire e che il battito fosse meno frenetico. Fu in quel momento che si rese conto che l'altro aveva indosso solo una camicia. Allontanandolo dalla fontana si sfilò il suo cappotto e lo coprì, abbracciandolo mentre il suo corpo continuava a smalire gli effetti delle pasticche.

Trascorsero minuti, ore, il tempo sembrò dilatarsi e passare velocemente allo stesso tempo.

Entrambi rimasero in silenzio. Shannon fissava la strada deserta davanti a lui scioccato da ciò che aveva visto e Jared cercava di tenere a bada le sensazioni del suo corpo: un momento poteva sentire ogni muscolo tendersi e contrarsi nonostante lui cercasse di rimanere immobile, in un altro era distaccato da tutto e il calore di quelle braccia era l'unica cosa di cui era consapevole insieme al cielo nero china su di loro. 

«dovrei portarti al pronto soccorso» il fratello maggiore ruppe il silenzio e lo sentì, mentre distrattamente gli accarezzava i capelli,  irrigidirsi e quindi scuotere la testa «n-no, sto bene»

«non puoi saperlo» 

«Si . Lo so.. » Jared si tirò su a sedere reggendosi la testa, la sentiva così pesante.

Shannon provò a respingere le immagini di quello che sarebbe potuto succedere se il fratello si fosse sentito male quando era da solo, o peggio, quale sarebbe potuta essere la reazione del suo fisico se avesse assunto anche la ketamina «devi  farti controllare, vedere un medico e ...smetterla con questa roba! »

«Può capitare che qualche pasticca.. non funzioni» ribattè Jared cercando di allontanarsi ma Shannon non aveva intenzione di allentare la presa su di lui.

« per poco --» non riusciva nemmeno a dirlo « --se io non ero qui potevi svenire, battere la testa, strozzarti con il tuo vomito o morire assiderato! Potevi ... cazzo! Non voglio nemmeno pensarci..» che Jared se ne rendesse conto o no, non erano esseri invincibili ed immmortali.

«Ho sbagliato a mixarle con del liquore» si difese debolmente l'altro troppo stanco per continuare la lotta per liberarsi.

«Sai benissimo che quella reazione non è dovuta solo  all'alcool!»
sbottò Shannon sconcertato dal vedere con quanta leggerezza parlasse di assumere quelle sostanze «chissà quanta roba hai preso in questi tre giorni!»

Jared si irrigidì.

Shannon abbassò la testa e vide la confusione e il terrore sul volto del fratello «hai idea di quando è stata l'ultima volta che sei tornato a casa?». Nessuna risposta. Deglutendo cercò di ignorare la forte fitta allo stomaco «quanto tempo pensi sia passato? » Jared si portò le mani alla testa «..ieri.» rispose insicuro,

«ieri per il mondo o ieri nel'universo in cui sei stato questi tre giorni?!»

Lo guardò. Sembrava così piccolo avvolto nel cappotto. E lo era. Una cosa che spesso dimenticavano era proprio questo, per quanto fossero diversi dai loro coetanei non erano altro che degli adolescenti. 

«..Non lo so ..»
Jared aveva ripreso a tremare ma questa volta le pasticche non c'entravano «io-- io non ricordo .. a --» aspettò che concludesse la frase ma l'altro rimase in silenzio, lo sguardo perso nel vuoto.

Shannon sospirò e si alzò, al momento era inutile parlare. Era certo che gran parte di ciò che aveva detto la mattina dopo sarebbe stato solo un confuso ricordo «dai..» disse tirandolo su «andiamo a casa» il fratello lo guardò per un attimo in silenzio quindi annuì e barcollante lo seguì.

Non ricordava il viaggio in macchina, nè l'arrivo a casa. Per Jared erano passati pochi secondi  dal freddo vicolo. Ed ora si ritrovava a boccheggiare piegato in due stringendo il bordo del water nel piccolo bagno del loro appartamento. Il suo esile corpo sconvolto da violenti e vuoti conati. Non riusciva a distinguere le parole che Shannon gli stava mormorando ma il suo tono carico d'affetto , calmo e rassicurante fu sufficiente a farlo crollare.

«mi dispiace.. mi dispiace così tanto» piagnucolò disperato e stremato, la sua testa poggiata sul braccio piegato «non volevo..non volevo Shan... non volevo dirle quelle cose. Glielo dirai vero? Glielo dirai a mamma?» Shannon gli massaggiò la schiena «glielo dirai tu Jay..non stai per morire»

«la vostra vita sarebbe  molto più semplice senza di me» pensò, e per un attimo credette di averlo detto ad alta voce, ma non ne era certo. L'eventuale risposta di Shannon si perse in quell'insieme di singhiozzi, coperta dal ronzio delle sue orecchie quando per l'ennesima volta rimetteva quell'amara sostanza biancastra.

Passarono un altro paio d'ore prima che le pasticche smettessero di fare effetto. Per tutto il tempo Shannon gli rimase accanto ascoltando il suo piagnucolare senza senso e parlandogli di tante cose: del loro futuro, di quei progetti, occasioni e successi che aspettavano solo di essere colti e realizzati. Gli aveva confidato , certo che Jared non capisse nè ricordasse, di quanto fossero orgogliosi di lui e di come fosse certo che  avrebbe fatto della sua vita quello che voleva.

Durante quel fiume di parole Jared si rese conto di quanto volesse che diventassero realtà. Cercò di ripensare ai motivi per i quali si era lasciato andare e questi venivano schiacciati senza pietà dalla forza di quei sogni e da quella speranza.

Man mano che diventava più lucido cominciò a sentire anche le conseguenze di quelle ore... giorni di black-out. Non c'era muscolo che non gli dolesse. Provò a spostarsi per cercare una posizione più comoda sulle bianche mattonelle e non potè trattenere un lamento. Shannon si voltò e, come se gli avesse letto nel pensiero, si alzò «dai Jay un ultimo sforzo» avvicinandoglisi lo afferrò per il braccio e lo tirò su, guidandolo verso la loro camera.

Una volta seduto sul letto Jared cercò di resistere all'istinto di lasciarsi cadere all'indietro e dormire  vestito e lasciò che l'altro lo preparasse. Guardò il fratello iniziare a sbottonargli la camicia e la realizzazione di ciò che aveva fatto lo colpì di nuovo con tutta la sua forza.

Shannon gli fece muovere un braccio alla volta con cura, attento a non sforzare troppo i deboli e dolenti muscoli. 

«ho fottuto tutto» 

Il fratello maggiore arrestò brevemente i suoi movimenti e alzò gli occhi «no» gli rispose premendo delicatamente  il collo elastico della maglietta pulita sulla sua testa «non tutto» e, una volta che fu riuscito ad infilargliela, lo guardò sorridendo dolcemente.

«e adesso?» chiese Jared ma l'altro non rispose subito, in ginocchio davanti a lui gli slacciò le scarpe e inizò a sfilargli  i jeans.

«Una cosa alla volta» gli rispose alla fine con calma mentre scostava le coperte e lo invitava a stendersi posandogli delicatamente una mano sulla spalla  «ora riposati..ne hai bisogno.»

Jared si girò di lato e si lasciò coprire dalle calde coperte. Shannon gli si sedette accanto «domani porteremo quelle tue quattro ossa a fare delle analisi--» quando provò a protestare l'altro gli lanciò un'occhiata ammonitrice «--e riprenderemo da dove avevamo lasciato».

«Andremo avanti. Noi tre insieme» concluse quindi sentendo la tensione abbandonare il corpo del fratello.

Guardò le sue palpebre cedere alla stanchezza fino a chiudersi completamente e rimase a lungo lì seduto a fissare le luci dell'alba penetrare attraverso le vecchie tapparelle . Quando fu certo che l'altro fosse addormentato si lasciò andare.

Pianse per la paura, per la rabbia, per il fatto che non importava quanto si sforzasse nel cercare di alleviare il vuoto che opprimeva il fratello, di evitare che sbagliasse... non era mai abbastanza.

Non sapeva quanto tempo fosse passato ma ad un certo punto sentì la porta dell'appartamento aprirsi e i leggeri passi della madre. Era tornata dal turno notturno al centro sociale. Si asciugò velocemente le lacrime e, prendendo un respiro, cercò di ricomporsi.

Pronto a mentirle.


***

«hai ricominciato?» Shannon sentì il cuore battergli furiosamente nel petto.

Jared capì al volo a cosa si riferisse e  lo guardò allucinato «no!»

«Jay cazzo..» parte di lui sapeva che il fratello non avrebbe mai commesso lo stesso sbaglio due volte ma al contempo era consapevole di quanto potesse essere vulnerabile.

Quando anni prima Jared studiava a Philadelphia ed aveva cominciato ad allontanarlo era quasi impazzito per paura che fosse ricaduto in qualche strano giro. Fortunatamente i suoi rimasero solo timori.

«ti ho detto di no Shannon!» ripetè scocciato. Non importava quanto tempo fosse passato il fratello non avrebbe mai dimenticato quel periodo, quel suo errore. 

Dopo qualche minuto di silenzio Jared riparlò «ho lasciato la scuola » mordendosi il labbro decise di dire tutto senza ulteriori preamboli «e voglio che vieni con me a Los Angeles».

Shannon quasi non si strozzò «sei impazzito?.. P-perchè cosa non andava in questa scuola? E cosa diavolo dovremmo fare dall'altra parte degli states?!»

Jared si sporse leggermente sul tavolino, era importante per lui che Shannon capisse, che vedesse in questo azzardato piano l'occasione che stavano aspettando da una vita «costruirci un futuro! Posso imparare le cose che mi insegnano allo SVA direttamente sul posto e .. cazzo Shan! Dobbiamo dare una scossa alle nostre vite! »

«E tu pensi che andando a LA avremo un futuro?» non che l'idea di partire e darsi un'altra chance non lo allettasse ma lui doveva essere il razionale dei due e quella che Jared gli stava proponendo era una pazzia « ti dico io cosa succederà! Tempo una settimana .. al massimo un mese... e ci ritroveremo a fare la fila per un pasto con i senzatetto!!  »

«Questa è una mentalità da perdente e noi non siamo perdenti. Non ricordi? Sei stato tu a dirmi che dovevamo farcela, metterlo in culo a tutti!» 

«non puoi fare sul serio»

«vieni con me o no?»
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Ed io farò lo stesso.

 



tbc


A/N:

i.  Jared dopo aver lasciato la  University of the Arts di philadelphia si è trasferito a new york per frequentare la School of Visual arts.

ii.  da un' intervista del 2006 per www.absolutepunk.net

[..]
Jared: Who did it and why?
Matt:  I just started to cut… [..] Yeah, I’m very impulsive when it comes to haircuts. I just decide to start cutting hair, and what I’m left with is this.[..]

 » foto


iii. l'ultimo concerto di matt è stato ad el paso, texas il 1/3/07 . Il 2/03/07 Jared eg li altri gli hanno dedicato R-Evolve:


iv. Tra le scuole frequentate da Jared figura una certa 'Newton North High school' la cui mascotte è una tigre xD

"I dropped out in the 10th grade (16-17anni) because I just wasn't interested. I was a bad boy. I'm reformed now. Let's put it this way, just wait until they make the Dazed and Confused of my generation."

"[..] Jared got hold of a fake ID at the age of 16 and become a doorman."

"I was a much more devious 17 years old.." (Big England '98)

v. I miei sospetti su cosa intendesse con l'essere un bad boy sono stati confermati dalla famosa intervista 'rivelatrice'  di Kerrang! Molto probabilmente la questione è stata leggermente 'più seria' nella realtà ma ho deciso di continuare così come l'avevo pensata.

"Well I lived on the street when I was a kid, I wasn't even at school, so I had a whole different set of experience for those formative years. I was out, I was gone. [..] when you're a kid you feel invincible, and you're less breakable in some ways. At least I think I was.

What got me through? I suppose when I was young there was a small part of me that always believed that something was possible, that there was more to life than just the mundane and mediocre. [..]

Well I did a lot of drugs then. I was in a  very precarious place when I was younger. And I suppose then there was a transformation that took place. Sometimes there is a bit of divine intervention out there and I certainly had some moments of luck. [..]

I got very close (to the edge) [..] I would say I came as close as you can get. I looked down into the abyss,into Dante's Inferno, and gazed upon the river Hades..
"

vi. "I was studying at School of Visual Arts in New York and left to join my brother, who was doing demolition derby, in Indiana." Jared Leto

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Capitolo 18
*** AVVISO ***


AVVISO

Ero indecisa se scrivere questo avviso o no. Alla fine mi è sembrata davvero la cosa più giusta da fare.

Mi scuso davvero con chi stava seguendo la ff e che gentilmente ha recensito. Sono mortificata ed amareggiata.

» Cosa è successo?

Ho perso tutta la fanfiction. Tutti i capitoli già pronti e finiti e quelli abbozzati che avrebbero portato alla conclusione della storia. Il computer mi ha abbandonato nel modo peggiore..portandosi via tutto il 'lavoro'.

» Perchè non ho avvertito prima?

Non avevo modo, non avendo più il pc a disposizione e poi.. poi dovevo decidere se avevo intenzione o meno di riscrivere tutto da capo.

» E ora?

Ho deciso di riprenderla ma la pubblicherò solo quando avrò tutto (o almeno gran parte) pronto e al sicuro.  

Soon. (per citare una nostra conoscenza) 



Buon 2011 a tutti/e! E... a presto con un nuovo capitolo!

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