Koibito ha chotto baka da yo

di Reruchan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Aru hi... ***
Capitolo 2: *** Jitsu ha kimi wo shitteru ***
Capitolo 3: *** Bakuchi ***



Capitolo 1
*** Aru hi... ***


 

恋人はちょっとバカだよ。

Koibito ha chotto baka da yo

 

Capitolo 1

ある日

Aru hi… (Un giorno…)

 

Era bello.

Certo, pensarlo di sé stesso poteva suonare un tantino presuntuoso, ma in fondo se svariati milioni di persone lo sostenevano da parecchi anni, non era forse lecito convincersi della cosa?

Forum, giornali e sondaggi spesso e volentieri lo indicavano come il più attraente fra loro cinque. Poster, fotografie e gadget dedicati a lui andavano a ruba. Quindi non si sentiva troppo in colpa quando, passando davanti a uno specchio, indugiava in un po’ di puro narcisismo o si compiaceva delle urla di fan estasiate.

Non ricordava quando aveva iniziato a vederla in questo modo, quando aveva cominciato a sentirsi in competizione con Sho o ad infastidirsi un po’ se Nino gli diceva scherzosamente di darsi meno arie.

Ma dopotutto ciò non intaccava minimamente le sue prestazioni lavorative o il suo costante impegno per il gruppo. Anzi, proprio per questo poteva permettersi un po’ di egocentrismo. Pensare a sé stessi era giusto, no?

Non poteva sapere che una sera qualsiasi di fine novembre, entrando nel suo solito locale, sarebbe stato il giorno grazie al quale avrebbe cambiato idea.

 

 

                       

 

 

La campanella affissa sulla porta tintinnò allegramente, mentre un giovane trafelato e bagnato dalla pioggia entrava nel locale. I jeans umidi gli aderivano alle cosce e anche se il cappotto a prima vista poteva sembrare asciutto, al tatto ci si rendeva conto dell’esatto contrario. Ciuffi di capelli grondavano acqua ai lati del viso e solo gli occhiali da sole nascondevano la sua espressione contrariata.

Il ragazzo si guardò attorno, compiaciuto di trovare il locale quasi deserto, come avveniva spesso a quell’ora della sera, durante i giorni feriali. Si tolse il cappotto fradicio e lo appoggiò a una delle sedie accostate al bancone del bar, mentre un uomo sulla cinquantina, non molto alto e stempiato, si affacciava da dietro il registratore di cassa.

   -Ben trovato- lo salutò con aria confidenziale- Non trovi che gli occhiali da sole a gennaio siano eccessivi anche per te, Matsumoto-san?

Il ragazzo si tolse l’accessorio- Sai bene che devo essere poco riconoscibile, Yoshida-san.

L’uomo fece spallucce- Trovo che quegli occhiali attirino solo di più l’attenzione. Ma chi sono io per contestare le stravaganze di un idol?

Matsumoto gli rivolse uno sguardo fra il divertito e l’esasperato –L’agenzia vuole che…

Bloccò a metà la spiegazione, rendendosi conto che come al solito sarebbe stato inutile imbastire ulteriori giustificazioni con Yoshida.

   -Sbaglio o sei completamente bagnato?- continuò l’uomo- Hai avuto la fortuna di finire sotto uno dei pochi temporali invernali?

   -Già…- rispose l’altro scrollando acqua da una manica della sua felpa- Stamattina, quando sono andato a lavoro, c’era il sole. Non ho pensato di prendere nemmeno un ombrello pieghevole.

   -Puoi usare l’asciugatore per le mani che c’è nel bagno.

   -Si grazie, sperando serva a qualcosa. Nel frattempo preparami il solito, per favore.

Il barista annuì, mentre Matsumoto costeggiava il bancone e varcava la porta di legno scuro che si trovava nell’angolo a sinistra.

Il bagno era arredato in modo semplice ma non aveva l’aria squallida che molto spesso hanno i bagni dei locali, soprattutto quelli piccoli. Le piastrelle sui muri partivano con un color caramello dal basso, andando poi a scharirsi verso l’alto in una morbida sfumatura ambrata. Rispetto alla porta, sulla parete destra si trovava un lavandino in ceramica bianca ben tenuto, sovrastato da uno specchio di medie dimensioni; di fronte all’ingresso un’altra porta nascondeva la toilette vera e propria.

Matsumoto si avvicinò al lavandino, dandosi un’occhiata allo specchio: i capelli mossi grazie alla permanente stavano iniziando ad asciugarsi, ma non erano certo quello il problema; con la pioggia il fondotinta che gli avevano messo sul viso per le riprese se n’era andato quasi del tutto, lasciando che un paio di occhiaie azzurrognole si mostrassero sotto i suoi occhi. Negli ultimi giorni le ore di sonno erano scarseggiate a causa del lavoro fino a tarda ora, ma per sua fortuna il giorno dopo era libero e avrebbe potuto recuperare.

Senza indugiare oltre posizionò le mani sotto l’asciugatore accanto allo specchio, che partì qualche istante dopo, soffiando fuori aria calda. Rimase lì per un po’, concentrando l’asciugatura soprattutto sulle maniche della felpa, visto che era proprio l’umidità sulle braccia a dargli più fastidio. Per il petto e i jeans non c’era molto da fare, poteva solo tornare a casa e mettere tutto sul calorifero.

Quando fu almeno un po’ soddisfatto si allontanò dal phon, che continuò a funzionare per qualche secondo ancora, finché non si spense da solo.

“Bevo il mio cappuccino e corro a casa fare una doccia calda” pensò aprendo la porta del bagno “Magari noleggio un..” il pensiero fu interrotto da un getto freddo che lo colpì in piena faccia.

Matsumoto rimase immobile sulla porta, gli occhi chiusi, sperando che il liquido che gli gocciolava dal mento fosse solo acqua.

   -Oddio mi dispiace!- una voce femminile lo spinse ad aprire gli occhi, trovandosi di fronte una ragazza mora che lo fissava. Era più bassa di lui di almeno dieci centimetri, i capelli neri raccolti in due trecce laterali e indossava un grembiule da cameriera.

   -Mi dispiace davvero- ripetè- Per fortuna era solo acqua.

   -Già, che fortuna…- rispose lui con tono sarcastico.

La ragazza arricciò le labbra al commento e incrociando le braccia fece scorrere lo sguardo dalla felpa ancora umida ai jeans bagnati -Bhè, non ho fatto un gran danno, ci avevi già pensato per conto tuo.

Matsumoto corrugò le sopracciglia- Mi ero quasi asciugato. Dovresti prestare attenzione lavorando in un locale.

   -E tu aprendo le porte.

I due rimasero in silenzio a fissarsi, finché il viso del proprietario non comparve alle spalle della ragazza.

   -Che succede qui?- domandò incuriosito, notando che il suo assiduo cliente era ancora bagnato come appena entrato nel locale- Non eri andato ad asciugarti?

   -C’è stato un incidente di percorso- rispose l’altro facendosi largo verso il bancone dove lo aspettava il suo cappuccino fumante- Spero solo che questo scherzetto non mi costi un malanno.

La ragazza lo guardò storto- Un raffreddore non ha mai ucciso nessuno.

   -Già, ma il nostro cliente è piuttosto famoso, un raffreddore potrebbe portagli via giorni di riprese- rispose Yoshida.

Matsumoto fissò il proprietario con occhi spalancati, non riuscendo a credere che avesse parlato ad alta voce. Per fortuna l’affluenza nel locale in quel momento era ridotta al minimo e non rischiava che qualcuno si mettesse a guardarlo con curiosità, rischiando di riconoscerlo. A quel punto sperava solo che la dipendente di Yoshida non fosse una pettegola e non raccontasse in giro che frequentava quel bar.

   -Famoso? Sul serio?- chiese la ragazza con tono stupito- Non mi sembra di averlo mai visto. Yoshida-san, è sicuro?

Il ragazzo sollevò lo sguardo dal suo cappuccino.

   -Suzuki, una volta non mi hai detto che ti piace guardare quegli sceneggiati alla tv?- chiese il proprietario.

La ragazza annuì vigorosamente verso il suo capo- Sto seguendo la seconda stagione di Hanadan*.

“Ecco, è il momento” pensò Matsumoto. La ragazza lo avrebbe guardato e riconosciuto, sul suo viso si sarebbero susseguiti lo stupore e la gioia;  in fondo amava vedere quelle espressioni sui volti delle fan, anche se gli avevano rovesciato dell’acqua addosso.

Suzuki guardò un’altra volta il ragazzo, che continuava a sorseggiare il suo cappuccino. Arricciò le labbra, inclinò la testa, sbatté le palpebre.

   -No, lui non l’ho mai visto- sentenziò alla fine.

Matsumoto rimase con la tazza sospesa a mezz’aria, fissando la ragazza che girava sui tacchi e andava dietro il bancone a riempire di nuovo il bicchiere rovesciato.

Non lo aveva riconosciuto. Guardava tutte le settimane il drama di cui lui era il protagonista e non lo aveva riconosciuto. Sapeva benissimo che la sensazione di irritazione che gli stava crescendo dentro era assolutamente infantile e inappropriata.

   -Aspetta- le disse appoggiando la tazza sulla superficie di marmo del bancone- Osservami meglio.

Era sicuro che bagnato come un pulcino e con le occhiaie anche sua madre avrebbe faticato a riconoscerlo, le serviva solo un’occhiata più attenta.

La ragazza non sollevò nemmeno lo sguardo, continuando a fare quello che stava facendo.

   -Non tutti raggiungono livelli di popolarità da essere poi conosciuti da chiunque- disse- Magari col tempo diventerai famoso come Miyavi o Ken Watanabe. Cosa sei, un attore?

Il ragazzo non rispose. Rovistò nella sua borsa, estrasse qualche moneta e la posò sul bancone. Senza dire nulla recuperò tutta la sua roba e, a dispetto del maltempo, uscì dal locale sparendo oltre la porta.

Yoshida e Suzuki erano rimasti immobili ad osservare la scena.

   -Ma che ho detto?- chiese lei un poco confusa.

L’uomo sbuffò divertito- Credo che tu abbia ferito il suo orgoglio di idol. Quello era Matsumoto Jun.

La ragazza sbatté le palpebre, girando la testa verso l’ingresso, anche se non c’era più nulla da guardare.

   -Quel Matsumoto Jun?

 

 

                        

 

 

 

 

“Cosa sei, un attore?”

“Si, sono un attore. E un cantante. E un presentatore.” pensò Jun mentre entrava nel suo appartamento. Si tolse le scarpe, che abbandonò accanto alla porta, e si diresse verso il salotto, lasciando impronte umide sul parquet.

Appoggiò il soprabito su un bracciolo del divano, poi continuò dritto verso il bagno dove, una volta entrato, prese a far scorrere l’acqua calda della doccia, mentre cominciava a svestirsi.

Quando entrò nell’abitacolo per un attimo il suo corpo rabbrividì a contatto con il getto d’acqua; avrebbe preferito un bel bagno, ma non ne aveva il tempo e soprattutto avrebbe rischiato di addormentarsi nella vasca.

Chiuse gli occhi mentre i suoi muscoli si rilassavano sotto il calore.

Si sentiva piuttosto stupido per la reazione avuta al locale, per essere scappato via in quel modo. Nemmeno lui si aspettava di restare così male per non essere stato riconosciuto, da una persona che poi seguiva assiduamente il suo drama. Rabbrividiva al pensiero di ciò che ora quella ragazza pensava di lui: probabilmente lo considerava uno di quei classici attori che non riescono a sfondare. Ma in fondo cosa gli importava della sua opinione? Metà della nazione sapeva benissimo chi era. Era sciocco prendersela solo perché una persona non lo aveva riconosciuto.

La cosa migliore era chiedere a Yoshida i turni della ragazza, in modo da evitare il più possibile altre scene di quel genere. Non che temesse un confronto con lei. Assolutamente.

Voleva solo stare tranquillo nei pochi momenti di relax che poteva concedersi.

Si, era così.

 

 

 

 

   -Sveglia Matsujun!!!

La voce squillante di Aiba dall’altra parte del telefono era tremendamente penetrante, ma forse era solo dovuto al fatto che era in piedi da appena cinque minuti.

   -Sono sveglio…- rispose Jun, stropicciandosi gli occhi- Purtroppo.

   -So che oggi è il tuo giorno libero, ma ti andrebbe di accompagnarmi a Ueno?- chiese l’amico- Devo fare un sopraluogo per Doubutsuen*.

Il silenzio che seguì era carico di sottointesi, ma Aiba non si arrese, mettendo in campo le sue migliori doti di persuasione. Alla fine Matsumoto cedette, più per esasperazione che per altro, ma si convinse che in fondo un giro all’aria aperta gli avrebbe fatto bene.

Anche se Masaki aveva promesso di offrirgli qualcosa per il pranzo, mangiò comunque un panino ripieno di marmellata di azuki*, per non uscire di casa con lo stomaco brontolante.

Non aveva voglia di mettere le lenti a contatto, così inforcò i suoi occhiali appoggiati sul comodino.

Indossò il paio di jeans più pesanti che aveva, infilati dentro gli anfibi, una maglietta bianca e una camicia di flanella a quadri. Quell’abbigliamento faceva molto “boscaiolo”, ma per una volta voleva fregarsene dell’aspetto e stare comodo.

Indossati giacca e cappello uscì di casa, avviandosi verso la metropolitana. Viveva a pochi minuti dalla stazione di Ikebukuro, il che gli risultava molto comodo per spostarsi, dato che muoversi per Tokyo in automobile richiedeva una buona dose di pazienza, di cui spesso lui era carente. Da lì poteva accedere a varie linee dei treni, soprattutto quella della Yamanote* che disegnava un circolo che toccava i principali quartieri della città. Prendendola, poteva arrivare a Ueno in circa venti minuti.

Salito sul treno, fu lieto di trovare il vagone piuttosto libero, con solo qualche casalinga armata di sacchetti della spesa e un paio di pensionati intenti a leggere il giornale. Si sedette nel posto adiacente alle porte scorrevoli e per tutto il viaggio osservò le pubblicità che passavano sui piccoli schermi televisivi del vagone*, con gli auricolari nelle orecchie.

Arrivato a destinazione trovò Aiba ad aspettarlo proprio all’uscita dei tornelli e insieme si diressero verso il parco faunistico. Si accertò che entrambi fossero ben coperti dai cappelli e costrinse Masaki a indossare il suo paio di occhiali da sole, per essere il meno riconoscibile possibile.

   -C’è pochissima gente in giro per il parco a quest’ora…- disse Aiba- Secondo me con questi occhiali da sole attiro di più l’attenzione.

Era la stessa cosa detta da Yoshida e Jun si irrigidì al pensiero della sera precedente. Masaki sembrò non notarlo e proseguì nel suo chiacchierare imperterrito.

   -Come è andato il servizio fotografico di ieri? È per pubblicizzare il nuovo drama, vero? Come hai detto che si chiama?

   -“Bambino”*- rispose l’altro- Dovresti ricordartelo, visto che la theme song è “We can make it”.

L’amico fece un sorriso- Sbadato come al solito. Dopo cosa hai fatto?

Jun scrollò le spalle- Sono andato al solito bar, poi sono tornato a casa.

   -Il famoso bar del signor Yoshida? Un giorno dovresti portare anche noi.

   -Non è niente di particolare…- borbottò Matsumoto- Inoltre recentemente il servizio lascia a desiderare.

L’altro ragazzo sbatté le palpebre perplesso e aprì la bocca per dire qualcosa, ma l’amico lo zittì scuotendo una mano, per poi indicare la biglietteria dello zoo, davanti alla quale erano giunti. All’ingresso, quelli che sembravano, abbastanza chiaramente, i membri di una troupe televisiva, fecero loro segno di raggiungerli. Una volta entrati Jun lasciò che Aiba facesse il suo lavoro, lasciandolo con i produttori del programma, e ne approfittò per girare indisturbato per il parco.*

Attraversò la piccola foresta e le gallerie che permettevano di vedere animali come i gorilla e i grossi felini; passeggiò davanti alle gabbie delle scimmie e al recinto dell’elefante; per un po’ rifletté se prendere il trenino panoramico che trasportava i visitatori nella seconda parte dello zoo, ma alla fine decise di andare a piedi. Si mantenne sulla parte destra del sentiero, per vedere gli ultimi recinti e poi dirigersi all’uscita costeggiando il lago artificiale che ospitava principalmente uccelli acquatici.

Si soffermò ad osservare la vasca degli ippopotami, davanti alla quale vide una bambina di circa cinque anni, che camminava lentamente, dando l’idea di sentirsi disorientata. Subito Jun pensò che si fosse persa, dato che non scorgeva alcun adulto nei paraggi, a parte lui, ma sperò anche di sbagliarsi: non sapeva approcciarsi molto bene ai bambini, come gli anni di episodi di Mago Mago Arashi* avevano dimostrato. Tuttavia, se la bambina era davvero in difficoltà non poteva certo lasciarla lì.

Riprese a camminare, passando dietro alla ragazzina e attendendo una qualche reazione da parte sua; per un attimo pensò che non sarebbe successo niente, ma poi sentì qualcosa trattenerlo per i pantaloni. Abbassò lo sguardo e vide la bambina aggrappata con una mano ai suoi jeans.

Prese un respiro e si chinò, abbassandosi alla sua altezza.

   -Tutto bene?- le chiese.

Lei scosse il capo, mostrando un paio di grandi occhi umidi di un pianto imminente, che Jun sperò non scoppiasse mai.

   -Ti sei persa? Come ti chiami?

Lei annuì e con la manina strinse la manica della giacca del ragazzo, poi sollevò di nuovo lo sguardo su di lui.

   -Mai- rispose solamente.

Matsumoto la prese in braccio e si rimise in piedi- Va bene Mai, sai dove possiamo trovare i tuoi genitori?

La bambina non rispose e Jun era ormai convinto di portarla all’ufficio informazioni, per far mandare un annuncio, ma poi la sentì borbottare qualcosa. La sistemò meglio fra le braccia, lanciandole uno sguardo di incoraggiamento.

   -Lemuri…- disse.

Lemuri. Un po’ scarso come indizio e la bambina non sembrava intenzionata ad aggiungere altro. Forse era un punto di ritrovo concordato con chi l’aveva accompagnata? Si guardò attorno alla ricerca di una cartina del parco e quando la trovò cercò di localizzare la zona dei lemuri. Per fortuna era lì vicino e costeggiava il lago artificiale. Quando la raggiunsero Jun osservò le poche persone che si trovavano lì, sperando di vederne una alla chiara ricerca di qualcuno.

All’improvviso la bambina prese ad agitarsi fra le sue braccia e lui fu costretto a metterla giù; appena toccò terra si mise a correre verso una figura femminile, che si guardava attorno davanti al recinto dei lemuri e il ragazzo si affrettò a seguirla.

   -Nee-chan! Nee-chan!*- esclamò Mai.

La ragazza si voltò verso di lei e la prese in braccio appena la raggiunse.

   -Eccoti, finalmente! Meno male che avevamo stabilito di trovarci qui, nel caso ti fossi persa.- il volto era coperto dai capelli della più piccola, e il ragazzo non riusciva a vederla bene.

   -Mi ha aiutato Nii-san*- aggiunse la bambina, indicando Matsumoto, che le aveva raggiunte.

La ragazza rivolse lo sguardo al nuovo arrivato e lui si bloccò esattamente dov’era. La prima cosa che notò furono i brillanti occhi verdi, che la sera prima, nella penombra del locale, non aveva notato. Non indossava il grembiule e i lunghi capelli neri non erano raccolti, ma quella che si trovava davanti a lui era senza dubbio Suzuki, la cameriera del bar di Yoshida.

 

Dopo un paio di secondi di sbalordimento Jun aprì la bocca, cercando qualcosa da dire, ma la ragazza lo precedette.

   -La ringrazio moltissimo per aver aiutato la mia nipotina- disse chinando il capo- In un momento di distrazione l’ho persa di vista.

Suzuki gli sorrise e la bambina fece altrettanto. Jun non riusciva a credere a quello che stava succedendo. Pensò di sbagliarsi, ma lo sguardo impassibile della ragazza, che sembrava non voler aggiungere altro, lo convinse. Non lo aveva riconosciuto. Di nuovo.

Non sapeva assolutamente cosa dire e il silenzio prolungato provocò lo sguardo accigliato di Suzuki. Era chiaro come iniziasse a pensare che fosse un tipo strano e che forse era il caso di allontanarsi.

   -Ehm…si, allora grazie ancora e arrivederci…- la ragazza fece per andarsene, ma Matsumoto la fermò trattenendola per un braccio. Vide un’ombra di preoccupazione attraversare quegli occhi verdi e avrebbe quasi potuto mettersi a ridere per l’assurdità della situazione.

   -Non mi riconosci?- le chiese.

Lei sbatté le palpebre un paio di volte e corrugò lievemente le sopracciglia, riflettendo. Bastarono pochi istanti perché sgranasse gli occhi e aprisse la bocca in un silenzioso “Oh”.

Jun le lasciò andare il braccio.

   -Matsumoto!- esclamò lei- Con gli occhiali, non ti avevo riconosciuto.

   -Ieri sera non avevo gli occhiali…- fece notare lui, squadrandola da capo a piedi. Aveva messo giù la bambina e ora la teneva per mano.

La ragazza fece spallucce- Vabè, meglio così no? Per voi idol il rischio di andare in giro è proprio quello che la gente potrebbe riconoscervi.

   -E segui anche Hana Yori Dango…- aggiunse lui senza prestare attenzione alla frase detta.

Suzuki arricciò le labbra- Non te la stia prendendo troppo, per questa storia?

Jun sentì le guance avvampare- Assolutamente no. Non sono così infantile!

Suzuki sorrise- Io non l’ho detto…

   -E comunque, non mi stai parlando con troppa confidenza?- continuò il ragazzo, di nuovo senza prestare attenzione alle parole della sua interlocutrice- Praticamente siamo estranei.

La ragazza prese un cappello di lana dalla sua borsa e lo mise in testa alla bambina. Controllò il cellulare, poi tornò a guardare Jun.

   -Mi chiamo Suzuki Haruko. Ecco, ora non siamo più estranei.

Il ragazzo rimase in silenzio, scandendo il nome nella sua mente.

   -Tu invece sei Matsumoto Jun- continuò lei- Cercherò di non dimenticarlo.

Jun non sapeva decidere se essere affascinato o irritato dal sorriso della ragazza, mentre diceva quell’ultima frase. Aveva chiaramente percepito una nota ironica.

Sia lei che la bambina lo ringraziarono un’ultima volta, poi lo salutarono e si diressero mano nella mano all’uscita, incrociando Aiba che correva verso l’amico.

Quando il giovane lo raggiunse, rivolse uno sguardo alla ragazza e alla bambina che oltrepassavano i tornelli.

   -Ti ho visto parlare con loro. Chi sono?-gli chiese incuriosito.

   -Conoscenti- rispose Matsumoto vago, abbassandosi di più il cappello sulla testa, e sistemandosi meglio gli occhiali sul naso.

   -La ragazza è davvero carina…- aggiunse Masaki con aria sognante.

Jun guardò l’amico e storse le labbra- No, affatto.

 

 

 

Fine capitolo uno

 

 

 

 

NOTE

*Hana Yori Dango Returns, in onda da gennaio a marzo 2007.

*Tensai Shimura Doubutsuen: lo show televisivo in cui, a partire dal 2004, Aiba ha avuto un ruolo fisso.

*azuki: fagioli rossi giapponesi, usati per realizzare moltissimi dolci.

*a chi interessasse, ecco una mappa delle linee di Tokyo (delle più esterne se ne vede solo un accenno) è stata la mia fida compagna nel mese di vagabondaggi per la città XD http://2.bp.blogspot.com/_lgO70rGXyHo/Ssz6rI-vEbI/AAAAAAAACKI/3nazxp7SHco/s1600-h/mappa_metro_tokyo.gif

*ebbene si, in molti treni giapponesi ci sono degli schermi dove passano varie pubblicità durante il viaggio XD

*Bambino: il drama con Jun protagonista, andato in onda da aprile a giugno 2007. “We can make it” era la sigla cantata dagli Arashi.

*piccola mappa dello zoo di Ueno http://waitingtokyo.files.wordpress.com/2008/12/immagine-12.png?w=510&h=357

*Mago Mago Arashi: programma televisivo degli Arashi, andato in onda da aprile 2005 a ottobre 2007. Il programma era diviso in varie sezioni, una delle quali prevedeva che gli Arashi, a coppie, trascorressero una giornata facendo da baby-sitter a dei bambini, giocando e cucinando per loro.

*Nee-chan: letteralmente “sorellona”, ma i bambini molto spesso lo usano per rivolgersi a ragazze più grandi, non necessariamente parenti.

*Nii-san: “fratellone”, vedi sopra.

 

Nota sul titolo:

Koibito” è la parola giapponese che indica l’amante, l’innamorato, il partner. Nella lingua giapponese non c’è distinzione di genere, nel senso che le parole non hanno maschile o femminile, quindi “koibito” può essere riferito sia a una donna che a un uomo.

“ha” è la particella che indica il tema/soggetto della frase (la pronuncia in questo caso è “wa”)

chotto” significa “un po’”

baka” è stupido

“da yo” è il verbo essere accompagnato da una particella che enfatizza.

In conclusione il titolo può essere tradotto “Il mio amore è un po’ stupido/a”.

Grazie dell’attenzione XD

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle persone citate,  offenderle in alcun modo

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Capitolo 2
*** Jitsu ha kimi wo shitteru ***


恋人はちょっとバカだよ。

Koibito ha chotto baka da yo.

 

 

Capitolo 2

実は君を知ってる

Jitsu ha kimi wo shitteru (In realtà, ti conosco)

 

La sveglia stava suonando. Se ne rendeva conto perfettamente, mentre cercava di ricordare il motivo per cui avrebbe dovuto darle retta. Allungò stancamente un braccio, tastando alla cieca il comodino e quando percepì la forma dell’oggetto sotto la sua mano, premette il pulsante in cima.

Ancora cinque minuti.

Si rigirò sotto le coperte, affondando un lato del viso nel cuscino e beandosi della sensazione di torpore in cui la mente galleggiava durante il dormiveglia. I pensieri non prendevano una forma definita, mescolandosi ai ricordi ancora freschi dell’ultimo sogno, in una sorta di continuazione con la realtà; ricordava un ragazzo alto e moro, con gli occhiali forse, e una sensazione di calore all’altezza del cuore. Le stringeva una mano e le mostrava qualcosa davanti a loro, ridendo.

La sua mente ripassò quelle immagini tre, quattro, cinque volte, finché il trillo acuto della sveglia non tornò a rompere il silenzio e i ricordi del sogno svanirono come una bolla di sapone.

Spegnendo definitivamente il diabolico oggetto, Haruko si tirò a sedere sul futon*, slanciando all’indietro le braccia per stirare i muscoli e riattivare la circolazione. Che lo volesse o no, la giornata doveva iniziare e in fretta anche.

Scostò le coperte scalciando con le gambe e si mise in piedi subito dopo, guardandosi brevemente attorno; non c’era molto da osservare nel suo appartamento, costituito da due stanze, separate da degli shoji*: nella prima, cui si accedeva dall’ingresso, c’era il mobile della cucina, il televisore in un angolo e al centro un piccolo kotatsu*, dato il periodo dell’anno. Nella seconda, un poco più piccola, si trovavano una scrivania e il futon, con altri shoji che nascondevano un armadio a muro. L’unica altra stanza presente era il piccolo bagno. Fu proprio verso quello che Haruko si diresse, per poi uscirne pochi minuti dopo con il viso lavato e la sola biancheria addosso; tornò nella camera da letto e prese i vestiti posati sulla sedia della scrivania, un paio di jeans pesanti e un maglione con scollo a barca. Percependo un movimento con la coda dell’occhio lanciò uno sguardo verso il kotatsu, attraverso gli shoji aperti, e un paio di zampe arancioni fecero la loro comparsa da sotto la coperta; furono seguite subito dopo dal muso tigrato di un grosso gatto dall’aria assonnata, che spalancò le fauci in un silenzioso sbadiglio. L’animale si stirò la schiena e poi zampettò in direzione del frigorifero, emettendo un sonoro miagolio chiaramente indirizzato alla padrona.

Haruko terminò di vestirsi e controllò che nella sua borsa ci fosse tutto il necessario per la giornata, poi si diresse verso la cucina dove accese il bollitore dell’acqua; mentre questa scaldava aprì il frigo e prelevò una bustina di cibo per gatti, che scartò e svuotò nella ciotola lì accanto. Il micio attese pazientemente la fine del procedimento, per poi fiondarsi senza remore sulla sua meritata colazione.

Nel frattempo l’acqua iniziò a bollire e la ragazza la versò nella tazza che aveva appena preparato con la bustina di tè verde; lasciò tutto in infusione per qualche minuto, mentre sceglieva dalla dispensa una merendina poco sana ma molto gustosa con la quale darsi una bella botta di zuccheri.

Mangiò la colazione guardando distrattamente il notiziario del mattino, poi posò tutto nel lavandino e controllando l’ora sul suo orologio da polso recuperò la borsa dalla scrivania. Si accucciò sul gradino dell’ingresso, per indossare le scarpe, mentre il gatto le si strofinava contro la schiena; indossò il cappotto ed tirò fuori le chiavi dalla borsa.

   -Ittekimasu*- disse rivolta al micio arancione che la guardava socchiudendo lentamente gli occhi.

Haruko sorrise e uscì di casa.

 

 

 

 

 

Quando uscì dai tornelli della Yamanote, a Yoyogi, Haruko si rese conto di essere in anticipo, così si lasciò trasportare dalle scale mobili, cedendo il passaggio a chi andava di fretta. Fu così che notò appeso al muro un cartellone pubblicitario; sulla sua superficie troneggiavano cinque ragazzi in bianco e nero ben vestiti, i volti seri e concentrati, mentre in basso, in un angolo, spiccava la scritta bianca “We can make it!” con il punto esclamativo decorato a bandiera italiana.*

Gli occhi di Haruko si soffermarono sul volto in alto a sinistra: Matsumoto la fissava con sguardo truce e affascinante. Era veramente bello, ma lei non poté fare a meno di sorridere ripensando agli incontri avuti con lui solo due giorni prima. Erano state particolarmente divertenti le sue espressioni quando si era reso conto di non essere stato riconosciuto.

Ok, la prima volta non era stato così. Quella sera, nel bar di Yoshida, aveva capito subito chi era, non appena aveva sollevato il viso dopo averlo accidentalmente annaffiato di acqua; sul momento erano stati entrambi troppo presi dall’incidente, ma dopo le risposte stizzite di lui le era venuto quasi spontaneo fingere di non avere idea di chi fosse. Era una sorta di ripicca, senza contare che dentro di lei aveva prevalso l’istinto di non mostrarsi come una fan sfegatata e senza ritegno: una specie di giuramento che aveva fatto a sé stessa, nel remoto caso in cui le fosse capitato di incontrare un personaggio famoso. Ovviamente non aveva mai preso seriamente in considerazione l’ipotesi e forse fingere di non conoscerlo del tutto era stato eccessivo, dato che aveva anche ammesso di seguire il suo dorama. Ma l’espressione basita del ragazzo era stata tremendamente appagante!

Il giorno dopo al parco di Ueno però non lo aveva fatto apposta. Prima di tutto non avrebbe mai pensato di rivederlo lì e così presto, e soprattutto, con il cappello e gli occhiali da vista, aveva davvero dovuto impiegare un po’ di tempo per rendersi conto che era lui.

Haruko sorrise di nuovo ripensando come Matsumoto era parso rassegnato dall’evento e per poco non rischiò di fare un volo in avanti, accorgendosi all’ultimo secondo che la rampa della scala mobile era finita. Si guardò attorno per vedere se qualcuno aveva notato la sua gaffe, ma tutti andavano per la loro strada, facendosi gli affari propri.

Lanciando un’ultima occhiata al cartellone pubblicitario si appuntò mentalmente di controllare l’uscita prevista per il nuovo singolo degli Arashi. Probabilmente non gli sarebbe mai più capitato di incontrare Matsumoto Jun in carne ed ossa, quindi tanto valeva tornare alle sue attività di fangirl e smettere di pensarci.

 

 

 

 

 

 

 

Entrando nel camerino Jun fu travolto da urla entusiaste, provenienti dall’individuo molto rumoroso seduto a un angolo del tavolo posizionato al centro della stanza: Masaki stava rannicchiato sulla sedia, brandendo in mano un oggetto giallo che Matsumoto riconobbe come il NintendoDS di Ninomiya, il quale era seduto accanto al compagno, palesemente in ansia per come quest’ultimo agitava la sua console portatile.

   -Smettila di essere così agitato, non te lo mangio mica- esclamò Aiba, gli occhi che luccicavano mentre si concentrava nel gioco.

Nino sfoggiò un’espressione molto scettica, non perdendosi nemmeno un movimento dell’amico.

Vedendo Jun, Sakurai gli indicò la sedia libera vicino a lui e la lattina posata sul tavolo, in attesa di essere bevuta.

   -Hai finito tutte le foto per la tua parte?- chiese Sho, posando la rivista che stava leggendo.

   -Si, fra poco me ne vado- rispose Matsumoto staccando la linguetta metallica- Mi dispiace non poter pranzare con voi.

   -Vorrà dire che domani, dopo le riprese, il pranzo lo offri tu!- propose Ohno sorridendo, seduto poco lontano sul divano.

Jun si mise a ridere- D’accordo, passerò al konbini* a prendere un paio di bentou* pronti.

Masaki sollevò la testa dal videogioco- Eeeeeh? Vuoi rifilarci dei tristi bentou del konbini? Come sei crudele Matsu-jun!

   -Sono d’accordo!- intervenne Nino- Come minimo devi portarci in un bel locale!

Matsumoto scosse la testa- Non ci penso proprio a spendere troppi soldi per voi- ma subito dopo sfoggiò un enorme sorriso, mentre anche gli altri ridevano.

   -Ehi un momento!- esclamò Aiba, sventolando il Nintendo per attirare l’attenzione- Lo so io dove possiamo andare. Al locale di Yoshicoso-san.

   -Yoshida-san- lo corresse subito Jun- E comunque, assolutamente no- come per sottolineare la sua affermazione, incrociò le braccia al petto.

   -Non sarebbe una cattiva idea- commentò Sho, come se non avesse nemmeno sentito l’obbiezione dell’altro- Ma sbaglio o è a Ikebukuro? Le riprese di domani sono a Odaiba, è troppo lontano da raggiungere nella pausa pranzo.

   -Allora andiamo per il tuo compleanno- propose Ninomiya, estraendo il cellulare dalla tasca per controllare il calendario- La sera del 25 siamo tutti liberi.

   -Ehi, aspettate un attimo- intervenne Jun- Ho appena detto di no.

Gli altri lo ignorarono completamente e lui si appoggiò allo schienale della sedia, sconsolato. Sapeva che prima o poi si sarebbe pentito di aver raccontato di quel locale ai ragazzi; non che non volesse passare una serata con loro, ma fino a quel momento il bar di Yoshida era stato un posto solo suo, in cui rintanarsi nei momenti in cui aveva bisogno di allontanarsi dal mondo. Aveva paura che venisse come “profanato”. E poi, involontariamente, il pensiero indugiò anche su quella ragazza, Suzuki, e Jun provo l’irragionevole desiderio che i sui compagni di band non la conoscessero.

   -Allora siamo d’accordo, per le 8 davanti al bar. Ehi Matsu-jun, hai capito?- Aiba gli sventolò una mano davanti alla faccia.

Il ragazzo si alzò dalla sedia sospirando- Si, si, ho capito. Scusatemi ragazzi, ora devo proprio andare.

Gli altri annuirono e anche Sho si alzò dalla sedia, accompagnando l’amico alla porta.

   -Non ti preoccupare- gli disse posandogli una mano sulla spalla- Dopo giovedì sera, ci dimenticheremo dell’esistenza del bar di Yoshida.

Jun non poté fare a meno di sorridere- Grazie.

   -Buone riprese del drama!- gridarono in coro gli altri tre.

 

 

 

 

 

 

   ***Ci scusiamo di nuovo per il poco preavviso che le abbiamo dato. Di seguito ci sono le indicazioni per raggiungere il luogo della riprese.***

Haruko rilesse un’altra volta le informazioni contenute nell’e-mail, mentre il treno della metropolitana sfrecciava sulle rotaie.

Era stata una fortuna che l’avessero chiamata proprio durante la pausa di metà mattina e che avesse dimenticato il cellulare nella tasca dei pantaloni, invece di lasciarlo nell’armadietto, insieme alla borsa. Era un rappresentante di un’agenzia di reclutamento di comparse per i drama, alla quale si era iscritta nella speranza di racimolare qualche soldo in più, e quella mattina l’avevano chiamata per un ruolo dell’ultimo momento.

Nonostante il poco preavviso era riuscita ad organizzarsi, dato che il pomeriggio era quasi sempre libera e la sua presenza era richiesta per le quindici. Non avevano neppure avuto il tempo di dirle il titolo della produzione, le avevano solo inviato un’e-mail con le indicazioni sul luogo dove avrebbe trovato la troupe televisiva.

Quando uscì dalla metropolitana di Roppongi* seguì la via principale che si trovò di fronte, per poi svoltare al primo incrocio; subito si rese conto di trovarsi su un set: una vasta zona era stata delimitata da numerose transenne, attorno alle quali si accalcavano molte persone, per lo più ragazze giovani, curiose di sbirciare qualche attore; oltre le transenne fremeva l’attività, con assistenti di produzione che correvano da una parte all’altra e cameraman che posizionavano le cineprese.

Haruko notò poco lontano una fila ordinata di persone, che una dopo l’altra oltrepassavano le transenne, dopo essere state approvate da una ragazza armata di una penna e un portadocumenti. Haruko si mise in fila e quando giunse il tuo turno quella che probabilmente era un’assistente di produzione le chiese il nome. Impiegò un paio di secondi a scorrere la lista, poi trovato il nominativo lo spuntò e le indicò il punto da raggiungere, dove altre persone si erano riunite, in attesa.

Senza una parola raggiunse il gruppo e prese a guardarsi attorno incuriosita.

Quella era solo la terza volta che la chiamavano per un lavoro simile e le precedenti erano state tutte delle produzioni abbastanza piccole, mentre quella aveva l’aria di essere importante; sicuramente c’era qualche famoso idol come attore principale.

   -Un po’ nervosa?

Haruko si voltò verso la voce che aveva parlato, trovandosi faccia a faccia con una ragazza appena più alta di lei, dai capelli corti e lo sguardo attento.

   -Come?- chiese, convinta di non aver capito bene.

La ragazza sorrise- Mi chiedevo se tu fossi nervosa come me, sai è la prima volta che faccio la comparsa.

Haruko scosse la testa- Io ho già provato, è semplice. Per lo più passeggi o fingi di fare qualcosa di poca importanza.

L’altra annuì- Capisco. Comunque piacere, mi chiamo Yayoi.

   -Haruko, piacere- rispose sorridendo e chinando un poco la testa.

   -Sembra stiano facendo molta pubblicità per questo drama- continuò Yayoi imperterrita- Il protagonista è un idol famoso, basta vedere la quantità di ragazzine accorse per sbirciare le riprese.

“Sono tutti idol famosi acclamati dalle ragazzine…” pensò Haruko mentre impostava la modalità silenziosa del cellulare e la ragazza continuava a parlare “e il successo del drama raramente è dovuto alle doti recitative..”.

Yayoi fu sul punto di dirle il titolo della serie televisive, quando un uomo pelato con la maglietta dello staff prese ad urlare dei nomi da una lista. Riconoscendo il suo cognome, Haruko seguì il resto delle istruzioni che ordivano alla persone nominate di andare a sistemarsi in una determinata zona del set; un altro paio di addetti fecero strada e Yayoi la salutò, facendole un gesto per farle capire di incontrarsi finito il lavoro.

   -Siete liberi per circa 15 minuti…- spiegò uno degli addetti al gruppo di persone di fronte a lui- Quando sentirete l’avviso all’altoparlante, dovrete tornare tutti in questo punto.  Dopo il “ciack” di inizio ripresa dovrete semplicemente prendere a camminare in quella direzione, nel modo più naturale possibile..

La spiegazione proseguì con altre istruzioni che Haruko conosceva già, così si allontanò dal gruppo per curiosare in giro.

Non andava a Roppongi molto spesso ed era ironico che le venisse voglia di gironzolare proprio in quel momento, dato anche il fatto che non poteva allontanarsi più di tanto. Guardò nella direzione indicata dall’addetto come quella verso la quale avrebbero dovuto camminare e proprio davanti a lei si innalzava un altissimo edificio: dalle numerose insegne all’ingresso capì che ospitava ristoranti di lusso, dislocati su vari piani.

Iniziò a camminare all’indietro, per avere una visuale migliore, pensando come non avrebbe mai potuto permettersi una cena in uno di quei locali, quando urtò qualcosa alle sue spalle.

   -Mi scusi!- esclamò voltandosi, pensando di trovarsi davanti un addetto della produzione, ma l’individuo che la fissava non aveva la maglietta dello staff.

   -Di nuovo tu…- borbottò Matsumoto lasciando scivolare a terra il borsone che faceva parte del suo costume di scena- Cosa ci fai qui?

Haruko sbatté un paio di volte le palpebre, cercando di metabolizzare il più velocemente possibile la situazione: quindi il drama per cui l’avevamo chiamata per fare la comparsa era Bambino! e l’idol poco dotato acclamato dalle ragazzine era…Jun.

   -Mi vuoi rispondere?- insisté il ragazzo, che iniziava a sentirsi ignorato.

   -Sono qui per fare la comparsa, mi hanno chiamata stamattina- rispose alla fine lei.

Matsumoto la osservò, arricciando le labbra in un modo che Haruko trovò decisamente troppo sexy.

   -Ti chiami “Haruko”…- disse lui- “Haru”…si, in effetti sei molto appiccicosa!- concluse con un sorriso ironico.

* -Sono nata in primavera…- sottolineò Haruko aggrottando le sopracciglia- E non sono venuta qui per te, è per lavoro!

   -Non mi è mai capitato di incontrare casualmente una persona così spesso come con te negli ultimi giorni.

   -C’è sempre una prima volta.

   -Sicura di non essere una mia fan?- domandò il ragazzo con un ghigno.

Haruko finse di riflettere sulla domanda, poi incrociò le braccia al petto- Sicura.

In quel momento una voce amplificata da un megafono avvisò tutti che iniziavano le riprese e Matsumoto si sistemò il borsone sulla spalla.

   -Devo andare. Spero di non rivederti- disse con un mezzo sorriso, poi girò sui tacchi e si incamminò verso la troupe.

Haruko aprì la bocca per ribattere ma non fece in tempo a dire nulla e si limitò ad osservare la schiena del ragazzo con sguardo truce.

“Che individuo odioso”.

 

 

 

 

Yayoi chiuse il cellulare con uno scatto, subito dopo aver finito di salvare in memoria il numero di telefono e l’indirizzo e-mail. Haruko aveva appena fatto lo stesso.

   -Se ti va, un giorno possiamo andare a pranzo insieme- propose la ragazza dai capelli corti.

Haruko annuì- Mi farebbe piacere.

   -Ora devo andare al lavoro. Faccio la cuoca in un ristorante qui vicino.

   -Davvero?- chiese l’altra incuriosita.

   -Si, cucina italiana- Yayoi fece un sorriso- Forse dovrei fare io la protagonista di questo drama.

Anche Haruko si mise a ridere poi, salutata la ragazza, si decise a incamminarsi verso la metropolitana.

Attorno a lei il set era quasi del tutto smontato, le transenne erano state tolte e le persone normali stavano ricominciando a popolare la parte della strada bloccata per le riprese. Anche gli addetti dello staff ormai si confondevano fra la folla, portando via le attrezzature.

Anche quel giorno il lavoro era stato semplice e aveva portato via poco tempo; Haruko camminava pensando, contenta, che sarebbe riuscita a tornare a casa prima del previsto, quando una grossa goccia d’acqua la colpì direttamente in fronte. Nel tempo che impiegò per rendersene conto, molte altre gocce iniziarono a cadere sempre più fitte ed Haruko aprì in fretta la sua borsa. Inutile. Come suo solito aveva dimenticato l’ombrello pieghevole, che con ogni probabilità giaceva solitario davanti alla porta d’ingresso, a casa.

Rassegnata a bagnarsi completamente prima di arrivare alla metropolitana, decise almeno di aumentare il passo, ma in quel momento una figura alta le si affiancò, coprendola con un grande ombrello trasparente.

Haruko sollevò lo sguardo verso il volto del ragazzo, nascosto da un paio di grossi occhiali da sole; la testa era completamente coperta dal cappuccio grigio di una felpa, che spuntava da sotto il giubbotto.

   -Cosa ci fai qui?- chiese lei.

Matsumoto fece spallucce- Ti ho vista senza ombrello, così…

   -Devo andare alla metropolitana…

Il ragazzo si guardò brevemente attorno, poi annuì- Posso accompagnarti.

Haruko lo scrutò per un istante e poi sorrise- Bene, grazie.

Presero a camminare verso la loro destinazione, poi la ragazza lanciò uno sguardo di sbieco al suo accompagnatore.

   -Non rischi di dare nell’occhio, con quegli occhiali durante un acquazzone?

   -La gente ci fa meno caso di quel che si crede- rispose lui, sollevando leggermente l’ombrello.

Haruko notò che nonostante camminassero così vicini, Matsumoto faceva molta attenzione affinché le loro braccia non si scontrassero, come molto spesso avviene camminando sotto l’ombrello con una persona. Era senza dubbio un gesto di cortesia, visto che in fondo non si conoscevano per niente. Ma il pensiero suonò strano ad Haruko, che per qualche ragione non sentiva affatto quel ragazzo come un estraneo; probabilmente era dovuto al fatto che lo conosceva come personaggio famoso e senza dubbio sapeva su di lui molte più cose di quante Jun avrebbe potuto saperne di lei. Anzi, lui non sapeva proprio niente di lei.

Era quella la sensazione che dava conoscere un idol? Sentire che l’unica cosa che avevano in comune era lui stesso?

   -Quindi, quando non sei al bar di Yoshida-san, lavori come comparsa?

Haruko sbatté le palpebre e girò la testa verso sinistra quando si accorse che Matsumoto aveva parlato. Impiegò un paio di secondi a rielaborare la domanda.

   -Quello della comparsa è un lavoro a tempo perso e da Yoshida-san vado solo tre sere a settimana. Il mio lavoro principale è in un asilo.

Matsumoto parve incuriosito- Sei laureata?

   -Non proprio. Ho frequentato una scuola di specializzazione per scienze dell’educazione e adesso lavoro nell’asilo di mia sorella.

   -Tua sorella ha un asilo???- chiese lui alzando la voce.

Haruko si mise a ridere- Ma no, è solo la preside.

Jun aprì la bocca in un silenzioso “aaaah”.

   -E’ la madre di Mai-chan?- domandò poi.

La ragazza annuì- Non pensavo ti ricordassi il nome di mia nipote.

   -E’ difficile da dimenticare una bambina così carina..molto diversa dalla zia.

Haruko spalancò gli occhi, pronta a ribattere a tono ma Matsumoto era già scoppiato in una limpida risata, che gli stava illuminando il viso nonostante gli occhiali da sole ne nascondessero una parte. Alla fine anche Haruko si mise a ridere.

   -Sei arrivata- disse il ragazzo, fermandosi davanti all’ingresso della metropolitana; al riparo sotto la tettoia, chiuse l’ombrello trasparente.

   -Ti ringrazio per il passaggio.

   -E’ stato un piacere- rispose lui- E dimmi, quando hai il prossimo turno al bar?

   -Perché lo vuoi sapere?

Matsumoto scrollò le spalle e sorrise- Per evitarti o magari proprio per trovarmi lì al momento giusto.

Haruko scrutò il ragazzo un istante. Se non fosse stato un famosissimo idol osannato da centinaia di ragazzine avrebbe detto che stava flirtando; ma non poteva essere, giusto?

Fece qualche passo indietro, verso i tornelli della metropolitana.

   -Non sono solita dire i miei orari di lavoro agli sconosciuti- rispose sorridendo; se stava flirtando, tanto valeva stare al gioco.

   -Allora dimmi solo una cosa- Jun sollevò un poco gli occhiali da sole, in modo da guardarla negli occhi- In realtà hai sempre saputo chi fossi, vero?

Haruko si mise a ridere -Dovrai tenerti il dubbio.

 

 

 

Fine capitolo due

 

 

 

 

 

NOTE

*futon: tipico materasso giapponese, generalmente steso direttamente a terra o su tatami (tradizionale pavimentazione giapponese)

*shoji: sono dei divisori, che posso fungere anche da porte e finestre. Sono composti da legno o bamboo, per l’intelaiatura, e da carta. Al giorno d’oggi sono usati anche materiali plastici.

*kotatsu: basso tavolo giapponese, fornito di coperta e dotato di un sistema di riscaldamento, generalmente elettrico. http://www.unplggd.com/uimages/unplggd/101508Kotatsu-04.jpg

*ittekimasu: espressione che utilizza la persona che se ne da un luogo, con il sottointeso di farci ritorno. Letteralmente infatti significa “vado e torno”. La persona che resta risponde “itterasshai”.

*questa è la foto cui mi riferisco

http://4.bp.blogspot.com/_B0kDzelDR14/SWNuYDrKLnI/AAAAAAAAErk/j_xwqFBLJ9s/s200/arashi_we_can_make_it_re.jpg

*konbini: piccoli supermercati aperti 24 ore su 24.

*bentou: pranzo monoporzione, preconfezionato. Può essere preparato a casa (tipo pranzo al sacco, per intenderci XD) oppure acquistato nei supermercati.

*Roppongi: famoso quartiere di Tokyo, molto alla moda.

*il nome di Haruko è scritto con i kanji di HARU “primavera” e KO “bambino, figlio” quindi il suo nome significa “figlia della primavera” ma in giapponese esiste anche il verbo HARU貼る “appiccicare, attaccare” ed ecco spiegata la battuta di Jun XD

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle persone citate,  offenderle in alcun modo

 

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Capitolo 3
*** Bakuchi ***


Capitolo 3

博打

Bakuchi (Gioco d’azzardo)

 

   -Avanti, muoviti, sei bellissimo così come sei- sentenziò Ninomiya, seduto sul divano e intento a sfogliare una rivista.

Jun si sporse dalla porta del bagno per rivolgergli un’occhiataccia, poi tornò a guardarsi allo specchio per dare l’ultimo tocco di gel ai suoi capelli. Che male c’era nell’adoperarsi per uscire di casa al meglio?

Come se gli avesse letto nel pensiero, Nino rialzò lo sguardo dalla rivista- Dobbiamo solo andare a comprare un regalo di compleanno per Sho, non c’è bisogno di far svenire tutte le ragazze che incontriamo lungo la strada- disse il ragazzo con un ghigno.

Jun sbuffò. Erano o no affari suoi il modo in cui si vestiva e acconciava anche solo per andare a prendere un regalo? Lo irritava da morire sentire qualsiasi allusione al suo essere troppo vanesio. Ok, Nino non aveva propriamente usato quell’espressione e poteva darsi che lui avesse un po’ la coda di paglia. Ma, al diavolo! E comunque non aveva voglia di discutere, quindi decise di lasciar perdere.

   -Ho finito- lo informò uscendo dal bagno e dirigendosi verso l’attaccapanni all’ingresso. Prese il suo cappotto nero lungo fino a mezza coscia e infilò una mano nella tasca destra, per controllare che vi fossero le chiavi- Non eri tu a dire che dovevamo muoverci?- alzò gli occhi verso Kazunari, che fissava con sguardo contrito una pagina del giornale.

   -Nino…

L’amico sventolò una mano facendo segno all’altro di avvicinarsi- Ma questo non sei tu?

Jun drizzò le spalle sull’attenti e si affrettò a raggiungerlo per verificare di cosa stesse parlando. Gli prese il giornale dalle mani e la sua attenzione fu catturata da una foto in bianco e nero sul parte bassa della pagina: un ragazzo e una ragazza camminavano sotto lo stesso ombrello, lui avvolto in un giubbotto, con il cappuccio della felpa che copriva praticamente tutta la testa e gli occhiali da sole completavano il camuffamento. Quel giorno Jun si era coperto talmente bene che solo un occhio molto attento e che lo conosceva bene come Nino avrebbe potuto notare che fosse lui. La ragazza invece era chiaramente Suzuki.

Matsumoto lesse rapidamente qualche frase dell’articolo, che parlava di appuntamenti e uscite romantiche. Niente di rilevante insomma; la foto era stata scattata per puro caso.

   -Chi è quella ragazza?- domandò Ninomiya appoggiando le braccia alla spalliera del divano.

   -Nessuno- commentò Jun lasciando cadere la rivista sul tavolino- Solo una comparsa del mio drama.

   -E le tue comparse le accompagni tutte sotto l’ombrello?- chiese sardonico l’altro. Riprese il giornale e lo avvicinò al viso, per osservare meglio la fotografia- Molto carina. Adoro le ragazze con i capelli molto lunghi.

Matsumoto percepì una nota provocatoria nella sua voce, ma non volendo dare corda all’amico si limitò a posare le mani sui fianchi con fare impaziente.

   -Andiamo?

Evidentemente non bastava evitare di rispondere per impedire a Nino di proseguire nei suoi intenti molesti.

   -Non mi avevi detto che uscivi con qualcuno.

Jun sospirò- Non ci sto uscendo insieme. Te l’ho detto, è solo una conoscente.

Kazunari si alzò in piedi, lasciando il giornale sul divano- Capisco. Quindi non ti dispiace se ci provo io, giusto?

Matsumoto osservò per qualche attimo l’espressione divertita sul volto del compagno di band, cercando di decidere se mandarlo a quel paese o no. Ma in fondo cosa importava se Nino ci provava con Suzuki? Di sicuro a lui non importava proprio nulla.

   -Fai pure- sentenziò con tono laconico- Ora andiamo.

Ninomiya si infilò la sua giacca a vento, l’espressione sul viso apertamente beffarda- L’hai detto tu eh…

 

 

 

Haruko terminò di passare lo straccio sull’ultimo dei tavoli quadrati che arredavano il piccolo locale, mentre il signor Yoshida, dietro il bancone, asciugava distrattamente dei bicchieri; il televisore da 40 pollici, appeso alla parete rivolta verso l’ingresso, mandava in onda un notiziario.

La ragazza prese la pila di menù che aveva posato sopra una sedia e iniziò a posizionarne uno per tavolo, aprendoli in modo che potessero stare in piedi da soli.

Yoshida distolse lo sguardo dal televisore- Haruko, per favore, metti il cartello “chiuso” sulla porta.

La ragazza gli rivolse uno sguardo perplesso.

   -Abbiamo una festa privata stasera.

   -Una festa privata? Da quando facciamo feste private?- chiese lei andando verso la porta d’ingresso e ruotando il cartello che vi stava appeso, in modo che la scritta “chiuso” fosse visibile all’esterno.

   -A quanto pare da oggi- rispose l’uomo facendo spallucce- E’ un favore che mi ha chiesto Matsumoto. A volte sono decisamente troppo tollerante con quel ragazzo.

Haruko si voltò spalancando gli occhi- Cosa significa che è un favore per Matsumoto?

   -Una festa di compleanno per un suo compagno di band, da quanto ho capito. Insomma, roba da idol.

Haruko si lasciò sfuggire i menù che teneva ancora in mano e si chinò a terra per prenderli.

Quella sera avrebbe visto Matsumoto? Di nuovo? Stava iniziando a perdere il conto delle volte che lo aveva incontrato in pochi giorni. E la cosa cominciava anche ad essere un po’ inquietante.

E poi per chi era la festa di compleanno? Sicuramente per uno degli Arashi. Si sforzò di cercare di ricordare chi fosse nato a Gennaio, ma proprio le non veniva in mente.

   -Qualche problema?- chiese Yoshida, che probabilmente aveva colto dei segni di turbamento nella sua cameriera.

Haruko si rimise in piedi, sfoggiando un sorriso smagliante- Assolutamente. Stasera avremo il locale invaso di idol. Che problema vuoi che ci sia?

Yoshida non capì se la ragazza fosse seria o meno, ma decise di lasciar perdere.

In quel momento la porta del locale si aprì, accompagnata dal tintinnio del campanello, e fece capolino una testa biondo tinto.*

   -E’ permesso?- chiese il ragazzo con un sorriso aperto e solare; indossava una giacca a vento aperta, da sotto la quale si intravedeva una felpa blu che tuttavia dava l’aria di essere un indumento troppo leggero per la fine di Gennaio.

Haruko si irrigidì riconoscendo all’instante Aiba Masaki, dietro il quale stavano entrando anche Ohno Satoshi e Ninomiya Kazunari. Il primo, coi capelli castani e pettinati con il gel, portava un cappotto e una sciarpa che lo copriva quasi fino al naso; il secondo, anch’egli con una giacca a vento, portava un cappellino di lana che lasciava spuntare qualche ciuffo di corti capelli neri.

La ragazza deglutì a vuoto un paio di volte.

   -Benvenuti- disse Yoshida chinando il capo. Tutti e tre i ragazzi risposero al saluto, chiudendosi la porta del locale alle spalle.

   -Siete i primi ad arrivare- continuò il proprietario- Accomodatevi pure.

   -Molte grazie- rispose Ohno- Fra poco arriveranno gli altri e il festeggiato. Saremo circa una decina.

   -Haruko, per favore, avvicina  quattro tavoli- chiese Yoshida alla sua cameriera.

I tre idol si voltarono e finalmente notarono Haruko, che per tutto il tempo era rimasta in piedi a fissarli, ancora con i menù in mano.

   -Oh salve!- esclamò Aiba avvicinandosi sorridente.

La ragazza raddrizzò subito la schiena, ricomponendosi- Buonasera e benvenuti! Toglietevi pure i soprabiti.

I ragazzi non se lo fecero ripetere due volte, ma mentre Ninomiya si sfilava la sua giacca, si avvicinò ad Haruko, osservandola con interesse.

   -Mi sembra di averti già vista- borbottò, mentre Haruko corrugava le sopracciglia, rispondendo che lo escludeva assolutamente. Un idol persecutore era già più che sufficiente.

   -Ma sì!- esclamò lui alla fine, levandosi il cappello e scoprendo i capelli spettinati- Sei la ragazza sul giornale.

   -Quale ragazza sul giornale?- chiese Aiba incuriosito, spostando lo sguardo da Nino ad Haruko. Anche Ohno si era avvicinato per ascoltare.

   -Non capisco…- mormorò la ragazza spostando lo sguardo da un idol all’altro.

Ninomiya sorrise beffardo- Oggi ho visto una foto di giornale in cui hanno casualmente immortalato Jun e questa ragazza, insieme sotto un ombrello. Jun era ben camuffato però, l’ho riconosciuto per pura fortuna.

Haruko spalancò gli occhi, vagamente allarmata- Ci hanno fotografato?

   -Tranquilla, non era un articolo di gossip, non si sono accorti che era lui- rispose il ragazzo rivolgendosi a lei- Non immaginavo che tu lavorassi qui. Ecco perché Jun era così restio a portarci in questo locale.

   -Anche io ti ho già visto!- esclamò Aiba battendosi una mano sulla fronte- Quel giorno allo zoo!

Haruko iniziava a sentirsi confusa, per non dire perseguitata. Perché tutti sembravano averla già vista da qualche parte? E perché sempre con Matsumoto?

   -Mi sa che la state spaventando…- intervenne Ohno pacatamente, che fino a quel momento aveva ascoltato lo scambio di battute in silenzio. Ninomiya agitò una mano, rispondendo che non era vero, ma Aiba invece assunse un’espressione molto seria in viso.

   -Oh, mi dispiace moltissimo- affermò con tono grave, rivolto ad Haruko.

La ragazza lo fissò impassibile per una manciata di secondi, poi senza il minimo preavviso si mise a ridere, provocando lo sguardo confuso di Masaki e quelli divertiti degli altri due.

   -Ahahahah, mi dispiace!- esclamò- Ma la tua espressione era così divertente!

A quel punto anche Aiba rise, dimostrando di non essersela presa.

   -Mi dispiace interrompere questo quadretto così carino…- commentò Yoshida dal bancone- Ma sono arrivati altri ospiti.

La porta si stava infatti aprendo con il suo tipico scampanellio e coloro che stavano varcando la soglia era alcuni fra i ragazzi più popolari del Giappone. Il primo, non particolarmente alto, aveva capelli neri e una sguardo profondamente irritato: avvolto nel suo cappotto nero, si stava lamentando del freddo con il ragazzo che lo seguiva, appena più alto di lui, dai capelli castani e lisci e dai lineamenti del viso così fini da essere quasi femminei.

Nishikido Ryo e Tegoshi Yuya fecero il loro ingresso nel locale, seguiti subito da quello che Haruko riconobbe all’istante come Yamashita Tomohisa, alto, bello e infreddolito. Anche se seguiva da poco tempo i News, la ragazza doveva ammettere che era difficile restare indifferenti al fascino che il leader del gruppo emanava, e alcuni altri membri non erano da meno. Un intero turno di lavoro dedita a servire bellissimi idol; molte ragazze avrebbero ucciso per essere al suo posto.

Prendendo un profondo respiro, Haruko si preparò alla lunga serata che l’aspettava.

 

 

 

 

Sakurai Sho sollevò in alto il suo bicchiere traboccante di birra dorata e propose un brindisi, ringraziando tutti i presenti a quel piccolo party per il suo compleanno. Anche gli altri sollevarono i loro bicchieri, alcuni pieni di vino, altri di bibite analcoliche.

Nel locale riecheggiò un vivace “KANPAI”.*

La cameriera portò al tavolo l’ennesimo vassoio colmo di cibo e i commensali si affrettarono a raccogliere quelli da già pieni da porgerle, per facilitarle il lavoro, naturalmente senza mancare di ringraziarla.

   -Ehi non male la ragazza- commentò un ragazzo quando lei si fu allontanata; era un amico di Sho dei tempi dell’università e lui, insieme ad un altro, erano gli unici presenti a non essere idol.

   -Potrei decidere di venire più spesso qui- aggiunse allegro, prima di bere un sorso dal suo bicchiere.

   -Hai proprio ragione Kimura!- asserì Nishikido, le guance arrossate dall’alcool e gli occhi lucidi- Chi ha proposto questo locale? Matsumoto-kun?

L’interpellato sollevò la testa dal suo piatto, annuendo con poca convinzione e sguardo eccessivamente serio viste le circostanze. Ninomiya non mancò di notare quel piccolo particolare.

   -Sapete ragazzi- iniziò allora quest’ultimo- Quando sono arrivato ho chiacchierato un po’ con lei! È molto simpatica e si chiama Haruko. Penso proprio che potrei invitarla a uscire.

Si diffuse un mormorio misto fra approvazione e dispiacere, mentre Kazunari rivolgeva un sorriso sornione alla sua destra, dove Jun lo fissava con la bocca semi-aperta e le bacchette a mezz’aria.

   -Qualcosa non , Matsujun?- chiese allargando sempre di più il suo sorriso; buttò lo sguardo verso il bancone del locale, dove Haruko trafficava con piatti e bicchieri sporchi, poi si alzò dal suo posto, chiedendo a Ohno di farlo passare.

   -Dove stai andando?- chiese Jun spostando lo sguardo da lui al bancone.

   -Solo in bagno, non essere così nervoso- rispose il compagno senza smettere di sorridere.

Matsumoto lo osservò con sguardo truce mentre camminava verso il fondo del locale, passava accanto alla ragazza, salutandola con un cenno del capo, ed entrava nella toilette.

   -Che accidenti ti prende?- domandò Sho, che sedeva alla tua destra- Guardavi Nino in modo strano, ti ha fatto uno dei suoi soliti scherzi di cattivo gusto?

   -Spero di no…- fu l’enigmatica risposta.

Sakurai sbatté le palpebre perplesso, poi seguì con lo sguardo la direzione verso cui erano puntati gli occhi dell’amico, che fissavano il punto del locale dove Haruko era impegnata a preparare drink.

 

 

 

Quando la porta del bagno si aprì Haruko lanciò distrattamente un’occhiata al ragazzo che ne stava uscendo, per poi tornare ad asciugare i bicchieri. Fu colta alla sprovvista quando Ninomiya non passò oltre per tornare al tavolo, ma invece fece il giro del bancone, posizionandosi di fronte a lei.

   -Ti stiamo facendo lavorare molto stasera?- chiese affabile, poggiando i gomiti sul bancone lucido.

Haruko scosse la testa- Solo un pochino. In realtà non è diverso da un venerdì o un sabato sera. Essendo giovedì c’è più movimento del solito.

   -Il proprietario del locale è già andato via?

   -Si, di solito il giovedì sera chiudo io.

Ninomiya spostò il peso da una gamba all’altra- Allora prendi una pausa e bevi qualcosa con noi.

Sfoggiò un sorriso radioso, con un pizzico di innocenza, che fece sorridere Haruko, al punto che quasi si mise a ridere.

   -Non credo sia il caso.

   -Su dai! Prometto che ti aiuterò a riordinare tutto!

Haruko lo guardò di sottecchi, ponderando l’idea di accettare- D’accordo, ma niente alcolici.

Il sorriso di Ninomiya si allargò ancora di più, si affrettò a correre verso il tavolo dove tutti gozzovigliavano e afferrò un bicchiere di coca-cola ancora intatto. Tornò verso Haruko, che nel frattempo era uscita da dietro il bancone, e quando le borse la bevanda lei non poté fare a meno di ridere.

Si sedettero a uno dei tavoli vicino a quello principale e Nino si presentò con il suo nome intero; quando Haruko gli disse che in realtà sapeva esattamente chi era, come d’altronde conosceva l’identità di tutte le persone famose presenti nel locale, lui ne rimase molto compiaciuto, iniziando a domandarle da quanto tempo seguisse gli Arashi.

Haruko iniziò a raccontare la storia di come avesse iniziato ad ascoltare la loro musica e nel frattempo lanciava brevi occhiate al tavolo principale, dove il numero delle persone ubriache iniziava a superare quello delle persone sobrie. Più volte aveva avuto l’impressione che Matsumoto guardasse nella loro direzione, con uno sguardo che non avrebbe saputo definire, ma si convinse che era solo un caso. Piuttosto, avrebbe dovuto ricordarsi di farsi fare un autografo da Ninomiya, dato che una sua amica lo adorava.

   -Attendo con ansia che esca il vostro nuovo album- disse Haruko a un certo punto, sorseggiando la coca-cola ormai un po’ sgasata.

Il viso di Kazunari si illuminò- Ti piacerà molto. Ci sono alcune fra le mie canzoni preferite. Senza contare il mio solo- aggiunse con aria fiera e compiaciuta.

   -Era dall’album One che non facevate dei solo- esclamò la ragazza interessata.

   -Penso che questo piacerà molto. Ha una prospettiva particolare, te ne renderai conto ascoltandolo.

La ragazza gli rivolse un’espressione incuriosita ma lui si limitò a sorridere, senza aggiungere altro. In quel momento videro Matsumoto passare davanti a loro, diretto probabilmente al bagno, ed Haruko non poté fare a meno di seguirlo con gli occhi, mentre anche lui ricambiava lo sguardo. Nino allora prese a cantare sommessamente e la ragazza tornò a prestargli attenzione, sorpresa.

   -“Niji ga kirei da yo..Iya, omae no hou ga..”*

Haruko lo fissò, aspettandosi altro, ma lui si interruppe, tornando a sfoggiare un sorriso impenetrabile -Per il resto dovrai aspettare Luglio.

La ragazza sbuffò, mentre Jun, dalla porta del bagno, osservava la scena.

 

 

 

 

 

 

 

Matsumoto scese dall’auto di Ninomiya, designato come guidatore per la serata e quindi uno dei pochi ad essere rimasto sobrio.

   -Ci vediamo domani allo studio- disse Kazunari sporgendosi dal finestrino aperto. Nonostante il freddo invernale, sembrava che l’aria gelida non lo disturbasse.

Jun lo osservò di sottecchi per qualche secondo, l’espressione corrucciata; Nino non sapeva dire se fosse per il freddo o per altri sospettabili motivi.

   -Cos’hai?- chiese fingendo indifferenza, spegnendo il motore della macchina.

L’amico sbuffò- Lo sai. Metterti a cantare un pezzo di “Niji” proprio mentre stavo passando per attirare l’attenzione su di te. A volte sai essere veramente pessimo.

Kazunari sorrise- Cosa ti fa pensare che ci fosse bisogno di distrarre l’attenzione da te? A volte sai essere veramente egocentrico.

Matsumoto spalancò la bocca indignato, mentre l’amico scoppiava in una fragorosa risata.

   -Dovresti vedere la tua faccia in questo momento.

   -Nino, smettila- disse Jun assumendo un’espressione seria- Qualunque cosa tu stia facendo con Suzuki, smettila. Ho intenzione di frequentare quel locale ancora per molto e non voglio una cameriera isterica perché un mio amico l’ha presa in giro.

Kazunari smise di ridere- Ammetto che spesso non sono stato il ragazzo migliore del mondo, ma mi pare eccessivo accusarmi a priori di avere intenzioni poco serie. E se posso aggiungere una cosa, trovo ridicola la scusa del non voler una cameriera isterica nel tuo locale preferito. Haruko ti piace, dovresti semplicemente ammetterlo.

Matsumoto aprì la bocca a vuoto, non emettendo nessun suono, non sapendo bene cosa dire. Negare veemente l’affermazione del compagno gli sembrava infantile e falso.

   -Ti propongo una scommessa- disse Nino rimettendo in moto la macchina- A chi conquisterà per primo il cuore di Haruko.

   -COSA?- esclamò Jun strabuzzando gli occhi- E hai il coraggio di affermare che non hai pessime intenzioni? Questo non è giocare con i sentimenti di qualcuno?

   -O ti batti per lei o la lasci nelle mie grinfie- ribatté Nino sardonico- Buonanotte.

Jun fece appena in tempo ad esclamare “Si d’accordo” prima che il compagno ingranasse la prima e premesse l’acceleratore.

 

 

 

Fine capitolo tre

 

 

 

 

NOTE

*ci tenevo solo a ricordarvi che al tempo di We can make it, gli Arashi avevano questi capelli XD http://3.bp.blogspot.com/-htEMoqWpIfg/TdFf9A_3XDI/AAAAAAAAAWA/kQXOfq-rp7E/s1600/arashi07dome-sa03.jpg

*kanpai: significa “brindisi” ed è l’equivalente del nostro “cin cin” o “alla salute”.

*frammento preso dal solo di Nino “Niji” sono due frasi dette da due personaggi diversi. Traduzione: L’arcobaleno è bellissimo. No, tu lo sei di più.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle persone citate,  offenderle in alcun modo

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