L’ultima volta che sono venuta a letto con te ti ho fatto
molto male, eri così piccola che ogni mio gesto sembrava troppo brusco. Mi
sentivo felice, avrei passato ore e ore ad accarezzarti, a baciare ogni
centimetro del tuo corpicino pallido.
La peluria sul tuo pube, effige di mille fantasie e di
promesse sottintese, pungeva leggermente al tatto, le ferite sulle mie dita
sfioravano la tua pelle morbida facendomi rabbrividire dal piacere (in quel
momento mi sono sentita disgustata da me stessa).
Ho odiato il mio corpo flaccido, il mio seno ingombrante
e cadente, la peluria sulla mia pelle, i capelli crespi e madidi di sudore alla
base del collo.
Hai ansimato quando la mia lingua ha iniziato a
dibattersi sui tuoi capezzoli. Al buio non ho potuto guardarti con molta attenzione, ma immaginare la
tua espressione è stato bello quanto vederla, forse di più.
Mi piace quando gli occhi si abituano all'oscurità assoluta e
i contorni delle cose assumono un alone bluastro, vedere la tua pancia alzarsi e
abbassarsi velocemente mentre la baciavo mi ha procurato un emozione fortissima,
qualcosa di diverso dall’eccitazione sessuale. Un emozione che fa piangere
quando si cerca di ricordarla.
Quando hai appoggiato la tua schiena esile e ossuta sul
mio ventre morbido ho provato un moto di tenerezza nei tuoi confronti, e
quell’esperienza iniziata più come un passatempo che come dimostrazione
d’affetto è diventata una serie di gesti, di coccole, in cui ho incanalato
quanta più dolcezza ho potuto, tanta come non ne avevo mai data neanche a quella
persona a cui avevo dedicato tutta me stessa per quel lungo lasso di tempo che
si sono rivelati essere otto mesi.
Ti ho accolta fra le mie braccia mentre con le gambe
cercavo di accatastare un groviglio di coperte all’angolo del letto.
Nel baciarti sul collo e nel bagnare i tuoi seni con la
saliva ha provato un gusto malsano, ho voluto renderti mia facendoti del male,
forse umiliandoti, ti ho rigirato come una bambola sperando di farti venire,
nonostante ogni volta io abbia cercato di penetrarti tu abbia provato
dolore.
Mentre ti toccavo, attraverso il tessuto delle mutande ho
sentito i tuoi genitali diventare caldi e umidi. Indossavi un reggiseno viola…o
almeno così mi pare di ricordare, ma so per certo che i tuoi slip erano neri, mi
chiedo perché io sia così sicura di ciò.
Non avrei mai smesso. Non c’era passione nei miei baci,
quanto forse una forte curiosità che ho provato a trasmetterti con i movimenti
della mia lingua, giocando con la tua bocca.
Ad ogni contatto della mia lingua contro la tua sentivo
delle ventate fredde scendermi giù per l’esofago per poi esplodermi nello
stomaco, era come se il tuo fiato fosse ghiaccio.
Fino a qualche sera fa ero convinta che la tua bocca
fosse quella che avessi assaporato con maggiore soddisfazione. Ora non è più
così, ma rimani comunque la persona con cui baciarsi e toccarsi diventa
un’esperienza dolce e al contempo “scontata” come se per anni non avessimo fatto
altro, come se nella nostra quotidianità rientrasse il baciarsi per ore senza
respirare.
Il senso di protezione allo stesso tempo di violenza
delle mie pulsioni mi lascia perplessa.
Sono solo un’egoista incapace di rendersi conto di come
anche tu possa provare istinti forti quasi “maschili”, oppure ti conosco così
bene da aver visto che la dolcezza nel tuo aspetto fa anche parte del tuo vero
io?
Ho solo voglia di possederti come un sex-toy o provo per
te un sentimento così forte da aver creato un rapporto completamente diverso da
quello che ho con tutte le altre persone attorno a me?
Forse sto parlando per assolutismi, non so, non so dare
un senso a quello che provo per te.
Non è desiderio sessuale il mio. Non ho mai voluto niente
in cambio da te, preferisco che il sesso tra noi sia e rimanga una cosa a senso
unico, da parte mia.
Preferirei che tu non mi toccassi quando ci scambiamo
effusioni, poiché credo di non meritare le tue carezze o i tuoi baci, ho come la
sensazione che il mio corpo non ti interessi è come se io non fossi abbastanza
attraente per te.
So che se leggessi tutto questo mi odieresti, so che non
hai mai amato vedermi come l’elemento “attivo” assoluto della coppia. Quando
sono con te non riesco a sentirmi donna, rimango femminile ma finisco quasi
sempre per emulare il comportamento di un uomo. Mi rammarico di questo, perché
anche se è una cosa che ti da fastidio finisco sempre per farla quando ci sei
tu, solo con te.
La verità è che in tre volte che ci siamo ritrovate a
fare sesso mi ha eccitato sempre
l’idea di avere il controllo su di te.
C’è sempre stata dolcezza miei gesti e forse è stata
eccessiva, non ti ho trattato come la mia ragazza, ma come una bambolina fragile
ed indifesa, qualcosa da proteggere e mantenere sotto una campana di vetro. So
che non mi hai ancora perdonato per il mio comportamento, per come ti abbia
“gettata via” alla prima difficoltà. Quando se ne parla cerco di dissimulare e
mi sento colpevole. Perché in fondo so di non aver capito molto di
te.
Continuiamo a vederci e capita ancora che ci siano
giornate in cui noi due da sole riusciamo a dimostrarci che la complicità fra
noi è ancora meravigliosamente tangibile.
Mi piace ricordare i posti in cui questa complicità è
riaffiorata completamente.
A casa di quel nostro amico, la prima volta, dove mi sono
stupita di me stessa, quando ti ho chiesto con assoluta mancanza di malizia,
senza preavviso, se ti andava di venire in camera con me. Quando hai detto sì ti
ho vista incuriosita, felice e poi per un istante intimorita.
La prima cosa che mi viene in mente di quel giorno è il
calore arancione che aveva assunto la stanza a causa del sole che filtrava
attraverso le tende.
Tuttora mi recrimini di averti fatto male con le unghie
quella volta, e puntualmente mi viene da sorridere quando ci ripenso.
Per ora sei l’unica a cui io abbia fatto male.
Poi c’è stata quella volta guardando il “Rocky Horror
Picture Show”, quando ero così presa dal film da riuscire a compiere solo gesti
meccanici, ma comunque piacevoli…suppongo. Quella volta avresti voluto fare di
più. Ma qualcosa ci aveva fermato. Non ricordo cosa.
Ti ho parlato con più trasporto di quella volta dopo il
mio compleanno perché penso che quella sia la volta che mi abbia segnato di più,
mi ha fatto arrivare a molte conclusioni sul nostro sconclusionato rapporto
(perdona il gioco di parole).
A ripensarci credo che in quella ci sia stato più
trasporto e passione che in tutte le altre volte.
Anche se ho avuto altre relazioni dopo quella con te (che
con un sorriso mi rendo conto essere stata la prima in assoluto per me) mi sono
accorta di come i nostri incontri siano stati sempre saltuari eppure sempre
presenti nella mia vita. E’ qualcosa di nascosto, quasi invisibile agli occhi
degli altri. A distanza di mesi ci sono stati diversi rendez-vous con te, in cui
abbiamo finito con il fare sesso, nonostante stessimo con altre persone, ma non
abbiamo mai vissuto queste faccende come tradimenti o come qualcosa di
sbagliato.
Se ci rifletto adesso la trovo una cosa molto strana, ma
non so ancora spiegarmi il perché, forse a distanza di anni e di mesi sto
realizzando qualcosa a cui prima non è arrivata nessuna di noi. Una presa di
coscienza forse?
Ammetto che Alice non sia stata una relazione vera e
propria, forse solo un esperimento per lei e pura attrazione per me, che si è
conclusa con un nulla di fatto sotto tutti i punti di vista.
Era così diversa da te da sembrare una creatura estranea
al nostro mondo. Come se noi fossimo stati tutti dei pesci rossi e lei invece
fosse stata un cane, una specie diversa, qualcosa che non centrava assolutamente
nulla con il nostro stile di vita.
Anche se la nostra relazione è durata pressappoco una
settimana continuo a definirla la mia la mia ex, come se fosse stata una storia
lunga mesi.
Se devo pensare a te e ad Alice mi vengono in mente due
immagini nitide, come dei film.
Tu seduta di fronte a me in un ristorante cinese, stavamo
ancora insieme, quel giorno ero venuta a prenderti a casa, era estate e ti avevo
portato una rosa (stranamente ho sempre avuto una fissazione per il portare rose
rosse alle ragazze anche se provo solo un vago interesse per loro). Indossavi
quella maglietta verde che nella mia memoria è impressa come sovrapposta ad una
maglia di rete che comprasti dopo. Avevi quella collanina con il laccio nero,
con il ciondolo di ferro a forma di sole dentellato.
Mangiavi i ravioli al vapore con gusto, però sembravi
imbarazzata, avevi assunto quell’aria perplessa in seguito alla mia imposizione
per pagare il conto. Questa scena termina con me che ti stringo le dita come se
volessi scaldartele. E’ come un breve film dai colori ambrati predominanti sullo
sfondo, con noi che spicchiamo violentemente come una macchia di caffé su un
tovagliolo bianco.
Di Alice riesco a richiamare moltissime immagini ma una
in particolare svetta su tutte.
Lei con il suo vestito di velluto color prugna che mi
guarda smarrita quando dichiaro ai nostri amici, che è la mia ragazza, dopodichè
mi bacia radiosa per poi sorridere imbarazzata come a volersi
scusare.
Di tutti i bacetti innocenti che mi ha dato questo lo
ricordo con estrema felicità. Senza che me ne accorgessi sono
arrossita…
Mi è venuto in mente di come qualche tempo fa, dopo aver
visto la sua foto hai esclamato stizzita: “ma sei stata con…” guardasti
nuovamente la foto, “…Questa?! Ma è brutta!” Ho sentito un tono di gelosia nella
tua voce in quel momento, per quanto tu lo neghi, a ricordare questa cosa mi si
stampa un ghigno compiaciuto sul viso.
Poiché nessuno ha mai veramente parlato con te di Alice,
adesso ti dico che fra me e lei ci sono stati solo degli innocenti baci sulle
labbra.
Non riusciva a pensare di andare oltre un bacio con
me.
E come molti hanno teorizzato in seguito, è probabile che
più che essere attratta da me come persona, fosse semplicemente incuriosita
dalla mia personalità e dal mio modo di fare eccentrico.
Poi mi viene da pensare ad altre persone più o meno
importanti, ma credo di aver finito ciò che avevo da dire.
Penso che resteremo amiche (o qualcosa di più) ancora per
molto. E non temere non ho scritto questo per farti riflettere o per
recriminarti qualcosa, non è nemmeno uno sfogo. E’ qualcosa che ho scritto
perché lo desideravo e perché credo fosse l’ora di farlo.
Non so cosa ne sarà di questo scritto…magari farà parte
di quel libro che sto cercando di scrivere da anni…chissà?
Sono seduta alla mia scrivania, davanti a me c’è un pezzo
di pane secco, il cellulare che lampeggia senza motivo, la collana di perle che
mi regalò quel nostro amico comune e il quaderno dove era stata scritta
inizialmente questa riflessione su di te, l’unica vera donna della mia
vita…almeno per ora…
Inizialmente quest’ultima descrizione dell’ambiente era
diversa, era un ritratto della mia cucina alle sei di mattina, davanti a me
c’erano una brocca, un pacchetto di sigarette e la tv accesa, fuori pioveva e
avevo impiegato più di tre ore per scrivere tutto questo di getto. Adesso non
piove, ma sono comunque le cinque di mattina il sole sta sorgendo proprio
adesso, so che in questo momento sia tu che Alice dormite ignare e mi chiedo se
pensiate a me, se mi abbiate sognato o più semplicemente se la luce che filtra
dalle tapparelle non ti dia fastidio al mattino, visto che il tuo letto è così
vicino alla finestra.
Ma forse è meglio che io smetta di dilungarmi, ti mando
un bacio attraverso la finestra sperando che tu percepisca qualcosa, ti voglio
bene davvero.
Giulia
Prima stesura:
Ore 05:05
Giovedì 04\03\2010
Seconda ed ultima
stesura:
Ore 05:23
Mercoledì 07\04\2010
Tobichan dice:
Ho scritto questa cosa come esperimento, oltre ad essere
un monologo interiore è una confessione per una persona a me molto cara ed è una
bozza per un eventuale libro che sto provando a scrivere, quindi è probabile che
altre one-shot su questo tono vengano pubblicate
qui.
Non pretendo commenti, ma se desiderate farmi avere un
giudizio sarà ben accetto.
Un saluto,
tobichan
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