Solo un paio d'ali di Ayleen (/viewuser.php?uid=30880)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una bambola ***
Capitolo 2: *** Un amico ***
Capitolo 3: *** Come creature notturne ***
Capitolo 4: *** Shopping ***
Capitolo 5: *** Musica ***
Capitolo 6: *** Meadow's Hill ***
Capitolo 7: *** Buio ***
Capitolo 8: *** Un gioco da ragazze ***
Capitolo 9: *** Paradiso in Terra ***
Capitolo 10: *** Famiglia ***
Capitolo 11: *** Addio ai giochi ***
Capitolo 12: *** Strega! ***
Capitolo 13: *** La prima volta ***
Capitolo 14: *** Sirene nella notte ***
Capitolo 15: *** Il silenzio fa rumore ***
Capitolo 16: *** Seicentocinquantasei ***
Capitolo 17: *** Egoista ***
Capitolo 18: *** Haylie ***
Capitolo 19: *** Comincia per A ***
Capitolo 20: *** Il crudele vizio dell'amore ***
Capitolo 21: *** Libero di amare ***
Capitolo 22: *** Un nome ***
Capitolo 23: *** Da lontano ***
Capitolo 24: *** Il crimine della passione ***
Capitolo 25: *** Fantasma ***
Capitolo 26: *** Aggressione ***
Capitolo 27: *** Rifugio ***
Capitolo 28: *** In fondo al corridoio ***
Capitolo 29: *** Un angolo di paradiso ***
Capitolo 30: *** Non parlare agli sconosciuti! ***
Capitolo 31: *** Possibilità ***
Capitolo 32: *** Numeri ***
Capitolo 33: *** Il Papà Numero due e la Signora Carina ***
Capitolo 34: *** Lentiggini ***
Capitolo 1 *** Una bambola ***
SOLO
UN PAIO D’ALI
CAPITOLO
UNO
Una
bambola
Caro
Diario,
Il solo pensiero mi fa
sorridere,
ma ricordo ancora i tempi in cui persino una come me credeva alle
favole!
Mamma me le raccontava tutte le
sere prima di andare a dormire e io non vedevo l'ora che arrivasse quel
momento
della giornata. Era l'unico in cui mamma stava un po' con me.
Principesse, principi azzurri,
streghe cattive, draghi feroci... i protagonisti erano sempre gli
stessi.
S'iniziava con un "c'era una volta" e si finiva con "... e vissero
per sempre felici e contenti". Per quanto spaventosi e terrificanti
potessero essere i cattivi, io non mi preoccupavo mai perchè
sapevo che tutto
sarebbe finito nel migliore dei modi : con il principe che salva e
sposa la
bella principessa.
Nelle favole, contro ogni logica,
il bene prevale sempre sul male. Ma la realtà non
è così! S'inizia male e si
finisce ancora peggio!
Si viene crudelmente strappati
dal sicuro e confortevole grembo materno, per poi finire sottoterra a
fare da
nutrimento ai vermi. Tuttavia,
sono
fermamente convinta che quest'ultima fase sia la migliore. Morire
è un processo
naturale della propria esistenza; è il nostro unico, vero ed
autentico scopo.
Perciò, alla domanda "Qual è il senso della
vita?", io rispondo
"la morte". Non esiste un’altra risposta possibile.
Se gli uomini non avessero la
prospettiva della morte davanti a se’, cosa mai potrebbero
fare della loro
vita? Il detto “vivi ogni giorno come se fosse
l’ultimo”, perderebbe ogni suo
significato.
Nelle favole che mi raccontava
mamma, ricordo che spesso e volentieri s’incontravano
creature cosiddette
“immortali”. A me non sono mai piaciute un
granché. Le trovavo completamente
inutili. Ed è esattamente così che sarebbe la
vita senza la morte. inutile e
vuota!
A volte provo ad immaginare come
sarà la mia di morte. Chissà in che modo
uscirò di scena? Chissà se ci sarà
l’applauso dopo che il sipario verrà calato. Una
cosa è certa; niente repliche!
Non so per quale motivo, ma non
riesco assolutamente ad immaginarmi vecchia. Ci ho provato innumerevoli
volte,
ma è qualcosa che la mia mente non riesce proprio ad
accettare. Per questo ho
sempre la costante sensazione che morirò giovane. Non che
questo sia un
problema per me. L’idea di morire vecchia, devastata dal
tempo, in un letto d’ospedale,
circondata da parenti avidi e ingordi, non mi alletta per niente.
Morire presto non mi spaventa,
anche perché io non vivo in una favola. La mia storia
potrebbe iniziare con “C’era
una volta …”, ma dubito fortemente che
arriverà il principe azzurro a salvarmi.
Sono una principessa senza castello e senza corona. A chi importa se
vivrò mai
felice e contenta?
Eleanor
Eleanor
chiuse il suo diario e lo
infilò dentro alla borsa a tracolla. Rimase ancora qualche
secondo seduta su
quella scomoda e fredda panchina di metallo, chiudendo gli occhi per un
attimo.
Lanciò svogliatamente un’occhiata
all’orologio davanti all’ingresso della
metropolitana. Segnava le due e mezza di notte.
Era in ritardo.
Probabilmente, la
concorrenza l'aveva già
preceduta da un bel pezzo, ma doveva lo stesso andare.
Benché non volesse.
Nonostante preferisse affogare tutta la notte nel proprio dolore.
Sebbene la
sola idea le desse il voltastomaco. Non aveva scelta. Doveva andare!
Si alzò in piedi e, con gli occhi
fissi a terra, varcò i cancelli del parco. A quell'ora di
notte era deserto,
cupo, isolato dal mondo; per questo a lei piaceva tanto.
Adorava rifugiarsi lì. Era
l’unico luogo in cui riusciva a rilassarsi. Ogni tanto
qualche tizio non
proprio affidabile cercava di abbordarla, ma lei riusciva sempre a
cavarsela
semplicemente con le parole.
Qualche volta si sentivano dei
gemiti provenienti da dietro i cespugli o dalle auto parcheggiate tra
gli
alberi che, assieme ai versi dei grilli e delle civette, davano vita ad
un
armonioso concerto notturno. Una sorta di colonna sonora.
Eleanor attraversò il parco più
velocemente di quanto in realtà volesse e, una volta uscita,
continuò lungo un
marciapiede, diretta ad una fermata dell'autobus poco distante.
Incontrò alcune sue colleghe lungo il cammino che si
limitarono a guardarla
con disprezzo dall'alto
in basso.
Farsi delle amiche era
impossibile facendo il suo mestiere, ma la cosa non la toccava
minimamente. In
fondo, la solitudine era l’ultimo dei suoi problemi.
Eleanor aveva diciannove anni da
poco compiuti. Da circa tre viveva da sola, completamente abbandonata a
se
stessa. Aveva i capelli neri che le toccavano le spalle lisci come la
seta. La
sua pelle era candida, un po' troppo per i suoi gusti.
I suoi occhi erano spenti ed
inespressivi, a lei piaceva paragonarli al colore
dell’oceano, anche se il mare
non lo aveva mai visto. Era alta, slanciata, con le forme giuste.
Piaceva molto
agli uomini... agli uomini di tutte le età. Per questo non
aveva amiche.
Si vestiva sempre di nero. Odiava
i colori e quella sera non era certamente in vena di cambiamenti:
Corsetto nero eccessivamente
scollato, una minigonna dello stesso colore, delle vecchie calze a rete
strappate un po' ovunque, un paio di anfibi decisamente poco femminili
e guanti
di lana senza dita, anch'essi neri. Anche la sua inseparabile borsa era
nera. Così
come il suo umore.
Quel colore aveva sempre fatto
parte di lei e la gente la giudicava per questo.
Le signore anziane, quando la
vedevano passare, si facevano immediatamente il segno della croce,
quasi
vedessero il demonio. I bambini la guardavano incuriositi, le mamme li
allontanavano. I ragazzi e gli uomini adulti la osservavano,
lasciandosi andare
ad ogni più perversa fantasia. Le ragazze d'altro canto, la
fissavano con
astio. Le parlavano alle spalle, appioppandole quel nomignolo che
nessuna donna
vorrebbe mai sentirsi dire.
Ma ad Eleanor non importavano i
pregiudizi della gente. Lei sapeva come scappare agli sguardi
sentenziosi che
tutti le riservavano. La musica era la sua arma, la sua unica difesa.
Si
metteva a cantare. Non si faceva dei problemi. Lo faceva a voce alta,
in mezzo
alla strada, senza curarsi dei pensieri degli altri.
La bella voce era forse la sua
unica qualità e le piaceva mostrarla a tutti.
Lo fece anche quella notte,
quando sentì una delle sue colleghe
chiederle acidamente che aria tirasse nell'oltre tomba. Eleanor chiuse
gli
occhi e iniziò a cantare:
“A love struck Romeo sings a street suss
serenade.
Laying everybody
low with a love
song that he made…”
Sentì
alcune ragazze ridacchiare
al suo passaggio, compresa quella che le aveva rivolto la parola, ma
non si
fermò.
Per lei, la musica aveva il
potere di abbattere le barriere temporali e di farla tornare indietro
negli
anni, quando ancora la sua vita non era un vero e proprio inferno. Ogni
canzone
aveva acclusa un’immagine ben precisa appartenente ad un
periodo ormai passato.
Quando cantava, Eleanor si
distaccava dal mondo reale e si rifugiava nei propri ricordi. In quel
momento,
c’era una sola immagine che le riempiva la mente. Quella di
sua madre, seduta
sul divano della loro vecchia casa che rattoppava per
l’ennesima volta i suoi
pantaloni, intonando quella stessa canzone. Si rivide bambina,
accovacciata sul
tappeto del salotto mentre la fissava con occhi adoranti. Forse immeritatamente adoranti
…
"…
Finds a convenient streetlight steps out of the shade.
Says something like you and me babe how about it? ”
Una
volta tornata nel mondo del
presente e allontanatasi dalle altre ragazze, si appoggiò al
lampione posto
accanto alla fermata del bus e attese. Aspettò che qualche
vecchio in preda a
strane voglie si avvicinasse e che rendesse ogni propria più
intima e viziosa fantasticheria
reale.
A lei non importava ciò che le
avrebbero fatto. Non gli interessava sapere a quale immorale gioco
l’avrebbero
costretta a prendere parte. L’importante era che dopo averla
usata ed essersi
soddisfatti, la pagassero.
Eleanor, al contrario delle altre
ragazze come lei, non aveva un prezzo fisso. Tutto dipendeva
dall’uomo che
l’avrebbe scelta. Alzava ed abbassava il costo del proprio
corpo secondo dei
criteri ben precisi. In effetti, aveva una propria classifica:
Gli scapoli erano al primo posto
e a loro, in genere, faceva dei prezzi di favore, accontentandosi di
poco.
Seguivano i vedovi e i divorziati
che se la cavavano con poco più degli scapoli.
Al terzo posto ci stavano i
festeggiati degli addii al celibato.
Il più delle volte venivano obbligati dagli amici, oppure
arrivavano talmente
ubriachi da non riuscire a combinare niente. E con loro il prezzo
cominciava a
salire.
Penultimi c’erano i fidanzati;
quelli che simulavano una qualche malattia o fingevano di avere una
cena di
famiglia per evitare di uscire con la propria ragazza. Eleanor aveva
imparato a
riconoscerli. Portavano quasi sempre un anello d’argento,
probabilmente
identico a quello della loro dolce ed ingenua metà; erano
sempre ben vestiti e
anche le loro auto erano stranamente ordinate e pulite.
Il tocco di una donna si riconosce ovunque
pensava sempre Eleanor.
L’ultimo posto in
classifica era riservato ai
padri di famiglia. Uomini sposati con una moglie e dei bambini, che
uscivano di
casa improvvisando un urgente impegno di lavoro e che invece andavano a
divertirsi con lei. Eleanor li odiava. Il suo prezzo si alzava di molto
fino a
raggiungere cifre a due zeri.
Sapeva di non valerli neanche un
po’, ma sentiva l’irrefrenabile impulso di
vendicare quelle povere famiglie.
Nessuno si era comunque mai lamentato per i suoi prezzi, quindi lei
continuava
con il suo metodo. Chi tradiva andava punito, sia pure nella maniera
più
venale.
Eleanor non aveva mai conosciuto
l’amore. Ne’ da parte dei genitori, ne’
tantomeno dai suoi coetanei. Esisteva
una sola persona che si era
guadagnata il suo affetto e l’unico
sentimento che era in grado di riconoscere era l’odio che
provava
indistintamente per ogni cosa.
Era rimasta bambina per troppo
poco tempo. Aveva perso la sua purezza il giorno del suo dodicesimo
compleanno,
nell’istituto dove era cresciuta dopo la morte di sua madre,
tradita da una
delle poche persone di cui aveva imparato a fidarsi dopo anni di
silenzioso
isolamento.
Di sogni Eleanor ne aveva tanti, non
differenti da quelli di una qualsiasi
ragazza della sua età, ma in cuor suo sapeva che sarebbe
rimasta a vagare per
sempre in quell’oscuro incubo che era la sua vita. Punti di
luce non ce n’erano
e i suoi sogni non erano altro che crudeli illusioni alle quali
raramente si
lasciava andare
Continuò ad attendere in silenzio
appoggiata al lampione, volgendo lo sguardo al cielo alla ricerca della
luna,
occultata da una spessa coltre di smog. Cercò la
rassicurante presenza delle
stelle, ma era estremamente raro riuscire ad individuarle dal momento
che
rimanevano eclissate dalle forti ed invadenti illuminazioni urbane. In
testa
aveva ancora quella vecchia canzone dei Dire Straits che
l’aveva difesa dalle
malignità delle altre ragazze e che continuava ad intonare
sottovoce.
Rimase accecata per qualche
istante da un paio di abbaglianti che si fermarono proprio
davanti a lei. Sospirò con pacata rassegnazione quando
intravide il guidatore
sporgersi fino ad aprire la portiera del passeggero. Una scena a cui
aveva
assistito e preso parte un’infinità di volte, ma
che le procurava sempre una
fastidiosa nausea accompagnata da una crescente sensazione di panico.
Le altre ragazze in genere si
avvicinavano lentamente e stuzzicavano i clienti con parole e mosse ben
studiate. Li riempivano di sorrisi e lusinghe nel tentativo di ottenere
un
piccolo extra in denaro. Funzionava sempre, ma Eleanor era diversa
dalle altre.
Lei non sorrideva mai. Niente
moine o movimenti adescanti del proprio corpo. Lei era fredda,
distaccata e gli
sguardi che riservava agli uomini che la sceglievano non erano
ne’ dolci ne’
suadenti, ma duri e colmi di disgusto.
Probabilmente era proprio per
questo che lei piaceva così tanto ai suoi clienti. Loro
sapevano bene che
dietro agli atteggiamenti gentili e ammalianti delle altre ragazze
c’erano ben
altri fini. Sembrava proprio che la schiettezza di Eleanor li
affascinasse
molto più che tutti quei falsi sorrisi e alla fine, anche
lei otteneva sempre
un extra.
Chiuse gli occhi per il volgere
di un istante sperando ardentemente che, una volta riaperti,
quell’auto non si
trovasse più lì. Pregò che si fosse
trattato della solita allucinazione che la
colpiva anche in pieno giorno, ogni talvolta che una macchina si
fermava vicino
a lei. Il rombo del motore, lo stridio dei freni, i fari accecanti, il
cigolio
di una portiera aperta … immagini e rumori capaci di
mandarla in paranoia. Ne
era perseguitata sia di giorno che di notte. Ma quella,
sfortunatamente, non
era affatto un’allucinazione. Quell’auto era ancora
lì quando Eleanor riaprì
gli occhi e l’uomo alla guida sembrava essersi fatto
piuttosto impaziente.
Suonò il clacson un paio di volte per sollecitarla a
raggiungerlo.
Eleanor sbuffò infastidita e, con
la fronte imperlata di sudore e lo stomaco rivoltato, raggiunse
l’automobile.
Salì in assoluto silenzio, trasformandosi
nell’istante stesso in cui toccò il
sedile, in una bambola. Lei preferiva definirsi un guscio vuoto, ma
l’idea
della bambola rendeva meglio la sua condizione.
Eleanor non saliva sull’auto,
rimaneva al sicuro sul marciapiede, sotto al lampione, con gli occhi
rivolti al
cielo. Era il suo corpo che si allontanava con quell’uomo,
nient’altro. Un
corpo da usare e con cui giocare finchè lui lo avesse
ritenuto necessario. Lei
era il suo giocattolo adesso; era la sua bambola. Ma la vera Eleanor
era ancora
davanti alla fermata del bus, con la mente invasa dal ritornello di una
vecchia
canzone e lo sguardo impegnato a cercare le stelle.
***
Quella
notte, quattro portiere
d’auto si aprirono per Eleanor. Due scapoli, un fidanzato e
un vecchio vedovo
per un totale di duecentocinquanta dollari. Somma sufficiente per
pagare
l’affitto di casa e comprarsi da mangiare.
Sperava di riuscire a racimolare
qualcosa di più, dal momento che aveva altri tre mesi
arretrati d’affitto da
pagare e il suo padrone di casa si stava facendo davvero intrattabile.
Ma adesso
la bambola era tornata ad avere un’anima. Per quella notte
Eleanor aveva smesso
di essere un giocattolo. Non le importava cosa sarebbe accaduto. Nessun
corpo
estraneo l’avrebbe più profanata per le successive
ventiquattro ore. Fino ad
allora, tutto sarebbe andato bene. Nulla poteva spaventarla, nemmeno
quel
vecchio, grasso e pervertito del suo padrone di casa.
Mise le ultime banconote
guadagnate nella tasca interna della sua borsa, assieme alle altre, e
si
allontanò dalla fermata dell’autobus, diretta alla
metropolitana.
Stava attraversando nuovamente il
parco quando i primi timidi raggi del sole si stavano facendo largo tra
l’oscurità della notte.
Un elegante orologio in ferro
battuto posto accanto al sentiero che stava percorrendo segnava le
cinque e un
quarto del mattino. Troppo presto per chiunque, molto tardi per lei.
Eleanor preferiva rientrare a
casa prima che la città si svegliasse. Detestava avere
troppa gente intorno e,
se poteva, evitava di uscire di giorno. In genere, rientrava sempre
intorno
alle quattro, ma quella notte aveva iniziato a lavorare tardi e la sua
solita
tabella di marcia era saltata.
S’affrettò a
raggiungere l’uscita del parco e corse fino
alla metropolitana, sperando di non dover incontrare già i
primi pendolari del
mattino. Scese
velocemente le scale e
corse fino al suo binario.
Fortunatamente, la stazione era
deserta. Gli unici esseri viventi presenti erano il solito barbone
ubriaco
steso a terra nell’ angolo accanto al distributore di bibite,
e un piccione che
becchettava minuziosamente il perimetro attorno al cestino
dell’immondizia.
L’attesa fu breve. Il convoglio
arrivò in pochi minuti, accompagnato dal solito rumore
assordante. Il barbone
si destò imprecando con la voce impastata dalla sbornia e
dal brusco risveglio.
Eleanor salì e andò immediatamente a sedersi di
fronte alla porta. Sospirò,
finalmente rilassata. Prese i soldi dalla tasca interna della sua borsa
e se li
infilò dentro alla scarpa destra. Dopodichè
nascose la borsa dietro la schiena.
Un gesto meccanico che compiva ogni volta che
prendeva un mezzo pubblico. I malintenzionati erano attirati da una
ragazza
sola che prendeva la metropolitana a quell’ora del mattino,
quanto api con il
miele, ma di certo non si sarebbero mai sognati di scipparle le scarpe.
Un
semplicissimo ed efficace stratagemma che le aveva suggerito un suo
vecchio
amico all’Istituto. Fatto questo, allungò una mano
dietro alla schiena per
prelevare dalla borsa la sua felpa, ovviamente nera, e la
indossò.
Chiuse gli occhi e si abbandonò
sul sedile con un’agognata serenità.
“
Dovresti guardarti un po’ in
giro prima di compiere simili gesti. “
Quella
voce estranea ebbe lo
stesso effetto di una pugnalata al petto per Eleanor. Il suo corpo
s’irrigidì,
gli occhi si spalancarono ed ecco nuovamente l’ansia, la
paura e la tensione
invadere il suo cuore con lo stesso effetto di una macchia
d’olio.
Cercando di non lasciare
trapelare il suo reale stato d’animo, Eleanor si
sforzò di sostenere lo sguardo
dell’individuo che le stava di fronte.
Era un ragazzo dai capelli scuri,
probabilmente più grande di lei di qualche anno. Stava
seduto sul sedile
accanto alla porta ed Eleanor, entrando frettolosamente e pensando
unicamente
ai soldi da nascondere, non si era minimamente accorta della sua
presenza.
No! No, dannazione! No, no, no!
Eleanor
si appiattì più che potè
contro il proprio sedile, nell’inutile tentativo di difendere
la borsa. Si
sedette poi a gambe incrociate per proteggere, per quanto possibile, i
suoi
vecchi e logori anfibi neri, in quel momento preziosi e vulnerabili
quanto una
cassaforte aperta.
Il ragazzo continuava a fissarla
con un’espressione indecifrabile, ma per quanto Eleanor
temesse il contrario,
non sembrava avere cattive intenzioni.
Era vestito piuttosto bene e ciò
la tranquillizzò molto. Non aveva l’aspetto di un
comune delinquente che prova
gusto a derubare le ragazze.
Indossava dei jeans neri e scarpe
da ginnastica apparentemente nuove. Entrambi i capi
d’abbigliamento erano
firmati e non sembravano affatto delle imitazioni.
Sopra, portava una felpa grigio scuro con
singolari disegni tribali sulle maniche.
No, decisamente non sembrava un
delinquente. Era a posto! Perlomeno, era stata questa la prima
impressione di
Eleanor.
Forse era semplicemente un
ragazzo che rientrava a casa dopo una notte di baldoria trascorsa con
gli amici
o con la sua ragazza . Forse era venerdì sera…o
forse, no.
Eleanor provò per un attimo una
spiacevole sensazione di smarrimento quando si rese conto di non avere
la più
pallida idea di che giorno fosse. Non era poi così
importante saperlo, ma
perdere la cognizione del tempo era un’esperienza
tutt’altro che gradevole.
Rinunciò a mettere ordine nella
sua mente e tornò a studiare attentamente il ragazzo che le
sedeva di fronte,
osservando ogni suo movimento. Era chiaro che non riusciva a fidarsi
totalmente
di lui, nonostante desiderasse ardentemente il contrario. I vestiti
firmati in
fondo, non dimostravano proprio niente. Poteva anche averli rubati per
quello
che ne sapeva…
Ma all’improvviso, accadde
qualcosa. Eleanor incontrò casualmente il suo sguardo e
tutte le sue difese si
sbriciolarono in un istante.
La paura l’aveva resa
evidentemente cieca, perché fino a quel momento non si era
resa davvero conto
della creatura che aveva davanti.
Una morsa allo stomaco, una
temporanea paralisi in tutto il corpo e il battito cardiaco che
accelerava ad
ogni secondo. Un improvviso e totalmente sconosciuto senso di calore
sulle
guance la invase. Eleanor non seppe riconoscere nessuna delle
sensazioni che la
stavano travolgendo, l’unica cosa che le appariva chiara e
cristallina era che
quel ragazzo era ciò che di più bello avesse mai
visto.
I suoi capelli erano neri come la
notte, volutamente spettinati o forse, vittime del suo presumibile
temperamento
disordinato.
La sua pelle era candida quasi
quanto quella di Eleanor. Le sue labbra erano piene ed invitanti, ma
ciò che
più la colpì furono i suoi occhi.
Vi si poteva leggere ogni tipo di
emozione. Trasmettevano tristezza, ma anche appagamento. Erano freddi,
eppure
partecipi. Malinconici, ma sereni. Erano due pietre preziose. Due
stelle rubate
al cielo e incastonate nelle sue orbite.
Sembravano azzurri, ma non lo
erano. Un colore indefinibile che fondeva insieme il grigio chiaro, il
blu e il
verde… sembravano di vetro.
Due specchi
d’acqua in cui Eleanor, nonostante i metri che li separavano,
riusciva a
riflettersi.
Un pensiero fugace, ma del tutto
consapevole le attraversò la mente. Un pensiero di cui per
un attimo si
vergognò, ma che esprimeva esattamente ciò che in
quel momento sentiva e
desiderava
…
vorrei essere la sua bambola…
Un
sentimento nuovo le stava
riempiendo anima e corpo. Era stato sufficiente uno scambio di sguardi
durato
poco più che una manciata di secondi per ottenebrare tutto
ciò che l’aveva
sempre contraddistinta in quegli anni di solitudine. Un bisogno
irrefrenabile
di appartenere a qualcuno. Di appartenere a lui.
…
potrei essere per sempre la sua bambola se solo me lo chiedesse!
Il
ragazzo distolse lo sguardo da
Eleanor e lei provò quanto di più vicino ci fosse
alla sofferenza. Non voleva
che quegli occhi così straordinariamente belli osservassero
qualcosa che non
fosse lei. Era rimasta accecata. Non avrebbe mai più visto
nessun’altra stella.
Era lui la più luminosa adesso. Nemmeno le luci della
città avrebbero mai
potuto celarla.
Mille domande le riempivano la
mente e le premevano le labbra. Chi era quell’ angelo? Quale
era il suo nome?
Quanti anni aveva? Dove viveva? Da quale livello del paradiso era
caduto?
Perché non me lo chiede?
Mai
in vita sua Eleanor aveva
pregato che qualcuno le facesse quella domanda che tanti uomini le
avevano
posto. Ma adesso, avrebbe dato tutti i soldi guadagnati quella notte
per
diventare il suo giocattolo. Sarebbe stata disposta ad invertire i
ruoli e a
pagarlo lei stessa.
Oh, ti prego…
chiedimelo!
Ebbe
paura dei suoi stessi
pensieri. Lui era un angelo. Chi era lei per cercare di sedurre una
simile
creatura divina? Il Dio a cui lei non aveva mai creduto, si sarebbe di
certo
arrabbiato.
D’un tratto, l’angelo si alzò in
piedi ed Eleanor trattenne il respiro. Il cuore le batteva
così forte che per
un istante temette che lui potesse sentirlo.
Era alto. Se lei fosse stata in
piedi si sarebbe senz’altro appurato che la superava almeno
di una ventina di
centimetri. Eleanor si sentì infinitamente piccola
raggomitola sul sedile con
gli occhi fissi su quell’angelo senza ali. Lo
accompagnò con lo sguardo alla
porta, prima che una dolorosa consapevolezza ebbe il sopravvento su di
lei.
Stava andando via.
Pochi istanti e sarebbe sceso
alla fermata successiva, sparendo per sempre dalla sua vita. Eleanor sentì
il travolgente impulso di
fermarlo, ma l’autocontrollo fu più forte.
Pensò che sarebbe stato bello
seguirlo e salire con lui al cielo, ma non ne sarebbe mai stata degna.
Il respiro le si mozzò di nuovo
non appena lo vide voltarsi verso di lei, un attimo prima che la
metropolitana
rallentasse fino a fermarsi.
“
La prossima volta controlla che
non ci sia nessuno. “
La
sua voce era calda e
avvolgente, un suono di cui Eleanor avrebbe potuto inebriarsi per il
resto
della sua esistenza. Si godette i suoi occhi stupendi per quegli ultimi
istanti, marchiandoli a fuoco nella sua mente.
“
Sai, a quest'ora si possono
fare incontri molto spiacevoli… Stai più attenta!
“
Eleanor,
incapace di parlare,
annuì soltanto. Avrebbe voluto ringraziarlo e scusarsi per
averlo scambiato per
un comune e volgare ladruncolo, ma la sua paralisi temporanea non era
ancora
giunta a termine. Ogni suono e ogni parola che avrebbe voluto
rivolgergli,
moriva nella sua gola prima di riuscire a
raggiungere le labbra.
Lui si voltò, si calò sulla testa
il cappuccio della felpa e appena la porta automatica si
aprì, scese.
Eleanor allungò il collo per
guardarlo mentre si allontanava dalla banchina del binario, con le mani
in
tasca e l’andatura lenta. Quasi si aspettava di vedere sul
serio un paio di
grandi ali bianche levarsi dalla sua schiena, ma sfortunatamente lui
sparì
troppo in fretta per poterlo accertare.
Il cuore di Eleanor riprese a
battere normalmente, il corpo riacquistò
sensibilità e il respiro si
regolarizzò. Fu un sollievo, ma anche una sofferenza
infinita. Per la prima
volta, Eleanor conobbe il dolore causato dalla separazione. Lo aveva
già
testato una volta quando sua madre era morta, ma questo aveva un altro
sapore.
Era più dolce. Era qualcosa che la faceva sentire completa,
ma che allo stesso
tempo la lasciava come in sospeso. A sua madre aveva detto addio,
invece con
lui era stato semplicemente un arrivederci.
La sola idea di avere la
possibilità di rivederlo la rendeva elettrizzata ed inquieta
al tempo stesso.
Era una sensazione forte; un piacevole malessere che non
l’avrebbe abbandonata
fino al prossimo incontro. Eleanor aveva capito che non era un
delinquente, ma
nonostante ciò, quell’angelo l’aveva
comunque derubata! Si era portato via una
parte di lei e l’unico modo per riaverla indietro era
ritrovarlo. D’ora in
avanti, avrebbe vissuto solo nell’attesa di quel momento.
***
Ok,
ok! Forse a
qualcuno questa storia ricorderà qualcosa, soprattutto
l'inizio! Ci penso io a chiarirvi le idee! Avevo pubblicato questa fic
lo
scorso autunno - o la scorsa estate, non ricordo con precisione
- con il
titolo "Once Upon a Time... ", ma poi rileggendola non mi convinceva
del tutto. Alla fine, non solo ho cambiato titolo, ma ho anche
apportato
innumerevoli cambiamenti alla trama! Diciamo che avvenimenti
riguardanti
la mia vita personale - che si ritorcono inevitabilmente sul mio modo
di
scrivere - mi hanno convinto all'ennesima ristesura di questa storia.
Credo di averla
migliorata, anche se è presto per dirlo... non lo so...
conoscendomi, la
cambierò ogni volta che la rileggerò. E'
più forte di me, ragion per cui
eviterò con tutte le mie forze di leggerla troppo. Spero
quindi che perdoniate
gli eventuali - e sempre presenti - errori di battitura e i
maledettissimi - e
incubi personali della sottoscritta - errori di grammatica.
E ora la domanda chiave:
E' il caso che mi dia al giardinaggio anzichè alla
scrittura?
Forse il fatto che nulla di quello che scrivo mi convince è
perchè sono negata!
E' solo il primo capitolo, ma a me ancora non piace del tutto... -_-'
... sigh,
sono senza speranze... cmq qualche commentino sarebbe gradito, ma lungi
da me
l'obbligarvi ... però se non sapete cosa fare... se vi
annoiate o che so io... U.U
Beh, alla
prossima! (speriamo)
Ayleen^^
P.S
Anche
l'ippica non sarebbe male! Oppure
il combattimento tra galli... si, perchè no!?
-.-'''
O la numismatica! Le collezioni di farfalle, oppure di minerali!
L'osservazione
degli uccelli (XD oddio!!! qui si cade sul malizioso... la smetto che
è
meglio!)
Ah! Altra cosa importante!
Chiedo a tutti quelli che per caso hanno letto la mia vecchia "Once
Upon a
Time" di dimenticarla completamente. I personaggi sono gli stessi, ma
la
vicenda è un pochino cambiata! ^^ ... potrete mai
perdonarmi?????
P.S.2
Aggiornerò
una volta a settimana, quindi
evitate di fare commenti del tipo "aggiorna il più presto
possibile"
e simili, ok?? Lo farò al mercoledì, promesso!
Mai mettere fretta ad
un'aspirante scrittrice, specie se insicura come me ^^'.
<
è Eleanor da cantata canzone>"Romeo
and Juliet" dei Dire Straits. >
|
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Capitolo 2 *** Un amico ***
CAPITOLO
DUE
Un
amico
Caro Diario,
Mamma
mi ha insegnato a non fidarmi di Dio! Mi ha sempre lasciato libera di
scegliere
se credere o meno, ma mi ha sempre messo in guardia sul suo modo di
agire. “Se
decidi di credere, non sperare nei miracoli. Potresti avere grosse
delusioni. “
Diceva sempre così e la cosa non mi ha affatto aiutato ad
avere fede in un
qualche Essere Supremo e Onnipotente. Ma forse le divinità
esistono sul serio e
oggi ne ho avuto la conferma…Ho visto un angelo!
Forse è
stata mamma a mandarmelo. Avrà pensato che mi sentissi sola
quaggiù e lo ha
spinto a tradimento giù dal paradiso. Si, mamma sarebbe
proprio capace di un
gesto del genere, anche se dubito molto che lei si trovi in
paradiso… Ho letto
da qualche parte che il suicidio è considerato un peccato
mortale e che si
sconta all’inferno, ma mamma sarebbe capace di evadere anche
da là.
Indosserebbe una tunica bianca, delle ali finte e un’aureola
di plastica e
riuscirebbe ad infiltrarsi in paradiso. Sarebbe proprio da lei!
Ma
adesso mi tornano in mente le sue raccomandazioni. Forse, non
è stata lei a far
si che io incontrassi quell’angelo… è
stato Dio! Ha qualcosa in serbo per me e
la cosa m ’inquieta. Credo non mi abbia ancora perdonato il
fatto di non
essermi arruolata nel suo esercito di fedeli … vuole farmela
pagare facendomi
soffrire per qualcosa che non potrò mai avere. Ma se questa
è una sfida, io
l’accetto molto volentieri!
Caro
Dio,
sei
stato tu a metterti sul mio cammino non il contrario, quindi spero non
ti
dispiaccia che io scelga deliberatamente di scansarti. Non avercela a
male. Io
lo so che ci sei, semplicemente non credo in quello che fai.
Bisognerebbe che
qualcuno ti licenziasse! Detto tra noi, non stai facendo un buon
lavoro! Il
mondo va a rotoli! La mia vita va a rotoli, quindi credo che un piccolo
premio
di sopportazione mi spetti. Io lo troverò!
Troverò quell’angelo e non lo farò
mai più tornare da te! Hai commesso un grosso errore a
mandarlo quaggiù e fossi
in te non mi aspetterei di vederlo tornare a svolazzare
lassù nel tuo regno.
Non pensare a me. Non te l’ho mai chiesto e mai te lo
chiederò! Occupati di
quella parte del mondo che riesce ad avere ancora fiducia in te, ma
dimenticati
di questa piccola ed inutile pecorella smarrita! Lascia che sia il tuo
angelo
ad occuparsi di me… Abbandonami!
Oh
giusto, dimenticavo. Amen!
Eleanor
Un
colpo alla porta seguito da una voce aggressiva e innervosita, la fece
trasalire.
“ Apri
questa porta, ragazzina! Lo so che ci sei! “
Eleanor
si alzò in fretta dal letto e si precipitò dalle
sue scarpe gettate in un
angolo nel lato opposto della stanza. Con foga, afferrò le
banconote che erano
ancora nascoste all’interno.
“Non
costringermi ad usare la forza Eleanor! Apri immediatamente!”
I
colpi alla porta si fecero sempre più forti
e violenti. Per un attimo, Eleanor temette davvero che il vecchio uscio
non
reggesse.
“
Arrivo! Solo un secondo!” invocò, cercando di
prendere tempo.
“Un secondo
è troppo! Subito! “
Eleanor
lasciò nella scarpa cinquanta degli oltre duecento dollari
che era riuscita a
guadagnare. Il resto lo tenne stretto in mano mentre, prendendo
coraggio, si alzava
in piedi e si dirigeva alla porta.
Riusciva
ad immaginare fin troppo bene come sarebbe andata a finire; esattamente
come
tutte le altre volte. Con lui che con forza la scaraventava sul letto
costringendola a diventare il suo giocattolo fino a che non si fosse
soddisfatto abbastanza. E non era facile soddisfare Roy.
Avrebbe
potuto tenerla in ostaggio per ore senza stancarsi mai, mettendo a
tacere ogni
suo tentativo di ribellione tirando fuori la questione
dell’affitto arretrato.
Eleanor
riteneva quantomeno indecente che quella topaia nella quale era
costretta a vivere
andasse pagata. Una misera stanza con nient’altro che un
letto cigolante al
centro, una vecchia poltrona sulla quale era impossibile sedersi per
non
rischiare di venirne inghiottiti, un fornello a gas non del tutto
affidabile e
un tavolo pericolosamente dondolante. Il bagno era, se possibile,
ancora
peggio: dalla doccia usciva quasi sempre acqua fredda e lo scarico del
water
raramente funzionava. Eleanor era certa che i detenuti nelle prigioni
vivessero
in condizioni migliori delle sue.
E
quando aprì la porta, ne ebbe piena conferma.
Eccolo.
Il suo più grande incubo.
Roy era
un uomo sulla cinquantina. Il suo principale pensiero ero quello di
tracannare
più alcool possibile durante tutto l’arco della
giornata e ciò influiva
pesantemente sulla sua forma fisica. Oltre a non essere
decisamente atletico, non era uno che badava
molto all’igiene
personale. Ovunque
andasse lasciava dietro di se’ una scia maleodorante di
alcool, sudore e Dio
solo sa cos’ altro.
I suoi
untuosi capelli brizzolati gli toccavano le spalle e la barba sfatta
gli
copriva gran parte del viso. Gli occhi, costantemente annebbiati, erano
neri e
inflessibili.
“Cosa
vogliamo fare, Eleanor? “ domandò Roy,
provocandola. “ Io sto ancora aspettando
che tu saldi il tuo debito. “
La
ragazza non rispose, gli mostrò soltanto le banconote che
lui si affrettò ad
afferrare. Sperando
ardentemente che il
peggio fosse passato, Eleanor fece per chiudere la porta, ma Roy la
fermò.
“Dove
pensi di andare? Questi non bastano! “
“E’
l’affitto di questo mese.”
“Si, è
vero, ma gli altri mesi che mi devi?”
Eleanor
sospirò con rassegnazione: “Devi darmi ancora un
po’ di tempo, Roy… Stasera mi
è andata bene, ma non è sempre così.
Io sto facendo il possibile”
“Il
possibile non basta! E sai bene che non sono qui unicamente per i
soldi! “
Un gelo
improvviso si impossessò di Eleanor. “Per favore,
no… “ lo implorò con un filo
di voce.
“Dovresti
ringraziarmi invece di piagnucolare. Al mio posto un altro ti avrebbe
già
sbattuto per strada.”
Fallo!
Pensò Eleanor Ti prego fallo!
Dammi una ragione per andarmene da qui.
“Troverò
quei soldi, te lo giuro! “
“Come
se non te l’avessi già sentito dire”
“Ti
prego! Dammi una settimana, soltanto una settimana.”
“No, ho
aspettato anche troppo e ora voglio qualcosa in cambio. E tu sai
cosa!”
Roy la
spinse via dalla
soglia ed entrò,
chiudendosi la porta alle spalle. Lei rimase immobile, mostrando la
schiena a
Roy che nel frattempo le si era avvicinato pericolosamente. Le sue mani
l’avevano già raggiunta. Una lacrima le scese
silenziosa sul viso nel momento
stesso in cui il suo incubo peggiore si trasformò in una
brutale realtà.
***
Nella
tarda mattinata, furono
molti quelli a vedere una ragazzina vestita di nero scappare da una
vecchia
palazzina malridotta.
Eleanor correva stringendo al
petto la sua inseparabile borsa contenente i suoi unici effetti
personali : un
vecchio diario, un portafoglio, un piccolo album di fotografie e una
buffa
bambolina di pezza fatta a mano che lei avrebbe dovuto regalare a sua
madre in
terza elementare. Ma a questi oggetti se ne aggiungeva un altro;
qualcosa di
intangibile e astratto: l’immagine di due occhi ultraterreni
che la fissavano
dentro ad un vagone.
Eleanor riprese a camminare
normalmente nel ripensare al ragazzo
della metropolitana. Si asciugò gli occhi col
dorso della mano destra,
rendendosi conto che piangere e pensare a lui al tempo stesso era
impossibile.
La sola cosa che si sentì di fare fu sorridere e
dimenticarsi completamente di
Roy e delle ultime ore trascorse nelle sue grinfie.
Si sentiva sporca e violata come
non mai!
Non appena Roy si era
addormentato, lei si era rivestita in fretta, aveva afferrato la sua
borsa ed
era scappata via, senza sapere se sarebbe mai tornata laggiù.
S’infilò in una cabina telefonica
e rovesciò la borsa sperando di trovare qualche monetina
rimasta dimenticata
sul fondo. La trovò e velocemente la inserì nel
telefono. Compose in fretta un
numero con le lacrime che di nuovo le premevano agli angoli degli occhi.
A rispondere fu la voce assonnata
di un ragazzo.
“Pronto?”
Eleanor
rimase in silenzio per
qualche istante, il pianto che le soffocava la voce.
“Evan…”
mormorò infine.
Il
ragazzo parve ridestarsi dal
torpore dovuto dal brusco risveglio: “Eleanor? Sei
tu?”
“Si…
senti, possiamo vederci?”
Pochi
attimi di assoluto silenzio
e poi la voce di lui si fece preoccupata:“Va tutto
bene?”
“No!
…Roy…lui… l’ha fatto
ancora.”
***
Il
sole splendeva già alto nel
cielo mentre Eleanor sedeva silenziosa su una panchina del parco; il
capo
chino, lo sguardo a terra, le mani in grembo, un altro frammento di
se’ che se
ne andava.
Quel posto era così diverso alla
luce del giorno. Di notte lo si poteva definire spettrale: soltanto una
spessa
oscurità che occultava delinquenti, spacciatori, drogati,
alcolizzati e,
naturalmente, quelle come lei…
A quell’ora del giorno invece il
parco appariva un luogo sicuro e piacevole: bambini che giocavano,
mamme con i
passeggini, persone che portavano a spasso i cani, sportivi che si
tenevano in
forma correndo, anziani seduti sulle panchine che lanciavano briciole
ai
piccioni e agli uccellini, innamorati che si tenevano per mano.
Tuttavia, lei
continuava a preferirlo alla luce della luna, perché non
esisteva niente di
così orribile da non venire occultato
dall’oscurità. Il buio la faceva sentire
protetta.
In mezzo a tanta serenità, la
presenza di Eleanor non passava di certo inosservata, ma a lei non
interessava.
Aspettava Evan con impazienza tentando di domare l’urlo di
rabbia e dolore che
minacciava di sopraffarla. Lo avrebbe liberato solo in sua presenza,
perché lui
era l’unico che l’avrebbe capita. Spesso si
convinceva di essere del tutto
sola, ma in realtà sapeva che Evan ci sarebbe stato sempre.
E fu proprio nel pensare a ciò
che una voce familiare fece largo tra i suoi pensieri :
“Eleanor!
“
Evan
le stava andando
incontro salutandola con il braccio alzato. Non appena lo videro, gli
occhi di
Eleanor si arresero al suo volere di trattenere le lacrime. Lei lo
raggiunse di
corsa e gli gettò le braccia al collo singhiozzando come una
bambina.
Lui, sorpreso e incerto, la
strinse a se’ con dolcezza:
“Stai
bene? “ le domandò.
“Non
chiedermelo! “ rispose lei
tra un singhiozzo e l’altro.
Eleanor
ed Evan si erano
conosciuti dieci anni prima nell’istituto dove erano stati
segregati dopo
essere rimasti entrambi orfani. La loro amicizia aveva resistito anche
una
volta usciti e, anche se molto più raramente, avevano
continuato a
vedersi.
Evan era un ragazzo di
bell’aspetto. Era alto, con un fisico piacente. I suoi
capelli erano una
cascata di riccioli bruni che, assieme alla sua carnagione abbronzata,
gli
conferivano un aspetto ribelle e selvaggio, facendolo apparire ancora
più
attraente agli occhi di ogni ragazza che lo incontrava. Le sue iridi
color di
giada spiccavano in maniera incontrollabile sulla sua pelle dorata.
Evan era il primo che avesse
fatto battere forte il cuore di Eleanor, ma era anche stata la sua
prima
autentica delusione d’amore.
Lui era bello, era gentile, era
in gamba, ma c’era un aspetto del suo essere che la faceva
soffrire
terribilmente. Il motivo per cui lei era stata rifiutata.
Eleanor provava quasi pena per
tutte quelle ragazze che si ammassavano nel locale dove lui lavorava
solo per
riuscire a vederlo. Se solo avessero saputo cosa lui davvero cercava in
una
relazione…
Nessuno l’avrebbe mai immaginato.
La sua aria rude e mascolina non lasciava certo spazio a dubbi del
genere, ma
ad Evan le ragazze non interessavano. Eleanor aveva pianto di nascosto
il
giorno che lui le aveva rivelato di essere gay.
Ancora adesso, dopo quasi quattro
anni, lei stentava a crederci. L’unico ragazzo che avesse mai
amato, non
avrebbe mai potuto ricambiarla. E adesso lui era diventato come un
fratello,
anche se il suo cuore ancora si ribellava ad accettare quel tipo di
sentimento.
Evan non disse niente. La lasciò
sfogare, senza permettersi d’interromperla. Non
cercò di calmarla come avrebbe
invece fatto chiunque altro. Sapeva che tenersi tutto dentro non
avrebbe
portato a niente, tranne che ad altre lacrime ancora più
cariche di dolore.
Eleanor odiava farsi vedere in quello stato,
ma per lei Evan era quanto di più vicino ci fosse alla
salvezza. Se lei era il
fiore, lui era il suo stelo.
“Scusami…” farfugliò la
ragazza contro il suo petto.
“Di
cosa mai dovresti scusarti? “
“Tu
hai lavorato tutta la notte e
io ti ho costretto a venire a sopportare i miei piagnistei. Dovresti
odiarmi
per questo!”
“Odiarti?
“ ridacchiò lui “Per
così poco? Ti odierei se non mi chiamassi affatto.”
Eleanor
si staccò lentamente da
lui e si asciugò gli occhi.
“Va
un po’ meglio?” le chiese
Evan, fissandola con apprensione.
“No,
ma sono contenta che ora sei
qui. “
“
Bene, questo mi fa piacere!”
Eleanor
sorrise, andò a
recuperare la borsa che aveva lasciato sulla panchina e
domandò: “Ti va di fare
quattro passi?”
“Certo.
“
***
Camminarono
fianco a fianco per
ore, parlando di sciocchezze e ridendo di battute che soltanto loro
potevano
capire. Pranzarono
in uno dei chioschi
del parco e Evan si offrì di pagare anche per Eleanor. Dopo aver mangiato si
sedettero all’ombra di
una betulla, osservando con aria assente dei bambini che giocavano a
pallone.
“Stanotte,
cioè stamattina
presto, ho incontrato qualcuno. “ esclamò Eleanor
all’improvviso.
“Ah
si? “ domandò lui con
espressione poco partecipe.
“Già…
un ragazzo, a dir la
verità.”
Gli
occhi di Evan si fecero d’un
tratto più interessati. Lo sguardo che le rivolse traboccava
di malizia:
“ Davvero?!
Ebbene?”
“Ebbene
cosa? “ disse lei,
fingendo noncuranza.
“Racconta!
“
Eleanor
chiuse gli occhi per
qualche istante ripensando al ragazzo della metropolitana. Un senso di
appagamento e serenità la travolsero non appena la sua
immagine si fece chiara
e nitida nella sua mente.
“Dovresti
vederlo, Evan. “
sospirò con occhi sognanti “E’ talmente
bello da sembrare inumano. “
“Magari
è un alieno che ha assunto
un aspetto attraente per adescare povere fanciulle indifese!
“ scherzò il
ragazzo.
“Non
m’interessa. Ha il permesso
di catturarmi. Per quel che mi riguarda, può fare di me
quello che vuole.”
Evan
si accigliò dalla sorpresa:
“Non è da te dire una cosa del genere! “
“Lo
so, ma è esattamente ciò che
penso. Tu non puoi neanche lontanamente immaginare cosa mi frullasse
per la
testa mentre lo guardavo. Spero solo che lui non se ne sia
accorto!”
I
due ragazzi si guardarono
gravemente per qualche istante, ma la serietà di Evan fu la
prima a venire
meno. Scoppiò a ridere senza ritegno seguito a ruota
dall’amica.
“Avrei
voluto esserci! Chissà che
scena! “ sghignazzò Evan.
“C’è
poco da ridere! “ esclamò
Eleanor tra le risate “ Ti giuro che mi sono fatta schifo da
sola! “
“Non
stento a crederlo! “
“Ho
fatto una figura pessima,
vero?”
“Beh
, non si può certo dire che
non ti sia fatta notare. Da un certo punto di vista è un
bene!”
“Un
bene? Starà ridendo di me
ancora adesso!”
“Si,
è probabile!”
“Dovresti
consolarmi, invece di
ridere!”
“Ah,
davvero!? E cosa dovrei
dirti? Che magari, lui non se ne è nemmeno
accorto!?”
“Ne
dubito molto. Non so bene che
espressione avessi, ma probabilmente stavo sbavando!”
Le
risate di Evan si fecero
ancora più chiassose. Eleanor ne venne immediatamente
contagiata.
“Sia
chiaro che sto scherzando!”
si affrettò ad aggiungere poi, attendendo che le risa del
ragazzo si
estinguessero.
Rimasero
immersi nel silenzio per
qualche minuto. Evan sembrava essersi addormentato, le mani dietro la
nuca, gli
occhi chiusi, il volto rilassato. Accanto a lui, Eleanor teneva le
gambe
strette al petto, la testa nascosta fra le ginocchia nel tentativo di
liberare
la mente dall’immagine del ragazzo della metropolitana.
La voce di Evan la costrinse a
far riemergere il viso alla luce del sole:
“Gli
hai parlato?” domandò il
ragazzo, mantenendo la sua posizione di finto addormentato.
“Cosa?”
fece Eleanor, presa alla
sprovvista.
“Hai
parlato a quel tipo?”
“…no.”
Mormorò Eleanor
nascondendo di nuovo la faccia tra le ginocchia.
“Perché
no?”
“E
me lo chiedi? A
malapena riuscivo a respirare. Tremo al
solo pensiero di quali idiozie avrei potuto dirgli.”
“
E lui, invece? Ti ha detto
qualcosa? “
Le
guance di Eleanor
s’imporporarono non appena ricordò la voce di
quell’angelo: “Si. “
Evan,
ormai tutto preso dal
discorso, si mise a sedere di fronte alla ragazza: “Dai e che
ti ha detto?”
“Niente
di speciale.”
“Come
sarebbe a dire? Se un
ragazzo si prende la briga di rivolgere la parola ad una sconosciuta
è sempre
un buon segno!”
“No,
non è vero!”
“Ma
si che è vero! Se io non ti
avessi rivolto la parola quando tu per me eri ancora
un’estranea a quest’ora
non saremmo qui a parlare! “
“Non
è la stessa cosa!”
“Si,
invece. Quel ragazzo si
ricorderà di aver parlato con te e se per caso ti
incontrerà di nuovo, ti
riconoscerà. Credimi hai già fatto un primo passo
verso la sua conquista!”
Eleanor
inarcò le sopracciglia
impressionata : “Parli come uno che la sa lunga
sull’argomento.”
“Infatti!
“
Eleanor
lo spinse leggermente,
con fare amichevole: “Ma sentilo!”
Lui
rise : “Non mi credi? Allora
scommettiamo!”
“Cosa?”
“Scommetto
che entro un mese ti
inviterà ad uscire con lui.”
La
ragazza lo guardò scettica:
“Hai proprio voglia di perdere soldi, eh?! “
“Non
preoccuparti dei miei soldi.
Piuttosto temo che sia tu quella che ha paura di perdere!”
“Ma
certo che ho paura! Tu stai
delirando! Uno come lui non perderebbe mai tempo con
…” Eleanor si fermò a
metà frase, indecisa su
come auto definirsi. “ … beh, con una come
me.” Disse infine, rabbuiandosi.
“Definisci
‘una come me ‘
.”
Lo
guardò a lungo prima di
rispondere : “… lo sai, Evan. Lo sai bene cosa
sono. Sono una che è stata usata
e riusata più volte. E probabilmente continuerò
ad essere usata ancora e
ancora… Non sono…insomma, non sono degna di lui.
A dir la verità, credo di non
essere degna di nessuno.”
“Non
dire sciocchezze. A volte ti
comporti proprio come una ragazzina!”
“Ti
do una notizia bomba! “
esclamò lei alzando gli occhi al cielo esasperata.
“Io sono una ragazzina!”
“Sei
impossibile! “ ribattè lui.
“Non ti capisco! Ti sei sempre offesa ogni volta che ti ho
chiamato ragazzina e
ora invece ti sei accorta di esserlo! “
“Lo
sono! “
“No
invece. Hai diciannove anni!
“
“Appunto.
Tecnicamente sono
ancora una teenager, vale a dire un’adolescente, ossia una
ragazzina immatura!
“
Evan
sbuffò e si rimise sdraiato.
“Come vuoi! Ne riparleremo fra un anno, quando forse ti
renderai conto di
essere un’adulta ormai.”
“Ok,
andata! “ . Si sdraiò al suo
fianco e nessuno parlò più.
Evan
si addormentò sul serio
questa volta. Eleanor sentì il suo respiro farsi
più lento e pesante. Non osò
svegliarlo. Sapeva di essere lei la causa delle sue ore di sonno
mancate e
scelse di non disturbarlo. Almeno questo glielo doveva.
Si accorse che anche le sue
palpebre si erano fatte terribilmente pesanti. Stava per battere il
record
delle ventiquattro ore filate senza dormire. Non era la prima volta, ma
quella
sera era intenzionata a tornare in metropolitana per illudersi di
incontrare
nuovamente quel ragazzo stupendo che tanto la tormentava. Quella notte
non
poteva permettersi di perdere tempo a dormire.
Volse lo sguardo al cielo sereno,
maculato da poche e soffici nuvole candide. Pochi minuti e
l’incoscienza prese
il sopravvento. Un ‘incoscienza resa in qualche modo
consapevole dalla presenza
di due occhi meravigliosi che la fissavano senza battere ciglio.
Persino nel
sonno, Eleanor sorrise.
***
Qualcuno
la scrollò leggermente,
chiamandola per nome. Eleanor cercò di alzare una mano per
respingere chiunque
la stesse conducendo verso quel risveglio forzato, mugugnando qualcosa
di molto
simile ad un’imprecazione.
“Andiamo,
Eleanor! “ era la voce
famigliare di Evan “E’ tardi! E’
già buio! “
Bastarono
quelle parole a
risvegliarla del tutto e far sparire ogni traccia di torpore.
“Già
buio!?” esclamò rizzandosi a
sedere. “Che ore sono, maledizione!?”
Io devo andare da lui!
“Calmati!
“ disse Evan, perplesso
dalla reazione dell’amica “Sono quasi le sette e
mezza! Abbiamo passato il
pomeriggio a dormire! Chissà cos’avranno pensato i
passanti!?”
Eleanor
si strinse nelle spalle.
“Sai che me ne importa! “
Evan
si alzò stiracchiandosi.
Offrì la mano ad Eleanor per aiutarla a mettersi in piedi.
“Evan,
senti… “
“Cosa?
“
“Ho
bisogno di un favore. “ disse
esitante.
“Certo,
se posso. “
Eleanor
non rispose subito,
neanche lo guardò in faccia:
“Non
… non me la sento di tornare a casa mia! …Non
dopo quello che è successo oggi con Roy. Non mi
perdonerà di essere scappata a
quel modo e non oso immaginare cosa potrebbe avere intenzione di farmi
se mai tornassi
da lui…”
Evan
capì al volo e sorrise
rassicurante : “Non c’è problema!
“ disse subito “Puoi venire da me! Non
c’è
neanche bisogno di chiedermelo! “
Eleanor
continuò a rimanere sulla
difensiva :
“…però…”
“Però?
“
“…io…
non vorrei… beh, essere di
troppo. Voglio dire… hai capito, no? … “
Vedendola
così in difficoltà,
Evan trattenne a stento una risata, ma conosceva il motivo di tanta
incertezza:
“Lui non c’è, Eleanor! “ disse
per tranquillizzarla.
Lei
lo guardò, appena corrucciata
dall’incertezza.
“Nathan
non c’è.” Spiegò
serenamente “E’ andato a trovare sua sorella. Sai,
si è laureata e lui non
poteva mancare!”
Eleanor
parve rasserenarsi. “Sul
serio? Non è che ora lo chiami di nascosto e gli dici di
trovarsi un albergo
perché ci sono io?”
Evan
sorrise di nuovo: “Ti sto
dicendo la verità. Non c’è, dico sul
serio. Tornerà fra una settimana, più o
meno. “
La
ragazza sospirò sollevata.
Non era una questione personale,
anzi trovava Nathan molto simpatico, ma non sopportava di vederlo
insieme ad
Evan. Cercava di non pensare mai alla loro relazione, la faceva
soffrire
troppo. Non era il fatto che fossero due ragazzi, avrebbe avuto
difficoltà
anche se Evan avesse convissuto con una ragazza. Era l’idea
di averlo perso che
le dava il tormento e, in qualche modo, riteneva Nathan
l’unico colpevole. Evan
era stato il suo primo ed unico amore, finito ancora prima di avere avuto il
tempo di
sognare un futuro insieme a lui. Si sentiva una stupida a pensarla
così, ma le
riusciva impossibile stare a casa di Evan se in giro c’era
Nathan.
Probabilmente era gelosia, anche se lei si rifiutava con tutte le sue
forza di
crederlo, dal momento che non si sarebbe più dovuto chiamare
amore il
sentimento che la legava ad Evan…
“Chi
cucina?!” domandò, lo
sguardo improvvisamente acceso dall’entusiasmo.
“La
donna sei tu! “ scherzò Evan.
“Bene!
Ma non mi fiderei troppo,
fossi in te! Sai come sono fatta ai fornelli. Mi piace sperimentare
cose
nuove!”
Eleanor
rise dell’espressione
decisamente preoccupata di Evan.
“Pizza?!
“chiese infine, con un
sorriso.
Lui
annuì : “Si, assolutamente!”.
***
Eccomi, come promesso! Volevo
aggiornare oggi pomeriggio, ma non ce l’ho fatta, sorry^^!
Cmq, ecco qui il secondo
capitolo.
Capitolo abbastanza inutile
devo dire, ma serve per introdurre il personaggio di Evan ( A very
important
character !!) . La prossima volta accadrà qualcosina di
più, giuro. Qualcosa
che avrà a che fare con il misterioso ragazzo della
metropolitana, contenti?!
Tanti
hanno letto e solo una
ha commentato ç_ç !... Fa niente.
Mille grazie a Mary3!!!!
Lieta ke ti sia piaciuto, ma ti prego di non tralasciare i compiti per
stare
dietro alla mia storia… non vorrei essere responsabile di
qualche disastro
scolastico^^’’!!
A mercoledì prossimo!
Ayleen
|
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Capitolo 3 *** Come creature notturne ***
CAPITOLO
TRE
Come
creature notturne
Caro
diario,
Ho
pensato a lui tutto il giorno, anche quando Roy era sopra di me. Non
vedevo
altro se non il suo viso .
E’
buffo… non ricordo che io sia mai stata ossessionata a tal
punto da qualcuno.
Nemmeno con Evan era così!
Può
l’ossessione essere sinonimo di amore? Non credo…
che io sappia, l’ossessione è
qualcosa di negativo. è qualcosa che conduce
irrimediabilmente alla pazzia. Se
è così non ho scampo. Molto presto mi
troverò a scrivere tra le fredde e
bianche mura asettiche di un manicomio!
Stanotte
andrò a cercarlo. Non so bene cosa farò, ma devo
rivederlo. Devo convincermi di
non essermelo sognato… se così fosse, potrei
anche morirne.
Mio
Dio, non so neanche più quello che dico! Morire? Per cosa?
Per chi? Per un
completo sconosciuto? Non so nemmeno il suo nome!
Apri
gli occhi, Eleanor. Lui non sa nemmeno che esisti. E’ stato
gentile con te, ma
nulla più. Non credo che abbia trascorso tutto il giorno a
pensare a te… Non
sai neanche se lo rivedrai! Devi crescere! Evan ha ragione, sei una
ragazzina!
Ah,
proprio perfetto ! Adesso mi sono pure messa a parlare in seconda
persona!
Chissà? Forse sono già pazza! Lo sono sempre
stata… non serve essere
perseguitate dall’ossessione… in manicomio ci
finirò comunque!
Non
importa! Se devo impazzire e giocarmi per sempre la mia salute mentale,
voglio
farlo in grande stile!
Eleanor
“Sei
proprio convinta, allora? !”
Evan la
fissava dalla parte opposta del tavolo della cucina. Il formaggio del
trancio
di pizza che teneva in mano stava colando. Quando se ne accorse, si
affrettò a
mangiarlo.
“Certo
che si! “ rispose Eleanor con un’insolita
determinazione “Te l’ho detto! Devo
rivederlo!”
“E cosa
farai se per caso lo incontri? “
“Non lo
so! … Resterò a guardarlo, immagino! “
Evan
sospirò. “Ma non risolverai niente
così! Hai intenzione di dargli la caccia per
il resto della tua vita, inseguendolo per le metropolitane!?”
Eleanor
non rispose. Si concentrò sulla propria metà di
pizza e non osò ribattere… In
effetti, non c’era proprio nulla da ribattere.
“Devi
provare a parlargli!” insistette Evan
“Oh,
certo! E cosa mai potrei dirgli!? Sentiamo! “
“Beh, Ciao
tanto per cominciare! In fondo
sarebbe la seconda volta che lo vedi, quindi avresti tutto il diritto
di
salutarlo, no?! “
“E se
non mi risponde?”
“Andiamo,
tutti rispondono ad un saluto. Voglio dire, è semplice
educazione! “
Eleanor
gli lanciò un’occhiata per nulla convinta :
“E poi cosa dovrei fare?”
“Poi le
parole verranno da sole, credimi! “
La
ragazza sbuffò, continuando a mangiare : “Fai
tutto semplice, tu!”
“Sei tu
che ti complichi l’esistenza! Se fossero tutte come te,
l’umanità si sarebbe
estinta secoli fa! Sono sorprendenti le difficoltà che
riesci a trovare nel
relazionarti con qualcuno dell’altro sesso! “
“Beh,
con te non ho mai avuto problemi, mi pare.”
“Vorrai
scherzare! Se non fosse stato per me, non saremmo mai diventati amici!
Sono IO
che mi sono avvicinato, IO che ti ho parlato per primo, IO che ho
cominciato il
discorso, IO che sono venuto a cercarti il giorno dopo… devo
continuare? “
“D’accordo!”
esclamò Eleanor indispettita “Ho afferrato il
concetto!”
Per un
po’ continuarono a cenare in silenzio. Eleanor sentiva lo
sguardo di Evan
addosso, ma tentava in tutti i modi d’ignorarlo. Sapeva che
il suo amico aveva
ragione. Ragione da vendere, ma era troppo testarda e orgogliosa per
ammetterlo.
Evan
non la smetteva di fissarla cercando di leggere il suo reale stato
d’animo.
Trovò solo tanta paura dentro quegli occhi blu. Tanta da
impietosirlo.
Sospirò
: “Vuoi che venga con te? “ domandò a
bruciapelo.
Lei
rimase immobile per qualche istante, sostenendo finalmente il suo
sguardo. Lui
la fissava in attesa, con le braccia incrociate sul petto, quasi
sfidandola a
rispondere.
“Allora?!
“ incalzò, quando vide che lei non sembrava
intenzionata a parlare.
Eleanor
si concesse qualche secondo di incertezza, ma
infine i suoi occhi luccicarono nuovamente di
determinazione :
“ No,
grazie!”
Un’espressione
di pura incredulità si fece largo sul viso abbronzato di
Evan : “Davvero!?”
Lei
annuì soltanto, continuando a mangiare, apparentemente
serena.
“Guarda
che non ci sono problemi. Ti accompagno se vuoi.” Insistette
lui.
“Ti ho
detto di no!”
“Ma non
mi pesa, sul serio!”
“Evan!”
esclamò lei, gli occhi sgranati in uno slancio di fermezza.
“Non ti voglio fra
i piedi, chiaro?!”
Temette
per un attimo di averlo offeso, ma lui apparve semplicemente stupito.
“Va
bene.” Disse tranquillamente “Ho capito. Non
c’è problema!”
“Grazie.”
***
Dannato
orologio!
Era più
o meno la duecentesima volta che Eleanor si voltava in direzione
dell’orologio
accanto all’ingresso della metropolitana; la pazienza
cominciava ad
abbandonarla.
Avanti,
muoviti! Ti prego!
Erano
quasi le tre e mezza. Era presto. La notte prima erano più o
meno le cinque
quando lei si era avviata in metropolitana. L’idea di dover
aspettare quasi
altre due ore la fece sbuffare con insofferenza.
Sapeva
di essere uscita troppo presto, ma Evan era andato a dormire, dato che
quello
era il suo giorno libero, e lei non era stata in grado di rimanere a
casa con
le mani in mano. Non che avesse risolto molto, standosene ferma e
immobile
davanti alla stazione della metropolitana, ma perlomeno riusciva a
sentirsi più
vicina al suo obbiettivo.
Eleanor
tentò in ogni modo di far passare più velocemente
il tempo: Contò le auto, i
pochi passanti – separando accuratamente le donne dagli
uomini- , canticchiò
ogni canzone che conosceva, cercò in cielo le costellazioni
nascoste dalle nubi
di smog … tutto inutile!
Ogni
volta che guardava l’orologio trovava che la lancetta dei
minuti fosse sempre
troppo indietro… per non parlare di quella delle ore, sempre
ferma allo stesso
punto.
Quell’affare
si sta prendendo gioco di me! Pensò con irritazione.
Si mise
a tamburellare nervosamente con le dita sul muretto dov’era
poggiata, tentando
d’intonare motivetti musicali, ma dopo un po’ si
stancò anche di quello e
lasciò perdere.
Per
poco non si mise ad urlare quando si rese conto che non era trascorsa
neanche
un’ora. Com’era possibile che ci volesse
così tanto prima che quella dannata
lancetta raggiungesse il numero successivo? Era assolutamente
snervante.
Imprecando
come mai una ragazza avrebbe dovuto fare, si sedette sui gradini che
portavano
alla stazione. Prese la sua borsa e tirò fuori il suo
vecchio diario. Andò
all’ultima pagina, dov’ era piegato un foglietto.
Lo aprì e agguantò
stizzosamente la penna.
Controllare il tempo.
Lo
scrisse in fretta e disordinatamente, senza un briciolo di premura.
Richiuse la
penna e lanciò una rapida occhiata al foglio che stringeva
tra le mani.
Era
arrivata al numero 216.
Eleanor
sorrise. Aveva trasformato in inchiostro l’ennesimo desiderio
inesaudibile.
Quell’elenco infinito da anni la tormentava. Tutto
ciò che aveva sognato almeno
una volta era affidato a quel vecchio foglio sgualcito.
Non era
altro che una lista di cose da fare prima di morire, alcune sensate e
razionali, altre totalmente infantili e irrealizzabili.
Andare
sulla luna, volare, quantificare le stelle, essere rapita dagli alieni,
scoprire il passaggio per una dimensione parallela erano solamente
alcuni dei sogni
utopici che comparivano su quell’elenco. A questi si
aggiungeva ora, il numero
216.
Quanto
avrebbe voluto poter controllare il tempo. Non solo sarebbe riuscita a
far
scoccare l’ora x, ma
avrebbe anche
potuto tornare alla sera prima. Sorrise a quel pensiero tanto illogico
e rimise
a posto il diario.
Cresci
Eleanor, cresci!
Ma
perché crescere se le era ancora concesso di sognare ad
occhi aperti?
* Tutto
è opaco e i rumori sono come ovattati. Forse è un
sogno. Si,
lo è. Sua madre è lì con lei.
Eleanor la vede eccessivamente grande, come dalla prospettiva di
un bimbo di pochi anni. Ma è così che deve
essere, perché è così che lei la
ricorda.
E’ seduta sul divano nel loro vecchio salotto e lei, la Eleanor
bambina, è
accovacciata sul tappeto.
La donna fissa il vuoto davanti a se’, persa in
chissà quali
pensieri. I suoi occhi marroni sono vuoti e segnati da profonde occhiaie,
come se
avesse passato la notte insonne.
“Sai,
piccola… “ dice con la voce roca e terribilmente
stanca “ …
Dio ha commesso un grosso errore quando ci ha creati.”
Eleanor si sente
confusa. La sua mamma non ha mai creduto in Dio e
lei lo sa bene. Perché adesso parla addirittura di creazione?
“ E cosa
ha sbagliato?!” chiede curiosa Eleanor.
“…
Si è dimenticato di farci dono di una cosa. Una cosa
fondamentale. “
“ Che
cosa? “
Sua madre resta in
silenzio e all'improvviso i suoi occhi si
sgranano. Con un’espressione totalmente terrorizzata si copre
il viso con le
mani. Eleanor aspetta pazientemente di ricevere una risposta, ma la
donna cade
a peso morto sul divano e inizia a dimenarsi freneticamente. Con gesti
violenti
e disperati, comincia a scrollarsi di dosso qualcosa che solo lei
può vedere.
“Basta!
Basta!” urla, la voce soffocata dal pianto “
Lasciatemi!
Smettetela di toccarmi! Basta! Basta!”
Immediatamente, la
bambina si alza da terra e corre nella sua
cameretta. Chiude la porta e inizia a cantare la filastrocca che quella
mattina
ha imparato a scuola.
Non serve a molto. I singhiozzi e i lamenti sconclusionati di sua
madre giungono lo stesso fino alle sue orecchie piccole e innocenti.
Alza la
voce e, senza volerlo, anche lei si mette a piangere…
proprio come tutte le
altre volte. *
Un
sobbalzo nel sonno la fece svegliare bruscamente. Il cuore di Eleanor
batteva
forte e incontrollabile, reduce dall’ennesimo sogno
riguardante sua madre e la
sua pazzia.
Sbuffò,
passandosi una mano tra i capelli corvini e lanciando la solita
occhiata
all’orologio.
Il
respiro le si mozzò. Le cinque.
Erano
le cinque e lei aveva corso il serio rischio di non accorgersene.
Il
brutto sogno l’aveva svegliata in tempo. Le urla di sua madre
l’avevano
condotta fuori dall’incoscienza.
Stavolta
mi tocca ringraziarti, mamma!
Con il
cuore in gola e lo stomaco stretto in una fastidiosa morsa, Eleanor
corse giù
per le scale ed entrò correndo nella stazione deserta e
silenziosa.
Era in
perfetto orario. Non c’era motivo di affannarsi a quel modo,
ma correre
l’aiutava a scaricare la tensione.
I suoi
passi frettolosi riecheggiavano per la stazione così come il
suo respiro
rantolante. Un‘occhiata veloce al pannello degli orari le
diede conferma che la
metro che lei soleva prendere ogni mattina a quell’ora, stava
per arrivare… e
in perfetto orario.
Un
sorriso accennato, l’ansia che le congelava lo stomaco, il
cuore che combatteva
per uscirle dal petto; il fiume di emozioni che la travolse non aveva
nulla di
negativo. La paura, l’agitazione e l‘imbarazzo che
in quel momento la
tormentavano avevano qualcosa di insanamente piacevole.
Raggiunta
la banchina, Eleanor si appoggiò con le mani sulle ginocchia
cercando di
riprendere fiato.
Nulla
era cambiato dalla notte prima. Il solito barbone vicino al
distributore, il
piccione accanto al cestino dell’immondizia e lei…
Poi,
finalmente, quel rumore. Quel frastuono così familiare
accompagnato da quelle
forti vibrazioni del terreno e da quella improvvisa brezza che
iniziò a
scompigliarle i capelli.
Sospirò
per farsi coraggio.
Ho fatto
30…
Il
convoglio arrivò con il solito fracasso. Eleanor
aguzzò la vista e setacciò con
lo sguardo ogni carrozza che le sfrecciava davanti: una chioma bionda
di donna,
una testa calva, due ragazzi di colore… nessuna macchia nera
rubata alla notte.
Eleanor
si fece prendere dallo sconforto.
Non
c’è. Pensò
disperata Non è venuto! Lo sapevo. E’
stato solo un caso, ieri…
Poco ci
mancò che non si mettesse a piangere per la delusione. La
consapevolezza che
con molta probabilità non lo avrebbe mai più
rivisto s’insinuò con prepotenza
nel suo cuore, lacerandoglielo.
Che
stupida! Dio vince sempre, dovrei averlo
imparato ormai. Se l’è ripreso! L’ha
costretto a tornare in cielo…
Il
vento cessò assieme alle vibrazioni. Il fischio dei freni la
fece ridestare dai
propri pensieri. Due porte scorrevoli si aprirono di fronte a lei. Con
un
sospiro rassegnato le oltrepassò, tenendo gli occhi fissi a
terra.
Proprio
come la notte prima, andò a sedersi di fronte alle porte.
Questa volta però,
non avendo denaro da proteggere, si sdraiò sui sedili,
usando la sua borsa come
cuscino. Sistemò le mani in grembo assumendo una posa
vagamente inquietante,
molto simile a quella delle salme nelle bare.
Si
morse con forza il labbro inferiore, rischiando seriamente di farlo
sanguinare,
ma non se ne preoccupò dal momento che una ferita in
più non avrebbe fatto
alcuna differenza, ormai. Sentì le lacrime premerle agli
angoli degli occhi, ma
riuscì a domarle.
“Ti
odio!” esclamò rivolta al soffitto, immaginando il
cielo qualche metro sopra di
lei e Colui che lo governava.
“Scusa?”
Quella
voce la colpì con lo stesso effetto di un fulmine. Un
fulmine benefico.
Un
strano benessere s’impossessò di lei. Non
c’era più dolore, ne’
rimpianto… solo
un’agognata completezza.
Eleanor
voltò lentamente la testa alla sua destra. Il cuore perse un
battito non appena
quegli occhi le mostrarono il proprio riflesso. Fu come prendere
abbondanti
boccate d’aria dopo una lunga apnea forzata. E di nuovo si
trovò immobilizzata,
a malapena riusciva a concentrarsi abbastanza per respirare, ma ebbe la
forza
necessaria a sorridere lievemente.
Lui era
messo nella sua stessa posizione, soltanto speculare, sdraiato sui
sedili,
senza però nulla a fargli da cuscino se non le braccia
piegate dietro la nuca.
La
guardava confuso, passando in rassegna il vagone cercando di capire a
chi lei
si fosse rivolta.
“Ce
l’hai con me?” domandò.
Evan le
aveva consigliato di parlargli e lei avrebbe tanto voluto poterlo fare,
ma
ancora una volta la voce morì prima di sfiorarle le labbra.
Tutto ciò che
riuscì a fare fu scuotere il capo.
Il
ragazzo si corrucciò: “Ma ci sono solo io qui!
“
La
diffidenza che gli inclinò la voce non faceva parte
unicamente
dell’immaginazione di Eleanor. Era reale almeno quanto lui.
Non poteva
permettere che si convincesse che lei lo odiava.
Tentando
di controllare il respiro, Eleanor cercò di riguadagnare un
briciolo di lucidità
e con fatica, sentì l’energia salirle dalla gola
:
“No…”
mormorò “…non ce l’ho
con te.”
Come
potrei avercela con te?
Un
sorriso si delineò sulle sue labbra perfette. Eleanor era
certa di essere
arrossita, ma non ebbe la forza di distogliere lo sguardo dal suo.
“Ma
allora sai parlare!” ironizzò lui.
“Già.”
Disse semplicemente lei. Incredibile,
vero?
Si
fissarono per qualche istante – infinito per Eleanor - ,
finchè lui non riportò
lo sguardo sopra di se’.
Quegli
occhi le mancarono come l’aria. Ad Eleanor tornarono in mente
i consigli di
Evan: Le parole verranno da sole,
credimi!
Doveva
provarci. Non poteva rimanere per sempre nell’attesa che
fosse lui a rivolgerle
la parola. Evan aveva ragione e lei doveva dimostrargli che possedeva
il
coraggio necessario per parlare a quel ragazzo così
dannatamente bello e
assolutamente inarrivabile. Anche se probabilmente, doveva
più dimostrarlo a se
stessa che non ad Evan.
“…
io…”
quell’unica parola bastò a fargli rincontrare
quegli occhi d’angelo.
Lui la
guardava in attesa, forse a cercare conferma che lei sapesse davvero
mettere
insieme una frase di senso compiuto.
“…volevo…beh,
ringraziarti per ieri. “
Lui
continuava a fissarla senza alcuna inflessione nello sguardo. Il suo
viso privo
di qualunque emozione, le diede la forza di continuare a
parlare:
“A dir la
verità, volevo anche scusarmi…”
Le
sopracciglia del ragazzo si corrucciarono appena d’incertezza
e lei si affrettò
a spiegare: “Si… insomma… scusarmi
perché ti ho scambiato per un ladro
qualunque o qualcosa del genere, quando invece è chiaro che
non lo sei.”
Il
lampo di un sorriso divertito comparve su quelle sue labbra invitanti.
Lui
riportò lo sguardo al soffitto e chiuse gli occhi:
“Nessun problema.”
Disse
serenamente.
Conscia
del fatto che lui non la vedesse, Eleanor si lasciò andare
ad un sorriso
spontaneo e fin troppo lieto. Non era da lei lasciarsi andare a simili
manifestazioni di buonumore.
Si mise
a sedere composta per poterlo osservare meglio. L’aver
riacquistato la
sensibilità del proprio corpo la convinse a non terminare
così quella
conversazione appena accennata. Il tempo a loro disposizione era
crudelmente
breve e lei non poteva sprecarne neanche un istante.
“Non ti
ho mai visto qui. “ disse senza staccargli gli occhi di
dosso. “Prendo questo
treno tutte le mattina a quest’ora, ma non ti ho mai
visto… “
“La mia
auto è guasta.” Rispose lui pacatamente.
“Due miei amici fissati con la
meccanica me la stanno rimettendo a nuovo, o almeno credo…
ho il brutto
presentimento che ci vorrà parecchio tempo prima che io
possa tornare a
guidarla. “
Sorrise per qualcosa che solo lui
poteva comprendere. Forse il
ricordo di uno scambio di battute con i suoi meccanici
personali.
“Fino a quel momento, mi
tocca usufruire dei
mezzi pubblici…” concluse, riacquistando la sua
espressione neutra.
Quanto
vorrei che quel guasto fosse
irreparabile…
“Tu sei
come me!” esclamò d’un tratto lui, gli
occhi improvvisamente accesi in quelli
di Eleanor.
“…come?”
la lucidità tentava in ogni modo di abbandonarla nuovamente,
ma lei la teneva
stretta a se’ con grande abilità.
“…Vivi
di notte.”
Il suo
sguardo era talmente intenso da trattenere a stento Eleanor sul quel
sedile. Il
suo istinto la spingeva ad andare da lui per conoscere il sapore che
quelle
labbra potevano avere. Di nuovo perse la parola e si limitò
ad annuire
timidamente.
Il
respiro le si mozzò quando lo vide muoversi per mettersi
seduto.
Datti una
calmata, accidenti!
“Siamo
come creature notturne.” Continuò lui.
“Il buio è affascinante, ma a volte la
luce viene a mancarmi.”
Non
capiva il senso di quello strano discorso, ma le piaceva avere qualcosa
in
comune con quel ragazzo, così come il fatto che lui le
stesse parlando di tutto
ciò.
“A me
non manca la luce del giorno.” Disse Eleanor, quasi senza
rendersene conto.
“Ah,
no?!”
“No.”
“A me
si, invece.”
Una
domanda spiritosa premeva sulle labbra di Eleanor. Non era sicura che
fosse una
buona idea porla… far ridere la gente non era sicuramente
una sua prerogativa,
eppure non riuscì a trattenersi.
“Non
sarai mica un vampiro, un lupo mannaro o qualcosa del
genere?” chiese con
l’accenno di un sorriso delineato sulle labbra. “
Perché se così fosse, credo
sia il caso che io scappi via in preda ad incontrollabili grida di
terrore…”
La sua
reazione la sorprese e la rapì al tempo stesso. Fu con un
tuffo al cuore che lo
sentì ridere per la prima volta. Rimase a fissarlo, vittima
di quel fascino
ultra terreno, nello stesso modo in cui un cieco avrebbe potuto
osservare il
sole sorgere.
“No,
scappa pure se vuoi, ma giuro che non sono uscito ne’ da un
libro ne’ da un
film dell’orrore. E comunque, se fossi un lupo mannaro dovrei
evitare di uscire
la notte, dico bene?”
“Si,
giusto…”
Quando
lo vide alzarsi in piedi, lo sconforto s’impadronì
di lei. Era già arrivato
alla sua fermata… quanto era ingiusto il tempo!
Controllare
il tempo! Pensò
Eleanor intensamente. Lo dico e lo ripeto,
controllare il tempo!Devo metterlo al primo posto
sulla mia lista!
Il
convoglio aveva già cominciato a rallentare e lui,
l’angelo, stava in piedi
davanti alle porte scorrevoli, con un braccio ancorato ad uno dei pali
di
sostegno.
Eleanor
lo fissava tristemente. Ancora una volta, esattamente come la notte
prima,
provò l’irresistibile impulso di seguirlo, ma
chissà come, riuscì a
trattenersi.
Lui si
voltò verso di lei, non appena la metropolitana si
fermò. Eleanor si inebriò
finchè potè di quello sguardo magnetico. Poi fu
la sua voce che tornò a
destarla.
“Domani
mi dirai chi è che odi!” disse, l’ombra
di un sorriso ad illuminarlo.
Eleanor
annuì soltanto, ma lui era già sceso. Le ci volle
un po’ – il tempo necessario
perché le porte si chiudessero e la metro ripartisse
– prima che si rendesse
conto del significato di quelle parole.
Domani…?
Perché
suonava come una promessa? …Lo era? Le aveva dato sul serio
conferma che si
sarebbero rincontrati l’indomani?
Il
cuore palpitava frenetico dentro il suo petto, le guance
bruciavano… chissà di
quale tonalità di rosso erano?
Dovette
ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non mettersi a saltellare
sul sedile
preda di una folle e incontenibile gioia.
Domani,
domani, domani !!!
***
Mercoledì!!!!
Precisa come un
orologio svizzero!!!
Ke dire di questo terzo
capitolo… il ghiaccio comincia a sciogliersi, no?
Sarà un processo
leeeeeeeento, quindi se non siete pazienti lasciate perdere questa fic.
Grazie
a Mana_Chan per aver
commentato. Una mia vecchia lettrice, ke bella notizia! Spero di non
aver
combinato troppi danni alla nuova stesura di questa storia. Spero che
cmq
continuerai a leggerla anche perché il finale che avevo in
mente per “Once Upon
a Time” è lo stesso che ho in mente per questa
nuova versione….
Ok, adesso me ne vado!
A mercoledì!!!
Ayleen
|
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Capitolo 4 *** Shopping ***
CAPITOLO
QUATTRO
Shopping
Caro
Diario,
Evan
aveva ragione. È incredibile come lui riesca
sempre ad avere ragione!
Gli ho parlato, ci sono riuscita ed è stato facile. Le
parole sono venute fuori
da sole, proprio come mi aveva assicurato evan. Non riesco ancora a
credere di
averlo fatto sul serio.
Lui era lì, incredibilmente bello per essere reale, ma lo
è . Lo è eccome !
Non so ancora niente di lui, a parte che è costretto a
prendere la metro perché
ha la macchina guasta … venderei l’anima al
diavolo per avere la certezza che
non la possa mai più riparare !
Chissà come si chiama ? … è la prima
domanda che avrei dovuto fargli e non l’ho
fatta. Ma non importa. Ha detto che ci saremmo rivisti… non
l’ha detto
esplicitamente ma il senso era quello. Ha detto “domani mi
dirai… “. Eccola la
parola chiave : Domani.
Se solo ci fosse il modo per saltare le prossime ventiquattro
ore… ma l’attesa
rende tutto più bello. E in qualche modo anche la
separazione… chissà cosa sta
facendo adesso? Chissà se ogni tanto ci pensa a me?
…oh, che razza di illusa
che sono! Ma non posso permettermi di cadere nell’oblio nel
mio costante
malumore… oggi, chissà come, mi sembra che il
sole brilli più del solito, ma
forse è solo una mia impressione… erano anni che
non lo vedevo così splendente.
Probabilmente, senza che me ne rendessi conto, anche a me è
venuta a mancare la
luce del giorno… come a lui.
Abbiamo un’altra cosa in comune!!!
Eleanor
Quando
Eleanor si svegliò, le imposte alle finestre erano
ancora abbassate. Con non poca fatica riuscì a mettersi
seduta, scrollandosi di
dosso la coperta che finì sul pavimento del salotto.
Lanciò uno sguardo ancora
annebbiato all’orologio sopra la porta d’ingresso
impiegando qualche secondo
prima di mettere bene a fuoco la posizione delle lancette.
Le nove e mezza. Eleanor sbadigliò senza ritegno,
stiracchiando gambe e
braccia. Le girava la testa pericolosamente e dovette reggersi allo
schienale
del divano quando provò a mettersi in piedi.
Forse
dovrei iniziare a spendere qualche ora in più a
dormire…
Si
avvicinò alla finestra e la spalancò. Il sole
giocava a
nascondino dietro a alcune nuvole grigie, ma ad Eleanor parve lo stesso
una
giornata magnifica. Sorrise al greve panorama cittadino e
andò in cucina per fare
colazione. Mentre mangiava la sua tazza di latte e cereali, rivisse
mentalmente
il breve viaggio in metropolitana di quella mattina presto. Era
più forte di
lei… non riusciva a pensare ad altro.
Contò le ore che la separavano dal
loro incontro e di nuovo desiderò ardentemente di poter
controllare il tempo.
Aveva una gran voglia di parlare con Evan, ma lo sentiva russare anche
con la
porta della sua stanza chiusa e non voleva svegliarlo.
Finito di mangiare andò a farsi una rapida doccia
ristoratrice, togliendosi –
ancora prima di aver raggiunto il bagno - la maglia scura di almeno tre
taglie
più grande che aveva preso in prestito da Evan, mentre i
suoi vestiti erano in
lavatrice. Si lavò con l’acqua fredda
per schiarirsi meglio le idee e
funzionò a meraviglia.
Mentre gironzolava per casa con l’asciugamano avvolto sotto
le braccia e i
capelli umidi che le sbattevano sulle spalle nude, si sentiva piena
d’energie.
Sentiva che dopo quella mattina, niente l’avrebbe
più intimidita.
Parlare con quel ragazzo sarebbe stato molto più semplice
d’ora in avanti e,
chissà, magari sarebbero anche diventati amici e poi
…. No, Eleanor preferiva
non illudersi troppo. Era meglio non fare sogni troppo avventati,
perché se non
si fossero avverati ne sarebbe rimasta devastata. Per il momento era
meglio
restare con i piedi per terra e gioire di quel poco che finora era
riuscita ad
ottenere.
Attese che l’asciugatrice finisse di occuparsi dei suoi
vestiti e andò a
infilarseli. Per tutta l’ora successiva si consumò
il pollice sul telecomando
della televisione, soffermandosi infine su un canale di video musicali.
Passò
il tempo a cantare davanti alla tv, sperando, così facendo,
di buttare giù dal
letto Evan.
Il ragazzo si fece vivo solo verso le undici. Apparve sulla soglia
della sua
stanza con aria terribilmente stanca, strofinandosi pigramente la nuca
con una
mano e reggendosi allo stipite della porta con l’altra.
Eleanor
le sorrise raggiante: “Buongiorno, dormiglione!”
Lui
rispose con un cenno della mano, mentre un lungo
sbadiglio gli impedì di parlare, e si trascinò
fino in cucina. Eleanor spense
la televisione e lo raggiunse.
Il ragazzo si sedette faticosamente e appoggiò la fronte sul
tavolo.
“Maledizione,
non ho chiuso occhio tutta la notte…”
farfugliò con la voce impastata. “Mi sembra di
essere reduce da una sbornia …”
Lei
lo fece sedere composto e lo abbracciò da dietro,
poggiando il viso sulla sua spalla.
“Mi
dispiace tanto che hai dormito male, Evan.” Disse piena
di zelo. “Posso fare qualcosa per te? Qualsiasi cosa! Chiedi
pure tutto ciò che
vuoi!”
Evan
la guardò sospettoso e si sciolse dal suo abbraccio :
“Mi fai paura quando sei così
affettuosa.”
“E
perché mai?” domandò lei con aria
angelica.
“Conosco
quello sguardo e non mi piace!”
“Voglio
solo essere gentile con te. Se t’infastidisce la
smetto…”
Evan
la scrutò per qualche secondo finchè non giunse
l’ennesimo sbadiglio.
“Voglio
un’enorme tazza di caffè!” disse alla
fine
poggiando nuovamente la fronte sul tavolo. “E quando dico
enorme, intendo
gigantesca. La stessa dose che daresti ad un elefante, mi sono
spiegato?”
“Arriva!”
esclamò lei felice, mettendosi a trafficare
alle sue spalle.
Evan
non disse una parola per tutto il tempo, nemmeno
quando Eleanor si sedette di fronte a lui e lo contemplò
mentre beveva il caffè
che gli aveva preparato. La ragazza s’imbronciò a
sbuffò un paio di volte con
la chiara intenzione di farsi sentire. All’ennesimo sospiro
scocciato, Evan si
decise finalmente ad alzare gli occhi su di lei.
“Ti
credevo il mio migliore amico!” esclamò senza
nascondere
l’irritazione che le inclinava la voce.
Evan
la guardò accigliandosi: “Che vuoi
dire?”
“Non
ci arrivi da solo?”
Il
ragazzo si fece pensieroso: “…no. Cosa ho
fatto?”
“Cosa
NON hai fatto, vorrai dire!” lo corresse lei, con un
principio di petulanza nella voce.
“Ok.
Cosa NON ho fatto?”
I
due si fissarono in cagnesco per qualche istante, ma
Eleanor non resistette a lungo. Era più la voglia di parlare
che di restare in
silenzio e fare la scontrosa.
“Adesso
ti illumino! Si da il caso che non mi hai ancora
chiesto niente a proposito della mia spedizione mattutina in
metropolitana!
Sono molto offesa! “
Toccò
ad Evan sbuffare, questa volta: “Scusami, ma in
genere non faccio interrogatori di prima mattina!”
Eleanor
inarcò le sopracciglia: “Prima mattina?”
domandò
perplessa “Hai visto che ore sono? E’ quasi
pomeriggio!”
Evan
lanciò svogliatamente un’occhiata
all’orologio e
sembrò sinceramente sorpreso: “Oh!” fece
“Pensavo fosse… beh, più
presto!”
“Sei
un antipatico!”
“D’accordo,
va bene!” si arrese Evan “Sono un essere
spregevole! Avanti dai, raccontami tutto! Hai incontrato il tuo uomo ?
”
Eleanor
si concesse ancora qualche momento d’ irritazione,
ma Evan vide chiaramente che stava trattenendo a fatica un largo
sorriso.
“L’hai
visto!” constatò, senza attendere che lei
rispondesse.
“Si!”
esclamò la ragazza arrendendosi e sorridendo felice.
“L’ho visto, l’ho visto! E ti
dirò di più. Ha detto che ci saremmo visti anche
domani!”
Evan
la guardò attonito : “Sei seria? “
“Certo
che si!”
“Quindi
ho vinto la scommessa!”
Eleanor
s‘accigliò: “Quale scommessa?!”
“Quella
che entro un mese ti avrebbe chiesto di uscire,
ricordi?”
La
ragazza ricordò. Avevano fatto quella scommessa appena
il giorno prima, ma a lei sembravano trascorsi mesi. Se n’era
completamente
dimenticata.
“Beh,
non credo possa considerarsi un appuntamento nel
significato più stretto della parola… non mi ha
chiesto di uscire. Ha
semplicemente detto che ci saremmo rivisti domani, dal momento che
tutti e due
prendiamo la metro a quell’ora. Non è da
prendere troppo sul serio.”
Evan
sospirò, alzando gli occhi al cielo: “Sempre la
solita
ottimista, eh?”
“Non
è questione di essere ottimisti, Evan. E’
questione di
essere realistici! Non voglio illudermi per qualcosa che probabilmente
non
accadrà mai!”
“Chiamalo
come vuoi, ma per me è pessimismo allo stato puro
e sappi che non è per niente salutare!”
“Si,
invece!” insistette lei. “Lo è, eccome!
Almeno per me.
Preferisco aspettarmi il peggio, che illudermi per il
meglio… perlomeno ne esco
indenne e non ne soffro…”
Evan
la guardò dubbioso, alzando un sopracciglio : “La
tua
visione delle cose è leggermente assurda, sai?”
“Ognuno
vede il mondo dal proprio punto di vista!” ribattè
lei, secca “Io la penso così e se agli altri
appare assurdo a me non
interessa!”
Evan
non le rispose. Non gli andava di iniziare una
discussione da cui sarebbe comunque uscito sconfitto. Far cambiare idea
ad
Eleanor era un’impresa quasi impossibile, non valeva la pena
nemmeno di
tentare. Non esisteva al mondo persona più testarda di lei.
Ma, malgrado quel suo ostinato pessimismo, capiva benissimo quanto in
realtà
fosse felice. Nonostante l’espressione appena crucciata, era
molto più che
contenta. Era da tanto che non la vedeva così raggiante. Che
fosse merito di
quel misterioso ragazzo o no, Evan desiderava che quella
serenità non
l’abbandonasse mai e avrebbe fatto qualunque cosa per
riuscirci. Voleva bene ad
Eleanor e se lei fosse stata felice, allora anche lui lo sarebbe stato.
“
Pessimismo o no, bisogna festeggiare dico bene? “
Eleanor
incontrò i suoi occhi e sul suo volto sparì ogni
residuo del piccolo screzio appena avuto. Sorrise leggermente:
“
E cosa avresti in mente?” chiese, lo sguardo acceso da un
improvviso entusiasmo.
“Beh,
prima di tutto hai bisogno di un restauro, ragazza
mia!”
Lei
s’accigliò : “Restauro? “
“Si,
proprio così.”
Eleanor
arrossì appena e distolse lo sguardo dal suo,
fissandosi le mani giunte sul tavolo : “…Sono
così orribile ? “
Evan
sospirò, dandosi mentalmente dello stupido per aver
parlato così a sproposito. Allungò una mano fino
a coprire quelle di lei. La
ragazza rialzò gli occhi su di lui, l’insicurezza
dipinta sul suo volto
d’avorio.
“Che
ti salta in mente? “ disse Evan dolcemente, sorridendo
rassicurante. “Tu sei bellissima! Solo un folle potrebbe
pensare il contrario.”
Lentamente
le sue labbra si curvarono in un sorriso timido
e appena abbozzato. Arrossì ancora, del tutto disavvezza dal
ricevere
complimenti così innocui e privi di qualsiasi malizia.
“Sei
perfetta, dico sul serio!” continuò Evan.
“Allora
non ho capito che cosa intendi per restauro
.”
“E’
semplice. “ rispose lui, lasciando le sue mani. “Se
davvero lo vedrai anche domani, sarebbe la terza volta,
giusto?”
“Si.”
“Non
ci arrivi? Tre volte che ti vede e tre volte che tu
indossi gli stessi vestiti. Non fai una bella figura, sai ? “
Eleanor
si corrucciò : “Evan… “
sospirò “… ho solo questi
di vestiti.”
“Lo
so. E, lascia che te lo dica, un giorno di questi ti si
sfalderanno addosso. Hai bisogno di cambiarli!”
“Sai
bene che mi piacerebbe, ma non posso permettermi lo
shopping estremo, come ben sai! Tra l’altro sono due notti
che non lavoro…
forse dovrei andarci stasera. Lui lo incontrerò comunque
quando tornerò
indietro!”
L’espressione
di Evan s’indurì:
“Scordatelo!” sbottò .
“Cosa?!”
“Finché
resterai qui, tu non andrai con nessuno. Te lo
proibisco!”
“Ma
devo… non vorrei, ma non posso continuare a vivere alle
tue spalle come se niente fosse!”
“Non
m’interessa! Tu non salirai sull’auto di nessuno,
è
chiaro? Niente lavoro finchè vivrai sotto il mio stesso
tetto. Che amico sarei
se ti permettessi di fare una cosa del genere!? ”
“Bene!”
esclamò lei, aspramente. “Allora è
inutile parlare
di vestiti nuovi, perché tanto non posso
comprarmeli!”
Evan
sorrise compiaciuto: “E che amico sarei, se non ti
facessi questo regalo?”
Eleanor
non capì subito il senso di quelle parole. Ma pochi
istanti dopo, comprese ogni cosa e s’arrabbiò:
“Non ci pensare nemmeno!”
sbraitò.
“Ho
già deciso. Volente o nolente, avrai dei vestiti
nuovi!”
“Ho
detto di no!”
“Non
m’interessa cosa ne pensi! E’ una decisione che
aspetta a me!”
“Non
ti permetterò di spendere i tuoi soldi per qualcosa di
così superfluo!”
“In
amore non c’è nulla di superfluo! Se vuoi
conquistare
quel tizio devi accettare il mio aiuto!”
“Smettila!
Non voglio il tuo aiuto! E non voglio vestiti
nuovi!”
Evan
si alzò rumorosamente dalla sedia e si diresse verso
la sua stanza, come se non l’avesse nemmeno sentita.
“Evan!
“ lo chiamò lei “Dove stai
andando?”
“A
vestirmi. “ rispose lui, angelicamente.
Pochi
minuti e il ragazzo riapparve, pronto per uscire.
Eleanor restò a guardarlo incredula e sempre più
arrabbiata mentre si dirigeva
alla porta d’ingresso, agguantava le chiavi di casa e usciva
sul
pianerottolo.
“Non
vieni?” chiese, sorridendo divertito.
Eleanor
incrociò le braccia, decisa a fare di testa
propria: “No. Non voglio!”
“Bene!”
esclamò lui, sempre più compiaciuto
“Sceglierò io
qualcosa di appropriato a te, allora. Te l’ho mai detto che
ti vedrei benissimo
vestita di rosa?”
Eleanor
lo fissò terrorizzata. Neanche il tempo di rispondere
che lui stava già scendendo le scale. Lo sentì
ridere di gusto mentre i suoi
passi echeggiavano fin dentro l’appartamento.
Lei rimase immobile con gli occhi sgranati, incapace di parlare.
…Rosa?... Lei
vestita di rosa?? … nient’altro che un
terrificante incubo!
Afferrò la sua borsa e la sua felpa – sempre
così devotamente nere - , chiuse
con un colpo secco la porta e lo rincorse giù per le scale.
***
Doveva
ammettere che fare compere con Evan era tutt’altro
che noioso. Per essere un ragazzo era in grado di dare ottimi consigli,
ma
forse era il suo modo d’essere che influiva. Nemmeno se
avesse avuto una
migliore amica, Eleanor si sarebbe divertita così.
Si era scordata di quanto fosse umiliante per lei camminare alla luce
del
giorno. Non era tanto per gli sguardi curiosi della gente che
indugiavano sul
suo abbigliamento, quanto per le occhiate sfuggenti di alcuni uomini.
La
guardavano, i loro occhi si riducevano a due fessure e poi
distoglievano
immediatamente lo sguardo. Eleanor lo sapeva. Quello era un chiaro
segnale.
Loro la riconoscevano e lei sapeva che erano uomini con cui era stata.
Anche lei si affrettava a distogliere lo sguardo. Se non fosse stato
per quelle
loro rapide occhiate, Eleanor non li avrebbe mai riconosciuti.
Raramente
guardava in faccia gli uomini che la sceglievano. Una bambola non era
in grado
di ricordare un volto.
Entrare nei negozi fu quasi un sollievo. A quell’ora erano
praticamente vuoti
e, a parte i commessi annoiati, non c’era nessuno ad
osservarla.
Eleanor obbligò Evan a portarla unicamente nei negozi poco
costosi e dopo una
lunga discussione – seguita dalle solite minacce inerenti al
colore rosa – il
ragazzo accettò le sue condizioni. C’era un solo
negozio con i prezzi alla loro
portata e – con grande sollievo di Eleanor – non
possedeva una vasta scelta di
colori. Abbondava di abiti neri, o comunque scuri, e ciò
bastò a rasserenarla e
a risvegliare il suo recondito entusiasmo adolescenziale.
Evan la guardò correre e volteggiare tra le fila di scaffali
e appendiabiti,
mentre frugava fra le magliette, le felpe, le gonne, i pantaloni e
quant’
altro. Di tanto in tanto, si voltava verso di lui chiedendo il suo
parere con
un grande sorriso stampato sul volto.
La Eleanor ragazzina era così piacevole. Dov’era
finita la
Eleanor adulta? Quella che
si era privata dei suoi anni migliori? Per il momento, ad Evan non
interessava
saperlo.
Non era bello fingere per un attimo di avere davvero solo diciannove
anni?
Avrebbe voluto domandarglielo, ma lei sparì troppo in fretta
dentro un camerino
di prova per poterglielo chiedere. In fondo, non ce n’era
bisogno. Conosceva da
solo la risposta.
La sentiva parlottare fra se’ e se’ dentro la
cabina. Se l’immaginava con
indosso i vestiti nuovi mentre provava davanti allo specchio un qualche
discorso che avrebbe dovuto fare a quel ragazzo che tanto le
piaceva.
Evan trattenne a stento le risate… non era poi
così matura. Di fronte alle
questioni sentimentali non era molto diversa da una bambina di tredici
anni.
Non gliene faceva una colpa; in fondo non aveva avuto il tempo di fare
tutte
quelle esperienze che tante sue coetanee avevano già
vissuto.
“Che
strano!” la sentì dire, mentre
l’aspettava fuori dal
camerino.
“Che
cosa?” domandò Evan.
“Avere
le gambe coperte. Era da tanto che non le
coprivo! E’ … piacevole!”
Evan
ridacchiò cercando di non farsi sentire. “Si, i
pantaloni fanno quell’effetto.”
“
Mi serviranno quest’inverno.”
“Questo
è poco, ma sicuro!”
“Aggiudicati!
“
“Hei,
fammi dare un’occhiata.”
Eleanor
scostò la tendina del camerino. “Che ne dici?
“
Anche
ad Evan parve strano non vedere le sue gambe
scoperte. Ci era talmente abituato che dovette attendere un paio di
secondi
prima di riuscire ad adattare quei pantaloni neri alla sua
immagine. Le
stavano bene. Erano un po’ larghi – dato
che lei non apprezzava gli
indumenti troppo aderenti - e avevano dei grossi tasconi
laterali. Forse
non erano esattamente il massimo della femminilità, ma a lei
questo non
sembrava interessare granchè. Sembrava decisamente a suo
agio.
“Stai
bene.” Rispose Evan, con assoluta sincerità.
“Davvero?
“ la solita espressione dubbiosa carica
d’insicurezza tornò ad invaderle il viso.
“Si,
te lo garantisco. Ora ci vuole qualcosa da abbinare
sopra!”
“Niente
di rosa, eh!? “ scherzò Eleanor.
“No,
prometto. Però ….”
Lei
lo fissò inquieta : “…
però?” le fece eco, guardinga.
“Non
esiste solo il nero, sai?”
Eleanor
si corrucciò: “Per me, si!”
“Non
ti sto dicendo di metterti roba color pastello o con
tonalità tanto forti da abbagliare le persone…
“
“E
allora di cosa stai parlando?”
Evan
sorrise leggermente: “Beh… “ disse
voltandosi verso
uno scaffale alle sue spalle “ … magari potresti
iniziare con qualcosa che più
si potrebbe addire ai tuoi gusti!”
Le
passò una maglietta ben piegata di una sfumatura molto
scura del rosso. Lei, un po’ incerta e per nulla convinta,
l’afferrò.
“Evan!”
esclamò con una smorfia.
“Che
c’è?” domandò lui serenamente.
“…
c’è che è rossa.”
“
Cremisi ! “ precisò lui “E’ il
colore del sangue, non lo
sai? Una volta mi hai detto che ti piace il colore del
sangue.”
Eleanor
alzò gli occhi al cielo: “Ti prego.
Avrò avuto
undici anni. Lo dicevo solo perché riuscivo sempre a farmi
del male ed ero
sempre piena di graffi e ferite ovunque! “
“Questo
non spiega proprio niente.”
“Si,
invece! Ero talmente abituata a vedere il mio corpo
sanguinare che avevo preso in simpatia quel colore….
Più che altro ne ero come
assuefatta !”
Evan
la fissò con occhi languidi: “Per favore
… “ cercò di
persuaderla “ … avanti, provala. Fallo per
me!”
Eleanor
sbuffò. Evan era terribile quando giocava la carta
della persuasione. Era impossibile non dargliela vinta.
“Va
bene! Ma non farti false speranze. E’ solo per farti
contento!” sospirò lei sparendo nuovamente dietro
la tenda del camerino,
sconfitta.
Non
le non andò per niente a genio che anche questa volta
Evan avesse avuto ragione. Ma come faceva ad indovinare sempre tutto?
Quella
maglietta le stava davvero bene. Quel rosso amaranto stava
d’incanto con la sua
carnagione chiara e, forse proprio a causa della sua
semplicità e della sua inesistente
appariscenza, le dava un’aria …quasi normale.
Chissà
se a lui piacerà?!
Per
un attimo le parve di intravedere il ragazzo della
metropolitana riflesso nello specchio di fronte a lei. La sua fantasia
galoppava indomabile e lo vide ammiccarle sorridendo. Riuscì
pure ad arrossire
e si sentì terribilmente stupida. Un secondo dopo, lui era
già sparito e lo
specchio rifletteva solo la sua immagine, ancora rossa in viso e con il
cuore
martellante. Rise del suo infantilismo e si sfilò i vestiti
nuovi. Una volta
rivestita, uscì dal camerino e si diresse alla cassa del
negozio, seguita a
ruota da Evan che subito domandò:
“Allora?
Avevo ragione?”
Ad
Eleanor pesava molto ammetterlo, ma alla fine cedette.
“Si… è carina. Penso che la
metterò!”
La
ragazza non vide l’espressione soddisfatta e trionfante
di lui, ma poteva immaginarla fin troppo bene.
“
Quel tipo cadrà ai tuoi piedi, Eleanor!”
“Si,
certo… come no!” sbottò lei, soffocando
una risata.
“Tanto
lo sai che io ho sempre ragione! Te l’ho già
dimostrato altre volte… e te lo dimostrerò anche
questa volta!”
Eleanor
cercò in ogni modo di non aggrapparsi troppo a
quelle parole. Fiducia e cautela erano due emozioni per lei
inscindibili e
preferiva lasciarsi andare in maniera equa ad entrambe. La delusione e
l’amarezza
erano sempre in agguato, e lei lo sapeva bene.
Ma era vero che Evan aveva sempre ragione! Non poteva negarlo
così come non
poteva opporre resistenza a quella invitante sensazione di euforia che
pian
piano cominciò a riempirle l’anima. Forse, un
minimo di speranza esisteva…
No!
Si obbligò a pensare Non
succederà mai
niente! Non illuderti, Eleanor! …Anche con Evan avevi
commesso l’errore di
illuderti, ricordi? Non farlo di nuovo… non sopravvivresti
questa volta!
***
E
ancora una volta, Eleanor fu davanti a quell’orologio.
Come la notte prima, fissava quelle lancette così
maledettamente lente e
imprecava sottovoce ad ogni minuto che passava. Aveva cercato
di non
arrivare troppo in anticipo e ci era riuscita. Mancava solo mezzora
all’arrivo
della metropolitana, ma anche un tempo così breve le
sembrava atrocemente
lungo.
Nell’attesa che le lancette facessero il loro dovere, Eleanor
fece ciò che più
amava fare. Cantò.
“Mama,
take this badge off of me, I can't use it anymore.
It's gettin' dark, too dark to see, I feel like I'm knockin' on
heaven's door. “
Fu
una scelta dettata dal caso. Evan aveva canticchiato
quella stessa canzone quel pomeriggio, mentre tornavano a casa dallo
shopping e
le era entrata prepotentemente in testa senza più
abbandonarla. Sperava
soltanto che non le venisse voglia di cantarla di fronte al ragazzo
della
metropolitana. Non avrebbe retto l’ imbarazzo e probabilmente
sarebbe stata
anche capace di gettarsi dal treno in corsa…
“Knock,
knock, knockin' on heaven's door
Knock, knock, knockin' on heaven's door! “
Appoggiata
al solito muretto, nascose il viso tra le
braccia ed inspirò profondamente. L’odore di nuovo
dei vestiti le riempì le
narici e ringraziò mentalmente Evan per averla costretta ad
accettare il suo
regalo. Quella sera faceva freddo e i suoi vecchi abiti sarebbero stati
di
certo causa di un qualche tipo di assideramento.
Grande
invenzione i pantaloni! Pensò Eleanor
sorridendo leggermente di sollievo.
Anche
la sensazione del cotone nuovo e immacolato sulla
pelle era sorprendentemente piacevole. Ringraziò il suo
amico di sempre ancora
una volta. Quello era il più bel regalo che avesse ricevuto
dopo la morte di
sua madre.
Magari
gli sembrerò più normale oggi… una
normale
ragazza che torna a casa dopo una bella nottata passata in compagnia
dei suoi
amici…
Una
maschera di amara ironia le andò a nascondere il viso.
Era insanamente divertente immaginare una vita normale. Dipinse
mentalmente un
allegro quadretto famigliare e la sua fantasia galoppò.
…
prima di uscire ho litigato con papà perché non
approva le mie amicizie. Mamma ha provato a difendermi, ma ha avuto da
ridire
quando le ho detto che sarei tornata all’alba…
Sorrise.
Era facile essere normali. Era troppo semplice
vaneggiare sulla vita che avrebbe potuto avere se solo fosse nata in
una
famiglia un po’ meno disastrata.
…
io le ho detto che non sono più una bambina e che
ormai è ridicolo che abbia un coprifuoco da rispettare. Lei
mi ha urlato contro
che finchè vivo sotto il suo stesso tetto devo rispettare le
sue regole. Papà
ha dato di matto quando ha scoperto che assieme agli altri con cui mi
vedo c’è
anche quel ragazzo che frequento da un po’. A lui non piace.
Dice che è un poco
di buono e che ha in mente solo una cosa… troppo tardi
papà, quella cosa l’ha
già ottenuta!
Questa
volta, una bella risata non se la risparmiò. Aveva
trovato un altro passatempo oltre al cantare. Pensò
seriamente che avrebbe
potuto appropriarsi di quella ragazza immaginaria, della Eleanor
normale.
Se avesse finto di essere lei, forse avrebbe avuto una qualche chance
con quel
ragazzo. In fondo, lui non sapeva nulla della sua vita privata e non
avrebbe
potuto mettere in dubbio le sue parole.
Non
s’ingannano gli angeli, Eleanor!
Si
ricordò all’improvviso dell’orologio e
si rese conto con
sgomento di essere quasi in ritardo. Con uno scatto si
raddrizzò e corse giù
per le scale con assurda impazienza. Raggiunse il binario in men che
non si
dica e si appoggiò ad uno dei pilastri di cemento per
riprendere fiato.
Riusciva già a sentire il rumore del convoglio
all’interno della
galleria.
Il cuore le batteva forte, ma non nella stessa maniera della notte
prima. Non
aveva paura questa volta. Era inspiegabilmente tranquilla.
Era riuscita a sbloccarsi nel momento in cui gli aveva rivolto la
parola e
adesso, tutti i timori che aveva provato ventiquattro ore prima le
apparivano
del tutto insensati.
Quando la metropolitana le sfrecciò davanti,
aguzzò la vista cercando
d’individuarlo. Teneva la speranza imprigionata
nell’angolo più remoto del suo
cuore, ma la sentiva sbattere forte contro la gabbia nel tentativo di
liberarsi. E ce la fece. Eleanor lo vide e la gabbia si
sfondò. Un’onda di
serenità che troppo a lungo non si era concessa, la
investì in pieno.
Il vagone dove lui era seduto si fermò qualche metro
più avanti da dove lei era
e dovette correre di nuovo per poter salire in tempo. Quando le porte
automatiche si chiusero, Eleanor prese coraggio e si voltò
verso i sedili
accanto alla porta. Immediatamente, il suo irresistibile sguardo
magnetico la
inibì del tutto. Fortunatamente per lei, fu il ragazzo il
primo a parlare.
“Ciao.”
Disse semplicemente, senza scomporsi.
“…Ciao.”
Non
fu difficile rispondere al suo saluto; fu più che altro
una reazione automatica del suo corpo. Andò a sedersi, come
al solito, di fronte
a lui. Aveva provato mille discorsi per tutto il pomeriggio, ma in quel
momento
ogni parola le sembrava futile e priva di qualsiasi buon senso. Ancora
una
volta, fu lui a salvarla.
“
Sembri sfiancata.” Osservò, notando il suo respiro
affannato.
“Ho
corso. Ho fatto un po’ tardi e ho dovuto correre.
Purtroppo, non ho una grande resistenza fisica.”
Spiegò lei, più apertamente di
quanto si sarebbe aspettata.
“Capisco.”
Toccava
a lei, adesso. Era il suo turno, non poteva
lasciare che fosse sempre lui a prendere l’iniziativa, ci
avrebbe fatto la
figura della stupida.
“A
quanto vedo, la tua auto è ancora fuori
uso…” quel
tentativo la soddisfò. Era un buon inizio.
Il
ragazzo sorrise: “Già. Te l’ho detto,
probabilmente i
miei capelli saranno diventati bianchi per il giorno in cui me la
consegneranno
riparata.”
Eleanor
rise sommessamente, non tanto per la sua battuta,
quanto per la gioia che quella notizia le dava. Si sentiva un
po’ meschina, ma
non poteva far altro che esultare mentalmente.
“Allora,
me lo dici o no?” domandò lui, d’un
tratto serio.
Eleanor
non capì a cosa si riferisse: “Dirti
cosa?” chiese,
sinceramente confusa.
“Chi
è che odi! “ le rispose, pacatamente.
“Chiunque sia,
ieri sembrava che ce l’avessi seriamente con lui, o con lei.
Ti giuro che ci ho
pensato e ripensato, ma non sono proprio riuscito a capire chi potesse
essere.
In fondo c’eravamo solo noi due e, a meno che non fossi
rivolta a te stessa,
non posso far altro che pensare che ce l’avessi sul serio con
me, ma forse mi
sbaglio.”
Due
parole in particolare scombussolarono Eleanor:
Pensato
e ripensato …?
Era
un modo per dirle che aveva pensato a lei? Sentì il
sangue fluirle sulle guance, sperò ardentemente che lui non
se ne fosse
accorto. Alzò gli occhi su di lui e lo vide impaziente di
ricevere una
risposta. In verità, Eleanor non era sicura di volergliene
parlare.
“Perché
ti interessa così tanto ?” chiese con un filo di
voce.
Lui
scrollò le spalle. “ Non so bene
perché… “ s’interruppe
e i suoi occhi si fecero improvvisamente partecipi come lei non gli
aveva mai
visti. “… ma ho come l’impressione che
sia tu quella che sente il bisogno di
parlarne ad ogni costo. Io ti sto solo dando un buon motivo per
farlo.”
Eleanor
non seppe che dire, non si mosse nemmeno. Era così
facile intuire ciò che lei pensava? Come aveva fatto quello
sconosciuto a
spiegare così facilmente ciò che lei per anni
aveva sempre cercato di
capire? Era dunque quello il suo problema? Il volersi
confidare senza
rendersene conto? Soprattutto, volersi confidare su di un argomento
così
delicato come la sua confusissima fede?
Lui la fissava, in attesa; studiava ogni sua reazione e sapeva di aver
colpito
nel segno. Glielo si leggeva in faccia.
“I
– io, veramente … “ balbettò
Eleanor, seriamente in
difficoltà “… non credo che sia troppo
importante. Non penso sia qualcosa che
ti possa interessare, dico sul serio!”
“Mettimi
alla prova! Qualunque cosa sia, giuro che non
riderò di te!”
Sembrava
sincero, ma Eleanor continuava a stare sulla
difensiva. Anche quegli occhi d’angelo riuscivano ad
intimorirla. Vedendola
così in difficoltà, il ragazzo cercò
di incoraggiarla:
“Avanti.
Non può essere così terribile.”
“No
…” mormorò lei.
“…Non lo è. Ma è una
questione che
riguarda me e, per quel ne so, tu potresti anche prendertela a male e
arrabbiarti. “
Lui
parve confuso da quelle parole. Eleanor sapeva che
questo non avrebbe fatto altro che stuzzicare ancora di più
la sua curiosità,
ma che sarebbe successo se lui fosse stato un credente convinto?
Dopotutto,
quell’odio di cui lui voleva a tutti i costi sapere, era
rivolto a Dio. Temeva
di poterlo perdere, di farlo scappare via da lei. Ma i suoi occhi
puntati
addosso non aiutavano, così decise di accontentarlo.
“…Tu…
tu per caso credi in Dio? “ domandò con cautela.
Lui
s’accigliò di sorpresa.
“Perché? “
“Devo
saperlo.”
“Beh,
sono cresciuto da cattolico, ma non posso definirmi
un vero credente… più che altro non ho avuto
scelta. E’ stato un obbligo
imposto dalla mia famiglia. “ si fece pensieroso
“No! … Non credo proprio che
lassù ci sia qualcuno!”
Eleanor
sospirò di sollievo e sorrise. “Allora non
c’è
problema. Posso dirti tutto.”
“Bene!
Anche se a questo punto posso immaginare a chi fossi
rivolta ieri notte…”
Lei
non rispose. Sorrise leggermente, alzò una mano e
indicò l’alto. Anche lui sorrise:
“Si.”
Disse ridacchiando “Direi che un sentimento più
che
plausibile!”
“Lo
pensi davvero?”
“Si,
certo. Non so cosa lo abbia scatenato ovviamente, ma
non sei la sola a pensarla così, puoi credermi!”
“Beh,
è bello sapere di non essere l’unica…
“ ammise
timidamente, sfuggendo a quegli occhi insopportabilmente belli.
Quando
lo vide alzarsi, quella beatitudine che era riuscita
a guadagnarsi si dileguò in un istante. Di colpo, ecco di
nuovo la solitudine e
l’amarezza che le respiravano sul collo.
La metro stava ancora andando quando lui raggiunse le porte. Si
voltò verso di
lei con una punta d‘indecisione nello sguardo.
“
Come ti chiami?” le domandò.
Eleanor
aveva sperato a lungo che prima o poi lui le
facesse quella semplicissima domanda, così anche lei avrebbe
potuto fargliela e
scoprire il suo nome.
“Eleanor.”
Rispose, prontamente.
“Eleanor…”
ripetè lui, come per memorizzarlo meglio. “Hai
un bel nome.”
Ovviamente,
lei arrossì di nuovo, ma riuscì comunque a
parlare.
“E
tu, invece? Come ti chiami?”
La
metro si fermò con il solito baccano e le porte
scorrevoli si aprirono. Lui le sorrise criptico:
“Magari
un giorno te lo dirò.”
“Come?”
“Ci
vediamo!” esclamò mentre raggiungeva la banchina
del
binario.
Eleanor
non ebbe nemmeno il tempo di salutarlo. La
delusione per non aver scoperto come lui si chiamasse fu grande, ma non
abbastanza da ottenebrare il suo entusiasmo. Era andata bene!
Più che bene!
Un’altra promessa risuonava nella sua testa:
Ci
vediamo!
Una
semplice frase di routine? …forse. Ma la sua mente era
già al giorno dopo e al loro prossimo incontro.
***
Ciao
a tutti!! Eccomi qui col nuovo aggiornamento! In ritardo,
lo so... chiedo perdono ^^' ma stavolta nn è stata colpa
mia!!! Per qualche
ragione a me ignota, ieri sera non mi faceva aggiornare... boh!
vabbè...
Ma
non tergiversiamo! Passiamo ai ringraziamenti:
Poisoned_Apple:
prima di tutto devo assolutamente dirti una
cosa: mi sono innamorata del tuo nick *_*! E’ stupendo! Cmq,
grazie mille per i
complimenti e nn preoccuparti con la vecchia versione nn ti sei persa
nulla di
che…
Dici che Eleanor ti
somiglia?... beh, allora assomigli pure a me, perché
l’ho creata “a mia
immagine e somiglianza”, caratterialmente parlando
ovviamente. Spero
continuerai a seguirmi!
Mana_chan:
Beh, meno male… è un sollievo sapere di aver
migliorato. Come ho detto a Poisoned_Apple, la prima versione era
parecchio
immatura ed è stato soprattutto per questo motivo che ho
deciso di riscriverla
per intero. Sei stata carina a rileggerti tutta la vecchia
stesura… Avrai perso
un sacco di tempo ^^!!! Beh cmq grazie davvero!
Al
prox mercoledì con il quinto capitolo!!!!!!! ^_^
Adesso
corro a leggermi Breaking Dawn ^_____^!!!!!
Ayleen
PS
La
canzone cantata da Eleanor è, “Knockin’
on Heaven’s Door” di
Bob Dylan.
|
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Capitolo 5 *** Musica ***
solo un paio dali - capitolo 5 - musica__
CAPITOLO
CINQUE
Musica
Caro
Diario,
So che non dovrei, ma sto
cominciando a nutrire un leggero ottimismo… è un
grosso errore, lo so, ma è
talmente irresistibile da vincermi ogni volta.
E’ da più di una settimana ormai
che ogni mattina incontro quel ragazzo. Evan è felice per
me, ma in questi
ultimi tempi lo vedo un po’ giù di morale.
È triste perché Nathan ha detto che
rimarrà ancora un po’ da sua sorella. Cerca sempre
di apparire il più sereno
possibile, ma si vede che gli manca… anche se non lo
ammetterà mai !
Il ragazzo della metro sa il mio
nome adesso, ma io non so ancora il suo. Sembra quasi che non voglia
dirmelo.
Tutte le volte che provo a chiederglielo, o cambia discorso
all’improvviso, o
fa finta di non avermi sentito, oppure dice che un giorno me lo
dirà… Non lo
capisco! Chissà, forse ha un brutto nome e se ne vergogna,
ma mi sembra
improbabile. E poi, anche se fosse, potrebbe benissimo mentire e
inventarsene
uno… non potrei mai mettere in dubbio le sue parole. Se non
scopro come si
chiama impazzisco. Sono stanca di dover pensare a lui come al
“ragazzo della
metro”. E’ irritante!
Chiacchierare con lui è qualcosa
d’incredibile. Parla molto di se’, senza
però lasciare mai intendere nulla. Ha qualcosa
di misterioso … che, se possibile, lo rende ancora
più affascinante. DI certo,
So molto poco di lui. Le sole cose che mi ha detto sono che ha 22 anni,
che
vive assieme a dei suoi amici in periferia, che lavora in un locale in
centro e
che ha l’auto guasta. Io voglio sapere tutto di lui!
Soprattutto una cosa in
particolare, oltre al suo nome… vorrei tanto sapere se ha la
ragazza. E’ quasi
impossibile che uno così bello sia solo, ma la speranza mi
sta accecando e
potrei anche iniziare a crederlo.
… ma
non so se troverò mai il coraggio di
chiederglielo… Beh, come dice sempre lui
< Magari, un giorno… > .
Eleanor
Eleanor
non aveva mai dormito
così poco. Avrebbe tanto voluto, ma non ne aveva il tempo.
Quando rientrava la
mattina, si metteva subito a preparare la colazione per se’ e
per Evan che
tornava dal lavoro. Fatto questo, mentre il ragazzo se ne andava a
dormire, lei
si lavava e si occupava di tutte le faccende domestiche. Sapeva di
essere
un’ospite, ma non le andava di approfittarne troppo. Nathan
ed Evan erano stati
fin troppo gentili con lei e voleva sdebitarsi in qualche modo. Oramai,
stava diventando una vera
donna di casa. Faceva le pulizie, il bucato, cucinava, andava a fare la
spesa e
a pagare le bollette. Non le pesava farlo. In confronto alla vita che
faceva
prima, quello era il paradiso.
Si concedeva qualche ora di sonno
solamente dopo cena, quando Evan tornava al lavoro, ma il suo organismo
stava
iniziando a risentirne.
Eleanor dovette ricorrere ai
cosmetici per nascondere le occhiaie che avevano iniziato a cerchiarle
gli
occhi. Quando si truccava, lo faceva in segreto perché
sapeva che se Evan
l’avesse scoperta di certo si sarebbe arrabbiato e
preoccupato, obbligandola a
restare a casa… proposta assolutamente inaccettabile.
Ormai i viaggi in metropolitana
facevano parte del suo tran tran quotidiano. Ogni traccia di stanchezza
sarebbe
scomparsa con la semplice presenza di quel ragazzo senza nome. Il sonno
che la
tormentava era il giusto prezzo da pagare per aver avuto in dono
quell’angelo.
Non dormirò mai più se
servirà a non farlo sparire dalla mia vita pensava
sempre Eleanor, ogni volta che sentiva le palpebre cedere.
Ma la sua voce era la sveglia
migliore del mondo. Tutti i suoi sensi si ravvivavano ogni volta che
lui
iniziava a parlare. Nemmeno una secchiata d’acqua gelata
avrebbe potuto fare di
meglio.
E lei si smarriva in quegli
occhi; lo ascoltava e non vedeva altro se non lui. Non le importava che
potesse
esistere la possibilità che anche lui pensasse lo stesso di
lei; la cosa più
importante era che non smettesse di parlare. Tutto il resto non contava.
Sempre troppo presto, lui se ne
andava. Ogni volta era una sofferenza, pur avendo
–ormai– la certezza che
l’avrebbe rivisto il giorno dopo… Quella speranza,
dai lei tanto temuta, si
faceva sentire sempre più spesso e con crescente
intensità quando lui si
voltava per salutarla. Eleanor sperava sempre che le chiedesse di
andare con
lui, ma non era ancora accaduto. Probabilmente, non sarebbe mai
accaduto. E
come sempre, quella bugiarda e simulatrice della speranza si
trasformava in una
brutale e crudele delusione! Anche quello ormai era
un’abitudine.
Una cosa di cui Eleanor si era
rallegrata era che non aveva dovuto fingere niente con lui. Nessuna Eleanor Normale aveva dovuto entrare in
scena.
Era come se tra loro due ci fosse
un tacito accordo: ti ascolto se parli,
ma niente domande!
Quel ragazzo non le aveva chiesto
nulla sulla sua vita privata, e lei si era comportata nella stessa
maniera.
Sembrava che entrambi ci tenessero alla propria privacy. Eleanor non
avrebbe
mai e poi mai – nemmeno sotto la più disumana
delle torture - rivelato di
essere una prostituta; e anche lui, evidentemente, aveva qualcosa di
cui non
avrebbe mai proferito parola. Ed era giusto così! In fondo,
tutti hanno dei
segreti inconfessabili… persino gli angeli.
Anche quella notte, il suo viso
bello da mozzare il fiato era una maschera di parole inespresse e
pensieri
indecifrabili. Al contrario delle altre sere però, lui non
aveva ancora
parlato, solo un semplice ciao
appena
Eleanor aveva preso il suo solito posto. Nulla più.
La fissava senza far trapelare
nessuna emozione in particolare. La sua consueta espressione neutra e
indefinibile. Eleanor interpretò quel silenzio come uno
sprono a cominciare un
qualche discorso… e decise di accoglierlo.
“Mi
chiedevo …” cominciò, priva
ormai di quella timidezza che l’aveva caratterizzata durante
i loro primi
incontri.
“Si? “ domandò lui,
immediatamente.
“… che cosa fai sempre in giro
fino a quest’ora del mattino?”
Lui non rispose, continuò a
fissarla con la solita espressione neutra. Per un attimo, Eleanor
temette di
aver infranto il patto. Forse, i suoi giri notturni facevano parte del
grande
segreto che custodiva assieme al suo nome. Ma, l’unica parola
che ricevette
come risposta era carica di una tale ovvietà ed evidenza da
ottenebrare subito
quell’ipotesi.
“Lavoro.” Disse semplicemente.
Eleanor non seppe che dire. In
effetti aveva senso. Lavorava di notte, proprio come Evan e
Nathan… e anche
come lei. All’istante, desiderò con tutta se
stessa non avergli mai posto
quella domanda. Se lui gliel’avesse fatta, lei cosa avrebbe
dovuto rispondere?
Lavoro … si preparò mentalmente la sua
stessa identica risposta,
cercando di apparire serena proprio come lui. Ma la domanda non
arrivò.
Eleanor alzò lo sguardo fino ad
incontrare quegli occhi incantevoli che continuavano a fissarla.
Chissà che
cosa vedevano? Avrebbe dato qualunque cosa per sapere che cosa lui
stesse
pensando in quel momento.
Per favore… ti prego, ti scongiuro… rimuginò
Eleanor sfuggendo al
suo sguardo. …Dimmi quello che
pensi sul
serio di me! …fallo, prima che impazzisca del tutto!
Sembrò quasi che lui le avesse
letto nella mente, perché fece esattamente ciò
che Eleanor aveva chiesto.
“Lo sai che cosa ho pensato la
prima volta che ti ho vista ? “ domandò, senza
inflessioni.
Lei lo guardò interrogativamente,
gli occhi accesi di sorpresa e di curiosità. Lui si prese
qualche altro secondo
prima di continuare:
“ E non sto parlando di quando ci siamo incontrati su
questa metropolitana. “
Eleanor apparve confusa. In quale
altro luogo si erano visti? No, da nessuna parte. Se ne sarebbe certo
ricordata. Non si può dimenticare l’incontro con
un angelo.
“Quella non è stata la prima
volta. “ continuò lui, leggendo la confusione sul
suo viso di porcellana. “Ti
vedevo tutte le notti …” distolse per un attimo lo
sguardo da lei, forse per
imbarazzo, forse per pudore nei suoi confronti. “…
su quel marciapiede,
appoggiata a quel lampione…”
Eleanor fu invasa dalla nausea.
Sentì le mani ghiacciarsi all’istante, gli occhi
che si riempivano di lacrime,
la faccia bruciare per la vergogna. Il cuore prese a galoppare a tempo
con il
respiro. Era rabbia o paura? Non lo sapeva… forse, erano
entrambe.
Tu… lo… sapevi…?
Di nuovo si fece sentire
prepotentemente il desiderio di poter controllare il tempo. Voglio sparire! Qualcuno mi faccia sparire!
Voleva andarsene via, ma quella
paralisi che da più di una settimana non la disturbava
più, era tornata a
colpirla. Lei era lì, adesso. Spogliata del suo
più terribile ed inconfessabile
segreto. Sola, davanti allo sguardo sentenzioso di
quell’angelo senza ali.
“Passavo da quella strada per
tornare a casa, con la mia auto… “
Eleanor si domandò come fosse
possibile che lui riuscisse a mantenere un atteggiamento
così sorprendentemente
rilassato, come se stesse parlando del tempo. Tuttavia, non
cercò risposte nel
suo sguardo. Non riusciva a guardarlo in faccia. Troppa era la
vergogna. Troppo
alto il rischio di scoppiare in lacrime.
“ … ti vedevo lì, sempre con gli
occhi rivolti al cielo, e pensavo… “ lui
s’interruppe nuovamente.
Eleanor si
costrinse a guardarlo e si stupì di non leggere alcun
disprezzo sul suo
volto. Con
quell’occhiata, lo pregò di
non fermarsi più.
Le parole che seguirono furono
poco più di un sussurro, ma travolsero Eleanor con la stessa
forza di un fiume
in piena
“ … quella ragazza è troppo bella per
poter appartenere a così tante
persone immeritevoli… “
Una lacrima scese silenziosa
sulla guancia di Eleanor. Sorrise mentalmente, o forse sul
serio… non seppe
dirlo. Impossibile mettere in dubbio quelle parole cariche di una
così tale
sincerità. Sentiva il cuore rimbalzarle in petto fuori
controllo e si
accorse di adorare quella sensazione.
Vedendola meno sofferente, il
ragazzo continuò a parlare:
“Lei dovrebbe appartenere ad uno soltanto.” Concluse, studiando ogni
sua reazione.
Non le importò di avere
un’espressione imbambolata, proprio come la prima notte che
l’aveva visto. Le
sue parole le riecheggiavano nella mente come una lenta e inesorabile
litania.
Non ricordava di aver mai udito altro in vita sua.
Ma poteva davvero fidarsi di
quelle parole? O era solo una tattica per poter ottenere ciò
che tanti altri
uomini avevano ottenuto? Forse, era solo un bravo attore.
“Perché mi prendi in giro? “
domandò Eleanor, talmente a voce bassa da faticare a
sentirsi.
Il ragazzo si corrucciò appena,
un’ombra di leggera offesa sul suo viso: “Per quale
motivo dovrei prenderti in
giro?”
Lei esitò per un attimo: “ Non lo
so. “disse fissando il pavimento sporco del vagone
“Probabilmente lo trovi
divertente. Tanta gente lo trova divertente!”
Lui non disse nulla per un po’,
limitandosi a fissarla risentito. Eleanor si pentì di aver
parlato. Se solo
avesse potuto controllare il tempo, avrebbe immediatamente cancellato
quegli
ultimi trenta secondi.
“A me sembra che quella che si
diverte sei tu! “ esclamò lui innervosito,
alzandosi in piedi.
Eleanor non afferrò il senso di
quelle parole, concentrata com’era a realizzare che era
arrivato il tanto
odiato momento dei saluti. Un attimo di smarrimento e poi la
consapevolezza
di quell’
affermazione giunse
improvvisa.
“Che vuoi dire?” chiese
sinceramente perplessa.
Lui - appoggiato al palo di
sostegno di fianco alle porte scorrevoli - si voltò, il viso
ancora pervaso da
una leggera irritazione:
“Ammettilo! Tu ci provi gusto a fare la
vittima!”
Quando la metropolitana si fermò
e le porte si aprirono, lui scese rivolgendole un fin troppo semplice e
sconfortante ciao. Nessun ci vediamo, a
domani o ci si vede.
Nessuna promessa di un futuro incontro risuonava nell’aria.
Eleanor rimase immobile, immersa
nel silenzio, consapevole del disastro che aveva combinato.
Ecco fatto! Pensò affranta
Ci
sono riuscita, alla fine! L’ho fatto scappare!
***
Non
sentì il saluto di Evan
quando entrò in casa, ne’ si accorse della
televisione accesa. E poco importava
che Evan non avrebbe dovuto trovarsi lì. Non era importante.
Si trascinò fino in cucina senza
preoccuparsi di apparire rilassata e felice come sempre quando tornava
da uno
di quei viaggi in metropolitana. Evan continuava a chiamarla, ma lei
non lo sentiva
nemmeno. Neanche ci provava, in verità. Qualunque cosa
avesse voluto dirle non
l’avrebbe di certo sottratta all’oblio nel quale
era piombata. Ma lui, alla
fine, la raggiunse.
Uno scossone un po’ più forte ed
Eleanor sembrò riaprire gli occhi per la prima volta.
Evan era di fronte a lei e la
teneva per le braccia. Era visibilmente preoccupato e non appena si
rese conto
che l’amica era tornata con la mente al presente,
domandò senza preamboli:
“Stai
bene? Che è successo?”
Ho rovinato tutto… tutto quanto!
“Eleanor!” la richiamò lui,
quando non ottenne risposta.
Il suo era solo un complimento… non aveva brutte intenzioni.
Perché non
gli ho creduto?
“ Vuoi rispondermi? “ Evan stava
quasi urlando e aveva rafforzato la presa sulle sue braccia.
Lei alzò appena gli occhi lucidi
su di lui, faticosamente. Il mormorio che seguì, fu
accompagnato da numerose
lacrime: “Sono un disastro, Evan. Rovino tutto ciò
che tocco…“
Lui non capì le sue parole: “Ma
che cosa dici? Di che parli?”
Eleanor si districò dalla presa
del ragazzo e si asciugò gli occhi.
“Scusami… ho solo bisogno di stare un
po’
da sola. “
Evan dubitava molto che stare
sola avrebbe potuto giovare al suo umore, ma non interferì,
ne’ fece altre
domande. Sapeva che prima o poi sarebbe stata lei ad andare a cercarlo
per
rivelargli ogni cosa. Era solo questione di tempo.
“Tu cosa ci fai a casa così
presto? “ domandò Eleanor. Lui apprezzò
il suo tentativo di cambiare discorso.
“E’ sabato, ricordi? E’ il mio
giorno libero. Stanotte non ho lavorato. Non ti sei accorta che non
sono
uscito?”
Eleanor scosse la testa. Evan
sorrise.
“Già.” Disse sorridendo appena
“Immagino avessi in mente solo di raggiungere al
più presto quel tipo, non è
vero? “
La ragazza rispose con
un’occhiata stanca ed implorante. Capire il messaggio
nascosto nei suoi occhi
non era complicato: Non nominarlo
nemmeno!
Evan non insistette e non tentò
di placare la propria curiosità – seppur
logorante- . Preferiva piuttosto far
volgere altrove la sua attenzione, impresa tutt’altro che
semplice a quanto sembrava.
“Senti…” cominciò.
“ Qualunque
sia il problema, non ti permetterò di restartene da sola
tutto il giorno a
rimuginarci sopra!”
“Non ci rimuginerò sopra, lo
prometto.”
Evan sbuffò: “Oh, ti prego!”
esclamò, alzando gli occhi al cielo con un mezzo sorriso.
“ Non esiste nessuno
al mondo più bravo di te nel deprimersi!”
A quelle parole, se possibile,
Eleanor si sentì ancora peggio.
Allora è
vero…! Lui aveva ragione. Mi piace fare la
vittima… non lo faccio apposta. Non
me ne rendo neanche conto.
“Che c’è?” domandò
Evan
pensieroso vedendola incupirsi di nuovo. “Che cosa ho
detto?”
“… la verità, ecco cosa!”
rispose
Eleanor, come se fosse la cosa più ovvia del mondo,
stringendosi nelle spalle.
“Immaginavo facesse male, ma non così
tanto.”
Evan sospirò con rassegnazione.
L’afferrò per un braccio e la trascino fino alla
porta: “Hai bisogno di un po’
d’aria!”
“Ma sono appena tornata!” si
lamentò Eleanor, cercando di liberarsi dalla sua presa
“Ne ho già presa di
aria!”
“Mettiamola così: hai bisogno di
aria diurna. Sai, la luce del giorno, i caldi raggi del
sole… hai presente?
Dicono facciano bene!”
Lei non oppose troppa resistenza.
Non aveva affatto voglia di uscire. Era stanca, aveva bisogno di
dormire, ma
sapeva che tanto non ci sarebbe riuscita. Tanto valeva accontentare
Evan.
Di quale sole stai parlando, Evan? Non lo vedo più
brillare… tutto è di
nuovo grigio.
***
Eleanor non disse una parola per
tutto il tragitto. Non si preoccupò d’informarsi
dove Evan la stesse portando,
non faceva molta differenza. Che la loro destinazione fosse stata il
parco, il
centro città, un qualche locale, il centro commerciale ad
Eleanor non
importava. Ma proprio
del centro
commerciale si trattò.
La ragazza alzò appena lo sguardo
verso il grande edificio, piccola ed indifesa in mezzo alla folla di
persone
che entravano e uscivano. Una macchiolina nera in mezzo a tutto il
resto.
“Perché mi hai portato qui,
Evan?” domandò scoraggiata
“C’è troppa gente.”
Il ragazzo sorrideva. “C’è un
posto che ti piacerà da impazzire!”
“… ne dubito… “ si
lasciò
scappare, troppo piano perché Evan la sentisse.
Seguì il ragazzo all’interno,
cercando di evitare le persone cariche di sacchetti e pacchi che le
piombavano
addosso, senza preoccuparsi di scostarsi. Evan la prese per mano per
evitare di
perderla tra la folla e la condusse verso le scale mobili che portavano
al
piano superiore. Eleanor fu per un attimo colta dal dubbio che
l’amico la
stesse portando nuovamente a fare shopping. Sperava davvero di no,
l’umore non
era proprio adatto. Ma, d’altra parte che altro avrebbero
potuto fare in un
posto simile. Superarono parecchi negozi di vestiti, quindi Eleanor
capì che
non erano quelle le intenzioni di Evan. Si lasciò
trascinare, completamente
inerme.
C’erano tante ragazze della sua
età. Era sabato, le scuole erano chiuse. Tutte la guardavano
e ridacchiavano
con cattiveria assieme alle amiche. Lei cercava in ogni modo di
ignorarle,
concentrandosi sulla schiena di Evan di fronte a lei.
Un’insegna colorata attirò
improvvisamente la sua attenzione.
Si fermò di colpo, dando uno strattone ad
Evan. Il ragazzo seguì il suo sguardo e sorrise:
“Ah, ecco dov’è!”
esclamò
trionfante “L’hai trovato prima te di me, come
diavolo hai fatto?”
Eleanor gli lasciò la mano e si
avvicinò alle vetrine del negozio senza dire una parola.
Evan rise, sapendo di
aver trovato il suo punto debole. Portarla in un negozio di dischi era
senza
ombra di dubbio il metodo migliore per distrarla dalle sue misteriose
preoccupazioni. Lei adorava la musica. La musica di qualunque tipo, di
qualunque
genere, ma non aveva mai la possibilità di ascoltarla. Per
questo le piaceva
cantare.
Eleanor era davanti alla vetrina
del negozio, così vicina da annebbiare il vetro con il proprio respiro, con le
mani all’altezza
degli occhi a farle ombra dalle prepotenti luci al neon del corridoio.
Sembrava
una bambina davanti ad un’esposizione di dolciumi.
Evan le si avvicinò: “Vogliamo
entrare a dare un’occhiata?”
“Ma non posso comprare niente.”
“E dove sta scritto che è
obbligatorio comprare?! Dai, vieni!”
L’interno era affollatissimo, ma
l’ambiente era abbastanza grande da contenere tutti senza
problemi. Il
negozio era su due piani e ogni scaffale
era diviso per genere musicale. Evan vide Eleanor sciogliersi
finalmente in un
sorriso.
“Avanti! “ la esortò “Fatti un
giro!”
Eleanor non se lo fece ripetere
due volte. In un istante si mischiò tra la folla e
sparì tra gli scaffali.
La ragazza scrutò ogni disco,
ogni copertina, lesse il nome di ogni cantante e gruppo. Li conosceva
quasi
tutti e se fosse stata da sola, probabilmente, avrebbe cantato a
squarciagola
ogni loro singola canzone. La tentazione era forte, ma in qualche modo
riuscì a
trattenersi. Evan era scomparso, inghiottito dalla calca di gente. Non
era un
problema, prima o poi si sarebbero incontrati.
Eleanor continuò il suo vagare
tra gli scaffali. Un gruppetto di persone era accalcato in un angolo
del negozio, dove era possibile ascoltare un indefinito numero di cd.
Le cuffie per poter ascoltare i brani erano tutte occupate, ma lei si
armò di santa pazienza e attese che
arrivasse il suo turno. Quando finalmente arrivò, si
precipitò ad indossare un
paio di quelle cuffie, senza preoccuparsi di vedere a quale artista o a
quale band fossero collegate.
Riconobbe immediatamente la
canzone che le riempì la mente. Vecchia di qualche anno
forse, ma immortale
come la persona che la stava intonando:
“Made in heaven, made
in heaven
it
was all meant to
be, yeah…”
Non ci provò nemmeno a restare in
silenzio accontentandosi di ascoltare. La voce uscì da sola,
con la solita
perfetta intonazione. Eleanor chiuse gli occhi per distaccarsi da tutto
ciò che
in quel momento la circondava. Persino le preoccupazioni riguardanti il
ragazzo
della metro, l’abbandonarono. Esisteva una medicina migliore?
Lei era convinta di no.
“…made in heaven, made
in heaven
that's
what they say
can't
you see
that's
what everybody
says to me
can't you see…”
Per qualche strano motivo, di
colpo si distrasse. E non bastò la meravigliosa voce di
Freddie Mercury a farla
rimanere nel suo mondo fatto di note e melodie. Un formicolio dietro la
nuca,
una sensazione spiacevole e al tempo stesso gradevole la
investì in pieno.
La percezione di
essere osservata.
Forse, era semplice paranoia – non sarebbe stata la prima
volta, in fondo- , ma
non riuscì ad ignorarla; dovette voltarsi.
In un istante, Eleanor prese
coscienza che non bisogna mai ignorare i propri presentimenti. Qualcuno
c’era
che la stava fissando, a meno di due passi da lei. L’ultima
persona che avrebbe
immaginato d’incontrare.
Alla luce del giorno – o a quella
delle luci del negozio – era, se possibile, ancora
più bello. Il vagone della
metro non gli rendeva giustizia.
Lentamente, Eleanor si tolse le
cuffie, dato che il battito frenetico del suo cuore prevaleva sulle
note della
canzone.
“Eleanor? ” Sembrava sorpreso di
trovarla lì, ma non poteva nemmeno immaginare quanto in
realtà quella più
sorpresa fosse lei.
“… tu? ” fece Eleanor, non
sapendo bene come rivolgerglisi.
Il
ragazzo sorrise divertito
della sua entrata, ma cercò di non darlo troppo a
vedere:
“Che
cosa ci fai
qui?” chiese serenamente.
Eleanor fece spallucce e sfuggì a
quegli occhi insopportabilmente belli, temendo di poter perdere
contatto con la
realtà.
“Quello che fai tu, credo. “ fu la risposta
più eloquente che riuscì a
trovare.
“Ovviamente.” Mormorò lui con un
mezzo sorriso.
Eleanor rimise le cuffie dove le
aveva trovate e avanzò di un passo verso di lui. Fu con
crescente imbarazzo che
si rese conto di non essergli mai stata così vicina. Sentiva
il suo profumo e
subito se ne inebriò. Ma non c’era tempo per
perdersi in sciocche fantasie da
ragazzina. Doveva assolutamente rimediare a ciò che aveva
combinato quella
mattina in metropolitana, perché lo sapeva, - anzi, oramai
ne era certa - che
non sarebbe mai e poi mai riuscita a
rinunciare a lui.
“Scusami tanto … “ sussurrò
impercettibilmente, tanto che temette che lui non l’avesse
sentita. Ma dalla
sua espressione si capiva che in realtà l’aveva
sentita eccome.
“Scusarti? E di che cosa? “
“Stamattina mi sono comportata
malissimo con te… non volevo, davvero.”
Lui scoppiò a ridere: “Adesso sei
tu che mi prendi in giro!”
“No. Non ti sto prendendo in
giro.” Si affrettò a dire lei, seria come non mai.
Osservandola per qualche istante,
il ragazzo si rese conto che non stava scherzando.
“Credevi fossi arrabbiato con
te?”
“ … non è così?”
domandò lei con
cautela, accigliata dall’ incertezza.
Lui non rispose immediatamente.
Sorrise cordialmente e cambiò discorso
all’improvviso:
“Lo sai che canti
davvero bene?!”
Un altro complimento? Eleanor non
c’era abituata. Arrossì vistosamente e
abbassò il viso fino a fissarsi le mani
che si torturavano a vicenda.
“… grazie.” Bisbigliò
imbarazzata, con la faccia in fiamme.
A lui non sfuggì il cambiamento di colore
delle sue guance, fin troppo visibile su quella carnagione
così chiara.
“Non mi dirai che nessuno te l’ha
mai fatto notare?”
Eleanor sapeva di cantare bene.
Sua madre non faceva che ripeterglielo in continuazione quando era
ancora viva;
per non parlare di Evan e Nathan. Lei era la loro cantante privata e
loro due i
suoi unici fans.
“Beh, si…” rispose lei, sempre
fissandosi le mani. Ma sentirlo dire da te è tutta
un’altra storia.
Distrattamente, Eleanor cercò
Evan con lo sguardo, ma non riuscì ad individuarlo. Il
ragazzo con lei seguì il
suo sguardo e chiese:
“Cerchi qualcuno?”
“Sono qui con un amico, ma è
sparito. L’ho perso di vista appena sono entrata.”
Cercò di non mettere troppa
enfasi nella parola amico, per
evitare qualsiasi incomprensione. Per qualche motivo, ogni volta che
parlava di
Evan tutti davano per scontato che lui fosse il suo ragazzo. Non voleva
che
anche il misterioso angelo senza nome e senza ali lo pensasse.
“Vuoi che ti aiuti a ritrovarlo?”
chiese, gentilmente.
“Non fa niente.” Eleanor si rese
conto di non voler assolutamente ritrovare Evan. In quel momento voleva
restare
solamente con lui. “Lo aspetterò
all’entrata.”
Il ragazzo per un istante parve
distratto, perso in chissà quali pensieri.
L’indecisione e la riluttanza gli
attraversarono quegli occhi dal colore indefinibile. Eleanor rimase in
attesa.
Il suo intuito le disse che lui avrebbe voluto dirle
qualcosa… qualcosa di cui
però non voleva parlare o forse, qualcosa di cui non poteva
parlare.
Pochi istanti e quell’insicurezza
lo abbandonò per lasciare spazio ad un’improvvisa
determinazione:
“Hai da
fare?”
Eleanor non colse immediatamente
le sue parole, persa com’era nei suoi occhi di ghiaccio:
“…Quando?” domandò
ingenuamente.
Lui sorrise divertito: “Adesso!”
le disse, facendola apparire una tale ovvietà da farla
sentire una totale sprovveduta.
Nella mente della ragazza
riecheggiarono le parole che Evan le aveva rivolto pochi giorni prima: “Scommetto che entro un mese ti
inviterà ad
uscire con lui?”
Quelle parole le rimbombavano in testa come il fastidioso
ritornello di qualche sciocco tormentone estivo.
Se avesse avuto tutte le
esperienze che una ragazza della sua età avrebbe di certo
dovuto avere, non
avrebbe avuto alcun dubbio sulle intenzioni di quel ragazzo. Evan aveva
vinto
la scommessa, ma lei non riusciva ancora a capacitarsene.
Pensò di nuovo che la
stesse prendendo in giro, ma non espresse ad alta voce quel sospetto.
Era un
errore che aveva già fatto e ormai aveva imparato la
lezione.
Non era in grado di capire quanti
secondi effettivi erano trascorsi da quando lui le aveva posto la
domanda. Ogni
istante, su di lei pesava come un’intera ora.
Il cuore batteva frenetico, ma
Eleanor trovò il coraggio d’ incontrare i suoi
occhi. Sapeva di essere
arrossita di nuovo, ma non le importava. Voleva solo rispondergli.
“No.
Non ho da fare nulla!”
esclamò con un sorriso.
Non ebbe risposta. Lui le sorrise
a sua volta, la prese per mano e la guidò attraverso la
folla.
Strano come quel semplice
contatto fisico bastò a far dileguare il mondo intero. Le
persone sparirono, la
musica si acquietò, gli scaffali carichi di cd si
dissolsero. Persino il
pavimento svanì. La sola cosa concreta e reale erano quelle
dita intrecciate
alle sue e il calore che irradiavano. Nemmeno sotto la più
terribile delle
minacce le avrebbe mai lasciate.
***
Oggi
aggiorno con qualche ora di anticipo! Ke brava, eh????
Cmq, ke dire di questo capitolo.... quanto sono cattiva da 1 a 10 ad
interromperlo così????
Ricordate, la pazienza è la virtù dei forti ( o
era la calma U.U ????)!
Bisogna che mi sbrigo a scrivere sta storia. Non ho mai tempo. Ho
pubblicato il capitolo 5 e sto finendo di scrivere il 7, non va bene!
Dovrei essere moooooolto più avanti!
RINGRAZIAMENTI:
Mana_chan:
Tu sei troppo buona con me!!! Non merito tutti questi complimenti (
anche se riceverli fa mooooolto piacere XD). Che te pare di "lui" in
questo capitolo???? La tiene abbastanza sulle spine????????? ^^
BabyzQueeny:
GRAZIEEEEEE! Oddio mi commuovo sempre quando mi dite che riuscite ad
immedesimarvi nei personaggi... ho sempre paura di non riuscire a
trasmettere al meglio le loro emozioni e sensazioni. Meno male ke ci
siete voi a sostenermi!! *scoppia a piangere di
gioia ç_ç*
Poisoned_Apple: E
ki non vorrebbe qualcuno come Evan al proprio fianco??? ... mettiamola
così, lui è il migliore amico ke non ho mai
avuto, o forse, il fratello ke non ho mai avuto. Mi sono divertita come
una pazza a delinearne il carattereXD! Sono contenta che ti piaccia! E
ke dire di "lui", l' " angelo" ? .... vuoi sapere come si chiama?????
Mi dispiace, dovrai aspettare ancora moooooooooolto, però
nel prox capitolo lui le rivelerà
qualcosina................... ODDIO, non dovevo dirlo!! Scappo prima di
fare altri danni! XD
Grazie 100000000000 anche a quelli ke hanno solo letto e ke mi hanno
salvato tra i preferiti ovviamente XD!
A mercoledì!!!!
Ayleen
PS
La canzone cantata da Eleanor
è "Made in heaven " dei Queen.
|
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Capitolo 6 *** Meadow's Hill ***
CAPITOLO
SEI
Meadow’s
Hill
Evan
si era preoccupato quando
aveva visto la sua amica venire trascinata via da un perfetto
sconosciuto, ma
lei – non appena i loro occhi si erano incrociati- gli aveva
sorriso
rassicurandolo. Evan allora aveva capito chi fosse in realtà
quel tipo. Vide le
loro mani intrecciate e provò una leggera e inaspettata
gelosia.
Non avrebbe dovuto essere geloso,
ma non potè fare a meno di pensare che
quell’individuo le stava portando via
Eleanor. La sua Eleanor! Che
diritto
aveva di fare una cosa del genere?
Eppure lei sembrava felice. Anzi,
era molto più che felice. Lo seguiva come un cagnolino segue
il padrone, come
un bimbo i genitori, come un satellite il proprio pianeta. Come un girasole insegue
la luce.
Che diritto ho d’intromettermi? Era
quella la vera domanda da
porsi.
Incredibile
come a volte, la
casualità riesca a sistemare le cose nella maniera
più perfetta. Evan sorrise
felice per la sua amica e sparì nuovamente tra la gente.
Era fiero di se’. In fondo era stato
lui a portare Eleanor in quel negozio. Era grazie a lui se adesso lei
era
assieme al ragazzo dei suoi sogni. Non era da lui pavoneggiarsi, ma
rise di
gusto nel pensare che Eleanor gli doveva un favore a dir poco enorme.
Quando
sarebbe tornata a casa ci sarebbe stato davvero da divertirsi!
Un anno intero di piatti da lavare, come
minimo…
***
“Hai
perso la lingua?”
Era
una domanda più che lecita,
dal momento che Eleanor non aveva osato fiatare da quando lei e quel
misterioso
ragazzo della metro erano usciti dal centro commerciale.
Le loro mani erano ancora
saldamente unite. Eleanor aveva creduto che lui l’avesse
presa per mano
semplicemente per non perderla tra la gente, proprio come aveva fatto
Evan, ma
fuori, per strada, non ce ne sarebbe stato alcun bisogno. Eppure lui
non
l’aveva più lasciata andare, o forse era stata lei
a non lasciare andare lui.
Non che la cosa le importasse molto, ma non sapeva per quanto ancora il
suo
cuore avrebbe resistito prima di uscirle dal petto. Era del tutto fuori
controllo.
Non è niente. Si disse
cercando di calmarsi. Non
c’è niente di romantico in tutto questo. Evan mi
tiene sempre per
mano. Non c’è niente di romantico. Non montarti la
testa, ragazzina.
Si
strinse nelle spalle fingendo
noncuranza. Chissà se lui riusciva lontanamente ad
immaginare la tempesta
d’emozioni che si stava scatenando dentro di lei?
“Il
tuo amico ti starà cercando.”
Disse il ragazzo, cambiando discorso.
“No,
mi ha visto che andavo via.
“
Eleanor
piombò nuovamente nel suo
consueto silenzio. Sapeva che lui aveva tentato di farla sciogliere un
po’, ma
era chiaro che non si rendeva ancora conto con chi avesse a che fare.
Non voleva deluderlo e
soprattutto, non voleva che rinunciasse troppo in fretta, quindi si
decise a
diventare un po’ più socievole:
“Dove
stiamo andando?”
“In
un posto tranquillo. Non mi
piace avere troppa gente intorno. Mi rende nervoso.”
Quelle
parole bastarono a far
sciogliere Eleanor in un grande sorriso spontaneo.
Un’altra cosa in comune! Pensò
felice come non mai.
Il
tempo a loro disposizione era
molto più lungo, adesso. Eleanor aveva un obiettivo da
raggiungere e questa
volta non ci sarebbero state delle porte scorrevoli a salvarlo.
“Quando
hai intenzione di dirmi
come ti chiami?”
Lui
non si aspettava quella
domanda, tuttavia sorrise ridendo di qualcosa che solo lui poteva
capire.
“Perché
ridi ?” si corrucciò lei.
“Ti sembra giusto che tu sappia il mio nome e io non sappia
il tuo? Non capisco
perché non vuoi dirmelo!”
“E’
una lunga storia.” Rispose
lui, serenamente. Eleanor stava per ribattere, ma venne battuta sul
tempo. “Una
storia che per vari motivi non posso raccontarti.”
Eleanor
non riuscì a capire se
l’ombra di tristezza che vide nei suoi occhi fu reale o solo
un abbaglio.
Preferì non insistere, non voleva apparire petulante.
Ciò nonostante, non
riuscì a nascondere la delusione.
Lo
sentì sospirare: “Non posso
dirti il mio vero nome.”
Quelle
parole trasudavano serietà da ogni sillaba, ma
non solo. Eleanor percepì anche un grande dolore. Si
ricordò solo in quel
momento del loro silenzioso patto. Forse, l’ aveva
incosciamente infranto.
“Va
bene.” Tagliò corto, per
evitare di combinare uno dei suoi soliti danni. “Non importa.
Posso sempre
inventarmi un soprannome, se sei d’accordo. “
Un
leggero sorriso gli increspò
le labbra perfette: “In verità, ho già
un soprannome.”
Gli
occhi di Eleanor si accesero
di sorpresa. “Sul serio?”
“Si.
E quello non deve per forza
essere un segreto.”
La
ragazza continuò a fissarlo,
accecata dalla curiosità. Lui non ce la fece a sostenere a
lungo il suo sguardo
e alla fine parlò:
“Rock.”
“Come?”
“Rock.”
Ripetè lui.
“Rock?
“ chiese Eleanor
corrucciandosi appena.
“Si.”
“Rock, come rock
‘ n roll?”
Lui rise: “Si,
esattamente.”
Eleanor
assorbì quella notizia
rimanendo assorta nei propri pensieri per qualche istante.
“Pensi
che sia stupido, vero?”
domandò Rock senza smettere di sorridere “ Non
saresti la prima.”
“No!”
lo smentì immediatamente “
Anzi, lo trovo carino. Molto originale!”
Per
un po’ nessuno dei due parlò,
continuarono a camminare sempre tenendosi per mano. Rock precedeva
Eleanor e
lei lo seguiva con aria adorante. Non riusciva a credere che tutto
ciò stesse
accadendo proprio a lei. Fino ad un paio d’ore prima era a
casa a crogiolarsi
nel proprio dolore, convinta che non l’avrebbe mai
più rivisto e adesso gli
stava addirittura stringendo la mano.
Pensò ad Evan e a come l’avesse
praticamente obbligata ad andare in quel negozio. Non esisteva un
regalo
abbastanza grande per ringraziarlo.
D’improvviso si sentì trascinare
giù dal marciapiede. Rock stava attraversando di corsa la
strada su di un
tratto privo di strisce pedonali. Una volta raggiunta l’altra
parte, Eleanor
chiese nuovamente:
“Mi
dici dov’è che stiamo andando?”
“Te
l’ho detto, in un posto
tranquillo.”
“Ed
è ancora molto distante
questo posto tranquillo?” domandò lei con
noncuranza, cominciando a sentire il
peso delle ore di sonno accumulate in quegli ultimi giorni.
“No,
ci siamo quasi.”
Superarono
il parco e svoltarono
in una stradina sterrata a cui Eleanor non aveva mai fatto caso.
Passarono di
fianco ad una chiesetta piccola e molto graziosa e seguirono il
sentiero che li
portò su per una salita.
Eleanor riuscì a leggere un nome
su di un cartello all’inizio della salita : Meadow’s
Hill.
Qualcosa sfiorò un angolo della
sua memoria. Non era la prima volta che sentiva quel nome. Si
sforzò di
ricordare, ma non trovò nulla di abbastanza concreto da
sbloccarle la mente.
La salita non era troppo ripida.
Dei magnifici salici delimitavano il tracciato e le loro ampie chiome
impedivano alla luce del sole d’ illuminarlo.
Avrebbe dovuto allarmarsi. Era
insieme ad uno sconosciuto che la stava portando decisamente troppo
lontano
dalla città, in qualche misterioso luogo sicuramente privo
di qualsiasi
insediamento umano. Chiunque si sarebbe preoccupato, ma lei no. La sola
paura
che aveva era che lui potesse interrompere il contatto fisico.
“La
compagnia non sarà delle
migliori!” disse Rock ad un certo punto, proprio mentre
Eleanor iniziò ad
intravedere la fine di quel viale alberato.
“Che
intendi dire?” chiese
stringendo gli occhi per aguzzare la vista.
Pochi
passi ancora e la luce del
mattino li investì in pieno. Eleanor si riparò il
viso con la mano libera.
“Beh,
questo.” Le rispose Rock,
fermandosi.
Quando
gli occhi si abituarono
alla luce, la ragazza riconobbe quel luogo e la sua memoria –
stuzzicata pochi
minuti prima da quel cartello – si risvegliò del
tutto.
Meadow’s Hill… Era
lì che era sepolta sua madre. Adesso
ricordo…
Era
quello il luogo in cui
venivano portati quelli che non potevano permettersi un funerale
decente, o
quelle persone sole che nessuno avrebbe mai rimpianto.
Un grande prato di erba finissima
che sovrastava tutta la città, disseminato di grigie e
spoglie lapidi di pietra
dove a malapena si poteva leggere il nome del defunto. Eleanor non
ricordava se
anche la tomba di sua madre fosse così tristemente
malandata. Non era mai
andata a farle visita.
Rock aveva ragione. La compagnia
di certo non era delle migliori, ma il panorama era da mozzare il
fiato. E
comunque, c’era lui. Di chi altro avrebbe mai avuto bisogno?
“E’
l’ideale se ami il silenzio.”
fece Eleanor allegramente.
Rock
le lasciò la mano e l’aria
che gliela accarezzò le parve gelida come se fosse stato
pieno inverno. Non
voleva che quel calore provato fino a quel momento sparisse. Soffriva
per
quella mano rimasta così sola… incompleta. Ma non
ebbe il coraggio d’implorarlo
di stringergliela di nuovo.
“Adoro
questo posto.” Disse Rock
incamminandosi. Eleanor lo affiancò. “Da ragazzino
ci venivo sempre.”
“A
fare cosa?”
“Niente.”
Rispose lui, alzando le
spalle. “Quando marinavo la scuola, quando litigavo con mio
padre o prendevo un
brutto voto, mi rifugiavo qui. A nessuno veniva in mente di cercarmi
quassù.”
Eleanor
provò per un attimo ad
immaginare il bambino che era stato. Lo vide mentre correva su per
quella
collina, con lo zaino di scuola in spalla e una merendina stretta in
mano.
Ridacchiò a quel pensiero e a Rock non sfuggì
quell’improvvisa ironia nel suo
sguardo.
“Che
c’è da ridere?”
“No,
niente. Cercavo
d’immaginare.”
“D’immaginare
me?”
“Qualcosa
del genere.”
Si
fermarono davanti ad una
statua rappresentante un angelo con le ali spiegate. Eleanor non
nascose un
sorriso nel guardarla. Non c’era nulla di più
azzeccato.
Rock si sedette sull’erba,
appoggiando la schiena alla base della statua. Eleanor si
sistemò di fianco a
lui, ne’ troppo vicina ne’ troppo distante.
Abbastanza per cogliere le
sfumature dei suoi occhi e troppo poco per poterlo sfiorare.
La città intera si estendeva
sotto di loro. Un’enorme coperta grigia di smog la
sovrastava, ma loro ne erano
al di sopra. Una sensazione forte la attraversò da capo a
piedi. Qualcosa di
nuovo e sconosciuto. Lassù in cima, Eleanor si accorse di
sentirsi potente e
inattaccabile. Si domandò seriamente se non fosse quello
ciò che provava Dio
standosene al di sopra del mondo intero. Ma poi, si ricordò
di non credere in
Dio e lasciò che la sua mente si svuotasse.
Non si sentiva niente, se non
il cinguettio
degli uccellini e il gracchiare di qualche corvo solitario. In fondo,
Rock
l’aveva avvisata che l’avrebbe portata in un posto
tranquillo…
“Mi
piace qui.” Disse Eleanor,
quasi senza rendersene conto.
Lui
non rispose. Sorrise soltanto, come se avesse
previsto tutto quanto.
“Perché
mi ci hai portato?”
ancora una volta, le parole uscirono dalle sue labbra senza che Eleanor
le
avesse interpellate.
Rock
si tuffò nei suoi occhi e la
sua espressione si fece piuttosto cupa: “Bella
domanda.”
Ritrovarsi
improvvisamente
riflessa nel suo sguardo, la stordì: “E’
una domanda molto semplice, mi sembra.”
Disse con voce tremante.
“Esatto.
Talmente semplice da non
avere una risposta che lo sia altrettanto.”
Eleanor
non capì e lui, vedendola
confusa, cercò di spiegarsi meglio: “ E’
come quando un bambino chiede ai
genitori perché il cielo è azzurro, o
perché le stelle cadono. Sono domande
apparentemente sciocche, ma tu saresti in grado di
rispondere?”
Eleanor
si concesse qualche
istante per pensare.
Il cielo è azzurro
perché… beh, perché è
sempre stato così… credo. E le stelle cadono
perché… sono
stufe di rimanere lassù a fare niente.
Risposte
stupide e, sicuramente, non
corrette. Solo in quel momento, si rese conto di quanto profonde
fossero le
osservazioni di Rock, di quanto lui avesse ragione, anche se il
contesto la
lasciava un po’ perplessa.
“D’accordo.
Allora fingi che non
ti abbia chiesto nulla.” Disse sorridendo leggermente.
Lui
parve rilassarsi:” Ti
ringrazio.”
Il
silenzio tornò a farla da
padrone, assieme al vento che prese a soffiare con più
prepotenza. Eleanor
scrutava ogni lapide che il suo sguardo le permetteva di raggiungere,
ma
nessuna risultò essere quella che lei stava cercando.
Erano passati più di dieci anni e
non ricordava assolutamente quella statua a forma d’angelo
alla quale era
appoggiata, eppure era sicura che sua madre fosse stata portata
lì a Meadow’s
Hill.
In un attimo in cui
distrattamente chiuse gli occhi, rivide tutto quanto a
velocità raddoppiata:
lei assieme ad una signora elegante con un tesserino plastificato
appeso sopra
la camicetta scura; quella bara con sopra quell’unica rosa
rossa; la pioggia
fitta e battente; il freddo pungente; il prete che leggeva qualche
verso della
bibbia tenendo un ombrello con la mano libera;
la terra che veniva gettata nella fossa e lentamente
ricopriva sua
madre; e la voce della signora elegante con il tesserino “Devi
venire con me, adesso.”
Non pensare a lei. Si disse con decisione
Pensa a lui.
Eleanor
si voltò verso Rock che
fissava la città con sguardo assorto. Chissà se
anche lui stava rivivendo
confusi flashback del suo passato? Doveva essere colpa di quel posto.
Forse
anche Meadow’s Hill era un punto in comune per entrambi.
Eleanor aveva una gran voglia di
parlare. Non era importante l’argomento in questione,
qualunque cosa sarebbe
andata bene. Tutto ciò che desiderava era sentire la sua
voce.
“Hai
detto che la gente
t’innervosisce. “ cominciò a dire, senza
staccargli gli occhi di dosso.
“Infatti.”
“Allora
cosa ci facevi al centro
commerciale? Direi che non è proprio il luogo adatto per
qualcuno che la pensa
così.”
Rock
sorrise leggermente: “Hai
ragione!” esclamò “Ma cercavo una cosa
da regalare ad un amico che farà gli
anni tra poco. Poi però, ho incontrato te e ho lasciato
perdere.”
Eleanor,
oltre che lusingata, si
sentì anche vagamente colpevole: “Ma non
dovevi… “ cercò di scusarsi.
“Il tuo
amico se la prenderà con te, adesso. Ci resterà
male.”
Rock
scoppiò a ridere: “
Figuriamoci! Quello le odia le sorprese. E comunque è
talmente disperso nel suo
mondo che non si sarà nemmeno accorto che fra qualche giorno
è il suo
compleanno!”
“Beh,
non dovevi farlo. Gli amici
vengono al primo posto, non lo sai?!” Eleanor
tentò di apparire severa, ma la
sua voce tentennante la smascherò.
Rock
si fece nuovamente serio,
volgendo altrove lo sguardo:
“C’è
solo una cosa che potrebbe renderlo felice e
di certo non la si può trovare nello stupido negozio di uno
stupido centro
commerciale.” La sua voce fu un lieve sussurro, come se
stesse parlando
unicamente a se stesso.
L’aura
di mistero che l’avvolgeva
si allargò a dismisura con quelle parole. Eleanor si chiese
se l’amico di cui
stava parlando altro non fosse che se stesso.
Anche lei, a volte, s’inventava una amica quando
parlava di se’.
E’ una cosa che le persone fanno
spesso… fingersi qualcun altro.
Rock
si rivestì nuovamente della
sua maschera gentile e serena: “Comunque sia, preferisco
essere qui che in
mezzo a quel marasma di gente!”
“Ci
credo.”
Eleanor
aveva circa un centinaio
di domande o poco più che le ronzavano in mente. Voleva
sapere tutto di lui, ma
non voleva nemmeno infastidirlo con la sua invadenza. L’aver
scoperto il suo
nome – anzi, il suo soprannome – era già
un bell’obbiettivo per lei, ma non
bastava certo a compensare il suo desiderio di conoscere ogni suo
più piccolo
segreto.
Che vada al diavolo quel maledetto patto!
“Dimmi
qualcosa di te.” Cercò
di apparire tranquilla, nel tentativo di
non lasciar trapelare la sua impazienza.
Rock
sorrise: “Devo sempre essere
io quello che parla?”
Eleanor
non seppe che rispondere.
Impossibile dargli torto. Lei non si era certamente impegnata nel
sostenere una
conversazione.
“Ti
racconterò tutto quello che
vuoi.” Esclamò Rock, con fin troppa enfasi
“A patto che dopo sia tu a farlo!”
Era
troppa la voglia di ascoltare
le sue parole. Ad Eleanor non interessava sapere il modo in cui lui
l’avrebbe
guardata una volta ascoltata la sua storia. Per il momento, voleva
sentire solo
e unicamente ciò che lui aveva da dirle.
“D’accordo!”
promise subito.
Lo
sguardo di Rock andò alla
città e un leggero velo di malinconia si posò su
di lui. I suoi occhi smisero di
osservare il presente e tornarono al suo passato.
“Che
tu ci creda o no…” cominciò
a dire “… Io
sono ricco da fare schifo.”
Fra
tutte le cose che Eleanor si
sarebbe aspettata di sentire, quella fu decisamente la più
impensabile.
“Davvero?
“
“Si!”
confermò lui, divertito
dalla sua espressione di stupore. “A dir il vero, dovrei dire
che ero ricco da fare schifo, dal
momento
che dubito molto che mio padre mi nominerà nel
testamento.”
“Che
cosa hai fatto per meritarti
una simile punizione?”
Lui
si strinse nelle spalle :
“Cose che succedono fra un padre e un figlio. Ma, se non ti
dispiace,
preferirei evitare di parlare di lui.”
“Non
c’è problema.”
A me interessi tu. Non tuo padre!
Rock
riprese il suo discorso:
“Per farla breve, ho litigato di brutta maniera con i miei
genitori, anni fa.
Ci siamo rinfacciati a vicenda cose terribili e …beh, puoi
immaginare il seguito.
Ho preso la mia roba e me ne sono andato!”
“Dove?”
“Da
un amico. Quello di cui ti
parlavo prima.”
Allora esiste sul serio… Ovvio, non sono
tutti pazzi come me!
“A
quei tempi, eravamo solo noi
due. Oggi, siamo in quattro. Casa nostra è un casino
totale!” lo disse ridendo,
pensando a chissà quale divertente aneddoto di quella
convivenza.
Eleanor
fu colta per un attimo
dall’orribile presentimento che tra loro ci potesse anche
essere una ragazza.
Non ci sarebbe stato niente di male, ma quella prospettiva la
spaventava.
“Come
si chiamano i tuoi amici?”
domandò con voce piatta, suo malgrado.
Lui
la guardò come se gli fosse
sfuggito qualcosa di terribilmente ovvio. “ Ti ricordi che io
non posso
rivelare il mio nome? Beh, anche loro non possono!”
Eleanor
sbuffò: “Ma che cos’è la
vostra? Una fissazione?”
Rock
sogghignò : “ A dir poco! “
“Perché
lo fate? Tenere segreti i
vostri nomi?”
“Non
riesci a immaginarlo?”
“Sinceramente,
no.”
Il
ragazzo si fece nuovamente
serio. Sospirò e tentò in ogni modo di non
guardarla:
“Una
volta ti sei scusata
con me. Quando è stato? Il secondo giorno che ci siamo
incontrati in metro?”
Eleanor
ricordava fin troppo bene
quell’episodio e la fatica che aveva fatto per trovare il
coraggio di
rivolgergli la parola. Annuì per dargli conferma.
“Beh,
ti eri scusata per avermi scambiato
per un delinquente, o qualcosa di simile.” L’ombra
di un sorriso amaro gli
increspò le labbra. “…non ci avevi
visto male, sai. Non avevi nulla di cui
scusarti.”
Rock
la guardò, studiando
attentamente ogni sua reazione. Ma Eleanor, semplicemente non
reagì. Rimase a
fissarlo in silenzio, inarcando appena le sopracciglia. Le sue labbra
si
dischiusero leggermente in un debole cenno di sorpresa.
“No,
non ci credo!” esclamò con
voce flebile, ma sicura. “Sembri tutto, fuorchè
una cattiva persona.”
Lui
abbozzò un sorriso: “E’ da
quelli che appaiono buoni e perbene che bisogna guardarsi le spalle,
non lo sai?”
Eleanor
lo fissò incredula.
Adesso riusciva a sentirla la paura. Nomi falsi, luoghi isolati,
ammissioni di
disonestà… cos’altro avrebbe dovuto
aspettarsi?
In quel momento, Rock le sembrava
tutto tranne che un angelo.
Il suo corpo reagì
istintivamente. Scattò in piedi e prese ad indietreggiare
con gli occhi
sbarrati.
Non è possibile! Non ci credo! Mi
rifiuto di crederci!
Anche
lui si alzò in piedi,
guardandola a metà tra il confuso e il divertito:
“Stai scappando?”
Eleanor
non rispose, continuò ad
indietreggiare. Sentiva le lacrime premerle agli angoli degli occhi, ma
le
trattenne. Non era la paura a farla reagire così. Il suo
cuore era andato in mille
pezzi e il dolore che seguì fu a dir poco insopportabile.
Ecco cosa succede a fidarsi degli altri!... Ci sei
caduta un’altra
volta, complimenti!
“Mi
dispiace.” La sincerità di
quelle due semplici parole, la colpì. “Non volevo
spaventarti Puoi stare tranquilla, non voglio farti del male. Non sono
quel tipo di persona!”
Qualcosa
le diceva di non farlo,
ma Eleanor prese ad ascoltarlo seriamente. Rimase immobile a guardarlo.
Lui cercò di spiegarsi come
meglio poteva. Eleanor si accorse del suo disagio, ma
continuò a mantenere le
distanze. L’istinto di sopravvivenza prevaleva sul suo
desiderio di
raggiungerlo di nuovo.
“E’
stato quattro anni fa.
“Cominciò a raccontare Rock “Io e i
ragazzi abbiamo combinato un vero casino.
Non è stato per nostra volontà, ma ci siamo
ritrovati nella merda più totale e
siamo stati costretti ad agire in un certo modo, non proprio
legale.”
“Che
cosa avete fatto?” domandò
Eleanor a bruciapelo e con un tono stranamente rigido che non ammetteva
inutili
giri di parole.
Un
velo di assoluta tristezza si
posò sugli occhi stupendi di Rock:
“…Per favore, Eleanor…” la
supplicò “…ti
prego, non farmi rivivere quello schifo!”
“Quale
schifo? Non so nemmeno di
cosa tu stia parlando?”
“Lo
so benissimo!” esclamò lui
con decisione. “E non voglio nemmeno che tu capisca,
ok?!”
Eleanor
non disse nulla. Lo
guardò inizialmente con irritazione, ma il dolore sul suo
viso le fece provare
un improvviso moto di pietà.
“Non
ne posso parlare… “ proseguì
Rock, con voce malferma “…sto cercando di
dimenticare. Tutti noi ci stiamo
provando! “ Strinse forte i pugni mentre parlava.
“Se questa storia venisse a
galla, ci darebbero la caccia e rischieremmo davvero grosso!”
Eleanor
aveva ripreso ad
avvicinarsi nell’ascoltarlo. Riusciva a sentire il suo
dolore, non serviva
sapere da cosa fosse provocato La paura nei suoi confronti era svanita
e non le
interessava nulla su chi in realtà lui fosse. In quel
momento, avrebbe
solamente voluto stringerlo forte, abbracciarlo e
rassicurarlo…
“Non
so quanti anni di carcere ci
darebbero se ci trovassero, ma sicuramente saremmo fuori giusto in
tempo per
organizzare il nostro funerale! “
Rock
fissava il terreno ed
Eleanor ebbe la vaga sensazione che stesse facendo uno sforzo
sovraumano per non lasciarsi vincere dalle lacrime.
All’improvviso si sentì
di troppo. Non solo aveva infranto il patto, ma gli aveva anche fatto
rivivere
tristi avvenimenti della sua misteriosa vita.
Come posso essere un tale disastro?… Un
ciclone farebbe meno danni!
Rock
rialzò di colpo lo sguardo
su di lei: “Ora riesci a capire perché abbiamo dei
nomi falsi?”
Eleanor
annuì prima di
rispondere: “… per proteggervi.”
“Esattamente.
Io non conosco i
veri nomi dei miei amici e loro non conoscono il mio. In questo modo,
se uno di
noi venisse preso non potrebbe mai rivelare la nostra
identità!”
Nel
frattempo, mentre ascoltava
in silenzio, Eleanor l’aveva di nuovo raggiunto. Era di
fronte a lui e, da
quella posizione, la sofferenza nei suoi occhi era ancora
più tangibile.
La sua mano andò a cercare la
sua, priva di qualsiasi traccia di timidezza, e quando la
trovò i loro occhi
s’incontrarono ancora.
“Scusami
tanto.” Mormorò Eleanor
“Non volevo costringerti a raccontarmi tutto
questo… a volte parlo a sproposito e
non mi rendo conto che le domande che faccio possono essere un tantino
invadenti.”
Rock
sorrise rassicurante: “Non
preoccuparti. Erano domande più che lecite… non
devi scusarti di niente.”
Sembrava
più tranquillo, ma la
disperazione nei suoi occhi non accennava a sparire. Era insopportabile
sentirsi così impotenti, inutili e superflui. Eleanor
avrebbe fatto qualunque
cosa per cancellare ogni traccia di sofferenza dal suo viso, ma non
aveva idea
di come riuscirci senza combinare altri danni. Tutto ciò che
si sentì in dovere
di fare fu sorridergli nel modo più confortante che
conoscesse. Lui sembrò
apprezzare quel tentativo e le sorrise di rimando. Uno squarcio di
serenità
tornò a farsi strada sul suo viso e anche Eleanor si
rilassò.
“Adesso
è il mio turno, dico
bene?” domandò senza mai interrompere il contatto
visivo.
Rock
sembrò riluttante all’idea:
“Basta così per oggi, che ne dici? Non
è piacevole per nessuno rivangare nel
proprio passato.”
Eleanor
sospirò sollevata. Non
aveva proprio voglia di raccontare la sua di storia. “In
effetti, non hai tutti
i torti! “
Ogni
traccia di dolore sparì dal
volto di Rock. D’ un tratto, ecco di nuovo il ragazzo bello e
sorridente che
aveva imparato a conoscere. Osservandolo, anche Eleanor si
sentì pervadere da
una sensazione di buonumore.
“La
prossima volta toccherà a me!
Domani mattina ti dirò tutto, promesso!”
esclamò sorridendo.
Rock
le lasciò all’improvviso la
mano, facendosi nuovamente serio. Lei lo guardò confusa,
domandandosi cosa
potesse aver detto di sbagliato.
“Non
ci sarò domani in metro.”
La
ragazza si corrucciò : “Come
mai?”
“Ti
ricordi i miei amici? Quelli
che dovevano ripararmi l’auto?” Rock attese che lei
annuisse prima di parlare
di nuovo: “In genere ci mettono una vita a finire un lavoro,
ma questa volta…
beh, sono stati molto veloci!”
Eleanor
non disse nulla. Non
riuscì a dire nulla. Sentì aprirsi una voragine
al posto del cuore. La favola
era già finita. Il principe se ne stava andando. Nessuna
traccia del felici e contenti.
“Va
bene…” sussurrò, chinando il
capo. “… ho capito.”
La
voragine continuava ad
allargarsi, mentre alcune lacrime silenziose le solcarono le guance.
Rock si accorse che stava
piangendo. Non ne fu sorpreso, perché riusciva ad intuire
quali sentimenti si
muovessero dentro di lei. Nonostante si fosse impegnata tanto, non era
mai
riuscita a nasconderli del tutto.
Stava per dirle che aveva capito
tutto. Che anche lui avrebbe voluto continuare quei viaggi in
metropolitana e
quelle chiacchierate così strane e inconcludenti, in fondo
era quello che lei
avrebbe voluto sentirsi dire, ma un suono acuto e risonante
s’insinuò
prepotentemente tra di loro. Il cellulare di Rock aveva preso a
suonare.
Inizialmente,
lui lo ignorò sperando che la persona dall’altra
parte intuisse da se’ che
quello non era un buon momento. Chiunque fosse sapeva essere molto
insistente,
tanto che alla fine Rock fu costretto ad arrendersi.
“Scusa
un momento.” Sospirò
infastidito.
Eleanor
alzò appena il viso per
guardarlo allontanarsi. Sorrise appena quando lo sentì
rispondere in malo modo
al suo interlocutore. Sembrava che i due stessero litigando molto
animatamente.
Avrebbe voluto ascoltare, ma Rock era troppo lontano per riuscire a
comprendere
quale fosse l’argomento di discussione.
All’improvviso qualcosa cambiò
nella loro conversazione. Rock si spogliò di ogni traccia di
arroganza, s’immobilizzò,
gli occhi spalancati, le labbra contratte in un smorfia di puro
spavento.
“No!”
esclamò abbastanza forte
per le orecchie di Eleanor “E’ impossibile! Non
può essere!”
Rock
restò in ascolto per qualche
istante, il viso teso per la concentrazione:
“Non
succederà mai!” esclamò con
rabbia. Lentamente il suo viso si fece terribilmente triste:
“E’ la fine.”
Disse chiudendo gli occhi in un gesto di arresa totale.
“L’abbiamo persa…”
Chi? Fu il primo pensiero di Eleanor.
Chi
avevano perso? Chi era la
causa di tutto quel dolore sul bel volto di Rock?
…Una ragazza?
Rock
annuì silenziosamente:
“D’accordo.” Disse debolmente
“Proviamoci… a questo punto cosa abbiamo da
perdere?”
La
telefonata s’interruppe senza
saluti. Rock chiuse il cellulare e tornò a guardare Eleanor.
“Devo
andare!” esclamò, con una
punta di dispiacere. “E’ successa una
cosa…”
“Una
cosa di cui non puoi
parlarmi, vero?” domandò Eleanor interrompendolo,
pur conoscendo già la
risposta.
“Mi
dispiace…” disse soltanto
lui. Le si avvicinò sforzandosi di sorridere, ma la paura
era ancora visibile
sul suo volto. “Ci rivedremo, comunque.”
“Sul
serio?”
“Si,
tranquilla. In fondo viviamo
nella stessa città, no?”
Eleanor
si concesse un sorriso
forzato: “Hai ragione. “
“Ora
devo andare sul serio. E’
importante e non posso proprio trattenermi ancora.”
Lei
annuì soltanto, incapace di
dire o fare qualunque cosa. Era molto peggio delle volte in cui era
sceso dalla
metro. Questa volta non sapeva quando o se l’avrebbe rivisto.
“Ci
vediamo.” La salutò Rock,
prima di affrettarsi a raggiungere il sentiero alberato che aveva
percorso poco
prima.
Nemmeno
quella promessa la
consolò. Non era il solito ci
vediamo. Era
indefinito e fin troppo generico.
Eleanor si asciugò gli occhi con
il dorso della mano destra e decise di tornare a casa. Per un istante
pensò che
sarebbe stato carino da parte sua mettersi a cercare la tomba di sua
madre, ma
cambiò idea non appena sentì una goccia di
pioggia cadere sulla sua guancia
sinistra. Una goccia solitaria immediatamente seguita da molte altre.
Alzando gli occhi al cielo, lo
vide farsi sempre più grigio… come se il sole se
ne fosse andato via con Rock.
Eleanor corse giù per il sentiero
con i salici, le cui fronde cascanti avevano preso a dondolare e
danzare a
ritmo del vento. Anche i suoi capelli neri fecero lo stesso mentre
correva giù
da Meadow’s Hill.
Ci sarebbe tornata, ne era certa.
Così come era sicura che sarebbe stato proprio lì
che avrebbe incontrato di
nuovo Rock.
***
Ciao a tutti!! Eccomi qui con
l'aggiornamento^^!
Primo capitolo senza
l'introduzione del diario di Eleanor. Mi è dispiaciuto non
scriverlo, in genere mi diverto un mondo a farlo. Cmq, non
sarà l'unico. Ci saranno altri capitoli privi della "pagina
di diario"... ma chissà? magari qualcuno apprezzerà
di più XD!
I vecchi lettori non avranno
avuto sorprese nello scoprire il nomignolo del "ragazzo della metro",
dico bene?? ANche sulla mia vecchia "Once Upon a Time" lui non rivelava
il proprio nome e diceva di chiamarsi solo Rock. Qualcuno si ricorda i
soprannomi degli amici di Rock????????? Non anticipate nulla nelle
recensioni, mi raccomando!
Bene. Passiamo ai ringraziamenti:
Mana_Chan: La tua
curiosità è stata soddisfatta abbastanza? Oppure
è aumentata ancora di più? Cmq, si è
vero. Lui me lo sono immaginato bellissimo, dolcissimo, bravissimo...
Piccola curiosità: Per il carattere mi sono ispirata ad una
persona realmente esistente ^_^ , ma non posso fare nomi ovviamente!
Beh, alla prossima (sperando ke nn ti stufi prima ^^)
BabyzQueeny: Beh,
Eleanor si è ripresa in questo chap, ma ora è
ripiombata nell'oblio. Lui è sparito di nuovo. Cosa
succederà??????? ...chissà XD!
Poisoned_Apple:
BWAHAHAH!!! Si, è vero sono perfida!!! E questo è
solo l'inizio >_
Lady85: Oh ke bello!
Una mia vecchia lettrice!! State tornando tutti! Ke meraviglia! SOno
contenta ke apprezzi la nuova versione.Ho sempre paura di aver rovinato
tutto. SPero proprio di no. Ce la sto mettendo tutta per non deludere
le vostre aspettative ^^. Grazie per aver commentato!
Ok!!!!!!!!!!!!!!! A questo punto
vi saluto e mi raccomando, commentate! Le recensione sono come una
benzina per me!!!!! Più ne ho e più scrivo XD!
A mercoledì prossimo!
Ayleen
|
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Capitolo 7 *** Buio ***
CAPITOLO
SETTE
Buio
Caro
Diario,
Mi
sono illusa. Lui è sparito e io sono annegata in un mare di
vane ed inutili speranze.
Vorrei cancellare quell’ultimo giorno che abbiamo passato
insieme. Come posso essere così autolesionista?
Sto cercando di non pensare a lui, anche perché dopo quasi
un mese di silenzio, dovrei smetterla di aspettarmi di vederlo spuntare
dietro ogni angolo… eppure non ci riesco ! Ci sto provando,
ma evidentemente, non sono forte abbastanza.
In fondo dovevo aspettarmelo… l’aveva detto di non
essere esattamente un bravo ragazzo. Ho pensato e ripensato alle sue
parole e ho provato ad immaginare il suo passato, ma non sono venuta a
capo di niente. Chissà che cosa ha fatto per doversi
proteggere a quel modo? Ma è inutile arrovellarsi
così il cervello alla ricerca di una risposta. Solo lui
potrebbe darmela, ma lui non c’è. Aveva detto che
ci saremmo rivisti, che abitiamo nella stessa
città… ha mentito, nello stesso modo in cui mi
hanno sempre mentito tutti. Sono stanca… stanca di tutto.
Sono stanca fisicamente e mentalmente. Non ne posso più! Ho
sprecato solo del tempo e delle energie per niente.
Adesso basta aspettare! Mamma aveva ragione! Non esistono gli
angeli… e men che meno i miracoli!
Eleanor
Era
strano trovarsi ancora una volta su quella fredda panchina di metallo.
Era da qualche settimana oramai che Eleanor aveva ripreso la sua vita
di sempre. La bambola era tornata, e con lei era tornato anche
l’inferno.
Era stato terribile sentirsi nuovamente prigioniera di mani e corpi
sconosciuti, sentire di nuovo tutto quel dolore, riprendere la
metropolitana come se nulla fosse… senza di lui era
così vuota e fredda. Un qualunque mezzo di trasporto
pubblico; nulla più.
Ce l’aveva a morte con Rock per averla ingannata a quel modo.
Per averla illusa e per essere sparito così di colpo.
Eppure, non riusciva a odiarlo. Era più che sicura che se lo
avesse incontrato, probabilmente ogni rancore nei suoi confronti si
sarebbe dileguato all’istante.
In quel mese di silenzio e di solitudine, si era spesso chiesta se Rock
avesse ritrovato ciò che aveva perso.
La telefonata che glielo aveva portato via era ancora chiara e nitida
nella sua mente, esattamente come le sue parole: “…L’abbiamo
persa.”
Ma chi avevano perso? Era il nuovo dilemma che tormentava Eleanor. Dopo
il mistero – non ancora del tutto risolto – del suo
nome, adesso c’era da scoprire a chi lui si riferisse.
Una ragazza, non c’era dubbio. Il genere della frase stessa
lo confermava.
Ma Eleanor era stanca, sul serio… e non soltanto di
aspettare il ritorno di Rock. Era stanca come non lo era mai stata. Da
settimane non riusciva più a dormire bene. Si svegliava in
continuazione preda di strani sogni che puntualmente al risveglio non
ricordava. L’aver ripreso la sua consueta attività
notturna la sfiancava molto più del solito. Non ricordava
che fosse così massacrante fare la bambola. Di giorno si
occupava come sempre delle faccende di casa e cercava di dormire un
po’ prima di cena, ma raramente ci riusciva. Il suo fisico ne
stava risentendo, ma per il momento, il proprio stato di salute era
l’ultima cosa che la interessava.
Evan non sapeva nulla della sparizione di Rock. Eleanor non le aveva
raccontato niente a riguardo e soprattutto non aveva nemmeno accennato
al fatto che avesse ripreso a lavorare. Se lo avesse saputo si sarebbe
infuriato.
Nathan era tornato ed Evan era molto più rilassato di prima,
ma nonostante ciò, Eleanor preferì non dire nulla
all’amico. Non voleva farlo preoccupare per niente.
Con il ritorno di Nathan era anche ricomparso il consueto imbarazzo che
Eleanor provava in sua presenza. Nonostante si vedessero molto poco
durante tutto l’arco della giornata, le costava
un’enorme fatica considerarlo alla pari di Evan.
Per questo aveva deciso che era arrivato il momento di terminare il suo
soggiorno a casa dell’amico. Era tempo di tornare
indipendente.
Doveva trovarsi un appartamento – possibilmente in condizioni
migliori di quello che le aveva rifilato Roy – e tornare a
vivere da sola.
In quelle settimane era riuscita a mettere via un bel gruzzoletto.
Incredibile quanto si guadagnasse velocemente senza Roy che incalzava
per l’affitto!
Spiegare ad Evan dove avesse preso quei soldi sarebbe stata di certo la
questione più complicata da affrontare. Ma lei sapeva
già cosa fare. Aveva trascorso le ultime settimane a
pensarci. Semplicemente, sarebbe sparita. Un biglietto lasciato sul
bancone della cucina di Evan sarebbe stato più che
sufficiente. Era il metodo migliore
per evitare discussioni di qualunque genere. Evan l’avrebbe
presa male, ma alla fine avrebbe capito. Con lui non c’era
mai bisogno di troppe spiegazioni.
Eleanor imprecò sottovoce quando sentì le prime
gocce di pioggia sfuggire a quelle nuvole nere che erano riuscite a
tenerle prigioniere fino a quel momento.
L’asfalto prese a macularsi e ben presto si
trasformò in un enorme specchio d’acqua.
Eleanor si strinse nella felpa, rimpiangendo il salotto di Evan, il
divano dove lei dormiva e, soprattutto, quel morbido e caldissimo plaid
nel quale si avvolgeva prima di coricarsi.
Si trovò anche a pensare al calore irradiato dalla mano di
Rock, quel giorno che l’aveva portata a Meadow’s
Hill. Provò per un attimo ad immaginare quando caldo potesse
essere un suo abbraccio. Chissà cosa si provava a venire
strette tra le braccia di un angelo sotto la pioggia battente?
Costringendosi a sottrarsi a quei pensieri, Eleanor
attraversò la strada di corsa andando a trovare riparo sotto
la tettoia di una fermata del bus.
Stranamente, nonostante avesse percorso soltanto pochi metri, si rese
conto di avere il fiatone. Dovette sedersi subito, perché la
testa aveva preso a girarle violentemente. Al freddo che le era
penetrato fin dentro nelle ossa, ora si aggiungevano anche vampate
improvvise di calore. Il primo pensiero a saltarle alla testa fu uno,
il più logico:
Oh,
andiamo!! Non puoi ammalarti proprio adesso!
Doveva
tornare a casa prima che le sue condizioni peggiorassero, ma Evan
abitava distante da lì. Si guardò attorno
sperando di individuare qualche cabina telefonica e si
maledì per non aver mai dato retta all’amico tutte
le volte che aveva insistito nel farle comprare un cellulare. Lei aveva
sempre affermato di non averne bisogno e che comportava troppi costi,
ma ora si rese conto di quanto Evan – come al solito
– avesse avuto ragione.
Sentì le palpebre farsi sempre più pesanti e gli
occhi bruciare come fossero stati cosparsi da centinaia di spilli.
Aveva chiesto troppo al suo fisico e ora ne stava pagando le
conseguenze. Sapeva che sarebbe accaduto prima o poi, solo aveva
sperato che succedesse in un luogo un po’ più
confortevole…e magari un po’ più vicino
a casa.
Doveva ammettere che la situazione era piuttosto ironica. Erano anni
che non si ammalava! Aveva ereditato lo stesso inattaccabile sistema
immunitario di sua madre e nei suoi diciannove anni si era ammalata si
e no due o tre volte, non di più. Perché
doveva succedere proprio adesso?
Si strinse ancora di più nella sua felpa, calandosi il
cappuccio sulla testa.
L’odore di asfalto bagnato le riempì le narici. Le
era sempre piaciuto… le faceva immaginare il sapore che
doveva avere la pioggia. La stessa pioggia che lei aveva sempre amato e
che ora la stava tradendo.
La febbre stava probabilmente salendo quando Eleanor prese a chiamare
Evan mentalmente. Per un attimo pregò di possedere un
qualche misterioso potere telepatico…
Evan!
Ti prego Evan, vieni a prendermi! Non ce la faccio a tornare a casa da
sola…
Rise
amaramente della sua pazzia… forse, anche quella era
un’eredità di sua madre!
Sentì le palpebre farsi sempre più pesanti. Una
parte di lei le diceva di resistere. Un’altra di lasciarsi
andare… la seconda era di gran lunga più
allettante. In fondo, cosa mai sarebbe potuto accadere a lasciare
riposare un po’ gli occhi, soltanto per un
secondo…? Bruciavano come fuoco e imploravano
pietà.
Eleanor era sempre stata un tipo compassionevole e decise di concedere
loro un po’ di sollievo.
Il suo corpo reagì meccanicamente. Le mani sistemarono la
sua borsa sul bordo della panchina e lei vi poggiò la testa.
Qualcosa di duro e spigoloso le premeva la tempia – il suo
diario forse, o l’album di fotografie - , ma lei non ci fece
assolutamente caso. Nel momento in cui i suoi occhi incontrarono
l’oscurità, la sua coscienza si dissipò
all’istante.
***
Qualcosa
la stava strappando a quel confortante buio. Lei non voleva, i suoi
occhi non erano ancora pronti a riaprirsi. Bruciavano ancora. Aveva
fiamme che ardevano sotto le palpebre!
Un paio di mani la stavano scrollando leggermente e una voce le
giungeva smorzata e lontana.
“Svegliati…”
riuscì soltanto a capire “…ti senti
male?”
Eleanor
non fece caso alla voce. Forse si trattava unicamente di qualche
passante un po’ impensierito nel trovarsi davanti una ragazza
sola, mezza svenuta, sdraiata su una panchina, in piena notte.
Vattene!
Lasciami in pace!
Lei
desiderava solo ritornare nell’oscurità. Non
voleva altro!
Ma quella voce vaga e indistinta tornò a
disturbarla:
“Avanti,
Eleanor! Apri gli occhi!”
Eleanor?
Questo
si che la sorprese! Il proprietario della voce la conosceva! Non era un
semplice passante, allora.
Evan!
Fu automaticamente il suo primo pensiero. Sei
riuscito a sentirmi!
Qualcosa
di caldo le si posò sulla fronte. Un po’ troppo
per essere una mano di Evan.
Le
mani e i piedi di Evan sono sempre freddi… Nathan lo prende
sempre in giro per questo e lui fa sempre finta di prendersela!
…le hai tenute in tasca, per caso?
Il
caldo sulla sua fronte sparì all’improvviso.
“Ha
la febbre alta.” Disse la voce.
Qualcuno
gli rispose… un’altra voce ancora più
confusa e distante: “ Che idea… stare fuori con
questo tempo! E con quei vestiti striminziti per giunta!”
Nathan?
Era
stato Nathan a parlare? Certo che si. Lui ed Evan erano andati a
cercarla e ora l’avevano trovata. Ma c’era qualcosa
che non andava. La seconda voce sembrava troppo arrogante per
appartenere al sensibilissimo Nathan.
Ma erano loro! Eleanor ne era sicura! Era l’istinto a
dirglielo.
“Non
possiamo lasciarla qui!” la prima voce, quella di Evan, si
era fatta più chiara.
Il
dolore alla tempia provocato dall’oggetto
all’interno della borsa sparì. Anzi, fu
l’intera borsa a sparire sotto alla sua testa. Eleanor si
trovò poggiata contro la stessa mano calda che le si era
posata sulla fronte.
Hei!
Quella è roba mia! Giù le mani dalla mia borsa!
Eleanor
non permetteva a nessuno di toccare le sue cose ed Evan lo sapeva bene.
Perché le aveva preso la sua preziosa borsa nera senza
nemmeno chiederle il permesso? Non era da lui fare una cosa del genere.
Crede
che sono svenuta… non si chiede il permesso a qualcuno privo
di sensi! Fu l’unica spiegazione che
trovò.
“No,
aspetta un secondo! Sei pazzo?! Non puoi farlo! Non di nuovo!
”
La
seconda voce era troppo strana per essere di Nathan e anche le sue
parole non avevano alcun senso. Ma chi altro avrebbe potuto esserci
insieme ad Evan?
“Stai
zitto! Non ho intenzione di starti a sentire, quindi risparmia pure il
fiato!”
Due
braccia la sollevarono delicatamente. Eleanor sentì la testa
caderle all’indietro e lasciò che ciondolasse
senza forze. Delle gocce di pioggia le sferzarono il viso e un vento
gelido la aggredì prepotentemente facendola rabbrividire.
Le due braccia che la sostenevano si mossero in modo che la sua testa
non ciondolasse più inerme. Eleanor era ora comodamente
appoggiata contro la spalla di Evan. Il suo collo indolenzito
potè tirare un sospiro di sollievo.
Un odore nuovo la colpì. Un profumo che le
solleticò la memoria. Lo aveva già sentito e
aveva già potuto apprezzarlo… ma non apparteneva
ad Evan.
Aveva un ricordo ben preciso, un immagine molto chiara legata a
quell’odore… anzi, due immagini: un negozio
affollato e una collina silenziosa...
Gli occhi presero a bruciare più forte quando lei
tentò inutilmente di riaprirli. Ma non c’era
bisogno di avvalersi del senso della vista… quel profumo
così dolce, così delicato ed irresistibile,
poteva appartenere ad una sola persona:
“…
Rock?... “
E
di nuovo l’oscurità l’avvolse e, questa
volta, contro la sua volontà. Non voleva perdere i sensi,
voleva solo accertarsi di non aver preso un abbaglio.
Era lui? Oppure era soltanto Evan?
“Tranquilla,
Eleanor!” Ora che gli stava così vicino, la sua
voce era chiara e nitida. No, non era Evan. Non si era affatto trattato
di un abbaglio. “Ci penso io a te.”
Sentì
le lacrime salirle agli occhi. Fortuna
che aveva le palpebre serrate!
Allora
lo sei davvero… pensò Eleanor
sorridendo al confine dell’incoscienza. Come ho
potuto dubitare di te? Tu sei sul serio il mio angelo
custode…
Poi
fu solo buio.
***
Era
un incubo quello che stava vivendo. Un incubo cieco.
Eleanor non vedeva nulla, ma era scossa da violenti brividi, la testa
le scoppiava e ogni movimento era un’agonia per le sue ossa.
E nonostante il freddo, era in un bagno di sudore.
Voleva svegliarsi! Quel buio la soffocava anziché
confortarla. Anche lui – come la pioggia, come sua madre,
come tutto il mondo - l’aveva tradita!
Il buio venne poi sostituito da un susseguirsi d’immagini
confuse provenienti dal suo passato: lei da bambina, il salotto di
casa, sua madre distesa sul divano immobile e fredda, la confezione
vuota di sonnifero abbandonata sul pavimento, i paramedici, la donna
con il tesserino, il cortile dell’istituto per minori, Evan
che le sorrideva timidamente e le si avvicinava… e poi di
nuovo tutto da capo. Per tutta la notte. Perché era
notte… vero? Il buio l’aveva confusa, oltre che
tradita.
Basta!
Perfavore, basta!
Nel
cercare la luce, Eleanor si girò e rigirò sui
fianchi. Aveva qualcosa addosso. Qualcosa di pesante e
morbido… una coperta. I suoi piedi erano stranamente
leggeri. Dov’erano finiti suoi inseparabili anfibi?
Si girò di nuovo. E poi ancora, e ancora, fino che anche
l’ultimo residuo di energia scomparve dal suo corpo.
Con sollievo, si rese conto di essere esausta. Ogni sensazione negativa
di dileguò e, finalmente, potè lasciarsi cullare
dalle dolci braccia di Morfeo.
Qualcosa di freddo e bagnato le toccò la fronte. Un tocco
piacevole che la fece stare bene per qualche secondo, ma Eleanor stava
già sognando per poter capire se fosse reale o meno.
***
La
luce a cui aveva tanto agognato, le stava ora tormentando le palpebre.
Spingeva su di esse trasformando il buio in un bianco accecante.
Eleanor andò a cercare conforto sotto le coperte, ma ormai i
suoi sensi erano svegli e vigili e lei
non poteva più fuggire. Era ora di aprire gli occhi e
riabituarli alla luce.
Ci fu un solo tragico istante. I suoi occhi furono attraversati da una
fitta di dolore non appena Eleanor li aprì, investiti da
qualcosa di troppo luminoso, situato a pochi centimetri dal suo viso.
Attese qualche momento e lentamente sfidò la luce che la
tormentava.
Non era poi così brillante come le era sembrata. Gli occhi
blu di Eleanor riacquistarono in breve le loro facoltà e
fissarono la lampada che li aveva accecati. Emetteva una luce soffusa,
molto tenue e le illuminava il viso con una calda tonalità
arancione.
Lasciò vagare lo sguardo per la grande stanza nella quale si
trovava; non trovò nessun elemento ad aiutarla a capire dove
si trovasse. Spinse un piede giù dal letto nel tentativo di
scendere e si stupì nell’incontrare subito - allo
stesso livello del materasso - il freddo pavimento.
“Ma
che …? “
Eleanor
si spaventò della sua stessa voce. Non ricordava di averla
mai avuta così rauca e flebile, ma soprattutto, non
ricordava di aver mai avuto un mal di gola così forte. Si
portò una mano al collo per assicurarsi di non essersi
infilzata con un coltello. La sensazione era esattamente la stessa, o
perlomeno, si avvicinava di parecchio.
Molto faticosamente, riuscì a mettersi seduta senza evitare
comunque, un violento giramento di testa e le proteste dolorose delle
ossa delle braccia.
Oddio!
Devo essere stata investita da un camion!
“Ferma
dove sei!” l’ammonì una voce fin troppo
famigliare. “Visto il tuo stato attuale è meglio
che non osi troppo!”
La
testa di Eleanor scattò velocissima verso il punto da cui
era giunta la voce. Pessima idea… Il capogiro che
seguì la costrinse a sdraiarsi di nuovo, o meglio, a cadere
a peso morto tra le lenzuola.
Dei passi frettolosi si fermarono proprio al suo fianco:
“Tutto
bene?” Lui sembrava
sinceramente preoccupato, ma chissà che non fosse la febbre
ad ingannarla?
Oh
ti prego, non mi guardare! Devo avere un aspetto orrendo!
Eleanor
evitò con tutte le sue forze di guardare Rock in faccia. Una
reazione stupida, infantile. Avrebbe dovuto ringraziarlo per averla
raccolta dalla strada - neanche fosse stata un cagnolino abbandonato
– e invece, la sua unica preoccupazione, era che lui potesse
trovarla orribile.
Nascose il viso sotto le coperte e sentì la faccia prendere
fuoco; reazione che aveva ben poco a che fare con la febbre…
“Che
stai facendo?” L’inclinazione della voce di Rock le
diede l’impressione che lui stesse sorridendo; sembrava molto
divertito.
Smettila!
Ti stai comportando come una bambina!
“Sto
bene!” mormorò infine, vergognandosi per quella
voce tremenda che la faceva sembrare così vecchia…
“Esci
fuori da lì! Non mordo mica!” esclamò
lui pazientemente e con la voce più convincente che avesse
mai sentito. Impossibile non assecondarlo!
Fece
emergere metà viso dalle coperte, nascondendo il sorriso che
le si disegnò sulle labbra non appena lo vide.
Quante volte aveva sognato quel momento in quell’ultimo mese?
Il ricordo che aveva di lui non gli aveva mai reso giustizia!
La luce soffusa della lampada illuminava i suoi occhi in maniera
singolare, tingendoli d’oro. Eleanor sentì il suo
cuore accelerare e molto probabilmente la febbre le stava salendo di
nuovo, dal momento che venne investita da un caldo insopportabile.
Avrebbe dovuto prendersela con lui, fare l’offesa per poi
urlargli contro; in fondo era sparito senza più farsi vivo
nemmeno una volta, nonostante le avesse assicurato che si sarebbero
incontrati ancora. Ma nulla di tutto ciò importava davvero.
Lui era lì adesso… solo quello contava.
Rock
le sorrise confortante, ma anche con una leggerissima punta di
rimprovero: “Mi hai fatto prendere un bello spavento,
ragazzina!”
“Scusami.”
mormorò lei, deglutendo lentamente e trattenendo un gemito
di dolore dalla gola indolenzita.
“Come
stai, adesso?”
Eleanor
preferì non rispondere, le faceva troppo male la gola per
poter parlare. Alzò semplicemente le spalle.
Le si mozzò il respiro quando lui le posò una
mano sulla fronte. La stessa mano che lei aveva scambiato per quella di
Evan, la notte prima…
Evan…?
Quel pensiero giunse improvviso, così come
l’agitazione che seguì.
“Evan!”
esclamò con una fitta alla gola.
“Come?”
domandò Rock disorientato, togliendo la mano dalla sua
fronte. “Chi è Evan?”
Eleanor
si mise di nuovo seduta, gli occhi traboccanti d’ansia.
“Per quanto ho dormito?”
Rock
non ci dovette pensare molto. “Tutta la notte e quasi tutto
oggi.” Rispose tranquillamente.
“Che
ore sono, adesso?” Eleanor era sempre più agitata.
“Sono
le sei di pomeriggio. Che ti prende?”
La
ragazza si coprì il volto con le mani:
“Maledizione, sarà preoccupato da morire. Mi
starà cercando da tutte le parti!”
“Chi?”
“Evan!”
“Chi
è Evan?” domandò di nuovo Rock.
Eleanor
stava per rispondere ma una serie di colpi di tosse glielo
impedì.
“D’accordo,
lascia stare. Non importa!” tagliò corto Rock,
turbato dalle condizioni di lei. “Posso provare a
rintracciarlo, se vuoi. Hai il suo numero?”
domandò tirando fuori dalla tasca posteriore dei jeans, il
cellulare.
Eleanor
annuì tra un colpo di tosse e l’altro.
Allungò la mano verso di lui e riuscì a dire:
“Devo parlargli io! Si preoccuperà ancora di
più nel sentire un estraneo…”
“Probabilmente
hai ragione!” assentì Rock, passandole il telefono.
Eleanor
digitò il numero del cellulare di Evan, sicurissima che
chiamarlo a casa non sarebbe servito a nulla. Se lo conosceva bene
– e lo conosceva meglio di chiunque altro – era
sicuramente fuori a cercarla e ad immaginare il peggio.
Le
venne un dubbio: “Spero solo che non abbia avvertito la
….” Non pronunciò quella
parola.
Fissò
Rock con ansietà e lui le rispose con occhi vitrei:
“Merda!” lo sentì imprecare sottovoce.
La
polizia…. Proprio ciò da cui Rock si stava
nascondendo. Il motivo che l’aveva spinto a dimenticarsi del
proprio nome.
“Chiamalo
subito!” sibilò , cercando di mantenere
la calma. Eleanor annuì in fretta.
Evan
rispose dopo appena uno squillo.
“Pronto?”
aveva la voce spezzata dal nervosismo. Eleanor sentì la gola
chiudersi per i sensi di colpa.
“…Evan,
sono io!” rispose cautamente.
“Eleanor!”
esplose lui, la rabbia ben camuffata dal sollievo nela tutte le partigiro. mai
più!"carti, dove fossi...! risentirla
“Si può sapere dove sei? Hai una vaga idea di
quanto mi hai fatto preoccupare!? Sei sparita! Non sapevo dove
cercarti, dove fossi… se stessi bene! Accidenti a
te!”
“Mi
dispiace.”
“Ti
dispiace? Ci mancherebbe altro! Ho passato 24 ore d’inferno
per colpa tua! “
“Sto
bene…”
“E
secondo te io come facevo ad esserne sicuro? Non sono un veggente!
“
Eleanor
allontanò il telefono dall’orecchio per
proteggersi dalle urla furiose di Evan. Non l’aveva mai
sentito così. Lui era la calma fatta persona; non si
arrabbiava mai.
Sospirò, in attesa che le urla finissero, e
lanciò un’occhiata inquieta al ragazzo che le
sedeva vicino. Rock si limitava a rimanere in completo silenzio, lo
sguardo distante, distratto da preoccupazioni che lei non riusciva
nemmeno ad immaginare.
“Anche
Nathan è fuori a cercarti!” quest’ultima
frase pronunciata da Evan, le fece distogliere l’attenzione
da Rock.
“Chiamalo
subito e digli che sto bene. Mi dispiace molto non avervi potuto
contattare… lo avrei fatto, se avessi potuto, sul
serio!” provò a giustificarsi, pur sapendo che non
sarebbe servito a niente.
Evan
fece un profondo respiro per calmarsi e riacquistare il suo consueto
tono pacato e tranquillo. Eleanor riusciva ad immaginare fin troppo
bene l’esclamazione che quasi sicuramente gli stava per
sfuggire dalle labbra: quante volte ti ho detto di comprarti
un cellulare!?
“Cosa
è successo?” domandò invece,
rinunciando alla discussione che ne sarebbe sfociata.
“Io…
“ Eleanor non sapeva bene da dove iniziare. Aveva un ricordo
molto vago della notte precedente. “… a dir la
verità, non mi ricordo molto bene.”
“Cosa?”
Evan si stava per arrabbiare di nuovo. Chissà quali pensieri
osceni gli stavano riempiendo la mente…
“
Sono con lui, Evan!” sussurrò Eleanor, arrossendo
un poco, consapevole che “lui” le era seduto a
pochi centimetri di distanza.
“
Lui? Lui chi? … Oh!” quell’ultima
esclamazione le confermò che era riuscito a trovare la
risposta da solo.
Eleanor
sorrise nel pensare all’espressione che doveva avere Evan in
quel momento.
Qualcosa le si posò sulla spalla, facendola trasalire
all’improvviso. Rock la guardava serio, la mano poggiata su
di lei per attirare la sua attenzione.
“Passamelo.”
disse.
Evan
sentì la sua voce ed esplose di nuovo: “
E’ lì con te? Hai passato la notte con lui? Sei
uscita di testa! Non lo conosci nemmeno!”
“Datti
un calmata! Non è successo niente di quello che
pensi!” Eleanor si sentì arrossire di nuovo. Magari
fosse successo…
“Ascolta…
vorrebbe parlarti. Posso passartelo?”
Evan
non rispose subito. “D’accordo”
sibilò infine.
Eleanor
fece per dare il telefono a Rock, ma lui lo aveva già
afferrato prima che lei potesse rendersene conto.
“Pronto,
Evan?” lo disse come se fossero vecchi amici.
Non
riusciva a distinguere il fiume di parole concitate di Evan
dall’altra parte della cornetta. Non sembrava molto contento
di parlare a Rock.
“E’
stata Eleanor a dirmi come ti chiami. Nemmeno io sono un veggente,
sai?! “
Eleanor
scoppiò a ridere. Evan aveva urlato talmente tanto che Rock
era riuscito a sentire tutta la loro chiacchierata.
“Mi
lasci spiegare, perfavore ! “
Eleanor
lasciò vagare lo sguardo per la stanza per la prima volta.
Si rese conto che era a dir poco enorme! Il soffitto era molto alto e
la parete alle sue spalle aveva tre grandi finestre scorrevoli. Non
sembrava affatto una camera da letto… Un
elemento in particolare, attirò la sua attenzione.
L’ultima cosa che ci si aspetterebbe di trovare nella stanza
di una casa: Una grossa lavagna appesa la muro che dava a sud.
Ma…
è un’aula scolastica questa?
Si
accorse anche di non essere nemmeno in un letto… perlomeno,
non un letto nel significato più stretto del termine. Non
era altro che un materasso buttato per terra, con una lampada situata
di fianco all’altezza del cuscino. Era stata lei ad accecare
Eleanor quando si era svegliata.
Continuò a guardarsi intorno e notò un armadio
accanto ad una delle immense finestre. Era carino, un po’
troppo piccolo forse… le ricordava tanto
l’arredamento delle camerette dei bambini.
Un improvviso capogiro la costrinse a rimettersi sdraiata. Rock le
scoccò un’occhiata impensierita. Eleanor lesse
sulle sue labbra la domanda muta che le rivolse: Tutto ok?
Annuì cercando di riportare l’attenzione sulla
conversazione telefonica.
“Posso
stare tranquillo, allora?” chiese Rock ad Evan,
corrucciandosi appena nell’udire la risposta che
seguì. “Non credo che questi siano affari che ti
riguardano!”
Dalla
posizione in cui si trovava, Eleanor riusciva ad intuire meglio le
dimensioni effettive della stanza.
Un altro particolare colpì la sua attenzione: le lunghe file
di luci al neon incastonate nel soffitto.
Si… ormai non c’erano più dubbi. Non si
trovava in un casa. Quella era a tutti gli effetti un aula. Solo i
banchi e la cattedra mancavano all’appello.
Perché
mi ha portato in un posto del genere? … Non riesco a capire.
Non
prestava più molta attenzione alla conversazione tra i due
ragazzi. Era inutile anche solo provarci, dal momento che non nessuno
dei due sembrava voler renderla partecipe.
Aveva solo voglia di dormire… ancora! Nonostante avesse
passato un giorno intero abbandonata all’incoscienza.
La risata improvvisa di Rock la fece riemergere da
quell’attimo di torpore.
Il ragazzo pareva divertirsi un mondo per chissà quale
motivo.
“
Sotterra l’ascia di guerra, amico!”
esclamò tra le risate “Per chi mi hai preso? Per
Jack lo Squartatore?”
Jack
lo Squartatore? …beh, in effetti quello si divertiva a far
fuori prostitute…
Nonostante
la battuta infelice, Eleanor sorrise. L’auto ironia era un
ottima cosa, a volte.
“Si,
certo!” esclamò Rock, prima di rivolgersi a lei,
offrendole il telefono. “Penso voglia salutarti!”
Eleanor
alzò un braccio indolenzito e afferrò
l’apparecchio: “Dimmi, Evan!”
“Lo
sai di essere assieme ad una specie di criminale?”
sbottò duramente.
Eleanor
sospirò. Ci voleva pazienza con Evan. Si preoccupava
soltanto e lei non poteva farci niente. “Lo so,ma non
è come credi.”
“E
allora com’è? Illuminami! Lui non mi ha voluto
dire niente, mi ha soltanto chiesto se avessi per caso avvertito le
forze dell’ordine della tua scomparsa. Non so
perché, ma tutto questo mi puzza e in genere il mio intuito
non sbaglia mai! “ Adesso si era fatto decisamente sarcastico.
“Ok,
non occorre che ti fidi di lui!” cercò di
convincerlo Eleanor “Però, so che se vuoi puoi
riuscire a fidarti di me. Non sono così ingenua Evan, so
riconoscere una persona buona da una cattiva… ormai ho
imparato. Lui non è cattivo, puoi credermi sulla
parola.”
Seguì
un lungo silenzio. Solo il respiro di Evan era udibile.
“Hei,
sei ancora lì!” chiese Eleanor.
“…Si”
“E
allora parla!”
“Non
so cosa dirti. Non puoi pretendere che non mi preoccupi!”
“Ma
infatti non lo pretendo. Puoi preoccuparti quanto vuoi, desidero solo
che ti fidi di ciò che ho detto!”
Lo
sentì sbuffare, arrendevole: “ Fai come vuoi!
Rimani pure dal tuo principe azzurro! In fondo, dovrei essergli
riconoscente per averti soccorso!“
Eleanor
esultò mentalmente. “Grazie, Evan! Sei il
migliore. Ti adoro!”
L’arroganza
di Evan, si trasformò in un sibilo:“Se solo ti
tocca con un dito…”
“Niente
minacce!” lo interruppe lei bruscamente. “Non lo
farà!”
“Si
si, scusami! “ tagliò corto, con scarso entusiasmo
“ Tu piuttosto, come stai? Ti senti meglio? Quel
tipo mi ha detto tutto. Dice che ieri te la passavi molto
male!”
“Credo
di si, sono solo un po’ stanca.” Lo
sentì ridacchiare. Era un buon segno. Lo screzio era finito
“Che c’è di così
divertente?”
“E’
che non riesco ad immaginarti malata, anzi – a dirla tutta
– non credo di averti mai visto bloccata a letto con la
febbre. Deve essere uno spettacolo allucinante!”
Anche
lei rise, ma con ben poco coinvolgimento. La sua gola dolorante glielo
impedì: “Non lo immagini nemmeno!”
“D’accordo,
senti… adesso è meglio che avverta Nathan che
stai bene. Anche lui era fuori di se’!”
“Oh
si, certo. Chiamalo subito e digli che mi dispiace tanto, va
bene?!”
“Contaci,
e appena guarisci torna, capito!? Ti aspettiamo!”
Eleanor
in verità, non voleva tornare. Si ricordò solo
allora della sua intenzione di tornare a vivere da sola, ma Evan non ne
era ancora al corrente. Non voleva affrontare l’argomento per
telefono e, soprattutto, non adesso.
“Tranquillo…”
disse debolmente, cercando di essere convincente.
“Ciao
Eleanor! Cerca di rimetterti,ok?”
“Ci
provo! A presto, Evan!”
Fu
così che si salutarono.
Non le piaceva mentire ad Evan. Era qualcosa che la devastava, ma a
volte era l’unica soluzione possibile. Gli avrebbe detto la
verità, prima o poi. Aveva ancora qualche giorno di tempo
per pensare alle parole giuste da usare.
Me
ne vado, Evan. Non voglio più essere un peso per te e Nathan!
Incredibile
quanto suonasse semplice ripeterselo a mente. Ma di certo, a voce
sarebbe stata tutta un’altra storia.
“Qualche
problema?” Rock la fece tornare con i piedi per terra.
“No…”
disse lei, restituendogli il cellulare “…no, tutto
bene!”
Il
ragazzo sorrise: “Certo che è geloso forte il tuo
ragazzo!”
Eleanor
sussultò a quelle parole. Lui credeva che Evan stesse
assieme a lei? Perché tutti dovevano arrivare a quella
conclusione? Nessuno conosceva il significato della parola amicizia
?
“Non
è il mio ragazzo!” esclamò, decisamente
piccata.
Rock
parve sorpreso. “Sul serio? … Beh, scusami. Davo
per scontato che tu e lui…”
“Beh,
ti sei sbagliato! E’ il mio migliore amico. Fine della
storia!”
“D’accordo.
“ concesse Rock “In fondo, non sono neanche affari
miei, dico bene?”
Eleanor
non rispose alla sua domanda. Altre due semplici parole le sfuggirono
dalle labbra: “Grazie mille…”
“Prego…
ma di che cosa?”
“Come
sarebbe a dire? Non ci arrivi da solo? Se non fosse stato per te, a
quest’ora sarei diventata un ghiacciolo febbricitante
abbandonato per strada!”
Lui
rispose con un’alzata di spalle: “Non potevo certo
lasciarti lì!”
Eleanor
gli sorrise con infinita gratitudine, ma pochi istanti dopo, si fece
subito più seria: “Senti…”
cominciò timidamente.
“Si?”
domandò lui, sulla difensiva.
“…mi
dici dove siamo?”
Rock
si rilassò e si lasciò andare ad un sorriso
confortato: “Facciamo che te lo spiego quando sarai nelle tue
complete facoltà mentali, va bene?”
“Ma
io sono nelle mie complete facoltà mentali!”
“Devi
riposare, adesso. Quando ti sveglierei, risponderò a tutte
le tue domande, promesso!”
Il
torpore di poco prima tornò a farsi sentire, questa volta
più prepotentemente. Rock aveva ragione. Era esausta, aveva
ancora bisogno di dormire.
“Ho
dormito per quasi un giorno intero. Basta, adesso!”
“Non
hai fatto un sonno molto ristoratore, credimi.”
Sbottò lui, corrucciandosi appena.
“Che
vuoi dire?”
“Semplicemente
che deliravi! Non sei stata ferma un attimo, quindi non stupirti di
sentirti ancora stanca!”
Stava
per rispondergli, ma qualcosa la distrasse. Un movimento alle spalle di
Rock.
Si accorse che c’era una porta ed era spalancata. Sulla
soglia c’era un ragazzo… no anzi,
c’erano due ragazzi. Erano identici! Alti, robusti, biondi,
gli occhi chiari. La fissavano in silenzio. Uno – quello a
destra – con un’evidente curiosità,
l’altro – a sinistra – con una certa
diffidenza, per non dire ostilità.
Eleanor ricambiò i loro sguardi. Le sue palpebre si aprivano
e chiudevano sempre più lentamente e le immagini si facevano
ogni secondo più sfocate. Stava per crollare, ma prima
riuscì a rivolgersi ancora una volta a Rock.
“Ci
vedo doppio per caso ?” domandò flebilmente.
Il
ragazzo non capì subito cosa lei intendesse, ma seguendo il
suo sguardo intuì ogni sua parola.
Ridacchiò:
“No,
non ci vedi doppio! Sono due miei amici. Sono gemelli. Niente di
strano.”
Eleanor
afferrò solo un paio di parole …amici…
gemelli… L’oscurità si era
chiusa si di lei un altra volta. Ma prima di cadere completamente
nell’incoscienza, riconobbe la voce che aveva accompagnato
quella di Rock la sera prima. La stessa che lei aveva scambiato per
quella di Nathan.
“
Rap ti ammazzerà di botte!”
Rap?...
che razza di nome…?
“
Sarebbe un bel diversivo no? “ disse Rock, pacato
“Non eri tu a lamentarti di quanto fosse noioso
qui?”
***
Eccomi gente!!!
Allora, allora??? Ke mi dite del
capitolo???? ... sinceramente, io nn ne sono ancora completamente
soddisfatta -_-''' . Beh, fatemi sapere qualcosa.
Vado un pochino di fretta,
quindi a Mercoledì
prossimo!!!!!
Ayleen
|
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Capitolo 8 *** Un gioco da ragazze ***
CAPITOLO
OTTO
Un
gioco da ragazze
Il
rombo di un tuono la svegliò.
Di fuori la pioggia scrosciava
inesorabile, quasi con rabbia. Era notte, o forse tarda sera. Eleanor
non seppe
dirlo con certezza.
Si mise a sedere molto
lentamente, stiracchiando gambe e braccia. La testa le faceva ancora
male, ma
molto meno di quando si era svegliata quel pomeriggio. Anche la gola
sembrava
migliorata, ma non riuscì comunque a trattenere una smorfia
di dolore quando
deglutì.
Scostò le coperte e quell’improvvisa
mancanza di calore la fece rabbrividire da capo a piedi. Sentiva
l’urgente
bisogno di sgranchirsi le gambe. Stando bene attenta a non farlo con
troppa
fretta, si alzò in piedi. Un leggero capogiro la
investì, ma nulla che non
riuscì a controllare. Si passò una mano tra i
capelli annodati e sospirò,
fisicamente a pezzi.
Qualcosa fuori dalla stanza la fece
trasalire. Un’imprecazione seguita da un altra voce agitata e
furibonda che si
accavallava sull’altra. Due persone stavano litigando con
grande fervore…
“Dateci
un taglio, cazzo!” Era
stato Rock a parlare, o meglio, ad urlare.
Eleanor
sorrise nel sentirlo e il
freddo le passò all’istante.
Anche gli angeli dicono le parolacce,
dunque… interessante!
Immediatamente,
con passo ancora
un po’ instabile, raggiunse la porta e la aprì. Si
ritrovò affacciata su un
lungo corridoio completamente immerso nel buio. Volgendo lo sguardo
prima a
destra e poi a sinistra, notò che c’erano molte
altre porte che vi si
affacciavano.
Sulla parete di fronte a lei,
c’era soltanto un’infinita serie di finestre,
grandi almeno quanto quelle della
stanza dove aveva dormito.
Si chiuse la porta dietro di se’
e la sua attenzione andò al fondo del corridoio, alla sua
destra. C’era una
luce accesa. Era da lì che provenivano le voci dei ragazzi.
Rock doveva essere assieme a quei
due suoi amici che lei aveva intravisto prima di addormentarsi. Lui
aveva detto
che erano due fratelli. Gemelli per la precisione. Eleanor era curiosa
di
conoscerli, anche se ricordava fin troppo bene l’occhiataccia
ostile che uno
dei due le aveva riservato.
Seguì le voci dei ragazzi,
sfidando l’oscurità del corridoio.
Li trovò tutti a tre in una enorme stanza, molto
più grande della camera dove aveva dormito. I due
fratelli erano in piedi e si stavano azzuffando come due ragazzini.
Rock era
seduto ad un tavolo, sembrava pensieroso. Il suo volto era attraversato
da
mille preoccupazioni, solo il suo corpo era presente… la sua
mente, lontana
anni luce.
Nella stanza c’erano altri
tavoli, ma erano tutti accatastati alle pareti, assieme alle sedie.
Solo una
delle infinite lampade al neon, funzionava e bastava appena ad
illuminare
l’ambiente troppo grande. La ragazza fece un collegamento
palese. Se aveva dormito
in un' aula, quella pareva a tutti gli effetti una mensa…
Nessuno dei tre si accorse di lei.
I due gemelli erano ancora impegnati a darsele di santa ragione, ma
nessuno dei
due pareva arrabbiato con l’altro. Stavano solo giocando!
Maschi! Pensò Eleanor, con
una punta
di superiorità.
Si
schiarì la gola e
all’improvviso, tre paia di occhi la fissarono. Due di essi,
la fecero
arrossire.
“…
Buongiorno.” Mormorò
timidamente, fissandosi i piedi nudi.
Dato
il buio che s’intravedeva dalle
finestre, non era sicura che buongiorno
fosse l’espressione più adatta…
Sentì una sedia grattare sul
pavimento e la voce di Rock: “
Ti
sei svegliata?!”
Eleanor
annuì soltanto e notò uno
dei due gemelli sbuffare e andare subito a sedersi al tavolo. Il
fratello lo
imitò, senza però mostrare la benché
minima insofferenza. Rock li fulminò con
lo sguardo:
“Ve
l’avevo detto di fare meno chiasso! Sempre i
soliti!”
“Ma
no…” provò a spiegare Eleanor
imbarazzata, ritrovandosi vittima dello sguardo truce di uno dei due
biondi “…è
stato il temporale. “
“Hai
fame?” domandò Rock,
premuroso.
In
effetti, Eleanor si accorse di
stare letteralmente morendo di fame. Da quanto tempo non mangiava? Fu
il suo
stomaco a rispondere, emettendo forti brontolii che la fecero arrossire
vistosamente.
Rock trattenne una risata. Il
ragazzo biondo – quello che sembrava il più
gentile dei due – ridacchiò.
L’altro non reagì, continuava a fissarla con astio.
“Vieni
a sederti! Ti porto
qualcosa!” Rock l’afferrò delicatamente
per un braccio e la trascinò fino al
tavolo.
“Grazie.”
Gli disse Eleanor,
mentre prendeva posto dalla parte opposta a dove si erano seduti i due
fratelli.
“Torno
subito.” Rock sparì dietro
una porta dalla parte opposta della stanza.
Eleanor
sentì il sangue
imporporarle la pelle nell’incontrare nuovamente gli occhi
freddi - e
azzurrissimi – del ragazzo biondo che aveva di fronte. Accennò
un debole sorriso nel tentativo di allentare la tensione e si mise
nervosamente
una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Ti
chiami Eleanor, giusto?”
domandò l’altro ragazzo, apparentemente
più cortese, rivolgendole un sorriso
rassicurante.
“Si.”
Rispose lei, abbassando di
nuovo gli occhi.
“Ti
senti un po’ meglio?” Eleanor
lo guardò dubbiosa.
Sembrava
sul serio interessato al suo stato di salute, ma
non poteva dire altrettanto del fratello che la fissava come fosse
stata
un’intrusa niente affatto gradita.
“Si,
grazie.” disse con la voce
ridotta ad un sussurro.
“Fortuna
che Rock ti ha trovato!”
Ad Eleanor non sfuggì l’occhiata truce che il
fratello gli scoccò.
“Già…”
fece debolmente, sperando
che Rock si sbrigasse a tornare.
Fu
proprio l’altro ragazzo a
parlare a quel punto, con un tono che sapeva molto di sfida e un ghigno
compiaciuto stampato sulle labbra:
“
Hai uno strano modo di fare conversazione!
Parli a monosillabi. Come mai non chiedi come ci chiamiamo? ”
La
sua risposta fu automatica:
“Perché so che tanto non me lo
direste…”
“Ma
davvero?” Il ghigno si
allargò e, in qualche modo, lui sembrò ancora
più infastidito di prima. ”E
bravo il nostro Rock! Vedo che non si è risparmiato nello
spifferare i nostri
affari privati!”
Eleanor
sentì l’improvviso
impulso di dover difendere il suo angelo
custode. Almeno questo glielo doveva.
“Non
mi ha detto niente!”
esclamò, questa volta a voce alta. “Non so
assolutamente nulla di voi, ne’ di
quello che fate o avete fatto in passato… e nemmeno
m’interessa!”
Bugia…
che grande bugia! In
realtà le interessava eccome! Ma, data la situazione, era
meglio fare
l’indifferente.
Il
ragazzo più gentile si sporse
verso il fratello: “E piantala! Cerca di calmarti!”
Lui
si alzò con uno scatto
improvviso che fece rovesciare la sedia : “Ma starai
scherzando?” sbottò
stringendo forte i pugni. Eleanor lo
fissava immobile, spaventata. “Succederà di nuovo
e tu lo sai meglio di me!”
“Non
è detto che vada così,
questa volta!”
Il
ragazzo in piedi rivolse un
ultimo sguardo torvo ad Eleanor prima di andarsene a grandi passi verso
lo
stesso corridoio buio che anche lei aveva percorso.
“Io
non ne voglio sapere nulla! “
esclamo mentre si allontanava “Lasciatemene fuori! E se avete
pietà di Rap, non
ditegli niente!”
Rap?... ancora con questo Rap? Ma chi è?
Eleanor
guardò il ragazzo che
aveva di fronte, completamente spiazzata. Lui non rispose allo sguardo.
Dopo
aver mormorato un impercettibile “ scusami” si
alzò ed inseguì il fratello,
lasciandola sola.
Non il tempo di chiedersi cosa
avesse potuto dire per scatenare una simile reazione, che Rock
riapparve dalla
parte opposta della grande sala, reggendo un vassoio carico di cibo.
“Vedo
che i disturbatori della
quiete pubblica se ne sono andati, finalmente!”
esclamò allegramente.
Eleanor
evitò il suo sguardo: ”In
verità… credo di essere stata io a farli
scappare.” Ammise torturandosi le
mani.
“No,
tu centri niente!” la
rassicurò lui sedendosi al suo fianco.
Eleanor
guardò il vassoio che
Rock le aveva portato: “E’ per me tutta questa
roba?” domandò inarcando le
sopracciglia.
“Si.
Non conoscendo i tuoi gusti,
ti ho portato un po’ di tutto. Mangia pure quello che
…” Non
riuscì nemmeno a terminare la frase, dato
che la ragazza si era gettata con foga sul cibo, senza neanche guardare
ciò che
ingurgitava. “… che ti
senti…” terminò infine lui, trattenendo
una risata.
Eleanor
si portava alla bocca
tutto ciò che raggiungeva, senza nemmeno preoccuparsi del
gusto. Poteva essere
la pietanza più disgustosa del modo che in quel momento la
pareva eccezionale.
Rock
la guardava impressionato.
“Beh, l’appetito è un sintomo di
imminente guarigione!”
Eleanor
tentò di darsi un
contegno. Inghiottì, bevve e riprese fiato:
“Non
sono sempre così!” cercò di
rassicurarlo “In genere non mi strafogo in questo
modo.”
Lui
sorrise divertito: “ Non devi
mica giustificarti! In fondo è da ieri che non
mangi.”
Rimasero
in silenzio per un po’,
finchè Eleanor non fu sazia e allontanò da
se’ il vassoio, quasi del tutto
vuoto.
“
Perché quel ragazzo ce l’ha tanto con
me?” domandò lei,
immediatamente.
“Di
chi parli?”
“Di
quel tuo amico. Quello
biondo… uno di quei due che erano qui!”
Eleanor
non era sicura di essere riuscita a
farsi capire. Quei due ragazzi erano talmente identici che lei non
sapeva
proprio come spiegare a Rock quale dei due intendesse.
“Mi
guardava malissimo.
Se avesse potuto uccidermi con lo sguardo, sono sicura che
l’avrebbe fatto!”
Rock
soffocò una risata:
“Immagino tu stia parlando di Metal!”
Toccò
ad Eleanor ridacchiare:
“Metal? … un altro dei vostri nomi
falsi?”
“Tu
che dici? Non credo possa
essere il suo nome di battesimo, no?!”
“No,
direi proprio di no. Anche
se di genitori spietati in giro ce ne sono molti!”
“Non
hai tutti i torti! Comunque,
non fare caso a lui. Semplicemente non è un tipo
socievole.”
Qualcuno
riapparve dalla porta
che dava sull’ingresso. Eleanor sussultò
spaventata dall’irruenza dell’ultimo
arrivato. Era uno dei due gemelli, ma se fosse stato Metal o il
fratello, lei
non seppe dirlo.
“Rock!
Abbiamo un problema!”
esclamò, rimanendo sulla soglia. “Credo che Rap
sia fuori nel cortile e che
stia per entrare.”
Eleanor
non capì dove fosse il
problema, ma la reazione di Rock la fece preoccupare. Il ragazzo si
alzò di
scatto, imprecando qualcosa sottovoce e l’afferrò
saldamente per un braccio
costringendola in piedi.
“Cosa
stai aspettando?” sbottò nervoso
al biondino “Vai da lui! Distrailo! Fai qualcosa! Non deve
vederla!”
Il
ragazzo annuì e corse via,
sparendo nel buio del corridoio. Rock sospirò agitato e
cominciò a trascinare
Eleanor.
“Che
succede?” domandò lei,
incerta.
“So
che non capirai, ma devi
rimanere nascosta per un po’!”
“Cosa?
Perché?”
“Niente
domande!” la zittì lui,
conducendola a forza in un altro corridoio che si apriva dalla
mensa.
Era
illuminato al contrario di quello che aveva percorso precedentemente.
Camminarono per un paio di minuti in completo silenzio.
Rock sembrava seriamente
preoccupato. Di tanto in tanto si voltava per assicurarsi che nessuno
li
seguisse e solo quando raggiunsero una grande porta con i maniglioni
antipanico
sembrò tranquillizzarsi.
“Ok.”
Fece “Questa è la
palestra!”
La palestra?
Non
servivano ulteriori conferme. Si trovava davvero
in una scuola.
“Devi
rimanere nascosta qui dentro
per un po’, finchè non vengo a
prenderti.”
“Ma
perché?”
“Tu
fallo! Ti spiegherò tutto più
tardi!”
Eleanor
s’imbronciò nel risentire
per l’ennesima volta quelle parole. Da quando si erano
conosciuti, aveva perso
il conto di quante volte le avesse sentite:
“Si,
certo.” Mormorò risentita “Siamo
alle solite!”
Rock
stava per dirle qualcosa, ma
il rumore di una porta che veniva sbattuta lo distrasse:
“Senti,
per favore,
devi ascoltarmi! Dammi soltanto dieci minuti! Non ti chiedo altro!
Dieci minuti
e sarò tutto tuo per qualsiasi interrogatorio tu voglia
farmi!”
Eleanor
non riuscì nemmeno a
rispondergli. Lui aprì la porta della palestra e la spinse
dentro.
“Aspettami
qui!” esclamò un attimo prima di scomparire.
Sentì
i suoi passi frettolosi
riecheggiare nel corridoio, poi silenzio. Sospirò e
cominciò a gironzolare per
l’immensa palestra.
Considerando il resto
dell’edificio – perlomeno, il poco che era riuscita
a vedere – era in ottime
condizioni. L’unica pecca era costituita da una lampada che
funzionava ad
intermittenza. Per il resto c’era proprio tutto. Gli spalti,
il parquet
rovinato da anni di corse e partite di chissà quali sport,
le ceste con i
palloni, i quadri svedesi alle pareti e i due canestri da basket agli
estremi.
Ricordi lontani balenarono nella
mente di Eleanor. Lei un tempo, non se la cavava niente affatto male a
basket!
Ricordava perfettamente le innumerevoli partite a cui aveva preso parte
all’istituto dov’era cresciuta. Lei era
l’unica ragazza in squadra! Aveva solo
un difetto. Era troppo minuta per uno sport del genere e spesso e
volentieri
finiva in infermeria. I ragazzi non si lasciavano certo impietosire dal
fatto
che lei fosse una femmina, anzi, il loro orgoglio li spingeva ad
avventarsi su
di lei con un'inaudita ferocia. Evan le faceva sempre da scudo,
così da non
lasciarla poi sola in infermeria, perché a suo dire, le
ferite di battaglia guarivano
più in fretta se si curavano in compagnia.
In fin dei conti, vivere
all’istituto non era poi stato così male. Di tanto
in tanto, le era capitato di
divertirsi persino in un posto del genere!
Sorrise nel rivivere quel
frammento di passato e si diresse senza pensare alla cesta con i
palloni.
Chissà se era ancora brava come allora? C’era solo
un modo per scoprirlo.
Prese un pallone e, dopo esserselo
un po’ rigirato tra le mani, cominciò a farlo
rimbalzare per terra. Il rumore
riecheggiò per tutta la palestra, tanto che temette che Rock
potesse sentirla,
ovunque lui fosse. Le aveva detto di restare nascosta e, probabilmente,
intendeva pure in silenzio, ma tutto ciò non le importava.
Fissò il canestro
dal punto in cui si trovava, prese la mira e lanciò. Il tiro
fu dritto e
preciso, e andò a segno.
“Si!”
esultò lei, incapace di
trattenersi. Non ho perso il mio tocco!!
Il
pallone rotolò per qualche
metro, finchè non andò a fermarsi contro i piedi
di qualcuno accanto agli
spalti.
“Niente
male!”
Trasalì
a quell’improvvisa
intrusione. Uno dei due gemelli raccolse il pallone. Era Metal? Oppure
suo
fratello, quello gentile? Eleanor preferiva di gran lunga la seconda
ipotesi e
il sorriso accogliente che il ragazzo biondo le rivolse, le fece tirare
un
lungo sospiro di sollievo. Non era Metal!
“La
classica fortuna del
principiante!” la stuzzicò lui.
Eleanor
strinse gli occhi,
cercando di apparire il più minacciosa possibile:
“Come
hai detto, scusa?”
sibilò con voce tagliente.
Lui
le passò la palla che lei
prontamente afferrò al volo: “Dai, riprova!
Scommetto che non sei in grado di
farlo due volte di seguito!”
La
ragazza alzò un sopracciglio e
ghignò con aria di sfida: “L’hai voluto
tu, biondino!”
Lui
rise a quelle parole ed
Eleanor dovette impegnarsi per non arrossire. Non era da lei essere
così
competitiva…. La Eleanor
dell’Istituto era così, ma erano passati tanti
anni ormai. Eppure qualcosa
stava tornando a galla.
Prese nuovamente la mira, tirò e
fece canestro, lasciando il ragazzo di stucco. Le sorrise
sprezzante:
“Un
gioco da ragazze!”
“D’accordo…”
mormorò lui, sempre
con la stessa espressione fiera ed arrogante: “Fatti sotto!
Vediamo chi ne fa
di più!”
“Sfideresti
una povera ragazza
inferma?”
“Non
mi sembri più tanto
inferma!”
“Questo
lo dici tu! Ti ricordo
che fino a poche ore fa ero a letto febbricitante! Tipico atteggiamento
di voi
uomini, comunque. Facile prendersela con chi è
più debole!”
“Sei
hai paura di perdere,
ragazzina, devi solo dirlo! Probabilmente preferisci andare a limarti
le
unghie!”
Alla
parola ragazzina, Eleanor non
riuscì più a dare ascolto al buon senso.
Anche i ragazzi all’istituto la chiamavano allo stesso modo.
Non sopportava
quello stupido nomignolo! Era il suo orgoglio femminile a dirle di non
ignorare
quella provocazione!
“E
va bene, ma non contare su di
me quando avrai bisogno di rattoppare la tua
dignità!”
Uno
scambio di occhiatacce e poi
Eleanor prese a correre palleggiando, inseguita a ruota dal ragazzo.
Lui non si
fece alcuno scrupolo. Riuscì a portarle via la palla
parecchie volte e anche a
fare canestro da distanze considerevoli, ma anche lei non fu da meno!
Era quasi
brava quanto lui, non aveva nulla da invidiargli. Se fosse stata nel
pieno
delle sue forze, probabilmente lui non avrebbe fatto quello stupido
canestro
che lo condusse alla vittoria.
Fu abbastanza maturo da
ammetterlo e non atteggiarsi troppo:
“Quando
starai meglio giocheremo ancora!
Non è divertente avere troppo vantaggio!”
Eleanor
piegata sulle ginocchia e
ansimante, gli sorrise: “ La prossima volta ti
farò a pezzi!”
Lui
rise e andò a sedersi sugli
spalti, seguito a ruota da Eleanor che provò a riprendere a
respirare normalmente.
Il
ragazzo la guardò dubbioso:
“Forse non è stata una buona idea! Va a finire che
ti ammali di nuovo!”
“Correrò
il rischio… “ sospirò
lei, respirando con affanno.
Le
piaceva quel tipo. Era
simpatico e sapeva stare al gioco. Le ricordava molto Evan. In qualche
modo,
avevano lo stesso carattere solare e gentile.
“A
proposito!” esclamò lui d’un
tratto. “Io sono…”
”No!”
lo zittì Eleanor “ Non dirmelo!”
Lo
vide trattenere una risata: “
Perché?”
“Voglio
provare ad indovinare!”
Lui
alzò le spalle: “Buona
fortuna!”
“Non
deve essere difficile! Ho
capito che avete tutti nomi di generi musicali. Nemmeno io sono tanto
tonta!”
“Sentiamo,
allora! Non sperare in
indizi, perché tanto non te ne darò!”
“Non
ce ne sarà bisogno.”
Detto
questo si fece molto pensierosa. Ripetè a mente i nomi degli
altri, come una
filastrocca imparata a memoria.
Rock,
Metal, Rap.
Rock, Metal, Rap. Rock, Metal, Rap…
Come
avrebbe potuto chiamarsi
lui? Possibile che tutti i generi musicali che esistevano, non le
veniva in
mente nulla!?
“Tanto
non indovinerai mai!” la
punzecchiò lui.
E
aveva ragione. Accidenti, se
aveva ragione!
“E
va bene, mi arrendo! Parla! “
esclamò stizzita.
“Davvero
non ci arrivi? Non è poi
così complicato se ci pensi bene… “
“Evidentemente
il mio cervello da
ragazzina è troppo piccolo per
arrivarci!”
Lui
rise di nuovo: “Non è proprio
un genere. Cioè, per esserlo, deve essere attaccato al nome
di mio fratello!”
Eleanor
lo guardò confusa:
“…Eh?!”
“Avanti!
Dimostrami che anche le
ragazzine riescono a ragionare!”
Cominciò
ad intonare nella sua mente
la stessa filastrocca di poco prima, però questa volta
avvalendosi soltanto di
un nome:
Metal… Metal… Metal.
E
poi di colpo, eccola!
L’illuminazione. Quanti diversi generi di musica Metal
esistevano!? Il nome del
ragazzo che le sedeva di fianco era uno di questi. Provò con
il primo che le
passò per la testa.
“…
heavy? “ azzardò scettica.
“Brava!
Indovinato! Te l’ho detto
che bastava spremere un po’ le meningi!”
Lei
lo guardò per qualche istante
perplessa e poi scoppiò a ridere senza il minimo
contegno.
“Scusami,
ma è la
cosa più assurda che io abbia mai sentito!”
“Oh
si, avanti! Ridi pure! Guarda
che tanto ci sono abituato!”
Eleanor
continuò a ridere, tanto
da farsi venire le lacrime agli occhi. Solo una voce le fece
riacquistare un
minimo di contegno.
“Che
mi sono perso?” Rock era
appena entrato e guardava Eleanor incuriosito.
“No,
niente…” sbottò Heavy
“…Siamo
alle solite!”
“Ah!
Le hai detto il tuo nome!” non
era una domanda, ma una semplice constatazione.
“Non
ti ci mettere pure tu!”
Eleanor
si asciugò le lacrime e
tornò a farsi un po’ più seria.
“Ok, tutto a posto! Mi è passata!
Scusate!”
Heavy
si rivolse a Rock
spogliandosi di ogni traccia d’ilarità:
“Rap?” chiese semplicemente.
“Va
tutto bene!” gli ripose Rock,
altrettanto serio, ma apparentemente tranquillo “E’
andato a dormire. Non
sospetta nulla!”
“Mi
dite chi è questo Rap?” chiese
Eleanor curiosa.
“E’
un nostro amico.” Spiegò Rock
sedendosi al suo fianco. “Non è cattivo
solo… diciamo che non gli vanno molto a
genio le ragazze.”
Eleanor
si corrucciò sorpresa.
E’ come Evan e Nathan. Fu il suo primo pensiero.
“Non
gli piacciono? “ domandò
ingenuamente “Voglio dire… preferisce i
ragazzi?”
Heavy
e Rock si guardarono per
qualche istante, poi scoppiarono a ridere.
Lei
li fissò confusa. “Che ho detto?”
“No!”
esclamò Heavy tra le risate
“No, non in quel senso. Gli piacciono le ragazze!”
“E
allora non ho capito quale sia
il suo problema!”
“Semplicemente
non le sopporta.” Le
spiegò Rock. “Devi sapere che ha sempre avuto
brutte esperienze con le donne e
non parlo unicamente di relazioni sentimentali. Da piccolo ha avuto
un’orribile
rapporto con la madre, sua sorella l’ha lasciato da solo e,
come se non
bastasse, l’unica storia seria che ha avuto con una ragazza
è finita nel
peggiore dei modi.”
Nell’ultima
parte del discorso,
Rock distolse gli occhi da Eleanor. Riconobbe la sua espressione. Era
la stessa
che aveva avuto quel giorno a Meadow’s Hill. Carica di
tristezza e di
rimpianto.
Anche
Heavy non sembrava
molto entusiasta a
parlare di quelle
cose:
“E’
un po’ difficile da spiegare! “ le disse gravemente
“Ma non credo che
lui sarebbe molto felice nel sapere che tu sei qui! Sai, la sua vecchia
storia –
quella finita male – era iniziata proprio così.
Avevamo ospitato una ragazza in
difficoltà e …”
“Heavy!”
lo ammonì Rock, serio.
Il
biondo si zittì all’istante:
“Scusami!”
Eleanor
capì che non avrebbe
avuto altre risposte quel giorno. Non tentò nemmeno di
averne. Era abbastanza…
per il momento. Si sentì in dovere di farne soltanto una:
“E
se scopre che sono qui? “
Heavy
e Rock si scambiarono un’occhiata
che non lasciava intendere nulla di buono.
“Meglio
evitarlo.” Disse Rock.
Nessuno
parlò per qualche minuto.
Eleanor stava per rompere il silenzio, ma Heavy la precedette:
“Non
ci fai la
domanda più importante!”
“Sarebbe?”
chiese lei, non
capendo.
“Ma
dove cavolo vivono questi
tizi?”
“Oh,
hai ragione! Potete dirmelo?
O anche questo è un segreto?”
Rock
ridacchiò: “Non è un
segreto! Viviamo qui per tre semplici fatti: primo, è
completamente gratis! Niente
affitto e niente bollette da pagare. Secondo, questo posto è
abbandonato da
anni. Nessuno lo utilizzerà mai, tanto vale dare un tetto a
chi non ce l’ha! Terzo,
beh… chi non vorrebbe una palestra come questa in casa
propria? “
Eleanor
sorrise: “Certo che basta
poco a fare contenti voi uomini!”
“Aggiungici
un harem e questo
diventa il mio piccolo paradiso personale!”
mormorò Heavy, forse a voce un po’
troppo alta.
Eleanor
si schiarì la gola con un
leggero imbarazzo, mentre Rock colpì l’amico su
una spalla, senza minimamente
preoccuparsi di fare piano.
“Scusate!”
esclamò Heavy,
massaggiandosi la spalla “Pensavo ad alta voce!”
“Idiota!”
fece Rock.
Eleanor
rise divertita da quella
piccola discussione. Si alzò in piedi
all’improvviso e andò a recuperare il
pallone.
“Che
fai?” gli chiese Rock
“Ho
di nuovo voglia di giocare. “
Guardò Heavy, ma lui sembrava troppo comodo lì
dov’era, sbracato sugli spalti.
“Passo!”
esclamò con un gesto
della mano “ Io ho già dato per oggi!”
Eleanor
si rivolse allora a Rock:
“Andiamo Rock! Fammi vedere quello che sai fare!”
“Non
credo sia molto salutare per
te in questo momento fare troppo movimento!”
“Bella
scusa!” lo stuzzicò lei. “Io
sto benissimo! Non devi preoccuparti per me! Hai forse paura di perdere
contro
una povera ragazza mezza malata?”
Rock
la fissò con gli occhi
ridotti a due fessure. Era troppo facile convincerli a fare quello che
voleva!
Uno a zero per il sesso debole!
Il
ragazzo si alzò in piedi. Si
tolse la felpa e la gettò sugli spalti, rimanendo con solo
una maglietta bianca
a maniche corte.
La determinazione e l’arroganza
di Eleanor sparirono in un istante. Si sentì avvampare a
quella visione.
Dovette scrollare il capo per riprendere lucidità.
Lui
le passò di fianco: “Non
credere che ci andrò giù tanto leggero solo
perché sei una ragazza!”
“Non
l’ho mai chiesto!”
Qualcuno
sbattè forte la porta
della palestra. Tutti e tre si voltarono, temendo che fosse Rap.
“Tranquilli,
sono io!” esclamò
Metal, alzando le mani in segno di resa.
Andò
a sedersi vicino al fratello, lanciando la solita occhiata infastidita
ad Elanor. Lei li guardò entrambi. Avrebbe
fatto una fatica enorme ad imparare a riconoscerli. Notando la sua
espressione
confusa, Rock andò in suo aiuto:
“Heavy
ha un neo sulla guancia destra.”
Eleanor
le rispose con un
sorriso: “Grazie!”
Lui
le si avvicinò, in modo che
solo lei potesse sentirlo: “Ascolta, Eleanor…
“
Lo
guardò in attesa. Lui aveva di
nuovo quell’espressione indecisa che tante volte le aveva
visto:
“…
non
preoccuparti di Rap! In qualche modo faremo.”
“Non
sono preoccupata.”
“Volevo
dire… puoi restare tutto
il tempo che vuoi! Che tu sia guarita o no…”
Eleanor
per poco non gli saltò al
collo. “Sul serio?”
“Si,
certamente!”
La
porta sbattè di nuovo, questa
volta più violentemente. Eleanor si voltò e
notò che Metal era sparito. Heavy
aveva un’espressione molto dispiaciuta, quasi imbarazzata.
Rock sospirò con
esasperazione. Evidentemente lo aveva sentito.
“Non
credo che Metal sia d’accordo!”
disse con un filo di voce.
“Lascialo
perdere. Te l’ho detto,
è soltanto un asociale!”
“Ma…”
“Niente
ma! Vorrei che restassi!”
Non
seppe riconoscere nessuna
delle sensazioni che la colpirono in quel momento. Non si accorse
nemmeno di
quello che stava facendo. Il corpo reagì meccanicamente,
senza che lei nemmeno
se ne rendesse conto. Si era stretta a lui senza sapere come e
perchè,
circondandogli il petto con le braccia esili. Lui era rimasto
interdetto
per qualche istante, ma alla fine l’aveva stretta di rimando.
”Grazie.”
Mormorò Eleanor, con la faccia in fiamme. “Grazie,
grazie, grazie!”
“Di
niente.” Disse lui
semplicemente, trattenendo una risata.
Heavy
tornò a farsi sentire: “Hei
voi due!!! Volete farmi venire il diabete!? Ora capisco
perché mio fratello è
scappato via!”
Eleanor
si staccò subito,
sistemandosi i capelli dietro le orecchie con un gesto che definire
nervoso
sarebbe stato un eufemismo.
Rock
afferrò la palla da terra: “Avanti,
fammi vedere come gioca una ragazza!”
***
Ma ke razza di capitolo ho
scritto???? -_-''' No, non mi piace! E' inutile!
Vabbè spero vi
piaccia lo stesso!
Ma parliamo d'altro va!
ALlora, tutti nomi sono stati
svelati!!! Soddisfatti!!!!???????? Sono stupidi lo so, però
sono un po' diversi dal solito^^.
E la prossima volta potrebbe
succedere qualcosuccia di un po' più concreto tra Rock ed
Eleanor ... però
nn anticipo nulla ke è meglio!
Passiamo ai ringraziamenti:
BabyzQueeny: Mi hai fatto
spanciare dal ridere con la tua recensione stile "tifo da stadio" XDD.
SPero ke il tuo gomito stia bene, comunque.
Felicity89: Eccola,
la mia allieva (posso chiamarti così? ). grazie di essere
passata a commentare. Troppo gentile. Lo so ke la storia è
drammatica, del resto io sono amante delle storie drammatiche XD
*risata sadica*
Nanako: Brava hai
indovinato!!! Non era difficilissimo in fondo, ma ammettilo... Heavy
non te l'aspettavi vero!? XD Non so nemmeno io come mi sia uscito XD!
Poisoned_Apple: Sei
perdonata, ma ke nn succeda più altrimenti la mia vendetta
sarà terrrrrrribile XD ( sto scherzando)!!! Gemelle
separate???? Chi lo sa??? Potrebbe essere! Io sono castana, occhi
scuri, media altezza (descrizione molto dettagliata devo dire -_-''').
Tu?????? Chiamare qualcuno House?????? Noooooooo!!!! Non potei mai!!!
Mana_Chan: I gemelli
personalmente mi paicciono di più qui. Mi sono divertita a
renderli opposti uno all'altro. Uno cattivo, l'altro buono. SOno
malata, lo so XD! Contenta ke ti sia piaciuto!!! SPero che anche questo
chap sia stao di tuo gradimento!!!!
Ok ragazzi. Ci vediamo Sabato
prossimo!!! ( e scusate ancora... è colpa della
scuola!)
Ciaooooooo!!!!!
Ayleen^^
|
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Capitolo 9 *** Paradiso in Terra ***
CAPITOLO NOVE
Paradiso
in terra
Eleanor non scrisse
più nulla.
Il suo diario rimase nascosto nella sua borsa, chiuso dentro quel
piccolo armadio che c’era in quella che era ormai diventata
la sua stanza. L’aveva completamente abbandonato, come un
vecchio giocattolo usato troppo a lungo. Eppure, ce ne sarebbero state
di cose da raccontare…ma era stata un’altra
Eleanor a versare inchiostro su quel diario. La vecchia Eleanor.
Non riusciva più a riconoscersi in quella calligrafia
disordinata e tremolante. Non ricordava quali fossero stati i motivi
che l’avevano spinta a versare tante lacrime su quelle
pagine, rendendo illeggibili alcune parole. E perché
c’era così tanta rabbia in quelle frasi?
Così tanto dolore? Chi era, o cos’era, il
responsabile di tutto ciò? Ma erano comunque domande alle
quali lei non voleva rispondere. Forse la vecchia Eleanor
l’avrebbe fatto, ma la nuova no!
Era passata più di una settimana dal suo arrivo in quella
vecchia scuola. A lei parevano trascorsi mesi interi, perchè
in quel luogo il tempo era qualcosa di estremamente soggettivo
… non aveva nemmeno più guardato
l’orologio, ne’ si era interessata di sapere che
giorno fosse. Le sembrava tutto così superfluo…
Cosa le importava se era giorno o notte? Per quale motivo avrebbe
dovuto prendersi la briga di sapere quale giorno della settimana fosse?
A chi importava se si addormentava con la luce o con il buio?
Era con il suo angelo custode. Cosa mai avrebbe potuto esserci di
più importante di questo?
Poterlo vedere tutti i giorni, parlargli, sentirlo ridere avendo la
certezza che non sarebbe più sparito, le aveva fatto
dimenticare tutti gli orrori del mondo. Ogni volta che incontrava
quegli occhi di ghiaccio, si spogliava di ogni traccia di tristezza e
di malinconia.
Era sempre convinta che la vita fosse complicata, ingiusta,
impossibile… però era anche fantastica!
Era stato Rock a farglielo capire. Così, in modo del tutto
naturale. Facendola ridere ogni volta che la vedeva triste,
confortandola quand’era preoccupata per qualcosa, facendola
sentire come a casa sua, anziché un’intrusa.
Rock le chiedeva spesso di cantare. Lei era sempre stata molto restia a
quel genere di richiesta, ma per lui poteva fare
un’eccezione. Lo osservava mentre ascoltava in silenzio e non
c’erano mai applausi o complimenti a fine esibizione; solo il
sorriso più dolce che si potesse immaginare. Cosa poteva
esserci di più gratificante?
Ogni giorno si avvicinavano un po’ di più, senza
pretese, senza malizia. Semplicemente si conoscevano. Diventavano amici
un po’ per giorno… era un bel modo per rapportarsi
. Lento, ma bello.
Con Heavy era diverso! Lui non aveva bisogno di consolare per tirare su
il morale. Bastava guardarlo per ritrovare il buonumore.
I primi giorni, Eleanor aveva pensato che il ragazzo biondo si
comportasse in maniera così infantile unicamente per
attirare la sua attenzione, ma ci mise poco a capire che in
realtà, lui era proprio così. Immaturo e
spontaneo come solo un bambino avrebbe potuto essere.
Le piaceva; in qualche modo le ricordava Evan.
Già… Evan. Eleanor non si era più
fatta sentire, pur sapendo fin troppo bene che lui non stesse
aspettando altro. Avrebbe dovuto chiamarlo per dirgli di non attenderla
più, che non sarebbe tornata da lui e da Nathan. Ma
chissà come l’avrebbe presa?
Ad Evan, Rock non piaceva per niente – come tutti i ragazzi
che si interessavano a lei, del resto. Sapeva diventare molto
possessivo se si metteva d’impegno. Ma non c’era da
preoccuparsi. La sua non era una di quelle gelosie che rischiavano di
diventare pericolose. Pura e innocua gelosia fraterna. Di quelle
sofferte in silenzio e del tutto rassegnate…
Comunque, prima o poi, avrebbe dovuto parlargliene. Rimandare di
continuo era completamente inutile, per non dire irritante.
Rock le aveva suggerito di chiamarlo, ma lei si era rifiutata
categoricamente. Non voleva salutarlo per telefono. Si sarebbero
incontrati, così da fargli conoscere anche Rock, tanto
per tranquillizzarlo e fargli capire che non era il criminale
che credeva. Era una bella opportunità per uscire a prendere
un po’ d’aria. Perlomeno, per qualche ora si
sarebbe risparmiata gli sguardi truci di Metal che sembrava
proprio non voler fare il minimo sforzo per diventarle amico.
Lei non capiva cosa fosse a provocare tutto quell’astio nei
suoi confronti, ma in qualche modo era convinta che
c’entrasse qualcosa con Rap.
Eleanor non aveva ancora avuto la possibilità di vedere
questo fantomatico ragazzo. Aveva solo sentito la sua voce, mentre
passava nel corridoio davanti alla sua stanza. Parlava con qualcuno al
telefono, troppo serio, decisamente cupo… nessuna traccia
d’ironia nel suo tono. Era talmente freddo e distaccato da
farle temere sul serio d’incontrarlo. Non c’era mai
durante il giorno. Tornava la sera molto tardi, dopo la mezzanotte.
Ed era proprio da mezzanotte in poi che scattava il coprifuoco per
Eleanor.
Rock l’aveva praticamente obbligata a non uscire dalla sua
stanza dopo quell’ora. Naturalmente, senza fornirle alcuna
spiegazione a riguardo.
Intuendo da sola che tutte le sue domande inespresse non avrebbero
comunque ottenuto risposta, rinunciò e si
rassegnò all’atmosfera di mistero che avvolgeva
quei quattro ragazzi senza nome.
Ci avrebbe fatto l’abitudine. Prima o poi!
Come tutte le mattine, Eleanor stava aspettando che qualcuno
– in genere, Rock o Heavy – le desse il via libera
per uscire dalla stanza. Rap usciva la mattina presto, ma a volte
capitava che si attardasse qualche ora in più e lei non
poteva rischiare…
Come al solito, era a dir poco impaziente di uscire! Era stanca di
rimanere chiusa lì dentro. Aveva una voglia matta di correre
nei bagni accanto alla palestra e buttarsi sotto una delle docce.
La prima volta che Rock l’aveva portata laggiù,
lei si era stupita che tutto funzionasse così bene in quella
vecchia scuola abbandonata. Il riscaldamento,
l’elettricità e anche l’acqua calda nei
bagni. Lui le aveva spiegato che erano stati Heavy e Metal. Era il loro
talento nascosto! Erano in grado di riparare qualunque cosa rotta o
difettosa senza troppa fatica. Era dalle loro mani che era passata
l’auto di Rock in quel buio periodo che Eleanor
l’aveva visto sparire dalla metro.
Eleanor si vestì in fretta. Era una cosa superflua, dal
momento che di lì a breve avrebbe dovuto spogliarsi di nuovo
per lavarsi, ma questi erano gli inconvenienti del convivere con
quattro ragazzi maschi.
Finalmente, il segnale arrivò! Qualcuno bussò e
la porta si aprì con un colpo secco.
“Avanti, esci!” L’esclamazione giunse
secca e inflessibile.
Non era stato Rock a parlare, ne’ tantomeno Heavy. Eleanor
rimase immobile per qualche istante, interdetta. Metal la fissava con
la solita inimicizia.
Com’era possibile che fosse così diverso da suo
fratello? Se non fosse stato per l’aspetto fisico, nessuno
avrebbe mai potuto immaginare che fossero parenti.
Il ragazzo non si trattenne oltre. Veloce com’era comparso,
si dileguò, mani in tasca e atteggiamento schivo.
Eleanor uscì nel corridoio, chiudendosi la porta dietro di
se’.
“Buongiorno, dormigliona!”
Heavy apparve alle sue spalle con il suo consueto ed inopportuno
entusiasmo, facendola trasalire.
“Preferirei non morire d’infarto prima del tempo,
Heavy! “ sbottò lei, ponendosi una mano sul cuore
“Quante volte devo ripetertelo di non assalirmi a questo
modo?”
“Ancora una!” esclamò lui sorridente e
facendole l’occhiolino. Eleanor alzò gli occhi al
cielo, ma non potè fare a meno di ridacchiare con sincero
divertimento.
“Come mai è venuto tuo fratello a chiamarmi?
“ chiese poi, cambiando discorso e facendosi un po’
più seria.
Heavy rispose con un’alzata di spalle, mentre insieme si
dirigevano verso la palestra. “Rock è fuori e io
ho obbligato Metal a fare le sue veci. Deve imparare ad abituarsi alla
tua presenza. Non può continuare a trattarti
come…” Heavy si fece pensieroso per cercare un
termine appropriato.
“Un’ intrusa?” lo aiutò Eleanor
“Precisamente!”
Non un’altra parola che la mente di Eleanor spaziò
altrove. La compagnia di Heavy era piacevole, ma era di qualcun altro
che lei aveva bisogno.
“Dove è andato Rock?”
Heavy si fece d’un tratto elusivo : “Da qualche
parte insieme a Rap… non so esattamente dove.” Le
disse, evitando di proposito di guardarla
Era una bugia. Un bugia bella e buona. Glielo si leggeva in faccia, ma
come al solito lei preferì non insistere e rimanere al
proprio posto, lontana anni luce dai loro segreti.
“E quando torna?” si limitò a chiedere.
“Non ne ho idea. “
Eleanor si fece prendere dallo sconforto. Cominciare la giornata senza
Rock era triste. Ormai era assuefatta alla sua costante presenza e per
quanto Heavy avesse potuto distrarla, provava un’inspiegabile
e crescente ansia in sua assenza. Come se quel fragile equilibrio che
era riuscita faticosamente a trovare, potesse infrangersi con un
semplice schiocco di dita.
Solamente con Rock si sentiva davvero al sicuro. Al sicuro da Metal, da
Rap, dalle ombre del suo passato… dal mondo
intero. Era una sensazione molto simile a quella che provava
quando stava insieme ad Evan, ma molto più forte e intensa;
di quelle che ti fanno temere la solitudine molto più del
lecito.
Heavy probabilmente si accorse del velo di tristezza che si era posato
sul suo sguardo e cercò di rimediare in qualche modo:
“Ah, vedrai! Conoscendolo non tarderà molto a
tornare. Ho notato che per qualche insolito motivo non riesce a stare
troppo a lungo lontano da te! Che gli hai fatto, si può
sapere?”
Eleanor accennò un sorriso timido e sentì il
sangue salirle al viso. Heavy ridacchiò:
“E’ troppo facile metterti in imbarazzo! Non
c’è nemmeno gusto!”
“Smettila!” esclamò lei, spingendolo
amichevolmente.
Raggiunta la palestra, Heavy si diresse senza esitazione verso la cesta
con i palloni e ne afferrò uno.
“Ti aspetto qui!” Esclamò facendolo
rimbalzare, una strana luce negli occhi.
Eleanor sbuffò contrariata e andò verso i bagni.
Sbattè la porta dietro di se’ e appese un
asciugamano alla maniglia.
Heavy era proprio un bambino. Un tale bambino da mettersi a sbirciare
senza il minimo ritegno dal buco della serratura. Era stato Rock ad
avvisarla e lei si era premunita. Evidentemente, Heavy non si riteneva
ancora abbastanza cresciuto per una simile condotta…
Eppure ogni volta le veniva da ridere. In qualche modo era tenero.
Impossibile arrabbiarsi.
Si spogliò e appese anche i vestiti alla maniglia
– tanto per essere sicura che la vista di Heavy non fosse
più acuta del normale. Peccato che non potesse chiudersi
dentro a chiave… sarebbe stata molto più
tranquilla.
Rimase sotto il getto bollente della doccia più a lungo del
previsto. La sua pelle stava anche iniziando ad arrossarsi, ma lei non
ci fece assolutamente caso. Stava troppo bene per poter uscire.
Come sempre, pensò a Rock e a dove avrebbe potuto essere.
Difficile da immaginare. Non lasciava mai trapelare nulla quando
parlavano. La sua mente era un muro invalicabile in cui mai sarebbe
riuscita a fare breccia. Forse con il tempo, ma per ora non le era
ancora concesso di entrare nel suo mondo.
All’improvviso, qualcosa la distolse dai suoi pensieri.
La porta sbattè, qualcuno entrò di corsa.
“Eleanor, devi uscire di lì! Subito!”
“Heavy?” Sembrava molto agitato.
“Vattene via!”
“No, ascoltami per favore! Devi uscire! Fai presto!”
“Io non mi muovo di un centimetro se tu rimani qui, cosa
credi?” Eleanor si fece impertinente, ma Heavy
sembrò non voler cedere.
“No no, tu non capisci! Non so per quale motivo
ma… ” s’interruppe a metà
frase. “Merda! Sta venendo qui!” imprecò
infine.
Non servì chiedere chi stesse arrivando. Eleanor
capì immediatamente.
Rap!
Chiuse l’acqua, aprì leggermente la porta della
doccia per afferrare un grosso asciugamano bianco che aveva appeso alla
maniglia e se lo avvolse intorno al corpo.
Heavy la guardava amareggiato, quasi imbarazzato:
“Mi dispiace, Eleanor! Non pensavo sarebbe tornato
così presto! Torna sempre di sera, non
capisco…”
“Non sono arrabbiata!” cercò di
rassicurarlo. “Ma adesso cosa facciamo?”
Heavy si sporse leggermente oltre la porta del bagno per valutare la
situazione nella palestra.
“Metal lo sta trattenendo, ma non credo servirà a
qualcosa. Rap è entrato nella tua stanza. Ha visto il letto
disfatto, capisci? Sa che c’è qualcuno oltre a
noi. “
Eleanor ebbe paura e l’espressione seria e preoccupata di
Heavy non l’aiutava per niente. Era addirittura intervenuto
Metal per darle il tempo di nascondersi… era così
pericoloso questo Rap? Cosa le avrebbe fatto una volta incontrata?
Sentiva il suo cuore battere frenetico. Ne aveva incontrati parecchi di
uomini violenti nelle sue notti sulla strada e non intendeva
assolutamente ripetere quell’esperienza. Heavy le lesse il
panico in viso e tentò di calmarla:
“Stai tranquilla, cercheremo di farlo ragionare. Non ti
farà niente, vedrai! Non è cattivo,
solo… è un po’ impulsivo!”
Quale delle due è meglio…?
Heavy l’afferrò per un braccio e fece per
trascinarla di nuovo dentro la doccia per nasconderla, ma non
servì, dal momento che una figura alta e slanciata comparve
sulla soglia e l’ammonì, serio:
“Heavy!”
Il ragazzo biondo si fermò e si voltò lentamente,
senza mai lasciare il braccio di Eleanor. Lei trovò il
coraggio di fare altrettanto e vide Rap per la prima volta.
Era alto, i capelli rasati erano scuri e i suoi occhi erano due pozzi
traboccanti inchiostro da quanto profondi. Ma non fu questo a colpirla,
ne’ il suo abbigliamento trasandato, ne’ le sue
mani strette a pugno come a trattenersi dal colpire qualcosa, o
qualcuno. La sua espressione… Eleanor sentì un
improvviso moto di pietà nei suoi confronti. Al contrario di
ciò che lei si era sempre immaginata non era la rabbia a
prevalere su quel volto pallido. C’era solo tormento. Un
tormento che non credeva possibile…
“Rap, ascolta…” provò a dire
Heavy.
Rap lo zittì con un cenno della mano. Altro dolore si
riversò sul suo viso. Chiuse gli occhi neri come la notte e
si appoggiò allo stipite della porta, come preda di
un’improvvisa onda di stanchezza.
“Perché?” chiese soltanto.
Nessuno rispose. Heavy abbassò lo sguardo, Metal
–apparso in quel momento- lo imitò.
“Perché?” ripetè Rap, alzando
la voce.
Eleanor lo guardò e vide che la stava fissando. Nuovamente
sentì l’impulso di chiedergli se stesse bene, cosa
fosse a farlo stare così male… ovviamente
restò in silenzio, ma quella sensazione rimase presente in
lei. Rap non le pareva più così minaccioso.
Soltanto triste, preda di una disperazione inespressa che da
chissà quanto tempo lo straziava. Che cosa mai gli era
accaduto?
“Ragazzi, ci lasciate da soli!?”
La voce di Rock si fece strada tra le mille emozioni di Eleanor con lo
stesso effetto di un tranquillante. Sentì le labbra
incresparsi in un sorriso appena accennato. Ogni traccia di paura
sparì, lasciando il posto ad una crescente sensazione di
sicurezza.
Metal fu il primo ad andarsene, Heavy sembrò più
riluttante, ma lo sguardo d’intesa di Rock lo convinse a
seguire il fratello. Rap non staccò gli occhi di dosso da
Eleanor nemmeno un istante, lei rimase appoggiata alla parete, le
braccia strette al petto. Vestita solo dell’asciugamano,
bagnata e infreddolita, appariva ancora più vulnerabile di
quanto già non fosse.
Rock l’affiancò.
“Non c’è un perché,
Rap!” gli disse gravemente “Non ho mai avuto
intenzione di chiederti il permesso, e non lo farò nemmeno
adesso.”
Rap fece una risata per nulla ironica, bensì cinica e carica
di frustrazione:” Ovviamente, no!”
“Avrei dovuto parlartene prima, questo te lo concedo. Ho
sbagliato a tenerti nascosto tutto.”
“Si, avresti dovuto. Ma non l’hai fatto nemmeno
l’ultima volta, perché mai cambiare la
tradizione?” Le sue parole avevano un che di velenoso, ma era
qualcosa che andava al di là della comprensione di Eleanor.
Rock si fece cupo, ma non perse la sua determinazione: “Non
andrà come l’ultima volta!”
Eleanor si corrucciò per la confusione. Non capiva di cosa
stessero parlando. Rap la guardò di nuovo, con
un’espressione che sapeva tanto di sfida:
“Beh, lo spero bene! Per noi, ma soprattutto… per
lei!”
Sentendosi chiamata in causa, Eleanor guardò Rock, ma lui
non ricambiò lo sguardo. Rap, invece si.
Un’occhiata fredda, fugace e traboccante di angoscia.
“Fai quello che vuoi!” sbottò rivolto a
Rock. “In fondo, non posso impedirti di divertirti con
qualche puttanella raccolta dalla strada!”
Eleanor sussultò a quelle parole. Non avrebbe dovuto
offendersi; Rap aveva soltanto detto la verità. Eppure non
potè fare a meno di sentirsi ferita.
“Soltanto una cosa.” Continuò Rap, dando
le spalle ad entrambi. “Non può stare in quella
stanza! Nessuno può starci e tu lo sai bene! “
Se ne andò sbattendo forte la porta, i suoi passi in
palestra echeggiarono per qualche istante. Eleanor non disse nulla,
nemmeno si mosse, si strinse solamente un po’ di
più nell’asciugamano. Rock sospirò,
apparentemente più rilassato.
“Mi dispiace tanto, Eleanor.” Disse
“Stamattina gli ho detto tutto. Ho creduto che fosse la cosa
migliore. Evidentemente mi sono sbagliato!”
“Va tutto bene.” Mormorò lei, tentando
forse di convincere più se stessa che lui.
“Stai tremando.” Ed era vero. Non se ne
era nemmeno accorta. Il freddo mischiato ad una buona dose di paura, la
stava facendo tremare da capo a piedi. “Faresti meglio a
rivestirti, prima che ti ammali di nuovo.”
Silenziosamente, Eleanor andò a raccogliere i suoi vestiti
che erano caduti sul pavimento. Era talmente distratta da dimenticarsi
di chiedere a Rock di uscire, ma fortunatamente lui fu abbastanza
premuroso dal voltarsi giusto un attimo prima che
l’asciugamano bianco che l’avvolgeva finisse a
terra.
“Perché non vuole che dorma in quella
stanza?” domandò Eleanor, mentre si rivestiva.
Rock non rispose subito e per un attimo lei temette che non avesse
alcuna intenzione di farlo.
“Ci dormiva qualcuno lì dentro, tempo
fa.” Disse infine.
“Chi?”
“Ricordi quando ti ho raccontato che Rap ha avuto una
relazione finita in maniera molto brusca?”
Eleanor sbuffò, innervosita: “Non mi hai
raccontato proprio niente! E’ stato solo un
accenno!”
“Beh… la sua ragazza dormiva
lì.”
La sua
ragazza…?
Allora era così. Era una ragazza la causa di tutta quella
desolazione sul volto di Rap. Sembrava plausibile… era ovvio
che non desiderasse che qualche estranea prendesse possesso di quella
che era stata la sua stanza.
“E lei dov’è adesso?”
A questa domanda, Rock non rispose. Lo vide stringere i pugni proprio
come aveva fatto Rap qualche minuto prima. Sfortunatamente era voltato
per potergli leggere il viso.
“Sei vestita?” domandò Rock, quando
sembrò riconquistare il controllo.
“Si.”
“Allora usciamo da qui!”
***
Nessuno parlò più per tutto il giorno.
Rap era uscito e sarebbe probabilmente ritornato quella sera, come
sempre, come se nulla fosse accaduto. Eppure fu come se fosse ancora
lì presente a fissarli con quegli occhi neri e straziati.
Metal rimase tutto il giorno chiuso nella sua stanza. Heavy passeggiava
avanti e indietro per i corridoi, l’aria assente e
rivolgendole di tanto in tanto dei sorrisini forzati.
Rock si chiuse in una stanza che non era la sua. Aveva la porta rossa
ed era l’unica di tutto l’edificio che si potesse
chiudere a chiave. Rimase lì dentro tutto il giorno.
Eleanor avrebbe voluto andare da lui, ma non poteva entrare dato che la
serratura era bloccata.
La conclusione a cui giunse fu una soltanto: non voleva incontrarla.
Si stava pentendo di averla portata laggiù, ecco cosa stava
accadendo. Si era reso conto di aver commesso un terribile errore.
Sono una rovina per
chiunque… non posso avvicinarmi troppo alle persone senza
ferirle. E’ una maledizione!
Ma poteva ancora rimediare!
Non avrebbe assistito senza fare niente all’ennesimo disastro
da lei provocato. Teneva troppo a Rock per saperlo così
triste. Avrebbe fatto qualunque cosa per restituirgli la
pace… anche sparire!
Sarebbe tornata da Evan e Nathan, per il momento. Doveva allontanarsi
da Rock e dai suoi amici. Lei non era fatta per vivere tra le persone.
Non un altro pensiero che Eleanor corse fino alla stanza dove aveva
dormito fino a quella mattina. Quando entrò però,
fu costretta a rimanere immobile sulla soglia. Non era sola.
Rap era seduto sul letto e la guardava come fosse un insetto fastidioso
da scacciare.
“Scusami…” mormorò Eleanor.
“Pensavo che… che fossi
uscito…”
“Che vuoi?” domandò lui secco.
“I-io…” farfugliò
“…devo soltanto prendere la mia roba…
poi me ne vado!”
Rap inarcò le sopracciglia, sorpreso. “Vedo che
hai capito! Sei molto più sveglia di Rock, devo dartene
atto!”
Eleanor si diresse verso il piccolo armadio. Al suo interno aveva messo
la sua borsa nera. Appena la vide, una sensazione di nausea la
colpì allo stomaco. Nel momento in cui se la rimise a
tracolla, tornò ad essere la vecchia Eleanor. La bambola
senz’anima con cui tanti uomini si divertivano.
“Rock lo sa che te ne stai andando via?” La voce
cupa di Rap, la ridestò.
“No…” rispose lei, con un sussurro
appena percettibile.
Il ragazzo non disse più nulla. Si sdraiò sul
letto, le braccia piegate dietro la testa e chiuse gli occhi. Adesso
sembrava molto più sereno, ma il dolore costante del suo
volto sembrava marchiato a fuoco su di lui.
Eleanor lo fissò per qualche istante, indecisa se
rivolgergli o no la parola. Non sembrava un amante delle chiacchiere,
quindi preferì lasciare perdere e sgattaiolare via in
silenzio. Chiuse delicatamente la porta dietro di se’ e
rimase a fissare assorta la finestra che aveva di fronte.
Non se la sentiva di scappare via a quel modo. Doveva rivedere Rock
almeno ancora una volta. Doveva ringraziarlo per tutto quello che aveva
fatto per lei e, soprattutto, doveva scusarsi per avere rovinato quel
piccolo mondo che avevano iniziato a crearsi.
E poi, voleva anche salutare Heavy. Le sarebbe mancato anche lui, non
aveva dubbi. Probabilmente anche Metal e le sue occhiatacce
ammonitrici. Occhiate che forse avrebbe fatto meglio a considerare di
più. Probabilmente Metal aveva previsto tutto quanto, ecco
spiegata la sua antipatia nei confronti di Eleanor.
Il corridoio era silenzioso e i ragazzi sembravano lontani anni luce.
Sospirando mestamente, si diresse verso la misteriosa stanza nella quale
si era rifugiato Rock. Giunta davanti a quella porta rossa
invalicabile, fece l’atto di bussare, ma la voce seria di
Metal la fermò.
“E’ inutile!”
Eleanor si voltò, sussultando spaventata. Metal la guardava,
per la prima volta privo di qualsiasi rancore.
“Non servirà a niente. Non apre mai a nessuno
quando è lì dentro.”
La domanda sorse spontanea: “Che cosa
c’è lì dentro?”
“Credimi. E’ meglio che tu non lo
sappia!”
Eleanor annuì rassegnata. “Volevo
solo…. salutarlo. “ le parole le uscirono assieme
ad un singhiozzo trattenuto a stento.
Non doveva assolutamente piangere, ma in quel momento era tutto
ciò che desiderava. Metal sembrò sul punto di
dirle qualcosa, ma rinunciò e la lasciò sola.
Eleanor si appoggiò accanto alla porta rossa e scivolando
contro la parete, si ritrovò seduta per terra. Nascose il
viso fra le ginocchia e si costrinse a ricacciare indietro
l’urlo di dolore che minacciava di sopraffarla.
C’erano solo due cose che avrebbero potuto farla stare
meglio. Una di queste era oltre la porta rossa. Puntò tutto
sull’altra e la sua voce perfettamente intonata
uscì da sola dalle sue labbra:
“When I find
myself in times of trouble
Mother Mary comes to me
Speaking words of
wisdom, let it be!...”
La sua voce riecheggiava nei corridoi. Eleanor sperava davvero che Rock
la sentisse. Le aveva detto molte volte di adorare sentirla
cantare… quest’ultimo canto fu il suo modo di
salutarlo.
“And in my
hour of darkness
She is standing right in
front of me
Speaking words of
wisdom, let it be
Let it be, let it be.
Let it be, let it be
Whisper words of wisdom,
let it be.”
Dovette fermarsi. La sua intonazione venne contrastata dai singhiozzi
che la percossero. Si alzò in fretta e senza guardarsi
indietro, raggiunse l’uscita e sparì tra i vecchi
palazzi disabitati di quel quartiere dimenticato.
***
Quando Rock uscì dalla stanza dalla porta rossa, si
trovò riflesso negli occhi neri di Rap.
“Che fai qui? Pensavo non ci fossi!” gli disse, con
evidente fastidio.
“La tua amichetta non te l’ha
detto?” Rap si fece arrogante d’un
tratto. Rock lo fulminò con lo sguardo. “Beh, a
quanto vedo non ha avuto il coraggio di dirtelo. Bene,
toccherà a me fare le sue veci: se n’è
andata!”
Gli occhi di Rock si ridussero a due fessure: “Che cosa le
hai detto?” sibilò.
“Io proprio niente. Ha fatto tutto da sola. Ha capito di non
essere la benvenuta qui dentro!”
Rock non disse niente. Strinse le labbra come per evitare di urlargli
contro qualcosa e si allontanò. Rap lo inseguì:
“Non starai per fare ciò che penso!?”
“Sinceramente, ti preferisco quando non pensi,
Rap!”
“Potrei dire la stessa cosa di te! Cosa credi di fare? Vuoi
che succeda di nuovo?”
“Non succederà di nuovo, te l’ho
già spiegato!”
“Si, certo. Come no! Ho visto come guardi quella puttana da
quattro soldi!”
Rock si fermò di colpo. Rap non fece nemmeno in tempo a
voltarsi verso di lui che qualcosa lo colpì in piena faccia
con violenza. Sentì il labbro spaccarsi contro i denti
inferiori e il sangue inondargli il mento.
“Chiamala puttana ancora una volta!” lo
sfidò Rock, il pugno ancora a mezz’aria.
Rap si pulì il mento con il dorso della mano, con assoluta
freddezza e ridacchiò: “Tutto questo mi ricorda
qualcosa. A te, no?”
Rock volle sfuggire a quelle accuse e si affrettò a
raggiungere l’uscita. Non gli importava cosa pensasse Rap,
non gli importava di Metal e dei suoi timori e nemmeno gli importava di
Heavy e del rischio enorme che stavano correndo. Voleva soltanto
ritrovare Eleanor.
Pensava davvero di potersene andare così, come se nulla
fosse? Non poteva, non ora che entrata nella sua vita. Le sembrava di
sentire ancora quella vecchia canzone che aveva cantato poco meno di
un’ora prima. Era stato il suo modo per dirgli addio?... si,
in effetti era tipico di Eleanor. Lei era terribilmente fragile per
ammettere di avere l’intenzione di scappare.
Trovandosi in mezzo al traffico cittadino, in mezzo alla gente, si rese
conto di non avere la più pallida idea di dove cercarla, ma
non si sarebbe arreso tanto facilmente. Era pronto a ribaltare
l’intera città per ritrovarla.
Forse Rap aveva ragione. Si stava facendo coinvolgere troppo, proprio
com’era accaduto l’ultima volta. Metal aveva
ragione a stare così alla larga da Eleanor. Temeva di
affezionarsi troppo a lei e, come Rap, non voleva più
soffrire per un addio.
Affezionarsi troppo alle
persone è pericoloso aveva detto una volta il
suo amico di sempre. I
legami sono il nostro punto debole e noi l’abbiamo capito
troppo tardi.
Quant’erano vere quelle parole. Ma in quel momento non gli
interessava. Sarebbe andato contro quel principio di isolamento nel
quale tutti loro erano stati costretti a votarsi.
Ormai era sera inoltrata. Aveva sbagliato a lasciarla da sola. Non
doveva rifugiarsi oltre la porta rossa e lasciarla preda di sensi di
colpa che mai avrebbe dovuto avere. Eleanor diceva spesso di
essere un disastro, ma anche lui non se la cavava affatto male. Per un
attimo sorrise a quel pensiero, ma passare di fronte al parco, fece
nascere dentro di lui la speranza di sapere dove lei fosse.
Meadow’s Hill,
Meadow’s Hill, Meadow’s Hill..
Quel nome lo stava tormentando. Non sopportava l’immagine di
lei da sola e triste, circondata dal buio della notte imminente.
Eleanor non avrebbe mai dovuto restare sola, non se lo meritava. Tutti
dovevano godere della sua compagnia, così come lei doveva
godere della compagnia di tutti.
Il mondo aveva bisogno di qualcuno come lei. Era lei quella che
sembrava non averne bisogno… o forse, ne era solo convinta.
I salici della salita che conduceva al cimitero di Meadow’s
Hill, avevano un qualcosa di tetro e minaccioso senza la luce del sole
ad illuminarli. I rami parevano tante braccia pronte ad intrappolare
gli ignari passanti.
Fu un cupo silenzio ad accoglierlo a fine sentiero.
“Eleanor!” chiamò, ricevendo il suo eco
come risposta “Sei qui?”
Nessuno rispose. Rock zigzagò per qualche minuto tra le
spoglie lapidi, ma lei non c’era.
Forse era tornata da quel suo amico. Era quasi sicuro che si chiamasse
Evan… quello geloso che l’aveva minacciato per
telefono. Probabilmente era la cosa migliore per lei.
Non conosceva questo Evan, ma sicuramente avrebbe saputo prendersi cura
di lei molto meglio di quanto avesse mai potuto fare lui. Eppure era
troppo egoista per poterla lasciare andare così.
Voleva sentirla cantare ancora. Ogni giorno, senza alcun limite di
tempo. Voleva vederla ancora storcere il naso di fronte alle cose
troppo colorate e fare finta di niente quando arrossiva di fronte alle
minime cose. La rivoleva indietro. Nella maniera più
egoistica in cui si potesse desiderare qualcosa… non si
sentiva nemmeno in colpa. Il suo era un bisogno fisico, così
come lo erano l’aria, l’acqua e il cibo.
Pensò che fosse tornata su quel maledetto marciapiede da cui
passavano tutti quegli uomini annoiati. Fu per un attimo soprafatto
dalla rabbia nell’immaginarla prigioniera di braccia e corpi
estranei. Nessuna mano così indegna avrebbe dovuto
sfiorarla, nessuno avrebbe dovuto profanarla contro il suo consenso.
Lei aveva solo la colpa di essere troppo bella, ma nessuna di quelle
bestie – perché certo non li si poteva definire
uomini – poteva immaginare che dietro quell’aspetto
ci fosse molto, molto di più.
Percorse ancora il sentiero dei salici, questa volta di corsa e in
discesa. Quel marciapiede maledetto non era lontano da lì.
Doveva salvarla, doveva proteggerla dal quel mondo sporco e impuro. Lei
era troppo fragile per poterci sopravvivere.
Superò il parco correndo. Una volta uscito si
ritrovò nel luogo dove Eleanor aveva trascorso molte notti.
C’erano tante ragazze come lei e tutte seguirono Rock con lo
sguardo, senza il minimo pudore. Tanti sorrisini ipocriti e movenze che
avrebbero incantato chiunque. In fondo, era il loro mestiere.
Solo una di loro non lo considerò. Troppo impegnata a
stringersi nel cappotto per non congelarsi.
“Scusami!” le si rivolse, lui. La ragazza lo
guardò e gli sorrise affabile.
“Posso fare qualcosa per te, tesoro?” Non sembrava
convinta di quelle parole, sembrava più che altro una frase
imparata a memoria e ripetuta fino alla nausea.
“Conosci una certa Eleanor?” domandò lui
immediatamente.
La ragazza fece una smorfia, comprendendo che Rock non era interessato
a lei.
“Eleanor, hai detto? Fammi pensare…” la
ragazza rimase in silenzio qualche istante. “Aspetta! Stai
parlando di quella sempre vestita di nero?”
“Si!” esclamò Rock. “Si,
proprio lei!”
“E’ da un po’ che non si fa vedere. Non
so, forse ha cambiato zona. Non parla mai con nessuna di noi, quindi
non so dirti, mi dispiace.”
Rock sospirò amareggiato. “Grazie lo
stesso.”
Si allontanò in fretta da lì. Non fece caso alle
proposte che quella ragazza gli stava facendo. Aveva ben altro per la
testa in quel momento.
Dove altro avrebbe potuto trovarsi Eleanor? A questo punto,
c’era da pensare che fosse sul serio tornata da quel suo
amico. Oppure…
Ma certo! Lo so
dov’è!
L’intuizione giunse improvvisa. Gli attraversò il
cervello come un fulmine. Si mise di nuovo a correre, diretto
nell’unico luogo dove lei avrebbe potuto essere.
Forse era un po’ presto. L’orario era sbagliato per
cercarla laggiù, ma doveva tentare.
L’ingresso della metropolitana apparve dietro
l’angolo. Rock corse giù per le scale e raggiunse
in fretta la banchina. Un rumore assordante gli riempì le
orecchie. Il convoglio stava arrivando proprio in
quell’istante.
Si fermò un attimo per riprendere fiato e, finalmente, la
vide. Il suo angelo nero.
I suoi capelli neri si dibattevano nell’onda d’aria
provocata dalla metro. Stringeva la sua borsa al petto, come fosse
l’oggetto più prezioso al mondo. Teneva il viso
basso, proprio come quando era triste. Ormai conosceva troppo bene i
suoi atteggiamenti. Riusciva a vedere il luccichio dei suoi occhi blu.
Aveva pianto. E il responsabile era lui.
Quando le porte automatiche della metro si aprirono, lei
entrò. Lui la seguì di corsa, saltando dentro un
secondo prima che si richiudessero. E i loro occhi
s’incontrarono.
“…Rock?” la sua voce era flebile e
stanca. Il suo sguardo confuso e disperato.
Adesso che le era così vicino riusciva a vedere i solchi
sulle sue guance di porcellana, residui delle numerose lacrime che
aveva versato.
Le mille e più scuse che si era preparato mentalmente, non
vollero saperne di uscire dalla sua gola. Non c’era proprio
nulla da dire, perché in quel momento nulla aveva senso.
Tranne il fatto che lei era tutto ciò che lui desiderava.
Un passo avanti bastò a far si che riuscisse a raggiungerla.
L’afferrò delicatamente per un braccio e
l’attirò a se’. Lei si lasciò
trascinare come una bambola inanimata, sempre con quegli occhi sperduti
fissi su di lui.
Non fu l’istinto. E nemmeno la ragione. Fu semplicemente lui
a far si che accadesse. Le sue labbra si posarono su quelle di lei,
talmente veloci da non darle il tempo di reagire. Ed Eleanor non si
mosse di un centimetro. La borsa le scivolò dalle braccia e
cadde a terra con un tonfo.
Rock la strinse forte a se’, come a verificare che lei fosse
vera e non uno dei tanti sogni ad occhi aperti che lo tormentavano.
Ormai c’era dentro fino al collo. Rap si sarebbe infuriato,
ma era davvero così importante? No… certo che non
lo era. Nel momento in cui Eleanor rispose al bacio e le sue esili
braccia gli circondarono il collo, ogni cosa perse importanza.
C’era solo lei. Nient’altro.
Quando si separarono, Rock poggiò la fronte sulla sua. Il
viso di lei non era più color porcellana.
Quell’adorabile rossore l’aveva soprafatta ancora
una volta.
Rock sorrise, prima di fare la sua disperata richiesta:
“Rimani, ti prego.”
Eleanor affondò il viso nel suo petto, forse per nascondere
inutilmente il fatto di essere arrossita e lo abbracciò
più forte. La sentì annuire con il capo.
“Si…” mormorò contro di lui.
Eleanor non lo vide sorridere appagato. Sentì solo il suo
sospiro liberatorio e le sue labbra che si posavano sui suoi capelli.
Anche lei sorrise felice.
Ora che entrambi avevano trovato il loro paradiso in terra, sorridere
era molto più semplice.
***
Scusate!
Scusate! Scusate!!!! In ritardooooo!!!! Perdonatemi!!!!
Sono
stata vittima di un fugace "blocco dello scrittore"! Per fortuna
è passato! Non si ripeterà, giuro!
ç__ç . E come se nn bastasse ci si
è messo pure l'HTML a farmi impazzire!!!!!!!! Non aveva
intenzione di collaborare!!
Questo
chap l'ho scritto con una canzone scoperta per caso... bellissima*_*.
Non so nemmeno ki è che la canta. So solo che s'intitola
"Here by my side"... bella bella bella!!!!! L'ho
sentita casualmente in un vecchio episodio di Smallville (notare, a me
smallville manco piace >.
Cmq,
conclusioni????? Ho fatto bene a scrivere l'ultima parte dal punto di
vista di Rock? Boh, nn ne sono molto convinta....speriamo bene! Sono
nelle vostre mani!
Non
è troppo sdolcinato, vero????
Non
ho nemmeno riletto, quindi vi prego di dirmi se ci sono degli errori di
battitura o altro, e io correggerò immediatamente.
Odio gli errori!!! >.<
Cmq,
RINGRAZIAMENTI:
Nanako: Chiamarlo
Black???? noooo >_> non mi piace u.u Era carino Gothic, ma era decisamente troppo
strano^^. Spero ti sia piaciuto anche questo chap. Ciao!
Mana_Chan:
Rap e Metal sono inquietanti è vero, ma presto si
scoprirà anche il motivo di tutta questa frustrazione. Per
ora devi rimanere col dubbio. SOno stata abbastanza romanticosa???????
Spero di si. Non mielosa, però... vero????? *me paura*
Poisoned_Apple:
Eccolo Rap, contenta???? Beh, è apparso, ma nn ho ancora
rivelato nulla su di lui. Dovrai avere ancora un po' di pazienza^^. E
FINALMENTE Rock ed Eleanor sono arrivati ad un compromesso! Era l'ora
(lo dico pure io! XD) . Cmq, tornando al discorso "gemelle separate",
sono alta 1,65 e sono castana liscia. Direi ke nn ci siamo, ma ti
nomino cmq mia gemella se x te va bene XD. Ti piace Gregory e mi
basta!!!! CIaoooooO!
Felicity89: Ciao
allieva cara!^^ ALlora dimmi, ti è piaciuto!!! Adesso Rap
l'hai conosciuto, anche se in parte... c'è ancora
mooooooolto da dire su di lui. XD
Grazie
a chi mi ha aggiunto tra i preferiti (vi adooooroooooooo) e anche a chi
ha solo letto (adorooooooo anche voi)!!!
Bene, alla prossima! Cioè sabato! E questa volta
cercherò di nn tardare ç__ç!!
(sperando ke l'Html collabori!)
Ciaooooooooo
Ayleen
PS
La
canzone cantata da Eleanor è "Let it be" dei Beatles
|
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Capitolo 10 *** Famiglia ***
CAPITOLO DIECI
Famiglia
Un debole raggio di sole
accarezzò il viso di Eleanor, costringendola ad aprire gli
occhi. Si ritrasse infastidita alla luce, rigirandosi tra le coperte e
sussultò leggermente a ciò che trovò
una volta voltata. Non si era ancora abituata al fatto di non
essere sola in quel letto.
Nonostante fosse passato ormai quasi un mese, riusciva a sorprendersi
ogni mattina nello scrutare quel viso a pochi centimetri dal suo.
Persino nel sonno lui pareva un angelo – ammesso che gli
angeli dormissero.
Non era stato poi così male l’essere scacciata
dalla sua vecchia stanza. Rap, seppur senza volere, le aveva fatto un
favore enorme, dato che ora lei condivideva la camera con Rock.
Eleanor ricordava fin troppo bene la sera che erano tornati. Ricordava
lo sguardo infuriato di Rap nel vederli mano nella mano, e ricordava la
discussione che ne era sfociata. A lei non fu permesso assistere.
Rock l’aveva portata nella sua stanza e per quasi tutta la
notte, lui e gli altri ragazzi non avevano fatto altro che litigare.
Per lei!
Rock ed Heavy volevano che rimanesse, ma Rap e Metal no! Erano due
contro due, impossibile fare una scelta equa. Non sapeva come avesse
fatto Rock a convincere Rap e nemmeno volle saperlo. Dopo quella notte
però, ne’ Metal ne’ tantomeno Rap le
rivolsero più la parola. Come se lei fosse un fantasma, come
se non esistesse nemmeno. Persino le occhiatacce di Metal cessarono di
perseguitarla.
Eleanor si sciolse in un sorriso nell’osservare Rock dormire
serenamente. Gli poggiò delicatamente una mano sulla
guancia, giusto per assicurarsi che non fosse un’illusione.
No, non lo era davvero… lui aprì lentamente gli
occhi e la sua mano si posò su quella di
lei, sorridendo.
“Scusami.” Mormorò Eleanor ridacchiando
“Non volevo svegliarti.”
“Non stavo dormendo. Stavo solo aspettando che ti svegliassi
tu.” I suoi occhi velati e la sua voce impastata dal sonno
dicevano l’esatto contrario.
“Si, come no!” lo accusò Eleanor,
afferrando il cuscino e colpendolo in pieno. “Raccontala a
qualcun’altra!”
Prima che lui potesse reagire e restituirle il colpo, lei
schizzò via dal letto facendogli la linguaccia.
Lui mugugnò qualcosa d’incomprensibile prima di
mettersi faticosamente a sedere.
“Sei decisamente troppo energica!” disse passandosi
una mano fra i capelli più arruffati del solito.
“No, sei tu che sei un pensionato!”
Rock fece una debole risata: “Questa mi mancava!”
Eleanor sbuffò e cominciò a tirarlo per un
braccio: “E dai, alzati pigrone!”
“Perché tutta questa fretta?”
“C’è il sole fuori! “
esclamò lei, stranamente entusiasta.
Rock alzò un sopracciglio, sorpreso: “Non eri tu
quella che detestava il sole?”
Eleanor allentò un po’ la presa sul suo braccio,
ma continuò a tirare per farlo stare in piedi.
I tuoi occhi sono
più belli alla luce del sole…
Quel pensiero la fece arrossire e lui la guardò sospettoso:
“Che cosa c’è?”
“Niente.” S’affrettò a dire
lei, fingendo noncuranza.
“Stai diventando rossa!” le fece notare,
trattenendosi dallo scoppiare a ridere.
“No, non è vero!”
“Si, che è vero! “
“Smettila, e non tentare di cambiare discorso! Alzati,
dai!”
Rock sospirò e le diede un leggero strattone, più
che sufficiente a farla cadere sul letto, sopra di lui. Le prese il
viso tra le mani, costringendola a guardarlo e la fissò
intensamente. Trattenne a stento un sorriso nel vederla arrossire
ancora di più. Non era certo un segreto che Eleanor avesse
un debole per i suoi occhi e, ovviamente, lui ne approfittava ogni
volta che poteva.
“Ancora cinque minuti.” Le disse nel modo
più persuasivo che conoscesse. “Per
favore.”
“Ah, ma così non vale…!” si
lamentò lei, con ben poca convinzione. “Giochi
sporco!”
“E ancora non hai visto niente.”
Irrimediabilmente allacciata al suo sguardo, non riusciva a pensare a
nulla di abbastanza sagace da dirgli. Non era brava quanto lui a
lasciare le persone senza parole.
E di certo, quelle labbra che d’improvviso si ritrovarono
sulle sue, non l’aiutarono granchè in quel folle
tentativo. Tanto valeva rinunciare ed
assecondarlo… in fondo, non costituiva un grande sacrificio.
Le mani di Eleanor s’insinuarono fra quei capelli corvini
costantemente disordinati che lei tanto amava, mentre lui la stringeva
a se’ con crescente trasporto.
Non si accorsero della porta che si apriva, ne’ di Heavy che,
senza farsi notare, li fissava sornione, una mano dietro la schiena a
nascondere qualcosa.
Attese paziente qualche istante che i suoi due amici finissero quel che
avevano iniziato, ma sapeva che sarebbe stata un’attesa
inutile.
“Ragazzi!” li chiamò, alzando gli occhi
al cielo, senza mostrare il minimo imbarazzo. “Quando avete
finito di cercarvi le tonsille a vicenda, gradirei avere la vostra
attenzione.”
Eleanor trasalì sorpresa ed infastidita da
quell’improvvisa intrusione.
“Sparisci, Heavy!” mugugnò Rock contro
le labbra di Eleanor.
“Oh, andiamo!” continuò imperterrito il
biondo “Avete avuto tutta la notte per fare le vostre cosacce. Adesso
basta!”
A quelle parole, Eleanor sorrise mentalmente e poco ci mancò
che non scoppiasse a ridere.
In realtà, lei e Rock non facevano nulla di tutto
ciò che gli altri certamente immaginavano.
Avrebbero potuto, certo. Tranquillamente! Era lei che non riusciva a
lasciarsi andare e a Rock non erano mai servite spiegazioni.
“Immagino che
tu ne abbia fin sopra ai capelli…” Così
le aveva detto al primo ed ultimo tentativo che aveva fatto, quando lei
si era irrigidita e divincolata dalle sue braccia. Lo aveva detto
sorridendo rassicurante, come se davvero comprendesse i suoi
sentimenti, come se capisse il ribrezzo che lei aveva per tutto
ciò che concernesse il sesso. E in quel sorriso, in quello
sguardo, lei riuscì quasi a leggere le parole che aveva
sempre sperato di sentir dire da un uomo: quando lo vorrai… non
prima!
Si separarono solo nel momento in cui qualcosa di gelido e soffice li
colpì in piena faccia. Eleanor fece un gridolino di
sorpresa. La leggera imprecazione di Rock venne coperta dalle risa
sguaiate di Heavy che, tenendosi lo stomaco con le braccia, sembrava
divertirsi un mondo.
“Dio, Rock!” esclamò tra le risate
“Avresti dovuto vedere la faccia che hai fatto!”
“Si!” fece lui, fulminandolo con lo sguardo.
“Meglio che tu non veda la tua di faccia dopo che ti
avrò messo le mani addosso! Potresti non
riconoscerti!”
Eleanor si alzò in piedi e si scrollò di dosso la
gelida polverina bianca che Heavy le aveva scagliato contro. Ci mise
poco a capire cosa fosse.
Neve!! Pensò raggiante, correndo immediatamente
alla finestra.
Di fuori, un bianco scintillante diamanti regnava incontrastato.
Eleanor sentì l’improvviso impulso di correre
fuori e rotolarsi per terra, come faceva da bambina nel cortile
all’Istituto, ogni qualvolta nevicasse.
Ma c’era un altro impellente bisogno da soddisfare prima di
regredire allo stadio di bambina elettrizzata. Farla pagare ad Heavy!
Rock era già all’opera. Lo aveva afferrato per la
testa con entrambe le braccia, impedendogli qualsiasi movimento.
Eleanor corse alla scrivania accanto alla porta, afferrò un
oggetto nero e con espressione a dir poco inquietante si
inginocchiò davanti ad Heavy. Il poveretto guardò
preoccupato l’oggetto in questione e capendo cosa fosse,
sgranò gli occhi:
“Che vuoi fare?” chiese, pur conoscendo da
se’ la risposta.
“Tienilo fermo, Rock!” sibilò lei a
denti stretti.
“Con piacere!”
Heavy cercò di divincolarsi, non appena Eleanor
avvicinò minacciosamente l’oggetto nero al suo
viso:
“Ragazzi, andiamo! Era solo uno scherzo innocente!”
“Oh, anche questo lo è!”
esclamò Rock rafforzando la presa sull’amico.
“Il più innocente di tutti!”
***
“Vi odio!” proruppe Heavy nel silenzio della mensa,
con un conseguente rischio di soffocamento da cibo da parte di Rock e
Eleanor che non riuscirono a trattenere le risate.
Heavy non aveva ancora toccato la sua colazione. Stava seduto di fronte
a loro e li fissava risentito, a braccia conserte:
“Nessuna innocua palla di neve vale questo!”
“Non è per la palla di neve.”
Spiegò Rock, tentando di tornare serio.
“Ah, no!?” domandò il biondo aspramente.
“E’ per essere entrato senza permesso in camera
nostra…”
Eleanor annuiva, fissando Heavy con aria di rimprovero.
“Per non avere bussato,” continuò Rock
“ per non aver avuto il minimo rispetto per la nostra privacy
e, soprattutto, per averci interrotto!”
“E…” intervenne all’improvviso
Eleanor “… per esserti comportato come un bambino
stupido!”
“Esattamente!” convenne Rock.
Heavy li guardò a metà tra lo scioccato e
l’incredulo:
“Ah, sarei IO quello che si è comportato come un
bambino? E questo allora?” Esclamò indicandosi la
faccia dove spiccavano dei baffi, un pizzetto e un prolungamento sia
delle ciglia che delle sopracciglia, rozzamente disegnati con un
pennarello nero. “Non lo definirei certo un comportamento
maturo! O no?”
Eleanor e Rock scoppiarono a ridere senza ritegno.
“Solo legittima difesa, se permetti.”
Precisò la ragazza. “ E dovresti ringraziarmi per
non avere usato quello indelebile!”
“Oh, grazie mille. Davvero…”
mugugnò Heavy.
In quel momento, entrò Metal che, senza degnare nessuno di
un saluto, si sedette accanto al fratello. Ci mise qualche secondo per
notare i segni sulla sua faccia. Inarcò le sopracciglia e lo
fissò disgustato:
“Oddio…” fece, senza battere ciglio
“… sei stato rapito da una banda di mocciosi
dell’asilo!?”
“Peggio!” sbottò lui, lanciando una
fugace occhiata ai due ragazzi seduti di fronte a loro.
Ogni traccia d’ilarità nell’aria si
dileguò, non appena entrò Rap. I ragazzi lo
salutarono, tutti tranne Eleanor che sentendosi per un attimo vittima
di una sua breve occhiataccia, preferì portare la sua
attenzione al ripiano del tavolo, dimenticandosi il motivo per il quale
fino a pochi istanti prima stesse ridendo. Si appoggiò a
Rock, in cerca di conforto. Lui le afferrò prontamente la
mano da sotto il tavolo, facendola sentire immediatamente meglio.
Rap non fece commenti sulle condizioni di Heavy. Quando lo vide, si
corrucciò leggermente e scosse appena la testa, con
passività. La sua attenzione volò a Rock.
“Ti sei dimenticato?” gli chiese.
Rock parve preso in contropiede: “Che cosa?”
Rap sospirò paziente: “Che giorno è
oggi?”
Eleanor guardò il suo angelo, fattosi pensieroso
tutt’ad un tratto: “… il 7
dicembre.” Rispose cautamente.
Rap lo guardava come se gli stesse sfuggendo qualcosa di terribilmente
ovvio. “ Il 7 dicembre…”
ripetè fissandolo.
Pochi istanti e Rock si raddrizzò sulla sedia:
“Cazzo!” esclamò agitato.
“Ecco, se l’è ricordato.” Fece
Rap, rilassandosi contro lo schienale.
Metal soffocò una risata, Heavy invece, non ci
provò nemmeno a trattenersi: “Ultimamente il
nostro caro Rock ha altro per la testa!” disse ammiccando ad
Eleanor, facendola inevitabilmente arrossire.
Rock si alzò in piedi: “Che ore sono?”
“Le otto e mezza.” Rispose Rap
“Bene, posso farcela! Sono ancora in tempo!“
Eleanor lo guardò confusa: “Che succede?
“
Lui stava per risponderle, ma Rap – con il chiaro intento di
stuzzicare entrambi – lo precedette:
“Deve andare da Mary-Bell, ovviamente!”
Quel nome bastò a scombussolare Eleanor.
Mary-Bell…?
Troppe immagini si accavallarono una sull’altra nella mente d
Eleanor; tutte con un unico soggetto in comune: una bellissima ragazza
– perché lei se la immaginava bella oltre ogni
dire – insieme al suo angelo.
Si rivolse a Rock e, prendendo coraggio, gli domandò:
“Chi… chi è Mary-Bell ?”
Rock sospirò e fulminò Rap con lo sguardo:
“Devi proprio essere sempre così equivoco quando
parli?”
“Talento naturale!”
“Chi è Mary-Bell?”chiese di nuovo
Eleanor, questa voce a voce più alta.
Rap sembrava divertito, anche senza ridere; glielo si leggeva negli
occhi. Metal era silenzioso, perso in chissà quali pensieri.
Heavy, come al solito, rideva senza preoccuparsi di apparire
serio o pacato.
Rock le offrì a mano: “Se vuoi, te la faccio
conoscere.” Disse tranquillamente.
Eleanor incrociò le braccia, impettita: “No,
grazie! Non ci tengo!”
“Insisto.”
Sfoderò di nuovo uno dei sguardi intensi, quelli a cui lei
non riusciva proprio a resistere. Sospirando con rassegnazione, gli
afferrò la mano, gustandosi appieno il suo sorriso
trionfante.
***
Le neve scricchiolava sotto i loro piedi. Eleanor si strinse di
più nella giacca che Rock le aveva prestato per proteggersi
dal freddo. Le stava larghissima e aveva dovuto arrotolare le maniche,
ma perlomeno aveva evitato che si trasformasse in un ghiacciolo
ambulante.
Camminare al fianco di Rock non la faceva più sentire a
disagio davanti agli sguardi della gente. Per qualche ragione, aveva
smesso di farci caso. Le opinioni degli altri sul suo conto, non la
interessavano più.
Di tanto in tanto, lanciava uno sguardo nervoso a Rock, per valutare la
sua espressione. Sembrava tranquillo, anche troppo. Forse, aveva tratto
conclusioni troppo affrettate riguardo questa misteriosa Mary-Bell.
Eppure, non riusciva a pensare in maniera esaustiva.
“Allora, me lo dici chi è questa
Mary-Bell?”
Rock ridacchiò: “Eleanor, ti stai creando dei
problemi che non esistono! “
“Allora spiegami chi è, così la
smetto!”
“Lo vedrai presto chi è, e allora capirai di
esserti comportata come una sciocca!”
“Perché non me lo dici subito?”
Rock sorrise a quella domanda: “Perché sei a dir
poco adorabile quando fai la gelosa.”
Eleanor si sentì avvampare, mettendosi immediatamente sulla
difensiva:
“…Non… non sono gelosa!”
Lui soffocò una risata: “No, certo che non lo
sei!” la prese in giro.
“E piantala, dai..” mugugnò, guardandosi
i piedi e corrucciandosi appena.
Rock le cinse le spalle con un braccio e le baciò il capo:
“Sai? A volte fatico a cogliere le differenze tra te ed
Heavy.”
“Ma vorrai scherzare?! Ok, forse non sarò la
maturità fatta persona, ma a quei livelli non ci sono
ancora.”
“Se lo dici tu..”
Camminarono per un’altra decina di minuti, chiacchierando del
più e del meno. Eleanor seguì ubbidiente i suoi
discorsi, pur avendo il sospetto che fossero solo un modo per
allontanare la sua attenzione da Mary-Bell. Sentiva che sarebbe
impazzita se non avesse subito scoperto chi lei fosse, ma
cercò di darsi un contegno e di aggrapparsi con tutte le sue
forze alla fiducia che nutriva nei confronti di Rock.
Quando lui alzò un braccio per salutare qualcuno in
lontananza, lei s’irrigidì nervosa. Stava dunque
per incontrare la sua rivale? Seguì lo sguardo di Rock, ma
non vide nessuno rispondere al saluto del ragazzo.
Lui sembrava felice… raramente, l’aveva visto
così raggiante e questo non fece altro che aumentare la sua
ansia.
Rock si separò da Eleanor per accogliere qualcun altro tra
le sue braccia. Immediatamente, sentì la rabbia invaderla,
ma la ragione prevalse nel momento in cui scrutò la figura
avvinghiata al suo angelo.
Non era una ragazza. Era soltanto, una bambina.
“Lo sapevo, lo sapevo! Ero sicura che saresti
venuto!”
La ragazzina sprizzava gioia da ogni poro e sembrava sul
punto di piangere. Rock la strinse più forte, accarezzandole
la testa con fare quasi paterno.
“Certo, cosa credevi? Io le mantengo le promesse. Scusa se ti
ho fatta aspettare.”
Quando si separarono, Eleanor potè osservarla meglio. Ciuffi
sbarazzini di capelli neri le spuntavano da sotto il berretto di lana.
Aveva gli occhi verdi e il naso spruzzato di simpatiche lentiggini. Era
bassa di statura e molto minuta. Eleanor non seppe darle
un’età approssimativa.
“Eleanor?” la chiamò Rock,
all’improvviso. “Ti presento Mary-Bell.”
Eleanor guardò prima la bambina, poi Rock. Lui si
affrettò a spiegare, senza risparmiarsi un sorrisino
derisorio:
“La mia sorellina.”
Mai come in quel momento, Eleanor avrebbe volute sparire, diventare
invisibile, essere inghiottita dall’asfalto. Non
c’era mai stata nessuna rivale! Era stata gelosa di una
bambina innocente. Di sua sorella! Questo rasentava il ridicolo.
“Oh!” fece, seriamente a disagio.
La bambina le offrì un mano, coperta da un guanto di lana
rosa, sorridendo: “Piacere di conoscerti. Sei la fidanzata di
mio fratello?”
La parola fidanzata era
forse un po’ troppo impegnata, ma la piccola Mary-Bell non
sembrava coglierne i significati.
“Si…” disse Eleanor, sorridendole di
rimando e stringendole la mano “ Piacere.”
Lanciò un’occhiata di scuse a Rock che si
limitò a sogghignare compiaciuto.
“Come sei bella!” esclamò Mary-Bell
all’improvviso, con occhi adoranti.
Eleanor non riuscì a trattenere una risata imbarazzata:
“Grazie, ma non lo sono quanto te.”
Mary-Bell ridacchiò timidamente arrossendo, prima di tornare
a fissare Rock.
“Allora?” le chiese lui “Che cosa vuoi
come di regalo di compleanno?”
Ecco spiegata l’agitazione e la fretta di Rock
quand’erano a casa. Si era dimenticato del compleanno della
sorella… Eleanor si sentì vagamente colpevole. In
parte, era anche lei la responsabile..
“Posso chiedere qualunque cosa?” domandò
Mary-Bell, raggiante.
“Qualunque cosa.”
“Allora voglio che torni a casa da noi!”
Quella richiesta fece ad Eleanor una gran tenerezza. Rock una volta le
aveva detto che dopo un brutto litigio con i genitori, lui se
n’era andato di casa. Evidentemente, Mary-Bell sentiva la sua
mancanza.
Rock sospirò serio: “Lo sai che non è
possibile.”
“Ma solo per oggi!” lo implorò lei, gli
occhi verdi luccicanti. “Ti prego, solamente per un
giorno!”
“Mary-Bell, no… non posso.”
“Ma mamma e papà non ci sono! Sono partiti per un
viaggio non so dove, ci siamo solo noi a casa. Jules e Dylan sarebbero
felicissimi di rivederti! Non puoi isolarci così. Sei pur
sempre nostro fratello!”
Jules e Dylan?... ma
quanti fratelli ha?
Rock fissò la sorella con espressione affranta e le
accarezzò una guancia: “Scusami, ma non credo
che…”
Mary-Bell non lo lasciò finire. Si ritrasse violentemente da
lui e incrociò le braccia arrabbiata. I suoi occhi si
riempirono di lacrime, quando se ne accorse diede le spalle ad entrambi
per nasconderle.
Eleanor si avvicinò a Rock: “ E dai, falla
contenta! “ gli sussurrò “Che ti
costa?”
“Non voglio tornare in quella prigione!” La
freddezza con cui disse quell’ultima parola, la fece
trasalire.
Tuttavia non demorse. “Non vorrai farla piangere il giorno
del suo compleanno?”
Rock sembrò raddolcirsi un po’. Guardò
la sorella sinceramente dispiaciuto. Era chiaro che farla piangere non
rientrava nelle sue intenzioni, ma sembrava anche deciso a non
assecondare le sue richieste.
Le si avvicinò e, cercando di apparire rassicurante, le
disse:
“Potremmo andare tutti insieme da qualche parte, che ne
dici?”
Lei continuò a fare l’offesa e neanche
lo guardò.
“Andiamo dove vuoi tu. “ proseguì Rock
“E sai che ti dico? Faccio venire anche Heavy!”
Eleanor non capì cosa centrasse Heavy, ma vedere Mary-Bell
nascondere un sorriso e arrossire leggermente, le fece intuire la
verità.
“E se poi non vuole venire?” domandò
incerta.
“Oh, non ti preoccupare!” Esclamò lui,
rallegrandosi di averla toccata nel punto
debole.“Eleanor è molto brava a convincere le
persone!”
Mary-Bell guardò curiosamente la ragazza e poi
tornò a fissare il fratello. Si concesse ancora qualche
attimo di broncio, ma alla fine si sciolse in un sorriso spontaneo:
“Cinema!” esclamò, trafficando nella
borsina che indossava “Adesso chiamo Jules e Dylan e gli dico
di venire!” detto questo afferrò un cellulare e si
allontanò di qualche metro per telefonare.
Rock tornò accanto ad Eleanor, visibilmente sollevato.
“Fammi capire…” cominciò
subito lei “…a tua sorella piace Heavy?”
Rock ridacchiò: “E’ follemente
innamorata di lui. Ho provato a fuorviarla, ma è
inutile!”
Eleanor non si stupì più di tanto. Dato il
carattere di Heavy non c’era certo da stupirsi che piacesse a
una ragazzina.
Mary-Bell tornò proprio in quell’istante di corsa,
con un gran sorriso stampato in faccia. In quel sorriso, Eleanor
notò una certa somiglianza con Rock. Qualcosa nei loro
lineamenti faceva capire che fossero fratello e sorella.
“Lo hai chiamato?” chiese impaziente.
“Hai chiamato Heavy!?”
“Adesso gli telefono, calmati.”
“Jules e Dylan hanno detto che vengono. Che bello! Finalmente
staremo di nuovo tutti e quattro insieme, come ai vecchi
tempi!”
Era impossibile non commuoversi di fronte alla sua contentezza. Doveva
davvero aver sofferto molto la separazione dal fratello. Eleanor vide
qualcosa di molto simile al senso di colpa nello sguardo di Rock e
nessuno, conosceva i suoi occhi meglio di lei. Gli afferrò
una mano e gliela strinse forte e lui fece altrettanto.
“Vieni anche tu, vero?!” chiese Mary-Bell ad
Eleanor, distogliendola dai propri pensieri.
“Se non sono di troppo, vengo volentieri.” Rispose
lei, timidamente.
Non le sembrava giusto imbucarsi in quella che aveva tutta
l’aria di essere una riunione di famiglia. Si era
già introdotta senza permesso nella vita di troppe
persone…
Rock sembrò intuire i suoi pensieri: “Tu non sei
mai di troppo!” esclamò abbracciandola.
Mary-Bell afferrò entrambi per i polsi e cominciò
a tirarli energicamente: “Andiamo, dai! “
Loro si lasciarono trascinare, mentre Rock mandò velocemente
un messaggio ad Heavy per intimargli – o meglio, ordinargli
– di raggiungerli, non prima di essersi ripulito il viso
ovviamente…
***
Mary-Bell era una bambina adorabile.
Quel giorno compiva 12 anni, ma non li dimostrava in nessun senso. Era
piccola per la sua età e fin troppo ingenua. Eleanor non
potè fare a meno di confrontare i suoi 12 anni con quelli di
Mary-Bell. A quell’età, lei era già
stata privata della propria innocenza e d’infantile non aveva
più nulla. Aveva abbandonato le bambole e i giochi
già da molto tempo… Gli adulti
l’avevano crudelmente estirpata dal sicuro e confortevole
mondo dell’infanzia molto prima del tempo.
Mary-Bell invece, era cresciuta secondo i tempi. E si
vedeva… lo si vedeva nel suo sorriso spontaneo, nelle sue
domande inopportune, nel suo irrefrenabile entusiasmo. Quando
arrivò Heavy, lei non ebbe occhi che per lui. Sembrava che
fossero legati da una corda invisibile, dato che non si allontanava dal
raggio di due metri da lui.
Heavy comunque, non sembrava infastidito da tutte le attenzioni della
ragazzina, anzi ne era quasi lusingato. O forse, più
probabilmente, aveva trovato pane per i suoi denti, dal momento che
pure lui dimostrava non più di 12 anni.
Eleanor fu davvero felice di conoscere gli altri due fratelli di Rock.
Jules era la più grande ed era bellissima. Eleanor
provò una forte invidia nel vedere il suo fisico statuario e
il suo viso perfetto. Anche lei aveva i capelli neri, lunghi fino alle
spalle. I suoi occhi erano la copia esatta di quelli di Rock, solo
leggermente più affusolati… avrebbe potuto
tranquillamente fare la modella o lavorare nel mondo dello spettacolo,
ma invece le disse di stare studiando per diventare avvocato.
Lodevole.
Non potè fare a meno di pensare.
Dylan era il secondogenito. Aveva due anni in più di Rock
e non somigliava granchè ai suoi fratelli. I suoi
capelli erano color mogano e i suoi occhi grigi come
l’asfalto. Era piuttosto taciturno, ma si
dimostrò comunque molto socievole nei confronti di Eleanor,
forse anche troppo, dal momento che ad un certo punto Rock dovette
fargli presente che aveva casualmente poggiato un braccio sui suoi
fianchi. Non si misero a litigare forse perché troppo felici
di rivedersi, ma lo scambio d’occhiatacce fu decisamente
esemplare. Eleanor lo trovò molto divertente. Dimostrava che
non era l’unica a soffrire di gelosia!
Pranzarono tutti insieme in un ristorante del centro. Eleanor si
sentì abbastanza a disagio, dato che il posto più
elegante dove lei fosse mai stata era stato un fast-food.
Sapeva che la famiglia di Rock era ricca, era stato proprio lui a
dirglielo, e si domandò più volte cosa ci facesse
lì. Rock era sempre pronto a rassicurarla con un sorriso o
una stretta di mano. L’effetto era immediato e lei si sentiva
in grado di affrontare qualunque cosa.
Anche Heavy avrebbe dovuto sentirsi a disagio come lei, ma era troppo
impegnato a discutere con Mary-Bell quale fosse la migliore serie a
cartoni animati degli ultimi cinque anni…
Al pomeriggio andarono tutti insieme, come da Mary-Bell richiesto, al
cinema a vedere un qualche film dell’orrore che Eleanor non
aveva mai sentito nominare.
Heavy rise tutto il tempo dei continui sussulti sul sedile di
Mary-Bell. Rock gli intimava inutilmente di piantarla. Jules e Dylan
non fecero altro che prendere di mira loro fratello con i pop corn,
forse una sorta di vendetta nei suoi confronti per la sua prolungata
assenza da casa. Eleanor d’altro canto, non seguì
assolutamente il film, troppo impegnata ad osservare tutto
ciò che le accadeva attorno. Fortuna che era un giorno
feriale e dentro la sala del cinema c’erano solo loro.
Quando uscirono era ormai pomeriggio inoltrato e il sole era quasi del
tutto tramontato.
Mary-Bell abbracciò forte Rock e lo ringraziò per
almeno un centinaio di volte. Jules fu costretta ad intervenire per
separare la sorellina da lui. Fu triste quando se ne andarono. Si
vedeva chiaramente che Rock li avrebbe voluti seguire e, forse, fu
proprio per quello che Mary-Bell riuscì a strappargli la
promessa che un giorno sarebbe andato a trovarla a casa. Molto
teneramente, Heavy diede un bacio sulla guancia alla ragazzina che
divenne paonazza e si attaccò al braccio di Dylan.
Jules abbracciò Rock e si vedeva che a stento tratteneva le
lacrime.
“Fatti vedere ogni tanto, fratellino ingrato!” gli
disse, cercando di sdrammatizzare.
Eleanor si sorprese quando andò ad abbracciare pure lei,
come se si conoscessero da una vita, come se facesse parte della
famiglia.
Heavy si separò da loro, dicendo di dover fare un passo in
un qualche negozio, e lasciò che Eleanor e Rock tornassero a
casa da soli.
La ragazza non aveva potuto fare a meno di notare per tutto il giorno,
che nessuno aveva mai chiamato Rock per nome. Anche i suoi fratelli
usavano quello strano nomignolo rivolgendosi a lui. Forse, una sua
esplicita richiesta? Avrebbe voluto chiederglielo, ma tanto sapeva
benissimo che lui sarebbe rimasto sul vago senza fornirgli una risposta
esauriente.
“Come mai te ne sei andato di casa?” a malapena si
accorse di averlo detto ad alta voce.
Era un’altra delle domande che l’avevano
perseguitata per tutto l’arco della giornata.
Lui non rispose, sorrise:
“Quando arriverà il mio turno per le
domande?” domandò con un tono che sapeva tanto di
sfida.
Eleanor non seppe rispondere. In effetti, Rock non aveva tutti i torti .
“Se io risponderò a qualcuna delle tue domande, tu
farai lo stesso con me?” chiese molto innocentemente,
facendolo ridere.
“Si, affare fatto!”
Un pensiero prevalse sugli altri, però. Un pensiero
pressante che la costrinse a portare altrove la sua attenzione.
Vedendola farsi pensierosa, Rock chiese:
“Va tutto bene?”
Eleanor scosse la testa: “ No.” Mormorò
“Che c’è che non va?”
“…E’ solo che… non ho ancora
visto Evan. Ed è passato un mese da quando vivo con
voi!”
“Gli hai scritto, no?”
“Si, lo so…” in effetti, gli aveva
mandato un paio di messaggi con il cellulare di Rock, ma di certo ad
Evan non sarebbe bastato. “Ma devo incontrarlo di persona.
Voglio che ti conosca, voglio che sappia di noi due e che si
tranquillizzi. E’ ancora convinto che tu mi abbia rapito!
”
“Prometto solennemente che quando me lo farai conoscere, mi
comporterò da perfetto gentiluomo! Niente comportamento da
teppistello da strada!” scherzò lui, posandosi un
mano sul cuore.
Eleanor rise: “Non occorre. Tu sei un perfetto
gentiluomo, non c’è alcun bisogno che tu
finga.”
Lui la strinse a se’, baciandole la fronte e lei si
aggrappò forte ai suoi fianchi, godendo appieno del calore
irradiato dal suo corpo.
“Mi dispiace tanto per la scenata di oggi.”
Mormorò Eleanor.
“Quale scenata?”
“Io… io credevo che Mary-Bell
fosse…” non ce la fece a finire la frase.
Rock rise divertito: “Non fa niente. E poi te l’ho
detto, quando fai la gelosa sei semplicemente adorabile!”
“E stupida!”
“No, non è vero!”
“Si che è vero!”
“Ti dico di no!”
“Si, invece!”
“La vuoi piantare?”
Continuarono punzecchiandosi a questo modo fino a casa. In cortile
trovarono Rap, seduto sui gradini dell’ingresso, una
sigaretta fra le dita e il solito sguardo triste.
“Ciao Rap!” lo salutò Rock.
Come al solito lui, non fece minimamente caso ad Eleanor e si
comportò come se in quel cortile ci fossero solo lui e Rock.
“Allora come è andata?” chiese
“Mary-Bell sta bene?”
“Si, sta benissimo. Perché non sei venuto? Le
avrebbe fatto piacere rivederti.”
Rap sbuffò, prima i gettare lontano la sigaretta e alzarsi
in piedi. Scoccò un’occhiata truce ad Eleanor:
“C’era un po’ troppa gente per i miei
gusti!” disse prima di allontanarsi nel buio del cortile.
Eleanor assorbì la frecciatina in silenzio, cercando di non
prendersela troppo.
“Non dargli retta.” Le sussurrò Rock.
Lei annuì in silenzio e entrambi entrarono in casa. Il
calore che li circondò fu un vero toccasana per i loro corpi
congelati dall’aria gelida della sera. Si diressero
velocemente nella loro stanza e si chiusero dentro, giusto per evitare
di ripetere l’esperienza di quella mattina.
Eleanor si tolse la giacca e l’appoggiò su una
sedia, per poi buttarsi sul letto. Si voltò verso Rock e si
accorse che la fissava con un’espressione che non lasciava
presagire nulla di buono:
“Che c’è?” chiese.
Lui ghignò:” Tocca a me fare le domande.”
“Adesso?”
“Si, adesso. Perché no?”
Il ragazzo andò a sedersi con lei sul letto. Lei lo fissava
sulla difensiva, visibilmente preoccupata.
“Non ci provare nemmeno!” esclamò Rock
“Non guardarmi così! Sapevi che prima o poi
sarebbe toccato a me fare l’interrogatorio!”
“Uffi!” si lamentò lei, incrociando le
braccia come una bambina capricciosa.
Rock ridacchiò: “Dai, ti prometto che dopo potrai
chiedermi tutto ciò che vorrai!”
Lei non sembrava molto convinta: “E tu risponderai questa
volta?”
“Si, te lo giuro!”
Eleanor sospirò rassegnata :
“D’accordo.” Fece mestamente
“Chiedi pure…”
Lui le si avvicinò un po’ di più e
senza nemmeno pensarci un secondo, come se già da tempo
programmasse di chiederglielo, disse:
“Parlami di tua madre!”
Eleanor sentì il suo cuore perdere un battito. Parlare di
sua madre.... si, in effetti tutta la storia girava attorno a sua
madre. Riviverla sarebbe stato atroce, ma se mai avesse dovuto
scegliere una persona a caso a cui affidare il suo dolore, quello
sarebbe stato sicuramente Rock.
Sospirò, cercando di prendere coraggio .
"Va bene. Ti dirò tutto..."
***
Nu ooooo!!!
Ancora una volta in ritardo!!! Sono irrecuperabile!
ç___ç
Facciamo
così!D'ora in avanti gli aggiornamenti oscilleranno tra il
sabato e la domenica, ok?! Prevenire prima di curare...
Cmq,
capitolo leggermente inutile lo ammetto. Volevo soltanto un po'
introdurre la famiglia di Rock, che in futuro comparirà
ancora. Spero cmq che vi sia piaciuto lo stesso. Sarà
perchè è natale ke mi sono fissata sul discorso
della famiglia?!?!? si, è possibile... U_U. E' poi ho sempre
desiderato avere una famiglia numerosa e invece sono figlia unica
ç___ç tristezza!!!
Ora
però, sono preoccupata per il prox capitolo....
perchè vi chiedete? ^^ beh, nn posso dirvi il motivo ma
tutto gira attorno ad una scena che ho paura di nn essere abbastanza in
grado di scrivere.... di più nn posso dire XD!!! Vi
toccherà aspettare!
Ringraziamenti:
Felicity89: Ti piace
Rap, eh?!?!? U_U. Devo dire ke ha fatto furore anche tra le mie amiche
a cui sto infliggendo questa storia^^. Bene, sono contenta ke piaccia
così tanto! SOno soddisfazioni! Ciaoooo!
giulietta_cullen:
Oh, ke bello! Sono felice che finalmente qualcuno ke si era limitato ad
aggiungermi tra i preferiti si sia deciso a recensire^____^ *me piange
di gioia*. Per quanto riguardo il grande segreto dei 4, diciamo ke dal
prox chap comincerà a sbloccarsi qualcosuccia. Metal ha
fatto colpo, eh?!?!? Anche io lo amo (ci credo, l'ho creato io U.U). Ti
piacciono gli uomini crudeli... buongustaia XDD!!!!!!!!! A proposito,
ho paura ke condividiamo il marito.Ciao!!!!!!!!
BabyzQueeny: Oh se
voi sorridete da orecchio a orecchio, pure io sorrido *__*... sono
felicissima ke la scena del bacio sia piaciuta... spero ke anche le
prox effusioni piacciano.
Mana_Chan: Lo so lo
so!!! Il baciooooo! Finalmente sono riuscita a scriverlo!! Ancora
fatico a crederci XDD!!! Sono contenta che la parte descritta dal punto
di vista di Rock sia piaciuta... ce ne saranno altre. E ti
dirò di più, ci sarà un pezzo anche
raccontato dal punto di vista di Rap... hihihihihi. Sarei curiosa di
sentire la tua teoria riguardo la ex di Rap.... ovviamente nn posso
rivelarti nulla, ma ti dico solo una mia amica come ha reagito quando
gli ho spoilerato tutto^^ "OmmioDio ma tu sei da scritturare per
Beautiful!!!! " .... giuro, ha detto proprio le testuali
parole.... nn so se sia un complimento però, boh!!!!
Ringrazio
tantissimo anche ki mi ha aggiunto tra i preferiti *__* e ki ha solo
letto!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Grazie a tutti!! Vi adoro!!!!!!!!!
Ok,
ragazze. Ho finito!!!!
Ci
vediamo la settimana prox (rimaniamo sul vago ke è meglio)!!
Ciaooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Ayleen
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Capitolo 11 *** Addio ai giochi ***
Solo un paio d'ali - capitolo11 - Addio ai giochi
CAPITOLO UNDICI
Addio ai giochi
Gli occhi di Rock erano ansiosi, impazienti e desiderosi di sapere.
Ciò nonostante, erano anche incoraggianti, carichi di
quell’affetto incondizionato a cui lei non era ancora
riuscita ad abituarsi.
Lui voleva solo conoscere la sua storia, senza giudicarla. Eleanor
doveva solo convincersi di questo, anche se non era facile...
Amava quel ragazzo che le sedeva di fronte, e non si sentiva una
presuntuosa nell’essere convinta che quel sentimento fosse
ricambiato. Lui non l’avrebbe mai giudicata!
Riuscì per qualche strano motivo a distogliere lo sguardo
dal suo, per portarlo alle proprie mani strette a pugno intorno alle
lenzuola.
Si sistemò una ciocca di capelli dietro
l’orecchio, come faceva ogni volta che era nervosa e prese
coraggio:
“Io sono stata un errore.” Disse, quasi in un
sussurro. “Mamma non aveva previsto il mio arrivo. Eppure ha
sempre detto che sono stata l’unica cosa positiva della sua
vita.”
Rock sorrise senza alcuna ironia: “Tipica frase da
mamma!”
“Già…”
Seguì un lungo momento di silenzio. Rock attese paziente che
lei trovasse la forza per riprendere a parlare. L’ultima cosa
che voleva era metterle fretta.
“ All’inizio voleva abortire. Non ha mai avuto
problemi ad ammetterlo. Non me lo ha mai nascosto.”
Ricominciò Eleanor . “Non ho mai capito cosa poi
l’abbia spinta a farmi nascere. Forse, credeva che un bambino
le avrebbe cambiato la vita. Cambiato in senso buono,
intendo!”
“E tuo padre? “ chiese Rock, automaticamente.
Eleanor si schiarì la gola prima di parlare: “Io
non… non ho idea di chi sia mio padre.”
“Ma tua madre ti avrà parlato di lui, immagino. O
no?”
La ragazza scosse la testa, evitando in tutti i modi di non guardarlo:
“Nemmeno lei sapeva chi fosse.”
Rock rimase interdetto a quelle parole. “In che
senso?… ha avuto più di un uomo allo stesso
tempo?”
Eleanor rise amaramente: “Parecchi, direi. Vedi…
mamma faceva quello che fino a poco tempo fa facevo anch’io.
“
Vide la confusione sparire dal suo viso in un istante, per lasciare
spazio ad una rassegnata consapevolezza:
“Oh…” fece, corrucciandosi leggermente.
“Un ago in un pagliaio. “ Ironizzò lei,
senza l’ombra di un sorriso. “Ho solo un indizio su
di lui.”
“Davvero? Quale?”
“Abbiamo gli occhi uguali. Mamma li aveva marroni, quindi io
devo averli per forza presi da mio padre.”
“Non è un grande indizio.”
Eleanor rispose con un’alzata di spalle: “Lo so. Ma
del resto non ho mai avuto l’intenzione di cercarlo. Voglio
dire, lui non sa nemmeno che esisto. A cosa servirebbe mettermi sulle
sue tracce? Gli sconvolgerei l’esistenza e basta!”
“Non hai tutti i torti. “
Rock la vide farsi più nervosa. Prese a mordicchiarsi il
labbro inferiore e non lo aveva ancora guardato in faccia nemmeno una
volta, quasi si vergognasse delle sue stesse parole.
Forse non era stata una buona idea costringerla a parlare, ma ormai era
tardi per i ripensamenti.
Ed evidentemente, anche lei pensava lo stesso, dal momento che non
furono necessarie esortazioni per farla riprendere a raccontare.
“Io e lei vivevamo in un piccolo appartamento in periferia.
C’era soltanto una camera, la mia. Lei dormiva in salotto,
sul
divano. Quando ero piccola non avevo la più pallida idea di
che lavoro facesse. La vedevo uscire di notte e dormire come un sasso
di giorno. Una vicina si occupava di me quando lei non c’era.
Non è mai stata una mamma incosciente, di questo devo
dargliene atto. “
“E tu non le hai mai chiesto dove andasse di notte?”
“No. Non m’interessava… o forse, ero io
a non volerlo sapere. Poi però, alla fine l’ho
scoperto. “
“Come?”
”E’ stato tutto a causa di uno stupido tema. Andavo
in seconda elementare e come compito a casa la maestra ci chiese di
parlare del mestiere dei nostri genitori. Così fui costretta
a chiederglielo. “ Una risata mesta sfuggì dalle
labbra di Eleanor “Ricordo ancora perfettamente la sua
risposta. Mi disse, io
faccio divertire tutti quegli uomini che hanno delle mogli antipatiche.
Loro vengono da me e io faccio loro compagnia. “
Rock però non rise a quelle parole.
Per un attimo provò ad immaginare. Ci provò
davvero, con tutte le sue forze, ma non ci riuscì. Doveva
essere terribile per una madre provare a spiegare alla propria bambina,
quanto il mondo fosse stato spietato e crudele con lei. Farle prendere
coscienza che quella fiaba nella quale tutti i bambini sono convinti di
vivere, in realtà, non è altro che
un‘illusione destinata a scomparire molto presto.
“E io scrissi proprio quello sul tema. Ero troppo ingenua per
capire la verità. “ continuò Eleanor
“La maestra non ne fu molto contenta. Anzi,a dirla tutta,
nessuno ne fu contento. E nessun genitore permise ai propri figli di
giocare ancora con me. Mamma fu costretta ad iscrivermi in
un’altra scuola perché – non so se lo
sai – ma i bambini sanno essere davvero crudeli, a
volte.”
Lui le afferrò una mano, incapace di qualunque altro
gesto. Sapeva che non sarebbe servito comunque a niente. Una
stretta di mano è poca cosa davanti a determinati traumi
infantili. Ma finalmente, lei alzò gli occhi
–luccicanti di lacrime - ad incontrare i suoi.
“ Hei, “ le disse dolcemente “ Non fa
niente se non ti va di continuare. Anzi, scusami per averti chiesto di
ricordare tutto questo.”
Eleanor scosse il capo: “No. Io voglio parlarne. Devo
farlo… sento già di stare un po’
meglio. Non credevo facesse così bene. Ho fatto male a
tenermi tutto dentro. Ora basta! “
Rock le sorrise senza dire niente.
Se lei desiderava parlare, allora lui l’avrebbe ascoltata
fino in fondo. Soffrendo con lei. Soffrendo per lei!
La vide emettere un lungo sospiro, prima di riprendere il racconto:
“Non mi feci nuovi amici. In un certo senso, sentivo di non
averne bisogno. Sapevo divertirmi da sola e spesso mi isolavo
completamente dagli altri. Ma quando cominciai la terza elementare,
mamma cambiò tutt’ ad un tratto. “
Eleanor aumentò la presa sulla mano di Rock e il suo sguardo
cadde nuovamente sulle lenzuola:
“Smise di mangiare e molte volte la sorprendevo a parlare da
sola. Si svegliava di colpo urlando e aveva continui sbalzi di umore.
Quando stava bene mi diceva di continuo di starle alla larga
perché avrebbe potuto farmi del male senza rendersene
neanche conto, e io ubbidivo. Si fece visitare da un dottore, ma non
seppi mai quale fu la diagnosi, però con il tempo una cosa
la capii … mamma aveva qualcosa che non andava. Qualcosa
nella sua testa non funzionava come avrebbe dovuto. “
L’espressione di Rock si fece grave e profonda. Tuttavia, non
fece domande. Preferì concederle il tempo necessario a
riportare a galla quei ricordi spiacevoli.
“Non so bene quale fosse il suo problema. Era convinta di
essere perseguitata da qualcuno. Qualcuno dei tanti uomini con cui era
stata, suppongo. Si sentiva toccare e stringere da mani e braccia che
solo lei poteva vedere. Urlava e si dimenava di continuo,
così cominciò a prendere dei tranquillanti e dei
sonniferi per dormire...”
“E migliorò?”
“Inizialmente si, o almeno così credevo
io.”
Eleanor lasciò la mano di Rock e si alzò in
piedi. Andò a prendere la sua borsa e tirò fuori
un piccolo oggetto che gli occhi del ragazzo non furono in grado di
distinguere.
Quando lei lo raggiunse di nuovo, lo affidò alle sue mani.
Rock guardò l’oggetto in questione e non
capì.
Era un pupazzo, o una bambola di pezza… non si poteva certo
dire che fosse fatto bene. A malapena si capiva che fosse una figura
umana - una figura femminile, con molta probabilità - . Le
cuciture erano malfatte e storte, i due bottonicini che formavano gli
occhi si stavano staccando e il filo rosso che andava a formare la
bocca era distorto a creare una strana espressione infelice. Aveva un
che di triste ed inquietante.
“Che cos’è?” chiese
immediatamente
“Me la porto dietro da dieci anni. “ Rispose
Eleanor, apparentemente tranquilla. “Dovrei buttarla, ma
qualcosa mi lega indissolubilmente a lei…”
Prese delicatamente la bambolina dalle mani di Rock, come fosse un
oggetto di cristallo fragilissimo e la guardò a lungo. Una
lacrima sfuggì al suo controllo, si affrettò a
cancellarne il passaggio con il dorso di una mano.
“Eleanor …?” Rock la fissava preoccupato.
“Sto bene.” Lo tranquillizzò subito lei,
mentendo. Poi riprese a parlare: “Il giorno della Festa della
Mamma, a scuola ci fecero realizzare queste bambole. Ci chiesero di
farle il più possibile simili alle nostre mamme
perché poi avremmo dovuto regalargliele. Io
m’impegnai parecchio, ma il risultato, come puoi vedere, non
fu dei migliori. “ lo disse con un sorriso svagato, ma con
gli occhi velati di lacrime. “Sembra più una di
quelle bamboline voodoo, non credi?”
Anche Rock si costrinse a sorridere: “ Scommetto che a lei
è piaciuta lo stesso…”
Le parole le morirono in gola. Dovette fare un paio di tentativi prima
di riuscire a continuare:
“In verità… lei non …
“ deglutì “ … non
l’ha mai ricevuta.”
Rock dovette assistere impotente al pianto disperato che
seguì. Eleanor scoppiò in lacrime e si
coprì la bocca con un mano, forse nel vano tentativo di
soffocare i singhiozzi.
Era come se non avesse ancora mai pianto sul serio. E in effetti, era
così.
In tutti quegli anni non si era mai sfogata davvero, nemmeno con Evan.
Tutto il dolore che aveva represso non aveva fatto altro che accrescere
dentro di lei ed avvelenarle l’anima… Le braccia
di Rock che in quel momento la strinsero a se’, furono il
tanto agognato antidoto.
Non riuscì nemmeno a rispondere a quell’abbraccio.
Era paralizzata dalle continue immagini che le riempivano la testa: Sua
madre che le preparava il suo piatto preferito, che giocava a
nascondino con lei, che le leggeva una favola, che la rimproverava per
aver preso un brutto voto, che le pettinava i capelli, che
l’ascoltava cantare, che le dava il bacio della buonanotte
prima di uscire per andare a lavorare sulla strada….
Possibile che le mancasse tanto?
Perché se ne stava accorgendo soltanto in quel momento?
Era sempre stata convinta di odiarla. Invece ora era lì, tra
le braccia del suo angelo custode a piangere per lei. Perché
non c’era più.
Ci volle qualche minuto prima che i singhiozzi diminuissero
d’intensità. Non ci pensò neanche a
separarsi da Rock. Affondò il viso nella sua spalla e
riprese a parlare, provata:
“Quel giorno tornai a casa di corsa, non vedevo
l’ora di mostrare quell’orrenda bambola a mia
madre. Nonostante facesse schifo, ne ero molto orgogliosa…
“
“Eleanor, non importa.” La interruppe Rock,
accarezzandole una guancia “Non voglio sapere
nient’altro. Non voglio che tu stia male per un mio
capriccio.”
Fu come se non avesse nemmeno parlato: “ Corsi su in casa e
aprì la porta con le chiavi nascoste sotto lo zerbino.
Trovai mamma sdraiata sul divano… io …”
per un attimo le mancò il respiro nel rievocare quel
ricordo. Ritrovò l’ossigeno grazie ad
un’insana risata, quasi isterica “…Dio!
Io credevo che stesse dormendo!”
Rock sentì i propri muscoli paralizzarsi, così
come i propri sensi, e cominciò ad intuire la terribile
verità.
“Io credevo dormisse…”
continuò Eleanor singhiozzando. “…E
andai tranquillamente in camera mia a fare i compiti! Ci vollero ore
intere prima che mi accorgessi che lei era fredda e non
respirava… e come una stupida io la scrollavo e la chiamavo,
ma lei era immobile…”
Rock prese a cullarla lentamente, in un folle tentativo di calmarla, ma
era consapevole dell’inutilità di quel gesto
disperato.
Provò per un attimo ad immaginare quell’orrore:
Eleanor bambina che tornava a casa da scuola e trovava sua madre morta.
Sentì un brivido corrergli lungo a schiena. Quale Dio poteva
permettere una cosa del genere?
“Andai a chiamare la nostra vicina…”
continuò imperterrita Eleanor “… che
immediatamente chiamò i paramedici. Quando arrivarono, sul
pavimento accanto al divano trovarono la confezione di sonnifero
completamente vuota… morte per avvelenamento,
dissero… chiusero mamma in una specie di sacco e la
portarono via… uno dei dottori fece domande su di me alla
mia vicina e poco dopo arrivò una donna
dell’assistenza sociale. Mi concesse dieci minuti per
raccogliere le mie cose e poi mi portò
all’istituto per minori.”
Eleanor non riuscì a dire nient’altro. Pianse
ognuna delle lacrime che aveva faticosamente trattenuto in tutti quegli
anni.
Rock avrebbe voluto dire qualcosa, ma era cosciente che ogni parola
sarebbe stata del tutto inutile a farla sentire meglio. Il silenzio era
forse la cura migliore in quei casi.
Non seppe dire per quanto tempo rimasero così; perse
totalmente la cognizione del tempo nel sentire il corpo tremante di lei
venire scosso dai gemiti. Era insopportabile assistere impotenti a
quello strazio!
Eleanor non si accorse del movimento alle loro spalle e nemmeno del
leggero cigolio che seguì. Rock sì, invece.
Alzò appena la testa oltre la spalla di lei e riconobbe Rap
sulla soglia.
Fissava entrambi confuso, appena corrucciato, ma senza il consueto
fastidio che provava nel vederli insieme. Sembrava
piuttosto… preoccupato. Tuttavia mantenne il suo solito
atteggiamento freddo e distaccato.
“Che le prende?” domandò, senza
particolari inflessioni.
Non appena udì la sua voce, Eleanor si staccò da
Rock e si asciugò gli occhi, quasi si vergognasse nel farsi
vedere in quello stato pietoso.
“Sparisci, Rap!” l’esortazione di Rock
giunse secca e severa.
“No…” mormorò Eleanor, la
voce ancora rotta dal pianto “… non fa niente. Sto
bene, davvero…”
Nessuno dei due ragazzi parve convinto. Rap sbuffò e se ne
andò, chiudendo la porta.
L’attenzione di Rock tornò immediatamente a lei.
La vide sforzarsi di sorridergli, un sorriso che non coinvolse anche i
suoi occhi doloranti.
“…Mi dispiace.” Le disse Rock
“No, non importa. Te l’ho detto. Parlarne mi sta
stare meglio. Non devi scusarti.”
“Non intendevo questo. Mi dispiace per quello che hai
passato… io non riesco ad immaginare come avrei reagito al
tuo posto. Probabilmente sarei impazzito.”
Eleanor si strinse le ginocchia al petto e appoggiò il mento
sulle proprie ginocchia.
“Non ho parlato per quasi due anni…”
ammise. “E il primo mese all’istituto furono
costretti ad imboccarmi per farmi mangiare. Ho perso il conto di quanti
psicologi infantili mi abbiano fatto incontrare, ma nessuno di loro
riuscì a farmi parlare. Ero come diventata muta.”
“Ma poi ti sei ripresa, no?”
Questa volta il sorriso che si fece largo sul viso di Eleanor non era
affatto sforzato:
“Si.” Disse “E’ stato
Evan a guarirmi.”
“L’hai conosciuto all’istituto?”
“Si. Tutti i membri della sua famiglia – genitori,
fratello e nonni- sono morti in un incidente d’auto, mentre
lui era a scuola. Mi ha raccontato che stavano andando a prenderlo e un
camion ha tagliato loro la strada ad un incrocio. Non aveva altri
parenti e così finì lì
dentro.” Eleanor fece una risata “Mi sono sempre
sentita una miserabile a pensarla così, ma la sua tragedia
è stata la mia salvezza… senza di lui,
probabilmente sarei muta ancora adesso.”
Rock le posò una mano sulla guancia: “ Vuoi dire
che è grazie a questo Evan se io posso sentirti
cantare?”
“Assolutamente.”
Eleanor si sdraiò sul letto, portando gli occhi al soffitto.
Rock fece lo stesso, ma tenendo lo sguardo fisso su di lei.
“La prima volta che mi ha sentito parlare è
rimasto davvero molto sorpreso, quasi si è
spaventato.” Cominciò a raccontare
“Lui credeva sul serio che io fossi muta. Pensava fossi
così dalla nascita.”
“Quanti anni avevi quando sei finita lì
dentro?” chiese all’improvviso Rock.
“Nove, e ci sono rimasta per sette anni, fino a quando non
sono diventata maggiorenne. “
“Ma non hanno mai pensato a darti in adozione a qualche
famiglia?... Non è questo che fanno quegli
istituti?”
Eleanor sospirò, sorridendo leggermente:
“Oh, si che ci hanno pensato. Hanno provato in tutti i modi a
sbarazzarsi di me, ma io non ne volevo sapere. Non volevo una nuova
famiglia per due motivi: prima di tutto, non volevo separarmi da Evan
e, in secondo luogo, non sopportavo l’idea che
un’estranea prendesse il posto di mia madre. Così,
ogni volta che venivo affidata temporaneamente ad una famiglia, mi
comportavo malissimo facendo ammattire gli aspiranti genitori che alla
fine rinunciavano e sceglievano qualche altro bambino. Anche Evan usava
la stessa tecnica. Fummo catalogati come bambini potenzialmente
problematici, per farla breve, un sinonimo di inadottabili.
Eravamo due piccoli cospiratori!”
Rock cercò di ridere assieme a lei, ma non ci
riuscì del tutto. Eleanor non gliene diede il tempo,
cogliendolo di sorpresa con una strana domanda:
“Come mai ancora non me lo chiedi?”
Lui la guardò interrogativamente, senza capire.
“Cosa dovrei chiederti?”
“Oh, andiamo! Non fare lo gnorri!”
“No seriamente, non capisco di cosa tu stia
parlando.”
Lei studiò per qualche istante la sua espressione. Il dubbio
che vi lesse la convinse a parlare:
“Non mi chiedi come sono finita sui marciapiedi a vendere il
mio corpo?”
Rock si rabbuiò. In realtà, non gli interessava
saperlo. Preferiva sempre non pensare ad Eleanor in quei termini. Non
riusciva a sopportare l’idea di tutti quegli estranei che la
usavano come un giocattolo. Ogni volta sentiva lo stomaco chiudersi e
una rabbia cieca invaderlo.
Ma lei non attese una sua risposta… continuò
quasi senza badare a lui, come se non avesse aspettato altro per tutto
quel tempo.
“Ci ho provato, sai? A trovare un lavoro vero,
intendo.” Disse con occhi spenti, sempre fissando il soffitto
“Ma la verità è che non era affatto
meglio che sulla strada. Anzi, in qualche modo era peggio. Tutti i
datori di lavoro con cui ho parlato, sarebbero stati disposti ad
assumermi subito, ma ad una sola condizione… non serve che
ti dica quale, vero?”
Rock strinse i pugni, cercando di ritrovare la calma.
Certo che il mondo
è una vera merda! Pensò pieno
di collera.
“Ovviamente non presi in considerazione nessuna di quelle
offerte e continuai la mia ricerca. Trovai una signora che possedeva un
ristorante e pensai di essere stata fortunata questa volta. Era una
donna, quindi non ci sarebbero state condizioni. E infatti, non ce ne
furono… ma non avevo considerato i colleghi di
lavoro…. Riuscii a resistere per una settimana,
poi me ne andai. E alla fine capii quale fosse la sola cosa che avrei
potuto fare… l’unico lavoro in cui non avrei mai
avuto problemi…”
Eleanor afferrò all’improvviso la mano di Rock e
gliela strinse più forte che potè, quasi gli fece
male. Il ragazzo riuscì a dare una sola spiegazione a quel
gesto: aveva paura che lui potesse scappare; che potesse rinnegare ogni
tipo di rapporto con lei, dato che si era concessa a così
tante persone... Ma non era così. No, non era affatto
così!
“Hei,” mormorò Rock “ Non vado
da nessuna parte.”
Finalmente, Eleanor si decise ad incontrare nuovamente il suo sguardo,
ma giusto per pochi istanti. Si strinse al suo petto, in modo che lui
non potesse guardarla in volto e si lasciò avvolgere dalle
sue braccia.
“Mamma non era per niente felice quando le dicevano che io
ero una bella bambina, e si arrabbiava moltissimo quando dicevano che
crescendo sarei solo migliorata.”
“Perché mai?” domandò Rock
sinceramente curioso, facendo scorrere le dita tra i capelli di lei.
“Diceva sempre che la bellezza è una maledizione.
Nessuno vede mai le nostre qualità se si è belli,
soprattutto quando si ha la sfortuna di essere donna. E aveva
ragione! Cavolo se aveva ragione, e io l’ho constatato sulla
mia pelle! Nessuno vedeva me. Tutti vedevano il mio corpo, il mio modo
di apparire, la mia faccia, il mio seno, le mie gambe…
nient’altro. E non era importante se io fossi brava o no a
fare una determinata mansione, l’importante era che non
facessi troppo la difficile con chi si dimostrava interessato a me!
Vuoi sapere perché sono finita per strada? Beh, è
semplice. Perlomeno, facevo tutto alla luce del giorno
–metaforicamente parlando, ovvio. In qualche modo,
mi sembrava più onesto… “
Eleanor non osò guardare l’espressione di Rock nel
momento in cui le sue dita smisero di muoversi tra i suoi capelli. Con
l’orecchio poggiato sul suo petto, riuscì
chiaramente a sentire il suo cuore accelerare il battito.
Non odiarmi, ti prego!
Pregò dentro di se’ Non sarò mai
più di nessun altro. Soltanto tua…
“E’ questo che pensi?” chiese Rock,
“Che essere belle significhi necessariamente essere
maledette?”
“Si!” ribadì Eleanor, con convinzione.
“Ma come diceva mamma, per
fortuna è una maledizione che il tempo cancella in
fretta… Immagino si riferisse alla
vecchiaia.”
Il silenzio la fece da padrone per un lungo momento.
Nessuno parlò più, Eleanor si lasciò
cullare dal respiro di Rock e cadde in uno stato di semi –
incoscienza, ma la voce del ragazzo la ricondusse fuori da quel
momentaneo torpore.
“Posso farti una domanda?”
“Certo.” Biascicò Eleanor, mezza
assonnata.
Rock esitò un attimo: “…
quando… voglio dire… hai avuto la tua prima
esperienza con uno sconosciuto? Per strada?”
Eleanor non rispose subito, e non a causa del sonno improvviso. Quella
domanda aveva riattivato tutti i suoi sensi.
“…no.” Mormorò, affondando il
viso nella sua felpa.
Non potè vedere l’espressione di Rock farsi seria
e corrucciata, ma lo sentì irrigidirsi.
“No?”
Lei scosse il capo: “E’ successo
all’Istituto. Evan non è stato il solo a cui io mi
sia legata… c’era un ragazzo più grande
di me con cui strinsi amicizia, ma lui era diverso da Evan. La mia
maledizione l’aveva intaccato senza che io me ne rendessi
conto… in realtà non ci teneva affatto a me, il
suo interessamento era di tutt’altro genere. Evan mi aveva
messo in guardia, ma io non lo avevo ascoltato…”
“Che è successo?” chiese Rock,
improvvisamente irrequieto.
Eleanor sospirò, maledicendosi per non aver mentito, e
continuò: “… mi convinse a seguirlo nel
seminterrato – non ricordo nemmeno con quale stupida scusa
– e cominciò ad incantarmi con false parole. Disse
che era innamorato di me, che gli piacevo un sacco e che non riusciva a
considerarmi solo un’amica… ma io non avevo mai
pensato a lui in quei termini. Anzi, a dirla tutta, non pensavo affatto
a quelle cose. Appena glielo dissi, lui cambiò
atteggiamento. Si arrabbiò molto … mi prese con
la forza e mi sbattè per terra…”
Rock si scostò all’istante per poterla guardare in
faccia.
I suoi occhi ardevano di rancore. Non l’aveva mai visto
così arrabbiato, ma nemmeno così distrutto. Per
un attimo, le ricordò in maniera impressionante Rap:
“E’ andata così? Ti ha
costretta?”
Eleanor sfuggì al suo sguardo: “…
è la mia maledizione, ricordi?”
“Quando è successo?”
Eleanor fece un rapido calcolo mentale: “ Sette anni
fa.”
Lo vide agitarsi ancora di più. Si passò
nervosamente una mano tra i capelli:
“Dio, non ci posso credere!” esclamò
turbato “…Avevi la stessa età di
Mary-Bell! Eri soltanto una bambina!”
“No!” Lo interruppe Eleanor, vestendosi di
un’improvvisa fermezza, mettendosi a sedere, “Ti
sbagli, non ero una bambina.”
“Avevi dodici anni. Non si può certo dire che
fossi adulta!”
“Io ero adulta, Rock!” insistette lei, quasi
urlando “Perché ti posso assicurare che nel
momento in cui torni a casa e trovi tua madre morta, tu smetti di
essere bambino! Ti dimentichi dei giocattoli, dei cartoni animati e
delle favole. Tutti si distrugge davanti ai tuoi occhi, ti rendi conto
che ogni cosa ti è nemica e che non c’è
più nessuno a proteggerti!”
Sentì le lacrime salirle agli occhi per l’ennesima
volta. Cercò di combatterle, ma inevitabilmente, qualcuna
riuscì a sfuggire. L’espressione di Rock si
raddolcì all’istante.
Eleanor si asciugò in fretta le lacrime:
“Comunque, ho finito…” disse con voce
rotta “… la mia patetica storia finisce
qui.”
Rock stava per dire qualcosa, ma all’ultimo momento
cambiò idea:
“E’ il mio turno adesso, giusto?”
Lei scosse il capo: “No, perfavore. Per oggi non voglio
più sentire nulla di triste e penoso. Facciamo la prossima
volta.”
“La prossima volta.” Acconsentì Rock,
con voce piatta e smorta.
Eleanor si sdraiò di nuovo, dando le spalle a Rock che
rimase immobile e in silenzio per parecchi minuti.
Lei temeva seriamente che lui non l’avrebbe più
guardata con gli stessi occhi. Non ebbe il coraggio di guardarlo in
faccia per confermare la propria ipotesi, così rimase
voltata a piangere lacrime silenziose.
Non seppe dire quando tempo trascorse, ma il movimento alle sue spalle
e le braccia che le avvolsero la vita e la strinsero con dolcezza, la
costrinsero a sorridere di sollievo.
“Io la odio mia madre!” esclamò senza
quasi rendersene conto.
“No, non è vero. Ne sei solo convinta.”
“E invece la odio.” Insistette lei “Che
cosa diavolo pensava prima di ingurgitare tutte quelle pillole? Non ha
pensato minimamente a me? A cosa mi sarebbe accaduto se lei fosse
morta? E’ stata una grandissima egoista!”
“E allora perché piangi per lei?”
Era una domanda semplice. Fin troppo semplice.
Una di quelle domande così semplici che – a detta
di Rock – non avevano risposte che lo fossero altrettanto.
“Forse non dovrei neanche più perdere tempo ad
odiarla. E’ inutile odiare qualcuno che non
c’è più.”
Sentì le labbra di Rock premerle sui capelli:
“Brava, ragazza!”
Eleanor sorrise.
Vide la sua bambolina di pezza abbandonata sul pavimento. Era voltata
verso di lei e la fissava con quei due bottoni mal attaccati che aveva
per occhi.
La guardò a lungo prima di allungare un braccio per
afferrarla. I bottoni erano blu.
Per quale motivo aveva usato bottoni di quel colore? Gli occhi di sua
madre non erano blu… e fu nel notare quel piccolo
particolare che finalmente capì cosa la legasse a
quell’orrenda bambola, il motivo per cui non poteva gettarla
via.
“Adesso ho capito…” disse in un sussurro.
“Che cosa?”
Eleanor si girò verso di lui e le mostrò la
bambolina: “Questa non è mia madre…
sono io!”
Rock l’afferrò, la guardò per qualche
istante e poi sorrise:
“ Vorrai scherzare? “ disse allegramente
“ Tu sei fatta di porcellana, non di pezza. E hai occhi di
vetro, non bottoni.”
Eleanor rise insieme a lui, prima di riappropriarsi della bambola e
gettarla dall’altra parte della stanza.
Rock le passò le afferrò il viso tra le mani e
con le dita cancellò i solchi delle lacrime.
“Non voglio più vederti piangere così.
Promettimelo!”
“Te lo prometto.”
Il ragazzo azzerò la distanza tra i loro volti e la
baciò a lungo.
“Eleanor?” mormorò dopo che si furono
separati. “Sto cercando di trovare le parole giuste, ma credo
mi toccherà usare le tue.”
Lei si corrucciò senza capire.
“Mi spiego meglio…. Mi sento veramente un bastardo
a pensarla così, ma la tua tragedia è stata la
mia salvezza.” Disse usando le stesse parole che Eleanor
aveva usato per parlare di Evan. “Tutto ciò che ti
è accaduto, tutte le cose brutte che ti sono successe, ti
hanno portato a me. “
Eleanor sorrise, arrossendo appena. Cercò di guardarlo con
occhi severi, ma era qualcosa che andava ben oltre al di là
delle sue capacità.
“ Eh, si!” disse con ben poca convinzione.
“Non c’è che dire. Sei proprio un
bastardo!”
“E tu che pensavi fossi un angelo!”
“Sei entrambe le cose… “ disse
un attimo prima di riappropriarsi delle sue labbra.
Le parole sfuggirono quasi silenziose dalla bocca di Rock, ma il loro
effetto fu immediato :
"...ti amo."
Lei lo fissò atterrita.
“Che … che cosa hai detto?” chiese con
un filo di voce.
Lui ridacchiò della sua insicurezza: “Mi hai
sentito benissimo. Non fare finta di non aver capito.”
Nemmeno le permise di rispondere. La baciò con passione
senza sentire il bisogno di sentirsi ripetere a sua volta quelle
parole. Non ce n’era alcun bisogno. Sapeva di essere
contraccambiato. Bastava notare il luccichio dei suoi occhi color
oceano per capire che le parole non servivano.
Lei non sarebbe mai più stata di nessun altro. Soltanto sua.
***
Ciao
a tutte!
Non
avete idea dell'epopea per scrivere questo capitolo
ç__ç. Immagino abbiate notato che ho ritardato di
una settimana, vero???? ^^''''''
Beh,
tutta colpa del natale. Regali regali e ancora regali. E poi, parenti
parenti e ancora parenti. Insomma non ho avuto materialmente il tempo
di aggiornare. Potrete mai perdonarmi???
Però
vi imploro di commentare. Non fatemela pagare privandomi delle
recensioni, vi prego. Casomai riempitemi di mail minatorie XD!!!!!!!
E
aggiorno proprio il giorno del mio compleanno. E' il 28 dicembre da
esattamente 8 minuti XD... giuro, ke manco ci avevo pensato... e
vabbè.
Cmq,
spero vi sia piaciuto questo capitolo. Ah, prima che mi scordi, la
scena che avevo promesso l'ho spostata. FOrse sarà nel
prossimo, o nel prossimo ancora chissà....
Un
anticipazione del chap12 : largo spazio a Rap!!!!! Non posso dire
altro, mi dispiace!
Ringraziamenti:
Felicity89: Ecco
qua. mistero "mamma di eleanor" risolto. SOddisfatta??? Heavy piace a
tutte, ho notato. Bene sono contenta e mi dispiace che lui nn
ci sia in questo capitolo... mi rifarò prometto!
Mana_chan: Hihihi
come ho detto, il cap su Rap sarà la prox volta. resisti
ancora un po' dai!!!! E x quanto riguarda la tua teoria...mmmh...
potresti aver indovinato qualcosa, o forse no. O magari sei solo sulla
strada giusta, o forse è tutta una mia tattica per
confondervi mwuahahahhaha!!!! Continua ad elaborare! ciaooo
Come
mai solo 2 recensioni???? Io mi preoccupo. COs'è successo?
Cosa ho combinato?????????? ç__ç
Ringrazio
tantissimo chi mi ha aggiunto ai preferiti e chi ha solo letto. Spero
sempre in una vostra recensione ma nn importa.... però
ricordatevi ke è il mio compleanno ^^....
Ci
vediamo la settimana prossima
Ciao!!!!!!!!!!
Ayleen
|
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Capitolo 12 *** Strega! ***
Solo un paio d'ali - capitolo12 - Strega!
CAPITOLO
DODICI
Strega!
Fu una lunga notte per
Eleanor. Una notte agitata e per nulla ristoratrice.
Tutto ciò che aveva rivissuto quella sera, l’aveva
torturata anche nel sonno, braccandola e tormentandola.
Sapeva che non avrebbe dovuto fare altro che aprire gli occhi per
sfuggire e salvarsi da quell’orrore, ma non ci riusciva. E
più ordinava al proprio cervello di riattivarle i sensi,
più quelli l‘abbandonavano. Era imprigionata, sola
e senza alcuna via di fuga, in balia di se stessa.
Ma qualcosa finalmente la guidò fuori da
quell’inferno. Lei sorrise prima ancora di rendersi conto di
essere riuscita a fuggire… Il fantasma di un respiro sulle
sue labbra, qualcosa di morbido e immensamente famigliare che le
premeva sulla fronte, un leggero movimento del letto…
Come sempre, il suo angelo custode l’aveva salvata ancora una
volta. Probabilmente, senza nemmeno rendersene conto.
E lei potè infine godere di un sonno privo di incubi, privo
di sogni. Privo di tutto.
Ma quando aprì gli occhi, ancora umidi di lacrime, non
trovò nessuno sdraiato al suo fianco. E dire che dopo una
notte terribile aveva almeno sperato di svegliarsi specchiandosi negli
occhi del suo angelo, e invece quando aveva allungato il braccio non
aveva trovato nessuno disteso vicino a lei.
La sua sagoma era ancora impressa sul materasso, il cuscino ancora
caldo. Eleanor lo afferrò e lo strinse più forte
che potè. Inspirò a fondo l’odore di
Rock, immaginando per un secondo che lui fosse lì
…
Si addormentò di nuovo, cullata dal suo profumo e quando si
risvegliò, poco più tardi, era ancora sola in
quel letto.
Sospirò tristemente e decise di alzarsi.
Sbadigliò un paio di volte, si vestì in fretta e
uscì per raggiungere i bagni. C’era fin troppo
silenzio per i corridoi, tanto che per un attimo le venne il sospetto
di essere da sola.
Dov’erano tutti?
Si lavò il viso con l’acqua gelida, per
riacquistare più in fretta lucidità e
funzionò anche fin troppo bene. Si ritrovò a
rabbrividire dal freddo.
Tornando nel corridoio lasciò vagare distrattamente lo
sguardo fuori dalla finestra. In mezzo al paesaggio innevato,
notò una figura immobile nel cortile. Le dava le spalle ed
era seduta su una delle altalene. Non le ci volle molto per
riconoscerlo.
Rap?
Fuori c’era il gelo e lui non era affatto vestito a dovere.
Indossava abiti per nulla pesanti, le sue mani erano libere da guanti e
non c’era nulla a proteggerlo dal freddo abbraccio
dell’inverno. Nessuna sciarpa, nessun berretto, nessuna
giacca. Niente.
Era forse pazzo? Aveva intenzione di prendersi una polmonite? O era
semplicemente un masochista? Conoscendo Rap, poteva essere tutte e tre
le cose…
Eleanor tornò nella sua stanza e si sedette sul letto.
Una specie d’istinto quasi materno le suggeriva di andare da
lui e portargli qualcosa di caldo da indossare. Non seppe spiegare bene
quell’improvviso senso di protezione che la
investì in pieno…
Si sarebbe ammalato se fosse rimasto la fuori. Non riusciva a pensare
ad altro.
Ma Rap non avrebbe mai ascoltato i suoi consigli. Lui non ascoltava mai
nessuno. Faceva quello che voleva, anche se sbagliato e imprudente.
Poi, le tornò in mente la sera prima. Lui l’aveva
vista piangere… no anzi, l’aveva vista disperarsi.
Piangere era un termine troppo riduttivo date le circostanze.
Sicuramente aveva chiesto spiegazioni a Rock e chissà se ne
aveva ottenute…
Eleanor sperava davvero che Rock si fosse tenuto tutto per
se’, ma Rap era il suo migliore amico e, quasi certamente,
tra loro due non esistevano segreti abbastanza grandi da non poter
essere svelati.
Non lo avrebbe mai ammesso apertamente, ma lei soffriva parecchio per
l’indifferenza di Rap.
Le sarebbe piaciuto avvicinarsi un minimo a lui; lenire una minima
parte di quel tormento che gli straziava gli occhi color della pece;
provare a farlo ridere, soltanto un pochino… chiedeva forse
troppo? Si, in effetti si.
Ma da quando in qua era un reato desiderare l’impossibile?
Senza starci troppo a pensare, Eleanor si avvolse la sciarpa attorno al
collo, si mise i guanti e la giacca e, facendo un paio di respiri
profondi per farsi coraggio, uscì dalla sua stanza diretta
in cortile.
***
“E’ una cosa
che non ti riguarda, stanne fuori!”
Le parole che Rock gli aveva rivolto quella mattina presto, rischiavano
di farlo impazzire.
Rap aveva provato a far volgere altrove la sua attenzione, ma in
verità lui non era mai stato molto bravo nel distrarsi.
C’era solo una cosa, solo un pensiero che avrebbe potuto
aiutarlo in quella impresa, ma lui non osava nemmeno prenderlo in
considerazione. Eppure, nonostante lui stesse in ogni modo cercando di
liberarsene, quel pensiero non aveva alcuna intenzione di
abbandonarlo…
Ed ecco che, senza quasi rendersene conto, commise l’errore
di chiudere gli occhi.
Non incontrò l’oscurità dietro le sue
palpebre, ma un volto. Un volto spaventato e in lacrime, incorniciato
da boccoli rossi e ribelli; due occhi verdi sopra un viso bianco lo
fissavano imploranti e luccicanti.
“Aiutami, ti
prego! “
Quella voce fin troppo nitida, fin troppo marchiata a fuoco nei suoi
ricordi, lo convinse a riaprire gli occhi. Ma nemmeno il bianco
immacolato del prato che trovò davanti a se’,
riuscì a calmarlo.
La solita, consueta ondata di dolore lo travolse. E lui, come sempre,
scaricò tutta la sua sofferenza sul labbro inferiore che
morse fino a far sanguinare.
Il bruciore provocato dalla ferita, fu un vero toccasana. Per qualche
istante si concentrò sul suo labbro, lasciando perdere tutto
il resto. Ma quel volto piangente tornò a tormentarlo
ancora, e ancora, e ancora, senza che lui potesse rimediare in alcun
modo.
Basta! Urlò
dentro di se’. Basta!
Basta!
Non si rese conto di non essere più solo in quel cortile
innevato. Non sentì la neve scricchiolare sotto dei passi
incerti alle sue spalle. Ne’ tantomeno quella voce timida ed
esitante che lo chiamava.
Quel volto non voleva abbandonarlo. E più lui provava a
cancellarlo, più quell’immagine si faceva chiara e
nitida nella sua testa. Serrò gli occhi e
appoggiò la fronte ad una delle catene
dell’altalena, martoriandosi ulteriormente il labbro
già sanguinante.
Qualcosa si posò sulla sua spalla. Immediatamente, lui si
ritrasse a quel tocco e, miracolosamente, quel viso che tanto lo
tormentava, scomparve. Anzi, no. Venne semplicemente rimpiazzato.
Gli occhi verdi si fecero di un intenso blu, i capelli ricci divennero
lisci e da rosso fuoco si tinsero di un nero lucente. Solo il pallore
della pelle rimase immutato.
Eleanor lo fissava, accigliata dalla preoccupazione.
“Ti senti male?” domandò con voce
malferma.
Rap non rispose, ancora scosso dal viso della ragazza nei suoi
pensieri. La sua immagine era sparita. La sua mente era libera,
finalmente. Impossibile descrivere il sollievo che ne
scaturì…
“…Rap?” lo richiamò lei.
La guardò e non capì il motivo
dell’apprensione sul suo volto. Qualcosa di estremamente
intangibile lo investì in pieno. Una sensazione a dir poco
fastidiosa per uno come lui. Si avvicinava parecchio alla gratitudine.
Eleanor lo aveva liberato, senza nemmeno rendersene conto.
Doveva ringraziarla? … no, certo che no. Anche se lo avesse
fatto, lei non avrebbe mai potuto capire.
“Ti esce sangue…” mormorò
lei, sfiorandosi il labbro.
Il ragazzo si accorse solo in quel momento del rivolo caldo che gli
scendeva fino al mento. Si ripulì con il dorso della mano
destra e se la ritrovò sporca – forse anche troppo
– di rosso.
“Che cosa vuoi?” domandò bruscamente,
senza degnarla di uno sguardo.
Lei lo fissò risentita:
“…niente.”
“E allora cosa fai qui?”
“Ero solo… preoccupata.”
Rap non credette alle proprie orecchie.
Preoccupata?
Per quale motivo avrebbe dovuto essere preoccupata per lui? Dopo tutto
l’impegno che aveva messo nel starle alla larga, nel non
considerarla neanche, nel trattarla peggio di un’estranea,
lei ora si preoccupava?
No! Non poteva accettarlo. Non c’era alcuna logica in quel
comportamento.
“Sparisci!” esclamò seccamente.
La vide abbassare lo sguardo, rattristata. Esultò dentro di
se’ per quella reazione. Se ne sarebbe andata e lo avrebbe
lasciato solo, proprio come lui desiderava.
Ma stranamente, Eleanor non sembrava per nulla intenzionata a fuggire
da lui. I suoi occhi brillavano, velati di lacrime trattenute a stento.
Senza rivolgergli la parola, la ragazza andò a sedersi
sull’altalena accanto alla sua. Prese a dondolarsi
lentamente, senza mai staccare le punte dei piedi da terra, gli occhi
fissi sul manto nevoso.
Non era possibile! Perché non se ne andava? Lui non la
voleva intorno. Cosa doveva fare ancora per togliersela dai piedi?
Quale insulto doveva inventarsi per costringerla a scappare piangendo?
Una brutta parola da rivolgerle la trovò, ma gli
morì sulle labbra quando si accorse che lei lo fissava,
sinceramente in pena.
“Ti prenderai qualche malanno.” Disse, accennando
un debole sorriso, appena visibile. “Dovresti
coprirti.”
L’ondata di dolore lo investì di nuovo, questa
volta con maggiore intensità. Quelle parole…
quelle raccomandazioni, non era la prima volta che gli venivano
rivolte.
E ancora una volta, il volto della ragazza dai capelli rossi e gli
occhi verdi, gli invase la mente. Ma non c’erano
più lacrime a solcarle le guance. La sua espressione era
leggermente corrucciata, in un inutile tentativo di apparire
autorevole. La sua voce prese a rimbalzargli in testa:
“Non va bene,
Rap! Ti ammalerai. Dovresti coprirti di più! Possibile che
tu non senta mai freddo?”
“Sta zitta!” sbottò stizzosamente,
rivolto ad entrambe.
Eleanor non osò più fiatare, ma non
accennò ad andarsene. Rimase inchiodata a quella dannata
altalena, neanche ci fosse incollata!
La sua presenza era insopportabilmente fastidiosa, ma se almeno
riusciva a tenere quel becco starnazzante chiuso, avrebbe anche potuto
dimenticarsi di lei. Ma ovviamente, quel benedetto silenzio
durò per troppo poco.
Doveva essere un difetto genetico femminile. Nessuna di loro riusciva
mai a rimanere zitta per più di dieci secondi.
“Rap, ascolta…” mormorò
esitante. “…io lo so di non piacerti.”
Tu non sai proprio
niente, razza di stupida!
“… però, non ne capisco il
motivo.” Continuò imperterrita, irritante quanto
il ronzio insistente di un insetto in piena notte. “In fondo,
io non ti ho fatto niente. Dico bene?”
Si vide costretto ad assecondarla. Probabilmente era l’unico
modo per far cessare quell’ insopportabile cicaleccio.
“Non c’è un motivo.”
Sbottò sgarbatamente. “E così facendo
non fai altro che peggiorare la situazione. Voglio solo che tu mi stia
alla larga!”
Rap scattò in piedi e la fissò pieno di astio.
Eleanor però, non parve intimidita dal suo atteggiamento.
Piuttosto, la sua attenzione sembrava concentrata sulle mani di lui
strette a pugno,lungo i fianchi.
“Hai lei mani mezze congelate.” Osservò,
senza fare caso al suo sguardo truce. “Sono quasi
viola.”
Come tutta risposta, il ragazzo se le infilò in tasca e
sbuffò infastidito prima di voltarsi e sparire dentro la
vecchia scuola.
***
Perché non riescono
mai a starsene al loro posto?
Rap sbattè con forza la porta della sua stanza, facendo
vibrare la parete.
Maledette donne!
Si sdraiò sul letto, portando lo sguardo assente al
soffitto. Alzò le mani davanti al viso e dovette ammettere
che non avevano un colorito molto sano. Erano vicine all’
assideramento. Ma poco importava, dal momento che lui non sentiva
più nulla. Ne’ il freddo dell’inverno,
ne’ l’afa dell’estate lo sfioravano. Ogni
sensazione lo aveva abbandonato da parecchio tempo.
Sbuffò prima di sistemare le mani violacee dietro la nuca.
Sperò che il confine della porta bastasse a separarlo
definitivamente da quella fastidiosa ragazzina.
Cosa diamine le era preso quella mattina? Non gli aveva mai rivolto la
parola e lui di questo ne era stato molto incoraggiato. Era proprio per
quella indifferenza che aveva permesso ad Eleanor di restare.
“La
terrò lontana da te, te lo prometto.”
Rock non era riuscito a mantenere la promessa fatta la sera che era
tornato mano nella mano con lei. Eppure, il loro non era stato un patto
così complicato da rispettare: Rock avrebbe fatto mantenere
le distanze ad Eleanor, e lui avrebbe permesso loro di stare insieme
senza interferire in alcun modo.
L’idea non era venuta a loro due. Era stato Metal a proporla
per primo e a Rap era pure toccato ringraziarlo…
Era convinto che trattandola in malo modo, si sarebbe guadagnato tutta
la sua antipatia e fino a quel momento era sicuro di esserci riuscito.
Malgrado ciò, Eleanor quella mattina si era messa a fare la
gentile con lui.
Perché? Che cosa voleva ottenere? Qual era il suo vero
scopo?.. si, perché Rap sapeva bene che tutte le donne del
mondo, giovani e non, agivano sempre spinte da secondi fini. E
sicuramente Eleanor, nonostante quel visetto innocente, non era diversa
dalle altre.
Aveva già in pugno il suo amico Rock, ridotto ormai ad un
burattino nelle sue mani. Lo aveva prima impietosito, poi affascinato
ed ammaliato, ed infine completamente stregato.
Ma come biasimarlo, dal momento che pure lui era stato
vittima di una strega simile ad Eleanor? … Anzi, no. Rap era
tuttora una vittima.
Ci stava provando a cancellare i segni di quella relazione che lo aveva
quasi ucciso, svuotandolo di ogni sensazione positiva, ma non esisteva
rimedio ai sortilegi di quelle streghe!
Ed Eleanor era esattamente come colei che lo aveva ridotto in quella
penosa condizione d’insensibile ed insignificante
ameba…
Due colpi alla porta rischiarono di farlo urlare dalla rabbia.
“Vuoi lasciarmi in pace, maledizione? Và
via!” esclamò, nel modo più
sgarbato possibile.
Non ottenne risposta. La porta si aprì lentamente e il
visetto innocente e pericoloso di Eleanor fece la sua comparsa.
Rap trattenne a stento un’imprecazione niente affatto carina.
“Solo perché non c’è Rock,
nessuno ti dà il diritto di venire a scocciare me!”
L’espressione di Eleanor era diversa dal solito. Rap
stentò quasi a riconoscerla. Non era timida ed insicura,
come suo solito, ma carica di risolutezza e determinazione.
“Non me ne andrò finchè non mi dirai
che problema hai con me!” dichiarò decisa,
incrociando le braccia a sottolineare la sua intenzione di non
andarsene prima di aver ottenuto ciò che voleva.
Non era un atteggiamento da Eleanor. Quello era un aspetto di lei che
non conosceva e per un attimo ne rimase spiazzato.
Il sortilegio stava avendo inizio… Ma non era troppo tardi.
Poteva ancora salvarsi.
Prima regola: non
guardarle mai in faccia!
Senza chiedere il permesso, Eleanor entrò e
s’inginocchiò accanto al letto. Lui non le rivolse
nemmeno uno sguardo, troppo concentrato ad analizzare il soffitto della
stanza.
“Che cosa ho fatto per farmi odiare tanto da te?”
domandò, riacquistando in parte la sua insicurezza.
Rap non seppe come comportarsi. Se avesse risposto, sarebbe stato
l’inizio di una lunga – e per nulla gradita -
chiacchierata, però alla fine lei lo avrebbe finalmente
lasciato in pace. Se fosse rimasto in silenzio a fissare il soffitto
invece, lei lo avrebbe torturato chissà per quanto.
Alla fine, non aveva molta scelta.
“Io non ti odio. “ disse pacatamente. “Ma
nemmeno ti stimo. Semplicemente, tu per me non esisti.”
“Ma perché?” insistette lei, alzando la
voce di qualche ottava.
Con un sospiro, cercò di mantenere il controllo e non
buttarla di peso fuori da quella stanza. Desiderava troppo rimanere
solo e quel bisogno prevalse sulla ragione. A malapena si accorse delle
proprie parole:
“Perché non voglio più avere
legami!”
Era convinto di averlo solo urlato nella sua mente, ma
l’espressione confusa e afflitta di lei, gli
confermò di averlo detto ad alta voce. Se ne
pentì all’istante. Nessuno – Rock
escluso – doveva condividere il suo dolore.
“Ora, vattene.” Le intimò, a denti
stretti.
Non servì a molto. Eleanor non accennò a
rimettersi in piedi. Lo fissava dispiaciuta, riservandogli sguardi
carichi di quella che aveva tutta l’aria di essere pura
pietà.
“E non guardarmi così!” queste ultime
parole, sembrarono più una supplica che altro ed
evidentemente, lei se ne accorse.
“E’ a causa di quella ragazza?”
domandò, senza accogliere nessuna delle sue richieste.
“La ragazza con cui stavi prima?”
Colpito e affondato!
Maledetto intuito
femminile!
Ma era davvero solo intuito?... No. Rap ne era sicuro. Rock non si era
risparmiato con lei e le aveva raccontato ogni cosa. Certo, avrebbe
dovuto immaginarselo, ma la delusione fu comunque forte.
Come aveva potuto renderlo protagonista della insopprimibile voglia di
pettegolezzi di quella piccola e maledetta strega che aveva di fronte?
Per la seconda volta in tutta la sua vita, Rap sentì
l’irrefrenabile bisogno di riempirlo di botte…
cancellò in fretta quel pensiero. Non sarebbe accaduto di
nuovo! Nessuna piccola strega li avrebbe di nuovo messi uno contro
l’altro. Se l’ero ripromesso tempo addietro e non
aveva alcuna intenzione di infrangere quella promessa.
“Come si chiama lei?” domandò Eleanor,
inaspettatamente.
Non sapeva il suo nome? Com’era possibile? Allora forse,
aveva tratto conclusioni troppo affrettate su Rock.
Eleanor lesse la confusione nel suo sguardo e, probabilmente,
capì quali pensieri e sospetti stessero passando per la
testa a Rap.
“Rock non parla mai di te. Non mi dice mai niente e,
ovviamente, non mi ha detto nulla di questa storia.”
Bene.
Rap tirò un lungo sospiro di sollievo. Rock non
l’aveva tradito. Aveva mantenuto il segreto… forse
Eleanor non era poi così brava ad ammaliare le persone.
“Però voglio che tu sappia che prima o poi lo
farà. Mi dirà tutto, me lo ha promesso.
E’ solo questione di tempo!”
“Che cosa?” la domanda di Rap fu raggelante.
Eleanor sussultò, indietreggiando impercettibilmente.
“Abbiamo fatto un patto…”
mormorò, intimidita dal suo sguardo ostile.
“… se io gli avessi detto tutto di me, lui avrebbe
fatto altrettanto… e io so benissimo che nella sua storia
centri anche tu e, soprattutto, quella ragazza di cui nessuno vuole mai
parlare!”
Questa volta sì che si trattò d’intuito
femminile!
Non era da Rap alzare le mani su una ragazza. Per quanto le odiasse,
era qualcosa che andava contro i suoi principi, ma in
quell’occasione, poco ci mancò che non si
avvalesse della forza per scacciarla. Fu esclusivamente il pensiero del
suo amico Rock a fermarlo in tempo. Di certo, non l’avrebbe
presa tanto bene…
Ma doveva fare qualcosa! Doveva farla uscire da quella stanza! Doveva
allontanarla da se’!
Inutile. Ogni tentativo sarebbe risultato inutile, perché
loro – le donne – vincevano sempre. Come potevano
essere così deboli fisicamente, e così forti
caratterialmente?
Dei mostri; ecco cos’erano.
C’era solo un modo per mandare via Eleanor, anche se
ciò avrebbe decretato lei – la donna - vincitrice
di quello scontro. E come al solito, sarebbe stato lui –
l’uomo – a soccombere.
Nessun orgoglio, nessuna dignità. Con quelle streghe
intorno, quelle due parole perdevano ogni significato.
“…Marika.” sospirò,
disperatamente rassegnato.
Lei alzò gli occhi su di lui e sorrise leggermente, godendo
del proprio trionfo.
Sarai contenta
adesso…
“E’ così che si chiama?”
domandò, scatenando in lui una crescente irritazione.
Non farmelo ripetere!
***
L’occhiataccia di Rap fu decisamente esemplare.
Eleanor sentì un brivido percorrerle la schiena, nel momento
in cui quegli occhi scuri traboccanti rabbia e tristezza la fissarono.
Era fin troppo chiaro che non era un argomento di cui lui amava
discutere.
In realtà, a ben pensarci, nessuno sembrava volerne mai
parlare. Ne’ Heavy, ne’ Metal, ne’
tantomeno Rock. Eppure, Eleanor era convinta che il giorno in cui Rap
fosse riuscito ad esternare quel dolore che si teneva dentro, le cose
tra loro sarebbero solo che migliorate. E probabilmente, anche gli
altri si sarebbero liberati di un peso.
Riusciva quasi a leggere nella mente di Rap. Mai prima
d’allora l’aveva odiata tanto, non c’era
dubbio. Ma lei cercò comunque di non fare troppo caso al suo
volto al limite della sopportazione. Non si sarebbe arresa tanto
facilmente.
“E dov’è adesso?”
domandò, tentando di mantenere un’aria pacata.
Rap non rispose. Riportò lo sguardo al soffitto e strinse le
labbra.
Brutto segno…
pensò Eleanor, notando la sua espressione sfigurata dal
tormento.
“Che razza di domande fai?” proruppe Rap, infine.
“Se n’è andata! E’ ovvio che
non so dove sia!”
La ragazza ebbe la vaga sensazione che lui stesse tralasciando qualche
dettaglio di estrema importanza. Non era certa che avesse detto la
verità, ma era contenta di averlo fatto parlare. Anche se si
trattava di una bugia, era riuscita nel suo intento.
“E non hai mai pensato di andare a cercarla?”
A quelle parole, Rap scattò seduto e le indirizzò
un’occhiata a dir poco raggelante.
“Te lo chiedo perfavore.” Mormorò a
denti stretti “Vattene!”
Eleanor cercò di non farsi intimidire troppo.
“Rock mi dirà tutto, comunque!”
esclamò con tono di sfida, tradita però dal
leggero tremolio della sua voce.
“ E allora perché scocci me? Vai da lui e fatti
raccontare tutto, ma lascia in pace me!”
Intuendo da se’ che per quel giorno poteva bastare
così, Eleanor si alzò in piedi. Ci sarebbe voluto
del tempo, ma in qualche modo sarebbe riuscita a farselo amico.
Prima di andarsene però, si rivolse a lui ancora una volta:
“Lo sai?” fece, ad un passo dalla porta, la sua
mano già sulla maniglia “Non è
privandoti dei legami che soffrirai meno…”
Ovviamente, lui non rispose. Forse era una cosa buona. Significava che
l’aveva lasciato senza parole. Avrebbe voluto voltarsi e
leggere la sua espressione, ma capì di essersi trattenuta
anche troppo. Era meglio lasciarlo alla sua tanto agognata solitudine.
Era impensabile che una ragazza avesse potuto fare tutti quei danni.
Questa Marika era anche peggio di lei in quanto a disastri.
Chissà se almeno se n’era resa conto?
Chissà se si era mai pentita di averlo lasciato? Se pensava
a Rap almeno la metà di quanto lui pensava a lei?
Un po’ riusciva a capirlo Rap. Comprendeva la sua ostinazione
nell’evitare gli altri. Aveva paura di soffrire per eventuali
separazioni. Anche lei era stata vittima delle stesse paure per
anni… ma sbagliava! E in un modo o nell’altro
glielo avrebbe fatto capire!
***
Il pomeriggio trascorse lento. Anche troppo lento. Ogni minuto durava
un’eternità e le ore parevano infinite.
Eleanor rimase in cortile quasi tutto il giorno, sperando di continuo
di vedere tornare Rock.
Quando aveva intravisto Heavy e Metal si era rallegrata, convinta che
lui fosse con loro, ma apprese con sconforto che erano da soli.
Non sapeva dove lui fosse. Avrebbe voluto chiederlo a Rap, ma il
ragazzo si era chiuso in un silenzio impenetrabile. Sembrava talmente
assorto nei propri pensieri che probabilmente, non l’avrebbe
neanche sentita.
Fortuna che era tornato Heavy. Con lui intorno, il tempo sarebbe stato
più sopportabile.
Il ragazzo biondo si sedette con lei sui gradini del cortile.
Stranamente, Metal si unì a loro. Eleanor ne fu molto
sorpresa, ma anche contenta.
Metal in genere, la evitava nello stesso identico modo in cui faceva
Rap. Forse si era finalmente deciso a farsi leggermente più
socievole nei suoi confronti. Comunque fosse, non poteva che essere una
cosa positiva.
Aveva chiesto ad entrambi se sapessero dove fosse Rock, ma nessuno dei
due parve saperlo. Eleanor non raccontò nulla di
ciò che era accaduto quella mattina tra lei e Rap. In
qualche modo sapeva che era meglio tenersi tutto per se’.
Heavy però, si comportava stranamente con lei. Non era
allegro come al solito. Nessuna battutina deprimente la costrinse a far
finta di ridere. Non era da lui fare così. La somiglianza
con suo fratello Metal non le piacque per niente.
“Heavy, stai bene?” gli domandò, alla
fine.
Lui parve sorpreso da quella domanda:” Si,
perché?”
“Sei strano. Sembri preoccupato per qualcosa.”
Non le sfuggì lo scambio di sguardi fra i due fratelli.
“Non è niente.” Si limitò a
dire Heavy.
“No. Non ci credo!”
Quasi si spaventò quando sentì la voce di Metal
rivolgersi proprio a lei.
“E’ solo che ti abbiamo sentito.” Disse
senza guardarla.
“Come?” Eleanor parve sinceramente confusa da
quelle parole. “Mi avete sentito fare cosa?”
Heavy rispose stringendosi nelle spalle :
“Piangere…”
Eleanor distolse immediatamente lo sguardo, arrossendo. Si strinse le
ginocchia al petto :
“Mi dispiace di avervi tenuti svegli…”
mormorò, con tono vagamente colpevole.
Quindi l’avevano sentita tutti!
Rock aveva assistito a tutta la scena, Rap l’aveva vista per
qualche istante, Heavy e Metal si erano limitati ad ascoltarla.
Evidentemente, la discrezione non faceva decisamente per lei.
“Non serve che ti scusi.” Disse Heavy, gentilmente,
le labbra tirate in un sorriso sforzato. “Piuttosto, stai
bene adesso?”
Eleanor annuì soltanto e preferì chiudere
lì il discorso. Ringraziò mentalmente i due
ragazzi che parvero cogliere la sua poca voglia di parlare e rimasero
in silenzio.
Quando loro tornarono dentro, lei non si mosse. Rimase imperterrita
seduta su quei gradini ad attendere il ritorno del suo angelo.
Ma per quanto si sforzasse di pensare unicamente a lui, i suoi pensieri
erano costantemente rivolti anche a Rap.
Strano come il timore nei suoi confronti, fuso insieme ad una buona
dose di curiosità, avesse fatto nascere in lei
un’emozione simile all’attaccamento…
sentiva di doverlo aiutare. Non aveva idea di come riuscirci, ma ci
sarebbe riuscita! Voleva farlo anche per Rock.
Aveva notato che la loro amicizia si era gravemente incrinata dal
giorno del suo arrivo e il senso di colpa si stava facendo davvero
insopportabile. Doveva rimediare al suo ennesimo disastro!
***
“Quella è pazza, te lo dico io!” Rap era
a dir poco furioso. “Non riesco a capire come faccia Rock a
sopportarla!”
Metal si limitava ad ascoltarlo in silenzio, senza obiettare.
Rap non era uno a cui serviva ricevere sempre una risposta. Gli bastava
che qualcuno lo ascoltasse e di tanto in tanto annuisse, tutto qui. E
Metal fece esattamente questo. Senza nemmeno guardarlo annuiva ad ogni
sua osservazione, senza dire nulla.
Quello era il segreto per andare d’accordo con Rap!
“D’ora in avanti, Rock se la deve portare dietro.
Non voglio più che mi lasci nelle sue grinfie!”
Heavy intervenne, infrangendo la regola dell’ “ascolto silenzioso
“.
“Davvero la faresti andare con lui laggiù? Dopo
stanotte?”
Per la prima volta, Heavy lasciò Rap senza parole.
Il ragazzo ripensò alla sera precedente, quando cercando
Rock, lo aveva trovato intento a consolare una Eleanor a dir poco
disperata.
Vederla in quello stato lo aveva mandato in subbuglio. Non gli era
sembrata tanto pericolosa in quel momento. Solo piccola, insignificante
e terribilmente fragile. Per un attimo aveva addirittura temuto che
l’abbraccio di Rock avrebbe potuto spezzarla a
metà…
Non gli era parsa affatto una strega, in quel frangente. Ma quella
mattina si era dovuto ricredere.
Si, lo era eccome!
La stanza di Heavy e Metal era proprio accanto a quella di Rock. Le
pareti erano sottili e loro, seppur senza volere, avevano sentito le
vicissitudini di Eleanor.
Metal aveva raccontato tutto a Rap. Non l’aveva fatto tanto
per avere qualcosa su cui spettegolare, ma semplicemente per permettere
all’amico di vedere quella ragazza sotto un’altra
luce. E in parte c’era riuscito.
Ma Eleanor aveva rovinato tutto quella mattina, impicciandosi di cose
che non la riguardavano! Eppure, nonostante la rabbia che provava nei
suoi confronti, Rap si trovò d’accordo con Heavy.
Rock era andato in un posto che sicuramente Eleanor detestava. Era
andato laggiù per verificare una certa cosa di cui lei non
doveva assolutamente venire a conoscenza.
“Hai ragione…” dovette ammettere, seppur
a malincuore. “Non le farebbe piacere rivedere
quell’istituto.”
“Farle piacere, dici?” continuò Heavy,
fin troppo coinvolto emotivamente “La
distruggerebbe!”
Ne’ Rap, ne’ Metal fecero commenti sulle apparenti
lacrime che premevano ai suoi occhi. Heavy era troppo sensibile, troppo
buono per fare il duro. La storia di Eleanor l’aveva colpito
molto e per tutto il giorno non aveva fatto il buffone. La
capacità di ridere di fronte ad ogni cosa, lo aveva
temporaneamente abbandonato.
Difficile ammetterlo, ma Rap preferiva di gran lunga il vecchio Heavy.
Nessuno era bravo quanto lui ad allentare la tensione. Quello nuovo era
terribilmente irritante. E sicuramente anche Metal pensava lo stesso!
“Pensi che Rock glielo dirà?”
domandò Metal all’improvviso, guadagnandosi
immediatamente l’attenzione degli altri due.
Rap sospirò: “A questo punto, perché
non dovrebbe? Lei non si è risparmiata nel raccontargli
tutto di se’. Sicuramente, adesso lui farà lo
stesso..”
“La farà scappare.” A nessuno
sfuggì la leggera nota di rimpianto nella voce di Metal.
“Probabilmente si.”
Heavy fissò malamente Rap: “Già,
immagino che sollievo sarebbe per te, non è vero? “
“Stai zitto!” lo ammonì il fratello.
“Eleanor è una ragazza strana. Le sue reazioni
sono sempre, come dire, imprevedibili Non è detto che se ne
andrà.”
Ma nessuno credette a quelle parole, soprattutto Heavy:
“Oh andiamo!” sbottò “Credi
che continuerà a restare qui se scoprisse quello che abbiamo
fatto?”
“Quello che HO fatto!” lo corresse
all’istante Rap, con occhi spenti.
Metal sbuffò: “Non attribuirti tutta la colpa. Ti
ricordo che c’eravamo anche noi!”
“E’ stata una mia idea!”
“Si, ma l’abbiamo messa in atto noi! Tutti insieme!
Non credere di poter essere solo tu a fare la vittima!”
Rap lo fulminò con lo sguardo, poi cambiò
discorso all’improvviso:
” Comunque la domanda da porsi non è se
resterà con noi. Dovremmo chiederci se riuscirà a
restare ancora insieme a Rock dopo che avrà saputo la
verità…”
Heavy sembrò non avere dubbio alcuno sulla risposta:
“Io dico di si!” esclamò con convinzione
“Ha una sorta di venerazione nei suoi confronti. Io credo
che, nonostante tutto, possa perdonarlo.”
“E che mi dici di noi?” domandò Metal
“Saprà perdonare anche noi?”
A questo, Heavy non seppe trovare risposta. Abbassò lo
sguardo e si fissò le mani giunte sopra al tavolo della
mensa. Metal incrociò e braccia, facendosi pensieroso.
Rap, in piedi accanto alla finestra, intravide il cancello del cortile
aprirsi.
“Credo che Rock sia tornato.” Disse, stringendo gli
occhi per aguzzare la vista. Si rivolse poi agli altri due.
“Sparite, adesso!” sbottò, con
impazienza. “Devo parlargli da solo!”
“Non è giusto!” si lamentò
Heavy “Anche noi vogliamo sapere se l’hanno
riportata all’istituto!”
Rap gli riservò un’occhiata fredda e penetrante:
“Ho detto di sparire! “
***
Col viso nascosto tra le ginocchia, Eleanor sentì a malapena
il cigolio del cancello.
Tremando dal freddo, alzò appena la testa per dare
l’ennesima occhiata all’ingresso. Non ci sperava
neanche più ormai di vederlo.
E invece, qualcuno c’era che si stava avvicinando. Una
sensazione di appagamento la travolse da capo a piedi. Poco ci
mancò che non scoppiasse a ridere dalla gioia.
Si alzò i piedi e, sfidando la neve alta, corse incontro al
suo angelo, con la stessa foga con cui una cane accoglie il proprio
padrone.
Lui aprì le braccia per accoglierla e lei gli
saltò letteralmente al collo, avvinghiandosi con le gambe
attorno alla sua vita e baciandolo con impeto.
Fu un assalto in piena regola, ma lui parve gradirlo.
“Si può sapere dove sei stato?” gli
domandò Eleanor, non appena lui le diede la
possibilità di riprendere fiato.
Rock la fece scendere: “Ero in missione per Rap.”
Rispose scherzosamente.
Lei lo abbracciò più forte che potè,
affondando il viso nel suo petto:
“Dovevi avvertirmi che saresti stato via tutto il giorno!
“
“L’avrei fatto, sul serio.” Disse lui,
stringendola a se’ “Ma dormivi così bene
che non ho avuto la forza di svegliarti.”
“Tutte scuse!”
Rock ridacchiò, le sollevo delicatamente il viso e la
baciò ancora. Probabilmente era tutta una tattica per farsi
perdonare ed Eleanor ci cascò in pieno!
Quando si separarono, la prese per mano e insieme si diressero verso
l’entrata della scuola. Sulla soglia trovarono Rap.
Eleanor vide Rock corrucciarsi appena. Si fermarono a pochi metri da
lui.
“Ciao Rap.”
Il suo saluto non venne ricambiato, piuttosto ignorato completamente :
“Allora?” domandò il ragazzo sulla
soglia “Tutto a posto?”
“Tutto a posto!”
“Ti posso parlare un attimo?... In privato!”
Eleanor strinse più forte che potè la mano di
Rock, cercando d’impedirgli di andare dietro a Rap. Non
voleva stare ancora lontana da lui!
Fortunatamente, lui pareva d’accordo.
“Casomai, più tardi!” disse
all’amico, trascinando Eleanor all’interno
dell’edificio. “Adesso ho decisamente altro a cui
pensare.”
Lo sguardo che le lanciò era denso di sottointesi e lei si
sentì arrossire.
Rap fissò l’amico con irritazione, ma non
insistette oltre.
Eleanor non seppe resistere. Senza farsi vedere da Rock, si
voltò verso l’altro ragazzo e gli fece la
linguaccia. La sua espressione sbigottita fu impagabile!
Rap scosse appena la testa e se ne andò.
Eleanor vide qualcosa sul suo volto. Qualcosa che non aveva ancora mai
visto…. Rap aveva abbassato lo sguardo e lei ci avrebbe
scommesso... stava sorridendo.
Un sorriso debole, appena visibile, ma un sorriso vero, privo di
qualsivoglia cinismo. Anche lei sorrise, attirando
l’attenzione di Rock che la guardava perplesso.
“Sono contenta che tu sia tornato!”
esclamò stringendosi a lui.
***
Mi sembra impossibile di essere
riuscita a scrivere questo capitolo!!! E come al solito, non ne sono
ancora soddisfatta... ma Rap è decisamente un "parto" da
scrivere (e dire che l'ho inventato io ^^).
Cmq, spero lo abbiate apprezzato lo stesso!
Cosa è andato a fare Rock all'istituto????? Dai, lo so che
ve lo state chiedendo!!! ... oh, beh! Tanto non posso dirvelo
MWUAHAHAHAHAH!!!!! U_U
Ah giusto, volevo dire che ho stimato di scrivere all'incirca 25
capitoli... ma ovviamente, data la mia lunaticità,
potrebbero aumentare o, perchè no, ridursi. Insomma, nulla
è ancora certo! XD
Riuscirete a sopportarmi per altri 13 capitoli ?????????????????? Mah,
chissa!
RINGRAZIAMENTI:
BabyzQueeny:
Pensa che mi sono sciolta pure io mentre scrivevo quel "ti amo"
maledetto!!! Mi sono immedesimata troppo nei personaggi U_U. La mia
storia una droga????? XD Significa che ti ho bruciato il cervello????
AHAHAH!!! CHiedo venia!!! ^__^ Alla prossima!
Felicity89:
I brividi addirittura? Beh, immagino sia una cosa postiva! XD
fiore di ren : Hai
idea di avermi quasi fatto piangere con la tua recensione????
ç__ç Non sono abituata a simili complimenti!
Io... io ... io... PIANGO DALLA GIOIA!!!!!!!!!!!!!!!!!! E ti stimo
anch'io!!!!!! Grazie grazie grazie!!! ^___^
Nanako: aaaah,
com ti capisco! Anche io ho i parenti che non apprezzano l'arte XD!
CMq, il trucco sciolto ha un certo fascino, no? Io me l'ero fatto per
halloween, quando mi sono travestita da "vittima di vampiro" XDD!!!!!
Cmq, sono contenta che ti sia piaciuto! Auf Wiedersehen!!!!
^_^ (ps: il mio tedesco è un tantino arruginito... l'ho
scritto giusto, vero? O_o'''')
Kyaelys:
Evviva!!! Un nuovo acquisto!!!! Benvenuta benvenuta benvenuta!!!!!! Ti
sei letta tutta la storia d'un fiato???? Povera te! Chissà
ke mal di testa ke ti è venuto!? Spero che questo chap sia
stato di tuo gradimento e GRAZIE GRAZIE GRAZIE per i complimenti!!! ^_^
Mana_chan:
Sei nata il 27???? Grandissima!!! DOvevo immaginarlo che eri del
capricorno come me!!! Hihihi!!! Siamo i migliori!! Cmq, hai ragione...
Rap non è cattivo. In questo capitolo il suo atteggiamento
si è fatto forse più chiaro, ma da questo momento
in poi si farà sempre più luce su di lui....
spero che tutti questi misteri non ti stufino! XD... a volte
può capitare!Ciauuuuu ^_^
Ok, finito!!!
Sono felicissima dei numerosi commenti di questo capitolo. Spero col
cuore che aumentino. Voglio che sappiate che ogni qualvolta mi blocco
(cioè sempre XP), mi apro la pagina delle recensioni e me le
rileggo tutte. I vostri commenti sono la mia forza e vi adoro tutte
quante!!!!!!!!!!!!!!! Mi chiedo ancora come abbiate fatto a resistere
fino al dodicesimo capitolo??? XD Grazie ragazze!!!! Grazie a chi
legge, grazie a chi mi aggiunge tra i preferiti!!! Nemmeno immaginate
cosa significhi per me ^_^
Beh, alla prossima!
Ayleen
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Capitolo 13 *** La prima volta ***
CAPITOLO TREDICI
La prima volta
“Rock, mi dici
dove mi stai portando?”
“Te l’ho già detto. E’ una
sorpresa!”
In effetti, glielo aveva ripetuto circa una ventina di volte, ma
Eleanor non era un tipo molto arrendevole. La curiosità la
stava letteralmente logorando, ma Rock sembrava diventato
improvvisamente immune alle sue espressioni languide e supplichevoli.
Non era certo complicato fare previsioni a riguardo: non sarebbe
riuscita ad estorcergli nemmeno una parola!
Guidata dalla mano del ragazzo, proseguiva alla cieca per
chissà dove. Si… perché oltre a non
averle detto dove la stesse portando, l’aveva pure obbligata
a tenere gli occhi chiusi. Eleanor trovava quel comportamento a dir
poco infantile!
Persa nei propri pensieri, mise un piede in fallo e poco ci
mancò che non cadesse a terra, prendendo in pieno una buca
del marciapiede. Rock l’afferrò prontamente per il
bacino, evitandole un rovinoso ruzzolone.
“Stai attenta a dove metti i piedi!”
esclamò, soffocando una risata che sicuramente lei non
avrebbe gradito.
Eleanor sbuffò: “E mi dici come faccio se non mi
è permesso nemmeno guardare dove li metto i
piedi!?”
Lo sentì ridacchiare: “Coraggio, manca poco ormai.
Siamo quasi arrivati!”
“Voglio sperare che almeno ne valga la pena!”
“Oh puoi starne certa! Ergerai una statua in mio
onore!”
“Addirittura?”
“Vedrai se non ho ragione.”
La tentazione di sbirciare era forte, anche troppo. Ma lei aveva
promesso che non l’avrebbe fatto e non le andava di venire
meno ai patti.
A dirla tutta, la promessa le era stata strappata con
l’inganno.
Lui e i suoi maledettamente splendidi occhi d’angelo!
Eleanor doveva trovare una soluzione per non cadere più
vittima del suo sguardo ammaliatore, ma era più facile dirlo
che farlo. Tutte le sue convinzioni si sbriciolavano ogni volta che lui
la guardava. E anche quella mattina, le cose non avevano minimamente
accennato a cambiare.
L’aveva svegliata con un sorriso che definire sospetto,
sarebbe stato un eufemismo bello e buono; poi, si era messo seriamente
d’impegno nell’intontirla di carezze e baci
più o meno casti e, per finire in bellezza,
l’aveva fissata negli occhi con tutta
l’intensità di cui era capace, domandandole: “Faresti una cosa per
me?”.
Era dannatamente bravo, maledizione! Altro che angelo…!
Sentì la strada cambiare sotto i suoi piedi, facendosi
più sconnessa e friabile. Non stava più
camminando sull’asfalto, ma su quello che aveva tutta
l’aria di essere sterrato.
Finalmente, Rock si fermò.
“Posso guardare, adesso?” chiese immediatamente
Eleanor, impaziente di riacquistare la vista.
“No!” l’ammonì secco, lui
“Dammi un secondo.”
“Per cosa?”
Non ricevendo alcuna risposta, incrociò le braccia
contrariata e sbuffò sonoramente, con la chiara intenzione
di fare bella mostra del proprio disappunto.
Sentì Rock allontanarsi di qualche passo e parlare a
qualcuno:
“Sei tu?” domandò a bassa voce, convinto
che lei non lo sentisse.
Si sentì afferrare per le spalle:
“D’accordo.” Esclamò Rock
allegramente. “Ora puoi aprire gli occhi!”
La ragazza li aprì lentamente, per evitare che il sole
riflesso sulla neve le giocasse brutti scherzi. Rimase accecata per
qualche istante, ma non abbastanza da non riconoscere la persona che
aveva di fronte, a pochi passi da lei: la sua pelle perennemente
abbronzata, i suoi occhi verdi, i suoi ricci che ricadevano morbidi
sulle spalle…
“Sorpresa!” esclamò lui, sorridendo.
“Evan!” strepitò, saltandogli al collo,
rischiando seriamente di farlo cadere.
“Devo dedurre dal tuo entusiasmo che stai bene?”
domandò, quando lei si decise a lasciarlo.
“Alla grande!”
“Sono davvero contento di vederti. Mi sei mancata! Il divano
di casa è così vuoto senza di te.”
Eleanor lo fissò scettica: “Oh certo, come no! La
verità è che ti manca il fatto di trovare la
colazione pronta.”
“E va bene, mi hai beccato!” Scoppiarono entrambi a
ridere.
Quanto le era mancata la sua risata. Soltanto in quel momento
riusciva a rendersene davvero conto…
Inevitabilmente, sentì gli occhi inumidirsi.
“Ma che fai? Non ti metterai mica a piangere,
vero?” la provocò Evan.
Lei rispose colpendolo sul braccio. “Piantala, razza di
scemo!”
Risero ancora ed Eleanor parve dimenticarsi del suo ragazzo che, per
non disturbarli, se n’era rimasto in silenzio alle loro
spalle. Evan invece, parve accorgersi di lui e lo sguardo che gli
riservò non sembrava un granché
amichevole…
“E’ lui il rapitore?” domandò,
privo di qualsivoglia ironia.
Eleanor lo fissò con severità: “Non
chiamarlo così!” esclamò, poggiando le
braccia sui fianchi.
“Ti tiene in ostaggio e neanche te ne rendi conto.”
“Nessuno mi tiene in ostaggio, quindi smettila!”
Eleanor corse da Rock, lo prese per mano e lo costrinse ad avvicinarsi
ad Evan.
“Evan, lui è Rock; Rock, lui è
Evan.” li presentò con un gesto della mano.
I due ragazzi si fissarono per qualche istante, o meglio, si
studiarono. Nessuno dei due pareva intenzionato a cedere ed Eleanor
cominciò a preoccuparsi. Fortunatamente, fu Evan a rompere
la tensione, facendosi di colpo dubbioso:
“Come hai detto che si chiama?” domandò
rivolgendosi ad Eleanor.
Lei scoppio a ridere, mentre Rock si limitò a sogghignare
con sincero divertimento.
“Che c’è da ridere?”
“No, niente.” Gli spiegò lei
“Ma non tentare di farti dire come si chiama. Sarebbe solo
una gran perdita di tempo. Dovrai accontentarti del suo soprannome,
temo.”
Evan tornò a fissare Rock e, questa volta, parlò:
“Non le hai neanche detto come ti chiami?” il suo
tono si era fatto piuttosto aspro. “La porti a vivere con te
e non ti degni nemmeno di dirle il tuo nome?”
Rock non si lasciò intimidire: “Non sono affari
che ti riguardano!” disse senza scomporsi, reggendo il suo
sguardo torvo.
“Lei mi riguarda eccome!”
Eleanor conosceva il temperamento impulsivo di Evan e nel momento in
cui lo vide stringere i pugni, si frappose tra i due, tentando di
ristabilire la calma.
“Evan, va tutto bene.“ Gli disse, cercando di
tranquillizzarlo. “A me non interessa sapere il suo vero
nome, sul serio.”
Oh, che razza di
bugiarda!
Certo che lo era! In realtà, Eleanor avrebbe fatto qualunque
cosa per scoprire il nome di Rock, ma ovviamente, sapendo che quella
sua curiosità non sarebbe mai stata placata, cercava di non
pensarci troppo.
Era solo un nome, in fondo…
“Hei, che succede qui?”
Quella voce improvvisa fece voltare tutti. Eleanor si sciolse in un
grande sorriso nell’incontrare il volto dell’ultimo
arrivato. Istintivamente, gli andò
incontrò per abbracciarlo.
“Nathan! Che bello, ci sei anche tu!”
“E cosa credevi? Che avrei lasciato venire Evan da solo a
godere della tua compagnia? A proposito, scusa per il
ritardo. Dovevo fare una cosa e il tempo è volato.”
Nathan era un ragazzo a dir poco adorabile, uno di quelli che non si
arrabbiano mai. La sua più grande qualità era di
riuscire sempre a trovare il buono di ogni cosa.
Era poco più basso di Evan e di corporatura abbastanza
minuta. I suoi capelli ricordavano molto quelli degli amorini: ricci e
biondissimi. Aveva gli occhi grigi e uno stupendo sorriso che non
negava mai a nessuno. Eleanor non ricordava di averlo mai visto
imbronciato o triste. Lui non mostrava mai ciò che provava
dentro di se’ e, sotto molti punti di vista, era un autentico
mistero. Solo Evan aveva il permesso di entrare nella sua
mente… com’era giusto che fosse, del resto.
Strano che Eleanor non si sentì travolgere dal solito
fastidioso imbarazzo che provava ogni volta che li vedeva insieme. Se
ne stupì a tal punto da concentrarsi per poterlo risentire.
Ma ogni tentativo risultò vano.
Non seppe trovare una spiegazione logica, tuttavia quel cambiamento la
confortò parecchio.
Lo vide spostare l’attenzione su Rock:
“Tu devi essere il famoso ragazzo di cui Eleanor parlava
sempre?”
Eccolo l’imbarazzo! Questa volta lo sentì eccome e
arrossì senza ritegno. E di certo, sentire Rock trattenere a
stento una risata, non l’aiutò per niente.
“Grazie tante, Nathan!” mormorò,
fulminandolo con lo sguardo.
“Che c’è?” domandò
lui, ingenuamente e facendo spallucce. “Non avrai per caso la
faccia tosta di negarlo!”
Eleanor, fingendosi offesa, incrociò le braccia e
tornò accanto a Rock, che non aveva ancora smesso di
sogghignare beffardo. Il ragazzo, dopo averla afferrata per la vita,
avvicinò il viso al suo:
“E così mi hai reso famoso?” le
sussurrò ad un orecchio, facendola rabbrividire.
Nemmeno ci provò a difendersi.
Il rosso vistoso sulle sue gote la comprometteva troppo. Si arrese
così, ad un rassegnato silenzio, concedendosi solamente una
leggera espressione imbronciata.
Nathan si dimostrò più gentile di Evan nei
confronti di Rock. Non sembrava avercela con lui e, in effetti, non ce
n’era motivo. Eppure, nemmeno lui riuscì a
debellare il fastidio che sembrava aver preso possesso di Evan.
Guardava Rock nello stesso modo in cui Rap guardava Eleanor…
e certamente, non vi era nulla di positivo in tutto ciò.
“Credo che se il tuo amico potesse uccidermi, non ci
penserebbe su due volte.” Le disse Rock, in un momento in cui
Evan e Nathan si erano allontanati per parlare di qualcosa.
Eleanor sperava ardentemente che Nathan stesse cercando di calmarlo e
di farlo comportare un po’ meglio ma, nonostante non
riuscisse a sentirli, non sembrava che stessero discutendo. Erano
tranquilli, quindi evidentemente, stavano parlando di
tutt’altro argomento.
“Non è niente.” Fece a Rock, senza
staccare gli occhi di dosso dai suoi due amici “Evan
è leggermente possessivo nei miei confronti. E’
solo un po’ d’immotivata gelosia, ma gli
passerà. E se non gli passa, gliela farò passare
io!”
Rock rise della leggera nota minatoria che aveva assunto
l’ultima parte della frase.
Eleanor lo guardò e si fece seria d’un tratto.
“Grazie per quello che hai fatto.”
“Non ho fatto niente.”
“Si, invece. Scommetto che sei stato tu a chiamare Evan e
chiedergli di vederci, visto che dubito molto sia stato il contrario, o
mi sbaglio?”
Rock sospirò, le afferrò entrambe le mani e se le
sistemò dietro al collo, per stringerla poi in un abbraccio:
“Sapevo che ti mancava e che avevi voglia di vederlo, ma non
ti decidevi mai e rimandavi di continuo. Sai essere
terribilmente indecisa a volte, lo sai?”
Eleanor ridacchiò contro la sua spalla.
“E comunque, credo di dovergli un
favore…” continuò lui
“… e anche se mi pesa, dovrò
ringraziarlo prima che se ne vada.”
Eleanor alzò gli occhi per poterlo guardare in faccia:
“Un favore?” domandò, corrucciata dalla
perplessità “Di che stai parlando?”
Rock non rispose subito. Si fece pensieroso e sul suo volto si
delineò un sorriso, come se stesse ricordando qualcosa di
piacevole.
“Se quella mattina non ti avessi sentita cantare dentro quel
negozio, non mi sarei mai accorto della tua presenza, non ti avrei mai
trascinata con me a Meadow’s Hill e, con tutta
probabilità, adesso tu non saresti qui con me.”
Eleanor non potè fare a meno di sorridere. Si mise sulle
punte dei piedi per poterlo baciare: “Io dico che invece non
sarebbe cambiato niente. Ci saremmo incontrati in ogni caso.”
“Ma davvero?”
Lei annuì : “Ti avrei cercato ovunque e, fidati,
ti avrei trovato!”
Rock si concesse una risata divertita :“In effetti, ne
saresti stata capace…”
“Comunque, non capisco cosa centri Evan con tutto questo. Ti
riferisci forse al fatto che è stato lui a portarmi in quel
negozio?”
Il ragazzo scosse leggermente il capo e, servendosi di nuovo del suo
sguardo magnetico, la fissò con una nuova
intensità: “Non è solo per
quello.”
Vittima per l’ennesima volta dei suoi occhi, Eleanor si
dimenticò per qualche infinito istante come si facesse a
formulare un frase di senso compiuto.
“… e a- allora per cosa?”
balbettò, cercando disperatamente di recuperare la
facoltà di pensare e parlare al tempo stesso.
“Sei stata tu a dirmi che è solo grazie a lui se
non sei rimasta muta. Non ti avrei mai sentito cantare quel giorno, se
lui non ti avesse aiutato a guarire.”
Bastò un attimo perché la mente di Eleanor
venisse ricatapultata indietro nel tempo: si rivide piccola e svuotata
di ogni infantile illusione, seduta sui gradini del cortile
dell’istituto. Gli altri bambini che giocavano e lei che
fissava il vuoto davanti a se’. E poi vide Evan che la
guardava indeciso, con una punta di timidezza forse, per poi sorriderle
amichevolmente. E lei che senza un perché, senza un vero
motivo, gli sorrideva di rimando.
Anche la Eleanor del presente sorrise a quel ricordo lontano.
Proprio come quel giorno di tanti anni prima, vide Evan guardarla con
la stessa dolcezza, lo stesso incondizionato affetto di quando si erano
conosciuti. Al suo fianco stava Nathan e, forse fu solo una sua
impressione, ma le sembrava proprio che stesse nascondendo qualcosa
dietro la schiena.
“Eleanor, puoi venire un momento?” la
chiamò Evan.
Lei obbedì senza obbiettare, ma le dispiacque vedere il suo
amico imbronciarsi nell’osservare la sua mano intrecciata a
quella di Rock.
“Abbiamo un regalo per te!” esclamò con
entusiasmo Nathan.
“Un regalo?” domandò lei confusa,
sforzandosi di ricordare qualche anniversario che la riguardasse, senza
risultati. “Perché?”
Questa volta fu Evan a parlare – dopo essersi finalmente
deciso a smetterla di guardare male Rock : “Deve per forza
esserci un motivo?”
Nathan svelò l’oggetto che teneva celato dietro la
schiena e glielo porse tutto contento. Era un pacchetto di forma
rettangolare, non eccessivamente grande. Dava l’impressione
di essere un libro o, perlomeno, quello fu tutto ciò che la
sua mente riuscì ad immaginare.
Eleanor lo afferrò, arrossendo come suo solito:
“Grazie…” mormorò leggermente
in imbarazzo “Non dovevate. Non ho fatto niente per meritarmi
un regalo a sorpresa.”
Evan sogghignò leggermente: “In verità,
non è soltanto per te, ma anche per noi due.”
Lei li fissò entrambi, interdetta: “Che vuol
dire?”
“Aprilo e basta, Eleanor!”
Senza ulteriori indugi, cominciò a scartare il pacco regalo.
La curiosità era tanta e dovette ricorrere a tutto il suo
autocontrollo per evitare di comportarsi come una bambina davanti ai
regali di natale.
Con una studiata lentezza, strappò via la carta fino a
rivelarne il contenuto. Trattenne una risata quando realizzò
cosa fosse:
“Avrei dovuto immaginarlo.” Esclamò
sorridendo.
“Beh, non potevi sperare di restare ancora a lungo nella
convinzione di non averne bisogno.” Spiegò Evan,
più compiaciuto del solito.
Alla fine, il suo amico aveva ceduto. La lontananza era stata con tutta
probabilità la causa. E ora Eleanor, tra le mani stringeva
la confezione di un cellulare.
Non seppe dargli un valore, e nemmeno riuscì a capire se si
trattasse o no dell’ultimo modello in vendita sul mercato.
Lei non era pratica di tecnologia. L’unica cosa di cui era
del tutto certa, era che non poteva più rifiutarlo. Le
serviva e continuare ad affermare il contrario era sia inutile che
inesatto.
Anche Rock pareva pensarla allo stesso modo. “Bella
idea.” Si lasciò sfuggire.
“Ti piace?” domandò Nathan, sempre col
solito entusiasmo.
Eleanor gli sorrise. “Certo!” Ed era vero.
Adesso poteva telefonare ad Evan ogni giorno, senza più
limitarsi a quei freddi e brevi messaggi. In più, se Rock
fosse di nuovo andato “in
missione” per Rap, lei non avrebbe dovuto
attendere il suo ritorno per risentirne la voce.
Solo in quel momento, nonostante gli anni in cui ne avesse decantato
l’inutilità, si rese davvero conto del tesoro che
stringeva tra le mani.
Abbracciò Evan e Nathan: “Grazie, ragazzi! Siete i
migliori!”
“E c’era bisogno di regalarti un cellulare prima
che tu te ne accorgessi?” Sbottò Evan, fingendosi
offeso.
Eleanor fece finta di non sentirlo: “Avrete speso un
patrimonio.”
“Tranquilla.” Le disse Nathan. “Non
è stata una grande spesa. Conosco il proprietario del
negozio dove l’abbiamo preso e sono riuscito ad ottenere un
cospicuo sconto.”
“Spero che adesso ti farai sentire un po’
più spesso.” Disse Evan, una punta di tristezza
che gli inclinava la voce.
“Certo che si!” esclamò Eleanor,
sorniona “Non vi lascerò in pace un secondo. Tempo
un mese e mi denuncerete per molestie telefoniche!”
“Ci conto, eh?!”
***
La giornata trascorse
tranquilla.
Evan e Nathan bombardarono Eleanor di domande sul luogo dove era andata
a vivere e sui ragazzi con cui conviveva, ma le sue risposte furono
sempre molto vaghe. Anche troppo, forse.
Nathan preferì non insistere troppo, intuendo da
se’ che Eleanor non era a suo agio nel parlarne. Al
contrario, Evan riservava sempre un’occhiataccia a Rock ogni
volta che la sua amica rimaneva in silenzio rifiutandosi di rispondere
a determinate cose.
Eleanor aveva sperato a lungo di riuscire a farli diventare amici, ma
cominciò a dubitare parecchio di
quell’eventualità. Non sembravano piacersi un
granché. Cominciò a domandarsi seriamente, data
la crescente antipatia tra i due, in che modo Rock avrebbe potuto
ringraziare Evan come si era ripromesso di fare. Probabilmente non
sarebbe mai accaduto, ma le sue buone intenzioni furono comunque
gradite ad Eleanor.
Nathan invece, non sembrava avere grossi problemi. Chiacchierava
tranquillamente con Rock, come se lo conoscesse da una vita. Ma la
socievolezza faceva parte di lui. Eleanor era sempre stata convinta che
Nathan sarebbe stato capace di scherzare anche trovandosi di fronte ad
un pazzo criminale, evaso di prigione e armato di coltello. Per lui non
esisteva nulla di abbastanza serio o grave da non poter essere messo
sul ridere.
Un po’ invidiava il suo carattere. Lei non riusciva ad essere
altrettanto ottimista.
Subito dopo aver pranzato in uno dei tanti chioschi del parco, Eleanor
non riuscì a resistere e coinvolse tutti quanti in una
battaglia a palle di neve. Inutile dire che Evan prese particolarmente
di mira Rock che, come c’era da aspettarsi, non fece
assolutamente nulla per ignorare le provocazioni.
Quando finalmente, entrambi si stancarono di fare i bambini e
crollarono a terra esausti, Rock si decise a rivolgergli la parola:
”Si può sapere perché ce
l’hai tanto con me?”
Domanda più che lecita, dal punto di vista di Eleanor,
curiosa di sentire la risposta.
“E hai anche il coraggio di chiederlo?”
sbottò Evan, innervosito.
“Certo che te lo chiedo, dal momento che non riesco proprio a
capire il tuo atteggiamento. Come vedi Eleanor sta bene, è
tutta intera e sembrerebbe essere felice!”
Eleanor sorrise imbarazzata. Felice era un terribile eufemismo. Era in
paradiso!
Notò Evan guardarla per un rapido istante, per poi tornare a
Rock:
“Ti porti a letto la mia migliore amica!” lo
accusò, acidamente. “Se permetti, è
normale che tu non mi vada molto a genio!”
“Che cosa?” mormorò Eleanor, non sapendo
bene se arrabbiarsi o sentirsi in qualche modo lusingata.
“Non posso crederci! L’ha detto, sul
serio.” Nathan pareva sia rassegnato che divertito.
“Gli avevo raccomandato di evitare di tirare fuori questo
discorso, ma ovviamente ha preferito fare di testa sua.”
Eleanor cercò lo sguardo di Rock, senza incontrarlo. Fissava
Evan senza battere ciglio.
“Credo che tu abbia frainteso.” Disse infine.
“Ah si, certo!” Evan sbuffò, scettico.
“Vuoi farmi credere che passate le notti a giocare a
carte?”
Eleanor non attese una risposta da parte di Rock. Non ci vide
più; andò verso Evan come una furia e gli si
parò davanti. Ricorse a tutto il suo autocontrollo per non
prenderlo a schiaffi.
“Ma che ti prende?” Domandò, cercando di
moderare la voce “Primo, tu non sei mio padre e non puoi
dirmi cosa fare e non fare. Secondo, non puoi tenermi al guinzaglio
come fossi il tuo cagnolino da compagnia. La vita è mia e me
la gestisco come voglio, frequentando chi mi pare e piace. E terzo,
quello che faccio con il mio ragazzo non è certo un affare
che ti riguarda! Ti voglio bene Evan, ma adesso stai veramente
esagerando!”
A nessuno dei presenti sfuggì l’enfasi usata nella
parola “mio
ragazzo”, soprattutto ad Evan. La
guardò irritato, ma anche impressionato da quella reazione
così poco attribuibile alla timida ed impacciata Eleanor.
“Devi smetterla di prendertela con chiunque mi si avvicini
nel raggio di un metro! “ continuò
ostinata “Non puoi proteggermi per sempre! Ho
imparato a cavarmela, ormai. Non ho più bisogno di guardie
del corpo e baby-sitter! “
Evan non disse nulla, neanche la guardò. Vedendolo
così amareggiato, Eleanor si pentì di averlo
attaccato a quel modo e gli s’inginocchiò davanti
:
“Non prendertela, ok?” le disse, cercando di
apparire incoraggiante “Devi solo condividere con qualcun
altro il primo posto sulla lista delle persone più
importanti della mia vita. Non è certo un dramma.”
“Si che lo è!” borbottò Evan.
“Fai il bravo, ti prego!” lo implorò
lei. Gli si avvicinò quel tanto che bastasse ad assicurarle
che nessun altro la sentisse: “Lui è molto
importante per me. Io… io lo amo.”
Lo disse con una tale convinzione, con un tale coinvolgimento da
lasciarlo completamente spiazzato e incapace di recriminare. Vedere i
suoi occhi farsi più brillanti, le sue gote imporporarsi e
la sua attenzione andare alla neve per evitare di guardarlo in faccia,
lo stravolsero completamente. Non c’era ombra di dubbio in
quelle parole!
Sospirò con rassegnazione : “Posso provarci, se
proprio ci tieni.”
In un attimo si trovò vittima di un abbraccio stritolante
della ragazza .
“Grazie, grazie, grazie!” continuava ad urlare.
“Sei il migliore amico che si possa immaginare! Ti
adoro!”
“D’accordo..:” farfugliò Evan,
faticando a respirare “Ma lasciami andare prima che muoia
soffocato!”
“Oh, scusami!”
Una palla di neve lo colpì in pieno viso. Eleanor si
voltò e vide Nathan sghignazzare. “Scusami Evan,
ma te lo sei proprio meritato!”
Il ragazzo si alzò in piedi e lo inseguì bramoso
di vendetta. Eleanor non potè fare a meno di ridere
nell’osservarli.
La voce di Rock, la costrinse a voltarsi: “Non mi avevi
parlato di questo Nathan.”
“No, infatti.”
“Lui ed Evan sembrano molto amici. “
Eleanor si schiarì la gola: “In effetti, sono
molto più che amici.”
Lui la guardò, senza capire: “In che
senso?”
“… In quel
senso.”
Pochi istanti e la confusione sul volto di Rock si dileguò.
“Oh… davvero?” sembrava davvero molto
stupito da quella notizia.
Eleanor si limitò ad annuire.
Lui scoppiò a ridere di punto in bianco: “No, non
ci posso credere!”
“Perché ridi?”
“Ero geloso di lui!” ammise, facendo un gesto del
capo in direzione di Evan “Per tutto questo tempo sono stato
geloso marcio di lui! Che idiota!”
Anche Eleanor rise: “Beh, non potevi saperlo. Non
prendertela! E poi, la tua gelosia è molto gradita dalla
sottoscritta, sempre che non si trasformi in paranoia,
ovviamente!”
Rock la strinse a se’: “Meglio non sfidare troppo
la sorte!”
***
Il cellulare nuovo di
Eleanor vibrò per l’ennesima volta sopra al tavolo
della mensa.
Rap sbuffò infastidito: “Leva quella dannata
vibrazione! Non se ne può più!”
“Non sono capace!” borbottò Eleanor
agguantando il telefono “Devo ancora imparare ad
usarlo.”
“Potresti chiedere aiuto a qualche impiegato della NASA,
anche se dubito che riescano ad usare termini abbastanza semplici da
rientrare nel tuo dizionario limitato.“
Eleanor cercò di non prendersela troppo. Era meglio non
dargli nessuna soddisfazione.
L’atteggiamento di Rap era parecchio cambiato negli ultimi
giorni. Non era più freddo ed indifferente, ma costantemente
cinico. Sembrava provare un insolito piacere nel prendersi gioco di
lei.
Eleanor non era sicura che tutto ciò potesse essere
considerato un miglioramento, ma secondo gli altri ragazzi lo era
eccome!
Da quando lei e Rock erano tornati a casa, Evan non aveva fatto altro
che riempirla di messaggi.
Nathan deve essere
impazzito! C’era scritto sul messaggio appena
ricevuto, Dice che hai
buon gusto! Le cose sono due: O ha bisogno di un esorcista, oppure
è diventato miope!
Eleanor rise divertita, attirando su di se’ lo sguardo
spazientito di Rap. Non ci fece troppo caso e rispose subito ad Evan:
Ne’ uno
ne’ l’altro. Ha ragione! Rock è
stupendo. Il miope sei tu!
Rap se ne stava in silenzio, dondolandosi pericolosamente sulla sedia e
tenendo i piedi poggiati sul tavolo. Sembrava piuttosto pensieroso, con
le braccia incrociate sul petto e lo sguardo rivolto al soffitto.
“A che pensi?” domandò Eleanor, senza
preoccuparsi di una sua reazione.
Aveva imparato ormai a non temere alcun modo Rap. La sua parte sadica
gioiva e si divertiva un mondo nel torturarlo con tutte quelle domande
inopportune. D’altronde, la loro era una guerra. Se lui la
perseguitava con battute velenose, lei rispondeva con
fastidiosi e petulanti interrogatori.
Ovviamente, a quella domanda, lui le lanciò
un’occhiata raggelante, ma lei non ci badò.
“Non scocciarmi!” bofonchiò.
“Vai a giocare al dottore con Rock e lasciami
stare!”
Giocare al dottore?
A quella provocazione, non potè proprio fare finta di niente.
“Possibile che voi uomini non riusciate a pensare ad
altro?” esplose. “Che mai ci sarà di
così bello in questo dannato sesso?”
Lui la guardò con occhi sgranati, allo stesso modo in cui si
guarderebbe un pazzo.
“Scusa?” domandò, con calma apparente.
Eleanor sbuffò nervosa e scandì ogni singola
parola: “Che cosa c’è di bello nel
sesso?”
Rap non cambiò espressione. Continuava a fissarla come se
fosse completamente fuori di testa: “Forse dovresti chiederlo
a Rock, sai? Immagino abbiate un grosso problema se tu
non…”
“Nessuno ha problemi!” Esclamò Eleanor
stizzita, interrompendolo.
Quella situazione era davvero snervante! Prima Evan, e adesso pure Rap
lo tirava in ballo.Sesso, sesso e ancora sesso… il mondo
intero ne era contagiato. Perché? Come mai tutti ne erano
così sedotti?
Eleanor non riusciva proprio a capirlo. Gli esseri umani erano un tale
mistero a volte…
Alzando gli occhi dal tavolo, si accorse che Rap non aveva ancora
smesso di fissarla:
“E’ sporco. “ disse, spiegando le ragioni
del suo disprezzo “E’ sporco e fa male! Come
può essere considerato una cosa bella?”
“Cos’è che fa male?”
Quella domanda giunse improvvisa, cullata dal tono di voce di Rock,
apparso in quel momento sulla soglia della mensa.
Nessuno gli rispose. Rap tornò a fissare il soffitto ed
Eleanor portò nuovamente l’attenzione sul tavolo,
sentendo il viso andare a fuoco.
Rock le si sedette di fianco, in attesa: “Eleanor
?”
Senza guardarlo in faccia, la ragazza si appoggiò a lui che
la cinse per le spalle: “Niente.”
mormorò.
Ovviamente, lui non le credette: “Non vuoi dirmelo?”
“Preferirei di no.”
Lui sospirò, remissivo: “Come vuoi. “ le
disse, dolcemente.
Il silenzio che seguì fu bruscamente interrotto da Rap che,
senza la minima delicatezza, si alzò in piedi ,facendo
strisciare la sedia sul pavimento, e uscì dalla mensa
sbattendo la porta.
Rock la guardò:” Che gli è
preso?”
Eleanor non sapeva esattamente cosa avesse infastidito tanto Rap, ma in
qualche modo era certa che centrasse il discorso che avevano iniziato.
Scelse tuttavia, di non farne parola con Rock.
“Non lo so. “ si limitò a dire, alzando
appena le spalle
Rock si concesse di guardarla sospettoso, ma notando lo sguardo
distante di lei, rinunciò a qualsiasi spiegazione.
Evidentemente aveva di nuovo discusso con Rap.
Ma Eleanor non stava pensando affatto a Rap!
Pensava a quelle terribili notti passate sulla strada, alle auto che si
fermavano davanti a lei e a tutti quegli uomini a cui aveva fatto da
bambola. La sola idea di rivivere anche un solo minuto di una di quelle
esperienze, le dava il voltastomaco.
Se quello era il sesso, lei non voleva averne più niente a
che fare! Non ci aveva mai trovato nulla di piacevole e, francamente,
non capiva perché tutti non pensassero ad altro.
Per lei non era altro che l’unico modo per evitare
l’estinzione. Di certo, non era qualcosa che avrebbe potuto
divertirla o, men che meno, appagarla.
Un particolare pensiero prevalse sulla sua mente. Un pensiero su cui
mai prima d’ora si era trovata a rimuginare.
Con quanti uomini era stata nella sua vita? Impossibile contarli.
Nessuno di loro era mai riuscito a farle provare qualcosa che non fosse
dolore e ribrezzo. Era come se non avesse mai fatto nulla; come se la
purezza facesse ancora parte di lei.
Dio! E’ come
se fossi ancora vergine…
Rise amaramente a quella constatazione, riattirando inevitabilmente
l’attenzione di Rock su di se’.
“Che c’è da ridere?” le chiese
“Nulla.” Rispose lei, vaga “Pensavo a una
cosa stupida.”
Rock stava per dire qualcosa, ma il cellulare di Eleanor
vibrò facendola sussultare.
“Non mi dirai che è ancora Evan?”
ridacchiò lui.
“Certo che è lui. E’ l’unico,
oltre a te e Nathan, ad avere il mio numero!”
Ma non trovò il nome di Evan sotto la voce "mittente", bensì un numero sconosciuto. Si
accigliò dalla confusione.
Incuriosita, aprì subito il messaggio e le parole che lesse
la scombussolarono:
Dovresti provare a fare
l’amore, invece che sesso.
Ogni singola sillaba le s’impiantò nel cervello
con una prepotenza inaudita. Rilesse quella frase
all’infinito, come a cercare conferma che non avesse letto
male.
Il mittente poteva essere uno soltanto e per la prima volta, Eleanor
provò un’immensa gratitudine nei suoi confronti.
Come avesse fatto Rap a trovare il suo numero, restava comunque un
mistero, ma al momento non era la cosa più importante a cui
pensare.
Guardò di sottecchi Rock, assorto in chissà quali
pensieri, e le parole di quel messaggio presero a riecheggiarle in
testa. Bastò il semplice pensare ai loro corpi uniti per
farla arrossire violentemente.
Rock si accorse che lei lo stava fissando e nemmeno gli
sfuggì il colorito della sua pelle.
“Che cos’hai?” le chiese, trattenendo una
risata.
Nonostante desiderasse ardentemente il contrario, Eleanor non riusciva
a staccargli gli occhi di dosso. L’immagine di loro due
insieme, le lenzuola impregnate del loro sudore, i loro corpi che
cercandosi parevano danzare, tornò a colpirla senza
esitazione.
Forse il suo non era altro che un desiderio recondito . In fondo, non
aveva pensato esattamente le stesse cose la prima volta che
l’aveva visto in metropolitana?
Lei lo voleva. Lo aveva sempre voluto!
Se non gli si era ancora concessa era semplicemente per il fatto che
temeva di tornare ad essere la bambola senz’anima con cui
tante persone avevano giocato.
Ma lei era stanca di non sentire nulla. Desiderava sentire il proprio
corpo… e voleva che Rock fosse il primo a farle provare quel
tipo di sensazione.
Voleva un’altra prima volta; così da poter
cancellare tutte le altre esperienze.
Senza dire niente, afferrò il cellulare e scrisse
velocemente un messaggio. Rock la guardò confuso, ma lei non
gli diede l’opportunità di parlare.
Si alzò in piedi e, prendendolo per mano, lo costrinse a
fare altrettanto. Lui la assecondò senza capire cosa diavolo
le passasse per la testa e si lasciò trascinare
remissivamente fuori dalla mensa.
***
Il cellulare di Evan
suonò.
Il ragazzo scattò subito in piedi dal divano, rischiando di
fare cadere Nathan, che teneva la testa poggiata sulle sue ginocchia.
Evan non ci fece caso e andò a prendere il cellulare,
sicurissimo che fosse Eleanor. E in effetti era proprio lei, ma
ciò che lesse nel messaggio appena ricevuto, gli fece gelare
il sangue.
“Io lo ammazzo quello!” esclamò furente.
Nathan lo guardò perplesso: “Chi è che
vuoi ammazzare?”
Evan non rispose. Con un gesto di stizza, lanciò il
cellulare sul divano e andò a chiudersi in camera, sbattendo
forte la porta.
Nathan, impressionato da quella reazione, prese il telefono e lesse il
messaggio che aveva causato tanto rabbia.Scoppiò a ridere.
“Oh, andiamo, stai esagerando!” urlò
rivolto alla porta di camera “Hai promesso ad Eleanor che
avresti provato a fare il bravo.”
“E’ una promessa che non riuscirò mai a
mantenere!” gli rispose Evan, la voce ovattata dalla porta
chiusa.
Nathan rise di nuovo. Si alzò e raggiunse Evan in camera,
lasciando il cellulare abbandonato sul divano. Il messaggio di Eleanor
ancora leggibile sullo schermo:
Non scrivermi fino a
domani. Credo che stasera giocherò a carte!
***
Aiuto!
Ce l'ho fatta! Non ci credo!!
Ho
faticato per scrivere questo capitolo, perchè cambiavo di
continuo le scene. Non mi soddisfavano mai! ç__ç
In effetti, non mi soddisfa neanche adesso, come al solito.
Tra l'altro è un periodaccio! Ho litigato con una delle mie
migliori amiche dai tempi dell'asilo e, capirete bene, scrivere sul
bellissimo rapporto d'amicizia tra Evan ed Eleanor dopo un'esperienza
del genere, mi è risultato parecchio complicato....
Cmq, ce l'ho fatta ed è questa la cosa più
importante.
Mi è venuto un dubbio rileggendo.... Ma l'imprecazione
"Dio!" può essere considerata bestemmia? ... Oh cavolo, non
vorrei aver mancato di rispetto a qualcuno, non era assolutamente mia
intenzione! Nel caso credo non esistano scuse abbastanza
accettabili.... ç___ç Se qualcuno di voi si
sentisse in qualche modo offeso, lo dica e io cercherò...
beh, un'altra imprecazione! Non credo che sia una bestemmia cmq,... boh!
E' successa una cosa strana sta settimana. Due mie amiche stanno
facendo fan fiction sulla mia storia o.O'''... avete capito bene!
Stanno creando pairings indicibili e mi stanno seriamente facendo
saltare i nervi! Mi sono quindi chiesta, chissà cosa prova
uno scrittore quando trova su un sito di fan fiction una sua opera
completamente cambiata....????? Non so, ma a me non farebbe tanto
piacere. Sarà per questo che prediligo la sezione
"originali".
Aaaah! Ma quanto parlo oggi?! Passo ai ringraziamenti, va':
Nanako: Le
ombre dal cuore di Rap sono molto difficili da sciogliere, ma Eleanor
è una furia se s'impegna... chissà!
Scusa ma questa volta non ti saluto in tedesco. Ho preferito
dimenticare quella lingua dato che al liceo mi rovinava sempre la
media. Ti saluto in francese : AU revoir!!!
BabyzQueeny:
Dipendente??? AHAHAHAHA!!!! Sono soddisfazioni! In questo chap Rap
compare poco, però devo dire che si fa notare
parecchio, vero? L'idea del sms mi è arrivata
all'improvviso! Ne sono quasi fiera! ^^ Grazie dei complimenti *me
arrossisce come eleanor*, alla prossima!
Oasis: *_*
WOW! Quanti WOW! Mi si è WOWATA la vista! E ho pure coniato
un nuovo termine EVVAIIIII!!!! Grazie mille per i complimenti! SPero ti
sia piaciuto anche questo capitolo e spero continuerai a seguirmi (e
perchè no, a recensire XD)
Mana_chan:
Un'altra teoria???????
XD!!!! Ok, allora rock è un abitante di Krypto sfuggito
sulla terra, ha incontrato rap che è un vampiro mutaforma
traumatizzato dalla relazione con Marika che è un ragno
radioattivo, l'istituto è la sua base segreta dove
lei.............. -_-'''' va bene, la smetto! Tornando alla storia
VERA, Rap e Eleanor amici???? Beh, dato ciò che è
accaduto nell'ultima parte di questo capitolo, direi che è
una cosa fattibile, no?!
Black Lolita:
Una nuova fan??? KE BELLO!!! *me piange di gioia*!!! Troppi
complimenti, io mi commuovo ç__ç. Nessuno mi ha
mai detto che la mia grammatica è "pregevole"
ç_____ç sono.... davvero.... commossa! Poverina,
come hai fatto a resistere fino alle 4 del mattino ^^, e hai pure avuto
la forza di farmi una recensione. Troppo buona! Beh, dato che non ci
sei riuscita l'ultima volta, spero che tu riesca a farmela adesso una
bella recensione lunga ^_^. SOno beneaccette anche le critiche
ovviamente! Ciao!!!!!
Felicity89:
Hai visto che ho fatto vedere Nathan e Evan, ma come ti avevo
già spiegato in passato, non sono brava a trattare lo yaoi e
quindi il loro rapporto resterà sempre un po' in ombra^^, mi
dispiace per te. I misteri da svelare sono ancora tanti e nei
prossimi capitoli vedrò di fare un po' più di
luce... promesso!!!
LEOandPIPER:
Ho rischato di non vedere la tua recensione, sai XD? Fortuna che poi
l'ho trovata. Niente errori??? Davvero??? Io ho sempre paura che mi
sfugga qualcosa ^^. Beh, meglio così! Grazie, grazie mille
per i complimenti. SOlo una domanda.... dal nick non capisco: sei una
lei o un lui??? O entrambe le cose??? XD domanda idiota!!!!
GRAZIE a chi mi ha salvato tra i preferiti e a chi riuscito a
leggere fino a qui! KE TEMERARI!!!!! ^___^
VOlevo dirvi una cosa però, (e ora mi lincerete)... potrebbero esserci dei rallentamenti con l'aggiornamento dei
capitoli^^... Io proverò cmq a postare un capitolo a
settimana, ma non posso prometterlo.
Lo scriverò anche nella mia pagina autore. A proposito, ho
cambiato l'introduzione della storia perchè l'altra mi aveva
un po' stufato. Che ne pensate di quella nuova??? VI svelerò
un segreto: è una frase che dirà Rap... un po'
più avanti. Ho già detto troppo!
CIAOOOOOOOO!!!!
Ayleen
|
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Capitolo 14 *** Sirene nella notte ***
CAPITOLO
QUATTORDICI
Sirene
nella notte
Un gelo improvviso la
strappò dalle braccia di Morfeo.
Eleanor rabbrividì e affondò il viso nel cuscino,
mugugnando qualche incomprensibile protesta. Allungò un
braccio, cercando a tentoni le coperte che, per qualche strana ragione,
non l’avvolgevano.
Rinunciò dopo un paio di tentativi andati a vuoto e, senza
aprire gli occhi, si voltò in direzione di Rock, facendo
riemergere per metà la faccia dal cuscino.
“Rock…” biascicò con la voce
impastata dal sonno “… mi hai rubato di nuovo le
coperte? “
Non sarebbe stata la prima volta. Accadeva molto spesso che la ragazza
si svegliasse quasi del tutto scoperta…
Attese qualche secondo, ma nessuno le rispose. Si vide costretta,
seppur controvoglia, ad aprire gli occhi.
Anche se con ancora la vista annebbiata, vide chiaramente che non
c’era nessuno accanto a lei.
Sbuffò e si strofinò gli occhi. Possibile che
Rock si svegliasse sempre per primo?
Ma in un istante, la consapevolezza di ciò che era accaduto
quella notte, la colpì con lo stesso effetto di una doccia
ghiacciata. E, in effetti, il suo corpo era ghiacciato.
Con uno scatto improvviso, si rizzò sedere. Si accorse solo
in quel momento di non avere nulla addosso.
Le coperte erano abbandonate ai piedi del letto. Si allungò
per prenderle e ci si avvolse stretta, godendo del calore che
immediatamente ne scaturì.
Sentiva il cuore battere all’impazzata e una strana morsa
allo stomaco.
Oh mio Dio!
Pensò, fuori di sé dall’agitazione Oh
mio Dio! Oh mio Dio! L’abbiamo fatto sul serio!
Certo che l’avevano fatto. E per quanto lei si sforzasse di
convincersi che si fosse trattato solo di un sogno, c’erano
troppi indizi ad affermare il contrario: il suo corpo nudo, i vestiti
sparsi qua e là per la stanza, le condizioni del letto,
quell’insolita stanchezza quasi avesse dormito male, o non
avesse dormito affatto se non poche ore…
E poi, c’era anche qualcos’altro: il loro odore.
Suonava strano, ma era così… Le lenzuola ne erano
impregnate.
Eleanor inspirò a fondo, beandosene. Ovviamente, non
potè fare a meno di arrossire.
Sorrise, al sicuro da sguardi indiscreti sotto il confortevole rifugio
offerto dalle coperte. Ora sapeva cosa significasse sentirsi complete!
Pura elettricità. Ecco cosa le era sembrato di essere quella
notte.
Come se il suo corpo fosse stato ricoperto da migliaia di fili
elettrici che, stimolati nel giusto modo, le avevano dato scariche di
un piacere immenso. Un piacere che mai avrebbe pensato di poter provare.
Che stupida aver vissuto nella convinzione che non potesse essere una
cosa bella!
Rock le aveva dimostrato il contrario. Bello era troppo limitativo; non
esisteva un termine appropriato per descrivere il momento in cui i loro
corpi e le loro anime si erano incontrate.
Quel ricordo la rese stranamente irrequieta, ansiosa, in qualche modo
impaziente.
Fu con leggero imbarazzo che si rese conto di non volere altro che
ricominciare tutto daccapo. Tornare a quella notte, oppure ripetere
quell’esperienza ancora una volta. Magari più di
una!
Finalmente aveva imparato cosa fosse il sesso. E ora capiva
perché il mondo ne fosse così sedotto.
Il suo stomaco protestò. Eleanor si accorse di avere una
gran fame. Rise da sola nel ricercarne la causa.
Colpa di tutto quel
movimento forse…
Si alzò in piedi e andò ad aprire
l’armadio alla ricerca di vestiti e biancheria puliti. Con i
soldi che era riuscita a mettere via mentre viveva ancora da Evan, si
era comprata qualcosa di nuovo da mettere. Nulla di colorato
ovviamente. Le era dispiaciuto avere fatto spese senza il suo migliore
amico, ma sapeva che prima o poi ne avrebbe avuto di nuovo la
possibilità quindi non si angustiò più
di tanto.
Scelse a caso, senza nemmeno guardare cosa stesse indossando. Si
pettinò velocemente e scavalcò i vestiti sporchi
che ancora giacevano a terra. Li avrebbe raccattati più
tardi per lavarli. Adesso voleva soltanto raggiungere Rock. Non
c’era nulla di più importante!
La fretta con cui percorse il corridoio era strettamente correlata al
bisogno di ritrovarsi tra le sue braccia. Non tentò
minimamente di darsi un contegno. In quel momento, anche il non
sembrare una pazza smaniosa era un fatto trascurabile ai suoi occhi.
Quando arrivò in mensa notò che c’erano
tutti, seduti intorno all’unico tavolo sopravvissuto di
quella vecchia scuola. Ma lei a malapena li vide. Non erano altro che
tre ombre dalle fattezze umane che stavano sedute vicine al suo angelo.
Lui lo vide anche fin troppo chiaramente. E nel momento esatto in cui i
loro occhi s’incontrarono, le apparve esattamente come
l’aveva visto quella notte: madido di sudore, il fiato corto,
il corpo fremente contro il suo…
Cancellò in fretta quell’immagine, giusto per
evitare qualche spiacevole inconveniente come il saltargli addosso
davanti a tutti.
Lei e Rock si sorrisero quasi simultaneamente. Un sorriso dolce,
appagato, privo di qualsiasi malizia. Un sorriso da innamorati.
Eleanor non salutò nessuno. Entrò e, senza
interrompere il contatto visivo, andò a sedersi in braccio a
Rock che la strinse a se’ possessivo, quasi gli fosse mancata.
Non si dissero nulla, gli occhi parlavano al posto loro. Eleanor si
accorse appena della risata beffeggiatoria di Heavy:
“Ho la vaga sensazione che qualcuno non abbia dormito
granchè stanotte.” Li canzonò, senza
ottenere risposta alcuna.
Qualcuno lo colpì da sotto al tavolo, ma Eleanor non
riuscì a capire se si fosse trattato di Metal o Rap.
Probabilmente Metal. Rap non si concedeva gesti del genere.
Quello che fece, tuttavia, la sorprese. Si alzò in piedi e
fece cenno ai due fratelli di seguirlo. Metal capì al volo
il messaggio subliminale di Rap e fece come gli era stato richiesto.
Ovviamente, Heavy non capì.
“Dove andate?” chiese candidamente.
Rap sbuffò e alzò gli occhi al cielo, prima di
guardarlo esasperato: “Fuori di qui!”
ordinò stizzito, senza voler sentire ragioni.
Metal afferrò il fratello per un braccio, lamentandosi per
la sua mancanza di tatto e di acume, e lo trascinò fuori in
corridoio assieme a Rap.
“Oggi Rap è più riguardoso del
solito.” Disse Rock, una volta rimasti soli.
“A quanto pare, si.” Sussurrò Eleanor,
appropriandosi immediatamente delle sue labbra.
Lui sorrise di quell’irruenza, ma impiegò comunque
lo stesso fervore in quel bacio così tanto bramato.
“Sono riuscito a farti cambiare opinione?”
sospirò Rock, quando Eleanor glielo permise.
Lei ridacchiò come una ragazzina di fronte al suo primo
amore. Ma in effetti era proprio così. Fatta eccezione per
Evan, Rock era l’unico per cui lei avesse mai provato un
sentimento così forte e intenso.
“Decisamente.” Gli rispose, arrossendo un poco.
“Bene.” Si compiacque lui, poggiando la fronte
sulla sua.
Continuò a fissarla, mentre le sue mani scorrevano lente
lungo la sua schiena. La sentì rabbrividire a quel tocco
leggero e sorrise nel vedere le sue gote imporporarsi ulteriormente.
“Ma che fai? Arrossisci ancora?” le chiese,
cercando di non ridere del suo inguaribile imbarazzo.
La vide imbronciarsi appena, rendendola ancora più adorabile
ai suoi occhi:
“E’ colpa tua.” Disse cercando di
apparire autorevole, senza riuscirci.
Lui rise della sua espressione, la fece scendere dalle sue gambe e la
prese per mano:
“Fame?” domandò.
Eleanor annuì, senza staccargli gli occhi di dosso, una
strana luce negli occhi.
Rock alzò gli occhi al cielo, svagato: “Fame da
cibo, intendo!”
Lei scoppiò a ridere: “Stavo scherzando,
tranquillo! Sto morendo di fame.” Nessuno dei due
però, credette a quelle parole. “Di fame da
cibo!” precisò infine, cercando di apparire
convincente.
Non era una bugia. Lo stomaco di Eleanor stava davvero implorando
pietà, ma l’espressione di Rock era davvero
impagabile per rinunciarvi troppo in fretta. Senza aggiungere
nient’altro, lo trascinò di corsa in cucina.
“Andiamo, prima che mi venga un calo di zuccheri!”
***
Chiuso nella sua stanza, Rap
guardava distrattamente dalla finestra.
Quella notte aveva nevicato
ancora e il cortile - così come i giochi appartenuti ai
piccoli allievi di quella vecchia scuola - era ormai quasi del tutto
scomparso, sepolto sotto innumerevoli strati di neve.
Rap osservava i ragazzi che
giocavano rincorrendosi, continuando ad urlare e spintonarsi.
Sembravano proprio dei bambini.
Tutti ne erano coinvolti: Rock,
Heavy, Eleanor, persino Metal non era rimasto tagliato fuori, anche se
si vedeva che non era esattamente a suo agio. Si metteva al riparo
dietro gli alberi, oppure dietro allo scivolo per evitare di diventare
il bersaglio delle palle di neve che gli altri si lanciavano. Ma
nonostante non partecipasse attivamente, sembrava divertirsi.
Rap vide Eleanor correre dietro
ad Heavy, tenendo un grosso ammasso di neve tra le mani. Lo inseguiva
senza guardare dove stesse mettendo i piedi, così ad un
certo punto, la vide letteralmente sparire, inghiottita dal terreno
innevato.
Si voltarono tutti,
inizialmente preoccupati, ma poi scoppiarono a ridere sguaiatamente nel
vederla riemergere, cosparsa di cristalli di ghiaccio dalla testa ai
piedi. Anche Metal non si risparmiò.
In effetti, sarebbe stata una
scena perfetta per un cartone animato.
“L’abominevole
donna delle nevi!” Sbraitò Heavy, piegato in due
dalle risate.
A quelle parole, Eleanor
diventò una furia. Prese a raccogliere manciate di neve e a
tirarle a chiunque le capitasse sotto tiro. A Rap ricordò in
maniera impressionante quei macchinari “lancia
palle” usati dai giocatori di baseball per
allenarsi.
Gli sfuggì una
risata senza che quasi se ne rendesse conto. Un suono quasi estraneo a
cui lui non era più abituato.
Durò un istante, per
poi lasciare nuovamente spazio alla sua consueta espressione arcigna e
sprezzante.
Sbuffò,
allontanandosi dalla finestra. Lui non aveva voglia di ridere. Non
più. Non gli era più concesso. Era il prezzo da
pagare per ciò che aveva fatto.
Marika sembrava volersi
prendere gioco di lui, fissandolo da quella dannata fotografia che si
ostinava a tenere così in bella vista, sopra quel vecchio
banco di scuola.
Arrivata a quel punto, una
persona sana di mente, l’avrebbe bruciata o, più
semplicemente, gettata via. Ma lui, no!
Non ce la faceva. Il sorriso di
lei, rimasto congelato in quella foto, lo illudeva che tutto fosse
ancora come allora. Quando persino uno come lui aveva saputo amare
incondizionatamente.
Sbuffò innervosito e
si buttò sul letto, portando immediatamente lo sguardo al
soffitto.
Non seppe dire per quanto tempo
rimase lì immobile. Le voci in cortile si acquietarono, il
sole cambiò inclinazione, la stanza si fece più
buia. Di tanto in tanto sentiva dei passi fuori dalla porta. Alcuni
passavano dritti, altri si fermavano per qualche istante per poi
allontanarsi di nuovo.
Rock, Heavy e Metal avevano i
loro difetti, ma capivano quando lui non voleva altro che stare da solo
e non osavano mai disturbarlo quando si chiudeva dentro la propria
stanza. Si preoccupavano, si angustiavano, ma resistevano e aspettavano
che fosse lui ad andarli a cercare.
Ci furono dei passi tuttavia
– più leggeri e silenziosi degli altri -, che non
accennarono ad allontanarsi. Rap sapeva a chi appartenessero e, se solo
ne avesse avuto la forza, sarebbe scappato dalla finestra.
Voltò la testa in
direzione della porta. Vedeva un’ombra da sotto la fessura,
qualche secondo di silenzio e poi un paio di colpi, lo fecero imprecare
sottovoce.
“Rap?”
“Va
via!” Riflesso incondizionato al quale non
potè proprio resistere. Avrebbe fatto meglio a rimanersene
in silenzio e fare finta di dormire.
Eleanor era terribilmente
fastidiosa ed invadente. Possibile che non avesse ancora capito che lui
sopportava la sua presenza solo per fare un piacere a Rock?
“Guarda che entro
anche senza il tuo permesso!”
Era una minaccia? Oh, si.
Altrochè se lo era.
Avrebbe tanto voluto chiudersi
dentro, ma non poteva, dal momento che nessuna delle serrature di
quella scuola poteva più essere chiusa.
Chi cavolo ha avuto la brillante
idea di buttare via tutte le chiavi delle aule?
Il suo sguardo andò
alla foto di Marika. Altro riflesso incondizionato.
… Ah,
già…
Era stata Marika, in quel
periodo in cui si era convinta di essere una perfetta “donna
di casa” e aveva insistito per occuparsi da sola delle
pulizie. Le aveva eliminate perché diceva che era stufa di
aggirarsi per i corridoi con quell’enorme mazzo di chiavi che
la faceva sembrare una cameriera d’albergo. Una volta si era
addirittura lamentata di somigliare a San Pietro.
Un sorriso spontaneo si
delineò sulle labbra di Rap e, stranamente, non
tentò di cancellarlo. Lo tenne stretto a se’,
cercando di trattenere il più a lungo possibile nella
propria mente l’immagine della Marika di quei giorni.
“Rap? Sto
entrando.”
La voce di Eleanor distrusse
quell’immagine, così come quel sorriso. Rap
strinse le labbra per non urlarle qualcosa di eccessivamente offensivo.
La porta si aprì e
lei entrò, un po’ esitante. Si guardò
intorno, incuriosita. In fondo, quella era la prima volta che entrava
nella sua stanza. Quando poi si decise a guardarlo, sorrise
serenamente, come se quell’intrusione non la toccasse
minimamente.
“Cosa fai qui tutto
solo?” domandò, fin troppo bonariamente.
Lui rispose con una delle
solite occhiatacce, pur sapendo che ormai non sorbivano più
l’effetto sperato.
Infatti, Eleanor non parve
urtata. Anzi, continuò a parlare, come se nulla fosse:
“Ci siamo divertiti
oggi di fuori, perché non sei venuto anche tu? “
L’immagine di lei che
sprofondava dentro la neve lo investì in pieno,
costringendolo ad impegnarsi seriamente per non scoppiare a riderle in
faccia.
“Possibile che tu non
abbia ancora capito che a me piace stare da solo?”
“A nessuno piace
stare solo.”
“Beh, io sono
l’eccezione che conferma la regola!”
sbottò, al limite della pazienza. “Ora
sparisci!”
Ma Eleanor non sembrava per
nulla intenzionata ad accogliere quella richiesta. Cominciò
a gironzolare per la stanza, guardandosi intorno, finchè a
Rap non gli si gelò il sangue. La vide afferrare la foto di
Marika e osservarla interessata.
“Chi…?”
stava per chiedere, prima che l’intuito rispondesse al suo
posto, “E’ lei, vero?”
domandò, senza fare nomi.
Rap non rispose, ma Eleanor
riuscì comunque a captare il sì che si nascondeva
dietro quel silenzio. Tornò a guardare la ragazza nella foto
e sorrise.
“E’ molto
carina.” Disse osservandola con attenzione.
“Com’è che si chiama?... Marika,
vero?”
Rap si alzò in
fretta, la raggiunse e le strappò la foto dalle mani.
Non gli andava di parlare di
Marika. Era certamente l’ultima cosa che voleva. E inoltre,
parlarne proprio con lei era decisamente fuori discussione.
“Si può
sapere che vuoi?” Le domandò seccamente.
La vide farsi pensierosa, come
alla ricerca di chissà quali parole.
“Io volevo soltanto
ringraziarti.” Disse infine, arrossendo.
Rap si accigliò di
sorpresa. Lui non era certo il tipo da far arrossire la gente, nemmeno
una come Eleanor. Eppure eccola lì, rossa in viso e
visibilmente a disagio.
Quella ragazza era riuscita a
frantumare la sua ennesima convinzione: non era più capace a
farsi odiare.
Era sempre stato bravo a fasi
odiare dagli altri, ma con lei non ci riusciva proprio. E
più tentativi faceva, più la trattava con
insofferenza, più lei gli si avvicinava e cercava di
comprenderlo.
Quanto sei insopportabile,
Eleanor!
Fortunatamente,
riuscì a tenersi quel pensiero per se’.
“Ringraziarmi per
cosa?” chiese, invece.
“Per avermi aperto
gli occhi, ieri sera.” Il rossore sulle sue gote si
fece ancora più visibile “Il tuo messaggio
è stato a dir poco illuminante!”
“Guarda che mica
l’ho fatto per te!” sbottò lui,
“L’ho fatto per Rock. Il tuo fare la preziosa stava
cominciando a renderlo piuttosto insofferente. Ovviamente non te lo
avrebbe mai detto, ma ti assicuro che non aspettava altro.”
“Beh, non importa per
chi l’hai fatto, un grazie te lo meriti comunque.”
Disse lei sorridendo con la più sincera e spiazzante
riconoscenza.
Per la prima volta, Rap non
seppe che dire. Non riusciva a capire come fosse possibile che quella
sciocca ragazzina impertinente avesse potuto compiere un simile
miracolo. Ma quell’espressione così grata,
così soddisfatta lo lasciò indiscutibilmente
senza parole.
Grazie al cielo, Eleanor non
parve accorgersi della leggera nota di panico che si era dipinta sul
suo volto.
“Bene.”
Esclamò “Ora che ti ho ringraziato, la mia
coscienza è a posto e posso anche andarmene,
contento?”
“E me lo
chiedi?” sibilò lui, fissandola torvamente.
Ma lei non parve intimorita,
gli rise in faccia spudoratamente: “Quando la smetterai di
fare l’orco? Non hai ancora capito che con me non
attacca?“
“La
smetterò quando tu mi lascerai finalmente in pace!”
Ed esattamente come quel giorno
in cui avevano parlato per la prima volta, Eleanor gli fece la
linguaccia. Rap alzò gli occhi al cielo al limite della
sopportazione. L’afferrò per un braccio e la
trascinò fino alla porta:
“Sparisci!”
le intimò.
Eleanor ridacchiò e
fece per ubbidire, ma si fermò sulla soglia, facendosi
improvvisamente seria.
“Sai, mi chiedo
spesso una cosa…” disse, evitando il suo sguardo.
Rap la fissò in
ansia. Non era mai un bene quando una donna pensava. Il più
delle volte aveva ragione.
“Perché
hai lasciato Marika se sei ancora così innamorato di
lei?”
Il ragazzo non rispose. Troppo
le emozioni che lo attraversarono in quel momento, e nessuna di esse
era positiva.
Quel giorno, ci fu un altro
primato: Rap agì per l’incolumità di
Eleanor.
Per non farle del male,
sbattè con violenza la porta, mettendola così al
sicuro dalle proprie mani irrimediabilmente già strette a
pugno.
Stupida ragazzina!
Si lasciò scivolare
contro la porta, fino trovarsi seduto per terra. Sospirò,
cercando di ritrovare la calma.
In fondo lei non sapeva. Non
poteva sapere… aveva solo la colpa di essere una gran
ficcanaso, ma non per questo meritava di diventare l’oggetto
su cui scaricare tutta la propria rabbia.
Eleanor era ancora
lì fuori, ne era certo. Non aveva sentito i suoi passi
allontanarsi. La odiò ancora di più!
Solo in quel momento,
realizzò che aveva ancora stretta in mano la foto di Marika.
Tornò a guardarla, nonostante il suo subconscio gli dicesse
di non farlo.
Strappala! Buttala via!
ordinò a se stesso. Dimenticala!
Tanto non tornerà mai più…
Ci andò molto vicino.
Prese la fotografia con
entrambe la mani e fece per stracciarla ma, come tutte le volte in cui
ci aveva provato , rinunciò fin troppo in fretta.
Marika gli sorrideva felice.
Bella… bella come nessun’altra ai suoi occhi. Era
l’unico ricordo tangibile che aveva di lei. Come poteva
distruggerlo come se niente fosse?
Non posso, non posso maledizione!
***
Eleanor rimase immobile davanti alla porta di Rap. Lo aveva distrutto
con una semplice domanda. Questa volta aveva esagerato e lui non
l’avrebbe perdonata tanto facilmente.
“Mi dispiace… “ cercò di
scusarsi, fissando la porta.
“Sei ancora lì? Vattene!”
La sua voce le giunse strana, diversa. Scossa da qualcosa che
inizialmente non seppe riconoscere… qualcosa che non era
certamente contemplato nel modo d’essere di Rap.
Sta… piangendo?
“Eleanor?”
La voce di Rock la ridestò. Si voltò e lo vide
che la guardava preoccupato, pochi passi più in
là. Chissà cosa si poteva leggere sul suo viso in
quel momento? Lei provava solo vergogna per se stessa, e
pietà per Rap.
Sentì montare la rabbia dentro di se’. Era rivolta
a qualcuno che non conosceva personalmente, ma che se le meritava tutta.
Marika! Pensò risentita Che cosa hai fatto? Che razza di
mostro sei?
“Tutto bene?” le chiese Rock, posandole una mano
sulla spalla.
Eleanor sussultò a quel tocco. Neanche si era accorta che
lui le si era avvicinato. Ma nemmeno la sua presenza riuscì
a liberarla da quel peso che improvvisamente la affliggeva.
L’immagine di Rap che, prima di sbatterle in faccia la porta,
la fissava con quegli occhi pieni di rancore e disperazione rischiava
di farla impazzire.
Possibile che non esistesse una cura a tutto quel dolore?
Nessuno meritava di soffrire così, nemmeno uno scontroso e
insopportabile come Rap.
Provava una tale pena per lui, una tale compassione da coinvolgerla
abbastanza da farle inumidire gli occhi dalle lacrime.
Si buttò tra le braccia di Rock, per nascondere il fatto che
stava stupidamente per mettersi a piangere.
“Che succede?” domandò lui, sinceramente
in ansia.
Eleanor attese qualche secondo per reprimere i singhiozzi che
minacciavano di uscire allo scoperto.
“Ti va di uscire?” riuscì a chiedere
infine.
“Si, se ne hai voglia.”
Senza dire nient’altro, lo tirò verso
l’uscita.
Sapeva bene che, più che uscire, Rock desiderava soltanto
chiederle cosa avesse, ma lei non aveva voglia di parlarne. Era una
faccenda tra lei e Rap e, per quanto le costasse ammetterlo, Rock non
centrava nulla.
***
Per strada, il cellulare di Eleanor squillò. Non appena
lesse il nome sul display, un enorme sorriso le illuminò il
volto.
“Evan!” esclamò felice nel rispondere.
Rock si rilassò nel vederla finalmente sorridere. Da quando
erano usciti lei aveva parlato pochissimo, il suo sguardo costantemente
distante a vagliare chissà quali tristi pensieri.
Non riusciva a capire il motivo di quell’improvviso sbalzo
d’umore. Quella mattina era sembrata l’allegria
fatta persona mentre giocava nella neve come un bambina.
Ma in qualche modo sapeva che il responsabile era Rap. Forse le aveva
detto qualcosa di offensivo. Non sarebbe stata la prima volta, in
fondo. Lui le aveva detto tante volte di non prendere sul serio le
parole di Rap, ma evidentemente Eleanor l’aveva di nuovo
presa sul personale. O almeno era quello che credeva, la sola
spiegazione che era riuscito a dare al suo malumore.
“Come sarebbe a dire che mi vedi?”
domandò la ragazza, cominciando a guardarsi intorno.
“Dimmi subito dove sei, o ti farò pentire di
essere nato!”
Rock intravide Evan dall’altra parte della strada che
sogghignava divertito, seduto su una panchina. Stava per avvertire
Eleanor, ma lei a quel punto l’aveva già visto.
Prese a sbracciare in aria finchè lui non le fece un cenno
di saluto. Chiuse il cellulare, afferrò Rock per mano e lo
trascinò dall’altra parte della strada.
Ovviamene, Evan non gli risparmiò una bella occhiataccia
truce.
Eleanor lo abbracciò felice come non mai:
“Che cosa ci fai qui? Non ci siamo visti per un sacco di
tempo e ora ovunque mi giro t’incontro,
com’è possibile?”
Evan rispose con un’alzata di spalle, per poi guardare di
nuovo torvamente Rock.
“Ciao, rapitore di ragazze indifese!” lo
provocò.
“Smettila!” lo rimproverò subito lei.
“Tranquilla, Eleanor!” fece Rock, posandole
possessivamente un braccio sulle spalle e guadagnandosi
l’ennesima occhiataccia “Lascialo divertire un
po’.”
Trovava insanamente divertente far ingelosire Evan. Nonostante ormai
sapesse che tra lui ed Eleanor non avrebbe mai potuto esserci nulla se
non quella fraterna amicizia che li legava, provava un sincero piacere
nel farlo arrabbiare. Non lo faceva con cattiveria, voleva
solo fargli capire che Eleanor non era più una sua esclusiva.
“Piantatela di fare i bambini!” li
sgridò lei, incrociando le braccia.
Evan distolse l’attenzione da Rock per tornare a fissare
l’amica. Si fece serio tutto d’un tratto.
“Ma… stai bene ?” le chiese.
Anche lui si era accorto che qualcosa non andava. Eleanor era una vera
frana nel nascondere i propri sentimenti.
La vide farsi più scostante, il suo sorriso spegnersi di
colpo.
“S-si…” mormorò incerta
“Sto benissimo.”
Evan fissò Rock, questa volta non con fastidio, ma con
crescente rabbia:
“Che cosa le hai fatto?” non sembrava affatto una
domanda. Sapeva molto di accusa.
Eleanor non gli diede il tempo di rispondere. Fissò
l’amico incredula e anche un po’ arrabbiata:
“Hei! Rock non centra niente, chiaro?”
“E allora cos’hai?”
La sentì irrigidirsi al suo fianco.
“Non… mi va di parlarne.”
Ma Evan non demorse: “Oh, avanti! Darò
per scontato che sia una cosa brutta se la tieni segreta!
Dimmelo!”
“Non è niente di grave, davvero.”
Eleanor fissava la strada. Rock riconobbe in quel gesto la sua
avversione nel ricordare qualcosa di spiacevole. Si stupì
che Evan non se ne accorgesse. Non era forse il suo migliore amico?
“Se non è grave, parla!”
“Evan, perfavore… non insistere!”
Il ragazzo parve intuire da se’ che la sua ostinazione non
l’avrebbe portato da nessuna parte. Sbuffò
rassegnato e, dopo la solita occhiataccia a Rock, si rilassò
e tornò a sorridere.
“Hai la testa più dura della pietra!”
Anche lei tornò a rilassarsi : “Oh, puoi
scommetterci!”
“Dove stavate andando?”
Eleanor rispose con una generica alzata di spalle: “In
giro.”
“Bella risposta!”
“Vuoi unirti a noi?”
Rock la guardò come fosse impazzita. Non gli andava che Evan
s’intromettesse nella loro passeggiata.
“No, mi spiace ma non posso.” Rispose
“Devo vedermi con Nathan fra un po’.”
Rock sospirò di sollievo. Eleanor se ne accorse e lo
guardò a metà fra il divertita e
l’indignata. Per evitare qualsivoglia ramanzina, lui
sfoggiò la più innocente delle
espressioni… e, come da copione, lei abboccò in
pieno. La vide arrossire e non resistette dal baciarle il capo.
Evan lo fulminò, ma lui non ci fece troppo caso. Era meglio
che si abituasse a vederli insieme, dal momento che non era stata
varata ancora nessuna legge che gli proibisse di toccarla davanti a lui.
Rock aveva il vago sospetto che tutta l’antipatia nei propri
confronti, si fosse in qualche modo raddoppiata dal giorno prima. Era
anche quasi certo che Eleanor gli avesse raccontato cosa fosse successo
tra loro quella notte e sorrise a quel pensiero… Ebbe quasi
pietà per il povero Evan, così pazzamente geloso
e nel contempo irrimediabilmente impotente.
Eleanor parve delusa dal suo rifiuto di seguirlo e
s’imbronciò leggermente:
“D’accordo…” fece mestamente.
Evan le diede un buffetto sul braccio: “Non fare quella
faccia! Mica mi trasferisco su Marte. Un giorno di questi usciamo io e
te… da soli!” lo sguardo che indirizzo a Rock sul
finire della frase, non aveva nulla di amichevole.
Rock sogghignò svagato. Evan era davvero divertente da far
arrabbiare!
Eleanor si risollevò: “Come ai vecchi
tempi?”
“Come ai vecchi tempi!”
Chissà che significati assumeva per loro
l’espressione "vecchi tempi" ? Probabilmente, Rock non
l’avrebbe mai saputo e un po’ se ne
rammaricò. Una cosa andava detta: Evan conosceva Eleanor
molto meglio di quanto la conoscesse lui.
Nulla poteva cambiare questo dato di fatto!
Eleanor si avvicinò al suo amico e lo abbracciò.
“Ci vediamo.” Lo salutò.
Lui abbassò la voce, ma non abbastanza da sfuggire
all’udito di Rock: “Non mi hai ancora detto come
è andata la partita a carte…”
Eleanor si allontanò immediatamente da lui e lo
fissò scandalizzata, rossa in viso come non lo era mai
stata. Non era difficile immaginare il doppio senso di quella frase, e
le risatine di Evan non facevano altro che confermare
l’ipotesi che Rock si era fatto.
“Sono affari miei, se non ti dispiace!”
affermò Eleanor con decisione, visibilmente a disagio.
Evan ridacchiò nell’osservarla:
“Tranquilla, stavo scherzando! Anzi, volevo appunto
chiederti, cioè implorarti, di non raccontarmi mai niente.
Ne va della mia salute mentale!” a quel punto, quello in
imbarazzo sembrava proprio lui “Non riesco ad immaginare te e
lui che… mentre… giocate. Dio, non voglio nemmeno
pensarci!”
“La vuoi smettere?”
Rock si divertì un mondo nel guardarli. Erano uno spettacolo
unico. Rise senza quasi rendersene conto, ritrovandosi vittima dei loro
sguardi raggelanti. Tuttavia, non servì per farlo tornare
serio.
Evan salutò Eleanor con un veloce abbraccio e
tornò a sedersi sulla panchina sulla quale lei e Rock
l’avevano trovato.
La ragazza continuò a salutarlo con la mano
finchè la visuale glielo permise.
Girato l’angolo, i suoi occhi furono di nuovo tutti per Rock.
E così fu per il successivo paio d’ore…
***
Decisero di tornare in
metropolitana, in assoluto il loro mezzo preferito.
Eleanor adorava sedergli accanto e si divertiva un mondo nel
confrontare il presente con l’immagine di se stessa mentre si
limitava ad osservarlo da lontano. Allora, non avrebbe mai nemmeno
osato sperare di potersi sedere vicino ad un angelo.
Appoggiata sul suo petto, alzò gli occhi su di lui e il
ricordo di Rap tornò a colpirla con prepotenza. Ma assieme a
quello, un altro ricordo si fece strada tra i suoi pensieri. Un ricordo
che decise di riportare alla luce.
“Lo sai che mi devi ancora un interrogatorio?”
domandò, molto candidamente.
Sentì Rock trattenere per un attimo il respiro.
“In effetti te lo devo.” Concesse.
“Voglio sapere tutto su Marika!” esclamò
a bruciapelo.
Vide un bagliore di panico illuminare il volto di Rock:
“…adesso?”
“Si, adesso. Basta segreti! Sono stata anche fin troppo
paziente, direi.”
Rock si fece pensieroso. Lei sapeva che stava cercando qualche scusa a
cui aggrapparsi per poter di nuovo rimandare quella conversazione, ma
questa volta non avrebbe funzionato. Lei era irremovibile.
Se voleva aiutare Rap e diventare finalmente sua amica, doveva
conoscere tutta la storia.
“A casa.” Disse semplicemente Rock.
“Va bene.” Acconsentì lei. Qualche
minuto poteva anche concederglielo. “Ma prometti che
parlerai!”
“Prometto solennemente che parlerò!”
Il viaggio in metro durò all’incirca un quarto
d’ora. Dieci minuti, la strada a piedi per tornare al loro
rifugio.
Quando arrivarono, trovarono Rap in mensa.
Eleanor si fermò sulla soglia non appena lo vide.
Immediatamente, il ragazzo si eclissò nel corridoio che
conduceva in palestra.
Rock la guardò interrogativamente:
“Che gli hai fatto?”
Lei scosse la testa e andò a sedersi, invitandolo a fare
altrettanto. “Non cercare di cambiare discorso!”
Il ragazzo si sedette remissivamente vicino a lei.
“Sei sicura?” le chiese “Quello che
sentirai non ti piacerà.”
“Questo lascia deciderlo a me.”
La luce blu di un’ambulanza che passò sfrecciando
in strada illuminò per il volgere di un istante la stanza.
Il fastidioso suono delle sue sirene spiegate coprì i loro
respiri.
Eleanor poggiò una mano su quella di Rock. Attese che
l’ambulanza fosse lontana abbastanza, per parlare:
“Rock… ti prego. Io devo sapere.”
Lo sentì sospirare:
“Una promessa è una promessa.”
Ma proprio in quel momento, quando tutto sembrava perfetto, il
cellulare di Eleanor prese a squillare. In qualche modo,
allentò la tensione. Soprattutto quella di Rock.
“Sarà Evan. Coraggio rispondi! Altrimenti pensa
che ti ho fatto a pezzi e nascosto dentro i muri!”
Eleanor lo guardò male: “Spiritoso!”
Si alzò in piedi e si allontanò di qualche passo
prima di rispondere.
“Evan?” chiese senza nemmeno guardare il display.
Rock rimase a fissare il vuoto. Come avrebbe fatto a raccontarle la
verità? Non sapeva neppure da dove iniziare.
A Rap non piaceva che si parlasse di Marika e neanche a lui, a dirla
tutta. La presenza di Marika nella loro vita era stata sia un miracolo
che una tragedia.
La tragedia sarebbe stata complicata da raccontare ma, contro ogni
buonsenso, raccontare del miracolo sarebbe stato ancora peggio.
Un colpo secco lo riportò con i piedi per terra. Si
voltò verso Eleanor e si spaventò.
“Eleanor?”
La ragazza appariva sconvolta. Il cellulare le era scivolato di mano,
cadendo a terra. Fissava il nulla con occhi sgranati e
sembrava farsi più pallida ogni secondo che passava. Nemmeno
respirava.
Immediatamente fu al suo fianco per sostenerla, dato che sembrava sul
punto di svenire.
“Che cosa c’è?”
La vide deglutire nel tentativo di ritrovare la voce:
“…devo… devo andare.”
“Andare dove?”
Il suo respiro si fece più pesante. Rock non era un medico,
ma sapeva riconoscere una crisi di panico quando la vedeva ed Eleanor
c’era molto vicina. La sentiva tremare sotto le sue mani.
Solo una parola uscì dalle labbra di lei, trascinata e
appena udibile. Una parola che sconvolse anche lui:
“ …un... un incidente… “
La sirena dell’ambulanza appena passata sembrò
tornare a farsi sentire...
***
Ok ok! Capitolo inutile. Non
succede praticamente nulla, fatta eccezione per il finale (a questo
proposito, l'autrice ha assunto una guardia del corpo per eventuali
attacchi di natura terroristica da parte dei suoi lettori rimasti a
bocca asciutta). In verità gli interi ultimi 2 capitoli sono
stati abbastanza inutili, ma avete mai sentito dire "la calma prima
della tempesta" ?. Con questo capitolo finisce la calma. Da ora in poi
sarà solo tempesta.
Non posso dire troppo per non rovinare la sorpresa, ma le persone a cui
ho già raccontato cosa accadrà nei futuri
capitoli mi hanno odiato profondamente ^^.
(ndPersoneAcuiHoSpoileratoLaStoria: NOOOOOOOO!!!! Non puoi fare
questo!!!! NON PUOI!!!! NON PUOI!!!! ç____ç )
Hihihi! Quanto mi sento perfida!!! MWUAHAHAHAHAHAHAH!!!!!!!
-_-'''' ok, facciamo un po' le persone serie.
Passo ai ringraziamenti, prima che ci scappi lo spoiler:
BabyzQueeny: L'idea
del sms è piaciuta a molti ^_^ *me tanto felice*. E anche
Nathan ha riscosso parecchio successo. Sono proprio contenta ti sia
piaciuto. PEr quanto riguarda il segreto... beh, nei prox due capitoli
accadranno parecchie cose che porteranno altrove l'attenzione dei
personaggi, ma nei capitoli 17 e 18 tutto verrà svelato
^___^ contenta?? Grazie per l'appoggio morale, ma credo che ormai i
rapporti con quella mia ex-amica si siano interrotti del tutto.
Pazienza. Ho imparato a riderci su!
Oasis:
Grazie mille. Essermi meritata un posto tra i tuoi preferiti
è motivo d'orgoglio per la sottoscritta ^_^
Lady85:
Certo che avrà da sudare Eleanor!!! ALtrochè se
ne avrà, ma ancora di più dovrà sudare
Rap a dimenticare il passato. Grazie x i complimenti ^_^
Felicity89: visto
che ho aggiornato in tempo? E tranquilla, continuerò ad
essere la tua Beta. Ho preso un impegno e non posso rinunciarci. I
messaggi si, li manda Rap. In realtà volevo tirare in ballo
qualcun'altro, ma mi son detta: !cavolo, non esageriamo! CI sono
già troppi misteri in questa storia, poi si fa troppo
inverosimile!" ^_^
Black Lolita:
Accidenti, e chi si aspettava che Nathan riscuotesse tutto questo
successo? Bene, sono proprio contenta. Beh, come aggettivo direi
che "orsacchiottoso awww" va bene, no? Grazie ancora per i
complimenti. Non merito tanto e mi commuovo ç____ç
Mana_chan:
Adoro le tue recensioni chilometriche. Mi fanno felice !!!!!! Anzi
scusa se non te l'ho ancora mai detto! Cmq, sono contenta ti sia
piaciuto il finale. Ci ho lavorato un bel po'. Ho perso il conto di
quante volte l'ho cambiato. E di questo di finale cosa ne pensi????
Vero ke mi odi, almeno un pochino???? ^^
Celicola: ti
ringrazio^__^ e complimenti per essere riuscita a leggere tutto d'un
fiato! Davvero notevole!
Ok, dato che sono quasi le 2 e mezza di notte, vado a nanna!
Mi raccomando recensite eh?!?! Voglio sapere cosa ne pensate
dell'interruzione di capitolo!
A presto!
Ayleen
PS
Siccome ho postato questo capitolo piuttosto frettolosamente, non ho
fatto a tempo a rileggerlo (un errore molto grave! E dire che sono pure
Beta-reader ç_ç ke figure!) . Se trovate errori
di battitura o di altra natura, vi prego di segnalarmelo, o nelle
recensioni o privatamente. Insomma avvertitemi! Ho la fobia degli
errori! ^^ Grazie
|
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Capitolo 15 *** Il silenzio fa rumore ***
CAPITOLO QUINDICI
Il
silenzio fa rumore
Che suono ha la vita?
Eleanor se l’era spesso domandato. Lei amava tutto
ciò che potesse produrre suoni: gli alberi, il vento,
l’acqua, gli animali, le persone, la musica… ma
non era mai riuscita ad immaginare che suono potesse avere la vita.
Eppure, era sempre stata convinta che ne avesse uno. Doveva averlo.
Così come ce l’avevano l’amore e
l’odio. Non tutti riuscivano a sentirli, ma lei
sì.
E adesso sapeva che suono avesse la vita. Lo sentiva e non le piaceva
per niente.
Non aveva nulla di armonico e affascinante. Non rilassava come si era
immaginata. Era fastidioso, freddo, ripetitivo e faceva paura. Si,
perché avrebbe potuto fermarsi da un momento
all’altro e se fosse successo, se il silenzio
l’avesse fatta da padrone all’improvviso, lei
sarebbe morta.
Un bip.
Nient’altro.
Un bip
ripetuto all’infinito da un macchinario accanto ad un letto
d’ospedale. Quello era il suono che aveva la vita.
Se quel bip
fosse cessato, anche la persona sdraiata su quel letto avrebbe cessato
di esistere. E lei con lui...
Era inaccettabile !
Un cuore non faceva bip!
Il cuore di Evan non faceva bip!
Ma ora, era soltanto quel suono a darle la sicurezza che lui fosse
ancora vivo.
L’infermiera l’aveva cacciata via già un
paio di volte da quella camera, ma lei ci era tornata, cocciuta e
caparbia come poche volte era stata.
Quella donna in fondo, cosa ne sapeva del suo dolore? Credeva davvero
che lei, in un momento del genere, fosse minimamente interessata al
regolamento dell’ospedale?
“Se non siete
parenti non potete entrare!” Così
aveva detto.
Parenti. Che parola sciocca!
Evan non aveva parenti, non più! Lei e Nathan erano la sua
famiglia.
Ad Eleanor non interessava se quell’infermiera sarebbe
tornata a cacciarla via. Anche se fosse accaduto, lei sarebbe
rientrata.
Evan era lì, sdraiato su quel letto, privo di coscienza.
Eleanor si sentiva morire ogni volta che le sue limitatissime
conoscenze mediche le facevano saltare alla mente la parola coma. Nessuno
l’aveva usata, eppure lei sapeva che tutti la pensavano.
Sta solo dormendo. Si
ripeteva di continuo, Ancora
un po’ e si risveglierà.
Ma era difficile convincersi che stesse davvero soltanto dormendo.
Tutte quelle garze macchiate di sangue, i suoi bei ricci color del
mogano nascosti da quell’ampia fasciatura alla testa, quegli
strani sensori e quei tubicini che lo ricoprivano da capo a piedi e di
cui lei ignorava le funzioni, spezzavano crudelmente quella speranza.
Si era ripromessa di non piangere, perché se Evan si fosse
risvegliato non avrebbe dovuto vedere alcun accenno di tristezza sul
suo volto. Solo la più calda e raggiante espressione di
bentornato.
Si era sdraiata al suo fianco, facendo attenzione a non staccare
nessuno di quei tubicini, e gli aveva stretto la mano. Lo fissava
immobile, in attesa di qualunque movimento, anche il più
impercettibile.
Sentiva la presenza di Rock e Nathan sulla porta, ma non
badava a loro. In quel momento, nel suo mondo esisteva solo Evan. E
comunque, non aveva il coraggio di guardare Nathan. Non voleva
rivederlo, perché non riusciva a riconoscerlo.
L’angoscia e il dolore sul suo volto erano stati il colpo di
grazia.
Dov’era il Nathan sempre sorridente?
Era davvero così grave la situazione?
No, non poteva essere così grave. Il bip si faceva udire
regolare, forte e chiaro. Ovvio, il cuore di Evan era forte. Non
avrebbe smesso di lottare tanto facilmente.
Senza quasi rendersene conto, Eleanor si era messa a canticchiare a
bassa voce la canzone preferita di Evan. Quella di Bob Dylan che lui
fischiettava di continuo.
Poteva una semplice canzone compiere un miracolo?
No, Eleanor ne aveva avuto la conferma quella notte. I miracoli erano
sono belle favole.
E se esisteva un Dio, allora il mondo era spacciato.
***
Era terribile dover assistere impotenti a quello strazio. Rock non era
forte abbastanza.
Eleanor era così distante da sembrare quasi evanescente ai
suoi occhi. Lui non poteva fare altro che guardarla in silenzio da
lontano, mentre teneva Evan stretto a se’.
Ascoltava quella canzone appena sussurrata dalle sue labbra. Persino
con la voce vinta dalla disperazione, la sua intonazione risultava
essere perfetta.
“Mama, put my
guns in the ground
I can't shoot them
anymore.
That long black cloud is
comin' down
I feel like I'm knockin'
on heaven's door.”
Stava facendo un enorme sforzo per non piangere, non era difficile da
notare. Lo capiva dal mondo in cui continuava a sbattere le palpebre e
dal suo incessante deglutire a vuoto.
Al fianco di Rock, Nathan sembrava diventato di pietra. Era immobile
nella stessa posizione da una mezzora buona. Sembrava
un’altra persona, così diversa da quella che aveva
conosciuto appena il giorno prima…
Ma d’un tratto, la statua si mosse.
Nathan sospirò e uscì in corridoio, appoggiandosi
stancamente al muro. Rock lanciò un ultimo sguardo ad
Eleanor, prima di seguirlo fuori da quella maledetta camera.
“… avrei dovuto ascoltarlo.”
Mormorò il ragazzo biondo, fissando il vuoto “Lui
voleva rimanere a casa stasera. Mi aveva detto che davano un film in
televisione che non voleva perdersi, ma io ho insistito per
uscire…”
Rock lo ascoltò in silenzio, senza osare interromperlo.
Da quando lui ed Eleanor erano arrivati in ospedale – poco
dopo che Nathan aveva telefonato alla ragazza - , nessuno dei due aveva
ancora chiesto cosa fosse successo.
Non ne capiva il motivo, dato che avrebbe dovuto essere la prima cosa
su cui informarsi, ma ad Eleanor non sembrava importare
dell’incidente che aveva coinvolto Evan. Lei voleva soltanto
vederlo riaprire gli occhi. Quasi desiderasse farsi raccontare
direttamente da lui gli avvenimenti che l’avevano costretto
in quel letto…
Quanto a Rock, aveva intuito da se’ che Nathan non aveva
voglia di parlare. Quand’erano arrivati, lui li aveva
semplicemente avvisati che Evan era appena uscito dalla sala operatoria.
Senza fare nessuna domanda, Eleanor si era infilata nella stanza del
suo amico e non si era più allontanata.
“…eravamo sul marciapiede…”
continuò Nathan, faticosamente. “Stavamo
camminando tranquillamente. Non ricordo neanche di cosa stessimo
parlando, so solo che Evan è rimasto indietro di qualche
passo. Si è fermato e si è messo a ridere per
qualcosa che ho detto…”
Rock lo fissava accigliato, scrutando l’immagine che la sua
mente si era creata.
“… Ho fatto appena in tempo a vedere i fari di
quell’auto e mi sono reso conto troppo tardi che ci stava per
piombare addosso. Ho provato ad afferrare Evan per allontanarlo dalla
sua traiettoria, ma non ce l’ho fatta…”
Rock si sentì raggelare. Non seppe riconoscere la sensazione
che prevalse nel suo cuore: un misto fra rabbia, dolore,
pietà. Tutto.
Vedeva la sofferenza di Nathan, avvertiva l’infinito tormento
della sua Eleanor. Sentiva la propria incapacità nel
fronteggiare una simile situazione.
Che cosa mai avrebbe potuto dire per farli stare meglio?
Quali parole sarebbero state in grado di far scappare loro un sorriso?
La voce rotta di Nathan, lo distrasse:
“Non dovevamo uscire!” esclamò, ormai
sull’orlo del pianto “Se fossimo rimasti a casa
come voleva lui, tutto questo non sarebbe accaduto!”
“Hei!” Rock assunse un’aria
inaspettatamente severa “Non dirlo neanche per scherzo. Non
è stata colpa tua!”
Nathan scosse convulsamente la testa: “Si, invece!
Perché lui faceva sempre quello che volevo io e non ho mai
fatto nulla per cambiare questo fatto! Non importava se lui fosse
contento o meno, alla fine si faceva sempre e solo quello che volevo
io!”
Rock lo fissò con occhi sgranati, non tanto per il senso
delle sue parole, ma per il modo in cui le aveva esposte.
“Nathan…” lo chiamò, cercando
di apparire il più calmo possibile “…
perché parli al passato? “ Il ragazzo non rispose,
limitandosi a sfuggire al suo sguardo accusatorio. “Evan
è vivo, quindi smettila di parlare come se non fosse
così!”
Nathan si chiuse in un ostinato silenzio, mentre Rock tornò
sulla soglia della camera di Evan. Sospirò sollevato nel
vedere finalmente il volto di Eleanor addormentato e, in qualche modo,
si sentì pervadere da un'infinita tranquillità.
“Devi promettermi una cosa.” Nathan gli si era
affiancato, senza fare il minimo rumore. Anche lui fissava Eleanor.
Rock lo guardò incuriosito. “Che cosa?”
“Prenditi cura di lei!” disse, facendo un cenno
verso Eleanor.
“Lo sto già facendo.”
“No, non è quello che intendo” Il
ragazzo biondo di voltò verso di lui, fissandolo con aria
terribilmente seria “Dovrai prenderti cura di lei, dopo che
tutto questo sarà finito.”
Rock lo fissò, sinceramente confuso: “Non
capisco…”
Nathan deglutì un paio di volte prima di ritrovare la voce:
“Dovrai starle vicino. Dovrai evitare che compia qualche
sciocchezza… sarà molto dura per lei.”
All’improvviso, ogni sua singola parola prese un senso.
Con un gesto di stizza gli mostrò le spalle e si
allontanò:
“Non voglio neanche starti a sentire!”
esclamò, adirato.
Nathan lo seguì: “Ti prego, prometti che non la
lascerai mai da sola! Promettilo!”
“Smettila!” gli urlò contro Rock
“Evan non morirà, ok? Guarirà e
potrà prendersi cura di Eleanor insieme a me! E anche a te,
se vuoi!”
Nathan strinse le labbra e fermò Rock con uno strattone:
“Lui sta già morendo!” sibilò
per non farsi sentire da Eleanor che dormiva a pochi passi da loro.
“Non si sveglierà più!”
“Quello che dici è assurdo.” Fece Rock,
cercando d’ignorare la lacrima solitaria che percorreva una
delle guance di Nathan.
“No, non lo è. “
Rock ebbe seriamente paura del suo sguardo. I suoi occhi erano
sì terrorizzati e disperati, ma il velo di rassegnazione li
rendeva, se possibile, ancora più preoccupanti.
“Tu non hai sentito ciò che hanno detto i medici
dopo che è uscito dalla sala operatoria. “
Aveva paura a fare quella domanda, ma se si fosse ancora tirato
indietro, se avesse di nuovo rimandato quell’inevitabile
momento, sarebbe impazzito:
“Quanto è grave?”
Nathan si passò nervosamente una mano tra i ricci dorati. Le
sue labbra si mossero, ma nessun suono uscì. Andò
a sedersi su una delle panche del corridoio e si prese la testa fra le
mani.
Rock gli si sedette accanto : “Perfavore Nathan, devo
saperlo.”
Sul suo volto distrutto comparve per un attimo una smorfia che, con
molta fantasia, si sarebbe potuta definire sorriso.
“Beh, non ricordo le parole esatte… tutti quei
termini complicati da dottori…”
“Non ti ho chiesto le parole esatte!”
sbottò Rock, interrompendolo “Voglio solo sapere
cos’ha?”
Seguì ancora qualche istante di silenzio, poi Nathan si
decise a parlare: “Hanno parlato di un’emorragia a
seguito del forte trauma cranico dovuto all’impatto con
l’auto. Sono riusciti a fermarla… per il
momento.”
“Per il momento?”
Nathan annuì soltanto, prima di riprendere a parlare:
“Alcuni organi sono compromessi. Il fegato
è… è come spappolato, scusa
ma non so trovare un altro termine.”
Rock lo fissava impietrito. Era molto peggio di quanto si fosse
immaginato. Non serviva essere medico per capirlo.
“C’è un alto rischio
d’infezione…” continuò Nathan
“… e se ciò dovesse accadere,
Evan...” nemmeno la terminò quella frase.
Si alzò di scatto e tornò sulla soglia di quella
maledetta camera.
Rock non si mosse per parecchio tempo. Un groviglio di pensieri gli
stava scombussolando il cervello. Domande perlopiù, quasi
tutte senza risposta.
E se non si fosse più risvegliato?
Eleanor come avrebbe reagito?
Che cosa poteva fare per lei?
Esisteva una qualche speranza che Evan si riprendesse?
Scelse di svuotare la propria mente, interrompendo di colpo il fluire
dei propri pensieri. Si alzò, improvvisamente cosciente
della sola cosa che avrebbe potuto fare.
C’era una persona in quell’ospedale. Una persona a
cui lui non rivolgeva la parola da quasi sette anni. L’idea
di incontrarla lo irritava non poco, ma avrebbe resistito e gli avrebbe
parlato.
Era tutto ciò che poteva fare. Per Nathan, per Eleanor ma,
soprattutto, per Evan.
Percorse tutto il corridoio riservato alla terapia intensiva, per poi
svoltare su per una rampa di scale. Si trovò
nell’ennesimo spoglio corridoio e con passi decisi si
fermò davanti ad una porta.
Benché non ce ne fosse alcun bisogno, lesse il nome sulla
targhetta che vi era appesa un paio di volte.
Fece un sospiro profondo e bussò.
“Avanti!”
Il respiro gli si mozzò in gola. Risentire quella voce,
così austera e al tempo stesso così rasserenante,
scatenò in lui l’impulso di andarsene
immediatamente.
Solo l’immagine di Eleanor disperata mentre cingeva Evan come
fosse il più prezioso e fragile degli oggetti, lo convinse a
non fare troppo affidamento sul proprio istinto.
Posò lentamente una mano sulla maniglia della porta ed
entrò.
Non alzò immediatamente gli occhi. Si concesse qualche
istante di esitazione, ma la persona dietro quella scrivania
reagì in tutt’altra maniera. Rock lo
sentì alzarsi di scatto e quella voce fin troppo
dolorosamente famigliare, tornò a riempire la stanza.
“Figliolo?” Difficile dire se apparisse
più preoccupato, felice o arrabbiato.
Più di sei anni che non si vedevano e ancora Rock conservava
di lui sempre e solo lo stesso ricordo. Un ricordo che comunque,
preferì non riportare alla luce. C’era altro a cui
pensare. Questioni più importanti che rimuginare sul loro
ultimo e definitivo litigio.
Dopo quella che parve un’eternità, Rock si decise
finalmente a guardarlo. Non era cambiato per niente, fatta eccezione
per qualche ruga più marcata agli angoli degli occhi e della
bocca. Era come guardare se stessi proiettati in avanti di
trent’anni. Gli stessi capelli neri ribelli –anche
se oramai brizzolati, la carnagione pallida, i lineamenti del viso e
quegli occhi, copia esatta dei suoi.
Se Eleanor l’avesse guardato in faccia, non ci avrebbe messo
molto a capire.
“Papà…” mormorò
Rock, ormai del tutto disavvezzo dall’usare quel termine
“… devi farmi un favore.”
***
Rap venne bruscamente svegliato dalla voce di Metal.
“Rap!”
Nonostante l’intorpidimento, allungò un braccio
alla ricerca di qualcosa da tirargli addosso, mugugnando qualcosa
d’incomprensibile.
L’ansia nel tono di voce dell’amico tuttavia, lo
fece desistere.
“Rap, svegliati!” esclamò in un soffio.
Il ragazzo si mise faticosamente a sedere sul proprio letto,
cercando di mettere a fuoco l’immagine di Metal sulla soglia
della sua stanza:
“Spero tu abbia un valido motivo per avermi
svegliato!” biascicò infastidito.
“Rock ti ha detto che usciva?”
“Cosa?”
“Sai per caso se Rock aveva intenzione di uscire
stasera?”
Rap sbuffò: “E’ stato fuori tutto il
pomeriggio con quella piantagrane di Eleanor, ma sono tornati
verso… beh, non so a quale dannata ora.”
Tagliò corto, ansioso di rimettersi a dormire.
Vide Metal farsi pensieroso, ma il cuscino lo reclamava troppo per
farci davvero caso. Senza aggiungere un’altra sola parola, si
gettò a peso morto sul letto. Era già sul punto
di riaddormentarsi, ma sembrava che Eleanor avesse intaccato anche
Metal con la sua invadenza, dato che lui non accennò ad
andarsene.
“Non ci sono.” Disse gravemente. “Nessuno
dei due!”
Rap sbuffò di nuovo, questa volta più
sonoramente: “Che t’importa?! Saranno andati da
qualche parte!”
“… sono quasi le quattro del mattino.”
Rap smise di respirare per qualche istante. Alzò un braccio,
piegandolo a pochi centimetri dal viso e lesse l’ora sul
quadrante dell’orologio che aveva al polso.
Le tre e quarantacinque.
In effetti, era strano che Rock fosse ancora fuori, ma ancora
più strano suonava il fatto che anche Eleanor non ci fosse.
“Hai provato a chiamarlo?” domandò a
Metal, con il consueto atteggiamento distaccato.
Il ragazzo biondo annuì : “Ha il telefono spento.
Ed Eleanor non risponde proprio.”
…
non… risponde?
Si stupì dell’improvviso nodo allo stomaco che
quella semplice frase gli provocò.
Il cellulare di Rock era spento, e la cosa non lo coinvolgeva
più di tanto; avrebbero potuto esserci centinaia di motivi.
Strano come invece, l’idea che Eleanor non rispondesse e che
il suo telefono squillasse a vuoto da qualche parte, lo agitasse. Al
contrario di Rock, in quel caso non esistevano giustificazioni che
spiegassero il comportamento di lei.
Perché
diavolo non risponde?
Gli ultimi residui di sonno sparirono nel porsi quella domanda.
Per qualche assurdo motivo, la sua mente proiettava soltanto immagini
drammatiche tutt’altro che benefiche per la sua crescente
ansia.
Cercò disperatamente di ritrovare la calma. Si sentiva
decisamente fuori posto nel vestire i panni dell’apprensivo.
C’è
Rock con lei. Non è da sola. Continuava a
ripetersi, anche se non costituiva un grande aiuto.
Si alzò in piedi e cominciò a vestirsi
con finta calma.
“Cosa fai?” domandò Metal.
“Che domande! Andiamo a cercarli, no?” Si
stupì da solo della propria risolutezza. Se c’era
una cosa che detestava era farsi coinvolgere troppo dagli altri.
Accidenti a te, Eleanor!
Non ne combini mai una giusta!
“Ma potrebbero essere ovunque!” esclamò
Metal, appena corrucciato.
“Allora faremmo meglio a darci una mossa! Sveglia tuo
fratello!”
Una volta vestito, Rap si diresse alla porta, ma Metal gli
impedì il passaggio.
“C’è un’altra cosa che devi
sapere.” Disse esitante, ritrovandosi vittima del suo sguardo
rigido che lo obbligò infine a parlare:
“… l’auto non c’è.
Penso che l’abbia presa Rock.”
Rap s’irrigidì.
Ora si che era ufficialmente preoccupato!
Spinse di lato Metal e si diresse frettolosamente verso
l’uscita. Udì a malapena la voce
dell’amico che chiamava Heavy.
Sentiva il cuore battergli all’impazzata; da molto non
rimaneva in balia di tanta agitazione. Dentro di se’ sentiva
la rabbia crescere nei confronti di Rock, ma soprattutto nei confronti
di Eleanor; nemmeno sapeva farsene una ragione…
Quella stupida ragazzina! Possibile che riuscisse sempre a
sconvolgergli l’esistenza? Anche quando non c’era
riusciva a fare danni. E quell’idiota di Rock che le andava
dietro!
Stanno bene. Stanno
bene… sta bene!
Non avrebbe dovuto essere così in pena per loro. Per lei, in
particolar modo!
Andava contro tutto ciò che l’aveva
contraddistinto in quegli ultimi anni. Si era dimenticato cosa volesse
dire preoccuparsi da quando l’ultima persona per la quale gli
importasse qualcosa l’aveva abbandonato.
Era già in strada, quando le imprecazioni di Heavy gli
giunsero alle orecchie. Stava urlando qualcosa a proposito della sua
fretta e del fatto di essere stato buttato giù dal letto.
Metal teneva il passo silenzioso, riservandogli di tanto in tanto
occhiate apprensive.
“Hei, Rap.” Disse all’improvviso.
“Stai tranquillo. Vedrai che non è successo
niente. Avranno solo perso la cognizione del tempo.”
Ma quelle parole non lo aiutarono in alcun modo. Anzi, gli suonavano
terribilmente false!
”Oh, chiudi il becco Metal!”
***
Non era certo una sorpresa l’atteggiamento che entrambi
stavano tenendo; così freddo e distaccato. Il tipico
atteggiamento che lega dottore e paziente.
“Qual è il problema?” domandò
suo padre, senza lasciar trapelare alcuna emozione. “Stai
male?”
“No.” Rock, accomodato di fronte alla scrivania, si
fissava le mani, incapace di sostenere il suo sguardo.
“E allora cosa ci fai qui? Ti servono soldi?”
sembrò farsi arrogante d’un tratto e questa volta,
Rock alzò gli occhi.
“Certo che no!” sbottò, risentito.
“Anche se così fosse non verrei mai a chiedere
soldi proprio a te. Piuttosto organizzo una rapina in banca!”
Suo padre sospirò pesantemente, si chiuse in un breve
silenzio e poi richiese, scandendo ogni sillaba: “Qual
è il problema?”
“E’… è per la mia
ragazza.” Rispose Rock, cercando di apparire il
più risoluto possibile.
“Che cos’ha?” Suo padre si fece
nuovamente distaccato.
“Lei niente. E’ per un suo amico. Ha avuto un
incidente stanotte e l’hanno portato qui. Io vorrei che lo
visitassi.”
L’uomo si corrucciò perplesso: “Non
essere ridicolo! Ci sono decine di dottori qui dentro, vuoi farmi
credere che nessuno si è occupato di lui?” Rock
scosse lentamente la testa, senza dire niente. “E allora
perché sei venuto da me?”
“Papà, tu sei il miglior medico di
quest’ospedale!” esclamò
sbrigativamente “Lo sanno tutti, tu per primo! Se
c’è una possibilità che Evan si salvi,
sei tu l’unico che possa far sì che ciò
accada. “
Il medico rimase a fissare il figlio in silenzio, pensieroso. A Rock
parvero passare ore anziché secondi.
“Hai detto che si chiama Evan? “ domandò
infine, remissivamente.
Il ragazzo annuì soltanto, guardando il padre con una
rinnovata speranza.
“Cosa gli è successo?”
“E’ stato investito da un’auto. Non ha
più ripreso conoscenza da quando è arrivato
qui.”
L’uomo sospirò, volgendo altrove lo sguardo;
dopodichè si alzò.
“D’accordo. Portami da lui! Ma voglio subito
mettere in chiaro una cosa: non sono Dio e non è detto che
la mia diagnosi sia differente da chi l’ha visitato prima di
me. I miracoli ancora non so farli!”
“Non pretendo un miracolo. Ti chiedo solo di fare il
possibile per aiutarlo.”
“E la tua ragazza che centra?”
La voce di Rock si spezzò: “Se succedesse
qualcosa ad Evan, lei… io credo che potrebbe
reagire nella maniera peggiore… quindi, ti prego, ti prego
salvalo!”
Solo in quel momento di rese conto di quanto egoistica suonasse quella
supplica.
Voleva che Evan guarisse semplicemente per non perdere Eleanor. Si
vergognò profondamente dei propri pensieri, ma
ciò nonostante non riuscì a reprimerli.
Voglio solo che lei
torni sé stessa… la rivoglio indietro,
maledizione!
***
“Cazzo! Io non lo sopporto questo odore!” si
lamentò Heavy, non appena entrati nell’edificio.
Metal lo zittì sul nascere con un gesto di stizza. Rap li
precedeva silenzioso. Nemmeno a lui piaceva quell’acre e
sgradevole odore di disinfettante, gli faceva girare la testa, ma la
cosa che più di tutte lo stava facendo letteralmente morire
d’ansia, era l’aver trovato la macchina di Rock nel
parcheggio dell’ospedale.
Quindi i suoi sospetti erano del tutto fondati! Era successo qualcosa!
C’era da dire che l’auto era in buone condizioni e
ciò lasciava presupporre che Rock ed Eleanor non fossero
rimasti coinvolti in qualche incidente stradale come lui si era invece
immaginato, ma restava comunque il fatto che erano in
ospedale…nessuno va in ospedale per niente.
Avrebbe pure dovuto ringraziare Heavy, dato che era stato lui il primo
a notare l’auto. Ci avrebbe pensato più tardi.
Adesso, la sua testa era decisamente altrove.
“Non pensi che sarebbe meglio chiedere
all’accettazione? Girare a vuoto per l’ospedale mi
sembra a dir poco inutile.” domandò Heavy.
Rap lasciò a Metal l’onore di rispondergli, dal
momento che lui correva il serio rischio di farsi piuttosto maleducato.
“Ma che cosa stai dicendo?” sbottò
“Quale nome potremmo mai chiedere all’accettazione?
Tu per caso sai come si chiama Rock?”
“Beh, no,” rispose Heavy, guardando il fratello
come se gli stesse sfuggendo qualcosa di terribilmente ovvio
“Però sappiamo quello di Eleanor. Il suo
è vero!”
Rap si fermò all’istante.
Heavy aveva ragione. Era da pazzi riuscire ad ammettere che
quella zucca vuota avesse potuto avere una simile intuizione
e si maledisse per non esserci arrivato lui per primo.
Immediatamente, tornò sui suoi passi e si diresse
all’ingresso. Vide con la cosa dell’occhio Heavy
sogghignare trionfante in direzione di Metal, il quale si
limitò a fulminarlo con lo sguardo.
Gli venne spontaneo domandarsi come facessero ad essere così
tranquilli., Heavy in particolar modo. Perché non sembravano
affatto preoccupati?
“Mi scusi?” fece Rap, all’infermiera
dell’accettazione “Stiamo cercando una ragazza di
nome Eleanor. Dovrebbe essere qui.”
“Solo un attimo.” La donna fece scorrere
l’indice lungo una lista di pazienti, per poi alzare
nuovamente gli occhi su Rap. “Mi serve il cognome.
C’è più di una Eleanor ricoverata
qui.”
Il ragazzo imprecò sottovoce e si voltò verso i
suoi due amici: “Per caso ha detto a qualcuno di voi il suo
cognome?”
I due fratelli scossero la testa.
Rap si rivolse di nuovo alla donna: “Ascolti, ha capelli
lunghi e neri, gli occhi azzurri ed è sempre vestita di
scuro…”
“Mi dispiace, ma non posso aiutarti”
A quel punto, un’altra infermiera si avvicinò. Era
una signora di mezza età, dall’aria severa, ma
sicuramente più esperta della sua giovane collega.
“Hai detto Eleanor?” domandò a Rap.
Lui si limitò ad annuire.
“Forse ho capito di chi stai parlando. Vieni con
me!”
I tre ragazzi seguirono l’infermiera in assoluto silenzio.
Rap si fermò di colpo non appena lesse Terapia intensiva
sulla porta che stavano per varcare, e altrettanto fecero i gemelli.
La donna, notando la loro reazione, domandò:
“Beh? C’è qualche problema?”
“Merda…” mormorò Heavy.
“Qualunque cosa sia, l’hanno combinata
grossa.”
Metal lo guardò male, zittendolo all’istante.
“Mi scusi…” disse Rap, con un filo di
voce, “E’ sicura che questo sia il reparto
giusto?”
“Si, certamente!” dichiarò lei,
perplessa “Hai detto che ha i capelli neri, giusto? E che
è vestita di scuro, no? E’ qui, non mi sbaglio.
E’ tutta la notte che provo a farle rispettare il regolamento
di questo ospedale, ma lei pare proprio non ascoltarmi!”
“Ma…” la voce di Rap morì per
qualche istante “…che cosa le è
successo?”
“Oh, ma lei sta bene. Non è ricoverata!”
Rock!
Pensò subito lui e sapeva che anche i suoi due amici avevano
pensato lo stesso. Li sentì entrambi trattenere il respiro.
“Volete venire o no?” chiese
l’infermiera, fattasi improvvisamente più
insofferente “Non ho tempo da perdere, quindi
decidetevi!”
Senza dire niente, i tre ragazzi annuirono soltanto e oltrepassarono
l’ingresso del reparto.
***
“Eleanor…”
Una voce dolce e appena sussurrata la strappò al sonno,
accompagnata da una leggera carezza sul volto.
“Eleanor, svegliati.”
Si sentiva gli occhi umidi, come se avesse pianto anche se non
ricordava di averlo fatto. La testa le faceva male e i muscoli erano
indolenziti.
Si aspettava di trovare il volto sorridente di Rock poggiato sul
cuscino di fianco al suo, come tutte le mattine, ma invece non fu lui a
farle ritrovare la consapevolezza di quanto accaduto nelle ultime ore.
Quel maledetto bip
rischiò di farla urlare!
Evan era ancora lì, nella stessa posizione di quando si era
addormentata. Sempre immobile, pieno di tagli sul viso, il capo
fasciato, il corpo coperto di sensori e bende macchiate di
sangue…
Strinse forte le labbra e deglutì per non mettersi a
piangere. Dopo qualche infinito istante, si mise a sedere sul bordo del
letto, facendo attenzione a non staccare nessuno di quei sensori.
Guardò Rock e non le piacque quello che vide. Stava
soffrendo, il suo viso era una maschera di agonia e quel sorriso
forzato che immediatamente comparve, rese tutto ancora più
surreale.
“Dobbiamo andare fuori, Eleanor. Solo pochi minuti.”
Lei scosse convulsamente il capo. Come poteva chiederle una cosa del
genere? Era impazzito? Non poteva lasciare da solo Evan.
“No!” esclamò con decisione
“Io non vado da nessuna parte finchè Evan non si
sveglia!”
“Per favore.” Insistette lui, offrendole mano
“Solo un momento.”
“Ho detto di no!”
Rock sospirò e indirizzò uno sguardo verso
l’altra metà della stanza. Solo allora, Eleanor si
rese conto che non erano soli. C’era un medico con loro che
la fissava.
“Signorina, devo visitare il paziente e preferirei restare da
solo con lui.”
Eleanor guardò attentamente l’uomo e si
stupì di quanto famigliare le sembrasse: capelli disordinati
che un tempo dovevano essere stati neri, la carnagione bianca della
pelle e gli occhi verde acqua…
Si voltò verso Rock, sbalordita. Quell’uomo gli
somigliava in maniera impressionante.
Stava per chiedere spiegazioni, ma Rock la trascinò fuori
prima che ne avesse il tempo, assicurandosi che la porta fosse chiusa.
“Ci metterà poco, vedrai.” Le disse
immediatamente cercando Nathan con lo sguardo.
Lo trovò rannicchiato in uno dei divanetti
d’attesa, profondamente addormentato. Sperava che almeno lui
potesse distrarre Eleanor dall’interrogatorio che sarebbe
sicuramente arrivato di lì a poco, ma messo di fronte ai
fatti, potè solo tacere, mordicchiandosi nervosamente il
labbro inferiore.
“Quel medico… “cominciò lei,
ancora incredula “Rock, quel medico è la tua copia
sputata.”
“L’hai notato, eh?!” cercò
d’ironizzare lui, senza successo.
“Chi è?” il suo tono non ammetteva
repliche, ne’ il solito giro di parole.
Rock si arrese e quasi si rallegrò per aver portato altrove
la sua attenzione. Almeno in quel momento, non stava pensando ad Evan.
“Beh… “ balbettò lui
“…lui è… è mio
padre.”
Eleanor non ebbe il tempo di stupirsi nell’apprendere quella
notizia. Una voce famigliare la chiamava con foga dal fondo del
corridoio. Sia lei che Rock si voltarono e riconobbero la figura di
Heavy corrergli incontro.
Il ragazzo, strinse in un abbraccio stritolante Eleanor: “Oh
mio Dio! Sei viva? Stai bene? Sei tutta intera? Niente di
rotto?” domandò a raffica.
Eleanor provò a parlare ma, stretta nella sua morsa, dalle
sue labbra uscirono solo un paio di colpi di tosse.
“Rock?” questa volta, fu Metal a parlare, comparso
alle spalle del fratello. Aveva un’aria molto scossa, ma
anche infinitamente sollevata. Eleanor lo vide sospirare :
“Grazie al cielo…”
Finalmente, Heavy si decise a lasciare andare Eleanor: “Ci
avete prendere un colpo!” li rimproverò.
L’ultimo ad arrivare fu Rap, fissandoli entrambi senza
battere ciglio. Dopo aver constatato che stavano bene e che si
reggevano sulle loro gambe, li guardò male.
“Perché non avete chiamato?”
domandò, cercando di sembrare distaccato come suo solito,
senza ottenere risposta.
Eleanor volse altrove lo sguardo non appena vide arrivare
l’infermiera che aveva tentato in tutti i modi di separarla
da Evan.
“Eccola qui!” esclamò, guardando prima
Eleanor e poi Rap “E’ lei che stavi cercando,
vero?”
Rap fissava Eleanor con una strana espressione. C’era sempre
la sua consueta tristezza, tanta rabbia, ma anche qualcosa
che somigliava molto al conforto.
“Si, grazie. E’ proprio lei!” rispose
all’infermiera che, dopo un sorriso compiaciuto, si
allontanò.
“Cosa diavolo ci fate qui?” domandò poi,
in modo molto brusco.
“Stai calmo, adesso ti spiego…”
provò a dire Rock
“E perché nessuno si è scomodato a
rispondere al cellulare quando vi abbiamo chiamati? Uno era spento e
l’altro suonava a vuoto! La macchina non c’era! Che
cosa potevamo pensare nel ritrovarla nel parcheggio
dell’ospedale?”
Eleanor aveva già abbastanza mal di testa per riuscire a
sopportare le urla di Rap. Andò a sedersi vicino a Nathan e
si prese il capo tra le mani. Sentì qualcuno sedersi al suo
fianco a stringerla a se’ in un abbraccio. Si
lasciò cullare dalle braccia di Rock, lieta che finalmente
il silenzio fosse tornato a farla da padrone. Un silenzio non proprio
reso tale, dato che anche con la porta chiusa, il bip che segnalava
il battito cardiaco di Evan era perfettamente udibile.
“Che cosa è successo?” fu di nuovo Rap a
parlare, ma questa volta la sua voce si sforzava di essere calma.
“E’ per Evan.” Rispose Rock.
Probabilmente gli altri lo guardarono confusi, visto che lui
precisò subito: “L’amico di
Eleanor.”
Rap e gli altri non conoscevano Evan. Qualche volta lei aveva parlato
di lui, ma non sperava che loro se ne ricordassero sul serio. Metal,
tuttavia, la sorprese, rivolgendosi proprio a lei:
“Il tuo amico dell’istituto?”
Eleanor non rispose, annuì soltanto.
“Ha avuto un incidente.” Continuò Rock.
“Adesso lo stanno visitando.”
Nessuno parlò più.
Il silenzio era rotto solo dal respiro lento di Nathan, addormentato al
suo fianco, e dalla voce dell’altoparlante che di tanto in
tanto chiamava nomi di dottori, invitandoli a andare nei più
svariati reparti.
Finalmente, dopo quelle che erano sembrate ore, la porta della stanza
dove si trovava Evan si aprì.
Eleanor si alzò subito in piedi e, senza nemmeno rivolgere
uno sguardo al medico – dimenticandosi completamente che era
pure il padre di Rock - , andò a prendere posto al fianco di
Evan.
Notò che le bende erano pulite ora. Probabilmente
quell’uomo gli aveva cambiato le medicazioni, ma a parte
questo, Evan era identico a prima. Neanche un minimo accenno al
risvegliarsi. Non un muscolo si muoveva. Se non fosse stato per
quell’assordante bip,
avrebbe benissimo potuto passare per morto.
Facendo molta attenzione, gli accarezzo il volto :
“Sono qui, Evan.” Mormorò, trattenendo
le lacrime “Sono tornata. Tranquillo, ora non ti lascio
più!”
A malapena sentì la voce del medico rivolgersi a Rock:
“Ti posso parlare?”
C’era troppa serietà in quelle parole. Erano
troppo, troppo gravi e rassegnate. Eleanor non ebbe il coraggio di
voltarsi per leggere l’espressione del suo volto. Aveva paura
di sapere la verità. Ne era terrorizzata. La spaventava
così tanto che preferiva non saperla.
“Si, certo.“ rispose Rock, con lo stesso identico
tono. “Eleanor, sono qui fuori. Torno subito.”
Non riuscì a guardare nemmeno il suo angelo custode. Neanche
lui poteva niente contro il suo dolore. Così, si
limitò ad annuire, senza togliere gli occhi di dosso da
Evan.
Sentì la porta chiudersi e l’unico suono
percepibile, fu nuovamente quello della vita di Evan che, nonostante
tutto, scorreva ancora in lui.
Mai il silenzio era stato più rumoroso...
***
Oh mamma, quanto ritardo! Beh,
io vi avevo avvertiti! Anche il prox capitolo arriverà in
ritardo.
Che dire, ho fatto fatica a scrivere questo capitolo. Non mi
è sembrato di averlo scritto bene... non al massimo delle
mie capacità comunque, e mi dispiace, perchè
è una parte della storia a cui tenevo molto. Ma ho il
pensiero fisso sugli esami ç_ç !!!!!!!!!
Spero vi sia piaciuto lo stesso. Spero vi abbia trasmesso qualcosa,
anceh se dubito, perchè l'ho scritto davvero male. =(
Cmq, non ho molto tempo, domanio ho il mio primo esame e mi
sembra di non sapere nulla.
Passo subito ai ringraziamenti:
Oasis: spero
che l'ansia non sia stata troppa, cmq i tuoi presentimenti erano
giusti. E' toccato ad Evan farsi male ^^
Black Lolita:
Beh, io adoro i vestiti a lutto... così magnificamente neri
XD. Mi spiace ma ho già detto di essere sadica. Spero solo
che continuerai a seguirmi. Non vorrei perdere una lettriceper la mia
cattiveria nei confronti dei personaggi. ^^
Felicity89:
Mi spiace ma per Marika devi pazientare fino al capitolo 17.
Lì tutto sarà svelato... o quasi mwahahahahah!!!!
WITCHnamine: Sono
contenta che la mia storia ti piaccia. Cmq tranquilla. E' normale che
tu nn abbia capito cosa è accaduto a Marika e cosa ha fatto,
dal momento che non ne ho ancora parlato ^^
BabyzQueeny:
Perdonata per il ritardo, tanto come vedi, pure io sono ritardataria.
Mi spiace per Evan ma era proprio lui dentro l'ambulanza. Misteri
saranno svelati nei cap 17 e 18. Dai che ci siamo quasi! ^^
Grazie a chi mi ha aggiunto ai preferiti e grazie a chi legge. Un
ringraziamento particolare va a Suinogiallo e a Valpur, le loro
conoscenze in campo medico sono state essenziali in questo capitolo ^_^.
A presto!
Ayleen
|
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Capitolo 16 *** Seicentocinquantasei ***
CAPITOLO
SEDICI
Seicentocinquantasei
Probabilmente, ci sarebbe stato un altro ricovero quel giorno. Entro
breve, un altro letto sarebbe stato occupato.
Rap guardava Eleanor in attesa di vederla crollare da un momento
all’altro e anche Rock faceva lo stesso. In qualche modo, era
riuscito a convincerla ad andare a sedersi in corridoio facendo
tranquillizzare tutti quanti, ma anche da seduta pareva
sull’orlo del baratro.
Rock aveva dovuto lasciare la porta della stanza di Evan spalancata per
convincere Eleanor ad uscire, in modo tale che lei non perdesse
d’occhio nemmeno un istante l’amico. Continuava a
guardare nella sua direzione, senza battere ciglio, pronta a correre da
lui alla prima avvisaglia di movimento.
Rock non aveva parlato con nessuno di ciò che suo padre gli
aveva detto sulle condizioni di Evan, ma se fossero state buone notizie
non ci sarebbe stato motivo di tenersele per sé.
Rap non aveva dubbi. Quel ragazzo era spacciato! Ed Eleanor con
lui…
Era quasi mezzogiorno ormai e la ragazza non chiudeva occhio dal
mattino precedente. Rock aveva detto che aveva sonnecchiato qualche
minuto accanto ad Evan. Non era abbastanza! Tutta quella tensione la
stava consumando e lei non era in grado di resistere ancora a lungo.
Di tanto in tanto le palpebre le cedevano e il capo le ciondolava in
avanti per il volgere di un istante, ma lei si raddrizzava
immediatamente e tornava a fissare il suo amico, sforzandosi di tenere
gli occhi aperti.
All’ennesimo sobbalzo di Eleanor, Rock le fece poggiare il
capo sulla sua spalla. Subito lei cercò di ribellarsi,
sapendo bene quali fossero le sue intenzioni, ma alla fine cedette con
un sospiro rassegnato.
Pochi secondi e, seppur contro la sua volontà, le palpebre
le si chiusero di nuovo e, questa volta, senza più
riaprirsi.
Rock sorrise soddisfatto, Rap potè rilassarsi sullo
schienale, libero dal pensiero di dover scattare in avanti per
afferrarla prima che cadesse a terra addormentata.
Lui e Rock erano rimasti soli. Heavy e Metal erano usciti per andare a
lavorare e sarebbero tornati la sera. Anche Rap avrebbe dovuto andare,
ma non se la sentiva si lasciare da solo Rock a prendersi cura di
Eleanor. Se fosse accaduto l’irreparabile, Eleanor avrebbe
avuto bisogno dell’aiuto di tutti. Persino di lui!
Non gli importava di perdere il posto. Lui e gli altri ragazzi non
avevano lavori fissi, facevano ciò che capitava e molto
spesso erano impieghi che raramente duravano più di una
decina di giorni. Si sarebbe trovato qualcos’altro.
Solo in quel momento si ricordò che lui e Rock non erano
esattamente soli. C’era anche quel ragazzo biondo con loro.
C’era lui adesso accanto al letto di Evan. Nei suoi occhi lo
stesso tormento che affliggeva quelli di Eleanor.
“Chi è quello?” si decise a chiedere.
“Si chiama Nathan…” rispose Rock a bassa
voce per non svegliare Eleanor “…è il
ragazzo di Evan.”
Rap sembrò preso in contropiede :
“Il…ragazzo ?”
Rock annuì soltanto, cercando di non ridere della sua
espressione confusa: “Si, proprio così.”
“Beh, immagino che sia una cosa positiva per te.”
“Che vuoi dire?”
Questa volta toccò a Rap cercare di non ridergli in faccia:
“Non te la prendere amico, il fatto è che Eleanor
parla sempre di Evan. Tutto il giorno non fa altro e, scusa se te lo
dico soltanto adesso, ma cominciavo ad avere il serio dubbio che tu non
fossi il solo ad avere il permesso di baciarla o altro!”
Rock lo fissò qualche istante accigliato:
“Idiota!” sospirò infine.
Rap non rispose. Eleanor si mosse nel sonno, facendo per mettersi
sdraiata. Rock l’aiutò cercando di non svegliarla,
facendole poggiare la testa sulle sue gambe. La guardò a
lungo, accarezzandole i capelli corvini, lieto che finalmente apparisse
tranquilla e rilassata.
“E se Evan morisse?” domandò a
bruciapelo Rap. Sapeva che era una domanda proibita, ma aveva
bisogno di sentire la risposta.
Rock distolse lo sguardo da Eleanor e guardò
l’amico, amareggiato. Non rispose, scosse semplicemente la
testa prima di tornare ad osservare il viso della ragazza.
Rap deglutì, tentando di non mostrare il proprio stato
d’animo.
Si sentiva meschino a pensarla così, ma in realtà
a lui di Evan non importava granchè. Non lo conosceva, non
gli aveva mai rivolto la parola, non c’era motivo che lo
spingesse a preoccuparsi per lui.
Ma Eleanor? Di lei qualcosa gli importava. Era strano riuscire ad
ammetterlo, finalmente. Un sentimento remoto, appena nato, sconosciuto,
eppure capace di fargli desiderare ardentemente di vedere di nuovo
quell’insopportabile ragazzina fargli la linguaccia. Avrebbe
resistito anche a tutte le sue domande inopportune su Marika, se questo
l’avesse fatta stare meglio.
Il problema era che la sua felicità, la sua esistenza,
dipendevano dal ragazzo sdraiato su quel letto… Non era Rock
a tenerla sulla Terra. Era Evan.
Rap non aveva mai esposto questi pensieri ad alta voce; sapeva di non
averne il diritto. E ora aveva paura!
Se Evan muore, quella si
ammazza!
Era certo che anche Rock non stesse pensando ad altro ma,
più che per il suo amico, si preoccupava per sé
stesso.
Provò ad immaginare quanto sarebbero tornate ad essere vuote
le giornate senza Eleanor. Senza le sue occhiate di sfida, senza i suoi
passi che lo seguivano ovunque, senza i suoi interminabili
interrogatori… senza le sue espressioni impensierite.
Perché lei si preoccupava sempre per lui, cercava sempre di
aiutarlo e pur non sapendo cosa fosse a farlo stare male, nonostante i
modi scontrosi con cui lui reagiva, Eleanor provava sempre a farlo
stare meglio.
Rap aveva rinunciato a capire perché lo facesse. Forse, era
semplicemente nella sua indole cercare di sollevare il morale a tutti,
anche se il più delle volte falliva tragicamente.
L’orologio appeso sopra le loro teste continuava a scandire
lentamente i secondi, i minuti… le ore. Il tempo pareva
essersi fermato e non riusciva a sopportarlo. Ma la cosa strana era che
nemmeno sapeva che cosa stesse aspettando con tanta impazienza.
Che Evan si svegliasse? Che morisse? Che Eleanor si facesse prendere da
una crisi di pianto senza precedenti? Che nel frattempo Rock impazzisse
dall’ansia per lei?
Cosa sono venuto a fare?
No. Proprio non ci riusciva a trovare una risposta. Che
assurdità!
Non gli piaceva quel posto, l’ospedale. Vi erano legati
troppi ricordi spiacevoli, eppure non aveva la forza di andarsene via.
In qualche modo, sapeva che Rock aveva bisogno di lui… e
forse, anche Eleanor. Sperava davvero che succedesse qualcosa,
qualsiasi cosa, ma tutto era silenzioso e immobile. Decisamente
insopportabile!
Nulla cambiò per parecchio tempo. Rap non si
sprecò neanche a guardare che ora si fosse fatta; gli
sembrava di stare in quel maledetto ospedale da una vita.
Quel ragazzo, Nathan, non si era mosso per tutto il tempo. Stava in
piedi al fianco del letto di Evan e lo fissava senza battere ciglio,
stringendogli la mano. Rap aveva voglia di andarlo a scrollare per
assicurarsi che fosse vero e non un manichino col volto sfigurato dal
dolore. La cosa che più lo irritava era la consapevolezza
che Eleanor, una volta che avesse riaperto gli occhi, avrebbe preso il
suo posto, perdendo ogni traccia di umanità e diventando una
statua senz’anima al capezzale di Evan. Non le piaceva
immaginarla in quel modo. Non era la ragazza che aveva conosciuto. E, a
dirla tutta, non ci teneva a conoscerla.
La sentì mugugnare qualcosa e subito si voltò
verso di lei. Si stava svegliando.
Non appena aprì gli occhi, trovò il sorriso
sforzatamente confortante di Rock.
“Hei, bentornata tra noi.” Le disse dolcemente.
Ma lei non rispose al sorriso. Si mise a sedere, guardandosi attorno e
sospirando nel vedere Nathan accanto ad Evan.
“Oddio…” mormorò, chiudendo
gli occhi per qualche istante “…Per un attimo ho
pensato si fosse trattato solo di un incubo.”
Si abbandonò completamente alle braccia di Rock, nascondendo
il viso nel suo collo. Lui la strinse a sé quasi con
disperazione, del tutto impotente.
“Andra tutto bene, vedrai…” lo
ripetè per un numero imprecisato di volte, ma si vedeva che
in realtà con ci credeva nemmeno lui.
Perché la
illudi così? Non dovresti.
Dei singhiozzi coprirono le parole di Rock. Eleanor si era aggrappata
disperatamente alle sue spalle, cedendo alle lacrime.
Finalmente.
Pensò Rap, con sollievo.
Da quel punto di vista, Eleanor era come lui. Si teneva tutto dentro e
soffriva in silenzio. Era forse la sola cosa che avevano in comune. Pur
sapendo che piangere avrebbe alleviato una piccola parte di quel dolore
che la stava consumando, era riuscita a trattenersi fino a quel
momento.
Lui era più forte. Al suo posto non avrebbe mai ceduto.
Una volta aveva rischiato davvero di venire sconfitto da tutte quelle
lacrime che spingevano dietro i suoi occhi ma, dopo
un’estenua battaglia, aveva vinto lui.
Eleanor stessa aveva rischiato di farlo piangere. Incredibile pensare
che ciò era accaduto appena il giorno prima, quando lei
aveva provato a strappargli qualche notizia su Marika… Non
aveva pianto, dopo averla cacciata dalla sua stanza, ma ci era andato
davvero vicino. Avrebbe dovuto odiarla per questo.
La guardò, stretta nell’abbraccio protettivo di
Rock e all’improvviso si sentì stranamente in
imbarazzo, di troppo. Distolse all’istante lo sguardo e si
stupì nel realizzare quanto solo si sentisse.
Rock aveva Eleanor e viceversa. Heavy e Metal non erano legati
sentimentalmente a nessuno in quel momento, ma avevano loro
stessi e sapevano di poter contare sempre l’uno
sull’altro. Persino quel ragazzo morente su quel letto aveva
qualcuno al suo fianco. E lui invece? Era solo, non aveva
nessuno. Quanto suonava patetico ammetterlo.
Marika era ancora con lui in un certo senso. Viveva nei suoi ricordi. A
volte le sembrava di sentire la sua voce, o di vederla persino. Ma era
il contatto fisico a mancargli.
Da quanto tempo le sue braccia non stringevano qualcuno? E da quanto
qualcuno non stringeva lui?
Oh andiamo! Si
disse, Tu ami la
solitudine, ricordi?
Bugiardo. Sapeva di non essere altro che un bugiardo.
Eleanor aveva ragione quando diceva che nessuno ama stare da solo. Ed
essendo umano, di certo lui non costituiva un’eccezione.
Sei patetico, Rap!
Peggio di una ragazzina!
Quel corridoio si fece troppo affollato per i suoi gusti, troppo
stretto. Non c’era posto per lui. Si alzò in piedi
sbuffando, d’un tratto insofferente a tutto ciò
che lo circondava.
“Dove vai?” gli chiese Rock
“Ho bisogno di un po’ d’aria.”
Rispose lui bruscamente.
Stava per andarsene, ma la flebile voce di Eleanor lo fermò.
“Rap…” lo chiamò, con la voce
spezzata.
Lui la guardò per un solo istante, distogliendo quasi
immediatamente lo sguardo dal quel viso così distrutto ed
esausto. Non gli piaceva vederla ridotta in quello stato pietoso.
“Che c’è?” domandò
fingendo disinteresse.
“Poi torni?”
Ecco fatto! C’era riuscita ancora. Per l’ennesima
volta l’aveva lasciato senza parole.
Perché cavolo
dovrei tornare? C’è Rock con te, a che ti servo io?
Ovviamente, sarebbe stato meglio esprimere ad alta voce quei pensieri,
ma qualcosa gli diceva di non farlo. Non voleva correre il rischio che
Eleanor lo potesse di nuovo lasciare senza parole.
Si limitò ad annuire in silenzio, per poi dileguarsi verso
l’uscita.
***
Nel cortile, al contrario del corridoio dove si trovavano i suoi amici,
c’era un gran fracasso e movimento. Dieci minuti che era
lì fuori ed era già riuscito a contare una
quindicina di barelle trasportate frettolosamente dalle ambulanze
all’ospedale.
Di certo, in quel posto non ci si annoiava mai!
Gettò lontano la sigaretta che aveva appena finito di fumare
e fece un profondo sospiro. Sfortunatamente, fece il grosso
errore di chiudere gli occhi e, come al solito, immagini troppo vivide,
troppo reali si proiettarono nella sua mente. Si rivide in macchina di
Rock, quella maledetta notte di quattro anni prima. Rock guidava,
mentre lui era seduto sui sedili posteriori, Marika urlava e piangeva
sdraiata sulle sue gambe, sotto gli sguardi impotenti di tutti. Heavy
che intimava a Rock di accelerare, Metal che cercava di convincerlo a
non farli ammazzare tutti e le grida di Marika che si facevano sempre
più alte e strazianti all’interno del piccolo
abitacolo.
Rap si costrinse a riaprire gli occhi per sfuggire a quel ricordo. Un
gesto comunque inutile, dato che la folle corsa di quella notte era
terminata proprio in quel cortile. Anche tenendo gli occhi aperti,
questa volta, il volto esausto e sofferente di Marika restava intatto
nella sua mente, così come le sue urla di dolore.
“Certo che sei davvero masochista!”
La voce di Rock lo spaventò, facendolo voltare di scatto. Il
suo amico lo guardava a metà fra l’impietosito e
il rassegnato. Rap si stupì che avesse lasciato sola Eleanor.
“Hai preso anche tu il brutto vizio di assillarmi, adesso? Ti
fa male stare con quella ragazzina!”
“Piantala. Forse riuscirai ad ingannare Eleanor con questa
tua fissazione del voler stare da solo, ma non me!”
Sbagliato! E’
proprio Eleanor quella che non riesco ad ingannare!
“Si può sapere cosa vuoi?”
sbottò, dandogli le spalle.
Rock si mise di fronte a lui, in modo da poterlo fissare negli occhi :
“Voglio che la smetti!” esclamò con
decisione “Basta isolarti! Basta trattarci tutti come degli
sconosciuti! Basta rispondere male e, soprattutto, basta pensare a
Marika!”
Rap gli lanciò un’occhiata raggelante:
“Proprio tu vieni dirmelo! Tu, che sei responsabile anche
più di me di ciò che le è
successo!”
Si pentì quasi subito delle sue stesse parole, nel momento
in cui vide Rock spogliarsi di tutta la propria sicurezza.
Ma, ciò nonostante, non riuscì a trattenersi.
“Avevo lei e tu lo sapevi che era la sola cosa bella che mi
fosse capitata in un tutta la mia disastrosa vita. Era mia e tu te la
sei presa senza alcun diritto!”
“Rap… “ provò a dire Rock,
senza che però la voce raggiungesse l’amico
“Non è come pensi…”
“Io ero felice, maledizione! Finalmente, dopo anni
d’inferno, ero felice e tu hai distrutto ogni cosa! Ma la
cosa ironica è che ora non sei tu quello che soffre.
Nonostante quello che hai fatto ti è stata mandata Eleanor!
Dove cazzo è la giustizia?”
Rock ascoltò in silenzio, incassando i colpi senza osare
fiatare. E Rap, ormai privo di freni, continuò:
“Hai condannato Marika, hai condannato me e ora te la spassi
con Eleanor! Dovresti esserci tu al mio posto. Dovresti essere tu
quello che soffre come un cane! Dovrei starci io - ” Rap non
terminò la frase, immediatamente conscio di ciò
che stava per dire.
Si appoggiò al muro dietro di sé, pallido e
terrorizzato da ciò in cui avrebbe potuto sfociare quel
discorso.
Perché il cuore gli batteva così forte?
Perché non era più unicamente il volto di Marika
a riempirgli la mente?
No!
Continuò a ripetere a sé stesso No, no, no! Non può
essere! Non posso, non io! …
Rock, intuendo anch’egli quali parole avevesse omesso, lo
fissò incredulo.
“… No!” mormorò turbato,
rubandogli i pensieri. “Non puoi. Ti prego, non…
non portarmela via!”
Percepì la paura inclinare la voce di Rock, ma non era nulla
se paragonata a quella che scuoteva la sua anima. Si
raddrizzò, cercando di riconquistare un minimo di contegno e
cercò in ogni modo di convincersi che era stata la rabbia a
farlo parlare così a sproposito.
Perché aveva parlato a sproposito… vero?
Si, certo che sì. In realtà, non pensava nulla
delle cose che aveva detto. Lui voleva bene a Rock come ad un fratello
e si rese conto di essere stato ingiusto.
Dovrei starci io con
Eleanor. Davvero stava per dire questo? Doveva essere
impazzito.
“Portartela via?” fece, accendendosi
un’altra sigaretta e vestendosi nuovamente della sua consueta
maschera imperturbabile “Figuriamoci! E chi la vuole quella?
Tienitela, pure!”
“Non mentirmi!” esclamò Rock, questa
volta arrabbiato e possessivo.
Ecco uno degli svantaggi
del conoscersi da una vita… bugie bandite!
Inutile continuare la sceneggiata.
Rap sospirò, rimanendo qualche istante avvolto dal fumo che
uscì dalla sue labbra. “E’ colpa
tua.” Disse, fingendo tranquillità “Ti
avevo detto di tenermela lontana!”
Rock non rispose, ma anche senza guardarlo Rap sapeva perfettamente che
non si era mosso di un centimetro. Sentiva la sua presenza, percepiva
la sua rabbia e provava un indicibile fastidio nel riconoscere quel
leggero sentimento che stava iniziando a muoversi dentro di
sé. Dargli un nome era forse troppo presto, ma sia lui che
Rock sapevano bene di cosa si trattasse.
“Puoi stare tranquillo.” Continuò Rap,
sempre vestito della sua freddezza “Non le dirò
nulla. E’ tutta tua!”
Nessuno parlò più. A malapena si accorse che Rock
rientrò in ospedale e nemmeno ci pensò a
seguirlo. Questa volta aveva sul serio bisogno di stare da solo.
L’aria cominciò a farsi più fredda, ma
poco importava. Lui non era sensibile al freddo, tutt’altro.
Senza volere, o almeno così credeva lui, si
ritrovò a pensare a quella mattina in cui Eleanor lo aveva
raggiunto in giardino, pregandolo di coprirsi per evitare di congelare.
Era malinconia quella che stava provando? … Forse.
Lei era stata la prima a preoccuparsi per lui dopo tanto tempo e per un
attimo desiderò vederla uscire da quel maledetto ospedale e
ripetere quella scena. Vederla di nuovo in ansia per lui. In qualche
modo, ne aveva bisogno.
Oh, ma che diavolo mi
succede?
Era solo una cosa passeggera. Doveva esserla! E comunque, era tutta
colpa di quella ragazzina. Era lei ad aver tanto insistito per farselo
amico, una definizione che ora gli calzava stretta.
Cercò di convincersi che quello non era il momento giusto
per iniziare a covare un simile sentimento. Non avrebbe mai dovuto
esserlo, ma quel momento particolare era del tutto sbagliato. Eleanor
soffriva. Stava affrontando uno dei momenti peggiori della
sua vita e lui non poteva distrarla con i suoi vaneggiamenti.
Non ne ho il diritto,
non ne ho il diritto… continuò a
ripetere come un ossesso.
C’era da dire che nemmeno Rock avrebbe mai avuto diritto di
prendersi Marika, eppure l’aveva fatto. Per quale assurdo
motivo lui non avrebbe dovuto comportarsi allo stesso modo?
Cancellò immediatamente quei pensieri. La vendetta non
risolveva le cose, anzi in genere tendeva a peggiorarle.
Cominciò allora a domandarsi, per quale motivo volesse
Eleanor. Per vendicarsi? Per sostituire Marika? Per non sentirsi
più così pateticamente solo? O forse il
motivo era da ricercare in qualcosa di più semplice?
Qualcosa di più umano…?
Cazzo, no! …
Non posso sul serio essermi innamorato di lei!
***
Seicentoquattordici…
seicentoquindici… seincentosedici…
Contare i battiti del cuore di Evan era insanamente rilassante. Eleanor
gli stringeva forte la mano, in assoluto silenzio e scandiva i battiti
in attesa di vederlo aprire gli occhi. Sapeva che prima o poi si
sarebbe svegliato. Ne era sicura! Non poteva esistere un mondo senza
Evan.
Seicentoventi…seicentoventuno…
seicentoventidue…
Rock pareva distratto, fin da quando era tornato. Era stato fuori con
Rap una manciata di minuti ed Eleanor era quasi certa che avessero
litigato. Quasi ne fu lieta. Distrarre Rock dalla sua sofferenza era
una cosa buona. Non voleva che lui rimanesse coinvolto nel suo dolore.
Non era giusto!
Non aveva più parlato da quando era rientrato. Rap aveva
promesso di tornare, ma per il momento di lui ancora nessuna traccia.
Eleanor ormai, sapeva di poterlo considerare un amico, nonostante i
numerosi battibecchi, e averlo vicino in un momento simile le infondeva
serenità.
Seicentoventisette…
seicentoventotto… seincentoventinove…
Nathan invece, semplicemente non c’era. Era presente con il
corpo, ma lui era lontano. I suoi occhi erano vuoti, spenti, aridi.
Di tanto in tanto, Eleanor gli parlava senza però ricevere
mai risposta. Faceva male vederlo in quelle condizioni; immensamente
male. Le mancava il solito Nathan, quello che rideva sempre, quello mai
serio, quello che sapeva sempre allentare la tensione qualsiasi fosse
il contesto.
Nemmeno ad Evan sarebbe piaciuto quel Nathan che ora stava al suo
capezzale. Era inquietante e a dir poco scoraggiante.
Seicentotrentacinque…
seincentotrentasei… seincentotrentasette…
I battiti del cuore di Evan era regolari, almeno per quanto poteva
sembrare a lei. Non era un medico, purtroppo. Dove il professionista
vedeva la fine, lei vedeva la speranza. E sapeva di avere ragione!
“Coraggio, Evan…” mormorò,
probabilmente per incoraggiare più se stessa che lui
“…Ricordati che mi hai promesso che saremmo usciti
insieme come ai vecchi tempi… non vorrai
deludermi?”
Seicentoquaranta…
seicentoquarantuno… seicentoquarantadue…
Si voltò per un attimo verso Rock, appoggiato allo stipite
della porta con sguardo perso. Avrebbe voluto andare da lui, farsi
stringere dalle sue braccia accoglienti che avevano il potere di
tranquillizzarla come nient’altro, ma allo stesso tempo le
risultava impensabile allontanarsi da Evan.
Seincentoquarantasei…
seicentoquarantasette… seicentoquarantotto…
Era da sciocchi pensare che una cosa del genere fosse possibile, ma non
appena Rock alzò gli occhi su di lei, Eleanor credette sul
serio che lui le avesse letto la mente.
Gli rivolse un sorriso tirato, fin troppo forzato e
allungò un braccio verso di lui per invitarlo a
raggiungerla. Rock rispose con lo stesso sorriso, le afferrò
la mano e l’avvolse con un abbraccio.
“Sono qui.” Le sussurrò ad un orecchio.
Immediatamente, il suono della sua voce ebbe lo stesso effetto di un
tranquillante e lei potè rilassarsi contro il suo petto.
Seicentocinquantuno…
seicentocinquantadue… seicentocinquantre…
“Rap è andato a casa?”
domandò a bassa voce.
Si stupì di vedere il suo volto indurirsi leggermente, ma
era troppo distratta per farci caso davvero.
“No…” disse lui “E’
fuori nel cortile.”
Seicentocinquantacinque…
seicentocinquantasei…
Rimase in attesa del seicentocinquasettesimo bip, ma non
arrivò mai.
La macchina che segnalava il battito cardiaco di Evan a quel punto era
già impazzita, la stanza improvvisamente affollata di
persone con il camice bianco e loro tre spinti fuori in corridoio senza
alcuna spiegazione.
Qualcuno gridava forte il nome di Evan. Eleanor si rese conto di essere
lei ad aurlare quando Rock le posò una mano sulla bocca per
zittirla.
Le sue gambe cedettero e tutto divenne buio.
***
Incredibile
vero??? SONO VIVA!!! Non mi sono dimenticata di questa storia,
tranquilli. CI tengo troppo. Ma come avevo annunciato, a causa della scuola, non ho avuto tempo di aggiornare. Chiedo scusa a tutti ^^
E' stata una fatica scrivere questo capitolo. Scrivevo circa tre righe
al giorno ^^... beh, l'importante è averlo finito.E' un po'
più corto degli altri, ma spero che i due avvenimenti
importanti che sono accaduti possano colmare la mia mancanza.
Spero che la confusione di Rap si sia capita. Non sembra, ma
è un personaggio abbastanza complicato da far muovere. Ma
è il mio preferito e mi diverto a scrivere dal suo punto di
vista. ^_^.
Vorrei ringraziare chi ha commentato uno per uno, come al solito, ma
stasera proprio non posso. CHiedo umilmente venia. Spero comunque nei
vostri commenti che mi infondono coraggio e mi spronano ad andare
avanti e nel combattere i numerosi e sempre in agguato "blocchi dello
scrittore".
QUindi, ringrazio tantissimo Celicola,
Mana_chan, Oasis, Felicity89, BabyzQueeny e Black Lolita.
La prossima volta risponderò ad ognuna di voi, promesso! E a
chiunque altro voglia allietarmi con un commentino, ovviamente!
Grazie anche a chi mi ha aggiunto tra i preferiti. Mi onorate troppo^^!
A presto!
Ayleen
|
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Capitolo 17 *** Egoista ***
Non ci sono scuse per il mio
disastroso ritardo. Comunque proverò a darvi le dovute
spiegazioni: 1. Ho cambiato pc perchè l'altro (dove c'era la
storia) si è rotto. Non vi dico che fatica ho fatto per
recuperare i dati. Ero disperata ç_ç. 2. Mi sono cambiati gli orari dei treni e arrivo a casa ad orari indecenti. 3. Ho dovuto scrivere il capitolo più difficile
e complicato dell'intera storia e volevo che fosse perfetto. Ci sono
state molte versioni di questo capitolo, ma finalmente questa
è quella definitiva.
E' bello lungo (sono ben 12 pagine di word ^_^)! Spero mi
perdoniate. E' davvero il capitolo che mi ha dato più
problemi e una volta letto capirete perchè. Non so
perchè vi ho scritto già ora, visto che in genere
lo faccio alla fine ma ci tenevo a scusarmi e ad avvertirvi che parte
della vostra pazienza verrà compensata oggi. ^_^ Si si, ci
siamo ragazze. Ve l'avevo promesso che nei capitoli 17 e 18 tutto
sarebbe stato rivelato. Il prossimo sarà di gran lunga
più importante di questo. Qui c'è solo il
"prologo", per così dire... Beh, a questo punto vi
auguro buona lettura. Ci vediamo in fondo XD!
CAPITOLO
DICIASSETTE
Egoista
Fu straordinariamente semplice,
dopotutto.
Si era immaginata un dolore
atroce divampare come fuoco in ogni singola cellula del suo corpo, il
cuore
diventare polvere, le forze abbandonarla per sempre, invece non fu
niente di
tutto questo.
Fu semplicemente il nulla più
assoluto!
In fondo, cosa si può provare
quando la persona più importante della tua vita ti viene
portata via senza
alcun preavviso? O
tutto, o nulla…
Eleanor azzerò i suoi sensi. Non
sentiva più il proprio cuore battere, non udiva il proprio
respiro, non si
accorgeva di urlare nel sonno, i suoi occhi non vedevano niente, persi
in una
misericordiosa incoscienza. Fissavano il vuoto, spogliati di ogni
possibile emozione.
Ancora nessuna lacrima si era permessa di affacciarsi dal blu oceano
delle sue
iridi.
Il suo corpo era ormai ridotto ad
essere lo stesso guscio vuoto che era stato in quelle notti,
così
apparentemente lontane, sulla strada.
Dov’era finita la sua anima?
Stava accompagnando Evan fino al cielo? Lo stava aiutando a bussare
alle porte
del paradiso, come diceva quella canzone da lui tanto amata?
No… nulla di tutto
ciò.
La sua anima era semplicemente
morta. Dissolta, disintegrata, venuta meno… Non ne aveva
più bisogno.
Quel giorno, il mondo aveva
smesso di ruotare. Il suo mondo era andato distrutto. Anche provando a
ricostruirlo, ricongiungendo uno ad uno i pezzi come un puzzle, ci
sarebbe
sempre stata una parte mancante.
Se per gli antichi greci era il
Dio Atlante a sostenere il mondo, per Eleanor era Evan a farlo. Venendo
a
mancare lui, tutto precipitava nel nulla più assoluto. Anche
lei!
Una porta sbattè da qualche
parte, dei passi frettolosi e la voce di Rock nel corridoio che si
rivolgeva a
qualcuno, convinto di non farsi sentire:
“Come
và?”
Soffriva.
Gli stava facendo
patire le pene dell’inferno, ne era fin troppo consapevole, e
non lo meritava!
Eppure, una piccola parte di lei,
la più umana forse, desiderava vederlo in quelle condizioni.
Non era giusto che
soltanto lei soffrisse!
“Parlare
con una pianta ti dà più
soddisfazione!”
La
risposta secca di Rap la
lasciò interdetta. Lui aveva provato a parlarle? Quando?
Eleanor non lo aveva
nemmeno sentito. Ebbe davvero paura di sé stessa. Come si
era ridotta? Il
cervello le funzionava ancora? … Certo che no. Era morto con
Evan.
La porta si aprì, l’ombra di
qualcuno indugiò sulla soglia e poi andò a
sedersi sul letto dove lei era rannicchiata in posizione fetale.
Una mano le accarezzò i capelli
disordinati. Il tocco inconfondibile di Rock, accompagnato dalla sua
voce
falsamente serena:
“Hei,
Eleanor. Sono tornato.”
Non
rispose. Che senso aveva
rispondere o parlare? Evan non poteva più ascoltarla.
“Nathan
ha chiesto di te…”
continuò Rock “… mi ha detto di
salutarti.”
Non
le importava.
In fondo, poteva immaginare
benissimo quanto in realtà quei saluti fossero falsi. Era
certa che Nathan
fosse arrabbiato con lei.
L’essersi rifiutata
categoricamente di accompagnare Evan nel suo ultimo viaggio non gli era
di
sicuro andato molto a genio. Ma del resto era assolutamente
inconcepibile
assistere impotenti ad Evan che lentamente spariva sottoterra,
accompagnato
dalla voce estranea di qualche prete che leggeva versetti di quel libro
considerato sacro e a cui lui non aveva mai creduto. No,
non poteva. Era impensabile.
E comunque, se c’era una parola
che in quel momento il solo pensarla le dava il voltastomaco, era
“Dio”.
Avrebbe sopportato qualunque cosa; stava già sopportando
qualunque cosa, ma
l’udire quel nome l’avrebbe fatta impazzire del
tutto.
“Dovresti
mangiare qualcosa.”
Dolce,
adorabile e premuroso
Rock! Si stava preoccupando così tanto per lei…
La accudiva come fosse una
malata terminale e lei non lo ringraziava nemmeno. Né un
sorriso, né un gesto,
neanche una parola.
La sua bella voce era scomparsa
di nuovo, esattamente come tanti anni prima, quando sua madre aveva
scelto il
metodo peggiore per liberarsi della propria pazzia.
Ma questa volta non ci sarebbe
stato Evan a salvarla. Lei non avrebbe più cantato per
nessuno… mai più.
“Eleanor,
ti prego…” la consueta
tranquillità di Rock si frantumò del tutto. Le
sue parole suonarono tanto come
una supplica. “… Per favore, sono quasi tre giorni
che non tocchi cibo.”
Sul
serio? Era passato così tanto
tempo da quel fatidico seicentocinquantaseiesimo battito? A lei
sembrava
trascorsa poco più di un’ora.
Doveva ammettere di sentirsi
molto debole e le incessanti contrazioni del suo stomaco le suggerivano
di dare
ascolto alle disperate suppliche di Rock, ma era sicura che se avesse
solo
provato ad ingerire qualcosa , avrebbe poi vomitato tutto quanto.
Avanti! Si disse Fallo
per
lui. E’ solo preoccupato per te…
Peccato
che la voce non ne voleva
proprio sapere di uscire dalla sua gola.
Lo udì sospirare e percepì le sue
labbra posarsi sulla sua guancia. Si sentì, se possibile,
ancora peggio.
Non ti merito, Rock! Ti sto facendo del male.
Dovresti odiarmi, non
cercare di comprendermi!
“Io
sono di là con gli altri se hai
bisogno.” Le disse fin troppo paziente.
Lo
sentì alzarsi dal letto e
avvicinarsi malvolentieri alla porta, dove rimase immobile per alcuni
istanti.
“Mi
manca la tua voce, sai?”
Perfetto!
Le serviva proprio un’
altra pugnalata al cuore!
Rock non disse nient’altro. Uscì
in assoluto silenzio lasciandola sola, in balia del proprio dolore e
dei sensi
di colpa. Stava facendo del male a tutti, ne era consapevole, ma come
avrebbe
potuto rimediare? Cantando e scherzando come al solito, come se nulla
fosse
cambiato?
Evan l’aveva lasciata per sempre.
Niente sarebbe più stato come prima!
Era terribilmente ingiusto
provare ad essere felici.
La luce che filtrava dalle
finestre si fece poco a poco più soffusa. Il sole
inesorabilmente tramontava.
Un altro giorno giungeva a termine … un’altra
parte di lei si spegneva.
Nulla in contrario a voler essere
sincere … che male c’era a scomparire poco alla
volta? Avrebbe liberato gli
altri della sua presenza e avrebbe potuto restare con Evan per sempre.
L’idea di una fine prematura si
stava facendo insanamente allettante. Che sollievo lasciare quel mondo
così
brutale! Non vedeva
alcun svantaggio.
Ma Rock non gliel’avrebbe mai
permesso. Per un qualche assurdo motivo che lei ancora non era riuscita
a
spiegare del tutto, lui l’amava. Piuttosto che permetterle di
farsi del male,
l’avrebbe incatenata al letto.
Chi era il più egoista dei due?
Lei che non voleva più vivere, o lui che desiderava tenerla
in vita ad ogni
costo?
Giunse inevitabilmente il buio.
Quanto sarebbe durata
quell’agonia? Avrebbe anche potuto scegliere un metodo
più veloce ed indolore per
farla finita, ma voleva che Rock si abituasse lentamente
all’idea di perderla.
Uscire di scena di punto in bianco l’avrebbe annientato.
Chiuse gli occhi e attese che
l’incoscienza la trascinasse via con sé, verso
un’effimera salvezza, ma fu
nient’altro che un vano tentativo.
La porta sbattè con violenza,
facendola trasalire. Una reazione umana, finalmente.
Di certo non era Rock ad essere
entrato. Lui era sempre molto discreto nei suoi movimenti. Dei passi
pesanti e frettolosi si
diressero verso di lei e un paio di vecchie scarpe sporche e rovinate
le si
fermarono di fronte.
“Smettila!”
esclamò la voce
esasperata di Rap. “Dacci un taglio, maledizione!”
Perché
urlava così?
La sua testa aveva già subito fin
troppi martellamenti, perché infierire ancora?
Non ricevendo risposta, l’afferrò
con forza per i polsi e la costrinse a mettersi seduta, senza
preoccuparsi più
di tanto di essere delicato. Lei emise dei debolissimi lamenti, ma non
reagì in
alcun modo. Con fatica si mise a sedere, lo sguardo vitreo rivolto al
pavimento.
Rap le mise tra le mani un piatto
pieno di qualcosa da mangiare che lei nemmeno esaminò per
appurare di cosa si
trattasse.
“Non
me ne vado finchè non hai
mangiato!” Sapeva tanto di minaccia e, probabilmente, non era
solo una sua
impressione.
Un
odore di pomodoro le riempì le
narici, la nausea la invase. Storse il naso, mentre il suo stomaco
impazzì.
Non poteva mangiare. Doveva
resistere! Avrebbe dovuto ricominciare daccapo se avesse ceduto.
“Eleanor!”
la chiamò Rap, questa
volta con un po’ più di riguardo. “Non
ti permetterò di morire di fame,
chiaro?”
Perché non mi lasciate in pace?
“Mangia!”
Le ordinò lui, con
fermezza.
Lei
non aveva alcuna intenzione
di assecondarlo. Rimase immobile, sempre con lo sguardo oltre la
finestra.
Rap
sbuffò: “D’accordo!” disse
sedendosi al suo fianco. “Tu non hai niente da fare, io non
ho nulla da fare.
Vediamo chi resiste di più! Permettimi di fare una
previsione, però: il mio
stomaco è pieno, quindi scusami se scoppierò a
ridere quando tu crollerai a
terra svenuta!”
Fottiti Rap!
“Se
pensi che sia così facile
lasciarsi morire, ragazzina, allora non sai proprio niente!”
Quelle
parole la distrassero per
qualche istante. Senza quasi rendersene conto, il suo sguardo
volò dalla
finestra a lui, finalmente di nuovo animato.
Tu ci hai mai dovuto pensare, Rap? … hai
mai desiderato morire?
***
Fu
come leggerle nella mente. Mai
era riuscito a percepire i suoi pensieri come in quel momento. Quello
sguardo
smarrito e disperato compensava del tutto il suo rifiuto di parlare. Le
parole
si fecero completamente superflue.
“Si,“
le disse fissandola “Ci
sono passato anch’io Eleanor, e credimi, comprendo
ciò che stai provando in
questo momento.”
In
un attimo di irritazione, la
ragazza posò a terra il piatto e si raggomitolò
su sé stessa, nascondendo il
viso tra le ginocchia. Fu un gran sollievo per lui. Osservare quel
volto così
devastato dal dolore era insopportabile!
Non te lo lascerò fare, razza di
stupida! … Non ti lascerò morire.
Toglitelo dalla testa!
Aveva
previsto che sarebbe andata
così. Tutti l’avevano previsto ed erano pronti a
proteggerla da sé stessa. Lui
e Rock erano in prima fila in quella folle ed insensata battaglia.
Rock stava letteralmente
impazzendo, non aveva problemi a mostrarlo a tutti. Lui, al contrario,
ad una
prima occhiata appariva calmo e fiducioso, ma dentro di sé
urlava
dall’angoscia.
L’hai voluto tu, Eleanor! E’
colpa tua se non riesco più ad ignorarti.
Hai fatto tutto da sola e ora devi pagarne le conseguenze. Non ti
libererai di
me con facilità!
Sospirò,
mentre una rassegnata
consapevolezza si faceva strada nel suo cuore. Un modo c’era
per sbloccare
Eleanor, per farle riprendere sembianze umane, vederla tornare ad
essere quella
di prima. Non era una soluzione che gli andava molto a genio, dato che
avrebbe
comportato la sua personalissima disperazione, ma se fosse servito a
far
tornare Eleanor allora non si sarebbe tirato indietro. E poi, quella
chiacchierata era già stata rimandata troppo a lungo e lei
meritava delle
risposte.
“Ti
va di fare un patto?”
Eleanor
non si mosse, ma Rap
sapeva che lo stava ascoltando, quindi proseguì :
“Tu mangi e io ti racconterò
di me, di Rock… e di Marika.“
Attese
una reazione che, come si
era aspettato, non tardò ad arrivare.
Eleanor alzò la testa e lo guardò
con i suoi occhi blu circondati da profonde occhiaie e scintillanti di
lacrime
trattenute. Nonostante la tristezza però, ora lo guardava
con un rinnovato
interesse.
“Ci
stai?” domandò Rap.
La
ragazza annuì. Fu un movimento
leggero, debole, appena visibile, ma bastò per farlo
sorridere. Quel sorriso la
fece corrucciare appena dalla sorpresa e solo in quel momento Rap si
ricordò
che, in sua presenza, a lui era proibito sorridere. Lui non poteva
sorridere …
non più.
Non si lasciò distrarre,
comunque. Il patto appena stretto non cominciò affatto bene.
Eleanor non ci
provò nemmeno a rispettarlo. Lo guardava in attesa che il
suo racconto avesse
inizio, ma non accennò minimamente a provare a mangiare.
Rap alzò un sopracciglio,
assumendo un’aria di rimprovero e indicò il piatto
ai piedi della ragazza.
“Non
fare la furba con me,
ragazzina!”
Eleanor
fissò il piatto indecisa.
La sua espressione era a metà tra il nauseato e il tentato. Alla fine, con
un sospiro, cedette
e lo afferrò. Con una lentezza insostenibile si
portò la forchetta alle labbra,
masticò e deglutì sconfitta. Fatto
ciò, lo guardò in attesa e
lui sentì il panico invaderlo.
E adesso come la metti, razza di idiota!?Bella
mossa, complimenti!
Mai
agire senza pensare alle
conseguenze. Era stato facile parlare e promettere, ma mantenere quel
patto
sembrava davvero complicato. Però doveva provarci. Per lei,
per salvarla … o
almeno tentare.
Oh andiamo, cosa c’è di
così difficile? Devi solo parlare di Marika,
che ci vuole? Fingi di raccontare la trama di un libro o di un film
…
Ma
le parole erano come
incastrate nella sua gola e di uscirne non ne avevano alcuna intenzione.
Rap vide la delusione farsi largo
sul viso già martoriato di Eleanor e si odiò
profondamente.
No, ti prego. Non guardarmi così!
La
ragazza tuttavia, continuò a
mangiare. Che lo stesse facendo per fame e per accontentarlo non era
chiaro, ma
al contrario di lui, era rimasta fedele ai patti.
Rap si concesse qualche istante
di silenzio, cercando di trovare le parole giuste.
Da dove comincio, cazzo? Da dove …?
Evidentemente
rimase in silenzio
a rimuginare troppo a lungo, dato che quando si decise a rialzare gli
occhi su
Eleanor, lei non lo fissava più e il suo piatto era vuoto,
di nuovo abbandonato
per terra.
La
guardò dispiaciuto: “Perdonami
… ma mi è molto difficile parlarne. Forse, Rock
sarebbe più appropriato per
raccontarti tutto.”
Era
delusa, arrabbiata. Lo vedeva
bene nei suoi occhi.
Complimenti vivissimi, Rap! Hai peggiorato la
situazione!
Eleanor
si mise di nuovo sdraiata
e finse di dormire. Lui, nonostante sapesse che sarebbe stata la sola
cosa
giusta da fare, non se ne andò. Rimase seduto ai piedi del
letto, maledicendosi
in tutti i modi che conosceva.
Il
suo sguardo intento a scrutare
il pavimento incrociò qualcosa. Un oggetto spuntava da sotto
il materasso. Non
aveva alcun diritto di prenderlo, dato che non gli apparteneva, ma la
curiosità, una volta tanto, vinse anche lui.
Si chinò e lo afferrò. Aveva
tutta l’aria di essere nulla più che un vecchio
libro, ma la mancanza di titolo
e autore gli fecero intuire che fosse un diario. Sfogliandolo
velocemente però,
si rese conto che non era nemmeno un diario. Era un album di fotografie
… uno
dei tanti oggetti misteriosi che Eleanor custodiva nella sua
inavvicinabile
borsa nera.
Lanciò uno sguardo rapido alla
ragazza che pareva addormentata. Non avrebbe dovuto guardare quelle
foto. O
perlomeno, prima avrebbe dovuto chiederle il permesso.
E che diamine! Sono umano anch’io!
Senza
indugiare oltre, lo aprì.
La foto nella prima pagina non
era a colori, completamente offuscata. Su uno sfondo nero, risaltava
una strana
e confusissima figura al centro, tendente ad un grigio più
chiaro. C’erano dei
dati in un angolo della foto. Rap capì subito di cosa si
trattasse. La strana
figura grigia era Eleanor, quando ancora non era venuta al mondo.
Quella non
era altro che un’ecografia. Riusciva a distinguere la forma
della testa e delle
mani vicine al petto.
Girò la pagina e trovò a fissare
il viso addormentato di una neonata in una culla d’ospedale.
La sua pelle era
arrossata, raggrinzita e un ammasso di capelli neri le incorniciata
l’espressione apparentemente imbronciata, quasi affaticata.
Doveva essere nata
da poche ore. Al polso portava il bracciale di plastica con sopra
inciso il
numero di riconoscimento. Era davvero piccolissima in confronto al
cuscino che
le sosteneva la testa. Che fosse nata prematura? Possibile. Lui
comunque la
trovò assolutamente adorabile.
Le foto seguenti seguivano i suoi
primi anni di vita. C’era sempre lei
nell’obiettivo, nessun altro. Niente
parenti, amichetti d’infanzia. Solo lei, insieme a torte di
compleanno, a
regali da scartare sotto l’albero di natale, mentre disegnava
sdraiata sopra un
tappeto, mentre saltava sul letto, circondata da montagne bianche di
schiuma in
una vasca da bagno, con uno zaino in spalla in quello che doveva essere
il suo
primo giorno di scuola.
Ma finalmente trovò qualcun altro
ad accompagnarla in quegli scatti. Eleanor non dimostrava
più di sette anni. I
suoi capelli erano legati in un due codini e il suo viso era sorridente
mentre
stringeva tra le mani un microfono giocattolo. Stava in braccio ad una
donna
seduta ad un tavolo imbandito a festa, che teneva la testa appoggiata
sulla sua
spalla, vicinissima anche lei al microfono. Erano molto simili, sia
nell’aspetto
che nell’espressione. I loro capelli erano dello stesso
colore, ma quelli della
donna erano lunghi e sciolti. Gli occhi differivano, gli uni blu gli
altri
nocciola. Le loro labbra erano immobili nella stessa posizione, come se
stessero intonando la stessa canzone.
Impossibile non riconoscere sua
madre in quella donna. Bella e affascinante proprio come la figlia,
capace di
attirare qualsiasi sguardo su di sé.
Rap sentì un movimento leggero
del letto. Sussultò colto in flagrante quando si rese conto
che Eleanor era
tornata a sedersi al suo fianco. Aveva ancora lo stesso sguardo
distrutto e
fissava la donna della fotografia
con
una strana espressione malinconica, seppur piena di rancore.
“Scusami.”
Mormorò Rap, mentre
faceva per chiudere l’album. Eleanor tuttavia lo
fermò con una mano. Lui la
guardò dubbioso: “Non ti dà
fastidio?”
La
vide scuotere il capo, sempre
chiusa in quell’insopportabile silenzio. I suoi occhi si
fecero di colpo più
dolci, persi nei ricordi che quella foto doveva aver riaffiorato in
lei. Forse
involontariamente, la sua mano andò a posarsi delicata sulla
figura di sua
madre ad accarezzarla, ma la ritirò quasi subito come
ustionata a quel tocco,
nuovamente piena di odio.
Fu lei a voltare pagina.
Nessun’altra traccia di sua madre. Era di nuovo lei
l’unico soggetto delle
fotografie. Ma più si proseguiva, più qualcosa
nel viso di quella bambina si
faceva maturo, consapevole. Rap la osservava diventare a poco a poco
adulta in
ogni pagina, sorridere sempre meno. Niente più giocattoli ad
accompagnarla
nelle foto, niente più atteggiamenti infantili. Solo gli
orrori del mondo
riflessi in quegli occhi color del cielo.
Poi, fu lei a sparire. Se prima
era sempre stata da sola, all’improvviso le foto si
riempirono di persone.
Bambini della sua età, tutti in fila, ammassati gli uni
sugli altri, vestiti
uguali, che fingevano di sorridere all’obiettivo. Rap
conosceva bene quella
divisa formata da una maglietta bianca e i pantaloni – gonne
per le bambine - blu.
Anche lui l’aveva indossata, ma Eleanor
questo non doveva saperlo.
Alle spalle dei bambini nella foto, un edificio e
una scritta sopra le loro teste : Casa
Famiglia i Bimbi Sperduti.
Rap fece una smorfia e soffocò
una risata amara.
Mi sono sempre chiesto perché gli
abbiano dato un nome così cretino. E’
un orfanotrofio, cazzo! Perché nasconderlo?Come se un nome
ispirato da una
fiaba potesse renderlo un posto migliore.
Cominciò
a cercare Eleanor con lo
sguardo, senza successo. Non la trovava.
“Dove
sei tu?” le domandò.
Si
aspettava che lei glielo
indicasse, ma invece fece un profondo sospiro e mosse debolmente le
labbra. Ne
uscì il suono indecifrabile e rantolante di chi è
stato troppo a lungo senza
parlare.
“Si?”
incalzò Rap, speranzoso di
risentire la sua voce.
La
vide annaspare nel tentativo
di smuovere le corde vocali. Dopo qualche istante, deglutì e
riuscì nel suo
intento:
“…
S-sono … sono quella … quella
che non sorride. “
Rap
cercò di nascondere
l’entusiasmo che in realtà provava nel risentirla
e riportò l’attenzione alla
fotografia di gruppo. Dopo aver di nuovo passato in rassegna i volti
dei
bambini, la vide. Stava al centro e sì, era
l’unica a non sorridere. Il suo
volto era in ombra, leggermente abbassato. Non fissava
l’obiettivo, ma il vuoto
di fronte a sé. La tristezza sul quel visetto innocente gli
spezzò il cuore.
Era atroce. Inconcepibile. Del tutto spiazzante.
Le dita di lei andarono
nuovamente ad accarezzare l’album. Ma questa volta si
fermarono su un bambino che
chiudeva la prima fila. Serrò forte le labbra e gli occhi
lasciarono sgorgare
qualche lacrima silenziosa.
Il bambino non era tra i più
sorridenti, ma nemmeno era imbronciato come lei. I ricci scuri gli
cadevano
sulle spalle e la sua pelle appariva un po’ più
scura di quella dei suoi
compagni, fatta eccezione per i bimbi di colore naturalmente.
Sapeva chi fosse, nonostante lui
non avesse mai visto Evan in piena salute, dato che lo aveva conosciuto
quando
stava morendo.
“Noi
… “ mormorò Eleanor
“… noi
non ci conoscevamo ancora qui. Io era arrivata da pochi
giorni.”
C’era
una sorta di rimpianto ad
inclinarle la voce, dovuto non alla scomparsa di Evan, ma
dall’avere perso del
tempo prezioso con lui quando ancora non lo conosceva.
Nelle foto degli anni seguenti,
lei e Evan erano sempre l’uno affianco all’altra e
Eleanor sorrideva
finalmente. In ogni pagina che voltava, la vedeva crescere e farsi
donna. Poi,
le foto finirono, Rap chiuse l’album e calò un
silenzio assordante nella
stanza.
Eleanor era immobile, ma sembrava
pensierosa, concentrata su chissà quali pensieri.
“Credo
che dovresti andare da
Rock.” Disse Rap, cercando di distrarla
“E’ davvero in pena per te e sai bene
che non esagero.”
Eleanor
sbatté le palpebre,
riscuotendosi a quelle parole, e annuì: “Si
…” mormorò.
Rap
si alzò in piedi : “Io lo
capisco che soffri, credimi lo
capisco
più di quanto tu possa immaginare …”
La
ragazza sbuffò : “ … ne
dubito.”
“Beh,
sbagli!” sbottò lui,
riconquistando di colpo la sua consueta strafottenza. “Tu non
sai un cazzo di
me, quindi non provare a fare la vittima! Non avrai la faccia tosta di
pensare
di essere l’unica ad avere avuto una vita di merda, voglio
sperare!? La gente
muore, Eleanor. E’ così da sempre e nessuno
può farci nulla. Che succeda per
vecchiaia, incidenti o Dio solo sa cos’altro, tutti moriamo.
Smettila di
comportarti come se fossi l’unica a dover sopportare il peso
della perdita di
una persona cara. Evan è morto! Fattene una ragione e vivi
per chi ancora è su
questo mondo!”
Si
pentì all’istante delle sue stesse parole notando
la sua espressione
umiliata e sperduta quanto quella di una bimba appena sgridata dai
genitori.
Sentì tutta la propria determinazione sbriciolarsi in un
attimo.
Maledetta strega!
Strano
però, come gli venne
l’improvviso istinto di abbracciarla quella maledetta strega.
Naturalmente,
grazie al suo perfetto autocontrollo riuscì a trattenersi,
ma la tentazione di
seguire quell’impulso naturale era davvero troppo forte. Per
evitare di cedere,
decise che era arrivato il momento di andarsene da quella stanza.
C’era rimasto
anche troppo.
“Comunque,
non è questo che volevo
dirti.” Disse avvicinandosi alla porta. “Se tu
soffri, non è giusto che anche
gli altri lo facciano, chiaro? Non essere egoista!”
Uscì
in corridoio e si chiuse la
porta alle spalle. Separato da lei da quello spesso muro, si
potè finalmente
rilassare. Fece un lungo sospiro, come se non avesse fatto altro che
trattenere
il fiato per tutto il tempo.
Gli ci volle un po’ prima di
rendersi conto di non essere solo. Rock lo guardava dalla parete
opposta, in
attesa.
“Novità?”
domandò subito.
Rap
si perse per un attimo dietro
ad un pensiero. Un pensiero che lo irritava e innervosiva in una
maniera a dir
poco fastidiosa.
Adesso correrai da lei e l’abbraccerai
per tutta la notte, non è vero
Rock? A te è permesso seguirli i tuoi istinti …
“Sono
un genio, cazzo!” esclamò
cercando di sfuggire subito a quei pensieri illogici “Dovrei
aprire uno studio
psichiatrico per adolescenti depresse. Diventerei ricco in un batter
d’occhio,
te lo posso assicurare.”
Rock
accennò un sorriso
rincuorato : “Ha parlato?”
“Oh
si, una vera chiacchierona. E
ha pure mangiato e parlato dei bei tempi andati con il suo amico.
Mancavano
solo il tè e i biscotti e dopodiché avrei
vomitato. Mi è sembrato di diventare
una donna, esperienza che non auguro a nessuno. Comunque, per i
prossimi tre
giorni sopravvivrà, tranquillo.”
Parlava
con un sarcasmo pesante e per nulla
appropriato, ma aveva bisogno di comportarsi di nuovo come il solito
Rap. Stava
perdendo la sua freddezza e la sua scontrosità. Tutta colpa
di Eleanor! Voleva
riappropriarsi di quella parte di sé. Era la sua unica
difesa e quella strega e
non poteva sottrargliela semplicemente guardandolo con quegli occhi
gonfi di
lacrime.
Perso in quei pensieri, non si
rese conto di Rock che entrava nella stanza sua e di Eleanor. Quando
provò ad
immaginare loro due insieme stretti l’uno
all’altra, la rabbia tornò a colpirlo
con maggiore violenza. Dovette ricorrere nuovamente a tutto il suo
autocontrollo per non fare irruzione e separarli.
Perché dovresti farlo? Lei è
sua, non ti appartiene …
Già …
Eleanor era di Rock, non sarebbe mai
stata sua.
Doveva intervenire. Fare
qualcosa, uccidere sul nascere quel maledetto sentimento che ogni
giorno si
faceva sempre più prepotente dentro di lui. Non era amore,
no non lo era. Ne
era certo. O forse era ciò di cui stava cercando di
convincersi …
Chiuse gli occhi e, con suo sommo
sgomento, non fu
l’immagine di Marika ad
incontrare. Fu Eleanor a riempirgli la mente. Lei in tutti quei brevi
momenti
che avevano condiviso. Quando durante il loro primo incontro lei lo
aveva
guardato con paura e poi, successivamente, con pietà,
preoccupazione, sfida e
infine con un affetto quasi rassegnato.
Riaprì subito gli occhi sperando
di liberarsi della sua presenza, ma non funzionò. Non
riusciva a pensare ad
altro se non a lei.
Ed eccola, di colpo, quella
temuta consapevolezza attraversarlo come un fulmine da capo a piedi:
Dio … Io la amo!
***
Lame
di luce lunare si
stagliavano fino al suo cuscino. Il silenzio era rotto soltanto dal
respiro regolare
di Rock sdraiato al suo fianco. Lei gli dava le spalle, incapace di
staccare
gli occhi dalla finestra.
“Evan è morto! Fattene una
ragione … “ Le parole di Rap le davano
il tormento. “La gente muore,
Eleanor … vivi
per chi ancora è su questo mondo … Non
essere egoista!”
Egoista …
Quasi
meccanicamente si girò
verso Rock, facendo attenzione a non svegliarlo. Lo osservò
dormire e le parve
la cosa più bella del mondo, proprio come la prima volta che
l’aveva visto in
metropolitana. Ma quel ricordo per lei così importante venne
interrotto da una
voce nella sua testa :
“Scommettiamo che entro un mese
t’inviterà ad uscire con lui.”
Si
prese la testa fra le mani,
nel disperato tentativo di cancellare la voce di Evan, le lacrime che
già le
solcavano le guance.
Lasciami in pace, ti prego! Urlò
dentro di sé. Và via,
ti scongiuro!
Le
sfuggì un gemito. Neanche il
tempo di rendersene conto che gli occhi di Rock erano già
accesi in lei. Quando
si accorse di averlo svegliato, si avvolse nelle coperte e gli diede di
nuovo
la schiena.
“Eleanor
?” la chiamò
semplicemente, omettendo le migliaia di domande che sicuramente gli
premevano
sulle labbra.
“Non
è niente.” Si affrettò a
dire lei, asciugandosi velocemente gli occhi. “Ho solo fatto
un brutto sogno!”
“Sei
davvero una frana a dire le
bugie.”
Lo so, cavolo!
Sentì
le sue braccia stringersi
attorno a lei, il viso sprofondare tra i suoi capelli. Nessuno disse
nulla
per qualche interminabile minuto. Entrambi godettero del silenzio e
della
vicinanza dell’altro, come se non ci fosse bisogno di niente
di più per
arrivare alla mattina seguente.
Eleanor si rilassò del tutto,
nella sua mente nient’altro che un misericordioso silenzio.
Le voci erano
cessate.
Sentì Rock sospirare, per nulla
rilassato.
“Che
c’è?” gli domandò subito,
intuendo che qualcosa lo turbava.
“Stavo
pensando …”
“A
cosa?”
Rock
non rispose subito, chiuso
in chissà quali pensieri. “Ti va di sentire una
storia?”
Eleanor
si corrucciò dall’incertezza
e si voltò verso di lui, trovandosi ad appena un paio di
centimetri dal suo
viso.
“Che
storia?” chiese sinceramente
confusa.
Rock
sorrise leggermente : “Quella
che hai sempre voluto sentire e che nessuno di noi ha mai voluto
raccontarti.”
Marika …
Le
venne naturale pensare a quel
nome. Aveva sperato quel pomeriggio che Rap le raccontasse tutto su
quella
misteriosa ragazza, ma non ce l’aveva fatta. Non era
arrabbiata con lui,
neanche un po’, anche se probabilmente lo era sembrata.
Capiva perfettamente la
sua difficoltà nel parlare di lei, non le importava che non
avesse mantenuto il
patto.
La cosa importante era che Rock
sembrava davvero intenzionato a parlare di Marika e di ciò
che era successo
prima che lei si unisse a loro.
“Sei
sicuro?” gli chiese. Non
voleva sforzarlo, però sperava davvero che non si tirasse
indietro anche lui.
“Si,
certo. E poi credo che
distrarti un po’ ti faccia bene.”
Cercava
di apparire tranquillo, ma non
riusciva a nascondere del tutto l’agitazione.
Eleanor le poso una mano sulla
guancia e lo guardò intensamente. Le parole di Rap tornarono
a colpirla.
Per te … resterò qui per te.
Evan può aspettarmi. Lo so che lo farà.
Non esiste nessuno più paziente di lui.
Non
si rese conto di stare
finalmente sorridendo, dopo giorni di apatia totale. Rock se ne accorse
eccome
e la contraccambiò sollevato. Le afferrò la mano
e gliela baciò.
"Bentornata”
sussurrò. “Canterai ancora per me?”
“Tutte
le volte che vuoi.”
Rock
azzerò la distanza tra i
loro visi, terminando con un bacio abbandonato, desiderato e appagato.
“Ti
prego, non andartene più.” Le
chiese fervidamente, quando ripresero a respirare ognuno per
sé.
“ … vivi per chi ancora
è su questo mondo …”
Si … per te posso vivere.
“No,
non andrò da nessuna parte.
Te lo prometto.”
Ancora
qualche scambio di sguardi
e poi Rock riprese la parola: “Bene, direi che adesso ti
meriti un bel po’ di
spiegazioni.”
“Così
sembra.”
Lo
vide arrovellarsi alla ricerca
delle giuste parole, esattamente come aveva fatto Rap quel pomeriggio.
Sperò soltanto
che non ci fosse lo stesso esito.
“Io
e Rap ci conosciamo dai tempi
delle medie.“ cominciò finalmente
“Frequentavamo scuole diverse. I miei mi
obbligarono ad andare a quella privata, ovviamente. Lui invece no. Ci
incontrammo
per puro caso, una mattina. Avevamo saltato scuola entrambi e lui, per
qualche
assurdo motivo, prese le mie difese quando mi ritrovai circondato da
alcuni
bulletti di quartiere.“ Sorrise divertito nel ricordare
quell’aneddoto. “Ci
riempirono di botte tutti e due!”
sghignazzò.
Eleanor
non riusciva a capire
cosa ci fosse di così divertente. Evidentemente bisognava
appartenere alla
specie maschile per comprendere il lato ironico di quella situazione.
Lei non
provava altro che una materna apprensione nell’immaginare
Rock e Rap ragazzini
malmenati da dei coetanei.
“Da
quella volta diventammo
inseparabili.”
“E
perché Rap si sarebbe preso la
briga di difenderti se non ti conosceva nemmeno?”
“Rap
è più sensibile di quanto
credi.”
Lo so. Me lo ha dimostrato. A modo suo, ma me lo ha
dimostrato.
Eleanor
non espresse ad alta voce
quel pensiero. Sapeva quanto Rap ci tenesse alla sua reputazione da
duro e di
certo non sarebbe stata lei a distruggergliela.
“Comunque
…” riprese Rock “Rap
andò a vivere per i fatti suoi appena compiuti i sedici
anni.”
“Dov’è
la sua famiglia?” Domandò Eleanor
di slancio. “Non ne parla mai.”
Rock
si fece serio d’un tratto,
facendola pentire all’istante di aver aperto bocca.
“Beh
… la sua è una situazione un
po’ complicata. “ Apparve di nuovo in
difficoltà nel cercare le parole adatte.
Alla fine sembrò riuscirci. “Suo padre era un uomo
violento. Uno di quelli che
tornava a casa in piena notte completamente ubriaco e –
“ Eleanor lo zittì con
un gesto della mano, cercando di scacciare via l’immagine
atroce che la sua
mente si era creata.
“Non
voglio saperlo!” esclamò. “Ti
prego non … “
“D’accordo.
Non ne parliamo se
non ti va di ascoltare.”
Eleanor
si accorse di avere la
nausea. Immaginarsi Rap bambino venire picchiato dall’uomo
che chiamava papà,
la faceva stare male. Un padre violento e che amava bere.
Chissà perché, le
venne in mente Roy, il suo vecchio padrone di casa. Se era stato
difficile per
lei venire maltrattata da un estraneo, figurati cosa doveva aver
passato Rap.
Cosa può pensare un bambino mentre viene percosso dal
proprio padre? Quale
spiegazione può trovare?
Cominciava a capire il carattere
chiuso e scostante di Rap, la sua mancanza di fiducia nel prossimo, la
sua intrattabilità.
“Beh
…” riprese Rock, “Rap andò a
vivere per i fatti suoi appena compiuti i sedici anni. Io avrei tanto
voluto
seguirlo, ma per pochi mesi risultavo ancora minorenne e non
potevo.”
“E
venne a vivere qui, in questa scuola?”
“No.
Aveva trovato un
normalissimo appartamento. Lavorava e riusciva ad andare avanti. Si era
sistemato bene. Poi una sera tardi, uscito dal lavoro,
incontrò Marika.”
Eleanor
smise di respirare.
Ci siamo! Pensò impaziente Finalmente
scoprirò chi sei!
“Si
conobbero in circostanze un
po’ particolari. Lui stava tranquillamente camminando,
diretto a casa sua,
quando lei uscì di corsa da un vicolo e gli cadde
letteralmente ai piedi. Rap
credeva si trattasse dell’ennesima ragazzina ubriaca persa,
come se ne
incontrano tante a quell’ora, e nemmeno la guardò.
Però lei … si, insomma, lo
fermò prima che andasse via. Lo afferrò per un
braccio e gli chiese aiuto.”
“Aiuto
per cosa?”
“Gli
spiegò di essere inseguita
da un uomo che gli voleva fare del male. Rap non riuscì ad
ignorarla. In
qualche modo si fidò e la nascose nell’antro di un
palazzo. Che lei non avesse
mentito si capì subito, visto che l’uomo in
questione arrivò di corsa e chiese
a Rap se avesse visto passare una ragazza. Lui gli diede delle
indicazioni
sbagliate, facendolo andare dalla parte opposta. Da quel momento,
Marika non si
staccò più dal suo fianco.”
Era
una bella storia, in fondo. Perlomeno,
un bell’inizio. Ma un bel prologo non assicura un lieto fine
… Però la fame di
sapere era troppa per perdersi in inutili pensieri.
“Vai
avanti.” Lo incalzò.
Notando
la sua inarrestabile curiosità,
Rock la accontentò: “Rap la portò a
casa sua quella sera stessa, perché Marika gli
confessò di non avere un posto dove andare. Ma non gli
mentì mai, non gli
nascose mai nulla e gli raccontò per filo e per segno da
dove provenisse.”
“Fammi
indovinare.“ provò ad
ironizzare Eleanor “Da una famiglia disastrata?”
“In
verità, della sua famiglia
non ha mai parlato, ma Rap ha sempre creduto che avesse passato il suo
stesso
inferno.”
“E
come lo sapeva?”
Rock
si fece molto serio, una
punta di rabbia nei suoi occhi d’angelo: “Marika
aveva un bel po’ di cicatrici
sul corpo. Disse di essersele fatte da bambina poiché era
molto vivace, ma lui
ha sempre fatto finta di crederle.”
“E’
scappata di casa, quindi? E l’uomo
che la inseguiva era un suo famigliare?”
Rock
scosse la testa: “No … non è
scappata di casa e non era inseguita da un famigliare. Marika
è praticamente
cresciuta da sola. Sai cosa può succedere quando cresci
senza una guida …”
“Ti
perdi …”
“Esatto.
Lei si è persa e ha
fatto parecchie cazzate, frequentando brutte compagnie che
l’hanno condotta su
una strada ancora peggiore.”
Eleanor
capì al volo a quale brutta strada
si stesse riferendo.
Chiunque l’avrebbe capito. Tanti suoi ex compagni
dell’istituto l’avevano
imboccata. E, probabilmente, anche lei l’avrebbe seguita se
non ci fosse stato
Evan con lei.
Deglutì e chiuse per un attimo
gli occhi nel tentativo di cancellare ogni pensiero che riguardasse
Evan e
tornò a concentrarsi sul racconto di Rock.
“Marika
era scappata da una
comunità in cui era stata rinchiusa a forza.”
“Beh,
ma l’hanno messa lì per il
suo bene, no? Per farla guarire.”
“O
per togliersela di casa. I
problemi o li affronti o li allontani da te.”
Potevano
dei genitori agire così? Ma
a pensare a ciò che aveva fatto sua madre uccidendosi senza
pensare alle
conseguenze per sua figlia, Eleanor si convinse che sì,
esistevano persone in
grado di farlo.
“Marika
non era completamente
pulita quando Rap la trovò. Aveva trascorso tre anni nella
comunità, ma non
erano bastati. L’uomo che la inseguiva era uno da cui lei
aveva acquistato
delle dosi di droga. Non l’aveva pagato e allora lui
cominciò a minacciarla.
Rap non si tirò mai indietro e la nascose a casa sua.
Lentamente si affezionò
sempre di più a lei ed era un sentimento ricambiato. Da
amici divennero
qualcosa di più e Marika stava bene. Un mese a casa di Rap
ebbe più risultati che
tre anni in quella comunità.” Rock
s’interruppe un attimo, concedendosi un
sospiro colpevole: “I problemi li ho portati io.”
Eleanor
lo guardò confusa. “Che
vuoi dire?”
“Io
e Rap progettavamo fin da
bambini di andare a vivere insieme, e appena divenni maggiorenne lo
raggiunsi,
ma non fu una convivenza facile. Non lo fu per niente. Io ero il terzo
incomodo. Non c’entravo niente con loro due. Eravamo tutti e
tre in costante
imbarazzo. Però io e Marika diventammo amici, anche se
quando arrivava Rap lei
si dimenticava di me. Inizialmente la cosa non mi turbava. Era la sua
ragazza
in fondo, era giusto che preferisse lui a me. Ma più passava
il tempo, più mi
sentivo invidioso …”
“Ti
sei innamorato di lei?”
Eleanor parlò senza pensare. Quasi non si accorse di quelle
parole che
sfuggirono dalle sue labbra mentre ancora il cervello le formulava.
Conosceva la
risposta, ma voleva lo stesso sentirla con le sue orecchie.
Rock
annuì soltanto.
“E
Rap?” domandò lei.
“Non
sapeva nulla. Fu un
sentimento che tenni per me. Non volevo rovinare la loro storia e
cercai in
tutti i modi di starmene da parte. Marika mi considerava ancora un
amico e non
si rendeva conto che ogni volta che mi si avvicinava mi provocava un
dolore
terribile. Il non poter averla mi faceva impazzire. Sarebbe bastato un
niente
per prendermela, ma non volevo fare del male al mio migliore amico. Se
la
meritava un persona che lo amasse, finalmente. Fui un fottuto
egoista!”
Benvenuto nel club!
Rock
si sdraiò sulla schiena,
fissando il soffitto. “Poi arrivò quella maledetta
sera in cui tutto cambiò.
Tornai a casa e li sentii litigare. Marika piangeva e Rap ci stava
andando giù
pesante con le parole. Non volevo che la trattasse così, non
lo sopportavo. Così
m’intromisi, ma nessuno mi spiegò mai cosa fosse
successo. Rap uscì e ci lasciò
soli. “
Eleanor
riuscì ad immaginare fin
troppo bene cosa fosse accaduto dopo. Mai lasciare un amico con la
ragazza di
un altro dopo una brutta litigata. E’ una regola universale.
Va a finire sempre
nello stesso modo.
“Le
dissi tutto!” ammise Rock,
sempre con gli occhi fissi al soffitto “Quello che provavo e
quanto mi costasse
recitare la parte dell’amico. E lei … lei non mi
rifiutò. Non ci provò nemmeno.”
Che bella stronza!
“Non
si possono amare due persone
contemporaneamente!” Esclamò Eleanor, indignata
per il comportamento di Marika.
“Ti
assicuro che invece si può.
Lei lo ha dimostrato. Non ingannava nessuno di noi. Amava entrambi e
non voleva
essere costretta a scegliere. “
“Rap
non sospettava nulla?”
“Se
lo fece, fu bravo a
nasconderlo. Io ho sempre pensato che sapesse tutto, ma ero certo che
per non perderla sarebbe stato
disposto a passarci sopra. E’ un comportamento tipico da Rap.
Non rinuncia
facilmente a qualcosa, anche se quel qualcosa lo fa soffrire.”
Rock
rimase in silenzio per
parecchio. Ad Eleanor non bastava. C’erano altri dubbi da
sciogliere. Tanti,
tantissimi. Quindi fece lei la prima mossa:
“Mi
dici lei ora dov’è?”
Rock
chiuse gli occhi e si morse
il labbro inferiore, come in balia di una fitta improvvisa
“
… è morta.”
Ci
volle qualche istante prima
che quelle due semplici parole le si conficcassero nel cervello,
rendendola consapevole
del loro significato. Si mise a sedere e lo guardò sconvolta:
“Che
cosa? Come morta? Io pensavo
fosse semplicemente andata via! Rap mi ha detto che lo ha
lasciato!”
“Il
verbo lasciare ha molteplici
significati, Eleanor. Anche Evan ti ha
lasciato. Le persone evitano di usare troppo la parola morire.
Preferiscono sostituirla con qualcosa che non dia il senso
del definitivo. Rap lo sta facendo da anni. Finge che non sia accaduto
… e
anche io.”
D’un
tratto, ciò che le aveva
detto Rap quel pomeriggio, assunse un nuovo significato.
“Tu non sai un cazzo di me …
Ci sono passato anch’io Eleanor, e
credimi, comprendo ciò che stai provando in questo
momento.”
Sentì
le lacrime premere dietro
ai suoi occhi. L’espressione triste e affranta di Rap si
materializzò nella sua
mente. Eccolo spiegato il suo dolore. Ebbe una tale pena per lui
… una tale
compassione.
Quello che io ho affrontato in questi giorni, tu lo
stai vivendo da
anni.
Si
sentì una stupida. Una totale
sprovveduta. Come aveva potuto essere così egoista. Fargli
tutte quelle domande
inopportune solo per soddisfare la propria curiosità?
“Come
…? “ chiese con un filo di
voce “Che cosa le è successo?”
Rock
riaprì gli occhi e voltò il
viso verso di lei: “Questa è la parte
più complicata.”
“Adesso
non puoi tirarti
indietro. Voglio saperlo!”
“Non
mi tirerò indietro.” Con un
sospirò si mise a sedere di fronte a lei e cercò
in ogni modo di non guardarla
in faccia, come se si vergognasse di ciò che stava per
dirle. “Io e Marika
passammo molte notti insieme. Lei però, si sentiva sempre
più in colpa e io con
lei. Io sono forte ad sostenere delle situazioni pesanti, ma lei no.
Così
cedette di nuovo e ripiombò su quella brutta strada che era
riuscita ad
abbandonare. Non disse nulla a nessuno, ovviamente. Poi, forse spinta
dai
rimorsi, venne da me e mi confessò tutto. Disse di averlo
fatto una sola volta,
ma non fu quella la notizia più scioccante che mi diede quel
giorno …”
Rock
si fermò, incapace di
proseguire. Questa volta, Eleanor non fece domande, benché
non desiderasse altro.
Voleva che lui si prendesse tutto il tempo che gli occorreva. Non fu
un’attesa
lunga. Lo vide sorridere con un incondizionato affetto :
“E
qui entra in gioco
Haylie.”
“Chi?”
***
Allora?????? Che ne dite???? Piaciuto???? Prevedibile????? Colpi di
scena????? Mi sto rodendo per sapere cosa ne pensate quindi non
deludetemi con le recensioni.
A proposito di recensioni passo ai ringraziamenti per lo scorso
capitolo.
Lady85:
Davvero non te lo aspettavi di Rap????? Bene, sono lieta di averti
sorpreso ^^. Adoro scioccare i lettori XD. Mi dispiace ma Evan era
già condannato mentre scrivevo il primo capitolo U_U. Era
destinato a morire quel ragazzo, ma ti assicuro che non è
stato facile per me farlo fuori. Mi ci ero affezionata.
BabyzQueeny:
EH, si purtroppo. Il cuore di Evan si è fermato. Sto
portando il lutto al braccio da un mese. E Rap... beh, dai
sono cose che succedono. E poi si sa, chi odia in realtà ama
^^.
Cicha: Sappi
che per me nessun commento è banale. Grazie tantissimo per
aver lasciato un tuo giudizio^^. Tu mi fai commuovere
ç_ç Delicatezza e eleganza sono due aggettivi che
nella vita reale non mi si addicono per niente XD. SOno
contenta che almeno riesco a trasmetterli scrivendo =). La tua pazienza
spero sia stata soddisfatta, anche se il vero mistero sul triangolo
Rap-Marika-Rock sarà spiegato nel prossimo capitolo. Spero
resisterai. Ciaoooooo ^_^!
Felicity89:
Eh si, gli intrecci piacciono anche a me. Gli amori facili non mi
soddisfano. Voglio sofferenza, lacrime, indecisioni, disperazione ...
ehehehe, sono malata lo so^^
Mana_Chan:
Hai visto che qualcosa avevi indovinato nelle tue teorie???! UN
APPLAUSO!!!! Mi spiace per Evan, credimi ha fatto
più male a me che a tutti voi ç_ç Ma
è nel mio stile non fare arrivare tutti i personaggi alla
fine. Qualcuno deve sacrificarsi lungo la strada ed è
toccato a lui. Che sadica che sono! Verrò arrestata per
omicidio premeditato, me lo sento ç_ç. Per quanto
riguarda Rap... ebbene si U_U . E' successo ciò che
più lui temeva. E' stato stregato da Eleanor. Ostacoli ce ne
saranno....??? Non so, ci sto ancora lavorando ^^.
Celicola:
Evviva, finalmente una lettrice che non si è sconvolta per
Rap!! XD Spero che la suspence continui a tenerti incollata allo
schermo^^
Black Lolita:
Non mi fare sentire in colpa, ti pregooooooo
ç_ç!!!!!!!!!!!!! Evan sarà comunque un
figura che rimarrà molto presente e che
accompagnerà Eleanor per il resto della storia, quindi non
è del tutto "passato oltre". E poi ho creato l'innamoramento
di Rap per distrarre un po' dalla morte improvvisa di Evan ^^ e spero
di riuscire nell'intento. E poi dai, c'è anche tutta la
storia di Marika da riportare a galla e si scopriranno nuove cose sul
passato di Rap... e, perchè no, anche di Rock. ^^. Mi
perdoni???????????????????????????
Voglio raccontarvi un piccolo aneddoto... anzi, due:
Il primo riguarda Rap. Siete rimaste tutte sconvolte dai suoi
sentimenti verso Eleanor. E io che credevo fosse prevedibile ^_^.
L'idea mi è uscita fuori mentre facevo un compito di
francese (ebbene sì U_U). Ovviamente io studio con la
musica. STavo ascoltando un pezzo dei Three Days Grace (qualcuno li
conosceeeeee?????? ) e il testo della canzone in questione... beh, era
Rap! Era lui! Gli calzava perfettamente. Sono indecisa se dirvi o no il
titolo della canzone ... fatemi pensare.... ma si dai! Ve lo dico. La
canzone è "I Hate Everything About You". E' perfettaaaaaaa!!
Se potete ascoltatela, cercatela su youtube, insomma sentitela. E'
carica di rabbia, ma anche di amore. Vi dico solo che il
ritornello fa così: "I hate everything about you, why do I
love you?" *_* ODDIOOOO!!! Se ci ripenso!!! Bellissima!!! Quando mi
sono resa conto delle parole di quella canzone (che non avevo mai
ascoltato sul serio) mi è caduta la penna dalle mani, sono
rimasta a fissare il vuoto per un quarto d'ora buono e la mia
immaginazione ha preso letteralmente il sopravvento XD. Ecco qui! Ora
sapete a chi dare la colpa per l'intromissione di Rap nella storia di
Rock e ELeanor!
Altro aneddoto, serio stavolta. La storia di Evan, o
meglio, la sua fine, è un fatto realmente avvenuto... non con le stesse modalità, ma è avvenuto. Quindi la sua morte l'ho trattata con con certo coinvolgimento personale. Ma evitiamo di scendere in troppi dettagli depressi che non mi pare il caso^^
Ok, adesso basta. Ho scritto anche troppo. CI vediamo alla prossima
ragazze!
A presto
Ayleen
Dimenticavo!!!! Grazie a chi mi ha aggiunto tra i preferiti e a chi
legge!!!! Mi onorate troppo! ç__ç
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Capitolo 18 *** Haylie ***
CAPITOLO
DICIOTTO
Haylie
Haylie
…
Un
semplice nome che prese a
ronzarle in testa, facendo inevitabilmente galoppare la sua fantasia.
Quindi,
c’era qualcun’altra oltre a Marika? Ma per quale
motivo nessuno prima d’allora
si era disturbato di nominarla?
Eleanor sentiva la propria testa
scoppiare per la confusione e il sorriso di Rock nel pronunciare quel
nome
sconosciuto, le fece provare un improvviso moto di gelosia assoluta.
“Chi
è Haylie?” chiese con
cautela, temendo seriamente la risposta.
Rock
mantenne quell’espressione
beata, quasi di adorazione: “ … Haylie
è la creatura più bella di questo
mondo.”
Per
la prima volta da quando si
erano conosciuti, Eleanor fu spinta dall’improvviso impulso
di prenderlo a
schiaffi.
Come poteva essere così sfacciato?
A lei non importava più di tanto che avesse avuto altre
ragazze prima di lei,
ma ammetterlo così candidamente e parlare di una di loro con
quei toni era
davvero un colpo basso.
Rock si accorse quasi subito
della sua espressione contrariata, rendendosi conto di esserci espresso
nella
maniera sbagliata. Immediatamente, cercò di rimediare.
“Lasciami
spiegare. Non è come
credi.”
“Ah,
no?!” lo attaccò lei, con le
lacrime agli occhi per la rabbia “Allora sentiamo, chi
sarebbe questa perfetta
e stupenda creatura di cui io ignoravo
l’esistenza!”
Rock
si trattenne dal ridere:
“Posso parlare? O devi come al solito continuare a trarre le
tue conclusioni,
ovviamente sbagliate?”
Incredibile!
Adesso si prendeva
anche gioco di lei e pareva pure trovarlo divertente.
Pensandoci, non mi va più di ascoltare
… non più! E’ troppo!
Ma
oramai c’era dentro e non
poteva tirarsi indietro.
Gli fece un semplice cenno con la
testa per farlo riprendere a raccontare, seppur di malavoglia. Rock
ridacchiò
della sua reazione, fu solo un attimo però. Il suo volto di
fece ancora una
volta serissimo.
E in un istante, tutta la sua
rabbia sparì. Di colpo, Eleanor volle solo abbracciarlo,
confortarlo senza un
motivo preciso. Un semplice istinto.
Rock era di nuovo agitato.
Chiunque fosse Haylie, era chiaro che non gli piaceva parlarne.
“Marika
era spaventata a morte e
corse da me, perché temeva di turbare troppo Rap
…”
Eleanor
non parlò, ma il suo
sguardo confuso era sufficientemente eloquente. Il ragazzo si
passò
nervosamente una mano fra i capelli:
“Lei
… mi disse di avere un
ritardo di quasi due mesi …”
… un ritardo?
Le
percezioni di Eleanor si
disattivarono. Ogni pezzo cominciava ad incastrarsi nella sua mente,
venendo
finalmente a completare quell’intricato puzzle che era
l’esistenza di Marika.
Tanti nomi vorticavano della sua
testa : Rap, Marika, Rock … Haylie.
“… un
ritardo di quasi due mesi …”. E di nuovo Haylie.
Eleanor scattò in piedi e fissò
Rock sconvolta.
“No
…” mormorò, reggendosi al
muro per aiutare le gambe a sostenerla.
Oh mio Dio! Ti prego, no … non
può essere!
“Non
è vero … E’ uno scherzo!”
Tutto
ciò che Rock le aveva
raccontato, ogni sua singola parola tornò a riecheggiarle in
testa: “ Io e Marika passammo molte
notti insieme …
Marika era spaventata a morte … disse di avere un ritardo di
quasi due mesi … Haylie
è la creatura più bella di questo mondo
.”
Sentiva il proprio respiro
accelerare, così come il cuore, definitivamente fuori
controllo. Rock si alzò e
la raggiunse. Le sfiorò un braccio, ma lei si
scostò quasi subito.
Il sorriso fin troppo lieto di
Rock mentre definiva Haylie la creatura
più bella di questo mondo le fece intuire la
sconvolgente verità.
“E’
tua?” domandò quasi urlando,
incapace di mantenere un tono di voce normale. Un pianto isterico la
stava pian
piano minacciando.
“E’
di Marika.” Rispose lui,
cercando ancora una volta di toccarla senza successo.
“Rispondimi,
cazzo!” Ecco di
nuovo la voglia di prenderlo a schiaffi. “Di chi è
figlia Haylie?”
“Io
non …” stava facendo uno
sforzo sovraumano per non urlarle contro “… non lo
so.”
Nemmeno
ci provò a credergli. La rabbia la sommerse, facendola
piangere.
“Come
sarebbe a dire ch non lo sai? Voglio la verità! La
pretendo!”
stava urlando un po’ troppo. Sicuramente Heavy e Metal, nella
stanza accanto,
stavano ascoltando tutto, ma a quel punto non gliene importava niente.
Anche
Rock alzò la voce per
sovrastarla: “Questa è la verità! Non
sappiamo di chi sia!”
“E
come posso essere sicura che
non sia l’ennesima bugia?”
“L’ennesima
bugia? Io non ti ho
mai detto bugie!”
“Hai
ragione! Non mi hai mai
detto niente! Mi hai sempre tenuto all’oscuro di
tutto!”
“Te
l’avevo detto che questa
faccenda non ti sarebbe piaciuta. Sei tu che hai insistito!”
“Ma
che stai dicendo? Vuoi dire
che tu saresti stato disposto a tenermi tutto nascosto? Tenermi segreto
il
fatto di avere una figlia e continuare a fare finta di
niente?”
“Ti
ho detto che non so di chi
sia! Potrebbe anche essere di Rap!”
Eleanor
fu sul punto di urlargli
contro qualcos’altro, ma si trattenne. Pensò a
Rap, qualche stanza più avanti.
Non voleva che lui la sentisse.
Fece un profondo sospiro,
cercando di calmarsi:
“Dov’è
adesso?” domandò riacquistando un tono di voce
civile.
“Al
sicuro. Vado da lei quasi
ogni giorno.”
Perché
si ostinava a fare inutili
giri di parole?
“Dov’è?”
ripeté, decisa a fare
chiarezza sull’intera faccenda.
Rock
non la guardò più. Si
appoggiò alla parete di fianco a lei e fissò il
soffitto.
“E’
all’istituto per minori …
quello in cui sei stata pure tu.”
La
sensazione che seguì fu sia
inaspettata che completamente estranea. Tutta la rabbia accumulata
durante
quella discussione, si dissolse. Un sentimento a cui era impossibile
resistere
si appropriò del suo cuore.
Senza neanche conoscerla, Eleanor
si sentì inspiegabilmente legata a quella bambina, quasi
fossero sorelle.
Assurdo! Lei era figlia unica. Non poteva sapere che tipo di amore
legasse due
fratelli. Poi le venne in mente Evan e si rimangiò tutto.
Lei sapeva
perfettamente cosa fosse l’amore fraterno.
All’improvviso, volle sapere
tutto di Haylie.
“Quanti
anni ha?” domandò, con
un’inaspettata timidezza che da troppo tempo ormai non la
caratterizzava più.
Rock
la guardò perplesso, senza
capire il suo interessamento, tuttavia le rispose:
“Farà quattro anni il mese
prossimo.”
… così piccola?
“Da
quanto tempo è lì?”
Rock
strinse i pugni, in un misto
di rabbia, rimpianto e vergogna: “E’ sempre stata
lì dentro. Da quando è nata.”
Avrà trovato un Evan tutto per lei?
Eleanor
si augurò che fosse così.
Ricordava fin troppo bene quelle poche settimane di solitudine prima di
conoscere Evan. Non avrebbe augurato a nessuno una simile esperienza,
men che
meno ad una bimba di nemmeno quattro anni.
“Andavi
da lei quando Rap ti
mandava in missione?”
Rock
annuì soltanto.
Nessuno parlò più per un po’.
Eleanor cercava disperatamente di comprendere ed accettare tutte quelle
rivelazioni. Rock interpretò male il suo silenzio.
“Sei
arrabbiata? “
“…
non ne sono certa.” Ammise
lei. “E’ una situazione parecchio strana, in cui
mai avrei pensato di
ritrovarmi.”
Rock
sogghignò leggermente: “E lo
dici a me?”
Il
suo tentativo di
sdrammatizzare funzionò. Eleanor sorrise, per poi
sciogliersi in una risata:
“Già.”
Dopo
quei pochi istanti
d’ilarità, fu il silenzio a farla di nuovo da
padrone. Questa volta, fu Eleanor
a vincerlo:
“Dovreste
adottarla. In fondo è vostra … cioè,
di uno di voi due.”
Il
ragazzo sospirò: “Credi che
non ci sia mai passato per la mente? Se riuscissimo a dimostrare che ha
un
padre, sarebbero obbligati a darcela.”
“E
allora perché non lo fate?
Basterebbe un semplice test di paternità
…”
“Oh,
andiamo!” sbottò lui
“Pensaci un attimo. Cosa mai potremmo offrirle? Guarda dove
viviamo? Nessuno di
noi ha un lavoro fisso, non potremmo garantirle nulla. Nemmeno le cose
più
basilari. E’ orribile da ammettere, ma ti assicuro che sta
meglio dov’è
adesso!”
Eleanor
comprese le sue parole.
Non aveva tutti i torti: “Hai pensato che qualcun altro
potrebbe precedervi?
Una coppia di genitori disperati che non riesce ad avere figli, per
esempio … “
“Certo
che ci ho pensato! E’ un pensiero
fisso. Per questo ogni tanto vado a vedere com’è
la situazione. Se lei sta bene
e, soprattutto, se è ancora lì.”
Un
ricordo attraversò la mente di
Eleanor con la stessa irruenza di un fulmine a ciel sereno. Si rivide a
Meadow’s Hill, il giorno in cui Rock l’aveva
trascinata via dal negozio di
musica. Le tornò in mente la telefonata che aveva ricevuto e
le sue parole: “…
L’abbiamo persa.”
Aveva trascorso settimane ad
immaginare chi lui avesse perso. Adesso non c’era
più bisogno di domandarselo.
“Quella
volta … “ fece, quasi in
un sussurro. “… quando mi hai portato a
Meadow’s Hill, qualcuno ti aveva
telefonato e tu te ne sei andato con una gran fretta.
C’entrava Haylie?”
Rock
annuì quasi subito, come se
anche lui ricordasse fin troppo bene quel momento:
“E’ stato Rap a chiamarmi.
Ci siamo presi un bello spavento. Lui era andato all’istituto
per vedere che
Haylie stesse bene, ma lei non c’era. Chiese spiegazioni alla
direttrice che le
disse che Haylie era stata affidata ad una famiglia.”
“E
siete andati a cercarla?”
Rock
fece l’accenno di un
sorriso: “Non ce n’è stato
bisogno.”
“Che
vuoi dire?”
“L’hanno
riportata indietro loro.
Per crisi isteriche o Dio solo sa
cos’altro. Non abbiamo capito bene neanche noi.”
Eleanor
si stupì nell’apprendere
ciò, ma in pochi istanti ogni sua perplessità
venne sostituita da una risata
spontanea. Rock la guardò confuso:
“Che
c’è ?”
“Anch’io
facevo così.”
“Così
come?”
“Mi
comportavo da pazza isterica.
Rompevo le cose, lanciavo gli oggetti, urlavo, piangevo, non mangiavo
… si,
insomma … facevo di tutto perché mi riportassero
all’istituto.”
“Ah
si, giusto! Me ne avevi
parlato. Lo facevi per non essere separata da Evan
…” si pentì all’istante di
aver pronunciato quel nome.
Guardò
di sottecchi la ragazza e
subito notò i suoi occhi brillare di lacrime. “Si,
infatti …” mormorò, la voce
spezzata dietro ai singhiozzi trattenuti a forza. “Forse
… forse anche Haylie
ha trovato un Evan tutto per lei. Per questo non vuole andare via di
lì e
rifiuta di essere adottata. “
Un
sorriso spontaneo, carico di
speranza, gli alleggerì il volto:“Me lo auguro con
tutto il cuore. “
Nonostante
tutte quelle
rivelazioni e pur sapendo che non erano ancora finite, allontanare il
pensiero
da Evan costava ad Eleanor uno sforzo indicibile. Si affannava come
un’ossessa
nel cercare d’immaginare che lui fosse a casa con Nathan, o
magari in giro o al
lavoro. Ma non era così. Evan stava sottoterra, questa era
la realtà. E
il mondo intero le appariva del tutto
estraneo. Si sentiva come una viandante in terra straniera. Non aveva
nessun
punto di riferimento, tranne forse quello rappresentato dal ragazzo che
stava
al proprio fianco …
Eleanor deglutì, scacciando
l’immagine di Evan che sembrava aver messo radici nella sua
testa:
“Però
…”
disse, tornando all’argomento principale della conversazione
“… non mi hai
ancora spiegato come è morta Marika.”
Rock
non fece in tempo a
rispondere. Una voce lo precedette:
“Questo
voglio raccontarlo io!”
Rap
stava comodamente appoggiato
allo stipite della porta. Le braccia incrociate sul petto,
l’espressione seria.
Aveva l’aria di essere lì da parecchio.
“Rap?”
fece Rock, sorpreso almeno
quanto lei “Da quanto sei lì?”
Lui
alzò le spalle: “Abbastanza.”
“Non
importa Rap.” Disse subito
Eleanor “Lascia che sia Rock a parlarmene.”
Sapeva
bene quanto Rap soffrisse
nel pensare a Marika. Tutti quanti lo sapevano. Ed era anche cosciente
di aver
fatto già abbastanza danni con la sua insaziabile
curiosità; infierire ancora
non le pareva proprio il caso.
Lui tuttavia non sembrava
intimorito come invece era stato quel pomeriggio. Appariva piuttosto
risoluto.
“Ah,
chiudi il becco!” sbottò, zittendola con un gesto
della mano “E’ così
sconvolgente che io abbia voglia di parlare?”
Eleanor
non rispose, c’erano i
suoi occhi a farlo al posto suo. Era più che strano che Rap
avesse voglia di
parlare. A ben pensarci, era preoccupante.
Rock sembrava titubante almeno
quanto lei. Fissava l’amico dubbioso, cercando di capire se
stesse facendo
davvero sul serio.
“Rock,
voglio però che tu mi
faccia un favore.” Disse Rap, sempre con quella
tranquillità così poco
attribuibile a lui. “Vorrei che mi lasciassi da solo con
Eleanor.”
Eleanor
non capì il perché di
quella strana richiesta, ma ancora meno capì lo sguardo
intimidatorio di Rock.
“Scordatelo!”
Fu la risposta secca
del suo angelo.
***
Ci
volle parecchio per convincere
Rock a lasciare lei e Rap da soli. Alla fine era addirittura dovuta
intervenire
per calmare le acque. Rock cedette dopo un po’, ma si vedeva
fin troppo bene
che non era contento.
“Perché
hai voluto che Rock
andasse via?” domandò subito Eleanor, non appena
lei e Rap furono da soli.
Rap
sogghignò divertito. “Non è
ovvio?” la stuzzicò.
“Non
per me!”
“Beh,
è semplice … “ rispose lui,
sempre ridacchiando mentre si accomodava sul letto.
“L’ho mandato via perché
c’è una parte di questa storia di cui lui non
è a conoscenza. “
“Come?”
Eleanor cercò di
mascherare meglio che poteva lo stupore nell’apprendere tale
notizia. Il
risultato non fu dei migliori. “Che significa?”
chiese con cautela.
Rap
picchiettò il materasso con
una mano: “Forse è meglio se ti siedi, dico sul
serio!”
Senza
nemmeno sapere il motivo,
Eleanor ubbidì e si sedette sul letto, a debita distanza da
lui.
Ogni traccia di tranquillità
sparì dal volto del ragazzo. Di colpo, ecco di nuovo la
paura, il dolore, la
sofferenza. Tutte le emozioni che l’avevano sempre
contraddistinto.
“Ho
fatto una cosa terribile
Eleanor. E tu devi promettermi che tutto ciò che ti
dirò non uscirà da questa
stanza.”
Quelle
parole e la serietà con la
quale furono pronunciate, la intimorirono più del lecito.
Nonostante ciò non
disse nulla. Voleva che Rap facesse tutto da solo, che parlasse senza
nessun
obbligo imposto da qualche sua stupida domanda.
“Come
ti ha spiegato Rock, Marika
era perseguitata da un uomo a cui doveva un mucchio di
soldi.” Guardò la
ragazza in attesa di una sua conferma. Lei annuì soltanto.
“Ma non è stato per
quello che ci siamo rifugiati in questa vecchia scuola sgangherata.
Quella è
stata solo una scusa cretina.”
Eleanor
continuò a rimanere
chiusa nel suo silenzio, o meglio, continuò a costringersi a
non dire nulla. I
suoi occhi però erano sgranati e le labbra leggermente
dischiuse dalla
sorpresa. La sua espressione era abbastanza eloquente.
Rap sorrise dalla sua reazione,
ma fu solo l’illusione di un attimo. Quell’istante
d’ilarità durò per troppo
poco. “Un giorno stavamo scappando da quell’uomo.
Io, Marika e Rock. Noi due
volevamo affrontarlo ovviamente, ma lei non ne voleva sapere e ci
convinse per
l’ennesima volta a nasconderci. Ci ritrovammo qui, senza
nemmeno volerlo.
Entrammo e incontrammo Heavy e Metal.”
Già … Heavy e Metal.
Eleanor
si rese conto solo in
quel momento di non aver mai chiesto come i due fratelli
c’entrassero in quella
storia complicata. Ecco la risposta. Erano semplicemente rimasti
coinvolti
per puro caso.
“Loro
stavano già qui dentro. Non
ci hanno mai spiegato il perché e a noi nemmeno interessava
a dir la verità.
Inizialmente non furono molto amichevoli, ma Marika gli
spiegò la situazione e
loro due decisero di aiutarci.” Rap fece una pausa per
riprendere fiato. Si
sdraiò, portando le braccia dietro la nuca e
fissò il soffitto. “Rimanemmo
tutto il giorno nascosti lì dentro. Heavy e Metal ci dissero
di tornare se ci
fossimo trovati di nuovo nei guai,
soprattutto Marika. Trovarono persino una stanza tutta per lei.
“
Quella in cui ho dormito la prima notte che sono
stata qui.
Constatò Eleanor senza alcun bisogno di chiedere.
“Marika
passò molte notti qui
dentro, soprattutto dopo che scoprì di essere
incinta.” Da serio che era, il
suo sguardo d’inchiostro si fece terribilmente triste.
“Per me e Rock fu un
vero sollievo. Mentre lei se ne stava qui al sicuro, noi potevamo agire
indisturbati e cercare quel figlio di puttana!”
Il
disprezzo assoluto che gli
inclinò la voce, la spaventò. L’aveva
già visto arrabbiato, ma mai così.
C’era
molto più che semplice rabbia sul suo viso. C’era
odio, ribrezzo, rancore …
ogni sentimento negativo.
“Quel
bastardo però, era uno che
sapeva nascondersi bene. Non riuscimmo a trovarlo, tanto che ad un
certo punto
cominciammo a pensare che avesse lasciato la città. Marika
comunque preferì non
tornare a casa da noi e decise di restare nascosta qui almeno
finchè non fosse
nato il bambino. “
“Di
chi è Haylie, Rap?” Eleanor
nemmeno si rese conto di aver parlato a voce alta.
Rap
la fissò corrucciato: “Non è
questa la questione più importante adesso.”
“Ma
tu lo sai di chi è? Hai una
vaga idea?”
“No,
contenta!? Non ne ho la
minima idea e nemmeno voglio averla. E’ figlia di Marika e
ciò mi basta. Non
m’interessa chi sia il padre. Probabilmente nemmeno lei lo
sapeva.” Il suo tono
si fece piuttosto acido, insofferente.
No, impossibile. Lei doveva saperlo eccome! pensò
di getto Eleanor.
“Comunque
… “ riprese il ragazzo
“… Per adesso non chiedermi di Haylie. Ci
arriverò.” Sospirò, cercando di
controllare il fastidio che la domanda di Eleanor gli aveva generato e
continuò: “Una notte Metal ci telefonò.
Disse che Marika non stava affatto bene
e che invocava di continuo i nostri nomi.”
Rap
alzò gli occhi su Eleanor che
lo guardava sconvolta. La sua voce si fece d’un tratto
ironica. “Prova ad
indovinare cosa stava succedendo.”
L’intuito
fece la sua parte:
“Haylie stava arrivando … giusto?”
nonostante fosse abbastanza sicura di
quell’ipotesi, parlò con voce flebile ed insicura.
“Già
…” mormorò Rap, tornando a
fissare il soffitto. “Quale momento migliore! Io e Rock
abitavamo ad almeno
un’ora di distanza. Heavy e Metal non avevano
un’auto e l’ospedale non era
esattamente dietro l’angolo … La sentivo gridare
per telefono. Tu non puoi …
nemmeno, lontanamente immaginare come mi sono sentivo in quel momento.
“
Vedeva
i suoi occhi intrisi di
dolore. Il viso era una maschera di rabbia e debolezza. I suoi pugni si
strinsero e scaricarono tutta la frustrazione accumulata in quegli anni
sul
palmo delle mani. Stessa
cosa accadde
per i denti mentre si avventarono con ferocia sul labbro inferiore.
“E
quel cretino di Rock che mi
diceva di stare calmo, che sarebbe andato tutto bene. Cazzo , lo odio
quando le
spara così grosse! “
“Non
potevate chiamare
un’ambulanza?”
“Per
dire cosa esattamente? Di
andare in una vecchia scuola a prelevare una ragazza fuggita da una
comunità di
tossicodipendenti accompagnata da altri due ragazzi che vivevano
lì
abusivamente? Non avevamo il tempo per inscenare qualcosa di
più decente della
realtà.”
Eleanor
rimase ancora una volta
in silenzio. Lo lasciò sfogare. Rap aveva proprio
l’aria di essere uno che non
si sfogava da troppo tempo.
“Decidemmo
di comune accordo, con
Heavy e Metal, di incontrarci a metà strada. Loro avrebbero
tentato di
raggiungere l’ospedale a piedi, noi due gli saremmo andati
incontro in macchina.”
“A
piedi?” domandò Eleanor,
perplessa. Cielo, povera Marika!
Rap
nemmeno la sentì: “Li
trovammo tutti e tre sul marciapiede, ancora molto lontani
dall’ospedale.
Marika era distrutta. Heavy e Metal la sostenevano, ma lei non riusciva
a fare
nemmeno un passo senza urlare. Quando ci vide però , senza
emettere più un
fiato, ci sorrise. “
Nel
far riemergere quel ricordo,
anche Rap s’illuminò, probabilmente senza neanche
rendersene conto. “Dio, era
bellissima …“
Quello
sguardo sognante, quasi la
commosse.
“Stavamo per farla salire in
auto, ma …”
Interruppe il racconto. La stessa rabbia che l’aveva invaso
poco prima tornò a
prendere possesso del suo viso.
“
… ma? “ lo sollecitò Eleanor,
con finta calma.
“…
ma arrivò lui! “
Certo
non c’era bisogno di
chiedere a chi si stesse riferendo.
“Non
feci nemmeno in tempo a
capire da dove fosse uscito. Forse dal vicolo davanti cui ci eravamo
fermati, o
dall’altra parte della strada. Non lo so! So solo che mi
sentii morire non
appena lo vidi tirare fuori una pistola.”
Eleanor
sussultò a quelle parole:
“Oddio … “ si lasciò
sfuggire, con un filo di voce.
“Era
totalmente fuori di testa!
La fissava con un tale odio … per un attimo ebbi
l’impressione che dietro a
tutto quel risentimento non ci fossero solo i soldi. Fortunatamente
eravamo in
quattro e riuscimmo a disarmarlo facilmente. Io non so cosa mi passasse
per la
testa in quel momento, con Marika che gridava, gli altri che mi
dicevano di
andare via, quel tizio che non la finiva di ucciderla con
lo sguardo … so solo che ad un certo punto
mi ritrovai a puntargli contro la sua stessa pistola.”
Eleanor
era pietrificata,
completamente presa dal racconto. Non osava fiatare, fare previsioni su
quanto
accaduto dopo, anche se l’istinto glielo stava suggerendo.
“
… Rock mi stava dicendo di
lasciare perdere, che non ne valeva la pena. Che la cosa importante era
portare
Marika all’ospedale. Avrei dovuto dargli retta
….”
Il
silenzio che seguì fu di
un’inaspettata teatralità. Non era da Rap
concedersi gesti del genere. Non lo
spinse a riprendere il discorso comunque. Che soffrisse era fin troppo
chiaro.
Il suo corpo tuttavia, reagì in maniera imprevedibile. Senza
accorgersene
neanche, allungò un braccio fino ad afferrargli una mano. In
qualche modo
sapeva che ciò che stava per dire sarebbe stato doloroso.
Lui parve distrarsi,
ma non accettò quel contatto. Si scostò quasi
subito, come scottato.
“Non
voglio la tua pietà!” sbottò,
con evidente fastidio.
“Non
è pietà …
“mormorò Eleanor,
cercando di scusarsi. “ Stavo solo cercando di darti il mio
appoggio!”
“Beh,
non mi pare di avertelo
chiesto, ragazzina. Resta al tuo posto! Ti racconterò tutto
ciò che hai sempre
voluto sapere, ma non sfidare troppo la mia pazienza.”
Eleanor
abbassò lo sguardo,
mortificata. “Mi dispiace.”
Conosceva
il temperamento freddo
e scostante di Rap. Sapeva di non doversela prendere ogni volta che lui
tentava
di offenderla, aveva imparato a conviverci in modo abbastanza pacifico.
Eppure
quella volta fu diverso. Le parole di Rap la ferirono. Cercò
di non darlo
troppo a vedere.
“Vuoi
sapere cos’è successo
dopo?” Domandò in modo brusco. “Va bene
te lo dirò. Ho puntato la pistola
contro quel bastardo, ho fatto fuoco e Marika si è messa in
mezzo!”
Eleanor
rimase pietrificata. No … ho
capito male, spero … non può essere.
Il
suo sguardo spaventato ed
interdetto spinse Rap a riassumergli in poche parole la terribile
verità: “L’ho
uccisa io. Marika è morta a causa mia
…” Sputò fuori quella confessione, con
una profonda vergogna ma anche un sospiro liberatorio, lieto di averla
finalmente affidata a qualcuno.
“Ce
ne andammo di corsa da lì.
Gli altri mi trascinarono in macchina a forza e corremmo come pazzi
verso l’ospedale.
Lei era ancora cosciente. L’avevo colpita al petto
…, avevo le mani, i vestiti
pieni del suo sangue. “
“Rap
, non …”
“Non
dirlo!” gli urlò subito contro,
interrompendola. “ Non dire quella cazzo di frase che mi sono
sentito dire per
anni! E’ stata colpa mia, chiaro!? Sono io che le ho sparato!
E’ colpa mia se
siamo arrivati tardi in ospedale e non c’è stato
il tempo per una trasfusione.”
Si
rimise in piedi e prese a
camminare avanti e indietro per la stanza in modo forsennato, tenendosi
la
testa con le mani. “Tu non puoi capire quello che sento.
Forse potresti
riuscirci se a guidare l’auto che ha ucciso Evan ci fossi
stata tu! Si, forse
solo in quel caso potresti lontanamente immaginare come mi
sento.”
Eleanor
rabbrividì a quel
pensiero. Era umanamente impossibile poter sopportare un tale senso di
colpa.
Il solo pensiero la faceva stare male.
“I
medici sono riusciti a salvare
Haylie, ma Marika era già morta quando l’hanno
tirata fuori. Non ha nemmeno
potuto vederla. Neanche quello le è stato concesso. E tutto
per colpa mia! Per
la mia dannata impulsività!”
“Smettila
Rap! E’ stato un
incidente!”
Il
ragazzo rise malignamente :
“Un incidente? Un’altra cazzata da aggiungere a non è stata colpa tua!”
“E’
la verità! Se proprio vuoi un
colpevole è quel tizio che la perseguitava. Anzi, la vera
colpevole è proprio
Marika. Perché cavolo si è messa in mezzo? Sapeva
benissimo che poteva restare
coinvolta!”
“Tu
non capisci! L’ha fatto per
lo stesso motivo per cui non permetteva a me e Rock di andare a cercare
quel
bastardo per fargliela pagare! Temeva che ci macchiassimo di qualche
orrendo
crimine … e alla fine le sue previsioni si sono
avverate.”
Finalmente,
Rap si fermò. Si
appoggiò alla parete esausto e sospirò. Eleanor
lo raggiunse. Non si era
dimenticata di scoprire per quale motivo Rap avesse mandato via Rock
dalla
stanza. Ormai nulla poteva più sconvolgerla.
“Che
cosa è successo dopo?”
Un ghigno gli si dipinse sul
volto : “… mi
chiedi cosa è successo dopo. Sono l’unico che sa
cos’è accaduto dopo. Non
voglio che Rock, Heavy e Metal sappiano cosa ho fatto, quindi ti
imploro di non
farne parola con nessuno.”
Eleanor
annuì in fretta. “Sarà il
nostro segreto.” Disse, cercando di smorzare un po’
la tensione.
Rap
le si avvicinò
pericolosamente, serio … troppo serio. Faceva paura.
Sembrava quasi che avesse
intenzione di farle del male.
“Promesso?”
“Promesso!”
***
Era
davvero strano ritrovarsi lì
dopo tutti quegli anni. Assurdo, per certi versi!
Si era ripromessa che mai in vita
sua avrebbe fatto ritorno in quella galera nella quale era stata
costretta a
crescere, eppure eccola lì, a fissare le inferiate del
cortile, il salice sotto
il quale tante volte lei e Evan si erano rifugiati nei caldi pomeriggi
d’estate,
i gradini di marmo dell’entrata dove loro due facevano
merenda, l’altalena
sopra la quale si era dondolata per ore dopo che Evan le aveva
confessato di
essere gay. Quasi
le sembrò di rivedere
il suo fantasma correre tra le nuvole di polvere che
s’innalzavano dal terreno.
Troppi ricordi, troppi rimpianti,
troppo dolore legato a quel luogo. Ma era suo dovere essere
lì adesso.
Voleva vedere Haylie, conoscerla
… salvarla.
Cercava di non pensare troppo al
fatto che avrebbe potuto essere figlia di Rock. Alla fine quella era
stata la
rivelazione meno scioccante.
Invece Rap, aveva battuto ogni
record con le proprie di confessioni l’ultima in particolare.
“Hai mai desiderato vedere morire
qualcuno, Eleanor?” le aveva
chiesto Rap, “Hai mai odiato una
persona
al punto di volerla vedere stramazzare al suolo dopo atroci
sofferenze?”
Lei
non aveva saputo rispondere, perché
per quante persone malvagie avesse incontrato sul suo cammino, per
quanto
detestasse sua madre per averla lasciata sola ed essersela svignata,
non
sarebbe mai e poi mai stata in grado di desiderare la morte altrui.
Ma
quell’odio impossibile che non
aveva mai conosciuto, lo aveva visto riflesso negli occhi neri di Rap
mentre
condivideva con lei quel segreto che si era portato dietro per anni : “Per giorni interi sparii …
Non lasciai
detto a nessuno dove sarei andato, perché nemmeno io ne ero
tanto certo. Lo
cercai. Cercai quel bastardo in ogni angolo di questa dannata
città … e infine
lo trovai! Prima lo riempii di botte e ringrazio mio padre e tutti i
ragazzi
del quartiere in cui sono cresciuto per avermi insegnato a difendermi e
a
darle! Ricordo ancora lo schiocco della sua gamba che si spezzava
… le sue
grida. E più urlava, più io continuavo
…”
Qualcosa
le toccò una spalla,
strappandola ai ricordi di quella notte. Rock la fissava, preoccupato
:
“Tutto
bene?”
Forse
pensava che la causa del
suo malessere fosse il stare davanti a quell’edificio, ma non
era così. Il
segreto di Rap era davvero un bel fardello da portare. SI
stupì di come avesse
fatto a sopportarlo da solo per tutto quel tempo. Lei non ce
l’avrebbe mai
fatta.
“Si,
tranquillo … è tutto ok.”
Ma
la voce di Rap tornò a
riempirle la testa : “ …
era a terra e
non riusciva a muoversi. Gli presi la pistola con la quale avevo ucciso
Marika
e gliela puntai addosso ancora una volta … ma non lo feci
fuori subito, no …
sarebbe stato troppo semplice. Volevo che avesse una morte lenta,
volevo che m’implorasse
di non farlo. Non era odio il mio. Era un bisogno. Un bisogno al quale
non ho
saputo resistere … Io volevo torturarlo!”
“Dovrebbero
uscire fra 10 minuti.”
Le disse Rock.
“Si,
lo so.” Rispose prontamente
lei.
Stavano
aspettando che i bambini
uscissero in cortile. Eleanor conosceva bene gli orari. Erano quasi le
tre. Ricordava
perfettamente che dopo pranzo era concesso loro giocare prima di
dedicarsi alle
ore di studio. Presto avrebbe visto Haylie.
“ … Cominciai dalle ginocchia.
Sparai prima ad una poi all’altra ad
intervalli molto lunghi. Continuai con le spalle e con le mani. Avrei
potuto
fargli fare la stessa fine di Marika, lasciarlo lentamente dissanguare,
ma
adoravo troppo lo sguardo carico di terrore che mi riservò
mentre gli puntavo l’arma
alla testa. Poi accadde ciò che più avevo
desiderato. M’implorò di non farlo,
piagnucolando come una ragazzina. Farfugliava qualcosa del genere che
gli
dispiaceva, che era pentito. Io scoppiai a ridere … gli
dissi che non era con
me che doveva scusarsi …”
Il
portone dell’Istituto si aprì
e cominciarono a riversarsi fuori decine di bambini urlanti. Rock
avanzò di
qualche passo verso il cancello, aguzzando la vista.
“E’
sempre l’ultima ad uscire. “spiegò
“Non lega molto con gli altri. E’ molto riservata,
timida.”
Anche
Eleanor si avvicinò al
cancello, scrutando con più attenzione il cortile. Un fiume
di ricordi la
travolse inevitabilmente: lei e Evan che correvano fuori, lei e Evan
che
cercavano di aggiudicarsi l’unica altalena, lei e Evan che si
appisolavano
sotto il salice, lei e Evan che giocavano a pallacanestro insieme ai
loro
compagni … lei
e Evan … Evan …
sempre e solo Evan. Non c’era angolo di quel
luogo che non gli ricordasse lui.
Appoggiò la fronte al cancello e
chiuse per qualche istante gli occhi, mentre una ribelle lacrima
silenziosa le
percorreva la guancia.
“Vuoi
tornare a casa?” le chiese
Rock, notando il suo disagio.
Eleanor
scosse la testa: “No. Va
tutto bene. Ce la posso fare!”
I
bambini era tutti usciti ormai.
Il portone e la scalinata di marmo erano vuoti. Rock e Eleanor rimasero
in
attesa.
Una manciata di secondi e una
figura piccola e ciondolante fece la sua comparsa in cima alle scale.
Rock
sorrise dal sollievo:
“Eccola!”
Non
c’era nemmeno bisogno di
dirlo. Certo che era lei!
Eleanor aveva visto una foto di
Marika una volta ed Haylie era la sua copia esatta. Avanzava
lentamente, per nulla entusiasta all’idea di due ore di
libertà. I suoi capelli
erano una cascata di boccoli fiammeggianti. Dondolavano ad ogni suo
passo,
danzando contro le sue spalle. Era troppo lontana per poter accertare
il colore
degli occhi. Aveva un’espressione molto triste che le
riportò alla mente quel
buio periodo in cui non conosceva ancora Evan. Anche lei aveva avuto la
stessa
espressione sofferente.
Haylie si sedette sui gradini.
Altri ricordi arrivarono inesorabili. Era lì – sul
terzo gradino a voler essere
precisi – che aveva conosciuto Evan.
“E’
bellissima …” mormorò
Eleanor.
“Lo
so. Te l’avevo detto che è la
creatura più bella di questo mondo.”
La
bambina alzò improvvisamente
gli occhi e guardò proprio verso loro due. Rock
alzò una mano per salutarla.
Haylie s’illuminò, sciogliendosi in un sorriso
adorabile, e ricambiò il saluto.
Eleanor
si voltò verso di lui: “Ti
conosce?”
“Beh,
diciamo che sono riuscito
ad avvicinarla qualche volta. Le ho detto che conoscevo la sua mamma.
Da quel
momento ogni volta che mi vede fa così.”
Haylie
si alzò in piedi e
sgambettò verso il cancello, sempre sorridendo. E fu allora
che Eleanor vide i suoi
occhi.
Oddio …
Non
c’erano più dubbi su chi
fosse figlia.
Eleanor si voltò verso Rock senza
dire una parola. Lui fece finta di non accorgersi di quello sguardo e
si
concentrò sull’accogliere la piccola Haylie.
Non appena la bambina fu davanti
a loro e l’immagine della foto di Marika vi si sovrappose, il
fardello che Rap
aveva scelto di condividere con lei tornò a tormentarla. La
sua voce di nuovo
chiara e nitida nella sua mente:
“ … dopodiché gli
scagliai una pallottola in fronte!”
***
Vediamo di trovare qualche scusa
decente per questo mostruoso ritardo: ..... mmm... vediamo... sono
stata rapita dagli alieni. No no, non va. Classica, è morta
la prozia del fratello del cugino del nonno del mio vicino di casa -.-
.... lasciamo stare! .-.
No, dai scherzi a parte: ho
scritto questo capitolo sul treno! Ebbene si! Dal momento che a casa
non riesco a combinare nulla, ho deciso di portarmi il portatile a scuola e durante i 45 minuti di viaggio in treno ( anzi
l'ora e mezza, considerando andata e ritorno) e scrivere lì.
Vi giuro che è fantastico! Molto meglio che in casa. D'ora
in avanti farò così e vediamo se
riuscirò a migliorare con gli aggiornamenti. ... e ora,
perfavore, via i forconi ^^!
Che dire del capitolo?????? Non
saprei, questo dovete dirmelo voi!!!! Come avete potuto vedere, non mi
piace proprio "concludere" nel senso più stretto dela
parola! Sono aperte le scommesse: DI CHI E' FIGLIA HAYLIE?????????? Non
fate come una mia amica che mi ha detto "è stato
Metal!" -__- '''' Fortuna che scherzava! Comunque, spero non ci siamo
errori, perchè ho riletto una sola volta .... !!!
La storia di Marika è
stata svelata, ma ci sono dei piccoli punti ancora da chiarire. Ogni
tassello verrà ricomposto nei prossimi capitoli. Le cose
principali sono state svelate, quindi non soffermiamoci troppo sui
dettagli... per ora!
Passo ai ringraziamenti
và:
cicha: sei
vivaaaaaaa???????? No chiedo, dato che nel capitolo scorso hai
rischiato il soffocamento. Questo è un pochino peggio, non
vorrei fossi morta per infarto! Se ci sei batti un colpo!
Anthy: EVVIVA!!! Una
nuova commentatrice!!!!!! (sei una ragazza, verooooo??? O.o'''' Chiedo
scusa ma io non capisco il sesso dei nick XD). Beh, devi sapere che io
sono a favore della coppia Eleanor /
..................!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Si si , farò finire
la storia con loro due insieme, contenta! ^_^ Grazie per i complimenti
e spero di risentirti.
Lady85: Chi
è Haylie!???!?!?!?!? Beh ora l'hai scoperto!!! Resta solo da
capire chi sia il suo papà! MWUAHAHAHAH!!! Non vi faccio
proprio stare tranquilli un attimo!! XD
Caro: sniff sniff
ç_ç ti vuoi vedermi crogiolarmi nelle lacrime.
Troppi complimenti tutti insieme, io mi commuovo!
ç___ç! Comunque.... ti sei innamorata di Rap?????
GIU' LE MANI, LUI E' MIOOOO!! E' UNA MIA CREATURAAAA!!! XD. Sono
sorpresa che Rok ti stia antipatico. Sei la prima dirmelo e,strano a
dirsi, la cosa mi fa piacere. Mi piace sapere che si stanno creando due
schieramenti. I pro ROck e i Pro Rap. Facciamo come su Twilight!
Creiamo il TEAM RAP e il TEAM ROCK!!! AHAHAHAHAH!!! XD
Black Lolita: Mi hai
dato della sadica nello scorso capitolo, adesso che mi dici????? Devi
trovarmi un altro aggettivo!! XD Sadica mi sa che non basta!
Mana_chan: Tu e le
tue teoria mi farete diventare matta!!! XD Allora si sono
realizzate???? Dimmi dimmi! Sono curiosa! Dai, alla fine gli indizi per
scoprire chi fosse Haylie gli ho dati tutti quindi non era difficile.
Se la storia si ripeterà???? Beh... diciamo che... si ....
insomma... no... nel senso... cioè.... Vabbè
ciao!!!!
Celicola:
MWUAAHAHAHAH!!!! SIIIIII!!! Io sono una violenta!!! Non solo ti ho
lasciato con un nome in sospeso, ti ho pure fatto aspettare una vita
per l'aggiornamento!! Chi c'è più cattiva di
me???? Nessuna!!!
Felicity89: Se lo
scorso era terribile, questo com'è????? E haylie???? DI chi
è figlia???? Su su, spremere le meningi prego!
MakyMay:
AHAHAHAHAH!!! Tu mi hai fatto scompisciare ragazza!!! Non entravo sul
sito da un sacco di tempo e mi sono ritrovata 12 recensioni in
più! LA mia faccia era impagabile!!! °-°
Tobby Tobby Tobby TObby!!! Sono morta con questo nome! Magari lo
utilizzerò per qualche personaggio secondario te lo
prometto! Comunque grazie per i complimenti, troppo gentile e spero di
non averti sconvolto ulteriormente l'esistenza. Mi aspetto un'altra
recensione da pazza squilibrata, ok??? CIAOOOOOO!!!
Ok ragazze e ragazzi(se ce ne
sono tra i miei lettori o.O) ci vediamo alla prossima che
sarà ..... BOH!!!! Resistete che non ve ne pentirete.
Intanto pensate alla scommessa e decidete se schierarvi nel TEAM RAP o
nel TEAM ROCK ! XD (La Meyer mi accuserà di plagio hihihi)
A PRESTOOOOOO!!!!!
Ayleen
|
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Capitolo 19 *** Comincia per A ***
Solo un paio d'ali - cap19 - Comincia per A
Toc
toc! Si può.....??? Giù i forconi vi prego^^. Ho
aggiornato, ce l'ho fatta... in ritardissimo ma ce l'ho fatta eheheh!
Lo sapete oramai che sono ritardataria cronica, ma per farmi perdonare
ho scritto un capitolo bello lunghetto, 10 pagine di word (ndLettrici:
NOOOOOOOO!!! ndA: ç____ç ) .
Comunque questo è il classico capitolo filler, ossia, una
parte
non fondamentale ai fini della storia. VOlevo farvi un po' rilassare
dopo le pene degli scorsi capitoli. Spero riuscirete ad apprezzare. LE
sostenitrici di Rap avranno pane per i loro denti qui. C'è
solo
un punto davvero importante nel cap.... capirete da sole qual
è
^_^.
Ora... non so se ci sono maschietti tra i lettori ( anche
perchè
se ci sono, non si sono mai fatti sentire), ma se ci fossero vorrei che
sapessero che ogni cosa detta contro di loro è puramente
scherzosa e che non devono sentirsi offesi. Ammettiamolo ragazze, come
faremmo senza i nostri uomini *-*??? Non capite di cosa sto
parlando??? Oh, ma lo capirete...XD. Ci viediamo in fondo! =)
CAPITOLO
DICIANNOVE
Comincia
per A
Nei
giorni seguenti, mura
invisibili sembrarono separare all’improvviso i cinque
ragazzi.
Ad accompagnare i loro pomeriggi
e le loro serate, solo un insostenibile silenzio! Persino Heavy, in
genere
sempre chiacchierone e allegro, parve perdere la sua essenza.
Per non parlare di Rap che sembrò
diventare un fantasma, aggirandosi silenzioso e discreto per i corridoi
della
scuola. A malapena si faceva vedere, non rivolgeva la parola a nessuno
e si
esprimeva a gesti o incomprensibili borbottii. Eleanor aveva tentato di
parlare
con lui, senza successo. Il ragazzo le sfuggiva di continuo, forse
volontariamente, forse no. Quello non era in grado di stabilirlo.
Cominciò seriamente a pensare che
si fosse pentito di aver condiviso con lei quel segreto. Il fatto di
aver
torturato ed ucciso un uomo consenziente.
Nonostante Rap sembrasse esserne
convinto, Eleanor non lo considerava affatto un assassino. Ogni sua
azione era
stata spinta unicamente dalla rabbia. Lui non aveva alcuna colpa. Ma
questo,
Rap sembrava non capirlo. Non riusciva proprio a perdonare
sé stesso, forse
perché, nel suo subconscio, non era affatto pentito.
Eleanor apprese con sconcerto che
Rap non avesse mai fatto visita alla piccola Haylie. Era proprio di
questo che
voleva parlargli, ma cercare di restare da sola con lui sembrava essere
diventata un’impresa impossibile.
“Non capisco. “ disse la ragazza dondolandosi
lentamente sull’altalena del cortile. “Che
cos’è che gli fa così paura?”
Rock, appoggiato ad uno dei
sostegni dell’altalena si voltò verso di
lei:
“Ha
cercato in mille modi diversi
di liberarsi del ricordo di Marika e, anche se ti sembra impossibile da
credere, ultimamente è molto migliorato. Teme che andando da
Haylie dovrà
ricominciare tutto daccapo. Lei le somiglia così tanto
…”
“Si, questo lo capisco, però
resta il fatto che –“
Rock la zittì con un gesto della
mano: “Non devi dirglielo. Non ancora!”
“Ma non ha senso! Lui deve
saperlo!”
“Eleanor,
per favore!”
La
ragazza lo fissò incredula e
tentò di ribattere. Rock non gliene diede il tempo:
“Pensi di risolvere
qualcosa dicendogli che è sua? Pensi di farlo stare
meglio?”
Eleanor
non seppe rispondere.
Conoscendo Rap, forse Rock aveva ragione nel non volergli rivelare che
Haylie
era sua.
“Mi avete mentito!” sbottò
all’improvviso, risentita. “Mi avete detto di non
sapere chi fosse il padre,
invece l’avete sempre saputo.”
“Lui non lo sa.” Spiegò Rock, con
estrema pacatezza. “Rap è convinto che sia mia e
io preferisco che continui a
crederlo.”
“Perché?”
“E’ semplice.” Disse, sedendosi
sull’altalena di fianco alla sua. “Rap ha bisogno
di dare la colpa a qualcuno
di quanto è successo. Gli serve per riuscire a sopravvivere
al rimorso di aver
ucciso Marika, seppur involontariamente. Ha bisogno di sapere che
qualcuno
condivide con lui questa colpa.”
Eleanor rimase in silenzio.
Quelle affermazioni erano vere. Inconfutabilmente vere ed
inequivocabilmente
reali! Rap, per quanto cercasse di mostrare l’esatto
contrario, soffriva di una
solitudine indescrivibile. Era solo. Era sempre stato solo dopo quel
tragico
avvenimento. Convincersi che fosse Rock il padre di Marika, gli dava
conforto
per andare avanti e riusciva ad
attenuare almeno in parte i sensi di colpa.
“Il suo ragionamento è questo.”
Continuò Rock. “Io sono stato con Marika, io
l’ho messa incinta, è colpa mia se
quella notte lei è dovuta uscire di corsa per andare in
ospedale, quindi sono
io il responsabile della sua morte. Se lei non avesse dovuto partorire,
non
avrebbe mai incontrato quel pazzo per strada e probabilmente sarebbe
ancora
viva.”
Eleanor lo fissò impressionata.
Non fa una piega! Pensò automaticamente.
Nessuno proferì più parola.
Eleanor rimase a fissare l’albero davanti a loro e i rami che
gocciolavano neve
sciolta. Le temperature avevano iniziato ad alzarsi e
l’inverno stava giungendo
al termine. La neve che si scioglieva lasciava sempre una sorta di
malinconia
dentro di lei. Annunciava l’arrivo del caldo, una delle cose
che più lei
detestava.
Un pensiero la colpì
all’improvviso, mozzandole il respiro per un
istante.
Smise
di dondolarsi e
fissò Rock con occhi sgranati: “Ho
un’idea!”
Il
ragazzo la guardò a metà fra
il confuso e il preoccupato.
***
“Rap!”
Una
voce insistente continuava a
chiamarlo. Insopportabile era decisamente poco per definirla!
“Rap,
avanti svegliati!”
Non
era Eleanor. Aveva smesso da
un po’ di considerare la sua voce insopportabile.
Ormai poteva persino dire di apprezzarla. Quasi gli mancava dopo un
po’.
Inutile dire che tutto ciò lo spaventava più del
lecito.
“Avanti
Rap, un po’ di vita,
amico!”
“Sparisci,
Heavy!”
Lo
sentì sbuffare, ma sicuramente
non intenzionato ad accogliere quella richiesta.
“Hai
intenzione di diventare una
mummia contemplativa?”
“Anche
se fosse non vedo come la
cosa potrebbe riguardarti!”
“Andiamo,
Rap!” continuò
imperterrito. “Questo posto è insanamente vuoto
senza te in giro che ti lamenti
per ogni cosa!”
Ecco
cosa gli piaceva di Heavy.
La sua assurda ironia era il miglior antidepressivo del mondo. Persino
in un momento
come quello, dopo aver confessato il suo peggiore incubo ad Eleanor e
aver
ammesso di aver ucciso non solo Marika ma anche l’uomo che la
perseguitava, un
sorriso gli si delineò sulle labbra.
Sconfitto, si mise a sedere,
rinunciando al pomeriggio che si era proposto di trascorrere fissando
il
soffitto della sua stanza. In effetti era davvero deprimente.
“Dammi
una valida ragione per cui
dovrei starti a sentire!”
“Non
c’è una ragione, ma se stai
rinchiuso qui dentro a deprimerti per chissà quale
misterioso motivo, anche noi
ci deprimiamo! Si, insomma … non ci piace saperti qui triste
e incavolato col
mondo! Ha un effetto negativo su di noi! Eleanor ci sta uscendo di
testa!”
Eccola
la parola magica: Eleanor.
Il suo essere terribilmente
insensibile e apatico a qualunque cosa gli succedesse intorno, la
faceva stare
male.
Perché?
Che lui soffrisse per le proprie
ombre era un conto, ma non voleva che anche lei venisse coinvolta.
Eppure ciò
non era forse stato inevitabile? Non era il prezzo da pagare per averle
raccontato tutto?
Senza dire nulla si alzò in
piedi. Lanciò un’occhiata svogliata ad Heavy e
uscì dalla stanza.
Ci basto io all’inferno!
***
“Dove
è andata Eleanor?” domandò
Metal, sorpreso di trovare Rock da solo.
Il ragazzo, seduto sui gradini
del cortile, sospirò amareggiato: “Non ne ho la
più pallida idea! E’ corsa a
prendere la sua borsa e si è congedata in fretta e furia
dicendomi che sarebbe
tornata al più presto.”
Metal gli si sedette affianco:
“Mi sembra che si sia ripresa …”
osservò.
“Pare di sì, ma non ne sono
davvero sicuro.”
“Che vuoi dire?”
Rock si concesse qualche secondo
per rispondere, facendo riaffiorare l’immagine di Eleanor che
si contorceva nel
letto preda del solito incubo. Le sue labbra schiuse a pronunciare
sempre lo
stesso nome …
“Ha il sonno molto agitato, lo
sogna di continuo e molto spesso quando è da sola, la
sorprendo a piangere di
nascosto. Non si è ancora davvero sfogata e temo possa
succedere da un momento
all’altro …”
Altri ricordi si ridestarono
nella sua mente: Eleanor che guardava dalla finestra della loro camera,
lui che
osservava di nascosto il suo riflesso sul vetro, le lacrime che
scendevano
copiose e silenziose sulle sue guance. Lui, che non appena la vedeva
voltarsi,
tornava a far finta di dormire.
“Per questo le hai parlato di
Marika e di Haylie .“ Disse Metal, riportandolo con i piedi
per terra. Non era
una domanda, era una semplice constatazione. Rock annuì in
silenzio.
“Sai, credo che nemmeno la
vicenda di Marika potrebbe distrarla dalla morte di quel suo
amico.” Disse
Metal.
Già …
“Lo so, il mio è stato solo un
tentativo disperato. Non ce la facevo più a vederla ridotta
così. Ho davvero
temuto che avesse intenzione di togliersi la vita.”
“In un certo senso l’ha fatto. Dopo
che è morto Evan, anche lei era come morta.”
Si, era come morta …
Rock si passò velocemente le mani
tra i capelli e si costrinse a cancellare l’immagine della
Eleanor di quei
giorni. Forse aveva davvero fatto la cosa giusta a parlarle di Haylie.
Eleanor sembrava davvero presa da
quella bambina, soprattutto dopo che l’aveva vista con i suoi
occhi. Se l’era
presa molto a cuore, forse perché molto simile a lei. Che
distogliesse
l’attenzione da Evan non poteva essere altro che una cosa
positiva per lei.
Dei passi alle loro spalle li
fecero voltare entrambi. Rap era comparso sull’ingresso.
“Toh ! “ fece Metal sogghignando
“A proposito di gente morta, guarda chi è
resuscitato!”
Rock ridacchiò, sinceramente
sollevato nel rivedere il suo migliore amico. Rap li ignorò.
I suoi occhi sondarono
prima lui, poi il cortile. Immediatamente,
l’ilarità sparì dal volto di Rock,
lasciando
spazio a quella consapevolezza da lui tanto temuta. Stava cercando
Eleanor.
“Dov’è la piantagrane?” chiese
infatti, fingendo noncuranza.
Rock era abituato a sentirlo
rivolgersi a lei con i più disparati nomignoli, offensivi e
non. Non erano
quelli a dargli fastidio. Ciò che lo irritava era che in
realtà Rap pensava
l’esatto contrario di Eleanor. Era sempre brusco con lei, ma
era solo un modo
per cercare di tornare ad odiarla esattamente come i primi tempi in cui
era
andata a vivere con loro.
Ma era inutile mentire a quel
modo, soprattutto davanti a Rock. Il fatto che ora Rap la stesse
cercando era
la prova inconfutabile che quando lei non c’era, quando non
la vedeva, sentiva
la sua mancanza.
Un po’ era anche colpa di
Eleanor. Aveva tentato in tutti i modi di farsi accettare e voler bene
da Rap.
Alla fine c’era riuscita e la cosa buffa era che non se
n’era ancora resa
conto.
“Non lo so. E’ andata via!”
spiegò Rock, portando lo sguardo davanti a sé.
Forse lo disse troppo seriamente,
dal momento che vide il panico farsi largo sul volto inespressivo di
Rap:
“Cosa?” chiese
visibilmente nervoso. “Come sarebbe a
dire che è andata via? Perché?”
Rock e Metal lo fissarono
straniti, ma del tutto consci di cosa l’avesse fatto agitare
tanto.
“Stai calmo.” Gli disse Rock,
distogliendo quasi subito lo sguardo da lui. “Dopo torna! Non
è andata via nel senso
che intendi tu! E’
semplicemente uscita.”
Lo vide sospirare di sollievo con
la coda dell’occhio e rilassarsi contro il muro. Metal li
guardò
distrattamente, intuendo che forse era il caso di lasciarli soli. Si
alzò e
tornò dentro in assoluto silenzio.
Rap si sedette al suo posto.
“Dove … ?” domandò, lasciando
la
domanda in sospeso.
“Non lo so. Non me lo ha detto!”
rispose Rock,, con una freddezza che non gli apparteneva.
Rap se ne accorse e
sogghignò divertito da quel repentino cambiamento nei suoi
confronti. Tuttavia,
in pochi istanti tornò ad essere serio.
“L’ha vista?” chiese, riferendosi
ovviamente ad Haylie.
Rock annuì soltanto, per poi
aggiungere: “Se ne è subito innamorata.”
“Credo sia ciò che chiamano istinto
materno. Era chiaro che se ne
innamorasse, figuriamoci!”
“La cosa t’infastidisce?”
“No.”
Rock si concesse un sorriso
strafottente: “Certo, a te non te ne frega niente! Che
t’importa se Eleanor si
affeziona ad Haylie? Anzi, ti farebbe un favore! Potrai continuare a
fare finta
che non esista nemmeno. Ci sarà qualcun altro ad occuparsi
di lei!”
Prevedendo la discussione che
sarebbe sfociata, Rap si alzò con un gesto di stizza:
“Senti non mi va di
parlarne!”
“A te non va mai di parlarne!”
sbottò Rock irritato.
“Si certo …” tagliò corto
Rap,
allontanandosi verso il cancello del cortile. “…
come dici tu!”
***
Per qualche malaugurato caso, Rap
era di nuovo in quella maledetta via!
Quella strada che nessuno
percorreva mai, perché troppo distante dal resto della
città. Silenziosa, quieta,
quasi malinconica nella sua immobilità. Poche auto passavano
di lì. Nessuno
abitava in quella zona. L’unica cosa che lasciava presagire
la presenza umana
era quel grande edificio di mattoni rossi, circondato da
quell’ampio cortile
polveroso. Gli alberi che
lo
contornavano impedivano la visuale all’interno, ma le voci
dei bambini colmavano
quella limitazione.
E come sempre, come tutte le
volte in cui era riuscito ad arrivare fino a lì, Rap si
fermò. Una trentina di
metri lo separavano dall’orfanotrofio. C’era come
una barriera invisibile che
lo bloccava e gli impediva di passare. Era più forte di lui.
Per quanto si
sforzasse, non riusciva a farvi breccia.
Haylie era laggiù. Tra quelle
vocine innocenti avrebbe potuto esserci anche la sua … pochi
passi e avrebbe
potuto vederla. Ma la barriera era troppo spessa e lui dovette
riconoscerne la superiorità.
Era troppo debole, troppo vigliacco per provare solamente a
respingerla!
Stava per voltare le spalle a
quel posto maledetto, esattamente come tutte le altre volte, ma
qualcosa lo
fermò. Una voce che in qualche modo sovrastava le urla
giocose dei bambini. L’avrebbe
riconosciuta tra mille …
“She can kill with a
smile
She
can wound with her
eyes
She
can ruin your
faith with her casual lies”
Come facesse a sentirla così
chiaramente anche a quella distanza rimase un mistero. Ma era lei!
Eleanor cantava
e la sua voce d’angelo, cullata dolcemente dal vento,
giungeva fino a lui.
Dove sei?
La sentiva ma non riusciva a
vederla. Mosse lo sguardo frenetico tutt’intorno, temendo che
la canzone
potesse finire da un momento all’altro. Se fosse accaduto non avrebbe più
potuto individuarla.
“And she only reveals
what she wants you to see
She
hides like a child
But
she's always a
woman to me”
La barriera si dissolse come per
magia. Rap superò il confine che non aveva mai osato
oltrepassare e si avvicinò
a quel luogo che tanto odiava. Voltò l’angolo e la
vide, davanti al cancello
d’ingresso dell’istituto. Era inginocchiata a terra
e guardava all’interno del
cortile.
Lui arretrò subito, rimanendo
nascosto dietro l’angolo. Non voleva che lei lo vedesse.
“Allora ?” fece Eleanor rivolta a
qualcuno oltre il cancello “Ti è piaciuta
questa?”
Stava sorridendo. Allungò una
mano oltre le inferiate e la sua espressione si fece rassicurante:
“Non vuoi
proprio parlarmi, eh?! Non importa … ti capisco, sai? Anche
io da piccola non
parlavo mai.”
La siepe posta ai due lati del
cancello gli impediva di vedere l’interlocutore di Eleanor,
ma non c’era
bisogno di cercare di sbirciare per sapere con chi lei stesse parlando.
Era fin
troppo chiaro chi ci fosse oltre quel cancello.
Eleanor si alzò in piedi,
scrollandosi la polvere dalle ginocchia: “Adesso devo proprio
andare.”
Un manina bianca e minuscola si
sporse verso l’esterno in un buffo tentativo di afferrare un
lembo della giacca
di Eleanor. Il cuore di Rap si fermò per un attimo, stretto
in una morsa di
dolore e gioia.
Haylie …
Impossibile descrivere l’onda di
sentimenti che in quel momento lo travolse. Lui non l’aveva
mai vista, nemmeno
il giorno che era venuta al mondo, troppo impegnato a portare a termine
la sua
vendetta.
Quella mano così piccola era
tutto ciò che riusciva a vedere di lei. Niente di
più. Qualcosa accadde dentro
di lui. Un istinto potente e inarrestabile prese possesso della sua
anima.
L’unica cosa che in quel momento voleva era correre da quella
bambina, stringerla
forte a sé e portarla via da quel posto orribile.
Idiota! Non sai nemmeno se è tua!
“Che c’è? Non vuoi che me ne
vada?” Eleanor sorrideva ancora. “Stai tranquilla.
Domani torno. Verrò a
trovarti tutti i giorni, te lo prometto!”
La manina di Haylie si staccò
dalla giacca della ragazza e sparì nuovamente oltre al
cancello.
“Ciao, piccolina! Fai la brava,
eh?!”
Eleanor le rivolse un ultimo
sorriso prima d’incamminarsi lungo il marciapiede,
stringendosi di più nella
giacca.
Le manine di Haylie erano
entrambe strette a pugno intorno alle inferiate del cancello. Rap
avrebbe tanto
voluto coprirle con le sue …
Vattene, vattene, vattene … VATTENE!!
Era la sua parte peggiore a
pensare per lui. La sua parte vigliacca, codarda … quella di
cui andava meno orgoglioso.
Poteva una bambina di nemmeno
quattro anni spaventarlo a quel modo? … beh, continuare a
domandarselo era
superfluo. Si, era possibile. Haylie lo terrorizzava.
Lanciò un ultimo sguardo a quelle
piccole manine candide prima di voltare le spalle e andarsene.
Razza d’idiota!! Cosa pensavi di fare venendo qui?
Non c’era una risposta. Le sue
gambe avevano agito istintivamente, conducendolo lì. E lui,
gli istinti, non
era mai stato bravo a controllarli.
Si allontanò piuttosto in fretta
dall’istituto minorile e in breve si ritrovò in
città, in mezzo alla gente.
Nella sua mente un’immagine era marchiata a fuoco, molto
più prepotente di
quelle di Marika ed Eleanor: due manine bianche strette attorno ad un
cancello
nero.
Quanto gli sarebbe piaciuto avere
il potere di svuotare la mente! Avrebbe dato qualunque cosa per esserne
capace!
Ma era un debole. Non l’avrebbe mai ammesso apertamente, ma
lo era!
Camminò a vuoto senza una meta
precisa per parecchio, senza vedere niente e nessuno intorno a
sé. Lo sguardo
fisso a terra, le mani in tasca e il dolore a sfigurargli il volto.
Chissà dov’era finita Eleanor? Forse
era già tornata a casa, tra le braccia di Rock.
Cancellò subito quel pensiero,
gli faceva troppo male.
Ammettilo, Rap! Tu non ci sai proprio fare con le donne! Eleanor non si
accorge di te, dal momento che la tratti peggio di
un’estranea, Haylie non sa
nemmeno che esisti perché non hai ancora trovato il coraggio
di farti vedere da
lei, Marika è morta per colpa tua … e
aggiungiamoci pure tua madre e tua
sorella all’elenco.
Le sue labbra si dischiusero
leggermente dallo stupore.
Da tanto tempo non pensava alla
sua famiglia. Sua madre era morta anni addietro. Preferiva non
ricordarla troppo.
Ogni volta che ci provava rivedeva soltanto l’immagine che i
suoi occhi di
bambino avevano mantenuto di lei: una donna distrutta, stanca di vivere
e
maltrattata dal marito.
Usciva molto di rado e quando lo
faceva, il suo viso spariva sotto strati e strati di trucco. Le
occhiaie, i
lividi, quelli riusciva a nasconderli bene, ma l’agonia nei
suoi occhi no. Quella
era fin troppo visibile.
Rap ricordava il suo odore. Prima
era piacevole, sapeva di rose e ogni volta che lo abbracciava lui
seppelliva il
volto tra i suoi vestiti e inspirava forte. Era ciò che lo
rilassava di più. Durò
per pochi anni però …
Quando suo padre cambiò
atteggiamento, quel dolce profumo di fiori la abbandonò per
sempre … e la
dispensa dove in genere stavano i liquori e gli alcolici da servire
durante le
occasioni importanti, si svuotò di colpo. La pelle, i
vestiti, l’alito di sua
madre s’impregnarono della puzza di quella roba!
Eppure la ricordava bella. Una
donna che doveva avere avuto molti ammiratori quando era giovane
… Era bella
anche il giorno in cui aveva ucciso suo padre.
Rap la ricordava così bene, l’ultima
volta che l’aveva vista: Lui che rientrava da scuola, il
sangue in corridoio,
suo padre riverso a terra, lei in cucina seduta al tavolo, gli occhi
vacui, il
coltello insanguinato accanto al portafrutta. Poi ricordò
sua sorella. Le sue
grida quando aveva varcato la soglia di casa, i suoi passi frettolosi
fino in
cucina, il suo abbraccio stritolante per costringerlo a voltarsi
… le sue urla disperate
“Che cosa hai fatto, mamma?
“
Era così spaventata. Tremava e piangeva
come mai avrebbe
creduto possibile. Lo
stringeva a sé in maniera convulsa, forse conscia del fatto
che lui era tutto
ciò che le era rimasto. Non lo lasciò mai,
nemmeno quando arrivò la polizia,
assieme ai servizi sociali. E lui, di rimando, rimase immobile senza
dire una
parola per tutto il tempo, incapace di guardare sua madre, le sue mani
e i suoi
abiti sporchi di sangue.
Aveva nove anni allora. Sua
sorella tredici. Troppo piccoli, troppo ingenui, troppo innocenti per
assistere
a quello strazio.
A quei tempi Rap non sapeva dove
avessero portato sua madre. Lo capì anni più
tardi, grazie a quella rassegnata
consapevolezza che l’età adulta inevitabilmente
porta con sé.
La sua mamma, che allora
per lui
era la persona più importante della sua vita, colei che lo
consolava quando
piangeva, che gli rimboccava le coperte, che gli scompigliava
affettuosamente i
capelli quando era fiera di lui, che lo abbracciava forte quando aveva
paura,
non c’era più. L’avevano portata via e
rinchiusa in
una casa di cura con l’accusa
di aver ucciso intenzionalmente il marito e di essere mentalmente
instabile. Lui e sua sorella, finirono in quello stesso edificio da cui
Rap era appena scappato. Lei, nonostante gli avesse promesso che
nessuno gli avrebbe separati, venne adottata; lui invece no.
Sospirò, cercando di sfuggire a
quei ricordi dolorosi che senza apparente motivo avevano deciso di
riemergere.
Vaffanculo! Dire che sono autolesionista è un eufemismo!
Voltò l’angolo completamente
distratto, non vide la ragazza che per poco non lo fece cadere, andando
a
scontrarsi di corsa con lui. Sentì solo il rumore di
qualcosa che cadeva a
terra.
I suoi occhi si ristabilizzarono
sulla realtà e ai suoi piedi vide Eleanor, intenta a
raccattare gli oggetti che
erano schizzati via dalla sua borsa.
“Hei!“ esclamò sorpreso, ma lieto
di rivederla “Che cavolo fai?”
Sembrava molto agitata, ma quando
lo riconobbe un’ombra di sollievo si fece largo sul suo viso.
Subito si alzò in
piedi, lo afferrò per un braccio e lo trascinò
via.
“Andiamo, presto!”
“Eleanor, che ti prende?”
La ragazza continuava a girarsi
nella direzione dalla quale era arrivata. Rap allora, fece lo stesso e
con enorme
fastidio vide due ragazzi che la guardavano. Evidentemente
l’avevano seguita,
ma ora, vedendo che l’oggetto dei loro desideri non era
più solo, si erano
fermati, indecisi se lasciarsi scappare la preda o tentare di
riprendersela.
Rap si fermò e con lui anche
Eleanor.
“Ti hanno fatto qualcosa?”
domandò fissandoli con rabbia.
“N-no …” farfugliò lei,
tirandolo
nuovamente per il braccio “Non è niente,
però andiamo via. Per favore!”
Rap si districò facilmente dalla
sua presa e si avvicinò ai due ragazzi con fare decisamente
poco amichevole.
Non era complicato intuire quali fossero state le loro intenzioni dei
confronti
di Eleanor. No, non poteva fargliela passare liscia. C’era
soltanto una persona
alla quale era concesso toccarla, ed era Rock. Nessun’altro!
Uno dei due sogghignò, ma l’altro
gli tirò una gomitata e cercò di convincerlo ad
andarsene.
Saggia decisione! Meglio se sparite!
“Rap, lascia perdere!”
Ah, no! Non lascio perdere proprio niente!
Sentì le mani di Eleanor
stringersi attorno alla sua e cercare di trascinarlo via. Si
voltò di scatto
verso di lei per intimarle di starsene buona e zitta, ma ritrovarsi
specchiato
nei suoi occhi imploranti, azzerò ogni traccia di
competitività.
Oh, cazzo!
“Per favore …” mormorò
Eleanor “Andiamo
via.”
La parola no scomparve dal suo
dizionario. In quel momento avrebbe fatto
qualunque cosa, se solo lei glielo avesse chiesto.
Con un sospiro sconfitto, lanciò
un’ultima occhiataccia ai due ragazzi che avevano infastidito
Eleanor e poi si
allontanò assieme a lei, visibilmente rasserenata.
Non dissero nulla per qualche
minuto. Eleanor si sedette su una panchina e si rilassò. Rap
rimase in piedi
davanti a lei.
“Che cosa volevano?”
“Niente … le solite cose che
fanno i maschi quando sono in compagnia.”
“Eleanor!” la richiamò lui,
gravemente “Ti hanno fatto del male?”
Lei parve sorpresa da quel tono
così severo, quasi possessivo. Le venne spontaneo sorridere:
“No, te lo giuro.
Avevano solo voglia di fare un po’ i cretini, tutto
qui.”
Rap sospirò confortato. In
qualche modo sapeva che non gli stava mentendo: “Ok
…” disse soltanto,
sedendosi al suo fianco.
“Credo che un grazie sia d’obbligo,
comunque.”
“Non voglio nessun grazie, dal
momento che non mi hai permesso di fare nulla!”
“Ma sei scemo? Quelli erano in due!”
“E allora?”
Eleanor sbuffò: “Voi uomini siete
veramente incredibili. Aveva ragione mia madre!”
“Che cosa diceva tua madre?”
La ragazza ridacchiò: “Non credo
ti farebbe piacere saperlo. A mia madre non sono mai andati molto a
genio gli
uomini.”
“Stupiscimi!”
Eleanor lo guardò dubbiosa, ma
alla fine si decise a parlare: “D’accordo. Lei
diceva che il cervello maschile soffre
di cinque diverse malattie. La più grave, indovina un
po’ qual è?”
“Dimmelo tu.”
“Mamma la chiamava Sindrome dello
Stallone, ossia il vostro
pensiero fisso sulle prestazioni sessuali!”
Rap rimase per un attimo
interdetto, ma non riuscì a ribattere: “Ok,
potrebbe essere vero!”
Eleanor scoppiò a ridere: “Potrebbe?”
“Generalizzi troppo!”
“No, questo è un dato di fatto!
Non riuscite a pensare ad altro. E non parlo solo degli uomini, anche
negli
animali è così! E’ scientificamente
provato!”
Rap alzò le mani in segno di
arresa: “D’accordo, touchè!”
“Poi …” continuò Eleanor
“… c’è
la Sindrome del Maschio Dominante!”
Ci mancò poco che non scoppiasse
a ridere: ”Che roba è?”
“Come, non lo sai? Eppure hai
appena dimostrato di soffrirne! In parole povere, è il
vostro continuo bisogno
di fare a botte per dimostrare di essere i più
forti.”
Ancora una volta, Rap non riuscì
a ribattere: “E poi?” chiese, fingendo noncuranza.
Eleanor si fece pensierosa: “Ah
si! Poi c’è la Sindrome
dello Sport.
Puoi facilmente intuire di cosa si tratta.”
“E’ vero, ci piace lo sport. E
allora?”
“Vi piace soltanto? No no no, la
vostra è una malattia. Potrei scommettere qualunque cifra
che se Rock stesse
guardando una partita di calcio in tv, o di qualsiasi altro sport, e io
gli
passassi davanti completamente nuda, lui mi chiederebbe semplicemente
di
spostarmi.”
Prova a farlo con me e vediamo che succede!
Sbatté le palpebre un paio di
volte per tentare di cancellare l’immagine di lei svestita.
Impresa tutt’altro
che semplice.
“E le altre sindromi?” domandò
subito. Cercando disperatamente di distrarsi.
“Le altre due sono un po’
sciocche, ma vere. C’è la Sindrome
della
Mira e la Sindrome
dell’ascolto.”
“Ossia?”
Eleanor si concesse una fragorosa
risata prima di spiegarsi: “Beh, la prima è
riferita a quando andate in bagno e
puntualmente non centrate il water! La seconda è per quando
una ragazza cerca
di confidarsi con voi, che invece fate di tutto per concentrarvi su
qualunque
cosa possa disattivare la sua voce petulante.”
Continuò a ridere, senza
accorgersi che Rap la stava fissando seriamente.
“No. Questo non è vero!”
Eleanor smise di ridere nel
notare la sua espressione corrucciata. Lo guardò senza
capire. Rap abbassò lo
sguardo a terra, incapace di sostenere quegli occhi ammalianti
“Io … io ti saprei ascoltare.”
Bravo, Rap! Ti meriti un applauso! Ci vuole un certo talento per
riuscire a rendersi ridicoli fino a questo punto!
La confusione sul suo volto di
Eleanor lasciò spazio ad un sorriso carico di tenerezza.
Alzò una mano e la
poso sulla sua guancia. Lui, del tutto preso alla sprovvista,
s’irrigidì e
smise di respirare.
Oddio …
“Lo so che ne saresti capace.”gli
disse dolcemente “Forse hai ragione; generalizzo
troppo!”
Gli ci volle tutto il suo autocontrollo
per non afferrarle quella mano e portarsela alle labbra. Strinse a
pugno le dita
sui jeans per trattenersi da qualsiasi gesto spontaneo.
Possibile che lei non si rendesse
conto di quanto dolore gli stesse infliggendo con quella semplice
carezza?
Per evitare di compiere qualche
sciocchezza, si alzò in piedi. Eleanor non lo vide sospirare
di sollievo quando
il contatto tra loro si interruppe.
“Torniamo a casa?” domandò, senza
guardarla.
“Si, certo!”
La ragazza si sistemò meglio la
borsa sulla spalla. Rap non potè fare a meno di notare lo
sforzo che fece nel
sollevarla dalla panchina, come se pesasse più del normale.
“Cosa hai messo lì dentro?”
chiese, mentre s’incamminavano verso casa.
“Ho comprato un po’ di cose.”
“Ti sei data allo shopping?”
“Non proprio ... In verità, è un
regalo per te.”
Rap si fermò, colto totalmente di
sorpresa e la fissò confuso: “Che cosa? Come
sarebbe a dire un regalo per me?”
Eleanor ridacchiò divertita dalla
sua reazione:” Quello che ho detto. Un regalo per
te!”
“Ma non è il mio compleanno!”
Le risate della ragazza si fecero
più intense: “Non è che per fare un
regalo a qualcuno bisogna necessariamente
aspettare il suo compleanno, sai?”
“Ok, ma … perché dovresti
farlo?”
“Perché hai l’aria di qualcuno
che non riceve un regalo da un bel po’ di tempo.”
Ancora una volta, quella piccola,
fragile ed irritante ragazzina ebbe il potere di lasciarlo senza parole.
“Posso vederlo almeno?”
Eleanor agguantò la borsa,
stringendosela al petto: “Ah, no!”
esclamò con decisione “Questo è solo un
pezzo del regalo. Devo finirlo, quindi non osare avvicinarti!”
Un sorriso questa volta non se lo
risparmiò nemmeno lui.
“Tu sei completamente pazza!”
“Può darsi. Meglio pazzi che
normali, comunque!”
Stranamente, Rap si trovò d'accordo con lei.
***
Eleanor era sdraiata sul letto, comodamente
appoggiata al petto di Rock, nella loro stanza.
Era notte fonda, ma entrambi erano
ancora svegli, solo un leggero lenzuolo a coprire i loro corpi nudi
ancora
accaldati.
Eleanor canticchiava una canzone,
Rock la ascoltava trasognato:
I know there's
something in the wake of your smile.
I
get a notion from
the look in your eyes.
You've
built a love
but that love falls apart.
Your
little piece of
heaven turns too dark.
“Quando hai intenzione di dirmi
della folle idea dalla quale sei stata folgorata oggi
pomeriggio?” chiese Rock
all’improvviso, costringendola a silenzio.
“Ah, quella!” esclamò lei,
fingendo di essersene dimenticata.
“Si, esatto. Quella! Direi che il
tuo tentativo di distrarmi è andato a segno. Ritieniti
soddisfatta!”
Eleanor alzò la testa per
guardarlo negli occhi. Gli sorrise maliziosa:
“Oh, molto più che soddisfatta!”
si allungò verso il suo viso fino a baciarlo non esattamente
nella maniera più
casta.
Rock la prese per le spalle e l’allontanò
delicatamente, facendola mettere seduta: “Non provarci! Non
ci casco per due
volte di fila!”
Eleanor fece finta di offendersi,
imbronciandosi.
“Allora?” continuò lui,
imperterrito. “Cosa ti frulla per la testa?”
“E’ un regalo per Rap.” Disse lei,
serenamente.
Rock si corrucciò:”Un regalo per
Rap?”
Lei annuì soltanto, prima di
aggiungere: “Ho bisogno del tuo aiuto, però! Posso
contarci?”
“Puoi contare sempre sul mio
aiuto, lo sai benissimo. Solo, mi piacerebbe sapere di che si
tratta.”
Lei gli sorrise e tornò ad
appropriarsi delle sue labbra. Questa volta lui non la respinse.
“Giochi sporco, lo sai?”
“Ho imparato dal maestro!”
I suoi baci e le sue carezze
cominciarono a farsi più audaci. Rock sorrise contro le sue
labbra:
“E pensare che io avevo in mente
di dirti il mio vero nome, ma se vuoi fare dell’altro, chi
sono io per
fermarti?”
Quelle parole ebbero un effetto
immediato su Eleanor che immediatamente si staccò da lui per
guardarlo in
faccia, con gli occhi sgranati:
“Dici sul serio?” domandò meravigliata.
“Ora che sei riuscita a distrarmi
di nuovo, non ho più tanta voglia di parlare del mio nome.
Preferisco
continuare ad assecondarti, se non ti dispiace.” La
stuzzicò.
Lei cominciò a colpirlo sul petto
con dei pugni leggeri: “Oh ti prego, ti prego, ti prego,
dimmelo! Farò tutto
ciò che vuoi!”
“Tutto?”
“Qualunque cosa?”
“Rendiamolo più divertente!”
Eleanor lo fissò preoccupata:”Che
vuoi dire?”
“Dovrai accontentarti di un indizio
e vediamo come te la cavi!”
Lei sbuffò, per nulla entusiasta.
“Sei proprio un bambino, a volte!”
“Oh, puoi scommetterci!”
“D’accordo, va bene!” tagliò
corto “Sentiamo l’indizio.”
Rock le sorrise, si mise seduto
di fronte a lei, avvicinò il viso al suo fino a sfiorarle la
punta del naso e
disse: “ … Comincia per A.”
***
Eccomi!!!!!
Allora????? Piaciuto???? Inutile????? Brutto???? Sciocco?????
Spero che la parte concernente il passato di Rap sia piaciuta. E' solo
un accenno, verrà approfondita nei prossimi capitoli...
povero
il nostro Rap ç__ç forse sono stata troppo
cattiva con
lui. E' che mi diverto a torturare le mie creature XD!
Beh, passiamo ai ringraziamenti
che è meglio:
Anthy:
come vedi, non sono proprio incorruttibile ^^. Ora lo sai chi
è
il papà di Haylie. Mi sono tolta un peso con questo
capitolo, e
credo proprio di averlo tolto anche a voi ehehehehe!.
giulietta_cullen:
Ma certo che avevi già commentato. Mi ricordo perfettamente
di
te. Avevi recensito il capitolo 9 ^^. Io mi ricordo di ogni singolo
commento . Mi spiace di aver postato di nuovo in ritardo
ç___ç mea culpa!!! Comunque... sei proprio sicura
di aver
indovinato chi fisse il padre nello scorso capitolo???????? Avevo
scritto in modo da trarre in inganno e convincere tutti che fosse Rock,
ma non credo che tutti ci siano cascati ^^. Spero ti sia piaciuto
questo capitolo
Mana_chan:
senti se per te va bene, ti nomino "Mia Alice Cullen personale" XD.
Visto che hai indovinato praticamente tutto, ormai è chiaro
che
possiedi poteri da veggente. Però se ora m'indovini pure il
nome
di Rock, ti faccio bannare dal sito XD !!!! Scherzoooooooooo, non
potrei mai rinunciare ai tuoi commenti ^________^
cicha:
domanda da un milione di dollari. Ci sarà il lieto fine?????
Ancora non lo so, ma c'è una buona probabilità.
Nemmeno
io sono così sadica, però se decidessi per
l'happy
ending, glielo farò sudare parecchio a tutti ^^.
MakyMay:
O_O i tuoi commenti mi lasciano senza parole. Un po' come Eleanor
lascia senza parole Rap XD. Hai sbagliato!!! Non è figlia di
tobby!!! hihihihihihih!!! Sei caduta nella mia trappola
mwuahahahahahahahahahah!!!! Comunque ora che ti ho detto che
Rock...ehm, Tobby ha il nome che inizia per A dovrai inventarti qualcos
altro, temo ^^.
Black
S o u
l___ : ç________ç oddio, mi commuovo!!! Troppi
complimenti tutti insieme. Non ero psicolgicamente pronta. GRAZIEEEEE
*__*!!! CHe brava, ti sei ricordata della porta rossa!!!! Complimenti!
Beh, sappi che nel prossimo capitolo se ne parlerà^^. Ottimo
tempismo direi!
Black Lolita: Mamma mia, Rap sta folgorando tutte quante *_*. Beh,
è cattivo, dannato, stronzo ... si, insomma un figo pazzesco
agli occhi di ogni donna *____________*. E ora si scopre pure che ha un
bimba... ma che tenerezza!! Giù le mani però
è___é LUI E' MIO!!!!! ^___^
Felicity89: Mi spiace hai sbagliato! Non è figlia di rock
^^.
Tranquilla, hanno sbagliato in tanti. Sul rapporto tra Haylie ed
Eleanor devo ancora lavorare.... vedremo vedremo...=)
Celicola: ehm... non venirmi a cercare ti
pregoooooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
ç_______ç Ho detto di chi è figlia
Haylie, quindi
perdonamiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!! *-* .... ok, dovrò
assumere un
plotone di guardie del corpo mi sa XD...
Bene, ragazze ci vediamo alla prossima. Intanto vi lascio con l'indizio
di Rock a proposito del suo nome eheheheh! A chi indovina
darò
un enorme spoiler!!! ..-_- , no, non credo che lo
farò
.... Comunque, non arrovellatevi alla ricerca di nomi italiani. Non
l'ho mai specificato, ma la storia è ambientata in qualche
sperduta cittadina americana (si capisce quando ogni tanto parlano dei
dollari). Putroppo sono cresciuta con le serie americane e non riesco
ad ambientare in altri luoghi le mie storie. Rock si chiama
A................... Dai dai! Non è difficile! XD
Alla prossima!
Ayleen
Le
canzoni cantate da Eleanor sono : SHE'S ALWAYS A WOMAN , Billy Joel
e LISTEN TO YOUR HEART, Roxette.
|
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Capitolo 20 *** Il crudele vizio dell'amore ***
ca
Scusate il mega ritardo. Per farmi perdonare, non solo ho scritto un
capitolo gigantesco, ma alla fine accadrà qualcosa di
grosso! .....................adesso, vi tocca leggere eheheh!!! ^__^
Ci vediamo in fondo!
CAPITOLO
VENTI
Il
crudele vizio dell’amore
Rock
guardò per
l’ennesima volta l’orologio. Erano appena trascorsi
cinque minuti
da quando Eleanor l’aveva lasciato su quella panchina, ma a
lui era
parso un tempo lunghissimo.
Torno subito!
Aveva detto, prima di scomparire dentro la tavola calda
dall’altra
parte della strada.
Inutile dire che non
aveva la più pallida idea di cosa lei avesse in mente,
però gli era
stato promesso di ricevere una spiegazione appena tornata.
Perciò
Rock cercò di essere il più paziente possibile.
In fondo, quanti
segreti aveva avuto lui con Eleanor? Era giusto che adesso lei si
prendesse una piccola rivincita.Si era categoricamente
rifiutata di parlare del misterioso regalo che era intenzionata a
fare a Rap e lui non aveva insistito più di tanto. Eleanor
sapeva
essere davvero testarda quando ci si metteva.
Dovettero trascorrere
altri minuti prima di vederla finalmente uscire da quel locale.
La vide salutare qualcuno
all’interno, poi, con un sorriso a dir poco raggiante, si
voltò
verso di lui e gli corse incontro. Attraversò la strada
senza
nemmeno guardare se arrivassero auto, ma fortunatamente
arrivò sana
e salva fino a lui.
“Evviva, evviva!!!”
urlò felice come una bambina, gettandogli le braccia al
collo.
“Cosa succede?”
“Ce l’ho fatta!”
“Bene! Ma a fare cosa
di grazia?”
Come c’era da
aspettarsi, lei non rispose. Sorrise soltanto, assumendo
un’aria
innocente.
“Andiamo, Eleanor!”
la implorò Rock “Ora basta giocare. Dimmi
cos’hai in mente!”
Lei, per nulla conscia
dell’età che aveva, gli rispose con una
linguaccia. “Facciamo
che ne parliamo con calma davanti ad una bella e fumante tazza di
cioccolata calda, che ne dici?”
“Questa tua proposta è
un modo carino per farmi capire che ciò che hai da dirmi
sarebbe
meglio lo ascoltassi da seduto?”
Eleanor scoppiò a
ridere: “Più o meno!”
“Mi stai facendo
seriamente paura, lo sai?”
Le sue risate aumentarono
d’intensità mentre prendendolo per mano, lo
trascinava lungo il
marciapiede.
Rock cominciò a
chiedersi da dove provenisse tutta quell’allegria. Sembrava
addirittura essersi dimenticata di Evan. Non lo credeva possibile,
eppure Eleanor pareva sul serio essersi ripresa … o almeno,
era
così che si mostrava al mondo.
“Spiegamelo!” fece
Rock, senza quasi rendersene conto.
“Te l'ho detto! Ti
spiegherò tutto quando saremo seduti al tavolo di un bar,
non
prima!”
“No, non intendevo
questo! Spiegami che ti è successo! Sei....
felice.”
Eleanor lo guardò
confusa, corrucciandosi appena: “Non vuoi che io sia
felice?”
“No! Cioè, si. Certo
che lo voglio, solo … insomma dopo quello che è
successo … non credevo che ti potessi riprendere
così in fretta.
Non che la cosa non mi faccia piacere. Sono semplicemente sorpreso,
ecco tutto!”
La ragazza capì al volo
a cosa lui alludesse e gli sorrise rassicurante, prendendogli il viso
tra le mani.
“Non mi sono ripresa,
Rock. Per niente!” ammise “Evan mi manca
terribilmente. A volte
mi viene d'istinto di telefonargli, salvo poi ricordarmi che lui non
risponderà mai più. Oppure mi trovo a percorrere
la strada per casa
sua, rendendomi poi conto che lui non ci sarà ad
accogliermi... “
Rock la strinse a sé non
appena vide le lacrime affacciarsi dai suoi occhi color del mare.
“Però una cosa la so
...” continuò lei, resistendo alla tentazione di
piangere. “... lui si preoccupava sempre per me. Ogni volta
che mi vedeva triste non
riusciva a darsi pace. Ci stava male... e non voglio che continui a
farlo anche adesso. Non voglio che mi veda piangere...
Desidero solo che capisca che non ho più bisogno di lui. Che
può
lasciare questo mondo in pace … che ci sei tu ora a
prenderti cura
di me. Forse è un discorso sciocco, ma io ci credo
davvero.”
Rock la guardò per
qualche istante in religioso silenzio. Fu ancora lei a prendere la
parola:
“I morti non vogliono che si viva per loro, preferiscono
saperci felici con le persone che amiamo … e che sono ancora
in
vita. Avrei dovuto capirlo subito... beh, meglio tardi che mai,
no?!”
L'abbracciò di Rock si
fece stritolante: “Sono fiero di te!” le
sussurrò, sinceramente
colpito.
***
Eleanor
sapeva bene come
far impazzire il suo ragazzo. Lui era una delle persone più
calme e
pazienti che avesse mai incontrato, ma era conscia di essere riuscita
a portarlo molto vicino all'esasperazione.
La fissava accigliato, un
braccio ancorato dietro lo schienale della sedia, l'altro abbandonato
sul tavolino con le dita che tamburellavano con fare nervoso.
Non riuscì a trattenersi
da una risata divertita:
“Sei troppo buffo quando fai
l'arrabbiato!”
“Lieto che ti diverta!”
sbottò Rock, un po' troppo seriamente.
Rendendosi conto da sola
di stare davvero esagerando, Eleanor posò una mano su quella
di lui,
ponendo fine a quel fastidioso tamburellare.
“D'accordo. Parlo!”
Rock
la guardò
scettico:”Sul serio?”
“Si, però devi
promettermi che dopo che ti avrò detto della mia idea
conterai fino
a dieci prima di reagire in qualunque modo.”
“Cosa? Ma...”
“Promettilo!”
Rock sbuffò, restio a
quella richiesta: “Ok, conterò fino a dieci.
Promesso!”
“Bene!” esclamò
Eleanor soddisfatta. Spostò di lato la tazza di cioccolata
calda
ormai vuota, si chinò per prendere la sua borsa e
l'appoggiò sul
tavolo. Il tonfo che provocò lasciò Rock
perplesso.
“Che ci hai messo lì
dentro? Mattoni?”
Eleanor lo ignorò e aprì
la borsa, mostrandogli il contenuto. Rock si corrucciò non
appena
vide decine e decine di riviste impilate.
“Che roba è?”
Eleanor ne tirò fuori
una, mettendogliela davanti al naso. Lo sguardo di Rock dal confuso,
passò al preoccupato:
“Annunci immobiliari?”
“Esattamente”
La preoccupazione si
trasformò in qualcosa di molto vicino al panico:
“Te ne vuoi
andare via?” mormorò Rock.
“No!” esclamò subito
Eleanor “Certo che no! Non ho intenzione di andare da nessuna
parte... almeno, non senza di voi!”
“Che intendi dire?'”
Eleanor si fece
pensierosa, cercando di trovare le parole giuste per spiegargli cosa
avesse in mente, senza però trovarle.
“Dobbiamo prenderci
Haylie!” disse a bruciapelo, evitando giri di parole.
Rock la fissò stranito,
soffocando una risata nervosa:”Stai scherzando?”
“Hai promesso che
avresti contato fino a dieci!”
“Nemmeno contare fino a
cento basterebbe in questo caso. Sei uscita di senno?”
“Non avrai intenzione
di lasciarla là dentro, vero?”
“Credi forse che esista
una remota possibilità che ce la diano?”
“Ha un padre! Sono
obbligati a darcela dal momento che non è orfana!”
“No, invece! Non siamo
nelle condizioni per - “
“Allora miglioreremo le
nostre condizioni!” lo zittì lei. Si fissarono per
qualche istante
in assoluto silenzio. Fu ancora lei a riprendere la parola:
“Mi rendo conto che non
potrà essere immediato. Ci vorrà del tempo, ma
riusciremo a
sistemarci e Haylie potrà venire a vivere con noi, in una
casa vera.
Saremo la sua famiglia … daremo una mano a Rap e lei
avrà tutto
l'affetto che merita!”
“Rap non accetterà
mai, lo sai questo?”
“Non serve che lo
sappia! Una volta messo davanti ai fatti non potrà
rifiutarsi! E'
pur sempre sua figlia.... sua e di Marika. Io sono sicura che non
appena si convincerà di questo non potrà
più fare a meno di lei!”
Rock scuoteva la testa
per nulla convinto: “Non è così
semplice! Sarebbe bello
se lo fosse, ma non lo è!”
“Perchè?” chiese
Eleanor all'esasperazione. “ Cosa c'è di
complicato? Spiegamelo!”
“Non stiamo parlando di
un cucciolo di cane esposto in un negozio di animali. Qui si parla di
una bambina rinchiusa in un istituto minorile! Non puoi andare
lì e
dire Salve, io conosco il padre di Haylie. Datemela che la
riporto
da lui ! Non è così che funziona! Ci
vogliono permessi,
controlli da parte dell'assistenza sociale, Rap dovrebbe firmare
montagne di documenti, dovrebbe fare il test di paternità
per
dimostrare di essere realmente suo padre! Non riuscirai mai a
tenerglielo nascosto e lui non accetterà mai di seguirti in
questo
folle piano! Non l'hai ancora capito? Rap vuole dimenticarsi di
Marika, e per farlo deve dimenticare anche Haylie!”
Quelle
parole ebbero
l'effetto di una doccia fredda. Rock aveva ragione. Non era affatto
una cosa semplice adottare un bambino! Ciò nonostante, non
aveva
alcuna intenzione di arrendersi.
“Allora lo convinceremo
a riconoscerla!”
“Sei pazza?”
“Si, sono pazza.
Problemi? Non posso lasciarla in quel posto. Io ci sono stata
laggiù,
Rock. Ci ho passato metà della mia vita e ti posso
assicurare che se
non avessi avuto Evan al mio fianco, non sarei sopravvissuta. Haylie
è sola! Non ha un amico. Non posso credere che non te ne
importi
niente!”
“M'importa eccome!
Penso a lei ogni maledetto giorno! Ogni secondo che passa mi chiedo
cosa lei stia facendo, se sta bene, se gli altri bambini la prendono
in giro, se ride ogni tanto oppure se passa le notti a piangere
perchè si sente sola! A volte prego perchè arrivi
la coppia di
genitori giusta che riesca a conquistarla, finalmente! Qualcuno che
non si senta in dovere di riportarla indietro come accade ogni
dannatissima volta!”
“Saremo
noi la famiglia
che la conquisterà!”
Rock
sospirò, passandosi
le mani sul viso come vittima di un'improvvisa stanchezza:
“Tu non
capisci...”
“Rock, non m'importa
che cosa pensi! Me ne frego se credi che io sia pazza o un'illusa.
Voglio solo sapere se mi aiuterai.”
L'idea di affrontare da
sola tutto quello che si era proposta di fare la spaventava a morte,
oltre al demoralizzarla. Ma era pronta a fare qualunque cosa per
quella bambina! L'avrebbe tirata fuori di lì! Anche a costo
di
rapirla!
Rock era pensieroso. La
fissava in silenzio, indeciso sul da farsi.
“Fammi capire...”
disse all'improvviso “Tu vuoi trovare una casa, in modo che
tutti
noi possiamo lasciare quella vecchia scuola dove viviamo adesso, dico
bene?”
Eleanor
annuì soltanto.
“Ok, una casa decente è
la prima cosa da avere se si vuole adottare un bambino. Ma... con
quali soldi pensi di trovare una casa?”
“Ho
trovato degli
annunci perfetti al caso nostro. Ci sono case a prezzi molto buoni,
ce la faremo. Con qualche sacrificio forse e, come ho detto prima, ci
vorrà del tempo, ma ce la faremo!”
“E
mi spieghi cosa sei
andata a fare in quella tavola calda, prima?”
Eleanor
sorrise
trionfante: “Mi hanno assunta.”
L'espressione
di Rock si
rabbonì all'istante: “Sei andata lì a
cercare lavoro?”
“Si,
ho visto un
cartello all'ingresso. Cercavano una cameriera, così ho
voluto
provare! E sai qual è la cosa più
bella?”
Rock
scosse negativamente
il capo, i suoi si erano raddolciti parecchio con quest'ultima
scoperta. Eleanor se ne rallegrò
“Sono
tutte donne! E'
gestito da una signora divorziata, da sua madre e dalle sue due figlie!
Non avrò nessuno di quei problemi che puntualmente
incontravo quando
mi assumevano in qualche locale! Niente uomini! Ancora stento a
crederci!”
Rock
la guardò a lungo,
studiò quella sua espressione così carica di
gioia e accennò un
sorriso: “Non riuscirò a farti cambiare idea,
vero?”
Eleanor
si fece subito
seria: “No, mai!”
Ancora
qualche secondo di
esitazione e poi Rock si lasciò andare ad un
sospirò rassegnato:
“Va bene!”
“Va
bene, cosa?”
“Va
bene ti aiuto.”
“Davvero?”
“Si
...”
Tutti
i clienti del bar
si voltarono verso di loro nel momento in cui la gioia di Eleanor
venne esternata con un grido trionfante. La ragazza si alzò
e si
gettò tra le braccia di Rock, rischiando seriamente di farlo
cadere
all'indietro con la sedia.
“Grazie!
Grazie grazie
grazie grazie!!!”
“Eleanor...
ci stanno
guardando tutti. Datti una calmata!”
“Lascia
che guardino!
Voglio che vedano quanto tu mi abbia reso felice!”
Quando
finalmente Eleanor
lo lasciò andare, gli rimase seduta in braccio e
cominciò a parlare
a velocità massima:
“Tra
gli annunci ne ho visto uno perfetto!
C'era anche la foto. La casa è carinissima. Su due piani, ha
una
cucina bella spaziosa, un salotto molto grande che potrebbe fungere
anche da sala da pranzo. Ci sono solo due bagni e questo potrebbe
essere un problema, ma se ci organizziamo potremmo risolvere in men
che non si dica. Ci sono quattro stanze da letto. In una potrebbero
starci Heavy e Metal, nell'altra io e te. Rap credo preferisca non
dividere la stanza con nessuno, ma quella che ho pensato potrebbe
prendere lui è comunicante con una più piccola
dove potrebbe stare
Haylie. Inoltre -”
“Eleanor?” la chiamò
lui, fissandola esterrefatto.
“Si?”
“Ricordati
di respirare
tra una frase e l'altra.”
Lei lo
colpì ad una
spalla: “Scemo!”
Rock
ridacchiò, prima di
chiedere: “Allora? Qual è la prossima parte del
piano?”
Eleanor
smise di
sorridere: “Beh... quella più difficile temo.
Parlarne a Rap.”
“Bene,
andiamo a
comprarci dei giubbotti antiproiettile! Non si può mai
sapere!”
“Oppure,
potremmo
andare all'istituto.”
“Vuoi
andare a trovare
Haylie?”
“No,
o meglio, si
possiamo approfittarne già che siamo lì, ma in
realtà avevo
intenzione di andare dalla direttrice per chiederle esattamente come
dobbiamo comportarci per fare un'adozione. Mi conosce e sono sicura
che ci verrà incontro. Magari potrebbe dirci come evitare
qualche
scartoffia.”
“Io
prima proverei a
parlarne a Rap. Almeno ci togliamo il pensiero.”
Eleanor
si concesse
un'espressione titubante: “Via il dente via il
dolore?”
“Via
il dente via il
dolore!”
***
Quando
rientrarono a casa
trovarono Rap in palestra, tutto intento a fare dei tiri a canestro.
Sbracati sugli spalti, Heavy e Metal chiacchieravano guardandolo
distrattamente.
“Vai
tu o vado io?”
domandò Eleanor sottovoce.
Rock
si fece pensieroso :
“Vado io!” decise infine.
Stava
per raggiungerlo,
ma Eleanor lo afferrò per un braccio. Lui la
guardò confuso: “Che
c'è?”
Dopo
un attimo
d'esitazione, la ragazza lo superò: “No,
è meglio se ci parlo
io!”
“Sei
sicura?”
“No,
ma ultimamente ho
una certa presa su di lui... almeno, ho avuto
quest'impressione!”
“...
già, lo so.”
sibilò Rock, lasciandola per un attimo interdetta.
Non
ebbe il tempo
per chiarire se il fastidio che le sembrava di aver udito inclinargli
la voce fosse reale o frutto della sua immaginazione. Rock le fece un
cenno d'incoraggiamento con la testa, Eleanor prese un respiro
profondo e si avvicinò a Rap. Con la coda dell'occhio vide
il suo
angelo raggiungere Heavy e Metal.
In quel momento, Rap tirò
la palla centrando il canestro e facendola rotolare fino a lei che si
chinò a raccoglierla.
“Ciao!”
lo salutò
lei, cercando di assumere l'espressione più serena e
tranquilla
possibile.
Rap
borbottò un
incomprensibile saluto in risposta, nel suo perfetto stile, facendola
ridacchiare.
“Che
cosa vuoi?”
chiese lui, brusco.
Eleanor
smise
immediatamente di ridere. Si voltò verso Rock in cerca di
conforto.
Heavy gli stava parlando, ma lui non aveva occhi per lei. Gli sorrise
incitandola a portare a termine quella folle missione.
“Rap,
“ lo chiamò,
rituffandosi nei suoi occhi color inchiostro. “... ti posso
parlare
un attimo? “
Lui
la guardò spiazzato,
per poi stringersi nelle spalle:”Si, certo.”
“In
privato.”
Il
ragazzo si accigliò
dall'indecisione : “ …. va bene.”
acconsentì, spinto da
un'insolita curiosità.
Eleanor
mollò il pallone
a terra e s'incamminò verso l'uscita della palestra, seguita
da un
confusissimo Rap.
Uscirono
in cortile ed
Eleanor andò, come suo solito, a sedersi sull'altalena. Rap
la
imitò.
“Allora?”
chiese,
immediatamente “Che cosa devi dirmi?”
Eleanor
si morse
nervosamente il labbro inferiore, prese un respiro e
cominciò a
parlare: “Hai presente il regalo che avevo intenzione di
farti?”
Rap
annuì soltanto.
“Beh...
ho coinvolto
anche Rock in questa faccenda, perchè questo regalo che
voglio farti
è parecchio complicato e da sola non credo di potercela
fare... “
Se
quel momento non fosse
stato così serio, Eleanor sarebbe sicuramente scoppiata a
ridere
dinanzi l'espressione svanita di Rap.
“Che
cosa stai
dicendo?” chiese, scandendo ogni singola parola.
“E'
difficile parlarne.
In realtà nemmeno volevo farlo! Nel mio piano originale
avrei dovuto
presentarmi davanti a te con il tuo regalo, senza darti la
possibilità di rifiutarlo in alcun modo!”
“Per
essere un regalo
sembrerebbe trattarsi di qualcosa di orrendo!”
“Oh
no, “ Eleanor
sorrise sognante “Non è affatto orrendo! E'
bellissimo e cambierà
la tua vita totalmente. Solo, ho paura della tua reazione.”
“Io
… io non capisco
...” Rap venne zittito da un gesto di Eleanor.
“Fammi
parlare. Poi,
quando avrò finito, potrai prendertela con me nella maniera
che più
riterrai adatta. D'accordo?”
La
confusione sul volto
di Rap cresceva ogni secondo che passava, tuttavia cercò di
essere
paziente: “Si, d'accordo.”
“Ok
...” Eleanor aprì
la sua borsa, che ancora portava appesa alle spalle, tirò
fuori un
paio dei giornali di annunci immobiliari e li passò al
ragazzo.
Rap
li guardò stranito.
Il suo sguardo corse dai giornali a lei e viceversa per un
imprecisato numero di volte: “Te ne vuoi andare?”
domandò, una
punta di rabbia ad inclinargli la voce
“No!
Non me ne voglio
andare! Ce ne andremo tutti! Io, Rock, Heavy, Metal e te. “
Rap
sgranò gli occhi:
“Prego?”
“Hai
capito bene! Ce ne
andremo da qua! Vivremo in una casa vera, con stanze vere e non ci
nasconderemo più!”
“E
perchè dovremmo
farlo? Eleanor, ti ricordi ciò che ho fatto? Non mi nascondo
per
divertimento, sai?”
“Rap,
tu esageri! Lo so
che non vuoi sentirtelo dire, ma la faccenda di Marika e di quel
pazzo che la inseguiva ovunque, è stato un incidente. Io ti
conosco... tu non sei in grado di uccidere una persona!”
Lui
si alzò di scatto
dall'altalena e la fissò con rabbia.
“Ah
davvero? Non ne
sono in grado? Eleanor, io sono andato a cercarlo. E quando l'ho
trovato, mi sono divertito a torturarlo prima di farlo fuori.... non
venirmi a dire che non ne sono capace! L'ho fatto e ti giuro che lo
rifarei anche adesso se solo me lo ritrovassi davanti!”
Eleanor
rimase in
silenzio, rendendosi conto che non sarebbe stato affatto facile
convincerlo. Forse Rock, aveva ragione. Il suo era un piano folle.
Tuttavia non demorse.
“Comunque...
Nessuno
ti sta cercando. L'hai ucciso, è vero, ma era un
delinquente.
Nessuno l'ha rimpianto. Tu non sei ricercato, non serve che ti
nascondi.”
Rap
non accennò a
calmarsi: “Mi spieghi qual è il problema?
Cos'è tutta questa
fretta di andarsene?”
“Non
vorresti vivere in
una casa normale?”
“Ho
un tetto sopra la
testa. Mi basta! Ho imparato ad accontentarmi, sai? Dovresti
cominciare a farlo anche tu! Ci stai male qui? Bene, allora vattene
ma non provare a coinvolgermi! ”
Rap
fece per tornarsene
dentro, ma Eleanor lo fermò inseguendolo e afferrandolo per
un
braccio: “Aspetta, ti prego!”
“Lasciami!”
Si
liberò
di lei con uno strattone, forse troppo forte, che la fece cadere su
ciò che rimaneva del manto nevoso. La sua sfrontatezza
sparì
all'istante nel vederla a terra, con gli occhi che lentamente si
velavano di lacrime. Sapeva di non averle fatto male, eppure si
sentì
lo stesso un verme.
Con un sospiro allungò
una mano per aiutarla a rialzarsi, ma lei la rifiutò. Si
alzò in
piedi da sola, scrollandosi la neve dagli indumenti e gli diede le
spalle per nascondergli il fatto di essere messa stupidamente a
piangere.
Rap strinse i pugni lungo
i fianchi, in collera con sé stesso. Possibile che chiunque
osasse
stargli accanto finisse irrimediabilmente col soffrire? Era una
maledizione!
Mise
le mani in tasca e
affiancò la ragazza.
“...
scusami. “
mormorò senza guardarla.
La
sentì tirare su col
naso, ancora offesa e ferita per il suo comportamento. Un pesante
silenzio scese tra i due ragazzi.
“Rock
aveva ragione.”
disse infine Eleanor
“Per
te lui ha sempre
ragione!” sbottò Rap, con una sottile punta di
ironia.
“Aveva
detto che non
sarei mai riuscita a farti ragionare … avrei dovuto
ascoltarlo!”
Rap
si voltò verso di
lei, guardandola di nuovo in faccia: “Che cos'hai in mente?
Dillo e
basta. Piantala con questi continui giri di parole!”
“Non
importa! Ho
sentito abbastanza!” dicendo ciò, Eleanor corse in
casa,
lasciandolo solo e confuso più che mai.
***
Quella
notte il cellulare
di Rock prese a squillare, svegliandoli bruscamente.
Eleanor nascose la testa
sotto il cuscino, mentre Rock, imprecando sottovoce, si costringeva
ad alzarsi dal letto per andare a rispondere. Voltò appena
la
testa per sbirciare l'ora sulla sveglia: le 3 e 20 del mattino.
Mugugnò qualcosa contro
il cuscino e chiuse gli occhi, pronta per tornare al più
presto nel
mondo dei sogni.
Sentì appena Rock
rispondere al cellulare, la sua coscienza stava già per
riassopirsi,
bastò il nome pronunciato dal suo angelo per cancellare ogni
traccia
di sonnolenza:
“Jules?”
Jules...
quel nome le
suonava famigliare. Dove l'aveva sentito?
Scattò a sedere nel
momento in cui la sua memoria tornò attiva. Jules era la
sorella
maggiore di Rock. Per qual motivo chiamava a quell'ora di notte?
“Stai
calma,” disse
Rock, passandosi nervosamente una mano tra i capelli “Non
è la
prima volta che succede, sarà l'ennesimo falso allarme. Non
è il
caso di agitarsi tanto!”
Eleanor
non poté fare a
meno di notare che quello agitato sembrava lui.
“Sono
già là? ….
d'accordo, vi raggiungo subito! Dammi mezzora e sono da voi! A
dopo!”
Rock
chiuse la
telefonata, nei suoi occhi c'era il panico. Eleanor lo raggiunse,
preoccupata.
“E'
successo qualcosa?”
chiese con cautela
Rock
annuì :
“Un'emergenza famigliare.” tagliò corto
facendola corrucciare.
“I
tuoi fratelli stanno
bene?” chiese subito, il pensiero rivolto alla piccola
Mary-Bell.
Rock
non rispose.
Raccattò i suoi vestiti sparsi sul pavimento, lì
dove Eleanor poche
ore prima li aveva scagliati,e si rivestì in fretta.
“Si,
stanno bene!”
disse infine. “Ora non posso spiegarti, non c'è
tempo!”
“Dove
stai andando?”
“A
casa mia! Jules,
Dylan e Mary-Bell mi stanno aspettando! Dobbiamo raggiungere i miei
genitori...”
Quest'ultima
frase la
lasciò perplessa : “I tuoi genitori? Pensavo
aveste litigato.”
Rock
non parve nemmeno
sentirla. Prese qualche altro indumento pulito
dall'armadio sistemandoli in uno zaino che si mise a penzoloni
su una spalla:
“Devo
parlare con Rap!”
esclamò uscendo dalla stanza.
Eleanor
stava per
seguirlo quando si rese conto di non avere nulla addosso.
Agguantò
una delle magliette di Rock e se la infilò, coprendo il
proprio corpo quasi fino
alle ginocchia.
Si precipitò al suo
inseguimento in corridoio. Lo trovò a discutere
sommessamente con
Rap. Appena arrivò, entrambi si voltarono verso di lei e si
zittirono all'istante.
“Qualcuno
vuole
spiegarmi cosa sta succedendo?” fece Eleanor, piuttosto
scocciata.
Rock
le si avvicinò,
prendendola da parte. “Devo andare via per qualche
giorno.”
La
ragazza sentì il gelo
scendere su di lei : “Cosa?”
“Te
l'ho detto. E'
un'emergenza famigliare e devo andare.”
“Portami
con te!”
“No,
non puoi venire.
E' una cosa che riguarda me! Starai meglio qui, fidati!”
“Ma
-”
“Niente
ma! Tu resti
qui senza discutere!”
Eleanor
spostò lo
sguardo da lui al pavimento. Separarsi da lui, anche se solo per
pochi giorni, era un dolore indicibile. Rock era la sua ancora di
salvezza, dopo che Evan se n'era andato. Senza di lui sarebbe andata
alla deriva, ne era sicura.
Sentì la sua mano sotto
il mento per farle alzare il viso.
“Non
ti preoccupare.”
le disse dolcemente “E' solo per qualche giorno. Ti
chiamerò ogni
volta che ne avrò la possibilità …
tornerò presto!”
Eleanor
non rispose.
Sentì chiaramente la gola serrarsi e le lacrime spingere
agli angoli
degli occhi facendoli bruciare. Prima di cedere al pianto, si
tuffò
fra le sue braccia, immergendo il volto nel suo petto. Rock la
strinse di rimando, accarezzandole i capelli. Solo lui si accorse di
Rap che, con espressione rassegnata e irritata, si voltava dall'altra
parte, incapace di guardarli.
***
Dalla
finestra, Rap
osservava Eleanor dondolarsi apaticamente sull'altalena.
Rock gli aveva confessato
che non sapeva quando sarebbe tornato, gli aveva raccomandato di
prendersi cura di lei e, con toni leggermente più
minacciosi, di
tenere le mani a posto in sua assenza.
Rap si era messo a
ridere, ma in realtà d'ironico non c'era proprio nulla. Con
Rock
lontano, la tentazione di prendersi Eleanor, o perlomeno tentare, era
forte …. irresistibile.
Anche ora, per esempio,
vederla così triste, così fragile scatenava in
lui una voglia
irrefrenabile di andare ad abbracciarla forte …. i
successivi
pensieri era meglio sopprimerli sul nascere.
Rimase in sua
contemplazione per un tempo indefinito finché lei non decise
di
rientrare in casa. Rap le andò incontro e non appena se la
ritrovò
davanti, la ragazza lo assalì:
“Tu
lo sai dov'è
andato!”
Era
una constatazione, non una domanda. Per un attimo le sembrò
che la vecchia Eleanor fosse tornata. Quella dei primi giorni, che
faceva sempre troppe domande senza preoccuparsi di niente e nessuno,
decisa solo a soddisfare la propria curiosità.
“Si.”
rispose lui.
“Me
ne puoi parlare,
oppure te l'ha proibito?”
“Non
ne ha fatto parola
in verità, quindi volendo potrei anche parlartene!”
“Allora
fallo!”
Come
poteva dirle di no
quando lo fissava con quegli occhi?
“D'accordo.”
Andarono
a sedersi al
tavolo della mensa, uno di fronte all'altro. “Tu conosci i
fratelli
di Rock?”
Eleanor
annuì: “Si, ci
sono Jules, Dylan e Mary-Bell.”
Rap
sospirò: “Lo
immaginavo... non ti ha mai parlato del motivo per cui ha litigato
con i suoi?”
“No.
Tu lo sai?”
Rap
non rispose alla sua
domanda. Continuò a raccontare a modo suo: “Rock
ne ha quattro di
fratelli, non tre!”
Le
labbra di Eleanor si
dischiusero in una pura espressione di stupore: “
… Come? “
“Una
sorella, per
essere precisi.... si chiama Sarah e dovrebbe avere 14 anni, se non
erro.”
“Perchè
non ne so
niente?”
“Sarah
non vive in casa
con loro. E' lei il motivo per cui Rock ha interrotto i rapporti con
suo padre e sua madre! E tutto per un banalissimo incidente
… “
Eleanor
lo fissava
stordita senza battere ciglio, in attesa che lui riprendesse a
parlare.
“E'
stato circa dieci
anni fa, poco prima di natale. Rock aveva 12 anni e i suoi genitori
erano usciti. Jules e Dylan erano fuori con degli amici. Avevano una
governante che lavorava per loro, penso che ce l'abbiano ancora
adesso. Si occupava dei bambini, ma quel giorno non c'era neppure
lei. Era tornata dalla sua famiglia per le vacanze natalizie. In casa
con lui c'erano solo Mary-Bell e Sarah. Rock aveva assicurato ai suoi
genitori che si sarebbe occupato lui delle sue sorelle, convincendoli
che era grande abbastanza per farcela e loro si erano voluti fidare.
Da quello che so, stava andando tutto bene, finché un suo
compagno
di scuola non andò a cercarlo per chiedergli di andare con
lui al
parco.... all'inizio lui gli disse di no, che doveva badare alle sue
sorelle, ma alla fine si lasciò convincere. Uscì,
portandosi dietro
anche Sarah e Mary-Bell. “
Rap
si fermò un attimo
per riprendere fiato. Notò che Eleanor non si era mossa e lo
guardava spaventata, aspettandosi un triste epilogo.
“Non
è stata colpa di
Rock. Hanno sbagliato i genitori a lasciargli in mano due bambine
così piccole. Lui non è responsabile di
ciò che è accaduto, anche
se loro sono convinti di si...”
“Perchè,
cos'è
accaduto?”
“Rock
stava giocando a
pallone col suo amico. Mary-Bell era seduta per terra vicina a lui
….”
“E
Sarah... ?”
“Beh,
Sarah aveva la
passione per gli animali.... vide un cagnolino dall'altra parte della
strada e ci corse incontro senza pensarci. Rock si rese conto che era
scappata solo quando sentì lo stridio dei freni dell'auto
che la
centrò in pieno.!
Gli
occhi di Eleanor si
fecero terrorizzati :” …. è
…. morta?”
“No.
Ma da allora non
si è più svegliata! Da dieci anni vegeta in un
ospedale. I medici
avevano consigliato di staccare le macchine, ma loro si sono
rifiutati. Ogni tanto muove qualche muscolo, ma è difficile
capire
se si tratta di movimenti involontari del suo corpo o è il
suo
cervello che sta riprendendo a funzionare. Se Jules l'ha chiamato
così urgentemente significa che forse un minimo di speranza
è
tornata … “
Eleanor
era sconvolta:
“Non posso credere che non me ne abbia mai parlato.”
“Per
lui è difficile
parlarne. Si sente colpevole … i suoi genitori non l'hanno
mai
perdonato. Ci hanno provato, ma i loro rapporti si sono
inevitabilmente incrinati, la fiducia è venuta a mancare
finché non
è arrivato il giorno in cui hanno smesso di parlare, di
ricordarsi
del suo compleanno, di chiedergli cosa volesse come regalo di natale,
di chiedergli come fosse andata a scuola, di dargli la buonanotte
…
insomma, hanno smesso di considerarlo. E lui, appena ne ha avuto la
possibilità, li ha liberati della sua presenza. Da allora
non si
parlano!”
“E'
una cosa...
terribile.”
“Già
… ”
***
“So
tutto!”
Rock
aveva chiamato da
cinque minuti. Lei aveva risposto al primo squillo, ansiosa di
risentire la sua voce. Dopo i primi convenevoli, Eleanor aveva deciso
di metterlo al corrente che ora tra di loro non c'erano più
segreti.
“....
è stato Rap,
vero?”
“Non
importa chi è
stato. Avresti dovuto parlarmene tu! E' orribile quello che
è
accaduto a Sarah!”
Ci
fu un lungo momento di
silenzio.
“Rock?”
lo chiamò
lei, per accertarsi che fosse ancora in linea.
“E'
colpa mia se ora
lei è ridotta così!”
“Non
dirlo neanche per
scherzo! Eri un bambino, non ne potevi nulla!”
“Resta
il fatto che se
fossi rimasto a casa quel giorno, oggi Sarah starebbe bene, andrebbe
a scuola, uscirebbe con le amiche, inizierebbe ad interessarsi ai
ragazzi. E invece è bloccata in un letto d'ospedale. Io l'ho
privata
della sua infanzia e se si svegliasse, anche lei come mio padre e mia
madre mi odierebbe!”
A
questo, Eleanor non
seppe rispondere.
“Rock,
mi dispiace così
tanto … vorrei essere lì con te.”
“No,
non ti piacerebbe!
Riporterebbe a galla troppi brutti ricordi per te.”
Inizialmente
non capì a
cosa lui si riferisse. Poi cercò d'immaginare Sarah,
adagiata su un
letto d'ospedale, priva di coscienza, il corpo ricoperto di tubicini
di plastica... il macchinario accanto al letto che segnalava il
battito cardiaco. All'immagine di Sarah, si sovrappose con prepotenza
quella di Evan.
“Non
… non ci avevo
pensato.” mormorò debolmente.
“Cerca
di distrarti in
qualche modo!” le consigliò lui “Fai
impazzire Rap, oppure
coalizzati con Heavy e fategli qualche scherzo stupido!”
Eleanor
ridacchiò. “Si,
è un'idea!”
“Oppure,
pensa a tutti
i nomi esistenti che iniziano con la lettera A e vediamo se al mio
ritorno avrai indovinato come mi chiamo!”
“Oh,
ma lo sai che non
ho fantasia in questo genere di cose!”
“No,
qui non si tratta
di mancanza di fantasia. Il fatto è che sei solo una
pigrona!”
“Che
cosa sarei io?”
Lo
sentì ridere
dall'altra parte della cornetta, beandosi di quel suono a lei
così
caro.
“Mi
manchi, sai?”
ammise, sentendosi una sciocca ragazzina innamorata.
“Mi
manchi anche tu.
Vedrai, tornerò da te il prima possibile!”
“No,
adesso devi
rimanere con la tua famiglia. Hanno bisogno di te!”
“Non
sembra che siano
molto felici della mia presenza. Se sono qui lo faccio solo per Sarah
e per i miei fratelli!”
“Rimani
fino a che
avranno bisogno di te, io ti aspetto. Non scappo, stai
tranquillo!”
“Intanto,
anche se
scappassi, ti ritroverei, stanne certa!”
“Voglio
sperarlo!”
Rimasero
qualche secondo
in silenzio, ascoltando i propri respiri attraverso il telefono. Fu
Rock a riprendere a parlare:
“Eleanor?”
la chiamò.
“Dimmi.”
“Riguardo
la faccenda
di Haylie … quando deciderai di riprovare a parlarne a Rap,
portalo nella stanza con la porta rossa!”
Eleanor
sapeva a quale
stanza lui si stesse riferendo. Rap si rifugiava spesso e volentieri
li dentro. Anche Rock lo faceva a volte. Si era sempre chiesta che
cosa ci fosse lì dentro, ma alla fine la
curiosità era scemata.
Metal, una volta, le aveva detto che sarebbe stato meglio per lei non
scoprire cosa contenesse quella stanza... chissà cosa
intendeva
dire?
“Posso
entrarci?”
chiese, titubante.
“Adesso
si!”
***
Trascorse
una settimana.
Ad ogni telefonata, Eleanor sperava che Rock le annunciasse che stava
tornando a casa, ma quel momento non era ancora arrivato.
Aveva tentato più volte
di riprendere il discorso su Haylie con Rap. Ma ogni volta le parole
le morivano in bocca. Non sapeva nemmeno come trascinarlo nella
stanza dalla porta rossa, come le aveva consigliato di fare Rock.
Nei momenti in cui la
mancanza di Rock si faceva insopportabile, Rap sembrava accorgersene.
Si sedeva vicino a lei, senza dire una parola, confortandola con la
sua sola presenza.
Eleanor apprezzava quei
suoi sporadici gesti d'amicizia. Proprio perchè rari, la
rendevano
felice. Cominciava a voler davvero bene a quel ragazzo così
freddo e
distante, e in qualche modo sapeva che anche lui gliene voleva. Non
aveva bisogno di ringraziarlo. Il silenzio parlava per loro.
L'ennesimo giorno in cui
Eleanor si svegliò da sola nel letto, decise che era giunto
il tempo
di cominciare a distrarsi.
S'infilò nella stanza di
Heavy e Metal. Era vuota. I due fratelli erano al lavoro. Presto
anche lei avrebbe cominciato. La proprietaria della tavola calda
l'aveva chiamata un paio di giorni prima avvisandola che avrebbe
potuto iniziare a fine mese a lavorare nel suo locale. Era
eccitatissima all'idea di poter finalmente contribuire al bilancio
famigliare.
Si avvicinò al letto di
Heavy e, abbandonato tra le coperte, trovò il suo
preziosissimo e
intoccabile iPod. Heavy ne era gelosissimo. Solo Metal lo poteva usare,
ma Eleanor non ci stette troppo a pensare e lo prese.
E'
solo un prestito,
Heavy!
Si
sistemò gli auricolari e lo accese, mettendo il volume al
massimo.
Non aveva idea di che canzoni avrebbe trovato, ma poco importava. A
lei piacevano tutte!
Un
paio di secondi e la musica le riempì le orecchie, facendola
rilassare all'istante. Tirò un lungo sospiro di sollievo.
Per lei la
musica era quanto di più terapeutico ci fosse.
Uscì
dalla camera dei gemelli muovendosi a ritmo del brano che
stava ascoltando. Non resistette, il suo bisogno di cantare era
indomabile.
“Memories
consume
Like opening the wound
I'm picking me apart
again
You all assume
I'm safe here in my
room
Unless I try to start
again “
Non
si rese conto di Rap che la osservava dall'altra parte del corridoio.
Non vide la luce nel suo sguardo mentre il movimento dei suoi fianchi
lo incantava ogni secondo che passava. Non si accorse che
cominciò a
seguirla, incapace di distogliere l'attenzione da lei.
Eleanor
raggiunse la palestra, laggiù era libera di muoversi come
voleva.
“I
don't want to be
the one
The battles always
choose
'Cause inside I
realize
That I'm the one
confused “
Teneva
gli occhi chiusi mentre danzava, la sua voce melodiosa riecheggiava
tra le pareti.
Merda,
Eleanor!
Possibile che non ti rendi conto dell'effetto che fai?
Rap
era fermo sulla porta, combattuto tra l'andarsene e il restare.
Se
Rock mi vedesse
adesso, mi ucciderebbe!
Ma
Rock non c'era! Questa era la sottile differenza che lo stava
spingendo a fare ciò che bramava da parecchio tempo!
Le
sue gambe si mossero da sole verso Eleanor che, ignara di tutto, era
ancora immersa nel suo mondo.
“I
don't know what's
worth fighting for
Or why I have to
scream
I don't know why I
instigate
And say what I don't
mean
I don't know how I got
this way
I know it's not
alright
So I'm breaking the
habit
I'm breaking the habit
Tonight “
Si
trovò così vicino da venire sfiorato dai suoi
capelli corvini nel
momento in cui lei scosse la testa. Un passo
indietro e Eleanor si trovò contro il petto di Rap.
Spaventata,
si voltò di scatto, fissandolo sorpresa e confusa.
Chissà cosa i
suoi occhi stavano trasmettendo in quel momento?
“Rap!
Scusami, non ti avevo proprio visto !” lo disse sorridendo
divertita, ma quando notò la sua espressione terribilmente
seria, lo
guardò perplessa “… Che
c'è?” le chiese, incerta.
Aveva
le guance arrossate, i capelli leggermente spettinati, un leggero
fiatone per il troppo ballare. Era bella come non lo era mai stata.
Bella e proibita!
“Lei
è mia, Rap!
Tieni le mani a posto!” così
gli aveva detto Rock prima di andarsene. Ma certo che avrebbe tenuto
le mani a posto …. Gli occhi blu di Eleanor però
non lo aiutavano
per niente.
Avevo
ragione quando
dicevo che sei una strega! Dio, Eleanor, smettila di guardarmi
così!
Senza
che se ne rendesse conto, quelle mani che avrebbero dovuto restare al
loro posto, si mossero attirandola a sé.
“Rap
che stai …?”
Non
la lasciò parlare. Sapeva che se gliene avesse dato la
possibilità, lei
avrebbe tentato di farlo ragionare. Non poteva permetterlo! Lui in
quel momento non aveva alcuna intenzione di ragionare.
Le sue labbra
si ritrovarono sulle sue senza che potesse fare nulla per impedirlo.
Istinto, ecco cos'era! Un qualcosa di traviante e invincibile. Lui
era troppo debole di fronte a lei!
Sentì
le mani di lei tentare di respingerlo, ma lui era irremovibile. La
stava spaventando, ne era sicuro. Lo sentiva dalla rigidità
del suo
corpo, dai suoi tentativi di sviare le sue labbra … eppure
non
riuscì a privarsi di quel contatto a lungo bramato. Non ne
aveva l a
forza.
Era
questo che aveva provato Rock il giorno che gli aveva portato via
Marika? Era così giunto il suo turno di venire divorato
dalla rabbia e dalla
gelosia? Non era giusto … come biasimarlo per ciò
che aveva fatto?
Rock non aveva colpa per essersi innamorato di Marika, così
come lui
non ne aveva per essersi innamorato di Eleanor! Era semplicemente
ingiusto, ma nessuno poteva giudicarli.
Nessuno
ha il potere di scegliere di chi innamorarsi! E' una fottuta debolezza
umana! L'amore è incontrollabile e, inoltre, ha un brutto
vizio: non è mai abbastanza!
***
Scusate
per la faccenda della Stanza con la Porta Rossa, ma dopo 11 pagine di
capitolo (scritto a grandezza 12 ) ero morta. Avevo promesso nello
scorso cap di parlarne, ma non sono riuscita ad inserirla da nessuna
parte. Nel prossimo ci sarà, promesso!
Allora, che dire.... spero che sia piaciuto. E spero di non scatenare
putiferi con le sostenitrici della coppia Rock-Eleanor. State calme,
devono ancora accadere tante cose eheheheheh!
Per quanto riguarda il nome di Rock.... beeeeeeh, diciamo che non ho
ancora deciso quando farglielo rivelare. Non è un nome molto
complicato, potreste anche indovinarlo ^^.
Passo
ai ringraziamenti.
Black S o u l ___:
ripeto, il nome di Rock non è difficilissimo...
anzi, è un nome piuttosto semplice. Vediamo se ci arrivi. Ti
chiedo scusa per la storia della porta rossa. Se nel prossimo capitolo
non ne parlo, sei libera di segnalarmi all'amministrazione di EFP XD.
giulietta_cullen:
purtroppo non sono riuscita a postare presto, mi dispiace tanto. Sono
felice che rap ti piaccia. E' il mio pupillo *_* !! E ne sono
gelosissima!!!!!!!!!!!!!!!
Anthy: che
dire???? Non ti posso rivelare chi eleanor sceglierà,
ovviamente.... ma spero tu sia felice che finalmente Rap si sia dato
una mossa con lei, anche se preferisci Rock. Non mi uccidereeeeeeeeeeee
ç_ç!!!!!!!!!!!!!!
Mana_chan:
FELICITAZIONIIIIIIIIIIIIIIII!!!! Hai scritto la recensione numero
100!!!!!!!!!!!!!!! ^_______^ Continuo a pensare che tu sia
una streghetta hihihihI!!! Comunque poteri paranormali o no, scommetto
che la storia di Sarah non te l'aspettavi!! *risata sadica*
MakyMay:
Rappy????? Cos'è sta confidenza????? Rap è
mio!!!!!!!!!!!!!!! è___é !!!!! Tieni le tue
manacce a posto!!!! .............comunque sono tentata di
cambiare nome a Rock e chiamarlo ATobby! XD
Celicola:
Grazie, spero ti sia piaciuto anche questo aggiornamento.... anche se
in ritardo!
Ragazze, volevo fare un in bocca al lupo gigante (anzi, un in bocca al
licantropo ^^) a tutte quelle che stanno affrontando la
maturità!
Ci vediamo alla prossima!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Ayleen
PS
La
canzone cantata da Eleanor è Breaking the Habit dei Linkin'
Park.
|
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Capitolo 21 *** Libero di amare ***
Eccomi qui, saaaaaaaalve!
Vi ricordate di me?? Si sono Ayleen, quella pazza schizzofrenica che
tortura i suoi personaggi. SOno tornata MWUAHAHAHAHAH!!!
Quanto tempo è passato! Ok, vi risparmio le mie
disavventure di questi...oddio, quanti mesi?? Mmmm meglio non contarli
se no vi viene la voglia di uccidermi sul serio :D
Allora, dunque... dove
eravamo rimasti. Facciamo il punto della situazione, dato che
è passato taaaaaanto tempo.
Allora, Eleanor si
è messa in testa di adottare Haylie. Haylie è la
bimba di Rap e Marika, solo che Rap non lo sa ed è convinto
che sia di Rock ( O_O ). ROck ha una sorella minore (Sarah!) in coma
vegetativo da dieci anni ed si sente colpevole di ciò che le
è accaduto. Nello scorso capitolo ROck è stato
chiamato dalla famiglia al capezzale della sorella. Rap è
uscito di testa ( XD ) ed ha baciato Eleanor.
Si più o meno
questi sono gli ultimi avvenimenti più importanti. Spero vi
ricordiate tutto perchè mi rifiuto di fare un "riassuntod
delle puntate precedenti" XD.
Ci vediamo in
fondo.
Ah, perdonate eventuali
errori, ma la correzione automatica di word ha deciso di dare le
dimissioni -.- ....solo a me succedono ste cose. Bah!
CAPITOLO
VENTUNO
Libero
di amare
Le
mani avevano afferrato
automaticamente il cellulare una volta giunta nella sua stanza, le
dita si erano mosse sicure e meccaniche sui tasti, senza pensare,
senza ricordare, senza rendersi conto di quello che stavano facendo.
Eleanor non fece nulla per fermarle. Come se avessero un'anima
propria le lasciò libere di agire come meglio credevano....
Pochi
squilli che lei, non appena cessarono, coprì con la sua voce
arrabbiata e rotta da un pianto nervoso.
“Non
crederai mai a
quello che è successo, Evan! ...” ma ogni traccia
di convinzione,
ogni frammento di sicurezza crollarono in un attimo non appena
sentì
la voce registrata della segreteria farsi strada prepotente nella
sua testa. La sua voce:
“In
questo momento
non posso oppure non voglio rispondere. Lasciate un messaggio e forse
vi richiamerò!”
La
mano che reggeva il
cellulare tremò e non appena la consapevolezza della
sciocchezza che
aveva lasciato compiere alle sue dita si fece strada dentro di lei,
il vuoto prese il sopravvento.
Razza
di stupida! Te
ne sei dimenticata?
Il
telefono cadde a terra, troppo pesante da reggere per lei dal momento
che le forze l'avevano completamente abbandonata.
Si
lasciò cadere anche lei in ginocchio, come un'inutile
bambola rotta.
Sono
pazza? Sto
diventando pazza! Adesso mi metto a telefonare ai morti!
La
parola morti la fece
piombare nell'oblio. Per quanto ci provasse, non riusciva a
collegarla a Evan. Nella sua testa lui era ancora vivo da qualche
parte; a casa con Nathan, oppure al lavoro, circondato da tutte
quelle ragazzine innamorate perse di lui e ignoranti del fatto che
non sarebbero mai state contraccambiate...
Aveva
ancora il sapore di Rap sulle labbra, ma non le importava. Era
passato automaticamente in secondo piano. A malapena ricordava cosa
fosse successo. Ma ci pensò direttamente Rap in persona a
rinfrescarle la memoria, comparendo sulla soglia della stanza.
“Mi
hai fatto male, lo sai?” sembrava ironico nella sua
serietà.
Tipico di Rap.
Eleanor
alzò svogliatamente gli occhi su di lui. Notò che
aveva una guancia
più rossa dell'altra. Fu allora che ricordò. Lei
lo aveva colpito.
Uno schiaffo carico di rabbia e incredulità, forte
abbastanza da
lasciargli il segno. Non aveva mai schiaffeggiato nessuno in vita
sua, nemmeno credeva di esserne capace.
“Vattene!”
sbottò lei in risposta.
“Mi
dispiace, non intendevo farti piangere...”
Cosa?
Io non sto
….piangendo...
Alzò
una mano a sfiorarsi una guancia. Certo che stava piangendo. Come
poteva essere altrimenti? Nemmeno di quello si era accorta. Si, ne
era certa. Ormai stava diventando sul serio pazza... proprio come sua
madre. Doveva essere un difetto genetico.
Rap
si avvicinò e s'inginocchiò, guardandola
preoccupato: “Dico sul
serio, Eleanor. Non volevo!”
“Stai zitto!” gli
urlò contro
“Non è per te che sto piangendo! Credi davvero di
essere così
importante?”
Sputò
quelle parole con cattiveria, con la chiara intenzione di ferirlo e
di farlo andare via. Non era da lei fare così, essere
così
meschina, ma cosa poteva importare oramai? Tanto la pazzia l'avrebbe
uccisa lentamente. Così facendo almeno, facendosi odiare,
nessuno
avrebbe pianto la sua morte.
Rap,
tuttavia, cercò di non prendersela troppo, o almeno questo
fu ciò
che diede a vedere.
“E
allora cosa c'è?”
Persino lui si stupì
della piega affettuosa che
aveva preso la sua voce. Stranamente, non se ne vergognò.
“Non
è niente! Ho solo bisogno di restare da sola!”
Rap
ridacchiò sommessamente: “Sbaglio o eri tu ad
affermare che
nessuno può stare da solo!”
“Dannazione, Rap! Devi sempre
avere una risposta pronta per tutto?”
“Oh,
stanne certa! E poi, me lo hai insegnato tu!”
“Senti,
seriamente, ho davvero bisogno di staccare un attimo, riflettere,
starmene per conto mio. Per giunta tu non hai alcun diritto di stare
qui nella mia stanza, vista la tua ultima grandiosa e trionfale
entrata!”
Stavolta,
il ricordo del bacio tornò a farsi sentire, così
come la rabbia.
“Ti
ho chiesto scusa!”
“Pensi
che basti? Si può sapere cosa ti è
preso?”
Rap
non rispose, abbasso lo sguardo e nessuno parlò
più fino a che il
cellulare di Eleanor non cominciò a squillare.
Lei
rialzò gli occhi stancamente. Quasi aveva paura a
rispondere, ma ciò
che più la terrorizzò fu il pensiero che le
saltò alla mente: Magari
è Evan! Ha trovato la tua chiamata!
“Non
rispondi?” domandò Rap, quando vide che lei non
accennava a
muoversi.
Eleanor
si ridestò dai suoi pensieri, afferrò il telefono
e lesse il nome
sullo schermo. Sospirò:
“E'
Rock!”
“... Glielo
dirai?”
Eleanor
scosse la testa: “No ... ha altro a cui pensare in questo
momento.
Non voglio che perda le staffe per un tuo stupido colpo di
testa!”
Con
la coda dell'occhio vide Rap incupirsi e alzarsi in un gesto di
stizza.
“Un
colpo di testa, certo...” borbottò, prima di
uscire dalla stanza.
Sospirò
cercando di far finta di nulla e rispose al cellulare:
“Rock?”
“Hei...
ma quanto ci hai messo a rispondere?”
Un
sorriso la illuminò non appena sentì la sua voce.
“Scusami, non
avevo sentito che stava suonando... “
“Stai
bene? Hai una voce strana.”
Merda,
ma perchè
deve sempre essere così perspicace?
“Va
tutto bene. Tu piuttosto, come sta Sarah?”
Il
silenzio che seguì non lasciò presagire nulla di
buono.
“In
realtà è proprio per questo che ti ho
chiamato...”
Eleanor
trattenne il respiro.
Oh
no! No no no, ti
prego no!
“Però...”
aggiunse poi, un'assoluta insicurezza ad inclinargli la voce
“...ti
prego di una cosa. Non giudicarci troppo duramente!”
***
“Che
cos'ha Eleanor?” chiese Metal, notando lo strano
comportamento che
la ragazza aveva tenuto per tutto il giorno. Non aveva fatto altro
che aggirarsi nervosamente per i corridoi, senza rivolgere la parola
a nessuno. Ogni tanto usciva in cortile, si dondolava qualche minuto
sull'altalena pensando a chissà cosa per poi tornarsene
nella sua
stanza. Non era da lei essere così silenziosa,
così abbattutta e
sì, anche arrabbiata. La sua espressione era indecifrabile
ma non
c'erano emozioni positive sul suo bel volto. Tutti l'avevano notato.
“Forse
è la sindrome premestruale!” sghignazzò
Heavy, guadagnandosi
delle significative occhiatacce di Metal e Rap.
“In
realtà, credo sia colpa mia!” ammise Rap,
piuttosto candidamente.
I due
gemelli lo guardarono storto: “Cos'hai combinato
stavolta?” gli
chiesero all'unisono.
Rap
non aveva alcuna intenzione di tenere segreto ciò che era
accaduto
in palestra. Forse, era il suo orgoglio maschile a spingerlo a
raccontare tutto... Come l'aveva chiamata Eleanor? Ah si... la
Sindrome dello Stallone.
“L'ho
baciata!” dichiarò tranquillamente, come se fosse
la cosa più
normale del mondo.
Heavy
e Metal si immobilizzarono, fissandolo basiti.
“Tu
cosa?” domandò Metal, “Rap, ti ha dato
di volta il cervello?”
”Direi
di no.”
Metal
sospirò paziente: “E per quale motivo l'avresti
fatto? Sentiamo!”
Come
tutta risposta, lui si strinse nelle spalle
:”Così!” esclamò
“Era una cosa che volevo fare già da un po' e oggi
non ho
resistito! Non credo che cadrà il mondo per una cazzata del
genere!”
Heavy
scoppiò a ridere nel suo solito stile: “Rock ti
ucciderà quando
verrà a saperlo!”
“Non
lo verrà a sapere.”
“E
tu che ne sai? Eleanor gli dice sempre tutto!”
“Me
lo ha detto lei stessa! Dice che adesso Rock ha troppi pensieri per
la testa e che non vuole distrarlo con le mie cavolate!”
Metal
trattenne una risata : “E tu non hai afferrato quella piccola
ma
significativa parolina, vero? Adesso!
E' solo questione di tempo, Rap. Glielo dirà prima o
poi!”
“Non
m'importa granchè.”
Heavy
studiò la pacatezza di Rap per qualche istante:
“Questo tuo modo
d'agire alla occhio per occhio,
non è molto maturo lo sai?”
“Heavy!”
lo fulminò lui, “Se c'è una persona che
proprio non può parlare
di maturità quella sei tu!”
“Ah,
no! Non ci provare amico! Ok, forse non avrò molto spesso un
comportamento degno della mia età, ma oggi mio caro, sei tu
quello
che fa la figura del bambino imbecille! Stai facendo esattamente
quello che Rock ha fatto a te, e per quanto possa essere
comprensibile che tu voglia ottenere la tua piccola vendetta
personale, sappi che non è giusto! E non mi sto riferendo a
Rock o a
te. Non è giusto nei confronti di Eleanor! Lei non c'entra
niente
con i vostri casini passati, quindi piantala!”
Il
silenzio che seguì venne riempito solo dagli sguardi
increduli di
Rap e Metal.
“E'
il caso di chiamare un esorcista!” disse quest'ultimo
“Deve
essere posseduto da qualcosa di estremamente potente. Mio fratello
non è in grado di fare frasi così
lunghe!”
“Molto
divertente!” sbottò Heavy guardandolo in cagnesco.
Rap
all'improvviso fece segno ad entrambi di tacere. Un attimo dopo sulla
soglia della mensa apparve Eleanor, più triste e avvilita
che mai. Rap
si sorprese quando si rese conto che il suo sguardo stava cercando
proprio lui.
La
vide esitare giusto per un secondo:
“Ti posso parlare ?”
domandò
torturandosi le mani, visibilmente agitata.
“Dimmi.”
sbottò lui fingendo la sua solita pacatezza.
Eleanor
passò in rassegna i volti dei ragazzi prima di aggiungere:
“Da
soli...”
Rap
percepì anche senza bisogno di guardarli gli sguardi di
Heavy e
Metal perforarlo! Si alzò rumorosamente dalla sedia e la
seguì in
corridoio, senza fare caso a loro.
“Che
c'è?” chiese quando si furono allontanati.
Eleanor
si appoggiò stancamente alla parete e si fissò i
piedi. I suoi
occhi erano un misto di tristezza e sbigottimento. Rap era convinto
volesse discutere su ciò che era accaduto in palestra, ma
adesso
stava cominciando seriamente a pensare che ci fosse dell'altro
dietro.
“Rock
e la sua famiglia sono impazziti...” esordì, senza
mai alzare lo
sguardo.
Rap
si accigliò confuso: “Che vuoi dire?”
Lei
tornò a torturarsi le mani e i suoi occhi si fecero lucidi:
“Loro...
loro hanno deciso una cosa terribile e io … io non riesco a
capire
come possano averlo fatto o anche solo pensato!”
“Potresti
cercare di essere meno elusiva ? Non ci sto capendo niente!”
Lei a
quel punto rialzò lo sguardo, andando a tuffarsi in quello
di lui
lasciandolo per un attimo senza fiato. Quegli occhi blu gli facevano
sempre uno strano e pericoloso effetto.
E
se ti baciassi
ancora? Mi uccideresti? ...Si è probabile, ma il premio vale
decisamente il rischio.
“E'
per Sarah!”
Bastò
quel nome a farlo tornare con i piedi per terra. Di colpo
capì tutto
e comprese la confusione di Eleanor.
“...Hanno
deciso di staccare le macchine vero?”
Rock
e la sua famiglia ne parlavano da anni. Da quello che gli raccontava
il suo amico, l'unica che continuava ad opporsi era la madre. Il
marito, i figli e anche i medici avevano tentato in ogni modo di
farle capire che ormai non c'erano più speranze, ma lei era
sempre
stata irremovibile. Nessuno l'aveva mai giudicata per questa sua
scelta. Era pur sempre una madre. Una madre disperata a cui veniva
chiesto il permesso per lasciare morire la propria bambina …
come
la si poteva giudicare?
Ma
allo stesso modo, come si potevano giudicare Rock, suo padre e i suoi
fratelli che invece volevano lasciare andare la piccola Sarah? A che
serviva vivere a quel modo, attaccati ad una macchina?
Eleanor
annuì, sull'orlo del pianto : “Come possono farlo?
E' assurdo! E'
la loro figlia! Potrebbe sempre risvegliarsi... ci sono stati dei
casi -”
“
Dei
casi?” la interruppe bruscamente Rap, “Oh si certo,
ci sono
stati. Ma che vita hanno avuto poi? Paralizzati su una sedia a
rotelle, incapaci di parlare, di mangiare e fare alcunchè da
soli.
Eleanor, svegliarsi da un coma durato così a lungo porta
sempre
delle conseguenze. I danni cerebrali sono enormi e riprendersi del
tutto è impossibile!”
“Magari
con lei sarà diverso...”
“No,
non lo sarà! Credi ancora nei miracoli? Svegliati,
dannazione!”
L'espressione
di Eleanor passò dal triste all'arrabbiata :
“Quindi tu sei
d'accordo con loro! Vuoi che la lascino morire?”
Rap
sospirò e cercò di moderare il tono della voce.
L'ultima cosa che
voleva era urlarle contro.
“Fermati
per un attimo a pensare! Sarah aveva quattro anni quando è
entrata
in coma. Se si svegliasse adesso si ritroverebbe nel corpo di una
ragazzina adolescente. Sarebbe una quattordicenne con la mente di una
bimba di pochi anni. Non saprebbe nemmeno riconoscersi allo specchio,
non riconoscerebbe i suoi stessi famigliari.. Riesci ad immaginare lo
shock che potrebbe avere? Quanti strizzacervelli dovrebbe incontrare
prima di non impazzire del tutto?”
“Questo
non c'entra niente... Non è giusto farla morire
così! Ha diritto di
vivere!”
“Eleanor,
non sempre la vita è il dono più prezioso che
possiamo offrire.”
Lei fece per ribattere ma lui la zittì con un gesto della
mano “Ci
sono persone particolarmente sfortunate per le quali la vita non
è
altro che una condanna, una sofferenza infinita, non solo per loro ma
anche per chi gli sta accanto. Sarah è una di queste
persone,
purtroppo. Lasciarla vivere significherebbe continuare a far soffrire
lei e la sua famiglia. Volerla tenere qui a tutti i costi è
egoismo
puro! Se davvero ti dispiace così tanto per quello che le
è
accaduto, se provi pena per lei, per Rock e la sua famiglia , allora
dovresti sentirti sollevata che loro abbiano deciso finalmente di
lasciarla andare.”
La
mente di Eleanor registrò ogni singola parola. Nonostante il
tentativo di Rap di farla ragionare, lei non riusciva a capire come
potessero condannarla a morte.
“Comunque...”
riprese il ragazzo “Non capisco perchè te la
prendi così a cuore.
Nemmeno la conosci.”
Eleanor
lo fissò risentita: “E questo cosa c'entra? E' la
sorella di Rock,
m'importa eccome! Scusami tanto se non sono menefreghista come
te!”
Rap
si concesse un mezzo sorriso. “Beh, dovresti cercare di
esserlo un
po' di più! Non dico ai miei livelli che, lo ammetto, forse
sono un
po' esagerati, ma pensare a sé stessi ogni tanto non
può fare altro
che bene.”
Eleanor
avrebbe voluto ribattere, ma non trovò parole abbastanza
sensate per
poterlo fare. Pensare a sé stessa? Non poteva farlo. Non
adesso
perlomeno. Con Rock lontano che attendeva la morte della sorella e
nel frattempo tentava di combattere il senso di colpa per essere il
responsabile di quella tragedia, Rap che cercava disperatamente di
dimenticare la ragazza che aveva amato e quegli attimi di follia che
lo avevano portato ad uccidere un uomo, la piccola Haylie che
l'aspettava all'istituto. No! Come poteva pensare a sé
stessa in
simili circostanze?
Come
se le avesse letto nella mente, Rap la guardò a
metà tra il severo
e il comprensivo: “Non puoi salvare il mondo Eleanor,
mettitelo in
testa!”
Detto
questo, fece per andarsene dandole le spalle, ma lei non demorse,
cocciuta e testarda come sempre: “Posso però
salvare il mio di
mondo! E nel mio mondo ci siete tutti voi, quindi mettiti il cuore in
pace! Siete la cosa più importante per me adesso. Non posso
essere
felice se non lo siete anche voi !”
Con
quest'ultima frase, Eleanor invase anche l'ultimo spazio libero del
cuore di Rap, quello che ancora apparteneva a Marika. Rap
percepì
chiaramente la ragazza dai capelli rossi dissolversi nel nulla e
andare a prendere posto tra i suoi ricordi, in una maniera del tutto
indolore.
Un
frammento del passato, ecco cosa divenne! Una parte importante della
sua vita, del suo essere, qualcosa d'indimenticabile, ma che adesso
non gli provocava più la solita sofferenza. Attorno alla sua
immagine
vi era soltanto un'aura di malinconia. Nient'altro. Il dolore,
sparito!
No...
non è
possibile!
“...
Ce l'hai fatta.” Mormorò, incredulo.
Eleanor
si corruccò appena, senza capire : “A fare
che?”
Lui
si voltò per poterla guardare. Il suo viso era una maschera
di
sbigottimento, confusione, sollievo... Ripensò a quando
aveva
baciato Marika la prima volta, un ricordo che non aveva più
osato
riportare a galla. Si rivide nel piccolo salotto di quella che era
stata la sua casa. Marika sul divano che dormiva, lui a pochi
centimetri dal suo viso, le sue labbra che lentamente le si
avvicinavano fino a raggiungerla, lei che apriva gli occhi e lo
abbracciava senza respingerlo...
Rievocare
quel ricordo lo fece sentire bene. Un po' triste, ma le sensazioni
provate quel giorno lontano lo investirono in pieno e non c'era nulla
di doloroso.
Era
successo quindi! Marika se n'era andata!
“...Mi
hai salvato.”
Eleanor
non fece nemmeno in tempo a fare mente locale che si ritrovò
contro
il suo petto, stretta nella morsa delle sue braccia. Troppo confusa,
non fece nulla per allontanarlo. Poi ci fu un momento, un attimo
rapido e impercettibile come un battito d'ali in cui si
sentì
improvvisamente legata a quel ragazzo che nonostante tutti quei mesi
di convivenza non era ancora riuscita a a capire del tutto. E poi, una
parola pronunciata a bassa voce la spinse a ricambiare
quell'abbraccio:
“Grazie...”
***
No,
era impossibile! Doveva aver capito male. Rap non ringraziava mai
nessuno. Perchè fare un'eccezione con lei?
Chiusa
nella sua stanza, abbandonata sul letto, Eleanor era preda di mille
domande. Cos'era successo in corridoio? Cosa voleva dire Rap con
“mi
hai salvato” ? E quell'abbraccio improvviso... quel grazie...
perchè? Non era da lui comportarsi così.
Ma la
cosa che più la preoccupava e la spaventava erano le
emozioni che
aveva provato quando si era ritrovata stretta fra le sue braccia. Si
era sentita al sicuro, protetta...in altre parole amata. Era lo
stesso sentimento che provava quando era Rock ad abbracciarla. E
questo non andava affatto bene!
Chiuse
gli occhi e si massaggiò le tempie. La testa le sarebbe
esplosa
prima o poi, ne era più che certa. Doveva distrarsi in
qualche modo,
cancellare l'ultimo paio d'ore... anzi, l'intera giornata.
Strano
a dirsi, non aveva nemmeno voglia di cantare. Era troppo abbattuta
per farlo. La faccenda della piccola Sarah l'aveva scombussolata
più
del normale.
S'impegnò con tutte le
sue forze per svuotare la mente, cercando di pensare a qualunque cosa
non riguardasse lei e, soprattutto, gli strani atteggiamenti di Rap!
Alla fine la sua volontà
ebbe la meglio! Si mise a sedere, all'improvviso con un nuovo
obiettivo davanti a sé.
Le
tornarono in mente le
parole di Rock: “Riguardo la faccenda di Haylie
… quando
deciderai di riprovare a parlarne a Rap, portalo nella stanza con la
porta rossa!”
Come
poteva essersene
dimenticata? Non sapeva ancora cosa ci fosse lì dentro. Rock
le
aveva dato il permesso di andarci, quindi perchè indugiare
ancora?
Tuttavia preferì non
avvertire Rap. Decise di andarci da sola, per sondare il territorio
prima. Ci sarebbe tornata una seconda volta insieme a lui e l'avrebbe
convinto ad adottare Haylie! Non gli avrebbe permesso di uscire
finchè non avesse accettato!
Uscì dalla propria
stanza e si guardò intorno. Non voleva che qualcuno la
vedesse, o
meglio, non aveva alcuna voglia di venire torturata dalle decine di
domande che sarebbero arrivate se qualcuno l'avesse vista
sgattaiolare oltre la porta rossa.
Sapeva dove si trovasse.
Ci passava davanti quasi ogni giorno. La curiosità,
accompagnata da
una leggera ansia, la stava letteralemente divorando, tanto che senza
nemmeno accorgersene si mise a correre.
Svoltò un angolo e
finalmente la vide. Spiccava terribilmente nel bianco sporco delle
pareti del corridoio. Ci si avvicinò in silenzio religioso e
poggiò
lentamente la mano sulla maniglia. Si sentiva quasi una profanatrice.
Quel pensiero le fece scappare un sorriso:
Che
assurdità!
Senza
perdere altro
tempo, l'aprì e ciò che trovò la
lasciò un attimo perplessa. Una
lunga fila di gradini scendeva a un piano sotterraneo di cui lei
ignorava l'esistenza. Cominciò ad allamarsi.
Oddio,
sa tanto di
camera delle torture!
Rise
di quel pensiero
illogico e cominciò a scendere la scala fino a trovarsi di
fronte ad
un'altra porta. Senza indugio, l'aprì ma si trovò
immersa del buio.
Insistivamente tastò la parete alla ricerca di un
interruttore. Lo
trovò e finalmente scoprì in cosa consisteva il
rifugio segreto di Rock e
di Rap.
Sentì un nodo formarsi
in gola, il cuore straripare di commozione e sorpresa. Tutto si era
aspettata di trovare, tranne questo.
Le pareti era di un
tenero rosa confetto, interrotto di tanto in tanto da coniglietti e
orsetti disegnati da una mano molto talentuosa. Sul soffitto c'erano
applicate decine di stelline di plastica fosforescente.
Quelle
le avevo
anch'io da piccola! Pensò Eleanor, sorridendo
incantata.
Ciò
che più la colpì
fu la culla di legno adagiata contro la parete più lontana.
Si
avvicinò senza mai smettere di sorridere. Sembrava pronta
per essere
usata, con le lenzuola minuscole, il piccolo cuscino e tutti quei
peluches... Accanto alla culla si trovava un fasciatoio, più
lontano quello che aveva tutta l'aria di essere un armadio da
bambini, un divano e una cesta piena di giocattoli.
Questo
era tutto per
te, Haylie! Si
trovò a pensare
Eleanor, con le lacrime agli occhi. Loro erano
pronti ad
accoglierti.
“Che
fai qui?”
Per
poco non urlò. Rap, sulla soglia della stanza, la fissava
severamente, in attesa.
“
I- io ...” balbettò lei, una mano posata sul cuore
dallo spavento
“...niente. Rock mi ha detto che adesso posso venire
qui.”
Rap
inarcò le soppraciglia: ”Ah, davvero?!”
“Ha
sbagliato a darmi il permesso?”
Lui
rispose con un'alzata di spalle e andò a sedersi comodamente
sul
divano. “Puoi fare quello che vuoi, per quel che mi
riguarda...”
Quasi
si rallegrò di vederlo nuovamente così freddo e
scostante. Era
tornato, grazie al cielo!
Stava
per sederglisi vicino, ma dati gli ultimi sconcertanti avvenimenti,
perferì restare in piedi a debita distanza.
“E'
bellissimo questo posto.” disse, lasciando che le proprie
sensazioni si traformassero in parole “Era un regalo per
Haylie?”
Rap
si concesse qualche istante di silenzio: “...è
stata un'idea di
Marika. Ha fatto tutto da sola! Io e Rock volevamo aiutarla, ma lei a
malapena ci permetteva di entrare. Aveva passato in rassegna ogni
stanza di questa scuola. Tutti questi oggetti provengono dall'ala
dove un tempo si trovava l'asilo nido. Lei li ha rimessi a nuovo e ha
fatto tutto questo. Aveva un talento naturale!”
“Sapevate
già che era una femminuccia...”
constatò Elenora guardandosi
intorno e indugiando sul colore delle pareti.
“In
verità no. Marika però era certa che lo fosse.
Diceva che era il
suo istinto a dirglielo. Mi ricordo che Heavy la prendeva semrpe in
giro, immaginando la situazione che si sarebbe creata se poi fosse
nato un maschio.”
“Come,
non lo sapevi? L'istinto di una mamma non sbaglia mai!”
Un
sorriso sincero illuminò il volto di Rap
:”Già...!”
Il
discorso parve concludersi lì, ma il ragazzo alzò
un braccio
andando ad indicare qualcosa sopra di lei.
“Lassù...guarda!”
Eleanor
si voltò e notò che c'era un punto in cima alla
parete che non era
ancora stato tinteggiato di rosa.
“Non
ha fatto in tempo a finire … Heavy e Metal mi hanno detto
che aveva
ancora il pennello in mano quando ha cominciato a stare male. E'
stata qui dentro fino all'ultimo giorno...”
La
tristezza prese il possesso dello sguardo di Rap:
“All'ospedale le
avevo promesso che l'avremmo finito insieme...”
Eleanor
trattenne il fiato quando lo vide serrare gli occhi e i pugni. In
quel momento le fece una pena pazzesca.
Oh,
al diavolo! Pensò, andando a sederglisi di fianco,
dimenticandosi automaticamente di ciò che era successo fra
loro
poche ore prima.
Senza
minimamente pensare agli effetti che quel gesto avrebbe avuto su di
lui, gli posò una mano sul ginocchio.
“Rap,
te l'ho già ripetuto tante volte, ma a quanto pare non ti
è ancora
entrato in quella zucca vuota che ti ritrovi! Ciò che
è successo
non è stata colpa tua! Non puoi continuare a torturarti a
questo
modo.”
Rap
non la guardò mai, sembrava diventato di pietra mentre
fissava il
vuoto davanti a sé.
Mi
avrà sentito?
Eleanor
si sporse per poterlo guardare dritto negli occhi e lui parve
ridestarsi. “E' – stato- un –
dannatissimo - incidente!”
esclamò scandendo ogni singola parola.
Lui
chiuse nuovamente gli occhi e, incredibilmente, una lacrima solitaria
vinse la sua tipica freddezza.
“...Rap...
“ quel nome le sfuggì dalle labbra senza che lei
volesse, in maniera dolce e comprensiva. Eppure
qualcosa dentro di lei le suggeriva che lui aveva bisogno di sentirsi
chiamare a quel modo. “...Non fare così. Non te lo
meriti.”
I
suoi occhi neri come l'inchiostro furono di nuovo immersi nei suoi :
“C'è il suo
profumo.” disse senza preavviso “Questa stanza ne
è impregnata.
Gli altri non sembrano sentirlo, nemmeno Rock. C'è profumo
di lei,
per questo vengo sempre qui!... La sento vicina...”
Quanto
avrebbe voluto piangere per lui, ma non poteva farlo. Doveva
infondergli
coraggio, non impietosirsi.
Sentì il suo corpo muoversi da solo e lei lo
lasciò fare. Non percepì alcuna maliza nel
momento in cui si
strinse il suo viso sul petto, come fosse un bambino. Poggiò
la
guancia sul suo capo e lui, dopo un attimo di smarrimento, le
circondò i fianchi e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare.
Restarono
così per un tempo indefinito, immobili, i loro respiri a
fargli
compagnia, i peluches e gli animaletti dipinti sulle pareti il loro
pubblico.
“...Eleanor.”
mormorò Rap ad un certo punto.
“Dimmi...”
Passò
qualche infinito istante prima che lui ritrovò la forza per
parlare:
“... No, non importa.”
“No,
dimmi pure... avanti!”
“Rovinerei
tutto!”
“Rap,
non farti pregare. Sentiti libero di dire tutto quello che
vuoi!”
A
quelle parole, lui si staccò da lei ed entrambi si sentirono
improvvisamente soli. La guardò con intensità,
gli occhi più
seri e determinati che mai. “Tutto quello che
voglio?”
Lei
lo guardò accigliata dalla confusione: “Si,
certamente...”
“ …
posso sentirmi libero anche di dirti che mi sono innamorato di
te?”
***
Non ci posso credere!! Ho
finito questo dannato capitolo!!!! Impossibile!
Inutile dire che ringrazio ognuna di voi per aver resistito
così a lungo. Siete proprio delle temerarie! XD Grazie,
grazie davvero! Spero che sia piaciuto il capitolo... e voglio darvi
un'anticipazione. Nel prossimo si scoprirà il vero nome di
uno dei ragassuoli *.* perà non posso dirvi di chi
U.U *me taaaaanto cattiva.
MWUAHAHAHAHHAHA!!!!
Scusate se non ringrazio
una per una le persone che hanno commentato il 20° capitolo e
l'avviso che ho messo.... ho perso un attimo l'orientamento e non ci
sto capendo più nulla con le recensioni. La prox volta non
dimenticherò nessuna. Promise! ;)
Ve l'ho già
detto che vi adoro tutteeeeeeeee!!!!???? *_*
Ok, ora vado! Alla prossima
(che giuro, non sarà fra 6 mesi XD )
Ayleen
|
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Capitolo 22 *** Un nome ***
Eccomi qui, gente! Avete
visto che stavolta ho aggiornato? Ce l'avevate paura, eh!?!?!?
Tranquille, ve l'ho detto! Sono tornata attiva al 100% U.U
Allora devo avvertirvi che in questo capitolo succedono...beh, un bel
po' di cose. Non sconvolgetevi troppo, ma so già che
qualcuna mi minaccerà di morte ç_ç
.... eheehhehe ^^ ' aiuto... =.=
Cooooomunque, volevo
però dire una cosuccia . Vi ricordate quando avevo accennato
al passato di Rap?? Era nel Capitolo 19 "Comincia per A". Era un
piccolo accenno alla sua infanzia e alla sua famiglia. Allora ho
lasciato molte parentesi aperte in vista di QUESTO capitolo. Beh,
siccome (mea culpa ) sono stata per mesi senza aggiornare è
molto probabile che non ve lo ricordiate.... qui, la faccenda
è questa. Se non ricordate quella parte, non capirete il
finale di questo chap. ^^. Ora potete scegliere se leggervi il capitolo
e poi andarvi a rinfrescare la memoria sul 19, oppure il contario.
Leggere prima la parte concernente il passato di Rap e poi tornare qui.
Personalmente, preferisco la prima scelta. Credo abbia più
l'effetto sorpresa.. ^^ Cmq, fate come preferite. Poi magari avete una
memoria di ferro e vi ricordate tutto ciò che ho scritto
ehehehhe =) .
Vabbè, ci
vediamo in fondo..... e niente panico! XD
CAPITOLO
VENTIDUE
Un
nome
Mary-Bell
non aveva mai
pianto così tanto. Era senza fiato, rossa in viso, i suoi
occhi
erano ormai asciutti, ma gemiti disperati continuavano ancora a
percuoterla.
Jules cercava inutilmente
di calmarla, cullandola e accarezzandole il viso. Dylan, seduto al
suo fianco, aveva lo sguardo perso, tra le mani l'ennesimo bicchiere
di caffè, forse il trentesimo o giù di
lì.
E Rock? Lui tentava di
non ascoltare il pianto infinito di Mary-Bell. Ignorava il tormento
silenzioso di suo fratello. Cercava in ogni modo di convincersi che
al di là della porta che aveva di fronte non ci fossero i
suoi
genitori assieme al corpo senza vita di Sarah. Ma era inutile, oltre
ai lamenti di Mary-Bell, lui poteva distinguere perfettamente anche
quelli di sua madre.
Alla fine,l'avevano
fatto! Chissà come, chissà dove, avevano trovato
il coraggio
necessario per spegnere quei macchinari... ma forse coraggio
era la parola sbagliata. Era stata semplicemente follia. Un follia
dovuta a dieci anni di sofferenze... si, ecco la parola esatta!
Eppure non si stava
pentendo. Certo, aveva perso sua sorella, e questo sarebbe stato un
dolore che mai l'avrebbe abbandonato, però il peso che da
anni
gravava sul suo cuore era sparito. Il senso di assoluta impotenza
dinanzi quella tragedia, il dover vedere Sarah crescere su un letto
d'ospedale, andarla a trovare ad ogni natale e compleanno, parlarle e
non ricevere né una risposta né un piccolo cenno,
non ricordare
come fosse la sua voce, di che colore fossero i suoi occhi.. se
nocciola, come quelli di sua madre, o verdi come quelli di suo padre.
Nulla di tutto questo gli sarebbe mancato!
Si.... era stata la
scelta giusta. Ci sarebbe voluto del tempo per riprendersi, ma era
giusto così.
Un'ombra lo riscosse dai
propri tormenti. Alzò gli occhi e si trovò
davanti il visetto
consumato dalla stanchezza e dalla disperazione di Mary-Bell che lo
abbracciò senza dire nulla, cercando di trattenere i
lamenti. Lui,
con un sospiro, non potè fare a meno che stringerla a
sé a sua
volta.
“...Starà
bene, vero?”
gli domandò con la voce spezzata dal pianto.
“Ovunque sia
adesso... lei starà bene?”
Gli
occhi cominciarono a
bruciare, la gola si serrò fino a rendere il semplice
respirare
un'impresa titanica. Tuttavia, Rock non si lasciò vincere
dalle
lacrime. In quello era sempre stato piuttosto bravo. Strinse
più
forte la sua sorellina, nel vano tentativo d'infonderle più
coraggio possibile:
“Si!
… starà
benissimo. Anche meglio di noi!”
“Non
sarà arrabbiata
per quello che abbiamo fatto?”
Rock
si stacco da lei e
la guardò in faccia in modo severo :” Che cosa
stai dicendo? “
“...l'abbiamo
uccisa.”
“Mary-Bell...ascoltami.
Se c'è una persona con cui Sarah sarà arrabbiata,
quella sono io.
Non tu, né chiunque altro! Sono io l'unico
responsabile.”
“Piantala
di sparare
cazzate!” la voce di Jules giunse secca e irritata
“Non voglio
più sentirti dire certe cose! Non è stata colpa
tua! E' stato un
incidente.”
“No,
non è vero. E tu
lo sai!”
Jules
scoppiò in una
risara quasi isterica: “Non vuoi proprio capire? …
Quel giorno,
mamma e papà avevano chiesto a me di fare da baby-sitter a
Sarah e
Mary-Bell, ma io non volevo farlo e m'inventai la scusa di dover
andare a studiare da un'amica, quando invece andai con lei al centro
commerciale a comprare l'ennesimo paio di scarpe che non mi serviva !
“
Rock
stava per ribattere,
ma Dylan riemerse miracolosamente dal suo silenzio: “Sono
colpevole
anch'io... lo avevano chiesto anche a me. Ma mi ero rifiutato... non
ricordo nemmeno cosa avessi di meglio da fare quel giorno e spero di
non ricordarmelo mai!”
“Capisci..?”
riprese
Jules, con gli occhi velati di lacrime “... ero io la sorella
maggiore! Era un mio dovere occuparmi di voi..di lei! Ma non l'ho
fatto. Era una scocciatura per me, nient'altro. Se solo avessi avuto
un pizzico di coscienza in più quel giorno, Sarah sarebbe
qui e
starebbe bene... E' stata colpa mia. Non tua! Eri un bambino,
maledizione! ”
Rock
comprendeva il loro
dolore, così come il senso di colpa che da anni li
tormentava,
tuttavia quelle parole non gli portarono sollievo.
“...
Mamma e papà non
la pensano così.”
“Mamma
e papà hanno
solo avuto bisogno di qualcuno su cui scaricare tutta la loro
frustrazione. E tu gliene hai data la possibilità per tutti
questi
anni, senza mai dire niente, senza mai provare a difenderti. Li hai
lasciati fare e loro si sono sentiti meno colpevoli di quanto non
fossero in realtà. Se mamma non è impazzita
è solo grazie a te
che le hai permesso di darti la colpa! ….si può
dire che li hai
salvati!”
Chissà?
Magari aveva
ragione lei? Ma come poteva ignorare il fatto che se, quel maledetto
giorno, si fosse voltato un secondo prima, si sarebbe accorto che
Sarah si stava allontanando e l'avrebbe salvata prima che quell'auto
la centrasse in pieno. Forse i suoi genitori avevano sbagliato a
dargli una responsabilità così grande, ma era
stato lui a decidere
di andare al parco, era stato lui a dire a Sarah di starsene buona
lì
dove l'aveva lasciata ed era stato sempre lui a dimenticarsi della
sua presenza.
“...Belle
parole,
Jules. Ti ringrazio davvero per il tentativo di scagionarmi, ma
è
inutile.”
“Scagionarti?
Ti credi
un criminale?”
Rock
stava per rispondere
che, sì, si sentiva un criminale. Un criminale della peggior
specie.
Non fece in tempo. La porta della stanzetta dove i suoi genitori
erano rinchiusi da ore si aprì. Suo padre stava sostenendo
sua madre
che dava l'impressione di non riuscire più a reggersi sulle
proprie
gambe. SI lasciava trascinare come una bambola, gli occhi cerchiati
da pronfonde occhiaie, il viso scavato. Aveva perso peso in quei
giorni, quasi non aveva toccato cibo.
Voleva davvero andare da
lei, aiutarla in qualche modo, ma non osava. Sua madre lo odiava, non
lo considerava nemmeno più parte della famiglia. Se non
fosse stato
per i suoi fratelli che l'avevano avvertito dell'improvviso
aggravamento delle condizioni di Sarah, lui sarebbe rimasto nella
più
totale ignoranza. Per loro due, lui era un ospite indesiderato. Un
intruso, nulla più.
Mary-Bell circondò la
vita della mamma con le braccia e ricominciò a piangere
disperata,
ma lei nemmeno la considerò. Probabilmente era troppo
turbata per
accorgersi davvero della sua presenza.
Suo padre la aiutò a
sedersi su una delle poltroncine e chiese a Dylan di andare a
prendere qualcosa da bere. Rock si stupì che non l'avesse
chiesto a
lui. In genere, ogni scusa era buona per allontanarlo.
Rimase immobile, in piedi
in mezzo al corridoio. Un muro invisibile ed invalicabile lo separava
dalla sua famiglia. Le sue due sorelle e suo padre parlavano a sua
madre sottovoce, tentando di confortarla. Nessuno badava a lui.
Il dubbio di aver fatto
uno sbaglio a recarsi lì, s'insinuò
prepotentemente in lui. Ma poi,
pensò a Sarah. Era venuto per lei, non per loro.
Eppure vedere sua madre
in quelle condizioni gli fece uno strano effetto. Era sempre stata
una bella donna. Alta, longilinea, sempre ben curata, la vecchiaia
non l'aveva ancora raggiunta...fino ad ora.
Si, perchè pareva invecchiata di
dieci anni in un giorno. Ecco come gli appariva. Era lontana anni
luce dalla donna che tutti i papà guardavano segretamente
quando
andava a prendere lui e Dylan a scuola. Provò una gran pena
per lei.
Anche suo padre appariva
esausto e svuotato di ogni sensazione positiva, ma stava cercando di
essere forte, per sua moglie, per i figli e sì, anche per
sé
stesso. Tuttavia, nemmeno lui lo degnò mai di un solo
sguardo.
Rock non se ne stupì più
di tanto. Era abituato a quelle plateali manifestazioni
d'indifferenza, eppure aveva sperato che almeno in un ambito doloroso
come quello, le cose avessero potuto cambiare. Non pretendeva il loro
perdono. Solo uno sguardo.... niente più. Dargli conferma
che si
ricordavano di avere un altro figlio. Era troppo concederglielo?
Non sapeva cosa lo stesse
trattenendo dal non andarsene, probabilmente quel corpicino senza
vita dall'altra parte della parete, ma per qualche terribile istante
l'istinto di scappare via fu sul punto di vincerlo. Se l'avesse fatto
nessuno se ne sarebbe accorto, tranne forse i suoi fratelli.
Si appoggiò stancamente
alla parete e attese qualcosa che nemmeno lui sapeva definire. Che
sua madre uscisse da quello stato catatonico? Che Mary-Bell smettesse
di piangere? Che gli fosse concesso di salutare Sarah? ...non lo
sapeva. Chiuse gli occhi e desiderò con tutte le sue forze
essere
altrove, con chiunque altro. Con Eleanor magari. Quasi gli
sembrò di
percepire le sue mani stringere la sua, come lei faceva ogni volta
che lo vedeva giù di morale. SI era abituato così
tanto ad averla
intorno, che ora starle lontano per così tanto tempo stava
diventando davvero una tortura.
Avrebbe davvero voluto
portare anche lei. Le sarebbe stata di grande conforto, ma non voleva
assolutamente che rivivesse il dolore della morte di Evan attraverso
Sarah. In fondo erano finiti sul letto di morte per la stessa causa:
una maledetta auto fuori controllo.
All'improvviso, qualcosa
lo riportò coi piedi per terra. Qualcosa gli aveva afferrato
un
braccio. SI voltò e gli si mozzò il respiro nel
ritrovarsi
specchiato negli occhi nocciola della donna che lo aveva messo al
mondo. Aveva lo stesso sguardo angosciato del giorno in cui era
arrivata di corsa sul luogo dove Sarah era stata investita. Rock
ricordava fin troppo bene lo schiaffo carico di rabbia e disperazione
che era seguito. Istintivamente, chiuse gli occhi e ne attese uno
simile.
Ma le mani della donna si
posarono dolcemente sul suo volto. Nessuno schiaffo lo raggiunse.
Rock allora, aprì gli occhi e vide numerose lacrime scendere
sulle
sue guance. La guardò attonito, senza capire,
finchè lei parlò:
“...
Mi dispiace.”
Rock
sgranò gli occhi,
incredulo. Si stava scusando con lui? No... impossibile. Era lui che
avrebbe dovuto scusarsi, implorare il suo perdono. Non lei!
“...scusami.”
Contiuò
a scusarsi per
parecchio, senza mai distogliere lo sguardo da lui. Rock non osava
muoversi o dire nulla. Troppo grande era la sensazione di venire di
nuovo toccato da lei.
“Puoi
perdonarmi...? Lo
puoi fare? “ domandò alla fine, con la morte negli
occhi,
terrorizzata da un possibile rifiuto.
Rock
la fissò a lungo
prima di rispondere, registrando nella sua mente ogni istante di quel
momento. Sua madre si era ricordata di lui, gli stava chiedendo
scusa, voleva rimediare a tutti quegli anni di silenzio... Stavolta
non era sicuro di riuscire a vincere le lacrime. Chiuse per un attimo
gli occhi per ricacciarle indietro.
“Si...”
disse con un
sospiro “...certo che si, mamma!”
Lei
sorrise un attimo
prima di scoppiare in un pianto liberatorio e lo abbracciò
forte,
come mai aveva fatto. Rock inspirò a fondo il suo profumo.
Gli era
mancano... quel delicato aroma di rosa che aveva il potere di
calmarlo quando da piccolo faceva i capricci per qualcosa.
Ricambiò la stretta e si
abbandonò completamente a lei, chiudendo gli occhi e
assaporando
quelle sensazioni che credeva dimenticate.
Poteva provare gioia in
un momento come quello? Non gli sembrava giusto. In fondo, era appena
morta sua sorella. Non avrebbe dovuto sentirsi così. Ma
quando suo
padre prese il posto di sua madre, allora decide di concedersi quegli
attimi di felicità assoluta.
“Scusaci,
figliolo!”
disse l'uomo che non aveva tentato in alcun modo di fermarlo il
giorno che aveva deciso di andarsene di casa. “Siamo
imperdonabili... non avevamo il diritto di accusarti di
niente!”
“Non
preoccuparti,
papà... per quel che mi riguarda, è tutto
passato!”
Suo
padre sciolse
l'abbraccio e gli diede una pacca sulle spalle, sorridendogli grato.
Sua madre si frappose tra loro due e lo fissò intensamente:
“Ascoltami!”
fece,
posandogli una mano su una guancia. “...è stata
quell'auto ad
uccidere Sarah, non tu!”
Si
trovò di nuovo a
combattere con le lacrime. Non voleva piangere, non doveva. Quel
giorno aveva già visto troppe persone farlo, non voleva
aggiungersi
all'elenco. Si limitò ad annuire, chiudendo gli occhi. Ma
nel
momento in cui le palpebre gli si abbassarono, le immagini che da
dieci anni lo tormentavano si proiettarono nella sua mente: il rumore
della frenata, lo schianto, le urla dei passanti, il corpicino di
Sarah sull'asfalto immerso in un lago sempre più grande di
sangue,
il cagnolino che lei aveva tentato di raggiungere che abbaiava
freneticamente, spaventato da tutte quelle urla...
“Dillo!”
esclamò sua
madre, costringendolo a tornare al presente “Voglio che te ne
convinca. Ripetilo!”
Gli
ci volle un certo
sforzo per ritrovare la forza per parlare, ma alla fine ebbe la
meglio:
“...è
stata... è
stata quell'auto ad uccidere Sarah .”
Intravide
i suoi fratelli
dietro i suoi genitori. Osservavano la scena sorridendo, felici
quanto lui. Jules piangeva dalla gioia. Aspettava di sentirgli dire
quelle parole da anni.
E'
stata quell'auto...
è stata l'auto! Io non c'entro!
Continuò
a ripeterselo per un numero imprecisato di volte, finchè il
suo
cuore non si alleggerì, finalmente libero da quell'insensato
senso
di colpa che per dieci anni si era divertito a braccarlo e
torturarlo.
***
Rap e
Eleanor si stavano scrutando da qualche minuto. Immobili, in assoluto
silenzio. Inchiostro e oceano si sfidavano a chi per primo avrebbe
ceduto. Ma il blu del mare non può nulla contro la
prepotente
invasione di tutto quel nero...
Sconfitta,
Eleanor abbassò lo sguardo per prima. “Tu non sai
quello che
dici.”
“Dico
solo ciò che sento... è un reato?”
“Non
puoi innamorarti di me, Rap!” esclamò lei,
irritata “Non ha
senso. Lo sai bene che non otterresti nulla. Io non ….non
posso
ricambiarti e tu lo sai!”
“Ti
ho per caso chiesto di farlo?”
Eleanor
lo guardò basita. Non lo capiva. Per quanto si sforzasse non
riusciva proprio a capire quel ragazzo. Non lo avrebbe mai capito!
“...cosa?”
“Io
non pretendo che tu ricambi i miei sentimenti! Tu ami Rock, lo so
benissimo. Basta osservare il modo in cui lo guardi per capirlo. Non
mi metterei mai fra voi due!”
“ E
allora perchè mi dici queste cose? Ti rendi conto di che
assurdità
sia?”
“...Volevo
soltanto che tu lo sapessi. Ero stufo di tenerlo segreto. Stavo
impazzendo! Mi dispiace che questo ti abbia scombussolata a tal
punto!”
Eleanor
spalancò la bocca incredula e la sua voce si alzò
di parecchie
ottave: “Scombussolata dici? Ah. No! Cosa te lo fa pensare?
Prima
ti comporti come se per te non fossi altro che un soprammobile, poi
mi baci senza alcun preavviso non appena Rock esce di scena, mi
confessi quanto Marika per te sia ancora importante, di quanto sei
tuttora legato a lei, per poi cosa fare? Dichiarare candidamente di
esserti innamorato di me, ma che non vuoi metterti fra me e Rock!
Cosa diavolo ti fa pensare che io sia leggermente scombussolata?
”
gli sputò addosso quelle parole con un tono piuttosto
velenoso ed
sarcastico, senza mai riprendere fiato.
Rap
la osservò qualche istante, prima di scoppiare a ridere.
Eleanor lo
fissò esterrefatta, arrabbiandosi ancora di più.
“Oh,
si! Ridiamo avanti! Ah ah ah ah! Ma come mi diverto! Sono proprio
felice di essere riuscita finalmente a farti ridere!”
“Sei
a dir poco comica quando ti arrabbi!”
Eleanor
incrociò le braccia e si voltò dall'altra parte,
risentita. Tutto
ciò non fece altro che intensificare le risa di Rap.
Ma
che gli prende? Si
domandò, seriamente confusa Non l'ho
mai visto ridere
così!
“Ok...Ok!”
fece Rap, riconquistando un minimo di contegno “Lo ammetto.
Non ho
avuto molto tatto, in effetti.”
“Tu
dici?”
“Scusami....
davvero “ dicendo ciò riacquistò
lentamente la sua solita
serietà, fissando la stoffa del divano
“Però è vero quello che
ho detto. Non pretendo nulla da te. Volevo solo metterti a conoscenza
di ciò che provo. Non sentirti obbligata a fare nulla
….”
Eleanor
continuò a fingersi arrabbiata per qualche minuto,
finchè un
pensiero non prese a vorticarle in testa.
“Rap...?”
lo chiamò
Lui
rialzò la testa per guardarla.
“Tu
soffri a vedermi insieme a Rock?”
Lui
non rispose immediatamente. Non sapeva di preciso cosa dirle, in
verità. Moriva di gelosia ogni volta che Rock la sfiorava,
ma cosa
poteva farci?
“...credo
sia inevitabile, no?”
“Possibile
che tu riesca sempre a farti del male? Qualunque cosa succeda si
ripercuote sempre su di te! Che cosa hai mai fatto per meritarti
tutto questo?”
Rap
si concesso un sorrisino amaro : “Credo sia una faccenda di
dna …
se nasci sfigato, muori sfigato. Non puoi cambiare questa tua
condizione ….”
“Non
mi va che tu soffra per una mia scelta!”
“Non
comiciare di nuovo con questa tua mania del voler fare felici tutti!
Te l'ho detto, è semplicemente inevitabile che qualcuno ci
rimetta... sono pronto ad essere io quel qualcuno. Ci sono
abituato!”
Eleanor
sbuffò contrariata: “Io avrò anche il
vizio di voler fare tutti
felici, ma tu, mio caro, hai quello di autocommiserarti. Ti diverti
un mondo a farlo, ammettilo!”
Rap
alzò stancamente gli occhi su di lui. Stavolta non c'era
più
traccia di ironia nel suo sguardo:
“Che
tu ci creda o no, non lo faccio apposta ...”
“Non
è giusto! E' sbagliato che tu ti sia innamorato di me... te
ne rendi
conto, spero.”
“...
forse. Ma non è una stata una scelta mia. E' successo... non
posso
farci niente!”
“Quindi
tu saresti disposto a continuare ad amarmi, nonostante io sia legata
a Rock e non possa in alcun modo ricambiarti? Saresti disposto a
sopportare tutto questo? A guardarmi da lontano mentre trascorro i
miei giorni al fianco di un altro ragazzo?”
Lo
sguardo di Rap si fece di colpo più remissivo, tanto da
riuscire
quasi ad intenerirla.
“Si...”
mormorò senza guardarla “... si,
lo farei. Perchè comunque saprei che al suo fianco tu
saresti
felice, che lui è il meglio che ti meriti, che è
tutto ciò che io
non posso essere! Rock ti merita molto più di quanto ti
meriti io,
su questo non c'è alcun dubbio. Per questo sarei disposto a
guardarti da lontano...”
Eleanor
si sentì sopraffatta da qualcosa più grande di
lei... Rap le aveva
aperto il suo cuore. Era sempre stata convinta di trovarci tanta
rabbia, rancore, tristezza, e invece era ricolmo di amore. Amore per
lei! Era pronto a sacrificarsi per la sua felicità. Allora
era
proprio la verità. Lui non avrebbe mai provato a separarla
da Rock.
Non voleva perchè questo le avrebbe causato troppo dolore...
era
così assurdo! ….Così …
dolce!
Non
credeva che Rap potesse amare in maniera così irrazionale!
Una volta
Rock le aveva confessato che non era certo che Rap fosse a conoscenza
della sua relazione con Marika, perlomeno i primi tempi in cui loro
due passavano le notti insieme. Ora non aveva più dubbi: Rap
aveva
sempre saputo ogni cosa. Sin dalla prima volta in cui lei e Rock si
erano scambiati il loro primo bacio. Sapeva tutto ma aveva fatto
finta di niente per non turbare lei! Per non rovinare la sua
felicità.
Poteva
una persona che aveva sempre creduto egoista, fredda e menefreghista
possedere un tale altruismo?
Era
rimasta senza parole. Non sapeva davvero cosa fare o dire...
lasciò
che l'istinto la guidasse. Posò una mano sulla guancia di
Rap, che
la guardò confuso, poi, senza dargli il tempo di fare
domande, posò
le sue labbra su quelle di lui. Strano come combaciassero
perfettamente con le sue...!
Non
fu un bacio casto come quello che si erano scambiati in palestra.
Stavolta lei non gli negò di esplorare la sua bocca e
ricambiò ogni
suo gesto, lasciandosi trasportare da una passione irresistibile.
Quando
si separarono, avevano entrambi il fiato corto. Rap poggiò
la fronte
su quella di lei, prendendole il viso tra le mani e la baciò
ancora.
Lei non si mosse., ma anzi, assecondò i suoi movimenti fino
a che
uno sprazzo di razionalità non la portò a pensare
a ciò che stava
realmente facendo.
Merda,
Eleanor! Cosa
stai combinando? Sei impazzita!
Si
staccò subitò da Rap, sentendosi sporca e
colpevole come non mai. Si
portò una mano alla bocca e provò un'immensa
vergogna :
“...Oh
mio Dio ...” mormorò flebilmente. “
...Cosa accidenti sto
facendo?....”
Rap
la fissava ancora scosso da quanto successo. Eleanor intravide un
barlume di speranza nei suoi occhi e si sentì ancora
più a disagio.
L'ultima cosa che voleva era illuderlo... cosa che però,
aveva
appena fatto!
“Scusa...
“ disse in un sussurro prima di alzarsi in piedi
“...Mi
dispiace!” detto ciò, scappò via
lasciando Rap solo e ancora più
coinvolto dai suoi stessi sentimenti di quanto già non
fosse.
...Cazzo!
Pensò
lui, tra sé e sé ...Stavolta
Rock mi ammazza sul serio!
***
Una
settimana trascorse nell'indifferenza più totale. I due
ragazzi non
si rivolsero più un solo sguardo.
Eleanor
non era più riuscita a guardarlo in faccia senza provare
un'infinita
vergogna. Rap aveva paura che il suo sentimento s'intensificasse
troppo se solo le si fosse avvicinato ancora.
La
situazione risultava pesante per entrambi, ma nessuno dei due
dimostrò di voler cedere. L'ignorarsi a quel modo era un
comportamento da ragazzini, lo sapevano bene, ma per quanto si
sforzassero non erano pronti per affrontarsi di nuovo.
Senza
considerare che Eleanor non riusciva più a guardare Rap
senza
sentirsi terribilmente colpevole nei confronti di Rock. Lo aveva
tradito! Come aveva potuto? Dopo tutto quello che lui aveva fatto per
lei; dopo che l'aveva strappata a quell'inferno che era la sua
vecchia vita; dopo che le aveva fatto comprendere che l'amore non
doveva farle paura.... che razza di persona era? La sua carne era
davvero così debole? … forse erano i residui del
suo vecchio
lavoro. Qualcosa le era rimasto di quelle notti da incubo trascorse
sul marciapiede e in macchina con sconosciuti... Era una poco di
buono. Ecco tutto! Non era fatta per stare con una sola persona...
Rock
non la meritava!
Una
nota positiva in quei giorni tuttavia si presentò.
L'occasione per
distrarsi da tutti quei veneggiamenti fu il lavoro che Eleanor aveva
trovato in quella tavola calda vicina al parco.
Era
felice di tornare finalmente indipendente, di non dover più
vivere
alle spalle dei ragazzi. E, anche se per il momento il discorso
“Haylie” non era più stato toccato, il
suo piano aveva
cominciato a prendere forma: Lei e Rock avrebbero cominciato a
risparmiare, forse ne avrebbero parlato anche con Heavy e Metal, si
sarebbero dati da fare per trovare una casa decente e poi avrebbero
mosso mari e monti per adottare Haylie. Tutto ad insaputa di Rap.
Erano
certi che una volta messo davanti al fatto di essere padre, non
avrebbe avuto la forza di rifiutare di prendersi cura di Haylie. Se
non altro, l'avrebbe fatto per Marika … Si, Eleanor era
piuttosto
positiva su questo punto!
Erano
quattro giorni che aveva cominciato a lavorare e ne era davvero
entusiasta. Non gli pesava come aveva immaginato, si poteva dire che
si divertiva. La sua datrice era la donna più gentile che
avesse mai
incontrato. Aveva due figlie che l'aiutavano nel locale; Amber e
Nicole. Loro ed Eleanor fecero subito amicizia. Era strano avere
amiche femmine. Eleanor non ne aveva mai avute... tutte quelle che
aveva conosciuto la trattavano con straffottenza, forse gelose del
suo aspetto fisico. Ma Amber e Nicole no! Non avevano fatto commenti
sul suo aspetto, né domande sul suo passato o sulla sua vita
privata
. Parlavano semplicemente delle cose più futili che
potessero
trovare: programmi in tv, gossip, vestiti, attori, musica... tanta
musica. Avevano capito che Eleanor l'amava e il primo giorno, mentre
era occupata a ripulire i tavoli poco dopo la chiusura, l'avevano
sentita canticchiare, e da allora ogni momento libero era una scusa
per obbligarla ad improvvisare dei piccoli concerti, cosa che lei
faceva senza lamentarsi, ovviamente.
L'unica
che aveva osato fare una domanda indiscreta, ma neanche troppo, era
stata Amber. Tra le due era quella un po' più seria e
pacata. Nicole
invece era un agglomerato di energie! Forse era dovuto dalla
differenza di età. Amber aveva superato i venticinque,
mentre Nicole
ne aveva appena diciotto.
“Dimmi
un po', Eleanor...” le aveva chiesto Amber una sera
“...non mi
hai ancora detto se hai il ragazzo.” il sorrisino complice
che era
seguito le aveva fatto perdere del tutto quell'aria matura che la
contraddistingueva dalla sorella. Eleanor aveva riso e poi, a grandi
linee, le aveva parlato di Rock. Beh si, … molto a grandi
linee.
Con
il passare dei giorni, osservando le due ragazze, Eleanor si accorse
di quanto poco avessero in comune. Prima di tutto i tratti fisici.
Non si somigliavano per niente. Nicole era biondiccia e boccolata,
Amber scura e liscia. Il primo giorno che si era recata lì e
che
loro si erano presentate come sorelle, Eleanor, molto malignamente,
aveva pensato che la loro madre doveva aver avuto più di un
uomo e
che era impossibile che quelle due fossero figlie dello stesso padre.
Poi, il pensiero di ciò che aveva combinato con Rap, la fece
pentire. Anche se fosse stato così, lei non era poi molto
diversa.
Era soltanto riuscita a fermarsi prima che accadesse l'irrimediabile.
Tuttavia,
quel dubbio continuava a mettere radici sempre più profonde
nel suo
cervello. Anche i loro occhi differivano. Gli uni verdi, gli altri
scuri. Quelli di Amber in particolare, l'avevano colpita. Per qualche
strana ragione le erano familiari. E non solo quelli. C'era qualcosa
in lei, nei suoi lineamenti, nei suoi modi di fare che a volte le
dava una fastidiosa sensazione di dejà-vu . L'unica
spiegazione
che trovò fu che quella dove viveva non era una
città gigantesca e
che, magari, le era capitato d'incontrarla per strada … non
che
questa possibilità la convincesse molto, ma era l'unica
razionale.
Nella
tarda serata del suo quarto giorno di lavoro, Elenor sentì
il
proprio cellulare nella tasca vibrare. Si trattava di un sms e quando
lesse il mittente sorrise eccitata. A Nicole, che era al suo fianco a
pulire il bancone, non sfuggì quel sorrisino beato e non si
lasciò
scappare l'occasione per divertirsi un po'. Diede una gomitata
d'intesa ad Eleanor e ridacchiò:
“Chi
è ?” le chiese con tono canzonatorio.
“
...ehm... nessuno.”
“Ah
si? Nessuno? Che strano nome! E' straniero, vero? Adoro i ragazzi
stranieri!”
Eleanor
scoppiò a ridere: “Nicole, piantala di dire
scemenze!”
La
bionda le fece eco con le risate, ma le lasciò comunque un
po' di
privacy. Eleanor aprì il messaggio e cercò di non
mettersi a
saltellare per il locale dalla gioia non appena lesse il contenuto.
Domani
sera sarò a
casa! Scusa se non ho chiamato ultimamente ma sono successe tante
cose. Ti racconterò tutto!
Ti
amo, Rock.
Rilesse
quelle parole per un numero imprecisato di volte, soprattutto le
ultime tre. Stava per tornare. Ancora 24 ore e avrebbe potuto
riabbracciarlo. Dio, le sembrava trascorso un secolo, mentre in
realtà non era passato nemmeno un mese. Si
dimenticò anche di Rap.
Nella sua mente adesso, c'era solo Rock. Il suo viso, i suoi baci, le
sue carezze... tutto! Promise a sé stessa che mai
più l'avrebbe
fatto allontanare da lei.
Ancora
un giorno. Un giorno soltanto e avrebbe potuto riaverlo tutto per
sé... fare di nuovo l'amore con lui...
“Sta
arrossendo, signorina Eleanor!” la prese in giro Nicole.
“Il
Signor Nessuno le ha forse detto qualcosa di poco ortodosso?”
Eleanor
le diede un buffetto su una spalla, imbarazzata: “E
piantala!”
Nicole
scoppiò nuovamente a ridere, ma venne interrotta da Amber
che
apparve armata di secchio e bastone. Poveretta, avrebbe avuto il suo
bel da fare con quel pavimento. Aveva piovuto per tutto il giorno e i
clienti si erano guardati bene dal pulirsi le suole delle scarpe
sullo zerbino all'ingresso :
“Hei voi due! La finite di
ocheggiare
?” Eleanor non era certa che il termine ocheggiare
esistesse
davvero, ma il significato era più che ovvio. Amber non
amava molto
sentirle ridacchiare. “Non siamo in pollaio!”
Loro
due non se la presero. Amber era fatta così! Non lo diceva
con
cattiveria, le piaceva solo fare la parte della ragazza seria e
matura. Il più delle volte ci riusciva, anche se ogni tanto
pure
lei cedeva al suo lato ocheggiante …
“Scusi
Generale!” la provocò sua sorella, senza
però ottenere risposta.
“Eleanor,”
la chiamò Amber “Mamma dice che puoi pure andare a
casa. Chiudiamo
noi!”
“Sicura?”
“Si
si, tranquilla!”
“Va
bene, grazie!”
Eleanor
andò sul retro del locale, nello stanzino dove lei e le
altre si
cambiavano. Si stava mettendo il giubbotto quando le due sorelle si
affacciarono sulla porta e la fissarono con un'aria furbetta che a
lei non piacque per niente. Le fissò confusa:
“Che
c'è?”
Loro
due si scambiarono degli sguardi complici.
“Ti
sei dimenticata di dirci qualcosa, per caso?” fece Amber,
davvero
molto lontana dalla sua aria da dura.
Eleanor
alzò le spalle : “Non mi pare.”
Nicole
le si avvicinò fino a trovarsi ad un palmo dal suo naso :
“Non
fare la furba. Ci avevi detto che il tuo ragazzo era via!”
“Infatti
è così!”
“Allora
chi è quel tipo appostato qua fuori che continua a sbirciare
dentro
?”
Eleanor
sgranò gli occhi e si perse un battito. Forse il messaggio
di Rock
era uno scherzo. Forse, lui era già tornato e le aveva fatto
una
sorpresa. Si, doveva essere così!
Senza
badare alle altre due, afferrò la sua immancabile borsa nera
e si
precipitò verso l'uscita. Loro la inseguirono ridacchiando
in modo
molto, molto, molto ocheggiante.
“E'
il Signor Nessuno! E' lui! Oh, ti prego fammelo conoscere!”
fece
Nicole tra le risa.
Arrivata
davanti alla porta vetri però, Eleanor si fermò e
una grande
delusione l'assalì. Fuori, sul marciapiede, non c'era il suo
Rock,
bensì Rap. Stava appoggiato ad un lampione, proteggendosi
dalla
pioggia con un ombrello. In mano ne reggeva un altro, chiuso.
Sei
venuto a
prendermi?
Doveva
ammettere che quel gesto le fece un piacere immenso. Non si era
portata dietro l'ombrello e avrebbe rischiato di tornare a casa
fradicia. D'accordo che le piaceva la pioggia, ma quella sera ce
n'era troppa anche per i suoi standard.
“Quello
non è il mio ragazzo!” riferì alle
altre ragazze.
“Non
è il signor Nessuno?”
“No.
E' solo ...” Cosa? Che cosa è lui? “...
è solo un mio
amico.” decise infine.
Amber
sbuffò:” Uff... tanta agitazione per
nulla.” e sparì in cucina.
“Aaah,
che delusione!” si lamentò Nicole.
Non
appena la vide, Rap si avvicinò e lei aprì la
porta.
“Quanto
cavolo ci hai messo?” esordì lui, facendola
inevitabilmente
arrabbiare.
“Scusa
tanto sai!? Non sapevo nemmeno che avessi in progetto di venire! La
prossima volta, magari, avvertimi così non ti
farò perdere tempo!”
Si
fissarono in cagnesco per qualche istante, finchè si resero
entrambi
conto che si stavano finalmente rivolgendo la parola di nuovo.
“...Scusa!”
esclamarono all'unisono.
Nicole
rise all'interno del locale. Eleanor si voltò e la
fulminò con lo
sguardo, ma lei non si lasciò intimorire e si
avvicinò.
“Ciao.”
lo salutò senza alcun imbarazzo. Eleanor invidiava quella
sua totale
mancanza di timidezza. “Io sono Nicole. Scusa tutto questo
trambusto ma pensavamo che tu fossi il Signor Nessuno. Vuoi entrare
un attimo? Fuori fa un freddo cane!”
“Nicole,
non rimbambirlo con le tue chiacchiere. Lo spaventi!” le
urlò
dietro Amber, dalla cucina.
La
ragazza bionda fece strada dirigendosi verso il bancone del bar. Rap
lanciò un'occhiata stralunata ad Elenor : “Il
Signor Nessuno?”
Eleanor
le fece segno di lasciare perdere e lo trascinò dentro. Rap
si
sedette in uno degli sgabelli davanti al bancone ed Eleanor fece lo
stesso.
“Vuoi
qualcosa?” chiese Nicole, rivolta a Rap “Offre la
casa!”
Rap
inarcò le sopracciglia e la fissò per qualche
istante. Capì da
solo che l'unico modo per liberarsi di lei era assecondarla.
“Una
birra, grazie!”
Nicole
strinse gli occhi e lo studiò attentamente.
“Cosa
c'è?” chiese Rap sempre più
sconcertanto
“Sei
maggiorenne, vero!?”
Eleanor
si trattenne dal darsi una pacca sulla fronte, esasperata.
“SI, Nicole!”
esclamò scocciata “E' maggiorenne!”
“Hei,
è mio dovere domandarlo!” si difese la biondina
“Anzi, il fatto
di non chiedergli i documenti va considerato come un trattamento di
favore!”
“Beh,
allora mi posso ritenere onorato!” disse Rap, stando al
gioco.
Nicole
si mise a trafficare tra gli scaffali e pochi secondi dopo gli verso
da bere. “Scusami, come hai detto che ti chiami?”
chiese poi.
Eleanor
s'immobilizzò.
“Non
l'ho detto!” rispose lui, tranquillo.
Proprio
in quel momento tornò Amber, visibilmente alterata,
brandendo una
spazzola per i piatti in mano :”Maledizione Nicole! Ti sembra
di
aver pulito come si deve la friggitrice!? Se la vede la mamma te la
fa pulire con la lingua!”
Nicole
sbuffò e le rispose a tono, ma Eleanor non la
sentì nemmeno. La sua
attenzione venne catturata da Rap che, all'ingresso di Amber, si era
improvvisamente alzato in piedi fissandola incredulo, senza nemmeno
respirare.
“Rap...”
lo chiamò sottovoce. “... Che ti
prende?”
Anche
le due sorelle si accorsero del suo strano comportamento e lo
fissarono a loro volta. Fu a quel punto che Amber lasciò
cadere la
spazzola e smise di respirare pure lei..
Il
ragazzo deglutì un paio di volte prima di ritrovare la forza
per
parlare : “ … A – Amber...”
mormorò con voce spezzata.
“Vi
conoscete?” domandarono in coro Eleanor e Nicole.
Nessuno
dei due parve udirle. Erano troppo impegnati a scrutarsi. Amber si
avvicinò di qualche passo per guardarlo meglio. Si
portò le mani
alla bocca e il suo corpo venne scosso da singhiozzi che stava
tentando in ogni modo di trattenere.
“Oh
mio Dio...” fece flebilmente, passandosi una mano fra i
capelli e
tremando dall'agitazione. “ … Lucas!”
***
Et voilà! Le
chapitre est cet ci! mmmm.... la mia prof di francese avrebbe
qualcosa da ridire su sta frase ^^'
Comunque, come vi ho detto, se vi ricordate la parte riguardante il
passato di Rap avrete senz'altro capito chi è Amber e cosa
la lega a Rap... altrimenti, beh andatevi a rileggere il capitolo 19 o
aspettate domenica prossima quando aggiornerò ^-^
uahuahuahuah! ...
Che ne dite del nome di Rap?? Personalmente è un nome che
adoro *_*, ma magari non siete dello stesso avviso.
Rispondiamo alle recensioni del capitolo 21
MakyMay: in tutta
franchezza preferirei venire uccisa lentamente da un bel vampirozzo....
U.U è uno delle mie perversioni, se così la
possiamo definire. Cmq, ma come potrei dimenticarmi di te??? Purtroppo
per te il nome non era Tobby, ma ti prometto che lo
userò per qualcuno o qualcosa.... =) alla prossima
Piccola Ketty:
Oddio, ma grazie!! Troppo, troppo buona! ^///^ Sono contenta che la
storia piaccia... hei ma la sai una cosa??? Come al solito, ogni volta
che arriva un recensore nuovo io mi sento obbligata a farmi gli affari
suoi sul suo profilo ed ho fatto una scoperta incredibile!! ABITIAMO
NELLA STESSA CITTA'''!!! Sei zeneize come me, carissima!!! XD Che
bello! eheheh, ora sei obbligata a recensire ogni capitolo che
scriverò altrimenti vengo a cercarti MWUAHAUAUAUAU!!! No
scherzo ^^.
Black S o u l
: Ti sei innamorata di
Rap??? Dovrai sgomitare per averlo, temo ^^. Spero di non averlo fatto
cadere troppo nel sentimentalismo... ma gli ci voleva un attimo di
dolcezza a sto ragazzo. E cmq, NON FARMI VENIRE STRANE IDEE!!! Hai
detto di avere paura che non tutti arriveranno alla fine della storia!
Io non ci avevo minimamente pensato... ma ora.... ci sono certe idee
che mi stanno stuzzicando!! Ragazze!!!! Se uno dei pg principali muore
è colpa di Black S o u l __ !!! XD
__Yuki__
: Grassssssie cara! Non preoccuparti! Anche una recensione piccolina va
bene! =) Mi carica lo stesso!
Mana chan
: lo so lo so.... mi starai uccidendo col pensiero. Voglio
tranquillizzarti però.... non darò tempo al
triangolo di formarsi. Farò succedere tante beeeeelle cose
(ossia tragiche mwuauauauauau) che distrarranno troppo i nostri
ragassuoli! Il nome era quello di Rap. Ma fra poco
rivelerò quello di Rock! Non manca tanto ! Sei sempre in
tempo ad indovinare=)
giulietta cullen
: la risposta di ELeanor c'è stata come hai visto.... beh,
si ha peggiorato un po' la situazione ma è pur sempre
un'adolescente vittima degli ormoni sù! Ha il diritto di
fare qualche pazzia no?? ......ok, no! ehehehe ! Far ripetere
la storia??? Beh, gli elementi ci sono tutti ...chissà!
MWUAUAUAUAUAUAU! =)
Black Lolita:
E adesso la coppia Rap/Eleanor ti starà piacendo ancora di
più immagino.... o forse no?!! Magari la parte su Rock ti ha
fatto tornare dalla sua parte!??? MWUAUAUAUA fammi sapere carissima!
Oddio mi hai fatto morire!!!!! XD "Il corpo imbalsamato di Marika"
ahahahahahaha, mi chiedo come abbia fatto a non pensarci io!!! Sei un
genio!!!! XD
Ok, ragazze! E' tutto! Ci vediamo la settimana prossima! =)
Stavolta non vi faccio spoiler perchè il prox capitolo mi
condurrà alla morte, già lo so
ç__ç . E già, sarà un
capitolo leggermente....ma giusto LEGGERMENTE, triste. ^^
Però ho l'intenzione (per ora ....) di concludere con un
lieto fine. QUindi contate fino a 10 prima di mandarmi accidenti e
malocchi vari!
Alla prossima ^_^
Ayleen
PS
Qualcuna di voi sta su facebook?!?!?!? Io ci sono! Se volete
aggiungermi mi fa solo paicere =) Cercate "Chiara Verardi" Basta che sulla
richiesta scriviate che siete di efp, ooooook!?!?
Ciao ciao
|
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Capitolo 23 *** Da lontano ***
Buongiorno a tutti! Prima che mi
investiate, sappiate che il capitolo era già pronto ieri
mattina. Ho provato per tutto il giorno ad aggiornare, ma l'html mi
dava dei problemi.... ho provato di tutto, ma niente! Non voleva
proprio collaborare =( boh!
Comunque, l'altra volta vi avevo
promesso un capitolo triste.... e invece no! L'ho fatto slittare al
prossimo... dire che sono lunatica è un eufemismo XD !
QUesto è un capitoletto di transizione, diciamo. Dovevo
sistemare le cose tra Rap e Amber, confondere ancora un po' Eleanor,
torturare Rap, far tornare Rock ecc.. ecc... ! Spero non lo troviate
noioso ^^'
Ci vediamo alla fine! Bye
PS
scusate per eventuali
errori di battitura. Non ho ancora risolto il problema con la
correzione automatica che si è licenziata dal mio pc
ç_ç
CAPITOLO
VENTITRE
Da
lontano
Incredibile
quanti rumori potevano essere uditi quando tutti tacevano
all'improvviso. Eleanor non aveva mai fatto caso al ronzio dei
frigoriferi, al fragore dei piatti in lavastoviglie, alle auto che
sfrecciavano in strada, allo scrosciare della pioggia sui vetri, ai
bicchieri e alle bottiglie che tintinnavano leggermente quando
davanti al locale passava un autobus... Rumori in genere occultati
dalle loro voci. Adesso invece, sentiva muoversi ogni cosa che non
fosse viva; fatta eccezione per i loro respiri, due dei quali
risultavano più concitati ed affannati degli altri.
Rap e
Amber si fissavano senza osare proferire parola. Sui loro volti era
visibile ogni tipo di emozione: incredulità,
felicità, sgomento,
paura, rabbia, tristezza, gioia... tutto! La ragazza piangeva
silenziosamente, lui si era come pietrificato.
“Ragazzi....”
irruppè flebilmente Eleanor “... che sta
succedendo?”
Le
labbra di Rap tremarono appena : “....è mia
sorella.”
“Cosa?!”
esclamarono insieme Eleanor e Nicole, trapassandolo con lo sguardo.
“Dio
mio …” esordì Amber, accennando qualche
passo verso di lui, fino
a trovarselo proprio di fronte. “...ma guardati! Sei... sei
più
alto di me!”
A
quella constatazione sorrisero entrambi.
“Aspettate
un attimo!” fece Eleanor, cercando di mettere ordine nella
sua
testa “ Ma se Amber è tua sorella, allora anche
Nicole...”
“No.”
rispose la ragazza bionda. “Io e Amber non siamo sorelle di
sangue. Mamma l'ha adottata tanti anni fa...”
“
Tredici anni fa.” puntualizzò Amber
Rap
lanciò uno sguardo ad Eleanor. Leggendo confusione sul suo
viso,
cominciò a spiegare : “Io e Amber siamo finiti in
Istituto dopo
che... beh, non importa come ci siamo finiti! Pochi mesi dopo Amber
è
stata adottata... io invece no! E' da allora che non ci
vediamo.”
Eleanor
non osò più aprire bocca. Non aveva mai saputo
nulla su Rap, nulla
che riguardasse la sua vita prima dell'entrata in scena di Marika.
Rock le aveva accennato che il padre di Rap era un tipo violento, ma
nulla più. Era stata proprio lei a non voler sapere altro.
Ed ora,
il passato di Rap stava venendo a galla proprio davanti ai suoi
occhi.... anzi, non il passato di Rap. Il passato di Lucas!
Ecco
qual era il suo nome. Si ritrovò a sorridere come un'idiota.
Per quanto tempo aveva fantasticato su quale potesse essere il vero
nome di Rap?
Assistere
al ricongiungimento di due fratelli era uno spettacolo raro e
commovente, ma lei e Nicole non c'entravano nulla in tutto questo.
Eleanor
lanciò uno sguardo a Nicole prima di dire :
“Immagino abbiate
molto di cui parlare. Vi lasciamo un po' da soli …
“
Si
stupì davvero nel vedere l'occhiata carica di panico che le
indirizzò Rap, ciò nonostante non si
lasciò intenerire. Doveva
chiarirsi da solo con Amber, quindi afferrò Nicole per un
braccio e
la trascinò sul retro.
***
Tredici
anni.
Tredici
infiniti anni erano trascorsi dall'ultima volta che aveva guardato
Amber negli occhi e ora, eccola di nuovo di fronte a lui. La
prospettiva era cambiata. Ora la poteva osservare dall'alto in basso,
cosa che mai avrebbe creduto possibile.
Gli
tornò alla mente l'ultimo ricordo che aveva di loro due
insieme: lei
con un borsone stretto in mano, lui immobile in mezzo ad un corridoio
con le guance bagnate, un frettoloso abbraccio e la promessa di un
ritorno …
Per
quanto tempo l'aveva aspettata? Per quanto poi l'aveva cercata, una
volta uscito dall'istituto? Alla fine si era convinto che si fosse
scordata di lui e aveva rinunciato.
Un
singhiozzo lo riportò al presente. Amber era scoppiata di
nuovo in
lacrime. Anche l'ultima volta che si erano visti stava piangendo, ma
questa volta era lui ad essere impassibile. Non sapeva nemmeno come
reagire all'aver ritrovato la sua unica sorella. Non era preparato a
vivere un'esperienza simile, non sapeva se avrebbe dovuto esserne
felice o rammaricato. In fondo lei lo aveva abbandonato. Gli aveva
promesso che sarebbe tornata a prenderlo, lasciandolo annegare in
vane speranze per anni. Gli aveva mentito! Per quale motivo avrebbe
dovuto essere felice di averla ritrovata?
Amber
lo abbracciò d'un tratto, senza mai smettere di piangere
:
“Oh,
Lucas...” singhiozzò contro la sua spalla
“...mi dispiace.
Sapessi quanto mi dispiace! Io ho provato a tornare da te... devi
credermi!”
Voleva
dire qualcosa, davvero! Ma le parole erano come incastrate nella sua
gola... e il suo corpo non sembrava voler rispondere a
quell'abbraccio. Si sentì meschino, ma anche soddisfatto. La
sua
parte vendicativa godeva di quell'indifferenza , eppure quel forte
legame che li aveva uniti quando erano piccoli, spingeva e
punzecchiava insistentemente sul suo cuore. Come poteva ignorarla?
Come?
Gli
anni della sua infanzia presero a passargli davanti agli occhi, come
un film. Era lei che lo vestiva e gli preparava da mangiare, era lei
che lo aspettava all'uscita da scuola, sempre lei che gli permetteva
di dormire nel suo letto quando i loro genitori litigavano
furiosamente nella stanza accanto. Ed era stata proprio Amber a
prendersi le botte al posto suo, il giorno che il loro padre aveva
deciso di riversare la sua rabbia anche sui figli oltre che sulla
moglie...
Gli
aveva fatto da mamma oltre che da sorella. Come poteva fare finta che
non gli importasse? No, non poteva.
Decise
di dimenticarsi del suo orgoglio, della frustrazione che aveva
accumulato ogni giorno trascorso all'istituto in attesa di un suo
ritorno. Lei ora era lì. Cosa importava tutto il resto?
La
abbracciò più stretta che potè, per
paura che potesse dissolversi
nel nulla.
“E'
tutto ok...” mormorò, in un vago tentativo di
farla smettere di
piangere.
Era sempre stato il contrario. Era lei in
genere che
consolava lui. Quello scambio di ruoli lo stava scombussolando.
Ci
volle qualche minuto perchè lei si calmasse. Una volta che i
suoi
occhi furono asciutti, si staccò dal fratello e lo
trascinò verso
uno dei tavoli. Si sedettero uno di fronte all'altra:
“Devi
raccontarmi tutto!”
“Tutto
cosa?”
“Tutto
ciò che hai combinato in questi anni. Voglio sapere ogni
cosa, anche
il dettaglio più insignificante!”
Rap si mise inevitabilmente
sulla difensiva. No, non poteva dirle proprio tutto. Era fuori
questione.
“Ti
annoieresti e basta.” disse, cercando di apparire il
più
tranquillo possibile.
“No
invece. Ho passato ogni giorno a chiedermi cosa tu stessi facendo. Ti
prego...”
Non era capace di dirle di no, ma era
consapevole che
non avrebbe mai trovato il coraggio di raccontarle quegli spiacevoli
aneddoti che avevano reso la sua vita degli ultimi anni un vero
inferno.
Omettere
la verità
può essere considerato mentire?
Preferì
non cercare una risposta.
Vedendolo
in difficoltà, Amber andò in suo soccorso.
“Sei
stato adottato?” lo chiese con una certa sicurezza. Sembrava
davvero convinta che anche lui avesse trovato una nuova famiglia
degna di questo nome.
Piuttosto
semplice come prima domanda: “...no.”
La
delusione le sfigurò il volto sorridente: “No...?
“
“Beh....
diciamo che non avevo esattamente l'aspetto del bimbo tenero e carino
bisognoso di affetto. Non piacevo molto alle coppie che venivano a
visitare l'orfanotrofio... ero sempre arrabbiato, nervoso...”
Rivide
le lacrime affacciarsi nuovamente dai suoi occhi, quindi si
affrettò
a tranquillizzarla: “Ma non mi è dispiaciuto! Non
volevo una nuova
famiglia. Stavo bene così, sul serio... Poi avevo trovato il
modo
per uscire di nascosto e me ne andavo sempre in giro. Mi sono divertito
in fondo...”
“...e
cosa hai fatto una volta uscito?”
Rap,
tornò sulla difensiva. Maledizione! Non le andava di
mentirle, ma
cos'altro avrebbe potuto fare?
“Nulla
di particolare. Mi sono trovato un lavoro e un appartemento dove
stare.”
“Da
solo?”
“...con...
con due amici.” Non avrebbe detto altro. Non avrebbe parlato
di
quel periodo, di quando lui, Marika e Rock avevano vissuto assieme.
No... non l'avrebbe fatto. Nemmeno sotto tortura. Per evitare che lei
facesse altre domande, continuò a parlare “Ma ora,
ci siamo
spostati. Abitiamo in periferia, assieme ad Eleanor ed altri due
ragazzi. Ce la caviamo abbastanza bene... “
“Hai
una ragazza?” Cavolo, non ricordava che Amber fosse
così
petulante, anche se da piccola non aveva avuto molte occasioni per
dimostrarlo...
“...l'avevo.
“ Pessima scelta di parole. Questo avrebbe portato ad
ulteriori
domande inopportune.
SI
aspettava infatti che Amber cominciasse a chiedergli di lei, come si
chiamasse, perchè si fossero lasciati, ma invece non
accadde. Lei
gli sorrise comprensiva e mise in bella vista il dorso della sua mano
destra, dove faceva mostra di sé un anello d'argento con
incastonati
tre piccoli brillanti.
“Guarda
un po' qui!” esclamò entusiasta.
Rap
non capì subito, ma alla fine i neuroni tornarono a
vorticargli in
testa :” E'... è un anello di fidanzamento
quello?”
Amber
annuì sorridendo da orecchio a orecchio : “Si!
Indovinato! Mi
sposo a settembre!”
...Cazzo!
“....cosa?”
gli sfuggì inevitabilmente dalle labbra aperte dallo stupore.
“Ho
detto che mi sposo, Lucas! Non sei felice per me?”
Felice?
Era felice ? Difficile a dirsi.
“I-io...
non lo so. Insomma...non so nemmeno chi sia lui...”
“Si
chiama Samuel e fa il giornalista.” Comiciò a
spiegargli lei. “E'
sempre via per lavoro, ma ha promesso che dopo sposati non
farà più
l'inviato in giro per il mondo. Resterà alla redazione del
giornale
e ogni sera sarà a casa con me! Appena torna te lo
farò conoscere!”
Non
potè fare a meno di notare il luccichio che le ravvivava gli
occhi.
Sembrava così orgogliosa di questo Samuel... così
devota a lui.
Eppure, Rap non poteva fare a meno di preoccuparsi. Ricordava fin
troppo bene la stessa devozione riflessa nello sguardo di sua
madre...
“Sei
certa di quello che fai, Amber?” domandò serio
Lei
si accigliò: “...Certo! Lucas, lui è
tutto quello che voglio.
Perchè me lo chiedi?“
“E
lo conosci abbastanza da essere sicura di voler passare il resto
della tua vita con lui? Conosci ogni sfumatura del suo
carattere...?”
A
quel punto, lei capì. Allungò una mano, fino a
coprire la sua,
abbandonata sul tavolo e gli sorrise rassicurante: “Lucas...
“ lo
chiamò dolcemente “...Lui non è come
papà.”
“Si
beh... scommetto che anche mamma la pensava così!”
“Te
lo dico io. Lui è gentile con me. Non ha mai alzato la voce,
né
tantomeno le mani. Quando è arrabbiato si limita a sbattere
la porta
e andare a fare quattro passi, poi torna e viene a chiedermi scusa.
Non beve, perchè è astemio e dice che vuole una
casa piena di
bambini...”
Rap
si lasciò sfuggire un sorrisino sarcastico: “Ma
dai! Sembra finto
da quanto è perfetto!”
“Oh,
non è perfetto! Per niente. E' disordinato, non gli piace
uscire la
sera, mi costringe sempre a vedere film pieni di sangue e gente
brutalmente assassinata, pretende che io conosca alla perfezione ogni
regola di ogni sport esistente, è un vero incapace in cucina
ed
infine, è decisamente tirchio! Va meglio
così?”
Rap
ci pensò su un attimo. “...in effetti
così sembra più umano.”
Amber
ridacchiò, per poi tornare seria: “Lucas,
ascolta... ho avuto il
terrore degli uomini fino alla fine del liceo. Li evitavo come se
avessero la peste. Nella mia scuola aveva pure cominciato a girare la
voce che fossi lesbica e io non ho fatto nulla per difendermi,
gliel'ho lasciato credere di proposito. I primi tempi avevo chiesto
ad Annie, la mia mamma adottiva, di iscrivermi ad una scuola
femminile, ma lei non poteva permettersi la retta di una scuola
privata, così ho tenuto duro e ce l'ho fatta. Non posso
temere gli
uomini per sempre... non sono tutti come papà, grazie al
cielo.
Samuel non lo è, mi devi credere!”
Rap
voleva crederle... davvero! Eppure non riusciva a fidarsi ciecamente
di questo fantomatico Samuel. In fondo era un estraneo, magari la sua
era apparenza. Anche suo padre era stato buono per i primi anni, ma
poi era cambiato. Così, di colpo, senza preavviso.
Però,
non se la sentiva di rovinare la gioia di Amber. Si promise
semplicemente che l'avrebbe difesa ad ogni costo se questo Samuel si
fosse dimostrato prepotente e irascibile anche solo per un secondo.
Quasi si spaventò di quel pensiero, ma era pronto a far
fuori pure
lui se solo avesse osato farle del male.
“Ti
credo.” le disse.
Lei
gli sorrise amabilmente: “Grazie.”
“E'
solo che...”
“Cosa?”
“Andiamo!
L'ultima volta che ti ho vista portavi le trecce e avevi le
lentiggini, e adesso mi dici candidamente che stai per sposarti? E'
allucinante!”
Amber
lo fissò accigliata per qualche istante, poi
scoppiò a ridere.
“Non
c'è proprio nulla da ridere!”
“Scusami.
In effetti non hai tutti i torti! E io allora? Prima dovevo
inginocchiarmi per guardarti negli occhi e ora sei tu a doverti
abbassare!”
Risero
entrambi per qualche sfuggevole istante, poi Rap lanciò
un'occhiata
all'orologio appeso al muro. Era molto tardi.
“Devo andare adesso.”
“Oh
no, per favore! Parliamo ancora! Ho così tante cose da
dirti, e da
chiederti! Non te ne andare.”
“Devo
portare a casa Eleanor.”
“Ma
scusa, non la sa la strada?”
“Non
la lascio girare da sola a quest'ora di notte.” le
spiegò lui,
alzandosi in piedi.
Amber
si colpì la fronte, dandosi della stupida: “Si,
giusto. Però
domani torni vero? “
Ma
che domanda era? Ovvio che sarebbe tornato. Come poteva pensare il
contrario?
“Ma
si, certo!”
Amber
lo abbracciò di nuovo, ancora una volta i suoi occhi
lasciarono
sgorgare qualche lacrima: “Ancora non ci credo che sei qui...
“mormorò felice.
Sapendo
che lei non avrebbe potuto vederlo, anche Rap sorrise:
“Nemmeno
io...”
***
“Non
mi avevi detto di avere una sorella.” esclamò
Eleanor sulla soglia
della stanzetta di Haylie. Rap, sdraiato sul divano, si
voltò
appena, per poi sbuffare.
“Una
volta questa camera era a mio uso esclusivo! Sarà il caso
che faccia
fare una chiave...”
“Piantala!”
Rap
sospirò senza dire nulla. Nessuno dei due aveva parlato
mentre erano
tornati a casa, la sera prima. Per certi versi era assurdo. Di cose
da dire e da spiegare ce ne sarebbero state davvero tante. Eleanor
era stata davvero brava a resistere così tanto senza fargli
domande.
Rap era fiero di lei.
“Perchè
mai avrei dovuto parlartene? Non la vedevo né sentivo da un
sacco di
anni... mi ero quasi dimenticato di lei.”
Eleanor
s'inginocchiò accanto al divano: “Tu non
dimentichi mai niente.”
Rap
sorrise : “E' davvero frustrante non riuscire più
a fregarti!”
Eleanor
lo guardò vittoriosa e gli fece la linguaccia, lui
alzò gli occhi
al cielo e cominciò a raccontare: “La
farò breve. Quando avevo
cinque anni, l'azienda per la quale mio padre lavorava
fallì. Lui
perse il lavoro, cadde in una pesante depressione e si diede
all'alcool. Maltrattava mia madre e poi cominciò a mettere
le mani
addosso anche a noi. La cosa andò avanti per anni,
finchè anche mia
madre cominciò a bere. Era Amber a prendersi cura di me. Se
non
fosse stato per lei io sarei...beh, morto di fame probabilmente, o
chissà che altro. “
Rap
provò a ignorare il fatto che il respiro di Eleanor gli
stava
solleticando senza volere l'orecchio, visto che i loro visi erano
alla stessa altezza. Si concentrò sul racconto.
“Poi
un giorno, mia madre non ce la fece più e si difese dalle
botte di
mio padre con un coltello da cucina. Lui morì, lei venne
internata e
noi due finimmo all'istituto. Pochi mesi dopo, Amber venne adottata,
io invece no! Ecco tutto!”
Eleanor
non fece commenti, ma Rap la sentì chiaramente trattenere il
fiato
più di una volta. Mentalmente, la ringraziò per
non aver detto la
consueta frase di rito “mi dispiace tanto”. L'aveva
sentita fino
ad averne la nausea, e l'ultima cosa che voleva era la sua
pietà.
Ragion per cui, l'adorò ancora di più quando lei
cambiò totalmente discorso.
“E
così... ti chiami Lucas, eh?!” lo chiese
ridacchiando
sommessamente.
“Così
risulta dal mio certificato di nascita!” fece lui, pacato.
“Mi
piace. Ti sta bene!”
“E'
solo un nome, Eleanor...”
“E'
il tuo nome! E' importante. “
“Gli
animali non hanno l'usanza di darsi nomi e mi pare vivano lo stesso
in pace e armonia col mondo.”
Eleanor
scoppiò a ridere: “Ma loro non parlano. Non
possono chiamarsi come
facciano noi.”
“Uff...
quanto sei precisina!”
Le
risate della ragazza si intensificarono: “Rassegnati, d'ora
in
avanti ti chiamerò Lucas!”
L'occhiataccia
che seguì la fece pentire di aver aperto bocca.
“No!”
esclamò Rap, severo
“...perchè?”
“Mio
padre ha scelto quel nome per me... io non lo voglio. Non voglio
niente di suo. Devo già convivere con il fatto di
somigliargli ogni
volta che mi guardo allo specchio! Preferisco essere chiamato con uno
stupido e ridicolo nomignolo, piuttosto che con il nome che
lui ha scelto! Chiaro?”
Eleanor
non potè recriminare di fronte a tanta rabbia repressa.
“D'accordo...Rap!”
Lui
parve tranquillizzarsi e tornò a fissare il soffitto.
“Non
è incredibile?” fece Eleanor all'improvviso,
tornata allegra.
“Che
cosa?”
“Il
fatto che tra tutti i posti in cui avrei potuto trovare lavoro, tra
tutte le persone che avrei potuto conoscere, la mia strada si sia
incrociata proprio con quella di tua sorella?”
Ha
del miracoloso...
Possibile
che gli toccasse ringraziarla ancora una volta? Quella ragazzina era
un vero e proprio angelo. Nemmeno se ne rendeva conto, probabilmente.
Gli aveva fatto dimenticare Marika, lo aveva fatto innamorare di
nuovo quando si era ripromesso di non cadere più nella
trappola
dell'amore, gli aveva ricordato quanto divertente e liberatorio fosse
ridere, aveva ritrovato Amber... cos'altro avrebbe potuto fare?
Aprire le ali e mettersi a svolazzare per la stanza?
Tutto
ciò che si sentì di fare fu darle un buffetto
sulla fronte :”Tu...
“ le disse serio “... Tu sei incredibile!”
***
Eleanor
continuava a guardare l'orologio. Mancava poco alla chiusura e ogni
minuto che passata, ogni secondo scandito da quell'arnese malefico,
la faceva andare sempre più in fibrillazione. Nicole
ridacchiava nel
vederla così su di giri.
“Attenta
a non fluttuare, Eleanor!”
“Ci
sto provando!”
Ma
era difficile. Terribilmente difficile! Rock sarebbe tornato entro
un'oretta. Come poteva starsene tranquilla.
Respira,
Eleanor! Non
fare la ragazzina... sanno tutti che lo sei, ma non è una
buona
scusa per darlo a vedere in modo così plateale.
“Non
ti fanno una certa tenerezza?” chiese Nicole, d'un tratto
indicando
Amber e Rap con un cenno del capo.
Si,
aveva ragione. Erano davvero teneri. Non si erano separati un attimo
per tutto il giorno. E avevano parlato, parlato, parlato e ancora
parlato! Sembravano così felici.
Eleanor
era davvero lieta di vedere Rap così contento. Era uno
spettacolo
più unico che raro. Amber le aveva fatto conoscere la sua
madre
adottiva, Annie. Eleanor adorava quella donna. Era di una dolcezza
infinita, non negava un sorriso mai a nessuno. Non era difficile
immaginare il perchè le sue due figlie le fossero
così affezionate.
“Sono
proprio felice per loro. Per Rap soprattutto.... se la merita un po'
di serenità!”
Nicole
la fissò stranita : “...Rap?”
“Ehm,
volevo dire Lucas!” si corresse subito.
Dopo
circa mezzora, il locale si svuotò e i nervi di Eleanor
erano sempre
più in subbuglio. Di nuovo, cominciò a torturare
l'orologio con le
sue occhiatacce.
“Eleanor!”
la voce di Rap la fece sussultare. “Non è mandando
occhiate
omicide all'orologio che farai passare il tempo più
velocemente!”
Lei
fece finita di non averlo sentito e andò a cambiarsi tutta
impettita. Sentì la risata di Rap raggiungerla e non
potè fare a
meno di sorridere mentalmente anche lei. Cominiciava a piacerle quel
suo nuovo lato così allegro.
Una
volta cambiata, andò a salutare le ragazze. Le
trovò sedute assieme
a Rap dal bancone del bar. Nicole pareva divertirsi un mondo. Beh...
non che ci volesse molto a farla divertire.
“Io
vado, ragazzi.” li avvisò.
“Stasera
ti lascio in pace, ma domani voglio conoscere il Signor Nessuno! Me
l'hai promesso!” si premunì di ricordarle Nicole,
con aria
minacciosa.
“D'accordo.”
Salutò
Amber con la mano e lei ricambiò sorridendo. Poi si rivolse
a Rap.
Per qualche motivo si era fatto triste di colpo.
“Io
resto ancora un po'. Ci vediamo a casa.” le disse, cercando
di
apparire sereno. Ma non lo era. Non lo era per niente. Eleanor aveva
imparato a riconoscere le sue più svariate espressioni.
“Salutami
Rock.”
Fu
come ricevere una doccia gelata, un pugno nello stomaco. Ecco
spiegato l'arcano: Rock. Era piuttosto ovvio in effetti. Rap stava
male ad immaginare che si sarebbero rivisti di lì a poco.
Sarebbe
potuta essere una giornata splendida per lui, ma lei gliel'aveva
distrutta.
Ecco
fatto! Mi sono
rovinata la serata e l'ho rovinata a lui!
“Lo
farò.” disse semplicemente, prima di vederlo
voltarsi verso le due
ragazze. Ripresero a chiacchierare come niente fosse ed Eleanor,
quasi in punta di piedi, si diresse verso l'uscita.
***
Le
faceva uno strano e spiacevole effetto stare appoggiata al muro di
quel palazzo. Riportava alla mente tristi ricordi. Ogni volta che una
macchina le sfrecciava davanti, lei si immobilizzava dalla paura.
Stai
calma, Eleanor.
Hai chiuso con quella vita!
Se lo
ripetè svariate volte, fino a tranquillizzarsi del tutto e
convincersi che nessuna auto si sarebbe più fermata per
invitarla ad
entrare.
Abbandonò
la testa contro la parete e chiuse gli occhi, cercando di
rilassarsi.Tentativo pressochè inutile, quindi
cominciò a camminare
avanti e indietro con fare nervoso.
Poi, dei passi leggeri, un paio
di braccia che l'avvolgevano da dietro, delle labbra che le
sfioravano l'orecchio e una voce fin troppo familiare le fecero
toccare il cielo con un dito.
“Aspetta
qualcuno, signorina?”
Eleanor
si voltò all'istante, con il cuore che batteva all'impazzata
e con
il timore che le potesse esplodere, incapace di trattenere tutta
quella felicità.
Potendosi
finalmente di nuovo specchiare negli occhi del suo angelo, non
riuscì
a trattenersi dall'emettere un piccolo grido di gioia e saltargli al
collo.
“Sei
qui, sei qui, sei qui!!!” continuava a ripetere come
un'ossessa.
La
stretta di Rock si fece più ferrea. Affondò il
viso tra i suoi
capelli e inspirò:
“Dio,
quanto mi sei mancata!” sussurrò, sollevandola
leggermente da
terra.
Eleanor
rise e le prime lacrime cominciarono a farsi vedere. Lui se ne
accorse e le raccolse con le labbra.
“Non piangere...”
sussurrò
contro la sua guancia.
“Sono
solo felice.” ammise lei, appropriandosi delle sue labbra.
In
quel momento, tutto sparì. Come sempre, ogni qualvolta lo
baciava.
Non c'era più niente. Niente inquietanti ombre del passato,
niente
pensieri su Haylie, niente sensi di colpa nei confronti di Rap,
niente Amber, niente Nicole... nessuno! Solo loro due! Anche l'aria
sembrava farsi superflua.
“Sai
che ti dico?” fece Rock quando ognuno aveva ripreso a
respirare per
sé. “Se è questo il tuo modo di
accogliermi, vedrò di andarmene
via più spesso.”
Eleanor
s'imbronciò come una bambina, facendolo sghignazzare.
“Oh,
no. Perfavore...” lo supplicò, sbattendo le ciglia
e fingendosi
triste. Si sentiva una sciocca a comportarsi così, ma con
lui sapeva
di poterselo concedere. “Se provi a sparire un'altra volta te
la
faccio pagare cara!” provò a minacciarlo, senza
risultati se non
una risata divertita.
“Lo
spero bene!”
Seguì
un altro bacio, ma questa volta Eleanor lo interruppe quasi subito,
guadagnandosi un'occhiata confusa del suo angelo.
“Qualcosa
non va?” le chiese.
Mio
Dio, Eleanor!
Vacci piano! Ti ricordi che le è appena morta una sorella?
Come
aveva potuto scordarsene? Aveva pensato unicamente a sé
stessa,
dimenticandosi completamente del grave lutto familiare che Rock aveva
appena subìto. Lui le era stato così vicino
quando era morto Evan,
si era preso così cura di lei, senza mai lasciarsi vincere
dai suoi
bisogni passionali... e lei invece?... si vergognò
profondamente del
suo comportamento.
“Mi
dispiace così tanto per Sarah...” disse, seria e
“... io non
posso dire se ciò che avete deciso per lei è
stato giusto o
sbagliato, ma mi dispiace davvero. Non deve essere stato per niente
facile, per te, per la tua famiglia...”
“Eleanor...”
“No,
aspetta.” Lo zittì “Volevo solo dirti
che... se hai voglia di
sfogarti, se ti viene voglia di piangere, se ancora non lo hai fatto,
se...” Rock le posò un dito sulle labbra,
obbligandola a silenzio.
“Eleanor...
“ la richiamò, sorridendole grato
“Finchè mi stai accanto,
posso superare qualunque cosa. Anche questa!”
Lei
non disse nulla, si strinse forte a lui e, per la prima volta in vita
sua, ringraziò una qualche entità divina per
averli fatti
incontrare.
...in
fin dei conti,
forse lassù c'è davvero qualcuno.
“Andiamo
a casa.” le disse Rock, dopo averle baciato il capo.
Lei
annuì e intrecciò le dita alle sue.
“Andiamo.”
***
Doveva
andarsene. Non poteva certo dormire dentro quel locale, ma la sola
idea di tornare a casa gli faceva venirela nausea. Laggiù
avrebbe
trovato Eleanor tra le braccia di Rock. O magari, ancora peggio,
avrebbe trovato la porta della loro stanza chiusa a chiave e loro due
all'interno, di certo non a dormire... Gli veniva una gran voglia di
spaccare qualcosa al pensiero di Eleanor e Rock insieme, dei loro
corpi uniti ... di lei, soprattutto, il suo corpo nudo che
si contorceva tra le lenzuola e le sue labbra che invocavano un nome
che però, non sarebbe mai stato il suo.
Lui
non l'avrebbe mai vista così. Non sarebbe mai stata sua in quel
senso. E questo pensiero, questa certezza, faceva male. Dio, se
faceva male!
“Lei
ti piace, non è così?”
Rap
alzò svogliatamente gli occhi su Nicole, in piedi dall'altra
parte
del bancone.
“Di
che diavolo stai parlando?”
“Oh,
si certo. Fai pure il finto tonto, ma sappi che non la dai a bere a
nessuno!”
Rap
si sforzò di non risponderle male. Non ci riuscì:
“Non è l'ora
di andare a dormire per le mocciose?”
Le
guance di lei si gonfiarono all'istante : “Vai a farti
fottere!”
Rap
trattenne una risata. Sapeva che Nicole aveva diciotto anni, era
stata Amber a dirglielo. Non era certo una mocciosa, però
era
divertente prenderla in giro.
“E
tu fatti gli affari tuoi, intesi?”
Lei
sbuffò risentita e fece per andarsene : “Con il
caratteraccio che
ti ritrovi, non mi sorprende che Eleanor non abbia scelto te! Sei a
dir poco insopportabile!”
“Hei,
così mi fai arrossire.”
Nicole
si arrabbiò ancora di più e sparì sul
retro, lasciandolo solo.
Doveva
trovare la forza di tornarsene a casa. Sarebbe stato atroce, ma in
fondo era abituato a vivere situazioni non proprio idilliache. Si
sarebbe chiuso nella camera di Haylie. Si! Lì, si sperava,
nessuno
l'avrebbe disturbato e non sarebbe incappato in Rock e Eleanor che
davano libero sfoggio del loro amore.
Si
alzò in piedi, andò a salutare Amber in cucina e
si decise ad
uscire dal locale.
Doveva
imparare a conviverci, in fondo. Doveva accettare il fatto che lui
non avrebbe mai potuto prendere il posto di Rock nel cuore di
Eleanor. Quella sera iniziava il suo addestramento! Doveva abituarsi,
un passo alla volta, ad amarla da lontano. A godere della sua gioia,
della sua compagnia, della sua presenza, ma nulla più. Aveva
già
ottenuto più di quanto avesse mai potuto immaginare: l'aveva
baciata. E lei aveva baciato lui. Forse per compassione, ma l'aveva
comunque fatto. Si sarebbe accontentato di quello. In fondo, anche se
per pochi istanti, lei era stata anche sua. E fu con questa
consapevolezza che capì di poterla affrontare.
***
Ebbene?? Noioso???? ....mmm,
forse un pochino, ma mi rifarò giuro!^^'
Passo subito a ringraziare:
aurelia94 : SI,
è lui!!! E' lui!!! I capelli sono troppo folti, ma
è lui! Un applauso!! =) Lieta che la mia descrizione sia
stata così efficace.
Mana_chan: Sono
felice che ti piaccia il nome Lucas, anche perchè coi nomi
io sono un disastro e non ho per niente fantasia ^^'.Per quanto
riguarda Sarah, io preferisco non pronunciarmi troppo su questo
delicato argomento. SOno convinta che per capire davvero l'eutanasia,
bisogna viverla in prima persona. Non si può fare da giudici
esterni. Il nome di Rock sarà rivelato FORSE (e ho detto
forse) nel prox capitolo =). E stai tranquilla, per adesso
non ho intenzione di immolare nessuno u.u
MakyMay:
perchè il tuo nome era sottolineato in rosso???? O.O
é una bella domanda. E' l'html che ha fatto tutto da solo.
Io ci ho provato a farlo tornare blu, ma rimaneva rosso. XD boh!
Cmq, si, ho studiato e sto ancora studiando lingue, ma il
più delle volte improvviso e me ne frego delle regole
grammaticali :D. Contenta che ATobby è tornato?!?!?!?!?
Piccola Ketty :
Sisisisisi, sono de zena. Nata a Genova Nervi, abitante in Santa
Margherita ligure, ma perennemente in ZOna Principe^^, chiaro? Belin
che travaggi! XD COmunque brava! La storia tra Amber e Rap l'hai capita
=)
Rin Uchiha:
tranquilla, per ora non ho intenzione di far morire nessuno! No no no
no! .... Per ora! MWUAHAHAHAHAH!!!!.....no scherzo, arriveranno sani e
salvi alla fine... credo! Magari gli faccio saltare via
qualche arto XD ahahahahah! MMMM prestarti RAp, mi chiedi???
Nun lo zo... sono molto gelossssssa di lui u_u
Ok, questo è tutto!
Spero che domenica prossima, l'html collabori -.- ''' ....Ci vediamo.
Come al solito, commenti graditissimi *-*
Ciaooooooooooooooooooooooo!!!
Ayleen
|
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Capitolo 24 *** Il crimine della passione ***
Buooooooooooon pomeriggio
gente!!! Eccomi! Stavolta puntuale =)
hihihhihihi questo capitolo
è probabilmente il
più importante dell'intera storia e spero davvero di averlo
reso al meglio! E' un po' lunghetto, spero non vi dispiaccia, ma se
l'avessi diviso in due mi avreste trucidato, parola mia! u.u
Scusate la parentesi. Questo
è un messaggio per Mana_chan:
Carissimaaaaaaaaaa, c'è una sorpresa per te!!!! Una cosa che
aspetti fin dal primo capitolo MWUAHAHAHAH! Chissà
cos'è!?!?!? X°D
Ah, per la prima parte del
capitolo, Eleanor canta una canzone ad un
certo punto (era da tanto che non la facevo cantare , povera). Se avete
voglia ascoltate l'originale, perchè rende molto. Qui
c'è il link di youtube:
http://www.youtube.com/watch?v=fjDojEOiMcE
SI tratta di "Everything" dei
Lifehouse. E' una canzone molto dolce e
struggente. Non si capisce se parla di un amore, di un'amicizia o
chissà di che altro. Io ci ho letto un'amicizia molto
profonda.
Ma ora basta!! Vi lascio alla
lettura! Ci vediamo in fondo!
CAPITOLO
VENTIQUATTRO
Il
crimine della passione
Lentamente,
con passo
incerto e un groppo in gola sempre più fastidioso, Eleanor
si
avvicinò a quella lapide. Si era ripromessa che mai vi si
sarebbe
recata, incapace di affrontare di nuovo il dolore della perdita, e
invece, eccola lì!
C'era una cosa che doveva
fare. Sarebbe stata dura, ma sapeva che avrebbe potuto farcela!
Deglutì e sentì gli
occhi cominciare a bruciare. Ma non avrebbe pianto. Avrebbe resistito
in qualche modo.
Lesse il nome inciso
sulla pietra e si morse il labbro inferiore. S'inginocchiò e
sfogò
il proprio dolore sui ciuffi d'erba che le accarezzavano le gambe.
“...Ciao,
Evan...”
mormorò, cercando di sorridere.
Sentiva
il proprio corpo sussultare
ogni volta che provava a soffocare i singhiozzi che lottavano per
uscire.
“Scusami
se mi faccio vedere solo adesso, ma lo sai come
sono fatta. Detesto affrontare la realtà... sono una
codarda.”
Un
leggero vento si alzò
all'improvviso e il suo cuore prese a battere all'impazzata. La
brezza le accarezzò i capelli facendoli dibattere in aria,
un
brivido le percorse la schiena. La sensazione di non essere sola su
quella collina si fece prepotente. Un sorriso sincero le
illuminò il
volto e una lacrima solitaria tracciò il proprio percorso
sulla sua
guancia. Forse era pazza sul serio, ma lo sentiva. Sentiva la sua
presenza.
“...Qui
va tutto bene.”
disse, tentando di distrarsi per evitare che quella folle sensazione
la soggiogasse. “Io e Rock non abbiamo più
segreti, ci crederesti?
Beh, forse non è totalmente esatto... non so ancora il suo
nome, ma
lui non me lo dirà mai. Vuole che sia io ad indovinarlo, il
che
accadrà praticamente mai!”
Senza
accorgersene, una
risata le sfuggì dalle labbra. “Ho trovato lavoro
e mi sono fatta
due amiche. Si, esatto. Hai capito bene. Due amiche femmine, lo
avresti mai creduto possibile? Piacerebbero anche a te, Nicole
soprattutto. E' sempre allegra, a volte anche troppo, proprio come lo
eri tu...”
La
voce le si affievolì
sull'ultima parte della frase. Parlare di lui al passato faceva
terribilmente male. Ancora una volta il suo corpo sussultò
per
trattenere il pianto. Stare in silenzio era difficile, così
riprese
a parlare.
“Ho
fatto un po' di
casino... come al solito, del resto! Il migliore amico di Rock ha
detto di essersi innamorato di me e io, in un attimo di pura follia,
l'ho illuso. Non è successo nulla d'irreparabile,
è stato solo un
bacio, ma io mi sento lo stesso uno schifo nei confronti suoi e di
Rock, soprattutto... che situazione! “
Percepì
il vento alzarsi
di nuovo ed avvolgerla in un evanescente abbraccio. Chiuse gli occhi
e lottò contro le lacrime. Questa volta perse miseramente.
“Mi
manchi così tanto,
Evan!” ammise, lasciandosi andare con sollievo a quel pianto
che
era riuscito finalmente a vincerla. “Ho un tale bisogno di
te! Mi
dimentico sempre che non ci sei più. E' assurdo! Ogni volta
che mi
succede qualcosa di spiacevole, mi viene d'istinto di correre da te o
telefonarti... sono del tutto fuori di testa! Non ho ancora trovato
il coraggio di andare a trovare Nathan. Non oso pensare a cosa stia
passando... è solo! Dannatamente e irrimediabilmente solo!
Dovrei
andare da lui, cercare di confortarlo. Una vera amica agirebbe
così,... ma non ce la faccio ad andare da lui, tornare a
casa tua.
Dio, non riesco nemmeno ad immaginare … varcare quella porta
e non
vederti venirmi incontro. E' inconcepibile! Penso che Nathan mi
odi, a questo punto... così ha perso anche me, oltre che te.
Credo
che anche se andassi adesso da lui, non mi perdonerebbe il fatto di
essermela data a gambe il giorno che ti hanno portato qui...
Chissà,
forse anche tu ce l'hai con me!”
Si
asciugò le lacrime
con la stoffa dei guanti che le tenevano al caldo le mani.
“Comunque,
volevo solo che sapessi che io... sto bene. Posso sopravvivere ai
miei casini, ce la faccio, quindi non devi preoccuparti per me...
ovunque tu sia. “
Istintivamente,
alzò gli
occhi al cielo, in quel momento tinto di colori pastello. Stava
albeggiando.
“Se
sono riuscita a
venire qui oggi con le mie sole forze, credo di poter affrontare
tutto! O quasi...”
Nonostante
il freddo
pungente, Eleanor si tolse la sciarpa e la legò attorno alla
lapide,
sotto al nome di Evan. Voleva lasciargli qualcosa di suo, ma in quel
momento non aveva niente con sé di abbastanza prezioso... in
realtà,
di prezioso non aveva mai posseduto nulla. Quella sciarpa le
ricordava gli inverni che avevano trascorso insieme, le passeggiate
nel parco immerso nel bianco, le battaglie di palle di neve con
Nathan.. C'era qualcosa di lui in quell'insignificante indumento.
Qualcosa di loro due.
Cominciò a rabbrividire,
non appena si fu liberata della sciarpa, ma non aveva importanza. Si
strinse di più nella giacca e resistette.
“Ho
un regalo per te!”
affermò con un vago entusiamo, “... per il mio fan
numero uno.”
aggiunse con un sorriso “Una volta mi hai detto che ti
piaceva
questa canzone... spero perdonerai qualche stonatura. Mi ero
ripromessa di non piangere, ma... sono una frana in queste cose, lo
sai.”
Frettolosamente,
si
asciugò ancora le lacrime, prese un paio di respiri e
cominciò a
cantare:
“Find Me Here,
Speak To Me
I want to feel you, I
need to hear you
You are the light,
That's leading me
To the place where I
find peace again.
You are the strength,
that keeps me walking.
You are the hope, that
keeps me trusting.
You are the light to my
soul.
You are my
purpose...you're everything.”
Sull'ultima
parola, la voce le s'incrinò, trasformandosi in una serie di
singhiozzi impossibili da trattenere. Sentì le lacrime
bagnarle il
viso un'altra volta. Scendevano gelide sulle sue guance, lasciando
profondi solchi e andando a morire sulle sue labbra. Tuttavia,
Eleanor non demorse.
“How can I
stand here with you, and not be moved by you?
Would you tell me how
could it be any better than this?”
Non
resistette oltre. Non era così forte. Bastò un
attimo per farle versare ogni lacrima che ancora non aveva versato per
Evan. Non aveva ancora davvero pianto per lui, non ne aveva mai avuta
l'occasione. C'era sempre qualcuno con lei. Qualcuno che si
preoccupava, che si sforzava di farla sorridere, di tirarle su il
morale, di convincerla che la morte di Evan era stato solo un orrendo
incubo. Ma ora era sola. Non c'era nessuno che temeva di vederla
piangere e disperarsi, così si lasciò andare... e
fu meraviglioso. Atroce, ma di un sollievo incredibile. Quale assurdo
paradosso!
Perse la cognizione del tempo. Rimase lì, china su quella
tomba fino a che non ebbe più lacrime.
“I – io … “ provò a
dire, “... io non so se esiste davvero un Dio, ma se
c'è e se tu sei con lui digli da parte mia che è
crudele! Quante altre persone avrebbero potuto essere investite quella
sera? Quanti criminali a piede libero che nessuno avrebbe mai
rimpianto? Perchè è toccato proprio a te essere
lì in quel preciso momento, in quell'esatto luogo?
Perchè è toccato a te morire? A te, che ti
meritavi di vivere una vita felice più di ogni altro?
...è ingiusto, è sbagliato e, per quanto mi
sforzi, non lo riesco a capire!”
Il sole lentamente prese ad illuminare il prato di Meadow's Hill,
brillante di brina. Il vento tornò a farsi sentire. Eleanor
unì a coppa le mani davanti alla bocca e soffiò
forte per cercare un po' di calore. Nonostante i guanti, non si sentiva
più le dita.
“Adesso vado...” decise infine. “Fa un
freddo cane e sto parlando da sola da circa un quarto d'ora. Che
stupida! Tu non mi puoi sentire... però, è bello
illudersi che possa essere possibile.”
Si alzò in piedi, scrollandosi la brina dai jeans e mise le
mani in tasca. “Non so se tornerò. Magari
più avanti. Non vorrei rimettermi a frignare come ho fatto
oggi. Magari, se aspetto un po' il dolore passerà. Dicono
che il tempo cancella tutto, non ci ho mai creduto granchè,
ma proviamo...”
Si morse il labbro inferiore e ricacciò indietro le lacrime
che di nuovo la stavano minacciando. Si costrinse a sorridere :
“Addio, Evan … e scusa per il piagnisteo. Non era
in programma. ...ti voglio bene. L'averti incontrato è stata
senza ombra di dubbio la più grande fortuna della mia vita e
non ti dimenticherò mai..... è un po' macabro da
dire ma... ci vediamo! ”
Fu davvero dura voltare le spalle a quella lapide e allontanarsi. Una
forza sconosciuta l'attirava in quel punto come una calamita,
così si mise a correre, improvvisamente ansiosa di uscire da
quel cimitero. Corse a perdifiato giù per il sentiero
contornato dai salici, passò davanti alla piccola chiesa di
legno e si ritrovò nel parco. Si fermò per
riprendere fiato, appoggiandosi ad un albero.
Con la coda dell'occhio intravide qualcuno apparire al suo fianco, una
mano le sfiorò un braccio. Lei si voltò. Rock la
fissava preoccupato, ma non disse nulla.
“E' tutto ok!” esclamò lei, credendoci
sul serio.
Si, era davvero tutto ok. Era riuscita a dire addio ad Evan, era
riuscita a piangere per lui. Presto quel dolore immenso si sarebbe
attenuato almeno un po'.
Rock le sorrise e le mise al collo la propria sciarpa, notando che lei
non aveva più la sua. Non fece nulla per protestare, sapeva
che sarebbe stato inutile, si limitò ad abbracciarlo.
“Grazie...”
… per tutto.
***
I giorni trascorsero veloci, animati da tanta e meritata gioia.
Eleanor era raggiante. Si era affezionata tantissimo ad Amber e Nicole,
con le quali si scambiava confidenze che mai avrebbe rivelato a
nessuno. Nulla sul suo passato, ovviamente. Erano perlopiù
discorsi molto frivoli da ragazze. Discorsi che un tempo l'avrebbero
imbarazzata da morire, ma che con loro si divertiva un mondo a
discuterne. In quei momenti, perfino Amber si spogliava completamente
della propria maturità. In pratica, adesso loro due
conoscevano Rock quanto lo conosceva lei. Idem per quanto riguarda
Samuel, il fidanzato di Amber. Invece Nicole sproloquiava su come
avrebbe dovuto essere il suo uomo ideale che, a causa del suo
temperamento eccessivamente puntiglioso, non aveva ancora trovato.
Spesso la signora Annie le richiamava all'ordine quando le sorprendeva
a perdere tempo a ridacchiare di nascosto. Eleanor era davvero felice e
pregò che nulla o nessuno distruggesse quella bolla di
serenità che era riuscita a creare intorno a sè.
L'unica nota negativa di quei giorni era Rap. Dalla sera in cui era
tornato Rock, non le aveva più rivolto la parola. Niente,
nemmeno un ciao. Il silenzio più assoluto.
Non poteva certo dire di aprezzare quell'improvvisa indifferenza, ma
almeno ciò contribuiva a farle dimenticare ciò
che era successo tra loro due e a farla sentire meno colpevole nei
confronti di Rock.
Però, non le piaceva per niente quando lo vedeva voltarsi
dall'altra parte ogni qualvolta i loro occhi s'incrociavano. Le
mancavano i loro battibecchi, i loro scambi di sguardi truci, le sue
battutine acide … le mancava la sua compagnia. Aveva
imparato a volergli bene.
Ne aveva già perso uno di amico, anzi due, considerando
anche Nathan. Non voleva perderne un terzo, ma del resto cosa poteva
fare dato che era stato proprio Rap ad allontanarsi di sua spontanea
volontà? Aveva preferito interrompere i rapporti con lei per
evitare di soffrire troppo, lo sapeva bene, ma non stava comunque
risolvendo nulla così.
Aveva provato un paio di volte a parlargli e lui si era sempre espresso
con cenni del capo e vaghi borbotii, proprio come i primi tempi che si
conoscevano. Alla fine, Eleanor aveva rinunciato. Se era davvero questo
che voleva, allora anche lei si sarebbe impegnata ad ignorarlo.
Ma nonostante il suo impegno, la tempesta non tardò ad
arrivare.
Era da poco passata la mezzanotte ed Eleanor era sdraiata sul suo letto
ad ascoltare musica dall' Ipod di Heavy, in attesa che Rock tornasse a
casa. Era andato fuori con suo fratello Dylan. Da quando aveva
sistemato le cose con i suoi genitori si vedeva molto più
spesso con i suoi fratelli e sembrava molto più rilassato e
felice. Era così ontenta per lui. Sapere che aveva
finalmente superato il trauma di essere stato incidentalmente la causa
della morte di Sarah era a dir poco confortante. E poi se lui stava
bene, non poteva che stare bene pure lei. Era una cosa assolutamente
automatica.
Dopo quasi un'ora trascorsa in inierzia totale sul letto a cantare,
Eleanor si accorse di avere la gola secca. Spense l'Ipod e si
alzò per andare in cucina a bere qualcosa.
I corridoi erano bui e silenziosi. I ragazzi dovevano già
essere andati a dormire. Rock le aveva detto di non aspettarlo in
piedi, ma era una richiesta impossibile da ascoltare. Voleva stare un
po' con lui, una volta tornato...
Entrò in cucina senza accendere la luce e aprì il
frigo. Prese una bottiglia d'acqua ancora sigillata e provò
ad aprirla. Il primo tentativo fallì, così come
il secondo. Al terzo, si mise la bottiglia fra le gambe e
tentò di svitare il tappo avvalendosi di un lembo della sua
maglietta. Niente. Il tappo non si mosse di un solo millimetro.
“Dannazione!” esclamò, irritata
sbattendo con forza la bottiglia su uno dei ripiani della cucina!
D'improvviso la luce si accese e sulla soglia apparve Rap. Indossava
solo dei pantaloni grigio scuro di una tuta e aveva l'aria parecchio
assonnata. Ok, doveva ammetterlo! Non era esattamente una brutta
visione. Qualunque ragazza non avrebbe avuto problemi ad affermarlo!
Lui la guardò appena, per poi dirigersi verso il frigo e
praticamente sparirci dentro. Lo sentì sbuffare.
“Cerchi qualcosa?” gli domandò cauta,
senza illudersi di ottenere risposta.
“...no!” la sorprese invece lui.
“A-Ah!” esclamò poi, facendola
trasalire. Riemerse dal frigo, stringendo in mano un sandwich e
mostrandoglielo come fosse il più ambito dei troei.
“Trovato!”
Si sedette poi su uno dei ripiani e cominciò a mangiare.
“Come fai a mangiare a quest'ora di notte?” le
domandò lei. Non era davvero interessata a scoprirlo, aveva
solo voglia di parlare con lui.
“Io mangio quando ho fame. Chi l'ha deciso che devo
rispettare degli orari?” sbottò fin troppo
bruscamente.
Eleanor lasciò perdere ogni tentativo di riappacificazione e
tornò a combattere la sua personalissima battaglia con la
bottiglietta d'acqua. Diede le spalle a Rap per non dare troppo
spettacolo, ma sentiva comunque gli occhi di lui perforarle la schiena.
E dai, apriti! Perfavore!
Niente. Quel tappo sembrava incollato.
“Serve una mano?” gli chiese Rap, inarcando le
sopracciglia.
Oh si grazie! Mi sto
rompendo le dita, aiutami.
“No!” rispose invece. Maledetto orgoglio!
Lo sentì soffocare una risata e poi balzare giù
dal ripiano. Le strappò di mano la bottiglietta e
l'aprì con un unico e fluido gesto.
“1 a 0 per il sesso forte!” la canzonò
restituendole la bottiglia.
Avrebbe tanto voluto insultarlo. Difendere la categoria femminile, ma
si arrese subito. Poteva anche concedergli il fatto di essere
fisicamente più forte.
“...Grazie...” mormorò, rossa in viso
dalla vergogna. Finalmente riuscì a dissetarsi, mentre Rap
tornò al suo spuntino notturno e nessuno parlò
più.
Poi, ad un certo punto, quando Rap si alzò per andare a
buttare la carta che avvolgeva il panino che si era appena mangiato,
l'attenzione di Eleanor fu catturata dalla sua schiena e le si
mozzò il respiro. Era piena di segni rossi, cicatrici. Ne
aveva ovunque, come se fosse stato preso a frustate.
“Oddio...” si lasciò sfuggire.
Lui la guardò confuso : “...che
c'è?”
Gli si avvicinò all'istante per guardare quei segni
più da vicino : “Mio Dio, Rap! La tua schiena!...
Cosa hai fatto?”
“Ah, quella...” fece lui, senza particolari
inflessioni. “Se avessi saputo che eri qui mi sarei messo
qualcosa addosso e ti avrei risparmiato questo spettacolo...”
“Ma cosa... come te le sei fatte?”
Rap non rispose subito, non sembrava molto felice di spiegarle come si
fosse procurato quelle cicatrici.
“Sono cinghiate.” disse infine.
“Cinghiate e altre cose che mi sono state scagliate
addosso...”
Eleanor smise di respirare e arrivò alla conclusione
più probabile :” … tuo padre?”
Rap annuì soltanto, si diresse verso la finestra e si
concetrò sul buio della notte, lo sguardo che cominciava a
velarsi di rabbia e tristezza insieme. Per un attimo, apparve fragile
come un bambino. Lui e Amber dovevano davvero aver passato l'inferno,
quando erano piccoli. Chissà se anche lei portava gli stessi
segni?
Quasi involontariamente, la sua mano andò ad accarezzare
quelle cicatrici, facendolo irrigidire :
“ Ti fanno male...” chiese mormorando.
“No...” rispose lui cercando di non pensare troppo
a quelle mani che lo sfioravano.
Le carezze cessarono di colpo, ma l'involontaria tortura di Eleanor non
era finita. La ragazza poggiò la fronte sulla sua schiena e
lo abbracciò dolcemente.
Rap chiuse gli occhi e s'isolò dal mondo, non percepiva
altro se non quelle esili braccia che lo circondavano.
“Rap...” lo chiamò all'improvviso.
“Potresti smetterla di ignorarmi? “
Lui sospirò. Possibile che non capisse?
“C'è un motivo per cui lo faccio.”
“Lo so, ma ...”
“Ma?”
“... mi mancano le nostre chiacchierate. Sei l'unico che si
permette di prendermi in giro e mi manca. Perfavore... non
isolarmi!”
Con uno sforzo disumano, Rap si tolse le braccia di Eleanor di dosso e
si voltò a guardarla. I punti dove l'aveva toccato
sembravano bruciare. Cercò di non farci troppo caso.
“Mi stai rendendo tutto più complicato di quanto
già non sia, te ne rendi conto?”
“Mi spiace... non è quella la mia intenzione.
Voglio solo che io e te siamo amici, tutto qui! Non mi sembra di
chiedere la luna!”
Poco ci mancò che non le scoppiasse a ridere in faccia :
“Amici?”
“Si, certo! Speravo che ti avrebbe fatto piacere avermi
almeno come amica. Non è meglio che ignorarmi e
basta?”
Rap sospirò a metà tra l'esasperato e il
rassegnato. Stava per ribattere, rifiutare la sua richiesta, ma come al
solito i suoi occhi lo ammutolirono. Lo fissavano imploranti e velati
di speranza.
“Cazzo, Elanor...” sbottò, alzando gli
occhi al cielo.
Lei si accigliò dalla confusione: “Cosa?”
“Piantala di guardarmi così!” le
sibilò a denti stretti.
“Così come?”
“Oh lo sai benissimo come, non fare finta di cadere dalle
nuvole!”
Lei continuò a non capire: “Rap, ti giuro. Non ho
assolutamente idea di cosa tu stia parlando.”
“E' così che tieni in pugno Rock, vero? Esibendo
quello sguardo da vittima delle atrocità del mondo bisognosa
di affetto e comprensione! “
“Che cosa? Io non sto facendo nulla di simile! Sei tu che ti
immagini le cose. E comunque, se proprio vogliamo dirlo, sei tu quello
che in genere veste i panni della vittima!”
“Può darsi che sia così, ma io non vado
a sbattere le ciglia in giro per cercare di ottenere ciò che
voglio!”
“Stai forse insinuando che io sia una gatta morta?”
“Spiacente di dover mettertene al corrente, ma fa parte del
tuo codice genetico. Cromosoma XX uguale, gatta morta !”
“Cromosoma XY uguale, materia cerebrale in mezzo alle
gambe!”
Si fissarono in cagnesco per un po', ma alla fine Eleanor cedette e
scoppiò a ridere. Rap non si lasciò contagiare,
però un sorriso scappò anche a lui.
“Lo vedi?” disse Eleanor, tra le risate
“E' proprio di questo che parlo. Non sai quanto mi
è mancato in questi giorni. Sei come una valvola di sfogo
per me!”
Rap cominciò a studiare quelle parole. Una valvola di sfogo?
Era di questo che lei aveva bisogno? Beh, forse si sentiva un po' sola
da quando era morto quel suo amico e probabilmente c'erano certe cose
che non le andava di fare con Rock. Battibeccare a questo modo, per
esempio. Ogni tanto capitava che anche loro due si punzecchiassero un
po', ma non resistevano mai troppo. Trovavano sempre qualcosa di
più interessante da fare... per la felicità di
Rap, che in quei momenti si sarebbe volentieri strappato gli occhi
dalle orbite.
“Beh...” cominciò a dire, dopo i suoi
ragionamenti “... non mi dispiacerebbe essere la tua valvola
di sfogo personale... credo.”
In tutta la frase, la sola parola in cui davvero credeva e di cui
percepiva l'autentico significato era tua.
Tutto, avrebbe fatto di tutto per essere qualcosa di solo suo!
Il sorriso raggiante che lei gli riservò lo fece stare
dannatamente bene. Anche per quello avrebbe sempre fatto di tutto!
“Grazie.” disse lei, felice come una bambina.
“Questo significa che pure tu sei a tua volta una mia valvola
di sfogo, giusto?”
“Certo che si. Non posso mica pretendere di ricevere e basta.
Devo anche dare ogni tanto.”
Oddio... Perchè
vedeva solo doppi sensi in quella sua affermazione?
“Bene!” esclamò lei “Ora che
ci siamo chiariti, credo che me ne tornerò nella mia
stanza.”
Nel momento esatto in cui lei si voltò per andarsene, a Rap
fu chiaro che non l'avrebbe lasciata andare così. Non era
pronto per darle la buonanotte. Sarebbe rimasto a farle da valvola di
sfogo fino al mattino, se solo lei glielo avesse chiesto. Ma in quel
momento, era lui ad avere bisogno di sfogarsi e lei gli aveva appena
detto di essere a sua disposizione. Non c'era nulla di sbagliato nel
suo desiderio morboso di non volerla lasciare andare via.
Fu un attimo. L'afferrò per un braccio, l'attirò
a sé e la baciò con bramosia, mandando
mentalmente a farsi fottere tutto ciò che si era ripromesso
in quei giorni. Non ce la faceva... Non ce la faceva proprio a starsene
in un angolo a guardarla da lontano. Se era questo che aveva provato
Rock quando lui e Marika stavano insieme, iniziò seriamente
a comprenderlo. Come biasimarlo? Era atroce amare qualcuno di
assolutamente proibito e inavvicinabile. Era qualcosa che non avrebbe
augurato nemmeno al suo peggior nemico.
Eleanor rimase rigida fra le sue braccia inizialmente, ma alla fine,
senza che nemmeno se ne rendesse conto, il suo corpo reagì
d'istinto. Rispose a quel bacio con lo stesso fervore e gli
circondò il collo con le braccia. Rap cantò
vittoria dentro di sé. Forse non tutto era perduto...
Quando si separarono avevano entrambi il respiro accellerato. Il viso
di lei era rosso d'imbarazzo e in pochi secondi i suoi occhi si
riempirono di lacrime.
“Merda!” esclamò con rabbia.
“No, no, no! Non di nuovo!” Il suo sguardo poi
s'indurì e andò a cercare quello di Rap.
“Per quale cazzo di motivo l'hai fatto?”
“Valvola di sfogo, ricordi?”
Per un attimo, Rap ebbe la netta sensazione che Eleanor stesse per
picchiarlo, ma qualcosa la trattenne e si limitò a
rivolgergli ogni insulto che conosceva.
“Datti un po' una calmata!” cercò di
placarla.
“Darmi una calmata? Sei tu che dovresti dare una calmata ai
tuoi dannati ormoni!”
Per tutta risposta, Rap ridacchiò: “Vorrai
scherzare? I miei ormoni? Non mi pare che i tuoi abbiano fatto molto
per lasciarti lucida. Ti ricordo che avresti dovuto respingermi e,
sì, dopo insultarmi come poi hai effettivamente fatto, ma
non è successo mi pare, quindi evita di farti venire una
crisi isterica!”
Eleanor lo fissò furibonda, per poi andare a sedersi ad un
tavolo e nascondere il viso tra le mani. Rap intuì dai
leggeri sussulti delle sue spalle che si era messa a piangere. Questo
gli fece poco piacere. Forse aveva un tantino esagerato.
Andò a sedersi di fianco a lei.
“Hei, sono stato io a fare tutto. Non piangere per la mia
irrecuperabile idiozia.”
“Non è per quello. E' per ciò che hai
detto.... hai ragione, maledizione! Su tutto! Ho qualcosa che non va!
Perchè non mi sono spostata? Perchè?”
“E' semplice. Sei fatta di carne, Eleanor. E la carne
è debole, si sa ! “
Tutto ciò che ottenne fu solo un'occhiataccia degna del
più sanguinario assassino.
“Perfetto! Un'altra cazzata da aggiungere al mio elenco.
“ disse poi, nascondendo di nuovo il viso tra le mani
“Anzi, siamo precisi, la più grande cazzata
compiuta finora!”
La più grande? No, non si rendeva conto di quanto si stesse
sbagliando. Si erano fermati in tempo e tutto si era concluso solo con
un bacio. Non era poi così grave.
“Lo sai cosa mi succede quando bacio Rock?” chiese
lei, all'improvviso.
“Ad essere sinceri non è che la cosa m'interessi
particolarmente...” sbottò lui, tamburellando
nervosamente con le dita sul tavolo.
La ragazza fece finta di niente e continuò, con gli occhi
sognanti e un leggero rossore ad imporporarle le guance:
“Sento lo stomaco contrarsi, le gambe che cominciano a
tremare sempre di più, tanto che a volte ho paura che non
riescano a reggermi. E' a quel punto che lo abbraccio, per assicurarmi
di non cadere. Poi un brivido mi scende lungo la schiena e ad ogni
tocco delle sue mani sul mio corpo, la morsa allo stomaco aumenta fino
a farsi dolorosa. Poi nient'altro. Tutto svanisce e rimane solo lui,
assieme a quella voglia insaziabile di averlo che cresce dentro di me
ad ogni istante fino a diventare insopportabile...”
Quelle parole, quasi lo uccisero. No, non sarebbe mai riuscito a
insinuare dentro di lei il dubbio di non amare davvero Rock. Era una
partita persa fin dall'inizio e lui non aveva fatto altro che giocare
sporco. Perchè continuare a torturarsi così ? A
torturarla così?
“Sai cosa mi succede quando bacio te?” quella
domanda giunse del tutto insaspettata e lo gelò sul posto.
Rap smise di respirare e si accorse che lei era tornata finalmente a
guardarlo. Ne aprofittò per annegare in quegli occhi color
del mare. Adorava venirne risucchiato.
Fece cenno di no col capo per risponderle, anche se sapeva che una
spiegazione sarebbe comunque arrivata. Aveva la sensazione di sapere
cosa lei gli avrebbe detto. Cosa mai poteva farle provare? Lui non
possedeva il suo cuore... e quando mancava quello ogni gesto perdeva di
passionalità.
“... esattamente la stessa cosa.”
L'aveva detto sul serio? No, doveva ripeterlo, doveva risentirlo.
Dov'era il pulsante rewind? Qualcuno poteva riavvolgere il nastro!?
Doveva aver capito male... allora perchè piangeva? Dio,
quant'erano belli i suoi occhi bagnati di lacrime. No, non c'era tempo
per perdersi in quelle fantasie. Eleanor aveva appena ammesso di
provare lo stesso miscuglio confuso di emozioni di quanto baciava Rock?
Assurdo...!
Rap non era preparato a tutto questo, cosa avrebbe dovuto fare? Si
lasciò guidare dall'istinto. Le prese delicatamente il viso
tra le mani e le si avvicinò.
“E' sbagliato, lo sai? Non dovresti sentire certe
cose.”
“Lo so. Ma non so cosa farci! Non è una cosa che
posso controllare. Vorrei tanto riuscirci...davvero! Se hai qualche
consiglio da darmi sono tutt'orecchie... “
“I consigli sono fatti per essere ascoltati, non per essere
seguiti!”
Senza rendersene conto, i loro visi si erano avvicinati tanto da
permettere alle loro fronti di incontrarsi. Stavano involontariamente
già rubando aria l'uno all'altra.
“Rap, ti prego... non posso fare questo a Rock. Non voglio
rovinare tutto così. Smettila di tentarmi a questo modo.
Finirai solo col farti altro male, e stavolta lo farai pure a
me!”
Tentarla? ...sono una
tentazione per lei?
Il suo orgoglio maschile esultò.
“Sai cosa diceva Oscar Wilde ?”
La vide corrucciarsi di sorpresa. “Tu … hai letto
Oscar Wilde?”
Sorrise trionfante. L'aveva stupita. Ricordò che anche
Marika aveva reagito alla stessa maniera quando gliel'aveva detto. Ma
era così strano che potesse piacergli la letteratura? Cosa
c'era di male? I libri erano stati il suo unico passatempo all'istituto
minorile, a parte l'uscire di nascosto. Non ci vedeva nulla di
così sconvolgente. Tanta gente amava leggere...
Ignorò il commento di Eleanor e continuò a
stupirla. Era una cosa che lo divertiva in modo quasi maniacale.
“Diceva che l'unico modo per vincere una tentazione
è abbandonarcisi.”
L'aveva lasciata senza parole e, ne era certo, era arrossita ancora di
più. Sapendo che lei non avrebbe osato fare nulla, fu lui a
fare la prima mossa. Tornò a cercare le sue labbra,
trovandole subito pronte ad accoglierlo. Eleanor stavolta non lo
abbracciò. Rap pensò che era perchè si
trovava seduta e non sentiva le gambe tremare come quando era in piedi.
Lui però, le sentì fremere eccome nel momento in
cui posò una mano su di esse. Fu allora che le mani di
Eleanor lo strinsero in una morsa ferrea, costringendolo a farsi
più vicino di quanto già non fosse.
Per riprendere aria, la ragazza si spostò leggermente di
lato, ma lui continuò a torturarla, baciandole ogni
centimetro del viso che riusciva a raggiungere.
“La senti la morsa allo stomaco?” le
sussurò Rap tra un bacio e l'altro. Un mugolio fu la sua
unica risposta. “Lo prendo per un si.”
La tortura continuò. Rap cominciò a scendere
lungo il collo, per poi soffermarsi sulla clavicola. Eleanor
piegò indietro la testa e prese ad ansimare. Sentirla
lasciò Rap interdetto. Da un lato eccitato e bramoso di
darle di più, dall'altro timoroso di stare varcando un
confine invalicabile.
Si bloccò e tornò a guardarla negli occhi :
“...Se vuoi mi fermo...”
Lo sguardo che lei gli riservò brillava d'eccitazione almeno
quanto il suo :
”No, ti prego...” mormorò, o meglio
implorò, prima di baciarlo di nuovo.
Rap la prese per entrambe le mani, senza mai interrompere il bacio, e
la fece sedere sul bordo del tavolo. Finalmente, i loro visi erano alla
stessa altezza. Il briciolo di razionalità che era rimasto a
Rap si dileguò nel momento in cui le gambe di Eleanor gli
arpionarono il bacino spingendolo verso di lei.
Dio, vuole uccidermi per
caso? Se continua così non sarò più
responsabile delle mie azioni...
L'aveva persa anche lei la razionalità. Non si rendeva
davvero conto di cosa stesse realmente facendo... ma ora fermarsi era
impossibile.
La parte superiore di Eleanor era coperta solo dall'intimo. Quando le
aveva tolto la maglietta? Non se n'era nemmeno reso conto... La stava
guardando come aveva sempre sognato di vederla e stava letteralmente
uscendo di testa per lei.
Con gesti sicuri e fin troppo a lungo bramati la liberò del
reggiseno e di quei minuscoli e provocatori calzoncini che lei usava
per dormire. Non si era mai resa conto dell'effetto che facevano....
poca importanza, adesso erano abbandonati sul pavimento e facevano una
magra figura di fronte al suo corpo di fata nudo.
Da quel momento in poi, ogni cosa scomparve. Non c'era la cucina
attorno a loro, il mondo fuori da quelle finestre, Heavy e Metal che
ronfavano nella loro camera in fondo al corridoio, Rock che avrebbe
potuto tornare da un momento all'altro. C'erano solo i loro corpi
imperlati di sudore che si cercavano, si raggiungevano e danzavano in
perfetta sincronia, assieme alle loro labbra che lambivano ogni punto
raggiungibile. C'erano i loro gemiti, i loro ansiti e poi l'estasi
totale che li avvolse. Il silenzio, rotto soltanto dai loro respiri
affannati e infine, inesorabilmente, giunse il senso di colpa.
***
Eleanor percepì i passi alle sue spalle, sentì la
porta chiudersi, tuttavia non si mosse e fece finta di dormire. Non
voleva guardare Rock in faccia, non era mai stata più
indegna di lui come quella notte. Come aveva potuto tradirlo? E con il
suo migliore amico? Dopo quello che avevano passato con Marika ?....
che mostro era?
Sentiva già le lacrime spingere per uscire e si
odiò per questo.
Non osare piangere! Non
ne hai alcun diritto! Torna sulla strada, quello era un posto perfetto
per una come te!
Sentì un fruscìo di vestiti e poi Rock entrare
nel letto. Le sue braccia la strinsero subito con dolcezza, come ogni
notte, perchè per lui era tutto uguale al giorno prima e lei
era sempre la sua dolce e amata Eleanor. Quanto si sbagliava...
E il fatto di sentirsi così dannatamente bene stretta in
quell'abbraccio le fece provare ancora più ribrezzo verso
sé stessa.
“Lo so che sei sveglia..." mormorò Rock al suo
orecchio.
Certo che lo sapeva. Lui si accorgeva sempre di tutto. Avrebbe scoperto
cos'era successo tra lei e Rap semplicemente guardandola. Era
spacciata! I giochi erano finiti. La sua favola era giunta al
termine... e il lieto fine? Neanche a parlarne. Ed era tutta colpa sua!
“...ti ho sentito...” disse semplicemente.
“Scusa. Ho fatto più piano possibile..”
Sentì le sua labbra premerle sulla nuca e di nuovo la voglia
di mettersi a piangere la investì in pieno.
“Non importa...”
Lo disse troppo flebilmente, la sua voce era roca dal pianto e a lui
non sfuggì.
“Va tutto bene?” domandò
Lei non si mosse e cercò di tagliare corto :
“Si... sono solo molto stanca.”
Rock non insistette oltre. Sprofondò il viso fra i suoi
capelli e nessuno parlò più. Sentire il suo
respiro sul collo era sempre stato un balsamo per lei. Era una delle
cose che più la rilassavano, ma quella volta non fu
così. Si sentiva così sporca, così
colpevole e non poteva farci niente. Comunque fossero andate le cose,
sia che lei avesse trovato il coraggio per confessargli tutto, sia che
avesse deciso di tenerlo all'oscuro, il loro rapporto si sarebbe
inevitabilmente incrinato. Nulla sarebbe più stato come
prima. Per non parlare di lei e Rap... stavolta l'indifferenza
l'avrebbe cercata lei per prima. Ma perchè era dovuta andare
in cucina? Perchè aveva dovuto incontrarlo e dirgli tutte
quelle cose? Lo sapeva quali fossero i suoi sentimenti, era chiaro che
non avrebbe resistito molto. L'aveva deliberatamente stuzzicato. Anche
Rap non c'entrava nulla. Era lei l'unica da colpevolizzare.
I minuti si trasformarono in ore. Rock ormai dormiva, lei invece aveva
paura di chiudere gli occhi.
Molto lentamente, cercando di non svegliarlo, si girò verso
Rock. I loro visi erano talmente vicini che le punte dei loro nasi si
sfioravano. Lo fissò a lungo mentre dormiva. Era una cosa
che faceva spesso quando l'insonnia la colpiva e in genere non doveva
aspettare molto perchè le sue palpebre cedessero. Ma non
stavolta.
Le tornò alla mente la prima volta in cui si erano visti, in
metropolitana. Il subbuglio di emozioni che l'aveva colpita quando
aveva visto i suoi occhi, quando aveva sentito la sua voce.
L'ingenuità e la frivolezza che aveva scoperto di possedere
nel ricercare un paio di bianche ali sulla sua schiena quando lui era
sceso alla sua fermata. Il giorno che si erano incontrati nel negozio
di musica, c'era anche Evan , era stato proprio lui a portarcela. La
loro passeggiata mano nella mano fino a Meadow's Hill e poi tutto il
resto. La febbre che l'aveva sopresa per strada, lui che la soccorevva,
il primo incontro con Rap, lei che scappava sentendosi un'intrusa, Rock
che si era precipitato a cercarla e il loro primo bacio. Come era
potuto andare tutto a rotoli ? Sembrava così perfetto. La
sua bolla di serenità, quella per cui aveva combattutto
tutta una vita, era esplosa. Era stata lei a farla esplodere.
Come avrebbe fatto ad affrontare Rock? Con quale forza avrebbe
sostenuto il suo sguardo tradito e deluso? Non poteva... semplicemente,
non ne era in grado.
Si trovò a piangere in silenzio, nonostante si fosse
ripromessa di non farlo. Si sentiva la persona più ipocrita
e falsa del mondo. Si faceva schifo da sola. E all'improvviso la sua
coscienza le inviò un pensiero :
...lui ce la
farà anche senza di te. Hai fatto solo dei danni. Esci di
scena adesso se possiedi ancora un briciolo di dignità.
Uscire di scena? ….ossia, lasciarlo? Lasciarli tutti! Lui,
Rap, Heavy, Metal... i suoi piani per Haylie, quella vecchia scuola che
aveva imparato a chiamare casa. Si... forse, era la sola cosa da fare.
Preferiva ricordare il suo sguardo allegro e sereno, piuttosto che
indurito dalla rabbia e dalla frustrazione.
Serrò forte le labbra tentando di non lasciare uscire nessun
singhiozzo. Gli accarezzò una guancia.
“Mi dispiace...” sussurrò tanto piano da
riuscire a malapena a sentirsi. “... mi dispiace
così tanto, Rock. Ho rovinato tutto... scusami.”
Sapeva che rischiava di svegliarlo, ma non le importava. Lo
baciò delicatamente sulle labbra, e come previsto, lui si
mosse e cominciò ad aprire gli occhi. Non voleva guardarlo.
Non ce l'avrebbe fatta ad andare fino in fondo se solo avesse osato
incrociare il suo sguardo, così si mise a sedere e gli diede
le spalle. Poi, si alzò in piedi e la sua voce assonnata la
raggiunse :
”...dove vai?” domandò flebilmente.
Una lacrima solitaria le percorse la guancia. Eleanor strinse i pugni e
si morse il labbro inferiore :
“....devo andare in bagno.” Mentì
“Torno subito.”
Ma probabilmente lui non l'aveva nemmeno sentita. Dormiva
già … meglio così. Sarebbe stato
più facile. Per lui, per lei...
Con il cuore a pezzi, Eleanor andò a recuperare la sua borsa
e la riempì con le sue poche cose. Dopodichè si
vestì, nella maniera più silenziosa possibile.
Una volta pronta, si concesse qualche minuto per guardarlo dormire. Le
sue gambe proprio non volevano muoversi e la sua voglia di mettersi ad
urlare cresceva ad ogni istante. Per un attimo fu tentava di fregarsene
di tutto e tornare a sonnecchiare fra le sue braccia. In fondo quello
con Rap era stato solo sesso occasionale. Quante persone si erano
macchiate della sua stessa colpa? Accadeva ogni giorno, in ogni angolo
del mondo... non era poi così grave.
Ma nel loro caso era diverso. C'era l'ombra di Marika che minacciosa li
sovrastava. La storia si era ripetuta, stavolta i ruoli si erano
rovesciati. Non era più Rap il tradito, ma Rock. Come minimo
i due ragazzi, gli eterni amici che per ben due volte si erano
innamorati della stessa ragazza, avrebbero troncato ogni tipo di
legame. E tutto per cosa? Perchè lei, che non era riuscita a
tenere a freno i propri ormoni? Aveva ragione Rap: la carne sapeva
essere molto debole...
Però non poteva sparire così. Rock sarebbe corso
a cercarla e se fosse accaduto, lei non avrebbe più avuto la
forza di andarsene di nuovo. Doveva fargli sapere che non voleva essere
cercata. Che era finita!
Fece la cosa più palese di tutte. Gli lasciò una
lettera abbandonata sul cuscino. Poche righe in cui
confessava le proprie colpe, in cui gli giurava che il suo cuore era
comunque sempre appartenuto solo a lui, ma che non riusciva a gestire
il proprio corpo. Che non voleva farlo soffrire, non voleva fare la
Marika della situazione, per questo se ne andava. Chiese che nessuno
andasse a cercarla. Chiese di essere dimenticata e di farsene una
ragione.
In qualche modo, le sue gambe si mossero e lei raggiunse la porta della
loro stanza. Si voltò un'ultima volta verso di lui e il
groppo alla gola si fece così intenso da mozzarle il fiato.
Gli occhi bruciavano come infilzati da mille spilli invisibili. Il
cuore batteva forte, eppure era come morto.
“Addio...” mormorò prima di uscire in
corridoio e chiudersi la porta alle spalle.
Una volta fuori, si abbandonò contro la parete, si
coprì il viso e pianse ogni lacrime che aveva trattenuto.
“Hey...” per poco non urlò trovandosi di
fronte Metal che la guardava confuso. Possibile che lì
dentro tutti si sentissero in dovere di fare passeggiatine notturne?
Metal indugiò a lungo sulla sua borsa gonfia di vestiti e
oggetti vari, sul suo abbigliamento e sui suoi occhi piangenti.
“Dove stai andando a quest'ora?”
Metal era uno che sapeva osservare. In realtà conosceva la
risposta, ma non poteva accettarla. Sperava di essersi sbagliato.
Eleanor lo abbracciò di slancio sorprendendolo:
“Mi dispiace tanto.” disse tra le lacrime
“Salutami tuo fratello,ok? Digli che mi mancherà
tantissimo!”
Metal la spinse via con gentilezza : “Sei diventata
matta?”
Si, lo era diventata eccome! Per questo se ne andava.
“Fai in modo che non vengano a cercarmi, ti prego. Non
riuscirei a dirgli addio un'altra volta se mi trovassero! Ti scongiuro,
Metal... fallo per me!”
Lui la fissava stranito, senza sapere come reagire. Avrebbe dovuto
farla ragionare, ma non riusciva nemmeno a parlare.
“Mi mancherai ...!” disse infine Eleanor, prima di
mettersi a correre verso l'uscita.
Metal si mise al suo inseguimento, ma ormai lei era sparita, inghittita
dal buio della notte che circondava la scuola.
***
Era l'alba ormai quando Eleanor decise di fermarsi a riposare. Aveva
camminato per tutta la notte, raggiungendo la parte opposta della
città. Se anche si fossero già messi sulle sue
tracce, ci avrebbero messo un bel po' per raggiungerla.
Si sedette all'interno di una fermata dell'autobus, stringendosi le
ginocchia al petto e nascondendo il viso. Non piangeva più
ormai, la lacrime si erano esaurite. Si sentiva esattamente come prima
di conoscere Rock... una bambola senz'anima. Anche starsene seduta da
quella fermata le dava una fastidiosa sensazione di
dejà-vù … quella era la sua vita.
Aveva sbagliato a sperare di potersene creare una più
decente. Ma la cosa che più la spaventava era che adesso era
davvero sola. Prima c'era Evan con lei... adesso chi l'avrebbe aiutata,
con chi si sarebbe potuta sfogare, chi avrebbe ratoppato le sue ferite?
….Nessuno.
Avrei dovuto esserci io
al posto di Evan. Lui meritava di vivere molto più di me.
Rimase immobile nella stessa posizione per parecchio. Le prime persone
cominciarono ad uscire dalle loro case per recarsi al lavoro.
Già.... il lavoro. Non poteva andarci. Sarebbe stato il
primo posto dove Rock l'avrebbe cercata.
Senza pensarci troppo, prese il suo cellulare. Una fitta dolorosa la
colpì quando trovò una decina di chiamate senza
risposta. Non guardò nemmeno chi fosse stato ad averla
chiamata. Aveva tolto di proposito la suoneria. Fece il numero di
Nicole.
La ragazza rispose dopo un paio di squilli :
”Buongiorno, Eleanor!” la salutò con il
suo solito entusiasmo.
“Ciao, Nicole...” dopodichè
iniziò la commedia “Ascolta, devo avere preso
freddo ieri... non mi sento per niente bene. Credo di avere
l'influenza. E' un problema se oggi non vengo?”
“Cavolo... che voce! Si sente che sei malata... povera
Elly!!!”
Ad Eleanor scappò un sorriso. La voce da malaticcia ce
l'aveva per davvero. Effetto collaterale dell'aver passato ore a
singhiozzare.
“Stai tranquilla, ce la caveremo anche senza di
te.” continuò Nicole “Guarisci presto
però. Non voglio restare in balia di Amber, quella mi
sfrutta! Non usa la frusta solo perchè è
illegale!” Sentì qualcuno urlare qualcosa e Nicole
fare una pernacchia. Era proprio una bambina a volte.
“Senti, Lucas viene lo stesso?”
Qualcosa la trattenne dal concludere lì la telefonata.
Parlare di Rap era di certo l'ultima cosa che voleva fare.
“Non...non ne ho idea, perchè?”
“E' per Amber. Mi sta facendo strani segni, vuole sapere se
viene, ma se dici di non saperlo.... Non è che puoi
chiederglielo prima che a mia sorella venga una sincope o qualcosa del
genere?”
“M-mi spiace.... io...”
Nicole non sentì quelle parole appena mormorate:
“Sei ancora lì?”
Eleanor si decise ad interrompere la chiamata :”Scusami
Nicole. Sto per vomitare... devo andare!” e chiuse il
cellulare.
Tornò la voglia di piangere, ma non ci riuscì.
Fece sparire di nuovo il viso tra le ginocchia e quasi si
addormentò. Ogni tanto alzava gli occhi per controllare
l'inclinazione del sole. La gente la guardava restia. Erano tutti
piuttosto eleganti e snob. Eleanor capì di essere finita nel
bel mezzo dei quartieri altolocati... perfetto! Poteva accadere
qualcos'altro?
“Eleanor?...” quella vocina quasi impercettibile e
carica di preoccupazione, la fece scattare. La mano che l'aveva
scrollata leggermente si allontanò di colpo. Davanti a lei
c'era una bambina dagli occhi maledettamente familiari.
“Mary-Bell?”
“Cosa fai qui?” chiese lei, sinceramente
preoccupata. Si sedette al suo fianco. Elanor la osservò per
qualche momento. Indossava una divisa scolastica. Ovviamente andava
alla scuola privata più prestigiosa della città.
Grazie a quel dettaglio, potè intuire che ore fossero.
Probabilmente erano circa le otto del mattino.
“Niente.” rispose semplicemente.
“Hai delle occhiaie orribili sai? Non hai dormito?”
Eleanor scosse il capo. Era strano. In quel momento Mary-Bell non
sembrava la stessa dodicenne che aveva conosciuto assieme a Rock.
Sembrava molto più matura. L'adulta della situazione era lei
in quel contesto.
“Hai litigato con mio fratello?”
Non poteva spiegarle esattamente cosa fosse accaduto, non avrebbe mai
capito. Così, rimase sul vago.
“In un certo senso...”
Mary-Bell sembrò arrabbiarsi :” Maledetti uomini!
Oddio, guarda come ti ha ridotta! Appena lo vedo gliela faccio pagare,
te lo giuro!”
“No, lascia stare. Non serve...sto bene, davvero.”
ma lei nemmeno la sentì.
“Jules lo dice sempre. Più stai lontana dai
maschi, meno soffirai.”
“Mary-Bell, stai tranquilla. E' una situazione complicata che
non posso spiegarti... in realtà è stata colpa
mia, tuo fratello non c'entra...”
Le guance della ragazzina si gonfiarono :”Non lo difendere!
Alex è davvero un idiota quando ci si mette!”
Non recepì subito cosa racchiudesse quella frase. Le troppe
ore di sonno mancato glielo impedivano, ma quando Mary-Bell si
coprì la bocca con entrambe le mani e sgranò gli
occhi, conscia di aver parlato troppo, un velo si serenità e
gioia si posò su Eleanor. Non sperava di poter di nuovo
provare sensazioni simili.
“....Alex?.... E' così che si chiama?”
“Oh no! Che stupida! Non dovevo dirlo! Mi aveva detto di non
chiamarlo più così!”
Perchè? Perchè doveva scoprire il suo nome
proprio quel giorno? Proprio adesso che non avrebbe più
potuto chiamarlo? Eppure si sentì lo stesso appagata. Da
quanto desiderava scoprire il suo vero nome?... da sempre. Fin dalla
prima volta in cui si erano visti.
Le ritornarono alla mente le sue parole : “Dovrai accontentarti
di un indizio e vediamo come te la cavi … Comincia per
A.”
Le lacrime tornarono ad affacciarsi sul suo viso. Pensava di averle
esaurite, invece eccole di nuovo. Forse erano tornate perchè
queste erano di goia, non di dolore.
Mary-Bell, si mise a trafficare nel suo zaino di scuola e le diede un
fazzoletto di carta. “Non piangere, però...
“
“Oh no, Mary-Bell! Non è come credi! Non hai idea
di quanto mi hai reso felice! Grazie!” detto questo,
l'abbracciò forte.
Mary-Bell ridacchiò e rispose all'abbraccio : “Non
ci ho capito niente, ma sono contenta di averti tirato un po' su di
morale!”
***
Ansiaaaaaaaaa!! Oddio, spero di non aver scritto troppe cavolate!!!
Pauuuuuuuuuuura!! ._.
Spero che il nome di Rock
non risulti troppo deludente. In realtà c'è una
storia dietro: il mio migliore amico, nonchè primo amore,
primo ragazzo, primo bacio....beh, primo di tante cose
°///°, si chiama Alex. Lui è il collaudatore
delle mie storie, e gli avevo promesso che avrei chiamato il
protagonista maschile di questa storia come lui. Siccome i protagonisti
maschili sono due, ho battezzato così quello che
più gli somigliava caratterialmente. Non dite che era
complicato da indovinare perchè non è vero!!!
Ma la questione qui,
è un'altra. Ma cosa hanno combinato Elly e Rap!?!?!??!?
MWUAHAHAHAH, dai doveva succedere prima o poi. La carne è
debole U.U
Passo ai ringraziamenti:
Piccola
Ketty : ma ciauuuuuuuuuuu! Belin oh! Quanti mastrussi ho
inandiato!?? XD ihihihihihihi Non dire "scrittrice preferita"
perchè mi monto la testa *_____* e divento pericolosa!
Bolzaneto eh?!?!? Ci vado sempre perchè c'è
l'ipercoop e l'ikea!!! Beata te che ci vivi vicino!! uaaaaa, spero che
ti sia piaciuto il chappettin =) bye!
Black
S O U L __: Lo vuoi ancora Rap????? Mmmm, magari possiamo
accordarci.Non incolparmi così il povero Rock
ç__ç, lui si è trovato tirato dentro.
E' Eleanor quella che fa casino XD disatroooooooooo!
fu80:
che bello, una nuova commentatrice *me lancia coriandoli e saltella di
gioia*. Anch'io me li terrei tutti e due! u.u ... come se fa a
scegliere!?!?!? Grazie per i complimenti, *me tanto commossa*
Aurelia84:
ti rispondo con una domanda: quanto ti ho fatto sbavare in questo
chap?!? ^^'
MakyMay:
Un libro?!?!? *_* oddio non mettermi queste idee in testa. Pubblicare
un libro è il più grande sogno, ma
ahimè sono ancora molto lontana dal realizzarlo
ç_ç. Spero che anche sto chap sia piaciuto! Hai
visto!?!? Mi spiace ma non si chiama Atobby! SPiacente di averti
deluso, cara =)
Mana_chan:
Ok! Dimmi che l'avevi indovinato!!!! Se è così ti
faccio un monumento in piazza!!! XD ah, per cortesia, spegni il tuo
radar-trova coppie perchè mi fa davvero taaaaaaanta paura
._. ! Cioè tu mi fai paura! Sei un po' come ROck, indovini
sempre tutto! XD Ma ora sono curiosa di sapere che ne pensi!!!! Sto in
fibrillazione!!!
Ok ragazze adesso
vado!!!!!!!!!!!! CI vediamo domenica prox!!! Fatemi sapere che ne
pensate perchè mi sono davvero impegnata su sto capitolo....
anche se forse non sembra. Non vi dico quante volte l'ho cambiato! xD
A presto
Ayleen
PS
solo una cosa, andateci piano con eleanor ç_ç
mettetevi un attimo nei suoi panni!
|
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Capitolo 25 *** Fantasma ***
Buonaseeeeeeeeeera.
Scusate, volevo aggiornare oggi pomeriggio, ma non ce l'ho fatta ^^!
Sorry!
Capitoletto un po' inutile forse.... o forse, no! Boh! Non l'ho proprio
inquadrato! Ho solo scritto ciò che mi passava per la mente
ed è uscita sta roba qui! Speriamo vi piaccia!
Vi aspetto in fondo!
CAPITOLO
VENTICINQUE
Fantasma
Mio caro Rock,
Prima
che tu possa
fare o pensare qualunque cosa, è bene che tu sappia che non
sei in
alcun modo responsabile della mia decisione di andarmene. Si, mi
dispiace, non ho trovato un altro modo per dirtelo. Me ne vado, non
per colpa tua. Per colpa mia! Tu non c'entri nulla in tutto questo,
quindi ti prego, ti scongiuro, non essere troppo severo con te
stesso. Sei stato la cosa migliore che mi sia mai accaduta e non sono
affatto pentita di averti incontrato. Mi hai salvato così
tante
volte da me stessa che ho perso il conto. Ci sono tante cose che
vorrei dirti. Cose che non ho mai avuto il coraggio di dire, ma ho
poco tempo. Ho paura che tu possa svegliarti e a quel punto non
riuscirei più a lasciarti qui.
La verità è che
io sono sbagliata per te. Non ti merito. Ho fatto una cosa terribile,
qualcosa di cui mi pentirò per il resto della mia vita e
sono
terrorizzata dalle conseguenze che questo mio sbaglio potrebbe
portare. Stanotte, quando tu eri ancora fuori con Dylan, io e Rap
siamo stati insieme. Non so bene come sia accaduto, sono stata una
stupida, non ci sono aggettivi abbastanza efficaci per definirmi.
Anzi no... in effetti, uno c'è, ma so che tu ti
arrabbieresti a
morte se solo osassi autodefinirmi così.
Non essere troppo
duro con Rap. In fin dei conti, nemmeno lui è colpevole.
Sapevo
quali fossero i suoi sentimenti per me e invece di cercare di mettere
dei limiti fra di noi, li ho infranti. Lui ci ha provato a starmi
lontano, te lo posso assicurare. Sono io quella che l'ha spinto a
riavvicinarsi. Volevo che fossimo amici, avevo bisogno di qualcuno
che potesse riempire il vuoto lasciato da Evan... ma ho sbagliato!
Nessuno può sostituire Evan, ed era palese che a Rap non
sarebbe
bastato essere solo mio amico. Ma io ho insistito e lui non ha saputo
dirmi di no. Mi ha baciato, sai? Più di una volta prima di
oggi. Alla prima l'ho respinto... poi, non ne ho avuto più
la
forza e non so per quale maledetto motivo.
Non l'ho mai
amato, Rock. Sono pronta a giurarlo! Il mio corpo potrà
anche essere
stato suo per quei brevi istanti, ma il mio cuore è sempre
appartenuto a te. Lo so che non è assolutamente una scusa,
però
volevo che lo sapessi. E se ho deciso di andarmene, è per te
che lo
faccio. Non mi aspetto che tu capisca, sappi solo che ho già
rovinato la vita di troppe persone e tu non te lo meriti. Tu vuoi
bene a Rap, lo so! E' il tuo migliore amico e vi considerate quasi
come fratelli. Non sarò io a rovinare tutto. Avevo giudicato
Marika
per ciò che vi aveva fatto, e ora io ho fatto la stessa
identica
cosa. Siete rimasti amici nonostante lei. Adesso spero lo rimaniate
nonostante me! Ma come Marika, anche io devo uscire di scena. Non
nello stesso tragico modo, ovviamente. Sparirò solo dalle
vostre
vite. E vi prego, tutti voi, ma soprattutto te, Rock... non cercatemi!
Non commettete questo errore! Avete sofferto tanto in passato, non
voglio che continuate a farlo a causa mia. Digli a Rap che mi
dispiace di averlo illuso! Ad Heavy e Metal che non li
scorderò mai!
Per quanto riguarda te invece, ci sarebbero così tante cose
da
dirti.... Ti amo. Ti ho amato dal primo istante. Quella notte in
cui i nostri sguardi si sono incrociati su quella metropolitana ho
realizzato che ti appartenevo. Lo so che non ha senso, ma è
così.
IL mio mondo ha preso a girare intorno a te dopo quella sera. Ho
vissuto per te! Non per me, per Evan, per Rap e gli altri, ma per te!
Prima di incontrarti, non avevo nulla per cui vivere e fin troppi
motivi che invece mi spingevano a desiderare di scomparire... non hai
idea, non ti rendi nemmeno conto della forza che sei riuscito a
trasmettermi. Talmente tanta che ora sento di potercela fare anche da
sola. Non dovrai più preoccuparti per me, per i miei incubi,
per i
miei infiniti piagnistei. Starò bene! E anche tu! Devi
promettermi
che ci proverai, almeno. Solo questo, non ti chiedo altro. Anzi no.
Una piccola richiesta ce l'ho. Perfavore, non odiare Rap. Se me ne
sono andata è stato proprio per evitare che voi due vi
odiaste.
Avete entrambi amato Marika, quindi chi meglio di te può
capire cosa
lui abbia provato negli ultimi tempi? Devi avercela con me, non con
lui. Sarà tutto molto più facile se deciderai di
odiarmi...
Addio
Eleanor
“Rock
è inutile! Non risponderà!”
Era la decima volta forse che Metal glielo ripeteva, ma lui non stava
recependo nulla di ciò che gli accadeva intorno. Se era vero
che
usare troppo il cellulare provocava gravi danni al cervello, allora
lui se n'era giocato mezzo nell'ultima ora.
Andiamo
Eleanor. Ti prego, rispondi!
Niente. A rispondergli fu come al solito la segreteria.
Ringraziò
mentalmente il proprio autocontrollo per avergli impedito di
scagliare il telefono contro la parete. E non solo. Forse agli altri
appariva piuttosto tranquillo, controllato, ma non era affatto
così.
Dentro era in balia di una tormenta di rabbia, sgomento, tristezza,
frustrazione... cosa fosse a lasciare integro quel minimo di
lucidità
era un mistero, perchè aveva seriamente temuto d'impazzire
nel
momento in cui si era svegliato senza trovare Eleanor al suo fianco,
quando volgendo lo sguardo per la stanza non aveva più visto
le sue
cose, quando aveva trovato la lettera... quelle parole scritte con
una calligrafia frettolosa e disordinata l'avevano ucciso. Ogni
singola parola, punto o virgola era stato una pugnalata. Gli altri
non si rendevano conto del dolore assoluto che lo stava consumando.
Loro erano solo preoccupati per Eleanor, come semplici amici e niente
più, ma lui era terrorizzato dall'idea di averla persa per
sempre. E per cosa? Per non aver capito che c'era qualcosa che non
andava in lei quando era tornato a casa?
Aveva percepito qualcosa di strano nella sua voce, ma si era convinto
fosse dovuto alla stanchezza, come aveva detto lei. Come aveva potuto
essere così ingenuo? Si maledisse innumerevoli volte. In
mano
stringeva ancora quel dannato pezzo di carta, ormai stropicciato e
illeggibile. Com'era possibile che quello stesso pomeriggio fosse
tutto così perfetto e che ora si ritrovasse catapultato
all'inferno?
No, non aveva intenzione di restare all'inferno! E poi gliel'aveva
sempre detto ad Eleanor. Se fosse sparita, lui l'avrebbe sicuramente
ritrovata. Ma come poteva anche solo aver pensato di abbandonarlo
cosi?
“Andiamo!” esclamò determinato,
infilandosi la giacca. Heavy era
già pronto a seguirlo, ma Metal indugiava.
“Rock...” fece, quasi imbarazzato “Lei...
lei mi ha detto di
fermarti se avessi deciso di andarla a cercare... “
Rock si parò di fronte a lui, sfidandolo apertamente
:” E allora
fermami, avanti!”
Metal lo osservò a lungo. Non l'aveva mai visto
così deciso e
risoluto. Per un attimo si sentì davvero piccolo ed
insignificante
sotto quello sguardo. Capì che nulla l'avrebbe fermato, men
che meno
lui. Si scusò mentalmente con Eleanor, senza tuttavia
pentirsi di
ciò che stava per fare. In fondo, anche lui voleva
ritrovarla.
“...Vengo con te.” disse infine.
Rock s'incamminò verso l'uscita, Heavy e Metal a seguito. Il
suo
autocontrollo quasi implose quando trovò, davanti
all'ingresso, Rap.
“Rock, aspetta. Ragiona!” Nemmeno lo
ascoltò. Cercò di zittire
quella voce nella propria mente. “...Lei non vuole essere
trovata!”
E a quelle parole, sentì distintamente l'esplosione dentro
di sé.
“Tu non sai un cazzo di lei!” gli urlò
contro.
Immediatamente, i due gemelli si frapposero tra i due, intimandogli
di calmarsi. Se non fossero intervenuti loro due, Rock si serebbe
fiondato su Rap dando libero sfogo alla propria rabbia. Non pensava
fosse possibile provare un tale odio per qualcuno. Era del tutto
impreparato ad affrontare un simile sentimento e lasciò che
l'istinto lo guidasse. Ma furono le parole scritte da Eleanor a
placarlo : Perfavore, non odiare Rap...
Quasi gli sembrò di sentire la sua voce implorante, i suoi
occhi blu
che lo fissavano tristi e delusi... lentamente, la rabbia
lasciò il
posto al dolore. Non c'era il tempo per essere arrabbiati con Rap.
Doveva ritrovarla... a tutto il resto avrebbe pensato dopo. E senza
Eleanor al suo fianco, un dopo non ci sarebbe mai stato.
Spinse di lato Metal, che lo intralciava, e uscì in cortile.
Sentì
i passi dei suoi amici fargli eco. Non sapeva se Rap si era aggiunto
a loro, nemmeno si voltò per assicurarsene. Non gli
importava di
lui!
“Hei, Rock!” la voce di Heavy lo riscosse.
“Sai dove potrebbe
essere andata?”
Lo sapeva? ...no. C'erano un paio di posti da controllare, ma non era
certo di riuscire a trovarla proprio lì.
“Forse...” rispose, sinceramente.
Sentì Metal borbottare qualcosa, si voltò ed ebbe
la conferma che,
sì, Rap li aveva seguiti. Aveva un'espressione indecifrabile
e non
aveva ancora osato alzare gli occhi su di lui. Quindi lo sapeva di
essere il responsabile di tutto ciò!? Certo che lo
sapeva. Rock
sperò che i sensi di colpa lo stessero consumando almeno la
metà di
quanto il dolore stesse consumando lui.
“Non è meglio usare l'auto?” propose
Heavy.
Senza dire niente, Rock si diresse verso il posto dove in genere
parcheggiavano la loro macchina. Andò a sedersi al posto di
guida. E
attese che i suoi amici prendessero posto. Si stizzì e
strinse i
pugni sul volante quando si accorse che Rap aveva occupato proprio il
posto accanto al suo.
Adesso lo guardava! Il suo sguardo aveva un che d'intimidatorio, cosa
che lo fece irritare ancora di più. Per evitare di lasciarsi
andare
all'ira, mise in moto e si concentrò sulla strada.
“Dobbiamo parlare!” esordì Rap, senza
staccargli gli occhi di
dosso.
“Io credo di no invece.” rispose Rock,
apparentemente tranquillo
“Ce l'hai fatta! Hai ottenuto ciò che volevi! La
tua piccola
vendetta personale è andata a segno, le mie congratulazioni!
Eleanor
per Marika giusto?”
“Ti sbagli. Io non...”
“No!” lo zittì Rock “Non
voglio sapere niente! Non
m'interessa! E per quel che mi riguarda, noi due non abbiamo altro da
dirci!”
***
Coraggio
Eleanor, ce la puoi fare!
Da
circa dieci minuti se lo stava ripetendo, ma quel coraggio che stava
a gran voce chiamando sembrava non avere alcuna intenzione di venire
fuori. Eppure non sembrava così difficile. Quante volte si
era
ritrovata sotto quella palazzina? Le sarebbe bastato suonare il
citofono e Nathan le avrebbe risposto.
Oppure
no? Forse Nathan era arrabbiato con lei, avrebbe avuto tutte le
ragioni del mondo per esserlo. Per un attimo fu tentata di tornare
indietro a cercare Mary-Bell. La ragazzina le aveva proposto di
andare a stare a casa sua finchè non avesse trovato un altro
posto
dove stare, ma lei si era rifiutata categoricamente. Andare a vivere
nella casa dove era cresciuto Rock? No... non era proprio il caso.
Certo
che hai una bella faccia tosta, Eleanor. Non ti sei più
fatta
sentire da Nathan e ora che sei nei guai torni da lui … non
è
questo che fanno gli amici.
Era
la verità. Che razza di persona era? Stavolta la tentazione
di
andarsene si fece davvero prepotente, ma il portone della palazzina
si aprì. Una signora stava uscendo, la guardò e
chiese, tenedo il
portone aperto :” Deve entrare, signorina?”
“Si,
grazie mille!” rispose lei, instintivamente.
Entrò
nell'atrio e rimase per un po' appoggiata al portone, indecisa se
salire o meno. Che strano essere lì. Le sembrò di
essere tornata
indietro nel tempo, di sentire la voce di Evan che si lamentava
dell'ascensore che puntualmente non funzionava, di sentire i suoi
passi su per le scale... Scosse la testa per cancellare quei
pensieri. Si avvicinò all'ascensore e premette il pulsante.
Stranamente funzionava. Le venne da sorridere nell'immaginare Evan
gridare al miracolo.
Quando
raggiunse il quarto piano, una sensazione di malinconia e tristezza
assoluta la investirono in pieno non appena uscì sul
pianerottolo.
La porta dell'appartamento di Nathan era proprio davanti a lei. Le
sarebbe bastato suonare il campanello, attendere che l'amico aprisse,
spiegargli la situazione e rimanere nascosta da lui fino a che Rock e
gli altri non avessero rinunciato a cercarla. Non era poi
così
difficile. Ma l'idea di non trovare Evan oltre quella porta, la
uccideva.
Fece
un respiro profondo e si avvicinò.
Coraggio
Eleanor. Hai detto addio ad Evan, ricordi? Devi andare avanti...
Suonò
il campanello e pochi istanti dopo, un Nathan sorpreso e confuso le
apparve di fronte.
“Eleanor....?”
fece, incredulo.
“....Ciao,
Nathan.”
Eleanor
teneva lo sguardo basso. Non se la sentiva di affrontare i suoi
occhi. Era convinta fossero colmi di risentimento per lei, per essere
sparita così, ma invece il ragazzo l'abbracciò
stretta.
“Hai
una vaga idea di quanto ti ho aspettata?”
Eleanor
sentì distintamente le lacrime affacciarsi dai suoi occhi.
Nathan
non era arrabbiato con lei... era chiaro. Lui non si arrabbiava mai!
Si vergognò davvero per avergli fatto affrontare la morte di
Evan da
solo. Lei perlomeno aveva Rock e gli altri in quel periodo, ma lui
invece non aveva nessuno. Come aveva potuto essere così
egoista?
Evan ne sarebbe rimasto così deluso....
“Mi
dispiace tanto ….” mormorò contro la
sua spalla. “Avevo paura
di venire qui. L'idea che c'eri solo tu e non lui mi
terrorizzava.”
“Lo
so.... “
Non
parlarono più. Solo in quel momento, stretta in
quell'abbraccio così
confortevole, Eleanor realizzò quando Nathan le fosse
mancato. In
fondo anche lui era stato come un fratello. Se pensava al proprio
passato vedeva sempre Evan, Nathan e lei. L'allegro trio! Nelle
più
svariate situazioni. Quella parte della sua vita si era tragicamente
conclusa, ma non per questo andava dimenticata.
“Vieni,
entra.” fece Nathan quando la liberò dalla morsa
delle sue
braccia.
La
tenne per mano mentre varcavano la soglia. Sapeva che quel semplice
gesto le costava una fatica immensa. La vide osservare il salotto, la
cucina e poi il suo sguardo rimase fisso sulla porta chiusa
della camera da letto. I suoi occhi s'inumidirono di lacrime.
Nathan
sapeva cosa lei stesse provando. Lui ci aveva convissuto ogni giorno
da quella dannata notte. Ogni volta che entrava in casa, gli veniva
d'istinto di fissare la porta di camera e chiamare Evan...
perchè in
genere, quando rientrava, Evan dormiva. I suoi orari lavorativi gli
scombinavano del tutto la giornata ed era raro trovarlo sveglio.
Anche Eleanor era vittima dello stesso istinto.
Nathan
si affrettò a condurla sul divano, ma lei non sembrava
tranquillizzarsi. Si guardava intorno come un'ossessa. Il suo sguardo
vagava su ogni cosa, oggetti, fotografie. Tutto era un ricordo legato
ad Evan.
Poi,
la ragazza si costrinse a chiudere gli occhi e scoppiò in un
pianto
disperato. Nathan la strinse di nuovo a sé e la
lasciò sfogare.
Provò
a non cedere anche lui. Ad essere forte per lei e ci riuscì.
Quando
i gemiti di Eleanor scemarono, la guardò dritto negli occhi
:
“Va
meglio...?”
Lei
annuì e si asciugò il viso col dorso della mano.
“Scusami... è
accaduto proprio quello che temevo. “
“Non
preoccuparti... E' tutto ok!”
“Non
ce l'hai con me, Nathan?”
Lui
la guardò corrucciandosi appena :”Avercela con te?
Per quale
motivo, scusa?”
“Ti
ho praticamente abbandonato dopo che Evan....”
lasciò la frase
sospesa a metà e Nathan la ringraziò mentalmente.
“... Non una
telefonata, non sono più venuta a trovarti. Dovresti essere
arrabbiato!”
Nathan
sospirò e le sorrise rassicurante: “Eleanor,
ognuno vive il dolore
a modo suo. Ho capito che ti serviva del tempo per trovare la forza
di ritornare qui. Credimi, nemmeno io credevo di riuscirci il primo
giorno dopo l'incidente... non devi giustificarti. Adesso sei qui, il
resto non importa!”
Lei
gli sorrise con gratitudine. “Grazie...”
“Hai
fame?”
Eleanor
si rese conto di non toccare cibo dal giorno prima. “Un
pochino...”
fece, un po' imbarazzata.
“Perfetto!
Devo ancora fare colazione. Vieni!”
Lo
seguì in cucina e si sedette al suo solito posto. Quanti
ricordi
c'erano in quella stanza? Era il loro tavolo delle riunioni.
Fortunatamente, Nathan la ridestò dai suoi pensieri.
“Come
ti vanno le cose, comunque?”
Lei
si morse nervosamente il labbro : “... non molto
bene.”
“Che
succede?”
“...io...
io ho lasciato Rock!” fu straordinariamente facile dirlo. Ma
non
aveva considerato il dolore che questa consapevolezza portò
con sé.
Improvvisamente l'appetito si dileguò.
“Dimmi
che scherzi!” esclamò Nathan, fissandola allibito.
“No...
affatto.”
“Ma
non è possibile! Eravate così... “
Nathan dovette zittirsi sotto
lo sguardo implorante di lei. Sospirò. “Ok. Che
è successo?”
Eleanor
puntò lo sguardo sulla tazza di caffè che aveva
di fronte. Afferrò
un biscotto dal pacco al centro del tavolo e ve lo immerse.
“Eleanor!”
la richiamò Nathan, deciso a farsi dire tutto.
“...Ho
fatto sesso col suo migliore amico.” ammise, senza giri di
parole.
“Oh...”
fece lui, corrucciandosi. “... un bel casino!”
“Già.”
Vedendola
così giù di morale, tentò di
rasserenarla un po' :”Beh, magari
ti perdonerà se torni da lui. Non posso dire di conoscerlo
come lo
conosci tu, ma da quel poco che ho visto mi sembrava che lui ci
tenesse davvero a te. Dovreste parlare...”
“No,
Nathan. Forse potrebbe anche perdonarmi, ma finchè io non
riesco a
perdonare me stessa, non posso tornare da lui. Lo capisci?”
“....
credo di si! Ma credo anche che tu sia troppo severa con te. Hai
sbagliato, è vero, ma non è una cosa
così irreparabile. In amore
si è sempre pronti a perdonare anche le cose più
terribili. Suona
assurdo e del tutto patetico, ma ti assicuro che è
così!”
“Non
ci riesco, Nathan. Non riesco ad immaginare di tornare da lui come se
nulla fosse successo! Sono quasi sicura che lui ci riuscirebbe a
dimenticare ciò che ho fatto, ma io no! Non sono
così forte
purtroppo. Mi sentirei indegna di lui ad ogni suo tocco o
sguardo..”
“...Beh,
a volte staccare un attimo può servire. Prendersi un po' di
tempo
per pensare.”
“Infatti.
E' per questo che sono qui. So che non dovrei chiedertelo, visto la
totale indifferenza con cui ti ho trattato in questi ultimi tempi, ma
….non so dove andare, Nathan! Mi serve un posto dove stare
per un
po'... non sapevo a chi chiedere. Mi spiace approfittarne
così...”
Lui
la guardò severamente, per poi sorriderle calorosamente :
”Bentornata a casa!”
Eleanor
gli rispose con una risata sincera e liberatoria. E per la prima
volta, nelle ultime ventiquattro ore, si sentì bene!
***
“Rock....
si sta facendo tardi! Vuoi continuare?”
Heavy
non si rendeva nemmeno conto di cosa stesse dicendo! Ma Rock aveva
smesso di arrabbiarsi. In fondo non poteva pretendere che tutti loro
fossero coinvolti in quella disperata ricerca. Metal l'aveva
sostituito alla guida, visto che lui era troppo distratto per
riuscire a guidare senza farli schiantare.
“Voi
fate quello che volete!” ribattè, in modo
abbastanza pacato.
“Io
vengo con te!” A parlare era stata Nicole.
Si
erano aggiunte anche lei e Amber al gruppo. Lui e i ragazzi erano
andati a cercare Eleanor al locale dove lavorava, ma appurato che non
fosse lì e che aveva finto di stare male per evitare di
presentarsi
al lavoro, le due ragazze si erano preoccupate e avevano
insistito per aiutarli.
“Nicole,
stai ferma ti prego! Non mi sento più le gambe!”
Si lamentò
Amber.
Il
sedile posteriore dell'auto non riusciva a contenerli tutti e Nicole,
la più minuta del gruppo era stata costretta a sedersi in
braccio
alla sorella. Heavy e Rap le affiancavano, scrutando dai finestrini
ogni persona che passava in strada.
“Abbiamo
girato ovunque, “ continuò Metal “Si
è come volatilizzata. “
“Oddio,
se non ha un posto dove andare sarà costretta a dormire per
strada!
Povera Eleanor, non possiamo permetterlo! E' pericoloso!” si
agitò
Nicole.
“...Non
sarebbe un problema per lei.” esordì Rap, dopo ore
di silenzio.
“Ha già trascorso delle notti all'aperto, dico
bene?”
“E'
stato molto tempo fa! “ tagliò corto Rock,
sperando che Rap
tornasse al suo silenzio. Lo urtava terribilmente sentire la sua
voce.
“DI
che state parlando, scusate?” chiese Amber, “Cosa
significa che
non sarebbe un problema per lei?”
“Lascia
stare... “ le rispose Rap, chiudendo lì il
discorso.
Rock
continuò a pensare a dove potesse essere Eleanor. Avevano
scandagliato ogni singolo angolo della città, ma di lei
neanche
l'ombra. Era preoccupato, arrabbiato, distrutto. Non c'era niente in
grado di farlo distrarre, fargli trovare pace per un attimo. L'ansia
lo stava lentamente divorando.
Sentiva
i ragazzi discutere, ma lui non li stava davvero ascoltando. Era come
essere nella stessa auto con delle persone che parlavano una lingua
straniera. Si sentiva distante anni luce da loro. Non metteva in
dubbio che fossero in pena per Eleanor, ma per lui era
diverso. Perdere lei, avrebbe significato perdere se stesso! Non
poteva immaginare le sue giornate senza di lei... era qualcosa
d'inconcepibile. Ed era strano, perchè fino a pochi mesi
prima loro
due nemmeno si conoscevano, ma da quando lei era entrata nella sua
vita tutto aveva ripreso colore. La morte di Marika era stata un duro
colpo anche per lui, oltre che per Rap. Mai avrebbe creduto di poter
tornare ad amare qualcuno ed Eleanor era stata il suo miracolo
personale.
Non
gli importava di cosa fosse successo con Rap. Avrebbe dovuto
importargli, in realtà ma era qualcosa di assolutamente
secondario
se confrontato al suo disperato bisogno di lei. Avrebbero risolto
ogni cosa, ma lei doveva tornare!
Qualcuno
lo riscosse dai suoi pensieri. Rap gli aveva posato una mano sulla
spalla e lo fissava serio. Rock lo guardò interrogativo,
evitando di
parlare per paura di lasciarsi scappare qualche insulto di troppo.
“Evan...!”
mormorò Rap.
Rock
non capì. Che c'entava Evan? Intendeva forse che Eleanor si
fosse
rifugiata a Meadow's hill per essere più vicina al suo
amico? Ci
aveva già pensato ed aveva setacciato quella zona assieme ad
Heavy,
senza risultati.
“...Cosa?”
“...Il
ragazzo biondo che era con voi all'ospedale... il ragazzo di
Evan...”
Fu
come ricevere uno schiaffo illuminante. Di quelli che riescono a
salvarti nel bel mezzo di una crisi isterica. Aveva ragione! Rap
aveva dannatamente ragione.
Nathan!
Come
aveva potuto non pensare a lui? Eleanor doveva essere andata a casa
sua! Era così maledettamente ovvio!
“E'
da Nathan...”
“Da
chi?” chiesero in coro gli altri.
“Sai
dove abita?” chiese Rap, ignorando gli sguardi confusi dei
ragazzi.
Rock
scosse semplicemente la testa, stringendo i pugni con stizza,
rendendosi conto della propria impotenza. Adesso sapeva dove fosse
Eleanor. Non ne aveva la certezza, naturalmente, ma sapeva, sentiva
che lei era andata da Nathan. Eppure non poteva andare da lei. Non
aveva idea di dove lui abitasse.
Sentì
Rap alle sue spalle sospirare abattutto e sprofondare sul sedile. Gli
altri avevano ascoltato in silenzio.
“Sicuro
che Eleanor non ti abbia mai detto dove abita?” chiese Metal.
“Magari le è scappato . Prova a
ricordare.”
Rock
scosse nuovamente il capo. “Non lo so, ti dico! Non me l'ha
mai
detto! Non me ne starei qui seduto se lo sapessi, non credi?”
“Beh...”
fece Amber “Non ho idea di chi sia questo Nathan, ma una cosa
è
certa: non possiamo rastrellare ogni palazzo ed ogni casa della
città
per trovarlo!”
Aveva
ragione! Nemmeno ricorrere ad un elenco telefonico sarebbe servito,
dato che di Nathan conosceva solo il nome di battesimo.
Non
era possibile essere ad un passo dal ricongiungersi con lei e non
poter fare nulla! Era atroce!
“Maledizione!”
imprecò Rock sottovoce
“Hei
amico, non prenderla così!” disse Heavy
“Sappiamo dov'è e con
chi, soprattutto! Sappiamo che non è fuori al freddo e cha
ha un
posto dove stare! Possiamo continuare a cercarla domani! L'importante
è avere la certezza che sia al sicuro, no?!”
Strano
ma vero, le parole di Heavy ebbero un effetto benefico. Il suo
discorso aveva del sensato. Il fatto che Eleanor fosse da Nathan non
era solo una supposizione. Era una certezza assoluta! Era l'unico
posto in cui sarebbe potuta andare! Era al sicuro. Lui si sarebbe
preso cura di lei.
Quello
che proprio non riusciva a sopportare era tornare a casa da solo.
Significava altre ore di solitudine, sapendola triste e in
lacrime lontana da lui, vittima di sensi di colpa inesistenti.
Ma
c'era Nathan con lei! Non era da sola. Lui avrebbe asciugato le sue
lacrime e chissà, magari l'avrebbe anche convinta a
ritornare !
“D'accordo!”
disse con uno sforzo immane “Torniamo a casa, continuiamo
domani!”
***
Dopo
che ebbero riaccompagnato Nicole e Amber a casa, i quattro ragazzi
tornarono al loro rifugio. Agli occhi di Rock non appariva
più così
accogliente. Si era illuso di trovare Eleanor venirgli incontro,
dicendogli di aver sbagliato, di essersi comportata da stupida e che
le dispiaceva di essere scappata a quel modo. Ovviamente,
quell'illusione si frantumò nel momento in cui rientrarono
nella
scuola. Tutto era immerso del buio, il silenzio rimbalzava da una
parete all'altra. Eleanor non c'era.
Rock
non andò nella sua stanza. Gli sembrava così
dannatamente grande
adesso, e a dir la verità, non gli andava proprio di
mettersi a
dormire come se nulla fosse. Anche volendo, non ci sarebbe mai
riuscito.
Heavy
e Metal dissero qualcosa prima di sparire nel buio del corridoio che
portava alla loro stanza. Rap invece, rimase con lui.
Rock
non seppe dire se la sua presenza lo infastidisse o meno. Era in
balia di troppi sentimenti e faceva fatica a distinguerli gli uni
dagli altri.
“Rock,
senti ...” provò a dire Rap, prima di venire
zittito con un gesto
della mano.
“Lo
so! “ esclamò Rock “Ti dispiace per
quello che è successo. Non
serve che tu lo dica!”
“No...
non è quello.”
Rock
lo fulminò con lo sguardo. Non era dispiaciuto? Ma cosa
aveva in
testa? Lui ci stava provando ad essere comprensivo e a fare come le
aveva chiesto Eleanor, ossia non odiarlo, ma lui annullava i suoi
sforzi.
“Non
mi dispiace neanche un po'! Perchè ieri notte, con Eleanor
è stato
fantastico! E lo rifarei ancora e ancora e ancora, se solo lei me lo
chiedesse...”
Un
colpo secco e il sangue di Rap macchiò il pavimento. Anche
il pugno
serrato di Rock rimase sporco di quel liquido caldo e scarlatto.
Rap
non reagì in alcun modo. Lo fissò senza dire
nulla e si pulì con
il dorso della mano la base del naso e il labbro, fonti di tutto quel
sangue.
“Mi
chiedevo quand'è che ti saresti deciso a farlo.”
fece Rap,
sprezzante. “Non ti senti un po' meglio adesso?”
Rap
parlava con superiorità, sorridendo lievemente, quasi
divertito.
Si
sentiva meglio? Forse. Un minimo di rabbia era riuscito a scaricarla,
ma per liberarsi di tutta la frustrazione accumulata in quelle ore,
ammazzarlo di botte non sarebbe bastato.
“Per
niente!” sbottò.
“Cosa
pensi di risolvere così? Si, hai tutto il diritto di essere
arrabbiato con me, ma comunque il fatto che io ed Eleanor lo abbiamo
fatto non cambierà! Avanti, continua pure! ”
Rock
non riuscì a capire esattamente cosa fosse a trattenerlo dal
colpirlo ancora. Poi le tornò in mente la lettera di Eleanor
che
aveva infilato in tasca prima di uscire. Era lei a farlo ragionare.
Pur essendo lontana da lui, era in grado di placarlo.
“Vuoi
sapere perchè non lo faccio? Perchè non ti
riserverò lo stesso
trattamente che tu hai riservato a me quando Marika se la spassava
con tutti e due?” Sputò fuori quelle parole con un
che di
velenoso.
Rap
infatti non parve apprezzare che venisse nominata
Marika.
A
nessuno dei due piaceva troppo riportare a galla la notte in cui Rock
si era fatto letteralmente quasi ammazzare di botte da Rap. Senza
reagire, aveva lasciato che l'amico lo colpisse innumerevoli volte
dopo che la sua relazione clandestina con Marika era uscita allo
scoperto. Rock aveva seriamente pensato di non uscirne vivo quella
notte, ma poi, all'improvviso, rendendosi conto di ciò che
stava
facendo, Rap l'aveva guardato e si era fermato. Fortunatamente i
danni subìti non erano stati così gravi e Rock si
era rimesso in
breve tempo.
Avrebbe
potuto prendere il posto di Rap, in quest'occasione. Ne aveva il
diritto, ma non lo fece.
“...
Non lo faccio perchè me lo ha chiesto Eleanor!”
L'espressione
dura di Rap si addolcì all'istante.
“Come....?”
“E'
stata lei a chiedermi di non prendermela con te e non ho alcuna
intenzione di venire meno ad una promessa fatta a lei! Non
m'interessa chi ha cominciato, chi è stato il primo a
stuzzicare
l'altro... posso convivere col fatto che abbiate fatto sesso.
Sarà
difficile dimenticarsene, tornare a fidarmi a lasciarvi da soli, ma
posso riuscirci! Voglio solo che lei ritorni...!”
Detto
ciò, Rock si arrembò alla parete e si
lasciò scivolare fino a
trovarsi seduto a terra. Poggiò i gomiti sulle ginocchia e
si prese
la testa fra le mani.
“Non
so cosa le sia preso! Io gliel'avevo
detto chiaro e tondo che avrei potuto affrontare tutto, qualunque
cosa se solo mi fosse rimasta affianco! Ma ora che non
c'è... non so
che fare! Non so nemmeno con chi prendermela! E' ridicolo!”
Rap
sospirò e andò a sedersi al suo fianco.
“Sai...”
disse “... lei ha fatto il tuo nome!”
Rock
lo guardò senza capire, lui allora si affrettò a
spiegare.
“Mentre
stavamo....beh, hai capito, lei chiamava te. Mai una volta ha fatto
il mio nome... magari non cambierà le cose, ma in
realtà lei non ti
ha tradito in senso stretto! Si è solo lasciata andare con
la
persona sbagliata e quando si è resa conto di quello che
stava
facendo era troppo tardi per tornare indietro.”
Non
faceva molta differenza in effetti, eppure Rock si sentì lo
stesso
sollevato. Seppur in minima parte.
“Dimmi
la verità...” disse poi “... l'hai fatto
per farmela pagare?
...Lo capirei. Voglio solo che tu sia sincero con me!”
“Non
l'ho fatto per quello! Avrei potuto... ma nemmeno io sono
così
bastardo. L'ho fatto perchè...beh, perchè era una
cosa su cui
fantasticavo già da un po'... e tu lo sai bene,
perchè l'avevi
capito! Pensavo di riuscire a gestirla, ma siamo realisti! Lei non ha
fatto niente per aiutarmi! Non intenzionalmente, questo lo so... non
si è mai resa conto dell'effetto che mi faceva. E' sempre
stata
piuttosto....” Rap si fece pensieroso, arrovellandosi alla
ricerca
di un termine adatto.
Rock
concluse per lui :” ...ingenua.”
“Si!
Ingenua! Terribilmente ingenua! Ed è assurdo se ci pensi.
Voglio
dire, senza voler offendere nessuno, con quello che ha passato,
dovrebbe essere un'esperta in seduzione e reazioni imprevedibili
maschili, no? E invece non sa nulla! E' un territorio inesplorato per
lei!”
Rock
sorrise lievemente, lo sguardo perso :” E' questo che adoro
di lei.
Ha visto le cose peggiori del mondo ed ha mantenuto
l'ingenuità di
una bambina! E' un dono … non un difetto. Solo che non
capisce che
non può attribuirsi la colpa per ogni cosa brutta che
succede. E non
so come farglielo capire!”
“Sul
serio non te ne frega niente che sia venuta a letto con me?”
Rock
sbuffò : “Ad essere sinceri, il mio istinto mi
suggerisce di
ucciderti in maniera lenta e dolorosa.... ma preferisco dar retta
alla mia parte razionale che mi dice, Rock,
fottitene! Ha solo avuto pena di lui! Lei è sempre stata
comunque
tua!
“
Si
guardarono in cagnesco per qualche istante, per poi scoppiare a
ridere.
“Sei
proprio uno stronzo!” fece Rap “Però hai
ragione!”
Si
concessero qualche altro minuto d'ilarità, finchè
il silenzio tornò
a farla da padrone. Rap vide Rock tornare a sprofondare nel proprio
tormento.
“Tornerà!”
disse semplicemente “Te lo dico io! Ti segue come un
cagnolino, non
resisterà a lungo, credimi!”
Per
la prima volta in quella giornata da dimenticare, Rock fu lieto di
essere in compagnia di Rap.
“Hei,
Rap!” lo chiamò “Mi dispiace
per...” e mimò il gesto del pugno.
Lui
inarcò le sopracciglia: “Non
sarai davvero convinto di avermi fatto male?”
“Quelle
macchie rosse là per terra e sulla tua faccia dicono il
contrario!”
“Si
beh.... c'era da aspettarselo! In fondo sono io che ti ho insegnato a
darle!”
Rock
trattenne una risata nel ripensare a quando erano piccoli e lui era
uno dei bersagli preferiti dei ragazzini della scuola pubblica. Rap
l'aveva sempre difeso e alla fine gli aveva insegnato a farsi
rispettare. E c'era riuscito!
“Non
ti aspetterai che mi metta a chiamarti Maestro?”
“Perchè
no!? Me lo merito!”
“Ti
sei scopato la mia ragazza, non ti meriti proprio niente!”
Rap
alzò le mani in segno di resa.
“Ok,
mi arrendo!Davanti all'evidenza, la presunzione soccombe!”
disse
alzandosi in piedi.
“Mi
spieghi come ti vengono?”
“Che
cosa?”
“Queste
specie di pillole di saggezza degne di un guru indiano!”
Rap
fece spallucce: “Non ne ho idea. Mi vengono piuttosto
naturali, ad
essere sinceri!”
Anche
Rock si alzò : “Non credo che riuscirò
a chiudere occhio
stanotte...”
“Benvenuto
nel mio mondo! Dai, tranquillizzati! Domani andiamo a cercare la tua
bella, la rapiamo e la rinchiudiamo qui in modo che non scappi
più!
Userò le mie pillole di saggezza per convincerla a
restare!”
***
“Come
hai detto?”
Eleanor
era sconvolta. Il giornale che stava leggendo le era scivolato tra le
mani finendo a terra. Nathan la guardava dispiaciuto.
“Mi
dispiace...”
“Puoi
ripetere?”
“....Ho
detto.... che me ne vado!”
“Non
puoi!” urlò lei. “Perchè
dovresti farlo!? Tu vivi qui! E' casa
tua questa!”
“Dovresti
saperlo meglio di chiunque altro perchè lo faccio? E' troppo
difficile continuare a vivere in questa casa....”
Eleanor
ammutolì. Certo... per lei era stato atroce rientrare in
quella
casa, adesso così vuota, ma per Nathan doveva essere stato
mille
volte peggio.
“Cerca
di capire, Eleanor! Lui non c'è più, dobbiamo
farcene una ragione e
andare avanti. Io non ci riesco se continuo a vivere qui! Devo
andarmene in un posto dove non ci siano ricordi legati a lui!”
Avrebbe
voluto abbracciarlo ed implorarlo di restare, ma lo capiva.
Comprendeva il suo stato d'animo e non poteva costringerlo a
rimanere.
“Dove
andrai...? “ domandò debolmente.
“Torno
a casa. Ti ricordi che ho una sorella? Andrò da lei per un
po'.
Finchè non trovo un'altra sistemazione.”
“Da
tua sorella? Quindi... lasci la città. Non cambi
semplicemente casa,
cambi città!”
Nathan
annuì soltanto.
“....allora,
te ne vai anche tu? “
Vedendola
annegare nella tristezza Nathan tentò di tranquillizzarla
:” Verrò
a trovarti! Te lo prometto! Pensi che mi possa dimenticare di te? Non
dire sciocchezze!”
“Quando
andrai...?”
“A
fine mese. Ma posso rimandare. Non andrò da nessuna parte
finchè tu
non avrai un posto dove stare, quindi non temere. Non ti sto
sbattendo fuori!”
“Questa
è proprio la fine, vero? La fine del nostro allegro trio...
Prima
Evan, ora te. Rimarrò soltanto io.”
Nathan
l'abbracciò forte :”Eleanor, il mio non
è un addio! E il nostro
allegro trio non finirà mai di esistere davvero!”
Il
ragazzo si alzò dal divano e andò a prendere
qualcosa dalla
libreria. Poi tornò a sedersi al suo fianco. Tra le mani
stringeva
una foto. Lei scoppiò in una risata piena di malinconia
quando la
vide.
C'erano
loro tre. Lei , Evan e Nathan.
Eleanor
stava in mezzo e si sorreggeva con le braccia sulle loro spalle.
Doveva essere estate, visto il loro abbigliamento e la luce
brillante. Ridevano felici e spensierati. Non si ricordava quando
fosse stata scattata, ma le trasmise serenità.
“Puoi
tenerla!” le disse Nathan, porgendogliela. “Io ne
ho delle altre.
Ad Evan farebbe piacere che tu la conservassi!”
“Grazie....”
Rimasero
a chiacchierare e a ridere ricordando decine di buffi episodi passati
fino a tardi. Poi Nathan andò a dormire. Eleanor rimase sul
divano a
fissare quella foto.
Accarezzò
l'immagine di Evan e sorrise .
Nathan
se ne sarebbe andato. Doveva trovarsi un posto dove andare a vivere.
Ce l'avrebbe fatta! Se l'era sempre cavata. Non sarebbe bastato
questo ostacolo a fermarla.
Spense
la luce e si sdraiò, coprendosi fino al mento. Mise la foto
sotto al
cuscino e chiuse gli occhi sperando di addormentarsi e far trovare un
po' di pace alla sua mente. Pensare troppo era snervante. Senza
considerare il fatto che non c'era nessuno ad abbracciarla al suo
fianco...
Incredibilmente,
il torpore non tardò ad arrivare, ma prima di crollare nella
misericordiosa benedizione del sonno, le sue labbra si mossero appena
in un sussurro.
“Buonanotte
Alex...”
***
Ho poco tempo ragazze, passo subito a ringraziare chi ha
recensito:
aurelia94:
mi spiace per il pavimento di casa tua pieno della tua bava. Spero che
nessuno si sia fatto male scivolandoci sopra XD. Non esprimere a voce
alta questi dubbi!!!! Nicole lasciamola un po' stare per ora... Rap mi
sembra già abbastanza incasinato di suo no!?
Oddio, la parola "libro" ha un effetto devastante sulla mia
autostima. Grazie mille! =)))
MakyMay:
Quindi avevi indovinato il nome di ROck?!?!? Brava i miei complimenti
^_^! ANche tu con questa storia del libro! Ma io mi metto a fluttuare
per casa se continuate ad adularmi così *_* . Ho visto il
tuo commento su youtube e ti ho pure risposto =) . Grazie mille, spero
sia piaciuto questo chap.
Piccola Ketty:
nuuuuuuuuuuuuuuu nun t'araggià XD ! Hai visto!?!? ELeanor
chiamava Rock mentre....ehm.... copulava U.U con Rap, quindi alla
fine il tradimento c'è stato , ma in forma
più lieve. ...Ok, sono stata una vera bastarda con tutti. lo
ammetto! Mea culpa! Rap è cotto di lei ed
è pur sempre un uomo.... non resiste alle tentazioni e lei,
beh come hai detto tu, ha subito il fascino di Rap senza però mai
togliersi di testa Rock. Che casinoooooo! XD ALla prossima cara!! Ma
lavori in via XX!??? Mi vien da ridere perchè ci passo tutti
i giorni, incredibile!! XD
fu80: Ma
certo che ci voleva la festa di benvenuto!! CI mancherebbe!
Urrà Urrà! XD COsa prova Eleanor per RAp?? In
effetti non si è ancora soffermata su questo punto. Ma lo
farà! Quindi sii paziente. =)
___Yuki___ :
AUAUAUAUAUAU ARCIBALDO!!!!!! XD Mi hai fatto morire!! Perchè
non mi è venuto in mente prima un nome simile!?!? Anche
Atanasio non era male! ahahahahahah. Anche tu fissata con Nicole
adesso!?!?!? Ma io MUTA devo rimanere, MUTA devo restare! Il
passato dei gemellini arriverà, ma non ho intenzione di
fargli passare troppe cose brutte! La mia fantasia sta avendo un brusco
crollo con tutte queste tragedie =_= XD
Black S O U L ___
: eh si hai ragione! Eleanor è stata abbastanza stupida! Lo
so, aveva detto che non ci si poteva innamorare di due persone,
però lei non ha mai detto esplicitamente di essere
innamorata anche di Rap quindi.... u.u è solo una ragazza
confusa, suvvia XD ! Lieta che il nome ALex ti sia piaciuto =)
Mana_chan:
MA CARISSSSSSSSSSIMA; il monumento lo vuoi in oro, argento o platino???
Decidi tu! Non dirmi pure te che il tuo radar sta puntando su
Nicole!!!!!! XD ahahahahahah Povera ragazza, la state tenendo d'occhio
quanto un indagato per omicidio XD! In realtà volevo far
entrare Rock mentre Rap e ELeanor consumavano, ma mi sembrava banale.
Magari con Rap che se ne usciva con "E' svenuta, la sto rianimando!" XD
Ti piacciono i LifeHouse?!?!? Ma io ti adoro!!! E'
ufficiale!! Altro che monumento! QUi c'è da intitolarti una
scuola!!!! Spero tanto sia piaciuto sto capitoletto e ALEX
RULES!!!!!
Ok, finito! ringrazio che mi aggiunge ai preferiti e alle seguite! E
anche solo chi legge! SPero sempre vi facciate avanti, ma non posso
costringervi! Ma lo sapete Che ci stiamo avviando verso la
fine di questa storia?!?!? ç___ç tristezza ( o
liberazione per voi XD )
Ci vediamo domenica!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
A presto
Ayleen
|
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Capitolo 26 *** Aggressione ***
CAPITOLO
VENTISEI
Aggressione
“Hai
osato picchiare il
mio fratellino!!!” strillò Amber attirando su di
sé l'attenzione
di tutti i clienti del locale.
Rock
inarcò le
sopracciglia, sorpeso da quella reazione. Le era sembrata una ragazza
così tranquilla e pacata quando l'aveva conosciuta. Chi
l'avrebbe
mai detto che si sarebbe potuta trasformare in una spietata assassina
quando si trattava dell'incolumità di suo fratello?
Rap sogghignava divertito
e gongolante. In effetti, la scena doveva risultare piuttosto comica,
soprattutto considerando che Amber stringeva minacciosamente in mano
un coltello. Era impegnata in cucina quando lui era arrivato e gli
era praticamente piombata addosso senza preoccuparsi di posare i
ferri del mestiere.
“Cosa
ti aspettavi che
facessi? Che mi mettessi a lanciare petali di rosa sul suo
percorso?” cercò si sdrammatizzare Rock.
Amber
non sembrò
calmarsi. “Non m'interessano le tue scuse idiote!”
continuò ad
urlare “Nessuno. Ripeto, nessuno deve permettersi di mettere
le
mani addosso a mio fratello, chiaro!?”
Rock lanciò uno sguardo
a Rap. L'ilarità era sparita dal suo volto segnato. Ma
l'aveva
davvero colpito così forte? Un po' si sentiva in colpa, a
dir la
verità... Il labbro spaccato si era gonfiato e una macchia
violacea
era comparsa appena sotto al naso.
In realtà, Rap non
sembrava poi così scosso. Si erano chiariti e sapeva bene
perchè
lui l'aveva colpito, eppure adesso sembrava sofferente per qualcosa
che andava aldilà delle contusioni in faccia.
Tornò a guardare Amber.
Era davvero furente. Gli sembrava a dir poco esagerata, nemmeno
avesse ucciso Rap. Poi però, capì quella
reazione. Lo capì nel
momento in cui vide i suoi occhi neri gonfiarsi di lacrime.
Ricordò
quello che era accaduto non appena lui e Rap erano entrati nel
locale:
Amber aveva visto il viso
di Rap e preoccupata gli aveva chiesto spiegazioni. Lui, senza darci
troppa importanza aveva buttato lì una risposta molto banale
e quasi
scherzosa. “Ho sbattuto contro la
porta!”. Rock
però si era accorto del pentimento che era scaturito dalla
sua voce
mentre pronunciava quelle parole. Era stato a quel punto che Amber
era esplosa.
Non
era difficile capire il perchè. Con quello che quei due
avevano
passato da bambini, era chiaro che Amber fosse piuttosto suscettibile
su determinati argomenti. Rap poi, poteva anche evitare di uscirsene
con quella scusa. Chissà quante volte lui e Amber l'avevano
usata da
piccoli ….
“...Scusami.”
mormorò Rock, dispiaciuto. “Ero arrabbiato e ho
reagito di
conseguenza.”
Amber
continuò a fissarlo, anzi a fulminarlo. Anche se quegli
occhi
traboccanti lacrime non ingannavano proprio nessuno.
“Al
diavolo!!” esclamò stizzita prima di sparire in
cucina.
Rock
tirò un sospiro di sollievo non appena se ne andò
e si rivolse a
Rap :”E' leggermente protettiva o sbaglio!?”
“...
Sempre stata.” ammise Rap, ancora a disagio.
“Mi
dispiace. Non avevo minimamente pensato a lei. A come avrebbe reagito
nel vederti conciato così.... immagino che abbia risvegliato
brutti
ricordi.”
“Tranquillo.
E' lei che ci pensa troppo, a mio avviso. Dovrebbe dimenticare quel
bastardo di nostro padre! Invece ci pensa di continuo. “
Nicole
li interruppe,comparendo dietro il bancone. “Notizie di
Eleanor?”
chiese rivolta soprattutto a Rock.
Lui
fece di no con la testa, abbassando lo sguardo amareggiato.
Nicole
sospirò con uguale sentimento. “...Mi manca quella
scema! E'
noioso senza lei in giro che canticchia e che si preoccupa per tutto
e tutti!”
Sia a
Rock che a Rap sfuggì un sorriso a quelle parole.
“Lo
so che avevamo detto di continuare a cercarla oggi, ma penso che
sarebbe fatica sprecata. Potrebbe essere ovunque. L'unica cosa che
possiamo fare è aspettare che ritorni di sua spontanea
volontà.”
disse Rap.
Rock
avrebbe voluto impuntarsi e convincerlo a continuare a cercarla, ma
doveva ammettere che non aveva tutti i torti. Eleanor non rispondeva
al cellulare, non si presentava al lavoro, era nascosta a casa di
Nathan... in altre parole, non voleva essere trovata. Almeno per il
momento...
Era
atroce ammetterlo, ma aspettare che rinsavisse e tornasse da lui era
tutto ciò che poteva fare. Se si era resa così
irraggiungibile era
perchè non era pronta ad affrontarlo e l'ultima cosa che
voleva era
costringerla a fare qualcosa contro la sua volontà.
“...Si,
hai ragione.” sentenziò infine, rassegnato.
“Non possiamo fare
altro.”
L'idea
di non sapere quando e se l'avrebbe rivista lo uccideva. Si sorresse
il capo con entrambe le mani, sconfitto sotto il peso della miriade
di pensieri e preoccupazioni che lo riempivano.
“Hei,
niente musi lungh,i dai.” cercò di consolarlo
Nicole, senza
successo “Vedrai che torna! Figurati, non faceva altro che
parlare
di te e ogni volta le brillavano gli occhi. Non esiste proprio che
non voglia più tornare. Non resisterà ancora per
molto, fidati!”
Rock
sorrise per nulla rasserenato, ma apprezzò lo sforzo della
ragazza
:”Grazie per l'incoraggiamento.”
“Hei,
mocciosa!” sbottò Rap all'improvviso.
“Renditi utile e portami
del ghiaccio!”
Nicole
lo fulminò con lo sguardo: “Prenditelo da
solo!”
“Che
cosa? Ti rifiuti di soccorrere un povero ragazzo ferito dal proprio
migliore amico? Che insensibile! Aspetta solo che Amber lo venga a
sapere!”
Nicole,
messa alle strette, sbuffò e andò in cucina.
Quando tornò
stringeva tra le mani un sacchetto per il ghiaccio.
“Hei Rock!”
esclamò impettita “La prossima volta colpiscilo
più forte!”
“Ricevuto!”
gli rispose prontamente evitando di scoppiare a ridere.
***
Nove
giorni esatti erano trascorsi da quando Eleanor se n'era andata.
Ancora
non riusciva a credere di avere resistito così tanto lontano
da Rock
e gli altri. Nove giorni che non metteva il naso fuori di casa. Una
situazione che stava davvero cominciando ad innervosirla. Le ore
passavano lentissime quando non si aveva nulla da fare. Desiderava
tanto uscire, ma temeva di incontrare Rock. Il suo cellulare suonava
tutti i santi giorni, lui non aveva ancora perso le speranze di
ricevere una risposta. Ma mentre all'inizio squillava ad ogni ora,
adesso si limitava a farlo una volta al giorno.
Chissà...forse stava
cominciando a rinunciare.
Da
una parte ne era felice, dall'altra no. Se lui avesse rinunciato a
lei sarebbe stato molto più facile per entrambi affrontare
quel
periodo di lontananza, eppure era doloroso per lei immaginare che
Rock la stesse dimenticando con tale facilità. Non sapeva
nemmeno
lei cosa voleva, cosa sarebbe stato meglio. Non era mai stata
così
confusa.
Cercava
quindi di concentrarsi sull'imminente partenza di Nathan. Pochi
giorni e se ne sarebbe andato. Gli aveva detto di essere a posto, di
aver trovato un posto dove andare a vivere, ma era una bugia bella e
buona. Non voleva farlo preoccupare, quindi aveva preferito mentirgli
per farlo partire tranquillamente senza troppi pensieri.
Doveva
trovarsi un posto dove stare. Le servivano soldi. Doveva tornare a
lavorare da Amber e Nicole. Non sarebbe mai e poi mai tornata sulla
strada, anche se aveva paura di trovare Rock o Rap al locale. Ma ce
l'avrebbe fatta. Tutto pur di non tornare ad essere un giocattolo
in mano ad estranei.
Decise
di chiamare Nicole e avvisarla che sarebbe tornata, ma pensandoci
meglio, era meglio chiamare Amber. Forse, essendo più
grande,
l'avrebbe meglio compresa.
Prese
il cellullare, cancellò la solita chiamata senza risposta
che
quotidianamente le riempiva lo schermo e chiamò la ragazza.
Rispose
al primo squillo:
“Eleanor?”
strepitò, a voce un poì troppo
alta per i suoi gusti.
“Si
sono io... ti prego parla piano.”
“Oh
mio Dio! Finalmente, non sai che ansia non avere più tue
notizie.
Stai bene? Dove sei? Quando torni?”
“Amber,
per favore... abbassa la voce.” la pregò.
La
sua richiesta stavolta venne ascoltata: “Ok.” fece,
a voce bassa
“Ora però mi dici cosa cazzo ti è
preso? Sei uscita di testa?
Come hai potuto andartene così? Non hai idea di quello che
stai
facendo passare a tutti, a Rock soprattutto! E' distrutto! Abbiamo
quasi dovuto legarlo per evitare che venisse a cercarti in ogni casa
della città! Sta letteralmente impazzendo. Non so per quanto
riusciremo a tenerlo buono!”
Quelle
parole le fecero male. Nonostante sapesse senza bisogno di vederlo
che stava soffrendo, averne la conferma da Amber fu molto peggio. Si
sarebbe precipitata da lui, tra le sue braccia, lo avrebbe riempito
di baci fino a sfinirlo, gli avrebbe chiesto scusa, avrebbe ammesso
davanti al mondo intero di essere stata una completa idiota.
Qualunque cosa per vederlo stare di nuovo bene.
“...Davvero?”
chiese con un filo di voce, i sensi di colpa che lentamente
l'avvolgevano.
“E
lo chiedi? Sei stupida o cosa? Devi tornare! E subito!”
“I-io
… io non ci riesco a tornare da lui. Non dopo quello che ho
fatto.”
“Eleanor,
ascoltami!” esclamò Amber, severamente
“A lui non gliene frega
niente di cosa è successo. Il primo giorno sì, lo
ammetto, era
incazzato a morte con Lucas, ma poi gli è passata. L'unica
cosa che
vuole sei tu! Se lui è riuscito a perdonarti, per quale
maledetto
motivo non riesci a fare lo stesso?”
Bella
domanda! Si era ripetuta ogni giorno che quello che aveva fatto non
era poi così grave, ma non era ancora riuscita a
convincersene
abbastanza da poter affrontare Rock. E Rap, soprattutto.
Perchè non
aveva ferito solo Rock, ma anche Rap!
“Rispondi
ad una domanda!” continuò Amber “Provi
qualcosa per mio
fratello? Lo ami ? Senti di non poter fare a meno di lui?”
“Sono
tre domande!” cercò di sdrammatizzare, senza
successo.
“Rispondi!”
la rimbeccò Amber.
Eleanor
rimase in silenzio a pensare. Amava Rap? Nella lettera che aveva
lasciato scritta a Rock aveva detto che no, non lo amava.
Però in
quei brevi momenti che erano stati insieme si era lasciata totalmente
andare a sensazioni che mai avrebbe dovuto provare se davvero non
c'era niente tra loro.
Pensò
al legame che era riuscita faticosamente a costruirsi con lui, a
quanto aveva dovuto combattere per diventare quanto di più
vicina ci
fosse ad un amica. Ripensò a quei suoi occhi scuri
costantemente sofferenti e pieni di mistero, vittime di un passato
troppo burrascoso. Ripensò a quelle sue rarissime quanto
speciali
manifestazioni d'affetto, ai suoi appena accennati sorrisi, alle sue
battutine acide, ai suoi abbracci, ai suoi baci... Però la
verità
era che non era stato nulla di tutto questo a tenerla sveglia di
notte negli ultimi nove giorni. Era vero, qualcosa di Rap le mancava,
ma erano altre braccia a mancarle quando si svegliava da sola in piena
notte, altre labbra che sognava, altri sorrisi che sperava di trovare
al suo risveglio. Era Rock che aveva lasciato un vuoto incolmabile
dentro di lei. Senza Rap avrebbe potuto andare avanti, sarebbe stata
dura, ma col tempo ce l'avrebbe fatta. Ma immaginare il resto della
sua vita senza Rock le toglieva l'aria.
“...
no.” Mormorò “...Io gli voglio bene....
ma niente di più!”
“E
allora, ovunque tu sia adesso, alza quelle chiappe e muoviti a
tornare!”
“Lui
è lì da te adesso...?” chiese,
riferendosi a Rock.
“Non
si allontana un attimo, spera sempre che tu torni a lavorare. In
pratica è diventato parte dell'arredamento.”
Eleanor
si lasciò andare ad un risolino appena accennato.
“Ascolta...
tornerò lì da voi, ma non me la sento ancora di
affrontarlo.”
“Oh
andiamo!”
“No
ti prego! Lo so che non lo capisci, francamente faccio fatica a
capirmi pure io, ma so che se dovessi trovarmelo davanti adesso non
riuscirei ad aprire bocca e probabilmente me la darei a gambe. Sono
una frana in queste cose!”
“No,
sei semplicemente un'idiota!”
“Si,
sono un'idiota e non so cosa farci, purtroppo!”
“Quindi
cosa dovrei fare, secondo te? Buttarlo fuori a calci?”
“Non
lo so, fai quello che credi, ma ti prego fai in modo che non sia
lì
quando domani mattina tornerò da voi.”
Amber
sospirò scocciata: “A me sembra tanto una
cazzata!”
“Lo
è! Io ci vivo di cazzate! Ti prego, Amber. Ti prego!
Prometto che
m'impegnerò per superare questa mia fase d'idiozia assoluta,
ma fai
in modo di allontanarlo!”
La
sentì sbuffare contrariata: “...Ci
proverò, ma non ti posso
promettere niente. Come ti ho detto, ha messo le radici qui
dentro.”
***
Quel
pomeriggio, Eleanor decise di andare a fare quattro passi. Ne aveva
davvero bisogno. Non ne poteva più di stare chiusa in casa.
Si era
messa una felpa e si era tirata il cappuccio sulla testa per evitare
di essere riconosciuta da nessuno dei suoi amici, nel caso ne avesse
incontrato qualcuno.
Non
aveva una metà in particolare, le bastava camminare e vedere
un po'
di gente. Strano... aveva sempre odiato stare in mezzo alle persone,
ma dopo quasi dieci giorni di prigione era piacevole vedere altri
esseri viventi oltre a Nathan.
Il
sole stava tramontando e il freddo prese a penetrarle fin dentro le
ossa. Nuvolette di vapore le uscivano dalle labbra. Camminava a
sguardo basso, senza guardare dove la stavano portando i suoi piedi.
Non le interessava saperlo. Perdersi per la città sarebbe
stato un
interessante diversivo contro la noia di quei giorni.
Le
saracinesche dei negozi cominciarono a venire abbassate e le strade a
svuotarsi, ma Eleanor continuò nella sua infinita
passeggiata senza
metà per un tempo indeterminato.
Il
destino sapeva essere davvero beffardo, a volte. Le mattonelle del
marciapiede dove stava camminando avevano una trama tristemente
famigliare. Fu allora che Eleanor si decise a rialzare gli occhi. Un
brivido le corse lungo la schiena e una sensazione di nausea le
contrasse lo stomaco quando si rese conto di dove fosse.
Una
macchina era ferma a pochi passi da lei, un uomo era affacciato dal
finestrino e una ragazza oscenamente vestita era piegata verso
di
lui.
Cominciò
a guardarsi intorno freneticamente, finchè non riconobbe la
fermata
dell'autobus dove lei soleva rifugiarsi in attesa che qualcuno
venisse a reclamarla.
Il
cuore prese a battere all'impazzata mentre i ricordi delle sue notti
su quel marciapiede la investivano. Doveva andarsene da lì,
e alla
svelta.
Aveva
appena fatto marcia indietro quando una voce la fermò :
”Hei, ma tu
sei Eleanor!”
Automaticamente
si voltò. La ragazza accanto all'automobile la stava
fissando
incuriosita :”Ma si sei proprio tu! Che fine hai fatto?
“
Eleanor
non la conosceva, o meglio, non si ricordava di lei. Aveva cancellato
ogni volto incontrato in quel buio periodo della sua vita.
Le si
fermò il respiro quando l'uomo dentro l'auto prese a
studiarla da
capo a piedi.
“E' una tua amica?”
Chiese
“Non
proprio. Diciamo che è una collega!” rispose la
ragazza,
lascivamente.
No,
no e no! Non lo sono
più!
“Può
venire pure lei se vuole!” aggiunse l'uomo, in modo
decisamente
spudorato.
La
ragazza rise e guardò Eleanor in attesa di una risposta
:”Certo
che si! Andiamo?”
Ma
Eleanor non rispose. Era rimasta paralizzata sul posto, incapace di
parlare.
“E'
timida, per caso?” domandò l'uomo, continuando a
fissare ogni
punto del suo corpo.
“Lei
timida? Oh no! E' sempre stata la più richiesta della
zona!”
Smetila,
smettila!!
“Ma
davvero?” la voce dell'uomo aveva preso una piega pericolosa.
Eleanor conosceva bene quel tono e sentì il panico salire.
Quando la
portiera dell'auto si aprì e lui scese, Eleanor
ritrovò di colpo la
forza per muoversi. Si mosse per scappare via, ma la ragazza l'aveva
afferrata per un braccio.
“Che
ti prende?” le chiese sottovoce, visibilmente confusa.
“Questo
tipo lo conosco. E' pieno di soldi. Non mi pare proprio il caso di
fare la preziosa!”
“Lasciami
andare!” sibilò, cercando di liberarsi dalla sua
presa.
“Non
fare la stupida! Ci vuole entrambe, non hai sentito?”
“Ti
ho detto di lasciarmi andare! Ho chiuso con questa merda!”
La
ragazza allentò la presa, ma non la lasciò. La
guardava colpita e
quasi ammirata.
“C'è
qualche problema?”
La
voce dell'uomo si era fatta più vicina e questo non fece che
allarmare ancora di più Eleanor che lanciò una
sguardo supplicante
alla ragazza.
“Ehm...”
fece lei, “...Mi sono dimenticata che oggi è il
suo giorno libero.
Stasera lei non lavora, vero?”
Eleanor
sospirò sollevata e le sorrise grata.
“Oh,
andiamo...” insistette l'uomo, avvicinandosi sempre di
più.
“Possiamo trovare un accordo. Ti pagherò il
doppio! Avanti,
dolcezza... non farti pregare!”
Eleanor
provò di nuovo ad andarsene, ma stavolta fu lui a fermarla.
Nel
momento in cui la sua mano si chiuse sul suo polso, lei si mise ad
urlare e a combattere contro la sua presa ferrea.
“Lasciami,
lasciami!!! Non mi toccare!!!”
Per
quanto lei tentasse di scappare, lui non gliene diede la
possibilità.
Le impedì di urlare coprendole la bocca con una mano e
bloccandola
con l'altro braccio. Stretta contro il suo corpo, Eleanor poteva
sentire la sua eccitazione premerle contro le natiche e
provò un
conato di vomito. Sentì le lacrime accecarla e il suo corpo
continuò
a dibattersi nel disperato tentativo di liberarsi e scappare.
La
ragazza sconosciuta osservava la scena visibilmente spaventata e
cercò di andare in suo soccorso.
“Hei,
ma cosa ti salta in mente? Non puoi obbligarla. Non è
così che funziona! Lasciala subito o
giuro che mi metto a gridare!”
L'uomo
nemmeno stette a sentirla. Prese a trascinare Eleanor verso l'auto.
Disperata, lei cominciò a scalciare e tentò di
mordergli la mano
che le impediva di urlare, ma nulla andò per il verso giusto.
La sconosciuta si gettò su di lui e si appese al braccio che
teneva Eleanor
inchiodata, cercando di liberarla.
L'uomo
la spinse via, facendola cadere a terra. Per farlo però,
dovette
togliere la mano dalla bocca di Eleanor che ne approfittò
per
mettersi ad urlare, nella speranza che qualcuno la udisse.
Immediatemente, l'uomo la zittì scaraventandola dentro
l'auto.
Eleanor riuscì a sgusciare via, ma lui la
riacchiappò.
“Vedi di
darti una calmata, ragazzina!” le sussurrò ad un
orecchio con voce viscida “Vedrai che ti divertirai, te lo
prometto!”
Esausta
e completamente senza voce, Eleanor rinunciò a combattere e
si
lasciò inghiottire dalla disperazione. Si era preparata al
peggio
ormai, ma una voce alle sue spalle la rinvigorì.
“Toglile
immediatamente quelle mani di dosso!” quell'intimazione
giunse
secca e minacciosa.
Eleanor si sentì pervasa da un
calore
rasserenante nel riconoscere la voce di Rap. Si affidò
totalmente a
lui, rimanendo immobile nella morsa del suo aggressore. Lo sapeva, ne
era certa. L'avrebbe salvata!
Un
colpo e il corpo contro il quale era trattenuta si accasciò
a terra.
Per un attimo ebbe paura di voltarsi per vedere cosa fosse successo,
ma le gambe non riuscirono a sorreggerla. Cadde in ginocchio e Rap le
fu subito di fronte.
Sentì
le sue mani sul viso e si accorse di tremare ed essere in lacrime.
“Stai
tranquilla! E' finita!” le disse Rap cercando di
tranquillizzarla.
Eleanor
si voltò verso l'uomo che giaceva al suo fianco e
cominciò a
spaventarsi quando vide che non dava cenni di vita.
“E'
solo svenuto. Non preoccuparti!” le spiegò Rap.
Eleanor
cominciò a rendersi conto solo in quel momento del pericolo
che
aveva corso e si fece prendere dal panico. Cominciò a
singhiozzare e
il suo corpo fu scosso da brividi incontrollabili.
Rap
la strinse a sé cercando di calmarla. “Va tutto
bene, non
piangere!”
Ma
lei non riusciva a calmarsi. Se lui non fosse arrivato,
chissà cosa
sarebbe potuto accadere! IL solo pensiero bastava a terrorizzarla
ancora di
più.
Un
gemito li distrasse. Eleanor si ricordò della ragazza che
aveva
cercato di aiutarla, del modo in cui era stata scaraventata a terra.
La vide massaggiarsi il capo coperto da fluenti capelli biondo
cenere,e guardarsi poi la mano. Impallidì nel trovarsela
sporca di
sangue.
Rap
si separò da Eleanor, ma lei si arpionò alla sua
giacca
impedendogli di allontanarsi. Non voleva rimanere da sola. Temeva che
quell'uomo potesse riprendersi.
“Non me ne vado,
tranquilla...” la
rassicurò. “Voglio solo vedere come sta la tua
amica.”
Non
è una mia amica!
Avrebbe voluto dirgli. Quello che era successo era stata colpa sua,
ma si pentì di quel pensiero quasi subito. Aveva tentato di
salvarla, in fondo. Non poteva davvero avercela con lei.
Lo
lasciò andare e lo vide avvicinarsi alla ragazza. Lei
indietreggiò
non appena se lo ritrovò davanti.
“Stai
bene?” le chiese Rap, gentilmente.
Lei
lo studiò per qualche istante, finchè non decise
che poteva fidarsi
di lui : “Mi fa male la testa...”
“Fammi
vedere.”
Rap
diede un'occhiata al punto dove perdeva sangue. “Non
è nulla di
grave! Mettici qualcosa di freddo e si rimarginerà,
d'accordo?”
La
ragazza si strinse delle spalle, anche lei scossa dagli stessi
brividi di freddo e paura che stavano scuotendo Eleanor.
“...grazie.”
mormorò, quasi timidamente, facendosi piccola sul
marciapiede.
In
quel momento sembrava una bambina smarrita. Non aveva più
nulla
dell'adescatrice d'uomini. Sembrava fragile e spaventata esattamente
come lei. Eleanor ebbe un moto di tenerezza nei suoi confronti. Le
dispiacque molto di non ricordarsi di lei. Magari si erano anche
parlate qualche volta. Provò a setacciare la propria
memoria, ma niente. Di
quei giorni ricordava poco, tantomeno il volto delle ragazze
che stavano sul suo stesso marciapiede.
Vedendola
così tremante e debole, Rap si tolse la giacca e gliela
posò sulle
spalle nude. Lei lo fissò sconvolta ed incredula.
Chissà da quanto
nessuno era più stato gentile nei suoi confronti...
“Torna
a casa...” le disse Rap.
Ad
Eleanor non sfuggì la sua mano che infilava qualcosa nella
tasca
della giacca. Rap l'aiutò ad alzarsi e lei guardò
Eleanor.
“Scusami...”
mormorò. “...Quel tipo mi sembrava a posto, sul
serio! Non pensavo che ...”
“...E'
tutto ok!” riuscì a dire Eleanor, con un filo di
voce.
La
ragazza guardò un'ultima volta Rap e le rivolse un sorriso
carico di
gratitudine prima di incamminarsi lungo il marciapiede.
Rap
tornò da Eleanor.
“Ce
la fai ad alzarti?” le chiese, porgendole una mano. Lei
l'afferrò
e annuì.
Rap
la fece sedere alla fermata del bus e poi tornò dal corpo
incosciente dell'uomo che l'aveva aggredita. Lo sollevò, non
troppo
delicatamente, e lo sistemò sul sedile posteriore dell'auto.
Dopodichè chiuse la portiera e tornò da lei.
“Si
riprenderà!”
“Dove
hai imparato quella mossa?” chiese Eleanor, con voce ancora
tremula.
Lui
sorrise “Dai film.” disse scherzosamente.
Anche
lei provò a sorridere, ma non ci riuscì. Sentiva
ancora le braccia
di quell'uomo bloccarla. Si chiuse su se stessa, stringendosi le
ginocchia al petto e nascondendoci il viso, di nuovo solcato dalle
lacrime.
Sentì
Rap sedersi al suo fianco.
“Non
piangere! Non ti farà più niente!”
“Se
non fossi arrivato tu, non oso pensare a cosa sarebbe potuto
succedere...”
“Non
ci devi più pensare, ok!? E' andato tutto bene. E' questo
l'importante!”
Eleanor
fece riemergere il viso e lo guardò : “Ti
ringrazio tanto... “
“Ma
ti pare!”
Strano
come risultasse semplice parlargli dopo tutti quei giorni di
silenzio. Era convinta che ritrovare la forza per rivolgergli la
parola le sarebbe costato uno sforzo incredibile e invece aveva
dovuto ricredersi.
“...
Eleanor io...” accennò Rap. “
… volevo scusarmi con te. Per
quello che è successo. Avrei dovuto trattenermi, mi dispiace
davvero. Non volevo che tu andassi via...”
Cosa?
Lui
si stava scusando? Sbagliava! Non era lui a doversi scusare. Era
stata lei a stuzzicarlo e a spingerlo ad agire come aveva poi fatto.
“Tu
non ti devi scusare! E' stata colpa mia...”
“Non
è stata colpa di nessuno. E' successo e basta. Non possiamo
farci
niente!”
Eleanor
notò solo in quel momento i segni sul suo viso. Un sottile
solco
rosato sul labbro superiore, segno di una recente cicatrizzazione, e
una livido ormai quasi guarito alla base del naso...
Allungò
una mano e gli girò il viso verso di sè, per
poterlo osservare meglio: “....Gli avevo detto di
non prendersela con te...”
Rap
sorrise :” Non è niente! Me lo sono meritato. E
comunque avrebbe
potuto farmi molto peggio, ma non l'ha fatto proprio per rispettare
la tua volontà.”
“Ti
fa male?”
“No,
adesso no! I primi giorni è stato abbastanza fastidioso, ma
ora sto
bene.”
Eleanor
sospirò e tornò nel suo nascondiglio. Nessuno
parlò più per
qualche minuto. Fu Rap il primo a cedere :
“Ti
prego, torna!”
Eleanor
lo fissò :”Non posso...”
“Perchè
no?”
“....l'ho
tradito. Come posso tornare da lui e pretendere che sia tutto come
prima?”
“Stai
sbagliando! Scappare non è una soluzione. Anzi, stai
peggiorando le
cose. Non hai idea di quanto lo stai facendo soffrire. Lui sta male
per la tua lontananza, non per il fatto che l'hai tradito!”
“....sono
solo confusa. Ho bisogno di stare da sola.”
Rap
sospirò amareggiato. “D'accordo.... per
quanto?”
“...
non lo so.”
Di
nuovo, ripiombarono nel silenzio. Stavolta fu Eleanor la prima a
riprendere la parola :
“Che
cosa hai dato a quella ragazza?”
“....come?”
“Ti
ho visto! Le hai infilato qualcosa in tasca.”
“Ah...
niente di che. Solo un po' di soldi per evitare che si rimettesse a
caccia di clienti, almeno per stanotte.”
Eleanor
non potè non sorridere intenerita. “Sei stato
davvero molto
carino...”
“Chiunque
avrebbe fatto lo stesso.”
“No,
invece.Ti avrà scambiato per un angelo custode o qualcosa di
simile,
fidati!”
Rap
ridacchiò :”Si, certo! Mi si addice
proprio!”
“Stasera
si! Ti si addice, eccome...”
Il
ragazzo la fissò intensamente, ma lei distolse subito lo
sguardo. Illuderlo ancora sarebbe stata davvero una mossa meschina!
“Potresti
accompagnarmi a casa?” domandò poi “E'
stupido, ma ho paura a
tornare da sola!”
“Certo,
ma non t'importa che vedrò dov'è che ti sei
nascosta?”
“No...
so che non lo dirai a Rock.”
“E
che ne sai?”
“Lo
so perchè è ciò che ti sto chiedendo.
E tu non mi faresti mai un
torto... o mi sbaglio?”
Un
angolo della bocca di Rap si alzò in un mezzo sorriso
divertito
:”Adesso ne stai approfittando!”
Eleanor
sorrise di rimando :”....un po'!”
Rap
si alzò in piedi, imitato da Eleanor e insieme
s'incamminarono.
“Davvero
non gli dirai niente?”
“No...
anche perchè se venisse a sapere che ci siamo incontrati e
non ti ho
trascinata da lui, mi ucciderebbe! Però devi promettermi che
questa
tua follia finirà presto....”
“....Finirà!
Lo giuro! Ma non so quando.”
“Beh,
falla finire in fretta.... non mi piace vedere il mio migliore amico
ridotto così!”
Eleanor si rallegrò nel sentire
quest'ultima frase : “Sono contenta che siate rimasti amici,
nonostante
tutto!”
“Non
ce la fai proprio a pensare un po' solo a te stessa, vero?!”
Eleanor
non seppe rispondere, si strinse nelle spalle e si chiuse nel suo
silenzio.
“Provaci!”
continuò Rap “Ti farà bene e magari
risolverà tutto questo
casino.”
“Ci
proverò...”
***
Amber
uscì dalla cucina e cercò sua sorella con lo
sguardo. Quando la
vide, la raggiunse.
“Nicole,
comincia a chiudere!”
“Aspetta,
c'è ancora una persona, non vedi?” Fece un cenno
verso i tavoli,
dove seduto nell'angolo più remoto del locale stava un uomo
di mettà
età. Fissava fuori dalla finestra e sembrava assorto in
chissà
quali pensieri.
Io
non ci vado a chiedergli di andarsene. E se è ubriaco e si
arrabbia?”
Amber
sbuffò :” ok ok, ci vado io!”
La
ragazza si avvicinò con circospezione. Sul tavolo non
c'erano
bicchieri e bottiglie vuote. Questo la tranquillizzò.
“Mi
scusi...” lo chiamò.
L'uomo
si voltò stancamente verso di lei e le sorrise cordialmente.
“Si?”
“Ehm...
mi spiace disturbarla, ma stiamo per chiudere.”
L'uomo
si corrucciò: “Davvero?” si
guardò l'orologio da polso e sembrò
sorpreso “Oh, chiedo scusa. Non mi ero reso conto che fosse
così
tardi!”
“Non
si preoccupi.”
L'uomo
si alzò dal tavolo, raccattò le sue cose e
pagò quanto consumato,
lasciando una mancia piuttosto sostanziosa che fece brillare gli
occhi Amber.
“Posso
farle una domanda, signorina?”
“...certo.”
“Dove
posso trovare Eleanor?”
Le
labbra di Amber si schiusero in un piccola “o” di
sorpresa. Sentì
l'improvviso istinto di proteggere la sua amica.
“...Lei
chi è, scusi?” chiese, affilando lo sguardo.
Ma
l'uomo eluse la sua domanda: “Voglio solo sapere dove
abita.”
“...A
dir la verità, non lo so. Non è molto che lavora
qui e non posso
dire di conoscerla così bene da sapere dove abita. Ma
perchè vuole
saperlo?”
Lui
sorrise e s'infilò un giaccone nero :”Non importa.
Tornerò.
Magari sarò più fortunato e riuscirò
ad incontrarla! La ringrazio
molto, lo stesso!”
Detto
questo si allontanò e uscì dal locale, lasciando
Amber confusa e
preoccupata. Nicole, che aveva sentito tutto, le indirizzò
una
sguardo carico di perplessità.
“E'
il caso di spaventarsi?” chiese.
Amber
scosse le spalle. “Spero di no...”
***
Buonaseeeeeeeeera! CHe capitolo
scemooooooo! Ma serviva! U.U Scritto di getto senza nemmeno aver
riletto, spero non ci siano troppi errori ^^'
Anche stavolta non sono riuscita
ad aggiornare oggi pomeriggio eheheheh. Sono irrecuperabile!
Tra l'altro questo capitolo l'ho scritto tutto oggi perchè
sta settimana è stata molto frenetica!
Ma basta perdere tempo! Passo a ringraziare:
MakyMay: Non posso
dirti se Eleanor tornerà con la sua banda di amici. Magari
succederà qualcosa d'imprevisto che la porterà
lontano da loro oppure.....chissà!!! XD
Piccola Ketty: Mi
spiace ma per il ritrovo dei due piccioncini dovrai aspettare ancora un
po'... sempre se avverrà, eh! MWUAHAHAHAHAHAH Come sono
crudeleeeeeeeee!!!!!!! In via XX ci sono passata ..mmm
lunedì mi pare! XD Magari ci siamo pure viste senza saperlo
auauauauauau! Che cosa fiera!
Mana_chan: Si lo so!
RAp è un idolo!! A volte è incontrollabile e si
scrive da solo.... assurdo! La placca te le tempesto tutta de
diamanti!!!! U.U Spero sia piaciuto pure sto capitolo, abbastanza scemo
e inutile, ma dovevo in qualche modo far interagire Rap ed ELeanor ed
è uscita sta roba qui, AH! E poi dovevo dare spazio al
misterioso personaggio apparso a fine capitolo che tornerà
nei prossimi capitoli! E chi sarà mai sto
tipo?!?!?!?!? Mah! Misssstero!
fu80: SOno contenta
di riuscire a coinvolgerti e ti perdono per il ritardo. COme vedi pure
io sono una ritardataria cronica! Benvenuta del club eheheheh!
Black S O U L ___ :
Non dirlo a me! Nemmeno io capisco ELeanor, ci crederesti?!!?! XD DOve
andrà Ellie dopo la partenza di Nathan!?!?!? MMMM lo
svelerò al prox capitolo! Non è difficile!
Potresti anche indovinare! =)
Ok ragazze, scappo!!!! Ci
vediamo alla prox. RIngrazio le persone che mi hanno aggiunto ai
preferiti e alle seguite! Me tanto onorata!
AH, ma lo sapete che mi
è venuta un'ispirazione pazzesca per un'altra
storia !?!?!? Ma ancora non so se pubblicarla o meno. Ci sto
lavorando! Vedremo vedremo! Prima devo sopravvivere a questa hihih!!
ALla prossima
Ayleen
|
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Capitolo 27 *** Rifugio ***
Scusate, ma l'html
è impazzito! Lo stile di scrittura è cambiato e
non ho idea del perchè è successo .___. ....beh,
ci vediamo in fondo
CAPITOLO VENTISETTE
Rifugio
Si era ripromessa
di non versare neanche una lacrima per Nathan, anzi, se l'erano
ripromesso entrambi. In fondo era stato proprio lui a dirglielo; quello
non era un addio!
Ma era
davvero difficile cercare di rimanere impassibili mentre stava seduta
al suo fianco su una delle panchine della stazione, in attesa che quel
maledetto treno arrivasse per portarglielo via!
Gli aveva
detto di non preoccuparsi, che aveva trovato un posto dove stare. Aveva
mentito! Ma non voleva farlo preoccupare e impedirgli di partire
tranquillamente.
Alla fine,
non era stata una vera e propria bugia. Eleanor aveva in mente un posto
dove probabilmente avrebbe trovato rifugio, solo non poteva avere la
certezza che sarebbe stata accolta. Era questo il piccolo particolare
che aveva omesso a Nathan.
Si era
tenuta sul vago, spiegandogli che sarebbe andata da due amiche.
Probabilmente lui aveva pensato ad Amber e Nicole e non aveva sprecato
energie ad insospettirsi.
Gli ultimi
giorni erano letteralmente volati, mentre pian piano l'appartamento di
Evan si svuotava di tutti quegli oggetti che beffardi, lo ricordavano.
“Mi
sembra così strano che te ne vai...”
mormorò triste, Eleanor.
“Non
dirlo a me!”
“Non
perderemo i contatti, vero?”
Nathan le
posò una mano sul capo, come fosse una bambina:
“Certo che no, sciocchina!”
Eleanor si
lasciò andare ad una debole risata. “Se ti chiamo
tutti i giorni mi denuncerai per stalking?”
Anche
Nathan rise : “Niente denunce, promesso! Però la
notte lasciami dormire, ok!?”
“Si,
affare fatto!”
Eleanor
abbandonò la testa sulla sua spalla e lui fece lo stesso,
appoggiando la sua su di lei. Rimasero in assoluto silenzio, fino a che
l'altoparlante non annunciò l'arrivo del treno.
Eleanor
cominciò ad annaspare. Strinse forte il braccio di Nathan,
in un disperato tentativo di obbligarlo a rimanere su quella panchina.
“Eleanor...!”
la rimbeccò lui, con un sospiro giocoso, ma infinitamente
triste.
La ragazza
lo lasciò andare. Cercò tuttavia di non mostare
il proprio dolore nel separarsi da lui. L'ultima cosa che voleva era
mettersi a piangere e farlo esitare.
“Ci
siamo!” esclamò Nathan mestamente, mentre il
convoglio si fermava. “Fai ancora in tempo ad infilarti nella
mia valigia!”
Eleanor
sorrise grata di quel suo disperato tentativo di sdrammatizzare. Era
proprio da Nathan! Ma immediatamente quel tenue velo
d'ilarità che era riuscita a trovare, sparì di
colpo. Si gettò fra le sue braccia e quasi trattenne il
respiro per evitare di piangere. Avrebbe voluto impedirgli di salire su
quel treno. Se solo ne avesse avuto la forza, lo avrebbe trascinato
via! Non voleva che se ne andasse. Non voleva salutarlo senza sapere
quando l'avrebbe rivisto. Non voleva perdere un altro amico...
Nathan la
strinse forte per farle capire che anche per lui era difficile
lasciarla.
“Non
metterti a piangere, per favore...” la implorò.
“No...
non lo faccio, giuro!”
Fu una
tortura lasciarlo andare e vederlo salire su quel dannato treno.
“Eleanor!”
la chiamò poco prima che le porte automatiche si
chiudessero. “Non fare cavolate, intesi? Torna da Rock.! Non
rovinare tutto!”
Eleanor
annuì soltanto poco convinta, cosa che non sfuggì
al ragazzo :”Dico sul serio! Vai da lui e sistema tutto!
Smettila di crearti problemi dove non esistono!”
“....ok.”
“Promettilo!”
“...lo
prometto!”
Un ultimo
sguardo, un sorriso tirato e le porte del vagone si chiusero nel
momento esatto in cui una lacrima silenziosa sfuggì al suo
controllo. E quando il treno lasciò la stazione e il
silenzio tornò a farla da padrone, Eleanor si
sentì sola come non mai. Non c'era più Evan, non
c'era Nathan, non c'erano le braccia di Rock a rassicurarla, non c'era
Rap a spronarla a tirare fuori le unghie, non c'erano Heavy e Metal a
farla ridere con i loro battibecchi. Non c'erano neanche Nicole e
Amber... c'era solo lei.
Ciò
nonostante, Eleanor non aveva paura. Era decisa più che mai
a tirarsi fuori dai propri casini. Sapeva esattamente cosa fare e in
quel momento, il futuro non le interessava.
***
“Non
mi ero mai reso conto di quanto schifo facesse questo posto!”
sbottò Heavy, ritrovandosi tre paia di occhi
addosso.“Non ditemi che sono l'unico a pensarla a questo
modo, perchè non ci credo!” continuò,
senza apparire per nulla intimidito.
“Non
ti ha mai fatto schifo!” sbottò suo fratello
“Cos'è questa novità?”
“....è
una noia mortale senza quella stupida in giro!” ammise Heavy,
senza alcun imbarazzo “Era...beh, piacevole sentirla
canticchiare tutto il giorno. Metteva allegria! Ora invece
c'è solo un gran silenzio! E questo postaccio sembra
più un set per un film dell'orrore!“
Metal non
riuscì a ribattere stavolta. Heavy aveva ragione! L'assenza
di Eleanor si faceva sentire. Mancava a tutti. Probabilmente lei
nemmeno si rendeva conto di quanto la sua partenza avesse pesato su
tutti loro. E di quanto stesse ancora pesando.
Rap
osservò Rock, seduto poco distante da lui. Era assorto, lo
sguardo assente fisso sul ripiano del tavolo davanti a lui. Non aveva
sentito una sola parola. Solo il suo corpo era presente.
Rap fu per
un attimo tentato di rivelargli dove vivesse Eleanor, ma lei gli aveva
fatto promettere di non dirgli nulla. Eppure, era dura vederlo ridotto
in quello stato patetico. In qualche modo ci si riconobbe. Dopo la
morte di Marika, pure lui era stato presente sulla Terra solo con il
corpo. Era stata Eleanor a fargli recuperare un minimo di aspetto
umano. Rap ricordava bene l'orrendo periodo dopo la morte di Marika.
Non voleva che nessuno passasse per quell'inferno. Tantomeno il suo
migliore amico.
Certo...
Eleanor non era morta, ma la sensazione di aver perduto la persona
amata era comunque qualcosa di terribile che nessuno avrebbe mai dovuto
provare.
“...l'ho
vista!” esclamò, senza quasi rendersene conto.
Finalmente,
Rock sembrò destarsi dal proprio tormento. Fissò
l'amico incredulo, e anche un po' irritato.
“Cosa?”
fecero Heavy e Metal, fissandolo interrogativi.
Scusami
tanto, Eleanor! Ma sei tu quella che sta sbagliando, quindi...
“L'ho
vista qualche sera fa. Abbiamo anche parlato...”
L'irritazione
sul volto di Rock si stava via a via intensificando. Chissà
la sua immaginazione dove stava andando a parare? Beh... non era
difficile immaginarlo. Immediatamente, Rap alzò le mani in
segno di resa.
“Tranquillo!
Abbiamo sul serio solo parlato! Non è successo niente di
quello che pensi. Ho imparato la lezione, cosa credi?!”
“E
cosa ti ha detto? Sta bene? Cosa stava facendo?”
domandò a raffica Heavy.
Rap
pensò che non era il caso di raccontare proprio tutto. Per
l'equilibrio mentale di Rock, già parecchio provato in
quegli ultimi giorni, decise di omettere la parte riguardante quel
pazzo maniaco che aveva tentato di portarla via con la forza. Sarebbe
uscito di testa se solo avesse saputo del pericolo che Eleanor aveva
corso.
“Ha
detto che vuole rimanere un po' da sola per pensare... mi
è sembrato che stesse bene, nonostante tutto! “
Rock non
disse nulla. Lo guardava, bramoso di dettagli in più.
“L'ho
riaccompagnata a casa!” ammise a bruciapelo.
“Quindi
hai visto dove abita?” domandò Metal
“Già.
Avevamo indovinato, ragazzi. E' da quel suo amico. Nathan, giusto!?...
mi aveva chiesto di non dire niente, ma non mi pareva il caso di
tenerlo nascosto ancora a lungo.”
“Quando
è successo?” fu quasi piacevole risentire la voce
di Rock, finalmente.
“Una
settimana fa più o meno...”
Gli occhi
di Rock s'indurirono : “Una settimana fa?”
sbottò arrabbiato “E cosa aspettavi a
dirmelo!?”
“Hai
ragione, scusami. Ma lei mi aveva chiesto, implorato di non dirti
nulla, perciò ...”
“Perciò
cosa? E' così che hai intenzione di aiutarmi a ritrovarla?
Nascondendomi certe cose? Non ti sembra di aver già fatto
abbastanza danni? Adesso cos'altro farai? L'aiuterai ad emigrare in un
altro paese?”
“Ragazzi,
calmi!” fece Metal, serio. “Non mi pare il caso di
mettersi a litigare adesso!”
Rock si
passò nervosamente una mano fra i capelli e si
alzò. SI rivolse a Rap :
“Adesso
tu mi dici dove abita Nathan! E stavolta cerca di dire la
verità! Almeno una volta nella tua vita, sii
sincero!”
Rap le
riservò un'occhiata raggelante. Quello era un colpo basso!
Se lui mentiva di tanto in tanto, era solo per proteggere dalla durezza
della realtà le persone a cui più temeva. Forse,
non era una buona scusa, ma rinfacciarglielo in quel modo era ingiusto!
Continuarono
a fissarsi in cagnesco, senza cedimenti.
“Rap...
perfavore!” disse poi, Rock, stremato. “...ti
scongiuro, dimmelo. “
Il ragazzo
sospirò, remissivo. “Eleanor mi
ammazzerà....”
“Glielo
impedirò... se mi aiuti a trovarla.”
“....La
palazzina rossa vicino alla stazione. A circa tre isolati dal parco.
C'è un negozio di cellulari proprio sotto. Mi pare abbia
detto terzo piano, ma non sono sicuro!”
D' un
tratto, tutte le energie che avevano abbandonato Rock in quei giorni,
riconvogliarono in lui, facendogli addirittura riprendere colore in
volto.
“Grazie!”
esclamò un attimo prima di precipitarsi fuori.
***
Eleanor era
pervasa da una crescente ansia nell'attendere l'arrivo della persona
che avrebbe dovuto salvarla dalla strada.
Non era mai
stata un tipo ottimista, ma questa volta sentiva che sarebbe andato
tutto bene. Nell'attesa si ritrovò a chiedersi cosa stesse
facendo Rock, se fosse ancora in giro a cercarla, oppure ad attenderla
imperterrito al locale di Amber e Nicole, se gli mancava almeno la
metà di quanto lui mancasse a lei.
Nathan le
aveva detto di non rovinare tutto, di non farsi scappare Rock per una
cavolata. Aveva ragione! Dannatamente ragione! In fondo cosa stava
risolvendo nascondendosi a quel modo? Sapeva di non possedere la forza
necessaria per farla scappare sul serio. Se così fosse
stato, avrebbe seguito Nathan. Invece era rimasta! Non sapeva nemmeno
lei cosa stesse cercando di ottenere. Tempo, forse... tempo per trovare
le parole giuste da rivolgere a Rock una volta che si sarebbero
ricongiunti; trovare una scusa decente per averlo tradito, anche se in
realtà, di scuse non ce n'erano. Ma non poteva nemmeno
sistemare tutto mettendo da parte Rap, dimenticandosi di lui e di tutto
ciò che era successo tra loro. Non poteva farlo!
Perchè per quanto amasse Rock, per quanto faticasse a
trovare la forza per respirare in sua assenza, per quanto fossero i
suoi baci a perseguitarla nelle notti insonni, lei non avrebbe mai
potuto rompere con Rap. Ignorarlo, non parlargli più, non
essere più la prescelta a cui lui cedeva le proprie
confidenze, non rispondere alle sue provocazioni... persino ai suoi
silenzi e ai suoi musi lunghi non avrebbe mai saputo rinunciare. Gli
voleva bene e avrebbe potuto diventare quanto di più vicino
ci potesse essere ad un migliore amico. Certo... questo prima di averci
fatto sesso!
D'ora in
avanti ci sarebbe stato un muro d'imbarazzo a dividerli. Eppure doveva
provarci. In fondo, Rap l'aveva salvata da quel pazzo maniaco! Glielo
doveva.
Non si
sentiva presuntuosa nell'avere la sensazione di mancargli. Sapeva che
era così!
La
campanella dell'enorme edificio in mattoni rossi prese a suonare,
riecheggiando per tutto l'isolato. Dalla scuola si riversarono frotte
di ragazzini tutti vestiti allo stesso modo. Eleanor aguzzò
la vista per cercare d'individuare la piccola Mary-Bell.
Andare a
nascondersi nella casa dove era cresciuta la persona dalla quale stava
scappando aveva del ridicolo, ma ormai nulla la stupiva più
di sé stessa.
Era stata
proprio Mary-Bell, il giorno che per caso si erano incontrate alla
fermata dell'autobus, ad offrirle rifugio.
Eleanor
sapeva che non sarebbe stato facile vivere in una casa dove ovunque
potevano esserci foto, ricordi e oggetti vari riguardanti Rock,
però era anche vero che lui non ci metteva più
piede da quando aveva sedici anni. In qualche modo quindi, i ricordi
legati a lui avrebbero dovuto apparire smorzati. Al massimo si sarebbe
imbattuto in qualche sua fotografia da bambino. Tutto in quella casa
parlava di Alex, ma non c'era nulla che riguardasse Rock. Era stata
questa consapevolezza a convincerla a chiedere aiuto a Mary-Bell.
Si
avvicinò di qualche passo al grande cancello che delimitava
il cortile della scuola e attese, passando al setaccio il viso di ogni
ragazzina che le passava di fianco.
Poi, la
vide. Mary-Bell la riconobbe subito e le regalò il
più meraviglioso dei sorrisi. Eleanor sentì una
stretta al cuore... somigliava così tanto a Rock quando
sorrideva...
La
ragazzina salutò velocemente quelle che dovevano essere le
sue amiche e le corse incontro.
I suoi
capelli erano legati in due codini bassi che le donavano un'adorabile
aria sbarazzina. Sembrava molto più piccola della sua
età. Le sue coetanee sembravano impegnarsi molto per
apparire più grandi, ma lei non sembrava intenzionata a
farsi notare troppo.
“Eleanor!”
esclamò, sorpresa “Cosa fai qui?”
Stava
ancora sorridendo, entusiasta. La somiglianza con suo fratello era tale
che Eleanor dovette distogliere lo sguardo.
Ma bene!
Pensò amareggiata, Non
male come inizio!
Probabilmente,
aveva assunto un'espressione affranta, dato che il sorriso di Mary-Bell
si spense di colpo.
“Tu
e mio fratello non vi parlate ancora, vero?”
Ironico
quanto quei due si somigliassero anche nell'essere straordinariamente
sagaci!
“...Già.”
riuscì solo a dire.
“Mi
dispiace.” e sembrava davvero molto dispiaciuta
“Sono sicura che si risolverà tutto!”
Eleanor non
potè fare a meno di sorriderle.
“Speriamo!”
“Vieni!”
fece la ragazzina, prendendola a braccetto e incamminandosi verso una
fermata dell'autobus poco distante.
“Mary-Bell...”
la chiamò, esitante “...Avrei un enorme favore da
chiederti.”
“Dimmi
pure!” la incalzò lei, cordialmente.
“...Volevo
chiederti se, per caso, quel tuo invito è ancora
valido.”
Mary-Bell
si corrucciò confusa: “Quale invito?”
domandò innocentemente.
“Non
ti ricordi?...” la voce di Eleanor cominciò a
spezzarsi per l'imbarazzo, “...Quel giorno che ci siamo
incontrate mi avevi chiesto se volevo venire a stare da te per qualche
tempo...”
La
confusione sparì all'istante dal visetto solare di
Mary-Bell, trasformandosi in pura gioia: “Ma certo che mi
ricordo! Vuoi davvero venire a casa mia?”
“Beh...
mi trovo letteralmente con l'acqua alla gola e non so proprio dove
andare. Al momento sei l'unica a cui possa rivolgermi. In pratica, mi
salveresti davvero la vita.”
Mary-Bell
lanciò un gridolino pieno d'entusiasmo: “Si! Che
bello! Sarà fantastico, vedrai! Ci divertiremo un mondo
insieme!”
Eleanor si
rallegrò nel vederla così felice, ma
tentò comunque di smorzarla un po' : “Aspetta!
Prima sarebbe meglio parlarne con i tuoi genitori. Non sono loro ad
avere l'ultima parola?”
La
ragazzina non si placò minimamente: “I miei
genitori non ci sono! Papà è andato ad un
convegno di non so cosa e mamma l'ha seguito a ruota! Lei va sempre con
lui. Ha il terrore di venire tradita, credo!” lo disse
ridacchiando divertita, ma Eleanor si rabbuiò.
Ogni volta
che sentiva qualcosa che avesse a che fare con la parola
“tradimento”, sentiva un brivido lungo la schiena e
la nausea prenderle lo stomaco.
“Ci
sono solo Dylan e Jules, ma Dylan praticamente viene solo per dormire,
e Jules non farà storie, tranquilla!”
Eleanor si
concesse un sorriso. Del resto, era impossibile non sorridere in
presenza di Mary-Bell. Trasmetteva serenità al solo
guardarla.
“Anzi,
sai che facciamo?” Continuò la ragazzina,
mettendosi a trafficare nello zaino di scuola. “La chiamiamo
subito, anche se so che non servirà a nulla chiederle il
permesso per farti venire da noi!”
La vide
comporre velocemente un numero sul cellulare e tapparsi l'orecchio
libero, per attutire i rumori della strada.
“Non
so davvero come ringraziarti, Mary -Bell!” disse Eleanor,
quasi commossa dalla generosità di quella ragazzina.
“Allora
non farlo.” le ripose lei, espandendo la propria gioia fino
ad Eleanor che non potè fare a meno di lasciarsi coinvolgere
da tutto quell'entusiasmo.
***
La casa
dove era cresciuto Rock era qualcosa d'immenso.
Sembrava
antica, forse d'epoca vittoriana e si estendeva su tre piani. L'esterno
era di mattoni rossi, ma alla porta d'ingresso erano affiancate due
colonne bianche che salivano fino al primo piano, creando un piccolo
portico.
Il giardino
era ben curato e non c'era alcun recinto o cancello a separarlo dalla
strada.
Eleanor si
era bloccata di fronte alla visione di quella sorta di palazzo in
miniatura. Non era abituata a stare in mezzo a tanto lusso. Si sentiva
piccola, imbarazzata, del tutto fuori posto.
Vedendola
indugiare, Mary-Bell la tirò per un braccio :
“Dai, vieni!”
Ad ogni
passo, la fastidiosa sensazione di piccolezza si faceva sentire con
più prepotenza. Eleanor cominciò seriamente a
chiedersi se fosse stata una buona idea chiedere aiuto a Mary-Bell.
Loro due
vivevano in mondi opposti. Erano nate e cresciute in pianeti
differenti. Non era certa che vivere in un ambiente così
ricco e raffinato, seppur temporaneamente, avesse potuto giovarle in
qualche modo. Ma non poteva permettersi di fare troppo la difficile. Le
possibilità erano solo due: o la lussuosa casa di Mary-Bell,
o la strada. E dato ciò che aveva rischiato poche sere
prima, preferiva decisamente la prima opzione.
Mary-Bell
tirò fuori dallo zaino un paio di chiavi e aprì
la porta d'ingresso.
“Accomodati!”
esclamò allegramente, facendole segno di precederla.
Molto a
disagio, Eleanor entrò.
SI trovò
immersa in un'enorme sala, non ammobiliata con un arredamento
eccessivamente pomposo, a differenza di ciò che si era
immaginata. Il pavimento era costituito da un tipo di parquet lucido e
scuro. La trama alle pareti era di un giallo tenue e rendeva l'intera
stanza molto accogliente. Alla sua destra c'era un caminetto di marmo.
Intorno ad esso erano sistemati un divano di pelle bianca e un paio di
poltrone. Dalla parete opposta spiccava una grande libreria. I suoi
scaffali erano talmente ricolmi di tomi da dare l'impressione di non
riuscire più ad infilarci nemmeno uno spillo. Accanto alla
libreria, un arco conduceva ad un'altra stanza. Un arco gemello era
sistemato specularmente, accanto al camino. Davanti a sé
invece, Eleanor trovò la rampa di scale che conducevano ai
piani superiori. Era fatta dello stesso materiale del camino e pareva
uscita da un film ambientato in epoca rinascimentale! Le pareti
pullulavano di quadri di ogni tipo. Perlopiù erano
fotografie di paesaggi e di famiglia. Eleanor si affrettò a
distogliere lo sguardo. Incrociare una foto di Rock sarebbe stato un
grave errore.
“Aspetta
qui un secondo! Torno subito.” fece Mary-Bell, correndo e
superando l'arcata accanto alla libreria.
Eleanor
rimase immobile, senza osare toccare nulla. Aveva il terrore di rompere
o sporcare qualcosa. Spostò lo sguardo su uno degli scaffali
della libreria. Si trovò a fissare il volto di una bella
ragazza, sorridente. Accanto al viso teneva uno spesso foglio di carta
arrotolato e legato con un elegante spago. In testa portava il tocco
dei laureati.
Jules! Pensò
Eleanor, riconoscendo la sorella maggiore di Rock.
Un rumore
di passi la distrasse. Mary-Bell era tornata e stava trascinando una
signora anziana che indossava una divisa da governante. Era bassa e
piuttosto tarchiata, i capelli erano corti e grigi.
Mary-Bell
la portò proprio da lei e le presentò.
“Eleanor questa è la mia Tata! Tata, questa
è la mia amica Eleanor!”
Ero stato
Rap a parlarle di lei! Era la signora che si era occupata di Rock e dei
suoi fratelli quando erano piccoli. E ora si prendeva cura della minore
della famiglia.La donna le sorrise cordialmente e allungò
una mano:
“Tanto
piacere, Eleanor!”
Eleanor si
affrettò ad afferargliela: “Ehm...piacere
mio!”
“Si
fermerà da noi per un po' di tempo!”
spiegò Mary-Bell “Ho chiesto il permesso a Jules e
ha detto che non c'è problema!”
“Bene!”
esclamò la donna, allegramente “E' sempre bello
avere degli ospiti! Succede così di rado.”
Eleanor
sorrise timidamente: “Spero di non disturbare...”
“Nessun
disturbo, cara! Vado subito a preparare la stanza degli ospiti...
oppure potremmo sistemarti nella camera di Alex, tanto lui non la usa
più.”
“No!!!”
esclamarono all'unisono le due ragazze, guadagnandosi un'occhiata
perplessa.
“...Meglio
di no. Abbiamo una stanza per gli ospiti, diamole quella!”
continuò Mary-Bell, innocentemente.
“Certo,
non c'è problema!.” acconsentì la
donna, prima di salire le scale e sparire al piano superiore.
Eleanor
sospirò sollevata :”Grazie al cielo... non credo
che sarei stata in grado di dormire nella stanza di tuo
fratello.”
“Si,
immagino!” sghignazzò Mary-Bell. “Vieni,
ti faccio fare il giro della casa!”
La
ragazzina le mostrò ogni stanza, raccontandole divertenti
anneddoti riguardanti i suoi fratelli. Non menzionò mai Rock
e la ringraziò mentalmente per questo. Eleanor
potè rendersi realmente conto di quanto ricca fosse la
famiglia di Rock. Era assurdo pensare che lui avesse rinunciato a tutto
quel ben di Dio per andare a vivere in una vecchia scuola sgangerata.
Il rumore
di una porta che sbatteva e una voce al piano di sotto,
bloccò il ciarlare di Mary-Bell.
“C'è
nessuno!?!?” urlò una voce femminile.
“E'
tornata Jules!” Esclamò Mary-Bell, felice.
Afferrò Eleanor e la condusse nel salotto d'ingresso.
La
splendida ragazza della fotografia sulla libreria faceva bella mostra
di sé al centro della stanza. Sorrise nel vederle scendere
le scale.
“Chi
si rivede?” fece, allegramente. “Come stai,
Eleanor?”
“Diciamo
che tiro avanti.”
Jules
soffocò una risata. “Si, ci proviamo tutti!
Vieni.” La invitò a sedersi su quel magnifico
divano di pelle che stava davanti al camino. “E raccontami
cos'è successo. Mary-Bell dice che sei nei guai.”
“Beh...
in un certo senso è così.” rispose lei,
sedendoglisi al fianco.
“Sono
tutta orecchie, in modalità psicologa!”
scherzò Jules “Dimmi tutto!”
Eleanor
indugiò e guardò di sottecchi Mary-Bell che si
era appoggiata con le braccia sullo schienale del divano. Non le andava
di raccontare cosa fosse accaduto in sua presenza. Era pur sempre una
bambina! Non era bello farle sentire certe cose.
Fortunamente,
Jules capì.
“Hei
Mary-Bell! Perchè non vai a fare della cioccolata
calda?”
La
ragazzina prese a lamentarsi:”Cosa? Perchè
io?”
“Perchè
sei la padrona di casa ed Eleanor è un'ospite. Bisogna
offrire qualcosa da bere agli ospiti, non lo sai?”
Mary-Bell
sbuffò sonoramente. Eleanor la guardò sorridendo
: “Mi andrebbe proprio della cioccolata...” disse
nella maniera più persuasiva possibile.
“E
va bene! Ma solo perchè me lo chiedi tu!”
esclamò, prima di fare una linguaccia a sua sorella. Si
allontanò ed uscì dalla sala.
“Ok.”
fece Jules “Ora i minorenni sono tutti usciti. Dimmi cosa ti
è successo.”
Eleanor
prese un bel respiro e le raccontò ogni cosa. Non solo di
come avesse tradito suo fratello, della sua mancanza di coraggio
nell'affrontarlo, ma anche come loro due si fossero conosciuti, di
quello che faceva come lavoro prima dell'arrivo di Rock. Fece anche
accenni al suo passato, a sua madre, all'istituto dov'era cresciuta.
Jules ascoltò in assoluto silenzio senza mai interromperla.
Solo a racconto ultimato, aprì bocca :
“...Cazzo!”
esclamò, impressionata.
Eleanor
sorrise amaramente :”L'hai detto!”
“Devo
dire che sei tutt'altro che noiosa.” ridacchiò.
“Si insomma... ci si dovrebbe fare un film o una telenovela
sulla tua vita!”
“Lo
penso anch'io!”
“Eleanor
ascolta.” disse, tornando seria “Capisco che tu
abbia paura di affrontare mio fratello, ma scappare come hai fatto non
è stata la cosa più giusta, lo capisci?”
Lei
potè solo annuire, distogliendo lo sguardo da lei.
“Sei
stata con un altro ragazzo ed è una cosa brutta, non lo si
può negare. Ma nascondersi a questo modo non
risolverà le cose. Dovresti andare da lui e dovreste
parlare. Scappare peggiora solo le cose, fa soffrire sia te che lui! E
non è giusto!”
“Lo
so... ma ho paura.” ammise Eleanor, chiudendo gli occhi e
provando vergogna.
“Paura
di cosa?”
“Di
quello che potrei trovare nei suoi occhi quando mi
guarderà!”riuscì a dire, finalmente.
“Io l'ho tradito e per quanto lui possa essere
compassionevole e in grado di perdonarmi, ogni volta che mi
guarderà si ricorderà che io non sono stata solo
sua. Che il mio corpo è appartenuto anche ad un altro! L'ho
deluso e per fargli dimenticare il mio sbaglio non basterà
parlarne! Ho rovinato tutto!”
Jules la
fissava corrucciata :”Certo che hai un talento eccezionale
nel crearti problemi dove non esistono, vero!?”
Eleanor
sbuffò, intenzionata a concludere lì quella
conversazione.
“Beh...”continuò
Jules, alzandosi in piedi “... Resta pure qui mentre
rinsavisci! Non c'è problema per me! Magari potremmo
organizzare qualche pigiama party o qualcosa di simile!”
Eleanor
trovò la forza per ridere : “Non ne ho mai fatto
uno...”
“Dici
davvero?” chiese Jules, stupita “Mai?”
“No,
mai!”
“Ma
allora bisogna rimediare!”
Eleanor le
sorrise con gratitudine, poi la sua attenzione venne catturata dalla
grande foto appesa sopra al camino, proprio alle spalle di Jules.
SI
alzò in piedi e si avvicinò per osservarla
meglio. Era una foto di famiglia e nel momento in cui se ne rese conto
sapeva che sarebbe stato meglio distogliere immediatamente lo sguardo,
ma non ce la fece.
Era vecchia
di parecchi anni a giudicare dall'aspetto di Jules, la prima che le
saltò all'occhio. Doveva avere all'incirca l'attuale
età di Mary-Bell. Era già bellissima allora!
Stava accanto a suo padre che le circondava le spalle con un braccio.
Accanto all'uomo, seduta su una poltrona c'era quella che doveva essere
la mamma di Rock. Era la prima volta che Eleanor la vedeva. Neanche a
dirlo, pure lei era splendida. Tra le braccia teneva un involucro di
coperte rosa da cui spuntava un visetto imbronciato e una montagna di
capelli neri.
“Quella
in braccio alla mamma sono io!” esclamò Mary-Bell,
riapparsa proprio in quel momento, reggendo un vassoio con sopra tre
tazze fumanti. “Com'ero brutta!!!”
“Ma
che dici?” fece Eleanor sorridendo “Eri
un'amore!”
Appollaiato
su uno dei braccioli della poltrona stava un bambino più o
meno dell'età di Jules. Capelli castani, occhi scuri.
Dylan!
Pensò automaticamente Eleanor.
Poi, il
momento temuto arrivò. Lo vide. Rock stava seduto per terra,
appoggiato alle gambe della madre. Avrà avuto più
o meno 10 anni e sorrideva felice. I suoi capelli erano già
indomabili allora e i suoi occhi già in grado di far
sciogliere il cuore di chiunque. Ma ciò che più
la colpì fu la bimba che Rock teneva stretta fra le braccia.
Guardava l'obbiettivo confusa, quasi incuriosita. Età
approssimativa, un paio d'anni. Non di più. Capelli neri e
occhi nocciola come quelli di Dylan.
Sarah...
Le si
strinse il cuore a vederli così vicini, così
incuranti di ciò che il destino aveva riservato loro.
“Mio
fratello era davvero attaccato a Sarah. “ fece Jules,
avvicinandosi. “Giocava sempre con lei e ogni volta che
piangeva s'inventava di tutto per farla ridere. E lei, mio Dio, avresti
dovuto vederla, ogni volta che lo vedeva s'illuminava! Non faceva
così con nessuno di noi, nemmeno con mamma e
papà! Quei due avevano un mondo tutto loro.”
Quelle
parole la intristirono ancora di più. Questo Rock non glielo
aveva mai detto! Se davvero avevano un legame così speciale,
doveva essere stato davvero un incubo per lui vivere nella
consapevolezza di aver condotto Sarah sul letto di morte.
Mary-Bell
sbattè il vassoio sul tavolino davanti al divano, prese una
delle tazze e con voce triste disse : “Io... io vado a fare i
compiti!” e sparì su per le scale, a testa bassa.
Eleanor non
capì quella reazione e si accigliò dalla
confusione.
“Scusala!
… Non ha ancora superato la morte di Sarah. Non le piace che
si parli di lei!” spiegò Jules.
“Si,
capisco!”
Eleanor
tornò a guardare la foto e i suoi occhi si fermarono
automaticamente su Rock. Senza nemmeno rendersene conto, sorrise.
“Non
era un splendore da piccolo!?” la stuzzicò Jules
“Insomma, guardalo! Veniva voglia di mangiarlo!”
Il sorriso
di Eleanor si allargò.
“Beh..”
continuò Jules “Immagino che a te certe voglie nei
suoi confronti vengano ancora adesso!”
Le guance
di Eleanor avvamparono all'istante: “Ma che dici?”
La ragazza
scoppiò a ridere e le fece segno di seguirla: “Dai
vieni! Ti faccio vedere dove dormirai!”
***
Rap era
preoccupato per Rock. Non aveva avuto più notizie di lui da
quando era uscito quella mattina! Aveva cercato di essere paziente, ma
alla fine si era convinto ad andarlo a cercare.
Si diresse
verso la casa di Nathan, luogo in cui Eleanor si era nascosta,
chiedendosi se per caso Rock l'avesse convinta a tornare. Forse, stava
sbagliando ad andare a cercarlo. Magari quei due in quel momento erano
impegnati a fare pace, o qualcosa di simile! Stava rischiando di
rovinare di nuovo tutto? Probabile, ma quello era il suo stile! Non
poteva smentirsi.
Quando
arrivò dalla palazzina dove vivevano Nathan ed Eleanor
tuttavia, non trovò nulla di ciò che si era
immaginato.
Rock era
seduto sui gradini del portone ingresso, di nuovo distrutto, affranto,
svuotato di ogni sensazione positiva. Accellerò il passo e
lo raggiunse.
“Rock!”
lo chiamò “Che fai? Non sali?”
Il ragazzo
alzò appena lo sguardo su di lui.
“....Non
ci sono.”
“Beh,
allora aspettiamoli!”
“No...
non hai capito! Non ci sono proprio! Sono andati via... e non
torneranno!”
Rap
sì sentì gelare il sangue nelle vene:
“Che stai dicendo...?”
“Sono
salito, prima! Ho chiamato Eleanor quando ho visto che nessuno apriva
alla porta. Forse ho fatto un po' troppo casino, visto che è
uscito un vicino di casa a dirmi di darci un taglio. Ho chiesto a lui
se sapesse quando sarebbero tornati, ma mi ha detto che li ha visti
andare via questa mattina presto, pieni di valigie... “
“Che
… che significa?”
“Significa
che si sono trasferiti, Rap! Hanno lasciato la città!
….Eleanor non tornerà più.”
Fu un
attimo. Lo stesso vuoto che aveva inghiottito Rock,
risucchiò anche Rap.
Trasferiti...?
No... non è possibile!
“No!”
fece, con voce tremula “No, non ci credo! Lei... lei mi ha
promesso che sarebbe tornata.... che se la sarebbe fatta passare! Me lo
ha giurato!”
Rock scosse
la testa nervosamente :”Beh, ti ha mentito! O forse, ha
cambiato idea!... l'abbiamo persa, Rap! Non la rivedremo
più!”
E per la
terza volta nella sua vita, Rap si sentì perduto! La prima
volta era stata quando Amber era stata adottata, la seconda quando era
morta Marika, e ora, anche Eleanor l'aveva abbandonato!
“Io
lo sapevo....” mormorò, con rabbia “Non
dovevo fidarmi di lei! Non dovevo lasciarmi coinvolgere! Mi ero
ripromesso che dopo Marika non mi sarei più lasciato
ingannare da nessuna e invece....dannazione!”
Rock non
disse nulla. SI limitò a stare in silenzio a fissare il
vuoto. Rap aveva voglia di colpire qualcosa. Non riusciva credere che
non avrebbe mai più rivisto Eleanor. Non poteva accettarlo.
Era furibondo con lei, con sé stesso, col mondo intero!
Aveva sempre avuto ragione a pensare che le donne erano delle streghe!
Ed Eleanor non faceva eccezione! Era come tutte le altre!
“Rap...”
fece Rock, debolmente “...ho bisogno di stare da solo.
“
Lo stava
invitando gentilmente a togliersi dai piedi?...
“No!
Non hai bisogno di stare da solo! A nessuno piace stare.. -”
Non concluse quella frase. La voce di Eleanor le riecheggiò
nella testa mentre pronunciava quelle stesse parole.
A nessuno piace stare da solo! Quante volte gliel'aveva
detto. Aveva perso il conto!
Probabilmente
era qualcosa che aveva ripetuto anche a Rock, visto l'occhiata che lui
gli mandò.
“...Invece
ne ho bisogno! Se stasera non torno, non preoccupatevi
d'accordo?”
“Come
sarebbe? Dove hai intenzione di andare?”
“Avevo
promesso a Mary-Bell che sarei andato a trovarla... penso che
l'accontenterò!”
“Torni
a casa tua?”
“Solo
per un po'.... ho bisogno di distrarmi... di non pensare a lei! Devo
dimenticarla giusto? ...Meglio cominciare subito a provarci!”
la sua voce si spezzò per molte volte.
Rap ebbe il
timore di vederlo scoppiare in lacrime. Non voleva assistere ad uno
spettacolo simile. Non ci teneva proprio!
“...
ok! Se può aiutarti a stare meglio!”
“Non
mi aiuterà... per niente! Ma almeno avrò qualcosa
da fare!”
Rock si
alzò in piedi e fece per andarsene, ma Rap lo
fermò:
“Mi
dispiace tanto!” disse, con sincerità
“...è colpa mia se siamo arrivati a questo punto!
Se avessi tenuto le mani a posto quella maletta sera, lei probabilmente
sarebbe ancora qui...”
Rock lo
guardò serio, senza rabbia, senza dolore. I suoi occhi erano
semplicemente vuoti.
“....Non
dispiacerti! … Non sono solo io ad averla persa!”
Detto
questo, si allontanò lasciandolo solo, vittima di una
solitudine che mai aveva creduto di provare.
***
eccomi! Scusate l'ora
tarda! ^^'
Ok, qualcuno mi spiega cosa
è successo la settimana scorsa!? Sciopero generale dei
recensori per caso!?! XD No scherzo, dai! Spero vivamente di vedere
qualche recensione in più sta settimana. Se c'è
qualcosa che non piace, se sbaglio ogni tanto, ditemelo! ALtrimenti non
risucirò mai a migliorarmi! Le recensioni servono anche a
questo! Vedo che i preferiti e le seguite aumentano sempre, quindi
qualcosa vorrà pur dire no!? Insomma, esprimetevi vi
prego! ç__ç
Comunque, rispondiamo =) :
Mana_chan : non era
più corto! E' solo che c'erano tanti dialoghi ^^' ma la
lunghezza era la solita degli altri, giuro! Oddio, hai già
partorito un'idea sull'uomo misterioso! Ecco ora ho paura!!!
Piccola Ketty: Ma
non ti ho ancora chiesto a che tifoseria appartieni!?!? Siamo cugine
o sorelle?!?!? Speriamo di non giocarmi le tue
future recensioni... io sono genoana ...AIUTO!!! ORA MI UCCIDE!!! XD
Black S O U L ___ :
ma tranquilla! Come vedi, sono un'esperta nei ritardi! XD Eh si, Rap ha
un tempismo perfetto! Che uomo, CHE UOMO! PEr quanto riguarda il tipo
misterioso, tornerà più avanti... non
è difficile immaginare chi possa essere. Pensavo
fosse più facile indovinare dove Eleanor avesse deciso di
nascondersi! .__. Beh, meglio così! Senza volerlo ho creato
un effetto sorpresa ahahah!
Ok, ora vado a nanna! Ci
vediamo domenica prossima! VI prego, un commentino lasciatelo *3*
pleeeeease!
Ayleen
|
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Capitolo 28 *** In fondo al corridoio ***
Mamma che parto sto capitolo! Vi
dirò che mi sono lasciata coinvolgere un po' troppo nello
scriverlo e alla fine mi sono quasi venute le lacrime agli occhi. Non
posso promettere lo stesso effetto a voi, però .___.
Scusate per la parentesi al femminile all'inizio. Mi sto affezzionando
al personaggio di Mary-Bell e in pratica si è scritta da
sola XD
Ci vediamo in fondo.
CAPITOLO
VENTOTTO
In
fondo al corridoio
“...
Capisci? Non so
proprio cosa fare! Lui non mi guarda nemmeno!”
ripetè Mary-Bell
per circa la ventesima volta.
Eleanor
aveva cercato di
stare dietro ai discorsi della ragazzina, ma dopo il primo quarto
d'ora la sua attenzione era scemata. Si limitava quindi a guardarla
ed annuire con l'espressione più coinvolta che potesse
sfoggiare.
Mary-Bell l'aveva
praticamente presa in ostaggio e la stava rimbambendo di chiacchiere
su un suo compagno di scuola che, a suo dire, non la considerava
abbastanza.
Le era sempre sembrata
una ragazzina timida e pacata, ma in quell'ultima ora e mezza si era
dovuta ricredere.
Le dispiaceva non esserle d'aiuto, ma era davvero troppo distratta per
starla davvero a
sentire. Comunque, Mary-Bell pareva non curarsene. Continuava a
ciarlare senza freni!
“Per
esempio!”
esclamò, improvvisamente a voce più alta, facendo
trasalire
Eleanor. “Quanti anni avevi quando hai baciato per la prima
volta
un ragazzo?”
Il
viso di Eleanor si
contrasse in una smorfia al pensiero del suo primo, tragico bacio.
“Non
ricordo...”
tagliò corto, ma Mary-Bell non le credette.
“Impossibile!
Nessuno
dimentica il suo primo bacio!”
Eleanor
capì dal suo
sguardo che non avrebbe mai ceduto. Sospirò e
cercò di essere
comprensiva.
E
dai, Eleanor! Ha
solo 12 anni. E' normale che sia incuriosita...
“Beh...
“ cominciò,
riluttante “...avevo la tua età più o
meno.”
“Davvero!?”
chiese
Mary-Bell, gli occhi brillanti d'entusiasmo “E come
è andata?”
“...Bene.”
mentì
spudoratamente “Un po' imbarazzante all'inizio, ma poi
è stato
bello.”
L'espressione
sognante di
Mary-Bell non la fece pentire neanche un po' di aver raccontato
quella piccola bugia.
Il suo primo bacio? E
come dimenticarlo? Era stato un disastro! Il prescelto? …
Evan,
naturalmente.
Ricordava ancora la gioia
provata in quei momenti. Era così felice di essere
finalmente
riuscita a baciarlo. Peccato che era stato proprio quel bacio a far
capire ad Evan che le ragazze non gli facevano alcun effetto...
poteva esserci qualcosa di più umiliante?
“Non
vedo l'ora che
arrivi il mio turno.” la voce della ragazzina la
riportò al
presente.
Le
sue guance leggermente
arrossate la intenerirono.
“Non
stare ad
aspettarlo troppo! Arriverà quando meno te lo aspetti. Se
c'è una
cosa che ho imparato è che non bisogna mai e poi mai
programmare le
cose.”
“Parole
sante!”
esclamò con aria saccente Jules, mentre entrava nella
cameretta di
Mary-Bell.
Beh,
definirla
“cameretta”
non era propriamente esatto. Avrebbe potuto
tranquillamente contenere l'appartamento dove Eleanor aveva vissuto
con sua madre! Anche la stanza degli ospiti era delle stesse
dimensioni esagerate. Dormire lì dentro sarebbe stato
difficile....
chissà com'era la camera di Rock? Una domanda che l'aveva
tormentata
di continuo nell'arco di quella giornata. Avrebbe tanto voluto
chiedere a Jules di portarcela, ma le sembrava una cosa stupida. Cosa
avrebbe fatto una volta lì? Si sarebbe imbattuta in altre
foto,
altri oggetti legati a lui... avrebbe reso quella separazione ancora
più difficile di quanto già non fosse.
Eppure, la tentazione di
mettersi ad esplorare ogni stanza di quella enorme casa alla ricerca
della camera dove Rock era cresciuto era davvero forte.
Bene...
pensò
Si preannuncia un'altra lunga notte insonne.
“Dalle
retta, Mary-Bell !” esclamò Jules sendendosi
assieme a loro sul
tappeto posto affianco al letto. “Non fare programmi, non
aspettarti mai niente. Solo così eviterai tante delusioni!
”
La ragazzina non parve
molto convinta, ma finse di aver comunque afferrato il concetto.
Tuttavia, cambiò discorso. Probabilmente non era a suo agio
nell'affrontare certi argomenti davanti alla sorella maggiore.
“Allora?
Che si fa
stasera?” chiese, piena di entusiasmo.
“Proprio
niente,
signorina!” la smontò subito Jules.
“Domani tu hai scuola e
sono pronta a scommettere che devi ancora finire i compiti!”
La
risposta di Mary-Bell
fu un sonoro sbuffo: “Che guastafeste che sei!”
“Oh,
non hai idea di
quanto lo sia!”
Eleanor
sorrise nel
vederle litigare a quel modo. Era divertente vedere le faccia
furibonda di Mary-Bell e il divertimento che invece elettrizzava
Jules. Per un attimo si sentì tagliata fuori da quel loro
piccolo
mondo. Fu quasi invidiosa. Quanto le sarebbe piaciuto avere
una sorella... Strano, non aveva mai avuto un simile desiderio.
Eppure, in quel momento, avrebbe tanto voluto essere la terza
sorella. La maggiore per Mary-Bell e la minore per Jules.
Un suono la riscosse
dalle proprie fantasie. Le due ragazze vicine a lei smisero di
discutere. Il campanello aveva suonato.
Jules
si alzò in piedi
:”Vado io. Tata è uscita a fare la
spesa!”
Mary-Bell
corse alla
finestra e scostò la tenda per vedere chi ci fosse alla
porta
d'ingresso. Lanciò un urletto carico d'eccitazione e si
lanciò
fuori dalla sua camera, superando Jules e lasciandola interdetta.
“Che
è successo? Il
ragazzino di cui è cotta è venuto a trovarla per
caso?”
Eleanor
ridacchiò : “A
giudicare dalla sua reazione, potrebbe anche essere!”
Jules
inseguì sua
sorella e Eleanor le andò dietro, priva tuttavia della
stessa
fretta. Aveva quasi raggiunto le scale che portavano al piano di
sotto quando le grida euforiche di Mary-Bell la gelarono sul posto.
“Sei
tornato! Sei
tornato!” continuava a ripetere.
Un
brutto presentimento
ebbe il sopravvento su di lei. Un dubbio che trovò conferma
nello
sguardo ansioso di Jules, ferma in cima alle scale che le lanciava
occhiate inquiete. Poi, il presentimento si tramutò in
realtà:
“Hei,
fai piano! Mi
stai strangolando!” Era lui. Quello era l'inconfondibile tono
di
voce di Rock.
Qualcosa
si mosse nel
petto di Eleanor. Il cuore accellerò la sua corsa, la ben
nota morsa
allo stomaco la investì e il suo viso s'imporporò.
Stava per correre giù di
sotto e rifugiarsi tra le sue braccia. Aveva una tale voglia di lui,
dei suoi baci, di immergersi nei suoi occhi sconvolgenti, di sentire
il suo profumo. Era tutto ciò di cui aveva davvero bisogno,
ma
invece fece esattamente l'opposto. Incrociò lo sguardo
complice di
Jules e scappò verso la stanza degli ospiti. Si chiuse
dentro e si
lasciò scivolare contro la porta, fino trovarsi seduta per
terra.
Dopodichè scoppiò in lacrime. Si coprì
le orecchie con le mani,
per paura che la voce di Rock potesse di nuovo raggiungerla. Tutta la
serenità che era faticosamente riuscita a conquistare in
quella
giornata stava diventando un lontano ricordo.
Com'era possibile che lui
fosse lì? Perchè? Aveva scoperto che lei si era
nascosta a casa
sua? Oppure era solo una dannata coincidenza? ...Non poteva saperlo,
però di una cosa era certa : l'ironia del destino non aveva
limiti!
***
“...
Cosa ci fai qui?”
Rock
si stupì del tono
vagamente allarmato ed agitato di Jules. Era impallidita e il fatto
che lui non mettesse più piede in quella casa da quasi sette
anni
non sembrava sconvolgerla più di tanto.
“...Non
mi aspettavo
una banda, lanci di coriandoli e un tappeto rosso steso in mio onore,
ma nemmeno una faccia da funerale come questa!” disse,
sforzandosi
di essere ironico. Ridere ormai era difficile e nonostante l'impegno,
il risultato era lontano anni luce da quello sperato.
“No,
cioè... si!
Voglio dire... non mi aspettavo una tua visita!”
biascicò
confusamente Jules. “Potevi telefonare almeno!” Le
sue mani
iniziarono a torturarsi a vicenda e i suoi occhi si posarono sul
pavimento.
Ma
cosa...?
“Ti
ricordo che questa è ancora ufficialmente anche casa mia.
Non sono
tenuto ad avvisare se ho intenzione di tornare!” disse,
cercando
d'ignorare lo strano comportamento di Jules.
“Si,
questo lo so... però..”
“Non
starla a sentire!” esclamò Mary-Bell, ancora
aggrappata ai fianchi
di Rock “Io sono felicissima che tu sia qui!”
Lui
le sorrise amabilmente : “Ed è per questo che sei
la mia sorella
preferita.”
Mary-Bell
ridacchiò e fece la linguaccia a Jules. Ma nel momento in
cui si
guardarono accadde qualcosa. L'ansia e l'agitazione sul volto di
Jules si trasferirono anche su quello di Mary-Bell, che
immediatamente si separò dal fratello, come scottata.
“Oh
cavolo!” si lasciò sfuggire la ragazzina, rivolta
a sua sorella.
“Già,
un bel casino!” le andò dietro Jules, con aria sia
rassegnata che
vagamente divertita.
“Ragazze!”
le richiamò Rock, confuso “Che mi stiate
nascondendo qualcosa è
ovvio, però potreste cercare di farlo un po' meglio, per
favore? Ho
già decine di preoccupazioni, ci mancano solo i vostri
giochetti!”
Le
due ragazze ammutolirono e si scambiarono un'occhiata fugace.
Mary-Bell a quel punto sgambettò via, verso le scale.
“Devo finire
di studiare!!” esclamò mentre spariva al piano
superiore.
Rock
si rivolse a Jules :” Che diamine sta succedendo?”
chiese,
scandendo ogni singola parola.
“Oh
niente di che, tranquillo!” cercò di rassicurarlo
lei “Cose da
donne! Piuttosto... come mai sei qui? Visita di piacere o qualcos
altro?”
Rock
si rabbuiò di colpo, sconfitto dal peso degli ultimi
avvenimenti che
l'avevano condotto fino a lì. “Posso restare per
qualche giorno?”
Si
stupì davvero quando la vide scoppiare a ridere nervosamente
:
“Starai scherzando?”
La
guardò perplesso :”No, sono serio! Per quale
motivo dovrei
scherzare?”
La
ragazza si fece seria e si strofinò le mani sul viso, come
vittima
di un forte stress: “...Si.” Mormorò,
sconsolata “Non c'è
problema.... credo!”
Rock
decise di non badare troppo al suo strano comportamento. Forse Jules
era in quel periodo del mese in cui le donne erano tutte un po' fuori
di testa.
“Mamma
e papà dove sono?”
“Non
ci sono, come al solito! “
“Bene,
vedo che nulla è cambiato, quindi!”
DI
nuovo Jules, scoppiò a ridere :”Non sai quanto ti
stai sbagliando,
mio caro ingenuo fratellino!”
Rock
sbuffò stizzito. I suoi modi di fare cominciavano davvero a
spazientirlo: “Eri l'unica sana della famiglia, Jules. Come
ti sei
ridotta?!”
Lei
continuò a ridere, senza riuscire a rispondergli.
“D'accordo,
lasciamo perdere! C'è qualcosa da mangiare? Credo di non
aver messo
più nulla sotto ai denti ...beh, da ieri mattina,
forse!”
Jules
annuì, cercando di domare le risate e si diresse in cucina,
seguita
a ruota da Rock che confuso come non mai, le andò dietro in
silenzio. Non capiva sua sorella, però da un lato
era contento.Il
suo bizzarro comportamento l'aveva distratto da Eleanor. Non era
forse quello ciò che aveva sperato?
***
La
stanza degli ospiti stava proprio sopra alla cucina.
Seppur
attutite dallo spessore del pavimento, Eleanor riusciva a sentire le
voci di Jules e di Rock. Non distingueva le parole, ma ogni volta che
il tono smorzato del ragazzo la raggiungeva, le sue braccia si
stringevano sempre di più attorno al cuscino che aveva preso
in
ostaggio. Le sue unghie affondavano sempre di più nella
stoffa e le
dita avevano preso a farle male. All'altezza del viso, il
cuscino
era inumidito dalle lacrime che stava versando. Non osava alzare il
viso. Preferiva tenerlo nascosto per soffocare meglio i singhiozzi.
Aveva
fatto bene a chiudersi dentro a chiave. In questo modo, l'istinto di
correre da lui aveva perso di prepotenza.
C'era
Mary-Bell aldilà della porta, o almeno era lì
fino a pochi minuti
prima. Le aveva detto qualcosa sul fatto che Rock non sapeva che lei
fosse lì. Quella notizia l'aveva in minima parte
tranquillizzata, ma
quella situazione aveva sia del ridicolo che del frustrante.
E se
lui avesse deciso di fermarsi? Come avrebbero fatto a vivere nella
stessa casa senza mai incontrarsi?
Si,
certo. Quella casa era molto grande... ma non così
grande!
Dio,
quanto puoi
essere sfigata, Eleanor? Ce l'hai proprio nel sangue!
Chissà
Jules come se la stava cavando con lui? Cosa si sarebbe inventata per
reggerle il gioco? Era riuscita a portare scompiglio anche
lì. La
sua maledizione continuava ad inseguirla e braccare chiunque
incontrasse sulla sua strada. Non se ne sarebbe mai e poi mai
liberata!
Evan
gliel'aveva spiegato una volta. “Più
cerchi di scappare dai
problemi, più quelli ti stanno alle calcagna e
t'intralciano,
impedendoti di proseguire!” Era vero! Mai furono
pronunciate
parole più vere!
Se
Evan fosse stato con lei in quel momento, l'avrebbe buttata fuori da
quella stanza a calci e l'avrebbe trascinata anche per i capelli fino
da Rock. Dopodichè li avrebbe chiusi insieme in uno stanzino
e non
li avrebbe più fatti uscire per almeno due ore!
Perchè
non possedeva un briciolo del coraggio di Evan? Le sarebbe bastato! E
invece non sapeva far altro che nascondersi e piangere. Definirsi
patetica era un eufemismo!
Vai
da lui . Le
suggeriva il suo istinto Fregatene di tutto!
Dimentica ciò
che è successo e vai da lui. Non c'è altro che
desideri di più!
Come
negarlo? Andare da Rock era davvero tutto ciò che voleva!
Quanto
avrebbe voluto che quel povero cuscino che stava martoriando fosse
stato il petto di Rock. Quanto le mancavano le sue braccia che
dolcemente la stringevano. Il respiro tra i suoi capelli che la
confortava e la rasserenava come nessun tranquillante avrebbe saputo
fare. Non poteva reagire, non riusciva a pensare, non respirava
nemmeno senza di lui!
Era
tutto ciò che le era rimasto. Aveva perduto sua madre, Evan,
Nathan... Aveva soltanto lui... e tutto ciò che riusciva a
fare era
comportarsi da stupida!
Al
diavolo tutto!
Le
sue braccia lasciarono finalmente il cuscino e le sue gambe
ritornarono a vivere. In un attimo si trovò davanti alla
porta, la
sua mano sulla chiave infilata nella serratura. Stava per girarla,
quando la voce di Jules in corridoio la fermò.
“Stai
tranquillo! Nessuno ha toccato la tua camera! Avevo pensato di farci
una stanza guardaroba tutta per me, ma mamma non era
d'accordo!”
“Una
stanza guardaroba? Che razza d'ingrata! Ti sei giocata la nomina sul
mio testamento!”
Stava
ridendo. Rideva sereno e giocoso come se nulla fosse. Come se fra
loro non fosse accaduto nulla.
Per
quanto quella risata fosse in grado di riscaldarla, si sentì
lo
stesso gelare. Erano un paio di giorni che Rock non la chiamava
più
al cellulare. Non l'aveva più cercata. E ora era
là fuori a ridere
e a fare battute con sua sorella. Aveva rinunciato ….?
Ce
l'hai fatta,
Eleanor!Hai ottenuto ciò che volevi. Si è
scordato di te!Ora non
soffrirà più...
La
mano che si era posata sulla chiave, le cadde a peso morto lungo un
fianco. Indietreggiò fino ad incontrare il letto. Si
sdraiò, si
riappropriò del cuscino e ci sprofondò il viso.
Stavolta i gemiti
non riuscì a trattenerli. Anzi, non tentò nemmeno
di fermarli.
Aveva bisogno di lasciarli liberi di uscire.
Il
suo cuore ridotto in pezzi continuava a battere, la teneva in vita,
permetteva al suo sangue di scorrerle nelle vene e le dava la forza
di sfogarsi contro quel soffice oggetto inanimato.
Perchè
piangeva? Era stata proprio lei, in quella maledetta lettera lasciata
a Rock, a chiedergli di dimenticarla. La cosa che più
l'aveva
preoccupata era il suo stato d'animo , non voleva che soffrisse. E
adesso lui non stava soffrendo.Non più.
Non
doveva piangere. Doveva essere felice!
Ma
come si può essere felici quando si ha la consapevolezza di
aver
perso la sola cosa che ti teneva in vita?
***
Che
strano essere di nuovo a casa!
Essere
di nuovo sdraiati sul proprio letto era piacevole. Rivedere la stanza
del ragazzino che era stato lo rendeva malinconico, ma non pentito di
essersene andato così presto!
Da
circa dieci minuti stava fissando il soffitto coperto di poster. Con
un sorriso aveva ricordato il motivo che l'aveva spinto ad
appiccicarli lassù. La voce di sua madre
riecheggiò nei suoi ricordi
“Che non ti venga in mente di appendere poster alle
pareti!”
E lui era stato di parola! Li aveva messi sul soffitto. Le pareti
erano intatte!
Gruppi
musicali, locandine cinematografiche, modelle molto poco vestite,
automobili e moto sportive. Lassù c'era tutta la sua
adolescenza.
Per
un attimo si trovò a pensare a cosa avrebbe detto Eleanor se
fosse
stata lì con lui, sdraiata al suo fianco.
Avrebbero discusso sui
suoi gusti musicali, magari lei avrebbe anche intonato il ritornello
di qualche brano. Poi sarebbero passati ai film. E le modelle? Oh,
Eleanor avrebbe avuto tante cose da ridire su quelle ragazze mezze
nude che stavano lassù, di certo non sarebbe mancata una
scenata di
gelosia. Sulle auto e sulle moto probabilmente sarebbe stato lui a
doverla istruire un po'. Lei non ci capiva nulla di motori. Di sicuro
si sarebbe annoiata e lamentata fino a convincerlo a fare dell'altro,
e lei era un talento naturale nel convicere le persone a fare
ciò
che voleva.
Chiuse
gli occhi e gli sembrò quasi di vederla. Con uno scatto
pieno di
stizza, allungò un braccio, afferrò il cuscino e
se lo sbattè con
forza in faccia. L'immagine della ragazza tuttavia, non si dissolse,
così rinunciò e lanciò il cuscino
dall'altra parte della stanza,
imprecando sottovoce.
Fortunatamente,
qualcuno arrivò in suo aiuto. Un paio di colpi alla porta e
il
visetto sorridente di Mary-Bell sbucò.
“Ti
posso chiedere una cosa?” domandò in
modalità tenera – bimba -
bisognosa- d'affetto – e – attenzione.
Rock
si mise seduto, concentrandosi sulla sorella e cercando di liberarsi
dell'immagine di Eleanor.
“Certo.”
“Mi
dai una mano con matematica?”
Gli
sfuggì un sorriso. “Ancora con questa matematica?
Ma quando la
imparerai?”
“Mai,
se nessuno mi aiuta! E tu sei più bravo di Jules con i
numeri!”
“Hai
presente che non prendo un libro di scuola in mano da anni?”
“Non
importa! Dai, ti prego, ti prego, ti prego!” insistette lei,
con le
mani giunte.
“D'accordo,
andiamo!” cedette alla fine Rock. Almeno si sarebbe distratto
un
po'.
Seguì
Mary-Bell fino alla sua stanza e non vedere più giocattoli
sparsi
sul pavimento come ai vecchi tempi, gli fece realizzare da quanto tempo
mancasse da casa. Quante cose si era perso?
Vedendolo
indugiare sulla soglia, Mary-Bell lo guardò curiosa
:”Qualcosa non
va?”
“No...
sto bene!”
Si
sedette accanto a lei alla scrivania e attese che prendesse i libri
che servivano. Ne approfittò per guardarsi un po' intorno.
Quella
camera era cambiata dall'ultima volta in cui vi aveva messo piede.
L'arredamento era lo stesso, ma aveva un'aria molto più
adulta. Solo
la marea di peluches sul letto si era salvata dal repulisti di
giocattoli che Mary-Bell doveva aver fatto.
Jules
entrò proprio in quel momento.
“Richieste
particolari per cena? Aiuto tata a cucinare!”
dichiarò con una
punta di fierezza.
“Se
cucini te, io ordino una pizza!” sbottò Mary-Bell,
facendo
scoppiare a ridere Rock
“Oh,
ma quanto sei simpatica! Ah, fratellino... ho detto a tata che sei
qui. Vorrebbe tanto vederti.”
Rock
fu colto da un moto di tenerezza nel ricordare quella donna, ormai
anziana, che aveva cresciuto lui e i suoi fratelli. Le era mancata,
forse più dei suoi stessi genitori. Era stata l'unica a
tentare di
convincerlo a non andarsene di casa il giorno che aveva compiuto
sedici anni.
Le
aveva fatto più da madre lei che chiunque altro e si
sentì davvero
un verme a ricordarsene solo adesso.
Stava
per alzarsi e andare a salutarla, ma qualcosa lo lasciò di
sasso,
immobile e incapace di respirare.
Un
oggetto nero abbandonato sul tappeto, accanto al letto di Mary-Bell.
Strinse gli occhi e perse un battito quando si rese conto di cosa
fosse.
Una
borsa. Ma non una borsa qualsiasi. La sua borsa.
Quella che
lei si portava dietro ovunque, che non aveva
intenzione di
cambiare nonostante fosse vecchia e consunta.
Sentì
il respiro farsi più accelerato per l'agitazione e, come un
automa,
si alzò in piedi e si avvicinò.
Jules
probabilmente aveva capito cosa avesse attirato la sua attenzione e a
quali conclusioni fosse arrivato : “Alex, posso spiegarti
tutto...”
L'aveva
chiamato per nome! Significava che era seria e non stava scherzando.
In altre parole, era una conferma ai suoi sospetti.
Si
piegò per afferrare la borsa e ne studiò il
contenuto. Un diario,
un album di fotografie, un telefono cellulare e una bambolina di
pezza malfatta.
...Eleanor...
D'un
tratto capì lo strano comportamento delle sue sorelle. Si
voltò
verso di loro con sguardo accusatore.
“Lei
è qui!”
Mary-Bell
lanciò un'occhiata preoccupata a Jules che cercò
di spiegarsi
:”Alex, stammi a sentire... lei è confusa. Non se
la sente
d'incontrarti. Cerca di non essere impulsivo.”
Lui
non sentì una sola parola. Era arrabbiato, sconvolto, non
riusciva a
pensare ad altro se non al fatto che Eleanor era da qualche parte
sotto quello stesso tetto e che aveva dovuto scoprirlo da solo.
Non
ce la fece a moderare il tono di voce e senza che se ne rendesse
conto stava già urlando:
“Per quanto avevate intenzione di
tenermelo nascosto?”
Jules
non fu da meno: “Fino a che lei non fosse stata pronta per
venire
da te! Cosa avrei dovuto fare? E' successo tutto così in
fretta.
Prima lei che arriva chiedendo ospitalità, perchè
non ha un posto
dove andare. Poi arrivi tu, senza preavviso, che mi chiedi
esattamente la stessa cosa. Prova per un attimo a metterti nei miei
panni! E' un problema vostro, non mio! Non coinvolgetemi nei vostri
casini esistenziali!”
Gli
occhi di Mary-Bell si riempirono di lacrime :
” Scusaci... “
mormorò, mortificata. “Non volevamo mentirti. Non
ti arrabbiare.
Abbiamo solo cercato di aiutare Eleanor...”
La
visione della sua sorellina in lacrime, bastò per placarlo.
Fece un
lungo sospirò, cercando di domare la rabbia.
“...dov'è
adesso?” chiese, moderando la voce.
“Cosa
farai se te lo dico?” fece Jules, incrociando le braccia sul
petto
“Andrai da lei e la costringerai ad aprirti la porta? Non
otterresti nulla! Anzi, considerando il tuo attuale stato d'animo, la
faresti agitare e basta. Mi piace quella ragazza, sul serio, ma
è
esageratamente sensibile... e non va bene mettersi a gridare con chi
è troppo sensibile. Spero che tu te ne renda conto da
solo!”
“Io
non mi metterei mai a gridare contro di lei!”
“Oh
si , invece! Senza accorgertene forse, ma la rabbia porta anche a
questo. Lei non ti farà entrare, tu ti arrabbierai e
inizierai a
gridarle contro! E' così che reagiscono i comuni mortali, e
tu non
fai eccezione!”
Sconfitto
da quelle parole e svuotato di ogni energia, Rock si lasciò
cadere
seduto sul letto di Mary-Bell. In mano reggeva ancora la borsa di
Eleanor. La stringeva come fosse il più prezioso dei tesori.
“Io....
io voglio solo parlarle.” disse con un filo di voce.
“...Voglio
solo vederla... “
Jules
sospirò e andò a sedersi al suo fianco :
“Senti, lei lo sa che
sei qui. Lascia decidere a lei, non spingerla ad incontrarti. Magari
sarà proprio lei a venirti a cercare. Sii
paziente.”
“Lo
sono stato anche troppo … Ero covinto che se ne fosse andata
via!
Per sempre! E ora viene fuori che è qui, a casa mia! Tu come
reagiresti al mio posto?”
“Farei
un macello!” ammise sorridendo “Dovrebbero mettermi
la camicia di
forza per farmi stare buona. Però è anche vero
che tu sei più
intelligente di me, quindi non badare troppo a quelle che sarebbero
le mie reazioni!”
Rock
la guardò ammirato :” ….sei brava, eh!?
Mai pensato di darti
alla psicanalisi?”
“Si
ci ho pensato qualche volta, ma non voglio sminuire troppo il Signor
Freud!”
Mary-Bell
scoppiò a ridere.
Rock alzò gli occhi su di lei :
“Scusami se ho
alzato la voce.”
Ed
era davvero dispiaciuto. Non era mai successo che perdesse le staffe
con lei.
“Non
fa niente.” disse la ragazzina, sorridendo.
“Eleanor ti ha
ridotto proprio uno straccio eh?!”
Questa
volta fu Jules a ridere.
“Ricordati di questi momenti,
Mary-Bell!”
esclamò, con la sua consueta aria saccente “Questo
è il potere di
noi donne! Non importa quanto forte o duro sia, qualunque uomo
può
diventare creta in mano nostra!”
***
Dei
colpi leggeri alla porta, la fecero scattare a sedere.
Era
riuscita ad addormentarsi, nonostante tutto. Dalla finestra non
filtrava più la luce del sole. Lanciò uno sguardo
alla sveglia sul
comodino accanto al letto. Le nove di sera. Era rinchiusa in quella
camera da più di tre ore.
“Eleanor!”
La
voce di Jules la tranquillizzò. Per un attimo aveva temuto
si
trattasse di Rock. Tuttavia, non rispose. Rimase immobile a fissare
la porta, sperando quasi di poterla trapassare con lo sguardo.
Sentì
la ragazza in corridoio emettere un lungo sospiro.
“...Lui
lo sa.” disse soltanto. E furono parole dense di significato.
“...
La sua stanza è quella in fondo al corridoio, nel caso
cambiassi
idea.”
Ascoltò
l'eco dei suoi passi allontanarsi e poi una porta in lontanza che
veniva chiusa. Poi silenzio. L'unico rumore udibile era il vociare
della tv nella camera di Mary-Bell e le risate della ragazzina.
Le
parole di Jules la fecero risprofondare nell'oblio. Rock sapeva che
lei era lì, ma non era andato a cercarla. Conosceva bene il
suo
temperamento ed era assolutamente certa che sarebbe corso da lei, se
solo gliene fosse importato ancora qualcosa. Ma ormai le cose erano
cambiate. Tutto era andato perduto. E la colpa era soltanto sua!
Tra
le braccia stringeva ancora quel maledetto cuscino, compagno ormai
dei suoi tormenti. Si ributtò a peso morto sul letto e
sperò che
l'incoscienza del sonno giungesse in fretta.
Rimase
a fissare il vuoto davanti a sé per molto. L'eco della tv
cessò e
così le risate sguaiate di Mary-Bell. La grande casa fu
avvolta nel
silenzio più totale. Solo ad un certo punto qualcosa si
mosse al
piano di sotto.
Un
motore che si spegneva, la porta di ingresso che si apriva, un colpo
di tosse maschile e il tonfo di passi trascinati su per scale che
continuarono fino davanti alla sua porta.
“Dio!”
esclamò quella stessa voce, spaventata da qualcosa.
“Ssh!”
fece qualcuno. “Sono io, tranquillo!” Eleanor smise
di respirare.
Non era semplicemente qualcuno ad aver parlato. Era
Rock.
“Vuoi
farmi morire d'infarto?” Eleanor riconobbe solo in quel
momento
l'altra voce. Era Dylan. Mary-Bell gliel' aveva detto che lui
tornava a casa solo per dormire. “Che ci fai qui?”
continuò.
“E'...
una lunga storia.”
“Perchè
stai seduto per terra?”
Rock
non rispose ed Eleanor sentì di nuovo il bisogno di piangere.
Lui
non l'aveva dimenticata. Non aveva smesso di soffrire. Era
lì,
davanti alla sua stanza, in attesa. Aspettava che lei si decidesse ad
affrontarlo. Le si strinse il cuore, e mai come allora si
sentì più
indegna di lui. Come aveva potuto dubitare dei suoi sentimenti per
lei?
“Beh,
senti...” riprese Dylan. “... io sono distrutto. Ne
parliamo
domani mattina, ok?”
“Quando
vuoi!”
“...Ci
vediamo! Hei...E' forte riaverti a casa!”
“Già...”
Tornò
il silenzio. Eleanor scese dal letto e, cercando di fare meno rumore
possibile, gattonò fino alla porta e vi posò
sopra l'orecchio.
Riuscì a sentirlo. Percepì il respiro di Rock
oltre la superficie
di legno. Chiuse gli occhi e si lasciò cullare.
Ma
come fai...? Come
diavolo fai ad amare una come me?
Prese
a respirare a tempo con lui e perse la cognizione del tempo. Era
notte fonda ormai, ma Rock era ancora lì ad aspettarla. Non
sapeva
che fare. Se aprire quella dannata porta o pensare ancora alle parole
da dirgli.
Attese
troppo. Sentì il ragazzo alzarsi in piedi, indugiare ancora
qualche
momento in corridoio e poi allontanarsi.
“No...”
sussurrò “...rimani. Ti prego...”
Si
morse il labbro nel pronunciare quelle poche parole. Si
abbracciò le
ginocchia e vi nascose il viso. Non pianse... tutte le lacrime erano
sparite. Ne aveva versate troppe quel pomeriggio. Le lancette della
sveglia sul comodino continuarono a girare e un'altra ora
passò
senza che lei avesse fatto qualcosa di utile.
Sono
patetica! Inutile
e patetica!
Le
mancava la presenza di Rock oltre la porta. Quel silenzio le metteva
addosso una strana angoscia. Persino sentire il suo respiro era
bastato per attenuare in minima parte tutto il dolore accumulato in
quei lunghi giorni.
“...
La sua stanza è
quella in fondo al corridoio, nel caso cambiassi idea.” La
voce di Jules si fece prepotente dentro di lei. Quella frase
diventò
una litania dentro la sua mente.
La
sua stanza è
quella in fondo al corridoio... la sua stanza.... in fondo al
corridoio.
Pochi
passi li separavano. Così vicini, eppure così
maledettamente
lontani.
Eleanor
si sentiva la testa pesante e gli occhi che bruciavano. Era sola e
non avrebbe voluto esserlo. Chissà se anche lui stava
provando le
sue stesse sensazioni? No... non era giusto! Se lei si faceva del
male era un conto, ma non voleva che anche lui soffrisse.
Però era
stato inevitabile. Le sue azioni insensate avevano ferito anche Rock
e ormai era tardi per pentirsene.
C'era
solo una cosa da fare!
“...
nel caso
cambiassi idea.”
Si,
era arrivato il momento di cambiare idea. Di darci un taglio con quel
comportamento infantile. Basta restare nascosta. Come le avrebbe
detto Evan, “Tira fuori le palle,
ragazza!”
E
così fece.
Si
alzò in piedi, aprì quella dannata porta e si
precipitò verso
quella che era la stanza di Rock. SI fermò davanti
all'ultima porta
in fondo al corridoio. Ce n'erano due, in verità, una di
fronte
all'altra, ma quella alle sue spalle era aperta ed era il bagno. Niente
più scuse, quindi! Non
poteva più tirarsi indietro. SI morse nervosamente il labbro
e
abbassò lentamente la maniglia.
Lui
era sdraiato sul letto, ancora perfettamente in ordine. Quando
sentì la porta
aprirsi si tirò su a sedere e finalmente, i loro occhi
s'incontrarono di nuovo.
Sentì
distintamente le lacrime riformarsi, nuovamente pronte ad mostrarsi.
Deglutì a vuoto, incapace di parlare.
Si era aspettata di trovare un
minimo di risentimento sul suo volto d'angelo, e invece fu
l'espressione più dolce del mondo ad accoglierla.
“...Sapevo
che saresti venuta.” disse, fissandola adorante.
A
quel punto, nel sentire la sua voce così vicina,
le difese di Eleanor crollarono. Scoppiò in lacrime e si
gettò fra le sue braccia.
“Mi
dispiace!” singhiozzò, stringendolo convulsamente
per paura che
potesse allontanarla. “Sono una stupida! Scusami, scusami,
scusami!
“
Rock
la strinse con lo stesso ardore, lasciandosi andare ad un sospiro
liberatorio. Fu come tornare a respirare dopo giorni di apnea. Chiuse
gli occhi e immerse il viso tra i suoi capelli.
Quel
dolore al petto che l'aveva perseguitato, divenne un lontano ricordo.
Prese a cullarla come fosse una bambina, e ai suoi occhi lo era
davvero. Capricciosa, sciocca e ingenua come una bambina. Ma era la
sua Eleanor e l'amava per quello. Non voleva che fosse diversa.
Eleanor
gli posò una mano sulla guancia e lo costrinse a guardarla.
Si
immerse in quegli occhi che tanto le erano mancati e si
trovò a
sorridere tra le lacrime. Lui coprì quella mano con la sua e
la
guardò serio, unendo le loro fronti: “Hai idea di
quello che mi
hai fatto passare?”
“...
perdonami.”
“Solo
se giuri, e stavolta sul serio, che non ti allontanerai mai
più da
me!”
Lei
potè solo annuire e prima che potesse davvero rendersene
conto, le
labbra di Rock furono di nuovo sue. Sue e di nessun altra. Mai lo
sarebbero state perchè questa volta Eleanor sapeva che non
sarebbe
stata più in grado di separarsi da lui.
***
Mitico!!!
(come direbbe Homer Simpson) Ce l'ho fatta!
Ok,
voglio sapere cosa ne pensate, perchè forse non sembra, ma
è stato davvero un parto!
Il
prox capitolo sarà molto love-love (se mi passate il termine
XD ), spero di non farvi venire il diabete!
VIsto
che è tardi evito di rispondere alle recensioni, ma
ringrazio Black S O U L
___ , Piccola
Ketty , fu80,
giulietta_cullen
, Mana_chan
e MakyMay.
VOrrei davvero rispondervi singolarmente ma se aspetto ancora un po' ad
aggiornare mi mandate qualche maledizione vudù!
.___.
Alla
prossima ragazze!
Ayleen
|
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Capitolo 29 *** Un angolo di paradiso ***
24 oltraggiose ore di ritardo! I
know I know! I'm a disaster!
Vi lascio subito al capitolo và ^^ dove non succede niente
ai fini della storia, però.... è pieno di
zucchero.
CAPITOLO
VENTINOVE
Un
angolo di paradiso
Avvertire
il calore del
suo corpo a contatto con il suo, poterla di nuovo abbracciare,
inebriarsi del suo profumo, sentire il suo respiro lento e rilassato,
osservarla mentre fingeva di dormire … Poteva esserci un
miracolo
più grande di quello?
No … non per lui.
Quella era la sua idea di paradiso!
Non credeva possibile che
il sentimento che lo legava a lei potesse intensificarsi tanto.
L'aver vissuto nella consapevolezza di averla persa lo aveva reso
possibile. Era stato inevitabile... piacevolmente inevitabile!
Mai le era sembrata più
bella di quella notte, nonostante le occhiaie e le guance segnate dal
pianto. Delicata e vulnerabile quanto la fiamma di una candela.
Bastava così poco per spegnerla e farla sprofondare
nell'oscurità.
Ma il calore che riusciva a trasmettere a chiunque si trovasse
casualmente sul suo cammino, era ben più vivido ed intenso
di quello
che poteva scaturire dalla piccola fiamma di una candela.
Non riusciva a toglierle
gli occhi di dosso, temeva seriamente di vederla dissolversi nel
nulla. O di svegliarsi, magari …
La paura irrazionale di
perderla di nuovo gli fece istintivamente accentuare la presa su di
lei. La vide sorridere e accoccolarsi meglio tra le sue braccia. Le
fece una tenerezza incredibile.
Poggiò la fronte sulla
sua tempia e vi lasciò una scia di baci che
proseguì fino al mento.
Eleanor voltò il viso quel tanto che bastava per farle
incontrare le
sue labbra.
Non ebbero la forza di
separarsi per un tempo scandalosamente lungo, insaziabili, ansiosi
di recuperare il tempo perduto.
Tuttavia, nessuno dei due
osò spingersi oltre. Nemmeno per un attimo li
sfiorò l'idea di
lasciarsi trasportare da quella dolce marea di emozioni e
appartenersi ancora una volta.
Perdere il controllo era
inaccettabile. In quel momento volevano soltanto godere della
compagnia l'uno dell'altra, non del corpo. Anche se bisognava
ammettere che erano sulla buona strada per abbandonare del tutto i
loro buoni propositi.
D'un tratto, l'idea che
anche Rap l'avesse baciata e toccata allo stesso modo, lo
colpì con al pari di uno schiaffo ben dato. Senza che lo
volesse, sviò le
labbra di Eleanor, che però non parve accorgersi di quel
repentino
cambio d'umore.
Non era arrabbiato con
lei, per niente! Era qualcosa che andava aldilà delle sue
capacità.
Probabilmente, la sua non
era altro che gelosia. Avrebbe avuto tutto il diritto di essere
geloso, ad ogni modo. SI sforzò di cancellare l'immagine di
lei e
Rap insieme. Non riusciva davvero ad immaginarli in certi contesti...
Andava troppo oltre le sue facoltà.
Sentì le mani di Eleanor
prendergli il viso. Lo stava guardando accigliata, il suo bel volto
contratto dalla preoccupazione:
“Qualcosa
non va?”
chiese , la voce ridotta ad un lieve sussurro.
Odiava
il fatto di essere
riuscito a spegnere quel sorriso che fino a quel momento non l'aveva
mai abbandonata. Cercò quindi di rimediare subito.
“Assolutamente
no!”
esclamò, il volto di nuovo disteso e caloroso.
“Non potrebbe
andare meglio!”
Eleanor
ridacchiò quando
lui tentò di baciarla di nuovo e si scostò
stuzzicandolo.
“Potrebbe
andare
meglio, in realtà!” affermò con aria
giocosa.
Rock
le indirzzò
un'occhiata maliziosa : “Ma davvero?”
Eleanor
annuì
energicamente. Si avvicinò al suo viso fino a sfiorargli la
punta
del naso, poi lo fissò severa e indicò il
soffitto.
“Leva
quelle cose
indecenti da là sopra!”
Rock
non capì subito a
cosa si riferisse. Era troppo impegnato a sguazzare nel blu dei suoi
occhi. Poi, gli tornarono in mente quei dannati poster che stavano
appesi proprio sopra le loro teste.
Alzò lo sguardo,
trovandosi a ricambiare quello di una delle modelle seminude.
Doveva immaginarselo che
prima o dopo lei le avrebbe notate.
Scoppià
a ridere, senza
ritegno: “Starai scherzando!”
Eleanor
lo guardava truce
e pareva davvero infastidita: “Per niente!”
Rock
mantenne l'aria
giocosa di poco prima. “E se non lo facessi?”
La
fissò intensamente e
la vide arrossire, vittima di quegli occhi che, lui sapeva bene, la
facevano impazzire.
“...Ehm...
S-scappo di
nuovo.” balbettò, poco convinta e con
un'espressione inebetita.
Le
braccia di Rock la
chiusero in una morsa ferrea.
“Ah,
non credo proprio
che te lo permetterò questa volta!”
Eleanor
cominciò a
ridere nel tentativo di liberarsi : “Non sono tua
prigioniera!”
“Si
che lo sei! Anzi,
stavo pensando di farti mettere un microchip sottopelle proprio come
quello che mettono ai cani, così anche se riuscissi ad
evadere, ti
riacchiapperei in un istante!”
Le
risate della ragazza
s'intensificarono.
“Andrò
dalla polizia,
gli racconterò che mi hai tenuta in ostaggio e che sei un
pazzo
maniaco. Loro ti arresteranno e mi toglieranno il chip!”
“I
poliziotti sono
facilmente corruttibili, non lo sai?”
“Ma
allora sei un
mostro sul serio!”
“Oh,
non hai ancora
visto niente!” esclamò facendola scivolare sotto
di lui e
reggendosi sulle braccia per non pesarle addosso.
Eleanor
allungò le
braccia alla ricerca delle lenzuola e le tirò su, in modo da
coprire
entrambi.
“Così
quelle
sciacquette lassù non ci vedono.”
affermò piuttosto convinta,
terminando con una linguaccia.
Rock
posò la fornte
sulla sua : “Sai diventare estremamente assurda se
t'impegni.”
“Mi
spiace, ma fa parte
del mio essere. Sono così e non credo cambierò
mai. Prendere o
lasciare!”
Rock
si fece pensieroso:
“... in questo caso, credo che mi toccherà tenerti
così come sei!
In fondo, nessuno è perfetto.”
Le
guance di Eleanor si
gonfiarono, fingendo indignazione, ma lui non le diede modo di
controbattere. La baciò di nuovo, impedendole pure di
pensare.
“...Ti
amo, in tutta la
tua assurdità!” sussurrò contro le sue
labbra, sentendola
sorridere di rimando.
“Anch'io
ti amo, scemo!
In tutto il tuo autolesionismo, perchè per riuscire a
sopportarmi
bisogna essere masochisti!”
“Mmm,
solo un
pochino...”
Risero
entrambi, finchè
la voce di Jules non rimbombò per tutto il corridoio:
“Mary-Bell!
Se non
scendi immediatamente da quel letto, giuro che vengo a rovesciare il
materasso! Muoviti!!!”
Eleanor
guardò Rock
allibita :”Oddio... ma che ore sono?”
Lui
allungò un braccio
fuori dal riparo delle lenzuola e afferrò la sveglia che
stava sul
comodino.
“Sono
le 7 e mezza.”
annunciò un po' sorpreso.
Eleanor
prese a
sghignazzare :”Fantastico! Ennesima notte insonne. Uno di
questi
giorni sverrò, me lo sento.”
“Beh,
noi non dobbiamo
andare a scuola. Abbiamo tutto il giorno per recuperare.”
Lei
arrossì
automaticamente : “Nemmeno volendo riuscirei a
dormire...”
Rock
la fissò con una
punta di malizia nello sguardo.
“E
sentiamo... per
quale motivo?”
Lei
si morse il labbro
prima di rispondere: “Prova un po' ad indovinare?”
Con
un gesto fulmineo,
lui tirò via le lenzuola lasciando che la tenue luce del
mattino li
investisse.
“Beh,
se è così è
meglio che me ne vada. Sono nocivo per te!”
Eleanor
si appese con
forza al suo collo : “Non oseresti!”
“Hei,
sono io il
sequestratore, ricordi?”
“Soffro
della Sindrome
di Stoccolma*, non te ne avevo mai parlato?”
Rock
scoppiò a ridere.
“Ma
che c'è da ridere!
Guarda che è una cosa seria!”
Risero
entrambi, finchè
la porta della camera non si aprì di colpo, facendoli
sussultare.
Jules sgranò gli occhi vedendoli e si voltò
all'istante, coprendosi
gli occhi imbarazzata.
“Oddio,
vi prego!
Ditemi che non siete nudi!”
Rock
sospirò esasperato
: “Le persone normali in genere bussano prima di entrare
nella
stanza di qualcun altro, sai?”
“Ma
che ne sapevo che
eravate insieme!?”
“Per
questo
bisognerebbe bussare...”
Eleanor
ridacchiò e si
mise a sedere : “Tranquilla Jules, è tutto a
posto. E abbiamo
ancora i vestiti addosso!”
La
vide sospirare di
sollievo prima di voltarsi di nuovo verso di loro.
Li
guardò per qualche
istante e poi sorrise quasi commossa :”Avete risolto,
finalmente.”
Sembrava sinceramente felice ed Eleanor le sorrise di rimando, con
gratitudine “Ne ero sicura...”
“Che
cosa volevi,
comunque?” domandò Rock
“No,
niente
d'importante. Chiedere se volevi... anzi, se volevate, fare
colazione.”
Rock
guardò
Eleanor:”Fame?”
“Direi
proprio di si!”
“D'accordo!”
concluse
per lui Jules “Fate presto a finire di pomiciare . Io devo
uscire e
non posso aspettarvi!”
Rock
la guardò male:” Guarda che non
abbiamo bisogno della balia!”
“Mary-Bell
si rifiuta
di andare a scuola senza prima aver salutato Eleanor. E lo sai che
razza di mostriciattolo diventa quando si mette in testa una
cosa.”
***
Quando
scesero in cucina,
Mary-Bell li accolse con il più dolce dei sorrisi:
“Buongiorno!”
li
salutò contenta.
Non
appena notò le loro
mani intrecciate, quel sorriso si allargò ancora di
più. Scese
dalla sedia e si precipitò ad abbracciarli entrambi.
“Che
bello, che bello!
“ ripetè con foga “Avete fatto la pace!
Come sono contenta!”
Quella
reazione li
intenerì davvero. Rock le accarezzò amorevolmente
il capo.
“Se
litigate ancora non
vi rivolgerò mai più la parola!”
“Ma
Mary-Bell... “
fece Eleanor “ Noi non avevamo litigato nel senso stretto del
termine...”
La
ragazzina la guardò
confusa :”Ah, no?”
“No.
Diciamo che...”
Eleanor si arrovellò il cervello alla ricerca delle parole
giuste da
dire, ma Jules la precedette.
“Diciamo
che la qui
presente Eleanor è impazzita e ha fatto una grossa
stupidaggine...
anzi, due grosse stupidaggini!”
“Cioè?”
“Cioè,
non sono affari
che ti riguardano, signorina!”
Mary-Bell
cominciò a
lamentarsi, ma Jules prese a fischiettare ignorandola completamente.
Quando Rock lasciò la
mano di Eleanor per raggiungere il frigorifero, lei avvertì
una
spiacevole sensazione di abbandono. Pensò che fosse da
attribuire al
fatto che avevano trascorso le ultime ore a strettissimo contatto.
Stargli lontano, anche se si strattava di pochi passi, le risultava
doloroso e il peso di quei giorni di solitudine tornava a soffocarla.
Cercò tuttavia di
reprimere l'impulso di correre da lui e prenderlo nuovamente per
mano. Non le andava di rendersi ridicola davanti a tutti.
Questa
si chiama
“morbosità”, cara Eleanor, e non
è una cosa positiva!
Fingendo
che quel
distacco da lui non la toccasse più di tanto,
andò a sedersi
accanto a Mary-Bell che cominciò a parlare a
velocità massima.
Eleanor annuiva di tanto in tanto, distrattamente. Ad un certo punto
sbadigliò senza nemmeno preoccuparsi dei mettere la mano
davanti
alla bocca.
“Ti
sto annoiando?”
domandò Mary-Bell, rimanendoci male.
“Eh?..
Ma no! Stai
tranquilla. Sono solo un po' stanca.”
Jules
colse l'occasione
al volo :”La notte è fatta per dormire, ragazza
mia. Non per fare
dell'altro!”
Eleanor
arrossì fino
alla punta dei capelli, mentre Mary-Bell rideva sguaiatamente.
“Credi
davvero che
riuscirei a fare certe cose nel letto in cui sono stato
bambino?”
scherzò Rock “Non ho di queste
perversioni!”
Le
risate di Mary-Bell
aumentarono quasi fino ad impedirle di respirare.
“Oh
si.” stette al
gioco Jules “Deve essere imbarazzante fornicare con qualcuno
mentre
tutti i giocattoli della tua infanzia ti fissano dalle
mensole!”
Eleanor
soffocò una
risata, mentre Rock continuò :”Altro che fissare!
Si sarebbero
messi tutti ad applaudire, fidati!”
Jules
lo colpì su una
spalla :”Che mi tocca sentire! Eleanor, digli
qualcosa!”
Eleanor
assunse un'aria
innocente e fece spallucce, con le labbra ben serrate per evitare di
scoppiare a ridere.
“Visto?”
continuò
Rock “Non dice niente perchè ho detto la
sacrosanta verità!”
“Ok,
adesso basta!”
esclamò esasperta Jules. “Mary-Bell, andiamo
forza! Prima che
questo essere immondo ti travi del tutto!”
La
ragazzina si alzò in
piedi e si scrollò la divisa di scuola con le mani,
ripulendola
dalle briciole. In quel momento, in cucina entrò Dylan.
Aveva
un'aria parecchio assonnata e i capelli erano un autentico disastro.
“Oh
guarda chi si è
degnato di allietarci con la sua presenza!” fece Jules,
piuttosto
acida. “Nemmeno voglio saperlo a che ora sei
rientrato!”
“Erano
quasi le 3!” affermò Rock.
Dylan
lo fulminò con lo
sguardo :”Che schifoso spione!”
Eleanor
abbassò lo
sguardo. Anche lei aveva sentito Dylan rientrare quella notte. Era
stato quando si era resa conto che Rock si era appostato fuori dalla
sua porta in attesa che lei gli aprisse. Si sentì
stranamente in
imbarazzo, rendendosi conto di quanto stupidamente si era comportata.
“Jules,
se mi dicevi
che avevi invitato un tua amica, mi sarei messo un po' in
ordine.”
La voce di Dylan si era fatta più calda, tanto che Eleanor
si sentì
costretta a guardarlo.
“Alt!”
esclamò Jules
piazzandosi di fronte ad Eleanor “Niente tattiche da
gigolò con
lei! E' la ragazza di tuo fratello.”
Dylan
si corrucciò e
guardò meglio Eleanor. Poi il suo volto si distese:
“Oddio,ma sei Eleanor! Scusami! Non ti avevo riconosciuta!
Che figura pessima!”
“Non
fa niente.” lo
rassicurò Eleanor. “In fondo ci siamo visti una
sola volta...”
D'un
tratto si sentì
afferrare per un braccio. Rock la trascinò dall'altra parte
del
tavolo, guadagnandosi un'occhiata perplessa.
“Le
sue mani sono
veloci e incontrollabili. Meglio se mantieni le distanze!” le
spiegò, fin troppo seriamente.
“Che
esagerato!”
sbottò Dylan, stiracchiandosi.
Eleanor
rise e si
abbandonò contro il suo petto, lieta finalmente di essere di
nuovo
fra le sue braccia.
“Allora
piccioncini!”
li richiamò Dylan “Per quanto restate
qui?”
Bella
domanda! In
effetti, non c'era più motivo per restare. Eleanor era
andata lì
per scappare da Rock, ma le cose poi erano precipitate. Alzò
gli
occhi su di lui in cerca di una risposta.
“Non
lo so...” fece
Rock “...Non abbiamo ancora deciso.”
“Trasferitevi
qui!”
esclamò Mary-Bell con eccitazione.
Eleanor
le sorrise
dolcemente.
Jules
l'afferrò per una
manica :”Non dire scemenze e muoviti che facciamo
tardi!”
La
ragazzina provò a
ribellarsi, ma tutto fu inutile. Venne letteralmente trascinata fuori
di casa e caricata di peso in macchina.
“Fa
paura, vero?”
fece Dylan, notando lo sguardo vagamente preoccupato di Eleanor
“Faceva così anche con noi, quando eravamo
piccoli.”
Rock
rise :”Confermo!
Una strega... nient'altro che una strega.”
Poco
più tardi, Eleanor
rimase da sola in compagnia di Dylan. Rock andò a farsi una
doccia e
dovette usare tutto la sua persuasione per evitare che lei lo
seguisse. Non che fosse contrario, ma dato che non erano da soli in
casa non gli sembrava una cosa molto consona.
Così Eleanor si convinse
ad aspettarlo al piano di sotto, in un salotto dove non era ancora
mai entrata. Dylan era seduto per terra, sul tappeto, la schiena
poggiata al divano dov'era seduta Eleanor, gli occhi fissi sul
televisore e le mani impegnate a stringere convulsamente un joystick.
Era tutto preso a sparare a degli zombie e sembrava davvero
concentrato. Era più divertente guardare lui che lo schermo.
Ogni
tanto imprecava sottovoce e si piegava secondo l'inquadratura del
videogioco.
Eleanor non riuscì a
trattenere una risata.
“Perchè
ridi?”
domandò lui, senza staccare gli occhi dallo schermo.
“No
niente.”
“Vuoi
provare?”
“No
no, per carità.
Sono una frana in queste cose.”
Furono
quelle le uniche
parole che si scambiarono.
Eleanor spostò
l'attenzione sulla tv. Non capiva cosa ci fosse di così
entusiasmante nel far esplodere cervelli a tutti quei cadaveri
ambulanti. Tra l'altro la grafica era piuttosto realistica e tutto
quel sangue non l'aiutava certo a digerire la colazione.
Dopo qualche minuto,
sentì gli occhi farsi pesanti. Senza che quasi lo volesse si
trovò
sdraiata su quel comodo divano di pelle bianca, la testa appoggiata
al bracciolo e gli occhi ancora puntati sullo schermo. Ci rimasero
per poco però. L'oscurità si chiuse su di lei in
un attimo. Le
troppe ore di sonno accumulate le furono fatali.
Quando Dylan se ne
accorse, agguantò il telecomando e abbassò il
volume delle tv. Poco
dopo qualcuno lo distrasse, facendolo imprecare mentre uno zombie
sfuggiva alla sua mira.
“Hei,
fai giocare anche
me!” esclamò Rock entrando in salotto.
Dylan
voltò il capo
nella sua direzione e gli fece cenno di tacere, posandosi un dito
sulle labbra. Poi indicò il divano dietro di lui e allora
Rock vide
Eleanor dormire profondamente.
“E'
crollata circa
dieci minuti fa.” spiegò Dylan, sempre concentrato
sul gioco.
Rock
si sedette per terra
al suo fianco, il viso all'altezza di quello di Eleanor. Si concesse
qualche istante per osservarla dormire; i pugni chiusi davanti alla
faccia e qualche ciuffo ribellie che l'accarezzava... sembrava
proprio una bambina.
“Hei,
piccioncino!”
lo richiamò Dylan mettendogli fra le mani un Joystick uguale
al suo
“Vediamo quanto ti ha rammollito quella ragazza.”
***
Quando
Eleanor aprì gli
occhi, si accorse di due cose fondamentali. La prima, fu la coperta
che qualcuno le aveva messo addosso; la seconda, di essere
sola.
Si sentiva la testa
pesante e le sembrava di avere dormito per giorni. Si mise a sedere,
si strofinò gli occhi e stiracchiò le gambe.
La tv era spenta. Due
joystick erano abbandonati sul tappeto. Di Dylan nemmeno l'ombra, ma
non era di lui che lei aveva bisogno in quel momento.
Le prese il panico quando
l'assurdo pensiero che Rock potesse essersene andato le
riempì la
mente.
Era così che lui aveva
scoperto della sua fuga. Si era svegliato e si era reso conto che lei
era scappata via. Come poteva essere stata così crudele?
“...Rock?”
chiamò
alzandosi in piedi.
La
sue voce rimbalzò tra
le pareti. Proseguì nella sala d'ingresso, dove
incontrò Dylan. Ma
non Rock. Dov'era? Non le passò minimamente per la testa che
potesse
trovarsi ovunque, magari in giardino, o in cucina, o al piano di
sopra. Ogni secondo che passava le suggeriva che lui se n'era andato.
“Heilà!
Ti sei
svegliata finalmente!” fece Dylan, serenamente.
“Dov'è
tuo fratello?”
chiese lei, fin troppo energicamente, tanto che lui la
guardò
confuso.
“Che
ti prende?”
“Dov'è
Alex!?” quasi
urlò, mentre gli afferrava convulsamente una manica.
Dylan
spostò lo sguardo
dietro di lei e fu un'altra voce a risponderle.
“...Sono
qui.”
Eleanor
si voltò
all'istante, ritrovandosi a fissare il suo angelo che la guardava
accigliato dalla confusione. Si tranquillizzò all'istante e
si gettò
contro di lui, sentendosi più stupida che mai, ma anche
terribilmente bene.
“Scusami...”
mormorò
contro di lui. “Ho avuto paura che tu...”
Lui
non lasciò parlare.
La prese per le spalle e la fissò intensamente :
“Come hai fatto
ad indovinare?”
“Cosa?”
Lui
sorrise: ”..il mio
nome. Come accidenti ci sei riuscita?”
Anche
Eleanor si rilassò,
a quelle parole. Nemmeno si era resa conto di esserselo lasciato
sfuggire :”...ehm... è stata Mary-Bell. Non l'ha
fatto appposta,
le è scappato. Volevo fartelo sapere in una maniera un po'
più
carina, ma ho rovinato tutto come al solito.”
Lui
scoppiò a ridere e
l'abbracciò forte.
“Posso
chiamarti
così...?” domandò. “Oppure
anche tu, come Rap, non vuoi?”
Nel
sentire pronunciare
il nome di Rap, il sorriso svagato di Rock scomparve.
“Eleanor....”
fece
serio “...ti prego, possiamo lasciare Rap fuori da qui?
“
Lei
abbassò lo sguardò
colpevole. “Scusami...”
“No,
non ti devi
scusare.” esclamò lui, “E' un problema
mio, non tuo. Non puoi
passare la vita a chiedere scusa a tutti!”
Lei
annuì soltanto,
stringendosi di più contro il suo petto. Rimasero immersi
nel
silenzio per qualche minuto. Fu Eleanor a romperlo.
“...Alex?”
Lui
sorrise nel sentirsi
chiamare così :”Dimmi?”
“....Quando
torniamo a
casa?”
“Vuoi
tornare a casa?”
“Tu
no?”
Rock
fece spallucce :”
Non lo so... ora come ora non m'importa. Sei tu la mia casa!”
Eleanor
lo guardò
intensamente :”E' la cosa più bella che qualcuno
mi abbia mai
detto.”
Lui
le sorrise ,
prendendole il viso tra le mani. “... Per me non fa
differenza dove
vivere, basta che ci sia tu. Quindi decidi. Mi andrà bene
qualunque
cosa tu proporrai.”
“...Aspettiamo
che
tornino Mary-Belle e Jules. Le salutiamo e poi torniamo a casa. Mi
manca la nostra aula adibita a camera da letto. E la nostra palestra!
E mi mancano i ragazzi...”
“D'accordo,
allora!
Torniamo a casa!”
***
Eleanor
si stava davvero
impegnando per non pensare alle lacrime di Mary-Bell.
La ragazzina si era
letteralmente appesa alla sua vita per evitare di farla andare via.
Sperava davvero che Jules fosse riuscita a calmarla. Così se
n'erano andati via, col cuore a pezzi e i singhiozzi di Mary-Bell
nella mente.
“...povera
Mary-Bell.”
mormorò Eleanor, seduta accanto a Rock nella metropolitana
che li
stava riportando a casa.
“Non
ti preoccupare.
Jules e Dylan l'avranno già calmata a quest'ora. Lei fa
sempre così.
Non lo dirò mai davanti a loro, ma credo che l'abbiamo
viziata un
po' troppo.”
Eleanor
abbandonò il
capo sulla sua spalla e si guardò intorno. Il vagone era
piuttosto
affollato. Non era abituata a vederlo così pieno di gente.
“Alex...”
sussurrò
sorridendo “... è qui che ci siamo
conosciuti!”
“Come
fai a sapere che
è lo stesso vagone?”
“Non
lo so, infatti!
Però è bello fare finta che lo sia, no?”
Lui
si chinò su di lei e
la baciò cogliendola di sorpresa.
“Ascolta...”
Le disse
poi “...quando siamo a casa, non chiamarmi per
nome.”
“Ok.”
Quando
arrivarono alla
loro fermata, Eleanor cominciò a venire colta da un
inaspettato
nervosismo. Tra poco si sarebbe ritrovata nella stessa stanza con
Rock e Rap. Cosa sarebbe successo? E Rap come avrebbe reagito nel
rivederli insieme?
Afferrò la mano di Rock
e lo seguì verso l'uscita della metro, cercando di svuotare
la
mente. Nessuno dei due parlò. Anche lui appariva nervoso.
Forse non
era stata una buona idea tornare...
Ci misero meno di quanto
ricordasse ad arrivare a destinazione. La vecchia scuola sgangherata
era a pochi metri da loro, esattamente come Eleanor l'aveva lasciata
la notte che era scappata.
“Ok...”
fece Rock
“Leviamoci subito il pensiero!”
“Hei!”
lo fermò lei
“... te l'ho già detto, ma forse è il
caso che te lo ripeta prima che entriamo. Io
amo te. Non Rap. D'accordo?”
Lui
sospirò, abbozzando
un sorriso :”Lo so.”
“Allora
adesso possiamo
andare!”
Quando
entrarono, si
accorsero subito delle voci che provenivano dalla mensa. Nel momento
in cui sentì la risata di Heavy e l'imprecazione di Rap,
Eleanor
lasciò la mano di Rock e corse verso la stanza dove si erano
rintanati.
Rock le andò dietro, con
molto meno entusiasmo.
I primi che li videro
furono i due gemelli. Heavy sgranò gli occhi non appena
riconobbe
Eleanor ferma sulla soglia :
”Eleanor!”
esclamò, incredulo “Ma
allora non sei andata via!”
Eleanor
scosse solo la
testa e si lasciò abbracciare dal ragazzo biondo.
“Non
posso crederci!
Sei di nuovo qui! Ci devi un concerto, come minimo. Prepara le corde
vocali!”
Lei
scoppiò a ridere
:”Lo farò! Ogni tua richiesta sarà
soddisfatta!”
Liberatasi
dalle braccia di Heavy, passò a Metal che le disse
:”Non ce l'ho fatta a
mantenere la parola, mi spiace.”
“Quale
parola?”
“Mi
avevi chiesto di
impedire a Rock di rincorrerti. Non ci sono riuscito!”
“E
te ne sono grata...
davvero!”
Eleanor
cercò lo sguardo
di Rap e quando lo trovò qualcosa si mosse dentro di lei. Il
ragazzo
si teneva a debita distanza, con un'espressione ferita, diffidente e
quasi timoroso di vederla sparire di nuovo.
“...Sei
qui.”
mormorò.
Senza
nemmeno pensare,
Eleanor si precipitò ad abbracciarlo, rendendosi conto di
quanto le
fosse mancato. Rap rimase immobile come una statua “Credevo
che...
che fossi andata via con quel tuo amico.”
“No...
mi spiace che tu
l'abbia pensato.”
Rap
chiuse gli occhi e si
lasciò andare ad un sospiro liberatorio prima di rispondere
a
quell'abbraccio.
“Mi
sei mancata...” mormorò stupendo persino
sé stesso. Non era da lui dire
certe cose.
“Anche
tu!”
Rock
non disse niente. Si
fidava delle parole di Eleanor e cerco con tutte le sue forze di non
strapparla dalle braccia di Rap. Doveva imparare a convivere con il
fatto che quei due avessero fatto sesso. Eleanor aveva detto che era
lui quello che amava , ma si poteva dire lo stesso di Rap?
Preferì non rimuginarci
troppo su, anche perchè un secondo dopo, la mano di Eleanor
si era
già intrecciata alla sua e i suoi occhi lo guardavano
trasognati.
“Qua
non ci sono
giocattoli che ci fissano...” gli sussurrò ad un
orecchio,
arrossendo appena.
Rap?
Ma chi era Rap?...
in quel momento non si ricordava neppure come si chiamasse lui! Eccolo
il suo piccolo paradiso personale!
***
*Sindrome di Stoccolma (nel caso
qualcuno non lo sapesse): condizione
psicologica nella quale una persona vittima di un sequestro
può manifestare sentimenti positivi (in alcuni casi anche
fino all'innamoramento) nei confronti del proprio rapitore. ^_^
uaaaaaaaaaaaaa, quante cose eh!? ._. si si ! Taaanti colpi di scena!
eheheheh
Vabbè dai, ci voleva un po' di tranquillità no!?
Piccola Ketty :
Se sento una bomba esplodere in lontanaza devo preoccuparmi del tuo
petto ?!?!? :D
Mana_chan:
è vero che Jules è un'idola!?!?!?!?!?!??!?!?!?!
*_* Si è scritta da sola in pratica. Anch'io voglio una
sorella così!!!! Ok, forse l'insulina non è
servita... spero.... Non mi piace diventare troppo zuccherosa :( .Sono
contenata che hunger games ti sia piaciuto. Io ho già letto
il due che però esiste solo in inglese perchè qui
uscirà ad ottobre ç_ç Non ho proprio
saputo resistere!!
fu80: se ti
ho fatto penare nello scorso capitolo spero di averti fatto un po'
rilassare qui =)
MakyMay:
BUAAAAAAAAH ç___ç mi hai fatto venire le lacrime
agli occhi !!! Tu sei matta ç__________ç
ma grazieeeeeeeeeeeeee!!!! sniff :3
Black S O U L ___
: Tranquilla! Oggi sono in ritardo pure io! Mi spiace per Rap,
però ho qualcosa in mente per lui! Non dovrei dirlo, ma te
lo dico lo stesso perchè mi sento zuccherosa oggi! ^^'
Poi ci tenevo a ringraziare una matta XD, una certa C r i s , che si
è messa a recensire ogni capitolo della storia *3* ma grazie
cara!!!! Poi si è interrotta. Probabilmente l'abbiamo persa
lungo la strada, oppure è andata a farsi un trapianto di
dita XD grazie mille C r i s. Ho apprezzato davvero molto =)
Detto questo ci vediamo alla prossima! E basta capitoli zucchero! Si
ricomincia con i drammi ù_ù ! MWUAHAHAHAH
Ayleen
|
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Capitolo 30 *** Non parlare agli sconosciuti! ***
Eccoci!
Scusate il ritardo, ma stavolta la scusa regge!
Ragazze, sono lieta di annunciare che mancano tre capitoli alla fine,
quindi ci sto perdendo più tempo sopra perchè
voglio che siano non dico perfetti ma quasi. E a questo proposito, non
ci saranno aggiornamenti fino dopo le vacanze di pasqua. Ho bisogno di
dedicarmi ai capitoli finali senza la data di aggiornamento che incombe
e che mi mette fretta. Spero capirete =).
Ci vediamo alla fine!
CAPITOLO
TRENTA
Non
parlare agli sconosciuti!
“Uffa!” esclamò Eleanor, irritata
“Non ci riesco! Ci provo e ci riprovo, ma proprio non mi
viene!”
Rock le riservò un'occhiata curiosa: “Di che stai
parlando, scusa?”
Come risposta ottenne un sonoro sbuffo. La ragazza incrociò
le braccia risentita:
“Si certo. Come se non te ne fossi accorto...”
Rock continuò a guardarla stranito : “Eleanor, ti
giuro che non capisco a cosa ti riferisci.”
Le bastò un'occhiata veloce per capire che non stava
mentendo. SI strinse nelle spalle, arrabbiata e imbarazzata al tempo
stesso.
“Non riesco a chiamarti Alex...”
sibilò, imbronciata.
Rock la fissò come fosse impazzita, ma resosi contro della
serietà che le induriva l'espressione, scoppiò a
ridere.
“Tutto qui?” domandò tra le risate.
“Come sarebbe a dire tutto
qui ? E' una tragedia! Dopo tutta la fatica che ho fatto
per scoprire il tuo vero nome, adesso non riesco a farmelo entrare in
testa! E' ridicolo!”
“No, è ridicolo che tu ti sia fissata su una
cavolata simile. E comunque a quale fatica ti riferisci!? Se non fosse
stato per quella distrattona di Mary-Bell, tu da sola non l'avresti mai
scoperto!”
Lei si fece pensierosa: “Forse dovrei cercarmi anch'io un
nomignolo...”
“Non ci pensare nemmeno! Adoro il tuo nome così
com'è e non saranno accettate storpiature di alcun
tipo.”
Eleanor ridacchiò e rotolò sopra di lui
:”... Antipatico!”
Lui le accarezzò una guancia e le sorrise :”
Dovremmo alzarci, lo sai?”
Eleanor mugugnò qualcosa in protesta e si
abbandonò totalmente sul suo petto.
“Dovrai chiamare un'impresa di demolizione per spostarmi da
qui!”
“Non ce n'è bisogno! Posso spostarti anche da solo
e lo sai benissimo!”
“Si, questo è vero! Però io posso
convincerti senza troppe difficoltà a rimanere a letto un
altro po'...”
La malizia che di colpo traboccò dai suoi occhi blu,
destabilizzò per un attimo Rock che si ritrovò
letteralmente a pendere dalle sue labbra.
“... e lo sai benissimo.” concluse Eleanor,
facendogli il verso e strusciandoglisi contro in maniera a dir poco
lasciva.
Lo baciò con crescente trasporto, insinuando le mani fra i
suoi capelli e lui fu ben felice di lasciarsi torturare a quel modo. Ma
il lampo di lucidità che solitamente lo colpiva in quei
momenti di totale annebbiamento mentale, non tardò ad
arrivare.
In un attimo, Rock rovesciò la posizione e si
trovò sopra di lei, le mani che si reggevano accanto al suo
viso arrossato che ora lo guardava confusa.
“Ci stavi provando?” fece Rock, fingendosi
indignato.
“Ti dà fastidio?”
“No.”
“E allora perchè mi hai fermato?”
“Volevo solo farti presente che fra 20 minuti devi essere al
lavoro.”
In una frazione di secondo, il rossore sulle gote di Eleanor si
dileguò per dare spazio ad un innaturale pallore. I suoi
occhi colmi d'eccitazione si sgranarono.
“Oh merda!!” esclamò spingendo via Rock,
che si levò per darle modo di alzarsi.
Osservarla correre da una parte all'altra della stanza alla ricerca dei
suoi vestiti era uno spettacolo che valeva la pena di essere visto.
“Dove cavolo è il mio reggiseno ???”
urlò agitata, fissandolo con occhi accusatori
“Dove l'hai fatto andare, si può sapere?”
“Non ne ho idea. So solo che non voleva sganciarsi ! Mi ha
deliberatamente istigato e meritava una lezione! ”
“Smettila di fare lo spiritoso e aiutami!”
In due, riuscirono a ritrovare tutti gli indumenti, e in meno di cinque
minuti Eleanor fu più o meno presentabile.
Afferrò la sua immancabile borsa nera e diede un ultimo
bacio a Rock.
“Ci vediamo più tardi!” fece piuttosto
frettolosamente, senza comunque negargli un sorriso carico d'impazienza.
Stava per scappare via, ma Rock l'afferrò per un polso e la
fece di nuovo voltare verso di sé, prolungando quel bacio
che era stato decisamente troppo breve per i suoi gusti.
“Ci vediamo più tardi.” disse, usando le
sue stesse parole, arricchendole però di mille sottointesi
che la fecero inevitabilmente arrossire.
Prima che l'istinto che le suggeriva di saltargli addosso, prevalesse
sulla ragione, Eleanor trovò la forza per correre via,
seppur a malincuore.
Nonostante fosse trascorsa una settimana dal loro ricongiungimento,
separarsi da lui le costava una fatica immensa. Aveva sempre il timore
che scomparisse nel nulla. Una paura del tutto insensata, dato che lui
le aveva ripetuto e fatto capire più volte che non sarebbe
mai andato da nessuna parte senza di lei, eppure Eleanor non riusciva a
liberarsi di quella sgradevole sensazione di ansia ogni volta che gli
stava lontana.
Le cose stavano tornando alla normalità. Amber, Nicole e la
loro madre l'avevano riaccolta come il fosse il Figliol Prodigo.
Nessuna domanda impertinente, nessun obbligo di spiegazione, solo tanti
abbracci e tanta voglia di dimenticare. Non avrebbe mai potuto
ringraziarle abbastanza per questo.
Rap aveva smesso di passare ventiquattro ore al giorno incollato ad
Amber. Probabilmente la gioia e il fervore provati quando si erano
ritrovati si stavano pian piano affievolendo. Il ragazzo passava di
lì almeno una volta al giorno, ma giusto per salutare e per
assicurarsi che sua sorella ci fosse ancora.
Tra lui ed Eleanor tuttavia, le cose erano cambiate. Rap aveva di nuovo
preso ad evitarla. A malapena si rivolgevano la parola e nonostante
tutto questo la infastidisse, lei questa volta non fece nulla per
convincerlo a tentare un riavvicinamento. Aveva imparato la lezione :
Mai spingere Rap a fare qualcosa! Perchè poi la fa sul serio!
Forse era meglio così. Mantenere un limite nel loro rapporto
avrebbe evitato sofferenze a lui, sensi di colpa a lei e preoccupazioni
a Rock. Era la soluzione migliore, anche se la più
spiacevole.
Inutile dirlo, Rap le mancava. Però non avrebbe ceduto
stavolta. Avrebbe resistito! Lui la ignorava? Perfetto, anche lei
l'avrebbe ignorato! Ma quanto le mancavano i loro battibecchi...
Eleanor sapeva però, che Rap non l'avrebbe evitata per
sempre. Lei e Rock non avevano abbandonato i loro piani. Adottare
Haylie era ancora il loro principale obiettivo, ed Eleanor era certa
che Rap le sarebbe stato riconoscente per il resto della vita, una
volta avuta la piccola. E con Haylie accanto, non avrebbe avuto
più tempo per essere innamorato di lei. Ogni suo sentimento,
ogni suo gesto sarebbe stato per quella bambina. Era di lei che il suo
cuore doveva occuparsi.
Non ne avevano ancora discusso con Heavy e Metal, ma sia lei che Rock
erano certi che li avrebbero sostenuti in quella difficile battaglia.
Fece di corsa il solito percorso di tutte le mattine, prese al volo la
metropolitana e, una volta scesa, attraversò in fretta il
parco. Arrivò a destinazione giusto in tempo.
Lo scacciaguai appeso sopra la porta del locale, tintinnò
selvaggiamente al suo passaggio.
“Buongiorno a tutte!!!” urlò, correndo
verso lo spogliatoio.
Amber apparve poco dopo dietro di lei :” Sei in
ritardo!”
“Lo so, scusami! Non trovavo più il...”
si morse la lingua, rendendosi contro che stava per dire reggiseno.
“....il cellulare!”
Amber comunque, non parve crederci.
“Si, certo... come dici tu! Muoviti!”
La mattina trascorse tranquilla senza particolari avvenimenti. All'ora
di pranzo però, arrivò Rap che
cominciò quasi subito a bisticciare con Nicole. Amber
intervenne subito per sedare gli animi. La stessa scena di ogni
giorno...
Rap non fece caso ad Eleanor che li osservava da lontano. Difficile
dire se lo stava facendo intenzionalmente o no.
Cercò di non prendersela troppo, in fondo doveva abituarsi a
quella sua indifferenza, ma le sarebbe davvero piaciuto fiancheggiare
Nicole in quei battibecchi. Sospirò amareggiata e si diresse
in cucina per asciugare le stoviglie. Cercò di distrarsi
canticchiando sottovoce ogni canzone che le passava per la testa.
Funzionò, per circa un quarto d'ora, ossia finchè
qualcuno non si schiarì la voce alle sue spalle.
Eleanor sussultò spaventata si trovò a fissare
Rap. Se ne stava appoggiato allo stipite della porta con le braccia
incrociate sul petto.
“Buongiorno.” fece, innocentemente.
“Cosa? Mi stai salutando? A cosa devo questo
onore?” commentò lei, piuttosto acidamente.
Afferrò il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e lo
puntò verso di lui “Immortaliamo questo
momento!” esclamò, facendogli una foto.
Lui inarcò le sopracciglia, perplesso :”Sei
impazzita per caso?”
“Ah, io no mio caro! Sei tu quello che ha interroto ogni tipo
di rapporto con il proprio cervello!”
“Mmm, la tua simpatia oggi è quasi commovente. Che
succede? Sei in pieno ciclo, per caso?”
Eleanor gli scagliò addosso la salvietta con la quale stava
asciugando i piatti. “Idiota!”
Lui la evitò e sghignazzò: ”Ah, certo
che no! Non può essere per quello! Tu e Rock avete fatto un
bel po' di casino stanotte...”
Eleanor s'immobilizzò e si sentì andare a fuoco
la faccia. Rap sorrise trionfante.
“Beccata!”
“Sei un bastardo!”
“Oh, dai puoi fare di meglio!”
“Uno stronzo!”
“No, non ci siamo proprio!”
“Sei un.... un.... oh, fottiti!”
Eleanor tornò al suo lavoro e cercò d'ignorarlo.
Tuttavia un sorriso le scappò. No, non avrebbe mai potuto
rinunciare a quei momenti con Rap.
“La sai una cosa?” domandò il ragazzo
avvicinandosi e iniziando a darle una mano con i piatti.
“Tanto me la dirai lo stesso, vero?”
“Si, ovviamente.”
“Bene! Allora, dimmi pure. Sono curiosissima di sapere che mi
devi dire!”
“Sei una pessima attrice.”
“Lo so benissimo! Era questo che volevi dirmi?”
“No.”
“E allora cosa?”
Rap si concesse qualche istante di silenzio primadi parlare:
“Credo che la piccoletta si sia presa una cotta per
me!”
“... la piccoletta? Di chi cavolo...?” la domanda
le morì sulle labbra, nel momento in cui realizzò
di chi Rap stesse parlando. “Nicole???”
“Proprio lei!”
“Oh, andiamo! Ma se non ti sopporta? Non fa altro che
lamentarsi di te.”
“E' proprio questo il punto. Non fa altro che parlare di me.
Non può farne a meno!”
Eleanor valutò le sue parole e in effetti, non
potè recriminare in alcun modo. Aveva ragione! Nicole non
faceva altro che pensare a lui. Come aveva fatto a non rendersene mai
conto?
“E quindi?” gli chiese
“Quindi cosa?”
“Cosa farai con lei se le tue supposizioni si rivelassero
esatte?”
Rap alzò le spalle, svogliatamente :”Proprio
niente.”
“Come sarebbe?”
Lo vide inclinare le labbra in un sorriso e i suoi occhi spostarsi su
di lei :”Sfortunatamente, mi piace un'altra...”
Eleanor si sentì di colpo svuotata. Poggiò il
piatto che stava reggendo tra le mani, chiuse gli occhi e
sospirò :”Rap...”
“Ma sai...” la fermò lui “...
lei è impegnata, purtroppo. Però non mi pare
nemmeno il caso di consolarmi con la prima disponibile. SI, insomma...
non è un comportamento eticamente corretto, dico
bene?”
Eleanor alzò lo sguardo su di lui che sembrava sforzarsi con
tutte le sue forze per non guardarla.
“Dovresti provarci...” gli disse.
“A fare che? A uscire con Nicole? A dirla tutta, non
è esattamente il mio tipo! E poi, andiamo, è la
sorellina di Amber. Questo ci rende quasi parenti!”
“Non intendevo questo...”
Rap sospisò e si poggiò stancamente al ripiano
della cucina : “Lo so che intendevi!”
sbottò “Dovrei provare a lasciarti
perdere...”
Eleanor annuì soltanto, distogliendo lo sguardo dal suo che,
di colpo, si era fatto infinitamente triste.
“Ci ho provato! E non venirmi a dire che non te ne sei
accorta.”
Eccome se se n'era accorta. L'indifferenza era l'asso nella manica di
Rap e non aveva fatto altro che ignorarla dalla sera in cui era tornata.
“Ci ho provato.... e ci stavo anche riuscendo!”
continuò il ragazzo. “... E poi, chissà
per quale dannato motivo, mi sono ritrovato qui! Mi dispiace, Eleanor.
Ci sto lavorando, dico sul serio. Ma è difficile.
Estremamente difficile! Più cerco di starti alla larga,
più vengo attratto da te come una calamita. Se hai qualche
proposta, qualche suggerimento, ti prego di mettermene al corrente
perchè io ho esaurito le risorse e sto letteralmente
impazzendo...”
Eleanor non seppe che dire. Voleva farlo stare meglio, voleva davvero
che riuscisse a dimenticarla, ma che poteva fare? La soluzione era solo
una: Haylie!
Parlargliene non rientrava nel piano originale! Doveva essere una
sorpresa, quindi rimase molto sul vago.
“Io ho la soluzione!” esclamò,
compiaciuta.
“Davvero?” fece lui, poco convinto
“Si.”
“E quale sarebbe?”
“Ricordi quel regalo che avevo in progetto di
farti?”
Lo vide farsi pensieroso :”... si, mi avevi accennato
qualcosa.”
“Quel regalo ti cambierà così tanto la
vita che non avrai più tempo per pensare a me!”
“Se è davvero come dici, lo voglio
subito.”
“No, non ce l'ho ancora. E' un regalo difficile da...
confezionare! Rock mi sta dando una mano.”
Lo vide fare una smorfia, contrariato: “Lo voglio da te il
regalo, non da Rock!”
“Beh... sarò io a dartelo! E comunque,
è stata un'idea mia. Inizialmente, Rock non voleva averci
niente a che fare! Devi solo avere ancora un po' di pazienza. E poi
sarà tutto finito...e ti dimenticherai di me!”
“Eleanor...” mormorò Rap, la voce
raddolcita e gli occhi persi in quelli di lei.“Io non voglio
dimenticarmi di te. Non voglio che tu sparisca dalla mia vita. Voglio
solo trovare la forza per lasciarti andare.... per lasciarti a
lui.”
Ancora una volta, rimase senza parole. In fondo non c'era nulla da
poter essere espresso a parole che lo aiutasse a stare un po' meglio.
Forse, il silenzio era l'unica soluzione. Non riuscì a
reggere a lungo quello sguardo così carico di desolazione.
Sapere di essere lei la causa di tutto quel dolore le faceva venire
voglia di sparire di nuovo. Ma questa volta sul serio! Non
semplicemente scappare via, ma proprio sparire, venire risucchiata dal
pavimento... forse solo così Rap avrebbe trovato un po' di
pace. Ma non poteva davvero desiderarlo. Rock avrebbe sofferto e lei
non avrebbe mai potuto permettere una cosa del genere. Ogni cosa che
faceva, ogni sua decisione causava sofferenza a qualcuno. Accontentare
tutti sembrava impossibile! Era proprio come le aveva detto Rap quella
dannata sera. Lei aveva il brutto vizio di voler salvare il mondo
intero!
Non poteva. Doveva cercare di convincersene!
“Dopo un discorso simile, ho tanta voglia di abbracciarti, ma
temo che tu possa fraintedere un gesto simile, quindi è
meglio lasciar perdere...”
Era sincera! Voleva davvero dimostrargli quanto fosse importante per
lei la sua presenza. Quanto gli volesse bene e quanto non desiderasse
alzare un muro fra di loro. Ma un semplice gesto d'affetto come un
abbraccio poteva assumere tutt'altro significato per Rap. E riempirlo
di false speranze era crudele.
Fu proprio Rap a toglierle quell'impiccio. Quasi le avesse letto
dentro, fu lui a stringerla forte, sorprendendola.
“L'abbraccio di un amico è privo doppi sensi,
no?” disse, apparentemente sereno.
“...Credo... di si.” mormorò lei,
ricambiandolo. Non era del tutto convinta delle sue parole. Finse
comunque di credergli.
Avrebbe dovuto essere breve, ma Rap non sembrava intenzionato a
lasciarla andare così in fretta. Eleanor allora
cercò di spingerlo via.
“Rap...” lo chiamò, cercando di assumere
un tono di rimprovero.
Il ragazzo la lasciò andare, seppur nolente.
“Scusami...”
Eleanor cercò di alleggerire la tensione che si era creata.
“Dovresti guardarti un po' intorno, sai? C'è pieno
di ragazze migliori di me! Più carine, più
simpatiche … meno idiote.”
Un lieve sorriso riuscì a stapparglielo.
“Ne dubito.” borbottò.
“Non puoi saperlo! Almeno provaci. Che ti costa?
“Forse, non m'interessa trovare qualcuna più
carina, più simpatica e meno idiota di te!”
“Beh... ti basterebbe trovarne anche solo una un po' meno
single di me!”
Finalmente ottenne l'effetto desiderato. Lo sentì ridere e
lo imitò.
“Si, questo è vero!”
L'ilarità sparì dal suo volto fin troppo in
fretta. Tornò ad indossare la sua consueta maschera
sofferente.
“.... Il primo che viene a dirmi che l'amore è una
cosa meravigliosa, giuro che lo metto sotto con la macchina.”
Eleanor ridacchiò: “Ma è una cosa
meravigliosa!”
“Come puoi dirlo? E' malvagio. E' crudele. E'
meschino. Sfugge al nostro controllo e noi non possiamo fare
altro che piegarci alla sua volontà. Ci soggioga
completamente. Siamo burattini nelle sue mani e non importa quanto ci
ribelliamo, quanto ci impegnamo per sconfiggerlo, quante volte cadiamo
e ci rialziamo... alla fine lui vince sempre. Tanto vale arrendersi
subito.”
“... come hai fatto tu?”
“Già...”
Il silenzio tornò a separarli. Questa volta nessuno dei due
pareva intenzionato a fare breccia in quello spesso muro che li aveva
improvvisamente divisi.
Rap fece per andarsene:
“Meglio che vada...” prima di lasciarla sola
però,la guardò un'ultima volta. La sua
espressione tornò di colpo quella scherzosa che aveva nel
momento in cui era entrato. “Sai com'è... l'ultima
volta che mi sono intrattenuto in una cucina con te le cose sono
leggermente precipitate.”
Eleanor lo fulminò con lo sguardo :”Sparisci da
qui!” gli sibilò contro.
***
Non si parlarono più, anche perchè Rap se ne
andò poco dopo quella piccola discussione e non si fece
più vedere fino a sera, quando si ripresentò
insieme a Rock.
Eleanor, come ogni giorno, si trovò ad assalire Rock non
appena lo vide varcare la porta. La velocità con cui Rap si
dileguava in quei momenti era impressionante!
Alla fine Amber intervenne per staccare letteralmente Eleanor da Rock.
“Ti ricordo che il tuo turno non è' ancora finito!
Non costringermi a buttarlo fuori da qui!”
Rock, come tutta risposta, si caricò Eleanor in spalle e
cercò di scappare sul retro.
“Vi preferivo quando non vi rivolgevate più la
parola!” gli urlò dietro Amber, inviperita, per
poi rivolgersi al fratello :”Smettila di portarti dietro pure
lui, quando vieni qui!”
“Guarda che mica lo ammanetto e lo costringo a seguirmi!
Viene di sua spontanea volontà!”
“Ok! Ma fa perdere tempo ad Eleanor! Non lo voglio in mezzo
ai piedi!”
“Non puoi capire quanto io sia d'accordo con te...”
Nello stanzino adibito a spogliatoio, Eleanor e Rock ridacchiavano
divertiti.
“Hai sentito?” fece Eleanor “Amber ti
odia!”
“Pazienza. Sopravvivrò!”
“Mi aspetto da un momento all'altro di vederla appendere una
tua foto segnaletica fuori dalla porta.”
“Vorrà dire che mi toccherà ricorrere a
qualche astuto travestimento per entrare.”
Eleanor si trovò senza nemmeno rendersene conto con la
schiena contro gli armadietti dove lei e le ragazze tenevano i loro
vestiti. Le braccia di Rock all'altezza delle sue spalle e che le
impedivano di scappare. I loro visi vicini... troppo vicini anche solo
per riuscire a pensare. Sarebbe potuta restare così per
sempre, persa in quegli occhi sconvolgenti, il suo respiro che le
solleticava le labbra. A volte riusciva a sconvolgersi per i suoi
stessi pensieri che andavano ben oltre i confini del lecito.
Attese che la distanza tra di loro fosse azzerata, ma ci
pensò Amber a rovinare quel momento.
“Voi due!” quasi ringhiò. “Non
costringetemi ad usare le maniere forti!”
Eleanor mugolò qualcosa in protesta e Rock sorrise quasi
divertito e si allontanò da lei.
“Scusa Amber.” disse, compiaciuto.
“Dimentico che questo è un luogo
pubblico!”
“Scuse accettate! Però resti un idiota! Anzi,
restate due idioti!”
Eleanor si sistemò nervosamente una ciocca di capelli dietro
l'orecchio, imbarazzata e sperò che il battito del proprio
cuore tornasse normale.
Amber stava per dire qualcos altro, ma proprio in quel momento
arrivò una trafelata Nicole.
“E' tornato!” esclamò
cercandò di mantenere un tono di voce bassa per non farsi
sentire.
“Ancora? Adesso basta! Comincio davvero a
scocciarmi!” fu il commento secco di Amber.
“Chi è tornato?” domandò
Eleanor, automaticamente.
Le due sorelle la guardarono indecise e poi si scambiarono un'occhiata.
Eleanor lesse qualcosa nei loro occhi. Le stavano nascondendo qualcosa.
Probabilmente anche Rock se ne accorse :
”Che succede?” chiese, infatti.
“Ehm...” biascicò Nicole
“C'è un tipo che da po' viene fisso
qui...”
Elenaor non capì: “E allora?”
Nicole cercò annaspò per un attimo e
cercò aiuto in Amber che prese la parola.
“Non sappiamo chi sia, ma viene sempre qui verso l'orario di
chiusura. Il più delle volte ci tocca buttarlo fuori con
gentilezza. Ma il punto è che …. si, insomma,
chiede sempre di te.”
Le labbra di Eleanor si schiusero in una piccola o di sopresa.
“...come?” mormorò
“Si, non ha fatto altro per le ultime settimane. Viene qui,
si siede allo stesso tavolo, fa la sua ordinazione e quando andiamo a
dirgli che stiamo per chiudere chiede di te. Abbiamo provato a farci
dire chi è, ma lui risponde sempre allo stesso modo..."
“Voglio solo parlare con Eleanor...” fece Nicole,
cercando d'imitare una voce maschile.
Istintivamente, Eleanor afferrò la mano di Rock, sentendosi
di colpo inquieta. Avrebbe potuto essere uno dei suoi vecchi clienti.
Oppure, peggio... Roy, il suo vecchio padrone di casa. Al solo
pensiero, un brivido la percosse.
“Sai chi è?” le chiese Rock, vedendola
agitarsi.
Lei scosse semplicemente la testa.
“Beh, non ti preoccupare.” cercò di
tranquillizzarla Amber “Non mi sembra un tipo pericoloso. Non
ha dato problemi, anzi è sempre stato educato e cordiale.
Inoltre ci lascia sempre delle mance esorbitanti. Ma se preferisci non
incontrarlo, puoi restare nascosta qui.”
“Non se ne andrà mai se rimango nascosta
qui...” osservò Eleanor
“Tornerà domani, e dopodomani, e fra tre giorni e
così via!”
“Non devi incontrarlo se non ti va.” le disse Rock,
posandole un braccio sulle spalle.
Non voleva conoscere questa persona, in effetti. Non le andava per
niente. Temeva di risprofondare nel suo tragico passato. Quello da cui
stava tentando in ogni modo di scappare.
“Magari demorderà prima o poi...” fece
Nicole “Potremmo raccontragli che non lavori più
qui, così se ne andrà via!”
“Mi sembra un'ottima idea.” commentò
Rock.
“No... voglio sapere chi è, cosa vuole! Avete
detto che è a posto, no?”
“Si, ma è stata solo un'impressione.”
disse Amber “Non possiamo esserne davvero certe.”
“Potrei farlo parlare io.” si offrì Rock.
“Sarebbe inutile. Te l'ho detto, ci abbiamo provato anche noi
a farlo parlare, ma niente!”
Eleanor alzò lo sguardo su Rock.
“Non sentirti obbligata.” le disse.
Sicuramente anche lui aveva avuto i suoi stessi sospetti. Qualche
vecchio cliente.... si, doveva per forza essere così. Di chi
altri poteva trattarsi? Le uniche persone con cui aveva legato erano
Rock e gli altri, Evan, Nathan, Amber, Nicole e la famiglia di Rock.
Non conosceva nessun altro.
“No, lo faccio.” mormorò, per niente
convinta. “Però... vieni con me, vero?”
“Certo !” le assicurò lui, baciandole il
capo.
“Ok, fate un po' come volete!” sbottò
Amber, prima di andarsene inseguita ruota da Nicole.
***
Quando Eleanor lo vide, la sua mente non le suggerì nulla.
Studiò quel volto un po' emanciato dal tempo, i capelli
ingrigiti , il corpo asciutto e la postura elegante. Niente! Non aveva
idea di chi lui fosse. Guardava svogliatamente dalla finestra, del
tutto ignaro di ciò che gli stava accadendo intorno.
“Lo conosci?” le sussurrò Rock
“Mai visto prima d'ora...”
Doveva ammettere che il non essersi trovata Roy davanti l'aveva
rasserenata non poco. Cosa poteva esserci peggio di Roy? Proprio
niente, quindi quell'uomo non poteva essere così pericoloso.
Si voltò verso il bancone e si accorse di essere sul punto
di dare inizio ad un vero e proprio spettacolo. Rap, Nicole e Amber
erano lì, immobili ansiosi di vedere come si sarebbero
svolte le cose. Un vero e proprio pubblico in trepidanete attesa.
Cercò di non badare a loro e cominciò ad
avvicinarsi, la sua mano saldamente ancorata a quella di Rock che la
seguì.
Una volta nei pressi del tavolo, l'uomo sembrava ancora perso nei
propri pensieri, tanto che Eleanor fu costretta a schiarirsi la gola
per attirare la sua attenzione.
Ottenne l'effetto sperato. L'uomo si voltò, e lei si
trovò a fissare due occhi azzurissimi. La guardò
per qualche istante e non appena la riconobbe sorrise.
“Era l'ora che ti facessi viva.” disse, piuttosto
calorosamente.
“Mi scusi...” mormorò lei, impacciata
“Mi hanno detto che mi ha cercato, ma io non credo di
conoscerla.”
Lui si lasciò andare ad una risata :”Certo che no.
E come potresti?”
Le fece poi segno di sedersi di fronte a lui, ma quando notò
la sua mano intrecciata a quella di Rock, si corrucciò.
“Mi piacerebbe parlarti da sola, se non ti
dispiace.”
Stava per rispondere, ma Rock la precedette :”Dispiace a
me!”
L'uomo non lo considerò nemmeno. Continuò a
rivolgersi a lei.
“Perfavore. Non ci vorrà molto.”
Eleanor guardò Rock. Ormai la curiosità aveva
avuto la meglio. Lasciò la sua mano :”Stai
tranquillo. Va tutto bene, vai pure.”
Rock non sembrava molto d'accordo. Eleanor cercò di fargli
capire con gli occhi che non aveva paura dell'uomo che aveva di fronte,
che voleva sul serio solo scoprire chi fosse e cosa volesse da lei. Ed
era così davvero. In qualche modo, gli spirava fiducia.Non
riusciva a capire perchè, ma era così. Forse
erano quegli occhi azzurri così magnetici...
Rock acconsentì a lasciarli da soli e andò a
godersi lo spettacolo assieme agli altri.
“Non devi avere paura.” le disse l'uomo, vedendola
un po' agitata “Voglio davvero solo parlare. Non
temere.”
Lei annuì soltanto e rimase in attesa.
“Lo so cosa stai pensando, ma ti assicuro che non ci siamo
mai incontrati prima d'ora, quindi stai serena. Non sono uno degli
uomini con cui hai avuto a che fare in passato.”
Eleanor smise di respirare :” Lei... come fa a...”
“A sapere come ti guadagnassi da vivere fino a poco tempo fa?
Si, è una domanda legittima, in effetti. Diciamo che sono
venuto a saperlo molto recentemente... ma non è di questo
che voglio parlare.”
Cominciò a trafficare all'interno della sua giacca. Poco
dopo stringeva tra le mani una foto. La posò sul tavolo.
“Questa sei tu, vero?”
Eleanor la guardò e di nuovo le mancò il respiro.
Stava fissando sé stessa. La neonata nella foto era lei.
“...Non... non capisco.” fece in un sussurro.
“D'accordo. Cercherò di evitare tanti giri di
parole. “ esclamò lui. Allugò una mano
verso di lei “Mi chiamo William, ma puoi chiamarmi Will se
preferisci.”
Eleanor gli strinse incerta la mano, continuando a fissarlo senza dire
una parola, confusa come non mai.
“Conoscevo tua madre. Questa foto me l'ha mandata lei pochi
giorni dopo la tua nascita e ha continuato a farlo per anni,
finchè è morta. E' così che ti ho
vista crescere...”
Eleanor ritrasse la mano come scottata e sgranò gli occhi.
Il suo cervello prese a lavorare velocemente. Deglutì un
paio di volte quando la verità cominciò a
prendere forma nella sua testa.
No... non è
possibile... lui non può essere... no no no!!!
Un sorriso compiaciuto comparve sul volto di William :
“... E dalla tua espressione direi che non serve aggiungere
altro.”
***
E chi è questo
Will!?!?!?!? Beh, non è difficile dai! Ci siete arrivate
vero!?!??!? =)
Comunque si
approfondirà nel prox capitolo.
Ringraziamentiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii:
Mana_chan: Mmm, mi
pare che tu ed Eleanor abbiate lo stesso problema :D Eddddddai
ragazze!!!! E' solo un nome! Comunque, come hai potuto vedere, anzi
leggere, vi ho accontentate entrambe! A lui va bene essere chiamato
così quindi ^^' .... SI si si si si! Si ricomincia con i
drammi, ma tranquilla il peggio è passato! Ci
sarà un po' di movimento, qualche pianto forse (strano, eh?)
E pooooooooooi???? Beh, devo sistemare il caro Lucasssssssssssssss da
qualche parte.... ossia, con qualcuno ! OOOOOOH ho parlato troppo!!!!!!
Basta la smetto! Alla prossima!!
Piccola Ketty: Ma
no, io non tento alla vostra salute. Tento alla mia, visti gli
accidenti che sicuramente mi avrete mandato durante la lettura di sto
dramma! XD ..... ehm, condoglianze per il cuore .___. Mi dispiace
tanto.....
Black S O U L ___ :
Verooooo!?!?!? Chi non vorrebbe una famiglia così!?!?!? Un
Dylan così!!!?!?!? Hai ragione, ogni famiglia ha il suo
maniaco, senza eccezioni. Nella mia, credo di essere io XD. Lieta di
non essere stata causa di diabeti vari... ^^' CAsomai mandami la
parcella del medico.
MakyMay:
Noooooooooooooo! Non saltare addosso al pc che ti serve per leggere gli
aggiornameeeeeeentiiiiiii!!!!!! Addosso a me invece puoi...
si, insomma me lo merito, vista la mia cattiveria
ù___ù
Oooooook, ricordatevi
che l'aggiornamento arriverà dopo pasqua. Non
uccidetemiiiiiiiiiii ç___ç!
Buona scorpacciata di
cioccolato a tutteeeeeeeeeeeeee!!!! :D
Alla prossima
Ayleen
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Capitolo 31 *** Possibilità ***
CAPITOLO
TRENTUNO
Possibilità
“Mamma,
perchè io non ho un papà?”
“A
che ti serve, tesoro? Ci sono io con te.”
“Ma
perchè sono l'unica della mia classe a non averne
uno?”
“...tu
ce l'hai un papà, Eleanor. Solo che vive molto lontano da
qui e non
può prendersi cura di te.”
Quel
ricordo giunse improvviso e inaspettato. Ciò nonostante la
voce di
sua madre risultava chiara e nitida come selei fosse
lì seduta accanto,
anziché unicamente nella sua testa.
Quella
era stata l'unica volta in cui Eleanor aveva chiesto di suo padre. E
anche se quella risposta non aveva per niente soddisfatto la sua
curiosità, lei
non aveva mai più osato riaffrontare l'argomento.
Qualcosa
nello sguardo triste e svanito di sua madre le aveva suggerito, anzi
l'aveva convinta di una cosa: Suo padre era una persona cattiva.
Mai
una visita, mai una telefonata, o una lettera, un biglietto
d'auguri... nulla!
Che senso aveva interessarsi ad un padre
praticamente inesistente? Così aveva smesso di pensarci e
crescendo
aveva poi capito come fossero andate davvero le cose: un cliente
aveva lasciato un ricordino nel grembo di sua madre, ecco tutto!
Quella era la verità! Suo padre non sapeva nemmeno che lei
esistesse... o almeno questo era ciò in cui aveva sempre
creduto.
Ma
ora, tutto vacillava! Stare seduta a quel tavolo, di fronte a
quell'uomo dagli occhi dannatamente identici ai suoi, stava
sconvolgendo del tutto ogni sua convinzione.
Sua
madre sapeva... aveva sempre saputo! Gli aveva mandato le sue foto,
avevano tenuto i contatti, sapeva di lui, il suo nome, il suo
aspetto, dove abitava e chissà che altro.
Eleanor
si sentì pervadere da un'ondata di rabbia.
Bugiarda....
Il
risentimento nei confronti di sua madre s'intensificò. C'era
qualcosa su cui non le avesse mentito?
“Ci
sono io, Eleanor”,
“Mi
prendo cura io di te”,
“Non
ti
lascerò mai sola.”,
“Potrai
sempre contare su di me.”,
“Ti
voglio bene...”
Menzogne!
Solo una valanga di crudeli menzogne!
Avrebbe
voluto scappare via, allontanarsi da quel tipo... allontanarsi da
tutto, ma il suo corpo era paralizzato, i suoi occhi vitrei e fissi
in quelli di lui, incapaci di volgersi altrove. Praticamente in
trappola!
Ma
quando Will allungò una mano per sfiorare la sua abbandonata
sul
tavolo, Eleanor si riscosse e scattò in piedi.
“Non
mi toccare.” sibilò, lasciando che fosse la rabbia
a parlare per
lei.
“Eleanor,
per favore.. -”
“No!”
lo interruppe subito. Il solo sentire la sua voce la innervosiva.
Cominciò
a massaggiarsi le tempie in un vano tentativo di allieviare il mal di
testa che era inevitabilmente sopraggiunto. Si sentiva come nel bel
mezzo di un circuito di formula uno. C'era lo stesso identico
frastuono nella sua mente, mille pensieri le sfrecciavano intorno
senza che lei riuscisse a fermarli ed interpretarli. E la cosa
peggiore era il sentirsi in trappola, il non poter in alcun modo
fuggire.
“...sette
anni.” mormorò infine “Ho trascorso
sette schifosi anni in un
orfanotrofio perchè risultavo figlia di nessuno e tu...
soltanto
adesso ti sei preso il disturbo di…. No! Non lo posso
accettare!”
Will
disse qualcosa ma lei non volle ascoltare. Sentiva mancarle l'aria,
aveva bisogno di uscire. Non era mai stata claustrofobica, ma in quel
momento temette sul serio di essere sul punto di diventarlo.
“Non
vuoi sapere come ho conosciuto tua madre?”
continuò lui,
imperterrito “Non sei curiosa di sapere qualcosa di
me?”
Quello
fu veramente troppo. La rabbia che era riuscita a trattenere fino a
quel momento, esplose.
“Curiosa
di te? Dovrei essere curiosa di te?” non le importava di
stare
urlando, né che tutti gli occhi delle persone presenti nel
locale si
fossero puntati su di lei. “Sei tu che dovresti essere
curioso di
me, non il contrario!”
Non
appena lo vide alzarsi e cercare di giustificarsi, scappò
fuori dal
locale sbattendo con forza la porta. Sentì le voci farsi
concitate
all'interno e immaginò Will che veniva fermato da Rock e gli
altri.
Si
appoggiò stancamente ad un lampione e respirò a
pieni polmoni
l'aria fredda della sera. Il frastuono nella sua testa era sparito
finalmente, ma non l'agitazione, ne' la rabbia. Nemmeno si rese conto
delle lacrime che avevano preso a scendere dai suoi occhi.
Rimase
sola per ben poco. Rock non aveva preso parte al placcaggio di Will,
dato che se lo ritrovò di fianco. Si asciugò in
fretta gli occhi,
ma ormai era troppo tardi. Meglio così. In fondo, che senso
aveva
tentare di nascondere qualcosa?
Alzò
gli occhi su di lui, senza sforzarsi di apparire tranquilla o serena.
Comunque non sarebbe riuscita ad ingannarlo. Chissà se era
riuscito
a capire cosa fosse successo? Se aveva sentito qualcosa?
“Sono
destinata a non avere un attimo di pace...” fece, lasciandosi
andare ad un sorriso amaro.
Rock
non disse una parola, si limitò ad abbracciarla cercando di
trasmetterle tutto il conforto di cui era capace. Eleanor nemmeno ci
provò a trattenersi questa volta. Nascose il viso contro il
suo
petto e prese a singhiozzare.
Solo
il tintinnare dello scacciaguai appeso all'ingresso del locale fu in
grado di distrarla. Non appena lo sentì si voltò
quel tanto che
bastava a farle capire chi si era unito a loro.
Rap
la fissava visibilmente impensierito. Vedendola in quelle condizioni,
le riservò uno sguardo interrogativo :
“Cosa diavolo sta
succedendo? Chi è quel tipo?”
“Tienimelo
lontano!” esclamò lei, con decisione.
“Ti prego... ti scongiuro
Rap, fai in modo che se ne vada e che mi lasci in pace!”
Il
ragazzo guardò Rock, in cerca di una spiegazione che
però non
ottenne.
“Per
favore...” continuò Eleanor “Non... non
lo voglio più vedere
qui!”
Sapeva che lui non si sarebbe mai
rifiutato. Ne aveva
l'assoluta certezza e, pur non andandone per niente fiera,
approfittò
dei ciechi sentimenti che il ragazzo nutriva per lei.
Rap
odiava vederla piangere. Detestava osservare impotente il suo bel
viso incrinarsi dalla tristezza, ma soprattutto, non poteva
sopportare l'idea che qualcuno ne fosse la causa.
“Ci
penso io!” le disse, risoluto.
La
vide di nuovo scomparire contro il petto di Rock; i suoi singhiozzi
non accennarono a placarsi.
Chiunque
fosse quell'uomo, l'aveva sconvolta non poco. Non aveva idea di chi
fosse, in che rapporti fosse con lei, ma la sua mente elaborava solo
immagini negative. E dato il passato di Eleanor, non c'era da
ricorrere a troppa fantasia.
La
soluzione era solo una quindi: quel tipo non avrebbe più
dovuto
osare avvicinarsi a lei.
“Andiamo
via...”
La
voce debole di Eleanor lo riscosse dai suoi piani di vendetta. Vide
Rock annuirle silenzioso prima di voltarsi verso di lui.
“Dì
ad Amber che noi andiamo.”
Rap
fece un cenno d'assenso, incapace di staccare gli occhi di dosso da
Eleanor. Sembrava così fragile, spaventata, angosciata
… esausta
persino!
La
seguì con lo sguardo finchè non sparì
dietro l'angolo della strada
assieme a Rock. Non ebbe nemmeno il tempo di pensare a come agire.
Lo scacciaguai tintinnò sonoramente e ne uscì
proprio l'uomo che
aveva causato tanto dolore ad Eleanor. Lo vide stringersi nel
cappotto e allontanarsi senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.
“Hei!”
lo chiamò, andandogli dietro “Io e te dobbiamo
fare quattro
chiacchiere!”
L'uomo
si fermò e lo guardò incuriosito :
“Sono molto più anziano di
te, ragazzo. Dovresti rivolgerti a me dandomi del lei.
Così
impongono le buone maniere, non te l'hanno insegnato?”
Rap
si lasciò andare ad una risata nervosa :”Le buone
maniere
imporrebbero anche un certo tatto quando si parla con una persona.
Farla
scoppiare in lacrime e costringerla alla fuga non mi pare siano cose
contemplate nel galateo, o mi sbaglio?”
Lo
vide inclinarono l'angolo della bocca in un sorriso tirato :
“...
concesso!”
“Stai
lontano da lei!” esclamò Rap, arrivando dritto al
punto. “Non so
chi tu sia, né come fai a conoscerla, nemmeno m'interessa
saperlo.
So solo che lei non ti vuole fra i piedi, quindi cercherò di
dirtelo
con le buone. Stalle alla larga!”
Aveva
parlato con un tono di voce tranquillo, ma velato di una minaccia
ben distinguibile. L'uomo di fronte a lui infatti, smise di
sorridere. Si avvicinò di qualche passo.
“E'
fortunata ad avere amici che si preoccupano così tanto per
lei.”
fece, in apparenza per nulla scosso. Allungò una mano verso
Rap
:”Mi chiamo William. E sono il padre di Eleanor, è
un piacere
conoscerti.”
Rap
raggelò. Lo fissò come se fosse impazzito.
“Stai
mentendo!” lo accusò “Lei non ha un
padre!”
Will
si fece di nuovo ironico :”Oh andiamo! E' qui, cammina,
parla,
respira... vive! Per fare tutto questo un padre deve averlo avuto
no?”
“Fai
poco lo spiritoso!”
Will
continuava a tenere la mano alzata a mezz'aria anche se Rap non
sembrava avere la minima intenzione di afferrargliela.
“Sua
madre... lei era... si insomma, è impossibile risalire a chi
possa
essere suo padre!” disse Rap, assolutamente convinto delle
parole.
“Non
c'è nulla d'impossibile.” affermò Will,
riabbassando la mano. “Capisco di averla un po' scombussolata
e mi dispiace. Volevo solo
conoscerla, parlarle...”
“Ma
lei non vuole!” lo interruppe Rap “Non vuole avere
niente a che
fare con te, quindi, te lo ripeto, se torni a cercarla potrebbe
finire male!”
“Mi
stai minacciando, ragazzo?”
“Eccome
se lo sto facendo!”
“Oh,
accidenti! E che farai? M'investirai o qualcosa del genere? Farai in
modo che sembri un incidente?”
“Non
prenderti gioco di me! Non mi conosci! Non fare l'errore di credere
che stia scherzando.”
Rap
strinse forte i pugni, cercando di controllare la rabbia. Will lo
notò e lo studiò con un rinnovato interesse.
“Lo
so che non stai scherzando.” gli disse, con la sua solita ed
irritante pacatezza “Ma le tue minacce non m'interessano. Non
puoi
impedirmi di parlare con mia figlia.”
“Con
che coraggio la definisci tua figlia?”
gli urlò contro “Tu
non immagini neanche cosa ha dovuto affrontare in tutti questi anni.
Dov'eri quando sua madre è morta, quando è stata
rinchiusa in
quell'istituto, quando quel ragazzino più grande ha abusato
di lei?
Perchè non sei corso in suo aiuto quando ha deciso di
vendere il
proprio corpo? Con che coraggio pretendi di avere dei diritti su di
lei?”
Gli
occhi di Will si velarono di tristezza e rimpianto. Per un attimo,
Rap si pentì delle proprie parole, soprattutto considerando
il fatto
che in quegli occhi blu rivedeva Eleanor. Ma fu proprio nel ripensare
alle lacrime della ragazza, che ogni traccia di pentimento si
dissolse. Decise comunque di chiudere lì il discorso e di
non
infierire ulteriormente.
“Su una cosa hai
ragione...” fece Will “Hai detto bene. Io non ti
conosco. D'altro
canto, tu non conosci me, quindi evita di giudicarmi!”
Non
il tempo di un'altra sola parola, che Will riprese il cammino e venne
inghiottito dal buio della notte appena iniziata.
***
“I'll
sing it one last time for you
Then
we really have to go
You've
been the only thing that's right
In
all I've done...”
Eleanor
aveva sentito dire che ascoltare canzoni tristi nei momenti di
massima depressione fosse molto terapeutico. Aveva sempre pensato
fosse una cavolata, che non ci fosse nulla di vero. Beh, dovette
ricredersi.
Sdraiata
sul suo letto, gli occhi fissi sul soffitto e in mano l'Ipod di
Heavy, era riuscita a svuotare la mente. Troppo concentrata sulle
parole di quella canzone, che definire struggente era un vero e
proprio eufemismo, era riuscita a distrarsi dagli avvenimenti delle
ultime ore.
Aveva
raccontato tutto a Rock. Non l'aveva presa bene neanche lui,
sostenendo che quel Will non aveva alcun diritto di presentarsi
davanti a lei dopo quasi ventanni e pretendere di sistemare le cose.
Così adesso si ritrovava ad avere non una, ma ben due
guardie del
corpo. Non male, comunque! Non ci teneva per niente a incontrare di
nuovo quell'uomo e sapere che Rock e Rap gliel'avrebbero tenuto alla
larga la tranquillizzava non poco. Sperava solo che non
esagerassero... Rap, in particolare. Lui aveva la tendenza a
lasciarsi un po' andare...
“And
I can barely look at you
But
every single time I do
I
know we'll make it anywhere
Away
from here...”
Chiuse
gli occhi e si immerse totalmente nella musica, mormorandone il testo.
Quella pace però,
duro ben poco. Uno scossone del materasso le fece intuire che
qualcuno le si era appena sdraiato al fianco. Convinta che fosse Rock
sorrise e si voltò verso di lui, senza mai aprire gli occhi.
Fece
per abbracciarlo, ma delle mani la bloccarono.
“Risparmia
le effusioni per il tuo ragazzo, cara!”
Riconoscendo
la voce di Heavy, Eleanor sgranò gli occhi sorpresa e si
distanziò
subito.
“Heavy!”
esclamò “Che cavolo fai qui?”
Naturalmente
i due gemelli non erano rimasti all'oscuro della faccenda, ma non
avevano avuto reazioni spropositate come quelle di Rock e Rap.
Tuttavia, sembravano preoccupati per lei e di questo, Eleanor non
poteva che essergliene grata.
Il
ragazzo finse di ammaliarla con lo sguardo:
“Tento di sedurti,
piccola!”
“Beh,
fai schifo come seduttore!”
“Solo
perchè sono vestito.”
Eleanor
non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.
“Oh si! Sono certa
che hai ragione!”
“Quello
è mio, lo sai?” cambiò discorso lui,
ammiccando all' Ipod che
Eleanor stringeva fra le mani. “Possibile che ogni volta che
lo
cerco lo trovo tra le tue cose?”
Eleanor
sfoggiò l'espressione più persuasiva e
supplicante che poteva. “Me
lo lasci ancora un po', per favore?”
Heavy
sorrise sprezzante :”Non provarci nemmeno, carina! Non sono
idiota
come Rock o Rap. Questo giochetto degli occhi imploranti non attacca
con me!”
Eleanor
sbuffò : “Ma non vale!”
“Spiacente
di averti smontato così!”
Proprio
in quel momento, fuori in corridoio passò Metal. Heavy lo
chiamò.
“Hey,
insensibile di un fratello!”
Metal
fece marcia indietro ed entrò :”Che
vuoi?”
“Dai,
vieni qui a fare compagnia ad una povera ragazza depressa che ha
appena scoperto di avere un padre oltremodo bastardo e
menefreghista!”
Detta
così non sembrava poi così tragica la situazione.
Metal
sbuffò con la sua consueta straffottenza, tuttavia la
sorprese
quando lo vide avvicinarsi al letto :
“Ok, fatemi posto!”
Eleanor
si trovò schiacciata in mezzo ai due fratelli. Li prese
entrambi a
braccetto e cercò di stare dietro ai loro discorsi senza
senso. Si
punzecchiavano a vicenda con battute acide e di pessimo gusto.
Eleanor comunque rise e non potè fare altro che ringraziarli
mentalmente per quel loro folle tentativo di tirarla su di morale.
Ad
un certo punto si rese conto di non sapere niente su di loro due.
Rock e Rap le avevano raccontato che li avevano conosciuti proprio
lì, in quella vecchia scuola. Ci vivevano prima di loro.
Chissà
come ci erano arrivati?
“Non
parlate mai di voi!” disse, interrompendo la loro discussione
su
chi avesse avuto più ragazze.
“Cosa
combinavate prima di conoscere Rock e Rap? Da dove siete saltati
fuori?”
Il
silenzio che scese di colpo, la preoccupò.
“Fatemi
indovinare. Tragedie famigliari, genitori bastardi, morti improvvise
di parenti ?” cercò di assumere un tono scherzoso,
ma non aveva la
certezza che avrebbe aiutato.
“Genitori?...”
fece Metal “E chi li ha mai avuti i genitori?”
Eleanor
lo guardò, in attesa che continuasse, ma fu Heavy a prendere
la
parola.
“I
nostri genitori sono morti quando eravamo molto piccoli! Hanno avuto
un incidente d'auto e noi due siamo stati affidati a nostra zia.
“
Fatta
eccezione per la morte dei genitori, non ci vedeva nulla di
particolarmente tragico.... per ora.
“Era
la nostra unica parente.” continuò Heavy .
“Vi
trattava male?” chiese automaticamente Eleanor. Visti i
passati di
Rock e Rap, ormai si aspettava qualsiasi cosa.
“No
no, anzi! Ci adorava. E' stata una mamma a tutti gli effetti.”
“E
allora, cos'è successo?”
Questa
volta fu Metal a riprendere il discorso : “Lei non era
esattamente
nostra zia. Era una zia di nostra madre, quindi era parecchio
anziana. Insomma, fatto stà che è morta una anno
prima che io e
Heavy diventassimo maggiorenni. Così per evitare che i
servizi
sociali ci prendessero in custodia, siamo scappati e ci siamo
rifugiati qui. Il resto lo sai...”
“Avremmo
potuto andarcene da tempo, in verità. Ma poi abbiamo
conosciuto
Rock, Rap e Marika... così siamo rimasti.”
Eleanor
avrebbe avuto decine di domande da porre. Cercò di mostrare
un
minimo di discrezione. Metal sembrò intuire qualcosa.
“I
nostri stupidi nomi li ho inventati io.” affermò
divertito “Nel
momento in cui quei due si sono presentati a noi come Rock e Rap, mi
è venuto d'istinto auto battezzarci a questo modo!”
“Si!”
sbottò Heavy, risentito “E ti sei tenuto il nome
migliore!”
“Un
premio per la mia geniale improvvisazione, no?!”
“E
invece come vi chiamate in realtà?”
domandò Eleanor, senza
pensare.
Heavy
e Metal si scambiarono un'occhiata titubante.
“Oh,
andiamo!” si lamentò lei “Adesso basta
con questa storia! Ormai
sappiamo quelli di Rock e Rap. Mancate solo voi all'appello.
Avanti!”
Heavy
la guardò poco convinto :”Però
continuerai a chiamarmi Heavy,
vero? Mi ci sono affezionato!”
“Ma
certo che si!”
“E
lo stesso vale per me, intesi?” aggiunse Metal.
“Potete
stare tranquilli!”
I
due fratelli si scambiarono un'ultima rassegnata occhiata. Poi Heavy
allungò la mano libera verso di lei.
“David,
tanto piacere!”
Eleanor
sorrise contenta e gli strinse la mano reggendo il gioco
:”Piacere
mio, David!”
Si
voltò poi verso Metal che, con un sospiro, fece la stessa
cosa del
fratello.
“Daniel!”
sbottò, in maniera decisamente più
fredda .
Il
sorriso di Eleanor si allargò: “Piacere di
conoscerti, Daniel!”
Rimasero
a fissare il soffitto in silenzio per qualche minuto. Eleanor se ne
stupì. Era raro che Heavy se ne stesse zitto per
più di trenta
secondi. Era qualcosa di davvero surreale. Ciò che la
sorprese di
più comunque, fu Metal che, inspiegabilmente , interruppe
quel
silenzio.
Heavy
che taceva e Metal che parlava. In quale universo parallelo era
finita?
“Tu
hai un brutto vizio, Eleanor.”
“Scusa?”
“Tendi
a scappare dai tuoi problemi. “
Eleanor
si voltò verso di lui, pronta a ribattere, inutilmente
:”Lo
capisco, sai?!” continuò Metal imperterrito
“Scappare è il
nostro primo istinto, però così facendo non si
risolve proprio
nulla!”
“Si,
sono d'accordo!” aggiunse Heavy.
“Lo
so che non sono affari miei...” riprese l'altro
“...Però, fossi
in te, questa volta non mi darei alla fuga.” Metal si
voltò verso
di lei, fissandola seriamente “Non capita tutti i giorni di
trovare
un padre!”
Eleanor
sospirò contrariata: “Quello non è mio
padre!” esclamò con
decisione.
“E
invece lo è. Anche se non c'è mai stato, anche se
si è dimostrato
un vero bastardo a presentarsi dopo tutti questi anni, è
comunque
l'unico tuo famigliare, l'unico tuo legame di sangue.”
“Un
legame di sangue non significa nulla!”
Heavy
prese la parola, facendosi insanamente serio :”Ascoltami,
Eleanor!”
Lei
si fece tutta orecchie, osservandolo stupita da quel repentino
cambiamento :”Hai provato a chiedergli per quale motivo non
si sia
mai fatto avanti?”
Non
dovette pensarci molto. La risposta era no. Non l'aveva fatto. E non
ci fu bisogno di dirlo ad alta voce. La sua espressione era
sufficientemente eloquente.
“Hai
mai pensato che forse non ha potuto mettersi in contatto con te?
Magari ha avuto dei problemi. Dovresti parlargli. Chiedere
spiegazioni e solo dopo decidere cosa fare con lui. Se ripagarlo con
la stessa moneta, oppure conoscerlo un po' meglio... perlomeno,
questo è quello che farei io.”
Eleanor
si fece pensierosa. Non ci teneva per niente a conoscere quell'uomo,
però Heavy e Metal forse avevano ragione. Ci doveva essere
una
ragione se Will non si era mai fatto vivo. Di sicuro poteva eliminare
le ragioni economiche. Lei era tutto fuorchè ricca, quindi i
soldi
non c'entravano nulla, fortunatamente. Forse era stata sua madre a
chiederle di stare alla larga? Ma perchè avrebbe dovuto
farlo? Non
aveva alcun senso. Oppure era stato lui ad allontanarsi
volontariamente, per poi pentirsi e ritornare sui suoi passi... ad
ogni modo era un po' tardi per farlo.
A
distrarla da quei pensieri vorticosi, ci pensò Rock che
entrò
proprio in quel momento. Li osservò per qualche istante,
confuso.
Beh, trovare la propria ragazza a letto con due uomini non doveva
essere troppo simpatico :
” Che state
combinando?” domandò,
apparentemente sereno.
“Oh,
cavolo! Ci hai beccato!” fece Heavy, tornando lo scemo di
sempre“
Fine dei giochi, ragazzi! Ci tocca rimandare la nostra piccola
orgia!” si rivolse poi ad Eleanor “Spiacente di
doverti lasciare
così insoddisfatta , tesoro!”
Eleanor
arrossì vistosamente e lo colpì ad una spalla
:”Idiota!”
Rock
alzò gli occhi al cielo, senza risparmiarsi una risata
divertita. La ragazza allungò le braccia e
abbracciò i due fratelli.
“Grazie
per la compagnia, ragazzi!”
“Ok,
va bene.” biascicò Metal “Lieto di
esserti stato utile, però
potresti evitare di strangolarmi? Ci tengo alla mia miserabile e
scapestrata vita!”
Come
tutta risposta, Eleanor rafforzò la presa. Heavy
iniziò a fingere
un principio di soffocamento, facendola ridere e costringendola a
lasciarli andare.
“Per
essere così piccola, ne hai di forza!”
osservò Metal, alzandosi
in piedi e massaggiandosi il collo.
Heavy
si avvicinò a Rock con un'espressione affranta e gli diede
una pacca
sulla spalla: “Condoglianze amico. Forza e coraggio, la
pazienza è
la virtù dei forti, ricordalo sempre!”
In
un nano secodno il ragazzo biondo si trovò un cuscino sulla
faccia.
“Non
dimenticarti Heavy, che oltre ad una notevole forza ho anche una
notevole mira!” dichiarò compiaciuta Eleanor.
“Ragazzi!”
li richiamò all'ordine Rock, cercando di non scoppiare a
ridere.
“Potreste cortesemente uscire dalla nosta
stanza?” calcò
in maniera piuttosto evidente sulla parola nostra, facendola sentire
piacevolmente orgogliosa e importante.
“Si
andate, ragazzi!” fece Eleanor “Devo parlare con
Rock in
privato!”
“Ah,
adesso si chiama Parlare in privato ?”
A
quanto pare, Heavy non ne voleva più sapere di fingere per
un
attimo di essere una persona seria. Per fortuna che c'era Metal a
fare il maturo per entrambi.
“Piantala
di fare il coglione!” esclamò spingendolo fuori in
corridoio, con
ben poca delicatezza.
“Non
fatemi diventare zio, ragazzi!” riuscì a dire
Heavy, prima che suo
fratello sbattesse la porta.
Ristabilitasi
la calma, Eleanor si alzò e si avvicinò a Rock,
stringendosi a lui.
“Ti
lascio da sola per un attimo e ti ritrovo a letto con ben due
uomini?” scherzò, circondandola con le braccia.
“Non
la vuoi un po' di concorrenza?” lo stuzzicò lei.
“Come
se non ne avessi già abbastanza...” Stava ancora
sorridendo, ma
Eleanor si rabbuiò a quelle parole. “Ok, battuta
infelice!”
cercò di rimediare Rock, vedendola intristirsi.
“Scusami.”
“Non
fa niente...”
“Di
cosa devi parlarmi?”
Già...
di cosa? Continuava a pensare alle parole di Heavy e Metal e l'idea
che potessero avere ragione stava prepotentemente prendedno il
sopravvento su ogni altra sua convinzione. In fondo ne aveva affrontate
tante di
cose brutte nella sua vita... parlare a quell'uomo non le sembrava la
più terribile.
“Ho
cambiato idea...” disse, senza guardarlo negli occhi.
“Su
cosa?”
“Voglio
incontrarlo!”
Lo
sentì sospirare contrariato :”Eleanor... non credo
che -”
“Lo
so!” lo interruppe subito “Non merita niente da me!
Tantomeno il
mio tempo …. ma voglio sapere perchè non si
è mai fatto vivo. E
si, sono anche curiosa di sapere che tipo di rapporto avesse con mia
madre... anche se non è difficile da immaginare. Dubito che
sentiremo mai la parola amore uscire dalle sue labbra!”
Rock
alzò un sopracciglio, sorpreso
:”Sentiremo?”
“Si.
Perchè tu verrai con me! Non voglio farlo da sola... verrai
con me e
m'impedirai di scappare via come ho fatto l'altra sera!”
“Si...
è una richiesta ragionevole!”
“Bene!
Però devi dire a Rap che non serve più che me lo
tenga alla larga.”
“D'accordo.
Ma lo sai che questa storia non gli piacerà per niente,
vero?”
Sulle
labbra di Eleanor comparve una leggera smorfia :”E
dov'è la
novità? A lui non piace mai niente!”
“Giusta
osservazione!”
“Ma
tu sei... insomma, sei d'accordo con me?”
“Eleanor,
non posso certo impedirti di conoscere l'uomo che dichiara di essere
tuo padre! Se vuoi fare un tentativo con lui, se vuoi dargli una
possibilità, posso solo appoggiarti ed ammirarti
perchè, ad essere
sinceri, io al tuo posto non sarei così magnanimo!”
“Quindi
pensi che stia sbagliando?”
“No,
non lo penso affatto! Stai facendo una scelta coraggiosa. E il fatto
che io no gli avrei mai dato una seconda possibilità mi
rende più
codardo di te!”
Eleanor
ridacchiò divertita.
“Quando
vuoi vederlo?”
“Il
prima possibile. Almeno mi tolgo subito il pensiero.”
“D'accordo.
Andrò a cercarlo insieme a Rap e appena lo troveremo, lo
porteremo
da te!”
“Digli
a Rap di andarci piano...”
***
Quando
quella sera i ragazzi si riunirono per cenare, Eleanor si accorse
subito dell'umore pessimo di Rap.
Quando era arrabbiato emanava
un'aura negativa impossibile da ignorare. Continuò a
guardarla per
tutta la sera, quasi non toccò cibo.
Gli
altri sembrava non avessero notato nulla di strano, ma forse erano
solo diventati bravi a fingere. Heavy e Metal scherzavano e parlavano
animatamente con Rock, senza preoccuparsi di Rap e del suo stato
d'animo. Eleanor sopportava in silenzio le occhiatacce del ragazzo,
anche se la situazione stava cominiciando a farsi pesante.
Lo
sentì sbuffare, alzò gli occhi su di lui e lo
vide accendersi
distrattamente una sigaretta.
“Sei
proprio un'idiota, Eleanor!” sbottò.
“Rap!”
intervenne subito Rock “Non sono affari che ti riguardano! E'
una
scelta che spetta a lei. E' la sua vita, non la tua!”
“Beh,
posso comunque esprimere la mia opinione, no? Non mi pare che qui
dentro viga la dittatura!”
I
due ragazzi cominciarono a discutere. Eleanor non disse nulla. Tenne
lo sguardo basso, dispiaciuta. Per qualche strana ragione, voleva che
anche Rap la sostenesse. Saperlo contrario non la rendeva per niente
felice.
“Non
mi fido di quello lì!” esclamò Rap,
“E' strano! Non mi sembra
per nulla un tipo raccomandabile!”
“Beh...”
fece Eleanor, improvvisamente rianimata “Nemmeno voi tre lo
siete,
tu in particolar modo! Eppure eccomi qui, sana e salva!”
Heavy
scoppiò a ridere: “Uuuh, la gattina sa tirare
fuori le unghie!”
Rap
le lanciò l'ennesimo sguardo truce, ma questa volta lei lo
sorresse.
“Sono
contenta che ti preoccupi per me, Rap. Davvero, ne sono quasi
lusingata. Ma non ne ho bisogno. E comunque non sarò sola!
Ci sarà
Rock con me!”
“Bene!”
fece lui. “Allora vengo anch'io!”
“Non
ce n'è alcun bisogno.”
Rap
spense la sigaretta e si alzò in piedi, osservandola con la
sua
tipica straffottenza :”Guarda che non ti ho chiesto il
permesso!”
***
Eccomi qui! Ok, chiedo
scusa. CI ho messo più tempo del previsto ^^ ... eheheh.
E scusate per i nomi di
Heavy e Metal. SInceramente, sono i primi due che mi sono passati per
la testa. Volevo avessero la stessa iniziale perciò...
quelli ho trovato!
Mana_chan :Rap
versione monaco buddhista/tibetano è esilarante! Ce lo vedo
mentre medita sotto una cascata, vestito da bonzo ! ahahahha oddio, che
visione grottesca!!! XD Per quanto riguarda Haylie, se ne
parlerà nel prossimo capitolo ^^. Spero che i nomi dei due
fratellini non siano troppo banali ._. ...così come la loro
storia. Avevo esaurito le idee...
fu80: Fai bene a
fare domande! SOno io che sono cattiva e non dò mai risposte
esaustive. Nel prox capitolo saprai perchè il
papà di eleanor non si è mai fatto vedere! ^_^
aurelia94: Sai?
credo proprio che i capitoli mancanti saranno 4... sono un po'
lunatica XD E ti rivelo un segreto. Mi chiedi se ci sarà un
sequel???? ...mmmm non esattamente! FOrse (e ho detto forse!
FArò un sondaggio all'ultimo capitolo) ci sarà un
prequel! Mi divertirei tanto a farlo. Tutto dipende da voi, se siete
disposte a sopportarmi! ^_^
Piccola Ketty : si
si si sis si si! Il papino tanto caro che non l'ha mai cagata!!
X°°°D Tenero, no!?!??!
Black S O U L ___ :
COme ho detto ad Aurelia, i capitoli probabilmente saranno 4
^^. DEvo far succedere ancora un po' di cosine! Tu non scappare eh!?!?
XD REesisti che la fine è vicina .... O.O oddio, detta
così è abbastanza macabra! :D
MakyMay : Ma certo
che scriverò altro carissima!! Ho tante di quelle cose in
testa! Un'altra tragedia romantica, un ff sui vampiri, due fantasy ...
insomma, di me non vi libererete ù_ù no no no!
Ok, ragazze, ora vi lascio!
Alla prossima
Ayleen
PS
La canzone cantata da
ELeanor è "Run" di Leona Lewis.
|
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Capitolo 32 *** Numeri ***
CAPITOLO
TRENTADUE
Numeri
Ad
ogni minuto che passava, Eleanor si pentiva sempre di più
della sua
decisione.
L'agitazione
la stava divorando, la rabbia la perseguitava, i nervi erano a fior
di pelle e non poteva fare a meno di rispondere in malomodo a
chiunque le rivolgesse la parola.
“Sto
facendo una cazzata!” disse per l'ennesima volta, seduta al
tavolo
dove William l'aveva aspettata per tante sere.
“Si,
la stai facendo eccome!” fece Rap, freddamente.
“No,
invece! Andrà tutto bene.” intervenne Rock.
La
ragazza sbuffò scocciata: “Siete utili quanto un
ombrello in pieno
deserto!”
“Punti
di vista, dolcezza.” osservò Rap, con aria
saccente “L'ombrello
nel deserto può sempre servire per ripararti dal
sole.”
Non
sapendo cosa rispondergli, Rock ed Eleanor si limitarono a lanciargli
un'occhiata raggelante.
“Umorismo
bandito, a quanto vedo! Fantastico.”
“Rap,
per favore!” lo implorò Eleanor “Ti
prego, ti scongiuro, non
farmi pentire di averti permesso di venire!”
“Sarò
un angioletto, promesso! E sarò muto come una tomba per
tutto il
tempo, a meno che non venga interpellato. Erano queste le condizioni,
dico bene?”
Eleanor
annuì soltanto, abbandonando il sapo sul tavolo, esausta.
“Sto
facendo una cazzata...” ripetè.
A
Rock sfuggì un sorrisino divertito, la prese per le spalle e
la
rimise seduta composta. “Stai tranquilla, questo incontro non
ha
nessun obbligo futuro. Nessuno ti costringerà a continuare a
vederlo
se non lo vorrai. Si tratta solo di sentire qual è la sua
scusa per
tutti questi anni di assenza. Nient'altro.”
“No
no. Ha ragione lei! E' una gran cazzata. Una di quelle dalle quali
non si torna indietro!” esclamò Rap, facendo
ripiombare Eleanor
sul tavolino, con un lamento.
Rock
guardò Rap irritato: “Grazie amico, sei davvero di
grande aiuto!”
“Lo
so, me lo dicono spesso!”
Eleanor
alzò la testa solo quando udì dei passi
frettolosi fermarsi di
fianco al tavolo.
“E'
arrivato!” fece Nicole, visibilmente agitata “Non
vi disturberà
nessuno. Potete stare tutto il tempo che volete!”
“Grazie,
Nicole...” mormorò Eleanor.
Non
passò una manciata di secondi prima che William facesse la
sua
comparsa. In assoluto silenzio, si sedette dall'altra parte del
tavolo, senza tuttavia riservare un'occhiata contrariata a Rock e
Rap.
Nel
momento in cui i suoi occhi si posarono su Eleanor, lei
istintivamente afferrò le mani dei due ragazzi. Rock non se
ne stupì
più di tanto, ma Rap la osservò confuso. Eleanor
però, non gli
prestò attenzione. Era troppo impegnata a studiare l'uomo
che aveva
di fronte.
William
sospirò, apparentemente infastidito dai due ragazzi.
“Speravo
di poterti parlare da sola.” esordì, incrociando
le mani sul
tavolo.
“Non
credo proprio!” s'infervorò subito Rap,
guadagnadosi un calcio da
parte di Eleanor.
Rock
si limitò a rivolgergli un'occhiata ammonitrice. Il ragazzo
a quel
punto, solo contro tutti, si arrese abbassando lo sguardo e cercando
di mantenere la calma. Una calma che nonostante tutto, lo invase e lo
riscaldò nel momento in cui la mano di Eleanor strinse
più forte la
sua, difficile dire se per placarlo o perchè troppo agitata.
Rap
sentiva di odiare quell'uomo che gli sedeva di fronte. Lo detestava
per il modo in cui guardava Eleanor. La studiava come un predatore,
pareva pronto a fare un balzo e portarla via.
Se
solo gliene fosse stata data la possibilità gli avrebbe
strappato
gli occhi.... E forse avrebbe anche dovuto cominciare a dedicarsi alla
lettura di romanzi rosa e alla visione di commedie romantiche. Fare
certi pensieri non era normale! Se fosse mai finito nelle grinfie di
qualche strizzacervelli, avrebbe sicuramente trascorso il resto dei
suoi giorni in una casa di cura.
“Mi
spiace, ma loro due restano!” fece Eleanor, trovando il
coraggio di
sostenere lo sguardo di Will.
L'uomo
sospirò con rassegnazione: “D'accordo. Non pensavo
ci sarebbe
stato bisogno dei testimoni, ma se queste sono le tue condizioni, le
accetterò.”
Rock
fece per aprire bocca, ma bastò uno sguardo sufficientemente
eloquente di Eleanor per farlo tacere.
Piccola
strega!
Pensò Rap, con un sorriso appena accennato.
“Sto
aspettando!” stranamente, Eleanor sembrava aver vinto le
proprie
paure. Appariva risoluta come poche volte era stata.
“Ti
suonerebbe strano se ti dicessi che non so da dove
cominciare?”
“Ti
suonerebbe strano se ti dicessi che non mi va di perdere tempo e
posso andarmene in qualsiasi momento?”
A
quel punto, anche Will si concesse un sorriso divertito.
“Mi
sembra di sentire tua madre...”
A
quelle parole, la durezza sul volto di Eleanor scomparve. Nel
prendere coscienza che, con molta probabilità, quell'uomo
conosceva
sua madre meglio di lei, qualcosa di molto simile alla gelosia la
soggiogò.
Ciò
nonostante, non era la rabbia a farla da padrone, bensì
un'infinita
ed inaspettata malinconia. Sentì la mano di Rock accentuare
la presa
e riusciva a percepire fin troppo distintamente gli occhi di Rap
addosso. Qualunque fosse la sua espressione in quel momento li stava
facendo preoccupare. Forse non era stata una buona idea trascinarli
con lei. Sarebbe stato molto meglio che fosse andata da sola. In
fondo, loro due non c'entravano nulla in quella faccenda.
Perchè
coinvolgerli?
“Come...
come l'hai conosciuta?” chiese, con titubanza.
Si
morse subito la lingua non appena realizzò cosa avesse
detto. Era
una domanda stupida! In che razza di modo avrebbero potuto conoscersi
quei due? Dato il passato di sua madre, non c'era una scelta molto
ampia di possibilità.
Will
la fissò quasi ironico, sempre con quel suo consueto
sorrisino
compiaciuto sul volto. Solo a quel punto, Eleanor ricordò il
perchè
della presenza di Rock e Rap. Dovevano impedirle di scappare via. E
in quel momento, la voglia di andarsene e mandare tutto al diavolo
era davvero forte...
“Lo
so cosa stai pensando!” fece Will “Ma ti assicuro
che la notte in
cui l'ho incontrata non ero assolutamente alla ricerca di emozioni
simili. Anzi, in quel periodo le donne le evitavo. Non potevo nemmeno
vederle da quanto le detestavo.”
Eleanor
non disse nulla. In qualche modo, in quel preciso istante, dopo aver
pronunciato quell'ultima frase, Will le ricordò in maniera
impressionante Rap.
Anche
lui, i primi tempi in cui si erano conosciuti, le aveva confessato di
odiare le donne. Marika l'aveva ferito, l'aveva lasciato solo e con
il cuore a pezzi. Faticava a distinguere il comportamento di Marika
da quello delle altre ragazze. Per lui erano tutte uguali.
Cominciò
a chiedersi cosa stesse provando in quel momento. Se si rispecchiava
nei sentimenti di quell'uomo almeno un po'. Gli strinse forte la mano
in una muta domanda e lui rispose quasi subito con un'altra stretta.
Sto
bene! Interpretò
Eleanor.
Strano
come fosse straordinariamente semplice andare d'accordo con Rap
quando nessuno parlava.
“Ero
sposato una volta.” riprese Will, del tutto ignaro della
silenziosa
conversazione avvenuta tra i due. “Avevo una moglie
splendida, un
lavoro che amavo e un conto in banca che avrebbe potuto far vivere di
sola rendita anche i miei nipoti, se mai ne avessi avuti. Insomma,
una vita perfetta! Poi, un bel giorno, gli affari nella mia azienda
cominciarono ad andare male e mia moglie, alla prima avvisaglia di
difficoltà economiche, capì che non ero l'uomo
giusto per lei e
cominciò le pratiche per il divorzio. Realizzai solo a quel
punto
che non era me che aveva sposato, ma la mia fortuna. Mi ditrusse;
letteralmente! In tutti i modi in cui può essere distrutto
un uomo.
Mi portò via la casa, mi prosciugò fino
all'ultimo centesimo e
scappò via assieme al mio socio d'affari. Mi
lasciò solo la mia
auto, sulla quale aveva sempre avuto da ridire. Diceva che era un
vecchio rottame. A lei piacevano le auto sportive, non quelle datate
come la mia, così fece l'atto caritatevole di lasciarmela.
Forse
avrei dovuto ringraziarla...”
“Ringraziarla?”
esclamò Eleanor, infervorata. Tre paia di occhi la fissarono
sorpresi, ma lei non ci fece caso. “Che razza di persona si
comporta così? Non hai sposato una donna! Hai sposato... una
serpe!”
Era
davvero arrabbiata. Cosa che la stupì. Nonostante provasse
antipatia
per Will, le dispiaceva davvero che gli fosse stato riservato un
simile trattamento dalla donna che amava. Nessuno meritava una cosa
del genere.
“Sei
sempre troppo buona nel definire le persone, Eleanor.”
Osservò
Rap.
“SI,
decisamente. “fece eco Rock “Dire serpe
è quasi un complimento!”
Will
si lasciò andare ad una risata amara :” Non potrei
essere più
d'accordo!”
Per
la prima volta da quando l'aveva incontrato, Eleanor provò
un'inaspettata compassione per lui. Vedeva nei suoi occhi quanto
quella faccenda l'avesse ferito e deluso. E di nuovo, scorse la
somiglianza con Rap...
“Comunque
sia...” continuò a raccontare Will “...
la notte che mi ritrovai
privato di tutto ciò per cui avevo speso la mia vita, mi
misi alla
guida della mia auto e viaggiai per ore senza meta. Solo quando il
serbatoio si svuotò mi fermai, e mi ritrovai proprio qui, in
questa
città dimenticata da Dio! Non so bene cosa mi passasse per
la testa in quei momenti, so solo che con i miei ultimi soldi svuotai
un bar.
Penso che ad un certo punto il proprietario mi abbia sbattuto
letteralmente fuori, dato che senza nemmeno rendermene conto mi sono
ritrovato con la faccia sull'asfalto.”
Non
le sembrava proprio il tipo di persona che affoga i problemi
nell'alcool. Appariva troppo distinto per far sorgere simili dubbi.
Evidentemente quella strega della sua ex-moglie doveva aver tirato
fuori la sua parte oscura.A conti fatti, Rap non aveva tutti i torti
a temere così tanto il genere femminile.
Will
si schiarì la voce, quasi imbarazzato per quella
confessione, e
riprese a parlare.
“Fatto
stà, che ad un certo punto, mentre camminavo senza sapere
dove stavo
andando, sentii una voce e qualcuno afferrarmi un braccio. Nonostante
i miei occhi vedessero parecchio offuscato quella notte, il viso di
tua madre mi apparve straordinariamente nitido. Sapeva farsi
notare... anche senza fare nulla.”
Lo
so! Pensò Eleanor … era la
sua maledizione!
“Una
cosa ereditaria, a quanto vedo.” aggiunse Will, osservandola
attentamente.
Eleanor
s'irrigidì istintivamente, imitata subito da Rock e Rap che
indirizzarono all'uomo un'occhiata nient'affatto amichevole.
Will
alzò le mani in segno di resa, sorridendo
sornione:”Calma ragazzi,
calma! Era solo un modo per dire che Eleanor somiglia molto a sua
madre. Non volevo insinuare nulla!”
Rap
si voltò di scatto verso Eleanor. Sembrava sul punto di
esplodere.
“Andiamo via?”
chiese, anche se suonava più come un ordine
piuttosto che un invito.
La
ragazza lo guardò esitante. Sarebbe bastato un
sì, un cenno del
capo, nient'altro che un'insignificante sillaba per scappare e
dimenticarsi di quell'uomo. In fondo, aveva vissuto benissimo senza
un padre per quasi ventanni … non avrebbe avuto nessun
problema a
continuare la sua vita senza Will.
Eppure,
c'era qualcosa che glielo impediva. Il modo in cui Will parlava di
sua madre, la scintilla che gli aveva acceso lo sguardo mentre la
ricordava.
Forse
si sbagliava. Forse era una sciocca a pensarlo, ma Eleanor era certa
che Will doveva averla davvero amata. E chissà?... magari
nemmeno la
morte era riuscita a cancellare quel sentimento.
L'amore
è qualcosa d'indelebile. Per quanto ci si sforza a
cancellarlo, ad
eliminare ogni segno del suo passaggio, di lui rimane sempre e comunque
una
traccia. E per quanto piccola e insignificante possa essere, fa
soffrire. Era stato Rap ad insegnarglielo.
L'attenzione
di Eleanor si focalizzò di nuovo su Will.
“Vai
avanti.” lo esortò, cercando d'ignorare Rap che
stava facendo di
tutto per mettere in mostra il suo disappunto.
“Ti
sembrerà strano...” continuò Will
“... ma lei mi prese con sé
come fossi stato un cagnolino smarrito. Non avevo capito
perchè una
bella ragazza come lei si trovasse in strada a quell'ora di notte,
probabilmente fu a causa di tutto quell'alcool. Tentò di
farmi
qualche domanda. Dove abitassi, se volevo telefonare a qualcuno, ma
non ero proprio in grado di rispondere. Così fece la cosa
meno
raccomandabile di tutte: … mi portò a casa
sua.”
Quel
racconto, scatenò in Eleanor una fastidiosa sensazione di
dejà-vù.
Non dovette starci a pensare troppo. Vide distintamente gli occhi di
Rock spostarsi su Rap per il volgere di un istante.
Forse
senza nemmeno rendersene conto, Rap stava praticamente stritolando la
mano di Eleanor. Lei comunque non si lamentò. L'espressione
vacua e
triste del ragazzo, rischiava di mandarla in paranoia.
Nel
racconto di Will c'erano così tante similitudini con lui e
Marika...
Rap
stava rivivendo tutto, ricordando tutta la sofferenza e il dolore
causati dalla perdita di Marika. Sentì un'improvviso e
devastante
senso di protezione nei suoi confronti, ma Rap non aveva bisogno del
suo aiuto. Lui era perfettamente in grado di difendersi da solo.
Il
gracchiare della sua sedia sul pavimento la riscosse. Si era alzato
in piedi e le aveva lasciato la mano.
“Scusatemi...”
mormorò, senza guardare nessuno, un secondo prima di
andarsene.
Rock
ed Eleanor non lo fermarono. Lo seguirono con lo sguardo fino a che
non uscì dal locale. Videro una confusa Amber corrergli
dietro, ma entrambi
sapevano che entro breve sarebbe rientrata sconfitta. Nessuno era
capace di far ragionare Rap quando il suo unico desiderio era stare
da solo. E in quel momento lui non voleva nessuno intorno!
“Ho
detto qualcosa che l'ha offeso?” domandò Will,
interdetto dalla reazione di Rap.
Gli
occhi di Rock ed Eleanor s'incontrarono per un istante. Uno sguardo
denso di parole e pensieri inespressi.
“No...”
fece Rock “... Lei non ha detto niente, non si
preoccupi.”
Eleanor
portò la mano che Rap aveva tenuto, stretta in grembo
ricercando il
calore che il ragazzo le aveva trasmesso fino a quel momento. Non
averlo più al
suo fianco, la fece sentire improvvisamente scoperta e vulnerabile.
Quasi
avesse percepito i suoi pensieri, Rock le cinse la vita e la
avvicinò impercettibilmente a sé. Subito, Eleanor
si rilassò,
ricordandosi di non essere sola e sentendosi una vera stupida ad
averlo anche solo pensato.
“Ho
vissuto con tua madre per un paio di mesi...” riprese Will,
come se
non fosse successo nulla “... E' stato così facile
innamorarsi di
lei, così automatico. Ed era così dura lasciarla
uscire di notte,
senza poter fare nulla per fermarla. Mi sentivo così in
colpa nei
suoi confronti. Se non avessi speso i miei ultimi soldi in quel
maledetto bar avrei potuto impedirglielo. Avremmo potuto vivere con
quelli per un po'... Non dimenticherò mai quel periodo.
“
Eleanor
ebbe l'impressione di vedere delle lacrime affacciarsi dai suoi
occhi, ma probabilmente fu solo una sensazione, dato che nessuna di
esse si mostrò.
“Perchè
te ne sei andato via?” sbottò d'istinto, con fare
accusatorio. “Se
l'amavi così tanto, perchè non sei rimasta con
lei? Perchè l'hai
lasciata sola?”
Perchè
ci hai lasciate? ...
Will
non sembrò affatto messo in difficoltà :
“E' vero, me ne andai.
Ma avevo intenzione di ritornare. Dovevo prima di tutto riprendermi
ciò che era mio, almeno una parte; sottrarlo alla mia
ex-moglie. Era
determinato a riavere indietro la mia vita. Ero pronto a tutto, ad
andare per vie legali se necessario, anche se non avevo idea di come
pagare gli avvocati, ma non m'importava. Forse non sarei tornato
ricco come un tempo; volevo solo tornare da lei e toglierla dalla
strada, darle la vita che meritava... “
“E
perchè non l'hai fatto?”
Will
continuò come se non l'avesse nemmeno sentita :
“Riottenni solo
una piccola parte del mio patrimonio, abbastanza per riaprire la mia
azienda comunque. Sapevo che sarebbe stata dura, ma non ero per nulla
spaventato. Poi un giorno, quando ero ancora troppo lontano dai miei
obiettivi per tornare da tua madre, mi arrivò una sua
lettera, con
allegata la foto di un neonato...”
Eleanor
trattenne il respiro e strinse forte la mano di Rock.
“...
Inizialmente non capii. Poi sulla lettera trovai le seguenti parole
'Questa è nostra figlia. Si chiama Eleanor. Non ho avuto il
cuore né
il coraggio di gettarla via. Forse è uno
sbaglio, ma sento
che non me ne pentirò mai.'...”
Will
era totalmente assorto. Ripeteva le frasi di quella lettera a
memoria, con un coinvolgimento tale da farla sembrare quasi una
preghiera. Quanto tempo aveva trascorso a leggerla e rileggerla... ?
“
'Non voglio nulla da
te, non pretendo niente. Non ti
chiederò mai soldi, non sono quel tipo di donna. Non ero
nemmeno
certa di dirtelo, ma siccome so che hai l'intenzione di tornare qui
prima o poi, volevo sapessi che se tornerai saremo in due ad
aspettarti. Se non lo farai, non sarò certo io ad
implorarti. Sono
in grado di crescere questa bambina da sola. Non dico che
sarà
semplice, ma l'avevo messo in conto il giorno che ho deciso di
portare a termine la gravidanza. So che ora tu non hai le
possibilità
di prenderti cura di noi, sia quel che sia noi ti aspetteremo e se un
giorno non dovessi più ricevere nostre notizie,
significherà che
non abbiamo più bisogno di te... E se le cose andranno
così, ti
prometto che quando Eleanor sarà grande abbastanza per
capire, le parlerò
di te, di come sei piombato nella mia vita senza alcun preavviso e
del vuoto che hai lasciato nel mio cuore il giorno che te ne sei
andato... le spiegherò che non deve incolparti, ma che al
contrario
deve ringraziarti per avere contribuito a donarle la vita e per aver
concesso a sua madre un po' di luce nel periodo più buio
della sua
esistenza... ' “
Ogni
singola parola si piantò nel cervello di Eleanor con una
prepotenza
inaudita.
Le venne una gran voglia di piangere, di urlare... ma non
solo. Non fu questo a sconvolgerla. Percepì un pesante velo
di
tristezza avvolgerla e stringerla fino a mozzarle il respiro. E poi
inaspettatamente arrivò quel desiderio... quel disperato
bisogno di
abbracciare forte sua madre. Risentire la sua voce, le sue braccia
consolarla, il suo profumo.... implorare il suo perdono. Mai come
allora si era sentita così vicina a lei. Mai come in quel
momento si
era accorta di quanto si somigliassero. Mai, non aveva mai tentato di
comprenderla. E ora, quell'uomo, quell'estraneo, quella persona che
affermava di essere suo padre, le aveva aperto gli occhi.
Sua
madre era un'anima smarrita, proprio come lei. Poi era arrivato un
angelo custode a salvarla.
Può
un destino essere ereditato? … La risposta era
sì. Certo che può.
Ma può anche essere cambiato. Sua madre aveva ceduto ad un
certo
punto e si era arresa, ma Eleanor non l'avrebbe mai fatto. Le cose
sarebbero state diverse per lei!
Lei
voleva parlarmi di lui... Non aveva intenzione di mentirmi. Non l'ha
mai fatto! Non c'è stato il tempo... non ha fatto in tempo a
parlarmene. Non ero grande abbastanza!
Il
cuore stava battendo così forte da farle pulsare persino le
orecchie. Si odiava. Come poteva averla trattata a quel modo? Averla
odiata così tanto, per tutti quegli anni? Non aveva nemmeno
mai
posato un fiore sulla sua tomba...
“Eleanor!”
Qualcuno
la stava chiamando. Il suo nome ripetuto le riempiva la testa, ma il
senso di colpa l'aveva intrappolata, la stava inghiottendo e
lentamente distruggendo.
Fu
un'altra voce ad afferrarla e trascinarla in salvo. Quella
inconfondibile di Rock :
“Eleanor...
“
Quella dolcezza, mista a
preoccupazione la riportarono al
presente. I mille e più pensieri che le avevano offuscato la
mente,
si stavano pian piano dissipando, ma la realtà era ancora
lì.
Spietata e implacabile.
Will
la fissava comprensivo. Sui suoi occhi un velo di disperazione e
vergogna disarmanti.
“
Io non ...”
provò a dire, con la voce rotta “...
Non avevo idea che fosse morta!” ammise, a fatica.
“Non sapevo
che ti avessero portato in un istituto. Nel momento in cui non ho
più
ricevuto vostre notizie, ho pensato che lei avesse incontrato un
altro uomo, che si fosse sposata magari e che tu fossi circondata
dall'affetto di una famiglia... Ero felice per voi! Sapevo che era la
cosa migliore e non volevo intromettermi. Non potevo immaginare
che...”
“Io
non ce l'ho con te!” lo fermò Eleanor,stupendo
anche sè stessa “Mamma è sempre stata
un
po' strana. Avrebbe dovuto seguirti il giorno che te ne sei andato,
ma odiava il fatto di dover dipendere da qualcuno. Era così
testarda
e fastidiosamente orgogliosa... tu non hai fatto nulla di sbagliato.
Non è colpa tua se è diventata pazza e si
è ammazzata. Se il suo
cervello non avesse dato di matto probabilmente sarebbe ancora
lì ad
aspettarti... “
Non
capiva perchè lo stesse facendo. Si era ripromessa di
odiarlo a
vita, e invece adesso lo stava addirittura difendendo. Forse, non
voleva fare lo stesso errore di sua madre... dare retta al proprio
orgoglio.
“Perchè
hai deciso di tornare adesso?” chiese poi.
“Dovevo
parlare di una cosa importante con tua madre. Nel mio piano originale
non rientravano incontri con te. T'immaginavo mentre chiamavi
papà
un altro uomo e non volevo piombare di colpo nella tua vita
stravolgendola … Ma la casa dove lei viveva era vuota, ho
chiesto
ai vicini se sapessero dove vi eravate trasferite e una di loro mi ha
spiegato cosa fosse successo. E' stato orribile! Mi è caduto
il
mondo addosso, non sapevo che fare...”
“Come
mi hai trovato?”
“Beh,
la prima cosa che ho fatto è stata andare all'istituto. Ho
dovuto
faticare non poco per ottenere informazioni al tuo riguardo, ma alla
fine la direttrice mi disse che eri uscita da circa 4 anni. Quando ho
realizzato che nessuno ti aveva adottato mi sono sentito ancora
più in colpa. Ti ho cercato ovunque, senza risultati. Stavo
iniziando
a perdere le speranze, finchè una notte ti ho vista... eri
appostata
all'ingresso della metropolitana...” Sul viso di Will si
delineò
un sorriso “..ti dondolavi sui piedi come se ti stessi
annoiando a
morte. Credo stessi aspettando qualcuno.”
Anche
Eleanor non potè fare a meno di sorridere. Ricordava fin
troppo bene
quella sera.
No...
disse nella sua testa Non aspettavo nessuno. Stavo dando la
caccia
a Rock...
Automaticamente
alzò gli occhi sul ragazzo che ricambiò il
sorriso, del tutto
cosciente di ciò a cui lei stava pensando.
“Il
mio istinto mi diceva che eri tu!” continuò Will.
“Ma quando mi
sono reso conto che quella era la stessa zona dove bazzicava tua
madre, ho capito che voi due eravate identiche anche su quel fronte.
Mi ero deciso di affrontarti. Di venire a cercarti, magari mi sarei
finto un cliente e poi ti avrei spiegato chi fossi e ti avrei portato
via da lì... ma tu sei sparita! Non sei più
tornata su quella
strada. Ciò nonostante, non mi sono arreso. Ho continuato a
cercarti
come un ossesso, finchè un giorno non ti ho vista servire i
tavoli
in questo locale.... Ho avuto la conferma che eri davvero tu, quando
una delle ragazze che lavorano qui ti ha chiamato per nome. Da allora
ho sempre provato ad avvicinarti, ma tu sei sparita di nuovo...
riesci ad essere davvero sfuggevole quando t'impegni.”
“Concordo!”
esclamò Rock, sogghignando.
“Hai
detto che sei tornato perchè dovevi parlare di una cosa
importante a
mia madre, giusto? “ chiese Eleanor.
“Si,
esatto.”
“Posso
sapere di cosa si tratta?”
Will
parve esitare e mettersi sulla difensiva. Tuttavia parlò
:” Si
certo... “
Prese
il portafoglio e cominciò a cercare qualcosa :”In
verità, non
volevo dire proprio nulla a tua madre... Volevo solo darle
questo!”
Tirò fuori un foglietto spiegazzato. Stava per darlo alla
ragazza,
ma un attimo prima di permetterle di afferrarlo, tirò
indietro la
mano. “Devi promettermi che lo guarderai una volta che sarai
a
casa.”
Lei
lo guardò perplessa :”Per quale motivo?”
“Se
hai ereditato almeno una piccola parte del carattere di tua madre,
è
probabile che ti arrabbierai. E non mi va di saperti arrabbiata con
me... come se non lo fossi già abbastanza.”
Le
diede il biglietto e, dopo qualche attimo d'incertezza, Eleanor lo
infilò nella sua borsa. “D'accordo.
Cercherò di non arrabbiarmi
più di tanto, allora.”
Will
le sorrise grato :”Sono contento di averti parlato. Dubito
che sarà
l'inizio di qualcosa, ma mi piace pensarlo.”
“Ho
solo bisogno di un po' di tempo per … smaltire questa
novità. “
“Nessun
problema. Come hai potuto vedere, sono piuttosto bravo ad
aspettare.”
Eleanor
le sorrise. “Grazie...”
***
Sdraiata
sul suo letto, circondata da Rock, Rap, Heavy e Metal, Eleanor teneva
le mani in grembo. Tra le dita stringeva il foglietto che Will le
aveva dato. Non l'aveva ancora guardato. Non ne aveva il coraggio.
Aveva provato ad immaginare cosa potesse esserci scritto, ma la sua
poca fantasia non era bastata.
“Dobbiamo
ancora aspettare molto?” incalzò Rap.
“Non
metterle fretta! E' una cosa sua. Noi non dovremmo nemmeno essere
qui!” replicò Heavy.
Metal
sospirò scocciato:“Il mio fratellino idiota ha
ragione!”
“Ragazzi,
dateci un taglio o vi caccio fuori a calci!” li
zittì Rock.
Eleanor
sorrise, divertita. La loro presenza era essenziale per allegerire la
tensione.
“Oh
andiamo!” insistette Rap “E' un pezzo di carta.
Cosa mai potrà
esserci scritto? Il codice d'attivazione di qualche bomba atomica
diretta qui?”
Heavy
scoppiò a ridere. “Io non ci scherzerei. Si tratta
pur sempre di
Eleanor.”
Lei
lo guardò male :”Stai forse insinuando che io sia
un'attira
disgrazie?”
“Come
posso mentirti se mi guardi con quegli occhi?... Si, lo sei.
Indubbiamente!”
Eleanor
cercò di raggiungerlo con un calcio, ma lui lo
evitò ridendo.
“Avanti,
Eleanor!” fece Metal “Leviamoci questo
pensiero!”
La
ragazza sospirò poco convinta. Cercò lo sguardo
di Rock che le
sorrise :”Ha ragione! Via il dente, via il dolore! Non
può essere
una cosa tanto brutta.”
Eleanor
si rigirò il foglietto tra le mani, davanti al viso,
indecisa.
“D'accordo!”
esclamò mettendosi seduta “Lo leggo!”
Le
furono tutti addosso in un attimo. In quei mesi passati insieme,
doveva in qualche modo avergli trasmesso una parte della sua innata
curiosità. Non avrebbe mai pensato di vederli
così ansiosi per una
sciocchezza simile.
Con
un ultimo sospiro, aprì il biglietto e quello che
trovò scritto la
lasciò perplessa.
“Ma
cosa...?”
C'era
il suo nome, seguito da un cognome che non conosceva, probabilmente
quello di Will; un indirizzo e una serie di numeri senza un apparente
ordine logico.
I
visi dei cinque ragazzi erano vicinissimi l'uno all'altro, sopra quel
foglio. Ognuno intento a cercare di capire cosa fossero quei numeri.
“La
conosco quella via!” fece Heavy indicando l'indirizzo
“Ma non è
una zona residenziale. Ci sono solo uffici.”
Rock
allungò la mano e prese li foglio: “Si, la conosco
anch'io.”
“Ma
cosa significa?” domandò Eleanor, confusa.
Rap
si avvicinò a Rock :” Non ci sono solo uffici
lì...” disse “C'è
anche una banca.”
“Continuo
a non capire...”
Metal
parve colto da un'improvvisa illuminazione :”State dicendo
che...”
“Temo
proprio di sì!” sbottò Rap.
“Cosa?
Di cosa accidenti state parlando?”
Rock
alzò gli occhi su di lei e la fissò seriamente :
“Eleanor, credo
che questo sia un numero di conto corrente. A tuo nome!”
Tutto prese a vacillare intorno a lei
e la sua voce si tramunò in un sussurro: " ...No... non
è possibile."
***
Buonasera!
Vergognoso ritardo lo so. QUesto
capitolo mi ha dato un bel po' di problemi. Non so nemmeno spiegarmi il
perchè. Ne ho scritti di più complicati in fondo.
FOrse è l'ansia di dover far combaciare tutti i vari pezzi
della storia alla perfezione. E' una cosa tutt'altro che semplice, ve
l'assicuro.^^
Spero sia piaciuto! =)
Passo a ringraziare:
Mana_chan: Mi spiace
di averti fatto attendere anche questa volta così a lungo :(
sono irrecuperabile. Spero che il capitolo mi faccia guadagnare il tuo
perdono comunque =)
MakyMay: I gemelli
di Host Club??? Vuoi che non ce li abbia presenti??? Io sono un'otaku
DOC ù_ù ... xD Comunque si, probabilmente
farò un prequel, mi piacerebbe soffermarmi sulla storia di
Marika e sul suo rapporto con Rock e Rap. Però non so...
vedremo! Per quanto riguarda la storiella sui vampiri... ci sto
lavorando, ma qualche personaggio è già bello che
pronto. Per la trama sono in alto mare invece ^^'
Piccola Ketty:
Carissima compaesana, sono sempre in ritardo che figureeeeeeeee!!! .__.
però tu non abbandonarmi eh!?
Lady Emily Uchiha:
Oooooh che bello, nuova lettrice!! Mi spiace ma ti sarai resa conto che
i miei aggiornamenti sono saltuari purtroppo =( ... anche tu innamorata
di Rap ahahahahah! Non pensavo avrebbe avuto sto successo quando l'ho
creato ^_^ !! Grazie mille per i complimenti. Mi fai commuovere T_T
.... e sappi che le recensioni chilometriche mi esaltano quindi non
trattenerti :D !!!
Black S O U L___ :
Ci conto che non scappi eh?! :) Ti assicuro che i motivi di questo
ritardo ci sono...ehm ehm... si più o meno ^^ '
...PERDONAMIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!! ç.ç
Ok, ragazze. Spero di non
dovervi far aspettare così tanto la prossima volta. Siamo a
meno 3 dalla fine! Poi vi libererete di me finalmente!
ù__ù
Grazie mille a chi commenta, a
chi mi aggiunge ai preferiti, alle seguita, alle "ricordate"
e anche a chi legge e basta!!
A presto ( speriamo!) ^^
Ayleen
PS
|
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Capitolo 33 *** Il Papà Numero due e la Signora Carina ***
solo un paio d'ali - capitolo 33 - il papà
numero due e la signora carina
Scusate scusate scusate scusate
scusate scusate, non smetterò di ripeterlo! Scusate scusate
scusate! Sono un disastro totale!!!! :( prima c'erano le verifiche e non
ho aggiornato, poi c'è stata una piccola crisi d'ispirazione
e infine, quando finalmente avevo ripreso il ritmo, quegli str***i
(scusate il francesismo) di adm hanno chiuso il mio amato canale di
youtube, sul quale avevo ben 600 iscritti , una trentina di video, due
dei quali erano nella top 10 dei più visti e i
più votati di sempre =( .... tutto perduto adesso!! Ho
dovuto ricominciare da capo ma ci vorranno anni prima che torni come
prima, dato che il vecchio canale lo avevo aperto quando avevo circa 15
anni, quindi 7 anni fa! è__é Mi hanno
demoralizzato in una maniera pazzesca! Prendetemi per
pazza ma avevo voglia di piangere!!! T.T uff....
E vabbè, ci sono tragedie peggiori.... tipo quelle della
nostra Eleanor, no?? xD Se vi ricordate di lei!
Ci vediamo alla fine dove dovrò sottoporvi un piccolo
sondaggino! ^.^
ps
Non fate caso al titolo scemo del capitolo! xD
CAPITOLO
TRENTATRE
Il
Papà numero due e la Signora carina
“Lui
saprebbe cosa fare.” quasi non si accorse di aver pronunciato
quelle parole a voce alta. Solo il sospiro amareggiato che le
solleticò un orecchio gliene fece prendere coscienza.
“Mi
spiace di non essere lui.”
Non
c'era rancore ad inclinare la voce di Rock, solo un profondo
rammarico.
Eleanor
voltò il viso per guardarlo: “Non intendevo
questo.”
Le
sue labbra s'inclinarono in un mezzo sorriso : “Si
invece.”
“Nessuno
sarà mai come Evan. Così come nessuno
può e potrà mai essere come
te, ok?”
Il
sorriso si allargò in un tentativo di alleggerire la
tensione : “Hai
ragione! Non esiste al mondo peggior consigliere di me!”
Eleanor
allungò una mano fino al suo viso : “Non dire
scemenze! Sono io
quella che non è capace di seguire i consigli e crea casini
a non
finire!”
Un
accenno di risata e poi un pesante silenzio tornò a
circondarli.
“Quindi
che farai?” domandò Rock
“Non
lo so.” ammise lei, stremata. “Non lo so proprio!
Come posso
accettare quei soldi? Dio, è come se mi stesse comprando, lo
capisci? Come se fosse convinto che basti sistemarmi economicamente
per avere il mio affetto! Come posso accettare una cosa simile? E'
sbagliato!”
Rock
si tirò su a sedere, le lenzuola scivolarono sul suo corpo
come
acqua : “Sai, per una volta dovresti fregartene di cosa
è giusto o
sbagliato.”
La
sua fronte si corrugò: “Che intendi?”
“Non
lo conosci ancora bene. Non sai se è nella sua indole
comportarsi
così. Magari l'ha fatto perchè ci tiene davvero a
te. Ma se anche
non fosse così, se per caso l'avesse fatto solo ed
unicamente per
pulirsi la coscienza, dov'è il problema? Pensa a te stessa
per una
volta. Sii egoista e approffittane. Non capita tutti i giorni di
ritrovarsi un conto in banca come regalo, no?”
Eleanor
si mise a sedere e lo guardò confusa : “Quindi mi
stai dicendo di
accettarli? Fare una cosa del tipo Prendi
i soldi e scappa
?”
“Si!”
fece lui, facendola sembrare la cosa più ovvia del mondo
“Sei
cresciuta da sola, hai una avuto una vita di merda, ti sei venduta
per sopravvivere e nessuno ti ha mai aiutato. E' un tuo sacrosanto
diritto fare la cosa sbagliata! Stiamo parlando di soldi, Eleanor.
Pochi o tanti che siano, ne hai bisogno. Sai quante persone
vorrebbero essere nella tua situazione? Non è il momento per
crearsi
inutili problemi da moralisti!”
La
mente di Eleanor cominciò a lavorare veloce. Accettare quei
soldi
avrebbe voluto dire riappacificarsi automaticamente con Will, quindi
dimenticare il passato. Non prenderli invece avrebbe portato,
sì, al
mantenimento della sua coscienza pulita, ma anche all'eterno rancore
verso suo padre. Forse Rock aveva ragione. Cosa le importava che
fosse giusto o sbagliato prendere quei soldi? Le avrebbero fatto
comodo! Le avrebbero permesso di avvicinarsi sempre di più
ad
Haylie....
Come
un fulmine, il pensiero della bambina le rischiarò la mentre
da
tutti i dubbi.
“....Haylie.”
Le sfuggì dalle labbra.
Rock
sorrise trionfante : “Ed era proprio lì che volevo
portarti a
parare!”
“Quei
soldi ci servono!” esclamò Eleanor, senza alcun
indugio.
“Altrochè
se ci servono!”
Eleanor
scattò in piedi e cominciò a vestirsi :
“Andiamo! Vediamo quanto
ha deciso che vale il mio perdono il caro paparino!”
Rock
scoppiò a ridere : “E tanti cari saluti alla tua
coscienza
immacolata!”
“Già,
e diamo uno speciale benvenuto al Signor Menefreghismo!”
“Comunque
sia, io non avrei tutta questa fretta di uscire.”
“Lo
so , è stupido. Ma non capisci? Siamo ad un passo dal
prenderci
Haylie! Non posso stare calma!”
Rock
alzò gli occhi al cielo svagato, mentre la osservava
infilarsi i
vestiti alla velocità della luce :
”
Lo capisco. Però
sai, dubito che le banche siano aperte
alle sei e mezza della mattina.”
Eleanor
s'immobilizzò e notò il ragazzo farle un cenno
con il capo in
direzione dell'orologio appeso alla parete.
“Ma
dai!” si lamentò, sbattendo per terra un piede
come una bambina
capricciosa “Questo è un complotto contro di
me!”
“Oh
si, assolutamente!”
“Potevi
anche farmelo notare prima che mi vestissi di tutto punto!”
sbottò
acidamente, assumendo un'aria vagamente arrabbiata.
“E
perdermi tutto questo? Mai!”
Rock
allungò un braccio fino ad afferrarle la mano e farla
capitombolare
sul letto.
“Hey!”
fece lei, ridacchiando. “Ma che fai?”
“Cerca
di rilassarti! La banca non scapperà. Così come
non scapperà
questo fantomatico conto corrente.”
“Lo
so. “ disse lei, imbronciandosi appena. “ E' solo
che voglio fare
tutto subito. Ho il terrore che se non mi sbrigo possa accadere
qualcosa che faccia saltare tutti i nostri piani. In fondo, non
sarebbe una novità per me!”
“Pensa
positivo per una volta!”
“No.
Pensare positivo porta male, dannatamente male!”
“D'accordo.
Allora chissà quale disgrazia ci accadrà mentre
andremo a
verificare quanto ricca sei diventata? “
Eleanor
rise e decise di stare al gioco : “Un meteorite che cade
sulla
banca, può andare?”
“Uhm,
si …. e cosa ne dici di un pazzo a cui è stato
rifiutato un
prestito che entra armato di bomba e che si fa saltare per
aria?”
“Con
noi dentro magari!”
“Beh,
questo era sottointeso naturalmente.”
“E
un attacco alieno ?”
“Un
po' troppo inverosimile, ti pare?”
“Ah
perchè? Il kamikaze invece non lo è?”
“Non
tanto, visti i tempi che corrono!”
La
risatina di Eleanor decretò la fine di ogni futile
chiacchiericcio.
I due ragazzi rimasero in silenzio, ognuno immerso nei proprio
pensieri.
Eleanor
non era una che amava fare progetti. Le poche volte che l'aveva
fatto, qualcosa le aveva sempre impedito di andare fino in fondo.
Preferiva vivere alla giornata. Eppure, in quel momento, non riusciva
proprio ad evitare di fantasticare sulla piccola Haylie.
Immaginò
come sarebbe stato vivere con lei, giocarci insieme, farla ridere,
vederla fare i capricci, abbracciarla, metterla a letto, leggerle le
favole per farla dormire … l'istinto materno che nemmeno
sapeva di
possedere venne improvvisamente a galla.
Aveva
paura però a fare certi pensieri. Se fosse accaduto
qualcosa, se i
suoi piani fossero saltati per qualsivoglia motivo, sarebbe stato
atrocemente difficile da accettare.
Mai
per un secondo si domandò come l'avrebbe presa Rap. Era
certa che
inizialmente non sarebbe stato contento, non per cattiveria, ma
perchè Haylie le ricordava troppo Marika. Trascorreva la
vita a
cercare di non pensare a lei, a tutta la sofferenza causata dalla sua
morte; però, in cuor suo, Eleanor sapeva anche che gli
sarebbe
bastato davvero poco per innamorarsi di quella bambina. Era sua
figlia... sua e della sua amata Marika. Non le avrebbe mai e poi mai
voltato le spalle.
Si
ritrovò a sorridere immaginandoli insieme. Raramente la sua
fantasia
aveva partorito qualcosa di così tenero!
Quel
sorriso non sfuggì a Rock:
“Stai
sognando ad occhi aperti.”
“Si...”
rispose lei, pur sapendo che si trattava di una semplice osservazione
e non una domanda. “In effetti pensare positivo è
più
divertente!”
***
Rock
ed Eleanor erano usciti da quasi due ore.
Rap
era felice che Rock l'avesse convinta a prendersi quei soldi, se li
meritava tutti. A dir la verità, lo era stato
finchè lei non se
n'era uscita con quella frase criptica.
Mi
servono per il tuo regalo!
In
quel momento l'avrebbe sinceramente strozzata!
Lui
non voleva alcun regalo. Quei soldi, di qualunque somma si fosse
trattata, doveva utilizzarli per sé stessa e nessun'altro.
Non
riusciva davvero a capire cosa stesse architettando e nemmeno ci
teneva a saperlo, ad essere sinceri.
Ma
sorrideva mentre parlava di questo fantomatico regalo. Sorrideva come
una bambina la mattina di natale. E Rap non aveva avuto il cuore di
dirle la verità, ossia che non voleva nulla di lei. Anzi no,
non era
propriamente esatto. Qualcosa di suo c'era che bramava di possedere
da tempo, ma purtroppo c'era già inciso sopra il nome di
qualcun'altro...
Quando
lei e Rock finalmente rientrarono, lui s'impegnò con tutto
sé
stesso ad apparire tranquillo e pacato.
“Allora?”
fece, con non-chalance, mentre i suoi amici varcavano la soglia
d'ingresso. “Puoi portarci tutti a mangiare aragoste e
caviale
adesso?”
Si
rese subito conto che qualcosa non andava. Eleanor sembrava scossa.
Pallida e silenziosa, il suo sorriso era scomparso. Alzò gli
occhi
blu su di lui e lo fissò per qualche istante con espressione
indecifrabile.
Le
fece male vederla così. Quello stato quasi apatico le
ricordò in
maniera dolorosa i giorni successivi alla morte del suo amico Evan.
“Va
tutto bene?” chiese automaticamente, la voce inclinata dalla
preoccupazione.
Rivolse
uno sguardo interrogativo a Rock, dato che Eleanor non sembrava
intenzionata a reagire. Fece appena in tempo a vederlo sorridere e a
domandarsi cosa ci fosse da essere così allegri, che Eleanor
lo
abbracciò senza apparente motivo.
Rap
non seppe come reagire, del tutto interdetto da quello strano
comportamento.
“Eleanor....”
provò a dire “ ….cosa - ?”
“Ce
l'ho fatta, Rap!” disse, e parve si stesse liberando da un
grosso
peso “Ce l'ho fatta! Anche tu sarai finalmente felice, te lo
prometto.”
Quelle
parole lo tramortirono e rassicurarono al tempo stesso. Aveva creduto
di poter soffocare l'amore che provava per lei, ma si
era illuso. In qualche modo, negli ultimi trenta secondi, Eleanor era
riuscita ad accrescerlo in maniera esponenziale.
Non
aveva idea di cosa lei stesse parlando, a cosa si stesse riferendo,
ma un concetto era chiaro:
Solo
a te importa della mia felicità, vero?…
Era
sul punto di rispondere a quell'abbraccio liberatorio, ma Eleanor lo
sciolse. Scoppiò a ridere , quasi non riuscisse a contenere
tutta
quella gioia che le illuminava il viso, prese per mano Rock e lo
trascinò verso la loro stanza.
“Goditi
questi ultimi giorni di libertà, amico!” fece Rock
“Presto sarai
molto indaffarato per... ehm, diciamo il resto della tua
vita!”
Entrambi
scomparvero dietro la loro porta, lasciando Rap confuso, frastornato
e dolorosamente coinvolto in quel sentimento proibito.
***
“E'
in ritardo!” esclamò Eleanor, per circa la decima
volta.
Rock
le fornì la solita risposta :
“Arriverà, cerca di rilassarti!”
Lei
sbuffò sonoramente, incrociò le braccia sul petto
e, per la gioia
di Rock, decise finalmente di fermarsi. Aveva trascorso gli ultimi
venti minuti a camminare ansiosamente avanti e indietro di fronte al
ragazzo, seduto tranquillamente in una panchina del parco.
“Perchè
ci mette così tanto? E se si fosse dimenticato? Forse dovrei
chiamarlo! Forse-”
“Eleanor!”
la fermò subito Rock, prima che si facesse venire un attaco
di
panico “Non potrebbe mai essersi dimenticato di un
appuntamento con
sua figlia.”
Con
un sospiro, Eleanor andò a sedersi al suo fianco :
“Spero che tu
abbia ragione.”
“Certo
che ho ragione!”
Eleanor
chiuse gli occhi. Era da quella mattina che la sua mente proiettava
la stessa immagine. Non ricordava l'aspetto dell'impiegato di banca,
né il numero dello sportello dove lei e Rock si erano
recati, non
ricordava neppure se avessero fatto la fila o no. Ricordava solo la
cifra scritta in fondo all'estratto conto che gli avevano dato.
All'inizio aveva creduto ci fosse un errore. Nella sua vita non
c'erano mai state cifre a cinque zeri.
Ma
invece, era tutto vero! A quanto pareva Will, suo padre, si era
rimesso economicamente in carreggiata e le aveva riservato una
piccola fortuna. Per tutto il tragitto fino a casa non aveva
spiccicato parola, troppo scombussolata. Aveva anche pensato di
rifiutarli quei soldi, non avrebbe saputo gestirli dato che non ne
aveva mai avuti molti. Tuttavia, ogni dubbio e ogni timore si erano
dissolti nel nulla nel momento in cui si era trovata di fronte Rap,
la solita espressione triste e malinconica ad incrinargli il volto.
Non
era importante da dove provenissero quei soldi o quanti fossero.
Servivano per aiutare Rap! Per restituirgli un valido motivo per
vivere! E ora, non vedeva l'ora di svuotare quel dannato conto
corrente!
La
prima cosa che aveva fatto era stata chiamare Will, che le aveva
lasciato il suo numero sullo stesso foglietto in cui compariva quello
del conto.
Doveva
vederlo! Non sapeva se era giusto ringraziarlo o no … la
sensazione
che stesse cercando di comprarsi il suo affetto, nonché il
suo
perdono, era ancora fastidiosamente presente. Ciò
nonostante, le
sembrava corretto provare a conoscere quell'uomo. Probabilmente non
l'avrebbe mai chiamato papà,
però ignorarlo sarebbe stato meschino e crudele. Le ragioni
che
l'avevano tenuto lontano da lei sembravano sincere; in più,
sembrava
aver amato davvero sua madre e forse, dato che non aveva alcuna donna
al suo fianco, l'amava ancora.
Ci
avrebbe provato a volergli bene! Era insanamente impaziente di
conoscere il cosidetto affetto
paterno,
per lei del tutto estraneo.
Così
eccola lì, ad aspettare quel padre assente che l'aveva resa
all'improvviso ricca.
Cercò
di sgombrare la mente da quei pensieri e di fare ciò che
Rock le
stava suggerendo dal momento in cui erano usciti di casa, ossia
rilassarsi.
L'occasione
le si presentò subito. La sua attenzione venne
irrimediabilmente
attirata da due persone che passeggiavano poco distanti. Una coppia
di anziani, per la precisione, marito e moglie con tutta
probabilità. I loro passi erano lenti, piccoli, trascinati,
a malapena alzavano i
piedi da terra. Appoggiato ad un bastone lui, leggermente ingobbita
lei, le loro mani saldamente unite, come due adolescenti.
Eleanor
si ritrovò a sorridere in maniera naturale e
provò ad immaginare la
loro vita insieme. L'incontro, l'innamoramento, la dichiarazione, il
matrimonio, i figli, i nipotini … il tutto contornato da
litigate,
problemi economici, famigliari e tutto ciò che comporta
l'essere
sposati. Eppure, eccoli lì, a sfidare la resistenza dei loro
corpi
attempati e passeggiare per mano nel parco come due fidanzatini. Era
la cosa più dolce che avesse mai visto!
La
sua natura di ragazzina immatura e sciocca venne a galla. Chissà
dove sarò io tra cinquantanni ? ….
Senza
quasi rendersene conto, strinse il braccio a Rock e appoggiò
la
testa sulla sua spalla.
In
qualunque posto capiterò, spero di essere ancora con te...
“Eleanor!”
La
voce di Will dietro di loro, la strappò a quelle piacevoli
fantasie.
Entrambi si voltarono.
“Scusami,
lo so di essere in ritardo. Mi spiace davvero!”
“Non
fa nulla.” lo tranquillizzò lei.
“Siediti!” aggiunse poi, più
seria di quanto volesse apparire.
Will
acconsentì e le si sedette di fianco, un lieve imbarazzo a
velargli
lo sguardo. Era chiaramente in difficoltà, a malapena osava
guardarli, soprattutto Eleanor che invece lo fissava con insistenza.
“Sai,
non so davvero cosa pensare...” esordì la ragazza,
con tono
inflessibile “... il mio istinto mi dice di non fidarmi, che
il tuo
animo non è mosso da buone intenzioni e che stai solo
cercando di
salvarti la faccia.”
“Hai
tutte le ragioni per pensarlo.”
“Già,
ma ho deciso di non dare ascolto al mio istinto, questa
volta.”
A
quel punto ebbe tutta l'attenzione di Will che, finalmente, si decise
a guardarla. “Eleanor, ascolta...”
“No!”
lo fermò subito lei. “Non voglio sentire il
perchè mi abbia
regalato quei soldi, non m'interessa. Ti farà piacere sapere
comunque, che ho deciso di accettarli.”
“Ne
sono felice.” fece Will, sfoggiando un sorriso di sollievo.
Tuttavia Eleanor, cercò di soffocare sul nascere quella
momentanea
gioia.
“Ma
non li userò per me!”
Immediatamente,
il sorriso di Will scomparve, lasciando spazio allo sbigottimento
:”Come? Per quale motivo? Sono tuoi!”
“Appunto,
sono miei! Quindi posso usarli come voglio, dico bene?”
“Certo
ma... io pensavo che magari li avresti usati per il tuo futuro. Per
pagarti l'università, magari... oppure per una scuola di
canto.
Nelle sue lettere, tua madre non faceva che ripetermi quanto fossi
brava.”
Ad
Eleanor per poco, non venne da ridere. Will si stava comportando come
un perfetto, qualunque genitore. La cosa la intenerì.
Sorrise senza
volerlo.
“A
scuola sono sempre andata male.” gli spiegò
“Non ci penso
proprio ad andare all'università. Non sono nemmeno riuscita
a
diplomarmi, figuriamoci. E la scuola di canto non m'interessa. Io
canto per rilassarmi, diventare famosa non è il mio
obbiettivo.”
Will
era visibilmente contrariato, cercò tuttavia di non mostrare
troppo
quanto quelle parole lo stessero deludendo. Fece un sospiro profondo
: “Allora cosa vuoi farne?”
La
sicurezza che Eleanor era riuscita a mantenere fino a quel momento,
si dileguò di colpo. Non avrebbe mai voluto parlare di
Haylie a Will,
ma era stato Rock a convincerla.
Abbiamo
bisogno di un aiuto esterno, Eleanor! Le aveva detto, L'aiuto
di una persona che sappia come muoversi. Noi non sappiamo nulla di
adozione, di pratiche legali e tutto il resto. Dobbiamo parlarne a
tuo padre! Ci aiuterà, vedrai! Te lo deve!
Era
stato impossibile recriminare. Aveva dannatamente ragione! Loro erano
solo due ragazzini, in fondo! Avevano bisogno del supporto di un
adulto per questa faccenda. Eleanor desiderava tanto che nessuno
oltre a lei e Rock fosse a conoscenza di quel folle piano, ma c'era
in ballo il futuro di Rap e Haylie. Comportarsi da irresponsabile era
l'ultima cosa da fare!
“Ok!”
fece, afferrando forte la mano a Rock “Ci serve il tuo
aiuto.”
Will
la guardò circospetto : “Per cosa?”
“C'è
una bambina nell'istituto dove sono stata dopo la morte della mamma.
Si chiama Haylie ed è lì dentro dal giorno in cui
è nata...”
L'uomo
appariva sempre più confuso. Eleanor non indugiò
oltre:
“Sappiamo dov'è suo padre e vogliamo
riportargliela!”
***
“Domanda!”
esclamò Heavy, entrando in palestra, dove Metal e Rap si
stavano
intrattenendo con una sfida a basket. “Ma Rock e Eleanor
vivono
ancora qui?”
“E
chi lo sa?” fece Metal, mettendo a canestro il pallone
“Appaiono
e scompaiono di continuo come due fantasmi! Forse sono morti senza
che ce ne rendessimo conto e ora infestano questo posto. Sarebbe
plausibile, no?”
Heavy
scoppiò a ridere, mentre Rap gli mandò
un'occhiata raggelante :
“Credevo che tu fossi il fratello intelligente!”
“Si
beh... una volta ogni tanto concedimela qualche cazzata!” Gli
passò
il pallone e andò a sedersi sugli spalti, seguito da Heavy.
Anche
lui li raggiunse.
“Quei
due stanno architettando qualcosa!” disse Heavy, facendosi
pensieroso “Ma non riesco ad immaginare cosa?”
“Qualche
idea, Rap?”
“Mi
sembrano usciti di senno tutti e due! Comunque, fossi in voi, non mi
preoccuperei troppo. Qualunque cosa stiano architettando è
rivolta a
me, quindi tranquillizzatevi!”
I
due gemelli lo guardarono senza capire : “Che
intendi?” chiese
Metal.
“E'
da parecchio che Eleanor mi assilla con un fantomatico regalo che
vuole farmi. E so per certo che ha trascinato pure Rock in questa
faccenda!”
Heavy
lo guardò confuso: “Un regalo?”
“Esatto!”
“E
cosa sarebbe?”
La
voce di Eleanor tornò a riempirgli la mente:“Ce
l'ho fatta! Anche tu sarai finalmente felice, te lo
prometto.”...
Poi
giunse anche quella di Rock:“Goditi
questi ultimi giorni di libertà, amico! … Presto
sarai molto
indaffarato per... ehm, diciamo il resto della tua vita!”
Se le
parole di Eleanor l'avevano rincuorato, quelle del suo amico lo
avevano allarmato più del necessario. Cosa diavolo intendeva
dire
con “goditi i tuoi ultimi giorni di
libertà” ?
Rap
guardò Heavy : “Non ne ho la più
pallida idea!” sbottò,
piuttosto aspramente. Sbattè con forza il pallone a terra e
si
allontanò dai due ragazzi, deciso ad uscire dalla palestra.
Né
heavy né Metal lo seguirono. Entrambi sapevano bene quanto
fosse
poco raccomandabile cercare di fare ragionare Rap nei suoi momenti di
massimo nervosismo.
***
L'illuminazione
era giunta di colpo, a tutti e due nello stesso istante, tanto che
Will aveva dovuto trattenersi dal non ridere.
“Devi
chiamarla subito!” incalzò Eleanor, fissando
supplicante Rock.
“Per
telefono sarebbe troppo lunga da spiegare. Credo sia meglio parlarci
di persona!”
“Bene!
Allora cosa stiamo aspettando?”
Will
sospirò, pazientemente : “Non essere
così frettolosa. Serve un
appuntamento per avere un consulto legale. Non puoi presentarti
lì
come se niente fosse!”
Avevano
discusso per quasi un'ora lei, Rock e Will. Su Haylie, sulla loro
intenzione di portarla a Rap, sul fatto di prendere casa
e farla vivere in un ambiente decente... alla fine Will si era
rivelato per l'adulto maturo e responsabile che era. Non
solo li
aveva rimproverati per essere così avventati, ma gli aveva
anche
consigliato di rivolgersi ad un esperto. Un avvocato sarebbe stato
l'ideale. Lui era nuovo in città e non aveva ancora avuto
modo di
conoscerne, tuttavia a Rock e Eleanor saltò alla mente un
nome:
Jules.
La
sorella maggiore di Rock infatti aveva studiato da avvocato, si era
laureata e ora lavorava come tirocinante in uno studio legale. Era
assolutamente perfetto! In fondo loro non avevano bisogno di altro se
non un semplice consulto. Dovevano sapere cosa esattamente gli
serviva affinché dessero loro la bambina senza problemi.
“Sciocchezze!”
sbottò Eleanor “Jules non è davvero un
avvocato... non ancora
perlomeno. Faremo finta di essere passati per un saluto e nel
frattempo le parleremo del nostro problema!”
Rock
sembrava d'accordo, ma Will appariva ancora titubante. Comunque non
li scoraggiò.
“Bene,
allora andate, però vi prego... tenetemi informato”
Eleanor
annuì e fece per allontanarsi con Rock, ma Will la
fermò:
“Eleanor!”
Lei
lo guardò, in attesa. Ci volle qualche istante prima che
l'uomo si
decidesse a parlare : “E' bello quello che stai facendo per
quel
tuo amico. Sono fiero di te!”
Eleanor
non riconobbe la sensazione che le riempì il cuore.
Orgoglio, gioia,
imbarazzo...
Non
l'avrebbe mai ammesso apertamente, ma l'idea che Will approvasse
le dava una forza incredibile. Inutile negarlo, era bello sapere che
qualcuno faceva il tifo per lei …. e l'essere a conoscenza
che quel
qualcuno era anche suo padre era semplicemente fantastico. Surreale,
per quanto la riguardava, ma fantastico! Forse tutta quella faccenda
avrebbe portato a qualcosa di buono anche fra loro due. Gli sorrise
grata e lo salutò con un cenno del capo.
Mentre
si allontava con Rock, si mise a rovistare con foga dentro la sua
borsa.
“Perso
qualcosa?” domandò Rock vedendola così
indaffarata.
Eleanor
parve trovare l'oggetto del suo desiderio. “No!”
fece sorridendo
felice “Tutto a posto! L'ho trovato!”
Rock
notò che stava stringendo qualcosa nel pugno. Con un gesto
fulmineo
lo infilò nella tasca dei pantaloni. Si corrucciò
appena dalla
confusione : “Cosa stai cercando in tutti i modi di
nascondermi?”
Lei
assunse un'aria innocente : “Ho preso una cosa dalla camera
di Rap
prima di uscire.”
Rock
la fissò incredulo: “Tu cosa?”
“Lo
so, lo so. Se lo scoprisse mi ucciderebbe a sangue freddo, ma dovevo
farlo!”
“Posso
sapere cos'è?”
“Dopo!”
tagliò corto lei “Mi serve un computer. Subito!
C'è un internet
cafè da queste parti, o qualcosa di simile?”
Rock
stava fondendo il cervello nel cercare di capire cosa avesse in mente
Eleanor : “Ehm...si, ma pensavo stessimo andando da mia
sorella!”
“Si,
infatti. Ma prima dobbiamo fare una cosuccia!” Di fronte alla
sua
espressione smarrita, Eleanor le sorrise raggiante e sicura di
sé.
“Fidati di me.”
***
“Ci
sono!” Jules li fece entrambi saltare sulla sedia.
Era stata in
assoluto silenzio a rimuginare negli ultimi cinque minuti, per poi
esplodere con un'illuminazione improvvisa. “Ma certo. E'
così
semplice! Come ho fatto a non pensarci subito?”
La
sorella di Rock non si era scomposta più di tanto nel
sentire la
storia di Haylie. Aveva mantenuto una freddezza molto professionale.
Il
loro obbiettivo era dimostrare che Haylie aveva un padre, che non era
orfana e che quindi non c'era alcun bisogno che vivesse all'Istituto.
Sarebbero bastati un test di paternità e qualche firma su
alcuni
documenti, niente di più. L'unico ostacolo era rappresentato
però,
dallo stesso Rap. Lui non doveva sapere, non avrebbe mai accettato
d'incontrare la bambina. Dovevano portarla loro da lui, a sua
insaputa … ma come riuscirci senza andare contro la legge?
Non
potevano certo rapirla! E quelli dell'istuto non gliel'avrebbero mai
lasciata sulla fiducia.
“C'è
un modo!” spiegò Jules, riassumendo la sua aria
professionale
“Dovete essere voi due a fare richiesta di
adozione!”
“Cosa?”
fecero all'unisono Eleanor e Rock.
“Ma
si! Lasciate perdere la faccenda di Rap. Lui potrà
dimostrare la sua
paternità in un secondo momento. Ora vi spiego, vivete sotto
lo
stesso tetto, dico bene? Si, quindi è molto semplice: voi
due vi
presentate all'Istituto, dite di essere interessati all'adozione di
questa bambina, loro vi concedono la custodia temporanea, vi portate
a casa la piccola e la fate conoscere a Rap. A questo punto lui non
potrà più tirarsi indietro...”
“Si
affezionerà a lei.” mormorò Eleanor,
sentendo il cuore
accellerare dalla contentezza. “Sarà lui stesso a
fare di tutto
per dimostrare di essere suo padre!”
“Esatto!”
confermò Jules, “Finito il periodo di prova per la
custodia, sarà
proprio Rap a richiedere l'adozione definitiva!”
Eleanor
guardò Rock in preda ad una gioia incontenibile. Anche lui
sembrava
stretto dalle stesse sensazioni. “E' perfetto!”
esclamò “Il
tuo folle piano si sta realizzando!”
“Direi
di si!” fece Jules, “Dovete solo impegnarvi a
recitare la parte
dei genitori disperati che vogliono a tutti i costi un figlio,
quando andrete all'istituto. Nulla di troppo complicato.”
Il
sorriso di Eleanor si spense in un istante, lasciando il posto
all'imbarazzo più totale. “Non.... non dovremmo
mica fingere di
essere.... marito e moglie, vero?” domandò, mentre
le guance le
s'imporporavano.
Rock
scoppiò a ridere, mentre Jules si affrettò a
rispondere: “Non ce
ne sarà bisogno. Non serve essere sposati per adottare un
bambino.
Basta dimostrare che avete le possibilità per farlo vivere
in un
ambiente sano. Nulla più!”
Eleanor
tirò un lungo sospiro di sollievo, cosa che
scatenò l'ilarità di
Rock ancora di più :”Tra tutte le cose che
avrebbero potuto
preoccuparti, proprio questa?”
“E
non ridere!!!” sbottò lei, con tono lamentoso,
desiderando
ardentemente di venire risucchiata dal pavimento.
***
La
signora carina le aveva detto che sarebbe andata a trovarla.
Sperava che avrebbe di nuovo cantato per lei. Aveva una bella voce
che la faceva stare bene, cosa che nessuno faceva mai in quel posto.
Però
non si era più fatta vedere … forse aveva
conosciuto una bambina
più bella e simpatica di lei. Qualcuna che magari aveva
risposto
alle sue domande....
Come
tutti i pomeriggi, aveva sperato che piovesse. Non le piaceva stare
seduta in cortile a guardare gli altri giocare. Nessuno la chiamava
mai. Quando pioveva invece, le maestre non permettevano di stare
fuori e lei poteva andare a nascondersi nella biblioteca. Gli altri
bambini andavano a piazzarsi davanti alla televisione, ma lei
preferiva sfogliare i libri, anche se ancora non sapeva leggere. Non
vedeva l'ora d'imparare. Sapeva scrivere e leggere il suo nome
però. Lo scriveva ovunque. Lo aveva anche inciso sul muro
dietro la
testiera del suo letto. Si divertiva un mondo ad individuare e
riconoscere le lettere che lo componevano su quei grossi libri della
biblioteca. Una volta le aveva cerchiate con un pennarello, ma
l'avevano sgridata e messa in punizione e gli altri bambini avevano
riso di lei.
“Ridono
perchè sei divertente. Non è una brutta cosa.”
Le
aveva detto così una volta il papà
numero due. Ma nemmeno
lui era più venuto a trovarla. Si era dimenticato di lei.
Sperava
sempre di vederlo dall'altra parte del cancello; aveva anche un
regalo per lui. Per lui e per la signora carina che
cantava
bene. Si era impegnata così tanto su quel disegno
stropicciato che
stringeva tra le mani.
Guardò
ancora verso il cancello, senza vedere nessuno. Voleva tanto alzarsi
e andare a vedere attraverso le inferriate se loro due erano
lì ad
aspettarla, ma non osava. L'ultima volta che aveva provato ad
attraversare da sola il cortile, le avevano scagliato un pallone
dritto in faccia. Le era uscito sangue dal naso e aveva pianto
davanti a tutti. Non voleva che ridessero ancora di lei. Non voleva
più essere divertente! Il papà numero
due si era sbagliato.
Era una cosa tanto brutta essere divertenti.
Seduta
sul primo gradino che conduceva all'interno dell'istituto, la bambina
allungò una mano ai piedi del gradino e tracciò
sullo sterrato un
nome con l'indice : Haylie
Lo
cancellò subito con il piede, per poi riscriverlo ancora, e
ancora e
ancora fino a che la punta del dito non fu completamente nera. Si
pulì sull'orlo della gonna della divisa, macchiandola. Le
maestre si
sarebbero arrabbiate. Quella sera niente dolce per lei!
Un'ombra
la sovrastò, nascondendola al sole. Alzò timorosa
gli occhi e un
sorriso spontaneo le illuminò finalmente il viso.
Papà numero
due era lì, e c'era la signora carina
con lui. Erano
venuti a prenderla, finalmente!
Si
alzò in piedi e si strinse forte alla gamba del
papà numero due.
Lui la prese in braccio e la signora carina le accarezzò una
guancia, sorridendo:
“Ciao
Haylie...”
La
sua voce era ancora più bella di quanto ricordasse.
In
mano stava stringendo ancora il disegno che aveva fatto per loro.
Timidamente e cercando di non fare qualcosa di divertente, lo diede
alla signora carina. Lei lo guardò e i suoi occhi divennero
più
brillanti. Si era posata una mano sulla bocca e aveva fatto vedere il
disegno al papà numero due.
“...E'
bellissimo, Haylie. Sei una vera artista!” Aveva detto lui.
Lei
aveva sorriso e immediatamente nascosto il viso contro la sua
spalla. Adorava quando lui le faceva i complimenti per qualcosa, ma
non riusciva mai a guardarlo. Era il genere di cosa che gli altri
bambini trovavano divertente, ma la signora carina e il papà
numero
due non risero.
Aveva
imparato a scrivere due parole nuove per fare quel disegno. Le aveva
ricopiate da un libro pieno di figure e colori. Era stata la maestra
a darglielo. Aveva ritratto se stessa in mezzo a due figure
più
grandi, il papà numero due e la signora carina. Sopra di
esse tre
parole scritte con una calligrafia incerta e tremolante : Mamma Haylie
Papà ,
Il
papà numero due l'aveva stretta forte e le aveva parlato :
“Presto
ti porteremo da lui. “
Non
c'era stato bisogno di chiedere da chi. Papà numero due
gliene aveva
parlato tanto.
Stretta
in quell'abbraccio che per tanto aveva sognato, Haylie sentì
un
calore salirle alla gola, qualcosa che reprimeva ogni volta che
poteva. Era convinta che la gente trovasse divertente la sua voce.
Tutti sorridevano sempre quando parlava.... però quella
volta non le
importava.
“.....Andiamo
dal papà numero uno ? “
Lo
vide solo annuire, ma la signora carina stava sorridendo. O
piangendo... non riusciva a capirlo. Forse, stava facendo entrambe le
cose. Non le piaceva che la signora carina piangesse. Non gli piaceva
quando gli adulti piangevano; eppure lei continuava ad essere bella
lo stesso.
Trovò
il coraggio di rivolgerle la parola : “Tu sei la mia
mamma
numero due?”
La
signora carina le aveva passato una mano tra i capelli : “Lo
sarò,
ma solo se lo vuoi tu!”
“Si.”
era sicura di questo. Il papà numero due aveva bisogno di
una mamma
numero due. “Però non la numero uno. Lei
è volata in cielo!”
Il
bel sorriso della signora carina sparì per un secondo, per
poi
ricomparire subito : “Sarei felice di essere la tua mamma
numero
due...”
***
E quindi??? Non lo so, mi sembra un po', come dire, vuoto.... non mi
convince del tutto! La parte di Haylie è stata un parto
plurigemellare. Non mi lamenterò più di Rap,
giuro! Scrivere pensando come una bambina di 4 anni è
allucinante.... spero di esserci riuscita, comunque.
E ragazze, vi spiace se non ringrazio una per una chi ha commentato lo
scorso capitolo???? SIccome c'è una persona (non faccio nomi
eh!?) che sta aspettando disperatamente l'aggiornamento, non posso
perdere altro tempo < _ <
Rinnovo l'invito ad aggiungermi su faccialibro, se avete voglia. Mi
piacciono le amicizie virtuali. Si rivelano migliori di tante altre: http://www.facebook.com/home.php?ref=home#!/profile.php?id=1502696351
Ora vi lascio! Devo scrivere il penultimo capitolo!
E si ragazze, il penultimo! Siamo agli sgoccioli! Sono contenta,
perchè ho tante di quelle idee per altre storie che la testa
mi sta per esplodere! xD
Vi saluto
Fatemi sapere quanto fa schifo il capitolo! ^.^
Grassssssie e a presto!
Ayleen
|
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Capitolo 34 *** Lentiggini ***
ehm....leggete leggete! Le
scuse le rimandiamo a dopo, ok?! XD
CAPITOLO
TRENTAQUATTRO
Lentiggini
Rap era
il classico tipo la cui pazienza tendeva a vacillare per un nonnulla.
Non era
bravo a controllarsi e quando ci provava veniva sempre sorpreso da una
fastidiosissima fitta all’altezza dello stomaco. Una volta
Rock, scherzando,
gli aveva detto che probabilmente era l’ulcera che si
ingrossava e che era uno
degli effetti collaterali del soffocare le proprie emozioni negative.
Beh, se
era davvero così, quel giorno Rap avrebbe vomitato sangue!
Sì,
perché la sua già limitata pazienza stava venendo
messa a dura prova dalla
persona con la quale lui avrebbe dovuto sapersi controllare di
più : Eleanor.
Erano
ore che la ragazza continuava a correre avanti e indietro, ad
inciampare nella
miriade di vestiti da lei stessa abbandonati sul pavimento, imprecare
su ogni
cosa, dare di matto al minimo rumore, rispondere male ogni volta che
qualcuno
osava rivolgerle la parola. Era un fascio di nervi, suscettibile come
non
l’aveva mai vista, e spaventata da qualcosa che davvero non
riusciva ad
immaginare.
Non che
Eleanor non fosse una che si agitava poco. Le bastava davvero un niente
per
farsi prendere dal panico, ma nulla di simile a quel giorno, comunque.
E poi,
in genere, Rock riusciva a calmarla con facilità. Solo che
adesso Rock non
c’era! E anche Heavy e Metal se l’erano svignata,
lasciandolo solo nelle
grinfie di quella squilibrata mentale!
Tutto
ciò che Rap era riuscito a capire del misterioso dramma che
aveva colpito
Eleanor, era che lei non aveva un vestito abbastanza elegante da
indossare. A
cosa le servisse tuttavia, non riusciva proprio ad immaginarlo. Era
sempre
stato convinto che lei odiasse le cose eleganti, sebbene fosse sicuro
che
sarebbe stata uno schianto con qualcosa di davvero femminile indosso.
Beh… più
del normale. Lei era comunque uno schianto. Anche quando girava per la
scuola
con quelle enormi T-Shirt che rubava a Rock.
Aveva
pensato di provare a calmarla, ma qualcosa gli suggeriva di starle
lontano.
Stare alla larga da una ragazza in crisi per mancanza di vestiti, era
una
regola base dell’universo maschile. Un po’ come
quella di non contraddirle mai
durante il ciclo!
D’un
tratto però, sentì un tonfo e un lamento di
Eleanor; poi silenzio. Doveva pur
accertarsi che non si fosse fatta male... Magari aveva deciso di porre
fine
alle sue sofferenze dando una testata allo specchio. Si, era meglio
controllare
che fosse tutta intera… altrimenti Rock chi
l’avrebbe sentito?
Bella
scusa, Rap!
Fece un
paio di respiri e, prendendo coraggio, si decise ad entrare in quella
camera
adibita ormai a campo di battaglia.
La
trovò sul pavimento in una posizione poco naturale, una
smorfia di dolore ad
incrinarle il viso. Era scivolata sui suoi stessi vestiti e si stava
massaggiando la schiena. Avrebbe anche potuto ridere e prenderla in
giro, se
non fosse stato per un piccolo, fondamentale dettaglio. Non
c’era niente a
coprirla se non la biancheria intima!
Questo
gli impedì di reagire in alcun modo. Rap rimase imbambolato
sulla porta, a
fissare quel corpo che sembrava quasi farsi beffa di lui.
Sono qui,
mi vedi? Guardami, avanti! Guardami
pure, tanto appartengo ad un altro!
Sarebbe
dovuto tornarsene subito in corridoio, ma invece fece la cosa
più stupida di
tutte. Qualcosa che giusto Heavy avrebbe potuto fare, ma non lui. Non
lui! E
invece la fece.
Un
lungo fischio di apprezzamento raggiunse le orecchie di Eleanor che,
accortasi
della presenza di Rap, diede di matto. Allungò un braccio,
quasi strappò via la
coperta dal letto e ci si avvolse. Cominciò a lanciare i
vestiti contro Rap,
sbraitando e sottolineando il fatto che fosse un pervertito.
A quel
punto Rap non riuscì a trattenersi e scoppiò a
ridere.
“Ti
ricordi che ti ho già vista nuda, vero?!”
Inutile
dire che questo fece solo accrescere la rabbia della ragazza che si
alzò in
piedi e cominciò a spingerlo.
“Vai
fuori di qui, razza di idiota! Esci da questa stanza o mi metto ad
urlare!”
“Giusto
per la cronaca, stai già urlando.”
La sua
voce si alzò di un altro paio di ottave, cosa che fece
aumentare il
divertimento di Rap, che tuttavia decise di non infierire
ulteriormente. Si
lasciò buttare fuori dalla stanza con facilità,
felice di aver potuto godere
della visione di lei mezza nuda. Il farsi etichettare come pervertito,
non era
nulla se confrontato al premio che aveva ottenuto.
Grazie al
cielo Rock non sa leggere nel
pensiero….
Con
l’immagine di lei ancora ben stampata nella mente, si
convinse a lasciarla ai
suoi drammi personali e uscì in cortile.
Rock
non tardò molto ad arrivare. Vide che in una mano stringeva
una sacca. Avrebbe
voluto chiedergli cosa contenesse, ma nemmeno ci provò. In
quell’ultimo
periodo, raramente lui ed Eleanor rispondevano alle sue domande.
Qualunque cosa
stessero architettando, erano due impiastri totali nel tenerla segreta.
“Grazie
al cielo sei qui!” sbottò, piuttosto aspramente.
“Lo chiami tu il manicomio?”
“Scusa?”
“Sia
chiaro che d’ora in avanti voglio essere retribuito per farle
da baby sitter!
Persino Heavy e Metal se la sono data a gambe!”
Rock
cercò di non ridere, davanti a quella finta esasperazione di
Rap. Sapeva bene
che in realtà non gli era pesato affatto trascorrere il
pomeriggio con lei.
“Cosa
ha combinato questa volta?”
Rap lo
invitò ad entrare con un gesto della mano :
“Controlla tu stesso!”
Senza
ulteriori indugi, Rock s’incamminò verso la stanza
sua e di Eleanor. Provò a
aprire la porta, ma qualcosa la bloccava. Dall’interno
proveniva solo un gran
fracasso.
“Eleanor?”
chiamò “Sono io, fammi entrare!”
Si
sentirono dei passi frettolosi, qualcosa che strisciava sul pavimento
– una sedia?
Pensò Rock - e
poi la porta si aprì.
Eleanor
gli apparve completamente esausta. Spettinata e con gli occhi lucidi
dal
nervosismo, pareva essersi appena svegliata dopo una notte di baldoria. Non sapeva quale fosse la
causa che aveva
scatenato tutto ciò, ma cercò comunque di restare
sereno per non farla agitare
ancora di più.
“Mi
dici che succede?” cominciò, pazientemente
“Hai fatto scappare Heavy e Metal,
lo sai? E Rap è talmente stanco che sembra appena tornato
dai giochi olimpici!”
La vide
accennare un sorriso e se ne rallegrò. Qualunque fosse il
problema, se lei
aveva la forza per sorridere, non doveva essere nulla
d’insormontabile.
La
ragazza però, non sembrava pronta a parlare. Un velo
d’imbarazzo la spinse a
cambiare discorso.
“Che
cosa ti ha detto Will?”
Rock non
poté fare altro che assecondarla, con un sospiro rassegnato
: “Che dobbiamo
agire in fretta… ma con discrezione!”
Eleanor
fece una smorfia contrariata e prese a camminare per la stanza con
sguardo
afflitto : “ …in fretta. “
mormorò, mesta.
Rock
chiuse la porta e la raggiunse. La circondò con le braccia,
nel tentativo di
tranquillizzarla, ma lei non reagì in alcun modo. Si
limitò a nascondere il
viso contro la sua spalla.
“Che
cosa c’è che non va ?”
La
sentì scuotere il capo contro il suo petto.
“Non
vuoi dirmelo?”
La sua
voce le giunse attutita : “Rideresti e basta!”
“Non
riderei mai di te, lo sai!”
“Stavolta
si!”
“Ok,
facciamo così. Se per caso riderò,
sarà per una cosa che sapremo solo noi due.
Non uscirà dalle pareti di questa stanza!”
Eleanor
non parve molto convinta., La sua consueta timidezza l’aveva
vinta di nuovo. Ma
lei fu più forte e riuscì ad averne ragione!
“Lo so
che è una cosa sciocca, ma ….”
Abbassò lo sguardo a terra e cominciò a
tormentare con le dita l’orlo della maglietta di Rock
“… Non ho nulla di
decente da indossare per quando andremo ad incontrare la direttrice
dell’istituto! Lo sai che la prima cosa che una persona
valuta durante un
colloquio è l’abbigliamento? Ancora prima del
carattere o del conto in banca o
delle tue referenza. E’ assurdo ma è
così! E io non ho nulla che mi faccia
sembrare una persona seria e affidabile. Anche se è solo per
un giorno….”
Un velo
di tristezza calò su di lei, sostituendo la timidezza. Gli
occhi le si
riempirono di lacrime.
“Non
sembro proprio una mamma… è solo che non
è mai stato nei miei progetti
diventarlo, anche se per finta.”
Rock
lesse una paura incondizionata in quegli occhi blu. Paura di fallire,
di
giocarsi la loro unica possibilità di avere Haylie e di
condannare sia lei che
Rap alla solitudine.
Con un
sospiro le prese le mani, staccandole dalla maglietta ormai
stropicciata peggio
di un foglio di carta e le sorrise rassicurante :
“Nessuno sembra una mamma a
diciannove anni. Ma, sei fortunata che ho una sorella
previdente.”
Il suo
sguardo si fece attento e curioso. Lo osservò mentre
prendeva un vecchio zaino
che aveva abbandonato sul pavimento appena arrivato. Glielo porse.
“Jules
deve aver avuto i tuoi stessi timori e mi ha detto di portarti
questi!”
“Cosa
c’è lì dentro?”
domandò Eleanor prendendolo.
“Alcuni
vestiti che lei non mette più.”
Bastarono
quelle parole per ridare vita al volto di Eleanor. La paura venne
spazzata via
in un istante, sostituita dalla stessa speranza che l’aveva
alimentata fino a
quel giorno.
Si
gettò sul letto e si fiondò sullo zaino con una
foga inverosimile.
“Tua
sorella è una santa!”
“Penso
che lo sappia già.” Fece Rock ridacchiando della
ben nota totale mancanza di
modestia di Jules.
“Dille
che li tratterò con la massima cura.” Disse
Eleanor mentre studiava con un’accuratezza
quasi maniacale un paio di camice.
“Ha
detto che puoi tenerti tutto.”
“Davvero?
“
Rock
annuì, appoggiandosi al muro e incrociando le braccia sul
petto. “Penso non gli
vadano più bene. Non lo dirò mai davanti a lei,
dato che ci tengo alla mia incolumità,
ma ho notato che ha messo su qualche kilo.”
Eleanor
lo guardò con rimprovero : “Sai che non sei per
niente carino?”
Lui
rise :”Dovresti esserne felice. Questo per te significa
fornitura eterna di
vestiti, visti quanti ne ha…”
Ma
Eleanor non lo stava ascoltando. Si voltò verso di lui
stringendo in una mano
un’elegante camicetta nera e dall’altra una gonna
dello stesso colore :”Che ne
pensi?”
“Oh, è
perfetto…” dichiarò vedendola
illuminarsi “… Se devi andare ad un
funerale!”
aggiunse poi, facendola ripiombare nel suo piccolo dramma personale.
Rock si
sedette accanto a lei :”Senti, non che io sia un esperto di
moda e cose simili,
ma hai mai pensato di prendere in considerazione anche altri colori
oltre il
nero?”
Qualcosa
si ruppe nella testa di Eleanor. La ragazza sentì
distintamente il crash , come un
vetro che s’infrangeva
sul pavimento. Ma non si trattava di un vetro. Un ricordo era appena
andato in
frantumi, concretizzandosi nella realtà con un fortissimo
dejà-vu.
“Non esiste solo il nero,
sai?” quella voce le fece chiudere lo
stomaco. Dovette portare una mano al petto e serrare forte le labbra
per
evitare di urlare dal dolore.
Evan ….
Sospirò
mentalmente, lottando contro l’istinto di buttare
fuori quella sofferenza.
“Hei!”
La mano di Rock che si
posava sulla sua spalla la ridestò. Incontrò il
proprio riflesso nei suoi occhi
“Va tutto bene?” le domandò.
Eleanor
annuì soltanto e cercò di
tirare fuori la poca ironia che possedeva :”Si, è
solo che… ti stai Evanizzando!”
Lui
non capì :”Mi sto cosa?”
Eleanor
scosse il capo, più per
cancellare l’immagine di Evan dalla mente che per rispondere
a Rock :
”Non
importa, lascia perdere!”
Lui
tuttavia non pareva molto
convinto. Continuava a studiare la sua espressione alla ricerca di
qualche
segno che lo aiutasse ad identificare la causa di
quell’improvviso cambio
d’umore.
Eleanor se ne accorse e tentò di
riprendersi in fretta, schiarendosi la gola e raggruppando tutti i
vestiti di
Jules.
“Li
proverò tutti!” esclamò, il più
entusiasticamente possibile, con un sorriso
tirato. “Ma non sono il tipo che fa le sfilate di moda
davanti al proprio
ragazzo, perciò…”
Letto
tra le righe: “Voglio stare da
sola!”
Sentendo
lo sguardo del ragazzo
su di sé, Eleanor abbassò il proprio e rimase in
silenzio, concentrandosi sulle
sue mani che stringevano con forza i vestiti di Jules.
Rock allungò un braccio e le
poggiò una mano sulla guancia, costringendola a guardarlo.
Ed eccole lì di
nuovo. Lacrime trattenute con la forza dietro quel blu intenso. Gli
bastò fare
leggermente pressione con il pollice sulla sua guancia
perché una sfuggisse.
“E’ Evan.”
Capì Rock “Ho
detto o fatto qualcosa che le ha ricordato lui…”
Le
sue labbra di mossero da sole:
“Sarebbe fiero di te…” disse,
automaticamente.
Gli
occhi di Eleanor gli
appartennero di nuovo per qualche istante, per poi chiudersi con un
sospiro. La
vide sciogliersi in un sorriso quasi rassegnato e un’altra
lacrima sfuggì al
suo controllo, seguendo lo stesso percorso della precedente.
Rock la raccolse con le sue
labbra e appoggiò la fronte su quella di Eleanor :
“Li
folgorerai tutti,
vedrai. Non aver paura. E poi, se non dovessero accontentarti, Evan
lancerà
qualche maledizione su di loro!” Risentire la sua risata fu
un vero sollievo.
Le
braccia della ragazza furono
subito intorno a lui. Gli circondarono il collo dolcemente, in un gesto
che
profumava di gratitudine.
“…
Non poteva lasciarmi in mani
migliori.” Mormorò. “…Se non
ci fossi tu, non so proprio come farei.”
Rock
la strinse forte di rimando,
immergendo il viso fra i suoi capelli. Non disse nulla, ma nella sua
mente il
suo unico pensiero, la sua sola speranza, nonché timore, era
questo:
Dio, ti prego, fa che non la deluda mai.
Quella
breve fuga dalla realtà fu
destinata a terminare in pochi istanti. Il cellulare di Eleanor,
abbandonato
fra le lenzuola, vibrò. La ragazza si separò a
malincuore da Rock, sospirando,
e lesse il nome di Will sullo schermo.
Era un messaggio. Poche parole in
grado di mandarla subito in panico:
Incontriamoci davanti al parco. SUBITO! Porta il
tuo ragazzo.
***
“E’
uno scherzo!” Lo dissero
simultaneamente e Will si mise a ridere.
“Temo
di no.” Fece
l’uomo, osservando divertito la loro
espressione meravigliata.
Le
labbra di Eleanor tremarono un
attimo prima di aprirsi :”Non puoi sul serio averlo
fatto…”
“Dovevo
forse chiedervi il
permesso?” L’ironia di Will non accennava a
diminuire. Il sorriso sul suo volto
continuava ad allargarsi.
“Non
so… non so neanche… cosa
dire.” Biascicò Eleanor senza riuscire a
distogliere lo sguardo dalla grande
casa davanti a sé.
Sembrava
quella che disegnava da
piccola quando per compito le chiedevano di raffigurare la casa dei
suoi
sogni. Su due
piani, i muri di mattoni e
il tetto nero, le imposte verdi, il
vialetto di ghiaia fino all’ingresso, il portico, il dondolo,
il giardino, la
staccionata bianca e la chioma di una betulla che spuntava dal retro.
“Penso
che un grazie papà,
andrebbe più che bene.”
Fece Rock, ironicamente.
Eleanor
sussultò appena a quelle
parole. SI sentì andare a fuoco la faccia mentre si voltava
verso Will. Quell’uomo
aveva appena comprato quella casa, affermando di voler fermarsi a
vivere in
quella città. Tutto normale; nessun sconvolgimento, almeno
finché non aveva
consegnato loro una copia delle chiavi dicendo che quella sarebbe stata
anche
casa loro d’ora in avanti.
Eleanor tentò davvero di
ringraziarlo, ma le parole erano come bloccate nella sua gola. La sua
naturale
diffidenza, fomentata dagli anni trascorsi sulla strada in balia di
estranei,
era più forte di qualunque gratitudine. La parte
più orribile di lei, le
suggeriva che Will stava facendo tutto quello spinto da qualche altro
fine. E
questo la faceva profondamente vergognare di sé stessa.
“Non
serve!” esclamò Will,
sereno. “Non voglio sentire nessun grazie, da nessuno di voi
due! Mi serviva
una casa e ho trovato questa che, guarda un po’, è
abbastanza grande per noi
tre, i vostri amici, se vorranno unirsi a noi e qualsiasi bambina voi
vogliate
adottare. “
“Beh
amico, io te lo devo dire lo
stesso. Non posso fare altrimenti. Grazie! Davvero. Non ho idea di come
farò a
ricambiare un gesto simile, ma sono certo che prima o poi
l’occasione mi si
presenterà.”
Will
rise di gusto. Li prese
entrambi per le spalle, con energia, entusiasta come un bambino la
mattina di
natale.
“Fatemi
un bel nipotino e siamo a posto per la vita,
d’accordo?”
Sia
lui che Rock risero, ma
Eleanor desiderò ardentemente venire inghiottita dalla
strada. Tutto ciò che
riuscì ad emettere fu un mugolio nervoso, più
simile ad un aborto di risata che
altro…
Cercò di non pensare troppo a quella
battuta – si, perché era sicuramente una battuta!
Suo padre non poteva essere
serio! – e concentrarsi sull’appena nato rapporto tra lui e Rock.
Will l’aveva sempre trattato con
freddezza. Non che lo odiasse, ma si capiva che tollerava a stento la
sua
vicinanza a Eleanor. Come qualunque padre, era geloso della figlia,
anche se
quest’ultima era praticamente un’estranea per
lui…
Eppure, negli ultimi minuti, quel
distacco che entrambi avevano sempre mantenuto, era scomparso. Questo
la fece
sorridere.
“Oh,
finalmente un sorriso!” fece
Will, guardandola. “Mi chiedevo quanto avrei dovuto aspettare
prima di vederne
uno.”
Eleanor
si coprì istintivamente
la bocca con il dorso di una mano, cosa che scatenò
l’ilarità dell’uomo.
“Timida
come sua madre.” Lo disse
con tono scherzoso, ma c’era un velo di malinconia nel suo
sguardo; qualcosa
che le fece stringere il cuore. Non voleva pensare a cose tristi quel
giorno.
Nessuno di loro doveva farlo.
“…E
ora che si fa?” domandò Rock.
Will
sembrò ridestarsi da
quell’attimo di amarezza e li guardò entrambi, con
rinnovato entusiasmo.
“Adesso?
E’ tempo di prepararsi
al grande colloquio per voi due!” lasciò le loro
spalle e fissò la casa davanti
a loro “Ma prima, faremo a gara a chi si aggiudica la stanza
da letto più
bella!”
Quasi
non si accorsero dello
scatto di Eleanor, già quasi sulla soglia
d’ingresso. Si voltò verso di loro,
raggiante, ed urlò: “La matrimoniale è
mia e di Rock!”
***
Le
loro mani non si erano mai
lasciate per tutto il tragitto da casa fino all’Istituto.
Will aveva detto che avrebbero
dovuto agire in fretta, quindi perché rimandare? Avevano
deciso di andare il
giorno successivo dalla direttrice dell’Istituto. Aspettare
ancora non avrebbe
fatto altro che fare agitare ancora di più Eleanor, che
sembrava sempre più
vicina ad una crisi di nervi.
Era in preda al panico sì, ma era
anche splendida con indosso quella camicetta azzurra che
s’intonava così bene
con i suoi occhi, e quella gonna nera dalla quale nonostante i
molteplici di
tentativi non erano riusciti a separarla. Si era rifiutata
categoricamente di
truccarsi, sostenendo che era da masochisti e da stupidi andare in giro
con il
viso cosparso di quella robaccia, che come al solito avrebbe pianto per
qualche
scemenza e le sarebbe colato tutto via, che i pori le si sarebbero
ostruiti e
le sarebbe uscito qualche brufolo. Nemmeno le prese in giro di Heavy
erano
riuscite a farle cambiare idea.
Ma non era importante, lei era
bella così, al naturale. Non aveva bisogno di cosmetici per
farsi notare. Su
quello erano d’accordo tutti.
La cosa più problematica fu
convincerla a togliersi quei maledetti anfibi. Per poco non si era
messa a
piangere quando non li aveva più ritrovati al loro posto,
sotto la finestra.
Rap glieli aveva nascosti a sua insaputa, premunendosi di dirle che li
aveva
buttati via, cosa del tutto falsa.
Eleanor non aveva fatto altro che
incespicare tutto il giorno con le scarpe col tacco di Jules ai piedi.
E dire
che non era nemmeno tanto alto… Heavy aveva riso
sguaiatamente della sua poca
femminilità, lei
l’aveva inseguito per
tutta la palestra, impugnando uno dei tacchi a mo’ di arma!
Persino Rap aveva riso davanti a
quella scena.
A sera inoltrata, l’equilibrio di
Eleanor si era rafforzato e lei riusciva a camminare senza essere
costretta a
tenere in fuori le braccia. Ogni tanto faceva una smorfia di dolore e
piagnucolava qualcosa a proposito della comodità dei suoi
anfibi. Dichiarò
inoltre che avrebbe odiato Rap fino alla fine dei suoi giorni.
Ovviamente,
nessuno le credette.
La mattina successiva, aveva
svegliato tutti con le sue urla di gioia, accortasi che Jules, in
quello zaino,
non aveva infilato solo vestiti, ma anche un arricciacapelli. Il
risultato era
stato eccezionale. Quei boccoli che le incorniciavano il viso le davano
un’aria
più adulta …..
e terribilmente sexy ; era stato il
pensiero comune di Rock e Rap.
Ma quei momenti spensierati,
sembravano lontani anni luce adesso.
Immobili davanti a quel grande
edificio circondato dagli schiamazzi dei bambini, cercavano uno il
conforto e
il coraggio nell’altro, senza successo.
“Non
ce la faccio.” Ammise
Eleanor, tremante
“Si
che ce la fai!” tentò di
spronarla, Rock.
“E…
E se-“
“Non
c’è nessun se!”
esclamò lui, uccidendo sul nascere
l’ennesimo timore “Andrà
alla grande!”
Fu
lui il primo ad oltrepassare
il cancello, ed Eleanor lo seguì solo perché le
loro mani erano saldamente
incollate.
I bambini erano tutti in cortile
a giocare. Entrambi si guardarono intorno alla ricerca di Haylie, ma la
piccola
non sembrava esserci.
“Forse
non aveva voglia di stare
fuori.” Disse Eleanor, vedendo Rock crucciarsi di
preoccupazione.
“Si,
forse.” Fece lui, poco
convinto.
Attraversarono
il cortile,
salirono i cinque gradini dove lei e Evan avevano trascorso mille e
più
pomeriggi, ed entrarono.
Il familiare odore di tempere
colorate e mangiare, le riempì le narici. Per Eleanor,
quello era quanto di più
vicino ci fosse al profumo di casa.
Le tempere, con sui erano stati
fatti le decine e decine di disegni appesi alle pareti
dell’ingresso
principale, e l’odore di cibo proveniente dalla mensa, appena
dietro l’angolo.
E sì, c’era anche un retrogusto di detersivo per
pavimenti.
Inspirò a fondo e chiuse gli
occhi per un attimo. Quando li riaprì le parve di vedere i
fantasmi di due
bambini correre su per la scala che portava ai dormitori. Al primo
battito di
ciglia sparirono, ma le loro risate allegre e spensierate no. Eleanor
sentì la
propria risata e quella di Evan, riecheggiare nella sua mente. Si
ritrovò a
sorridere, senza rendersene nemmeno conto.
Odiava ammetterlo, ma in quel
posto era stata felice. E, cosa più importante, al sicuro!
Certo, questo fino
al giorno in cui quel ragazzino più grande non aveva abusato
di lei nello
scantinato. Ma quella era una parte del suo passato che aveva preferito
dimenticare. Non ricordava nemmeno il volto di quel tizio, o il nome.
Ricordava
solo che Evan l’aveva riempito di botte fino a mandarlo
all’ospedale e che per
questo era stato pesantemente punito. Che lei era andata a dire tutto
alla
direttrice e che quel ragazzino non aveva più fatto ritorno
dall’ospedale. Evan
aveva passato un periodo terribile, convinto di averlo ammazzato. Aveva
il
terrore che per questo l’avrebbero spedito in qualche carcere
minorile o in
riformatorio, aveva trascorso mesi a controllare chi entrava o usciva
dall’Istituto,
alla ricerca di qualche poliziotto in borghese. Dopo un po’,
la paura era
svanita e l’ipotesi che fosse stato proprio quel ragazzino ad
essere stato
mandato al riformatorio per ciò che era avvenuto in quello
scantinato aveva
fatto dimenticare ad entrambi quella brutta storia.
Ma a parte questo, Eleanor si
sentiva profondamente legata a quel luogo. Una malinconia infinita le
si
strinse intorno al cuore, serrandole la gola.
“Posso
aiutarvi?”
A
parlare era stata una donna
sulla mezza età, bassa e tarchiata. Eleanor la riconobbe
subito.
“Signora
Rendall !” esclamò,
sinceramente felice di rivederla. Era stata la sua insegnante di
musica,
l’unica materia in cui andava bene. La sua voce le aveva
permesso di avere un
posto d’onore nel coro della scuola.
La
donna strinse gli occhi e
osservò attentamente la ragazza. Le sue rughe parvero
distendersi dallo stupore
:
“Non
ci posso credere!” mormorò, incredula
“Eleanor, giusto?”
“Proprio
io!”
La
signora lanciò un urletto di
gioia ed l’abbracciò con foga. Eleanor
ricambiò la stretta e rise divertita da
tutto quell’entusiasmo.
“Non
pensavo si ricordasse di
me.” Disse Eleanor, una volta che si furono separate.
“Come
posso dimenticare la mia
allieva più talentuosa? Il nostro coro è
praticamente morto da quando sei
andata via!”
Eleanor
sorrise imbarazzata. “Non
esageri adesso.”
“Oh
non esagero affatto! So che
non dovrei dirlo, ma sappi che eri la mia preferita!”
Stava
per rispondere, ma Rock le
sfiorò il braccio, riportandola alla realtà.
Stavano perdendo tempo! Non erano
venuti fin lì per ricordare i bei tempi andati;
c’erano cose più importanti a
cui pensare.
Eleanor si fece seria. Da quel
momento in poi sarebbe iniziata la recita:
“Signora
Rendall, avrei un favore
enorme da chiederle.”
“Dimmi,
cara.”
“Dovremmo
incontrare urgentemente
la direttrice. So che bisognerebbe prendere appuntamento, ma
…”
“Non
c’è alcun problema!” le
assicurò subito, lei.
“Davvero?”
domandò Eleanor,
speranzosa “Può riceverci ?”
“Certo
che si, dato che ti sta
già ricevendo.”
“Come?”
La
signora sorrise, con un certo
orgoglio: “Sono quasi quattro anni che gestisco questo posto,
ormai!”
“Oh…”
Grande!
Se
non era un colpo di fortuna
quello? Quella donna l’adorava, non sarebbe stato complicato
convincerla. Rock
sembrava pensarla come lei, vista l’occhiata complice che si
scambiarono.
“Aspettami
nel mio ufficio. Devo
prima fare una cosa. Ti ricordi dov’è
vero?”
Se
lo ricordava? Aveva passato
ore lì dentro insieme ad Evan, in punizione.
Annuì soltanto. Prese Rock per
mano e lo guidò verso la zona degli uffici degli insegnanti.
Avrebbe potuto
trovare la strada anche ad occhi chiusi.
“Dovrai
fare la cocca della
maestra ancora per oggi, temo!” la prese in giro Rock.
“Stai
zitto!” sbottò lei,
assestandogli una gomitata poco convinta, facendolo ridacchiare.
***
Rap
assisteva impotente. Non
poteva fare altro che restare a guardare la sua vita, così
come la conosceva
lui, sparire, scivolare via, mutare inevitabilmente.
Erano passate già due settimane
da quando Rock ed Eleanor avevano parlato della casa che Will aveva
acquistato
e della loro intenzione di trasferirsi lì. Avevano chiesto a
lui, a Heavy e
Metal di andare con loro, e mentre i due gemelli sembravano prendere
seriamente
la cosa, lui non riusciva nemmeno a prenderla in considerazione.
Quella scuola era la sua casa.
Cadeva a pezzi, era buia, umida e cigolante in ogni sua parte, ma
quelle mura
erano impregnate delle risate di Marika. Lei era stata felice in quel
luogo e,
di conseguenza, anche lui.
E poi, c’era quella stanzetta nel
seminterrato. Quella cameretta per la bambina che Marika non era
riuscita a
conoscere. Aveva dato l’anima per arredarla e metterla a
posto, era stata lì
dentro l’ultima volta che aveva riso.
Perché Rock e Eleanor gli stavano
facendo questo? Come potevano chiedergli di separarsi per sempre da
quel
piccolo rifugio? Cos’è che avevano combinato in
quegli ultimi giorni? Perché
Eleanor continuava a badare così tanto al proprio
abbigliamento ed era sempre
così nervosa, come se stesse andando a fare un provino? E
perché non si facevano
più vedere? Erano spariti, come se si fossero già
trasferiti. Eleanor riusciva
a vederla solo al locale di Amber, e Rock solo la sera molto tardi. Non
aveva
idea di cosa stessero combinando.
Era cominciato tutto con l’arrivo
di Will. Rap sentì di odiare quell’uomo. Stava
rovinando tutto.
Strinse i pugni e si ricordò solo
in quel momento di avere un giornale in mano. Sospirò. No,
non poteva dare la
colpa a Will se la sua vita sarebbe cambiata radicalmente di
lì a poco.
Si abbandonò su una delle panchine
del parco e gettò lontano quel maledetto giornale che gli
aveva
indiscutibilmente rovinato la giornata. Su un articolo era scritto che
presto
quella scuola che lui chiamava casa, sarebbe stata demolita,
ricostruita e
riaperta. La decisione era già stata presa
all’unanimità dal Sindaco della
città e dai suoi collaboratori. Presto, la palestra dove lui
e gli altri
avevano giocato a basket, dove Marika aveva ballato con la musica
sparata nelle
orecchie, dove lui aveva baciato Eleanor la prima volta, la mensa dove
spesso e
volentieri tutti loro avevano litigato e riso, dove lui aveva osato
prendersi
Eleanor, le loro aule adibite a camere da letto, l’altalena
dove tutti andavano
a dondolarsi se tristi o preoccupati,
la stanzetta di Haylie…
tutto
quello non sarebbe stato altro che un cumulo di macerie.
Gli altri non sapevano ancora
nulla. Rap aveva appreso da appena un paio d’ore questa
notizia. Eppure, era
convinto che nessuno di loro sarebbe stato triste quanto lo era lui.
Sembravano
così ansiosi di andarsene da lì, di vivere in una
casa vera!
Rap odiava i cambiamenti. Lo
terrorizzavano. E ora era terrorizzato. Si sentiva perso, disperato e
immensamente solo. Nessuno dei suoi amici avrebbe mai lottato per quel
piccolo
mondo. Era solo lui a sentirlo suo.
Qualcosa si mosse davanti a lui.
Rap alzò stancamente gli occhi e si ritrovò a
fissare lo stesso giornale che
aveva gettato per terra poco prima. Qualcuno glielo stava facendo
dondolare
davanti alla faccia. Una bambina lo fissava timidamente, da dietro il
giornale.
Il suo visetto era appena visibile dietro la sciarpa bianca e sotto la
protezione del cappuccio del cappotto bordeaux che indossava.
Era piuttosto piccola, non le
dava più di cinque anni. Sul suo naso, una spruzzata di
lentiggini. Rap si
trovò a pensare che un giorno, quando sarebbe stata
più grande, le avrebbe
odiate. Marika odiava le sue. Cercava in ogni modo di nasconderle sotto
strati
di trucco, senza rendersi conto di quanto lui invece le trovasse
adorabili.
“Puoi
buttarlo!” fece Rap, piuttosto
apaticamente “Non lo voglio!”
La
bambina osservò il giornale
per qualche istante, un po’ corrucciata. Poi si
guardò intorno, individuò un
cestino per i rifiuti e lo raggiunse di corsa. A causa
dell’improvviso
spostamento d’aria, il cappuccio le scivolò
giù e Rap si trovò ad osservare una
cascata di boccoli rossi ondeggiarle contro le spalle.
Un’orrenda sensazione di
dejà-vu lo colpì. Succedeva ogni volta che vedeva
una ragazza, una donna e ,
sì, persino una bambina con i capelli come quelli che aveva
Marika.
Sospirò esausto, e si abbandonò
completamente contro lo schienale della panchina, fissando il cielo
sopra di
sé, quel giorno azzurro e limpido come non era da giorni.
Un rumore di passi lo distrasse,
costringendolo a riportare lo sguardo a terra. La bambina era di nuovo
davanti
a lui, il cappuccio di nuovo al suo posto , e lo fissava timida, ma con
una
certa curiosità. Rap lasciò vagare gli occhi un
po’ intorno, alla ricerca di un
possibile genitore, ma in quella zona del parco non c’era
nessuno. Soltanto
loro due.
“Ti
sei persa?” chiese, con
distacco.
La
bambina fece di no con il
capo, senza staccargli gli occhi di dosso.
Rap
sospirò, poi, senza
rendersene nemmeno conto, disse : “….Io si
invece.”
La
vide corrucciarsi di
confusione. Le sue labbra si schiusero leggermente fino a formare una
piccola "o" di sorpresa.
“Già,
sconvolgente vero?” sbottò
Rap. “Anche gli adulti si perdono, a volte!”
La
bambina continuava a fissarlo,
immobile, senza battere ciglio. Nonostante si fosse persa, non sembrava
spaventata,
come sarebbe stato qualunque altro bambino. Lei sembrava perfettamente
a suo
agio. Quel suo bizzarro comportamento, scatenò la simpatia
di Rap.
“Non
dovresti stare qui. Tua
madre non ti ha mai detto che non si parla agli sconosciuti?”
La
piccola s’incupì e per la
prima volta da quando era comparsa, abbassò lo sguardo a
terra. Lentamente alzò
un braccio e indicò il cielo. Rap guardò in alto,
ma non c’era nulla. La guardò
senza capire e prima di poterle chiedere cosa stesse indicando, lei era
già seduta
al suo fianco. D’un tratto sembrava timorosa. Fissava il
vuoto e si torturava
le mani .
“Sicura
di non esseri persa?”
domandò di nuovo Rap, dubbioso.
La
bambina scosse un’altra volta
il capo, stavolta più energicamente. Rap iniziò a
sentirsi piuttosto in
imbarazzo. Non era abituato ad avere a che fare con i bambini. Non
aveva MAI
avuto a che fare con i bambini, a dir la verità. E doveva
ammettere che un po’
lo intimidivano. Bisognava sempre misurare le parole con loro, un
limite che
lui non s’imponeva mai.
Restarono in silenzio per un bel
po’, Rap quasi si dimenticò della sua presenza,
perso fra i suoi mille
pensieri, finché con la coda dell’occhio non la
vide alzare il volto al cielo.
Sembrava impegnata a guardare qualcosa che solo lei riusciva a vedere.
Probabilmente la stessa cosa che aveva indicato poco prima.
“Che
stai guardando?” chiese Rap,
sinceramente curioso.
Le
labbra della piccola si
schiusero leggermente e si mossero appena, indecise se far uscire
qualche suono
o no. Poi, dopo quella che sembrò una dura battaglia con
sé stessa, la bambina
parlò per la prima volta. Una parola. Solo una parola,
pronunciata con
un’incertezza quasi commovente, e velata da una tristezza ben
percepibile:
“….
Mamma.”
L’attenzione
di Rap fu tutta per
lei, a quel punto. E anche la sua pietà. Odiava
impietosirsi, perché detestava quando
le persone s’impietosivano per lui, ma davvero non
potè fare altro. Vedere gli
occhi lucidi di quella bambina così piccola rivolti al cielo
alla ricerca della
madre, evidentemente morta, era qualcosa di straziante.
Sentì l’improvviso
impulso di farla ridere, tirarle su il morale in qualche modo, pur
essendo
cosciente di essere una frana nel far divertire le persone.
Tentò con un’altra
strada, allora:
“Anche
la mia è lassù.”
La
bimba lo guardò, i suoi occhi
scuri spalancati in lui, accesi di curiosità. Vedendola
così interessata,
continuò a parlare:
“Magari
conosce la tua. Forse
sono amiche e se ne stanno lassù a spettegolare su quello
che facciamo qui. E
sicuramente passano ore ed ore a litigare su chi abbia il figlio
migliore.” La
osservò di sottecchi, per verificare il suo stato
d’animo. La tristezza era
scomparsa dal suo visetto. Un accenno di sorriso le incurvava le
labbra. “E mi
spiace dirlo, ma vinco io!”
La
sua risata gli si propagò fin
dentro all’anima. Non seppe spiegare il motivo, ma sentirla
ridere lo fece
stare bene ….felice. Trovava assurda quella strana emozione,
eppure non se la
sentì di soffocarla. Erano giorni che non si sentiva
così rilassato. Quel peso
che aveva sul cuore, parve farsi più leggero mentre la sua
mente registrava l’immagine
del sorriso di quella strana bambina, comparsa dal nulla come un
fantasma a
rischiarare un po’ quella giornata da dimenticare.
Poi, accadde qualcosa d’insolito.
Un pensiero veloce e quasi impercettibile, una voce, un’eco
che risuonò dentro
di lui, lasciandolo interdetto :
E’ lei.
Non
seppe spiegare il perché
avesse pensato ciò. Erano parole senza senso. Lei, chi?
Cos’è che il suo
subconscio gli stava suggerendo?
E fu proprio Lei, a ridestarlo. La
bambina gli aveva afferrato il polso e stava
guardando il suo orologio. Fissava le lancette corrucciata e piuttosto
confusa.
Era sicuramente troppo piccola per saper leggere l’ora, ma
non cercò di
aiutarla. La osservò toccare con l’indice ogni
numero sul quadrante
dell’orologio, e contare silenziosamente con
l’altra mano. Era davvero troppo
impegnata ed assorta per poterla interrompere.
Rap si sorprese a fare il tifo
per lei!
La bimba alzò finalmente lo
sguardo su di lui, trionfante e le mostrò entusiasta le
cinque dita della sua
mano :
”Sono
le cinque!” esclamò
sorridente.
Si
sentì uno stupido a sorridere
di rimando, ma non riuscì a farne a meno. La sua gioia era
così contagiosa!
Terapeutica, quasi. I suoi problemi, le sue paure, la sua rabbia si
erano
dissolte nel nulla con l’arrivo di quella piccola e innocente
creaturina.
La bimba saltò giù dalla panchina
e a Rap si strinse inspiegabilmente il cuore nel realizzare che stava
per
andare via. Si voltò sorridente verso di lui e lo
salutò con la mano, prima di
sgambettare via. Rap non aveva fatto in tempo a ricambiare il saluto,
ma la
seguì con lo sguardo fin dove gli fu consentito. E nel
momento in cui scomparve
alla fine del sentiero, tutte le sue ombre tornarono a braccarlo. Non
le aveva
nemmeno chiesto come si chiamasse. Nemmeno il nome sapeva di quel
piccolo
angelo con le lentiggini che, anche se per una manciata di minuti,
l’aveva
protetto dai proprio tormenti.
Era stato certo l’incontro più
assurdo che avesse mai avuto, e sentiva da qualche parte dentro di
sé, forse
suggerito dalla stessa voce che aveva sentito poco prima, che non
sarebbe stato
l’ultimo. L’avrebbe rivista.
Sbuffò, nervosamente, si alzò e
s’incamminò verso casa.
Stai uscendo di testa, Rap!
***
Haylie
gli si buttò tra le
braccia con una tale foga che per poco non cadde all’indietro!
“Hei,
vacci piano principessa!”
esclamò ridendo Rock.
“Gli
ho parlato! Gli ho parlato!”
urlò lei, felice come mai lui l’aveva vista.
“Ho parlato con il mio papà!”
“Sei
stata bravissima.” Le disse
Rock, accarezzandole il capo. “E domani gli parlerai ancora.
E anche dopodomani
e fra tre giorni e così via, fino a che non
capirà chi sei!”
Il
sorriso di Haylie divenne
immenso. La bimba saltellò dalla felicità e si
appese con forza al collo di
Rock che la sollevò da terra.
“Andiamo
a raccontare tutto ad Eleanor, ok?”
Lei
annuì con energia e abbandonò
la testa sulla sua spalla.
“Domani
verrà anche lei.” Le
assicurò lui “E’ il suo giorno libero e
non deve lavorare!”
La
sentì rafforzare
la presa attorno al suo collo, segno che aveva capito e che ne era
felice.
Haylie parlava poco e comunicava perlopiù a gesti.
Interpretarli era diventato
un gioco per Rock.
“Il
mio papà…. Ho parlato con il
mio papà…” continuò a
ripetere Haylie, sottovoce, come per autoconvincersi che
fosse successo per davvero “…il papà
numero uno!”
***
Quando
Rap entrò nel locale di
Amber, trovò parecchio trambusto. Nicole era insieme a Heavy
e Metal e stavano
giocando ad una specie di hockey improvvisato con le scope e un
sottobicchiere.
Urlavano, s’’insultavano e sghignazzavano come dei
ragazzini. Amber stava
dietro al bancone a lucidare bicchieri con aria svogliata assieme ad
Eleanor,
la radio sparava musica altissima e le due ragazze cantavano a
squarciagola.
Inutile dire che la voce di sua sorella stava rovinando tutto. Grazie
al cielo
non c’erano clienti in quel momento.
Rap varcò la soglia un po’
stralunato. Gli sembrava di essere all’asilo.
“Ok,
chi ha infilato della droga
nell’impianto di areazione?” domandò
appena entrato.
Amber
lo salutò con un sorriso,
senza smettere di cantare, Eleanor si limitò ad un cenno
della testa, gli altri
tre nemmeno si erano accorti del suo arrivo. Erano troppo presi dal
darsele di
santa ragione con le scope.
Rap andò a sedersi di fronte alla
sorella che, finalmente, smise si cantare lasciando alla voce di
Eleanor l’onore
di riempire il locale.
“Dov’è
Rock?” chiese Rap, notando
subito la sua assenza.
“E’
con Will!” rispose Eleanor
elusiva, allungando una mano per spegnere la radio. Appena la musica
cessò, le
risate e le urla di Nicole, Heavy e Metal sembrarono farsi decisamente
più
fastidiose.
“Con
Will?” sbottò, confuso
“Scusa, ma quei due non si odiavano?”
Eleanor
fece spallucce e non
disse nulla. Nulla di troppo strano per lei, in quell’ultimo
periodo.
Rap sospirò rassegnato e rinunciò
ad ottenere una risposta esauriente. Qualche istante dopo, Amber
richiamò
all’ordine Nicole e gli altri due, prima di scomparire in
cucina. Nicole la
sostituì dietro il bancone, era rossa in viso, aveva il
fiatone e stava ancora
ridendo, ma non appena vide Rap si fece seria e studiò il
suo viso.
“Non
mi dire!” esclamò poi,
riacquistando il sorriso.
Rap
la fissò senza capire. “Che?”
“Te
lo leggo in faccia. Non mi
puoi mentire, sono un genio nel leggere le persone!”
“Di
che parli, genio?!”
“Sei…diverso,
oggi.”
Rap
inarcò le sopracciglia,
fingendosi impressionato: “Oh davvero?”
Nicole
annuì : “Sembri… non so,
felice.”
Heavy,
seduto col fratello ad uno
dei tavoli, sghignazzò : “Lui? L’eterno
depresso? Nicole, continua a fare la
barista che è meglio!”
La
ragazza bionda, afferrò
nuovamente la scopa e gli si avvicinò minacciosamente. Rap
si ritrovò suo
malgrado a ridere leggermente vedendo i due inseguirsi per il locale.
In effetti Nicole aveva ragione.
In quel momento sentiva di essere di buonumore e gli capitava
così di rado che
era del tutto impreparato a domare quelle sensazioni positive.
“Che
succede, Rap?” gli domandò
Eleanor. Stava sorridendo, come se comprendesse appieno il suo stato
d’animo
“Hai per caso incontrato una bella ragazza mentre eri
fuori?”
Il
sorriso di Rap si allargò e
soffoco una risatina, abbassando lo sguardo sul bancone :
“…Più o meno!”
***
Viva! Incredibile ma vero, sono
ancora viva!
L'ispirazione non mi è stata per niente amica in questi
ultimi mesi. Andava e veniva come pareva a lei. Non avete idea di
quante versioni io abbia scritto di questo capitolo! Alla fine sono
riuscita a decidermi a non cambiarlo più!
Ma c'è ancora poco da resistere, gente!
Il prossimo sarà l'ultimo! Non ho ancora deciso se fare
l'epilogo attaccato al capitolo e se lasciarlo a parte. Boh, dipende
quanto verrà lungo! Ho tutto in testa, la scena finale,
l'ultima battuta ...tutto! E' l'arrivarci il problema ^^.
Comunque, cavolo! Entro su EFP e trovo tutta la grafica cambiata! XD Mi
sono sinceramente spaventata!!!! Però mi piace!
Grazie mille alle irreducibili che hanno recensito! ^__^
A proposito ho visto che ora si può cambiare Nick, e ho
notato che qualcuna di voi ha cambiato nick. Questo mi ha mandato in
confusione, sappiatelo ù.ù . XD
Ok, sapete che vi dico? Mi metto subito all'opera per il prossimo
capitolo (già piango al pensiero che siamo alla fine
ç.ç), bisogna approfittarne finchè la
mente è lucida e l'ispirazione alta, no!?
Fatemi sapere, vi prego!!! Scrivete scrivete scrivete i vostri pareri
su questo pastrocchio di capitolo! T.T
Spero che la prox volta arrivi presto, ma non faccio previsioni che
è meglio :p
Alla prossima
Ayleen
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