Solo un paio d'ali

di Ayleen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una bambola ***
Capitolo 2: *** Un amico ***
Capitolo 3: *** Come creature notturne ***
Capitolo 4: *** Shopping ***
Capitolo 5: *** Musica ***
Capitolo 6: *** Meadow's Hill ***
Capitolo 7: *** Buio ***
Capitolo 8: *** Un gioco da ragazze ***
Capitolo 9: *** Paradiso in Terra ***
Capitolo 10: *** Famiglia ***
Capitolo 11: *** Addio ai giochi ***
Capitolo 12: *** Strega! ***
Capitolo 13: *** La prima volta ***
Capitolo 14: *** Sirene nella notte ***
Capitolo 15: *** Il silenzio fa rumore ***
Capitolo 16: *** Seicentocinquantasei ***
Capitolo 17: *** Egoista ***
Capitolo 18: *** Haylie ***
Capitolo 19: *** Comincia per A ***
Capitolo 20: *** Il crudele vizio dell'amore ***
Capitolo 21: *** Libero di amare ***
Capitolo 22: *** Un nome ***
Capitolo 23: *** Da lontano ***
Capitolo 24: *** Il crimine della passione ***
Capitolo 25: *** Fantasma ***
Capitolo 26: *** Aggressione ***
Capitolo 27: *** Rifugio ***
Capitolo 28: *** In fondo al corridoio ***
Capitolo 29: *** Un angolo di paradiso ***
Capitolo 30: *** Non parlare agli sconosciuti! ***
Capitolo 31: *** Possibilità ***
Capitolo 32: *** Numeri ***
Capitolo 33: *** Il Papà Numero due e la Signora Carina ***
Capitolo 34: *** Lentiggini ***



Capitolo 1
*** Una bambola ***


SOLO UN PAIO DALI

 

 

CAPITOLO UNO

Una bambola

 

Caro Diario,

Il solo pensiero mi fa sorridere, ma ricordo ancora i tempi in cui persino una come me credeva alle favole!
Mamma me le raccontava tutte le sere prima di andare a dormire e io non vedevo l'ora che arrivasse quel momento della giornata. Era l'unico in cui mamma stava un po' con me.
Principesse, principi azzurri, streghe cattive, draghi feroci... i protagonisti erano sempre gli stessi. S'iniziava con un "c'era una volta" e si finiva con "... e vissero per sempre felici e contenti". Per quanto spaventosi e terrificanti potessero essere i cattivi, io non mi preoccupavo mai perchè sapevo che tutto sarebbe finito nel migliore dei modi : con il principe che salva e sposa la bella principessa.
Nelle favole, contro ogni logica, il bene prevale sempre sul male. Ma la realtà non è così! S'inizia male e si finisce ancora peggio!
Si viene crudelmente strappati dal sicuro e confortevole grembo materno, per poi finire sottoterra a fare da nutrimento ai vermi.  Tuttavia, sono fermamente convinta che quest'ultima fase sia la migliore. Morire è un processo naturale della propria esistenza; è il nostro unico, vero ed autentico scopo. Perciò, alla domanda "Qual è il senso della vita?", io rispondo "la morte". Non esiste un’altra risposta possibile.
Se gli uomini non avessero la prospettiva della morte davanti a se’, cosa mai potrebbero fare della loro vita? Il detto “vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo”, perderebbe ogni suo significato.
Nelle favole che mi raccontava mamma, ricordo che spesso e volentieri s’incontravano creature cosiddette “immortali”. A me non sono mai piaciute un granché. Le trovavo completamente inutili. Ed è esattamente così che sarebbe la vita senza la morte. inutile e vuota!
A volte provo ad immaginare come sarà la mia di morte. Chissà in che modo uscirò di scena? Chissà se ci sarà l’applauso dopo che il sipario verrà calato. Una cosa è certa; niente repliche!
Non so per quale motivo, ma non riesco assolutamente ad immaginarmi vecchia. Ci ho provato innumerevoli volte, ma è qualcosa che la mia mente non riesce proprio ad accettare. Per questo ho sempre la costante sensazione che morirò giovane. Non che questo sia un problema per me. L’idea di morire vecchia, devastata dal tempo, in un letto d’ospedale, circondata da parenti avidi e ingordi, non mi alletta per niente.
Morire presto non mi spaventa, anche perché io non vivo in una favola. La mia storia potrebbe iniziare con “C’era una volta …”, ma dubito fortemente che arriverà il principe azzurro a salvarmi. Sono una principessa senza castello e senza corona. A chi importa se vivrò mai felice e contenta?

 

Eleanor

 

Eleanor chiuse il suo diario e lo infilò dentro alla borsa a tracolla. Rimase ancora qualche secondo seduta su quella scomoda e fredda panchina di metallo, chiudendo gli occhi per un attimo. Lanciò svogliatamente un’occhiata all’orologio davanti all’ingresso della metropolitana. Segnava le due e mezza di notte.
Era in ritardo. Probabilmente,  la concorrenza l'aveva già preceduta da un bel pezzo, ma doveva lo stesso andare. Benché non volesse. Nonostante preferisse affogare tutta la notte nel proprio dolore. Sebbene la sola idea le desse il voltastomaco. Non aveva scelta. Doveva andare!
Si alzò in piedi e, con gli occhi fissi a terra, varcò i cancelli del parco. A quell'ora di notte era deserto, cupo, isolato dal mondo; per questo a lei piaceva tanto.
Adorava rifugiarsi lì. Era l’unico luogo in cui riusciva a rilassarsi. Ogni tanto qualche tizio non proprio affidabile cercava di abbordarla, ma lei riusciva sempre a cavarsela semplicemente con le parole.
Qualche volta si sentivano dei gemiti provenienti da dietro i cespugli o dalle auto parcheggiate tra gli alberi che, assieme ai versi dei grilli e delle civette, davano vita ad un armonioso concerto notturno. Una sorta di colonna sonora. 
Eleanor attraversò il parco più velocemente di quanto in realtà volesse e, una volta uscita, continuò lungo un marciapiede, diretta ad una fermata dell'autobus poco distante.
Incontrò alcune sue colleghe  lungo il cammino che si limitarono a guardarla con disprezzo  dall'alto in basso.
Farsi delle amiche era impossibile facendo il suo mestiere, ma la cosa non la toccava minimamente. In fondo, la solitudine era l’ultimo dei suoi problemi.
Eleanor aveva diciannove anni da poco compiuti. Da circa tre viveva da sola, completamente abbandonata a se stessa. Aveva i capelli neri che le toccavano le spalle lisci come la seta. La sua pelle era candida, un po' troppo per i suoi gusti.
I suoi occhi erano spenti ed inespressivi, a lei piaceva paragonarli al colore dell’oceano, anche se il mare non lo aveva mai visto. Era alta, slanciata, con le forme giuste. Piaceva molto agli uomini... agli uomini di tutte le età. Per questo non aveva amiche.
Si vestiva sempre di nero. Odiava i colori e quella sera non era certamente in vena di cambiamenti:
Corsetto nero eccessivamente scollato, una minigonna dello stesso colore, delle vecchie calze a rete strappate un po' ovunque, un paio di anfibi decisamente poco femminili e guanti di lana senza dita, anch'essi neri. Anche la sua inseparabile borsa era nera.  Così come il suo umore.
Quel colore aveva sempre fatto parte di lei e la gente la giudicava per questo.
Le signore anziane, quando la vedevano passare, si facevano immediatamente il segno della croce, quasi vedessero il demonio. I bambini la guardavano incuriositi, le mamme li allontanavano. I ragazzi e gli uomini adulti la osservavano, lasciandosi andare ad ogni più perversa fantasia. Le ragazze d'altro canto, la fissavano con astio. Le parlavano alle spalle, appioppandole quel nomignolo che nessuna donna vorrebbe mai sentirsi dire.
Ma ad Eleanor non importavano i pregiudizi della gente. Lei sapeva come scappare agli sguardi sentenziosi che tutti le riservavano. La musica era la sua arma, la sua unica difesa. Si metteva a cantare. Non si faceva dei problemi. Lo faceva a voce alta, in mezzo alla strada, senza curarsi dei pensieri degli altri.
La bella voce era forse la sua unica qualità e le piaceva mostrarla a tutti.
Lo fece anche quella notte, quando sentì una delle sue colleghe chiederle acidamente che aria tirasse nell'oltre tomba. Eleanor chiuse gli occhi e iniziò a cantare:

“A love struck Romeo sings a street suss serenade.
Laying everybody low  with a love song that he made…”

Sentì alcune ragazze ridacchiare al suo passaggio, compresa quella che le aveva rivolto la parola, ma non si fermò.
Per lei, la musica aveva il potere di abbattere le barriere temporali e di farla tornare indietro negli anni, quando ancora la sua vita non era un vero e proprio inferno. Ogni canzone aveva acclusa un’immagine ben precisa appartenente ad un periodo ormai passato.
Quando cantava, Eleanor si distaccava dal mondo reale e si rifugiava nei propri ricordi. In quel momento, c’era una sola immagine che le riempiva la mente. Quella di sua madre, seduta sul divano della loro vecchia casa che rattoppava per l’ennesima volta i suoi pantaloni, intonando quella stessa canzone. Si rivide bambina, accovacciata sul tappeto del salotto mentre la fissava con occhi adoranti. Forse immeritatamente adoranti …

"… Finds a convenient streetlight steps out of the shade.
Says something like you and me babe how about it? ”

Una volta tornata nel mondo del presente e allontanatasi dalle altre ragazze, si appoggiò al lampione posto accanto alla fermata del bus e attese. Aspettò che qualche vecchio in preda a strane voglie si avvicinasse e che rendesse ogni propria più intima e viziosa fantasticheria reale.
A lei non importava ciò che le avrebbero fatto. Non gli interessava sapere a quale immorale gioco l’avrebbero costretta a prendere parte. L’importante era che dopo averla usata ed essersi soddisfatti, la pagassero.
Eleanor, al contrario delle altre ragazze come lei, non aveva un prezzo fisso. Tutto dipendeva dall’uomo che l’avrebbe scelta. Alzava ed abbassava il costo del proprio corpo secondo dei criteri ben precisi. In effetti, aveva una propria classifica:
Gli scapoli erano al primo posto e a loro, in genere, faceva dei prezzi di favore, accontentandosi di poco.
Seguivano i vedovi e i divorziati che se la cavavano con poco più degli scapoli.
Al terzo posto ci stavano i festeggiati degli addii al celibato. Il più delle volte venivano obbligati dagli amici, oppure arrivavano talmente ubriachi da non riuscire a combinare niente. E con loro il prezzo cominciava a salire.
Penultimi c’erano i fidanzati; quelli che simulavano una qualche malattia o fingevano di avere una cena di famiglia per evitare di uscire con la propria ragazza. Eleanor aveva imparato a riconoscerli. Portavano quasi sempre un anello d’argento, probabilmente identico a quello della loro dolce ed ingenua metà; erano sempre ben vestiti e anche le loro auto erano stranamente ordinate e pulite.

Il tocco di una donna si riconosce ovunque pensava sempre Eleanor.

 L’ultimo posto in classifica era riservato ai padri di famiglia. Uomini sposati con una moglie e dei bambini, che uscivano di casa improvvisando un urgente impegno di lavoro e che invece andavano a divertirsi con lei. Eleanor li odiava. Il suo prezzo si alzava di molto fino a raggiungere cifre a due zeri.
Sapeva di non valerli neanche un po’, ma sentiva l’irrefrenabile impulso di vendicare quelle povere famiglie. Nessuno si era comunque mai lamentato per i suoi prezzi, quindi lei continuava con il suo metodo. Chi tradiva andava punito, sia pure nella maniera più venale.
Eleanor non aveva mai conosciuto l’amore. Ne’ da parte dei genitori, ne’ tantomeno dai suoi coetanei.  Esisteva una sola persona che si era guadagnata il suo affetto e  l’unico sentimento che era in grado di riconoscere era l’odio che provava indistintamente per ogni cosa.
Era rimasta bambina per troppo poco tempo. Aveva perso la sua purezza il giorno del suo dodicesimo compleanno, nell’istituto dove era cresciuta dopo la morte di sua madre, tradita da una delle poche persone di cui aveva imparato a fidarsi dopo anni di silenzioso isolamento.
Di sogni Eleanor ne aveva tanti,  non differenti da quelli di una qualsiasi ragazza della sua età, ma in cuor suo sapeva che sarebbe rimasta a vagare per sempre in quell’oscuro incubo che era la sua vita. Punti di luce non ce n’erano e i suoi sogni non erano altro che crudeli illusioni alle quali raramente si lasciava andare
Continuò ad attendere in silenzio appoggiata al lampione, volgendo lo sguardo al cielo alla ricerca della luna, occultata da una spessa coltre di smog. Cercò la rassicurante presenza delle stelle, ma era estremamente raro riuscire ad individuarle dal momento che rimanevano eclissate dalle forti ed invadenti illuminazioni urbane. In testa aveva ancora quella vecchia canzone dei Dire Straits che l’aveva difesa dalle malignità delle altre ragazze e che continuava ad intonare sottovoce.
Rimase accecata per qualche istante da un paio di abbaglianti che si fermarono proprio davanti a lei. Sospirò con pacata rassegnazione quando intravide il guidatore sporgersi fino ad aprire la portiera del passeggero. Una scena a cui aveva assistito e preso parte un’infinità di volte, ma che le procurava sempre una fastidiosa nausea accompagnata da una crescente sensazione di panico.
Le altre ragazze in genere si avvicinavano lentamente e stuzzicavano i clienti con parole e mosse ben studiate. Li riempivano di sorrisi e lusinghe nel tentativo di ottenere un piccolo extra in denaro. Funzionava sempre, ma Eleanor era diversa dalle altre.
Lei non sorrideva mai. Niente moine o movimenti adescanti del proprio corpo. Lei era fredda, distaccata e gli sguardi che riservava agli uomini che la sceglievano non erano ne’ dolci ne’ suadenti, ma duri e colmi di disgusto.
Probabilmente era proprio per questo che lei piaceva così tanto ai suoi clienti. Loro sapevano bene che dietro agli atteggiamenti gentili e ammalianti delle altre ragazze c’erano ben altri fini. Sembrava proprio che la schiettezza di Eleanor li affascinasse molto più che tutti quei falsi sorrisi e alla fine, anche lei otteneva sempre un extra.
Chiuse gli occhi per il volgere di un istante sperando ardentemente che, una volta riaperti, quell’auto non si trovasse più lì. Pregò che si fosse trattato della solita allucinazione che la colpiva anche in pieno giorno, ogni talvolta che una macchina si fermava vicino a lei. Il rombo del motore, lo stridio dei freni, i fari accecanti, il cigolio di una portiera aperta … immagini e rumori capaci di mandarla in paranoia. Ne era perseguitata sia di giorno che di notte. Ma quella, sfortunatamente, non era affatto un’allucinazione. Quell’auto era ancora lì quando Eleanor riaprì gli occhi e l’uomo alla guida sembrava essersi fatto piuttosto impaziente. Suonò il clacson un paio di volte per sollecitarla a raggiungerlo.
Eleanor sbuffò infastidita e, con la fronte imperlata di sudore e lo stomaco rivoltato, raggiunse l’automobile. Salì in assoluto silenzio, trasformandosi nell’istante stesso in cui toccò il sedile, in una bambola. Lei preferiva definirsi un guscio vuoto, ma l’idea della bambola rendeva meglio la sua condizione.
Eleanor non saliva sull’auto, rimaneva al sicuro sul marciapiede, sotto al lampione, con gli occhi rivolti al cielo. Era il suo corpo che si allontanava con quell’uomo, nient’altro. Un corpo da usare e con cui giocare finchè lui lo avesse ritenuto necessario. Lei era il suo giocattolo adesso; era la sua bambola. Ma la vera Eleanor era ancora davanti alla fermata del bus, con la mente invasa dal ritornello di una vecchia canzone e lo sguardo impegnato a cercare le stelle.

 ***

Quella notte, quattro portiere d’auto si aprirono per Eleanor. Due scapoli, un fidanzato e un vecchio vedovo per un totale di duecentocinquanta dollari. Somma sufficiente per pagare l’affitto di casa e comprarsi da mangiare.
Sperava di riuscire a racimolare qualcosa di più, dal momento che aveva altri tre mesi arretrati d’affitto da pagare e il suo padrone di casa si stava facendo davvero intrattabile. Ma adesso la bambola era tornata ad avere un’anima. Per quella notte Eleanor aveva smesso di essere un giocattolo. Non le importava cosa sarebbe accaduto. Nessun corpo estraneo l’avrebbe più profanata per le successive ventiquattro ore. Fino ad allora, tutto sarebbe andato bene. Nulla poteva spaventarla, nemmeno quel vecchio, grasso e pervertito del suo padrone di casa.
Mise le ultime banconote guadagnate nella tasca interna della sua borsa, assieme alle altre, e si allontanò dalla fermata dell’autobus, diretta alla metropolitana.
Stava attraversando nuovamente il parco quando i primi timidi raggi del sole si stavano facendo largo tra l’oscurità della notte.
Un elegante orologio in ferro battuto posto accanto al sentiero che stava percorrendo segnava le cinque e un quarto del mattino. Troppo presto per chiunque, molto tardi per lei.
Eleanor preferiva rientrare a casa prima che la città si svegliasse. Detestava avere troppa gente intorno e, se poteva, evitava di uscire di giorno. In genere, rientrava sempre intorno alle quattro, ma quella notte aveva iniziato a lavorare tardi e la sua solita tabella di marcia era saltata.
S’affrettò  a raggiungere l’uscita del parco e corse fino alla metropolitana, sperando di non dover incontrare già i primi pendolari del mattino.  Scese velocemente le scale e corse fino al suo binario.
Fortunatamente, la stazione era deserta. Gli unici esseri viventi presenti erano il solito barbone ubriaco steso a terra nell’ angolo accanto al distributore di bibite, e un piccione che becchettava minuziosamente il perimetro attorno al cestino dell’immondizia.
L’attesa fu breve. Il convoglio arrivò in pochi minuti, accompagnato dal solito rumore assordante. Il barbone si destò imprecando con la voce impastata dalla sbornia e dal brusco risveglio. Eleanor salì e andò immediatamente a sedersi di fronte alla porta. Sospirò, finalmente rilassata. Prese i soldi dalla tasca interna della sua borsa e se li infilò dentro alla scarpa destra. Dopodichè nascose la borsa dietro la schiena.  Un gesto meccanico che compiva ogni volta che prendeva un mezzo pubblico. I malintenzionati erano attirati da una ragazza sola che prendeva la metropolitana a quell’ora del mattino, quanto api con il miele, ma di certo non si sarebbero mai sognati di scipparle le scarpe. Un semplicissimo ed efficace stratagemma che le aveva suggerito un suo vecchio amico all’Istituto. Fatto questo, allungò una mano dietro alla schiena per prelevare dalla borsa la sua felpa, ovviamente nera, e la indossò.
Chiuse gli occhi e si abbandonò sul sedile con un’agognata serenità.

“ Dovresti guardarti un po’ in giro prima di compiere simili gesti. “

Quella voce estranea ebbe lo stesso effetto di una pugnalata al petto per Eleanor. Il suo corpo s’irrigidì, gli occhi si spalancarono ed ecco nuovamente l’ansia, la paura e la tensione invadere il suo cuore con lo stesso effetto di una macchia d’olio.
Cercando di non lasciare trapelare il suo reale stato d’animo, Eleanor si sforzò di sostenere lo sguardo dell’individuo che le stava di fronte.
Era un ragazzo dai capelli scuri, probabilmente più grande di lei di qualche anno. Stava seduto sul sedile accanto alla porta ed Eleanor, entrando frettolosamente e pensando unicamente ai soldi da nascondere, non si era minimamente accorta della sua presenza.

No! No, dannazione! No, no, no!

Eleanor si appiattì più che potè contro il proprio sedile, nell’inutile tentativo di difendere la borsa. Si sedette poi a gambe incrociate per proteggere, per quanto possibile, i suoi vecchi e logori anfibi neri, in quel momento preziosi e vulnerabili quanto una cassaforte aperta.
Il ragazzo continuava a fissarla con un’espressione indecifrabile, ma per quanto Eleanor temesse il contrario, non sembrava avere cattive intenzioni.
Era vestito piuttosto bene e ciò la tranquillizzò molto. Non aveva l’aspetto di un comune delinquente che prova gusto a derubare le ragazze.
Indossava dei jeans neri e scarpe da ginnastica apparentemente nuove. Entrambi i capi d’abbigliamento erano firmati e non sembravano affatto delle imitazioni.  Sopra, portava una felpa grigio scuro con singolari disegni tribali sulle maniche.
No, decisamente non sembrava un delinquente. Era a posto! Perlomeno, era stata questa la prima impressione di Eleanor.
Forse era semplicemente un ragazzo che rientrava a casa dopo una notte di baldoria trascorsa con gli amici o con la sua ragazza . Forse era venerdì sera…o forse, no.
Eleanor provò per un attimo una spiacevole sensazione di smarrimento quando si rese conto di non avere la più pallida idea di che giorno fosse. Non era poi così importante saperlo, ma perdere la cognizione del tempo era un’esperienza tutt’altro che gradevole.
Rinunciò a mettere ordine nella sua mente e tornò a studiare attentamente il ragazzo che le sedeva di fronte, osservando ogni suo movimento. Era chiaro che non riusciva a fidarsi totalmente di lui, nonostante desiderasse ardentemente il contrario. I vestiti firmati in fondo, non dimostravano proprio niente. Poteva anche averli rubati per quello che ne sapeva…
Ma all’improvviso, accadde qualcosa. Eleanor incontrò casualmente il suo sguardo e tutte le sue difese si sbriciolarono in un istante.
La paura l’aveva resa evidentemente cieca, perché fino a quel momento non si era resa davvero conto della creatura che aveva davanti.
Una morsa allo stomaco, una temporanea paralisi in tutto il corpo e il battito cardiaco che accelerava ad ogni secondo. Un improvviso e totalmente sconosciuto senso di calore sulle guance la invase. Eleanor non seppe riconoscere nessuna delle sensazioni che la stavano travolgendo, l’unica cosa che le appariva chiara e cristallina era che quel ragazzo era ciò che di più bello avesse mai visto. 
I suoi capelli erano neri come la notte, volutamente spettinati o forse, vittime del suo presumibile temperamento disordinato.
La sua pelle era candida quasi quanto quella di Eleanor. Le sue labbra erano piene ed invitanti, ma ciò che più la colpì furono i suoi occhi.
Vi si poteva leggere ogni tipo di emozione. Trasmettevano tristezza, ma anche appagamento. Erano freddi, eppure partecipi. Malinconici, ma sereni. Erano due pietre preziose. Due stelle rubate al cielo e incastonate nelle sue orbite.
Sembravano azzurri, ma non lo erano. Un colore indefinibile che fondeva insieme il grigio chiaro, il blu e il verde… sembravano di vetro.  Due specchi d’acqua in cui Eleanor, nonostante i metri che li separavano, riusciva a riflettersi. 
Un pensiero fugace, ma del tutto consapevole le attraversò la mente. Un pensiero di cui per un attimo si vergognò, ma che esprimeva esattamente ciò che in quel momento sentiva e desiderava   

… vorrei essere la sua bambola…

Un sentimento nuovo le stava riempiendo anima e corpo. Era stato sufficiente uno scambio di sguardi durato poco più che una manciata di secondi per ottenebrare tutto ciò che l’aveva sempre contraddistinta in quegli anni di solitudine. Un bisogno irrefrenabile di appartenere a qualcuno. Di appartenere a lui. 

… potrei essere per sempre la sua bambola se solo me lo chiedesse!

Il ragazzo distolse lo sguardo da Eleanor e lei provò quanto di più vicino ci fosse alla sofferenza. Non voleva che quegli occhi così straordinariamente belli osservassero qualcosa che non fosse lei. Era rimasta accecata. Non avrebbe mai più visto nessun’altra stella. Era lui la più luminosa adesso. Nemmeno le luci della città avrebbero mai potuto celarla.
Mille domande le riempivano la mente e le premevano le labbra. Chi era quell’ angelo? Quale era il suo nome? Quanti anni aveva? Dove viveva? Da quale livello del paradiso era caduto?

Perché non me lo chiede? 

Mai in vita sua Eleanor aveva pregato che qualcuno le facesse quella domanda che tanti uomini le avevano posto. Ma adesso, avrebbe dato tutti i soldi guadagnati quella notte per diventare il suo giocattolo. Sarebbe stata disposta ad invertire i ruoli e a pagarlo lei stessa.

Oh, ti prego… chiedimelo!

Ebbe paura dei suoi stessi pensieri. Lui era un angelo. Chi era lei per cercare di sedurre una simile creatura divina? Il Dio a cui lei non aveva mai creduto, si sarebbe di certo arrabbiato.
D’un tratto, l’angelo si alzò in piedi ed Eleanor trattenne il respiro. Il cuore le batteva così forte che per un istante temette che lui potesse sentirlo. 
Era alto. Se lei fosse stata in piedi si sarebbe senz’altro appurato che la superava almeno di una ventina di centimetri. Eleanor si sentì infinitamente piccola raggomitola sul sedile con gli occhi fissi su quell’angelo senza ali. Lo accompagnò con lo sguardo alla porta, prima che una dolorosa consapevolezza ebbe il sopravvento su di lei. Stava andando via.
Pochi istanti e sarebbe sceso alla fermata successiva, sparendo per sempre dalla sua vita.  Eleanor sentì il travolgente impulso di fermarlo, ma l’autocontrollo fu più forte. Pensò che sarebbe stato bello seguirlo e salire con lui al cielo, ma non ne sarebbe mai stata degna.
Il respiro le si mozzò di nuovo non appena lo vide voltarsi verso di lei, un attimo prima che la metropolitana rallentasse fino a fermarsi.

“ La prossima volta controlla che non ci sia nessuno. “

La sua voce era calda e avvolgente, un suono di cui Eleanor avrebbe potuto inebriarsi per il resto della sua esistenza. Si godette i suoi occhi stupendi per quegli ultimi istanti, marchiandoli a fuoco nella sua mente. 

“ Sai, a quest'ora si possono fare incontri molto spiacevoli… Stai più attenta! “

Eleanor, incapace di parlare, annuì soltanto. Avrebbe voluto ringraziarlo e scusarsi per averlo scambiato per un comune e volgare ladruncolo, ma la sua paralisi temporanea non era ancora giunta a termine. Ogni suono e ogni parola che avrebbe voluto rivolgergli, moriva nella sua gola prima di riuscire a  raggiungere le labbra.
Lui si voltò, si calò sulla testa il cappuccio della felpa e appena la porta automatica si aprì, scese. 
Eleanor allungò il collo per guardarlo mentre si allontanava dalla banchina del binario, con le mani in tasca e l’andatura lenta. Quasi si aspettava di vedere sul serio un paio di grandi ali bianche levarsi dalla sua schiena, ma sfortunatamente lui sparì troppo in fretta per poterlo accertare.
Il cuore di Eleanor riprese a battere normalmente, il corpo riacquistò sensibilità e il respiro si regolarizzò. Fu un sollievo, ma anche una sofferenza infinita. Per la prima volta, Eleanor conobbe il dolore causato dalla separazione. Lo aveva già testato una volta quando sua madre era morta, ma questo aveva un altro sapore. Era più dolce. Era qualcosa che la faceva sentire completa, ma che allo stesso tempo la lasciava come in sospeso. A sua madre aveva detto addio, invece con lui era stato semplicemente un arrivederci.
La sola idea di avere la possibilità di rivederlo la rendeva elettrizzata ed inquieta al tempo stesso. Era una sensazione forte; un piacevole malessere che non l’avrebbe abbandonata fino al prossimo incontro. Eleanor aveva capito che non era un delinquente, ma nonostante ciò, quell’angelo l’aveva comunque derubata! Si era portato via una parte di lei e l’unico modo per riaverla indietro era ritrovarlo. D’ora in avanti, avrebbe vissuto solo nell’attesa di quel momento.

***

Ok, ok!  Forse a qualcuno questa storia ricorderà qualcosa, soprattutto l'inizio! Ci penso io a chiarirvi le idee! Avevo pubblicato questa fic lo scorso autunno - o la scorsa estate, non ricordo con precisione -  con il titolo "Once Upon a Time... ", ma poi rileggendola non mi convinceva del tutto. Alla fine, non solo ho cambiato titolo, ma ho anche apportato innumerevoli cambiamenti alla trama!  Diciamo che avvenimenti riguardanti la mia vita personale - che si ritorcono inevitabilmente sul mio modo di scrivere - mi hanno convinto all'ennesima ristesura di questa storia. Credo di averla migliorata, anche se è presto per dirlo... non lo so... conoscendomi, la cambierò ogni volta che la rileggerò. E' più forte di me, ragion per cui eviterò con tutte le mie forze di leggerla troppo. Spero quindi che perdoniate gli eventuali - e sempre presenti - errori di battitura e i maledettissimi - e incubi personali della sottoscritta - errori di grammatica. 
E ora la domanda chiave: 
E' il caso che mi dia al giardinaggio anzichè alla scrittura? 
Forse il fatto che nulla di quello che scrivo mi convince è perchè sono negata!
E' solo il primo capitolo, ma a me ancora non piace del tutto... -_-' ... sigh, sono senza speranze... cmq qualche commentino sarebbe gradito, ma lungi da me l'obbligarvi ... però se non sapete cosa fare... se vi annoiate o che so io... U.U

Beh, alla prossima! (speriamo)

Ayleen^^

P.S

Anche l'ippica non sarebbe male! Oppure il combattimento tra galli... si, perchè no!? -.-''' 
O la numismatica! Le collezioni di farfalle, oppure di minerali! L'osservazione degli uccelli (XD oddio!!! qui si cade sul malizioso... la smetto che è meglio!)
Ah! Altra cosa importante!
Chiedo a tutti quelli che per caso hanno letto la mia vecchia "Once Upon a Time" di dimenticarla completamente. I personaggi sono gli stessi, ma la vicenda è un pochino cambiata! ^^ ... potrete mai perdonarmi????? 

P.S.2

Aggiornerò una volta a settimana, quindi evitate di fare commenti del tipo "aggiorna il più presto possibile" e simili, ok?? Lo farò al mercoledì, promesso! Mai mettere fretta ad un'aspirante scrittrice, specie se insicura come me ^^'.

< è Eleanor da cantata canzone>"Romeo and Juliet" dei Dire Straits. >

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Capitolo 2
*** Un amico ***


CAPITOLO DUE

Un amico

 

Caro Diario,

Mamma mi ha insegnato a non fidarmi di Dio! Mi ha sempre lasciato libera di scegliere se credere o meno, ma mi ha sempre messo in guardia sul suo modo di agire. “Se decidi di credere, non sperare nei miracoli. Potresti avere grosse delusioni. “ Diceva sempre così e la cosa non mi ha affatto aiutato ad avere fede in un qualche Essere Supremo e Onnipotente. Ma forse le divinità esistono sul serio e oggi ne ho avuto la conferma…Ho visto un angelo!
Forse è stata mamma a mandarmelo. Avrà pensato che mi sentissi sola quaggiù e lo ha spinto a tradimento giù dal paradiso. Si, mamma sarebbe proprio capace di un gesto del genere, anche se dubito molto che lei si trovi in paradiso… Ho letto da qualche parte che il suicidio è considerato un peccato mortale e che si sconta all’inferno, ma mamma sarebbe capace di evadere anche da là. Indosserebbe una tunica bianca, delle ali finte e un’aureola di plastica e riuscirebbe ad infiltrarsi in paradiso. Sarebbe proprio da lei!
Ma adesso mi tornano in mente le sue raccomandazioni. Forse, non è stata lei a far si che io incontrassi quell’angelo… è stato Dio! Ha qualcosa in serbo per me e la cosa m ’inquieta. Credo non mi abbia ancora perdonato il fatto di non essermi arruolata nel suo esercito di fedeli … vuole farmela pagare facendomi soffrire per qualcosa che non potrò mai avere. Ma se questa è una sfida, io l’accetto molto volentieri!

 Caro Dio,

sei stato tu a metterti sul mio cammino non il contrario, quindi spero non ti dispiaccia che io scelga deliberatamente di scansarti. Non avercela a male. Io lo so che ci sei, semplicemente non credo in quello che fai. Bisognerebbe che qualcuno ti licenziasse! Detto tra noi, non stai facendo un buon lavoro! Il mondo va a rotoli! La mia vita va a rotoli, quindi credo che un piccolo premio di sopportazione mi spetti. Io lo troverò! Troverò quell’angelo e non lo farò mai più tornare da te! Hai commesso un grosso errore a mandarlo quaggiù e fossi in te non mi aspetterei di vederlo tornare a svolazzare lassù nel tuo regno. Non pensare a me. Non te l’ho mai chiesto e mai te lo chiederò! Occupati di quella parte del mondo che riesce ad avere ancora fiducia in te, ma dimenticati di questa piccola ed inutile pecorella smarrita! Lascia che sia il tuo angelo ad occuparsi di me… Abbandonami!  Oh giusto, dimenticavo. Amen!

 

Eleanor

 

Un colpo alla porta seguito da una voce aggressiva e innervosita, la fece trasalire.

“ Apri questa porta, ragazzina! Lo so che ci sei! “

Eleanor si alzò in fretta dal letto e si precipitò dalle sue scarpe gettate in un angolo nel lato opposto della stanza. Con foga, afferrò le banconote che erano ancora nascoste all’interno.

“Non costringermi ad usare la forza Eleanor! Apri immediatamente!”

 I colpi alla porta si fecero sempre più forti e violenti. Per un attimo, Eleanor temette davvero che il vecchio uscio non reggesse.

“ Arrivo! Solo un secondo!” invocò, cercando di prendere tempo.

“Un secondo è troppo! Subito! “

Eleanor lasciò nella scarpa cinquanta degli oltre duecento dollari che era riuscita a guadagnare. Il resto lo tenne stretto in mano mentre, prendendo coraggio,  si alzava in piedi e si dirigeva alla porta.
Riusciva ad immaginare fin troppo bene come sarebbe andata a finire; esattamente come tutte le altre volte. Con lui che con forza la scaraventava sul letto costringendola a diventare il suo giocattolo fino a che non si fosse soddisfatto abbastanza. E non era facile soddisfare Roy. 
Avrebbe potuto tenerla in ostaggio per ore senza stancarsi mai, mettendo a tacere ogni suo tentativo di ribellione tirando fuori la questione dell’affitto arretrato.
Eleanor riteneva quantomeno indecente che quella topaia nella quale era costretta a vivere andasse pagata. Una misera stanza con nient’altro che un letto cigolante al centro, una vecchia poltrona sulla quale era impossibile sedersi per non rischiare di venirne inghiottiti, un fornello a gas non del tutto affidabile e un tavolo pericolosamente dondolante. Il bagno era, se possibile, ancora peggio: dalla doccia usciva quasi sempre acqua fredda e lo scarico del water raramente funzionava. Eleanor era certa che i detenuti nelle prigioni vivessero in condizioni migliori delle sue.  E quando aprì la porta, ne ebbe piena conferma.
Eccolo. Il suo più grande incubo.
Roy era un uomo sulla cinquantina. Il suo principale pensiero ero quello di tracannare più alcool possibile durante tutto l’arco della giornata e ciò influiva pesantemente sulla sua forma fisica. Oltre a non essere  decisamente atletico, non era uno che badava molto  all’igiene personale. Ovunque andasse lasciava dietro di se’ una scia maleodorante di alcool, sudore e Dio solo sa cos’ altro.
I suoi untuosi capelli brizzolati gli toccavano le spalle e la barba sfatta gli copriva gran parte del viso. Gli occhi, costantemente annebbiati, erano neri e inflessibili.

“Cosa vogliamo fare, Eleanor? “ domandò Roy, provocandola. “ Io sto ancora aspettando che tu saldi il tuo debito. “

La ragazza non rispose, gli mostrò soltanto le banconote che lui si affrettò ad afferrare.  Sperando ardentemente che il peggio fosse passato, Eleanor fece per chiudere la porta, ma Roy la fermò.

“Dove pensi di andare? Questi non bastano! “

“E’ l’affitto di questo mese.”

“Si, è vero, ma gli altri mesi che mi devi?”

Eleanor sospirò con rassegnazione: “Devi darmi ancora un po’ di tempo, Roy… Stasera mi è andata bene, ma non è sempre così. Io sto facendo il possibile”

“Il possibile non basta! E sai bene che non sono qui unicamente per i soldi! “

Un gelo improvviso si impossessò di Eleanor. “Per favore, no… “ lo implorò con un filo di voce.

“Dovresti ringraziarmi invece di piagnucolare. Al mio posto un altro ti avrebbe già sbattuto per strada.”

Fallo! Pensò Eleanor Ti prego fallo! Dammi una ragione per andarmene da qui.

“Troverò quei soldi, te lo giuro! “

“Come se non te l’avessi già sentito dire”

“Ti prego! Dammi una settimana, soltanto una settimana.”

“No, ho aspettato anche troppo e ora voglio qualcosa in cambio. E tu sai cosa!”

Roy la spinse via  dalla soglia ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle. Lei rimase immobile, mostrando la schiena a Roy che nel frattempo le si era avvicinato pericolosamente. Le sue mani l’avevano già raggiunta. Una lacrima le scese silenziosa sul viso nel momento stesso in cui il suo incubo peggiore si trasformò in una brutale realtà.

*** 

Nella tarda mattinata, furono molti quelli a vedere una ragazzina vestita di nero scappare da una vecchia palazzina malridotta.
Eleanor correva stringendo al petto la sua inseparabile borsa contenente i suoi unici effetti personali : un vecchio diario, un portafoglio, un piccolo album di fotografie e una buffa bambolina di pezza fatta a mano che lei avrebbe dovuto regalare a sua madre in terza elementare. Ma a questi oggetti se ne aggiungeva un altro; qualcosa di intangibile e astratto: l’immagine di due occhi ultraterreni che la fissavano dentro ad un vagone.
Eleanor riprese a camminare normalmente nel ripensare al ragazzo della metropolitana. Si asciugò gli occhi col dorso della mano destra, rendendosi conto che piangere e pensare a lui al tempo stesso era impossibile. La sola cosa che si sentì di fare fu sorridere e dimenticarsi completamente di Roy e delle ultime ore trascorse nelle sue grinfie.
Si sentiva sporca e violata come non mai!
Non appena Roy si era addormentato, lei si era rivestita in fretta, aveva afferrato la sua borsa ed era scappata via, senza sapere se sarebbe mai tornata laggiù.
S’infilò in una cabina telefonica e rovesciò la borsa sperando di trovare qualche monetina rimasta dimenticata sul fondo. La trovò e velocemente la inserì nel telefono. Compose in fretta un numero con le lacrime che di nuovo le premevano agli angoli degli occhi.
A rispondere fu la voce assonnata di un ragazzo.

“Pronto?”

Eleanor rimase in silenzio per qualche istante, il pianto che le soffocava la voce.

“Evan…” mormorò infine.

Il ragazzo parve ridestarsi dal torpore dovuto dal brusco risveglio: “Eleanor? Sei tu?”

“Si… senti, possiamo vederci?”

Pochi attimi di assoluto silenzio e poi la voce di lui si fece preoccupata:“Va tutto bene?”

“No! …Roy…lui… l’ha fatto ancora.”

 ***

Il sole splendeva già alto nel cielo mentre Eleanor sedeva silenziosa su una panchina del parco; il capo chino, lo sguardo a terra, le mani in grembo, un altro frammento di se’ che se ne andava.
Quel posto era così diverso alla luce del giorno. Di notte lo si poteva definire spettrale: soltanto una spessa oscurità che occultava delinquenti, spacciatori, drogati, alcolizzati e, naturalmente, quelle come lei…
A quell’ora del giorno invece il parco appariva un luogo sicuro e piacevole: bambini che giocavano, mamme con i passeggini, persone che portavano a spasso i cani, sportivi che si tenevano in forma correndo, anziani seduti sulle panchine che lanciavano briciole ai piccioni e agli uccellini, innamorati che si tenevano per mano. Tuttavia, lei continuava a preferirlo alla luce della luna, perché non esisteva niente di così orribile da non venire occultato dall’oscurità. Il buio la faceva sentire protetta.
In mezzo a tanta serenità, la presenza di Eleanor non passava di certo inosservata, ma a lei non interessava. Aspettava Evan con impazienza tentando di domare l’urlo di rabbia e dolore che minacciava di sopraffarla. Lo avrebbe liberato solo in sua presenza, perché lui era l’unico che l’avrebbe capita. Spesso si convinceva di essere del tutto sola, ma in realtà sapeva che Evan ci sarebbe stato sempre.
E fu proprio nel pensare a ciò che una voce familiare fece largo tra i suoi pensieri :

“Eleanor! “ 

Evan le stava andando incontro salutandola con il braccio alzato. Non appena lo videro, gli occhi di Eleanor si arresero al suo volere di trattenere le lacrime. Lei lo raggiunse di corsa e gli gettò le braccia al collo singhiozzando come una bambina.
Lui, sorpreso e incerto, la strinse a se’ con dolcezza: 

“Stai bene? “ le domandò.

“Non chiedermelo! “ rispose lei tra un singhiozzo e l’altro.

Eleanor ed Evan si erano conosciuti dieci anni prima nell’istituto dove erano stati segregati dopo essere rimasti entrambi orfani. La loro amicizia aveva resistito anche una volta usciti e, anche se molto più raramente, avevano continuato a vedersi. 
Evan era un ragazzo di bell’aspetto. Era alto, con un fisico piacente. I suoi capelli erano una cascata di riccioli bruni che, assieme alla sua carnagione abbronzata, gli conferivano un aspetto ribelle e selvaggio, facendolo apparire ancora più attraente agli occhi di ogni ragazza che lo incontrava. Le sue iridi color di giada spiccavano in maniera incontrollabile sulla sua pelle dorata.
Evan era il primo che avesse fatto battere forte il cuore di Eleanor, ma era anche stata la sua prima autentica delusione d’amore.
Lui era bello, era gentile, era in gamba, ma c’era un aspetto del suo essere che la faceva soffrire terribilmente. Il motivo per cui lei era stata rifiutata.
Eleanor provava quasi pena per tutte quelle ragazze che si ammassavano nel locale dove lui lavorava solo per riuscire a vederlo. Se solo avessero saputo cosa lui davvero cercava in una relazione…
Nessuno l’avrebbe mai immaginato. La sua aria rude e mascolina non lasciava certo spazio a dubbi del genere, ma ad Evan le ragazze non interessavano. Eleanor aveva pianto di nascosto il giorno che lui le aveva rivelato di essere gay.
Ancora adesso, dopo quasi quattro anni, lei stentava a crederci. L’unico ragazzo che avesse mai amato, non avrebbe mai potuto ricambiarla. E adesso lui era diventato come un fratello, anche se il suo cuore ancora si ribellava ad accettare quel tipo di sentimento.
Evan non disse niente. La lasciò sfogare, senza permettersi d’interromperla. Non cercò di calmarla come avrebbe invece fatto chiunque altro. Sapeva che tenersi tutto dentro non avrebbe portato a niente, tranne che ad altre lacrime ancora più cariche di dolore.
Eleanor odiava farsi vedere in quello stato, ma per lei Evan era quanto di più vicino ci fosse alla salvezza. Se lei era il fiore, lui era il suo stelo.

“Scusami…”  farfugliò la ragazza contro il suo petto.

“Di cosa mai dovresti scusarti? “

“Tu hai lavorato tutta la notte e io ti ho costretto a venire a sopportare i miei piagnistei. Dovresti odiarmi per questo!”

“Odiarti? “ ridacchiò lui “Per così poco? Ti odierei se non mi chiamassi affatto.”

Eleanor si staccò lentamente da lui e si asciugò gli occhi.

“Va un po’ meglio?” le chiese Evan, fissandola con apprensione.

“No, ma sono contenta che ora sei qui. “

“ Bene, questo mi fa piacere!”

Eleanor sorrise, andò a recuperare la borsa che aveva lasciato sulla panchina e domandò: “Ti va di fare quattro passi?”

“Certo. “

 ***

Camminarono fianco a fianco per ore, parlando di sciocchezze e ridendo di battute che soltanto loro potevano capire.  Pranzarono in uno dei chioschi del parco e Evan si offrì di pagare anche per Eleanor.  Dopo aver mangiato si sedettero all’ombra di una betulla, osservando con aria assente dei bambini che giocavano a pallone.

“Stanotte, cioè stamattina presto, ho incontrato qualcuno. “ esclamò Eleanor all’improvviso.

“Ah si? “ domandò lui con espressione poco partecipe.

“Già… un ragazzo, a dir la verità.”

Gli occhi di Evan si fecero d’un tratto più interessati. Lo sguardo che le rivolse traboccava di malizia: 

  Davvero?!  Ebbene?”

“Ebbene cosa? “ disse lei, fingendo noncuranza.

“Racconta! “

Eleanor chiuse gli occhi per qualche istante ripensando al ragazzo della metropolitana. Un senso di appagamento e serenità la travolsero non appena la sua immagine si fece chiara e nitida nella sua mente.

“Dovresti vederlo, Evan. “ sospirò con occhi sognanti “E’ talmente bello da sembrare inumano. “

“Magari è un alieno che ha assunto un aspetto attraente per adescare povere fanciulle indifese! “ scherzò il ragazzo.

“Non m’interessa. Ha il permesso di catturarmi. Per quel che mi riguarda, può fare di me quello che vuole.”

Evan si accigliò dalla sorpresa: “Non è da te dire una cosa del genere! “

“Lo so, ma è esattamente ciò che penso. Tu non puoi neanche lontanamente immaginare cosa mi frullasse per la testa mentre lo guardavo. Spero solo che lui non se ne sia accorto!”

I due ragazzi si guardarono gravemente per qualche istante, ma la serietà di Evan fu la prima a venire meno. Scoppiò a ridere senza ritegno seguito a ruota dall’amica.

“Avrei voluto esserci! Chissà che scena! “ sghignazzò Evan.

“C’è poco da ridere! “ esclamò Eleanor tra le risate “ Ti giuro che mi sono fatta schifo da sola! “

“Non stento a crederlo! “

“Ho fatto una figura pessima, vero?”

“Beh , non si può certo dire che non ti sia fatta notare. Da un certo punto di vista è un bene!”

“Un bene? Starà ridendo di me ancora adesso!”

“Si, è probabile!”

“Dovresti consolarmi, invece di ridere!”

“Ah, davvero!? E cosa dovrei dirti? Che magari, lui non se ne è nemmeno accorto!?”

“Ne dubito molto. Non so bene che espressione avessi, ma probabilmente stavo sbavando!”

Le risate di Evan si fecero ancora più chiassose. Eleanor ne venne immediatamente contagiata.

“Sia chiaro che sto scherzando!” si affrettò ad aggiungere poi, attendendo che le risa del ragazzo si estinguessero.

Rimasero immersi nel silenzio per qualche minuto. Evan sembrava essersi addormentato, le mani dietro la nuca, gli occhi chiusi, il volto rilassato. Accanto a lui, Eleanor teneva le gambe strette al petto, la testa nascosta fra le ginocchia nel tentativo di liberare la mente dall’immagine del ragazzo della metropolitana.
La voce di Evan la costrinse a far riemergere il viso alla luce del sole: 

“Gli hai parlato?” domandò il ragazzo, mantenendo la sua posizione di finto addormentato.

“Cosa?” fece Eleanor, presa alla sprovvista.

“Hai parlato a quel tipo?”

“…no.” Mormorò Eleanor nascondendo di nuovo la faccia tra le ginocchia.

“Perché no?”

“E me lo chiedi?  A malapena riuscivo a respirare. Tremo al solo pensiero di quali idiozie avrei potuto dirgli.”

“ E lui, invece? Ti ha detto qualcosa? “

Le guance di Eleanor s’imporporarono non appena ricordò la voce di quell’angelo: “Si. “

Evan, ormai tutto preso dal discorso, si mise a sedere di fronte alla ragazza: “Dai e che ti ha detto?”

“Niente di speciale.”

“Come sarebbe a dire? Se un ragazzo si prende la briga di rivolgere la parola ad una sconosciuta è sempre un buon segno!”

“No, non è vero!”

“Ma si che è vero! Se io non ti avessi rivolto la parola quando tu per me eri ancora un’estranea a quest’ora non saremmo qui a parlare! “

“Non è la stessa cosa!”

“Si, invece. Quel ragazzo si ricorderà di aver parlato con te e se per caso ti incontrerà di nuovo, ti riconoscerà. Credimi hai già fatto un primo passo verso la sua conquista!”

Eleanor inarcò le sopracciglia impressionata : “Parli come uno che la sa lunga sull’argomento.”

“Infatti! “

Eleanor lo spinse leggermente, con fare amichevole: “Ma sentilo!”

Lui rise : “Non mi credi? Allora scommettiamo!”

“Cosa?”

“Scommetto che entro un mese ti inviterà ad uscire con lui.”

La ragazza lo guardò scettica: “Hai proprio voglia di perdere soldi, eh?! “

“Non preoccuparti dei miei soldi. Piuttosto temo che sia tu quella che ha paura di perdere!”

“Ma certo che ho paura! Tu stai delirando! Uno come lui non perderebbe mai tempo con  …” Eleanor si fermò a metà frase, indecisa su come auto definirsi. “ … beh, con una come me.” Disse infine, rabbuiandosi.

“Definisci ‘una come me ‘ .”

Lo guardò a lungo prima di rispondere : “… lo sai, Evan. Lo sai bene cosa sono. Sono una che è stata usata e riusata più volte. E probabilmente continuerò ad essere usata ancora e ancora… Non sono…insomma, non sono degna di lui. A dir la verità, credo di non essere degna di nessuno.”

“Non dire sciocchezze. A volte ti comporti proprio come una ragazzina!”

“Ti do una notizia bomba! “ esclamò lei alzando gli occhi al cielo esasperata. “Io sono una ragazzina!”

“Sei impossibile! “ ribattè lui. “Non ti capisco! Ti sei sempre offesa ogni volta che ti ho chiamato ragazzina e ora invece ti sei accorta di esserlo! “

“Lo sono! “

“No invece. Hai diciannove anni! “

“Appunto. Tecnicamente sono ancora una teenager, vale a dire un’adolescente, ossia una ragazzina immatura! “

Evan sbuffò e si rimise sdraiato. “Come vuoi! Ne riparleremo fra un anno, quando forse ti renderai conto di essere un’adulta ormai.”

“Ok, andata! “ . Si sdraiò al suo fianco e nessuno parlò più.

Evan si addormentò sul serio questa volta. Eleanor sentì il suo respiro farsi più lento e pesante. Non osò svegliarlo. Sapeva di essere lei la causa delle sue ore di sonno mancate e scelse di non disturbarlo. Almeno questo glielo doveva.
Si accorse che anche le sue palpebre si erano fatte terribilmente pesanti. Stava per battere il record delle ventiquattro ore filate senza dormire. Non era la prima volta, ma quella sera era intenzionata a tornare in metropolitana per illudersi di incontrare nuovamente quel ragazzo stupendo che tanto la tormentava. Quella notte non poteva permettersi di perdere tempo a dormire.
Volse lo sguardo al cielo sereno, maculato da poche e soffici nuvole candide. Pochi minuti e l’incoscienza prese il sopravvento. Un ‘incoscienza resa in qualche modo consapevole dalla presenza di due occhi meravigliosi che la fissavano senza battere ciglio. Persino nel sonno, Eleanor sorrise.

 ***

Qualcuno la scrollò leggermente, chiamandola per nome. Eleanor cercò di alzare una mano per respingere chiunque la stesse conducendo verso quel risveglio forzato, mugugnando qualcosa di molto simile ad un’imprecazione.

“Andiamo, Eleanor! “ era la voce famigliare di Evan “E’ tardi! E’ già buio! “

Bastarono quelle parole a risvegliarla del tutto e far sparire ogni traccia di torpore.

“Già buio!?” esclamò rizzandosi a sedere. “Che ore sono, maledizione!?”

Io devo andare da lui!

“Calmati! “ disse Evan, perplesso dalla reazione dell’amica “Sono quasi le sette e mezza! Abbiamo passato il pomeriggio a dormire! Chissà cos’avranno pensato i passanti!?”

Eleanor si strinse nelle spalle. “Sai che me ne importa! “

Evan si alzò stiracchiandosi. Offrì la mano ad Eleanor per aiutarla a mettersi in piedi.

“Evan, senti… “

“Cosa? “        

“Ho bisogno di un favore. “ disse esitante.

“Certo, se posso. “

Eleanor non rispose subito, neanche lo guardò in faccia: 

“Non … non me la sento di tornare a casa mia! …Non dopo quello che è successo oggi con Roy. Non mi perdonerà di essere scappata a quel modo e non oso immaginare cosa potrebbe avere intenzione di farmi se mai tornassi da lui…”

Evan capì al volo e sorrise rassicurante : “Non c’è problema! “ disse subito “Puoi venire da me! Non c’è neanche bisogno di chiedermelo! “

Eleanor continuò a rimanere sulla difensiva : “…però…”

“Però? “

“…io… non vorrei… beh, essere di troppo. Voglio dire… hai capito, no? … “

Vedendola così in difficoltà, Evan trattenne a stento una risata, ma conosceva il motivo di tanta incertezza: “Lui non c’è, Eleanor! “ disse per tranquillizzarla.

Lei lo guardò, appena corrucciata dall’incertezza.

“Nathan non c’è.” Spiegò serenamente “E’ andato a trovare sua sorella. Sai, si è laureata e lui non poteva mancare!”

Eleanor parve rasserenarsi. “Sul serio? Non è che ora lo chiami di nascosto e gli dici di trovarsi un albergo perché ci sono io?”

Evan sorrise di nuovo: “Ti sto dicendo la verità. Non c’è, dico sul serio. Tornerà fra una settimana, più o meno. “ 

La ragazza sospirò sollevata.
Non era una questione personale, anzi trovava Nathan molto simpatico, ma non sopportava di vederlo insieme ad Evan. Cercava di non pensare mai alla loro relazione, la faceva soffrire troppo. Non era il fatto che fossero due ragazzi, avrebbe avuto difficoltà anche se Evan avesse convissuto con una ragazza. Era l’idea di averlo perso che le dava il tormento e, in qualche modo, riteneva Nathan l’unico colpevole. Evan era stato il suo primo ed unico amore, finito ancora prima di avere avuto il tempo di sognare un futuro insieme a lui. Si sentiva una stupida a pensarla così, ma le riusciva impossibile stare a casa di Evan se in giro c’era Nathan. Probabilmente era gelosia, anche se lei si rifiutava con tutte le sue forza di crederlo, dal momento che non si sarebbe più dovuto chiamare amore il sentimento che la legava ad Evan…

“Chi cucina?!” domandò, lo sguardo improvvisamente acceso dall’entusiasmo.

“La donna sei tu! “ scherzò Evan.

“Bene! Ma non mi fiderei troppo, fossi in te! Sai come sono fatta ai fornelli. Mi piace sperimentare cose nuove!”

Eleanor rise dell’espressione decisamente preoccupata di Evan.

“Pizza?! “chiese infine, con un sorriso.

Lui annuì : “Si, assolutamente!”. 

***

 

Eccomi, come promesso! Volevo aggiornare oggi pomeriggio, ma non ce l’ho fatta, sorry^^!

Cmq, ecco qui il secondo capitolo.

Capitolo abbastanza inutile devo dire, ma serve per introdurre il personaggio di Evan ( A very important character !!) . La prossima volta accadrà qualcosina di più, giuro. Qualcosa che avrà a che fare con il misterioso ragazzo della metropolitana, contenti?!

 Tanti hanno letto e solo una ha commentato ç_ç !... Fa niente.

Mille grazie a Mary3!!!! Lieta ke ti sia piaciuto, ma ti prego di non tralasciare i compiti per stare dietro alla mia storia… non vorrei essere responsabile di qualche disastro scolastico^^’’!!

 
A mercoledì prossimo!

 
Ayleen

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Capitolo 3
*** Come creature notturne ***


CAPITOLO TRE

Come creature notturne

 

     Caro diario,

Ho pensato a lui tutto il giorno, anche quando Roy era sopra di me. Non vedevo altro se non il suo viso .
E’ buffo… non ricordo che io sia mai stata ossessionata a tal punto da qualcuno. Nemmeno con Evan era così!
Può l’ossessione essere sinonimo di amore? Non credo… che io sappia, l’ossessione è qualcosa di negativo. è qualcosa che conduce irrimediabilmente alla pazzia. Se è così non ho scampo. Molto presto mi troverò a scrivere tra le fredde e bianche mura asettiche di un manicomio!
Stanotte andrò a cercarlo. Non so bene cosa farò, ma devo rivederlo. Devo convincermi di non essermelo sognato… se così fosse, potrei anche morirne.
Mio Dio, non so neanche più quello che dico! Morire? Per cosa? Per chi? Per un completo sconosciuto? Non so nemmeno il suo nome!
Apri gli occhi, Eleanor. Lui non sa nemmeno che esisti. E’ stato gentile con te, ma nulla più. Non credo che abbia trascorso tutto il giorno a pensare a te… Non sai neanche se lo rivedrai! Devi crescere! Evan ha ragione, sei una ragazzina!
Ah, proprio perfetto ! Adesso mi sono pure messa a parlare in seconda persona! Chissà? Forse sono già pazza! Lo sono sempre stata… non serve essere perseguitate dall’ossessione… in manicomio ci finirò comunque!
Non importa! Se devo impazzire e giocarmi per sempre la mia salute mentale, voglio farlo in grande stile!

Eleanor

 

“Sei proprio convinta, allora? !”

Evan la fissava dalla parte opposta del tavolo della cucina. Il formaggio del trancio di pizza che teneva in mano stava colando. Quando se ne accorse, si affrettò a mangiarlo.

“Certo che si! “ rispose Eleanor con un’insolita determinazione “Te l’ho detto! Devo rivederlo!”

“E cosa farai se per caso lo incontri? “

“Non lo so! … Resterò a guardarlo, immagino! “

Evan sospirò. “Ma non risolverai niente così! Hai intenzione di dargli la caccia per il resto della tua vita, inseguendolo per le metropolitane!?”

Eleanor non rispose. Si concentrò sulla propria metà di pizza e non osò ribattere… In effetti, non c’era proprio nulla da ribattere.

“Devi provare a parlargli!” insistette Evan

“Oh, certo! E cosa mai potrei dirgli!? Sentiamo! “

“Beh, Ciao tanto per cominciare! In fondo sarebbe la seconda volta che lo vedi, quindi avresti tutto il diritto di salutarlo, no?! “

“E se non mi risponde?”

“Andiamo, tutti rispondono ad un saluto. Voglio dire, è semplice educazione! “

Eleanor gli lanciò un’occhiata per nulla convinta : “E poi cosa dovrei fare?”

“Poi le parole verranno da sole, credimi! “

La ragazza sbuffò, continuando a mangiare : “Fai tutto semplice, tu!”

“Sei tu che ti complichi l’esistenza! Se fossero tutte come te, l’umanità si sarebbe estinta secoli fa! Sono sorprendenti le difficoltà che riesci a trovare nel relazionarti con qualcuno dell’altro sesso! “

“Beh, con te non ho mai avuto problemi, mi pare.”

“Vorrai scherzare! Se non fosse stato per me, non saremmo mai diventati amici! Sono IO che mi sono avvicinato, IO che ti ho parlato per primo, IO che ho cominciato il discorso, IO che sono venuto a cercarti il giorno dopo… devo continuare? “

“D’accordo!” esclamò Eleanor indispettita “Ho afferrato il concetto!”

Per un po’ continuarono a cenare in silenzio. Eleanor sentiva lo sguardo di Evan addosso, ma tentava in tutti i modi d’ignorarlo. Sapeva che il suo amico aveva ragione. Ragione da vendere, ma era troppo testarda e orgogliosa per ammetterlo.
Evan non la smetteva di fissarla cercando di leggere il suo reale stato d’animo. Trovò solo tanta paura dentro quegli occhi blu. Tanta da impietosirlo. 

Sospirò : “Vuoi che venga con te? “ domandò a bruciapelo.

Lei rimase immobile per qualche istante, sostenendo finalmente il suo sguardo. Lui la fissava in attesa, con le braccia incrociate sul petto, quasi sfidandola a rispondere.

“Allora?! “ incalzò, quando vide che lei non sembrava intenzionata a parlare.

Eleanor si concesse qualche secondo di incertezza, ma  infine i suoi occhi luccicarono nuovamente di determinazione : 

“ No, grazie!”

Un’espressione di pura incredulità si fece largo sul viso abbronzato di Evan : “Davvero!?”

Lei annuì soltanto, continuando a mangiare, apparentemente serena.

“Guarda che non ci sono problemi. Ti accompagno se vuoi.” Insistette lui.

“Ti ho detto di no!”

“Ma non mi pesa, sul serio!”

“Evan!” esclamò lei, gli occhi sgranati in uno slancio di fermezza. “Non ti voglio fra i piedi, chiaro?!”

Temette per un attimo di averlo offeso, ma lui apparve semplicemente stupito.

“Va bene.” Disse tranquillamente “Ho capito. Non c’è problema!”

“Grazie.”

*** 

Dannato orologio!

Era più o meno la duecentesima volta che Eleanor si voltava in direzione dell’orologio accanto all’ingresso della metropolitana; la pazienza cominciava ad abbandonarla.

Avanti, muoviti! Ti prego!

Erano quasi le tre e mezza. Era presto. La notte prima erano più o meno le cinque quando lei si era avviata in metropolitana. L’idea di dover aspettare quasi altre due ore la fece sbuffare con insofferenza.
Sapeva di essere uscita troppo presto, ma Evan era andato a dormire, dato che quello era il suo giorno libero, e lei non era stata in grado di rimanere a casa con le mani in mano. Non che avesse risolto molto, standosene ferma e immobile davanti alla stazione della metropolitana, ma perlomeno riusciva a sentirsi più vicina al suo obbiettivo.
Eleanor tentò in ogni modo di far passare più velocemente il tempo: Contò le auto, i pochi passanti – separando accuratamente le donne dagli uomini- , canticchiò ogni canzone che conosceva, cercò in cielo le costellazioni nascoste dalle nubi di smog … tutto inutile!
Ogni volta che guardava l’orologio trovava che la lancetta dei minuti fosse sempre troppo indietro… per non parlare di quella delle ore, sempre ferma allo stesso punto.

Quell’affare si sta prendendo gioco di me! Pensò con irritazione.

Si mise a tamburellare nervosamente con le dita sul muretto dov’era poggiata, tentando d’intonare motivetti musicali, ma dopo un po’ si stancò anche di quello e lasciò perdere.
Per poco non si mise ad urlare quando si rese conto che non era trascorsa neanche un’ora. Com’era possibile che ci volesse così tanto prima che quella dannata lancetta raggiungesse il numero successivo? Era assolutamente snervante.
Imprecando come mai una ragazza avrebbe dovuto fare, si sedette sui gradini che portavano alla stazione. Prese la sua borsa e tirò fuori il suo vecchio diario. Andò all’ultima pagina, dov’ era piegato un foglietto. Lo aprì e agguantò stizzosamente la penna.

Controllare il tempo.

Lo scrisse in fretta e disordinatamente, senza un briciolo di premura. Richiuse la penna e lanciò una rapida occhiata al foglio che stringeva tra le mani. 
Era arrivata al numero 216.
Eleanor sorrise. Aveva trasformato in inchiostro l’ennesimo desiderio inesaudibile. Quell’elenco infinito da anni la tormentava. Tutto ciò che aveva sognato almeno una volta era affidato a quel vecchio foglio sgualcito.
Non era altro che una lista di cose da fare prima di morire, alcune sensate e razionali, altre totalmente infantili e irrealizzabili.
Andare sulla luna, volare, quantificare le stelle, essere rapita dagli alieni, scoprire il passaggio per una dimensione parallela erano solamente alcuni dei sogni utopici che comparivano su quell’elenco. A questi si aggiungeva ora, il numero 216.
Quanto avrebbe voluto poter controllare il tempo. Non solo sarebbe riuscita a far scoccare l’ora x, ma avrebbe anche potuto tornare alla sera prima. Sorrise a quel pensiero tanto illogico e rimise a posto il diario.

Cresci Eleanor, cresci!

Ma perché crescere se le era ancora concesso di sognare ad occhi aperti?

 

* Tutto è opaco e i rumori sono come ovattati. Forse è un sogno. Si, lo è. Sua madre è lì con lei.
Eleanor la vede eccessivamente grande, come dalla prospettiva di un bimbo di pochi anni. Ma è così che deve essere, perché è così che lei la ricorda.
E’ seduta sul divano nel loro vecchio salotto e lei, la Eleanor bambina, è accovacciata sul tappeto.
La donna fissa il vuoto davanti a se’, persa in chissà quali pensieri. I suoi occhi marroni sono vuoti e segnati da profonde occhiaie, come se avesse passato la notte insonne.

“Sai, piccola… “ dice con la voce roca e terribilmente stanca “ … Dio ha commesso un grosso errore quando ci ha creati.”

Eleanor si sente confusa. La sua mamma non ha mai creduto in Dio e lei lo sa bene. Perché adesso parla addirittura di creazione?

“ E cosa ha sbagliato?!” chiede curiosa Eleanor.

“… Si è dimenticato di farci dono di una cosa. Una cosa fondamentale. “

“ Che cosa? “

Sua madre resta in silenzio e all'improvviso i suoi occhi si sgranano. Con un’espressione totalmente terrorizzata si copre il viso con le mani. Eleanor aspetta pazientemente di ricevere una risposta, ma la donna cade a peso morto sul divano e inizia a dimenarsi freneticamente. Con gesti violenti e disperati, comincia a scrollarsi di dosso qualcosa che solo lei può vedere.

“Basta! Basta!” urla, la voce soffocata dal pianto “ Lasciatemi! Smettetela di toccarmi! Basta! Basta!”

Immediatamente, la bambina si alza da terra e corre nella sua cameretta. Chiude la porta e inizia a cantare la filastrocca che quella mattina ha imparato a scuola.
Non serve a molto. I singhiozzi e i lamenti sconclusionati di sua madre giungono lo stesso fino alle sue orecchie piccole e innocenti. Alza la voce e, senza volerlo, anche lei si mette a piangere… proprio come tutte le altre volte.  *

 
Un sobbalzo nel sonno la fece svegliare bruscamente. Il cuore di Eleanor batteva forte e incontrollabile, reduce dall’ennesimo sogno riguardante sua madre e la sua pazzia.
Sbuffò, passandosi una mano tra i capelli corvini e lanciando la solita occhiata all’orologio.
Il respiro le si mozzò. Le cinque.
Erano le cinque e lei aveva corso il serio rischio di non accorgersene.
Il brutto sogno l’aveva svegliata in tempo. Le urla di sua madre l’avevano condotta fuori dall’incoscienza.

Stavolta mi tocca ringraziarti, mamma!

Con il cuore in gola e lo stomaco stretto in una fastidiosa morsa, Eleanor corse giù per le scale ed entrò correndo nella stazione deserta e silenziosa.
Era in perfetto orario. Non c’era motivo di affannarsi a quel modo, ma correre l’aiutava a scaricare la tensione.
I suoi passi frettolosi riecheggiavano per la stazione così come il suo respiro rantolante. Un‘occhiata veloce al pannello degli orari le diede conferma che la metro che lei soleva prendere ogni mattina a quell’ora, stava per arrivare… e in perfetto orario.
Un sorriso accennato, l’ansia che le congelava lo stomaco, il cuore che combatteva per uscirle dal petto; il fiume di emozioni che la travolse non aveva nulla di negativo. La paura, l’agitazione e l‘imbarazzo che in quel momento la tormentavano avevano qualcosa di insanamente piacevole.
Raggiunta la banchina, Eleanor si appoggiò con le mani sulle ginocchia cercando di riprendere fiato.
Nulla era cambiato dalla notte prima. Il solito barbone vicino al distributore, il piccione accanto al cestino dell’immondizia e lei…
Poi, finalmente, quel rumore. Quel frastuono così familiare accompagnato da quelle forti vibrazioni del terreno e da quella improvvisa brezza che iniziò a scompigliarle i capelli.
Sospirò per farsi coraggio.

Ho fatto 30…

Il convoglio arrivò con il solito fracasso. Eleanor aguzzò la vista e setacciò con lo sguardo ogni carrozza che le sfrecciava davanti: una chioma bionda di donna, una testa calva, due ragazzi di colore… nessuna macchia nera rubata alla notte.
Eleanor si fece prendere dallo sconforto.

Non c’è. Pensò disperata Non è venuto!  Lo sapevo. E’ stato solo un caso, ieri…

Poco ci mancò che non si mettesse a piangere per la delusione. La consapevolezza che con molta probabilità non lo avrebbe mai più rivisto s’insinuò con prepotenza nel suo cuore, lacerandoglielo.

Che stupida! Dio vince sempre, dovrei averlo imparato ormai. Se l’è ripreso! L’ha costretto a tornare in cielo…

Il vento cessò assieme alle vibrazioni. Il fischio dei freni la fece ridestare dai propri pensieri. Due porte scorrevoli si aprirono di fronte a lei. Con un sospiro rassegnato le oltrepassò, tenendo gli occhi fissi a terra.
Proprio come la notte prima, andò a sedersi di fronte alle porte. Questa volta però, non avendo denaro da proteggere, si sdraiò sui sedili, usando la sua borsa come cuscino. Sistemò le mani in grembo assumendo una posa vagamente inquietante, molto simile a quella delle salme nelle bare.
Si morse con forza il labbro inferiore, rischiando seriamente di farlo sanguinare, ma non se ne preoccupò dal momento che una ferita in più non avrebbe fatto alcuna differenza, ormai. Sentì le lacrime premerle agli angoli degli occhi, ma riuscì a domarle.

“Ti odio!” esclamò rivolta al soffitto, immaginando il cielo qualche metro sopra di lei e Colui che lo governava.

“Scusa?”

Quella voce la colpì con lo stesso effetto di un fulmine. Un fulmine benefico.
Un strano benessere s’impossessò di lei. Non c’era più dolore, ne’ rimpianto… solo un’agognata completezza.
Eleanor voltò lentamente la testa alla sua destra. Il cuore perse un battito non appena quegli occhi le mostrarono il proprio riflesso. Fu come prendere abbondanti boccate d’aria dopo una lunga apnea forzata. E di nuovo si trovò immobilizzata, a malapena riusciva a concentrarsi abbastanza per respirare, ma ebbe la forza necessaria a sorridere lievemente.
Lui era messo nella sua stessa posizione, soltanto speculare, sdraiato sui sedili, senza però nulla a fargli da cuscino se non le braccia piegate dietro la nuca.
La guardava confuso, passando in rassegna il vagone cercando di capire a chi lei si fosse rivolta.

“Ce l’hai con me?” domandò.

Evan le aveva consigliato di parlargli e lei avrebbe tanto voluto poterlo fare, ma ancora una volta la voce morì prima di sfiorarle le labbra. Tutto ciò che riuscì a fare fu scuotere il capo.

Il ragazzo si corrucciò: “Ma ci sono solo io qui! “

La diffidenza che gli inclinò la voce non faceva parte unicamente dell’immaginazione di Eleanor. Era reale almeno quanto lui. Non poteva permettere che si convincesse che lei lo odiava.
Tentando di controllare il respiro, Eleanor cercò di riguadagnare un briciolo di lucidità e con fatica, sentì l’energia salirle dalla gola : 

“No…” mormorò “…non ce l’ho con te.”

Come potrei avercela con te?

Un sorriso si delineò sulle sue labbra perfette. Eleanor era certa di essere arrossita, ma non ebbe la forza di distogliere lo sguardo dal suo.

“Ma allora sai parlare!” ironizzò lui.

“Già.” Disse semplicemente lei. Incredibile, vero?

Si fissarono per qualche istante – infinito per Eleanor - , finchè lui non riportò lo sguardo sopra di se’.
Quegli occhi le mancarono come l’aria. Ad Eleanor tornarono in mente i consigli di Evan: Le parole verranno da sole, credimi!
Doveva provarci. Non poteva rimanere per sempre nell’attesa che fosse lui a rivolgerle la parola. Evan aveva ragione e lei doveva dimostrargli che possedeva il coraggio necessario per parlare a quel ragazzo così dannatamente bello e assolutamente inarrivabile. Anche se probabilmente, doveva più dimostrarlo a se stessa che non ad Evan.

“… io…” quell’unica parola bastò a fargli rincontrare quegli occhi d’angelo. 

Lui la guardava in attesa, forse a cercare conferma che lei sapesse davvero mettere insieme una frase di senso compiuto. 

“…volevo…beh, ringraziarti per ieri. “

Lui continuava a fissarla senza alcuna inflessione nello sguardo. Il suo viso privo di qualunque emozione, le diede la forza di continuare a parlare: 

“A dir la verità, volevo anche scusarmi…”

Le sopracciglia del ragazzo si corrucciarono appena d’incertezza e lei si affrettò a spiegare: “Si… insomma… scusarmi perché ti ho scambiato per un ladro qualunque o qualcosa del genere, quando invece è chiaro che non lo sei.”

Il lampo di un sorriso divertito comparve su quelle sue labbra invitanti. Lui riportò lo sguardo al soffitto e chiuse gli occhi: 

“Nessun problema.” Disse serenamente.

Conscia del fatto che lui non la vedesse, Eleanor si lasciò andare ad un sorriso spontaneo e fin troppo lieto. Non era da lei lasciarsi andare a simili manifestazioni di buonumore.
Si mise a sedere composta per poterlo osservare meglio. L’aver riacquistato la sensibilità del proprio corpo la convinse a non terminare così quella conversazione appena accennata. Il tempo a loro disposizione era crudelmente breve e lei non poteva sprecarne neanche un istante.

“Non ti ho mai visto qui. “ disse senza staccargli gli occhi di dosso. “Prendo questo treno tutte le mattina a quest’ora, ma non ti ho mai visto… “

“La mia auto è guasta.” Rispose lui pacatamente. “Due miei amici fissati con la meccanica me la stanno rimettendo a nuovo, o almeno credo… ho il brutto presentimento che ci vorrà parecchio tempo prima che io possa tornare a guidarla. “ 

Sorrise per qualcosa che solo lui poteva comprendere. Forse il ricordo di uno scambio di battute con i suoi meccanici personali. 

“Fino a quel momento, mi tocca usufruire dei mezzi pubblici…” concluse, riacquistando la sua espressione neutra.

Quanto vorrei che quel guasto fosse irreparabile…

“Tu sei come me!” esclamò d’un tratto lui, gli occhi improvvisamente accesi in quelli di Eleanor.

“…come?” la lucidità tentava in ogni modo di abbandonarla nuovamente, ma lei la teneva stretta a se’ con grande abilità.

“…Vivi di notte.”

Il suo sguardo era talmente intenso da trattenere a stento Eleanor sul quel sedile. Il suo istinto la spingeva ad andare da lui per conoscere il sapore che quelle labbra potevano avere. Di nuovo perse la parola e si limitò ad annuire timidamente.
Il respiro le si mozzò quando lo vide muoversi per mettersi seduto.

Datti una calmata, accidenti!

“Siamo come creature notturne.” Continuò lui. “Il buio è affascinante, ma a volte la luce viene a mancarmi.”

Non capiva il senso di quello strano discorso, ma le piaceva avere qualcosa in comune con quel ragazzo, così come il fatto che lui le stesse parlando di tutto ciò.

“A me non manca la luce del giorno.” Disse Eleanor, quasi senza rendersene conto.

“Ah, no?!”

“No.”

“A me si, invece.”

Una domanda spiritosa premeva sulle labbra di Eleanor. Non era sicura che fosse una buona idea porla… far ridere la gente non era sicuramente una sua prerogativa, eppure non riuscì a trattenersi.

“Non sarai mica un vampiro, un lupo mannaro o qualcosa del genere?” chiese con l’accenno di un sorriso delineato sulle labbra. “ Perché se così fosse, credo sia il caso che io scappi via in preda ad incontrollabili grida di terrore…”

La sua reazione la sorprese e la rapì al tempo stesso. Fu con un tuffo al cuore che lo sentì ridere per la prima volta. Rimase a fissarlo, vittima di quel fascino ultra terreno, nello stesso modo in cui un cieco avrebbe potuto osservare il sole sorgere.

“No, scappa pure se vuoi, ma giuro che non sono uscito ne’ da un libro ne’ da un film dell’orrore. E comunque, se fossi un lupo mannaro dovrei evitare di uscire la notte, dico bene?”

“Si, giusto…”

Quando lo vide alzarsi in piedi, lo sconforto s’impadronì di lei. Era già arrivato alla sua fermata… quanto era ingiusto il tempo!

Controllare il tempo! Pensò Eleanor intensamente. Lo dico e lo ripeto, controllare il tempo!Devo metterlo al primo posto sulla mia lista!

Il convoglio aveva già cominciato a rallentare e lui, l’angelo, stava in piedi davanti alle porte scorrevoli, con un braccio ancorato ad uno dei pali di sostegno.
Eleanor lo fissava tristemente. Ancora una volta, esattamente come la notte prima, provò l’irresistibile impulso di seguirlo, ma chissà come, riuscì a trattenersi.
Lui si voltò verso di lei, non appena la metropolitana si fermò. Eleanor si inebriò finchè potè di quello sguardo magnetico. Poi fu la sua voce che tornò a destarla.

“Domani mi dirai chi è che odi!” disse, l’ombra di un sorriso ad illuminarlo.

Eleanor annuì soltanto, ma lui era già sceso. Le ci volle un po’ – il tempo necessario perché le porte si chiudessero e la metro ripartisse – prima che si rendesse conto del significato di quelle parole.

Domani…?

Perché suonava come una promessa? …Lo era? Le aveva dato sul serio conferma che si sarebbero rincontrati l’indomani?
Il cuore palpitava frenetico dentro il suo petto, le guance bruciavano… chissà di quale tonalità di rosso erano?
Dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non mettersi a saltellare sul sedile preda di una folle e incontenibile gioia.

Domani, domani, domani !!!

 

***

 

Mercoledì!!!! Precisa come un orologio svizzero!!!

Ke dire di questo terzo capitolo… il ghiaccio comincia a sciogliersi, no? Sarà un processo leeeeeeeento, quindi se non siete pazienti lasciate perdere questa fic.

 Grazie a Mana_Chan per aver commentato. Una mia vecchia lettrice, ke bella notizia! Spero di non aver combinato troppi danni alla nuova stesura di questa storia. Spero che cmq continuerai a leggerla anche perché il finale che avevo in mente per “Once Upon a Time” è lo stesso che ho in mente per questa nuova versione….

 

Ok, adesso me ne vado!

A mercoledì!!!

Ayleen

 

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Capitolo 4
*** Shopping ***


CAPITOLO QUATTRO

Shopping

 

Caro Diario,

Evan aveva ragione. È incredibile come lui riesca sempre ad avere ragione!
Gli ho parlato, ci sono riuscita ed è stato facile. Le parole sono venute fuori da sole, proprio come mi aveva assicurato evan. Non riesco ancora a credere di averlo fatto sul serio.
Lui era lì, incredibilmente bello per essere reale, ma lo è . Lo è eccome !
Non so ancora niente di lui, a parte che è costretto a prendere la metro perché ha la macchina guasta … venderei l’anima al diavolo per avere la certezza che non la possa mai più riparare !
Chissà come si chiama ? … è la prima domanda che avrei dovuto fargli e non l’ho fatta. Ma non importa. Ha detto che ci saremmo rivisti… non l’ha detto esplicitamente ma il senso era quello. Ha detto “domani mi dirai… “. Eccola la parola chiave : Domani.
Se solo ci fosse il modo per saltare le prossime ventiquattro ore… ma l’attesa rende tutto più bello. E in qualche modo anche la separazione… chissà cosa sta facendo adesso? Chissà se ogni tanto ci pensa a me? …oh, che razza di illusa che sono! Ma non posso permettermi di cadere nell’oblio nel mio costante malumore… oggi, chissà come, mi sembra che il sole brilli più del solito, ma forse è solo una mia impressione… erano anni che non lo vedevo così splendente. Probabilmente, senza che me ne rendessi conto, anche a me è venuta a mancare la luce del giorno… come a lui.
Abbiamo un’altra cosa in comune!!!

 
                                   Eleanor

 

Quando Eleanor si svegliò, le imposte alle finestre erano ancora abbassate. Con non poca fatica riuscì a mettersi seduta, scrollandosi di dosso la coperta che finì sul pavimento del salotto. Lanciò uno sguardo ancora annebbiato all’orologio sopra la porta d’ingresso impiegando qualche secondo prima di mettere bene a fuoco la posizione delle lancette.
Le nove e mezza. Eleanor sbadigliò senza ritegno, stiracchiando gambe e braccia. Le girava la testa pericolosamente e dovette reggersi allo schienale del divano quando provò a mettersi in piedi.

Forse dovrei iniziare a spendere qualche ora in più a dormire…

Si avvicinò alla finestra e la spalancò. Il sole giocava a nascondino dietro a alcune nuvole grigie, ma ad Eleanor parve lo stesso una giornata magnifica. Sorrise al greve panorama cittadino e andò in cucina per fare colazione. Mentre mangiava la sua tazza di latte e cereali, rivisse mentalmente il breve viaggio in metropolitana di quella mattina presto. Era più forte di lei… non riusciva a pensare ad altro.  Contò le ore che la separavano dal loro incontro e di nuovo desiderò ardentemente di poter controllare il tempo.
Aveva una gran voglia di parlare con Evan, ma lo sentiva russare anche con la porta della sua stanza chiusa e non voleva svegliarlo.
Finito di mangiare andò a farsi una rapida doccia ristoratrice, togliendosi – ancora prima di aver raggiunto il bagno - la maglia scura di almeno tre taglie più grande che aveva preso in prestito da Evan, mentre i suoi vestiti erano in lavatrice.  Si lavò con l’acqua fredda per schiarirsi meglio le idee e funzionò a meraviglia.
Mentre gironzolava per casa con l’asciugamano avvolto sotto le braccia e i capelli umidi che le sbattevano sulle spalle nude, si sentiva piena d’energie. Sentiva che dopo quella mattina, niente l’avrebbe più intimidita. 
Parlare con quel ragazzo sarebbe stato molto più semplice d’ora in avanti e, chissà, magari sarebbero anche diventati amici e poi …. No, Eleanor preferiva non illudersi troppo. Era meglio non fare sogni troppo avventati, perché se non si fossero avverati ne sarebbe rimasta devastata. Per il momento era meglio restare con i piedi per terra e gioire di quel poco che finora era riuscita ad ottenere.
Attese che l’asciugatrice finisse di occuparsi dei suoi vestiti e andò a infilarseli. Per tutta l’ora successiva si consumò il pollice sul telecomando della televisione, soffermandosi infine su un canale di video musicali. Passò il tempo a cantare davanti alla tv, sperando, così facendo, di buttare giù dal letto Evan.
Il ragazzo si fece vivo solo verso le undici. Apparve sulla soglia della sua stanza con aria terribilmente stanca, strofinandosi pigramente la nuca con una mano e reggendosi allo stipite della porta con l’altra.

Eleanor le sorrise raggiante: “Buongiorno, dormiglione!”

Lui rispose con un cenno della mano, mentre un lungo sbadiglio gli impedì di parlare, e si trascinò fino in cucina. Eleanor spense la televisione e lo raggiunse.
Il ragazzo si sedette faticosamente e appoggiò la fronte sul tavolo. 

“Maledizione, non ho chiuso occhio tutta la notte…” farfugliò con la voce impastata. “Mi sembra di essere reduce da una sbornia …”

Lei lo fece sedere composto e lo abbracciò da dietro, poggiando il viso sulla sua spalla.

“Mi dispiace tanto che hai dormito male, Evan.” Disse piena di zelo. “Posso fare qualcosa per te? Qualsiasi cosa! Chiedi pure tutto ciò che vuoi!”

Evan la guardò sospettoso e si sciolse dal suo abbraccio : “Mi fai paura quando sei così affettuosa.”

“E perché mai?” domandò lei con aria angelica.

“Conosco quello sguardo e non mi piace!”

“Voglio solo essere gentile con te. Se t’infastidisce la smetto…”

Evan la scrutò per qualche secondo finchè non giunse l’ennesimo sbadiglio. 

“Voglio un’enorme tazza di caffè!” disse alla fine poggiando nuovamente la fronte sul tavolo. “E quando dico enorme, intendo gigantesca. La stessa dose che daresti ad un elefante, mi sono spiegato?”

“Arriva!”  esclamò lei felice, mettendosi a trafficare alle sue spalle.

Evan non disse una parola per tutto il tempo, nemmeno quando Eleanor si sedette di fronte a lui e lo contemplò mentre beveva il caffè che gli aveva preparato. La ragazza s’imbronciò a sbuffò un paio di volte con la chiara intenzione di farsi sentire. All’ennesimo sospiro scocciato, Evan si decise finalmente ad alzare gli occhi su di lei.

“Ti credevo il mio migliore amico!” esclamò senza nascondere l’irritazione che le inclinava la voce.

Evan la guardò accigliandosi: “Che vuoi dire?”

“Non ci arrivi da solo?”

Il ragazzo si fece pensieroso: “…no. Cosa ho fatto?”

“Cosa NON hai fatto, vorrai dire!” lo corresse lei, con un principio di petulanza nella voce.

“Ok. Cosa NON ho fatto?”

I due si fissarono in cagnesco per qualche istante, ma Eleanor non resistette a lungo. Era più la voglia di parlare che di restare in silenzio e fare la scontrosa.

“Adesso ti illumino! Si da il caso che non mi hai ancora chiesto niente a proposito della mia spedizione mattutina in metropolitana! Sono molto offesa! “

Toccò ad Evan sbuffare, questa volta: “Scusami, ma in genere non faccio interrogatori di prima mattina!”

Eleanor inarcò le sopracciglia: “Prima mattina?” domandò perplessa “Hai visto che ore sono? E’ quasi pomeriggio!”

Evan lanciò svogliatamente un’occhiata all’orologio e sembrò sinceramente sorpreso: “Oh!” fece “Pensavo fosse… beh, più presto!”

“Sei un antipatico!”

“D’accordo, va bene!” si arrese Evan “Sono un essere spregevole! Avanti dai, raccontami tutto! Hai incontrato il tuo uomo ? ”

Eleanor si concesse ancora qualche momento d’ irritazione, ma Evan vide chiaramente che stava trattenendo a fatica un largo sorriso.

“L’hai visto!” constatò, senza attendere che lei rispondesse.

“Si!” esclamò la ragazza arrendendosi e sorridendo felice. “L’ho visto, l’ho visto! E ti dirò di più. Ha detto che ci saremmo visti anche domani!”

Evan la guardò attonito : “Sei seria? “

“Certo che si!”

“Quindi ho vinto la scommessa!”

Eleanor s‘accigliò: “Quale scommessa?!”

“Quella che entro un mese ti avrebbe chiesto di uscire, ricordi?”

La ragazza ricordò. Avevano fatto quella scommessa appena il giorno prima, ma a lei sembravano trascorsi mesi. Se n’era completamente dimenticata.

“Beh, non credo possa considerarsi un appuntamento nel significato più stretto della parola… non mi ha chiesto di uscire. Ha semplicemente detto che ci saremmo rivisti domani, dal momento che tutti e due prendiamo la metro a quell’ora. Non è da prendere  troppo sul serio.”

Evan sospirò, alzando gli occhi al cielo: “Sempre la solita ottimista, eh?”

“Non è questione di essere ottimisti, Evan. E’ questione di essere realistici! Non voglio illudermi per qualcosa che probabilmente non accadrà mai!”

“Chiamalo come vuoi, ma per me è pessimismo allo stato puro e sappi che non è per niente salutare!”

“Si, invece!” insistette lei. “Lo è, eccome! Almeno per me. Preferisco aspettarmi il peggio, che illudermi per il meglio… perlomeno ne esco indenne e non ne soffro…”

Evan la guardò dubbioso, alzando un sopracciglio : “La tua visione delle cose è leggermente assurda, sai?”

“Ognuno vede il mondo dal proprio punto di vista!” ribattè lei, secca “Io la penso così e se agli altri appare assurdo a me non interessa!”

Evan non le rispose. Non gli andava di iniziare una discussione da cui sarebbe comunque uscito sconfitto. Far cambiare idea ad Eleanor era un’impresa quasi impossibile, non valeva la pena nemmeno di tentare. Non esisteva al mondo persona più testarda di lei.
Ma, malgrado quel suo ostinato pessimismo, capiva benissimo quanto in realtà fosse felice. Nonostante l’espressione appena crucciata, era molto più che contenta. Era da tanto che non la vedeva così raggiante. Che fosse merito di quel misterioso ragazzo o no, Evan desiderava che quella serenità non l’abbandonasse mai e avrebbe fatto qualunque cosa per riuscirci. Voleva bene ad Eleanor e se lei fosse stata felice, allora anche lui lo sarebbe stato.

“ Pessimismo o no, bisogna festeggiare dico bene? “

Eleanor incontrò i suoi occhi e sul suo volto sparì ogni residuo del piccolo screzio appena avuto. Sorrise leggermente: 

“ E cosa avresti in mente?” chiese, lo sguardo acceso da un improvviso entusiasmo.

“Beh, prima di tutto hai bisogno di un restauro, ragazza mia!”

Lei s’accigliò : “Restauro? “

“Si, proprio così.”

Eleanor arrossì appena e distolse lo sguardo dal suo, fissandosi le mani giunte sul tavolo : “…Sono così orribile ? “

Evan sospirò, dandosi mentalmente dello stupido per aver parlato così a sproposito. Allungò una mano fino a coprire quelle di lei. La ragazza rialzò gli occhi su di lui, l’insicurezza dipinta sul suo volto d’avorio.

“Che ti salta in mente? “ disse Evan dolcemente, sorridendo rassicurante. “Tu sei bellissima! Solo un folle potrebbe pensare il contrario.”

Lentamente le sue labbra si curvarono in un sorriso timido e appena abbozzato. Arrossì ancora, del tutto disavvezza dal ricevere complimenti così innocui e privi di qualsiasi malizia.

“Sei perfetta, dico sul serio!” continuò Evan.

“Allora non ho capito che cosa intendi per restauro .”

“E’ semplice. “ rispose lui, lasciando le sue mani. “Se davvero lo vedrai anche domani, sarebbe la terza volta, giusto?”

“Si.”

“Non ci arrivi? Tre volte che ti vede e tre volte che tu indossi gli stessi vestiti. Non fai una bella figura, sai ? “

Eleanor si corrucciò : “Evan… “ sospirò “… ho solo questi di vestiti.”

“Lo so. E, lascia che te lo dica, un giorno di questi ti si sfalderanno addosso. Hai bisogno di cambiarli!”

“Sai bene che mi piacerebbe, ma non posso permettermi lo shopping estremo, come ben sai! Tra l’altro sono due notti che non lavoro… forse dovrei andarci stasera. Lui lo incontrerò comunque quando tornerò indietro!”

L’espressione di Evan s’indurì: “Scordatelo!” sbottò .

“Cosa?!”

“Finché resterai qui, tu non andrai con nessuno. Te lo proibisco!”

“Ma devo… non vorrei, ma non posso continuare a vivere alle tue spalle come se niente fosse!”

“Non m’interessa! Tu non salirai sull’auto di nessuno, è chiaro? Niente lavoro finchè vivrai sotto il mio stesso tetto. Che amico sarei se ti permettessi di fare una cosa del genere!? ”

“Bene!” esclamò lei, aspramente. “Allora è inutile parlare di vestiti nuovi, perché tanto non posso comprarmeli!”

Evan sorrise compiaciuto: “E che amico sarei, se non ti facessi questo regalo?”

Eleanor non capì subito il senso di quelle parole. Ma pochi istanti dopo, comprese ogni cosa e s’arrabbiò: “Non ci pensare nemmeno!” sbraitò.

“Ho già deciso. Volente o nolente, avrai dei vestiti nuovi!”

“Ho detto di no!”

“Non m’interessa cosa ne pensi! E’ una decisione che aspetta a me!”

“Non ti permetterò di spendere i tuoi soldi per qualcosa di così superfluo!”

“In amore non c’è nulla di superfluo! Se vuoi conquistare quel tizio devi accettare il mio aiuto!”

“Smettila! Non voglio il tuo aiuto! E non voglio vestiti nuovi!”

Evan si alzò rumorosamente dalla sedia e si diresse verso la sua stanza, come se non l’avesse nemmeno sentita.

“Evan! “ lo chiamò lei “Dove stai andando?”

“A vestirmi. “ rispose lui, angelicamente.

Pochi minuti e il ragazzo riapparve, pronto per uscire. Eleanor restò a guardarlo incredula e sempre più arrabbiata mentre si dirigeva alla porta d’ingresso, agguantava le chiavi di casa e usciva sul pianerottolo. 

“Non vieni?” chiese, sorridendo divertito.

Eleanor incrociò le braccia, decisa a fare di testa propria: “No. Non voglio!”

“Bene!” esclamò lui, sempre più compiaciuto “Sceglierò io qualcosa di appropriato a te, allora. Te l’ho mai detto che ti vedrei benissimo vestita di rosa?”

Eleanor lo fissò terrorizzata. Neanche il tempo di rispondere che lui stava già scendendo le scale. Lo sentì ridere di gusto mentre i suoi passi echeggiavano fin dentro l’appartamento.
Lei rimase immobile con gli occhi sgranati, incapace di parlare. …Rosa?... Lei vestita di rosa?? … nient’altro che un terrificante incubo!
Afferrò la sua borsa e la sua felpa – sempre così devotamente nere - , chiuse con un colpo secco la porta e lo rincorse giù per le scale.

 ***

Doveva ammettere che fare compere con Evan era tutt’altro che noioso. Per essere un ragazzo era in grado di dare ottimi consigli, ma forse era il suo modo d’essere che influiva. Nemmeno se avesse avuto una migliore amica, Eleanor si sarebbe divertita così.
Si era scordata di quanto fosse umiliante per lei camminare alla luce del giorno. Non era tanto per gli sguardi curiosi della gente che indugiavano sul suo abbigliamento, quanto per le occhiate sfuggenti di alcuni uomini. La guardavano, i loro occhi si riducevano a due fessure e poi distoglievano immediatamente lo sguardo. Eleanor lo sapeva. Quello era un chiaro segnale. Loro la riconoscevano e lei sapeva che erano uomini con cui era stata.
Anche lei si affrettava a distogliere lo sguardo. Se non fosse stato per quelle loro rapide occhiate, Eleanor non li avrebbe mai riconosciuti. Raramente guardava in faccia gli uomini che la sceglievano. Una bambola non era in grado di ricordare un volto.
Entrare nei negozi fu quasi un sollievo. A quell’ora erano praticamente vuoti e, a parte i commessi annoiati, non c’era nessuno ad osservarla.
Eleanor obbligò Evan a portarla unicamente nei negozi poco costosi e dopo una lunga discussione – seguita dalle solite minacce inerenti al colore rosa – il ragazzo accettò le sue condizioni. C’era un solo negozio con i prezzi alla loro portata e – con grande sollievo di Eleanor – non possedeva una vasta scelta di colori. Abbondava di abiti neri, o comunque scuri, e ciò bastò a rasserenarla e a risvegliare il suo recondito entusiasmo adolescenziale.
Evan la guardò correre e volteggiare tra le fila di scaffali e appendiabiti, mentre frugava fra le magliette, le felpe, le gonne, i pantaloni e quant’ altro. Di tanto in tanto, si voltava verso di lui chiedendo il suo parere con un grande sorriso stampato sul volto.
La Eleanor ragazzina era così piacevole. Dov’era finita la Eleanor adulta? Quella che si era privata dei suoi anni migliori? Per il momento, ad Evan non interessava saperlo.
Non era bello fingere per un attimo di avere davvero solo diciannove anni?
Avrebbe voluto domandarglielo, ma lei sparì troppo in fretta dentro un camerino di prova per poterglielo chiedere. In fondo, non ce n’era bisogno. Conosceva da solo la risposta.
La sentiva parlottare fra se’ e se’ dentro la cabina. Se l’immaginava con indosso i vestiti nuovi mentre provava davanti allo specchio un qualche discorso che avrebbe dovuto fare a quel ragazzo che tanto le piaceva.  Evan trattenne a stento le risate… non era poi così matura. Di fronte alle questioni sentimentali non era molto diversa da una bambina di tredici anni. Non gliene faceva una colpa; in fondo non aveva avuto il tempo di fare tutte quelle esperienze che tante sue coetanee avevano già vissuto.

“Che strano!” la sentì dire, mentre l’aspettava fuori dal camerino.

“Che cosa?”  domandò Evan.

“Avere le gambe coperte.  Era da tanto che non le coprivo! E’ … piacevole!”

Evan ridacchiò cercando di non farsi sentire. “Si, i pantaloni fanno quell’effetto.”

“ Mi serviranno quest’inverno.”

“Questo è poco, ma sicuro!”

“Aggiudicati! “

“Hei, fammi dare un’occhiata.”

Eleanor scostò la tendina del camerino. “Che ne dici? “

Anche ad Evan parve strano non vedere le sue gambe scoperte. Ci era talmente abituato che dovette attendere un paio di secondi prima di riuscire ad adattare quei pantaloni neri alla sua immagine.  Le stavano bene.  Erano un po’ larghi – dato che lei non apprezzava gli indumenti troppo aderenti -  e avevano dei grossi tasconi laterali. Forse non erano esattamente il massimo della femminilità, ma a lei questo non sembrava interessare granchè. Sembrava decisamente a suo agio.

“Stai bene.” Rispose Evan, con assoluta sincerità.

“Davvero? “ la solita espressione dubbiosa carica d’insicurezza tornò ad invaderle il viso.

“Si, te lo garantisco. Ora ci vuole qualcosa da abbinare sopra!”

“Niente di rosa, eh!? “ scherzò Eleanor.

“No, prometto. Però ….”

Lei lo fissò inquieta : “… però?” le fece eco, guardinga.

“Non esiste solo il nero, sai?”

Eleanor si corrucciò: “Per me, si!”

“Non ti sto dicendo di metterti roba color pastello o con tonalità tanto forti da abbagliare le persone… “

“E allora di cosa stai parlando?”

Evan sorrise leggermente: “Beh… “ disse voltandosi verso uno scaffale alle sue spalle “ … magari potresti iniziare con qualcosa che più si potrebbe addire ai tuoi gusti!”

Le passò una maglietta ben piegata di una sfumatura molto scura del rosso. Lei, un po’ incerta e per nulla convinta, l’afferrò.

“Evan!” esclamò con una smorfia.

“Che c’è?” domandò lui serenamente.

“… c’è che è rossa.”

“ Cremisi ! “ precisò lui “E’ il colore del sangue, non lo sai? Una volta mi hai detto che ti piace il colore del sangue.”

Eleanor alzò gli occhi al cielo: “Ti prego. Avrò avuto undici anni. Lo dicevo solo perché riuscivo sempre a farmi del male ed ero sempre piena di graffi e ferite ovunque! “

“Questo non spiega proprio niente.”

“Si, invece! Ero talmente abituata a vedere il mio corpo sanguinare che avevo preso in simpatia quel colore…. Più che altro ne ero come assuefatta !”

Evan la fissò con occhi languidi: “Per favore … “ cercò di persuaderla “ … avanti, provala. Fallo per me!”

Eleanor sbuffò. Evan era terribile quando giocava la carta della persuasione. Era impossibile non dargliela vinta.

“Va bene! Ma non farti false speranze. E’ solo per farti contento!” sospirò lei sparendo nuovamente dietro la tenda del camerino, sconfitta.

Non le non andò per niente a genio che anche questa volta Evan avesse avuto ragione. Ma come faceva ad indovinare sempre tutto? Quella maglietta le stava davvero bene. Quel rosso amaranto stava d’incanto con la sua carnagione chiara e, forse proprio a causa della sua semplicità e della sua inesistente appariscenza, le dava un’aria …quasi normale.

Chissà se a lui piacerà?!

Per un attimo le parve di intravedere il ragazzo della metropolitana riflesso nello specchio di fronte a lei. La sua fantasia galoppava indomabile e lo vide ammiccarle sorridendo. Riuscì pure ad arrossire e si sentì terribilmente stupida. Un secondo dopo, lui era già sparito e lo specchio rifletteva solo la sua immagine, ancora rossa in viso e con il cuore martellante. Rise del suo infantilismo e si sfilò i vestiti nuovi. Una volta rivestita, uscì dal camerino e si diresse alla cassa del negozio, seguita a ruota da Evan che subito domandò: 

“Allora? Avevo ragione?”

Ad Eleanor pesava molto ammetterlo, ma alla fine cedette. “Si… è carina. Penso che la metterò!”

La ragazza non vide l’espressione soddisfatta e trionfante di lui, ma poteva immaginarla fin troppo bene.

“ Quel tipo cadrà ai tuoi piedi, Eleanor!”

“Si, certo… come no!” sbottò lei, soffocando una risata.

“Tanto lo sai che io ho sempre ragione! Te l’ho già dimostrato altre volte… e te lo dimostrerò anche questa volta!”

Eleanor cercò in ogni modo di non aggrapparsi troppo a quelle parole. Fiducia e cautela erano due emozioni per lei inscindibili e preferiva lasciarsi andare in maniera equa ad entrambe. La delusione e l’amarezza erano sempre in agguato, e lei lo sapeva bene.
Ma era vero che Evan aveva sempre ragione! Non poteva negarlo così come non poteva opporre resistenza a quella invitante sensazione di euforia che pian piano cominciò a riempirle l’anima. Forse, un minimo di speranza esisteva…

No! Si obbligò a pensare Non succederà mai niente! Non illuderti, Eleanor! …Anche con Evan avevi commesso l’errore di illuderti, ricordi? Non farlo di nuovo… non sopravvivresti questa volta!

*** 

E ancora una volta, Eleanor fu davanti a quell’orologio.
Come la notte prima, fissava quelle lancette così maledettamente lente e imprecava sottovoce ad ogni minuto che passava.  Aveva cercato di non arrivare troppo in anticipo e ci era riuscita. Mancava solo mezzora all’arrivo della metropolitana, ma anche un tempo così breve le sembrava atrocemente lungo.
Nell’attesa che le lancette facessero il loro dovere, Eleanor fece ciò che più amava fare. Cantò.

“Mama, take this badge off of me, I can't use it anymore.
It's gettin' dark, too dark to see, I feel like I'm knockin' on heaven's door.

Fu una scelta dettata dal caso. Evan aveva canticchiato quella stessa canzone quel pomeriggio, mentre tornavano a casa dallo shopping e le era entrata prepotentemente in testa senza più abbandonarla. Sperava soltanto che non le venisse voglia di cantarla di fronte al ragazzo della metropolitana. Non avrebbe retto l’ imbarazzo e probabilmente sarebbe stata anche capace di gettarsi dal treno in corsa…

“Knock, knock, knockin' on heaven's door
Knock, knock, knockin' on heaven's door!

Appoggiata al solito muretto, nascose il viso tra le braccia ed inspirò profondamente. L’odore di nuovo dei vestiti le riempì le narici e ringraziò mentalmente Evan per averla costretta ad accettare il suo regalo. Quella sera faceva freddo e i suoi vecchi abiti sarebbero stati di certo causa di un qualche tipo di assideramento.

Grande invenzione i pantaloni! Pensò Eleanor sorridendo leggermente di sollievo. 

Anche la sensazione del cotone nuovo e immacolato sulla pelle era sorprendentemente piacevole. Ringraziò il suo amico di sempre ancora una volta. Quello era il più bel regalo che avesse ricevuto dopo la morte di sua madre.

Magari gli sembrerò più normale oggi… una normale ragazza che torna a casa dopo una bella nottata passata in compagnia dei suoi amici…

Una maschera di amara ironia le andò a nascondere il viso. Era insanamente divertente immaginare una vita normale. Dipinse mentalmente un allegro quadretto famigliare e la sua fantasia galoppò.

… prima di uscire ho litigato con papà perché non approva le mie amicizie. Mamma ha provato a difendermi, ma ha avuto da ridire quando le ho detto che sarei tornata all’alba…

Sorrise. Era facile essere normali. Era troppo semplice vaneggiare sulla vita che avrebbe potuto avere se solo fosse nata in una famiglia un po’ meno disastrata.

… io le ho detto che non sono più una bambina e che ormai è ridicolo che abbia un coprifuoco da rispettare. Lei mi ha urlato contro che finchè vivo sotto il suo stesso tetto devo rispettare le sue regole. Papà ha dato di matto quando ha scoperto che assieme agli altri con cui mi vedo c’è anche quel ragazzo che frequento da un po’. A lui non piace. Dice che è un poco di buono e che ha in mente solo una cosa… troppo tardi papà, quella cosa l’ha già ottenuta!

Questa volta, una bella risata non se la risparmiò. Aveva trovato un altro passatempo oltre al cantare. Pensò seriamente che avrebbe potuto appropriarsi di quella ragazza immaginaria, della Eleanor normale. Se avesse finto di essere lei, forse avrebbe avuto una qualche chance con quel ragazzo. In fondo, lui non sapeva nulla della sua vita privata e non avrebbe potuto mettere in dubbio le sue parole.

Non s’ingannano gli angeli, Eleanor!

Si ricordò all’improvviso dell’orologio e si rese conto con sgomento di essere quasi in ritardo. Con uno scatto si raddrizzò e corse giù per le scale con assurda impazienza. Raggiunse il binario in men che non si dica e si appoggiò ad uno dei pilastri di cemento per riprendere fiato. Riusciva già  a sentire il rumore del convoglio all’interno della galleria.
Il cuore le batteva forte, ma non nella stessa maniera della notte prima. Non aveva paura questa volta. Era inspiegabilmente tranquilla.
Era riuscita a sbloccarsi nel momento in cui gli aveva rivolto la parola e adesso, tutti i timori che aveva provato ventiquattro ore prima le apparivano del tutto insensati.
Quando la metropolitana le sfrecciò davanti, aguzzò la vista cercando d’individuarlo. Teneva la speranza imprigionata nell’angolo più remoto del suo cuore, ma la sentiva sbattere forte contro la gabbia nel tentativo di liberarsi. E ce la fece. Eleanor lo vide e la gabbia si sfondò. Un’onda di serenità che troppo a lungo non si era concessa, la investì in pieno.
Il vagone dove lui era seduto si fermò qualche metro più avanti da dove lei era e dovette correre di nuovo per poter salire in tempo. Quando le porte automatiche si chiusero, Eleanor prese coraggio e si voltò verso i sedili accanto alla porta. Immediatamente, il suo irresistibile sguardo magnetico la inibì del tutto. Fortunatamente per lei, fu il ragazzo il primo a parlare.

“Ciao.” Disse semplicemente, senza scomporsi.

“…Ciao.” 

Non fu difficile rispondere al suo saluto; fu più che altro una reazione automatica del suo corpo. Andò a sedersi, come al solito, di fronte a lui. Aveva provato mille discorsi per tutto il pomeriggio, ma in quel momento ogni parola le sembrava futile e priva di qualsiasi buon senso. Ancora una volta, fu lui a salvarla.

“ Sembri sfiancata.” Osservò, notando il suo respiro affannato.

“Ho corso. Ho fatto un po’ tardi e ho dovuto correre. Purtroppo, non ho una grande resistenza fisica.” Spiegò lei, più apertamente di quanto si sarebbe aspettata.

“Capisco.”

Toccava a lei, adesso. Era il suo turno, non poteva lasciare che fosse sempre lui a prendere l’iniziativa, ci avrebbe fatto la figura della stupida.

“A quanto vedo, la tua auto è ancora fuori uso…” quel tentativo la soddisfò. Era un buon inizio.

Il ragazzo sorrise: “Già. Te l’ho detto, probabilmente i miei capelli saranno diventati bianchi per il giorno in cui me la consegneranno riparata.”

Eleanor rise sommessamente, non tanto per la sua battuta, quanto per la gioia che quella notizia le dava. Si sentiva un po’ meschina, ma non poteva far altro che esultare mentalmente.

“Allora, me lo dici o no?” domandò lui, d’un tratto serio.

Eleanor non capì a cosa si riferisse: “Dirti cosa?” chiese, sinceramente confusa.

“Chi è che odi! “ le rispose, pacatamente. “Chiunque sia, ieri sembrava che ce l’avessi seriamente con lui, o con lei. Ti giuro che ci ho pensato e ripensato, ma non sono proprio riuscito a capire chi potesse essere. In fondo c’eravamo solo noi due e, a meno che non fossi rivolta a te stessa, non posso far altro che pensare che ce l’avessi sul serio con me, ma forse mi sbaglio.”

Due parole in particolare scombussolarono Eleanor:

Pensato e ripensato …?

Era un modo per dirle che aveva pensato a lei? Sentì il sangue fluirle sulle guance, sperò ardentemente che lui non se ne fosse accorto. Alzò gli occhi su di lui e lo vide impaziente di ricevere una risposta. In verità, Eleanor non era sicura di volergliene parlare.

“Perché ti interessa così tanto ?” chiese con un filo di voce.

Lui scrollò le spalle. “ Non so bene perché… “ s’interruppe e i suoi occhi si fecero improvvisamente partecipi come lei non gli aveva mai visti. “… ma ho come l’impressione che sia tu quella che sente il bisogno di parlarne ad ogni costo. Io ti sto solo dando un buon motivo per farlo.”

Eleanor non seppe che dire, non si mosse nemmeno. Era così facile intuire ciò che lei pensava? Come aveva fatto quello sconosciuto a spiegare così facilmente ciò che lei per anni aveva sempre cercato di capire?  Era dunque quello il suo problema? Il volersi confidare senza rendersene conto? Soprattutto, volersi confidare su di un argomento così delicato come la sua confusissima fede?
Lui la fissava, in attesa; studiava ogni sua reazione e sapeva di aver colpito nel segno. Glielo si leggeva in faccia.

“I – io, veramente … “ balbettò Eleanor, seriamente in difficoltà “… non credo che sia troppo importante. Non penso sia qualcosa che ti possa interessare, dico sul serio!”

“Mettimi alla prova! Qualunque cosa sia, giuro che non riderò di te!” 

Sembrava sincero, ma Eleanor continuava a stare sulla difensiva. Anche quegli occhi d’angelo riuscivano ad intimorirla. Vedendola così in difficoltà, il ragazzo cercò di incoraggiarla:

“Avanti. Non può essere così terribile.”

“No …” mormorò lei. “…Non lo è. Ma è una questione che riguarda me e, per quel ne so, tu potresti anche prendertela a male e arrabbiarti. “

Lui parve confuso da quelle parole. Eleanor sapeva che questo non avrebbe fatto altro che stuzzicare ancora di più la sua curiosità, ma che sarebbe successo se lui fosse stato un credente convinto? Dopotutto, quell’odio di cui lui voleva a tutti i costi sapere, era rivolto a Dio. Temeva di poterlo perdere, di farlo scappare via da lei. Ma i suoi occhi puntati addosso non aiutavano, così decise di accontentarlo.

“…Tu… tu per caso credi in Dio? “ domandò con cautela.

Lui s’accigliò di sorpresa. “Perché? “

“Devo saperlo.”

“Beh, sono cresciuto da cattolico, ma non posso definirmi un vero credente… più che altro non ho avuto scelta. E’ stato un obbligo imposto dalla mia famiglia. “ si fece pensieroso “No! … Non credo proprio che lassù ci sia qualcuno!”

Eleanor sospirò di sollievo e sorrise. “Allora non c’è problema. Posso dirti tutto.”

“Bene! Anche se a questo punto posso immaginare a chi fossi rivolta ieri notte…”

Lei non rispose. Sorrise leggermente, alzò una mano e indicò l’alto. Anche lui sorrise: 

“Si.” Disse ridacchiando “Direi che un sentimento più che plausibile!”

“Lo pensi davvero?”

“Si, certo. Non so cosa lo abbia scatenato ovviamente, ma non sei la sola a pensarla così, puoi credermi!”

“Beh, è bello sapere di non essere l’unica… “ ammise timidamente, sfuggendo a quegli occhi insopportabilmente belli.

Quando lo vide alzarsi, quella beatitudine che era riuscita a guadagnarsi si dileguò in un istante. Di colpo, ecco di nuovo la solitudine e l’amarezza che le respiravano sul collo.
La metro stava ancora andando quando lui raggiunse le porte. Si voltò verso di lei con una punta d‘indecisione nello sguardo.

“ Come ti chiami?” le domandò.

Eleanor aveva sperato a lungo che prima o poi lui le facesse quella semplicissima domanda, così anche lei avrebbe potuto fargliela e scoprire il suo nome.

“Eleanor.” Rispose, prontamente.

“Eleanor…” ripetè lui, come per memorizzarlo meglio. “Hai un bel nome.”

Ovviamente, lei arrossì di nuovo, ma riuscì comunque a parlare.

“E tu, invece? Come ti chiami?”

La metro si fermò con il solito baccano e le porte scorrevoli si aprirono. Lui le sorrise criptico: 

“Magari un giorno te lo dirò.”

“Come?”

“Ci vediamo!” esclamò mentre raggiungeva la banchina del binario.

Eleanor non ebbe nemmeno il tempo di salutarlo. La delusione per non aver scoperto come lui si chiamasse fu grande, ma non abbastanza da ottenebrare il suo entusiasmo. Era andata bene! Più che bene!
Un’altra promessa risuonava nella sua testa:

Ci vediamo!

Una semplice frase di routine? …forse. Ma la sua mente era già al giorno dopo e al loro prossimo incontro.

 

 

***

 

Ciao a tutti!! Eccomi qui col nuovo aggiornamento! In ritardo, lo so... chiedo perdono ^^' ma stavolta nn è stata colpa mia!!! Per qualche ragione a me ignota, ieri sera non mi faceva aggiornare... boh! vabbè...

Ma non tergiversiamo! Passiamo ai ringraziamenti:

 

Poisoned_Apple: prima di tutto devo assolutamente dirti una cosa: mi sono innamorata del tuo nick *_*! E’ stupendo! Cmq, grazie mille per i complimenti e nn preoccuparti con la vecchia versione nn ti sei persa nulla di che… Dici che Eleanor ti somiglia?... beh, allora assomigli pure a me, perché l’ho creata “a mia immagine e somiglianza”, caratterialmente parlando ovviamente. Spero continuerai a seguirmi!

 

Mana_chan: Beh, meno male… è un sollievo sapere di aver migliorato. Come ho detto a Poisoned_Apple, la prima versione era parecchio immatura ed è stato soprattutto per questo motivo che ho deciso di riscriverla per intero. Sei stata carina a rileggerti tutta la vecchia stesura… Avrai perso un sacco di tempo ^^!!! Beh cmq grazie davvero!

Al prox mercoledì con il quinto capitolo!!!!!!! ^_^

 Adesso corro a leggermi Breaking Dawn ^_____^!!!!!

Ayleen

PS 

La canzone cantata da Eleanor è, “Knockin’ on Heaven’s Door” di Bob Dylan.

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Capitolo 5
*** Musica ***


solo un paio dali - capitolo 5 - musica__

 

CAPITOLO CINQUE

Musica

 

    Caro Diario,

So che non dovrei, ma sto cominciando a nutrire un leggero ottimismo… è un grosso errore, lo so, ma è talmente irresistibile da vincermi ogni volta.
E’ da più di una settimana ormai che ogni mattina incontro quel ragazzo. Evan è felice per me, ma in questi ultimi tempi lo vedo un po’ giù di morale. È triste perché Nathan ha detto che rimarrà ancora un po’ da sua sorella. Cerca sempre di apparire il più sereno possibile, ma si vede che gli manca… anche se non lo ammetterà mai !
Il ragazzo della metro sa il mio nome adesso, ma io non so ancora il suo. Sembra quasi che non voglia dirmelo. Tutte le volte che provo a chiederglielo, o cambia discorso all’improvviso, o fa finta di non avermi sentito, oppure dice che un giorno me lo dirà… Non lo capisco! Chissà, forse ha un brutto nome e se ne vergogna, ma mi sembra improbabile. E poi, anche se fosse, potrebbe benissimo mentire e inventarsene uno… non potrei mai mettere in dubbio le sue parole. Se non scopro come si chiama impazzisco. Sono stanca di dover pensare a lui come al “ragazzo della metro”. E’ irritante!
Chiacchierare con lui è qualcosa d’incredibile. Parla molto di se’, senza però lasciare mai intendere nulla. Ha qualcosa di misterioso … che, se possibile, lo rende ancora più affascinante. DI certo, So molto poco di lui. Le sole cose che mi ha detto sono che ha 22 anni, che vive assieme a dei suoi amici in periferia, che lavora in un locale in centro e che ha l’auto guasta. Io voglio sapere tutto di lui! Soprattutto una cosa in particolare, oltre al suo nome… vorrei tanto sapere se ha la ragazza. E’ quasi impossibile che uno così bello sia solo, ma la speranza mi sta accecando e potrei anche iniziare a crederlo.  … ma non so se troverò mai il coraggio di chiederglielo… Beh, come dice sempre lui < Magari, un giorno… > .
           

Eleanor

Eleanor non aveva mai dormito così poco. Avrebbe tanto voluto, ma non ne aveva il tempo. Quando rientrava la mattina, si metteva subito a preparare la colazione per se’ e per Evan che tornava dal lavoro. Fatto questo, mentre il ragazzo se ne andava a dormire, lei si lavava e si occupava di tutte le faccende domestiche. Sapeva di essere un’ospite, ma non le andava di approfittarne troppo. Nathan ed Evan erano stati fin troppo gentili con lei e voleva sdebitarsi in qualche modo. Oramai, stava diventando una vera donna di casa. Faceva le pulizie, il bucato, cucinava, andava a fare la spesa e a pagare le bollette. Non le pesava farlo. In confronto alla vita che faceva prima, quello era il paradiso.
Si concedeva qualche ora di sonno solamente dopo cena, quando Evan tornava al lavoro, ma il suo organismo stava iniziando a risentirne.
Eleanor dovette ricorrere ai cosmetici per nascondere le occhiaie che avevano iniziato a cerchiarle gli occhi. Quando si truccava, lo faceva in segreto perché sapeva che se Evan l’avesse scoperta di certo si sarebbe arrabbiato e preoccupato, obbligandola a restare a casa… proposta assolutamente inaccettabile.
Ormai i viaggi in metropolitana facevano parte del suo tran tran quotidiano. Ogni traccia di stanchezza sarebbe scomparsa con la semplice presenza di quel ragazzo senza nome. Il sonno che la tormentava era il giusto prezzo da pagare per aver avuto in dono quell’angelo.

Non dormirò mai più se servirà a non farlo sparire dalla mia vita pensava sempre Eleanor, ogni volta che sentiva le palpebre cedere.

Ma la sua voce era la sveglia migliore del mondo. Tutti i suoi sensi si ravvivavano ogni volta che lui iniziava a parlare. Nemmeno una secchiata d’acqua gelata avrebbe potuto fare di meglio.
E lei si smarriva in quegli occhi; lo ascoltava e non vedeva altro se non lui. Non le importava che potesse esistere la possibilità che anche lui pensasse lo stesso di lei; la cosa più importante era che non smettesse di parlare. Tutto il resto non contava.
Sempre troppo presto, lui se ne andava. Ogni volta era una sofferenza, pur avendo –ormai– la certezza che l’avrebbe rivisto il giorno dopo… Quella speranza, dai lei tanto temuta, si faceva sentire sempre più spesso e con crescente intensità quando lui si voltava per salutarla. Eleanor sperava sempre che le chiedesse di andare con lui, ma non era ancora accaduto. Probabilmente, non sarebbe mai accaduto. E come sempre, quella bugiarda e simulatrice della speranza si trasformava in una brutale e crudele delusione! Anche quello ormai era un’abitudine.
Una cosa di cui Eleanor si era rallegrata era che non aveva dovuto fingere niente con lui. Nessuna Eleanor Normale aveva dovuto entrare in scena.
Era come se tra loro due ci fosse un tacito accordo: ti ascolto se parli, ma niente domande!
Quel ragazzo non le aveva chiesto nulla sulla sua vita privata, e lei si era comportata nella stessa maniera. Sembrava che entrambi ci tenessero alla propria privacy. Eleanor non avrebbe mai e poi mai – nemmeno sotto la più disumana delle torture - rivelato di essere una prostituta; e anche lui, evidentemente, aveva qualcosa di cui non avrebbe mai proferito parola. Ed era giusto così! In fondo, tutti hanno dei segreti inconfessabili… persino gli angeli.
Anche quella notte, il suo viso bello da mozzare il fiato era una maschera di parole inespresse e pensieri indecifrabili. Al contrario delle altre sere però, lui non aveva ancora parlato, solo un semplice ciao appena Eleanor aveva preso il suo solito posto. Nulla più.
La fissava senza far trapelare nessuna emozione in particolare. La sua consueta espressione neutra e indefinibile. Eleanor interpretò quel silenzio come uno sprono a cominciare un qualche discorso… e decise di accoglierlo.

“Mi chiedevo …” cominciò, priva ormai di quella timidezza che l’aveva caratterizzata durante i loro primi incontri.

“Si? “ domandò lui, immediatamente.

“… che cosa fai sempre in giro fino a quest’ora del mattino?”

Lui non rispose, continuò a fissarla con la solita espressione neutra. Per un attimo, Eleanor temette di aver infranto il patto. Forse, i suoi giri notturni facevano parte del grande segreto che custodiva assieme al suo nome. Ma, l’unica parola che ricevette come risposta era carica di una tale ovvietà ed evidenza da ottenebrare subito quell’ipotesi.

“Lavoro.” Disse semplicemente.

Eleanor non seppe che dire. In effetti aveva senso. Lavorava di notte, proprio come Evan e Nathan… e anche come lei. All’istante, desiderò con tutta se stessa non avergli mai posto quella domanda. Se lui gliel’avesse fatta, lei cosa avrebbe dovuto rispondere?

Lavoro …
si preparò mentalmente la sua stessa identica risposta, cercando di apparire serena proprio come lui. Ma la domanda non arrivò.

Eleanor alzò lo sguardo fino ad incontrare quegli occhi incantevoli che continuavano a fissarla. Chissà che cosa vedevano? Avrebbe dato qualunque cosa per sapere che cosa lui stesse pensando in quel momento.

Per favore… ti prego, ti scongiuro…
rimuginò Eleanor sfuggendo al suo sguardo. …Dimmi quello che pensi sul serio di me! …fallo, prima che impazzisca del tutto!

Sembrò quasi che lui le avesse letto nella mente, perché fece esattamente ciò che Eleanor aveva chiesto.

“Lo sai che cosa ho pensato la prima volta che ti ho vista ? “ domandò, senza inflessioni.

Lei lo guardò interrogativamente, gli occhi accesi di sorpresa e di curiosità. Lui si prese qualche altro secondo prima di continuare:

“ E non sto parlando di quando ci siamo incontrati su questa metropolitana. “

Eleanor apparve confusa. In quale altro luogo si erano visti? No, da nessuna parte. Se ne sarebbe certo ricordata. Non si può dimenticare l’incontro con un angelo.

“Quella non è stata la prima volta. “ continuò lui, leggendo la confusione sul suo viso di porcellana. “Ti vedevo tutte le notti …” distolse per un attimo lo sguardo da lei, forse per imbarazzo, forse per pudore nei suoi confronti. “… su quel marciapiede, appoggiata a quel lampione…”

Eleanor fu invasa dalla nausea. Sentì le mani ghiacciarsi all’istante, gli occhi che si riempivano di lacrime, la faccia bruciare per la vergogna. Il cuore prese a galoppare a tempo con il respiro. Era rabbia o paura? Non lo sapeva… forse, erano entrambe.

Tu… lo… sapevi…?

Di nuovo si fece sentire prepotentemente il desiderio di poter controllare il tempo. Voglio sparire! Qualcuno mi faccia sparire!

Voleva andarsene via, ma quella paralisi che da più di una settimana non la disturbava più, era tornata a colpirla. Lei era lì, adesso. Spogliata del suo più terribile ed inconfessabile segreto. Sola, davanti allo sguardo sentenzioso di quell’angelo senza ali.

“Passavo da quella strada per tornare a casa, con la mia auto… “

Eleanor si domandò come fosse possibile che lui riuscisse a mantenere un atteggiamento così sorprendentemente rilassato, come se stesse parlando del tempo. Tuttavia, non cercò risposte nel suo sguardo. Non riusciva a guardarlo in faccia. Troppa era la vergogna. Troppo alto il rischio di scoppiare in lacrime.

“ … ti vedevo lì, sempre con gli occhi rivolti al cielo, e pensavo… “ lui s’interruppe nuovamente.

Eleanor si costrinse a guardarlo e si stupì di non leggere alcun disprezzo sul suo volto.  Con quell’occhiata, lo pregò di non fermarsi più.
Le parole che seguirono furono poco più di un sussurro, ma travolsero Eleanor con la stessa forza di un fiume in piena

“ … quella ragazza è troppo bella per poter appartenere a così tante persone immeritevoli… “

Una lacrima scese silenziosa sulla guancia di Eleanor. Sorrise mentalmente, o forse sul serio… non seppe dirlo. Impossibile mettere in dubbio quelle parole cariche di una così tale sincerità. Sentiva il cuore rimbalzarle in petto fuori controllo  e si accorse di adorare quella sensazione.
Vedendola meno sofferente, il ragazzo continuò a parlare:

“Lei dovrebbe appartenere ad uno soltanto.”  Concluse, studiando ogni sua reazione.

Non le importò di avere un’espressione imbambolata, proprio come la prima notte che l’aveva visto. Le sue parole le riecheggiavano nella mente come una lenta e inesorabile litania. Non ricordava di aver mai udito altro in vita sua.
Ma poteva davvero fidarsi di quelle parole? O era solo una tattica per poter ottenere ciò che tanti altri uomini avevano ottenuto? Forse, era solo un bravo attore.

“Perché mi prendi in giro? “ domandò Eleanor, talmente a voce bassa da faticare a sentirsi.

Il ragazzo si corrucciò appena, un’ombra di leggera offesa sul suo viso: “Per quale motivo dovrei prenderti in giro?”

Lei esitò per un attimo: “ Non lo so. “disse fissando il pavimento sporco del vagone “Probabilmente lo trovi divertente. Tanta gente lo trova divertente!”

Lui non disse nulla per un po’, limitandosi a fissarla risentito. Eleanor si pentì di aver parlato. Se solo avesse potuto controllare il tempo, avrebbe immediatamente cancellato quegli ultimi trenta secondi.

“A me sembra che quella che si diverte sei tu! “ esclamò lui innervosito, alzandosi in piedi.

Eleanor non afferrò il senso di quelle parole, concentrata com’era a realizzare che era arrivato il tanto odiato momento dei saluti. Un attimo di smarrimento e poi la consapevolezza di  quell’ affermazione giunse improvvisa.

“Che vuoi dire?” chiese sinceramente perplessa.

Lui - appoggiato al palo di sostegno di fianco alle porte scorrevoli - si voltò, il viso ancora pervaso da una leggera irritazione:

“Ammettilo! Tu ci provi gusto a fare la  vittima!”

Quando la metropolitana si fermò e le porte si aprirono, lui scese rivolgendole un fin troppo semplice e sconfortante ciao. Nessun ci vediamo, a domani o ci si vede. Nessuna promessa di un futuro incontro risuonava nell’aria.
Eleanor rimase immobile, immersa nel silenzio, consapevole del disastro che aveva combinato.

Ecco fatto!
Pensò affranta Ci sono riuscita, alla fine! L’ho fatto scappare!

***

Non sentì il saluto di Evan quando entrò in casa, ne’ si accorse della televisione accesa. E poco importava che Evan non avrebbe dovuto trovarsi lì. Non era importante.
Si trascinò fino in cucina senza preoccuparsi di apparire rilassata e felice come sempre quando tornava da uno di quei viaggi in metropolitana. Evan continuava a chiamarla, ma lei non lo sentiva nemmeno. Neanche ci provava, in verità. Qualunque cosa avesse voluto dirle non l’avrebbe di certo sottratta all’oblio nel quale era piombata. Ma lui, alla fine, la raggiunse.
Uno scossone un po’ più forte ed Eleanor sembrò riaprire gli occhi per la prima volta.
Evan era di fronte a lei e la teneva per le braccia. Era visibilmente preoccupato e non appena si rese conto che l’amica era tornata con la mente al presente, domandò senza preamboli: 

“Stai bene? Che è successo?”

Ho rovinato tutto… tutto quanto!

“Eleanor!” la richiamò lui, quando non ottenne risposta.

Il suo era solo un complimento… non aveva brutte intenzioni. Perché non gli ho creduto?

“ Vuoi rispondermi? “ Evan stava quasi urlando e aveva rafforzato la presa sulle sue braccia.

Lei alzò appena gli occhi lucidi su di lui, faticosamente. Il mormorio che seguì, fu accompagnato da numerose lacrime: “Sono un disastro, Evan. Rovino tutto ciò che tocco…“

Lui non capì le sue parole: “Ma che cosa dici? Di che parli?”

Eleanor si districò dalla presa del ragazzo e si asciugò gli occhi. “Scusami… ho solo bisogno di stare un po’ da sola. “

Evan dubitava molto che stare sola avrebbe potuto giovare al suo umore, ma non interferì, ne’ fece altre domande. Sapeva che prima o poi sarebbe stata lei ad andare a cercarlo per rivelargli ogni cosa. Era solo questione di tempo.

“Tu cosa ci fai a casa così presto? “ domandò Eleanor. Lui apprezzò il suo tentativo di cambiare discorso.

“E’ sabato, ricordi? E’ il mio giorno libero. Stanotte non ho lavorato. Non ti sei accorta che non sono uscito?”

Eleanor scosse la testa. Evan sorrise.

“Già.” Disse sorridendo appena “Immagino avessi in mente solo di raggiungere al più presto quel tipo, non è vero? “

La ragazza rispose con un’occhiata stanca ed implorante. Capire il messaggio nascosto nei suoi occhi non era complicato: Non nominarlo nemmeno!
Evan non insistette e non tentò di placare la propria curiosità – seppur logorante- . Preferiva piuttosto far volgere altrove la sua attenzione, impresa tutt’altro che semplice a quanto sembrava.

“Senti…” cominciò. “ Qualunque sia il problema, non ti permetterò di restartene da sola tutto il giorno a rimuginarci sopra!”

“Non ci rimuginerò sopra, lo prometto.”

Evan sbuffò: “Oh, ti prego!” esclamò, alzando gli occhi al cielo con un mezzo sorriso. “ Non esiste nessuno al mondo più bravo di te nel deprimersi!”

A quelle parole, se possibile, Eleanor si sentì ancora peggio.

Allora è vero…! Lui aveva ragione. Mi piace fare la vittima… non lo faccio apposta. Non me ne rendo neanche conto.

“Che c’è?” domandò Evan pensieroso vedendola incupirsi di nuovo. “Che cosa ho detto?”

“… la verità, ecco cosa!” rispose Eleanor, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, stringendosi nelle spalle. “Immaginavo facesse male, ma non così tanto.”

Evan sospirò con rassegnazione. L’afferrò per un braccio e la trascino fino alla porta: “Hai bisogno di un po’ d’aria!”

“Ma sono appena tornata!” si lamentò Eleanor, cercando di liberarsi dalla sua presa “Ne ho già presa di aria!”

“Mettiamola così: hai bisogno di aria diurna. Sai, la luce del giorno, i caldi raggi del sole… hai presente? Dicono facciano bene!”

Lei non oppose troppa resistenza. Non aveva affatto voglia di uscire. Era stanca, aveva bisogno di dormire, ma sapeva che tanto non ci sarebbe riuscita. Tanto valeva accontentare Evan. 

Di quale sole stai parlando, Evan? Non lo vedo più brillare… tutto è di nuovo grigio.

*** 

Eleanor non disse una parola per tutto il tragitto. Non si preoccupò d’informarsi dove Evan la stesse portando, non faceva molta differenza. Che la loro destinazione fosse stata il parco, il centro città, un qualche locale, il centro commerciale ad Eleanor non importava. Ma  proprio del centro commerciale si trattò.
La ragazza alzò appena lo sguardo verso il grande edificio, piccola ed indifesa in mezzo alla folla di persone che entravano e uscivano. Una macchiolina nera in mezzo a tutto il resto.

“Perché mi hai portato qui, Evan?” domandò scoraggiata “C’è troppa gente.”

Il ragazzo sorrideva. “C’è un posto che ti piacerà da impazzire!”

“… ne dubito… “ si lasciò scappare, troppo piano perché Evan la sentisse.

Seguì il ragazzo all’interno, cercando di evitare le persone cariche di sacchetti e pacchi che le piombavano addosso, senza preoccuparsi di scostarsi. Evan la prese per mano per evitare di perderla tra la folla e la condusse verso le scale mobili che portavano al piano superiore. Eleanor fu per un attimo colta dal dubbio che l’amico la stesse portando nuovamente a fare shopping. Sperava davvero di no, l’umore non era proprio adatto. Ma, d’altra parte che altro avrebbero potuto fare in un posto simile. Superarono parecchi negozi di vestiti, quindi Eleanor capì che non erano quelle le intenzioni di Evan. Si lasciò trascinare, completamente inerme.
C’erano tante ragazze della sua età. Era sabato, le scuole erano chiuse. Tutte la guardavano e ridacchiavano con cattiveria assieme alle amiche. Lei cercava in ogni modo di ignorarle, concentrandosi sulla schiena di Evan di fronte a lei.
Un’insegna colorata attirò improvvisamente la sua attenzione.
Si fermò di colpo, dando uno strattone ad Evan. Il ragazzo seguì il suo sguardo e sorrise:

“Ah, ecco dov’è!” esclamò trionfante “L’hai trovato prima te di me, come diavolo hai fatto?”

Eleanor gli lasciò la mano e si avvicinò alle vetrine del negozio senza dire una parola. Evan rise, sapendo di aver trovato il suo punto debole. Portarla in un negozio di dischi era senza ombra di dubbio il metodo migliore per distrarla dalle sue misteriose preoccupazioni. Lei adorava la musica. La musica di qualunque tipo, di qualunque genere, ma non aveva mai la possibilità di ascoltarla. Per questo le piaceva cantare.
Eleanor era davanti alla vetrina del negozio, così vicina da annebbiare il vetro con il  proprio respiro, con le mani all’altezza degli occhi a farle ombra dalle prepotenti luci al neon del corridoio. Sembrava una bambina davanti ad un’esposizione di dolciumi.

Evan le si avvicinò: “Vogliamo entrare a dare un’occhiata?”

“Ma non posso comprare niente.”

“E dove sta scritto che è obbligatorio comprare?! Dai, vieni!”

L’interno era affollatissimo, ma l’ambiente era abbastanza grande da contenere tutti senza problemi.  Il negozio era su due piani e ogni scaffale era diviso per genere musicale. Evan vide Eleanor sciogliersi finalmente in un sorriso.

“Avanti! “ la esortò “Fatti un giro!”

Eleanor non se lo fece ripetere due volte. In un istante si mischiò tra la folla e sparì tra gli scaffali.
La ragazza scrutò ogni disco, ogni copertina, lesse il nome di ogni cantante e gruppo. Li conosceva quasi tutti e se fosse stata da sola, probabilmente, avrebbe cantato a squarciagola ogni loro singola canzone. La tentazione era forte, ma in qualche modo riuscì a trattenersi. Evan era scomparso, inghiottito dalla calca di gente. Non era un problema, prima o poi si sarebbero incontrati. 
Eleanor continuò il suo vagare tra gli scaffali. Un gruppetto di persone era accalcato in un angolo del negozio, dove era possibile ascoltare un indefinito numero di cd. Le cuffie per poter ascoltare i brani erano tutte occupate, ma lei si armò di santa pazienza e attese che arrivasse il suo turno. Quando finalmente arrivò, si precipitò ad indossare un paio di quelle cuffie, senza preoccuparsi di vedere a quale artista o a quale band fossero collegate.
Riconobbe immediatamente la canzone che le riempì la mente. Vecchia di qualche anno forse, ma immortale come la persona che la stava intonando:

“Made in heaven, made in heaven
it was all meant to be, yeah…”

Non ci provò nemmeno a restare in silenzio accontentandosi di ascoltare. La voce uscì da sola, con la solita perfetta intonazione. Eleanor chiuse gli occhi per distaccarsi da tutto ciò che in quel momento la circondava. Persino le preoccupazioni riguardanti il ragazzo della metro, l’abbandonarono. Esisteva una medicina migliore? Lei era convinta di no.

“…made in heaven, made in heaven
that's what they say
can't you see
that's what everybody says to me
can't you see…”

Per qualche strano motivo, di colpo si distrasse. E non bastò la meravigliosa voce di Freddie Mercury a farla rimanere nel suo mondo fatto di note e melodie. Un formicolio dietro la nuca, una sensazione spiacevole e al tempo stesso gradevole la investì in pieno. La  percezione di essere osservata. Forse, era semplice paranoia – non sarebbe stata la prima volta, in fondo- , ma non riuscì ad ignorarla; dovette voltarsi.
In un istante, Eleanor prese coscienza che non bisogna mai ignorare i propri presentimenti. Qualcuno c’era che la stava fissando, a meno di due passi da lei. L’ultima persona che avrebbe immaginato d’incontrare.
Alla luce del giorno – o a quella delle luci del negozio – era, se possibile, ancora più bello. Il vagone della metro non gli rendeva giustizia.
Lentamente, Eleanor si tolse le cuffie, dato che il battito frenetico del suo cuore prevaleva sulle note della canzone.

“Eleanor? ” Sembrava sorpreso di trovarla lì, ma non poteva nemmeno immaginare quanto in realtà quella più sorpresa fosse lei.

“… tu? ” fece Eleanor, non sapendo bene come rivolgerglisi.

Il ragazzo sorrise divertito della sua entrata, ma cercò di non darlo troppo a vedere: 

“Che cosa ci fai qui?” chiese serenamente.

Eleanor fece spallucce e sfuggì a quegli occhi insopportabilmente belli, temendo di poter perdere contatto con la realtà.

“Quello che fai tu, credo. “ fu la risposta più eloquente che riuscì a trovare.

“Ovviamente.” Mormorò lui con un mezzo sorriso.

Eleanor rimise le cuffie dove le aveva trovate e avanzò di un passo verso di lui. Fu con crescente imbarazzo che si rese conto di non essergli mai stata così vicina. Sentiva il suo profumo e subito se ne inebriò. Ma non c’era tempo per perdersi in sciocche fantasie da ragazzina. Doveva assolutamente rimediare a ciò che aveva combinato quella mattina in metropolitana, perché lo sapeva, - anzi, oramai ne era certa -  che non sarebbe mai e poi mai riuscita a rinunciare a lui.

“Scusami tanto … “ sussurrò impercettibilmente, tanto che temette che lui non l’avesse sentita. Ma dalla sua espressione si capiva che in realtà l’aveva sentita eccome.

“Scusarti? E di che cosa? “

“Stamattina mi sono comportata malissimo con te… non volevo, davvero.”

Lui scoppiò a ridere: “Adesso sei tu che mi prendi in giro!”

“No. Non ti sto prendendo in giro.” Si affrettò a dire lei, seria come non mai.

Osservandola per qualche istante, il ragazzo si rese conto che non stava scherzando.

“Credevi fossi arrabbiato con te?”

“ … non è così?” domandò lei con cautela, accigliata dall’ incertezza.

Lui non rispose immediatamente. Sorrise cordialmente e cambiò discorso all’improvviso:

“Lo sai che canti davvero bene?!”

Un altro complimento? Eleanor non c’era abituata. Arrossì vistosamente e abbassò il viso fino a fissarsi le mani che si torturavano a vicenda.

“… grazie.” Bisbigliò imbarazzata, con la faccia in fiamme.

A lui non sfuggì il cambiamento di colore delle sue guance, fin troppo visibile su quella carnagione così chiara.

“Non mi dirai che nessuno te l’ha mai fatto notare?”

Eleanor sapeva di cantare bene. Sua madre non faceva che ripeterglielo in continuazione quando era ancora viva; per non parlare di Evan e Nathan. Lei era la loro cantante privata e loro due i suoi unici fans. 

“Beh, si…” rispose lei, sempre fissandosi le mani. Ma sentirlo dire da te è tutta un’altra storia.

Distrattamente, Eleanor cercò Evan con lo sguardo, ma non riuscì ad individuarlo. Il ragazzo con lei seguì il suo sguardo e chiese:

“Cerchi qualcuno?”

“Sono qui con un amico, ma è sparito. L’ho perso di vista appena sono entrata.”

Cercò di non mettere troppa enfasi nella parola amico, per evitare qualsiasi incomprensione. Per qualche motivo, ogni volta che parlava di Evan tutti davano per scontato che lui fosse il suo ragazzo. Non voleva che anche il misterioso angelo senza nome e senza ali lo pensasse.

“Vuoi che ti aiuti a ritrovarlo?” chiese, gentilmente.

“Non fa niente.” Eleanor si rese conto di non voler assolutamente ritrovare Evan. In quel momento voleva restare solamente con lui. “Lo aspetterò all’entrata.”

Il ragazzo per un istante parve distratto, perso in chissà quali pensieri. L’indecisione e la riluttanza gli attraversarono quegli occhi dal colore indefinibile. Eleanor rimase in attesa. Il suo intuito le disse che lui avrebbe voluto dirle qualcosa… qualcosa di cui però non voleva parlare o forse, qualcosa di cui non poteva parlare.
Pochi istanti e quell’insicurezza lo abbandonò per lasciare spazio ad un’improvvisa determinazione:

“Hai da fare?”

Eleanor non colse immediatamente le sue parole, persa com’era nei suoi occhi di ghiaccio:

“…Quando?” domandò ingenuamente.

Lui sorrise divertito: “Adesso!” le disse, facendola apparire una tale ovvietà da farla sentire una totale sprovveduta.

Nella mente della ragazza riecheggiarono le parole che Evan le aveva rivolto pochi giorni prima: “Scommetto che entro un mese ti inviterà ad uscire con lui?”
Quelle parole le rimbombavano in testa come il fastidioso ritornello di qualche sciocco tormentone estivo.
Se avesse avuto tutte le esperienze che una ragazza della sua età avrebbe di certo dovuto avere, non avrebbe avuto alcun dubbio sulle intenzioni di quel ragazzo. Evan aveva vinto la scommessa, ma lei non riusciva ancora a capacitarsene. Pensò di nuovo che la stesse prendendo in giro, ma non espresse ad alta voce quel sospetto. Era un errore che aveva già fatto e ormai aveva imparato la lezione.
Non era in grado di capire quanti secondi effettivi erano trascorsi da quando lui le aveva posto la domanda. Ogni istante, su di lei pesava come un’intera ora.
Il cuore batteva frenetico, ma Eleanor trovò il coraggio d’ incontrare i suoi occhi. Sapeva di essere arrossita di nuovo, ma non le importava. Voleva solo rispondergli.

“No. Non ho da fare nulla!” esclamò con un sorriso.

Non ebbe risposta. Lui le sorrise a sua volta, la prese per mano e la guidò attraverso la folla.
Strano come quel semplice contatto fisico bastò a far dileguare il mondo intero. Le persone sparirono, la musica si acquietò, gli scaffali carichi di cd si dissolsero. Persino il pavimento svanì. La sola cosa concreta e reale erano quelle dita intrecciate alle sue e il calore che irradiavano. Nemmeno sotto la più terribile delle minacce le avrebbe mai lasciate.

***

Oggi aggiorno con qualche ora di anticipo! Ke brava, eh????
Cmq, ke dire di questo capitolo.... quanto sono cattiva da 1 a 10 ad interromperlo così????
Ricordate, la pazienza è la virtù dei forti ( o era la calma U.U ????)!

Bisogna che mi sbrigo a scrivere sta storia. Non ho mai tempo. Ho pubblicato il capitolo 5 e sto finendo di scrivere il 7, non va bene! Dovrei essere moooooolto più avanti!

RINGRAZIAMENTI:

Mana_chan: Tu sei troppo buona con me!!! Non merito tutti questi complimenti ( anche se riceverli fa mooooolto piacere XD). Che te pare di "lui" in questo capitolo???? La tiene abbastanza sulle spine????????? ^^

BabyzQueeny: GRAZIEEEEEE! Oddio mi commuovo sempre quando mi dite che riuscite ad immedesimarvi nei personaggi... ho sempre paura di non riuscire a trasmettere al meglio le loro emozioni e sensazioni. Meno male ke ci siete voi a sostenermi!!  *scoppia a  piangere di gioia ç_ç*

Poisoned_Apple: E ki non vorrebbe qualcuno come Evan al proprio fianco??? ... mettiamola così, lui è il migliore amico ke non ho mai avuto, o forse, il fratello ke non ho mai avuto. Mi sono divertita come una pazza a delinearne il carattereXD! Sono contenta che ti piaccia! E ke dire di "lui", l' " angelo" ? .... vuoi sapere come si chiama????? Mi dispiace, dovrai aspettare ancora moooooooooolto, però nel prox capitolo lui le rivelerà qualcosina................... ODDIO, non dovevo dirlo!! Scappo prima di fare altri danni! XD

Grazie 100000000000 anche a quelli ke hanno solo letto e ke mi hanno salvato tra i preferiti ovviamente XD!

A mercoledì!!!!

Ayleen

PS

La canzone cantata da Eleanor è "Made in heaven " dei Queen.

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Capitolo 6
*** Meadow's Hill ***


CAPITOLO SEI

Meadow’s Hill

 

Evan si era preoccupato quando aveva visto la sua amica venire trascinata via da un perfetto sconosciuto, ma lei – non appena i loro occhi si erano incrociati- gli aveva sorriso rassicurandolo. Evan allora aveva capito chi fosse in realtà quel tipo. Vide le loro mani intrecciate e provò una leggera e inaspettata gelosia.
Non avrebbe dovuto essere geloso, ma non potè fare a meno di pensare che quell’individuo le stava portando via Eleanor. La sua Eleanor! Che diritto aveva di fare una cosa del genere?
Eppure lei sembrava felice. Anzi, era molto più che felice. Lo seguiva come un cagnolino segue il padrone, come un bimbo i genitori, come un satellite il proprio pianeta.  Come un girasole insegue la luce.

Che diritto ho d’intromettermi? Era quella la vera domanda da porsi.

Incredibile come a volte, la casualità riesca a sistemare le cose nella maniera più perfetta. Evan sorrise felice per la sua amica e sparì nuovamente tra la gente.
Era fiero di se’. In fondo era stato lui a portare Eleanor in quel negozio. Era grazie a lui se adesso lei era assieme al ragazzo dei suoi sogni. Non era da lui pavoneggiarsi, ma rise di gusto nel pensare che Eleanor gli doveva un favore a dir poco enorme. Quando sarebbe tornata a casa ci sarebbe stato davvero da divertirsi!

Un anno intero di piatti da lavare, come minimo…

 ***

“Hai perso la lingua?”

Era una domanda più che lecita, dal momento che Eleanor non aveva osato fiatare da quando lei e quel misterioso ragazzo della metro erano usciti dal centro commerciale.
Le loro mani erano ancora saldamente unite. Eleanor aveva creduto che lui l’avesse presa per mano semplicemente per non perderla tra la gente, proprio come aveva fatto Evan, ma fuori, per strada, non ce ne sarebbe stato alcun bisogno. Eppure lui non l’aveva più lasciata andare, o forse era stata lei a non lasciare andare lui. Non che la cosa le importasse molto, ma non sapeva per quanto ancora il suo cuore avrebbe resistito prima di uscirle dal petto. Era del tutto fuori controllo.

Non è niente. Si disse cercando di calmarsi. Non c’è niente di romantico in tutto questo. Evan mi tiene sempre per mano. Non c’è niente di romantico. Non montarti la testa, ragazzina.

Si strinse nelle spalle fingendo noncuranza. Chissà se lui riusciva lontanamente ad immaginare la tempesta d’emozioni che si stava scatenando dentro di lei?

“Il tuo amico ti starà cercando.” Disse il ragazzo, cambiando discorso.

“No, mi ha visto che andavo via. “

Eleanor piombò nuovamente nel suo consueto silenzio. Sapeva che lui aveva tentato di farla sciogliere un po’, ma era chiaro che non si rendeva ancora conto con chi avesse a che fare.
Non voleva deluderlo e soprattutto, non voleva che rinunciasse troppo in fretta, quindi si decise a diventare un po’ più socievole: 

“Dove stiamo andando?”

“In un posto tranquillo. Non mi piace avere troppa gente intorno. Mi rende nervoso.”

Quelle parole bastarono a far sciogliere Eleanor in un grande sorriso spontaneo.

Un’altra cosa in comune! Pensò felice come non mai.

Il tempo a loro disposizione era molto più lungo, adesso. Eleanor aveva un obiettivo da raggiungere e questa volta non ci sarebbero state delle porte scorrevoli a salvarlo.

“Quando hai intenzione di dirmi come ti chiami?”

Lui non si aspettava quella domanda, tuttavia sorrise ridendo di qualcosa che solo lui poteva capire.

“Perché ridi ?” si corrucciò lei. “Ti sembra giusto che tu sappia il mio nome e io non sappia il tuo? Non capisco perché non vuoi dirmelo!”

“E’ una lunga storia.” Rispose lui, serenamente. Eleanor stava per ribattere, ma venne battuta sul tempo. “Una storia che per vari motivi non posso raccontarti.”

Eleanor non riuscì a capire se l’ombra di tristezza che vide nei suoi occhi fu reale o solo un abbaglio. Preferì non insistere, non voleva apparire petulante. Ciò nonostante, non riuscì a nascondere la delusione.

Lo sentì sospirare: “Non posso dirti il mio vero nome.” 

Quelle parole trasudavano serietà da ogni sillaba, ma non solo. Eleanor percepì anche un grande dolore. Si ricordò solo in quel momento del loro silenzioso patto. Forse, l’ aveva incosciamente infranto.

“Va bene.” Tagliò corto, per evitare di combinare uno dei suoi soliti danni. “Non importa. Posso sempre inventarmi un soprannome, se sei d’accordo. “

Un leggero sorriso gli increspò le labbra perfette: “In verità, ho già un soprannome.”

Gli occhi di Eleanor si accesero di sorpresa. “Sul serio?”

“Si. E quello non deve per forza essere un segreto.”

La ragazza continuò a fissarlo, accecata dalla curiosità. Lui non ce la fece a sostenere a lungo il suo sguardo e alla fine parlò: 

“Rock.”

“Come?”

“Rock.” Ripetè lui.

“Rock? “ chiese Eleanor corrucciandosi appena.

“Si.”

“Rock, come rock ‘ n roll?”

Lui rise: “Si, esattamente.”

Eleanor assorbì quella notizia rimanendo assorta nei propri pensieri per qualche istante.

“Pensi che sia stupido, vero?” domandò Rock senza smettere di sorridere “ Non saresti la prima.”

“No!” lo smentì immediatamente “ Anzi, lo trovo carino. Molto originale!”

Per un po’ nessuno dei due parlò, continuarono a camminare sempre tenendosi per mano. Rock precedeva Eleanor e lei lo seguiva con aria adorante. Non riusciva a credere che tutto ciò stesse accadendo proprio a lei. Fino ad un paio d’ore prima era a casa a crogiolarsi nel proprio dolore, convinta che non l’avrebbe mai più rivisto e adesso gli stava addirittura stringendo la mano.
Pensò ad Evan e a come l’avesse praticamente obbligata ad andare in quel negozio. Non esisteva un regalo abbastanza grande per ringraziarlo.
D’improvviso si sentì trascinare giù dal marciapiede. Rock stava attraversando di corsa la strada su di un tratto privo di strisce pedonali. Una volta raggiunta l’altra parte, Eleanor chiese nuovamente: 

“Mi dici dov’è che stiamo andando?”

“Te l’ho detto, in un posto tranquillo.”

“Ed è ancora molto distante questo posto tranquillo?” domandò lei con noncuranza, cominciando a sentire il peso delle ore di sonno accumulate in quegli ultimi giorni.

“No, ci siamo quasi.”

Superarono il parco e svoltarono in una stradina sterrata a cui Eleanor non aveva mai fatto caso. Passarono di fianco ad una chiesetta piccola e molto graziosa e seguirono il sentiero che li portò su per una salita.
Eleanor riuscì a leggere un nome su di un cartello all’inizio della salita : Meadow’s Hill.
Qualcosa sfiorò un angolo della sua memoria. Non era la prima volta che sentiva quel nome. Si sforzò di ricordare, ma non trovò nulla di abbastanza concreto da sbloccarle la mente.
La salita non era troppo ripida. Dei magnifici salici delimitavano il tracciato e le loro ampie chiome impedivano alla luce del sole d’ illuminarlo.
Avrebbe dovuto allarmarsi. Era insieme ad uno sconosciuto che la stava portando decisamente troppo lontano dalla città, in qualche misterioso luogo sicuramente privo di qualsiasi insediamento umano. Chiunque si sarebbe preoccupato, ma lei no. La sola paura che aveva era che lui potesse interrompere il contatto fisico.

“La compagnia non sarà delle migliori!” disse Rock ad un certo punto, proprio mentre Eleanor iniziò ad intravedere la fine di quel viale alberato.

“Che intendi dire?” chiese stringendo gli occhi per aguzzare la vista.

Pochi passi ancora e la luce del mattino li investì in pieno. Eleanor si riparò il viso con la mano libera.

“Beh, questo.” Le rispose Rock, fermandosi.

Quando gli occhi si abituarono alla luce, la ragazza riconobbe quel luogo e la sua memoria – stuzzicata pochi minuti prima da quel cartello – si risvegliò del tutto.

Meadow’s Hill… Era lì che era sepolta sua madre. Adesso ricordo…

Era quello il luogo in cui venivano portati quelli che non potevano permettersi un funerale decente, o quelle persone sole che nessuno avrebbe mai rimpianto.
Un grande prato di erba finissima che sovrastava tutta la città, disseminato di grigie e spoglie lapidi di pietra dove a malapena si poteva leggere il nome del defunto. Eleanor non ricordava se anche la tomba di sua madre fosse così tristemente malandata. Non era mai andata a farle visita.
Rock aveva ragione. La compagnia di certo non era delle migliori, ma il panorama era da mozzare il fiato. E comunque, c’era lui. Di chi altro avrebbe mai avuto bisogno?

“E’ l’ideale se ami il silenzio.” fece Eleanor allegramente.

Rock le lasciò la mano e l’aria che gliela accarezzò le parve gelida come se fosse stato pieno inverno. Non voleva che quel calore provato fino a quel momento sparisse. Soffriva per quella mano rimasta così sola… incompleta. Ma non ebbe il coraggio d’implorarlo di stringergliela di nuovo.

“Adoro questo posto.” Disse Rock incamminandosi. Eleanor lo affiancò. “Da ragazzino ci venivo sempre.”

“A fare cosa?”

“Niente.” Rispose lui, alzando le spalle. “Quando marinavo la scuola, quando litigavo con mio padre o prendevo un brutto voto, mi rifugiavo qui. A nessuno veniva in mente di cercarmi quassù.”

Eleanor provò per un attimo ad immaginare il bambino che era stato. Lo vide mentre correva su per quella collina, con lo zaino di scuola in spalla e una merendina stretta in mano. Ridacchiò a quel pensiero e a Rock non sfuggì quell’improvvisa ironia nel suo sguardo.

“Che c’è da ridere?”

“No, niente. Cercavo d’immaginare.”

“D’immaginare me?”

“Qualcosa del genere.”

Si fermarono davanti ad una statua rappresentante un angelo con le ali spiegate. Eleanor non nascose un sorriso nel guardarla. Non c’era nulla di più azzeccato.
Rock si sedette sull’erba, appoggiando la schiena alla base della statua. Eleanor si sistemò di fianco a lui, ne’ troppo vicina ne’ troppo distante. Abbastanza per cogliere le sfumature dei suoi occhi e troppo poco per poterlo sfiorare.
La città intera si estendeva sotto di loro. Un’enorme coperta grigia di smog la sovrastava, ma loro ne erano al di sopra. Una sensazione forte la attraversò da capo a piedi. Qualcosa di nuovo e sconosciuto. Lassù in cima, Eleanor si accorse di sentirsi potente e inattaccabile. Si domandò seriamente se non fosse quello ciò che provava Dio standosene al di sopra del mondo intero. Ma poi, si ricordò di non credere in Dio e lasciò che la sua mente si svuotasse.
Non si sentiva niente, se non il cinguettio degli uccellini e il gracchiare di qualche corvo solitario. In fondo, Rock l’aveva avvisata che l’avrebbe portata in un posto tranquillo…

“Mi piace qui.” Disse Eleanor, quasi senza rendersene conto. 

Lui non rispose. Sorrise soltanto, come se avesse previsto tutto quanto.

“Perché mi ci hai portato?” ancora una volta, le parole uscirono dalle sue labbra senza che Eleanor le avesse interpellate.

Rock si tuffò nei suoi occhi e la sua espressione si fece piuttosto cupa: “Bella domanda.”

Ritrovarsi improvvisamente riflessa nel suo sguardo, la stordì: “E’ una domanda molto semplice, mi sembra.” Disse con voce tremante.

“Esatto. Talmente semplice da non avere una risposta che lo sia altrettanto.”

Eleanor non capì e lui, vedendola confusa, cercò di spiegarsi meglio: “ E’ come quando un bambino chiede ai genitori perché il cielo è azzurro, o perché le stelle cadono. Sono domande apparentemente sciocche, ma tu saresti in grado di rispondere?”

Eleanor si concesse qualche istante per pensare. 

Il cielo è azzurro perché… beh, perché è sempre stato così… credo. E le stelle cadono perché… sono stufe di rimanere lassù a fare niente.

Risposte stupide e, sicuramente, non corrette. Solo in quel momento, si rese conto di quanto profonde fossero le osservazioni di Rock, di quanto lui avesse ragione, anche se il contesto la lasciava un po’ perplessa.

“D’accordo. Allora fingi che non ti abbia chiesto nulla.” Disse sorridendo leggermente.

Lui parve rilassarsi:” Ti ringrazio.”

Il silenzio tornò a farla da padrone, assieme al vento che prese a soffiare con più prepotenza. Eleanor scrutava ogni lapide che il suo sguardo le permetteva di raggiungere, ma nessuna risultò essere quella che lei stava cercando.
Erano passati più di dieci anni e non ricordava assolutamente quella statua a forma d’angelo alla quale era appoggiata, eppure era sicura che sua madre fosse stata portata lì a Meadow’s Hill.  
In un attimo in cui distrattamente chiuse gli occhi, rivide tutto quanto a velocità raddoppiata: lei assieme ad una signora elegante con un tesserino plastificato appeso sopra la camicetta scura; quella bara con sopra quell’unica rosa rossa; la pioggia fitta e battente; il freddo pungente; il prete che leggeva qualche verso della bibbia tenendo un ombrello con la mano libera;  la terra che veniva gettata nella fossa e lentamente ricopriva sua madre; e la voce della signora elegante con il tesserino “Devi venire con me, adesso.”   

Non pensare a lei. Si disse con decisione Pensa a lui.

Eleanor si voltò verso Rock che fissava la città con sguardo assorto. Chissà se anche lui stava rivivendo confusi flashback del suo passato? Doveva essere colpa di quel posto. Forse anche Meadow’s Hill era un punto in comune per entrambi.
Eleanor aveva una gran voglia di parlare. Non era importante l’argomento in questione, qualunque cosa sarebbe andata bene. Tutto ciò che desiderava era sentire la sua voce.

“Hai detto che la gente t’innervosisce. “ cominciò a dire, senza staccargli gli occhi di dosso.

“Infatti.”

“Allora cosa ci facevi al centro commerciale? Direi che non è proprio il luogo adatto per qualcuno che la pensa così.”

Rock sorrise leggermente: “Hai ragione!” esclamò “Ma cercavo una cosa da regalare ad un amico che farà gli anni tra poco. Poi però, ho incontrato te e ho lasciato perdere.”

Eleanor, oltre che lusingata, si sentì anche vagamente colpevole: “Ma non dovevi… “ cercò di scusarsi. “Il tuo amico se la prenderà con te, adesso. Ci resterà male.”

Rock scoppiò a ridere: “ Figuriamoci! Quello le odia le sorprese. E comunque è talmente disperso nel suo mondo che non si sarà nemmeno accorto che fra qualche giorno è il suo compleanno!”

“Beh, non dovevi farlo. Gli amici vengono al primo posto, non lo sai?!” Eleanor tentò di apparire severa, ma la sua voce tentennante la smascherò.

Rock si fece nuovamente serio, volgendo altrove lo sguardo: 

“C’è solo una cosa che potrebbe renderlo felice e di certo non la si può trovare nello stupido negozio di uno stupido centro commerciale.” La sua voce fu un lieve sussurro, come se stesse parlando unicamente a se stesso.

L’aura di mistero che l’avvolgeva si allargò a dismisura con quelle parole. Eleanor si chiese se l’amico di cui stava parlando altro non fosse che se stesso.  Anche lei, a volte, s’inventava una amica quando parlava di se’.

E’ una cosa che le persone fanno spesso… fingersi qualcun altro.

Rock si rivestì nuovamente della sua maschera gentile e serena: “Comunque sia, preferisco essere qui che in mezzo a quel marasma di gente!”

“Ci credo.”

Eleanor aveva circa un centinaio di domande o poco più che le ronzavano in mente. Voleva sapere tutto di lui, ma non voleva nemmeno infastidirlo con la sua invadenza. L’aver scoperto il suo nome – anzi, il suo soprannome – era già un bell’obbiettivo per lei, ma non bastava certo a compensare il suo desiderio di conoscere ogni suo più piccolo segreto.

Che vada al diavolo quel maledetto patto!

“Dimmi qualcosa di te.”  Cercò di apparire tranquilla, nel tentativo di non lasciar trapelare la sua impazienza.

Rock sorrise: “Devo sempre essere io quello che parla?”

Eleanor non seppe che rispondere. Impossibile dargli torto. Lei non si era certamente impegnata nel sostenere una conversazione.

“Ti racconterò tutto quello che vuoi.” Esclamò Rock, con fin troppa enfasi “A patto che dopo sia tu a farlo!”

Era troppa la voglia di ascoltare le sue parole. Ad Eleanor non interessava sapere il modo in cui lui l’avrebbe guardata una volta ascoltata la sua storia. Per il momento, voleva sentire solo e unicamente ciò che lui aveva da dirle.

“D’accordo!” promise subito.

Lo sguardo di Rock andò alla città e un leggero velo di malinconia si posò su di lui. I suoi occhi smisero di osservare il presente e tornarono al suo passato.

“Che tu ci creda o no…” cominciò a dire “…  Io sono ricco da fare schifo.”

Fra tutte le cose che Eleanor si sarebbe aspettata di sentire, quella fu decisamente la più impensabile.

“Davvero? “

“Si!” confermò lui, divertito dalla sua espressione di stupore. “A dir il vero, dovrei dire che ero ricco da fare schifo, dal momento che dubito molto che mio padre mi nominerà nel testamento.”

“Che cosa hai fatto per meritarti una simile punizione?”

Lui si strinse nelle spalle : “Cose che succedono fra un padre e un figlio. Ma, se non ti dispiace, preferirei evitare di parlare di lui.”

“Non c’è problema.”

A me interessi tu. Non tuo padre!

Rock riprese il suo discorso: “Per farla breve, ho litigato di brutta maniera con i miei genitori, anni fa. Ci siamo rinfacciati a vicenda cose terribili e …beh, puoi immaginare il seguito. Ho preso la mia roba e me ne sono andato!”

“Dove?”

“Da un amico. Quello di cui ti parlavo prima.”

Allora esiste sul serio… Ovvio, non sono tutti pazzi come me!

“A quei tempi, eravamo solo noi due. Oggi, siamo in quattro. Casa nostra è un casino totale!” lo disse ridendo, pensando a chissà quale divertente aneddoto di quella convivenza.

Eleanor fu colta per un attimo dall’orribile presentimento che tra loro ci potesse anche essere una ragazza. Non ci sarebbe stato niente di male, ma quella prospettiva la spaventava.

“Come si chiamano i tuoi amici?” domandò con voce piatta, suo malgrado.

Lui la guardò come se gli fosse sfuggito qualcosa di terribilmente ovvio. “ Ti ricordi che io non posso rivelare il mio nome? Beh, anche loro non possono!”

Eleanor sbuffò: “Ma che cos’è la vostra? Una fissazione?”

Rock sogghignò : “ A dir poco! “

“Perché lo fate? Tenere segreti i vostri nomi?”

“Non riesci a immaginarlo?”

“Sinceramente, no.”

Il ragazzo si fece nuovamente serio. Sospirò e tentò in ogni modo di non guardarla: 

“Una volta ti sei scusata con me. Quando è stato? Il secondo giorno che ci siamo incontrati in metro?”

Eleanor ricordava fin troppo bene quell’episodio e la fatica che aveva fatto per trovare il coraggio di rivolgergli la parola. Annuì per dargli conferma.

“Beh, ti eri scusata per avermi scambiato per un delinquente, o qualcosa di simile.” L’ombra di un sorriso amaro gli increspò le labbra. “…non ci avevi visto male, sai. Non avevi nulla di cui scusarti.”

Rock la guardò, studiando attentamente ogni sua reazione. Ma Eleanor, semplicemente non reagì. Rimase a fissarlo in silenzio, inarcando appena le sopracciglia. Le sue labbra si dischiusero leggermente in un debole cenno di sorpresa.

“No, non ci credo!” esclamò con voce flebile, ma sicura. “Sembri tutto, fuorchè una cattiva persona.”

Lui abbozzò un sorriso: “E’ da quelli che appaiono buoni e perbene che bisogna guardarsi le spalle, non lo sai?”

Eleanor lo fissò incredula. Adesso riusciva a sentirla la paura. Nomi falsi, luoghi isolati, ammissioni di disonestà… cos’altro avrebbe dovuto aspettarsi?
In quel momento, Rock le sembrava tutto tranne che un angelo.
Il suo corpo reagì istintivamente. Scattò in piedi e prese ad indietreggiare con gli occhi sbarrati.

Non è possibile! Non ci credo! Mi rifiuto di crederci!

Anche lui si alzò in piedi, guardandola a metà tra il confuso e il divertito: “Stai scappando?”

Eleanor non rispose, continuò ad indietreggiare. Sentiva le lacrime premerle agli angoli degli occhi, ma le trattenne. Non era la paura a farla reagire così. Il suo cuore era andato in mille pezzi e il dolore che seguì fu a dir poco insopportabile.

Ecco cosa succede a fidarsi degli altri!... Ci sei caduta un’altra volta, complimenti!

“Mi dispiace.” La sincerità di quelle due semplici parole, la colpì. “Non volevo spaventarti Puoi stare tranquilla, non voglio farti del male. Non sono quel tipo di persona!”

Qualcosa le diceva di non farlo, ma Eleanor prese ad ascoltarlo seriamente. Rimase immobile a guardarlo.
Lui cercò di spiegarsi come meglio poteva. Eleanor si accorse del suo disagio, ma continuò a mantenere le distanze. L’istinto di sopravvivenza prevaleva sul suo desiderio di raggiungerlo di nuovo.

“E’ stato quattro anni fa. “Cominciò a raccontare Rock “Io e i ragazzi abbiamo combinato un vero casino. Non è stato per nostra volontà, ma ci siamo ritrovati nella merda più totale e siamo stati costretti ad agire in un certo modo, non proprio legale.”

“Che cosa avete fatto?” domandò Eleanor a bruciapelo e con un tono stranamente rigido che non ammetteva inutili giri di parole.

Un velo di assoluta tristezza si posò sugli occhi stupendi di Rock: “…Per favore, Eleanor…” la supplicò “…ti prego, non farmi rivivere quello schifo!”

“Quale schifo? Non so nemmeno di cosa tu stia parlando?”

“Lo so benissimo!” esclamò lui con decisione. “E non voglio nemmeno che tu capisca, ok?!”

Eleanor non disse nulla. Lo guardò inizialmente con irritazione, ma il dolore sul suo viso le fece provare un improvviso moto di pietà.

“Non ne posso parlare… “ proseguì Rock, con voce malferma “…sto cercando di dimenticare. Tutti noi ci stiamo provando! “ Strinse forte i pugni mentre parlava. “Se questa storia venisse a galla, ci darebbero la caccia e rischieremmo davvero grosso!”

Eleanor aveva ripreso ad avvicinarsi nell’ascoltarlo. Riusciva a sentire il suo dolore, non serviva sapere da cosa fosse provocato La paura nei suoi confronti era svanita e non le interessava nulla su chi in realtà lui fosse. In quel momento, avrebbe solamente voluto stringerlo forte, abbracciarlo e rassicurarlo…

“Non so quanti anni di carcere ci darebbero se ci trovassero, ma sicuramente saremmo fuori giusto in tempo per organizzare il nostro funerale! “

Rock fissava il terreno ed Eleanor ebbe la vaga sensazione che stesse facendo uno sforzo sovraumano per non lasciarsi vincere dalle lacrime.
All’improvviso si sentì di troppo. Non solo aveva infranto il patto, ma gli aveva anche fatto rivivere tristi avvenimenti della sua misteriosa vita.

Come posso essere un tale disastro?… Un ciclone farebbe meno danni!

Rock rialzò di colpo lo sguardo su di lei: “Ora riesci a capire perché abbiamo dei nomi falsi?”

Eleanor annuì prima di rispondere: “… per proteggervi.”

“Esattamente. Io non conosco i veri nomi dei miei amici e loro non conoscono il mio. In questo modo, se uno di noi venisse preso non potrebbe mai rivelare la nostra identità!”

Nel frattempo, mentre ascoltava in silenzio, Eleanor l’aveva di nuovo raggiunto. Era di fronte a lui e, da quella posizione, la sofferenza nei suoi occhi era ancora più tangibile.
La sua mano andò a cercare la sua, priva di qualsiasi traccia di timidezza, e quando la trovò i loro occhi s’incontrarono ancora.

“Scusami tanto.” Mormorò Eleanor “Non volevo costringerti a raccontarmi tutto questo… a volte parlo a sproposito e non mi rendo conto che le domande che faccio possono essere un tantino invadenti.”

Rock sorrise rassicurante: “Non preoccuparti. Erano domande più che lecite… non devi scusarti di niente.”

Sembrava più tranquillo, ma la disperazione nei suoi occhi non accennava a sparire. Era insopportabile sentirsi così impotenti, inutili e superflui. Eleanor avrebbe fatto qualunque cosa per cancellare ogni traccia di sofferenza dal suo viso, ma non aveva idea di come riuscirci senza combinare altri danni. Tutto ciò che si sentì in dovere di fare fu sorridergli nel modo più confortante che conoscesse. Lui sembrò apprezzare quel tentativo e le sorrise di rimando. Uno squarcio di serenità tornò a farsi strada sul suo viso e anche Eleanor si rilassò.

“Adesso è il mio turno, dico bene?” domandò senza mai interrompere il contatto visivo.

Rock sembrò riluttante all’idea: “Basta così per oggi, che ne dici? Non è piacevole per nessuno rivangare nel proprio passato.”

Eleanor sospirò sollevata. Non aveva proprio voglia di raccontare la sua di storia. “In effetti, non hai tutti i torti! “

Ogni traccia di dolore sparì dal volto di Rock. D’ un tratto, ecco di nuovo il ragazzo bello e sorridente che aveva imparato a conoscere. Osservandolo, anche Eleanor si sentì pervadere da una sensazione di buonumore.

“La prossima volta toccherà a me! Domani mattina ti dirò tutto, promesso!” esclamò sorridendo.

Rock le lasciò all’improvviso la mano, facendosi nuovamente serio. Lei lo guardò confusa, domandandosi cosa potesse aver detto di sbagliato.

“Non ci sarò domani in metro.”

La ragazza si corrucciò : “Come mai?”

“Ti ricordi i miei amici? Quelli che dovevano ripararmi l’auto?” Rock attese che lei annuisse prima di parlare di nuovo: “In genere ci mettono una vita a finire un lavoro, ma questa volta… beh, sono stati molto veloci!”

Eleanor non disse nulla. Non riuscì a dire nulla. Sentì aprirsi una voragine al posto del cuore. La favola era già finita. Il principe se ne stava andando. Nessuna traccia del felici e contenti.

“Va bene…” sussurrò, chinando il capo. “… ho capito.”

La voragine continuava ad allargarsi, mentre alcune lacrime silenziose le solcarono le guance.
Rock si accorse che stava piangendo. Non ne fu sorpreso, perché riusciva ad intuire quali sentimenti si muovessero dentro di lei. Nonostante si fosse impegnata tanto, non era mai riuscita a nasconderli del tutto. 
Stava per dirle che aveva capito tutto. Che anche lui avrebbe voluto continuare quei viaggi in metropolitana e quelle chiacchierate così strane e inconcludenti, in fondo era quello che lei avrebbe voluto sentirsi dire, ma un suono acuto e risonante s’insinuò prepotentemente tra di loro. Il cellulare di Rock aveva preso a suonare. 
Inizialmente, lui lo ignorò sperando che la persona dall’altra parte intuisse da se’ che quello non era un buon momento. Chiunque fosse sapeva essere molto insistente, tanto che alla fine Rock fu costretto ad arrendersi.

“Scusa un momento.” Sospirò infastidito.

Eleanor alzò appena il viso per guardarlo allontanarsi. Sorrise appena quando lo sentì rispondere in malo modo al suo interlocutore. Sembrava che i due stessero litigando molto animatamente. Avrebbe voluto ascoltare, ma Rock era troppo lontano per riuscire a comprendere quale fosse l’argomento di discussione.
All’improvviso qualcosa cambiò nella loro conversazione. Rock si spogliò di ogni traccia di arroganza, s’immobilizzò, gli occhi spalancati, le labbra contratte in un smorfia di puro spavento.

“No!” esclamò abbastanza forte per le orecchie di Eleanor “E’ impossibile! Non può essere!”

Rock restò in ascolto per qualche istante, il viso teso per la concentrazione: 

“Non succederà mai!” esclamò con rabbia. Lentamente il suo viso si fece terribilmente triste: “E’ la fine.” Disse chiudendo gli occhi in un gesto di arresa totale. “L’abbiamo persa…”

Chi? Fu il primo pensiero di Eleanor.

Chi avevano perso? Chi era la causa di tutto quel dolore sul bel volto di Rock? 

…Una ragazza?

Rock annuì silenziosamente: “D’accordo.” Disse debolmente “Proviamoci… a questo punto cosa abbiamo da perdere?”

La telefonata s’interruppe senza saluti. Rock chiuse il cellulare e tornò a guardare Eleanor.

“Devo andare!” esclamò, con una punta di dispiacere. “E’ successa una cosa…”

“Una cosa di cui non puoi parlarmi, vero?” domandò Eleanor interrompendolo, pur conoscendo già la risposta.

“Mi dispiace…” disse soltanto lui. Le si avvicinò sforzandosi di sorridere, ma la paura era ancora visibile sul suo volto. “Ci rivedremo, comunque.”

“Sul serio?”

“Si, tranquilla. In fondo viviamo nella stessa città, no?”

Eleanor si concesse un sorriso forzato: “Hai ragione. “

“Ora devo andare sul serio. E’ importante e non posso proprio trattenermi ancora.”

Lei annuì soltanto, incapace di dire o fare qualunque cosa. Era molto peggio delle volte in cui era sceso dalla metro. Questa volta non sapeva quando o se l’avrebbe rivisto.

“Ci vediamo.” La salutò Rock, prima di affrettarsi a raggiungere il sentiero alberato che aveva percorso poco prima.

Nemmeno quella promessa la consolò. Non era il solito ci vediamo. Era indefinito e fin troppo generico.
Eleanor si asciugò gli occhi con il dorso della mano destra e decise di tornare a casa. Per un istante pensò che sarebbe stato carino da parte sua mettersi a cercare la tomba di sua madre, ma cambiò idea non appena sentì una goccia di pioggia cadere sulla sua guancia sinistra. Una goccia solitaria immediatamente seguita da molte altre.
Alzando gli occhi al cielo, lo vide farsi sempre più grigio… come se il sole se ne fosse andato via con Rock.
Eleanor corse giù per il sentiero con i salici, le cui fronde cascanti avevano preso a dondolare e danzare a ritmo del vento. Anche i suoi capelli neri fecero lo stesso mentre correva giù da Meadow’s Hill.
Ci sarebbe tornata, ne era certa. Così come era sicura che sarebbe stato proprio lì che avrebbe incontrato di nuovo Rock.

 ***

Ciao a tutti!! Eccomi qui con l'aggiornamento^^!

Primo capitolo senza l'introduzione del diario di Eleanor. Mi è dispiaciuto non scriverlo, in genere mi diverto un mondo a farlo. Cmq, non sarà l'unico. Ci saranno altri capitoli privi della "pagina di diario"... ma chissà? magari qualcuno apprezzerà di più XD! 

I vecchi lettori non avranno avuto sorprese nello scoprire il nomignolo del "ragazzo della metro", dico bene?? ANche sulla mia vecchia "Once Upon a Time" lui non rivelava il proprio nome e diceva di chiamarsi solo Rock. Qualcuno si ricorda i soprannomi degli amici di Rock????????? Non anticipate nulla nelle recensioni, mi raccomando! 

Bene. Passiamo ai ringraziamenti:

Mana_Chan: La tua curiosità è stata soddisfatta abbastanza? Oppure è aumentata ancora di più? Cmq, si è vero. Lui me lo sono immaginato bellissimo, dolcissimo, bravissimo... Piccola curiosità: Per il carattere mi sono ispirata ad una persona realmente esistente ^_^ , ma non posso fare nomi ovviamente! Beh, alla prossima (sperando ke nn ti stufi prima ^^)

BabyzQueeny: Beh, Eleanor si è ripresa in questo chap, ma ora è ripiombata nell'oblio. Lui è sparito di nuovo. Cosa succederà??????? ...chissà XD!

Poisoned_Apple: BWAHAHAH!!! Si, è vero sono perfida!!! E questo è solo l'inizio >_

Lady85: Oh ke bello! Una mia vecchia lettrice!! State tornando tutti! Ke meraviglia! SOno contenta ke apprezzi la nuova versione.Ho sempre paura di aver rovinato tutto. SPero proprio di no. Ce la sto mettendo tutta per non deludere le vostre aspettative ^^. Grazie per aver commentato! 

Ok!!!!!!!!!!!!!!! A questo punto vi saluto e mi raccomando, commentate! Le recensione sono come una benzina per me!!!!! Più ne ho e più scrivo XD!  

A mercoledì prossimo!

Ayleen

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Capitolo 7
*** Buio ***


CAPITOLO SETTE

Buio

 

Caro Diario,

Mi sono illusa. Lui è sparito e io sono annegata in un mare di vane ed inutili speranze.
Vorrei cancellare quell’ultimo giorno che abbiamo passato insieme. Come posso essere così autolesionista?
Sto cercando di non pensare a lui, anche perché dopo quasi un mese di silenzio, dovrei smetterla di aspettarmi di vederlo spuntare dietro ogni angolo… eppure non ci riesco ! Ci sto provando, ma evidentemente, non sono forte abbastanza.
In fondo dovevo aspettarmelo… l’aveva detto di non essere esattamente un bravo ragazzo. Ho pensato e ripensato alle sue parole e ho provato ad immaginare il suo passato, ma non sono venuta a capo di niente. Chissà che cosa ha fatto per doversi proteggere a quel modo? Ma è inutile arrovellarsi così il cervello alla ricerca di una risposta. Solo lui potrebbe darmela, ma lui non c’è. Aveva detto che ci saremmo rivisti, che abitiamo nella stessa città… ha mentito, nello stesso modo in cui mi hanno sempre mentito tutti. Sono stanca… stanca di tutto. Sono stanca fisicamente e mentalmente. Non ne posso più! Ho sprecato solo del tempo e delle energie per niente.
Adesso basta aspettare! Mamma aveva ragione! Non esistono gli angeli… e men che meno i miracoli!

 

Eleanor

 

 

Era strano trovarsi ancora una volta su quella fredda panchina di metallo.
Era da qualche settimana oramai che Eleanor aveva ripreso la sua vita di sempre. La bambola era tornata, e con lei era tornato anche l’inferno.
Era stato terribile sentirsi nuovamente prigioniera di mani e corpi sconosciuti, sentire di nuovo tutto quel dolore, riprendere la metropolitana come se nulla fosse… senza di lui era così vuota e fredda. Un qualunque mezzo di trasporto pubblico; nulla più.
Ce l’aveva a morte con Rock per averla ingannata a quel modo. Per averla illusa e per essere sparito così di colpo. Eppure, non riusciva a odiarlo. Era più che sicura che se lo avesse incontrato, probabilmente ogni rancore nei suoi confronti si sarebbe dileguato all’istante.
In quel mese di silenzio e di solitudine, si era spesso chiesta se Rock avesse ritrovato ciò che aveva perso.
La telefonata che glielo aveva portato via era ancora chiara e nitida nella sua mente, esattamente come le sue parole: “…L’abbiamo persa.”
Ma chi avevano perso? Era il nuovo dilemma che tormentava Eleanor. Dopo il mistero – non ancora del tutto risolto – del suo nome, adesso c’era da scoprire a chi lui si riferisse.
Una ragazza, non c’era dubbio. Il genere della frase stessa lo confermava.
Ma Eleanor era stanca, sul serio… e non soltanto di aspettare il ritorno di Rock. Era stanca come non lo era mai stata. Da settimane non riusciva più a dormire bene. Si svegliava in continuazione preda di strani sogni che puntualmente al risveglio non ricordava. L’aver ripreso la sua consueta attività notturna la sfiancava molto più del solito. Non ricordava che fosse così massacrante fare la bambola. Di giorno si occupava come sempre delle faccende di casa e cercava di dormire un po’ prima di cena, ma raramente ci riusciva. Il suo fisico ne stava risentendo, ma per il momento, il proprio stato di salute era l’ultima cosa che la interessava.
Evan non sapeva nulla della sparizione di Rock. Eleanor non le aveva raccontato niente a riguardo e soprattutto non aveva nemmeno accennato al fatto che avesse ripreso a lavorare. Se lo avesse saputo si sarebbe infuriato.
Nathan era tornato ed Evan era molto più rilassato di prima, ma nonostante ciò, Eleanor preferì non dire nulla all’amico. Non voleva farlo preoccupare per niente.
Con il ritorno di Nathan era anche ricomparso il consueto imbarazzo che Eleanor provava in sua presenza. Nonostante si vedessero molto poco durante tutto l’arco della giornata, le costava un’enorme fatica considerarlo alla pari di Evan.
Per questo aveva deciso che era arrivato il momento di terminare il suo soggiorno a casa dell’amico. Era tempo di tornare indipendente.
Doveva trovarsi un appartamento – possibilmente in condizioni migliori di quello che le aveva rifilato Roy – e tornare a vivere da sola.
In quelle settimane era riuscita a mettere via un bel gruzzoletto. Incredibile quanto si guadagnasse velocemente senza Roy che incalzava per l’affitto!
Spiegare ad Evan dove avesse preso quei soldi sarebbe stata di certo la questione più complicata da affrontare. Ma lei sapeva già cosa fare. Aveva trascorso le ultime settimane a pensarci. Semplicemente, sarebbe sparita. Un biglietto lasciato sul bancone della cucina di Evan sarebbe stato più che sufficiente.  Era il metodo migliore per evitare discussioni di qualunque genere. Evan l’avrebbe presa male, ma alla fine avrebbe capito. Con lui non c’era mai bisogno di troppe spiegazioni.
Eleanor imprecò sottovoce quando sentì le prime gocce di pioggia sfuggire a quelle nuvole nere che erano riuscite a tenerle prigioniere fino a quel momento.
L’asfalto prese a macularsi e ben presto si trasformò in un enorme specchio d’acqua.
Eleanor si strinse nella felpa, rimpiangendo il salotto di Evan, il divano dove lei dormiva e, soprattutto, quel morbido e caldissimo plaid nel quale si avvolgeva prima di coricarsi.
Si trovò anche a pensare al calore irradiato dalla mano di Rock, quel giorno che l’aveva portata a Meadow’s Hill. Provò per un attimo ad immaginare quando caldo potesse essere un suo abbraccio. Chissà cosa si provava a venire strette tra le braccia di un angelo sotto la pioggia battente?
Costringendosi a sottrarsi a quei pensieri, Eleanor attraversò la strada di corsa andando a trovare riparo sotto la tettoia di una fermata del bus.
Stranamente, nonostante avesse percorso soltanto pochi metri, si rese conto di avere il fiatone. Dovette sedersi subito, perché la testa aveva preso a girarle violentemente. Al freddo che le era penetrato fin dentro nelle ossa, ora si aggiungevano anche vampate improvvise di calore. Il primo pensiero a saltarle alla testa fu uno, il più logico:

Oh, andiamo!! Non puoi ammalarti proprio adesso!

Doveva tornare a casa prima che le sue condizioni peggiorassero, ma Evan abitava distante da lì. Si guardò attorno sperando di individuare qualche cabina telefonica e si maledì per non aver mai dato retta all’amico tutte le volte che aveva insistito nel farle comprare un cellulare. Lei aveva sempre affermato di non averne bisogno e che comportava troppi costi, ma ora si rese conto di quanto Evan – come al solito – avesse avuto ragione.
Sentì le palpebre farsi sempre più pesanti e gli occhi bruciare come fossero stati cosparsi da centinaia di spilli. Aveva chiesto troppo al suo fisico e ora ne stava pagando le conseguenze. Sapeva che sarebbe accaduto prima o poi, solo aveva sperato che succedesse in un luogo un po’ più confortevole…e magari un po’ più vicino a casa.
Doveva ammettere che la situazione era piuttosto ironica. Erano anni che non si ammalava! Aveva ereditato lo stesso inattaccabile sistema immunitario di sua madre e nei suoi diciannove anni si era ammalata si e no due o tre volte, non di più.  Perché doveva succedere proprio adesso?
Si strinse ancora di più nella sua felpa, calandosi il cappuccio sulla testa.
L’odore di asfalto bagnato le riempì le narici. Le era sempre piaciuto… le faceva immaginare il sapore che doveva avere la pioggia. La stessa pioggia che lei aveva sempre amato e che ora la stava tradendo.
La febbre stava probabilmente salendo quando Eleanor prese a chiamare Evan mentalmente. Per un attimo pregò di possedere un qualche misterioso potere telepatico…

Evan! Ti prego Evan, vieni a prendermi! Non ce la faccio a tornare a casa da sola…

Rise amaramente della sua pazzia… forse, anche quella era un’eredità di sua madre!
Sentì le palpebre farsi sempre più pesanti. Una parte di lei le diceva di resistere. Un’altra di lasciarsi andare… la seconda era di gran lunga più allettante. In fondo, cosa mai sarebbe potuto accadere a lasciare riposare un po’ gli occhi, soltanto per un secondo…? Bruciavano come fuoco e imploravano pietà.
Eleanor era sempre stata un tipo compassionevole e decise di concedere loro un po’ di sollievo.
Il suo corpo reagì meccanicamente. Le mani sistemarono la sua borsa sul bordo della panchina e lei vi poggiò la testa. Qualcosa di duro e spigoloso le premeva la tempia – il suo diario forse, o l’album di fotografie - , ma lei non ci fece assolutamente caso. Nel momento in cui i suoi occhi incontrarono l’oscurità, la sua coscienza si dissipò all’istante.

 ***

Qualcosa la stava strappando a quel confortante buio. Lei non voleva, i suoi occhi non erano ancora pronti a riaprirsi. Bruciavano ancora. Aveva fiamme che ardevano sotto le palpebre!
Un paio di mani la stavano scrollando leggermente e una voce le giungeva smorzata e lontana.

“Svegliati…” riuscì soltanto a capire “…ti senti male?”

Eleanor non fece caso alla voce. Forse si trattava unicamente di qualche passante un po’ impensierito nel trovarsi davanti una ragazza sola, mezza svenuta, sdraiata su una panchina, in piena notte.

Vattene! Lasciami in pace!

Lei desiderava solo ritornare nell’oscurità. Non voleva altro!
Ma quella voce vaga e indistinta tornò a disturbarla: 

“Avanti, Eleanor! Apri gli occhi!”

Eleanor?

Questo si che la sorprese! Il proprietario della voce la conosceva! Non era un semplice passante, allora.

Evan! Fu automaticamente il suo primo pensiero. Sei riuscito a sentirmi!

Qualcosa di caldo le si posò sulla fronte. Un po’ troppo per essere una mano di Evan.

Le mani e i piedi di Evan sono sempre freddi… Nathan lo prende sempre in giro per questo e lui fa sempre finta di prendersela! …le hai tenute in tasca, per caso?

Il caldo sulla sua fronte sparì all’improvviso.

“Ha la febbre alta.” Disse la voce.

Qualcuno gli rispose… un’altra voce ancora più confusa e distante: “ Che idea… stare fuori con questo tempo! E con quei vestiti striminziti per giunta!”

Nathan?

Era stato Nathan a parlare? Certo che si. Lui ed Evan erano andati a cercarla e ora l’avevano trovata. Ma c’era qualcosa che non andava. La seconda voce sembrava troppo arrogante per appartenere al sensibilissimo Nathan.
Ma erano loro! Eleanor ne era sicura! Era l’istinto a dirglielo.

“Non possiamo lasciarla qui!” la prima voce, quella di Evan, si era fatta più chiara.

Il dolore alla tempia provocato dall’oggetto all’interno della borsa sparì. Anzi, fu l’intera borsa a sparire sotto alla sua testa. Eleanor si trovò poggiata contro la stessa mano calda che le si era posata sulla fronte.

Hei! Quella è roba mia! Giù le mani dalla mia borsa!

Eleanor non permetteva a nessuno di toccare le sue cose ed Evan lo sapeva bene. Perché le aveva preso la sua preziosa borsa nera senza nemmeno chiederle il permesso? Non era da lui fare una cosa del genere.

Crede che sono svenuta… non si chiede il permesso a qualcuno privo di sensi! Fu l’unica spiegazione che trovò.

“No, aspetta un secondo! Sei pazzo?! Non puoi farlo! Non di nuovo! ”

La seconda voce era troppo strana per essere di Nathan e anche le sue parole non avevano alcun senso. Ma chi altro avrebbe potuto esserci insieme ad Evan?

“Stai zitto! Non ho intenzione di starti a sentire, quindi risparmia pure il fiato!”

Due braccia la sollevarono delicatamente. Eleanor sentì la testa caderle all’indietro e lasciò che ciondolasse senza forze. Delle gocce di pioggia le sferzarono il viso e un vento gelido la aggredì prepotentemente facendola rabbrividire.
Le due braccia che la sostenevano si mossero in modo che la sua testa non ciondolasse più inerme. Eleanor era ora comodamente appoggiata contro la spalla di Evan. Il suo collo indolenzito potè tirare un sospiro di sollievo.
Un odore nuovo la colpì. Un profumo che le solleticò la memoria. Lo aveva già sentito e aveva già potuto apprezzarlo… ma non apparteneva ad Evan.
Aveva un ricordo ben preciso, un immagine molto chiara legata a quell’odore… anzi, due immagini: un negozio affollato e una collina silenziosa...
Gli occhi presero a bruciare più forte quando lei tentò inutilmente di riaprirli. Ma non c’era bisogno di avvalersi del senso della vista… quel profumo così dolce, così delicato ed irresistibile, poteva appartenere ad una sola persona:

“… Rock?... “

E di nuovo l’oscurità l’avvolse e, questa volta, contro la sua volontà. Non voleva perdere i sensi, voleva solo accertarsi di non aver preso un abbaglio.
Era lui? Oppure era soltanto Evan?

“Tranquilla, Eleanor!” Ora che gli stava così vicino, la sua voce era chiara e nitida. No, non era Evan. Non si era affatto trattato di un abbaglio. “Ci penso io a te.”

Sentì le lacrime salirle agli occhi.  Fortuna che aveva le palpebre serrate!

Allora lo sei davvero… pensò Eleanor sorridendo al confine dell’incoscienza. Come ho potuto dubitare di te? Tu sei sul serio il mio angelo custode…

Poi fu solo buio.

 ***

Era un incubo quello che stava vivendo. Un incubo cieco.
Eleanor non vedeva nulla, ma era scossa da violenti brividi, la testa le scoppiava e ogni movimento era un’agonia per le sue ossa. E nonostante il freddo, era in un bagno di sudore.
Voleva svegliarsi! Quel buio la soffocava anziché confortarla. Anche lui – come la pioggia, come sua madre, come tutto il mondo - l’aveva tradita!
Il buio venne poi sostituito da un susseguirsi d’immagini confuse provenienti dal suo passato: lei da bambina, il salotto di casa, sua madre distesa sul divano immobile e fredda, la confezione vuota di sonnifero abbandonata sul pavimento, i paramedici, la donna con il tesserino, il cortile dell’istituto per minori, Evan che le sorrideva timidamente e le si avvicinava… e poi di nuovo tutto da capo. Per tutta la notte. Perché era notte… vero? Il buio l’aveva confusa, oltre che tradita.

Basta! Perfavore, basta!

Nel cercare la luce, Eleanor si girò e rigirò sui fianchi. Aveva qualcosa addosso. Qualcosa di pesante e morbido… una coperta. I suoi piedi erano stranamente leggeri. Dov’erano finiti suoi inseparabili anfibi?
Si girò di nuovo. E poi ancora, e ancora, fino che anche l’ultimo residuo di energia scomparve dal suo corpo.
Con sollievo, si rese conto di essere esausta. Ogni sensazione negativa di dileguò e, finalmente, potè lasciarsi cullare dalle dolci braccia di Morfeo.
Qualcosa di freddo e bagnato le toccò la fronte. Un tocco piacevole che la fece stare bene per qualche secondo, ma Eleanor stava già sognando per poter capire se fosse reale o meno.

 ***

La luce a cui aveva tanto agognato, le stava ora tormentando le palpebre. Spingeva su di esse trasformando il buio in un bianco accecante.
Eleanor andò a cercare conforto sotto le coperte, ma ormai i suoi sensi erano svegli e vigili e  lei non poteva più fuggire. Era ora di aprire gli occhi e riabituarli alla luce.
Ci fu un solo tragico istante. I suoi occhi furono attraversati da una fitta di dolore non appena Eleanor li aprì, investiti da qualcosa di troppo luminoso, situato a pochi centimetri dal suo viso.
Attese qualche momento e lentamente sfidò la luce che la tormentava.
Non era poi così brillante come le era sembrata. Gli occhi blu di Eleanor riacquistarono in breve le loro facoltà e fissarono la lampada che li aveva accecati. Emetteva una luce soffusa, molto tenue e le illuminava il viso con una calda tonalità arancione.
Lasciò vagare lo sguardo per la grande stanza nella quale si trovava; non trovò nessun elemento ad aiutarla a capire dove si trovasse. Spinse un piede giù dal letto nel tentativo di scendere e si stupì nell’incontrare subito - allo stesso livello del materasso - il freddo pavimento.

“Ma che …? “ 

Eleanor si spaventò della sua stessa voce. Non ricordava di averla mai avuta così rauca e flebile, ma soprattutto, non ricordava di aver mai avuto un mal di gola così forte. Si portò una mano al collo per assicurarsi di non essersi infilzata con un coltello. La sensazione era esattamente la stessa, o perlomeno, si avvicinava di parecchio.
Molto faticosamente, riuscì a mettersi seduta senza evitare comunque, un violento giramento di testa e le proteste dolorose delle ossa delle braccia.

Oddio! Devo essere stata investita da un camion!

“Ferma dove sei!” l’ammonì una voce fin troppo famigliare. “Visto il tuo stato attuale è meglio che non osi troppo!”

La testa di Eleanor scattò velocissima verso il punto da cui era giunta la voce. Pessima idea… Il capogiro che seguì la costrinse a sdraiarsi di nuovo, o meglio, a cadere a peso morto tra le lenzuola.
Dei passi frettolosi si fermarono proprio al suo fianco: 

“Tutto bene?”  Lui sembrava sinceramente preoccupato, ma chissà che non fosse la febbre ad ingannarla?

Oh ti prego, non mi guardare! Devo avere un aspetto orrendo!

Eleanor evitò con tutte le sue forze di guardare Rock in faccia. Una reazione stupida, infantile. Avrebbe dovuto ringraziarlo per averla raccolta dalla strada - neanche fosse stata un cagnolino abbandonato – e invece, la sua unica preoccupazione, era che lui potesse trovarla orribile.
Nascose il viso sotto le coperte e sentì la faccia prendere fuoco; reazione che aveva ben poco a che fare con la febbre…

“Che stai facendo?” L’inclinazione della voce di Rock le diede l’impressione che lui stesse sorridendo; sembrava molto divertito.

Smettila! Ti stai comportando come una bambina!

“Sto bene!” mormorò infine, vergognandosi per quella voce tremenda che la faceva sembrare così vecchia…

“Esci fuori da lì! Non mordo mica!” esclamò lui pazientemente e con la voce più convincente che avesse mai sentito. Impossibile non assecondarlo!

Fece emergere metà viso dalle coperte, nascondendo il sorriso che le si disegnò sulle labbra non appena lo vide.
Quante volte aveva sognato quel momento in quell’ultimo mese? Il ricordo che aveva di lui non gli aveva mai reso giustizia!
La luce soffusa della lampada illuminava i suoi occhi in maniera singolare, tingendoli d’oro. Eleanor sentì il suo cuore accelerare e molto probabilmente la febbre le stava salendo di nuovo, dal momento che venne investita da un caldo insopportabile.
Avrebbe dovuto prendersela con lui, fare l’offesa per poi urlargli contro; in fondo era sparito senza più farsi vivo nemmeno una volta, nonostante le avesse assicurato che si sarebbero incontrati ancora. Ma nulla di tutto ciò importava davvero. Lui era lì adesso… solo quello contava.

Rock le sorrise confortante, ma anche con una leggerissima punta di rimprovero: “Mi hai fatto prendere un bello spavento, ragazzina!”

“Scusami.” mormorò lei, deglutendo lentamente e trattenendo un gemito di dolore dalla gola indolenzita.

“Come stai, adesso?”

Eleanor preferì non rispondere, le faceva troppo male la gola per poter parlare. Alzò semplicemente le spalle.
Le si mozzò il respiro quando lui le posò una mano sulla fronte. La stessa mano che lei aveva scambiato per quella di Evan, la notte prima…

Evan…? Quel pensiero giunse improvviso, così come l’agitazione che seguì.

“Evan!” esclamò con una fitta alla gola.

“Come?” domandò Rock disorientato, togliendo la mano dalla sua fronte. “Chi è Evan?”

Eleanor si mise di nuovo seduta, gli occhi traboccanti d’ansia. “Per quanto ho dormito?”

Rock non ci dovette pensare molto. “Tutta la notte e quasi tutto oggi.” Rispose tranquillamente.

“Che ore sono, adesso?” Eleanor era sempre più agitata.

“Sono le sei di pomeriggio. Che ti prende?”

La ragazza si coprì il volto con le mani: “Maledizione, sarà preoccupato da morire. Mi starà cercando da tutte le parti!”

“Chi?”

“Evan!”

“Chi è Evan?” domandò di nuovo Rock.

Eleanor stava per rispondere ma una serie di colpi di tosse glielo impedì.

“D’accordo, lascia stare. Non importa!” tagliò corto Rock, turbato dalle condizioni di lei. “Posso provare a rintracciarlo, se vuoi. Hai il suo numero?” domandò tirando fuori dalla tasca posteriore dei jeans, il cellulare.

Eleanor annuì tra un colpo di tosse e l’altro. Allungò la mano verso di lui e riuscì a dire: “Devo parlargli io! Si preoccuperà ancora di più nel sentire un estraneo…”

“Probabilmente hai ragione!” assentì Rock, passandole il telefono.

Eleanor digitò il numero del cellulare di Evan, sicurissima che chiamarlo a casa non sarebbe servito a nulla. Se lo conosceva bene – e lo conosceva meglio di chiunque altro – era sicuramente fuori a cercarla e ad immaginare il peggio.

Le venne un dubbio: “Spero solo che non abbia avvertito la ….” Non pronunciò quella parola. 

Fissò Rock con ansietà e lui le rispose con occhi vitrei: “Merda!” lo sentì imprecare sottovoce.

La polizia…. Proprio ciò da cui Rock si stava nascondendo. Il motivo che l’aveva spinto a dimenticarsi del proprio nome.

“Chiamalo subito!” sibilò , cercando di mantenere la calma. Eleanor annuì in fretta.

Evan rispose dopo appena uno squillo.

“Pronto?” aveva la voce spezzata dal nervosismo. Eleanor sentì la gola chiudersi per i sensi di colpa.

“…Evan, sono io!” rispose cautamente.

“Eleanor!” esplose lui, la rabbia ben camuffata dal sollievo nela tutte le partigiro. mai più!"carti, dove fossi...!  risentirla “Si può sapere dove sei? Hai una vaga idea di quanto mi hai fatto preoccupare!? Sei sparita! Non sapevo dove cercarti, dove fossi… se stessi bene! Accidenti a te!”

“Mi dispiace.”

“Ti dispiace? Ci mancherebbe altro! Ho passato 24 ore d’inferno per colpa tua! “

“Sto bene…”

“E secondo te io come facevo ad esserne sicuro? Non sono un veggente! “

Eleanor allontanò il telefono dall’orecchio per proteggersi dalle urla furiose di Evan. Non l’aveva mai sentito così. Lui era la calma fatta persona; non si arrabbiava mai.
Sospirò, in attesa che le urla finissero, e lanciò un’occhiata inquieta al ragazzo che le sedeva vicino. Rock si limitava a rimanere in completo silenzio, lo sguardo distante, distratto da preoccupazioni che lei non riusciva nemmeno ad immaginare.

“Anche Nathan è fuori a cercarti!” quest’ultima frase pronunciata da Evan, le fece distogliere l’attenzione da Rock.

“Chiamalo subito e digli che sto bene. Mi dispiace molto non avervi potuto contattare… lo avrei fatto, se avessi potuto, sul serio!” provò a giustificarsi, pur sapendo che non sarebbe servito a niente.

Evan fece un profondo respiro per calmarsi e riacquistare il suo consueto tono pacato e tranquillo. Eleanor riusciva ad immaginare fin troppo bene l’esclamazione che quasi sicuramente gli stava per sfuggire dalle labbra: quante volte ti ho detto di comprarti un cellulare!?

“Cosa è successo?” domandò invece, rinunciando alla discussione che ne sarebbe sfociata.

“Io… “ Eleanor non sapeva bene da dove iniziare. Aveva un ricordo molto vago della notte precedente. “… a dir la verità, non mi ricordo molto bene.”

“Cosa?” Evan si stava per arrabbiare di nuovo. Chissà quali pensieri osceni gli stavano riempiendo la mente…

“ Sono con lui, Evan!” sussurrò Eleanor, arrossendo un poco, consapevole che “lui” le era seduto a pochi centimetri di distanza.

“ Lui? Lui chi? … Oh!” quell’ultima esclamazione le confermò che era riuscito a trovare la risposta da solo.

Eleanor sorrise nel pensare all’espressione che doveva avere Evan in quel momento.
Qualcosa le si posò sulla spalla, facendola trasalire all’improvviso. Rock la guardava serio, la mano poggiata su di lei per attirare la sua attenzione. 

“Passamelo.” disse.

Evan sentì la sua voce ed esplose di nuovo: “ E’ lì con te? Hai passato la notte con lui? Sei uscita di testa! Non lo conosci nemmeno!”

“Datti un calmata! Non è successo niente di quello che pensi!” Eleanor si sentì arrossire di nuovo. Magari fosse successo…

“Ascolta… vorrebbe parlarti. Posso passartelo?”

Evan non rispose subito. “D’accordo” sibilò infine.

Eleanor fece per dare il telefono a Rock, ma lui lo aveva già afferrato prima che lei potesse rendersene conto.

“Pronto, Evan?” lo disse come se fossero vecchi amici.

Non riusciva a distinguere il fiume di parole concitate di Evan dall’altra parte della cornetta. Non sembrava molto contento di parlare a Rock.

“E’ stata Eleanor a dirmi come ti chiami. Nemmeno io sono un veggente, sai?! “

Eleanor scoppiò a ridere. Evan aveva urlato talmente tanto che Rock era riuscito a sentire tutta la loro chiacchierata.

“Mi lasci spiegare, perfavore ! “

Eleanor lasciò vagare lo sguardo per la stanza per la prima volta. Si rese conto che era a dir poco enorme! Il soffitto era molto alto e la parete alle sue spalle aveva tre grandi finestre scorrevoli. Non sembrava affatto una camera da letto…  Un elemento in particolare, attirò la sua attenzione. L’ultima cosa che ci si aspetterebbe di trovare nella stanza di una casa: Una grossa lavagna appesa la muro che dava a sud.

Ma… è un’aula scolastica questa?

Si accorse anche di non essere nemmeno in un letto… perlomeno, non un letto nel significato più stretto del termine. Non era altro che un materasso buttato per terra, con una lampada situata di fianco all’altezza del cuscino. Era stata lei ad accecare Eleanor quando si era svegliata.
Continuò a guardarsi intorno e notò un armadio accanto ad una delle immense finestre. Era carino, un po’ troppo piccolo forse… le ricordava tanto l’arredamento delle camerette dei bambini.
Un improvviso capogiro la costrinse a rimettersi sdraiata. Rock le scoccò un’occhiata impensierita. Eleanor lesse sulle sue labbra la domanda muta che le rivolse: Tutto ok?
Annuì cercando di riportare l’attenzione sulla conversazione telefonica.

“Posso stare tranquillo, allora?” chiese Rock ad Evan, corrucciandosi appena nell’udire la risposta che seguì. “Non credo che questi siano affari che ti riguardano!”

Dalla posizione in cui si trovava, Eleanor riusciva ad intuire meglio le dimensioni effettive della stanza.
Un altro particolare colpì la sua attenzione: le lunghe file di luci al neon incastonate nel soffitto.
Si… ormai non c’erano più dubbi. Non si trovava in un casa. Quella era a tutti gli effetti un aula. Solo i banchi e la cattedra mancavano all’appello.

Perché mi ha portato in un posto del genere? … Non riesco a capire.

Non prestava più molta attenzione alla conversazione tra i due ragazzi. Era inutile anche solo provarci, dal momento che non nessuno dei due sembrava voler renderla partecipe.
Aveva solo voglia di dormire… ancora! Nonostante avesse passato un giorno intero abbandonata all’incoscienza.
La risata improvvisa di Rock la fece riemergere da quell’attimo di torpore.
Il ragazzo pareva divertirsi un mondo per chissà quale motivo.

“ Sotterra l’ascia di guerra, amico!” esclamò tra le risate “Per chi mi hai preso? Per Jack lo Squartatore?”

Jack lo Squartatore? …beh, in effetti quello si divertiva a far fuori prostitute…

Nonostante la battuta infelice, Eleanor sorrise. L’auto ironia era un ottima cosa, a volte.

“Si, certo!” esclamò Rock, prima di rivolgersi a lei, offrendole il telefono. “Penso voglia salutarti!”

Eleanor alzò un braccio indolenzito e afferrò l’apparecchio: “Dimmi, Evan!”

“Lo sai di essere assieme ad una specie di criminale?” sbottò duramente.

Eleanor sospirò. Ci voleva pazienza con Evan. Si preoccupava soltanto e lei non poteva farci niente. “Lo so,ma non è come credi.”

“E allora com’è? Illuminami! Lui non mi ha voluto dire niente, mi ha soltanto chiesto se avessi per caso avvertito le forze dell’ordine della tua scomparsa. Non so perché, ma tutto questo mi puzza e in genere il mio intuito non sbaglia mai! “ Adesso si era fatto decisamente sarcastico.

“Ok, non occorre che ti fidi di lui!” cercò di convincerlo Eleanor “Però, so che se vuoi puoi riuscire a fidarti di me. Non sono così ingenua Evan, so riconoscere una persona buona da una cattiva… ormai ho imparato. Lui non è cattivo, puoi credermi sulla parola.”

Seguì un lungo silenzio. Solo il respiro di Evan era udibile.

“Hei, sei ancora lì!” chiese Eleanor.

“…Si”

“E allora parla!”

“Non so cosa dirti. Non puoi pretendere che non mi preoccupi!”

“Ma infatti non lo pretendo. Puoi preoccuparti quanto vuoi, desidero solo che ti fidi di ciò che ho detto!”

Lo sentì sbuffare, arrendevole: “ Fai come vuoi! Rimani pure dal tuo principe azzurro! In fondo, dovrei essergli riconoscente per averti soccorso!“

Eleanor esultò mentalmente. “Grazie, Evan! Sei il migliore. Ti adoro!”

L’arroganza di Evan, si trasformò in un sibilo:“Se solo ti tocca con un dito…”

“Niente minacce!” lo interruppe lei bruscamente. “Non lo farà!”

“Si si, scusami! “ tagliò corto, con scarso entusiasmo  “ Tu piuttosto, come stai? Ti senti meglio? Quel tipo mi ha detto tutto. Dice che ieri te la passavi molto male!”

“Credo di si, sono solo un po’ stanca.” Lo sentì ridacchiare. Era un buon segno. Lo screzio era finito “Che c’è di così divertente?”

“E’ che non riesco ad immaginarti malata, anzi – a dirla tutta – non credo di averti mai visto bloccata a letto con la febbre. Deve essere uno spettacolo allucinante!”

Anche lei rise, ma con ben poco coinvolgimento. La sua gola dolorante glielo impedì: “Non lo immagini nemmeno!”

“D’accordo, senti… adesso è meglio che avverta Nathan che stai bene. Anche lui era fuori di se’!”

“Oh si, certo. Chiamalo subito e digli che mi dispiace tanto, va bene?!”

“Contaci, e appena guarisci torna, capito!? Ti aspettiamo!”

Eleanor in verità, non voleva tornare. Si ricordò solo allora della sua intenzione di tornare a vivere da sola, ma Evan non ne era ancora al corrente. Non voleva affrontare l’argomento per telefono e, soprattutto, non adesso.

“Tranquillo…” disse debolmente, cercando di essere convincente.

“Ciao Eleanor! Cerca di rimetterti,ok?”

“Ci provo! A presto, Evan!”

Fu così che si salutarono.
Non le piaceva mentire ad Evan. Era qualcosa che la devastava, ma a volte era l’unica soluzione possibile. Gli avrebbe detto la verità, prima o poi. Aveva ancora qualche giorno di tempo per pensare alle parole giuste da usare.

Me ne vado, Evan. Non voglio più essere un peso per te e Nathan!

Incredibile quanto suonasse semplice ripeterselo a mente. Ma di certo, a voce sarebbe stata tutta un’altra storia.

“Qualche problema?” Rock la fece tornare con i piedi per terra.

“No…” disse lei, restituendogli il cellulare “…no, tutto bene!”

Il ragazzo sorrise: “Certo che è geloso forte il tuo ragazzo!”

Eleanor sussultò a quelle parole. Lui credeva che Evan stesse assieme a lei? Perché tutti dovevano arrivare a quella conclusione? Nessuno conosceva il significato della parola amicizia ?

“Non è il mio ragazzo!” esclamò, decisamente piccata.

Rock parve sorpreso. “Sul serio? … Beh, scusami. Davo per scontato che tu e lui…”

“Beh, ti sei sbagliato! E’ il mio migliore amico. Fine della storia!”

“D’accordo. “ concesse Rock “In fondo, non sono neanche affari miei, dico bene?”

Eleanor non rispose alla sua domanda. Altre due semplici parole le sfuggirono dalle labbra: “Grazie mille…”

“Prego… ma di che cosa?”

“Come sarebbe a dire? Non ci arrivi da solo? Se non fosse stato per te, a quest’ora sarei diventata un ghiacciolo febbricitante abbandonato per strada!”

Lui rispose con un’alzata di spalle: “Non potevo certo lasciarti lì!”

Eleanor gli sorrise con infinita gratitudine, ma pochi istanti dopo, si fece subito più seria: “Senti…” cominciò timidamente.

“Si?” domandò lui, sulla difensiva.

“…mi dici dove siamo?”

Rock si rilassò e si lasciò andare ad un sorriso confortato: “Facciamo che te lo spiego quando sarai nelle tue complete facoltà mentali, va bene?”

“Ma io sono nelle mie complete facoltà mentali!”

“Devi riposare, adesso. Quando ti sveglierei, risponderò a tutte le tue domande, promesso!”

Il torpore di poco prima tornò a farsi sentire, questa volta più prepotentemente. Rock aveva ragione. Era esausta, aveva ancora bisogno di dormire.

“Ho dormito per quasi un giorno intero. Basta, adesso!”

“Non hai fatto un sonno molto ristoratore, credimi.” Sbottò lui, corrucciandosi appena.

“Che vuoi dire?”

“Semplicemente che deliravi! Non sei stata ferma un attimo, quindi non stupirti di sentirti ancora stanca!”

Stava per rispondergli, ma qualcosa la distrasse. Un movimento alle spalle di Rock.
Si accorse che c’era una porta ed era spalancata. Sulla soglia c’era un ragazzo… no anzi, c’erano due ragazzi. Erano identici! Alti, robusti, biondi, gli occhi chiari. La fissavano in silenzio. Uno – quello a destra – con un’evidente curiosità, l’altro – a sinistra – con una certa diffidenza, per non dire ostilità.
Eleanor ricambiò i loro sguardi. Le sue palpebre si aprivano e chiudevano sempre più lentamente e le immagini si facevano ogni secondo più sfocate. Stava per crollare, ma prima riuscì a rivolgersi ancora una volta a Rock.

“Ci vedo doppio per caso ?” domandò flebilmente.

Il ragazzo non capì subito cosa lei intendesse, ma seguendo il suo sguardo intuì ogni sua parola. Ridacchiò: 

“No, non ci vedi doppio! Sono due miei amici. Sono gemelli. Niente di strano.”

Eleanor afferrò solo un paio di parole …amici… gemelli… L’oscurità si era chiusa si di lei un altra volta. Ma prima di cadere completamente nell’incoscienza, riconobbe la voce che aveva accompagnato quella di Rock la sera prima. La stessa che lei aveva scambiato per quella di Nathan.

“ Rap ti ammazzerà di botte!”

Rap?... che razza di nome…?

“ Sarebbe un bel diversivo no? “ disse Rock, pacato “Non eri tu a lamentarti di quanto fosse noioso qui?”

 ***

 Eccomi gente!!! 

Allora, allora??? Ke mi dite del capitolo???? ... sinceramente, io nn ne sono ancora completamente soddisfatta -_-''' . Beh, fatemi sapere qualcosa. 

Vado un pochino di fretta, quindi a Mercoledì prossimo!!!!!

Ayleen

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Capitolo 8
*** Un gioco da ragazze ***


CAPITOLO OTTO

Un gioco da ragazze

 

 

Il rombo di un tuono la svegliò.
Di fuori la pioggia scrosciava inesorabile, quasi con rabbia. Era notte, o forse tarda sera. Eleanor non seppe dirlo con certezza.
Si mise a sedere molto lentamente, stiracchiando gambe e braccia. La testa le faceva ancora male, ma molto meno di quando si era svegliata quel pomeriggio. Anche la gola sembrava migliorata, ma non riuscì comunque a trattenere una smorfia di dolore quando deglutì.
Scostò le coperte e quell’improvvisa mancanza di calore la fece rabbrividire da capo a piedi. Sentiva l’urgente bisogno di sgranchirsi le gambe. Stando bene attenta a non farlo con troppa fretta, si alzò in piedi. Un leggero capogiro la investì, ma nulla che non riuscì a controllare. Si passò una mano tra i capelli annodati e sospirò, fisicamente a pezzi.
Qualcosa fuori dalla stanza la fece trasalire. Un’imprecazione seguita da un altra voce agitata e furibonda che si accavallava sull’altra. Due persone stavano litigando con grande fervore…

“Dateci un taglio, cazzo!” Era stato Rock a parlare, o meglio, ad urlare. 

Eleanor sorrise nel sentirlo e il freddo le passò all’istante.

Anche gli angeli dicono le parolacce, dunque… interessante!

Immediatamente, con passo ancora un po’ instabile, raggiunse la porta e la aprì. Si ritrovò affacciata su un lungo corridoio completamente immerso nel buio. Volgendo lo sguardo prima a destra e poi a sinistra, notò che c’erano molte altre porte che vi si affacciavano.
Sulla parete di fronte a lei, c’era soltanto un’infinita serie di finestre, grandi almeno quanto quelle della stanza dove aveva dormito.
Si chiuse la porta dietro di se’ e la sua attenzione andò al fondo del corridoio, alla sua destra. C’era una luce accesa. Era da lì che provenivano le voci dei ragazzi.
Rock doveva essere assieme a quei due suoi amici che lei aveva intravisto prima di addormentarsi. Lui aveva detto che erano due fratelli. Gemelli per la precisione. Eleanor era curiosa di conoscerli, anche se ricordava fin troppo bene l’occhiataccia ostile che uno dei due le aveva riservato.
Seguì le voci dei ragazzi, sfidando l’oscurità del corridoio.
Li trovò tutti a tre in una enorme stanza, molto più grande della camera dove aveva dormito. I due fratelli erano in piedi e si stavano azzuffando come due ragazzini. Rock era seduto ad un tavolo, sembrava pensieroso. Il suo volto era attraversato da mille preoccupazioni, solo il suo corpo era presente… la sua mente, lontana anni luce.
Nella stanza c’erano altri tavoli, ma erano tutti accatastati alle pareti, assieme alle sedie. Solo una delle infinite lampade al neon, funzionava e bastava appena ad illuminare l’ambiente troppo grande. La ragazza fece un collegamento palese. Se aveva dormito in un' aula, quella pareva a tutti gli effetti una mensa…
Nessuno dei tre si accorse di lei. I due gemelli erano ancora impegnati a darsele di santa ragione, ma nessuno dei due pareva arrabbiato con l’altro. Stavano solo giocando!

Maschi! Pensò Eleanor, con una punta di superiorità.

Si schiarì la gola e all’improvviso, tre paia di occhi la fissarono. Due di essi, la fecero arrossire.

“… Buongiorno.” Mormorò timidamente, fissandosi i piedi nudi. 

Dato il buio che s’intravedeva dalle finestre, non era sicura che buongiorno fosse l’espressione più adatta…
Sentì una sedia grattare sul pavimento e la voce di Rock: “

Ti sei svegliata?!”

Eleanor annuì soltanto e notò uno dei due gemelli sbuffare e andare subito a sedersi al tavolo. Il fratello lo imitò, senza però mostrare la benché minima insofferenza. Rock li fulminò con lo sguardo: 

“Ve l’avevo detto di fare meno chiasso! Sempre i soliti!”

“Ma no…” provò a spiegare Eleanor imbarazzata, ritrovandosi vittima dello sguardo truce di uno dei due biondi “…è stato il temporale. “

“Hai fame?” domandò Rock, premuroso.

In effetti, Eleanor si accorse di stare letteralmente morendo di fame. Da quanto tempo non mangiava? Fu il suo stomaco a rispondere, emettendo forti brontolii che la fecero arrossire vistosamente.
Rock trattenne una risata. Il ragazzo biondo – quello che sembrava il più gentile dei due – ridacchiò. L’altro non reagì, continuava a fissarla con astio.

“Vieni a sederti! Ti porto qualcosa!” Rock l’afferrò delicatamente per un braccio e la trascinò fino al tavolo.

“Grazie.” Gli disse Eleanor, mentre prendeva posto dalla parte opposta a dove si erano seduti i due fratelli.  

“Torno subito.” Rock sparì dietro una porta dalla parte opposta della stanza.

Eleanor sentì il sangue imporporarle la pelle nell’incontrare nuovamente gli occhi freddi - e azzurrissimi – del ragazzo biondo che aveva di fronte.   Accennò un debole sorriso nel tentativo di allentare la tensione e si mise nervosamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

“Ti chiami Eleanor, giusto?” domandò l’altro ragazzo, apparentemente più cortese, rivolgendole un sorriso rassicurante.

“Si.” Rispose lei, abbassando di nuovo gli occhi.

“Ti senti un po’ meglio?” Eleanor lo guardò dubbiosa. 

Sembrava sul serio interessato al suo stato di salute, ma non poteva dire altrettanto del fratello che la fissava come fosse stata un’intrusa niente affatto gradita.

“Si, grazie.” disse con la voce ridotta ad un sussurro.

“Fortuna che Rock ti ha trovato!” Ad Eleanor non sfuggì l’occhiata truce che il fratello gli scoccò.

“Già…” fece debolmente, sperando che Rock si sbrigasse a tornare.

Fu proprio l’altro ragazzo a parlare a quel punto, con un tono che sapeva molto di sfida e un ghigno compiaciuto stampato sulle labbra: 

“ Hai uno strano modo di fare conversazione! Parli a monosillabi. Come mai non chiedi come ci chiamiamo? ”

La sua risposta fu automatica: “Perché so che tanto non me lo direste…”

“Ma davvero?” Il ghigno si allargò e, in qualche modo, lui sembrò ancora più infastidito di prima. ”E bravo il nostro Rock! Vedo che non si è risparmiato nello spifferare i nostri affari privati!”

Eleanor sentì l’improvviso impulso di dover difendere il suo angelo custode. Almeno questo glielo doveva.

“Non mi ha detto niente!” esclamò, questa volta a voce alta. “Non so assolutamente nulla di voi, ne’ di quello che fate o avete fatto in passato… e nemmeno m’interessa!”

Bugia… che grande bugia! In realtà le interessava eccome! Ma, data la situazione, era meglio fare l’indifferente.

Il ragazzo più gentile si sporse verso il fratello: “E piantala! Cerca di calmarti!”

Lui si alzò con uno scatto improvviso che fece rovesciare la sedia : “Ma starai scherzando?”  sbottò stringendo forte i pugni. Eleanor lo fissava immobile, spaventata. “Succederà di nuovo e tu lo sai meglio di me!”

“Non è detto che vada così, questa volta!”

Il ragazzo in piedi rivolse un ultimo sguardo torvo ad Eleanor prima di andarsene a grandi passi verso lo stesso corridoio buio che anche lei aveva percorso.

“Io non ne voglio sapere nulla! “ esclamo mentre si allontanava “Lasciatemene fuori! E se avete pietà di Rap, non ditegli niente!”

Rap?... ancora con questo Rap? Ma chi è?

Eleanor guardò il ragazzo che aveva di fronte, completamente spiazzata. Lui non rispose allo sguardo. Dopo aver mormorato un impercettibile “ scusami” si alzò ed inseguì il fratello, lasciandola sola.
Non il tempo di chiedersi cosa avesse potuto dire per scatenare una simile reazione, che Rock riapparve dalla parte opposta della grande sala, reggendo un vassoio carico di cibo.

“Vedo che i disturbatori della quiete pubblica se ne sono andati, finalmente!” esclamò allegramente.

Eleanor evitò il suo sguardo: ”In verità… credo di essere stata io a farli scappare.” Ammise torturandosi le mani.

“No, tu centri niente!” la rassicurò lui sedendosi al suo fianco.

Eleanor guardò il vassoio che Rock le aveva portato: “E’ per me tutta questa roba?” domandò inarcando le sopracciglia.

“Si. Non conoscendo i tuoi gusti, ti ho portato un po’ di tutto. Mangia pure quello che …”  Non riuscì nemmeno a terminare la frase, dato che la ragazza si era gettata con foga sul cibo, senza neanche guardare ciò che ingurgitava. “… che ti senti…” terminò infine lui, trattenendo una risata.

Eleanor si portava alla bocca tutto ciò che raggiungeva, senza nemmeno preoccuparsi del gusto. Poteva essere la pietanza più disgustosa del modo che in quel momento la pareva eccezionale.

Rock la guardava impressionato. “Beh, l’appetito è un sintomo di imminente guarigione!”

Eleanor tentò di darsi un contegno. Inghiottì, bevve e riprese fiato: 

“Non sono sempre così!” cercò di rassicurarlo “In genere non mi strafogo in questo modo.”

Lui sorrise divertito: “ Non devi mica giustificarti! In fondo è da ieri che non mangi.”

Rimasero in silenzio per un po’, finchè Eleanor non fu sazia e allontanò da se’ il vassoio, quasi del tutto vuoto. 

“ Perché quel ragazzo ce l’ha tanto con me?” domandò lei, immediatamente.

“Di chi parli?”

“Di quel tuo amico. Quello biondo… uno di quei due che erano qui!”  

Eleanor non era sicura di essere riuscita a farsi capire. Quei due ragazzi erano talmente identici che lei non sapeva proprio come spiegare a Rock quale dei due intendesse. 

“Mi guardava malissimo. Se avesse potuto uccidermi con lo sguardo, sono sicura che l’avrebbe fatto!”

Rock soffocò una risata: “Immagino tu stia parlando di Metal!”

Toccò ad Eleanor ridacchiare: “Metal? … un altro dei vostri nomi falsi?”

“Tu che dici? Non credo possa essere il suo nome di battesimo, no?!”

“No, direi proprio di no. Anche se di genitori spietati in giro ce ne sono molti!”

“Non hai tutti i torti! Comunque, non fare caso a lui. Semplicemente non è un tipo socievole.”

Qualcuno riapparve dalla porta che dava sull’ingresso. Eleanor sussultò spaventata dall’irruenza dell’ultimo arrivato. Era uno dei due gemelli, ma se fosse stato Metal o il fratello, lei non seppe dirlo.

“Rock! Abbiamo un problema!” esclamò, rimanendo sulla soglia. “Credo che Rap sia fuori nel cortile e che stia per entrare.”

Eleanor non capì dove fosse il problema, ma la reazione di Rock la fece preoccupare. Il ragazzo si alzò di scatto, imprecando qualcosa sottovoce e l’afferrò saldamente per un braccio costringendola in piedi.

“Cosa stai aspettando?” sbottò nervoso al biondino “Vai da lui! Distrailo! Fai qualcosa! Non deve vederla!”

Il ragazzo annuì e corse via, sparendo nel buio del corridoio. Rock sospirò agitato e cominciò a trascinare Eleanor.

“Che succede?” domandò lei, incerta.

“So che non capirai, ma devi rimanere nascosta per un po’!”

“Cosa? Perché?”

“Niente domande!” la zittì lui, conducendola a forza in un altro corridoio che si apriva dalla mensa. 

Era illuminato al contrario di quello che aveva percorso precedentemente. Camminarono per un paio di minuti in completo silenzio.
Rock sembrava seriamente preoccupato. Di tanto in tanto si voltava per assicurarsi che nessuno li seguisse e solo quando raggiunsero una grande porta con i maniglioni antipanico sembrò tranquillizzarsi.

“Ok.” Fece “Questa è la palestra!”

La palestra?

Non servivano ulteriori conferme. Si trovava davvero in una scuola.

“Devi rimanere nascosta qui dentro per un po’, finchè non vengo a prenderti.”

“Ma perché?”

“Tu fallo! Ti spiegherò tutto più tardi!”

Eleanor s’imbronciò nel risentire per l’ennesima volta quelle parole. Da quando si erano conosciuti, aveva perso il conto di quante volte le avesse sentite: 

“Si, certo.” Mormorò risentita “Siamo alle solite!”

Rock stava per dirle qualcosa, ma il rumore di una porta che veniva sbattuta lo distrasse: 

“Senti, per favore, devi ascoltarmi! Dammi soltanto dieci minuti! Non ti chiedo altro! Dieci minuti e sarò tutto tuo per qualsiasi interrogatorio tu voglia farmi!”

Eleanor non riuscì nemmeno a rispondergli. Lui aprì la porta della palestra e la spinse dentro. 

“Aspettami qui!” esclamò un attimo prima di scomparire.

Sentì i suoi passi frettolosi riecheggiare nel corridoio, poi silenzio. Sospirò e cominciò a gironzolare per l’immensa palestra.
Considerando il resto dell’edificio – perlomeno, il poco che era riuscita a vedere – era in ottime condizioni. L’unica pecca era costituita da una lampada che funzionava ad intermittenza. Per il resto c’era proprio tutto. Gli spalti, il parquet rovinato da anni di corse e partite di chissà quali sport, le ceste con i palloni, i quadri svedesi alle pareti e i due canestri da basket agli estremi.
Ricordi lontani balenarono nella mente di Eleanor. Lei un tempo, non se la cavava niente affatto male a basket! Ricordava perfettamente le innumerevoli partite a cui aveva preso parte all’istituto dov’era cresciuta. Lei era l’unica ragazza in squadra! Aveva solo un difetto. Era troppo minuta per uno sport del genere e spesso e volentieri finiva in infermeria. I ragazzi non si lasciavano certo impietosire dal fatto che lei fosse una femmina, anzi, il loro orgoglio li spingeva ad avventarsi su di lei con un'inaudita ferocia. Evan le faceva sempre da scudo, così da non lasciarla poi sola in infermeria, perché a suo dire, le ferite di battaglia guarivano più in fretta se si curavano in compagnia.
In fin dei conti, vivere all’istituto non era poi stato così male. Di tanto in tanto, le era capitato di divertirsi persino in un posto del genere!
Sorrise nel rivivere quel frammento di passato e si diresse senza pensare alla cesta con i palloni. Chissà se era ancora brava come allora? C’era solo un modo per scoprirlo.
Prese un pallone e, dopo esserselo un po’ rigirato tra le mani, cominciò a farlo rimbalzare per terra. Il rumore riecheggiò per tutta la palestra, tanto che temette che Rock potesse sentirla, ovunque lui fosse. Le aveva detto di restare nascosta e, probabilmente, intendeva pure in silenzio, ma tutto ciò non le importava. Fissò il canestro dal punto in cui si trovava, prese la mira e lanciò. Il tiro fu dritto e preciso, e andò a segno.

“Si!” esultò lei, incapace di trattenersi. Non ho perso il mio tocco!!

Il pallone rotolò per qualche metro, finchè non andò a fermarsi contro i piedi di qualcuno accanto agli spalti.

“Niente male!”

Trasalì a quell’improvvisa intrusione. Uno dei due gemelli raccolse il pallone. Era Metal? Oppure suo fratello, quello gentile? Eleanor preferiva di gran lunga la seconda ipotesi e il sorriso accogliente che il ragazzo biondo le rivolse, le fece tirare un lungo sospiro di sollievo. Non era Metal!

“La classica fortuna del principiante!” la stuzzicò lui.

Eleanor strinse gli occhi, cercando di apparire il più minacciosa possibile:

“Come hai detto, scusa?” sibilò con voce tagliente.

Lui le passò la palla che lei prontamente afferrò al volo: “Dai, riprova! Scommetto che non sei in grado di farlo due volte di seguito!”

La ragazza alzò un sopracciglio e ghignò con aria di sfida: “L’hai voluto tu, biondino!” 

Lui rise a quelle parole ed Eleanor dovette impegnarsi per non arrossire. Non era da lei essere così competitiva…. La Eleanor dell’Istituto era così, ma erano passati tanti anni ormai. Eppure qualcosa stava tornando a galla.
Prese nuovamente la mira, tirò e fece canestro, lasciando il ragazzo di stucco. Le sorrise sprezzante: 

“Un gioco da ragazze!”

“D’accordo…” mormorò lui, sempre con la stessa espressione fiera ed arrogante: “Fatti sotto! Vediamo chi ne fa di più!”

“Sfideresti una povera ragazza inferma?”

“Non mi sembri più tanto inferma!”

“Questo lo dici tu! Ti ricordo che fino a poche ore fa ero a letto febbricitante! Tipico atteggiamento di voi uomini, comunque. Facile prendersela con chi è più debole!”

“Sei hai paura di perdere, ragazzina, devi solo dirlo! Probabilmente preferisci andare a limarti le unghie!”

Alla parola ragazzina, Eleanor non riuscì più a dare ascolto al buon senso. Anche i ragazzi all’istituto la chiamavano allo stesso modo. Non sopportava quello stupido nomignolo! Era il suo orgoglio femminile a dirle di non ignorare quella provocazione!

“E va bene, ma non contare su di me quando avrai bisogno di rattoppare la tua dignità!”

Uno scambio di occhiatacce e poi Eleanor prese a correre palleggiando, inseguita a ruota dal ragazzo. Lui non si fece alcuno scrupolo. Riuscì a portarle via la palla parecchie volte e anche a fare canestro da distanze considerevoli, ma anche lei non fu da meno! Era quasi brava quanto lui, non aveva nulla da invidiargli. Se fosse stata nel pieno delle sue forze, probabilmente lui non avrebbe fatto quello stupido canestro che lo condusse alla vittoria.
Fu abbastanza maturo da ammetterlo e non atteggiarsi troppo: 

“Quando starai meglio giocheremo ancora! Non è divertente avere troppo vantaggio!”

Eleanor piegata sulle ginocchia e ansimante, gli sorrise: “ La prossima volta ti farò a pezzi!”

Lui rise e andò a sedersi sugli spalti, seguito a ruota da Eleanor che provò a riprendere a respirare normalmente.

Il ragazzo la guardò dubbioso: “Forse non è stata una buona idea! Va a finire che ti ammali di nuovo!”

“Correrò il rischio… “ sospirò lei, respirando con affanno.

Le piaceva quel tipo. Era simpatico e sapeva stare al gioco. Le ricordava molto Evan. In qualche modo, avevano lo stesso carattere solare e gentile.

“A proposito!” esclamò lui d’un tratto. “Io sono…”

”No!” lo zittì Eleanor “ Non dirmelo!”

Lo vide trattenere una risata: “ Perché?”

“Voglio provare ad indovinare!”

Lui alzò le spalle: “Buona fortuna!”

“Non deve essere difficile! Ho capito che avete tutti nomi di generi musicali. Nemmeno io sono tanto tonta!”

“Sentiamo, allora! Non sperare in indizi, perché tanto non te ne darò!”

“Non ce ne sarà bisogno.” 

Detto questo si fece molto pensierosa. Ripetè a mente i nomi degli altri, come una filastrocca imparata a memoria.

Rock, Metal, Rap. Rock, Metal, Rap. Rock, Metal, Rap…

Come avrebbe potuto chiamarsi lui? Possibile che tutti i generi musicali che esistevano, non le veniva in mente nulla!?

“Tanto non indovinerai mai!” la punzecchiò lui.

E aveva ragione. Accidenti, se aveva ragione!

“E va bene, mi arrendo! Parla! “ esclamò stizzita.

“Davvero non ci arrivi? Non è poi così complicato se ci pensi bene… “

“Evidentemente il mio cervello da ragazzina è troppo piccolo per  arrivarci!”

Lui rise di nuovo: “Non è proprio un genere. Cioè, per esserlo, deve essere attaccato al nome di mio fratello!”

Eleanor lo guardò confusa: “…Eh?!”

“Avanti! Dimostrami che anche le ragazzine riescono a ragionare!”

Cominciò ad intonare nella sua mente la stessa filastrocca di poco prima, però questa volta avvalendosi soltanto di un nome:

Metal… Metal… Metal.

E poi di colpo, eccola! L’illuminazione. Quanti diversi generi di musica Metal esistevano!? Il nome del ragazzo che le sedeva di fianco era uno di questi. Provò con il primo che le passò per la testa.

“… heavy? “ azzardò scettica.

“Brava! Indovinato! Te l’ho detto che bastava spremere un po’ le meningi!”

Lei lo guardò per qualche istante perplessa e poi scoppiò a ridere senza il minimo contegno. 

“Scusami, ma è la cosa più assurda che io abbia mai sentito!”

“Oh si, avanti! Ridi pure! Guarda che tanto ci sono abituato!”

Eleanor continuò a ridere, tanto da farsi venire le lacrime agli occhi. Solo una voce le fece riacquistare un minimo di contegno.

“Che mi sono perso?” Rock era appena entrato e guardava Eleanor incuriosito.

“No, niente…” sbottò Heavy “…Siamo alle solite!”

“Ah! Le hai detto il tuo nome!” non era una domanda, ma una semplice constatazione.

“Non ti ci mettere pure tu!”

Eleanor si asciugò le lacrime e tornò a farsi un po’ più seria. “Ok, tutto a posto! Mi è passata! Scusate!”

Heavy si rivolse a Rock spogliandosi di ogni traccia d’ilarità: “Rap?” chiese semplicemente.

“Va tutto bene!” gli ripose Rock, altrettanto serio, ma apparentemente tranquillo “E’ andato a dormire. Non sospetta nulla!”

“Mi dite chi è questo Rap?” chiese Eleanor curiosa.

“E’ un nostro amico.” Spiegò Rock sedendosi al suo fianco. “Non è cattivo solo… diciamo che non gli vanno molto a genio le ragazze.”

Eleanor si corrucciò sorpresa.

E’ come Evan e Nathan.  Fu il suo primo pensiero.

“Non gli piacciono? “ domandò ingenuamente “Voglio dire… preferisce i ragazzi?”

Heavy e Rock si guardarono per qualche istante, poi scoppiarono a ridere. 

Lei li fissò confusa. “Che ho detto?”

“No!” esclamò Heavy tra le risate “No, non in quel senso. Gli piacciono le ragazze!”

“E allora non ho capito quale sia il suo problema!”

“Semplicemente non le sopporta.” Le spiegò Rock. “Devi sapere che ha sempre avuto brutte esperienze con le donne e non parlo unicamente di relazioni sentimentali. Da piccolo ha avuto un’orribile rapporto con la madre, sua sorella l’ha lasciato da solo e, come se non bastasse, l’unica storia seria che ha avuto con una ragazza è finita nel peggiore dei modi.”

Nell’ultima parte del discorso, Rock distolse gli occhi da Eleanor. Riconobbe la sua espressione. Era la stessa che aveva avuto quel giorno a Meadow’s Hill. Carica di tristezza e di rimpianto.

Anche Heavy non sembrava molto  entusiasta a parlare di quelle cose: 

“E’ un po’ difficile da spiegare! “ le disse gravemente “Ma non credo che lui sarebbe molto felice nel sapere che tu sei qui! Sai, la sua vecchia storia – quella finita male – era iniziata proprio così. Avevamo ospitato una ragazza in difficoltà e …”

“Heavy!” lo ammonì Rock, serio.

Il biondo si zittì all’istante: “Scusami!”

Eleanor capì che non avrebbe avuto altre risposte quel giorno. Non tentò nemmeno di averne. Era abbastanza… per il momento. Si sentì in dovere di farne soltanto una:

“E se scopre che sono qui? “

Heavy e Rock si scambiarono un’occhiata che non lasciava intendere nulla di buono.

“Meglio evitarlo.” Disse Rock.

Nessuno parlò per qualche minuto. Eleanor stava per rompere il silenzio, ma Heavy la precedette: 

“Non ci fai la domanda più importante!”

“Sarebbe?” chiese lei, non capendo.

“Ma dove cavolo vivono questi tizi?”

“Oh, hai ragione! Potete dirmelo? O anche questo è un segreto?”

Rock ridacchiò: “Non è un segreto! Viviamo qui per tre semplici fatti: primo, è completamente gratis! Niente affitto e niente bollette da pagare. Secondo, questo posto è abbandonato da anni. Nessuno lo utilizzerà mai, tanto vale dare un tetto a chi non ce l’ha! Terzo, beh… chi non vorrebbe una palestra come questa in casa propria? “

Eleanor sorrise: “Certo che basta poco a fare contenti voi uomini!”

“Aggiungici un harem e questo diventa il mio piccolo paradiso personale!” mormorò Heavy, forse a voce un po’ troppo alta.

Eleanor si schiarì la gola con un leggero imbarazzo, mentre Rock colpì l’amico su una spalla, senza minimamente preoccuparsi di fare piano.

“Scusate!” esclamò Heavy, massaggiandosi la spalla “Pensavo ad alta voce!”

“Idiota!” fece Rock.

Eleanor rise divertita da quella piccola discussione. Si alzò in piedi all’improvviso e andò a recuperare il pallone.

“Che fai?” gli chiese Rock

“Ho di nuovo voglia di giocare. “ Guardò Heavy, ma lui sembrava troppo comodo lì dov’era, sbracato sugli spalti.

“Passo!” esclamò con un gesto della mano “ Io ho già dato per oggi!”

Eleanor si rivolse allora a Rock: “Andiamo Rock! Fammi vedere quello che sai fare!”

“Non credo sia molto salutare per te in questo momento fare troppo movimento!”

“Bella scusa!” lo stuzzicò lei. “Io sto benissimo! Non devi preoccuparti per me! Hai forse paura di perdere contro una povera ragazza mezza malata?”

Rock la fissò con gli occhi ridotti a due fessure. Era troppo facile convincerli a fare quello che voleva!

Uno a zero per il sesso debole!

Il ragazzo si alzò in piedi. Si tolse la felpa e la gettò sugli spalti, rimanendo con solo una maglietta bianca a maniche corte.
La determinazione e l’arroganza di Eleanor sparirono in un istante. Si sentì avvampare a quella visione. Dovette scrollare il capo per riprendere lucidità.

Lui le passò di fianco: “Non credere che ci andrò giù tanto leggero solo perché sei una ragazza!”

“Non l’ho mai chiesto!”

Qualcuno sbattè forte la porta della palestra. Tutti e tre si voltarono, temendo che fosse Rap.

“Tranquilli, sono io!” esclamò Metal, alzando le mani in segno di resa. 

Andò a sedersi vicino al fratello, lanciando la solita occhiata infastidita ad Elanor. Lei li guardò entrambi. Avrebbe fatto una fatica enorme ad imparare a riconoscerli. Notando la sua espressione confusa, Rock andò in suo aiuto: 

“Heavy ha un neo sulla guancia destra.”

Eleanor le rispose con un sorriso: “Grazie!”

Lui le si avvicinò, in modo che solo lei potesse sentirlo: “Ascolta, Eleanor… “

Lo guardò in attesa. Lui aveva di nuovo quell’espressione indecisa che tante volte le aveva visto: 

“… non preoccuparti di Rap! In qualche modo faremo.”

“Non sono preoccupata.”

“Volevo dire… puoi restare tutto il tempo che vuoi! Che tu sia guarita o no…”

Eleanor per poco non gli saltò al collo. “Sul serio?”

“Si, certamente!”

La porta sbattè di nuovo, questa volta più violentemente. Eleanor si voltò e notò che Metal era sparito. Heavy aveva un’espressione molto dispiaciuta, quasi imbarazzata. Rock sospirò con esasperazione. Evidentemente lo aveva sentito.

“Non credo che Metal sia d’accordo!” disse con un filo di voce.

“Lascialo perdere. Te l’ho detto, è soltanto un asociale!”

“Ma…”

“Niente ma! Vorrei che restassi!”

Non seppe riconoscere nessuna delle sensazioni che la colpirono in quel momento. Non si accorse nemmeno di quello che stava facendo. Il corpo reagì meccanicamente, senza che lei nemmeno se ne rendesse conto. Si era stretta a lui senza sapere come e perchè, circondandogli il petto con le braccia esili. Lui era rimasto interdetto per qualche istante, ma alla fine l’aveva stretta di rimando.

”Grazie.” Mormorò Eleanor, con la faccia in fiamme. “Grazie, grazie, grazie!”

“Di niente.” Disse lui semplicemente, trattenendo una risata.

Heavy tornò a farsi sentire: “Hei voi due!!! Volete farmi venire il diabete!? Ora capisco perché mio fratello è scappato via!”

Eleanor si staccò subito, sistemandosi i capelli dietro le orecchie con un gesto che definire nervoso sarebbe stato un eufemismo.

Rock afferrò la palla da terra: “Avanti, fammi vedere come gioca una ragazza!”

***

Ma ke razza di capitolo ho scritto???? -_-''' No, non mi piace! E' inutile! 

Vabbè spero vi piaccia lo stesso!

Ma parliamo d'altro va!

ALlora, tutti nomi sono stati svelati!!! Soddisfatti!!!!???????? Sono stupidi lo so, però sono un po' diversi dal solito^^. 

E la prossima volta potrebbe succedere qualcosuccia di un po' più concreto tra Rock ed Eleanor ... però nn anticipo nulla ke è meglio!

Passiamo ai ringraziamenti:

BabyzQueeny:  Mi hai fatto spanciare dal ridere con la tua recensione stile "tifo da stadio" XDD. SPero ke il tuo gomito stia bene, comunque.

Felicity89: Eccola, la mia allieva (posso chiamarti così? ). grazie di essere passata a commentare. Troppo gentile. Lo so ke la storia è drammatica, del resto io sono amante delle storie drammatiche XD *risata sadica*

Nanako: Brava hai indovinato!!! Non era difficilissimo in fondo, ma ammettilo... Heavy non te l'aspettavi vero!? XD Non so nemmeno io come mi sia uscito XD!

Poisoned_Apple: Sei perdonata, ma ke nn succeda più altrimenti la mia vendetta sarà terrrrrrribile XD ( sto scherzando)!!! Gemelle separate???? Chi lo sa??? Potrebbe essere! Io sono castana, occhi scuri, media altezza (descrizione molto dettagliata devo dire -_-'''). Tu?????? Chiamare qualcuno House?????? Noooooooo!!!! Non potei mai!!!

Mana_Chan: I gemelli personalmente mi paicciono di più qui. Mi sono divertita a renderli opposti uno all'altro. Uno cattivo, l'altro buono. SOno malata, lo so XD! Contenta ke ti sia piaciuto!!! SPero che anche questo chap sia stao di tuo gradimento!!!!

Ok ragazzi. Ci vediamo Sabato prossimo!!!  ( e scusate ancora... è colpa della scuola!)

Ciaooooooo!!!!!

Ayleen^^

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Capitolo 9
*** Paradiso in Terra ***


CAPITOLO NOVE
Paradiso in terra



Eleanor non scrisse più nulla.
Il suo diario rimase nascosto nella sua borsa, chiuso dentro quel piccolo armadio che c’era in quella che era ormai diventata la sua stanza. L’aveva completamente abbandonato, come un vecchio giocattolo usato troppo a lungo. Eppure, ce ne sarebbero state di cose da raccontare…ma era stata un’altra Eleanor a versare inchiostro su quel diario. La vecchia Eleanor.
Non riusciva più a riconoscersi in quella calligrafia disordinata e tremolante. Non ricordava quali fossero stati i motivi che l’avevano spinta a versare tante lacrime su quelle pagine, rendendo illeggibili alcune parole. E perché c’era così tanta rabbia in quelle frasi? Così tanto dolore? Chi era, o cos’era, il responsabile di tutto ciò? Ma erano comunque domande alle quali lei non voleva rispondere. Forse la vecchia Eleanor l’avrebbe fatto, ma la nuova no!
Era passata più di una settimana dal suo arrivo in quella vecchia scuola. A lei parevano trascorsi mesi interi, perchè in quel luogo il tempo era qualcosa di estremamente soggettivo … non aveva nemmeno più guardato l’orologio, ne’ si era interessata di sapere che giorno fosse. Le sembrava tutto così superfluo…
Cosa le importava se era giorno o notte? Per quale motivo avrebbe dovuto prendersi la briga di sapere quale giorno della settimana fosse? A chi importava se si addormentava con la luce o con il buio?
Era con il suo angelo custode. Cosa mai avrebbe potuto esserci di più importante di questo?
Poterlo vedere tutti i giorni, parlargli, sentirlo ridere avendo la certezza che non sarebbe più sparito, le aveva fatto dimenticare tutti gli orrori del mondo. Ogni volta che incontrava quegli occhi di ghiaccio, si spogliava di ogni traccia di tristezza e di malinconia.
Era sempre convinta che la vita fosse complicata, ingiusta, impossibile… però era anche fantastica!
Era stato Rock a farglielo capire. Così, in modo del tutto naturale. Facendola ridere ogni volta che la vedeva triste, confortandola quand’era preoccupata per qualcosa, facendola sentire come a casa sua, anziché un’intrusa.
Rock le chiedeva spesso di cantare. Lei era sempre stata molto restia a quel genere di richiesta, ma per lui poteva fare un’eccezione. Lo osservava mentre ascoltava in silenzio e non c’erano mai applausi o complimenti a fine esibizione; solo il sorriso più dolce che si potesse immaginare. Cosa poteva esserci di più gratificante?
Ogni giorno si avvicinavano un po’ di più, senza pretese, senza malizia. Semplicemente si conoscevano. Diventavano amici un po’ per giorno… era un bel modo per rapportarsi . Lento, ma bello.
Con Heavy era diverso! Lui non aveva bisogno di consolare per tirare su il morale. Bastava guardarlo per ritrovare il buonumore.
I primi giorni, Eleanor aveva pensato che il ragazzo biondo si comportasse in maniera così infantile unicamente per attirare la sua attenzione, ma ci mise poco a capire che in realtà, lui era proprio così. Immaturo e spontaneo come solo un bambino avrebbe potuto essere.
Le piaceva; in qualche modo le ricordava Evan.
Già… Evan. Eleanor non si era più fatta sentire, pur sapendo fin troppo bene che lui non stesse aspettando altro. Avrebbe dovuto chiamarlo per dirgli di non attenderla più, che non sarebbe tornata da lui e da Nathan. Ma chissà come l’avrebbe presa?
Ad Evan, Rock non piaceva per niente – come tutti i ragazzi che si interessavano a lei, del resto. Sapeva diventare molto possessivo se si metteva d’impegno. Ma non c’era da preoccuparsi. La sua non era una di quelle gelosie che rischiavano di diventare pericolose. Pura e innocua gelosia fraterna. Di quelle sofferte in silenzio e del tutto rassegnate…
Comunque, prima o poi, avrebbe dovuto parlargliene. Rimandare di continuo era completamente inutile, per non dire irritante.
Rock le aveva suggerito di chiamarlo, ma lei si era rifiutata categoricamente. Non voleva salutarlo per telefono. Si sarebbero incontrati, così da fargli conoscere anche Rock, tanto per  tranquillizzarlo e fargli capire che non era il criminale che credeva. Era una bella opportunità per uscire a prendere un po’ d’aria. Perlomeno, per qualche ora si sarebbe risparmiata gli sguardi truci  di Metal che sembrava proprio non voler fare il minimo sforzo per diventarle amico.
Lei non capiva cosa fosse a provocare tutto quell’astio nei suoi confronti, ma in qualche modo era convinta che c’entrasse qualcosa con Rap.
Eleanor non aveva ancora avuto la possibilità di vedere questo fantomatico ragazzo. Aveva solo sentito la sua voce, mentre passava nel corridoio davanti alla sua stanza. Parlava con qualcuno al telefono, troppo serio, decisamente cupo… nessuna traccia d’ironia nel suo tono. Era talmente freddo e distaccato da farle temere sul serio d’incontrarlo. Non c’era mai durante il giorno. Tornava la sera molto tardi, dopo la mezzanotte.
Ed era proprio da mezzanotte in poi che scattava il coprifuoco per Eleanor.
Rock l’aveva praticamente obbligata a non uscire dalla sua stanza dopo quell’ora. Naturalmente, senza fornirle alcuna spiegazione a riguardo.
Intuendo da sola che tutte le sue domande inespresse non avrebbero comunque ottenuto risposta, rinunciò e si rassegnò all’atmosfera di mistero che avvolgeva quei quattro ragazzi senza nome.
Ci avrebbe fatto l’abitudine. Prima o poi!
Come tutte le mattine, Eleanor stava aspettando che qualcuno – in genere, Rock o Heavy – le desse il via libera per uscire dalla stanza. Rap usciva la mattina presto, ma a volte capitava che si attardasse qualche ora in più e lei non poteva rischiare…
Come al solito, era a dir poco impaziente di uscire! Era stanca di rimanere chiusa lì dentro. Aveva una voglia matta di correre nei bagni accanto alla palestra e buttarsi sotto una delle docce.
La prima volta che Rock l’aveva portata laggiù, lei si era stupita che tutto funzionasse così bene in quella vecchia scuola abbandonata. Il riscaldamento, l’elettricità e anche l’acqua calda nei bagni. Lui le aveva spiegato che erano stati Heavy e Metal. Era il loro talento nascosto! Erano in grado di riparare qualunque cosa rotta o difettosa senza troppa fatica. Era dalle loro mani che era passata l’auto di Rock in quel buio periodo che Eleanor l’aveva visto sparire dalla metro.
Eleanor si vestì in fretta. Era una cosa superflua, dal momento che di lì a breve avrebbe dovuto spogliarsi di nuovo per lavarsi, ma questi erano gli inconvenienti del convivere con quattro ragazzi maschi.
Finalmente, il segnale arrivò! Qualcuno bussò e la porta si aprì con un colpo secco.

“Avanti, esci!” L’esclamazione giunse secca e inflessibile.

Non era stato Rock a parlare, ne’ tantomeno Heavy. Eleanor rimase immobile per qualche istante, interdetta. Metal la fissava con la solita inimicizia.
Com’era possibile che fosse così diverso da suo fratello? Se non fosse stato per l’aspetto fisico, nessuno avrebbe mai potuto immaginare che fossero parenti.
Il ragazzo non si trattenne oltre. Veloce com’era comparso, si dileguò, mani in tasca e atteggiamento schivo.
Eleanor uscì nel corridoio, chiudendosi la porta dietro di se’.

“Buongiorno, dormigliona!”

Heavy apparve alle sue spalle con il suo consueto ed inopportuno entusiasmo, facendola trasalire.

“Preferirei non morire d’infarto prima del tempo, Heavy! “ sbottò lei, ponendosi una mano sul cuore “Quante volte devo ripetertelo di non assalirmi a questo modo?”

“Ancora una!” esclamò lui sorridente e facendole l’occhiolino. Eleanor alzò gli occhi al cielo, ma non potè fare a meno di ridacchiare con sincero divertimento.

“Come mai è venuto tuo fratello a chiamarmi? “ chiese poi, cambiando discorso e facendosi un po’ più seria.

Heavy rispose con un’alzata di spalle, mentre insieme si dirigevano verso la palestra. “Rock è fuori e io ho obbligato Metal a fare le sue veci. Deve imparare ad abituarsi alla tua presenza. Non può continuare a trattarti come…” Heavy si fece pensieroso per cercare un termine appropriato.

“Un’ intrusa?” lo aiutò Eleanor

“Precisamente!”

Non un’altra parola che la mente di Eleanor spaziò altrove. La compagnia di Heavy era piacevole, ma era di qualcun altro che lei aveva bisogno.

“Dove è andato Rock?”

Heavy si fece d’un tratto elusivo : “Da qualche parte insieme a Rap… non so esattamente dove.” Le disse, evitando di proposito di guardarla

Era una bugia. Un bugia bella e buona. Glielo si leggeva in faccia, ma come al solito lei preferì non insistere e rimanere al proprio posto, lontana anni luce dai loro segreti.

“E quando torna?” si limitò a chiedere.

“Non ne ho idea. “

Eleanor si fece prendere dallo sconforto. Cominciare la giornata senza Rock era triste. Ormai era assuefatta alla sua costante presenza e per quanto Heavy avesse potuto distrarla, provava un’inspiegabile e crescente ansia in sua assenza. Come se quel fragile equilibrio che era riuscita faticosamente a trovare, potesse infrangersi con un semplice schiocco di dita.
Solamente con Rock si sentiva davvero al sicuro. Al sicuro da Metal, da Rap, dalle ombre del suo passato… dal mondo intero.  Era una sensazione molto simile a quella che provava quando stava insieme ad Evan, ma molto più forte e intensa; di quelle che ti fanno temere la solitudine molto più del lecito.
Heavy probabilmente si accorse del velo di tristezza che si era posato sul suo sguardo e cercò di rimediare in qualche modo:

“Ah, vedrai! Conoscendolo non tarderà molto a tornare. Ho notato che per qualche insolito motivo non riesce a stare troppo a lungo lontano da te! Che gli hai fatto, si può sapere?”

Eleanor accennò un sorriso timido e sentì il sangue salirle al viso. Heavy ridacchiò:

“E’ troppo facile metterti in imbarazzo! Non c’è nemmeno gusto!”

“Smettila!” esclamò lei, spingendolo amichevolmente.

Raggiunta la palestra, Heavy si diresse senza esitazione verso la cesta con i palloni e ne afferrò uno.

“Ti aspetto qui!” Esclamò facendolo rimbalzare, una strana luce negli occhi.

Eleanor sbuffò contrariata e andò verso i bagni. Sbattè la porta dietro di se’ e appese un asciugamano alla maniglia.
Heavy era proprio un bambino. Un tale bambino da mettersi a sbirciare senza il minimo ritegno dal buco della serratura. Era stato Rock ad avvisarla e lei si era premunita. Evidentemente, Heavy non si riteneva ancora abbastanza cresciuto per una simile condotta…
Eppure ogni volta le veniva da ridere. In qualche modo era tenero. Impossibile arrabbiarsi.
Si spogliò e appese anche i vestiti alla maniglia – tanto per essere sicura che la vista di Heavy non fosse più acuta del normale. Peccato che non potesse chiudersi dentro a chiave… sarebbe stata molto più tranquilla.
Rimase sotto il getto bollente della doccia più a lungo del previsto. La sua pelle stava anche iniziando ad arrossarsi, ma lei non ci fece assolutamente caso. Stava troppo bene per poter uscire.
Come sempre, pensò a Rock e a dove avrebbe potuto essere. Difficile da immaginare. Non lasciava mai trapelare nulla quando parlavano. La sua mente era un muro invalicabile in cui mai sarebbe riuscita a fare breccia. Forse con il tempo, ma per ora non le era ancora concesso di entrare nel suo mondo.
All’improvviso, qualcosa la distolse dai suoi pensieri.
La porta sbattè, qualcuno entrò di corsa.

“Eleanor, devi uscire di lì! Subito!”

“Heavy?”  Sembrava molto agitato. “Vattene via!”

“No, ascoltami per favore! Devi uscire! Fai presto!”

“Io non mi muovo di un centimetro se tu rimani qui, cosa credi?” Eleanor si fece impertinente, ma Heavy sembrò non voler cedere.

“No no, tu non capisci! Non so per quale motivo ma… ” s’interruppe a metà frase. “Merda! Sta venendo qui!” imprecò infine.

Non servì chiedere chi stesse arrivando. Eleanor capì immediatamente.

Rap!

Chiuse l’acqua, aprì leggermente la porta della doccia per afferrare un grosso asciugamano bianco che aveva appeso alla maniglia e se lo avvolse intorno al corpo.

Heavy la guardava amareggiato, quasi imbarazzato:

“Mi dispiace, Eleanor! Non pensavo sarebbe tornato così presto! Torna sempre di sera, non capisco…”

“Non sono arrabbiata!” cercò di rassicurarlo. “Ma adesso cosa facciamo?”

Heavy si sporse leggermente oltre la porta del bagno per valutare la situazione nella palestra.

“Metal lo sta trattenendo, ma non credo servirà a qualcosa. Rap è entrato nella tua stanza. Ha visto il letto disfatto, capisci? Sa che c’è qualcuno oltre a noi. “

Eleanor ebbe paura e l’espressione seria e preoccupata di Heavy non l’aiutava per niente. Era addirittura intervenuto Metal per darle il tempo di nascondersi… era così pericoloso questo Rap? Cosa le avrebbe fatto una volta incontrata?
Sentiva il suo cuore battere frenetico. Ne aveva incontrati parecchi di uomini violenti nelle sue notti sulla strada e non intendeva assolutamente ripetere quell’esperienza. Heavy le lesse il panico in viso e tentò di calmarla:

“Stai tranquilla, cercheremo di farlo ragionare. Non ti farà niente, vedrai! Non è cattivo, solo… è un po’ impulsivo!”

Quale delle due è meglio…?


Heavy l’afferrò per un braccio e fece per trascinarla di nuovo dentro la doccia per nasconderla, ma non servì, dal momento che una figura alta e slanciata comparve sulla soglia e l’ammonì, serio:

“Heavy!”

Il ragazzo biondo si fermò e si voltò lentamente, senza mai lasciare il braccio di Eleanor. Lei trovò il coraggio di fare altrettanto e vide Rap per la prima volta.
Era alto, i capelli rasati erano scuri e i suoi occhi erano due pozzi traboccanti inchiostro da quanto profondi. Ma non fu questo a colpirla, ne’ il suo abbigliamento trasandato, ne’ le sue mani strette a pugno come a trattenersi dal colpire qualcosa, o qualcuno. La sua espressione… Eleanor sentì un improvviso moto di pietà nei suoi confronti. Al contrario di ciò che lei si era sempre immaginata non era la rabbia a prevalere su quel volto pallido. C’era solo tormento. Un tormento che non credeva possibile…

“Rap, ascolta…” provò a dire Heavy.

Rap lo zittì con un cenno della mano. Altro dolore si riversò sul suo viso. Chiuse gli occhi neri come la notte e si appoggiò allo stipite della porta, come preda di un’improvvisa onda di stanchezza.

“Perché?” chiese soltanto.

Nessuno rispose. Heavy abbassò lo sguardo, Metal –apparso in quel momento- lo imitò.

“Perché?” ripetè Rap, alzando la voce.

Eleanor lo guardò e vide che la stava fissando. Nuovamente sentì l’impulso di chiedergli se stesse bene, cosa fosse a farlo stare così male… ovviamente restò in silenzio, ma quella sensazione rimase presente in lei. Rap non le pareva più così minaccioso. Soltanto triste, preda di una disperazione inespressa che da chissà quanto tempo lo straziava. Che cosa mai gli era accaduto?

“Ragazzi, ci lasciate da soli!?”

La voce di Rock si fece strada tra le mille emozioni di Eleanor con lo stesso effetto di un tranquillante. Sentì le labbra incresparsi in un sorriso appena accennato. Ogni traccia di paura sparì, lasciando il posto ad una crescente sensazione di sicurezza.
Metal fu il primo ad andarsene, Heavy sembrò più riluttante, ma lo sguardo d’intesa di Rock lo convinse a seguire il fratello. Rap non staccò gli occhi di dosso da Eleanor nemmeno un istante, lei rimase appoggiata alla parete, le braccia strette al petto. Vestita solo dell’asciugamano, bagnata e infreddolita, appariva ancora più vulnerabile di quanto già non fosse.
Rock l’affiancò.

“Non c’è un perché, Rap!” gli disse gravemente “Non ho mai avuto intenzione di chiederti il permesso, e non lo farò nemmeno adesso.”

Rap fece una risata per nulla ironica, bensì cinica e carica di frustrazione:” Ovviamente, no!”

“Avrei dovuto parlartene prima, questo te lo concedo. Ho sbagliato a tenerti nascosto tutto.”

“Si, avresti dovuto. Ma non l’hai fatto nemmeno l’ultima volta, perché mai cambiare la tradizione?” Le sue parole avevano un che di velenoso, ma era qualcosa che andava al di là della comprensione di Eleanor.

Rock si fece cupo, ma non perse la sua determinazione: “Non andrà come l’ultima volta!”

Eleanor si corrucciò per la confusione. Non capiva di cosa stessero parlando. Rap la guardò di nuovo, con un’espressione che sapeva tanto di sfida:

“Beh, lo spero bene! Per noi, ma soprattutto… per lei!”

Sentendosi chiamata in causa, Eleanor guardò Rock, ma lui non ricambiò lo sguardo. Rap, invece si. Un’occhiata fredda, fugace e traboccante di angoscia.

“Fai quello che vuoi!” sbottò rivolto a Rock. “In fondo, non posso impedirti di divertirti con qualche puttanella raccolta dalla strada!”

Eleanor sussultò a quelle parole. Non avrebbe dovuto offendersi; Rap aveva soltanto detto la verità. Eppure non potè fare a meno di sentirsi ferita.

“Soltanto una cosa.” Continuò Rap, dando le spalle ad entrambi. “Non può stare in quella stanza! Nessuno può starci e tu lo sai bene! “

Se ne andò sbattendo forte la porta, i suoi passi in palestra echeggiarono per qualche istante. Eleanor non disse nulla, nemmeno si mosse, si strinse solamente un po’ di più nell’asciugamano. Rock sospirò, apparentemente più rilassato.

“Mi dispiace tanto, Eleanor.” Disse “Stamattina gli ho detto tutto. Ho creduto che fosse la cosa migliore. Evidentemente mi sono sbagliato!”

“Va tutto bene.” Mormorò lei, tentando forse di convincere più se stessa che lui.

“Stai tremando.”  Ed era vero. Non se ne era nemmeno accorta. Il freddo mischiato ad una buona dose di paura, la stava facendo tremare da capo a piedi. “Faresti meglio a rivestirti, prima che ti ammali di nuovo.”

Silenziosamente, Eleanor andò a raccogliere i suoi vestiti che erano caduti sul pavimento. Era talmente distratta da dimenticarsi di chiedere a Rock di uscire, ma fortunatamente lui fu abbastanza premuroso dal voltarsi giusto un attimo prima che l’asciugamano bianco che l’avvolgeva finisse a terra.

“Perché non vuole che dorma in quella stanza?” domandò Eleanor, mentre si rivestiva.

Rock non rispose subito e per un attimo lei temette che non avesse alcuna intenzione di farlo.

“Ci dormiva qualcuno lì dentro, tempo fa.” Disse infine.

“Chi?”

“Ricordi quando ti ho raccontato che Rap ha avuto una relazione finita in maniera molto brusca?”

Eleanor sbuffò, innervosita: “Non mi hai raccontato proprio niente! E’ stato solo un accenno!”

“Beh… la sua ragazza dormiva lì.”

La sua ragazza…?

Allora era così. Era una ragazza la causa di tutta quella desolazione sul volto di Rap. Sembrava plausibile… era ovvio che non desiderasse che qualche estranea prendesse possesso di quella che era stata la sua stanza.

“E lei dov’è adesso?”

A questa domanda, Rock non rispose. Lo vide stringere i pugni proprio come aveva fatto Rap qualche minuto prima. Sfortunatamente era voltato per potergli leggere il viso.

“Sei vestita?” domandò Rock, quando sembrò riconquistare il controllo.

“Si.”

“Allora usciamo da qui!”

***

Nessuno parlò più per tutto il giorno.
Rap era uscito e sarebbe probabilmente ritornato quella sera, come sempre, come se nulla fosse accaduto. Eppure fu come se fosse ancora lì presente a fissarli con quegli occhi neri e straziati.
Metal rimase tutto il giorno chiuso nella sua stanza. Heavy passeggiava avanti e indietro per i corridoi, l’aria assente e rivolgendole di tanto in tanto dei sorrisini forzati.
Rock si chiuse in una stanza che non era la sua. Aveva la porta rossa ed era l’unica di tutto l’edificio che si potesse chiudere a chiave. Rimase lì dentro tutto il giorno.
Eleanor avrebbe voluto andare da lui, ma non poteva entrare dato che la serratura era bloccata.
La conclusione a cui giunse fu una soltanto: non voleva incontrarla.
Si stava pentendo di averla portata laggiù, ecco cosa stava accadendo. Si era reso conto di aver commesso un terribile errore.

Sono una rovina per chiunque… non posso avvicinarmi troppo alle persone senza ferirle. E’ una maledizione!

Ma poteva ancora rimediare!
Non avrebbe assistito senza fare niente all’ennesimo disastro da lei provocato. Teneva troppo a Rock per saperlo così triste. Avrebbe fatto qualunque cosa per restituirgli la pace… anche sparire!
Sarebbe tornata da Evan e Nathan, per il momento. Doveva allontanarsi da Rock e dai suoi amici. Lei non era fatta per vivere tra le persone.
Non un altro pensiero che Eleanor corse fino alla stanza dove aveva dormito fino a quella mattina. Quando entrò però, fu costretta a rimanere immobile sulla soglia. Non era sola.
Rap era seduto sul letto e la guardava come fosse un insetto fastidioso da scacciare.

“Scusami…” mormorò Eleanor. “Pensavo che… che fossi uscito…”

“Che vuoi?” domandò lui secco.

“I-io…” farfugliò “…devo soltanto prendere la mia roba… poi me ne vado!”

Rap inarcò le sopracciglia, sorpreso. “Vedo che hai capito! Sei molto più sveglia di Rock, devo dartene atto!”

Eleanor si diresse verso il piccolo armadio. Al suo interno aveva messo la sua borsa nera. Appena la vide, una sensazione di nausea la colpì allo stomaco. Nel momento in cui se la rimise a tracolla, tornò ad essere la vecchia Eleanor. La bambola senz’anima con cui tanti uomini si divertivano.

“Rock lo sa che te ne stai andando via?” La voce cupa di Rap, la ridestò.

“No…” rispose lei, con un sussurro appena percettibile.

Il ragazzo non disse più nulla. Si sdraiò sul letto, le braccia piegate dietro la testa e chiuse gli occhi. Adesso sembrava molto più sereno, ma il dolore costante del suo volto sembrava marchiato a fuoco su di lui.
Eleanor lo fissò per qualche istante, indecisa se rivolgergli o no la parola. Non sembrava un amante delle chiacchiere, quindi preferì lasciare perdere e sgattaiolare via in silenzio. Chiuse delicatamente la porta dietro di se’ e rimase a fissare assorta la finestra che aveva di fronte.
Non se la sentiva di scappare via a quel modo. Doveva rivedere Rock almeno ancora una volta. Doveva ringraziarlo per tutto quello che aveva fatto per lei e, soprattutto, doveva scusarsi per avere rovinato quel piccolo mondo che avevano iniziato a crearsi.
E poi, voleva anche salutare Heavy. Le sarebbe mancato anche lui, non aveva dubbi. Probabilmente anche Metal e le sue occhiatacce ammonitrici. Occhiate che forse avrebbe fatto meglio a considerare di più. Probabilmente Metal aveva previsto tutto quanto, ecco spiegata la sua antipatia nei confronti di Eleanor.
Il corridoio era silenzioso e i ragazzi sembravano lontani anni luce. Sospirando mestamente, si diresse verso la misteriosa stanza nella quale si era rifugiato Rock. Giunta davanti  a quella porta rossa invalicabile, fece l’atto di bussare, ma la voce seria di Metal la fermò.

“E’ inutile!”

Eleanor si voltò, sussultando spaventata. Metal la guardava, per la prima volta privo di qualsiasi rancore.

“Non servirà a niente. Non apre mai a nessuno quando è lì dentro.”

La domanda sorse spontanea: “Che cosa c’è lì dentro?”

“Credimi. E’ meglio che tu non lo sappia!”

Eleanor annuì rassegnata. “Volevo solo…. salutarlo. “ le parole le uscirono assieme ad un singhiozzo trattenuto a  stento.

Non doveva assolutamente piangere, ma in quel momento era tutto ciò che desiderava. Metal sembrò sul punto di dirle qualcosa, ma rinunciò e la lasciò sola.
Eleanor si appoggiò accanto alla porta rossa e scivolando contro la parete, si ritrovò seduta per terra. Nascose il viso fra le ginocchia e si costrinse a ricacciare indietro l’urlo di dolore che minacciava di sopraffarla. C’erano solo due cose che avrebbero potuto farla stare meglio. Una di queste era oltre la porta rossa. Puntò tutto sull’altra e la sua voce perfettamente intonata uscì da sola dalle sue labbra:

“When I find myself in times of trouble
Mother Mary comes to me
Speaking words of wisdom, let it be!...”

La sua voce riecheggiava nei corridoi. Eleanor sperava davvero che Rock la sentisse. Le aveva detto molte volte di adorare sentirla cantare… quest’ultimo canto fu il suo modo di salutarlo.

“And in my hour of darkness
She is standing right in front of me
Speaking words of wisdom, let it be
Let it be, let it be. Let it be, let it be
Whisper words of wisdom, let it be.”

Dovette fermarsi. La sua intonazione venne contrastata dai singhiozzi che la percossero. Si alzò in fretta e senza guardarsi indietro, raggiunse l’uscita e sparì tra i vecchi palazzi disabitati di quel quartiere dimenticato.

***

Quando Rock uscì dalla stanza dalla porta rossa, si trovò riflesso negli occhi neri di Rap.

“Che fai qui? Pensavo non ci fossi!” gli disse, con evidente fastidio.

“La tua amichetta non te l’ha detto?”  Rap si fece arrogante d’un tratto. Rock lo fulminò con lo sguardo. “Beh, a quanto vedo non ha avuto il coraggio di dirtelo. Bene, toccherà a me fare le sue veci: se n’è andata!”

Gli occhi di Rock si ridussero a due fessure: “Che cosa le hai detto?” sibilò.

“Io proprio niente. Ha fatto tutto da sola. Ha capito di non essere la benvenuta qui dentro!”

Rock non disse niente. Strinse le labbra come per evitare di urlargli contro qualcosa e si allontanò. Rap lo inseguì:

“Non starai per fare ciò che penso!?”

“Sinceramente, ti preferisco quando non pensi, Rap!”

“Potrei dire la stessa cosa di te! Cosa credi di fare? Vuoi che succeda di nuovo?”

“Non succederà di nuovo, te l’ho già spiegato!”

“Si, certo. Come no! Ho visto come guardi quella puttana da quattro soldi!”

Rock si fermò di colpo. Rap non fece nemmeno in tempo a voltarsi verso di lui che qualcosa lo colpì in piena faccia con violenza. Sentì il labbro spaccarsi contro i denti inferiori e il sangue inondargli il mento.

“Chiamala puttana ancora una volta!” lo sfidò Rock, il pugno ancora a mezz’aria.

Rap si pulì il mento con il dorso della mano, con assoluta freddezza e ridacchiò: “Tutto questo mi ricorda qualcosa. A te, no?”

Rock volle sfuggire a quelle accuse e si affrettò a raggiungere l’uscita. Non gli importava cosa pensasse Rap, non gli importava di Metal e dei suoi timori e nemmeno gli importava di Heavy e del rischio enorme che stavano correndo. Voleva soltanto ritrovare Eleanor.
Pensava davvero di potersene andare così, come se nulla fosse? Non poteva, non ora che entrata nella sua vita. Le sembrava di sentire ancora quella vecchia canzone che aveva cantato poco meno di un’ora prima. Era stato il suo modo per dirgli addio?... si, in effetti era tipico di Eleanor. Lei era terribilmente fragile per ammettere di avere l’intenzione di scappare.
Trovandosi in mezzo al traffico cittadino, in mezzo alla gente, si rese conto di non avere la più pallida idea di dove cercarla, ma non si sarebbe arreso tanto facilmente. Era pronto a ribaltare l’intera città per ritrovarla.
Forse Rap aveva ragione. Si stava facendo coinvolgere troppo, proprio com’era accaduto l’ultima volta. Metal aveva ragione a stare così alla larga da Eleanor. Temeva di affezionarsi troppo a lei e, come Rap, non voleva più soffrire per un addio.

Affezionarsi troppo alle persone è pericoloso aveva detto una volta il suo amico di sempre. I legami sono il nostro punto debole e noi l’abbiamo capito troppo tardi.

Quant’erano vere quelle parole. Ma in quel momento non gli interessava. Sarebbe andato contro quel principio di isolamento nel quale tutti loro erano stati costretti a votarsi.  
Ormai era sera inoltrata. Aveva sbagliato a lasciarla da sola. Non doveva rifugiarsi oltre la porta rossa e lasciarla preda di sensi di colpa che mai avrebbe dovuto avere.  Eleanor diceva spesso di essere un disastro, ma anche lui non se la cavava affatto male. Per un attimo sorrise a quel pensiero, ma passare di fronte al parco, fece nascere dentro di lui la speranza di sapere dove lei fosse.

Meadow’s Hill, Meadow’s Hill, Meadow’s Hill..

Quel nome lo stava tormentando. Non sopportava l’immagine di lei da sola e triste, circondata dal buio della notte imminente. Eleanor non avrebbe mai dovuto restare sola, non se lo meritava. Tutti dovevano godere della sua compagnia, così come lei doveva godere della compagnia di tutti.
Il mondo aveva bisogno di qualcuno come lei. Era lei quella che sembrava non averne bisogno… o forse, ne era solo convinta.
I salici della salita che conduceva al cimitero di Meadow’s Hill, avevano un qualcosa di tetro e minaccioso senza la luce del sole ad illuminarli. I rami parevano tante braccia pronte ad intrappolare gli ignari passanti.
Fu un cupo silenzio ad accoglierlo a fine sentiero.

“Eleanor!” chiamò, ricevendo il suo eco come risposta “Sei qui?”

Nessuno rispose. Rock zigzagò per qualche minuto tra le spoglie lapidi, ma lei non c’era.
Forse era tornata da quel suo amico. Era quasi sicuro che si chiamasse Evan… quello geloso che l’aveva minacciato per telefono. Probabilmente era la cosa migliore per lei.
Non conosceva questo Evan, ma sicuramente avrebbe saputo prendersi cura di lei molto meglio di quanto avesse mai potuto fare lui. Eppure era troppo egoista per poterla lasciare andare così.
Voleva sentirla cantare ancora. Ogni giorno, senza alcun limite di tempo. Voleva vederla ancora storcere il naso di fronte alle cose troppo colorate e fare finta di niente quando arrossiva di fronte alle minime cose. La rivoleva indietro. Nella maniera più egoistica in cui si potesse desiderare qualcosa… non si sentiva nemmeno in colpa. Il suo era un bisogno fisico, così come lo erano l’aria, l’acqua e il cibo.
Pensò che fosse tornata su quel maledetto marciapiede da cui passavano tutti quegli uomini annoiati. Fu per un attimo soprafatto dalla rabbia nell’immaginarla prigioniera di braccia e corpi estranei. Nessuna mano così indegna avrebbe dovuto sfiorarla, nessuno avrebbe dovuto profanarla contro il suo consenso. Lei aveva solo la colpa di essere troppo bella, ma nessuna di quelle bestie – perché certo non li si poteva definire uomini – poteva immaginare che dietro quell’aspetto ci fosse molto, molto di più.
Percorse ancora il sentiero dei salici, questa volta di corsa e in discesa. Quel marciapiede maledetto non era lontano da lì. Doveva salvarla, doveva proteggerla dal quel mondo sporco e impuro. Lei era troppo fragile per poterci sopravvivere.
Superò il parco correndo. Una volta uscito si ritrovò nel luogo dove Eleanor aveva trascorso molte notti. C’erano tante ragazze come lei e tutte seguirono Rock con lo sguardo, senza il minimo pudore. Tanti sorrisini ipocriti e movenze che avrebbero incantato chiunque. In fondo, era il loro mestiere.
Solo una di loro non lo considerò. Troppo impegnata a stringersi nel cappotto per non congelarsi.

“Scusami!” le si rivolse, lui. La ragazza lo guardò e gli sorrise affabile.

“Posso fare qualcosa per te, tesoro?” Non sembrava convinta di quelle parole, sembrava più che altro una frase imparata a memoria e ripetuta fino alla nausea.

“Conosci una certa Eleanor?” domandò lui immediatamente.

La ragazza fece una smorfia, comprendendo che Rock non era interessato a lei.

“Eleanor, hai detto? Fammi pensare…” la ragazza rimase in silenzio qualche istante. “Aspetta! Stai parlando di quella sempre vestita di nero?”

“Si!” esclamò Rock. “Si, proprio lei!”

“E’ da un po’ che non si fa vedere. Non so, forse ha cambiato zona. Non parla mai con nessuna di noi, quindi non so dirti, mi dispiace.”

Rock sospirò amareggiato. “Grazie lo stesso.”

Si allontanò in fretta da lì. Non fece caso alle proposte che quella ragazza gli stava facendo. Aveva ben altro per la testa in quel momento.
Dove altro avrebbe potuto trovarsi Eleanor? A questo punto, c’era da pensare che fosse sul serio tornata da quel suo amico. Oppure…

Ma certo! Lo so dov’è!

L’intuizione giunse improvvisa. Gli attraversò il cervello come un fulmine. Si mise di nuovo a correre, diretto nell’unico luogo dove lei avrebbe potuto essere.
Forse era un po’ presto. L’orario era sbagliato per cercarla laggiù, ma doveva tentare.
L’ingresso della metropolitana apparve dietro l’angolo. Rock corse giù per le scale e raggiunse in fretta la banchina. Un rumore assordante gli riempì le orecchie. Il convoglio stava arrivando proprio in quell’istante.
Si fermò un attimo per riprendere fiato e, finalmente, la vide. Il suo angelo nero.
I suoi capelli neri si dibattevano nell’onda d’aria provocata dalla metro. Stringeva la sua borsa al petto, come fosse l’oggetto più prezioso al mondo. Teneva il viso basso, proprio come quando era triste. Ormai conosceva troppo bene i suoi atteggiamenti. Riusciva a vedere il luccichio dei suoi occhi blu. Aveva pianto. E il responsabile era lui.
Quando le porte automatiche della metro si aprirono, lei entrò. Lui la seguì di corsa, saltando dentro un secondo prima che si richiudessero. E i loro occhi s’incontrarono.

“…Rock?” la sua voce era flebile e stanca. Il suo sguardo confuso e disperato.

Adesso che le era così vicino riusciva a vedere i solchi sulle sue guance di porcellana, residui delle numerose lacrime che aveva versato.
Le mille e più scuse che si era preparato mentalmente, non vollero saperne di uscire dalla sua gola. Non c’era proprio nulla da dire, perché in quel momento nulla aveva senso. Tranne il fatto che lei era tutto ciò che lui desiderava.
Un passo avanti bastò a far si che riuscisse a raggiungerla. L’afferrò delicatamente per un braccio e l’attirò a se’. Lei si lasciò trascinare come una bambola inanimata, sempre con quegli occhi sperduti fissi su di lui.
Non fu l’istinto. E nemmeno la ragione. Fu semplicemente lui a far si che accadesse. Le sue labbra si posarono su quelle di lei, talmente veloci da non darle il tempo di reagire. Ed Eleanor non si mosse di un centimetro. La borsa le scivolò dalle braccia e cadde a terra con un tonfo.
Rock la strinse forte a se’, come a verificare che lei fosse vera e non uno dei tanti sogni ad occhi aperti che lo tormentavano.
Ormai c’era dentro fino al collo. Rap si sarebbe infuriato, ma era davvero così importante? No… certo che non lo era. Nel momento in cui Eleanor rispose al bacio e le sue esili braccia gli circondarono il collo, ogni cosa perse importanza. C’era solo lei. Nient’altro.
Quando si separarono, Rock poggiò la fronte sulla sua. Il viso di lei non era più color porcellana. Quell’adorabile rossore l’aveva soprafatta ancora una volta.
Rock sorrise, prima di fare la sua disperata richiesta:

“Rimani, ti prego.”

Eleanor affondò il viso nel suo petto, forse per nascondere inutilmente il fatto di essere arrossita e lo abbracciò più forte. La sentì annuire con il capo.

“Si…” mormorò contro di lui.

Eleanor non lo vide sorridere appagato. Sentì solo il suo sospiro liberatorio e le sue labbra che si posavano sui suoi capelli. Anche lei sorrise felice.
Ora che entrambi avevano trovato il loro paradiso in terra, sorridere era molto più semplice.

***

Scusate! Scusate! Scusate!!!! In ritardooooo!!!! Perdonatemi!!!!
Sono stata vittima di un fugace "blocco dello scrittore"! Per fortuna è passato! Non si ripeterà, giuro! ç__ç  . E come se nn bastasse ci si è messo pure l'HTML a farmi impazzire!!!!!!!! Non aveva intenzione di collaborare!!
Questo chap l'ho scritto con una canzone scoperta per caso... bellissima*_*. Non so nemmeno ki è che la canta. So solo che s'intitola "Here by my side"...  bella bella bella!!!!!  L'ho sentita casualmente in un vecchio episodio di Smallville (notare, a me smallville manco piace >.
Cmq, conclusioni????? Ho fatto bene a scrivere l'ultima parte dal punto di vista di Rock? Boh, nn ne sono molto convinta....speriamo bene! Sono nelle vostre mani!
Non è troppo sdolcinato, vero????
Non ho nemmeno riletto, quindi vi prego di dirmi se ci sono degli errori di battitura  o altro, e io correggerò immediatamente. Odio gli errori!!! >.<

Cmq, RINGRAZIAMENTI:

Nanako: Chiamarlo Black???? noooo >_> non mi piace u.u  Era carino Gothic, ma era decisamente troppo strano^^. Spero ti sia piaciuto anche questo chap. Ciao!
Mana_Chan:  Rap e Metal sono inquietanti è vero, ma presto si scoprirà anche il motivo di tutta questa frustrazione. Per ora devi rimanere col dubbio. SOno stata abbastanza romanticosa??????? Spero di si. Non mielosa, però... vero????? *me paura*
Poisoned_Apple: Eccolo Rap, contenta???? Beh, è apparso, ma nn ho ancora rivelato nulla su di lui. Dovrai avere ancora un po' di pazienza^^. E FINALMENTE Rock ed Eleanor sono arrivati ad un compromesso! Era l'ora (lo dico pure io! XD) . Cmq, tornando al discorso "gemelle separate", sono alta 1,65 e sono castana liscia. Direi ke nn ci siamo, ma ti nomino cmq mia gemella se x te va bene XD. Ti piace Gregory e mi basta!!!! CIaoooooO!
Felicity89: Ciao allieva cara!^^ ALlora dimmi, ti è piaciuto!!! Adesso Rap l'hai conosciuto, anche se in parte... c'è ancora mooooooolto da dire su di lui. XD
Grazie a chi mi ha aggiunto tra i preferiti (vi adooooroooooooo) e anche a chi ha solo letto (adorooooooo anche voi)!!!

Bene, alla prossima! Cioè sabato! E questa volta cercherò di nn tardare ç__ç!! (sperando ke l'Html collabori!)

Ciaooooooooo

Ayleen

PS
La canzone cantata da Eleanor è "Let it be" dei Beatles


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Capitolo 10
*** Famiglia ***


CAPITOLO DIECI
Famiglia



Un debole raggio di sole accarezzò il viso di Eleanor, costringendola ad aprire gli occhi. Si ritrasse infastidita alla luce, rigirandosi tra le coperte e sussultò leggermente a ciò che trovò una volta voltata.  Non si era ancora abituata al fatto di non essere sola in quel letto.
Nonostante fosse passato ormai quasi un mese, riusciva a sorprendersi ogni mattina nello scrutare quel viso a pochi centimetri dal suo. Persino nel sonno lui pareva un angelo – ammesso che gli angeli dormissero.
Non era stato poi così male l’essere scacciata dalla sua vecchia stanza. Rap, seppur senza volere, le aveva fatto un favore enorme, dato che ora lei condivideva la camera con Rock.
Eleanor ricordava fin troppo bene la sera che erano tornati. Ricordava lo sguardo infuriato di Rap nel vederli mano nella mano, e ricordava la discussione che ne era sfociata. A lei non fu permesso assistere.
Rock l’aveva portata nella sua stanza e per quasi tutta la notte, lui e gli altri ragazzi non avevano fatto altro che litigare. Per lei!
Rock ed Heavy volevano che rimanesse, ma Rap e Metal no! Erano due contro due, impossibile fare una scelta equa. Non sapeva come avesse fatto Rock a convincere Rap e nemmeno volle saperlo. Dopo quella notte però, ne’ Metal ne’ tantomeno Rap le rivolsero più la parola. Come se lei fosse un fantasma, come se non esistesse nemmeno. Persino le occhiatacce di Metal cessarono di perseguitarla.
Eleanor si sciolse in un sorriso nell’osservare Rock dormire serenamente. Gli poggiò delicatamente una mano sulla guancia, giusto per assicurarsi che non fosse un’illusione. No, non lo era davvero… lui aprì lentamente gli occhi  e la sua mano si  posò su quella di lei, sorridendo.

“Scusami.” Mormorò Eleanor ridacchiando “Non volevo svegliarti.”

“Non stavo dormendo. Stavo solo aspettando che ti svegliassi tu.” I suoi occhi velati e la sua voce impastata dal sonno dicevano l’esatto contrario.

“Si, come no!” lo accusò Eleanor, afferrando il cuscino e colpendolo in pieno. “Raccontala a qualcun’altra!”

Prima che lui potesse reagire e restituirle il colpo, lei schizzò via dal letto facendogli la linguaccia.
Lui mugugnò qualcosa d’incomprensibile prima di mettersi faticosamente a sedere.

“Sei decisamente troppo energica!” disse passandosi una mano fra i capelli più arruffati del solito.

“No, sei tu che sei un pensionato!”

Rock fece una debole risata: “Questa mi mancava!”

Eleanor sbuffò e cominciò a tirarlo per un braccio: “E dai, alzati pigrone!”

“Perché tutta questa fretta?”

“C’è il sole fuori! “ esclamò lei, stranamente entusiasta.

Rock alzò un sopracciglio, sorpreso: “Non eri tu quella che detestava il sole?”

Eleanor allentò un po’ la presa sul suo braccio, ma continuò a tirare per farlo stare in piedi.

I tuoi occhi sono più belli alla luce del sole…

Quel pensiero la fece arrossire e lui la guardò sospettoso: “Che cosa c’è?”

“Niente.” S’affrettò a dire lei, fingendo noncuranza.

“Stai diventando rossa!” le fece notare, trattenendosi dallo scoppiare a ridere.

“No, non è vero!”

“Si, che è vero! “

“Smettila, e non tentare di cambiare discorso! Alzati, dai!”

Rock sospirò e le diede un leggero strattone, più che sufficiente a farla cadere sul letto, sopra di lui. Le prese il viso tra le mani, costringendola a guardarlo e la fissò intensamente. Trattenne a stento un sorriso nel vederla arrossire ancora di più. Non era certo un segreto che Eleanor avesse un debole per i suoi occhi e, ovviamente, lui ne approfittava ogni volta che poteva.

“Ancora cinque minuti.” Le disse nel modo più persuasivo che conoscesse. “Per favore.”

“Ah, ma così non vale…!” si lamentò lei, con ben poca convinzione. “Giochi sporco!”

“E ancora non hai visto niente.”

Irrimediabilmente allacciata al suo sguardo, non riusciva a pensare a nulla di abbastanza sagace da dirgli. Non era brava quanto lui a lasciare le persone senza parole.
E di certo, quelle labbra che d’improvviso si ritrovarono sulle sue, non l’aiutarono granchè in quel folle tentativo.  Tanto valeva rinunciare ed assecondarlo… in fondo, non costituiva un grande sacrificio.  
Le mani di Eleanor s’insinuarono fra quei capelli corvini costantemente disordinati che lei tanto amava, mentre lui la stringeva a se’ con crescente trasporto.
Non si accorsero della porta che si apriva, ne’ di Heavy che, senza farsi notare, li fissava sornione, una mano dietro la schiena a nascondere qualcosa.
Attese paziente qualche istante che i suoi due amici finissero quel che avevano iniziato, ma sapeva che sarebbe stata un’attesa inutile.

“Ragazzi!” li chiamò, alzando gli occhi al cielo, senza mostrare il minimo imbarazzo. “Quando avete finito di cercarvi le tonsille a vicenda, gradirei avere la vostra attenzione.”  

Eleanor trasalì sorpresa ed infastidita da quell’improvvisa intrusione.

“Sparisci, Heavy!” mugugnò Rock contro le labbra di Eleanor.

“Oh, andiamo!” continuò imperterrito il biondo “Avete avuto tutta la notte per fare le vostre cosacce. Adesso basta!”

A quelle parole, Eleanor sorrise mentalmente e poco ci mancò che non scoppiasse a ridere.
In realtà, lei e Rock non facevano nulla di tutto ciò che gli altri certamente immaginavano.
Avrebbero potuto, certo. Tranquillamente! Era lei che non riusciva a lasciarsi andare e a Rock non erano mai servite spiegazioni.  
“Immagino che tu ne abbia fin sopra ai capelli…” Così le aveva detto al primo ed ultimo tentativo che aveva fatto, quando lei si era irrigidita e divincolata dalle sue braccia. Lo aveva detto sorridendo rassicurante, come se davvero comprendesse i suoi sentimenti, come se capisse il ribrezzo che lei aveva per tutto ciò che concernesse il sesso. E in quel sorriso, in quello sguardo, lei riuscì quasi a leggere le parole che aveva sempre sperato di sentir dire da un uomo: quando lo vorrai… non prima!
Si separarono solo nel momento in cui qualcosa di gelido e soffice li colpì in piena faccia. Eleanor fece un gridolino di sorpresa. La leggera imprecazione di Rock venne coperta dalle risa sguaiate di Heavy che, tenendosi lo stomaco con le braccia, sembrava divertirsi un mondo.

“Dio, Rock!” esclamò tra le risate “Avresti dovuto vedere la faccia che hai fatto!”

“Si!” fece lui, fulminandolo con lo sguardo. “Meglio che tu non veda la tua di faccia dopo che ti avrò messo le mani addosso! Potresti non riconoscerti!”

Eleanor si alzò in piedi e si scrollò di dosso la gelida polverina bianca che Heavy le aveva scagliato contro. Ci mise poco a capire cosa fosse.

Neve!!
Pensò raggiante, correndo immediatamente alla finestra.

Di fuori, un bianco scintillante diamanti regnava incontrastato. Eleanor sentì l’improvviso impulso di correre fuori e rotolarsi per terra, come faceva da bambina nel cortile all’Istituto, ogni qualvolta nevicasse.
Ma c’era un altro impellente bisogno da soddisfare prima di regredire allo stadio di bambina elettrizzata. Farla pagare ad Heavy!
Rock era già all’opera. Lo aveva afferrato per la testa con entrambe le braccia, impedendogli qualsiasi movimento. Eleanor corse alla scrivania accanto alla porta, afferrò un oggetto nero e con espressione a dir poco inquietante si inginocchiò davanti ad Heavy. Il poveretto guardò preoccupato l’oggetto in questione e capendo cosa fosse, sgranò gli occhi:

“Che vuoi fare?” chiese, pur conoscendo da se’ la risposta.

“Tienilo fermo, Rock!” sibilò lei a denti stretti.

“Con piacere!”  

Heavy cercò di divincolarsi, non appena Eleanor avvicinò minacciosamente l’oggetto nero al suo viso:

“Ragazzi, andiamo! Era solo uno scherzo innocente!”

“Oh, anche questo lo è!” esclamò Rock rafforzando la presa sull’amico. “Il più innocente di tutti!”

***

“Vi odio!” proruppe Heavy nel silenzio della mensa, con un conseguente rischio di soffocamento da cibo da parte di Rock e Eleanor che non riuscirono a trattenere le risate.

Heavy non aveva ancora toccato la sua colazione. Stava seduto di fronte a loro e li fissava risentito, a braccia conserte:

“Nessuna innocua palla di neve vale questo!”

“Non è per la palla di neve.” Spiegò Rock, tentando di tornare serio.

“Ah, no!?” domandò il biondo aspramente.

“E’ per essere entrato senza permesso in camera nostra…”

Eleanor annuiva, fissando Heavy con aria di rimprovero.

“Per non avere bussato,” continuò Rock “ per non aver avuto il minimo rispetto per la nostra privacy e, soprattutto, per averci interrotto!”

“E…” intervenne all’improvviso Eleanor “… per esserti comportato come un bambino stupido!”

“Esattamente!” convenne Rock.

Heavy li guardò a metà tra lo scioccato e l’incredulo:

“Ah, sarei IO quello che si è comportato come un bambino? E questo allora?” Esclamò indicandosi la faccia dove spiccavano dei baffi, un pizzetto e un prolungamento sia delle ciglia che delle sopracciglia, rozzamente disegnati con un pennarello nero. “Non lo definirei certo un comportamento maturo! O no?”

Eleanor e Rock scoppiarono a ridere senza ritegno.

“Solo legittima difesa, se permetti.” Precisò la ragazza. “ E dovresti ringraziarmi per non avere usato quello indelebile!”

“Oh, grazie mille. Davvero…” mugugnò Heavy.

In quel momento, entrò Metal che, senza degnare nessuno di un saluto, si sedette accanto al fratello. Ci mise qualche secondo per notare i segni sulla sua faccia. Inarcò le sopracciglia e lo fissò disgustato:

“Oddio…” fece, senza battere ciglio “… sei stato rapito da una banda di mocciosi dell’asilo!?”

“Peggio!” sbottò lui, lanciando una fugace occhiata ai due ragazzi seduti di fronte a loro.

Ogni traccia d’ilarità nell’aria si dileguò, non appena entrò Rap. I ragazzi lo salutarono, tutti tranne Eleanor che sentendosi per un attimo vittima di una sua breve occhiataccia, preferì portare la sua attenzione al ripiano del tavolo, dimenticandosi il motivo per il quale fino a pochi istanti prima stesse ridendo. Si appoggiò a Rock, in cerca di conforto. Lui le afferrò prontamente la mano da sotto il tavolo, facendola sentire immediatamente meglio.
Rap non fece commenti sulle condizioni di Heavy. Quando lo vide, si corrucciò leggermente e scosse appena la testa, con passività. La sua attenzione volò a Rock.

“Ti sei dimenticato?” gli chiese.

Rock parve preso in contropiede: “Che cosa?”

Rap sospirò paziente: “Che giorno è oggi?”

Eleanor guardò il suo angelo, fattosi pensieroso tutt’ad un tratto: “… il 7 dicembre.” Rispose cautamente.

Rap lo guardava come se gli stesse sfuggendo qualcosa di terribilmente ovvio. “ Il 7 dicembre…” ripetè fissandolo.

Pochi istanti e Rock si raddrizzò sulla sedia: “Cazzo!” esclamò agitato.

“Ecco, se l’è ricordato.” Fece Rap, rilassandosi contro lo schienale.

Metal soffocò una risata, Heavy invece, non ci provò nemmeno a trattenersi: “Ultimamente il nostro caro Rock ha altro per la testa!” disse ammiccando ad Eleanor, facendola inevitabilmente arrossire.

Rock si alzò in piedi: “Che ore sono?”

“Le otto e mezza.” Rispose Rap

“Bene, posso farcela! Sono ancora in tempo!“

Eleanor lo guardò confusa: “Che succede? “

Lui stava per risponderle, ma Rap – con il chiaro intento di stuzzicare entrambi – lo precedette:

“Deve andare da Mary-Bell, ovviamente!”

Quel nome bastò a scombussolare Eleanor.

Mary-Bell…?

Troppe immagini si accavallarono una sull’altra nella mente d Eleanor; tutte con un unico soggetto in comune: una bellissima ragazza – perché lei se la immaginava bella oltre ogni dire – insieme al suo angelo.
Si rivolse a Rock e, prendendo coraggio, gli domandò:

“Chi… chi è Mary-Bell ?”

Rock sospirò e fulminò Rap con lo sguardo: “Devi proprio essere sempre così equivoco quando parli?”

“Talento naturale!”

“Chi è Mary-Bell?”chiese di nuovo Eleanor, questa voce a voce più alta.

Rap sembrava divertito, anche senza ridere; glielo si leggeva negli occhi. Metal era silenzioso, perso in chissà quali pensieri. Heavy, come al solito, rideva  senza preoccuparsi di apparire serio o pacato.

Rock le offrì a mano: “Se vuoi, te la faccio conoscere.” Disse tranquillamente.

Eleanor incrociò le braccia, impettita: “No, grazie! Non ci tengo!”

“Insisto.”

Sfoderò di nuovo uno dei sguardi intensi, quelli a cui lei non riusciva proprio a resistere. Sospirando con rassegnazione, gli afferrò la mano, gustandosi appieno il suo sorriso trionfante.

***

Le neve scricchiolava sotto i loro piedi. Eleanor si strinse di più nella giacca che Rock le aveva prestato per proteggersi dal freddo. Le stava larghissima e aveva dovuto arrotolare le maniche, ma perlomeno aveva evitato che si trasformasse in un ghiacciolo ambulante.
Camminare al fianco di Rock non la faceva più sentire a disagio davanti agli sguardi della gente. Per qualche ragione, aveva smesso di farci caso. Le opinioni degli altri sul suo conto, non la interessavano più.
Di tanto in tanto, lanciava uno sguardo nervoso a Rock, per valutare la sua espressione. Sembrava tranquillo, anche troppo. Forse, aveva tratto conclusioni troppo affrettate riguardo questa misteriosa Mary-Bell. Eppure, non riusciva a pensare in maniera esaustiva.

“Allora, me lo dici chi è questa Mary-Bell?”

Rock ridacchiò: “Eleanor, ti stai creando dei problemi che non esistono! “

“Allora spiegami chi è, così la smetto!”

“Lo vedrai presto chi è, e allora capirai di esserti comportata come una sciocca!”  

“Perché non me lo dici subito?”

Rock sorrise a quella domanda: “Perché sei a dir poco adorabile quando fai la gelosa.”

Eleanor si sentì avvampare, mettendosi immediatamente sulla difensiva:

“…Non… non sono gelosa!”

Lui soffocò una risata: “No, certo che non lo sei!” la prese in giro.

“E piantala, dai..” mugugnò, guardandosi i piedi e corrucciandosi appena.

Rock le cinse le spalle con un braccio e le baciò il capo: “Sai? A volte fatico a cogliere le differenze tra te ed Heavy.”

“Ma vorrai scherzare?! Ok, forse non sarò la maturità fatta persona, ma a quei livelli non ci sono ancora.”

“Se lo dici tu..”

Camminarono per un’altra decina di minuti, chiacchierando del più e del meno. Eleanor seguì ubbidiente i suoi discorsi, pur avendo il sospetto che fossero solo un modo per allontanare la sua attenzione da Mary-Bell. Sentiva che sarebbe impazzita se non avesse subito scoperto chi lei fosse, ma cercò di darsi un contegno e di aggrapparsi con tutte le sue forze alla fiducia che nutriva nei confronti di Rock.
Quando lui alzò un braccio per salutare qualcuno in lontananza, lei s’irrigidì nervosa. Stava dunque per incontrare la sua rivale? Seguì lo sguardo di Rock, ma non vide nessuno rispondere al saluto del ragazzo.
Lui sembrava felice… raramente, l’aveva visto così raggiante e questo non fece altro che aumentare la sua ansia.
Rock si separò da Eleanor per accogliere qualcun altro tra le sue braccia. Immediatamente, sentì la rabbia invaderla, ma la ragione prevalse nel momento in cui scrutò la figura avvinghiata al suo angelo.
Non era una ragazza. Era soltanto, una bambina.

“Lo sapevo, lo sapevo! Ero sicura che saresti venuto!”

La ragazzina sprizzava gioia da ogni poro e  sembrava sul punto di piangere. Rock la strinse più forte, accarezzandole la testa con fare quasi paterno.

“Certo, cosa credevi? Io le mantengo le promesse. Scusa se ti ho fatta aspettare.”

Quando si separarono, Eleanor potè osservarla meglio. Ciuffi sbarazzini di capelli neri le spuntavano da sotto il berretto di lana. Aveva gli occhi verdi e il naso spruzzato di simpatiche lentiggini. Era bassa di statura e molto minuta. Eleanor non seppe darle un’età approssimativa.

“Eleanor?” la chiamò Rock, all’improvviso. “Ti presento Mary-Bell.”

Eleanor guardò prima la bambina, poi Rock. Lui si affrettò a spiegare, senza risparmiarsi un sorrisino derisorio:

“La mia sorellina.”

Mai come in quel momento, Eleanor avrebbe volute sparire, diventare invisibile, essere inghiottita dall’asfalto. Non c’era mai stata nessuna rivale! Era stata gelosa di una bambina innocente. Di sua sorella! Questo rasentava il ridicolo.

“Oh!” fece, seriamente a disagio.

La bambina le offrì un mano, coperta da un guanto di lana rosa, sorridendo: “Piacere di conoscerti. Sei la fidanzata di mio fratello?”

La parola fidanzata era forse un po’ troppo impegnata, ma la piccola Mary-Bell non sembrava coglierne i significati.

“Si…” disse Eleanor, sorridendole di rimando e stringendole la mano “ Piacere.”

Lanciò un’occhiata di scuse a Rock che si limitò a sogghignare compiaciuto.

“Come sei bella!” esclamò Mary-Bell all’improvviso, con occhi adoranti.

Eleanor non riuscì a trattenere una risata imbarazzata: “Grazie, ma non lo sono quanto te.”

Mary-Bell ridacchiò timidamente arrossendo, prima di tornare a fissare Rock.

“Allora?” le chiese lui “Che cosa vuoi come di regalo di compleanno?”

Ecco spiegata l’agitazione e la fretta di Rock quand’erano a casa. Si era dimenticato del compleanno della sorella… Eleanor si sentì vagamente colpevole. In parte, era anche lei la responsabile..

“Posso chiedere qualunque cosa?” domandò Mary-Bell, raggiante.

“Qualunque cosa.”

“Allora voglio che torni a casa da noi!”

Quella richiesta fece ad Eleanor una gran tenerezza. Rock una volta le aveva detto che dopo un brutto litigio con i genitori, lui se n’era andato di casa. Evidentemente, Mary-Bell sentiva la sua mancanza.

Rock sospirò serio: “Lo sai che non è possibile.”

“Ma solo per oggi!” lo implorò lei, gli occhi verdi luccicanti. “Ti prego, solamente per un giorno!”

“Mary-Bell, no… non posso.”

“Ma mamma e papà non ci sono! Sono partiti per un viaggio non so dove, ci siamo solo noi a casa. Jules e Dylan sarebbero felicissimi di rivederti! Non puoi isolarci così. Sei pur sempre nostro fratello!”

Jules e Dylan?... ma quanti fratelli ha?

Rock fissò la sorella con espressione affranta e le accarezzò una guancia: “Scusami, ma non credo che…”

Mary-Bell non lo lasciò finire. Si ritrasse violentemente da lui e incrociò le braccia arrabbiata. I suoi occhi si riempirono di lacrime, quando se ne accorse diede le spalle ad entrambi per nasconderle.

Eleanor si avvicinò a Rock: “ E dai, falla contenta! “ gli sussurrò “Che ti costa?”

“Non voglio tornare in quella prigione!” La freddezza con cui disse quell’ultima parola, la fece trasalire.

Tuttavia non demorse. “Non vorrai farla piangere il giorno del suo compleanno?”

Rock sembrò raddolcirsi un po’. Guardò la sorella sinceramente dispiaciuto. Era chiaro che farla piangere non rientrava nelle sue intenzioni, ma sembrava anche deciso a non assecondare le sue richieste.
Le si avvicinò e, cercando di apparire rassicurante, le disse:

“Potremmo andare tutti insieme da qualche parte, che ne dici?”

Lei continuò a fare l’offesa e  neanche lo guardò.

“Andiamo dove vuoi tu. “ proseguì Rock “E sai che ti dico? Faccio venire anche Heavy!”

Eleanor non capì cosa centrasse Heavy, ma vedere Mary-Bell nascondere un sorriso e arrossire leggermente, le fece intuire la verità.

“E se poi non vuole venire?” domandò incerta.

“Oh, non ti preoccupare!” Esclamò lui, rallegrandosi  di averla toccata nel punto debole.“Eleanor è molto brava a convincere le persone!”

Mary-Bell guardò curiosamente la ragazza e poi tornò a fissare il fratello. Si concesse ancora qualche attimo di broncio, ma alla fine si sciolse in un sorriso spontaneo:

“Cinema!” esclamò, trafficando nella borsina che indossava “Adesso chiamo Jules e Dylan e gli dico di venire!” detto questo afferrò un cellulare e si allontanò di qualche metro per telefonare.

Rock tornò accanto ad Eleanor, visibilmente sollevato.

“Fammi capire…” cominciò subito lei “…a tua sorella piace Heavy?”

Rock ridacchiò: “E’ follemente innamorata di lui. Ho provato a fuorviarla, ma è inutile!”

Eleanor non si stupì più di tanto. Dato il carattere di Heavy non c’era certo da stupirsi che piacesse a una ragazzina.
Mary-Bell tornò proprio in quell’istante di corsa, con un gran sorriso stampato in faccia. In quel sorriso, Eleanor notò una certa somiglianza con Rock. Qualcosa nei loro lineamenti faceva capire che fossero fratello e sorella.

“Lo hai chiamato?” chiese impaziente. “Hai chiamato Heavy!?”

“Adesso gli telefono, calmati.”

“Jules e Dylan hanno detto che vengono. Che bello! Finalmente staremo di nuovo tutti e quattro insieme, come ai vecchi tempi!”

Era impossibile non commuoversi di fronte alla sua contentezza. Doveva davvero aver sofferto molto la separazione dal fratello. Eleanor vide qualcosa di molto simile al senso di colpa nello sguardo di Rock e nessuno, conosceva i suoi occhi meglio di lei. Gli afferrò una mano e gliela strinse forte e lui fece altrettanto.

“Vieni anche tu, vero?!” chiese Mary-Bell ad Eleanor, distogliendola dai propri pensieri.

“Se non sono di troppo, vengo volentieri.” Rispose lei, timidamente.

Non le sembrava giusto imbucarsi in quella che aveva tutta l’aria di essere una riunione di famiglia. Si era già introdotta senza permesso nella vita di troppe persone…

Rock sembrò intuire i suoi pensieri: “Tu non sei mai di troppo!” esclamò abbracciandola.

Mary-Bell afferrò entrambi per i polsi e cominciò a tirarli energicamente: “Andiamo, dai! “

Loro si lasciarono trascinare, mentre Rock mandò velocemente un messaggio ad Heavy per intimargli – o meglio, ordinargli – di raggiungerli, non prima di essersi ripulito il viso ovviamente…

***

Mary-Bell era una bambina adorabile.
Quel giorno compiva 12 anni, ma non li dimostrava in nessun senso. Era piccola per la sua età e fin troppo ingenua. Eleanor non potè fare a meno di confrontare i suoi 12 anni con quelli di Mary-Bell. A quell’età, lei era già stata privata della propria innocenza e d’infantile non aveva più nulla. Aveva abbandonato le bambole e i giochi già da molto tempo… Gli adulti l’avevano crudelmente estirpata dal sicuro e confortevole mondo dell’infanzia molto prima del tempo.
Mary-Bell invece, era cresciuta secondo i tempi. E si vedeva… lo si vedeva nel suo sorriso spontaneo, nelle sue domande inopportune, nel suo irrefrenabile entusiasmo. Quando arrivò Heavy, lei non ebbe occhi che per lui. Sembrava che fossero legati da una corda invisibile, dato che non si allontanava dal raggio di  due metri da lui.
Heavy comunque, non sembrava infastidito da tutte le attenzioni della ragazzina, anzi ne era quasi lusingato. O forse, più probabilmente, aveva trovato pane per i suoi denti, dal momento che pure lui dimostrava non più di 12 anni.
Eleanor fu davvero felice di conoscere gli altri due fratelli di Rock.
Jules era la più grande ed era bellissima. Eleanor provò una forte invidia nel vedere il suo fisico statuario e il suo viso perfetto. Anche lei aveva i capelli neri, lunghi fino alle spalle. I suoi occhi erano la copia esatta di quelli di Rock, solo leggermente più affusolati… avrebbe potuto tranquillamente fare la modella o lavorare nel mondo dello spettacolo, ma invece le disse di stare studiando per diventare avvocato.

Lodevole. Non potè fare a meno di pensare.

Dylan era il secondogenito. Aveva due anni in più di Rock e  non somigliava granchè ai suoi fratelli. I suoi capelli erano color mogano e i suoi occhi grigi come l’asfalto. Era piuttosto taciturno, ma si  dimostrò comunque molto socievole nei confronti di Eleanor, forse anche troppo, dal momento che ad un certo punto Rock dovette fargli presente che aveva casualmente poggiato un braccio sui suoi fianchi. Non si misero a litigare forse perché troppo felici di rivedersi, ma lo scambio d’occhiatacce fu decisamente esemplare. Eleanor lo trovò molto divertente. Dimostrava che non era l’unica a soffrire di gelosia!
Pranzarono tutti insieme in un ristorante del centro. Eleanor si sentì abbastanza a disagio, dato che il posto più elegante dove lei fosse mai stata era stato un fast-food.
Sapeva che la famiglia di Rock era ricca, era stato proprio lui a dirglielo, e si domandò più volte cosa ci facesse lì. Rock era sempre pronto a rassicurarla con un sorriso o una stretta di mano. L’effetto era immediato e lei si sentiva in grado di affrontare qualunque cosa.
Anche Heavy avrebbe dovuto sentirsi a disagio come lei, ma era troppo impegnato a discutere con Mary-Bell quale fosse la migliore serie a cartoni animati degli ultimi cinque anni…
Al pomeriggio andarono tutti insieme, come da Mary-Bell richiesto, al cinema a vedere un qualche film dell’orrore che Eleanor non aveva mai sentito nominare.
Heavy rise tutto il tempo dei continui sussulti sul sedile di Mary-Bell. Rock gli intimava inutilmente di piantarla. Jules e Dylan non fecero altro che prendere di mira loro fratello con i pop corn, forse una sorta di vendetta nei suoi confronti per la sua prolungata assenza da casa. Eleanor d’altro canto, non seguì assolutamente il film, troppo impegnata ad osservare tutto ciò che le accadeva attorno. Fortuna che era un giorno feriale e dentro la sala del cinema c’erano solo loro.
Quando uscirono era ormai pomeriggio inoltrato e il sole era quasi del tutto tramontato.
Mary-Bell abbracciò forte Rock e lo ringraziò per almeno un centinaio di volte. Jules fu costretta ad intervenire per separare la sorellina da lui. Fu triste quando se ne andarono. Si vedeva chiaramente che Rock li avrebbe voluti seguire e, forse, fu proprio per quello che Mary-Bell riuscì a strappargli la promessa che un giorno sarebbe andato a trovarla a casa. Molto teneramente, Heavy diede un bacio sulla guancia alla ragazzina che divenne paonazza e si attaccò al braccio di Dylan.
Jules abbracciò Rock e si vedeva che a stento tratteneva le lacrime.

“Fatti vedere ogni tanto, fratellino ingrato!” gli disse, cercando di sdrammatizzare.

Eleanor si sorprese quando andò ad abbracciare pure lei, come se si conoscessero da una vita, come se facesse parte della famiglia.
Heavy si separò da loro, dicendo di dover fare un passo in un qualche negozio, e lasciò che Eleanor e Rock tornassero a casa da soli.
La ragazza non aveva potuto fare a meno di notare per tutto il giorno, che nessuno aveva mai chiamato Rock per nome. Anche i suoi fratelli usavano quello strano nomignolo rivolgendosi a lui. Forse, una sua esplicita richiesta? Avrebbe voluto chiederglielo, ma tanto sapeva benissimo che lui sarebbe rimasto sul vago senza fornirgli una risposta esauriente.

“Come mai te ne sei andato di casa?” a malapena si accorse di averlo detto ad alta voce.

Era un’altra delle domande  che l’avevano perseguitata per tutto l’arco della giornata.
Lui non rispose, sorrise:

“Quando arriverà il mio turno per le domande?” domandò con un tono che sapeva tanto di sfida.

Eleanor non seppe rispondere. In effetti, Rock non aveva tutti i torti .

“Se io risponderò a qualcuna delle tue domande, tu farai lo stesso con me?” chiese molto innocentemente, facendolo ridere.

“Si, affare fatto!”

Un pensiero prevalse sugli altri, però. Un pensiero pressante che la costrinse a portare altrove la sua attenzione. Vedendola farsi pensierosa, Rock chiese:

“Va tutto bene?”

Eleanor scosse la testa: “ No.” Mormorò

“Che c’è che non va?”

“…E’ solo che… non ho ancora visto Evan. Ed è passato un mese da quando vivo con voi!”

“Gli hai scritto, no?”

“Si, lo so…” in effetti, gli aveva mandato un paio di messaggi con il cellulare di Rock, ma di certo ad Evan non sarebbe bastato. “Ma devo incontrarlo di persona. Voglio che ti conosca, voglio che sappia di noi due e che si tranquillizzi. E’ ancora convinto che tu mi abbia rapito! ”

“Prometto solennemente che quando me lo farai conoscere, mi comporterò da perfetto gentiluomo! Niente comportamento da teppistello da strada!” scherzò lui, posandosi un mano sul cuore.

Eleanor rise: “Non occorre. Tu sei un perfetto gentiluomo, non c’è alcun bisogno che tu finga.”

Lui la strinse a se’, baciandole la fronte e lei si aggrappò forte ai suoi fianchi, godendo appieno del calore irradiato dal suo corpo.

“Mi dispiace tanto per la scenata di oggi.” Mormorò Eleanor.

“Quale scenata?”

“Io… io credevo che Mary-Bell fosse…” non ce la fece a finire la frase.

Rock rise divertito: “Non fa niente. E poi te l’ho detto, quando fai la gelosa sei semplicemente adorabile!”

“E stupida!”

“No, non è vero!”

“Si che è vero!”

“Ti dico di no!”

“Si, invece!”

“La vuoi piantare?”

Continuarono punzecchiandosi a questo modo fino a casa. In cortile trovarono Rap, seduto sui gradini dell’ingresso, una sigaretta fra le dita e il solito sguardo triste.

“Ciao Rap!” lo salutò Rock.

Come al solito lui, non fece minimamente caso ad Eleanor e si comportò come se in quel cortile ci fossero solo lui e Rock.

“Allora come è andata?” chiese “Mary-Bell sta bene?”

“Si, sta benissimo. Perché non sei venuto? Le avrebbe fatto piacere rivederti.”

Rap sbuffò, prima i gettare lontano la sigaretta e alzarsi in piedi. Scoccò un’occhiata truce ad Eleanor:

“C’era un po’ troppa gente per i miei gusti!” disse prima di allontanarsi nel buio del cortile.

Eleanor assorbì la frecciatina in silenzio, cercando di non prendersela troppo.

“Non dargli retta.” Le sussurrò Rock.

Lei annuì in silenzio e entrambi entrarono in casa. Il calore che li circondò fu un vero toccasana per i loro corpi congelati dall’aria gelida della sera. Si diressero velocemente nella loro stanza e si chiusero dentro, giusto per evitare di ripetere l’esperienza di quella mattina.
Eleanor si tolse la giacca e l’appoggiò su una sedia, per poi buttarsi sul letto. Si voltò verso Rock e si accorse che la fissava con un’espressione che non lasciava presagire nulla di buono:

“Che c’è?” chiese.

Lui ghignò:” Tocca a me fare le domande.”

“Adesso?”

“Si, adesso. Perché no?”

Il ragazzo andò a sedersi con lei sul letto. Lei lo fissava sulla difensiva, visibilmente preoccupata.

“Non ci provare nemmeno!” esclamò Rock “Non guardarmi così! Sapevi che prima o poi sarebbe toccato a me fare l’interrogatorio!”

“Uffi!” si lamentò lei, incrociando le braccia come una bambina capricciosa.

Rock ridacchiò: “Dai, ti prometto che dopo potrai chiedermi tutto ciò che vorrai!”

Lei non sembrava molto convinta: “E tu risponderai questa volta?”

“Si, te lo giuro!”

Eleanor sospirò rassegnata : “D’accordo.” Fece mestamente “Chiedi pure…”

Lui le si avvicinò un po’ di più e senza nemmeno pensarci un secondo, come se già da tempo programmasse di chiederglielo, disse:

“Parlami di tua madre!”

Eleanor sentì il suo cuore perdere un battito. Parlare di sua madre.... si, in effetti tutta la storia girava attorno a sua madre. Riviverla sarebbe stato atroce, ma se mai avesse dovuto scegliere una persona a caso a cui affidare il suo dolore, quello sarebbe stato sicuramente Rock.
Sospirò, cercando di prendere coraggio .

"Va bene. Ti dirò tutto..."

***


Nuooooo!!! Ancora una volta in ritardo!!! Sono irrecuperabile! ç___ç
Facciamo così!D'ora in avanti gli aggiornamenti oscilleranno tra il sabato e la domenica, ok?! Prevenire prima di curare...

Cmq, capitolo leggermente inutile lo ammetto. Volevo soltanto un po' introdurre la famiglia di Rock, che in futuro comparirà ancora. Spero cmq che vi sia piaciuto lo stesso. Sarà perchè è natale ke mi sono fissata sul discorso della famiglia?!?!? si, è possibile... U_U. E' poi ho sempre desiderato avere una famiglia numerosa e invece sono figlia unica ç___ç tristezza!!!
Ora però, sono preoccupata per il prox capitolo.... perchè vi chiedete? ^^ beh, nn posso dirvi il motivo ma tutto gira attorno ad una scena che ho paura di nn essere abbastanza in grado di scrivere.... di più nn posso dire XD!!! Vi toccherà aspettare!

Ringraziamenti:

Felicity89: Ti piace Rap, eh?!?!? U_U. Devo dire ke ha fatto furore anche tra le mie amiche a cui sto infliggendo questa storia^^. Bene, sono contenta ke piaccia così tanto! SOno soddisfazioni! Ciaoooo!

giulietta_cullen: Oh, ke bello! Sono felice che finalmente qualcuno ke si era limitato ad aggiungermi tra i preferiti si sia deciso a recensire^____^ *me piange di gioia*. Per quanto riguardo il grande segreto dei 4, diciamo ke dal prox chap comincerà a sbloccarsi qualcosuccia. Metal ha fatto colpo, eh?!?!? Anche io lo amo (ci credo, l'ho creato io U.U). Ti piacciono gli uomini crudeli... buongustaia XDD!!!!!!!!! A proposito, ho paura ke condividiamo il marito.Ciao!!!!!!!!

BabyzQueeny: Oh se voi sorridete da orecchio a orecchio, pure io sorrido *__*... sono felicissima ke la scena del bacio sia piaciuta... spero ke anche le prox effusioni piacciano.

Mana_Chan: Lo so lo so!!! Il baciooooo! Finalmente sono riuscita a scriverlo!! Ancora fatico a crederci XDD!!! Sono contenta che la parte descritta dal punto di vista di Rock sia piaciuta... ce ne saranno altre. E ti dirò di più, ci sarà un pezzo anche raccontato dal punto di vista di Rap... hihihihihi. Sarei curiosa di sentire la tua teoria riguardo la ex di Rap.... ovviamente nn posso rivelarti nulla, ma ti dico solo una mia amica come ha reagito quando gli ho spoilerato tutto^^ "OmmioDio ma tu sei da scritturare per Beautiful!!!! "  .... giuro, ha detto proprio le testuali parole.... nn so se sia un complimento però, boh!!!!

Ringrazio tantissimo anche ki mi ha aggiunto tra i preferiti *__* e ki ha solo letto!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Grazie a tutti!! Vi adoro!!!!!!!!!

Ok, ragazze. Ho finito!!!!
Ci vediamo la settimana prox (rimaniamo sul vago ke è meglio)!!

Ciaooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Ayleen

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Capitolo 11
*** Addio ai giochi ***


Solo un paio d'ali - capitolo11 - Addio ai giochi
CAPITOLO UNDICI
Addio ai giochi



Gli occhi di Rock erano ansiosi, impazienti e desiderosi di sapere. Ciò nonostante, erano anche incoraggianti, carichi di quell’affetto incondizionato a cui lei non era ancora riuscita ad abituarsi.
Lui voleva solo conoscere la sua storia, senza giudicarla. Eleanor doveva solo convincersi di questo, anche se non era facile...
Amava quel ragazzo che le sedeva di fronte, e non si sentiva una presuntuosa nell’essere convinta che quel sentimento fosse ricambiato. Lui non l’avrebbe mai giudicata!
Riuscì per qualche strano motivo a distogliere lo sguardo dal suo, per portarlo alle proprie mani strette a pugno intorno alle lenzuola.
Si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, come faceva ogni volta che era nervosa e prese coraggio:

“Io sono stata un errore.” Disse, quasi in un sussurro. “Mamma non aveva previsto il mio arrivo. Eppure ha sempre detto che sono stata l’unica cosa positiva della sua vita.”

Rock sorrise senza alcuna ironia: “Tipica frase da mamma!”

“Già…”  

Seguì un lungo momento di silenzio. Rock attese paziente che lei trovasse la forza per riprendere a parlare. L’ultima cosa che voleva era metterle fretta.

“ All’inizio voleva abortire. Non ha mai avuto problemi ad ammetterlo. Non me lo ha mai nascosto.” Ricominciò Eleanor . “Non ho mai capito cosa poi l’abbia spinta a farmi nascere. Forse, credeva che un bambino le avrebbe cambiato la vita. Cambiato in senso buono, intendo!”

“E tuo padre? “ chiese Rock, automaticamente.

Eleanor si schiarì la gola prima di parlare: “Io non… non ho idea di chi sia mio padre.”

“Ma tua madre ti avrà parlato di lui, immagino. O no?”

La ragazza scosse la testa, evitando in tutti i modi di non guardarlo: “Nemmeno lei sapeva chi fosse.”

Rock rimase interdetto a quelle parole. “In che senso?… ha avuto più di un uomo allo stesso tempo?”

Eleanor rise amaramente: “Parecchi, direi. Vedi… mamma faceva quello che fino a poco tempo fa facevo anch’io. “

Vide la confusione sparire dal suo viso in un istante, per lasciare spazio ad una rassegnata consapevolezza:

“Oh…” fece, corrucciandosi leggermente.

“Un ago in un pagliaio. “ Ironizzò lei, senza l’ombra di un sorriso. “Ho solo un indizio su di lui.”

“Davvero? Quale?”

“Abbiamo gli occhi uguali. Mamma li aveva marroni, quindi io devo averli per forza presi da mio padre.”

“Non è un grande indizio.”

Eleanor rispose con un’alzata di spalle: “Lo so. Ma del resto non ho mai avuto l’intenzione di cercarlo. Voglio dire, lui non sa nemmeno che esisto. A cosa servirebbe mettermi sulle sue tracce? Gli sconvolgerei l’esistenza e basta!”

“Non hai tutti i torti. “

Rock la vide farsi più nervosa. Prese a mordicchiarsi il labbro inferiore e non lo aveva ancora guardato in faccia nemmeno una volta, quasi si vergognasse delle sue stesse parole.
Forse non era stata una buona idea costringerla a parlare, ma ormai era tardi per i ripensamenti.
Ed evidentemente, anche lei pensava lo stesso, dal momento che non furono necessarie esortazioni per farla riprendere a raccontare.

“Io e lei vivevamo in un piccolo appartamento in periferia. C’era soltanto una camera, la mia. Lei dormiva in salotto, sul
divano. Quando ero piccola non avevo la più pallida idea di che lavoro facesse. La vedevo uscire di notte e dormire come un sasso di giorno. Una vicina si occupava di me quando lei non c’era. Non è mai stata una mamma incosciente, di questo devo dargliene atto. “

“E tu non le hai mai chiesto dove andasse di notte?”

“No. Non m’interessava… o forse, ero io a non volerlo sapere. Poi però, alla fine l’ho scoperto. “

“Come?”

”E’ stato tutto a causa di uno stupido tema. Andavo in seconda elementare e come compito a casa la maestra ci chiese di parlare del mestiere dei nostri genitori. Così fui costretta a chiederglielo. “ Una risata mesta sfuggì dalle labbra di Eleanor “Ricordo ancora perfettamente la sua risposta. Mi disse, io faccio divertire tutti quegli uomini che hanno delle mogli antipatiche. Loro vengono da me e io faccio loro compagnia.

Rock però non rise a quelle parole.
Per un attimo provò ad immaginare. Ci provò davvero, con tutte le sue forze, ma non ci riuscì. Doveva essere terribile per una madre provare a spiegare alla propria bambina, quanto il mondo fosse stato spietato e crudele con lei. Farle prendere coscienza che quella fiaba nella quale tutti i bambini sono convinti di vivere, in realtà, non è altro che un‘illusione destinata a scomparire molto presto.

“E io scrissi proprio quello sul tema. Ero troppo ingenua per capire la verità. “ continuò Eleanor “La maestra non ne fu molto contenta. Anzi,a dirla tutta, nessuno ne fu contento. E nessun genitore permise ai propri figli di giocare ancora con me. Mamma fu costretta ad iscrivermi in un’altra scuola perché – non so se lo sai – ma i bambini sanno essere davvero crudeli, a volte.”

Lui le afferrò una mano, incapace di qualunque altro gesto.  Sapeva che non sarebbe servito comunque a niente. Una stretta di mano è poca cosa davanti a determinati traumi infantili. Ma finalmente, lei alzò gli occhi –luccicanti di lacrime - ad incontrare i suoi.

“ Hei, “ le disse dolcemente “ Non fa niente se non ti va di continuare. Anzi, scusami per averti chiesto di ricordare tutto questo.”

Eleanor scosse il capo: “No. Io voglio parlarne. Devo farlo… sento già di stare un po’ meglio. Non credevo facesse così bene. Ho fatto male a tenermi tutto dentro. Ora basta! “

Rock le sorrise senza dire niente.
Se lei desiderava parlare, allora lui l’avrebbe ascoltata fino in fondo. Soffrendo con lei. Soffrendo per lei!
La vide emettere un lungo sospiro, prima di riprendere il racconto:

“Non mi feci nuovi amici. In un certo senso, sentivo di non averne bisogno. Sapevo divertirmi da sola e spesso mi isolavo completamente dagli altri. Ma quando cominciai la terza elementare, mamma cambiò tutt’ ad un tratto. “

Eleanor aumentò la presa sulla mano di Rock e il suo sguardo cadde nuovamente sulle lenzuola:

“Smise di mangiare e molte volte la sorprendevo a parlare da sola. Si svegliava di colpo urlando e aveva continui sbalzi di umore. Quando stava bene mi diceva di continuo di starle alla larga perché avrebbe potuto farmi del male senza rendersene neanche conto, e io ubbidivo. Si fece visitare da un dottore, ma non seppi mai quale fu la diagnosi, però con il tempo una cosa la capii … mamma aveva qualcosa che non andava. Qualcosa nella sua testa non funzionava come avrebbe dovuto. “

L’espressione di Rock si fece grave e profonda. Tuttavia, non fece domande. Preferì concederle il tempo necessario a riportare a galla quei ricordi spiacevoli.

“Non so bene quale fosse il suo problema. Era convinta di essere perseguitata da qualcuno. Qualcuno dei tanti uomini con cui era stata, suppongo. Si sentiva toccare e stringere da mani e braccia che solo lei poteva vedere. Urlava e si dimenava di continuo, così cominciò a prendere dei tranquillanti e dei sonniferi per dormire...”

“E migliorò?”

“Inizialmente si, o almeno così credevo io.”

Eleanor lasciò la mano di Rock e si alzò in piedi. Andò a prendere la sua borsa e tirò fuori un piccolo oggetto che gli occhi del ragazzo non furono in grado di distinguere.
Quando lei lo raggiunse di nuovo, lo affidò alle sue mani. Rock guardò l’oggetto in questione e non capì.
Era un pupazzo, o una bambola di pezza… non si poteva certo dire che fosse fatto bene. A malapena si capiva che fosse una figura umana - una figura femminile, con molta probabilità - . Le cuciture erano malfatte e storte, i due bottonicini che formavano gli occhi si stavano staccando e il filo rosso che andava a formare la bocca era distorto a creare una strana espressione infelice. Aveva un che di triste ed inquietante.

“Che cos’è?” chiese immediatamente

“Me la porto dietro da dieci anni. “ Rispose Eleanor, apparentemente tranquilla. “Dovrei buttarla, ma qualcosa mi lega indissolubilmente a lei…”

Prese delicatamente la bambolina dalle mani di Rock, come fosse un oggetto di cristallo fragilissimo e la guardò a lungo. Una lacrima sfuggì al suo controllo, si affrettò a cancellarne il passaggio con il dorso di una mano.

“Eleanor …?” Rock la fissava preoccupato.

“Sto bene.” Lo tranquillizzò subito lei, mentendo. Poi riprese a parlare: “Il giorno della Festa della Mamma, a scuola ci fecero realizzare queste bambole. Ci chiesero di farle il più possibile simili alle nostre mamme perché poi avremmo dovuto regalargliele. Io m’impegnai parecchio, ma il risultato, come puoi vedere, non fu dei migliori. “ lo disse con un sorriso svagato, ma con gli occhi velati di lacrime. “Sembra più una di quelle bamboline voodoo, non credi?”

Anche Rock si costrinse a sorridere: “ Scommetto che a lei è piaciuta lo stesso…”

Le parole le morirono in gola. Dovette fare un paio di tentativi prima di riuscire a continuare:

“In verità… lei non … “ deglutì “ … non l’ha mai ricevuta.”

Rock dovette assistere impotente al pianto disperato che seguì. Eleanor scoppiò in lacrime e si coprì la bocca con un mano, forse nel vano tentativo di soffocare i singhiozzi.
Era come se non avesse ancora mai pianto sul serio. E in effetti, era così.
In tutti quegli anni non si era mai sfogata davvero, nemmeno con Evan. Tutto il dolore che aveva represso non aveva fatto altro che accrescere dentro di lei ed avvelenarle l’anima… Le braccia di Rock che in quel momento la strinsero a se’, furono il tanto agognato antidoto.
Non riuscì nemmeno a rispondere a quell’abbraccio. Era paralizzata dalle continue immagini che le riempivano la testa: Sua madre che le preparava il suo piatto preferito, che giocava a nascondino con lei, che le leggeva una favola, che la rimproverava per aver preso un brutto voto, che le pettinava i capelli, che l’ascoltava cantare, che le dava il bacio della buonanotte prima di uscire per andare a lavorare sulla strada….
Possibile che le mancasse tanto?
Perché se ne stava accorgendo soltanto in quel momento?
Era sempre stata convinta di odiarla. Invece ora era lì, tra le braccia del suo angelo custode a piangere per lei. Perché non c’era più.
Ci volle qualche minuto prima che i singhiozzi diminuissero d’intensità. Non ci pensò neanche a separarsi da Rock. Affondò il viso nella sua spalla e riprese a parlare, provata:

“Quel giorno tornai a casa di corsa, non vedevo l’ora di mostrare quell’orrenda bambola a mia madre. Nonostante facesse schifo, ne ero molto orgogliosa… “

“Eleanor, non importa.” La interruppe Rock, accarezzandole una guancia “Non voglio sapere nient’altro. Non voglio che tu stia male per un mio capriccio.”

Fu come se non avesse nemmeno parlato: “ Corsi su in casa e aprì la porta con le chiavi nascoste sotto lo zerbino. Trovai mamma sdraiata sul divano… io …” per un attimo le mancò il respiro nel rievocare quel ricordo. Ritrovò l’ossigeno grazie ad un’insana risata, quasi isterica “…Dio! Io credevo che stesse dormendo!”

Rock sentì i propri muscoli paralizzarsi, così come i propri sensi, e cominciò ad intuire la terribile verità.

“Io credevo dormisse…” continuò Eleanor singhiozzando. “…E andai tranquillamente in camera mia a fare i compiti! Ci vollero ore intere prima che mi accorgessi che lei era fredda e non respirava… e come una stupida io la scrollavo e la chiamavo, ma lei era immobile…”

Rock prese a cullarla lentamente, in un folle tentativo di calmarla, ma era consapevole dell’inutilità di quel gesto disperato.
Provò per un attimo ad immaginare quell’orrore: Eleanor bambina che tornava a casa da scuola e trovava sua madre morta.
Sentì un brivido corrergli lungo a schiena. Quale Dio poteva permettere una cosa del genere?

“Andai a chiamare la nostra vicina…” continuò imperterrita Eleanor “… che immediatamente chiamò i paramedici. Quando arrivarono, sul pavimento accanto al divano trovarono la confezione di sonnifero completamente vuota…  morte per avvelenamento, dissero… chiusero mamma in una specie di sacco e la portarono via… uno dei dottori fece domande su di me alla mia vicina e poco dopo arrivò una donna dell’assistenza sociale. Mi concesse dieci minuti per raccogliere le mie cose e poi mi portò all’istituto per minori.”

Eleanor non riuscì a dire nient’altro. Pianse ognuna delle lacrime che aveva faticosamente trattenuto in tutti quegli anni.
Rock avrebbe voluto dire qualcosa, ma era cosciente che ogni parola sarebbe stata del tutto inutile a farla sentire meglio. Il silenzio era forse la cura migliore in quei casi.
Non seppe dire per quanto tempo rimasero così; perse totalmente la cognizione del tempo nel sentire il corpo tremante di lei venire scosso dai gemiti. Era insopportabile assistere impotenti a quello strazio!
Eleanor non si accorse del movimento alle loro spalle e nemmeno del leggero cigolio che seguì. Rock sì, invece. Alzò appena la testa oltre la spalla di lei e riconobbe Rap sulla soglia.
Fissava entrambi confuso, appena corrucciato, ma senza il consueto fastidio che provava nel vederli insieme. Sembrava piuttosto… preoccupato. Tuttavia mantenne il suo solito atteggiamento freddo e distaccato.

“Che le prende?” domandò, senza particolari inflessioni.

Non appena udì la sua voce, Eleanor si staccò da Rock e si asciugò gli occhi, quasi si vergognasse nel farsi vedere in quello stato pietoso.

“Sparisci, Rap!” l’esortazione di Rock giunse secca e severa.

“No…” mormorò Eleanor, la voce ancora rotta dal pianto “… non fa niente. Sto bene, davvero…”

Nessuno dei due ragazzi parve convinto. Rap sbuffò e se ne andò, chiudendo la porta.
L’attenzione di Rock tornò immediatamente a lei. La vide sforzarsi di sorridergli, un sorriso che non coinvolse anche i suoi occhi doloranti.

“…Mi dispiace.” Le disse Rock

“No, non importa. Te l’ho detto. Parlarne mi sta stare meglio. Non devi scusarti.”

“Non intendevo questo. Mi dispiace per quello che hai passato… io non riesco ad immaginare come avrei reagito al tuo posto. Probabilmente sarei impazzito.”

Eleanor si strinse le ginocchia al petto e appoggiò il mento sulle proprie ginocchia.

“Non ho parlato per quasi due anni…” ammise. “E il primo mese all’istituto furono costretti ad imboccarmi per farmi mangiare. Ho perso il conto di quanti psicologi infantili mi abbiano fatto incontrare, ma nessuno di loro riuscì a farmi parlare. Ero come diventata muta.”

“Ma poi ti sei ripresa, no?”

Questa volta il sorriso che si fece largo sul viso di Eleanor non era affatto sforzato:

“Si.”  Disse “E’ stato Evan a guarirmi.”

“L’hai conosciuto all’istituto?”

“Si. Tutti i membri della sua famiglia – genitori, fratello e nonni- sono morti in un incidente d’auto, mentre lui era a scuola. Mi ha raccontato che stavano andando a prenderlo e un camion ha tagliato loro la strada ad un incrocio. Non aveva altri parenti e così finì lì dentro.” Eleanor fece una risata “Mi sono sempre sentita una miserabile a pensarla così, ma la sua tragedia è stata la mia salvezza… senza di lui, probabilmente sarei muta ancora adesso.”

Rock le posò una mano sulla guancia: “ Vuoi dire che è grazie a questo Evan se io posso sentirti cantare?”

“Assolutamente.”

Eleanor si sdraiò sul letto, portando gli occhi al soffitto. Rock fece lo stesso, ma tenendo lo sguardo fisso su di lei.

“La prima volta che mi ha sentito parlare è rimasto davvero molto sorpreso, quasi si è spaventato.” Cominciò a raccontare
“Lui credeva sul serio che io fossi muta. Pensava fossi così dalla nascita.”

“Quanti anni avevi quando sei finita lì dentro?” chiese all’improvviso Rock.

“Nove, e ci sono rimasta per sette anni, fino a quando non sono diventata maggiorenne. “

“Ma non hanno mai pensato a darti in adozione a qualche famiglia?... Non è questo che fanno quegli istituti?”

Eleanor sospirò, sorridendo leggermente:

“Oh, si che ci hanno pensato. Hanno provato in tutti i modi a sbarazzarsi di me, ma io non ne volevo sapere. Non volevo una nuova famiglia per due motivi: prima di tutto, non volevo separarmi da Evan e, in secondo luogo, non sopportavo l’idea che un’estranea prendesse il posto di mia madre. Così, ogni volta che venivo affidata temporaneamente ad una famiglia, mi comportavo malissimo facendo ammattire gli aspiranti genitori che alla fine rinunciavano e sceglievano qualche altro bambino. Anche Evan usava la stessa tecnica. Fummo catalogati come bambini potenzialmente problematici, per farla breve, un sinonimo di inadottabili.  Eravamo due piccoli cospiratori!”

Rock cercò di ridere assieme a lei, ma non ci riuscì del tutto. Eleanor non gliene diede il tempo, cogliendolo di sorpresa con una strana domanda:

“Come mai ancora non me lo chiedi?”

Lui la guardò interrogativamente, senza capire. “Cosa dovrei chiederti?”

“Oh, andiamo! Non fare lo gnorri!”

“No seriamente, non capisco di cosa tu stia parlando.”

Lei studiò per qualche istante la sua espressione. Il dubbio che vi lesse la convinse a parlare:

“Non mi chiedi come sono finita sui marciapiedi a vendere il mio corpo?”

Rock si rabbuiò. In realtà, non gli interessava saperlo. Preferiva sempre non pensare ad Eleanor in quei termini. Non riusciva a sopportare l’idea di tutti quegli estranei che la usavano come un giocattolo. Ogni volta sentiva lo stomaco chiudersi e una rabbia cieca invaderlo.
Ma lei non attese una sua risposta… continuò quasi senza badare a lui, come se non avesse aspettato altro per tutto quel tempo.

“Ci ho provato, sai? A trovare un lavoro vero, intendo.” Disse con occhi spenti, sempre fissando il soffitto “Ma la verità è che non era affatto meglio che sulla strada. Anzi, in qualche modo era peggio. Tutti i datori di lavoro con cui ho parlato, sarebbero stati disposti ad assumermi subito, ma ad una sola condizione… non serve che ti dica quale, vero?”

Rock strinse i pugni, cercando di ritrovare la calma.
Certo che il mondo è una vera merda! Pensò pieno di collera.

“Ovviamente non presi in considerazione nessuna di quelle offerte e continuai la mia ricerca. Trovai una signora che possedeva un ristorante e pensai di essere stata fortunata questa volta. Era una donna, quindi non ci sarebbero state condizioni. E infatti, non ce ne furono… ma non avevo considerato i colleghi di lavoro…. Riuscii a resistere per una settimana, poi me ne andai. E alla fine capii quale fosse la sola cosa che avrei potuto fare… l’unico lavoro in cui non avrei mai avuto problemi…”

Eleanor afferrò all’improvviso la mano di Rock e gliela strinse più forte che potè, quasi gli fece male. Il ragazzo riuscì a dare una sola spiegazione a quel gesto: aveva paura che lui potesse scappare; che potesse rinnegare ogni tipo di rapporto con lei, dato che si era concessa a così tante persone... Ma non era così. No, non era affatto così!

“Hei,” mormorò Rock “ Non vado da nessuna parte.”

Finalmente, Eleanor si decise ad incontrare nuovamente il suo sguardo, ma giusto per pochi istanti. Si strinse al suo petto, in modo che lui non potesse guardarla in volto e si lasciò avvolgere dalle sue braccia.

“Mamma non era per niente felice quando le dicevano che io ero una bella bambina, e si arrabbiava moltissimo quando dicevano che crescendo sarei solo migliorata.”

“Perché mai?” domandò Rock sinceramente curioso, facendo scorrere le dita tra i capelli di lei.

“Diceva sempre che la bellezza è una maledizione. Nessuno vede mai le nostre qualità se si è belli, soprattutto quando si ha la sfortuna di essere donna. E aveva ragione! Cavolo se aveva ragione, e io l’ho constatato sulla mia pelle! Nessuno vedeva me. Tutti vedevano il mio corpo, il mio modo di apparire, la mia faccia, il mio seno, le mie gambe… nient’altro. E non era importante se io fossi brava o no a fare una determinata mansione, l’importante era che non facessi troppo la difficile con chi si dimostrava interessato a me! Vuoi sapere perché sono finita per strada? Beh, è semplice. Perlomeno, facevo tutto alla luce del giorno –metaforicamente parlando, ovvio.  In qualche modo, mi sembrava più onesto… “

Eleanor non osò guardare l’espressione di Rock nel momento in cui le sue dita smisero di muoversi tra i suoi capelli. Con l’orecchio poggiato sul suo petto, riuscì chiaramente a sentire il suo cuore accelerare il battito.

Non odiarmi, ti prego! Pregò dentro di se’ Non sarò mai più di nessun altro. Soltanto tua…

“E’ questo che pensi?” chiese Rock, “Che essere belle significhi necessariamente essere maledette?”

“Si!” ribadì Eleanor, con convinzione. “Ma come diceva mamma, per fortuna è una maledizione che il tempo cancella in fretta… Immagino si riferisse alla vecchiaia.”

Il silenzio la fece da padrone per un lungo momento.
Nessuno parlò più, Eleanor si lasciò cullare dal respiro di Rock e cadde in uno stato di semi – incoscienza, ma la voce del ragazzo la ricondusse fuori da quel momentaneo torpore.

“Posso farti una domanda?”

“Certo.” Biascicò Eleanor, mezza assonnata.

Rock esitò un attimo: “… quando… voglio dire… hai avuto la tua prima esperienza con uno sconosciuto? Per strada?”

Eleanor non rispose subito, e non a causa del sonno improvviso. Quella domanda aveva riattivato tutti i suoi sensi.

“…no.” Mormorò, affondando il viso nella sua felpa.

Non potè vedere l’espressione di Rock farsi seria e corrucciata, ma lo sentì irrigidirsi.

“No?”

Lei scosse il capo: “E’ successo all’Istituto. Evan non è stato il solo a cui io mi sia legata… c’era un ragazzo più grande di me con cui strinsi amicizia, ma lui era diverso da Evan. La mia maledizione l’aveva intaccato senza che io me ne rendessi conto… in realtà non ci teneva affatto a me, il suo interessamento era di tutt’altro genere. Evan mi aveva messo in guardia, ma io non lo avevo ascoltato…”

“Che è successo?” chiese Rock, improvvisamente irrequieto.

Eleanor sospirò, maledicendosi per non aver mentito, e continuò: “… mi convinse a seguirlo nel seminterrato – non ricordo nemmeno con quale stupida scusa – e cominciò ad incantarmi con false parole. Disse che era innamorato di me, che gli piacevo un sacco e che non riusciva a considerarmi solo un’amica… ma io non avevo mai pensato a lui in quei termini. Anzi, a dirla tutta, non pensavo affatto a quelle cose. Appena glielo dissi, lui cambiò atteggiamento. Si arrabbiò molto … mi prese con la forza e mi sbattè per terra…”

Rock si scostò all’istante per poterla guardare in faccia.
I suoi occhi ardevano di rancore. Non l’aveva mai visto così arrabbiato, ma nemmeno così distrutto. Per un attimo, le ricordò in maniera impressionante Rap:

“E’ andata così? Ti ha costretta?”

Eleanor sfuggì al suo sguardo: “… è la mia maledizione, ricordi?”

“Quando è successo?”

Eleanor fece un rapido calcolo mentale: “ Sette anni fa.”

Lo vide agitarsi ancora di più. Si passò nervosamente una mano tra i capelli:

“Dio, non ci posso credere!” esclamò turbato “…Avevi la stessa età di Mary-Bell! Eri soltanto una bambina!”

“No!” Lo interruppe Eleanor, vestendosi di un’improvvisa fermezza, mettendosi a sedere, “Ti sbagli, non ero una bambina.”

“Avevi dodici anni. Non si può certo dire che fossi adulta!”

“Io ero adulta, Rock!” insistette lei, quasi urlando “Perché ti posso assicurare che nel momento in cui torni a casa e trovi tua madre morta, tu smetti di essere bambino! Ti dimentichi dei giocattoli, dei cartoni animati e delle favole. Tutti si distrugge davanti ai tuoi occhi, ti rendi conto che ogni cosa ti è nemica e che non c’è più nessuno a proteggerti!”

Sentì le lacrime salirle agli occhi per l’ennesima volta. Cercò di combatterle, ma inevitabilmente, qualcuna riuscì a sfuggire. L’espressione di Rock si raddolcì all’istante.
Eleanor si asciugò in fretta le lacrime:

“Comunque, ho finito…” disse con voce rotta “… la mia patetica storia finisce qui.”

Rock stava per dire qualcosa, ma all’ultimo momento cambiò idea:

“E’ il mio turno adesso, giusto?”

Lei scosse il capo: “No, perfavore. Per oggi non voglio più sentire nulla di triste e penoso. Facciamo la prossima volta.”

“La prossima volta.” Acconsentì Rock, con voce piatta e smorta.

Eleanor si sdraiò di nuovo, dando le spalle a Rock che rimase immobile e in silenzio per parecchi minuti.
Lei temeva seriamente che lui non l’avrebbe più guardata con gli stessi occhi. Non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia per confermare la propria ipotesi, così rimase voltata a piangere lacrime silenziose.
Non seppe dire quando tempo trascorse, ma il movimento alle sue spalle e le braccia che le avvolsero la vita e la strinsero con dolcezza, la costrinsero a sorridere di sollievo.

“Io la odio mia madre!” esclamò senza quasi rendersene conto.

“No, non è vero. Ne sei solo convinta.”

“E invece la odio.” Insistette lei “Che cosa diavolo pensava prima di ingurgitare tutte quelle pillole? Non ha pensato minimamente a me? A cosa mi sarebbe accaduto se lei fosse morta? E’ stata una grandissima egoista!”

“E allora perché piangi per lei?”

Era una domanda semplice. Fin troppo semplice.
Una di quelle domande così semplici che – a detta di Rock – non avevano risposte che lo fossero altrettanto.

“Forse non dovrei neanche più perdere tempo ad odiarla. E’ inutile odiare qualcuno che non c’è più.”

Sentì le labbra di Rock premerle sui capelli: “Brava, ragazza!”

Eleanor sorrise.
Vide la sua bambolina di pezza abbandonata sul pavimento. Era voltata verso di lei e la fissava con quei due bottoni mal attaccati che aveva per occhi.
La guardò a lungo prima di allungare un braccio per afferrarla. I bottoni erano blu.
Per quale motivo aveva usato bottoni di quel colore? Gli occhi di sua madre non erano blu… e fu nel notare quel piccolo particolare che finalmente capì cosa la legasse a quell’orrenda bambola, il motivo per cui non poteva gettarla via.

“Adesso ho capito…” disse in un sussurro.

“Che cosa?”

Eleanor si girò verso di lui e le mostrò la bambolina: “Questa non è mia madre… sono io!”

Rock l’afferrò, la guardò per qualche istante e poi sorrise:

“ Vorrai scherzare? “ disse allegramente “ Tu sei fatta di porcellana, non di pezza. E hai occhi di vetro, non bottoni.”

Eleanor rise insieme a lui, prima di riappropriarsi della bambola e gettarla dall’altra parte della stanza.
Rock le passò le afferrò il viso tra le mani e con le dita cancellò i solchi delle lacrime.

“Non voglio più vederti piangere così. Promettimelo!”

“Te lo prometto.”

Il ragazzo azzerò la distanza tra i loro volti e la baciò a lungo.

“Eleanor?” mormorò dopo che si furono separati. “Sto cercando di trovare le parole giuste, ma credo mi toccherà usare le tue.”

Lei si corrucciò senza capire.  

“Mi spiego meglio…. Mi sento veramente un bastardo a pensarla così, ma la tua tragedia è stata la mia salvezza.” Disse usando le stesse parole che Eleanor aveva usato per parlare di Evan. “Tutto ciò che ti è accaduto, tutte le cose brutte che ti sono successe, ti hanno portato a me. “

Eleanor sorrise, arrossendo appena. Cercò di guardarlo con occhi severi, ma era qualcosa che andava ben oltre al di là delle sue capacità.

“ Eh, si!” disse con ben poca convinzione. “Non c’è che dire. Sei proprio un bastardo!”

“E tu che pensavi fossi un angelo!”

“Sei entrambe le cose… “  disse un attimo prima di riappropriarsi delle sue labbra.

Le parole sfuggirono quasi silenziose dalla bocca di Rock, ma il loro effetto fu immediato :

"...ti amo."

Lei lo fissò atterrita.

“Che … che cosa hai detto?” chiese con un filo di voce.

Lui ridacchiò della sua insicurezza: “Mi hai sentito benissimo. Non fare finta di non aver capito.”

Nemmeno le permise di rispondere. La baciò con passione senza sentire il bisogno di sentirsi ripetere a sua volta quelle parole. Non ce n’era alcun bisogno. Sapeva di essere contraccambiato. Bastava notare il luccichio dei suoi occhi color oceano per capire che le parole non servivano.
Lei non sarebbe mai più stata di nessun altro. Soltanto sua.

***


Ciao a tutte!
Non avete idea dell'epopea per scrivere questo capitolo ç__ç. Immagino abbiate notato che ho ritardato di una settimana, vero???? ^^''''''
Beh, tutta colpa del natale. Regali regali e ancora regali. E poi, parenti parenti e ancora parenti. Insomma non ho avuto materialmente il tempo di aggiornare.  Potrete mai perdonarmi???
Però vi imploro di commentare. Non fatemela pagare privandomi delle recensioni, vi prego. Casomai riempitemi di mail minatorie XD!!!!!!!
E aggiorno proprio il giorno del mio compleanno. E' il 28 dicembre da esattamente 8 minuti XD... giuro, ke manco ci avevo pensato... e vabbè.
Cmq, spero vi sia piaciuto questo capitolo. Ah, prima che mi scordi, la scena che avevo promesso l'ho spostata. FOrse sarà nel prossimo, o nel prossimo ancora chissà....
Un anticipazione del chap12 : largo spazio a Rap!!!!! Non posso dire altro, mi dispiace!

Ringraziamenti:

Felicity89: Ecco qua. mistero "mamma di eleanor" risolto. SOddisfatta??? Heavy piace a tutte, ho notato. Bene sono contenta  e mi dispiace che lui nn ci sia in questo capitolo... mi rifarò prometto!

Mana_chan: Hihihi come ho detto, il cap su Rap sarà la prox volta. resisti ancora un po' dai!!!! E x quanto riguarda la tua teoria...mmmh... potresti aver indovinato qualcosa, o forse no. O magari sei solo sulla strada giusta, o forse è tutta una mia tattica per confondervi mwuahahahhaha!!!! Continua ad elaborare! ciaooo

Come mai solo 2 recensioni???? Io mi preoccupo. COs'è successo? Cosa ho combinato?????????? ç__ç

Ringrazio tantissimo chi mi ha aggiunto ai preferiti e chi ha solo letto. Spero sempre in una vostra recensione ma nn importa.... però ricordatevi ke è il mio compleanno ^^....

Ci vediamo la settimana prossima

Ciao!!!!!!!!!!

Ayleen

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Capitolo 12
*** Strega! ***


Solo un paio d'ali - capitolo12 - Strega!
CAPITOLO DODICI
Strega!


Fu una lunga notte per Eleanor. Una notte agitata e per nulla ristoratrice.
Tutto ciò che aveva rivissuto quella sera, l’aveva torturata anche nel sonno, braccandola e tormentandola.
Sapeva che non avrebbe dovuto fare altro che aprire gli occhi per sfuggire e salvarsi da quell’orrore, ma non ci riusciva. E più ordinava al proprio cervello di riattivarle i sensi, più quelli l‘abbandonavano. Era imprigionata, sola e senza alcuna via di fuga, in balia di se stessa.
Ma qualcosa finalmente la guidò fuori da quell’inferno. Lei sorrise prima ancora di rendersi conto di essere riuscita a fuggire… Il fantasma di un respiro sulle sue labbra, qualcosa di morbido e immensamente famigliare che le premeva sulla fronte, un leggero movimento del letto…
Come sempre, il suo angelo custode l’aveva salvata ancora una volta. Probabilmente, senza nemmeno rendersene conto.
E lei potè infine godere di un sonno privo di incubi, privo di sogni. Privo di tutto.
Ma quando aprì gli occhi, ancora umidi di lacrime, non trovò nessuno sdraiato al suo fianco. E dire che dopo una notte terribile aveva almeno sperato di svegliarsi specchiandosi negli occhi del suo angelo, e invece quando aveva allungato il braccio non aveva trovato nessuno disteso vicino a lei.
La sua sagoma era ancora impressa sul materasso, il cuscino ancora caldo. Eleanor lo afferrò e lo strinse più forte che potè. Inspirò a fondo l’odore di Rock, immaginando per un secondo che lui fosse lì …
Si addormentò di nuovo, cullata dal suo profumo e quando si risvegliò, poco più tardi, era ancora sola in quel letto.
Sospirò tristemente e decise di alzarsi.
Sbadigliò un paio di volte, si vestì in fretta e uscì per raggiungere i bagni. C’era fin troppo silenzio per i corridoi, tanto che per un attimo le venne il sospetto di essere da sola.
Dov’erano tutti?
Si lavò il viso con l’acqua gelida, per riacquistare più in fretta lucidità e funzionò anche fin troppo bene. Si ritrovò a rabbrividire dal freddo.
Tornando nel corridoio lasciò vagare distrattamente lo sguardo fuori dalla finestra. In mezzo al paesaggio innevato, notò una figura immobile nel cortile. Le dava le spalle ed era seduta su una delle altalene. Non le ci volle molto per riconoscerlo.

Rap?

Fuori c’era il gelo e lui non era affatto vestito a dovere. Indossava abiti per nulla pesanti, le sue mani erano libere da guanti e non c’era nulla a proteggerlo dal freddo abbraccio dell’inverno. Nessuna sciarpa, nessun berretto, nessuna giacca. Niente.
Era forse pazzo? Aveva intenzione di prendersi una polmonite? O era semplicemente un masochista? Conoscendo Rap, poteva essere tutte e tre le cose…
Eleanor tornò nella sua stanza e si sedette sul letto.
Una specie d’istinto quasi materno le suggeriva di andare da lui e portargli qualcosa di caldo da indossare. Non seppe spiegare bene quell’improvviso senso di protezione che la investì in pieno…
Si sarebbe ammalato se fosse rimasto la fuori. Non riusciva a pensare ad altro.
Ma Rap non avrebbe mai ascoltato i suoi consigli. Lui non ascoltava mai nessuno. Faceva quello che voleva, anche se sbagliato e imprudente.
Poi, le tornò in mente la sera prima. Lui l’aveva vista piangere… no anzi, l’aveva vista disperarsi. Piangere era un termine troppo riduttivo date le circostanze.
Sicuramente aveva chiesto spiegazioni a Rock e chissà se ne aveva ottenute…
Eleanor sperava davvero che Rock si fosse tenuto tutto per se’, ma Rap era il suo migliore amico e, quasi certamente, tra loro due non esistevano segreti abbastanza grandi da non poter essere svelati.
Non lo avrebbe mai ammesso apertamente, ma lei soffriva parecchio per l’indifferenza di Rap.
Le sarebbe piaciuto avvicinarsi un minimo a lui; lenire una minima parte di quel tormento che gli straziava gli occhi color della pece; provare a farlo ridere, soltanto un pochino… chiedeva forse troppo? Si, in effetti si.
Ma da quando in qua era un reato desiderare l’impossibile?
Senza starci troppo a pensare, Eleanor si avvolse la sciarpa attorno al collo, si mise i guanti e la giacca e, facendo un paio di respiri profondi per farsi coraggio, uscì dalla sua stanza diretta in cortile.

***

“E’ una cosa che non ti riguarda, stanne fuori!”

Le parole che Rock gli aveva rivolto quella mattina presto, rischiavano di farlo impazzire.
Rap aveva provato a far volgere altrove la sua attenzione, ma in verità lui non era mai stato molto bravo nel distrarsi. C’era solo una cosa, solo un pensiero che avrebbe potuto aiutarlo in quella impresa, ma lui non osava nemmeno prenderlo in considerazione. Eppure, nonostante lui stesse in ogni modo cercando di liberarsene, quel pensiero non aveva alcuna intenzione di abbandonarlo…
Ed ecco che, senza quasi rendersene conto, commise l’errore di chiudere gli occhi.
Non incontrò l’oscurità dietro le sue palpebre, ma un volto. Un volto spaventato e in lacrime, incorniciato da boccoli rossi e ribelli; due occhi verdi sopra un viso bianco lo fissavano imploranti e luccicanti.

“Aiutami, ti prego! “

Quella voce fin troppo nitida, fin troppo marchiata a fuoco nei suoi ricordi, lo convinse a riaprire gli occhi. Ma nemmeno il bianco immacolato del prato che trovò davanti a se’, riuscì a calmarlo.
La solita, consueta ondata di dolore lo travolse. E lui, come sempre, scaricò tutta la sua sofferenza sul labbro inferiore che morse fino a far sanguinare.
Il bruciore provocato dalla ferita, fu un vero toccasana. Per qualche istante si concentrò sul suo labbro, lasciando perdere tutto il resto. Ma quel volto piangente tornò a tormentarlo ancora, e ancora, e ancora, senza che lui potesse rimediare in alcun modo.

Basta! Urlò dentro di se’. Basta! Basta!

Non si rese conto di non essere più solo in quel cortile innevato. Non sentì la neve scricchiolare sotto dei passi incerti alle sue spalle. Ne’ tantomeno quella voce timida ed esitante che lo chiamava.
Quel volto non voleva abbandonarlo. E più lui provava a cancellarlo, più quell’immagine si faceva chiara e nitida nella sua testa. Serrò gli occhi e appoggiò la fronte ad una delle catene dell’altalena, martoriandosi ulteriormente il labbro già sanguinante.
Qualcosa si posò sulla sua spalla. Immediatamente, lui si ritrasse a quel tocco e, miracolosamente, quel viso che tanto lo tormentava, scomparve. Anzi, no. Venne semplicemente rimpiazzato.
Gli occhi verdi si fecero di un intenso blu, i capelli ricci divennero lisci e da rosso fuoco si tinsero di un nero lucente. Solo il pallore della pelle rimase immutato.
Eleanor lo fissava, accigliata dalla preoccupazione.

“Ti senti male?” domandò con voce malferma.

Rap non rispose, ancora scosso dal viso della ragazza nei suoi pensieri. La sua immagine era sparita. La sua mente era libera, finalmente. Impossibile descrivere il sollievo che ne scaturì…

“…Rap?” lo richiamò lei.

La guardò e non capì il motivo dell’apprensione sul suo volto. Qualcosa di estremamente intangibile lo investì in pieno. Una sensazione a dir poco fastidiosa per uno come lui. Si avvicinava parecchio alla gratitudine. Eleanor lo aveva liberato, senza nemmeno rendersene conto.
Doveva ringraziarla? … no, certo che no. Anche se lo avesse fatto, lei non avrebbe mai potuto capire.

“Ti esce sangue…” mormorò lei, sfiorandosi il labbro.

Il ragazzo si accorse solo in quel momento del rivolo caldo che gli scendeva fino al mento. Si ripulì con il dorso della mano destra e se la ritrovò sporca – forse anche troppo – di rosso.

“Che cosa vuoi?” domandò bruscamente, senza degnarla di uno sguardo.

Lei lo fissò risentita: “…niente.”

“E allora cosa fai qui?”

“Ero solo… preoccupata.”

Rap non credette alle proprie orecchie.

Preoccupata?

Per quale motivo avrebbe dovuto essere preoccupata per lui? Dopo tutto l’impegno che aveva messo nel starle alla larga, nel non considerarla neanche, nel trattarla peggio di un’estranea, lei ora si preoccupava?
No! Non poteva accettarlo. Non c’era alcuna logica in quel comportamento.

“Sparisci!” esclamò seccamente.

La vide abbassare lo sguardo, rattristata. Esultò dentro di se’ per quella reazione. Se ne sarebbe andata e lo avrebbe lasciato solo, proprio come lui desiderava.
Ma stranamente, Eleanor non sembrava per nulla intenzionata a fuggire da lui. I suoi occhi brillavano, velati di lacrime trattenute a stento. Senza rivolgergli la parola, la ragazza andò a sedersi sull’altalena accanto alla sua. Prese a dondolarsi lentamente, senza mai staccare le punte dei piedi da terra, gli occhi fissi sul manto nevoso.
Non era possibile! Perché non se ne andava? Lui non la voleva intorno. Cosa doveva fare ancora per togliersela dai piedi? Quale insulto doveva inventarsi per costringerla a scappare piangendo?
Una brutta parola da rivolgerle la trovò, ma gli morì sulle labbra quando si accorse che lei lo fissava, sinceramente in pena.

“Ti prenderai qualche malanno.” Disse, accennando un debole sorriso, appena visibile. “Dovresti coprirti.”

L’ondata di dolore lo investì di nuovo, questa volta con maggiore intensità. Quelle parole… quelle raccomandazioni, non era la prima volta che gli venivano rivolte.
E ancora una volta, il volto della ragazza dai capelli rossi e gli occhi verdi, gli invase la mente. Ma non c’erano più lacrime a solcarle le guance. La sua espressione era leggermente corrucciata, in un inutile tentativo di apparire autorevole. La sua voce prese a rimbalzargli in testa:

“Non va bene, Rap! Ti ammalerai. Dovresti coprirti di più! Possibile che tu non senta mai freddo?”

“Sta zitta!” sbottò stizzosamente, rivolto ad entrambe.

Eleanor non osò più fiatare, ma non accennò ad andarsene. Rimase inchiodata a quella dannata altalena, neanche ci fosse incollata!
La sua presenza era insopportabilmente fastidiosa, ma se almeno riusciva a tenere quel becco starnazzante chiuso, avrebbe anche potuto dimenticarsi di lei. Ma ovviamente, quel benedetto silenzio durò per troppo poco.
Doveva essere un difetto genetico femminile. Nessuna di loro riusciva mai a rimanere zitta per più di dieci secondi.

“Rap, ascolta…” mormorò esitante. “…io lo so di non piacerti.”

Tu non sai proprio niente, razza di stupida!

“… però, non ne capisco il motivo.” Continuò imperterrita, irritante quanto il ronzio insistente di un insetto in piena notte. “In fondo, io non ti ho fatto niente. Dico bene?”

Si vide costretto ad assecondarla. Probabilmente era l’unico modo per far cessare quell’ insopportabile cicaleccio.

“Non c’è un motivo.” Sbottò sgarbatamente. “E così facendo non fai altro che peggiorare la situazione. Voglio solo che tu mi stia alla larga!”

Rap scattò in piedi e la fissò pieno di astio. Eleanor però, non parve intimidita dal suo atteggiamento. Piuttosto, la sua attenzione sembrava concentrata sulle mani di lui strette a pugno,lungo i fianchi.

“Hai lei mani mezze congelate.” Osservò, senza fare caso al suo sguardo truce. “Sono quasi viola.”

Come tutta risposta, il ragazzo se le infilò in tasca e sbuffò infastidito prima di voltarsi e sparire dentro la vecchia scuola.

***

Perché non riescono mai a starsene al loro posto?

Rap sbattè con forza la porta della sua stanza, facendo vibrare la parete.

Maledette donne!


Si sdraiò sul letto, portando lo sguardo assente al soffitto. Alzò le mani davanti al viso e dovette ammettere che non avevano un colorito molto sano. Erano vicine all’ assideramento. Ma poco importava, dal momento che lui non sentiva più nulla. Ne’ il freddo dell’inverno, ne’ l’afa dell’estate lo sfioravano. Ogni sensazione lo aveva abbandonato da parecchio tempo.
Sbuffò prima di sistemare le mani violacee dietro la nuca.
Sperò che il confine della porta bastasse a separarlo definitivamente da quella fastidiosa ragazzina.
Cosa diamine le era preso quella mattina? Non gli aveva mai rivolto la parola e lui di questo ne era stato molto incoraggiato. Era proprio per quella indifferenza che aveva permesso ad Eleanor di restare.

“La terrò lontana da te, te lo prometto.”

Rock non era riuscito a mantenere la promessa fatta la sera che era tornato mano nella mano con lei. Eppure, il loro non era stato un patto così complicato da rispettare: Rock avrebbe fatto mantenere le distanze ad Eleanor, e lui avrebbe permesso loro di stare insieme senza interferire in alcun modo.
L’idea non era venuta a loro due. Era stato Metal a proporla per primo e a Rap era pure toccato ringraziarlo…
Era convinto che trattandola in malo modo, si sarebbe guadagnato tutta la sua antipatia e fino a quel momento era sicuro di esserci riuscito. Malgrado ciò, Eleanor quella mattina si era messa a fare la gentile con lui.
Perché? Che cosa voleva ottenere? Qual era il suo vero scopo?.. si, perché Rap sapeva bene che tutte le donne del mondo, giovani e non, agivano sempre spinte da secondi fini. E sicuramente Eleanor, nonostante quel visetto innocente, non era diversa dalle altre.
Aveva già in pugno il suo amico Rock, ridotto ormai ad un burattino nelle sue mani. Lo aveva prima impietosito, poi affascinato ed ammaliato, ed infine completamente stregato.
Ma come biasimarlo, dal momento che pure lui  era stato vittima di una strega simile ad Eleanor? … Anzi, no. Rap era tuttora una vittima.
Ci stava provando a cancellare i segni di quella relazione che lo aveva quasi ucciso, svuotandolo di ogni sensazione positiva, ma non esisteva rimedio ai sortilegi di quelle streghe!
Ed Eleanor era esattamente come colei che lo aveva ridotto in quella penosa condizione d’insensibile ed insignificante ameba…
Due colpi alla porta rischiarono di farlo urlare dalla rabbia.

“Vuoi lasciarmi in pace, maledizione? Và via!”  esclamò, nel modo più sgarbato possibile.

Non ottenne risposta. La porta si aprì lentamente e il visetto innocente e pericoloso di Eleanor fece la sua comparsa.
Rap trattenne a stento un’imprecazione niente affatto carina.

“Solo perché non c’è Rock, nessuno ti dà il diritto di venire a scocciare me!”

L’espressione di Eleanor era diversa dal solito. Rap stentò quasi a riconoscerla. Non era timida ed insicura, come suo solito, ma carica di risolutezza e determinazione.

“Non me ne andrò finchè non mi dirai che problema hai con me!” dichiarò decisa, incrociando le braccia a sottolineare la sua intenzione di non andarsene prima di aver ottenuto ciò che voleva.

Non era un atteggiamento da Eleanor. Quello era un aspetto di lei che non conosceva e per un attimo ne rimase spiazzato.
Il sortilegio stava avendo inizio… Ma non era troppo tardi. Poteva ancora salvarsi.

Prima regola: non guardarle mai in faccia!

Senza chiedere il permesso, Eleanor entrò e s’inginocchiò accanto al letto. Lui non le rivolse nemmeno uno sguardo, troppo concentrato ad analizzare il soffitto della stanza.

“Che cosa ho fatto per farmi odiare tanto da te?” domandò, riacquistando in parte la sua insicurezza.

Rap non seppe come comportarsi. Se avesse risposto, sarebbe stato l’inizio di una lunga – e per nulla gradita - chiacchierata, però alla fine lei lo avrebbe finalmente lasciato in pace. Se fosse rimasto in silenzio a fissare il soffitto invece, lei lo avrebbe torturato chissà per quanto.
Alla fine, non aveva molta scelta.

“Io non ti odio. “ disse pacatamente. “Ma nemmeno ti stimo. Semplicemente, tu per me non esisti.”

“Ma perché?” insistette lei, alzando la voce di qualche ottava.

Con un sospiro, cercò di mantenere il controllo e non buttarla di peso fuori da quella stanza. Desiderava troppo rimanere solo e quel bisogno prevalse sulla ragione. A malapena si accorse delle proprie parole:

“Perché non voglio più avere legami!”

Era convinto di averlo solo urlato nella sua mente, ma l’espressione confusa e afflitta di lei, gli confermò di averlo detto ad alta voce. Se ne pentì all’istante. Nessuno – Rock escluso – doveva condividere il suo dolore.

“Ora, vattene.” Le intimò, a denti stretti.

Non servì a molto. Eleanor non accennò a rimettersi in piedi. Lo fissava dispiaciuta, riservandogli sguardi carichi di quella che aveva tutta l’aria di essere pura pietà.

“E non guardarmi così!” queste ultime parole, sembrarono più una supplica che altro ed evidentemente, lei se ne accorse.

“E’ a causa di quella ragazza?” domandò, senza accogliere nessuna delle sue richieste. “La ragazza con cui stavi prima?”

Colpito e affondato!

Maledetto intuito femminile!

Ma era davvero solo intuito?... No. Rap ne era sicuro. Rock non si era risparmiato con lei e le aveva raccontato ogni cosa. Certo, avrebbe dovuto immaginarselo,  ma la delusione fu comunque forte.
Come aveva potuto renderlo protagonista della insopprimibile voglia di pettegolezzi di quella piccola e maledetta strega che aveva di fronte?
Per la seconda volta in tutta la sua vita, Rap sentì l’irrefrenabile bisogno di riempirlo di botte… cancellò in fretta quel pensiero. Non sarebbe accaduto di nuovo! Nessuna piccola strega li avrebbe di nuovo messi uno contro l’altro. Se l’ero ripromesso tempo addietro e non aveva alcuna intenzione di infrangere quella promessa.

“Come si chiama lei?” domandò Eleanor, inaspettatamente.

Non sapeva il suo nome? Com’era possibile? Allora forse, aveva tratto conclusioni troppo affrettate su Rock.
Eleanor lesse la confusione nel suo sguardo e, probabilmente, capì quali pensieri e sospetti stessero passando per la testa a Rap.

“Rock non parla mai di te. Non mi dice mai niente e, ovviamente, non mi ha detto nulla di questa storia.”

Bene.

Rap tirò un lungo sospiro di sollievo. Rock non l’aveva tradito. Aveva mantenuto il segreto… forse Eleanor non era poi così brava ad ammaliare le persone.

“Però voglio che tu sappia che prima o poi lo farà. Mi dirà tutto, me lo ha promesso. E’ solo questione di tempo!”

“Che cosa?” la domanda di Rap fu raggelante. Eleanor sussultò, indietreggiando impercettibilmente.

“Abbiamo fatto un patto…” mormorò, intimidita dal suo sguardo ostile. “… se io gli avessi detto tutto di me, lui avrebbe fatto altrettanto… e io so benissimo che nella sua storia centri anche tu e, soprattutto, quella ragazza di cui nessuno vuole mai parlare!”

Questa volta sì che si trattò d’intuito femminile!
Non era da Rap alzare le mani su una ragazza. Per quanto le odiasse, era qualcosa che andava contro i suoi principi, ma in quell’occasione, poco ci mancò che non si avvalesse della forza per scacciarla. Fu esclusivamente il pensiero del suo amico Rock a fermarlo in tempo. Di certo, non l’avrebbe presa tanto bene…
Ma doveva fare qualcosa! Doveva farla uscire da quella stanza! Doveva allontanarla da se’!
Inutile. Ogni tentativo sarebbe risultato inutile, perché loro – le donne – vincevano sempre. Come potevano essere così deboli fisicamente, e così forti caratterialmente?
Dei mostri; ecco cos’erano.
C’era solo un modo per mandare via Eleanor, anche se ciò avrebbe decretato lei – la donna - vincitrice di quello scontro. E come al solito, sarebbe stato lui – l’uomo – a soccombere.
Nessun orgoglio, nessuna dignità. Con quelle streghe intorno, quelle due parole perdevano ogni significato.

“…Marika.” sospirò, disperatamente rassegnato.

Lei alzò gli occhi su di lui e sorrise leggermente, godendo del proprio trionfo.

Sarai contenta adesso…

“E’ così che si chiama?” domandò, scatenando in lui una crescente irritazione.

Non farmelo ripetere!

***

L’occhiataccia di Rap fu decisamente esemplare.
Eleanor sentì un brivido percorrerle la schiena, nel momento in cui quegli occhi scuri traboccanti rabbia e tristezza la fissarono. Era fin troppo chiaro che non era un argomento di cui lui amava discutere.
In realtà, a ben pensarci, nessuno sembrava volerne mai parlare. Ne’ Heavy, ne’ Metal, ne’ tantomeno Rock. Eppure, Eleanor era convinta che il giorno in cui Rap fosse riuscito ad esternare quel dolore che si teneva dentro, le cose tra loro sarebbero solo che migliorate. E probabilmente, anche gli altri si sarebbero liberati di un peso.
Riusciva quasi a leggere nella mente di Rap. Mai prima d’allora l’aveva odiata tanto, non c’era dubbio. Ma lei cercò comunque di non fare troppo caso al suo volto al limite della sopportazione. Non si sarebbe arresa tanto facilmente.

“E dov’è adesso?” domandò, tentando di mantenere un’aria pacata.

Rap non rispose. Riportò lo sguardo al soffitto e strinse le labbra.

Brutto segno… pensò Eleanor, notando la sua espressione sfigurata dal tormento.

“Che razza di domande fai?” proruppe Rap, infine. “Se n’è andata! E’ ovvio che non so dove sia!”

La ragazza ebbe la vaga sensazione che lui stesse tralasciando qualche dettaglio di estrema importanza. Non era certa che avesse detto la verità, ma era contenta di averlo fatto parlare. Anche se si trattava di una bugia, era riuscita nel suo intento.

“E non hai mai pensato di andare a cercarla?”

A quelle parole, Rap scattò seduto e le indirizzò un’occhiata a dir poco raggelante.

“Te lo chiedo perfavore.” Mormorò a denti stretti “Vattene!”

Eleanor cercò di non farsi intimidire troppo.

“Rock mi dirà tutto, comunque!” esclamò con tono di sfida, tradita però dal leggero tremolio della sua voce.

“ E allora perché scocci me? Vai da lui e fatti raccontare tutto, ma lascia in pace me!”

Intuendo da se’ che per quel giorno poteva bastare così, Eleanor si alzò in piedi. Ci sarebbe voluto del tempo, ma in qualche modo sarebbe riuscita a farselo amico.
Prima di andarsene però, si rivolse a lui ancora una volta:

“Lo sai?” fece, ad un passo dalla porta, la sua mano già sulla maniglia “Non è privandoti dei legami che soffrirai meno…”

Ovviamente, lui non rispose. Forse era una cosa buona. Significava che l’aveva lasciato senza parole. Avrebbe voluto voltarsi e leggere la sua espressione, ma capì di essersi trattenuta anche troppo. Era meglio lasciarlo alla sua tanto agognata solitudine.
Era impensabile che una ragazza avesse potuto fare tutti quei danni. Questa Marika era anche peggio di lei in quanto a disastri. Chissà se almeno se n’era resa conto? Chissà se si era mai pentita di averlo lasciato? Se pensava a Rap almeno la metà di quanto lui pensava a lei?
Un po’ riusciva a capirlo Rap. Comprendeva la sua ostinazione nell’evitare gli altri. Aveva paura di soffrire per eventuali separazioni. Anche lei era stata vittima delle stesse paure per anni… ma sbagliava! E in un modo o nell’altro glielo avrebbe fatto capire!

***

Il pomeriggio trascorse lento. Anche troppo lento. Ogni minuto durava un’eternità e le ore parevano infinite.
Eleanor rimase in cortile quasi tutto il giorno, sperando di continuo di vedere tornare Rock.
Quando aveva intravisto Heavy e Metal si era rallegrata, convinta che lui fosse con loro, ma apprese con sconforto che erano da soli.
Non sapeva dove lui fosse. Avrebbe voluto chiederlo a Rap, ma il ragazzo si era chiuso in un silenzio impenetrabile. Sembrava talmente assorto nei propri pensieri che probabilmente, non l’avrebbe neanche sentita.
Fortuna che era tornato Heavy. Con lui intorno, il tempo sarebbe stato più sopportabile.
Il ragazzo biondo si sedette con lei sui gradini del cortile. Stranamente, Metal si unì a loro. Eleanor ne fu molto sorpresa, ma anche contenta.
Metal in genere, la evitava nello stesso identico modo in cui faceva Rap. Forse si era finalmente deciso a farsi leggermente più socievole nei suoi confronti. Comunque fosse, non poteva che essere una cosa positiva.
Aveva chiesto ad entrambi se sapessero dove fosse Rock, ma nessuno dei due parve saperlo. Eleanor non raccontò nulla di ciò che era accaduto quella mattina tra lei e Rap. In qualche modo sapeva che era meglio tenersi tutto per se’.
Heavy però, si comportava stranamente con lei. Non era allegro come al solito. Nessuna battutina deprimente la costrinse a far finta di ridere. Non era da lui fare così. La somiglianza con suo fratello Metal non le piacque per niente.

“Heavy, stai bene?” gli domandò, alla fine.

Lui parve sorpreso da quella domanda:” Si, perché?”

“Sei strano. Sembri preoccupato per qualcosa.”

Non le sfuggì lo scambio di sguardi fra i due fratelli.

“Non è niente.” Si limitò a dire Heavy.

“No. Non ci credo!”

Quasi si spaventò quando sentì la voce di Metal rivolgersi proprio a lei.

“E’ solo che ti abbiamo sentito.” Disse senza guardarla.

“Come?” Eleanor parve sinceramente confusa da quelle parole. “Mi avete sentito fare cosa?”

Heavy rispose stringendosi nelle spalle : “Piangere…”

Eleanor distolse immediatamente lo sguardo, arrossendo. Si strinse le ginocchia al petto :

“Mi dispiace di avervi tenuti svegli…” mormorò, con tono vagamente colpevole.

Quindi l’avevano sentita tutti!
Rock aveva assistito a tutta la scena, Rap l’aveva vista per qualche istante, Heavy e Metal si erano limitati ad ascoltarla. Evidentemente, la discrezione non faceva decisamente per lei.

“Non serve che ti scusi.” Disse Heavy, gentilmente, le labbra tirate in un sorriso sforzato. “Piuttosto, stai bene adesso?”

Eleanor annuì soltanto e preferì chiudere lì il discorso. Ringraziò mentalmente i due ragazzi che parvero cogliere la sua poca voglia di parlare e rimasero in silenzio.
Quando loro tornarono dentro, lei non si mosse. Rimase imperterrita seduta su quei gradini ad attendere il ritorno del suo angelo.
Ma per quanto si sforzasse di pensare unicamente a lui, i suoi pensieri erano costantemente rivolti anche a Rap.
Strano come il timore nei suoi confronti, fuso insieme ad una buona dose di curiosità, avesse fatto nascere in lei un’emozione simile all’attaccamento… sentiva di doverlo aiutare. Non aveva idea di come riuscirci, ma ci sarebbe riuscita! Voleva farlo anche per Rock.
Aveva notato che la loro amicizia si era gravemente incrinata dal giorno del suo arrivo e il senso di colpa si stava facendo davvero insopportabile. Doveva rimediare al suo ennesimo disastro!

***

“Quella è pazza, te lo dico io!” Rap era a dir poco furioso. “Non riesco a capire come faccia Rock a sopportarla!”

Metal si limitava ad ascoltarlo in silenzio, senza obiettare.
Rap non era uno a cui serviva ricevere sempre una risposta. Gli bastava che qualcuno lo ascoltasse e di tanto in tanto annuisse, tutto qui. E Metal fece esattamente questo. Senza nemmeno guardarlo annuiva ad ogni sua osservazione, senza dire nulla.
Quello era il segreto per andare d’accordo con Rap!

“D’ora in avanti, Rock se la deve portare dietro. Non voglio più che mi lasci nelle sue grinfie!”

Heavy intervenne, infrangendo la regola dell’ “ascolto silenzioso “.

“Davvero la faresti andare con lui laggiù? Dopo stanotte?”

Per la prima volta, Heavy lasciò Rap senza parole.
Il ragazzo ripensò alla sera precedente, quando cercando Rock, lo aveva trovato intento a consolare una Eleanor a dir poco disperata.
Vederla in quello stato lo aveva mandato in subbuglio. Non gli era sembrata tanto pericolosa in quel momento. Solo piccola, insignificante e terribilmente fragile. Per un attimo aveva addirittura temuto che l’abbraccio di Rock avrebbe potuto spezzarla a metà…
Non gli era parsa affatto una strega, in quel frangente. Ma quella mattina si era dovuto ricredere.
Si, lo era eccome!
La stanza di Heavy e Metal era proprio accanto a quella di Rock. Le pareti erano sottili e loro, seppur senza volere, avevano sentito le vicissitudini di Eleanor.
Metal aveva raccontato tutto a Rap. Non l’aveva fatto tanto per avere qualcosa su cui spettegolare, ma semplicemente per permettere all’amico di vedere quella ragazza sotto un’altra luce. E in parte c’era riuscito.
Ma Eleanor aveva rovinato tutto quella mattina, impicciandosi di cose che non la riguardavano! Eppure, nonostante la rabbia che provava nei suoi confronti, Rap si trovò d’accordo con Heavy.
Rock era andato in un posto che sicuramente Eleanor detestava. Era andato laggiù per verificare una certa cosa di cui lei non doveva assolutamente venire a conoscenza.

“Hai ragione…” dovette ammettere, seppur a malincuore. “Non le farebbe piacere rivedere quell’istituto.”

“Farle piacere, dici?” continuò Heavy, fin troppo coinvolto emotivamente “La distruggerebbe!”

Ne’ Rap, ne’ Metal fecero commenti sulle apparenti lacrime che premevano ai suoi occhi. Heavy era troppo sensibile, troppo buono per fare il duro. La storia di Eleanor l’aveva colpito molto e per tutto il giorno non aveva fatto il buffone. La capacità di ridere di fronte ad ogni cosa, lo aveva temporaneamente abbandonato.
Difficile ammetterlo, ma Rap preferiva di gran lunga il vecchio Heavy. Nessuno era bravo quanto lui ad allentare la tensione. Quello nuovo era terribilmente irritante. E sicuramente anche Metal pensava lo stesso!

“Pensi che Rock glielo dirà?” domandò Metal all’improvviso, guadagnandosi immediatamente l’attenzione degli altri due.

Rap sospirò: “A questo punto, perché non dovrebbe? Lei non si è risparmiata nel raccontargli tutto di se’. Sicuramente, adesso lui farà lo stesso..”

“La farà scappare.” A nessuno sfuggì la leggera nota di rimpianto nella voce di Metal.

“Probabilmente si.”

Heavy fissò malamente Rap: “Già, immagino che sollievo sarebbe per te, non è vero? “

“Stai zitto!” lo ammonì il fratello. “Eleanor è una ragazza strana. Le sue reazioni sono sempre, come dire, imprevedibili Non è detto che se ne andrà.”

Ma nessuno credette a quelle parole, soprattutto Heavy:

“Oh andiamo!” sbottò “Credi che continuerà a restare qui se scoprisse quello che abbiamo fatto?”

“Quello che HO fatto!” lo corresse all’istante Rap, con occhi spenti.

Metal sbuffò: “Non attribuirti tutta la colpa. Ti ricordo che c’eravamo anche noi!”

“E’ stata una mia idea!”

“Si, ma l’abbiamo messa in atto noi! Tutti insieme! Non credere di poter essere solo tu a fare la vittima!”

Rap lo fulminò con lo sguardo, poi cambiò discorso all’improvviso:

” Comunque la domanda da porsi non è se resterà con noi. Dovremmo chiederci se riuscirà a restare ancora insieme a Rock dopo che avrà saputo la verità…”

Heavy sembrò non avere dubbio alcuno sulla risposta:

“Io dico di si!” esclamò con convinzione “Ha una sorta di venerazione nei suoi confronti. Io credo che, nonostante tutto, possa perdonarlo.”

“E che mi dici di noi?” domandò Metal “Saprà perdonare anche noi?”

A questo, Heavy non seppe trovare risposta. Abbassò lo sguardo e si fissò le mani giunte sopra al tavolo della mensa. Metal incrociò e braccia, facendosi pensieroso.
Rap, in piedi accanto alla finestra, intravide il cancello del cortile aprirsi.

“Credo che Rock sia tornato.” Disse, stringendo gli occhi per aguzzare la vista. Si rivolse poi agli altri due. “Sparite, adesso!” sbottò, con impazienza. “Devo parlargli da solo!”

“Non è giusto!” si lamentò Heavy “Anche noi vogliamo sapere se l’hanno riportata all’istituto!”

Rap gli riservò un’occhiata fredda e penetrante: “Ho detto di sparire! “

***

Col viso nascosto tra le ginocchia, Eleanor sentì a malapena il cigolio del cancello.
Tremando dal freddo, alzò appena la testa per dare l’ennesima occhiata all’ingresso. Non ci sperava neanche più ormai di vederlo.
E invece, qualcuno c’era che si stava avvicinando. Una sensazione di appagamento la travolse da capo a piedi. Poco ci mancò che non scoppiasse a ridere dalla gioia.
Si alzò i piedi e, sfidando la neve alta, corse incontro al suo angelo, con la stessa foga con cui una cane accoglie il proprio padrone.
Lui aprì le braccia per accoglierla e lei gli saltò letteralmente al collo, avvinghiandosi con le gambe attorno alla sua vita e baciandolo con impeto.
Fu un assalto in piena regola, ma lui parve gradirlo.

“Si può sapere dove sei stato?” gli domandò Eleanor, non appena lui le diede la possibilità di riprendere fiato.

Rock la fece scendere: “Ero in missione per Rap.” Rispose scherzosamente.

Lei lo abbracciò più forte che potè, affondando il viso nel suo petto:

“Dovevi avvertirmi che saresti stato via tutto il giorno! “

“L’avrei fatto, sul serio.” Disse lui, stringendola a se’ “Ma dormivi così bene che non ho avuto la forza di svegliarti.”

“Tutte scuse!”

Rock ridacchiò, le sollevo delicatamente il viso e la baciò ancora. Probabilmente era tutta una tattica per farsi perdonare ed Eleanor ci cascò in pieno!
Quando si separarono, la prese per mano e insieme si diressero verso l’entrata della scuola. Sulla soglia trovarono Rap.
Eleanor vide Rock corrucciarsi appena. Si fermarono a pochi metri da lui.

“Ciao Rap.”

Il suo saluto non venne ricambiato, piuttosto ignorato completamente :

“Allora?” domandò il ragazzo sulla soglia “Tutto a posto?”

“Tutto a posto!”

“Ti posso parlare un attimo?... In privato!”

Eleanor strinse più forte che potè la mano di Rock, cercando d’impedirgli di andare dietro a Rap. Non voleva stare ancora lontana da lui!
Fortunatamente, lui pareva d’accordo.

“Casomai, più tardi!” disse all’amico, trascinando Eleanor all’interno dell’edificio. “Adesso ho decisamente altro a cui pensare.”

Lo sguardo che le lanciò era denso di sottointesi e lei si sentì arrossire.
Rap fissò l’amico con irritazione, ma non insistette oltre.
Eleanor non seppe resistere. Senza farsi vedere da Rock, si voltò verso l’altro ragazzo e gli fece la linguaccia. La sua espressione sbigottita fu impagabile!
Rap scosse appena la testa e se ne andò.
Eleanor vide qualcosa sul suo volto. Qualcosa che non aveva ancora mai visto…. Rap aveva abbassato lo sguardo e lei ci avrebbe scommesso... stava sorridendo.
Un sorriso debole, appena visibile, ma un sorriso vero, privo di qualsivoglia cinismo. Anche lei sorrise, attirando l’attenzione di Rock che la guardava perplesso.

“Sono contenta che tu sia tornato!” esclamò stringendosi a lui.

***

Mi sembra impossibile di essere riuscita a scrivere questo capitolo!!! E come al solito, non ne sono ancora soddisfatta... ma Rap è decisamente un "parto" da scrivere (e dire che l'ho inventato io ^^).
Cmq, spero lo abbiate apprezzato lo stesso!
Cosa è andato a fare Rock all'istituto????? Dai, lo so che ve lo state chiedendo!!! ... oh, beh! Tanto non posso dirvelo MWUAHAHAHAHAH!!!!!  U_U
Ah giusto, volevo dire che ho stimato di scrivere all'incirca 25 capitoli... ma ovviamente, data la mia lunaticità, potrebbero aumentare o, perchè no, ridursi. Insomma, nulla è ancora certo! XD
Riuscirete a sopportarmi per altri 13 capitoli ?????????????????? Mah, chissa!

RINGRAZIAMENTI:

BabyzQueeny: Pensa che mi sono sciolta pure io mentre scrivevo quel "ti amo" maledetto!!! Mi sono immedesimata troppo nei personaggi U_U. La mia storia una droga????? XD Significa che ti ho bruciato il cervello???? AHAHAH!!!  CHiedo venia!!! ^__^ Alla prossima!
Felicity89: I brividi addirittura? Beh, immagino sia una cosa postiva! XD
fiore di ren : Hai idea di avermi quasi fatto piangere con la tua recensione???? ç__ç Non sono abituata a simili complimenti! Io... io ... io... PIANGO DALLA GIOIA!!!!!!!!!!!!!!!!!! E ti stimo anch'io!!!!!! Grazie grazie grazie!!! ^___^
Nanako: aaaah, com ti capisco! Anche io ho i parenti che non apprezzano l'arte XD! CMq, il trucco sciolto ha un certo fascino, no? Io me l'ero fatto per halloween, quando mi sono travestita da "vittima di vampiro" XDD!!!!! Cmq, sono contenta che ti sia piaciuto!  Auf Wiedersehen!!!! ^_^ (ps: il mio tedesco è un tantino arruginito... l'ho scritto giusto, vero? O_o'''')
Kyaelys: Evviva!!! Un nuovo acquisto!!!! Benvenuta benvenuta benvenuta!!!!!! Ti sei letta tutta la storia d'un fiato???? Povera te! Chissà ke mal di testa ke ti è venuto!? Spero che questo chap sia stato di tuo gradimento e GRAZIE GRAZIE GRAZIE per i complimenti!!! ^_^
Mana_chan: Sei nata il 27???? Grandissima!!! DOvevo immaginarlo che eri del capricorno come me!!! Hihihi!!! Siamo i migliori!! Cmq, hai ragione... Rap non è cattivo. In questo capitolo il suo atteggiamento si è fatto forse più chiaro, ma da questo momento in poi si farà sempre più luce su di lui.... spero che tutti questi misteri non ti stufino! XD... a volte può capitare!Ciauuuuu ^_^

Ok, finito!!!
Sono felicissima dei numerosi commenti di questo capitolo. Spero col cuore che aumentino. Voglio che sappiate che ogni qualvolta mi blocco (cioè sempre XP), mi apro la pagina delle recensioni e me le rileggo tutte. I vostri commenti sono la mia forza e vi adoro tutte quante!!!!!!!!!!!!!!! Mi chiedo ancora come abbiate fatto a resistere fino al dodicesimo capitolo??? XD Grazie ragazze!!!! Grazie a chi legge, grazie a chi mi aggiunge tra i preferiti!!! Nemmeno immaginate cosa significhi per me ^_^

Beh, alla prossima!

Ayleen

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Capitolo 13
*** La prima volta ***


CAPITOLO TREDICI
La prima volta


 

“Rock, mi dici dove mi stai portando?”

“Te l’ho già detto. E’ una sorpresa!”

In effetti, glielo aveva ripetuto circa una ventina di volte, ma Eleanor non era un tipo molto arrendevole. La curiosità la stava letteralmente logorando, ma Rock sembrava diventato improvvisamente immune alle sue espressioni languide e supplichevoli. Non era certo complicato fare previsioni a riguardo: non sarebbe riuscita ad estorcergli nemmeno una parola!
Guidata dalla mano del ragazzo, proseguiva alla cieca per chissà dove. Si… perché oltre a non averle detto dove la stesse portando, l’aveva pure obbligata a tenere gli occhi chiusi. Eleanor trovava quel comportamento a dir poco infantile!
Persa nei propri pensieri, mise un piede in fallo e poco ci mancò che non cadesse a terra, prendendo in pieno una buca del marciapiede. Rock l’afferrò prontamente per il bacino, evitandole un rovinoso ruzzolone.

“Stai attenta a dove metti i piedi!” esclamò, soffocando una risata che sicuramente lei non avrebbe gradito.

Eleanor sbuffò: “E mi dici come faccio se non mi è permesso nemmeno guardare dove li metto i piedi!?”

Lo sentì ridacchiare: “Coraggio, manca poco ormai. Siamo quasi arrivati!”

“Voglio sperare che almeno ne valga la pena!”

“Oh puoi starne certa! Ergerai una statua in mio onore!”

“Addirittura?”

“Vedrai se non ho ragione.”

La tentazione di sbirciare era forte, anche troppo. Ma lei aveva promesso che non l’avrebbe fatto e non le andava di venire meno ai patti.
A dirla tutta, la promessa le era stata strappata con l’inganno.
Lui e i suoi maledettamente splendidi occhi d’angelo!
Eleanor doveva trovare una soluzione per non cadere più vittima del suo sguardo ammaliatore, ma era più facile dirlo che farlo. Tutte le sue convinzioni si sbriciolavano ogni volta che lui la guardava. E anche quella mattina, le cose non avevano minimamente accennato a cambiare.
L’aveva svegliata con un sorriso che definire sospetto, sarebbe stato un eufemismo bello e buono; poi, si era messo seriamente d’impegno nell’intontirla di carezze e baci più o meno casti e, per finire in bellezza, l’aveva fissata negli occhi con tutta l’intensità di cui era capace, domandandole: “Faresti una cosa per me?”.
Era dannatamente bravo, maledizione! Altro che angelo…!
Sentì la strada cambiare sotto i suoi piedi, facendosi più sconnessa e friabile. Non stava più camminando sull’asfalto, ma su quello che aveva tutta l’aria di essere sterrato.
Finalmente, Rock si fermò.

“Posso guardare, adesso?” chiese immediatamente Eleanor, impaziente di riacquistare la vista.

“No!” l’ammonì secco, lui “Dammi un secondo.”

“Per cosa?”

Non ricevendo alcuna risposta, incrociò le braccia contrariata e sbuffò sonoramente, con la chiara intenzione di fare bella mostra del proprio disappunto.
Sentì Rock allontanarsi di qualche passo e parlare a qualcuno:

“Sei tu?” domandò a bassa voce, convinto che lei non lo sentisse.

Si sentì afferrare per le spalle: “D’accordo.” Esclamò Rock allegramente. “Ora puoi aprire gli occhi!”

La ragazza li aprì lentamente, per evitare che il sole riflesso sulla neve le giocasse brutti scherzi. Rimase accecata per qualche istante, ma non abbastanza da non riconoscere la persona che aveva di fronte, a pochi passi da lei: la sua pelle perennemente abbronzata, i suoi occhi verdi, i suoi ricci che ricadevano morbidi sulle spalle…

“Sorpresa!” esclamò lui, sorridendo.

“Evan!” strepitò, saltandogli al collo, rischiando seriamente di farlo cadere.

“Devo dedurre dal tuo entusiasmo che stai bene?” domandò, quando lei si decise a lasciarlo.

“Alla grande!”

“Sono davvero contento di vederti. Mi sei mancata! Il divano di casa è così vuoto senza di te.”

Eleanor lo fissò scettica: “Oh certo, come no! La verità è che ti manca il fatto di trovare la colazione pronta.”

“E va bene, mi hai beccato!” Scoppiarono entrambi a ridere.

Quanto le era mancata la sua risata. Soltanto in quel momento riusciva  a rendersene davvero conto…
Inevitabilmente, sentì gli occhi inumidirsi.

“Ma che fai? Non ti metterai mica a piangere, vero?” la provocò Evan.

Lei rispose colpendolo sul braccio. “Piantala, razza di scemo!”

Risero ancora ed Eleanor parve dimenticarsi del suo ragazzo che, per non disturbarli, se n’era rimasto in silenzio alle loro spalle. Evan invece, parve accorgersi di lui e lo sguardo che gli riservò non sembrava un granché amichevole…

“E’ lui il rapitore?” domandò, privo di qualsivoglia ironia.

Eleanor lo fissò con severità: “Non chiamarlo così!” esclamò, poggiando le braccia sui fianchi.

“Ti tiene in ostaggio e neanche te ne rendi conto.”

“Nessuno mi tiene in ostaggio, quindi smettila!”

Eleanor corse da Rock, lo prese per mano e lo costrinse ad avvicinarsi ad Evan.

“Evan, lui è Rock; Rock, lui è Evan.” li presentò con un gesto della mano.

I due ragazzi si fissarono per qualche istante, o meglio, si studiarono. Nessuno dei due pareva intenzionato a cedere ed Eleanor cominciò a preoccuparsi. Fortunatamente, fu Evan a rompere la tensione, facendosi di colpo dubbioso:

“Come hai detto che si chiama?” domandò rivolgendosi ad Eleanor.

Lei scoppio a ridere, mentre Rock si limitò a sogghignare con sincero divertimento.

“Che c’è da ridere?”

“No, niente.” Gli spiegò lei “Ma non tentare di farti dire come si chiama. Sarebbe solo una gran perdita di tempo. Dovrai accontentarti del suo soprannome, temo.”

Evan tornò a fissare Rock e, questa volta, parlò: “Non le hai neanche detto come ti chiami?” il suo tono si era fatto piuttosto aspro. “La porti a vivere con te e non ti degni nemmeno di dirle il tuo nome?”

Rock non si lasciò intimidire: “Non sono affari che ti riguardano!” disse senza scomporsi, reggendo il suo sguardo torvo.

“Lei mi riguarda eccome!”

Eleanor conosceva il temperamento impulsivo di Evan e nel momento in cui lo vide stringere i pugni, si frappose tra i due, tentando di ristabilire la calma.

“Evan, va tutto bene.“ Gli disse, cercando di tranquillizzarlo. “A me non interessa sapere il suo vero nome, sul serio.”

Oh, che razza di bugiarda!

Certo che lo era! In realtà, Eleanor avrebbe fatto qualunque cosa per scoprire il nome di Rock, ma ovviamente, sapendo che quella sua curiosità non sarebbe mai stata placata, cercava di non pensarci troppo.
Era solo un nome, in fondo…

“Hei, che succede qui?”

Quella voce improvvisa fece voltare tutti. Eleanor si sciolse in un grande sorriso nell’incontrare il volto dell’ultimo arrivato. Istintivamente,  gli andò incontrò per abbracciarlo.

“Nathan! Che bello, ci sei anche tu!”

“E cosa credevi? Che avrei lasciato venire Evan da solo a godere della tua compagnia?  A proposito, scusa per il ritardo. Dovevo fare una cosa e il tempo è volato.”

Nathan era un ragazzo a dir poco adorabile, uno di quelli che non si arrabbiano mai. La sua più grande qualità era di riuscire sempre a trovare il buono di ogni cosa.
Era poco più basso di Evan e di corporatura abbastanza minuta. I suoi capelli ricordavano molto quelli degli amorini: ricci e biondissimi. Aveva gli occhi grigi e uno stupendo sorriso che non negava mai a nessuno. Eleanor non ricordava di averlo mai visto imbronciato o triste. Lui non mostrava mai ciò che provava dentro di se’ e, sotto molti punti di vista, era un autentico mistero. Solo Evan aveva il permesso di entrare nella sua mente… com’era giusto che fosse, del resto.
Strano che Eleanor non si sentì travolgere dal solito fastidioso imbarazzo che provava ogni volta che li vedeva insieme. Se ne stupì a tal punto da concentrarsi per poterlo risentire. Ma ogni tentativo risultò vano.
Non seppe trovare una spiegazione logica, tuttavia quel cambiamento la confortò parecchio.
Lo vide spostare l’attenzione su Rock:

“Tu devi essere il famoso ragazzo di cui Eleanor parlava sempre?”

Eccolo l’imbarazzo! Questa volta lo sentì eccome e arrossì senza ritegno. E di certo, sentire Rock trattenere a stento una risata, non l’aiutò per niente.

“Grazie tante, Nathan!” mormorò, fulminandolo con lo sguardo.

“Che c’è?” domandò lui, ingenuamente e facendo spallucce. “Non avrai per caso la faccia tosta di negarlo!”

Eleanor, fingendosi offesa, incrociò le braccia e tornò accanto a Rock, che non aveva ancora smesso di sogghignare beffardo. Il ragazzo, dopo averla afferrata per la vita, avvicinò il viso al suo:

“E così mi hai reso famoso?” le sussurrò ad un orecchio, facendola rabbrividire.

Nemmeno ci provò a difendersi.
Il rosso vistoso sulle sue gote la comprometteva troppo. Si arrese così, ad un rassegnato silenzio, concedendosi solamente una leggera espressione imbronciata.
Nathan si dimostrò più gentile di Evan nei confronti di Rock. Non sembrava avercela con lui e, in effetti, non ce n’era motivo. Eppure, nemmeno lui riuscì a debellare il fastidio che sembrava aver preso possesso di Evan. Guardava Rock nello stesso modo in cui Rap guardava Eleanor… e certamente, non vi era nulla di positivo in tutto ciò.

“Credo che se il tuo amico potesse uccidermi, non ci penserebbe su due volte.” Le disse Rock, in un momento in cui Evan e Nathan si erano allontanati per parlare di qualcosa.

Eleanor sperava ardentemente che Nathan stesse cercando di calmarlo e di farlo comportare un po’ meglio ma, nonostante non riuscisse a sentirli, non sembrava che stessero discutendo. Erano tranquilli, quindi evidentemente, stavano parlando di tutt’altro argomento.

“Non è niente.” Fece a Rock, senza staccare gli occhi di dosso dai suoi due amici “Evan è leggermente possessivo nei miei confronti. E’ solo un po’ d’immotivata gelosia, ma gli passerà. E se non gli passa, gliela farò passare io!”

Rock rise della leggera nota minatoria che aveva assunto l’ultima parte della frase.  
Eleanor lo guardò e si fece seria d’un tratto.

“Grazie per quello che hai fatto.”

“Non ho fatto niente.”

“Si, invece. Scommetto che sei stato tu a chiamare Evan e chiedergli di vederci, visto che dubito molto sia stato il contrario, o mi sbaglio?”

Rock sospirò, le afferrò entrambe le mani e se le sistemò dietro al collo, per stringerla poi in un abbraccio: “Sapevo che ti mancava e che avevi voglia di vederlo, ma non ti decidevi mai e rimandavi di continuo.  Sai essere terribilmente indecisa a volte, lo sai?”

Eleanor ridacchiò contro la sua spalla.

“E comunque, credo di dovergli un favore…” continuò lui “… e anche se mi pesa, dovrò ringraziarlo prima che se ne vada.”

Eleanor alzò gli occhi per poterlo guardare in faccia: “Un favore?” domandò, corrucciata dalla perplessità “Di che stai parlando?”

Rock non rispose subito. Si fece pensieroso e sul suo volto si delineò un sorriso, come se stesse ricordando qualcosa di piacevole.

“Se quella mattina non ti avessi sentita cantare dentro quel negozio, non mi sarei mai accorto della tua presenza, non ti avrei mai trascinata con me a Meadow’s Hill e, con tutta probabilità, adesso tu non saresti qui con me.”

Eleanor non potè fare a meno di sorridere. Si mise sulle punte dei piedi per poterlo baciare: “Io dico che invece non sarebbe cambiato niente. Ci saremmo incontrati in ogni caso.”

“Ma davvero?”

Lei annuì : “Ti avrei cercato ovunque e, fidati, ti avrei trovato!”

Rock si concesse una risata divertita :“In effetti, ne saresti stata capace…”

“Comunque, non capisco cosa centri Evan con tutto questo. Ti riferisci forse al fatto che è stato lui a portarmi in quel negozio?”

Il ragazzo scosse leggermente il capo e, servendosi di nuovo del suo sguardo magnetico, la fissò con una nuova intensità: “Non è solo per quello.”

Vittima per l’ennesima volta dei suoi occhi, Eleanor si dimenticò per qualche infinito istante come si facesse a formulare un frase di senso compiuto.

“… e a- allora per cosa?” balbettò, cercando disperatamente di recuperare la facoltà di pensare e parlare al tempo stesso.

“Sei stata tu a dirmi che è solo grazie a lui se non sei rimasta muta. Non ti avrei mai sentito cantare quel giorno, se lui non ti avesse aiutato a guarire.”

Bastò un attimo perché la mente di Eleanor venisse ricatapultata indietro nel tempo: si rivide piccola e svuotata di ogni infantile illusione, seduta sui gradini del cortile dell’istituto. Gli altri bambini che giocavano e lei che fissava il vuoto davanti a se’. E poi vide Evan che la guardava indeciso, con una punta di timidezza forse, per poi sorriderle amichevolmente. E lei che senza un perché, senza un vero motivo, gli sorrideva di rimando.
Anche la Eleanor del presente sorrise a quel ricordo lontano.
Proprio come quel giorno di tanti anni prima, vide Evan guardarla con la stessa dolcezza, lo stesso incondizionato affetto di quando si erano conosciuti. Al suo fianco stava Nathan e, forse fu solo una sua impressione, ma le sembrava proprio che stesse nascondendo qualcosa dietro la schiena.

“Eleanor, puoi venire un momento?” la chiamò Evan.

Lei obbedì senza obbiettare, ma le dispiacque vedere il suo amico imbronciarsi nell’osservare la sua mano intrecciata a quella di Rock.

“Abbiamo un regalo per te!” esclamò con entusiasmo Nathan.

“Un regalo?” domandò lei confusa, sforzandosi di ricordare qualche anniversario che la riguardasse, senza risultati. “Perché?”

Questa volta fu Evan a parlare – dopo essersi finalmente deciso a smetterla di guardare male Rock : “Deve per forza esserci un motivo?”

Nathan svelò l’oggetto che teneva celato dietro la schiena e glielo porse tutto contento. Era un pacchetto di forma rettangolare, non eccessivamente grande. Dava l’impressione di essere un libro o, perlomeno, quello fu tutto ciò che la sua mente riuscì ad immaginare.

Eleanor lo afferrò, arrossendo come suo solito: “Grazie…” mormorò leggermente in imbarazzo “Non dovevate. Non ho fatto niente per meritarmi un regalo a sorpresa.”

Evan sogghignò leggermente: “In verità, non è soltanto per te, ma anche per noi due.”

Lei li fissò entrambi, interdetta: “Che vuol dire?”

“Aprilo e basta, Eleanor!”

Senza ulteriori indugi, cominciò a scartare il pacco regalo. La curiosità era tanta e dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per evitare di comportarsi come una bambina davanti ai regali di natale.
Con una studiata lentezza, strappò via la carta fino a rivelarne il contenuto. Trattenne una risata quando realizzò cosa fosse:

“Avrei dovuto immaginarlo.” Esclamò sorridendo.

“Beh, non potevi sperare di restare ancora a lungo nella convinzione di non averne bisogno.” Spiegò Evan, più compiaciuto del solito.

Alla fine, il suo amico aveva ceduto. La lontananza era stata con tutta probabilità la causa. E ora Eleanor, tra le mani stringeva la confezione di un cellulare.
Non seppe dargli un valore, e nemmeno riuscì a capire se si trattasse o no dell’ultimo modello in vendita sul mercato. Lei non era pratica di tecnologia. L’unica cosa di cui era del tutto certa, era che non poteva più rifiutarlo. Le serviva e continuare ad affermare il contrario era sia inutile che inesatto.

Anche Rock pareva pensarla allo stesso modo. “Bella idea.” Si lasciò sfuggire.

“Ti piace?” domandò Nathan, sempre col solito entusiasmo.

Eleanor gli sorrise. “Certo!” Ed era vero.

Adesso poteva telefonare ad Evan ogni giorno, senza più limitarsi a quei freddi e brevi messaggi. In più, se Rock fosse di nuovo andato “in missione” per Rap, lei non avrebbe dovuto attendere il suo ritorno per risentirne la voce.
Solo in quel momento, nonostante gli anni in cui ne avesse decantato l’inutilità, si rese davvero conto del tesoro che stringeva tra le mani.

Abbracciò Evan e Nathan: “Grazie, ragazzi! Siete i migliori!”

“E c’era bisogno di regalarti un cellulare prima che tu te ne accorgessi?” Sbottò Evan, fingendosi offeso.

Eleanor fece finta di non sentirlo: “Avrete speso un patrimonio.”

“Tranquilla.” Le disse Nathan. “Non è stata una grande spesa. Conosco il proprietario del negozio dove l’abbiamo preso e sono riuscito ad ottenere un cospicuo sconto.”

“Spero che adesso ti farai sentire un po’ più spesso.” Disse Evan, una punta di tristezza che gli inclinava la voce.

“Certo che si!” esclamò Eleanor, sorniona “Non vi lascerò in pace un secondo. Tempo un mese e mi denuncerete per molestie telefoniche!”

“Ci conto, eh?!”

***

La giornata trascorse tranquilla.
Evan e Nathan bombardarono Eleanor di domande sul luogo dove era andata a vivere e sui ragazzi con cui conviveva, ma le sue risposte furono sempre molto vaghe. Anche troppo, forse.
Nathan preferì non insistere troppo, intuendo da se’ che Eleanor non era a suo agio nel parlarne. Al contrario, Evan riservava sempre un’occhiataccia a Rock ogni volta che la sua amica rimaneva in silenzio rifiutandosi di rispondere a determinate cose.
Eleanor aveva sperato a lungo di riuscire a farli diventare amici, ma cominciò a dubitare parecchio di quell’eventualità. Non sembravano piacersi un granché. Cominciò a domandarsi seriamente, data la crescente antipatia tra i due, in che modo Rock avrebbe potuto ringraziare Evan come si era ripromesso di fare. Probabilmente non sarebbe mai accaduto, ma le sue buone intenzioni furono comunque gradite ad Eleanor.
Nathan invece, non sembrava avere grossi problemi. Chiacchierava tranquillamente con Rock, come se lo conoscesse da una vita. Ma la socievolezza faceva parte di lui. Eleanor era sempre stata convinta che Nathan sarebbe stato capace di scherzare anche trovandosi di fronte ad un pazzo criminale, evaso di prigione e armato di coltello. Per lui non esisteva nulla di abbastanza serio o grave da non poter essere messo sul ridere.
Un po’ invidiava il suo carattere. Lei non riusciva ad essere altrettanto ottimista.
Subito dopo aver pranzato in uno dei tanti chioschi del parco, Eleanor non riuscì a resistere e coinvolse tutti quanti in una battaglia a palle di neve. Inutile dire che Evan prese particolarmente di mira Rock che, come c’era da aspettarsi, non fece assolutamente nulla per ignorare le provocazioni.
Quando finalmente, entrambi si stancarono di fare i bambini e crollarono a terra esausti, Rock si decise a rivolgergli la parola:

”Si può sapere perché ce l’hai tanto con me?”

Domanda più che lecita, dal punto di vista di Eleanor, curiosa di sentire la risposta.

“E hai anche il coraggio di chiederlo?” sbottò Evan, innervosito.

“Certo che te lo chiedo, dal momento che non riesco proprio a capire il tuo atteggiamento. Come vedi Eleanor sta bene, è tutta intera e sembrerebbe essere felice!”

Eleanor sorrise imbarazzata. Felice era un terribile eufemismo. Era in paradiso!
Notò Evan guardarla per un rapido istante, per poi tornare a Rock:

“Ti porti a letto la mia migliore amica!” lo accusò, acidamente. “Se permetti, è normale che tu non mi vada molto a genio!”

“Che cosa?” mormorò Eleanor, non sapendo bene se arrabbiarsi o sentirsi in qualche modo lusingata.

“Non posso crederci! L’ha detto, sul serio.” Nathan pareva sia rassegnato che divertito. “Gli avevo raccomandato di evitare di tirare fuori questo discorso, ma ovviamente ha preferito fare di testa sua.”

Eleanor cercò lo sguardo di Rock, senza incontrarlo. Fissava Evan senza battere ciglio.

“Credo che tu abbia frainteso.” Disse infine.

“Ah si, certo!” Evan sbuffò, scettico. “Vuoi farmi credere che passate le notti a giocare a carte?”

Eleanor non attese una risposta da parte di Rock. Non ci vide più; andò verso Evan come una furia e gli si parò davanti. Ricorse a tutto il suo autocontrollo per non prenderlo a schiaffi.

“Ma che ti prende?” Domandò, cercando di moderare la voce “Primo, tu non sei mio padre e non puoi dirmi cosa fare e non fare. Secondo, non puoi tenermi al guinzaglio come fossi il tuo cagnolino da compagnia. La vita è mia e me la gestisco come voglio, frequentando chi mi pare e piace. E terzo, quello che faccio con il mio ragazzo non è certo un affare che ti riguarda! Ti voglio bene Evan, ma adesso stai veramente esagerando!”

A nessuno dei presenti sfuggì l’enfasi usata nella parola “mio ragazzo”, soprattutto ad Evan. La guardò irritato, ma anche impressionato da quella reazione così poco attribuibile alla timida ed impacciata Eleanor.

“Devi smetterla di prendertela con chiunque mi si avvicini nel raggio di un metro! “ continuò ostinata  “Non puoi proteggermi per sempre! Ho imparato a cavarmela, ormai. Non ho più bisogno di guardie del corpo e baby-sitter! “

Evan non disse nulla, neanche la guardò. Vedendolo così amareggiato, Eleanor si pentì di averlo attaccato a quel modo e gli s’inginocchiò davanti :

“Non prendertela, ok?” le disse, cercando di apparire incoraggiante “Devi solo condividere con qualcun altro il primo posto sulla lista delle persone più importanti della mia vita. Non è certo un dramma.”

“Si che lo è!” borbottò Evan.

“Fai il bravo, ti prego!” lo implorò lei. Gli si avvicinò quel tanto che bastasse ad assicurarle che nessun altro la sentisse: “Lui è molto importante per me. Io… io lo amo.”

Lo disse con una tale convinzione, con un tale coinvolgimento da lasciarlo completamente spiazzato e incapace di recriminare. Vedere i suoi occhi farsi più brillanti, le sue gote imporporarsi e la sua attenzione andare alla neve per evitare di guardarlo in faccia, lo stravolsero completamente. Non c’era ombra di dubbio in quelle parole!

Sospirò con rassegnazione : “Posso provarci, se proprio ci tieni.”

In un attimo si trovò vittima di un abbraccio stritolante della ragazza .

“Grazie, grazie, grazie!” continuava ad urlare. “Sei il migliore amico che si possa immaginare! Ti adoro!”

“D’accordo..:” farfugliò Evan, faticando a respirare “Ma lasciami andare prima che muoia soffocato!”

“Oh, scusami!”

Una palla di neve lo colpì in pieno viso. Eleanor si voltò e vide Nathan sghignazzare. “Scusami Evan, ma te lo sei proprio meritato!”

Il ragazzo si alzò in piedi e lo inseguì bramoso di vendetta. Eleanor non potè fare a meno di ridere nell’osservarli.

La voce di Rock, la costrinse a voltarsi: “Non mi avevi parlato di questo Nathan.”

“No, infatti.”

“Lui ed Evan sembrano molto amici. “

Eleanor si schiarì la gola: “In effetti, sono molto più che amici.”

Lui la guardò, senza capire: “In che senso?”

“… In quel senso.”

Pochi istanti e la confusione sul volto di Rock si dileguò.

“Oh… davvero?” sembrava davvero molto stupito da quella notizia.

Eleanor si limitò ad annuire.

Lui scoppiò a ridere di punto in bianco: “No, non ci posso credere!”

“Perché ridi?”

“Ero geloso di lui!” ammise, facendo un gesto del capo in direzione di Evan “Per tutto questo tempo sono stato geloso marcio di lui! Che idiota!”

Anche Eleanor rise: “Beh, non potevi saperlo. Non prendertela! E poi, la tua gelosia è molto gradita dalla sottoscritta, sempre che non si trasformi in paranoia, ovviamente!”

Rock la strinse a se’: “Meglio non sfidare troppo la sorte!”

***

Il cellulare nuovo di Eleanor vibrò per l’ennesima volta sopra al tavolo della mensa.

Rap sbuffò infastidito: “Leva quella dannata vibrazione! Non se ne può più!”

“Non sono capace!” borbottò Eleanor agguantando il telefono “Devo ancora imparare ad usarlo.”

“Potresti chiedere aiuto a qualche impiegato della NASA, anche se dubito che riescano ad usare termini abbastanza semplici da rientrare nel tuo dizionario limitato.“

Eleanor cercò di non prendersela troppo. Era meglio non dargli nessuna soddisfazione.
L’atteggiamento di Rap era parecchio cambiato negli ultimi giorni. Non era più freddo ed indifferente, ma costantemente cinico. Sembrava provare un insolito piacere nel prendersi gioco di lei.
Eleanor non era sicura che tutto ciò potesse essere considerato un miglioramento, ma secondo gli altri ragazzi lo era eccome!
Da quando lei e Rock erano tornati a casa, Evan non aveva fatto altro che riempirla di messaggi.

Nathan deve essere impazzito! C’era scritto sul messaggio appena ricevuto, Dice che hai buon gusto! Le cose sono due: O ha bisogno di un esorcista, oppure è diventato miope!

Eleanor rise divertita, attirando su di se’ lo sguardo spazientito di Rap. Non ci fece troppo caso e rispose subito ad Evan:

Ne’ uno ne’ l’altro. Ha ragione! Rock è stupendo. Il miope sei tu!

Rap se ne stava in silenzio, dondolandosi pericolosamente sulla sedia e tenendo i piedi poggiati sul tavolo. Sembrava piuttosto pensieroso, con le braccia incrociate sul petto e lo sguardo rivolto al soffitto.

“A che pensi?” domandò Eleanor, senza preoccuparsi di una sua reazione.

Aveva imparato ormai a non temere alcun modo Rap. La sua parte sadica gioiva e si divertiva un mondo nel torturarlo con tutte quelle domande inopportune. D’altronde, la loro era una guerra. Se lui la perseguitava con battute  velenose, lei rispondeva con fastidiosi e petulanti interrogatori.
Ovviamente, a quella domanda, lui le lanciò un’occhiata raggelante, ma lei non ci badò.

“Non scocciarmi!” bofonchiò. “Vai a giocare al dottore con Rock e lasciami stare!”  

Giocare al dottore?

A quella provocazione, non potè proprio fare finta di niente.

“Possibile che voi uomini non riusciate a pensare ad altro?” esplose. “Che mai ci sarà di così bello in questo dannato sesso?”

Lui la guardò con occhi sgranati, allo stesso modo in cui si guarderebbe un pazzo.

“Scusa?” domandò, con calma apparente.

Eleanor sbuffò nervosa e scandì ogni singola parola: “Che cosa c’è di bello nel sesso?”

Rap non cambiò espressione. Continuava a fissarla come se fosse completamente fuori di testa: “Forse dovresti chiederlo a Rock, sai? Immagino abbiate un grosso problema se tu non…”

“Nessuno ha problemi!” Esclamò Eleanor stizzita, interrompendolo.

Quella situazione era davvero snervante! Prima Evan, e adesso pure Rap lo tirava in ballo.Sesso, sesso e ancora sesso… il mondo intero ne era contagiato. Perché? Come mai tutti ne erano così sedotti?
Eleanor non riusciva proprio a capirlo. Gli esseri umani erano un tale mistero a volte…
Alzando gli occhi dal tavolo, si accorse che Rap non aveva ancora smesso di fissarla:

“E’ sporco. “ disse, spiegando le ragioni del suo disprezzo “E’ sporco e fa male! Come può essere considerato una cosa bella?”

 “Cos’è che fa male?”

Quella domanda giunse improvvisa, cullata dal tono di voce di Rock, apparso in quel momento sulla soglia della mensa.
Nessuno gli rispose. Rap tornò a fissare il soffitto ed Eleanor portò nuovamente l’attenzione sul tavolo, sentendo il viso andare a fuoco.

Rock le si sedette di fianco, in attesa: “Eleanor ?”

Senza guardarlo in faccia, la ragazza si appoggiò a lui che la cinse per le spalle: “Niente.” mormorò.

Ovviamente, lui non le credette: “Non vuoi dirmelo?”

“Preferirei di no.”

Lui sospirò, remissivo: “Come vuoi. “ le disse, dolcemente.

Il silenzio che seguì fu bruscamente interrotto da Rap che, senza la minima delicatezza, si alzò in piedi ,facendo strisciare la sedia sul pavimento, e uscì dalla mensa sbattendo la porta.

Rock la guardò:” Che gli è preso?”

Eleanor non sapeva esattamente cosa avesse infastidito tanto Rap, ma in qualche modo era certa che centrasse il discorso che avevano iniziato. Scelse tuttavia, di non farne parola con Rock.

“Non lo so. “ si limitò a dire, alzando appena le spalle

Rock si concesse di guardarla sospettoso, ma notando lo sguardo distante di lei, rinunciò a qualsiasi spiegazione. Evidentemente aveva di nuovo discusso con Rap.
Ma Eleanor non stava pensando affatto a Rap!
Pensava a quelle terribili notti passate sulla strada, alle auto che si fermavano davanti a lei e a tutti quegli uomini a cui aveva fatto da bambola. La sola idea di rivivere anche un solo minuto di una di quelle esperienze, le dava il voltastomaco.
Se quello era il sesso, lei non voleva averne più niente a che fare! Non ci aveva mai trovato nulla di piacevole e, francamente, non capiva perché tutti non pensassero ad altro.
Per lei non era altro che l’unico modo per evitare l’estinzione. Di certo, non era qualcosa che avrebbe potuto divertirla o, men che meno, appagarla.
Un particolare pensiero prevalse sulla sua mente. Un pensiero su cui mai prima d’ora si era trovata a rimuginare.
Con quanti uomini era stata nella sua vita? Impossibile contarli. Nessuno di loro era mai riuscito a farle provare qualcosa che non fosse dolore e ribrezzo. Era come se non avesse mai fatto nulla; come se la purezza facesse ancora parte di lei.

Dio! E’ come se fossi ancora vergine…

Rise amaramente a quella constatazione, riattirando inevitabilmente l’attenzione di Rock su di se’.

“Che c’è da ridere?” le chiese

“Nulla.” Rispose lei, vaga “Pensavo a una cosa stupida.”

Rock stava per dire qualcosa, ma il cellulare di Eleanor vibrò facendola sussultare.

“Non mi dirai che è ancora Evan?” ridacchiò lui.

“Certo che è lui. E’ l’unico, oltre a te e Nathan, ad avere il mio numero!”

Ma non trovò il nome di Evan sotto la voce "mittente", bensì un numero sconosciuto. Si accigliò dalla confusione.
Incuriosita, aprì subito il messaggio e le parole che lesse la scombussolarono:

Dovresti provare a fare l’amore, invece che sesso.

Ogni singola sillaba le s’impiantò nel cervello con una prepotenza inaudita. Rilesse quella frase all’infinito, come a cercare conferma che non avesse letto male.
Il mittente poteva essere uno soltanto e per la prima volta, Eleanor provò un’immensa gratitudine nei suoi confronti.
Come avesse fatto Rap a trovare il suo numero, restava comunque un mistero, ma al momento non era la cosa più importante a cui pensare.
Guardò di sottecchi Rock, assorto in chissà quali pensieri, e le parole di quel messaggio presero a riecheggiarle in testa. Bastò il semplice pensare ai loro corpi uniti per farla arrossire violentemente.
Rock si accorse che lei lo stava fissando e nemmeno gli sfuggì il colorito della sua pelle.

“Che cos’hai?” le chiese, trattenendo una risata.

Nonostante desiderasse ardentemente il contrario, Eleanor non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. L’immagine di loro due insieme, le lenzuola impregnate del loro sudore, i loro corpi che cercandosi parevano danzare, tornò a colpirla senza esitazione.
Forse il suo non era altro che un desiderio recondito . In fondo, non aveva pensato esattamente le stesse cose la prima volta che l’aveva visto in metropolitana?
Lei lo voleva. Lo aveva sempre voluto!
Se non gli si era ancora concessa era semplicemente per il fatto che temeva di tornare ad essere la bambola senz’anima con cui tante persone avevano giocato.
Ma lei era stanca di non sentire nulla. Desiderava sentire il proprio corpo… e voleva che Rock fosse il primo a farle provare quel tipo di sensazione.
Voleva un’altra prima volta; così da poter cancellare tutte le altre esperienze.
Senza dire niente, afferrò il cellulare e scrisse velocemente un messaggio. Rock la guardò confuso, ma lei non gli diede l’opportunità di parlare.
Si alzò in piedi e, prendendolo per mano, lo costrinse a fare altrettanto. Lui la assecondò senza capire cosa diavolo le passasse per la testa e si lasciò trascinare remissivamente fuori dalla mensa.

***

Il cellulare di Evan suonò.
Il ragazzo scattò subito in piedi dal divano, rischiando di fare cadere Nathan, che teneva la testa poggiata sulle sue ginocchia.
Evan non ci fece caso e andò a prendere il cellulare, sicurissimo che fosse Eleanor. E in effetti era proprio lei, ma ciò che lesse nel messaggio appena ricevuto, gli fece gelare il sangue.

“Io lo ammazzo quello!” esclamò furente.

Nathan lo guardò perplesso: “Chi è che vuoi ammazzare?”

Evan non rispose. Con un gesto di stizza, lanciò il cellulare sul divano e andò a chiudersi in camera, sbattendo forte la porta.
Nathan, impressionato da quella reazione, prese il telefono e lesse il messaggio che aveva causato tanto rabbia.Scoppiò a ridere.

“Oh, andiamo, stai esagerando!” urlò rivolto alla porta di camera “Hai promesso ad Eleanor che avresti provato a fare il bravo.”

“E’ una promessa che non riuscirò mai a mantenere!” gli rispose Evan, la voce ovattata dalla porta chiusa.

Nathan rise di nuovo. Si alzò e raggiunse Evan in camera, lasciando il cellulare abbandonato sul divano. Il messaggio di Eleanor ancora leggibile sullo schermo:
 
Non scrivermi fino a domani. Credo che stasera giocherò a carte!

***


Aiuto! Ce l'ho fatta! Non ci credo!!
Ho faticato per scrivere questo capitolo, perchè cambiavo di continuo le scene. Non mi soddisfavano mai! ç__ç In effetti, non mi soddisfa neanche adesso, come al solito.
Tra l'altro è un periodaccio! Ho litigato con una delle mie migliori amiche dai tempi dell'asilo e, capirete bene, scrivere sul bellissimo rapporto d'amicizia tra Evan ed Eleanor dopo un'esperienza del genere, mi è risultato parecchio complicato....
Cmq, ce l'ho fatta ed è questa la cosa più importante.
Mi è venuto un dubbio rileggendo.... Ma l'imprecazione "Dio!" può essere considerata bestemmia? ... Oh cavolo, non vorrei aver mancato di rispetto a qualcuno, non era assolutamente mia intenzione! Nel caso credo non esistano scuse abbastanza accettabili.... ç___ç Se qualcuno di voi si sentisse in qualche modo offeso, lo dica e io cercherò... beh, un'altra imprecazione! Non credo che sia una bestemmia cmq,... boh!
E' successa una cosa strana sta settimana. Due mie amiche stanno facendo fan fiction sulla mia storia o.O'''... avete capito bene! Stanno creando pairings indicibili e mi stanno seriamente facendo saltare i nervi! Mi sono quindi chiesta, chissà cosa prova uno scrittore quando trova su un sito di fan fiction una sua opera completamente cambiata....????? Non so, ma a me non farebbe tanto piacere. Sarà per questo che prediligo la sezione "originali".
Aaaah! Ma quanto parlo oggi?! Passo ai ringraziamenti, va':

Nanako: Le ombre dal cuore di Rap sono molto difficili da sciogliere, ma Eleanor è una furia se s'impegna... chissà!  Scusa ma questa volta non ti saluto in tedesco. Ho preferito dimenticare quella lingua dato che al liceo mi rovinava sempre la media. Ti saluto in francese : AU revoir!!!

BabyzQueeny: Dipendente??? AHAHAHAHA!!!! Sono soddisfazioni! In questo chap Rap compare poco, però devo dire che  si fa notare parecchio, vero? L'idea del sms mi è arrivata all'improvviso! Ne sono quasi fiera! ^^ Grazie dei complimenti *me arrossisce come eleanor*, alla prossima!

Oasis: *_* WOW! Quanti WOW! Mi si è WOWATA la vista! E ho pure coniato un nuovo termine EVVAIIIII!!!! Grazie mille per i complimenti! SPero ti sia piaciuto anche questo capitolo e spero continuerai a seguirmi (e perchè no, a recensire XD)

Mana_chan: Un'altra teoria??????? XD!!!! Ok, allora rock è un abitante di Krypto sfuggito sulla terra, ha incontrato rap che è un vampiro mutaforma traumatizzato dalla relazione con Marika che è un ragno radioattivo, l'istituto è la sua base segreta dove lei.............. -_-'''' va bene, la smetto! Tornando alla storia VERA, Rap e Eleanor amici???? Beh, dato ciò che è accaduto nell'ultima parte di questo capitolo, direi che è una cosa fattibile, no?!

Black Lolita: Una nuova fan??? KE BELLO!!! *me piange di gioia*!!! Troppi complimenti, io mi commuovo ç__ç. Nessuno mi ha mai detto che la mia grammatica è "pregevole" ç_____ç sono.... davvero.... commossa! Poverina, come hai fatto a resistere fino alle 4 del mattino ^^, e hai pure avuto la forza di farmi una recensione. Troppo buona! Beh, dato che non ci sei riuscita l'ultima volta, spero che tu riesca a farmela adesso una bella recensione lunga ^_^. SOno beneaccette anche le critiche ovviamente! Ciao!!!!!

Felicity89: Hai visto che ho fatto vedere Nathan e Evan, ma come ti avevo già spiegato in passato, non sono brava a trattare lo yaoi e quindi il loro rapporto resterà sempre un po' in ombra^^, mi dispiace per te. I misteri da svelare sono ancora tanti  e nei prossimi capitoli vedrò di fare un po' più di luce... promesso!!!

LEOandPIPER: Ho rischato di non vedere la tua recensione, sai XD? Fortuna che poi l'ho trovata. Niente errori??? Davvero??? Io ho sempre paura che mi sfugga qualcosa ^^. Beh, meglio così! Grazie, grazie mille per i complimenti. SOlo una domanda.... dal nick non capisco: sei una lei o  un lui??? O entrambe le cose??? XD domanda idiota!!!!

GRAZIE a chi mi ha salvato tra i preferiti e a chi  riuscito a leggere fino a qui! KE TEMERARI!!!!! ^___^

VOlevo dirvi una cosa però, (e ora mi lincerete)... potrebbero esserci dei rallentamenti con l'aggiornamento dei capitoli^^... Io proverò cmq a postare un capitolo a settimana, ma non posso prometterlo. Lo scriverò anche nella mia pagina autore. A proposito, ho cambiato l'introduzione della storia perchè l'altra mi aveva un po' stufato. Che ne pensate di quella nuova??? VI svelerò un segreto: è una frase che dirà Rap... un po' più avanti. Ho già detto troppo!
CIAOOOOOOOO!!!!

Ayleen 

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Capitolo 14
*** Sirene nella notte ***


CAPITOLO QUATTORDICI
Sirene nella notte



Un gelo improvviso la strappò dalle braccia di Morfeo.
Eleanor rabbrividì e affondò il viso nel cuscino, mugugnando qualche incomprensibile protesta. Allungò un braccio, cercando a tentoni le coperte che, per qualche strana ragione, non l’avvolgevano.
Rinunciò dopo un paio di tentativi andati a vuoto e, senza aprire gli occhi, si voltò in direzione di Rock, facendo riemergere per metà la faccia dal cuscino.

“Rock…” biascicò con la voce impastata dal sonno “… mi hai rubato di nuovo le coperte? “

Non sarebbe stata la prima volta. Accadeva molto spesso che la ragazza si svegliasse quasi del tutto scoperta…
Attese qualche secondo, ma nessuno le rispose. Si vide costretta, seppur controvoglia, ad aprire gli occhi.
Anche se con ancora la vista annebbiata, vide chiaramente che non c’era nessuno accanto a lei.
Sbuffò e si strofinò gli occhi. Possibile che Rock si svegliasse sempre per primo?
Ma in un istante, la consapevolezza di ciò che era accaduto quella notte, la colpì con lo stesso effetto di una doccia ghiacciata. E, in effetti, il suo corpo era ghiacciato.
Con uno scatto improvviso, si rizzò sedere. Si accorse solo in quel momento di non avere nulla addosso.
Le coperte erano abbandonate ai piedi del letto. Si allungò per prenderle e ci si avvolse stretta, godendo del calore che immediatamente ne scaturì.
Sentiva il cuore battere all’impazzata e una strana morsa allo stomaco.

Oh mio Dio! Pensò, fuori di sé dall’agitazione Oh mio Dio! Oh mio Dio! L’abbiamo fatto sul serio!

Certo che l’avevano fatto. E per quanto lei si sforzasse di convincersi che si fosse trattato solo di un sogno, c’erano troppi indizi ad affermare il contrario: il suo corpo nudo, i vestiti sparsi qua e là per la stanza, le condizioni del letto, quell’insolita stanchezza quasi avesse dormito male, o non avesse dormito affatto se non poche ore…
E poi, c’era anche qualcos’altro: il loro odore.
Suonava strano, ma era così… Le lenzuola ne erano impregnate.
Eleanor inspirò a fondo, beandosene. Ovviamente, non potè fare a meno di arrossire.
Sorrise, al sicuro da sguardi indiscreti sotto il confortevole rifugio offerto dalle coperte. Ora sapeva cosa significasse sentirsi complete!
Pura elettricità. Ecco cosa le era sembrato di essere quella notte.
Come se il suo corpo fosse stato ricoperto da migliaia di fili elettrici che, stimolati nel giusto modo, le avevano dato scariche di un piacere immenso. Un piacere che mai avrebbe pensato di poter provare.
Che stupida aver vissuto nella convinzione che non potesse essere una cosa bella!
Rock le aveva dimostrato il contrario. Bello era troppo limitativo; non esisteva un termine appropriato per descrivere il momento in cui i loro corpi e le loro anime si erano incontrate.
Quel ricordo la rese stranamente irrequieta, ansiosa, in qualche modo impaziente.
Fu con leggero imbarazzo che si rese conto di non volere altro che ricominciare tutto daccapo. Tornare a quella notte, oppure ripetere quell’esperienza ancora una volta. Magari più di una!
Finalmente aveva imparato cosa fosse il sesso. E ora capiva perché il mondo ne fosse così sedotto.
Il suo stomaco protestò. Eleanor si accorse di avere una gran fame. Rise da sola nel ricercarne la causa.

Colpa di tutto quel movimento forse…

Si alzò in piedi e andò ad aprire l’armadio alla ricerca di vestiti e biancheria puliti. Con i soldi che era riuscita a mettere via mentre viveva ancora da Evan, si era comprata qualcosa di nuovo da mettere. Nulla di colorato ovviamente. Le era dispiaciuto avere fatto spese senza il suo migliore amico, ma sapeva che prima o poi ne avrebbe avuto di nuovo la possibilità quindi non si angustiò più di tanto.
Scelse a caso, senza nemmeno guardare cosa stesse indossando. Si pettinò velocemente e scavalcò i vestiti sporchi che ancora giacevano a terra. Li avrebbe raccattati più tardi per lavarli. Adesso voleva soltanto raggiungere Rock. Non c’era nulla di più importante!
La fretta con cui percorse il corridoio era strettamente correlata al bisogno di ritrovarsi tra le sue braccia. Non tentò minimamente di darsi un contegno. In quel momento, anche il non sembrare una pazza smaniosa era un fatto trascurabile ai suoi occhi.
Quando arrivò in mensa notò che c’erano tutti, seduti intorno all’unico tavolo sopravvissuto di quella vecchia scuola. Ma lei a malapena li vide. Non erano altro che tre ombre dalle fattezze umane che stavano sedute vicine al suo angelo.
Lui lo vide anche fin troppo chiaramente. E nel momento esatto in cui i loro occhi s’incontrarono, le apparve esattamente come l’aveva visto quella notte: madido di sudore, il fiato corto, il corpo fremente contro il suo…
Cancellò in fretta quell’immagine, giusto per evitare qualche spiacevole inconveniente come il saltargli addosso davanti a tutti.
Lei e Rock si sorrisero quasi simultaneamente. Un sorriso dolce, appagato, privo di qualsiasi malizia. Un sorriso da innamorati.
Eleanor non salutò nessuno. Entrò e, senza interrompere il contatto visivo, andò a sedersi in braccio a Rock che la strinse a se’ possessivo, quasi gli fosse mancata.
Non si dissero nulla, gli occhi parlavano al posto loro. Eleanor si accorse appena della risata beffeggiatoria di Heavy:

“Ho la vaga sensazione che qualcuno non abbia dormito granchè stanotte.” Li canzonò, senza ottenere risposta alcuna.

Qualcuno lo colpì da sotto al tavolo, ma Eleanor non riuscì a capire se si fosse trattato di Metal o Rap. Probabilmente Metal. Rap non si concedeva gesti del genere.
Quello che fece, tuttavia, la sorprese. Si alzò in piedi e fece cenno ai due fratelli di seguirlo. Metal capì al volo il messaggio subliminale di Rap e fece come gli era stato richiesto.
Ovviamente, Heavy non capì.

“Dove andate?” chiese candidamente.

Rap sbuffò e alzò gli occhi al cielo, prima di guardarlo esasperato: “Fuori di qui!” ordinò stizzito, senza voler sentire ragioni.

Metal afferrò il fratello per un braccio, lamentandosi per la sua mancanza di tatto e di acume, e lo trascinò fuori in corridoio assieme a Rap.

“Oggi Rap è più riguardoso del solito.” Disse Rock, una volta rimasti soli.

“A quanto pare, si.” Sussurrò Eleanor, appropriandosi immediatamente delle sue labbra.

Lui sorrise di quell’irruenza, ma impiegò comunque lo stesso fervore in quel bacio così tanto bramato.

“Sono riuscito a farti cambiare opinione?” sospirò Rock, quando Eleanor glielo permise.

Lei ridacchiò come una ragazzina di fronte al suo primo amore. Ma in effetti era proprio così. Fatta eccezione per Evan, Rock era l’unico per cui lei avesse mai provato un sentimento così forte e intenso.

“Decisamente.” Gli rispose, arrossendo un poco.

“Bene.” Si compiacque lui, poggiando la fronte sulla sua.

Continuò a fissarla, mentre le sue mani scorrevano lente lungo la sua schiena. La sentì rabbrividire a quel tocco leggero e sorrise nel vedere le sue gote imporporarsi ulteriormente.

“Ma che fai? Arrossisci ancora?” le chiese, cercando di non ridere del suo inguaribile imbarazzo.

La vide imbronciarsi appena, rendendola ancora più adorabile ai suoi occhi:

“E’ colpa tua.” Disse cercando di apparire autorevole, senza riuscirci.

Lui rise della sua espressione, la fece scendere dalle sue gambe e la prese per mano:

“Fame?” domandò.

Eleanor annuì, senza staccargli gli occhi di dosso, una strana luce negli occhi.

Rock alzò gli occhi al cielo, svagato: “Fame da cibo, intendo!”

Lei scoppiò a ridere: “Stavo scherzando, tranquillo! Sto morendo di fame.” Nessuno dei due però, credette a quelle parole. “Di fame da cibo!” precisò infine, cercando di apparire convincente.

Non era una bugia. Lo stomaco di Eleanor stava davvero implorando pietà, ma l’espressione di Rock era davvero impagabile per rinunciarvi troppo in fretta. Senza aggiungere nient’altro, lo trascinò di corsa in cucina.

“Andiamo, prima che mi venga un calo di zuccheri!”

***


Chiuso nella sua stanza, Rap guardava distrattamente dalla finestra.
Quella notte aveva nevicato ancora e il cortile - così come i giochi appartenuti ai piccoli allievi di quella vecchia scuola - era ormai quasi del tutto scomparso, sepolto sotto innumerevoli strati di neve.
Rap osservava i ragazzi che giocavano rincorrendosi, continuando ad urlare e spintonarsi. Sembravano proprio dei bambini.
Tutti ne erano coinvolti: Rock, Heavy, Eleanor, persino Metal non era rimasto tagliato fuori, anche se si vedeva che non era esattamente a suo agio. Si metteva al riparo dietro gli alberi, oppure dietro allo scivolo per evitare di diventare il bersaglio delle palle di neve che gli altri si lanciavano. Ma nonostante non partecipasse attivamente, sembrava divertirsi.
Rap vide Eleanor correre dietro ad Heavy, tenendo un grosso ammasso di neve tra le mani. Lo inseguiva senza guardare dove stesse mettendo i piedi, così ad un certo punto, la vide letteralmente sparire, inghiottita dal terreno innevato.
Si voltarono tutti, inizialmente preoccupati, ma poi scoppiarono a ridere sguaiatamente nel vederla riemergere, cosparsa di cristalli di ghiaccio dalla testa ai piedi. Anche Metal non si risparmiò.
In effetti, sarebbe stata una scena perfetta per un cartone animato.

“L’abominevole donna delle nevi!” Sbraitò Heavy, piegato in due dalle risate.

A quelle parole, Eleanor diventò una furia. Prese a raccogliere manciate di neve e a tirarle a chiunque le capitasse sotto tiro. A Rap ricordò in maniera impressionante quei macchinari “lancia palle” usati dai giocatori di baseball per allenarsi. 
Gli sfuggì una risata senza che quasi se ne rendesse conto. Un suono quasi estraneo a cui lui non era più abituato.
Durò un istante, per poi lasciare nuovamente spazio alla sua consueta espressione arcigna e sprezzante.
Sbuffò, allontanandosi dalla finestra. Lui non aveva voglia di ridere. Non più. Non gli era più concesso. Era il prezzo da pagare per  ciò che aveva fatto.
Marika sembrava volersi prendere gioco di lui, fissandolo da quella dannata fotografia che si ostinava a tenere così in bella vista, sopra quel vecchio banco di scuola.
Arrivata a quel punto, una persona sana di mente, l’avrebbe bruciata o, più semplicemente, gettata via. Ma lui, no!
Non ce la faceva. Il sorriso di lei, rimasto congelato in quella foto, lo illudeva che tutto fosse ancora come allora. Quando persino uno come lui aveva saputo amare incondizionatamente.
Sbuffò innervosito e si buttò sul letto, portando immediatamente lo sguardo al soffitto.
Non seppe dire per quanto tempo rimase lì immobile. Le voci in cortile si acquietarono, il sole cambiò inclinazione, la stanza si fece più buia. Di tanto in tanto sentiva dei passi fuori dalla porta. Alcuni passavano dritti, altri si fermavano per qualche istante per poi allontanarsi di nuovo.
Rock, Heavy e Metal avevano i loro difetti, ma capivano quando lui non voleva altro che stare da solo e non osavano mai disturbarlo quando si chiudeva dentro la propria stanza. Si preoccupavano, si angustiavano, ma resistevano e aspettavano che fosse lui ad andarli a cercare.
Ci furono dei passi tuttavia – più leggeri e silenziosi degli altri -, che non accennarono ad allontanarsi. Rap sapeva a chi appartenessero e, se solo ne avesse avuto la forza, sarebbe scappato dalla finestra.
Voltò la testa in direzione della porta. Vedeva un’ombra da sotto la fessura, qualche secondo di silenzio e poi un paio di colpi, lo fecero imprecare sottovoce.

“Rap?”

“Va via!”  Riflesso incondizionato al quale non potè proprio resistere. Avrebbe fatto meglio a rimanersene in silenzio e fare finta di dormire.

Eleanor era terribilmente fastidiosa ed invadente. Possibile che non avesse ancora capito che lui sopportava la sua presenza solo per fare un piacere a Rock? 

“Guarda che entro anche senza il tuo permesso!”

Era una minaccia? Oh, si. Altrochè se lo era.
Avrebbe tanto voluto chiudersi dentro, ma non poteva, dal momento che nessuna delle serrature di quella scuola poteva più essere chiusa.

Chi cavolo ha avuto la brillante idea di buttare via tutte le chiavi delle aule?

Il suo sguardo andò alla foto di Marika. Altro riflesso incondizionato.

… Ah, già…

Era stata Marika, in quel periodo in cui si era convinta di essere una perfetta “donna di casa” e aveva insistito per occuparsi da sola delle pulizie. Le aveva eliminate perché diceva che era stufa di aggirarsi per i corridoi con quell’enorme mazzo di chiavi che la faceva sembrare una cameriera d’albergo. Una volta si era addirittura lamentata di somigliare  a San Pietro.
Un sorriso spontaneo si delineò sulle labbra di Rap e, stranamente, non tentò di cancellarlo. Lo tenne stretto a se’, cercando di trattenere il più a lungo possibile nella propria mente l’immagine della Marika di quei giorni.

“Rap? Sto entrando.”

La voce di Eleanor distrusse quell’immagine, così come quel sorriso. Rap strinse le labbra per non urlarle qualcosa di eccessivamente offensivo.
La porta si aprì e lei entrò, un po’ esitante. Si guardò intorno, incuriosita. In fondo, quella era la prima volta che entrava nella sua stanza. Quando poi si decise a guardarlo, sorrise serenamente, come se quell’intrusione non la toccasse minimamente.

“Cosa fai qui tutto solo?” domandò, fin troppo bonariamente.

Lui rispose con una delle solite occhiatacce, pur sapendo che ormai non sorbivano più l’effetto sperato.
Infatti, Eleanor non parve urtata. Anzi, continuò a parlare, come se nulla fosse:

“Ci siamo divertiti oggi di fuori, perché non sei venuto anche tu? “

L’immagine di lei che sprofondava dentro la neve lo investì in pieno, costringendolo ad impegnarsi seriamente per non scoppiare a riderle in faccia.

“Possibile che tu non abbia ancora capito che a me piace stare da solo?”

“A nessuno piace stare solo.”

“Beh, io sono l’eccezione che conferma la regola!” sbottò, al limite della pazienza. “Ora sparisci!”

Ma Eleanor non sembrava per nulla intenzionata ad accogliere quella richiesta. Cominciò a gironzolare per la stanza, guardandosi intorno, finchè a Rap non gli si gelò il sangue. La vide afferrare la foto di Marika e osservarla interessata.

“Chi…?” stava per chiedere, prima che l’intuito rispondesse al suo posto, “E’ lei, vero?” domandò, senza fare nomi.

Rap non rispose, ma Eleanor riuscì comunque a captare il sì che si nascondeva dietro quel silenzio. Tornò a guardare la ragazza nella foto e sorrise.

“E’ molto carina.” Disse osservandola con attenzione. “Com’è che si chiama?... Marika, vero?”

Rap si alzò in fretta, la raggiunse e le strappò la foto dalle mani.
Non gli andava di parlare di Marika. Era certamente l’ultima cosa che voleva. E inoltre, parlarne proprio con lei era decisamente fuori discussione.

“Si può sapere che vuoi?” Le domandò seccamente.

La vide farsi pensierosa, come alla ricerca di chissà quali parole.

“Io volevo soltanto ringraziarti.” Disse infine, arrossendo.

Rap si accigliò di sorpresa. Lui non era certo il tipo da far arrossire la gente, nemmeno una come Eleanor. Eppure eccola lì, rossa in viso e visibilmente a disagio.
Quella ragazza era riuscita a frantumare la sua ennesima convinzione: non era più capace a farsi odiare.
Era sempre stato bravo a fasi odiare dagli altri, ma con lei non ci riusciva proprio. E più tentativi faceva, più la trattava con insofferenza, più lei gli si avvicinava e cercava di comprenderlo.

Quanto sei insopportabile, Eleanor!

Fortunatamente, riuscì a tenersi quel pensiero per se’.

“Ringraziarmi per cosa?” chiese, invece.

“Per avermi aperto gli occhi, ieri sera.”  Il rossore sulle sue gote si fece ancora più visibile “Il tuo messaggio è stato a dir poco illuminante!”

“Guarda che mica l’ho fatto per te!” sbottò lui, “L’ho fatto per Rock. Il tuo fare la preziosa stava cominciando a renderlo piuttosto insofferente. Ovviamente non te lo avrebbe mai detto, ma ti assicuro che non aspettava altro.”

“Beh, non importa per chi l’hai fatto, un grazie te lo meriti comunque.” Disse lei sorridendo con la più sincera e spiazzante riconoscenza.

Per la prima volta, Rap non seppe che dire. Non riusciva a capire come fosse possibile che quella sciocca ragazzina impertinente avesse potuto compiere un simile miracolo. Ma quell’espressione così grata, così soddisfatta lo lasciò indiscutibilmente senza parole.
Grazie al cielo, Eleanor non parve accorgersi della leggera nota di panico che si era dipinta sul suo volto.

“Bene.” Esclamò “Ora che ti ho ringraziato, la mia coscienza è a posto e posso anche andarmene, contento?”

“E me lo chiedi?” sibilò lui, fissandola torvamente.

Ma lei non parve intimorita, gli rise in faccia spudoratamente: “Quando la smetterai di fare l’orco? Non hai ancora capito che con me non attacca?“

“La smetterò quando tu mi lascerai finalmente in pace!”

Ed esattamente come quel giorno in cui avevano parlato per la prima volta, Eleanor gli fece la linguaccia. Rap alzò gli occhi al cielo al limite della sopportazione. L’afferrò per un braccio e la trascinò fino alla porta:

“Sparisci!” le intimò.

Eleanor ridacchiò e fece per ubbidire, ma si fermò sulla soglia, facendosi improvvisamente seria.

“Sai, mi chiedo spesso una cosa…” disse, evitando il suo sguardo.

Rap la fissò in ansia. Non era mai un bene quando una donna pensava. Il più delle volte aveva ragione.

“Perché hai lasciato Marika se sei ancora così innamorato di lei?”

Il ragazzo non rispose. Troppo le emozioni che lo attraversarono in quel momento, e nessuna di esse era positiva.
Quel giorno, ci fu un altro primato: Rap agì per l’incolumità di Eleanor.
Per non farle del male, sbattè con violenza la porta, mettendola così al sicuro dalle proprie mani irrimediabilmente già strette a pugno.

Stupida ragazzina!

Si lasciò scivolare contro la porta, fino trovarsi seduto per terra. Sospirò, cercando di ritrovare la calma.
In fondo lei non sapeva. Non poteva sapere… aveva solo la colpa di essere una gran ficcanaso, ma non per questo meritava di diventare l’oggetto su cui scaricare tutta la propria rabbia.
Eleanor era ancora lì fuori, ne era certo. Non aveva sentito i suoi passi allontanarsi. La odiò ancora di più!
Solo in quel momento, realizzò che aveva ancora stretta in mano la foto di Marika. Tornò a guardarla, nonostante il suo subconscio gli dicesse di non farlo.

Strappala! Buttala via!  ordinò a se stesso. Dimenticala! Tanto non tornerà mai più…

Ci andò molto vicino.
Prese la fotografia con entrambe la mani e fece per stracciarla ma, come tutte le volte in cui ci aveva provato , rinunciò fin troppo in fretta.
Marika gli sorrideva felice. Bella… bella come nessun’altra ai suoi occhi. Era l’unico ricordo tangibile che aveva di lei. Come poteva distruggerlo come se niente fosse?

Non posso, non posso maledizione!

***

Eleanor rimase immobile davanti alla porta di Rap. Lo aveva distrutto con una semplice domanda. Questa volta aveva esagerato e lui non l’avrebbe perdonata tanto facilmente.

“Mi dispiace… “ cercò di scusarsi, fissando la porta.

“Sei ancora lì? Vattene!”

La sua voce le giunse strana, diversa. Scossa da qualcosa che inizialmente non seppe riconoscere… qualcosa che non era certamente contemplato nel modo d’essere di Rap.

Sta… piangendo?

“Eleanor?”

La voce di Rock la ridestò. Si voltò e lo vide che la guardava preoccupato, pochi passi più in là. Chissà cosa si poteva leggere sul suo viso in quel momento? Lei provava solo vergogna per se stessa, e pietà per Rap.
Sentì montare la rabbia dentro di se’. Era rivolta a qualcuno che non conosceva personalmente, ma che se le meritava tutta.

Marika! Pensò risentita Che cosa hai fatto? Che razza di mostro sei?

“Tutto bene?” le chiese Rock, posandole una mano sulla spalla.

Eleanor sussultò a quel tocco. Neanche si era accorta che lui le si era avvicinato. Ma nemmeno la sua presenza riuscì a liberarla da quel peso che improvvisamente la affliggeva.
L’immagine di Rap che, prima di sbatterle in faccia la porta, la fissava con quegli occhi pieni di rancore e disperazione rischiava di farla impazzire.
Possibile che non esistesse una cura a tutto quel dolore?
Nessuno meritava di soffrire così, nemmeno uno scontroso e insopportabile come Rap.
Provava una tale pena per lui, una tale compassione da coinvolgerla abbastanza da farle inumidire gli occhi dalle lacrime.
Si buttò tra le braccia di Rock, per nascondere il fatto che stava stupidamente per mettersi a piangere.

“Che succede?” domandò lui, sinceramente in ansia.

Eleanor attese qualche secondo per reprimere i singhiozzi che minacciavano di uscire allo scoperto.

“Ti va di uscire?” riuscì a chiedere infine.

“Si, se ne hai voglia.”

Senza dire nient’altro, lo tirò verso l’uscita.
Sapeva bene che, più che uscire, Rock desiderava soltanto chiederle cosa avesse, ma lei non aveva voglia di parlarne. Era una faccenda tra lei e Rap e, per quanto le costasse ammetterlo, Rock non centrava nulla.

***

Per strada, il cellulare di Eleanor squillò. Non appena lesse il nome sul display, un enorme sorriso le illuminò il volto.

“Evan!” esclamò felice nel rispondere.

Rock si rilassò nel vederla finalmente sorridere. Da quando erano usciti lei aveva parlato pochissimo, il suo sguardo costantemente distante a vagliare chissà quali tristi pensieri.
Non riusciva a capire il motivo di quell’improvviso sbalzo d’umore. Quella mattina era sembrata l’allegria fatta persona mentre giocava nella neve come un bambina.
Ma in qualche modo sapeva che il responsabile era Rap. Forse le aveva detto qualcosa di offensivo. Non sarebbe stata la prima volta, in fondo. Lui le aveva detto tante volte di non prendere sul serio le parole di Rap, ma evidentemente Eleanor l’aveva di nuovo presa sul personale. O almeno era quello che credeva, la sola spiegazione che era riuscito a dare al suo malumore.

“Come sarebbe a dire che mi vedi?” domandò la ragazza, cominciando a guardarsi intorno. “Dimmi subito dove sei, o ti farò pentire di essere nato!”

Rock intravide Evan dall’altra parte della strada che sogghignava divertito, seduto su una panchina. Stava per avvertire Eleanor, ma lei a quel punto l’aveva già visto.
Prese a sbracciare in aria finchè lui non le fece un cenno di saluto. Chiuse il cellulare, afferrò Rock per mano e lo trascinò dall’altra parte della strada.
Ovviamene, Evan non gli risparmiò una bella occhiataccia truce.
Eleanor lo abbracciò felice come non mai:

“Che cosa ci fai qui? Non ci siamo visti per un sacco di tempo e ora ovunque mi giro t’incontro, com’è possibile?”

Evan rispose con un’alzata di spalle, per poi guardare di nuovo torvamente Rock.

“Ciao, rapitore di ragazze indifese!” lo provocò.

“Smettila!” lo rimproverò subito lei.

“Tranquilla, Eleanor!” fece Rock, posandole possessivamente un braccio sulle spalle e guadagnandosi l’ennesima occhiataccia “Lascialo divertire un po’.”

Trovava insanamente divertente far ingelosire Evan. Nonostante ormai sapesse che tra lui ed Eleanor non avrebbe mai potuto esserci nulla se non quella fraterna amicizia che li legava, provava un sincero piacere nel farlo arrabbiare.  Non lo faceva con cattiveria, voleva solo fargli capire che Eleanor non era più una sua esclusiva.

“Piantatela di fare i bambini!” li sgridò lei, incrociando le braccia.

Evan distolse l’attenzione da Rock per tornare a fissare l’amica. Si fece serio tutto d’un tratto.

“Ma… stai bene ?” le chiese.

Anche lui si era accorto che qualcosa non andava. Eleanor era una vera frana nel nascondere i propri sentimenti.
La vide farsi più scostante, il suo sorriso spegnersi di colpo.

“S-si…” mormorò incerta “Sto benissimo.”

Evan fissò Rock, questa volta non con fastidio, ma con crescente rabbia:

“Che cosa le hai fatto?” non sembrava affatto una domanda. Sapeva molto di accusa.

Eleanor non gli diede il tempo di rispondere. Fissò l’amico incredula e anche un po’ arrabbiata:

“Hei! Rock non centra niente, chiaro?”

“E allora cos’hai?”

La sentì irrigidirsi al suo fianco.

“Non… mi va di parlarne.”

 Ma Evan non demorse: “Oh, avanti! Darò per scontato che sia una cosa brutta se la tieni segreta! Dimmelo!”

“Non è niente di grave, davvero.”

Eleanor fissava la strada. Rock riconobbe in quel gesto la sua avversione nel ricordare qualcosa di spiacevole. Si stupì che Evan non se ne accorgesse. Non era forse il suo migliore amico?

“Se non è grave, parla!”

“Evan, perfavore… non insistere!”

Il ragazzo parve intuire da se’ che la sua ostinazione non l’avrebbe portato da nessuna parte. Sbuffò rassegnato e, dopo la solita occhiataccia a Rock, si rilassò e tornò a sorridere.

“Hai la testa più dura della pietra!”

Anche lei tornò a rilassarsi : “Oh, puoi scommetterci!”

“Dove stavate andando?”

Eleanor rispose con una generica alzata di spalle: “In giro.”

“Bella risposta!”

“Vuoi unirti a noi?”

Rock la guardò come fosse impazzita. Non gli andava che Evan s’intromettesse nella loro passeggiata.

“No, mi spiace ma non posso.” Rispose “Devo vedermi con Nathan fra un po’.”

Rock sospirò di sollievo. Eleanor se ne accorse e lo guardò a metà fra il divertita e l’indignata. Per evitare qualsivoglia ramanzina, lui sfoggiò la più innocente delle espressioni… e, come da copione, lei abboccò in pieno. La vide arrossire e non resistette dal baciarle il capo.
Evan lo fulminò, ma lui non ci fece troppo caso. Era meglio che si abituasse a vederli insieme, dal momento che non era stata varata ancora nessuna legge che gli proibisse di toccarla davanti a lui.
Rock aveva il vago sospetto che tutta l’antipatia nei propri confronti, si fosse in qualche modo raddoppiata dal giorno prima. Era anche quasi certo che Eleanor gli avesse raccontato cosa fosse successo tra loro quella notte e sorrise a quel pensiero… Ebbe quasi pietà per il povero Evan, così pazzamente geloso e nel contempo irrimediabilmente impotente.

Eleanor parve delusa dal suo rifiuto di seguirlo e s’imbronciò leggermente: “D’accordo…” fece mestamente.

Evan le diede un buffetto sul braccio: “Non fare quella faccia! Mica mi trasferisco su Marte. Un giorno di questi usciamo io e te… da soli!” lo sguardo che indirizzo a Rock sul finire della frase, non aveva nulla di amichevole.

Rock sogghignò svagato. Evan era davvero divertente da far arrabbiare!

Eleanor si risollevò: “Come ai vecchi tempi?”

“Come ai vecchi tempi!”

Chissà che significati assumeva per loro l’espressione "vecchi tempi" ? Probabilmente, Rock non l’avrebbe mai saputo e un po’ se ne rammaricò. Una cosa andava detta: Evan conosceva Eleanor molto meglio di quanto la conoscesse lui.
Nulla poteva cambiare questo dato di fatto!

Eleanor si avvicinò al suo amico e lo abbracciò. “Ci vediamo.” Lo salutò.

Lui abbassò la voce, ma non abbastanza da sfuggire all’udito di Rock: “Non mi hai ancora detto come è andata la partita a carte…”

Eleanor si allontanò immediatamente da lui e lo fissò scandalizzata, rossa in viso come non lo era mai stata. Non era difficile immaginare il doppio senso di quella frase, e le risatine di Evan non facevano altro che confermare l’ipotesi che Rock si era fatto.

“Sono affari miei, se non ti dispiace!” affermò Eleanor con decisione, visibilmente a disagio.

Evan ridacchiò nell’osservarla:

“Tranquilla, stavo scherzando! Anzi, volevo appunto chiederti, cioè implorarti, di non raccontarmi mai niente. Ne va della mia salute mentale!” a quel punto, quello in imbarazzo sembrava proprio lui “Non riesco ad immaginare te e lui che… mentre… giocate. Dio, non voglio nemmeno pensarci!”

“La vuoi smettere?”

Rock si divertì un mondo nel guardarli. Erano uno spettacolo unico. Rise senza quasi rendersene conto, ritrovandosi vittima dei loro sguardi raggelanti. Tuttavia, non servì per farlo tornare serio.
Evan salutò Eleanor con un veloce abbraccio e tornò a sedersi sulla panchina sulla quale lei e Rock l’avevano trovato.
La ragazza continuò a salutarlo con la mano finchè la visuale glielo permise.
Girato l’angolo, i suoi occhi furono di nuovo tutti per Rock. E così fu per il successivo paio d’ore…

***

Decisero di tornare in metropolitana, in assoluto il loro mezzo preferito.
Eleanor adorava sedergli accanto e si divertiva un mondo nel confrontare il presente con l’immagine di se stessa mentre si limitava ad osservarlo da lontano. Allora, non avrebbe mai nemmeno osato sperare di potersi sedere vicino ad un angelo.
Appoggiata sul suo petto, alzò gli occhi su di lui e il ricordo di Rap tornò a colpirla con prepotenza. Ma assieme a quello, un altro ricordo si fece strada tra i suoi pensieri. Un ricordo che decise di riportare alla luce.

“Lo sai che mi devi ancora un interrogatorio?” domandò, molto candidamente.

Sentì Rock trattenere per un attimo il respiro.

“In effetti te lo devo.” Concesse.

“Voglio sapere tutto su Marika!” esclamò a bruciapelo.

Vide un bagliore di panico illuminare il volto di Rock: “…adesso?”

“Si, adesso. Basta segreti! Sono stata anche fin troppo paziente, direi.”

Rock si fece pensieroso. Lei sapeva che stava cercando qualche scusa a cui aggrapparsi per poter di nuovo rimandare quella conversazione, ma questa volta non avrebbe funzionato. Lei era irremovibile.
Se voleva aiutare Rap e diventare finalmente sua amica, doveva conoscere tutta la storia.

“A casa.” Disse semplicemente Rock.

“Va bene.” Acconsentì lei. Qualche minuto poteva anche concederglielo. “Ma prometti che parlerai!”

“Prometto solennemente che parlerò!”

Il viaggio in metro durò all’incirca un quarto d’ora. Dieci minuti, la strada a piedi per tornare al loro rifugio.
Quando arrivarono, trovarono Rap in mensa.
Eleanor si fermò sulla soglia non appena lo vide. Immediatamente, il ragazzo si eclissò nel corridoio che conduceva in palestra.
Rock la guardò interrogativamente:

“Che gli hai fatto?”

Lei scosse la testa e andò a sedersi, invitandolo a fare altrettanto. “Non cercare di cambiare discorso!”

Il ragazzo si sedette remissivamente vicino a lei.

“Sei sicura?” le chiese “Quello che sentirai non ti piacerà.”

“Questo lascia deciderlo a me.”

La luce blu di un’ambulanza che passò sfrecciando in strada illuminò per il volgere di un istante la stanza. Il fastidioso suono delle sue sirene spiegate coprì i loro respiri.
Eleanor poggiò una mano su quella di Rock. Attese che l’ambulanza fosse lontana abbastanza, per parlare:

“Rock… ti prego. Io devo sapere.”

Lo sentì sospirare:

“Una promessa è una promessa.”

Ma proprio in quel momento, quando tutto sembrava perfetto, il cellulare di Eleanor prese a squillare. In qualche modo, allentò la tensione. Soprattutto quella di Rock.

“Sarà Evan. Coraggio rispondi! Altrimenti pensa che ti ho fatto a pezzi e nascosto dentro i muri!”

Eleanor lo guardò male: “Spiritoso!”

Si alzò in piedi e si allontanò di qualche passo prima di rispondere.

“Evan?” chiese senza nemmeno guardare il display.

Rock rimase a fissare il vuoto. Come avrebbe fatto a raccontarle la verità? Non sapeva neppure da dove iniziare.
A Rap non piaceva che si parlasse di Marika e neanche a lui, a dirla tutta. La presenza di Marika nella loro vita era stata sia un miracolo che una tragedia.
La tragedia sarebbe stata complicata da raccontare ma, contro ogni buonsenso, raccontare del miracolo sarebbe stato ancora peggio.

Un colpo secco lo riportò con i piedi per terra. Si voltò verso Eleanor e si spaventò.

“Eleanor?”

La ragazza appariva sconvolta. Il cellulare le era scivolato di mano, cadendo a terra. Fissava il nulla con  occhi sgranati e sembrava farsi più pallida ogni secondo che passava. Nemmeno respirava.
Immediatamente fu al suo fianco per sostenerla, dato che sembrava sul punto di svenire.

“Che cosa c’è?”

La vide deglutire nel tentativo di ritrovare la voce: “…devo… devo andare.”

“Andare dove?”

Il suo respiro si fece più pesante. Rock non era un medico, ma sapeva riconoscere una crisi di panico quando la vedeva ed Eleanor c’era molto vicina. La sentiva tremare sotto le sue mani.
Solo una parola uscì dalle labbra di lei, trascinata e appena udibile. Una parola che sconvolse anche lui:

“ …un... un incidente… “

La sirena dell’ambulanza appena passata sembrò tornare a farsi sentire...

***




Ok ok! Capitolo inutile. Non succede praticamente nulla, fatta eccezione per il finale (a questo proposito, l'autrice ha assunto una guardia del corpo per eventuali attacchi di natura terroristica da parte dei suoi lettori rimasti a bocca asciutta). In verità gli interi ultimi 2 capitoli sono stati abbastanza inutili, ma avete mai sentito dire "la calma prima della tempesta" ?. Con questo capitolo finisce la calma. Da ora in poi sarà solo tempesta.
Non posso dire troppo per non rovinare la sorpresa, ma le persone a cui ho già raccontato cosa accadrà nei futuri capitoli mi hanno odiato profondamente ^^.  (ndPersoneAcuiHoSpoileratoLaStoria: NOOOOOOOO!!!! Non puoi fare questo!!!! NON PUOI!!!! NON PUOI!!!! ç____ç )
Hihihi! Quanto mi sento perfida!!! MWUAHAHAHAHAHAHAH!!!!!!!
-_-'''' ok, facciamo un po' le persone serie.
Passo ai ringraziamenti, prima che ci scappi lo spoiler:

BabyzQueeny: L'idea del sms è piaciuta a molti ^_^ *me tanto felice*. E anche Nathan ha riscosso parecchio successo. Sono proprio contenta ti sia piaciuto. PEr quanto riguarda il segreto... beh, nei prox due capitoli accadranno parecchie cose che porteranno altrove l'attenzione dei personaggi, ma nei capitoli 17 e 18 tutto verrà svelato ^___^ contenta?? Grazie per l'appoggio morale, ma credo che ormai i rapporti con quella mia ex-amica si siano interrotti del tutto. Pazienza. Ho imparato a riderci su!

Oasis: Grazie mille. Essermi meritata un posto tra i tuoi preferiti è motivo d'orgoglio per la sottoscritta ^_^

Lady85: Certo che avrà da sudare Eleanor!!! ALtrochè se ne avrà, ma ancora di più dovrà sudare Rap a dimenticare il passato. Grazie x i complimenti ^_^

Felicity89: visto che ho aggiornato in tempo? E tranquilla, continuerò ad essere la tua Beta. Ho preso un impegno e non posso rinunciarci. I messaggi si, li manda Rap. In realtà volevo tirare in ballo qualcun'altro, ma mi son detta: !cavolo, non esageriamo! CI sono già troppi misteri in questa storia, poi si fa troppo inverosimile!" ^_^

Black Lolita: Accidenti, e chi si aspettava che Nathan riscuotesse tutto questo successo? Bene, sono proprio contenta. Beh, come aggettivo direi che  "orsacchiottoso awww" va bene, no? Grazie ancora per i complimenti. Non merito tanto e mi commuovo ç____ç

Mana_chan: Adoro le tue recensioni chilometriche. Mi fanno felice !!!!!! Anzi scusa se non te l'ho ancora mai detto! Cmq, sono contenta ti sia piaciuto il finale. Ci ho lavorato un bel po'. Ho perso il conto di quante volte l'ho cambiato. E di questo di finale cosa ne pensi???? Vero ke mi odi, almeno un pochino???? ^^

Celicola: ti ringrazio^__^ e complimenti per essere riuscita a leggere tutto d'un fiato! Davvero notevole!

Ok, dato che sono quasi le 2 e mezza di notte, vado a nanna!
Mi raccomando recensite eh?!?! Voglio sapere cosa ne pensate dell'interruzione di capitolo!

A presto!

Ayleen

PS
Siccome ho postato questo capitolo piuttosto frettolosamente, non ho fatto a tempo a rileggerlo (un errore molto grave! E dire che sono pure Beta-reader ç_ç ke figure!) . Se trovate errori di battitura o di altra natura, vi prego di segnalarmelo, o nelle recensioni o privatamente. Insomma avvertitemi! Ho la fobia degli errori! ^^ Grazie

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Capitolo 15
*** Il silenzio fa rumore ***


CAPITOLO QUINDICI
Il silenzio fa rumore




Che suono ha la vita?
Eleanor se l’era spesso domandato. Lei amava tutto ciò che potesse produrre suoni: gli alberi, il vento, l’acqua, gli animali, le persone, la musica… ma non era mai riuscita ad immaginare che suono potesse avere la vita. Eppure, era sempre stata convinta che ne avesse uno. Doveva averlo. Così come ce l’avevano l’amore e l’odio. Non tutti riuscivano a sentirli, ma lei sì.
E adesso sapeva che suono avesse la vita. Lo sentiva e non le piaceva per niente.
Non aveva nulla di armonico e affascinante. Non rilassava come si era immaginata. Era fastidioso, freddo, ripetitivo e faceva paura. Si, perché avrebbe potuto fermarsi da un momento all’altro e se fosse successo, se il silenzio l’avesse fatta da padrone all’improvviso, lei sarebbe morta.
Un bip. Nient’altro.
Un bip ripetuto all’infinito da un macchinario accanto ad un letto d’ospedale. Quello era il suono che aveva la vita.
Se quel bip fosse cessato, anche la persona sdraiata su quel letto avrebbe cessato di esistere. E lei con lui...
Era inaccettabile !
Un cuore non faceva bip! Il cuore di Evan non faceva bip!
Ma ora, era soltanto quel suono a darle la sicurezza che lui fosse ancora vivo.  
L’infermiera l’aveva cacciata via già un paio di volte da quella camera, ma lei ci era tornata, cocciuta e caparbia come poche volte era stata.
Quella donna in fondo, cosa ne sapeva del suo dolore? Credeva davvero che lei, in un momento del genere, fosse minimamente interessata al regolamento dell’ospedale?

“Se non siete parenti non potete entrare!” Così aveva detto.

Parenti. Che parola sciocca!
Evan non aveva parenti, non più! Lei e Nathan erano la sua famiglia.
Ad Eleanor non interessava se quell’infermiera sarebbe tornata a cacciarla via. Anche se fosse accaduto, lei sarebbe rientrata.
Evan era lì, sdraiato su quel letto, privo di coscienza.
Eleanor si sentiva morire ogni volta che le sue limitatissime conoscenze mediche le facevano saltare alla mente la parola coma. Nessuno l’aveva usata, eppure lei sapeva che tutti la pensavano.

Sta solo dormendo. Si ripeteva di continuo, Ancora un po’ e si risveglierà.

Ma era difficile convincersi che stesse davvero soltanto dormendo. Tutte quelle garze macchiate di sangue, i suoi bei ricci color del mogano nascosti da quell’ampia fasciatura alla testa, quegli strani sensori e quei tubicini che lo ricoprivano da capo a piedi e di cui lei ignorava le funzioni, spezzavano crudelmente quella speranza.
Si era ripromessa di non piangere, perché se Evan si fosse risvegliato non avrebbe dovuto vedere alcun accenno di tristezza sul suo volto. Solo la più calda e raggiante espressione di bentornato.
Si era sdraiata al suo fianco, facendo attenzione a non staccare nessuno di quei tubicini, e gli aveva stretto la mano. Lo fissava immobile, in attesa di qualunque movimento, anche il più impercettibile.
Sentiva la presenza di Rock e Nathan sulla porta, ma non badava a loro. In quel momento, nel suo mondo esisteva solo Evan. E comunque, non aveva il coraggio di guardare Nathan. Non voleva rivederlo, perché non riusciva a riconoscerlo. L’angoscia e il dolore sul suo volto erano stati il colpo di grazia.
Dov’era il Nathan sempre sorridente?
Era davvero così grave la situazione?
No, non poteva essere così grave. Il bip si faceva udire regolare, forte e chiaro. Ovvio, il cuore di Evan era forte. Non avrebbe smesso di lottare tanto facilmente.
Senza quasi rendersene conto, Eleanor si era messa a canticchiare a bassa voce la canzone preferita di Evan. Quella di Bob Dylan che lui fischiettava di continuo.
Poteva una semplice canzone compiere un miracolo?
No, Eleanor ne aveva avuto la conferma quella notte. I miracoli erano sono belle favole.
E se esisteva un Dio, allora il mondo era spacciato.

***

Era terribile dover assistere impotenti a quello strazio. Rock non era forte abbastanza.
Eleanor era così distante da sembrare quasi evanescente ai suoi occhi. Lui non poteva fare altro che guardarla in silenzio da lontano, mentre teneva Evan stretto a se’.
Ascoltava quella canzone appena sussurrata dalle sue labbra. Persino con la voce vinta dalla disperazione, la sua intonazione risultava essere perfetta.

“Mama, put my guns in the ground
I can't shoot them anymore.
That long black cloud is comin' down
I feel like I'm knockin' on heaven's door.”

Stava facendo un enorme sforzo per non piangere, non era difficile da notare. Lo capiva dal mondo in cui continuava a sbattere le palpebre e dal suo incessante deglutire a vuoto.
Al fianco di Rock, Nathan sembrava diventato di pietra. Era immobile nella stessa posizione da una mezzora buona. Sembrava un’altra persona, così diversa da quella che aveva conosciuto appena il giorno prima…
Ma d’un tratto, la statua si mosse.
Nathan sospirò e uscì in corridoio, appoggiandosi stancamente al muro. Rock lanciò un ultimo sguardo ad Eleanor, prima di seguirlo fuori da quella maledetta camera.

“… avrei dovuto ascoltarlo.” Mormorò il ragazzo biondo, fissando il vuoto “Lui voleva rimanere a casa stasera. Mi aveva detto che davano un film in televisione che non voleva perdersi, ma io ho insistito per uscire…”

Rock lo ascoltò in silenzio, senza osare interromperlo.
Da quando lui ed Eleanor erano arrivati in ospedale – poco dopo che Nathan aveva telefonato alla ragazza - , nessuno dei due aveva ancora chiesto cosa fosse successo.
Non ne capiva il motivo, dato che avrebbe dovuto essere la prima cosa su cui informarsi, ma ad Eleanor non sembrava importare dell’incidente che aveva coinvolto Evan. Lei voleva soltanto vederlo riaprire gli occhi. Quasi desiderasse farsi raccontare direttamente da lui gli avvenimenti che l’avevano costretto in quel letto…
Quanto a Rock, aveva intuito da se’ che Nathan non aveva voglia di parlare. Quand’erano arrivati, lui li aveva semplicemente avvisati che Evan era appena uscito dalla sala operatoria.
Senza fare nessuna domanda, Eleanor si era infilata nella stanza del suo amico e non si era più allontanata.

“…eravamo sul marciapiede…” continuò Nathan, faticosamente. “Stavamo camminando tranquillamente. Non ricordo neanche di cosa stessimo parlando, so solo che Evan è rimasto indietro di qualche passo. Si è fermato e si è messo a ridere per qualcosa che ho detto…”

Rock lo fissava accigliato, scrutando l’immagine che la sua mente si era creata.

“… Ho fatto appena in tempo a vedere i fari di quell’auto e mi sono reso conto troppo tardi che ci stava per piombare addosso. Ho provato ad afferrare Evan per allontanarlo dalla sua traiettoria, ma non ce l’ho fatta…”

Rock si sentì raggelare. Non seppe riconoscere la sensazione che prevalse nel suo cuore: un misto fra rabbia, dolore, pietà. Tutto.
Vedeva la sofferenza di Nathan, avvertiva l’infinito tormento della sua Eleanor. Sentiva la propria incapacità nel fronteggiare una simile situazione.
Che cosa mai avrebbe potuto dire per farli stare meglio?
Quali parole sarebbero state in grado di far scappare loro un sorriso?
La voce rotta di Nathan, lo distrasse:

“Non dovevamo uscire!” esclamò, ormai sull’orlo del pianto “Se fossimo rimasti a casa come voleva lui, tutto questo non sarebbe accaduto!”

“Hei!” Rock assunse un’aria inaspettatamente severa “Non dirlo neanche per scherzo. Non è stata colpa tua!”

Nathan scosse convulsamente la testa: “Si, invece! Perché lui faceva sempre quello che volevo io e non ho mai fatto nulla per cambiare questo fatto! Non importava se lui fosse contento o meno, alla fine si faceva sempre e solo quello che volevo io!”

Rock lo fissò con occhi sgranati, non tanto per il senso delle sue parole, ma per il modo in cui le aveva esposte.

“Nathan…” lo chiamò, cercando di apparire il più calmo possibile “… perché parli al passato? “ Il ragazzo non rispose, limitandosi a sfuggire al suo sguardo accusatorio. “Evan è vivo, quindi smettila di parlare come se non fosse così!”

Nathan si chiuse in un ostinato silenzio, mentre Rock tornò sulla soglia della camera di Evan. Sospirò sollevato nel vedere finalmente il volto di Eleanor addormentato e, in qualche modo, si sentì pervadere da un'infinita tranquillità.

“Devi promettermi una cosa.” Nathan gli si era affiancato, senza fare il minimo rumore. Anche lui fissava Eleanor.

Rock lo guardò incuriosito. “Che cosa?”

“Prenditi cura di lei!” disse, facendo un cenno verso Eleanor.

“Lo sto già facendo.”

“No, non è quello che intendo” Il ragazzo biondo di voltò verso di lui, fissandolo con aria terribilmente seria “Dovrai prenderti cura di lei, dopo che tutto questo sarà finito.”

Rock lo fissò, sinceramente confuso: “Non capisco…”

Nathan deglutì un paio di volte prima di ritrovare la voce:

“Dovrai starle vicino. Dovrai evitare che compia qualche sciocchezza… sarà molto dura per lei.”

All’improvviso, ogni sua singola parola prese un senso.
Con un gesto di stizza gli mostrò le spalle e si allontanò:

“Non voglio neanche starti a sentire!” esclamò, adirato.

Nathan lo seguì: “Ti prego, prometti che non la lascerai mai da sola! Promettilo!”

“Smettila!” gli urlò contro Rock “Evan non morirà, ok? Guarirà e potrà prendersi cura di Eleanor insieme a me! E anche a te, se vuoi!”

Nathan strinse le labbra e fermò Rock con uno strattone: “Lui sta già morendo!” sibilò per non farsi sentire da Eleanor che dormiva a pochi passi da loro. “Non si sveglierà più!”

“Quello che dici è assurdo.” Fece Rock, cercando d’ignorare la lacrima solitaria che percorreva una delle guance di Nathan.

“No, non lo è. “

Rock ebbe seriamente paura del suo sguardo. I suoi occhi erano sì terrorizzati e disperati, ma il velo di rassegnazione li rendeva, se possibile, ancora più preoccupanti.

“Tu non hai sentito ciò che hanno detto i medici dopo che è uscito dalla sala operatoria. “

Aveva paura a fare quella domanda, ma se si fosse ancora tirato indietro, se avesse di nuovo rimandato quell’inevitabile momento, sarebbe impazzito:

“Quanto è grave?”

Nathan si passò nervosamente una mano tra i ricci dorati. Le sue labbra si mossero, ma nessun suono uscì. Andò a sedersi su una delle panche del corridoio e si prese la testa fra le mani.

Rock gli si sedette accanto : “Perfavore Nathan, devo saperlo.”

Sul suo volto distrutto comparve per un attimo una smorfia che, con molta fantasia, si sarebbe potuta definire sorriso.

“Beh, non ricordo le parole esatte… tutti quei termini complicati da dottori…”

“Non ti ho chiesto le parole esatte!” sbottò Rock, interrompendolo “Voglio solo sapere cos’ha?”

Seguì ancora qualche istante di silenzio, poi Nathan si decise a parlare: “Hanno parlato di un’emorragia a seguito del forte trauma cranico dovuto all’impatto con l’auto. Sono riusciti a fermarla… per il momento.”

“Per il momento?”

Nathan annuì soltanto, prima di riprendere a parlare: “Alcuni organi sono compromessi. Il fegato è… è come spappolato, scusa ma non so trovare un altro termine.”

Rock lo fissava impietrito. Era molto peggio di quanto si fosse immaginato. Non serviva essere medico per capirlo.

“C’è un alto rischio d’infezione…” continuò Nathan “… e se ciò dovesse accadere, Evan...” nemmeno la terminò quella frase.

Si alzò di scatto e tornò sulla soglia di quella maledetta camera.
Rock non si mosse per parecchio tempo. Un groviglio di pensieri gli stava scombussolando il cervello. Domande perlopiù, quasi tutte senza risposta.
E se non si fosse più risvegliato?
Eleanor come avrebbe reagito?
Che cosa poteva fare per lei?
Esisteva una qualche speranza che Evan si riprendesse?
Scelse di svuotare la propria mente, interrompendo di colpo il fluire dei propri pensieri. Si alzò, improvvisamente cosciente della sola cosa che avrebbe potuto fare.
C’era una persona in quell’ospedale. Una persona a cui lui non rivolgeva la parola da quasi sette anni. L’idea di incontrarla lo irritava non poco, ma avrebbe resistito e gli avrebbe parlato.
Era tutto ciò che poteva fare. Per Nathan, per Eleanor ma, soprattutto, per Evan.
Percorse tutto il corridoio riservato alla terapia intensiva, per poi svoltare su per una rampa di scale. Si trovò nell’ennesimo spoglio corridoio e con passi decisi si fermò davanti ad una porta.
Benché non ce ne fosse alcun bisogno, lesse il nome sulla targhetta che vi era appesa un paio di volte.
Fece un sospiro profondo e bussò.

“Avanti!”

Il respiro gli si mozzò in gola. Risentire quella voce, così austera e al tempo stesso così rasserenante, scatenò in lui l’impulso di andarsene immediatamente.
Solo l’immagine di Eleanor disperata mentre cingeva Evan come fosse il più prezioso e fragile degli oggetti, lo convinse a non fare troppo affidamento sul proprio istinto.
Posò lentamente una mano sulla maniglia della porta ed entrò.
Non alzò immediatamente gli occhi. Si concesse qualche istante di esitazione, ma la persona dietro quella scrivania reagì in tutt’altra maniera. Rock lo sentì alzarsi di scatto e quella voce fin troppo dolorosamente famigliare, tornò a riempire la stanza.

“Figliolo?” Difficile dire se apparisse più preoccupato, felice o arrabbiato.

Più di sei anni che non si vedevano e ancora Rock conservava di lui sempre e solo lo stesso ricordo. Un ricordo che comunque, preferì non riportare alla luce. C’era altro a cui pensare. Questioni più importanti che rimuginare sul loro ultimo e definitivo litigio.
Dopo quella che parve un’eternità, Rock si decise finalmente a guardarlo. Non era cambiato per niente, fatta eccezione per qualche ruga più marcata agli angoli degli occhi e della bocca. Era come guardare se stessi proiettati in avanti di trent’anni. Gli stessi capelli neri ribelli –anche se oramai brizzolati, la carnagione pallida, i lineamenti del viso e quegli occhi, copia esatta dei suoi.
Se Eleanor l’avesse guardato in faccia, non ci avrebbe messo molto a capire.

“Papà…” mormorò Rock, ormai del tutto disavvezzo dall’usare quel termine “… devi farmi un favore.”

***

Rap venne bruscamente svegliato dalla voce di Metal.

“Rap!”
Nonostante l’intorpidimento, allungò un braccio alla ricerca di qualcosa da tirargli addosso, mugugnando qualcosa d’incomprensibile.  
L’ansia nel tono di voce dell’amico tuttavia, lo fece desistere.

“Rap, svegliati!” esclamò in un soffio.

 Il ragazzo si mise faticosamente a sedere sul proprio letto, cercando di mettere a fuoco l’immagine di Metal sulla soglia della sua stanza:

“Spero tu abbia un valido motivo per avermi svegliato!” biascicò infastidito.

“Rock ti ha detto che usciva?”

“Cosa?”

“Sai per caso se Rock aveva intenzione di uscire stasera?”

Rap sbuffò: “E’ stato fuori tutto il pomeriggio con quella piantagrane di Eleanor, ma sono tornati verso… beh,  non so a quale dannata ora.” Tagliò corto, ansioso di rimettersi a dormire.

Vide Metal farsi pensieroso, ma il cuscino lo reclamava troppo per farci davvero caso. Senza aggiungere un’altra sola parola, si gettò a peso morto sul letto. Era già sul punto di riaddormentarsi, ma sembrava che Eleanor avesse intaccato anche Metal con la sua invadenza, dato che lui non accennò ad andarsene.

“Non ci sono.” Disse gravemente. “Nessuno dei due!”

Rap sbuffò di nuovo, questa volta più sonoramente: “Che t’importa?! Saranno andati da qualche parte!”

“… sono quasi le quattro del mattino.”

Rap smise di respirare per qualche istante. Alzò un braccio, piegandolo a pochi centimetri dal viso e lesse l’ora sul quadrante dell’orologio che aveva al polso.
Le tre e quarantacinque.
In effetti, era strano che Rock fosse ancora fuori, ma ancora più strano suonava il fatto che anche Eleanor non ci fosse.

“Hai provato a chiamarlo?” domandò a Metal, con il consueto atteggiamento distaccato.

Il ragazzo biondo annuì : “Ha il telefono spento. Ed Eleanor non risponde proprio.”

… non… risponde?

Si stupì dell’improvviso nodo allo stomaco che quella semplice frase gli provocò.
Il cellulare di Rock era spento, e la cosa non lo coinvolgeva più di tanto; avrebbero potuto esserci centinaia di motivi. Strano come invece, l’idea che Eleanor non rispondesse e che il suo telefono squillasse a vuoto da qualche parte, lo agitasse. Al contrario di Rock, in quel caso non esistevano giustificazioni che spiegassero il comportamento di lei.

Perché diavolo non risponde?

Gli ultimi residui di sonno sparirono nel porsi quella domanda.
Per qualche assurdo motivo, la sua mente proiettava soltanto immagini drammatiche tutt’altro che benefiche per la sua crescente ansia.
Cercò disperatamente di ritrovare la calma. Si sentiva decisamente fuori posto nel vestire i panni dell’apprensivo.

C’è Rock con lei. Non è da sola. Continuava a ripetersi, anche se non costituiva un grande aiuto.

Si alzò in piedi e cominciò a vestirsi con  finta calma.

“Cosa fai?” domandò Metal.

“Che domande! Andiamo a cercarli, no?” Si stupì da solo della propria risolutezza. Se c’era una cosa che detestava era farsi coinvolgere troppo dagli altri.

Accidenti a te, Eleanor! Non ne combini mai una giusta!

“Ma potrebbero essere ovunque!” esclamò Metal, appena corrucciato.

“Allora faremmo meglio a darci una mossa! Sveglia tuo fratello!”

Una volta vestito, Rap si diresse alla porta, ma Metal gli impedì il passaggio.

“C’è un’altra cosa che devi sapere.” Disse esitante, ritrovandosi vittima del suo sguardo rigido che lo obbligò infine a parlare: “… l’auto non c’è. Penso che l’abbia presa Rock.”

Rap s’irrigidì.
Ora si che era ufficialmente preoccupato!
Spinse di lato Metal e si diresse frettolosamente verso l’uscita.  Udì a malapena la voce dell’amico che chiamava Heavy.
Sentiva il cuore battergli all’impazzata; da molto non rimaneva in balia di tanta agitazione. Dentro di se’ sentiva la rabbia crescere nei confronti di Rock, ma soprattutto nei confronti di Eleanor; nemmeno sapeva farsene una ragione…
Quella stupida ragazzina! Possibile che riuscisse sempre a sconvolgergli l’esistenza? Anche quando non c’era riusciva a fare danni. E quell’idiota di Rock che le andava dietro!

Stanno bene. Stanno bene… sta bene!

Non avrebbe dovuto essere così in pena per loro. Per lei, in particolar modo!
Andava contro tutto ciò che l’aveva contraddistinto in quegli ultimi anni. Si era dimenticato cosa volesse dire preoccuparsi da quando l’ultima persona per la quale gli importasse qualcosa l’aveva abbandonato.
Era già in strada, quando le imprecazioni di Heavy gli giunsero alle orecchie. Stava urlando qualcosa a proposito della sua fretta e del fatto di essere stato buttato giù dal letto. Metal teneva il passo silenzioso, riservandogli di tanto in tanto occhiate apprensive.

“Hei, Rap.” Disse all’improvviso. “Stai tranquillo. Vedrai che non è successo niente. Avranno solo perso la cognizione del tempo.”

Ma quelle parole non lo aiutarono in alcun modo. Anzi, gli suonavano terribilmente false!

”Oh, chiudi il becco Metal!”

***

Non era certo una sorpresa l’atteggiamento che entrambi stavano tenendo; così freddo e distaccato. Il tipico atteggiamento che lega dottore e paziente.

“Qual è il problema?” domandò suo padre, senza lasciar trapelare alcuna emozione. “Stai male?”

“No.” Rock, accomodato di fronte alla scrivania, si fissava le mani, incapace di sostenere il suo sguardo.

“E allora cosa ci fai qui? Ti servono soldi?” sembrò farsi arrogante d’un tratto e questa volta, Rock alzò gli occhi.

“Certo che no!” sbottò, risentito. “Anche se così fosse non verrei mai a chiedere soldi proprio a te. Piuttosto organizzo una rapina in banca!”

Suo padre sospirò pesantemente, si chiuse in un breve silenzio e poi richiese, scandendo ogni sillaba: “Qual è il problema?”

“E’… è per la mia ragazza.” Rispose Rock, cercando di apparire il più risoluto possibile.

“Che cos’ha?” Suo padre si fece nuovamente distaccato.

“Lei niente. E’ per un suo amico. Ha avuto un incidente stanotte e l’hanno portato qui. Io vorrei che lo visitassi.”

L’uomo si corrucciò perplesso: “Non essere ridicolo! Ci sono decine di dottori qui dentro, vuoi farmi credere che nessuno si è occupato di lui?” Rock scosse lentamente la testa, senza dire niente. “E allora perché sei venuto da me?”

“Papà, tu sei il miglior medico di quest’ospedale!” esclamò sbrigativamente  “Lo sanno tutti, tu per primo! Se c’è una possibilità che Evan si salvi, sei tu l’unico che possa far sì che ciò accada. “

Il medico rimase a fissare il figlio in silenzio, pensieroso. A Rock parvero passare ore anziché secondi.

“Hai detto che si chiama Evan? “ domandò infine, remissivamente.

Il ragazzo annuì soltanto, guardando il padre con una rinnovata speranza.

“Cosa gli è successo?”

“E’ stato investito da un’auto. Non ha più ripreso conoscenza da quando è arrivato qui.”

L’uomo sospirò, volgendo altrove lo sguardo; dopodichè si alzò.

“D’accordo. Portami da lui! Ma voglio subito mettere in chiaro una cosa: non sono Dio e non è detto che la mia diagnosi sia differente da chi l’ha visitato prima di me.  I miracoli ancora non so farli!”

“Non pretendo un miracolo. Ti chiedo solo di fare il possibile per aiutarlo.”

“E la tua ragazza che centra?”

La voce di Rock si spezzò: “Se succedesse qualcosa  ad Evan, lei… io credo che potrebbe reagire nella maniera peggiore… quindi, ti prego, ti prego salvalo!”

Solo in quel momento di rese conto di quanto egoistica suonasse quella supplica.
Voleva che Evan guarisse semplicemente per non perdere Eleanor. Si vergognò profondamente dei propri pensieri, ma ciò nonostante non riuscì a reprimerli.

Voglio solo che lei torni sé stessa… la rivoglio indietro, maledizione!

***

“Cazzo! Io non lo sopporto questo odore!” si lamentò Heavy, non appena entrati nell’edificio.

Metal lo zittì sul nascere con un gesto di stizza. Rap li precedeva silenzioso. Nemmeno a lui piaceva quell’acre e sgradevole odore di disinfettante, gli faceva girare la testa, ma la cosa che più di tutte lo stava facendo letteralmente morire d’ansia, era l’aver trovato la macchina di Rock nel parcheggio dell’ospedale.
Quindi i suoi sospetti erano del tutto fondati! Era successo qualcosa!
C’era da dire che l’auto era in buone condizioni e ciò lasciava presupporre che Rock ed Eleanor non fossero rimasti coinvolti in qualche incidente stradale come lui si era invece immaginato, ma restava comunque il fatto che erano in ospedale…nessuno va in ospedale per niente.
Avrebbe pure dovuto ringraziare Heavy, dato che era stato lui il primo a notare l’auto. Ci avrebbe pensato più tardi. Adesso, la sua testa era decisamente altrove.

“Non pensi che sarebbe meglio chiedere all’accettazione? Girare a vuoto per l’ospedale mi sembra a dir poco inutile.” domandò Heavy.

Rap lasciò a Metal l’onore di rispondergli, dal momento che lui correva il serio rischio di farsi piuttosto maleducato.

“Ma che cosa stai dicendo?” sbottò “Quale nome potremmo mai chiedere all’accettazione? Tu per caso sai come si chiama Rock?”

“Beh, no,” rispose Heavy, guardando il fratello come se gli stesse sfuggendo qualcosa di terribilmente ovvio “Però sappiamo quello di Eleanor. Il suo è vero!”

Rap si fermò all’istante.
Heavy aveva ragione. Era da pazzi riuscire ad ammettere che quella  zucca vuota avesse potuto avere una simile intuizione e si maledisse per non esserci arrivato lui per primo.
Immediatamente, tornò sui suoi passi e si diresse all’ingresso. Vide con la cosa dell’occhio Heavy sogghignare trionfante in direzione di Metal, il quale si limitò a fulminarlo con lo sguardo.
Gli venne spontaneo domandarsi come facessero ad essere così tranquilli., Heavy in particolar modo. Perché non sembravano affatto preoccupati?

“Mi scusi?” fece Rap, all’infermiera dell’accettazione “Stiamo cercando una ragazza di nome Eleanor. Dovrebbe essere qui.”

“Solo un attimo.” La donna fece scorrere l’indice lungo una lista di pazienti, per poi alzare nuovamente gli occhi su Rap. “Mi serve il cognome. C’è più di una Eleanor ricoverata qui.”

Il ragazzo imprecò sottovoce e si voltò verso i suoi due amici: “Per caso ha detto a qualcuno di voi il suo cognome?”

I due fratelli scossero la testa.

Rap si rivolse di nuovo alla donna: “Ascolti, ha capelli lunghi e neri, gli occhi azzurri ed è sempre vestita di scuro…”

“Mi dispiace, ma non posso aiutarti”

A quel punto, un’altra infermiera si avvicinò. Era una signora di mezza età, dall’aria severa, ma sicuramente più esperta della sua giovane collega.

“Hai detto Eleanor?” domandò a Rap.

Lui si limitò ad annuire.

“Forse ho capito di chi stai parlando. Vieni con me!”

I tre ragazzi seguirono l’infermiera in assoluto silenzio.  
Rap si fermò di colpo non appena lesse Terapia intensiva sulla porta che stavano per varcare, e altrettanto fecero i gemelli.
La donna, notando la loro reazione, domandò:

“Beh? C’è qualche problema?”

“Merda…” mormorò Heavy. “Qualunque cosa sia, l’hanno combinata grossa.”

Metal lo guardò male, zittendolo all’istante.

“Mi scusi…” disse Rap, con un filo di voce, “E’ sicura che questo sia il reparto giusto?”

“Si, certamente!” dichiarò lei, perplessa “Hai detto che ha i capelli neri, giusto? E che è vestita di scuro, no? E’ qui, non mi sbaglio. E’ tutta la notte che provo a farle rispettare il regolamento di questo ospedale, ma lei pare proprio non ascoltarmi!”

“Ma…” la voce di Rap morì per qualche istante “…che cosa le è successo?”

“Oh, ma lei sta bene. Non è ricoverata!”

Rock!  Pensò subito lui e sapeva che anche i suoi due amici avevano pensato lo stesso. Li sentì entrambi trattenere il respiro.

“Volete venire o no?” chiese l’infermiera, fattasi improvvisamente più insofferente “Non ho tempo da perdere, quindi decidetevi!”

Senza dire niente, i tre ragazzi annuirono soltanto e oltrepassarono l’ingresso del reparto.

***

“Eleanor…”

Una voce dolce e appena sussurrata la strappò al sonno, accompagnata da una leggera carezza sul volto.

“Eleanor, svegliati.”

Si sentiva gli occhi umidi, come se avesse pianto anche se non ricordava di averlo fatto. La testa le faceva male e i muscoli erano indolenziti.
Si aspettava di trovare il volto sorridente di Rock poggiato sul cuscino di fianco al suo, come tutte le mattine, ma invece non fu lui a farle ritrovare la consapevolezza di quanto accaduto nelle ultime ore.
Quel maledetto bip rischiò di farla urlare!
Evan era ancora lì, nella stessa posizione di quando si era addormentata. Sempre immobile, pieno di tagli sul viso, il capo fasciato, il corpo coperto di sensori e bende macchiate di sangue…
Strinse forte le labbra e deglutì per non mettersi a piangere. Dopo qualche infinito istante, si mise a sedere sul bordo del letto, facendo attenzione a non staccare nessuno di quei sensori.
Guardò Rock e non le piacque quello che vide. Stava soffrendo, il suo viso era una maschera di agonia e quel sorriso forzato che immediatamente comparve, rese tutto ancora più surreale.

“Dobbiamo andare fuori, Eleanor. Solo pochi minuti.”

Lei scosse convulsamente il capo. Come poteva chiederle una cosa del genere? Era impazzito? Non poteva lasciare da solo Evan.

“No!” esclamò con decisione “Io non vado da nessuna parte finchè Evan non si sveglia!”

“Per favore.” Insistette lui, offrendole mano “Solo un momento.”

“Ho detto di no!”

Rock sospirò e indirizzò uno sguardo verso l’altra metà della stanza. Solo allora, Eleanor si rese conto che non erano soli. C’era un medico con loro che la fissava.

“Signorina, devo visitare il paziente e preferirei restare da solo con lui.”

Eleanor guardò attentamente l’uomo e si stupì di quanto famigliare le sembrasse: capelli disordinati che un tempo dovevano essere stati neri, la carnagione bianca della pelle e gli occhi verde acqua…
Si voltò verso Rock, sbalordita. Quell’uomo gli somigliava in maniera impressionante.
Stava per chiedere spiegazioni, ma Rock la trascinò fuori prima che ne avesse il tempo, assicurandosi che la porta fosse chiusa.

“Ci metterà poco, vedrai.” Le disse immediatamente cercando Nathan con lo sguardo.

Lo trovò rannicchiato in uno dei divanetti d’attesa, profondamente addormentato. Sperava che almeno lui potesse distrarre Eleanor dall’interrogatorio che sarebbe sicuramente arrivato di lì a poco, ma messo di fronte ai fatti, potè solo tacere, mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore.

“Quel medico… “cominciò lei, ancora incredula “Rock, quel medico è la tua copia sputata.”

“L’hai notato, eh?!” cercò d’ironizzare lui, senza successo.

“Chi è?” il suo tono non ammetteva repliche, ne’ il solito giro di parole.

Rock si arrese e quasi si rallegrò per aver portato altrove la sua attenzione. Almeno in quel momento, non stava pensando ad Evan.

“Beh… “ balbettò lui “…lui è… è mio padre.”

Eleanor non ebbe il tempo di stupirsi nell’apprendere quella notizia. Una voce famigliare la chiamava con foga dal fondo del corridoio. Sia lei che Rock si voltarono e riconobbero la figura di Heavy corrergli incontro.

Il ragazzo, strinse in un abbraccio stritolante Eleanor: “Oh mio Dio! Sei viva? Stai bene? Sei tutta intera? Niente di rotto?” domandò a raffica.

Eleanor provò a parlare ma, stretta nella sua morsa, dalle sue labbra uscirono solo un paio di colpi di tosse.

“Rock?” questa volta, fu Metal a parlare, comparso alle spalle del fratello. Aveva un’aria molto scossa, ma anche infinitamente sollevata. Eleanor lo vide sospirare : “Grazie al cielo…”

Finalmente, Heavy si decise a lasciare andare Eleanor: “Ci avete prendere un colpo!” li rimproverò.

L’ultimo ad arrivare fu Rap, fissandoli entrambi senza battere ciglio. Dopo aver constatato che stavano bene e che si reggevano sulle loro gambe, li guardò male.

“Perché non avete chiamato?” domandò, cercando di sembrare distaccato come suo solito, senza ottenere risposta.

Eleanor volse altrove lo sguardo non appena vide arrivare l’infermiera che aveva tentato in tutti i modi di separarla da Evan.

“Eccola qui!” esclamò, guardando prima Eleanor e poi Rap “E’ lei che stavi cercando, vero?”

Rap fissava Eleanor con una strana espressione. C’era sempre la sua consueta tristezza,  tanta rabbia, ma anche qualcosa che somigliava molto al conforto.

“Si, grazie. E’ proprio lei!” rispose all’infermiera che, dopo un sorriso compiaciuto, si allontanò.

“Cosa diavolo ci fate qui?” domandò poi, in modo molto brusco.

“Stai calmo, adesso ti spiego…” provò a dire Rock

“E perché nessuno si è scomodato a rispondere al cellulare quando vi abbiamo chiamati? Uno era spento e l’altro suonava a vuoto! La macchina non c’era! Che cosa potevamo pensare nel ritrovarla nel parcheggio dell’ospedale?”

Eleanor aveva già abbastanza mal di testa per riuscire a sopportare le urla di Rap. Andò a sedersi vicino a Nathan e si prese il capo tra le mani. Sentì qualcuno sedersi al suo fianco a stringerla a se’ in un abbraccio. Si lasciò cullare dalle braccia di Rock, lieta che finalmente il silenzio fosse tornato a farla da padrone. Un silenzio non proprio reso tale, dato che anche con la porta chiusa, il bip che segnalava il battito cardiaco di Evan era perfettamente udibile.

“Che cosa è successo?” fu di nuovo Rap a parlare, ma questa volta la sua voce si sforzava di essere calma.

“E’ per Evan.” Rispose Rock. Probabilmente gli altri lo guardarono confusi, visto che lui precisò subito: “L’amico di Eleanor.”

Rap e gli altri non conoscevano Evan. Qualche volta lei aveva parlato di lui, ma non sperava che loro se ne ricordassero sul serio. Metal, tuttavia, la sorprese, rivolgendosi proprio a lei:

“Il tuo amico dell’istituto?”

Eleanor non rispose, annuì soltanto.

“Ha avuto un incidente.” Continuò Rock. “Adesso lo stanno visitando.”

Nessuno parlò più.
Il silenzio era rotto solo dal respiro lento di Nathan, addormentato al suo fianco, e dalla voce dell’altoparlante che di tanto in tanto chiamava nomi di dottori, invitandoli a andare nei più svariati reparti.
Finalmente, dopo quelle che erano sembrate ore, la porta della stanza dove si trovava Evan si aprì.
Eleanor si alzò subito in piedi e, senza nemmeno rivolgere uno sguardo al medico – dimenticandosi completamente che era pure il padre di Rock - , andò a prendere posto al fianco di Evan.
Notò che le bende erano pulite ora. Probabilmente quell’uomo gli aveva cambiato le medicazioni, ma a parte questo, Evan era identico a prima. Neanche un minimo accenno al risvegliarsi. Non un muscolo si muoveva. Se non fosse stato per quell’assordante bip, avrebbe benissimo potuto passare per morto.
Facendo molta attenzione, gli accarezzo il volto :

“Sono qui, Evan.” Mormorò, trattenendo le lacrime “Sono tornata. Tranquillo, ora non ti lascio più!”

A malapena sentì la voce del medico rivolgersi a Rock: “Ti posso parlare?”

C’era troppa serietà in quelle parole. Erano troppo, troppo gravi e rassegnate. Eleanor non ebbe il coraggio di voltarsi per leggere l’espressione del suo volto. Aveva paura di sapere la verità. Ne era terrorizzata. La spaventava così tanto che preferiva non saperla.

“Si, certo.“ rispose Rock, con lo stesso identico tono. “Eleanor, sono qui fuori. Torno subito.”

Non riuscì a guardare nemmeno il suo angelo custode. Neanche lui poteva niente contro il suo dolore. Così, si limitò ad annuire, senza togliere gli occhi di dosso da Evan.
Sentì la porta chiudersi e l’unico suono percepibile, fu nuovamente quello della vita di Evan che, nonostante tutto, scorreva ancora in lui.
Mai il silenzio era stato più rumoroso...

***

Oh mamma, quanto ritardo! Beh, io vi avevo avvertiti! Anche il prox capitolo arriverà in ritardo.
Che dire, ho fatto fatica a scrivere questo capitolo. Non mi è sembrato di averlo scritto bene... non al massimo delle mie capacità comunque, e mi dispiace, perchè è una parte della storia a cui tenevo molto. Ma ho il pensiero fisso sugli esami ç_ç !!!!!!!!!
Spero vi sia piaciuto lo stesso. Spero vi abbia trasmesso qualcosa, anceh se dubito, perchè l'ho scritto davvero male. =(
Cmq, non ho molto tempo, domanio ho il mio  primo esame e mi sembra di non sapere nulla.
Passo subito ai ringraziamenti:

Oasis: spero che l'ansia non sia stata troppa, cmq i tuoi presentimenti erano giusti. E' toccato ad Evan farsi male ^^

Black Lolita: Beh, io adoro i vestiti a lutto... così magnificamente neri XD. Mi spiace ma ho già detto di essere sadica. Spero solo che continuerai a seguirmi. Non vorrei perdere una lettriceper la mia cattiveria nei confronti dei personaggi. ^^

Felicity89: Mi spiace ma per Marika devi pazientare fino al capitolo 17. Lì tutto sarà svelato... o quasi mwahahahahah!!!!

WITCHnamine: Sono contenta che la mia storia ti piaccia. Cmq tranquilla. E' normale che tu nn abbia capito cosa è accaduto a Marika e cosa ha fatto, dal momento che non ne ho ancora parlato ^^

BabyzQueeny: Perdonata per il ritardo, tanto come vedi, pure io sono ritardataria. Mi spiace per Evan ma era proprio lui dentro l'ambulanza. Misteri saranno svelati nei cap 17 e 18. Dai che ci siamo quasi! ^^

Grazie a chi mi ha aggiunto ai preferiti e grazie a chi legge. Un ringraziamento particolare va a Suinogiallo e a Valpur, le loro conoscenze in campo medico sono state essenziali in questo capitolo ^_^.


A presto!

Ayleen

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Capitolo 16
*** Seicentocinquantasei ***


CAPITOLO SEDICI
Seicentocinquantasei




Probabilmente, ci sarebbe stato un altro ricovero quel giorno. Entro breve, un altro letto sarebbe stato occupato.
Rap guardava Eleanor in attesa di vederla crollare da un momento all’altro e anche Rock faceva lo stesso. In qualche modo, era riuscito a convincerla ad andare a sedersi in corridoio facendo tranquillizzare tutti quanti, ma anche da seduta pareva sull’orlo del baratro.
Rock aveva dovuto lasciare la porta della stanza di Evan spalancata per convincere Eleanor ad uscire, in modo tale che lei non perdesse d’occhio nemmeno un istante l’amico. Continuava a guardare nella sua direzione, senza battere ciglio, pronta a correre da lui alla prima avvisaglia di movimento.
Rock non aveva parlato con nessuno di ciò che suo padre gli aveva detto sulle condizioni di Evan, ma se fossero state buone notizie non ci sarebbe stato motivo di tenersele per sé. 
Rap non aveva dubbi. Quel ragazzo era spacciato! Ed Eleanor con lui…
Era quasi mezzogiorno ormai e la ragazza non chiudeva occhio dal mattino precedente. Rock aveva detto che aveva sonnecchiato qualche minuto accanto ad Evan. Non era abbastanza! Tutta quella tensione la stava consumando e lei non era in grado di resistere ancora a lungo.
Di tanto in tanto le palpebre le cedevano e il capo le ciondolava in avanti per il volgere di un istante, ma lei si raddrizzava immediatamente e tornava a fissare il suo amico, sforzandosi di tenere gli occhi aperti.
All’ennesimo sobbalzo di Eleanor, Rock le fece poggiare il capo sulla sua spalla. Subito lei cercò di ribellarsi, sapendo bene quali fossero le sue intenzioni, ma alla fine cedette con un sospiro rassegnato.
Pochi secondi e, seppur contro la sua volontà, le palpebre le si chiusero di nuovo e, questa volta, senza più riaprirsi.
Rock sorrise soddisfatto, Rap potè rilassarsi sullo schienale, libero dal pensiero di dover scattare in avanti per afferrarla prima che cadesse a terra addormentata.
Lui e Rock erano rimasti soli. Heavy e Metal erano usciti per andare a lavorare e sarebbero tornati la sera. Anche Rap avrebbe dovuto andare, ma non se la sentiva si lasciare da solo Rock a prendersi cura di Eleanor. Se fosse accaduto l’irreparabile, Eleanor avrebbe avuto bisogno dell’aiuto di tutti. Persino di lui!
Non gli importava di perdere il posto. Lui e gli altri ragazzi non avevano lavori fissi, facevano ciò che capitava e molto spesso erano impieghi che raramente duravano più di una decina di giorni. Si sarebbe trovato qualcos’altro.
Solo in quel momento si ricordò che lui e Rock non erano esattamente soli. C’era anche quel ragazzo biondo con loro. C’era lui adesso accanto al letto di Evan. Nei suoi occhi lo stesso tormento che affliggeva quelli di Eleanor.

“Chi è quello?” si decise a chiedere.

“Si chiama Nathan…” rispose Rock a bassa voce per non svegliare Eleanor “…è il ragazzo di Evan.”

Rap sembrò preso in contropiede : “Il…ragazzo ?”

Rock annuì soltanto, cercando di non ridere della sua espressione confusa: “Si, proprio così.”

“Beh, immagino che sia una cosa positiva per te.”

“Che vuoi dire?”

Questa volta toccò a Rap cercare di non ridergli in faccia: “Non te la prendere amico, il fatto è che Eleanor parla sempre di Evan. Tutto il giorno non fa altro e, scusa se te lo dico soltanto adesso, ma cominciavo ad avere il serio dubbio che tu non fossi il solo ad avere il permesso di baciarla o altro!”

Rock lo fissò qualche istante accigliato: “Idiota!” sospirò infine.

Rap non rispose. Eleanor si mosse nel sonno, facendo per mettersi sdraiata. Rock l’aiutò cercando di non svegliarla, facendole poggiare la testa sulle sue gambe. La guardò a lungo, accarezzandole i capelli corvini, lieto che finalmente apparisse tranquilla e rilassata.

“E se Evan morisse?” domandò a bruciapelo Rap. Sapeva che era una domanda proibita, ma aveva bisogno di sentire la risposta.

Rock distolse lo sguardo da Eleanor e guardò l’amico, amareggiato. Non rispose, scosse semplicemente la testa prima di tornare ad osservare il viso della ragazza.
Rap deglutì, tentando di non mostrare il proprio stato d’animo.
Si sentiva meschino a pensarla così, ma in realtà a lui di Evan non importava granchè. Non lo conosceva, non gli aveva mai rivolto la parola, non c’era motivo che lo spingesse a preoccuparsi per lui.
Ma Eleanor? Di lei qualcosa gli importava. Era strano riuscire ad ammetterlo, finalmente. Un sentimento remoto, appena nato, sconosciuto, eppure capace di fargli desiderare ardentemente di vedere di nuovo quell’insopportabile ragazzina fargli la linguaccia. Avrebbe resistito anche a tutte le sue domande inopportune su Marika, se questo l’avesse fatta stare meglio.  
Il problema era che la sua felicità, la sua esistenza, dipendevano dal ragazzo sdraiato su quel letto… Non era Rock a tenerla sulla Terra. Era Evan.
Rap non aveva mai esposto questi pensieri ad alta voce; sapeva di non averne il diritto. E ora aveva paura!

Se Evan muore, quella si ammazza!

Era certo che anche Rock non stesse pensando ad altro ma, più che per il suo amico, si preoccupava per sé stesso.
Provò ad immaginare quanto sarebbero tornate ad essere vuote le giornate senza Eleanor. Senza le sue occhiate di sfida, senza i suoi passi che lo seguivano ovunque, senza i suoi interminabili interrogatori… senza le sue espressioni impensierite. Perché lei si preoccupava sempre per lui, cercava sempre di aiutarlo e pur non sapendo cosa fosse a farlo stare male, nonostante i modi scontrosi con cui lui reagiva, Eleanor provava sempre a farlo stare meglio.
Rap aveva rinunciato a capire perché lo facesse. Forse, era semplicemente nella sua indole cercare di sollevare il morale a tutti, anche se il più delle volte falliva tragicamente.  
L’orologio appeso sopra le loro teste continuava a scandire lentamente i secondi, i minuti… le ore. Il tempo pareva essersi fermato e non riusciva a sopportarlo. Ma la cosa strana era che nemmeno sapeva che cosa stesse aspettando con tanta impazienza.
Che Evan si svegliasse? Che morisse? Che Eleanor si facesse prendere da una crisi di pianto senza precedenti? Che nel frattempo Rock impazzisse dall’ansia per lei?

Cosa sono venuto a fare?

No. Proprio non ci riusciva a trovare una risposta. Che assurdità!
Non gli piaceva quel posto, l’ospedale. Vi erano legati troppi ricordi spiacevoli, eppure non aveva la forza di andarsene via.
In qualche modo, sapeva che Rock aveva bisogno di lui… e forse, anche Eleanor. Sperava davvero che succedesse qualcosa, qualsiasi cosa, ma tutto era silenzioso e immobile. Decisamente insopportabile!
Nulla cambiò per parecchio tempo. Rap non si sprecò neanche a guardare che ora si fosse fatta; gli sembrava di stare in quel maledetto ospedale da una vita.
Quel ragazzo, Nathan, non si era mosso per tutto il tempo. Stava in piedi al fianco del letto di Evan e lo fissava senza battere ciglio, stringendogli la mano. Rap aveva voglia di andarlo a scrollare per assicurarsi che fosse vero e non un manichino col volto sfigurato dal dolore. La cosa che più lo irritava era la consapevolezza che Eleanor, una volta che avesse riaperto gli occhi, avrebbe preso il suo posto, perdendo ogni traccia di umanità e diventando una statua senz’anima al capezzale di Evan. Non le piaceva immaginarla in quel modo. Non era la ragazza che aveva conosciuto. E, a dirla tutta, non ci teneva a conoscerla.
La sentì mugugnare qualcosa e subito si voltò verso di lei. Si stava svegliando.
Non appena aprì gli occhi, trovò il sorriso sforzatamente confortante di Rock.

“Hei, bentornata tra noi.” Le disse dolcemente.

Ma lei non rispose al sorriso. Si mise a sedere, guardandosi attorno e sospirando nel vedere Nathan accanto ad Evan.

“Oddio…” mormorò, chiudendo gli occhi per qualche istante “…Per un attimo ho pensato si fosse trattato solo di un incubo.”

Si abbandonò completamente alle braccia di Rock, nascondendo il viso nel suo collo. Lui la strinse a sé quasi con disperazione, del tutto impotente.

“Andra tutto bene, vedrai…” lo ripetè per un numero imprecisato di volte, ma si vedeva che in realtà con ci credeva nemmeno lui.

Perché la illudi così? Non dovresti.

Dei singhiozzi coprirono le parole di Rock. Eleanor si era aggrappata disperatamente alle sue spalle, cedendo alle lacrime.

Finalmente. Pensò Rap, con sollievo.

Da quel punto di vista, Eleanor era come lui. Si teneva tutto dentro e soffriva in silenzio. Era forse la sola cosa che avevano in comune. Pur sapendo che piangere avrebbe alleviato una piccola parte di quel dolore che la stava consumando, era riuscita a trattenersi fino a quel momento.
Lui era più forte. Al suo posto non avrebbe mai ceduto.
Una volta aveva rischiato davvero di venire sconfitto da tutte quelle lacrime che spingevano dietro i suoi occhi ma, dopo un’estenua battaglia, aveva vinto lui.
Eleanor stessa aveva rischiato di farlo piangere. Incredibile pensare che ciò era accaduto appena il giorno prima, quando lei aveva provato a strappargli qualche notizia su Marika… Non aveva pianto, dopo averla cacciata dalla sua stanza, ma ci era andato davvero vicino.  Avrebbe dovuto odiarla per questo.
La guardò, stretta nell’abbraccio protettivo di Rock e all’improvviso si sentì stranamente in imbarazzo, di troppo. Distolse all’istante lo sguardo e si stupì nel realizzare quanto solo si sentisse.
Rock aveva Eleanor e viceversa. Heavy e Metal non erano legati sentimentalmente a nessuno in quel momento, ma avevano loro stessi  e sapevano di poter contare sempre l’uno sull’altro. Persino quel ragazzo morente su quel letto aveva qualcuno al suo fianco. E lui invece?  Era solo, non aveva nessuno.  Quanto suonava patetico ammetterlo.
Marika era ancora con lui in un certo senso. Viveva nei suoi ricordi. A volte le sembrava di sentire la sua voce, o di vederla persino. Ma era il contatto fisico a mancargli.
Da quanto tempo le sue braccia non stringevano qualcuno? E da quanto qualcuno non stringeva lui?

Oh andiamo! Si disse, Tu ami la solitudine, ricordi?

Bugiardo. Sapeva di non essere altro che un bugiardo.
Eleanor aveva ragione quando diceva che nessuno ama stare da solo. Ed essendo umano, di certo lui non costituiva un’eccezione.

Sei patetico, Rap! Peggio di una ragazzina!

Quel corridoio si fece troppo affollato per i suoi gusti, troppo stretto. Non c’era posto per lui. Si alzò in piedi sbuffando, d’un tratto insofferente a tutto ciò che lo circondava.

“Dove vai?” gli chiese Rock

“Ho bisogno di un po’ d’aria.” Rispose lui bruscamente.

Stava per andarsene, ma la flebile voce di Eleanor lo fermò.

“Rap…” lo chiamò, con la voce spezzata.

Lui la guardò per un solo istante, distogliendo quasi immediatamente lo sguardo dal quel viso così distrutto ed esausto. Non gli piaceva vederla ridotta in quello stato pietoso.

“Che c’è?” domandò fingendo disinteresse.

“Poi torni?”

Ecco fatto! C’era riuscita ancora. Per l’ennesima volta l’aveva lasciato senza parole.

Perché cavolo dovrei tornare? C’è Rock con te, a che ti servo io?

Ovviamente, sarebbe stato meglio esprimere ad alta voce quei pensieri, ma qualcosa gli diceva di non farlo. Non voleva correre il rischio che Eleanor lo potesse di nuovo lasciare senza parole.
Si limitò ad annuire in silenzio, per poi dileguarsi verso l’uscita.

***

Nel cortile, al contrario del corridoio dove si trovavano i suoi amici, c’era un gran fracasso e movimento. Dieci minuti che era lì fuori ed era già riuscito a contare una quindicina di barelle trasportate frettolosamente dalle ambulanze all’ospedale.
Di certo, in quel posto non ci si annoiava mai!
Gettò lontano la sigaretta che aveva appena finito di fumare e fece un profondo sospiro.  Sfortunatamente, fece il grosso errore di chiudere gli occhi e, come al solito, immagini troppo vivide, troppo reali si proiettarono nella sua mente. Si rivide in macchina di Rock, quella maledetta notte di quattro anni prima. Rock guidava, mentre lui era seduto sui sedili posteriori, Marika urlava e piangeva sdraiata sulle sue gambe, sotto gli sguardi impotenti di tutti. Heavy che intimava a Rock di accelerare, Metal che cercava di convincerlo a non farli ammazzare tutti e le grida di Marika che si facevano sempre più alte e strazianti all’interno del piccolo abitacolo.
Rap si costrinse a riaprire gli occhi per sfuggire a quel ricordo. Un gesto comunque inutile, dato che la folle corsa di quella notte era terminata proprio in quel cortile. Anche tenendo gli occhi aperti, questa volta, il volto esausto e sofferente di Marika restava intatto nella sua mente, così come le sue urla di dolore.

“Certo che sei davvero masochista!”

La voce di Rock lo spaventò, facendolo voltare di scatto. Il suo amico lo guardava a metà fra l’impietosito e il rassegnato. Rap si stupì che avesse lasciato sola Eleanor.

“Hai preso anche tu il brutto vizio di assillarmi, adesso? Ti fa male stare con quella ragazzina!”

“Piantala. Forse riuscirai ad ingannare Eleanor con questa tua fissazione del voler stare da solo, ma non me!”

Sbagliato! E’ proprio Eleanor quella che non riesco ad ingannare!

“Si può sapere cosa vuoi?” sbottò, dandogli le spalle.

Rock si mise di fronte a lui, in modo da poterlo fissare negli occhi : “Voglio che la smetti!” esclamò con decisione “Basta isolarti! Basta trattarci tutti come degli sconosciuti! Basta rispondere male e, soprattutto, basta pensare a Marika!”

Rap gli lanciò un’occhiata raggelante: “Proprio tu vieni dirmelo! Tu, che sei responsabile anche più di me di ciò che le è successo!”

Si pentì quasi subito delle sue stesse parole, nel momento in cui vide Rock spogliarsi di tutta la propria sicurezza.  Ma, ciò nonostante, non riuscì a trattenersi.

“Avevo lei e tu lo sapevi che era la sola cosa bella che mi fosse capitata in un tutta la mia disastrosa vita. Era mia e tu te la sei presa senza alcun diritto!”

“Rap… “ provò a dire Rock, senza che però la voce raggiungesse l’amico “Non è come pensi…”

“Io ero felice, maledizione! Finalmente, dopo anni d’inferno, ero felice e tu hai distrutto ogni cosa! Ma la cosa ironica è che ora non sei tu quello che soffre. Nonostante quello che hai fatto ti è stata mandata Eleanor! Dove cazzo è la giustizia?”

Rock ascoltò in silenzio, incassando i colpi senza osare fiatare. E Rap, ormai privo di freni, continuò:

“Hai condannato Marika, hai condannato me e ora te la spassi con Eleanor! Dovresti esserci tu al mio posto. Dovresti essere tu quello che soffre come un cane! Dovrei starci io - ” Rap non terminò la frase, immediatamente conscio di ciò che stava per dire.

Si appoggiò al muro dietro di sé, pallido e terrorizzato da ciò in cui avrebbe potuto sfociare quel discorso.
Perché il cuore gli batteva così forte? Perché non era più unicamente il volto di Marika a riempirgli la mente?

No! Continuò a ripetere a sé stesso No, no, no! Non può essere! Non posso, non io! …

Rock, intuendo anch’egli quali parole avevesse omesso, lo fissò incredulo.

“… No!” mormorò turbato, rubandogli i pensieri. “Non puoi. Ti prego, non… non portarmela via!”

Percepì la paura inclinare la voce di Rock, ma non era nulla se paragonata a quella che scuoteva la sua anima. Si raddrizzò, cercando di riconquistare un minimo di contegno e cercò in ogni modo di convincersi che era stata la rabbia a farlo parlare così a sproposito.
Perché aveva parlato a sproposito… vero?
Si, certo che sì. In realtà, non pensava nulla delle cose che aveva detto. Lui voleva bene a Rock come ad un fratello e si rese conto di essere stato ingiusto.

Dovrei starci io con Eleanor. Davvero stava per dire questo? Doveva essere impazzito.

“Portartela via?” fece, accendendosi un’altra sigaretta e vestendosi nuovamente della sua consueta maschera imperturbabile “Figuriamoci! E chi la vuole quella? Tienitela, pure!”

“Non mentirmi!” esclamò Rock, questa volta arrabbiato e possessivo.

Ecco uno degli svantaggi del conoscersi da una vita… bugie bandite!

Inutile continuare la sceneggiata.
Rap sospirò, rimanendo qualche istante avvolto dal fumo che uscì dalla sue labbra. “E’ colpa tua.” Disse, fingendo tranquillità “Ti avevo detto di tenermela lontana!”

Rock non rispose, ma anche senza guardarlo Rap sapeva perfettamente che non si era mosso di un centimetro. Sentiva la sua presenza, percepiva la sua rabbia e provava un indicibile fastidio nel riconoscere quel leggero sentimento che stava iniziando a muoversi dentro di sé. Dargli un nome era forse troppo presto, ma sia lui che Rock sapevano bene di cosa si trattasse.

“Puoi stare tranquillo.” Continuò Rap, sempre vestito della sua freddezza “Non le dirò nulla. E’ tutta tua!”

Nessuno parlò più. A malapena si accorse che Rock rientrò in ospedale e nemmeno ci pensò a seguirlo. Questa volta aveva sul serio bisogno di stare da solo.
L’aria cominciò a farsi più fredda, ma poco importava. Lui non era sensibile al freddo, tutt’altro. Senza volere, o almeno così credeva lui, si ritrovò a pensare a quella mattina in cui Eleanor lo aveva raggiunto in giardino, pregandolo di coprirsi per evitare di congelare. Era malinconia quella che stava provando? … Forse.
Lei era stata la prima a preoccuparsi per lui dopo tanto tempo e per un attimo desiderò vederla uscire da quel maledetto ospedale e ripetere quella scena. Vederla di nuovo in ansia per lui. In qualche modo, ne aveva bisogno.

Oh, ma che diavolo mi succede?

Era solo una cosa passeggera. Doveva esserla! E comunque, era tutta colpa di quella ragazzina. Era lei ad aver tanto insistito per farselo amico, una definizione che ora gli calzava stretta.
Cercò di convincersi che quello non era il momento giusto per iniziare a covare un simile sentimento. Non avrebbe mai dovuto esserlo, ma quel momento particolare era del tutto sbagliato. Eleanor soffriva. Stava affrontando  uno dei momenti peggiori della sua vita e lui non poteva distrarla con i suoi vaneggiamenti.

Non ne ho il diritto, non ne ho il diritto… continuò a ripetere come un ossesso.

C’era da dire che nemmeno Rock avrebbe mai avuto diritto di prendersi Marika, eppure l’aveva fatto. Per quale assurdo motivo lui non avrebbe dovuto comportarsi allo stesso modo?
Cancellò immediatamente quei pensieri. La vendetta non risolveva le cose, anzi in genere tendeva a peggiorarle.
Cominciò allora a domandarsi, per quale motivo volesse Eleanor. Per vendicarsi? Per sostituire Marika? Per non sentirsi più così pateticamente solo?  O forse il motivo era da ricercare in qualcosa di più semplice? Qualcosa di più umano…?

Cazzo, no! … Non posso sul serio essermi innamorato di lei!

***

Seicentoquattordici… seicentoquindici… seincentosedici…

Contare i battiti del cuore di Evan era insanamente rilassante. Eleanor gli stringeva forte la mano, in assoluto silenzio e scandiva i battiti in attesa di vederlo aprire gli occhi. Sapeva che prima o poi si sarebbe svegliato. Ne era sicura! Non poteva esistere un mondo senza Evan.

Seicentoventi…seicentoventuno… seicentoventidue…

Rock pareva distratto, fin da quando era tornato. Era stato fuori con Rap una manciata di minuti ed Eleanor era quasi certa che avessero litigato. Quasi ne fu lieta. Distrarre Rock dalla sua sofferenza era una cosa buona. Non voleva che lui rimanesse coinvolto nel suo dolore. Non era giusto!
Non aveva più parlato da quando era rientrato. Rap aveva promesso di tornare, ma per il momento di lui ancora nessuna traccia. Eleanor ormai, sapeva di poterlo considerare un amico, nonostante i numerosi battibecchi, e averlo vicino in un momento simile le infondeva serenità.

Seicentoventisette… seicentoventotto… seincentoventinove…

Nathan invece, semplicemente non c’era. Era presente con il corpo, ma lui era lontano. I suoi occhi erano vuoti, spenti, aridi.
Di tanto in tanto, Eleanor gli parlava senza però ricevere mai risposta. Faceva male vederlo in quelle condizioni; immensamente male. Le mancava il solito Nathan, quello che rideva sempre, quello mai serio, quello che sapeva sempre allentare la tensione qualsiasi fosse il contesto.
Nemmeno ad Evan sarebbe piaciuto quel Nathan che ora stava al suo capezzale. Era inquietante e a dir poco scoraggiante.

Seicentotrentacinque… seincentotrentasei… seincentotrentasette…

I battiti del cuore di Evan era regolari, almeno per quanto poteva sembrare a lei. Non era un medico, purtroppo. Dove il professionista vedeva la fine, lei vedeva la speranza. E sapeva di avere ragione!

“Coraggio, Evan…” mormorò, probabilmente per incoraggiare più se stessa che lui “…Ricordati che mi hai promesso che saremmo usciti insieme come ai vecchi tempi… non vorrai deludermi?”

Seicentoquaranta… seicentoquarantuno… seicentoquarantadue…

Si voltò per un attimo verso Rock, appoggiato allo stipite della porta con sguardo perso. Avrebbe voluto andare da lui, farsi stringere dalle sue braccia accoglienti che avevano il potere di tranquillizzarla come nient’altro, ma allo stesso tempo le risultava impensabile allontanarsi da Evan.

Seincentoquarantasei… seicentoquarantasette… seicentoquarantotto…

Era da sciocchi pensare che una cosa del genere fosse possibile, ma non appena Rock alzò gli occhi su di lei, Eleanor credette sul serio che lui le avesse letto la mente.
Gli rivolse un sorriso tirato, fin troppo forzato e allungò un braccio verso di lui per invitarlo a raggiungerla. Rock rispose con lo stesso sorriso, le afferrò la mano e l’avvolse con un abbraccio.

“Sono qui.” Le sussurrò ad un orecchio. Immediatamente, il suono della sua voce ebbe lo stesso effetto di un tranquillante e lei potè rilassarsi contro il suo petto.

Seicentocinquantuno… seicentocinquantadue… seicentocinquantre…

“Rap è andato a casa?” domandò a bassa voce.

Si stupì di vedere il suo volto indurirsi leggermente, ma era troppo distratta per farci caso davvero.

“No…” disse lui “E’ fuori nel cortile.”

Seicentocinquantacinque… seicentocinquantasei…

Rimase in attesa del seicentocinquasettesimo bip, ma non arrivò mai.
La macchina che segnalava il battito cardiaco di Evan a quel punto era già impazzita, la stanza improvvisamente affollata di persone con il camice bianco e loro tre spinti fuori in corridoio senza alcuna spiegazione.
Qualcuno gridava forte il nome di Evan. Eleanor si rese conto di essere lei ad aurlare quando Rock le posò una mano sulla bocca per zittirla.
Le sue gambe cedettero e tutto divenne buio.
 
***

Incredibile vero??? SONO VIVA!!! Non mi sono dimenticata di questa storia, tranquilli. CI tengo troppo. Ma come avevo annunciato, a causa della scuola, non ho avuto tempo di aggiornare. Chiedo scusa a tutti ^^
E' stata una fatica scrivere questo capitolo. Scrivevo circa tre righe al giorno ^^... beh, l'importante è averlo finito.E' un po' più corto degli altri, ma spero che i due avvenimenti importanti che sono accaduti possano colmare la mia mancanza.
Spero che la confusione di Rap si sia capita. Non sembra, ma è un personaggio abbastanza complicato da far muovere. Ma è il mio preferito e mi diverto a scrivere dal suo punto di vista. ^_^.
Vorrei ringraziare chi ha commentato uno per uno, come al solito, ma stasera proprio non posso. CHiedo umilmente venia. Spero comunque nei vostri commenti che mi infondono coraggio e mi spronano ad andare avanti e nel combattere i numerosi e sempre in agguato "blocchi dello scrittore".
QUindi, ringrazio tantissimo Celicola, Mana_chan, Oasis, Felicity89, BabyzQueeny e Black Lolita.
La prossima volta risponderò ad ognuna di voi, promesso! E a chiunque altro voglia allietarmi con un commentino, ovviamente!


Grazie anche a chi mi ha aggiunto tra i preferiti. Mi onorate troppo^^!

A presto!

Ayleen

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Capitolo 17
*** Egoista ***


Non ci sono scuse per il mio disastroso ritardo. Comunque proverò a darvi le dovute spiegazioni: 1. Ho cambiato pc perchè l'altro (dove c'era la storia) si è rotto. Non vi dico che fatica ho fatto per recuperare i dati. Ero disperata ç_ç. 2. Mi sono cambiati gli orari dei treni e arrivo a casa ad orari indecenti. 3. Ho dovuto scrivere il capitolo più difficile e complicato dell'intera storia e volevo che fosse perfetto. Ci sono state molte versioni di questo capitolo, ma finalmente questa è quella definitiva.
E' bello lungo (sono ben 12  pagine di word ^_^)! Spero mi perdoniate. E' davvero il capitolo che mi ha dato più problemi e una volta letto capirete perchè. Non so perchè vi ho scritto già ora, visto che in genere lo faccio alla fine ma ci tenevo a scusarmi e ad avvertirvi che parte della vostra pazienza verrà compensata oggi. ^_^ Si si, ci siamo ragazze. Ve l'avevo promesso che nei capitoli 17 e 18 tutto sarebbe stato rivelato. Il prossimo sarà di gran lunga più importante di questo. Qui c'è solo il "prologo", per così dire...  Beh, a questo punto vi auguro buona lettura. Ci vediamo in fondo XD!

CAPITOLO DICIASSETTE

Egoista

 
Fu straordinariamente semplice, dopotutto.
Si era immaginata un dolore atroce divampare come fuoco in ogni singola cellula del suo corpo, il cuore diventare polvere, le forze abbandonarla per sempre, invece non fu niente di tutto questo.
Fu semplicemente il nulla più assoluto!
In fondo, cosa si può provare quando la persona più importante della tua vita ti viene portata via senza alcun preavviso?  O tutto, o nulla…
Eleanor azzerò i suoi sensi. Non sentiva più il proprio cuore battere, non udiva il proprio respiro, non si accorgeva di urlare nel sonno, i suoi occhi non vedevano niente, persi in una misericordiosa incoscienza. Fissavano il vuoto, spogliati di ogni possibile emozione. Ancora nessuna lacrima si era permessa di affacciarsi dal blu oceano delle sue iridi.
Il suo corpo era ormai ridotto ad essere lo stesso guscio vuoto che era stato in quelle notti, così apparentemente lontane, sulla strada.
Dov’era finita la sua anima? Stava accompagnando Evan fino al cielo? Lo stava aiutando a bussare alle porte del paradiso, come diceva quella canzone da lui tanto amata? No… nulla di tutto ciò.
La sua anima era semplicemente morta. Dissolta, disintegrata, venuta meno… Non ne aveva più bisogno.
Quel giorno, il mondo aveva smesso di ruotare. Il suo mondo era andato distrutto. Anche provando a ricostruirlo, ricongiungendo uno ad uno i pezzi come un puzzle, ci sarebbe sempre stata una parte mancante.
Se per gli antichi greci era il Dio Atlante a sostenere il mondo, per Eleanor era Evan a farlo. Venendo a mancare lui, tutto precipitava nel nulla più assoluto. Anche lei!
Una porta sbattè da qualche parte, dei passi frettolosi e la voce di Rock nel corridoio che si rivolgeva a qualcuno, convinto di non farsi sentire: 

“Come và?”

Soffriva. Gli stava facendo patire le pene dell’inferno, ne era fin troppo consapevole, e non lo meritava!
Eppure, una piccola parte di lei, la più umana forse, desiderava vederlo in quelle condizioni. Non era giusto che soltanto lei soffrisse!

“Parlare con una pianta ti dà più soddisfazione!”

La risposta secca di Rap la lasciò interdetta. Lui aveva provato a parlarle? Quando? Eleanor non lo aveva nemmeno sentito. Ebbe davvero paura di sé stessa. Come si era ridotta? Il cervello le funzionava ancora? … Certo che no. Era morto con Evan.
La porta si aprì, l’ombra di qualcuno indugiò sulla soglia e poi andò a sedersi sul letto dove lei era rannicchiata in posizione fetale.
Una mano le accarezzò i capelli disordinati. Il tocco inconfondibile di Rock, accompagnato dalla sua voce falsamente serena:

“Hei, Eleanor. Sono tornato.”

Non rispose. Che senso aveva rispondere o parlare? Evan non poteva più ascoltarla.

“Nathan ha chiesto di te…” continuò Rock “… mi ha detto di salutarti.”

Non le importava.
In fondo, poteva immaginare benissimo quanto in realtà quei saluti fossero falsi. Era certa  che Nathan fosse arrabbiato con lei.
L’essersi rifiutata categoricamente di accompagnare Evan nel suo ultimo viaggio non gli era di sicuro andato molto a genio. Ma del resto era assolutamente inconcepibile assistere impotenti ad Evan che lentamente spariva sottoterra, accompagnato dalla voce estranea di qualche prete che leggeva versetti di quel libro considerato sacro e a cui lui non aveva mai creduto.  No, non poteva. Era impensabile.
E comunque, se c’era una parola che in quel momento il solo pensarla le dava il voltastomaco, era “Dio”. Avrebbe sopportato qualunque cosa; stava già sopportando qualunque cosa, ma l’udire quel nome l’avrebbe fatta impazzire del tutto.

“Dovresti mangiare qualcosa.”

Dolce, adorabile e premuroso Rock! Si stava preoccupando così tanto per lei… La accudiva come fosse una malata terminale e lei non lo ringraziava nemmeno. Né un sorriso, né un gesto, neanche una parola.
La sua bella voce era scomparsa di nuovo, esattamente come tanti anni prima, quando sua madre aveva scelto il metodo peggiore per liberarsi della propria pazzia.
Ma questa volta non ci sarebbe stato Evan a salvarla. Lei non avrebbe più cantato per nessuno… mai più.

“Eleanor, ti prego…” la consueta tranquillità di Rock si frantumò del tutto. Le sue parole suonarono tanto come una supplica. “… Per favore, sono quasi tre giorni che non tocchi cibo.”

Sul serio? Era passato così tanto tempo da quel fatidico seicentocinquantaseiesimo battito? A lei sembrava trascorsa poco più di un’ora.
Doveva ammettere di sentirsi molto debole e le incessanti contrazioni del suo stomaco le suggerivano di dare ascolto alle disperate suppliche di Rock, ma era sicura che se avesse solo provato ad ingerire qualcosa , avrebbe poi vomitato tutto quanto.

Avanti! Si disse Fallo per lui. E’ solo preoccupato per te…

Peccato che la voce non ne voleva proprio sapere di uscire dalla sua gola.
Lo udì sospirare e percepì le sue labbra posarsi sulla sua guancia. Si sentì, se possibile, ancora peggio.

Non ti merito, Rock! Ti sto facendo del male. Dovresti odiarmi, non cercare di comprendermi!

“Io sono di là con gli altri se hai bisogno.” Le disse fin troppo paziente.

Lo sentì alzarsi dal letto e avvicinarsi malvolentieri alla porta, dove rimase immobile per alcuni istanti.

“Mi manca la tua voce, sai?”

Perfetto! Le serviva proprio un’ altra pugnalata al cuore!
Rock non disse nient’altro. Uscì in assoluto silenzio lasciandola sola, in balia del proprio dolore e dei sensi di colpa. Stava facendo del male a tutti, ne era consapevole, ma come avrebbe potuto rimediare? Cantando e scherzando come al solito, come se nulla fosse cambiato?
Evan l’aveva lasciata per sempre. Niente sarebbe più stato come prima!
Era terribilmente ingiusto provare ad essere felici.
La luce che filtrava dalle finestre si fece poco a poco più soffusa. Il sole inesorabilmente tramontava. Un altro giorno giungeva a termine … un’altra parte di lei si spegneva.
Nulla in contrario a voler essere sincere … che male c’era a scomparire poco alla volta? Avrebbe liberato gli altri della sua presenza e avrebbe potuto restare con Evan per sempre.
L’idea di una fine prematura si stava facendo insanamente allettante. Che sollievo lasciare quel mondo così brutale!  Non vedeva alcun svantaggio.
Ma Rock non gliel’avrebbe mai permesso. Per un qualche assurdo motivo che lei ancora non era riuscita a spiegare del tutto, lui l’amava. Piuttosto che permetterle di farsi del male, l’avrebbe incatenata al letto.
Chi era il più egoista dei due? Lei che non voleva più vivere, o lui che desiderava tenerla in vita ad ogni costo?
Giunse inevitabilmente il buio.
Quanto sarebbe durata quell’agonia? Avrebbe anche potuto scegliere un metodo più veloce ed indolore per farla finita, ma voleva che Rock si abituasse lentamente all’idea di perderla. Uscire di scena di punto in bianco l’avrebbe annientato.
Chiuse gli occhi e attese che l’incoscienza la trascinasse via con sé, verso un’effimera salvezza, ma fu nient’altro che un vano tentativo.
La porta sbattè con violenza, facendola trasalire. Una reazione umana, finalmente.
Di certo non era Rock ad essere entrato. Lui era sempre molto discreto nei suoi movimenti. Dei passi pesanti e frettolosi si diressero verso di lei e un paio di vecchie scarpe sporche e rovinate le si fermarono di fronte.

“Smettila!” esclamò la voce esasperata di Rap. “Dacci un taglio, maledizione!”

Perché urlava così?
La sua testa aveva già subito fin troppi martellamenti, perché infierire ancora?
Non ricevendo risposta, l’afferrò con forza per i polsi e la costrinse a mettersi seduta, senza preoccuparsi più di tanto di essere delicato. Lei emise dei debolissimi lamenti, ma non reagì in alcun modo. Con fatica si mise a sedere, lo sguardo vitreo rivolto al pavimento.
Rap le mise tra le mani un piatto pieno di qualcosa da mangiare che lei nemmeno esaminò per appurare di cosa si trattasse.

“Non me ne vado finchè non hai mangiato!” Sapeva tanto di minaccia e, probabilmente, non era solo una sua impressione.

Un odore di pomodoro le riempì le narici, la nausea la invase. Storse il naso, mentre il suo stomaco impazzì.
Non poteva mangiare. Doveva resistere! Avrebbe dovuto ricominciare daccapo se avesse ceduto.

“Eleanor!” la chiamò Rap, questa volta con un po’ più di riguardo. “Non ti permetterò di morire di fame, chiaro?”

Perché non mi lasciate in pace? 

“Mangia!” Le ordinò lui, con fermezza.

Lei non aveva alcuna intenzione di assecondarlo. Rimase immobile, sempre con lo sguardo oltre la finestra.

Rap sbuffò: “D’accordo!” disse sedendosi al suo fianco. “Tu non hai niente da fare, io non ho nulla da fare. Vediamo chi resiste di più! Permettimi di fare una previsione, però: il mio stomaco è pieno, quindi scusami se scoppierò a ridere quando tu crollerai a terra svenuta!”

Fottiti Rap!

“Se pensi che sia così facile lasciarsi morire, ragazzina, allora non sai proprio niente!”

Quelle parole la distrassero per qualche istante. Senza quasi rendersene conto, il suo sguardo volò dalla finestra a lui, finalmente di nuovo animato.

Tu ci hai mai dovuto pensare, Rap? … hai mai desiderato morire?

 

***

 

Fu come leggerle nella mente. Mai era riuscito a percepire i suoi pensieri come in quel momento. Quello sguardo smarrito e disperato compensava del tutto il suo rifiuto di parlare. Le parole si fecero completamente superflue.

“Si,“ le disse fissandola “Ci sono passato anch’io Eleanor, e credimi, comprendo ciò che stai provando in questo momento.”

In un attimo di irritazione, la ragazza posò a terra il piatto e si raggomitolò su sé stessa, nascondendo il viso tra le ginocchia. Fu un gran sollievo per lui. Osservare quel volto così devastato dal dolore era insopportabile!

Non te lo lascerò fare, razza di stupida! … Non ti lascerò morire. Toglitelo dalla testa!

Aveva previsto che sarebbe andata così. Tutti l’avevano previsto ed erano pronti a proteggerla da sé stessa. Lui e Rock erano in prima fila in quella folle ed insensata battaglia.
Rock stava letteralmente impazzendo, non aveva problemi a mostrarlo a tutti. Lui, al contrario, ad una prima occhiata appariva calmo e fiducioso, ma dentro di sé urlava dall’angoscia.

L’hai voluto tu, Eleanor! E’ colpa tua se non riesco più ad ignorarti. Hai fatto tutto da sola e ora devi pagarne le conseguenze. Non ti libererai di me con facilità!

Sospirò, mentre una rassegnata consapevolezza si faceva strada nel suo cuore. Un modo c’era per sbloccare Eleanor, per farle riprendere sembianze umane, vederla tornare ad essere quella di prima. Non era una soluzione che gli andava molto a genio, dato che avrebbe comportato la sua personalissima disperazione, ma se fosse servito a far tornare Eleanor allora non si sarebbe tirato indietro. E poi, quella chiacchierata era già stata rimandata troppo a lungo e lei meritava delle risposte.

“Ti va di fare un patto?”

Eleanor non si mosse, ma Rap sapeva che lo stava ascoltando, quindi proseguì : “Tu mangi e io ti racconterò di me, di Rock… e di Marika.“

Attese una reazione che, come si era aspettato, non tardò ad arrivare.
Eleanor alzò la testa e lo guardò con i suoi occhi blu circondati da profonde occhiaie e scintillanti di lacrime trattenute. Nonostante la tristezza però, ora lo guardava con un rinnovato interesse.

“Ci stai?” domandò Rap.

La ragazza annuì. Fu un movimento leggero, debole, appena visibile, ma bastò per farlo sorridere. Quel sorriso la fece corrucciare appena dalla sorpresa e solo in quel momento Rap si ricordò che, in sua presenza, a lui era proibito sorridere. Lui non poteva sorridere … non più.
Non si lasciò distrarre, comunque. Il patto appena stretto non cominciò affatto bene. Eleanor non ci provò nemmeno a rispettarlo. Lo guardava in attesa che il suo racconto avesse inizio, ma non accennò minimamente a provare a mangiare.
Rap alzò un sopracciglio, assumendo un’aria di rimprovero e indicò il piatto ai piedi della ragazza.

“Non fare la furba con me, ragazzina!”

Eleanor fissò il piatto indecisa. La sua espressione era a metà tra il nauseato e  il tentato. Alla fine, con un sospiro, cedette e lo afferrò. Con una lentezza insostenibile si portò la forchetta alle labbra, masticò e deglutì  sconfitta. Fatto ciò, lo guardò in attesa e lui sentì il panico invaderlo.

E adesso come la metti, razza di idiota!?Bella mossa, complimenti!

Mai agire senza pensare alle conseguenze. Era stato facile parlare e promettere, ma mantenere quel patto sembrava davvero complicato. Però doveva provarci. Per lei, per salvarla … o almeno tentare.

Oh andiamo, cosa c’è di così difficile? Devi solo parlare di Marika, che ci vuole? Fingi di raccontare la trama di un libro o di un film …

Ma le parole erano come incastrate nella sua gola e di uscirne non ne avevano alcuna intenzione.
Rap vide la delusione farsi largo sul viso già martoriato di Eleanor e si odiò profondamente.

No, ti prego. Non guardarmi così!

La ragazza tuttavia, continuò a mangiare. Che lo stesse facendo per fame e per accontentarlo non era chiaro, ma al contrario di lui, era rimasta fedele ai patti.
Rap si concesse qualche istante di silenzio, cercando di trovare le parole giuste.

Da dove comincio, cazzo? Da dove …?

Evidentemente rimase in silenzio a rimuginare troppo a lungo, dato che quando si decise a rialzare gli occhi su Eleanor, lei non lo fissava più e il suo piatto era vuoto, di nuovo abbandonato per terra.

La guardò dispiaciuto: “Perdonami … ma mi è molto difficile parlarne. Forse, Rock sarebbe più appropriato per raccontarti tutto.”

Era delusa, arrabbiata. Lo vedeva bene nei suoi occhi.

Complimenti vivissimi, Rap! Hai peggiorato la situazione!

Eleanor si mise di nuovo sdraiata e finse di dormire. Lui, nonostante sapesse che sarebbe stata la sola cosa giusta da fare, non se ne andò. Rimase seduto ai piedi del letto, maledicendosi in tutti i modi che conosceva.

Il suo sguardo intento a scrutare il pavimento incrociò qualcosa. Un oggetto spuntava da sotto il materasso. Non aveva alcun diritto di prenderlo, dato che non gli apparteneva, ma la curiosità, una volta tanto, vinse anche lui.
Si chinò e lo afferrò. Aveva tutta l’aria di essere nulla più che un vecchio libro, ma la mancanza di titolo e autore gli fecero intuire che fosse un diario. Sfogliandolo velocemente però, si rese conto che non era nemmeno un diario. Era un album di fotografie … uno dei tanti oggetti misteriosi che Eleanor custodiva nella sua inavvicinabile borsa nera.
Lanciò uno sguardo rapido alla ragazza che pareva addormentata. Non avrebbe dovuto guardare quelle foto. O perlomeno, prima avrebbe dovuto chiederle il permesso.

E che diamine! Sono umano anch’io!

Senza indugiare oltre, lo aprì.
La foto nella prima pagina non era a colori, completamente offuscata. Su uno sfondo nero, risaltava una strana e confusissima figura al centro, tendente ad un grigio più chiaro. C’erano dei dati in un angolo della foto. Rap capì subito di cosa si trattasse. La strana figura grigia era Eleanor, quando ancora non era venuta al mondo. Quella non era altro che un’ecografia. Riusciva a distinguere la forma della testa e delle mani vicine al petto.
Girò la pagina e trovò a fissare il viso addormentato di una neonata in una culla d’ospedale. La sua pelle era arrossata, raggrinzita e un ammasso di capelli neri le incorniciata l’espressione apparentemente imbronciata, quasi affaticata. Doveva essere nata da poche ore. Al polso portava il bracciale di plastica con sopra inciso il numero di riconoscimento. Era davvero piccolissima in confronto al cuscino che le sosteneva la testa. Che fosse nata prematura? Possibile. Lui comunque la trovò assolutamente adorabile.
Le foto seguenti seguivano i suoi primi anni di vita. C’era sempre lei nell’obiettivo, nessun altro. Niente parenti, amichetti d’infanzia. Solo lei, insieme a torte di compleanno, a regali da scartare sotto l’albero di natale, mentre disegnava sdraiata sopra un tappeto, mentre saltava sul letto, circondata da montagne bianche di schiuma in una vasca da bagno, con uno zaino in spalla in quello che doveva essere il suo primo giorno di scuola.
Ma finalmente trovò qualcun altro ad accompagnarla in quegli scatti. Eleanor non dimostrava più di sette anni. I suoi capelli erano legati in un due codini e il suo viso era sorridente mentre stringeva tra le mani un microfono giocattolo. Stava in braccio ad una donna seduta ad un tavolo imbandito a festa, che teneva la testa appoggiata sulla sua spalla, vicinissima anche lei al microfono. Erano molto simili, sia nell’aspetto che nell’espressione. I loro capelli erano dello stesso colore, ma quelli della donna erano lunghi e sciolti. Gli occhi differivano, gli uni blu gli altri nocciola. Le loro labbra erano immobili nella stessa posizione, come se stessero intonando la stessa canzone.
Impossibile non riconoscere sua madre in quella donna. Bella e affascinante proprio come la figlia, capace di attirare qualsiasi sguardo su di sé.
Rap sentì un movimento leggero del letto. Sussultò colto in flagrante quando si rese conto che Eleanor era tornata a sedersi al suo fianco. Aveva ancora lo stesso sguardo distrutto e fissava la donna della  fotografia con una strana espressione malinconica, seppur piena di rancore.

“Scusami.” Mormorò Rap, mentre faceva per chiudere l’album. Eleanor tuttavia lo fermò con una mano. Lui la guardò dubbioso: “Non ti dà fastidio?”

La vide scuotere il capo, sempre chiusa in quell’insopportabile silenzio. I suoi occhi si fecero di colpo più dolci, persi nei ricordi che quella foto doveva aver riaffiorato in lei. Forse involontariamente, la sua mano andò a posarsi delicata sulla figura di sua madre ad accarezzarla, ma la ritirò quasi subito come ustionata a quel tocco, nuovamente piena di odio.
Fu lei a voltare pagina. Nessun’altra traccia di sua madre. Era di nuovo lei l’unico soggetto delle fotografie. Ma più si proseguiva, più qualcosa nel viso di quella bambina si faceva maturo, consapevole. Rap la osservava diventare a poco a poco adulta in ogni pagina, sorridere sempre meno. Niente più giocattoli ad accompagnarla nelle foto, niente più atteggiamenti infantili. Solo gli orrori del mondo riflessi in quegli occhi color del cielo.
Poi, fu lei a sparire. Se prima era sempre stata da sola, all’improvviso le foto si riempirono di persone. Bambini della sua età, tutti in fila, ammassati gli uni sugli altri, vestiti uguali, che fingevano di sorridere all’obiettivo. Rap conosceva bene quella divisa formata da una maglietta bianca e i pantaloni – gonne per le bambine -  blu. Anche lui l’aveva indossata, ma Eleanor questo non doveva saperlo. 
Alle spalle dei bambini nella foto, un edificio e una scritta sopra le loro teste : Casa Famiglia i Bimbi Sperduti.
Rap fece una smorfia e soffocò una risata amara.

Mi sono sempre chiesto perché gli abbiano dato un nome così cretino. E’ un orfanotrofio, cazzo! Perché nasconderlo?Come se un nome ispirato da una fiaba potesse renderlo un posto migliore.

Cominciò a cercare Eleanor con lo sguardo, senza successo. Non la trovava.

“Dove sei tu?” le domandò.

Si aspettava che lei glielo indicasse, ma invece fece un profondo sospiro e mosse debolmente le labbra. Ne uscì il suono indecifrabile e rantolante di chi è stato troppo a lungo senza parlare.

“Si?” incalzò Rap, speranzoso di risentire la sua voce.

La vide annaspare nel tentativo di smuovere le corde vocali. Dopo qualche istante, deglutì e riuscì nel suo intento:

“… S-sono … sono quella … quella che non sorride. “

Rap cercò di nascondere l’entusiasmo che in realtà provava nel risentirla e riportò l’attenzione alla fotografia di gruppo. Dopo aver di nuovo passato in rassegna i volti dei bambini, la vide. Stava al centro e sì, era l’unica a non sorridere. Il suo volto era in ombra, leggermente abbassato. Non fissava l’obiettivo, ma il vuoto di fronte a sé. La tristezza sul quel visetto innocente gli spezzò il cuore. Era atroce. Inconcepibile. Del tutto spiazzante.
Le dita di lei andarono nuovamente ad accarezzare l’album. Ma questa volta si fermarono su un bambino che chiudeva la prima fila. Serrò forte le labbra e gli occhi lasciarono sgorgare qualche lacrima silenziosa.
Il bambino non era tra i più sorridenti, ma nemmeno era imbronciato come lei. I ricci scuri gli cadevano sulle spalle e la sua pelle appariva un po’ più scura di quella dei suoi compagni, fatta eccezione per i bimbi di colore naturalmente.
Sapeva chi fosse, nonostante lui non avesse mai visto Evan in piena salute, dato che lo aveva conosciuto quando stava morendo.

“Noi … “ mormorò Eleanor “… noi non ci conoscevamo ancora qui. Io era arrivata da pochi giorni.”

C’era una sorta di rimpianto ad inclinarle la voce, dovuto non alla scomparsa di Evan, ma dall’avere perso del tempo prezioso con lui quando ancora non lo conosceva.
Nelle foto degli anni seguenti, lei e Evan erano sempre l’uno affianco all’altra e Eleanor sorrideva finalmente. In ogni pagina che voltava, la vedeva crescere e farsi donna. Poi, le foto finirono, Rap chiuse l’album e calò un silenzio assordante nella stanza.
Eleanor era immobile, ma sembrava pensierosa, concentrata su chissà quali pensieri.

“Credo che dovresti andare da Rock.” Disse Rap, cercando di distrarla “E’ davvero in pena per te e sai bene che non esagero.”

Eleanor sbatté le palpebre, riscuotendosi a quelle parole, e annuì: “Si …” mormorò.

Rap si alzò in piedi : “Io lo capisco che soffri, credimi  lo capisco più di quanto tu possa immaginare …”

La ragazza sbuffò : “ … ne dubito.”

“Beh, sbagli!” sbottò lui, riconquistando di colpo la sua consueta strafottenza. “Tu non sai un cazzo di me, quindi non provare a fare la vittima! Non avrai la faccia tosta di pensare di essere l’unica ad avere avuto una vita di merda, voglio sperare!? La gente muore, Eleanor. E’ così da sempre e nessuno può farci nulla. Che succeda per vecchiaia, incidenti o Dio solo sa cos’altro, tutti moriamo. Smettila di comportarti come se fossi l’unica a dover sopportare il peso della perdita di una persona cara. Evan è morto! Fattene una ragione e vivi per chi ancora è su questo mondo!” 

Si pentì all’istante delle sue stesse parole notando la sua espressione umiliata e sperduta quanto quella di una bimba appena sgridata dai genitori. Sentì tutta la propria determinazione sbriciolarsi in un attimo.

Maledetta strega!

Strano però, come gli venne l’improvviso istinto di abbracciarla quella maledetta strega. Naturalmente, grazie al suo perfetto autocontrollo riuscì a trattenersi, ma la tentazione di seguire quell’impulso naturale era davvero troppo forte. Per evitare di cedere, decise che era arrivato il momento di andarsene da quella stanza. C’era rimasto anche troppo.

“Comunque, non è questo che volevo dirti.” Disse avvicinandosi alla porta. “Se tu soffri, non è giusto che anche gli altri lo facciano, chiaro? Non essere egoista!”

Uscì in corridoio e si chiuse la porta alle spalle. Separato da lei da quello spesso muro, si potè finalmente rilassare. Fece un lungo sospiro, come se non avesse fatto altro che trattenere il fiato per tutto il tempo.
Gli ci volle un po’ prima di rendersi conto di non essere solo. Rock lo guardava dalla parete opposta, in attesa.

“Novità?” domandò subito.

Rap si perse per un attimo dietro ad un pensiero. Un pensiero che lo irritava e innervosiva in una maniera a dir poco fastidiosa.

Adesso correrai da lei e l’abbraccerai per tutta la notte, non è vero Rock? A te è permesso seguirli i tuoi istinti …

“Sono un genio, cazzo!” esclamò cercando di sfuggire subito a quei pensieri illogici “Dovrei aprire uno studio psichiatrico per adolescenti depresse. Diventerei ricco in un batter d’occhio, te lo posso assicurare.”

Rock accennò un sorriso rincuorato : “Ha parlato?”

“Oh si, una vera chiacchierona. E ha pure mangiato e parlato dei bei tempi andati con il suo amico. Mancavano solo il tè e i biscotti e dopodiché avrei vomitato. Mi è sembrato di diventare una donna, esperienza che non auguro a nessuno. Comunque, per i prossimi tre giorni sopravvivrà, tranquillo.” 

Parlava con un sarcasmo pesante e per nulla appropriato, ma aveva bisogno di comportarsi di nuovo come il solito Rap. Stava perdendo la sua freddezza e la sua scontrosità. Tutta colpa di Eleanor! Voleva riappropriarsi di quella parte di sé. Era la sua unica difesa e quella strega e non poteva sottrargliela semplicemente guardandolo con quegli occhi gonfi di lacrime.
Perso in quei pensieri, non si rese conto di Rock che entrava nella stanza sua e di Eleanor. Quando provò ad immaginare loro due insieme stretti l’uno all’altra, la rabbia tornò a colpirlo con maggiore violenza. Dovette ricorrere nuovamente a tutto il suo autocontrollo per non fare irruzione e separarli.

Perché dovresti farlo? Lei è sua, non ti appartiene …

 Già … Eleanor era di Rock, non sarebbe mai stata sua.
Doveva intervenire. Fare qualcosa, uccidere sul nascere quel maledetto sentimento che ogni giorno si faceva sempre più prepotente dentro di lui. Non era amore, no non lo era. Ne era certo. O forse era ciò di cui stava cercando di convincersi …
Chiuse gli occhi e, con suo sommo sgomento,  non fu l’immagine di Marika ad incontrare. Fu Eleanor a riempirgli la mente. Lei in tutti quei brevi momenti che avevano condiviso. Quando durante il loro primo incontro lei lo aveva guardato con paura e poi, successivamente, con pietà, preoccupazione, sfida e infine con un affetto quasi rassegnato.
Riaprì subito gli occhi sperando di liberarsi della sua presenza, ma non funzionò. Non riusciva a pensare ad altro se non a lei.
Ed eccola, di colpo, quella temuta consapevolezza attraversarlo come un fulmine da capo a piedi:

Dio … Io la amo!

 

*** 

Lame di luce lunare si stagliavano fino al suo cuscino. Il silenzio era rotto soltanto dal respiro regolare di Rock sdraiato al suo fianco. Lei gli dava le spalle, incapace di staccare gli occhi dalla finestra.

“Evan è morto! Fattene una ragione … “ Le parole di Rap le davano il tormento. “La gente muore, Eleanor … vivi per chi ancora è su questo mondo … Non essere egoista!”

Egoista …

Quasi meccanicamente si girò verso Rock, facendo attenzione a non svegliarlo. Lo osservò dormire e le parve la cosa più bella del mondo, proprio come la prima volta che l’aveva visto in metropolitana. Ma quel ricordo per lei così importante venne interrotto da una voce nella sua testa :

Scommettiamo che entro un mese t’inviterà ad uscire con lui.”

Si prese la testa fra le mani, nel disperato tentativo di cancellare la voce di Evan, le lacrime che già le solcavano le guance.

Lasciami in pace, ti prego! Urlò dentro di sé. Và via, ti scongiuro!

Le sfuggì un gemito. Neanche il tempo di rendersene conto che gli occhi di Rock erano già accesi in lei. Quando si accorse di averlo svegliato, si avvolse nelle coperte e gli diede di nuovo la schiena.

“Eleanor ?” la chiamò semplicemente, omettendo le migliaia di domande che sicuramente gli premevano sulle labbra.

“Non è niente.” Si affrettò a dire lei, asciugandosi velocemente gli occhi. “Ho solo fatto un brutto sogno!”

“Sei davvero una frana a dire le bugie.”

Lo so, cavolo!

Sentì le sue braccia stringersi attorno a lei, il viso sprofondare tra i suoi capelli. Nessuno disse nulla per qualche interminabile minuto. Entrambi godettero del silenzio e della vicinanza dell’altro, come se non ci fosse bisogno di niente di più per arrivare alla mattina seguente.
Eleanor si rilassò del tutto, nella sua mente nient’altro che un misericordioso silenzio. Le voci erano cessate.
Sentì Rock sospirare, per nulla rilassato. 

“Che c’è?” gli domandò subito, intuendo che qualcosa lo turbava.

“Stavo pensando …”

“A cosa?”

Rock non rispose subito, chiuso in chissà quali pensieri. “Ti va di sentire una storia?”

Eleanor si corrucciò dall’incertezza e si voltò verso di lui, trovandosi ad appena un paio di centimetri dal suo viso.

“Che storia?” chiese sinceramente confusa.

Rock sorrise leggermente : “Quella che hai sempre voluto sentire e che nessuno di noi ha mai voluto raccontarti.”

Marika …

Le venne naturale pensare a quel nome. Aveva sperato quel pomeriggio che Rap le raccontasse tutto su quella misteriosa ragazza, ma non ce l’aveva fatta. Non era arrabbiata con lui, neanche un po’, anche se probabilmente lo era sembrata. Capiva perfettamente la sua difficoltà nel parlare di lei, non le importava che non avesse mantenuto il patto.
La cosa importante era che Rock sembrava davvero intenzionato a parlare di Marika e di ciò che era successo prima che lei si unisse a loro.

“Sei sicuro?” gli chiese. Non voleva sforzarlo, però sperava davvero che non si tirasse indietro anche lui.

“Si, certo. E poi credo che distrarti un po’ ti faccia bene.” 

Cercava di apparire tranquillo, ma non riusciva a nascondere del tutto l’agitazione.
Eleanor le poso una mano sulla guancia e lo guardò intensamente. Le parole di Rap tornarono a colpirla.

Per te … resterò qui per te. Evan può aspettarmi. Lo so che lo farà. Non esiste nessuno più paziente di lui.

Non si rese conto di stare finalmente sorridendo, dopo giorni di apatia totale. Rock se ne accorse eccome e la contraccambiò sollevato. Le afferrò la mano e gliela baciò. 

"Bentornata” sussurrò. “Canterai ancora per me?”

“Tutte le volte che vuoi.”

Rock azzerò la distanza tra i loro visi, terminando con un bacio abbandonato, desiderato e appagato.

“Ti prego, non andartene più.” Le chiese fervidamente, quando ripresero a respirare ognuno per sé.

“ … vivi per chi ancora è su questo mondo …”

Si … per te posso vivere.

“No, non andrò da nessuna parte. Te lo prometto.”

Ancora qualche scambio di sguardi e poi Rock riprese la parola: “Bene, direi che adesso ti meriti un bel po’ di spiegazioni.”

“Così sembra.”

Lo vide arrovellarsi alla ricerca delle giuste parole, esattamente come aveva fatto Rap quel pomeriggio. Sperò soltanto che non ci fosse lo stesso esito.

“Io e Rap ci conosciamo dai tempi delle medie.“ cominciò finalmente “Frequentavamo scuole diverse. I miei mi obbligarono ad andare a quella privata, ovviamente. Lui invece no. Ci incontrammo per puro caso, una mattina. Avevamo saltato scuola entrambi e lui, per qualche assurdo motivo, prese le mie difese quando mi ritrovai circondato da alcuni bulletti di quartiere.“ Sorrise divertito nel ricordare quell’aneddoto. “Ci riempirono di botte tutti e due!” sghignazzò. 

Eleanor non riusciva a capire cosa ci fosse di così divertente. Evidentemente bisognava appartenere alla specie maschile per comprendere il lato ironico di quella situazione. Lei non provava altro che una materna apprensione nell’immaginare Rock e Rap ragazzini malmenati da dei coetanei.

“Da quella volta diventammo inseparabili.”

“E perché Rap si sarebbe preso la briga di difenderti se non ti conosceva nemmeno?”

“Rap è più sensibile di quanto credi.”

Lo so. Me lo ha dimostrato. A modo suo, ma me lo ha dimostrato.

Eleanor non espresse ad alta voce quel pensiero. Sapeva quanto Rap ci tenesse alla sua reputazione da duro e di certo non sarebbe stata lei a distruggergliela.

“Comunque …” riprese Rock “Rap andò a vivere per i fatti suoi appena compiuti i sedici anni.”

“Dov’è la sua famiglia?” Domandò Eleanor di slancio. “Non ne parla mai.”

Rock si fece serio d’un tratto, facendola pentire all’istante di aver aperto bocca.

“Beh … la sua è una situazione un po’ complicata. “ Apparve di nuovo in difficoltà nel cercare le parole adatte. Alla fine sembrò riuscirci. “Suo padre era un uomo violento. Uno di quelli che tornava a casa in piena notte completamente ubriaco e – “ Eleanor lo zittì con un gesto della mano, cercando di scacciare via l’immagine atroce che la sua mente si era creata.

“Non voglio saperlo!” esclamò. “Ti prego non … “

“D’accordo. Non ne parliamo se non ti va di ascoltare.”

Eleanor si accorse di avere la nausea. Immaginarsi Rap bambino venire picchiato dall’uomo che chiamava papà, la faceva stare male. Un padre violento e che amava bere. Chissà perché, le venne in mente Roy, il suo vecchio padrone di casa. Se era stato difficile per lei venire maltrattata da un estraneo, figurati cosa doveva aver passato Rap. Cosa può pensare un bambino mentre viene percosso dal proprio padre? Quale spiegazione può trovare?
Cominciava a capire il carattere chiuso e scostante di Rap, la sua mancanza di fiducia nel prossimo, la sua intrattabilità.

“Beh …” riprese Rock, “Rap andò a vivere per i fatti suoi appena compiuti i sedici anni. Io avrei tanto voluto seguirlo, ma per pochi mesi risultavo ancora minorenne e non potevo.”

“E venne a vivere qui, in questa scuola?”

“No. Aveva trovato un normalissimo appartamento. Lavorava e riusciva ad andare avanti. Si era sistemato bene. Poi una sera tardi, uscito dal lavoro, incontrò Marika.”

Eleanor smise di respirare.

Ci siamo! Pensò impaziente Finalmente scoprirò chi sei!

“Si conobbero in circostanze un po’ particolari. Lui stava tranquillamente camminando, diretto a casa sua, quando lei uscì di corsa da un vicolo e gli cadde letteralmente ai piedi. Rap credeva si trattasse dell’ennesima ragazzina ubriaca persa, come se ne incontrano tante a quell’ora, e nemmeno la guardò. Però lei … si, insomma, lo fermò prima che andasse via. Lo afferrò per un braccio e gli chiese aiuto.”

“Aiuto per cosa?”

“Gli spiegò di essere inseguita da un uomo che gli voleva fare del male. Rap non riuscì ad ignorarla. In qualche modo si fidò e la nascose nell’antro di un palazzo. Che lei non avesse mentito si capì subito, visto che l’uomo in questione arrivò di corsa e chiese a Rap se avesse visto passare una ragazza. Lui gli diede delle indicazioni sbagliate, facendolo andare dalla parte opposta. Da quel momento, Marika non si staccò più dal suo fianco.”

Era una bella storia, in fondo. Perlomeno, un bell’inizio. Ma un bel prologo non assicura un lieto fine … Però la fame di sapere era troppa per perdersi in inutili pensieri.

“Vai avanti.” Lo incalzò.

Notando la sua inarrestabile curiosità, Rock la accontentò: “Rap la portò a casa sua quella sera stessa, perché Marika gli confessò di non avere un posto dove andare. Ma non gli mentì mai, non gli nascose mai nulla e gli raccontò per filo e per segno da dove provenisse.”

“Fammi indovinare.“ provò ad ironizzare Eleanor “Da una famiglia disastrata?”

“In verità, della sua famiglia non ha mai parlato, ma Rap ha sempre creduto che avesse passato il suo stesso inferno.”

“E come lo sapeva?”

Rock si fece molto serio, una punta di rabbia nei suoi occhi d’angelo: “Marika aveva un bel po’ di cicatrici sul corpo. Disse di essersele fatte da bambina poiché era molto vivace, ma lui ha sempre fatto finta di crederle.”

“E’ scappata di casa, quindi? E l’uomo che la inseguiva era un suo famigliare?”

Rock scosse la testa: “No … non è scappata di casa e non era inseguita da un famigliare. Marika è praticamente cresciuta da sola. Sai cosa può succedere quando cresci senza una guida …”

“Ti perdi …”

“Esatto. Lei si è persa e ha fatto parecchie cazzate, frequentando brutte compagnie che l’hanno condotta su una strada ancora peggiore.”

Eleanor capì al volo a quale brutta strada si stesse riferendo. Chiunque l’avrebbe capito. Tanti suoi ex compagni dell’istituto l’avevano imboccata. E, probabilmente, anche lei l’avrebbe seguita se non ci fosse stato Evan con lei.
Deglutì e chiuse per un attimo gli occhi nel tentativo di cancellare ogni pensiero che riguardasse Evan e tornò a concentrarsi sul racconto di Rock.

“Marika era scappata da una comunità in cui era stata rinchiusa a forza.”

“Beh, ma l’hanno messa lì per il suo bene, no? Per farla guarire.”

“O per togliersela di casa. I problemi o li affronti o li allontani da te.”

Potevano dei genitori agire così? Ma a pensare a ciò che aveva fatto sua madre uccidendosi senza pensare alle conseguenze per sua figlia, Eleanor si convinse che sì, esistevano persone in grado di farlo.

“Marika non era completamente pulita quando Rap la trovò. Aveva trascorso tre anni nella comunità, ma non erano bastati. L’uomo che la inseguiva era uno da cui lei aveva acquistato delle dosi di droga. Non l’aveva pagato e allora lui cominciò a minacciarla. Rap non si tirò mai indietro e la nascose a casa sua. Lentamente si affezionò sempre di più a lei ed era un sentimento ricambiato. Da amici divennero qualcosa di più e Marika stava bene. Un mese a casa di Rap ebbe più risultati che tre anni in quella comunità.” Rock s’interruppe un attimo, concedendosi un sospiro colpevole: “I problemi li ho portati io.”

Eleanor lo guardò confusa. “Che vuoi dire?”

“Io e Rap progettavamo fin da bambini di andare a vivere insieme, e appena divenni maggiorenne lo raggiunsi, ma non fu una convivenza facile. Non lo fu per niente. Io ero il terzo incomodo. Non c’entravo niente con loro due. Eravamo tutti e tre in costante imbarazzo. Però io e Marika diventammo amici, anche se quando arrivava Rap lei si dimenticava di me. Inizialmente la cosa non mi turbava. Era la sua ragazza in fondo, era giusto che preferisse lui a me. Ma più passava il tempo, più mi sentivo invidioso …”

“Ti sei innamorato di lei?” Eleanor parlò senza pensare. Quasi non si accorse di quelle parole che sfuggirono dalle sue labbra mentre ancora il cervello le formulava. Conosceva la risposta, ma voleva lo stesso sentirla con le sue orecchie.

Rock annuì soltanto.

“E Rap?” domandò lei.

“Non sapeva nulla. Fu un sentimento che tenni per me. Non volevo rovinare la loro storia e cercai in tutti i modi di starmene da parte. Marika mi considerava ancora un amico e non si rendeva conto che ogni volta che mi si avvicinava mi provocava un dolore terribile. Il non poter averla mi faceva impazzire. Sarebbe bastato un niente per prendermela, ma non volevo fare del male al mio migliore amico. Se la meritava un persona che lo amasse, finalmente. Fui un fottuto egoista!”

Benvenuto nel club!

Rock si sdraiò sulla schiena, fissando il soffitto. “Poi arrivò quella maledetta sera in cui tutto cambiò. Tornai a casa e li sentii litigare. Marika piangeva e Rap ci stava andando giù pesante con le parole. Non volevo che la trattasse così, non lo sopportavo. Così m’intromisi, ma nessuno mi spiegò mai cosa fosse successo. Rap uscì e ci lasciò soli. “

Eleanor riuscì ad immaginare fin troppo bene cosa fosse accaduto dopo. Mai lasciare un amico con la ragazza di un altro dopo una brutta litigata. E’ una regola universale. Va a finire sempre nello stesso modo.

“Le dissi tutto!” ammise Rock, sempre con gli occhi fissi al soffitto “Quello che provavo e quanto mi costasse recitare la parte dell’amico. E lei … lei non mi rifiutò. Non ci provò nemmeno.”

Che bella stronza!

“Non si possono amare due persone contemporaneamente!” Esclamò Eleanor, indignata per il comportamento di Marika.

“Ti assicuro che invece si può. Lei lo ha dimostrato. Non ingannava nessuno di noi. Amava entrambi e non voleva essere costretta a scegliere. “

“Rap non sospettava nulla?”

“Se lo fece, fu bravo a nasconderlo. Io ho sempre pensato che sapesse tutto, ma ero certo che per non perderla sarebbe stato disposto a passarci sopra. E’ un comportamento tipico da Rap. Non rinuncia facilmente a qualcosa, anche se quel qualcosa lo fa soffrire.”

Rock rimase in silenzio per parecchio. Ad Eleanor non bastava. C’erano altri dubbi da sciogliere. Tanti, tantissimi. Quindi fece lei la prima mossa: 

“Mi dici lei ora dov’è?”

Rock chiuse gli occhi e si morse il labbro inferiore, come in balia di una fitta improvvisa

“ … è morta.”

Ci volle qualche istante prima che quelle due semplici parole le si conficcassero nel cervello, rendendola consapevole del loro significato. Si mise a sedere e lo guardò sconvolta:

“Che cosa? Come morta? Io pensavo fosse semplicemente andata via! Rap mi ha detto che lo ha lasciato!”

“Il verbo lasciare ha molteplici significati, Eleanor. Anche Evan ti ha lasciato. Le persone evitano di usare troppo la parola morire. Preferiscono sostituirla con qualcosa che non dia il senso del definitivo. Rap lo sta facendo da anni. Finge che non sia accaduto … e anche io.”

D’un tratto, ciò che le aveva detto Rap quel pomeriggio, assunse un nuovo significato.

“Tu non sai un cazzo di me … Ci sono passato anch’io Eleanor, e credimi, comprendo ciò che stai provando in questo momento.”

Sentì le lacrime premere dietro ai suoi occhi. L’espressione triste e affranta di Rap si materializzò nella sua mente. Eccolo spiegato il suo dolore. Ebbe una tale pena per lui … una tale compassione.

Quello che io ho affrontato in questi giorni, tu lo stai vivendo da anni.

Si sentì una stupida. Una totale sprovveduta. Come aveva potuto essere così egoista. Fargli tutte quelle domande inopportune solo per soddisfare la propria curiosità?

“Come …? “ chiese con un filo di voce “Che cosa le è successo?”

Rock riaprì gli occhi e voltò il viso verso di lei: “Questa è la parte più complicata.”

“Adesso non puoi tirarti indietro. Voglio saperlo!”

“Non mi tirerò indietro.” Con un sospirò si mise a sedere di fronte a lei e cercò in ogni modo di non guardarla in faccia, come se si vergognasse di ciò che stava per dirle. “Io e Marika passammo molte notti insieme. Lei però, si sentiva sempre più in colpa e io con lei. Io sono forte ad sostenere delle situazioni pesanti, ma lei no. Così cedette di nuovo e ripiombò su quella brutta strada che era riuscita ad abbandonare. Non disse nulla a nessuno, ovviamente. Poi, forse spinta dai rimorsi, venne da me e mi confessò tutto. Disse di averlo fatto una sola volta, ma non fu quella la notizia più scioccante che mi diede quel giorno …”

Rock si fermò, incapace di proseguire. Questa volta, Eleanor non fece domande, benché non desiderasse altro. Voleva che lui si prendesse tutto il tempo che gli occorreva. Non fu un’attesa lunga. Lo vide sorridere con un incondizionato affetto : 

“E qui entra in gioco Haylie.”

“Chi?”




***




Allora?????? Che ne dite???? Piaciuto???? Prevedibile????? Colpi di scena????? Mi sto rodendo per sapere cosa ne pensate quindi non deludetemi con le recensioni.
A proposito di recensioni passo ai ringraziamenti per lo scorso capitolo.

Lady85: Davvero non te lo aspettavi di Rap????? Bene, sono lieta di averti sorpreso ^^. Adoro scioccare i lettori XD. Mi dispiace ma Evan era già condannato mentre scrivevo il primo capitolo U_U. Era destinato a morire quel ragazzo, ma ti assicuro che non è stato facile per me farlo fuori. Mi ci ero affezionata.
BabyzQueeny: EH, si purtroppo. Il cuore di Evan si è fermato. Sto portando il lutto al braccio da un mese.  E Rap... beh, dai sono cose che succedono. E poi si sa, chi odia in realtà ama ^^.
Cicha: Sappi che per me nessun commento è banale. Grazie tantissimo per aver lasciato un tuo giudizio^^. Tu mi fai commuovere  ç_ç Delicatezza e eleganza sono due aggettivi che nella vita reale non mi si addicono per niente XD. SOno contenta che almeno riesco a trasmetterli scrivendo =). La tua pazienza spero sia stata soddisfatta, anche se il vero mistero sul triangolo Rap-Marika-Rock sarà spiegato nel prossimo capitolo. Spero resisterai. Ciaoooooo ^_^!
Felicity89: Eh si, gli intrecci piacciono anche a me. Gli amori facili non mi soddisfano. Voglio sofferenza, lacrime, indecisioni, disperazione ... ehehehe, sono malata lo so^^
Mana_Chan: Hai visto che qualcosa avevi indovinato nelle tue teorie???! UN APPLAUSO!!!!  Mi spiace per Evan, credimi ha fatto più male a me che a tutti voi ç_ç Ma è nel mio stile non fare arrivare tutti i personaggi alla fine. Qualcuno deve sacrificarsi lungo la strada ed è toccato a lui. Che sadica che sono! Verrò arrestata per omicidio premeditato, me lo sento ç_ç. Per quanto riguarda Rap... ebbene si U_U . E' successo ciò che più lui temeva. E' stato stregato da Eleanor. Ostacoli ce ne saranno....??? Non so, ci sto ancora lavorando ^^.
Celicola: Evviva, finalmente una lettrice che non si è sconvolta per Rap!! XD Spero che la suspence continui a tenerti incollata allo schermo^^
Black Lolita: Non mi fare sentire in colpa, ti pregooooooo ç_ç!!!!!!!!!!!!! Evan sarà comunque un figura che rimarrà molto presente e che accompagnerà Eleanor per il resto della storia, quindi non è del tutto "passato oltre". E poi ho creato l'innamoramento di Rap per distrarre un po' dalla morte improvvisa di Evan ^^ e spero di riuscire nell'intento. E poi dai, c'è anche tutta la storia di Marika da riportare a galla e si scopriranno nuove cose sul passato di Rap... e, perchè no, anche di Rock. ^^. Mi perdoni???????????????????????????

Voglio raccontarvi un piccolo aneddoto... anzi, due:
Il primo riguarda Rap. Siete rimaste tutte sconvolte dai suoi sentimenti verso Eleanor. E io che credevo fosse prevedibile ^_^. L'idea mi è uscita fuori mentre facevo un compito di francese (ebbene sì U_U). Ovviamente io studio con la musica. STavo ascoltando un pezzo dei Three Days Grace (qualcuno li conosceeeeee?????? ) e il testo della canzone in questione... beh, era Rap! Era lui! Gli calzava perfettamente. Sono indecisa se dirvi o no il titolo della canzone ... fatemi pensare.... ma si dai! Ve lo dico. La canzone è "I Hate Everything About You". E' perfettaaaaaaa!! Se potete ascoltatela, cercatela su youtube, insomma sentitela. E' carica di rabbia, ma anche di amore. Vi dico solo che il ritornello fa così: "I hate everything about you, why do I love you?" *_* ODDIOOOO!!! Se ci ripenso!!! Bellissima!!! Quando mi sono resa conto delle parole di quella canzone (che non avevo mai ascoltato sul serio) mi è caduta la penna dalle mani, sono rimasta a fissare il vuoto per un quarto d'ora buono e la mia immaginazione ha preso letteralmente il sopravvento XD. Ecco qui! Ora sapete a chi dare la colpa per l'intromissione di Rap nella storia di Rock e ELeanor!
Altro aneddoto, serio stavolta. La storia di Evan, o meglio, la sua fine, è un fatto realmente avvenuto... non con le stesse modalità, ma è avvenuto. Quindi la sua morte l'ho trattata con con certo coinvolgimento personale. Ma evitiamo di scendere in troppi dettagli depressi che non mi pare il caso^^ Ok, adesso basta. Ho scritto anche troppo. CI vediamo alla prossima ragazze!
A presto

Ayleen

Dimenticavo!!!! Grazie a chi mi ha aggiunto tra i preferiti e a chi legge!!!! Mi onorate troppo! ç__ç

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Capitolo 18
*** Haylie ***


CAPITOLO DICIOTTO

Haylie

 

 

Haylie …

Un semplice nome che prese a ronzarle in testa, facendo inevitabilmente galoppare la sua fantasia. Quindi, c’era qualcun’altra oltre a Marika? Ma per quale motivo nessuno prima d’allora si era disturbato di nominarla?
Eleanor sentiva la propria testa scoppiare per la confusione e il sorriso di Rock nel pronunciare quel nome sconosciuto, le fece provare un improvviso moto di gelosia assoluta.

“Chi è Haylie?” chiese con cautela, temendo seriamente la risposta.

Rock mantenne quell’espressione beata, quasi di adorazione: “ … Haylie è la creatura più bella di questo mondo.”

Per la prima volta da quando si erano conosciuti, Eleanor fu spinta dall’improvviso impulso di prenderlo a schiaffi.
Come poteva essere così sfacciato? A lei non importava più di tanto che avesse avuto altre ragazze prima di lei, ma ammetterlo così candidamente e parlare di una di loro con quei toni era davvero un colpo basso.
Rock si accorse quasi subito della sua espressione contrariata, rendendosi conto di esserci espresso nella maniera sbagliata. Immediatamente, cercò di rimediare.

“Lasciami spiegare. Non è come credi.”

“Ah, no?!” lo attaccò lei, con le lacrime agli occhi per la rabbia “Allora sentiamo, chi sarebbe questa perfetta e stupenda creatura di cui io ignoravo l’esistenza!”

Rock si trattenne dal ridere: “Posso parlare? O devi come al solito continuare a trarre le tue conclusioni, ovviamente sbagliate?”

Incredibile! Adesso si prendeva anche gioco di lei e pareva pure trovarlo divertente.

Pensandoci, non mi va più di ascoltare … non più! E’ troppo!

Ma oramai c’era dentro e non poteva tirarsi indietro.
Gli fece un semplice cenno con la testa per farlo riprendere a raccontare, seppur di malavoglia. Rock ridacchiò della sua reazione, fu solo un attimo però. Il suo volto di fece ancora una volta serissimo.
E in un istante, tutta la sua rabbia sparì. Di colpo, Eleanor volle solo abbracciarlo, confortarlo senza un motivo preciso. Un semplice istinto.
Rock era di nuovo agitato. Chiunque fosse Haylie, era chiaro che non gli piaceva parlarne.

“Marika era spaventata a morte e corse da me, perché temeva di turbare troppo Rap …”

Eleanor non parlò, ma il suo sguardo confuso era sufficientemente eloquente. Il ragazzo si passò nervosamente una mano fra i capelli:

“Lei … mi disse di avere un ritardo di quasi due mesi …”

… un ritardo?

Le percezioni di Eleanor si disattivarono. Ogni pezzo cominciava ad incastrarsi nella sua mente, venendo finalmente a completare quell’intricato puzzle che era l’esistenza di Marika.
Tanti nomi vorticavano della sua testa : Rap, Marika, Rock … Haylie.  “… un ritardo di quasi due mesi …”.  E di nuovo Haylie.
Eleanor scattò in piedi e fissò Rock sconvolta.

“No …” mormorò, reggendosi al muro per aiutare le gambe a sostenerla.  

Oh mio Dio! Ti prego, no … non può essere!

“Non è vero … E’ uno scherzo!”

Tutto ciò che Rock le aveva raccontato, ogni sua singola parola tornò a riecheggiarle in testa: “ Io e Marika passammo molte notti insieme … Marika era spaventata a morte … disse di avere un ritardo di quasi due mesi … Haylie è la creatura più bella di questo mondo .”
Sentiva il proprio respiro accelerare, così come il cuore, definitivamente fuori controllo. Rock si alzò e la raggiunse. Le sfiorò un braccio, ma lei si scostò quasi subito.
Il sorriso fin troppo lieto di Rock mentre definiva Haylie la creatura più bella di questo mondo le fece intuire la sconvolgente verità.

“E’ tua?” domandò quasi urlando, incapace di mantenere un tono di voce normale. Un pianto isterico la stava pian piano minacciando.

“E’ di Marika.” Rispose lui, cercando ancora una volta di toccarla senza successo.

“Rispondimi, cazzo!” Ecco di nuovo la voglia di prenderlo a schiaffi. “Di chi è figlia Haylie?”

“Io non …” stava facendo uno sforzo sovraumano per non urlarle contro “… non lo so.”

Nemmeno ci provò a credergli. La rabbia la sommerse, facendola piangere. 

“Come sarebbe a dire ch non lo sai? Voglio la verità! La pretendo!” stava urlando un po’ troppo. Sicuramente Heavy e Metal, nella stanza accanto, stavano ascoltando tutto, ma a quel punto non gliene importava niente.

Anche Rock alzò la voce per sovrastarla: “Questa è la verità! Non sappiamo di chi sia!”

“E come posso essere sicura che non sia l’ennesima bugia?”

“L’ennesima bugia? Io non ti ho mai detto bugie!”

“Hai ragione! Non mi hai mai detto niente! Mi hai sempre tenuto all’oscuro di tutto!”

“Te l’avevo detto che questa faccenda non ti sarebbe piaciuta. Sei tu che hai insistito!”

“Ma che stai dicendo? Vuoi dire che tu saresti stato disposto a tenermi tutto nascosto? Tenermi segreto il fatto di avere una figlia e continuare a fare finta di niente?”

“Ti ho detto che non so di chi sia! Potrebbe anche essere di Rap!”

Eleanor fu sul punto di urlargli contro qualcos’altro, ma si trattenne. Pensò a Rap, qualche stanza più avanti. Non voleva che lui la sentisse.
Fece un profondo sospiro, cercando di calmarsi: 

“Dov’è adesso?” domandò riacquistando un tono di voce civile.

“Al sicuro. Vado da lei quasi ogni giorno.”

Perché si ostinava a fare inutili giri di parole?

“Dov’è?” ripeté, decisa a fare chiarezza sull’intera faccenda.

Rock non la guardò più. Si appoggiò alla parete di fianco a lei e fissò il soffitto.

“E’ all’istituto per minori … quello in cui sei stata pure tu.”

La sensazione che seguì fu sia inaspettata che completamente estranea. Tutta la rabbia accumulata durante quella discussione, si dissolse. Un sentimento a cui era impossibile resistere si appropriò del suo cuore.
Senza neanche conoscerla, Eleanor si sentì inspiegabilmente legata a quella bambina, quasi fossero sorelle. Assurdo! Lei era figlia unica. Non poteva sapere che tipo di amore legasse due fratelli. Poi le venne in mente Evan e si rimangiò tutto. Lei sapeva perfettamente cosa fosse l’amore fraterno.
All’improvviso, volle sapere tutto di Haylie.

“Quanti anni ha?” domandò, con un’inaspettata timidezza che da troppo tempo ormai non la caratterizzava più.

Rock la guardò perplesso, senza capire il suo interessamento, tuttavia le rispose: “Farà quattro anni il mese prossimo.”

… così piccola?

“Da quanto tempo è lì?”

Rock strinse i pugni, in un misto di rabbia, rimpianto e vergogna: “E’ sempre stata lì dentro. Da quando è nata.”

Avrà trovato un Evan tutto per lei?

Eleanor si augurò che fosse così. Ricordava fin troppo bene quelle poche settimane di solitudine prima di conoscere Evan. Non avrebbe augurato a nessuno una simile esperienza, men che meno ad una bimba di nemmeno quattro anni.

“Andavi da lei quando Rap ti mandava in missione?”

Rock annuì soltanto.
Nessuno parlò più per un po’. Eleanor cercava disperatamente di comprendere ed accettare tutte quelle rivelazioni. Rock interpretò male il suo silenzio.

“Sei arrabbiata? “

“… non ne sono certa.” Ammise lei. “E’ una situazione parecchio strana, in cui mai avrei pensato di ritrovarmi.”

Rock sogghignò leggermente: “E lo dici a me?”

Il suo tentativo di sdrammatizzare funzionò. Eleanor sorrise, per poi sciogliersi in una risata: “Già.”

Dopo quei pochi istanti d’ilarità, fu il silenzio a farla di nuovo da padrone. Questa volta, fu Eleanor a vincerlo: 

“Dovreste adottarla. In fondo è vostra … cioè, di uno di voi due.”

Il ragazzo sospirò: “Credi che non ci sia mai passato per la mente? Se riuscissimo a dimostrare che ha un padre, sarebbero obbligati a darcela.”

“E allora perché non lo fate? Basterebbe un semplice test di paternità …”

“Oh, andiamo!” sbottò lui “Pensaci un attimo. Cosa mai potremmo offrirle? Guarda dove viviamo? Nessuno di noi ha un lavoro fisso, non potremmo garantirle nulla. Nemmeno le cose più basilari. E’ orribile da ammettere, ma ti assicuro che sta meglio dov’è adesso!”

Eleanor comprese le sue parole. Non aveva tutti i torti: “Hai pensato che qualcun altro potrebbe precedervi? Una coppia di genitori disperati che non riesce ad avere figli, per esempio … “

“Certo che ci ho pensato! E’ un pensiero fisso. Per questo ogni tanto vado a vedere com’è la situazione. Se lei sta bene e, soprattutto, se è ancora lì.”

Un ricordo attraversò la mente di Eleanor con la stessa irruenza di un fulmine a ciel sereno. Si rivide a Meadow’s Hill, il giorno in cui Rock l’aveva trascinata via dal negozio di musica. Le tornò in mente la telefonata che aveva ricevuto e le sue parole: “… L’abbiamo persa.”
Aveva trascorso settimane ad immaginare chi lui avesse perso. Adesso non c’era più bisogno di domandarselo.

“Quella volta … “ fece, quasi in un sussurro. “… quando mi hai portato a Meadow’s Hill, qualcuno ti aveva telefonato e tu te ne sei andato con una gran fretta. C’entrava Haylie?”

Rock annuì quasi subito, come se anche lui ricordasse fin troppo bene quel momento: “E’ stato Rap a chiamarmi. Ci siamo presi un bello spavento. Lui era andato all’istituto per vedere che Haylie stesse bene, ma lei non c’era. Chiese spiegazioni alla direttrice che le disse che Haylie era stata affidata ad una famiglia.”

“E siete andati a cercarla?”

Rock fece l’accenno di un sorriso: “Non ce n’è stato bisogno.”

“Che vuoi dire?”

“L’hanno riportata indietro loro. Per crisi isteriche o Dio solo sa cos’altro. Non abbiamo capito bene neanche noi.”

Eleanor si stupì nell’apprendere ciò, ma in pochi istanti ogni sua perplessità venne sostituita da una risata spontanea. Rock la guardò confuso:

“Che c’è ?”

“Anch’io facevo così.”

“Così come?”

“Mi comportavo da pazza isterica. Rompevo le cose, lanciavo gli oggetti, urlavo, piangevo, non mangiavo … si, insomma … facevo di tutto perché mi riportassero all’istituto.”

“Ah si, giusto! Me ne avevi parlato. Lo facevi per non essere separata da Evan …” si pentì all’istante di aver pronunciato quel nome.

Guardò di sottecchi la ragazza e subito notò i suoi occhi brillare di lacrime. “Si, infatti …” mormorò, la voce spezzata dietro ai singhiozzi trattenuti a forza. “Forse … forse anche Haylie ha trovato un Evan tutto per lei. Per questo non vuole andare via di lì e rifiuta di essere adottata. “

Un sorriso spontaneo, carico di speranza, gli alleggerì il volto:“Me lo auguro con tutto il cuore. “

Nonostante tutte quelle rivelazioni e pur sapendo che non erano ancora finite, allontanare il pensiero da Evan costava ad Eleanor uno sforzo indicibile. Si affannava come un’ossessa nel cercare d’immaginare che lui fosse a casa con Nathan, o magari in giro o al lavoro. Ma non era così. Evan stava sottoterra, questa era la realtà.  E il mondo intero le appariva del tutto estraneo. Si sentiva come una viandante in terra straniera. Non aveva nessun punto di riferimento, tranne forse quello rappresentato dal ragazzo che stava al proprio fianco …
Eleanor deglutì, scacciando l’immagine di Evan che sembrava aver messo radici nella sua testa: 

“Però …” disse, tornando all’argomento principale della conversazione “… non mi hai ancora spiegato come è morta Marika.”

Rock non fece in tempo a rispondere. Una voce lo precedette:

“Questo voglio raccontarlo io!”

Rap stava comodamente appoggiato allo stipite della porta. Le braccia incrociate sul petto, l’espressione seria. Aveva l’aria di essere lì da parecchio.

“Rap?” fece Rock, sorpreso almeno quanto lei “Da quanto sei lì?”

Lui alzò le spalle: “Abbastanza.”

“Non importa Rap.” Disse subito Eleanor “Lascia che sia Rock a parlarmene.”

Sapeva bene quanto Rap soffrisse nel pensare a Marika. Tutti quanti lo sapevano. Ed era anche cosciente di aver fatto già abbastanza danni con la sua insaziabile curiosità; infierire ancora non le pareva proprio il caso.
Lui tuttavia non sembrava intimorito come invece era stato quel pomeriggio. Appariva piuttosto risoluto.

“Ah, chiudi il becco!” sbottò, zittendola con un gesto della mano “E’ così sconvolgente che io abbia voglia di parlare?”

Eleanor non rispose, c’erano i suoi occhi a farlo al posto suo. Era più che strano che Rap avesse voglia di parlare. A ben pensarci, era preoccupante.
Rock sembrava titubante almeno quanto lei. Fissava l’amico dubbioso, cercando di capire se stesse facendo davvero sul serio.

“Rock, voglio però che tu mi faccia un favore.” Disse Rap, sempre con quella tranquillità così poco attribuibile a lui. “Vorrei che mi lasciassi da solo con Eleanor.”

Eleanor non capì il perché di quella strana richiesta, ma ancora meno capì lo sguardo intimidatorio di Rock.

“Scordatelo!” Fu la risposta secca del suo angelo.

 

***

 

Ci volle parecchio per convincere Rock a lasciare lei e Rap da soli. Alla fine era addirittura dovuta intervenire per calmare le acque. Rock cedette dopo un po’, ma si vedeva fin troppo bene che non era contento.

“Perché hai voluto che Rock andasse via?” domandò subito Eleanor, non appena lei e Rap furono da soli.

Rap sogghignò divertito. “Non è ovvio?” la stuzzicò.

“Non per me!”

“Beh, è semplice … “ rispose lui, sempre ridacchiando mentre si accomodava sul letto. “L’ho mandato via perché c’è una parte di questa storia di cui lui non è a conoscenza. “

“Come?” Eleanor cercò di mascherare meglio che poteva lo stupore nell’apprendere tale notizia. Il risultato non fu dei migliori. “Che significa?” chiese con cautela.

Rap picchiettò il materasso con una mano: “Forse è meglio se ti siedi, dico sul serio!”

Senza nemmeno sapere il motivo, Eleanor ubbidì e si sedette sul letto, a debita distanza da lui.
Ogni traccia di tranquillità sparì dal volto del ragazzo. Di colpo, ecco di nuovo la paura, il dolore, la sofferenza. Tutte le emozioni che l’avevano sempre contraddistinto.

“Ho fatto una cosa terribile Eleanor. E tu devi promettermi che tutto ciò che ti dirò non uscirà da questa stanza.”

Quelle parole e la serietà con la quale furono pronunciate, la intimorirono più del lecito. Nonostante ciò non disse nulla. Voleva che Rap facesse tutto da solo, che parlasse senza nessun obbligo imposto da qualche sua stupida domanda.

“Come ti ha spiegato Rock, Marika era perseguitata da un uomo a cui doveva un mucchio di soldi.” Guardò la ragazza in attesa di una sua conferma. Lei annuì soltanto. “Ma non è stato per quello che ci siamo rifugiati in questa vecchia scuola sgangherata. Quella è stata solo una scusa cretina.”

Eleanor continuò a rimanere chiusa nel suo silenzio, o meglio, continuò a costringersi a non dire nulla. I suoi occhi però erano sgranati e le labbra leggermente dischiuse dalla sorpresa. La sua espressione era abbastanza eloquente.
Rap sorrise dalla sua reazione, ma fu solo l’illusione di un attimo. Quell’istante d’ilarità durò per troppo poco. “Un giorno stavamo scappando da quell’uomo. Io, Marika e Rock. Noi due volevamo affrontarlo ovviamente, ma lei non ne voleva sapere e ci convinse per l’ennesima volta a nasconderci. Ci ritrovammo qui, senza nemmeno volerlo. Entrammo e incontrammo Heavy e Metal.”

Già … Heavy e Metal.

Eleanor si rese conto solo in quel momento di non aver mai chiesto come i due fratelli c’entrassero in quella storia complicata. Ecco la risposta. Erano semplicemente rimasti coinvolti per puro caso.

“Loro stavano già qui dentro. Non ci hanno mai spiegato il perché e a noi nemmeno interessava a dir la verità. Inizialmente non furono molto amichevoli, ma Marika gli spiegò la situazione e loro due decisero di aiutarci.” Rap fece una pausa per riprendere fiato. Si sdraiò, portando le braccia dietro la nuca e fissò il soffitto. “Rimanemmo tutto il giorno nascosti lì dentro. Heavy e Metal ci dissero di tornare  se ci fossimo trovati di nuovo nei guai, soprattutto Marika. Trovarono persino una stanza tutta per lei. “

Quella in cui ho dormito la prima notte che sono stata qui. Constatò Eleanor senza alcun bisogno di chiedere.

“Marika passò molte notti qui dentro, soprattutto dopo che scoprì di essere incinta.” Da serio che era, il suo sguardo d’inchiostro si fece terribilmente triste. “Per me e Rock fu un vero sollievo. Mentre lei se ne stava qui al sicuro, noi potevamo agire indisturbati e cercare quel figlio di puttana!”

Il disprezzo assoluto che gli inclinò la voce, la spaventò. L’aveva già visto arrabbiato, ma mai così. C’era molto più che semplice rabbia sul suo viso. C’era odio, ribrezzo, rancore … ogni sentimento negativo.

“Quel bastardo però, era uno che sapeva nascondersi bene. Non riuscimmo a trovarlo, tanto che ad un certo punto cominciammo a pensare che avesse lasciato la città. Marika comunque preferì non tornare a casa da noi e decise di restare nascosta qui almeno finchè non fosse nato il bambino. “

“Di chi è Haylie, Rap?” Eleanor nemmeno si rese conto di aver parlato a voce alta.

Rap la fissò corrucciato: “Non è questa la questione più importante adesso.”

“Ma tu lo sai di chi è? Hai una vaga idea?”

“No, contenta!? Non ne ho la minima idea e nemmeno voglio averla. E’ figlia di Marika e ciò mi basta. Non m’interessa chi sia il padre. Probabilmente nemmeno lei lo sapeva.” Il suo tono si fece piuttosto acido, insofferente.

No, impossibile. Lei doveva saperlo eccome! pensò di getto Eleanor.

“Comunque … “ riprese il ragazzo “… Per adesso non chiedermi di Haylie. Ci arriverò.” Sospirò, cercando di controllare il fastidio che la domanda di Eleanor gli aveva generato e continuò: “Una notte Metal ci telefonò. Disse che Marika non stava affatto bene e che invocava di continuo i nostri nomi.”

Rap alzò gli occhi su Eleanor che lo guardava sconvolta. La sua voce si fece d’un tratto ironica. “Prova ad indovinare cosa stava succedendo.”

L’intuito fece la sua parte: “Haylie stava arrivando … giusto?” nonostante fosse abbastanza sicura di quell’ipotesi, parlò con voce flebile ed insicura.

“Già …” mormorò Rap, tornando a fissare il soffitto. “Quale momento migliore! Io e Rock abitavamo ad almeno un’ora di distanza. Heavy e Metal non avevano un’auto e l’ospedale non era esattamente dietro l’angolo … La sentivo gridare per telefono. Tu non puoi … nemmeno, lontanamente immaginare come mi sono sentivo in quel momento. “

Vedeva i suoi occhi intrisi di dolore. Il viso era una maschera di rabbia e debolezza. I suoi pugni si strinsero e scaricarono tutta la frustrazione accumulata in quegli anni sul palmo delle mani.  Stessa cosa accadde per i denti mentre si avventarono con ferocia sul labbro inferiore.

“E quel cretino di Rock che mi diceva di stare calmo, che sarebbe andato tutto bene. Cazzo , lo odio quando le spara così grosse! “

“Non potevate chiamare un’ambulanza?”

“Per dire cosa esattamente? Di andare in una vecchia scuola a prelevare una ragazza fuggita da una comunità di tossicodipendenti accompagnata da altri due ragazzi che vivevano lì abusivamente? Non avevamo il tempo per inscenare qualcosa di più decente della realtà.”

Eleanor rimase ancora una volta in silenzio. Lo lasciò sfogare. Rap aveva proprio l’aria di essere uno che non si sfogava da troppo tempo.

“Decidemmo di comune accordo, con Heavy e Metal, di incontrarci a metà strada. Loro avrebbero tentato di raggiungere l’ospedale a piedi, noi due gli saremmo andati incontro in macchina.”

“A piedi?” domandò Eleanor, perplessa. Cielo, povera Marika!

Rap nemmeno la sentì: “Li trovammo tutti e tre sul marciapiede, ancora molto lontani dall’ospedale. Marika era distrutta. Heavy e Metal la sostenevano, ma lei non riusciva a fare nemmeno un passo senza urlare. Quando ci vide però , senza emettere più un fiato, ci sorrise. “

Nel far riemergere quel ricordo, anche Rap s’illuminò, probabilmente senza neanche rendersene conto. “Dio, era bellissima …“

Quello sguardo sognante, quasi la commosse.

“Stavamo per farla salire in auto, ma …” Interruppe il racconto. La stessa rabbia che l’aveva invaso poco prima tornò a prendere possesso del suo viso.

“ … ma? “ lo sollecitò Eleanor, con finta calma.

“… ma arrivò lui! “

Certo non c’era bisogno di chiedere a chi si stesse riferendo.

“Non feci nemmeno in tempo a capire da dove fosse uscito. Forse dal vicolo davanti cui ci eravamo fermati, o dall’altra parte della strada. Non lo so! So solo che mi sentii morire non appena lo vidi tirare fuori una pistola.”

Eleanor sussultò a quelle parole: “Oddio … “ si lasciò sfuggire, con un filo di voce.

“Era totalmente fuori di testa! La fissava con un tale odio … per un attimo ebbi l’impressione che dietro a tutto quel risentimento non ci fossero solo i soldi. Fortunatamente eravamo in quattro e riuscimmo a disarmarlo facilmente. Io non so cosa mi passasse per la testa in quel momento, con Marika che gridava, gli altri che mi dicevano di andare via, quel tizio che non la finiva di ucciderla  con lo sguardo … so solo che ad un certo punto mi ritrovai a puntargli contro la sua stessa pistola.”

Eleanor era pietrificata, completamente presa dal racconto. Non osava fiatare, fare previsioni su quanto accaduto dopo, anche se l’istinto glielo stava suggerendo.

“ … Rock mi stava dicendo di lasciare perdere, che non ne valeva la pena. Che la cosa importante era portare Marika all’ospedale. Avrei dovuto dargli retta ….”

Il silenzio che seguì fu di un’inaspettata teatralità. Non era da Rap concedersi gesti del genere. Non lo spinse a riprendere il discorso comunque. Che soffrisse era fin troppo chiaro. Il suo corpo tuttavia, reagì in maniera imprevedibile. Senza accorgersene neanche, allungò un braccio fino ad afferrargli una mano. In qualche modo sapeva che ciò che stava per dire sarebbe stato doloroso. Lui parve distrarsi, ma non accettò quel contatto. Si scostò quasi subito, come scottato.

“Non voglio la tua pietà!” sbottò, con evidente fastidio.

“Non è pietà … “mormorò Eleanor, cercando di scusarsi. “ Stavo solo cercando di darti il mio appoggio!”

“Beh, non mi pare di avertelo chiesto, ragazzina. Resta al tuo posto! Ti racconterò tutto ciò che hai sempre voluto sapere, ma non sfidare troppo la mia pazienza.”

Eleanor abbassò lo sguardo, mortificata. “Mi dispiace.”

Conosceva il temperamento freddo e scostante di Rap. Sapeva di non doversela prendere ogni volta che lui tentava di offenderla, aveva imparato a conviverci in modo abbastanza pacifico. Eppure quella volta fu diverso. Le parole di Rap la ferirono. Cercò di non darlo troppo a vedere.

“Vuoi sapere cos’è successo dopo?” Domandò in modo brusco. “Va bene te lo dirò. Ho puntato la pistola contro quel bastardo, ho fatto fuoco e Marika si è messa in mezzo!”

Eleanor rimase pietrificata. No … ho capito male, spero … non può essere.

Il suo sguardo spaventato ed interdetto spinse Rap a riassumergli in poche parole la terribile verità: “L’ho uccisa io. Marika è morta a causa mia …” Sputò fuori quella confessione, con una profonda vergogna ma anche un sospiro liberatorio, lieto di averla finalmente affidata a qualcuno.

“Ce ne andammo di corsa da lì. Gli altri mi trascinarono in macchina a forza e corremmo come pazzi verso l’ospedale. Lei era ancora cosciente. L’avevo colpita al petto …, avevo le mani, i vestiti pieni del suo sangue. “

“Rap , non …”

“Non dirlo!” gli urlò subito contro, interrompendola. “ Non dire quella cazzo di frase che mi sono sentito dire per anni! E’ stata colpa mia, chiaro!? Sono io che le ho sparato! E’ colpa mia se siamo arrivati tardi in ospedale e non c’è stato il tempo per una trasfusione.”

Si rimise in piedi e prese a camminare avanti e indietro per la stanza in modo forsennato, tenendosi la testa con le mani. “Tu non puoi capire quello che sento. Forse potresti riuscirci se a guidare l’auto che ha ucciso Evan ci fossi stata tu! Si, forse solo in quel caso potresti lontanamente immaginare come mi sento.”

Eleanor rabbrividì a quel pensiero. Era umanamente impossibile poter sopportare un tale senso di colpa. Il solo pensiero la faceva stare male.

“I medici sono riusciti a salvare Haylie, ma Marika era già morta quando l’hanno tirata fuori. Non ha nemmeno potuto vederla. Neanche quello le è stato concesso. E tutto per colpa mia! Per la mia dannata impulsività!”

“Smettila Rap! E’ stato un incidente!”

Il ragazzo rise malignamente : “Un incidente? Un’altra cazzata da aggiungere a non è stata colpa tua!”

“E’ la verità! Se proprio vuoi un colpevole è quel tizio che la perseguitava. Anzi, la vera colpevole è proprio Marika. Perché cavolo si è messa in mezzo? Sapeva benissimo che poteva restare coinvolta!”

“Tu non capisci! L’ha fatto per lo stesso motivo per cui non permetteva a me e Rock di andare a cercare quel bastardo per fargliela pagare! Temeva che ci macchiassimo di qualche orrendo crimine … e alla fine le sue previsioni si sono avverate.”

Finalmente, Rap si fermò. Si appoggiò alla parete esausto e sospirò. Eleanor lo raggiunse. Non si era dimenticata di scoprire per quale motivo Rap avesse mandato via Rock dalla stanza. Ormai nulla poteva più sconvolgerla.

“Che cosa è successo dopo?”

Un  ghigno gli si dipinse sul volto : “… mi chiedi cosa è successo dopo. Sono l’unico che sa cos’è accaduto dopo. Non voglio che Rock, Heavy e Metal sappiano cosa ho fatto, quindi ti imploro di non farne parola con nessuno.”

Eleanor annuì in fretta. “Sarà il nostro segreto.” Disse, cercando di smorzare un po’ la tensione.

Rap le si avvicinò pericolosamente, serio … troppo serio. Faceva paura. Sembrava quasi che avesse intenzione di farle del male.

“Promesso?”

“Promesso!”

 

***

 

Era davvero strano ritrovarsi lì dopo tutti quegli anni. Assurdo, per certi versi!
Si era ripromessa che mai in vita sua avrebbe fatto ritorno in quella galera nella quale era stata costretta a crescere, eppure eccola lì, a fissare le inferiate del cortile, il salice sotto il quale tante volte lei e Evan si erano rifugiati nei caldi pomeriggi d’estate, i gradini di marmo dell’entrata dove loro due facevano merenda, l’altalena sopra la quale si era dondolata per ore dopo che Evan le aveva confessato di essere gay.  Quasi le sembrò di rivedere il suo fantasma correre tra le nuvole di polvere che s’innalzavano dal terreno.
Troppi ricordi, troppi rimpianti, troppo dolore legato a quel luogo. Ma era suo dovere essere lì adesso.
Voleva vedere Haylie, conoscerla … salvarla.
Cercava di non pensare troppo al fatto che avrebbe potuto essere figlia di Rock. Alla fine quella era stata la rivelazione meno scioccante.
Invece Rap, aveva battuto ogni record con le proprie di confessioni l’ultima in particolare.

“Hai mai desiderato vedere morire qualcuno, Eleanor?” le aveva chiesto Rap, “Hai mai odiato una persona al punto di volerla vedere stramazzare al suolo dopo atroci sofferenze?”

Lei non aveva saputo rispondere, perché per quante persone malvagie avesse incontrato sul suo cammino, per quanto detestasse sua madre per averla lasciata sola ed essersela svignata, non sarebbe mai e poi mai stata in grado di desiderare la morte altrui.

Ma quell’odio impossibile che non aveva mai conosciuto, lo aveva visto riflesso negli occhi neri di Rap mentre condivideva con lei quel segreto che si era portato dietro per anni : “Per giorni interi sparii … Non lasciai detto a nessuno dove sarei andato, perché nemmeno io ne ero tanto certo. Lo cercai. Cercai quel bastardo in ogni angolo di questa dannata città … e infine lo trovai! Prima lo riempii di botte e ringrazio mio padre e tutti i ragazzi del quartiere in cui sono cresciuto per avermi insegnato a difendermi e a darle! Ricordo ancora lo schiocco della sua gamba che si spezzava … le sue grida. E più urlava, più io continuavo …”

Qualcosa le toccò una spalla, strappandola ai ricordi di quella notte. Rock la fissava, preoccupato : 

“Tutto bene?”

Forse pensava che la causa del suo malessere fosse il stare davanti a quell’edificio, ma non era così. Il segreto di Rap era davvero un bel fardello da portare. SI stupì di come avesse fatto a sopportarlo da solo per tutto quel tempo. Lei non ce l’avrebbe mai fatta.

“Si, tranquillo … è tutto ok.”

Ma la voce di Rap tornò a riempirle la testa : “ … era a terra e non riusciva a muoversi. Gli presi la pistola con la quale avevo ucciso Marika e gliela puntai addosso ancora una volta … ma non lo feci fuori subito, no … sarebbe stato troppo semplice. Volevo che avesse una morte lenta, volevo che m’implorasse di non farlo. Non era odio il mio. Era un bisogno. Un bisogno al quale non ho saputo resistere … Io volevo torturarlo!”

“Dovrebbero uscire fra 10 minuti.” Le disse Rock.

“Si, lo so.” Rispose prontamente lei.

Stavano aspettando che i bambini uscissero in cortile. Eleanor conosceva bene gli orari. Erano quasi le tre. Ricordava perfettamente che dopo pranzo era concesso loro giocare prima di dedicarsi alle ore di studio. Presto avrebbe visto Haylie.

“ … Cominciai dalle ginocchia. Sparai prima ad una poi all’altra ad intervalli molto lunghi. Continuai con le spalle e con le mani. Avrei potuto fargli fare la stessa fine di Marika, lasciarlo lentamente dissanguare, ma adoravo troppo lo sguardo carico di terrore che mi riservò mentre gli puntavo l’arma alla testa. Poi accadde ciò che più avevo desiderato. M’implorò di non farlo, piagnucolando come una ragazzina. Farfugliava qualcosa del genere che gli dispiaceva, che era pentito. Io scoppiai a ridere … gli dissi che non era con me che doveva scusarsi …”

Il portone dell’Istituto si aprì e cominciarono a riversarsi fuori decine di bambini urlanti. Rock avanzò di qualche passo verso il cancello, aguzzando la vista.

“E’ sempre l’ultima ad uscire. “spiegò “Non lega molto con gli altri. E’ molto riservata, timida.”

Anche Eleanor si avvicinò al cancello, scrutando con più attenzione il cortile. Un fiume di ricordi la travolse inevitabilmente: lei e Evan che correvano fuori, lei e Evan che cercavano di aggiudicarsi l’unica altalena, lei e Evan che si appisolavano sotto il salice, lei e Evan che giocavano a pallacanestro insieme ai loro compagni …  lei e Evan … Evan …  sempre e solo Evan. Non c’era angolo di quel luogo che non gli ricordasse lui.
Appoggiò la fronte al cancello e chiuse per qualche istante gli occhi, mentre una ribelle lacrima silenziosa le percorreva la guancia.

“Vuoi tornare a casa?” le chiese Rock, notando il suo disagio.

Eleanor scosse la testa: “No. Va tutto bene. Ce la posso fare!”

I bambini era tutti usciti ormai. Il portone e la scalinata di marmo erano vuoti. Rock e Eleanor rimasero in attesa.
Una manciata di secondi e una figura piccola e ciondolante fece la sua comparsa in cima alle scale. Rock sorrise dal sollievo: 

“Eccola!”

Non c’era nemmeno bisogno di dirlo. Certo che era lei!
Eleanor aveva visto una foto di Marika una volta ed Haylie era la sua copia esatta. Avanzava lentamente, per nulla entusiasta all’idea di due ore di libertà. I suoi capelli erano una cascata di boccoli fiammeggianti. Dondolavano ad ogni suo passo, danzando contro le sue spalle. Era troppo lontana per poter accertare il colore degli occhi. Aveva un’espressione molto triste che le riportò alla mente quel buio periodo in cui non conosceva ancora Evan. Anche lei aveva avuto la stessa espressione sofferente.
Haylie si sedette sui gradini. Altri ricordi arrivarono inesorabili. Era lì – sul terzo gradino a voler essere precisi – che aveva conosciuto Evan.

“E’ bellissima …” mormorò Eleanor.

“Lo so. Te l’avevo detto che è la creatura più bella di questo mondo.”

La bambina alzò improvvisamente gli occhi e guardò proprio verso loro due. Rock alzò una mano per salutarla. Haylie s’illuminò, sciogliendosi in un sorriso adorabile, e ricambiò il saluto.

Eleanor si voltò verso di lui: “Ti conosce?”

“Beh, diciamo che sono riuscito ad avvicinarla qualche volta. Le ho detto che conoscevo la sua mamma. Da quel momento ogni volta che mi vede fa così.”

Haylie si alzò in piedi e sgambettò verso il cancello, sempre sorridendo. E fu allora che Eleanor vide i suoi occhi.

Oddio …

Non c’erano più dubbi su chi fosse figlia.
Eleanor si voltò verso Rock senza dire una parola. Lui fece finta di non accorgersi di quello sguardo e si concentrò sull’accogliere la piccola Haylie.
Non appena la bambina fu davanti a loro e l’immagine della foto di Marika vi si sovrappose, il fardello che Rap aveva scelto di condividere con lei tornò a tormentarla. La sua voce di nuovo chiara e nitida nella sua mente:

“ … dopodiché gli scagliai una pallottola in fronte!”

***

 

Vediamo di trovare qualche scusa decente per questo mostruoso ritardo: ..... mmm... vediamo... sono stata rapita dagli alieni. No no, non va. Classica, è morta la prozia del fratello del cugino del nonno del mio vicino di casa -.- .... lasciamo stare! .-.

No, dai scherzi a parte: ho scritto questo capitolo sul treno! Ebbene si! Dal momento che a casa non riesco a combinare nulla, ho deciso di portarmi il portatile a scuola e durante i 45 minuti di viaggio in treno ( anzi l'ora e mezza, considerando andata e ritorno) e scrivere lì. Vi giuro che è fantastico! Molto meglio che in casa. D'ora in avanti farò così e vediamo se riuscirò a migliorare con gli aggiornamenti. ... e ora, perfavore, via i forconi ^^! 

Che dire del capitolo?????? Non saprei, questo dovete dirmelo voi!!!! Come avete potuto vedere, non mi piace proprio "concludere" nel senso più stretto dela parola! Sono aperte le scommesse: DI CHI E' FIGLIA HAYLIE?????????? Non  fate come una mia amica che mi ha detto "è stato Metal!" -__- '''' Fortuna che scherzava! Comunque, spero non ci siamo errori, perchè ho riletto una sola volta .... !!!

La storia di Marika è stata svelata, ma ci sono dei piccoli punti ancora da chiarire. Ogni tassello verrà ricomposto nei prossimi capitoli. Le cose principali sono state svelate, quindi non soffermiamoci troppo sui dettagli... per ora!

Passo ai ringraziamenti và:

cicha: sei vivaaaaaaa???????? No chiedo, dato che nel capitolo scorso hai rischiato il soffocamento. Questo è un pochino peggio, non vorrei fossi morta per infarto! Se ci sei batti un colpo!

Anthy: EVVIVA!!! Una nuova commentatrice!!!!!! (sei una ragazza, verooooo??? O.o'''' Chiedo scusa ma io non capisco il sesso dei nick XD). Beh, devi sapere che io sono a favore della coppia Eleanor / ..................!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Si si , farò finire la storia con loro due insieme, contenta! ^_^ Grazie per i complimenti e spero di risentirti.

Lady85: Chi è Haylie!???!?!?!?!? Beh ora l'hai scoperto!!! Resta solo da capire chi sia il suo papà! MWUAHAHAHAH!!! Non vi faccio proprio stare tranquilli un attimo!! XD

Caro: sniff sniff ç_ç ti vuoi vedermi crogiolarmi nelle lacrime. Troppi complimenti tutti insieme, io mi commuovo! ç___ç! Comunque.... ti sei innamorata di Rap????? GIU' LE MANI, LUI E' MIOOOO!! E' UNA MIA CREATURAAAA!!! XD. Sono sorpresa che Rok ti stia antipatico. Sei la prima dirmelo e,strano a dirsi, la cosa mi fa piacere. Mi piace sapere che si stanno creando due schieramenti. I pro ROck e i Pro Rap. Facciamo come su Twilight! Creiamo il TEAM RAP e il TEAM ROCK!!! AHAHAHAHAH!!! XD

Black Lolita: Mi hai dato della sadica nello scorso capitolo, adesso che mi dici????? Devi trovarmi un altro aggettivo!! XD Sadica mi sa che non basta!

Mana_chan: Tu e le tue teoria mi farete diventare matta!!! XD Allora si sono realizzate???? Dimmi dimmi! Sono curiosa! Dai, alla fine gli indizi per scoprire chi fosse Haylie gli ho dati tutti quindi non era difficile. Se la storia si ripeterà???? Beh... diciamo che... si .... insomma... no... nel senso... cioè.... Vabbè ciao!!!!

Celicola: MWUAAHAHAHAH!!!! SIIIIII!!! Io sono una violenta!!! Non solo ti ho lasciato con un nome in sospeso, ti ho pure fatto aspettare una vita per l'aggiornamento!! Chi c'è più cattiva di me???? Nessuna!!!

Felicity89: Se lo scorso era terribile, questo com'è????? E haylie???? DI chi è figlia???? Su su, spremere le meningi prego! 

MakyMay: AHAHAHAHAH!!! Tu mi hai fatto scompisciare ragazza!!! Non entravo sul sito da un sacco di tempo e mi sono ritrovata 12 recensioni in più! LA mia faccia era impagabile!!! °-° Tobby Tobby Tobby TObby!!! Sono morta con questo nome! Magari lo utilizzerò per qualche personaggio secondario te lo prometto! Comunque grazie per i complimenti, troppo gentile e spero di non averti sconvolto ulteriormente l'esistenza. Mi aspetto un'altra recensione da pazza squilibrata, ok??? CIAOOOOOO!!!

Ok ragazze e ragazzi(se ce ne sono tra i miei lettori o.O) ci vediamo alla prossima che sarà ..... BOH!!!! Resistete che non ve ne pentirete. Intanto pensate alla scommessa e decidete se schierarvi nel TEAM RAP o nel TEAM ROCK ! XD (La Meyer mi accuserà di plagio hihihi)

A PRESTOOOOOO!!!!!

Ayleen

 

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Capitolo 19
*** Comincia per A ***


Solo un paio d'ali - cap19 - Comincia per A

Toc toc! Si può.....??? Giù i forconi vi prego^^. Ho aggiornato, ce l'ho fatta... in ritardissimo ma ce l'ho fatta eheheh! Lo sapete oramai che sono ritardataria cronica, ma per farmi perdonare ho scritto un capitolo bello lunghetto, 10 pagine di word (ndLettrici: NOOOOOOOO!!! ndA: ç____ç ) . 
Comunque questo è il classico capitolo filler, ossia, una parte non fondamentale ai fini della storia. VOlevo farvi un po' rilassare dopo le pene degli scorsi capitoli. Spero riuscirete ad apprezzare. LE sostenitrici di Rap avranno pane per i loro denti qui. C'è solo un punto davvero importante nel cap.... capirete da sole qual è ^_^. 
Ora... non so se ci sono maschietti tra i lettori ( anche perchè se ci sono, non si sono mai fatti sentire), ma se ci fossero vorrei che sapessero che ogni cosa detta contro di loro è puramente scherzosa e che non devono sentirsi offesi. Ammettiamolo ragazze, come faremmo senza i nostri uomini *-*???  Non capite di cosa sto parlando??? Oh, ma lo capirete...XD. Ci viediamo in fondo! =)

CAPITOLO DICIANNOVE

Comincia per A

 

Nei giorni seguenti, mura invisibili sembrarono separare all’improvviso i cinque ragazzi.
Ad accompagnare i loro pomeriggi e le loro serate, solo un insostenibile silenzio! Persino Heavy, in genere sempre chiacchierone e allegro, parve perdere la sua essenza.
Per non parlare di Rap che sembrò diventare un fantasma, aggirandosi silenzioso e discreto per i corridoi della scuola. A malapena si faceva vedere, non rivolgeva la parola a nessuno e si esprimeva a gesti o incomprensibili borbottii. Eleanor aveva tentato di parlare con lui, senza successo. Il ragazzo le sfuggiva di continuo, forse volontariamente, forse no. Quello non era in grado di stabilirlo.
Cominciò seriamente a pensare che si fosse pentito di aver condiviso con lei quel segreto. Il fatto di aver torturato ed ucciso un uomo consenziente.
Nonostante Rap sembrasse esserne convinto, Eleanor non lo considerava affatto un assassino. Ogni sua azione era stata spinta unicamente dalla rabbia. Lui non aveva alcuna colpa. Ma questo, Rap sembrava non capirlo. Non riusciva proprio a perdonare sé stesso, forse perché, nel suo subconscio, non era affatto pentito.
Eleanor apprese con sconcerto che Rap non avesse mai fatto visita alla piccola Haylie. Era proprio di questo che voleva parlargli, ma cercare di restare da sola con lui sembrava essere diventata un’impresa impossibile.

“Non capisco. “ disse la ragazza dondolandosi lentamente sull’altalena del cortile. “Che cos’è che gli fa così paura?”

Rock, appoggiato ad uno dei sostegni dell’altalena si voltò verso di lei: 

“Ha cercato in mille modi diversi di liberarsi del ricordo di Marika e, anche se ti sembra impossibile da credere, ultimamente è molto migliorato. Teme che andando da Haylie dovrà ricominciare tutto daccapo. Lei le somiglia così tanto …”

“Si, questo lo capisco, però resta il fatto che –“

Rock la zittì con un gesto della mano: “Non devi dirglielo. Non ancora!”

“Ma non ha senso! Lui deve saperlo!”

“Eleanor, per favore!”

La ragazza lo fissò incredula e tentò di ribattere. Rock non gliene diede il tempo: “Pensi di risolvere qualcosa dicendogli che è sua? Pensi di farlo stare meglio?”

Eleanor non seppe rispondere. Conoscendo Rap, forse Rock aveva ragione nel non volergli rivelare che Haylie era sua.

“Mi avete mentito!” sbottò all’improvviso, risentita. “Mi avete detto di non sapere chi fosse il padre, invece l’avete sempre saputo.”

“Lui non lo sa.” Spiegò Rock, con estrema pacatezza. “Rap è convinto che sia mia e io preferisco che continui a crederlo.”

“Perché?”

“E’ semplice.” Disse, sedendosi sull’altalena di fianco alla sua. “Rap ha bisogno di dare la colpa a qualcuno di quanto è successo. Gli serve per riuscire a sopravvivere al rimorso di aver ucciso Marika, seppur involontariamente. Ha bisogno di sapere che qualcuno condivide con lui questa colpa.”

Eleanor rimase in silenzio. Quelle affermazioni erano vere. Inconfutabilmente vere ed inequivocabilmente reali! Rap, per quanto cercasse di mostrare l’esatto contrario, soffriva di una solitudine indescrivibile. Era solo. Era sempre stato solo dopo quel tragico avvenimento. Convincersi che fosse Rock il padre di Marika, gli dava conforto per andare avanti e riusciva ad  attenuare almeno in parte i sensi di colpa.

“Il suo ragionamento è questo.” Continuò Rock. “Io sono stato con Marika, io l’ho messa incinta, è colpa mia se quella notte lei è dovuta uscire di corsa per andare in ospedale, quindi sono io il responsabile della sua morte. Se lei non avesse dovuto partorire, non avrebbe mai incontrato quel pazzo per strada e probabilmente sarebbe ancora viva.”

Eleanor lo fissò impressionata.

Non fa una piega!
Pensò automaticamente.

Nessuno proferì più parola. Eleanor rimase a fissare l’albero davanti a loro e i rami che gocciolavano neve sciolta. Le temperature avevano iniziato ad alzarsi e l’inverno stava giungendo al termine. La neve che si scioglieva lasciava sempre una sorta di malinconia dentro di lei. Annunciava l’arrivo del caldo, una delle cose che più lei detestava.
Un pensiero la colpì all’improvviso, mozzandole il respiro per un istante. 

Smise di dondolarsi e fissò Rock con occhi sgranati: “Ho un’idea!”

Il ragazzo la guardò a metà fra il confuso e il preoccupato.

***

“Rap!”

Una voce insistente continuava a chiamarlo. Insopportabile era decisamente poco per definirla!

“Rap, avanti svegliati!”

Non era Eleanor. Aveva smesso da un po’ di considerare la sua voce insopportabile. Ormai poteva persino dire di apprezzarla. Quasi gli mancava dopo un po’. Inutile dire che tutto ciò lo spaventava più del lecito.

“Avanti Rap, un po’ di vita, amico!”

“Sparisci, Heavy!”

Lo sentì sbuffare, ma sicuramente non intenzionato ad accogliere quella richiesta.

“Hai intenzione di diventare una mummia contemplativa?”

“Anche se fosse non vedo come la cosa potrebbe riguardarti!”

“Andiamo, Rap!” continuò imperterrito. “Questo posto è insanamente vuoto senza te in giro che ti lamenti per ogni cosa!”

Ecco cosa gli piaceva di Heavy. La sua assurda ironia era il miglior antidepressivo del mondo. Persino in un momento come quello, dopo aver confessato il suo peggiore incubo ad Eleanor e aver ammesso di aver ucciso non solo Marika ma anche l’uomo che la perseguitava, un sorriso gli si delineò sulle labbra.
Sconfitto, si mise a sedere, rinunciando al pomeriggio che si era proposto di trascorrere fissando il soffitto della sua stanza. In effetti era davvero deprimente.

“Dammi una valida ragione per cui dovrei starti a sentire!”

“Non c’è una ragione, ma se stai rinchiuso qui dentro a deprimerti per chissà quale misterioso motivo, anche noi ci deprimiamo! Si, insomma … non ci piace saperti qui triste e incavolato col mondo! Ha un effetto negativo su di noi! Eleanor ci sta uscendo di testa!”

Eccola la parola magica: Eleanor.
Il suo essere terribilmente insensibile e apatico a qualunque cosa gli succedesse intorno, la faceva stare male.

Perché?

Che lui soffrisse per le proprie ombre era un conto, ma non voleva che anche lei venisse coinvolta. Eppure ciò non era forse stato inevitabile? Non era il prezzo da pagare per averle raccontato tutto?
Senza dire nulla si alzò in piedi. Lanciò un’occhiata svogliata ad Heavy e uscì dalla stanza.

Ci basto io all’inferno!  

*** 

“Dove è andata Eleanor?” domandò Metal, sorpreso di trovare Rock da solo.

Il ragazzo, seduto sui gradini del cortile, sospirò amareggiato: “Non ne ho la più pallida idea! E’ corsa a prendere la sua borsa e si è congedata in fretta e furia dicendomi che sarebbe tornata al più presto.”

Metal gli si sedette affianco: “Mi sembra che si sia ripresa …” osservò.

“Pare di sì, ma non ne sono davvero sicuro.”

“Che vuoi dire?”

Rock si concesse qualche secondo per rispondere, facendo riaffiorare l’immagine di Eleanor che si contorceva nel letto preda del solito incubo. Le sue labbra schiuse a pronunciare sempre lo stesso nome …

“Ha il sonno molto agitato, lo sogna di continuo e molto spesso quando è da sola, la sorprendo a piangere di nascosto. Non si è ancora davvero sfogata e temo possa succedere da un momento all’altro …”

Altri ricordi si ridestarono nella sua mente: Eleanor che guardava dalla finestra della loro camera, lui che osservava di nascosto il suo riflesso sul vetro, le lacrime che scendevano copiose e silenziose sulle sue guance. Lui, che non appena la vedeva voltarsi, tornava a far finta di dormire.

“Per questo le hai parlato di Marika e di Haylie .“ Disse Metal, riportandolo con i piedi per terra. Non era una domanda, era una semplice constatazione. Rock annuì in silenzio.

“Sai, credo che nemmeno la vicenda di Marika potrebbe distrarla dalla morte di quel suo amico.” Disse Metal.

Già …

“Lo so, il mio è stato solo un tentativo disperato. Non ce la facevo più a vederla ridotta così. Ho davvero temuto che avesse intenzione di togliersi la vita.”

“In un certo senso l’ha fatto. Dopo che è morto Evan, anche lei era come morta.”

Si, era come morta …

Rock si passò velocemente le mani tra i capelli e si costrinse a cancellare l’immagine della Eleanor di quei giorni. Forse aveva davvero fatto la cosa giusta a parlarle di Haylie.
Eleanor sembrava davvero presa da quella bambina, soprattutto dopo che l’aveva vista con i suoi occhi. Se l’era presa molto a cuore, forse perché molto simile a lei. Che distogliesse l’attenzione da Evan non poteva essere altro che una cosa positiva per lei.
Dei passi alle loro spalle li fecero voltare entrambi. Rap era comparso sull’ingresso.

“Toh ! “ fece Metal sogghignando “A proposito di gente morta, guarda chi è resuscitato!”

Rock ridacchiò, sinceramente sollevato nel rivedere il suo migliore amico. Rap li ignorò. I suoi occhi sondarono prima lui, poi il cortile. Immediatamente, l’ilarità sparì dal volto di Rock, lasciando spazio a quella consapevolezza da lui tanto temuta. Stava cercando Eleanor.

“Dov’è la piantagrane?” chiese infatti, fingendo noncuranza.

Rock era abituato a sentirlo rivolgersi a lei con i più disparati nomignoli, offensivi e non. Non erano quelli a dargli fastidio. Ciò che lo irritava era che in realtà Rap pensava l’esatto contrario di Eleanor. Era sempre brusco con lei, ma era solo un modo per cercare di tornare ad odiarla esattamente come i primi tempi in cui era andata a vivere con loro.
Ma era inutile mentire a quel modo, soprattutto davanti a Rock. Il fatto che ora Rap la stesse cercando era la prova inconfutabile che quando lei non c’era, quando non la vedeva, sentiva la sua mancanza.
Un po’ era anche colpa di Eleanor. Aveva tentato in tutti i modi di farsi accettare e voler bene da Rap. Alla fine c’era riuscita e la cosa buffa era che non se n’era ancora resa conto.

“Non lo so. E’ andata via!” spiegò Rock, portando lo sguardo davanti a sé.

Forse lo disse troppo seriamente, dal momento che vide il panico farsi largo sul volto inespressivo di Rap:

“Cosa?”  chiese visibilmente nervoso. “Come sarebbe a dire che è andata via? Perché?”

Rock e Metal lo fissarono straniti, ma del tutto consci di cosa l’avesse fatto agitare tanto.

“Stai calmo.” Gli disse Rock, distogliendo quasi subito lo sguardo da lui. “Dopo torna! Non è andata via nel senso che intendi tu! E’ semplicemente uscita.”

Lo vide sospirare di sollievo con la coda dell’occhio e rilassarsi contro il muro. Metal li guardò distrattamente, intuendo che forse era il caso di lasciarli soli. Si alzò e tornò dentro in assoluto silenzio.
Rap si sedette al suo posto.

“Dove … ?” domandò, lasciando la domanda in sospeso.

“Non lo so. Non me lo ha detto!” rispose Rock,, con una freddezza che non gli apparteneva.

Rap se ne accorse e sogghignò divertito da quel repentino cambiamento nei suoi confronti. Tuttavia, in pochi istanti tornò ad essere serio.

“L’ha vista?” chiese, riferendosi ovviamente ad Haylie.

Rock annuì soltanto, per poi aggiungere: “Se ne è subito innamorata.”

“Credo sia ciò che chiamano istinto materno. Era chiaro che se ne innamorasse, figuriamoci!”

“La cosa t’infastidisce?”

“No.”

Rock si concesse un sorriso strafottente: “Certo, a te non te ne frega niente! Che t’importa se Eleanor si affeziona ad Haylie? Anzi, ti farebbe un favore! Potrai continuare a fare finta che non esista nemmeno. Ci sarà qualcun altro ad occuparsi di lei!”

Prevedendo la discussione che sarebbe sfociata, Rap si alzò con un gesto di stizza: “Senti non mi va di parlarne!”

“A te non va mai di parlarne!” sbottò Rock irritato.

“Si certo …” tagliò corto Rap, allontanandosi verso il cancello del cortile. “… come dici tu!”

*** 

Per qualche malaugurato caso, Rap era di nuovo in quella maledetta via!
Quella strada che nessuno percorreva mai, perché troppo distante dal resto della città. Silenziosa, quieta, quasi malinconica nella sua immobilità. Poche auto passavano di lì. Nessuno abitava in quella zona. L’unica cosa che lasciava presagire la presenza umana era quel grande edificio di mattoni rossi, circondato da quell’ampio cortile polveroso. Gli alberi  che lo contornavano impedivano la visuale all’interno, ma le voci dei bambini colmavano quella limitazione.
E come sempre, come tutte le volte in cui era riuscito ad arrivare fino a lì, Rap si fermò. Una trentina di metri lo separavano dall’orfanotrofio. C’era come una barriera invisibile che lo bloccava e gli impediva di passare. Era più forte di lui. Per quanto si sforzasse, non riusciva a farvi breccia.
Haylie era laggiù. Tra quelle vocine innocenti avrebbe potuto esserci anche la sua … pochi passi e avrebbe potuto vederla. Ma la barriera era troppo spessa e lui dovette riconoscerne la superiorità. Era troppo debole, troppo vigliacco per provare solamente a respingerla!
Stava per voltare le spalle a quel posto maledetto, esattamente come tutte le altre volte, ma qualcosa lo fermò. Una voce che in qualche modo sovrastava le urla giocose dei bambini. L’avrebbe riconosciuta tra mille …

“She can kill with a smile
She can wound with her eyes
She can ruin your faith with her casual lies”

Come facesse a sentirla così chiaramente anche a quella distanza rimase un mistero. Ma era lei! Eleanor cantava e la sua voce d’angelo, cullata dolcemente dal vento, giungeva fino a lui.

Dove sei?

La sentiva ma non riusciva a vederla. Mosse lo sguardo frenetico tutt’intorno, temendo che la canzone potesse finire da un momento all’altro. Se fosse accaduto non avrebbe più potuto individuarla.

“And she only reveals what she wants you to see
She hides like a child
But she's always a woman to me”

La barriera si dissolse come per magia. Rap superò il confine che non aveva mai osato oltrepassare e si avvicinò a quel luogo che tanto odiava. Voltò l’angolo e la vide, davanti al cancello d’ingresso dell’istituto. Era inginocchiata a terra e guardava all’interno del cortile.
Lui arretrò subito, rimanendo nascosto dietro l’angolo. Non voleva che lei lo vedesse.

“Allora ?” fece Eleanor rivolta a qualcuno oltre il cancello “Ti è piaciuta questa?”

Stava sorridendo. Allungò una mano oltre le inferiate e la sua espressione si fece rassicurante:

“Non vuoi proprio parlarmi, eh?! Non importa … ti capisco, sai? Anche io da piccola non parlavo mai.”

La siepe posta ai due lati del cancello gli impediva di vedere l’interlocutore di Eleanor, ma non c’era bisogno di cercare di sbirciare per sapere con chi lei stesse parlando. Era fin troppo chiaro chi ci fosse oltre quel cancello.

Eleanor si alzò in piedi, scrollandosi la polvere dalle ginocchia: “Adesso devo proprio andare.”

Un manina bianca e minuscola si sporse verso l’esterno in un buffo tentativo di afferrare un lembo della giacca di Eleanor. Il cuore di Rap si fermò per un attimo, stretto in una morsa di dolore e gioia.

Haylie …

Impossibile descrivere l’onda di sentimenti che in quel momento lo travolse. Lui non l’aveva mai vista, nemmeno il giorno che era venuta al mondo, troppo impegnato a portare a termine la sua vendetta.
Quella mano così piccola era tutto ciò che riusciva a vedere di lei. Niente di più. Qualcosa accadde dentro di lui. Un istinto potente e inarrestabile prese possesso della sua anima. L’unica cosa che in quel momento voleva era correre da quella bambina, stringerla forte a sé e portarla via da quel posto orribile.

Idiota! Non sai nemmeno se è tua!

“Che c’è? Non vuoi che me ne vada?” Eleanor sorrideva ancora. “Stai tranquilla. Domani torno. Verrò a trovarti tutti i giorni, te lo prometto!”

La manina di Haylie si staccò dalla giacca della ragazza e sparì nuovamente oltre al cancello.

“Ciao, piccolina! Fai la brava, eh?!”

Eleanor le rivolse un ultimo sorriso prima d’incamminarsi lungo il marciapiede, stringendosi di più nella giacca.
Le manine di Haylie erano entrambe strette a pugno intorno alle inferiate del cancello. Rap avrebbe tanto voluto coprirle con le sue …

Vattene, vattene, vattene … VATTENE!!

Era la sua parte peggiore a pensare per lui. La sua parte vigliacca, codarda … quella di cui andava meno orgoglioso.
Poteva una bambina di nemmeno quattro anni spaventarlo a quel modo? … beh, continuare a domandarselo era superfluo. Si, era possibile. Haylie lo terrorizzava.
Lanciò un ultimo sguardo a quelle piccole manine candide prima di voltare le spalle e andarsene.

Razza d’idiota!! Cosa pensavi di fare venendo qui?

Non c’era una risposta. Le sue gambe avevano agito istintivamente, conducendolo lì. E lui, gli istinti, non era mai stato bravo a controllarli.
Si allontanò piuttosto in fretta dall’istituto minorile e in breve si ritrovò in città, in mezzo alla gente. Nella sua mente un’immagine era marchiata a fuoco, molto più prepotente di quelle di Marika ed Eleanor: due manine bianche strette attorno ad un cancello nero.
Quanto gli sarebbe piaciuto avere il potere di svuotare la mente! Avrebbe dato qualunque cosa per esserne capace! Ma era un debole. Non l’avrebbe mai ammesso apertamente, ma lo era!
Camminò a vuoto senza una meta precisa per parecchio, senza vedere niente e nessuno intorno a sé. Lo sguardo fisso a terra, le mani in tasca e il dolore a sfigurargli il volto.
Chissà dov’era finita Eleanor? Forse era già tornata a casa, tra le braccia di Rock. Cancellò subito quel pensiero, gli faceva troppo male.

Ammettilo, Rap! Tu non ci sai proprio fare con le donne! Eleanor non si accorge di te, dal momento che la tratti peggio di un’estranea, Haylie non sa nemmeno che esisti perché non hai ancora trovato il coraggio di farti vedere da lei, Marika è morta per colpa tua … e aggiungiamoci pure tua madre e tua sorella all’elenco.

Le sue labbra si dischiusero leggermente dallo stupore.
Da tanto tempo non pensava alla sua famiglia. Sua madre era morta anni addietro. Preferiva non ricordarla troppo. Ogni volta che ci provava rivedeva soltanto l’immagine che i suoi occhi di bambino avevano mantenuto di lei: una donna distrutta, stanca di vivere e maltrattata dal marito.
Usciva molto di rado e quando lo faceva, il suo viso spariva sotto strati e strati di trucco. Le occhiaie, i lividi, quelli riusciva a nasconderli bene, ma l’agonia nei suoi occhi no. Quella era fin troppo visibile.
Rap ricordava il suo odore. Prima era piacevole, sapeva di rose e ogni volta che lo abbracciava lui seppelliva il volto tra i suoi vestiti e inspirava forte. Era ciò che lo rilassava di più. Durò per pochi anni però …
Quando suo padre cambiò atteggiamento, quel dolce profumo di fiori la abbandonò per sempre … e la dispensa dove in genere stavano i liquori e gli alcolici da servire durante le occasioni importanti, si svuotò di colpo. La pelle, i vestiti, l’alito di sua madre s’impregnarono della puzza di quella roba!
Eppure la ricordava bella. Una donna che doveva avere avuto molti ammiratori quando era giovane … Era bella anche il giorno in cui aveva ucciso suo padre.
Rap la ricordava così bene, l’ultima volta che l’aveva vista: Lui che rientrava da scuola, il sangue in corridoio, suo padre riverso a terra, lei in cucina seduta al tavolo, gli occhi vacui, il coltello insanguinato accanto al portafrutta. Poi ricordò sua sorella. Le sue grida quando aveva varcato la soglia di casa, i suoi passi frettolosi fino in cucina, il suo abbraccio stritolante per costringerlo a voltarsi … le sue urla disperate “Che cosa hai fatto, mamma? “
Era così spaventata. Tremava e piangeva  come mai avrebbe creduto possibile. Lo stringeva a sé in maniera convulsa, forse conscia del fatto che lui era tutto ciò che le era rimasto. Non lo lasciò mai, nemmeno quando arrivò la polizia, assieme ai servizi sociali. E lui, di rimando, rimase immobile senza dire una parola per tutto il tempo, incapace di guardare sua madre, le sue mani e i suoi abiti sporchi di sangue.
Aveva nove anni allora. Sua sorella tredici. Troppo piccoli, troppo ingenui, troppo innocenti per assistere a quello strazio.
A quei tempi Rap non sapeva dove avessero portato sua madre. Lo capì anni più tardi, grazie a quella rassegnata consapevolezza che l’età adulta inevitabilmente porta con sé.
La sua mamma, che allora per lui era la persona più importante della sua vita, colei che lo consolava quando piangeva, che gli rimboccava le coperte, che gli scompigliava affettuosamente i capelli quando era fiera di lui, che lo abbracciava forte quando aveva paura, non c’era più. L’avevano portata via e rinchiusa in una casa di cura con l’accusa di aver ucciso intenzionalmente il marito e di essere mentalmente instabile. Lui e sua sorella, finirono in quello stesso edificio da cui Rap era appena scappato. Lei, nonostante gli avesse promesso che nessuno gli avrebbe separati, venne adottata; lui invece no. 
Sospirò, cercando di sfuggire a quei ricordi dolorosi che senza apparente motivo avevano deciso di riemergere.

Vaffanculo! Dire che sono autolesionista è un eufemismo!

Voltò l’angolo completamente distratto, non vide la ragazza che per poco non lo fece cadere, andando a scontrarsi di corsa con lui. Sentì solo il rumore di qualcosa che cadeva a terra.
I suoi occhi si ristabilizzarono sulla realtà e ai suoi piedi vide Eleanor, intenta a raccattare gli oggetti che erano schizzati via dalla sua borsa.

“Hei!“ esclamò sorpreso, ma lieto di rivederla “Che cavolo fai?”

Sembrava molto agitata, ma quando lo riconobbe un’ombra di sollievo si fece largo sul suo viso. Subito si alzò in piedi, lo afferrò per un braccio e lo trascinò via.

“Andiamo, presto!”

“Eleanor, che ti prende?”

La ragazza continuava a girarsi nella direzione dalla quale era arrivata. Rap allora, fece lo stesso e con enorme fastidio vide due ragazzi che la guardavano. Evidentemente l’avevano seguita, ma ora, vedendo che l’oggetto dei loro desideri non era più solo, si erano fermati, indecisi se lasciarsi scappare la preda o tentare di riprendersela.
Rap si fermò e con lui anche Eleanor.

“Ti hanno fatto qualcosa?” domandò fissandoli con rabbia.

“N-no …” farfugliò lei, tirandolo nuovamente per il braccio “Non è niente, però andiamo via. Per favore!”

Rap si districò facilmente dalla sua presa e si avvicinò ai due ragazzi con fare decisamente poco amichevole. Non era complicato intuire quali fossero state le loro intenzioni dei confronti di Eleanor. No, non poteva fargliela passare liscia. C’era soltanto una persona alla quale era concesso toccarla, ed era Rock. Nessun’altro!
Uno dei due sogghignò, ma l’altro gli tirò una gomitata e cercò di convincerlo ad andarsene.

Saggia decisione! Meglio se sparite!

“Rap, lascia perdere!”

Ah, no! Non lascio perdere proprio niente!

Sentì le mani di Eleanor stringersi attorno alla sua e cercare di trascinarlo via. Si voltò di scatto verso di lei per intimarle di starsene buona e zitta, ma ritrovarsi specchiato nei suoi occhi imploranti, azzerò ogni traccia di competitività.

Oh, cazzo!

“Per favore …” mormorò Eleanor  “Andiamo via.”

La parola no scomparve dal suo dizionario. In quel momento avrebbe fatto qualunque cosa, se solo lei glielo avesse chiesto.
Con un sospiro sconfitto, lanciò un’ultima occhiataccia ai due ragazzi che avevano infastidito Eleanor e poi si allontanò assieme a lei, visibilmente rasserenata.
Non dissero nulla per qualche minuto. Eleanor si sedette su una panchina e si rilassò. Rap rimase in piedi davanti a lei.

“Che cosa volevano?”

“Niente … le solite cose che fanno i maschi quando sono in compagnia.”

“Eleanor!” la richiamò lui, gravemente “Ti hanno fatto del male?”

Lei parve sorpresa da quel tono così severo, quasi possessivo. Le venne spontaneo sorridere:

“No, te lo giuro. Avevano solo voglia di fare un po’ i cretini, tutto qui.”

Rap sospirò confortato. In qualche modo sapeva che non gli stava mentendo: “Ok …” disse soltanto, sedendosi al suo fianco.

“Credo che un grazie sia d’obbligo, comunque.”

“Non voglio nessun grazie, dal momento che non mi hai permesso di fare nulla!”

“Ma sei scemo? Quelli erano in due!”

“E allora?”

Eleanor sbuffò: “Voi uomini siete veramente incredibili. Aveva ragione mia madre!”

“Che cosa diceva tua madre?”

La ragazza ridacchiò: “Non credo ti farebbe piacere saperlo. A mia madre non sono mai andati molto a genio gli uomini.”

“Stupiscimi!”

Eleanor lo guardò dubbiosa, ma alla fine si decise a parlare: “D’accordo. Lei diceva che il cervello maschile soffre di cinque diverse malattie. La più grave, indovina un po’ qual è?”

“Dimmelo tu.”

“Mamma la chiamava Sindrome dello Stallone, ossia il vostro pensiero fisso sulle prestazioni sessuali!”

Rap rimase per un attimo interdetto, ma non riuscì a ribattere: “Ok, potrebbe essere vero!”

Eleanor scoppiò a ridere: “Potrebbe?”

“Generalizzi troppo!”

“No, questo è un dato di fatto! Non riuscite a pensare ad altro. E non parlo solo degli uomini, anche negli animali è così! E’ scientificamente provato!”

Rap alzò le mani in segno di arresa: “D’accordo, touchè!”

“Poi …” continuò Eleanor “… c’è la Sindrome del Maschio Dominante!”

Ci mancò poco che non scoppiasse a ridere: ”Che roba è?”

“Come, non lo sai? Eppure hai appena dimostrato di soffrirne! In parole povere, è il vostro continuo bisogno di fare a botte per dimostrare di essere i più forti.”

Ancora una volta, Rap non riuscì a ribattere: “E poi?” chiese, fingendo noncuranza.

Eleanor si fece pensierosa: “Ah si! Poi c’è la Sindrome dello Sport. Puoi facilmente intuire di cosa si tratta.”

“E’ vero, ci piace lo sport. E allora?”

“Vi piace soltanto? No no no, la vostra è una malattia. Potrei scommettere qualunque cifra che se Rock stesse guardando una partita di calcio in tv, o di qualsiasi altro sport, e io gli passassi davanti completamente nuda, lui mi chiederebbe semplicemente di spostarmi.”

Prova a farlo con me e vediamo che succede!

Sbatté le palpebre un paio di volte per tentare di cancellare l’immagine di lei svestita. Impresa tutt’altro che semplice.

“E le altre sindromi?” domandò subito. Cercando disperatamente di distrarsi.

“Le altre due sono un po’ sciocche, ma vere. C’è la Sindrome della Mira e la Sindrome dell’ascolto.”

“Ossia?”

Eleanor si concesse una fragorosa risata prima di spiegarsi: “Beh, la prima è riferita a quando andate in bagno e puntualmente non centrate il water! La seconda è per quando una ragazza cerca di confidarsi con voi, che invece fate di tutto per concentrarvi su qualunque cosa possa disattivare la sua voce petulante.”

Continuò a ridere, senza accorgersi che Rap la stava fissando seriamente.

“No. Questo non è vero!”

Eleanor smise di ridere nel notare la sua espressione corrucciata. Lo guardò senza capire. Rap abbassò lo sguardo a terra, incapace di sostenere quegli occhi ammalianti

“Io … io ti saprei ascoltare.”

Bravo, Rap! Ti meriti un applauso! Ci vuole un certo talento per riuscire a rendersi ridicoli fino a questo punto!

La confusione sul suo volto di Eleanor lasciò spazio ad un sorriso carico di tenerezza. Alzò una mano e la poso sulla sua guancia. Lui, del tutto preso alla sprovvista, s’irrigidì e smise di respirare.

Oddio …

“Lo so che ne saresti capace.”gli disse dolcemente “Forse hai ragione; generalizzo troppo!”

Gli ci volle tutto il suo autocontrollo per non afferrarle quella mano e portarsela alle labbra. Strinse a pugno le dita sui jeans per trattenersi da qualsiasi gesto spontaneo.
Possibile che lei non si rendesse conto di quanto dolore gli stesse infliggendo con quella semplice carezza?
Per evitare di compiere qualche sciocchezza, si alzò in piedi. Eleanor non lo vide sospirare di sollievo quando il contatto tra loro si interruppe.

“Torniamo a casa?” domandò, senza guardarla.

“Si, certo!”

La ragazza si sistemò meglio la borsa sulla spalla. Rap non potè fare a meno di notare lo sforzo che fece nel sollevarla dalla panchina, come se pesasse più del normale.

“Cosa hai messo lì dentro?” chiese, mentre s’incamminavano verso casa.

“Ho comprato un po’ di cose.”

“Ti sei data allo shopping?”

“Non proprio ... In verità, è un regalo per te.”

Rap si fermò, colto totalmente di sorpresa e la fissò confuso: “Che cosa? Come sarebbe a dire un regalo per me?”

Eleanor ridacchiò divertita dalla sua reazione:” Quello che ho detto. Un regalo per te!”

“Ma non è il mio compleanno!”

Le risate della ragazza si fecero più intense: “Non è che per fare un regalo a qualcuno bisogna necessariamente aspettare il suo compleanno, sai?”

“Ok, ma … perché dovresti farlo?”

“Perché hai l’aria di qualcuno che non riceve un regalo da un bel po’ di tempo.”

Ancora una volta, quella piccola, fragile ed irritante ragazzina ebbe il potere di lasciarlo senza parole.

“Posso vederlo almeno?”

Eleanor agguantò la borsa, stringendosela al petto: “Ah, no!” esclamò con decisione “Questo è solo un pezzo del regalo. Devo finirlo, quindi non osare avvicinarti!”

Un sorriso questa volta non se lo risparmiò nemmeno lui.

“Tu sei completamente pazza!”

“Può darsi. Meglio pazzi che normali, comunque!”

Stranamente, Rap si trovò d'accordo con lei.

 ***


Eleanor era sdraiata sul letto, comodamente appoggiata al petto di Rock, nella loro stanza.
Era notte fonda, ma entrambi erano ancora svegli, solo un leggero lenzuolo a coprire i loro corpi nudi ancora accaldati.
Eleanor canticchiava una canzone, Rock la ascoltava trasognato:

I know there's something in the wake of your smile.
I get a notion from the look in your eyes.
You've built a love but that love falls apart.
Your little piece of heaven turns too dark.

“Quando hai intenzione di dirmi della folle idea dalla quale sei stata folgorata oggi pomeriggio?” chiese Rock all’improvviso, costringendola a silenzio.

“Ah, quella!” esclamò lei, fingendo di essersene dimenticata.

“Si, esatto. Quella! Direi che il tuo tentativo di distrarmi è andato a segno. Ritieniti soddisfatta!”

Eleanor alzò la testa per guardarlo negli occhi. Gli sorrise maliziosa:

“Oh, molto più che soddisfatta!” si allungò verso il suo viso fino a baciarlo non esattamente nella maniera più casta.

Rock la prese per le spalle e l’allontanò delicatamente, facendola mettere seduta: “Non provarci! Non ci casco per due volte di fila!”

Eleanor fece finta di offendersi, imbronciandosi.

“Allora?” continuò lui, imperterrito. “Cosa ti frulla per la testa?”

“E’ un regalo per Rap.” Disse lei, serenamente.

Rock si corrucciò:”Un regalo per Rap?”

Lei annuì soltanto, prima di aggiungere: “Ho bisogno del tuo aiuto, però! Posso contarci?”

“Puoi contare sempre sul mio aiuto, lo sai benissimo. Solo, mi piacerebbe sapere di che si tratta.”

Lei gli sorrise e tornò ad appropriarsi delle sue labbra. Questa volta lui non la respinse.

“Giochi sporco, lo sai?”

“Ho imparato dal maestro!”

I suoi baci e le sue carezze cominciarono a farsi più audaci. Rock sorrise contro le sue labbra:

“E pensare che io avevo in mente di dirti il mio vero nome, ma se vuoi fare dell’altro, chi sono io per fermarti?”

Quelle parole ebbero un effetto immediato su Eleanor che immediatamente si staccò da lui per guardarlo in faccia, con gli occhi sgranati:

“Dici sul serio?” domandò meravigliata.

“Ora che sei riuscita a distrarmi di nuovo, non ho più tanta voglia di parlare del mio nome. Preferisco continuare ad assecondarti, se non ti dispiace.” La stuzzicò.

Lei cominciò a colpirlo sul petto con dei pugni leggeri: “Oh ti prego, ti prego, ti prego, dimmelo! Farò tutto ciò che vuoi!”

“Tutto?”

“Qualunque cosa?”

“Rendiamolo più divertente!”

Eleanor lo fissò preoccupata:”Che vuoi dire?”

“Dovrai accontentarti di un indizio e vediamo come te la cavi!”

Lei sbuffò, per nulla entusiasta. “Sei proprio un bambino, a volte!”

“Oh, puoi scommetterci!”

“D’accordo, va bene!” tagliò corto “Sentiamo l’indizio.”

Rock le sorrise, si mise seduto di fronte a lei, avvicinò il viso al suo fino a sfiorarle la punta del naso e disse: “ … Comincia per A.”

*** 

Eccomi!!!!!  Allora????? Piaciuto???? Inutile????? Brutto???? Sciocco????? Spero che la parte concernente il passato di Rap sia piaciuta. E' solo un accenno, verrà approfondita nei prossimi capitoli... povero il nostro Rap ç__ç forse sono stata troppo cattiva con lui. E' che mi diverto a torturare le mie creature XD! 

Beh, passiamo ai ringraziamenti che è meglio:

Anthy: come vedi, non sono proprio incorruttibile ^^. Ora lo sai chi è il papà di Haylie. Mi sono tolta un peso con questo capitolo, e credo proprio di averlo tolto anche a voi ehehehehe!. 

giulietta_cullen: Ma certo che avevi già commentato. Mi ricordo perfettamente di te. Avevi recensito il capitolo 9 ^^. Io mi ricordo di ogni singolo commento . Mi spiace di aver postato di nuovo in ritardo ç___ç mea culpa!!! Comunque... sei proprio sicura di aver indovinato chi fisse il padre nello scorso capitolo???????? Avevo scritto in modo da trarre in inganno e convincere tutti che fosse Rock, ma non credo che tutti ci siano cascati ^^. Spero ti sia piaciuto questo capitolo

Mana_chan: senti se per te va bene, ti nomino "Mia Alice Cullen personale" XD. Visto che hai indovinato praticamente tutto, ormai è chiaro che possiedi poteri da veggente. Però se ora m'indovini pure il nome di Rock, ti faccio bannare dal sito XD !!!! Scherzoooooooooo, non potrei mai rinunciare ai tuoi commenti ^________^

cicha: domanda da un milione di dollari. Ci sarà il lieto fine????? Ancora non lo so, ma c'è una buona probabilità. Nemmeno io sono così sadica, però se decidessi per l'happy ending, glielo farò sudare parecchio a tutti ^^.

MakyMay: O_O i tuoi commenti mi lasciano senza parole. Un po' come Eleanor lascia senza parole Rap XD. Hai sbagliato!!! Non è figlia di tobby!!! hihihihihihih!!! Sei caduta nella mia trappola mwuahahahahahahahahahah!!!! Comunque ora che ti ho detto che Rock...ehm, Tobby ha il nome che inizia per A dovrai inventarti qualcos altro, temo ^^.

Black S o u l___ : ç________ç oddio, mi commuovo!!! Troppi complimenti tutti insieme. Non ero psicolgicamente pronta. GRAZIEEEEE *__*!!! CHe brava, ti sei ricordata della porta rossa!!!! Complimenti! Beh, sappi che nel prossimo capitolo se ne parlerà^^. Ottimo tempismo direi!

Black Lolita: Mamma mia, Rap sta folgorando tutte quante *_*. Beh, è cattivo, dannato, stronzo ... si, insomma un figo pazzesco agli occhi di ogni donna *____________*. E ora si scopre pure che ha un bimba... ma che tenerezza!! Giù le mani però è___é LUI E' MIO!!!!! ^___^

Felicity89: Mi spiace hai sbagliato! Non è figlia di rock ^^. Tranquilla, hanno sbagliato in tanti. Sul rapporto tra Haylie ed Eleanor devo ancora lavorare.... vedremo vedremo...=)

Celicola: ehm... non venirmi a cercare ti pregoooooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! ç_______ç Ho detto di chi è figlia Haylie, quindi perdonamiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!! *-* .... ok, dovrò assumere un plotone di guardie del corpo mi sa XD...

Bene, ragazze ci vediamo alla prossima. Intanto vi lascio con l'indizio di Rock a proposito del suo nome eheheheh! A chi indovina darò un enorme spoiler!!!  ..-_- , no, non credo che lo farò .... Comunque, non arrovellatevi alla ricerca di nomi italiani. Non l'ho mai specificato, ma la storia è ambientata in qualche sperduta cittadina americana (si capisce quando ogni tanto parlano dei dollari). Putroppo sono cresciuta con le serie americane e non riesco ad ambientare in altri luoghi le mie storie. Rock si chiama A................... Dai dai! Non è difficile!  XD

Alla prossima!

Ayleen

 Le canzoni cantate da Eleanor sono : SHE'S ALWAYS A WOMAN , Billy Joel  e LISTEN TO YOUR HEART, Roxette.

 

 

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Capitolo 20
*** Il crudele vizio dell'amore ***


ca
Scusate il mega ritardo. Per farmi perdonare, non solo ho scritto un capitolo gigantesco, ma alla fine accadrà qualcosa di grosso! .....................adesso, vi tocca leggere eheheh!!! ^__^
Ci vediamo in fondo!

CAPITOLO VENTI

Il crudele vizio dell’amore

Rock guardò per l’ennesima volta l’orologio. Erano appena trascorsi cinque minuti da quando Eleanor l’aveva lasciato su quella panchina, ma a lui era parso un tempo lunghissimo.


Torno subito!
Aveva detto, prima di scomparire dentro la tavola calda dall’altra parte della strada.

Inutile dire che non aveva la più pallida idea di cosa lei avesse in mente, però gli era stato promesso di ricevere una spiegazione appena tornata. Perciò Rock cercò di essere il più paziente possibile. In fondo, quanti segreti aveva avuto lui con Eleanor? Era giusto che adesso lei si prendesse una piccola rivincita.Si era categoricamente rifiutata di parlare del misterioso regalo che era intenzionata a fare a Rap e lui non aveva insistito più di tanto. Eleanor sapeva essere davvero testarda quando ci si metteva.
Dovettero trascorrere altri minuti prima di vederla finalmente uscire da quel locale.
La vide salutare qualcuno all’interno, poi, con un sorriso a dir poco raggiante, si voltò verso di lui e gli corse incontro. Attraversò la strada senza nemmeno guardare se arrivassero auto, ma fortunatamente arrivò sana e salva fino a lui.

“Evviva, evviva!!!” urlò felice come una bambina, gettandogli le braccia al collo.

“Cosa succede?”

“Ce l’ho fatta!”

“Bene! Ma a fare cosa di grazia?”

Come c’era da aspettarsi, lei non rispose. Sorrise soltanto, assumendo un’aria innocente.

“Andiamo, Eleanor!” la implorò Rock “Ora basta giocare. Dimmi cos’hai in mente!”

Lei, per nulla conscia dell’età che aveva, gli rispose con una linguaccia. “Facciamo che ne parliamo con calma davanti ad una bella e fumante tazza di cioccolata calda, che ne dici?”

“Questa tua proposta è un modo carino per farmi capire che ciò che hai da dirmi sarebbe meglio lo ascoltassi da seduto?”

Eleanor scoppiò a ridere: “Più o meno!”

“Mi stai facendo seriamente paura, lo sai?”

Le sue risate aumentarono d’intensità mentre prendendolo per mano, lo trascinava lungo il marciapiede.
Rock cominciò a chiedersi da dove provenisse tutta quell’allegria. Sembrava addirittura essersi dimenticata di Evan. Non lo credeva possibile, eppure Eleanor pareva sul serio essersi ripresa … o almeno, era così che si mostrava al mondo.

“Spiegamelo!” fece Rock, senza quasi rendersene conto.

“Te l'ho detto! Ti spiegherò tutto quando saremo seduti al tavolo di un bar, non prima!”

“No, non intendevo questo! Spiegami che ti è successo! Sei.... felice.”

Eleanor lo guardò confusa, corrucciandosi appena: “Non vuoi che io sia felice?”

“No! Cioè, si. Certo che lo voglio, solo … insomma dopo quello che è successo … non credevo che ti potessi riprendere così in fretta. Non che la cosa non mi faccia piacere. Sono semplicemente sorpreso, ecco tutto!”

La ragazza capì al volo a cosa lui alludesse e gli sorrise rassicurante, prendendogli il viso tra le mani.

“Non mi sono ripresa, Rock. Per niente!” ammise “Evan mi manca terribilmente. A volte mi viene d'istinto di telefonargli, salvo poi ricordarmi che lui non risponderà mai più. Oppure mi trovo a percorrere la strada per casa sua, rendendomi poi conto che lui non ci sarà ad accogliermi... “

Rock la strinse a sé non appena vide le lacrime affacciarsi dai suoi occhi color del mare.

“Però una cosa la so ...” continuò lei, resistendo alla tentazione di piangere. “... lui si preoccupava sempre per me. Ogni volta che mi vedeva triste non riusciva a darsi pace. Ci stava male... e non voglio che continui a farlo anche adesso. Non voglio che mi veda piangere... Desidero solo che capisca che non ho più bisogno di lui. Che può lasciare questo mondo in pace … che ci sei tu ora a prenderti cura di me. Forse è un discorso sciocco, ma io ci credo davvero.”

Rock la guardò per qualche istante in religioso silenzio. Fu ancora lei a prendere la parola:

“I morti non vogliono che si viva per loro, preferiscono saperci felici con le persone che amiamo … e che sono ancora in vita. Avrei dovuto capirlo subito... beh, meglio tardi che mai, no?!”

L'abbracciò di Rock si fece stritolante: “Sono fiero di te!” le sussurrò, sinceramente colpito.


***

Eleanor sapeva bene come far impazzire il suo ragazzo. Lui era una delle persone più calme e pazienti che avesse mai incontrato, ma era conscia di essere riuscita a portarlo molto vicino all'esasperazione.

La fissava accigliato, un braccio ancorato dietro lo schienale della sedia, l'altro abbandonato sul tavolino con le dita che tamburellavano con fare nervoso.
Non riuscì a trattenersi da una risata divertita:

“Sei troppo buffo quando fai l'arrabbiato!”

“Lieto che ti diverta!” sbottò Rock, un po' troppo seriamente.

Rendendosi conto da sola di stare davvero esagerando, Eleanor posò una mano su quella di lui, ponendo fine a quel fastidioso tamburellare.

“D'accordo. Parlo!”

Rock la guardò scettico:”Sul serio?”


“Si, però devi promettermi che dopo che ti avrò detto della mia idea conterai fino a dieci prima di reagire in qualunque modo.”

“Cosa? Ma...”

“Promettilo!”

Rock sbuffò, restio a quella richiesta: “Ok, conterò fino a dieci. Promesso!”

“Bene!” esclamò Eleanor soddisfatta. Spostò di lato la tazza di cioccolata calda ormai vuota, si chinò per prendere la sua borsa e l'appoggiò sul tavolo. Il tonfo che provocò lasciò Rock perplesso.

“Che ci hai messo lì dentro? Mattoni?”

Eleanor lo ignorò e aprì la borsa, mostrandogli il contenuto. Rock si corrucciò non appena vide decine e decine di riviste impilate.

“Che roba è?”

Eleanor ne tirò fuori una, mettendogliela davanti al naso. Lo sguardo di Rock dal confuso, passò al preoccupato:

“Annunci immobiliari?”

“Esattamente”

La preoccupazione si trasformò in qualcosa di molto vicino al panico: “Te ne vuoi andare via?” mormorò Rock.

“No!” esclamò subito Eleanor “Certo che no! Non ho intenzione di andare da nessuna parte... almeno, non senza di voi!”

“Che intendi dire?'”

Eleanor si fece pensierosa, cercando di trovare le parole giuste per spiegargli cosa avesse in mente, senza però trovarle.

“Dobbiamo prenderci Haylie!” disse a bruciapelo, evitando giri di parole.

Rock la fissò stranito, soffocando una risata nervosa:”Stai scherzando?”

“Hai promesso che avresti contato fino a dieci!”

“Nemmeno contare fino a cento basterebbe in questo caso. Sei uscita di senno?”

“Non avrai intenzione di lasciarla là dentro, vero?”

“Credi forse che esista una remota possibilità che ce la diano?”

“Ha un padre! Sono obbligati a darcela dal momento che non è orfana!”

“No, invece! Non siamo nelle condizioni per - “

“Allora miglioreremo le nostre condizioni!” lo zittì lei. Si fissarono per qualche istante in assoluto silenzio. Fu ancora lei a riprendere la parola:

“Mi rendo conto che non potrà essere immediato. Ci vorrà del tempo, ma riusciremo a sistemarci e Haylie potrà venire a vivere con noi, in una casa vera. Saremo la sua famiglia … daremo una mano a Rap e lei avrà tutto l'affetto che merita!”

“Rap non accetterà mai, lo sai questo?”

“Non serve che lo sappia! Una volta messo davanti ai fatti non potrà rifiutarsi! E' pur sempre sua figlia.... sua e di Marika. Io sono sicura che non appena si convincerà di questo non potrà più fare a meno di lei!”

Rock scuoteva la testa per nulla convinto: “Non è così semplice! Sarebbe bello se lo fosse, ma non lo è!”

“Perchè?” chiese Eleanor all'esasperazione. “ Cosa c'è di complicato? Spiegamelo!”

“Non stiamo parlando di un cucciolo di cane esposto in un negozio di animali. Qui si parla di una bambina rinchiusa in un istituto minorile! Non puoi andare lì e dire Salve, io conosco il padre di Haylie. Datemela che la riporto da lui ! Non è così che funziona! Ci vogliono permessi, controlli da parte dell'assistenza sociale, Rap dovrebbe firmare montagne di documenti, dovrebbe fare il test di paternità per dimostrare di essere realmente suo padre! Non riuscirai mai a tenerglielo nascosto e lui non accetterà mai di seguirti in questo folle piano! Non l'hai ancora capito? Rap vuole dimenticarsi di Marika, e per farlo deve dimenticare anche Haylie!”

Quelle parole ebbero l'effetto di una doccia fredda. Rock aveva ragione. Non era affatto una cosa semplice adottare un bambino! Ciò nonostante, non aveva alcuna intenzione di arrendersi.


“Allora lo convinceremo a riconoscerla!”

“Sei pazza?”

“Si, sono pazza. Problemi? Non posso lasciarla in quel posto. Io ci sono stata laggiù, Rock. Ci ho passato metà della mia vita e ti posso assicurare che se non avessi avuto Evan al mio fianco, non sarei sopravvissuta. Haylie è sola! Non ha un amico. Non posso credere che non te ne importi niente!”

“M'importa eccome! Penso a lei ogni maledetto giorno! Ogni secondo che passa mi chiedo cosa lei stia facendo, se sta bene, se gli altri bambini la prendono in giro, se ride ogni tanto oppure se passa le notti a piangere perchè si sente sola! A volte prego perchè arrivi la coppia di genitori giusta che riesca a conquistarla, finalmente! Qualcuno che non si senta in dovere di riportarla indietro come accade ogni dannatissima volta!”

“Saremo noi la famiglia che la conquisterà!”

Rock sospirò, passandosi le mani sul viso come vittima di un'improvvisa stanchezza: “Tu non capisci...”


“Rock, non m'importa che cosa pensi! Me ne frego se credi che io sia pazza o un'illusa. Voglio solo sapere se mi aiuterai.”

L'idea di affrontare da sola tutto quello che si era proposta di fare la spaventava a morte, oltre al demoralizzarla. Ma era pronta a fare qualunque cosa per quella bambina! L'avrebbe tirata fuori di lì! Anche a costo di rapirla!
Rock era pensieroso. La fissava in silenzio, indeciso sul da farsi.

“Fammi capire...” disse all'improvviso “Tu vuoi trovare una casa, in modo che tutti noi possiamo lasciare quella vecchia scuola dove viviamo adesso, dico bene?”

Eleanor annuì soltanto.


“Ok, una casa decente è la prima cosa da avere se si vuole adottare un bambino. Ma... con quali soldi pensi di trovare una casa?”

“Ho trovato degli annunci perfetti al caso nostro. Ci sono case a prezzi molto buoni, ce la faremo. Con qualche sacrificio forse e, come ho detto prima, ci vorrà del tempo, ma ce la faremo!”

“E mi spieghi cosa sei andata a fare in quella tavola calda, prima?”

Eleanor sorrise trionfante: “Mi hanno assunta.”

L'espressione di Rock si rabbonì all'istante: “Sei andata lì a cercare lavoro?”

“Si, ho visto un cartello all'ingresso. Cercavano una cameriera, così ho voluto provare! E sai qual è la cosa più bella?”

Rock scosse negativamente il capo, i suoi si erano raddolciti parecchio con quest'ultima scoperta. Eleanor se ne rallegrò

“Sono tutte donne! E' gestito da una signora divorziata, da sua madre e dalle sue due figlie! Non avrò nessuno di quei problemi che puntualmente incontravo quando mi assumevano in qualche locale! Niente uomini! Ancora stento a crederci!”

Rock la guardò a lungo, studiò quella sua espressione così carica di gioia e accennò un sorriso: “Non riuscirò a farti cambiare idea, vero?”

Eleanor si fece subito seria: “No, mai!”

Ancora qualche secondo di esitazione e poi Rock si lasciò andare ad un sospirò rassegnato: “Va bene!”

“Va bene, cosa?”

“Va bene ti aiuto.”

“Davvero?”

“Si ...”

Tutti i clienti del bar si voltarono verso di loro nel momento in cui la gioia di Eleanor venne esternata con un grido trionfante. La ragazza si alzò e si gettò tra le braccia di Rock, rischiando seriamente di farlo cadere all'indietro con la sedia.

“Grazie! Grazie grazie grazie grazie!!!”

“Eleanor... ci stanno guardando tutti. Datti una calmata!”

“Lascia che guardino! Voglio che vedano quanto tu mi abbia reso felice!”

Quando finalmente Eleanor lo lasciò andare, gli rimase seduta in braccio e cominciò a parlare a velocità massima: 

“Tra gli annunci ne ho visto uno perfetto! C'era anche la foto. La casa è carinissima. Su due piani, ha una cucina bella spaziosa, un salotto molto grande che potrebbe fungere anche da sala da pranzo. Ci sono solo due bagni e questo potrebbe essere un problema, ma se ci organizziamo potremmo risolvere in men che non si dica. Ci sono quattro stanze da letto. In una potrebbero starci Heavy e Metal, nell'altra io e te. Rap credo preferisca non dividere la stanza con nessuno, ma quella che ho pensato potrebbe prendere lui è comunicante con una più piccola dove potrebbe stare Haylie. Inoltre -”


“Eleanor?” la chiamò lui, fissandola esterrefatto.

“Si?”

“Ricordati di respirare tra una frase e l'altra.”

Lei lo colpì ad una spalla: “Scemo!”

Rock ridacchiò, prima di chiedere: “Allora? Qual è la prossima parte del piano?”

Eleanor smise di sorridere: “Beh... quella più difficile temo. Parlarne a Rap.”

“Bene, andiamo a comprarci dei giubbotti antiproiettile! Non si può mai sapere!”

“Oppure, potremmo andare all'istituto.”

“Vuoi andare a trovare Haylie?”

“No, o meglio, si possiamo approfittarne già che siamo lì, ma in realtà avevo intenzione di andare dalla direttrice per chiederle esattamente come dobbiamo comportarci per fare un'adozione. Mi conosce e sono sicura che ci verrà incontro. Magari potrebbe dirci come evitare qualche scartoffia.”

“Io prima proverei a parlarne a Rap. Almeno ci togliamo il pensiero.”

Eleanor si concesse un'espressione titubante: “Via il dente via il dolore?”

“Via il dente via il dolore!”

***

Quando rientrarono a casa trovarono Rap in palestra, tutto intento a fare dei tiri a canestro. Sbracati sugli spalti, Heavy e Metal chiacchieravano guardandolo distrattamente.

“Vai tu o vado io?” domandò Eleanor sottovoce.

Rock si fece pensieroso : “Vado io!” decise infine.

Stava per raggiungerlo, ma Eleanor lo afferrò per un braccio. Lui la guardò confuso: “Che c'è?”

Dopo un attimo d'esitazione, la ragazza lo superò: “No, è meglio se ci parlo io!”

“Sei sicura?”

“No, ma ultimamente ho una certa presa su di lui... almeno, ho avuto quest'impressione!”

“... già, lo so.” sibilò Rock, lasciandola per un attimo interdetta. 

Non ebbe il tempo per chiarire se il fastidio che le sembrava di aver udito inclinargli la voce fosse reale o frutto della sua immaginazione. Rock le fece un cenno d'incoraggiamento con la testa, Eleanor prese un respiro profondo e si avvicinò a Rap. Con la coda dell'occhio vide il suo angelo raggiungere Heavy e Metal.
In quel momento, Rap tirò la palla centrando il canestro e facendola rotolare fino a lei che si chinò a raccoglierla.

“Ciao!” lo salutò lei, cercando di assumere l'espressione più serena e tranquilla possibile.

Rap borbottò un incomprensibile saluto in risposta, nel suo perfetto stile, facendola ridacchiare.

“Che cosa vuoi?” chiese lui, brusco.

Eleanor smise immediatamente di ridere. Si voltò verso Rock in cerca di conforto. Heavy gli stava parlando, ma lui non aveva occhi per lei. Gli sorrise incitandola a portare a termine quella folle missione.

“Rap, “ lo chiamò, rituffandosi nei suoi occhi color inchiostro. “... ti posso parlare un attimo? “

Lui la guardò spiazzato, per poi stringersi nelle spalle:”Si, certo.”

“In privato.”

Il ragazzo si accigliò dall'indecisione : “ …. va bene.” acconsentì, spinto da un'insolita curiosità.

Eleanor mollò il pallone a terra e s'incamminò verso l'uscita della palestra, seguita da un confusissimo Rap.

Uscirono in cortile ed Eleanor andò, come suo solito, a sedersi sull'altalena. Rap la imitò.

“Allora?” chiese, immediatamente “Che cosa devi dirmi?”

Eleanor si morse nervosamente il labbro inferiore, prese un respiro e cominciò a parlare: “Hai presente il regalo che avevo intenzione di farti?”

Rap annuì soltanto.

“Beh... ho coinvolto anche Rock in questa faccenda, perchè questo regalo che voglio farti è parecchio complicato e da sola non credo di potercela fare... “

Se quel momento non fosse stato così serio, Eleanor sarebbe sicuramente scoppiata a ridere dinanzi l'espressione svanita di Rap.

“Che cosa stai dicendo?” chiese, scandendo ogni singola parola.

“E' difficile parlarne. In realtà nemmeno volevo farlo! Nel mio piano originale avrei dovuto presentarmi davanti a te con il tuo regalo, senza darti la possibilità di rifiutarlo in alcun modo!”

“Per essere un regalo sembrerebbe trattarsi di qualcosa di orrendo!”

“Oh no, “ Eleanor sorrise sognante “Non è affatto orrendo! E' bellissimo e cambierà la tua vita totalmente. Solo, ho paura della tua reazione.”

“Io … io non capisco ...” Rap venne zittito da un gesto di Eleanor.

“Fammi parlare. Poi, quando avrò finito, potrai prendertela con me nella maniera che più riterrai adatta. D'accordo?”

La confusione sul volto di Rap cresceva ogni secondo che passava, tuttavia cercò di essere paziente: “Si, d'accordo.”

“Ok ...” Eleanor aprì la sua borsa, che ancora portava appesa alle spalle, tirò fuori un paio dei giornali di annunci immobiliari e li passò al ragazzo.

Rap li guardò stranito. Il suo sguardo corse dai giornali a lei e viceversa per un imprecisato numero di volte: “Te ne vuoi andare?” domandò, una punta di rabbia ad inclinargli la voce

“No! Non me ne voglio andare! Ce ne andremo tutti! Io, Rock, Heavy, Metal e te. “

Rap sgranò gli occhi: “Prego?”

“Hai capito bene! Ce ne andremo da qua! Vivremo in una casa vera, con stanze vere e non ci nasconderemo più!”

“E perchè dovremmo farlo? Eleanor, ti ricordi ciò che ho fatto? Non mi nascondo per divertimento, sai?”

“Rap, tu esageri! Lo so che non vuoi sentirtelo dire, ma la faccenda di Marika e di quel pazzo che la inseguiva ovunque, è stato un incidente. Io ti conosco... tu non sei in grado di uccidere una persona!”

Lui si alzò di scatto dall'altalena e la fissò con rabbia.

“Ah davvero? Non ne sono in grado? Eleanor, io sono andato a cercarlo. E quando l'ho trovato, mi sono divertito a torturarlo prima di farlo fuori.... non venirmi a dire che non ne sono capace! L'ho fatto e ti giuro che lo rifarei anche adesso se solo me lo ritrovassi davanti!”

Eleanor rimase in silenzio, rendendosi conto che non sarebbe stato affatto facile convincerlo. Forse Rock, aveva ragione. Il suo era un piano folle. Tuttavia non demorse.

“Comunque... Nessuno ti sta cercando. L'hai ucciso, è vero, ma era un delinquente. Nessuno l'ha rimpianto. Tu non sei ricercato, non serve che ti nascondi.”

Rap non accennò a calmarsi: “Mi spieghi qual è il problema? Cos'è tutta questa fretta di andarsene?”

“Non vorresti vivere in una casa normale?”

“Ho un tetto sopra la testa. Mi basta! Ho imparato ad accontentarmi, sai? Dovresti cominciare a farlo anche tu! Ci stai male qui? Bene, allora vattene ma non provare a coinvolgermi! ”

Rap fece per tornarsene dentro, ma Eleanor lo fermò inseguendolo e afferrandolo per un braccio: “Aspetta, ti prego!”

“Lasciami!” 

Si liberò di lei con uno strattone, forse troppo forte, che la fece cadere su ciò che rimaneva del manto nevoso. La sua sfrontatezza sparì all'istante nel vederla a terra, con gli occhi che lentamente si velavano di lacrime. Sapeva di non averle fatto male, eppure si sentì lo stesso un verme.
Con un sospiro allungò una mano per aiutarla a rialzarsi, ma lei la rifiutò. Si alzò in piedi da sola, scrollandosi la neve dagli indumenti e gli diede le spalle per nascondergli il fatto di essere messa stupidamente a piangere.
Rap strinse i pugni lungo i fianchi, in collera con sé stesso. Possibile che chiunque osasse stargli accanto finisse irrimediabilmente col soffrire? Era una maledizione!

Mise le mani in tasca e affiancò la ragazza.

“... scusami. “ mormorò senza guardarla.

La sentì tirare su col naso, ancora offesa e ferita per il suo comportamento. Un pesante silenzio scese tra i due ragazzi.

“Rock aveva ragione.” disse infine Eleanor

“Per te lui ha sempre ragione!” sbottò Rap, con una sottile punta di ironia.

“Aveva detto che non sarei mai riuscita a farti ragionare … avrei dovuto ascoltarlo!”

Rap si voltò verso di lei, guardandola di nuovo in faccia: “Che cos'hai in mente? Dillo e basta. Piantala con questi continui giri di parole!”

“Non importa! Ho sentito abbastanza!” dicendo ciò, Eleanor corse in casa, lasciandolo solo e confuso più che mai.

***

Quella notte il cellulare di Rock prese a squillare, svegliandoli bruscamente.
Eleanor nascose la testa sotto il cuscino, mentre Rock, imprecando sottovoce, si costringeva ad alzarsi dal letto per andare a rispondere. Voltò appena la testa per sbirciare l'ora sulla sveglia: le 3 e 20 del mattino.
Mugugnò qualcosa contro il cuscino e chiuse gli occhi, pronta per tornare al più presto nel mondo dei sogni.
Sentì appena Rock rispondere al cellulare, la sua coscienza stava già per riassopirsi, bastò il nome pronunciato dal suo angelo per cancellare ogni traccia di sonnolenza:

“Jules?”

Jules... quel nome le suonava famigliare. Dove l'aveva sentito?
Scattò a sedere nel momento in cui la sua memoria tornò attiva. Jules era la sorella maggiore di Rock. Per qual motivo chiamava a quell'ora di notte?

“Stai calma,” disse Rock, passandosi nervosamente una mano tra i capelli “Non è la prima volta che succede, sarà l'ennesimo falso allarme. Non è il caso di agitarsi tanto!”

Eleanor non poté fare a meno di notare che quello agitato sembrava lui.

“Sono già là? …. d'accordo, vi raggiungo subito! Dammi mezzora e sono da voi! A dopo!”

Rock chiuse la telefonata, nei suoi occhi c'era il panico. Eleanor lo raggiunse, preoccupata.

“E' successo qualcosa?” chiese con cautela

Rock annuì : “Un'emergenza famigliare.” tagliò corto facendola corrucciare.

“I tuoi fratelli stanno bene?” chiese subito, il pensiero rivolto alla piccola Mary-Bell.

Rock non rispose. Raccattò i suoi vestiti sparsi sul pavimento, lì dove Eleanor poche ore prima li aveva scagliati,e si rivestì in fretta.

“Si, stanno bene!” disse infine. “Ora non posso spiegarti, non c'è tempo!”

“Dove stai andando?”

“A casa mia! Jules, Dylan e Mary-Bell mi stanno aspettando! Dobbiamo raggiungere i miei genitori...”

Quest'ultima frase la lasciò perplessa : “I tuoi genitori? Pensavo aveste litigato.”

Rock non parve nemmeno sentirla. Prese qualche altro indumento pulito dall'armadio sistemandoli in uno zaino che si mise a penzoloni su una spalla:

“Devo parlare con Rap!” esclamò uscendo dalla stanza.

Eleanor stava per seguirlo quando si rese conto di non avere nulla addosso. Agguantò una delle magliette di Rock e se la infilò, coprendo il proprio corpo quasi fino alle ginocchia.
Si precipitò al suo inseguimento in corridoio. Lo trovò a discutere sommessamente con Rap. Appena arrivò, entrambi si voltarono verso di lei e si zittirono all'istante.

“Qualcuno vuole spiegarmi cosa sta succedendo?” fece Eleanor, piuttosto scocciata.

Rock le si avvicinò, prendendola da parte. “Devo andare via per qualche giorno.”

La ragazza sentì il gelo scendere su di lei : “Cosa?”

“Te l'ho detto. E' un'emergenza famigliare e devo andare.”

“Portami con te!”

“No, non puoi venire. E' una cosa che riguarda me! Starai meglio qui, fidati!”

“Ma -”

“Niente ma! Tu resti qui senza discutere!”

Eleanor spostò lo sguardo da lui al pavimento. Separarsi da lui, anche se solo per pochi giorni, era un dolore indicibile. Rock era la sua ancora di salvezza, dopo che Evan se n'era andato. Senza di lui sarebbe andata alla deriva, ne era sicura.
Sentì la sua mano sotto il mento per farle alzare il viso.

“Non ti preoccupare.” le disse dolcemente “E' solo per qualche giorno. Ti chiamerò ogni volta che ne avrò la possibilità … tornerò presto!”

Eleanor non rispose. Sentì chiaramente la gola serrarsi e le lacrime spingere agli angoli degli occhi facendoli bruciare. Prima di cedere al pianto, si tuffò fra le sue braccia, immergendo il volto nel suo petto. Rock la strinse di rimando, accarezzandole i capelli. Solo lui si accorse di Rap che, con espressione rassegnata e irritata, si voltava dall'altra parte, incapace di guardarli.

***


Dalla finestra, Rap osservava Eleanor dondolarsi apaticamente sull'altalena.
Rock gli aveva confessato che non sapeva quando sarebbe tornato, gli aveva raccomandato di prendersi cura di lei e, con toni leggermente più minacciosi, di tenere le mani a posto in sua assenza.
Rap si era messo a ridere, ma in realtà d'ironico non c'era proprio nulla. Con Rock lontano, la tentazione di prendersi Eleanor, o perlomeno tentare, era forte …. irresistibile.
Anche ora, per esempio, vederla così triste, così fragile scatenava in lui una voglia irrefrenabile di andare ad abbracciarla forte …. i successivi pensieri era meglio sopprimerli sul nascere.
Rimase in sua contemplazione per un tempo indefinito finché lei non decise di rientrare in casa. Rap le andò incontro e non appena se la ritrovò davanti, la ragazza lo assalì:

“Tu lo sai dov'è andato!”

Era una constatazione, non una domanda. Per un attimo le sembrò che la vecchia Eleanor fosse tornata. Quella dei primi giorni, che faceva sempre troppe domande senza preoccuparsi di niente e nessuno, decisa solo a soddisfare la propria curiosità.

“Si.” rispose lui.

“Me ne puoi parlare, oppure te l'ha proibito?”

“Non ne ha fatto parola in verità, quindi volendo potrei anche parlartene!”

“Allora fallo!”

Come poteva dirle di no quando lo fissava con quegli occhi?

“D'accordo.”

Andarono a sedersi al tavolo della mensa, uno di fronte all'altro. “Tu conosci i fratelli di Rock?”

Eleanor annuì: “Si, ci sono Jules, Dylan e Mary-Bell.”

Rap sospirò: “Lo immaginavo... non ti ha mai parlato del motivo per cui ha litigato con i suoi?”

“No. Tu lo sai?”

Rap non rispose alla sua domanda. Continuò a raccontare a modo suo: “Rock ne ha quattro di fratelli, non tre!”

Le labbra di Eleanor si dischiusero in una pura espressione di stupore: “ … Come? “

“Una sorella, per essere precisi.... si chiama Sarah e dovrebbe avere 14 anni, se non erro.”

“Perchè non ne so niente?”

“Sarah non vive in casa con loro. E' lei il motivo per cui Rock ha interrotto i rapporti con suo padre e sua madre! E tutto per un banalissimo incidente … “

Eleanor lo fissava stordita senza battere ciglio, in attesa che lui riprendesse a parlare.

“E' stato circa dieci anni fa, poco prima di natale. Rock aveva 12 anni e i suoi genitori erano usciti. Jules e Dylan erano fuori con degli amici. Avevano una governante che lavorava per loro, penso che ce l'abbiano ancora adesso. Si occupava dei bambini, ma quel giorno non c'era neppure lei. Era tornata dalla sua famiglia per le vacanze natalizie. In casa con lui c'erano solo Mary-Bell e Sarah. Rock aveva assicurato ai suoi genitori che si sarebbe occupato lui delle sue sorelle, convincendoli che era grande abbastanza per farcela e loro si erano voluti fidare. Da quello che so, stava andando tutto bene, finché un suo compagno di scuola non andò a cercarlo per chiedergli di andare con lui al parco.... all'inizio lui gli disse di no, che doveva badare alle sue sorelle, ma alla fine si lasciò convincere. Uscì, portandosi dietro anche Sarah e Mary-Bell. “

Rap si fermò un attimo per riprendere fiato. Notò che Eleanor non si era mossa e lo guardava spaventata, aspettandosi un triste epilogo.

“Non è stata colpa di Rock. Hanno sbagliato i genitori a lasciargli in mano due bambine così piccole. Lui non è responsabile di ciò che è accaduto, anche se loro sono convinti di si...”

“Perchè, cos'è accaduto?”

“Rock stava giocando a pallone col suo amico. Mary-Bell era seduta per terra vicina a lui ….”

“E Sarah... ?”

“Beh, Sarah aveva la passione per gli animali.... vide un cagnolino dall'altra parte della strada e ci corse incontro senza pensarci. Rock si rese conto che era scappata solo quando sentì lo stridio dei freni dell'auto che la centrò in pieno.!

Gli occhi di Eleanor si fecero terrorizzati :” …. è …. morta?”

“No. Ma da allora non si è più svegliata! Da dieci anni vegeta in un ospedale. I medici avevano consigliato di staccare le macchine, ma loro si sono rifiutati. Ogni tanto muove qualche muscolo, ma è difficile capire se si tratta di movimenti involontari del suo corpo o è il suo cervello che sta riprendendo a funzionare. Se Jules l'ha chiamato così urgentemente significa che forse un minimo di speranza è tornata … “

Eleanor era sconvolta: “Non posso credere che non me ne abbia mai parlato.”

“Per lui è difficile parlarne. Si sente colpevole … i suoi genitori non l'hanno mai perdonato. Ci hanno provato, ma i loro rapporti si sono inevitabilmente incrinati, la fiducia è venuta a mancare finché non è arrivato il giorno in cui hanno smesso di parlare, di ricordarsi del suo compleanno, di chiedergli cosa volesse come regalo di natale, di chiedergli come fosse andata a scuola, di dargli la buonanotte … insomma, hanno smesso di considerarlo. E lui, appena ne ha avuto la possibilità, li ha liberati della sua presenza. Da allora non si parlano!”

“E' una cosa... terribile.”

“Già … ”


***

“So tutto!”

Rock aveva chiamato da cinque minuti. Lei aveva risposto al primo squillo, ansiosa di risentire la sua voce. Dopo i primi convenevoli, Eleanor aveva deciso di metterlo al corrente che ora tra di loro non c'erano più segreti.

“.... è stato Rap, vero?”

“Non importa chi è stato. Avresti dovuto parlarmene tu! E' orribile quello che è accaduto a Sarah!”

Ci fu un lungo momento di silenzio.

“Rock?” lo chiamò lei, per accertarsi che fosse ancora in linea.

“E' colpa mia se ora lei è ridotta così!”

“Non dirlo neanche per scherzo! Eri un bambino, non ne potevi nulla!”

“Resta il fatto che se fossi rimasto a casa quel giorno, oggi Sarah starebbe bene, andrebbe a scuola, uscirebbe con le amiche, inizierebbe ad interessarsi ai ragazzi. E invece è bloccata in un letto d'ospedale. Io l'ho privata della sua infanzia e se si svegliasse, anche lei come mio padre e mia madre mi odierebbe!”

A questo, Eleanor non seppe rispondere.

“Rock, mi dispiace così tanto … vorrei essere lì con te.”

“No, non ti piacerebbe! Riporterebbe a galla troppi brutti ricordi per te.”

Inizialmente non capì a cosa lui si riferisse. Poi cercò d'immaginare Sarah, adagiata su un letto d'ospedale, priva di coscienza, il corpo ricoperto di tubicini di plastica... il macchinario accanto al letto che segnalava il battito cardiaco. All'immagine di Sarah, si sovrappose con prepotenza quella di Evan.

“Non … non ci avevo pensato.” mormorò debolmente.

“Cerca di distrarti in qualche modo!” le consigliò lui “Fai impazzire Rap, oppure coalizzati con Heavy e fategli qualche scherzo stupido!”

Eleanor ridacchiò. “Si, è un'idea!”

“Oppure, pensa a tutti i nomi esistenti che iniziano con la lettera A e vediamo se al mio ritorno avrai indovinato come mi chiamo!”

“Oh, ma lo sai che non ho fantasia in questo genere di cose!”

“No, qui non si tratta di mancanza di fantasia. Il fatto è che sei solo una pigrona!”

“Che cosa sarei io?”

Lo sentì ridere dall'altra parte della cornetta, beandosi di quel suono a lei così caro.

“Mi manchi, sai?” ammise, sentendosi una sciocca ragazzina innamorata.

“Mi manchi anche tu. Vedrai, tornerò da te il prima possibile!”

“No, adesso devi rimanere con la tua famiglia. Hanno bisogno di te!”

“Non sembra che siano molto felici della mia presenza. Se sono qui lo faccio solo per Sarah e per i miei fratelli!”

“Rimani fino a che avranno bisogno di te, io ti aspetto. Non scappo, stai tranquillo!”

“Intanto, anche se scappassi, ti ritroverei, stanne certa!”

“Voglio sperarlo!”

Rimasero qualche secondo in silenzio, ascoltando i propri respiri attraverso il telefono. Fu Rock a riprendere a parlare:

“Eleanor?” la chiamò.

“Dimmi.”

“Riguardo la faccenda di Haylie … quando deciderai di riprovare a parlarne a Rap, portalo nella stanza con la porta rossa!”

Eleanor sapeva a quale stanza lui si stesse riferendo. Rap si rifugiava spesso e volentieri li dentro. Anche Rock lo faceva a volte. Si era sempre chiesta che cosa ci fosse lì dentro, ma alla fine la curiosità era scemata. Metal, una volta, le aveva detto che sarebbe stato meglio per lei non scoprire cosa contenesse quella stanza... chissà cosa intendeva dire?

“Posso entrarci?” chiese, titubante.

“Adesso si!”

***


Trascorse una settimana. Ad ogni telefonata, Eleanor sperava che Rock le annunciasse che stava tornando a casa, ma quel momento non era ancora arrivato.
Aveva tentato più volte di riprendere il discorso su Haylie con Rap. Ma ogni volta le parole le morivano in bocca. Non sapeva nemmeno come trascinarlo nella stanza dalla porta rossa, come le aveva consigliato di fare Rock.
Nei momenti in cui la mancanza di Rock si faceva insopportabile, Rap sembrava accorgersene. Si sedeva vicino a lei, senza dire una parola, confortandola con la sua sola presenza.
Eleanor apprezzava quei suoi sporadici gesti d'amicizia. Proprio perchè rari, la rendevano felice. Cominciava a voler davvero bene a quel ragazzo così freddo e distante, e in qualche modo sapeva che anche lui gliene voleva. Non aveva bisogno di ringraziarlo. Il silenzio parlava per loro.
L'ennesimo giorno in cui Eleanor si svegliò da sola nel letto, decise che era giunto il tempo di cominciare a distrarsi.
S'infilò nella stanza di Heavy e Metal. Era vuota. I due fratelli erano al lavoro. Presto anche lei avrebbe cominciato. La proprietaria della tavola calda l'aveva chiamata un paio di giorni prima avvisandola che avrebbe potuto iniziare a fine mese a lavorare nel suo locale. Era eccitatissima all'idea di poter finalmente contribuire al bilancio famigliare.
Si avvicinò al letto di Heavy e, abbandonato tra le coperte, trovò il suo preziosissimo e intoccabile iPod. Heavy ne era gelosissimo. Solo Metal lo poteva usare, ma Eleanor non ci stette troppo a pensare e lo prese.

E' solo un prestito, Heavy!

Si sistemò gli auricolari e lo accese, mettendo il volume al massimo. Non aveva idea di che canzoni avrebbe trovato, ma poco importava. A lei piacevano tutte!
Un paio di secondi e la musica le riempì le orecchie, facendola rilassare all'istante. Tirò un lungo sospiro di sollievo. Per lei la musica era quanto di più terapeutico ci fosse.
Uscì dalla camera dei gemelli muovendosi a ritmo del brano che stava ascoltando. Non resistette, il suo bisogno di cantare era indomabile.

Memories consume
Like opening the wound
I'm picking me apart again
You all assume
I'm safe here in my room
Unless I try to start again “

Non si rese conto di Rap che la osservava dall'altra parte del corridoio. Non vide la luce nel suo sguardo mentre il movimento dei suoi fianchi lo incantava ogni secondo che passava. Non si accorse che cominciò a seguirla, incapace di distogliere l'attenzione da lei.
Eleanor raggiunse la palestra, laggiù era libera di muoversi come voleva.

I don't want to be the one
The battles always choose
'Cause inside I realize
That I'm the one confused “

Teneva gli occhi chiusi mentre danzava, la sua voce melodiosa riecheggiava tra le pareti.

Merda, Eleanor! Possibile che non ti rendi conto dell'effetto che fai?

Rap era fermo sulla porta, combattuto tra l'andarsene e il restare.

Se Rock mi vedesse adesso, mi ucciderebbe!

Ma Rock non c'era! Questa era la sottile differenza che lo stava spingendo a fare ciò che bramava da parecchio tempo!
Le sue gambe si mossero da sole verso Eleanor che, ignara di tutto, era ancora immersa nel suo mondo.

I don't know what's worth fighting for
Or why I have to scream
I don't know why I instigate
And say what I don't mean
I don't know how I got this way
I know it's not alright
So I'm breaking the habit
I'm breaking the habit
Tonight “

Si trovò così vicino da venire sfiorato dai suoi capelli corvini nel momento in cui lei scosse  la testa. Un passo indietro e Eleanor si trovò contro il petto di Rap.
Spaventata, si voltò di scatto, fissandolo sorpresa e confusa. Chissà cosa i suoi occhi stavano trasmettendo in quel momento?

“Rap! Scusami, non ti avevo proprio visto !” lo disse sorridendo divertita, ma quando notò la sua espressione terribilmente seria, lo guardò perplessa “… Che c'è?” le chiese, incerta.

Aveva le guance arrossate, i capelli leggermente spettinati, un leggero fiatone per il troppo ballare. Era bella come non lo era mai stata. Bella e proibita!

Lei è mia, Rap! Tieni le mani a posto!” così gli aveva detto Rock prima di andarsene. Ma certo che avrebbe tenuto le mani a posto …. Gli occhi blu di Eleanor però non lo aiutavano per niente.

Avevo ragione quando dicevo che sei una strega! Dio, Eleanor, smettila di guardarmi così!

Senza che se ne rendesse conto, quelle mani che avrebbero dovuto restare al loro posto, si mossero attirandola a sé.

Rap che stai …?”

Non la lasciò parlare. Sapeva che se gliene avesse dato la possibilità, lei avrebbe tentato di farlo ragionare. Non poteva permetterlo! Lui in quel momento non aveva alcuna intenzione di ragionare. 
Le sue labbra si ritrovarono sulle sue senza che potesse fare nulla per impedirlo. Istinto, ecco cos'era! Un qualcosa di traviante e invincibile. Lui era troppo debole di fronte a lei!
Sentì le mani di lei tentare di respingerlo, ma lui era irremovibile. La stava spaventando, ne era sicuro. Lo sentiva dalla rigidità del suo corpo, dai suoi tentativi di sviare le sue labbra … eppure non riuscì a privarsi di quel contatto a lungo bramato. Non ne aveva l a forza.
Era questo che aveva provato Rock il giorno che gli aveva portato via Marika? Era così giunto il suo turno di venire divorato dalla rabbia e dalla gelosia? Non era giusto … come biasimarlo per ciò che aveva fatto? Rock non aveva colpa per essersi innamorato di Marika, così come lui non ne aveva per essersi innamorato di Eleanor! Era semplicemente ingiusto, ma nessuno poteva giudicarli.
Nessuno ha il potere di scegliere di chi innamorarsi! E' una fottuta debolezza umana! L'amore è incontrollabile e, inoltre, ha un brutto vizio: non è mai abbastanza!

***

Scusate per la faccenda della Stanza con la Porta Rossa, ma dopo 11 pagine di capitolo (scritto a grandezza 12 ) ero morta. Avevo promesso nello scorso cap di parlarne, ma non sono riuscita ad inserirla da nessuna parte. Nel prossimo ci sarà, promesso!
Allora, che dire.... spero che sia piaciuto. E spero di non scatenare putiferi con le sostenitrici della coppia Rock-Eleanor. State calme, devono ancora accadere tante cose eheheheheh! 
Per quanto riguarda il nome di Rock.... beeeeeeh, diciamo che non ho ancora deciso quando farglielo rivelare. Non è un nome molto complicato, potreste anche indovinarlo ^^.

Passo ai ringraziamenti.

 Black S o u l ___:  ripeto, il nome di Rock non è difficilissimo... anzi, è un nome piuttosto semplice. Vediamo se ci arrivi. Ti chiedo scusa per la storia della porta rossa. Se nel prossimo capitolo non ne parlo, sei libera di segnalarmi all'amministrazione di EFP XD.
giulietta_cullen: purtroppo non sono riuscita a postare presto, mi dispiace tanto. Sono felice che rap ti piaccia. E' il mio pupillo *_* !! E ne sono gelosissima!!!!!!!!!!!!!!!
Anthy: che dire???? Non ti posso rivelare chi eleanor sceglierà, ovviamente.... ma spero tu sia felice che finalmente Rap si sia dato una mossa con lei, anche se preferisci Rock. Non mi uccidereeeeeeeeeeee ç_ç!!!!!!!!!!!!!!
Mana_chan: FELICITAZIONIIIIIIIIIIIIIIII!!!! Hai scritto la recensione numero 100!!!!!!!!!!!!!!!  ^_______^ Continuo a pensare che tu sia una streghetta hihihihI!!! Comunque poteri paranormali o no, scommetto che la storia di Sarah non te l'aspettavi!! *risata sadica*
MakyMay: Rappy????? Cos'è sta confidenza????? Rap è mio!!!!!!!!!!!!!!! è___é !!!!! Tieni le tue manacce a posto!!!!  .............comunque sono tentata di cambiare nome a Rock e chiamarlo ATobby! XD
Celicola: Grazie, spero ti sia piaciuto anche questo aggiornamento.... anche se in ritardo!

Ragazze, volevo fare un in bocca al lupo gigante (anzi, un in bocca al licantropo ^^) a tutte quelle che stanno affrontando la maturità!

Ci vediamo alla prossima!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Ayleen

PS
La canzone cantata da Eleanor è Breaking the Habit dei Linkin' Park.

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Capitolo 21
*** Libero di amare ***


Eccomi qui, saaaaaaaalve! Vi ricordate di me?? Si sono Ayleen, quella pazza schizzofrenica che tortura i suoi personaggi. SOno tornata MWUAHAHAHAHAH!!!  Quanto tempo è passato! Ok, vi risparmio le mie disavventure di questi...oddio, quanti mesi?? Mmmm meglio non contarli se no vi viene la voglia di uccidermi sul serio :D 

Allora, dunque... dove eravamo rimasti. Facciamo il punto della situazione, dato che è passato taaaaaanto tempo.

Allora, Eleanor si è messa in testa di adottare Haylie. Haylie è la bimba di Rap e Marika, solo che Rap non lo sa ed è convinto che sia di Rock ( O_O ). ROck ha una sorella minore (Sarah!) in coma vegetativo da dieci anni ed si sente colpevole di ciò che le è accaduto. Nello scorso capitolo ROck è stato chiamato dalla famiglia al capezzale della sorella. Rap è uscito di testa ( XD ) ed ha baciato Eleanor. 

Si più o meno questi sono gli ultimi avvenimenti più importanti. Spero vi ricordiate tutto perchè mi rifiuto di fare un "riassuntod delle puntate precedenti" XD.

Ci vediamo in fondo. 

Ah, perdonate eventuali errori, ma la correzione automatica di word ha deciso di dare le dimissioni -.- ....solo a me succedono ste cose. Bah!

CAPITOLO VENTUNO

Libero di amare


Le mani avevano afferrato automaticamente il cellulare una volta giunta nella sua stanza, le dita si erano mosse sicure e meccaniche sui tasti, senza pensare, senza ricordare, senza rendersi conto di quello che stavano facendo. Eleanor non fece nulla per fermarle. Come se avessero un'anima propria le lasciò libere di agire come meglio credevano.... Pochi squilli che lei, non appena cessarono, coprì con la sua voce arrabbiata e rotta da un pianto nervoso.

“Non crederai mai a quello che è successo, Evan! ...” ma ogni traccia di convinzione, ogni frammento di sicurezza crollarono in un attimo non appena sentì la voce registrata della segreteria farsi strada prepotente nella sua testa. La sua voce:

In questo momento non posso oppure non voglio rispondere. Lasciate un messaggio e forse vi richiamerò!”

La mano che reggeva il cellulare tremò e non appena la consapevolezza della sciocchezza che aveva lasciato compiere alle sue dita si fece strada dentro di lei, il vuoto prese il sopravvento.

Razza di stupida! Te ne sei dimenticata?

Il telefono cadde a terra, troppo pesante da reggere per lei dal momento che le forze l'avevano completamente abbandonata.
Si lasciò cadere anche lei in ginocchio, come un'inutile bambola rotta.

Sono pazza? Sto diventando pazza! Adesso mi metto a telefonare ai morti!

La parola morti la fece piombare nell'oblio. Per quanto ci provasse, non riusciva a collegarla a Evan. Nella sua testa lui era ancora vivo da qualche parte; a casa con Nathan, oppure al lavoro, circondato da tutte quelle ragazzine innamorate perse di lui e ignoranti del fatto che non sarebbero mai state contraccambiate...
Aveva ancora il sapore di Rap sulle labbra, ma non le importava. Era passato automaticamente in secondo piano. A malapena ricordava cosa fosse successo. Ma ci pensò direttamente Rap in persona a rinfrescarle la memoria, comparendo sulla soglia della stanza.

Mi hai fatto male, lo sai?” sembrava ironico nella sua serietà. Tipico di Rap.

Eleanor alzò svogliatamente gli occhi su di lui. Notò che aveva una guancia più rossa dell'altra. Fu allora che ricordò. Lei lo aveva colpito. Uno schiaffo carico di rabbia e incredulità, forte abbastanza da lasciargli il segno. Non aveva mai schiaffeggiato nessuno in vita sua, nemmeno credeva di esserne capace.

Vattene!” sbottò lei in risposta.

Mi dispiace, non intendevo farti piangere...”

Cosa? Io non sto ….piangendo...

Alzò una mano a sfiorarsi una guancia. Certo che stava piangendo. Come poteva essere altrimenti? Nemmeno di quello si era accorta. Si, ne era certa. Ormai stava diventando sul serio pazza... proprio come sua madre. Doveva essere un difetto genetico.

Rap si avvicinò e s'inginocchiò, guardandola preoccupato: “Dico sul serio, Eleanor. Non volevo!”

“Stai zitto!” gli urlò contro “Non è per te che sto piangendo! Credi davvero di essere così importante?”

Sputò quelle parole con cattiveria, con la chiara intenzione di ferirlo e di farlo andare via. Non era da lei fare così, essere così meschina, ma cosa poteva importare oramai? Tanto la pazzia l'avrebbe uccisa lentamente. Così facendo almeno, facendosi odiare, nessuno avrebbe pianto la sua morte.
Rap, tuttavia, cercò di non prendersela troppo, o almeno questo fu ciò che diede a vedere.

E allora cosa c'è?” 

Persino lui si stupì della piega affettuosa che aveva preso la sua voce. Stranamente, non se ne vergognò.

Non è niente! Ho solo bisogno di restare da sola!”

Rap ridacchiò sommessamente: “Sbaglio o eri tu ad affermare che nessuno può stare da solo!”

“Dannazione, Rap! Devi sempre avere una risposta pronta per tutto?”

Oh, stanne certa! E poi, me lo hai insegnato tu!”

Senti, seriamente, ho davvero bisogno di staccare un attimo, riflettere, starmene per conto mio. Per giunta tu non hai alcun diritto di stare qui nella mia stanza, vista la tua ultima grandiosa e trionfale entrata!”

Stavolta, il ricordo del bacio tornò a farsi sentire, così come la rabbia.

Ti ho chiesto scusa!”

Pensi che basti? Si può sapere cosa ti è preso?”

Rap non rispose, abbasso lo sguardo e nessuno parlò più fino a che il cellulare di Eleanor non cominciò a squillare.

Lei rialzò gli occhi stancamente. Quasi aveva paura a rispondere, ma ciò che più la terrorizzò fu il pensiero che le saltò alla mente: Magari è Evan! Ha trovato la tua chiamata!

Non rispondi?” domandò Rap, quando vide che lei non accennava a muoversi.

Eleanor si ridestò dai suoi pensieri, afferrò il telefono e lesse il nome sullo schermo. Sospirò:

E' Rock!”

... Glielo dirai?”

Eleanor scosse la testa: “No ... ha altro a cui pensare in questo momento. Non voglio che perda le staffe per un tuo stupido colpo di testa!”

Con la coda dell'occhio vide Rap incupirsi e alzarsi in un gesto di stizza.

Un colpo di testa, certo...” borbottò, prima di uscire dalla stanza.

Sospirò cercando di far finta di nulla e rispose al cellulare:

Rock?”

Hei... ma quanto ci hai messo a rispondere?”

Un sorriso la illuminò non appena sentì la sua voce. “Scusami, non avevo sentito che stava suonando... “

Stai bene? Hai una voce strana.”

Merda, ma perchè deve sempre essere così perspicace?

Va tutto bene. Tu piuttosto, come sta Sarah?”

Il silenzio che seguì non lasciò presagire nulla di buono.

In realtà è proprio per questo che ti ho chiamato...”

Eleanor trattenne il respiro.

Oh no! No no no, ti prego no!

Però...” aggiunse poi, un'assoluta insicurezza ad inclinargli la voce “...ti prego di una cosa. Non giudicarci troppo duramente!”

***


Che cos'ha Eleanor?” chiese Metal, notando lo strano comportamento che la ragazza aveva tenuto per tutto il giorno. Non aveva fatto altro che aggirarsi nervosamente per i corridoi, senza rivolgere la parola a nessuno. Ogni tanto usciva in cortile, si dondolava qualche minuto sull'altalena pensando a chissà cosa per poi tornarsene nella sua stanza. Non era da lei essere così silenziosa, così abbattutta e sì, anche arrabbiata. La sua espressione era indecifrabile ma non c'erano emozioni positive sul suo bel volto. Tutti l'avevano notato.

Forse è la sindrome premestruale!” sghignazzò Heavy, guadagnandosi delle significative occhiatacce di Metal e Rap.

In realtà, credo sia colpa mia!” ammise Rap, piuttosto candidamente.

I due gemelli lo guardarono storto: “Cos'hai combinato stavolta?” gli chiesero all'unisono.

Rap non aveva alcuna intenzione di tenere segreto ciò che era accaduto in palestra. Forse, era il suo orgoglio maschile a spingerlo a raccontare tutto... Come l'aveva chiamata Eleanor? Ah si... la Sindrome dello Stallone.

L'ho baciata!” dichiarò tranquillamente, come se fosse la cosa più normale del mondo.

Heavy e Metal si immobilizzarono, fissandolo basiti.

Tu cosa?” domandò Metal, “Rap, ti ha dato di volta il cervello?”

Direi di no.”

Metal sospirò paziente: “E per quale motivo l'avresti fatto? Sentiamo!”

Come tutta risposta, lui si strinse nelle spalle :”Così!” esclamò “Era una cosa che volevo fare già da un po' e oggi non ho resistito! Non credo che cadrà il mondo per una cazzata del genere!”

Heavy scoppiò a ridere nel suo solito stile: “Rock ti ucciderà quando verrà a saperlo!”

Non lo verrà a sapere.”

E tu che ne sai? Eleanor gli dice sempre tutto!”

Me lo ha detto lei stessa! Dice che adesso Rock ha troppi pensieri per la testa e che non vuole distrarlo con le mie cavolate!”

Metal trattenne una risata : “E tu non hai afferrato quella piccola ma significativa parolina, vero? Adesso! E' solo questione di tempo, Rap. Glielo dirà prima o poi!”

Non m'importa granchè.”

Heavy studiò la pacatezza di Rap per qualche istante: “Questo tuo modo d'agire alla occhio per occhio, non è molto maturo lo sai?”

Heavy!” lo fulminò lui, “Se c'è una persona che proprio non può parlare di maturità quella sei tu!”

Ah, no! Non ci provare amico! Ok, forse non avrò molto spesso un comportamento degno della mia età, ma oggi mio caro, sei tu quello che fa la figura del bambino imbecille! Stai facendo esattamente quello che Rock ha fatto a te, e per quanto possa essere comprensibile che tu voglia ottenere la tua piccola vendetta personale, sappi che non è giusto! E non mi sto riferendo a Rock o a te. Non è giusto nei confronti di Eleanor! Lei non c'entra niente con i vostri casini passati, quindi piantala!”

Il silenzio che seguì venne riempito solo dagli sguardi increduli di Rap e Metal.

E' il caso di chiamare un esorcista!” disse quest'ultimo “Deve essere posseduto da qualcosa di estremamente potente. Mio fratello non è in grado di fare frasi così lunghe!”

“Molto divertente!” sbottò Heavy guardandolo in cagnesco.

Rap all'improvviso fece segno ad entrambi di tacere. Un attimo dopo sulla soglia della mensa apparve Eleanor, più triste e avvilita che mai. Rap si sorprese quando si rese conto che il suo sguardo stava cercando proprio lui.
La vide esitare giusto per un secondo: 

“Ti posso parlare ?” domandò torturandosi le mani, visibilmente agitata.

Dimmi.” sbottò lui fingendo la sua solita pacatezza.

Eleanor passò in rassegna i volti dei ragazzi prima di aggiungere: “Da soli...”

Rap percepì anche senza bisogno di guardarli gli sguardi di Heavy e Metal perforarlo! Si alzò rumorosamente dalla sedia e la seguì in corridoio, senza fare caso a loro.

Che c'è?” chiese quando si furono allontanati.

Eleanor si appoggiò stancamente alla parete e si fissò i piedi. I suoi occhi erano un misto di tristezza e sbigottimento. Rap era convinto volesse discutere su ciò che era accaduto in palestra, ma adesso stava cominciando seriamente a pensare che ci fosse dell'altro dietro.

Rock e la sua famiglia sono impazziti...” esordì, senza mai alzare lo sguardo.

Rap si accigliò confuso: “Che vuoi dire?”

Lei tornò a torturarsi le mani e i suoi occhi si fecero lucidi: “Loro... loro hanno deciso una cosa terribile e io … io non riesco a capire come possano averlo fatto o anche solo pensato!”

Potresti cercare di essere meno elusiva ? Non ci sto capendo niente!”

Lei a quel punto rialzò lo sguardo, andando a tuffarsi in quello di lui lasciandolo per un attimo senza fiato. Quegli occhi blu gli facevano sempre uno strano e pericoloso effetto.

E se ti baciassi ancora? Mi uccideresti? ...Si è probabile, ma il premio vale decisamente il rischio.

E' per Sarah!”

Bastò quel nome a farlo tornare con i piedi per terra. Di colpo capì tutto e comprese la confusione di Eleanor.

...Hanno deciso di staccare le macchine vero?”

Rock e la sua famiglia ne parlavano da anni. Da quello che gli raccontava il suo amico, l'unica che continuava ad opporsi era la madre. Il marito, i figli e anche i medici avevano tentato in ogni modo di farle capire che ormai non c'erano più speranze, ma lei era sempre stata irremovibile. Nessuno l'aveva mai giudicata per questa sua scelta. Era pur sempre una madre. Una madre disperata a cui veniva chiesto il permesso per lasciare morire la propria bambina … come la si poteva giudicare?
Ma allo stesso modo, come si potevano giudicare Rock, suo padre e i suoi fratelli che invece volevano lasciare andare la piccola Sarah? A che serviva vivere a quel modo, attaccati ad una macchina?

Eleanor annuì, sull'orlo del pianto : “Come possono farlo? E' assurdo! E' la loro figlia! Potrebbe sempre risvegliarsi... ci sono stati dei casi -”

Dei casi?” la interruppe bruscamente Rap, “Oh si certo, ci sono stati. Ma che vita hanno avuto poi? Paralizzati su una sedia a rotelle, incapaci di parlare, di mangiare e fare alcunchè da soli. Eleanor, svegliarsi da un coma durato così a lungo porta sempre delle conseguenze. I danni cerebrali sono enormi e riprendersi del tutto è impossibile!”

Magari con lei sarà diverso...”

No, non lo sarà! Credi ancora nei miracoli? Svegliati, dannazione!”

L'espressione di Eleanor passò dal triste all'arrabbiata : “Quindi tu sei d'accordo con loro! Vuoi che la lascino morire?”

Rap sospirò e cercò di moderare il tono della voce. L'ultima cosa che voleva era urlarle contro.

Fermati per un attimo a pensare! Sarah aveva quattro anni quando è entrata in coma. Se si svegliasse adesso si ritroverebbe nel corpo di una ragazzina adolescente. Sarebbe una quattordicenne con la mente di una bimba di pochi anni. Non saprebbe nemmeno riconoscersi allo specchio, non riconoscerebbe i suoi stessi famigliari.. Riesci ad immaginare lo shock che potrebbe avere? Quanti strizzacervelli dovrebbe incontrare prima di non impazzire del tutto?”

Questo non c'entra niente... Non è giusto farla morire così! Ha diritto di vivere!”

Eleanor, non sempre la vita è il dono più prezioso che possiamo offrire.” Lei fece per ribattere ma lui la zittì con un gesto della mano “Ci sono persone particolarmente sfortunate per le quali la vita non è altro che una condanna, una sofferenza infinita, non solo per loro ma anche per chi gli sta accanto. Sarah è una di queste persone, purtroppo. Lasciarla vivere significherebbe continuare a far soffrire lei e la sua famiglia. Volerla tenere qui a tutti i costi è egoismo puro! Se davvero ti dispiace così tanto per quello che le è accaduto, se provi pena per lei, per Rock e la sua famiglia , allora dovresti sentirti sollevata che loro abbiano deciso finalmente di lasciarla andare.”

La mente di Eleanor registrò ogni singola parola. Nonostante il tentativo di Rap di farla ragionare, lei non riusciva a capire come potessero condannarla a morte.

Comunque...” riprese il ragazzo “Non capisco perchè te la prendi così a cuore. Nemmeno la conosci.”

Eleanor lo fissò risentita: “E questo cosa c'entra? E' la sorella di Rock, m'importa eccome! Scusami tanto se non sono menefreghista come te!”

Rap si concesse un mezzo sorriso. “Beh, dovresti cercare di esserlo un po' di più! Non dico ai miei livelli che, lo ammetto, forse sono un po' esagerati, ma pensare a sé stessi ogni tanto non può fare altro che bene.”

Eleanor avrebbe voluto ribattere, ma non trovò parole abbastanza sensate per poterlo fare. Pensare a sé stessa? Non poteva farlo. Non adesso perlomeno. Con Rock lontano che attendeva la morte della sorella e nel frattempo tentava di combattere il senso di colpa per essere il responsabile di quella tragedia, Rap che cercava disperatamente di dimenticare la ragazza che aveva amato e quegli attimi di follia che lo avevano portato ad uccidere un uomo, la piccola Haylie che l'aspettava all'istituto. No! Come poteva pensare a sé stessa in simili circostanze?

Come se le avesse letto nella mente, Rap la guardò a metà tra il severo e il comprensivo: “Non puoi salvare il mondo Eleanor, mettitelo in testa!”

Detto questo, fece per andarsene dandole le spalle, ma lei non demorse, cocciuta e testarda come sempre: “Posso però salvare il mio di mondo! E nel mio mondo ci siete tutti voi, quindi mettiti il cuore in pace! Siete la cosa più importante per me adesso. Non posso essere felice se non lo siete anche voi !”

Con quest'ultima frase, Eleanor invase anche l'ultimo spazio libero del cuore di Rap, quello che ancora apparteneva a Marika. Rap percepì chiaramente la ragazza dai capelli rossi dissolversi nel nulla e andare a prendere posto tra i suoi ricordi, in una maniera del tutto indolore.
Un frammento del passato, ecco cosa divenne! Una parte importante della sua vita, del suo essere, qualcosa d'indimenticabile, ma che adesso non gli provocava più la solita sofferenza. Attorno alla sua immagine vi era soltanto un'aura di malinconia. Nient'altro. Il dolore, sparito!

No... non è possibile!

... Ce l'hai fatta.” Mormorò, incredulo.

Eleanor si corruccò appena, senza capire : “A fare che?”

Lui si voltò per poterla guardare. Il suo viso era una maschera di sbigottimento, confusione, sollievo... Ripensò a quando aveva baciato Marika la prima volta, un ricordo che non aveva più osato riportare a galla. Si rivide nel piccolo salotto di quella che era stata la sua casa. Marika sul divano che dormiva, lui a pochi centimetri dal suo viso, le sue labbra che lentamente le si avvicinavano fino a raggiungerla, lei che apriva gli occhi e lo abbracciava senza respingerlo...
Rievocare quel ricordo lo fece sentire bene. Un po' triste, ma le sensazioni provate quel giorno lontano lo investirono in pieno e non c'era nulla di doloroso.
Era successo quindi! Marika se n'era andata!

...Mi hai salvato.”

Eleanor non fece nemmeno in tempo a fare mente locale che si ritrovò contro il suo petto, stretta nella morsa delle sue braccia. Troppo confusa, non fece nulla per allontanarlo. Poi ci fu un momento, un attimo rapido e impercettibile come un battito d'ali in cui si sentì improvvisamente legata a quel ragazzo che nonostante tutti quei mesi di convivenza non era ancora riuscita a a capire del tutto. E poi, una parola pronunciata a bassa voce la spinse a ricambiare quell'abbraccio:

Grazie...”

***



No, era impossibile! Doveva aver capito male. Rap non ringraziava mai nessuno. Perchè fare un'eccezione con lei?
Chiusa nella sua stanza, abbandonata sul letto, Eleanor era preda di mille domande. Cos'era successo in corridoio? Cosa voleva dire Rap con “mi hai salvato” ? E quell'abbraccio improvviso... quel grazie... perchè? Non era da lui comportarsi così.
Ma la cosa che più la preoccupava e la spaventava erano le emozioni che aveva provato quando si era ritrovata stretta fra le sue braccia. Si era sentita al sicuro, protetta...in altre parole amata. Era lo stesso sentimento che provava quando era Rock ad abbracciarla. E questo non andava affatto bene!
Chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie. La testa le sarebbe esplosa prima o poi, ne era più che certa. Doveva distrarsi in qualche modo, cancellare l'ultimo paio d'ore... anzi, l'intera giornata.
Strano a dirsi, non aveva nemmeno voglia di cantare. Era troppo abbattuta per farlo. La faccenda della piccola Sarah l'aveva scombussolata più del normale.
S'impegnò con tutte le sue forze per svuotare la mente, cercando di pensare a qualunque cosa non riguardasse lei e, soprattutto, gli strani atteggiamenti di Rap!
Alla fine la sua volontà ebbe la meglio! Si mise a sedere, all'improvviso con un nuovo obiettivo davanti a sé.

Le tornarono in mente le parole di Rock: “Riguardo la faccenda di Haylie … quando deciderai di riprovare a parlarne a Rap, portalo nella stanza con la porta rossa!”

Come poteva essersene dimenticata? Non sapeva ancora cosa ci fosse lì dentro. Rock le aveva dato il permesso di andarci, quindi perchè indugiare ancora?
Tuttavia preferì non avvertire Rap. Decise di andarci da sola, per sondare il territorio prima. Ci sarebbe tornata una seconda volta insieme a lui e l'avrebbe convinto ad adottare Haylie! Non gli avrebbe permesso di uscire finchè non avesse accettato!
Uscì dalla propria stanza e si guardò intorno. Non voleva che qualcuno la vedesse, o meglio, non aveva alcuna voglia di venire torturata dalle decine di domande che sarebbero arrivate se qualcuno l'avesse vista sgattaiolare oltre la porta rossa.
Sapeva dove si trovasse. Ci passava davanti quasi ogni giorno. La curiosità, accompagnata da una leggera ansia, la stava letteralemente divorando, tanto che senza nemmeno accorgersene si mise a correre.
Svoltò un angolo e finalmente la vide. Spiccava terribilmente nel bianco sporco delle pareti del corridoio. Ci si avvicinò in silenzio religioso e poggiò lentamente la mano sulla maniglia. Si sentiva quasi una profanatrice. Quel pensiero le fece scappare un sorriso:

Che assurdità!

Senza perdere altro tempo, l'aprì e ciò che trovò la lasciò un attimo perplessa. Una lunga fila di gradini scendeva a un piano sotterraneo di cui lei ignorava l'esistenza. Cominciò ad allamarsi.

Oddio, sa tanto di camera delle torture!

Rise di quel pensiero illogico e cominciò a scendere la scala fino a trovarsi di fronte ad un'altra porta. Senza indugio, l'aprì ma si trovò immersa del buio. Insistivamente tastò la parete alla ricerca di un interruttore. Lo trovò e finalmente scoprì in cosa consisteva il rifugio segreto di Rock e di Rap.
Sentì un nodo formarsi in gola, il cuore straripare di commozione e sorpresa. Tutto si era aspettata di trovare, tranne questo.
Le pareti era di un tenero rosa confetto, interrotto di tanto in tanto da coniglietti e orsetti disegnati da una mano molto talentuosa. Sul soffitto c'erano applicate decine di stelline di plastica fosforescente.

Quelle le avevo anch'io da piccola! Pensò Eleanor, sorridendo incantata.

Ciò che più la colpì fu la culla di legno adagiata contro la parete più lontana. Si avvicinò senza mai smettere di sorridere. Sembrava pronta per essere usata, con le lenzuola minuscole, il piccolo cuscino e tutti quei peluches... Accanto alla culla si trovava un fasciatoio, più lontano quello che aveva tutta l'aria di essere un armadio da bambini, un divano e una cesta piena di giocattoli.

Questo era tutto per te, Haylie! Si trovò a pensare Eleanor, con le lacrime agli occhi. Loro erano pronti ad accoglierti.

“Che fai qui?”

Per poco non urlò. Rap, sulla soglia della stanza, la fissava severamente, in attesa.

“ I- io ...” balbettò lei, una mano posata sul cuore dallo spavento “...niente. Rock mi ha detto che adesso posso venire qui.”

Rap inarcò le soppraciglia: ”Ah, davvero?!”

“Ha sbagliato a darmi il permesso?”

Lui rispose con un'alzata di spalle e andò a sedersi comodamente sul divano. “Puoi fare quello che vuoi, per quel che mi riguarda...”

Quasi si rallegrò di vederlo nuovamente così freddo e scostante. Era tornato, grazie al cielo!

Stava per sederglisi vicino, ma dati gli ultimi sconcertanti avvenimenti, perferì restare in piedi a debita distanza.

“E' bellissimo questo posto.” disse, lasciando che le proprie sensazioni si traformassero in parole “Era un regalo per Haylie?”

Rap si concesse qualche istante di silenzio: “...è stata un'idea di Marika. Ha fatto tutto da sola! Io e Rock volevamo aiutarla, ma lei a malapena ci permetteva di entrare. Aveva passato in rassegna ogni stanza di questa scuola. Tutti questi oggetti provengono dall'ala dove un tempo si trovava l'asilo nido. Lei li ha rimessi a nuovo e ha fatto tutto questo. Aveva un talento naturale!”

“Sapevate già che era una femminuccia...” constatò Elenora guardandosi intorno e indugiando sul colore delle pareti.

“In verità no. Marika però era certa che lo fosse. Diceva che era il suo istinto a dirglielo. Mi ricordo che Heavy la prendeva semrpe in giro, immaginando la situazione che si sarebbe creata se poi fosse nato un maschio.”

“Come, non lo sapevi? L'istinto di una mamma non sbaglia mai!”

Un sorriso sincero illuminò il volto di Rap :”Già...!”

Il discorso parve concludersi lì, ma il ragazzo alzò un braccio andando ad indicare qualcosa sopra di lei.

“Lassù...guarda!”

Eleanor si voltò e notò che c'era un punto in cima alla parete che non era ancora stato tinteggiato di rosa.

“Non ha fatto in tempo a finire … Heavy e Metal mi hanno detto che aveva ancora il pennello in mano quando ha cominciato a stare male. E' stata qui dentro fino all'ultimo giorno...”

La tristezza prese il possesso dello sguardo di Rap: “All'ospedale le avevo promesso che l'avremmo finito insieme...”

Eleanor trattenne il fiato quando lo vide serrare gli occhi e i pugni. In quel momento le fece una pena pazzesca.

Oh, al diavolo! Pensò, andando a sederglisi di fianco, dimenticandosi automaticamente di ciò che era successo fra loro poche ore prima.

Senza minimamente pensare agli effetti che quel gesto avrebbe avuto su di lui, gli posò una mano sul ginocchio.

“Rap, te l'ho già ripetuto tante volte, ma a quanto pare non ti è ancora entrato in quella zucca vuota che ti ritrovi! Ciò che è successo non è stata colpa tua! Non puoi continuare a torturarti a questo modo.”

Rap non la guardò mai, sembrava diventato di pietra mentre fissava il vuoto davanti a sé.

Mi avrà sentito?

Eleanor si sporse per poterlo guardare dritto negli occhi e lui parve ridestarsi. “E' – stato- un – dannatissimo - incidente!” esclamò scandendo ogni singola parola.

Lui chiuse nuovamente gli occhi e, incredibilmente, una lacrima solitaria vinse la sua  tipica freddezza.

“...Rap... “ quel nome le sfuggì dalle labbra senza che lei volesse, in maniera dolce e comprensiva. Eppure qualcosa dentro di lei le suggeriva che lui aveva bisogno di sentirsi chiamare a quel modo. “...Non fare così. Non te lo meriti.”

I suoi occhi neri come l'inchiostro furono di nuovo immersi nei suoi : “C'è il suo profumo.” disse senza preavviso “Questa stanza ne è impregnata. Gli altri non sembrano sentirlo, nemmeno Rock. C'è profumo di lei, per questo vengo sempre qui!... La sento vicina...”

Quanto avrebbe voluto piangere per lui, ma non poteva farlo. Doveva infondergli coraggio, non impietosirsi. 
Sentì il suo corpo muoversi da solo e lei lo lasciò fare. Non percepì alcuna maliza nel momento in cui si strinse il suo viso sul petto, come fosse un bambino. Poggiò la guancia sul suo capo e lui, dopo un attimo di smarrimento, le circondò i fianchi e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare.
Restarono così per un tempo indefinito, immobili, i loro respiri a fargli compagnia, i peluches e gli animaletti dipinti sulle pareti il loro pubblico.

“...Eleanor.” mormorò Rap ad un certo punto.

“Dimmi...”

Passò qualche infinito istante prima che lui ritrovò la forza per parlare: “... No, non importa.”

“No, dimmi pure... avanti!”

“Rovinerei tutto!”

“Rap, non farti pregare. Sentiti libero di dire tutto quello che vuoi!”

A quelle parole, lui si staccò da lei ed entrambi si sentirono improvvisamente soli. La guardò con intensità, gli occhi  più seri e determinati che mai. “Tutto quello che voglio?”

Lei lo guardò accigliata dalla confusione: “Si, certamente...”

“ … posso sentirmi libero anche di dirti che mi sono innamorato di te?”

***

Non ci posso credere!! Ho finito questo dannato capitolo!!!! Impossibile!
 Inutile dire che ringrazio ognuna di voi per aver resistito così a lungo. Siete proprio delle temerarie! XD Grazie, grazie davvero! Spero che sia piaciuto il capitolo... e voglio darvi un'anticipazione. Nel prossimo si scoprirà il vero nome di uno dei ragassuoli *.* perà non posso dirvi di chi  U.U *me taaaaanto cattiva. 

MWUAHAHAHAHHAHA!!!! 

Scusate se non ringrazio una per una le persone che hanno commentato il 20° capitolo e l'avviso che ho messo.... ho perso un attimo l'orientamento e non ci sto capendo più nulla con le recensioni. La prox volta non dimenticherò nessuna. Promise! ;) 

Ve l'ho già detto che vi adoro tutteeeeeeeee!!!!???? *_*  

Ok, ora vado! Alla prossima (che giuro, non sarà fra 6 mesi XD )

Ayleen


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Capitolo 22
*** Un nome ***


Eccomi qui, gente! Avete visto che stavolta ho aggiornato? Ce l'avevate paura, eh!?!?!? Tranquille, ve l'ho detto! Sono tornata attiva al 100% U.U 
Allora devo avvertirvi che in questo capitolo succedono...beh, un bel po' di cose. Non sconvolgetevi troppo, ma so già che qualcuna mi minaccerà di morte ç_ç .... eheehhehe ^^ ' aiuto... =.= 

Cooooomunque, volevo però dire una cosuccia . Vi ricordate quando avevo accennato al passato di Rap?? Era nel Capitolo 19 "Comincia per A". Era un piccolo accenno alla sua infanzia e alla sua famiglia. Allora ho lasciato molte parentesi aperte in vista di QUESTO capitolo. Beh, siccome (mea culpa ) sono stata per mesi senza aggiornare è molto probabile che non ve lo ricordiate.... qui, la faccenda è questa. Se non ricordate quella parte, non capirete il finale di questo chap. ^^. Ora potete scegliere se leggervi il capitolo e poi andarvi a rinfrescare la memoria sul 19, oppure il contario. Leggere prima la parte concernente il passato di Rap e poi tornare qui. Personalmente, preferisco la prima scelta. Credo abbia più l'effetto sorpresa.. ^^ Cmq, fate come preferite. Poi magari avete una memoria di ferro e vi ricordate tutto ciò che ho scritto ehehehhe =) . 

Vabbè, ci vediamo in fondo..... e niente panico! XD

CAPITOLO VENTIDUE

Un nome


Mary-Bell non aveva mai pianto così tanto. Era senza fiato, rossa in viso, i suoi occhi erano ormai asciutti, ma gemiti disperati continuavano ancora a percuoterla.
Jules cercava inutilmente di calmarla, cullandola e accarezzandole il viso. Dylan, seduto al suo fianco, aveva lo sguardo perso, tra le mani l'ennesimo bicchiere di caffè, forse il trentesimo o giù di lì.
E Rock? Lui tentava di non ascoltare il pianto infinito di Mary-Bell. Ignorava il tormento silenzioso di suo fratello. Cercava in ogni modo di convincersi che al di là della porta che aveva di fronte non ci fossero i suoi genitori assieme al corpo senza vita di Sarah. Ma era inutile, oltre ai lamenti di Mary-Bell, lui poteva distinguere perfettamente anche quelli di sua madre.
Alla fine,l'avevano fatto! Chissà come, chissà dove, avevano trovato il coraggio necessario per spegnere quei macchinari... ma forse coraggio era la parola sbagliata. Era stata semplicemente follia. Un follia dovuta a dieci anni di sofferenze... si, ecco la parola esatta!
Eppure non si stava pentendo. Certo, aveva perso sua sorella, e questo sarebbe stato un dolore che mai l'avrebbe abbandonato, però il peso che da anni gravava sul suo cuore era sparito. Il senso di assoluta impotenza dinanzi quella tragedia, il dover vedere Sarah crescere su un letto d'ospedale, andarla a trovare ad ogni natale e compleanno, parlarle e non ricevere né una risposta né un piccolo cenno, non ricordare come fosse la sua voce, di che colore fossero i suoi occhi.. se nocciola, come quelli di sua madre, o verdi come quelli di suo padre. Nulla di tutto questo gli sarebbe mancato!
Si.... era stata la scelta giusta. Ci sarebbe voluto del tempo per riprendersi, ma era giusto così.
Un'ombra lo riscosse dai propri tormenti. Alzò gli occhi e si trovò davanti il visetto consumato dalla stanchezza e dalla disperazione di Mary-Bell che lo abbracciò senza dire nulla, cercando di trattenere i lamenti. Lui, con un sospiro, non potè fare a meno che stringerla a sé a sua volta.

“...Starà bene, vero?” gli domandò con la voce spezzata dal pianto. “Ovunque sia adesso... lei starà bene?”

Gli occhi cominciarono a bruciare, la gola si serrò fino a rendere il semplice respirare un'impresa titanica. Tuttavia, Rock non si lasciò vincere dalle lacrime. In quello era sempre stato piuttosto bravo. Strinse più forte la sua sorellina, nel vano tentativo d'infonderle più coraggio possibile:

“Si! … starà benissimo. Anche meglio di noi!”

“Non sarà arrabbiata per quello che abbiamo fatto?”

Rock si stacco da lei e la guardò in faccia in modo severo :” Che cosa stai dicendo? “

“...l'abbiamo uccisa.”

“Mary-Bell...ascoltami. Se c'è una persona con cui Sarah sarà arrabbiata, quella sono io. Non tu, né chiunque altro! Sono io l'unico responsabile.”

“Piantala di sparare cazzate!” la voce di Jules giunse secca e irritata “Non voglio più sentirti dire certe cose! Non è stata colpa tua! E' stato un incidente.”

“No, non è vero. E tu lo sai!”

Jules scoppiò in una risara quasi isterica: “Non vuoi proprio capire? … Quel giorno, mamma e papà avevano chiesto a me di fare da baby-sitter a Sarah e Mary-Bell, ma io non volevo farlo e m'inventai la scusa di dover andare a studiare da un'amica, quando invece andai con lei al centro commerciale a comprare l'ennesimo paio di scarpe che non mi serviva ! “

Rock stava per ribattere, ma Dylan riemerse miracolosamente dal suo silenzio: “Sono colpevole anch'io... lo avevano chiesto anche a me. Ma mi ero rifiutato... non ricordo nemmeno cosa avessi di meglio da fare quel giorno e spero di non ricordarmelo mai!”

“Capisci..?” riprese Jules, con gli occhi velati di lacrime “... ero io la sorella maggiore! Era un mio dovere occuparmi di voi..di lei! Ma non l'ho fatto. Era una scocciatura per me, nient'altro. Se solo avessi avuto un pizzico di coscienza in più quel giorno, Sarah sarebbe qui e starebbe bene... E' stata colpa mia. Non tua! Eri un bambino, maledizione! ”

Rock comprendeva il loro dolore, così come il senso di colpa che da anni li tormentava, tuttavia quelle parole non gli portarono sollievo.

“... Mamma e papà non la pensano così.”

“Mamma e papà hanno solo avuto bisogno di qualcuno su cui scaricare tutta la loro frustrazione. E tu gliene hai data la possibilità per tutti questi anni, senza mai dire niente, senza mai provare a difenderti. Li hai lasciati fare e loro si sono sentiti meno colpevoli di quanto non fossero in realtà. Se mamma non è impazzita è solo grazie a te che le hai permesso di darti la colpa! ….si può dire che li hai salvati!”

Chissà? Magari aveva ragione lei? Ma come poteva ignorare il fatto che se, quel maledetto giorno, si fosse voltato un secondo prima, si sarebbe accorto che Sarah si stava allontanando e l'avrebbe salvata prima che quell'auto la centrasse in pieno. Forse i suoi genitori avevano sbagliato a dargli una responsabilità così grande, ma era stato lui a decidere di andare al parco, era stato lui a dire a Sarah di starsene buona lì dove l'aveva lasciata ed era stato sempre lui a dimenticarsi della sua presenza.

“...Belle parole, Jules. Ti ringrazio davvero per il tentativo di scagionarmi, ma è inutile.”

“Scagionarti? Ti credi un criminale?”

Rock stava per rispondere che, sì, si sentiva un criminale. Un criminale della peggior specie. Non fece in tempo. La porta della stanzetta dove i suoi genitori erano rinchiusi da ore si aprì. Suo padre stava sostenendo sua madre che dava l'impressione di non riuscire più a reggersi sulle proprie gambe. SI lasciava trascinare come una bambola, gli occhi cerchiati da pronfonde occhiaie, il viso scavato. Aveva perso peso in quei giorni, quasi non aveva toccato cibo.
Voleva davvero andare da lei, aiutarla in qualche modo, ma non osava. Sua madre lo odiava, non lo considerava nemmeno più parte della famiglia. Se non fosse stato per i suoi fratelli che l'avevano avvertito dell'improvviso aggravamento delle condizioni di Sarah, lui sarebbe rimasto nella più totale ignoranza. Per loro due, lui era un ospite indesiderato. Un intruso, nulla più.
Mary-Bell circondò la vita della mamma con le braccia e ricominciò a piangere disperata, ma lei nemmeno la considerò. Probabilmente era troppo turbata per accorgersi davvero della sua presenza.
Suo padre la aiutò a sedersi su una delle poltroncine e chiese a Dylan di andare a prendere qualcosa da bere. Rock si stupì che non l'avesse chiesto a lui. In genere, ogni scusa era buona per allontanarlo.
Rimase immobile, in piedi in mezzo al corridoio. Un muro invisibile ed invalicabile lo separava dalla sua famiglia. Le sue due sorelle e suo padre parlavano a sua madre sottovoce, tentando di confortarla. Nessuno badava a lui.
Il dubbio di aver fatto uno sbaglio a recarsi lì, s'insinuò prepotentemente in lui. Ma poi, pensò a Sarah. Era venuto per lei, non per loro.
Eppure vedere sua madre in quelle condizioni gli fece uno strano effetto. Era sempre stata una bella donna. Alta, longilinea, sempre ben curata, la vecchiaia non l'aveva ancora raggiunta...fino ad ora.
Si, perchè pareva invecchiata di dieci anni in un giorno. Ecco come gli appariva. Era lontana anni luce dalla donna che tutti i papà guardavano segretamente quando andava a prendere lui e Dylan a scuola. Provò una gran pena per lei.
Anche suo padre appariva esausto e svuotato di ogni sensazione positiva, ma stava cercando di essere forte, per sua moglie, per i figli e sì, anche per sé stesso. Tuttavia, nemmeno lui lo degnò mai di un solo sguardo.
Rock non se ne stupì più di tanto. Era abituato a quelle plateali manifestazioni d'indifferenza, eppure aveva sperato che almeno in un ambito doloroso come quello, le cose avessero potuto cambiare. Non pretendeva il loro perdono. Solo uno sguardo.... niente più. Dargli conferma che si ricordavano di avere un altro figlio. Era troppo concederglielo?
Non sapeva cosa lo stesse trattenendo dal non andarsene, probabilmente quel corpicino senza vita dall'altra parte della parete, ma per qualche terribile istante l'istinto di scappare via fu sul punto di vincerlo. Se l'avesse fatto nessuno se ne sarebbe accorto, tranne forse i suoi fratelli.
Si appoggiò stancamente alla parete e attese qualcosa che nemmeno lui sapeva definire. Che sua madre uscisse da quello stato catatonico? Che Mary-Bell smettesse di piangere? Che gli fosse concesso di salutare Sarah? ...non lo sapeva. Chiuse gli occhi e desiderò con tutte le sue forze essere altrove, con chiunque altro. Con Eleanor magari. Quasi gli sembrò di percepire le sue mani stringere la sua, come lei faceva ogni volta che lo vedeva giù di morale. SI era abituato così tanto ad averla intorno, che ora starle lontano per così tanto tempo stava diventando davvero una tortura.
Avrebbe davvero voluto portare anche lei. Le sarebbe stata di grande conforto, ma non voleva assolutamente che rivivesse il dolore della morte di Evan attraverso Sarah. In fondo erano finiti sul letto di morte per la stessa causa: una maledetta auto fuori controllo.
All'improvviso, qualcosa lo riportò coi piedi per terra. Qualcosa gli aveva afferrato un braccio. SI voltò e gli si mozzò il respiro nel ritrovarsi specchiato negli occhi nocciola della donna che lo aveva messo al mondo. Aveva lo stesso sguardo angosciato del giorno in cui era arrivata di corsa sul luogo dove Sarah era stata investita. Rock ricordava fin troppo bene lo schiaffo carico di rabbia e disperazione che era seguito. Istintivamente, chiuse gli occhi e ne attese uno simile.
Ma le mani della donna si posarono dolcemente sul suo volto. Nessuno schiaffo lo raggiunse. Rock allora, aprì gli occhi e vide numerose lacrime scendere sulle sue guance. La guardò attonito, senza capire, finchè lei parlò:

“... Mi dispiace.”

Rock sgranò gli occhi, incredulo. Si stava scusando con lui? No... impossibile. Era lui che avrebbe dovuto scusarsi, implorare il suo perdono. Non lei!

“...scusami.”

Contiuò a scusarsi per parecchio, senza mai distogliere lo sguardo da lui. Rock non osava muoversi o dire nulla. Troppo grande era la sensazione di venire di nuovo toccato da lei.

“Puoi perdonarmi...? Lo puoi fare? “ domandò alla fine, con la morte negli occhi, terrorizzata da un possibile rifiuto.

Rock la fissò a lungo prima di rispondere, registrando nella sua mente ogni istante di quel momento. Sua madre si era ricordata di lui, gli stava chiedendo scusa, voleva rimediare a tutti quegli anni di silenzio... Stavolta non era sicuro di riuscire a vincere le lacrime. Chiuse per un attimo gli occhi per ricacciarle indietro.

“Si...” disse con un sospiro “...certo che si, mamma!”

Lei sorrise un attimo prima di scoppiare in un pianto liberatorio e lo abbracciò forte, come mai aveva fatto. Rock inspirò a fondo il suo profumo. Gli era mancano... quel delicato aroma di rosa che aveva il potere di calmarlo quando da piccolo faceva i capricci per qualcosa.
Ricambiò la stretta e si abbandonò completamente a lei, chiudendo gli occhi e assaporando quelle sensazioni che credeva dimenticate.
Poteva provare gioia in un momento come quello? Non gli sembrava giusto. In fondo, era appena morta sua sorella. Non avrebbe dovuto sentirsi così. Ma quando suo padre prese il posto di sua madre, allora decide di concedersi quegli attimi di felicità assoluta.

“Scusaci, figliolo!” disse l'uomo che non aveva tentato in alcun modo di fermarlo il giorno che aveva deciso di andarsene di casa. “Siamo imperdonabili... non avevamo il diritto di accusarti di niente!”

“Non preoccuparti, papà... per quel che mi riguarda, è tutto passato!”

Suo padre sciolse l'abbraccio e gli diede una pacca sulle spalle, sorridendogli grato. Sua madre si frappose tra loro due e lo fissò intensamente:

“Ascoltami!” fece, posandogli una mano su una guancia. “...è stata quell'auto ad uccidere Sarah, non tu!”

Si trovò di nuovo a combattere con le lacrime. Non voleva piangere, non doveva. Quel giorno aveva già visto troppe persone farlo, non voleva aggiungersi all'elenco. Si limitò ad annuire, chiudendo gli occhi. Ma nel momento in cui le palpebre gli si abbassarono, le immagini che da dieci anni lo tormentavano si proiettarono nella sua mente: il rumore della frenata, lo schianto, le urla dei passanti, il corpicino di Sarah sull'asfalto immerso in un lago sempre più grande di sangue, il cagnolino che lei aveva tentato di raggiungere che abbaiava freneticamente, spaventato da tutte quelle urla...

“Dillo!” esclamò sua madre, costringendolo a tornare al presente “Voglio che te ne convinca. Ripetilo!”

Gli ci volle un certo sforzo per ritrovare la forza per parlare, ma alla fine ebbe la meglio:

“...è stata... è stata quell'auto ad uccidere Sarah .”

Intravide i suoi fratelli dietro i suoi genitori. Osservavano la scena sorridendo, felici quanto lui. Jules piangeva dalla gioia. Aspettava di sentirgli dire quelle parole da anni.

E' stata quell'auto... è stata l'auto! Io non c'entro!

Continuò a ripeterselo per un numero imprecisato di volte, finchè il suo cuore non si alleggerì, finalmente libero da quell'insensato senso di colpa che per dieci anni si era divertito a braccarlo e torturarlo.

***


Rap e Eleanor si stavano scrutando da qualche minuto. Immobili, in assoluto silenzio. Inchiostro e oceano si sfidavano a chi per primo avrebbe ceduto. Ma il blu del mare non può nulla contro la prepotente invasione di tutto quel nero...

Sconfitta, Eleanor abbassò lo sguardo per prima. “Tu non sai quello che dici.”

“Dico solo ciò che sento... è un reato?”

“Non puoi innamorarti di me, Rap!” esclamò lei, irritata “Non ha senso. Lo sai bene che non otterresti nulla. Io non ….non posso ricambiarti e tu lo sai!”

“Ti ho per caso chiesto di farlo?”

Eleanor lo guardò basita. Non lo capiva. Per quanto si sforzasse non riusciva proprio a capire quel ragazzo. Non lo avrebbe mai capito!

“...cosa?”

“Io non pretendo che tu ricambi i miei sentimenti! Tu ami Rock, lo so benissimo. Basta osservare il modo in cui lo guardi per capirlo. Non mi metterei mai fra voi due!”

“ E allora perchè mi dici queste cose? Ti rendi conto di che assurdità sia?”

“...Volevo soltanto che tu lo sapessi. Ero stufo di tenerlo segreto. Stavo impazzendo! Mi dispiace che questo ti abbia scombussolata a tal punto!”

Eleanor spalancò la bocca incredula e la sua voce si alzò di parecchie ottave: “Scombussolata dici? Ah. No! Cosa te lo fa pensare? Prima ti comporti come se per te non fossi altro che un soprammobile, poi mi baci senza alcun preavviso non appena Rock esce di scena, mi confessi quanto Marika per te sia ancora importante, di quanto sei tuttora legato a lei, per poi cosa fare? Dichiarare candidamente di esserti innamorato di me, ma che non vuoi metterti fra me e Rock! Cosa diavolo ti fa pensare che io sia leggermente scombussolata? ” gli sputò addosso quelle parole con un tono piuttosto velenoso ed sarcastico, senza mai riprendere fiato.

Rap la osservò qualche istante, prima di scoppiare a ridere. Eleanor lo fissò esterrefatta, arrabbiandosi ancora di più.

“Oh, si! Ridiamo avanti! Ah ah ah ah! Ma come mi diverto! Sono proprio felice di essere riuscita finalmente a farti ridere!”

“Sei a dir poco comica quando ti arrabbi!”

Eleanor incrociò le braccia e si voltò dall'altra parte, risentita. Tutto ciò non fece altro che intensificare le risa di Rap.

Ma che gli prende? Si domandò, seriamente confusa Non l'ho mai visto ridere così!

“Ok...Ok!” fece Rap, riconquistando un minimo di contegno “Lo ammetto. Non ho avuto molto tatto, in effetti.”

“Tu dici?”

“Scusami.... davvero “ dicendo ciò riacquistò lentamente la sua solita serietà, fissando la stoffa del divano “Però è vero quello che ho detto. Non pretendo nulla da te. Volevo solo metterti a conoscenza di ciò che provo. Non sentirti obbligata a fare nulla ….”

Eleanor continuò a fingersi arrabbiata per qualche minuto, finchè un pensiero non prese a vorticarle in testa.

“Rap...?” lo chiamò

Lui rialzò la testa per guardarla.

“Tu soffri a vedermi insieme a Rock?”

Lui non rispose immediatamente. Non sapeva di preciso cosa dirle, in verità. Moriva di gelosia ogni volta che Rock la sfiorava, ma cosa poteva farci?

“...credo sia inevitabile, no?”

“Possibile che tu riesca sempre a farti del male? Qualunque cosa succeda si ripercuote sempre su di te! Che cosa hai mai fatto per meritarti tutto questo?”

Rap si concesso un sorrisino amaro : “Credo sia una faccenda di dna … se nasci sfigato, muori sfigato. Non puoi cambiare questa tua condizione ….”

“Non mi va che tu soffra per una mia scelta!”

“Non comiciare di nuovo con questa tua mania del voler fare felici tutti! Te l'ho detto, è semplicemente inevitabile che qualcuno ci rimetta... sono pronto ad essere io quel qualcuno. Ci sono abituato!”

Eleanor sbuffò contrariata: “Io avrò anche il vizio di voler fare tutti felici, ma tu, mio caro, hai quello di autocommiserarti. Ti diverti un mondo a farlo, ammettilo!”

Rap alzò stancamente gli occhi su di lui. Stavolta non c'era più traccia di ironia nel suo sguardo:

“Che tu ci creda o no, non lo faccio apposta ...”

“Non è giusto! E' sbagliato che tu ti sia innamorato di me... te ne rendi conto, spero.”

“... forse. Ma non è una stata una scelta mia. E' successo... non posso farci niente!”

“Quindi tu saresti disposto a continuare ad amarmi, nonostante io sia legata a Rock e non possa in alcun modo ricambiarti? Saresti disposto a sopportare tutto questo? A guardarmi da lontano mentre trascorro i miei giorni al fianco di un altro ragazzo?”

Lo sguardo di Rap si fece di colpo più remissivo, tanto da riuscire quasi ad intenerirla. 

“Si...” mormorò senza guardarla “... si, lo farei. Perchè comunque saprei che al suo fianco tu saresti felice, che lui è il meglio che ti meriti, che è tutto ciò che io non posso essere! Rock ti merita molto più di quanto ti meriti io, su questo non c'è alcun dubbio. Per questo sarei disposto a guardarti da lontano...”

Eleanor si sentì sopraffatta da qualcosa più grande di lei... Rap le aveva aperto il suo cuore. Era sempre stata convinta di trovarci tanta rabbia, rancore, tristezza, e invece era ricolmo di amore. Amore per lei! Era pronto a sacrificarsi per la sua felicità. Allora era proprio la verità. Lui non avrebbe mai provato a separarla da Rock. Non voleva perchè questo le avrebbe causato troppo dolore... era così assurdo! ….Così … dolce!
Non credeva che Rap potesse amare in maniera così irrazionale! Una volta Rock le aveva confessato che non era certo che Rap fosse a conoscenza della sua relazione con Marika, perlomeno i primi tempi in cui loro due passavano le notti insieme. Ora non aveva più dubbi: Rap aveva sempre saputo ogni cosa. Sin dalla prima volta in cui lei e Rock si erano scambiati il loro primo bacio. Sapeva tutto ma aveva fatto finta di niente per non turbare lei! Per non rovinare la sua felicità.
Poteva una persona che aveva sempre creduto egoista, fredda e menefreghista possedere un tale altruismo?
Era rimasta senza parole. Non sapeva davvero cosa fare o dire... lasciò che l'istinto la guidasse. Posò una mano sulla guancia di Rap, che la guardò confuso, poi, senza dargli il tempo di fare domande, posò le sue labbra su quelle di lui. Strano come combaciassero perfettamente con le sue...!
Non fu un bacio casto come quello che si erano scambiati in palestra. Stavolta lei non gli negò di esplorare la sua bocca e ricambiò ogni suo gesto, lasciandosi trasportare da una passione irresistibile.
Quando si separarono, avevano entrambi il fiato corto. Rap poggiò la fronte su quella di lei, prendendole il viso tra le mani e la baciò ancora. Lei non si mosse., ma anzi, assecondò i suoi movimenti fino a che uno sprazzo di razionalità non la portò a pensare a ciò che stava realmente facendo.

Merda, Eleanor! Cosa stai combinando? Sei impazzita!

Si staccò subitò da Rap, sentendosi sporca e colpevole come non mai. Si portò una mano alla bocca e provò un'immensa vergogna : 

“...Oh mio Dio ...” mormorò flebilmente. “ ...Cosa accidenti sto facendo?....”

Rap la fissava ancora scosso da quanto successo. Eleanor intravide un barlume di speranza nei suoi occhi e si sentì ancora più a disagio. L'ultima cosa che voleva era illuderlo... cosa che però, aveva appena fatto!

“Scusa... “ disse in un sussurro prima di alzarsi in piedi “...Mi dispiace!” detto ciò, scappò via lasciando Rap solo e ancora più coinvolto dai suoi stessi sentimenti di quanto già non fosse.

...Cazzo! Pensò lui, tra sé e sé ...Stavolta Rock mi ammazza sul serio!


***


Una settimana trascorse nell'indifferenza più totale. I due ragazzi non si rivolsero più un solo sguardo.
Eleanor non era più riuscita a guardarlo in faccia senza provare un'infinita vergogna. Rap aveva paura che il suo sentimento s'intensificasse troppo se solo le si fosse avvicinato ancora.
La situazione risultava pesante per entrambi, ma nessuno dei due dimostrò di voler cedere. L'ignorarsi a quel modo era un comportamento da ragazzini, lo sapevano bene, ma per quanto si sforzassero non erano pronti per affrontarsi di nuovo.
Senza considerare che Eleanor non riusciva più a guardare Rap senza sentirsi terribilmente colpevole nei confronti di Rock. Lo aveva tradito! Come aveva potuto? Dopo tutto quello che lui aveva fatto per lei; dopo che l'aveva strappata a quell'inferno che era la sua vecchia vita; dopo che le aveva fatto comprendere che l'amore non doveva farle paura.... che razza di persona era? La sua carne era davvero così debole? … forse erano i residui del suo vecchio lavoro. Qualcosa le era rimasto di quelle notti da incubo trascorse sul marciapiede e in macchina con sconosciuti... Era una poco di buono. Ecco tutto! Non era fatta per stare con una sola persona...
Rock non la meritava!
Una nota positiva in quei giorni tuttavia si presentò. L'occasione per distrarsi da tutti quei veneggiamenti fu il lavoro che Eleanor aveva trovato in quella tavola calda vicina al parco.
Era felice di tornare finalmente indipendente, di non dover più vivere alle spalle dei ragazzi. E, anche se per il momento il discorso “Haylie” non era più stato toccato, il suo piano aveva cominciato a prendere forma: Lei e Rock avrebbero cominciato a risparmiare, forse ne avrebbero parlato anche con Heavy e Metal, si sarebbero dati da fare per trovare una casa decente e poi avrebbero mosso mari e monti per adottare Haylie. Tutto ad insaputa di Rap.
Erano certi che una volta messo davanti al fatto di essere padre, non avrebbe avuto la forza di rifiutare di prendersi cura di Haylie. Se non altro, l'avrebbe fatto per Marika … Si, Eleanor era piuttosto positiva su questo punto!
Erano quattro giorni che aveva cominciato a lavorare e ne era davvero entusiasta. Non gli pesava come aveva immaginato, si poteva dire che si divertiva. La sua datrice era la donna più gentile che avesse mai incontrato. Aveva due figlie che l'aiutavano nel locale; Amber e Nicole. Loro ed Eleanor fecero subito amicizia. Era strano avere amiche femmine. Eleanor non ne aveva mai avute... tutte quelle che aveva conosciuto la trattavano con straffottenza, forse gelose del suo aspetto fisico. Ma Amber e Nicole no! Non avevano fatto commenti sul suo aspetto, né domande sul suo passato o sulla sua vita privata . Parlavano semplicemente delle cose più futili che potessero trovare: programmi in tv, gossip, vestiti, attori, musica... tanta musica. Avevano capito che Eleanor l'amava e il primo giorno, mentre era occupata a ripulire i tavoli poco dopo la chiusura, l'avevano sentita canticchiare, e da allora ogni momento libero era una scusa per obbligarla ad improvvisare dei piccoli concerti, cosa che lei faceva senza lamentarsi, ovviamente.
L'unica che aveva osato fare una domanda indiscreta, ma neanche troppo, era stata Amber. Tra le due era quella un po' più seria e pacata. Nicole invece era un agglomerato di energie! Forse era dovuto dalla differenza di età. Amber aveva superato i venticinque, mentre Nicole ne aveva appena diciotto.

“Dimmi un po', Eleanor...” le aveva chiesto Amber una sera “...non mi hai ancora detto se hai il ragazzo.” il sorrisino complice che era seguito le aveva fatto perdere del tutto quell'aria matura che la contraddistingueva dalla sorella. Eleanor aveva riso e poi, a grandi linee, le aveva parlato di Rock. Beh si, … molto a grandi linee.

Con il passare dei giorni, osservando le due ragazze, Eleanor si accorse di quanto poco avessero in comune. Prima di tutto i tratti fisici. Non si somigliavano per niente. Nicole era biondiccia e boccolata, Amber scura e liscia. Il primo giorno che si era recata lì e che loro si erano presentate come sorelle, Eleanor, molto malignamente, aveva pensato che la loro madre doveva aver avuto più di un uomo e che era impossibile che quelle due fossero figlie dello stesso padre. Poi, il pensiero di ciò che aveva combinato con Rap, la fece pentire. Anche se fosse stato così, lei non era poi molto diversa. Era soltanto riuscita a fermarsi prima che accadesse l'irrimediabile.
Tuttavia, quel dubbio continuava a mettere radici sempre più profonde nel suo cervello. Anche i loro occhi differivano. Gli uni verdi, gli altri scuri. Quelli di Amber in particolare, l'avevano colpita. Per qualche strana ragione le erano familiari. E non solo quelli. C'era qualcosa in lei, nei suoi lineamenti, nei suoi modi di fare che a volte le dava una fastidiosa sensazione di dejà-vu . L'unica spiegazione che trovò fu che quella dove viveva non era una città gigantesca e che, magari, le era capitato d'incontrarla per strada … non che questa possibilità la convincesse molto, ma era l'unica razionale.
Nella tarda serata del suo quarto giorno di lavoro, Elenor sentì il proprio cellulare nella tasca vibrare. Si trattava di un sms e quando lesse il mittente sorrise eccitata. A Nicole, che era al suo fianco a pulire il bancone, non sfuggì quel sorrisino beato e non si lasciò scappare l'occasione per divertirsi un po'. Diede una gomitata d'intesa ad Eleanor e ridacchiò:

“Chi è ?” le chiese con tono canzonatorio.

“ ...ehm... nessuno.”

“Ah si? Nessuno? Che strano nome! E' straniero, vero? Adoro i ragazzi stranieri!”

Eleanor scoppiò a ridere: “Nicole, piantala di dire scemenze!”

La bionda le fece eco con le risate, ma le lasciò comunque un po' di privacy. Eleanor aprì il messaggio e cercò di non mettersi a saltellare per il locale dalla gioia non appena lesse il contenuto.

Domani sera sarò a casa! Scusa se non ho chiamato ultimamente ma sono successe tante cose. Ti racconterò tutto!

Ti amo, Rock.

Rilesse quelle parole per un numero imprecisato di volte, soprattutto le ultime tre. Stava per tornare. Ancora 24 ore e avrebbe potuto riabbracciarlo. Dio, le sembrava trascorso un secolo, mentre in realtà non era passato nemmeno un mese. Si dimenticò anche di Rap. Nella sua mente adesso, c'era solo Rock. Il suo viso, i suoi baci, le sue carezze... tutto! Promise a sé stessa che mai più l'avrebbe fatto allontanare da lei.
Ancora un giorno. Un giorno soltanto e avrebbe potuto riaverlo tutto per sé... fare di nuovo l'amore con lui...

“Sta arrossendo, signorina Eleanor!” la prese in giro Nicole. “Il Signor Nessuno le ha forse detto qualcosa di poco ortodosso?”

Eleanor le diede un buffetto su una spalla, imbarazzata: “E piantala!”

Nicole scoppiò nuovamente a ridere, ma venne interrotta da Amber che apparve armata di secchio e bastone. Poveretta, avrebbe avuto il suo bel da fare con quel pavimento. Aveva piovuto per tutto il giorno e i clienti si erano guardati bene dal pulirsi le suole delle scarpe sullo zerbino all'ingresso : 

“Hei voi due! La finite di ocheggiare ?” Eleanor non era certa che il termine ocheggiare esistesse davvero, ma il significato era più che ovvio. Amber non amava molto sentirle ridacchiare. “Non siamo in pollaio!”

Loro due non se la presero. Amber era fatta così! Non lo diceva con cattiveria, le piaceva solo fare la parte della ragazza seria e matura. Il più delle volte ci riusciva, anche se ogni tanto pure lei cedeva al suo lato ocheggiante

“Scusi Generale!” la provocò sua sorella, senza però ottenere risposta.

“Eleanor,” la chiamò Amber “Mamma dice che puoi pure andare a casa. Chiudiamo noi!”

“Sicura?”

“Si si, tranquilla!”

“Va bene, grazie!”

Eleanor andò sul retro del locale, nello stanzino dove lei e le altre si cambiavano. Si stava mettendo il giubbotto quando le due sorelle si affacciarono sulla porta e la fissarono con un'aria furbetta che a lei non piacque per niente. Le fissò confusa:

“Che c'è?”

Loro due si scambiarono degli sguardi complici.

“Ti sei dimenticata di dirci qualcosa, per caso?” fece Amber, davvero molto lontana dalla sua aria da dura.

Eleanor alzò le spalle : “Non mi pare.”

Nicole le si avvicinò fino a trovarsi ad un palmo dal suo naso : “Non fare la furba. Ci avevi detto che il tuo ragazzo era via!”

“Infatti è così!”

“Allora chi è quel tipo appostato qua fuori che continua a sbirciare dentro ?”

Eleanor sgranò gli occhi e si perse un battito. Forse il messaggio di Rock era uno scherzo. Forse, lui era già tornato e le aveva fatto una sorpresa. Si, doveva essere così!
Senza badare alle altre due, afferrò la sua immancabile borsa nera e si precipitò verso l'uscita. Loro la inseguirono ridacchiando in modo molto, molto, molto ocheggiante.

“E' il Signor Nessuno! E' lui! Oh, ti prego fammelo conoscere!” fece Nicole tra le risa.

Arrivata davanti alla porta vetri però, Eleanor si fermò e una grande delusione l'assalì. Fuori, sul marciapiede, non c'era il suo Rock, bensì Rap. Stava appoggiato ad un lampione, proteggendosi dalla pioggia con un ombrello. In mano ne reggeva un altro, chiuso.

Sei venuto a prendermi?

Doveva ammettere che quel gesto le fece un piacere immenso. Non si era portata dietro l'ombrello e avrebbe rischiato di tornare a casa fradicia. D'accordo che le piaceva la pioggia, ma quella sera ce n'era troppa anche per i suoi standard.

“Quello non è il mio ragazzo!” riferì alle altre ragazze.

“Non è il signor Nessuno?”

“No. E' solo ...” Cosa? Che cosa è lui? “... è solo un mio amico.” decise infine.

Amber sbuffò:” Uff... tanta agitazione per nulla.” e sparì in cucina.

“Aaah, che delusione!” si lamentò Nicole.

Non appena la vide, Rap si avvicinò e lei aprì la porta.

“Quanto cavolo ci hai messo?” esordì lui, facendola inevitabilmente arrabbiare.

“Scusa tanto sai!? Non sapevo nemmeno che avessi in progetto di venire! La prossima volta, magari, avvertimi così non ti farò perdere tempo!”

Si fissarono in cagnesco per qualche istante, finchè si resero entrambi conto che si stavano finalmente rivolgendo la parola di nuovo.

“...Scusa!” esclamarono all'unisono.

Nicole rise all'interno del locale. Eleanor si voltò e la fulminò con lo sguardo, ma lei non si lasciò intimorire e si avvicinò.

“Ciao.” lo salutò senza alcun imbarazzo. Eleanor invidiava quella sua totale mancanza di timidezza. “Io sono Nicole. Scusa tutto questo trambusto ma pensavamo che tu fossi il Signor Nessuno. Vuoi entrare un attimo? Fuori fa un freddo cane!”

“Nicole, non rimbambirlo con le tue chiacchiere. Lo spaventi!” le urlò dietro Amber, dalla cucina.

La ragazza bionda fece strada dirigendosi verso il bancone del bar. Rap lanciò un'occhiata stralunata ad Elenor : “Il Signor Nessuno?”

Eleanor le fece segno di lasciare perdere e lo trascinò dentro. Rap si sedette in uno degli sgabelli davanti al bancone ed Eleanor fece lo stesso.

“Vuoi qualcosa?” chiese Nicole, rivolta a Rap “Offre la casa!”

Rap inarcò le sopracciglia e la fissò per qualche istante. Capì da solo che l'unico modo per liberarsi di lei era assecondarla.

“Una birra, grazie!”

Nicole strinse gli occhi e lo studiò attentamente.

“Cosa c'è?” chiese Rap sempre più sconcertanto

“Sei maggiorenne, vero!?”

Eleanor si trattenne dal darsi una pacca sulla fronte, esasperata. “SI, Nicole!” esclamò scocciata “E' maggiorenne!”

“Hei, è mio dovere domandarlo!” si difese la biondina “Anzi, il fatto di non chiedergli i documenti va considerato come un trattamento di favore!”

“Beh, allora mi posso ritenere onorato!” disse Rap, stando al gioco.

Nicole si mise a trafficare tra gli scaffali e pochi secondi dopo gli verso da bere. “Scusami, come hai detto che ti chiami?” chiese poi.

Eleanor s'immobilizzò.

“Non l'ho detto!” rispose lui, tranquillo.

Proprio in quel momento tornò Amber, visibilmente alterata, brandendo una spazzola per i piatti in mano :”Maledizione Nicole! Ti sembra di aver pulito come si deve la friggitrice!? Se la vede la mamma te la fa pulire con la lingua!”

Nicole sbuffò e le rispose a tono, ma Eleanor non la sentì nemmeno. La sua attenzione venne catturata da Rap che, all'ingresso di Amber, si era improvvisamente alzato in piedi fissandola incredulo, senza nemmeno respirare.

“Rap...” lo chiamò sottovoce. “... Che ti prende?”

Anche le due sorelle si accorsero del suo strano comportamento e lo fissarono a loro volta. Fu a quel punto che Amber lasciò cadere la spazzola e smise di respirare pure lei..

Il ragazzo deglutì un paio di volte prima di ritrovare la forza per parlare : “ … A – Amber...” mormorò con voce spezzata.

“Vi conoscete?” domandarono in coro Eleanor e Nicole.

Nessuno dei due parve udirle. Erano troppo impegnati a scrutarsi. Amber si avvicinò di qualche passo per guardarlo meglio. Si portò le mani alla bocca e il suo corpo venne scosso da singhiozzi che stava tentando in ogni modo di trattenere.

“Oh mio Dio...” fece flebilmente, passandosi una mano fra i capelli e tremando dall'agitazione. “ … Lucas!”

***

Et voilà! Le chapitre est cet ci! mmmm.... la mia prof di francese avrebbe qualcosa da ridire su sta frase  ^^'
Comunque, come vi ho detto, se vi ricordate la parte riguardante il passato di Rap avrete senz'altro capito chi è Amber e cosa la lega a Rap... altrimenti, beh andatevi a rileggere il capitolo 19 o aspettate domenica prossima quando aggiornerò ^-^ uahuahuahuah! ...
Che ne dite del nome di Rap?? Personalmente è un nome che adoro *_*, ma magari non siete dello stesso avviso.
Rispondiamo alle recensioni del capitolo 21

MakyMay: in tutta franchezza preferirei venire uccisa lentamente da un bel vampirozzo.... U.U è uno delle mie perversioni, se così la possiamo definire. Cmq, ma come potrei dimenticarmi di te??? Purtroppo per te il nome non era Tobby, ma ti prometto che  lo userò per qualcuno o qualcosa....  =) alla prossima

Piccola Ketty: Oddio, ma grazie!! Troppo, troppo buona! ^///^ Sono contenta che la storia piaccia... hei ma la sai una cosa??? Come al solito, ogni volta che arriva un recensore nuovo io mi sento obbligata a farmi gli affari suoi sul suo profilo ed ho fatto una scoperta incredibile!! ABITIAMO NELLA STESSA CITTA'''!!! Sei zeneize come me, carissima!!! XD Che bello! eheheh, ora sei obbligata a recensire ogni capitolo che scriverò altrimenti vengo a cercarti MWUAHAUAUAUAU!!! No scherzo ^^.

Black S o u l    :  Ti sei innamorata di Rap??? Dovrai sgomitare per averlo, temo ^^. Spero di non averlo fatto cadere troppo nel sentimentalismo... ma gli ci voleva un attimo di dolcezza a sto ragazzo. E cmq, NON FARMI VENIRE STRANE IDEE!!! Hai detto di avere paura che non tutti arriveranno alla fine della storia! Io non ci avevo minimamente pensato... ma ora.... ci sono certe idee che mi stanno stuzzicando!! Ragazze!!!! Se uno dei pg principali muore è colpa di Black S o u l __ !!! XD

__Yuki__ : Grassssssie cara! Non preoccuparti! Anche una recensione piccolina va bene! =) Mi carica lo stesso!

Mana chan : lo so lo so.... mi starai uccidendo col pensiero. Voglio tranquillizzarti però.... non darò tempo al triangolo di formarsi. Farò succedere tante beeeeelle cose (ossia tragiche mwuauauauauau) che distrarranno troppo i nostri ragassuoli!  Il nome era quello di Rap. Ma fra poco rivelerò quello di Rock! Non manca tanto ! Sei sempre in tempo ad indovinare=)

giulietta cullen : la risposta di ELeanor c'è stata come hai visto.... beh, si ha peggiorato un po' la situazione ma è pur sempre un'adolescente vittima degli ormoni sù! Ha il diritto di fare qualche pazzia no?? ......ok, no!  ehehehe ! Far ripetere la storia??? Beh, gli elementi ci sono tutti ...chissà! MWUAUAUAUAUAUAU! =)

Black Lolita: E adesso la coppia Rap/Eleanor ti starà piacendo ancora di più immagino.... o forse no?!! Magari la parte su Rock ti ha fatto tornare dalla sua parte!??? MWUAUAUAUA fammi sapere carissima! Oddio mi hai fatto morire!!!!! XD "Il corpo imbalsamato di Marika" ahahahahahaha, mi chiedo come abbia fatto a non pensarci io!!! Sei un genio!!!! XD

Ok, ragazze! E' tutto! Ci vediamo la settimana prossima! =)
Stavolta non vi faccio spoiler perchè il prox capitolo mi condurrà alla morte, già lo so ç__ç . E già, sarà un capitolo leggermente....ma giusto LEGGERMENTE, triste. ^^ Però ho l'intenzione (per ora ....) di concludere con un lieto fine. QUindi contate fino a 10 prima di mandarmi accidenti e malocchi vari!  

Alla prossima ^_^

Ayleen

PS
Qualcuna di voi sta su facebook?!?!?!? Io ci sono! Se volete aggiungermi mi fa solo paicere =) Cercate "Chiara Verardi" Basta che sulla richiesta scriviate che siete di efp, ooooook!?!?
Ciao ciao


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Capitolo 23
*** Da lontano ***



Buongiorno a tutti! Prima che mi investiate, sappiate che il capitolo era già pronto ieri mattina. Ho provato per tutto il giorno ad aggiornare, ma l'html mi dava dei problemi.... ho provato di tutto, ma niente! Non voleva proprio collaborare =( boh! 

Comunque, l'altra volta vi avevo promesso un capitolo triste.... e invece no! L'ho fatto slittare al prossimo... dire che sono lunatica è un eufemismo XD ! QUesto è un capitoletto di transizione, diciamo. Dovevo sistemare le cose tra Rap e Amber, confondere ancora un po' Eleanor, torturare Rap, far tornare Rock ecc.. ecc... ! Spero non lo troviate noioso ^^' 

Ci vediamo alla fine! Bye

PS

scusate per eventuali errori di battitura. Non ho ancora risolto il problema con la correzione automatica che si è licenziata dal mio pc ç_ç

CAPITOLO VENTITRE

Da lontano


Incredibile quanti rumori potevano essere uditi quando tutti tacevano all'improvviso. Eleanor non aveva mai fatto caso al ronzio dei frigoriferi, al fragore dei piatti in lavastoviglie, alle auto che sfrecciavano in strada, allo scrosciare della pioggia sui vetri, ai bicchieri e alle bottiglie che tintinnavano leggermente quando davanti al locale passava un autobus... Rumori in genere occultati dalle loro voci. Adesso invece, sentiva muoversi ogni cosa che non fosse viva; fatta eccezione per i loro respiri, due dei quali risultavano più concitati ed affannati degli altri.
Rap e Amber si fissavano senza osare proferire parola. Sui loro volti era visibile ogni tipo di emozione: incredulità, felicità, sgomento, paura, rabbia, tristezza, gioia... tutto! La ragazza piangeva silenziosamente, lui si era come pietrificato.

“Ragazzi....” irruppè flebilmente Eleanor “... che sta succedendo?”

Le labbra di Rap tremarono appena : “....è mia sorella.”

“Cosa?!” esclamarono insieme Eleanor e Nicole, trapassandolo con lo sguardo.

“Dio mio …” esordì Amber, accennando qualche passo verso di lui, fino a trovarselo proprio di fronte. “...ma guardati! Sei... sei più alto di me!”

A quella constatazione sorrisero entrambi.

“Aspettate un attimo!” fece Eleanor, cercando di mettere ordine nella sua testa “ Ma se Amber è tua sorella, allora anche Nicole...”

“No.” rispose la ragazza bionda. “Io e Amber non siamo sorelle di sangue. Mamma l'ha adottata tanti anni fa...”

“ Tredici anni fa.” puntualizzò Amber

Rap lanciò uno sguardo ad Eleanor. Leggendo confusione sul suo viso, cominciò a spiegare : “Io e Amber siamo finiti in Istituto dopo che... beh, non importa come ci siamo finiti! Pochi mesi dopo Amber è stata adottata... io invece no! E' da allora che non ci vediamo.”

Eleanor non osò più aprire bocca. Non aveva mai saputo nulla su Rap, nulla che riguardasse la sua vita prima dell'entrata in scena di Marika. Rock le aveva accennato che il padre di Rap era un tipo violento, ma nulla più. Era stata proprio lei a non voler sapere altro. Ed ora, il passato di Rap stava venendo a galla proprio davanti ai suoi occhi.... anzi, non il passato di Rap. Il passato di Lucas!
Ecco qual era il suo nome. Si ritrovò a sorridere come un'idiota. Per quanto tempo aveva fantasticato su quale potesse essere il vero nome di Rap?
Assistere al ricongiungimento di due fratelli era uno spettacolo raro e commovente, ma lei e Nicole non c'entravano nulla in tutto questo.
Eleanor lanciò uno sguardo a Nicole prima di dire : “Immagino abbiate molto di cui parlare. Vi lasciamo un po' da soli … “
Si stupì davvero nel vedere l'occhiata carica di panico che le indirizzò Rap, ciò nonostante non si lasciò intenerire. Doveva chiarirsi da solo con Amber, quindi afferrò Nicole per un braccio e la trascinò sul retro.


***

Tredici anni.
Tredici infiniti anni erano trascorsi dall'ultima volta che aveva guardato Amber negli occhi e ora, eccola di nuovo di fronte a lui. La prospettiva era cambiata. Ora la poteva osservare dall'alto in basso, cosa che mai avrebbe creduto possibile.
Gli tornò alla mente l'ultimo ricordo che aveva di loro due insieme: lei con un borsone stretto in mano, lui immobile in mezzo ad un corridoio con le guance bagnate, un frettoloso abbraccio e la promessa di un ritorno …
Per quanto tempo l'aveva aspettata? Per quanto poi l'aveva cercata, una volta uscito dall'istituto? Alla fine si era convinto che si fosse scordata di lui e aveva rinunciato.
Un singhiozzo lo riportò al presente. Amber era scoppiata di nuovo in lacrime. Anche l'ultima volta che si erano visti stava piangendo, ma questa volta era lui ad essere impassibile. Non sapeva nemmeno come reagire all'aver ritrovato la sua unica sorella. Non era preparato a vivere un'esperienza simile, non sapeva se avrebbe dovuto esserne felice o rammaricato. In fondo lei lo aveva abbandonato. Gli aveva promesso che sarebbe tornata a prenderlo, lasciandolo annegare in vane speranze per anni. Gli aveva mentito! Per quale motivo avrebbe dovuto essere felice di averla ritrovata?
Amber lo abbracciò d'un tratto, senza mai smettere di piangere : 

“Oh, Lucas...” singhiozzò contro la sua spalla “...mi dispiace. Sapessi quanto mi dispiace! Io ho provato a tornare da te... devi credermi!”

Voleva dire qualcosa, davvero! Ma le parole erano come incastrate nella sua gola... e il suo corpo non sembrava voler rispondere a quell'abbraccio. Si sentì meschino, ma anche soddisfatto. La sua parte vendicativa godeva di quell'indifferenza , eppure quel forte legame che li aveva uniti quando erano piccoli, spingeva e punzecchiava insistentemente sul suo cuore. Come poteva ignorarla? Come?
Gli anni della sua infanzia presero a passargli davanti agli occhi, come un film. Era lei che lo vestiva e gli preparava da mangiare, era lei che lo aspettava all'uscita da scuola, sempre lei che gli permetteva di dormire nel suo letto quando i loro genitori litigavano furiosamente nella stanza accanto. Ed era stata proprio Amber a prendersi le botte al posto suo, il giorno che il loro padre aveva deciso di riversare la sua rabbia anche sui figli oltre che sulla moglie...
Gli aveva fatto da mamma oltre che da sorella. Come poteva fare finta che non gli importasse? No, non poteva.
Decise di dimenticarsi del suo orgoglio, della frustrazione che aveva accumulato ogni giorno trascorso all'istituto in attesa di un suo ritorno. Lei ora era lì. Cosa importava tutto il resto?
La abbracciò più stretta che potè, per paura che potesse dissolversi nel nulla.

“E' tutto ok...” mormorò, in un vago tentativo di farla smettere di piangere. 

Era sempre stato il contrario. Era lei in genere che consolava lui. Quello scambio di ruoli lo stava scombussolando.
Ci volle qualche minuto perchè lei si calmasse. Una volta che i suoi occhi furono asciutti, si staccò dal fratello e lo trascinò verso uno dei tavoli. Si sedettero uno di fronte all'altra:

“Devi raccontarmi tutto!”

“Tutto cosa?”

“Tutto ciò che hai combinato in questi anni. Voglio sapere ogni cosa, anche il dettaglio più insignificante!”

Rap si mise inevitabilmente sulla difensiva. No, non poteva dirle proprio tutto. Era fuori questione.

“Ti annoieresti e basta.” disse, cercando di apparire il più tranquillo possibile.

“No invece. Ho passato ogni giorno a chiedermi cosa tu stessi facendo. Ti prego...”

Non era capace di dirle di no, ma era consapevole che non avrebbe mai trovato il coraggio di raccontarle quegli spiacevoli aneddoti che avevano reso la sua vita degli ultimi anni un vero inferno.

Omettere la verità può essere considerato mentire?

Preferì non cercare una risposta.
Vedendolo in difficoltà, Amber andò in suo soccorso.

“Sei stato adottato?” lo chiese con una certa sicurezza. Sembrava davvero convinta che anche lui avesse trovato una nuova famiglia degna di questo nome.

Piuttosto semplice come prima domanda: “...no.”

La delusione le sfigurò il volto sorridente: “No...? “

“Beh.... diciamo che non avevo esattamente l'aspetto del bimbo tenero e carino bisognoso di affetto. Non piacevo molto alle coppie che venivano a visitare l'orfanotrofio... ero sempre arrabbiato, nervoso...”

Rivide le lacrime affacciarsi nuovamente dai suoi occhi, quindi si affrettò a tranquillizzarla: “Ma non mi è dispiaciuto! Non volevo una nuova famiglia. Stavo bene così, sul serio... Poi avevo trovato il modo per uscire di nascosto e me ne andavo sempre in giro. Mi sono divertito in fondo...”

“...e cosa hai fatto una volta uscito?”

Rap, tornò sulla difensiva. Maledizione! Non le andava di mentirle, ma cos'altro avrebbe potuto fare?

“Nulla di particolare. Mi sono trovato un lavoro e un appartemento dove stare.”

“Da solo?”

“...con... con due amici.” Non avrebbe detto altro. Non avrebbe parlato di quel periodo, di quando lui, Marika e Rock avevano vissuto assieme. No... non l'avrebbe fatto. Nemmeno sotto tortura. Per evitare che lei facesse altre domande, continuò a parlare “Ma ora, ci siamo spostati. Abitiamo in periferia, assieme ad Eleanor ed altri due ragazzi. Ce la caviamo abbastanza bene... “

“Hai una ragazza?” Cavolo, non ricordava che Amber fosse così petulante, anche se da piccola non aveva avuto molte occasioni per dimostrarlo...

“...l'avevo. “ Pessima scelta di parole. Questo avrebbe portato ad ulteriori domande inopportune.

SI aspettava infatti che Amber cominciasse a chiedergli di lei, come si chiamasse, perchè si fossero lasciati, ma invece non accadde. Lei gli sorrise comprensiva e mise in bella vista il dorso della sua mano destra, dove faceva mostra di sé un anello d'argento con incastonati tre piccoli brillanti.

“Guarda un po' qui!” esclamò entusiasta.

Rap non capì subito, ma alla fine i neuroni tornarono a vorticargli in testa :” E'... è un anello di fidanzamento quello?”

Amber annuì sorridendo da orecchio a orecchio : “Si! Indovinato! Mi sposo a settembre!”

...Cazzo!

“....cosa?” gli sfuggì inevitabilmente dalle labbra aperte dallo stupore.

“Ho detto che mi sposo, Lucas! Non sei felice per me?”

Felice? Era felice ? Difficile a dirsi.

“I-io... non lo so. Insomma...non so nemmeno chi sia lui...”

“Si chiama Samuel e fa il giornalista.” Comiciò a spiegargli lei. “E' sempre via per lavoro, ma ha promesso che dopo sposati non farà più l'inviato in giro per il mondo. Resterà alla redazione del giornale e ogni sera sarà a casa con me! Appena torna te lo farò conoscere!”

Non potè fare a meno di notare il luccichio che le ravvivava gli occhi. Sembrava così orgogliosa di questo Samuel... così devota a lui. Eppure, Rap non poteva fare a meno di preoccuparsi. Ricordava fin troppo bene la stessa devozione riflessa nello sguardo di sua madre...

“Sei certa di quello che fai, Amber?” domandò serio

Lei si accigliò: “...Certo! Lucas, lui è tutto quello che voglio. Perchè me lo chiedi?“

“E lo conosci abbastanza da essere sicura di voler passare il resto della tua vita con lui? Conosci ogni sfumatura del suo carattere...?”

A quel punto, lei capì. Allungò una mano, fino a coprire la sua, abbandonata sul tavolo e gli sorrise rassicurante: “Lucas... “ lo chiamò dolcemente “...Lui non è come papà.”

“Si beh... scommetto che anche mamma la pensava così!”

“Te lo dico io. Lui è gentile con me. Non ha mai alzato la voce, né tantomeno le mani. Quando è arrabbiato si limita a sbattere la porta e andare a fare quattro passi, poi torna e viene a chiedermi scusa. Non beve, perchè è astemio e dice che vuole una casa piena di bambini...”

Rap si lasciò sfuggire un sorrisino sarcastico: “Ma dai! Sembra finto da quanto è perfetto!”

“Oh, non è perfetto! Per niente. E' disordinato, non gli piace uscire la sera, mi costringe sempre a vedere film pieni di sangue e gente brutalmente assassinata, pretende che io conosca alla perfezione ogni regola di ogni sport esistente, è un vero incapace in cucina ed infine, è decisamente tirchio! Va meglio così?”

Rap ci pensò su un attimo. “...in effetti così sembra più umano.”

Amber ridacchiò, per poi tornare seria: “Lucas, ascolta... ho avuto il terrore degli uomini fino alla fine del liceo. Li evitavo come se avessero la peste. Nella mia scuola aveva pure cominciato a girare la voce che fossi lesbica e io non ho fatto nulla per difendermi, gliel'ho lasciato credere di proposito. I primi tempi avevo chiesto ad Annie, la mia mamma adottiva, di iscrivermi ad una scuola femminile, ma lei non poteva permettersi la retta di una scuola privata, così ho tenuto duro e ce l'ho fatta. Non posso temere gli uomini per sempre... non sono tutti come papà, grazie al cielo. Samuel non lo è, mi devi credere!”

Rap voleva crederle... davvero! Eppure non riusciva a fidarsi ciecamente di questo fantomatico Samuel. In fondo era un estraneo, magari la sua era apparenza. Anche suo padre era stato buono per i primi anni, ma poi era cambiato. Così, di colpo, senza preavviso.
Però, non se la sentiva di rovinare la gioia di Amber. Si promise semplicemente che l'avrebbe difesa ad ogni costo se questo Samuel si fosse dimostrato prepotente e irascibile anche solo per un secondo. Quasi si spaventò di quel pensiero, ma era pronto a far fuori pure lui se solo avesse osato farle del male.

“Ti credo.” le disse.

Lei gli sorrise amabilmente: “Grazie.”

“E' solo che...”

“Cosa?”

“Andiamo! L'ultima volta che ti ho vista portavi le trecce e avevi le lentiggini, e adesso mi dici candidamente che stai per sposarti? E' allucinante!”

Amber lo fissò accigliata per qualche istante, poi scoppiò a ridere.

“Non c'è proprio nulla da ridere!”

“Scusami. In effetti non hai tutti i torti! E io allora? Prima dovevo inginocchiarmi per guardarti negli occhi e ora sei tu a doverti abbassare!”

Risero entrambi per qualche sfuggevole istante, poi Rap lanciò un'occhiata all'orologio appeso al muro. Era molto tardi. 

“Devo andare adesso.”

“Oh no, per favore! Parliamo ancora! Ho così tante cose da dirti, e da chiederti! Non te ne andare.”

“Devo portare a casa Eleanor.”

“Ma scusa, non la sa la strada?”

“Non la lascio girare da sola a quest'ora di notte.” le spiegò lui, alzandosi in piedi.

Amber si colpì la fronte, dandosi della stupida: “Si, giusto. Però domani torni vero? “

Ma che domanda era? Ovvio che sarebbe tornato. Come poteva pensare il contrario?

“Ma si, certo!”

Amber lo abbracciò di nuovo, ancora una volta i suoi occhi lasciarono sgorgare qualche lacrima: “Ancora non ci credo che sei qui... “mormorò felice.

Sapendo che lei non avrebbe potuto vederlo, anche Rap sorrise: “Nemmeno io...”

***


“Non mi avevi detto di avere una sorella.” esclamò Eleanor sulla soglia della stanzetta di Haylie. Rap, sdraiato sul divano, si voltò appena, per poi sbuffare.

“Una volta questa camera era a mio uso esclusivo! Sarà il caso che faccia fare una chiave...”

“Piantala!”

Rap sospirò senza dire nulla. Nessuno dei due aveva parlato mentre erano tornati a casa, la sera prima. Per certi versi era assurdo. Di cose da dire e da spiegare ce ne sarebbero state davvero tante. Eleanor era stata davvero brava a resistere così tanto senza fargli domande. Rap era fiero di lei.

“Perchè mai avrei dovuto parlartene? Non la vedevo né sentivo da un sacco di anni... mi ero quasi dimenticato di lei.”

Eleanor s'inginocchiò accanto al divano: “Tu non dimentichi mai niente.”

Rap sorrise : “E' davvero frustrante non riuscire più a fregarti!”

Eleanor lo guardò vittoriosa e gli fece la linguaccia, lui alzò gli occhi al cielo e cominciò a raccontare: “La farò breve. Quando avevo cinque anni, l'azienda per la quale mio padre lavorava fallì. Lui perse il lavoro, cadde in una pesante depressione e si diede all'alcool. Maltrattava mia madre e poi cominciò a mettere le mani addosso anche a noi. La cosa andò avanti per anni, finchè anche mia madre cominciò a bere. Era Amber a prendersi cura di me. Se non fosse stato per lei io sarei...beh, morto di fame probabilmente, o chissà che altro. “

Rap provò a ignorare il fatto che il respiro di Eleanor gli stava solleticando senza volere l'orecchio, visto che i loro visi erano alla stessa altezza. Si concentrò sul racconto.

“Poi un giorno, mia madre non ce la fece più e si difese dalle botte di mio padre con un coltello da cucina. Lui morì, lei venne internata e noi due finimmo all'istituto. Pochi mesi dopo, Amber venne adottata, io invece no! Ecco tutto!”

Eleanor non fece commenti, ma Rap la sentì chiaramente trattenere il fiato più di una volta. Mentalmente, la ringraziò per non aver detto la consueta frase di rito “mi dispiace tanto”. L'aveva sentita fino ad averne la nausea, e l'ultima cosa che voleva era la sua pietà. Ragion per cui, l'adorò ancora di più quando lei cambiò totalmente discorso.

“E così... ti chiami Lucas, eh?!” lo chiese ridacchiando sommessamente.

“Così risulta dal mio certificato di nascita!” fece lui, pacato.

“Mi piace. Ti sta bene!”

“E' solo un nome, Eleanor...”

“E' il tuo nome! E' importante. “

“Gli animali non hanno l'usanza di darsi nomi e mi pare vivano lo stesso in pace e armonia col mondo.”

Eleanor scoppiò a ridere: “Ma loro non parlano. Non possono chiamarsi come facciano noi.”

“Uff... quanto sei precisina!”

Le risate della ragazza si intensificarono: “Rassegnati, d'ora in avanti ti chiamerò Lucas!”

L'occhiataccia che seguì la fece pentire di aver aperto bocca.

“No!” esclamò Rap, severo

“...perchè?”

“Mio padre ha scelto quel nome per me... io non lo voglio. Non voglio niente di suo. Devo già convivere con il fatto di somigliargli ogni volta che mi guardo allo specchio! Preferisco essere chiamato con uno stupido e ridicolo nomignolo, piuttosto che con il nome che lui ha scelto! Chiaro?”

Eleanor non potè recriminare di fronte a tanta rabbia repressa. “D'accordo...Rap!”

Lui parve tranquillizzarsi e tornò a fissare il soffitto.

“Non è incredibile?” fece Eleanor all'improvviso, tornata allegra.

“Che cosa?”

“Il fatto che tra tutti i posti in cui avrei potuto trovare lavoro, tra tutte le persone che avrei potuto conoscere, la mia strada si sia incrociata proprio con quella di tua sorella?”

Ha del miracoloso...

Possibile che gli toccasse ringraziarla ancora una volta? Quella ragazzina era un vero e proprio angelo. Nemmeno se ne rendeva conto, probabilmente. Gli aveva fatto dimenticare Marika, lo aveva fatto innamorare di nuovo quando si era ripromesso di non cadere più nella trappola dell'amore, gli aveva ricordato quanto divertente e liberatorio fosse ridere, aveva ritrovato Amber... cos'altro avrebbe potuto fare? Aprire le ali e mettersi a svolazzare per la stanza?

Tutto ciò che si sentì di fare fu darle un buffetto sulla fronte :”Tu... “ le disse serio “... Tu sei incredibile!”


***


Eleanor continuava a guardare l'orologio. Mancava poco alla chiusura e ogni minuto che passata, ogni secondo scandito da quell'arnese malefico, la faceva andare sempre più in fibrillazione. Nicole ridacchiava nel vederla così su di giri.

“Attenta a non fluttuare, Eleanor!”

“Ci sto provando!”

Ma era difficile. Terribilmente difficile! Rock sarebbe tornato entro un'oretta. Come poteva starsene tranquilla.

Respira, Eleanor! Non fare la ragazzina... sanno tutti che lo sei, ma non è una buona scusa per darlo a vedere in modo così plateale.

“Non ti fanno una certa tenerezza?” chiese Nicole, d'un tratto indicando Amber e Rap con un cenno del capo.

Si, aveva ragione. Erano davvero teneri. Non si erano separati un attimo per tutto il giorno. E avevano parlato, parlato, parlato e ancora parlato! Sembravano così felici.
Eleanor era davvero lieta di vedere Rap così contento. Era uno spettacolo più unico che raro. Amber le aveva fatto conoscere la sua madre adottiva, Annie. Eleanor adorava quella donna. Era di una dolcezza infinita, non negava un sorriso mai a nessuno. Non era difficile immaginare il perchè le sue due figlie le fossero così affezionate.

“Sono proprio felice per loro. Per Rap soprattutto.... se la merita un po' di serenità!”

Nicole la fissò stranita : “...Rap?”

“Ehm, volevo dire Lucas!” si corresse subito.

Dopo circa mezzora, il locale si svuotò e i nervi di Eleanor erano sempre più in subbuglio. Di nuovo, cominciò a torturare l'orologio con le sue occhiatacce.

“Eleanor!” la voce di Rap la fece sussultare. “Non è mandando occhiate omicide all'orologio che farai passare il tempo più velocemente!”

Lei fece finita di non averlo sentito e andò a cambiarsi tutta impettita. Sentì la risata di Rap raggiungerla e non potè fare a meno di sorridere mentalmente anche lei. Cominiciava a piacerle quel suo nuovo lato così allegro.
Una volta cambiata, andò a salutare le ragazze. Le trovò sedute assieme a Rap dal bancone del bar. Nicole pareva divertirsi un mondo. Beh... non che ci volesse molto a farla divertire.

“Io vado, ragazzi.” li avvisò.

“Stasera ti lascio in pace, ma domani voglio conoscere il Signor Nessuno! Me l'hai promesso!” si premunì di ricordarle Nicole, con aria minacciosa.

“D'accordo.”

Salutò Amber con la mano e lei ricambiò sorridendo. Poi si rivolse a Rap. Per qualche motivo si era fatto triste di colpo.

“Io resto ancora un po'. Ci vediamo a casa.” le disse, cercando di apparire sereno. Ma non lo era. Non lo era per niente. Eleanor aveva imparato a riconoscere le sue più svariate espressioni. “Salutami Rock.”

Fu come ricevere una doccia gelata, un pugno nello stomaco. Ecco spiegato l'arcano: Rock. Era piuttosto ovvio in effetti. Rap stava male ad immaginare che si sarebbero rivisti di lì a poco. Sarebbe potuta essere una giornata splendida per lui, ma lei gliel'aveva distrutta.

Ecco fatto! Mi sono rovinata la serata e l'ho rovinata a lui!

“Lo farò.” disse semplicemente, prima di vederlo voltarsi verso le due ragazze. Ripresero a chiacchierare come niente fosse ed Eleanor, quasi in punta di piedi, si diresse verso l'uscita.


***


Le faceva uno strano e spiacevole effetto stare appoggiata al muro di quel palazzo. Riportava alla mente tristi ricordi. Ogni volta che una macchina le sfrecciava davanti, lei si immobilizzava dalla paura.

Stai calma, Eleanor. Hai chiuso con quella vita!

Se lo ripetè svariate volte, fino a tranquillizzarsi del tutto e convincersi che nessuna auto si sarebbe più fermata per invitarla ad entrare.
Abbandonò la testa contro la parete e chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi.Tentativo pressochè inutile, quindi cominciò a camminare avanti e indietro con fare nervoso. 
Poi, dei passi leggeri, un paio di braccia che l'avvolgevano da dietro, delle labbra che le sfioravano l'orecchio e una voce fin troppo familiare le fecero toccare il cielo con un dito.

“Aspetta qualcuno, signorina?”

Eleanor si voltò all'istante, con il cuore che batteva all'impazzata e con il timore che le potesse esplodere, incapace di trattenere tutta quella felicità.
Potendosi finalmente di nuovo specchiare negli occhi del suo angelo, non riuscì a trattenersi dall'emettere un piccolo grido di gioia e saltargli al collo.

“Sei qui, sei qui, sei qui!!!” continuava a ripetere come un'ossessa.

La stretta di Rock si fece più ferrea. Affondò il viso tra i suoi capelli e inspirò:

“Dio, quanto mi sei mancata!” sussurrò, sollevandola leggermente da terra.

Eleanor rise e le prime lacrime cominciarono a farsi vedere. Lui se ne accorse e le raccolse con le labbra. 

“Non piangere...” sussurrò contro la sua guancia.

“Sono solo felice.” ammise lei, appropriandosi delle sue labbra.

In quel momento, tutto sparì. Come sempre, ogni qualvolta lo baciava. Non c'era più niente. Niente inquietanti ombre del passato, niente pensieri su Haylie, niente sensi di colpa nei confronti di Rap, niente Amber, niente Nicole... nessuno! Solo loro due! Anche l'aria sembrava farsi superflua.

“Sai che ti dico?” fece Rock quando ognuno aveva ripreso a respirare per sé. “Se è questo il tuo modo di accogliermi, vedrò di andarmene via più spesso.”

Eleanor s'imbronciò come una bambina, facendolo sghignazzare.

“Oh, no. Perfavore...” lo supplicò, sbattendo le ciglia e fingendosi triste. Si sentiva una sciocca a comportarsi così, ma con lui sapeva di poterselo concedere. “Se provi a sparire un'altra volta te la faccio pagare cara!” provò a minacciarlo, senza risultati se non una risata divertita.

“Lo spero bene!”

Seguì un altro bacio, ma questa volta Eleanor lo interruppe quasi subito, guadagnandosi un'occhiata confusa del suo angelo.

“Qualcosa non va?” le chiese.

Mio Dio, Eleanor! Vacci piano! Ti ricordi che le è appena morta una sorella?

Come aveva potuto scordarsene? Aveva pensato unicamente a sé stessa, dimenticandosi completamente del grave lutto familiare che Rock aveva appena subìto. Lui le era stato così vicino quando era morto Evan, si era preso così cura di lei, senza mai lasciarsi vincere dai suoi bisogni passionali... e lei invece?... si vergognò profondamente del suo comportamento.

“Mi dispiace così tanto per Sarah...” disse, seria e “... io non posso dire se ciò che avete deciso per lei è stato giusto o sbagliato, ma mi dispiace davvero. Non deve essere stato per niente facile, per te, per la tua famiglia...”

“Eleanor...”

“No, aspetta.” Lo zittì “Volevo solo dirti che... se hai voglia di sfogarti, se ti viene voglia di piangere, se ancora non lo hai fatto, se...” Rock le posò un dito sulle labbra, obbligandola a silenzio.

“Eleanor... “ la richiamò, sorridendole grato “Finchè mi stai accanto, posso superare qualunque cosa. Anche questa!”

Lei non disse nulla, si strinse forte a lui e, per la prima volta in vita sua, ringraziò una qualche entità divina per averli fatti incontrare.

...in fin dei conti, forse lassù c'è davvero qualcuno.

“Andiamo a casa.” le disse Rock, dopo averle baciato il capo.

Lei annuì e intrecciò le dita alle sue. “Andiamo.”


***


Doveva andarsene. Non poteva certo dormire dentro quel locale, ma la sola idea di tornare a casa gli faceva venirela nausea. Laggiù avrebbe trovato Eleanor tra le braccia di Rock. O magari, ancora peggio, avrebbe trovato la porta della loro stanza chiusa a chiave e loro due all'interno, di certo non a dormire... Gli veniva una gran voglia di spaccare qualcosa al pensiero di Eleanor e Rock insieme, dei loro corpi uniti ... di lei, soprattutto, il suo corpo nudo che si contorceva tra le lenzuola e le sue labbra che invocavano un nome che però, non sarebbe mai stato il suo.
Lui non l'avrebbe mai vista così. Non sarebbe mai stata sua in quel senso. E questo pensiero, questa certezza, faceva male. Dio, se faceva male!

“Lei ti piace, non è così?”

Rap alzò svogliatamente gli occhi su Nicole, in piedi dall'altra parte del bancone.

“Di che diavolo stai parlando?”

“Oh, si certo. Fai pure il finto tonto, ma sappi che non la dai a bere a nessuno!”

Rap si sforzò di non risponderle male. Non ci riuscì: “Non è l'ora di andare a dormire per le mocciose?”

Le guance di lei si gonfiarono all'istante : “Vai a farti fottere!”

Rap trattenne una risata. Sapeva che Nicole aveva diciotto anni, era stata Amber a dirglielo. Non era certo una mocciosa, però era divertente prenderla in giro.

“E tu fatti gli affari tuoi, intesi?”

Lei sbuffò risentita e fece per andarsene : “Con il caratteraccio che ti ritrovi, non mi sorprende che Eleanor non abbia scelto te! Sei a dir poco insopportabile!”

“Hei, così mi fai arrossire.”

Nicole si arrabbiò ancora di più e sparì sul retro, lasciandolo solo.

Doveva trovare la forza di tornarsene a casa. Sarebbe stato atroce, ma in fondo era abituato a vivere situazioni non proprio idilliache. Si sarebbe chiuso nella camera di Haylie. Si! Lì, si sperava, nessuno l'avrebbe disturbato e non sarebbe incappato in Rock e Eleanor che davano libero sfoggio del loro amore.
Si alzò in piedi, andò a salutare Amber in cucina e si decise ad uscire dal locale.
Doveva imparare a conviverci, in fondo. Doveva accettare il fatto che lui non avrebbe mai potuto prendere il posto di Rock nel cuore di Eleanor. Quella sera iniziava il suo addestramento! Doveva abituarsi, un passo alla volta, ad amarla da lontano. A godere della sua gioia, della sua compagnia, della sua presenza, ma nulla più. Aveva già ottenuto più di quanto avesse mai potuto immaginare: l'aveva baciata. E lei aveva baciato lui. Forse per compassione, ma l'aveva comunque fatto. Si sarebbe accontentato di quello. In fondo, anche se per pochi istanti, lei era stata anche sua. E fu con questa consapevolezza che capì di poterla affrontare.

***

Ebbene?? Noioso???? ....mmm, forse un pochino, ma mi rifarò giuro!^^'

Passo subito a ringraziare:

aurelia94 : SI, è lui!!! E' lui!!! I capelli sono troppo folti,  ma è lui! Un applauso!! =) Lieta che la mia descrizione sia stata così efficace.

Mana_chan: Sono felice che ti piaccia il nome Lucas, anche perchè coi nomi io sono un disastro e non ho per niente fantasia ^^'.Per quanto riguarda Sarah, io preferisco non pronunciarmi troppo su questo delicato argomento. SOno convinta che per capire davvero l'eutanasia, bisogna viverla in prima persona. Non si può fare da giudici esterni. Il nome di Rock sarà rivelato FORSE (e ho detto forse) nel prox capitolo =). E stai  tranquilla, per adesso non ho intenzione di immolare nessuno u.u

MakyMay: perchè il tuo nome era sottolineato in rosso???? O.O é una bella domanda. E' l'html che ha fatto tutto da solo. Io ci ho provato a farlo tornare blu, ma rimaneva rosso. XD boh!  Cmq, si, ho studiato e sto ancora studiando lingue, ma il più delle volte improvviso e me ne frego delle regole grammaticali :D. Contenta che ATobby è tornato?!?!?!?!?

Piccola Ketty : Sisisisisi, sono de zena. Nata a Genova Nervi, abitante in Santa Margherita ligure, ma perennemente in ZOna Principe^^, chiaro? Belin che travaggi! XD COmunque brava! La storia tra Amber e Rap l'hai capita =)

Rin Uchiha: tranquilla, per ora non ho intenzione di far morire nessuno! No no no no! .... Per ora! MWUAHAHAHAHAH!!!!.....no scherzo, arriveranno sani e salvi alla fine... credo!  Magari gli faccio saltare via qualche arto XD ahahahahah!  MMMM prestarti RAp, mi chiedi??? Nun lo zo... sono molto gelossssssa di lui u_u 

Ok, questo è tutto! Spero che domenica prossima, l'html collabori -.- ''' ....Ci vediamo. Come al solito, commenti graditissimi *-*

Ciaooooooooooooooooooooooo!!!

Ayleen

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Capitolo 24
*** Il crimine della passione ***


Buooooooooooon pomeriggio gente!!! Eccomi! Stavolta puntuale =)
hihihhihihi questo capitolo è probabilmente il più importante dell'intera storia e spero davvero di averlo reso al meglio! E' un po' lunghetto, spero non vi dispiaccia, ma se l'avessi diviso in due mi avreste trucidato, parola mia! u.u
Scusate la parentesi. Questo è un messaggio per Mana_chan: Carissimaaaaaaaaaa, c'è una sorpresa per te!!!! Una cosa che aspetti fin dal primo capitolo MWUAHAHAHAH! Chissà cos'è!?!?!? X°D

Ah, per la prima parte del capitolo, Eleanor canta una canzone ad un certo punto (era da tanto che non la facevo cantare , povera). Se avete voglia ascoltate l'originale, perchè rende molto. Qui c'è il link di youtube: http://www.youtube.com/watch?v=fjDojEOiMcE

SI tratta di "Everything" dei Lifehouse. E' una canzone molto dolce e struggente. Non si capisce se parla di un amore, di un'amicizia o chissà di che altro. Io ci ho letto un'amicizia molto profonda.
Ma ora basta!! Vi lascio alla lettura! Ci vediamo in fondo!

CAPITOLO VENTIQUATTRO

Il crimine della passione


Lentamente, con passo incerto e un groppo in gola sempre più fastidioso, Eleanor si avvicinò a quella lapide. Si era ripromessa che mai vi si sarebbe recata, incapace di affrontare di nuovo il dolore della perdita, e invece, eccola lì!
C'era una cosa che doveva fare. Sarebbe stata dura, ma sapeva che avrebbe potuto farcela!
Deglutì e sentì gli occhi cominciare a bruciare. Ma non avrebbe pianto. Avrebbe resistito in qualche modo.
Lesse il nome inciso sulla pietra e si morse il labbro inferiore. S'inginocchiò e sfogò il proprio dolore sui ciuffi d'erba che le accarezzavano le gambe.

“...Ciao, Evan...” mormorò, cercando di sorridere. 

Sentiva il proprio corpo sussultare ogni volta che provava a soffocare i singhiozzi che lottavano per uscire. 

“Scusami se mi faccio vedere solo adesso, ma lo sai come sono fatta. Detesto affrontare la realtà... sono una codarda.”

Un leggero vento si alzò all'improvviso e il suo cuore prese a battere all'impazzata. La brezza le accarezzò i capelli facendoli dibattere in aria, un brivido le percorse la schiena. La sensazione di non essere sola su quella collina si fece prepotente. Un sorriso sincero le illuminò il volto e una lacrima solitaria tracciò il proprio percorso sulla sua guancia. Forse era pazza sul serio, ma lo sentiva. Sentiva la sua presenza.

“...Qui va tutto bene.” disse, tentando di distrarsi per evitare che quella folle sensazione la soggiogasse. “Io e Rock non abbiamo più segreti, ci crederesti? Beh, forse non è totalmente esatto... non so ancora il suo nome, ma lui non me lo dirà mai. Vuole che sia io ad indovinarlo, il che accadrà praticamente mai!”

Senza accorgersene, una risata le sfuggì dalle labbra. “Ho trovato lavoro e mi sono fatta due amiche. Si, esatto. Hai capito bene. Due amiche femmine, lo avresti mai creduto possibile? Piacerebbero anche a te, Nicole soprattutto. E' sempre allegra, a volte anche troppo, proprio come lo eri tu...”

La voce le si affievolì sull'ultima parte della frase. Parlare di lui al passato faceva terribilmente male. Ancora una volta il suo corpo sussultò per trattenere il pianto. Stare in silenzio era difficile, così riprese a parlare.

“Ho fatto un po' di casino... come al solito, del resto! Il migliore amico di Rock ha detto di essersi innamorato di me e io, in un attimo di pura follia, l'ho illuso. Non è successo nulla d'irreparabile, è stato solo un bacio, ma io mi sento lo stesso uno schifo nei confronti suoi e di Rock, soprattutto... che situazione! “

Percepì il vento alzarsi di nuovo ed avvolgerla in un evanescente abbraccio. Chiuse gli occhi e lottò contro le lacrime. Questa volta perse miseramente.

“Mi manchi così tanto, Evan!” ammise, lasciandosi andare con sollievo a quel pianto che era riuscito finalmente a vincerla. “Ho un tale bisogno di te! Mi dimentico sempre che non ci sei più. E' assurdo! Ogni volta che mi succede qualcosa di spiacevole, mi viene d'istinto di correre da te o telefonarti... sono del tutto fuori di testa! Non ho ancora trovato il coraggio di andare a trovare Nathan. Non oso pensare a cosa stia passando... è solo! Dannatamente e irrimediabilmente solo! Dovrei andare da lui, cercare di confortarlo. Una vera amica agirebbe così,... ma non ce la faccio ad andare da lui, tornare a casa tua. Dio, non riesco nemmeno ad immaginare … varcare quella porta e non vederti venirmi incontro. E' inconcepibile! Penso che Nathan mi odi, a questo punto... così ha perso anche me, oltre che te. Credo che anche se andassi adesso da lui, non mi perdonerebbe il fatto di essermela data a gambe il giorno che ti hanno portato qui... Chissà, forse anche tu ce l'hai con me!”

Si asciugò le lacrime con la stoffa dei guanti che le tenevano al caldo le mani. “Comunque, volevo solo che sapessi che io... sto bene. Posso sopravvivere ai miei casini, ce la faccio, quindi non devi preoccuparti per me... ovunque tu sia. “

Istintivamente, alzò gli occhi al cielo, in quel momento tinto di colori pastello. Stava albeggiando.

“Se sono riuscita a venire qui oggi con le mie sole forze, credo di poter affrontare tutto! O quasi...”

Nonostante il freddo pungente, Eleanor si tolse la sciarpa e la legò attorno alla lapide, sotto al nome di Evan. Voleva lasciargli qualcosa di suo, ma in quel momento non aveva niente con sé di abbastanza prezioso... in realtà, di prezioso non aveva mai posseduto nulla. Quella sciarpa le ricordava gli inverni che avevano trascorso insieme, le passeggiate nel parco immerso nel bianco, le battaglie di palle di neve con Nathan.. C'era qualcosa di lui in quell'insignificante indumento. Qualcosa di loro due.
Cominciò a rabbrividire, non appena si fu liberata della sciarpa, ma non aveva importanza. Si strinse di più nella giacca e resistette.

“Ho un regalo per te!” affermò con un vago entusiamo, “... per il mio fan numero uno.” aggiunse con un sorriso “Una volta mi hai detto che ti piaceva questa canzone... spero perdonerai qualche stonatura. Mi ero ripromessa di non piangere, ma... sono una frana in queste cose, lo sai.”

Frettolosamente, si asciugò ancora le lacrime, prese un paio di respiri e cominciò a cantare:


“Find Me Here, Speak To Me
I want to feel you, I need to hear you
You are the light, That's leading me
To the place where I find peace again.
You are the strength, that keeps me walking.
You are the hope, that keeps me trusting.
You are the light to my soul.
You are my purpose...you're everything.”

Sull'ultima parola, la voce le s'incrinò, trasformandosi in una serie di singhiozzi impossibili da trattenere. Sentì le lacrime bagnarle il viso un'altra volta. Scendevano gelide sulle sue guance, lasciando profondi solchi e andando a morire sulle sue labbra. Tuttavia, Eleanor non demorse.


“How can I stand here with you, and not be moved by you?
Would you tell me how could it be any better than this?”

Non resistette oltre. Non era così forte. Bastò un attimo per farle versare ogni lacrima che ancora non aveva versato per Evan. Non aveva ancora davvero pianto per lui, non ne aveva mai avuta l'occasione. C'era sempre qualcuno con lei. Qualcuno che si preoccupava, che si sforzava di farla sorridere, di tirarle su il morale, di convincerla che la morte di Evan era stato solo un orrendo incubo. Ma ora era sola. Non c'era nessuno che temeva di vederla piangere e disperarsi, così si lasciò andare... e fu meraviglioso. Atroce, ma di un sollievo incredibile. Quale assurdo paradosso!
Perse la cognizione del tempo. Rimase lì, china su quella tomba fino a che non ebbe più lacrime.

“I – io … “ provò a dire, “... io non so se esiste davvero un Dio, ma se c'è e se tu sei con lui digli da parte mia che è crudele! Quante altre persone avrebbero potuto essere investite quella sera? Quanti criminali a piede libero che nessuno avrebbe mai rimpianto? Perchè è toccato proprio a te essere lì in quel preciso momento, in quell'esatto luogo? Perchè è toccato a te morire? A te, che ti meritavi di vivere una vita felice più di ogni altro? ...è ingiusto, è sbagliato e, per quanto mi sforzi, non lo riesco a capire!”

Il sole lentamente prese ad illuminare il prato di Meadow's Hill, brillante di brina. Il vento tornò a farsi sentire. Eleanor unì a coppa le mani davanti alla bocca e soffiò forte per cercare un po' di calore. Nonostante i guanti, non si sentiva più le dita.

“Adesso vado...” decise infine. “Fa un freddo cane e sto parlando da sola da circa un quarto d'ora. Che stupida! Tu non mi puoi sentire... però, è bello illudersi che possa essere possibile.”

Si alzò in piedi, scrollandosi la brina dai jeans e mise le mani in tasca. “Non so se tornerò. Magari più avanti. Non vorrei rimettermi a frignare come ho fatto oggi. Magari, se aspetto un po' il dolore passerà. Dicono che il tempo cancella tutto, non ci ho mai creduto granchè, ma proviamo...”
Si morse il labbro inferiore e ricacciò indietro le lacrime che di nuovo la stavano minacciando. Si costrinse a sorridere : “Addio, Evan … e scusa per il piagnisteo. Non era in programma. ...ti voglio bene. L'averti incontrato è stata senza ombra di dubbio la più grande fortuna della mia vita e non ti dimenticherò mai..... è un po' macabro da dire ma... ci vediamo! ”

Fu davvero dura voltare le spalle a quella lapide e allontanarsi. Una forza sconosciuta l'attirava in quel punto come una calamita, così si mise a correre, improvvisamente ansiosa di uscire da quel cimitero. Corse a perdifiato giù per il sentiero contornato dai salici, passò davanti alla piccola chiesa di legno e si ritrovò nel parco. Si fermò per riprendere fiato, appoggiandosi ad un albero.
Con la coda dell'occhio intravide qualcuno apparire al suo fianco, una mano le sfiorò un braccio. Lei si voltò. Rock la fissava preoccupato, ma non disse nulla.

“E' tutto ok!” esclamò lei, credendoci sul serio.

Si, era davvero tutto ok. Era riuscita a dire addio ad Evan, era riuscita a piangere per lui. Presto quel dolore immenso si sarebbe attenuato almeno un po'.
Rock le sorrise e le mise al collo la propria sciarpa, notando che lei non aveva più la sua. Non fece nulla per protestare, sapeva che sarebbe stato inutile, si limitò ad abbracciarlo.

“Grazie...”

… per tutto.


***


I giorni trascorsero veloci, animati da tanta e meritata gioia.
Eleanor era raggiante. Si era affezionata tantissimo ad Amber e Nicole, con le quali si scambiava confidenze che mai avrebbe rivelato a nessuno. Nulla sul suo passato, ovviamente. Erano perlopiù discorsi molto frivoli da ragazze. Discorsi che un tempo l'avrebbero imbarazzata da morire, ma che con loro si divertiva un mondo a discuterne. In quei momenti, perfino Amber si spogliava completamente della propria maturità. In pratica, adesso loro due conoscevano Rock quanto lo conosceva lei. Idem per quanto riguarda Samuel, il fidanzato di Amber. Invece Nicole sproloquiava su come avrebbe dovuto essere il suo uomo ideale che, a causa del suo temperamento eccessivamente puntiglioso, non aveva ancora trovato.
Spesso la signora Annie le richiamava all'ordine quando le sorprendeva a perdere tempo a ridacchiare di nascosto. Eleanor era davvero felice e pregò che nulla o nessuno distruggesse quella bolla di serenità che era riuscita a creare intorno a sè.
L'unica nota negativa di quei giorni era Rap. Dalla sera in cui era tornato Rock, non le aveva più rivolto la parola. Niente, nemmeno un ciao. Il silenzio più assoluto.
Non poteva certo dire di aprezzare quell'improvvisa indifferenza, ma almeno ciò contribuiva a farle dimenticare ciò che era successo tra loro due e a farla sentire meno colpevole nei confronti di Rock.
Però, non le piaceva per niente quando lo vedeva voltarsi dall'altra parte ogni qualvolta i loro occhi s'incrociavano. Le mancavano i loro battibecchi, i loro scambi di sguardi truci, le sue battutine acide … le mancava la sua compagnia. Aveva imparato a volergli bene.
Ne aveva già perso uno di amico, anzi due, considerando anche Nathan. Non voleva perderne un terzo, ma del resto cosa poteva fare dato che era stato proprio Rap ad allontanarsi di sua spontanea volontà? Aveva preferito interrompere i rapporti con lei per evitare di soffrire troppo, lo sapeva bene, ma non stava comunque risolvendo nulla così.
Aveva provato un paio di volte a parlargli e lui si era sempre espresso con cenni del capo e vaghi borbotii, proprio come i primi tempi che si conoscevano. Alla fine, Eleanor aveva rinunciato. Se era davvero questo che voleva, allora anche lei si sarebbe impegnata ad ignorarlo.
Ma nonostante il suo impegno, la tempesta non tardò ad arrivare.
Era da poco passata la mezzanotte ed Eleanor era sdraiata sul suo letto ad ascoltare musica dall' Ipod di Heavy, in attesa che Rock tornasse a casa. Era andato fuori con suo fratello Dylan. Da quando aveva sistemato le cose con i suoi genitori si vedeva molto più spesso con i suoi fratelli e sembrava molto più rilassato e felice. Era così ontenta per lui. Sapere che aveva finalmente superato il trauma di essere stato incidentalmente la causa della morte di Sarah era a dir poco confortante. E poi se lui stava bene, non poteva che stare bene pure lei. Era una cosa assolutamente automatica.
Dopo quasi un'ora trascorsa in inierzia totale sul letto a cantare, Eleanor si accorse di avere la gola secca. Spense l'Ipod e si alzò per andare in cucina a bere qualcosa.
I corridoi erano bui e silenziosi. I ragazzi dovevano già essere andati a dormire. Rock le aveva detto di non aspettarlo in piedi, ma era una richiesta impossibile da ascoltare. Voleva stare un po' con lui, una volta tornato...
Entrò in cucina senza accendere la luce e aprì il frigo. Prese una bottiglia d'acqua ancora sigillata e provò ad aprirla. Il primo tentativo fallì, così come il secondo. Al terzo, si mise la bottiglia fra le gambe e tentò di svitare il tappo avvalendosi di un lembo della sua maglietta. Niente. Il tappo non si mosse di un solo millimetro.

“Dannazione!” esclamò, irritata sbattendo con forza la bottiglia su uno dei ripiani della cucina!

D'improvviso la luce si accese e sulla soglia apparve Rap. Indossava solo dei pantaloni grigio scuro di una tuta e aveva l'aria parecchio assonnata. Ok, doveva ammetterlo! Non era esattamente una brutta visione. Qualunque ragazza non avrebbe avuto problemi ad affermarlo!
Lui la guardò appena, per poi dirigersi verso il frigo e praticamente sparirci dentro. Lo sentì sbuffare.

“Cerchi qualcosa?” gli domandò cauta, senza illudersi di ottenere risposta.

“...no!” la sorprese invece lui. “A-Ah!” esclamò poi, facendola trasalire. Riemerse dal frigo, stringendo in mano un sandwich e mostrandoglielo come fosse il più ambito dei troei. “Trovato!”

Si sedette poi su uno dei ripiani e cominciò a mangiare.

“Come fai a mangiare a quest'ora di notte?” le domandò lei. Non era davvero interessata a scoprirlo, aveva solo voglia di parlare con lui.

“Io mangio quando ho fame. Chi l'ha deciso che devo rispettare degli orari?” sbottò fin troppo bruscamente.

Eleanor lasciò perdere ogni tentativo di riappacificazione e tornò a combattere la sua personalissima battaglia con la bottiglietta d'acqua. Diede le spalle a Rap per non dare troppo spettacolo, ma sentiva comunque gli occhi di lui perforarle la schiena.

E dai, apriti! Perfavore!

Niente. Quel tappo sembrava incollato.

“Serve una mano?” gli chiese Rap, inarcando le sopracciglia.

Oh si grazie! Mi sto rompendo le dita, aiutami.

“No!” rispose invece. Maledetto orgoglio!

Lo sentì soffocare una risata e poi balzare giù dal ripiano. Le strappò di mano la bottiglietta e l'aprì con un unico e fluido gesto.

“1 a 0 per il sesso forte!” la canzonò restituendole la bottiglia.

Avrebbe tanto voluto insultarlo. Difendere la categoria femminile, ma si arrese subito. Poteva anche concedergli il fatto di essere fisicamente più forte.

“...Grazie...” mormorò, rossa in viso dalla vergogna. Finalmente riuscì a dissetarsi, mentre Rap tornò al suo spuntino notturno e nessuno parlò più.

Poi, ad un certo punto, quando Rap si alzò per andare a buttare la carta che avvolgeva il panino che si era appena mangiato, l'attenzione di Eleanor fu catturata dalla sua schiena e le si mozzò il respiro. Era piena di segni rossi, cicatrici. Ne aveva ovunque, come se fosse stato preso a frustate.

“Oddio...” si lasciò sfuggire.

Lui la guardò confuso : “...che c'è?”

Gli si avvicinò all'istante per guardare quei segni più da vicino : “Mio Dio, Rap! La tua schiena!... Cosa hai fatto?”

“Ah, quella...” fece lui, senza particolari inflessioni. “Se avessi saputo che eri qui mi sarei messo qualcosa addosso e ti avrei risparmiato questo spettacolo...”

“Ma cosa... come te le sei fatte?”

Rap non rispose subito, non sembrava molto felice di spiegarle come si fosse procurato quelle cicatrici.

“Sono cinghiate.” disse infine. “Cinghiate e altre cose che mi sono state scagliate addosso...”

Eleanor smise di respirare e arrivò alla conclusione più probabile :” … tuo padre?”

Rap annuì soltanto, si diresse verso la finestra e si concetrò sul buio della notte, lo sguardo che cominciava a velarsi di rabbia e tristezza insieme. Per un attimo, apparve fragile come un bambino. Lui e Amber dovevano davvero aver passato l'inferno, quando erano piccoli. Chissà se anche lei portava gli stessi segni?
Quasi involontariamente, la sua mano andò ad accarezzare quelle cicatrici, facendolo irrigidire :

“ Ti fanno male...” chiese mormorando.

“No...” rispose lui cercando di non pensare troppo a quelle mani che lo sfioravano.

Le carezze cessarono di colpo, ma l'involontaria tortura di Eleanor non era finita. La ragazza poggiò la fronte sulla sua schiena e lo abbracciò dolcemente.

Rap chiuse gli occhi e s'isolò dal mondo, non percepiva altro se non quelle esili braccia che lo circondavano.

“Rap...” lo chiamò all'improvviso. “Potresti smetterla di ignorarmi? “

Lui sospirò. Possibile che non capisse?

“C'è un motivo per cui lo faccio.”

“Lo so, ma ...”

“Ma?”

“... mi mancano le nostre chiacchierate. Sei l'unico che si permette di prendermi in giro e mi manca. Perfavore... non isolarmi!”

Con uno sforzo disumano, Rap si tolse le braccia di Eleanor di dosso e si voltò a guardarla. I punti dove l'aveva toccato sembravano bruciare. Cercò di non farci troppo caso.

“Mi stai rendendo tutto più complicato di quanto già non sia, te ne rendi conto?”

“Mi spiace... non è quella la mia intenzione. Voglio solo che io e te siamo amici, tutto qui! Non mi sembra di chiedere la luna!”

Poco ci mancò che non le scoppiasse a ridere in faccia : “Amici?”

“Si, certo! Speravo che ti avrebbe fatto piacere avermi almeno come amica. Non è meglio che ignorarmi e basta?”

Rap sospirò a metà tra l'esasperato e il rassegnato. Stava per ribattere, rifiutare la sua richiesta, ma come al solito i suoi occhi lo ammutolirono. Lo fissavano imploranti e velati di speranza.

“Cazzo, Elanor...” sbottò, alzando gli occhi al cielo.

Lei si accigliò dalla confusione: “Cosa?”

“Piantala di guardarmi così!” le sibilò a denti stretti.

“Così come?”

“Oh lo sai benissimo come, non fare finta di cadere dalle nuvole!”

Lei continuò a non capire: “Rap, ti giuro. Non ho assolutamente idea di cosa tu stia parlando.”

“E' così che tieni in pugno Rock, vero? Esibendo quello sguardo da vittima delle atrocità del mondo bisognosa di affetto e comprensione! “

“Che cosa? Io non sto facendo nulla di simile! Sei tu che ti immagini le cose. E comunque, se proprio vogliamo dirlo, sei tu quello che in genere veste i panni della vittima!”

“Può darsi che sia così, ma io non vado a sbattere le ciglia in giro per cercare di ottenere ciò che voglio!”

“Stai forse insinuando che io sia una gatta morta?”

“Spiacente di dover mettertene al corrente, ma fa parte del tuo codice genetico. Cromosoma XX uguale, gatta morta !”

“Cromosoma XY uguale, materia cerebrale in mezzo alle gambe!”

Si fissarono in cagnesco per un po', ma alla fine Eleanor cedette e scoppiò a ridere. Rap non si lasciò contagiare, però un sorriso scappò anche a lui.

“Lo vedi?” disse Eleanor, tra le risate “E' proprio di questo che parlo. Non sai quanto mi è mancato in questi giorni. Sei come una valvola di sfogo per me!”

Rap cominciò a studiare quelle parole. Una valvola di sfogo? Era di questo che lei aveva bisogno? Beh, forse si sentiva un po' sola da quando era morto quel suo amico e probabilmente c'erano certe cose che non le andava di fare con Rock. Battibeccare a questo modo, per esempio. Ogni tanto capitava che anche loro due si punzecchiassero un po', ma non resistevano mai troppo. Trovavano sempre qualcosa di più interessante da fare... per la felicità di Rap, che in quei momenti si sarebbe volentieri strappato gli occhi dalle orbite.

“Beh...” cominciò a dire, dopo i suoi ragionamenti “... non mi dispiacerebbe essere la tua valvola di sfogo personale... credo.”

In tutta la frase, la sola parola in cui davvero credeva e di cui percepiva l'autentico significato era tua.
Tutto, avrebbe fatto di tutto per essere qualcosa di solo suo!
Il sorriso raggiante che lei gli riservò lo fece stare dannatamente bene. Anche per quello avrebbe sempre fatto di tutto!

“Grazie.” disse lei, felice come una bambina.

“Questo significa che pure tu sei a tua volta una mia valvola di sfogo, giusto?”

“Certo che si. Non posso mica pretendere di ricevere e basta. Devo anche dare ogni tanto.”

Oddio... Perchè vedeva solo doppi sensi in quella sua affermazione?

“Bene!” esclamò lei “Ora che ci siamo chiariti, credo che me ne tornerò nella mia stanza.”

Nel momento esatto in cui lei si voltò per andarsene, a Rap fu chiaro che non l'avrebbe lasciata andare così. Non era pronto per darle la buonanotte. Sarebbe rimasto a farle da valvola di sfogo fino al mattino, se solo lei glielo avesse chiesto. Ma in quel momento, era lui ad avere bisogno di sfogarsi e lei gli aveva appena detto di essere a sua disposizione. Non c'era nulla di sbagliato nel suo desiderio morboso di non volerla lasciare andare via.
Fu un attimo. L'afferrò per un braccio, l'attirò a sé e la baciò con bramosia, mandando mentalmente a farsi fottere tutto ciò che si era ripromesso in quei giorni. Non ce la faceva... Non ce la faceva proprio a starsene in un angolo a guardarla da lontano. Se era questo che aveva provato Rock quando lui e Marika stavano insieme, iniziò seriamente a comprenderlo. Come biasimarlo? Era atroce amare qualcuno di assolutamente proibito e inavvicinabile. Era qualcosa che non avrebbe augurato nemmeno al suo peggior nemico.
Eleanor rimase rigida fra le sue braccia inizialmente, ma alla fine, senza che nemmeno se ne rendesse conto, il suo corpo reagì d'istinto. Rispose a quel bacio con lo stesso fervore e gli circondò il collo con le braccia. Rap cantò vittoria dentro di sé. Forse non tutto era perduto...
Quando si separarono avevano entrambi il respiro accellerato. Il viso di lei era rosso d'imbarazzo e in pochi secondi i suoi occhi si riempirono di lacrime.

“Merda!” esclamò con rabbia. “No, no, no! Non di nuovo!” Il suo sguardo poi s'indurì e andò a cercare quello di Rap. “Per quale cazzo di motivo l'hai fatto?”

“Valvola di sfogo, ricordi?”

Per un attimo, Rap ebbe la netta sensazione che Eleanor stesse per picchiarlo, ma qualcosa la trattenne e si limitò a rivolgergli ogni insulto che conosceva.

“Datti un po' una calmata!” cercò di placarla.

“Darmi una calmata? Sei tu che dovresti dare una calmata ai tuoi dannati ormoni!”

Per tutta risposta, Rap ridacchiò: “Vorrai scherzare? I miei ormoni? Non mi pare che i tuoi abbiano fatto molto per lasciarti lucida. Ti ricordo che avresti dovuto respingermi e, sì, dopo insultarmi come poi hai effettivamente fatto, ma non è successo mi pare, quindi evita di farti venire una crisi isterica!”

Eleanor lo fissò furibonda, per poi andare a sedersi ad un tavolo e nascondere il viso tra le mani. Rap intuì dai leggeri sussulti delle sue spalle che si era messa a piangere. Questo gli fece poco piacere. Forse aveva un tantino esagerato. Andò a sedersi di fianco a lei.

“Hei, sono stato io a fare tutto. Non piangere per la mia irrecuperabile idiozia.”

“Non è per quello. E' per ciò che hai detto.... hai ragione, maledizione! Su tutto! Ho qualcosa che non va! Perchè non mi sono spostata? Perchè?”

“E' semplice. Sei fatta di carne, Eleanor. E la carne è debole, si sa ! “

Tutto ciò che ottenne fu solo un'occhiataccia degna del più sanguinario assassino.

“Perfetto! Un'altra cazzata da aggiungere al mio elenco. “ disse poi, nascondendo di nuovo il viso tra le mani “Anzi, siamo precisi, la più grande cazzata compiuta finora!”

La più grande? No, non si rendeva conto di quanto si stesse sbagliando. Si erano fermati in tempo e tutto si era concluso solo con un bacio. Non era poi così grave.

“Lo sai cosa mi succede quando bacio Rock?” chiese lei, all'improvviso.

“Ad essere sinceri non è che la cosa m'interessi particolarmente...” sbottò lui, tamburellando nervosamente con le dita sul tavolo.

La ragazza fece finta di niente e continuò, con gli occhi sognanti e un leggero rossore ad imporporarle le guance: “Sento lo stomaco contrarsi, le gambe che cominciano a tremare sempre di più, tanto che a volte ho paura che non riescano a reggermi. E' a quel punto che lo abbraccio, per assicurarmi di non cadere. Poi un brivido mi scende lungo la schiena e ad ogni tocco delle sue mani sul mio corpo, la morsa allo stomaco aumenta fino a farsi dolorosa. Poi nient'altro. Tutto svanisce e rimane solo lui, assieme a quella voglia insaziabile di averlo che cresce dentro di me ad ogni istante fino a diventare insopportabile...”

Quelle parole, quasi lo uccisero. No, non sarebbe mai riuscito a insinuare dentro di lei il dubbio di non amare davvero Rock. Era una partita persa fin dall'inizio e lui non aveva fatto altro che giocare sporco. Perchè continuare a torturarsi così ? A torturarla così?

“Sai cosa mi succede quando bacio te?” quella domanda giunse del tutto insaspettata e lo gelò sul posto.

Rap smise di respirare e si accorse che lei era tornata finalmente a guardarlo. Ne aprofittò per annegare in quegli occhi color del mare. Adorava venirne risucchiato.
Fece cenno di no col capo per risponderle, anche se sapeva che una spiegazione sarebbe comunque arrivata. Aveva la sensazione di sapere cosa lei gli avrebbe detto. Cosa mai poteva farle provare? Lui non possedeva il suo cuore... e quando mancava quello ogni gesto perdeva di passionalità.

“... esattamente la stessa cosa.”

L'aveva detto sul serio? No, doveva ripeterlo, doveva risentirlo. Dov'era il pulsante rewind? Qualcuno poteva riavvolgere il nastro!? Doveva aver capito male... allora perchè piangeva? Dio, quant'erano belli i suoi occhi bagnati di lacrime. No, non c'era tempo per perdersi in quelle fantasie. Eleanor aveva appena ammesso di provare lo stesso miscuglio confuso di emozioni di quanto baciava Rock? Assurdo...!
Rap non era preparato a tutto questo, cosa avrebbe dovuto fare? Si lasciò guidare dall'istinto. Le prese delicatamente il viso tra le mani e le si avvicinò.

“E' sbagliato, lo sai? Non dovresti sentire certe cose.”

“Lo so. Ma non so cosa farci! Non è una cosa che posso controllare. Vorrei tanto riuscirci...davvero! Se hai qualche consiglio da darmi sono tutt'orecchie... “

“I consigli sono fatti per essere ascoltati, non per essere seguiti!”

Senza rendersene conto, i loro visi si erano avvicinati tanto da permettere alle loro fronti di incontrarsi. Stavano involontariamente già rubando aria l'uno all'altra.

“Rap, ti prego... non posso fare questo a Rock. Non voglio rovinare tutto così. Smettila di tentarmi a questo modo. Finirai solo col farti altro male, e stavolta lo farai pure a me!”

Tentarla? ...sono una tentazione per lei?

Il suo orgoglio maschile esultò.

“Sai cosa diceva Oscar Wilde ?”

La vide corrucciarsi di sorpresa. “Tu … hai letto Oscar Wilde?”

Sorrise trionfante. L'aveva stupita. Ricordò che anche Marika aveva reagito alla stessa maniera quando gliel'aveva detto. Ma era così strano che potesse piacergli la letteratura? Cosa c'era di male? I libri erano stati il suo unico passatempo all'istituto minorile, a parte l'uscire di nascosto. Non ci vedeva nulla di così sconvolgente. Tanta gente amava leggere...
Ignorò il commento di Eleanor e continuò a stupirla. Era una cosa che lo divertiva in modo quasi maniacale.

“Diceva che l'unico modo per vincere una tentazione è abbandonarcisi.”

L'aveva lasciata senza parole e, ne era certo, era arrossita ancora di più. Sapendo che lei non avrebbe osato fare nulla, fu lui a fare la prima mossa. Tornò a cercare le sue labbra, trovandole subito pronte ad accoglierlo. Eleanor stavolta non lo abbracciò. Rap pensò che era perchè si trovava seduta e non sentiva le gambe tremare come quando era in piedi. Lui però, le sentì fremere eccome nel momento in cui posò una mano su di esse. Fu allora che le mani di Eleanor lo strinsero in una morsa ferrea, costringendolo a farsi più vicino di quanto già non fosse.
Per riprendere aria, la ragazza si spostò leggermente di lato, ma lui continuò a torturarla, baciandole ogni centimetro del viso che riusciva a raggiungere.

“La senti la morsa allo stomaco?” le sussurò Rap tra un bacio e l'altro. Un mugolio fu la sua unica risposta. “Lo prendo per un si.”

La tortura continuò. Rap cominciò a scendere lungo il collo, per poi soffermarsi sulla clavicola. Eleanor piegò indietro la testa e prese ad ansimare. Sentirla lasciò Rap interdetto. Da un lato eccitato e bramoso di darle di più, dall'altro timoroso di stare varcando un confine invalicabile.

Si bloccò e tornò a guardarla negli occhi : “...Se vuoi mi fermo...”

Lo sguardo che lei gli riservò brillava d'eccitazione almeno quanto il suo :

”No, ti prego...” mormorò, o meglio implorò, prima di baciarlo di nuovo.

Rap la prese per entrambe le mani, senza mai interrompere il bacio, e la fece sedere sul bordo del tavolo. Finalmente, i loro visi erano alla stessa altezza. Il briciolo di razionalità che era rimasto a Rap si dileguò nel momento in cui le gambe di Eleanor gli arpionarono il bacino spingendolo verso di lei.

Dio, vuole uccidermi per caso? Se continua così non sarò più responsabile delle mie azioni...

L'aveva persa anche lei la razionalità. Non si rendeva davvero conto di cosa stesse realmente facendo... ma ora fermarsi era impossibile.
La parte superiore di Eleanor era coperta solo dall'intimo. Quando le aveva tolto la maglietta? Non se n'era nemmeno reso conto... La stava guardando come aveva sempre sognato di vederla e stava letteralmente uscendo di testa per lei.
Con gesti sicuri e fin troppo a lungo bramati la liberò del reggiseno e di quei minuscoli e provocatori calzoncini che lei usava per dormire. Non si era mai resa conto dell'effetto che facevano.... poca importanza, adesso erano abbandonati sul pavimento e facevano una magra figura di fronte al suo corpo di fata nudo.
Da quel momento in poi, ogni cosa scomparve. Non c'era la cucina attorno a loro, il mondo fuori da quelle finestre, Heavy e Metal che ronfavano nella loro camera in fondo al corridoio, Rock che avrebbe potuto tornare da un momento all'altro. C'erano solo i loro corpi imperlati di sudore che si cercavano, si raggiungevano e danzavano in perfetta sincronia, assieme alle loro labbra che lambivano ogni punto raggiungibile. C'erano i loro gemiti, i loro ansiti e poi l'estasi totale che li avvolse. Il silenzio, rotto soltanto dai loro respiri affannati e infine, inesorabilmente, giunse il senso di colpa.


***


Eleanor percepì i passi alle sue spalle, sentì la porta chiudersi, tuttavia non si mosse e fece finta di dormire. Non voleva guardare Rock in faccia, non era mai stata più indegna di lui come quella notte. Come aveva potuto tradirlo? E con il suo migliore amico? Dopo quello che avevano passato con Marika ?.... che mostro era?
Sentiva già le lacrime spingere per uscire e si odiò per questo.

Non osare piangere! Non ne hai alcun diritto! Torna sulla strada, quello era un posto perfetto per una come te!

Sentì un fruscìo di vestiti e poi Rock entrare nel letto. Le sue braccia la strinsero subito con dolcezza, come ogni notte, perchè per lui era tutto uguale al giorno prima e lei era sempre la sua dolce e amata Eleanor. Quanto si sbagliava...
E il fatto di sentirsi così dannatamente bene stretta in quell'abbraccio le fece provare ancora più ribrezzo verso sé stessa.

“Lo so che sei sveglia..." mormorò Rock al suo orecchio.

Certo che lo sapeva. Lui si accorgeva sempre di tutto. Avrebbe scoperto cos'era successo tra lei e Rap semplicemente guardandola. Era spacciata! I giochi erano finiti. La sua favola era giunta al termine... e il lieto fine? Neanche a parlarne. Ed era tutta colpa sua!

“...ti ho sentito...” disse semplicemente.

“Scusa. Ho fatto più piano possibile..” Sentì le sua labbra premerle sulla nuca e di nuovo la voglia di mettersi a piangere la investì in pieno.

“Non importa...”

Lo disse troppo flebilmente, la sua voce era roca dal pianto e a lui non sfuggì.

“Va tutto bene?” domandò

Lei non si mosse e cercò di tagliare corto : “Si... sono solo molto stanca.”

Rock non insistette oltre. Sprofondò il viso fra i suoi capelli e nessuno parlò più. Sentire il suo respiro sul collo era sempre stato un balsamo per lei. Era una delle cose che più la rilassavano, ma quella volta non fu così. Si sentiva così sporca, così colpevole e non poteva farci niente. Comunque fossero andate le cose, sia che lei avesse trovato il coraggio per confessargli tutto, sia che avesse deciso di tenerlo all'oscuro, il loro rapporto si sarebbe inevitabilmente incrinato. Nulla sarebbe più stato come prima. Per non parlare di lei e Rap... stavolta l'indifferenza l'avrebbe cercata lei per prima. Ma perchè era dovuta andare in cucina? Perchè aveva dovuto incontrarlo e dirgli tutte quelle cose? Lo sapeva quali fossero i suoi sentimenti, era chiaro che non avrebbe resistito molto. L'aveva deliberatamente stuzzicato. Anche Rap non c'entrava nulla. Era lei l'unica da colpevolizzare.
I minuti si trasformarono in ore. Rock ormai dormiva, lei invece aveva paura di chiudere gli occhi.
Molto lentamente, cercando di non svegliarlo, si girò verso Rock. I loro visi erano talmente vicini che le punte dei loro nasi si sfioravano. Lo fissò a lungo mentre dormiva. Era una cosa che faceva spesso quando l'insonnia la colpiva e in genere non doveva aspettare molto perchè le sue palpebre cedessero. Ma non stavolta.
Le tornò alla mente la prima volta in cui si erano visti, in metropolitana. Il subbuglio di emozioni che l'aveva colpita quando aveva visto i suoi occhi, quando aveva sentito la sua voce. L'ingenuità e la frivolezza che aveva scoperto di possedere nel ricercare un paio di bianche ali sulla sua schiena quando lui era sceso alla sua fermata. Il giorno che si erano incontrati nel negozio di musica, c'era anche Evan , era stato proprio lui a portarcela. La loro passeggiata mano nella mano fino a Meadow's Hill e poi tutto il resto. La febbre che l'aveva sopresa per strada, lui che la soccorevva, il primo incontro con Rap, lei che scappava sentendosi un'intrusa, Rock che si era precipitato a cercarla e il loro primo bacio. Come era potuto andare tutto a rotoli ? Sembrava così perfetto. La sua bolla di serenità, quella per cui aveva combattutto tutta una vita, era esplosa. Era stata lei a farla esplodere.
Come avrebbe fatto ad affrontare Rock? Con quale forza avrebbe sostenuto il suo sguardo tradito e deluso? Non poteva... semplicemente, non ne era in grado.
Si trovò a piangere in silenzio, nonostante si fosse ripromessa di non farlo. Si sentiva la persona più ipocrita e falsa del mondo. Si faceva schifo da sola. E all'improvviso la sua coscienza le inviò un pensiero :

...lui ce la farà anche senza di te. Hai fatto solo dei danni. Esci di scena adesso se possiedi ancora un briciolo di dignità.

Uscire di scena? ….ossia, lasciarlo? Lasciarli tutti! Lui, Rap, Heavy, Metal... i suoi piani per Haylie, quella vecchia scuola che aveva imparato a chiamare casa. Si... forse, era la sola cosa da fare. Preferiva ricordare il suo sguardo allegro e sereno, piuttosto che indurito dalla rabbia e dalla frustrazione.
Serrò forte le labbra tentando di non lasciare uscire nessun singhiozzo. Gli accarezzò una guancia.

“Mi dispiace...” sussurrò tanto piano da riuscire a malapena a sentirsi. “... mi dispiace così tanto, Rock. Ho rovinato tutto... scusami.”

Sapeva che rischiava di svegliarlo, ma non le importava. Lo baciò delicatamente sulle labbra, e come previsto, lui si mosse e cominciò ad aprire gli occhi. Non voleva guardarlo. Non ce l'avrebbe fatta ad andare fino in fondo se solo avesse osato incrociare il suo sguardo, così si mise a sedere e gli diede le spalle. Poi, si alzò in piedi e la sua voce assonnata la raggiunse :

”...dove vai?” domandò flebilmente.

Una lacrima solitaria le percorse la guancia. Eleanor strinse i pugni e si morse il labbro inferiore :

“....devo andare in bagno.” Mentì “Torno subito.”

Ma probabilmente lui non l'aveva nemmeno sentita. Dormiva già … meglio così. Sarebbe stato più facile. Per lui, per lei...
Con il cuore a pezzi, Eleanor andò a recuperare la sua borsa e la riempì con le sue poche cose. Dopodichè si vestì, nella maniera più silenziosa possibile. Una volta pronta, si concesse qualche minuto per guardarlo dormire. Le sue gambe proprio non volevano muoversi e la sua voglia di mettersi ad urlare cresceva ad ogni istante. Per un attimo fu tentava di fregarsene di tutto e tornare a sonnecchiare fra le sue braccia. In fondo quello con Rap era stato solo sesso occasionale. Quante persone si erano macchiate della sua stessa colpa? Accadeva ogni giorno, in ogni angolo del mondo... non era poi così grave.
Ma nel loro caso era diverso. C'era l'ombra di Marika che minacciosa li sovrastava. La storia si era ripetuta, stavolta i ruoli si erano rovesciati. Non era più Rap il tradito, ma Rock. Come minimo i due ragazzi, gli eterni amici che per ben due volte si erano innamorati della stessa ragazza, avrebbero troncato ogni tipo di legame. E tutto per cosa? Perchè lei, che non era riuscita a tenere a freno i propri ormoni? Aveva ragione Rap: la carne sapeva essere molto debole...
Però non poteva sparire così. Rock sarebbe corso a cercarla e se fosse accaduto, lei non avrebbe più avuto la forza di andarsene di nuovo. Doveva fargli sapere che non voleva essere cercata. Che era finita!
Fece la cosa più palese di tutte. Gli lasciò una lettera abbandonata sul  cuscino. Poche righe in cui confessava le proprie colpe, in cui gli giurava che il suo cuore era comunque sempre appartenuto solo a lui, ma che non riusciva a gestire il proprio corpo. Che non voleva farlo soffrire, non voleva fare la Marika della situazione, per questo se ne andava. Chiese che nessuno andasse a cercarla. Chiese di essere dimenticata e di farsene una ragione.
In qualche modo, le sue gambe si mossero e lei raggiunse la porta della loro stanza. Si voltò un'ultima volta verso di lui e il groppo alla gola si fece così intenso da mozzarle il fiato. Gli occhi bruciavano come infilzati da mille spilli invisibili. Il cuore batteva forte, eppure era come morto.

“Addio...” mormorò prima di uscire in corridoio e chiudersi la porta alle spalle.

Una volta fuori, si abbandonò contro la parete, si coprì il viso e pianse ogni lacrime che aveva trattenuto.

“Hey...” per poco non urlò trovandosi di fronte Metal che la guardava confuso. Possibile che lì dentro tutti si sentissero in dovere di fare passeggiatine notturne? Metal indugiò a lungo sulla sua borsa gonfia di vestiti e oggetti vari, sul suo abbigliamento e sui suoi occhi piangenti.

“Dove stai andando a quest'ora?”

Metal era uno che sapeva osservare. In realtà conosceva la risposta, ma non poteva accettarla. Sperava di essersi sbagliato.

Eleanor lo abbracciò di slancio sorprendendolo: “Mi dispiace tanto.” disse tra le lacrime “Salutami tuo fratello,ok? Digli che mi mancherà tantissimo!”

Metal la spinse via con gentilezza : “Sei diventata matta?”

Si, lo era diventata eccome! Per questo se ne andava.

“Fai in modo che non vengano a cercarmi, ti prego. Non riuscirei a dirgli addio un'altra volta se mi trovassero! Ti scongiuro, Metal... fallo per me!”

Lui la fissava stranito, senza sapere come reagire. Avrebbe dovuto farla ragionare, ma non riusciva nemmeno a parlare.

“Mi mancherai ...!” disse infine Eleanor, prima di mettersi a correre verso l'uscita.

Metal si mise al suo inseguimento, ma ormai lei era sparita, inghittita dal buio della notte che circondava la scuola.


***



Era l'alba ormai quando Eleanor decise di fermarsi a riposare. Aveva camminato per tutta la notte, raggiungendo la parte opposta della città. Se anche si fossero già messi sulle sue tracce, ci avrebbero messo un bel po' per raggiungerla.
Si sedette all'interno di una fermata dell'autobus, stringendosi le ginocchia al petto e nascondendo il viso. Non piangeva più ormai, la lacrime si erano esaurite. Si sentiva esattamente come prima di conoscere Rock... una bambola senz'anima. Anche starsene seduta da quella fermata le dava una fastidiosa sensazione di dejà-vù … quella era la sua vita. Aveva sbagliato a sperare di potersene creare una più decente. Ma la cosa che più la spaventava era che adesso era davvero sola. Prima c'era Evan con lei... adesso chi l'avrebbe aiutata, con chi si sarebbe potuta sfogare, chi avrebbe ratoppato le sue ferite? ….Nessuno.

Avrei dovuto esserci io al posto di Evan. Lui meritava di vivere molto più di me.

Rimase immobile nella stessa posizione per parecchio. Le prime persone cominciarono ad uscire dalle loro case per recarsi al lavoro. Già.... il lavoro. Non poteva andarci. Sarebbe stato il primo posto dove Rock l'avrebbe cercata.
Senza pensarci troppo, prese il suo cellulare. Una fitta dolorosa la colpì quando trovò una decina di chiamate senza risposta. Non guardò nemmeno chi fosse stato ad averla chiamata. Aveva tolto di proposito la suoneria. Fece il numero di Nicole.
La ragazza rispose dopo un paio di squilli :

”Buongiorno, Eleanor!” la salutò con il suo solito entusiasmo.

“Ciao, Nicole...” dopodichè iniziò la commedia “Ascolta, devo avere preso freddo ieri... non mi sento per niente bene. Credo di avere l'influenza. E' un problema se oggi non vengo?”

“Cavolo... che voce! Si sente che sei malata... povera Elly!!!”

Ad Eleanor scappò un sorriso. La voce da malaticcia ce l'aveva per davvero. Effetto collaterale dell'aver passato ore a singhiozzare.

“Stai tranquilla, ce la caveremo anche senza di te.” continuò Nicole “Guarisci presto però. Non voglio restare in balia di Amber, quella mi sfrutta! Non usa la frusta solo perchè è illegale!” Sentì qualcuno urlare qualcosa e Nicole fare una pernacchia. Era proprio una bambina a volte.

“Senti, Lucas viene lo stesso?”

Qualcosa la trattenne dal concludere lì la telefonata. Parlare di Rap era di certo l'ultima cosa che voleva fare. “Non...non ne ho idea, perchè?”

“E' per Amber. Mi sta facendo strani segni, vuole sapere se viene, ma se dici di non saperlo.... Non è che puoi chiederglielo prima che a mia sorella venga una sincope o qualcosa del genere?”

“M-mi spiace.... io...”

Nicole non sentì quelle parole appena mormorate: “Sei ancora lì?”

Eleanor si decise ad interrompere la chiamata :”Scusami Nicole. Sto per vomitare... devo andare!” e chiuse il cellulare.

Tornò la voglia di piangere, ma non ci riuscì. Fece sparire di nuovo il viso tra le ginocchia e quasi si addormentò. Ogni tanto alzava gli occhi per controllare l'inclinazione del sole. La gente la guardava restia. Erano tutti piuttosto eleganti e snob. Eleanor capì di essere finita nel bel mezzo dei quartieri altolocati... perfetto! Poteva accadere qualcos'altro?

“Eleanor?...” quella vocina quasi impercettibile e carica di preoccupazione, la fece scattare. La mano che l'aveva scrollata leggermente si allontanò di colpo. Davanti a lei c'era una bambina dagli occhi maledettamente familiari.

“Mary-Bell?”

“Cosa fai qui?” chiese lei, sinceramente preoccupata. Si sedette al suo fianco. Elanor la osservò per qualche momento. Indossava una divisa scolastica. Ovviamente andava alla scuola privata più prestigiosa della città. Grazie a quel dettaglio, potè intuire che ore fossero. Probabilmente erano circa le otto del mattino.

“Niente.” rispose semplicemente.

“Hai delle occhiaie orribili sai? Non hai dormito?”

Eleanor scosse il capo. Era strano. In quel momento Mary-Bell non sembrava la stessa dodicenne che aveva conosciuto assieme a Rock. Sembrava molto più matura. L'adulta della situazione era lei in quel contesto.

“Hai litigato con mio fratello?”

Non poteva spiegarle esattamente cosa fosse accaduto, non avrebbe mai capito. Così, rimase sul vago.

“In un certo senso...”

Mary-Bell sembrò arrabbiarsi :” Maledetti uomini! Oddio, guarda come ti ha ridotta! Appena lo vedo gliela faccio pagare, te lo giuro!”

“No, lascia stare. Non serve...sto bene, davvero.” ma lei nemmeno la sentì.

“Jules lo dice sempre. Più stai lontana dai maschi, meno soffirai.”

“Mary-Bell, stai tranquilla. E' una situazione complicata che non posso spiegarti... in realtà è stata colpa mia, tuo fratello non c'entra...”

Le guance della ragazzina si gonfiarono :”Non lo difendere! Alex è davvero un idiota quando ci si mette!”

Non recepì subito cosa racchiudesse quella frase. Le troppe ore di sonno mancato glielo impedivano, ma quando Mary-Bell si coprì la bocca con entrambe le mani e sgranò gli occhi, conscia di aver parlato troppo, un velo si serenità e gioia si posò su Eleanor. Non sperava di poter di nuovo provare sensazioni simili.

“....Alex?.... E' così che si chiama?”

“Oh no! Che stupida! Non dovevo dirlo! Mi aveva detto di non chiamarlo più così!”

Perchè? Perchè doveva scoprire il suo nome proprio quel giorno? Proprio adesso che non avrebbe più potuto chiamarlo? Eppure si sentì lo stesso appagata. Da quanto desiderava scoprire il suo vero nome?... da sempre. Fin dalla prima volta in cui si erano visti.

Le ritornarono alla mente le sue parole : “Dovrai accontentarti di un indizio e vediamo come te la cavi … Comincia per A.”

Le lacrime tornarono ad affacciarsi sul suo viso. Pensava di averle esaurite, invece eccole di nuovo. Forse erano tornate perchè queste erano di goia, non di dolore.

Mary-Bell, si mise a trafficare nel suo zaino di scuola e le diede un fazzoletto di carta. “Non piangere, però... “

“Oh no, Mary-Bell! Non è come credi! Non hai idea di quanto mi hai reso felice! Grazie!” detto questo, l'abbracciò forte.

Mary-Bell ridacchiò e rispose all'abbraccio : “Non ci ho capito niente, ma sono contenta di averti tirato un po' su di morale!”

***

Ansiaaaaaaaaa!! Oddio, spero di non aver scritto troppe cavolate!!! Pauuuuuuuuuuura!! ._.


Spero che il nome di Rock non risulti troppo deludente. In realtà c'è una storia dietro: il mio migliore amico, nonchè primo amore, primo ragazzo, primo bacio....beh, primo di tante cose °///°, si chiama Alex. Lui è il collaudatore delle mie storie, e gli avevo promesso che avrei chiamato il protagonista maschile di questa storia come lui. Siccome i protagonisti maschili sono due, ho battezzato così quello che più gli somigliava caratterialmente. Non dite che era complicato da indovinare perchè non è vero!!!

Ma la questione qui, è un'altra. Ma cosa hanno combinato Elly e Rap!?!?!??!? MWUAHAHAHAH, dai doveva succedere prima o poi. La carne è debole U.U

Passo ai ringraziamenti:

Piccola Ketty : ma ciauuuuuuuuuuu! Belin oh! Quanti mastrussi ho inandiato!?? XD ihihihihihihi Non dire "scrittrice preferita" perchè mi monto la testa *_____* e divento pericolosa! Bolzaneto eh?!?!? Ci vado sempre perchè c'è l'ipercoop e l'ikea!!! Beata te che ci vivi vicino!! uaaaaa, spero che ti sia piaciuto il chappettin =) bye!

Black S O U L __: Lo vuoi ancora Rap????? Mmmm, magari possiamo accordarci.Non incolparmi così il povero Rock ç__ç, lui si è trovato tirato dentro. E'  Eleanor quella che fa casino XD disatroooooooooo!

fu80: che bello, una nuova commentatrice *me lancia coriandoli e saltella di gioia*. Anch'io me li terrei tutti e due! u.u ... come se fa a scegliere!?!?!? Grazie per i complimenti, *me tanto commossa*

Aurelia84: ti rispondo con una domanda: quanto ti ho fatto sbavare in questo chap?!? ^^'

MakyMay: Un libro?!?!? *_* oddio non mettermi queste idee in testa. Pubblicare un libro è il più grande sogno, ma ahimè sono ancora molto lontana dal realizzarlo ç_ç. Spero che anche sto chap sia piaciuto! Hai visto!?!? Mi spiace ma non si chiama Atobby! SPiacente di averti deluso, cara =)

Mana_chan: Ok! Dimmi che l'avevi indovinato!!!! Se è così ti faccio un monumento in piazza!!! XD ah, per cortesia, spegni il tuo radar-trova coppie perchè mi fa davvero taaaaaaanta paura ._. ! Cioè tu mi fai paura! Sei un po' come ROck, indovini sempre tutto! XD Ma ora sono curiosa di sapere che ne pensi!!!! Sto in fibrillazione!!!

Ok ragazze adesso vado!!!!!!!!!!!! CI vediamo domenica prox!!! Fatemi sapere che ne pensate perchè mi sono davvero impegnata su sto capitolo.... anche se forse non sembra. Non vi dico quante volte l'ho cambiato! xD

A presto

Ayleen

PS
solo una cosa, andateci piano con eleanor ç_ç mettetevi un attimo nei suoi panni!

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Capitolo 25
*** Fantasma ***


Buonaseeeeeeeeeera. Scusate, volevo aggiornare oggi pomeriggio, ma non ce l'ho fatta ^^! Sorry!
Capitoletto un po' inutile forse.... o forse, no! Boh! Non l'ho proprio inquadrato! Ho solo scritto ciò che mi passava per la mente ed è uscita sta roba qui! Speriamo vi piaccia!
Vi aspetto in fondo!



CAPITOLO VENTICINQUE

Fantasma


        Mio caro Rock,

Prima che tu possa fare o pensare qualunque cosa, è bene che tu sappia che non sei in alcun modo responsabile della mia decisione di andarmene. Si, mi dispiace, non ho trovato un altro modo per dirtelo. Me ne vado, non per colpa tua. Per colpa mia! Tu non c'entri nulla in tutto questo, quindi ti prego, ti scongiuro, non essere troppo severo con te stesso. Sei stato la cosa migliore che mi sia mai accaduta e non sono affatto pentita di averti incontrato. Mi hai salvato così tante volte da me stessa che ho perso il conto. Ci sono tante cose che vorrei dirti. Cose che non ho mai avuto il coraggio di dire, ma ho poco tempo. Ho paura che tu possa svegliarti e a quel punto non riuscirei più a lasciarti qui.
La verità è che io sono sbagliata per te. Non ti merito. Ho fatto una cosa terribile, qualcosa di cui mi pentirò per il resto della mia vita e sono terrorizzata dalle conseguenze che questo mio sbaglio potrebbe portare. Stanotte, quando tu eri ancora fuori con Dylan, io e Rap siamo stati insieme. Non so bene come sia accaduto, sono stata una stupida, non ci sono aggettivi abbastanza efficaci per definirmi. Anzi no... in effetti, uno c'è, ma so che tu ti arrabbieresti a morte se solo osassi autodefinirmi così.
Non essere troppo duro con Rap. In fin dei conti, nemmeno lui è colpevole. Sapevo quali fossero i suoi sentimenti per me e invece di cercare di mettere dei limiti fra di noi, li ho infranti. Lui ci ha provato a starmi lontano, te lo posso assicurare. Sono io quella che l'ha spinto a riavvicinarsi. Volevo che fossimo amici, avevo bisogno di qualcuno che potesse riempire il vuoto lasciato da Evan... ma ho sbagliato! Nessuno può sostituire Evan, ed era palese che a Rap non sarebbe bastato essere solo mio amico. Ma io ho insistito e lui non ha saputo dirmi di no. Mi ha baciato, sai? Più di una volta prima di oggi. Alla prima l'ho respinto... poi, non ne ho avuto più la forza e non so per quale maledetto motivo.
Non l'ho mai amato, Rock. Sono pronta a giurarlo! Il mio corpo potrà anche essere stato suo per quei brevi istanti, ma il mio cuore è sempre appartenuto a te. Lo so che non è assolutamente una scusa, però volevo che lo sapessi. E se ho deciso di andarmene, è per te che lo faccio. Non mi aspetto che tu capisca, sappi solo che ho già rovinato la vita di troppe persone e tu non te lo meriti. Tu vuoi bene a Rap, lo so! E' il tuo migliore amico e vi considerate quasi come fratelli. Non sarò io a rovinare tutto. Avevo giudicato Marika per ciò che vi aveva fatto, e ora io ho fatto la stessa identica cosa. Siete rimasti amici nonostante lei. Adesso spero lo rimaniate nonostante me! Ma come Marika, anche io devo uscire di scena. Non nello stesso tragico modo, ovviamente. Sparirò solo dalle vostre vite. E vi prego, tutti voi, ma soprattutto te, Rock... non cercatemi! Non commettete questo errore! Avete sofferto tanto in passato, non voglio che continuate a farlo a causa mia. Digli a Rap che mi dispiace di averlo illuso! Ad Heavy e Metal che non li scorderò mai! Per quanto riguarda te invece, ci sarebbero così tante cose da dirti.... Ti amo. Ti ho amato dal primo istante. Quella notte in cui i nostri sguardi si sono incrociati su quella metropolitana ho realizzato che ti appartenevo. Lo so che non ha senso, ma è così. IL mio mondo ha preso a girare intorno a te dopo quella sera. Ho vissuto per te! Non per me, per Evan, per Rap e gli altri, ma per te! Prima di incontrarti, non avevo nulla per cui vivere e fin troppi motivi che invece mi spingevano a desiderare di scomparire... non hai idea, non ti rendi nemmeno conto della forza che sei riuscito a trasmettermi. Talmente tanta che ora sento di potercela fare anche da sola. Non dovrai più preoccuparti per me, per i miei incubi, per i miei infiniti piagnistei. Starò bene! E anche tu! Devi promettermi che ci proverai, almeno. Solo questo, non ti chiedo altro. Anzi no. Una piccola richiesta ce l'ho. Perfavore, non odiare Rap. Se me ne sono andata è stato proprio per evitare che voi due vi odiaste. Avete entrambi amato Marika, quindi chi meglio di te può capire cosa lui abbia provato negli ultimi tempi? Devi avercela con me, non con lui. Sarà tutto molto più facile se deciderai di odiarmi...

Addio


Eleanor



Rock è inutile! Non risponderà!”

Era la decima volta forse che Metal glielo ripeteva, ma lui non stava recependo nulla di ciò che gli accadeva intorno. Se era vero che usare troppo il cellulare provocava gravi danni al cervello, allora lui se n'era giocato mezzo nell'ultima ora.

Andiamo Eleanor. Ti prego, rispondi!

Niente. A rispondergli fu come al solito la segreteria. Ringraziò mentalmente il proprio autocontrollo per avergli impedito di scagliare il telefono contro la parete. E non solo. Forse agli altri appariva piuttosto tranquillo, controllato, ma non era affatto così. Dentro era in balia di una tormenta di rabbia, sgomento, tristezza, frustrazione... cosa fosse a lasciare integro quel minimo di lucidità era un mistero, perchè aveva seriamente temuto d'impazzire nel momento in cui si era svegliato senza trovare Eleanor al suo fianco, quando volgendo lo sguardo per la stanza non aveva più visto le sue cose, quando aveva trovato la lettera... quelle parole scritte con una calligrafia frettolosa e disordinata l'avevano ucciso. Ogni singola parola, punto o virgola era stato una pugnalata. Gli altri non si rendevano conto del dolore assoluto che lo stava consumando. Loro erano solo preoccupati per Eleanor, come semplici amici e niente più, ma lui era terrorizzato dall'idea di averla persa per sempre. E per cosa? Per non aver capito che c'era qualcosa che non andava in lei quando era tornato a casa?
Aveva percepito qualcosa di strano nella sua voce, ma si era convinto fosse dovuto alla stanchezza, come aveva detto lei. Come aveva potuto essere così ingenuo? Si maledisse innumerevoli volte. In mano stringeva ancora quel dannato pezzo di carta, ormai stropicciato e illeggibile. Com'era possibile che quello stesso pomeriggio fosse tutto così perfetto e che ora si ritrovasse catapultato all'inferno?
No, non aveva intenzione di restare all'inferno! E poi gliel'aveva sempre detto ad Eleanor. Se fosse sparita, lui l'avrebbe sicuramente ritrovata. Ma come poteva anche solo aver pensato di abbandonarlo cosi?

“Andiamo!” esclamò determinato, infilandosi la giacca. Heavy era già pronto a seguirlo, ma Metal indugiava.

“Rock...” fece, quasi imbarazzato “Lei... lei mi ha detto di fermarti se avessi deciso di andarla a cercare... “

Rock si parò di fronte a lui, sfidandolo apertamente :” E allora fermami, avanti!”

Metal lo osservò a lungo. Non l'aveva mai visto così deciso e risoluto. Per un attimo si sentì davvero piccolo ed insignificante sotto quello sguardo. Capì che nulla l'avrebbe fermato, men che meno lui. Si scusò mentalmente con Eleanor, senza tuttavia pentirsi di ciò che stava per fare. In fondo, anche lui voleva ritrovarla.

“...Vengo con te.” disse infine.

Rock s'incamminò verso l'uscita, Heavy e Metal a seguito. Il suo autocontrollo quasi implose quando trovò, davanti all'ingresso, Rap.

“Rock, aspetta. Ragiona!” Nemmeno lo ascoltò. Cercò di zittire quella voce nella propria mente. “...Lei non vuole essere trovata!”

E a quelle parole, sentì distintamente l'esplosione dentro di sé. “Tu non sai un cazzo di lei!” gli urlò contro.

Immediatamente, i due gemelli si frapposero tra i due, intimandogli di calmarsi. Se non fossero intervenuti loro due, Rock si serebbe fiondato su Rap dando libero sfogo alla propria rabbia. Non pensava fosse possibile provare un tale odio per qualcuno. Era del tutto impreparato ad affrontare un simile sentimento e lasciò che l'istinto lo guidasse. Ma furono le parole scritte da Eleanor a placarlo : Perfavore, non odiare Rap...
Quasi gli sembrò di sentire la sua voce implorante, i suoi occhi blu che lo fissavano tristi e delusi... lentamente, la rabbia lasciò il posto al dolore. Non c'era il tempo per essere arrabbiati con Rap. Doveva ritrovarla... a tutto il resto avrebbe pensato dopo. E senza Eleanor al suo fianco, un dopo non ci sarebbe mai stato.
Spinse di lato Metal, che lo intralciava, e uscì in cortile. Sentì i passi dei suoi amici fargli eco. Non sapeva se Rap si era aggiunto a loro, nemmeno si voltò per assicurarsene. Non gli importava di lui!

“Hei, Rock!” la voce di Heavy lo riscosse. “Sai dove potrebbe essere andata?”

Lo sapeva? ...no. C'erano un paio di posti da controllare, ma non era certo di riuscire a trovarla proprio lì.

“Forse...” rispose, sinceramente.

Sentì Metal borbottare qualcosa, si voltò ed ebbe la conferma che, sì, Rap li aveva seguiti. Aveva un'espressione indecifrabile e non aveva ancora osato alzare gli occhi su di lui. Quindi lo sapeva di essere il responsabile di tutto ciò!? Certo che lo sapeva. Rock sperò che i sensi di colpa lo stessero consumando almeno la metà di quanto il dolore stesse consumando lui.

“Non è meglio usare l'auto?” propose Heavy.

Senza dire niente, Rock si diresse verso il posto dove in genere parcheggiavano la loro macchina. Andò a sedersi al posto di guida. E attese che i suoi amici prendessero posto. Si stizzì e strinse i pugni sul volante quando si accorse che Rap aveva occupato proprio il posto accanto al suo.
Adesso lo guardava! Il suo sguardo aveva un che d'intimidatorio, cosa che lo fece irritare ancora di più. Per evitare di lasciarsi andare all'ira, mise in moto e si concentrò sulla strada.

“Dobbiamo parlare!” esordì Rap, senza staccargli gli occhi di dosso.

“Io credo di no invece.” rispose Rock, apparentemente tranquillo “Ce l'hai fatta! Hai ottenuto ciò che volevi! La tua piccola vendetta personale è andata a segno, le mie congratulazioni! Eleanor per Marika giusto?”

“Ti sbagli. Io non...”

“No!” lo zittì Rock “Non voglio sapere niente! Non m'interessa! E per quel che mi riguarda, noi due non abbiamo altro da dirci!”


***


Coraggio Eleanor, ce la puoi fare!

Da circa dieci minuti se lo stava ripetendo, ma quel coraggio che stava a gran voce chiamando sembrava non avere alcuna intenzione di venire fuori. Eppure non sembrava così difficile. Quante volte si era ritrovata sotto quella palazzina? Le sarebbe bastato suonare il citofono e Nathan le avrebbe risposto.
Oppure no? Forse Nathan era arrabbiato con lei, avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo per esserlo. Per un attimo fu tentata di tornare indietro a cercare Mary-Bell. La ragazzina le aveva proposto di andare a stare a casa sua finchè non avesse trovato un altro posto dove stare, ma lei si era rifiutata categoricamente. Andare a vivere nella casa dove era cresciuto Rock? No... non era proprio il caso.

Certo che hai una bella faccia tosta, Eleanor. Non ti sei più fatta sentire da Nathan e ora che sei nei guai torni da lui … non è questo che fanno gli amici.

Era la verità. Che razza di persona era? Stavolta la tentazione di andarsene si fece davvero prepotente, ma il portone della palazzina si aprì. Una signora stava uscendo, la guardò e chiese, tenedo il portone aperto :” Deve entrare, signorina?”

Si, grazie mille!” rispose lei, instintivamente.

Entrò nell'atrio e rimase per un po' appoggiata al portone, indecisa se salire o meno. Che strano essere lì. Le sembrò di essere tornata indietro nel tempo, di sentire la voce di Evan che si lamentava dell'ascensore che puntualmente non funzionava, di sentire i suoi passi su per le scale... Scosse la testa per cancellare quei pensieri. Si avvicinò all'ascensore e premette il pulsante. Stranamente funzionava. Le venne da sorridere nell'immaginare Evan gridare al miracolo.
Quando raggiunse il quarto piano, una sensazione di malinconia e tristezza assoluta la investirono in pieno non appena uscì sul pianerottolo. La porta dell'appartamento di Nathan era proprio davanti a lei. Le sarebbe bastato suonare il campanello, attendere che l'amico aprisse, spiegargli la situazione e rimanere nascosta da lui fino a che Rock e gli altri non avessero rinunciato a cercarla. Non era poi così difficile. Ma l'idea di non trovare Evan oltre quella porta, la uccideva.
Fece un respiro profondo e si avvicinò.

Coraggio Eleanor. Hai detto addio ad Evan, ricordi? Devi andare avanti...

Suonò il campanello e pochi istanti dopo, un Nathan sorpreso e confuso le apparve di fronte.

Eleanor....?” fece, incredulo.

....Ciao, Nathan.”

Eleanor teneva lo sguardo basso. Non se la sentiva di affrontare i suoi occhi. Era convinta fossero colmi di risentimento per lei, per essere sparita così, ma invece il ragazzo l'abbracciò stretta.

Hai una vaga idea di quanto ti ho aspettata?”

Eleanor sentì distintamente le lacrime affacciarsi dai suoi occhi. Nathan non era arrabbiato con lei... era chiaro. Lui non si arrabbiava mai! Si vergognò davvero per avergli fatto affrontare la morte di Evan da solo. Lei perlomeno aveva Rock e gli altri in quel periodo, ma lui invece non aveva nessuno. Come aveva potuto essere così egoista? Evan ne sarebbe rimasto così deluso....

Mi dispiace tanto ….” mormorò contro la sua spalla. “Avevo paura di venire qui. L'idea che c'eri solo tu e non lui mi terrorizzava.”

Lo so.... “

Non parlarono più. Solo in quel momento, stretta in quell'abbraccio così confortevole, Eleanor realizzò quando Nathan le fosse mancato. In fondo anche lui era stato come un fratello. Se pensava al proprio passato vedeva sempre Evan, Nathan e lei. L'allegro trio! Nelle più svariate situazioni. Quella parte della sua vita si era tragicamente conclusa, ma non per questo andava dimenticata.

Vieni, entra.” fece Nathan quando la liberò dalla morsa delle sue braccia.

La tenne per mano mentre varcavano la soglia. Sapeva che quel semplice gesto le costava una fatica immensa. La vide osservare il salotto, la cucina e poi il suo sguardo rimase fisso sulla porta chiusa della camera da letto. I suoi occhi s'inumidirono di lacrime.
Nathan sapeva cosa lei stesse provando. Lui ci aveva convissuto ogni giorno da quella dannata notte. Ogni volta che entrava in casa, gli veniva d'istinto di fissare la porta di camera e chiamare Evan... perchè in genere, quando rientrava, Evan dormiva. I suoi orari lavorativi gli scombinavano del tutto la giornata ed era raro trovarlo sveglio. Anche Eleanor era vittima dello stesso istinto.
Nathan si affrettò a condurla sul divano, ma lei non sembrava tranquillizzarsi. Si guardava intorno come un'ossessa. Il suo sguardo vagava su ogni cosa, oggetti, fotografie. Tutto era un ricordo legato ad Evan.
Poi, la ragazza si costrinse a chiudere gli occhi e scoppiò in un pianto disperato. Nathan la strinse di nuovo a sé e la lasciò sfogare.
Provò a non cedere anche lui. Ad essere forte per lei e ci riuscì. Quando i gemiti di Eleanor scemarono, la guardò dritto negli occhi : 

“Va meglio...?”

Lei annuì e si asciugò il viso col dorso della mano. “Scusami... è accaduto proprio quello che temevo. “

Non preoccuparti... E' tutto ok!”

Non ce l'hai con me, Nathan?”

Lui la guardò corrucciandosi appena :”Avercela con te? Per quale motivo, scusa?”

Ti ho praticamente abbandonato dopo che Evan....” lasciò la frase sospesa a metà e Nathan la ringraziò mentalmente. “... Non una telefonata, non sono più venuta a trovarti. Dovresti essere arrabbiato!”

Nathan sospirò e le sorrise rassicurante: “Eleanor, ognuno vive il dolore a modo suo. Ho capito che ti serviva del tempo per trovare la forza di ritornare qui. Credimi, nemmeno io credevo di riuscirci il primo giorno dopo l'incidente... non devi giustificarti. Adesso sei qui, il resto non importa!”

Lei gli sorrise con gratitudine. “Grazie...”

Hai fame?”

Eleanor si rese conto di non toccare cibo dal giorno prima. “Un pochino...” fece, un po' imbarazzata.

Perfetto! Devo ancora fare colazione. Vieni!”

Lo seguì in cucina e si sedette al suo solito posto. Quanti ricordi c'erano in quella stanza? Era il loro tavolo delle riunioni. Fortunatamente, Nathan la ridestò dai suoi pensieri.

Come ti vanno le cose, comunque?”

Lei si morse nervosamente il labbro : “... non molto bene.”

Che succede?”

...io... io ho lasciato Rock!” fu straordinariamente facile dirlo. Ma non aveva considerato il dolore che questa consapevolezza portò con sé. Improvvisamente l'appetito si dileguò.

Dimmi che scherzi!” esclamò Nathan, fissandola allibito.

No... affatto.”

Ma non è possibile! Eravate così... “ Nathan dovette zittirsi sotto lo sguardo implorante di lei. Sospirò. “Ok. Che è successo?”

Eleanor puntò lo sguardo sulla tazza di caffè che aveva di fronte. Afferrò un biscotto dal pacco al centro del tavolo e ve lo immerse.

Eleanor!” la richiamò Nathan, deciso a farsi dire tutto.

...Ho fatto sesso col suo migliore amico.” ammise, senza giri di parole.

Oh...” fece lui, corrucciandosi. “... un bel casino!”

Già.”

Vedendola così giù di morale, tentò di rasserenarla un po' :”Beh, magari ti perdonerà se torni da lui. Non posso dire di conoscerlo come lo conosci tu, ma da quel poco che ho visto mi sembrava che lui ci tenesse davvero a te. Dovreste parlare...”

No, Nathan. Forse potrebbe anche perdonarmi, ma finchè io non riesco a perdonare me stessa, non posso tornare da lui. Lo capisci?”

.... credo di si! Ma credo anche che tu sia troppo severa con te. Hai sbagliato, è vero, ma non è una cosa così irreparabile. In amore si è sempre pronti a perdonare anche le cose più terribili. Suona assurdo e del tutto patetico, ma ti assicuro che è così!”

Non ci riesco, Nathan. Non riesco ad immaginare di tornare da lui come se nulla fosse successo! Sono quasi sicura che lui ci riuscirebbe a dimenticare ciò che ho fatto, ma io no! Non sono così forte purtroppo. Mi sentirei indegna di lui ad ogni suo tocco o sguardo..”

...Beh, a volte staccare un attimo può servire. Prendersi un po' di tempo per pensare.”

Infatti. E' per questo che sono qui. So che non dovrei chiedertelo, visto la totale indifferenza con cui ti ho trattato in questi ultimi tempi, ma ….non so dove andare, Nathan! Mi serve un posto dove stare per un po'... non sapevo a chi chiedere. Mi spiace approfittarne così...”

Lui la guardò severamente, per poi sorriderle calorosamente : ”Bentornata a casa!”

Eleanor gli rispose con una risata sincera e liberatoria. E per la prima volta, nelle ultime ventiquattro ore, si sentì bene!


***


Rock.... si sta facendo tardi! Vuoi continuare?”

Heavy non si rendeva nemmeno conto di cosa stesse dicendo! Ma Rock aveva smesso di arrabbiarsi. In fondo non poteva pretendere che tutti loro fossero coinvolti in quella disperata ricerca. Metal l'aveva sostituito alla guida, visto che lui era troppo distratto per riuscire a guidare senza farli schiantare.

Voi fate quello che volete!” ribattè, in modo abbastanza pacato.

Io vengo con te!” A parlare era stata Nicole.

Si erano aggiunte anche lei e Amber al gruppo. Lui e i ragazzi erano andati a cercare Eleanor al locale dove lavorava, ma appurato che non fosse lì e che aveva finto di stare male per evitare di presentarsi al lavoro, le due ragazze si erano preoccupate e avevano insistito per aiutarli.

Nicole, stai ferma ti prego! Non mi sento più le gambe!” Si lamentò Amber.

Il sedile posteriore dell'auto non riusciva a contenerli tutti e Nicole, la più minuta del gruppo era stata costretta a sedersi in braccio alla sorella. Heavy e Rap le affiancavano, scrutando dai finestrini ogni persona che passava in strada.

Abbiamo girato ovunque, “ continuò Metal “Si è come volatilizzata. “

Oddio, se non ha un posto dove andare sarà costretta a dormire per strada! Povera Eleanor, non possiamo permetterlo! E' pericoloso!” si agitò Nicole.

...Non sarebbe un problema per lei.” esordì Rap, dopo ore di silenzio. “Ha già trascorso delle notti all'aperto, dico bene?”

E' stato molto tempo fa! “ tagliò corto Rock, sperando che Rap tornasse al suo silenzio. Lo urtava terribilmente sentire la sua voce.

DI che state parlando, scusate?” chiese Amber, “Cosa significa che non sarebbe un problema per lei?”

Lascia stare... “ le rispose Rap, chiudendo lì il discorso.

Rock continuò a pensare a dove potesse essere Eleanor. Avevano scandagliato ogni singolo angolo della città, ma di lei neanche l'ombra. Era preoccupato, arrabbiato, distrutto. Non c'era niente in grado di farlo distrarre, fargli trovare pace per un attimo. L'ansia lo stava lentamente divorando.
Sentiva i ragazzi discutere, ma lui non li stava davvero ascoltando. Era come essere nella stessa auto con delle persone che parlavano una lingua straniera. Si sentiva distante anni luce da loro. Non metteva in dubbio che fossero in pena per Eleanor, ma per lui era diverso. Perdere lei, avrebbe significato perdere se stesso! Non poteva immaginare le sue giornate senza di lei... era qualcosa d'inconcepibile. Ed era strano, perchè fino a pochi mesi prima loro due nemmeno si conoscevano, ma da quando lei era entrata nella sua vita tutto aveva ripreso colore. La morte di Marika era stata un duro colpo anche per lui, oltre che per Rap. Mai avrebbe creduto di poter tornare ad amare qualcuno ed Eleanor era stata il suo miracolo personale.
Non gli importava di cosa fosse successo con Rap. Avrebbe dovuto importargli, in realtà ma era qualcosa di assolutamente secondario se confrontato al suo disperato bisogno di lei. Avrebbero risolto ogni cosa, ma lei doveva tornare!
Qualcuno lo riscosse dai suoi pensieri. Rap gli aveva posato una mano sulla spalla e lo fissava serio. Rock lo guardò interrogativo, evitando di parlare per paura di lasciarsi scappare qualche insulto di troppo.

Evan...!” mormorò Rap.

Rock non capì. Che c'entava Evan? Intendeva forse che Eleanor si fosse rifugiata a Meadow's hill per essere più vicina al suo amico? Ci aveva già pensato ed aveva setacciato quella zona assieme ad Heavy, senza risultati.

...Cosa?”

...Il ragazzo biondo che era con voi all'ospedale... il ragazzo di Evan...”

Fu come ricevere uno schiaffo illuminante. Di quelli che riescono a salvarti nel bel mezzo di una crisi isterica. Aveva ragione! Rap aveva dannatamente ragione.

Nathan!

Come aveva potuto non pensare a lui? Eleanor doveva essere andata a casa sua! Era così maledettamente ovvio!

E' da Nathan...”

Da chi?” chiesero in coro gli altri.

Sai dove abita?” chiese Rap, ignorando gli sguardi confusi dei ragazzi.

Rock scosse semplicemente la testa, stringendo i pugni con stizza, rendendosi conto della propria impotenza. Adesso sapeva dove fosse Eleanor. Non ne aveva la certezza, naturalmente, ma sapeva, sentiva che lei era andata da Nathan. Eppure non poteva andare da lei. Non aveva idea di dove lui abitasse.
Sentì Rap alle sue spalle sospirare abattutto e sprofondare sul sedile. Gli altri avevano ascoltato in silenzio.

Sicuro che Eleanor non ti abbia mai detto dove abita?” chiese Metal. “Magari le è scappato . Prova a ricordare.”

Rock scosse nuovamente il capo. “Non lo so, ti dico! Non me l'ha mai detto! Non me ne starei qui seduto se lo sapessi, non credi?”

Beh...” fece Amber “Non ho idea di chi sia questo Nathan, ma una cosa è certa: non possiamo rastrellare ogni palazzo ed ogni casa della città per trovarlo!”

Aveva ragione! Nemmeno ricorrere ad un elenco telefonico sarebbe servito, dato che di Nathan conosceva solo il nome di battesimo.
Non era possibile essere ad un passo dal ricongiungersi con lei e non poter fare nulla! Era atroce!

Maledizione!” imprecò Rock sottovoce

Hei amico, non prenderla così!” disse Heavy “Sappiamo dov'è e con chi, soprattutto! Sappiamo che non è fuori al freddo e cha ha un posto dove stare! Possiamo continuare a cercarla domani! L'importante è avere la certezza che sia al sicuro, no?!”

Strano ma vero, le parole di Heavy ebbero un effetto benefico. Il suo discorso aveva del sensato. Il fatto che Eleanor fosse da Nathan non era solo una supposizione. Era una certezza assoluta! Era l'unico posto in cui sarebbe potuta andare! Era al sicuro. Lui si sarebbe preso cura di lei.
Quello che proprio non riusciva a sopportare era tornare a casa da solo. Significava altre ore di solitudine, sapendola triste e in lacrime lontana da lui, vittima di sensi di colpa inesistenti.
Ma c'era Nathan con lei! Non era da sola. Lui avrebbe asciugato le sue lacrime e chissà, magari l'avrebbe anche convinta a ritornare !

D'accordo!” disse con uno sforzo immane “Torniamo a casa, continuiamo domani!”

***


Dopo che ebbero riaccompagnato Nicole e Amber a casa, i quattro ragazzi tornarono al loro rifugio. Agli occhi di Rock non appariva più così accogliente. Si era illuso di trovare Eleanor venirgli incontro, dicendogli di aver sbagliato, di essersi comportata da stupida e che le dispiaceva di essere scappata a quel modo. Ovviamente, quell'illusione si frantumò nel momento in cui rientrarono nella scuola. Tutto era immerso del buio, il silenzio rimbalzava da una parete all'altra. Eleanor non c'era.
Rock non andò nella sua stanza. Gli sembrava così dannatamente grande adesso, e a dir la verità, non gli andava proprio di mettersi a dormire come se nulla fosse. Anche volendo, non ci sarebbe mai riuscito.
Heavy e Metal dissero qualcosa prima di sparire nel buio del corridoio che portava alla loro stanza. Rap invece, rimase con lui.
Rock non seppe dire se la sua presenza lo infastidisse o meno. Era in balia di troppi sentimenti e faceva fatica a distinguerli gli uni dagli altri.

Rock, senti ...” provò a dire Rap, prima di venire zittito con un gesto della mano.

Lo so! “ esclamò Rock “Ti dispiace per quello che è successo. Non serve che tu lo dica!”

No... non è quello.”

Rock lo fulminò con lo sguardo. Non era dispiaciuto? Ma cosa aveva in testa? Lui ci stava provando ad essere comprensivo e a fare come le aveva chiesto Eleanor, ossia non odiarlo, ma lui annullava i suoi sforzi.

Non mi dispiace neanche un po'! Perchè ieri notte, con Eleanor è stato fantastico! E lo rifarei ancora e ancora e ancora, se solo lei me lo chiedesse...”

Un colpo secco e il sangue di Rap macchiò il pavimento. Anche il pugno serrato di Rock rimase sporco di quel liquido caldo e scarlatto.
Rap non reagì in alcun modo. Lo fissò senza dire nulla e si pulì con il dorso della mano la base del naso e il labbro, fonti di tutto quel sangue.

Mi chiedevo quand'è che ti saresti deciso a farlo.” fece Rap, sprezzante. “Non ti senti un po' meglio adesso?”

Rap parlava con superiorità, sorridendo lievemente, quasi divertito.
Si sentiva meglio? Forse. Un minimo di rabbia era riuscito a scaricarla, ma per liberarsi di tutta la frustrazione accumulata in quelle ore, ammazzarlo di botte non sarebbe bastato.

Per niente!” sbottò.

Cosa pensi di risolvere così? Si, hai tutto il diritto di essere arrabbiato con me, ma comunque il fatto che io ed Eleanor lo abbiamo fatto non cambierà! Avanti, continua pure! ”

Rock non riuscì a capire esattamente cosa fosse a trattenerlo dal colpirlo ancora. Poi le tornò in mente la lettera di Eleanor che aveva infilato in tasca prima di uscire. Era lei a farlo ragionare. Pur essendo lontana da lui, era in grado di placarlo.

Vuoi sapere perchè non lo faccio? Perchè non ti riserverò lo stesso trattamente che tu hai riservato a me quando Marika se la spassava con tutti e due?” Sputò fuori quelle parole con un che di velenoso. 

Rap infatti non parve apprezzare che venisse nominata Marika.
A nessuno dei due piaceva troppo riportare a galla la notte in cui Rock si era fatto letteralmente quasi ammazzare di botte da Rap. Senza reagire, aveva lasciato che l'amico lo colpisse innumerevoli volte dopo che la sua relazione clandestina con Marika era uscita allo scoperto. Rock aveva seriamente pensato di non uscirne vivo quella notte, ma poi, all'improvviso, rendendosi conto di ciò che stava facendo, Rap l'aveva guardato e si era fermato. Fortunatamente i danni subìti non erano stati così gravi e Rock si era rimesso in breve tempo.
Avrebbe potuto prendere il posto di Rap, in quest'occasione. Ne aveva il diritto, ma non lo fece.

... Non lo faccio perchè me lo ha chiesto Eleanor!”

L'espressione dura di Rap si addolcì all'istante. “Come....?”

E' stata lei a chiedermi di non prendermela con te e non ho alcuna intenzione di venire meno ad una promessa fatta a lei! Non m'interessa chi ha cominciato, chi è stato il primo a stuzzicare l'altro... posso convivere col fatto che abbiate fatto sesso. Sarà difficile dimenticarsene, tornare a fidarmi a lasciarvi da soli, ma posso riuscirci! Voglio solo che lei ritorni...!”

Detto ciò, Rock si arrembò alla parete e si lasciò scivolare fino a trovarsi seduto a terra. Poggiò i gomiti sulle ginocchia e si prese la testa fra le mani. 

“Non so cosa le sia preso! Io gliel'avevo detto chiaro e tondo che avrei potuto affrontare tutto, qualunque cosa se solo mi fosse rimasta affianco! Ma ora che non c'è... non so che fare! Non so nemmeno con chi prendermela! E' ridicolo!”

Rap sospirò e andò a sedersi al suo fianco.

Sai...” disse “... lei ha fatto il tuo nome!”

Rock lo guardò senza capire, lui allora si affrettò a spiegare.

Mentre stavamo....beh, hai capito, lei chiamava te. Mai una volta ha fatto il mio nome... magari non cambierà le cose, ma in realtà lei non ti ha tradito in senso stretto! Si è solo lasciata andare con la persona sbagliata e quando si è resa conto di quello che stava facendo era troppo tardi per tornare indietro.”

Non faceva molta differenza in effetti, eppure Rock si sentì lo stesso sollevato. Seppur in minima parte.

Dimmi la verità...” disse poi “... l'hai fatto per farmela pagare? ...Lo capirei. Voglio solo che tu sia sincero con me!”

Non l'ho fatto per quello! Avrei potuto... ma nemmeno io sono così bastardo. L'ho fatto perchè...beh, perchè era una cosa su cui fantasticavo già da un po'... e tu lo sai bene, perchè l'avevi capito! Pensavo di riuscire a gestirla, ma siamo realisti! Lei non ha fatto niente per aiutarmi! Non intenzionalmente, questo lo so... non si è mai resa conto dell'effetto che mi faceva. E' sempre stata piuttosto....” Rap si fece pensieroso, arrovellandosi alla ricerca di un termine adatto.

Rock concluse per lui :” ...ingenua.”

Si! Ingenua! Terribilmente ingenua! Ed è assurdo se ci pensi. Voglio dire, senza voler offendere nessuno, con quello che ha passato, dovrebbe essere un'esperta in seduzione e reazioni imprevedibili maschili, no? E invece non sa nulla! E' un territorio inesplorato per lei!”

Rock sorrise lievemente, lo sguardo perso :” E' questo che adoro di lei. Ha visto le cose peggiori del mondo ed ha mantenuto l'ingenuità di una bambina! E' un dono … non un difetto. Solo che non capisce che non può attribuirsi la colpa per ogni cosa brutta che succede. E non so come farglielo capire!”

Sul serio non te ne frega niente che sia venuta a letto con me?”

Rock sbuffò : “Ad essere sinceri, il mio istinto mi suggerisce di ucciderti in maniera lenta e dolorosa.... ma preferisco dar retta alla mia parte razionale che mi dice, Rock, fottitene! Ha solo avuto pena di lui! Lei è sempre stata comunque tua!

Si guardarono in cagnesco per qualche istante, per poi scoppiare a ridere.

Sei proprio uno stronzo!” fece Rap “Però hai ragione!”

Si concessero qualche altro minuto d'ilarità, finchè il silenzio tornò a farla da padrone. Rap vide Rock tornare a sprofondare nel proprio tormento.

Tornerà!” disse semplicemente “Te lo dico io! Ti segue come un cagnolino, non resisterà a lungo, credimi!”

Per la prima volta in quella giornata da dimenticare, Rock fu lieto di essere in compagnia di Rap.

Hei, Rap!” lo chiamò “Mi dispiace per...” e mimò il gesto del pugno. 

Lui inarcò le sopracciglia:Non sarai davvero convinto di avermi fatto male?”

Quelle macchie rosse là per terra e sulla tua faccia dicono il contrario!”

Si beh.... c'era da aspettarselo! In fondo sono io che ti ho insegnato a darle!”

Rock trattenne una risata nel ripensare a quando erano piccoli e lui era uno dei bersagli preferiti dei ragazzini della scuola pubblica. Rap l'aveva sempre difeso e alla fine gli aveva insegnato a farsi rispettare. E c'era riuscito!

Non ti aspetterai che mi metta a chiamarti Maestro?”

Perchè no!? Me lo merito!”

Ti sei scopato la mia ragazza, non ti meriti proprio niente!”

Rap alzò le mani in segno di resa.

Ok, mi arrendo!Davanti all'evidenza, la presunzione soccombe!” disse alzandosi in piedi.

Mi spieghi come ti vengono?”

Che cosa?”

Queste specie di pillole di saggezza degne di un guru indiano!”

Rap fece spallucce: “Non ne ho idea. Mi vengono piuttosto naturali, ad essere sinceri!”

Anche Rock si alzò : “Non credo che riuscirò a chiudere occhio stanotte...”

Benvenuto nel mio mondo! Dai, tranquillizzati! Domani andiamo a cercare la tua bella, la rapiamo e la rinchiudiamo qui in modo che non scappi più! Userò le mie pillole di saggezza per convincerla a restare!”


***


Come hai detto?”

Eleanor era sconvolta. Il giornale che stava leggendo le era scivolato tra le mani finendo a terra. Nathan la guardava dispiaciuto.

Mi dispiace...”

Puoi ripetere?”

....Ho detto.... che me ne vado!”

Non puoi!” urlò lei. “Perchè dovresti farlo!? Tu vivi qui! E' casa tua questa!”

Dovresti saperlo meglio di chiunque altro perchè lo faccio? E' troppo difficile continuare a vivere in questa casa....”

Eleanor ammutolì. Certo... per lei era stato atroce rientrare in quella casa, adesso così vuota, ma per Nathan doveva essere stato mille volte peggio.

Cerca di capire, Eleanor! Lui non c'è più, dobbiamo farcene una ragione e andare avanti. Io non ci riesco se continuo a vivere qui! Devo andarmene in un posto dove non ci siano ricordi legati a lui!”

Avrebbe voluto abbracciarlo ed implorarlo di restare, ma lo capiva. Comprendeva il suo stato d'animo e non poteva costringerlo a rimanere.

Dove andrai...? “ domandò debolmente.

Torno a casa. Ti ricordi che ho una sorella? Andrò da lei per un po'. Finchè non trovo un'altra sistemazione.”

Da tua sorella? Quindi... lasci la città. Non cambi semplicemente casa, cambi città!”

Nathan annuì soltanto.

....allora, te ne vai anche tu? “

Vedendola annegare nella tristezza Nathan tentò di tranquillizzarla :” Verrò a trovarti! Te lo prometto! Pensi che mi possa dimenticare di te? Non dire sciocchezze!”

Quando andrai...?”

A fine mese. Ma posso rimandare. Non andrò da nessuna parte finchè tu non avrai un posto dove stare, quindi non temere. Non ti sto sbattendo fuori!”

Questa è proprio la fine, vero? La fine del nostro allegro trio... Prima Evan, ora te. Rimarrò soltanto io.”

Nathan l'abbracciò forte :”Eleanor, il mio non è un addio! E il nostro allegro trio non finirà mai di esistere davvero!”

Il ragazzo si alzò dal divano e andò a prendere qualcosa dalla libreria. Poi tornò a sedersi al suo fianco. Tra le mani stringeva una foto. Lei scoppiò in una risata piena di malinconia quando la vide.
C'erano loro tre. Lei , Evan e Nathan.
Eleanor stava in mezzo e si sorreggeva con le braccia sulle loro spalle. Doveva essere estate, visto il loro abbigliamento e la luce brillante. Ridevano felici e spensierati. Non si ricordava quando fosse stata scattata, ma le trasmise serenità.

Puoi tenerla!” le disse Nathan, porgendogliela. “Io ne ho delle altre. Ad Evan farebbe piacere che tu la conservassi!”

Grazie....”

Rimasero a chiacchierare e a ridere ricordando decine di buffi episodi passati fino a tardi. Poi Nathan andò a dormire. Eleanor rimase sul divano a fissare quella foto.
Accarezzò l'immagine di Evan e sorrise .
Nathan se ne sarebbe andato. Doveva trovarsi un posto dove andare a vivere. Ce l'avrebbe fatta! Se l'era sempre cavata. Non sarebbe bastato questo ostacolo a fermarla.
Spense la luce e si sdraiò, coprendosi fino al mento. Mise la foto sotto al cuscino e chiuse gli occhi sperando di addormentarsi e far trovare un po' di pace alla sua mente. Pensare troppo era snervante. Senza considerare il fatto che non c'era nessuno ad abbracciarla al suo fianco...
Incredibilmente, il torpore non tardò ad arrivare, ma prima di crollare nella misericordiosa benedizione del sonno, le sue labbra si mossero appena in un sussurro.

Buonanotte Alex...”


***


Ho poco tempo ragazze, passo subito a ringraziare chi ha recensito:

aurelia94: mi spiace per il pavimento di casa tua pieno della tua bava. Spero che nessuno si sia fatto male scivolandoci sopra XD. Non esprimere a voce alta questi dubbi!!!! Nicole lasciamola un po' stare per ora... Rap mi sembra già abbastanza incasinato di suo no!?  Oddio, la parola "libro" ha un effetto devastante sulla mia autostima. Grazie mille! =)))

MakyMay: Quindi avevi indovinato il nome di ROck?!?!? Brava i miei complimenti ^_^! ANche tu con questa storia del libro! Ma io mi metto a fluttuare per casa se continuate ad adularmi così *_* . Ho visto il tuo commento su youtube e ti ho pure risposto =) . Grazie mille, spero sia piaciuto questo chap.

Piccola Ketty: nuuuuuuuuuuuuuuu nun t'araggià XD ! Hai visto!?!? ELeanor chiamava Rock mentre....ehm.... copulava U.U con Rap, quindi alla fine  il tradimento c'è stato , ma in forma più lieve. ...Ok, sono stata una vera bastarda con tutti. lo ammetto! Mea culpa!  Rap è cotto di lei ed è pur sempre un uomo.... non resiste alle tentazioni e lei, beh come hai detto tu, ha subito il fascino di Rap senza però mai togliersi di testa Rock. Che casinoooooo! XD ALla prossima cara!! Ma lavori in via XX!??? Mi vien da ridere perchè ci passo tutti i giorni, incredibile!! XD

fu80: Ma certo che ci voleva la festa di benvenuto!! CI mancherebbe! Urrà Urrà! XD COsa prova Eleanor per RAp?? In effetti non si è ancora soffermata su questo punto. Ma lo farà! Quindi sii paziente. =)

___Yuki___ : AUAUAUAUAUAU ARCIBALDO!!!!!! XD Mi hai fatto morire!! Perchè non mi è venuto in mente prima un nome simile!?!? Anche Atanasio non era male! ahahahahahah. Anche tu fissata con Nicole adesso!?!?!? Ma io MUTA devo rimanere, MUTA devo restare!  Il passato dei gemellini arriverà, ma non ho intenzione di fargli passare troppe cose brutte! La mia fantasia sta avendo un brusco crollo con tutte queste tragedie =_= XD

Black S O U L ___ : eh si hai ragione! Eleanor è stata abbastanza stupida! Lo so, aveva detto che non ci si poteva innamorare di due persone, però lei non ha mai detto esplicitamente di essere innamorata anche di Rap quindi.... u.u è solo una ragazza confusa, suvvia XD ! Lieta che il nome ALex ti sia piaciuto =)

Mana_chan: MA CARISSSSSSSSSSIMA; il monumento lo vuoi in oro, argento o platino??? Decidi tu!  Non dirmi pure te che il tuo radar sta puntando su Nicole!!!!!! XD ahahahahahah Povera ragazza, la state tenendo d'occhio quanto un indagato per omicidio XD! In realtà volevo far entrare Rock mentre Rap e ELeanor consumavano, ma mi sembrava banale. Magari con Rap che se ne usciva con "E' svenuta, la sto rianimando!" XD  Ti piacciono i LifeHouse?!?!? Ma io ti adoro!!! E' ufficiale!! Altro che monumento! QUi c'è da intitolarti una scuola!!!!  Spero tanto sia piaciuto sto capitoletto e ALEX RULES!!!!!

Ok, finito! ringrazio che mi aggiunge ai preferiti e alle seguite! E anche solo chi legge! SPero sempre vi facciate avanti, ma non posso costringervi!  Ma lo sapete Che ci stiamo avviando verso la fine di questa storia?!?!? ç___ç tristezza ( o liberazione per voi XD )

Ci vediamo domenica!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

A presto
Ayleen

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Capitolo 26
*** Aggressione ***


CAPITOLO VENTISEI

Aggressione



“Hai osato picchiare il mio fratellino!!!” strillò Amber attirando su di sé l'attenzione di tutti i clienti del locale.

Rock inarcò le sopracciglia, sorpeso da quella reazione. Le era sembrata una ragazza così tranquilla e pacata quando l'aveva conosciuta. Chi l'avrebbe mai detto che si sarebbe potuta trasformare in una spietata assassina quando si trattava dell'incolumità di suo fratello?
Rap sogghignava divertito e gongolante. In effetti, la scena doveva risultare piuttosto comica, soprattutto considerando che Amber stringeva minacciosamente in mano un coltello. Era impegnata in cucina quando lui era arrivato e gli era praticamente piombata addosso senza preoccuparsi di posare i ferri del mestiere.

“Cosa ti aspettavi che facessi? Che mi mettessi a lanciare petali di rosa sul suo percorso?” cercò si sdrammatizzare Rock.

Amber non sembrò calmarsi. “Non m'interessano le tue scuse idiote!” continuò ad urlare “Nessuno. Ripeto, nessuno deve permettersi di mettere le mani addosso a mio fratello, chiaro!?”

Rock lanciò uno sguardo a Rap. L'ilarità era sparita dal suo volto segnato. Ma l'aveva davvero colpito così forte? Un po' si sentiva in colpa, a dir la verità... Il labbro spaccato si era gonfiato e una macchia violacea era comparsa appena sotto al naso.
In realtà, Rap non sembrava poi così scosso. Si erano chiariti e sapeva bene perchè lui l'aveva colpito, eppure adesso sembrava sofferente per qualcosa che andava aldilà delle contusioni in faccia.
Tornò a guardare Amber. Era davvero furente. Gli sembrava a dir poco esagerata, nemmeno avesse ucciso Rap. Poi però, capì quella reazione. Lo capì nel momento in cui vide i suoi occhi neri gonfiarsi di lacrime. Ricordò quello che era accaduto non appena lui e Rap erano entrati nel locale:
Amber aveva visto il viso di Rap e preoccupata gli aveva chiesto spiegazioni. Lui, senza darci troppa importanza aveva buttato lì una risposta molto banale e quasi scherzosa. “Ho sbattuto contro la porta!”. Rock però si era accorto del pentimento che era scaturito dalla sua voce mentre pronunciava quelle parole. Era stato a quel punto che Amber era esplosa.
Non era difficile capire il perchè. Con quello che quei due avevano passato da bambini, era chiaro che Amber fosse piuttosto suscettibile su determinati argomenti. Rap poi, poteva anche evitare di uscirsene con quella scusa. Chissà quante volte lui e Amber l'avevano usata da piccoli ….

“...Scusami.” mormorò Rock, dispiaciuto. “Ero arrabbiato e ho reagito di conseguenza.”

Amber continuò a fissarlo, anzi a fulminarlo. Anche se quegli occhi traboccanti lacrime non ingannavano proprio nessuno.

“Al diavolo!!” esclamò stizzita prima di sparire in cucina.

Rock tirò un sospiro di sollievo non appena se ne andò e si rivolse a Rap :”E' leggermente protettiva o sbaglio!?”

“... Sempre stata.” ammise Rap, ancora a disagio.

“Mi dispiace. Non avevo minimamente pensato a lei. A come avrebbe reagito nel vederti conciato così.... immagino che abbia risvegliato brutti ricordi.”

“Tranquillo. E' lei che ci pensa troppo, a mio avviso. Dovrebbe dimenticare quel bastardo di nostro padre! Invece ci pensa di continuo. “

Nicole li interruppe,comparendo dietro il bancone. “Notizie di Eleanor?” chiese rivolta soprattutto a Rock.

Lui fece di no con la testa, abbassando lo sguardo amareggiato.

Nicole sospirò con uguale sentimento. “...Mi manca quella scema! E' noioso senza lei in giro che canticchia e che si preoccupa per tutto e tutti!”

Sia a Rock che a Rap sfuggì un sorriso a quelle parole.

“Lo so che avevamo detto di continuare a cercarla oggi, ma penso che sarebbe fatica sprecata. Potrebbe essere ovunque. L'unica cosa che possiamo fare è aspettare che ritorni di sua spontanea volontà.” disse Rap.

Rock avrebbe voluto impuntarsi e convincerlo a continuare a cercarla, ma doveva ammettere che non aveva tutti i torti. Eleanor non rispondeva al cellulare, non si presentava al lavoro, era nascosta a casa di Nathan... in altre parole, non voleva essere trovata. Almeno per il momento...
Era atroce ammetterlo, ma aspettare che rinsavisse e tornasse da lui era tutto ciò che poteva fare. Se si era resa così irraggiungibile era perchè non era pronta ad affrontarlo e l'ultima cosa che voleva era costringerla a fare qualcosa contro la sua volontà.

“...Si, hai ragione.” sentenziò infine, rassegnato. “Non possiamo fare altro.”

L'idea di non sapere quando e se l'avrebbe rivista lo uccideva. Si sorresse il capo con entrambe le mani, sconfitto sotto il peso della miriade di pensieri e preoccupazioni che lo riempivano.

“Hei, niente musi lungh,i dai.” cercò di consolarlo Nicole, senza successo “Vedrai che torna! Figurati, non faceva altro che parlare di te e ogni volta le brillavano gli occhi. Non esiste proprio che non voglia più tornare. Non resisterà ancora per molto, fidati!”

Rock sorrise per nulla rasserenato, ma apprezzò lo sforzo della ragazza :”Grazie per l'incoraggiamento.”

“Hei, mocciosa!” sbottò Rap all'improvviso. “Renditi utile e portami del ghiaccio!”

Nicole lo fulminò con lo sguardo: “Prenditelo da solo!”

“Che cosa? Ti rifiuti di soccorrere un povero ragazzo ferito dal proprio migliore amico? Che insensibile! Aspetta solo che Amber lo venga a sapere!”

Nicole, messa alle strette, sbuffò e andò in cucina. Quando tornò stringeva tra le mani un sacchetto per il ghiaccio. 

“Hei Rock!” esclamò impettita “La prossima volta colpiscilo più forte!”

“Ricevuto!” gli rispose prontamente evitando di scoppiare a ridere.


***


Nove giorni esatti erano trascorsi da quando Eleanor se n'era andata.
Ancora non riusciva a credere di avere resistito così tanto lontano da Rock e gli altri. Nove giorni che non metteva il naso fuori di casa. Una situazione che stava davvero cominciando ad innervosirla. Le ore passavano lentissime quando non si aveva nulla da fare. Desiderava tanto uscire, ma temeva di incontrare Rock. Il suo cellulare suonava tutti i santi giorni, lui non aveva ancora perso le speranze di ricevere una risposta. Ma mentre all'inizio squillava ad ogni ora, adesso si limitava a farlo una volta al giorno. Chissà...forse stava cominciando a rinunciare.
Da una parte ne era felice, dall'altra no. Se lui avesse rinunciato a lei sarebbe stato molto più facile per entrambi affrontare quel periodo di lontananza, eppure era doloroso per lei immaginare che Rock la stesse dimenticando con tale facilità. Non sapeva nemmeno lei cosa voleva, cosa sarebbe stato meglio. Non era mai stata così confusa.
Cercava quindi di concentrarsi sull'imminente partenza di Nathan. Pochi giorni e se ne sarebbe andato. Gli aveva detto di essere a posto, di aver trovato un posto dove andare a vivere, ma era una bugia bella e buona. Non voleva farlo preoccupare, quindi aveva preferito mentirgli per farlo partire tranquillamente senza troppi pensieri.
Doveva trovarsi un posto dove stare. Le servivano soldi. Doveva tornare a lavorare da Amber e Nicole. Non sarebbe mai e poi mai tornata sulla strada, anche se aveva paura di trovare Rock o Rap al locale. Ma ce l'avrebbe fatta. Tutto pur di non tornare ad essere un giocattolo in mano ad estranei.
Decise di chiamare Nicole e avvisarla che sarebbe tornata, ma pensandoci meglio, era meglio chiamare Amber. Forse, essendo più grande, l'avrebbe meglio compresa.
Prese il cellullare, cancellò la solita chiamata senza risposta che quotidianamente le riempiva lo schermo e chiamò la ragazza.
Rispose al primo squillo: 

“Eleanor?” strepitò, a voce un poì troppo alta per i suoi gusti.

“Si sono io... ti prego parla piano.”

“Oh mio Dio! Finalmente, non sai che ansia non avere più tue notizie. Stai bene? Dove sei? Quando torni?”

“Amber, per favore... abbassa la voce.” la pregò.

La sua richiesta stavolta venne ascoltata: “Ok.” fece, a voce bassa “Ora però mi dici cosa cazzo ti è preso? Sei uscita di testa? Come hai potuto andartene così? Non hai idea di quello che stai facendo passare a tutti, a Rock soprattutto! E' distrutto! Abbiamo quasi dovuto legarlo per evitare che venisse a cercarti in ogni casa della città! Sta letteralmente impazzendo. Non so per quanto riusciremo a tenerlo buono!”

Quelle parole le fecero male. Nonostante sapesse senza bisogno di vederlo che stava soffrendo, averne la conferma da Amber fu molto peggio. Si sarebbe precipitata da lui, tra le sue braccia, lo avrebbe riempito di baci fino a sfinirlo, gli avrebbe chiesto scusa, avrebbe ammesso davanti al mondo intero di essere stata una completa idiota. Qualunque cosa per vederlo stare di nuovo bene.

“...Davvero?” chiese con un filo di voce, i sensi di colpa che lentamente l'avvolgevano.

“E lo chiedi? Sei stupida o cosa? Devi tornare! E subito!”

“I-io … io non ci riesco a tornare da lui. Non dopo quello che ho fatto.”

“Eleanor, ascoltami!” esclamò Amber, severamente “A lui non gliene frega niente di cosa è successo. Il primo giorno sì, lo ammetto, era incazzato a morte con Lucas, ma poi gli è passata. L'unica cosa che vuole sei tu! Se lui è riuscito a perdonarti, per quale maledetto motivo non riesci a fare lo stesso?”

Bella domanda! Si era ripetuta ogni giorno che quello che aveva fatto non era poi così grave, ma non era ancora riuscita a convincersene abbastanza da poter affrontare Rock. E Rap, soprattutto. Perchè non aveva ferito solo Rock, ma anche Rap!

“Rispondi ad una domanda!” continuò Amber “Provi qualcosa per mio fratello? Lo ami ? Senti di non poter fare a meno di lui?”

“Sono tre domande!” cercò di sdrammatizzare, senza successo.

“Rispondi!” la rimbeccò Amber.

Eleanor rimase in silenzio a pensare. Amava Rap? Nella lettera che aveva lasciato scritta a Rock aveva detto che no, non lo amava. Però in quei brevi momenti che erano stati insieme si era lasciata totalmente andare a sensazioni che mai avrebbe dovuto provare se davvero non c'era niente tra loro.
Pensò al legame che era riuscita faticosamente a costruirsi con lui, a quanto aveva dovuto combattere per diventare quanto di più vicina ci fosse ad un amica. Ripensò a quei suoi occhi scuri costantemente sofferenti e pieni di mistero, vittime di un passato troppo burrascoso. Ripensò a quelle sue rarissime quanto speciali manifestazioni d'affetto, ai suoi appena accennati sorrisi, alle sue battutine acide, ai suoi abbracci, ai suoi baci... Però la verità era che non era stato nulla di tutto questo a tenerla sveglia di notte negli ultimi nove giorni. Era vero, qualcosa di Rap le mancava, ma erano altre braccia a mancarle quando si svegliava da sola in piena notte, altre labbra che sognava, altri sorrisi che sperava di trovare al suo risveglio. Era Rock che aveva lasciato un vuoto incolmabile dentro di lei. Senza Rap avrebbe potuto andare avanti, sarebbe stata dura, ma col tempo ce l'avrebbe fatta. Ma immaginare il resto della sua vita senza Rock le toglieva l'aria.

“... no.” Mormorò “...Io gli voglio bene.... ma niente di più!”

“E allora, ovunque tu sia adesso, alza quelle chiappe e muoviti a tornare!”

“Lui è lì da te adesso...?” chiese, riferendosi a Rock.

“Non si allontana un attimo, spera sempre che tu torni a lavorare. In pratica è diventato parte dell'arredamento.”

Eleanor si lasciò andare ad un risolino appena accennato. “Ascolta... tornerò lì da voi, ma non me la sento ancora di affrontarlo.”

“Oh andiamo!”

“No ti prego! Lo so che non lo capisci, francamente faccio fatica a capirmi pure io, ma so che se dovessi trovarmelo davanti adesso non riuscirei ad aprire bocca e probabilmente me la darei a gambe. Sono una frana in queste cose!”

“No, sei semplicemente un'idiota!”

“Si, sono un'idiota e non so cosa farci, purtroppo!”

“Quindi cosa dovrei fare, secondo te? Buttarlo fuori a calci?”

“Non lo so, fai quello che credi, ma ti prego fai in modo che non sia lì quando domani mattina tornerò da voi.”

Amber sospirò scocciata: “A me sembra tanto una cazzata!”

“Lo è! Io ci vivo di cazzate! Ti prego, Amber. Ti prego! Prometto che m'impegnerò per superare questa mia fase d'idiozia assoluta, ma fai in modo di allontanarlo!”

La sentì sbuffare contrariata: “...Ci proverò, ma non ti posso promettere niente. Come ti ho detto, ha messo le radici qui dentro.”

***


Quel pomeriggio, Eleanor decise di andare a fare quattro passi. Ne aveva davvero bisogno. Non ne poteva più di stare chiusa in casa. Si era messa una felpa e si era tirata il cappuccio sulla testa per evitare di essere riconosciuta da nessuno dei suoi amici, nel caso ne avesse incontrato qualcuno.
Non aveva una metà in particolare, le bastava camminare e vedere un po' di gente. Strano... aveva sempre odiato stare in mezzo alle persone, ma dopo quasi dieci giorni di prigione era piacevole vedere altri esseri viventi oltre a Nathan.
Il sole stava tramontando e il freddo prese a penetrarle fin dentro le ossa. Nuvolette di vapore le uscivano dalle labbra. Camminava a sguardo basso, senza guardare dove la stavano portando i suoi piedi. Non le interessava saperlo. Perdersi per la città sarebbe stato un interessante diversivo contro la noia di quei giorni.
Le saracinesche dei negozi cominciarono a venire abbassate e le strade a svuotarsi, ma Eleanor continuò nella sua infinita passeggiata senza metà per un tempo indeterminato.
Il destino sapeva essere davvero beffardo, a volte. Le mattonelle del marciapiede dove stava camminando avevano una trama tristemente famigliare. Fu allora che Eleanor si decise a rialzare gli occhi. Un brivido le corse lungo la schiena e una sensazione di nausea le contrasse lo stomaco quando si rese conto di dove fosse.
Una macchina era ferma a pochi passi da lei, un uomo era affacciato dal finestrino e una ragazza oscenamente vestita era piegata verso di lui.
Cominciò a guardarsi intorno freneticamente, finchè non riconobbe la fermata dell'autobus dove lei soleva rifugiarsi in attesa che qualcuno venisse a reclamarla.
Il cuore prese a battere all'impazzata mentre i ricordi delle sue notti su quel marciapiede la investivano. Doveva andarsene da lì, e alla svelta.
Aveva appena fatto marcia indietro quando una voce la fermò :

”Hei, ma tu sei Eleanor!”

Automaticamente si voltò. La ragazza accanto all'automobile la stava fissando incuriosita :”Ma si sei proprio tu! Che fine hai fatto? “

Eleanor non la conosceva, o meglio, non si ricordava di lei. Aveva cancellato ogni volto incontrato in quel buio periodo della sua vita.

Le si fermò il respiro quando l'uomo dentro l'auto prese a studiarla da capo a piedi. 

“E' una tua amica?” Chiese

“Non proprio. Diciamo che è una collega!” rispose la ragazza, lascivamente.

No, no e no! Non lo sono più! 

“Può venire pure lei se vuole!” aggiunse l'uomo, in modo decisamente spudorato.

La ragazza rise e guardò Eleanor in attesa di una risposta :”Certo che si! Andiamo?”

Ma Eleanor non rispose. Era rimasta paralizzata sul posto, incapace di parlare.

“E' timida, per caso?” domandò l'uomo, continuando a fissare ogni punto del suo corpo.

“Lei timida? Oh no! E' sempre stata la più richiesta della zona!”

Smetila, smettila!!

“Ma davvero?” la voce dell'uomo aveva preso una piega pericolosa. Eleanor conosceva bene quel tono e sentì il panico salire. Quando la portiera dell'auto si aprì e lui scese, Eleanor ritrovò di colpo la forza per muoversi. Si mosse per scappare via, ma la ragazza l'aveva afferrata per un braccio.

“Che ti prende?” le chiese sottovoce, visibilmente confusa. “Questo tipo lo conosco. E' pieno di soldi. Non mi pare proprio il caso di fare la preziosa!”

“Lasciami andare!” sibilò, cercando di liberarsi dalla sua presa.

“Non fare la stupida! Ci vuole entrambe, non hai sentito?”

“Ti ho detto di lasciarmi andare! Ho chiuso con questa merda!”

La ragazza allentò la presa, ma non la lasciò. La guardava colpita e quasi ammirata.

“C'è qualche problema?”

La voce dell'uomo si era fatta più vicina e questo non fece che allarmare ancora di più Eleanor che lanciò una sguardo supplicante alla ragazza.

“Ehm...” fece lei, “...Mi sono dimenticata che oggi è il suo giorno libero. Stasera lei non lavora, vero?”

Eleanor sospirò sollevata e le sorrise grata.

“Oh, andiamo...” insistette l'uomo, avvicinandosi sempre di più. “Possiamo trovare un accordo. Ti pagherò il doppio! Avanti, dolcezza... non farti pregare!”

Eleanor provò di nuovo ad andarsene, ma stavolta fu lui a fermarla. Nel momento in cui la sua mano si chiuse sul suo polso, lei si mise ad urlare e a combattere contro la sua presa ferrea.

“Lasciami, lasciami!!! Non mi toccare!!!”

Per quanto lei tentasse di scappare, lui non gliene diede la possibilità. Le impedì di urlare coprendole la bocca con una mano e bloccandola con l'altro braccio. Stretta contro il suo corpo, Eleanor poteva sentire la sua eccitazione premerle contro le natiche e provò un conato di vomito. Sentì le lacrime accecarla e il suo corpo continuò a dibattersi nel disperato tentativo di liberarsi e scappare.
La ragazza sconosciuta osservava la scena visibilmente spaventata e cercò di andare in suo soccorso.

“Hei, ma cosa ti salta in mente? Non puoi obbligarla. Non è così che funziona! Lasciala subito o giuro che mi metto a gridare!”

L'uomo nemmeno stette a sentirla. Prese a trascinare Eleanor verso l'auto. Disperata, lei cominciò a scalciare e tentò di mordergli la mano che le impediva di urlare, ma nulla andò per il verso giusto.
La sconosciuta si gettò su di lui e si appese al braccio che teneva Eleanor inchiodata, cercando di liberarla.
L'uomo la spinse via, facendola cadere a terra. Per farlo però, dovette togliere la mano dalla bocca di Eleanor che ne approfittò per mettersi ad urlare, nella speranza che qualcuno la udisse. Immediatemente, l'uomo la zittì scaraventandola dentro l'auto. Eleanor riuscì a sgusciare via, ma lui la riacchiappò. 

“Vedi di darti una calmata, ragazzina!” le sussurrò ad un orecchio con voce viscida “Vedrai che ti divertirai, te lo prometto!”

Esausta e completamente senza voce, Eleanor rinunciò a combattere e si lasciò inghiottire dalla disperazione. Si era preparata al peggio ormai, ma una voce alle sue spalle la rinvigorì.

“Toglile immediatamente quelle mani di dosso!” quell'intimazione giunse secca e minacciosa. 

Eleanor si sentì pervasa da un calore rasserenante nel riconoscere la voce di Rap. Si affidò totalmente a lui, rimanendo immobile nella morsa del suo aggressore. Lo sapeva, ne era certa. L'avrebbe salvata!
Un colpo e il corpo contro il quale era trattenuta si accasciò a terra. Per un attimo ebbe paura di voltarsi per vedere cosa fosse successo, ma le gambe non riuscirono a sorreggerla. Cadde in ginocchio e Rap le fu subito di fronte.
Sentì le sue mani sul viso e si accorse di tremare ed essere in lacrime.

“Stai tranquilla! E' finita!” le disse Rap cercando di tranquillizzarla.

Eleanor si voltò verso l'uomo che giaceva al suo fianco e cominciò a spaventarsi quando vide che non dava cenni di vita.

“E' solo svenuto. Non preoccuparti!” le spiegò Rap.

Eleanor cominciò a rendersi conto solo in quel momento del pericolo che aveva corso e si fece prendere dal panico. Cominciò a singhiozzare e il suo corpo fu scosso da brividi incontrollabili.

Rap la strinse a sé cercando di calmarla. “Va tutto bene, non piangere!”

Ma lei non riusciva a calmarsi. Se lui non fosse arrivato, chissà cosa sarebbe potuto accadere! IL solo pensiero bastava a terrorizzarla ancora di più.
Un gemito li distrasse. Eleanor si ricordò della ragazza che aveva cercato di aiutarla, del modo in cui era stata scaraventata a terra. La vide massaggiarsi il capo coperto da fluenti capelli biondo cenere,e guardarsi poi la mano. Impallidì nel trovarsela sporca di sangue.
Rap si separò da Eleanor, ma lei si arpionò alla sua giacca impedendogli di allontanarsi. Non voleva rimanere da sola. Temeva che quell'uomo potesse riprendersi. 

“Non me ne vado, tranquilla...” la rassicurò. “Voglio solo vedere come sta la tua amica.”

Non è una mia amica! Avrebbe voluto dirgli. Quello che era successo era stata colpa sua, ma si pentì di quel pensiero quasi subito. Aveva tentato di salvarla, in fondo. Non poteva davvero avercela con lei.
Lo lasciò andare e lo vide avvicinarsi alla ragazza. Lei indietreggiò non appena se lo ritrovò davanti.

Stai bene?” le chiese Rap, gentilmente.

Lei lo studiò per qualche istante, finchè non decise che poteva fidarsi di lui : “Mi fa male la testa...” 

Fammi vedere.”

Rap diede un'occhiata al punto dove perdeva sangue. “Non è nulla di grave! Mettici qualcosa di freddo e si rimarginerà, d'accordo?”

La ragazza si strinse delle spalle, anche lei scossa dagli stessi brividi di freddo e paura che stavano scuotendo Eleanor.

...grazie.” mormorò, quasi timidamente, facendosi piccola sul marciapiede. 

In quel momento sembrava una bambina smarrita. Non aveva più nulla dell'adescatrice d'uomini. Sembrava fragile e spaventata esattamente come lei. Eleanor ebbe un moto di tenerezza nei suoi confronti. Le dispiacque molto di non ricordarsi di lei. Magari si erano anche parlate qualche volta. Provò a setacciare la propria memoria, ma niente. Di quei giorni ricordava poco, tantomeno il volto delle ragazze che stavano sul suo stesso marciapiede.
Vedendola così tremante e debole, Rap si tolse la giacca e gliela posò sulle spalle nude. Lei lo fissò sconvolta ed incredula. Chissà da quanto nessuno era più stato gentile nei suoi confronti...

Torna a casa...” le disse Rap.

Ad Eleanor non sfuggì la sua mano che infilava qualcosa nella tasca della giacca. Rap l'aiutò ad alzarsi e lei guardò Eleanor.

Scusami...” mormorò. “...Quel tipo mi sembrava a posto, sul serio! Non pensavo che ...”

...E' tutto ok!” riuscì a dire Eleanor, con un filo di voce.

La ragazza guardò un'ultima volta Rap e le rivolse un sorriso carico di gratitudine prima di incamminarsi lungo il marciapiede.

Rap tornò da Eleanor.

Ce la fai ad alzarti?” le chiese, porgendole una mano. Lei l'afferrò e annuì.

Rap la fece sedere alla fermata del bus e poi tornò dal corpo incosciente dell'uomo che l'aveva aggredita. Lo sollevò, non troppo delicatamente, e lo sistemò sul sedile posteriore dell'auto. Dopodichè chiuse la portiera e tornò da lei.

Si riprenderà!”

Dove hai imparato quella mossa?” chiese Eleanor, con voce ancora tremula.

Lui sorrise “Dai film.” disse scherzosamente.

Anche lei provò a sorridere, ma non ci riuscì. Sentiva ancora le braccia di quell'uomo bloccarla. Si chiuse su se stessa, stringendosi le ginocchia al petto e nascondendoci il viso, di nuovo solcato dalle lacrime.

Sentì Rap sedersi al suo fianco.

Non piangere! Non ti farà più niente!”

Se non fossi arrivato tu, non oso pensare a cosa sarebbe potuto succedere...”

Non ci devi più pensare, ok!? E' andato tutto bene. E' questo l'importante!”

Eleanor fece riemergere il viso e lo guardò : “Ti ringrazio tanto... “

“Ma ti pare!”

Strano come risultasse semplice parlargli dopo tutti quei giorni di silenzio. Era convinta che ritrovare la forza per rivolgergli la parola le sarebbe costato uno sforzo incredibile e invece aveva dovuto ricredersi.

“... Eleanor io...” accennò Rap. “ … volevo scusarmi con te. Per quello che è successo. Avrei dovuto trattenermi, mi dispiace davvero. Non volevo che tu andassi via...”

Cosa?

Lui si stava scusando? Sbagliava! Non era lui a doversi scusare. Era stata lei a stuzzicarlo e a spingerlo ad agire come aveva poi fatto.

“Tu non ti devi scusare! E' stata colpa mia...”

“Non è stata colpa di nessuno. E' successo e basta. Non possiamo farci niente!”

Eleanor notò solo in quel momento i segni sul suo viso. Un sottile solco rosato sul labbro superiore, segno di una recente cicatrizzazione, e una livido ormai quasi guarito alla base del naso...

Allungò una mano e gli girò il viso verso di sè, per poterlo osservare meglio: “....Gli avevo detto di non prendersela con te...”

Rap sorrise :” Non è niente! Me lo sono meritato. E comunque avrebbe potuto farmi molto peggio, ma non l'ha fatto proprio per rispettare la tua volontà.”

“Ti fa male?”

“No, adesso no! I primi giorni è stato abbastanza fastidioso, ma ora sto bene.”

Eleanor sospirò e tornò nel suo nascondiglio. Nessuno parlò più per qualche minuto. Fu Rap il primo a cedere :

“Ti prego, torna!”

Eleanor lo fissò :”Non posso...”

“Perchè no?”

“....l'ho tradito. Come posso tornare da lui e pretendere che sia tutto come prima?”

“Stai sbagliando! Scappare non è una soluzione. Anzi, stai peggiorando le cose. Non hai idea di quanto lo stai facendo soffrire. Lui sta male per la tua lontananza, non per il fatto che l'hai tradito!”

“....sono solo confusa. Ho bisogno di stare da sola.”

Rap sospirò amareggiato. “D'accordo.... per quanto?”

“... non lo so.”

Di nuovo, ripiombarono nel silenzio. Stavolta fu Eleanor la prima a riprendere la parola :

“Che cosa hai dato a quella ragazza?”

“....come?”

“Ti ho visto! Le hai infilato qualcosa in tasca.”

“Ah... niente di che. Solo un po' di soldi per evitare che si rimettesse a caccia di clienti, almeno per stanotte.”

Eleanor non potè non sorridere intenerita. “Sei stato davvero molto carino...”

“Chiunque avrebbe fatto lo stesso.”

“No, invece.Ti avrà scambiato per un angelo custode o qualcosa di simile, fidati!”

Rap ridacchiò :”Si, certo! Mi si addice proprio!”

“Stasera si! Ti si addice, eccome...”

Il ragazzo la fissò intensamente, ma lei distolse subito lo sguardo. Illuderlo ancora sarebbe stata davvero una mossa meschina!

“Potresti accompagnarmi a casa?” domandò poi “E' stupido, ma ho paura a tornare da sola!”

“Certo, ma non t'importa che vedrò dov'è che ti sei nascosta?”

“No... so che non lo dirai a Rock.”

“E che ne sai?”

“Lo so perchè è ciò che ti sto chiedendo. E tu non mi faresti mai un torto... o mi sbaglio?”

Un angolo della bocca di Rap si alzò in un mezzo sorriso divertito :”Adesso ne stai approfittando!”

Eleanor sorrise di rimando :”....un po'!”

Rap si alzò in piedi, imitato da Eleanor e insieme s'incamminarono.

“Davvero non gli dirai niente?”

“No... anche perchè se venisse a sapere che ci siamo incontrati e non ti ho trascinata da lui, mi ucciderebbe! Però devi promettermi che questa tua follia finirà presto....”

“....Finirà! Lo giuro! Ma non so quando.”

“Beh, falla finire in fretta.... non mi piace vedere il mio migliore amico ridotto così!”

Eleanor si rallegrò nel sentire quest'ultima frase : “Sono contenta che siate rimasti amici, nonostante tutto!”

“Non ce la fai proprio a pensare un po' solo a te stessa, vero?!”

Eleanor non seppe rispondere, si strinse nelle spalle e si chiuse nel suo silenzio.

“Provaci!” continuò Rap “Ti farà bene e magari risolverà tutto questo casino.”

“Ci proverò...”


***

Amber uscì dalla cucina e cercò sua sorella con lo sguardo. Quando la vide, la raggiunse.

“Nicole, comincia a chiudere!”

“Aspetta, c'è ancora una persona, non vedi?” Fece un cenno verso i tavoli, dove seduto nell'angolo più remoto del locale stava un uomo di mettà età. Fissava fuori dalla finestra e sembrava assorto in chissà quali pensieri.

“Io non ci vado a chiedergli di andarsene. E se è ubriaco e si arrabbia?”

Amber sbuffò :” ok ok, ci vado io!”

La ragazza si avvicinò con circospezione. Sul tavolo non c'erano bicchieri e bottiglie vuote. Questo la tranquillizzò.

“Mi scusi...” lo chiamò.

L'uomo si voltò stancamente verso di lei e le sorrise cordialmente. “Si?”

“Ehm... mi spiace disturbarla, ma stiamo per chiudere.”

L'uomo si corrucciò: “Davvero?” si guardò l'orologio da polso e sembrò sorpreso “Oh, chiedo scusa. Non mi ero reso conto che fosse così tardi!”

“Non si preoccupi.”

L'uomo si alzò dal tavolo, raccattò le sue cose e pagò quanto consumato, lasciando una mancia piuttosto sostanziosa che fece brillare gli occhi Amber.

“Posso farle una domanda, signorina?”

“...certo.”

“Dove posso trovare Eleanor?”

Le labbra di Amber si schiusero in un piccola “o” di sorpresa. Sentì l'improvviso istinto di proteggere la sua amica.

“...Lei chi è, scusi?” chiese, affilando lo sguardo.

Ma l'uomo eluse la sua domanda: “Voglio solo sapere dove abita.”

“...A dir la verità, non lo so. Non è molto che lavora qui e non posso dire di conoscerla così bene da sapere dove abita. Ma perchè vuole saperlo?”

Lui sorrise e s'infilò un giaccone nero :”Non importa. Tornerò. Magari sarò più fortunato e riuscirò ad incontrarla! La ringrazio molto, lo stesso!”

Detto questo si allontanò e uscì dal locale, lasciando Amber confusa e preoccupata. Nicole, che aveva sentito tutto, le indirizzò una sguardo carico di perplessità.

“E' il caso di spaventarsi?” chiese.

Amber scosse le spalle. “Spero di no...”

***

Buonaseeeeeeeeera! CHe capitolo scemooooooo! Ma serviva! U.U Scritto di getto senza nemmeno aver riletto, spero non ci siano troppi errori ^^' 

Anche stavolta non sono riuscita  ad aggiornare oggi pomeriggio eheheheh. Sono irrecuperabile! Tra l'altro questo capitolo l'ho scritto tutto oggi perchè sta settimana è stata molto frenetica! 

Ma basta perdere tempo! Passo a ringraziare:

MakyMay: Non posso dirti se Eleanor tornerà con la sua banda di amici. Magari succederà qualcosa d'imprevisto che la porterà lontano da loro oppure.....chissà!!! XD

Piccola Ketty: Mi spiace ma per il ritrovo dei due piccioncini dovrai aspettare ancora un po'... sempre se avverrà, eh! MWUAHAHAHAHAHAH Come sono crudeleeeeeeeee!!!!!!!  In via XX ci sono passata ..mmm lunedì mi pare! XD Magari ci siamo pure viste senza saperlo auauauauauau! Che cosa fiera!

Mana_chan: Si lo so! RAp è un idolo!! A volte è incontrollabile e si scrive da solo.... assurdo! La placca te le tempesto tutta de diamanti!!!! U.U Spero sia piaciuto pure sto capitolo, abbastanza scemo e inutile, ma dovevo in qualche modo far interagire Rap ed ELeanor ed è uscita sta roba qui, AH! E poi dovevo dare spazio al misterioso personaggio apparso a fine capitolo che tornerà nei prossimi capitoli!  E chi sarà mai sto tipo?!?!?!?!? Mah! Misssstero!

fu80: SOno contenta di riuscire a coinvolgerti e ti perdono per il ritardo. COme vedi pure io sono una ritardataria cronica! Benvenuta del club eheheheh! 

Black S O U L ___ : Non dirlo a me! Nemmeno io capisco ELeanor, ci crederesti?!!?! XD DOve andrà Ellie dopo la partenza di Nathan!?!?!? MMMM lo svelerò al prox capitolo! Non è difficile! Potresti anche indovinare! =)

Ok ragazze, scappo!!!! Ci vediamo alla prox. RIngrazio le persone che mi hanno aggiunto ai preferiti e alle seguite! Me tanto onorata!

AH, ma lo sapete che mi è venuta un'ispirazione pazzesca per un'altra storia !?!?!? Ma ancora non so se pubblicarla o meno. Ci sto lavorando! Vedremo vedremo! Prima devo sopravvivere a questa hihih!!

ALla prossima

Ayleen

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Capitolo 27
*** Rifugio ***


Scusate, ma l'html è impazzito! Lo stile di scrittura è cambiato e non ho idea del perchè è successo .___. ....beh, ci vediamo in fondo

CAPITOLO VENTISETTE

Rifugio


Si era ripromessa di non versare neanche una lacrima per Nathan, anzi, se l'erano ripromesso entrambi. In fondo era stato proprio lui a dirglielo; quello non era un addio!
Ma era davvero difficile cercare di rimanere impassibili mentre stava seduta al suo fianco su una delle panchine della stazione, in attesa che quel maledetto treno arrivasse per portarglielo via!
Gli aveva detto di non preoccuparsi, che aveva trovato un posto dove stare. Aveva mentito! Ma non voleva farlo preoccupare e impedirgli di partire tranquillamente.
Alla fine, non era stata una vera e propria bugia. Eleanor aveva in mente un posto dove probabilmente avrebbe trovato rifugio, solo non poteva avere la certezza che sarebbe stata accolta. Era questo il piccolo particolare che aveva omesso a Nathan.
Si era tenuta sul vago, spiegandogli che sarebbe andata da due amiche. Probabilmente lui aveva pensato ad Amber e Nicole e non aveva sprecato energie ad insospettirsi.
Gli ultimi giorni erano letteralmente volati, mentre pian piano l'appartamento di Evan si svuotava di tutti quegli oggetti che beffardi, lo ricordavano.

“Mi sembra così strano che te ne vai...” mormorò triste, Eleanor.

“Non dirlo a me!”

“Non perderemo i contatti, vero?”

Nathan le posò una mano sul capo, come fosse una bambina: “Certo che no, sciocchina!”

Eleanor si lasciò andare ad una debole risata. “Se ti chiamo tutti i giorni mi denuncerai per stalking?”

Anche Nathan rise : “Niente denunce, promesso! Però la notte lasciami dormire, ok!?”

“Si, affare fatto!”

Eleanor abbandonò la testa sulla sua spalla e lui fece lo stesso, appoggiando la sua su di lei. Rimasero in assoluto silenzio, fino a che l'altoparlante non annunciò l'arrivo del treno.
Eleanor cominciò ad annaspare. Strinse forte il braccio di Nathan, in un disperato tentativo di obbligarlo a rimanere su quella panchina.

“Eleanor...!” la rimbeccò lui, con un sospiro giocoso, ma infinitamente triste.

La ragazza lo lasciò andare. Cercò tuttavia di non mostare il proprio dolore nel separarsi da lui. L'ultima cosa che voleva era mettersi a piangere e farlo esitare.

“Ci siamo!” esclamò Nathan mestamente, mentre il convoglio si fermava. “Fai ancora in tempo ad infilarti nella mia valigia!”

Eleanor sorrise grata di quel suo disperato tentativo di sdrammatizzare. Era proprio da Nathan! Ma immediatamente quel tenue velo d'ilarità che era riuscita a trovare, sparì di colpo. Si gettò fra le sue braccia e quasi trattenne il respiro per evitare di piangere. Avrebbe voluto impedirgli di salire su quel treno. Se solo ne avesse avuto la forza, lo avrebbe trascinato via! Non voleva che se ne andasse. Non voleva salutarlo senza sapere quando l'avrebbe rivisto. Non voleva perdere un altro amico...

Nathan la strinse forte per farle capire che anche per lui era difficile lasciarla.

“Non metterti a piangere, per favore...” la implorò.

“No... non lo faccio, giuro!”

Fu una tortura lasciarlo andare e vederlo salire su quel dannato treno.

“Eleanor!” la chiamò poco prima che le porte automatiche si chiudessero. “Non fare cavolate, intesi? Torna da Rock.! Non rovinare tutto!”

Eleanor annuì soltanto poco convinta, cosa che non sfuggì al ragazzo :”Dico sul serio! Vai da lui e sistema tutto! Smettila di crearti problemi dove non esistono!”

“....ok.”

“Promettilo!”

“...lo prometto!”

Un ultimo sguardo, un sorriso tirato e le porte del vagone si chiusero nel momento esatto in cui una lacrima silenziosa sfuggì al suo controllo. E quando il treno lasciò la stazione e il silenzio tornò a farla da padrone, Eleanor si sentì sola come non mai. Non c'era più Evan, non c'era Nathan, non c'erano le braccia di Rock a rassicurarla, non c'era Rap a spronarla a tirare fuori le unghie, non c'erano Heavy e Metal a farla ridere con i loro battibecchi. Non c'erano neanche Nicole e Amber... c'era solo lei.
Ciò nonostante, Eleanor non aveva paura. Era decisa più che mai a tirarsi fuori dai propri casini. Sapeva esattamente cosa fare e in quel momento, il futuro non le interessava.

***


“Non mi ero mai reso conto di quanto schifo facesse questo posto!” sbottò Heavy, ritrovandosi tre paia di occhi addosso.“Non ditemi che sono l'unico a pensarla a questo modo, perchè non ci credo!” continuò, senza apparire per nulla intimidito.

“Non ti ha mai fatto schifo!” sbottò suo fratello “Cos'è questa novità?”

“....è una noia mortale senza quella stupida in giro!” ammise Heavy, senza alcun imbarazzo “Era...beh, piacevole sentirla canticchiare tutto il giorno. Metteva allegria! Ora invece c'è solo un gran silenzio! E questo postaccio sembra più un set per un film dell'orrore!“

Metal non riuscì a ribattere stavolta. Heavy aveva ragione! L'assenza di Eleanor si faceva sentire. Mancava a tutti. Probabilmente lei nemmeno si rendeva conto di quanto la sua partenza avesse pesato su tutti loro. E di quanto stesse ancora pesando.
Rap osservò Rock, seduto poco distante da lui. Era assorto, lo sguardo assente fisso sul ripiano del tavolo davanti a lui. Non aveva sentito una sola parola. Solo il suo corpo era presente.
Rap fu per un attimo tentato di rivelargli dove vivesse Eleanor, ma lei gli aveva fatto promettere di non dirgli nulla. Eppure, era dura vederlo ridotto in quello stato patetico. In qualche modo ci si riconobbe. Dopo la morte di Marika, pure lui era stato presente sulla Terra solo con il corpo. Era stata Eleanor a fargli recuperare un minimo di aspetto umano. Rap ricordava bene l'orrendo periodo dopo la morte di Marika. Non voleva che nessuno passasse per quell'inferno. Tantomeno il suo migliore amico.
Certo... Eleanor non era morta, ma la sensazione di aver perduto la persona amata era comunque qualcosa di terribile che nessuno avrebbe mai dovuto provare.

“...l'ho vista!” esclamò, senza quasi rendersene conto.

Finalmente, Rock sembrò destarsi dal proprio tormento. Fissò l'amico incredulo, e anche un po' irritato.

“Cosa?” fecero Heavy e Metal, fissandolo interrogativi.

Scusami tanto, Eleanor! Ma sei tu quella che sta sbagliando, quindi...

“L'ho vista qualche sera fa. Abbiamo anche parlato...”

L'irritazione sul volto di Rock si stava via a via intensificando. Chissà la sua immaginazione dove stava andando a parare? Beh... non era difficile immaginarlo. Immediatamente, Rap alzò le mani in segno di resa.

“Tranquillo! Abbiamo sul serio solo parlato! Non è successo niente di quello che pensi. Ho imparato la lezione, cosa credi?!”

“E cosa ti ha detto? Sta bene? Cosa stava facendo?” domandò a raffica Heavy.

Rap pensò che non era il caso di raccontare proprio tutto. Per l'equilibrio mentale di Rock, già parecchio provato in quegli ultimi giorni, decise di omettere la parte riguardante quel pazzo maniaco che aveva tentato di portarla via con la forza. Sarebbe uscito di testa se solo avesse saputo del pericolo che Eleanor aveva corso.

“Ha detto che vuole  rimanere un po' da sola per pensare... mi è sembrato che stesse bene, nonostante tutto! “

Rock non disse nulla. Lo guardava, bramoso di dettagli in più.

“L'ho riaccompagnata a casa!” ammise a bruciapelo.

“Quindi hai visto dove abita?” domandò Metal

“Già. Avevamo indovinato, ragazzi. E' da quel suo amico. Nathan, giusto!?... mi aveva chiesto di non dire niente, ma non mi pareva il caso di tenerlo nascosto ancora a lungo.”

“Quando è successo?” fu quasi piacevole risentire la voce di Rock, finalmente.

“Una settimana fa più o meno...”

Gli occhi di Rock s'indurirono : “Una settimana fa?” sbottò arrabbiato “E cosa aspettavi a dirmelo!?”

“Hai ragione, scusami. Ma lei mi aveva chiesto, implorato di non dirti nulla, perciò ...”

“Perciò cosa? E' così che hai intenzione di aiutarmi a ritrovarla? Nascondendomi certe cose? Non ti sembra di aver già fatto abbastanza danni? Adesso cos'altro farai? L'aiuterai ad emigrare in un altro paese?”

“Ragazzi, calmi!” fece Metal, serio. “Non mi pare il caso di mettersi a litigare adesso!”

Rock si passò nervosamente una mano fra i capelli e si alzò. SI rivolse a Rap :

“Adesso tu mi dici dove abita Nathan! E stavolta cerca di dire la verità! Almeno una volta nella tua vita, sii sincero!”

Rap le riservò un'occhiata raggelante. Quello era un colpo basso! Se lui mentiva di tanto in tanto, era solo per proteggere dalla durezza della realtà le persone a cui più temeva. Forse, non era una buona scusa, ma rinfacciarglielo in quel modo era ingiusto!
Continuarono a fissarsi in cagnesco, senza cedimenti.

“Rap... perfavore!” disse poi, Rock, stremato. “...ti scongiuro, dimmelo. “

Il ragazzo sospirò, remissivo. “Eleanor mi ammazzerà....”

“Glielo impedirò... se mi aiuti a trovarla.”

“....La palazzina rossa vicino alla stazione. A circa tre isolati dal parco. C'è un negozio di cellulari proprio sotto. Mi pare abbia detto terzo piano, ma non sono sicuro!”

D' un tratto, tutte le energie che avevano abbandonato Rock in quei giorni, riconvogliarono in lui, facendogli addirittura riprendere colore in volto.

“Grazie!” esclamò un attimo prima di precipitarsi fuori.


***


Eleanor era pervasa da una crescente ansia nell'attendere l'arrivo della persona che avrebbe dovuto salvarla dalla strada.
Non era mai stata un tipo ottimista, ma questa volta sentiva che sarebbe andato tutto bene. Nell'attesa si ritrovò a chiedersi cosa stesse facendo Rock, se fosse ancora in giro a cercarla, oppure ad attenderla imperterrito al locale di Amber e Nicole, se gli mancava almeno la metà di quanto lui mancasse a lei.
Nathan le aveva detto di non rovinare tutto, di non farsi scappare Rock per una cavolata. Aveva ragione! Dannatamente ragione! In fondo cosa stava risolvendo nascondendosi a quel modo? Sapeva di non possedere la forza necessaria per farla scappare sul serio. Se così fosse stato, avrebbe seguito Nathan. Invece era rimasta! Non sapeva nemmeno lei cosa stesse cercando di ottenere. Tempo, forse... tempo per trovare le parole giuste da rivolgere a Rock una volta che si sarebbero ricongiunti; trovare una scusa decente per averlo tradito, anche se in realtà, di scuse non ce n'erano. Ma non poteva nemmeno sistemare tutto mettendo da parte Rap, dimenticandosi di lui e di tutto ciò che era successo tra loro. Non poteva farlo! Perchè per quanto amasse Rock, per quanto faticasse a trovare la forza per respirare in sua assenza, per quanto fossero i suoi baci a perseguitarla nelle notti insonni, lei non avrebbe mai potuto rompere con Rap. Ignorarlo, non parlargli più, non essere più la prescelta a cui lui cedeva le proprie confidenze, non rispondere alle sue provocazioni... persino ai suoi silenzi e ai suoi musi lunghi non avrebbe mai saputo rinunciare. Gli voleva bene e avrebbe potuto diventare quanto di più vicino ci potesse essere ad un migliore amico. Certo... questo prima di averci fatto sesso!
D'ora in avanti ci sarebbe stato un muro d'imbarazzo a dividerli. Eppure doveva provarci. In fondo, Rap l'aveva salvata da quel pazzo maniaco! Glielo doveva.
Non si sentiva presuntuosa nell'avere la sensazione di mancargli. Sapeva che era così!
La campanella dell'enorme edificio in mattoni rossi prese a suonare, riecheggiando per tutto l'isolato. Dalla scuola si riversarono frotte di ragazzini tutti vestiti allo stesso modo. Eleanor aguzzò la vista per cercare d'individuare la piccola Mary-Bell.
Andare a nascondersi nella casa dove era cresciuta la persona dalla quale stava scappando aveva del ridicolo, ma ormai nulla la stupiva più di sé stessa.
Era stata proprio Mary-Bell, il giorno che per caso si erano incontrate alla fermata dell'autobus, ad offrirle rifugio.
Eleanor sapeva che non sarebbe stato facile vivere in una casa dove ovunque potevano esserci foto, ricordi e oggetti vari riguardanti Rock, però era anche vero che lui non ci metteva più piede da quando aveva sedici anni. In qualche modo quindi, i ricordi legati a lui avrebbero dovuto apparire smorzati. Al massimo si sarebbe imbattuto in qualche sua fotografia da bambino. Tutto in quella casa parlava di Alex, ma non c'era nulla che riguardasse Rock. Era stata questa consapevolezza a convincerla a chiedere aiuto a Mary-Bell.
Si avvicinò di qualche passo al grande cancello che delimitava il cortile della scuola e attese, passando al setaccio il viso di ogni ragazzina che le passava di fianco.
Poi, la vide. Mary-Bell la riconobbe subito e le regalò il più meraviglioso dei sorrisi. Eleanor sentì una stretta al cuore... somigliava così tanto a Rock quando sorrideva...
La ragazzina salutò velocemente quelle che dovevano essere le sue amiche e le corse incontro.
I suoi capelli erano legati in due codini bassi che le donavano un'adorabile aria sbarazzina. Sembrava molto più piccola della sua età. Le sue coetanee sembravano impegnarsi molto per apparire più grandi, ma lei non sembrava intenzionata a farsi notare troppo.

“Eleanor!” esclamò, sorpresa “Cosa fai qui?”

Stava ancora sorridendo, entusiasta. La somiglianza con suo fratello era tale che Eleanor dovette distogliere lo sguardo.

Ma bene! Pensò amareggiata, Non male come inizio!

Probabilmente, aveva assunto un'espressione affranta, dato che il sorriso di Mary-Bell si spense di colpo.

“Tu e mio fratello non vi parlate ancora, vero?”

Ironico quanto quei due si somigliassero anche nell'essere straordinariamente sagaci!

“...Già.” riuscì solo a dire.

“Mi dispiace.” e sembrava davvero molto dispiaciuta “Sono sicura che si risolverà tutto!”

Eleanor non potè fare a meno di sorriderle. “Speriamo!”

“Vieni!” fece la ragazzina, prendendola a braccetto e incamminandosi verso una fermata dell'autobus poco distante.

“Mary-Bell...” la chiamò, esitante “...Avrei un enorme favore da chiederti.”

“Dimmi pure!” la incalzò lei, cordialmente.

“...Volevo chiederti se, per caso, quel tuo invito è ancora valido.”

Mary-Bell si corrucciò confusa: “Quale invito?” domandò innocentemente.

“Non ti ricordi?...” la voce di Eleanor cominciò a spezzarsi per l'imbarazzo, “...Quel giorno che ci siamo incontrate mi avevi chiesto se volevo venire a stare da te per qualche tempo...”

La confusione sparì all'istante dal visetto solare di Mary-Bell, trasformandosi in pura gioia: “Ma certo che mi ricordo! Vuoi davvero venire a casa mia?”

“Beh... mi trovo letteralmente con l'acqua alla gola e non so proprio dove andare. Al momento sei l'unica a cui possa rivolgermi. In pratica, mi salveresti davvero la vita.”

Mary-Bell lanciò un gridolino pieno d'entusiasmo: “Si! Che bello! Sarà fantastico, vedrai! Ci divertiremo un mondo insieme!”

Eleanor si rallegrò nel vederla così felice, ma tentò comunque di smorzarla un po' : “Aspetta! Prima sarebbe meglio parlarne con i tuoi genitori. Non sono loro ad avere l'ultima parola?”

La ragazzina non si placò minimamente: “I miei genitori non ci sono! Papà è andato ad un convegno di non so cosa e mamma l'ha seguito a ruota! Lei va sempre con lui. Ha il terrore di venire tradita, credo!” lo disse ridacchiando divertita, ma Eleanor si rabbuiò.

Ogni volta che sentiva qualcosa che avesse a che fare con la parola “tradimento”, sentiva un brivido lungo la schiena e la nausea prenderle lo stomaco.

“Ci sono solo Dylan e Jules, ma Dylan praticamente viene solo per dormire, e Jules non farà storie, tranquilla!”

Eleanor si concesse un sorriso. Del resto, era impossibile non sorridere in presenza di Mary-Bell. Trasmetteva serenità al solo guardarla.

“Anzi, sai che facciamo?” Continuò la ragazzina, mettendosi a trafficare nello zaino di scuola. “La chiamiamo subito, anche se so che non servirà a nulla chiederle il permesso per farti venire da noi!”

La vide comporre velocemente un numero sul cellulare e tapparsi l'orecchio libero, per attutire i rumori della strada.

“Non so davvero come ringraziarti, Mary -Bell!” disse Eleanor, quasi commossa dalla generosità di quella ragazzina.

“Allora non farlo.” le ripose lei, espandendo la propria gioia fino ad Eleanor che non potè fare a meno di lasciarsi coinvolgere da tutto quell'entusiasmo.


***


La casa dove era cresciuto Rock era qualcosa d'immenso.
Sembrava antica, forse d'epoca vittoriana e si estendeva su tre piani. L'esterno era di mattoni rossi, ma alla porta d'ingresso erano affiancate due colonne bianche che salivano fino al primo piano, creando un piccolo portico.
Il giardino era ben curato e non c'era alcun recinto o cancello a separarlo dalla strada.
Eleanor si era bloccata di fronte alla visione di quella sorta di palazzo in miniatura. Non era abituata a stare in mezzo a tanto lusso. Si sentiva piccola, imbarazzata, del tutto fuori posto.

Vedendola indugiare, Mary-Bell la tirò per un braccio : “Dai, vieni!”

Ad ogni passo, la fastidiosa sensazione di piccolezza si faceva sentire con più prepotenza. Eleanor cominciò seriamente a chiedersi se fosse stata una buona idea chiedere aiuto a Mary-Bell.
Loro due vivevano in mondi opposti. Erano nate e cresciute in pianeti differenti. Non era certa che vivere in un ambiente così ricco e raffinato, seppur temporaneamente, avesse potuto giovarle in qualche modo. Ma non poteva permettersi di fare troppo la difficile. Le possibilità erano solo due: o la lussuosa casa di Mary-Bell, o la strada. E dato ciò che aveva rischiato poche sere prima, preferiva decisamente la prima opzione.
Mary-Bell tirò fuori dallo zaino un paio di chiavi e aprì la porta d'ingresso.

“Accomodati!” esclamò allegramente, facendole segno di precederla.

Molto a disagio, Eleanor entrò.
SI trovò immersa in un'enorme sala, non ammobiliata con un arredamento eccessivamente pomposo, a differenza di ciò che si era immaginata. Il pavimento era costituito da un tipo di parquet lucido e scuro. La trama alle pareti era di un giallo tenue e rendeva l'intera stanza molto accogliente. Alla sua destra c'era un caminetto di marmo. Intorno ad esso erano sistemati un divano di pelle bianca e un paio di poltrone. Dalla parete opposta spiccava una grande libreria. I suoi scaffali erano talmente ricolmi di tomi da dare l'impressione di non riuscire più ad infilarci nemmeno uno spillo. Accanto alla libreria, un arco conduceva ad un'altra stanza. Un arco gemello era sistemato specularmente, accanto al camino. Davanti a sé invece, Eleanor trovò la rampa di scale che conducevano ai piani superiori. Era fatta dello stesso materiale del camino e pareva uscita da un film ambientato in epoca rinascimentale! Le pareti pullulavano di quadri di ogni tipo. Perlopiù erano fotografie di paesaggi e di famiglia. Eleanor si affrettò a distogliere lo sguardo. Incrociare una foto di Rock sarebbe stato un grave errore.

“Aspetta qui un secondo! Torno subito.” fece Mary-Bell, correndo e superando l'arcata accanto alla libreria.

Eleanor rimase immobile, senza osare toccare nulla. Aveva il terrore di rompere o sporcare qualcosa. Spostò lo sguardo su uno degli scaffali della libreria. Si trovò a fissare il volto di una bella ragazza, sorridente. Accanto al viso teneva uno spesso foglio di carta arrotolato e legato con un elegante spago. In testa portava il tocco dei laureati.

Jules! Pensò Eleanor, riconoscendo la sorella maggiore di Rock.

Un rumore di passi la distrasse. Mary-Bell era tornata e stava trascinando una signora anziana che indossava una divisa da governante. Era bassa e piuttosto tarchiata, i capelli erano corti e grigi.

Mary-Bell la portò proprio da lei e le presentò. “Eleanor questa è la mia Tata! Tata, questa è la mia amica Eleanor!”

Ero stato Rap a parlarle di lei! Era la signora che si era occupata di Rock e dei suoi fratelli quando erano piccoli. E ora si prendeva cura della minore della famiglia.La donna le sorrise cordialmente e allungò una mano:

“Tanto piacere, Eleanor!”

Eleanor si affrettò ad afferargliela: “Ehm...piacere mio!”

“Si fermerà da noi per un po' di tempo!” spiegò Mary-Bell “Ho chiesto il permesso a Jules e ha detto che non c'è problema!”

“Bene!” esclamò la donna, allegramente “E' sempre bello avere degli ospiti! Succede così di rado.”

Eleanor sorrise timidamente: “Spero di non disturbare...”

“Nessun disturbo, cara! Vado subito a preparare la stanza degli ospiti... oppure potremmo sistemarti nella camera di Alex, tanto lui non la usa più.”

“No!!!” esclamarono all'unisono le due ragazze, guadagnandosi un'occhiata perplessa.

“...Meglio di no. Abbiamo una stanza per gli ospiti, diamole quella!” continuò Mary-Bell, innocentemente.

“Certo, non c'è problema!.” acconsentì la donna, prima di salire le scale e sparire al piano superiore.

Eleanor sospirò sollevata :”Grazie al cielo... non credo che sarei stata in grado di dormire nella stanza di tuo fratello.”

“Si, immagino!” sghignazzò Mary-Bell. “Vieni, ti faccio fare il giro della casa!”

La ragazzina le mostrò ogni stanza, raccontandole divertenti anneddoti riguardanti i suoi fratelli. Non menzionò mai Rock e la ringraziò mentalmente per questo. Eleanor potè rendersi realmente conto di quanto ricca fosse la famiglia di Rock. Era assurdo pensare che lui avesse rinunciato a tutto quel ben di Dio per andare a vivere in una vecchia scuola sgangerata.
Il rumore di una porta che sbatteva e una voce al piano di sotto, bloccò il ciarlare di Mary-Bell.

“C'è nessuno!?!?” urlò una voce femminile.

“E' tornata Jules!” Esclamò Mary-Bell, felice. Afferrò Eleanor e la condusse nel salotto d'ingresso.

La splendida ragazza della fotografia sulla libreria faceva bella mostra di sé al centro della stanza. Sorrise nel vederle scendere le scale.

“Chi si rivede?” fece, allegramente. “Come stai, Eleanor?”

“Diciamo che tiro avanti.”

Jules soffocò una risata. “Si, ci proviamo tutti! Vieni.” La invitò a sedersi su quel magnifico divano di pelle che stava davanti al camino. “E raccontami cos'è successo. Mary-Bell dice che sei nei guai.”

“Beh... in un certo senso è così.” rispose lei, sedendoglisi al fianco.

“Sono tutta orecchie, in modalità psicologa!” scherzò Jules “Dimmi tutto!”

Eleanor indugiò e guardò di sottecchi Mary-Bell che si era appoggiata con le braccia sullo schienale del divano. Non le andava di raccontare cosa fosse accaduto in sua presenza. Era pur sempre una bambina! Non era bello farle sentire certe cose.
Fortunamente, Jules capì.

“Hei Mary-Bell! Perchè non vai a fare della cioccolata calda?”

La ragazzina prese a lamentarsi:”Cosa? Perchè io?”

“Perchè sei la padrona di casa ed Eleanor è un'ospite. Bisogna offrire qualcosa da bere agli ospiti, non lo sai?”

Mary-Bell sbuffò sonoramente. Eleanor la guardò sorridendo : “Mi andrebbe proprio della cioccolata...” disse nella maniera più persuasiva possibile.

“E va bene! Ma solo perchè me lo chiedi tu!” esclamò, prima di fare una linguaccia a sua sorella. Si allontanò ed uscì dalla sala.

“Ok.” fece Jules “Ora i minorenni sono tutti usciti. Dimmi cosa ti è successo.”

Eleanor prese un bel respiro e le raccontò ogni cosa. Non solo di come avesse tradito suo fratello, della sua mancanza di coraggio nell'affrontarlo, ma anche come loro due si fossero conosciuti, di quello che faceva come lavoro prima dell'arrivo di Rock. Fece anche accenni al suo passato, a sua madre, all'istituto dov'era cresciuta. Jules ascoltò in assoluto silenzio senza mai interromperla. Solo a racconto ultimato, aprì bocca :

“...Cazzo!” esclamò, impressionata.

Eleanor sorrise amaramente :”L'hai detto!”

“Devo dire che sei tutt'altro che noiosa.” ridacchiò. “Si insomma... ci si dovrebbe fare un film o una telenovela sulla tua vita!”

“Lo penso anch'io!”

“Eleanor ascolta.” disse, tornando seria “Capisco che tu abbia paura di affrontare mio fratello, ma scappare come hai fatto non è stata la cosa più giusta, lo capisci?”

Lei potè solo annuire, distogliendo lo sguardo da lei.

“Sei stata con un altro ragazzo ed è una cosa brutta, non lo si può negare. Ma nascondersi a questo modo non risolverà le cose. Dovresti andare da lui e dovreste parlare. Scappare peggiora solo le cose, fa soffrire sia te che lui! E non è giusto!”

“Lo so... ma ho paura.” ammise Eleanor, chiudendo gli occhi e provando vergogna.

“Paura di cosa?”

“Di quello che potrei trovare nei suoi occhi quando mi guarderà!”riuscì a dire, finalmente. “Io l'ho tradito e per quanto lui possa essere compassionevole e in grado di perdonarmi, ogni volta che mi guarderà si ricorderà che io non sono stata solo sua. Che il mio corpo è appartenuto anche ad un altro! L'ho deluso e per fargli dimenticare il mio sbaglio non basterà parlarne! Ho rovinato tutto!”

Jules la fissava corrucciata :”Certo che hai un talento eccezionale nel crearti problemi dove  non esistono, vero!?”

Eleanor sbuffò, intenzionata a concludere lì quella conversazione.

“Beh...”continuò Jules, alzandosi in piedi “... Resta pure qui mentre rinsavisci! Non c'è problema per me! Magari potremmo organizzare qualche pigiama party o qualcosa di simile!”

Eleanor trovò la forza per ridere : “Non ne ho mai fatto uno...”

“Dici davvero?” chiese Jules, stupita “Mai?”

“No, mai!”

“Ma allora bisogna rimediare!”

Eleanor le sorrise con gratitudine, poi la sua attenzione venne catturata dalla grande foto appesa sopra al camino, proprio alle spalle di Jules.
SI alzò in piedi e si avvicinò per osservarla meglio. Era una foto di famiglia e nel momento in cui se ne rese conto sapeva che sarebbe stato meglio distogliere immediatamente lo sguardo, ma non ce la fece.
Era vecchia di parecchi anni a giudicare dall'aspetto di Jules, la prima che le saltò all'occhio. Doveva avere all'incirca l'attuale età di Mary-Bell. Era già bellissima allora! Stava accanto a suo padre che le circondava le spalle con un braccio. Accanto all'uomo, seduta su una poltrona c'era quella che doveva essere la mamma di Rock. Era la prima volta che Eleanor la vedeva. Neanche a dirlo, pure lei era splendida. Tra le braccia teneva un involucro di coperte rosa da cui spuntava un visetto imbronciato e una montagna di capelli neri.

“Quella in braccio alla mamma sono io!” esclamò Mary-Bell, riapparsa proprio in quel momento, reggendo un vassoio con sopra tre tazze fumanti. “Com'ero brutta!!!”

“Ma che dici?” fece Eleanor sorridendo “Eri un'amore!”

Appollaiato su uno dei braccioli della poltrona stava un bambino più o meno dell'età di Jules. Capelli castani, occhi scuri.

Dylan! Pensò automaticamente Eleanor.

Poi, il momento temuto arrivò. Lo vide. Rock stava seduto per terra, appoggiato alle gambe della madre. Avrà avuto più o meno 10 anni e sorrideva felice. I suoi capelli erano già indomabili allora e i suoi occhi già in grado di far sciogliere il cuore di chiunque. Ma ciò che più la colpì fu la bimba che Rock teneva stretta fra le braccia. Guardava l'obbiettivo confusa, quasi incuriosita. Età approssimativa, un paio d'anni. Non di più. Capelli neri e occhi nocciola come quelli di Dylan.

Sarah...

Le si strinse il cuore a vederli così vicini, così incuranti di ciò che il destino aveva riservato loro.

“Mio fratello era davvero attaccato a Sarah. “ fece Jules, avvicinandosi. “Giocava sempre con lei e ogni volta che piangeva s'inventava di tutto per farla ridere. E lei, mio Dio, avresti dovuto vederla, ogni volta che lo vedeva s'illuminava! Non faceva così con nessuno di noi, nemmeno con mamma e papà! Quei due avevano un mondo tutto loro.”

Quelle parole la intristirono ancora di più. Questo Rock non glielo aveva mai detto! Se davvero avevano un legame così speciale, doveva essere stato davvero un incubo per lui vivere nella consapevolezza di aver condotto Sarah sul letto di morte.
Mary-Bell sbattè il vassoio sul tavolino davanti al divano, prese una delle tazze e con voce triste disse : “Io... io vado a fare i compiti!” e sparì su per le scale, a testa bassa.
Eleanor non capì quella reazione e si accigliò dalla confusione.

“Scusala! … Non ha ancora superato la morte di Sarah. Non le piace che si parli di lei!” spiegò Jules.

“Si, capisco!”

Eleanor tornò a guardare la foto e i suoi occhi si fermarono automaticamente su Rock. Senza nemmeno rendersene conto, sorrise.

“Non era un splendore da piccolo!?” la stuzzicò Jules “Insomma, guardalo! Veniva voglia di mangiarlo!”

Il sorriso di Eleanor si allargò.

“Beh..” continuò Jules “Immagino che a te certe voglie nei suoi confronti vengano ancora adesso!”

Le guance di Eleanor avvamparono all'istante: “Ma che dici?”

La ragazza scoppiò a ridere e le fece segno di seguirla: “Dai vieni! Ti faccio vedere dove dormirai!”

***


Rap era preoccupato per Rock. Non aveva avuto più notizie di lui da quando era uscito quella mattina! Aveva cercato di essere paziente, ma alla fine si era convinto ad andarlo a cercare.
Si diresse verso la casa di Nathan, luogo in cui Eleanor si era nascosta, chiedendosi se per caso Rock l'avesse convinta a tornare. Forse, stava sbagliando ad andare a cercarlo. Magari quei due in quel momento erano impegnati a fare pace, o qualcosa di simile! Stava rischiando di rovinare di nuovo tutto? Probabile, ma quello era il suo stile! Non poteva smentirsi.
Quando arrivò dalla palazzina dove vivevano Nathan ed Eleanor tuttavia, non trovò nulla di ciò che si era immaginato.
Rock era seduto sui gradini del portone ingresso, di nuovo distrutto, affranto, svuotato di ogni sensazione positiva. Accellerò il passo e lo raggiunse.

“Rock!” lo chiamò “Che fai? Non sali?”

Il ragazzo alzò appena lo sguardo su di lui.

“....Non ci sono.”

“Beh, allora aspettiamoli!”

“No... non hai capito! Non ci sono proprio! Sono andati via... e non torneranno!”

Rap sì sentì gelare il sangue nelle vene: “Che stai dicendo...?”

“Sono salito, prima! Ho chiamato Eleanor quando ho visto che nessuno apriva alla porta. Forse ho fatto un po' troppo casino, visto che è uscito un vicino di casa a dirmi di darci un taglio. Ho chiesto a lui se sapesse quando sarebbero tornati, ma mi ha detto che li ha visti andare via questa mattina presto, pieni di valigie... “

“Che … che significa?”

“Significa che si sono trasferiti, Rap! Hanno lasciato la città! ….Eleanor non tornerà più.”

Fu un attimo. Lo stesso vuoto che aveva inghiottito Rock, risucchiò anche Rap.

Trasferiti...? No... non è possibile!

“No!” fece, con voce tremula “No, non ci credo! Lei... lei mi ha promesso che sarebbe tornata.... che se la sarebbe fatta passare! Me lo ha giurato!”

Rock scosse la testa nervosamente :”Beh, ti ha mentito! O forse, ha cambiato idea!... l'abbiamo persa, Rap! Non la rivedremo più!”

E per la terza volta nella sua vita, Rap si sentì perduto! La prima volta era stata quando Amber era stata adottata, la seconda quando era morta Marika, e ora, anche Eleanor l'aveva abbandonato!

“Io lo sapevo....” mormorò, con rabbia “Non dovevo fidarmi di lei! Non dovevo lasciarmi coinvolgere! Mi ero ripromesso che dopo Marika non mi sarei più lasciato ingannare da nessuna e invece....dannazione!”

Rock non disse nulla. SI limitò a stare in silenzio a fissare il vuoto. Rap aveva voglia di colpire qualcosa. Non riusciva credere che non avrebbe mai più rivisto Eleanor. Non poteva accettarlo. Era furibondo con lei, con sé stesso, col mondo intero! Aveva sempre avuto ragione a pensare che le donne erano delle streghe! Ed Eleanor non faceva eccezione! Era come tutte le altre!

“Rap...” fece Rock, debolmente “...ho bisogno di stare da solo. “

Lo stava invitando gentilmente a togliersi dai piedi?...

“No! Non hai bisogno di stare da solo! A nessuno piace stare.. -” Non concluse quella frase. La voce di Eleanor le riecheggiò nella testa mentre pronunciava quelle stesse parole.

A nessuno piace stare da solo!
Quante volte gliel'aveva detto. Aveva perso il conto!

Probabilmente era qualcosa che aveva ripetuto anche a Rock, visto l'occhiata che lui gli mandò.

“...Invece ne ho bisogno! Se stasera non torno, non preoccupatevi d'accordo?”

“Come sarebbe? Dove hai intenzione di andare?”

“Avevo promesso a Mary-Bell che sarei andato a trovarla... penso che l'accontenterò!”

“Torni a casa tua?”

“Solo per un po'.... ho bisogno di distrarmi... di non pensare a lei! Devo dimenticarla giusto? ...Meglio cominciare subito a provarci!” la sua voce si spezzò per molte volte.

Rap ebbe il timore di vederlo scoppiare in lacrime. Non voleva assistere ad uno spettacolo simile. Non ci teneva proprio!

“... ok! Se può aiutarti a stare meglio!”

“Non mi aiuterà... per niente! Ma almeno avrò qualcosa da fare!”

Rock si alzò in piedi e fece per andarsene, ma Rap lo fermò:

“Mi dispiace tanto!” disse, con sincerità “...è colpa mia se siamo arrivati a questo punto! Se avessi tenuto le mani a posto quella maletta sera, lei probabilmente sarebbe ancora qui...”

Rock lo guardò serio, senza rabbia, senza dolore. I suoi occhi erano semplicemente vuoti.

“....Non dispiacerti! … Non sono solo io ad averla persa!”

Detto questo, si allontanò lasciandolo solo, vittima di una solitudine che mai aveva creduto di provare.

***

eccomi! Scusate l'ora tarda! ^^' 

Ok, qualcuno mi spiega cosa è successo la settimana scorsa!? Sciopero generale dei recensori per caso!?! XD No scherzo, dai! Spero vivamente di vedere qualche recensione in più sta settimana. Se c'è qualcosa che non piace, se sbaglio ogni tanto, ditemelo! ALtrimenti non risucirò mai a migliorarmi! Le recensioni servono anche a questo! Vedo che i preferiti e le seguite aumentano sempre, quindi qualcosa vorrà pur dire no!? Insomma, esprimetevi vi prego! ç__ç

Comunque, rispondiamo =) :

Mana_chan : non era più corto! E' solo che c'erano tanti dialoghi ^^' ma la lunghezza era la solita degli altri, giuro! Oddio, hai già partorito un'idea sull'uomo misterioso! Ecco ora ho paura!!!  

Piccola Ketty: Ma non ti ho ancora chiesto a che tifoseria appartieni!?!? Siamo cugine  o sorelle?!?!? Speriamo di non giocarmi  le tue future recensioni... io sono genoana ...AIUTO!!! ORA MI UCCIDE!!! XD

Black S O U L ___ : ma tranquilla! Come vedi, sono un'esperta nei ritardi! XD Eh si, Rap ha un tempismo perfetto! Che uomo, CHE UOMO! PEr quanto riguarda il tipo misterioso, tornerà più avanti... non è difficile immaginare chi possa essere.  Pensavo fosse più facile indovinare dove Eleanor avesse deciso di nascondersi! .__. Beh, meglio così! Senza volerlo ho creato un effetto sorpresa ahahah!

Ok, ora vado a nanna! Ci vediamo domenica prossima! VI prego, un commentino lasciatelo *3* pleeeeease!

Ayleen

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Capitolo 28
*** In fondo al corridoio ***


Mamma che parto sto capitolo! Vi dirò che mi sono lasciata coinvolgere un po' troppo nello scriverlo e alla fine mi sono quasi venute le lacrime agli occhi. Non posso promettere lo stesso effetto a voi, però .___.  
Scusate per la parentesi al femminile all'inizio. Mi sto affezzionando al personaggio di Mary-Bell e in pratica si è scritta da sola XD
Ci vediamo in fondo.


CAPITOLO VENTOTTO

In fondo al corridoio



“... Capisci? Non so proprio cosa fare! Lui non mi guarda nemmeno!” ripetè Mary-Bell per circa la ventesima volta.

Eleanor aveva cercato di stare dietro ai discorsi della ragazzina, ma dopo il primo quarto d'ora la sua attenzione era scemata. Si limitava quindi a guardarla ed annuire con l'espressione più coinvolta che potesse sfoggiare.
Mary-Bell l'aveva praticamente presa in ostaggio e la stava rimbambendo di chiacchiere su un suo compagno di scuola che, a suo dire, non la considerava abbastanza.
Le era sempre sembrata una ragazzina timida e pacata, ma in quell'ultima ora e mezza si era dovuta ricredere.
Le dispiaceva non esserle d'aiuto, ma era davvero troppo distratta per starla davvero a sentire. Comunque, Mary-Bell pareva non curarsene. Continuava a ciarlare senza freni!

“Per esempio!” esclamò, improvvisamente a voce più alta, facendo trasalire Eleanor. “Quanti anni avevi quando hai baciato per la prima volta un ragazzo?”

Il viso di Eleanor si contrasse in una smorfia al pensiero del suo primo, tragico bacio.

“Non ricordo...” tagliò corto, ma Mary-Bell non le credette.

“Impossibile! Nessuno dimentica il suo primo bacio!”

Eleanor capì dal suo sguardo che non avrebbe mai ceduto. Sospirò e cercò di essere comprensiva.

E dai, Eleanor! Ha solo 12 anni. E' normale che sia incuriosita...

“Beh... “ cominciò, riluttante “...avevo la tua età più o meno.”

“Davvero!?” chiese Mary-Bell, gli occhi brillanti d'entusiasmo “E come è andata?”

“...Bene.” mentì spudoratamente “Un po' imbarazzante all'inizio, ma poi è stato bello.”

L'espressione sognante di Mary-Bell non la fece pentire neanche un po' di aver raccontato quella piccola bugia.
Il suo primo bacio? E come dimenticarlo? Era stato un disastro! Il prescelto? … Evan, naturalmente.
Ricordava ancora la gioia provata in quei momenti. Era così felice di essere finalmente riuscita a baciarlo. Peccato che era stato proprio quel bacio a far capire ad Evan che le ragazze non gli facevano alcun effetto... poteva esserci qualcosa di più umiliante?

“Non vedo l'ora che arrivi il mio turno.” la voce della ragazzina la riportò al presente.

Le sue guance leggermente arrossate la intenerirono.

“Non stare ad aspettarlo troppo! Arriverà quando meno te lo aspetti. Se c'è una cosa che ho imparato è che non bisogna mai e poi mai programmare le cose.”

“Parole sante!” esclamò con aria saccente Jules, mentre entrava nella cameretta di Mary-Bell.

Beh, definirla “cameretta” non era propriamente esatto. Avrebbe potuto tranquillamente contenere l'appartamento dove Eleanor aveva vissuto con sua madre! Anche la stanza degli ospiti era delle stesse dimensioni esagerate. Dormire lì dentro sarebbe stato difficile.... chissà com'era la camera di Rock? Una domanda che l'aveva tormentata di continuo nell'arco di quella giornata. Avrebbe tanto voluto chiedere a Jules di portarcela, ma le sembrava una cosa stupida. Cosa avrebbe fatto una volta lì? Si sarebbe imbattuta in altre foto, altri oggetti legati a lui... avrebbe reso quella separazione ancora più difficile di quanto già non fosse.
Eppure, la tentazione di mettersi ad esplorare ogni stanza di quella enorme casa alla ricerca della camera dove Rock era cresciuto era davvero forte.

Bene... pensò Si preannuncia un'altra lunga notte insonne.

“Dalle retta, Mary-Bell !” esclamò Jules sendendosi assieme a loro sul tappeto posto affianco al letto. “Non fare programmi, non aspettarti mai niente. Solo così eviterai tante delusioni! ”


La ragazzina non parve molto convinta, ma finse di aver comunque afferrato il concetto. Tuttavia, cambiò discorso. Probabilmente non era a suo agio nell'affrontare certi argomenti davanti alla sorella maggiore.

“Allora? Che si fa stasera?” chiese, piena di entusiasmo.

“Proprio niente, signorina!” la smontò subito Jules. “Domani tu hai scuola e sono pronta a scommettere che devi ancora finire i compiti!”

La risposta di Mary-Bell fu un sonoro sbuffo: “Che guastafeste che sei!”

“Oh, non hai idea di quanto lo sia!”

Eleanor sorrise nel vederle litigare a quel modo. Era divertente vedere le faccia furibonda di Mary-Bell e il divertimento che invece elettrizzava Jules. Per un attimo si sentì tagliata fuori da quel loro piccolo mondo. Fu quasi invidiosa. Quanto le sarebbe piaciuto avere una sorella... Strano, non aveva mai avuto un simile desiderio. Eppure, in quel momento, avrebbe tanto voluto essere la terza sorella. La maggiore per Mary-Bell e la minore per Jules.
Un suono la riscosse dalle proprie fantasie. Le due ragazze vicine a lei smisero di discutere. Il campanello aveva suonato.

Jules si alzò in piedi :”Vado io. Tata è uscita a fare la spesa!”

Mary-Bell corse alla finestra e scostò la tenda per vedere chi ci fosse alla porta d'ingresso. Lanciò un urletto carico d'eccitazione e si lanciò fuori dalla sua camera, superando Jules e lasciandola interdetta.

“Che è successo? Il ragazzino di cui è cotta è venuto a trovarla per caso?”

Eleanor ridacchiò : “A giudicare dalla sua reazione, potrebbe anche essere!”

Jules inseguì sua sorella e Eleanor le andò dietro, priva tuttavia della stessa fretta. Aveva quasi raggiunto le scale che portavano al piano di sotto quando le grida euforiche di Mary-Bell la gelarono sul posto.

“Sei tornato! Sei tornato!” continuava a ripetere.

Un brutto presentimento ebbe il sopravvento su di lei. Un dubbio che trovò conferma nello sguardo ansioso di Jules, ferma in cima alle scale che le lanciava occhiate inquiete. Poi, il presentimento si tramutò in realtà:

“Hei, fai piano! Mi stai strangolando!” Era lui. Quello era l'inconfondibile tono di voce di Rock.

Qualcosa si mosse nel petto di Eleanor. Il cuore accellerò la sua corsa, la ben nota morsa allo stomaco la investì e il suo viso s'imporporò.
Stava per correre giù di sotto e rifugiarsi tra le sue braccia. Aveva una tale voglia di lui, dei suoi baci, di immergersi nei suoi occhi sconvolgenti, di sentire il suo profumo. Era tutto ciò di cui aveva davvero bisogno, ma invece fece esattamente l'opposto. Incrociò lo sguardo complice di Jules e scappò verso la stanza degli ospiti. Si chiuse dentro e si lasciò scivolare contro la porta, fino trovarsi seduta per terra. Dopodichè scoppiò in lacrime. Si coprì le orecchie con le mani, per paura che la voce di Rock potesse di nuovo raggiungerla. Tutta la serenità che era faticosamente riuscita a conquistare in quella giornata stava diventando un lontano ricordo.
Com'era possibile che lui fosse lì? Perchè? Aveva scoperto che lei si era nascosta a casa sua? Oppure era solo una dannata coincidenza? ...Non poteva saperlo, però di una cosa era certa : l'ironia del destino non aveva limiti!


***


“... Cosa ci fai qui?”

Rock si stupì del tono vagamente allarmato ed agitato di Jules. Era impallidita e il fatto che lui non mettesse più piede in quella casa da quasi sette anni non sembrava sconvolgerla più di tanto.

“...Non mi aspettavo una banda, lanci di coriandoli e un tappeto rosso steso in mio onore, ma nemmeno una faccia da funerale come questa!” disse, sforzandosi di essere ironico. Ridere ormai era difficile e nonostante l'impegno, il risultato era lontano anni luce da quello sperato.

“No, cioè... si! Voglio dire... non mi aspettavo una tua visita!” biascicò confusamente Jules. “Potevi telefonare almeno!” Le sue mani iniziarono a torturarsi a vicenda e i suoi occhi si posarono sul pavimento.

Ma cosa...?

“Ti ricordo che questa è ancora ufficialmente anche casa mia. Non sono tenuto ad avvisare se ho intenzione di tornare!” disse, cercando d'ignorare lo strano comportamento di Jules.

“Si, questo lo so... però..”

“Non starla a sentire!” esclamò Mary-Bell, ancora aggrappata ai fianchi di Rock “Io sono felicissima che tu sia qui!”

Lui le sorrise amabilmente : “Ed è per questo che sei la mia sorella preferita.”

Mary-Bell ridacchiò e fece la linguaccia a Jules. Ma nel momento in cui si guardarono accadde qualcosa. L'ansia e l'agitazione sul volto di Jules si trasferirono anche su quello di Mary-Bell, che immediatamente si separò dal fratello, come scottata.

“Oh cavolo!” si lasciò sfuggire la ragazzina, rivolta a sua sorella.

“Già, un bel casino!” le andò dietro Jules, con aria sia rassegnata che vagamente divertita.

“Ragazze!” le richiamò Rock, confuso “Che mi stiate nascondendo qualcosa è ovvio, però potreste cercare di farlo un po' meglio, per favore? Ho già decine di preoccupazioni, ci mancano solo i vostri giochetti!”

Le due ragazze ammutolirono e si scambiarono un'occhiata fugace. Mary-Bell a quel punto sgambettò via, verso le scale. “Devo finire di studiare!!” esclamò mentre spariva al piano superiore.

Rock si rivolse a Jules :” Che diamine sta succedendo?” chiese, scandendo ogni singola parola.

“Oh niente di che, tranquillo!” cercò di rassicurarlo lei “Cose da donne! Piuttosto... come mai sei qui? Visita di piacere o qualcos altro?”

Rock si rabbuiò di colpo, sconfitto dal peso degli ultimi avvenimenti che l'avevano condotto fino a lì. “Posso restare per qualche giorno?”

Si stupì davvero quando la vide scoppiare a ridere nervosamente : “Starai scherzando?”

La guardò perplesso :”No, sono serio! Per quale motivo dovrei scherzare?”

La ragazza si fece seria e si strofinò le mani sul viso, come vittima di un forte stress: “...Si.” Mormorò, sconsolata “Non c'è problema.... credo!”

Rock decise di non badare troppo al suo strano comportamento. Forse Jules era in quel periodo del mese in cui le donne erano tutte un po' fuori di testa.

“Mamma e papà dove sono?”

“Non ci sono, come al solito! “

“Bene, vedo che nulla è cambiato, quindi!”

DI nuovo Jules, scoppiò a ridere :”Non sai quanto ti stai sbagliando, mio caro ingenuo fratellino!”

Rock sbuffò stizzito. I suoi modi di fare cominciavano davvero a spazientirlo: “Eri l'unica sana della famiglia, Jules. Come ti sei ridotta?!”

Lei continuò a ridere, senza riuscire a rispondergli.

“D'accordo, lasciamo perdere! C'è qualcosa da mangiare? Credo di non aver messo più nulla sotto ai denti ...beh, da ieri mattina, forse!”

Jules annuì, cercando di domare le risate e si diresse in cucina, seguita a ruota da Rock che confuso come non mai, le andò dietro in silenzio. Non capiva sua sorella, però da un lato era contento.Il suo bizzarro comportamento l'aveva distratto da Eleanor. Non era forse quello ciò che aveva sperato?

***


La stanza degli ospiti stava proprio sopra alla cucina.
Seppur attutite dallo spessore del pavimento, Eleanor riusciva a sentire le voci di Jules e di Rock. Non distingueva le parole, ma ogni volta che il tono smorzato del ragazzo la raggiungeva, le sue braccia si stringevano sempre di più attorno al cuscino che aveva preso in ostaggio. Le sue unghie affondavano sempre di più nella stoffa e le dita avevano preso a farle male. All'altezza del viso, il cuscino era inumidito dalle lacrime che stava versando. Non osava alzare il viso. Preferiva tenerlo nascosto per soffocare meglio i singhiozzi.
Aveva fatto bene a chiudersi dentro a chiave. In questo modo, l'istinto di correre da lui aveva perso di prepotenza.
C'era Mary-Bell aldilà della porta, o almeno era lì fino a pochi minuti prima. Le aveva detto qualcosa sul fatto che Rock non sapeva che lei fosse lì. Quella notizia l'aveva in minima parte tranquillizzata, ma quella situazione aveva sia del ridicolo che del frustrante.
E se lui avesse deciso di fermarsi? Come avrebbero fatto a vivere nella stessa casa senza mai incontrarsi?
Si, certo. Quella casa era molto grande... ma non così grande!

Dio, quanto puoi essere sfigata, Eleanor? Ce l'hai proprio nel sangue!

Chissà Jules come se la stava cavando con lui? Cosa si sarebbe inventata per reggerle il gioco? Era riuscita a portare scompiglio anche lì. La sua maledizione continuava ad inseguirla e braccare chiunque incontrasse sulla sua strada. Non se ne sarebbe mai e poi mai liberata!
Evan gliel'aveva spiegato una volta. “Più cerchi di scappare dai problemi, più quelli ti stanno alle calcagna e t'intralciano, impedendoti di proseguire!” Era vero! Mai furono pronunciate parole più vere!
Se Evan fosse stato con lei in quel momento, l'avrebbe buttata fuori da quella stanza a calci e l'avrebbe trascinata anche per i capelli fino da Rock. Dopodichè li avrebbe chiusi insieme in uno stanzino e non li avrebbe più fatti uscire per almeno due ore!
Perchè non possedeva un briciolo del coraggio di Evan? Le sarebbe bastato! E invece non sapeva far altro che nascondersi e piangere. Definirsi patetica era un eufemismo!

Vai da lui . Le suggeriva il suo istinto Fregatene di tutto! Dimentica ciò che è successo e vai da lui. Non c'è altro che desideri di più!

Come negarlo? Andare da Rock era davvero tutto ciò che voleva! Quanto avrebbe voluto che quel povero cuscino che stava martoriando fosse stato il petto di Rock. Quanto le mancavano le sue braccia che dolcemente la stringevano. Il respiro tra i suoi capelli che la confortava e la rasserenava come nessun tranquillante avrebbe saputo fare. Non poteva reagire, non riusciva a pensare, non respirava nemmeno senza di lui!
Era tutto ciò che le era rimasto. Aveva perduto sua madre, Evan, Nathan... Aveva soltanto lui... e tutto ciò che riusciva a fare era comportarsi da stupida!

Al diavolo tutto!

Le sue braccia lasciarono finalmente il cuscino e le sue gambe ritornarono a vivere. In un attimo si trovò davanti alla porta, la sua mano sulla chiave infilata nella serratura. Stava per girarla, quando la voce di Jules in corridoio la fermò.

“Stai tranquillo! Nessuno ha toccato la tua camera! Avevo pensato di farci una stanza guardaroba tutta per me, ma mamma non era d'accordo!”

“Una stanza guardaroba? Che razza d'ingrata! Ti sei giocata la nomina sul mio testamento!”

Stava ridendo. Rideva sereno e giocoso come se nulla fosse. Come se fra loro non fosse accaduto nulla.
Per quanto quella risata fosse in grado di riscaldarla, si sentì lo stesso gelare. Erano un paio di giorni che Rock non la chiamava più al cellulare. Non l'aveva più cercata. E ora era là fuori a ridere e a fare battute con sua sorella. Aveva rinunciato ….?

Ce l'hai fatta, Eleanor!Hai ottenuto ciò che volevi. Si è scordato di te!Ora non soffrirà più...

La mano che si era posata sulla chiave, le cadde a peso morto lungo un fianco. Indietreggiò fino ad incontrare il letto. Si sdraiò, si riappropriò del cuscino e ci sprofondò il viso. Stavolta i gemiti non riuscì a trattenerli. Anzi, non tentò nemmeno di fermarli. Aveva bisogno di lasciarli liberi di uscire.
Il suo cuore ridotto in pezzi continuava a battere, la teneva in vita, permetteva al suo sangue di scorrerle nelle vene e le dava la forza di sfogarsi contro quel soffice oggetto inanimato.
Perchè piangeva? Era stata proprio lei, in quella maledetta lettera lasciata a Rock, a chiedergli di dimenticarla. La cosa che più l'aveva preoccupata era il suo stato d'animo , non voleva che soffrisse. E adesso lui non stava soffrendo.Non più.
Non doveva piangere. Doveva essere felice!
Ma come si può essere felici quando si ha la consapevolezza di aver perso la sola cosa che ti teneva in vita?


***


Che strano essere di nuovo a casa!

Essere di nuovo sdraiati sul proprio letto era piacevole. Rivedere la stanza del ragazzino che era stato lo rendeva malinconico, ma non pentito di essersene andato così presto!
Da circa dieci minuti stava fissando il soffitto coperto di poster. Con un sorriso aveva ricordato il motivo che l'aveva spinto ad appiccicarli lassù. La voce di sua madre riecheggiò nei suoi ricordi “Che non ti venga in mente di appendere poster alle pareti!” E lui era stato di parola! Li aveva messi sul soffitto. Le pareti erano intatte!
Gruppi musicali, locandine cinematografiche, modelle molto poco vestite, automobili e moto sportive. Lassù c'era tutta la sua adolescenza.
Per un attimo si trovò a pensare a cosa avrebbe detto Eleanor se fosse stata lì con lui, sdraiata al suo fianco. 
Avrebbero discusso sui suoi gusti musicali, magari lei avrebbe anche intonato il ritornello di qualche brano. Poi sarebbero passati ai film. E le modelle? Oh, Eleanor avrebbe avuto tante cose da ridire su quelle ragazze mezze nude che stavano lassù, di certo non sarebbe mancata una scenata di gelosia. Sulle auto e sulle moto probabilmente sarebbe stato lui a doverla istruire un po'. Lei non ci capiva nulla di motori. Di sicuro si sarebbe annoiata e lamentata fino a convincerlo a fare dell'altro, e lei era un talento naturale nel convicere le persone a fare ciò che voleva.
Chiuse gli occhi e gli sembrò quasi di vederla. Con uno scatto pieno di stizza, allungò un braccio, afferrò il cuscino e se lo sbattè con forza in faccia. L'immagine della ragazza tuttavia, non si dissolse, così rinunciò e lanciò il cuscino dall'altra parte della stanza, imprecando sottovoce.
Fortunatamente, qualcuno arrivò in suo aiuto. Un paio di colpi alla porta e il visetto sorridente di Mary-Bell sbucò.

“Ti posso chiedere una cosa?” domandò in modalità tenera – bimba - bisognosa- d'affetto – e – attenzione.

Rock si mise seduto, concentrandosi sulla sorella e cercando di liberarsi dell'immagine di Eleanor.

“Certo.”

“Mi dai una mano con matematica?”

Gli sfuggì un sorriso. “Ancora con questa matematica? Ma quando la imparerai?”

“Mai, se nessuno mi aiuta! E tu sei più bravo di Jules con i numeri!”

“Hai presente che non prendo un libro di scuola in mano da anni?”

“Non importa! Dai, ti prego, ti prego, ti prego!” insistette lei, con le mani giunte.

“D'accordo, andiamo!” cedette alla fine Rock. Almeno si sarebbe distratto un po'.

Seguì Mary-Bell fino alla sua stanza e non vedere più giocattoli sparsi sul pavimento come ai vecchi tempi, gli fece realizzare da quanto tempo mancasse da casa. Quante cose si era perso?

Vedendolo indugiare sulla soglia, Mary-Bell lo guardò curiosa :”Qualcosa non va?”

“No... sto bene!”

Si sedette accanto a lei alla scrivania e attese che prendesse i libri che servivano. Ne approfittò per guardarsi un po' intorno. Quella camera era cambiata dall'ultima volta in cui vi aveva messo piede. L'arredamento era lo stesso, ma aveva un'aria molto più adulta. Solo la marea di peluches sul letto si era salvata dal repulisti di giocattoli che Mary-Bell doveva aver fatto.
Jules entrò proprio in quel momento.

“Richieste particolari per cena? Aiuto tata a cucinare!” dichiarò con una punta di fierezza.

“Se cucini te, io ordino una pizza!” sbottò Mary-Bell, facendo scoppiare a ridere Rock

“Oh, ma quanto sei simpatica! Ah, fratellino... ho detto a tata che sei qui. Vorrebbe tanto vederti.”

Rock fu colto da un moto di tenerezza nel ricordare quella donna, ormai anziana, che aveva cresciuto lui e i suoi fratelli. Le era mancata, forse più dei suoi stessi genitori. Era stata l'unica a tentare di convincerlo a non andarsene di casa il giorno che aveva compiuto sedici anni.
Le aveva fatto più da madre lei che chiunque altro e si sentì davvero un verme a ricordarsene solo adesso.
Stava per alzarsi e andare a salutarla, ma qualcosa lo lasciò di sasso, immobile e incapace di respirare.
Un oggetto nero abbandonato sul tappeto, accanto al letto di Mary-Bell. Strinse gli occhi e perse un battito quando si rese conto di cosa fosse.
Una borsa. Ma non una borsa qualsiasi. La sua borsa. Quella che lei si portava dietro ovunque, che non aveva intenzione di cambiare nonostante fosse vecchia e consunta.
Sentì il respiro farsi più accelerato per l'agitazione e, come un automa, si alzò in piedi e si avvicinò.

Jules probabilmente aveva capito cosa avesse attirato la sua attenzione e a quali conclusioni fosse arrivato : “Alex, posso spiegarti tutto...”

L'aveva chiamato per nome! Significava che era seria e non stava scherzando. In altre parole, era una conferma ai suoi sospetti.
Si piegò per afferrare la borsa e ne studiò il contenuto. Un diario, un album di fotografie, un telefono cellulare e una bambolina di pezza malfatta.

...Eleanor...

D'un tratto capì lo strano comportamento delle sue sorelle. Si voltò verso di loro con sguardo accusatore.

“Lei è qui!”

Mary-Bell lanciò un'occhiata preoccupata a Jules che cercò di spiegarsi :”Alex, stammi a sentire... lei è confusa. Non se la sente d'incontrarti. Cerca di non essere impulsivo.”

Lui non sentì una sola parola. Era arrabbiato, sconvolto, non riusciva a pensare ad altro se non al fatto che Eleanor era da qualche parte sotto quello stesso tetto e che aveva dovuto scoprirlo da solo.
Non ce la fece a moderare il tono di voce e senza che se ne rendesse conto stava già urlando: 

“Per quanto avevate intenzione di tenermelo nascosto?”

Jules non fu da meno: “Fino a che lei non fosse stata pronta per venire da te! Cosa avrei dovuto fare? E' successo tutto così in fretta. Prima lei che arriva chiedendo ospitalità, perchè non ha un posto dove andare. Poi arrivi tu, senza preavviso, che mi chiedi esattamente la stessa cosa. Prova per un attimo a metterti nei miei panni! E' un problema vostro, non mio! Non coinvolgetemi nei vostri casini esistenziali!”

Gli occhi di Mary-Bell si riempirono di lacrime :

” Scusaci... “ mormorò, mortificata. “Non volevamo mentirti. Non ti arrabbiare. Abbiamo solo cercato di aiutare Eleanor...”

La visione della sua sorellina in lacrime, bastò per placarlo. Fece un lungo sospirò, cercando di domare la rabbia.

“...dov'è adesso?” chiese, moderando la voce.

“Cosa farai se te lo dico?” fece Jules, incrociando le braccia sul petto “Andrai da lei e la costringerai ad aprirti la porta? Non otterresti nulla! Anzi, considerando il tuo attuale stato d'animo, la faresti agitare e basta. Mi piace quella ragazza, sul serio, ma è esageratamente sensibile... e non va bene mettersi a gridare con chi è troppo sensibile. Spero che tu te ne renda conto da solo!”

“Io non mi metterei mai a gridare contro di lei!”

“Oh si , invece! Senza accorgertene forse, ma la rabbia porta anche a questo. Lei non ti farà entrare, tu ti arrabbierai e inizierai a gridarle contro! E' così che reagiscono i comuni mortali, e tu non fai eccezione!”

Sconfitto da quelle parole e svuotato di ogni energia, Rock si lasciò cadere seduto sul letto di Mary-Bell. In mano reggeva ancora la borsa di Eleanor. La stringeva come fosse il più prezioso dei tesori.

“Io.... io voglio solo parlarle.” disse con un filo di voce. “...Voglio solo vederla... “

Jules sospirò e andò a sedersi al suo fianco : “Senti, lei lo sa che sei qui. Lascia decidere a lei, non spingerla ad incontrarti. Magari sarà proprio lei a venirti a cercare. Sii paziente.”

“Lo sono stato anche troppo … Ero covinto che se ne fosse andata via! Per sempre! E ora viene fuori che è qui, a casa mia! Tu come reagiresti al mio posto?”

“Farei un macello!” ammise sorridendo “Dovrebbero mettermi la camicia di forza per farmi stare buona. Però è anche vero che tu sei più intelligente di me, quindi non badare troppo a quelle che sarebbero le mie reazioni!”

Rock la guardò ammirato :” ….sei brava, eh!? Mai pensato di darti alla psicanalisi?”

“Si ci ho pensato qualche volta, ma non voglio sminuire troppo il Signor Freud!”

Mary-Bell scoppiò a ridere. 

Rock alzò gli occhi su di lei : “Scusami se ho alzato la voce.”

Ed era davvero dispiaciuto. Non era mai successo che perdesse le staffe con lei.

“Non fa niente.” disse la ragazzina, sorridendo. “Eleanor ti ha ridotto proprio uno straccio eh?!”

Questa volta fu Jules a ridere. 

“Ricordati di questi momenti, Mary-Bell!” esclamò, con la sua consueta aria saccente “Questo è il potere di noi donne! Non importa quanto forte o duro sia, qualunque uomo può diventare creta in mano nostra!”


***


Dei colpi leggeri alla porta, la fecero scattare a sedere.
Era riuscita ad addormentarsi, nonostante tutto. Dalla finestra non filtrava più la luce del sole. Lanciò uno sguardo alla sveglia sul comodino accanto al letto. Le nove di sera. Era rinchiusa in quella camera da più di tre ore.

“Eleanor!”

La voce di Jules la tranquillizzò. Per un attimo aveva temuto si trattasse di Rock. Tuttavia, non rispose. Rimase immobile a fissare la porta, sperando quasi di poterla trapassare con lo sguardo. Sentì la ragazza in corridoio emettere un lungo sospiro.

...Lui lo sa.” disse soltanto. E furono parole dense di significato. “... La sua stanza è quella in fondo al corridoio, nel caso cambiassi idea.”

Ascoltò l'eco dei suoi passi allontanarsi e poi una porta in lontanza che veniva chiusa. Poi silenzio. L'unico rumore udibile era il vociare della tv nella camera di Mary-Bell e le risate della ragazzina.
Le parole di Jules la fecero risprofondare nell'oblio. Rock sapeva che lei era lì, ma non era andato a cercarla. Conosceva bene il suo temperamento ed era assolutamente certa che sarebbe corso da lei, se solo gliene fosse importato ancora qualcosa. Ma ormai le cose erano cambiate. Tutto era andato perduto. E la colpa era soltanto sua!
Tra le braccia stringeva ancora quel maledetto cuscino, compagno ormai dei suoi tormenti. Si ributtò a peso morto sul letto e sperò che l'incoscienza del sonno giungesse in fretta.
Rimase a fissare il vuoto davanti a sé per molto. L'eco della tv cessò e così le risate sguaiate di Mary-Bell. La grande casa fu avvolta nel silenzio più totale. Solo ad un certo punto qualcosa si mosse al piano di sotto.
Un motore che si spegneva, la porta di ingresso che si apriva, un colpo di tosse maschile e il tonfo di passi trascinati su per scale che continuarono fino davanti alla sua porta.

“Dio!” esclamò quella stessa voce, spaventata da qualcosa.

“Ssh!” fece qualcuno. “Sono io, tranquillo!” Eleanor smise di respirare. Non era semplicemente qualcuno ad aver parlato. Era Rock.

“Vuoi farmi morire d'infarto?” Eleanor riconobbe solo in quel momento l'altra voce. Era Dylan. Mary-Bell gliel' aveva detto che lui tornava a casa solo per dormire. “Che ci fai qui?” continuò.

“E'... una lunga storia.”

“Perchè stai seduto per terra?”

Rock non rispose ed Eleanor sentì di nuovo il bisogno di piangere.
Lui non l'aveva dimenticata. Non aveva smesso di soffrire. Era lì, davanti alla sua stanza, in attesa. Aspettava che lei si decidesse ad affrontarlo. Le si strinse il cuore, e mai come allora si sentì più indegna di lui. Come aveva potuto dubitare dei suoi sentimenti per lei?

“Beh, senti...” riprese Dylan. “... io sono distrutto. Ne parliamo domani mattina, ok?”

“Quando vuoi!”

“...Ci vediamo! Hei...E' forte riaverti a casa!”

“Già...”

Tornò il silenzio. Eleanor scese dal letto e, cercando di fare meno rumore possibile, gattonò fino alla porta e vi posò sopra l'orecchio. Riuscì a sentirlo. Percepì il respiro di Rock oltre la superficie di legno. Chiuse gli occhi e si lasciò cullare.

Ma come fai...? Come diavolo fai ad amare una come me?

Prese a respirare a tempo con lui e perse la cognizione del tempo. Era notte fonda ormai, ma Rock era ancora lì ad aspettarla. Non sapeva che fare. Se aprire quella dannata porta o pensare ancora alle parole da dirgli.
Attese troppo. Sentì il ragazzo alzarsi in piedi, indugiare ancora qualche momento in corridoio e poi allontanarsi.

“No...” sussurrò “...rimani. Ti prego...”

Si morse il labbro nel pronunciare quelle poche parole. Si abbracciò le ginocchia e vi nascose il viso. Non pianse... tutte le lacrime erano sparite. Ne aveva versate troppe quel pomeriggio. Le lancette della sveglia sul comodino continuarono a girare e un'altra ora passò senza che lei avesse fatto qualcosa di utile.

Sono patetica! Inutile e patetica!

Le mancava la presenza di Rock oltre la porta. Quel silenzio le metteva addosso una strana angoscia. Persino sentire il suo respiro era bastato per attenuare in minima parte tutto il dolore accumulato in quei lunghi giorni.

... La sua stanza è quella in fondo al corridoio, nel caso cambiassi idea.” La voce di Jules si fece prepotente dentro di lei. Quella frase diventò una litania dentro la sua mente.

La sua stanza è quella in fondo al corridoio... la sua stanza.... in fondo al corridoio.

Pochi passi li separavano. Così vicini, eppure così maledettamente lontani.
Eleanor si sentiva la testa pesante e gli occhi che bruciavano. Era sola e non avrebbe voluto esserlo. Chissà se anche lui stava provando le sue stesse sensazioni? No... non era giusto! Se lei si faceva del male era un conto, ma non voleva che anche lui soffrisse. Però era stato inevitabile. Le sue azioni insensate avevano ferito anche Rock e ormai era tardi per pentirsene.
C'era solo una cosa da fare!

... nel caso cambiassi idea.”

Si, era arrivato il momento di cambiare idea. Di darci un taglio con quel comportamento infantile. Basta restare nascosta. Come le avrebbe detto Evan, “Tira fuori le palle, ragazza!”

E così fece.
Si alzò in piedi, aprì quella dannata porta e si precipitò verso quella che era la stanza di Rock. SI fermò davanti all'ultima porta in fondo al corridoio. Ce n'erano due, in verità, una di fronte all'altra, ma quella alle sue spalle era aperta ed era il bagno. Niente più scuse, quindi! Non poteva più tirarsi indietro. SI morse nervosamente il labbro e abbassò lentamente la maniglia.
Lui era sdraiato sul letto, ancora perfettamente in ordine. Quando sentì la porta aprirsi si tirò su a sedere e finalmente, i loro occhi s'incontrarono di nuovo.
Sentì distintamente le lacrime riformarsi, nuovamente pronte ad mostrarsi. Deglutì a vuoto, incapace di parlare. 
Si era aspettata di trovare un minimo di risentimento sul suo volto d'angelo, e invece fu l'espressione più dolce del mondo ad accoglierla.

“...Sapevo che saresti venuta.” disse, fissandola adorante.

A quel punto, nel sentire la sua voce così vicina,  le difese di Eleanor crollarono. Scoppiò in lacrime e si gettò fra le sue braccia.

“Mi dispiace!” singhiozzò, stringendolo convulsamente per paura che potesse allontanarla. “Sono una stupida! Scusami, scusami, scusami! “

Rock la strinse con lo stesso ardore, lasciandosi andare ad un sospiro liberatorio. Fu come tornare a respirare dopo giorni di apnea. Chiuse gli occhi e immerse il viso tra i suoi capelli.
Quel dolore al petto che l'aveva perseguitato, divenne un lontano ricordo. Prese a cullarla come fosse una bambina, e ai suoi occhi lo era davvero. Capricciosa, sciocca e ingenua come una bambina. Ma era la sua Eleanor e l'amava per quello. Non voleva che fosse diversa.
Eleanor gli posò una mano sulla guancia e lo costrinse a guardarla. Si immerse in quegli occhi che tanto le erano mancati e si trovò a sorridere tra le lacrime. Lui coprì quella mano con la sua e la guardò serio, unendo le loro fronti: “Hai idea di quello che mi hai fatto passare?”

“... perdonami.”

“Solo se giuri, e stavolta sul serio, che non ti allontanerai mai più da me!”

Lei potè solo annuire e prima che potesse davvero rendersene conto, le labbra di Rock furono di nuovo sue. Sue e di nessun altra. Mai lo sarebbero state perchè questa volta Eleanor sapeva che non sarebbe stata più in grado di separarsi da lui.

***

Mitico!!! (come direbbe Homer Simpson) Ce l'ho fatta! 

Ok, voglio sapere cosa ne pensate, perchè forse non sembra, ma è stato davvero un parto! 

Il prox capitolo sarà molto love-love (se mi passate il termine XD ), spero di non farvi venire il diabete! 

VIsto che è tardi evito di rispondere alle recensioni, ma ringrazio Black S O U L ___ , Piccola Ketty , fu80, giulietta_cullen , Mana_chan e MakyMay. VOrrei davvero rispondervi singolarmente ma se aspetto ancora un po' ad aggiornare mi mandate qualche maledizione vudù! .___. 

Alla prossima ragazze! 

Ayleen

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Capitolo 29
*** Un angolo di paradiso ***


24 oltraggiose ore di ritardo! I know I know! I'm a disaster!
Vi lascio subito al capitolo và ^^ dove non succede niente ai fini della storia, però.... è pieno di zucchero.

CAPITOLO VENTINOVE

Un angolo di paradiso


Avvertire il calore del suo corpo a contatto con il suo, poterla di nuovo abbracciare, inebriarsi del suo profumo, sentire il suo respiro lento e rilassato, osservarla mentre fingeva di dormire … Poteva esserci un miracolo più grande di quello?
No … non per lui. Quella era la sua idea di paradiso!
Non credeva possibile che il sentimento che lo legava a lei potesse intensificarsi tanto. L'aver vissuto nella consapevolezza di averla persa lo aveva reso possibile. Era stato inevitabile... piacevolmente inevitabile!
Mai le era sembrata più bella di quella notte, nonostante le occhiaie e le guance segnate dal pianto. Delicata e vulnerabile quanto la fiamma di una candela. Bastava così poco per spegnerla e farla sprofondare nell'oscurità. Ma il calore che riusciva a trasmettere a chiunque si trovasse casualmente sul suo cammino, era ben più vivido ed intenso di quello che poteva scaturire dalla piccola fiamma di una candela.
Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, temeva seriamente di vederla dissolversi nel nulla. O di svegliarsi, magari …
La paura irrazionale di perderla di nuovo gli fece istintivamente accentuare la presa su di lei. La vide sorridere e accoccolarsi meglio tra le sue braccia. Le fece una tenerezza incredibile.
Poggiò la fronte sulla sua tempia e vi lasciò una scia di baci che proseguì fino al mento. Eleanor voltò il viso quel tanto che bastava per farle incontrare le sue labbra.
Non ebbero la forza di separarsi per un tempo scandalosamente lungo, insaziabili, ansiosi di recuperare il tempo perduto.
Tuttavia, nessuno dei due osò spingersi oltre. Nemmeno per un attimo li sfiorò l'idea di lasciarsi trasportare da quella dolce marea di emozioni e appartenersi ancora una volta.
Perdere il controllo era inaccettabile. In quel momento volevano soltanto godere della compagnia l'uno dell'altra, non del corpo. Anche se bisognava ammettere che erano sulla buona strada per abbandonare del tutto i loro buoni propositi.
D'un tratto, l'idea che anche Rap l'avesse baciata e toccata allo stesso modo, lo colpì con al pari di uno schiaffo ben dato. Senza che lo volesse, sviò le labbra di Eleanor, che però non parve accorgersi di quel repentino cambio d'umore.
Non era arrabbiato con lei, per niente! Era qualcosa che andava aldilà delle sue capacità.
Probabilmente, la sua non era altro che gelosia. Avrebbe avuto tutto il diritto di essere geloso, ad ogni modo. SI sforzò di cancellare l'immagine di lei e Rap insieme. Non riusciva davvero ad immaginarli in certi contesti... Andava troppo oltre le sue facoltà.
Sentì le mani di Eleanor prendergli il viso. Lo stava guardando accigliata, il suo bel volto contratto dalla preoccupazione:

“Qualcosa non va?” chiese , la voce ridotta ad un lieve sussurro.

Odiava il fatto di essere riuscito a spegnere quel sorriso che fino a quel momento non l'aveva mai abbandonata. Cercò quindi di rimediare subito.

“Assolutamente no!” esclamò, il volto di nuovo disteso e caloroso. “Non potrebbe andare meglio!”

Eleanor ridacchiò quando lui tentò di baciarla di nuovo e si scostò stuzzicandolo.

“Potrebbe andare meglio, in realtà!” affermò con aria giocosa.

Rock le indirzzò un'occhiata maliziosa : “Ma davvero?”

Eleanor annuì energicamente. Si avvicinò al suo viso fino a sfiorargli la punta del naso, poi lo fissò severa e indicò il soffitto.

“Leva quelle cose indecenti da là sopra!”

Rock non capì subito a cosa si riferisse. Era troppo impegnato a sguazzare nel blu dei suoi occhi. Poi, gli tornarono in mente quei dannati poster che stavano appesi proprio sopra le loro teste.
Alzò lo sguardo, trovandosi a ricambiare quello di una delle modelle seminude.
Doveva immaginarselo che prima o dopo lei le avrebbe notate.

Scoppià a ridere, senza ritegno: “Starai scherzando!”

Eleanor lo guardava truce e pareva davvero infastidita: “Per niente!”

Rock mantenne l'aria giocosa di poco prima. “E se non lo facessi?”

La fissò intensamente e la vide arrossire, vittima di quegli occhi che, lui sapeva bene, la facevano impazzire.

“...Ehm... S-scappo di nuovo.” balbettò, poco convinta e con un'espressione inebetita.

Le braccia di Rock la chiusero in una morsa ferrea.

“Ah, non credo proprio che te lo permetterò questa volta!”

Eleanor cominciò a ridere nel tentativo di liberarsi : “Non sono tua prigioniera!”

“Si che lo sei! Anzi, stavo pensando di farti mettere un microchip sottopelle proprio come quello che mettono ai cani, così anche se riuscissi ad evadere, ti riacchiapperei in un istante!”

Le risate della ragazza s'intensificarono.

“Andrò dalla polizia, gli racconterò che mi hai tenuta in ostaggio e che sei un pazzo maniaco. Loro ti arresteranno e mi toglieranno il chip!”

“I poliziotti sono facilmente corruttibili, non lo sai?”

“Ma allora sei un mostro sul serio!”

“Oh, non hai ancora visto niente!” esclamò facendola scivolare sotto di lui e reggendosi sulle braccia per non pesarle addosso.

Eleanor allungò le braccia alla ricerca delle lenzuola e le tirò su, in modo da coprire entrambi.

“Così quelle sciacquette lassù non ci vedono.” affermò piuttosto convinta, terminando con una linguaccia.

Rock posò la fornte sulla sua : “Sai diventare estremamente assurda se t'impegni.”

“Mi spiace, ma fa parte del mio essere. Sono così e non credo cambierò mai. Prendere o lasciare!”

Rock si fece pensieroso: “... in questo caso, credo che mi toccherà tenerti così come sei! In fondo, nessuno è perfetto.”

Le guance di Eleanor si gonfiarono, fingendo indignazione, ma lui non le diede modo di controbattere. La baciò di nuovo, impedendole pure di pensare.

“...Ti amo, in tutta la tua assurdità!” sussurrò contro le sue labbra, sentendola sorridere di rimando.

“Anch'io ti amo, scemo! In tutto il tuo autolesionismo, perchè per riuscire a sopportarmi bisogna essere masochisti!”

“Mmm, solo un pochino...”

Risero entrambi, finchè la voce di Jules non rimbombò per tutto il corridoio:

“Mary-Bell! Se non scendi immediatamente da quel letto, giuro che vengo a rovesciare il materasso! Muoviti!!!”

Eleanor guardò Rock allibita :”Oddio... ma che ore sono?”

Lui allungò un braccio fuori dal riparo delle lenzuola e afferrò la sveglia che stava sul comodino.

“Sono le 7 e mezza.” annunciò un po' sorpreso.

Eleanor prese a sghignazzare :”Fantastico! Ennesima notte insonne. Uno di questi giorni sverrò, me lo sento.”

“Beh, noi non dobbiamo andare a scuola. Abbiamo tutto il giorno per recuperare.”

Lei arrossì automaticamente : “Nemmeno volendo riuscirei a dormire...”

Rock la fissò con una punta di malizia nello sguardo.

“E sentiamo... per quale motivo?”

Lei si morse il labbro prima di rispondere: “Prova un po' ad indovinare?”

Con un gesto fulmineo, lui tirò via le lenzuola lasciando che la tenue luce del mattino li investisse.

“Beh, se è così è meglio che me ne vada. Sono nocivo per te!”

Eleanor si appese con forza al suo collo : “Non oseresti!”

“Hei, sono io il sequestratore, ricordi?”

“Soffro della Sindrome di Stoccolma*, non te ne avevo mai parlato?”

Rock scoppiò a ridere.

“Ma che c'è da ridere! Guarda che è una cosa seria!”

Risero entrambi, finchè la porta della camera non si aprì di colpo, facendoli sussultare. Jules sgranò gli occhi vedendoli e si voltò all'istante, coprendosi gli occhi imbarazzata.

“Oddio, vi prego! Ditemi che non siete nudi!”

Rock sospirò esasperato : “Le persone normali in genere bussano prima di entrare nella stanza di qualcun altro, sai?”

“Ma che ne sapevo che eravate insieme!?”

“Per questo bisognerebbe bussare...”

Eleanor ridacchiò e si mise a sedere : “Tranquilla Jules, è tutto a posto. E abbiamo ancora i vestiti addosso!”

La vide sospirare di sollievo prima di voltarsi di nuovo verso di loro.

Li guardò per qualche istante e poi sorrise quasi commossa :”Avete risolto, finalmente.” Sembrava sinceramente felice ed Eleanor le sorrise di rimando, con gratitudine “Ne ero sicura...”

“Che cosa volevi, comunque?” domandò Rock

“No, niente d'importante. Chiedere se volevi... anzi, se volevate, fare colazione.”

Rock guardò Eleanor:”Fame?”

“Direi proprio di si!”

“D'accordo!” concluse per lui Jules “Fate presto a finire di pomiciare . Io devo uscire e non posso aspettarvi!”

Rock la guardò male:” Guarda che non abbiamo bisogno della balia!”

“Mary-Bell si rifiuta di andare a scuola senza prima aver salutato Eleanor. E lo sai che razza di mostriciattolo diventa quando si mette in testa una cosa.”

***


Quando scesero in cucina, Mary-Bell li accolse con il più dolce dei sorrisi:

“Buongiorno!” li salutò contenta.

Non appena notò le loro mani intrecciate, quel sorriso si allargò ancora di più. Scese dalla sedia e si precipitò ad abbracciarli entrambi.

“Che bello, che bello! “ ripetè con foga “Avete fatto la pace! Come sono contenta!”

Quella reazione li intenerì davvero. Rock le accarezzò amorevolmente il capo.

“Se litigate ancora non vi rivolgerò mai più la parola!”

“Ma Mary-Bell... “ fece Eleanor “ Noi non avevamo litigato nel senso stretto del termine...”

La ragazzina la guardò confusa :”Ah, no?”

“No. Diciamo che...” Eleanor si arrovellò il cervello alla ricerca delle parole giuste da dire, ma Jules la precedette.

“Diciamo che la qui presente Eleanor è impazzita e ha fatto una grossa stupidaggine... anzi, due grosse stupidaggini!”

“Cioè?”

“Cioè, non sono affari che ti riguardano, signorina!”

Mary-Bell cominciò a lamentarsi, ma Jules prese a fischiettare ignorandola completamente.
Quando Rock lasciò la mano di Eleanor per raggiungere il frigorifero, lei avvertì una spiacevole sensazione di abbandono. Pensò che fosse da attribuire al fatto che avevano trascorso le ultime ore a strettissimo contatto. Stargli lontano, anche se si strattava di pochi passi, le risultava doloroso e il peso di quei giorni di solitudine tornava a soffocarla.
Cercò tuttavia di reprimere l'impulso di correre da lui e prenderlo nuovamente per mano. Non le andava di rendersi ridicola davanti a tutti.

Questa si chiama “morbosità”, cara Eleanor, e non è una cosa positiva!

Fingendo che quel distacco da lui non la toccasse più di tanto, andò a sedersi accanto a Mary-Bell che cominciò a parlare a velocità massima. Eleanor annuiva di tanto in tanto, distrattamente. Ad un certo punto sbadigliò senza nemmeno preoccuparsi dei mettere la mano davanti alla bocca.

“Ti sto annoiando?” domandò Mary-Bell, rimanendoci male.

“Eh?.. Ma no! Stai tranquilla. Sono solo un po' stanca.”

Jules colse l'occasione al volo :”La notte è fatta per dormire, ragazza mia. Non per fare dell'altro!”

Eleanor arrossì fino alla punta dei capelli, mentre Mary-Bell rideva sguaiatamente.

“Credi davvero che riuscirei a fare certe cose nel letto in cui sono stato bambino?” scherzò Rock “Non ho di queste perversioni!”

Le risate di Mary-Bell aumentarono quasi fino ad impedirle di respirare.

“Oh si.” stette al gioco Jules “Deve essere imbarazzante fornicare con qualcuno mentre tutti i giocattoli della tua infanzia ti fissano dalle mensole!”

Eleanor soffocò una risata, mentre Rock continuò :”Altro che fissare! Si sarebbero messi tutti ad applaudire, fidati!”

Jules lo colpì su una spalla :”Che mi tocca sentire! Eleanor, digli qualcosa!”

Eleanor assunse un'aria innocente e fece spallucce, con le labbra ben serrate per evitare di scoppiare a ridere.

“Visto?” continuò Rock “Non dice niente perchè ho detto la sacrosanta verità!”

“Ok, adesso basta!” esclamò esasperta Jules. “Mary-Bell, andiamo forza! Prima che questo essere immondo ti travi del tutto!”

La ragazzina si alzò in piedi e si scrollò la divisa di scuola con le mani, ripulendola dalle briciole. In quel momento, in cucina entrò Dylan. Aveva un'aria parecchio assonnata e i capelli erano un autentico disastro.

“Oh guarda chi si è degnato di allietarci con la sua presenza!” fece Jules, piuttosto acida. “Nemmeno voglio saperlo a che ora sei rientrato!”

“Erano quasi le 3!” affermò Rock.

Dylan lo fulminò con lo sguardo :”Che schifoso spione!”

Eleanor abbassò lo sguardo. Anche lei aveva sentito Dylan rientrare quella notte. Era stato quando si era resa conto che Rock si era appostato fuori dalla sua porta in attesa che lei gli aprisse. Si sentì stranamente in imbarazzo, rendendosi conto di quanto stupidamente si era comportata.

“Jules, se mi dicevi che avevi invitato un tua amica, mi sarei messo un po' in ordine.” La voce di Dylan si era fatta più calda, tanto che Eleanor si sentì costretta a guardarlo.

“Alt!” esclamò Jules piazzandosi di fronte ad Eleanor “Niente tattiche da gigolò con lei! E' la ragazza di tuo fratello.”

Dylan si corrucciò e guardò meglio Eleanor. Poi il suo volto si distese: “Oddio,ma sei Eleanor! Scusami! Non ti avevo riconosciuta! Che figura pessima!”

“Non fa niente.” lo rassicurò Eleanor. “In fondo ci siamo visti una sola volta...”

D'un tratto si sentì afferrare per un braccio. Rock la trascinò dall'altra parte del tavolo, guadagnandosi un'occhiata perplessa.

“Le sue mani sono veloci e incontrollabili. Meglio se mantieni le distanze!” le spiegò, fin troppo seriamente.

“Che esagerato!” sbottò Dylan, stiracchiandosi.

Eleanor rise e si abbandonò contro il suo petto, lieta finalmente di essere di nuovo fra le sue braccia.

“Allora piccioncini!” li richiamò Dylan “Per quanto restate qui?”

Bella domanda! In effetti, non c'era più motivo per restare. Eleanor era andata lì per scappare da Rock, ma le cose poi erano precipitate. Alzò gli occhi su di lui in cerca di una risposta.

“Non lo so...” fece Rock “...Non abbiamo ancora deciso.”

“Trasferitevi qui!” esclamò Mary-Bell con eccitazione.

Eleanor le sorrise dolcemente.

Jules l'afferrò per una manica :”Non dire scemenze e muoviti che facciamo tardi!”

La ragazzina provò a ribellarsi, ma tutto fu inutile. Venne letteralmente trascinata fuori di casa e caricata di peso in macchina.

“Fa paura, vero?” fece Dylan, notando lo sguardo vagamente preoccupato di Eleanor “Faceva così anche con noi, quando eravamo piccoli.”

Rock rise :”Confermo! Una strega... nient'altro che una strega.”

Poco più tardi, Eleanor rimase da sola in compagnia di Dylan. Rock andò a farsi una doccia e dovette usare tutto la sua persuasione per evitare che lei lo seguisse. Non che fosse contrario, ma dato che non erano da soli in casa non gli sembrava una cosa molto consona.
Così Eleanor si convinse ad aspettarlo al piano di sotto, in un salotto dove non era ancora mai entrata. Dylan era seduto per terra, sul tappeto, la schiena poggiata al divano dov'era seduta Eleanor, gli occhi fissi sul televisore e le mani impegnate a stringere convulsamente un joystick. Era tutto preso a sparare a degli zombie e sembrava davvero concentrato. Era più divertente guardare lui che lo schermo. Ogni tanto imprecava sottovoce e si piegava secondo l'inquadratura del videogioco.
Eleanor non riuscì a trattenere una risata.

“Perchè ridi?” domandò lui, senza staccare gli occhi dallo schermo.

“No niente.”

“Vuoi provare?”

“No no, per carità. Sono una frana in queste cose.”

Furono quelle le uniche parole che si scambiarono.
Eleanor spostò l'attenzione sulla tv. Non capiva cosa ci fosse di così entusiasmante nel far esplodere cervelli a tutti quei cadaveri ambulanti. Tra l'altro la grafica era piuttosto realistica e tutto quel sangue non l'aiutava certo a digerire la colazione.
Dopo qualche minuto, sentì gli occhi farsi pesanti. Senza che quasi lo volesse si trovò sdraiata su quel comodo divano di pelle bianca, la testa appoggiata al bracciolo e gli occhi ancora puntati sullo schermo. Ci rimasero per poco però. L'oscurità si chiuse su di lei in un attimo. Le troppe ore di sonno accumulate le furono fatali.
Quando Dylan se ne accorse, agguantò il telecomando e abbassò il volume delle tv. Poco dopo qualcuno lo distrasse, facendolo imprecare mentre uno zombie sfuggiva alla sua mira.

“Hei, fai giocare anche me!” esclamò Rock entrando in salotto.

Dylan voltò il capo nella sua direzione e gli fece cenno di tacere, posandosi un dito sulle labbra. Poi indicò il divano dietro di lui e allora Rock vide Eleanor dormire profondamente.

“E' crollata circa dieci minuti fa.” spiegò Dylan, sempre concentrato sul gioco.

Rock si sedette per terra al suo fianco, il viso all'altezza di quello di Eleanor. Si concesse qualche istante per osservarla dormire; i pugni chiusi davanti alla faccia e qualche ciuffo ribellie che l'accarezzava... sembrava proprio una bambina.

“Hei, piccioncino!” lo richiamò Dylan mettendogli fra le mani un Joystick uguale al suo “Vediamo quanto ti ha rammollito quella ragazza.”


***


Quando Eleanor aprì gli occhi, si accorse di due cose fondamentali. La prima, fu la coperta che qualcuno le aveva messo addosso; la seconda, di essere sola.
Si sentiva la testa pesante e le sembrava di avere dormito per giorni. Si mise a sedere, si strofinò gli occhi e stiracchiò le gambe.
La tv era spenta. Due joystick erano abbandonati sul tappeto. Di Dylan nemmeno l'ombra, ma non era di lui che lei aveva bisogno in quel momento.
Le prese il panico quando l'assurdo pensiero che Rock potesse essersene andato le riempì la mente.
Era così che lui aveva scoperto della sua fuga. Si era svegliato e si era reso conto che lei era scappata via. Come poteva essere stata così crudele?

“...Rock?” chiamò alzandosi in piedi.

La sue voce rimbalzò tra le pareti. Proseguì nella sala d'ingresso, dove incontrò Dylan. Ma non Rock. Dov'era? Non le passò minimamente per la testa che potesse trovarsi ovunque, magari in giardino, o in cucina, o al piano di sopra. Ogni secondo che passava le suggeriva che lui se n'era andato.

“Heilà! Ti sei svegliata finalmente!” fece Dylan, serenamente.

“Dov'è tuo fratello?” chiese lei, fin troppo energicamente, tanto che lui la guardò confuso.

“Che ti prende?”

“Dov'è Alex!?” quasi urlò, mentre gli afferrava convulsamente una manica.

Dylan spostò lo sguardo dietro di lei e fu un'altra voce a risponderle.

“...Sono qui.”

Eleanor si voltò all'istante, ritrovandosi a fissare il suo angelo che la guardava accigliato dalla confusione. Si tranquillizzò all'istante e si gettò contro di lui, sentendosi più stupida che mai, ma anche terribilmente bene.

“Scusami...” mormorò contro di lui. “Ho avuto paura che tu...”

Lui non lasciò parlare. La prese per le spalle e la fissò intensamente : “Come hai fatto ad indovinare?”

“Cosa?”

Lui sorrise: ”..il mio nome. Come accidenti ci sei riuscita?”

Anche Eleanor si rilassò, a quelle parole. Nemmeno si era resa conto di esserselo lasciato sfuggire :”...ehm... è stata Mary-Bell. Non l'ha fatto appposta, le è scappato. Volevo fartelo sapere in una maniera un po' più carina, ma ho rovinato tutto come al solito.”

Lui scoppiò a ridere e l'abbracciò forte.

“Posso chiamarti così...?” domandò. “Oppure anche tu, come Rap, non vuoi?”

Nel sentire pronunciare il nome di Rap, il sorriso svagato di Rock scomparve.

“Eleanor....” fece serio “...ti prego, possiamo lasciare Rap fuori da qui? “

Lei abbassò lo sguardò colpevole. “Scusami...”

“No, non ti devi scusare.” esclamò lui, “E' un problema mio, non tuo. Non puoi passare la vita a chiedere scusa a tutti!”

Lei annuì soltanto, stringendosi di più contro il suo petto. Rimasero immersi nel silenzio per qualche minuto. Fu Eleanor a romperlo.

“...Alex?”

Lui sorrise nel sentirsi chiamare così :”Dimmi?”

“....Quando torniamo a casa?”

“Vuoi tornare a casa?”

“Tu no?”

Rock fece spallucce :” Non lo so... ora come ora non m'importa. Sei tu la mia casa!”

Eleanor lo guardò intensamente :”E' la cosa più bella che qualcuno mi abbia mai detto.”

Lui le sorrise , prendendole il viso tra le mani. “... Per me non fa differenza dove vivere, basta che ci sia tu. Quindi decidi. Mi andrà bene qualunque cosa tu proporrai.”

“...Aspettiamo che tornino Mary-Belle e Jules. Le salutiamo e poi torniamo a casa. Mi manca la nostra aula adibita a camera da letto. E la nostra palestra! E mi mancano i ragazzi...”

“D'accordo, allora! Torniamo a casa!”

***


Eleanor si stava davvero impegnando per non pensare alle lacrime di Mary-Bell.
La ragazzina si era letteralmente appesa alla sua vita per evitare di farla andare via. Sperava davvero che Jules fosse riuscita a calmarla. Così se n'erano andati via, col cuore a pezzi e i singhiozzi di Mary-Bell nella mente.

“...povera Mary-Bell.” mormorò Eleanor, seduta accanto a Rock nella metropolitana che li stava riportando a casa.

“Non ti preoccupare. Jules e Dylan l'avranno già calmata a quest'ora. Lei fa sempre così. Non lo dirò mai davanti a loro, ma credo che l'abbiamo viziata un po' troppo.”

Eleanor abbandonò il capo sulla sua spalla e si guardò intorno. Il vagone era piuttosto affollato. Non era abituata a vederlo così pieno di gente.

“Alex...” sussurrò sorridendo “... è qui che ci siamo conosciuti!”

“Come fai a sapere che è lo stesso vagone?”

“Non lo so, infatti! Però è bello fare finta che lo sia, no?”

Lui si chinò su di lei e la baciò cogliendola di sorpresa.

“Ascolta...” Le disse poi “...quando siamo a casa, non chiamarmi per nome.”

“Ok.”

Quando arrivarono alla loro fermata, Eleanor cominciò a venire colta da un inaspettato nervosismo. Tra poco si sarebbe ritrovata nella stessa stanza con Rock e Rap. Cosa sarebbe successo? E Rap come avrebbe reagito nel rivederli insieme?
Afferrò la mano di Rock e lo seguì verso l'uscita della metro, cercando di svuotare la mente. Nessuno dei due parlò. Anche lui appariva nervoso. Forse non era stata una buona idea tornare...
Ci misero meno di quanto ricordasse ad arrivare a destinazione. La vecchia scuola sgangherata era a pochi metri da loro, esattamente come Eleanor l'aveva lasciata la notte che era scappata.

“Ok...” fece Rock “Leviamoci subito il pensiero!”

“Hei!” lo fermò lei “... te l'ho già detto, ma forse è il caso che te lo ripeta prima che entriamo. Io amo te. Non Rap. D'accordo?”

Lui sospirò, abbozzando un sorriso :”Lo so.”

“Allora adesso possiamo andare!”

Quando entrarono, si accorsero subito delle voci che provenivano dalla mensa. Nel momento in cui sentì la risata di Heavy e l'imprecazione di Rap, Eleanor lasciò la mano di Rock e corse verso la stanza dove si erano rintanati.
Rock le andò dietro, con molto meno entusiasmo.
I primi che li videro furono i due gemelli. Heavy sgranò gli occhi non appena riconobbe Eleanor ferma sulla soglia :

”Eleanor!” esclamò, incredulo “Ma allora non sei andata via!”

Eleanor scosse solo la testa e si lasciò abbracciare dal ragazzo biondo.

“Non posso crederci! Sei di nuovo qui! Ci devi un concerto, come minimo. Prepara le corde vocali!”

Lei scoppiò a ridere :”Lo farò! Ogni tua richiesta sarà soddisfatta!”

Liberatasi dalle braccia di Heavy, passò a Metal che le disse :”Non ce l'ho fatta a mantenere la parola, mi spiace.”

“Quale parola?”

“Mi avevi chiesto di impedire a Rock di rincorrerti. Non ci sono riuscito!”

“E te ne sono grata... davvero!”

Eleanor cercò lo sguardo di Rap e quando lo trovò qualcosa si mosse dentro di lei. Il ragazzo si teneva a debita distanza, con un'espressione ferita, diffidente e quasi timoroso di vederla sparire di nuovo.

“...Sei qui.” mormorò.

Senza nemmeno pensare, Eleanor si precipitò ad abbracciarlo, rendendosi conto di quanto le fosse mancato. Rap rimase immobile come una statua “Credevo che... che fossi andata via con quel tuo amico.”

“No... mi spiace che tu l'abbia pensato.”

Rap chiuse gli occhi e si lasciò andare ad un sospiro liberatorio prima di rispondere a quell'abbraccio.

“Mi sei mancata...” mormorò stupendo persino sé stesso. Non era da lui dire certe cose.

“Anche tu!”

Rock non disse niente. Si fidava delle parole di Eleanor e cerco con tutte le sue forze di non strapparla dalle braccia di Rap. Doveva imparare a convivere con il fatto che quei due avessero fatto sesso. Eleanor aveva detto che era lui quello che amava , ma si poteva dire lo stesso di Rap?
Preferì non rimuginarci troppo su, anche perchè un secondo dopo, la mano di Eleanor si era già intrecciata alla sua e i suoi occhi lo guardavano trasognati.

“Qua non ci sono giocattoli che ci fissano...” gli sussurrò ad un orecchio, arrossendo appena.

Rap? Ma chi era Rap?... in quel momento non si ricordava neppure come si chiamasse lui! Eccolo il suo piccolo paradiso personale!

***

*Sindrome di Stoccolma (nel caso qualcuno non lo sapesse):  condizione psicologica nella quale una persona vittima di un sequestro può manifestare sentimenti positivi (in alcuni casi anche fino all'innamoramento) nei confronti del proprio rapitore. ^_^

uaaaaaaaaaaaaa, quante cose eh!? ._. si si ! Taaanti colpi di scena! eheheheh
Vabbè dai, ci voleva un po' di tranquillità no!?

Piccola Ketty : Se sento una bomba esplodere in lontanaza devo preoccuparmi del tuo petto ?!?!? :D
Mana_chan: è vero che Jules è un'idola!?!?!?!?!?!??!?!?!?! *_* Si è scritta da sola in pratica. Anch'io voglio una sorella così!!!! Ok, forse l'insulina non è servita... spero.... Non mi piace diventare troppo zuccherosa :( .Sono contenata che hunger games ti sia piaciuto. Io ho già letto il due che però esiste solo in inglese perchè qui uscirà ad ottobre ç_ç Non ho proprio saputo resistere!!
fu80: se ti ho fatto penare nello scorso capitolo spero di averti fatto un po' rilassare qui =)
MakyMay: BUAAAAAAAAH ç___ç mi hai fatto venire le lacrime agli occhi !!! Tu sei matta ç__________ç  ma grazieeeeeeeeeeeeee!!!! sniff :3
Black S O U L ___ : Tranquilla! Oggi sono in ritardo pure io! Mi spiace per Rap, però ho qualcosa in mente per lui! Non dovrei dirlo, ma te lo dico lo stesso perchè mi sento zuccherosa oggi! ^^'

Poi ci tenevo a ringraziare una matta XD, una certa  C r i s , che si è messa a recensire ogni capitolo della storia *3* ma grazie cara!!!! Poi si è interrotta. Probabilmente l'abbiamo persa lungo la strada, oppure è andata a farsi un trapianto di dita XD  grazie mille C r i s. Ho apprezzato davvero molto =)

Detto questo ci vediamo alla prossima! E basta capitoli zucchero! Si ricomincia con i drammi ù_ù ! MWUAHAHAHAH

Ayleen

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Capitolo 30
*** Non parlare agli sconosciuti! ***


Eccoci! Scusate il ritardo, ma stavolta la scusa regge!
Ragazze, sono lieta di annunciare che mancano tre capitoli alla fine, quindi ci sto perdendo più tempo sopra perchè voglio che siano non dico perfetti ma quasi. E a questo proposito, non ci saranno aggiornamenti fino dopo le vacanze di pasqua. Ho bisogno di dedicarmi ai capitoli finali senza la data di aggiornamento che incombe e che mi mette fretta. Spero capirete =).
Ci vediamo alla fine!



CAPITOLO TRENTA
Non parlare agli sconosciuti!



“Uffa!” esclamò Eleanor, irritata “Non ci riesco! Ci provo e ci riprovo, ma proprio non mi viene!”

Rock le riservò un'occhiata curiosa: “Di che stai parlando, scusa?”

Come risposta ottenne un sonoro sbuffo. La ragazza incrociò le braccia risentita:

“Si certo. Come se non te ne fossi accorto...”

Rock continuò a guardarla stranito : “Eleanor, ti giuro che non capisco a cosa ti riferisci.”

Le bastò un'occhiata veloce per capire che non stava mentendo. SI strinse nelle spalle, arrabbiata e imbarazzata al tempo stesso.

“Non riesco a chiamarti Alex...” sibilò, imbronciata.

Rock la fissò come fosse impazzita, ma resosi contro della serietà che le induriva l'espressione, scoppiò a ridere.

“Tutto qui?” domandò tra le risate.

“Come sarebbe a dire tutto qui ? E' una tragedia! Dopo tutta la fatica che ho fatto per scoprire il tuo vero nome, adesso non riesco a farmelo entrare in testa! E' ridicolo!”

“No, è ridicolo che tu ti sia fissata su una cavolata simile. E comunque a quale fatica ti riferisci!? Se non fosse stato per quella distrattona di Mary-Bell, tu da sola non l'avresti mai scoperto!”

Lei si fece pensierosa: “Forse dovrei cercarmi anch'io un nomignolo...”

“Non ci pensare nemmeno! Adoro il tuo nome così com'è e non saranno accettate storpiature di alcun tipo.”

Eleanor ridacchiò e rotolò sopra di lui :”... Antipatico!”

Lui le accarezzò una guancia e le sorrise :” Dovremmo alzarci, lo sai?”

Eleanor mugugnò qualcosa in protesta e si abbandonò totalmente sul suo petto.

“Dovrai chiamare un'impresa di demolizione per spostarmi da qui!”

“Non ce n'è bisogno! Posso spostarti anche da solo e lo sai benissimo!”

“Si, questo è vero! Però io posso convincerti senza troppe difficoltà a rimanere a letto un altro po'...”

La malizia che di colpo traboccò dai suoi occhi blu, destabilizzò per un attimo Rock che si ritrovò letteralmente a pendere dalle sue labbra.

“... e lo sai benissimo.” concluse Eleanor, facendogli il verso e strusciandoglisi contro in maniera a dir poco lasciva.

Lo baciò con crescente trasporto, insinuando le mani fra i suoi capelli e lui fu ben felice di lasciarsi torturare a quel modo. Ma il lampo di lucidità che solitamente lo colpiva in quei momenti di totale annebbiamento mentale, non tardò ad arrivare.
In un attimo, Rock rovesciò la posizione e si trovò sopra di lei, le mani che si reggevano accanto al suo viso arrossato che ora lo guardava confusa.

“Ci stavi provando?” fece Rock, fingendosi indignato.

“Ti dà fastidio?”

“No.”

“E allora perchè mi hai fermato?”

“Volevo solo farti presente che fra 20 minuti devi essere al lavoro.”

In una frazione di secondo, il rossore sulle gote di Eleanor si dileguò per dare spazio ad un innaturale pallore. I suoi occhi colmi d'eccitazione si sgranarono.

“Oh merda!!” esclamò spingendo via Rock, che si levò per darle modo di alzarsi.

Osservarla correre da una parte all'altra della stanza alla ricerca dei suoi vestiti era uno spettacolo che valeva la pena di essere visto.

“Dove cavolo è il mio reggiseno ???” urlò agitata, fissandolo con occhi accusatori “Dove l'hai fatto andare, si può sapere?”

“Non ne ho idea. So solo che non voleva sganciarsi ! Mi ha deliberatamente istigato e meritava una lezione! ”

“Smettila di fare lo spiritoso e aiutami!”

In due, riuscirono a ritrovare tutti gli indumenti, e in meno di cinque minuti Eleanor fu più o meno presentabile. Afferrò la sua immancabile borsa nera e diede un ultimo bacio a Rock.

“Ci vediamo più tardi!” fece piuttosto frettolosamente, senza comunque negargli un sorriso carico d'impazienza.

Stava per scappare via, ma Rock l'afferrò per un polso e la fece di nuovo voltare verso di sé, prolungando quel bacio che era stato decisamente troppo breve per i suoi gusti.

“Ci vediamo più tardi.” disse, usando le sue stesse parole, arricchendole però di mille sottointesi che la fecero inevitabilmente arrossire.

Prima che l'istinto che le suggeriva di saltargli addosso, prevalesse sulla ragione, Eleanor trovò la forza per correre via, seppur a malincuore.
Nonostante fosse trascorsa una settimana dal loro ricongiungimento, separarsi da lui le costava una fatica immensa. Aveva sempre il timore che scomparisse nel nulla. Una paura del tutto insensata, dato che lui le aveva ripetuto e fatto capire più volte che non sarebbe mai andato da nessuna parte senza di lei, eppure Eleanor non riusciva a liberarsi di quella sgradevole sensazione di ansia ogni volta che gli stava lontana.
Le cose stavano tornando alla normalità. Amber, Nicole e la loro madre l'avevano riaccolta come il fosse il Figliol Prodigo. Nessuna domanda impertinente, nessun obbligo di spiegazione, solo tanti abbracci e tanta voglia di dimenticare. Non avrebbe mai potuto ringraziarle abbastanza per questo.
Rap aveva smesso di passare ventiquattro ore al giorno incollato ad Amber. Probabilmente la gioia e il fervore provati quando si erano ritrovati si stavano pian piano affievolendo. Il ragazzo passava di lì almeno una volta al giorno, ma giusto per salutare e per assicurarsi che sua sorella ci fosse ancora.
Tra lui ed Eleanor tuttavia, le cose erano cambiate. Rap aveva di nuovo preso ad evitarla. A malapena si rivolgevano la parola e nonostante tutto questo la infastidisse, lei questa volta non fece nulla per convincerlo a tentare un riavvicinamento. Aveva imparato la lezione : Mai spingere Rap a fare qualcosa! Perchè poi la fa sul serio!
Forse era meglio così. Mantenere un limite nel loro rapporto avrebbe evitato sofferenze a lui, sensi di colpa a lei e preoccupazioni a Rock. Era la soluzione migliore, anche se la più spiacevole.
Inutile dirlo, Rap le mancava. Però non avrebbe ceduto stavolta. Avrebbe resistito! Lui la ignorava? Perfetto, anche lei l'avrebbe ignorato! Ma quanto le mancavano i loro battibecchi...
Eleanor sapeva però, che Rap non l'avrebbe evitata per sempre. Lei e Rock non avevano abbandonato i loro piani. Adottare Haylie era ancora il loro principale obiettivo, ed Eleanor era certa che Rap le sarebbe stato riconoscente per il resto della vita, una volta avuta la piccola. E con Haylie accanto, non avrebbe avuto più tempo per essere innamorato di lei. Ogni suo sentimento, ogni suo gesto sarebbe stato per quella bambina. Era di lei che il suo cuore doveva occuparsi.
Non ne avevano ancora discusso con Heavy e Metal, ma sia lei che Rock erano certi che li avrebbero sostenuti in quella difficile battaglia.
Fece di corsa il solito percorso di tutte le mattine, prese al volo la metropolitana e, una volta scesa, attraversò in fretta il parco. Arrivò a destinazione giusto in tempo.
Lo scacciaguai appeso sopra la porta del locale, tintinnò selvaggiamente al suo passaggio.

“Buongiorno a tutte!!!” urlò, correndo verso lo spogliatoio.

Amber apparve poco dopo dietro di lei :” Sei in ritardo!”

“Lo so, scusami! Non trovavo più il...” si morse la lingua, rendendosi contro che stava per dire reggiseno. “....il cellulare!”

Amber comunque, non parve crederci.

“Si, certo... come dici tu! Muoviti!”

La mattina trascorse tranquilla senza particolari avvenimenti. All'ora di pranzo però, arrivò Rap che cominciò quasi subito a bisticciare con Nicole. Amber intervenne subito per sedare gli animi. La stessa scena di ogni giorno...
Rap non fece caso ad Eleanor che li osservava da lontano. Difficile dire se lo stava facendo intenzionalmente o no.
Cercò di non prendersela troppo, in fondo doveva abituarsi a quella sua indifferenza, ma le sarebbe davvero piaciuto fiancheggiare Nicole in quei battibecchi. Sospirò amareggiata e si diresse in cucina per asciugare le stoviglie. Cercò di distrarsi canticchiando sottovoce ogni canzone che le passava per la testa. Funzionò, per circa un quarto d'ora, ossia finchè qualcuno non si schiarì la voce alle sue spalle.
Eleanor sussultò spaventata si trovò a fissare Rap. Se ne stava appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate sul petto.

“Buongiorno.” fece, innocentemente.

“Cosa? Mi stai salutando? A cosa devo questo onore?” commentò lei, piuttosto acidamente. Afferrò il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e lo puntò verso di lui “Immortaliamo questo momento!” esclamò, facendogli una foto.

Lui inarcò le sopracciglia, perplesso :”Sei impazzita per caso?”

“Ah, io no mio caro! Sei tu quello che ha interroto ogni tipo di rapporto con il proprio cervello!”

“Mmm, la tua simpatia oggi è quasi commovente. Che succede? Sei in pieno ciclo, per caso?”

Eleanor gli scagliò addosso la salvietta con la quale stava asciugando i piatti. “Idiota!”

Lui la evitò e sghignazzò: ”Ah, certo che no! Non può essere per quello! Tu e Rock avete fatto un bel po' di casino stanotte...”

Eleanor s'immobilizzò e si sentì andare a fuoco la faccia. Rap sorrise trionfante.

“Beccata!”

“Sei un bastardo!”

“Oh, dai puoi fare di meglio!”

“Uno stronzo!”

“No, non ci siamo proprio!”

“Sei un.... un.... oh, fottiti!”

Eleanor tornò al suo lavoro e cercò d'ignorarlo. Tuttavia un sorriso le scappò. No, non avrebbe mai potuto rinunciare a quei momenti con Rap.

“La sai una cosa?” domandò il ragazzo avvicinandosi e iniziando a darle una mano con i piatti.

“Tanto me la dirai lo stesso, vero?”

“Si, ovviamente.”

“Bene! Allora, dimmi pure. Sono curiosissima di sapere che mi devi dire!”

“Sei una pessima attrice.”

“Lo so benissimo! Era questo che volevi dirmi?”

“No.”

“E allora cosa?”

Rap si concesse qualche istante di silenzio primadi parlare: “Credo che la piccoletta si sia presa una cotta per me!”

“... la piccoletta? Di chi cavolo...?” la domanda le morì sulle labbra, nel momento in cui realizzò di chi Rap stesse parlando. “Nicole???”

“Proprio lei!”

“Oh, andiamo! Ma se non ti sopporta? Non fa altro che lamentarsi di te.”

“E' proprio questo il punto. Non fa altro che parlare di me. Non può farne a meno!”

Eleanor valutò le sue parole e in effetti, non potè recriminare in alcun modo. Aveva ragione! Nicole non faceva altro che pensare a lui. Come aveva fatto a non rendersene mai conto?

“E quindi?” gli chiese

“Quindi cosa?”

“Cosa farai con lei se le tue supposizioni si rivelassero esatte?”

Rap alzò le spalle, svogliatamente :”Proprio niente.”

“Come sarebbe?”

Lo vide inclinare le labbra in un sorriso e i suoi occhi spostarsi su di lei :”Sfortunatamente, mi piace un'altra...”

Eleanor si sentì di colpo svuotata. Poggiò il piatto che stava reggendo tra le mani, chiuse gli occhi e sospirò :”Rap...”

“Ma sai...” la fermò lui “... lei è impegnata, purtroppo. Però non mi pare nemmeno il caso di consolarmi con la prima disponibile. SI, insomma... non è un comportamento eticamente corretto, dico bene?”

Eleanor alzò lo sguardo su di lui che sembrava sforzarsi con tutte le sue forze per non guardarla.

“Dovresti provarci...” gli disse.

“A fare che? A uscire con Nicole? A dirla tutta, non è esattamente il mio tipo! E poi, andiamo, è la sorellina di Amber. Questo ci rende quasi parenti!”

“Non intendevo questo...”

Rap sospisò e si poggiò stancamente al ripiano della cucina : “Lo so che intendevi!” sbottò “Dovrei provare a lasciarti perdere...”

Eleanor annuì soltanto, distogliendo lo sguardo dal suo che, di colpo, si era fatto infinitamente triste.

“Ci ho provato! E non venirmi a dire che non te ne sei accorta.”

Eccome se se n'era accorta. L'indifferenza era l'asso nella manica di Rap e non aveva fatto altro che ignorarla dalla sera in cui era tornata.

“Ci ho provato.... e ci stavo anche riuscendo!” continuò il ragazzo. “... E poi, chissà per quale dannato motivo, mi sono ritrovato qui! Mi dispiace, Eleanor. Ci sto lavorando, dico sul serio. Ma è difficile. Estremamente difficile! Più cerco di starti alla larga, più vengo attratto da te come una calamita. Se hai qualche proposta, qualche suggerimento, ti prego di mettermene al corrente perchè io ho esaurito le risorse e sto letteralmente impazzendo...”

Eleanor non seppe che dire. Voleva farlo stare meglio, voleva davvero che riuscisse a dimenticarla, ma che poteva fare? La soluzione era solo una: Haylie!
Parlargliene non rientrava nel piano originale! Doveva essere una sorpresa, quindi rimase molto sul vago.

“Io ho la soluzione!” esclamò, compiaciuta.

“Davvero?” fece lui, poco convinto

“Si.”

“E quale sarebbe?”

“Ricordi quel regalo che avevo in progetto di farti?”

Lo vide farsi pensieroso :”... si, mi avevi accennato qualcosa.”

“Quel regalo ti cambierà così tanto la vita che non avrai più tempo per pensare a me!”

“Se è davvero come dici, lo voglio subito.”

“No, non ce l'ho ancora. E' un regalo difficile da... confezionare! Rock mi sta dando una mano.”

Lo vide fare una smorfia, contrariato: “Lo voglio da te il regalo, non da Rock!”

“Beh... sarò io a dartelo! E comunque, è stata un'idea mia. Inizialmente, Rock non voleva averci niente a che fare! Devi solo avere ancora un po' di pazienza. E poi sarà tutto finito...e ti dimenticherai di me!”

“Eleanor...” mormorò Rap, la voce raddolcita e gli occhi persi in quelli di lei.“Io non voglio dimenticarmi di te. Non voglio che tu sparisca dalla mia vita. Voglio solo trovare la forza per lasciarti andare.... per lasciarti a lui.”

Ancora una volta, rimase senza parole. In fondo non c'era nulla da poter essere espresso a parole che lo aiutasse a stare un po' meglio. Forse, il silenzio era l'unica soluzione. Non riuscì a reggere a lungo quello sguardo così carico di desolazione. Sapere di essere lei la causa di tutto quel dolore le faceva venire voglia di sparire di nuovo. Ma questa volta sul serio! Non semplicemente scappare via, ma proprio sparire, venire risucchiata dal pavimento... forse solo così Rap avrebbe trovato un po' di pace. Ma non poteva davvero desiderarlo. Rock avrebbe sofferto e lei non avrebbe mai potuto permettere una cosa del genere. Ogni cosa che faceva, ogni sua decisione causava sofferenza a qualcuno. Accontentare tutti sembrava impossibile! Era proprio come le aveva detto Rap quella dannata sera. Lei aveva il brutto vizio di voler salvare il mondo intero!
Non poteva. Doveva cercare di convincersene!

“Dopo un discorso simile, ho tanta voglia di abbracciarti, ma temo che tu possa fraintedere un gesto simile, quindi è meglio lasciar perdere...”

Era sincera! Voleva davvero dimostrargli quanto fosse importante per lei la sua presenza. Quanto gli volesse bene e quanto non desiderasse alzare un muro fra di loro. Ma un semplice gesto d'affetto come un abbraccio poteva assumere tutt'altro significato per Rap. E riempirlo di false speranze era crudele.
Fu proprio Rap a toglierle quell'impiccio. Quasi le avesse letto dentro, fu lui a stringerla forte, sorprendendola.

“L'abbraccio di un amico è privo doppi sensi, no?” disse, apparentemente sereno.

“...Credo... di si.” mormorò lei, ricambiandolo. Non era del tutto convinta delle sue parole. Finse comunque di credergli.

Avrebbe dovuto essere breve, ma Rap non sembrava intenzionato a lasciarla andare così in fretta. Eleanor allora cercò di spingerlo via.

“Rap...” lo chiamò, cercando di assumere un tono di rimprovero.

Il ragazzo la lasciò andare, seppur nolente.

“Scusami...”

Eleanor cercò di alleggerire la tensione che si era creata.

“Dovresti guardarti un po' intorno, sai? C'è pieno di ragazze migliori di me! Più carine, più simpatiche … meno idiote.”

Un lieve sorriso riuscì a stapparglielo.

“Ne dubito.” borbottò.

“Non puoi saperlo! Almeno provaci. Che ti costa?

“Forse, non m'interessa trovare qualcuna più carina, più simpatica e meno idiota di te!”

“Beh... ti basterebbe trovarne anche solo una un po' meno single di me!”

Finalmente ottenne l'effetto desiderato. Lo sentì ridere e lo imitò.

“Si, questo è vero!”

L'ilarità sparì dal suo volto fin troppo in fretta. Tornò ad indossare la sua consueta maschera sofferente.

“.... Il primo che viene a dirmi che l'amore è una cosa meravigliosa, giuro che lo metto sotto con la macchina.”

Eleanor ridacchiò: “Ma è una cosa meravigliosa!”

“Come puoi dirlo? E' malvagio. E' crudele. E' meschino.  Sfugge al nostro controllo e noi non possiamo fare altro che piegarci alla sua volontà. Ci soggioga completamente. Siamo burattini nelle sue mani e non importa quanto ci ribelliamo, quanto ci impegnamo per sconfiggerlo, quante volte cadiamo e ci rialziamo... alla fine lui vince sempre. Tanto vale arrendersi subito.”

“... come hai fatto tu?”

“Già...”

Il silenzio tornò a separarli. Questa volta nessuno dei due pareva intenzionato a fare breccia in quello spesso muro che li aveva improvvisamente divisi.
Rap fece per andarsene:

“Meglio che vada...” prima di lasciarla sola però,la guardò un'ultima volta. La sua espressione tornò di colpo quella scherzosa che aveva nel momento in cui era entrato. “Sai com'è... l'ultima volta che mi sono intrattenuto in una cucina con te le cose sono leggermente precipitate.”

Eleanor lo fulminò con lo sguardo :”Sparisci da qui!” gli sibilò contro.


***

Non si parlarono più, anche perchè Rap se ne andò poco dopo quella piccola discussione e non si fece più vedere fino a sera, quando si ripresentò insieme a Rock.
Eleanor, come ogni giorno, si trovò ad assalire Rock non appena lo vide varcare la porta. La velocità con cui Rap si dileguava in quei momenti era impressionante!
Alla fine Amber intervenne per staccare letteralmente Eleanor da Rock.

“Ti ricordo che il tuo turno non è' ancora finito! Non costringermi a buttarlo fuori da qui!”

Rock, come tutta risposta, si caricò Eleanor in spalle e cercò di scappare sul retro.

“Vi preferivo quando non vi rivolgevate più la parola!” gli urlò dietro Amber, inviperita, per poi rivolgersi al fratello :”Smettila di portarti dietro pure lui, quando vieni qui!”

“Guarda che mica lo ammanetto e lo costringo a seguirmi! Viene di sua spontanea volontà!”

“Ok! Ma fa perdere tempo ad Eleanor! Non lo voglio in mezzo ai piedi!”

“Non puoi capire quanto io sia d'accordo con te...”

Nello stanzino adibito a spogliatoio, Eleanor e Rock ridacchiavano divertiti.

“Hai sentito?” fece Eleanor “Amber ti odia!”

“Pazienza. Sopravvivrò!”

“Mi aspetto da un momento all'altro di vederla appendere una tua foto segnaletica fuori dalla porta.”

“Vorrà dire che mi toccherà ricorrere a qualche astuto travestimento per entrare.”

Eleanor si trovò senza nemmeno rendersene conto con la schiena contro gli armadietti dove lei e le ragazze tenevano i loro vestiti. Le braccia di Rock all'altezza delle sue spalle e che le impedivano di scappare. I loro visi vicini... troppo vicini anche solo per riuscire a pensare. Sarebbe potuta restare così per sempre, persa in quegli occhi sconvolgenti, il suo respiro che le solleticava le labbra. A volte riusciva a sconvolgersi per i suoi stessi pensieri che andavano ben oltre i confini del lecito.
Attese che la distanza tra di loro fosse azzerata, ma ci pensò Amber a rovinare quel momento.

“Voi due!” quasi ringhiò. “Non costringetemi ad usare le maniere forti!”

Eleanor mugolò qualcosa in protesta e Rock sorrise quasi divertito e si allontanò da lei.

“Scusa Amber.” disse, compiaciuto. “Dimentico che questo è un luogo pubblico!”

“Scuse accettate! Però resti un idiota! Anzi, restate due idioti!”

Eleanor si sistemò nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio, imbarazzata e sperò che il battito del proprio cuore tornasse normale.
Amber stava per dire qualcos altro, ma proprio in quel momento arrivò una trafelata Nicole.

“E' tornato!” esclamò cercandò di mantenere un tono di voce bassa per non farsi sentire.

“Ancora? Adesso basta! Comincio davvero a scocciarmi!” fu il commento secco di Amber.

“Chi è tornato?” domandò Eleanor, automaticamente.

Le due sorelle la guardarono indecise e poi si scambiarono un'occhiata. Eleanor lesse qualcosa nei loro occhi. Le stavano nascondendo qualcosa.
Probabilmente anche Rock se ne accorse :

”Che succede?” chiese, infatti.

“Ehm...” biascicò Nicole “C'è un tipo che da po' viene fisso qui...”

Elenaor non capì: “E allora?”

Nicole cercò annaspò per un attimo e cercò aiuto in Amber che prese la parola.

“Non sappiamo chi sia, ma viene sempre qui verso l'orario di chiusura. Il più delle volte ci tocca buttarlo fuori con gentilezza. Ma il punto è che …. si, insomma, chiede sempre di te.”

Le labbra di Eleanor si schiusero in una piccola o di sopresa.

“...come?” mormorò

“Si, non ha fatto altro per le ultime settimane. Viene qui, si siede allo stesso tavolo, fa la sua ordinazione e quando andiamo a dirgli che stiamo per chiudere chiede di te. Abbiamo provato a farci dire chi è, ma lui risponde sempre allo stesso modo..."

“Voglio solo parlare con Eleanor...” fece Nicole, cercando d'imitare una voce maschile.

Istintivamente, Eleanor afferrò la mano di Rock, sentendosi di colpo inquieta. Avrebbe potuto essere uno dei suoi vecchi clienti. Oppure, peggio... Roy, il suo vecchio padrone di casa. Al solo pensiero, un brivido la percosse.

“Sai chi è?” le chiese Rock, vedendola agitarsi.

Lei scosse semplicemente la testa.

“Beh, non ti preoccupare.” cercò di tranquillizzarla Amber “Non mi sembra un tipo pericoloso. Non ha dato problemi, anzi è sempre stato educato e cordiale. Inoltre ci lascia sempre delle mance esorbitanti. Ma se preferisci non incontrarlo, puoi restare nascosta qui.”

“Non se ne andrà mai se rimango nascosta qui...” osservò Eleanor “Tornerà domani, e dopodomani, e fra tre giorni e così via!”

“Non devi incontrarlo se non ti va.” le disse Rock, posandole un braccio sulle spalle.

Non voleva conoscere questa persona, in effetti. Non le andava per niente. Temeva di risprofondare nel suo tragico passato. Quello da cui stava tentando in ogni modo di scappare.

“Magari demorderà prima o poi...” fece Nicole “Potremmo raccontragli che non lavori più qui, così se ne andrà via!”

“Mi sembra un'ottima idea.” commentò Rock.

“No... voglio sapere chi è, cosa vuole! Avete detto che è a posto, no?”

“Si, ma è stata solo un'impressione.” disse Amber “Non possiamo esserne davvero certe.”

“Potrei farlo parlare io.” si offrì Rock.

“Sarebbe inutile. Te l'ho detto, ci abbiamo provato anche noi a farlo parlare, ma niente!”

Eleanor alzò lo sguardo su Rock.

“Non sentirti obbligata.” le disse.

Sicuramente anche lui aveva avuto i suoi stessi sospetti. Qualche vecchio cliente.... si, doveva per forza essere così. Di chi altri poteva trattarsi? Le uniche persone con cui aveva legato erano Rock e gli altri, Evan, Nathan, Amber, Nicole e la famiglia di Rock. Non conosceva nessun altro.

“No, lo faccio.” mormorò, per niente convinta. “Però... vieni con me, vero?”

“Certo !” le assicurò lui, baciandole il capo.

“Ok, fate un po' come volete!” sbottò Amber, prima di andarsene inseguita ruota da Nicole.


***


Quando Eleanor lo vide, la sua mente non le suggerì nulla. Studiò quel volto un po' emanciato dal tempo, i capelli ingrigiti , il corpo asciutto e la postura elegante. Niente! Non aveva idea di chi lui fosse. Guardava svogliatamente dalla finestra, del tutto ignaro di ciò che gli stava accadendo intorno.

“Lo conosci?” le sussurrò Rock

“Mai visto prima d'ora...”

Doveva ammettere che il non essersi trovata Roy davanti l'aveva rasserenata non poco. Cosa poteva esserci peggio di Roy? Proprio niente, quindi quell'uomo non poteva essere così pericoloso.
Si voltò verso il bancone e si accorse di essere sul punto di dare inizio ad un vero e proprio spettacolo. Rap, Nicole e Amber erano lì, immobili ansiosi di vedere come si sarebbero svolte le cose. Un vero e proprio pubblico in trepidanete attesa.
Cercò di non badare a loro e cominciò ad avvicinarsi, la sua mano saldamente ancorata a quella di Rock che la seguì.
Una volta nei pressi del tavolo, l'uomo sembrava ancora perso nei propri pensieri, tanto che Eleanor fu costretta a schiarirsi la gola per attirare la sua attenzione.
Ottenne l'effetto sperato. L'uomo si voltò, e lei si trovò a fissare due occhi azzurissimi. La guardò per qualche istante e non appena la riconobbe sorrise.

“Era l'ora che ti facessi viva.” disse, piuttosto calorosamente.

“Mi scusi...” mormorò lei, impacciata “Mi hanno detto che mi ha cercato, ma io non credo di conoscerla.”

Lui si lasciò andare ad una risata :”Certo che no. E come potresti?”

Le fece poi segno di sedersi di fronte a lui, ma quando notò la sua mano intrecciata a quella di Rock, si corrucciò.

“Mi piacerebbe parlarti da sola, se non ti dispiace.”

Stava per rispondere, ma Rock la precedette :”Dispiace a me!”

L'uomo non lo considerò nemmeno. Continuò a rivolgersi a lei.

“Perfavore. Non ci vorrà molto.”

Eleanor guardò Rock. Ormai la curiosità aveva avuto la meglio. Lasciò la sua mano :”Stai tranquillo. Va tutto bene, vai pure.”

Rock non sembrava molto d'accordo. Eleanor cercò di fargli capire con gli occhi che non aveva paura dell'uomo che aveva di fronte, che voleva sul serio solo scoprire chi fosse e cosa volesse da lei. Ed era così davvero. In qualche modo, gli spirava fiducia.Non riusciva a capire perchè, ma era così. Forse erano quegli occhi azzurri così magnetici...
Rock acconsentì a lasciarli da soli e andò a godersi lo spettacolo assieme agli altri.

“Non devi avere paura.” le disse l'uomo, vedendola un po' agitata “Voglio davvero solo parlare. Non temere.”

Lei annuì soltanto e rimase in attesa.

“Lo so cosa stai pensando, ma ti assicuro che non ci siamo mai incontrati prima d'ora, quindi stai serena. Non sono uno degli uomini con cui hai avuto a che fare in passato.”

Eleanor smise di respirare :” Lei... come fa a...”

“A sapere come ti guadagnassi da vivere fino a poco tempo fa? Si, è una domanda legittima, in effetti. Diciamo che sono venuto a saperlo molto recentemente... ma non è di questo che voglio parlare.”

Cominciò a trafficare all'interno della sua giacca. Poco dopo stringeva tra le mani una foto. La posò sul tavolo.

“Questa sei tu, vero?”

Eleanor la guardò e di nuovo le mancò il respiro. Stava fissando sé stessa. La neonata nella foto era lei.

“...Non... non capisco.” fece in un sussurro.

“D'accordo. Cercherò di evitare tanti giri di parole. “ esclamò lui. Allugò una mano verso di lei “Mi chiamo William, ma puoi chiamarmi Will se preferisci.”

Eleanor gli strinse incerta la mano, continuando a fissarlo senza dire una parola, confusa come non mai.

“Conoscevo tua madre. Questa foto me l'ha mandata lei pochi giorni dopo la tua nascita e ha continuato a farlo per anni, finchè è morta. E' così che ti ho vista crescere...”

Eleanor ritrasse la mano come scottata e sgranò gli occhi. Il suo cervello prese a lavorare velocemente. Deglutì un paio di volte quando la verità cominciò a prendere forma nella sua testa.

No... non è possibile... lui non può essere... no no no!!!

Un sorriso compiaciuto comparve sul volto di William :

“... E dalla tua espressione direi che non serve aggiungere altro.”


***


E chi è questo Will!?!?!?!? Beh, non è difficile dai! Ci siete arrivate vero!?!??!? =)
Comunque si approfondirà nel prox capitolo.
Ringraziamentiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii:

Mana_chan: Mmm, mi pare che tu ed Eleanor abbiate lo stesso problema :D Eddddddai ragazze!!!! E' solo un nome! Comunque, come hai potuto vedere, anzi leggere, vi ho accontentate entrambe! A lui va bene essere chiamato così quindi ^^' .... SI si si si si! Si ricomincia con i drammi, ma tranquilla il peggio è passato! Ci sarà un po' di movimento, qualche pianto forse (strano, eh?) E pooooooooooi???? Beh, devo sistemare il caro Lucasssssssssssssss da qualche parte.... ossia, con qualcuno ! OOOOOOH ho parlato troppo!!!!!! Basta la smetto! Alla prossima!!

Piccola Ketty: Ma no, io non tento alla vostra salute. Tento alla mia, visti gli accidenti che sicuramente mi avrete mandato durante la lettura di sto dramma! XD ..... ehm, condoglianze per il cuore .___. Mi dispiace tanto.....

Black S O U L ___ : Verooooo!?!?!? Chi non vorrebbe una famiglia così!?!?!? Un Dylan così!!!?!?!? Hai ragione, ogni famiglia ha il suo maniaco, senza eccezioni. Nella mia, credo di essere io XD. Lieta di non essere stata causa di diabeti vari... ^^' CAsomai mandami la parcella del medico.

MakyMay: Noooooooooooooo! Non saltare addosso al pc che ti serve per leggere gli aggiornameeeeeeentiiiiiii!!!!!!  Addosso a me invece puoi... si, insomma me lo merito, vista la mia cattiveria ù___ù

Oooooook, ricordatevi che l'aggiornamento arriverà dopo pasqua. Non uccidetemiiiiiiiiiii ç___ç!

Buona scorpacciata di cioccolato a tutteeeeeeeeeeeeee!!!! :D

Alla prossima

Ayleen

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Capitolo 31
*** Possibilità ***



CAPITOLO TRENTUNO

Possibilità



Mamma, perchè io non ho un papà?”

A che ti serve, tesoro? Ci sono io con te.”

Ma perchè sono l'unica della mia classe a non averne uno?”

...tu ce l'hai un papà, Eleanor. Solo che vive molto lontano da qui e non può prendersi cura di te.”

Quel ricordo giunse improvviso e inaspettato. Ciò nonostante la voce di sua madre risultava chiara e nitida come selei  fosse lì seduta accanto, anziché unicamente nella sua testa.
Quella era stata l'unica volta in cui Eleanor aveva chiesto di suo padre. E anche se quella risposta non aveva per niente soddisfatto la sua curiosità, lei non aveva mai più osato riaffrontare l'argomento.
Qualcosa nello sguardo triste e svanito di sua madre le aveva suggerito, anzi l'aveva convinta di una cosa: Suo padre era una persona cattiva.
Mai una visita, mai una telefonata, o una lettera, un biglietto d'auguri... nulla! 
Che senso aveva interessarsi ad un padre praticamente inesistente? Così aveva smesso di pensarci e crescendo aveva poi capito come fossero andate davvero le cose: un cliente aveva lasciato un ricordino nel grembo di sua madre, ecco tutto! Quella era la verità! Suo padre non sapeva nemmeno che lei esistesse... o almeno questo era ciò in cui aveva sempre creduto.
Ma ora, tutto vacillava! Stare seduta a quel tavolo, di fronte a quell'uomo dagli occhi dannatamente identici ai suoi, stava sconvolgendo del tutto ogni sua convinzione.
Sua madre sapeva... aveva sempre saputo! Gli aveva mandato le sue foto, avevano tenuto i contatti, sapeva di lui, il suo nome, il suo aspetto, dove abitava e chissà che altro.
Eleanor si sentì pervadere da un'ondata di rabbia.

Bugiarda....

Il risentimento nei confronti di sua madre s'intensificò. C'era qualcosa su cui non le avesse mentito?

Ci sono io, Eleanor”, “Mi prendo cura io di te”, “Non ti lascerò mai sola.”, “Potrai sempre contare su di me.”, “Ti voglio bene...” 

Menzogne! Solo una valanga di crudeli menzogne!
Avrebbe voluto scappare via, allontanarsi da quel tipo... allontanarsi da tutto, ma il suo corpo era paralizzato, i suoi occhi vitrei e fissi in quelli di lui, incapaci di volgersi altrove. Praticamente in trappola!
Ma quando Will allungò una mano per sfiorare la sua abbandonata sul tavolo, Eleanor si riscosse e scattò in piedi.

Non mi toccare.” sibilò, lasciando che fosse la rabbia a parlare per lei.

Eleanor, per favore.. -”

No!” lo interruppe subito. Il solo sentire la sua voce la innervosiva.

Cominciò a massaggiarsi le tempie in un vano tentativo di allieviare il mal di testa che era inevitabilmente sopraggiunto. Si sentiva come nel bel mezzo di un circuito di formula uno. C'era lo stesso identico frastuono nella sua mente, mille pensieri le sfrecciavano intorno senza che lei riuscisse a fermarli ed interpretarli. E la cosa peggiore era il sentirsi in trappola, il non poter in alcun modo fuggire.

...sette anni.” mormorò infine “Ho trascorso sette schifosi anni in un orfanotrofio perchè risultavo figlia di nessuno e tu... soltanto adesso ti sei preso il disturbo di…. No! Non lo posso accettare!”

Will disse qualcosa ma lei non volle ascoltare. Sentiva mancarle l'aria, aveva bisogno di uscire. Non era mai stata claustrofobica, ma in quel momento temette sul serio di essere sul punto di diventarlo.

Non vuoi sapere come ho conosciuto tua madre?” continuò lui, imperterrito “Non sei curiosa di sapere qualcosa di me?”

Quello fu veramente troppo. La rabbia che era riuscita a trattenere fino a quel momento, esplose.

Curiosa di te? Dovrei essere curiosa di te?” non le importava di stare urlando, né che tutti gli occhi delle persone presenti nel locale si fossero puntati su di lei. “Sei tu che dovresti essere curioso di me, non il contrario!”

Non appena lo vide alzarsi e cercare di giustificarsi, scappò fuori dal locale sbattendo con forza la porta. Sentì le voci farsi concitate all'interno e immaginò Will che veniva fermato da Rock e gli altri.
Si appoggiò stancamente ad un lampione e respirò a pieni polmoni l'aria fredda della sera. Il frastuono nella sua testa era sparito finalmente, ma non l'agitazione, ne' la rabbia. Nemmeno si rese conto delle lacrime che avevano preso a scendere dai suoi occhi.
Rimase sola per ben poco. Rock non aveva preso parte al placcaggio di Will, dato che se lo ritrovò di fianco. Si asciugò in fretta gli occhi, ma ormai era troppo tardi. Meglio così. In fondo, che senso aveva tentare di nascondere qualcosa?
Alzò gli occhi su di lui, senza sforzarsi di apparire tranquilla o serena. Comunque non sarebbe riuscita ad ingannarlo. Chissà se era riuscito a capire cosa fosse successo? Se aveva sentito qualcosa?

Sono destinata a non avere un attimo di pace...” fece, lasciandosi andare ad un sorriso amaro.

Rock non disse una parola, si limitò ad abbracciarla cercando di trasmetterle tutto il conforto di cui era capace. Eleanor nemmeno ci provò a trattenersi questa volta. Nascose il viso contro il suo petto e prese a singhiozzare.
Solo il tintinnare dello scacciaguai appeso all'ingresso del locale fu in grado di distrarla. Non appena lo sentì si voltò quel tanto che bastava a farle capire chi si era unito a loro.
Rap la fissava visibilmente impensierito. Vedendola in quelle condizioni, le riservò uno sguardo interrogativo : 

“Cosa diavolo sta succedendo? Chi è quel tipo?”

Tienimelo lontano!” esclamò lei, con decisione. “Ti prego... ti scongiuro Rap, fai in modo che se ne vada e che mi lasci in pace!”

Il ragazzo guardò Rock, in cerca di una spiegazione che però non ottenne.

Per favore...” continuò Eleanor “Non... non lo voglio più vedere qui!” 

Sapeva che lui non si sarebbe mai rifiutato. Ne aveva l'assoluta certezza e, pur non andandone per niente fiera, approfittò dei ciechi sentimenti che il ragazzo nutriva per lei.
Rap odiava vederla piangere. Detestava osservare impotente il suo bel viso incrinarsi dalla tristezza, ma soprattutto, non poteva sopportare l'idea che qualcuno ne fosse la causa.

Ci penso io!” le disse, risoluto.

La vide di nuovo scomparire contro il petto di Rock; i suoi singhiozzi non accennarono a placarsi.
Chiunque fosse quell'uomo, l'aveva sconvolta non poco. Non aveva idea di chi fosse, in che rapporti fosse con lei, ma la sua mente elaborava solo immagini negative. E dato il passato di Eleanor, non c'era da ricorrere a troppa fantasia.
La soluzione era solo una quindi: quel tipo non avrebbe più dovuto osare avvicinarsi a lei.

Andiamo via...”

La voce debole di Eleanor lo riscosse dai suoi piani di vendetta. Vide Rock annuirle silenzioso prima di voltarsi verso di lui.

Dì ad Amber che noi andiamo.”

Rap fece un cenno d'assenso, incapace di staccare gli occhi di dosso da Eleanor. Sembrava così fragile, spaventata, angosciata … esausta persino!
La seguì con lo sguardo finchè non sparì dietro l'angolo della strada assieme a Rock. Non ebbe nemmeno il tempo di pensare a come agire. Lo scacciaguai tintinnò sonoramente e ne uscì proprio l'uomo che aveva causato tanto dolore ad Eleanor. Lo vide stringersi nel cappotto e allontanarsi senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.

Hei!” lo chiamò, andandogli dietro “Io e te dobbiamo fare quattro chiacchiere!”

L'uomo si fermò e lo guardò incuriosito : “Sono molto più anziano di te, ragazzo. Dovresti rivolgerti a me dandomi del lei. Così impongono le buone maniere, non te l'hanno insegnato?”

Rap si lasciò andare ad una risata nervosa :”Le buone maniere imporrebbero anche un certo tatto quando si parla con una persona. Farla scoppiare in lacrime e costringerla alla fuga non mi pare siano cose contemplate nel galateo, o mi sbaglio?”

Lo vide inclinarono l'angolo della bocca in un sorriso tirato : “... concesso!”

Stai lontano da lei!” esclamò Rap, arrivando dritto al punto. “Non so chi tu sia, né come fai a conoscerla, nemmeno m'interessa saperlo. So solo che lei non ti vuole fra i piedi, quindi cercherò di dirtelo con le buone. Stalle alla larga!”

Aveva parlato con un tono di voce tranquillo, ma velato di una minaccia ben distinguibile. L'uomo di fronte a lui infatti, smise di sorridere. Si avvicinò di qualche passo.

E' fortunata ad avere amici che si preoccupano così tanto per lei.” fece, in apparenza per nulla scosso. Allungò una mano verso Rap :”Mi chiamo William. E sono il padre di Eleanor, è un piacere conoscerti.”

Rap raggelò. Lo fissò come se fosse impazzito.

Stai mentendo!” lo accusò “Lei non ha un padre!”

Will si fece di nuovo ironico :”Oh andiamo! E' qui, cammina, parla, respira... vive! Per fare tutto questo un padre deve averlo avuto no?”

Fai poco lo spiritoso!”

Will continuava a tenere la mano alzata a mezz'aria anche se Rap non sembrava avere la minima intenzione di afferrargliela.

Sua madre... lei era... si insomma, è impossibile risalire a chi possa essere suo padre!” disse Rap, assolutamente convinto delle parole.

Non c'è nulla d'impossibile.” affermò Will, riabbassando la mano. “Capisco di averla un po' scombussolata e mi dispiace. Volevo solo conoscerla, parlarle...”

Ma lei non vuole!” lo interruppe Rap “Non vuole avere niente a che fare con te, quindi, te lo ripeto, se torni a cercarla potrebbe finire male!”

Mi stai minacciando, ragazzo?”

Eccome se lo sto facendo!”

Oh, accidenti! E che farai? M'investirai o qualcosa del genere? Farai in modo che sembri un incidente?”

Non prenderti gioco di me! Non mi conosci! Non fare l'errore di credere che stia scherzando.”

Rap strinse forte i pugni, cercando di controllare la rabbia. Will lo notò e lo studiò con un rinnovato interesse.

Lo so che non stai scherzando.” gli disse, con la sua solita ed irritante pacatezza “Ma le tue minacce non m'interessano. Non puoi impedirmi di parlare con mia figlia.”

Con che coraggio la definisci tua figlia?” gli urlò contro “Tu non immagini neanche cosa ha dovuto affrontare in tutti questi anni. Dov'eri quando sua madre è morta, quando è stata rinchiusa in quell'istituto, quando quel ragazzino più grande ha abusato di lei? Perchè non sei corso in suo aiuto quando ha deciso di vendere il proprio corpo? Con che coraggio pretendi di avere dei diritti su di lei?”

Gli occhi di Will si velarono di tristezza e rimpianto. Per un attimo, Rap si pentì delle proprie parole, soprattutto considerando il fatto che in quegli occhi blu rivedeva Eleanor. Ma fu proprio nel ripensare alle lacrime della ragazza, che ogni traccia di pentimento si dissolse. Decise comunque di chiudere lì il discorso e di non infierire ulteriormente.

Su una cosa hai ragione...” fece Will “Hai detto bene. Io non ti conosco. D'altro canto, tu non conosci me, quindi evita di giudicarmi!”

Non il tempo di un'altra sola parola, che Will riprese il cammino e venne inghiottito dal buio della notte appena iniziata.


***


I'll sing it one last time for you

Then we really have to go

You've been the only thing that's right

In all I've done...”

Eleanor aveva sentito dire che ascoltare canzoni tristi nei momenti di massima depressione fosse molto terapeutico. Aveva sempre pensato fosse una cavolata, che non ci fosse nulla di vero. Beh, dovette ricredersi.
Sdraiata sul suo letto, gli occhi fissi sul soffitto e in mano l'Ipod di Heavy, era riuscita a svuotare la mente. Troppo concentrata sulle parole di quella canzone, che definire struggente era un vero e proprio eufemismo, era riuscita a distrarsi dagli avvenimenti delle ultime ore.
Aveva raccontato tutto a Rock. Non l'aveva presa bene neanche lui, sostenendo che quel Will non aveva alcun diritto di presentarsi davanti a lei dopo quasi ventanni e pretendere di sistemare le cose. Così adesso si ritrovava ad avere non una, ma ben due guardie del corpo. Non male, comunque! Non ci teneva per niente a incontrare di nuovo quell'uomo e sapere che Rock e Rap gliel'avrebbero tenuto alla larga la tranquillizzava non poco. Sperava solo che non esagerassero... Rap, in particolare. Lui aveva la tendenza a lasciarsi un po' andare...

And I can barely look at you

But every single time I do

I know we'll make it anywhere

Away from here...”

Chiuse gli occhi e si immerse totalmente nella musica, mormorandone il testo. Quella pace però, duro ben poco. Uno scossone del materasso le fece intuire che qualcuno le si era appena sdraiato al fianco. Convinta che fosse Rock sorrise e si voltò verso di lui, senza mai aprire gli occhi. Fece per abbracciarlo, ma delle mani la bloccarono.

Risparmia le effusioni per il tuo ragazzo, cara!”

Riconoscendo la voce di Heavy, Eleanor sgranò gli occhi sorpresa e si distanziò subito.

Heavy!” esclamò “Che cavolo fai qui?”

Naturalmente i due gemelli non erano rimasti all'oscuro della faccenda, ma non avevano avuto reazioni spropositate come quelle di Rock e Rap. Tuttavia, sembravano preoccupati per lei e di questo, Eleanor non poteva che essergliene grata.
Il ragazzo finse di ammaliarla con lo sguardo: 

“Tento di sedurti, piccola!”

Beh, fai schifo come seduttore!”

Solo perchè sono vestito.”

Eleanor non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere. “Oh si! Sono certa che hai ragione!”

Quello è mio, lo sai?” cambiò discorso lui, ammiccando all' Ipod che Eleanor stringeva fra le mani. “Possibile che ogni volta che lo cerco lo trovo tra le tue cose?”

Eleanor sfoggiò l'espressione più persuasiva e supplicante che poteva. “Me lo lasci ancora un po', per favore?”

Heavy sorrise sprezzante :”Non provarci nemmeno, carina! Non sono idiota come Rock o Rap. Questo giochetto degli occhi imploranti non attacca con me!”

Eleanor sbuffò : “Ma non vale!”

Spiacente di averti smontato così!”

Proprio in quel momento, fuori in corridoio passò Metal. Heavy lo chiamò.

Hey, insensibile di un fratello!”

Metal fece marcia indietro ed entrò :”Che vuoi?”

Dai, vieni qui a fare compagnia ad una povera ragazza depressa che ha appena scoperto di avere un padre oltremodo bastardo e menefreghista!”

Detta così non sembrava poi così tragica la situazione.
Metal sbuffò con la sua consueta straffottenza, tuttavia la sorprese quando lo vide avvicinarsi al letto : 

“Ok, fatemi posto!”

Eleanor si trovò schiacciata in mezzo ai due fratelli. Li prese entrambi a braccetto e cercò di stare dietro ai loro discorsi senza senso. Si punzecchiavano a vicenda con battute acide e di pessimo gusto. Eleanor comunque rise e non potè fare altro che ringraziarli mentalmente per quel loro folle tentativo di tirarla su di morale.
Ad un certo punto si rese conto di non sapere niente su di loro due. Rock e Rap le avevano raccontato che li avevano conosciuti proprio lì, in quella vecchia scuola. Ci vivevano prima di loro. Chissà come ci erano arrivati?

Non parlate mai di voi!” disse, interrompendo la loro discussione su chi avesse avuto più ragazze.

Cosa combinavate prima di conoscere Rock e Rap? Da dove siete saltati fuori?”

Il silenzio che scese di colpo, la preoccupò.

Fatemi indovinare. Tragedie famigliari, genitori bastardi, morti improvvise di parenti ?” cercò di assumere un tono scherzoso, ma non aveva la certezza che avrebbe aiutato.

Genitori?...” fece Metal “E chi li ha mai avuti i genitori?”

Eleanor lo guardò, in attesa che continuasse, ma fu Heavy a prendere la parola.

I nostri genitori sono morti quando eravamo molto piccoli! Hanno avuto un incidente d'auto e noi due siamo stati affidati a nostra zia. “

Fatta eccezione per la morte dei genitori, non ci vedeva nulla di particolarmente tragico.... per ora.

Era la nostra unica parente.” continuò Heavy .

Vi trattava male?” chiese automaticamente Eleanor. Visti i passati di Rock e Rap, ormai si aspettava qualsiasi cosa.

No no, anzi! Ci adorava. E' stata una mamma a tutti gli effetti.”

E allora, cos'è successo?”

Questa volta fu Metal a riprendere il discorso : “Lei non era esattamente nostra zia. Era una zia di nostra madre, quindi era parecchio anziana. Insomma, fatto stà che è morta una anno prima che io e Heavy diventassimo maggiorenni. Così per evitare che i servizi sociali ci prendessero in custodia, siamo scappati e ci siamo rifugiati qui. Il resto lo sai...”

Avremmo potuto andarcene da tempo, in verità. Ma poi abbiamo conosciuto Rock, Rap e Marika... così siamo rimasti.”

Eleanor avrebbe avuto decine di domande da porre. Cercò di mostrare un minimo di discrezione. Metal sembrò intuire qualcosa.

I nostri stupidi nomi li ho inventati io.” affermò divertito “Nel momento in cui quei due si sono presentati a noi come Rock e Rap, mi è venuto d'istinto auto battezzarci a questo modo!”

Si!” sbottò Heavy, risentito “E ti sei tenuto il nome migliore!”

Un premio per la mia geniale improvvisazione, no?!”

E invece come vi chiamate in realtà?” domandò Eleanor, senza pensare.

Heavy e Metal si scambiarono un'occhiata titubante.

Oh, andiamo!” si lamentò lei “Adesso basta con questa storia! Ormai sappiamo quelli di Rock e Rap. Mancate solo voi all'appello. Avanti!”

Heavy la guardò poco convinto :”Però continuerai a chiamarmi Heavy, vero? Mi ci sono affezionato!”

Ma certo che si!”

E lo stesso vale per me, intesi?” aggiunse Metal.

Potete stare tranquilli!”

I due fratelli si scambiarono un'ultima rassegnata occhiata. Poi Heavy allungò la mano libera verso di lei.

David, tanto piacere!”

Eleanor sorrise contenta e gli strinse la mano reggendo il gioco :”Piacere mio, David!”

Si voltò poi verso Metal che, con un sospiro, fece la stessa cosa del fratello.

Daniel!” sbottò, in maniera decisamente più fredda .

Il sorriso di Eleanor si allargò: “Piacere di conoscerti, Daniel!”

Rimasero a fissare il soffitto in silenzio per qualche minuto. Eleanor se ne stupì. Era raro che Heavy se ne stesse zitto per più di trenta secondi. Era qualcosa di davvero surreale. Ciò che la sorprese di più comunque, fu Metal che, inspiegabilmente , interruppe quel silenzio.
Heavy che taceva e Metal che parlava. In quale universo parallelo era finita?

Tu hai un brutto vizio, Eleanor.”

Scusa?”

Tendi a scappare dai tuoi problemi. “

Eleanor si voltò verso di lui, pronta a ribattere, inutilmente :”Lo capisco, sai?!” continuò Metal imperterrito “Scappare è il nostro primo istinto, però così facendo non si risolve proprio nulla!”

Si, sono d'accordo!” aggiunse Heavy.

Lo so che non sono affari miei...” riprese l'altro “...Però, fossi in te, questa volta non mi darei alla fuga.” Metal si voltò verso di lei, fissandola seriamente “Non capita tutti i giorni di trovare un padre!”

Eleanor sospirò contrariata: “Quello non è mio padre!” esclamò con decisione.

E invece lo è. Anche se non c'è mai stato, anche se si è dimostrato un vero bastardo a presentarsi dopo tutti questi anni, è comunque l'unico tuo famigliare, l'unico tuo legame di sangue.”

Un legame di sangue non significa nulla!”

Heavy prese la parola, facendosi insanamente serio :”Ascoltami, Eleanor!”

Lei si fece tutta orecchie, osservandolo stupita da quel repentino cambiamento :”Hai provato a chiedergli per quale motivo non si sia mai fatto avanti?”

Non dovette pensarci molto. La risposta era no. Non l'aveva fatto. E non ci fu bisogno di dirlo ad alta voce. La sua espressione era sufficientemente eloquente.

Hai mai pensato che forse non ha potuto mettersi in contatto con te? Magari ha avuto dei problemi. Dovresti parlargli. Chiedere spiegazioni e solo dopo decidere cosa fare con lui. Se ripagarlo con la stessa moneta, oppure conoscerlo un po' meglio... perlomeno, questo è quello che farei io.”

Eleanor si fece pensierosa. Non ci teneva per niente a conoscere quell'uomo, però Heavy e Metal forse avevano ragione. Ci doveva essere una ragione se Will non si era mai fatto vivo. Di sicuro poteva eliminare le ragioni economiche. Lei era tutto fuorchè ricca, quindi i soldi non c'entravano nulla, fortunatamente. Forse era stata sua madre a chiederle di stare alla larga? Ma perchè avrebbe dovuto farlo? Non aveva alcun senso. Oppure era stato lui ad allontanarsi volontariamente, per poi pentirsi e ritornare sui suoi passi... ad ogni modo era un po' tardi per farlo.
A distrarla da quei pensieri vorticosi, ci pensò Rock che entrò proprio in quel momento. Li osservò per qualche istante, confuso. 
Beh, trovare la propria ragazza a letto con due uomini non doveva essere troppo simpatico :

” Che state combinando?” domandò, apparentemente sereno.

Oh, cavolo! Ci hai beccato!” fece Heavy, tornando lo scemo di sempre“ Fine dei giochi, ragazzi! Ci tocca rimandare la nostra piccola orgia!” si rivolse poi ad Eleanor “Spiacente di doverti lasciare così insoddisfatta , tesoro!”

Eleanor arrossì vistosamente e lo colpì ad una spalla :”Idiota!”

Rock alzò gli occhi al cielo, senza risparmiarsi una risata divertita. La ragazza allungò le braccia e abbracciò i due fratelli.

Grazie per la compagnia, ragazzi!”

Ok, va bene.” biascicò Metal “Lieto di esserti stato utile, però potresti evitare di strangolarmi? Ci tengo alla mia miserabile e scapestrata vita!”

Come tutta risposta, Eleanor rafforzò la presa. Heavy iniziò a fingere un principio di soffocamento, facendola ridere e costringendola a lasciarli andare.

Per essere così piccola, ne hai di forza!” osservò Metal, alzandosi in piedi e massaggiandosi il collo.

Heavy si avvicinò a Rock con un'espressione affranta e gli diede una pacca sulla spalla: “Condoglianze amico. Forza e coraggio, la pazienza è la virtù dei forti, ricordalo sempre!”

In un nano secodno il ragazzo biondo si trovò un cuscino sulla faccia.

Non dimenticarti Heavy, che oltre ad una notevole forza ho anche una notevole mira!” dichiarò compiaciuta Eleanor.

Ragazzi!” li richiamò all'ordine Rock, cercando di non scoppiare a ridere. “Potreste cortesemente uscire dalla nosta stanza?” calcò in maniera piuttosto evidente sulla parola nostra, facendola sentire piacevolmente orgogliosa e importante.

Si andate, ragazzi!” fece Eleanor “Devo parlare con Rock in privato!”

Ah, adesso si chiama Parlare in privato ?”

A quanto pare, Heavy non ne voleva più sapere di fingere per un attimo di essere una persona seria. Per fortuna che c'era Metal a fare il maturo per entrambi.

Piantala di fare il coglione!” esclamò spingendolo fuori in corridoio, con ben poca delicatezza.

Non fatemi diventare zio, ragazzi!” riuscì a dire Heavy, prima che suo fratello sbattesse la porta.

Ristabilitasi la calma, Eleanor si alzò e si avvicinò a Rock, stringendosi a lui.

Ti lascio da sola per un attimo e ti ritrovo a letto con ben due uomini?” scherzò, circondandola con le braccia.

Non la vuoi un po' di concorrenza?” lo stuzzicò lei.

Come se non ne avessi già abbastanza...” Stava ancora sorridendo, ma Eleanor si rabbuiò a quelle parole. “Ok, battuta infelice!” cercò di rimediare Rock, vedendola intristirsi. “Scusami.”

Non fa niente...”

Di cosa devi parlarmi?”

Già... di cosa? Continuava a pensare alle parole di Heavy e Metal e l'idea che potessero avere ragione stava prepotentemente prendedno il sopravvento su ogni altra sua convinzione. In fondo ne aveva affrontate tante di cose brutte nella sua vita... parlare a quell'uomo non le sembrava la più terribile.

Ho cambiato idea...” disse, senza guardarlo negli occhi.

Su cosa?”

Voglio incontrarlo!”

Lo sentì sospirare contrariato :”Eleanor... non credo che -”

Lo so!” lo interruppe subito “Non merita niente da me! Tantomeno il mio tempo …. ma voglio sapere perchè non si è mai fatto vivo. E si, sono anche curiosa di sapere che tipo di rapporto avesse con mia madre... anche se non è difficile da immaginare. Dubito che sentiremo mai la parola amore uscire dalle sue labbra!”

Rock alzò un sopracciglio, sorpreso :”Sentiremo?”

Si. Perchè tu verrai con me! Non voglio farlo da sola... verrai con me e m'impedirai di scappare via come ho fatto l'altra sera!”

Si... è una richiesta ragionevole!”

Bene! Però devi dire a Rap che non serve più che me lo tenga alla larga.”

D'accordo. Ma lo sai che questa storia non gli piacerà per niente, vero?”

Sulle labbra di Eleanor comparve una leggera smorfia :”E dov'è la novità? A lui non piace mai niente!”

Giusta osservazione!”

Ma tu sei... insomma, sei d'accordo con me?”

Eleanor, non posso certo impedirti di conoscere l'uomo che dichiara di essere tuo padre! Se vuoi fare un tentativo con lui, se vuoi dargli una possibilità, posso solo appoggiarti ed ammirarti perchè, ad essere sinceri, io al tuo posto non sarei così magnanimo!”

Quindi pensi che stia sbagliando?”

No, non lo penso affatto! Stai facendo una scelta coraggiosa. E il fatto che io no gli avrei mai dato una seconda possibilità mi rende più codardo di te!”

Eleanor ridacchiò divertita.

Quando vuoi vederlo?”

Il prima possibile. Almeno mi tolgo subito il pensiero.”

D'accordo. Andrò a cercarlo insieme a Rap e appena lo troveremo, lo porteremo da te!”

Digli a Rap di andarci piano...”

***

Quando quella sera i ragazzi si riunirono per cenare, Eleanor si accorse subito dell'umore pessimo di Rap.
Quando era arrabbiato emanava un'aura negativa impossibile da ignorare. Continuò a guardarla per tutta la sera, quasi non toccò cibo.
Gli altri sembrava non avessero notato nulla di strano, ma forse erano solo diventati bravi a fingere. Heavy e Metal scherzavano e parlavano animatamente con Rock, senza preoccuparsi di Rap e del suo stato d'animo. Eleanor sopportava in silenzio le occhiatacce del ragazzo, anche se la situazione stava cominiciando a farsi pesante.

Lo sentì sbuffare, alzò gli occhi su di lui e lo vide accendersi distrattamente una sigaretta.

Sei proprio un'idiota, Eleanor!” sbottò.

Rap!” intervenne subito Rock “Non sono affari che ti riguardano! E' una scelta che spetta a lei. E' la sua vita, non la tua!”

Beh, posso comunque esprimere la mia opinione, no? Non mi pare che qui dentro viga la dittatura!”

I due ragazzi cominciarono a discutere. Eleanor non disse nulla. Tenne lo sguardo basso, dispiaciuta. Per qualche strana ragione, voleva che anche Rap la sostenesse. Saperlo contrario non la rendeva per niente felice.

Non mi fido di quello lì!” esclamò Rap, “E' strano! Non mi sembra per nulla un tipo raccomandabile!”

Beh...” fece Eleanor, improvvisamente rianimata “Nemmeno voi tre lo siete, tu in particolar modo! Eppure eccomi qui, sana e salva!”

Heavy scoppiò a ridere: “Uuuh, la gattina sa tirare fuori le unghie!”

Rap le lanciò l'ennesimo sguardo truce, ma questa volta lei lo sorresse.

Sono contenta che ti preoccupi per me, Rap. Davvero, ne sono quasi lusingata. Ma non ne ho bisogno. E comunque non sarò sola! Ci sarà Rock con me!”

Bene!” fece lui. “Allora vengo anch'io!”

Non ce n'è alcun bisogno.”

Rap spense la sigaretta e si alzò in piedi, osservandola con la sua tipica straffottenza :”Guarda che non ti ho chiesto il permesso!”

***

Eccomi qui! Ok, chiedo scusa. CI ho messo più tempo del previsto ^^ ... eheheh.

E scusate per i nomi di Heavy e Metal. SInceramente, sono i primi due che mi sono passati per la testa. Volevo avessero la stessa iniziale perciò... quelli ho trovato! 

Mana_chan :Rap versione monaco buddhista/tibetano è esilarante! Ce lo vedo mentre medita sotto una cascata, vestito da bonzo ! ahahahha oddio, che visione grottesca!!! XD Per quanto riguarda Haylie, se ne parlerà nel prossimo capitolo ^^. Spero che i nomi dei due fratellini non siano troppo banali ._. ...così come la loro storia. Avevo esaurito le idee...

fu80: Fai bene a fare domande! SOno io che sono cattiva e non dò mai risposte esaustive. Nel prox capitolo saprai perchè il papà di eleanor non si è mai fatto vedere! ^_^

aurelia94: Sai? credo proprio che i capitoli mancanti saranno 4... sono un po' lunatica XD E ti rivelo un segreto. Mi chiedi se ci sarà un sequel???? ...mmmm non esattamente! FOrse (e ho detto forse! FArò un sondaggio all'ultimo capitolo) ci sarà un prequel! Mi divertirei tanto a farlo. Tutto dipende da voi, se siete disposte a sopportarmi! ^_^

Piccola Ketty : si si si sis si si! Il papino tanto caro che non l'ha mai cagata!! X°°°D Tenero, no!?!??!  

Black S O U L ___ : COme ho detto ad Aurelia, i  capitoli probabilmente saranno 4 ^^. DEvo far succedere ancora un po' di cosine! Tu non scappare eh!?!? XD REesisti che la fine è vicina .... O.O oddio, detta così è abbastanza macabra! :D

MakyMay : Ma certo che scriverò altro carissima!! Ho tante di quelle cose in testa! Un'altra tragedia romantica, un ff sui vampiri, due fantasy ... insomma, di me non vi libererete ù_ù no no no!

Ok, ragazze, ora vi lascio! Alla prossima

Ayleen

PS

La canzone cantata da ELeanor è "Run" di Leona Lewis.

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Capitolo 32
*** Numeri ***



CAPITOLO TRENTADUE

Numeri


Ad ogni minuto che passava, Eleanor si pentiva sempre di più della sua decisione.
L'agitazione la stava divorando, la rabbia la perseguitava, i nervi erano a fior di pelle e non poteva fare a meno di rispondere in malomodo a chiunque le rivolgesse la parola.

Sto facendo una cazzata!” disse per l'ennesima volta, seduta al tavolo dove William l'aveva aspettata per tante sere.

Si, la stai facendo eccome!” fece Rap, freddamente.

No, invece! Andrà tutto bene.” intervenne Rock.

La ragazza sbuffò scocciata: “Siete utili quanto un ombrello in pieno deserto!”

Punti di vista, dolcezza.” osservò Rap, con aria saccente “L'ombrello nel deserto può sempre servire per ripararti dal sole.”

Non sapendo cosa rispondergli, Rock ed Eleanor si limitarono a lanciargli un'occhiata raggelante.

Umorismo bandito, a quanto vedo! Fantastico.”

Rap, per favore!” lo implorò Eleanor “Ti prego, ti scongiuro, non farmi pentire di averti permesso di venire!”

Sarò un angioletto, promesso! E sarò muto come una tomba per tutto il tempo, a meno che non venga interpellato. Erano queste le condizioni, dico bene?”

Eleanor annuì soltanto, abbandonando il sapo sul tavolo, esausta.

Sto facendo una cazzata...” ripetè.

A Rock sfuggì un sorrisino divertito, la prese per le spalle e la rimise seduta composta. “Stai tranquilla, questo incontro non ha nessun obbligo futuro. Nessuno ti costringerà a continuare a vederlo se non lo vorrai. Si tratta solo di sentire qual è la sua scusa per tutti questi anni di assenza. Nient'altro.”

No no. Ha ragione lei! E' una gran cazzata. Una di quelle dalle quali non si torna indietro!” esclamò Rap, facendo ripiombare Eleanor sul tavolino, con un lamento.

Rock guardò Rap irritato: “Grazie amico, sei davvero di grande aiuto!”

Lo so, me lo dicono spesso!”

Eleanor alzò la testa solo quando udì dei passi frettolosi fermarsi di fianco al tavolo.

E' arrivato!” fece Nicole, visibilmente agitata “Non vi disturberà nessuno. Potete stare tutto il tempo che volete!”

Grazie, Nicole...” mormorò Eleanor.

Non passò una manciata di secondi prima che William facesse la sua comparsa. In assoluto silenzio, si sedette dall'altra parte del tavolo, senza tuttavia riservare un'occhiata contrariata a Rock e Rap.
Nel momento in cui i suoi occhi si posarono su Eleanor, lei istintivamente afferrò le mani dei due ragazzi. Rock non se ne stupì più di tanto, ma Rap la osservò confuso. Eleanor però, non gli prestò attenzione. Era troppo impegnata a studiare l'uomo che aveva di fronte.
William sospirò, apparentemente infastidito dai due ragazzi.

Speravo di poterti parlare da sola.” esordì, incrociando le mani sul tavolo.

Non credo proprio!” s'infervorò subito Rap, guadagnadosi un calcio da parte di Eleanor.

Rock si limitò a rivolgergli un'occhiata ammonitrice. Il ragazzo a quel punto, solo contro tutti, si arrese abbassando lo sguardo e cercando di mantenere la calma. Una calma che nonostante tutto, lo invase e lo riscaldò nel momento in cui la mano di Eleanor strinse più forte la sua, difficile dire se per placarlo o perchè troppo agitata.
Rap sentiva di odiare quell'uomo che gli sedeva di fronte. Lo detestava per il modo in cui guardava Eleanor. La studiava come un predatore, pareva pronto a fare un balzo e portarla via.
Se solo gliene fosse stata data la possibilità gli avrebbe strappato gli occhi.... E forse avrebbe anche dovuto cominciare a dedicarsi alla lettura di romanzi rosa e alla visione di commedie romantiche. Fare certi pensieri non era normale! Se fosse mai finito nelle grinfie di qualche strizzacervelli, avrebbe sicuramente trascorso il resto dei suoi giorni in una casa di cura.

Mi spiace, ma loro due restano!” fece Eleanor, trovando il coraggio di sostenere lo sguardo di Will.

L'uomo sospirò con rassegnazione: “D'accordo. Non pensavo ci sarebbe stato bisogno dei testimoni, ma se queste sono le tue condizioni, le accetterò.”

Rock fece per aprire bocca, ma bastò uno sguardo sufficientemente eloquente di Eleanor per farlo tacere.

Piccola strega! Pensò Rap, con un sorriso appena accennato.

Sto aspettando!” stranamente, Eleanor sembrava aver vinto le proprie paure. Appariva risoluta come poche volte era stata.

Ti suonerebbe strano se ti dicessi che non so da dove cominciare?”

Ti suonerebbe strano se ti dicessi che non mi va di perdere tempo e posso andarmene in qualsiasi momento?”

A quel punto, anche Will si concesse un sorriso divertito.

Mi sembra di sentire tua madre...”

A quelle parole, la durezza sul volto di Eleanor scomparve. Nel prendere coscienza che, con molta probabilità, quell'uomo conosceva sua madre meglio di lei, qualcosa di molto simile alla gelosia la soggiogò.
Ciò nonostante, non era la rabbia a farla da padrone, bensì un'infinita ed inaspettata malinconia. Sentì la mano di Rock accentuare la presa e riusciva a percepire fin troppo distintamente gli occhi di Rap addosso. Qualunque fosse la sua espressione in quel momento li stava facendo preoccupare. Forse non era stata una buona idea trascinarli con lei. Sarebbe stato molto meglio che fosse andata da sola. In fondo, loro due non c'entravano nulla in quella faccenda. Perchè coinvolgerli?

Come... come l'hai conosciuta?” chiese, con titubanza.

Si morse subito la lingua non appena realizzò cosa avesse detto. Era una domanda stupida! In che razza di modo avrebbero potuto conoscersi quei due? Dato il passato di sua madre, non c'era una scelta molto ampia di possibilità.
Will la fissò quasi ironico, sempre con quel suo consueto sorrisino compiaciuto sul volto. Solo a quel punto, Eleanor ricordò il perchè della presenza di Rock e Rap. Dovevano impedirle di scappare via. E in quel momento, la voglia di andarsene e mandare tutto al diavolo era davvero forte...

Lo so cosa stai pensando!” fece Will “Ma ti assicuro che la notte in cui l'ho incontrata non ero assolutamente alla ricerca di emozioni simili. Anzi, in quel periodo le donne le evitavo. Non potevo nemmeno vederle da quanto le detestavo.”

Eleanor non disse nulla. In qualche modo, in quel preciso istante, dopo aver pronunciato quell'ultima frase, Will le ricordò in maniera impressionante Rap.
Anche lui, i primi tempi in cui si erano conosciuti, le aveva confessato di odiare le donne. Marika l'aveva ferito, l'aveva lasciato solo e con il cuore a pezzi. Faticava a distinguere il comportamento di Marika da quello delle altre ragazze. Per lui erano tutte uguali.
Cominciò a chiedersi cosa stesse provando in quel momento. Se si rispecchiava nei sentimenti di quell'uomo almeno un po'. Gli strinse forte la mano in una muta domanda e lui rispose quasi subito con un'altra stretta.

Sto bene! Interpretò Eleanor.

Strano come fosse straordinariamente semplice andare d'accordo con Rap quando nessuno parlava.

Ero sposato una volta.” riprese Will, del tutto ignaro della silenziosa conversazione avvenuta tra i due. “Avevo una moglie splendida, un lavoro che amavo e un conto in banca che avrebbe potuto far vivere di sola rendita anche i miei nipoti, se mai ne avessi avuti. Insomma, una vita perfetta! Poi, un bel giorno, gli affari nella mia azienda cominciarono ad andare male e mia moglie, alla prima avvisaglia di difficoltà economiche, capì che non ero l'uomo giusto per lei e cominciò le pratiche per il divorzio. Realizzai solo a quel punto che non era me che aveva sposato, ma la mia fortuna. Mi ditrusse; letteralmente! In tutti i modi in cui può essere distrutto un uomo. Mi portò via la casa, mi prosciugò fino all'ultimo centesimo e scappò via assieme al mio socio d'affari. Mi lasciò solo la mia auto, sulla quale aveva sempre avuto da ridire. Diceva che era un vecchio rottame. A lei piacevano le auto sportive, non quelle datate come la mia, così fece l'atto caritatevole di lasciarmela. Forse avrei dovuto ringraziarla...”

Ringraziarla?” esclamò Eleanor, infervorata. Tre paia di occhi la fissarono sorpresi, ma lei non ci fece caso. “Che razza di persona si comporta così? Non hai sposato una donna! Hai sposato... una serpe!”

Era davvero arrabbiata. Cosa che la stupì. Nonostante provasse antipatia per Will, le dispiaceva davvero che gli fosse stato riservato un simile trattamento dalla donna che amava. Nessuno meritava una cosa del genere.

Sei sempre troppo buona nel definire le persone, Eleanor.” Osservò Rap.

SI, decisamente. “fece eco Rock “Dire serpe è quasi un complimento!”

Will si lasciò andare ad una risata amara :” Non potrei essere più d'accordo!”

Per la prima volta da quando l'aveva incontrato, Eleanor provò un'inaspettata compassione per lui. Vedeva nei suoi occhi quanto quella faccenda l'avesse ferito e deluso. E di nuovo, scorse la somiglianza con Rap...

Comunque sia...” continuò a raccontare Will “... la notte che mi ritrovai privato di tutto ciò per cui avevo speso la mia vita, mi misi alla guida della mia auto e viaggiai per ore senza meta. Solo quando il serbatoio si svuotò mi fermai, e mi ritrovai proprio qui, in questa città dimenticata da Dio! Non so bene cosa mi passasse per la testa in quei momenti, so solo che con i miei ultimi soldi svuotai un bar. Penso che ad un certo punto il proprietario mi abbia sbattuto letteralmente fuori, dato che senza nemmeno rendermene conto mi sono ritrovato con la faccia sull'asfalto.”

Non le sembrava proprio il tipo di persona che affoga i problemi nell'alcool. Appariva troppo distinto per far sorgere simili dubbi. Evidentemente quella strega della sua ex-moglie doveva aver tirato fuori la sua parte oscura.A conti fatti, Rap non aveva tutti i torti a temere così tanto il genere femminile.
Will si schiarì la voce, quasi imbarazzato per quella confessione, e riprese a parlare.

Fatto stà, che ad un certo punto, mentre camminavo senza sapere dove stavo andando, sentii una voce e qualcuno afferrarmi un braccio. Nonostante i miei occhi vedessero parecchio offuscato quella notte, il viso di tua madre mi apparve straordinariamente nitido. Sapeva farsi notare... anche senza fare nulla.”

Lo so! Pensò Eleanor … era la sua maledizione!

Una cosa ereditaria, a quanto vedo.” aggiunse Will, osservandola attentamente.

Eleanor s'irrigidì istintivamente, imitata subito da Rock e Rap che indirizzarono all'uomo un'occhiata nient'affatto amichevole.

Will alzò le mani in segno di resa, sorridendo sornione:”Calma ragazzi, calma! Era solo un modo per dire che Eleanor somiglia molto a sua madre. Non volevo insinuare nulla!”

Rap si voltò di scatto verso Eleanor. Sembrava sul punto di esplodere. 

“Andiamo via?” chiese, anche se suonava più come un ordine piuttosto che un invito.

La ragazza lo guardò esitante. Sarebbe bastato un sì, un cenno del capo, nient'altro che un'insignificante sillaba per scappare e dimenticarsi di quell'uomo. In fondo, aveva vissuto benissimo senza un padre per quasi ventanni … non avrebbe avuto nessun problema a continuare la sua vita senza Will.
Eppure, c'era qualcosa che glielo impediva. Il modo in cui Will parlava di sua madre, la scintilla che gli aveva acceso lo sguardo mentre la ricordava.
Forse si sbagliava. Forse era una sciocca a pensarlo, ma Eleanor era certa che Will doveva averla davvero amata. E chissà?... magari nemmeno la morte era riuscita a cancellare quel sentimento.
L'amore è qualcosa d'indelebile. Per quanto ci si sforza a cancellarlo, ad eliminare ogni segno del suo passaggio, di lui rimane sempre e comunque una traccia. E per quanto piccola e insignificante possa essere, fa soffrire. Era stato Rap ad insegnarglielo.
L'attenzione di Eleanor si focalizzò di nuovo su Will.

Vai avanti.” lo esortò, cercando d'ignorare Rap che stava facendo di tutto per mettere in mostra il suo disappunto.

Ti sembrerà strano...” continuò Will “... ma lei mi prese con sé come fossi stato un cagnolino smarrito. Non avevo capito perchè una bella ragazza come lei si trovasse in strada a quell'ora di notte, probabilmente fu a causa di tutto quell'alcool. Tentò di farmi qualche domanda. Dove abitassi, se volevo telefonare a qualcuno, ma non ero proprio in grado di rispondere. Così fece la cosa meno raccomandabile di tutte: … mi portò a casa sua.”

Quel racconto, scatenò in Eleanor una fastidiosa sensazione di dejà-vù. Non dovette starci a pensare troppo. Vide distintamente gli occhi di Rock spostarsi su Rap per il volgere di un istante.
Forse senza nemmeno rendersene conto, Rap stava praticamente stritolando la mano di Eleanor. Lei comunque non si lamentò. L'espressione vacua e triste del ragazzo, rischiava di mandarla in paranoia.
Nel racconto di Will c'erano così tante similitudini con lui e Marika...
Rap stava rivivendo tutto, ricordando tutta la sofferenza e il dolore causati dalla perdita di Marika. Sentì un'improvviso e devastante senso di protezione nei suoi confronti, ma Rap non aveva bisogno del suo aiuto. Lui era perfettamente in grado di difendersi da solo.
Il gracchiare della sua sedia sul pavimento la riscosse. Si era alzato in piedi e le aveva lasciato la mano.

Scusatemi...” mormorò, senza guardare nessuno, un secondo prima di andarsene.

Rock ed Eleanor non lo fermarono. Lo seguirono con lo sguardo fino a che non uscì dal locale. Videro una confusa Amber corrergli dietro, ma entrambi sapevano che entro breve sarebbe rientrata sconfitta. Nessuno era capace di far ragionare Rap quando il suo unico desiderio era stare da solo. E in quel momento lui non voleva nessuno intorno!

Ho detto qualcosa che l'ha offeso?” domandò Will, interdetto dalla reazione di Rap.

Gli occhi di Rock ed Eleanor s'incontrarono per un istante. Uno sguardo denso di parole e pensieri inespressi.

No...” fece Rock “... Lei non ha detto niente, non si preoccupi.”

Eleanor portò la mano che Rap aveva tenuto, stretta in grembo ricercando il calore che il ragazzo le aveva trasmesso fino a quel momento. Non averlo più al suo fianco, la fece sentire improvvisamente scoperta e vulnerabile.
Quasi avesse percepito i suoi pensieri, Rock le cinse la vita e la avvicinò impercettibilmente a sé. Subito, Eleanor si rilassò, ricordandosi di non essere sola e sentendosi una vera stupida ad averlo anche solo pensato.

Ho vissuto con tua madre per un paio di mesi...” riprese Will, come se non fosse successo nulla “... E' stato così facile innamorarsi di lei, così automatico. Ed era così dura lasciarla uscire di notte, senza poter fare nulla per fermarla. Mi sentivo così in colpa nei suoi confronti. Se non avessi speso i miei ultimi soldi in quel maledetto bar avrei potuto impedirglielo. Avremmo potuto vivere con quelli per un po'... Non dimenticherò mai quel periodo. “

Eleanor ebbe l'impressione di vedere delle lacrime affacciarsi dai suoi occhi, ma probabilmente fu solo una sensazione, dato che nessuna di esse si mostrò.

Perchè te ne sei andato via?” sbottò d'istinto, con fare accusatorio. “Se l'amavi così tanto, perchè non sei rimasta con lei? Perchè l'hai lasciata sola?”

Perchè ci hai lasciate? ...

Will non sembrò affatto messo in difficoltà : “E' vero, me ne andai. Ma avevo intenzione di ritornare. Dovevo prima di tutto riprendermi ciò che era mio, almeno una parte; sottrarlo alla mia ex-moglie. Era determinato a riavere indietro la mia vita. Ero pronto a tutto, ad andare per vie legali se necessario, anche se non avevo idea di come pagare gli avvocati, ma non m'importava. Forse non sarei tornato ricco come un tempo; volevo solo tornare da lei e toglierla dalla strada, darle la vita che meritava... “

E perchè non l'hai fatto?”

Will continuò come se non l'avesse nemmeno sentita : “Riottenni solo una piccola parte del mio patrimonio, abbastanza per riaprire la mia azienda comunque. Sapevo che sarebbe stata dura, ma non ero per nulla spaventato. Poi un giorno, quando ero ancora troppo lontano dai miei obiettivi per tornare da tua madre, mi arrivò una sua lettera, con allegata la foto di un neonato...”

Eleanor trattenne il respiro e strinse forte la mano di Rock.

... Inizialmente non capii. Poi sulla lettera trovai le seguenti parole 'Questa è nostra figlia. Si chiama Eleanor. Non ho avuto il cuore né il coraggio di gettarla via. Forse è uno sbaglio, ma sento che non me ne pentirò mai.'...”

Will era totalmente assorto. Ripeteva le frasi di quella lettera a memoria, con un coinvolgimento tale da farla sembrare quasi una preghiera. Quanto tempo aveva trascorso a leggerla e rileggerla... ?

'Non voglio nulla da te, non pretendo niente. Non ti chiederò mai soldi, non sono quel tipo di donna. Non ero nemmeno certa di dirtelo, ma siccome so che hai l'intenzione di tornare qui prima o poi, volevo sapessi che se tornerai saremo in due ad aspettarti. Se non lo farai, non sarò certo io ad implorarti. Sono in grado di crescere questa bambina da sola. Non dico che sarà semplice, ma l'avevo messo in conto il giorno che ho deciso di portare a termine la gravidanza. So che ora tu non hai le possibilità di prenderti cura di noi, sia quel che sia noi ti aspetteremo e se un giorno non dovessi più ricevere nostre notizie, significherà che non abbiamo più bisogno di te... E se le cose andranno così, ti prometto che quando Eleanor sarà grande abbastanza per capire, le parlerò di te, di come sei piombato nella mia vita senza alcun preavviso e del vuoto che hai lasciato nel mio cuore il giorno che te ne sei andato... le spiegherò che non deve incolparti, ma che al contrario deve ringraziarti per avere contribuito a donarle la vita e per aver concesso a sua madre un po' di luce nel periodo più buio della sua esistenza... '

Ogni singola parola si piantò nel cervello di Eleanor con una prepotenza inaudita. 
Le venne una gran voglia di piangere, di urlare... ma non solo. Non fu questo a sconvolgerla. Percepì un pesante velo di tristezza avvolgerla e stringerla fino a mozzarle il respiro. E poi inaspettatamente arrivò quel desiderio... quel disperato bisogno di abbracciare forte sua madre. Risentire la sua voce, le sue braccia consolarla, il suo profumo.... implorare il suo perdono. Mai come allora si era sentita così vicina a lei. Mai come in quel momento si era accorta di quanto si somigliassero. Mai, non aveva mai tentato di comprenderla. E ora, quell'uomo, quell'estraneo, quella persona che affermava di essere suo padre, le aveva aperto gli occhi.
Sua madre era un'anima smarrita, proprio come lei. Poi era arrivato un angelo custode a salvarla.
Può un destino essere ereditato? … La risposta era sì. Certo che può. Ma può anche essere cambiato. Sua madre aveva ceduto ad un certo punto e si era arresa, ma Eleanor non l'avrebbe mai fatto. Le cose sarebbero state diverse per lei!

Lei voleva parlarmi di lui... Non aveva intenzione di mentirmi. Non l'ha mai fatto! Non c'è stato il tempo... non ha fatto in tempo a parlarmene. Non ero grande abbastanza!

Il cuore stava battendo così forte da farle pulsare persino le orecchie. Si odiava. Come poteva averla trattata a quel modo? Averla odiata così tanto, per tutti quegli anni? Non aveva nemmeno mai posato un fiore sulla sua tomba...

Eleanor!”

Qualcuno la stava chiamando. Il suo nome ripetuto le riempiva la testa, ma il senso di colpa l'aveva intrappolata, la stava inghiottendo e lentamente distruggendo.
Fu un'altra voce ad afferrarla e trascinarla in salvo. Quella inconfondibile di Rock :

Eleanor... “ 

Quella dolcezza, mista a preoccupazione la riportarono al presente. I mille e più pensieri che le avevano offuscato la mente, si stavano pian piano dissipando, ma la realtà era ancora lì. Spietata e implacabile.
Will la fissava comprensivo. Sui suoi occhi un velo di disperazione e vergogna disarmanti.

Io non ...” provò a dire, con la voce rotta “... Non avevo idea che fosse morta!” ammise, a fatica. “Non sapevo che ti avessero portato in un istituto. Nel momento in cui non ho più ricevuto vostre notizie, ho pensato che lei avesse incontrato un altro uomo, che si fosse sposata magari e che tu fossi circondata dall'affetto di una famiglia... Ero felice per voi! Sapevo che era la cosa migliore e non volevo intromettermi. Non potevo immaginare che...”

Io non ce l'ho con te!” lo fermò Eleanor,stupendo anche sè stessa “Mamma è sempre stata un po' strana. Avrebbe dovuto seguirti il giorno che te ne sei andato, ma odiava il fatto di dover dipendere da qualcuno. Era così testarda e fastidiosamente orgogliosa... tu non hai fatto nulla di sbagliato. Non è colpa tua se è diventata pazza e si è ammazzata. Se il suo cervello non avesse dato di matto probabilmente sarebbe ancora lì ad aspettarti... “

Non capiva perchè lo stesse facendo. Si era ripromessa di odiarlo a vita, e invece adesso lo stava addirittura difendendo. Forse, non voleva fare lo stesso errore di sua madre... dare retta al proprio orgoglio.

Perchè hai deciso di tornare adesso?” chiese poi.

Dovevo parlare di una cosa importante con tua madre. Nel mio piano originale non rientravano incontri con te. T'immaginavo mentre chiamavi papà un altro uomo e non volevo piombare di colpo nella tua vita stravolgendola … Ma la casa dove lei viveva era vuota, ho chiesto ai vicini se sapessero dove vi eravate trasferite e una di loro mi ha spiegato cosa fosse successo. E' stato orribile! Mi è caduto il mondo addosso, non sapevo che fare...”

Come mi hai trovato?”

Beh, la prima cosa che ho fatto è stata andare all'istituto. Ho dovuto faticare non poco per ottenere informazioni al tuo riguardo, ma alla fine la direttrice mi disse che eri uscita da circa 4 anni. Quando ho realizzato che nessuno ti aveva adottato mi sono sentito ancora più in colpa. Ti ho cercato ovunque, senza risultati. Stavo iniziando a perdere le speranze, finchè una notte ti ho vista... eri appostata all'ingresso della metropolitana...” Sul viso di Will si delineò un sorriso “..ti dondolavi sui piedi come se ti stessi annoiando a morte. Credo stessi aspettando qualcuno.”

Anche Eleanor non potè fare a meno di sorridere. Ricordava fin troppo bene quella sera.

No... disse nella sua testa Non aspettavo nessuno. Stavo dando la caccia a Rock...

Automaticamente alzò gli occhi sul ragazzo che ricambiò il sorriso, del tutto cosciente di ciò a cui lei stava pensando.

Il mio istinto mi diceva che eri tu!” continuò Will. “Ma quando mi sono reso conto che quella era la stessa zona dove bazzicava tua madre, ho capito che voi due eravate identiche anche su quel fronte. Mi ero deciso di affrontarti. Di venire a cercarti, magari mi sarei finto un cliente e poi ti avrei spiegato chi fossi e ti avrei portato via da lì... ma tu sei sparita! Non sei più tornata su quella strada. Ciò nonostante, non mi sono arreso. Ho continuato a cercarti come un ossesso, finchè un giorno non ti ho vista servire i tavoli in questo locale.... Ho avuto la conferma che eri davvero tu, quando una delle ragazze che lavorano qui ti ha chiamato per nome. Da allora ho sempre provato ad avvicinarti, ma tu sei sparita di nuovo... riesci ad essere davvero sfuggevole quando t'impegni.”

Concordo!” esclamò Rock, sogghignando.

Hai detto che sei tornato perchè dovevi parlare di una cosa importante a mia madre, giusto? “ chiese Eleanor.

Si, esatto.”

Posso sapere di cosa si tratta?”

Will parve esitare e mettersi sulla difensiva. Tuttavia parlò :” Si certo... “

Prese il portafoglio e cominciò a cercare qualcosa :”In verità, non volevo dire proprio nulla a tua madre... Volevo solo darle questo!” Tirò fuori un foglietto spiegazzato. Stava per darlo alla ragazza, ma un attimo prima di permetterle di afferrarlo, tirò indietro la mano. “Devi promettermi che lo guarderai una volta che sarai a casa.”

Lei lo guardò perplessa :”Per quale motivo?”

Se hai ereditato almeno una piccola parte del carattere di tua madre, è probabile che ti arrabbierai. E non mi va di saperti arrabbiata con me... come se non lo fossi già abbastanza.”

Le diede il biglietto e, dopo qualche attimo d'incertezza, Eleanor lo infilò nella sua borsa. “D'accordo. Cercherò di non arrabbiarmi più di tanto, allora.”

Will le sorrise grato :”Sono contento di averti parlato. Dubito che sarà l'inizio di qualcosa, ma mi piace pensarlo.”

Ho solo bisogno di un po' di tempo per … smaltire questa novità. “

Nessun problema. Come hai potuto vedere, sono piuttosto bravo ad aspettare.”

Eleanor le sorrise. “Grazie...”

***


Sdraiata sul suo letto, circondata da Rock, Rap, Heavy e Metal, Eleanor teneva le mani in grembo. Tra le dita stringeva il foglietto che Will le aveva dato. Non l'aveva ancora guardato. Non ne aveva il coraggio. Aveva provato ad immaginare cosa potesse esserci scritto, ma la sua poca fantasia non era bastata.

Dobbiamo ancora aspettare molto?” incalzò Rap.

Non metterle fretta! E' una cosa sua. Noi non dovremmo nemmeno essere qui!” replicò Heavy.

Metal sospirò scocciato:“Il mio fratellino idiota ha ragione!”

Ragazzi, dateci un taglio o vi caccio fuori a calci!” li zittì Rock.

Eleanor sorrise, divertita. La loro presenza era essenziale per allegerire la tensione.

Oh andiamo!” insistette Rap “E' un pezzo di carta. Cosa mai potrà esserci scritto? Il codice d'attivazione di qualche bomba atomica diretta qui?”

Heavy scoppiò a ridere. “Io non ci scherzerei. Si tratta pur sempre di Eleanor.”

Lei lo guardò male :”Stai forse insinuando che io sia un'attira disgrazie?”

Come posso mentirti se mi guardi con quegli occhi?... Si, lo sei. Indubbiamente!”

Eleanor cercò di raggiungerlo con un calcio, ma lui lo evitò ridendo.

Avanti, Eleanor!” fece Metal “Leviamoci questo pensiero!”

La ragazza sospirò poco convinta. Cercò lo sguardo di Rock che le sorrise :”Ha ragione! Via il dente, via il dolore! Non può essere una cosa tanto brutta.”

Eleanor si rigirò il foglietto tra le mani, davanti al viso, indecisa.

D'accordo!” esclamò mettendosi seduta “Lo leggo!”

Le furono tutti addosso in un attimo. In quei mesi passati insieme, doveva in qualche modo avergli trasmesso una parte della sua innata curiosità. Non avrebbe mai pensato di vederli così ansiosi per una sciocchezza simile.
Con un ultimo sospiro, aprì il biglietto e quello che trovò scritto la lasciò perplessa.

Ma cosa...?”

C'era il suo nome, seguito da un cognome che non conosceva, probabilmente quello di Will; un indirizzo e una serie di numeri senza un apparente ordine logico.
I visi dei cinque ragazzi erano vicinissimi l'uno all'altro, sopra quel foglio. Ognuno intento a cercare di capire cosa fossero quei numeri.

La conosco quella via!” fece Heavy indicando l'indirizzo “Ma non è una zona residenziale. Ci sono solo uffici.”

Rock allungò la mano e prese li foglio: “Si, la conosco anch'io.”

Ma cosa significa?” domandò Eleanor, confusa.

Rap si avvicinò a Rock :” Non ci sono solo uffici lì...” disse “C'è anche una banca.”

Continuo a non capire...”

Metal parve colto da un'improvvisa illuminazione :”State dicendo che...”

Temo proprio di sì!” sbottò Rap.

Cosa? Di cosa accidenti state parlando?”

Rock alzò gli occhi su di lei e la fissò seriamente : “Eleanor, credo che questo sia un numero di conto corrente. A tuo nome!”

Tutto prese a vacillare intorno a lei e la sua voce si tramunò in un sussurro: " ...No... non è possibile."

***

Buonasera!

Vergognoso ritardo lo so. QUesto capitolo mi ha dato un bel po' di problemi. Non so nemmeno spiegarmi il perchè. Ne ho scritti di più complicati in fondo. FOrse è l'ansia di dover far combaciare tutti i vari pezzi della storia alla perfezione. E' una cosa tutt'altro che semplice, ve l'assicuro.^^ 

Spero sia piaciuto! =) 

Passo a ringraziare:

Mana_chan: Mi spiace di averti fatto attendere anche questa volta così a lungo :( sono irrecuperabile. Spero che il capitolo mi faccia guadagnare il tuo perdono comunque =)

MakyMay: I gemelli di Host Club??? Vuoi che non ce li abbia presenti??? Io sono un'otaku DOC ù_ù ... xD Comunque si, probabilmente farò un prequel, mi piacerebbe soffermarmi sulla storia di Marika e sul suo rapporto con Rock e Rap. Però non so... vedremo! Per quanto riguarda la storiella sui vampiri... ci sto lavorando, ma qualche personaggio è già bello che pronto. Per la trama sono in alto mare invece ^^'

Piccola Ketty: Carissima compaesana, sono sempre in ritardo che figureeeeeeeee!!! .__. però tu non abbandonarmi eh!? 

Lady Emily Uchiha: Oooooh che bello, nuova lettrice!! Mi spiace ma ti sarai resa conto che i miei aggiornamenti sono saltuari purtroppo =( ... anche tu innamorata di Rap ahahahahah! Non pensavo avrebbe avuto sto successo quando l'ho creato ^_^ !! Grazie mille per i complimenti. Mi fai commuovere T_T .... e sappi che le recensioni chilometriche mi esaltano quindi non trattenerti :D !!! 

Black S O U L___ : Ci conto che non scappi eh?! :) Ti assicuro che i motivi di questo ritardo ci sono...ehm ehm... si più o meno ^^ ' ...PERDONAMIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!! ç.ç

Ok, ragazze. Spero di non dovervi far aspettare così tanto la prossima volta. Siamo a meno 3 dalla fine! Poi vi libererete di me finalmente! ù__ù

Grazie mille a chi commenta, a chi mi aggiunge ai preferiti, alle seguita, alle "ricordate"  e anche a chi legge e basta!! 

A presto ( speriamo!) ^^

Ayleen

PS

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Capitolo 33
*** Il Papà Numero due e la Signora Carina ***


solo un paio d'ali - capitolo 33 - il papà numero due e la signora carina Scusate scusate scusate scusate scusate scusate, non smetterò di ripeterlo! Scusate scusate scusate! Sono un disastro totale!!!! :( prima c'erano le verifiche e non ho aggiornato, poi c'è stata una piccola crisi d'ispirazione e infine, quando finalmente avevo ripreso il ritmo, quegli str***i (scusate il francesismo) di adm hanno chiuso il mio amato canale di youtube, sul quale avevo ben 600 iscritti , una trentina di video, due dei quali erano nella top 10 dei più visti e i più votati di sempre =( .... tutto perduto adesso!! Ho dovuto ricominciare da capo ma ci vorranno anni prima che torni come prima, dato che il vecchio canale lo avevo aperto quando avevo circa 15 anni, quindi 7 anni fa! è__é Mi hanno demoralizzato in una maniera pazzesca! Prendetemi per pazza ma avevo voglia di piangere!!!  T.T uff....
E vabbè, ci sono tragedie peggiori.... tipo quelle della nostra Eleanor, no?? xD Se vi ricordate di lei!
Ci vediamo alla fine dove dovrò sottoporvi un piccolo sondaggino! ^.^
ps
Non fate caso al titolo scemo del capitolo! xD




CAPITOLO TRENTATRE

Il Papà numero due e la Signora carina



Lui saprebbe cosa fare.” quasi non si accorse di aver pronunciato quelle parole a voce alta. Solo il sospiro amareggiato che le solleticò un orecchio gliene fece prendere coscienza.

Mi spiace di non essere lui.”

Non c'era rancore ad inclinare la voce di Rock, solo un profondo rammarico.

Eleanor voltò il viso per guardarlo: “Non intendevo questo.”

Le sue labbra s'inclinarono in un mezzo sorriso : “Si invece.”

Nessuno sarà mai come Evan. Così come nessuno può e potrà mai essere come te, ok?”

Il sorriso si allargò in un tentativo di alleggerire la tensione : “Hai ragione! Non esiste al mondo peggior consigliere di me!”

Eleanor allungò una mano fino al suo viso : “Non dire scemenze! Sono io quella che non è capace di seguire i consigli e crea casini a non finire!”

Un accenno di risata e poi un pesante silenzio tornò a circondarli.

Quindi che farai?” domandò Rock

Non lo so.” ammise lei, stremata. “Non lo so proprio! Come posso accettare quei soldi? Dio, è come se mi stesse comprando, lo capisci? Come se fosse convinto che basti sistemarmi economicamente per avere il mio affetto! Come posso accettare una cosa simile? E' sbagliato!”

Rock si tirò su a sedere, le lenzuola scivolarono sul suo corpo come acqua : “Sai, per una volta dovresti fregartene di cosa è giusto o sbagliato.”

La sua fronte si corrugò: “Che intendi?”

Non lo conosci ancora bene. Non sai se è nella sua indole comportarsi così. Magari l'ha fatto perchè ci tiene davvero a te. Ma se anche non fosse così, se per caso l'avesse fatto solo ed unicamente per pulirsi la coscienza, dov'è il problema? Pensa a te stessa per una volta. Sii egoista e approffittane. Non capita tutti i giorni di ritrovarsi un conto in banca come regalo, no?”

Eleanor si mise a sedere e lo guardò confusa : “Quindi mi stai dicendo di accettarli? Fare una cosa del tipo Prendi i soldi e scappa ?”

Si!” fece lui, facendola sembrare la cosa più ovvia del mondo “Sei cresciuta da sola, hai una avuto una vita di merda, ti sei venduta per sopravvivere e nessuno ti ha mai aiutato. E' un tuo sacrosanto diritto fare la cosa sbagliata! Stiamo parlando di soldi, Eleanor. Pochi o tanti che siano, ne hai bisogno. Sai quante persone vorrebbero essere nella tua situazione? Non è il momento per crearsi inutili problemi da moralisti!”

La mente di Eleanor cominciò a lavorare veloce. Accettare quei soldi avrebbe voluto dire riappacificarsi automaticamente con Will, quindi dimenticare il passato. Non prenderli invece avrebbe portato, sì, al mantenimento della sua coscienza pulita, ma anche all'eterno rancore verso suo padre. Forse Rock aveva ragione. Cosa le importava che fosse giusto o sbagliato prendere quei soldi? Le avrebbero fatto comodo! Le avrebbero permesso di avvicinarsi sempre di più ad Haylie....
Come un fulmine, il pensiero della bambina le rischiarò la mentre da tutti i dubbi.

....Haylie.” Le sfuggì dalle labbra.

Rock sorrise trionfante : “Ed era proprio lì che volevo portarti a parare!”

Quei soldi ci servono!” esclamò Eleanor, senza alcun indugio.

Altrochè se ci servono!”

Eleanor scattò in piedi e cominciò a vestirsi : “Andiamo! Vediamo quanto ha deciso che vale il mio perdono il caro paparino!”

Rock scoppiò a ridere : “E tanti cari saluti alla tua coscienza immacolata!”

Già, e diamo uno speciale benvenuto al Signor Menefreghismo!”

Comunque sia, io non avrei tutta questa fretta di uscire.”

Lo so , è stupido. Ma non capisci? Siamo ad un passo dal prenderci Haylie! Non posso stare calma!”

Rock alzò gli occhi al cielo svagato, mentre la osservava infilarsi i vestiti alla velocità della luce :

Lo capisco. Però sai, dubito che le banche siano aperte alle sei e mezza della mattina.”

Eleanor s'immobilizzò e notò il ragazzo farle un cenno con il capo in direzione dell'orologio appeso alla parete.

Ma dai!” si lamentò, sbattendo per terra un piede come una bambina capricciosa “Questo è un complotto contro di me!”

Oh si, assolutamente!”

Potevi anche farmelo notare prima che mi vestissi di tutto punto!” sbottò acidamente, assumendo un'aria vagamente arrabbiata.

E perdermi tutto questo? Mai!”

Rock allungò un braccio fino ad afferrarle la mano e farla capitombolare sul letto.

Hey!” fece lei, ridacchiando. “Ma che fai?”

Cerca di rilassarti! La banca non scapperà. Così come non scapperà questo fantomatico conto corrente.”

Lo so. “ disse lei, imbronciandosi appena. “ E' solo che voglio fare tutto subito. Ho il terrore che se non mi sbrigo possa accadere qualcosa che faccia saltare tutti i nostri piani. In fondo, non sarebbe una novità per me!”

Pensa positivo per una volta!”

No. Pensare positivo porta male, dannatamente male!”

D'accordo. Allora chissà quale disgrazia ci accadrà mentre andremo a verificare quanto ricca sei diventata? “

Eleanor rise e decise di stare al gioco : “Un meteorite che cade sulla banca, può andare?”

Uhm, si …. e cosa ne dici di un pazzo a cui è stato rifiutato un prestito che entra armato di bomba e che si fa saltare per aria?”

Con noi dentro magari!”

Beh, questo era sottointeso naturalmente.”

E un attacco alieno ?”

Un po' troppo inverosimile, ti pare?”

Ah perchè? Il kamikaze invece non lo è?”

Non tanto, visti i tempi che corrono!”

La risatina di Eleanor decretò la fine di ogni futile chiacchiericcio. I due ragazzi rimasero in silenzio, ognuno immerso nei proprio pensieri.
Eleanor non era una che amava fare progetti. Le poche volte che l'aveva fatto, qualcosa le aveva sempre impedito di andare fino in fondo. Preferiva vivere alla giornata. Eppure, in quel momento, non riusciva proprio ad evitare di fantasticare sulla piccola Haylie. Immaginò come sarebbe stato vivere con lei, giocarci insieme, farla ridere, vederla fare i capricci, abbracciarla, metterla a letto, leggerle le favole per farla dormire … l'istinto materno che nemmeno sapeva di possedere venne improvvisamente a galla.
Aveva paura però a fare certi pensieri. Se fosse accaduto qualcosa, se i suoi piani fossero saltati per qualsivoglia motivo, sarebbe stato atrocemente difficile da accettare.
Mai per un secondo si domandò come l'avrebbe presa Rap. Era certa che inizialmente non sarebbe stato contento, non per cattiveria, ma perchè Haylie le ricordava troppo Marika. Trascorreva la vita a cercare di non pensare a lei, a tutta la sofferenza causata dalla sua morte; però, in cuor suo, Eleanor sapeva anche che gli sarebbe bastato davvero poco per innamorarsi di quella bambina. Era sua figlia... sua e della sua amata Marika. Non le avrebbe mai e poi mai voltato le spalle.
Si ritrovò a sorridere immaginandoli insieme. Raramente la sua fantasia aveva partorito qualcosa di così tenero!
Quel sorriso non sfuggì a Rock:

Stai sognando ad occhi aperti.”

Si...” rispose lei, pur sapendo che si trattava di una semplice osservazione e non una domanda. “In effetti pensare positivo è più divertente!”

***


Rock ed Eleanor erano usciti da quasi due ore.
Rap era felice che Rock l'avesse convinta a prendersi quei soldi, se li meritava tutti. A dir la verità, lo era stato finchè lei non se n'era uscita con quella frase criptica.

Mi servono per il tuo regalo!

In quel momento l'avrebbe sinceramente strozzata!
Lui non voleva alcun regalo. Quei soldi, di qualunque somma si fosse trattata, doveva utilizzarli per sé stessa e nessun'altro.
Non riusciva davvero a capire cosa stesse architettando e nemmeno ci teneva a saperlo, ad essere sinceri.
Ma sorrideva mentre parlava di questo fantomatico regalo. Sorrideva come una bambina la mattina di natale. E Rap non aveva avuto il cuore di dirle la verità, ossia che non voleva nulla di lei. Anzi no, non era propriamente esatto. Qualcosa di suo c'era che bramava di possedere da tempo, ma purtroppo c'era già inciso sopra il nome di qualcun'altro...
Quando lei e Rock finalmente rientrarono, lui s'impegnò con tutto sé stesso ad apparire tranquillo e pacato.

Allora?” fece, con non-chalance, mentre i suoi amici varcavano la soglia d'ingresso. “Puoi portarci tutti a mangiare aragoste e caviale adesso?”

Si rese subito conto che qualcosa non andava. Eleanor sembrava scossa. Pallida e silenziosa, il suo sorriso era scomparso. Alzò gli occhi blu su di lui e lo fissò per qualche istante con espressione indecifrabile.
Le fece male vederla così. Quello stato quasi apatico le ricordò in maniera dolorosa i giorni successivi alla morte del suo amico Evan.

Va tutto bene?” chiese automaticamente, la voce inclinata dalla preoccupazione.

Rivolse uno sguardo interrogativo a Rock, dato che Eleanor non sembrava intenzionata a reagire. Fece appena in tempo a vederlo sorridere e a domandarsi cosa ci fosse da essere così allegri, che Eleanor lo abbracciò senza apparente motivo.
Rap non seppe come reagire, del tutto interdetto da quello strano comportamento.

Eleanor....” provò a dire “ ….cosa - ?”

Ce l'ho fatta, Rap!” disse, e parve si stesse liberando da un grosso peso “Ce l'ho fatta! Anche tu sarai finalmente felice, te lo prometto.”

Quelle parole lo tramortirono e rassicurarono al tempo stesso. Aveva creduto di poter soffocare l'amore che provava per lei, ma si era illuso. In qualche modo, negli ultimi trenta secondi, Eleanor era riuscita ad accrescerlo in maniera esponenziale.
Non aveva idea di cosa lei stesse parlando, a cosa si stesse riferendo, ma un concetto era chiaro:

Solo a te importa della mia felicità, vero?…

Era sul punto di rispondere a quell'abbraccio liberatorio, ma Eleanor lo sciolse. Scoppiò a ridere , quasi non riuscisse a contenere tutta quella gioia che le illuminava il viso, prese per mano Rock e lo trascinò verso la loro stanza.

Goditi questi ultimi giorni di libertà, amico!” fece Rock “Presto sarai molto indaffarato per... ehm, diciamo il resto della tua vita!”

Entrambi scomparvero dietro la loro porta, lasciando Rap confuso, frastornato e dolorosamente coinvolto in quel sentimento proibito.


***


E' in ritardo!” esclamò Eleanor, per circa la decima volta.

Rock le fornì la solita risposta : “Arriverà, cerca di rilassarti!”

Lei sbuffò sonoramente, incrociò le braccia sul petto e, per la gioia di Rock, decise finalmente di fermarsi. Aveva trascorso gli ultimi venti minuti a camminare ansiosamente avanti e indietro di fronte al ragazzo, seduto tranquillamente in una panchina del parco.

Perchè ci mette così tanto? E se si fosse dimenticato? Forse dovrei chiamarlo! Forse-”

Eleanor!” la fermò subito Rock, prima che si facesse venire un attaco di panico “Non potrebbe mai essersi dimenticato di un appuntamento con sua figlia.”

Con un sospiro, Eleanor andò a sedersi al suo fianco : “Spero che tu abbia ragione.”

Certo che ho ragione!”

Eleanor chiuse gli occhi. Era da quella mattina che la sua mente proiettava la stessa immagine. Non ricordava l'aspetto dell'impiegato di banca, né il numero dello sportello dove lei e Rock si erano recati, non ricordava neppure se avessero fatto la fila o no. Ricordava solo la cifra scritta in fondo all'estratto conto che gli avevano dato. All'inizio aveva creduto ci fosse un errore. Nella sua vita non c'erano mai state cifre a cinque zeri.
Ma invece, era tutto vero! A quanto pareva Will, suo padre, si era rimesso economicamente in carreggiata e le aveva riservato una piccola fortuna. Per tutto il tragitto fino a casa non aveva spiccicato parola, troppo scombussolata. Aveva anche pensato di rifiutarli quei soldi, non avrebbe saputo gestirli dato che non ne aveva mai avuti molti. Tuttavia, ogni dubbio e ogni timore si erano dissolti nel nulla nel momento in cui si era trovata di fronte Rap, la solita espressione triste e malinconica ad incrinargli il volto.
Non era importante da dove provenissero quei soldi o quanti fossero. Servivano per aiutare Rap! Per restituirgli un valido motivo per vivere! E ora, non vedeva l'ora di svuotare quel dannato conto corrente!
La prima cosa che aveva fatto era stata chiamare Will, che le aveva lasciato il suo numero sullo stesso foglietto in cui compariva quello del conto.
Doveva vederlo! Non sapeva se era giusto ringraziarlo o no … la sensazione che stesse cercando di comprarsi il suo affetto, nonché il suo perdono, era ancora fastidiosamente presente. Ciò nonostante, le sembrava corretto provare a conoscere quell'uomo. Probabilmente non l'avrebbe mai chiamato
papà, però ignorarlo sarebbe stato meschino e crudele. Le ragioni che l'avevano tenuto lontano da lei sembravano sincere; in più, sembrava aver amato davvero sua madre e forse, dato che non aveva alcuna donna al suo fianco, l'amava ancora.
Ci avrebbe provato a volergli bene! Era insanamente impaziente di conoscere il cosidetto
affetto paterno, per lei del tutto estraneo.
Così eccola lì, ad aspettare quel padre assente che l'aveva resa all'improvviso ricca.
Cercò di sgombrare la mente da quei pensieri e di fare ciò che Rock le stava suggerendo dal momento in cui erano usciti di casa, ossia rilassarsi.
L'occasione le si presentò subito. La sua attenzione venne irrimediabilmente attirata da due persone che passeggiavano poco distanti. Una coppia di anziani, per la precisione, marito e moglie con tutta probabilità. I loro passi erano lenti, piccoli, trascinati, a malapena alzavano i piedi da terra. Appoggiato ad un bastone lui, leggermente ingobbita lei, le loro mani saldamente unite, come due adolescenti.
Eleanor si ritrovò a sorridere in maniera naturale e provò ad immaginare la loro vita insieme. L'incontro, l'innamoramento, la dichiarazione, il matrimonio, i figli, i nipotini … il tutto contornato da litigate, problemi economici, famigliari e tutto ciò che comporta l'essere sposati. Eppure, eccoli lì, a sfidare la resistenza dei loro corpi attempati e passeggiare per mano nel parco come due fidanzatini. Era la cosa più dolce che avesse mai visto!

La sua natura di ragazzina immatura e sciocca venne a galla. Chissà dove sarò io tra cinquantanni ? ….

Senza quasi rendersene conto, strinse il braccio a Rock e appoggiò la testa sulla sua spalla.

In qualunque posto capiterò, spero di essere ancora con te...

Eleanor!”

La voce di Will dietro di loro, la strappò a quelle piacevoli fantasie. Entrambi si voltarono.

Scusami, lo so di essere in ritardo. Mi spiace davvero!”

Non fa nulla.” lo tranquillizzò lei. “Siediti!” aggiunse poi, più seria di quanto volesse apparire.

Will acconsentì e le si sedette di fianco, un lieve imbarazzo a velargli lo sguardo. Era chiaramente in difficoltà, a malapena osava guardarli, soprattutto Eleanor che invece lo fissava con insistenza.

Sai, non so davvero cosa pensare...” esordì la ragazza, con tono inflessibile “... il mio istinto mi dice di non fidarmi, che il tuo animo non è mosso da buone intenzioni e che stai solo cercando di salvarti la faccia.”

Hai tutte le ragioni per pensarlo.”

Già, ma ho deciso di non dare ascolto al mio istinto, questa volta.”

A quel punto ebbe tutta l'attenzione di Will che, finalmente, si decise a guardarla. “Eleanor, ascolta...”

No!” lo fermò subito lei. “Non voglio sentire il perchè mi abbia regalato quei soldi, non m'interessa. Ti farà piacere sapere comunque, che ho deciso di accettarli.”

Ne sono felice.” fece Will, sfoggiando un sorriso di sollievo. Tuttavia Eleanor, cercò di soffocare sul nascere quella momentanea gioia.

Ma non li userò per me!”

Immediatamente, il sorriso di Will scomparve, lasciando spazio allo sbigottimento :”Come? Per quale motivo? Sono tuoi!”

Appunto, sono miei! Quindi posso usarli come voglio, dico bene?”

Certo ma... io pensavo che magari li avresti usati per il tuo futuro. Per pagarti l'università, magari... oppure per una scuola di canto. Nelle sue lettere, tua madre non faceva che ripetermi quanto fossi brava.”

Ad Eleanor per poco, non venne da ridere. Will si stava comportando come un perfetto, qualunque genitore. La cosa la intenerì. Sorrise senza volerlo.

A scuola sono sempre andata male.” gli spiegò “Non ci penso proprio ad andare all'università. Non sono nemmeno riuscita a diplomarmi, figuriamoci. E la scuola di canto non m'interessa. Io canto per rilassarmi, diventare famosa non è il mio obbiettivo.”

Will era visibilmente contrariato, cercò tuttavia di non mostrare troppo quanto quelle parole lo stessero deludendo. Fece un sospiro profondo : “Allora cosa vuoi farne?”

La sicurezza che Eleanor era riuscita a mantenere fino a quel momento, si dileguò di colpo. Non avrebbe mai voluto parlare di Haylie a Will, ma era stato Rock a convincerla.

Abbiamo bisogno di un aiuto esterno, Eleanor! Le aveva detto, L'aiuto di una persona che sappia come muoversi. Noi non sappiamo nulla di adozione, di pratiche legali e tutto il resto. Dobbiamo parlarne a tuo padre! Ci aiuterà, vedrai! Te lo deve!

Era stato impossibile recriminare. Aveva dannatamente ragione! Loro erano solo due ragazzini, in fondo! Avevano bisogno del supporto di un adulto per questa faccenda. Eleanor desiderava tanto che nessuno oltre a lei e Rock fosse a conoscenza di quel folle piano, ma c'era in ballo il futuro di Rap e Haylie. Comportarsi da irresponsabile era l'ultima cosa da fare!

Ok!” fece, afferrando forte la mano a Rock “Ci serve il tuo aiuto.”

Will la guardò circospetto : “Per cosa?”

C'è una bambina nell'istituto dove sono stata dopo la morte della mamma. Si chiama Haylie ed è lì dentro dal giorno in cui è nata...”

L'uomo appariva sempre più confuso. Eleanor non indugiò oltre: “Sappiamo dov'è suo padre e vogliamo riportargliela!”


***


Domanda!” esclamò Heavy, entrando in palestra, dove Metal e Rap si stavano intrattenendo con una sfida a basket. “Ma Rock e Eleanor vivono ancora qui?”

E chi lo sa?” fece Metal, mettendo a canestro il pallone “Appaiono e scompaiono di continuo come due fantasmi! Forse sono morti senza che ce ne rendessimo conto e ora infestano questo posto. Sarebbe plausibile, no?”

Heavy scoppiò a ridere, mentre Rap gli mandò un'occhiata raggelante : “Credevo che tu fossi il fratello intelligente!”

Si beh... una volta ogni tanto concedimela qualche cazzata!” Gli passò il pallone e andò a sedersi sugli spalti, seguito da Heavy. Anche lui li raggiunse.

Quei due stanno architettando qualcosa!” disse Heavy, facendosi pensieroso “Ma non riesco ad immaginare cosa?”

Qualche idea, Rap?”

Mi sembrano usciti di senno tutti e due! Comunque, fossi in voi, non mi preoccuperei troppo. Qualunque cosa stiano architettando è rivolta a me, quindi tranquillizzatevi!”

I due gemelli lo guardarono senza capire : “Che intendi?” chiese Metal.

E' da parecchio che Eleanor mi assilla con un fantomatico regalo che vuole farmi. E so per certo che ha trascinato pure Rock in questa faccenda!”

Heavy lo guardò confuso: “Un regalo?”

Esatto!”

E cosa sarebbe?”

La voce di Eleanor tornò a riempirgli la mente:“Ce l'ho fatta! Anche tu sarai finalmente felice, te lo prometto.”...
Poi giunse anche quella di Rock:
“Goditi questi ultimi giorni di libertà, amico! … Presto sarai molto indaffarato per... ehm, diciamo il resto della tua vita!”

Se le parole di Eleanor l'avevano rincuorato, quelle del suo amico lo avevano allarmato più del necessario. Cosa diavolo intendeva dire con “goditi i tuoi ultimi giorni di libertà” ?

Rap guardò Heavy : “Non ne ho la più pallida idea!” sbottò, piuttosto aspramente. Sbattè con forza il pallone a terra e si allontanò dai due ragazzi, deciso ad uscire dalla palestra.

Né heavy né Metal lo seguirono. Entrambi sapevano bene quanto fosse poco raccomandabile cercare di fare ragionare Rap nei suoi momenti di massimo nervosismo.

***


L'illuminazione era giunta di colpo, a tutti e due nello stesso istante, tanto che Will aveva dovuto trattenersi dal non ridere.

“Devi chiamarla subito!” incalzò Eleanor, fissando supplicante Rock.

“Per telefono sarebbe troppo lunga da spiegare. Credo sia meglio parlarci di persona!”

“Bene! Allora cosa stiamo aspettando?”

Will sospirò, pazientemente : “Non essere così frettolosa. Serve un appuntamento per avere un consulto legale. Non puoi presentarti lì come se niente fosse!”

Avevano discusso per quasi un'ora lei, Rock e Will. Su Haylie, sulla loro intenzione di  portarla a Rap, sul fatto di prendere casa e farla vivere in un ambiente decente... alla fine Will si era rivelato per l'adulto maturo e responsabile che era. Non solo li aveva rimproverati per essere così avventati, ma gli aveva anche consigliato di rivolgersi ad un esperto. Un avvocato sarebbe stato l'ideale. Lui era nuovo in città e non aveva ancora avuto modo di conoscerne, tuttavia a Rock e Eleanor saltò alla mente un nome: Jules.
La sorella maggiore di Rock infatti aveva studiato da avvocato, si era laureata e ora lavorava come tirocinante in uno studio legale. Era assolutamente perfetto! In fondo loro non avevano bisogno di altro se non un semplice consulto. Dovevano sapere cosa esattamente gli serviva affinché dessero loro la bambina senza problemi.

“Sciocchezze!” sbottò Eleanor “Jules non è davvero un avvocato... non ancora perlomeno. Faremo finta di essere passati per un saluto e nel frattempo le parleremo del nostro problema!”

Rock sembrava d'accordo, ma Will appariva ancora titubante. Comunque non li scoraggiò.

“Bene, allora andate, però vi prego... tenetemi informato”

Eleanor annuì e fece per allontanarsi con Rock, ma Will la fermò: “Eleanor!”

Lei lo guardò, in attesa. Ci volle qualche istante prima che l'uomo si decidesse a parlare : “E' bello quello che stai facendo per quel tuo amico. Sono fiero di te!”

Eleanor non riconobbe la sensazione che le riempì il cuore. Orgoglio, gioia, imbarazzo...
Non l'avrebbe mai ammesso apertamente, ma l'idea che Will approvasse le dava una forza incredibile. Inutile negarlo, era bello sapere che qualcuno faceva il tifo per lei …. e l'essere a conoscenza che quel qualcuno era anche suo padre era semplicemente fantastico. Surreale, per quanto la riguardava, ma fantastico! Forse tutta quella faccenda avrebbe portato a qualcosa di buono anche fra loro due. Gli sorrise grata e lo salutò con un cenno del capo.
Mentre si allontava con Rock, si mise a rovistare con foga dentro la sua borsa.

“Perso qualcosa?” domandò Rock vedendola così indaffarata.

Eleanor parve trovare l'oggetto del suo desiderio. “No!” fece sorridendo felice “Tutto a posto! L'ho trovato!”

Rock notò che stava stringendo qualcosa nel pugno. Con un gesto fulmineo lo infilò nella tasca dei pantaloni. Si corrucciò appena dalla confusione : “Cosa stai cercando in tutti i modi di nascondermi?”

Lei assunse un'aria innocente : “Ho preso una cosa dalla camera di Rap prima di uscire.”

Rock la fissò incredulo: “Tu cosa?”

“Lo so, lo so. Se lo scoprisse mi ucciderebbe a sangue freddo, ma dovevo farlo!”

“Posso sapere cos'è?”

“Dopo!” tagliò corto lei “Mi serve un computer. Subito! C'è un internet cafè da queste parti, o qualcosa di simile?”

Rock stava fondendo il cervello nel cercare di capire cosa avesse in mente Eleanor : “Ehm...si, ma pensavo stessimo andando da mia sorella!”

“Si, infatti. Ma prima dobbiamo fare una cosuccia!” Di fronte alla sua espressione smarrita, Eleanor le sorrise raggiante e sicura di sé. “Fidati di me.”


***


“Ci sono!” Jules li fece entrambi saltare sulla sedia. Era stata in assoluto silenzio a rimuginare negli ultimi cinque minuti, per poi esplodere con un'illuminazione improvvisa. “Ma certo. E' così semplice! Come ho fatto a non pensarci subito?”

La sorella di Rock non si era scomposta più di tanto nel sentire la storia di Haylie. Aveva mantenuto una freddezza molto professionale.
Il loro obbiettivo era dimostrare che Haylie aveva un padre, che non era orfana e che quindi non c'era alcun bisogno che vivesse all'Istituto. Sarebbero bastati un test di paternità e qualche firma su alcuni documenti, niente di più. L'unico ostacolo era rappresentato però, dallo stesso Rap. Lui non doveva sapere, non avrebbe mai accettato d'incontrare la bambina. Dovevano portarla loro da lui, a sua insaputa … ma come riuscirci senza andare contro la legge? Non potevano certo rapirla! E quelli dell'istuto non gliel'avrebbero mai lasciata sulla fiducia.

“C'è un modo!” spiegò Jules, riassumendo la sua aria professionale “Dovete essere voi due a fare richiesta di adozione!”

“Cosa?” fecero all'unisono Eleanor e Rock.

“Ma si! Lasciate perdere la faccenda di Rap. Lui potrà dimostrare la sua paternità in un secondo momento. Ora vi spiego, vivete sotto lo stesso tetto, dico bene? Si, quindi è molto semplice: voi due vi presentate all'Istituto, dite di essere interessati all'adozione di questa bambina, loro vi concedono la custodia temporanea, vi portate a casa la piccola e la fate conoscere a Rap. A questo punto lui non potrà più tirarsi indietro...”

“Si affezionerà a lei.” mormorò Eleanor, sentendo il cuore accellerare dalla contentezza. “Sarà lui stesso a fare di tutto per dimostrare di essere suo padre!”

“Esatto!” confermò Jules, “Finito il periodo di prova per la custodia, sarà proprio Rap a richiedere l'adozione definitiva!”

Eleanor guardò Rock in preda ad una gioia incontenibile. Anche lui sembrava stretto dalle stesse sensazioni. “E' perfetto!” esclamò “Il tuo folle piano si sta realizzando!”

“Direi di si!” fece Jules, “Dovete solo impegnarvi a recitare la parte dei genitori disperati che vogliono a tutti i costi un figlio, quando andrete all'istituto. Nulla di troppo complicato.”

Il sorriso di Eleanor si spense in un istante, lasciando il posto all'imbarazzo più totale. “Non.... non dovremmo mica fingere di essere.... marito e moglie, vero?” domandò, mentre le guance le s'imporporavano.

Rock scoppiò a ridere, mentre Jules si affrettò a rispondere: “Non ce ne sarà bisogno. Non serve essere sposati per adottare un bambino. Basta dimostrare che avete le possibilità per farlo vivere in un ambiente sano. Nulla più!”

Eleanor tirò un lungo sospiro di sollievo, cosa che scatenò l'ilarità di Rock ancora di più :”Tra tutte le cose che avrebbero potuto preoccuparti, proprio questa?”

“E non ridere!!!” sbottò lei, con tono lamentoso, desiderando ardentemente di venire risucchiata dal pavimento.


***


La signora carina le aveva detto che sarebbe andata a trovarla. Sperava che avrebbe di nuovo cantato per lei. Aveva una bella voce che la faceva stare bene, cosa che nessuno faceva mai in quel posto.
Però non si era più fatta vedere … forse aveva conosciuto una bambina più bella e simpatica di lei. Qualcuna che magari aveva risposto alle sue domande....
Come tutti i pomeriggi, aveva sperato che piovesse. Non le piaceva stare seduta in cortile a guardare gli altri giocare. Nessuno la chiamava mai. Quando pioveva invece, le maestre non permettevano di stare fuori e lei poteva andare a nascondersi nella biblioteca. Gli altri bambini andavano a piazzarsi davanti alla televisione, ma lei preferiva sfogliare i libri, anche se ancora non sapeva leggere. Non vedeva l'ora d'imparare. Sapeva scrivere e leggere il suo nome però. Lo scriveva ovunque. Lo aveva anche inciso sul muro dietro la testiera del suo letto. Si divertiva un mondo ad individuare e riconoscere le lettere che lo componevano su quei grossi libri della biblioteca. Una volta le aveva cerchiate con un pennarello, ma l'avevano sgridata e messa in punizione e gli altri bambini avevano riso di lei.

Ridono perchè sei divertente. Non è una brutta cosa.”

Le aveva detto così una volta il papà numero due. Ma nemmeno lui era più venuto a trovarla. Si era dimenticato di lei. Sperava sempre di vederlo dall'altra parte del cancello; aveva anche un regalo per lui. Per lui e per la signora carina che cantava bene. Si era impegnata così tanto su quel disegno stropicciato che stringeva tra le mani.
Guardò ancora verso il cancello, senza vedere nessuno. Voleva tanto alzarsi e andare a vedere attraverso le inferriate se loro due erano lì ad aspettarla, ma non osava. L'ultima volta che aveva provato ad attraversare da sola il cortile, le avevano scagliato un pallone dritto in faccia. Le era uscito sangue dal naso e aveva pianto davanti a tutti. Non voleva che ridessero ancora di lei. Non voleva più essere divertente! Il papà numero due si era sbagliato. Era una cosa tanto brutta essere divertenti.
Seduta sul primo gradino che conduceva all'interno dell'istituto, la bambina allungò una mano ai piedi del gradino e tracciò sullo sterrato un nome con l'indice : Haylie

Lo cancellò subito con il piede, per poi riscriverlo ancora, e ancora e ancora fino a che la punta del dito non fu completamente nera. Si pulì sull'orlo della gonna della divisa, macchiandola. Le maestre si sarebbero arrabbiate. Quella sera niente dolce per lei!
Un'ombra la sovrastò, nascondendola al sole. Alzò timorosa gli occhi e un sorriso spontaneo le illuminò finalmente il viso.
Papà numero due
era lì, e c'era la signora carina con lui. Erano venuti a prenderla, finalmente!
Si alzò in piedi e si strinse forte alla gamba del papà numero due. Lui la prese in braccio e la signora carina le accarezzò una guancia, sorridendo: 

“Ciao Haylie...”

La sua voce era ancora più bella di quanto ricordasse.
In mano stava stringendo ancora il disegno che aveva fatto per loro. Timidamente e cercando di non fare qualcosa di divertente, lo diede alla signora carina. Lei lo guardò e i suoi occhi divennero più brillanti. Si era posata una mano sulla bocca e aveva fatto vedere il disegno al papà numero due.

“...E' bellissimo, Haylie. Sei una vera artista!” Aveva detto lui.

Lei aveva sorriso e immediatamente nascosto il viso contro la sua spalla. Adorava quando lui le faceva i complimenti per qualcosa, ma non riusciva mai a guardarlo. Era il genere di cosa che gli altri bambini trovavano divertente, ma la signora carina e il papà numero due non risero.
Aveva imparato a scrivere due parole nuove per fare quel disegno. Le aveva ricopiate da un libro pieno di figure e colori. Era stata la maestra a darglielo. Aveva ritratto se stessa in mezzo a due figure più grandi, il papà numero due e la signora carina. Sopra di esse tre parole scritte con una calligrafia incerta e tremolante : Mamma Haylie Papà ,

Il papà numero due l'aveva stretta forte e le aveva parlato :

“Presto ti porteremo da lui. “

Non c'era stato bisogno di chiedere da chi. Papà numero due gliene aveva parlato tanto.
Stretta in quell'abbraccio che per tanto aveva sognato, Haylie sentì un calore salirle alla gola, qualcosa che reprimeva ogni volta che poteva. Era convinta che la gente trovasse divertente la sua voce. Tutti sorridevano sempre quando parlava.... però quella volta non le importava.

“.....Andiamo dal papà numero uno ? “

Lo vide solo annuire, ma la signora carina stava sorridendo. O piangendo... non riusciva a capirlo. Forse, stava facendo entrambe le cose. Non le piaceva che la signora carina piangesse. Non gli piaceva quando gli adulti piangevano; eppure lei continuava ad essere bella lo stesso.

Trovò il coraggio di rivolgerle la parola : “Tu sei la mia mamma numero due?”

La signora carina le aveva passato una mano tra i capelli : “Lo sarò, ma solo se lo vuoi tu!”

“Si.” era sicura di questo. Il papà numero due aveva bisogno di una mamma numero due. “Però non la numero uno. Lei è volata in cielo!”

Il bel sorriso della signora carina sparì per un secondo, per poi ricomparire subito : “Sarei felice di essere la tua mamma numero due...”

***


E quindi??? Non lo so, mi sembra un po', come dire, vuoto.... non mi convince del tutto! La parte di Haylie è stata un parto plurigemellare. Non mi lamenterò più di Rap, giuro! Scrivere pensando come una bambina di 4 anni è allucinante.... spero di esserci riuscita, comunque.

E ragazze, vi spiace se non ringrazio una per una chi ha commentato lo scorso capitolo???? SIccome c'è una persona (non faccio nomi eh!?) che sta aspettando disperatamente l'aggiornamento, non posso perdere altro tempo < _ <
Rinnovo l'invito ad aggiungermi su faccialibro, se avete voglia. Mi piacciono le amicizie virtuali. Si rivelano migliori di tante altre:
http://www.facebook.com/home.php?ref=home#!/profile.php?id=1502696351
 
Ora vi lascio! Devo scrivere il penultimo capitolo!
E si ragazze, il penultimo! Siamo agli sgoccioli! Sono contenta, perchè ho tante di quelle idee per altre storie che la testa mi sta per esplodere! xD

Vi saluto
Fatemi sapere quanto fa schifo il capitolo! ^.^

Grassssssie e a presto!

Ayleen

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Capitolo 34
*** Lentiggini ***


ehm....leggete leggete! Le scuse le rimandiamo a dopo, ok?! XD 

CAPITOLO TRENTAQUATTRO

Lentiggini

 

 

Rap era il classico tipo la cui pazienza tendeva a vacillare per un nonnulla. Non era bravo a controllarsi e quando ci provava veniva sempre sorpreso da una fastidiosissima fitta all’altezza dello stomaco. Una volta Rock, scherzando, gli aveva detto che probabilmente era l’ulcera che si ingrossava e che era uno degli effetti collaterali del soffocare le proprie emozioni negative. Beh, se era davvero così, quel giorno Rap avrebbe vomitato sangue!
Sì, perché la sua già limitata pazienza stava venendo messa a dura prova dalla persona con la quale lui avrebbe dovuto sapersi controllare di più : Eleanor.
Erano ore che la ragazza continuava a correre avanti e indietro, ad inciampare nella miriade di vestiti da lei stessa abbandonati sul pavimento, imprecare su ogni cosa, dare di matto al minimo rumore, rispondere male ogni volta che qualcuno osava rivolgerle la parola. Era un fascio di nervi, suscettibile come non l’aveva mai vista, e spaventata da qualcosa che davvero non riusciva ad immaginare.
Non che Eleanor non fosse una che si agitava poco. Le bastava davvero un niente per farsi prendere dal panico, ma nulla di simile a quel giorno, comunque. E poi, in genere, Rock riusciva a calmarla con facilità. Solo che adesso Rock non c’era! E anche Heavy e Metal se l’erano svignata, lasciandolo solo nelle grinfie di quella squilibrata mentale!
Tutto ciò che Rap era riuscito a capire del misterioso dramma che aveva colpito Eleanor, era che lei non aveva un vestito abbastanza elegante da indossare. A cosa le servisse tuttavia, non riusciva proprio ad immaginarlo. Era sempre stato convinto che lei odiasse le cose eleganti, sebbene fosse sicuro che sarebbe stata uno schianto con qualcosa di davvero femminile indosso. Beh… più del normale. Lei era comunque uno schianto. Anche quando girava per la scuola con quelle enormi T-Shirt che rubava a Rock.
Aveva pensato di provare a calmarla, ma qualcosa gli suggeriva di starle lontano. Stare alla larga da una ragazza in crisi per mancanza di vestiti, era una regola base dell’universo maschile. Un po’ come quella di non contraddirle mai durante il ciclo!
D’un tratto però, sentì un tonfo e un lamento di Eleanor; poi silenzio. Doveva pur accertarsi che non si fosse fatta male... Magari aveva deciso di porre fine alle sue sofferenze dando una testata allo specchio. Si, era meglio controllare che fosse tutta intera… altrimenti Rock chi l’avrebbe sentito?

Bella scusa, Rap!

Fece un paio di respiri e, prendendo coraggio, si decise ad entrare in quella camera adibita ormai a campo di battaglia.
La trovò sul pavimento in una posizione poco naturale, una smorfia di dolore ad incrinarle il viso. Era scivolata sui suoi stessi vestiti e si stava massaggiando la schiena. Avrebbe anche potuto ridere e prenderla in giro, se non fosse stato per un piccolo, fondamentale dettaglio. Non c’era niente a coprirla se non la biancheria intima!
Questo gli impedì di reagire in alcun modo. Rap rimase imbambolato sulla porta, a fissare quel corpo che sembrava quasi farsi beffa di lui.

Sono qui, mi vedi? Guardami, avanti! Guardami pure, tanto appartengo ad un altro!

Sarebbe dovuto tornarsene subito in corridoio, ma invece fece la cosa più stupida di tutte. Qualcosa che giusto Heavy avrebbe potuto fare, ma non lui. Non lui! E invece la fece.
Un lungo fischio di apprezzamento raggiunse le orecchie di Eleanor che, accortasi della presenza di Rap, diede di matto. Allungò un braccio, quasi strappò via la coperta dal letto e ci si avvolse. Cominciò a lanciare i vestiti contro Rap, sbraitando e sottolineando il fatto che fosse un pervertito.
A quel punto Rap non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.

“Ti ricordi che ti ho già vista nuda, vero?!”

Inutile dire che questo fece solo accrescere la rabbia della ragazza che si alzò in piedi e cominciò a spingerlo.

“Vai fuori di qui, razza di idiota! Esci da questa stanza o mi metto ad urlare!”

“Giusto per la cronaca, stai già urlando.”

La sua voce si alzò di un altro paio di ottave, cosa che fece aumentare il divertimento di Rap, che tuttavia decise di non infierire ulteriormente. Si lasciò buttare fuori dalla stanza con facilità, felice di aver potuto godere della visione di lei mezza nuda. Il farsi etichettare come pervertito, non era nulla se confrontato al premio che aveva ottenuto.

Grazie al cielo Rock non sa leggere nel pensiero….

Con l’immagine di lei ancora ben stampata nella mente, si convinse a lasciarla ai suoi drammi personali e uscì in cortile.
Rock non tardò molto ad arrivare. Vide che in una mano stringeva una sacca. Avrebbe voluto chiedergli cosa contenesse, ma nemmeno ci provò. In quell’ultimo periodo, raramente lui ed Eleanor rispondevano alle sue domande. Qualunque cosa stessero architettando, erano due impiastri totali nel tenerla segreta.

“Grazie al cielo sei qui!” sbottò, piuttosto aspramente. “Lo chiami tu il manicomio?”

“Scusa?”

“Sia chiaro che d’ora in avanti voglio essere retribuito per farle da baby sitter! Persino Heavy e Metal se la sono data a gambe!”

Rock cercò di non ridere, davanti a quella finta esasperazione di Rap. Sapeva bene che in realtà non gli era pesato affatto trascorrere il pomeriggio con lei.

“Cosa ha combinato questa volta?”

Rap lo invitò ad entrare con un gesto della mano : “Controlla tu stesso!”

Senza ulteriori indugi, Rock s’incamminò verso la stanza sua e di Eleanor. Provò a aprire la porta, ma qualcosa la bloccava. Dall’interno proveniva solo un gran fracasso.

“Eleanor?” chiamò “Sono io, fammi entrare!”

Si sentirono dei passi frettolosi, qualcosa che strisciava sul pavimento – una sedia? Pensò Rock -  e poi la porta si aprì.
Eleanor gli apparve completamente esausta. Spettinata e con gli occhi lucidi dal nervosismo, pareva essersi appena svegliata dopo una notte di baldoria.  Non sapeva quale fosse la causa che aveva scatenato tutto ciò, ma cercò comunque di restare sereno per non farla agitare ancora di più.

“Mi dici che succede?” cominciò, pazientemente “Hai fatto scappare Heavy e Metal, lo sai? E Rap è talmente stanco che sembra appena tornato dai giochi olimpici!”

La vide accennare un sorriso e se ne rallegrò. Qualunque fosse il problema, se lei aveva la forza per sorridere, non doveva essere nulla d’insormontabile.
La ragazza però, non sembrava pronta a parlare. Un velo d’imbarazzo la spinse a cambiare discorso.

“Che cosa ti ha detto Will?”

Rock non poté fare altro che assecondarla, con un sospiro rassegnato : “Che dobbiamo agire in fretta… ma con discrezione!”

Eleanor fece una smorfia contrariata e prese a camminare per la stanza con sguardo afflitto : “ …in fretta. “ mormorò, mesta.

Rock chiuse la porta e la raggiunse. La circondò con le braccia, nel tentativo di tranquillizzarla, ma lei non reagì in alcun modo. Si limitò a nascondere il viso contro la sua spalla.

“Che cosa c’è che non va ?”

La sentì scuotere il capo contro il suo petto.

“Non vuoi dirmelo?”

La sua voce le giunse attutita : “Rideresti e basta!”

“Non riderei mai di te, lo sai!”

“Stavolta si!”

“Ok, facciamo così. Se per caso riderò, sarà per una cosa che sapremo solo noi due. Non uscirà dalle pareti di questa stanza!”

Eleanor non parve molto convinta., La sua consueta timidezza l’aveva vinta di nuovo. Ma lei fu più forte e riuscì ad averne ragione!

“Lo so che è una cosa sciocca, ma ….” Abbassò lo sguardo a terra e cominciò a tormentare con le dita l’orlo della maglietta di Rock “… Non ho nulla di decente da indossare per quando andremo ad incontrare la direttrice dell’istituto! Lo sai che la prima cosa che una persona valuta durante un colloquio è l’abbigliamento? Ancora prima del carattere o del conto in banca o delle tue referenza. E’ assurdo ma è così! E io non ho nulla che mi faccia sembrare una persona seria e affidabile. Anche se è solo per un giorno….”

Un velo di tristezza calò su di lei, sostituendo la timidezza. Gli occhi le si riempirono di lacrime.

“Non sembro proprio una mamma… è solo che non è mai stato nei miei progetti diventarlo, anche se per finta.”

Rock lesse una paura incondizionata in quegli occhi blu. Paura di fallire, di giocarsi la loro unica possibilità di avere Haylie e di condannare sia lei che Rap alla solitudine.
Con un sospiro le prese le mani, staccandole dalla maglietta ormai stropicciata peggio di un foglio di carta e le sorrise rassicurante : 

“Nessuno sembra una mamma a diciannove anni. Ma, sei fortunata che ho una sorella previdente.”

Il suo sguardo si fece attento e curioso. Lo osservò mentre prendeva un vecchio zaino che aveva abbandonato sul pavimento appena arrivato. Glielo porse.

“Jules deve aver avuto i tuoi stessi timori e mi ha detto di portarti questi!”

“Cosa c’è lì dentro?” domandò Eleanor prendendolo.

“Alcuni vestiti che lei non mette più.”

Bastarono quelle parole per ridare vita al volto di Eleanor. La paura venne spazzata via in un istante, sostituita dalla stessa speranza che l’aveva alimentata fino a quel giorno.
Si gettò sul letto e si fiondò sullo zaino con una foga inverosimile.

“Tua sorella è una santa!”

“Penso che lo sappia già.” Fece Rock ridacchiando della ben nota totale mancanza di modestia di Jules.

“Dille che li tratterò con la massima cura.” Disse Eleanor mentre studiava con un’accuratezza quasi maniacale un paio di camice.

“Ha detto che puoi tenerti tutto.”

“Davvero? “

Rock annuì, appoggiandosi al muro e incrociando le braccia sul petto. “Penso non gli vadano più bene. Non lo dirò mai davanti a lei, dato che ci tengo alla mia incolumità, ma ho notato che ha messo su qualche kilo.”

Eleanor lo guardò con rimprovero : “Sai che non sei per niente carino?”

Lui rise :”Dovresti esserne felice. Questo per te significa fornitura eterna di vestiti, visti quanti ne ha…”

Ma Eleanor non lo stava ascoltando. Si voltò verso di lui stringendo in una mano un’elegante camicetta nera e dall’altra una gonna dello stesso colore :”Che ne pensi?”

“Oh, è perfetto…” dichiarò vedendola illuminarsi “… Se devi andare ad un funerale!” aggiunse poi, facendola ripiombare nel suo piccolo dramma personale.

Rock si sedette accanto a lei :”Senti, non che io sia un esperto di moda e cose simili, ma hai mai pensato di prendere in considerazione anche altri colori oltre il nero?”

Qualcosa si ruppe nella testa di Eleanor. La ragazza sentì distintamente il crash , come un vetro che s’infrangeva sul pavimento. Ma non si trattava di un vetro. Un ricordo era appena andato in frantumi, concretizzandosi nella realtà con un fortissimo dejà-vu.
“Non esiste solo il nero, sai?” quella voce le fece chiudere lo stomaco. Dovette portare una mano al petto e serrare forte le labbra per evitare di urlare dal dolore.

Evan …. 

Sospirò mentalmente, lottando contro l’istinto di buttare fuori quella sofferenza.

“Hei!” La mano di Rock che si posava sulla sua spalla la ridestò. Incontrò il proprio riflesso nei suoi occhi “Va tutto bene?” le domandò.

Eleanor annuì soltanto e cercò di tirare fuori la poca ironia che possedeva :”Si, è solo che… ti stai Evanizzando!”

Lui non capì :”Mi sto cosa?”

Eleanor scosse il capo, più per cancellare l’immagine di Evan dalla mente che per rispondere a Rock :

”Non importa, lascia perdere!”

Lui tuttavia non pareva molto convinto. Continuava a studiare la sua espressione alla ricerca di qualche segno che lo aiutasse ad identificare la causa di quell’improvviso cambio d’umore.
Eleanor se ne accorse e tentò di riprendersi in fretta, schiarendosi la gola e raggruppando tutti i vestiti di Jules.

“Li proverò tutti!” esclamò,  il più entusiasticamente possibile, con un sorriso tirato. “Ma non sono il tipo che fa le sfilate di moda davanti al proprio ragazzo, perciò…”

Letto tra le righe: “Voglio stare da sola!”

Sentendo lo sguardo del ragazzo su di sé, Eleanor abbassò il proprio e rimase in silenzio, concentrandosi sulle sue mani che stringevano con forza i vestiti di Jules.
Rock allungò un braccio e le poggiò una mano sulla guancia, costringendola a guardarlo. Ed eccole lì di nuovo. Lacrime trattenute con la forza dietro quel blu intenso. Gli bastò fare leggermente pressione con il pollice sulla sua guancia perché una sfuggisse.

“E’ Evan.” Capì Rock “Ho detto o fatto qualcosa che le ha ricordato lui…”

Le sue labbra di mossero da sole: “Sarebbe fiero di te…” disse, automaticamente.

Gli occhi di Eleanor gli appartennero di nuovo per qualche istante, per poi chiudersi con un sospiro. La vide sciogliersi in un sorriso quasi rassegnato e un’altra lacrima sfuggì al suo controllo, seguendo lo stesso percorso della precedente.
Rock la raccolse con le sue labbra e appoggiò la fronte su quella di Eleanor : 

“Li folgorerai tutti, vedrai. Non aver paura. E poi, se non dovessero accontentarti, Evan lancerà qualche maledizione su di loro!” Risentire la sua risata fu un vero sollievo.

Le braccia della ragazza furono subito intorno a lui. Gli circondarono il collo dolcemente, in un gesto che profumava di  gratitudine.

“… Non poteva lasciarmi in mani migliori.” Mormorò. “…Se non ci fossi tu, non so proprio come farei.”

Rock la strinse forte di rimando, immergendo il viso fra i suoi capelli. Non disse nulla, ma nella sua mente il suo unico pensiero, la sua sola speranza, nonché timore, era questo:

Dio, ti prego, fa che non la deluda mai.

Quella breve fuga dalla realtà fu destinata a terminare in pochi istanti. Il cellulare di Eleanor, abbandonato fra le lenzuola, vibrò. La ragazza si separò a malincuore da Rock, sospirando, e lesse il nome di Will sullo schermo.
Era un messaggio. Poche parole in grado di mandarla subito in panico:

Incontriamoci davanti al parco. SUBITO! Porta il tuo ragazzo.

 

***

 

“E’ uno scherzo!” Lo dissero simultaneamente e Will si mise a ridere.

“Temo di no.”  Fece l’uomo, osservando divertito la loro espressione meravigliata.

Le labbra di Eleanor tremarono un attimo prima di aprirsi :”Non puoi sul serio averlo fatto…”

“Dovevo forse chiedervi il permesso?” L’ironia di Will non accennava a diminuire. Il sorriso sul suo volto continuava ad allargarsi.

“Non so… non so neanche… cosa dire.” Biascicò Eleanor senza riuscire a distogliere lo sguardo dalla grande casa davanti a sé.

Sembrava quella che disegnava da piccola quando per compito le chiedevano di raffigurare la casa dei suoi sogni.  Su due piani, i muri di mattoni e il tetto nero, le imposte verdi,  il vialetto di ghiaia fino all’ingresso, il portico, il dondolo, il giardino, la staccionata bianca e la chioma di una betulla che spuntava dal retro.

“Penso che un grazie papà, andrebbe più che bene.” Fece Rock, ironicamente.

Eleanor sussultò appena a quelle parole. SI sentì andare a fuoco la faccia mentre si voltava verso Will. Quell’uomo aveva appena comprato quella casa, affermando di voler fermarsi a vivere in quella città. Tutto normale; nessun sconvolgimento, almeno finché non aveva consegnato loro una copia delle chiavi dicendo che quella sarebbe stata anche casa loro d’ora in avanti.
Eleanor tentò davvero di ringraziarlo, ma le parole erano come bloccate nella sua gola. La sua naturale diffidenza, fomentata dagli anni trascorsi sulla strada in balia di estranei, era più forte di qualunque gratitudine. La parte più orribile di lei, le suggeriva che Will stava facendo tutto quello spinto da qualche altro fine. E questo la faceva profondamente vergognare di sé stessa.

“Non serve!” esclamò Will, sereno. “Non voglio sentire nessun grazie, da nessuno di voi due! Mi serviva una casa e ho trovato questa che, guarda un po’, è abbastanza grande per noi tre, i vostri amici, se vorranno unirsi a noi e qualsiasi bambina voi vogliate adottare. “

“Beh amico, io te lo devo dire lo stesso. Non posso fare altrimenti. Grazie! Davvero. Non ho idea di come farò a ricambiare un gesto simile, ma sono certo che prima o poi l’occasione mi si presenterà.”

Will rise di gusto. Li prese entrambi per le spalle, con energia, entusiasta come un bambino la mattina di natale. 

“Fatemi un bel nipotino e siamo a posto per la vita, d’accordo?”

Sia lui che Rock risero, ma Eleanor desiderò ardentemente venire inghiottita dalla strada. Tutto ciò che riuscì ad emettere fu un mugolio nervoso, più simile ad un aborto di risata che altro…
Cercò di non pensare troppo a quella battuta – si, perché era sicuramente una battuta! Suo padre non poteva essere serio! – e concentrarsi sull’appena nato rapporto  tra lui e Rock.
Will l’aveva sempre trattato con freddezza. Non che lo odiasse, ma si capiva che tollerava a stento la sua vicinanza a Eleanor. Come qualunque padre, era geloso della figlia, anche se quest’ultima era praticamente un’estranea per lui…
Eppure, negli ultimi minuti, quel distacco che entrambi avevano sempre mantenuto, era scomparso. Questo la fece sorridere.

“Oh, finalmente un sorriso!” fece Will, guardandola. “Mi chiedevo quanto avrei dovuto aspettare prima di vederne uno.”

Eleanor si coprì istintivamente la bocca con il dorso di una mano, cosa che scatenò l’ilarità dell’uomo.

“Timida come sua madre.” Lo disse con tono scherzoso, ma c’era un velo di malinconia nel suo sguardo; qualcosa che le fece stringere il cuore. Non voleva pensare a cose tristi quel giorno. Nessuno di loro doveva farlo.

“…E ora che si fa?” domandò Rock.

Will sembrò ridestarsi da quell’attimo di amarezza e li guardò entrambi, con rinnovato entusiasmo.

“Adesso? E’ tempo di prepararsi al grande colloquio per voi due!” lasciò le loro spalle e fissò la casa davanti a loro “Ma prima, faremo a gara a chi si aggiudica la stanza da letto più bella!”

Quasi non si accorsero dello scatto di Eleanor, già quasi sulla soglia d’ingresso. Si voltò verso di loro, raggiante, ed urlò: “La matrimoniale è mia e di Rock!”

 

 ***

 

Le loro mani non si erano mai lasciate per tutto il tragitto da casa fino all’Istituto.
Will aveva detto che avrebbero dovuto agire in fretta, quindi perché rimandare? Avevano deciso di andare il giorno successivo dalla direttrice dell’Istituto. Aspettare ancora non avrebbe fatto altro che fare agitare ancora di più Eleanor, che sembrava sempre più vicina ad una crisi di nervi.
Era in preda al panico sì, ma era anche splendida con indosso quella camicetta azzurra che s’intonava così bene con i suoi occhi, e quella gonna nera dalla quale nonostante i molteplici di tentativi non erano riusciti a separarla. Si era rifiutata categoricamente di truccarsi, sostenendo che era da masochisti e da stupidi andare in giro con il viso cosparso di quella robaccia, che come al solito avrebbe pianto per qualche scemenza e le sarebbe colato tutto via, che i pori le si sarebbero ostruiti e le sarebbe uscito qualche brufolo. Nemmeno le prese in giro di Heavy erano riuscite a farle cambiare idea.
Ma non era importante, lei era bella così, al naturale. Non aveva bisogno di cosmetici per farsi notare. Su quello erano d’accordo tutti.
La cosa più problematica fu convincerla a togliersi quei maledetti anfibi. Per poco non si era messa a piangere quando non li aveva più ritrovati al loro posto, sotto la finestra. Rap glieli aveva nascosti a sua insaputa, premunendosi di dirle che li aveva buttati via, cosa del tutto falsa.
Eleanor non aveva fatto altro che incespicare tutto il giorno con le scarpe col tacco di Jules ai piedi. E dire che non era nemmeno tanto alto… Heavy aveva riso sguaiatamente della sua poca femminilità,  lei l’aveva inseguito per tutta la palestra, impugnando uno dei tacchi a mo’ di arma!
Persino Rap aveva riso davanti a quella scena.
A sera inoltrata, l’equilibrio di Eleanor si era rafforzato e lei riusciva a camminare senza essere costretta a tenere in fuori le braccia. Ogni tanto faceva una smorfia di dolore e piagnucolava qualcosa a proposito della comodità dei suoi anfibi. Dichiarò inoltre che avrebbe odiato Rap fino alla fine dei suoi giorni. Ovviamente, nessuno le credette.
La mattina successiva, aveva svegliato tutti con le sue urla di gioia, accortasi che Jules, in quello zaino, non aveva infilato solo vestiti, ma anche un arricciacapelli. Il risultato era stato eccezionale. Quei boccoli che le incorniciavano il viso le davano un’aria più adulta  ….. e terribilmente sexy ; era stato il pensiero comune di Rock e Rap.
Ma quei momenti spensierati, sembravano lontani anni luce adesso.
Immobili davanti a quel grande edificio circondato dagli schiamazzi dei bambini, cercavano uno il conforto e il coraggio nell’altro, senza successo.

“Non ce la faccio.” Ammise Eleanor, tremante

“Si che ce la fai!” tentò di spronarla, Rock.

“E… E se-“

“Non c’è nessun se!” esclamò lui, uccidendo sul nascere l’ennesimo timore  “Andrà alla grande!”

Fu lui il primo ad oltrepassare il cancello, ed Eleanor lo seguì solo perché le loro mani erano saldamente incollate.
I bambini erano tutti in cortile a giocare. Entrambi si guardarono intorno alla ricerca di Haylie, ma la piccola non sembrava esserci.

“Forse non aveva voglia di stare fuori.” Disse Eleanor, vedendo Rock crucciarsi di preoccupazione.

“Si, forse.” Fece lui, poco convinto.

Attraversarono il cortile, salirono i cinque gradini dove lei e Evan avevano trascorso mille e più pomeriggi, ed entrarono.
Il familiare odore di tempere colorate e mangiare, le riempì le narici. Per Eleanor, quello era quanto di più vicino ci fosse al profumo di casa.
Le tempere, con sui erano stati fatti le decine e decine di disegni appesi alle pareti dell’ingresso principale, e l’odore di cibo proveniente dalla mensa, appena dietro l’angolo. E sì, c’era anche un retrogusto di detersivo per pavimenti.
Inspirò a fondo e chiuse gli occhi per un attimo. Quando li riaprì le parve di vedere i fantasmi di due bambini correre su per la scala che portava ai dormitori. Al primo battito di ciglia sparirono, ma le loro risate allegre e spensierate no. Eleanor sentì la propria risata e quella di Evan, riecheggiare nella sua mente. Si ritrovò a sorridere, senza rendersene nemmeno conto.
Odiava ammetterlo, ma in quel posto era stata felice. E, cosa più importante, al sicuro! Certo, questo fino al giorno in cui quel ragazzino più grande non aveva abusato di lei nello scantinato. Ma quella era una parte del suo passato che aveva preferito dimenticare. Non ricordava nemmeno il volto di quel tizio, o il nome. Ricordava solo che Evan l’aveva riempito di botte fino a mandarlo all’ospedale e che per questo era stato pesantemente punito. Che lei era andata a dire tutto alla direttrice e che quel ragazzino non aveva più fatto ritorno dall’ospedale. Evan aveva passato un periodo terribile, convinto di averlo ammazzato. Aveva il terrore che per questo l’avrebbero spedito in qualche carcere minorile o in riformatorio, aveva trascorso mesi a controllare chi entrava o usciva dall’Istituto, alla ricerca di qualche poliziotto in borghese. Dopo un po’, la paura era svanita e l’ipotesi che fosse stato proprio quel ragazzino ad essere stato mandato al riformatorio per ciò che era avvenuto in quello scantinato aveva fatto dimenticare ad entrambi quella brutta storia.
Ma a parte questo, Eleanor si sentiva profondamente legata a quel luogo. Una malinconia infinita le si strinse intorno al cuore, serrandole la gola.

“Posso aiutarvi?”

A parlare era stata una donna sulla mezza età, bassa e tarchiata. Eleanor la riconobbe subito.

“Signora Rendall !” esclamò, sinceramente felice di rivederla. Era stata la sua insegnante di musica, l’unica materia in cui andava bene. La sua voce le aveva permesso di avere un posto d’onore nel coro della scuola.

La donna strinse gli occhi e osservò attentamente la ragazza. Le sue rughe parvero distendersi dallo stupore : 

“Non ci posso credere!” mormorò, incredula “Eleanor, giusto?”

“Proprio io!”

La signora lanciò un urletto di gioia ed l’abbracciò con foga. Eleanor ricambiò la stretta e rise divertita da tutto quell’entusiasmo.

“Non pensavo si ricordasse di me.” Disse Eleanor, una volta che si furono separate.

“Come posso dimenticare la mia allieva più talentuosa? Il nostro coro è praticamente morto da quando sei andata via!”

Eleanor sorrise imbarazzata. “Non esageri adesso.”

“Oh non esagero affatto! So che non dovrei dirlo, ma sappi che eri la mia preferita!”

Stava per rispondere, ma Rock le sfiorò il braccio, riportandola alla realtà.
Stavano perdendo tempo! Non erano venuti fin lì per ricordare i bei tempi andati; c’erano cose più importanti a cui pensare.
Eleanor si fece seria. Da quel momento in poi sarebbe iniziata la recita:

“Signora Rendall, avrei un favore enorme da chiederle.”

“Dimmi, cara.”

“Dovremmo incontrare urgentemente la direttrice. So che bisognerebbe prendere appuntamento, ma …”

“Non c’è alcun problema!” le assicurò subito, lei.

“Davvero?” domandò Eleanor, speranzosa “Può riceverci ?”

“Certo che si, dato che ti sta già ricevendo.”

“Come?”

La signora sorrise, con un certo orgoglio: “Sono quasi quattro anni che gestisco questo posto, ormai!”

“Oh…”

Grande!

Se non era un colpo di fortuna quello? Quella donna l’adorava, non sarebbe stato complicato convincerla. Rock sembrava pensarla come lei, vista l’occhiata complice che si scambiarono.

“Aspettami nel mio ufficio. Devo prima fare una cosa. Ti ricordi dov’è vero?”

Se lo ricordava? Aveva passato ore lì dentro insieme ad Evan, in punizione.
Annuì soltanto. Prese Rock per mano e lo guidò verso la zona degli uffici degli insegnanti. Avrebbe potuto trovare la strada anche ad occhi chiusi.

“Dovrai fare la cocca della maestra ancora per oggi, temo!” la prese in giro Rock.

“Stai zitto!” sbottò lei, assestandogli una gomitata poco convinta, facendolo ridacchiare.

 

***

 

Rap assisteva impotente. Non poteva fare altro che restare a guardare la sua vita, così come la conosceva lui, sparire, scivolare via, mutare inevitabilmente.
Erano passate già due settimane da quando Rock ed Eleanor avevano parlato della casa che Will aveva acquistato e della loro intenzione di trasferirsi lì. Avevano chiesto a lui, a Heavy e Metal di andare con loro, e mentre i due gemelli sembravano prendere seriamente la cosa, lui non riusciva nemmeno a prenderla in considerazione.
Quella scuola era la sua casa. Cadeva a pezzi, era buia, umida e cigolante in ogni sua parte, ma quelle mura erano impregnate delle risate di Marika. Lei era stata felice in quel luogo e, di conseguenza, anche lui.
E poi, c’era quella stanzetta nel seminterrato. Quella cameretta per la bambina che Marika non era riuscita a conoscere. Aveva dato l’anima per arredarla e metterla a posto, era stata lì dentro l’ultima volta che aveva riso.
Perché Rock e Eleanor gli stavano facendo questo? Come potevano chiedergli di separarsi per sempre da quel piccolo rifugio? Cos’è che avevano combinato in quegli ultimi giorni? Perché Eleanor continuava a badare così tanto al proprio abbigliamento ed era sempre così nervosa, come se stesse andando a fare un provino? E perché non si facevano più vedere? Erano spariti, come se si fossero già trasferiti. Eleanor riusciva a vederla solo al locale di Amber, e Rock solo la sera molto tardi. Non aveva idea di cosa stessero combinando.
Era cominciato tutto con l’arrivo di Will. Rap sentì di odiare quell’uomo. Stava rovinando tutto.
Strinse i pugni e si ricordò solo in quel momento di avere un giornale in mano. Sospirò. No, non poteva dare la colpa a Will se la sua vita sarebbe cambiata radicalmente di lì a poco.
Si abbandonò su una delle panchine del parco e gettò lontano quel maledetto giornale che gli aveva indiscutibilmente rovinato la giornata. Su un articolo era scritto che presto quella scuola che lui chiamava casa, sarebbe stata demolita, ricostruita e riaperta. La decisione era già stata presa all’unanimità dal Sindaco della città e dai suoi collaboratori. Presto, la palestra dove lui e gli altri avevano giocato a basket, dove Marika aveva ballato con la musica sparata nelle orecchie, dove lui aveva baciato Eleanor la prima volta, la mensa dove spesso e volentieri tutti loro avevano litigato e riso, dove lui aveva osato prendersi Eleanor, le loro aule adibite a camere da letto, l’altalena dove tutti andavano a dondolarsi se tristi o preoccupati,   la stanzetta di Haylie…  tutto quello non sarebbe stato altro che un cumulo di macerie.
Gli altri non sapevano ancora nulla. Rap aveva appreso da appena un paio d’ore questa notizia. Eppure, era convinto che nessuno di loro sarebbe stato triste quanto lo era lui. Sembravano così ansiosi di andarsene da lì, di vivere in una casa vera!
Rap odiava i cambiamenti. Lo terrorizzavano. E ora era terrorizzato. Si sentiva perso, disperato e immensamente solo. Nessuno dei suoi amici avrebbe mai lottato per quel piccolo mondo. Era solo lui a sentirlo suo.
Qualcosa si mosse davanti a lui. Rap alzò stancamente gli occhi e si ritrovò a fissare lo stesso giornale che aveva gettato per terra poco prima. Qualcuno glielo stava facendo dondolare davanti alla faccia. Una bambina lo fissava timidamente, da dietro il giornale. Il suo visetto era appena visibile dietro la sciarpa bianca e sotto la protezione del cappuccio del cappotto bordeaux che indossava.
Era piuttosto piccola, non le dava più di cinque anni. Sul suo naso, una spruzzata di lentiggini. Rap si trovò a pensare che un giorno, quando sarebbe stata più grande, le avrebbe odiate. Marika odiava le sue. Cercava in ogni modo di nasconderle sotto strati di trucco, senza rendersi conto di quanto lui invece le trovasse adorabili.

“Puoi buttarlo!” fece Rap, piuttosto apaticamente “Non lo voglio!”

La bambina osservò il giornale per qualche istante, un po’ corrucciata. Poi si guardò intorno, individuò un cestino per i rifiuti e lo raggiunse di corsa. A causa dell’improvviso spostamento d’aria, il cappuccio le scivolò giù e Rap si trovò ad osservare una cascata di boccoli rossi ondeggiarle contro le spalle. Un’orrenda sensazione di dejà-vu lo colpì. Succedeva ogni volta che vedeva una ragazza, una donna e , sì, persino una bambina con i capelli come quelli che aveva Marika.
Sospirò esausto, e si abbandonò completamente contro lo schienale della panchina, fissando il cielo sopra di sé, quel giorno azzurro e limpido come non era da giorni.
Un rumore di passi lo distrasse, costringendolo a riportare lo sguardo a terra. La bambina era di nuovo davanti a lui, il cappuccio di nuovo al suo posto , e lo fissava timida, ma con una certa curiosità. Rap lasciò vagare gli occhi un po’ intorno, alla ricerca di un possibile genitore, ma in quella zona del parco non c’era nessuno. Soltanto loro due.

“Ti sei persa?” chiese, con distacco.

La bambina fece di no con il capo, senza staccargli gli occhi di dosso.

Rap sospirò, poi, senza rendersene nemmeno conto, disse : “….Io si invece.”

La vide corrucciarsi di confusione. Le sue labbra si schiusero leggermente fino a formare una piccola "o" di sorpresa.

“Già, sconvolgente vero?” sbottò Rap. “Anche gli adulti si perdono, a volte!”

La bambina continuava a fissarlo, immobile, senza battere ciglio. Nonostante si fosse persa, non sembrava spaventata, come sarebbe stato qualunque altro bambino. Lei sembrava perfettamente a suo agio. Quel suo bizzarro comportamento, scatenò la simpatia di Rap.

“Non dovresti stare qui. Tua madre non ti ha mai detto che non si parla agli sconosciuti?” 

La piccola s’incupì e per la prima volta da quando era comparsa, abbassò lo sguardo a terra. Lentamente alzò un braccio e indicò il cielo. Rap guardò in alto, ma non c’era nulla. La guardò senza capire e prima di poterle chiedere cosa stesse indicando, lei era già seduta al suo fianco. D’un tratto sembrava timorosa. Fissava il vuoto e si torturava le mani .

“Sicura di non esseri persa?” domandò di nuovo Rap, dubbioso.

La bambina scosse un’altra volta il capo, stavolta più energicamente. Rap iniziò a sentirsi piuttosto in imbarazzo. Non era abituato ad avere a che fare con i bambini. Non aveva MAI avuto a che fare con i bambini, a dir la verità. E doveva ammettere che un po’ lo intimidivano. Bisognava sempre misurare le parole con loro, un limite che lui non s’imponeva mai.
Restarono in silenzio per un bel po’, Rap quasi si dimenticò della sua presenza, perso fra i suoi mille pensieri, finché con la coda dell’occhio non la vide alzare il volto al cielo. Sembrava impegnata a guardare qualcosa che solo lei riusciva a vedere. Probabilmente la stessa cosa che aveva indicato poco prima.

“Che stai guardando?” chiese Rap, sinceramente curioso.

Le labbra della piccola si schiusero leggermente e si mossero appena, indecise se far uscire qualche suono o no. Poi, dopo quella che sembrò una dura battaglia con sé stessa, la bambina parlò per la prima volta. Una parola. Solo una parola, pronunciata con un’incertezza quasi commovente, e velata da una tristezza ben percepibile:

“…. Mamma.”

L’attenzione di Rap fu tutta per lei, a quel punto. E anche la sua pietà. Odiava impietosirsi, perché detestava quando le persone s’impietosivano per lui, ma davvero non potè fare altro. Vedere gli occhi lucidi di quella bambina così piccola rivolti al cielo alla ricerca della madre, evidentemente morta, era qualcosa di straziante. Sentì l’improvviso impulso di farla ridere, tirarle su il morale in qualche modo, pur essendo cosciente di essere una frana nel far divertire le persone. Tentò con un’altra strada, allora:

“Anche la mia è lassù.”

La bimba lo guardò, i suoi occhi scuri spalancati in lui, accesi di curiosità. Vedendola così interessata, continuò a parlare:

“Magari conosce la tua. Forse sono amiche e se ne stanno lassù a spettegolare su quello che facciamo qui. E sicuramente passano ore ed ore a litigare su chi abbia il figlio migliore.” La osservò di sottecchi, per verificare il suo stato d’animo. La tristezza era scomparsa dal suo visetto. Un accenno di sorriso le incurvava le labbra. “E mi spiace dirlo, ma vinco io!”

La sua risata gli si propagò fin dentro all’anima. Non seppe spiegare il motivo, ma sentirla ridere lo fece stare bene ….felice. Trovava assurda quella strana emozione, eppure non se la sentì di soffocarla. Erano giorni che non si sentiva così rilassato. Quel peso che aveva sul cuore, parve farsi più leggero mentre la sua mente registrava l’immagine del sorriso di quella strana bambina, comparsa dal nulla come un fantasma a rischiarare un po’ quella giornata da dimenticare.
Poi, accadde qualcosa d’insolito. Un pensiero veloce e quasi impercettibile, una voce, un’eco che risuonò dentro di lui, lasciandolo interdetto :

E’ lei.

Non seppe spiegare il perché avesse pensato ciò. Erano parole senza senso. Lei, chi? Cos’è che il suo subconscio gli stava suggerendo?
E fu proprio Lei, a ridestarlo. La bambina gli aveva afferrato il polso e stava guardando il suo orologio. Fissava le lancette corrucciata e piuttosto confusa. Era sicuramente troppo piccola per saper leggere l’ora, ma non cercò di aiutarla. La osservò toccare con l’indice ogni numero sul quadrante dell’orologio, e contare silenziosamente con l’altra mano. Era davvero troppo impegnata ed assorta per poterla interrompere.
Rap si sorprese a fare il tifo per lei!
La bimba alzò finalmente lo sguardo su di lui, trionfante e le mostrò entusiasta le cinque dita della sua mano :

”Sono le cinque!” esclamò sorridente.

Si sentì uno stupido a sorridere di rimando, ma non riuscì a farne a meno. La sua gioia era così contagiosa! Terapeutica, quasi. I suoi problemi, le sue paure, la sua rabbia si erano dissolte nel nulla con l’arrivo di quella piccola e innocente creaturina.
La bimba saltò giù dalla panchina e a Rap si strinse inspiegabilmente il cuore nel realizzare che stava per andare via. Si voltò sorridente verso di lui e lo salutò con la mano, prima di sgambettare via. Rap non aveva fatto in tempo a ricambiare il saluto, ma la seguì con lo sguardo fin dove gli fu consentito. E nel momento in cui scomparve alla fine del sentiero, tutte le sue ombre tornarono a braccarlo. Non le aveva nemmeno chiesto come si chiamasse. Nemmeno il nome sapeva di quel piccolo angelo con le lentiggini che, anche se per una manciata di minuti, l’aveva protetto dai proprio tormenti.
Era stato certo l’incontro più assurdo che avesse mai avuto, e sentiva da qualche parte dentro di sé, forse suggerito dalla stessa voce che aveva sentito poco prima, che non sarebbe stato l’ultimo. L’avrebbe rivista.
Sbuffò, nervosamente, si alzò e s’incamminò verso casa.

Stai uscendo di testa, Rap!

 

 ***

Haylie gli si buttò tra le braccia con una tale foga che per poco non cadde all’indietro!

“Hei, vacci piano principessa!” esclamò ridendo Rock.

“Gli ho parlato! Gli ho parlato!” urlò lei, felice come mai lui l’aveva vista. “Ho parlato con il mio papà!”

“Sei stata bravissima.” Le disse Rock, accarezzandole il capo. “E domani gli parlerai ancora. E anche dopodomani e fra tre giorni e così via, fino a che non capirà chi sei!”

Il sorriso di Haylie divenne immenso. La bimba saltellò dalla felicità e si appese con forza al collo di Rock che la sollevò da terra. 

“Andiamo a raccontare tutto ad Eleanor, ok?”

Lei annuì con energia e abbandonò la testa sulla sua spalla.

“Domani verrà anche lei.” Le assicurò lui “E’ il suo giorno libero e non deve lavorare!” 

La sentì rafforzare la presa attorno al suo collo, segno che aveva capito e che ne era felice. Haylie parlava poco e comunicava perlopiù a gesti. Interpretarli era diventato un gioco per Rock.

“Il mio papà…. Ho parlato con il mio papà…” continuò a ripetere Haylie, sottovoce, come per autoconvincersi che fosse successo per davvero “…il papà numero uno!”

*** 

 

Quando Rap entrò nel locale di Amber, trovò parecchio trambusto. Nicole era insieme a Heavy e Metal e stavano giocando ad una specie di hockey improvvisato con le scope e un sottobicchiere. Urlavano, s’’insultavano e sghignazzavano come dei ragazzini. Amber stava dietro al bancone a lucidare bicchieri con aria svogliata assieme ad Eleanor, la radio sparava musica altissima e le due ragazze cantavano a squarciagola. Inutile dire che la voce di sua sorella stava rovinando tutto. Grazie al cielo non c’erano clienti in quel momento.
Rap varcò la soglia un po’ stralunato. Gli sembrava di essere all’asilo.

“Ok, chi ha infilato della droga nell’impianto di areazione?” domandò appena entrato.

Amber lo salutò con un sorriso, senza smettere di cantare, Eleanor si limitò ad un cenno della testa, gli altri tre nemmeno si erano accorti del suo arrivo. Erano troppo presi dal darsele di santa ragione con le scope.
Rap andò a sedersi di fronte alla sorella che, finalmente, smise si cantare lasciando alla voce di Eleanor l’onore di riempire il locale.

“Dov’è Rock?” chiese Rap, notando subito la sua assenza.

“E’ con Will!” rispose Eleanor elusiva, allungando una mano per spegnere la radio. Appena la musica cessò, le risate e le urla di Nicole, Heavy e Metal sembrarono farsi decisamente più fastidiose.

“Con Will?” sbottò, confuso “Scusa, ma quei due non si odiavano?”

Eleanor fece spallucce e non disse nulla. Nulla di troppo strano per lei, in quell’ultimo periodo.
Rap sospirò rassegnato e rinunciò ad ottenere una risposta esauriente. Qualche istante dopo, Amber richiamò all’ordine Nicole e gli altri due, prima di scomparire in cucina. Nicole la sostituì dietro il bancone, era rossa in viso, aveva il fiatone e stava ancora ridendo, ma non appena vide Rap si fece seria e studiò il suo viso.

“Non mi dire!” esclamò poi, riacquistando il sorriso.

Rap la fissò senza capire. “Che?”

“Te lo leggo in faccia. Non mi puoi mentire, sono un genio nel leggere le persone!”

“Di che parli, genio?!”

“Sei…diverso, oggi.”

Rap inarcò le sopracciglia, fingendosi impressionato: “Oh davvero?”

Nicole annuì : “Sembri… non so, felice.”

Heavy, seduto col fratello ad uno dei tavoli, sghignazzò : “Lui? L’eterno depresso? Nicole, continua a fare la barista che è meglio!”

La ragazza bionda, afferrò nuovamente la scopa e gli si avvicinò minacciosamente. Rap si ritrovò suo malgrado a ridere leggermente vedendo i due inseguirsi per il locale.
In effetti Nicole aveva ragione. In quel momento sentiva di essere di buonumore e gli capitava così di rado che era del tutto impreparato a domare quelle sensazioni positive.

“Che succede, Rap?” gli domandò Eleanor. Stava sorridendo, come se comprendesse appieno il suo stato d’animo “Hai per caso incontrato una bella ragazza mentre eri fuori?”

Il sorriso di Rap si allargò e soffoco una risatina, abbassando lo sguardo sul bancone : “…Più o meno!”

***

Viva! Incredibile ma vero, sono ancora viva!
L'ispirazione non mi è stata per niente amica in questi ultimi mesi. Andava e veniva come pareva a lei. Non avete idea di quante versioni io abbia scritto di questo capitolo! Alla fine sono riuscita a decidermi a non cambiarlo più!
Ma c'è ancora poco da resistere, gente!
Il prossimo sarà l'ultimo! Non ho ancora deciso se fare l'epilogo attaccato al capitolo e se lasciarlo a parte. Boh, dipende quanto verrà lungo! Ho tutto in testa, la scena finale, l'ultima battuta ...tutto! E' l'arrivarci il problema ^^.

Comunque, cavolo! Entro su EFP e trovo tutta la grafica cambiata! XD Mi sono sinceramente spaventata!!!! Però mi piace!
Grazie mille alle irreducibili che hanno recensito! ^__^
A proposito ho visto che ora si può cambiare Nick, e ho notato che qualcuna di voi ha cambiato nick. Questo mi ha mandato in confusione, sappiatelo ù.ù . XD

Ok, sapete che vi dico? Mi metto subito all'opera per il prossimo capitolo (già piango al pensiero che siamo alla fine ç.ç), bisogna approfittarne finchè la mente è lucida e l'ispirazione alta, no!?

Fatemi sapere, vi prego!!! Scrivete scrivete scrivete i vostri pareri su questo pastrocchio di capitolo!  T.T

Spero che la prox volta arrivi presto, ma non faccio previsioni che è meglio :p

Alla prossima

Ayleen

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