Mille Foglie Rosse

di Isyde
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nessun Amico ***
Capitolo 2: *** Chiazze Bianche ***
Capitolo 3: *** Auguri Pansy ***
Capitolo 4: *** Un barattolo ***
Capitolo 5: *** Ancora Viva ***
Capitolo 6: *** Rialzarsi ***
Capitolo 7: *** Il Cavaliere Fantasma ***
Capitolo 8: *** L'abito Imperfetto ***
Capitolo 9: *** Polvere di Stelle ***
Capitolo 10: *** Cena di Famiglia ***
Capitolo 11: *** La Tormenta ***
Capitolo 12: *** Rimanere Impassibili ***
Capitolo 13: *** I Muri Vedono ***
Capitolo 14: *** Cosa sei, Millicent? ***
Capitolo 15: *** Nemmeno per tutto l'oro del mondo ***
Capitolo 16: *** Ti Capisco, Blaise ***



Capitolo 1
*** Nessun Amico ***


Nessun Amico.

 

 

Alzarsi la mattina diventava sempre più difficile.

Il freddo che penetrava da alcuni spifferi non aiutava, così come il camino che qualche sua compagna di dormitorio aveva spento.

Millicent Bullstrode si stiracchiò appena e fissò l'orologio a pendolo sopra il letto della Parkinson.

Le vecchie ed arruginite lancette segnavano le sei del mattino, e di solito la domenica in giro non c'era nessuno.

Decise che avrebbe passeggiato per i giardini e poi sarebbe rientrata per finire qualche tema di Trasfigurazione.

Si chiuse nel piccolo bagno e senza volerlo veramente si fermò ad osservarsi allo specchio.

Guance paffute e sempre arrossate.

Capelli scuri, che smorti le ricadevano sulle spalle.

Occhi dal taglio obliquo, guardigni e ancora più neri dei suoi capelli.

Un concentrato di corpulenza e goffaggine.

Ecco cosa vedeva riflessa e l'immagine non le piaceva affatto, si scostò e si voltò.

Nessuno poteva essere amico di un mostro del genere.

Persino lei li capiva.

Capiva Blaise Zabini quando la chiamava "L'Armadio" , quando entravano in Sala Grande a pranzo e a cena.

Comprendeva gli sguardi divertiti delle sue compagne quando faceva cadere qualcosa che immancabilmente si rompeva.

Si odiava.

Odiava il suo cognome, la sua famiglia, il suo corpo, la sua mediocrità.

Non si meritava di avere degli amici e per questo quella mattina, come molte altre prima, corse fuori a vedere l'alba che nasceva e colorava il Lago Nero.

Almeno lì, seduta su un vecchio tronco con le mani infilate nelle tasche, poteva fingere di essere amica di sè stessa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

____

 

Questa è una serie di Brevi Storie sulla vita/biografia di Millicent Bullstrode e di altri Serpeverde.

Qui non leggerete di un Blaise Zabini bianco e gentile, di Goyle e Tiger come bamboccioni o di un Malfoy innamorato di uno o più Sanguesporco. Se preferite quel "canon" lì, allora vi conviene leggere qualcos'altro.

Potrò sembrare un po' polemica, ma sono un po' stufa di cosa sta uscendo dal fandom HP.

Tutti possono/devono scrivere ciò che vogliono, ma un minimo di correttezza grammaticale o almeno "psicologica" che possa ricordarci che stiamo parlando del mondo della zia Row, sarebbe l'ideale. Per il resto, ci sono le Originali...

Baci&Abbracci a tutti,

Isy.

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Capitolo 2
*** Chiazze Bianche ***


 

Chiazze bianche.

 

 

Cosa avrebbero detto gli altri?

Avrebbero notato quel cambiamento?

L'avrebbero insultata come al solito, provando a farle capire che l'unico destino che li attendeva è quello di una vecchia e zitella maghinò?

Forse.

Sapeva benissimo che sole due persone si sarebbero divertite nel farle notare la sua inutilità.

E quelle si stavano avvicinando lungo il corridoio del treno.

Il primo, alto e aggraziato camminava sprezzante con la bacchetta in mano divertendosi a lanciare spruzzi di fuochi d'artificio a chiunque osasse guardarlo.

L'altro più basso e quasi ranicchiato su di sè, osservava i vari studenti con aria superiore.

Eccoli, Blaise Zabini e Theodore Nott.

E proprio come aveva pronosticato il primo si fermò davanti al suo sportello aperto.

-Ma guarda qui, la cara Bullstrode porta gli occhiali!- la schernì.

Nott la fissò con aria divertita, quasi come fosse un fenomeno da baraccone patetico.

Millicent rimase in silenzio e tremante si alzò.

-Certo che questo modello proprio non ti dona...Sembrano due vecchi rami secchi. Vecchi e luridi quanto te, ver...-

Non fece in tempo a finire la frase perchè Millicent chiuse la porta della cabina con uno scatto violentò che fece tremare i vetri.

Si sedette pesantemente sul sedile e cercò di trattenere le lacrime.

Gli occhi, però, altro non riflettevano che le chiazze bianche e salate del vetro.

Ancora una volta sentì la sconfitta bruciarle la gola.

Ancora una volta aveva perso.

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Capitolo 3
*** Auguri Pansy ***


 

 

Auguri Pansy.

 

 

 

 

Il Castello non era mai stato un luogo allegro, semmai triste e torvo agli occhi di Millicent, che quel pomeriggio decise di uscire e godersi gli ultimi raggi d'estate.

Adorava starsene seduta in mezzo alla natura, osservare ogni piccolo particolare e sentirsi più libera.

Libera di sorridere al cielo.

Ma quel pomeriggio fu interotta dall'arrivo di Pansy e Daphne che ridacchiavano poco più lontano di lei.

-Bulstrode!- la chiamò Pansy. -Cosa ci fai qui sola, soletta?- domandò sorridendo appena.

Millicent la osservò attentamente, prima di risponderle.

Non che la odiasse più di tanto, erano perfino cugine, ma non sopportava il suo modo di sorridere.

Sembrava dovesse per forza farlo, come se lei fosse una troglodita da rassicurare.

-Niente.- ringhiò Millicent alzandosi di scatto.

-Sai, volevamo invitarti alla piccola festicciola che facciamo nel vecchio dormitorio del terzo anno, quello che è andato a fuoco. Sai, per il suo compleanno.- disse Daphne, mentre Pansy annuiva.

Per un solo secondo, Millicent pensò a quanto sarebbe stato bello andarci, indossare quell'abito scuro con i risvolti verdi che sua madre gli rifilava ogni anno, starsene lì a sentire i resoconti di Malfoy, le barzellette senza senso di Goyle o i discorsi arguti che Tiger riusciva a tirare fuori fra un'abbuffata e l'altra oppure la lista infinita di scarpe che Pansy aveva comprato a Parigi.

Eppure sapeva benissimo che lì, lei, non era la benvenuta.

-No, grazie!- ribattè.

Daphne sorrise e si rivolse a Pansy. -Te l'ho sempre detto che non è normale...- le sussurrò.

Millicent strinse le mani sotto il mantello e corse via, senza farlo apposta, urtò con la spalla il petto di Daphne che strillò e cadde.

-Scusa...- cominciò Millicent tentando di aiutarla, ma la ragazza si scostò.

-Mi dispiace...-continuò, ma fu ignorata dalle sue due compagne che schizzarono via, verso l'entrata del Castello.

Millicent rimase a fissare le loro schiene che si allontanavano.

Aveva ragione suo padre, lei sapeva solo fare a botte.

Stava quasi per andarsene, quando vide la testa di Pansy voltarsi e farle un cenno di saluto.

Alzò una mano a mo' di risposta, ma solo allora si accorse, che in realtà stava salutando un ragazzo magrolino di Corvonero, che camminava poco distante da lei.

E se ne stette lì, in piedi, con il mantello che pendeva verso sinistra, i capelli arruffati, gli occhi lucidi e quel braccio teso come le sue dita in gesto di saluto.

Quasi come se volesse dirle "Auguri Pansy".

 

 

 

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Capitolo 4
*** Un barattolo ***


Un Barattolo

 

 

Un barattolo.

Un barattolo fiammante e stregato, ecco cos'era quello strano calice posto al centro della Sala Grande.

Con il naso infilato in mezzo al libro di Pozioni e una mano che distrattamente sbriciolava il toast osservava i diversi studenti del settimo e sesto anno mettere il nome, scritto su un pezzo di pergamena ed infilarlo in quel barattolo infuocato.

Spettrale, almeno per lei

C'era chi l'aveva fatto solo per ridere, sognando di divedersi il bottino come i gemelli Weasley e chi invece sperava nella gloria.

Improvvisamente si sedette, qualche posto più in là, Draco Malfoy con un tonfo.

Sospirò e si massaggiò le tempie.

-Che è successo, Draco?- domandò Daphna mangiucchiando una torta.

-Il nostro caro Preside ha annullato ogni tipo di manifestazione sportiva, quindi niente Quidditch quest'anno!- esclamò stizzito.

Un silenzio raggelò i Serpeverde seduti, anche Millicent aveva lasciato perdere il libro e stava trattenendo il fiato.

-Da...Davvero?- domandò Goyle, seguito poi da molti altri "Non ci posso credere!".

-Certo! Non mi diverto mica a raccontare queste cose!- rispose quasi ringhiando a Goyle e a un ragazzo del terzo anno che lo fissava sconvolto.

Pansy fu l'unica a sorridere in quel momento. -Draco avresti pure il coraggio di andare nudo, ma che nessuno tocchi il Quidditch!- ironizzò spalmandosi dosi generose di burro sul pane croccante.

-Ma tu sei fuori!- strillò Tiger. -Non si scherza sul Quidditch!- aggiunse colpendo con un pugno il vecchio tavolo che sobbalzò.

Il bicchiere di succo d'uva vicino a Millicent si rovesciò e macchiò parte della divisa e del libro. Lei scattò indietro e cercò di salvare il libro.

Voltò nervosamente lo sguardo per la tavola e si accorse che nessuno aveva prestato attenzione.

In un primo momento fu contenta, nessuno l'aveva derisa.

Dall'altra comprese quanto fosse invisibile.

Mimetizzata con il tavolo e la panchina di legno scuro, con il pavimento in marmo, con i muri umidi, con il cielo nuvoloso di Scozia.

Con tutto, tranne che con sè stessa.

 

 

 

 

 

*Il barattolo altro non è che il Calice di Fuoco.

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Capitolo 5
*** Ancora Viva ***


Ancora Viva

 

 

Vento gelido che cercava di spezzare la sua pelle chiara.

Nuda terra che aspettava con gioia la fine del suo volo.

Suoni e colori che si confondevano nella sua mente confusa.

E poi solamente uno schianto e la forza di grungnire dal dolore.

La scopa cadde a qualche metro da lei e ruzzolò lungo il campo di Quidditch.

Fitte di atroci spasmi percuotevano un corpo stanco.

Il sangue aveva rigato il viso, deturpandolo e sporcando il terreno.

Ancora viva.

Dopo una caduta libera di circa venti metri, dopo aver perso il controllo del suo adorato mezzo, dopo aver abbandonato ogni lotta, Millicent era ancora viva.

Spezzata in mille pezzi sparsi per il vento e ridotti in cenere, ma viva.

E non aveva dimenticato quella bacchetta chiara, puntata contro di lei mentre giocava.

Ma questa volta non l'aveva uccisa, si rialzò tremante e tenendo appena a freno le lacrime di dolore di una spalla fratturata.

Sentì le voci di Daphne e di Pansy avvicinarsi.

Sua cugina cercò di aiutarla, ma Millicent si scostò brutalmente, rischiando perfino di cadere di nuovo.

-Non ho bisogno di nessuno. Sto bene.- biascicò, tamponandosi il sangue che colava dal naso.

-Sono ancora viva.- aggiunse, recandosi verso il Castello con passo incerto.

Non vide la bacchetta chiara scomparire nella tasta dei pantaloni di un ragazzo dalla pelle scura e dallo sguardo spaventato.

 

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Capitolo 6
*** Rialzarsi ***


Rialzarsi.

 

 

 

Era facile.

 

Bastava muovere lentamente ogni suo osso, far contrarre ogni muscolo, lanciare blandi messaggi elettrici alle sue terminazioni nervose e si sarebbe alzata.

 

Odiava l'odore di medicinali e di pulito che emanava quell'infermeria.

 

Se ne stava lì da ore, sveglia e con la sola compagnia di un soffitto candido.

 

Quanto avrebbe voluto alzarsi e scordarsi tutto.

 

Sarebbe stato semplice, bastava stringere i denti in una smorfia ed ignorare l'accaduto.

 

Nessuno aveva puntato una bacchetta contro di lei.

 

Nessuno aveva tentato di ucciderla, nessuno le prestava una tale sadica attenzione.

 

Lei era solo Millicent Bulstrode, quella grossa ragazza.

 

Quella grassa.

 

Quella inutile.

 

Stava quasi per riuscire a sedersi su quel letto, quando la porta cigolò e mostrò il volto pallido di sua cugina.

 

-Millicent...- mormorò appena, sedendosi accanto a lei. -Come stai?-

 

Come stai?

 

Respirò a fondo prima di rispondere, che cosa poteva dirle?

 

Che avrebbe voluto piangere dalla rabbia?

 

Che passava ogni giorno a chiedersi il perchè di tanta cattiveria?

 

Sapeva di non essere bella e sapeva pure di essere alquanto introversa, ma non si meritava quell'affronto.

 

-Bene.- soffiò appena, grugnendo a causa della fitta alle costole.

 

-Sono contenta, sai Blaise voleva fare solo uno dei suoi scherzi...-

 

Il corpo di Millicent rabbrividì e scattò a sedere.

 

-Scherzo?- gracchiò.

 

Pansy aprì la bocca per cercare di riparare al suo errore, per cercare di coprire la realtà.

 

-Io...Davvero Millicent, si sente in colpa...-

 

-Sai non deve sentirsi in colpa.- disse Millicent alzandosi dal letto. Si sistemò la vestaglia sulle spalle e racchiuse i capelli scuri e disordianti in una flaccida coda. -Zabini deve sentirsi solo minacciato.- sibilò, avvicinandosi a Pansy che la fissava sbigottita.

 

-Non vorrai...Non vorrai duellare con lui?- domandò quasi spaventata alla sola idea di quello che poteva succedere.

 

Millicent trattenne il respiro e solo quando si voltò per sistemare le coperte e prendere i suoi abiti parlò.

 

-Io mi rialzo sempre Pansy ed è venuto il momento che Zabini si guardi alle spalle.-

 

Seguì un silenzio carico di stupore e confusione, che fu rotto dal rumore delle scarpe di Pansy che si allontanava.

 

Solo quando sentì la porta chiudersi, Millicent ebbe il coraggio di sorridere.

 

Poteva essere facile.

 

Doveva esserlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

_______

 

Spero di riuscire a rispondere alle vostre bellissime recensioni entro domani mattina.

Purtroppo ho i miei primi esami universitari e fra agitazione e appunti che non si trovano...E' un periodo un po' difficile.

Grazie a tutti/e!

Isy

 

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Capitolo 7
*** Il Cavaliere Fantasma ***


Il Cavaliere Fantasma.

 

C'erano tre sole parole che in quei giorni riusciva a farle tremare dalla paura.

Ed altro non erano che Ballo del Ceppo.

Antiche tradizioni riesumate solo per far svagare le menti vuote degli studenti, almeno così la pensava Millicent mentre cercava di concentrarsi sul libro di storia della magia medievale.

Si era seduta lontana da tutti, nel suo angolo preferito, accanto all'immensa libreria di pozioni. Da lì poteva chiaramente vedere la maggior parte dei suoi compagni.

C'era il bizzarro trio, formato da Malfoy, Tiger e Goyle che sbuffavano e facevano battutine di scherno a chiunque passasse in quell'area.

Sua cugina Pansy che invece di studiare parlottava con Nott e Daphne mentre Tracey cercava inutilmente di concentrarsi in tutto quel brusìo.

E poi c'erano quegli occhi scuri costantemente puntati su di lei dall'incidente.

Gli era capitato più di una volta di ritrovarselo davanti in Sala Grande, nel parco e perfino davanti all'entrata del bagno delle ragazze del secondo piano. Ma se all'inizio tentennava qualche secondo giusto per accettare quelle blande scuse o qualunque cosa avesse da dire, ora la sua sola presenza la irritava.

Per questo da quella mattina lo ignorava costantemente, fingendo che Blaise Zabini non fosse altro che un fantasma noioso.

E così doveva rimanere.

Avevano riso di lei per troppo tempo, era venuto il momento di costruire quel muro che la scrittrice Yunea Smith decantava nel suo libro "Come aumentare l'autostima per sè". Se l'era fatto recapitare qualche giorno prima e l'aveva divorato in una sola notte.

All'inizio fingeva che le regole e gli esercizi non erano altro che un mucchio di cretinate costate ben due galeoni ma ormai non poteva fare a meno di passare il pomeriggio a sfogliare il libro, anche solo per trovare la conferma ai suoi sospetti.

La sua ossesione era poi aumentata quando fu indetto quel Ballo del Ceppo. Da allora qualunque ragazza parlava di questo.

E se non si aspettava altro da Pansy o Hanna Abbott, era rimasta sconvolta dal sentire "La Zannuta" e quella Weasley parlare di abiti e passi di danza.

In tutti quei giorni aveva accuratamente evitato l'argomento, sapendo che presto avrebbe dovuto parlare o almeno dichiarare un qualcosa.

Fu proprio quella sera, mentre sistemava la sua cartella e riponeva le pergamene che si avvicinò Daphne, seguita dalle altre.

-Abbiamo sentito strane voci su di te, Bullstrode...- cominciò lei sedendosi sul suo letto.

-Quali?- domandò la ragazzo tenendo a mezz'aria una penna d'oca.

-Che per esempio andrai al ballo con un cavaliere misterioso!- esclamò Pansy sorridendo.

Per un solo attimo, Millicent sorrise.

Un sorriso spontaneo e vero, il primo davanti alle sue amiche, eppure un'ombra l'attraversò.

-In realtà non vado con nessuno. Anzi non ci vengo proprio.- dichiarò improvvisamente irritata.

Lasciò le sue compagne sconcertate e si diresse verso il bagno in comune chiudendosi dietro la porta.

-Un cavaliere...- borbottò cercando in tutti i modi di reprimere quelle lacrime salate che spingevano in ogni modo di uscire e rigarle il viso paffuto.

Sì, solo uno cieco, sordo e pure muto poteva anche solo azzardarsi ad uscire con lei.

Oppure un cavaliere fantasma, pensò.

E fu con quel pensiero che quella sera si addormentò, sognando di ballare fra le braccia di un cavaliere fantasma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

__//__

 

Spero che vi sia piaciuto anche questo lungo capitolo. Come potete vedere Millicent sta cambiando e in meglio per ora...

Un bacione a tutte le persone che hanno inserito questa storia fra le seguite/preferite e quelle che hanno la pazienza di recensire.

Non sapete quanta voglia di migliorare e scrivere mi date.

Un bacione a tutte/i,

Isy.

 

 

 

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Capitolo 8
*** L'abito Imperfetto ***


L'abito Imperfetto.

 

 

 

Decise di alzarsi da quel letto che da anni era il suo rifugio solo quando l'ultima studentessa della sua Casa avesse deciso che era ora fare colazione.

Puntò gli occhi sul secondo baule, posto sopra il primo.

Era arrivato nella notte ed immaginava chi glielo avesse mandato.

Poteva vedere sua madre, Patricia Goham-Bullstrode, impartire ordini su ordini ai poveri elfi domestici, fissando con aria truce gli abiti che aveva scelto lei da Madama McCain.

S'infilò la vestaglia, che pendeva storta sulle sue spalle troppo quadrate, troppo maschili.

Aprì con uno scatto il baule e un profumo di rose si levò, circondandola.

Ancora quell'abitudine bizzara, pensò mentre fissava con aria torva il contenuto.

La sua mano tirò fuori un abito blu, dalle linee semplici, che avrebbe dovuto fasciare quel corpo.

Il suo corpo.

Sua madre gli aveva spedito una specie di vestito lungo verde e nero, uno bianco con fiori porpora ed infine una cosa che assomigliava ad una tenda rossa.

Li stava prendendo e buttando sul letto quando sentì le voci di alcune ragazze.

Buttò tutto ciò che aveva in mano dentro il baule e prese la bacchetta, rimpicciolendo di colpo la cassa marrone.

_

Si guardò allo specchio.

Il sole era tramontato presto quel giorno, scomparendo dietro le colline scozzesi e lasciando brevi bagliori colorati al Lago Nero che accoglieva il magico galeone di Durmstrang.

Una fitta al cuore la colpì e un groppo indefinito, forse di pianto, forse di disperazione, risalì la gola e spuntò lingue salate da quegli occhi chiusi.

Li riaprì poco dopo per osservarsi.

Un conato di vomito, disgusto, rabbia salì lungo lo stomaco, ma fermò la sua corsa ben prima di attraversare le insidiose vie del suo cuore.

Alla fine aveva scelto l'abito bianco.

Anche se non fu una scelta, era l'unico vestito che le entrasse e non la obbligasse a trattenere il respiro per tutta la serata.

Perchè alla sola idea di passare una serata come quella, privandosi dell'aria e rinunciando a mangiare finchè non sarebbe scoppiata, lasciando a terra pezzi del suo corpo che potevano sembrare dei piccoli coriandoli.

L'abito lasciava scoperti i suoi polpacci, grossi quanto un giocatore di Quidditch.

Le braccia assomigliavano a un paio di salsiccie cucite sulle scapole.

Millicent combattè a lungo contro la voglia di rimanere in quel bagno e ballare seguendo il ritmo delle gocce di acqua che uscivano dagli usurati rubinetti.

Poteva essere una possibilità.

Poteva essere l'ideale.

Ma qualcosa gli impediva di farlo, forse il suo masochismo.

Scosse la testa e cercò di non pensarci.

Doveva uscire e andare a testa alta in mezzo a quella folla di studenti e fingere di essere...a suo agio.

Riportò lo sguardo su quell'abito bianco, bellissimo e raffinato, dalla stoffa pregiata.

Eppure così imperfetto sul suo corpo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Io non so più come ringraziarvi per le tantissime recensione che mi lasciate -mai viste così tante insieme!

Un grosso grazie, sincero e commosso, agli assidui recensori di questa storia:

Benzina, Fantasy is My Passion, Circe, Il Saggio Trent, Nocticula_Nott, SawaKochan e Nan96.

Grazie Ragazzi!

Baci e Abbracci a tutti i lettori silenziosi, a chi l'ha messa fra le preferite o fra le seguite.

Un saluto,

Isy.

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Capitolo 9
*** Polvere di Stelle ***


Polvere di Stelle.

 

 

Si fermò appena attraversò il grosso arco che sosteneva gran parte dell'entrata a quello che un tempo era solo una grigia mensa.

Fissò sbalordita ogni piccolo particolare. I festoni delle case, riccamente decorati, le sculture e le armature tirate a lucido, il ricco buffet servito su tavolini dalle linde tovagli ed infine il suo amato soffitto. Se normalmente s'incantava nel guardarlo ed immaginare di raggiungere tale folgorante bellezza, anche solo toccarla con un dito, quella sera tutto aveva qualcosa di speciale.

Il soffitto sembrava un lenzuolo scuro su cui qualcuno aveva versato polvere di stelle.

Sorrideva Millicent, per la prima volta in quella giornata si sentiva entusiasta.

Camminò fino al banchetto delle bevande e si verso del liquido giallino nel bicchiere, che bevve lentamente appoggiata a un muro.

Esattamente dall'altra parte della sala, in mezzo a quella folla che attendeva l'arrivo dei Campioni, un ragazzo la stava guardando.

Blaise Zabini ignorava Daphne che continuava a parlare di quanto fosse stato difficile trovare l'abito giusto per l'occasione.

Era troppo impegnato nella sua clandestina attività che mentre la ragazza bionda parlava, le schioccò un bacio sulle labbra rosa, chiudendole la bocca.

-Oh!- esclamò Daphne che da quel momento rimase in un beato silenzio.

Gli occhi scuri di Blaise avevano indugiato fin troppo sulle gambe ciciotte scoperte di Millicent, sul suo paffuto viso arrossato, su quei capelli neri legati in una sobria treccia e quelle labbra che sorseggiavano succo di zucca.

Come poteva sentirsi legato a un tale esempio di goffaggine e brutezza? Si domandò mentre il Preside annunciava l'inizo del banchetto e fece comparire piccoli tavoli, prese per un braccio Daphne e la trascinò fino a Millicent.

-Bullstrode,sei sola,vero?- domandò, ghignando perchè sapeva quale risposta avrebbe ricevuto.

Ma Millicent rimase in silenzio e salutò con una mano un ragazzo che le si era avvicinato. Si voltò appena su di lui, fissandolo con aria assorta.

-Sì e allora?- rispose allontanandosi per poi sedersi accanto al ragazzo che aveva salutato.

Blaise reprinse un mugolio di rabbia e spinse con forzata delicatezza Daphne al loro tavolo, dove Pansy, Vincent, Greg e Theodore stavano ridacchiando ai commenti acidi di Malfoy che analizzava ogni persona presente nella sala.

I suoi acidi commenti divennero via via più perfidi quando beccò l'imbarazzante abito di Weasley e l'assoluta incapacità di ballare dello Sfregiato.

-Blaise hai notato il vestito confetto della Zannuta?E la Abbott, sembra un'enorme meringa!- disse ridacchiando Draco.

Zabini non rispose e si limitò a puntare lo sguardo alle schiene di Millicent e Tracey Davis.

-Avete visto Millicent?- disse attirando gli sguardi, diversi ma ugualmente a disagio, di tutti.

-L'abito non è male.- rispose Pansy, cercando di non fissare i compagni.

-Già, salverei solo il vestito visto che l'ha disegnato Madame McCain.- si unì Draco sorridendo. -E poi sembra proprio che qualcuno ha il coraggio di parlarle...- aggiunse indicando con un cenno Anthony Goldstein.

Quest'ultimo stava parlando fitto con Millicent, rigido nel suo abito da cerimonia costoso e allegro come solo i Corvonero potevano essere dopo aver corretto i loro succhi di zucca.

I Serpeverde si girarono per fissarli qualche secondo, stupiti dal fatto che Millicent potesse avere degli amci.

Ritornarono a parlare di altro, quando magicamente comparirono le portate della cena.

__

Millicent quella sera non aveva mangiato.

Se n'era stata seduta a parlare con Tracey e Anthony.

Entrambi erano i rappresentanti di alcuni Club. La Serpeverde era da tempo a capo del piccolo Club di Artimanzia e Divinazione, mentre l'altro era diventato capo del Club di Cura delle Creature Magiche e stava raccontando di come alcuni snasi l'altro giorno avesse cercato di ucciderlo, pur di scavalcarlo.

L'avevano invitata subito al loro tavolo, perchè "sei l'unica in grado di tenere a bada gli Schiopodi Sparacoda" spiegò Anthony.

Era tentata di rispondere di no, ma quando vide Blaise avvicinarsi a lei e parlare come se non avesse mai cercato di ucciderla, la spinse ad accettare l'invito e ora non se ne pentiva.

Alzò lo sguardo al soffitto e rimase nuovamente incantata da tale spettacolo.

-Certo che stasera è bellissimo.- mormorò Tracey.

-Già, sembra polvere di stelle.- disse Millicent per poi avvampare per l'imbarazzo. Si morse la lingua mettendosi in testa che mai avrebbe dovuto dire cose così infantili.

-Concordo e penso che ci porterà fortuna, no?- ipotizzò Tracey.

Millicent socchiuse gli occhi e pensò solo a una cosa.

Polvere di stelle o meno, questa era stata una serata bellissima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

______

 

Hola, colgo l'opportunità di salutarvi e di ringraziarvi per le bellissime recensioni e per passare anche solo dieci secondi sulla pagina di questa storia.

Come avrete visto, Blaise Zabini è proprio uno S*****. Per fortuna che gli educati Corvonero e la secchiona Tracey l'hanno accolta al loro tavolo.

Nel prossimo capitolo, si torna a casa, a Bullstrode's Manor.

Vi mando una grossa scatola di Tutti i Gusti+ 1 per San Valentino.

Bacioni,

Isy

 

 

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Capitolo 10
*** Cena di Famiglia ***


 

 

Cena di Famiglia.

 

 

Scostò la coperta dagli occhi solo quando sentì l'inconfondibile rumore della smaterializzazione.

-Lo sai che sei scortese? Non si saluta più la sorellona?- le domandò una voce che Millicent ben conosceva.

-Cosa vuoi Nora?- biascicò la sorella alzandosi a sedere sul letto in cui aveva passato gran parte dei suoi primi undici anni di vita.

-La pazza ci vuole a cena, ci sarà anche la spaventosa mamma di Zabini e un tizio bizzarro del Ministero della Magia.-

Millicent fissò sua sorella maggiore Nora e l'invidia che covava dalla nascita esplose nuovamente.

Slanciata in quella divisa rossa e nera di Durmstrang, con quei capelli corti che le stavano in modo incantenvole e con quella sicurezza ed eleganza che la contraddistinguevano.

Stesso sangue, stessa famiglia, eppure così diverse.

-Milly? Posso chiederti una cosa?- chiese Nora fissandola con sguardo truce.

-Cosa?-

-Cos'è successo la scorsa est...-

-Niente, okay! Niente!- la interruppe gridando ed alzandosi dal letto le indicò la porta della camera.

Nora ridacchiò sommessamente, alzando le mani in segno di resa. -Okay, non fare l'isterica. Volevo solo spettegolare un po'.- confessò prima di scomparire lasciando nell'aria quel fastidioso rumore.

Millicent si buttò di schiena sul letto e chiuse gli occhi.

Avrebbe voluto rimanere a Hogwarts, nel silenzio di una scuola disabitata, disturbata solamente da qualche odioso compagno di scuola.

Era disposta perfino a sopportare Draco e il suo problemino con la lingua biforcuta che si ritrovava, oppure con le battute squallide di Tiger.

Socchiuse gli occhi e fissò il soffitto.

Qualche artigiano aveva sapientemente inciso le regole di condotta di un buon Bullstrode.

Regola numero uno: Mai mischiare il proprio sangue con quello sporco.

E già solo la prima regola riusciva a farla rabbrividire.

Come si poteva rifiutare di essere amico o anche solo parlare con una persona solo perchè non poteva certo vantarsi di generazioni di maghi?

Lei quello proprio non lo capiva.

 

 

 

 

La cena proseguiva nel totale silenzio per Millicent.

Aveva salutato con un cenno il funzionario e la signora Zabini, ignorò volutamente la guancia tesa di sua madre che finse di esserci abituata e sorrise agli amici.

Quando le portate vennero servite da Juo, l'elfo anziano della famiglia Bullstrode, Millicent notò come il suo piatto fosse meno ricco degli altri. Nora che era seduta davanti a lei e si accorse subito della differenza, sorrise.

Quello stesso sorriso che increspavano spesso le labbra di sua madre e di suo padre, di superiorità.

Stava per alzarsi quando la signora Zabini si rivolse a lei.

-Cara, perchè tu e Blaise non passate qualche giorno nella casa in Cornovaglia, come quest'estate?-

Millicent aprì la bocca e sentì le guance infuocarsi, e non per l'imbarazzo ma per la sottile rabbia che la stava scuotendo.

-Io...Pensavo di andare...- si girò verso Nora, ma come già aveva previsto non ottenne nessun aiuto.

-Già me lo stavo chiedendo anch'io. Io vado con Ivanovic, Krum e Paliaskij in Iugoslavia, nella tenuta da caccia di Ivanovic.-

Patricia Bullstrode ridacchiò. -Spero che tu stia puntando su Ivanovic e non su quel troglodita di un Krum.-

-Madre, Krum non è un troglodita, è un mio amico.- sottolineò Nora, stupendo persino Millicent. -E gli amici si frequentano.- concluse la figlia maggiore, stringendo le posate fino a far diventare bianche le nocche.

-Fa come vuoi tesoro, è ancora presto per parlare di matrimoni, non è vero Patricia?- disse la signora Zabini.

-Hai ragione Cèline, hai proprio ragione.- rispose meccanicamente fissando le figlie. -Comunque, sarò ben lieta di mandare Millicent e anche Pansy se vorrà, in Cornovaglia con Blaise.-

Millicent tentò di aprire bocca, in quel momento le riusciva difficile persino respirare e nonostante il lungo tavolo e la strategica distanza fra un commensale ed un altro, sapeva che se avesse ceduto alle lacrime sarebbe finita.

Sua madre non avrebbe mai accettato una simile scenata e lei l'avrebbe pagata cara. Le trattenne e s'infilò in bocca qualunque cosa, cercando di ignorare le viscere del suo stomaco e della rabbia che vibrava nel suo corpo.

Un calcio sotto il tavolo la scosse dai suoi pensieri.

Nora era l'unica davanti a lei e sembrava volerle dire qualcosa.

-Sei già promessa...- mormorò senza farsi sentire dagli altri.

Millicent chiuse gli occhi e pulì via l'unica lacrima che sfuggì al suo controllo.

Ecco perchè odiava mangiare con la sua famiglia, si disse mentre si ributtava sul cibo.

Ecco perchè odiava.

 

 

 

 

 

 

 

 

--__-_--__--_--_----_--__-

 

Sono abbastanza soddisfatta di questo capitolo, scritto praticamente in macchina. Naturalmente guidava un'altro XD.

Comunque, qui è stato introdotto un personaggio che mi piace un casino.

S'ispira un po' le caratteristiche di un personaggio, Hestia Jones, di efp descritto da Dully in "La Biografia non Autorizzata di Hestia Jones"

che io adoro e vi consiglio di farci un salto ogni tanto. Anche se è ferma da un po'.

Comunque,Nora Bullstrode è più grande di Millicent solo di un anno e rappresenta parte dei retroscena della famiglia Bullstrode.

A lei dedicherò un po' di spazio verso la fine e chissà, più avanti anche qualche altre storia.

Come avrete letto, è successo qualcosa fra Millicent e Blaise...Oltre alle supposizioni di Nora, voi a cosa state pensando?

Un bacione grande, grande a tutti coloro che si tolgono un paio di minuti per scrivere una recensione.

Grazie di cuore!

Isy.

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Capitolo 11
*** La Tormenta ***


 

La Tormenta.

 

Lasciò cadere a terra il giornale arrotolato che fungeva da Passaporta e aguzzò la vista per vedere la bianca villa dei Zabini che venne eretta sopra una collina.

Il cuore le si strinse come una morsa e seguì Pansy che stava già camminando lungo il piccolo sentiero che portava verso la casa.

Fece appena qualche passò e poi si voltò. Il sentiero proseguiva per poi ricongiungersi ad una strada asfaltata che portava sicuramente a un piccolo villaggio Babbano.

Forse poteva farlo, poteva voltarsi e correre come non aveva mai fatto nella sua vita, correre fino a raggiungere il villaggio e vivere lì. Magari avrebbe potuto lavorare in quei negozi colorati che vendeva dei bizzarri specchi colorati.

Le poche volte che aveva visto quelle vetrine era rimasta piacevolmente colpita da tutto quel movimento.

Chissà, forse avrebbe potuto vivere di quello che avrebbe guadagnato e non di un repellente marito dai galeoni sonanti.

-Milly, siamo in ritardo!- esclamò Pansy indicandole l'orologio da polso, che già si trovava a pochi metri dalla scalinata della villa.

-O...Okay, arrivo.- disse solamente Millicent chinando il capo e riprendendo a camminare.

 

 

Blaise Zabini si fissò allo specchio del suo bagno privato.

Aveva slacciato il colletto e stava cercando di respirare.

Le aveva viste dalla terrazza, dove stava cercando di scrivere una risposta alla lettera di sua nonna, che viveva nel Nord della Spagna.

E il panico lo fece scappare per poi rinchiudersi nel suo bagno privato.

Aveva bisogno di aria.

Aveva bisogno di morire in quel momento.

Fino all'ultimo aveva sperato che sua madre scherzasse sull'invito di far trascorrere qualche giorno rivolto a Pansy e alla Bullstrode.

Eppure ora stavano proprio entrando in salone.

Sarebbe stato costretto a fingere che fosse tranquillo di fronte a quei occhi scuri che silenziosi lo accusavano.

Chiuse gli occhi e si bagnò la faccia d'acqua fredda.

Si asciugò lentamente, godendosi la serena sensazione della calma dopo la tormenta.

Perchè Millicent era una tormenta, una violenta tempesta che poteva distruggere tutto ciò che amava.

Si sistemò il colletto della blusa e si fissò un'ultima volta allo specchio.

-Si va in scena.- disse prima di aprire la porta del bagno ed uscire andando in contro con la tormenta.

 

 

Degluitì più volte prima di ritornare a rispondere alle educate domande della signora Zabini.

Era troppo impegnata nell'osservare l'arredo completamente diverso e a lanciare fugaci ma roventi occhiate in un punto preciso del pavimento ora ricoperto da un tappetto pregiato e da un tavolino.

Riportò lo sguardo sulla signora che le aveva appena chiesto come stesse andando la scuola.

-Bene. Va tutto bene a scuola.- rispose meccanicamente, schiarendosi la gola che si era seccata del tutto.

-Già, va tutto...Benissimo.- aggiunse Blaise fissandola serio.

-Recentemente ho incontrato la professoressa Sprite, al convegno sulle erbe ringiovanenti. Mi ha raccontato di come certi studenti di Serpeverde non siano inclini a sporcarsi le mani.- disse la signora soffiando sulla tazza di thè caldo.

-Non tutti sono inclini a pensare solamente alla bellezza, vero Millicent?- chiese Blaise sorridendole.

Millicent sobbalzò come se fosse stata colpita da una frusta.

Ancora allusioni. Ancora minacce velate da domande educate.

-Certo.- rispose lei, stringendo le mani in piccoli e vibranti pugni, cercando di far passare quell'insana voglia di scagliargli addosso una tempesta di parole e maledizioni.

 

 

 

Poco dopo tutti si congedarono e Pansy la obbligò a vedere gran parte del contenuto delle sue due valigie.

-Devo assolutamente riuscire a zittire Draco per Capodanno.- disse Pansy mostrandole due abiti, uno nero e l'altro azzurro.

Millicent sorrise e si sedette sul letto. -Sembra una missione impossibile.- ridacchiò.

-Dici? Io lo trovo così...Pieno di sè a volte.- rovistò nella seconda valigia. -Comunque, tu potresti anche provarci con Theodore o con qualcun'altro.- aggiunse lanciandole un abito porpora.

Millicent aprì la bocca, ma la richiuse subito. -No, non mi interessa. E poi hai visto come si guardano lui e Tracey, sono peggio della Donnola e della Zannuta.-

Pansy rise e volteggiò mentre indossava un cappello di paglia bianca.

-Nessuno è peggio di quei due. Mai vista tanta tensione sessuale. Personalmente mi piacerebbe frequentare uno dei due gemelli, oppure tentare con Goldstein o McMillian, hanno un non so che di esotico...-

Millicent sorrise e le lanciò di rimando una sciarpa nera e si mise a fissarla mentre si provava diversi accessori.

Ma una domanda buttata così a caso da Pansy la fece rabbrividire.

-Come mai Blaise a volte ti guarda come se volesse...Baciarti?- domandò improvvisamente.

Sua cugina prima arrossi e poi sentì il suo cuore fermarsi a lungo.

Tutto le sembrava rallentato.

Il suo corpo semrbava che galleggiasse nel bel mezzo di un mare in tormenta.

-Penso...Penso che tu abbia bisogno di occhiali da vista come il Preside.- balbettò attirando così la completa attenzione di Pansy.

Millicent si alzò dal letto e uscì dalla stanza.

Una volta in corridoio non fece nemmeno in tempo a trovare la sua stanza, che scoppiò in lacrime.

Piangeva a dirotto, seduta sul tappetto di velluto, con una mano che premeva la sua bocca, impedendo di farsi sentire.

Ma dietro la porta socchiusa poco lontano da lei, si nascondevano due occhi scuri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

_____

 

 

Umm...ci è voluto un po' per tornare a pubblicare ma finalmente ho dato gli ultimi esami e mi sento così libera da tutto, che ho proprio voglia di scrivere fino all'inizio delle lezioni.

Qualcuno di voi, che già segue questa storia, ha ipotizzato di tutto e di più, spero di avervi dato qualche indizio in più....

Vi ringrazio dal profondo del cuore,

un bacione.

Isy

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Rimanere Impassibili ***


Rimanere Impassibili.

 

 

 

 

Rimanere impassibili.

Questo era l'obiettivo di Millicent quella sera di dicembre.

Gestire tutta la tensione che il suo corpo provava mentre fingeva di provare gusto a sentire Malfoy che raccontava di come era riuscito ad umiliare qualche Corvonero del primo anno.

-Dovevate vederli, sembravano dei mocciosi che avevano bisogno della mamma!-esclamò sollevando il calice ricolmo di una bevanda che nessuno avrebbe dovuto bere, data l'età.

Millicent alzò lo sguardo su Pansy che ridacchiava.

-Davvero trovate divertente spaventare i Corvonero?- sillabò fissando Draco che sorrideva.

-Non so...Io di sicuro, ma tu non te la senti visto che Goldstein ti sta sbavando dietro...-disse lui alzando le sopracciglia.

-Anthony non sbava dietro di me.- mormorò Millicent fissando il piatto pieno di pietanze.

Lo spinse lontano da sè e scattò in piedi campando una scusa che nessuno aveva sentito.

Quando sentirono i rumori delle suole battere contro l'antico parquet dei corridoi del primo piano, il primo a parlare fu Theodore Nott che se n'era rimasto tutto la serata in silenzio a contemplare Tracey Davis che leggeva una rivista sulla Scienza Magica.

-Non credete che sia successo qualcosa a Millicent. Non che fosse mai stata normale, ma adesso è così...-

-Così spaventata da qualcosa?- concluse Draco. -Forse le hanno combinato un matrimonio con uno dei bizzarri amici bulgari di Nora.- ironizzò quest'ultimo.

-Forse.- rispose Theodore che spostò lo sguardo a Blaise, tutto intento a concentrarsi sul dolce. -Blaise che cosa ne pensi?- domandò.

Zabini distolse gli occhi dal piatto lentamente per poi farli scorrere su tutti i commensali.

-E che cosa dovrei pensare, Theodore?- chiese lentamente.

-Le possibilità che tu e Theodore pensiate la stessa cosa sono minime.- rispose Tracey. -O meglio direi sotto zero, ma mi farebbe piacere cosa hai da dirci, in fondo non siete stati obbligati a passare parte dell'estate qui?-

Blaise accennò un sorriso. -Obbligati. Hai usato la parola giusta, Tracey.-

Il silenzio che seguì fu rotto solamente dal rumore dei bicchieri e delle posate.

A riallegrare l'atmosfera furono Pansy e Draco che si misero a discutere su un determinato capo che Madama McCain aveva appena messo in vendita.

E nella breve confusione di risate e chiacchere, Blaise si alzò dicendo agli altri che andava a rispondere ad una lettera della madre.

 

 

Millicent strinse con forza i lacci della divisa da Quidditch che sua sorella le aveva regalato qualche mese prima.

Una divisa nera con strisce verdi e rosse.

Come lo stemma della loro secolare famiglia.

Aveva bisogna di sentire l'aria che si abbatteva su di lei e della bellissima ed insieme terribile sensazione di vuoto che si creava intorno a lei.

Ne sentiva l'esigenza ed uscì immediatamente da quella stanza color pesca, divenuta insopportabile per lei.

Le ricordava quella folle ed assurda giornata.

Trattenne un singhiozzo ed uscì preferendo le scale secondarie.

Era ormai giunta alla porta che dava sul giardino quando qualcuno le strattonò il braccio e la girò violentemente.

-Dobbiamo parlare.- le sussurrò quella voce che ben consceva.

-N...Non ora.- rispose lei cercando di divincolarsi, ma la presa era salda. Ciò che però la fermava dal tirargli una ginocchiata erano quegli occhi agitati che la fissavano.

-Cosa vuoi Blaise?- domandò infine, lasciando che la schiena si appoggiasse alla porta del giardino.

Lui quasi scoppiò a ridere ma si trattenne. -Ora sono Blaise. Non prendermi in giro Bullstrode e smettila.- disse sottilineò il messaggio stringendo maggiormento la presa.

Millicent si ricordò solo allora della promessa che qualche ora prima si era fatta.

Rimanere impassibili.

Ma in quel momento gli sembrava solo impossibile.

-Smettila di fare tutte queste scene o ci metterai nei guai, Millicent.- disse Blaise.

-Io non c'entro nulla, ero solo al posto sbagliato nel momento sbagliato.-

-Quindi non eri tu quella che mi ha aiutato dopo, giusto? Era una tua sorella gemella?- si avvicinò ulteriormente a Millicent. -E' una storiella che regge solo per te. Convinciti di questo quanto vuoi, ma sappiamo qual'è la verità.-

Passò la mano sul mento e la strinse.

-Sei colpevole quanto me. Ricordalo.- disse.

-E questo che diritto ti dà nei mie confronti?- mormorò tentando di sfuggire a quella morsa.

-Tutti i diritti che voglio, Millicent.- premette un poco ma poi si allontanò sentiti i passi dei tacchi di Pansy che ridacchiava.

Quando comparì nella piccola stanza sobbalzò.

-Ehi...- salutò agitando il bicchiere stracolmo di Whisky Incendiario. -Non vi ho interrotti vero?-

-No, stavamo...Discutendo di una cosa.- rispose Blaise voltandosi verso la piccola finestra e lasciando Millicent libera di respirare nuovamente e di andarsene.

Ma lo sguardo serio di sua cugina glielo impediva.

-Spero che tu le abbia chiesto scusa per quell'incidente.- disse Pansy posando il calice sul tavolino ed incrociando le braccia.

Blaise infilò le mani nelle tasche. -Certo, che lo ...-

-Va tutto bene Pansy, va tutto benissimo.- lo interruppe Millicent stirando le labbra in un sorriso.

Si voltò lentamente ed uscì nel giardino.

Quel gelido rimase a lungo sul suo volto, finchè non salì sulla scopa e non si diede la spinta necessaria per schizzare a qualche metro d'altezza.

Solo all'ora quella posa impassibile si sgretolò e non ci furono lacrime a lavare il tutto, solo terrore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

______

 

Rieccomi, prima del solito, ma non riuscivo a resistere, posto e poi rispondo alle vostre bellissime recensioni XD

Come potete vedere qualcosa di grosso è successo, ma non è ancora del tutto chiarito...

Un indizio ve lo lascio: il pavimento.

Un bacione a tutti coloto che hanno letto/recensito ecc!

Isy

 

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Capitolo 13
*** I Muri Vedono ***


I Muri Vedono

 

 

 

I muri vedono.

Ne era certa, ne era convinta.

Si sentiva osservata, studiata, analizzata e persino...

Non osò pensare ad altro e strinse gli occhi finchè i muscoli non cominciarono a protestare.

Millicent si sentiva in trappola.

Si alzò bruscamente dal letto, infilò la vestaglia ed uscì fuori dalla camera da letto che stranamente convideva da sola.

Quasi come se il padrone di casa non volesse darle l'occasione di confessare.

Abilmente incarcerata fra le mura di una casa che odiava.

Scese velocemente tutti i gradini dell'imponente scala del salone ma si fermò una volta giunta al piano di sotto.

Sentiva due voci parlare con tono flebile poco distante da lei.

Sembrava stessero camminando verso la sua direzione ed in preda al panico si tuffò dietro la scala, appiattendosi di fianco a un gigantesco mobile di legno.

Per un attimo fu grata del suo aspetto, con quella camicia da notte e la vestaglia sembrava una tenda ambulante, difficilmente, nel buio della notte, l'avrebbero notata.

 

 

-Credi che parlerà, Blaise?- domandò una voce di donna che Millicent riconobbe. Era la signora Zabini.

-Non credo. Pensa ancora che parte di quello che è successo sia colpa sua. In fondo non è intervenuta quando poteva.- rispose l'altro.

Seguì uno strano silenzio in cui Millicent cominciò a pregare che non svoltassero.

-Penso che hai proprio ragione, madre. Dovrei cercare di... invogliarla a non parlare.-

La donna ridacchiò alla proprosta del figlio. -Se credi di sopportare tale incarico, prego. Quanto avrei voluto avere Pansy o almeno Daphne al suo posto. E' così...-

-Brutta ed odiosa?- suggerrì Blaise. -Concordo. Ma lei è una testimone e come tale la sua condizione va eliminata.-

-Bene. Conto su di te. Ormai la gente parla e fa congetture. Sette è un numero fastidioso, non trovi?-

-E' un buon numero mamma.- disse Blaise abbassando la voce.

Millicent sentì degli strani rumori, come della stoffa che cadeva a terra. Si sporse lentamente, tanta era la curiosità di vedere.

Sbarrò gli occhi pochi secondi dopo e ritornò bruscamente contro il muro, senza volerlo urtò con troppa violenza e il rumore sordo echeggiò in tutta la sua drammaticità.

Il petto di Millicent si spaccò in mille pezzi.

E un solo pensiero la tormentava: è finita.

 

 

-Cosa è stato?- domandò la signora Zabini guardandosi intorno, consegnò al figlio una boccetta con del liquido bianco e una bacchetta scura.

-Non lo so. Stanno tutti dormendo.-

-Ne sei sicuro?- domandò nuovamente la madre rivolgendosi al figlio che stava tranquillamente accanto a lei.

-Ho seguito il tuo consiglio, il caro e vecchio sonnifero nello champagne ha fatto effetto. Sono tutti a letto ubriachi.- rispose lui, ottenendo una carezza veloce della madre.

-E' proprio vero, tu sei mio figlio.- sibilò lei deponendogli un bacio sulla fronte. -Tieni questa bacchetta e fai quello che devi fare.- disse la madre.

La donna si voltò e s'incamminò lungo il piccolo corridoio. Improvvisamente qualcosa la convinse a spostare lo sguardo lungo l'armadio marrone.

C'erano un mucchietto di vestiti bianchi ed azzurri, li spostò con un piede domandandosi chi avesse avuto la brillante idea di spogliarsi, ma poi ricordò le parole del figlio. I giovincelli erano tutti ubriachi quella sera.

Sorrise e riprese a camminare uscendo da quella parte della casa.

E non vide quei due punti che brillavano alla tenue luce delle torce, poste sotto l'armadio.

 

 

 

 

 

 

 

____

 

Mi prosto ai vostri piedi.

Scusate per questo ignobile ritardo, chiedo immenso perdono e se vorrete vedermi alla forca, lo capirò XD

Le atmosfere s'incupiscono e io me ne vvaadddoo...

Un bacione,

Isy

 

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Capitolo 14
*** Cosa sei, Millicent? ***


Cosa Sei, Millicent?

 

 

 

 

Chiuse gli occhi.

Che cosa stava succedendo a lei?

Dov'erano le sue gambe?

Dov'erano le sue braccia e il suo cuore?

Dov'era Millicent Bullstrode?

 

Riaprì gli occhi, sforzandosi di capire dove si trovasse in quel momento.

Sopra di lei, c'era il soffito ricoperto da ombre e piccoli fasci di luna.

Camminò, o meglio zampettò, lungo il tappetto del corridoio centrale e solo quando vide una fessura aperta, si fermò.

Aveva come la terribile sensazione che lì, e solo lì poteva rifugiarsi.

Soprattutto in quell'attimo, i suoi sensi, i suoi nuovi sensi, captavano il tenue rumori di suole che calpestavano il tapetto.

Tremò.

Ogni fibra di quel corpo che non le apparteneva tremò e scivilò verso la fessura.

Dentro in quella camera oscura trovò il rifugio e solo quando notò un letto a baldacchino e sentì il lento russare, tentò di sorridere.

Ma i suoi muscoli non ubbidirono, la bocca si aprì scoprendo denti aguzzi e una lingua scura e lunga uscì fuori e rientrò nel suo naturale posto.

E solo allora Millicent capì.

Lei non era la Bullstrode di sempre.

Lei era altro.

Si aggrappò con le unghie e con i denti alle lenzuola e lentamente riuscì a risalire.

Sotto le coperte invernali dormiva Pansy Parkinson e qualunque cosa avesse nel petto sembrò gioire.

Adesso doveva solo svegliarla, ma proprio in quell'istante, capì di aver fatto un errore.

Sua cugina non sapeva nulla.

Sua cugina era innocente.

Sua cugina non aveva le mani macchiate, come le sue.

Ritornò sui suoi passi ma qualcosa andò storto.

Il suo corpo non ubbidì a quel muto ordine, gli occhi fissi sullo specchio di fronte a lei.

Fissi sulla nuova immagine di lei.

Su un camaleonte dalla pelle verdastra.

Cosa sei, Millicent?

 

 

 

 

 

 

______________

 

 

 

 

 

 

Era inutile.

Si trovava davanti alla sua porta da ben dieci minuti, le dita strette intorno a quella bacchetta e la mente offuscata da pensieri contraddittori.

Poteva davvero farlo?

Poteva riuscire a cancellarla dalla sua testa, dalla sua vita?

E mentre apriva la porta e la richiudeva dietro di sè, si ricordò di un episodio di quella maledetta estate.

 

Il vento soffiava forte sulla costa.

Le onde si muovevano scontrandosi violentemente con la sabbia chiara, quasi fustigandola.

E lei era davanti, le gambe immerse nell'acqua ancora gelata, le braccia strette fra loro.

La raggiunse lentamente e rimase a fissare le macchie di sangue che incrostavano l'abito scuro.

-Quello che è successo stanotte deve rimanere un segreto fra noi.- disse Blaise appoggiando la sua mano sulla sua tremante spalla. Lei si scansò subito.

-Hai fatto una cosa...Una cosa orribile.-sussurrò lei tenendo gli occhi chiusi e cercando di scacciare l'immagine dalla sua testa, ma non ci riusciva, le urla erano ancora nella sua testa.

-Noi. Noi abbiamo fatto una cosa orribile. Sbaglio o mi hai aiutato?- domandò lui obblingandola a voltarsi verso i suoi occhi scuri.

-Non è vero...Io credevo che tu fossi in pericolo...-

-E lo ero.-

-Io...Io non credo.-

-In compenso non hai esitato ad aiutarmi.-rispose lui quasi ridendo ed avvicinandosi.

-Pensavo che tu avessi bisogno...- mormorò Millicent sentendo gli occhi lacrimare.

-Ecco il tuo errore. Non devi pensare, hai capito. Cuciti quella bocca o ne pagherai le consuegenze.- sibilò lui al suo orecchio, mentre la stingeva a sè in una ferrea morsa. Un sorrisetto comparve sulle sue labbra mentre un dito lentamente, toccava la spallina del vestito e la faceva scendere.

Millicent spalancò gli occhi e cercò di dimenarsi, ma quando sentì le labbra di Zabini sulla sua spalla, temette di svenire dalla paura.

-No...- disse solamente in un soffio.

-No? Nessuna mi dice di no. Tu prima non mi dicevi di no.- rispose lui, arrivando lentamente alla sua bocca e cercando di forzare quelle labbra chiuse. Ridacchiò appena e la lasciò andare, non prima di averla fatta cadere con un tonfo nell'acqua gelida.

-Ricordati che questa cosa ci legherà per sempre. Sarò come la tua ombra, sempre pronta a rinfacciarti ciò che è successo.-

-Smettila!- gridò lei coprendo il volto con le mani.

-Cosa pensi di essere Millicent?- chiese Zabini prima di voltarsi completamente.

-Innocente o colpevole?-

E quelle due parole echeggiarono nelle teste di entrambi, un'estate intera.

 

Accese con un colpo di bacchetta la torcia e fissò la stanza della Bullstrode.

Vide una figura informe rannicchiata sotto le coperte e si bloccò.

Non riuscì a muovere un passo in più.

Riaprì la porta e una volta appoggiate le spalle contro il muro, sussurrò più a sè stesso che al vuoto.

-Scusa...-

 

 

 

 

 

 

______

 

 

 

 

 

Allur, spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Millicent è un...Animagus, per questa non è stata scoperta dalla signora Zabini.

Ho inserito un flashback che tanto attendavate ma che non racconta di tutta l'estate trascorsa dai due.

Auguro a tutti gli italiani e non,buon 150!

Anche se sinceramente, ero convinta fossimo ancora in fase di unificazione, visto l'aria viziata che gira in Parlamento...

Kiss

Isy

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Capitolo 15
*** Nemmeno per tutto l'oro del mondo ***


Nemmeno per tutto l'oro del mondo.

 
 
La casa era vuota.

 
L'immensa dimora dei Bullstrode era avvolta dalla neve, dal freddo e dal silenzio.


E solo quando rivide la poltrona di quel padre sempre assente sorrise.


Finalmente si trovava in un territorio conosciuto.


Si sedette sulla poltrona e solo allora vide una figura nera che se ne stava raggomitolata sul lungo divano di pelle, con sopra un mantello rosso.


Riconobbe quel mantello e per la sorpresa quasi sobbalzò.


-Nora?- domandò ad alta voce.


La risposta non arrivò subito. La ragazza tirò fuori solo la testa.


-Ah, sei tu. Che vuoi?-


-N...Niente.- disse Millicent fissandola confusa.


Che ci faceva sua sorella maggiore in quella casa e in quello stato?


Sembrava che non si fosse cambiata e che non avesse fatto altro che camminare nel fango con la divisa di Durmstrang, visto lo stato degli stivali.


-Nora...Ma cosa è...-


-Millie, smettila di tormentarmi.-


-Solo se mi dirai cosa è successo...- rispose Millicent risoluta.


-Ad una condizione.- risponde Nora alzandosi a sedere e squadrandola cupamente. -Dovrai dirmi cosa è successo quest'estate. Perchè ho la netta sensazione che non ci sia di mezzo una relazione tra te e Zabini. Lui è solo un frocetto senza palle, come tutti gli studenti maschi di Hogwarts.-

 

Millicent scosse la testa e chiuse gli occhi, incrociò le braccia al petto e rimase in silenzio.

 

-Nemmeno per tutto l'oro del mondo?- ricominciò Nora.

 

-No.- rispose secca Millicent.

 

La sorella maggiore si alzò bruscamente dal divano. -E allora non ti aspettare il mio aiuto, mai.-

 

Si voltò e se ne andò, lasciando sua sorella seduta da sola in una stanza fredda, consapevole che ciò che aveva da tempo cercato di tenere nascosto, stava fuoriuscendo dalle sue risposte silenziose.

 

 

 

-Andiamo, Blaise! Perchè non me lo vuoi dire?- domandò per la millesima volta Theodore mentre si sistemava il colletto della sua camicia.

 

-Perchè sono affari miei, Nott.- rispose Blaise sorseggiando la sua burrobirra, la compostezza del volto che nascondeva piccoli frammenti di rabbia, delusione e confusione. -E che sia chiaro, io non sono interessato alla Bullstrode, mi piace solamente seviziarla.-

 

Theodore scosse la testa e mentre si annodava la cravatta lo fissò. -Un conto è divertirsi con una ragazza, un conto è provare affetto, un conto è esserne ossionati. E' chiaro che tu sei letteralmente impazzito, Blaise.-

 

L'altro strinse il bicchiere e quasi fu tentato dal tirarglielo contro. -Diciamo che...Millicent ha delle doti nascoste, ed ho avuto il privilegio di scoprirle per primo...-

 

Non attese nemmeno la risposta dell'amico che si alzò e decise di presentarsi in soggiorno.

 

Passò per il corridoio centrale e solo allora si accorse di essere di fianco alla sua porta.

 

Come quel maledetto pomeriggio di luglio.

 

 

-Che fai?- chiese quando aprì la porta e la ritrovò in mezza alla sua stanza, con il volto rosso e le mani chiuse a pugno che si agitavano.

 

Quando lo vide, sobbalzò sul posto e rimase a lungo in silenzio a fissarlo.

 

-Io...Niente.- balbettò.

 

-Sicura?-

 

-Sicurissima.-

 

Blaise aggrottò la fronte. -Posso vedere questo niente?-

 

-No.- gracchiò Millicent fissando il pavimento.

 

-Okay, ti lascio alle tue...Chiare attività Babbane.- disse facendole l'occhiolino.

 

Non seppe mai cosa frullò nella testa di Millicent ma quel pomeriggio rimase seduto in un angolo a fissarla mentre combatteva contro il vuoto, con una tale precisione e velocità che più volte temette di essere colpito.

 

-Perchè lo fai? Insomma siamo maghi, è piuttosto stupido, no? Abbiamo le bachette.-

 

Millicent respirò più volte, prima di azzardare una fievole risposta. -Perchè in un duello la bacchetta potrebbe andare distrutta per sempre e bisogna essere...Capaci di contrattaccare a mani nude.-

 

Blaise sorrise.

 

Un sorriso spontaneo e per nulla controllato dalla sua mente calcolatrice.

 

Sorrise per la goffaggine con cui cercava di nascondere la verità.

 

Sorrise per il modo in cui lo fissava, spaventata ma allo stesso tempo risoluta a non mostrarsi fragile.

 

-Non penso sia la vera risposta.- disse alzandosi. -Mi dirai mai qual'è il motivo reale?-

 

-No.- sussurrò appena Millicent.

 

-Nemmeno per tutto l'oro del mondo?-

 

-Nemmeno per tutto l'oro del mondo.-

 

La salutò concedendogli l'ultimo sorriso sincero della sua giornata e se ne andò lasciandola confusa e silenziosa.

 

Ma non poteva sapere che Millicent, gli sorrise di rimando.

 

Breve e luminoso, come l'ultimo bagliore di una stella morente.

 

 

Scosse la testa e continuò a camminare finchè non si ritrovò faccia a faccia con Parsy Parkinson.

 

-Millicent se n'è andata ed ha lasciato questo.- esordì fissandolo truce, gli porse una busta chiusa con le lettere B.Z. -Bravo, bravo.- sussurrò vicinissima a lui.

 

Blaise non si compose nemmeno quando la sua mano lo colpì dritta e veloce alla guancia, voltando il suo volto già furente di rabbia.

 

-Non so cosa sia successo fra te e mia cugina, ma lo scoprirò anche a costo di spezzarti in piccoli pezzi, Zabini.- sibilò prima di andarsene via, correndo per il corridoio.

 

In quel momento Blaise voleva solo scomparire e restare solo, ma i suoi occhi caddero su quella busta gialla.

 

Già fissando la calligrafia tremolante capì quanta tensione e rabbia aveva lei, e solo in quel momento capì di non essere mai stato solo durante quell'estate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Rieccomi con un po' di ritardo, ma spero che vi sia piaciuto il capitolo.

Un bacione a tutti,

Isy


 

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Capitolo 16
*** Ti Capisco, Blaise ***


Ti capisco, Blaise.

 

 

 

Le stelle quella notte brillavano intensamente, nonostante gli squarci di luce dei botti e dei fuochi d'artificio che incendiavano l'atmosfera.

Non c'era nulla di più bello per Millicent che starsene ad ammirare quello spettacolo gratuito, sorridendo ad ogni esplosione di colore e luce.

Era come vedere i suoi sogni, spesso flebili e sbiaditi dalla realtà, illuminarsi intensamente prima di perdersi in milioni di pezzi nell'atmosfera.

Chiuse la finestra della sua camera e s'infilò fra le fredde coperte del suo letto.

Un altro anno era passato, trascinandola in una dimensione fatta di tensione e di rabbia.

Rabbia.
Perchè solo quella provava di fronte a quello sguardo impassibile e che nei suoi sogni era costantemente sporco di sangue.

Sangue di un uomo.

Sangue di un morto.

Si passò il dorso della mano sugli occhi e respirò profondamente.

Lei aveva solo bisogno di tempo.

Di un altro po' di tempo per trasformare la rabbia in qualcosa di più utile.

Eppure nulla l'avrebbe mai aiutata a superare quella linea immaginaria che separa la fine di un anno, dall'inizio di un altro.

Piuttosto era convinta che si sarebbe ritrovata spinta contro la sua volontà in mezzo al caos.

E con quei pensieri, Millicent si addormentò, sperando di non risvegliarsi mai più.

 

 

 

 

Semplice busta chiara, con gli angoli rovinati e spezzati, la carta ingiallita dalla troppa umidità, la scritta sbavata.

Se solo avesse trovato il coraggio di leggerla, di sapere cosa lei avesse da dire in proposito, forse non si sarebbe trovato nel bel mezzo di un noioso Capodanno a fissare una busta nello studio del suo patrigno.

Strinse il bicchiere pieno d'alcool e lo buttò giù con un sorso, ignorando le mute proteste delle sue cavità orali.

Si sentiva annebbiato e in pace, dopo aver bevuto.

Talmente in pace che si alzò e strappò la busta.

Lesse.

Lesse a lungo.

Lesse finchè i suoi occhi cominciarono a confondere ogni vocale, ogni consonante, ogni parole.

Lesse fino a quando capì di aver incasinato la sua vita.

L'unico colpevole era lui e anche se non l'avrebbe mai ammesso, lui era il responsabile.

La miccia che aveva fatto esplodere la miniera.

L'ultimo sereno alito di vento prima della tempesta.

Gettò nel camino la lettera e la guardò soccombere sotto i colpi impetuosi delle fiamme.

Nonostante il calore i suoi occhi era rimasti fissi su una frase.

"Perchè nonostante tutto, io ti capisco Blaise".

 

 

 

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