Hold on for yourself. di Pwhore (/viewuser.php?uid=112194)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Death of Saint Jimmy. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19. ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20. ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21. ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22. ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23. ***
Capitolo 1 *** The Death of Saint Jimmy. ***
Già, Jimmy è morto.
S'è sparato giù alla baia. E io non ho potuto
farci niente. Niente.
Mi consideravo sua amica, ma non ho mosso un dito per aiutarlo. Non so
esattamente perché. Forse mi vergognavo, forse avevo paura.
Paura di non essere accettata da nessun altro, se avessi teso la mia
mano verso di lui. La verità è che sono una
fottuta codarda. Se ora ho degli amici è grazie a Jimmy. E
ora lui...
Non voglio pensarci. Mi sento soffocare, le lacrime mi tolgono il
respiro. Il trucco sta colando lungo la mia faccia, come il sangue
colava dai suoi occhi.
I suoi occhi, un tempo vivaci, chiari e truccati di nero, ora sono vitrei, senza vita. Ogni traccia della vitalità
di un tempo si era frantumata, come uno specchio tartassato da tanti sassi, più grandi e forti di quanto potesse mai sopportare.
Jimmy aveva dei problemi. Quella stronza della sua ragazza l'aveva
lasciato e lui stava morendo di dolore. Il suo amore ardeva, nonostante
la ferita dell'abbandono bruciasse forte. Non riusciva a capacitarsi di
quello che gli era successo. Aveva anche cominciato a fumare. L'ho
beccato qualche volta su una panchina del parco, intento a godersi ogni
respiro, come se quella sigaretta contenesse tutta la gioia che un uomo
possa desiderare dalla vita. Mi faceva un po’ pena. Lui
non aveva mai avuto bisogno di niente, era indipendente, una roccia.
Invece ultimamente era diventato solitario, triste e molto insicuro. Si era chiuso
in se stesso, è vero, ma non avrei mai immaginato che sarebbe
successa una cosa del genere. Eppure è successa. E questo fatto mi
peserà sul cuore per tutta la vita.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2. ***
La debole luce del mattino filtrò
dalle tapparelle, svegliando Sally. La ragazza strinse gli occhi e si
girò dall'altra parte cercando di dormire. Sapeva che era
inutile.
Holden entrò urlando e sbattendo la porta.
«Ehilà Sally, come va?»
«Crepa.» «Bene, ne
sono felice. Ascolta oggi danno uno spettacolo a Broadway, un musical
se non sbaglio. Che ne dici? Ti va di andarci?». Sally fece
una
smorfia. «Oh andiamo Sal! Sono passati cinque
giorni ormai! Devi ricominciare a uscire e riprendere contatto col
mondo esterno!» disse Holden allegro, fissando lo sguardo
perso
della ragazza. Esitò un attimo e poi abbassò lo
sguardo. «Jimmy è morto, fattene una
ragione. Non tornerà indietro. La sua vita è
distrutta. Comincia a raccattare i pezzi della tua e esci da questa
fottutissima stanza!» continuò. «Che
cosa credi di risolvere stando qui? Niente! Quindi esci e
affronta il mondo, cazzo!». Cominciò a
scuoterle delicatamente la schiena con una mano e le tirò un
pugnetto sulla schiena.
Sally grugnì. Detestava che Holden facesse così e
lui lo
sapeva così dannatamente bene. «Senti, so
che questo non è il tuo momento fortunato, ma devi uscire
da qui. Và a dar da mangiare ai piccioni, dipingi, rapina
una banca,
ma Cristo, esci da quel letto! Lo dico per te, sai. Anche se
è brutto da pensare in un momento come questo, la vita
continua. Ogni giorno milioni di persone se ne vanno, provocando ferite
insanabili nei cuori dei loro cari. E' orribile, ma purtroppo
è così. Non ci possiamo fare niente. Non hai
colpa per quello che è successo. Sei stata sua amica e gli
hai dato tutto l'appoggio di cui aveva bisogno. Se ha deciso di farla
finita non è colpa tua. La vita di quel ragazzo era
diventata insostenibile per lui. Succede. Da quando nasci, ogni volta
che ti svegli, ogni giorno della tua vita, combatti contro un demone,
cercando di sconfiggerlo... ma a un certo punto ti rendi conto che lui
non morirà mai. E ti scoraggi. Cominci a bere, a rifugiarti
nella droga, in tutto quello che credi ti possa aiutare, ma continui
unicamente a sprofondare sempre di più
nell'oscurità, finché non diventa impossibile
continuare. Non è stato Jimmy a decidere di farla finita. E'
stato il suo cuore. Non riusciva più a sopportare il dolore
e le brutte cose che gli succedevano. L'unica via di fuga che riusciva
a vedere era il suicidio. E alla fine, ha avuto il coraggio di
compierlo in atto... Ma non devi sentirti in colpa. Tu hai fatto tutto
il possibile per lui. Credimi.» le sussurrò.
Sally capiva ma non le importava. Jimmy contava troppo per lei e ora
l'aveva perso. Richiuse gli occhi e pensò al ragazzo, al suo
carattere, ai
suoi ideali, alla sua personalità. Era stato il suo primo
grande amore. Forse è per questo che era diventata
così. Una ribelle. Trattenne le lacrime e
sprofondò il viso nel cuscino, cercando di scacciar via
l'immagine dell'amico, che continuava a balenarle davanti agli occhi.
Quando alzò
la testa, Holden non c'era più.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3. ***
Capitolo 3 (da rivedere)
Holden era un ragazzo alto e magro, come quasi
tutti i ventenni. Era nato dal primo matrimonio della loro madre, come
testimoniavano i capelli neri. Era molto intelligente nonostante avesse
lasciato presto la scuola per occuparsi della sorella. Sally detestava
questa cosa.
Odiava essere un peso per lui. I genitori erano morti anni
prima in un incidente stradale, quindi dovevano arrangiarsi.
Però a Sally piaceva il loro bilocale. Aveva una camera
tutta sua dove fare i compiti e ascoltare musica. Non le importava
molto che il bagno fosse delimitato da pile enormi di scatoloni e che
ci fosse poca mobilia. E poi adorava la vista dal balcone. Si vedeva
tutta New York da lì. Qualche volta aveva anche dipinto dei
quadri, che il fratello era riuscito a vendere a buon prezzo. Era
davvero brava a disegnare, e talvolta i suoi dipinti li aiutavano a
sbarcare il
lunario. Jimmy li amava. Era il suo fan numero uno. Di nuovo le si
strinse lo stomaco e le venne da vomitare. Camminando lungo
l'appartamento le vennero in mente i momenti passati insieme, i
commenti del giovane sull'arredamento e così via.
Sospirò malinconicamente, appoggiando delicatamente la mano
al muro.
«Allora ti sei alzata eh?». Sally
sobbalzò, girandosi lentamente.
«Già.». Spostò lo sguardo.
Non
voleva che Holden la vedesse così. «Se hai
bisogno di qualcosa dimmelo. E ti prego, non dire Jimmy.»
le disse. Con la coda dell'occhio la ragazza notò il suo
sguardo apprensivo. «E' tutto okay, sta'
tranquillo.» «Grande. Vado al
lavoro.» «Hmh.» mormorò Sally
abbracciandosi i gomiti e guardandosi la punta delle scarpe. Holden
fece per uscire, ma si fermò sulla
soglia di casa. Fissò la sorella per qualche secondo e se ne
andò. Era preoccupato per lei. Temeva potesse fare delle
pazzie e non gli piaceva l'idea di lasciarla da sola nell'appartamento,
ma sapeva
di non avere altra scelta. Saltò l'ultimo gradino e diede
uno sguardo veloce alla finestra. Sospirò e se ne
andò a passo veloce, mentre una figura nera lo guardava
allontanarsi.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4. ***
Sally s'infilò gli scarponi e scese di
corsa le scale. Suo fratello se n'era andato da un bel po' ormai, e lei
sapeva di poter camminare tranquilla, senza che qualcuno le chiedesse
dove stava andando e perché. Inspirò
profondamente e
aprì il portone. Una nuova giornata l'aspettava. C'erano
tante nuove possibilità e sentiva di dover andare loro
incontro.
Un'ondata di gelo la investì. Per essere marzo c'era ancora
freddo e, come al solito, lei l'aveva dimenticato. Si maledì
tra sè e sè e infilò le mani nelle
tasche della felpa. Rimase ferma qualche secondo a mordicchiarsi il
labbro, prima di decidere che era ora di muoversi. Si avviò
verso una lunga via sovraffollata. La gente la guardava con diffidenza,
ma Sally c'era abituata. "Dannazione. Non hanno mai visto una ragazza
con uno smalto nero? Idioti.". Ogni volta la stessa storia. C'era
sempre qualcuno a cui non piaceva il suo modo di vestire e che
sussurrava a quello accanto a lui di stare attento a quella ragazza,
quella strana, vestita di scuro. Come se
avesse appena ucciso una persona e camminasse ricoperta di sangue.
Sally sbuffò e proseguì. Scese le scale che
portavano alla metropolitana, appuntandosi mentalmente di chiedere dei
soldi a Holden. Il biglietto costava troppo se
comparato all'uso minimo che ne faceva. Pagò velocemente ed
entrò. C'era un lieve brusio di sottofondo, che la faceva
sentire a casa. Diede un'occhiata ai graffiti. Alcuni erano opere
d'arte moderna, tutte attorcigliate e colorate, mentre altri erano
stati fatti da qualcuno solo per poter dire 'Guarda questo è
il mio graffito, sono proprio un alternativo. Tu ne avresti il
coraggio?'. In genere quei tipi erano ragazzini, dai tredici ai
quindici anni, che dopo aver fatto questa figata erano tentati dal
firmarla e magari aggiungerci anche il numero di telefono. Erano
l'opposto di quelli che nei graffiti ci mettevano l'anima. Sally li
detestava. Era a causa di quegli idioti che chiunque sottovalutava i
graffitari, mentre alcune
di quelle persone avrebbero meritato almeno un premio per i loro
disegni. Ma ovviamente questo non succedeva e faceva arrabbiare la
sedicenne.
Quand'era piccola voleva essere lei la prima a premiare quegli artisti
incompresi, ma la madre l'aveva dissuasa. In ogni modo, quel desiderio
albergava ancora dentro di lei e in quel momento stava urlando la sua
rabbia. Sally fece una smorfia. Anche Jimmy l'avrebbe pensata come lei.
Lui era un ragazzo serio e nei suoi graffiti ci metteva il cuore.
Sally sospirò e guardò per terra. Un tappo di
bottiglia stava roteando accanto al suo piede. Lo raccolse e, dopo
averlo rigirato nelle mani per un po', lo lanciò via.
Rimbalzò contro il muro e tornò indietro. La
ragazza si piegò e lo raccolse. Era carino, dopotutto. Se lo
ficcò in tasca e si sedette, aspettando che la metro
arrivasse.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5. ***
Un rombo proveniente dal buio le
annunciò l'arrivo della metro. Si alzò in piedi e
si tolse la polvere di dosso. Attese che le porte si aprissero e ci
salì sopra. Si fece spazio tra le persone che
affollavano l'entrata e si addentrò alla ricerca di un
posto. Una marea di gente continuava a uscire e entrare, quindi la
metro restava ferma almeno cinque minuti. Improvvisamente Sally si
ricordò di aver dimenticato lo zaino sulla panchina.
Scattò in avanti e corse fuori, spintonando chiunque le
stesse davanti. ''Merda merda merda" pensò, mentre schizzava
fuori dal mezzo. "Fa che non l'abbiano rubato, fa che non l'abbiano
rubato!". Si fermò bruscamente di fronte alla panchina. Lo
zaino era aperto. «Occazzo... »
sussurrò. Corse subito a vedere se le era rimasto qualcosa,
nel pieno panico. I soldi li
aveva in tasca, accanto al telefono e alla carta d'identità.
L'iPod era nella tasca opposta
mentre le chiavi erano attaccate alla gonna con una catenella. Nello
zaino c'erano solo il nuovo blocco da disegno e la matita. Si
passò una mano sulla fronte, sollevata. Guardò a
destra e sinistra, ma il ladro se n'era sicuramente andato. Si
girò e fece per tornare sui propri passi, quando la metro
chiuse le porte e ripartì. «NO!»
urlò. «Aspettami!
Ferma! Ti prego..Aspetta..» la guardò allontanarsi
e scomparire nel buio. Fantastico. Sarebbe arrivata in ritardo. Si
appuntò anche di chiedere scusa a Holden. Si sedette di
nuovo e abbracciò lo zaino vuoto. Cominciò a
pensare a Jimmy. Ogni volta che pensava a qualcosa, Jimmy spuntava
fuori. Era un'ossessione. Cominciò a chiedersi se se ne
sarebbe mai
liberata. 'I morti sono morti. Bisogna lasciarli in pace.' le ripeteva
sempre la nonna quando aveva tre anni. Morì pochi
giorni dopo l'ultima volta che l'aveva vista. Si impiccò
appena saputo che il marito aveva
una malattia incurabile. Tuttavia Sally la ricordava come una donna
forte e saggia, e quando si sentiva giù ogni tanto le
parlava. La prendevano in giro per questo, ma non ci faceva caso. Del
resto, a parte Holden, lei era l'unica disposta ad ascoltarla.
Il pensiero della nonna la scosse e la fece sorridere. Da piccola non
sorrideva molto e, crescendo, non si era sentita molto motivata a
farlo.
Certo, Holden era sempre gentile e cercava di compensare la mancanza di
amici e genitori in quella casa, ma anche lui aveva dei limiti. Ogni
tanto cercava di strafare e Sally lo doveva fermare con la forza.
Avrebbe scalato il monte Everest per lei. Questo la faceva sorridere,
ma anche star male. Lei non aveva mai fatto niente per suo fratello.
Niente di così importante, almeno. Ogni volta che cercava di
fare qualcosa di buono, combinava qualche pasticcio o non riusciva
nell'intento. Si sentiva abbastanza inutile, a dir la
verità.
Di una inutilità irrimediabile.
Si morse il labbro fino a farsi uscire il sangue. Il sapore dolceamaro
del liquido rosso le riempì la bocca. Lo adorava. Sapeva di
ferro e qualche volta aveva un retrogusto di pollo. La faceva ridere il
pensiero di un pollo che viveva nel suo sistema sanguigno, e che quindi
dava un po' del suo sapore al sangue. Almeno questo la distolse dai
suoi pensieri cupi. Diede un'occhiata al cartellone appeso al muro di
fronte a lei.
'Migliora la tua vita, comprati una Volvo! A soli 13.999$ potrai
provare l'ebbrezza di caricare una delle cose più fedeli e
affettuose della Terra! Approfittane, prima che sia troppo tardi!'. Le
pubblicità delle auto la facevano riflettere. "Che cosa
c'entra una macchina con il migliorare la mia vita? Devo paragonarla a
un cane che mi porta il giornale a letto? E' solo una cosa che ti
porta da qualche parte quando ne hai voglia, niente di speciale. Chi
mai potrebbe credere a una balla simile?"
«Ehy guarda!
Sembra proprio un'ottima auto!» disse esaltata una figura
accanto a lei. "Ecco perfetto, un altro idiota abbindolato da una
pubblicità cretina. Voglio proprio vedere che faccia ha
questo imbecille.." pensò irritata la ragazza, girandosi.
Rimase
stupita di ciò che vide. Un uomo con la cresta, capelli
marroni, occhi azzurri cerchiati di nero, maglietta dei Ramones e che
indossava anche
dei pantaloni abbastanza stretti stava godendosi le bugie della
pubblicità, pacioso. Beh, non c'è che dire, era completamente
diverso dall'idiota che
si immaginava.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6. ***
Lo sconosciuto
se ne stava lì, tutto tranquillo, a fissare il cartellone
pubblicitario. Sally non capiva se fosse scemo o lo facesse apposta, ma
sembrava davvero convinto di ciò che c'era scritto sopra.
L'uomo lo contemplava attentamente, controllando parola per parola,
come se stesse cercando qualche errore in quello che per lui pareva un
sogno. A guardarlo bene, non era come tutti i trentenni che conosceva.
Passino i capelli e l'abbigliamento, ma quegli occhi... Non sembravano
gli occhi di un adulto. Parevano gli occhi di un ragazzino che ha
appena scoperto qualcosa che non credeva potesse esistere. Si muovevano
lenti sulle lettere, ma appena c'era uno spazio vuoto scandagliavano la
'stanza' con una velocità inaudita. Aveva le braccia
incrociate e sembrava che facesse una fatica immane a starsene fermo
lì. Si vedeva benissimo che si stava controllando. Sally si
chiese che cosa sarebbe stato capace di fare, ma si guardò
bene dal chiederlo. Non voleva disturbarlo e poi, per lui non era che
una sconosciuta qualunque. Anzi, una sconosciuta che indossava una
gonna corta nera con delle sottili righe bianche e due catene
attaccate, delle calze leopardate nere e grigie, una canottiera spessa
nera e una felpa nera a quadratini bianchi, aperta sul davanti. Per di
più aveva anche lo
smalto nero sulle unghie e la matita sugli occhi. Insomma, non proprio
il tipo di ragazza a cui si dà confidenza.
Tuttavia l'uomo aveva l'aria di uno che ha voglia di parlare,
così rimase incerta a domandarsi come avrebbe potuto avviare
la conversazione. «Ehy.».
La voce dello sconosciuto la colpì di sorpresa. Era davvero
giovanile. Lo guardò. «Quando
passa il prossimo coso?» le domandò. «Dipende.
Potrebbe passare tra tre minuti come tra tre ore.». «Tre
ore?» ripeté stupito. «Come
sarebbe a dire 'tre ore'? Devo essere da Billie tra venti minuti cazzo!
Si può sapere come mai ci mette tanto questa cazzo di
metropolitana?» disse esasperato. «Mah.»
rispose Sally scrollando le spalle. «Dicono
che ce n'è una che parte ogni quindici minuti, ma la
verità è che qui siamo troppi e le
metro non bastano. 'Fanculo. Potrebbero anche metterne di
nuove.». L'uomo la guardò con simpatia. «Beh,
dalla tua faccia vedo che anche tu sei piuttosto incazzata. Potremmo
chiacchierare insieme mentre aspettiamo, che ne
dici?» «Non
c'è problema. Perdere tempo con le stronzate
è sempre stato il mio passatempo preferito.»
scherzò la ragazza. «Dove
devi andare?» «Francamente
non ne ho la più pallida idea. Devo andare in un grande
edificio vicino a un parco.» «Hai
una cartina?» «Uhu.»
«Ti
aiuto io.». In pochi minuti spiegò a quel buffo
individuo dove doveva scendere. «Mh.
Grazie.» «Comunque
io scendo dopo, te la posso indicare.» propose la
ragazza. «Sarebbe
perfetto, cazzo!» rispose l'altro sorridente. Attesero una
ventina di minuti, poi arrivò la metro e i due salirono.
Dopo
una mezz'oretta di viaggio, in cui Sally si addormentò,
arrivò la fermata dell'uomo. «Eccola.
Avanti, corri o non riuscirai a scendere.» gli
suggerì lei. «Vado.
Oh, a proposito io sono Tré» si
presentò il trentenne, una volta sceso dal mezzo. «Il
mio nome è---».
Le porte si chiusero prima che la ragazza potesse terminare la frase e
la metro ripartì rumorosamente. Sally si affacciò
al finestrino e diede un ultimo sguardo a colui che le aveva migliorato
la giornata. Questo era solo l'inizio di una serie di fantastici
eventi, se lo sentiva dentro. Sorridendo tornò al suo posto
e si mise a guardar fuori, persa nei suoi pensieri.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7. ***
Erano circa le dieci quando Sally si
incamminò verso
la stazione. Aveva chiamato il fratello e gli aveva detto che sarebbe
tornata tardi, di non preoccuparsi e che aveva le chiavi. Holden si era
sentito sollevato, in un certo senso. Sally aveva fatto molti progressi
dalla morte di Jimmy, e ci si era abituata in qualche modo. Il discorso
che le aveva pronunciato le aveva fatto bene. La ragazza aveva ripreso
in mano la sua vita e aveva deciso di ricominciare da capo. Era passata
una settimana circa dalla morte del suo amico ma Sally non era ancora
tornata a scuola. "Non manco a nessuno, non vedo perché
tornare.", pensava, "Posso prendermi tutto il tempo che voglio.".
Holden conosceva questi pensieri e sapeva che sua sorella aveva
ragione. Non si era mai fatta degli amici, e dalla morte dei loro
genitori era sempre stata molto sola. Certo, sarebbe stato meglio se
fosse andata a scuola, ma non poteva chiederglielo. Era appena morto il
suo unico amico, sarebbe stato troppo crudele e spietato nei suoi
confronti dirle di tornare a studiare. E poi gli insegnanti conoscevano
i suoi problemi familiari e la sua situazione, quindi avrebbero capito.
Forse. Ad ogni modo Sally era brava abbastanza da potersi permettere di
saltare la scuola per qualche giorno. Non aveva mai dato preoccupazioni
agli insegnanti e aveva sempre fatto i compiti, e Holden non era mai
andato a parlare con loro. Per lui erano dei perfetti estranei meno
importanti di sua sorella. E poi ormai lei aveva sedici anni e secondo
la legge poteva benissimo rimanere a casa.
Sally si legò i capelli e sorrise. Chi l'aveva conosciuta da
piccola non avrebbe mai potuto immaginare che crescendo sarebbe
riuscita a sorridere di nuovo, dopo tutto quello che le era successo.
Eppure Sally si sentiva bene. Non pensava più
ossessionatamente
a Jimmy e riusciva anche a sorridere qualche volta. 'I morti sono
morti. Lasciali in pace.' le ripeteva sempre la nonna, quando la
nipote veniva a trovarla in ospedale. Aveva il cancro. Se ne
andò qualche giorno dopo la morte del marito, deceduto nel
suo
letto in seguito ad un infarto. Sally se n'era fatta una ragione e non
ci pensava più di tanto, ma quando si sentiva sola chiudeva
gli
occhi e le parlava. I compagni di classe la prendevano sempre in giro
per questo, ma a lei non importava il loro giudizio. In fondo cosa
poteva fregargliene? Erano solo dei ragazzini immaturi che non avevano
sofferto come lei.
Si aggiustò i capelli, tirò fuori il biglietto e
entrò. Il sottosuolo aveva un odore stantìo che
le
stuzzicava il naso. La metro arrivò in pochi minuti,
provocando
lo stupore generale. La ragazza si avviò velocemente al suo
interno ed entrò nel primo vagone. Una signora la spinse e
Sally
inciampò, cadendo sopra due giovani ubriachi. Si sentiva da
lontano un miglio che avevano bevuto, ma da vicino non è che
lo
dimostrassero così tanto. Erano un po' rossi in faccia e
ridevano tranquillamente, con delle arie felici stampate sui volti.
Sally distrusse quell'atmosfera allegra precipitando sul ragazzo di
sinistra. Si rialzò e guardò i giovani
con aria
preoccupata. «Scusate.
Non volevo.» disse con un sorriso forzato. Il ragazzo di
sinistra
ruotò la testa come un gufo e le rispose con un'aria un po'
intontita «Uh?
Figurati. Non è niente,», si girò a
guardare l'amico. «vero?».
Quello di destra annuì, mentre quello che aveva parlato fece
un enorme sorriso. «Allora
okay.» rispose
sollevata. «Piuttosto
perché non ti fermi a chiacchierare con
noi?» «Beh,
veramente io..» «Oh
andiamo tesoro, non siamo poi così cattivi. Ti prometto che
ti
restituiremo al tuo paparino. Adesso siediti con noi,
eh?» «Io..
Non mi sento bene, dovrei andare..» «Coraggio
bella, siediti. Non mangiamo mica, sai? Abbiamo già fatto
uno
spuntino per placare la fame. Avanti.». Sally si sentiva un
po'
inquieta. «Preferirei
di no.» rispose al ragazzo. «E
perché no? Non siamo abbastanza fighi per te, signorinella?
Vorresti qualcuno di meglio? Eh? Magari un quindicenne bello, famoso e
ricco sfondato, non è vero?» La stava guardando
con
gli occhi spalancati e gli si era gonfiata la vena sul collo.
La
ragazza riusciva a sentire la sua rabbia e si ricordò che un
ubriaco poteva essere molto pericoloso se voleva. «O
preferiresti un bel giovanotto dolce e squattrinato, che ti corteggia
amorosamente con fiori e canzonette?». Non riusciva a
trattenersi. Il suo amico sembrava perso nel suo mondo fantastico, e
dall'espressione beota che aveva sulla faccia si poteva intuire a cosa
stesse pensando. Sally tacque, deglutendo. «Siediti!
Siediti cazzo!» le urlò. «La
ragazza ha detto di no, non l'hai sentita?» disse una voce
alle sue spalle. «E
tu chi cazzo sei?» «Quello
che ti spaccherà quel culo di merda che ti ritrovi se non la
lasci in pace». L'ubriaco attese qualche secondo, poi decise
di
non insistere. «E'
sempre così, gli idioti capiscono solo le maniere
forti.» le disse mentre la trascinava via. «Ti
hanno messo le mani addosso?» le chiese. Sally
esitò,
deglutì e guardò in faccia l'uomo. Sembrava
davvero
preoccupato. «No..Non
ancora..», rabbrividì, «Ma
se non fossi arrivato tu.. Chissà cosa sarebbe
successo..». «Ti
avrebbero trascinata con loro e violentata senza molte parole».
La serietà non si adattava a quel viso dolce.
Aveva un'aria
gentile e buona nonostante quello che fosse appena successo. La cosa
stupì Sally. Inoltre lui non si era scaldato troppo, e non
aveva
mai perso la calma. «Dove
andiamo?» gli domandò. «Secondo
te?» «In
un altro vagone.» «Esatto.
E non ti lascerò da sola finché non sarai
arrivata a
casa.». La presenza di quell'uomo faceva sentire protetta
Sally,
come se niente avesse potuto sfiorarla mentre lui era lì. Lo
seguì docilmente mentre la trascinava lontano, vagone dopo
vagone. La mano muscolosa le stava stringendo il polso energicamente,
ma senza farle male, e la ragazza ebbe l'impressione che quell'uomo
fosse più importante di quello che immaginasse. La
sensazione
durò qualche secondo, e lei stessa non seppe dirsi come
avesse
potuto venirle in mente una cosa del genere guardandogli la mano. Un
urlo la fece riemergere dai suoi pensieri. «Ehy
Tré!». Un trentenne con i capelli neri si stava
sbracciando per farsi notare dall'amico. Aveva un enorme sorriso
stampato sulla faccia e pareva piuttosto felice. In una manciata di
secondi lo raggiunsero, e Sally notò che c'era pure un altro
giovane, biondo, che li stava aspettando. Si chiese se avesse potuto
fidarsi di loro, e dopo averli guardati in faccia decise di
sì.
Più che altro aveva fiducia in Tré e,
sedendosi accanto al moro, sperò vivamente di poter contare
su di lui.
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Capitolo 8 *** Capitolo 8. ***
«Allora hai trovato quello che stavi
cercando?»
domandò il moro guardando Tré. «Già.
Anche al momento giusto, pare.» guardò
Sally e poi di nuovo l'amico. «Avevo
visto giusto.» «Ma
come diavolo facevi a sapere cosa avrebbero potuto
fare?» «Francamente
non lo so. Li avevo visti entrare a Central Park e fino a una decina di
minuti fa cantavano allegramente. Poi hanno smesso di colpo, e mi sono
chiesto perché. Quando sono ubriaco niente mi fa andare su
di
giri come una canzone, specialmente se idiota. Non smetterei mai di
cantare. Così ho deciso che sarebbe stato meglio
controllare. E
ho fatto bene, come puoi vedere.» Sally sorrise. «Sai
credevo che questa qui fosse una tipa un po' più
decisa.» scherzò. «Ehy!
Guarda che non mangio da stamattina e per tua informazione, ho faticato
un sacco oggi!» ribatté. «Certo,
certo, come vuoi.» la prese in giro Tré. Sally
fece finta
di offendersi e mise il broncio. Stava scoppiando a ridere, e la sua
interpretazione ne risentiva. «Ma
smettila! Guarda che non ti do le caramelle se fai la bambina
cattiva!» disse lui, ridendo. Quando riuscirono a
riprendersi,
Tré fece le presentazioni. «Bene,
questo nano è Billie Joe, ah fai attenzione, se non parliamo
sempre di lui si incazza!» Billie rise sotto i
baffi e le
sorrise. «Piacere.» «Piacere.». «Questo
è Mike, l'emo del gruppo. E se non stai attenta a quello che
dici ti spacca il culo.» Il biondo lo guardò
dubbioso,
alzando un sopracciglio. «Tutto
qui? Mi aspettavo di peggio.» commentò. «Okay,
ma ricorda che te la sei andata a cercare. Guardalo bene, ragazza,
questo qua è uno fissato con la ginnastica, che non
è mai
riuscito a tenersi una fidanzata per più di qualche mese
e... Ha
una collezione di canottiere sportive da lasciarti a bocca
aperta.». Mike la salutò con un cenno della testa
e le
sorrise. Sally rabbrividì. Quel ragazzo non era niente di
speciale, magari da giovane era stato un sex-symbol, ma ora non lo
dimostrava più di tanto. Eppure quando sorrideva, c'era
qualcosa
dentro di lei che si scioglieva. Aveva un sorriso speciale, uno di
quelli che ti faceva sentire speciale mentre eri lì a
guardarlo.
Ne rimase impressionata. «Bene,
direi che qui abbiamo finito.» «Col
cazzo che abbiamo finito! Non sappiamo neanche come si
chiama!» «Chi,
lei? Beh..» «Mi
chiamo Sally, piacere.» intervenne lei sorridente. Era una di
quelle che credeva nella prima impressione, quindi cercò di
apparire il più tranquilla e rilassata possibile. «Mi
ricorda qualcosa..» disse
il moro. «Una
canzone, per caso?» «Già.» «Beh,
ne esistono tante. Come fa quella che dici tu?» «Mh?
No, lascia perdere, non è niente di speciale
credimi.» «D'accordo.
Come vuoi tu.». Seguì qualche secondo di silenzio
imbarazzato, a cui rimediò Tré. «Bene
Sally, come da programma devo trovarti un soprannome.»
annunciò con aria contenta. Al che Billie scoppiò
a
ridere e Mike si mise una mano sulla bocca. «Che
cosa c'è?» domandò Sally
allarmata. «Che
succede?» «Succede
che sei fregata amica!» «Eh?».
La ragazza non riusciva a capire e decise che forse era meglio
così. Si strinse nelle spalle e guardò
Tré.
Sembrava davvero concentrato. Era davvero così importante?
«Aha!
Nyy!» urlò esaltato il trippone. «Nyy?»
ripetè Billie scettico. «Che
cazzo ti sei fumato stasera?» «Niente!
Niente che non abbiate fumato anche voi, intendo! Andiamo è
un nome perfetto!». Sembrava davvero convinto. «Dicci
almeno com'è saltato fuori.» «Beh,
vedi, siamo a New York, quindi Ny, poi dovevo aggiungerci qualcos'altro
e puf! Ecco che spunta fuori Nyy!». Tré era
davvero fiero
del suo soprannome e Sally si sentì in dovere di dire che
era
carino. L'amico ne fu felice e lo rinfacciò agli altri.
Nessuno
sembrava badare troppo ai comportamenti dell'uomo, lo lasciavano libero
di fare tutte le stronzate che voleva. A Sally sembrò
strano,
vista la sua iperattività. Rimasero a chiacchierare
una
ventina di minuti, finché la metro non si
fermò. «Questa
è la mia fermata ragazzi. Mi ha fatto piacere conoscervi.
Arrivederci» disse la ragazza con un po' di malinconia.
Avrebbe
voluto rimanere a parlare con quei tipi così fuori dal
comune,
ma sapeva che Holden si sarebbe preoccupato. «Ciao
Sally!» le disse Billie. «Alla
prossima» la salutò Mike. «Col
cazzo che ti lascio andare!» le gridò dietro
Tré. «Ti
ho detto che ti avrei accompagnata a casa e così
farò.». Sally credeva che l'avesse detto tanto per
dire, e
che se ne fosse già dimenticato, invece.. «D'accordo.
Ma loro che fanno? Sanno tornare a casa?» «Tesoro
i Green Day vanno in giro in gruppo.» «Allora
okay.». Scesero dal mezzo e riemersero in
superficie. «Cristo,
che quartiere schifoso.» commentò
Tré. «Molto
fine, come al solito.» disse Billie di rimando. «Questo
posto mi ricorda Oakland, sai? E' dove io e Billie siamo cresciuti, un
vecchio posto schifoso senza molta gente con cui scherzare. Sono felice
che ce ne siamo andati.» disse Mike alla ragazza. Lei
annuì e aggiunse: «Non
è un granché, ma col lavoro di mio fratello
è l'unico che possiamo permetterci.» «E
i tuoi genitori non lavorano?» «Loro
sono.. Sono morti quando avevo quattro anni.» «Oh.
Mi dispiace.» «Fa
niente. Ormai ci sono abituata.» «Sai,
io sono stato adottato.» «Eh?» «Massì,
insomma, mia madre era una tossicodipendente e mi ha dovuto lasciare in
adozione. Cose che capitano. Come la morte dei tuoi, o il loro
divorzio. Non dipende da noi.» Sally si sentì
sollevata.
Quell'uomo con i lineamenti duri e quel sorriso speciale le somigliava
in qualche modo. Non parlava molto, ma quando apriva bocca evitava di
sparare stronzate a destra e manca, anzi diceva cose davvero
intelligenti e profonde. Un senso di ammirazione nei confronti del
biondo la invase. Anche lui aveva sofferto, proprio come lei. Solo che
aveva trovato degli amici e aveva superato i suoi problemi col loro
aiuto, a differenza di lei. No. Sentiva che si sbagliava. Ora anche lei
aveva degli amici. Sapeva che tutto sarebbe solo migliorato, proprio
come nelle fiabe. Voleva credere con tutte le sue forze che tutto
potesse passare. Ma ormai il suo non era solo un desiderio. Era una
certezza. Aveva degli amici, e con loro avrebbe superato tutti i suoi
guai. Era solo questione di tempo.
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Capitolo 9 *** Capitolo 9. ***
La porta di casa si aprì con uno
scricchiolìo e
Sally scivolò dentro furtivamente. Tutto era silenzioso,
quindi
o Holden era uscito o era davvero tardi. Diede una rapida occhiata al
salotto e fece cenno ai ragazzi di entrare. «Avanti,
venite dentro.» La comitiva entrò senza fare
rumore, e si avvicinò a Sally. «Non
so se mio fratello stia dormendo o sia fuori, ma per precauzione
è meglio non fare troppo casino. Tutto
chiaro?» «Cristallino
ragazza.» «Grande.».
Sally andò in cucina, seguita dai tre. «Volete
qualcosa da mangiare, bere o chessòio?»
domandò. «Io
sto bene, grazie.» disse il moro. «Un
caffé non sarebbe male.» disse pensoso il
biondo. «Ma
mi sembra ovvio! Birra, patatine e altra birra!»
esclamò
Tré. Sally sorrise divertita e mise su il caffé.
Dopodiché lanciò a Tré qualche lattina
di birra e
un sacchetto di patatine, che il giovane acchiappò al
volo. «Bene,
abbiamo tutto il necessario per una festa!»
scherzò lui. «Mancano
solo le ragazze carine!», la prese in giro. «Fermati
un attimo campione, non ti ho mai autorizzato a fare una
festa.» «Oh
andiamo mamma, tutti i miei amici le fanno! Sono l'unico sfigato che
non si diverte mai!» «Molto
divertente Tré, ma, seriamente, se Holden compare
all'improvviso
siamo fottuti. Non è un bene che una sedicenne dia una festa
con
tre invitati, guardacaso tutti maschi, buoni bevitori e.. non so, di
circa trent'anni. Non se ne parla neanche.». Tré
rimase un
attimo in silenzio. «Però
ci hai fatti entrare in casa.» «E'
diverso.» «Non
credo proprio. Hai appena permesso a tre sconosciuti di entrare nella
tua casetta, e cazzo sei anche da sola. Alla faccia della sicurezza.
Per quanto ne sai noi potremmo anche esser----» «Per
me potreste anche essere ex-carcerati, ma mi avete salvata da due
ubriachi con brutte intenzioni. E poi, se mi capita qualcosa di brutto
posso denunciarvi e aiutare a ricreare l'identikit. Qui i vicini hanno
il sonno pesante, ma al piano di sopra c'è una signora che
soffre di insonnia. Mi aiuterebbe lei. E poi... Io mi fido di
voi..». La ragazza aveva fatto una pausa prima di terminare
la
frase, e dicendola aveva guardato Tré negli occhi con una
serietà inaudita. «Capisco.» «Ne
sono lieta.». Sally rimase in silenzio finché il
caffé non fu pronto. A quel punto tirò fuori lo
zucchero
e una tazza. «Quanti
cucchiaini?» «Uno,
perfavore.» «D'accordo.».
Mike prese la tazza dalle mani di Sally. Un odore forte stava inondando
la cucina, e stuzzicando le narici di tutti. Mike sorseggiò
la
bevanda bollente con calma, ignorando la lingua che bruciava. «Davvero
buono.» «Dici?
Ce lo porta la vicina, viene dall'Italia.» «Notevole.»
Il biondo sorrise e Sally si sentì immediatamente meglio.
Fece
segno ai tre di tacere e scivolò in camera di Holden, per
controllare se stesse dormendo. Il letto era vuoto e la luce spenta.
Billie si avvicinò a lei con cautela. «Allora?».
La ragazza sobbalzò e rispose: «Mi
hai fatto prendere un colpo! Comunque qui non c'è,
dev'essere
uscito. Possiamo anche parlare a volume accettabile
adesso.» «Perfetto.»
rispose Billie accendendo la luce. Sally chiuse un attimo gli occhi,
abituati al buio com'erano per loro la luce improvvisa era una
pugnalata alle spalle. La stanza si illuminò, e i due
poterono
vedere l'enorme collezione di cd di Holden. «Wow.»
disse il moro sbalordito. «Belli
eh? Questi cd sono l'orgoglio di mio fratello. Li colleziona da
anni.» commentò Sally. Billie si
avvicinò e
cominciò a guardare i titoli. «Pearl
Jam, Husker Du, Sex Pistols, Guns N'Roses... Beatles... Mhm... Questo
mi manca...» mormorò. «Ehy
gente che si dic--- porca puttana!» esclamò
Tré a
bocca aperta. Mike entrò nella stanza e si
avvicinò a
Billie. «Ehy
guarda.» gli disse. «Mike
sono occupato adesso. Va' via.» «Solo
cinque secondi.» «Basta
che smetti di rompere.» borbottò il moro. «Vediamo
un po' sta roba...» disse spostando lentamente gli occhi sul
cd che Mike gli stava tendendo. «Ohggesù»
sussurrò. Prese l'oggetto dalle mani dell'amico e
accarezzò la copertina. «Non
credevo che avrei mai potuto incontrare qualcuno che lo possedesse. Di'
un po' signorinella, quanti anni ha tuo fratello?» Sally
cadde
dalle nuvole. L'età di suo fratello? Che importanza
aveva? «Venti.
Perché?» «Mh,
grazie. Sentito Mike? Venti. L'età è giusta.»
poi tornò a guardare il disco.
«La
superficie è piuttosto rovinata, almeno quella della
copertina,
tuttavia credo che sia originale. Questo tizio ricaverebbe milioni se
lo vendesse.». La ragazza sgranò gli occhi.
Milioni? Per
un cd? Era fantastico. Vendendolo avrebbero risolto tutti i loro
problemi, e Holden sarebbe potuto tornare a scuola. Da quando era stato
possibile si era sempre occupato di lei, e per far questo aveva
abbandonato la sua promettente carriera scolastica. Sally non se l'era
mai perdonato. E adesso il ritorno a scuola del fratello era a portata
di mano. «Chi
sarebbe disposto a comprarlo?». Billie si girò a
guardarla. «Non
lo so. Qualche ricco appassionato direi.» «Ne
conosci qualcuno per caso?» «Troppi.
Sei sicura che non sia meglio chiedere a lui? Sì, insomma,
il cd
è suo.» Ma Sally era troppo emozionata per
ragionare bene
e dargli ragione. «Non
importa. Sarà più che felice.» «Mmm...
D'accordo allora.» disse Billie senza troppa
convinzione. «Comunque
ormai è tardi, bisogna aspettare domani.»
osservò. «Non
c'è problema.» «E
poi la notte porta consiglio. Potresti pentirtene. Pensaci bene, Holden
potrebbe anche arrabbiarsi, sai.» «Non
credo proprio lui è--» «Promettimi
che lo farai.» «Ma..» «Guardami
negli occhi e dimmi che lo farai.» «Va
bene.
Promesso.». Billie abbassò lo sguardo, dubbioso.
Si
chiedeva se avesse fatto bene a dirle una cosa del genere. In fondo
quella ragazza aveva solo sedici anni, era troppo piccola per capire
fino in fondo quanto poressere pericoloso giocare coi soldi.
Sospirò. Ormai era fatta. Guardò Sally
allontanarsi
scherzando con Tré e una lattina di birra. Quella ragazzina
aveva qualcosa di speciale. Non aveva ancora capito cosa, ma sapeva che
qualcosa c'era. Quella cosa dormiva ancora dentro di lei, ma presto si
sarebbe svegliata e Billie voleva essere lì. Sentiva che
sarebbe
stato meglio se fosse stato con lei in quel momento.
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Capitolo 10 *** Capitolo 10. ***
«Maddai?
Non ci credo!».
La voce di Sally rimbombava nella casa semivuota. Tré era
ubriaco come al solito, Billie stava fumando sul balcone e Mike stava
bevendo caffé. Pure lei aveva bevuto molta birra,
ripensandoci.
Tré l'aveva incitata a seguire il suo esempio, poi aveva
trangugiato allegramente due lattine di birra. L'uomo sembrava
divertirsi molto e Sally si chiese cosa lo spingesse a ridere
così. L'alcol poteva aiutare, certo, ma non fino a quel
punto.
Probabilmente era sotto l'effetto perenne di droghe, dedusse. Solo che
non aveva dimostrato di essere drogato fino a quel momento, e lei gli
era stata sempre accanto come un'ombra, quindi non aveva avuto
occasioni di assumere qualche stupefacente. Dopo qualche riflessione
decise che forse quel tipo era semplicemente un ottimista contento
della sua vita, che ama spassarsela e odia pensare alle cose brutte. Il
suo viso era diventato rosso e gli occhi cerchiati di nero erano ancora
più allegri di prima. Puzzava leggermente, ma niente di che
rispetto agli ubriaconi che si incontrano per strada.
Ora come ora aveva sparato l'ennesima stronzata della serata. Tuttavia
Sally aveva bevuto decisamente tanto e quello che aveva detto
Tré le sembrava la storia più geniale e
interessante che
avesse mai sentito. «Ti
dico che è vero! Una mucca grossa così ha
infilato la
zucca nella mia tenda e ha cominciato a leccarmi i piedi! E' stata una
cosa assurda! Me la sono quasi fatta sotto!» raccontava
l'uomo. «E
il fattore continuava a dirmi che la mucca non era sua, ma che era
scappata dal recinto di qualcun altro, nonostante fossimo in una zona
deserta!» continuò ridendo. Sally
scoppiò a ridere
e disse: «Ecco,
già mi immagino la scena: tu che dormi, senti qualcosa che
ti fa
il solletico, ti svegli ma non apri gli occhi e ti limiti a dire
'Vaffanculo Billie'. Poi non senti risposta e il solletico continua,
quindi apri gli occhi e ti giri incazzato verso l'uscita sbraitando
insulti, ma al posto del tuo amico vedi una mucca e ti prende un
infarto, dopodiché rimani lì paralizzato pensando
a cosa
salvare prima, se le tue birre o i tuoi amici!». Esplose in
una
fragorosa risata e si piegò sulle ginocchia. «Cazzo,
mi sembra di conoscerti da una vita!» esclamò
lui. «Vè?
Brindiamo!» disse lei tra le risate. Si sentiva euforica e la
vita le sembrava piena di opportunità. Era come se potesse
acchiapparle tutte, se solo avesse voluto. Ma in quel momento l'unica
cosa che le interessava era divertirsi con i suoi nuovi amici. Era la
calma prima della tempesta. Billie e Mike stavano aspettando l'arrivo
di una brutta notizia. Sentivano che doveva arrivare. E quella notizia
avrebbe cambiato per sempre le loro vite.
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Capitolo 11 *** Capitolo 11. ***
L'odore del caffé svegliò
Sally. La macchinetta
era appoggiata sul tavolo, semivuota, ma l'odore proveniva dalla
cucina. Era forte e deciso, e le stuzzicò l'appetito. Erano
circa le 10 del mattino, la luce filtrava dalla finestra e il pavimento
puzzava d'alcol. Anche Tré puzzava d'alcol. La luce faceva
male
agli occhi, nonostante fosse molto bassa. La ragazza cercò
di
radunare i pensieri, presa da un forte mal di testa. Tutto quello che
si ricordava della sera prima era che era stata salvata dalle grinfie
di un giovane ubriaco da Tré, aveva incontrato Mike e
Billie,
che l'avevano accompagnata a casa. Poi lei aveva offerto loro un
caffé, delle patatine e qualche lattina di birra. Il
pavimento
era ricoperto di birre vuote, e Sally non ebbe difficoltà ad
immaginarsi la scena. Tré beve, lei lo guarda senza
convinzione,
lui la incita a seguire il suo esempio e lei acconsente. Prima un
sorso, poi un altro e infine una lattina. Avevano bevuto un bicchiere
dopo l'altro di birra, finché non si erano ubriacati
follemente.
Sally provò ad alzarsi ma fu colta da un fortissimo mal di
testa
che la fece ricadere sul divano. Strizzò gli occhi e li
tenne
chiusi per qualche secondo, prima di decidere che la sera prima aveva
bevuto un po' troppo. Tré dormiva ai suoi piedi, e sembrava
che
niente potesse svegliarlo. ''E' carino mentre dorme.'' pensò
Sally. ''Ha davvero una faccia serena.''. Fece un respiro profondo e
cercò di pensare il meno possibile, in modo da mandar via
quel
cerchio che sentiva nel capo. Credette di essersi ripresa e
riprovò ad alzarsi, ma un capogiro la costrinse a
risdraiarsi.
Avrebbe aspettato un po' prima di andare di là e chiamare i
ragazzi. Tanto non sapevano neanche che lei era sveglia.
Fissò
il soffitto, reprimendo un conato di vomito. Certo che se l'erano
proprio spassata. Jimmy sarebbe stato fiero di lei. Le aveva sempre
detto di farsi qualche amico, oltre a lui, e di partecipare a qualche
festa. Di trovare qualcuno di cui potersi fidare quando ce ne sarebbe
stato bisogno, di divertirsi senza pensare alle conseguenze e di
spassarsela fino a dimenticare tutte le cose brutte. Solo ora Sally si
rese conto di quanto il ragazzo avesse ragione. Non si sentiva
così bene da quella che le sembrava un'eternità.
Socchiuse gli occhi e sorrise. Certo, non conosceva molto bene quelle
persone, ma credeva di potersi fidare di loro. Si sentiva a suo agio,
quando erano attorno a lei, e le calmavano i nervi. Erano come una
medicina. Curavano il suo cuore infranto con sorrisi e parole. Come non
credeva fosse possibile curare. Rilassò i muscoli e
cercò
di dormire. La sera prima di erano addormentati verso le tre e lei
moriva di sonno. Non è che le fosse così facile
dormire
una volta sveglia, ma ci si impegnò lo stesso. Le voci di
Billie
e Mike la cullarono nel mondo dei sogni. Sembrava stessero discutendo.
Il tono era serio e abbastanza preoccupato. C'era qualcosa che non
andava. Ma Sally era troppo stanca per accorgersene.
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Capitolo 12 *** Capitolo 12. ***
«Come
hai intenzione di dirglielo?» «Non
saprei.. Perché io?» «Beh,
mi è sembrato di capire che tu la fai sentire meglio. E poi,
io non sono bravo in queste cose.» «Sciocchezze.
Non si è mai bravi per queste cose. Ad ogni modo le
parlerò io, non ti preoccupare.» «Grazie».
Il biondo ammiccò un sorriso, tentando di alleggerire la
tensione. «Lo
sai vero che questo cambia tutto?» «Sì..»
sospirò Billie, «Sì
lo so.» «Ho
paura che avremo qualche problema.» «Di
sicuro. Possiamo provare a limitarli
però.» «Non
so se sarà possibile più di tanto. E' una
faccenda seria e complicata Billie.» «Lo
capisco.» sbuffò il moro. A volte gli sembrava che
Mike lo
trattasse come un bambino. Sapeva che l'amico cercava solo di
proteggerlo ma gli dava fastidio lo stesso. «Lo
spero. Prepara un altro caffé, mentre io cerco le parole
adatte.» «Va
bene.» «Grazie.» «Di
niente.».
Se c'era una cosa che lo stupiva dell'amico era che lui non perdeva mai
la calma. Analizzava tutto senza lasciarsi prendere dalla rabbia, dal
panico o dalla tristezza. Guardava le situazioni con occhi estranei ai
fatti, in modo da poter rispondere obiettivamente senza far preferenze.
Ammirava quel lato del biondo, eppure sapeva che per ottenere quella
dote aveva sofferto enormemente. Sospirò pensando a suo
padre.
L'aveva abbandonato quando aveva dieci anni e Billie si era sentito
morire con lui. L'aveva desiderato, aveva detto di voler morire al
posto del genitore, ma il tumore se l'era portato via. Il bambino
l'aveva visto scivolare via dalle proprie mani e cadere nel buio qual
è
la morte, provocando un vuoto incolmabile dentro il suo cuore. Il
piccolo si era
isolato nel suo dolore, continuando a impedire alla gioia di
raggiungerlo e
salvarlo. Solo Mike era riuscito a tirarlo fuori dal suo isolamento, e
il moro sapeva di essergli debitore. In compenso i ragazzi erano
diventati amici per la pelle, e avevano continuato ad andare avanti in
due. Ognuno risolveva il problema dell'altro, o almeno ci provava.
Andavano molto d'accordo. Certo, avevano dei piccoli diverbi, ma niente
di serio. Non capitava mai che entro tre giorni i due non avessero
ancora fatto pace. Non che ne avessero bisogno. Bastava uno sguardo e
l'altro capiva tutto. Era un'abilità che avevano sviluppato
col
tempo, un qualcosa di speciale che funzionava solo tra loro due. Sapere
di poter contare su Mike quando ne aveva bisogno, faceva sentire Billie
al sicuro. Come se avendo qualcuno dalla sua parte le cose brutte della
vita non lo potessero sfiorare più di tanto.
Mise su il caffé, cercando con cura di farlo il
più buono possibile. Cercava sempre di fare il meglio per
Mike. Lui lo apprezzava sempre, anche quando sbagliava. Ma ora era
troppo preso dai suoi pensieri per badare a lui. Del resto, la notizia
che avrebbe dovuto comunicare a Sally non andava presa alla leggera.
Sospirò. Perché nel mondo succedono tante cose
brutte? In fondo, questo potrebbe essere l'inferno. E quando le persone
muoiono, si ammalano o ti feriscono non fanno altro che svolgere il
compito che è stato loro assegnato, quello di farti scontare
la tua pena nel dolore. E se nonostante tutto riesci ancora a sorridere
e a trovare qualcuno di cui fidarti, hai superato la prova, e puoi
sperare in un mondo migliore.
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Capitolo 13 *** Capitolo 13. ***
«Hey..».
«Mh?»
disse il biondo, risvegliato dai suoi pensieri. «Mi
chiedevo.. Faremmo bene a dirglielo? Chessò, magari dovremmo
aspettare un po', per vedere se è davvero
pronta..» «Billie,
non sarà mai pronta.» disse secco l'amico. Billie
deglutì. «Lo
so, ma..» «Senti,
so che queste cose ti fanno star male, ma deve saperlo. E
poi...», fece una pausa, «non
credo sia giusto nei suoi confronti.». «Sì,
ma guardala, è così felice.. Non voglio guastarle
la festa...» rispose il moro mordendosi il labbro.
Abbassò lo sguardo e fissò il pavimento.
Deglutì nuovamente, aspettando che Mike parlasse. Questi
fece un respiro profondo e disse: «Sai,
a volte nella vita non tutto va come vorremmo. Bisogna farsene una
ragione e andare avanti. Tenere duro. La felicità non
è una cosa dovuta e quella ragazza ormai lo sa fin troppo
bene. Purtroppo la fortuna non è dalla sua parte nemmeno
questa volta. Però almeno ha qualcuno che la può
sostenere e su cui può contare. Credi di potercela
fare?» «Suppongo
di sì, però...» «Non
devi esitare. Essere insicuro non ti aiuterà per niente.
Adesso voglio che ti calmi e dici a te stesso: 'Io aiuterò
quella ragazza, e lo farò alla grande. Grazie a me
tornerà a sorridere.'. Avanti. Comincia.» «Cosa?»
gli chiese il moro, come se quella che Mike avesse appena detto fosse
una delle cose più assurde e impossibili di questo
mondo. «Hai
sentito benissimo. Forza, muoviti.» «Io
aiuterò quella ragazza, e lo farò alla grande.
Grazie a me tornerà a sorridere, cazzo! Beh, sai che ti
dico? Ce la posso fare. Ce la possiamo fare.».
Respirò profondamente. «Dobbiamo
farcela.». Mike sorrise e annuì con la testa.
Finì di bere il suo caffé mentre Billie mormorava
quelle frasi tra sè e sè, facendosi forza.
Avrebbero avuto bisogno di tutta la loro energia e calma,
realizzò il biondo. E avrebbero dovuto evitare di girare
attorno alla notizia per troppo tempo o la ragazza si sarebbe
spazientita e infine arrabbiata. Mike si rimise a pensare, mentre
l'amico girava per la cucina, richiamando a sè tutta la
sicurezza possibile. La tensione si faceva sentire, tuttavia il giovane
aveva una faccia seria ed era deciso ad andare fino in fondo. «Ehy
Mike.» «Mh?» «Non
ci tireremo indietro vero? Riusciremo a dirglielo, non è
così?» «Glielo
diremo. Fosse l'ultima cosa che facciamo.» disse il biondo,
deciso. «Bene.»
disse Billie, tornando a camminare per la stanza. «Mike?» «Sì?» «Non
dobbiamo tirarci indietro.» «Lo
so.» «Eppure,
nonostante io sappia che quello che stiamo facendo è giusto,
mi sento strano. Come se non dovessi andare di là a
parlarle.» cominciò. «Che
sia codardigia? Non ho paura, ma una parte di me teme che che quello
che stiamo per fare sia solo un errore. Mi prega di tirarmi indietro
per il mio bene. Dice che quella ragazza starebbe meglio senza saperlo.
E' tremendamente egoistico, ma qualcosa dentro di me la pensa
così.». Guardò Mike negli
occhi. «Quello
che mi chiedo è perché io mi senta
così. Non è la prima volta che una cosa del
genere mi capita, ma non mi sono mai fatto questo genere di domande.
Credevo di essere altruista, generoso, che mi interessasse la salute e
l'umore della gente che mi circonda. Eppure adesso sono qui, e l'unica
persona a cui riesca a pensare sono io. Mi... Mi faccio schifo da solo.
Come posso essere cambiato così tanto senza accorgermene?
E'... E' orribile.» finì. Ormai la sua voce non
era altro che un sussurro. Il biondo lo stava guardando con affetto,
abbozzando un sorriso. Billie si sentì improvvisamente
vecchio e infelice. Mike
fece un respiro profondo e gli mise una mano sulla spalla. «Calmati...
Non è la fine del mondo.. Siamo cambiati entrambi, siamo
maturati in un certo senso. Alcune cose ci spaventano più di
quanto facessero una volta. E' normale. Ma questa può essere
l'occasione per sconfiggere la paura e tornare quelli di prima. Non lo
sapremo mai se non ci proviamo. E...» fece una
pausa. «anche
se sbagliamo, possiamo rimediare. Sally ha tutta una vita davanti, e
pure noi. Niente è per sempre, ricorda. Il dolore non
può durare. Ci impegneremo affinché quella
ragazza dimentichi il suo e ritorni felice. Non ti basta? Un tempo ne
saresti stato più che soddisfatto.» «I
tempi sono cambiati.» «Me
ne rendo conto... Ad ogni modo, devi provare a buttarti, a liberare il
tuo cuore dall'oppressione che questa scelta gli sta causando. Pensa a
Sally. Quanti anni ha? Sedici. Diciassette. Giovane, vero? Eppure le
sono capitate così tante cose brutte. Proprio come a noi.
Cerca di immedesimarti in lei. Cosa vorresti? Preferiresti sapere o
vivere in un sogno, illudendoti che tutto vada bene? Fatti questa
domanda e i dubbi scompariranno.» concluse. I due si
guardarono negli occhi per qualche secondo. Poi Billie
sospirò e spostò la mano dell'amico. «Non
è così facile, sai.» «Ci
sono passato anch'io Bill.» «Lo
so benissimo. Ma adesso è diverso. Io... Lo farò.
Non mi tirerò indietro.» guardò
nuovamente il biondo. «Ma
avrò bisogno di te.» «Conta
sul mio appoggio» lo rassicurò lui. «Grazie.
Sono qui, nella vaga occasione che tu voglia il cambio. Ti
starò vicino tutto il tempo. Almeno questo
riuscirò a farlo.» sorrise il moro. Il nodo alla
gola si stava stringendo e sciogliendo allo stesso momento. Detestava
sentirsi così. Riprese a camminare per la stanza,
sussurrando frasi d'incoraggiamento. Mike invece chinò il
capo e congiunse le mani. Mormorò qualche parola e
guardò verso il cielo. A dir la verità neanche
lui era così sicuro di fare la cosa giusta, e i sensi di
colpa cominciavano a salirgli su per lo stomaco. Stava per rovinare la
vita di una persona. Una persona che aveva già sofferto
troppo in vita sua. Una che non avrebbe più dovuto sapere
cosa fosse il dolore. E invece, eccolo lì. Lui, un semplice
uomo, uno conosciuto da qualche manciata d'ore, si sta preparando a
darle una notizia orribile che sconvolgerà il suo
già fragile equilibrio. Era proprio l'ultima cosa che
sarebbe dovuta succedere, e invece, per scherzo del destino,
è accaduta. Mike si morse il labbro e rimase in silenzio,
con il viso tra le mani. Non riusciva a credere a quello che stava per
fare. Non voleva crederci. Eppure era vero. E sapeva che solo lui
poteva essere in grado di dirle una cosa del genere. Respirò
silenziosamente e riprese a prepararsi mentalmente e psicologicamente.
Non mancava poi così tanto.
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Capitolo 14 *** Capitolo 14. ***
«Hey, buongiorno! Bella
mattina, non è vero?» disse
allegramente Sally irrompendo nella stanza. «Mattina?
Sono le undici passate!» le rispose
Billie, leggermente scettico. «Oh
andiamo, un po' di allegria cazzo! Sembra che sia appena morto
qualcuno!» scherzò lei, guardandoli in faccia.
Billie
abbassò lo sguardo e Mike si mordicchiò il
labbro,
evitando di guardarla in faccia. «E'
così vero? E' appena morto qualcuno, non è
così?» chiese la ragazza con un filo di
voce «Non
è vero?». Fece una pausa. «Di
chi si tratta?... Chi...A chi è successo?»
sussurrò. Mike deglutì e la guardò.
Sally aveva
gli occhi leggermente lucidi e continuava a mordersi le labbra. Era
visibilmente nervosa e in ansia. Il biondo sospirò,
cercò
di deglutire, nonostante avesse la gola secca, e aprì la
bocca. «Ecco...
Si tratta... Si tratta di Holden.» disse. Sally
spalancò
gli occhi e la bocca. Dopo una decina di secondi cominciò a
tremare e una smorfia di dolore si dipinse sul suo volto. Una lacrima
cominciò a scorrerle dagli occhi, ma la ragazza se
l'asciugò in fretta. «Ho-Holden?
No, non è possibile, dovete esservi sbagliati, lui
è
vivo, ne sono sicura; anzi sapete che faccio? Lo chiamo e gli chiedo
cosa sta facendo.» farfugliò ansiosamente.
Cercò il
telefonino nella tasca della felpa e lo tirò fuori. «Mmmm...Vediamo...
Holden, Holden, Holden...» mormorò cercando il
numero del
fratello nella memoria del cellulare. «Oh,
eccolo!» esultò. «Adesso
lo chiamo e vedrete che mi risponderà! Ne sono
certa!»
disse con un gridolino. Le tremavano le mani mentre premeva il dito sul
tasto
verde. Accostò il cellulare all'orecchio, aspettando che la
voce
dolce del fratello le rispondesse. I suoi occhi vagarono per la stanza,
senza soffermarsi sullo stesso oggetto per più di tre
secondi. «Andiamo
Holden, rispondi.» disse, come se il giovane potesse
sentirla. Il
telefono si zittì per qualche istante, prima che la voce del
ventenne attaccasse a parlare. «Holden!
Allora sei vivo! Sapessi come sono... feli...ce...» si
interruppe
la ragazza, ascoltando la registrazione vocale della segreteria
telefonica. «No...»
sussurrò, sgranando gli occhi. «NO!»
urlò scagliando lontano l'apparecchio e gettandosi a terra.
Si
tappò le orecchie con i palmi delle mani e strinse gli
occhi. «No..
No... No...» continuò a piagnucolare. «Non
può essere... No...». I lamenti della sedicenne si
trasformarono in un pianto di dolore. I singhiozzi si susseguivano l'un
l'altro, senza tregua. La faccia di Sally era diventata rossa, e gli
occhi cominciavano a bruciarle. Si mordicchiò le labbra
cercando
di trattenere i versetti, ma ben presto si arrese. Strinse i pugni e
urlò. L'urlo durò una decina di secondi, ma
racchiudeva
tutto il dolore che potesse provare una persona vedendosi togliere
l'unica cosa che le era rimasta. Sally si sedette sulle ginocchia, con
i piedi sui talloni, singhiozzando. Premette le mani sugli occhi,
asciugandosi un po' le lacrime. Deglutì a fatica e
urlò
di nuovo. Le sue erano grida disumane. Mike la guardò con
compassione e tristezza. Non riusciva nemmeno a immaginare quanto lei
stesse soffrendo. Probabilmente non sarebbe mai riuscito a immaginarlo,
nemmeno lontanamente. Si sentì improvvisamente malissimo,
come
se qualcosa l'avesse pugnalato nel cuore. In una manciata di secondi il
dolore per la separazione dei suoi, per la scoperta di essere stato
adottato, e per tutte le cose brutte che aveva vissuto lo
assalì. Si
strinse la maglietta all'altezza del petto e chiuse gli occhi.
Respirò affannosamente e una goccia di sudore gli
calò
lungo la fronte. In quell'atmosfera di dolore, tutte le vecchie ferite
stavano ricominciando a far male all'unisono. Billie ripensò
al
padre e guardò per terra. L'ultima cosa che voleva fare era
piangere. Diede un'occhiata a Mike. Sapeva a cosa stava pensando. Si
maledì mentalmente per essere stato così inutile
per
l'amico, quando l'unica cosa che desiderava era che il biondo stesse
meglio. Deglutì
e guardò nuovamente Sally. La ragazza era accasciata per
terra e
continuava a tirare pugni contro il terreno con tutta la sua forza. Le
nocche cominciarono presto a sanguinare e Sally le guardò
con
aria distratta. Nascose il viso tra le mani, tirandosi nuovamente a
sedere. Le lacrime e il sangue scendevano copiosi ma la ragazza non
aveva intenzione di asciugarli. Continuò a singhiozzare e
mormorare in preda al dolore. «Perché
lui? Perché proprio lui?... Non ho già sofferto
abbastanza?» disse esasperata. «Cos'ho
fatto di male? Cosa? Rispondi! Avanti!» gridò al
cielo. Il
silenzio nella stanza fu rotto da Tré che cadeva dal divano.
Aveva sentito tutto, solo che non sapeva come inserirsi a questo punto.
Si sentiva un completo estraneo in quella faccenda. Però
sapeva
che non avrebbe potuto rimanere lì a fissare la sua nuova
compagna di bevute piangere e disperarsi. Fece un respiro profondo e
camminò silenziosamente fino alle spalle della ragazza. Si
mise
in ginocchio e la strinse in un abbraccio. Sally sussultò e
cercò di girarsi. «Stai
tranquilla... Sono io, Tré... Ti aiuteremo,
vedrai.» le
sussurrò nell'orecchio. Sally smise di singhiozzare per una
manciata di secondi, dando uno sguardo ai tre uomini che la guardavano
sforzandosi di sorridere. Le lacrime non si fermavano, e Sally strinse
gli occhi. Tré la prese in braccio e la portò sul
divano,
tirando un po' su col naso. La depose e si sedette accanto a lei,
stringendola in un altro abbraccio. La ragazza cominciò a
singhiozzare nuovamente, affondando il viso rosso nella giacca
dell'uomo. Mike si avvicinò ai due e si sedette vicino a
Sally.
Le mise una mano sulla spalla e cercò di sorriderle. Sally
sentiva il calore della sua mano, così piacevole dopo il
gelo
del pavimento. Si girò a guardarlo, mentre i singhiozzi
diminuivano sempre di più. «Dobbiamo
fare qualcosa... Per cominciare, è meglio curare la tua
mano.
L'ultima cosa che voglio è che ti venga
un'infezione.» le
disse dolcemente, mentre con un fazzoletto intriso d'alcol le puliva le
nocche. La ragazza si lasciò sfuggire un gemito. «Scusa...
Non volevo farti male..» disse Mike, con aria pentita. Sally
tentò di sorridere, per fargli capire che era tutto 'ok' ma
non
ci riuscì molto bene. Mike si ritrasse , con un'espressione
colpevole sul volto. Guardò la mano della ragazza e poi di
nuovo
lei. Prese un nuovo fazzoletto e ricominciò a
pulirgliela. «Non
muoverti troppo, se puoi... Ti farà più
male.» la
avvertì. Sally annuì e strinse gli occhi. Le
bruciavano
molto, ma sembrava che avessero esaurito tutte le loro lacrime. Strinse
il pugno e Tré la guardò. Cominciò ad
accarezzarle
delicatamente la mano, per farla sentire più tranquilla.
All'improvviso Sally si sentì amata come una volta. Come se
quei
tre uomini fossero stati sua madre, suo padre e suo fratello.
Aprì gli occhi e li guardò. I primi due erano
così
occupati a prendersi cura di lei che non si erano accorti che Billie
era rimasto solo. L'uomo era seduto al tavolo, con la testa tra le mani
e piangeva in silenzio, con una smorfia di dolore dipinta sul volto.
Gli occhi truccati di nero erano gonfi e le lacrime si portavano via il
make-up, come per renderlo più simile a com'era un tempo,
quando
la vita gli aveva strappato via la persona che amava di più.
Eppure non era disperato come lei. Aveva un non so che di coraggioso
nel suo pianto. Era riuscito a riprendere a vivere come se niente fosse
accaduto e Sally l'ammirava. Si chiese se anche lei potesse esserne
capace e si ritrovò a sperarlo. Non era sicura di poterci
riuscire. Quell'uomo aveva l'aria di essere molto forte, e francamente
Sally sapeva di non esserlo. Non come lui, almeno. Più lo
guardava più si sentiva in colpa. Tutti stavano attorno a
lei e
la ricoprivano di attenzioni, mentre lui piangeva da solo, abbandonato
a se stesso. Ricacciò indietro un gemito e si
voltò verso
Mike. «Lascia,
faccio io.» disse prendendogli dalle mani il fazzoletto
insanguinato. Lui la lasciò fare, stupito.
Continuò a
rimanere in silenzio e abbassò lo sguardo. Sapeva che Sally
aveva visto Billie. E sapeva che lui stava piangendo. Lo faceva spesso,
ultimamente. Gli mancava la sua famiglia, la sua Adrienne. La
verità è che Mike lo sapeva ma non poteva farci
niente.
Ne avevano già parlato più volte in presenza di
Tré, ma i due non erano mai riusciti a far sentire meglio il
moro. Ad un certo punto smetteva di piangere da solo e recuperava il
sorriso. Aveva solo bisogno di solitudine e di un po' di calma per
ritornare come nuovo, e gli amici tentavano di assecondarlo il
più possibile. Fatto sta che lui continuava a piangere e a
sentirsi male, finché non decideva di chiamare casa e la
voce
della moglie gli rispondeva al telefono. Allora si sentiva nuovamente
felice e pieno di vita. Si sentiva nuovamente se stesso. Mike
non
sapeva come Sally reagisse ai traumi, e temeva di non lasciarle
abbastanza spazio per respirare, per accettare la cosa. Si
spostò un po' più in là,
allontanandosi da lei.
Sally, dal canto suo, era impegnata a pulirsi le nocche e a trattenere
i singhiozzi che ancora scuotevano il suo corpicino. Respirava piano e
non staccava lo sguardo dal pavimento. Il biondo si domandò
a
cosa stesse pensando in quel momento. La sua faccia non lasciava
trasparire niente di quello a cui pensava. La ragazza
inclinò
leggermente la testa, per riuscire a vedere la cucina, ma Billie non
era più lì. Rimase seduta a giocherellare con il
fazzoletto accartocciato con un'aria persa. Tré la
guardò
per qualche istante e poi si alzò. Attraversò la
stanza
lentamente e cercò Billie con gli occhi. In pochi istanti
scomparve anche lui dal campo visivo dei due. Sally continuò
a
tenere la testa bassa e a giocherellare con il suo pezza di carta,
mentre Mike cercava qualcosa da dire. «Ehy...»
cominciò. Sally si girò a guardarlo, con occhi
persi. «....Mh?...» «Mi
dispiace.» Sally riabbassò lo sguardo. «Non
so com'è successo, ma so che non è colpa tua,
Sally.
Davvero. Non ti conosco da molto, ma non credo che tu sia una brutta
persona. Tuo fratello doveva essere fiero di te. Guarda i suoi schizzi,
le foto che ha in camera, i biglietti di auguri abbandonati sul letto.
Lui ti amava Sally. Con tutto il suo cuore.» le
sussurrò. «Sì...
Sì, lo so...» rispose lei, secca. Mike
esitò e riprese a parlare. «Non
odiarlo. Non ha scelto lui di lasciarti.... Non so cosa ti abbia
insegnato Holden al riguardo, ma molte persone trovano rifugio nella
fede. Se vuoi possiamo pregare per lui e per la sua anima.»
suggerì. Sally annuì con voce spezzata e
congiunse le
mani in preghiera. Mike sospirò abbozzando un sorriso, e
chiuse
gli occhi. I due rimasero in silenzio per un po', affidando tutte le
loro speranze all'essere che vive sopra le nostre teste. Mike
riaprì gli occhi qualche secondo prima di Sally. «Sai
io non credo in Dio, ma se c'è una cosa che devo ammettere
è che a volte pregare è l'unica soluzione
possibile.
Quando una persona defunta ci manca, tendiamo a parlarle attraverso la
mente o preghiamo Dio di farla vivere bene e felicemente. In qualche
modo ci solleva dal dolore che proviamo, lo attutisce. Come se tutto
fosse coperto da un manto di neve che ricopre anche la nostra
tristezza, e non solo l'ambiente che ci circonda. Puoi credere in
chiunque, Dio, Buddha, Coniglietto Pasquale» disse,
provocando la
risata di Sally, «ma
alla fine è la stessa cosa. Tutte le religioni si basano sul
fatto che c'è qualcuno o qualcosa che ci controlla e ci
giudica,
quindi noi dobbiamo solo comportarci bene e non fare danni al prossimo.
C'è chi non rispetta tutto questo e fa accadere cose brutte,
ma
non possiamo farci niente.» continuò. Sally lo
guardava
interessata. «Tuo
fratello in prima persona ti ha dimostrato quanto fosse importante
credere in se stessi ed essere ottimisti, e anche se ora lui non
c'è più, non devi dimenticare i suoi
insegnamenti.» «Lo
so...» disse lei inghiottendo la saliva. «Lui
ha fatto tanto per me, mi ha voluto così bene... Solo che
ora
come ora non riesco a pensare ad altro. Mi ha lasciata sola. Mi ha
lasciata pure lui. E non tornerà mai
più...» disse
mentre due lacrime le solcavano il volto. «Vieni
qui..» le disse lui allargando le braccia. Sally si
avvicinò e lui la strinse a se. «Niente
è perfetto nella vita. Bisogna tener duro, però.
Non devi
permetterle di sbatterti a terra. Appena possibile ti
metterà i
piedi in testa, ma non devi arrenderti. La cosa importante è
continuare a credere che qualcosa di bello può capitare,
nonostante tutte le cose brutte che sono successe. Non molti hanno
questa capacità, e la maggior parte della gente si arrende
presto, vivendo una vita triste e grigia. Tuo fratello voleva
insegnarti a comandare la tua, per farti vivere felicemente e in pace
con te stessa. Non buttare via i suoi insegnamenti e le sue credenze.
Lui aveva più che ragione. Voleva solo il meglio per te,
quando
ti diceva di dimenticare il tuo amico. Te l'ha scritto ovunque,
'smettila di preoccuparti per il futuro e vivi la tua vita senza timore
di fare qualche stronzata. Ogni cosa si aggiusta, se hai la pazienza di
aspettare'. Andrà tutto bene. Supererai anche questo
ostacolo
Sally. Ma non puoi pretendere di farlo ora. Dovrai aspettare e credimi,
è meglio così.» concluse. Sally rimase
in silenzio
e annuì. Sorrideva. Anche se pochissimo, sorrideva. Il
biondo
sentì di aver fatto la sua parte per far ricominciare a
vivere
felicemente la ragazza. «Hai...
Hai proprio ragione» mormorò lei. «Holden
ha sempre voluto il meglio per me, sempre. Non ha deciso lui di
andarsene e abbandonarmi. E' l'ultima cosa che avrebbe fatto se avesse
potuto scegliere.» ricordò. «In
un certo senso, anche questo potrebbe essere un fatto positivo.
Potrebbe aiutarmi a diventare indipendente, più
forte...»
disse con voce piatta e senza convinzione. «Spero
di riuscire a perdonargli di avermi lasciata da sola. Ora come ora, non
credo sia così difficile, ma il mio cuore è pieno
di
rabbia e tristezza. non gli perdona questa nuova grande ferita. E' un
cuore molto egoista.» disse, ridacchiando sull'ultima parte.
Abbracciò le ginocchia con le braccia e vi poggiò
sopra
la faccia. «Anche
se ora soffro come un cane, non riesco a non pensare che un giorno
supererò completamente questo trauma e ci riderò
sopra.
E' orribile. Non si deve ridere della morte di una persona, neanche se
questa è morta in un modo ridicolo. (...) Eppure, sento che
un
giorno non piangerò più pensando a Holden, ma
sorriderò. In quel caso, beh, mi piacerebbe arrivasse in
fretta.
Lui mi faceva sempre sorridere, non voglio piangere pensandolo. Voglio
che il mio cuore sia felice nel ricordarlo. Solo allora
potrò
essere sicura che Holden sia contento di me. Mi impegnerò a
superare la sua morte con tutta me stessa.» concluse con voce
decisa. Si sentiva ancora debole e triste, ma una parte di lei non
riusciva ad arrendersi alla situazione e desiderava lottare per la
propria felicità. Mike squadrò la ragazza. Sapeva
che in
qualche modo ce l'avrebbe fatta. Sarebbe stata dura, ma ce l'avrebbe
fatta.
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Capitolo 15 *** Capitolo 15. ***
Mike guardò la città dal
terrazzo, con una
sigaretta tra le mani. Sentiva un gran bisogno di fumare, ma non voleva
ricominciare. Nella sua vita aveva imparato a sua spese che essere
dipendente da qualcosa non era mai positivo, e, pensò, ormai
anche Sally avrebbe dovuto saperlo. Il giovane sospirò e
abbassò lo sguardo verso la strada, dando uno sguardo a
tutta
quella gente che camminava di fretta, presa dalla frenesia della
propria
vita. Ognuno di essi aveva dei problemi, a casa, al lavoro o
chissà dove, ma nessuno sembrava darlo a vedere. Cercavano
di
tenere nascosto il motivo della loro sofferenza, senza sentire il
bisogno di esporlo a tutti per essere compatiti da qualcuno. Ognuno
tirava avanti per la sua strada, facendo finta che tutte le cose brutte
che succedevano non lo riguardassero per niente, che fossero affari di
altra gente e che non era nei propri interessi impicciarsi. Nessuno
voleva anche solo fingere di interessarsi al problema del prossimo,
talmente era concentrato su di se, ma allo stesso tempo, chiunque nel
profondo desiderava che qualcuno venisse lì e gli chiedesse
cosa
gli stesse succedendo. Ognuno di quegli esseri affrettati che correvano
sù e giù per la via, nel suo egoistico modo di
pensare,
voleva essere il centro del mondo per qualcuno, oltre che per se
stesso, ma non aveva voglia di chiedere a chi gli stesse vicino che
cosa gli fosse successo ultimamente. Erano tutti troppo occupati nel
trovare un modo di sfogarsi senza chiedere esplicitamente a qualcuno di
interessarsi alla propria salute per pensare che forse, se si fossero
interessati più degli avvenimenti nella vita degli altri,
questi
ultimi sarebbero stati più lieti di informarsi su quelli che
accadevano all'interlocutore.
Il giovane scosse leggermente la testa, cercando di pensare a cose
più allegre. Ricominciò a guardare quelle persone
che
continuavano ad affiorare nella via, senza curarsi di chi gli stesse
intorno o del perché essi fossero lì. Camminavano
veloci,
schizzando da un'estremità all'altra della strada,
fregandosene
di chi urtassero, senza nemmeno badare troppo a chi cercava di chieder
loro un'indicazione. Ognuno camminava per se, e tutti quelli che
incontrava per il suo cammino, beh, erano dei nemici il cui unico scopo
era quelli di far perdere loro l'autobus o di farli arrivare in ritardo
a un appuntamento, al lavoro o a casa. Nessuno si curava della vita
delle persone che incontrava, l'unica cosa a cui facevano caso erano i
vestiti. A nessuno interessava se uno era ferito o se stesse per essere
derubato di qualcosa, in fondo non erano affari propri. Mike guardava
contrariato quella scena, quella gente così egoista da non
dare
nemmeno un soldo a un ragazzino magrissimo che indossava solo una
canottiera e un paio di bermuda e che chiedeva elemosina al ciglio
della strada. Si morse le labbra e girò la testa verso
l'altra
parte della via, dove un poliziotto stava inseguendo un ragazzo che
probabilmente aveva rubato qualcosa. Il ragazzo si faceva strada tra la
folla correndo come un pazzo, urtando chiunque gli bloccasse la strada,
mentre il poliziotto ciccione non riusciva a superare quella massa di
gente che ignorava i suoi ordini e le sue imprecazioni. Mike
osservò il ragazzotto fuggire velocemente in un
sottopassaggio,
poi si girò per controllare il poliziotto. L'uomo stava
ancora a
metà strada e non riusciva ad avanzare, talmente era
sballottolato a destra e sinistra dai passanti. Aveva un'aria stanca e
delusa, ma non si arrendeva. Continuava a cercare di farsi spazio tra
la folla, ma quella lo trascinava sempre più lontano,
finché il biondo non riuscì più a
vederlo. Fece
per alzarsi, ma qualcosa lo bloccò. Alzò lo
sguardo e si
ritrovò a fissare Billie. Il giovane guardava in alto, verso
il
cielo. «Ehy Mike.» mormorò, senza
distogliere lo
sguardo. «Mh?» rispose il biondo, guardandolo dal
basso.
«Perché la vita dev'essere così
difficile?
Perché non possiamo essere liberi come le nuvole?»
disse.
«Niente sembra sfiorarle, ci guardano come se i nostri guai,
le
cose per cui noi soffriamo, fossero solo delle sciocchezze di cui non
bisognerebbe preoccuparsi. Ci sorridono sornione, dal loro cielo blu,
sapendo che noi le invidiamo per la loro vita facile. Dev'essere
bello», continuò, «sapere che
c'è così
tanta gente che vorrebbe fare la tua stessa vita. Mi piacerebbe
starmene lassù a crogiolarmi sotto il sole, pensando ai
cavoli
miei, senza essere costretto a soffrire per alcunché. Certo,
però non potrei suonare la mia Blue. Chi lo sa, magari ne
sarei
contento.» concluse con una lieve risata. Mike
notò che
sorrideva, sorrideva molto. Non staccava gli occhi dallo sfondo blu che
circondava la città, e più lo guardava
più pareva
essere contento. Era come se in quel momento stesse vivendo la vita che
aveva sempre voluto vivere, circondato dall'affetto dei suoi cari e
senza essere costretto ad accettare che in realtà tutto
quello
che desiderava non si sarebbe mai avverato. Sembrava che fosse
improvvisamente tornato bambino, e quel sorriso non faceva che
confermare il tutto. Stava pensando a suo padre e a quanto era stato
felice con lui, si vedeva da lontano un miglio. Mike si alzò
e
gli mise un braccio attorno al collo, sorridendo assieme a
lui. «Hmf» rise. «Senza la tua
musica, brutto
testone, non saremmo amici con Tré, e io non avrei mai
conosciuto Britt. Non ti avrei mai permesso di diventare una
nuvola.» disse arruffandogli i capelli. «Credi che
me ne
sarebbe fregato qualcosa?» scherzò il moro.
«Beh,
francamente sì. Lo sai che non puoi vivere senza di
me.»
gli rispose l'altro, con un sorriso scherzoso stampato sul volto.
Billie rise e appoggiò la testa al petto dell'amico.
«Già.. Hai proprio ragione...» gli
disse.
«Ovvio, io ho sempre ragione.» rispose il biondo
con aria
di importanza. Billie fece una faccia indispettita e diede uno
schiaffetto a Mike. «Ma smettila, buffone» gli
disse. Mike
sorrise divertito guardando l'amico e finse di offendersi. Billie gli
diede un'occhiata e poi si appoggiò al balcone, fissando il
muro
davanti a lui. Si accese una sigaretta e ne respirò una
boccata.
«Ne vuoi una?» domandò. Mike scosse la
testa e si
mise vicino a lui. Billie continuò a fumare per qualche
minuto,
poi disse: «Tu credi che ce la farà?».
Mike tacque
per qualche istante. «E' probabile.. Sembra una ragazza moto
forte.» disse. Si girarono a guardare Sally. Il vetro
impediva ai
due di sentire cosa Tré e la ragazza si stessero dicendo, ma
Sally era visibilmente molto triste. Tuttavia aveva smesso di piangere
e quello era un fatto positivo. Billie guardò gli occhi di
Mike
con agitazione. «E se avessimo sbagliato a dirglielo
così?» domandò spaventato.
«Forse avremmo
potuto usare parole più confortanti..», disse
corrugando
la fronte. «Non credo.» ripose il biondo. Billie
tacque e
aspirò un'altra boccata dalla sigaretta.
«Mmm..»
mormorò fissando la ragazza. «Secondo me ha
bisogno di un
trattamento riabilitante stile Billie» disse convinto.
«Domani cominciamo.» annunciò all'amico.
«D'accordo dottore.» scherzò l'altro.
«Andiamo
a comprare il necessario, muovi il culo infermiera» disse il
moro
con finta voce autorevole. «Subito dottore. Aspetti un attimo
che
prendo la borsetta.» rispose il biondo scherzando. Billie
spense
la sigaretta e, guardando Sally, annunciò:
«Signorina, le
prometto che dopo il nostro trattamento le tornerà il
sorriso!». «E ora, tutti al mini-market!»
esclamò l'infermiera Mike, aprendo la porta-finestra ed
entrando
nella stanza.
|
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Capitolo 16 *** Capitolo 16. ***
«Eccoci arrivati!»
annunciò Billie allargando le braccia. «Il
mini-market!». Poggiò i pugni sui fianchi e si
guardò attorno con aria soddisfatta. «Avanti
infermiera, troviamo qualcosa che faccia sentire meglio la nostra
amica.» continuò esaltato. Mike lo
guardò e
sorrise. «Come
vuole lei, dottore» acconsentì. «D'accordo
allora! Pronti, partenza, via!» gridò il moro
alzando le
braccia e correndo verso gli scaffali straripanti di roba colorata.
* * *
Sally giaceva sul divano in uno stato di semi-trance. Aveva gli occhi
aperti ma non riusciva a vedere niente a parte strane figure sfocate
che si muovevano velocissime. In quanto a sentire, beh... Le arrivavano
alle orecchie dei rumori indistinti provenienti dalla cucina e sentiva
un leggero brusio di sottofondo salire dalle scale. Era quasi sicura di
aver sentito la voce di Holden, ma sapeva che ormai lui non c'era
più. Si tirò faticosamente a sedere e
cercò di
riacquistare il pieno controllo di se e di ciò che la
circondava. La stanza continuava a girare e la sensazione di pesantezza
che le opprimeva gli occhi non accennava a lasciarla. Chiuse nuovamente
gli occhi doloranti e cercò di calmarsi. Per quanto ne
sapeva,
il dolore non faceva quell'effetto. Deglutì e
cercò di
ricordare se avesse assunto qualcosa di strano la sera prima o quello
stesso giorno. Il mal di testa se n'era andato, in compenso, e ora
stare sul divano in quel modo non le faceva più venire
voglia di
suicidarsi. Ma non riusciva proprio a ricordarsi niente di strano, di
insolito o semplicemente di bell'aspetto che avesse potuto ingerire
prima di sentirsi così. Si morse l'indice e si mise in una
posizione comoda, che le stimolasse la memoria o che le desse
anche solo un po' di sollievo alla schiena. Delle ore che susseguirono
il suo pianto isterico, solo il vuoto. Che cosa aveva fatto? Non aveva
la minima idea di cosa potesse essere successo.
*
* *
«Yeeeeh!»
gridò Billie
lanciandosi per i corridoi semi-deserti, guidando il suo fidato
carrello. Sembrava un bambino in un negozio di caramelle, e in effetti
quello era proprio il reparto dei dolciumi. «Mike!
Guarda qui! Corri!» diceva ammaliato. Mike lo seguiva con
pazienza, svolgendo il ruolo dell'attento genitore. Diede un'occhiata
allo scaffale che gli stava davanti. Strabordava di caramelle, gomme e
dolci coloratissimi con sopra scritte varie, tutte rigorosamente
allegre e intonate col tipo di cibo che rappresentavano. Mike prese in
mano un pacchetto di verdure di gomma e lo guardò
accigliato,
poi decise di raggiungere Billie. Il moro gli stava tendendo un
maxi-pacco di dolcetti vari di tutte le forme e di tutti i
colori. «Qua
in mezzo ci dovrà per forza essere qualcosa che le possa
piacere!» esclamò. Mike annuì e
indicò il
carrello. «Forza,
ficca
dentro.». Billie scattò e ci lanciò
dentro la sua
nuova scoperta, che finì sopra il pacco di caffè
di
Mike. «Quella
roba finirà per ucciderti.»
scherzò. «Almeno
ha un buon odore, non come le tue sigarette.»
replicò
l'altro. Billie fece una smorfia rassegnata e gli diede
ragione. «Ad
ogni modo, compriamole delle piccole coca-coline al limone.»
propose. «Billie,
non stiamo facendo la spesa secondo i tuoi gusti.» gli
ricordò l'amico. Il moro fece finta di offendersi e mise il
broncio. «Guarda
che lo so! E' solo
che è triste mangiare da soli.» disse guardando il
cibo da
lui desiderato. Mike alzò gli occhi al cielo e fece segno di
mettere il pacco nel carrello. «Andiamo,
sentimentalone.» disse, invitandolo a seguirlo. «Qui
troveremo senza dubbio qualcosa che ci possa aiutare.»
concluse,
avviandosi verso la parete vicina alla fine del corridoio. Billie lo
seguì trotterellando, lanciando occhiate affamate ai
prodotti
più appariscenti. Improvvisamente desiderò di non
essere
una persona costretta a badare alla propria linea, preso dalla bellezza
di tutte quelle cose che voleva ma non poteva mangiare. Mike dal canto
suo, guardava tutte quelle confezioni con distacco, come se l'ultima
cosa che desiderasse fosse mangiare quello che contenevano. Billie lo
guardò ammirato. Lui non riusciva a smettere di sbavare
vicino a
tutti quei dolcetti, mentre il suo amico se ne fregava altamente.
Eppure, quando erano piccoli, tutti e due amavano le cose zuccherine e
piene di coloranti. Si chiese perché Mike fosse
cresciuto,
mentre lui continuava ad essere lo stesso ama-vaccate di trent'anni
prima. Scrollò le spalle e decise che non era importante,
dopodiché fece una breve corsa per raggiungere il biondo,
che
l'aveva ormai lasciato indietro. Diede un'occhiata al carrello e
notò che si era riempito di poco rispetto a qualche minuto
prima. «Che
cosa stai guardando?» gli domandò. «Guarda,
Bill, queste sono sigarette finte.» gli
fece notare l'amico. «Sì, lo so, non sono
scemo.» ribatté piccato. «Be',
questi sono filtri alla fragola. Che ne dici di provare?»
gli chiese guardandolo negli occhi. Billie tacque per qualche secondo,
guardando prima i filtri rosei, poi Mike ed infine le
sigarette. «Almeno
questi non danneggeranno la tua voce.» gli disse il biondo.
Il
moro sospirò e gli prese il pacchetto dalle mani. «Almeno
trova qualcosa che non mi dia la nausea il 90% delle volte.»
rispose. Mike ammiccò un sorriso e si mise a cercare
qualcos'altro. «Ehy,
questo sembra figo!» esclamò il moro agguantando
un pacchetto blu. «Mmm,
mirtillo...» disse, leggendo le didascalie. «Okay,
questo va bene» annunciò lanciando l'oggetto alle
sue spalle. «Bene.
E ora ripartiamo alla ricerca di qualcosa di buono e carino!»
esclamò allegro. «Alla
carica!» urlò, beccandosi un'occhiata spaventata
da una
cliente appena arrivata. Mike si massaggiò la fronte e
partì tranquillamente all'inseguimento dell'amico, che lo
aveva
abbandonato assieme al carrello. «Ho
come l'impressione che il bambino dentro di lui abbia tramortito la sua
parte seria.» mormorò scuotendo la testa.
Raccattò
il pacchetto di filtri, che aveva mancato il bersaglio di una decina di
centimetri ed era andato a finire vicino alla parete sinistra, e lo
ficcò nel carrello con aria distratta. Cercò di
immaginare la sua vita senza Billie. Niente, non ci riusciva. Tutto
quello che gli era capitato di buono era successo grazie all'amico, e
non riusciva a pensare alla propria esistenza se quel nanetto
combinaguai non fosse esistito. Guardò i filtri e
pensò a
Billie. Non voleva che morisse. Desiderò ardentemente che il
moro non avesse mai fumato una sigaretta, temendo che a lungo termine
quelle cose malefiche potessero portarglielo via. Sospirò e
si
morse il labbro, cercando di sembrare allegro. Non voleva assolutamente
guastare il divertimento all'amico. Scosse leggermente la testa e lo
raggiunse. ''Diavolo,
quest'atmosfera mi fa
pensare sempre al peggio'' pensò. Assunse un'aria da finta
persona seria e sbirciò oltre la spalla di Billie. Il
giovane
era indeciso sulla marca di patatine da prendere e continuava a
guardare prima uno poi l'altro pacchetto. Dopo una lunga riflessione,
lanciò tutti e due nel carrello e riprese a
camminare. «Vedi,
Mike, per scegliere cosa comprare c'è bisogno di una grande
capacità di riconoscere i pro e i contro, e, modestamente,
io ne
ho molta.» disse con aria di importanza. Mike lo
fissò,
indeciso su cosa ribattere, e tacque. Al che Billie si girò
di
scatto, dicendo: «Non
mi pare di averti sentito concordare.». Il biondo rise,
irritando l'altro. «Vabbe',
siccome sono superiore ai tuoi giochetti da invidioso, ti
perdono.» disse magnanimo il giovane. «Avanti,
dimmi 'grazie'.». Mike lo guardò alzando le
sopracciglia e lo ringraziò. «Bene.
Era il minimo.» concluse il moro con fare altezzoso. Mike
alzò nuovamente gli occhi al cielo e lo superò.
Per lui
fare la spesa con Billie era uno spasso, anche se gli altri
clienti probabilmente non la pensavano allo stesso modo. Si
grattò il naso e prese la rincorsa. Dopodiché
saltò sul carrello e si lasciò trasportare in
giro per il
corridoio, mentre Billie cominciava a rincorrerlo
ridacchiando.
Erano già stati cacciati da così tanti
supermercati
che ormai si comportavano come se quella per loro fosse la
cosa
più normale del mondo, a discapito dei clienti e del
personale
del negozio di turno. Le loro mogli ci si erano già
rassegnate,
quindi loro non vedevano perché preoccuparsene e
continuavano a
divertirsi. E poi, alla fine, dalle star ci si aspettano scemenze del
genere, no? Stavano solo dando alla stampa qualcosa di cui parlare. E
con questo pretesto, si divertivano come matti, dimenticando per un po'
Sally e le sue disavventure.
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Capitolo 17 *** Capitolo 17. ***
«Ehy. Ehy. Sally, svegliati».
La dolce voce di
Tré svegliò la ragazza dal sonno in cui era
caduta.
«Mh?» mormorò lei. «Cosa
c'è?».
«C'è che non fai altro che svegliarti e dormire, e
mi hai
lasciato a parlare da solo per un sacco di tempo!»
sbottò
lui. Sally buttò la testa all'indietro sbuffando, per fargli
capire che non gliene fregava niente. «Ah, è
così,
eh?» disse l'uomo. «Allora suppongo che
dovrò
mangiarmi da solo tutta questa roba, dato che qualcuno ha deciso che
farmi sembrare un cretino va più che bene.». Diede
alla
ragazza un'occhiata furtiva, per vedere se le interessasse almeno un
po' quello che stava dicendo. Sally era semisdraiata sul divano e stava
cercando di capire da cosa provenisse l'odore che aleggiava in salotto.
Aveva un'aria piuttosto interessata e Tré intuì
che aveva
anche fame. La ragazza girò la testa verso di lui,
sorridendogli
imbarazzatamente e disse: «Scusami Tré, non volevo
farti
fare la figura del deficiente.». L'uomo sbuffò e
accettò le scuse dell'amica. Stettero in silenzio per un
paio di
minuti, fissando il pavimento. «Tré..»
lo
chiamò lei. «Sì?»
«Che cosa hai
cucinato?» «Uova al bacon fantasma.»
rispose lui
pacato. Sally annuì e riprese a fissare il muro.
«Hai
intenzione di farle bruciare?» chiese. «Ti ho detto
che le
ho già cucinate, non mi hai sentito?» rispose lui,
un po'
piccato. «Allora cos'è questo odore?»
domandò
lei preoccupata. «Credo stia andando a fuoco il waffle di
Billie.» disse lui, pacioso. «Ah, okay.»
accettò la ragazza, continuando a fissare il muro.
«E...
uhm... a Billie piacerà tutto questo?» chiese.
«Non
lo so e non me ne frega niente.» rispose l'uomo. I due
continuarono a fissare il muro per un altro po' di tempo, prima di
realizzare che la cosa avrebbe potuto diventare pericolosa. A quel
punto Tré si alzò con uno sforzo sovrumano e si
avviò verso la cucina a spegnere il fornello.
«Ehy, di' un
po', ce l'hai un estintore?» chiese, facendo spuntare la
testa
nella stanza. «No, perché?» rispose lei
interessata.
«No, niente, solo che il waffle sta andando a fuoco sul
serio.» disse lui, accennando al dolce col capo. Sally
aggrottò la fronte e si alzò, raggiungendo
l'amico. Eh
già, era proprio in fiamme, notò.
«Forte.»
disse senza troppa convinzione. «Eggià.»
concordò lui, guardando il fuoco divagarsi su quella che un
tempo era la colazione del suo migliore amico.
«Uovo?» le
chiese lui, senza staccare lo sguardo da quello spettacolo.
«Sì grazie.» rispose lei agguantandone
uno. I due
restarono vicini a godersi la scena, mangiando uovo fritto al posto dei
pop-corn, senza emettere suono. Le fiamme si riflettevano negli occhi
del giovane, che apparivano ancora più speciali,
notò
Sally mentre dava un morso al suo uovo scondito. Le sembrava che se li
avesse guardati troppo ci sarebbe caduta dentro. Sembravano
così
profondi, nonostante appartenessero a una persona così...
così... non riusciva a trovare un aggettivo adatto, ma
sentiva
che quell'uomo, nonostante i modi non troppo gentili, sarebbe potuto
diventare una delle persone più profonde che avrebbe mai
incontrato.
***
Billie allungò una banconota da 50 dollari alla cassiera,
che lo
guardava leggermente a disagio. Non avrebbe mai immaginato che un uomo
della sua età avrebbe potuto comportarsi come un bambino di
5
anni. La donna mise via i soldi e attese che lo scontrino finisse di
uscire, per poi darlo all'uomo sorridente che le stava davanti. Poi
prese una manciata di monetine e le diede sempre allo stesso cliente,
che le prese soddisfatto e le ficcò in tasca.
«Arrivederci, tornate presto.» ripetè,
sperando il
contrario. Li guardò allontanarsi ridendo, lasciandosi
sfuggire
un sospiro di sollievo. Anche gli altri clienti fecero la stessa cosa,
rassicurati.
«Credi che le piaceranno?» domandò
Billie, felice
come una Pasqua. «Non vedo perché no.»
rispose il
biondo. «Sono proprio contento! Con tutte queste cose buone,
non
potrà non sentirsi meglio e festeggiare con noi!»
esclamò il moro, ficcando la testa nel sacchetto. Mike gli
sorrise, annuendo. I due cominciarono a chiacchierare amabilmente,
quando al biondo venne in mente che non avevano alcuna chiave per
rientrare. «Basterà citofonare a
Tré.»
suggerì Billie facendo le spallucce. Mike annuì,
poco
convinto. Il portone principale era aperto, così i due
entrarono
senza problemi. «Ti ricordi il piano?» chiese il
biondo.
«No, ma mi ricordo la porta.» rispose il moro,
convinto.
Salirono qualche rampa di scale, quando Billie riconobbe l'abitazione
di Sally. «Eccoci» annunciò all'amico.
«Hai
lasciato la porta aperta.» osservò quello. Il moro
fece
una smorfia e diede una spallata all'oggetto. Mike entrò per
primo con un: «Sono a casa tesor--- che cazzo sta
succedendo?». Il fumo avvolgeva il soffitto e la puzza si
sentiva
molto. Sally e Tré erano ancora fermi lì a
guardare
l'ex-waffle diventare sempre più nero. Billie
guardò
sgomento prima i due poi la padella. «Che cazzo è
successo?» domandò incazzato. «Uh... Il
tuo waffle
è un piromane suicida.» rispose Tré,
fissando Mike
che spegneva il fuoco del fornello. «Perché
diavolo non
hai spento il gas?» gli domandò il moro stizzito.
«Mi piacevano le fiamme.» disse Tré, con
voce
tranquilla. «Potevi appiccare il fuoco a tutto
l'appartamento!» lo sgridò Billie. «Sei
un'idiota!
Alla faccia della persona seria e responsabile! Cazzo Tré,
potevate restarci secchi!» esplose. L'uomo lo guardava coi
suoi
occhi azzurri, intuendo la propria stupidità. Sapeva che
l'amico
aveva ragione, ma, in ogni caso, avrebbe spento l'incendio prima che
esso avesse avuto il tempo di distruggere tutto e non si reputava poi
così stupido. Stava per ribattere quando incontrò
gli
occhi di Mike, che gli fecero cenno di tacere e accettare la sfuriata.
Tré sbuffò e fissò Billie. Era davvero
incazzatissimo. La busta delle caramelle gli era caduta dalle mani e i
pugni erano chiusi. Il moro continuava a stringerli il più
possibile, cercando di trattenere le urla. «Sei davvero un
cretino.» gli disse infine, scuotendo il capo e andandosene
in
salotto. Tré rimase lì in piedi, a mordersi il
labbro
inferiore, cercando qualcosa da dire. Mike e Sally rimasero in
silenzio, sentendosi entrambi in colpa per quell'improvviso scatto
d'ira dell'amico. Billie si sbracò sul divano, cercando
qualcosa
su cui sfogare la sua rabbia. Non trovandola, incrociò le
braccia e cominciò a pensare.
Sally si sentì improvvisamente la responsabile di tutto.
Prima,
con la sua scenata di dolore, aveva fatto piangere il moro e reso molto
triste Mike; poi, restando ammaliata dal waffle che bruciava senza
spegnere il fornello, aveva fatto sgridare Tré e fatto
incazzare
sul serio Billie. Deglutì e cominciò a torturarsi
le
mani. Guardò Tré. Era ancora immobile vicino al
tavolo,
si stava mordicchiando le labbra e vagava con lo sguardo da una parte
all'altra della stanza. Si sentiva visibilmente in colpa, e
ciò
non faceva che aggravare la sensazione di colpevolezza di Sally. Mike
era in ginocchio e stava raccogliendo le caramelle uscite dalla busta,
stando bene attento a non far rumore. La ragazza fece un gran respiro e
fece per avviarsi nell'altra stanza, ma Mike la fermò.
«Lasciagli sbollire la rabbia.» le
consigliò.
«Faresti meglio a lasciarlo un po' da solo a riflettere, cosa
che
dovreste fare anche voi, specialmente dopo aver fatto una cazzata come
questa.» concluse, accennando al waffle incenerito. Sally
annuì e tornò a sedersi. Sapeva di aver
sbagliato, e in
quel momento si sentiva più responsabile di Tré.
L'unico
problema era che non
sapeva come farlo capire al moro.
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Capitolo 18 *** Capitolo 18. ***
Quando Sally entrò nella stanza,
Billie stava
ancora giocherellando con una delle sue sigarette. Aveva
un'espressione corrucciata dipinta sul volto ed era ancora piuttosto
irritato. La ragazza fece un respiro profondo e si schiarì
la
voce. «Che c'è?» disse lui, girandosi a
guardarla.
Sally si mise a torturasi le mani, deglutendo. «Ecco...
riguardo
a quella cosa...» cominciò accennando col capo
alla
cucina, «io... mi dispiace... E' solo che... oggi
non...»
continuò abbassando lo sguardo. «No, scusami tu...
Ho
esagerato... E' che, dopo tuo fratello, non voglio altri morti.
Evidentemente mi sono espresso un po' male...» concluse lui,
accennando a un sorrisino quando pronunciò l'ultima parola.
Sally sorrise, tenendo lo sguardo sempre basso. «Oggi
è un
giorno difficile per tutti.» le spiegò.
«Tuo
fratello ci ha lasciati e, anche se non lo abbiamo mai conosciuto, ci
sentiamo male anche noi. Quando guardo la sua foto, quella in cui siete
al parco e sorridete, vedo un ragazzo, un estraneo qualunque, che
è al settimo cielo con la sua sorellina. E ora questo
ragazzo
non c'è più. Fa un po' impressione pensarlo.
Quando
qualcuno muore, ci si sente sempre strani, anche se questo qualcuno tu
non l'hai mai incontrato. E' una specie di tristezza collettiva. Ho...
ho passato anch'io momenti del genere nella mia vita, e per questo
riesco a capirti, o almeno in parte. Non posso pretendere che tu riesca
a comportarti come se niente fosse accaduto o che tu possa pensare
lucidamente. E' solo che da Tré mi aspettavo qualcosa di
più. In fondo, lui è quello che riesce a
metabolizzare
tutto più in fretta. Certe volte sembra così
insensibile
da chiederti se sia davvero un essere umano e altre invece lo fanno
rimanere giù di morale per settimane. Sembra che abbia preso
molto a cuore la tua disavventura, sai. O almeno credo. L'alternativa
è che quell'uomo sia davvero un idiota con aspirazioni
suicide.
Scegli tu.» concluse. Sally si lasciò sfuggire una
risatina. In fondo il moro aveva ragione. Tré aveva preso
male
la morte di Holden, non poteva negarlo. La ragazza guardò il
trentenne sbadigliare, laggiù in cucina, e sorrise, pensando
che
poche ore prima quello era soltanto uno sconosciuto qualsiasi
incontrato nella metro, mentre ora era un amico. Un amico che
condivideva il suo dolore per la morte del suo caro fratello, che tra
l'altro non avrebbe mai pensato di fargli conoscere. Improvvisamente
sentì come una specie di calore avvolgerle lo stomaco, ma un
calore piacevole, di quelli che desideri quando esci sotto la neve
coperta solo da una giacca leggera. Sally rimase lì
sorridente e
si lasciò riscaldare da quel caldo così delicato
che
provava quando guardava Tré. Billie la guardò,
cercando
di leggerle nella mente. Si domandò se fosse triste o
felice.
''Probabilmente col mio discorso le ho fatto pensare che Tré
sia
un dolce idiota sia uno stronzo insensibile. Merda, non ne faccio una
giusta.'' pensò facendo una smorfia. ''Ad ogni modo,
avrà
tutto il tempo di capire da sola com'è il suo carattere.''
concluse. Diede un'altra occhiata alla ragazza, che nel frattempo di
era allontanata. ''Ho come l'impressione che quella ragazzina faccia
bene alla natura di Tré.'' pensò. ''Questa
improvvisa
simpatia tra i due potrebbe migliorare il carattere di quel testone, e
chissà, magari smetterà di travestirsi da
donna.''
concluse con un sorriso. Si stiracchiò lentamente e si mise
comodo sul divano, rilassandosi placidamente senza pensare al futuro.
Era curioso di sapere cosa sarebbe accaduto da lì a poco,
quando
i tre sarebbero davvero dovuti tornare all'hotel e avrebbero dovuto
saltare sul primo taxi per non perdere l'aereo. Cosa avrebbe fatto
Tré? Avrebbe abbandonato quella povera sedicenna appena
reduce
da un lutto o se la sarebbe portata dietro? ''Uh uh uh, da un certo
punto di vista, tutto questo è molto meglio di una normale
soap-opera'' ridacchiò il moro
divertito. «Eppure
credo di sapere già la risposta.»
mormorò pacioso,
guardando i due chiacchierare amabilmente. Detto ciò,
tornò alla sua occupazione, cioè quella
di fare il
trentenne che cerca di rilassarsi su un divano davvero morbido, con un
gran sorriso stampato sulla faccia.
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Capitolo 19 *** Capitolo 19. ***
«Quindi?» domandò
Mike. «Quindi
cosa?» gli chiese Tré. «Cosa hai
intenzione di fare
con lei?» spiegò il biondo con calma, accennando a
Sally,
che parlava con Billie nell'altra stanza. «In fondo, la
conosci
da poco.». «Poco è meglio di
niente.» concluse
l'altro facendo le spallucce. «Contento tu..» disse
il
biondo sospirando. «Certo che sono contento.» gli
rinfacciò il giovane, deciso. «E dovresti esserlo
anche
tu.».
* * *
«Di che cosa parlate?» domandò Sally
allegramente.
«Sciocchezze.» le rispose Tré, con aria
annoiata. La
ragazza intuì che stava mentendo, ma decise di dargli corda.
«D'accordo, allora.» accettò, ricevendo
un sorriso
dal giovane. Si
avvicinò al frigo e agguantò delle birre,
lanciandone una
all'uomo. «Vuoi?» chiese a Mike. Quello
annuì
cortesemente e prese una lattina al volo. «Dite che quello
là ne merita una?» domandò Sally,
accennando al
moro con aria di superiorità. «Direi che se gli
interessasse bersi qualcosa potrebbe anche alzare il culo dal divano e
venirsela a
prendere.» le rispose Tré. «Capitan
Finezza.»
lo apostrofò lei, scherzando. «Ci puoi giurare,
tesoro.» disse il giovane facendole l'occhiolino. I due
cominciarono a ridere, mentre Mike beveva tranquillo la sua birra.
Billie si girò a guardarli, chiedendosi perché
più
lo guardavano più ridevano. «Ma che
diavolo..?»
cominciò, spostando lo sguardo dai due alla sua maglietta.
«Ho qualcosa sulla faccia?» domandò.
«Tré, ti giuro che se mi hai dipinto qualcosa
sulla
faccia, vengo lì e ti prendo a calci quel didietro flaccido
che
ti ritrovi.» lo minacciò, scattando in piedi e
correndo
verso lo specchio più vicino. Sally si mise una mano sulla
bocca, cercando di trattenersi. Tré non si faceva certo
questi
problemi. Più Billie s'incazzava e più si
divertiva. Il
moro tornò in cucina a passo di corsa. «Frank
Edwin Wright
III, non so che cazzo mi hai fatto, ma se non me lo dici ti spezzo in
due!» gli disse stizzito. L'uomo rise ancora più
forte,
buttando la testa all'indietro e ignorando le occhiate furenti che
Billie gli stava lanciando. Il moro fece un passo avanti, deciso a
prendere Tré a schiaffi, quando Mike si pronunciò
con un
forte rutto. «Cavolo Mike, non eri tu quello
educato?»
disse Sally con una risata. «Generalmente
sì»
rispose lui ridacchiando. Billie lo fissò e si
lasciò
scappare una risatina, che si trasformò in una risata vera e
propria quando si girò a guardare gli altri che ridevano.
«Oh, al diavolo!» esclamò con
bonarietà.
«Ma la
prossima volta riuscirò a prenderti a calci,
vedrai!»
disse, rivoltò a Tré. Per tutta risposta, l'uomo
cadde in
ginocchio e si mise una mano davanti alla bocca, senza smettere di
ridere. Si stava visibilmente scompisciando dalle risate.
«Diamine, non si può conservare un lutto stando
con
voi!» scherzò Sally. «Direi proprio di
no.»
disse Mike, con una smorfia allegra. Tré si stava lentamente
riprendendo, e il moro era andato di nuovo sul balcone.
«Prendi
queste, nanetto di merda!» gli urlò il biondo,
lanciandogli i
filtri al mirtillo. «Grazie, stronzo!» gli
urlò
Billie di rimando. Mike annuì sorridente, e si
girò a
guardare Sally. Anche lei stava smettendo di ridere, anche se
più velocemente di Tré. La ragazza diede
un'occhiata
all'uomo a terra, prima di rivolgere la sua attenzione al biondo, che
fece una faccia buffa accompagnata dall'imitazione delle voci dei
personaggi dei cartoni per bambini di tre anni. Lei scoppiò
a
ridere di nuovo, mentre il giovane abbassò lo sguardo verso
l'amico. «Vuoi una mano, panzone?» gli chiese.
«Ficcatela nel culo!» gli rispose quello tra le
risate.
«Anzi, ficcala in quello di quell'idiota
laggiù!».
Mike tirò indietro la testa ridacchiando e mollò
un
calcio all'uomo, che si fece sfuggire un verso di dolore.
«Dove
posso buttarla?» chiese il biondo a Sally, giocherellando con
la
lattina. «Lasciala dove ti pare, tanto non c'è
nessuno
pronto a
farti la predica.» gli rispose una voce dal basso. Mike diede
un
altro calcio a Tré, alzando gli occhi al cielo.
«Ahio! E'
così che tratti gli amici?» disse quello, ridendo.
«No, è un trattamento che riservo solo per
te.»
rispose amabilmente il biondo. «Grazie tesoro, non dovresti
preoccuparti per me.» fece l'altro da terra.
«Nessun
problema, zuccherino. Per te, questo e altro.» concluse il
primo.
Sally rise e prese la lattina dalle mani di Mike. «Da' qua,
faccio io.» esclamò, con una mano sulla bocca.
«Grazie.» mormorò il biondo, accennando
a un
sorriso. «Di niente. E' sempre meglio far fare le cose a me
che
dar retta a ciò che ti dice quello là.»
concluse
lei, scherzando. «Ehi, grazie!» esclamò
contento
Tré. «Senza offesa, eh!» disse la
ragazza,
mostrandogli i palmi delle mani e facendo una faccia scherzosa.
«Invece l'offesa c'è!»
ribatté lui.
«Vuoi farmi sfigurare davanti a mia moglie? Se è
così dimmelo subito!». Sally scoppiò a
ridere
nuovamente, piegandosi su se stessa. «Ehy, dolcezza, che ne
dici
di alzarti da terra?» gli propose il biondo.
«Chissà, magari potresti trovare qualcosa di
più
divertente da fare, al posto di rotolarti sul pavimento. Ad esempio
potresti strozzarti con la birra o darci la nostra dannata
colazione.» suggerì. Tré
alzò un
sopracciglio e rispose: «Sai tesoro, credo proprio che tu
abbia
ragione. Il divano sembra più comodo di questo posto e molto
probabilmente è un conversatore migliore di questa cosa
qua.». Diede una botta alla gamba della sedia pieghevole
accanto
a lui e cercò di tirarsi su. «Vuoi
aiuto?» si
offrì Sally. «No, grazie, ce la posso
fare.» disse
l'uomo, tirandosi faticosamente in piedi. «Visto? Che ti
avevo
detto? Sono o non sono fantastico?» le disse con aria di
importanza. Sally alzò gli occhi al cielo e sorrise.
«Oh
sì, sei proprio un gran figo.» gli rispose. L'uomo
si fece
bastare i complimenti e andò a recuperare la colazione
promessa
a Mike. «Tieni. Fattela bastare.» gli disse,
passandogli un
toast molliccio ripieno di marmellata scura. Il biondo lo
guardò dubbioso e lo abbandonò sul bordo del
lavandino,
senza esser visto dall'amico, troppo occupato a chiacchierare con
Sally. Mike sgattaiolò verso il salotto, lasciando i due e
il
toast al loro destino. Con un sospiro di sollievo si
accasciò
sul divano. Chiuse gli occhi e si abbandonò ai propri
pensieri,
deciso a prendersi un attimo di pausa da quell'uragano di
Tré.
"Questo posto è proprio piccolo..." pensò. "Molto
diverso
dai posti dove alloggiamo di solito.", notò. "E'
così
familiare, in qualche modo.. Probabilmente non mi
dispiacerebbe
più di tanto vivere qui. Somiglia molto alla prima casa in
cui
ho abitato con Billie.. Dev'essere per questo che mi fa sentire a mio
agio..." concluse sorridendo. Sospirò tranquillamente e
girò la testa verso la cucina. Tré e Sally
stavano
chiacchierando amabilmente, e parevano abbastanza felici. Sorrise e si
voltò a guardare Billie. Era di nuovo fuori sul balconcino,
e
stava parlando al telefono con qualcuno. Mike si domandò se
fosse Adie o qualcuno al di fuori della famiglia dell'amico.
Scrollò le spalle e si mise a fissare le foto sparse per la
stanza, cercando di percepire il sentimento che legava Sally al
fratello. Immaginava che fosse davvero fortissimo, anche se nelle
fotografie lei non lo dava molto a vedere. Sembrava felice,
però. E probabilmente anche tanto. Mike si sentì
triste
per lei. Non era riuscita a dimostrare al fratello quanto l'amasse e se
ne stava pentendo, glielo leggeva in faccia. Chissà se se lo
sarebbe mai perdonata. Per ora, si impegnava con tutta se stessa per
riuscire a mantenere viva la speranza per un futuro migliore e, come il
biondo sapeva bene, questo non era affatto facile. Ripensò
alla
crisi della ragazza e al suo comportamento attuale. Era migliorata nel
giro di poche ore e sicuramente sarebbe riuscita a superare anche
questa difficoltà. Mike non aveva dubbi al proposito.
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Capitolo 20 *** Capitolo 20. ***
Capitolo 20 (scritto normale)
«Sì, certo... D'accordo...
Non c'è
problema... Sì... Ti ho detto che va bene! Sturati le
orecchie!... Uff, okay, arriviamo.» disse
Billie,
staccando il telefono dall'orecchio e chiudendo la chiamata.
Poggiò le mani sul bordo del balcone e guardò di
sotto
con aria seccata. Poi di scatto si girò e entrò
nell'appartamento, lasciando la porta-finestra semi aperta. Si
avviò a passo spedito verso la cucina, facendo segno a Mike
di
seguirlo. Il biondo si alzò e lo seguì,
domandandosi per
quale motivo il moro li stesse radunando.
Billie irruppe nella stanza interrompendo Tré. «Si
può sapere che vuoi?» chiese quello, scocciato.
Sally
guardò l'uomo con aria interrogativa. Pareva scocciato, ma
non
capiva da che cosa. In fondo, Tré se n'era stato fermo e
buono a
parlare con lei, senza combinare altri casini. Intuì che la
causa del malumore dell'amica era esterna a quell'appartamento, senza
riuscire a immaginarsi il problema, però. Quindi si mise ad
aspettare che il trentenne parlasse, attenta a non perdersi una parola.
«Ha chiamato quel rompipalle di Josh; vuole che rientriamo
immediatamente.» annunciò con aria torva. Quindi
girò la testa e si grattò il collo con un dito.
«A
quanto pare, è anche piuttosto incazzato. Come se il nostro
lieve ritardo cambiasse qualcosa.» borbottò. Mike
lo
guardò e si morse il labbro. «Billie, posso
parlarti un
attimo? Vieni anche tu, Cicciopalla.» disse indicando al
salotto.
«Ci puoi scusare un attimo?» disse a Sally, mentre
trascinava via Tré per un braccio. «Oh, certo,
perché no?» disse lei tranquillamente.
«Fate con
comodo» aggiunse, accennando a un sorriso. Detto
ciò, si
girò e cominciò a raccogliere la roba sparsa per
la sala.
«Grazie» rispose il biondo velocemente.
«Che c'è?» chiese Tré, secco.
«Che
facciamo con lei?» domandò il biondo indicando
Sally.
«Non possiamo lasciarla qui da sola.»
notò Billie.
«Però allo stesso tempo, non possiamo portarla con
noi.
Josh ci ammazzerà. E poi, come lo spieghiamo alle nostre
consorti?» concluse, alzando le sopracciglia e spostando lo
sguardo dalle scarpe al viso dei due. «Può...
Può
stare da me...» propose Tré, sussurrando. Billie
tacque
per un attimo, guardando il viso dell'amico. Stava guardando dietro di
se, verso la cucina, e stava cercando Sally con gli occhi.
«Non
penso ci saranno problemi... Non ho relazioni e vivo da solo. I nostri
fan non lo sapranno mai, e poi... Non credo di essere così
antipatico...» concluse mormorando e guardando per terra. Gli
altri tacquero per un po'. «Vedi, Tré, non
è
questo... Forse quella ragazza non troverà facile o giusto
convivere con un uomo. E poi, le sedicenni hanno bisogno dei loro
spazi... Rifletti, hai il doppio dei suoi anni... Potrebbe... potrebbe
essere la scelta sbagliata.» disse il moro. «Lo
so... So
anche che così somiglierò molto a quei politici
pieni
di pupe giovanissime che potrebbero essere le loro nipoti
ma,» fece una pausa «si tratta solo di conviverci.
Non ci
sposeremo mica.» concluse. Mike e Billie si guardarono negli
occhi, dubbiosi. «Andiamo..» tentò di
convincerli
Tré, intuendo che i due non approvavano molto la sua idea.
«Si tratta di poco tempo, finché non
sarà di nuovo
in grado di vivere da sola... Non possiamo e non dobbiamo abbandonarla!
Ha appena perso sua fratello, non ha più nessuno ... A parte
noi...» concluse abbassando lo sguardo. "Oddio ora la mette
sui
sensi di colpa.." pensò Mike. Diede uno sguardo al moro e
vide
che pensava la stessa cosa. A quanto pare quella era una cosa seria,
non un'idea nata nel giro di cinque secondi. Tré ci aveva
già riflettuto, e anche tanto, o almeno così
pareva ai
due. Billie sospirò e alzò spalle e mani,
abbandonando la
sfida. «D'accordo, Tré, portatela pure
dietro.»
acconsentì Mike, scuotendo la testa. L'uomo emise un
gridolino
di gioia, ringraziò e scappò via. I due amici,
rimasti
soli, si guardarono in faccia silenziosamente. «Secondo me,
sbagliamo a dargliele tutte vinte» disse Mike.
«Probabile» rispose il moro, mettendosi la mano
dietro al
collo e cominciando a massaggiarselo. «Ma questa volta
sembrava
diverso» cominciò. «Come se fosse
scattato qualche
meccanismo dentro di lui. Mi è sembrato diverso dal solito
Tré...» concluse. «Mhm. Hai notato che
non ha detto
neanche una parolaccia o un insulto?» disse il biondo.
«Già... Straordinario»
commentò l'altro,
dando un'occhiata all'altra stanza. «Chissà,
magari questa
ragazzina riuscirà a cambiarlo» osservò
Mike.
L'amico annuì, pensoso. Doveva trovare una balla per Adie,
per i
vicini e per i fan, dato che la convivenza dei due non sarebbe mai
riuscita a rimanere segreta per più di qualche ora. Scosse
la
testa e sospirò, andando a sedersi sul divano. Ultimamente
non
gli sembrava di far altro. Sospirare, sedersi e pensare. Quello era
diventato il suo piccolo spazietto personale, dove poteva pensare,
rilassarsi e stare in pace, al riparo da Tré.
«Bravo
divano» gli mormorò, dandogli qualche pacca su un
cuscino.
Poi si posò la mano sul labbro inferiore e
cominciò a
cercare di elaborare le scuse che gli servivano. Non che la cosa gli
venisse difficile. Non era proprio un artista delle balle, ma era
portato. Quando era in compagnia di quell'uragano dell'amico doveva
sfruttare molto questa sua abilità, visti i casini che
quello
puntualmente combinava. Per non parlare delle sue idee bislacche,
assolutamente impensabili per una creatura normale, ma che per
l'ideatore erano più che brillanti. Billie
ripensò alle
varie volte in cui erano stati presi per pazzi, rincorsi o insultati a
causa delle trovate del trentenne. Si lasciò sfuggire una
risatina, per poi strofinarsi il naso e ritornare a pensare. Doveva
trovare delle scuse sensate ed efficienti, e doveva farlo in fretta.
Prima di essere trascinato nella metro, dove pensare era pressapoco
impossibile. Si mordicchiò il labbro e strinse gli occhi,
cercando di eliminare tutti i rumori della stanza. "Trovato!"
pensò scattando in piedi. "Ci cascheranno sicuramente
tutti!"
concluse, fiero di se e della sua trovata. "Bene, e ora, esponiamo
questa geniata agli altri!" si disse. Quindi si scrollò la
polvere di dosso e si avvicinò agli altri con aria di
importanza. «Allora, il piano è
questo...»
annunciò.
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Capitolo 21 *** Capitolo 21. ***
Capitolo 21 (scritto normale)
«Venire a vivere con te?!»
ripeté scettica
la ragazza. «Si tratta solo di una soluzione
temporanea» le
spiegò Tré. «Finché non ti
troviamo una
nuova casa.» concluse. «Una nuova casa? E
perché
mai? Io sto benissimo qui!» ribatté lei, secca.
«Sì, non ne dubito, ma credi di poter continuare a
permetterti di stare qui dopo il trapasso di tuo fratello? Come pensi
di riuscire a pagare l'affitto, le bollette, il cibo e allo stesso
tempo andare a scuola?» le chiese l'uomo.
«Lascerò
la scuola.» rispose lei, seccata. «Non essere
sciocca.» le disse irritato il trentenne. «Hai
sedici anni.
Sei troppo giovane per prendere una decisione del genere, di cui
pentirai per tutta la vita peraltro. Dammi retta, vieni con
noi.»
propose. «...» Sally tacque per qualche secondo,
spostando
lo sguardo. «E se vengo con voi, che mi cambia?»
chiese.
«Tanto per cominciare, potrai tranquillamente frequentare un
liceo o avere un insegnante privato, come preferisci, poi potrai vivere
in un appartamento completamente pagato, dovrai lavorare solo per
comprarti i vestiti che ti piacciono e potrai vederci tutti i
giorni.» elencò lui, contando sulle dita i
privilegi che
la sedicenne avrebbe guadagnato. «Non mi sembra
così
terribile, no?» chiese lui, inarcando un sopracciglio. La
ragazza
rimase in silenzio qualche secondo, spostando lo sguardo da mobile a
mobile. «Io... Vivo qui da quando i miei sono
morti...»
disse con un filo di voce. Tré abbassò lo
sguardo,
rendendosi conto di quanto sarebbe stata difficile la scelta per Sally.
«Non...non so se sono pronta ad andarmene...»
mormorò abbracciandosi i gomiti e mordendosi le labbra.
«Ehi..» sussurrò l'uomo, avvicinandosi a
lei e
posando una mano sulla sua spalla. «Vivere qui equivarrebbe a
vivere di ricordi, e così facendo non supererai mai la morte
di
Holden...» la avvisò con voce dolce. «Lo
so,
però...» mormorò lei tenendo lo sguardo
basso.
«Se stiamo facendo di tutto per portarti via da qui, lo
facciamo
per un buon motivo. Non ti faremmo mai soffrire inutilmente,
credimi.» la rassicurò. «Abbiamo tutti
passato dei
brutti momenti, momenti bui, tristi, in cui l'unica strada per
ritrovare la luce era una strada tortuosa e difficile. Ma ce l'abbiamo
fatta. Siamo emersi dal buio del dolore. E sai perché?
Perché ci siamo fidati l'uno dell'altro.» le
disse.
«Adesso è il tuo turno. Devi provare a fidarti di
noi e
tenderci la mano. Possiamo aiutarti, davvero. Ma abbiamo bisogno che tu
creda in noi e in te stessa, prima di tutto. Okay?» le
domandò dolcemente tendendole la mano. Sally
guardò prima
il trentenne e poi la sua mano. Poi di nuovo il trentenne. Il suo
sguardo era rassicurante e soffice e nei suoi occhi azzurri non c'era
la minima traccia di sentimenti negativi. Era davvero sincero con lei.
Sally chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Quindi li
riaprì e guardò Tré con aria decisa.
«Va
bene. Mi fiderò di voi.» annunciò
posando la sua
mano nella mano di Tré. Rispetto a quella dell'uomo, la sua
era
così piccola e magra, troppo magra. Sembrava che le ossa
stessero per strapparle via la pelle candida per emergere trionfanti
sotto la luce del sole. Sally ricacciò velocemente indietro
la
mano, sperando che l'uomo non si fosse accorto del tremore che la
scuoteva. L'idea di lasciare il luogo dov'era cresciuta la spaventava
in modo non indifferente, tuttavia la possibilità di farsi
una
nuova vita e di buttarsi allo scoperto l'attirava. Avrebbe ricominciato
da capo, dimenticando il dolore e la tristezza che avevano da sempre
caratterizzato la sua esistenza. Per una volta sarebbe stata solo
Sally, e non 'la ragazzina senza genitori'. Sarebbe stata semplicemente
se stessa. E la cosa la riempiva di gioia.
«Bene ragazzina, ora fila a fare i
bagagli!» ordinò Tré con
autorità,
indicandole la sua stanza. «Partenza tra venti
minuti!»,
sentì la ragazza mentre correva verso la camera da
letto,
piena di euforia e ansia. Poche decine di minuti e avrebbe cominciato
un nuovo percorso. Un nuovo capitolo della sua vita, che avrebbe
vissuto con ogni piccola parte di se. Ormai era la nuova Sally. Sarebbe
sicuramente andata alla grande anche al di fuori di quel piccolo
quartiere che l'aveva accolta quando era ancora molto piccola. Sarebbe
andata avanti anche se gli ostacoli si fossero fatti insormontabili.
L'avrebbe fatto per Holden. ''Il giorno in cui non piangerò
più pensando a te, allora potremo dire che sono cresciuta
sul
serio. Fino a quel momento, io rimarrò la tua piccola Sally,
fratello mio. Ti prometto che supererò anche questa salita.
Ci
riuscirò, vedrai. Così potrai finalmente essere
fiero di
me.'' pensò, guardando il cielo. «Questa volta
faccio sul
serio. Te lo dimostrerò. Lo dimostrerò a tutti
quanti.» disse, decisa. Avrebbe riempito suo fratello di
orgoglio
e dimostrato a tutti quanti di non essere solo una ragazzina isterica
che non sa far altro che piangersi addosso. Quella era l'occasione
perfetta per far vedere che non scherzava, ma che era davvero convinta
di poter mantenere la promessa fatta al defunto fratello. ''Ce la
farò'' si disse, chiudendo la sacca e lanciandosela
sulle
spalle. ''State certi che ce la farò.''
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Capitolo 22 *** Capitolo 22. ***
Capitolo 22 (scritto normale)
«Mi sembra una buona idea.»
commentò Mike. «Potrebbe funzionare.»
disse Tré. «Deve
funzionare.»
sottolineò Billie. «Tu che ne pensi?»
chiese a
Sally. «Mh? Sì, è okay,
credo.»
mormorò lei facendo le spallucce. «Grandioso. Dato
che
siamo tutti d'accordo, non vedo problemi.» concluse il moro.
«Tu,» cominciò, riferendosi a Sally.
«tutto
pronto?» «Sì.» rispose lei.
«Sicura?» «Affermativo.»
«Bene. Forza,
tutti fuori.» ordinò. Mike aprì la
porta,
cominciando a scendere le scale. Tré si fiondò
fuori
correndo come un pazzo, seguito da Billie. Sally si fermò
sulla
soglia della porta, girandosi a dare un'ultima occhiata al posto
dov'era cresciuta. Gli occhi le diventarono lucidi, mentre i ricordi
sfilavano davanti a lei. Momenti belli, brutti, tristi e felici. In
ogni angolo vedeva un pezzo della sua vita, che ora stava abbandonando
senza quasi avere esitazioni. Un'immagine di lei da piccola, quando
aveva circa sette anni, le passò davanti agli occhi. Stava
giocando nell'angoletto della cucina, e aveva iniziato a piangere.
Holden era arrivato subito e la stava consolando. In un instante il
ricordo svanì, dissolto in una nuvola di polvere. Sally si
mise
una mano sulla bocca, ritraendo l'altra, che si era avvicinata al luogo
dove il flash-back si svolgeva. Si morse il labbro e batté
numerose volte gli occhi. «Ce la fai?» le
sussurrò
Billie dolcemente. La ragazza sobbalzò, girò la
testa e
annuì. Il moro le sorrise malinconico e le mise una mano
sulla
spalla, accompagnandola lungo le scale. A circa metà della
prima
rampa, Sally girò la testa per vedere un'ultima volta
l'uscio
della sua vecchia casa. Per un attimo ebbe l'impressione che una se
stessa di tanti anni fa e il suo fratellone la stessero salutando. Ma
in un battito d'occhi tutto era svanito. ''Era solo
un'allucinazione...'' si disse la ragazza, senza riuscire ad
allontanare il sentimento d'inquietudine e tristezza che le si era
infiltrato nel cuore. Quel posto significava troppo per lei, e
lasciarlo era stata senza dubbio una pugnalata alla schiena. Sally si
strinse nella giacchetta leggera che indossava, tremando. ''Ancora una
volta avrei dovuto ascoltare Holden..'' pensò sorridendo.
''Sono
proprio una testa dura''. Diede un'altra occhiata sfuggente
all'edificio che si stavano lasciando alle spalle. Chissà se
l'avrebbe mai rivisto. Ne dubitava fortemente. «Aspettate un
attimo!» gridò, correndo indietro. «Ma
che
cosa...?» mormorò Tré, stupito. ''Non
posso
andarmene, non posso!'' gridò Sally nella sua mente,
stringendo
gli occhi per bloccare le lacrime. ''Non così. Non in questo
modo''. La ragazza corse alla ceca, cercando di trattenere i
singhiozzi. Riaprì gli occhi e si ritrovò faccia
a faccia
con il maestoso portone. Quella sarebbe stata l'ultima volta che
l'avrebbe visto. Passò la mano sul legno scuro, ormai
danneggiato dai lunghi anni di esposizione al vento e alla pioggia. Era
ruvido, ma piacevole da toccare. Solleticava il palmo della ragazza,
che si ritrovò a desiderare di essersene accorta prima,
quando
ancora poteva sfiorarlo tutti i giorni. Si spostò
leggermente
più a destra, vicino al muro. Il colore si stava staccando,
e la
facciata stava lentamente cadendo a pezzi. Nonostante questo, faceva
ancora un certo effetto. I balconcini neri erano pieni di fiori e
piante, che rendevano l'ambiente più amichevole. La prima
volta
che si era ritrovata lì sotto, Sally era rimasta a guardare
il
muro per ore, come rapita dalle sfumature dei colori e dalle crepe che
lo percorrevano. Sembrava così fragile, mentre invece era
capace
di sostenere su di se la vita di decine di famiglie. Non importava se
erano famiglie vere o disastrate, come la sua. Il palazzo dava rifugio
a chiunque avesse bisogno di un tetto e di una casetta accogliente,
magari senza pagare cifre esorbitanti. Gli inquilini erano tutti
gentili tra loro, e non esitavano mai a sistemare l'edificio, quando ce
n'era bisogno. Ma questo prima che la vita si riprendesse pian piano
tutto quello che aveva dato. Prima la signora Gertie aveva perso suo
marito, poi il gatto dei coniugi Smith era stato investito,
successivamente al ricovero del signor Thompson. Lentamente tutti se
n'erano andati, e il palazzo era rimasto abbandonato. Ai nuovi
inquilini non interessava la sua manutenzione, tantomeno volevano
sborsare soldi per risistemare qualche cosa. Sally aveva sempre
desiderato rimettere a nuovo quel posto, per poi poter rinfacciare a
tutti il loro egoismo, ma semplicemente non poteva. I pochi soldi che
arrivavano servivano per mantenere i due e per pagare tutte le bollette
e la spesa dell'affitto. Ciò che rimaneva era pressapoco
niente.
Eppure, ora come ora, Sally se ne pentiva amaramente. Avrebbe voluto
lasciare un segno del suo passaggio, della sua esistenza, in quel
palazzo malandato. Ma non ne avrebbe mai più avuto
occasione.
Posò la testa sul muro, mentre le lacrime scendevano
copiose.
Carezzò la superficie ruvida con il palmo della mano, il
più delicatamente possibile, come se quella parete fosse
fatta
di sabbia e petali di fiori. Aveva un buon odore. La prima volta che
l'aveva annusata aveva nove anni, era appena caduta dai pattini e si
era appoggiata lì per riuscire a stare in piedi. Non
riuscendo a
stare in equilibrio da sola, si era arresa e si era messa a contare le
crepe nel muro. Fu allora che le venne in mente di annusare il muro.
Suo fratello l'aveva presa in giro per un bel po', ma alla ragazzina
non dispiaceva. Holden non avrebbe mai capito quello che aveva sentito.
Era un odore un po' stantio, ma era buono lo stesso. Aveva un odore
tutto suo, difficile da trovare altrove. Sally guardò la
base
dell'edificio, dove la parete si incontrava sul marciapiede. Le sarebbe
mancato, quel posto. Oh, se le sarebbe mancato. La sedicenne
cominciò a grattare la parete, cercando di staccarne un
pezzo.
Non se ne sarebbe andata senza un pezzetto della sua casa. Non ce
l'avrebbe fatta. «Avanti... Staccati... Dai...»
mormorò, mentre due lacrime le solcavano lentamente il
volto.
«Ti prego... Non posso andarmene senza di te...»
sussurrò. Le unghie le facevano male e se le stava rovinando
tutte, ma non le importava. L'unica cosa importante era avere qualcosa
che le ricordasse la sua casa. Qualunque cosa. Finalmente un pezzo si
staccò, riempiendo i vestiti della ragazza di intonaco.
«Sì..» esultò sottovoce. Lo
guardò per
un po', prima di metterlo nella sacca, al sicuro. Ora era pronta a
partire. Diede il saluto estremo all'edificio e si avviò
verso i
tre amici. Aveva smesso di piangere, ma gli occhi erano ancora rossi e
c'erano due righe rossastre sulle guance. Tuttavia i tre tacquero e si
limitarono a accogliere Sally tra loro e accompagnarla al taxi che
avevano chiamato nel frattempo. Billie entrò per primo,
sedendosi davanti. Poi Tré fece cenno alla ragazza di
prendere
posto vicino al finestrino sinistro. Lei entrò e si
accomodò sul sedile, poggiando il gomito sul finestrino e
guardando fuori. Tré si sedette accanto a lei, mettendole
una
mano sul braccio. Sally si girò a guardarlo, con gli occhi
nuovamente lucidi. L'uomo le sorrise, cercando di sembrare calmo e
rilassato. La ragazza abbassò lo sguardo, per poi
ricominciare a
guardare la via. La sua via. Si prese la parte alta del naso tra due
dita, cercando di trattenere le lacrime. Mike la guardò
dispiaciuto, mentre il taxi partiva sgommando. Sally
appiattì la
faccia contro il vetro, per imprimere ogni minima parte di quel
paesaggio familiare nella sua mente. Sentiva un grande vuoto dentro al
cuore, ma non voleva piangere. Adesso era la nuova Sally. Doveva
dimostrare a tutti di essere forte e coraggiosa, o almeno
così
sperava di apparire. La verità è che la ragazza
sembrava
una bambolina di porcellana, bella, senza dubbio, ma sempre pronta a
cadere a pezzi con un soffio. Gli occhi e le guance rosse la facevano
sembrare una bambolina diversa, una di quelle che la gente non compra
perché non è perfetta. Lei si sentiva
così.
Imperfetta. Il suo corpo, la sua mente, il suo modo di fare erano
sempre stati diversi da quelli delle altre bambine, e lei si era
convinta di essere diversa. Guardò la sua mano. Non aveva
ancora
smesso di tremare. Anzi. La cosa positiva era che il freddo l'aveva
fatta diventare un po' più rossa, dandole un colorito meno
pallido e più normale. Sally cercò di sorridere.
Quello
di avere la carnagione così candida era un pregio che a
volte
odiava e a volte amava. Sicuramente, non sarebbe riuscita a immaginarsi
senza. Per anni, ogni estate aveva cercato di abbronzarsi, ma niente.
Ogni volta che tornava in classe, vedeva tutti scuri, dorati, mentre
lei rimaneva bianca come il latte. All'epoca la cosa la faceva
impazzire, ma ora non ci faceva più caso. Aveva problemi
più grossi a cui badare. E per risolverli, era arrivata al
punto
di scappare e abbandonare tutto. Improvvisamente, si sentì
meno
sicura di prima. E se qualcosa fosse andato storto? E se scegliere di
convivere con quell'uomo fosse stato solo un grande sbaglio? I dubbi
cominciarono ad assalirla, man mano che la vettura macinava strada. La
paura la faceva cambiare completamente. Cercò di scacciare
via
quei pensieri. Tré era un'ottima persona, e si era
dimostrato
molto carino e disponibile. Sapeva di poter contare su di lui. Chiuse
gli occhi e cercò di controllare il proprio respiro, che si
era
fatto sempre più veloce. ''Calmati, Sally. Calmati'' si
disse,
massaggiandosi le tempie. ''Qui tutti vogliono solo il tuo bene, lo
sai, nessuno vuole farti del male.'' pensò, cercando di
tranquillizzarsi. ''Tanto, che hai da perdere? Hai perso tutto. Puoi
anche buttarti in prima linea e sperimentare tutto in prima persona.''.
Si appoggiò allo schienale del sedile e riaprì
gli occhi.
Aveva riacquistato la calma e aveva il pieno controllo di se, cosa che
le faceva molto comodo al momento. Guardò Tré.
L'uomo
dormiva placidamente, e sembrava così sereno... Sally
sorrise e
appoggiò la testa sulla sua spalla. Forse per riflesso o
forse
perché si era svegliato, il trentenne posò la sua
mano
sopra quella della ragazza. Lei continuò a sorridere e a
tenere
gli occhi chiusi, mentre il calore del corpo e della mano di
Tré
la riscaldavano dolcemente. Improvvisamente ogni dubbio che aveva mai
avuto su quell'uomo sparì. Si fidava completamente di quel
trentenne
e sentiva dentro di se che non l'avrebbe mai fatta soffrire.
Posò delicatamente la mano sul petto dell'uomo e rimase in
silenzio, lasciandosi cullare dal respiro di lui. Poi, lentamente,
scivolò in un sonno leggero e felice. Quel tipo di sogno che
non
faceva da molto, troppo tempo.
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Capitolo 23 *** Capitolo 23. ***
Quando Sally si svegliò erano ormai
quasi arrivati. «Dove siamo?» mormorò,
con la bocca impastata dal sonno. «Al centro di New York.
Siamo quasi arrivati. Puoi dormire ancora cinque minuti, se
t'interessa.» le disse Mike. Sally scosse la testa, girandosi
verso il finestrino. Quanto tempo aveva dormito? A giudicare dal colore
del cielo, forse qualche ora. Eppure, la ragazza non riusciva a
ricordare che esattamente la sfumatura di azzurro di quando erano
partiti. ''Oh, chissenefrega'' pensò. Si girò a
guardare Tré. Stava ancora sonnecchiando, ma aveva un sonno
così leggero che potevi svegliarlo semplicemente
sussurrandogli qualcosa. Sally girò la testa diagonalmente.
Il trentenne sembrava così inerme e carino mentre dormiva.
Guardandolo, non avresti mai potuto immaginare che da sveglio fosse un
tale casinaro. Sembrava proprio un bambino per bene, o almeno questa fu
l'impressione della ragazza. Nonostante i trent'anni ampiamente
compiuti, l'uomo aveva un viso da ragazzino, morbido e chiaro. Sally
gli sfiorò delicatamente la guancia con la mano, senza
neanche pensarci. Lui si svegliò e si guardò
intorno, non capendo dove si trovasse. In una manciata di secondi tutte
le idee gli si schiarirono e si girò verso la ragazza.
«Ehilà, come va?» le chiese, ancora
mezzo addormentato. «Bene» rispose lei sorridendo.
A quanto pareva, non si era accorto della carezza che gli aveva fatto.
Meglio così. Almeno non avrebbe chiesto spiegazioni.
Già, ma che spiegazioni c'erano? Non sapeva neanche lei
perché l'avesse fatto. Sapeva solo che qualcosa dentro di
lei si era mosso da solo, senza che lei se ne accorgesse. Era come se
il suo cuore avesse ordinato alla sua mano di sfiorare quella pelle
candida. ''Fantastico, mi faccio comandare dalle mie parti del corpo''
pensò Sally, scocciata. ''Non riesco più neanche
a controllarmi. Come diavolo potrò controllare la mia vita,
se non so neanche cosa mi succede?''. «C'è qualche
problema?» le chiese l'uomo, preoccupato. «No, sta'
tranquillo.» lo rassicurò lei con un sorriso.
«Sto benissimo.». Il trentenne la guardò
incerto, intuendo che c'era qualcosa che non andava. Sally sembrava
malinconica, triste. Come se fosse successo qualcosa di cui non si
spiegava assolutamente il perché. E chissà
perché, anche lui sentiva che qualcosa di strano era
successo, solo che non si ricordava cosa. La sedicenne, nel frattempo,
si era staccata da Tré, tornando ad occupare il suo solito
posto. Il trentenne le mise una mano sul braccio. «Se
c'è qualcosa che ti turba, sentiti libera di
dirmelo» le disse. La ragazza lo guardò con occhi
persi, poi scosse la testa e sorrise. «Ma certo!
Contaci!» gli rispose allegramente. Tré
annuì, dubbioso. Aveva qualche dubbio al riguardo. Era
praticamente sicuro che la ragazza non gli avrebbe mai confidato
niente. ''D'altronde è così, si sa, le ragazze
non confidano i loro pensieri ai maschi'' pensò.
''Specialmente se li hanno conosciuti meno di ventiquattr'ore prima.''
concluse. Sally riprese a godersi il paesaggio, mentre il taxi
procedeva veloce. Il silenzio era piacevole, dopo tutto quel casino, e
i quattro se lo goderono tranquilli. Da davanti, Billie si assaporava
ogni minimo raggio di sole che spuntava, quando decideva di squarciare
una nuvola per donare luce e calore ai comuni mortali. Si
spaparanzò placido sul suo sedile, rilassandosi. La vecchia
radio non funzionava, ma ogni tanto spediva un messaggio, come per
testimoniare la sua presenza. «Siamo arrivati.»
annunciò l'autista, fermando lentamente l'auto.
«Sono 50 dollari.» disse, tendendo la mano. Billie
gli allungò una banconota e scese della vettura, andando ad
aprire lo sportello a Sally. «Grazie» disse lei con
un sorriso. «Di niente.». Sally saltò
fuori dall'auto, atterrando sul marciapiede con un tonfo leggero.
Alzò gli occhi verso il palazzo che le stava di fronte,
mentre gli altri scendevano dal taxi. «Uao»
sussurrò sgranando gli occhi. Dopo una manciata di secondi,
Tré esordi con un: «Avanti, tutti su!»,
spingendoli verso la porta. «La nostra stanza non aspetta che
noi!»
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