Save tonight

di dreamer_is
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


"Go and close the curtains
cause all we need is a candle night
You and me and a bottle of wine
going to hold you tonight
Well we know I'm going away 
and how I wish, I wish it weren't so 
So take this wine and drink with me 
let's delay our misery, LET’S DELAY OUR MISERY!”
No.
Non mi bruciano gli occhi. Non mi bruciano.
Sono rossi certo, sono salati. Ma non stanno ardendo come due tizzoni incandescenti per contenere le lacrime.
Neanche una piccola, contenuta goccia sgorgherà dai miei occhi. Quella macchia rotonda sul cuscino? Al massimo è entrata dalla finestra. D’altronde l’acqua s’insinua ovunque, perché non attraverso un vetro?
Un vetro che sembrava impenetrabile, che serbava il mio cuore da ogni volubilità adolescenziale…e ora è corroso dall’acqua, che scende copiosa…
No, è solo pioggia. Non senti il ritmo in crescendo delle gocce che sembrano gridare il loro terrore? Il vento fischiare come le orecchie dopo un concerto? I tuoni che scuotono, percuotono, come pedali battono la membrana della Grancassa tutto ciò che è debole, fiacco, insicuro?
E oggi mi scuotono, oggi sono debole.
Oggi sono debole anch’io.
E la pioggia continua a cadere, sembra che le nuvole abbiano accumulato troppa acqua per potersi fermare anche solo un istante.
Spero solo che l’arcobaleno sorga presto. Che salvi la notte e combatta con l’alba. Perché l’alba è indiscreta, rivela tutto.
La notte no.
Che salvi la notte e combatta l’alba. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


“Clè?”mi riscosse la mia compagna di banco. Guardai i ghirigori che avevo distrattamente tracciato sul quaderno di latino e sbadigliai. Insofferenza. Acuta insofferenza verso dei complessati mentali che hanno bisogno di più di sei casi e formano una proposizione in tanti modi che nemmeno l’Elfo riusciva a ricordarli tutti. O forse sì. Ma lei è un Elfo.
“Bentornata,eh!”continuò Sara, sistemando le matite nell’astuccio. “Ti sei persa tutta la struttura dei verbaimpedienda, se proprio vuoi saperlo.”
“Ah beh, grazie! Avvisarmi che aveva smesso di interrogare no,eh?”risposi un po’ irritata. Non che mi importasse molto, avrei studiato sul libro. Però dopo sei anni di scuola insieme ricordarsi di farmi un cenno quando sono tanto persa nel mio mondo personale non dovrebbe essere difficile.
“Se ti avessi dato un pizzicotto l’Elfo si sarebbe immediatamente accorto della tua assenza”asserì incontestabile. Beh, in effetti non aveva tutti i torti…La settimana scorsa aveva attraversato la classe correndo in maniera tanto silenziosa, che la povera zanzara non aveva avuto nemmeno il tempo di accorgersi della sua presenza da aver già lasciato una macchia cremisi sull’intonaco giallognolo.
“Clelia!”arrivò raggiante il Cespuglio griffato. La persona più insopportabile dell’intero universo. La solita ricca sfondata con agganci ovunque, genitori più influenti di Obama e incapace di usare un congiuntivo l’anno.
“Giorgia”sorrisi educata.
Squadrò la mia maglietta dei Sex Pistols come se stesse contemplando una macchia di dentifricio sulla sua scollatissima maglietta Guess e si accorgesse di non poterla eliminare. Peccato. Sarebbe stata costretta ad aprire gli occhi entro i prossimi tre anni. Il mio piano di risveglio della ragione prima o poi avrebbe dovuto…
“Dimmi che hai studiato inglese!”arrestò le mie congetture in tono adulatorio.
“Non ne vedo l’utilità”risposi fredda, stendendo le gambe dopo due ore di immobilità forzata.
“Per favore la mia cagna ieri sera ha partorito e…”aveva iniziato a parlare a raffica e la mia mente implorava la sua interruzione per conservarsi in un accettabile stato di salute.
“Scusa, ma non vedo il nesso tra te e il parto” risposi seccata. “Sei diventata forse veterinaria e hai dovuto estrarre i…”
“Non dire sciocchezze!” mi interruppe capricciosa.”Sono rimasta lì tutta la notte per vedere!”
“Bene,” conclusi, “allora fa’ un bel temino sulla tua edificante esperienza,ok?”
Quanto odiavo quelle scuse tanto puerili e patetiche…la cagna! Al massimo lei si era comportata come tale!
Uscii dalla classe e mi scontrai con il prof di inglese.
 “May I go out?” chiesiseccata.
“Sure, mydarling!”rispose lui smielato.
Quanto odiavo quel nomignolo! Preferivo quasi quando in primo mi tiranneggiava e dovevo sudarmi gli 8, piuttosto che subirmi elogi o simili ogni volta che aprivo bocca mentre con gli altri era un despota lunatico.
Mi puntellai al termosifone, sbuffando. Si prospettava un intenso pomeriggio e non ero proprio dell’umore di far nulla. Fosse stato per me sarei andata alle prove di Sami a scattare le foto per l’articolo. Uffa.
Mi sciacquai il viso per riprendere un po’ di lucidità e svegliarmi. Fuggire sarebbe stato troppo grave, giusto? Dovevo tenere a mente le conseguenze, cantilenai. Mi venne in mente la settimana enigmistica che diceva “Non lo considera l’incosciente” per indicare il Poi. Dovevo stare attenta al Poi…
Trascinai i piedi in classe e assistetti all’interrogazione di Giorgia , che stava andando di…beh, non ci sono termini molto diversi per un’interrogazione simile... Ma come diavolo poteva una persona trascorrere tutte le estati a Londra e avere una simile pronuncia?
I misteri della vita…
Mentre mi interrogavo sulle ingiustizie del mondo, tanto evidenti quanto incontestabili, l’ora trascorse. E così, dopo correzioni che il prof costringeva “obviously” me a farle e un passo dei Canterbury Tales…Libertà!!!
Indossai il bellissimo cappellino che si reggeva sul capo per un’illogica magia che andava contro ogni legge della fisica e volai fuori dalla classe, giù per le scale, corridoio, scale, oh! Il profumo del bar! Scappa che sei a dieta!, porta doppia, nebbia dei fumatori cronici, cortile, parcheggio, bici!
Oh, affrancata! Dovevo più Assi alla campanella che tutti gli schiavi romani resi liberi messi assieme…
Riproduzione casuale…Aerosmith che mi incitano con “Walk this way!”e gambe che sembrano slogarsi per uscire prima di quei dementi ammazza - ecosistemi in moto e lattine.
E sono fuori…fuori fuori…
Li sentite i coretti celesti? Le melodiose voci angeliche che intonano canti di gioia? Non sono grandiosi?
Chiusi gli occhi per un istante, ebbra di entusiasmo. Mah…forse in biblioteca ci vado...5 minuti non cambiano la vita,no?
E allora salita sui san pietrini!!!
Ok, non ce la faccio. Risi di me stessa e proseguii a piedi, inerpicandomi verso l’apice della cultura, il nirvana dell’Intelletto…ok, meno pippe mentali.
Poggiai la bici alla vetrata che ante cedeva le scale e mi precipitai dentro.
“Rientrato Notti Bianche?”chiedo a Lucio, ormai mio consulente di fiducia.
“Appena due minuti fa.” mi informò con un sorriso radioso.”Guarda, il ragazzo che sta salendo le scale lo sta per rimettere a posto.”
Lo squadrai: il privilegio di rimettere i libri a posto era solo per i veterani. Cioè me. Non sapevo di altri. Ok, recuperiamo il libro che mi scappa da tre settimane.
Mi issai sui gradoni alti, cercando di aumentare il ritmo, ma il tizio faceva gli scalini a due alla volta. Assurdo. Io ero alta e non ci riuscivo..era un gigante o cosa?
A metà scalinata avevo il fiatone.
“Hei!”mi arresi.
Il tizio continuava.
Bene.
“Heiii!!!”alzai il tono. Non rispondeva. Bene. O è sordo o ha le cuffiette. O non crede che mi stia rivolgendo a lui.
“Scusa, tu! Con Notti bianche!”riprovai. Si fermò un attimo, poi continuò.
Ok, è idiota allora.
Ripresi la scalata e lo raggiunsi. O meglio, mi ci scontrai visto che il tizio si era fermato appena arrivato in cima alle scale, di colpo, e per poco non ruzzolavo giù dopo aver fatto un’inutile faticaccia.
Lo stomacò brontolò dalla fame: quella mattina ero riuscita a racimolare solo tè e biscotti. La Nutella era vietata. Crying!
Il tizio si girò. Finalmente, aggiungerei.
“Scusa”disse.
Senza neanche guardarlo presi il libro che aveva tra le mani e dissi “Scusa, sono di fretta, mi serve il libro, GRAZIE!”
Mi girai e iniziai la discesa, quando qualcosa mi afferrò per un braccio, facendomi perdere l’equilibro e…ahia!
Il sedere iniziò a prendere gradini su gradini, finchè non sentii qualcosa travolgermi da dietro…e allora non capii assolutamente nulla di ciò che stava accadendo.
Alla fine mi ritrovai con la testa su qualcosa di morbido e nero, una gamba schiacciata sul marmo grigio e…beh, il resto non riuscivo a localizzarlo.
Poi Lucio urlò qualcosa e iniziai a ridere. Come una totale, completa, idiota, iniziai a ridere senza riuscire a fermarmi. E poi arrivò un crack, indefinito. Ok, lo divenne,  dopo poco meno di un istante. Ora ero consapevolissima del peso di almeno una bambino sulla mia caviglia. Ahia.
“Stai bene?”la stessa voce di prima. Ah, già. L’idiota di Notti bianche.
Non ci potevo credere. Ero caduta su, sotto, OK, non lo so come, di lui. Risi, di nuovo.
“Trauma cranico?”ipotizzò Lucio.
“Ma se ha la testa adagiata sulla mia tracolla?”rispose lui. Arrossii di brutto. Ecco. Una figuraccia al primo incontro. Ti pare che non riesco a non ridere?
Comunque…mai sentita una voce così…strana. Ma quanti anni aveva?
 “Ok, direi che dovremmo disincastrarvi…”rispose Lucio.
“Io non so dove siano le mie braccia”mi affrettai a dire. “Ma sono quasi sicura di essermi rotta una caviglia.”
“Io…”iniziò lui. Lui. Non sapevo neanche come si chiamava.“penso di avere una mano su un’anca…l’altra…”
Strinse quella zona imprendibile che sta tra il fianco e il costato e…saltai. Ovviamente ridendo.
“Ahi!”bofonchiò quando ricaddi su di lui.
“Scusa”risposi con le guance ormai a fuoco. “Zona sensibile.”
Alla fine riuscimmo a rialzarci, lui da solo, io con l’aiuto di Lucio, perché la caviglia proprio non era in ottime condizioni.
“Comunque piacere, Fabrizio”mi porse la mano.
“Clelia”risposi con un’occhiataccia. Fortunatamente il libro era indenne sul parquet, a mezzo metro dalle scale.
“Come la Certosa di Parma!”esclamò Lucio, sorbendosi due sguardi non certo augurabili.
“Vuoi che chiami i tuoi? O un’ambulanza?” chiese poi nel suo sommesso tono da vecchietto gentile ma vivace.
“No,grazie Lucio” risposi tranquilla. “L’auto passa tra 5 minuti, mi appoggio alla bici e sono casa.”
“Ma sei matta?!?”mi accusò dagli occhi grigi. “Ora andiamo all’ospedale! Subito!”
Il tizio semi-sconosciuto, che nel frattempo stava spolverandosi i vestiti, mi guardò stralunato. Lucio lo guardò e si avviò verso l’uscita, poi si fermò.
“Fabrizio, ascolta, io non posso lasciare la biblioteca vuota, non potresti…”iniziò Lucio, ma le smorfie di disgusto sui nostri volti lo fecero fermare.
“No, davvero, prendo il bus…” ”Guarda, io dovrei già essere a casa…”
“Fabrizio, non ti credevo tanto insensibile!”esclamò Lucio, dalla sua cavalleria dei sessanta superati.
“Ma tutto ciò non sarebbe neanche successo se questa pazza non avesse preso così il libro!”esclamò irritato.
“Io?!? Ma se eri tu che non rispondevi e poi mi hai presa per il braccio e mi hai fatta cadere?!?” risposi incredula.
“Ma come pretendi che io mi giri se mi chiami con un “Ehi tu!”?!?”replicò sarcastico.
Sorrisi sbigottita. “Come avrei dovuto chiamarti, “Gigante sordo che fa i gradini 1000 alla volta”?”
“Ma quanto sei melodrammatica!”alzò gli occhi al cielo.
Sgranai gli occhi.
Bene, questo era troppo.
Mi spostai dalle braccia di Lucio e feci un passo e mezzo verso la porta…rovinando a terra sulla caviglia malandata.
“Va bene, va bene, l’accompagno io!”esclamò lui raccogliendomi come gelatina. Feci per allontanarmi ma mi tenne stretta a sé, portandomi fuori.
“Beh, un grazie no?”esclamò quando finimmo i gradini.
Gli scoccai un’occhiata furibonda.
“Guarda che t’ho capito, sai!”sorrise beffardo. Gli occhi gelidi e sicuri mi innervosirono notevolmente.
“Cos’avresti capito, Gigante?”chiesi irritata.
“Che è tutta una scusa per aggrapparti a me!”si mise a ridere.
Alzai gli occhi al cielo e agguantai la bici.
“Bene, il tuo compito è finito”risposi, iniziando a zoppicare via.
“Ahahah! Bella battuta!”afferrò il manubrio, bloccandomi.
“Vattene, per favore”dissi col tono più calmo che la situazione concedeva.
“No”rispose. Cocciuto. Peggio di un bambino.
“Ti ho detto di andartene.”ripetei chiudendo gli occhi, fremente.
“No”cantilenò.
“Perché no? Ti aspettano a casa,no?”chiesi ormai nera. Ecco. 5 minuti un tubo. E ora come facevo con i compiti?
“Perché voglio scoprire qualcosa di te, ora.”disse.
Non credo che avesse mai ricevuto un’occhiata peggiore.
“Beh”continuò canzonatorio “dove trovi una ragazza che va in giro in bici e poi crolla sulle scale senza neanche un briciolo di spinta?”
Bene. Il mio limite di pazienza era stato superato da quando si era dimostrato un idiota sulle scale. Un altro istante e avrei scontato il resto dei miei anni dietro delle sbarre corrose dal tempo. Forzai il manubrio e riuscii a spostarlo, poi saltai in sella e iniziai a pedalare con un piede solo.
“Hei aspetta!”urlò. “Ho il tuo iPod!”
Oh cavoletto di Bruxelles! Imprecai disperata, ma ormai ero partita sulla discesa e se avessi frenato…beh non sarebbe stata una gran bella cosa.
“Non riesco a girare!”urlai di rimando, disperata.
“Allora ti aspetto domani, stessa ora.”urlò.
“Ma…”iniziai, poi dovetti curvare o mi sarei sfracellata sull’autobus.
DamnIt! Il mio iPod!!!
Dopotutto un po’ di isolamento dal resto del mondo non sarebbe stato tanto male,no?

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Il buon senso mi detterebbe di aspettare almeno un commento ma...beh, volevo postare almeno per delle comunicazioni "di servizio".
Questa storia è nata come un esperimento: uno stile alquanto differente da quello che uso di consueto ma... voglio sperimentare!
Noterete ripetizioni, forse, alternarsi di presente e passato nei tempi verbali da una frase all'altra ma...
Da esperimento tale è non voglio correggere tutto ciò, anzi...a volte è come se la storia fosse troppo leggera per usare il passato: siamo dentro la mente di una ragazza...è come se riportassi i suoi pensieri...che sono anche disordinati e...magari distorti. 
Magari può sembrare la solita, piatta storia d'amore...e forse lo è...ma non è solo questo.
Spero lo scoprirete leggendo.
Ok, finita l'avvertenza....
Vorrei invitarvi a commentare, le critiche sono molto ben accette!
Vi lascio al 2° capitolo!^^


Capitolo 2
Arrivai a casa sudata e più adirata di Achille nel proemio dell’Iliade. Altro che Briseide…
La questione era gravissima: se mi avessero ingessato o avessi dovuto portare le stampelle come facevo a fare le foto a Sami? E poi andare in giro per la scuola zoppicando? In ascensore con la puzza di compiti e interrogazioni dei prof?
Sbuffai. Una volta in biblioteca si incontravano persone interessanti, non gentaglia dai modi tanto scoccianti!
Lasciai la bici in garage e chiamai l’ascensore, saltellando su un piede solo. Chissà fino a quando l’equilibrio avrebbe retto…
Dopo aver rischiato di mangiare hot dog di coscia con l’acqua bollente della pasta, iniziai a studiare. Non era giusto…come si fa a risolvere i problemi di geometri analitica senza Kurt Cobain?
Depressione.
 
Odio quel tizio.
Perché mai avrebbe dovuto prendermi l’iPod?!? La cosa era quanto mai esasperante…
Ma che gran maleducato!
Uffa.
Ma che cavolo vuol dire che la tangente è perpendicolare alla… OK.
Ho bisogno di Kurt.
Ora.
E se cantassi io?
Ok no, non serve…aspetta, aspetta…you-tube!
Con un sorriso pieno di speranza accesi il computer, destinazione anger before Tobi…
“With the lights out, it's less dangerous 
Here we are now, entertain us
I feel stupid and contagious 
Here we are now, entertain us
A mulatto 
An albino 
A mosquito 
My libido 
Yay! 
Hey!
Hey!”
Ok, magari il testo non è il massimo dell’idealismo o della profondità…ma…ha una forza disarmante…
Ok, basta sognare ad occhi aperti, torniamo all’algebra…
 
Non c’è che dire, le stampelle sono la cosa più scomoda che io abbia mai provato…non posso neanche andare in bici!
E l’autobus è affollatissimo.
Odio.
Fortuna che si può leggere anche in piedi. Sorrisone.
Aprii il libro e sbuffai.
Ha scritto pure su Notti bianche!
Tutte le pagine piene di annotazioni… Non può essere stato che lui…
Ne ero certissima.
Chi altri potrebbe scrivere su un libro?
Scesi dal bus.
Bene, stampelle sui san pietrini.
La cosa non è affatto corretta.
Perché io senza iPod e senza bici e per lui nessun danno?
La vita è ingiusta.
Totalmente.
Salii le scale e sporsi la testa verso l’interno. Nessuna traccia.
Forse non era ancora arrivato…
Strano.
Aspettai dieci minti, poi mi sporsi verso la donna di turno al banco consulenza.
“Scusi, non è che per caso ha visto un tizio alto, capelli scuri, occhi grandi e grigi…”iniziai a gesticolare per farle comprendere le dimensioni.
La donna non riuscì ad aprire bocca che un’altra voce, beffarda, la superò: “Devi avermi osservato bene, allora, ieri”. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Non mi voltai. 
Reprimi la rabbia.

Reprimi la rabbia.
Ricordati solo che ha l’iPod.
L’iPod.
Mossi scoordinata le stampelle, ma riuscii a girarmi quel bastava ber guardarlo in faccia.
“Potrei riavere il mio iPod?”chiesi gentile.
“Non si saluta più?”chiese ironico.
Il mio sguardo omicida lo rese accigliato, poi iniziò a tastarsi le tasche, molto teatralmente. 
Calma.
Calma.
Respiro profondo.
Se la mia immaginazione avesse avuto ragione…la mia detenzione a vita non era poi tanto lontana.
“Dimmi che hai il mio iPod”ripetei con un sorriso. Il sorriso della disperazione.
“Non lo trovo…non ora.”rispose malizioso.
“Bene”dichiarai con tono gelido.”Vedi queste stampelle? Sono molto solide, sai?”
“Che fai passi alla violenza?”si beffò di me.
“Ragazzi niente risse in biblioteca”affermò prontamente la donna di prima. Era un invito?
“Ti va di fare un giro fuori?”chiesi dolcemente.
Ingoiò saliva. Ghignai.
“Perché non ci sediamo al tavolo, lì dietro?”propose indicando la sala caffè. 
Sbuffai. Però magari rimediavo una cioccolata calda…
“Ok”accordai, sorridendo come prima.
Ci avviammo fianco a fianco, o meglio, stampella a fianco, alla sala. Era stata creata per attirare più persone alla biblioteca…E in effetti qualche viso nuovo si vedeva, ma solo lì.
Ci sedemmo a uno dei tavolini quadrati, poggiando tracolle e stampelle agli schienali.
“Bene,”dissi alzando le spalle”siamo seduti.” Feci una pausa aspettando una risposta, ma tacque. Si limitava a osservarmi. Cosa molto inquietante.
”Ora posso avere indietro il mio iPod?”chiesi impaziente.
Alzò gli occhi al cielo e si chinò sulla sua tracolla.
Cacciò fuori un biglietto e lo pose al centro del tavolo.
Lo osservai, stupita, poi lo presi e lessi: “L'uomo impaziente agirà da stolto.”
Alzai le sopracciglia “Hai ragione, sono una stolta ad essere venuta, ma l’iPod è essenziale.”
Tirò fuori un nuovo bigliettino. 
“L’essenziale è invisibile agli occhi.”
“Guarda che Il piccolo principe l’ho letto anch’io, sai”sbuffai.
Sorrise. Altro bigliettino. Cos’era, un biscotto della fortuna umano?
“Ogni ora reca cose nuove.”diceva il nuovo bigliettino.
“Ok…”risposi, al tempo stesso incuriosita ed irritata.”Ma perché non possiamo limitarci a parlare come persone normali?”
Scosse la testa, quasi offeso, e depositò un nuovo bigliettino sul tavolo.
“Devo pur sopportare qualche bruco se voglio conoscere le farfalle, sembra che siano così belle.”
Mi appoggiai allo schienale. Supponevo che avrei solo perso tempo, ormai. A cosa avrebbe portato tutto ciò?
“Bene, mio caro bruco,”risposi allora. “fin quando dovrò sopportarti per conoscere qualche farfalla?”
Sorrise. Questa volta il bigliettino lo scrisse sul momento. Li aveva finiti o non si aspettava la mia risposta?
“È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante.”scrisse con china blu elettrico.
“Sei tanto convinto di essere importante?”chiesi ridendo.
Scrisse allora:
“Se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo e io sarò per te unica al mondo.”
“Cara volpe”dissi allora, “non vedo perché dovrei addomesticarti. Il grano non ti ricorderà i miei capelli e…”
“Principe”mi interruppe avvicinandosi al tavolo” se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica…Per favore, addomesticami”
“Ma hai imparato il Piccolo principe a memoria???” chiesi, allontanandomi. Avevo di fronte un pazzo. Era assolutamente certa la cosa.
“Ma devi sempre rovinare tutto?”chiese irritato.
Spalancai gli occhi.
“Ma ti rendi conto?”chiesi sconcertata.“Conosco solo il tuo nome e ti metti a parlare come un libro per bambini chiedendomi di diventare amici addomesticandoti!”
“Pensavo fosse una cosa carina”si abbandonò sulla sedia.
“Inquieta, non è carina.”risposi, ancora esterrefatta. 
“E poi” aggiunse incrociando le braccia”io conosco i tuoi gusti musicali. Ti sembra poco?”
Lo fissai. Ok, dovevo scappare.
Subito.
Ma come facevo senza iPod???
Uffa.
A chi capitano sempre queste esperienze assurde?
A me, ovvio.
“E ti sono piaciuti?”dissi, improvvisamente sicura di ciò che avrei fatto. Muahahahahahahah. Sono un genio malefico!
“Non avrei fatto tanto casino, altrimenti.”rispose sorridendo.
“Grazie”sorrisi anch’io. Dovevo ricordarmi di ringraziare Sami per il corso di teatro. “E quale canzone ti è piaciuta di più?”
“Non saprei…rispecchiano un po’ i miei gusti. Forse è stata la presenza di brani Jazz a stupirmi”rispose compiaciuto.
“In effetti mi piace molto come genere”risposi sempre più inquieta. Non aveva proprio altro da fare che spulciare nel mio iPod?
“A tal proposito,” ribatté, estraendo di nuovo qualcosa dalla tracolla, “volevo farti ascoltare questa.”
Mi porse una cuffietta e si mise a trafficare con un iPod verde mela. Le sue dita erano velocissime e sottili.
“Suoni qualcosa?”chiesi incuriosita, mentre infilavo l’auricolare.
“Piano”rispose impegnato.
Il tizio si faceva interessante. Certo era pazzo, però forse aveva le sue ragioni.
Delle note scivolarono dolci nel mio orecchio. Mi lasciai cullare, quando una voce soave, anche se non cristallina come il testo, iniziò a cantare. 
“Chi è?”chiesi.
“Zooey Deschanel” rispose sorridendo. “La canzone è una cover di Louis Armstrong, ma preferisco lei.”
“Strano, non l’avevo mai sentita.”
“Inizi a scorgere qualche farfalla?”chiese allegro.
Che faccio?
Rovistai la mia mente in cerca del brillante piano che avevo cercato di elaborare.
In fondo, però, che male c’era a provare?
“Forse” strinsi le sopracciglia.
“E basterà a farti tornare domani?”chiese, speranzoso. I suoi occhi grigi erano diventati due pozzi di fiducia.
Oddio, mi sento in colpa. Se non torno poi…
Quegli occhi da cucciolo mi fecero vacillare per un secondo.
“Forse.”ripetei.
“Il forse non basterà a farti riavere l’iPod”ghignò.
Ok, solo gli occhi erano dolci. Stavo per insultarlo.
“Ok, ok, prometto che verrò.”risposi frettolosa.
“Non verrai, invece” affermò.
Ok, sta fuori. Ma proprio peggio di un balcone!
“Ma perché ti impunti tanto?”chiesi esasperata.
“Se vuoi rinuncio”rispose serio. 
Mi sbalordì.
“Solo rifletti sulle conseguenze”, aggiunse quando capì che non avrei parlato. “Se lascerai perdere avrai scelto l’apatia, la sicurezza. Se ti butti invece,”pose le braccia sul tavolo, avvicinandosi”potrai dire di aver vissuto qualcosa di unico. Che sia qualcosa di positivo o negativo dovrai deciderlo tu.”
Avevo il fiato mozzato.
Wow.
Ok, aria, aria, aria, aria.
Ero tanto scontata? Come faceva a far scattare proprio le molle che gli avrebbero fatto comodo?
“Ok.”risposi, lo sguardo inchiodato al suo.
“Ok, cosa?”chiese scrutandomi.
“Verrò.”affermai.
Le sue mani si schiusero, rivelando l’iPod. Il suo, ovvio.
Lo osservai. Dovevo prenderlo?
“Così saremo pari, domani”rispose sorridendo.
“E se non tornassi?”chiesi, ancora titubante.
“Beh, avrò un iPod viola invece che verde”sorrise.
Sorrisi anch’io e afferrai l’iPod.
“A domani”lo salutai, inforcando le stampelle e uscendo dalla biblioteca.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


“Sei venuta”esclamò appena mi vide.
“Dovevo consegnare Notti bianche”risposi sorridente.
Sorridevo. 
Incredibilmente, il suo iPod era…così eterogeneo eppure selettivo…mi aveva stregata.
C’era di tutto: Slayer, Sex Pistols, Red Hot Chilli Peppers, Bob Dylan, Nirvana, Rolling Stones, The Doors, Beatles, Bad Religion, Placebo, Arctic Monkeys, The 4-Skins, Rancid, Radiohead, David Bowie, De Andrè, Iggy Pop, Pink Floyd, Baustelle, Pearl Jam, Quuen, Coldplay, AC/DC, Madonna, Foo Fighters, The Killers, Bublè, Hendrix, Guns, Green Day…Ok, ok, la smetto.
Mi chiedevo come facesse a conoscere gruppi praticamente sconosciuti ma con dei sound…
Wow.
Non avevo mai conosciuto qualcuno di tanto eclettico.
“Hai intenzione di prendere altro?”chiese, aprendomi la porta. Lo guardai sorpresa: le stampelle stimolavano il suo lato cortese tanto celato?
“In realtà ero indecisa tra Misery e Le allegre comare di Windsor” asserii.
“Uguali, insomma”
“Ovvio”
Chissà cosa aveva in mente di fare oggi. La giornata di ieri e la mattina di oggi erano passate con un solo chiodo fisso.
Diciamo che i luoghi dei punti erano qualcosa di ancora oscuro per me…
Stavo per avviarmi alla sala caffè, ma lui filò verso l’ascensore.
“Ho un’idea”iniziò, alzando il volume per superare il fracasso che veniva dalle porte grigie.
“Sentiamo.”
Forse stavo prendendo la cosa troppo sul serio…non era normale essere tanto euforica.
Non per me.
“Se ti proponessi io qualcosa?”chiese entrando nel vano.
“Non credo che troverai molte lacune, però vediamo.”
La scelta del libro mensile in classe era un vero dramma per la mia prof di lettere…figurarsi uno studente!
“Deserto dei tartari”sparò.
“Letto”
“1984”
“Letto”
“David Copperfield”
“Letto”
“Uno, nessuno…”
“Letto”
“Cherì”
“Letto”
“The Fight Club”
“Letto”
“Cuore di tenebra”
“Letto”
“Aspettando Godot”
“Letto”
“Ok…vediamo se sei preparata anche sulla poesia…I fiori del male”
“Letto”sospirai. Ero una causa persa.
“Ossi di seppia”
“Il mio preferito”alzai gli occhi al cielo.
“Ti piace Montale?”chiese, sorpreso.
“Piace è un eufemismo”
“Ti facevo più tipa da D’Annunzio o Leopardi…”indagò.
“Sinceramente li ritengo uno un patriota montatone e l’altro un povero idiota che non ha saputo godersi neanche un briciolo di vita e ha fatto una teoria senza sapere realmente di ciò che trattasse.”
“Mi hai smontato due miti”scosse la testa.
“Come fanno ad essere tuoi miti se neanche li difendi?”chiesi sbalordita.
“Beh, le tue considerazioni sono fondate, perché dovrei contraddirle?” 
Lo guardai esterrefatta. Ero abituata alla lotta per la difesa del mio pensiero, ogni volta paradossalmente contrario a quello altrui. E lui che accettava tutto ciò senza nemmeno una replica.
Wow.
“Sicuro di essere umano?”chiesi ridendo.
“Cosa dovrei essere?”chiese stupito.
“Era una battuta”precisai.
“Vabbè”alzammo entrambi gli occhi al cielo.
“Cosa ne pensi di Rosselli?”chiesi poggiando Notti Bianche sul tavolo dei libri riconsegnati e firmando il modulo di consegna.
“Rosselli?”ripetè.
“Amelia Rosselli”confermai.
“Aspetta…quella che si è suicidata…”lasciò la frase in sospeso.
“Beh sono convinta che le faccia piacere essere ricordata solo per questo”risposi sarcastica.
Mi guardò molto male. Non era colpa mia se lui ricordava solo questo della più grande poetessa italiana.
“Hai deciso cosa prendere?”chiese, appoggiandosi alla porta mentre vagavo tra gli scaffali.
“In realtà opterò per il primo che mi capita davanti, credo”risi.
Ultimamente era il miglior mezzo di scelta.
Girai l’angolo e me lo ritrovai davanti con un libro a mo’ di scudo.
“Scommetto che non l’hai letto”
Lessi la copertina “L'OPERA AL NERO,DI MARGUERITE YOURCENAR”
“In effetti non l’ho letto, di che parla?”chiesi curiosa.
“Non l’ho letto nemmeno io”alzò le spalle.
Spalancai gli occhi.
“E come l’avresti scelto?”chiesi ridendo.
“Il primo che mi è capitato davanti”rispose, come se fosse ovvio.
Risi e presi il libro.
Interessante.
“Ottima scelta”approvai. Poi glielo porsi di nuovo.
“Lo leggi prima tu o prima io?”chiesi.
Fece una faccia pensierosa.
“In teoria ora sto leggendo il Dottor Zivago…però se te lo cedo perdo il mio ruolo di personaggio byroniano”
“Personaggio byroniano?”ghignai. Prese il libro e guardò la copertina.
“Certo.”
“Meno manie di protagonismo”scossi il capo. Personaggio byroniano…quanto era montato quel povero ragazzo?
“Vuoi dirmi che non sono protagonista di questa avventura?”chiese, seguendomi alla volta dello scaffale di letteratura inglese.
“Ma non siamo in un libro!”esclamai innervosita.
Presi Jane Eyre e glielo sventolai in faccia.
“Se devi proprio fare il byroniano prendi spunto da qui.”
“Ma come, mi rifili Edward Ronchester?”fece una faccia schifata.
“Beh, in mancanza di Mansandieri, scelgo quello che più mi piace”mi giustificai.
“Beh, certo, andiamo a sposarci con una pazza già che ci siamo!”storse il muso.
“Guarda che sei tu che hai messo in mezzo i personaggi byroniani!”esclamai compunta.
Ma guarda tu come trattano il mio povero Mr. Ronchester! La gioventù odierna!
“Certo, certo…”
“E poi hai fatto un altro errore”appuntai.
“Quale?”
“Ti pare che i personaggi byroniani si mettono a parlare come il piccolo principe?”chiesi sarcastica.
“Era il mio momento di luce dopo l’oscurità dell’altro ieri.”sbuffò.
“Te l’ho già detto che stai fuori?”chiesi ridendo.
“Credo che me l’abbia fatto capire”rise anche lui.
Strappai il libro dalle sue mani e iniziai una specie di corsa zoppa mentre lui si riprendeva dalla sorpresa. Sembrava quasi di sentire “Corri Forrest, corri!”, ma non guarii improvvisamente diventando campionessa di atletica leggera.
Dopo tre scorciatoie, però, arrivai al banco.
“Vorrei prendere questo”dissi e, col fiatone, posai il libro con la tessera.
“Mi dispiace, ma è stato già prenotato”disse una donna piuttosto anziana.
“Già prenotato?”ripetei allibita.
“Sì, qualche istante fa, da quel ragazzo.”indicò una persona dietro di me.
Mi girai a guardarlo male.
“Come hai fatto?”
“Non sei su Forrest Gump, hai le stampelle”asserì scrollando le spalle”e hai girato tre volte attorno allo stesso scaffale, non è che sia stato difficile superarti.”
“Non è vero!”esclamai.
Come faceva a sapere di Forrest Gump? Leggeva il pensiero?
E poi, io avevo preso le scorciatoie e lui…
“No, hai ragione. Sono un vampiro e prima di mettermi a brillare alla luce del sole mi sono fatto una corsetta con i miei sensi ipertrofici e sono arrivato prima di te.”
Spalancai la bocca per un istante.
No, era umano. Al massimo qualcosa di simile a Edward prima della trasformazione. No.
Non essere puerile. 
Coincidenza.
Non legge nulla. Ok, i libri sì.
“I vampiri hanno gli occhi dorati, neri o rossi” affermai decisa”tu ce l’hai grigi.”
Mi guardò incredulo.
“No!”scoppiò a ridere”una fan di Twilight?”
Incrociai le braccia mentre mi sbeffeggiava tanto alacremente.
“Cosa ci sarebbe di male?”alzai le sopracciglia.
Non feci che aumentare le sue risa.
“No, cioè…tutti quei discorsi con Montale, Rosselli…e te ne esci con Twilight?”
“Non mi pare l’abbia scritto Moccia”dissi seccata.
“No, beh…è solo che è un pelino pelino commercialotto, sai?”
Lo fulminai.
Capì di dover ricomporsi e poi chiese”Beh, allora…Team Edward o Team Jacob?”
Lo guardai storto.
“Beh, l’ho letto anch’io”fece spallucce”non sai quanto fanno colpo certe frasi!”
Si avviò verso l’ascensore, spiegandomi la sua teoria.
“Se tu vai da una ragazza e fai tutto il misterioso…è fatta. Ci aggiungi le mie mani da pianista, la voce profonda, lo sguardo glaciale…trovami un mix migliore!”
Alzai un sopracciglio.
“Credi davvero che tutte le ragazze cadano tanto facilmente ai tuoi piedi?”
“Dimmi che ieri non hai notato le mie dita, allora”sorrise trionfante.
“Beh, ci giri un iPod verde, dici che non le vedo?”mi difesi veemente.
Però aveva ragione…ciò che mi ricordavo di lui era: voce, mani da pianista, occhi grigi. A parte la pazzia e la stupidità.
Ma se c’è una cosa che bisogna fare, questa è negare, negare, negare, negare, negare…sempre, costantemente, negare.
“E la descrizione al bancone?”chiese, sbattendo le ciglia lunghissime mentre entrava nella cabina metallica.
“Beh, quando parli ti guardo negli occhi, no?”risposi con un lieve accenno di rossore. Non dovevo arrossire, non dovevo arrossire!
“Certo…”disse lui, beffardo.
Le porte finalmente si chiusero. Fissavo le scritte, oscene e non, sulla parete, quando sentii un soffio gelido sulla mia spalla.
Saltai e per poco non caddi dalle stampelle.
La sua risata coprì totalmente la cacofonia del motore.
“Ma sei matto?”chiesi, ricomponendomi.
“Beh, dimmi se non hai pensato al tuo caro Edward quando hai sentito il gelo!” 
Si avvicinava, suadente. Il risultato, però, era quanto meno ridicolo e non riuscii a non ridergli in faccia.
“Oh, certo! Il mio caro Edward in un ascensore dove ci sono solo io e un idiota con manie di protagonismo!”
Si appoggiò alla parete, una smorfia delusa che però tradiva gli occhi divertiti.
“Sei troppo disillusa,”disse infine”non è possibile che un’adolescente che ha letto Twilight sia tanto impassibile.”
“Il problema è che fai di tutta l’erba un fascio.”
“Spiegati”mi incitò, mentre uscivamo dall’ascensore.
“Beh,”cercai di accontentarlo”non è che tutte coloro che hanno letto Twilight sono delle truzze o emo o roba simile…Sono solo persone desiderose di sognare un po’ di più.”
“Appunto,”rispose, “sei troppo disillusa!”
“Beh, dovrei sognare un idiota che mi soffia sulla spalla?!?”esclamai incredula.
“Perché no?”alzò le spalle, aprendo la porta a vetri.
Oddio! Il libro!
Con tutto quel cicaleccio mi ero totalmente dimenticata di prenderne uno!
Feci per rientrare, ma mi fermò.
“E ora dove vai?”chiese stupito.
“Non ho più preso il libro”chiarii.
“L’Opera al nero come lo chiami, scusa?”chiese divertito.
“Ma l’hai preso tu!”obiettai.
“Certo”alzò gli occhi al cielo, di nuovo, “sennò come facevo a farti tornare domani?”
Mi porse il libro e aspettò che lo afferrassi.
“Ma se lo porto in ritardo non ti faranno più prendere libri”
“Non credo che tu sia capace di finirlo in più di una settimana”sorrise.
“E se lo facessi apposta?”
“Sono io il byroniano”mi ricordò.
“Certo”ridacchiai.
Ma i personaggi byroniani non erano quelli perfidi e indolenti?
Afferrai il libro, avevo un’arma in più di ricatto. Muahahah.
“Allora a domani,”fece una pausa, per enfatizzare”Clelia.”
“Tu stai fuori,”motteggiai, ”Fabrizio.”
Poi si chinò e sussurrò “Prenditi cura del mio cuore, te l’ho lasciato.”
Ridacchiai e risposi “Guarda che non devi usare Wikiquote per selezionare le frasi più belle di Eclipse.”
Scoppiamo a ridere entrambi e ci allontanammo.
Che matto.
“Ehi, Clelia!”urlò mentre salivo sul bus.
Mi girai e lo vidi ostentare un quadrato verde plastificato.
“Carina la foto sulla tessera!”ghignò.
Stavo per uscire ma le porte si chiusero.
No, non avevo alcun vantaggio.
Damn it!

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


“E le stampelle?”
“A casa: era solo una piccola distorsione e si è rimarginata in fretta.”
“Mi fa piacere”mi sorride.
Poi si china, estrae qualcosa dalla tracolla.
“Cos’è?”
Scatolina bianca. Anonima. 
Era nascosta una bomba lì dentro?
“Apri.”
Lo scrutai.
I suoi occhi erano più luminosi del solito, ad essere sinceri. 
Sì, era una bomba.
“Devo preoccuparmi?”
“Non vedo il perché.”
La sua faccia è quasi impassibile, nessun segno di cedimento.
Aspetta, aspetta…la punta delle labbra vibra.
Senso di colpa? Rimorso?
Scoppia in una risata fragorosa.
“Cosa c’è?”chiedo spazientita.
“Mi guardi come se ti aspettassi di vedere un’arma chimica lì dentro!”
“Ecco cos’è!”esclamo trionfante.
E lui ride.
“Non la apro.”
Provo a ridargli la scatolina.
Non la prende.
“No, davvero. Stai scherzando?”
“No”ribadisco, porgendogli la scatolina.
Sbuffa.
Sento le sopracciglia sollevarsi.
Mi guarda perplesso per qualche istante e afferra la scatolina.
“Guarda tu che mi tocca fare!”
Apre la scatolina, ne emerge un bigliettino.
Bianco. 
Lo apro. A caratteri verde mela spicca la scritta:
“Noi tutti abbiam un compleanno ogni anno 
Ed uno solo all'anno, ahimè, ce n'è 
Ah, ma ci son trecensessantaquattro non compleanni 
E questi preferiamo festeggiar .
Ad ogni modo sei invitato
Al compleanno più aspettato
Maggiorenne diverrò
E amici attorno io vorrò
Ti aspetto a…” 
“Compi 18 anni?”chiedo sbalordita.
“Beh, pensavi fossi più vecchio?”si passa la mano tra i capelli, beffardo.
“In realtà credevo ne avessi un sesto.”affermo seriamente.
Sbuffa.
“Allora che fai, vieni?”
Altro sorriso.
“Quand’è il 4?”chiedo, cercando una scusa.
Odio le feste.
Davvero.
Sono solo una maniera di sprecare le proprie serate con abiti scomodi.
“Sabato”
“Aspetta…ma non è domani sabato?”spalanco gli occhi.
“Beh oggi è venerdì…cosa viene domani?”sorride beffardo.
“Aspetta…mi hai invitato a una festa di 18anni dall’oggi al domani?”chiedo sbalordita.
“Non mi sembra di averti conosciuta prima”incrocia le braccia.
Pausa.
“No, non credo che verrò, mi dispiace.”
“E perché mai?”chiese combattivo.
“Beh, mi spieghi come faccio a farti un regalo se conosco solo parte dei tuoi gusti musicali, una manciata di libri di tua conoscenza e la tua idiozia?”
Sorrise.
“Non serve che tu mi faccia un regalo. Mi basta la tua presenza.”
Occhiataccia.
“Certo, certo. E come la metti col fatto che non conosco nessuno?”
“Conosci me”
Altro sorriso.
“Oh certo!”esclamai alzando gli occhi al cielo. “Per quanto ne so potresti essere benissimo un pazzo criminale che mi sta invitando in un locale deserto per poi farmi fuori o anche peggio.”
Sbuffa.“Assurdo.”
“E se…”i suoi occhi si animano di nuovo. “E se portassi qualcuno che conosci a farti compagnia?”
“Certo, così uccidi qualcun altro oltre me.”
“Va bene”incrocia le braccia “allora chiedimi ciò che vuoi sapere.”
Spalanco gli occhi.
“Sul serio?”
“Certo, se ti fai tutti questi problemi…”
Lo scruto.
“E se mi stessi mentendo?”
Alza gli occhi al cielo.
“Non mentirò.”
Sembra serio. Mm…ok, dai, provare non costa nulla.
“Che scuola frequenti?”
“Classico.”apre la porta della biblioteca.
“Ok…qual è il tuo cognome?”
“Dongi”
Consegno il libro alla reception e scendiamo in sala caffè.
“Qual è la tua materia preferita?”
“Greco”
“Davvero?”
“Mi affascina.”
“Ok…”
“Fai qualcosa oltre imparare a memoria il Piccolo principe?”
Occhiataccia.
“Teatro.”
Sguardo da Sherlock Holmes. “Stai usando la recitazione per attirarmi nella tua cruenta trappola di domani sera?”
Sgrana gli occhi.
“Domanda non degna di risposta.”
“Chi tace acconsente.”
Ci fissiamo per qualche istante e poi una risata fragorosa ci coinvolse entrambi.
Proseguimmo così quasi fino all’imbrunire, quando ci accorgemmo dell’ora.
“Oddio, già le 7!”esclamai sorpresa.
“Già, fortuna che domani non c’è scuola.”
“Vero…sei nato il giorno di San Francesco?”chiesi stupita.
“No, hanno deciso di fare festa nazionale per celebrare la mia nascita.”
Sorriso. Occhiataccia.
“Aspetta…ma i negozi sono aperti domani?”
“Mi sembra di sì…”
“Sembra non è sufficiente, mi dispiace ma devo lasciarti.”
Mi sporgo a dargli un bacetto sulla guancia e scappo.
Aspetta, aspetta. Cos’ho appena fatto?

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Ok, ammetto che questo capitolo è di passaggio... forse mi sono concentrata troppo su quello successivo e questo può sembrare un po' lascivo..
spero vi piaccia...
Buona lettura! ^^



“Add another layer of the eye shadow on the lower eyelid”
Fatto…
Sbatto le palpebre e…oddio!
Sono un mostro!
Il sito diceva che questa tecnica avrebbe messo in risalto gli occhi chiari…ma così sembra che io abbia appena ricevuto un cazzotto nell’occhio!
Uffa! Perché non sono capace di stendere nemmeno un miserevole ombretto come tutte le ragazze sulla faccia di questa terra?!
Ah, già…non mi trucco mai, io.
Ma questa è una festa…. E Sara ha elencato gli “Smoky Eyes” tra i must che non posso tralasciare in alcun modo…
Già il fatto che ho abbassato il tacco da sette a cinque mi fa sentire in colpa, figurarsi andare lì senza trucco!
Uffa! Dannata festa!
Afferro il cellulare e scorro velocemente i contatti in rubrica.
“Pronto?”
“Ciao Sara, sono Clelia.”
“Cosa ti serve?”
“Cosa ti fa presagire che mi serva qualcosa?”chiedo irritata.
“Beh…manca un quarto d’ora al tuo ingresso alla festa e non sei ancora in macchina perché c’è una canzone che mi sta spaccando i timpani che non può provenire che dalla tua camera.”
Manca solo “Elementare Watson!” e posso sentirmi una totale idiota.
“I Pixies non…”
“Certo, certo…cosa c’è?”
“Che cosa succede se vado alla festa senza trucco?”
Silenzio.
Non so se preoccuparmi o no…
“Non ti…”la sua voce è glaciale
“sei…” e acuta
“ancora” e stridula
“truccata?!” a un tono notevolmente più alto del normale.
“Veramente ci ho provato e…”
“Sei un caso disperato!”
Ecco.
Ad essere sinceri non serviva un genio per comprenderlo.
“Sono da te in cinque minuti!”
Attacca entusiasta.
Incredibilmente entusiasta.
Finalmente ho capito: sono un’aliena!
Ecco perché non riesco a comprendere il pensiero dei miei coetanei!
Mi tuffo sul letto…e se non ci andassi?
In fondo non ci sarebbe nulla di male, anzi assolutamente comprensibile visto che…
Driiiiiiiiiiiiiiiiiin!
Ma è già arrivata?
Corro ad aprire, semi-scivolando nel cotone dei calzini fosforescenti.
“Sara ma…”
Ops.
Non è Sara.
Sbatto la porta all’istante e corro a infilare qualcosa di più lungo dei pantaloncini e il top da casa e…
Come cavolo fa a sapere che io abito qui?!
Riapro la porta alla sua faccia stupefatta.
“Si può sapere che ci fai qui?”
“Sono passato a prenderti in caso avessi cambiato idea” sorride. Come se fosse la cosa più normale del mondo.
Ma non è normale.
Affatto.
Alzo un sopracciglio.
“Come fai a sapere che abito qui?”
Alza gli occhi al cielo.
“Beh, mi hai detto il tuo cognome…non è difficile usare uno stradario…”
“Sullo stradario scrivono anche l’indirizzo delle persone ora?”
“Lasciamo perdere…non sai quanti Conti esistono in questo buco di città…”controlla l’orologio e sgrana gli occhi”oddio, mancano solo 11 minuti all’inizio della festa!”
Mi guarda, poi torna all’orologio, poi mi guarda di nuovo…alla velocità di un anime giapponese…E poi mi afferra il braccio trascinandomi fuori nel vialetto, verso un auto verde mela…
“Ma che fai?”urlo quando realizzo cosa sta accadendo.
No, non è normale, non è…
“Ti porto alla festa!”
“Ma non sono pronta!”
Certo che no!
Non ho le scarpe, ho una matita tra i capelli, un occhio nero e l’altro normale, il regalo incartato nella cameretta…
“Fa niente, ti sbrigavi prima!”
“Posso recuperare solo il regalo?”
Si ferma a guardarmi, poi sorride: “Mi hai fatto un regalo?”
“Certo che sì idiota, ma se non mi lasci almeno prendere le scarpe non…”
“Non hai le scarpe?”
Ride…
No, non è affatto normale…
Ne approfitto per scappare e mi fiondo dentro casa a razzo, mentre lui finisce di nuovo con la porta in faccia.
Corro in cameretta, infilo il vestito-tunica verde al volo e poi…no, non posso mettere i tacchi!
Afferro le converse viola a pallini verdi, il pacchetto giallo della libreria che pendola al polso, una salvietta struccante stretta tra mignolo e anulare, la borsa improvvisata tracolla e volo fuori, urlando a papà che vado alla festa.
Fuori c’è solo la macchinina verde, in cui corro senza remora.
Dentro ci sono gli Hole che intonano Celebrity Skin, Fabrizio e una donna sulla 50ina che ha i suoi stessi occhi.
“Ragazza mia, sei velocissima!”
Arrossisco al commento della donna…chissà che impressione deve averle fatto la mia fuga…
“Beh, più o meno…”
“Mamma muoviti che la festa è quasi…”
“Ma c’è tuo fratello, che ti preoccupi!”
Fratello?
“Certo, ma non credo che tutti gli invitati siano di Giulio.”
“Infatti lui non è asociale come te che non hai invitato nemmeno una decina di persone!”
Alzo le sopracciglia.
“Vabbè ma’, pochi ma buoni, no?”
Mi sento totalmente esclusa…ma sollevata. Almeno l’impressione non è concentrata su di me…
“Certo, certo…ragazza diglielo anche tu che i 18anni si compiono una volta sola e non si può selezionare tutto anche quel giorno!”
Come non detto.
“Si chiama Clelia mamma e poi, non è proprio perché è tanto importante che si dovrebbero evitare persone spiacevoli?”
Bene, rispondi anche per me  e fammi sembrare una minorata mentale…
“Le persone sono spiacevoli secondo il punto di vista di chi le guarda… e poi chi ti assicura che proprio oggi non possano essere piacevoli?”
La macchina sbanda per un istante e poi torna in carreggiata.
Oddio, mi sto rincretinendo tra madre e figlio…Sara!
Le texto un messaggio più in fretta che posso!
“Mamma certe persone sono oggettivamente spiacevoli e poi è impossibile che cambino secondo le situazioni…”
“Certo che cambiano! Tu ti comporti allo stesso modo con me, i tuoi amici e i professori?”
“Certo…si chiama ipocrisia, mamma, cambiare secondo l’interloc…”
“Ma che ipocrisia vaneggi? A volte è chiamata convenienza, altre…”
Mi accascio sul sedile e spengo il cervello.
Ma che razza di famiglia è questa?
Prendo ad allacciare per bene i lacci “letterati” e rimuovo meglio il trucco…
L’auto si ferma di colpo, facendomi sbilanciare totalmente in avanti e rovesciare la biografia di Slash sulla moquette grigia.
Le porte dei due si aprono simultaneamente e non ho nemmeno il tempo di raccogliere il pacchetto che la portiera è già aperta e Fabrizio mi porge la mano.
Esco dall’auto senza afferrarla e vedo la madre che si precipita verso una porta a vetri senza alcuna difficoltà sui tacchi altissimi…come ha fatto a guidare con quei cosi?
Mi guardo intorno e un po’ arrossisco quando noto l’eleganza del locale: è sul mare, con una veranda che quasi affonda nella sabbia, tutto in tinte chiare e piacevoli, girasoli ovunque.
Ragazze dai tacchi altissimi con accompagnatori in camicia bianca e jeans scuri sono radunati in piccoli gruppi nei pressi di un lungo tavolo da buffet, seduti sui sofà sparsi ogni dove, ballanti in uno spiazzo lasciato libero al centro del rettangolo.
“Stai benissimo così” sorride Fabrizio.
Mi ero quasi dimenticata di lui mentre osservavo l’ambiente in cui ero tanto inappropriata.
“Solo l’abito va bene, il resto mi sa che è fuori luogo”arrossisco.
“Invece ti rispecchia, trovo…solo tu potevi indossare delle converse viola in un locale come questo.”
“Idiota”scuoto il capo.
Chiude la portiera dell’auto e afferra il regalo.
“Grazie per gli auguri, eh!”
Sgrano gli occhi.
“Oddio scusa! Mi sono totalmente dimenticata di farti gli auguri!”
 “Fa niente” sorride.
Mi afferra la mano e guarda il braccialetto con le borchiette dorate che ho dimenticato di togliere per qualche interminabile istante, poi ghigna dicendo”Guarda che ancora non me li hai fatti.”
“Ops!”arrossisco senza alcun motivo.
Fissa gli occhi verdi nei miei e si avvicina, lentamente, l’espressione meno dura, ma…ma dico, sono davvero diventata senza nerbo?
Lascio scivolare la borsa sul polso e avvicino la mano al suo orecchio… e inizio a tirarlo contando: “1, 2, 3”
La sua espressione è impagabile quando arrivo a 18 ed esclamo”Tanti auguri, gigante!”
“Non c’è dubbio, devi sempre farti riconoscere!”
Sorrido,”Beh, faccio del mio meglio!”
Ci avviammo verso il locale, mano nella mano, l’unica senza tacchi e l’unico senza camicia.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Scusate il ritardo...
Ammetto che il capitolo era già pronto...
Ma ero molto dubbiosa...
Però...La storia è così...
Beh...eccovi il capitolo...
Spero di riuscire a postare martedì il prossimo...
Con il pentamestre tutto è relativo...
Buona lettura,
Isa.^^


Lasciò la giacca di pelle nocciola nel guardaroba e ci avviammo fuori.
Tutti quei volti segnati dalla perfezione di non so quali creme, make-up realizzati ad arte, acconciature curate fin nel più infimo dettaglio, espressioni studiate per ore dinanzi lo specchio e ,soprattutto, estremamente sconosciuti, si girarono nella nostra direzione e ci raggiunsero a passi svelti. Accorrevano con abbracci, pacche sulle spalle, frasi fatte o appassionate, pudici baci a fior di labbra da posare sulle guance appena rasate, anche se la mano destra era sempre stretta alla mia. Quel contatto mi imbarazzava ed elettrizzava nello stesso momento, appannando anche un po’ la mia mente.
Così non prestai troppa attenzione a chi stava arrivando quando il piccolo capannello di persone che ancora ci circondava si aprì. Ma poi fu richiamata come da un colpo di cannone: spuntò un altro Fabrizio.
Forse un po’ più spavaldo, più studiato nei suoi movimenti per nulla timidi, più volitivo nell’ondeggiare i ricci scuri sulla fronte aperta, ma per il resto non era che una copia del ragazzo che teneva la mia mano.
“Buonasera!”esclamò sorridendo.
Anche il sorriso era quasi identico, con un accenno di spavalderia in più.
Fabrizio rispose con un sorriso, quasi intimorito dalla presenza del fratello, e l’altro proseguì.
“Credevo di dover festeggiare il mio primo compleanno da solo!”
“Abbiamo avuto qualche contrattempo…”accennò Fabrizio.
Lo sguardo di entrambi si posò su di me, facendomi sentire responsabile anche della fame nel mondo. Poi mi tese una mano, meno affusolata di quella del fratello, un anello di metallo a porre l’accento sul pollice.
“Piacere, io sono Giulio”
“Clelia” rispondo, forse troppo concisa per sembrare cordiale, ricordando di stringere la mano con un attimo di ritardo.
Sorride sollevando solo un angolo della bocca e mi mette in crisi come veramente poche volte nella mia vita. Da quando sono tanto interessata all’opinione altrui?
“Bene, ora che ci siamo conosciuti puoi considerarti invitata al 100% e non solo al 50…e tranquilla per il regalo, sgraffignerò quello di mio fratello” stavolta strizza un occhio e poi da un altro pugno al fratello.
“Ottima conquista, per essere una tipa da biblioteca.”
I miei occhi sembrano voler uscire dalle orbite di volontà propria e rotolare sul pavimento per lo sgomento. Ma che…che…?
Due ragazzi a portata d’orecchio ridacchiano divertiti e poi lo seguono, diretto, con mio dispiacere, non nel luogo in cui l’avrei mandato in un’occasione diversa.
“Sconvolta?” chiede Fabrizio, risvegliandomi dalle mie congetture stringendo un po’ la mano.
“Direi…”mi girai e lo trovai assorto nell’andatura del gemello.
“Non ti sembrava proprio opportuno parlarmi di un gemello, eh?”
Mi guarda sorridendo di sbieco “Certo, così avresti creduto di trovarti davanti il fratello idiota e quando avresti conosciuto Giulio ti saresti chiesta se c’è un po’ d’intelligenza nei nostri geni…”
Guardo le mie orbite filare dritte sulla sabbia, tuffarsi in mare e darsi allo stile delfino per sfuggire allo sbalordimento.
“Troppe sostanze chimiche fanno male, sai?”
Inarca le sopracciglia “Parli per esperienza?”
Saluto le orbite arrivate ormai in Spagna.
“Certo, certo…dica un po’”, accenno alla mano prima stretta dal fratello”secondo lei è contagioso?”
“Possibilissimo”asserisce ridendo”ma se vuole, io ho l’antidoto.”
Lo guardo curiosa e prende la mia mano, vi deposita un piccolo bacio sul dorso.
“Che c’è, altra tecnica di seduzione?”
“Eh?” è sconvolto.
“Bel-ami, Orgoglio e pregiudizio o cosa?”continuo ridendo.
Scuote la testa e risponde “Ma così mi deludi, è il tuo eroe che sto imitando!”
Uh guarda! Le mie orbite hanno imparato il flamenco!
“Che fai,” chiese una voce alle sue spalle “non ci presenti?”
Alzò gli occhi al cielo e si voltò verso di lei.
“Ciao anche a te.”
Due braccia sottili gli si gettarono al collo, “Auguri fratellone!”
Un’altra sorella???
Sollevai le sopracciglia e mi girai.
Dinanzi a me c’era una ragazza bellissima, avvolta in una salopette corta, una camicetta sottile, a fiori, sbuffava sotto il suo collo sottile, che sorreggeva un volto in cui erano incastonati due occhioni azzurri.
“Grazie, grazie”rispose lui ridendo.
“Clelia, questa è Eleonora…ci conosciamo più o meno da quando abbiamo imparato a camminare”
“Piacere” mi tese una mano.
“Piacere mio” risposi afferrando la mano curatissima, soprattutto in confronto alla mia, dalle unghie totalmente mangiucchiate.
“Se vuoi resto io con lei, tu va a intrattenere gli ospiti!” sorride mostrandoci i suoi 32 denti.
“Certo, così la porti nel tuo castello dorato e la incanti.”
Solleviamo entrambe le sopracciglia e lo fissammo incredule.
La ragazza mi stava simpatica.
Sbuffò e si guardò intorno.
“Vi lascio sole per qualche istante”ci avvertì infine, ”non fate troppa amicizia.”
Scuotemmo entrambe la testa, ridendo.
“Allora,” chiese avvicinandosi a uno dei divanetti di vimini ancora non occupato, “tu sei la ragazza della biblioteca?”
“In persona” risposi, sentendomi stranamente in imbarazzo.
“Ero convinta che saresti venuta” asserì seriamente, “nessuna resiste al fascino di Fabri.”
Risi.
“Veramente non abbiamo quel tipo di…”
“Allora sei libera?” mi interruppe accendendosi.
“Beh, direi di sì”risposi, sviando lo sguardo.
Passò qualche istante, il silenzio ci ricopriva… poi mi invitò a ballare.
“A ballare?”
“Certo” rispose alzando gli occhi al cielo”a cosa serve la musica sennò?!?”
“D’accordo”sorrisi.
Mi prese la mano e finimmo al centro di un Gioca Jouer. Ridevamo come matte mentre ci scatenavamo assumendo pose buffe.
Poi la voce del DJ avvertì l’arrivo di un lento. Iniziai a tornare verso il divanetto, ma la mia mano fu recuperata da quella di Eleonora.
“Sei già stanca?” chiese, sovrastando l’assordante ritornello.
“No, perché?” chiesi stupita.
“E allora perché te ne vai?”
“Sta iniziando il lento”
Alzò gli occhi al cielo.
“E lasci la tua dama in mezzo alla sala?”
Alzai un sopracciglio.
“Dai, un lento solo!”
I suoi occhi sbattevano come quelli di un cucciolo.
“Ok”risposi ridendo.
Tornammo al centro della pista, mentre il DJ faceva sfumare la canzone. Decine di coppie intorno a noi erano si disposero nelle posizioni più classiche, ma io non sapevo assolutamente dove mettere le mani.
Lei sorrise e alla fine mi portò le mani alla sua vita, così come fece anche lei.
Arrossii. Non sapevo spiegarmi il motivo ma…quel tocco era elettrico!
Quando la canzone partì, la sua espressione si illuminò.
“Conosco questa canzone, è bellissima!”
“Di chi è?”
“Non lo so, ma è da I passi dell’amore…”
Non mi suonava nuovo.
“Quello con lei malata che dice che lui non deve innamorarsi, etc.?”chiesi incerta.
“Sì, quello, quanto ho pianto durante quel film!”
“Beh, a me è sembrato semplicemente stucchevole…”
“No cioè, è uno dei film più…”si bloccò e chiuse gli occhi, ascoltando la voce dell’artista e cantando con lei.
There's a song that's inside of my soul. 
It's the one that I've tried to write over and over again 
I'm awake in the infinite cold. 
But you sing to me over and over and over again. 

So, I lay my head back down. 
And I lift my hands and pray 
To be only yours, I pray, to be only yours 
I know now you're my only hope.”


Ondeggiava il capo sinuosamente, al ritmo della musica.
E poi, inaspettatamente, si chinò versò il mio orecchio e sussurrò il ritornello.
Mi ritrassi un po’, ma lei si avvicinò di più, sfiorando con le labbra il mio lobo.
E tremai.
Un unico brivido. Lungo, lento, intenso.
Partì dalla nuca, si appropriò delle spalle, poi della schiena, le braccia. I polpacci.
Sgranai gli occhi per la sorpresa. Cosa mi stava accadendo?
La sua mano carezzò morbida la scollatura sulla schiena.
Il brivido mi scuote, di nuovo. Più intensamente.
Mi avvicinai di più, senza comprendere cosa stessi realmente facendo.
Lei continuava a sussurrare, la voce cristallina non sembrava mai stancarsi.
Sbattei gli occhi, la mente totalmente annebbiata.
Quando pensai a COSA stava accadendo, mi irrigidii, tentando di sfuggire alla danza.                                
E poi un’altra carezza, a fior di dita, dalla spalla al gomito, al polso, per poi, lentamente, tornare su.
Il mio corpo sembrava un tizzone.
Forse dovrei sperare che non se ne accorga. Forse.
Però non ho mai provato nulla del genere, mai.
Scostò il volto e mi guardò.
Ora mi ritrovavo a immergermi nel suo sguardo limpido, mentre le note scorrevano sotto di noi, ci avvolgevano, ci trascinavano più vicine.
Con gli occhi nei suoi, mi accorsi di essermi sbagliata.
Non erano azzurri, proprio no.
Erano del colore del cielo d’estate, terso, sconfinato, quando nemmeno una nuvola solca la sua volta. Erano immensi.
Sorrise e riportò le labbra al mio orecchio: “I know now you're my only hope. 
La canzone sfumò e si allontanò.
Sembravo intorpidita, rintronata, quasi.
Sbattevo gli occhi cercando di far chiarezza su ciò che avevo dentro, ma era troppo presto per capire qualcosa.
Poi, con delicatezza, prese la mia mano, sorridendo, rassicurandomi, conduce domi al divanetto, dove eravamo sedute prima.
Cercavo qualcosa da dire, ma il mio cervello sembrava bloccato. Arrossii violentemente.
“Ehi?”
La guardai, mi sorrise.
E decisi che se lei sorrideva allora andava tutto bene.
 Sorrisi anch’io.
“Era la prima volta che ballavi con un’altra ragazza?”chiese, scrutandomi con curiosità.
“Beh…”qualcosa nei suoi occhi mi rivelò che non era del ballo che voleva sapere “sì, la prima.”
Sorridemmo entrambe, l’imbarazzo che persisteva nell’ingoffire i miei gesti, la malizia che sembrava lampeggiare nei suoi.
“Hai paura?”
Sgranai gli occhi.
“Paura?”
“Sì, hai paura?”

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Sono a dir poco imperdonabile lo so...
Diciamo che è colpa di un miserevole cavo che ho rotto dopo una settimana senza pc e...
Ho dovuto comprare un pc nuovo...
Ed ho impiegato mesi per sceglierne uno che mi piacesse...
Però ora ho un bellissimo portatile blu:D
Lo so, non vi interessa...Per cui vi lascio al capitolo! ^^

 


Capitolo 8

 

“Hai paura?”
Sgranai gli occhi.
“Paura?”
“Sì, hai paura?”
Ci riflettei per un po’, ma tutto ciò che provavo era confusione.
“Non saprei…sono a dir poco confusa…”rivelai.
Abbozzò un sorriso.
“Quindi non hai paura di me?”
La osservai per qualche istante, cercando di essere sincera, soprattutto con me stessa.
“Mmh…non credo.”
Il suo sorriso si allargò un po’.
“Bene.”
…non sapevo davvero cosa fare…soprattutto, non sapevo cosa avevo fatto…o cosa avrei fatto…
“Gradite un drink?”un ragazzo in smoking da lavoro si sporse verso di noi con un vassoio pieno di bicchieri dallo stelo lungo ripieni di liquido azzurro, con una fetta di lime incastrata al bordo.
“Certo”rispose lei afferrandone uno.
Io tentennai, non avevo mai bevuto alcool. Una volta avevo assaggiato la birra da Marco, ma non mi era piaciuta per niente.
“Ne prende uno anche lei” ammiccò, e me ne porse uno.
“Veramente non sono certa che mi piaccia” dissi appena il cameriere si diresse a un altro tavolo.
“Assaggialo, è molto buono.”
Vide che non accennavo sorsi e sospirò.
“Si chiama Angelo azzurro, si mettono i cubetti di ghiaccio nello shaker, poi Gin, Cointreau e Blu Curaçao, shakeri per 1 minuto, versi in un bicchiere martini ed hai fatto.”
Rimasi sorpresa “Però, ne sai di cose.”
Sorrise compiaciuta ”Queste sì…sai com’è, faccio l’alberghiero…”
“Allora posso fidarmi.”
“Suppongo di sì.”
Titubai ancora e avvicinai piano il bicchiere alle labbra.
“Guarda che non morde, eh!”scoppiò a ridere.
Restai concentrata sul liquido azzurro e ne presi una goccia.
“Ma così non assapori nulla!” Protestò. “Un bel sorso, su!”
Inspirai e buttai giù mezzo bicchiere.
Sentii la faringe andare a fuoco e per la prima volta distinsi ogni organo del mio apparato digerente. Sbarrai gli occhi, incredula, mentre lei rideva di gusto.
Posai il bicchiere sul tavolino come se fosse un insetto schifoso.
No, non mi piaceva l’alcool, per niente.
“Non ti piace?”
“Credo proprio di no”dissi, sbattendo gli occhi come se l’alcool fosse finito anche lì.
Mi sorrise e prese un altro sorso dal suo.
La guardavo curiosa, forse di conoscere la sua mossa successiva, forse semplicemente per capire come potesse sopportare tanto bruciore.
 “Forse perché è alquanto potente…sai, si chiama Angelo Azzurro perché ogni suo sorso ti permette di volare.”
“Ah beh, avvertirmi no?”
“Ma così non lo avresti mai assaggiato.”
“Certo che sì,” incrocio le braccia sul petto, “qualcuno non molto tempo fa mi ha fatto comprendere che è solo provando cose nuove che si ha la possibilità di trovarne di speciali.”
Sollevò gli angoli della bocca e si avvicinò al mio orecchio, spostando i miei capelli: “Quindi non avresti problemi a provare qualcosa di davvero nuovo.”
Mi allontanai un po’…tutta quell’intimità non era esattamente ciò che desideravo…
“Ma allora non sei coerente”poggia di nuovo le labbra sul bordo del bicchiere.
Alzo un sopracciglio.
Questa passione per le sfide non mi porterà certamente nulla di buono, ne sono cosciente…
“Tu cosa proporresti?”chiedo, tastando il terreno.
“Beh…passeggiata sulla spiaggia?”
“Ottima idea, questa musica mi sta assordando!”
Mi voltai, Fabrizio si stava puntellando allo schienale del divanetto. Gli sorrisi, al tempo stesso grata, imbarazzata ed irritata. Lo so, lo so. Non sono normale.
“Guarda che è David Guetta, non ti permettere” asserì lei convinta.
“Eh già, è David Guetta”le feci il verso io.
Scoppiammo a ridere, poi Eleonora si alzò in piedi e mi tese la mano. La guardai perplessa, così rispose“Non dovevamo andare in spiaggia?”
Sorrisi in risposta, afferrando le mani di entrambi e trascinandoli verso la distesa delle minuscole pietre grigie.
Quando arrivammo alla linea di confine tra sabbia e cemento ci sfilammo le scarpe e, dopo un po’ di indecisione, le lasciammo lì per avere le mani più libere.
Iniziai a correre, assaporando la sabbia che si sgretolava sotto i miei piedi, le piccole dunette che ora curvavano la superficie densa come burro…
Sentii un piccolo grido e mi voltai: Eleonora era praticamente  sdraiata sulla rena, prona, cercando di togliere i sassolini umidi dalla faccia con le mani ricoperte dagli stessi.
Io e Fabrizio la raggiungemmo, ridendo. Tentammo di tirarla su, ma con assurde manovre cademmo anche noi e iniziammo, con tecniche da contorsionisti, a rotolare il più lontani possibile per tirarci manciate di sassolini.
Ridevamo come bambini ed effettivamente sembravamo ubriachi o drogati da chissà quale sostanza…
Iniziammo a giocare ad acchiapparella, rialzo su piccoli rilievi creati sull’arena poco prima di essere afferrati, tocca-tocca rifilandoci i materiali più assurdi, color-color, finché non ci ritrovammo col fiatone e le gambe pronte a cedere da un momento all’altro.
“Assurdo”esclamai, le mani appoggiate alle ginocchia, lo sguardo sulla massa nera che ci accompagnava con lenti sbuffi.
“Cosa?”chiesero in coro Fabrizio ed Eleonora.
Sorridemmo e proseguii.
“Da piccoli potevamo stare per interi pomeriggi a correre e guardaci ora: col fiatone e talmente stanchi da doverci sedere…”
“Tutta colpa dello studio”asserì seria Eleonora.
“Guardate che siete voi a stare col fiatone, mica io!”
Ci girammo verso di lui, incredule e scettiche.
“Dico sul serio: il vostro problema è che non fate sport.”
Dopo esserci scoccate un’occhiata d’intesa, ci gettammo su di lui e iniziammo a sotterrarlo nella sabbia, gettandogli la sabbia sui vestiti, i capelli, le orecchie…
Alla fine ci sollevò, nemmeno fosse dotato di fossa ercolina, e...beh diciamo che suppongo l’intenzione fosse buttarci in acqua, ma crollò miseramente a pochi passi dalla partenza.
Alla fine ci abbandonammo supini, i capelli tanto erano andati…
All together now iniziò a squillare allegramente dalla tasca di Fabrizio.
“Giulio?”chise, portandoselo all’orecchio.
“Sì, sì.”
Rimise il telefono in tasca e ci annunciò che erano le 11 e mezza e doveva aprire la torta e i regali perché c’era gente che stava per andarsene.
Tornammo al locale pieni di sassolini ovunque, i vestiti sgualciti, i capelli in disordine…gli occhi luminosi.
Giulio e la signora Dongi ci guardarono come se fossimo appena usciti da chissà quale manicomio e ci spedirono al bagno per essere “ordinati e presentabili” per le foto.
Ci dividemmo e…beh, la mia visione allo specchio non fu esattamente brillante.
Eleonora recuperò una specie di beauty-case dalla pochette in denim e in pochi minuti sembrava essere passata sotto il torchio di chissà quale famoso truccatore.  Io ero semplicemente riuscita a rimuovere un po’ di sabbia dai vestiti e i ricci castano-ramati.
“Vuoi un po’ di eyeliner?”chiese passandomi un pennellino nero.
“Ehm…”lo presi tra le dita e lo impugnai, incerta.
Alzò un sopracciglio e propose di aiutarmi.
“Davvero?”risposi, con più emozione di un assetato in mezzo al Sahara.
Sorrise maliziosamente.
“A una sola condizione.”
“Quale?”
“Sperimenta.”
“Scusa?”
“Sperimenta. Anche me, intendo.”
La guardai attenta, poi chiesi: “Ma perché sei tanto interessata a me?”
“Non dirmi che tu non lo sei.”
Tentennai.
“Non…non lo so…Ma non mi hai risposto.”
Frugò nella borsetta e cacciò fuori un pennellone e un recipiente dalla forma strana. Svitò il tappo e intinse il pennello in una specie di polvere beige, poi lo rivolse verso il mio viso.
“Beh…non sei affatto comune…e questo mi attrae. Sì, suppongo sia per questo. Allora, accetti?”
Esitai ancora, poi... beh supposi che sperimentare non era poi questo inferno. La parola no faceva comunque parte del mio vocabolario ed ero capace di usarla al momento opportuno.
“Accetto.”
Sorrise.
Poi spostò piano i capelli dal mio viso e lo spolverò con il pennello. Mi ordinò di chiudere gli occhi, poi di aprirli. Mi sentivo un po’ come una bambola, ma… per una volta non era tanto male.
Poi mi ordinò di guardarmi allo specchio…beh ero irriconoscibile.
“Allora, che ne dici?”
“Non sono io”risposi, sbattendo le mie ciglia diventate chilometriche.
Sorrise e con un dito sfiorò il mio mento facendomi voltare verso di lei.
“Sei uno schianto” decise dopo avermi scrutato per bene”ma…boh, forse non sei abituata a vederti così.”
Arrossii, poi scossi il capo e concessi di nuovo alla frangia di calare sulla fronte.
“Grazie”sussurrai, mentre lei riponeva il un lungo tubetto nero nella pochette.
Sorrise, poi si sporse verso di me. Riuscivo a sentire il suo respiro, il suo profumo congiungersi col mio, la distanza tra i nostri volti che si riduceva sempre di più.
La stessa sensazione di prima mi attraversò di nuovo, potente. Mi avvicinai anch’io, ma lei si bloccò. Restammo così, a pochi millimetri, a respirarci, per un tempo che mi parve eterno.
Poi riportò le labbra al mio orecchio, sussurrò che era ora di andare e mi condusse, intontita, fuori.
“Sai,” rimuginai mentre ci avvicinavamo alla terrazza, “credo che ti chiamerò l’Angelo azzurro.”
Mi guardò e sorrise.
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Ta-ta- tump! Ta-ta- tump!
Load up guns,
bring your friends
It’s fun to lose and to pretend

Cellulare, cellulare, cellulare, cellulare…eddai… spegniti!
No, non devo aprire gli occhi, non costringermi a farlo, dai, dai, dai…
Ma perché non c’è sul comodino?
Hello, hello, hello, how low?”
Ok, DEVO aprire gli occhi.
1, 2… no, no aspetta, aspetta…altri due minuti…
Uffa!
Aspetta…perché sono incollati?
Mmh…
Forse è il destino che non vuole…sì resto qui a lettuccio, sì…tanto è domenica….è domenica, vero?
With the lights out, It’s less dangerous…
Carciofo perché ho un mattone nel cervello???
“Clelia vuoi degnarti di spegnere quel dannato coso???”
“Mmh…”
Wruuuum, wruuuuum, wruuuu-AAAAAAAAAH!
Chi ha aperto quella sudicissima serranda???
La luce nooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!
Oddio sembro un vampiro…forse lo sono…è per questo che non apro gli occhi!
“Clelia?”
“Due minuti…”
“Vuoi spegnere quel dannato coso?”
“Mmh-mmh…Se lo trovi fammi un fischio…”
“Ce l’hai in mano”
“Ma no… vedi?”
Sembra che lo stia salutando…sonno…
“L’altra”
Mh?
Oh…è nell’altra mano! Eccolo!
Ecco perché era tanto ferma….Click!
Aspetta, ma…
“Papà, ma che ore sono?”
“Le 10…”
Oddio, devo studiare filosofia per domani o non ce la faccio ad andare alle prove!
Cacchio ma perché gli occhi non si aprono???
“Papà?”
“Dimmi…”
“Sono…aspetta, perché tanta insistenza?”
“Perché c’è un tipo al telefono di casa…”
Eh???
“Sì, Fabio, Faggiano…”
“Faggiano?”rido.
“Beh potrebbe essere qualcosa di simile…”
“Aspetta, Fabrizio è al telefono di casa, in attesa?”
“Sì…ma perché continui a tenere gli occhi chiusi??”
“Mi sa che o sono cieca o sono una vampira o c’è qualche strato di colla o…”
“O ti sei fatta qualcosa di strano ieri alla festa, tipo il  mascara…”
“Mascara? Aspetta, ma io…”ops, sì…me l’ha messo Eleonora, vero?
Mmh…dovrò fare qualche sforzo mnemonico…non mi va di forzare la mente di prima mattina però…uffa…
“Puoi dirgli di richiamare dopo?”
“Già fatto…è dalle 8 e mezza che chiama…”
Ok…
“Digli che è uno stalker e lo richiamo io.”
“Signorina io non sono il tuo segretario!”
“Eddai papooooooooo!”
“Alza quel sederino dal letto, sciacquati la faccia e va a dire al Fagiano che è uno stalker, io non gli dico più nulla.”
Uffa!
Ok, gli occhi non si aprono…
Bene…
Mai più mascara, evviva!
Uno…due…tre…
“Clelia!”
“Ok, ok…”
Un piede alla volta…Se ci arrivo a tentoni funziona comunque, no? Non mi serve la vista…Fa tanto Karate Kid…Oddio quanto vorrei avere le linee laterali dei pesci ora!
Loro sì che non hanno problemi…oddio mica bello nuotare in una pozza di petrolio…per non parlare delle reti…no, è brutto essere un pesce…
Vabbè, almeno lui ci vede.
Eccolo! Fresco, plastica di sicuro, ci sono dei tasti…
“Pronto?”
“Buongiorno!”ma che si urla??
“Senti stalker dei miei stivali mi sono appena svegliata quindi smettila di urlare, anzi, non mi parlare finché non ti chiamo io, ok? Ciao.”
Tasto rosso…sì, dovrebbe essere questo.
“Uno scaricatore di porto sarebbe più gentile.”
“Grazie papà…origli pure all’insaputa di una figlia cieca?”
“Io non una figlia, ho una scaricatrice di porto…ma ti voglio bene lo stesso…”
Oooh…che caldo che è papà…
E che comodo…a comfortably numb..
“Clelia?”
“Mmh?”
“Vatti a lavare la faccia e svegliati, che la colazione è pronta.”
Sorrisone…bene, ora vado al AHIA!
Lo spigolo della porta! Ahia! Ahia! Ahia! Ahia! Ahia!
“Tutto ok?”
“Se c’è del cioccolato caldo sì…”
“C’è.”
Bene…è l’ora della rivelazione…
Alzo la manopola…ACQUA!
La butto sulla faccia e sento la colla aderire sempre meno…alla fine ci vedo di nuovo!
Oddio…quasi quasi preferivo la cecità…sembro un panda…Che non avete mai visto un panda roscio? Beh ci credo, siamo in via d’estinzione noi…
Doccia…
Accendo il lettore mp3…I Doors
E ora fatemi morire qui!
Da-da-du-Da-da-du-Du-du-daa-du-du daa, Da-da-du-Da-da-du-Du-du-daa-du-du daa…Che chitarra!
Love me two times baby,
Love me twice today…
Che spettacolo!
Con l’acqua calda poi…E il bagnoschiuma alla nocciola? Vogliamo mettere?
Mmh…
Prendo l’accappatoio…Blu, blu, blu…
L’angelo blu!
Oddio!
Eleonora!
Oddio!
Od-
“Clelia, la cioccolata si fa fredda!”
“Ecco…”
Ok, riepilogo…arrivo…ballo…divano…spiaggia…bagno…già, bagno…foto…torta…ballo…lo sguardo della signora Dongi…porta…chiavi…letto…
Mmh…beh…serata interessante…
Ma che carciofo vuole ora Fagia…Fabrizio?
Filo in cameretta e infilo i “vestiti della domenica”: pantaloni tuta con felpone e calzerottoni fuxia. Perché la domenica fa sempre più freddo del normale…
Dopo la cioccolata e il phon e il cornetto e il mix mattutino per sistemare un po’ la camera ed Eraclito…
Decisi che era giunto il momento di chiamare Fabrizio. Anche perché volevo sapere cosa volesse…
“Pronto?”
“Salve sono Clelia, c’è Fabrizio per caso?”
“Ah-ah, la tizia della biblioteca, vero? Che già ti manca il mio fratellone? Quindi è una cosa seria, eh? Lui non mi vuole dire nulla, fa il misterioso, ma sec…”
“C’è Fabrizio per caso?”
“Oh, senti, roscia… meno yogurt la mattina…Faaaabriii”
Dopo un’attesa di circa 15 secondi, Fagiano arrivò al telefono.
“Ciao.”
Non dirmi che s’è offeso…
“Ciao, come va?”
“Normale.”
“Quindi deduco che tu non sia in punto di morte od offeso, perché se nel tuo stato psichico normale è presente anche la rabbia o qualcosa di negativo c’è qualcosa che non va, se vuoi ti accompagno io stessa da uno psicologo, anzi, psicologa, ne conosco una davvero brava, sai?”
“Se ha lavorato su di te e sul tuo sproporzionato ego non deve essere poi tanto brava, a meno che tu non sia un caso incurabile.”
Grazie.
“Mi spiegheresti con cosa proporzioneresti l’ego?”
“Con…”
Ho vinto.
“Non lo puoi proporzionare a nulla, quindi il mio non è sproporzionato e nemmeno qualsiasi altro ego.”
“Il tuo è sicuramente sproporzionato, credimi.”
“Va bene, va bene, forse ho esagerato, ma che pretendi da una che si è appena svegliata?”
“Chiami stalker tutti quelli che ti chiamano alle 10 del mattino?”
“Solo quelli che iniziano a chiamare dalle 8.30 senza essere in punto di morte.”
“Chi ti dice che non lo sono?”
“Sei normalmente in punto di morte?”
“Potrei.”
“Bene.”
“Bene.”
“Allora…cosa devi dirmi di tanto importante?”
“Volevo invitarti a uscire oggi pomeriggio.”
“E mi dovresti chiamare alle 8.30 del mattino?”
“Così avevi tutto il tempo di svolgere i compiti per la scuola.”
Sto per ridergli in faccia.
“Sei uno stalker.”
“Non sono uno stalker.”
“Sì. Vabbè, comunque non potrei.”
“Ho detto che ti avevo chiamato, l’invito ora non è più valido.”
“Tanto non avrei potuto venire nemmeno se me l’avessi chiesto un mese fa, ho un impegno improrogabile.”
“Cioè?”
“Non dico agli stalker come passo i pomeriggi.”
“Va bene. Quindi possiamo riattaccare?”
“Certo. Passa una buona giornata.”
“Anche tu.”
Poso il ricevitore.
“Clelia?”
“Dimmi papà.”
“Lo sai che sono contrario ai ragazzi, ma così li farai scappare tutti.”
“Quindi?”
“Al Fagiano piace la buona musica?”
“La sua unica qualità.”
“Invitalo alle prove di Sami, magari le fa piacere avere un pubblico più ampio di te e Matteo.”
“Vabbè.”
“Magari ringrazialo pure per averti riaccompagnato a casa ieri sera.”
“Ma l’ho ringraziato ieri sera!”
“Tu fallo di nuovo, che è meglio.”
Ridigitiamo il numero…
“Pronto?”
“Fabrizio?”
“Sì?”
“4.30, Garage in Via delle Rive Boscose, 45 a.” 

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