Midnight Eclipse di Mikhi (/viewuser.php?uid=92664)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Fuga di mezzanotte ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Purple Eyes ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Strani Inconvenienti ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1: Fuga di mezzanotte ***
Wizard
Fuga di mezzanotte
Correre. Correre. Correre.
Dovevano correre, più veloce che potevano, poco importava se
la stanchezza prendeva possesso di ogni singolo centimetro del loro
corpo.
Poco importava se le gambe davano l'impressione di cedere da un momento
all'altro.
Poco importava se la neve, così bianca e fredda, rallentava
la loro fuga.
Avrebbero protetto a qualcunque costo quella neonata in fasce, una
donna dalla chioma scura la stringeva con fare materno contro il suo
petto che, con movimenti irregolari, sembrava scandire il ritmo della
loro corsa.
Un uomo più alto accanto le cingeva le spalle rassicurandola
con brevi ed efficaci parole, incitandola ad aumentare l'andatura che
ormai con il passare dei secondi dava l'impressione di rallentare.
In cuor suo la donna non desiderava altro che la salvezza della
piccina, quel volto addormentato così pacifico, dolce e
troppo pallido per il vento freddo e pungente che inevitabilmente le
frustava il volto.
Eppure non vi era altro modo per tenerla in vita se non abbandonarla in
quella foresta, in quel posto così lugubre e oscuro le
guardie del re non si sarebbero mai addentrate, del resto quegli
sciocchi non avevano mai tollerato ambienti del genere.
Il villaggio, o almeno quel che ne restava, non era più zona
sicura, tramutato in un cumulo di macerie ardenti e fumanti, cosparso
del sangue degli abitanti, delle lacrime dei caduti in battaglia, dalla
presenza di quegli immondi e sacrileghi soldati.
Come avrebbero potuto soltanto due semplici esseri umani proteggere una
bambina? L'unica soluzione era la fuga.
L'uomo con un fendente basso tagliò di netto alcuni rami che
intralciavano il passaggio mentre con le braccia scostava le liane che
pendevano dagli arbusti scuri e ricoperti di muschio.
Corsero per un altro breve tragitto con tutte le forze che risiedevano
nelle loro gambe finchè la donna dalla chioma scura non si
accasciò al suolo priva di qualsiasi energia, le braccia
sorreggevano ancora la piccola in fasce, le palpebre spalancate per il
terrore ed il cuore che palpitava dolorosamente per l'enorme sforzo
appena compiuto.
-Amil!-
Il compagno la raggiunse, nelle sue iridi blu come la notte era
tangibile la paura che provava in quell'istante dove tutto sembrava
nemico, pronto ad assalirli quando le loro prede sarebbero cadute
dinnanzi ai suoi piedi.
La strinse con tutte le sue forze contro il suo corpo, lacrime calde
inumidivano le guance così bianche e fragili da sembrare
porcellana, il fruscio delle fronde rendeva l'atmosfera inquietante
mentre il cozzare delle armi in lontananza dava l'impressione di
giungere sempre più vicino.
-N-Non ce la faccio...- singhiozzò con la voce rotta dalla
fatica e dal pianto.
Con sveltezza adagiò il fascio fra le braccia dell'uomo
rassicurandolo con un mezzo sorriso: -Portala in salvo, ti prego. Una
creatura così piccola non merita la morte.-
Con qualche indugio osservò la giovane donna che tremava
come una foglia, così debole, senza energie. Avvolse il
mantello che aveva sulle spalle contro il corpo gelido della ragazza
che, ancora una volta, lo incitiò ad andare avanti.
-Prometto che tornerò.- disse prima di iniziare a correre
verso il centro del bosco dove ormai non si scorgeva neppure un barlume
di luce, la luna non splendeva nella volta celeste, era un'eclissi di
mezzanotte.
Corse ancora per qualche minuto verso la parte più fitta
della foresta dove anche la neve faticava a raggiungere
finchè anch'esso senza fiato e vitalità non
poggiò una spalla contro il tronco umido e vischioso di un
albero.
Con un ultimo sospiro afflitto guardò il viso della piccola
ed infine la poggiò in terra con dolore, ciò
significava abbandonarla, ma se questo comportava la sua salvezza
sarebbe stato anche disposto a consumare, a sacrificare la sua vita.
-Che questa eclissi di mezzanotte ti aiuti a vivere bambina mia e che
la sua forza giovi alla tua salute ora e per sempre.-
Spazio dell'Autrice.
Salve! Ok, devo ammettere che è la prima volta che mi
cimento nello scrivere una storia originale e spero appreziate questo
Prologo seppur breve. Da qui non si intuisce molto ma, più
avanti, vi saranno chiarimenti.
Spero che vi piaccia :3 Al prossimo aggiornamento!
Mikhi.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2: Purple Eyes ***
Moonlight Eclipse
Purple Eyes
Ancora una volta non fui in grado di
ricavarmi una risposta del perchè fossi giunta nuovamente in
quel luogo, a prima vista così quieto, pacifico e alquanto
profumato dai fiori primaverili che tinteggiavano le chiome degli
alberi verdeggianti.
Molto probabilmente perchè era il luogo in cui nacqui, o
almeno
da quanto mi raccontano fui trovata, o forse perchè mi
portava
in mente molti ricordi, trasmetteva una pace mai trovata prima; quel
piccolo ruscello che divideva in due la foresta produceva un suono che
al primo impatto poteva definirsi rilassante, così dolce da
spingere le palpebre a chiudersi ed il corpo ad adagiarsi sul manto
erboso.
Il più delle volte trascorrevo le mie giornate a girovagare
per
il bosco e qualche volta dedicavo il mio tempo anche alla pesca e alla
raccolta dei frutti dato che le uniche risorse di cibo disponibili in
luoghi del genere erano questi.
Non che mi lamentassi delle mie condizioni di vita, anzi, poteva
definirsi avventurosa ed in qualche modo anche "diversa".
Con qualche altro sospiro mi alzai sino a raggiungere le sponde umide
del torrente, acqua fresca a volontà si poteva ammettere;
sciacquai il mio viso stanco e assonnato, stiracchiai le braccia ancora
del tutto indolenzite dal breve pisolino che mi ero concessa ed infine
raccolsi il libro accanto a me finchè qualcosa di duro e a
prima
vista molto pesante non andò a cozzare dolorosamente contro
il
mio cranio.
«Stupida! Ancora una volta qui a
perdere tempo? Continuando così non riuscirai mai a superare
l'esame di apprendistato!»
Mi portai una
mano sopra la nuca ed alzai gli occhi al cielo voltandomi
con sguardo innocente verso il diretto interessato che, intuibile dal
suo sguardo perennemente funereo ed irritato con la sottoscritta, non
dava l'impressione di avere le più buone intenzioni.
«Non credo sia un grande danno. E
poi perchè frequentare la
scuola se posso avere lezioni private da te?» dissi quasi come se fosse
un'affermazione poggiandogli una mano sulla spalla con fare ironico.
Si, esattamente, frequento, se così si può dire,
la
scuola di magia. Sono ancora alle prime armi ma posso anche aggiungere
con modestia di non cavarmala male nonostante sia ancora una semplice
apprendista.
«Yuki, perchè non sei
capace di prendere seriamente queste
lezioni?» rispose accigliato scostando
con uno schiaffo la mia mano dal
suo mantello.
Lui è Fenix, il mentore della nostra classe, nella struttura
ogni singola aula è composta da uno stregone che guida ed
aiuta
noi semplici ed inesperti apprendisti in modo tale da migliorare la
qualità ed il livello delle nostre magie, sino a diventare
maghi
o maghe se i nostri poteri sono indirizzati verso la Magia Bianca,
oppure streghe e stregoni se siamo diretti verso la Magia Nera.
Increspai le labbra ed abbassai lo sguardo. «Non è questo ma, a
volte chiunque richiede una pausa dallo studio, anche tu ne avresti
bisgno. E poi per l'ennesima volta il mio nome non è Yuki.»
replicai spazientita, non ero ancora riuscita a comprendere la nascita
di quello stupido nomignolo, il che urtava particolarmente i miei nervi.
Accennò un mezzo sorriso sarcastico che decimò
come una
falce la mia precaria pazienza. «E' da cinque giorni che non
frequenti
i corsi, non sembra che ti applichi molto, continuando così
sarò costretto a bocciarti.» ammise con un lungo sospiro fra
l'afflitto e il piccato.
Sin da quando ero piccola aveva cercato di insegnarmi tutto
ciò
che conoscesse al riguardo della magia e affini, sempre con scarsi
risultati dato che le mie più fervide fantasie volavano
puntualmente altrove: dalle bollicine che galleggiavano nel calderone
al mio grande quaderno di scarabocchi.
«Sarà meglio andare,
fra poco sarà notte.» dettò
come una legge afferrandomi per il polso e trascinandomi il
più
lontano possibile da quel posto.
Altro dettaglio da aggiungere, vivevo da più di quindici
anni
nella casa di Fenix, del mio passato non ricordo quasi nulla, si
può dire che la mia infanzia sia iniziata con lui e con
Armida,
nonna di Fenix.
Da quanto conosco mi hanno trovato nel bosco, ricoperta con un lenzuolo
scuro ed estremamente pallida e bianca come la neve, probabilmente da
qui è sorto il motivo di tale soprannome.
Li ho sempre considerati come la mia famiglia e devo anche ammettere
che mi piace vivere con loro, anche se a volte il desidero di prendere
a calci Fenix riaffiora nei miei ricordi occupando il primo posto.
Posso anche immaginare che faccia tutto ciò per il mio bene
ed
io, nonostante il più delle volte non riesca a dimostrarlo,
gliene sono estremamente grata per come si è preso cura di
me.
Mi lasciai trascinare come un peso morto per quasi tutto il tragitto
poichè immersa come al solito nei miei più
profondi
pensieri risvegliandomi dal mio trance con un'altra botta sul capo
prima di giungere dinnanzi l'uscio della piccola ma accogliente casa.
Era costruita completamente in legno, il giardino era pieno di ogni
sorta di fiori da far sembrare quell'ambiente la tavolozza di colori di
un pittore, la nonna Armida aveva sempre amato i fiori e questo lo
sapevamo entrambi sin troppo bene, a partire dalle mille allergie di
Fenix fino a concludere con la raccolta dei fiori freschi giornaliera.
Quel grande testardo non era mai stato in grado di apprezzare qualsiasi
cosa che andasse oltre i ranghi di "serio, nero e magia", privo di
qualsiasi sorta di fantasia e senso dell'umorismo.
Le finestre erano molto grandi in modo tale da permettere alla luce di
illuminare completamente la piccola cucina e il salone dove dormivano
Fenix e Armida, ed infine la casetta terminava con un piccolo bagno e
la mia camera costituita da un letto, armadio e scrivania.
Aprimmo la porta e varcammo la soglia fino a lasciare che un dolce
profumo di pino e muschio ci inebriasse, la nonna come al solito era
sdraiata sulla sua sedia accanto al camino dove alcuni tizzoni
scoppiettanti producevano un calore magnifico; nonostante fosse
primavera l'umido della foresta provocava i brividi a chiunque ed io
non aveva moi sopportato il freddo pungente.
Fenix abbandonò armi e bagagli vicino la porta e si
apprestò a preparare quella che sarebbe dovuta essere la
cena
mentre io mi avvicinai lentamente ad Armida che divorava come al suo
solito l'ennesimo libro di magia che la bibliotecaria della scuola di
magia che frequentavo ogni settimana le portava.
Armida era specializzata nella Magia Bianca, ovvero era una maga. Aveva
circa novant'anni ed allevò Fenix come un figlio
poichè
la madre ed il padre morirono, non seppi mai il perchè dato
che
la nonna non andò oltre con quel discorso ed il mio
istinto
di sopravvivenza mi aveva esplicitamente invitato a non porgere questa
domanda al soggetto in questione.
«Ciao nonna.» sorrisi sventolando la mano ed
accucciandomi vicino a lei.
Lei chiuse con calma il libro che stringeva fra le mani e lo
poggiò sopra un piccolo tavolo accanto e si
rimboccò
leggermente la coperta di lana poggiata sopra le gambe.
«Sayuki, Fenix mi ha detto che
ancora una volta hai saltato la scuola.»
ridacchiò accarezzandomi la testa affettuosamente.
Armida era in grado di scovare un lato positivo in qualunque situazione
ed il suo buon umore era coinvolgente, a differenza di qualcun'altro
che trovava negativo e disastroso qualsiasi cosa facessi dalla mattina
alla sera che non fosse studiare.
«Ho deciso di prendermi una pausa
ma domani prometto di partecipare
alle lezioni.» replicai ad alta voce sperando
che Fenix ascoltasse le
mie parole anche se come risposta ero sicura di ricevere il solito
mugugno indefinito.
«Brava, studiando sono sicura che
diventerai qualcosa di speciale.»
affermò adagiandosi contro lo schienale e tornando ad
osservare
compiaciuta il fuoco che indomabile ardeva nel camino.
Armida in parte sosteneva alcune decisioni di Fenix riguardanti lo
studio poichè aveva sempre creduto che la magia fosse un
dono
prezioso che soltanto pochi erano in grado di gestire con maestria;
molto probabilmente aveva ragione ma, io continuavo a vederla come
qualcosa di assolutamente normale.
«Speciale? Diventerò
soltanto un'altra delle anonime streghe o
maghe che popolano questa foresta.» bofonchiai quasi in un lamento.
La nonna distese le labbra sottili in un semplice sorriso. «Soltanto il
tempo potrà mostrarci cosa accadrà realmente.»
Fissai
intensamente per qualche minuto le sue iridi cristalline
così pure e limpide, questo mi portò a mente
alcune
leggende che lessi in biblioteca durante l'ora di pranzo: narravano di
mentori dagli occhi color carminio proprio come Fenix, maghe dalle
iridi azzurre proprio come Armida, occhi verde smeraldo, color ocra ed
infine neri come la pece. Ogni colore deteneva un potere speciale che
successivamente li avrebbe condotti verso una scelta.
Scrollai il capo ad infine mi alzai armandomi del peggior sguardo
possibile trascinandomi in direzione dalla mia camera, chiusi la porta
con un sonoro tonfo e dopo aver raccolto ogni singolo pezzeto di buona
volontà che risiedeva nel mio corpo mi incollai dinnanzi lo
specchio sorretto contro il muro.
Forse qualcosa che non andava bene in me, oppure vi era la
fattibilità che le mie iridi non andassero al passo con la
magia
che scorreva dentro di me. Possibile che non fossi uguale a tutti gli
altri?
Aggrottai le sopracciglia fulminando me stessa allo specchio e con un
ultimo grugnito infastidito abbandonai la mia postazione, decisa che
per oggi le mie frustrazioni e paranoie avessero oltrepassato il
limite; mi sedetti a gambe incrociate sopra il letto e mi presi il
volto fra le mani osservando per un buon quarto d'ora in modo ossessivo
il soffitto, anch'esso di legno.
Qualche minuto dopo sobbalzai, qualcuno mi aveva lanciato contro un
cuscino e dato che come al solito ero immersa nelle mie più
fervide fantasie non mi ero nemmeno accorta che Fenix aveva varcato la
soglia della stanza accomodandosi sopra la mia scrivania.
«Cosa ci fai in camera mia?» blaterai ancora con
quell'ammasso di piume spiattellato in volto.
Lo sentì sogghignare il che diede una bella martellata al
mio tasso di irritazione instabile.
«La cena è pronta
scansafatiche, anche se non la meriteresti.»
asserì incrociando le braccia al petto e guardandomi con la
peggiore occhiataccia che il suo vasto repertorio possedesse.
Accennai un sorriso sarcastico cercando di non soppesare in modo
negativo le sue parole. «Non ho fame.»
Gettai il
cuscino dalla parte opposta della camera fino a ricopormi
mentre le iridi rosse di Fenix mi scrutavano fra il preoccupato e lo
sbigottito per la risposta che gli avevo appena rifilato.
«Sicura di star bene?» domandò scendendo
dalla scrivania e avvicinandosi di qualche passo a me.
Feci cenno di no con il capo ed infine feci incrociare i nostri
sguardi. «Perchè ho gli occhi
viola?» chiesi a bruciapelo
cercando di assumere un'espressione seria e composta, il tema era ben
chiaro ma il volto assente di Fenix non preannunciava nulla di
interessante.
Si mordicchiò con fare nervoso il labbro prima di decidersi
a
rispondemi. «Vedi Yuki, so che sei una
ragazza con dei poteri magici a
tutti gli effeti ma... non sono in grado di trovare una risposta a
questa tua domanda.» rispose quasi con tono
mortificato, guardando il
pavimento come se fosse l'unica cosa presente in quella stanza.
Lo guardai sottecchi scompigliarsi pensieroso la chioma corvina per poi
lasciar dondolare le braccia. «Sicura di non avere fame?»
Cambiò
letteralmente argomento spezzando quel silenzio
terribilmente angoscioso che poco prima sopprimeva questa camera, feci
leva sulle gambe e lo raggiunsi guardandolo dritto negli occhi.
«Dipende. Cosa hai preparato
cuoco da quattro soldi?» scherzai poggiando le mani sui
fianchi.
Fenix alzò entrambe le sopracciglia. «Il tuo piatto preferito, come al
solito.»
«Continuando così mi
vizierai troppo.» sorrisi sorpassandolo e
fiondandomi in cucina.
«Forse perchè
è l'unica cosa che apprezzi della mia
cucina.» sospirò
raggiungendomi anche lui insieme ad Armida.
Mi voltai. «Che cosa?»
«Niente. Adesso mangia che domani
ti aspetta il doppio del lavoro.»
Sorrisi fra
me e me, in fondo sapevo che faceva tutto ciò solo per il
mio bene.
Note:
Yuki = Neve.
.Spazio dell'Autrice.
Ecco che anche questo capitolo è concluso. Spero si inizi a
comprendere un po' di più riguardo la trama che,
successivamente, riceverà una svolta. Negativa o positiva?
Chi
lo sa.
Spero che vi sia piaciuto e ringrazio moltissimo chi legge e
recensisce! :)
Mikhi.
Lovy91:
Sono contenta che l'inizio ti incuriosisca :3 Spero che anche questo
capitolo ti sia piaciuto! Alla prossima! ^^ Sayonara!
Mikhi.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3: Strani Inconvenienti ***
capitolo 3
Strani inconvenienti
Sin da quando ero piccina avevo
sempre creduto che possedere poteri magici, essere in qualche modo
"speciali", fosse qualcosa di strabiliante, addirittura affascinante...
Ma come si suol dire "non tutto è sempre rose e fiori" ed io
lo avevo
imparato a mie spese, assaporandolo sulla mia stessa pelle.
Imparare a gestire la propria magia risultava molto più
complicato di quanto si possa immaginare: scuole da frequentare,
lezioni da assistere e pile di libri su libri da imparare.
Io da ben quindici anni frequentavo la scuola di magia situata nella
foresta, non molto distante dalla casa in cui abitavo. Anch'essa come
tutte il resto delle abitazioni che popolavano il bosco era una
struttura in legno abbastanza ampia, completamente ricoperta di foglie
e muschio in modo tale da confonderla con il resto degli arbusti, il
motivo di tutto ciò non mi era ancora stato svelato ma, in
fondo, non aveva mai catturato la mia attenzione questo particolare.
Al suo interno erano presenti varie aule in cui noi apprendisti insieme
al nostro metore frequentavamo i corsi di magia, un laboratorio dove
preparare alcune pozioni curative ed infine una zona piuttosto vasta
dove poter sperimentare il frutto di ciò che avevamo
imparato
durante i corsi, una specie di allenamento se così si poteva
definire.
«Siamo in ritardo! E'
tutta colpa tua Yuki!» mi sgridò
con tono acido Fenix velocizzando il passo.
Borbottai qualcosa di incomprensibile sottovoce, questa mattina le urla
di Fenix non erano state in grado di buttarmi giù dal letto,
ormai era diventato il tran-tran di tutti i giorni: io mi alzavo in
ritardo, lui mi rimproverava come sempre ed infine ci presentavamo in
aula in disastroso ritardo.
Ormai i guardiani che si occupavano della chiusura dei cancelli avevano
imparato ad avere un occhio di riguardo nei nostri confronti.
Lo detestavo quando si poneva in questi modi nei miei confronti, avrei
tanto voluto rispondergli a tono, ma decisi che sarebbe stato soltanto
uno spreco di parole e così mi limitai a mordemi con foza il
labbro cercando di sopprimere l'ulro con un'occhiata inceneritrice.
Fenix era sempre stato così sin dal principio, lo sguardo
perennemente serio e molto probabilmente mai scalfito dall'ombra di un
sorriso, quelle iridi rosse capaci di incuterti timore al solo
contatto, le sopracciglia aggrottate e la chioma corvina che
ombreggiava leggermente il suo volto.
La carnagione chiara era messa in risalto dagli indumenti scuri che
indossava, specialmente dal mantello da cui non si separava mai, era di
una tonalità di blu molto scura, legato con un nastro del
medesimo colore sul quale erano appoggiati degli occhiali da vista.
Raramente lo aveva visto indossarli, perlopiù li utilizzava
in
biblioteca quando effettuava una delle sue mille ricerche, io non la
frequentavo molto, nonostante fosse un luogo tranquillo e abbastanza
popolato preferivo studiare vicino al ruscello a pochi passi da casa.
Mi passai una mano fra i capelli e sbuffai mentre con poca gentilezza
venivo trascinata verso l'entrata della struttura.
«Non c'è
bisogno di essere così furiosi a prima mattina e
poi solo io sono in ritardo, le tue lezioni iniziano l'ora successiva.»
sbottai quasi in un lamento, questa mattina avrei iniziato la giornata
con il laboratorio di pozioni curative.
«Cosa credi che debba
occuparmi solo della vostra classe?! Ho anche
altri impieghi nella scuola!» ringhiò
polverizzandomi con uno
dei suoi micidiali sguardi che mi fece accapponare letteralmente la
pelle.
Nonostante il mio svantaggio in questo campo decisi di girare ancora un
po' il dito nella piaga. «Ah, davvero? Che tipo
di impegni?» domandai
con finta curiosità, sinceramente cosa facesse Fenix oltre a
gestire la nostra classe non era ancora entrato nella lista delle mie
curiosità.
«Non sono affari tuoi.»
Concluse il discorso con una risposta degna di lui in persona, ormai
era diventato così prevedibile che ero in grado di
costruirmi
botta e risposta da sola. Assumeva un comportamento così
rude
che all'inizio credevo mi odiasse per qualche inspiegabile motivo a me
sconosciuto, con il tempo invece avevo imparato a comprendere che in
realtà era soltanto un ragazzo privo di qualsiasi tipo di
emozione dove il suo unico pensiero era quello di studiare, le mie
opinioni su di lui non erano mai state delle migliori.
Dopo qualche altra decina di sgridate e strattoni finalmente giungemmo
presso i cancelli della scuola dove un paio di guardie, anch'esse
stregoni, sghignazzarono tra di loro appena entrammo nel loro campo
visivo.
Conoscendo Fenix se non avessero fatto parte della struttura credo li
avrebbe già azzannati, io invece potevo ritenermi fortunata
visto che non avevo ancora raggiunto l'altro mondo, ogni giorno mettevo
a dura prova i suoi nervi d'acciaio con le mie battutine irritanti.
«Alla buon ora Sayuki!» salutarono entrambi
aprendo il cancello e sostenendo con sfida lo sguardo lugubre di Fenix.
Io mi limitai a sorridere e a sventolare la mano ignorando le dita di
Fenix che mi stringevano sempre di più il braccio come a
dire
"Stupida! Quante volte ti ho detto di non socializzare con quegli
idioti?!".
Quando arrivammo vicino l'entrata finalmente lasciò andare
il
mio braccio per poi imboccare il primo corridoio fino a sparire dietro
l'angolo senza nemmeno rivolgermi un saluto.
Scrollai la testa e calzai la sacca sopra la mia spalla dirigendomi
verso il laboratorio di pozioni curative. Il laboratorio rientrava fra
le aule più grandi della scuola, la stanza era occupata
perlopiù da enormi scaffali ricolmi di erbe medicinali ed
altre
sostanze benefiche.
Un cartello abbastanza visibile fece arrestare la mia camminata svelta
e, dopo aver inspirato una buona boccata d'aria, poggiai la mano sopra
la maniglia aprendo timidamente la porta dell'aula.
Lo sguardo severo della maga seduta accanto alla cattedra mi fece
gelare il sangue nelle vene, tutto il corteo degli apprendisti della
mia classe mi squadrava con aria divertita e dei sorrisi sfuggivano sui
loro visi, ormai era come se fossi diventata il buffone di corte il cui
la sola presenza bastava a scatenare le risate fragorose dei commensali.
«Mi domado se
riuscirai mai ad arrivare in orario Sayuki.» mi
rimproverò con tono grave fulminandomi con le sue iridi di
ghiaccio.
Senza proferire alcuna parola mi trascinai verso il mio banco dove la
mia compagna mi osservava quasi con compassione, odiavo questa
terribile ed imbarazzante situazione.
Mi accasciai sulla sedia, gettai la borsa ai piedi della sedia e diedi
un calcio a Sohra. «Smettila di fare
così ogni volta! I
rimproveri basta e avanzano!» sibilai aggrottando
le sopracciglia.
Era pur sempre la mia migliore amica ma la detestavo quando cercava di
fare il medico pietoso.
«Non fare
così Sayu.» bisbigliò
scrivendo
contemporaneamente sopra un quaderno alcuni appunti che la
professoressa stava dettando.
Tamburellai con le dita sul banco di legno. «Quella donna mi odia!» mormorai indignata.
Effettivamente non rientravo di certo fra le simpatie di tutti i
professori ma ero sicura che quell'arpia non mi avesse mai sopportato
sin dall'inizio: Sohra diceva che era soltanto una mia paranoia mentre
Shiro, il mio migliore amico, aveva sempre sostenuto che non era ancora
riuscita a digerire il fatto che abitavo nella stessa casa di Fenix.
Qualche voce di corridoio assicurava che un tempo fossero una coppia ma
non era del tutto sicuro e, conoscendo Fenix ed il suo carattere, avere
una ragazza lo avrebbe distolto troppo dallo studio per i suoi gusti.
«Sei paranoica Sayu.» borbottò
guardando la lavagna e senza badare ai miei commenti acidi.
Alzai gli occhi al cielo. «Certo che mi odia! Ma
tu non puoi capire la
mia situazione! Sei totalmente venerata da tutti i professori di questa
scuola e non so come sei riuscita ad entrare anche nelle grazie di
Fenix!» ringhiai cercando di
mantenere i nervi saldi, ero sicura che
fra poco mi sarei ritrovata in infermeria per un collasso emotivo.
Sohra mugugnò qualcosa con aria contrariata ed infine decise
di
lasciarmi perdere almeno fino alla fine dell'ora, io invece raccolsi un
foglio dalla sacca ed iniziai a scarabocchiare qualche vignetta.
La pausa pranzo era appena terminata ed il mio voto in pozioni curative
non aveva subito alcun miglioramento come mi aspettavo, avevo sfogato
tutta la rabbia repressa nel cibo che mi aveva preparato Fenix
rischiando quasi di soffocarmi.
Dopo un altro passo scalciai con violenza alcuni ciottoli sul viale
incurante della persona che camminava avanti a me, il sangue ribolliva
nelle mie vene ed il mio corpo necessitava di urlare a pieni polmoni,
forse la lezione di addestramento avrebbe contribuito al mio sfogo
personale.
«Sayu devi calmarti,
lasciala perdere a quella befana. Piuttosto
vediamo di finire nel migliore dei modi questo allenamento...»
sospirò con tono allusivo lanciando un'occhiataccia al campo
di
fronte.
A Shiro non era mai andato a genio Fenix, forse perchè tutte
le
studentesse della scuola lo veneravano come un Dio sceso in terra,
oppure perchè era geloso che Sohra gli dedicasse
più
attenzioni del dovuto; lei era il completo opposto, si poteva dire che
adorasse le lezioni di Fenix e potevo anche ammettere che fosse la
più brava della nostra classe con l'uso delle magie.
«Non sai quanto ti
invidi Sayu, hai la fortuna di abitare anche nella
sua stessa casa!» esclamò
giosa, conoscendola non vedeva l'ora
di presentarsi dinnanzi Fenix e dare sfogo al suo miglior repertorio di
magie.
Soltanto Shiro, Sohra ed il preside della scuola erano a conoscenza
della mia convivenza con il citato e da come continuava a sostenere il
mio migliore amico secondo lui la professoressa Kheir era venuta a capo
di questa faccenda odiandomi di conseguenza.
«E' soltanto una
tremenda sciagura, per colpa sua i miei voti in
pozioni curative sono disastrosi!» esclamai passandomi
entrambe le mani
fra i capelli con nervosismo.
«Concordo con te.» mi
assecondò Shiro dandomi una pacca amichevole sulla spalla
per consolarmi.
Sohra scrollò il capo come se avessimo appena detto la
sciocchezza più grande di questo mondo. «Cosa darei per essere
la sua ragazza.» sospirò
con aria sognante, magari immaginandosi
anche una scenetta con loro due seduti sulla cima di una collina con i
pallidi raggi lunari a fare da sfondo.
«Beh, effettivamente
saresti il tipo perfetto per Fenix: alta, snella,
splendida e secchiona quanto lui.» sorrisi beccandomi
una gomitata
senza perdono sul fianco sinistro da Shiro, avevo toccato un tasto
dolente.
Un'occhiata fulminata partì direttamente verso la mia
direzione
dalle iridi smeraldine di Shiro. «Che amica che sei
Sayu! Al posto di
aiutarmi elogi quel tipo?!» sussurrò
al mio orecchio in modo
tale che Sohra non ascoltasse la conversazione anche se, presa com'era
dai suoi pensieri, non avrebbe prestato minimamente attenzione neanche
se le fosse passato accanto un dinosauro.
«Come non detto,
ritiro tutto.» misi le mani davanti
come segno di arresa.
In effetti Sohra era davvero una bella ragazza, i capelli color mogano
si intonavano perfettamente alle iridi ocra, la pelle era leggemente
abbronzata e perdipiù intelligente e brillante negli studi.
Anche Shiro era un tipo carino, si poteva dire che fu la mia prima
cotta un bel po' di tempo fa, la cosa che più mi piacque sin
dal
principio furono i suoi occhi di un verde quasi magnetico che andavano
magicamente a braccetto con la chioma biondo cenere, non ebbi mai il
coraggio di dichiararmi e così finì per diventare
solo il
mio migliore amico innamorato perdutamente di Sohra.
«Disponetevi in fila.»
La voce di Fenix rimbombava per il campo di addestramento, il suo
sguardo era diretto verso una cartella azzurra che stringeva nella mano
destra mentre con la penna ticchettava un ritmo inventato contro la sua
gamba.
Dopo esserci disposti in una lunga fila chiamò ognuno per
nome
per accertarsi della nostra presenza, o quantomeno della mia dato che
da più di cinque giorni non mi presentavo all'addestramento
giornaliero che spettava ad ogni apprendista.
L'addestramento consisteva nel centrare il bersaglio con la propria
magia di attacco, di solito consisteva nel dominare gli elementi e
sfruttarli come difesa oppure in casi gravi come attacchi.
La fila iniziò pian piano a decimarsi con il passare del
tempo
finchè non toccò il turno di Sohra, sul suo volto
era
stampato un sorriso a trentadue denti e per le prossime ventiquattro
ore nessuno le avrebbe toltoquel ghigno dalla faccia.
Evocò la sua arma che consisteva in due aste composte di
acqua, ovvero il suo elemento.
«Water!»
Prese la mira e successivamene scagliò un'ondata d'acqua
contro
il bersaglio qualche metro più distante di lei, una mira
ottima
si poteva dire.
«Brava Sohra. Anche
questa volta hai dato il meglio di te.» si
complimentò appuntando il voto sopra la cartella azzurra.
Sohra si voltò raggiante verso di me e mi
schiacciò il
cinque per poi saltellare allegramente vicino la recinzione di legno
insieme al resto della classe.
Questa volta invece toccò a Shiro, le sue armi a differenza
di
Sohra erano rafforzate dall'elemento opposto, l'elettricità.
«Thunder!»
Nella sua mano destra apparve una lunga spada a prima vista molto
pesante che indirizzò contro lo stesso bersaglio attaccato
dall'onda di Sohra.
Un fulmine partì in direzione del bersaglio provocando una
leggera esplosione che alzò una leggera coltre di polvere.
«Non c'è
male Shiro. Ma puoi fare di meglio.» sentenziò
scrivendo un altro voto sul foglio bianco.
Shiro grugnì qualcosa in sottovoce e con un muso lungo si
apprestò a raggiungere il resto degli apprendisti che
già
avevano mostrato le loro tecniche di combattimento.
Ok, panico. Odiavo ammetterlo ma anche la mia media nella lezione di
addestramento non era delle migliori, era degenerata irrimediabilmente
a causa delle mie numerose assenze e se in questa dimostrazione non
avessi preso almeno il voto più altro mi sarei giocata
l'apprendistato.
Lo sguardo grave di Fenix era puntato su di me e questo bastava a
mettermi in completa agitazione e le incitazioni di Sohra di certo non
avevano un effetto calmante sul mio umore.
«Sayuki...» sospirò
piccato Fenix incrociando le braccia. «Stiamo aspettando la
tua dimostrazione.»
Perchè tutta questa
fretta?! Fu
l'unico pensiero che il quel momento balenò nella mia mente.
Senza aspettare altri rimproveri allungai il braccio dinnanzi a me e
pochi secondi dopo apparve un lungo scettro di legno che terminava con
una sfera viola di normali dimensioni, avvolta un filo argentato come a
luna.
«Spiritual Bolt!»
Divaricai leggermente le gambe e indirizzai la punta dello scettro
contro il bersaglio. Una grossa sfera che variava dalle
tonalità del blu e del rosso si scaraventò contro
il
bersaglio centrandolo in pieno e provocando un'onda d'urto che per poco
non mi fece cadere all'indietro.
Stropicciai gli occhi più volte a causa della grossa foschia
che
si era innalzata finchè non fu chiaramente visibile il
manichino
ridotto ad un cumulo di rovi ardenti, dove alcune fiammelle azzure
bruciavano i resti ancora integri.
Non fui in grado di realizzare in modo immediato ciò che
avevo
appena compiuto ma i sussulti sorpresi che vibrarono fra le labbra del
resto degli apprendisti bastò ad accendere la lampadina nel
mio
cervello in modo tale da da farmi mettere a fuoco il disastro che
albergava a pochi metri da me.
Lo scettro che stringevo poco fa nella mano destra cadde terra svanendo
dentro un fascio di luce mentre le mie iridi incredule si andavano pian
piano a posare su Fenix che, visibilmente interdetto, sembrava che
avesse appena visto un fantasma.
La penna che pochi minuti fa picchiettava sulla cartella azzurra
cozzò contro il terreno e le sue palpebre spalancate
osservavano
al dir poco stupefatte il manichino completamente bruciato.
Il mio corpo in cuor suo desiderava scappare al più presto
da
quel luogo ma i miei piedi davano l'impressione di aver impiantato
delle radici nel terreno che impedivano anche il più piccolo
movimento, ero al dir poco spaventata da ciò che avevo
compiuto,
di solito la mia magia di attacco si basava sull'elemento primario, il
fuoco. Quello che avevo creato oggi era del tutto differente, il
bersaglio presente nel campo di allenamento aveva resistito ad ogni
sorta di attacchi da molti, moltissimi anni conservando la sua forma
integra mentre ora le fiamme azzurre avevano consumato anche il
più piccolo frammento.
«E' ora di rientrare
in aula. Iniziate a percorrere la strada del
ritorno.» ordinò
Fenix indicando il viale che conduceva verso
l'entrata principale della struttura.
Il resto degli apprendisti obbedì alle sue parole
percorrendo la
strada del ritorno in un religioso silenzio mentre Fenix dopo aver
riacquistato l'autocontrollo perduto si avvicinò con molta
calma
alla sottoscritta.
Non mi azzardai a proferire parola finchè non fui sicura che
tutti gli studenti fossero abbastanza lontani e che Fenix non si fosse
avvicinato a me. «Che cos'è
successo?»
Lo vidi passarsi una mano fra i capelli mentre un lungo sospiro
afflitto sembrò spaccare i miei timpani. «Questo dovrei
chiederlo a te.»
Mi voltai di scatto armandomi del peggior sguardo assassino che avessi
mai mostrato in vita mia. «Credi che io lo
sappia?!» urlai finalmente
con tutto il fiato a disposizione liberandomi di quella sensazione
sgradevole che opprimeva il mio stomaco.
Molto probabilmente sarei scoppiata a piangere da un momento all'altro
per tutta la rabbia che scorreva nel mio sangue, ma sapevo anche che
sarebbe stato del tutto inutile. Eppure perchè dovevo essere
l'unica apprendista che possedesse un paio di iridi viola, cosa c'era
che non andava in me? Da quando ero piccola questo particolare mi
contraddistingueva dal resto degli studenti della scuola,
all'età di dieci anni non ero stata in grado di trovarmi
degli
amici, alcuni mi evitavano, altri fuggivano terrorizzati mentre altri
ancora mi definivano diversa.
Soltanto Shiro e Sohra mi ritenevano in qualche modo speciale, a loro
non importava se avessi gli occhi viola oppure qualche altra stranezza
che mi differenziava dal resto degli apprendisti.
«Perchè
piangi?» domandò
calpestando con la suola delle scarpe avanti e indietro sempre lo
stesso pezzo di terra.
Non riuscivo a decifrare correttamente il suo sguardo, forse
perchè le lacrime mi appannavano pian piano la vista oppure
perchè il mio cuore si rifiutava di interpretarlo.
Con il dorso della mano cercai di asciugarmi come meglio potevo le
guance completamente inzuppate e con la poca lucidità e
forza
che mi permetteva ancora di reggermi in piedi gli risposi.
«Perchè per
una buona volta non la pianti di fare domande
stupide?» chiesi con
innaturale calma da lasciar spiazzata prima me
stessa che Fenix.
Per un breve istante lo vidi sbloccarsi a metà passo e
girarsi
verso la mia direzione mentre un paio di mani si andavano a poggiare
sulle mia spalle, si abbassò in modo tale da raggiungere la
mia
altezza e far incrociare definitivamente le nostre iridi.
«Perchè
piangi?» mi ripetè
ancora una volta scandendo
attentamente ogni singola parola, come se stesse parlando ad una
bambina.
Tirai su con il naso continuando a singhiozzare
silenziosamento. «Anche tu mi consideri
un mostro come tutti gli altri.»
Fenix sbattè un paio di volte le palpebre ed
iniziò a
scrollarmi vigorosamente come una bambola nella speranza che non fossi
del tutto uscita fuori di testa. «Yuki stai scherzando?!» mi urlò
in faccia
aggrottando le sopracciglia.
Con uno schiaffo scacciai entrambe le braccia di Fenix e mugugnai un
flebile "mi fai male" per poi guardarlo in cagnesco.
«Adesso non solo mi
eviteranno per il colore dei miei occhi ma mi
riterranno anche un pericolo pubblico! Che cos'altro potranno mai
farmi? Espellermi dalla scuola?» esclamai con rabbia
raccogliendo le
ultime lacrime che inumidivano le ciglia con il dito mentre Fenix si
mordicchiò il labbro trattenendo a stento quella che
sembrava
una fragorosa risata.
«Che cosa
c'è di divertente?» mi lamentai
incrociando le braccia e fulminandolo con lo sguardo.
Fenix scosse la testa. «Sei una stupida Yuki.
Credi davvero che io ti consideri un mostro?»
«Uhm. Forse.»
«Probabilmente hai
ragione, assomigli molto ad un cactus alieno.» replicò
iniziando a ridere come non aveva mai fatto in vita sua,
restai di stucco a vedere il corpo di Fenix contorcersi in una risata.
Da quando abitava in casa sua non avevo mai visto stendere le sue
labbra in sorriso mentre adesso per poco non gli uscivano le lacrime
dagli occhi. Effettivamente era così buffa e coinvolgente
che ne
scappò una anche a me.
«Cactus alieno?» domandai alzando un
sopracciglio.
«Si. Sei sempre sulla
difensiva, pronta ad attaccare con quella tua
lingua troppo lunga, cactus.» ridacchiò
ricomponendosi e
raccogliendo la cartella azzurra e la penna che aveva lasciato cadere
prima.
Sbattei un paio di volte le palpebre ed infine decisi di lasciar
perdere quel discorso senza senso, la cosa più importante
che
adesso occupava i miei pensieri era quella strana magia che avevo
lanciato contro il bersaglio.
«Comunque... Adesso
cosa si fa?» chiesi un po'
perplessa guardando con aria spaesata il campo di allenamento.
Fenix fece spallucce. «Per ora
andrò a parlare con il preside, poi vedremo cosa fare.»
Increspai leggermente le labbra, ero sicura che l'indomani sarei
diventata il nuovo fenomeno da baraccone della scuola portandomi la
nominata della "ragazza strana e pericolosa" almeno fino alla fine
dell'apprendistato, poi finalmente avrei abbandonato quello stupido
edificio.
«Ok, facciamo il
resoconto della situazione. Ho gli occhi viola, ho
distrutto il manichino del campo che resisteva quasi da secoli e molto
probabilmente ho anche un'arma difettata! Adesso ci manca solo che mi
trasformi in un mostro oppure che creino una sezione apposta per me.»
bofonchiai agitando le braccia in aria.
«Non preoccuparti
piccolo cactus alieno, troverò la soluzione.
E' una promessa.» sorrise battendomi
il palmo della mano in testa
compatendomi per l'ennesima volta anche lui. Stavo iniziando a credere
che lui e Sohra mi avvessero scambiato per un cane abbandonato.
Sospirai. «Beh... Uhm... Grazie?»
Fenix si girò verso di me e con tutto lo stupore di questo
mondo mi abbracciò. «Per te questo e altro.»
Wow fu l'unica cosa
che
passò attraverso l'anticamera del mio cervello, troppe
emozioni
contemporaneamente, il mio cuore non ce l'avrebbe fatta ad un altro
colpo basso come questo.
«F-Fenix che stai
facendo?» la mia voce tremava
così tanto da assomigliare al belare di una pecora.
Sembrava che il mio corpo si fosse così fossilizzato che per
qualche minuto pensai di aver perso anche le capacità
motorie,
Fenix che abbracciasse qualsiasi tipo di essere con un paio di gambe e
braccia era l'evento più raro del mondo intero, umanamente
impossibile, così inconcepibile che non ebbi nemmeno il
coraggio
di ricambiarlo.
«Ti abbraccio.» rispose
tranquillamente.
«No. Non c'ero
arrivata.» ironizzai
pizzicandogli il fianco destro.
Lui scrollò il capo. «Domanda stupida
risposta stupida.»
«Sai che questo non
farà piacere alla professoressa Kheir?» sorrisi.
Fenix si staccò da me e sbattè la cartella
azzurra contro
la mia testa. «Questo non fa testo.» asserì
aprendo il cancello
del campo di addestramento e uscendo.
Adesso potevo anche ammettere di sentirmi meglio, il mio umore era del
tutto migliorato senza dubbio. Chiusi il cancello alle mie spalle ed
infine raggiunsi Fenix. «L'ultima cosa che
pensavo è che tu
avessi un lato buono, di solito sei sempre così burbero,
antipatico, insopportabile e molte, moltissime volte anche orribilmente
irritante.»
«Tu hai una lingua
troppo lunga per i miei gusti Yuki.»
«Grazie.»
«Cosa?»
«Grazie.» ripetei.
«Di niente stupido
cactus.»
Lato buono o no, Fenix restava sempre un gran pezzo di imbecille.
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